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GRANDE LESSICO

DEL
NUOVO TESTAMENTO

Fondato da GERHARD KITTE L

Continuato da GERHARD FRIEDRICH

Edizione italiana a cura di


F . MONTAGNINI - G. SCARPAT - O. SOFFRITTI

VOL. VI

PAIDEIA
Titolo originale dell'opera

Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament


in Verbindung mit zahlreichen Fachgenossen
begriindet von GERHARD KtTTEL
herausgegcben von GERHARD FRIEDRICH

All'edizione italiana di questo sesto voltime


hanno collaborato come traduttori:
BENEDETTINE DEL MONASTBRO DI S. SCOLASTICA
GIOVANNI CASANOVA
GINOCl!CCHI
FRANCO RONCHI
GIOVANNI TORTI

Tt1t1i i diritti sono riservati. È rigorosamente vietata, a termini


di legge, la riproduzione anche parziale delle voci o il riassumo
delle stesse.

© VERLAG VON W. KOHLHAMMER, STUTTGART, 1942


© P AIDEIA, BRESCIA, 1970
IN MEMORIAM

Il Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament ricorda suoi


quattro collaboratori caduti in guerra:

ALBRECHT STUMPFF
tenente, caduto il 20 giugno 1940 in Francia. Nato il 23 novembre 1908 a Zill-
hausen (Wiirtt.); dottore abilitato in teologia; assistente nel Seminario neotesta-
mentario dell'Università di Tiibingen negli anni 1932-34; Repetent nella Fonda-
zione evangelico-teologica di Tiihingen; membro della «Studiorum Novi Testa-
menti Societas» .

WALTER GuTBROD
tenente, caduto il 28 luglio r94r in Rus~ia. Nato il 26 novembre r9rr a Buea
(Camerun}; dottore abilitato in teologia; assistente nel Seminario neotestamen-
tario dell'Università di Tiibingen negli anni 1935-37; Repetent nella Fondazione
evangelico-teologica di Tiibingen; membro della «Studiorum Novi Testamenti So-
detasl>.

HERMANN fRITSCH
tenente, caduto il 3 ottobre 1941 in Russia. Nato 1'8 giugno 1913 a Hof (Ba -
viera); dottore in teologia; assistente nel Seminario neotestamentario dell'Uni-
versità di Tiibingen negli anni r 9 36-3 8; catechista in Arzberg (Baviera).

Il direttore ha perduto così tre giovani amici a lui particolarmente le-


gati, che per anni ebbero parte attiva al T heologisches W orterbuch
zum Neuen T estament dapprima come suoi assistenti nel lavoro di re-
dazione e successivamente come collaboratori. àÀyw l-rtL O"ol, ri.ÙEÀ.q>É
µou. wpaLw1tl)c;, µo~ crcp66pa..

HERMANN HANSE
Feldwebel, caduto il 9 febbraio 1942 in Russia. Nato il 4 settembre r9ro; licen-
ziato in teologia; collaboratore scientifico del Corpus Hellenisticum in Halle negli
anni 1932-33; parroco in Bismark (Altmark).

In ciascuno di essi la ricerca teologica piange una viva speranza.

AYTilI H AO.$A EIE TOYI: AIONA:I:


PREMESSA AL QUARTO VOLUME TEDESCO

Contro ogni previsione espressa in Germania e all'estero ci è stato


possibile, pur nell'aspt'ezza della guerra, portare a termine il quarto
volume del «Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament», e ciò
costituisce per noi un motivo di profonda riconoscenza e una promes-
sa per l'avvenire.
La pagina che precede testimonia ·i sacrifici di sangue imposti alla
cerchia dei nostri collaboratori. Anch'essi ci hanno spianato la via!
Difficilmente avrei potuto eseguire il lavoro di redazione se non mi
avessero prestato il loro aiuto, nella correzione delle bozze, nel con-
trollo delle citazioni ecc., numerosi fedeli collaboratori, anziani e gio-
vani, alcuni nel corso di vari anni, altri in più breve avvicendamento,
così in pace come pure in questi anni di guerra, e ora anche al posto
dei collaboratori in armi o caduti. Oltre a quelli già citati nella prefa-
zione al primo volume, nomino e ringrazio di cuore: H. Alswede, E.
Bammel, R. Burger, A. Debrunner, ]. K. Egli, G. Friedrich, t H.
Fritsch, G. Gross, t W. Gutbrod, t H. Hanse, A. Hitler, K. Jen-
dreyczyk, H. Kleinknecht, W. Knopp, H. Kremse1·, F. Lang, E. Nestle,
K. U. Niedlich, G. von Rad, Ch. Schiller, K. Schumm, P. Schwen, O.
Stumpff, F. Viering, W. Windfuhr, H. Zahrnt.
Licenziando questo quarto volume, ho pregato Rudolf Alexander
Sch1·oder di esporre a mo' d'introduzione le sue idee sul «Theologi-
sches Worterbuch zum N.T.». È importante per noi tutti - direttore,
collaboratori, lettori, casa editrice - constatare come egli - traduttore
di Omero, poeta e umanista - sappia esprimere quelle che costituisco-
no le intenzioni più profonde della nostra opera.
Tiibingen/Wien, agosto r942. G. KrTTEL
A MO' D'INTRODUZIONE

Chi si occupa di lingue straniere o studia seriamente la propria lin-


gua si vede costretto a svolgere il suo lavoro con materiale lessicale di
ogni genere.
Si sa, ci sono eccezioni. Un mio amico ha composto importantissime
dissertazioni su Pindaro e su Omero senza alcun apparato, lontano da
tutti i relativi istituti e sussidi.· Invero egli era in grado, intonandosi
alla realtà idillica di un soggiorno montano in Italia, di vergare con
somma naturalezza su una cartolina i suoi saluti a un nostro comune
amico componendoli in distici e in dialetto dorico, sicché la mia mo-
desta conoscenza del greco stentava a comprenderli. Una memoria sì
vasta e feconda è un dono inestimabile, ma, come ho detto, costituisce
un'eccezione.
Il lavoratore medio avrà bisogno dei sostegni e degli aiuti di cui ho
fatto cenno. E se, all'inizio, il dover sempre confrontare può risultar
gravoso al principiante, per l'esperto invece può diveni~e fonte di pro-
fonda gioia interiore. Egli volge lo sguardo da una parola alla parola
vicina e da queste getta un ponte su altre più lontane. Nel fat· ciò, dove
da principio una semplice successione di locuzioni e di tegole d'uso gli
fiaccava la vista, in seguito gli si schiude a mano a mano una meravi-
gliosa duplice profondità: la profondità prospettica della crescita orga-
nica della lingua e quella della sua storia, la quale, a sua volta, riflette
per molti riguardi la storia nazionale e la storia universale e rinvia alle
sue origini prime, che solo per intuizione si possono ricostruire oltre
la notizia e il dato linguistico. In questo modo la lettura d'un diziona-
rio può divenire appassionante. Io stesso, nell'uso quasi quotidiano del
Dizionario dei Grimm, devo impormi abbastanza spesso un limite con-
tro la tentazione di continuare a leggere.
Oltre a ciò, chi impara a conoscere da vicino un autore sente anche
il bisogno di porre in rapporto il suo particolare mondo lessicale e lin-
guistico col mondo linguistico della sua terra e del suo popolo, che da
presso o da lontano lo circonda. Poiché, tra i molti misteri di quel pro-
digio che è la lingua, s'annovera anche questo, che nessuna delle sue
parole, nessuna delle sue locuzioni si regge su se stessa, nessuna ha e
trae da se stessa la sua vita e la sua forza. Ciascuna di esse, attraverso
A MO' D'IN'l'RODUZIONE IX

gli innumerevoli fili dell'origine, della tradizione, della crescita, dei tra-
mutamenti e degli svolgimenti, è intessuta e collegata a innumerevoli
altre per una trama che si protende in tutte le direzioni. Ciascuna attin-
ge la sua forza dalla parola viva che per tempo e luogo le sta accanto,
e la fa rifluire; si specchia nelle parole del passato e riflette su di esse
la luce che ne ha attinto; il futuro più remoto non le sembra troppo
lontano per lo slancio e la missione del suo messaggio; dall'atmosfera
fosca del mondo sensibile si eleva alle altezze eteree dello spirito, dal
regno dello spirito affonda le sue radici nella matrice della percezione
inconscia.
Per l'universo dei riferimenti e delle allusioni cosl rinchiuso in ogni
vocabolo pronunciato e ascoltato, scritto e letto, il vocabolario comu-
ne può essere soltanto una guida molto inadeguata. Anche il diziona-
rio speciale assolverà questa funzione solo in misura limitata. Già la
sua ristretta estensione e il suo particolare obiettivo in molti casi non
gli permettono di andare oltre la chiosa, spesso assai manchevole, del
relativo autore. Questa è appunto un'esperienza spiacevole che è co-
stretto a fare chi legge una lingua straniera: anche ciò che comunemen-
te si dice una traduzione letterale in molti casi non è che l' «esposizio-
ne» discutibile e imprecisa di un concetto che non si può più risveglia-
re pienamente a vita propria nell'orecchio e sulla bocca di uno stranie-
ro. Di fronte a questa esigenza, che senza dubbio per il traduttore
sarebbe la più importante, resta solo il sogno di thesauri linguarum
a portata di mano sullo scaffale, un sogno che purtroppo sembra de-
stinato a rimanere tale.
A confronto col Nuovo Testamento nessun libro al mondo è letto
sì spesso o è stato tradotto con tanta frequenza e tanto devoto im-
pegno. Tutto il lavoro teologico di ormai due millenni è stato rivolto
a renderne più accessibile il testo e più chiaro il contenuto delle pa-
rnle. Così non poteva non succedere che, al pari di altre discipline
ausiliarie, anche le indagini lessicografiche su questo libro riceves-
sero impulso col fiorire della linguistica moderna. Resta compito del-
la presente generazione tedesca di condensare, per così dire, in una
summa i risultati di singole ricerche riguardanti il Nuovo Testamen-
to, con la coscienza, s'intende, della sua provvisorietà, che è la zavor-
ra gravante su ogni lavoro scientifico. A un gran numero di parole
teologicamente importanti è stata dedicata in quest'opera tutta l'at-
tenzione che si può ragionevolmente desiderare. Esse si presentano
in forma piena, plastica, nella molteplicità dei loro aspetti e rapporti,
come realtà viventi tra esseri viventi alla vivente comprensione del
X RUDOLFALEXANDERSCHRODER

lettore. Che ciò non si possa realizzare in tutti i casi, che qua e là
rimanga un residuo insoluto di dubbio, è un difetto ineliminabile se
si considera lo stato frammentario del lessico greco a noi trasmesso.
Ma anche cosl, ciò che viene proposto renderà un inestimabile ser-
vizio a generazioni di lettori e di ricercatori.
Per il sottoscritto si aggiunge un particolare motivo di gratitudine.
Egli ha avuto sempre un rapporto molto condizionato con ciò che si
definisce critica storico-.6.lologica, già perché il concetto di realtà sto-
rica in essa utilizzato implica, evidentemente per necessità, quello del-
la critica morale-estetica. Ora, se già l'applicare i suoi giudizi e le
sue ipotesi al campo profano comporta per me un' infinità di inter-
rogativi, tanto più perplesso mi lascia questo procedere dichiarata-
mente dal dubbio allorché si tratta del libro che più d'ogni altro ri-
vendica l'incondizionata fiducia del lettore; mi sembra come un guar-
dare in bocca al cavallo donato per vedere, come fanno i commer-
cianti, per quanto ancora sia possibile servirsene. Ma non aggiungo
altro. Dal mio punto di vista preferisco rallegrarmi particolarmente al
vedere applicata nel Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament
una critica costruttiva, una critica che, su fondamenti scientifico-lin-
guistici e storici (comunque inseparabili), procede non a demolire o
a limitare, ma a rafforzare e a illustrare un messaggio, del quale -
come di tutti i principali documenti dell'umanità - si dovrebbe dire,
esprimendosi in forma del tutto umana, che reca in sé i propri criteri.
Infine, colui che, sia pur con molta modestia, ha posto una buona
parte delle sue forze al servizio del pensiero umanistico, trarrà da
quest'opera gioia e conforto. Può darsi che egli si sia talvolta sentito
il rappresentante di una mentalità moribonda: ora qui gli si presenta,
in una realizzazione esemplare, l'indistruttibile vitalità del pensiero
occidentale nella più classica e legittima delle concretizzazioni acces-
sibili e nell'organico collegamento delle sue componenti, l'ellenistica
e la cristiana.
RunoLF ALEXANDER ScHRODER
AVVERTENZA AL SESTO VOLUME ITALIANO

Il sesto volume italiano è costituito della prima parte del quarto


volume tedesco (pp. r- 5 7 2 ), della cui travagliata gestazione fanno fe-
de le pagine intitolate In menioriam, Premessa e A mo' d'introduzio-
ne, che abbiamo creduto opportuno riportare integralmente a testi-
monianza dei sacrifici, delle ansie e delle cautele che contrassegnarono
in quei tristi anni l'indagine teologica tedesca.
AUTORI
DELLE VOCI CONTENUTE NEL SESTO VOLUME

Direttore
GERHARD K1TTEL, professore ordinario di N.T., Tilbingen.

Collaboratori
OTTO BAUERNFEIND, professore straordinario di N .T., Tiibingen.
GBORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., Giessen.
GuNTHER BoRNKAMM, docente di N.T., Konigsberg/Bethel.
FRIEDRICH BtiCHSEL, professore ordinario di N.T., Rostock.
RunoLF BULTMANN, professore ordinario di N.T., Marburg.
ALBERT DEBRUNNBR, professore ordinario di linguistica comparata, Bern.
GERHARD DELLING, parroco, Glauchau.
WALTER GRUNDMANN, docente incaricato di N.T., Jena.
HERMANN HANSE, parroco, Bismarck (Altmark).
FRIEDRICH HAUCK, professore ordinario cli N.T., Erlangen.
HANS WoLFANG HElDLAND, vicario, Mannheim.
VoLKMAR HERNTRICH, docente di A.T., Bethel.
JaHANNES HoRsT, parroco e direttore del Seminario teologico, Posen.
}OACHIM }EREMIAS, professore ordinario di N.T., Gottingen.
HERMANN K.LEINKNl!CHT, Oberassistent, Halle.
KARL GEORG KUHN, docente di lingue orientali, Tiibingen.
RunOLF MBYER, assistente, Leipzig.
W1LHELM MICHAELIS, professore ordinario di N.T., Bem.
ALBRBCHT 0EPKE, professore straordinario di N.T., Leipzig.
HERBl!RT PREISKBR, professore ordinario di N.T., Breslau.
OTTo PROCKSCH, professore ordinario di A.T., Erlangen.
GoTTFRIED QuELL, professore ordinario di A.T., Rostock.
KARL HRINRICH RENGSTORF, Konventual·Studiendirektor, Loccum (Hannovcr).
CARL SCHNEIDER, professore ordinario di N.T., Konigsberg.
}OHANNES SCHNEIPER, professore straordinario di N.T., Berlin/Brcslau.
GoTTLOB ScHRENK, professore ordinario di N.T., Ziirich.
HERMANN STRATHMANN, professore ordinario di N.T., Etlangen.
INDICE DELLE VOCI

À.c1:yxa\lw (Hanse). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
ÀO:x'tl!;w (Hanse). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
(Àa.À.Éw ), xa:ta.)..a.Mw, xo:'t'a)..a)..Loc, xa't'aÀ.aÀ.oc; (Kittel) . . . . . . . . . . . . . . 15
)..aµf3a\lw, &.va)..aµf3&.\lw, &.vcl.)..'l)µ\jJLc;, ÈmÀ.aµf3ocvw, àvE'ltl)..T)µ 'lt't'Oc;,
xoc't'a.-, µe't'a.À.aµBoc\lw, µE't'aÀ:riµ~Lc;, 'ltocpoc-, 1tpo-, 'ltpoo-)..a.µf3ocvw, 7tp60"-
).,TJµ!Jnc;, v'lto)..o;µf36.vw (Delling). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

)..&µ'ltw, ÉxÀ.aµ'ltw, 'ltEptÀ.aµm.v, 'ì..aµ·mxc;, A.a.µ'ltpoc; (Oepke). . . . . . . . . . . 51


)..a6ç (Strathmann,Meyer). . ..... . ......... . ... .. ............... 87
À.apvy~ (Hanse) . .. ... . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
}.oc't'pEVW, Àa.'t'pEla. (Sttathmann).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
Àaxo;vov (Bornkamm) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189
À.e:yLwv (Preisker} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195
À.Éyw, À.6yoc;, pfjµa., À.o;À.Éw, À.6ytoç, À.OyLov &Àoyoc;, Àoytx6c;, À.oyoµa.-
X,Éw, )..oyoµa.xloc, ÉxÀ.Éyoµ.a.t, ÈXÀ.oyi], ÉXÀ.Ex"t'6c; (Debrunner, Klein-
knecht, Procksch, Kittel, Quell, Schtenk). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199
À.e:i:oç (Bornkamm). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 l
À.Ei:µµa. , ìm6)..Etµµa., X<X."t'OCÀ.elm.v (xct.."t'a-, rcepl-, OLciÀ.e:Lµµa.) (Herntrich,
Schrenk) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 5
ÀEt't'ovpyÉw, À.EL't'Oupylci;, À.EL't'oupy6c;, )..e1."t'ovpyLx6c; (Strathmann, Meyer) . 589
)..Erclç (Bornkamm)... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 633
ÀÉ'Ttp<X., Àrnp6c; (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 37
AEU(E)l, Aw(e)lc; (Strathrnann). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 639
AEU(E)l't'l)ç (Meyer).. .. . . ...... .. .... ........ . ....... . . . . . . ... 651
À.e:ux6c;, À.Evxa.lvw (Michaelis). . . . ... . .. ... .... . .. .. ... .. . .. .... . 657
ÀÉwv (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 683
À.'l)v6ç, U'ltOÀ.TJ\ILO\I (Bornkamm) ... ... , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 689
À.1JO"'tTJc; (Rengstorf) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 699
llf3a\loç, À.i.f3ci;\IW't'oç (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7l 3
ALf3Ep't'i:vot {Stra thmann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7r 7
Ài.M!;w, xa.-ca.Àtilci!;w, À.ti}of3oÀ.Éw (Michaelis) ... . . .. . .... . . .. , . . . . . . 721
XIV INDICE DELLE VOCI

À.liloc;, >-.Wwoc; (Joach. Jeremias) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 725


À.txµ&.w (Bornkamm). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 755
À.oyEla. (Kittel). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 759
Àoylsoµcx.t, Àoyurµ6c; (Heidland). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 763
À.oyLx6ç -+ ooll. 396 ss.
À6yLOV -+ coli. 382 ss.
À6yLoç-+ coll. 380 ss.
ÀoyLuµ6ç-+ coli. 769 ss.
)..oyoµaxÉw, <n.-+ coli. 399 s.
À6yoç-+ coll. 199 ss.
ÀotoopÉw, Àotooplcx., À.oloopoc;, av't'tÀ.otoopÉw (Hanse) . . . . . . . . . . . . . . . . 789
Àouw, &:1toÀ.ouw, À.ou't'p6v (Oepke).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 793
Àvxoc; (Bornkamm) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 829
À.uµcx.l'Voµcx.t (Michaelis). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 39
Mm1, À.unÉw, &À.unoc;, 'ltEplÀ.unoc;, <TuÀ.À.unÉoµcx.t (Bultmann) . . . . . . . . . . 843
>..1hpov, ÀUTp6w, ì..1hpwcn.ç, À.UTpwTr}ç -+ Mw, coli. 883 ss.
Mx'Voc;, luxvla. (Michaelis). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 873
Mw, IÌ.'Va.À.Uw, &.v<iÀ.u<nc;, ÈmMw, ÈnlÀu<nc;, xcx.'t'a.Mw, ?U~'t'&.Àuµ<:x., &.xa.-
'.t<iÀ.u't'oc;, À.U'tpO'V, &.v't'lÀ.u't'pov, Àu't'p6w, À1hpw(nc;, Àu'tpw't1)c;, &.noM-
'tpwcnç (Ptocksch, Biichsel). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 883
µtiyoc;, µa.yEla., µa.yEUW (Delling) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . 963
Ma.ytiiy-+ n, coll. 731 ss.
µa.lh}-cEvw, µa.lh}'t1}ç-+ µo.vM.vw
µa.lvoµa.t (Preisker). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 971
µa.xaptoc;, µa.xa.plsw, µa.xa.rmrµ6c; (Hauck, Bertram). . . . . . . . . . . . . . . . . 977
~~ttXEÀ.Àov (Joh. Schne_ider). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 999
µa.xpciv, µa.xp6DEv (Preisker) . . ... . .... . . . . .' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1oo3
µa.xpoiluµla., µcx.xpoiluµÉw, µa.xp6fiuµoc;, µrx.xpoMµwc; (Horst). . . . . . . . . . 1009
µa.µwvc'ic; (Hauck) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1047
µcx.\lil&.vw, xa:ra.µa.vMvw, µa.ilTJ't'fiç, 11uµµcx.th}'t'1)c;, µa.il1)'tpta., µcx.ilT)'t'EUw
(Rengstorf) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1053
Mawcx. (Meyer)... ..... . . .............. .. ..... . ....... .. ... . . 1239
µcx.pcx.\la.M. (Kuhn). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1249
µcx.pyapl't''l'}c; (Hauck). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1265
µtip'tuç, µap't'upÉw, µap't'uplcx., µa.p't'Uptov, Éntµa.p.-upÉw, 11uµµa.p·rnpÉw,
t7VVEntµcx.p'tupÉw, xa.'t'a.µa.p't'upÉw, µcx.p'tupoµat, òtaµap't'upoµat, 1tpo-
µap't'upoµat, ljiguo6µcx.p't'uç, ljicvooµrwrupÉw, tjicv8oµap"tvpla (Strath·
mann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1269
INDICE DELLE VOCI XV

µct<rcioµa.L (Cari Schneider) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r 39 r


µrx.cr-.1•y6w, µa.cr-.l~w, µ@-.L; (Cari Schneider). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1395
~~ci-rntoc;,
µct,.<"IMYt'1}ç,, µrx:ta.t6w, µ&:tl)'V, µrx... rx.toÀ.oylrx., µrx.-.rx.toÀ.6yoc;
(Bauernfeind) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1405
µcixa.tpa. (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r419
µax.oµrx.t, µcixll, aµa.xoc;, ~Eoµcixoc;, ~Eoµ.a.xÉw (Bauernfeind) . . . . . . . . . . 1427
µÉym;, µEya.À.E!ov, µEyaÀ.Eio-.'T}c;, µEyaÀorcprnl)c;, µEya.Mvw, µEya.Àwcn'.J.
v11, µÉyE~oc; ( Grundmann). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143 r
µÉ~TJ, µdh'.Jw, µéihJO"oc;, µElh'.JO"xoµa.t (Preisker). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1475
µdo8la. ~ ò86ç
µÉÀ.a.c; (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r485
µÉÀt (Michaelis). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1493
µÉÀ.oc; (Horst).... . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1501
LESSICO
A
- - - ·--·--·--- - - - - ... ··- - - -

Ottenere, per lo più in sorte (cfr. He- «Teseo ottenne» (Àaxeiv). In questo
sych.: )..ayxaw.v· x)..'T)pouv). Si unisce passo il vocabolo presenta eccezional-
spesso col gruppo di vocaboli x'J,.'ijpoc;, mente un'alternanza di significato. Si-
x'J,.npoi:iv, ecc. Anche dove non si trat- milmente Demosth., argumentum 2, 3
ta di ottenere mediante la sorte, è sem- a or. 2r, a proposito dei coreghi: Àa-
pre un ottenere senza un'azione perso- xe:i:v 7tEpt ( ! ) "t'WV auÀ'T)'tWV, «trarre a
nale, non come risultato di uno sforzo, sorte gli auleti»; § 4 Àocxov'toç ocòi:ou
ma come quando si riceve un frutto 'ItEpL -.wv auÀ'C}i:wv... EÀ.a)CE\I aÒ'tfi> ò
maturo che cade. Ciò va tenuto presen- xaÀ.À.tO'"toç ..wv au).'r}'tWV, «traendo egli
te in tutti i testi che esamineremo; per a sorte gli auleti..., gli toccò l'auleta mi-
il testo, sarà bene ordinare tutta la ma- gliore»2.
teria secondo i quattro passi neotesta-
mentari nei quali il verbo ricorre. Io.19,24 racconta come i soldati si
mettono d' accordo per sorteggiare la
r. Il vocabolo si trova in Io. r9,24 veste di Gesù (À.<ixwµr:v 'ltEpt au"t'o\i);
nel senso di sorteggiare, e indica l'azio-
si realizza cosl la predizione di \fJ 2 r,
ne, non il suo risultato. Questo signifi-
I 9, nella quale però si dice: E~et.Àov
cato non si trova fra quelli greci abi- xÀ.'ijpov, miserunt sortem.
tuali 1•
2. Le. r, 9 a proposito del sacerdote
Il significato è attestato tre volte, Zaccaria dice: E).ocxe 't'OU ih.iµtimat, «a-
delle quali due in avvicendamento col
veva ottenuto», o meglio «egli era toc-
gruppo di vocaboli xÀTJp-. Isoc. 7,23
parla della libera elezione, in contrap- cato in sorte (in quel giorno) di offrite
posizione al procedimento del sorteg- il sacrificio dell'incenso».
gio; À.o::yx&.vr:w è rinforzato da x)..1}pw-
<nç. Diod. S. 4,63,3 racconta come Ele- L'espressione e il fatto in sé fan pen-
na è ottenuta in moglie; essa sarà sor- sare ad alcune locuzioni greche, dove
teggiata ( OLaXÀTJpWO'GtO'l)aL ), uno otter- Àet.yxavELV con l'infinito significa il
rà con sorteggio (Àaxe:iv) di poterla conseguimento di un ufficio o di una
sposare; dopo esserselo giurato, «getta- pubblica funzione (Aristoph., nub.623;
rono le sorti (~Àet.XOV) e accadde che la Hdt.6,ro9); più usata è la costruzione
sorte cadde su Teseo», propriamente con il titolo del funzionario al nomina-

ì..<iyxavw
1 PAPR, s. v., non considera il significato di facendo riferimento al passo di Giovanni.
sorteggiare; PASSOW, s.v., ne tratta in breve, 2 I tre passi si trovano in LIDDELL-ScoTT.
II (lV,r) À.a.')'X6.vw (H. Hanse) (rv,2) r2

tivo 3 • Il passo di Luca richiama molto 4. Teologicamente significativo è so-


da vicino r Bwr.14>47: è:_À.cx.xi:: -rov Pcx.- prattutto 2 Petr. r, I: --roi:'c; lcr6·nµov 7
oùe;ue;w 4.
L'espressione riceve luce dalla minu- 1)µi:v À.a.xoucrLv -rtlcr'tw, «a coloro che
ziosa descrizione rabbinica dei riti nel hanno ottenuto una fede pari alla no-
tempio, quale si ha in particolare nel stra».
u·attato Tamzd 5 • Offrire il sacrificio di
incenso costituisce uno speciale onore e A chi si vuole alludere? (a laici, di-
un privilegio e ha particolare significa- stinti dagli apostoli; a cristiani di Pao-
to salvifico per l'offerente. Il turno toc- lo, distinti da quelli di Pietro; a ere·
ca soltanto una voha, e poi più, ed è denti che non han visto, distinti dai te-
assegnato per sorteggio. Per Zaccaria, stimoni oculari [Bengel, ad l .]; alla co-
il giorno in cui deve offrire il sacrificio munità destinataria dell'epistola, di-
acquista un grande significato personale. stinta dalla comunità mittente; a con-
vertiti dalla gentilità, distinti dai giu-
3. A questo passo si ricollega in qual- deo-cristiani?), Non si tratta di questio-
che modo Act. r,I7: E>..axe;v (Giuda) ne capitale, anche se l'allusione ai pa-
'tÒV xÀ.fjpov 't1)<; oLa.xovlaç 'ta.U't'r}c;, «a- gani convertiti al cristianesimo appare
come la più probabile8 • In questo si ma-
veva ottenuto di partecipare a questo
nifesta la «giustizia del nostro Dio e
ministero», cioè era stato chiamato con salvatore Gesù Cristo», della quale qui
altri all'ufficio di apostolo. Anche qui si parla: i pagani non si trovano in con-
il verbo è usato in unione con xÀijpoc;. dizioni di inferiotità, ma ricevono in
dono la stessa salvezza, e sono chiamati
I due vocaboli uniti vengono a dire alla fede che, secondo Paolo, sola de-
che Giuda, come gli altri apostoli, non cide della salvezza e perciò ha per tut-
si era impossessato da sé dell'ufficio, ma ti «pari valore».
che questo gli era venuto da Dio attra- Ào:yxcivELV indica in questa frase che
verso il Cristo. Si pensi alla vocazione la fede viene concessa loro da Dio sen-
dei vari discepoli. Dove si parla di za che essi interpongano un'azione per-
À.a.yxave;w, l'uomo è puramente passi- sonale 9 • Che la fede non sia opera del-
vo 6. 1'uomo ma di Dio, ovvero del Cristo,

3 Si può in particolare pensare, per un raf- 6 Cfr. anche WENDT, Apostelg.9 (r913) ad l.
fronto, alla dignità sacerdotale, 'ottenuta in 7 Per l'accostamento dei vocaboli lcr6"t~µoc; e
sorte' per un anno nel culto di molte città À.rxyxtiv1:w, dr. Philo, sobr.54.
greche, dove ancora si incontra )..a..yxG.vEL\I 8 Cfr. Act.10,47; rx,17; particolarmente chia-
come termine tecnico: DITT., Syll.1 486,9; 762, ro anche in Rom.3,29 s.
12; 756,9; 723, 16; 10r8, I. Aa.yy/t>JEW col
9 WoHLENDERG, Pt.r68 ad l.: «attraverso un
nominativo è costruito come alpE~crf}aL [DE-
BRUNNER].
soccorso che riposa sul libero beneplacito»; E.
KiiHL, Die Briefe Petri 1111d ]udae• (1897)
4 La tradizione testuale è incerta: xa-rax).:ri- 379: «senza intromissione propria, come do-
poiha~ ~pyov e i!À.a.XE sono accostati; sem- no di grazia»; BENGEL, ad l.: non ipsi sibi
bra che una lezione di Simmaco sia entrata nel pararunt; C. BRIGG, I. C. C. ad l.: «il verbo
testo dei LXX. Àayx&.w.w implica un dono di favore»; J. B.
s Cfr. STRACK-BILLERBECK II 57 e; II 71 ss. MAYOR, The Epistle of St. ]ude ... (r907): «la
r3 (rv,2) Àa.x>tl~w (H. Hanse)

non è detto esplicitamente in altri pas- durre - ma che la giustificazione per la


si del N.T., però conviene sempre te- fede è un fatto della grazia di Dio. La
nerne conto. Questo pensiero potrebbe fede non è presupposto della grazia di-
apparire in Act.13,48. U passo di 17, vina; ma, essendo dono di Dio, è com-
31 serve in modo speciale a spiegare il pendio e prova della grazia divina. L'e-
nostro testo: Dio offre a tutti la fe- spressione «coloro che hanno ottenuto
de. Rom.12,3: Dio distribuisce la mi- la fede» indica dunque, in ultima ana-
sura della fede. Il }?ensiero si può tro- lisi, la predestinazione come libera ope-
vare implicito anche nella progressione ra della grazia di Dio. Siamo al limite
di Rom.8,28-30; in Hebr.12,2 10 e in di quello che teologicamente si può an-
Iudae 3 ( 'ltlo--.~c; 'lt<X.pa.&oih:i:a-oc ). Dio che esprimere cosl: tutto è grazia, e
non solo dà la possibilità della fede sia tuttavia Dio è giusto. Dobbiamo ap-
ai Giudei che ai pagani, ma opera in punto osservare come in 2 Petr. I ,1 so-
essi la fede. In Eph.2,8 si vede con par- no connessi i concetti di À.ayx&.vrn1 e
ticolare chiarezza che tutto è grazia e di o~xmoO'VVTJ. Wohlenberg (-7 n. 9)
che ogni merito dell'uomo è escluso. dice giustamente: «Per l'uomo Àayx«ii-
Proprio per l'intelligenza della dottrina vnv è inconciliabile con una rigorosa e
paolina, e poi luterana, della giustifica- imparziale giustizia; per il Dio dei cri-
zione è necessario far rilevare chiara- stiani un libero beneplacito, che in ap-
mente che al posto del merito delle parenza esclude ogni giustizia poiché
opere non subentra ora la fede come sembra verificarsi a caso, si congiunge
un nuovo medto umano - al posto di a una reale giustizia in una unità indi-
un'opera un'altra opera, e dunque an- visibile, anche se superiore alla capaci-
cora qualcosa che l'uomo abbia da pro- tà dell'umano intelletto».
H.HANSE

t Àcx.x-rlsw
(A partire da Omero) percuotere col (da Omero in poi), a colpi di piede, in
piede; appartiene a una radice Àax-, la M:.l;ac; (Licofrone)= À.ax"t'low; e in altri
quale si trova anche nell'avverbio Àa~ composti1. A giudicare da Aesch., Eum.

fede è essa stessa dono di Dio». Il bene che 10 Cfr. A. ScHLATTER, Der Glaube im N. T.'
è oggetto di Afx.yxckvm1 è dunque etico-spiri· (1927) .53I.
tuale, come in Plat., Phileb.55b; polit.269d;
Philo, vit. Mos. r,r57; decal. 64; in senso bi- ).cxx-.l!;w
blico Sap.8,19; cfr. anche 3 Mach.6,1, a pro- I BDISACQ, s.v. ),,at,; WALPE·POK II 420 (DE·
posito di un'età avanzata. DRUNNER),
1.5, (Iv,3) xa't'ct.À.aÀÉw (G. Kittel) (1v,4) r6

541, è stato sentito come contrazione boli ebraici e greci molto diversi, ma
da À.à~ &... l~Et\I. È detto degli animali sostituito altrettante volte con hiipfen,
e degli uomini, talvolta delle fiamme springen nella nuova edizione della Bib-
(Pindaro) e del cuore (Aristofane) 2 • bia) è forse etimologicamente connesso
I LXX hanno il composto CÌ.1toÀ.ax'tl- col vocabolo greco.
SEW 3: Deut. 32 ,I 5, per bii'af, che Lute-
ro in I Sam. 2,29 traduce con lOcken. Nel N.T. solo in Act.26,14, nel pro-
Quest'ultimo passo manca nei LXX, ma verbio: 7tpÒç xÉv"p<X. À<X.x't'lSEt\I, «recal-
il cod. di ParigiB N gr. 133 ha la lezione citrare contro il pungolo» (--=> v, coll.
della Esapla: CÌ.7tOÀ.ocx't'lSE"tE :t"ÌJV i}u-
ctlocv µou. Il lOcken di Lutero, anche 343 ss.}.
H.HANSE
lecken, liiken ( usàto 6 volte per voca-

( À.o:À.Éw ~ À.Éyw ), t xa:r:o:À.o:Àiw,


t xo:'to:À.o:À.1.ci, xo:'taÀ.o:À.oc;
xa-taÀ.aÀ-Éw, importunare con paro- il vocabolo non sembra molto frequen-
le, blaterare di qualcosa1 davanti a qual- te nel linguaggio profano. Manca pure
cuno (Pseud.Luc., asin.I2), spiattellare del tutto - come l'intero gruppo lessi-
(Aristoph., ran.752}; soprattutto parla- cale - in Flavio Giuseppe, mentre Filo-
re contro qualcuno con intenzione osti- ne lo ha solo in due contesti influenzati
le; col senso secondario di falsità o e- dall'uso linguistico biblico, leg. all. 2,66
sagerazione 2, calunniare; Polyb 3,90,6: s.: Maria xct'tEÀ.aÀE~ Mwvcrfj (secondo
-còv <I>O:.~wv xa'tEÌ..aÀEt 7tpòç miv-caç, LXX Num.12,8); ibid.78 (2 volte}: ci-
«sparlava di Fabio con tutti»; r8, 45 tazione dai LXX Num.21,7 3•
(28), 1: Xoc'tEÌ..aÀ.ouv 'tÒ &6yµa. Dio- Nei LXX X<X.'trt.À.<X.À.Éw è per lo più
genes Babylonius, fr. 99 (von Arnim III (9 volte) traduzione di dbr al nif'al e
p. 2 3 7 ,6): xa.-ca.À.ocÀ:r1i}Év·m; 7toÀ.À.&.xtç al pi'el, col significato di parlare ostile;
v7t' l&t<.ù'tW'V. Ditt., Syll. 3 593, 6 s. (n talvolta di gdp al pi'el, schernire, ol-
sec. a. C.}: ~va. µ1}8' ~V 'tOU'tOtç exwcn traggiare ( ljJ 4 3 ,17, codd.ASl), di klm al-
-iJµ(iç xa'ta.À.o:À.E'i:v. P. Hibeh I, 151 (cir- l'hif'il, svergognare (lob 19,3), di lJn al
ca 2 50 a. C.): d oùv 'tW' È7tL xw p'l']O'tv po'el, calunniare (l}J rno,5) e altri4• L'ac-
'!tOLEL eV-.VXE ÈxEl'VWL Xct'trt.À-aÀ'l']O'O\I, cento è posto sul significato di ostilità,
O'U\l't'E't'axaµ.ev y&..p ... Tutto sommato, espressa da xa.'toc- e diretta spesso con-

2 LIDDELL-SCOTT, s.v. questo è importante anche per xa't'a.À.aÀ.ÉW


3 A partire da Teognide [DEBRUNNBR]. [DnBRUNNER].

xa·mÀa.À.Éw x-.À.. J Non è questo il luogo di anallizare la 'ca·


1 Casi: nel N.T. solo col genit.; dr. i LXX lunnia' nel giudaismo rabbinico (cfr. STRACK-
(HELillNG, Kamssyntax 183) e Diod. S. II,4, BILT.ERBECK r 226-23r), poiché qui si tratta
6; con l'accus., cfr. gli esempi citati sopra e solo della famiglia di vocaboli 'Y.a'ta.ÀaÀ.-.
xa't'ao~x1H;w (-+ v, col. 233). 4 Molto liberamente è tradotto in Prov.20,13,
2 À.aÀ.Éw, rispetto a À.Éyw, può connotare
dove l'ebraico «non amare il sonno... )), è reso
sconsideratezza, superficialità, irresponsabilità; dai LXX con µ-1) 6.yoc1ta. xa-.aÀ.aÀ.E~v.
Xct'tct).a).Éw (G. Kittel) (IVA) 18

tro Dio (Num.21,51; !JJ 77,19; Os1, ca-morale extra-biblica. Anche gli elen-
13; Mal.3,13)ocontro il suo servoMo- chi di vizi della Stoa e di Filone non la
sè (Num.12,8), ma abbastanza di fre-
quente contro il prossimo: ljJ 49, 20: contengono, benché fosse facile impie-
xa-.à, "t'OU &.oeÀ.q>ou a'OU; IOO' 5: 'tOV garla. Si incomincia a trovarla nelle e·
itÌ..1'}CTlov ocù-.ou; Prov.20,13; cfr. Prov. sortazioni a guardarsi dalla detrazione
30,ro [Teodozione] 5. Mentre nei pri-
maligna o sconsiderata, nei già citati
mi casi l'essenziale sta nella contraddi-
zione e nella ribellione, la frase xa:t'OC- passi tardivi del salterio e nella lettera-
ÀocÌ..Et\I XCl'tà. -tou àoeÀ.q>ou connota la tura proverbiale e sapienziale; ma an-
parola malevola, denigratrice, calunnio-
che qui solo occasionalmente ricorre in
sa.
Quest'uso - parlar male del prossi- frasi parenetiche.
mo - si riscontra in seguito nei Testa- Nell'uso neotestamentario e della
menti dei XII Patriarchi; test. G. 5,4:
où xo:.-.aÀaÀ.€i: àvopòc; òCTlou; test. Iss. chiesa primitiva questa accezione si è
3, 4: oò XOC"t'EÀaÀ'r)O"a "t'WOc; 'ltW1tO'tE. fatta esclusiva, e il verbo significa par-
Questo è il solo che si ha nei derivati lar mde del prossimo. Per designare la
(nomi e aggettivi).
contraddizione e l'ingiuria contro Dio
xa-.aÀ.cx.À.t&., maldicenza, calunnia,
non è finora documentato nel linguag- sono subentrate altre parole (--)> {3Àa.CT-
gio extra-biblico. Si trova nell'ammoni- q>'l")µ1w e altre). Nel N. T. non si può
zione di Sap.r,u, influenzata da altri dire se l'accento, e questo è il caso del
testi biblici: xat ti'ltò Xct"t'ocÀcx.Àiiiç q>El-
nostro vocabolo 'calunnia', cada sul ca-
CTcx.a1>e y À.WCTa''TJ<;, «trattenete la lingua
dalla maldicenza». In test. G. ricorre con rattere falso e menzognero di una pa-
'lt<X.'tcx.Ì..o:.À.Éw (v. sopra): il malvagio «fa rola, poiché tale carattere è connotato
buon viso alla maldicenza» (xa:w;Àa- naturalmente in xr:t:ta.:Àcx.À.Ei:v. Ma l'ele-
À.tà.v M1tase-.at, 3,3).
mento caratterizzante doveva risiedere
xoc'taÀcx.Àoc;, chi si dà alla maldicen-
za, calunnioso, il calunniatore; P. Oxy. nella preposizione xcx.'tCX.-, cioè nell'osti-
xv 1828 r. 3 (III sec. d.C.). Manca nei lità e malignità della parola diretta con-
LXX e nella letteratura relativa. tro il prossimo 6 • È per la durezza del
La posizione di questa famiglia di cuore - e non soltanto per una falsità
vocaboli è perciò caratterizzata dal fat- - che ciò è in opposizione al primo pre-
to che manifestamente non esplica al- cetto cristiano. Che cosa significhi per
cun ruolo essenziale nella parenesi eti- la giovane cristianità questa riprovazio-

s Nei LXX xcx.-tr:iÀ.ct.À.Ei:V sembra prima di tut- ).a.).Ei:v (vedi sopra) in senso buono. In lji
to traduzione letterale, a dir vero contraria al 40,7 (Simmaco) xa't'aÀ.a).E~V compare in luo·
genio della lingua greca, di dbr con be o con go del semplice dbr. Cosl il peccato di lin-
'al (Mal.3,13): «parlare contro»; in Os.7,x3 è gua indicato in questo passo con Xct't'ct.À.aÀ.Ei:v,
indicato anche un oggetto: 'menzogne•. In è stato per la prima volta caratterizzato chia-
questo passo dbr insinua il significato di ribel- ramente come tale dai LXX [BERTRAM).
lione, Xct't'ltÀ.CÙEi:V invece quello di calunnia.
In Mal.3,x6 it(J.'t'ct.Ì-.(1.À.~i:v è solo intensivo di 6 RimandQ di DillELIUS, Jk.210,
X(.(.'t'c.tÀ.c.tÀÉW (G. Kittel) (1v,5) 20

ne della parola malevola, lo dimostrano listica 8, ma riflette un frammento di


- come già 4> roo, 5, dove essa è il pri- moralità vissuta della cristianità primi-
mo dei peccati enumerati - alcune te- tiva. xix't'aÀ.a,À.Et\I è uno degli atteggia-
stimonianze nelle quali appunto questa menti normali del mondo pagano (I
raccomandazione è la prima o l'unica Petr.2,12; 3,r6), che l'uomo rigenerato
specificazione in una serie che s'era te- (r Petr.2,r s.) abbandona ~on solo per
nuta sulle generali 7• Cosl in I Petr. 2, ragioni morali, ma a cagione della sua
r vicino ai vocaboli generici xa..xla, nuova vita in Dio (r Petr.2,3: El ÈyEv-
OOÀ.O<;, V7t0Xplcrw.;, q>ì16VOL, le xa-.aÀ.a- crao-1)-E lh~ XPT)O""çoc; ò xvpLoc:;, «Se ave-
ÀLetL compaiono come il più concreto te gustato quant'è buono il Signore»).
dei vizi che il rigenerato deve deporre. xa-çaÀ.aÀet:v non è solo un affronto al
Anche in Jac.4,1r esse son fatte ogget- prossimo, ma è pure un'offesa alla leg-
to di particolare ammonizione, accanto ge di Dio, e con ciò un'offesa a Dio
alle esortazioni generiche dei vv. 7-10; (Iac-4,1 r ).
cosl pure in 2 Cor.12,20, dopo i voca-
boli generici ÌipLc:;, ~'l}Àoc:;, wµol, ÈpdM- La straordinaria frequenza del grup-
po lessicale nei Padri apostolici - quan-
cn. Nella I Clem. 30,1-3 sono ricorda- do il tempo della primitiva carità era
te all'inizio della parenesi; in Herm. passato - dimostra in modo evidente le
mand,2,1 ss. sono oggetto della prima piccole incrinature dovute alla fragilità
umana, che si erano prodotte nel pri-
raccomandazione particolare. Cosl, alla mo cristianesimo, e certamente anche la
luce della storia del vocabolo, è chiaro preoccupazione di porvi riparo, che esi-
che anche l'apparire di ;u1....6.À.aÀ.oc:; e steva in queste comunità. Cfr. I Clem.
30,r.3; 35,5.8; 2 Clem-4 1 3; Barn.20,2;
di xwtaÀ.aÀ.LcZ nel 'catalogo dei vizi' di
Polyc.2,2; 4,3; Herm. mand. 2,2 s. (va-
Rom.1,30 e di 2 Cor.12,20 non si spie- rie volte); 8,3; sùn.6,5,5; 8,7,2; 9,15,3;
ga in base a una forma letteraria o sti- 9,23,2 s.; 9,26,7.
G.KITTEL

7 SumAs, s.v.: 1i
ere; -rwc.tç Ù7t6 'tWWV ~ì..c.t­ s Una simile struttura?.ione, dipendente, nel-
O'(jlT)µLa.. La definizione di Basilio, citata da l'ambito cristiano, da Paolo, è palese più tar-
HAUCK, ]k. 205 n. 98, è interessante, per l'e- di nell'uso dei vocaboli ricorrenti nei catalo·
spressione 't'Ò Xc.t't'CÌ. à.1t6'J't'Ot; Ù.OEÀ.(jlOV À.IXÀELV, ghi dei vizi che si leggono nei Padri apostoli-
che non ricorre in nessun altro passo. ci; cfr. per es. Polyc., ep.2,2; 4,3, ecc.
2I (IV,J) À.o:µ~O:vw (G. Delling) (IV,6) 22

ÀaµBcivw,&.vaÀaµBcivw,
&.vcD,:riµtJ;~c;, èmÀ.aµBavw,
, ,,
aVE'1tl.JV)1µ'1t't'O<;, Xa't'a-'
µE't'aÀaµBcivw, µE't'ciÀ t]µ~tc;,
'ltapa-, 7tpo-, 7tpOO"ÀaµBcivw,
7tpo0").,,t]µ~~c;, u'ltoÀaµ~avw

b) Con soggetto di cosa, è detto «di sven-


ture di situazioni del corpo e dell'anima
Il senso etimologico originario del che ~olgono, prendono» 3 (nei LXX: ~6-
vocabolo 1 è prendere, afferrare. Esso ~oc:;, Is.ro,29; ep.Ier.4; 'tp6µoç passim;
si svolge in due direzioni:
sfiÀoc:;, ecc.}. c) Più comune è nell'uso
pleonastico della lingua p~rlata, ma .an-
che qui spesso accentua 1 aspetto di a-
r. Senso attivo. Pre11dere, portare per zione· classico è specia1mente il parti-
iniziativa personale nella propria sfel'a cipio' aoristo (nei LXX anche in altre
d'azione. a) a. frequente (anche nei forme).
LXX) con soggetto di persona e con og- 2. Senso passivo, già nel greco clas-
getto di cosa o di persona: prendere sico: ricevere, ottenere, propriamente
con sé, far prigioniero (per es. Ios. I I (per es. µL<rltouç Plat., resP_. 8, 568 c.;
passim), anche con doppio accusativo senza oggetto equivale al latino conct-
(segnatamente ywai:xa, dove l'accus. pere [della madre, anche nei LXX]) e
predicativo può essere specificato oppu- impropriamente (per es; o6sa,v: Plat.,
re mancare [l'una cosa e l'altra anche polit. 29od. ecc.; -rLµt}v, Anstoph.,
nei LXX]), per es. Ex. 6,7; ~. con ogg. Thesm. 823; Dan. [Teodozione] 2, 6,
astratto: prendere, per es. 1tELpav Àa.µ- cfr. Zach.6,r3; àpx+,v=principio). ì\fel-
(36.vEL\I «procacciarsi esperienza», Plat., le espressioni religiose il verbo ~sat~
Euthyd.275 d (dr. Deut.28,56), à.px+,v con la negazione designa I autarchia di
1

= potere; aì'.a1ll]o"tV Àa.µBavELV, perce- Dio che non può ricevere nulla (Corp.
pire (Plat., Phaed. 73 c ~ anche II, coll. He;m,2,16), perché tutto possiede (5,
469 ); nella terminologia ·giuridica olxl]V
ro b) e tutto fa esistere ( ro,3 ). _
Àa.µ(36.vELV, accettare una sentenza 2; y. Il medio è usato con valore attivo:
detto di cose sulle quali si ha un diritto: aderire a qualcosa o a qualcuno, oppu:
riscuotere la rendita di un immobile, ecc. re afferrare qualcosa o qualcuno; nel
(nei LXX si dice specialmente di regolari LXX Tob.11,rr S; 2 Mach.12,35.
tasse e imposte: Ex.25,2 s.; Num.3,47;
18,28; r Mach.3,31; ro,30-42; rr,34). Nei LXX 4 il significato 2. è abba-

ì..o:µ~6:vw

J.H.H. ScHMIDT, Sy11on31mik der griech. Spra- una patte» (R. HrnzEL, Themis... [ 1907] 127).
che ur (1879) 203 ss. 3 PAssow, Worterb., s.v. Cfr. HEINRICI, a I
Cor.ro,13.
t Questo senso, secondo SCHMIDT 2ros., è an-
4 Cfr. HELBING, Kasussyntax 53 (lq[J /e=À.a'!--
cora prevalente nella lingua classica.
~~VELV 'tLVà dç ... per es. ')'INO:~XO: spesso, EL~
2 Ciò presuppone «un rapporto giuridico tra 1tporpi}-cac;, elç àyLrwµOv, Am.2,rr ecc.; man-
eguali, in cui la giustizia non pende tutta da rn nel N.T.) [BmnRAM].
23 {1v,6) }..a.µ{3&.vw (G. Delling) (IV,6) 24

stanza raro; per lo più ricorre nel sen- 'tWci); B) prendere su di sé (Mt.10,38:
so di accettare (regali, mance); chi~ra­ 't'ÒV<r'ta.up6v =essere pronto alla mor-
mente passivo nel significato di ricevere
(À.aµ~tivEw µtcdt6v, da Dio: Prov. n, te); accogliere nella formazione della
2 r ). La preponderanza del senso r. si propria personalità spirituale e religio--
spiega bene anche pensando che À.a.µ- sa e accettare affermandone il diritto
~riVEt\I è più che altro traduzione di
lqp, prendere, afferrare (e anche, sia pu- sulla propria esistenza: la testimonian-
re assai più raramente, di nf, pigliare, za di Gesù (Io.3,rr.32 s.; 12,48; 17,8)
alzare). Tenendo presente il testo ebrai- e dei suoi inviati (13,20), lui stesso co-
co si possono spiegare anche iilcune sin-
golari espressioni come tJiux1Jv À.aµ~ti­ me Logos (1,12; 5,43) e con ciò anche
\IEt\I = uccidere (passim; 'lt\/Ei:iµa À.aµ- Dio stesso (13,20). Questo significato
BavEtV solo in Bar.2,17); àpt~òv À.aµ- non è in contraddizione con quello che
B&:vEtV (e sim.) = organizzare un censi-
affermeremo in seguito, ma dà espres-
mento (per es. Num. 3, 40}; intonare
(un canto, per es. ljJ 80, 3: ljia˵ov; sione al carattere determinante della re-
spesso: Dpilvov À.a.µa rive:i:v ); À.aµ~li­ ligiosità neotestamentaria: all'invito del-
=
VELV &:µap·tlav addossarsi una colpa, la fede risponde il 7t\1Eliµa di colui che
e anche sopportarla (per altri, Lev.16,
2 2; per il problema della rimunerazio- riceve; y) riscuotere ciò che spetta delle
ne in Ezechiele cfr. Ez.17,10; 18,19 s.); tasse ecclesiastiche o dello stato (Hebr.
7tpoO'W7tOV Àaµ~tivew = avere un ri- 7,8 s.; Mt. 17, 24 s.), della rendita dei
spetto non obbiettivo (cfr. ~ IV, coll.
221 s.). Con oggetto personale, andare a terreni (Mc.12,2 par.). Cfr. Act.17,9 6 •
prendere (mandare per qualcuno). Il significato 2. prevale soprattutto
Nel N.T. abbastanza spesso À.a.µ~6:.­ nelle asserzioni teologicamente impor-
vw si trova nella letteratura narrativa tanti. Da ciò risulta chiaro fino a qual
col senso ricordato sotto l c 5 : prende- punto nel N .T. - in parte in contrasto
re (anche con oggetto astratto: apx·l)v, con le forme religiose greche ed ebrai-
àcpopµ.1Jv [punto di partenza Rom. 7,8], che - l'uomo appaia come colui che da
7tE'i:pav [Hebr.n,29.36] e simili). Nel Dio non fa che ricevere (~ II, coll. l 95
significato di l b solo in Le. (cp6~oç 7, ss.). All'uomo, Gesù toglie le 'infermi-
16 [cfr. LXX], gxcr-i;runç 5,26) e in Pao- tà' (àO'iJf.vEta.~, Mt. 8,17). Dio, certo,
lo (7tEtpacrµ6ç,, I Cor. lo,13, qui pure riceve l'adorazione e la gloria (Apoc.5,
già nella sfumatura di r a [tentazione 12: EÙÀ.oylocv X>' À.. ), ma non si dice che
come potenza ostile]). a dargliela sia l'uomo: >"tµl) e ool;a. so-
Il senso r a: a.) togliere via (con for- no obiettivamente immanenti all'essen-
za, o per scaricare), prendere con sé(lo. za di Dio, e perciò l'uomo gliele può

5 Per 1'uso pleonastico, v. bibliogr. in PREU- 77r.


770; per Mc. 14,65, cfr. ibid.
1
scHEN-BAUER 6 Per altri passi cfr. PREUSCHEN-BAUE.Rl.
25 (IV,6) ì..aµ~6.vw (G. Delling)

dare solo se Dio ne ha trasformato l'es- ver ricevuto lo Spirito per dichiararsi
sere in senso pneumatico e perciò lo ha formalmente cristiano (Act. io,47; 19,
sollevato fuori di sé (forse un po' di- 7
2) • Segnatamente Paolo rileva ancora
versamente in 4,u). che l'uomo non può nemmeno prepara-
L'assioma «che cos'hai, che non ab- re la sola ricezione di questo dono (Gal.
l::ia ricevuto?» (-.l O~ ÈfXELc;, OOÙX ~Àa.­ 3,2.14). A ciò corrisponde l'affermazio-
~tç; I Cor.4,7) è vero persino per Cri- ne che il cristiano riceve (in dono) 8 la
sto (su ciò insiste specialmente Giovan- grazia ( x<t.ptç ), la riconciliazione (xa.-
ni): egli ha ricevuto da Dio non solo -.ocÀ.À.a.y'I'}), la giustizia (o Lxa.tOO'V'il'l}:
l'incarico di compiere la sua opera ter- Rom. I,5; 5,u.17; cfr. anche Hebr. 9,
rena (Io. 10, 18 e), ma anche l'autorità r 5; Io,26 ), la remissione dei peccati,
di sovrano e di giudice dell' èra finale aq>E<nv àµap-.1wv (Act.10,43; 26,18), la
(Apoc. 2,28), insomma ogni potere e piena unità di vita col Cristo ( Phil. 3,
la totale e assoluta pienezza dell'essere u; dr. però qui sotto).
(e tutto ciò, secondo 2 Petr.I,17, non D'altro lato però il cristiano intende
ha ~to in atti separati, ma in un'uni- (e cosl cessa l'opposizione un tempo ri-
ca presa di possesso). Questa totalità levante fra 1t\1Evµa. e x6crµoc;) 9 tutta la
spiega perché Gesù non ·designi se stes- sua esistenza nel mondo, in quanto vo-
so come colui che ha ricevuto lo Spiri- luta da Dio, come qualcosa di puramen-
to, ma anzi affermi che il 7t\IEÙµa. pro- te ricevuto (r Tim.4,4), tanto che cre-
messo ai cristiani riceve i suoi doni dal- de di poter ottenere da Dio persino un
la pienezza del Cristo (fo.I6,I4 s.). arricchimento del suo stato terreno
Ora, ciò che l'uomo riceve da Dio (Iac.1,7; 4 13; I Io.3,22), p<!!r il quale
(o da Cristo) è in primo luogo lo stes- può rifarsi alla promessa di Gesù: 'ltéiç
so 7tVEuµa (lo.7,39; 20,22; Act.I,8; 2, ... ò o.ì.-.wv À.aµP<lve1, «chiunque ... do-
38; Rom.8,r5; I Cor.2,I2; naturalmen- manda, riceve» (Mt.7 18; Lc.u,10), a.l-
te anche nei suoi singoli effetti carisma- -.ei:-.E, xat Àijµljlt:crl)e, «domandate, e
tici, I Petr.4,ro); chi lo ha ricevuto ri- riceverete» (Io.16,24). Ma anche a que-
sulta separato dal mondo (Io.14,17) e sto proposito si sottolinea che questa
reso cristiano in modo cosl esplicito promessa non indica una autosufficien-
che, negli Atti, basta rispondere di a- za (fo.16,24 Év -.41 òv6µa-.l µou).

9 Qui non c'è alcuna contraddizione per ciò


7 Per le particolari concezioni al riguardo negli
Atti cfr., per es., 8,r5 ss. Inoltre H . V. BAER, che riguarda la fede; x6CTµoc; noi\ è il mondo
Der Heilige Geirt in de11Lukarschriften(1926). nel senso greco, cioè in quanto è creato, ma
8 lìwpE<Ì.\I é)..tijk-re in Mt.10,8 è riferito a ciò solo in quanto decaduto; dal momento che
che i dodici devono pt'cndere per la missione Dio mantiene ancora in esso il suo ordine, il
apostolica. xocrµoc; è dato da Dio.
ùw.à.aµpavw (G. Delling) (1v,8) 28

Cosl il cristiano sa che in ogni istan- Analogo senso nei LXX (per lo più
te e nell'intero suo essere cosmico e per nf [ ! ], e anche per lqM: caricare
(sopra un carro o una cavalcatura), e
pneumatico sta sotto il segno dell'assio- anche condurre con sé a piedi (~6r.tç,
ma: -.l EXEtc;, o oòx EÀ.rx.~ec;; Lo sa in Ex.12,32; cnp&:tEuµa., 2 Mach.12,38);
relazione al premio eterno, alla corona pili precisamente levare in alto (in a-
ria), porre ritto in piedi (Ez.2,2). Fi-
di vita che deve ricevere (I Cor.9,25;
gurato: alzare (un grido, un motto, un
Iac.r,I2; forse Phil.3,12); cfr. Mt.IO, canto); elevare i cuori a Dio, nella pre-
4r; Io.4,36; r C01·.3,8.14: µt<T~6v), e lo ghiera (Lam.3,41); prendere in più (lob
sa anche in relazione al tremendo giudi- 17,9); accettare (un insegnamento, lob
22, 22; intelletto, 4 Mach. 5, r l ); 81èL
zio (xplµrx., Mc. 12,40 par.; Rom. r3,2; µv1Jµ11ç à.vciÀ.a.µ~rivEw, «imparare a
Iac.3,r). Il peso di questa asserzione di- memoria» (2 Mach.2,25 ). In 1·iferimen-
viene del tutto chiaro specialmente sul- to a Dio nell'ambito d'un linguaggio fi-
gurato (Ex.19,4; Deut.32,II); detto as-
lo sfondo della dottrina giudaica della solutamente= aiutare a rialzarsi, soste-
giustificazione per mezzo delle opere e nere (!s. 46,4; 63,9; ~ 145,9; 146,6).
del sinergismo rabbinico, nei quali il In Am.5,26 è detto dell'idolatria.
Come termine tecnico (altrove µE-
giusto coopera alla salvezza in modo de- 'ta:n1Hvcx.1, Gen. 5,24; Ecclus 44;16;
terminante. Hebr.rr,5; Sap-4,ro), cX.vaÀ.a.µ~à.vw de-
signa Urapimento passeggero: Apocalis-
In J Cor.4,7 la ripetizione del verbo se di Sofonia in Clem. Al., strom.5,n,
(eÀ.rx.Bec;) accentua la completa dipen- 77,2 (al quinto cielo); il rapimento de-
denza del singolo dal dono fatto alla finitivo di Enoc (Ecclus 49 1 14 [nel cod.
comunità (alla chiesa come corpo di A µE'tE'tÉlhJ]) e di Elia (4Bwr.2,9-rr;
Cristo). Se Paolo ammette meno tale Ecclus 48 19; I Macb.2,58; in 4 Br.ttr. 2,
dipendenza per se stesso (tuttavia __,, l r è indicata con grande circospezio-
TCa.pcx.Àaµ~avw ), considera però la sua ne: aVEÀ.1)µq>JlTJ ... Wç Etc; 'tÒV OÙpll.VO\I ),
cbtotr-toÀ1) e otcx.xovlcx. come assoluta- Nei miti greci di rapimenti i termini
mente ricevute, non scelte da sé (Rom . tecnici sono ap7taSEtV, rapite (--?I, col.
r,5 ; cfr. Act.20,24): il donatore è Cri- 1257), ciq>cx.vil yEvfol)-m, àcpa.vlsEw,
sto (Gal.I,I2). scomparire (cfr. &qiav'toc; Le. 24,3 I}'·
In essi si parla di preferenza dell'as-
sunzione di uomini onorati come dèi
t àv(J),,a.µ~avw, t civaÀ:r1µ\jltc; (per es. Alessandro).
(--? àva~alvw)
Nel N. T.: trarre su (Act. ro, 16),
àvrx.À.aµBavw (già nel greco classico) prendere con sé (2 Tim.4,n; Act.23,
significa propriamente prender su, por- 3 r; a bordo, Act. 20 ,I 3 s. ); nella cita-
tare in alto; poi attirare a sé (con og-
zione di Am.5,26, in Act.7,43.
getto di persona, di cosa concreta o a-
stratta), ecc. In Eph.6,r3.r6 &.'VaÀ.aµBcX.vw è pre-

àvaÀ.aµp&.vw X't'À..
t Cfr. RoHoE•·10 s.v. 'Entrilckung'.
Ò.\lo:.ÀaµP~vw (G. Delling)

so in senso figurato come termine tec- scena, poiché una nuvola sottrae Gesù
nico militare per cingere le armi (an- ai loro sguardi. Questa tradizione pa-
che nei LXX, Deut.I,4Ii Iudith 6,I2, lestinese è conosciuta anche da Paolo
ecc.). il quale pensa che in maniera consimi-
In Mc. I6,I9 indica l'ascensione di le avverrà il rapimento di coloro che
Gesù risorto2, dopo l' ( unica)3 apparizio- saranno ancora in vita alla parusia (r
ne agli undici ricordata nel secondo Thess.4,I7). La scena come tale eviden-
Vangelo; lo stesso valore ha in Act.r, temente interessa solo Luca; gli autori
3, dove l'ascensione ha luogo dopo Wla di Mc.16,19; rTim.3,16 6 vogliono di-
permanenza di quaranta giorni con i di- re che Cristo possiede la maestà divina.
scepoli. Il vocabolo ha questo senso so- Che Gesù non sia più sulla terra, e
lo nella conclusione non autentica di neanche nel seno della terra, è ovvio
Marco, in Act. 1 e in r Tim. 3,16. In per tutti gli scrittori del N.T.; del suo
quest'ultimo passo ricorre in una bre- passaggio nel suo essere attuale essi pen-
vissima allusione, che ha più l'aspet- sano di non avere il dovere, e forse
to di una formula 4 • Anche il racconto neppure il diritto, di dare una descri-
di Mc.16,19 è assai conciso; nonostan- zione particolareggiata 1 (ad eccezione
te la vaga allusione a 4Bwr.2,n, non della fonte lucana di Act. r ). Per l'inte-
è per nulla indicato che la scena sia vi- ra questione ~ 11, coll. 20 ss.; cfr. an-
sibile per i discepoli 5 • Invece in Act.1, che~ I, col. 1257.
2.n, dove il verbo è usato accanto a 6.v6.À.T)µ~tc; a) l'atto di sollevare,
ilmipi>ll (v. 9 ), la descrizione è più ac- assumere (in Filone, per es., è detto di
curata: Gesù è sollevato da terra, non fatti spirituali, rer.div.her.298 ). b) Re-
- come Elia - su di un carro di fuoco, integrazione (in Filone, per es., designa
il recupero di denaro [ virt.roo], il ri-
ma dalla sua propria potenza; i disce- stabilimento della salute [ibid. 176]).
poli noteranno soltanto 1' inizio della Ambedue i sensi ricorrono altrove in di-

2 Nei racconti greci ed ebraici di rnpimenti si l>Eou,


tratta sempre di persone ancora in vita. 6 Come anche I Petr.3,22 ('ltopEUDElç).
3 Pure le parole µE'tà -r?i )..a):i]crm a.ù-roi:ç 1 Nel suo significato teologico, o cristologico
(Mc. r6,19) non devono considerarsi in con-
e soteriologico, il termine 'assunzione' (rapi-
traddizione con Act.r,3, se si considera il co-
mento, intronizzazione) del Cristo non differi-
lore semitico della narrazione; cfr. Mt.3,r, do- sce molto da 'risurrezione' o 'ascensione'. G.
ve con È\I 8è 'tlX~ç i!µÉprt.Lç ÈxElva.Lç si copre
BERTRAM, Die Himmelfabrt Jesu vom Kreuz
un intervallo di decine d'anni. aus und der Glaube an seine Auferstehung,
4 A. SEEBl!RG, Der Katechis11111s der Urchri- in Festgabc fiir A. DeissIT1ann (r927) r87 ss.,
stenheit (r903) r22 s.: fu tolto vin agli uomi- specialmente 203 ss. Inoltre U. HoLZMEISTER:
ni; cfr. la giusta spiegazione in DIBELIU S, Zschr. f. Kathol. Theologie 55 (193r) 44-82;
Past., ad l. TH. SrnrNMANN: ZThK NF 8 ( 1927) 304 s.
5 Lo stesso si dica di Éxcilk1nv b 8e~~wv 'tOU (BERTRAM].
~m)..Àrxµa&.vw {G. Dellilng)

versi rapporti. Il vocabolo manca nei more li invase», "' 47,7; aggrapparsi a
LXX. qualcosa (per es. alla 'educazione', Prov.
4,13, alla 'sapienza', Bar.4,2). Detto di
Nella letteratura del tardo giudaismo Dio, il quale assale il misero con vio-
designa la morte in genere (Ps. Sal. 4, lenza (lob 16,8), ma anche afferra la ma-
18); perciò il primitivo traduttore di no del suo popolo per soccorrerlo: fap.
38,32 (cfr. Hebr. 8, 9); della sapienza
Ass. Mos. ro, 12 lo rende spontanea-
che soccorrevole attira strettamente a
mente con mori'; è dunque dubbio che sé quelli che si applicano ad acquistar-
tcst. L. r 8 ,3 (dove peraltro il vocabolo la e cosl dà loro un appoggio assoluta-
non si trova in tutti i manoscritti} in- mente sicuro {tmÀ.aµB&.vE.-r:a.t -.wv STJ-
-r;ou-r:wv aht11v) Eà:lus 4,n; prendersi
tenda alludere a una assunzione del sa- cura di qualcuno nel senso di ~ &.v-n-
cerdote messianico. Quindi I' àvciJ.:riµ- À.a:µ~&.voµa.L 2 •
"'tc; di Lc.9,51 è anzitutto la morte di Nel N.T. è usato solo il medio (~
Gesù, il cui momento ha un posto ben sopra, a proposito dei LXX), per lo più
delineato nel piano divino (--+ cruµ1tÀ:ri- col genitivo; negli scritti di Luca an-
poucrila.t ); è possibile che si sia pensato che con l'accusativo3 ; Lc.20,20(26) con
anche all'elevazione (o al ritorno--+ so- un secondo genitivo di ciò in cui si
pra) a Dio, che comincia con la morte coglie (in fallo) qualcuno (senso figura-
e trova il suo compimento nell' 'ascen- to). Il significato corrisponde a quello
sione' di Luca. dei LXX (--+ sopra). In Le. 14,4 il ter-
mine indica il tocco taumaturgico della
ÈmÀ.a.µf3civw, t avrn01:l')µ1t'tOt; mano di Gesù. In Hebr. 2,r6 significa
ÈmÀ.a.µf3civw in senso proprio: a) avvincere a sé qualcuno (per salvarlo) e
prendere, dar di piglio (nel composto è quindi coinvolgere in un comune desti-
evidente il senso fondamentale del ver-
bo semplice, ~ coll. 2 r ss. ). Attivo: af- no (cfr. vv. r7 ss.); in r Tim. 6,I2.r9:
ferrare ecc., anche assistere 1, biasimare. ÈmÀ.iJ.(1ou (È1ttÀ.cìf3wv-r:a.t) -r:ijç ... ~wijc;
Medio: propriamente prendere per sé, designa l'aspirare con tutte le forze al
quindi attenersi a, attrarre nella propria possesso della vita ultraterrena (nella
sfera ecc. b) Prendere in aggiunta.
Nei LXX è usato solo al medio, che lotta della fede che si attua nella con-
manifestamente ha assunto il significa- dotta morale).
to dell'attivo; col genitivo: afferrare
fortemente, abbrancare (qualche cosa o avs7tlÀ.1'}µ1t't"Ot;, come il nostro inat-
qualcuno), talvolta con violenza (assa- taccabile, irreprensibile (detto di un sen-
lire); anche con soggetto astratto, per timento, per es. Philo, spec.leg.3,135)
es. -.p6µoc; È1tEÀ.ci(3e-..o aù-r:wv, «un tre- ccc. Manca nei LXX.

8 Cfr. KAUTZSCH, Pseudepigr. 312. 2 HELBING, Kasussyntax r27 s.


€m)..et.µa&.vw, à.ve7tl)..TJµ7t-roc; l La spiegazione di questo fatto fornita da
I PASSOW, S.V. PREUSCHEN-BAUER) è smentita da Lc.23,26.
~a.-.a.À.aµ.~&.vw (G. Delling) (rv,ro) 34

Nel N.T. solo in ITim.3,2; 5,7: re Dio dalla sua parte; Év 'ttvi xcx.i:a-
colui che (anche a giudizio dei non cri- >..aBw -.òv xvpiov; «con che cosa potrò
guadagnarmi il Signore?» (Mich.6,6);
stiani)" è inattaccabile nel suo conte- o fa della sapienza (Ecclus r5, r, cfr.
gno morale (~. I, col. 960 ); nel con- Ecclus 27,8: 'tÒ 8lxaiov, della gfosti-
testo di 3 ,2 &.vc.1tlÀ.1)µ1ti;oc; viene poi zia) un suo sicuro e intimo possesso; b)
specialmente sorprendere, cogliere al-
precisato nei particolari dalle frasi se-
t'improvviso, raggiungere correndo (an-
guenti. In 6,14 Timoteo deve mante- che con soggetto astratto). Per c) cfr.
nere intangibile, libera da arbitrarie in- Dan. LXX 1,20: riconoscere; Iudith 8,
tromissioni, l' integrità del messaggio 14, (cod. S): scandagliare; lob 34, 24 :
Dio è colui che comprende ciò che è im-
etico-religioso, il quale, come Èvi;o'ì..1) perscrutabile.
(mandato), accarnpa i suoi didtti verso Medio: a) è detto specialmente di cit-
di lui. tà espugnate (frequente); b) raggiunge-
re, solo in Jud.r8,2z..

t xa't'ciÀ.rx.µaiivw Nel N.T. appare particolarmente chia-


xrx.'ta- originariamente 'dall'alto al ro quello che già risulta in parte dalla
basso', cioè completamente; xa'taÀ.aµ- descrizione data, cioè che la preposizio-
Mvw è quindi rafforzativo del verbo ne Xt.t'tci conferisce alla forma semplice
semplice 1 • Attivo: a) afferrare, ghermi-
re (specialmente in senso ostile) anche il carattere o di intensità (ghermire con
con soggetto impersonale; detto di Dio, violenza, Mc.9,18} o di subitaneità (co-
Plot., enn.5,8,rr: El oé 'ttc;... ù-rt' È~l­ gliere all'improvviso, I Thess. JA [Io.
vov 'tOU ì}c.ou ... xai:aÀ.1)cpiMc;, «se qual- 8,JS. ree. SPD ecc.; 6,17 codd.SD];
cuno afferrato da quel dio»; anche as-
solutamente: xa't'aÀ.T)<pì}i)vat, 'essere Io.12,35, detto del tempo che segue la
afferrato' nell'estasi, equivale cioè a f.v- morte di Gesù). Il verbo nell'accezione
ì}ou<nacrat; (Poll., onom .r,r6). b) In- gnoseologica di 'afferrare con la mente'
contrare, raggiungere. c) Afferrare con
la mente, comprendere (reahnente); per (~ sopra: c) e II, col. 469) in seguito
es. Philo, praem. poen. 40: «Dio può compare solo in Luca (Atti).
essere pienamente compreso solo da se
stesso»; cfr. anche mut. 6 s. d) Tener L'attivo è usato a) in senso positivo:
stretto, arrestare. Medio: a) sequestra- impadronirsi, ghermire definitivamente .
re per sé; b) Comprendere, capire real- Lo si dice in Rom.9,30 della giustifica-
mente (Sext. Emp., math. 7, 288: Éau-
-r:6v, se stesso). zione mediante la fede che, paradossal-
Nei LXX. Attivo: a) detto di Dio, Is. mente, si ottiene senza fatica (in xa't'a-
ro,14; lob 5,13: ò xa"taÀ.aµ{3avwv cro- Àaµ{36.vw affiora ancora 1' idea di 'rag-
cpouc;, «coglie i sapienti (nella loro a-
stuzia)»; dell'uomo, il quale vuol trar- giungere', come nell' t'.qiì}ao-Ev della fra-

4 Perciò in 3,2 si tratta di esigenre morali del xa.'taÀ.aµ{l&.vw


tutto comuni. I [DEBRUNNER].
35 (rv,ro) µE"ta).a;µ~6.vw (G. Delling) (lv,xr) 36

se seguente). In Phil.3,x2b. 13 è detto damente, nell'intimo (Act.ro,34; Eph.


della comunione di destino col Cristo, 3,I8: della grandezza dell' à:ya'lt'I') "t"OV
che si realizza per ora col morire insieme XptO""tOV che tutto supera).
a lui e diverrà perfetta nella risurrezione
(con un corpo pneumatico). Il cristia- t µE-raÀ.cx.µSlivw, t µE"t"aÀ:nµ\jJt<;
no deve continuamente tendere ad essa,
µE'tctÀ.ixµP&.vw. Conforme al doppio
sforzarsi di raggiungerla, ne «entrerà in significato di µE"ta-, il composto signi-
definitivo possesso» nella ÈçavM'trmtç; fica a) col genit., aver parte, ricevere
fuori di metafora: l'adesione al Cristo una parte (perciò anche con l'accus. del-
la parte, il cui tutto è espresso in ge-
deve continuamente essere affermata e nit. ); b) con l'accus., prendere in segui-
praticata nella vita di fede, fino alla sua to o in cambio, quindi anche mutare,
realizzazione completa nella risurrezio- scambiare.
ne. Inoltre in Phil.3,r2c: del cristiano, Nel N.T., a) ricevere la propria par-
che Cristo 'afferra', 'fa entrare intera- te, quella che spetta a ognuno, come in
mente' in questa comunione della sua 2 Tim.2,6 a proposito dei frutti che uno

morte e della sua risurrezione; in I Cor. si è procacciati; in generale, prendersi la


9,24: della corona di vittoria del cri- propria parte di cibo (dalle provviste
stiano, cioè dcl compimento di questa disponibili, cioè comuni) Act.2,46; 27,
comunione, che è la ~w"Pi alwvtoç, «vi- 33 s. (nel v. 33 accoppiato a ~ 7tpoo--
tJ eterna». b) In senso negativo: so- À.ctµStivoµat). A proposito dei beni in-
praffare, travolgere; Io.1,5: la tenebra visibili, cioè in senso traslato, è usato
della lontananza da Dio non riesce a in Hebr. 6, 7: come una determinata
sopraffare la iuce, la nuova, religiosa terra beneficia (con altre) della benedi-
potenza di vita presente nel Logos cioè zione di Dio rappresentata dalla piog-
nel Cristo divino, né a travolgerne la gia, ma poi, se non porta frutti adegua-
forza 2; per il solo fatto che questa lu- ti, viene maledetta, così anche i cristia-
ce esiste, la notte in tutta la sua vasti- ni apostati hanno già beneficiato con
tà viene travolta e privata di ogni po- gli altri della benedizione di Dio rap-
tetlZa. presentata dalla salvezza nel Cristo, per-
A sua volta, il medio (usato solo per ciò non hanno più alcuna possibilità di
designare eventi spirituali) significa ac- riabilitarsi, facendo una seconda volta
certare, constatare (Act.4,13; 2 5 ,2 5 ), co- penitenza. Viene qui sviluppata la figu-
noscere a fondo, 1·endersi conto pro/on- ra di Gesù già delineata in Mt.r3,3 ss.

2 Un parallelo abbastanza stretto offre acl. (Diss. Uppsala r928) 88 s.: q>wc; -;ò µi) xr.c.->et.-
Thom.r30 (n p. 238,ro s.), cfr. H. LJU:-<GVIK, 1cxµ~ix.v6µi::vov. Cfr. anche ScHLATTER, Komm.
Studien z. Sprache d. apkr. Apostelgeschichten Joh., ad l.
37 (IV,II) 7tapaÀaµ~&.vw (G. Delling) (rv,12) 38

In Hebr.u,ro il vocabolo figura in un di persona, in particolare, accogliere


altro contesto: il cristiano è destinato unendo a sé con un legame di qualsiasi
natura. Con oggetto di cosa: ad es. as-
a 'partecipare' alla santità di Dio, meta sumere un ufficio (l'ufficio sacerdotale
altissima; quindi non deve opporsi al- Dittenberger, Syll.J 663,12), un'autorità
la necessaria opera di educazione che Wiw~À.El<X.v ); in senso speciale, ricevere
Dio esercita su di lui. in eredità, ereditare, detto in particola-
re dei beni spirituali (anche di cono-
b) In Act.24,25: xa.Lpòv oÈ µE-ra.Àa- scenze storiche e scientifiche). In Pla-
tone e Aristotele, ad es., 1tapaÀaµ.~&­
~wv, potrebbe avere il significato cor- vw ha questo preciso valore.
rente: se avrò un'occasione. Questo
Plat., Theaet.198 b, definisce l'atteg-
senso è possibile, ma sbiadito. Molto
giamento dello scolaro di fronte al mae-
più pertinente è invece l'altro: se più
stro come quello di chi riceve ( 'ltcxpa.-
tardi troverò il momento, se potrò tro-
À.aµ.Bavwv) rispetto a chi dà {~ 1tapa-
vare un momento opportuno in cambio
o~oovc;) (cfr. La. 197 d; Euthyd. 304 e;
di questo, che non lo è.
Philo, cher.68 ). Nella problematica teo-
µ&'tciÀ'r}µljnc;. I Tim. 4,3 mette in retica Platone si sente legato alle gene-
guardia dall' accogliere alcune partico- razioni che l'hanno preceduto (Theaet.
lari prescrizioni riguardo ai cibi, che e- 180 c: 1tapE~À.1}cpo:µEV}, e lo è persino
rano estranee al pensiero cristiano. Dal nella terminologia (Crat.425 e: òvoµa-
contesto si capisce che si tratta di cibi i:a.••• 'ltapà ~apBiipwv -r~vwv aù-rà 1tap-
che, secondo alcuni, davano in potere E~À1)q>aµEv, «abbiamo ereditato le pa-
di forze nemiche di Dio e pericolose per role stesse da alcuni stranieri»). Aristo-
l'uomo. Il redattore della lettera so- tele sente chiaramente questa fatale di-
stiene, all'opposto, che ogni nutrimento pendenza dal passato (meteor. 1,13 p.
è dato dalla volontà di Dio creatore e 349 a 15; poet.14 p. 1453 b 22). Am-
quindi per coloro che credono nel Cri- bedue appaiono tenacemente attaccati
sto - e sono perciò al sicuro da ogni in- alla formula: 'ltapE~Àt}cpaµEv 'ltapà 't'WV
flusso di potenze nemiche - è destina- ..., «abbiamo ricevuto da ... » (oltre ai
to ad essere preso senza preoccupazione passi citati, cfr. di Atistot. gen. corr. r,
e con rendimento di grazie. 7 p. 323 h r s.; an. 1,2 p. 403 b 27).
Tale importanza di 1tapa.ÀaµBci.vnv
può riconnettersi al fatto che, almeno
prima di Platone, nell'indagine scienti-
A. 7tapaÀaµBcivrn1
NELL'AMBITO
GRECO-ELLENISTICO fica lo scritto era relativamente scarso,
mentre il primo posto era occupato dal-
Questo composto è strettamente con-
nesso con la forma semplice. Significa la trattazione orale. Comunque, anche
prendere per sé, assumere. Con oggetto nel massimo fiorire dell'ellenismo, il
39 (1v,12) 1tapa.À.a.µ.~&.vw (G. Delling)

metodo d'insegnamento rimase del tut- ha diritto. Quando questo metodo di-
to impostato su una trasmissione diret- dattico tipicamente . greco, che poneva
ta da maestro a scolaro. E non si trat- maestri e scolari in una comunione di
tava tanto di trasmettere cognizioni sto- vita non solo astrattamente intellettua-
riche (o scientifiche) capaci di esprime- le, e addirittura li legava in un ~pwc;,
re un alto grado di validità, assoluta e venne meno, nell'epoca dell'ellenismo
impersonale, ma piuttosto di un prin- di mezzo, allora scomparve anche que-
cipio di autorità, ancorato prima -di tut- sta accezione di 'ltrtprx.À.a.µP&.vw. Essa
to nella personalità del maestro, che da- riprese vita nel neo-platonismo, benché
va al patrimonio di pensiero la possi- in una prospettiva alquanto diversa 1•
bilità di farsi valere. Ciò richiedeva, da È chiaro che Socrate non si lascia fa-
parte del ita.p<Ù.a.µP<i'Vwv, un corri- cilmente inquadrare in questa cornice.
spondente atteggiamento di stima e di Egli si pone consapevolmente al di fuo-
fiducia. La qnÀ.ocrocpla. greca (nel senso ri, anzi persino in contrasto con ciò che
di scienza) era qualcosa di eminente- era norma per i metodi pedagogici del
mente pratico: il suo ultimo scopo era tempo. Tuttavia anche la posizione di
la determinazione morale che nasce dal- Soctate verso i discepoli dà l'impressio-
la conoscenza; e questo valeva anche ne che il loro legame riposi su una re-
quando l' indagine era più che mai a- ciproca fiducia fra la persona del mae-
stratta. Il 'filosofo' è il tipo della gui- stro e quella dello scolaro, e che il suo
da morale (cfr. Plat., resp. 6, 501; 7, scopo non sia principalmente la trasmis-
520), a cui spetta l'educazione comples- sione del sapere, ma piuttosto la for-
siva dell'uomo greco e che esercita un mazione del carattere. Tale metodo pe-
influsso determinante in tutti i settori dagogico comporta, anche al di fuori
della vita. Perciò il ita.pa.À.a.µf3tivwv ve- della cerchia socratica, che ognuno nel
de senz'altro in lui il principio di au- susseguirsi delle generazioni, almeno
torità; se poi deve dissentire dal mae- nel caso che diventi egli stesso maestro,
stro su qualche problema, in quanto ne possa raggiungere nello studio tisultati
ha superato le posizioni (cosa che av- personali, nuovi e forse contrari a quel-
veniva abbastanza di rado nel rapporto li del maestro. Infatti ciò che vien tra-
didattico strettamente personale), lo fa smesso non è un corredo di cognizioni
continuando tuttavia a serbargli quella morte - il che escluderebbe qualsiasi
fiducia cui la personalità del maestro progresso - ma prima di tutto un indi-

ita.pa.Àa1.1.~avw
A. SEBBI!RG, Der Katechismus der Urchriste11- ro8 (excursus 1).
heit (r903) 46. Per la Cabala cfr. CH. TAYLOR, I Cfr. gli indici delle opere di Giamblico, spe-
Sayings of the Jewish Fathers.. .' (1897) 106- cialmente de vita Pythagorae.
41 (1v,12) '!Ca:pa:Àa:µ~&.vw (G. Dclling)

rizzo fondamentale del comportamento dei suoi seg~eti; per i misteri di Mitra
caratteriale, in secondo luogo nel campo cfr. Porphyr., abst. 4, 16 (a metà}; per
quelli di Eleusi, Plut., Demetr.26 (r 900
della scienza vera e propria, non solu- e), e anche Suidas, s.v., schol. Arfrtoph.
zioni belle e pronte, ma un modo di ran.757 (ed. G. Dindorf IV 2 [1838]);
porre i problemi. E a questo proposito per 1a gnosi ermetica, Corp. Herm. I 26
bisogna pur constatare talvolta, e con b. Quest'ultimo testo mette in rilievo
(dr.anche Theo Smymaeus, de rebus ma-
tutta lealtà, che tali formulazioni sono thematicis r p. 15 [ed. E. Hiller 1878])
rimaste fisse per secoli e secoli e hanno la possibilità del n;rx.pa.À.a.f3wv di diven-
cosl impedito in certi casi al pensiero tare, per opera del dio, degna guida
alla redenzione. Questa è anche l'unica
di progredire, adottandone di nuove. analogia col N.T.; per il resto, nei mi-
(Si pensi, ad es., al modo di concepire steri si tratta di qualcosa di segreto,
il tempo). mentre il µut:r't1Jptov cristiano è l'evan-
gelo (cfr. Eph.6 1 19) che dev'essere pre-
Oggetto del Ttrx.pa.À.aµati.vEw non è dicato a tutti; il patrimonio trasmesso
però soltanto l' i)l}txòc; xat TtOÀ.1:ttxòc; nei misteri è un insegnamento esoteri-
À.6yoc;, «la dottrina etica e civile», che co rigidamente fissato, mentre ciò che
si trasmette nel cristianesimo è soprat-
mostra l'essenza, il valore, lo scopo del
tutto una fede che è vita. Per lo stes-
comportamento personale e comunita- so Paolo non c'è associazione alcuna fra
rio nelle sue grandi relazioni con tutto 1ta.pocÀ.aµ~&.vEW e i misteri, e lo mostra
ciò che esiste, ma sono anche a.t <'m6p- il fatto che nel contesto del termine
µ.ut:r'\"1}pLOV non è mai usato né '7t<X.pa.-
P1)'\"0t xa.t aa.w-ce:pa.t ot&MxaÀ.la.t., «gli À.aµf3avEw né Ttapa.8Lo6va.L, neppure
insegnamenti esoterici e più profondi» dove se ne offrirebbe facilmente l'occa-
(Plut., Alex1,3 [I, 668 a], detto di A- sione (ad es., I Cor.15,51; Eph.r,9; 3,
3; 6,19; Col.4,3). na.pa.Àaµf36.vEw in-
ristotele); questi hanno un oggetto per fatti non connota la rivelazione imme-
lo più espressamente religioso, e appun- diata di natura soprannaturale, che è in
to per il loro carattere di &:Jt6ppr}'t'IX. ri- primo piano in Paolo, ma «la tradizio·
ne orale da persona a personal> 3 •
chiedono la cieca fiducia del 7ta.paÀ.a.µ-
~&;vwv 2 e lo costringono a dipendere
B. IL PROBLEMA DELLA TRADIZIONE
datl'autorità del maestro in modo an- NEL GIUDAISMO
che più marcato riguardo alle dottrine Mentre nel mondo greco il rapporto
propriamente 'filosofiche'. fra maestro e scolaro è determinato dal-
la fiducia che intercorre fra uomo e uo-
TCapa.Àa.µ.au:vnv è anche il vocabolo
tecnico indicante il 'ricevere' l'iniziazio- mo, nelle scuole superiori giudaiche ciò
ne misterica e l' 'essere messo a parte' che in primo luogo li lega reciprocamen-

2 Cfr. anche Iambl., vil.Pyth.28,148; ~1tlo"tEV· !J011c in arcanis habuere, «ritennero l'arte ma-
ov xa.1.xapEt):1')qiEO'O:.Y. Interessante, per con- gica fra le discipline arcane».
cezioni più tarde, Plin., 11at. hist.30,1,9; certe 3 Cosl giustamente R.EISLER: ZNW 24 (1925)
Pythagoras, Empedocles, Democrit11s, Plato ... 161, nota 5.
43 (1v,13) 'ltapaÀ.aµ~ci.vw (G. Delling) (rv,14) 44

te è la materia stessa dell'insegnamento. dizione è fatta risalire a Mosè e di qui


Questa materia è per principio circo- a Dio; cfr. anche Pea 2,6); ma il verbo
scritta alla tradizione religiosa (la quale ricorre per lo più nella formula mequb-
tuttavia comprende anche elementi di biil 'ani, «mi fu tramanda tO» 6 •
diritto e di altre discipline) e rivendica
Anche i rabbini conoscono una tra-
per sé una assoluta validità; il 1tapa- dizione dell'arcano (--7 II, col. 601); ma
À.aµf3cbmv si compie in un legame che questa è tenuta segreta per motivi del
ha il suo fondamento non nella ·perso- tutto diversi da quelli dei misteri gre-
ci. Se anche qui si può parlare di un
nalità, ma nell'ufficio del maestro. Que-
certo esoterismo, tuttavia quel che so-
sto legame può sussistere anche in man- prattutto si teme è un danno religioso
canza di un'amicizia personale; la de- per chi fosse messo a parte intempesti-
vozione dell'aluhno (tlmjd) può nasce- vamente dell'arcano, senza essere anco-
ra maturo (Hagigà 14 b). Perciò conti-
re dalla sola riconoscenza per la gran- nua a venir trasmessa con uno stretto
dezza del patrimonio ricevuto (sintoma- esclusivismo non solo la merkabà, l'ese-
tico l'episodio di Hagigà 15 b, dove lo gesi della visione del carro di Ezechie·
le e l'interpretazione del racconto della
scolaro, fervido credente, rende grazie creazione 7 , ma anche una materia pu·
al maestro apostata per l'azione salvi- tamente legale 8 (Hag. 2,r ).
fica) 4• Poiché la tradizione nella sua o- Nei LXX 7tapa.Àaµ~avw significa
prendere per sé (e con sé), per lo più
biettività pretende d'essere esente da
con oggetto di persona (nei libri stori·
errore, il rapporto fra maestro e scola- ci sempre, eccetto Num.23,20), talvol-
ro diventa tigidamente autoritario; la ta anche di cosa; assumere, ereditare
fiducia di quest'ultimo va non all'indi- (particolarmente un potere, un domi-
nio).
viduo, ma al rappresentante della tra-
dizione. Si aggiunga che ciò che vien
C. 7tapa.À.a.µf3avw NEL N.T.
trasmesso comprende in ultima analisi
tanto la Torà quanto la sua esegesi (an- r . Con oggetto di persona (solo nei
che i profeti sono considerati come tra- vangeli e negli Atti): prendere per sé,
smettitori della Torà}5 e cosi anche que- con sé (eventualmente in stretta unio-
sta esegesi assume un'autorità sempre ne). In espressioni di significato teolo-
più rigida. Il termine tecnico per la tra- gico è detto del Cristo che non 'è rice-
smissione di ciò che viene insegnato è vuto' dal mondo (Io. r ,II); dell' 'esser
qìbbel (Ab.r,r, dove la catena della tra- presi con sé' dal Cristo nel suo regno

4 Cfr. KITTEL, Probleme 69, specialmente n. 6 W. BACHER, Tradition u11d Tradenten in dcn
4.: «I discepoli riconoscevano nel loro mae- Schulen Paliisti11as tt. Babyloniens (1914) 2.
stro ~emplicemente un maestro; che fosse il 7 Cfr. STRACK·BILLERDECK, Index s.v. 'Merka-
loro, era cosa puramente accidentale». ba'.
s Cfr. BAcHER, Term. r 165. s Testi in STRACK·BILLERBECK I 579.977.
45 (rv,14) 'ltapa>.aµ~a:vw (G. Delling)

(Io. q, I3; Mt. 24, 40 s., e similmente che ciò che egli trasmette relativamente
Le. I 7 ,34 s.: le espressioni sono carat- a tale vita non l'ha 'espresso', cioè non
teristiche di Giovanni e dei sinottici l'ha sentito nascere in sé in quel modo
nonostante la diversa espressione della per una rivelazione umana, ma l'ha ri-
loro escatologia). Per Col.2,6 --'> sotto. cevuto direttamente dall'autore di que-
sta stessa rivelazione nell'esperienza di
2.Con oggetto di cosa, assumere un
Damasco. L' oggetto di questo 'ltaf)CX.-
ufficio (Col. 4,q); ereditare (~acnÀ.El­
À.aµ~cX.vELV evidentemente non può es-
cx:v), Hebr.IZ,28. Come termine tecni-
sere la tradizione riguardante Gesù, che
co: a) accettare come legge religiosa l'e-
si è andata formando sul racconto sto-
segesi rabbinica della Torà attestata nel-
rico delle sue vicende (corrispondente-
la tradizione (dr. Mc.7,4, dove l'ogget-
mente al significato dato più sopra[a]),
to sono le prescrizioni di purificazione);
ma solo l'intima vita della fede che sol-
b) (solo in Paolo), con significato più
leva a certezza religiosa quello che di
vicino all'ebraico qibbel: accogliere il
per sé è un semplice racconto storico,
racconto dell'istituzione della cena, del-
del quale in via di massima sarebbe pos-
la passione, morte e risurrezione e del-
sibile dubitare. 7trlpa.À.cx.µ.~<ivw.1 può
le apparizioni di Gesù, nella forma pre-
quindi connotare (--'> a) non una sem-
cisa che ha assunto e nella quale è tra-
plice recezione nella sfera dei contenuti
smesso (I Cor.n,23 9 ; 15,I.3;--'> r, col.
logici del pensiero, ma, ben più, un as-
n69); ricevere le norme enunciabili e
sumere nel centro della propria perso-
tradizionali della morale cristiana, la
nalità, che è superiore al pensiero.
hàlaka cristiana 10 (r Thess.4,r). Con si-
gnificato più vicino ali' originario 1t(X.- Questo valore di 7CCX.pcx.À.cx.µ~ci.vEw è
11
paÀ.a.µ~civw greco : accogliere, riceve- basilare anche negli altri passi. Solo co-
re la forma di vita spirituale ed etico- sl si spiega come Paolo arrivi a preten-
religiosa che viene tramandata, accet- dere che sia considerato come valido ed
tandone i postulati in adesione alla vi- escludente ogni errore tutto ciò che i
ta personale di Paolo, quale depositario destinatari delle sue lettere hanno 'ri-
della rivelazione (rifacendosi al promo- cevuto' da lui (Gal.r,9, cfr. I Tbess. 2,
tore primo di questa vita, che è Gesù I 3), e sia d'altra parte convinto che al-
Cristo; cfr. Gal.I,I2). Paolo sottolinea le comunità non evangelizzate da lui fu

9 Cfr. KITTEL, Probleme 64. linguaggio misterioso.fico potesse essergli stato


10 Cv. WmzsXcKER, Dns A-;>ostolische Zeital- presente, egli lo avrebbe in ogni modo com-
ter3 (r902) 594 su I Cor.4,r7. pletamente trasformato. Si può invece conget-
11 Paolo non ebbe certamente coscienza di un turare un ulteriore sviluppo, da parte di Pao-
tale rapporto. Se anche l'uso della parola nel lo, del qibbel della terminologia rabbinica.
47 (1v,15) itpoÀaµp&:.vw (G. Delling) (1v,16) 48

trasmesso (ed esse hanno 'ricevuto') il Cor.u,21; cosl pure in Mc.14,8: l'un-
medesimo 'Cristo' (Col.2,6), nella fede zione con cui la donna ha pensato di
che viene suscitata nel non cristiano tributargli riconoscenza e onore, è in-
dalla fede di chi lo è. È chiaro che que- terpretata da Gesù come allusione alla
sto "lta.pa.À.a.µ.~<X.vuv è opera di Dio sua morte vicina. Poiché egli prevede di
stesso; il À.Oyoç àxoi]c; è ·À.Oyoc; i}eov, la subire la morte dei malfattori e fa con-
«parola che avete udito» è «parola di to che sarà abbandonato dai discepoli,
Dio» (I Thess.2,13). Consono alfìne a non si può attendere che qualcuno gli
tutto questo è anc4e il fatto che ogget- pratichi in seguito un'wizione come ge-
to del 1ta.pa.À.a.µ{3&.vrn1 è pure il rcwc; sto di pietà. È difficile che la frase sia
8e~ 7tEptrca.-te~v. «come bisogna compor- inventata, e ciò conferma l'autenticità
tarsi», e non solo in quanto formale ac- delle affermazioni in cui Gesù prevede
cettazione dell'in·segnamento etico tra- vicina la sua morte(~ II, col. 8or; IV,
dizionale (cfr. rThess.4,1 ~col. 45): coll. 123 s.).
1tCX.paÀ.a.µ.~6.vew significa piuttosto rice- 2. Sorprendere, in Gal.6,r : Paolo
vere quella intima e pratica compren- con 7tpOÀ:rn.upì}TI vuol mostrare che pen-
sione che coglie l' essenza e Io spirito sa a un 'fallo' nel quale il fratello sia
della condotta morale cristiana e nasce caduto inavvertitamente, che non costi-
dalla forza stimolante dell'esempio (2 tuisca quindi un torto deliberato; per-
Thess.3,6 e Phil.4,9). Tale comprensio- ciò il giudizio severo deve lasciare il po-
ne deriva dalla fede (1tlO'"<ttc;), dall'unio- sto al soccorso fraterno (~I, col. r 267 ),
ne vitale col Cristo, ed è perciò che la che sopporta davanti a Dio anche i pec-
sua acquisizione può essere definita co- cati altrui. I vv. r - 5 costituiscono un
me un mi.pcx.ÀaµBavwJ -tòv Xpw-c6v, tutto unico; perciò Paolo sottolinea e-
«ricevere il Cristo» (Col.2,6). spressamente, nel v. 4, che la disposi-
zione a scusare, implicitamente postu-
t 1tpoÀ.aµ{3&.vw lata da 7tpoÀ1)µ.<pilij, deve riguardare non
I significati fondamentali corrispon- il peccato proprio, ma quello del fra-
dono alla caratteristica della preposizio- tello.
ne e sono: prender fuori e prender pri-
ma. Nel Nuqvo Testamento il vocabo- t 1tpoo-Àa.µ~avo t 'ltpocrÀ.'l']µlfJtç
lo s'incontra solo in quest'ultima acce- Ttpoo-ÀaµBa\lw. Attivo: in senso pro-
prio, prendere in aggiunta, in unione
zione. (possesso) spontanea o forzata, ecc. Me-
r . Intraprendere in anticipo; cfr. r dio: attrarre a sé, dare una mano 1•

7tpocrÀap.pci:vw x-r>...
1 PASSOW.
49 (1v,16) ÒltoÀcxµ~ocvw (G. Delling) (1v,16) 50

Nei LXX (i passi in cui il vocabolo t Ù1toÀ.aµBci\lw


è presente sono tutti elencati): all'atti- I significati si riscontrano tutti fin
vo solo in Sap.q,ro; negli altri casi il
medio ha assunto anche il valore del- dall'antichità. Qui si registrano solo
1' attivo (cosl in 2 Mach. 8,1; ro, 15 ). quelli che restano validi per il N.T. Il
Detto di Dio: egli, come ha già fatto vocabolo significa in senso proprio pren-
con l'intero popolo (1 B®.12,22), at-
dere dal di sotto, afferrare. Di qui:
trae a sé il suo eletto (~ 64,5), lo ac-
coglie in uno strettissimo vincolo, al ri- r. accogliere qualcuno (sotto la pro-
paro dai pericoli (tjl 17,17) e dalla soli- pria protezione) (J Io. 8), non solo nel
tudine (26,10), in una comunione che
dona un senso particolare di felicità senso di accordare una generica ospita-
(64,5) e di sicurezza (72,24). lità, ma con l'idea di proteggere i per-
Nel N. T. il verbo compare solo al seguitati.
medio(~ sopra, a proposito dei LXX): 2.In aggiunta alle parole di qualcu-
prendere per sé {uomini, Act.17,5; 18, no, soggiungere (Le. 10,30); quel che
26; cibo Act.27,33.36 [v. 36 genitivo segue vale come risposta.
partitivo]), con sé, a parte (Mc. 8,32 e 3. Ammettere, st1pporre. Le. 7,43:
par.), accogliere ospitalmente (Philm. con la scelta di questo termine pruden-
17; Act. 28,2). In Rom. 14,r.3; 15,7: te, il fariseo che parla vuole evidente-
come Dio (oppure Cristo) ha accolto in mente scansare la gravità della condan-
comunione piena con sé ogni membro na che Gesù gli ha rivolto con la pre-
della Chiesa, cosl accoglietevi a vicenda cedente parabola. Qui il vocabolo con-
tra cristiani, senza alcuna riserva inte- nota una st1pposizione verosimile; in-
riore (che potrebbe nascere dalla diver- vece in Act.2,r5 la supposizione è cer-
sità delle pratiche religiose). tamente falsa (in una confutazione).
7t'p60'À:riµ\jli.c;, aggiunta 2• Manca nei 4. Sottrarre. Act.r,9; a menochenon
LXX. Nel N.T., in Rom. n,15, corri- ci si debba semplicemente basare sul si-
spondentemente al verbo (attrarre a sé), gnificato fondamentale ('lo prese dal di
indica la futura riammissione, per ope- sotto, lo sollevò'). In ambedue i casi il
ra di Dio, del popolo ebraico, che ora vocabolo esprime l'idea di nascondere,
è lontano e 'morto' 3 • di sottrarre alla vista. (~ àva:À.aµBci-
vw ). G. DELLING

2 Citazioni nei lessici. ni); inoltre la contrapposizione è fra 1bto~o­


3 Dopo 1tp6CTÀ'l1WJ1Lç, si deve aggiungere a.U. À.ti e 1tp6:rÀ.wl!itç.
'tW\I (degli Ebrei) meglio che ùµWv (dei paga-
51 (IV,17) ì..6.µ7tw x-cÀ: (A. Oepke) (1v,r7) 52

t À.aµm.ò, t hÀ.aµ1tw,
t 7tEPLÀ.aµ7tw, t À.ct,µ7tac;,
t À.rxµ1tp6ç
intrans1t1vo À.ciµ7tEL\I si dice a) in
SOMMARIO: senso proprio, del sole; Solone (ed. T.
A. Significato dei vocaboli. Betgk, Poetae Lyrici Graeci II5 [ 1915])
13,23; del lampo (Lc.q,24); di una co-
B. V alare morale e religioso dei vocaboli meta che porta sfortuna M-i;'Ì}p ÀaµljJEt
al di fuori del N .T .:
i . grecità ed ellenismo;
(Sib.3a34); di fiaccole resinose (Rom.,
2. 'splendore' nell'A.T.;
Il.18,492 e passim); di un lume della
3. il giudaismo. casa (Mt. 5,15). b) In senso traslato è
C. Àaµ7te~v x"t'À. nel N.T.: detto di occhi che scintillano d'ira: à.7t'
I . premesse generali;
ò<pì1a)..µwv oÈ xa,xòv 1tup... ÀaµTIEcr-
2. uso teologico dei vocaboli. xs (Theocr., idyll. 24,18 s.; dr. Horn.,
D. La chiesa.
Il. 15, 608), di un volto sfavillante di
letizia ( cpa.topòc; Àaµ:n:ov·n µE't'WTC~, A-
A. SIGNIFICATO DEI VOCABOLI
ristoph., eq.550), di una luminosa bel-
lezza (Plat., Phaedr.250 d), della gloria
Nell'ambito greco, il semplice Àaµ- (Pind., Olymp. r, 23); costruito perso-
7tELV è di uso prevalentemente, se non nalmente nel senso di coprirsi di glo-
esclusivamente, poetico. Ha valore per ria; oùo'El KMwv ·('~À.cxµ~s (Aristoph.,
lo più intransitivo: splendere, bt"ìllare; vesp.62); raramente è detto dei suoni:
di rado transitivo: rendere luminoso, 1ta.ib..v oÈ ÀaµTIEt (Soph., Oed.Tyr.186).
far risplendere, per es., un segnale lu- I composti vengono usati nelle ac-
minoso che trae in inganno: 06À.~O\I cezioni corrispondenti, come rafforzati-
àx-i-a'Lc; à.cr-i;Épa. Àaµ\jJac;, {Eur., Hel. vi della forma semplice: ÈxÀ.tiµm:iv so-
l l 3 l ). Quest'ultimo valore scompare prattutto con valore intransitivo; tran-
nel N. T . (~ coll. 77 ss.). Con valore sitivo con l'accus. de1la luce irradiata

Àaµ'ltW X"t'À..
RGG1 m 1630 ss. 1597 ss. (bibliografia); RE' phanienfestcs: SAB (1917) 402 ss.; E.NORDBN,
XI 464 s.; ERE VIII 47 ss. s.v. 'Light and Dark- Die Geburt des Kindes (1 924) 24 ss.; R. KIT-
ness'; PAULY-W . VI (1909) 1945 ss.; M. VAs- ·rEL, Die hell. Mysterie11religiot1 u. das A. T.
SITS, Die Fnckel in Kultus und Kunst der (1924) specialmente 22 ss.; A. v. HARNACK:
Griechen (Diss. Mi.inchen 1900); E. SAMTER, SAB (1922) 62 ss.; E. L OHMEYER, Die Verklii-
Geburt, Hochzeit rmd Tod ( 19II) 67-82; Tu. mng Jesu 11ach dem Mk-Ev: ZNW 21 (1922)
W XCHT ER, Rei11heitsvorschriften im griech. 185 ss., specialmente 208; J .HOLLER, Die Ver-
Kult: RVV 9,1 (1910) 27 nota 2; 44; 45 nota kliirung Jesu (1937); HAUCK, Das Eva11gelit1m
l; 51; G. P. WETTER, Phos (J9r5); RmrzEN- nach Markus (1931) a 9, 2 ss.; J. S1cKENBER-
STEIN, Poim., passim; In., Ir. Erl., passim; M . GER, Die Briefe des hl. Pls an die Kor. u. Rom.
DIBELius, Die Vorstelltmg vom giittlichett (1932); \'ii'INDISCH, BACHMANN, Commentari di
Licht: DLZ 36 (r915) r469 ss.; F. J. DéiLGER, 2 Cor. a 4, 6; BAUER, Joh. a 1,4; W. Bous-

Ichthys u (1922) 14.386.430.434.438; V.THAL- SET, Ct·IARLES (l.C.C.), ZAHN, LOIIMEYER, HA-
HOFER - L. EISENHOFER, Ha11dbuch der katho- DORN, Commentari dell'Apocalisse per i passi
lischett Liturgi/i' (1912) Indice, s.v. Fackeln, citati nel testo. Sul mandeismo e manicheismo
Kerze ecc.; K. HoLL, Der Ursprung des Epi- -> nota 23.
53 {1v,17) Mµnw wcX. (A. Oepke) (IV,18) 54

(Aesch., fr.300,4), della tenebra rischia- in Egitto fin dai tempi antichi, per es.
rata (2 Brx.cr,22,29) o della persona che P. Oxy. 12, 1449, 19, nell'inventario di
viene illuminata (Iambl., myst. 8, 2); un tempio (213-217 d.C.) : À.a.µmiòe:c;
'1tEptÀ.aµ:1m'V prevalentemente transitivo apyupa.~. La stessa espressione con u-
con l'ace. dell'oggetto illuminato (Flav. guale significato in Iudith ro,22; lam-
Ios., belt. 6, 290: cpwç; 1te:ptÉÀaµ\(/e: 't'Ò'V pade per andare incontro allo sposo in
~wµòv xat 't'Ò'V w1.6'V) o di una persona Mt.25,r+4.7.8 2 • Il vocabolo è adotta-
circonfusa di luce (a quanto pare, solo to dai rabbini (lampiid). In senso figu-
Lc.2,9; Act.26,13). Il vocabolo manca rato indica fenomeni celesti: &.e Uov
nei LXX. - Àrxµ'ltaoe:ç;, raggi di sole (Eur., Ion 1467 ),
Àrx.µ1t0:oec; xepa\Mrxt., lampi (Eur., Ba.
Àaµmiç, fiaccola, di legno resinoso o 244. 594); particolarmente, fatti di ca-
di sarmenti secchi spalmati di pece 1• Il rattere strano: &"ìvÀ.oct q>a.v-.acrµ&:ttù'V
vocabolo manca in Omero. In linea di Uìfo.t ilEwpoti-v't'a.t. Àcxµ1t&.Òeç; X('J,Ì Soxl-
massima egli conosce solo il braciere oEc;, «SÌ scorgono altri fenomeni porten-
riempito di legna resinosa (Àaµ'ltTI)p ). tosi: lampi e meteore» (in un contesto
E se in certi casi compare anche la fiac- puramente fisico, Pseud. Arist., mund.
cola come mezzo di illuminazione (Il. 4 p. 395 b n). Sotto questo aspetto il
rr,554; 17,663; Od.1,428; 434 e pas- vocabolo acquista pure un senso teolo-
sim) e nel tipo speciale di fiaccola nu-
gico (~col. 57). Viene anche usato in
ziale (Il.r8,492), essa viene però indica- modo strettamente traslato come nome
ta con 8~. Bisogna dunque pensare for- di etère (Athen.13,46 [p.583s.]), di
se a un semplice tizzone di legno resino- cani (Ael., not. an. r1,13) e di navi (A.
so. Il termine Àaµ'lt<iç s'incontra per la Boddi, Urkunden iiber das Seewesen
prima volta in Aesch., Ag.8: À.aµ1t&.- des Attischen Staats [ 1840] Urkunde
ooç; 't'Ò cn'Jµ~oÀ.ov, segnale dato con una IV, b5. h32; X b r58).
fiamma. In senso proprio diventa in
seguito di uso corrente. In particolare Àaµ1tpéç;: splendente, brillante, lu-
è usata nelle imprese notturne. Thuc. minoso. 1. Detto di cose a) in senso
3,24,1: µe:'ttk Àaµ'ltaòwv; Iud.7,16.20; proprio: astri (ep.Ier.59), il sole (Horn.,
l5,4s.; Act.20,8; Io. r8,3: "(.U'.'tlX q>a- Od.19,234; Herm. sim.9,17,4), la luna
vwv (lanterne) xrx.t Àaµ'ltaowv (ambe- (Thuc.7,44,2; test.N.5,4), la stella del
due accoppiati anche in Dian.Hai., ant. mattino (Apoc.22,16); oggetti metallici
Rom. n,40,2, P. Lond. n59,59). Nei ("ìv('J,µ7tpoi:<rt. cp6;Àotcn, con le creste scin-
papiri Àaµ'ltac; indica senza eccezioni la tillanti degli elmi, H orn., Il. 16, 216);
lampada composta di un recipiente per acqua (Aesch., Eum.695; Xenoph., hist.
l'olio e del lucignolo, quale era in uso Graec.5,3,19); pietre (Herm. vis.3 ,2,4

I Sulla natura e impiego della fiaccola, v. I. padre in quella del marito durante la notte,
v. MuLLBR, Die griechischett Privataltertiimcr prima del suo ingresso nella camera nuziale.
= H andbuch K.l.A.W. IV r,2J (1893) 65. La precedono una decina di aste, in cima alle
quali si trova una specie di coppa di rame in
2 Parallelamente alle faces nuptiales (Cicero- cui vengono messi dei cenci con olio e resina.
ne) dei popoli occidentali (~ col. 59). Cfr. Si appicca il fuoco, e cosl le lanterne fanno lu-
F. ZoRBLL: Verbum Domini ro (1930) 176 ss. ce avanti a lei (STRACK-BILLERBECK r 969). Pa-
Al contesto corrisponde solo il significato di re che i rabbini non conoscano tali usi. Le fiac-
lampada, tutt'al più quello di fiaccola in senso cole sono ricordate solo quando si va a rice-
lato. Cfr. Rashi, su Kelim 2,8: Nella terra di vere la diletta per la seconda volta (Pes. r. 43
Ismaele si usa condurre la sposa dalla casa del [180 bJ, STRACK-BILLBRBECK 1 510).
55 {IV,I8) Mµ?tw x.i:À.. (A. Oepke) (lV,18) 56

b; sim.9,3,J e passim); vesti (il man- B. VALORE MORALE E RELIGIOSO


tello di Odisseo À.aµ:rcpòc; o' i'}v i)~À.toc:; AL DI FUORI DEL N. T .
wc;, «era splendente al pari del sole»'
Horn., Od.r9,234). Quelli che si recava- 1. Grecità ed ellenismo
no a consultare l'oracolo dovevano star a) Detto di uomini e di realtà relati-
seduti nel tempio Év f.qi}ljatv À.aµ- ve all'uomo, Àaµ1tELV sottolinea per lo
7tpai:c;, cioè in vesti candide (Ditt., Syll.' più la forza bellica che incute spaven-
n57,39 s.). Pitagora prescriveva: 1Cpo- to. Cosi in Horn., Il.6,3r9 s.: À.aµ1te:"t'o
O"tÉvcx.t 't'oùc; i}uov..ac; µ1J 7toÀ.vnÀ.e:i:c;, ocupòç alxµ1J, «splendeva la punta del-
àU.èt. À.a:µ7tpàc; xa.L xcx.fra.pà.c; Exov-cac; l'asta». Il terrore invade i troiani quan-
fol)1}-.a.c;, «che coloro che s'accingevano do vedono il Pelide 't'EÙXEG't Àa.µn6µe-
a sacrificare s'accostassero agli dèi indos- vcv, (Il.20,46). It.r2,463: Ettote À.aµ-
sando abiti non sontuosi ma candidi e ni; OÈ xaÀ.xc'i'>, «fulgeva nel bronzo»; 15,
purh> (Diod. S. ro,9,6). À.<X'.µ1'pèt. €ai}ljc; 62 3: Àaµ7'6µevoc; 'ltupl. Anche negli al-
è in particolare il tetmine tecnico indi- tri casi il vocabolo si applica a valori
cante la 'toga candida' dell'aspirante di ordine naturale, ma non volgari; ri-
('candidato') a una pubblica carica (Po- splende (si copre di gloria) la bravura:
lyb.ro,4,8; Lc.23,u) 3. Ma anche l'abi- ì..&.µ7tEL .. àpE"t'6: (Pind., Isthm. r, 22).
to di un ricco qualsiasi è detto cosi (Iac. Giovani donne brillano {sono onorate)
2,2 s.: splendido [magnifico]). per i loro figli: -r€xvwv ore; &v Àaµm•.>-
b) In senso traslato: À.cx.µ7tpà fa'l'}, cnv ... VEavtoe:c; -DSa• (Eur., fon 475 ss.).
elogio carico di radiosi presagi (Soph., Nei tragici la famiglia di vocaboli si e-
Oed.Col.72r ); À.ctµ7tpèt. µa.p-cvpta., pro- stende a un senso morale più profondo.
ve ·lampanti (Aesch. Eum. 797); ÈoÉ<1- La giustizia brHla nelle povere case an-
µa.'t'cx. À.a.µ7tp6., pietanze splendide (Ec- nerite dal fumo (Aesch., Ag.774: olxa
clus 29, 22); come sostantivo: 7t&.v-ccx. OÈ ).fiµ1m µÈ\I È.V Sucrxti7t\IOLc; owµa.-
'Tà À.mapèt. xat -rà. À.cx.µrcpti «(prodotti) ow ). Similmente dice un ignoto poeta:
delicati e magnifici» (Apoc.18,r4), cfr. olxac; o' È~ÉÀ.a.µ~E ih:tO\I cp6:oc;, «rifulse
EÙq>paw6µEvoc; À.a.µnpwc;, Vulg.: epula- la divina luce della giustizia» (T.G.F. p.
baturs splendide (Le. r6 ,r9). In senso 937 n. 500).
buono Àaµ7Cpà xapola. xcd &.ya.ih'I (Ec-
b) Se vogliamo studiare i nostri vo-
clus 30, 25), À.aµ7Cpà. xr.d àµapav-c6c;
ÉO'"tW Ti O'oq>loc, «splendida e incorrutti- <;:aboli nel loro significato teologico,
bile è la sapienza» (Sap.6,u). dobbiamo distinguere nettamente due
2. Detto di persone: elegante, di bel- elementi di natura del tutto diversa: il
la presenza, bello (vuµqiloc;, Aristoph., rapporto divinità-luce e l'uso catartico-
pa~: 859); splendido, generoso (nel À.EL-
apotropaico del fuoco. Il primo non ha
't'OupyELV, Demosth., or. 21, r53; À.a.µ-
1tpòc; È.7'' &p't'otc;, relativamente alla men- nel mondo greco spiccata importanza.
sa, Ecclus 3 1,23 ); illustre (per imprese
ardite: E:v -.oi:c; xwouvotc;, Demosth., Gli dèi dell'Olimpo sono divinità ti-
01·.19,269). picamente diurne, della luce: Zeus adu-
na i nembi e scaglia la folgore, Apollo
guida il carro del sole. Ma per la men-
talità greca è questo un semplice por-

cherches de Science Rel. 26 (1936) 80 ss.


57 (rv,r8) Mµ'ltw X'tÀ.. (A. Oepke)

tato del carattere antropomorfico che Esso costituisce un fatto a parte, e


determina la rappresentazione della di- già lo si può dedurre da questa circo-
vinità. D'altra parte vengono onorate stanza: la fiaccola originariamente ap-
come dèi anche le oscure potenze sot- pare solo come attributo delle divinità
terranee. E tuttavia fra di esse il fuo- ctonie e quindi viene usata in prevalen-
co dei vulcani non ha affatto un posto za nel loro culto. Appartengono a que-
di primo rilievo, come richiederebbe la sto gruppo prima di tutto le divinità
struttura geologica dell' Ellade. Se ne di Eleusi: Demetra, Core, lacco, inol-
può concludere çhe il greco non sente tre Afrodite ed Eros, e infine, imparen-
la divinità come qualcosa di specifica- tato con Iacco e onorato particolarmen"
mente luminoso. C'è, è vero, una numi- te nell'orfismo, Dioniso e la sua corte
nosa concezione della luce. Omero pa- di Menadi e Satiri. La danza con le
ragona i suoi eroi splendenti ad Ares fiaccole, compiuta dalle tiadi sul Parna-
(Ibo,46). Quando Esiodo descrive la so invernale, è forse un apporto di Dio-
apparizione di Apollo accanto all'altare niso al dio delfico; sia che il lega.me fra
nel boschetto sacro, questo boschetto i due dèi risalga alla remota grecità o
viene inondato di luce per effetto del ad epoca relativamente più recente (~
terribile Dio e delle sue armi ( scutum III, coll. 328 ss.). Anche Ecate, spesso
Herculis 7r ). L'apparire di fuochi, spe- assimilata ad Artemide, con intorno lo
cialmente nel cielo notturno, può esse- stuolo delle Erinni, ama la fiaccola. Lu-
re presagio di sventura (~ col. 52), ciano fa sperare ironicamente a Peregri-
ma anche segno del divino favore e di no (Per. mort.28), dopo il suo molto er-
successo. Circa la partenza di Timo- rare, un culto notturno con luci di fiac-
leone per Siracusa, narra Diod. S.r6,66, cole (quale si tributava agli eroi) sul luo-
3 : 01.' llÀ:r1c; yàp 'tijc; VUX't"Òc; 1tPOllYEi:°'t"O go del suo rogo. Si presentano invece
À.aµ'1tàc; xaioµlV'l] Xct't"CÌ 't"Ò'\/ OVprt.VÒV senza fiaccola non solo gli dèi dell'Olim-
µlxpL ou
CTIJVÉ~TI 't'ÒV cr-r:6Àov dc; 't'ÌjV po, ma anche Zeus Milichio, Zeus Cto-
'haÀla.v xa.'tct1tÀ.EurraL, «durante tutta nio, Ermete Ctonio, e lo stesso Ade 5 ,
la notte lo precedette una face ardente benché sia raro che la fiaccola manchi nel
in cielo, finché non avvertl che la flotta suo ambiente. Questa situazione di fat-
navigava verso l'Italia». E già Clem.AI., to si spiega con tutta facilità se si am-
strom.r,24,r63,1 ss., metteva in relazio- mette che i culti misterici nascono dai
ne un episodio analogo, che ha per pro- riti sepolcrali. In questo caso la fiacco-
tagonista Trasibulo, con la colonna di la ha originariamente un significato ca-
fuoco della narrazione veterotestamenta- tartico e apotropaico. Il fuoco è classi-
ria. Ma si tratta di fatti isolati; Nell'ar- ficato come mezzo di purificazione ac-
te figurativa greca soltanto alcune rare canto all'acqua, se non prima di essa;
rappresentazioni di Elio portano la rag- Plut. quaest. Rom. I (11, 263 e): -r:ò 1tup
giera 4 • L'uso della fiaccola nel culto non xai}alpEL, xat -rò uowp à.yvlSEL, «il fuoco
ttova qui la sua spiegazione. purifica e l' acqua santifica»; Servius,

4 HAAs, Lief. r 3/ r 4, RuMPF (1928) figura 38. mibile un influsso orientale.


Invece in pitture di tombe etrusche che ri- s Dall'inizio ciel IV sec. la situazione muta.
sentono l'influsso dell'orfismo, l'aureola com- Nel bassorilievo dell'ara di Pergamo, Elio e
pare per demoni degli inferi. F. PouLSEN, E- Selene nella lotta contro i Giganti haano le
tmscan Tomb Paintings (r922) figura 35; F. fiaccole. Ora la fiaccola serve ad Eros per ac-
\XTEEGE, Etruskische Molerei (1921) tavola 6o. cendere l'amore, e i Romani rappresentano di
Ma per l'orfismo e la civiltà etrusca è presu- fronte a lui la Morte con la fiaccola.
59 {1v,19) Mµ:rcw x:'t').. {A. Oepke) (1v,20) 60

comm. in Vergilii Aeneidem 6,741 (ed. fermi. Il gesto è piuttosto di natura a-


G. Thilo [r884]): aut taeda purgant potropaica. Ad Atene la corsa si face-
et sulphure, aut aqua abluunt, aut aere va dall'altare di Prometeo nell'Accade-
ventilant. mia fino in città (Paus.r,30,2).
Alla pari dell'abluzione (~ Àouw ), Interferenze particolari entrano in
la fiaccola compare nella maggior parte gioco. L'iniziazione misterica sostitui-
di quegli avvenimenti della vita che si sce in un certo senso, per chi muore
ritengono connessi a miasmi o mii-tac- prematuramente, la teda nuziale; ini-
ciati da demoni. La· nascita, ad esempio. ziazione e nozze conducono del pari al-
La fiaccola protegge lacco e .Zeus neo- la perfezione. Forse si devono intetpre-
nati, e non può. mancare nell' Èyelpew tare in questo senso le fiaccole che com-
't"ÒV ALxVl'Tr)V (~III, coll. r 9 s., n. r, ri- paiono su alcuni sarcofaghi 8 • Difesa
nascita dalla morte) 6• Come teda nu- dai pericoli e incremento della vita
ziale compare già in Omero (~ col. sono concetti non rigidamente separa-
53). Gli epigrammi sepolcrali lamenta- bili; interferiscono anche riti di fecon-
no che tale teda non abbia diffuso la sua dità: si mettono volentieri dei moccoli
luce per chi è morto giovane. La tor- di fiaccole fra i rami degli alberi da
cia arde presso il letto funebre 7• «Fino frutto per aumentarne la crescita 9, ed
alla torcia e al termine della vita» (È.7tL è noto che le divinità ctonie sono in
't'Ìj\I ofi,ou.. xu..t xopwvlou.. 'tOV ~lou}, (an particolare divinità della fecondità. Si
seni respublica gerenda sit 9 [II 789 a]). crede di essere loro particolarmente vi-
Con una fiaccola si accende il rogo; Lu- cini negli antri; qui esse sono onorate
ciano, Per. mort. 36, descrive con tutti di preferenza, e questi antti già per una
i particolari le cerimonie preparatorie, ragione pratica hanno bisogno di illu-
compiute con questa fiaccola accanto e minazione. Nel granaio sottenaneo sta
con relative preghiere; questo forse non riposta Core, la vergine simbolo del se-
solo quando doveva gettarsi sul rogo me, alla quale è assodato Plutone, e il
lo stesso protagonista. Forse il diffon- mistero della giovane semente dà ai mi-
dersi della cremazione dipende da ele- sti speranze di vita eterna. L'apparire
menti fondamentalmente catartici e apo- della fiaccola nell'antro oscuro diventa
tropaici. Si è cercato pure di curare col rappresentazione di queste speranze, di-
fuoco le malattie. La cauterizzazione venta semplicemente simbolo di vita.
delle ferite può in origine riferirsi a Platone vede il susseguirsi delle genera-
quest'uso. Anche la corsa con le fiacco- zioni come una specie di corsa con le
le può esser nata allo scopo di purifi- fiaccole: xaikbtep Àa.µmiou.. 'tÒV Blov
care mediante il fuoco tutta la città o 'ltapaoto6v't"a.c; tD..À.o~c; É~ /JJ..À.wv, i}Epa-
alcuni quartieri di essa, per esempio in 7teuov... u..c; à.d ìtEoùc; xu..'tà v6µouc;, «tra-
periodi di pestilenza. L'idea-base non è smettendo la vita gli uni agli altri come
quella di trasportare il fuoco sacro da lampada, sempre venerando gli dèi con-
un altare a un altro, ancor meno quel- forme alle leggi» (leg.6,776 b).
la di far sì che l'abilità sportiva si af- Si spiega cosl l'importanza del da-

6 Testi con interessanti raffronti con la Grecia Lieferung 9/n, LEIPOLl>T (1926) figura 186.
odierna in VASSITS, op.cit. 74 ss. Spiegazioni stravaganti delle tede nuziali in
7 Anche oggi si dà in mano ai morenti un cero numero di cinque a Roma, in Plut., quaest.
acceso. Rom. 2 (II 263 s.).
8 Sarcofago di giovanetta di Torre Nova, HAAs, 9 VASSITS, op.cii. 9.
61 (lV,20) Mµnw x:tÀ.. (A. Oepke) (1v,20) 62

duco nei misteri. Chi (uomo o donna) notturni del 24-25 dicembre e del 5-6
è Srtoovx.oc; sta particolarmente vicino gennaio, il grido: 1} ncx.pt>Évoc; i:É"t'OXC.\I,
alla divinità, che spesso porta ella stes- 11U~Et, cpwç, «la vergine ha partorito,
sa la fiaccola10• Nelle iscrizioni il dadu- cresce la luce!», e simili n. Nel culto di
co appare citato accanto allo ierofan- Iside l' illustrari ha un posto significa-
te (Ditt., Syll.3 83,25; ibid.796 B 28 ss. tivo (Apul., met. n,27-29 passim, cfr.
[onoranze a un giovane defunto, circa ciò che si dice al capitolo 2 3 sullo splen-
il 40 d.C.]: EÙ')'E\IElat 't'E 't'ljt 'Aihivri- dore del sole a mezzanotte). L'emblema
rrw Ò:7tÒ "t'W\I tipxcx.lwv xaL 7tpwi:wv tiv- è ancora la fiaccola, e si trova ora nella
8pwv, lEpÉwv xcx.L tEpEtwv -t'\ic; 1tporrw- mano del miste, vestito e adornato co-
\luµou -cfjc; 1tOÀEWc; frEOV xaL tEPOl'pct'V"t't- me il dio Sole (ibid. 24). Plutarco cita
xwv xat oq.oovxtxwv O~XW'V Y'VTJrYLO'V inoltre, come dogma della teologia egi-
V'lttXPXO\li:a, «nobiltà per discendenza ziana sugli dèi vincitori delta morte (e
da personaggi antichi e altolocati, sacer- sui mortali legati a loro?), queste paro-
doti e sacerdotesse della dea da cui la le: 'tèl µ~\/ rrwµa'ta. ... xdiTfra.t, .....ru;
città prende nome, ierofanti e dadofo- oè t!Juxàc; E\I oòpa\10 À.6:µm:w &npix.,
ri» ). Un certo Capitone, Srtoouxoc;, co- «i corpi ... giacciono, ...le anime invece
struisce un altare a 'dèi ignoti' o 'dèi brillano in cielo trasformate in astri»
santissimi' nel recinto del tempio di De- (ls. et Os. 21 [II 359cd]).
metra a Pergamo11• Fra i dignitari di una A questo culto della luce si ricon-
comunità bacchica in Italia una ... T)yl'ì.- nette il significato di luce e di risplen-
À.a. OftOovxoc; occupa il secondo posto, dere nella mistica ermetica. E qui può
avanti agli stessi lEpEtc; e Ì.ÉpEt!X.t 12• Pro- già essere presente l'influsso dell'Orien-
prio qui, nei misteri, massimamente do- te. Corp. Herm. r,17: 6 oè &v&pw1toc;
ve interviene l'influsso orientale, si pos- Ex SW'\ic; xat q>W'tÒt; È:yÉVE'tO Elç \jJUX'IÌV
sono scorgere le prime tracce di una re- xat 'JOU'V, ÉX µÈv ~wi]c; lfivx1}v, EX oè
ligione della luce. La religione greca, cpw-ròc; voiJv, «l'uomo da vita e luce di-
tuttavia, non è mai stata in senso stret- venne anima e intelletto, da vita anima,
to una religione della luce. da luce intelletto»; ibid. lo,6 (la bellez-
La patria della religione della luce za del bene) 7tEptÀ.6:µ\fla.'ll ÒÈ [ 7tU'V'ta]
quale fìorl nell' ellenismo è l' Egitto e 't'Ò'J \IOU'V [ xa.t] 't'Ì)'V oÀ.T)\I \fluxi)v IJ.va-
l' Oriente. Il valore apotropaico della À.aµS6:vE~ 14 w.i avéÀ.XEl. 8Lfl -cov rrw-
luce è noto anche qui, come dimostra- µa.-oç xoci oÀ.o\I aòi:òv Elc; OV<1t(J.'V r-u:-
no le numerose lucerne trovate nelle 't'!X.S 6:'ì.À.Et (sinonimo: &:1to1}Ecù1'ijwt.t),
tombe. Ma il culto della luce ha radici «avendo avvolto nella sua luce tutto
molto più profonde. Ad Alessandria ri- l'intelletto, affascina tutta l'anima e l'at-
suonava fin dall'antichità, nei misteri trae attraverso il corpo e in questo mo-

m Si consideri soltanto il famoso Niinnionpi- Testi in 4 HoLL, "'"7 KrTTEL, 4 NORDEN. È da


nax, Foto Alinari 24335, anche HAAs (4 n. supporre che il rito greco non rappresenti la
8) fig. 193· forma originaria. Pare si possa far risalire la
11 Sec. II d.C.; A. DnrssMANN, Paulus' (1925) festa di gennaio fino all'anno 1996 a.C. Allora
226 ss. essa coincideva approssimativamente col sol-
12 Prima metà del II sec. d.C. American Jour-
stizio d'inverno. Lo sdoppiamento si spiega col
progressivo rimaneggiamento dcl calendario.
nal of Archaeologie 37 (1933) tavola xxvn,
inoltre 239 ss. 14 Congettura di Scott. I codd. hanno àvoc-
Il La massima autorità in materia è Epifanio. MµnE~ (illumina).
63 (rv,20) À6:µ7tw X'tÀ. (A. Oepke)

do trasforma l'uomo intero in essenza». zata e Kautopate con la fiaccola rovescia-


La luce è intesa come sostanza lisica di ta, rappresentano la luce che sale e quel-
Dio e della salvezza 15• la che scende nel ciclo diurno e anmJale,
L'influsso orientale, visto nel suo in- come si vede in innumerevoli raffigura-
sieme, è senza dubbio ancor più impor- zioni di Mitra. Nei mitrei si trovano
tante di quello egiziano. È difficile og- centinaia di lampade 211• In una non ben
gi calcolare separatamente 16 gli appor- identificata religione misterica si salu-
ti della dottrina indiana sull'essere uni- ta la divinità con le parole: xa.t'pe vuµ-
versale, del dualismo parsico e della re- <j>LE XUtpE \IÉoV q>Wc;, «salve, sposo; sal-
ligione astrale dei Babilonesi e tanto ve, giovane luce» (Firm. Mat., err. prof.
più delle forme religiose derivate17• An- rel. 19,1). Nel culto di Attis o in una
che qui concezioni rozze, spiritualizza- prassi religiosa affine il passaggio dal la-
tesi a poco a poco, costituiscono il pun- mento alla gioia viene segnalato por-
to di partenza. La luce è la materia del tando una luce (ibid.22 ,1: deinde rnm se
mondo ultraterreno che si riversa su ficta lamentatione satiaverint, lumen in-
chi è aperto ad essa e gli conferisce di- fertur; segue l'unzione col ben noto
vini poteri. Luce, vita e, più tardi, co- iYo:ppEL'tE µucr'tct~ X'tÀ..). La fiaccola com-
noscenza sono concetti equivalenti. pare anche sugli altari del taurobolio 21 •
Secondo l'antica concezione indiana il Gli usi rituali 12, intesi dapprima in sen-
fuoco, come appare nell'aurora e nel tra- so proprio, diventano più tardi simboli
monto, e sotto altra forma anche nel di una realtà più alta, di cui si spera di
vento e nell'acqua, e persino come na- diventare partecipi nell'atto religioso.
sce. nell'acciarino, è la sostanza della di- Giuliano, parlando delle anime invase
vinità. Pare che brahma etimologica- dal divino, dice che durante i misteri
mente si riconnetta a q:>ÀE-yµoc, fiamma, H.'ì..&.µ1m a.1hoci:c; 'tÒ iYEi:ov qiwc;, «brilla
fulmen. Di qui breve è il passo al culto ad esse la luce divina» (Iul. or. 5 ,178
del fuoco praticato dai Persiani e alla lo- b). Giamblico parla della potenza degli
ro dottrina sul fuoco, come era ancora dèi che splende ( É'ltLÀa.µ7tou1111c;) come
viva presso i Parsi dell'India nella secon- sole (Iambl., myst.3,13 [p. 130,13]).
da metà del sec. xvm 18 • Mitra è origi- Nei papiri magici questa religiosità
nariamente il cielo stellato 19• I due com- si sviluppa ulteriormente ma insieme si
pagni di Mitra, Kaute con la fiaccola al- degrada. Un incantesimo amatorio men-

15Il catalogo del Wetter riporta dal solo Cor- afferma in particolare che è uno sbaglio voler
pus Hermeticum una quarantina cli passi in identificare concetti biblici cosl spiritualizzati
proposito. con fonti vediche o avestiche, o farli da esse
16 Il Wetter insiste sull'influsso babilonese in derivare.
modo troppo unilaterale, 1? J. HERTEL, Die Sonne rmd Mithra im Ave-
11 Cfr. ad es. il leone stellato dell'oroscopo di sta: Indoiranische Quellen und Forschungen,
Antioco di Commagene (60 a.C.) HAAS (--'> n. 9 (J927) specialmente 179ss.
8) fig. XIJ.
20 A. MINTO, Notizie degli scavi di antichità
18 Cosl J. HERl'EL, Der Planet V ent1s im Ave-
(19i.4) 353ss.
sta, Berichte iiber die Verhandlungen der
Siichsischen Akademie der Wissenschaften zu 21 HAAs (-'>n.8) figg. r52 e 153: altare atti-
Leipzig, phil.-hist. Kl. 87 (1935) I (1936) 3 SS. co per taurobolio dell'anno 387 d.C.
Hertel con il riferimento di cui sopra ha su- 22 Cfr. Dio Chrys., or.I2 133: crx6-.ouc; '\E xixt
scitato delle opposizioni, ma anche consensi di cpw't'Òc; ~va.).).à~ a.iJ't'~ qicuvoµlvwv, «gli ap-
persone autorevoli come W. Streitberg. Egli pariva ora la luce, ora la tenebra».
65 (1v,21) Mµ-m.I) xù. (A. Oepke) (rv,22) 66

ziona il brillare improvviso di una stel- ÈmÀ.ciµljiac; 't"Oi:ç "EÀ.À1JCTLV. Parimenti


la come segno felice che l'amata è sta- 900,25 s.; Ditt., Or.1941 20. Cfr. la pre-
ta colpita. Se sprigiona scintille, vuol ghiera al dio supremo in Reitzenstein,
dire che essa sta venendo. Se poi si e- Poim.28, vu 2: òpil'pw6v emÀ.ciµ'lto\1-ç<J.,
stende in lunghezza come una fiaccola,
eccola già arrivata (Preisendanz, Zaub. La religione orientale della luce con-
rv, 2939 ss.). Banalità di tal genere di tinua nel manicheismo e nel mandei-
uso profano non sono a dir vero fre- smo 23, conservando in parte gli elemen-
quenti. Nella cosiddetta Liturgia di Mi- ti antichi e in parte perfezionandoli; es-
tra il dio è circonfuso di fuoco e riceve sa diventa cosl un grave pericolo per
l'appellativo di À.aµnpocpEyyij, 'splen- il cristianesimo. Viene assai fortemen·
dente come luce' (Preisendanz, Zaub. IV te accentuato il lato della pietà serena
714 s.; cfr. inoltre il cumulo di simili e santificatrice. Ma la linea di demarca-
appellativi, ibid. 590 ss.). La preghiera zione non corre fra creatore e creatura,
per una licnomanzia dice: hmcaÀ.ouµa:l fra bene e male, bensl fra i due elemen-
crE -tÒ\I il'EÒ\I 'tÒ\I SW\IW., nvptq>Eyyi], ti fondamentali, intesi in senso preva-
&.6pa'tO\I (jlW'tÒç "(EW1)i;opa:.. • sto-EME lentemente naturale. La mistica della
Èv 't<'i) 7tUpL 'tOV'ttp... xat ota:À.aµ\j/6..-rw luce è, fin dall'inizio, una religione re-
O ifrrwil'EV, Ò xuptoç, «invoco te, dio vi- dentrice in senso più ontologico che mo-
vente, splendente come fuoco, invisibile rale. Con ciò non è tuttavia escluso che
generatore di luce.. , entra in questo fuo· dal suo seno P<?tesse svilupparsi un'eti-
co... e risplenda dall'interno il signore» ca efficace.
(Reitzenstein, Poim .25 ). Nel cosiddetto Il manicheismo rifiuta la religione
ottavo Libro di Mosè, del papiro magi- magica, per cosi dire, allo stesso modo
co di Leiden, si dice di Dio: «per lui il in cui il cristianesimo rifiuta il giudai-
sole e la luna sono occhi mai stanchi, che smo (hom.11,1 ss.), ma ne assume la
brillano nelle (alle?) pupille degli uo,mi- premessa fondamentale zoroastrica, cioè
ni (où o i]À.toi:; xat 'ii cre>..-iivTJ Ò<flaa>..µol il dualismo di luce e tenebre. In exor-
EtCTLV &.x<iµa'tOL À.~µ1tO\l'tEç lv 't"ai:c; dio fuerunt duae substantiae a sese di-
x6patc; 'tW\I &.\lil'pW'ltW'V, Preisendanz, visae: luminis quidem imperium tene-
Zaub. XIII 766 ss.). Un'altra invocazio- bat Deus pater (Aug., contra epistolam
ne magica (Reitzenstein, Poim. 20) ri- Manichaei 13 [16], MPL 42, 182 in
corda il nome del dio Èv oupavti) Àaµ.- basso). Mani prega «l'uomo perfetto,
<pltÉ.v. Persino il culto dell'imperatore la vergine della luce» (hom.53,8 s.); de-
sta sotto il segno di questa religione signa se stesso, accanto a Zaratustra e
della luce. In Ditt., Syll.3 798,3 s., a pro· a Cristo, come apostolo della luce (ibid. •
posito di Caligola quale nuovo sole, si u,26; 29,9). Nel compimento escatolo-
dice: crvva'VaÀaµiVm 'tai:c; lolatc; au- gico le particelle di luce disperse nella
ya.i:c; ... ·~ltÉÀ.T)CTEV ~Mt}.i]a.c;, «volle in- materia della tenebra diventano libere
sieme con i propri raggi illuminare i re»; di tornare alla loro origine. Egli darà la
ibid. 814134, di Nerone: vÉoc; "HÀtoc; grazia ai suoi combattenti, che ha man-

23 Sul manicheismo v. RGG2 m 1959 ss. con LER, AAB (1904), Supplemento; Manichliische
bibliogr. F. CHR. BAUR, Das Manichiiische Re· Handscriften der Sammlung A. Chester Beat-
ligionssystem (183r, ristampa anastatica 1928) ty r: Manichiiische Homilien hrgg. H. ]. Po·
resta fino ad oggi insuperato. Fonti partico- LOTSKY (1934), citate in quest'opera con hom.
larmente importanti sono: Die Estrangefo. e l'indicazione di pagina e linea.
fragmente von Turfan, edito da F. W. K. MOL-
Mµ1tw xù. (A. Oepke) (IV,22) 68

dato a lottare con la tenebra ... e rivele- ti, che dalla luce naturale si estendono
rà loro il suo volto. Tutta la luce si ina- fino alle più sottili ramificazioni dell'e-
bisserà in lui. Essi entreranno nel .-aµt-
sperienza religiosa e morale. Non è qui
E~O\I e ne usciranno in glol'ia ... Un re in
ambedue i l'egni: il re degli eoni della il caso di tener dietro a tutta questa
luce, cioè il Padre, il signore della luce... dovizia (~ cpwc;). Ma, nonostante l'im-
il re del nuovo eone è invece l'uomo pri- portanza preponderante della luce nel
mordiale» (ibid.4r ,r 3 ss. ). Si cerca, d'al-
tra parte, di distinguel'e la luce intelligi- pensiero dell'A.T., sarebbe errato con-
bile e il suo riflesso materiale, cioè la lu- siderare la religione veterotestamenta-
ce che si può percepire coi sensi. Tito di ria addirittura come religione della lu-
Bosra, contra Manichaeos r,23, (ed. P.
de Lagarde [r859] p. r4,4ss.) dice: ce. Fra essa e le religioni della luce del-
1tEoU µlv Èa"tt qiwc; CX.ÙTthl't'Ò\I OfJµtoup- l'Oriente ariano, fino ai tempi più re-
y'l'}µtx., m'.J.-Òc; OÈ cpwc; 8.v E~TJ. VO'l"J't'6V, centi, è difficile trovare dei rapporti ve-
OU%
l
CX.tO-u
'
lj't' ò\I ••. CX.\J't'OV
a.,. • ' 'tOV ' vEov,
!\. ' "
00'1tEp
Èc"d voEpÒv qiwc; .•• , «la luce di Dio è pro- ramente consistenti, sia dal punto di vi-
dotto sensibile, ma Dio sarebbe luce in- sta storico che da quello del contenuto
tellettuale, non sensibile, ... Dio che è oggettivo (~ n. r8). Mentre infatti in
luce d'intelletto». Ma Agostino rimpro-
vera giustamente ai manichei di concepi- tali religioni la luce è divinizzata, nel-
re pur sempre la luce come qualcosa di 1'A.T. il soggetto in senso stretto è sem-
sensibile: lumen cogitare non potestis, pre il Dio vivente.
nisi .quale videre consuestis (Faust. 20,
7). Si immaginava la luce come un cor- Già sotto l'aspetto linguistico risul-
po umano esteso attraverso l'intera crea- ta chiara l'alterità fra Dio e ogni luce
zione (~ v, coll. u36 s.), con dodici creata. Degli equivalenti ebraici di Àaµ-
membra, corrispondenti ai dodici segni 1tEtv (~iif;ap, ziihar, niigap) nessuno è
dello zodiaco. usato intransitivamente per Jahvé; l'ul-
Nel mandeismo il mito della luce è timo solo come transitivo in forma hif'll
trattato in forma del tutto sensibile. (Ps.18,29; 2 Sam.22,29). In quest'ulti-
Particolarmente usato come appellativo mo passo J ahvé stesso è designato co-
è il termine ' splendore'. Si parla persi- me lampada del poeta; ma proprio que-
no dell'odore dello splendore (Lidzbar- sto, a parte l'accento fortemente spiri-
ski, Ginza R. m 69 [p. 66,9]). Il 'pri- tualizzato, ne manifesta l'aspetto attivo .
• mo splendore' ammonisce cosl il figlio Per quanto stretto possa essere, il rap-
(ibid. R. x1, 250 [p. 252,rr ss.] ): «Ve- porto della divinità con la luce è pur
stile di splendore, coprile di luce e fal- sempre quello del creatore con la cosa
le vivere in una veste di fuoco vivo, le creata. Nel formare il mondo, Dio crea
tre Utrie che penetrano dal di fuori, per prima cosa la luce (Gen.r,>); si av-
per far sentire il richiamo della 'vita'». volge di luce come in un manto (Ps.
Quella che cosl si espdme è una fanta- 104,2); il cielo stellato è lo splendore
sia sttavagante e sfrenata. della sua gloria (ls.40,12.26; Am.5,8 ;
Ps.8,4; r9,2; 147,4; Iob 9,7 ss. e pas-
2. 'Splendere' nell'Antico Testam ento sim); per lui brillano le stelle (Bar. 3,
Nella pietà veterotestamentaria la lu- 34 S.: ..... ,J, ~ ' ,
E11,1X.µ'l'CX.\I... "t~ 1t0~1')CTCX.Vn !X.\J-
"tOVç); egli risplende anche nelle cose
ce ricorre in una quantità di riferimen- terrificanti della terra; persino l'orribi-
M.µ:1tw WtÀ. (A Oepke)

le coccodrillo è un segno della nascosta Ma sul Sinai è il popolo stesso che


grandezza di colui che l'ha fatto. In lob scorge con terrore, in mezzo al fumo e
4r,Io ss. questo essere numinoso è de- al clangore della tromba, 'tW; Àocµmi-
scritto con le espressioni della teologia oa.c; (Ex.20,r8; cfr. Deut.4,24). La glo-
della luce: cpÉyyoc;, Àa.µrcaoec; xa.LoµE- ria del Signore del cielo (kebOd jhwh,
va.t, ÈoXapat rcup6c; (scintille di fuo- oé!;a. xuplou, -7 o6!;a.) è più volte de-
co), rcup à.vi}pcbcwv, cpM!;. In Nah.2,5 i scritta come fuoco fiammeggiante (Ex.
vincitori di Ninive appaiono terribili 24,17; Lev.9,23 s.; Num.16,35). Cosl
wc; ÀaµrccXOEç rcupòc; xai wc; IÌCT'tpamxl essa appare ai profeti (fa;.1,r3: otjltc;
ota..'tpÉxouO"oct, «come lampade di fuo- Àa.µmiowv, 27 ). Gli dèi pagani invece
co e carboni filanti»; è Jahvé che li non risplendono, afferma ep. Ier.66. In
manda. Egli suscita anche una luce più nessun passo però si dice che penetri
pacifica. Parlando dei principi di Geru- negli uomini la luce divina intesa come
salemme nei tempi felici si dice che sostanza. L'abisso fra la maestà di Dio
n.aµ.tf11x.v urcÈp yaÀa (Lam.4,7, nei e l'uomo mortale e peccatore è troppo
LXX inteso erroneamente come detto grande. Anzi, la semplice vista della
dei nazirei). Ma lo splendore degli uo- gloria di Dio porta generalmente morte
mini ha senso e sussiste solo come sem- e rovina. Persino i serafini si velano la
plice riflesso dello splendore di Dio. faccia davanti a lui. Soltanto pochi elet-
Siamo da capo! Tuttavia nel futuro ti hanno la grazia di sostenere, senza
tempo messianico Jahvé renderà i capi morirne, la presenza splendente di Jah-
di Giuda come un tizzone infocato in vé (Is.6,r.2.5; Ex.24,rn s.); egli si dà
. una catasta di legna xa.l W-c; Àaµrcaoa a conoscere a chi vuole. Il fulgore del-
rcupòç f..v xa.Àaµu (Zach.I2,6). Elia, il la sua gloria splende - non è chiaro se
campione di Dio, aveva, nel senso mi- annientatore o amico (-7 v, coll. 71)
gliore, spirito battagliero e ardore di - sul volto del mediatore del patto (Ex.
Lotta; era come un fuoco, e la sua pa- 34, 33 ss.). Jahvé fa risplendere il suo
rola ardeva come fiaccola (Ecclus 48,1). volto innanzi al popolo sul quale è
Il messaggero celeste di Jahvé appare invocata la sua benedizione (Num.6 ,2 5 ).
in una fiamma di fuoco (Ex.3,2). In e- Il profeta vive in anticipo, come in una
poche più recenti ci si raffigura la fac- visione estatica, il giorno in cui agli oc-
cia di un angelo a guisa di folgore e i chi del popolo che cammina nelle tene-
suoi occhi come fiaccole ardenti (wO"d bre splenderà la luce del giorno della sal-
ÀaµrcaoEc; rcup6c;, Dan.rn,6; cfr. la de- vezza (Is.9,1, LXX : qiwc, M.µ~Et Èq>' v-
scrizione dell'angelo della risurrezione o
µ&c,; 4,2 : ÉmÀaµ.~Et ~Eòc, f.v ~ouÀ.ii
in Mt.28,3). Lo stesso Dio dell'allean- µe't'à. o6!;ric; [i LXX qui hanno attribuito
za si manifesa in analoghe forme lumi- al testo originale la loro propria teologia
nose, piene di maestà, senza che tutta- de11a luce]; dr. Is.60,1 ss.; 62 ,1 ). Jahvé
via la sua essenza si esaurisca in que- è la fonte della vita; nella sua luce i suoi
sto e vi si riveli appieno. In occasione vedono la luce (Ps.36,10; si noti il nes-
del patto stretto con Abramo (Gen .r5, so vita-luce). Gli empi passano, ma al.
17) appaiono Àix.µ-rc&.oec, 1tup6c,, che òooL 'tWV otxa.lwv oµolwc; cpw'tt Àaµ-
passano in mezzo alle parti degli ani- 1touow, «le vie dei giusti risplendono
mali sacrificati. Nella nube di fuoco che come luce» (Prov. 4, 18). Inni di lo-
splende nella notte (Ex.r3,2I) e atter- de esaltano l'avvicinarsi del tempo in
risce i nemici (Ex.I4,24) Dio accompa- cui la luce di Jahvé splenderà davanti
gna il suo popolo attraverso il deserto a tutto il mondo e a tutti gli uomini
(-7 col. 57) . (Tob 13, 13 [cod. SJ: q>wç Àa.µrcpòv
7I (IV,23) À.ri.µ1tW X't'À.. (A. Oepke)

À.riµ\)JEL). Al momento della risurrezio- !ude invece a Israele e alle sue preroga-
ne - e in questa prospettiva si conclu- tive. Esse sono in un certo senso mate-
de la tarda pietà veterotestamentaria - rializzate nelle lampade del tempio. Dio
i giusti risplenderanno nella gloria cli non ha bisogno che gli si mettano davan-
Jahvé: xai ot O"U\ILÉ\l't'E<; À.aµ\fJOU(n'V Wç ti delle luci (Num. r.15 su 8,2, all'inizio,
1} À.aµTipéu1c; 't'oli <r't'EpEwµa't'oc; (Dan. Strack-Billerbeck III 717 ). Ma egli dà a
12,3, Teodoz.). Israele l'occasione di acquistarsi un me-
rito mantenendo accesa con premura la
3. Il giudaismo luce, e mediante le fiamme del candela-
Le rappresentazioni tradizionali della bro a sette bracci - già prefigurate nel-
gloria luminosa di Dio continuano ad la creazione della luce e degli astri -
aver corso nel giudaismo e vengono, in vuol ricordare a Israele di risplendere
davanti a lui. Come l'olio (oppure la
parte ad opera di influssi sincretistici, colomba di Noè, in Cant. r. su r ,r 5) dà
ulteriormente sviluppate su un piano luce al mondo, cosl Israele è la luce del
fantastico, sia dal lato cosmico 24 che da mondo (Cant. r. su r ,3) 26 • Gerusalem-
me è la luce del mondo; in modo spe-
quello trascendente 25 • Il giudaismo si ciale lo è il tempio, le cui finestre era-
è molto occupato, e spesso intendendo- no strette all'interno e larghe all'ester-
la in senso spirituale, della luce divina no, perché la luce potesse riversarsi
fuori, ma non penetrare dentro (Pesk.
che risplende nel mondo.
2 r ). La Torà e la sua conoscenza è la
La sektnd è rappresentata come ful- luce del mondo. Baba ben Butà diceva ·
gore luminoso. Essa brilla davanti ai a Erode, quando questi aveva ucciso i
beati del grado più alto ma, come rabbini: Hai spento la luce del mondo
molti intendono, dietro un velo. La (B.B.b. 4 a). Rabbi Johanan ben Zakkai
luce che irraggia da essa (:dw) è nutri- (circa 1'80 ), al momento della morte fu
mento degli angeli. Attraverso tutta salutato dai suoi scolari come «lampa-
una serie di mediazioni la luce di Dio da del mondo» (ner 'òliim; Ab. R. Nat.
brilla nel mondo. Adamo fu la lampa- 25; cfr. Ber.b. 28 b: nr ifr'l). Con que-
da (nér) del mondo (;. Shabb.5 b, r. 46, sto si vuol dire, prima di tutto, che ave-
Strack-Billerbeck I 237). In questi con- va avuto una straordinaria conoscenza
testi, del Messia si tratta piuttosto di della Torà, e poi che l'aveva scrupolo-
rado. Ad esempio, in test.L. r8,4 : «Que- samente osservata. In test. B. 5,3 si af-
sti splenderà come sole sulla terra e cac- ferma: «Quando la luce delle buone o-
cerà dalla terra ogni ombra e ci sarà pace pere è presente nell'animo, il buio si ri-
su tutta la terra». Il più delle volte si al- tira davanti ad essa» v. Sulle visioni lu-

24 Soprattutto nei libri di Henoc. Particolari in (l932) 33 ss. Due candelabri a sette bracci, pe-
BoussET-GRESSMAN 497 ss. rò, almeno per il periodo bizantino, vengono
25 Sul mondo celeste della luce si vedano pnl'- menzionati come suppellettile di una sinagoga
ticolari in WEDI!R x62 ss. (Iscrizione di Side: JHS 28, l [x908] 19.5•
ScHORER m 4 22). L'offerta di lampade era u-
26 L'iclea avrebbe un risalto ancor maggiore,
suale (STRACK-BILI.ERBP.CK IV 140).
se fosse vero che la rappresentazione della
lampada a. sette bracci, corrente nel giudaismo,
aveva solo un significato simbolico. Cfr. K. H. 21 STRACK-BILLERBECK I 237, a Mt.5,14. Cfr.
RENGSTORF, Zu den Fresken in der iiid. Kata- anche p. 239 s., a Mt . .:;,16, con esempi di par-
kombe der Villa Torlonia in Rom: ZNW, 31 ticolare probità.
73 (rv,24) À.<Iµ1tw X'tÀ.. (A. Oepke) (rv,24) 74

minose nei rabbini,~ III, col. 340. La C. À.&.µm::w X'tÀ.. NEL N. T.


luce di Dio apparirà un giorno visibile
ai suoi fedeli. Nel mondo avvenire i r. Premesse generali
volti dei giusti, specialmente di quelli
che per amore della Torà hanno lascia- I presupposti neotestamentari colli-
to diventare scuri i loro volti, splende- mano in un primo tempo con quelli
ranno come il sole. In 4 Esdr. 7 197 si dell'A.T. e del giudaismo. Più tardi si
legge che la sesta (gioia dei giusti nel-
l'ora della morte) è questa: viene loro fa considerevole l'influsso della religio-
mostrato che il loto volto un giorno ne ellenistica della luce, senza tuttavia
splenderà a guisa di sole. Parallelamen- che si possa provare che ci si serve dei
te in Hen. aeth. 5r,5: tutti diventeran- vocaboli che stiamo studiando (~ cpwç,
no angeli in cielo. Il loro volto splende-
rà di gioia 2!. [Ém]q>a.l\lw, ÉmcplivEL~). Le rappresen-
In Filone il semplice À.aµmw man- tazioni tradizionali conservano il loro
ca. Si trovano parecchi composti. Ma valore caratteristico, pur attraverso il
l'importante è che sono presenti le idee.
L'uomo naturale non può fissare la lu- contenuto specifico del N.T.
ce di Dio (Deus imm.7B). Filone para- n mondo ultraterreno viene pensato
gona la creazione del \lou<;, il risplende- anche nel N.T. come un mondo che ir-
re della conoscenza divina nello spirito
umano, alla creazione della luce e del radia luce. Particolarmente significative
sole e allo spuntare del sole (som.r,72 sono a questo proposito le figure del-
ss.; praem. poen.25; migr.Abr.39; plani. 1'Apocalisse: ~ À.U;(\lta., Mxvoç, À.Eu-
40); specialmente a questo sorgere del-
la luce è paragonato l'inizio dell'estasi,
x6c;, 1tup, ·~À.toc;. Simili rappresentazio-
come in rer. div. haer. 264: éha.v µlv ni di immediata evidenza sono da pre-
ycì.p cpwç 't'Ò iMov È1tLÀ.ciµ4'u. ouE-ra.L supporre anche negli altri autori del N.
'tÒ àv~pwmvo\I, «quando brilla la luce
T., meno di tutti, forse, in Paolo. La
divina, quella umana tramonta». In ebr.
44: émÀ.aµl}iacra. ycX.p ii -.ou o\1-.o"., ~m­ luce di Dio è immutabile (Iac. r ,r7) e
cr.-1)µ-q 'lta\l'tO. 'ltEpLO.U'YaSEL, «infatti Ja per sé inaccessibile (r Tim. 6 116). Ma
luce dell'essere, brillando, illumina ogni essa entra in relazione con gli uomini.
cosa». Si confronti la confessione degli
empi in Sap. 5,6: -.ò 'ti\<; 8txa.tocruvric; Illuminato e illuminante, il mondo di
cpwç ovx È7tÉÀ.a.µljJEv iiµi:\I xa.t ò i}À.toc; lassù interviene nel mondo di quaggiù,
oùx &.\IÉ't'ELÀ.E\I 1}µt\I, «la luce della giu- sia come apparizione di luce che come
stizia a noi non brillò, né su di noi sorse
forza che prodiga conoscenza, vita e
il sole». Questo stretto rapporto fra lu-
ce e conoscenza è ellenistico. rinnovamento morale. Di contro sta la

23 Più ampia documentazione in STRACK-BIL· sviluppo embrionale (variazione del motivo


LERBECK 1 673 s. per Mt.r3 ,43; 752 per Mt. rabbinico che l'anima è un corpo luminoso)
q ,2. Cfr. H.GUNimL, in Die Apokryphen rmd dr. R. MEYER, Helleflistisches ili der Rabb.
Psc11depigraphe11 des AJten Testaments, editi A11thropologic = BWANT IV 22 (r937) s. v.
da KAUTZSCH (r92r) per 4 Esdr.7,97. Sulla lu- 'L'.chtmotiv'.
ce che splende all'uomo nello stadio del suo
75 (IV,24) ì..r1.µn:w x-cÀ. (A. Oepke)

tenebra (~ cpwc;, O"Xo'toc;). La novità falsa familiarità. Qui parla il Padre di


consiste nel legame che la luce ha con Gesù Cristo.
la persona storica di Gesù (particolar- b) Come caratteristica del Messia.
mente in Giovanni). Egli verrà in gloria e potenza, e la sua
maestà apparirà contemporaneamente a
2. L'uso teologico dei vocaboli
tutti gli uomini, a guisa di folgore. Ve-
À.aµm:w e i suoi composti sono usa- dasi Lc.17,24: WO''TCEp yàp 1i M'tpoc'lti}
ti a) per indicare l'apparire di messag- ~<r-çpait-coua-a. Èx 'tfj<; imò -còv oùpocvòv
geri del mondo ultraterreno. In Act. Ei.<; 'tTJV im' ovpavòv À.aµ'TCEL, o\hwç EO'-
12,7, quando Pietro vien liberato dalla 'tOCL o utòç 'tOU à.vi}pW'TCOU ÈV "t'TI 1}µÈprf
prigione: cpwc; ~À.aµtjJEv f.v -c0 olx1)µa- OCÙ"tOU, « ... come il lampo, guizzando,
'tL, Vulg.: lumen refulsit in habitaculcl9. brilla da un capo all'altro del cielo, co-
Anche nel vangelo della natività, in Le. sl sarà il Figlio dell'uomo nel suo gior-
2,9: 56ça xuplou itEptÉÀ.aµtjJEv av-couç, no». La trasfigurazione intende descri-
«la gloria del Signore li avvolse di vere una momentanea anticipazione del-
splendore». In mezzo a uno splendore la gloria messianica nella vita terrena
che incute spavento risuona la voce: di Gesù. Cosl in Mt.17,2: xa.t EÀ.a.µ-
«Non temete; ecco, vi annuncio una o/Ev 'tÒ 7tpOO"W7tOV al'.i't"OU wç Ò i)ALOc;,,
grande gioia!». Siamo lungi tanto dalla «e il suo volto brillò come il sole» (e-
mistica ellenistica quanto dal concetto spressione propria di Matteo) 30. Cristo
giudaico di un Dio lontano o da una risorto appare a Paolo in una luce, che

29 Cod. D: È7tÉÀaµ1Jm1 -céi> olxi)µu..-c~. do si vuol fare qualche cosa di più solenne, la
30 HARNACK 62 ss. pensa che si tratti qui di celebrazione misterica attribuisce al nuovo
un fenomeno estatico, storicamente accaduto a dio (a differenza degli iniziati più antichi; v.
Pietro che era un temperamento incline n tali Apul., met.u,9), una veste colorata, dipinta
suggestioni; e su questa base sarebbe da inter· artisticamente (Apul., met.u,24: floride de.
pretare anche I Cor.15,5. Dello stesso parere pie/a veste... colore vario circtmmotatis... ani·
è anche F. HAUCK nel commentario a Marco malibus, «veste dipinta a fiori, con raffigura·
ad l., senza però quest'ultima illazione. Con- zicni di animali variopinti))). La veste splen-
trario, invece, è E .LOHMEYER: ZNW 21 (1922) dente di luce è piuttosto di tipo orientale. Nel
185 ss., che, a motivo della pletoricità del rac- culto di Mitra il dio porta una veste bianca
conto, pensa a una leggenda. Di Mc.9,3 {contro circonfusa di luce (PREISENDANZ, Zaub. IV 696
il Lohmeyer) è difficile sbarazzarsi, perché ac· ss.). La veste bianca dei mandei è un riflesso
canto ai due personaggi dell'A.T. (che app3io- della veste ultraterrena degli angeli e di Mani
no in sembiante sovrumano?) Gesù nella sua (LIDZBARSKI, Ginza R. I 25 [p. 26,30 ss.]; Il
corporeità terrena sarebbe apparso miserabile, 1,47 [p.44,3oss.]; L. II 15,58 [p.481,241;
mentre lo scopo del racconto, anche secondo ibid. [p. 482, 6 s.]). Nell'inno dcll' anima di
il Lohmeyer, è di glorificare Gesù come Mes- act.Thom.108, i vari colori sono soltanto una
sia. Non è esatto far derivare la veste lumi- rappresentazione iconografica (ibid. II 2 p.223,
nosa degli esseri celesti dai misteri ellenistici. 7: Àaµ7tpO't'T]ç, ibìd. p. 223,2 e passim: cpwç,
La Àaµn:p&. É~i)ç, «veste splendente», dei ibid. p. 224 112: cpÉyyoç). Matteo e Luca han-
Greci è bianca in segno di pure-.tza. Quan- no giustamente riferito il µE"tEµopq>wt>11 di
77 (1v,25) ÀcX.µ1tw x-.À.. (A.. Oepke) (1v,26) 78

in pieno meriggio supera lo splendore compagna l'atto creativo in Gen. r, 3


del sole e getta a terra tutti coloro che (cfr. Philo, som. r, 7 5 ) viene modificata
in base a ls.9,I oppure a 2 Sam.22,29.
la vedono, in Act.26,I 3: l)µÉpcx.ç µÉ- Come À.6:µ\jle~, anche EÀ.cx.µtJ!Ev dev'es-
O'"YJç xa:tà. -.i}v òoòv Eloov, ~a.<TtÀ.Eu, sere inteso con valore intransitivo, tan-
oupav6ìl'EV V'ltÈp 'tTJV À.aµ7tp6·nrccx. 'tOV to più che tale valore è più frequente
(--7 col. 57) e manca un oggetto. Con-
'i]À.lou 7tEptÀ.ciµtJicx.v µE cpwc;, «verso il forme al principio che l'inizio e la fi-
mezzogiorno, durante il cammino, io ne dei tempi si corrispondono, alla pri-
vidi, o re, dal cielo una luce più splen- ma creazione della luce ne segue una
dente del sole rifulgente intorno a seconda: e non nel senso di un fatto
esclusivamente interiore, ma di una ve-
me» 31. ra seconda creazione cosmica 35 • Perciò
c) Indica il manifestarsi dell'evento anche tv, come spesso accade, sta al
salvifico cristiano; 2 Cor.4,6: O't'L ò t}Eòc; posto di Elç (-7III, coll. 279ss.) e indi-
ca non il luogo ove la luce sorge, ma
ò El7twv· ex crxo't'ouc; cpwc; À.d:µIJ;Et32, 8c;13 lo scopo per cui essa appare. cpw·rnrµér;,
i!À.aµqiEv f.v -.cx.i:c; xapolcx.tç i}µwv 7tpòç come al v. 4, non è transitivo ('illumi-
<pW'\tO'µÒ\I -.-ijç y\IW<J'EWç -.ijç 06~'r}c; 'tOU nazione'), ma intransitivo ('il risplen-
dere'). -.fjc; yvwcrEwc; è genitivo sogget·
i>Eov 34 f.v 7tpocrwm~ Xptcr-.ou, «poiché tivo, -.fjc; o6çtJç genitivo oggettivo. La
Iddio che allora disse: Dalle tenebre conoscenza della gloria di Dio, che in
brilli la luce, è colui che ha brillato nei un primo tempo risplende nei cuori,
deve poi rifulgere anche nel mondo me-
nostri cuori per far risplendere {conse- diante la predicazione, come si deduce
guenza intenzionale) la conoscenza della dal v. 5.
gloria di Dio sul volto di Cristo». Paolo richiama la mistica ellenistica,
Poiché né ò t}E6c; (diversamente dal in quanto pone sullo stesso piano Dio,
t}E6ç senza articolo di 2 Cor.5 ,5 e forse luce e conoscenza salvifica; ma se ne
di I,2I) né ò eL7tW\I possono essere no- discosta, poiché non pensa a una unio
me del predicato, il predicato non può
essere che ìfì..aµIJ!ev, benché ne risulti mystica e a un lumen internum, ma pri-
un anacoluto con oc;. La parola che ac- ma di tutto al fatto salvifico storico e

Marco alla trasfigurazìonc corporea. Questo paralleli ellenistici si veda F. SMENn, Angelos
primo elemento, al quale si aggiunge come se- I (r925 ) 35 s.; H. WrNDISCH: ZNW 3r (1932)
condo il mutamento che inte1viene nelle vesti, I SS.
non manca cosl neanche in Marco. La confer- 32 ),c};µl}im C~G, pllat Marciane, Orig.; -\jlr~
ma del ciclo al riconoscimento di Gesù come BS* AD* Cl. Al. syr. copt.
Messia «è qualcosa che balena davanti agli oc-
33 Manca in D *G 8r it. Marcione, Chrys.
chi, non che si conosca per via di ragionamen-
to» (F. HAucK, Das Evangelium nach Markus 34 Codd.C*D*G it Marcione: av'tov.
(1931) ad l.). 35 Questo sembrerebbe escludere che Paolo
31 Secondo E. HrRSCH: ZNW 28 (1929) 305 pensi solo all'avvenimento di Damasco. Si trat·
ss., il racconto di Act.26 dovette rifarsi a una ta di un'esperienza di tutti i credenti, di tutti
narrazione dello stesso Paolo, il che però può gli apostoli; davanti a Damasco, essa prese
anche non riferirsi a tutti i particolari. Per i Paolo nel suo cerchio d 'azione.
79. (1v,26) Mµnw x-;).. (A. Oepke) (1v,:z6) 80

alla conoscenza che è storicamente le- che ai LXX. Anche al N.T. non è igno-
gata a esso. Questa conoscenza viene ta l'eguaglianza dei credenti, dopo mor-
poi naturalmente assimilata nell'intimo te, con le stelle e gli angeli. Per paral-
per intervento di Dio ai fini della pro- leli nel giudaismo ~ col. 7 3.
pagazione missionaria. L'uso teologico di À.aµnoc<; è parti-
colare all'Apocalisse. In Apoc. 4,5, in
d) Caratterizza la condotta dei seguaci
una descrizione del trono di Dio, dopo
di Gesù; Mt.5,15 s.: ~ ..xaL À.aµ.1m ·mX.-
aver menzionato lampi e tuoni, si dice:
ow 'to~c; Èv 'tTI ci.xl~· ou't'wc; lci.µq,a'tw
xat È.'Jt'tà À.a.µ.mi8Ec; 7tUpÒ<; xa~éµEVUL
'tÒ qiwc; vµWv ~µ-içpocrlJe'\I 'tWV à.vi}pw-
É\IW'ltLOV 'tOV i)p6vou, & d<TL"V 'tà. ~'Jt'ttX
nwv, «e risplende per tutti quelli che so-
mieuµa:m 'tou i>Eou, «e sette lampade
no in casa. Cosl risplenda la vostra luce
accese ardono davanti al trono: sono i
davanti agli uomini». L'espressione po-
sette spiriti di Dio».
trebbe essere suggerita dal paragone del
v. 15 e andrebbe intesa in un senso im- L'espressione è di tipo veterotesta·
manente puramene etico. Ma se si con- mentario (per À.aµ1tOCOEç TCup6c; cfr.
sidera il vocabolo nel suo ambiente Gen.15,17; Nah.2,5; Dan.10,6; I Mach.
6,39, per À.aµ·mioEç xa.16µ.evaL Iob4r,
giudaico (~ coli. 71 s.) e nel contesto II). Anche le lampade nelle visioni
neotestamentario (di 13. 14a. l6h, cfr. (Zach.4,2) e presso il trono di Jahvé
anche Jo.8,12), appare chiaro che an- (Ez.1,13) sono tradizionali. Originale è
il numero di sette e il riferimento agli
che qui ciò che sta alla base è il rap- spiriti 36 • Quest'ultimo è preparato da
porto di Dio col mondo. Per dar gloria asserzioni quali si trovano nel tJi 1 03,
a Dio, i seguaci di Gesù devono far ri- 4: o 1tOtW\I 'toÙç à.yyÉÀ.ovc; CX.Ù'toV
nw.uµa.'ta xat -rovi; À.Et'toupyoùc; a.ù-
splendere la luce, che per tramite suo
'tou nvp <pÀ.Éyov 37, «colui che trasforma
hanno ricevuto dal Padre celeste. i suoi messaggeri in spiriti, in fiamme di
e) Caratterizza i credenti nella condi- fuoco i suoi ministri», e in Bar.syr.21,6:
«Gli innumerevoli esseri sacri che tu hai
zione escatologica. Mt. 13,43: ol 8lxa.L-
creato dall'eternità, di fiamma e di fuo-
OL ÉxÀ.aµ~ovow wc; ò i1À.ioc; ÈV 'tTI Pa- co, che stanno intorno al tuo trono». Il
CTLÀElrz, 't'OU 7ta'tpòç a.ircwv, «i giusti numero di sette (~ nr, col. 823, cfr.
splenderanno come il sole nel regno del Apoc.r,4) fa pensare a un rapporto con
gli spiriti dei sette pianeti dell'astrono-
loro Padre», è una citazione di Dan.12, mia antica 38 • Ma qui il rapporto è or-
3, in un testo più vicino a Teodozione mai cosl sbiadito, che il numero sette

36 È ingiustificato sopprimere la frase come pente i suoi ministri.


glossa di un redattore (F. Spitta, J. Weiss, J. 38 Sugli altari di Mitra i pianeti sono rappre-
Wellhausen). sentati da sette altari fiammeggianti. F. Cu-
MONT, Textes et Mo11uments figurés relatifs
37 Il testo ebraico sembra da intendere, coi aux Mystères de Mithra (1896 ss.) r u5, 11
rabbini, al contrario, nel senso che Jahvé fa 232 e passim. Filone e Flavio Giuseppe met-
dei venti i suoi messaggeri e dcl fuoco dirom· tono in relazione il candelabro a sette bracci
À<i(.1.'ltW X't'À.. (A. Oepke)

piuttosto rappresenta simbolicamente la Sui diversi significati, prima di tutto


totalità divina. Non si tratta dello Spi- in rapporto a 2,28, ~r, coll. I341 s. Co-
rito Santo nel significato neotestamen- me passi paralleli sono da registrare Ec-
tario; le parole non vanno oltre il loro clus 50,6; test.L.18,3; test.fod. 24,1; 2
senso naturale. Petr.1,19. L'uso dell'immagine corren-
In Apoc. 8, 10, allo squillar della te nel linguaggio profetico non è affat-
to univoca, ma qui allude di certo al
tromba del terzo angelo ~'ltE.cTEV Èx 'tOV Messia che viene nella sua gloria, ap-
ovpcx.voiJ Wr'tlJP µÉyw; XCX.t6µEvoi; wç portatore di un giorno nuovo per il
À.a.µmiç, «cadde dal cielo una stella mondo. L'aggettivo, del tutto compren-
sibile già in sé come epiteto di una
grande, ardente come lampada». stella, sottolinea la gloria divina del
Si tratta di un vero astro, non di una veniente.
semplice meteora. Per il confronto del- Apoc.22,r a proposito dell'angelo in-
l'astro con la .fiaccola~ col. 65 . Quan-
terprete dice: xa.t s8a~;Év µo~ 7tO'ta.µò\I
do cade, ardente come una fiamma e
sprigionando scintille, l'astro si dissol- Uoa-.oi; swflç À.aµ.7tpÒV wç xpocr-.a.À.À.ov,
ve e rende le acque necessarie alla vita ÉX1tOpEV6µtvov Èx 'tOU ~p6vou 'tOU ~EOU
per una terza patte inutilizzabili. L'in- xcx.i 'tOV àpvlov, «poi mi mostrò un fiu-
teresse sta non nella caduta della stel-
la in sé, ma in ciò che ne consegue co- me di acqua viva scintillante come cri-
me sciagura escatologica. Il passo di Is. stallo, che scaturiva dal trono di Dio e
J4,12 non ba niente a che fare con que- dell'Agnello».
sto quadro; quanto a Is.34,4; Apoc.6,
13 e Bundahish (SBE v) xxx 18.31 (pre- Su Àcx.µ7tp6ç come epiteto dell'acqua
cipitare della stella Gòkihar come ini- ~ coll. 54 s. La chiarezza ultraterrena
zio della fine del mondo), sono solo dell'acqua è qui sottolineata in modo
lontani paralleli. particolare, perché si tratta del fiume
À.aµ7Cp6i; ha anch'esso, nella sua ac- celeste del paradiso 39•
cezione teologica, un carattere escatolo- I passi che ancora rimangono tratta-
gico e si trova esclusivamene nell'Apo- no delle vesti celesti. In Act.10,30 Cor-
calisse. Il passo più difficile è Apoc.22, nelio descrive l'angelo che gli è appar-
I 6: Èyw ELµ~ Ti plsa. xat 't'Ò yÉvoi; Aa.- so come un uomo Év fom\·n À.a.µ1tp/l.,
o o o
ulo, à<T't"DP À.«µ:npòç ?tpw'tv6ç, «io «in fulgida veste». In Apoc.15,6 gli an-
sono la radice e la discendenza di Da- geli delle ultime sette piaghe escono
vid, la stella fulgida del mattino». dal tempio, ÈvoeovµÉvot Àlvov 40 xa.~a.-

coi pianeti -+ l, col. r 340. Per i dominatori e da vari codici della Vulg., è certamente un
della volta celeste come spiriti personificati, vecchio errore di trascrizione, al quale non può
cfr. ad es. PREISENDANZ, Za11b. IV 694 ss. essere estraneo Ezech.28,13. )..lvov (codd.Sst'P
syr), al posto del consueto ~vcraoç, è strano
39 Gen.2,rn ss. Per la localizzazione terrestre nell'Apocalisse. Vesti di lino erano prescritte
dei fiumi del paradiso nella tradizione eccle- neì culti di Andania, Lebadca e altrove (~
siastica, cfr. J. ZELLINGER, Bad u11d Biider in WXCHTER 19), ma anche per i sacerdoti di
der altchristl. Kirche ( 1928) n4 s. Israele (v. Ex. 28,42 e passim; ScHURER, rr
40 M~ov, nonostante sia attestato dai codd.AC 338).
Mµ1tw xù. (A. Oepke) (1v,28) 84

pòv À.a.µrcpÒ\I xa.t TCEPLEswcrµÉvot m:pt Tuttavia esso talvolta compare (8, 3;
-cà CT't1jih} swvcu; XflUCTCi<;, «vestiti di 13,14; 14,13; 19,14; 20,3.5; 21,12), e
il passo 7,14 testimonierebbe a favore
lino puro, splendente, e cinti il petto di del nostro emistichio. Le opere, poi, so-
fasce d'oro». In 19,8, della sposa del- no anche altrove messe in valore, an-
l'Agnello, cioè della comunità della pa- che se non lo sono nel senso della giu-
stificazione mediante le opere ( 14,13;
rusia si dice che Éo6ih1 a.u-ci} l:va. TCEpt-
13,10). Per l'origine del bianco come
~6:.À.71Ta.L ~UO"CTL\10\1 À.cx.µTCpÒv xa.i}cx.p6v · colore delle vesti del cielo ~ n. 30.
't'Ò yàp ~UCTO"L\10\1
'tà OtXCt.tWµrJ.'t'(X. 't'W\I
ù:ylwv Éct-.lv, «e le fu dato di vestirsi D. LA CHIESA
d'un bisso splendido e puro; il bisso
l. l nostri vocaboli compaiono di ra-
sono le opere giuste dei santi». do nella letteratura patristica. Erma
(vis.4,r,6) usa À.aµrçw in senso proprio,
Le vesti del cielo sono indicate abi- ma in una visione: è.l;ÉÀ.cx.µ\jlav 6 i]À.Loç;
tualmente con l'aggettivo -7 À.rnx6ç (v. Ignazio (Eph.19,2) per la comparsa del
Mt.17,2 e par.; 28,3; Mc.16,5; Io.20, Messia forse in relazione con Mt.2,2 .9 s.
12; Act.r,10; Apoc.3,{ s. 18; 4,4; 6, ma con una descrizione più diffusa: à.cr-
u; 7,9.13; per il bianco come colore 't'lJP Èv oùpa.v@ eÀ.cx.µljJEv U7tÈp miv't'a<;,
del cielo si veda anche Apoc.1,14; 2, «una stella brillò più fulgida di tutte le
l7i 6,2; 14,14; l9,u.14a.b; 20,u; altre nel cielo». À.a.µ7tp6<; compare in Er-
Herm. vis.4, 3, 5 ). Àcx.µrçp6ç non corri- ma più di frequente (-7 col. 55; inoltre
sponde, come in Iac.2,2 s., a 'magnifi- in vis.1,2,2 è detto della veste della mes-
co', ma, come in Le. 23,n (~col. 55), saggera celeste; in 3,2,4 della sua ver-
a bianco, un bianco come quello del ga splendente). La chiesa primitiva si
cielo, bianco-lucente, candido (dr. Apoc. sente assolutamente in possesso di una
12, l ). Questo colore in Apoc. 19, 8 luce particolare. Alla fine del I secolo la
sta in forte contrasto con il fasto sfac- comunità di Roma rivolge la sua pre-
ciato e la rossa porpora della grande ghiera a Dio, che mediante Cristo Èxa-
meretrice di 17,4 e 18, 16. È diffi- À.ECTE\I 'fiµliç à.1tò crx6"t'OU<; dç <pwç, òmò
cile interpretare tutto il versetto come ò:yvwcrlcx.ç dç È7tlyvwcrtv 06~71ç év6µa.-
un commento del veggente 41 • Esso ap- -.oç a.v'toiJ, «ci chiamò dalle tenebre al-
partiene piuttosto all'inno di lode. In- la luce, dall'ignoranza alla conoscenza
vece le parole che seguono a chiusa («H della gloria del suo nome» (I Clem.59,
bisso sono le opere giuste dei santi») 2). Si confronti anche Ign., Phld. 2,1;
danno l'impressione di essere una glos- lust., apol.16,2.12; dial.rr3,5; 121,3 ;
sa in prosa 42 • Si può addurre a soste- l 3 l ,3. In seguito À.a.µ7tp6ç diventa qua-
gno di questa ipotesi che negll altri ca- si vocabolo tecnico nella terminologia
si (~quisopra) gli abiti bianchi indica- battesimale. Cosi della martire Chiane
no piuttosto la trasfigurazione celeste e si dice 't'o1hwv >olvuv 1J µ~'il :>w..i}a.pòv
che il verbo al singolare con un sogget- xa.t À.a.µ7tpÒv "t'OU ~ct.'lt"t'LCTµa.'t'oç cpuÀ.&.'t'-
to neutro plurale, secondo l'uso attico, "t'OVCTa, «serbò fede alla purezza e alla
si trova molto di rado nell'Apocalisse. luce del battesimo»43 • Candor è equiva-

4l W.HADORN, Konm1entar z. Apokalypse, ad l. Contra: 1-IADORN, Apk.


42 Cosl, nei commentari sull' Apocalisse di 43 R. KNOPF, Ausgewiihlte Miirtyrerakte113
]3oussET1 CHARLBS (ICC)1 LOHMEYER, ad l. (r929) 95,26.
85 (Iv,28) À&.µ'ltw x-.}... (A. Oepke) (lV,28) 86

lente di fides (altercatio Simonis Iudaei 2. L'uso di lampade nella liturgia è


et Theophili christiani vr 22, ed. A. Har- già testimoniato negli Atti degli Apo-
nack [TU r [r883] 30,r9]). stoli, ma qui non ha ancora alcun par-
La religione ellenistica della luce con- ticolare significato. Non si può stabi-
tinua I\ vivere all'interno del cristiane- lire con precisione quando invalse la
simo, soprattutto nella gnosi cristiana. consuetudine di distinguere con la lu-
Nei vangeli apocrifi si hanno apparizio- ce, indipendentemente dalle necessità
ni di luci in occasione della nascita di pratiche, alcune cerimonie religiose o
Gesù (Protoevang. Iacobi r9) e del suo alcuni momenti più importanti della li-
battesimo (Ev. Eh., fr. 6 a) 44 • In act. turgia. Comunque nel IV secolo questo
Thom.153 (cfr. 27) l'apostolo prega co- uso è già largamente diffuso; deve quin-
sl: È tempo ormai che ti affretti, o Ge- di essere incominciato in epoca ante-
sù. Guarda, i figli della tenebra metto- riore. Al suo sorgere possono aver con-
no noi nella loro tenebra. rrÌJ oùv È.v <pw- tribuito cause diverse; oltre a una ne-
-tt "t'fiç q:iucn:wç Clv xa.-&.À.a.µljlov 1}µ~. cessità puramente materiale di luce nel-
«tu dunque, che sei nella luce, illumina- le veglie notturne di preghiera e nei ri-
ci». L'esaudimento è immediato e visi- ti che si svolgevano nelle catacombe, si
bile: xa.t €1;alq:ivriç "t'Ò OEcrµw"t1]pto\I o- possono addurre l'esempio di altre re-
À.ov n.aµljJE.v wç
Ti '!̵Épa, «e improvvi- ligioni, soprattutto del giudaismo e del
samente tutta la prigione splendette co- culto di Mitra, il tradizionale simboli-
me il giorno». Si confronti anche act. smo della luce, presumibilmente anche
Ptr. Vere. 2r; Asc. Is. 8,20 ss.; 9,6: O. intenti apotropaici. Porre esclusivamen-
Sal. ro,1.6; 4r,6 e passim. Il motivo te questi ultimi in prima linea potreb-
della luce compare nel famoso inno del- be essere un errore di valutazione della
l'anima, negli Atti di Tommaso, rive- situazione storica. L'altare fu contrasse-
stito di tutto l'incanto dell'arte narrati- gnato da una gran quantità di lampade,
va orientale. (act. Thom. ro8- rr3) 45 • a piedestallo o sospese, che lo circon-
Clemente Alessandrino, gnostico cri- davano. A cominciare dal XII secolo, i
stiano, ha fatto un uso cosi largo di ta- lumi trovarono posto sull'altare stesso.
li concetti, che lo si può considerare co- La 'lampada perpetua' è menzionata
me importante fonte per la religione per la prima volta da P aolino da Nola.
ellenistica della luce 46 • Nella gnosi si Essa ha però avuto un precedente nel
mescolano più o meno elementi d'una vi- culto di Ammone. Plutarco (def. orac.
sione panteistica della natura. Ma an- 2 [II 4 r o b] ) racconta di un tale che
che la genuina pietà della chiesa non ha asseriva di aver udito dai sacerdoti di
mai dimenticato il pensiero della luce. Ammone questa singolare dichiarazione
Lo esprime con efficacia una iscrizione 1tEpL 'tOU À.UX\10\) 't'OU &.crBÉO''t'OU, «intor-
nella chiesa di San Giorgio a Zorava, no alla lampada perpetua»: che cioè
cost1uita sul posto di un altare pagano: questa lampada consumava di anno in
q:iwc; CTW't'TJp~ov it).,aµ\j!EV, 01tOV O'XO'tOt:; anno meno olio, il che dimostrava un
Èr.aÀ.V7t"t'EV, «la luce della salvezza splen- graduale accorciarsi della durata del-
dette dove regnava la tenebra» (0.G . l'anno. La chiesa riformata ha elimina-
I .S. 6 1 0,2). to l'uso liturgico dei lumi come «roba

44 Cfr. Epifanio, haer. 30,x3, H ENNECKE 45. 45 Cfr. REITZENSTEIN, Das Ira11ische Erlosrmgs-
Presso i mandei sull'acqua corrente, usata per mysterium (r92 r ) 70 ss. Le fonti mandce sono
il battesimo, si im·oca il fuoco celeste con for- qui utilizzate senza farne l'esame critico.
mule di scongiuro. 46 ~ W ETTER, indice, r83.
87 (1v,28) Àa6i; (H. Strathmann) (IV,29) 88

da papisti». La chiesa luterana ha con- ta, la tradizione ecclesiale nell'uso dei


tinuato, sebbene in forma molto ridot- lumi dell'altare.
A.OEPKE

Àa6ç

SOMMARIO: 4. senso e durata della sofferenza:


A. Àrx6ç nel greco extra-biblico: a) la sofferenza come conseguenza
r . forma dcl vocabolo; del peccato,
2. etimologia; b) la sofferenza come prova,
3. l'uso in Omero; c) la sofferenza a scopo di purificazione
4. l'uso nell'epoca postomerica. in vista dell'eone futuro;
5. il carattere eterno del popolo.
B. ').a.6ç 11ei LXX:
I. i corrispondenti ebraici;
II. Le genti:
r. in quanto lontane da Dio;
2. significato fondamentale e significato
2. la situazione di peccato delle genti:
popolare di Àtt6i; nei LXX;
a) la trasgressione del comando
3. il s.ignificato specifico nei LXX:
dato ad AdarQo,
Àa6i;='I<rpal}À.:
b) il rifiuto della Torà da parte delle genti;
a) Israele come À.ttÒç ilEou,
3. la prosperità dei pagani;
b) la natura di questa relazione,
4. la massa perditionis.
e) il fondamento di questa relazione,
III. Scelta e privilegio del popolo:
d) il carattere bilaterale della relazione,
I. l'universalismo;
e) la lotta dei profeti per renderla
2. la vittoria del particolarismo nazionale.
efficiente,
f) il profetismo come vertice della storia E. 7'.o.:6ç nel N.T.:
del tennine ).a.6i; nell'A.T. r. il vocabolo;
2. il significato popolare;
C. ).a.Oi; nel giudaismo ellenistico extra-biblico:
3. l'uso 'nazionalistico';
1. Giuseppe;
4. l'uso specifico: ).a.6ç= 'I<rpa-fi)..;
2. Filone;
5. l'uso traslato:
3. iscrizioni.
À.a.6i;=la comunità cristiana;
D. Popolo e genti negli scritti rabbinici: 6. il significato di questo traslato;
I. il popolo: 7. espressioni traslate affini.
r. proprietà di Jahvé:
a) Israele sotto il diretto dominio di Jahvé, F. }..o.:6i; nell'uso linguistico della chiesa
b) J ahvé e Israele come padre e figlio, primitiva.
c) il popolo come sposa di Jahvé,
d) gli israeliti come amici e ·fratelli Il termine Àa.oç è uno di quelli per
del loro Dio;
la cui storia i LXX sono stati di im-
2. il popolo santo;
3. il popolo come centro del mondo; portanza decisiva. Ricorre molto spes-

Àcx6i;
Cfr. STEPHANUS, Thesaums Linguae Graecae riwn et Dialccticum' (r9rn); Lessici particola•
(rist. 1954); PAssow, PAPE, L1onELL-ScoTT, i-i per ciascun autore: Aristotele (H. Boniti
CREMER-KOGEL, PREUSCHEN-BAUER, H. J. [1870]), Dione Cassio Cocceiano (U. PH.
MOULTON-G. MILLIGAN, PREISIGKE, 1Vort.; BOISSEVAIN [I93r]), Erodoto (J. SCHWEIG ·
PRELLWlTZ, Etym. Wort.; BorsACQ, s.v.; H. HA u SER [ r824]), Omero (H. EBELING r
V. HERWERDEN, Lexicon Graec11111 Stlppleto· [r885]; ed. R. J.
CUNLIPFE [1924]), Platone
'ì..®ç (H. Strathmann) (1v,30) 90

so in Omero, qualche volta in Erodoto A. À.a.éc; NEL GRECO EXTRA-BIBLICO


e più tardi nei tragici e in Aristofane; r. À.a.6c; è vocabolo di forma dorico-
invece nella prosa attica manca quasi eolica; la forma ionica suona À.1ì6c; e
del tutto 1• Nella letteratura posteriore quella attica À.Ewc;. I tragici preferisco-
no Àe:wc;, usato anche da Platone. 'A-
compare qua e là2 ; ma è innegabile che xove:..e: À.e:$, «ascoltate, o popolo», è il
la sua esistenza rimane stentata. Il vo- grido tradizionale col quale ad Atene
cabolo appartiene a un linguaggio poe- l'araldo dava inizio alle sue comunica-
zioni. Erodoto oscilla fra Àa.6c; e À.Ewc;.
tico antico e, al di fuori di questo am- Più tardi quest'cltima forma ebbe per
bito e delle opere che ne risentono l'in- gli autori un tono di arcaica solennità.
flusso, ha ben poca importanza 3 • In- Perciò Giuseppe fa incominciare cosl a
Balaam il suo responso su Israele: ò
vece nei LXX, in cui compare più di
Af:wc; oi'.i-.oc; e:ùoa.lµwv ..• , «questo popo-
duemila volte, è stato risvegliato a nuo- lo felice», mentre di solito usa Àaéc;
va vita; grazie ad essi fu come coniato (ant.4,n4).
a nuovo con un valore che è stato de- L'etimologia è incerta 4• Gli anti-
2.
terminante anche per l'uso linguistico chi connettevano il vocabolo con À.(fo:c,
del cristianesimo primitivo. A chiarifi- = pietra. Cosl già Omero e Pindaro.
Questi in Olymp.9143 ss. si richiama al
cazione di tutto questo, bisogna abboz- mito di Deucalione e Pirra. Dalle pie-
zare prima di tutto uno schizzo del suo tre che essi si gettavano dietro sorge-
uso extra-biblico. vano gli uomini, che per questo furono
chiamati À.aol. Vi allude anche Omero

(F. Ast [r835 s.]), Plucarco (D. WYTTBNBACH ni omeriche) ricorre solo due volte, e precisa-
[r843]), Polibio (J.ScttwEIGHAUSER' [r8n]), mente nella forma À.Ewc; (resp. 5 1458 d; leg. 4,
Sofocle (F. TH. ELLENDT [187oss.]), Tucidi· 707 e); in Aristotele mai. In Tucidide, Seno-
de (E. A. BÉTANT [1843/1847]), i tragici (A. fonte, Demostene il vocabolo manca; nei pre-
NAUCK (1892]). In J. H. H. SCHMIDT, Syno· socratici (ed. DIELS) c'è un solo passo con
nymik der griech. Sprache (1876 ss.) mancand 'Mx6ç (Xenophanes, fr. 2 (1 129,5, DrnLss]).
'ì..a6ç, come pure Wvoç, 6ljµoç e oxloç. Inol' 2 In Polibio si trova una volta (4,52,7); in
tre MAYSER r 24; A. TuuMB in APF 4 (1908) Plutarco due volte; Romul11s 26 (1 34 b) e
489 s.; IiARNACK, Miss. II 7; In., Die Apostel- suav. viv. Epic. 13 (II 1096 b); manca in Epit-
gesch. ( 1908) 54 s.; J. JusTER, Les Juifs danJ teto e pure in Dione Cassio; pochi passi in
l'Empire Romain 1 (1914) 414-416; N. Mi.iL· Diodoro Siculo (1,57,2; 3,45,6; 5,7,6; 5,59,5).
LER -N. B1ms, Die foschr. der iiidirchen Kata- In DITI'EN13ERGBR, Or., il vocabolo si trova
kombe am Afo11te Verde w Rom (19r9) al n. solo in due iscrizioni (90,12 e 225,8.22.34). In
r45; I Commentari a r Petr. 2, 9. L. Rosr, DITTENBERGER, Syll', oltre a un'iscrizione <li
Die Bczeich111mge11 fiir Land tmd Volk im A. Magnesia irrimediabilmente mutilata, solo in
T., Festschr. O. Procksch (1934) f4I ss.; G. un piccolo gruppo di epigrafi ebraiche prove-
v. RAD, Vas Gottesvolk im De11t. = BWANT 3. nienti dalla Tessaglia (1247; cfr. IG IX 2, 985-
F. H. rr (1929); G. BERTRAM, Vol.btum tmd 990). Questa presenza è significativa, come lo
Menscbhcit im Lichte der hl. Schrift (1937); è l'assenza nei casi precedenti.
In., Volk und Viilker in der bl. Schrift, in: 3 Cfr. MAYSER I 24.
Kirche im Angriff I I (1935) 19-30.
4 Per altre congetture cfr. ~ EBELING s.v.;
I In Platone (non considerando poche citazio- WALDE-PoK. non ha niente su kct6ç.
À«6ç (H. Strathmann) (rv,30) 92

(Il.24,6n ss.}. Il vocabolo non ha re- oè )..Ci)-ouc; 7tOLl}O'E Kpo\llw\I, «il Cronide
lazione con À.Ela, 'preda', À'r)i~oµa.L, impietrò la gente»; Od.3,2r4: i) O'É YE
'predare' (Prellwitz, Etym. W ort. ); è À.aoì èx~a.lpouo" à:và o-ijµ.ov, «oppure
anche discutibile se l'abbia con ÈÀ.Eui}-e- c'è gente tra il popolo, che ti odia?»; Il.
poc;, 'libero' e, procedendo più lontano, r8A97 ss. (nella descrizione dello scu-
con l'antico alto-tedesco liut, 'gente', al do fatto fa1·e da Teti): un creditore e
quale tuttavia corrisponde l'originario un debitore vengono a contesa sulla
significato predominante di À.a.6c;. For- piazza, con appassionata partecipazione
se il vocabolo è di origine 'egea', cioè dei À.aol, gli araldi però Àa.Òv Èpl)-.uov,
è mutuato, dai greci indogermanici, da «cercavano di tener calma Ja folla».
una lingua non indogermanica dei pri- Àaol, come abitanti di una città, si tro-
mitivi abitatori dell'Ellade 5• va in Il.22,408 s.: À.a.oÌ xa:tà. an-i;u, «gli
abitanti nella città» piangono con i ge-
3. In Omero Àa.éc; indica in primo nitori la morte di Ettore; Od.6,r94:
luogo il popolo come molteplicità di èiu-.u OÉ 'tOt oel~w, ÈpEW OÉ 'tOL otlvoµ.ix
persone nel suo puro esistere di fatto, Àawv, «ti mostrerò la città, ti dirò il
nome degli abitanti»; Od. x3,155 s.:
e senza considerare i fattori interni che
7ttX\l'tEc; ... À.aot &.7tò 1t'tOÀ.toc;, «tutti gli
possono ridurre quella molteplicità a abitanti della città».
unità (come l'origine, la lingua, la re- Con la particolare significazione di
ligione, i costumi, la cultura, lo stato); 'popolazione rurale', I/.u.676: Àa.ot...
&.ypotw'tat. Jl.24,28: Ilplaµoc; xa.t Àrx.-
popolo, cioè, nel senso di moltitudine, 6c;, «Priamo e il popolo». Il. 21,458:
folla, popolazione, abitanti, gente, in I Troiani sono À.aol di Laomedonte. In
particolare anche la popolazione sogget- Od.4,x77 con 7t&.\l'tE<; Àa.oi. è indicato
il complesso della popolazione dipen-
ta al suo sovrano, o un complesso di dente. In Il. !7.390 Àacl è detto dei
persone che stanno comunque in rap- compagni di lavoro, dei 'garzoni' di un
porto di subordinazione relativamente conciatore: sono i suoi uomini, la sua
gente.
al loro capo. Il plurale Àa.ol indica in-
Nell'Iliade perciò Àa.6c; e Àaoi indi-
vece la pluralità degli elementi che co- cano normalmente, con significato spe-
stituiscono la moltitudine ecc. Il À.a6c; cifico, le truppe, i compagni d'onne, le
risulta di Àaol. Spesso quindi è indiffe- soldatesche, particolarmente in contrap ·
posizione ai loro condottieri. Cfr. Il. r,
rente dire Àaoc; o Àaol. Questo vale sia 226: l' Atride non si arma mai èiµix
per l'Iliade che per l'Odissea. ÀaQ, «con le sue truppe». Il.2,577 s.:
7tÀ.Ei:O'"Cot xa.t èi.pt<r-.oL Àaoi, «soldati
Cfr. ll.24,665: in occasione dei fu- numerosissimi e valorosi» seguono Aga-
nerali di Ettote si deve imbandire il mennone. Il.5,473 : Ettore si vanta di
banchetto funebte al Àa.oc;, cioè alla fol- saper difendere la città a'tEP Àa.wv ...
la; Od. 3,304: il Àa.6c;, cioè la popola- i)o' E7ttxovpwv, «senza (i propri) guer-
zione, fu assoggettato da Egisto; Il.24, rieri, né alleati (stranieri)». ll.18,509:
6n: nessuno seppellì i Niobidi, Àa.oùc; ouw O''tpll.'t'oL. Àa.W\I, «due eserciti di

s Cfr. A. DBBRUNNER in Reallexikon der Vor- P. KRE'fSCHMER, Einleittmg i11 d. Geschichte


geschichte, edito da M. EBERT IV (1926) 527; d. gr. Sprache (1896) 235 s. 239.
93 (1v,30) À.oc6ç (H. Strathmann) (1v,31) 94

combattenti». Il.I3,495: Àawv Efi\ioc;, Accanto a questo rimane l' uso di


un nugolo, una schiera di soldatesche. Àa6c; nel senso di folla (Plut., Romulus
Il. I 3 ,492: Àa.oi ETIO'VTO, «seguivano le
truppe». Il. 13,834: t'lti o' i:a.xe Àaòc; 26 [r 34 b]: E't"L vuv "EÀÀ'l"}VEç xa.t
omcrikv, «dietro acclamavano le mili- ì..aòv 't"Ò 7tÀ:iji>oc; òvoµasouow «ancor
zie». Il. 13, 710: seguono il Telamoni- oggi i Greci chiamano la moltitudine
de Aiace Àa.ol E't'a.pot (scudieri). Il. 7,
342: i'.nnot xa.t Àcx,oc;, la cavalleria in anche Àa6v») 6 e sussiste pure l'uso
contrapposizione alla 'fanteria'. Il. 9, di Àa.6ç e specialmente quello di Àaol
424; 10,I4: l'esercito di terra in con- nel senso di popolazione, abitanti, gen~
trapposizione alla flotta. Per l'Odissea
dr. 9,263: Odissea e i suoi compagni
te, sia in generale che _secondo delimita-
sono Àaot 'A't"pEtOEw 'Aya.µÉµvovoc;, zioni particolari.
guerrieri dell'Atride Agamennone.
L'espressione abbastanza frequente Cfr. Plat., resp.5 .458 d: ò 7toÀ.Uc; ÀE-
Àcx,òc; 'Axa.twv (ad es. Il.6,223) designa wc;, «la molta gente». Aristoph., ran.
i guerrieri secondo la loro nazionalità, 676: 'tÒV 7tOÀ.ÙV Òlf/OµÉ.Vr} ÀaW'V OXÀO'V,
ma non deve essere intesa nel senso che «per vedere la numerosa accolta di po-
ha per noi la parola popolo; Àaol, del polo» (nel teatro). Aristoph., eq. 163:
resto, non compare mai in Omero nel at CT't"LXE<; 't"W\I Àr:x.Wv, «le file della gen-
senso di 'popoli', 'nazioni'. te» (nell'adunanza popolare). Plut.,
suav.viv.Epic.r3 (II rn96b): ò Àa.òc;'tu-
4. L'uso nell'epoca post-omerica. Si cpÀoih'aL, «la folla (degli spettatori) è
esce da questo ambito, superando il co- accecata». Soph., Oed.Col.42 s.: y'gv- o
i>rio' /lv E~TioL À.Ewc;, «la popolazione del
stante uso omerico, quando con Àrt6c;
luogo potrebbe .dire». Xenophanes, fr.
viene indicato l'insieme di una popola- 2 (r 129,5, Diels'): d 7tux-rric; àyai}òc;
zione. Àaoi:crL µE'tElr}, «se ci fosse un bravo
pugilatore in mezzo alla popolazione»
La testimonianza più antica in pro- (di una città). Diod. Sic. r,57,2: il re
posito è in Pindaro (cfr. Olymp. 8,30: d'Egitto Sesoosi costrnisce canali 't"cx,'i:c;
A.wptEùc; >..a.oc;, «il popolo dei Dori». npòc; cX.)..)..1})..ouc; -cwv Àa.wv Èmµd;lcuc;,
Nem.I,I6 b: Àriòc; i'lt'lttxtxµoc;, un po- «per facilitare gli scambi delle popola-
polo che combatte a cavallo. Pyth.9,54 zioni fra loto». Diod.S.3,45,6: il ter-
s.: Àa.Òc; 'VM'tc~mxc;, un popolo isolano). reno non riceve le necessarie cUl'e 8tà
Allo stesso modo Erodoto parla di ÀE- 't"TJV 't"W'V Àa.wv liTIELplriv, «per l'incuria
wc; degli Ateniesi (8,136) e i tragici di della popolazione». Polyb. 4,52,7 : Pru-
Àa6c; dei Persiani, dei Lidi, dei Frigi, sia di Bitinia deve cedere a Bisanzio
degli Ateniesi, degli Achei, dei Traci i territori e le piazzeforti xat 't"ovç Àa-
(cfr. Aesch., Pers. 92. 593. 789. 770; oùc; X<l.L 't'~ 7tOÀEµLXIÌ. CTWp.a't"CX. «la po-
Soph., Phil. 1243; Eur ., fr. 360, 48 polazione civile e i prigionieri di guer-
[T.G.F.]). ra». In Hdt. 2,124.129 Àaoc; compare

6 Quindi À.a:6c; non si può interpret:ue in ba- risponde in greco ofjµoc;, non certo Àa6c;, che
se al passo di Cicerone, rep.1,25: populus at1· ha piuttosto l'idea di qualcosa di fluido e inde-
te111 non omnis homim1m coet11s quoquo modo terminato (di diverso avviso E. PETERSDN,
congregatus, sed coetus u111/titudinis iuris co11- EIE @Em:: [1926] r79).
sc11m sociattts. A populus in questo senso cor-
95 (1v,31} Àa.Ò<; (H. Strathmann)

nel senso di popolazione in contrappo- nata» in Aesch., Pers. 383; ye:wpy~xòç


sizione al sovrano di cui è suddita, in À.~wc;, la «popolazione rurale» in Ari-
Ditt., O.G.I.S. 90, 12 ss. nel senso di stoph., pax 920; À.aot Èyxwptot, la «po-
popolo minuto: Tolomeo V ha emana- polazione indigena» in Aesch., Suppl.
to alcune disposizioni èhtwc; o -te: ÀO'.Òç JI 7. L'uso di À.oc6c;, À.aol nel senso di
xcx.t oi. liÀÀot 1t&.v-te:c;, «affinché il po- soldatesche che in Omero, almeno nel-
polo e tutti gli altri (come preti, fun- l'Iliade è prevalente, più tardi scompa-
zionari, soldati) Èv e:ùihivlat éì)nv siano re del tutto.
nel benessere». Cfr. ibid.225,4 ss.: -.oùc;
U1tcipxov'taç IX.Ò't'O ['te; À.cx.oùc; TCIX.]votxl-
B. À.ct6c; NEI LXX IO
ouc;, «i dipendenti con tutti quelli del-
le loro case». Se si passa ora ai LXX, ci si trova
Se si tratta di questioni di culto, il come trasportati in un altro mondo, già
significato del vocabolo si avvicina a
volte addirittura al senso di 'fedeli laici solo per la frequenza con cui il vocabo-
partecipanti al dto'. Cfr. l'iscrizione del lo ricorre, e inoltre per l'assoluta pre-
sacerdote Apollonio proveniente dal Se- valenza del singolare: sulle duemila oc-
rapeum di Delo, del rn sec. a.C. (IG
XI 4, 1299,90): am,;c; o' /lpa; À.a;Òç ÉXe:l- correnze, le voci plurali non arrivano a
VWt CTÌ)V apE't'Ì)V 1M.µ~T)<TE\I É\I f\µ«"t'L, 140. Ma ciò che soprattutto colpisce è
«tutta la gente in quel giorno inneggiò il cambiamento di significato, in virtù
alla tua (di Serapide) grandezza» 7 •
Nei papiri Àa.6c;, Àaol significa di re- del quale il vocabolo diventa la desi-
gola gente, abitanti, e particolarmente gnazione specifica di un popolo deter-
la popolazione degli strati sociali più minato, il popolo d'Israele, e serve per
bassi in contrapposizione alla classe do- mettere in rilievo la sua situazione par-
minante 8. Nel Poimandres 1, 27 Àaol
si trova semplicemente nel senso di ticolare e di privilegio, come 'popolo
ètv1'pw'ltOL 9 : 1jpyµat XT)pU<T<TELV 'tote; di Dio'.
à.vi}pC.:motc; 't'Ò -.fjc; e:ù<re:~Elctc;, xcx.t yvw-
<re:wc; x&.À.À.oc; . .,.n À.aol, èX.vope:c; y't)ye:- 1. I corrispondenti ebraici
ve:i:c; .•. vT)ljla;-te:, «mi sono messo a pro-
clamare agli uomini la bellezza della Se si fa eccezione per una quaranti-
religiosità e della gnosi. O gente, uo- na di passi, il corrispondente ebraico è
mini della terra... siate astinenti». In- di solito 'am. Di questi 40 passi, I2
vece va.u-.txòc; À.e:wc;, è la «gente mari- hanno go; 11 , che di solito è reso con

7 Su quest'uso ha già richiamato l'attenzione re, offerto in dono per l'iniziazione, al quale
/\.. DIETERICH,De Hymnis Orphicis (Marburg egli attribuisce In salvezza dalle tempeste per
1891) 13, a proposito di un inno orfico in ono- i credenti. Cfr. O. KERN: ARW 30 (1933) 205-
re di Apollo (34, 10 Orph. [A1mL]): xÀ.uiH 207.
µw Euxoµlvou Àa.wv v7tEp eì.!cppovL Dvµii'>, «a- 8 Testi in PREISIGKE, Wort., e MouLT.-MILJ..
scoltami, mentre ti invoco con devoto animo a s.v. À.a.6ç; cfr. anche MAYSER I 27.29.
nome del popolo». Lo stesso senso ·sembra es-
9 REITZENSTmN, Poim.337.
serci nell'epigramma satirico di Callimaco 47
(ed.WILAMOWITz-MoELLENDORP4 (r925): Eude- 10 Cfr. -+ BERTRAM, Volk 11nd Volker; inol-
mo si rivolge a coloro che non sono iniziati ai tre -+ rnvoç lll, co)l. 99-IIO.
w
misteri di Samotracia con l'appellativo }..a.al 11 Un tredicesimo passo {ljl 66,3) fa caso a sé.
e mostra loro un vasetto di sale di nessun valo- Nel cod. Sinaitico si trova }..a.ol per go1m; ma
97 (IV,32) Àtt6.-; (B. Strathmann)

Efivoc;; I I hanno [•'Om tradotto anch'es- 'X.a.6ç a Israele. Ad es., quando nei pas-
SO quasi sempre con l!ilvoc;; nella mag- si che stiamo prendendo in considera-
gioranza degli altri casi si hanno espres- zione si trova À.a.6c; in corrispondenza
sioni sporadiche 12. In essi la traduzio- di bn, 'bd, !'n, qhl. Un caso particola-
ne con À.a6c; è di solito determinata o re costituiscono sette passi nei quali,
dal significato particolare che À.ix6c; può contrariamente al solito, l'ebraico goi è
assumere (per es. Ios. ro,5: mal;aneh = tradotto con À.cx.6c;. Questi passi sono
À.a.6c;, soldatesche; Iob 31'34 [codd. A semplicemente quelli in cui o l'ebraico
VLa]: hamon='X.a6c;=fo11a; Iud. 18, goj si riferisce a Israele oppure i LXX
22 [ cod. AJ : 'aniis1m e r Sam. 24,ro: hanno inteso cosl (cfr. Ios. 3,r7; 4,1;
'adam = À.a6c; =abitanti, gente), oppu- Is. 9,2; 26,2; 58,2; Ier. 9,8; 40,9 dei
re - ed è la maggior parte dei casi - LXX [ 33, 9 dell' ebraico] ) Il.14. I LXX
dal fatto che le espressioni ebraiche in usando qui sempre À.cx.6c;, mostrano una
parola sono circonlocuzioni che indica· volta di più la tendenza a scegliere sem-
no il popolo di Israele. Si tratta dun- pre questo vocabolo quando si tratta di
que di traduzioni libere che fanno a· Israele, mentre invece tendono a tra-
strazione dal significato proprio dell'e- durre con ~Dvoc; dove non è in causa
spressione ebraica e presentano cosl un Israele 15•
uso ampliato del solito riferimento di Si può parlare però soltanto cli ten-

~ihl'l') è molto meglio testimoniato. Il plurale rietà (Is.55,5 60,5; E.08,25). Non si capisce
Miol vi si sarà introdotto dal v. 4, dove com- invece per qual ragione in E:i;.20,41 e Zach.r4,
pare due volte per 'ammlm. r4 go;im sia tradotto con Àaol.
12 Come 'iidiim, 'uomo', in I Sam.24,10. 'um- IS Ad esempio Ex.r,9: il Faraone parla al suo
ma, 'nazione', lj> n6,1; Dan.3,4; 'aniistm, 'uo· gi}voc; ('am); Ex.15,r4: fixou11av gllv'l'), (Iii111'11
mini', Iud.18,22 (cod. A); ben, 'figlio', Ex.4, 'ammlm); Ex.19,5: &.7tò it&.vi:wv i:wv Mvwv,
23; I Chron.17,r3 (cod. S); Ier.23,7 (cod. S); (mikkol-hii'ammim); Ex.2r,8: ~!Ns~ ocXÀo'tplf{>,
hiimon, 'moltitudine', Iob.3r,34 (c:odd.AVLa); (lc'a111 nohl). Quasi sempre, dove ~ihloc; e elt-
mapaneh, 'esercito', Ios.ro,5; miiqom, 'luogo', \ll} sta per 'am, 'ammlm, si tratta di popoli non
Ruth. 4,10; mispiipa, 'gente', Nah. 3,4 (codd. israelitici. In De11t.7,6 e Is.51,4 in principio
BS); 'eber, 'regione', '11 r35,22 (cod. S); Is.48, 'am (=Israele) è tradotto con Àao~, e alla fì.
20 (cod.A); !i5'n, 'gregge', Ier.23,3; qiihiil 'as- ne 'ammim (=popoli non israelitici) con ~iNYJ.
. semblea', 2 Chron.30,24. Significativo è che nella preghiera di Salomone
per la dedicazione del tempio (1 Reg. [3 Bao-.]
13Quest'ultimo passo nel testo ebraico dice: 8,34.36b) e nel discorso di Jahvé a Jehu (r
«(La città di Gerusalemme) mi sarà di gloria ... Reg.16,2) una parte dei manoscritti dei LXX
l•kol gaie ha'ilref, presso tutte le genti della traduca 'm, riferito a Israele, con oovXoc;. Il
terra. I LXX hanno 'Jtll.\l'tL -r<{> ~ 'tijc; yijc;; traduttore aveva forse davanti un esemplare
leggono cioè al singolare e riferiscono l'espres- che portava 'abd•ka, oppure (in 16,2) 'abdi?
sione a Israele, intendendola nel senso che In I Reg.8s9 la maggior parte dei codici por.
spesso ha 'am hii'iire!, «il popolo del paese», ta un testo alterato, in cui non più Salomone,
la gente che vi abita, in contrapposizione a sa- ma Israele è detto servo di Jahvé, e in com-
cerdoti, profeti e capi politici. Cfr. ad es. Lev. penso è caduta la designazione «Suo popolo»:
4,3.u.27; Zach.7,5; IEp.44,2; Ei.7,27; 22,29; la'afot 111ispa/ 'abdo 11mifpa! 'ammo iiira'él,
46,2.9. Perciò qui per gdj hanno usato ÀM<;. 't"oli ito~Ei:v i:ò B~xalwµa -rov oouÀou crou 'I·
I~ Ci sono altri cinque passi nei quali il plu- O'pa1J)... G. v. Rad. che mi segnala il fotto per
rale Àaol corrisponde all'ebraico g6im, e sem- lettera, fa una congettura suggestiva, cioè che
pre si tratta di popoli non israelitici. Tre vol· questa altcr112ione del testo sia in rapporto con
te la locuzione si accompagna all' equivalente un'interpretazione collettiva dci canti del Ser-
~ilvl}, evidentemente soltanto per amore di va. vo di Jahvé.
99 (1v,32) À.aoç (H. Strathmann) (IV,33) IOO

denza, non di un principio applicato in W(f'tf.. e!va~ Àaòvf'.va., «cosi da essere


modo assoluto. Non è che ovunque l'e- un unico popolo». Vorrebbero cioè co-
braico goi si riferisca a Israele sia reso
con À.r.t6c;; alcune volte è rimasto iti}- stituirsi fra loro in comunità nazionale,
voc;; cfr. Ex. r9,6: goj qados = it?Noc; formare una unità di popolo. Un greco
&yLov; si veda anche Ex.23,22; Sap.17, si sarebbe espresso così? Questa unità
2. Inversamente, non è che compaia
it?Noc; per 'am tutte le volte che non ci di popolo può abbracciare un campo
si rilerisce a Israele. Anche gli Egiziani più o meno esteso.
(Gen. 4I,40.55; Ex.r,22; 9,27 ecc.), i
Filistei (Gen.26,rr), i Moabiti (Num. Si può indicare come Àa.6c; il com-
2I,29; 24,I4), i Sodomiti (Gen.19,4), plesso degli abitanti di una città, così
gli Ittiti (Gen.23,7), gli Etiopi (Iu8, ad esempio il Àrx6c; di Sodoma in Gen.
2; \jJ 86,4), gli Sciti (IEp 6,22; 26,24; 19.{; i membri di una tribù (Aàv xp~­
27,4r) sono çhiamati Àrx6c;. Ma si trat- \IEL 'tÒV Éa.u•ou Àa.ov, «Dan farà giu-
ta di eccezioni, e i sette passi in cui goj stizia al suo popolo», Gen-49,I6), op-
è reso con Àaoc; sono una prova parti- pure anche il complesso di un'intera
colarmente significativa che la tenden- nazione. Anche i morti appartengono a
za è assai marcata. Il corrispondente questa unità. Giacobbe morente, in
specifico di Àrxoc; è dunque 'am, e il suo Gen.49,29 dice: Io sto per unirmi al
significato e ambito è quindi in sostan- mio popolo, 7tpÒc; 't'ÒV ȵÒv Àu.6v, 'el-
za normativo per l'uso di Àaoc; nei LXX. 'ammt; cfr. -.òv Àa.òv a.u"t'ou, 'ammaw,
Gen. 49,33; 25,8, che esprime certa-
2. Significato fondamentale mente ciò che in Gen. 25,r7; 35,29 è
e significato popolare di Àaoc; reso con 'tÒ yÉvoc; whou. Àaol nei LXX
nei LXX non sono mai la 'gente', ma sempre le
comunità nazionali 11 • Qui non si può
Bisogna prima di tutto fissare in mo-
dire che il Àa6c; sia formato di Àaol, e
do assoluto il principio che Àaoc;/'am neppure si può parlare di Àa.ot xcx..à
viene di solito usato non nel senso di a..<J't\J. Ogni città ha un solo Àaoc;, per-

popolo inteso come folla, popolazione, ché Àa6c; indica appunto il popolo nel-
la sua unità. Così un uso linguistico che
gente, ma nel senso di popolo come tri- nella poesia greca, e precisamente in
bù, nazione, unità nazionale 16• Signifi- Omero, non compare ancora e più tar-
cativo è il passo di Gen. 34, 22: i Si- di si incontra solo di rado, nei LXX di-
venta predominante. Ogni e qualsiasi
chemiti e la famiglia di Giacobbe si popolo, in quanto comunità nazionale,
vogliono fondere mediante matrimoni, può essere indicato con Àa.oc; (cfr. gli

16 Questa accezione corrisponde all' ebraico Si confronti a questo proposito ~ RosT 141
'am, nel senso che in origine tale termine e- ss. Il termine ì-a6t; come tale non connota
sprime una parentela che dapprima lega al pa- certo questa relazione di parentela; c'è però
dre ogni maschio e poi, collettivamente, tutto in esso un'allusione rul'elemento maschile, co-
il parentado m11schio. Questo si allarga poi fi. me risulta in particolare dal significato di
no li diventare popolo, e precisamente il grup· À.aot; per 'esercito', 'truppe'.
po degli uomini chiamati «a prestar servizio 17 Unica eccezione è Ecclus 44,15, dove Àaol,
nell'esercito, li prender parte all'amministra- in pnrallelismo con ÉxxÀY)CJla, non può signi-
zione della gitJstizia e all'esercizio del culto». ficare altro che 'la gente'.
IOI (IV,33) À.a;6ç (H. Strathmann) (IV,34) I02

esempi sopra). Quindi il plurale À.cx.ol è «il profeta, il sacerdote e il popolo»


sinonimo di !twri e serve come quest'ul- (Ier.23,34), come pure altre simili; ol
timo, accompagnato ad esso o da solo, µr::yLO'""C'OCVEc; xrt..t 1tOC<,; ò )..cx.6c;, «Ì mag-
a indicare i numerosi popoli non israe- giorenti e tutto il popolo» (IEp.41 ,10 );
litici, con patticolare frequenza nei Sal- o
il re e i suoi servi (1tcx.i:oec;) xat À.aòc;
mi. Lo stesso valore ha il singolare uni- 'tijc; yfic;, «e la popolazione del paese»
to a 'l't<i.c; (Ecclus 24,6: É.v 1tCX.V'tL À.a@ (fap.44,2); l' apxw\I, «sovranm> rispet-
xa.t EWE~, «in ogni popolo e nazione»). to al Àrt..òc; 'ti]c; yt)c; = 'am ha'are~ (Ez.
Si può parlare di un oxÀoc; Àrt..WV, «mol- 7,27, cfr. Lev.4,3.27). In queste espres-
titudine di popoli» (fa:. 23,24), inten- sioni À.aòc; "llc; rilc; non indica la gente
dendo non una massa di individui o di della campagna in antitesi a quella del-
soldati, ma una pluralità di nazioni. la città, ma tutta la popolazione che
Nella espressione alquanto strana cli' Ez. abita nel paese. Sempre però, quando
3 l ,u: 1taV'tc<; ol À.rt..ot -rwv Èwwv (kol- si usa il vocabolo in questo senso, è
'amme hii'iire!; cfr. Ecrop.9,u: À.cwt evidentemente sottintesa 1' appartenen-
"t"WV Èwwv) - che si distacca sintoma- za di coloro di cui si parla allo stesso
ticamen:te dall'omerico iHh1oc; Àcx.wv, gruppo nazionale.
«stuolo di guerrieri», di Il.13,495 - 'tÒ.
EW'l'J sono la massa dei popoli pagani Ancora più sbiadito è l'uso di À.cx.6c;
e i À.a.ol i singoli componenti di essa. nel senso di gente.
ol Àocot 'ti)c; yijc; ('amme hii'iire!) di 2
Ecrop. 19, 24 = Neem. 9, 24, non sono Così Num.21,6: i serpenti mordono
gli abitanti, ma i gruppi nazionali del "t"ÒV Àaov e &.1tÉllCX.\IE Àcx.òc; 1toÀ.Ùc;, «mol-
paese di Palestina, mentre i Àcx.ot 'tijc; ta gente morÌ»; Ios.17,14; Èyw oè. Àcx.-
yljc; = 'ammé hà'arii!ot di Neem .9,30 Òç 1toÀuc; ElµL, «siamo una gtande mol-
sono le nazioni del mondo. In Gen.23, titudine»; 2 Chr. 7,10: &.7tÉO'"'tELÀr:: "t'ÒV
7 si parla degli Ittiti come del ÀaÒc; À.a.ov, «rimandò tutta la gente» venu-
'tljc; yfjc; ('am hii'iire! ), che vengono de- ta per la festa; ljJ 17, 28: aù À.cx.Ò\I ..a-
signati cosl non solo in quanto abitato- 1tEWÒV CTWO"EL<;, «tu verrai in aiuto al-
ri spatsi nel paese, ma in quanto nazio- la povera gente»; Gen. 50,20 : Dio ha
ne che vi sta raccolta. guidato il destino di Giuseppe L\lrt.. OLOC-
À.a.oc; indica spesso la comunità na- 'tpacpi\ Àcx.òc; 1toÀ.Ùc;, «perché sia conser-
vata in vita molta gente»; cfr. anche
·.donale in quanto distinta dai suoi capi o Is. 42, 5; Ecclus 16, 17; 42, rr. È inte-
dalle classi dirigenti, per cui si passa fa- ressante notare che anche l'omerico
cilmente all'uso popolare del vocabolo )..a.be; (mai però Àcx.oi) nel senso di sol-
datesche, truppe, sopravvive nei LXX:
nel senso di popolazione. il Faraone guidò 1ta\l'tCX. -tov Àcx.Ò\I aù-
Così gli Egiziani sono detti il À.aoc; "çOU alla caccia di Israele (Ex. 14,6);

del Faraone (Gen.41,40; Ex.1,22; Ex. Giosuè É"t'pÉ!jla'to 'tÒV 'AµaÀ.1)x xcx,t
7-9 ), oppure il Àaoc; 'tf\c; yljc; cxhi:ov, T1:ét.v-i:a 'tÒV À.cx,Òv cx.Ù'toU Èv <pOV{{.l µcx.-
«della sua terra» (2 Ea"op.19,10). Gen. xa.lpcx:c;, «sconfisse Amalek e il suo e-
47,2x: Àa:oc; si contrappone al terreno sercito e li passò a fil di spada» (Ex.
coltivabile e indica la popolazione che 17,r 3 ); più preciso è Ios.8a: ò )..a_òc;
in seguito all'incetta di grano fatta da ò 1tOÀ.EµLCT't1]c;, «la gente guerriera»;
Giuseppe divenne serva del Faraone. dr. anche Num.21,23. 33-35; Deut.20,
Rifetita a Israele è l' espressione: o r; Ior. 10,7.15.33; I Chr. n,13; r9,7 .
7tpoq:>TJ't't]c; xa_t ò tepeuc; xcx.t ò Àrt..6c;, 11 ; Ez. 30, xx e particolarmente il Li-
Ào.6c; (H. Strathmann)

bro di Giuditta (5,22; 7,r.7.1r.13.26; po di far risaltare di continuo la parti-


14,17). Anche la gente che ha seguito colare situazione religiosa di Israele 18•
Esaù nel suo incontro con Giacobbe
Essa trova il suo fondamento nel fatto
(Gen.33,r5), e quella che è al seguito
di questi (Gen.32,8; 35,6) viene indi- che Israele è il popolo di Dio. E ciò
=
cata con )..cx.6c; 'am. Ma la linea fon- che importa non è la parola À.abi; come
damentale dell'uso linguistico dei LXX tale, ma l'espressione sempre ricorren-
non è infirmata da tali significati popo-
lari o arcaicizzanti che si trovano in un te Àa.òc; lli;ou. È di qui che acquista il
certo numero di passi. suo valore anche l'uso del semplice }.a.be;
3. L't1so specifico dei LXX: come appellativo di Israele. Con Àcx.6c;
}.a.be;= 'Icrpcx.1)}. si intende cosi la comunità nazionale
a) Benché }.@e;, secondo l'uso asso- israelitica secondo il principio religioso
lutamente predominante nei LXX, si- che la motiva e qualifica 19• In sé, sa-
gnifichi la nazione o la comunità nazio- rebbe stato possipile attribuire questo
nale e il vocabolo possa quindi essere valore anche al termine itih1oç (cfr. I
usato per ogni comunità di tal genere, Chr. q, 21: oùx itcr't'w wc; 6 :ìva6c; crou
come avviene di fatto qua e là, tutta- 'lo'pa:qÀ ['am] Wvoc; [g6iJ E't't É'ltÌ 't'ijç
via il riferirlo con limitazione intenzio- yijc;, «non esiste altra nazione sulla ter-
nale a Israele è caratteristica particola- ra come il tuo popolo, Israele»). Ma
re dell'uso che ne fanno i LXX. Tutti che it~oc; sia stato evitato con eviden-
gli altri riferimenti sono solo qualcosa te intenzione e scelto di preferenza À.a-
di collaterale, un'eccezione che confer- oc;, può avere la sua ragione solo nel
ma la regola. Ed è proprio questo il fatto che questa parola, propria del lin-
fatto sintomatico e importante dal pun- guaggio poetico come termine di stile e-
to di vista della storia delle religioni e levato, parve corrispondere alla sacralità
della teologia. Già l'A.T. ebraico lascia e dignità della situazione che si voleva
intravvedere una tendenza corrispon- esprimere, meglio di itihioc;, nel quale,
dente, là dove usa 'am per Israele e in forza del suo significato originario di
g6i per gli altri popoli. Nei LXX que- 'sciame, mandria', si sente facilmente
sta distinzione non è ancora completa- un tono di disprezzo. Nella scelta di
mente in atto, ma è tuttavia importan- una parola appartenente all'antico lin-
te che sia largamente preparata allo sco- guaggio poetico, solenne ed elevato, si

iS In Iudith, ad es., i popoli non israelitici so- t9 Cfr. ~ v. RAD, e M. Noni, Das System der
no chiamati regolarmente l!Nn. Ma per Israe- <wolf Stiimme Israels (BWANT IV [ r930)) 120
le, persino Oloferne e la sua cerchia si ser- s., dove si fa notare che il concetto delle dodi-
vono quasi sempre del termine Àcx6ç (5,3.23; ci tribù di Israele ha la sua remota origine
n,2.22; eccezione 512.1:). Dove Ào.6ç non si storica nelle 'anfìzionie' degli antichi Ebrei, le
riferisce ~ Israele, in questo libro è sempre in- quali erano associazioni di carattere religioso
teso nel senso di 'truppe'. anteriori alle formazioni polìtiche.
105 (rv,35) )...a6ç (H. Strathmann) (IV,J6) 106

esprime cosl il senso di un contrasto a to. E ciò che li fa essere un popolo san-
base religiosa rispetto agli altri popoli to, in certo modo, non è primieramente
la loro santità nel senso religioso o mo-
non israelitici, la consapevolezza che rale, ma il fatto che Dio li ha messi a
Israele è in un rapporto particolare con parte: «tu sei un popolo santo per il
Jahvé che è superiore senza confronto Signore Dio tuo», Àaòc; &ytoc; El x.vpll:t)
-.c-;.i 1>E<i) <J'OV (Deut.7,6; dr. 14,2.21; 26,
a tutti gli dèi dei vari popoli. r8 s.'fl. Core, Datan e Abiram in Num.
16,3 si oppongono all'autorità con cui
b) Quale sia questa relazione e che Mosè U guida, adducendo questa ragio-
cosa significhi, è mostrato in passi co- ne: 7tWra. Ti crvva.ywyl} ncl.V"CE<; &.yto~.
me Ex.19,4-7; De11t.7,6-12; 32,8ss.; ~ «tutta l'assemblea è costituita di san-
ti». Israele è dunque il Àa.òc; èyyl~wv
l 34, ma con particolare insistenza in
mh<i) ( -.c-;.i xvpl<i> ), «il popolo vicino a
Deut+ lui (al Signore)» (Ps.148,14) e Jahvé è
vicino ad essi tutte le volte che lo in-
Tutta la terra per se stessa appartie- vocano.
ne a Jahvé (Ex.19,5). Ma egli divise i
popoli secondo il numero degli angeli e) Questa relazione di proprietà è
ai quali la affidò (.6.wi:.32,8; Ecclus I], nata attraverso un atto assolutamente
17; Dan.10,I3; 12,1 ). Assegnò il sole,
libero di Jahvé: è lui che ha scelto I-
la luna e le stelle 7tMLV -roi:c; gi)vEaw
-roi:c; ònoxa:tw -.ou oùpavov, «a tutti i sraele (Deut.4,37; 7,6; 14,2; ~ 134,4).
popoli che stanno sotto il cielo» (Deut. La cosa avvenne nella libertà più asso-
4,19), ed essi possono onorarli. Ma Jah- luta, non fu affatto determinata da un
vé ha riservato Israele a se stesso co-
me 'am rgulla mikkol-hii'ammim, e- qualsiasi pregio di ordine esterno o in-
spressione che i LXX rendono con Àcx.òc; terno che Israele abbia avuto. Esso, an-
7tEpLOV(J"LOc; Ò:1tÒ 7t&.v-.wv 't'WV ÈWWV, zi, è assolutamente inferiore di numero
«popolo di sua peculiare appartenenza
fra tutte le nazioni» oppure 7tetpà 7t&.v- mxpà. miv'ta -.à llìh>TJ, «ad ogni altro
i:a -.à. è:Dvri, «di fronte a tutte le na- popolo» (Deut. 7 1 7) ed è À.cx.òc; <J'XÀ.'l]po-
zioni (Ex.19,5; Deut.14,2; 7,6; sempli- i:paxtJÀoc;, «un popolo di dura cervi-
cemente Àcx.Òc; rtEpLoua-toc;, «popolo suo
proprio», in Deut. 26, I8; dr. 7tEptov- ce», senza merito di giustizia (Deut.9,
<J'Letoit6c;. tjJ l 34,4; con lo stesso senso 5.6). Il motivo per cui fu scelto è «l'a-
'am naf;ìila = Àaòc; t:yxÀTJpoc;, «popolo more di Jahvé per voi», o più esatta-
di sua eredità», Deut.4,20). Questa par- mente per i padri (De11t. 4, 37), e la
ticolare relazione di proprietà è costan-
temente presente anche quando Israele sua fedeltà al giuramento fatto ad essi
è detto semplicemente Àa6c;, senza il (Deut. 7,8 ). È quindi il popolo dal qua-
genitivo itEou. le egli pretende di essere servito nel de-
Perciò, dal momento che Jahvé si è
riservato gli Israeliti come sua proprie- serto; che egli esige sia lasciato libero
tà particolare, essi sono un popolo san- dal Faraone (Ex.7,16.26; 8,16; 9,r.13.

20Cfr. r Euop.8,57 ; 2 EO"op.8,28; Da11.7,27; s,


24 (Teodoz.); 2 Mach.15,24; 3 MaclJ.2,6; Sap.
ì..a6c; (H;. Stratlunann) (1v,36) rn8

I7; 10,3); che, in occasione delle pia- si è rivelato. Perciò lui solo è il Dio di
·ghe d'Egitto, egli tratta in modo spic- Israele: oùx EO'O\l'tal croL ih:ot t't"Epo~
1tÀ:qv ɵou, «non avrai altri dèi fuori
catamente diverso da quello usato col che me» (Ex.20,3). Jahvé ha riservato
Faraone e col suo popolo (Ex.8,17.I9; a sé Israele (Lev.20,26), ed ora si aspet-
9,4; II,7). «Il popolo mio» (di Jahvé) ta che gli dedichi il suo amore e osser-
e «il popolo tuo» (del Faraone) in Ex. vi i suoi comandamenti (Deut. 7,9). I-
sraele è santo, riservato a Jahvé tra la
8 sono posti intenzionalmente l'uno di massa dei popoli profani del mondo.
fronte all'altro. Ma questo indicativo implica un impe-
tativo: siate santi! "AyLOt. foEcrilE, O'tL
Israele ha sempre considerato quale É.yÙJ éiytoç XUpt.oç Ò ilEÒ<; UµG°>\I «Siate
massima dimostrazione storica di que- santi, poiché santo sono io, il Signore
sto suo rapporto con Jahvé la propria Dio vostro» (Lev.19,2; II,44; 20,7.26;
liberazione «dalla fucina fusoria del fer- Num.15,40; Deut.28,9). Israele è popo-
ro» (Deut.4,20) e «dalla casa di schia- lo di Jahvé solo se si comporta in mo-
vitù» dell'Egitto (Ex.20,2) 1 ottenuta a do adeguato a questa sua qualifìca.
forza con le terribili piaghe. Ciò che
nessun altro dio ha mai neanche ten- e) Poiché ciò non si è realizzato, ec-
tato di fare, cioè di prendersi per sé co i profeti ingaggiare la loro grande
«un popolo di mezzo a un altro» (go; battaglia: «Voi non siete il mio popolo
miqqereb go;, Ei>voç ~x µfo'ou Ewouç),
Jahvé lo ha fatto «con mano potente», e io non sono il vostro Dio» (Os.1,9).
«stendendo il braccio» (Deut.4,34; Ex. Da popolo di Dio sono diventati popo-
7 ,5 ). All'inizio della storia del popolo lo di Gomorra, ÀaÒ<; roµ6ppaç (ls. I,
d'Israele sta dunque la sua liberazione
dalla servitù straniera, considerata ine- rn ). La condotta di Israele non corri-
quivocabilmente come azione di Dio, sponde alla elezione dell'amore divino.
grazie alla quale diventò possibile la sua La conseguenza è la condanna ad anda-
formazione nazionale. Anche dopo aver-
lo liberato, Jahvé lo ha portato come re dispersi e a scomparire in mezzo al-
su ali d'aquila (Ex.19,4; Deut.32,II). le genti (Deut.4,7). Questa però non è
Ma il suo costituirsi in nazione si è pie- l'ultima parola. Israele è e rimane il po-
namente realizzato solo col ricevere la
polo di Dio; Jahvé non lo distruggerà
rivelazione: diventò il popolo di Jahvé
mediante il patto d'alleanza del Sinai. completamente. Solo quando cessino le
Là Jahvé ha trattato con gli Israeliti, ha leggi eterne secondo le quali si muovo-
dato loro speciali ordinamenti, ha noti- no le costellazioni - cioè mai - xat 'tÒ
ficato loro il suo patto e le sue promes-
se (Deuf-4,7 ss.). yÉvoc; (zera') 'Icrpa'Ì]À 1t<LVO'E'trLL yi::vÉ-
cri>a:L Ewoc; (goi) xcr:tà 7tpécrw7t6v µou
d) Ma questa relazione così stabilita
1taO'aç -tàc; i}µÉpaç, «anche la stirpe
e bilaterale è una relazione che compor-
d'Israele cesserà di essere un popolo al
ta un dovere reciproco, fedeltà e amo-
mio cospetto per sempre» (Ii::p.38,37=
re. Israele è il popolo di Jahvé.
3 r ,36 del testo ebraico). Poiché «egli
Jahvé lo ha liberato dall'Egitto e gli non dimenticherà l'alleanza conclusa
>..u6c; (H. Strathmann) (lV,37) IIO

con i tuoi padri, che ha loro giurato» o )..o:.6c; 0"01) 7tW; olxct.toc;, «tutto il tuo
(Deut.4,31). Jahvé attende soltaQto la popolo sarà di giusth> ).
conversione di Israele, per trattarlo di L'annunzio profetico esorbita in pari
nuovo come suo popolo. Esso provoca, tempo dalla cornice di un'aspettazione
è vero, il castigo dell'ira divina, ma, co- puramente nazionale. Già lo dimostra
me ai tempi di Elia erano rimasti 7000 Is.II,IO, dove del re messianico porta-
che non avevano piegato le ginocchia tore di salvezza si dice che bt' aùi:fil
davanti a Baal (I Reg. 19,r8), cosl - EW'l'} é)vmoiiow, «verso di lui si volge-
Isaia ne è certo - finalmente «Un re- rà la speranza delle genti» (dr. Is. 62,
sto» (-+ ÀE'Lµµa) si convertirà a Jahvé, IO). Ma il pensiero è espresso nel mo-
al Santo d'Israele! Certo, sarà un picco- do più chiaro in Zach.2,14ss.: Gioisti,
lo resto soltanto, i 'poveri' del suo popo- esulta .figlia di Sian perché, ecco, io
lo; ma un resto, tuttavia, che rappresen- vengo e voglio abitare in mezzo a te
terà il vero Israele e troverà rifugio in xaL xa-.aqm)l;ovi:aL ìiwn 'ltOÀÀà. È1tL
Sion {cfr. Is. IO, 20-25; r4,32; I0,2). i:òv xvptov lv i:'fi i)µÉpef Éxdvn xal ìi-
Essi si convertiranno a Jahvé o piutto- crovi:at aui:fil EL<; ÀaÒV XUL xa:t"CXdX'l'}~
sto, secondo la stupenda parola di Ge- vwcroucrw Èv µfCT4J aou, «e in quel gior-
remia, sarà J ahvé stesso a mutarli nel no molte genti cercheranno rifugio pres-
loro intimo, in modo che possano com- so il Signore e divetranno suo popolo
piere per impulso del cuore ciò che è e dimoreranno in mezzo a te»: espres-
conforme alla sua volontà (I er. 3 8, 3 3 sione altamente pregnante dell'univer-
dei LXX = 31,33 del testo ebraico). Il salismo escatologico predetto dai profe-
presente del possesso si è mutato nel ti, che si trova del resto in numerosi al-
futuro della promessa che, come all'i- tri passi (dr. I Reg.B,4I-43; Is.25,6.7;
nizio, è condizionata dall'obbedienza ai 26,2; 45,18-25; 55'4·?; Ier.12,16; r6,
comandi di J ahvé: «Ascoltate la mia I9; Ez.47,22; Soph.3,9; Zach.9,7; Ps.
voce, xat ìicroµo:.t ùµ'Lv EL<; l}E6v, xo:.t u- 67,6; 117,1; 148,rr-13).
µE'Lc; EcrEcrM µot Elc; Ào:.6v, «e io sarò il f) Cosl neila profondità e autorità
vostro Dio e voi sarete il mio popolo» della predicazione profetica la relazione
(Ier. 7,23 dr. 24,7; 31,33; 32,36 ss.; particolare fra Dio e Israele si esprime
Ez.rr,20; 14,rr; 36,28; 37,23; Is.4r, coll'indicare lo stesso Israele come Àa-
8-rn). Anche la qualificazione &ytoc; tor- òc; i}Eou e nella esclusività, che ne deri-
nerà a valere nel futuro tempo di sal- va in misura sempre ctescente, con la
vezza: xat xaÀ.ÉO'Et aùi:òv ÀaÒv &ytov quale la parola 'am = Àa6c; è applicata
ÀEÀvi:pwµÉvov U7tÒ r.uplov, «e lo chia- a Israele. Ma questa relazione, che dap-
merà popolo santo, riscattato dal Signo- prima apparve come il motivo che fon-
re» (ls.62,12; cfr. Icr.30,19 e Is.60,21 : da e regola il costituirsi di Israele in
III (IV,37) )..a.6ç (H. Strathmann) (rv,38) n:z

nazione, da prerogativa attuale ricevuta C. Àa.6c; NEL GIUDAISMO ELLENISTICO


in dono dall'amore di Dio che opera li- EXTRA-BIBLICO 21

beramente le sue scelte, si è mutata in r. Che Flavio Giuseppe non abbia


diritto e motivo di condanna, in aspi- affatto uno stile uniforme 22 , è consta-
tazione che trova conferma anche nel
razione e promessa. La sua certezza può nostro caso. Nel Bellum fodaicum non
essere mantenuta viva solo dalla fede si riscontrano quelle accezioni partico-
che, al di sopra di ogni contraddizione lari e fisse, nelle quali i LXX usano abi-
tualmente il nostro vocabolo. L'uso di
con lo stato presente della nazione sia
1€woc; riferito al popolo giudaico è qui
all'esterno che all'interno, si aggrappa del tutto corrente: Erode ordinò il lut-
puramente alla fedeltà che Dio serba to oÀ.4) 'ti;> ElNEt, «a tutto il popolo»
alla sua promessa. Questa fedeltà deve (I' 5 8 l); 'tÒ liwoc; É'ltll.\IWJ"'tTJO'Et'V 'Pw-
[J.(J,tOtc; -ijÀ.'ltLO'EV, «sperò di sollevare il
creare e creerà essa stessa in Israele le popolo contro i Romani» (1,232); Flo-
condizioni preliminari che le permetta- ro 'lté.ÀEµov ... 't@ liwi::t O'Xo'ltouµE\loc;,
no di realizzarsi, valicando poi i confi- «meditando guerra contro la nazione»
(2, 282 ). Accanto a Ewoc;, Giuseppe
ni dello stesso Israele. Così le afferma- usa volentieri oijµoc;, ma senza inten-
zioni profetiche appaiono come il ver- dere affatto il popolo come corpora-
tice dello sviluppo che la parola ).a6c; zione politica: Thoc; ... 'tÒV µÈv oij-
µov ÈÀ.E.1}crac;, «ebbe compassione del
assume nell'A.T.
popolo» ( l ,IO). oijµoc; è il popolo nel
suo insieme ('t'OV o1Jµou 'tÒ xai}apw't'a·
Di fronte a questo atteggiamento dei
't'OV, «la parte più onesta del popolo»,
profeti, però, quello degli scritti più
2,345), il popolo minuto in contrappo-
tardivi, che considerano come cosa ov-
sizione ai maggiorenti (2,338), la gran
via parlate di Israele come degli &yioi
massa in contrapposizione al consiglio
(r EO'op.8,57; 2 Eo-op.8,28) o come del
(2,641) o ai sicari ribelli (2,449).
~<popolo pio», À-aòc; éxnoc;, e del «seme
Per indicare il popolo nel senso di
irreprensibile», CJ'ltÉpµa &µE!J,'lt't'OV (Sap.
comunità nazionale, Giuseppe ama di-
10, r 5) o delnwoc; iJ:yLov, «razza san.
re OL ÒµécpuÀOL, oppure 't'Ò oµécpuÀ-oV
ta» (Sap.17,2), o del À-aòc; tiytoc; (Dan.
l}µwv (per es. 1, 150). Àa.6c; invece è
· 7,27; Dan.8,24, Teodoz.; 2 Mach . lJ,
usato nel Bellum Iudaicum nel senso
24; 3 Mach.2,6), rappresenta un regres-
popolare di gente, popolazione, molti-
so, che prelude al passaggio al giudai-
tudine, per cui il vocabolo nel contesto
smo farisaico col suo ostinato vantarsi
corrisponde abbastanza spesso a 1tÀ1\-
di una superiorità quasi concessa al po-
17oc;; 't'OU Àa.ou 7tEptEO"t!7noc;, «mentre la
polo per sempre e incondizionatamente.
Si profila qui l'atteggiamento spirituale
gente stava intorno» (r, 122 cfr. 457.
466); Erode sobilla la moltitudine (-.òv
e lo stato d' animo contro il quale si
À-aov 1,550); la folla (ò Àa.6c;) riceve
drizzò poi la protesta di Giovanni Bat-
Archelao nel tempio con acclamazioni
tista.
augurali (2,r ); o acrlJa\li]c; Àa6c;, «la fol-
la inerme» in contrapposizione ai sicari

21 ·~m e 'am bà'àre~ nel giudaismo rabbinico 22 C~r.H. ST. J. THACKERAY - R. MARcus, A
~ oxÀ.o~. Lextcon to Josepbus I (1930), Prefazione.
u3 (1v,38) Àa6c; (H. Strathmann) (rv,39) u4

( 2,42:; ); &:rcò -.ijç &xp~ -.òv À.Ew O"u- la prefazione delle Antiquitates ( r ,:; ) si
vwD'oihrm; !cp6vEUov, «sospingendo in vanta di aver costruito tutta la sua nar-
massa il popolo giù dalla rocca ne face- razione su fonti ebraiche, è tuttavia
vano strage» (3,329). chiaro che questo è un modo di espri-
mersi molto sommario. Egli ha almeno
Il quadro si presenta diverso nelle consultato, e in larga misura, anche i
Antiquitates. Qui À.cx6ç è usato di soli- LXX Xl; dall'uso che essi fanno di À.a6c;
to con riferimento a Israele 23• Tuttavia si è tuttavia lasciato influenzare solo
il vocabolo all'occasione è applicato an- quel tanto che la materia trattata com-
che ad altri popoli, come ad es. agli E- portava.
giziani (ant.2,301 ). Abitualmente però
i popoli non israeliti sono detti ~iN1). 2. Filone 28 , che del resto usa la for-
Nel Contra Apionem invece EiNoç rife- ma (attica) À.Ewc; quanto À.a6ç, utilizza
rito a Israele ha il sopravvento 24 . La naturalmente la presenza di questo vo-
varietà dell'uso linguistico è in Giusep- cabolo nel Pentateuco per svolgervi so-
pe un fatto che salta agli occhi. Si po- pra le sue monotone speculazioni e con-
trebbe essere tentati di metterla in con- siderazioni moraleggianti, psicologiche
to alle fonti diverse e usate variamen- ed etimologiche. A proposito di Gef!.35,
te da un'opera all'altra di cui, come è 29 (Isacco morl e 'ltpOCTE"t'éih} Ttpòc:; i:ò
noto, Giuseppe si servl per la pubbli- yÉvoc:; cxu't'ou, «fu riunito alla sua stir-
cazione dei suoi scritti in greco 15• Il pe») si dice, ad es., che come tipo del-
À.ewç di forma attica che usa nel tra- la saggezza autonomamente acquisita e-
durre i versetti di Balaam (anl-4,I 14; gli abbandona il corporeo e viene uni-
bell.3,329}"' dipende certamente da que- to non più al Àcx6c; come gli antichi (per
sto. Ma le abitudini atticizzanti di quei es. Abramo, Gen. 2:; ,8) ma al yÉvoc:;
graeculi non bastano a spiegare un uso (sacr.A.C. 6). Il yÉvoc; supremo è qual-
cosl diverso dei vocaboli nell'una o nel- cosa di unitàrio, invece À.ltéiç indica una
1' altra opera. Il mutamento si spiega pluralità, nella quale rientrano quelli
assai meglio con l'influsso che i LXX che sono diventati perfetti solo perché
dovettero inevitabilmente esercitare sul- istruiti da altri. Soltanto coloro che son
la esposizione dell'antica storia d'Israe- giunti a una conoscenza ( É1tLO"'t'1]µ1')) che
le. Poiché, se è vero che Giuseppe nel- non richiede sforzo sono trasferiti nel-

23 Tuttavia gli Ebrei di Alessandria hanno un tive al lessico di Giuseppe Flavio di H. ST. J.
l1N6:p:x:TJc;, Bi; 8101xei: 't'E 't'b ~1Noc; xat l.ìtm-r~ THACKERAY-R . MARCUS (-"' n. 22) [avvertenza
xplcretc; X't'À.., «nn luogotenente che governa di DEBRUNNER e K1TTl!r,].
il popolo e decide le contese, ecc.>) (Flav. Ios., l6 Rinvio a beli. 3,329 di KrTTBL.
a11t.r4,n7). n Cfr. O. STAHLIN, Die hell.-jiidische Lit.;
24 Ad es. -cb ~1Noc; 1)µwv (1,5. r6r. r68. r94. Geschischte der griech. Lit.== Handbuch KlAW
zr3; 2,43 ..220); cosi pure in vit.24. Ma anche VII 2,16 (1920) 594 nota 4 e le opere qui ci-
-cb yivoc; i}µwv: Ap.r,I.2.219.278; labc; 1'W\I tate.
'Ioul.ìa.lwv: 1,305 .313. !8 La dotta opera di I. HEINEMANN, Philo11s
25 Cfr. Ap.1,50, dove Giuseppe parla di aw- griechische rmd jiidische Bildtmg [1932], che
Epyol (collaboratori) greci solo per la stesura studia l'etica di Filone sotto l'aspetto della
m greco del Bellum Ittdaicum. Ma un preciso sua formazione greca e giudaica, non prende
studio stilistico mostra che diverse mani, e in in esame il concetto di popolo nel nostro au-
misura diversa nelle diverse parti, hanno col- tore. Per l'indice filoniano del LEISEGANG, si
laborato anche alle altre opere e in particolare vedano le osservazioni critiche di O . ST.i\HLIN:
alle Antiquitates. Cfr. le osservazioni introdut· Philol. Wochenschr. 47 (1927) 8-13.
II5 (IV,39) ">.u.6ç (H. Strathmann) (Iv,39) u6

l' /f<pi)a.p·wv xa.t 'tEÀELo"'tWt"O\I y€voc;,, in un primo tempo valeva per il popo-
nella «stirpe indistruttibile e perfetta» lo nel suo complesso: in ogni À.a6c; lo-
(sacl'. A.C.7). Il Àaòç E~alpETOc;,, «po- calmente delimitato è presente il À.a.oç
polo scelto» di Deut. 7, 7 è il crocp6ç, tutto intero. Il processo spontaneo col
'saggio', Io 0"1touoa'toç, 'valente', quel- quale il vocabolo À.a.oç fu applicato al
lo che - sia esso àv1}p o À.aaç - rap- popolo giudaico, e a questo soltanto, è
presenta l'autentico capo dell'umanità illustrato da alcune iscrizioni sepolcrali
(praem. poen. 123. 125). Balaam signi- giudaiche del I sec. d. C. provenienti
fica µchmoç À.a.6c;, 'popolo vano' (bal- dalla Tessaglia, nelle quali i morti si
'am, lett.: non popolo) perché non com- congedano con un -c@ À.cx@ xalpEW «sa-
prende la lotta dell'anima per la pura lute al popolo»33 • Questo saluto non va-
ÈmO''tYJWC! (cher. 32). Amalek significa le per la comunità locale, ma per il po-
À.o:òc;, ÈxÀ.Elxwv, «popolo che lecca» polo nella sua totalità 34• In due iscrizio-
(lqq), perché il mHloc;, lecca talmente ni romane è detto, a lode del morto,
l'anima, che non vi resta il più piccolo che egli è stato <ptÀ.6À.et:o<;, «amico del
briciolo di virtù (leg. all. 3, 186 s.). Il popolo» 35 • Lo stesso senso ha, senza
À.aòc; 11:).Elwv crou, «le truppe superiori dubbio, l'espressione am01· generis nel-
a te di numero» sono ~'l")À.w-caL 'ltai}wv, l'epigrafe di una certa Regina, nella ca-
«gli zelatori delle passioni» (migr.Abr. tacomba ebraica di Monteverde a Ro-
62). ma 36• L'uso linguistico del giudaismo
Il colore specifico che nell'A.T. gre- ellenistico della diaspora è stato influen-
co è inerente al vocabolo Àaoc; è anda- zato, come si vede, da quello dei LXX.
to completamente perduto sotto la pres- H. STRATHMANN
sione di una speculazione che non di-
stingue i diversi livelli storici. 0 . POPOLO E GENTI
NEGLI SCRITTI RABBINICI
3. Le iscrizioni del giudaismo elleni-
stico della diaspora, fra i numerosi vo- I. Il popolo
caboli coi quali sogliono indicare le co- x. Proprietà di ]ahvé
munità 29, accanto allo sporadico "CÒ rn-
\loç 't'W\I 'Iouocxlwv 30, adoperano anche Uno dei temi fondamentali dell'A.T.
À.11..òc; -cwv 'Iouoa.lwv 31, oppure sempli- è il concetto di popolo di Dio. Nella
cemente Àa.6c; 32 • Con ciò viene trasfe- letteratura giudaica della tarda antichi-
rito a una comunità particolare ciò che tà esso trova espressione in molteplici
79 Se ne veda l'elenco in ]. 0 EHLER, Epi- 33 Cfr. IG IX :.i ,985-990.
grapbische Beitrage :t. Geschichte des ]11dt.: J.1Cfr. ~ JusTER 416. L'ipotesi che -ti!> À.a;Q
MGWJ 53 (1909) 528 ss.; in~ Jusnrn, 414;
xu.lpew corrisponda alla formula ebraica slwm
in Sctti.iRER, In' 71 ss.
'I isr'l, «pace a Israele», è evidente. Tanto più
.lO Smirne: OEHLER 529 nr. 51; ScHURER IlI, sintomatica è l'espressione greca.
14 s.
31 Gerapoli: 0EHLER, 529 nr. 71; ScHi.iRER III, 35 fREY, nr. 203. 509; dr. H. VoGELSTEIN -P.
RIEGER, Geschicbte d. Jude11 i11 Rom I (1895)
17.
469.
32 Nisa: SCHURER m, 16; Mantinea: IG v 2 ,
295 = J. B. FREY, Corpus Inscriptionum Judai- .l6 ~ Mi.iLLER - BEES 133 ss., nr. 145· FREY nr.
carum I (1936) nr. TW; Smirne: ypu.µµ(J:ttùc, 476. Inoltre DEISSMANN, L.0 .' 387 ss., che so·
-.ov E'J Zp.vpvTJ À.aou, conforme a L EEMANN, stiene che gemts nel latino biblico spesso è u·
Griek. Opschr. xrr (DITTENDERGER, Sylt1 i 247, sato per il popolo ebraico, ad es. in Phil.3,5:
nota). ego ex genei'e Israel.
n7 (1v,39) Àtt6c; (R. Meyer)

forme nelle quali in parte vengono ti- della Grecia 37 • Questa credenza nei ge-
presi concetti dell'età classica, in parte ni dei popoli 38, che ha preso le mosse
vengono utilizzate idee di cui si hanno dalla fede negli angeli protettori dei
i documenti per la prima volta in ope- singoli individui, non è nata - questo
re più recenti. possiamo dirlo con certezza - su terre-
no israelitico antico 39, ma ha probabil-
a) C'è nella letteratura giudaica un mente la sua patria d'origine nelle re-
mito mediante il quale si cerca di fissa- ligioni astrali caldaico - iraniche, anche
te l'atteggiamento di Jahvé verso I- se non è affatto inverosimile che vi ab-
sraele e gli altri popoli. Esso si ricol- biano pure influito dottrine platoniche4~.
lega all'idea che ogni popolo ha un suo
arconte, genio tutelare o angelo custo- L'idea che ogni popolo abbia un suo
de. In Palestina il più antico documen- genio tutelare è stata utilizzata abba-
to letterario in cui appare quest'angelo stanza presto per esprimere la situazio-
del popolo è il passo di Ecclus r7,r7, ne di privilegio di Israele di fronte agli
di cui si dovrà parlare a lungo più a- altri popoli. Già in Asv-..32,8 s. si di-
vanti. Che tutti i popoli abbiano un ta- ce: «Quando l'Altissimo divise i po-
le angelo, risulta da Dan. ro, r 3 .20 s.; poli, disperdendo i figli di Adamo, sta-
12 ,r, dove Michele compare come ge- bill i confini dei popoli secondo il nu-
nio del popolo giudaico (dr. Hen.aeth. mero degli angeli di Dio, e la parte del
20,5) e, accanto a lui, vengono nomi- Signore fu il suo popolo di Giacobbe»41 •
nati gli angeli protettori della Persia e Il traduttore dei LXX approfitta cosl

37 In Dan. (Teodoz.) 10,13.20 s.; I2,r, inoltre credenze astrali caldaico-iraniche. Il motivo
in Dan.ro,13 (LXX) il genio del popolo è in- dell'angelo custode di un intero popolo non
dicato con &pxw'V (~ n. 40). è che il logico. ampliarsi in senso collettivo
38 Per gli angeli tutelari dei popoli cfr. STRACK- dell'angelo custode individuale, forse favorito
BILLERBl!.CK II 360; III 48.194; MOORE I 227; dall'antico culto degli eroi.
403 s. 406 s.; Boussl!.T-GRESSM. 324 s. 4() Cfr. K. G. KUHN e~ n. 39) 5r4s. e~ I,

39 L'origine reroota dell'idea degli angeli tu- coli. 1299 ss.


telari può essere cercata nell' antica credenza 41 O't'E liLEµÉpLl;E\I 6 ì.hjit<r-roc; E~, wc; liLÉ<T7tEL-
negli spettri che, in quanto spiriti dei morti, PE\I vtoùc; Aliaµ, fo-rrJ<rEv opLcx. Eilvwv xa:tèt
hanno la loro sede nelle tombe. Questa cre- cipd)µÒ'V ayyÉÀùJ\I DEOU, XttL ÉyevMri µEp1.ç
denza popolare è universale: si pensi ai geni xuplou ì..aòc; aò-rou Iaxw~ ... Il testo ebraico
della religione romana, al demone del primo invece suonn cosl: b•ha11/;cl 'elj611 g6ji111 b•ha·
platonismo (dr. K. G. KuHN, Sifré Numeri /rido b•11c 'iidiim iaHeb g•bulot 'ammim l•mis-
[1935) 515), alle fravashi della religione par b•ne ji1rii'el: ki f;eleq jhwh 'ammo. La tra-
iranica (cfr. N. SoDERBLOM, Les Fravashis dizione giudaica conosce ambedue le lezioni.
[1899]) ~alla concezìone egiziana del ka (dr. Rispetto al T.M., il Targum J. I a Deut. 32,
A. ERMAN, Die Religion der li.gypter [ 1934] 8 (ed. M. GrNSBURGER [1903) 358) presenta
2ro). Anche il giudaismo è strettamente lega- un'interpolazione: wbj hi' :r.j11111' 'qim t!nvmj
to con tali credenze popolari arcaiche. Ancora 'wmi' bskwm Jwb'iw npst' djfr'l dnl;tw lm~­
nella tarda antichità si hanno lunghe serie di rjm, «e in quel tempo egli fissò i confini dei
racconti sugli spiriti dei morti e sulla loro vita popoli secondo il numero delle 70 anime di
nei cimiteri. Si veda R. MEYER, Hellenistisches Israele che scesero in Egitto». Anche il Tar-
in der rabb. A11thropologie (BWANT [1937]) gmn O. ad l. presuppone il testo ebraico. K.
z ss. Il passaggio dallo spettro, che è la par- MARTI (in KAUTZSCH) si decide per la lezio-
te immortale dell'uomo, a un suo doppione ne di AEU-r. (~ III, col. 107) ma è difficile ve-
celeste (l' angelo custode) si spiega (secondo dcorne il motivo. A proposito della dispersione
BoussET-GRESSM. 324) in base n influssi di dei popoli e dell'insediamento di Israele come
).a6~ (R. Meyer)

del motivo del genio, per sé neutro, popoli e numerose le genti, e tutte ap-
per esprimere la sua idea, che cioè le partengono a lui; ed egli ha dato auto-
'genti' sono lontane da Dio: mentre i rità agli spiriti su tutte, perché le fa-
popoli stranieri sono sotto la guida di cessero smarrire lungi da lui (dietro di
un angelo, Jahvé stesso dirige il popolo lui). Ma sopra Israele egli non ha dato
giucfaico. Nasce spontanea l'ipotesi che potere ad alcun angelo né spirito. Egli
in AEU't'.32,8 s. gli dèi originari dei po- solo è il suo signore e lo custodisce» 45 •
poli pagani siano stati identificati con Qui i geni tutelari, siano essi chiamati
i loro geni tutelari. E se non è facile angeli o spiriti, personificano il princi-
addurre una dimostrazione precisa di pio che si oppone a Jahvé e l'espres-
tale ipotesi 42 , se ne potrà tuttavia ve- sione «fanno smarrire» allude chiara-
dere un argomento nel fatto che gli ar- mente al culto degli idoli da parte dei
conti si adoperano senza riserva per i pagani. Se la nostra interpretazione di
loro popoli e corrispondentemente tal- questa frase è giusta, abbiamo qui un
volta sono stati considerai dagli Israe- argomento in favore dell'ipotesi avan-
liti come nemici di carattere mitico e zata t>iù sopra(~ coll. n8 s.), che cioè
come rappresentanti del principio an- dietro i geni delle genti si debbano scor-
tagonistico a Dio. gere gli dèi pagani. A quanto si affer-
Per la Palestina il primo documento ma in Iub.15,Joss., i popoli extra-giu-
sicuro di questo mito è costituito da daici sono dunque stati condotti a rovi-
Ecclus r7,I7: «A ogni nazione ha as- na da Jahvé mediante l'opera dei loro
segnato un capo, e la porzione del Si- geni o dèi, mentre il popolo giudaico
gnore è Israele» 43 • Questo passo è al viene direttamente guidato dal suo Dio
tempo stesso, come abbiamo già indi- e difeso da ogni male.
cato, il più antico testo palestinese del Questo medesimo concetto dello stret-
tema generale dei geni tutelari dei po- to legame fra Jahvé e il suo popolo da
poli. In modo analogo il concetto è u- una parte, e della estraneità degli altri
sato in I ub. x5,30 ss. per sottolineare il popoli da Dio dall'altra, si ritrova in
rapporto immediato fra Jahvé e il suo numerosi detti dei rabbini tannaiti e
popolo 44 : «Israele, invece, l'ha scelto amorei. Come esempio riportiamo una
lui per farne il suo popolo. L'ha santi- narrazione come ce la offre il Targum
ficato e l'ha radunato prendendolo fra ] . 1, a commento di Deut.32,8 s. (ed.
tutti i figli degli uomini. Molti sono i M. Ginsburger [1903] 358): «Quan-

popolo di Dio in seguito all'elezione di Abra- 40 ), che la credenza nei geni di per sé non ha
mo, oltre gli antichi testi, STRACK-BILLBRBECK nulla a che fare con gli dèi pagani. È pur ve-
III 48 s. annovera anche un passo che appare ro, d'altra parte, che supponendo che nel mo-
nel testo ebraico dei Testamenti dei xu Pa- tivo dei geni nel giudaismo non si obbiano in-
triarchi: test. N. 8 ss. Ma questo testo, pub- terferenze, non si riesce a spiegare tutto, come
blicato da M. GASTER, Studies and Texts I risulta chiaro ad es. per il passo di fob.15,30
(1925) 69 ss., non è, probabilmente, che un ss. citato più avanti.
tardo rifacimento ebraico del testo greco, non u 'Extl:ai:~ EINEL xr.r.·dai:TJO'EV i]youµEvov,
il suo antecedente; cfr. O . EtssFELDT, Einl. xat llEPÌc; xuplou IapaT)À. foi:lv.
in das A.T . (1934) 690. 41 Invece, secondo He11. aeth. 89,59 s., i geni
42 Né BoussET-GRESSMANN 324, né STRACK- dei popoli pagani governano Israele su ordine
BrLLERBECK m 48 tengono abbastanza conto di Jahvé per tutto il tempo in cui il popolo
di questo fatto. Si dovrà prima di tutto con- giudaico sta sotto il dominio deglì stranieri.
siderare se.riatru:nte, con K. G . KUHN (4 n. 45 KAuTzscH, Pseudepigr. 67 s.
)..a6ç (R. Meyer)

do l'Altissimo assegnò il mondo ai po- ebraico possiede nei confronti di Jah-


poli che erano discesi dai figli di Noè, vé. Talora questo tema appare a sua
e quando al momento della dispersio- volta legato all'idea del merito acqui-
ne fissò per gli uomini scrittura e lin- stato dai padri in misura sovrabbon-
gua particolari, in quel momento egli dante e che si riversa in favore dei di-
gettò le sorti 46 coi settanta angeli, capi scendenti. Citiamo ad esempio un com-
delle genti, coi quali era comparso per mento dell'amoreo Hijjà b . Abbà (circa
vedere la città di Babele 47 • E appena il 280 d.C.) a proposito di Ex.12,2 (Exo-
popolo santo48 toccò in sorte al Signore dus rabbà IJ,27): «Che significa: 'il
del mondo, Michele prese a dire: 'Buo- mio primogenito è Israele' (Ex.4,22)?
na porzione [è questa]' ... Gabriele [al- Hijjà [b. Abbà] ha risposto cosl: Si
lora] aprl la bocca in un cantico di lo- tratta dei figli che i loro padri hanno
de e disse: 'La casa di Giacobbe è suo benedetto mediante le loro opere; A-
possesso'». bramo ad esempio; infatti sta scritto:
b) Accanto al mito di cui abbiam 'Sia benedetto Abramo dall' altissimo
parlato, ci sono altre figure, prese dal- Iddio' (Gen.14,19)».
la vita degli uomini per rappresentare Solo qualche rara volta il concetto di
l'intimo rapporto del popolo ebraico figlio viene inteso in base al comporta-
con Jahvé49 • Dobbiamo qui citare50 pri- mento etico, mentre di solito la valuta-
ma di tutto il motivo veterotestamen- zione è fatta puramente sul piano natu-
tario di Israele-figlio 51 • In 4 Erdr. 6,5 8 rale, in base alla nascita. In S.Deut.96,
il popolo è chiamato il primogenito, il su 14,1, compaiono ambedue le inter-
figlio unico di Jahvé: Nos autem, po- pretazioni: «R. Jehudà (c. 150 d. C.)
pulus tuus, quem vocasti primogenitum, ha detto: 'Se vi comportate come figli,
unigenitum, aemulatorem, carissimum, davvero siete figli; se no, non siete fi-
traditi sumus in manibus eorum (cioè gli'. R. Meir (c. 150 d.C.) [invece] ha
dei non-israeliti) 52 • Al motivo del pri- detto: 'In un caso come nell'altro [va-
mogenito è connesso il concetto della le la Scrittura]: Siete figli di Jahvé, vo-
situazione di privilegio che il popolo stro Dio» 53• Che Israele nell'interpte·

46 Qui segue un'interpolazione che disturba lA n,r; Ps.73,r5; 80,16.


connessione del testo. Il passo postula una le-
52Cfr. B. VIOLET, 4Esdr. I (1910) 124.
zione di Deut.32,8 s. come quella che offre og-
gi il testo ebraico ( cfr. ~ n. 41), mentre il rac- sJ Cfr. a questo proposito G. F. MooRE, ]u-
conto del Targum di cui stiamo parlando rap- daism II 203. Per comprendere meglio quanto
presenta l'ampliamento di un testo come ci è sia radicata l'idea di un legame assoluto fra
offerto dal Deuteronomio nella versione dei Jahvé e il suo popolo, basta dare uno sguar-
do, ad esempio, al quadro escatologico che ab-
LXX.
bozza Elenzaro di Modim (t c. 135 d .C.). In
4ì Cfr. Ge/J.II,7. Cant. r. su 2 , 1 il tannaita, basandosi su Mich.
43'm' qdjf; per questa designazione del po- 4, :;, descrive come un giorno i geni dei
polo ebraico~ coli. 125 ss. popoli Uri 'wmwt b'w!m) faranno presente a
49 Per ciò che segue cfr. S. ScHECHTBR, Some Jahvé che gli Ebrei hanno adorato gli idoli,
hanno versato il sangue e hanno commesso im-
Aspects of Rabbinic Theology (1909) 46 ss.
pudicizie quanto i pagani. Tuttavia questa ob-
so Cfr. STRACK-BILLBRBECK 1 428 nr. 2; n 12, biezione non è destinata ad avere alcun segui-
in alto. 530, su fo.9,6h; m 263 s. 257; 1v 852. to: i popoli pagani devono andarsene all'in-
s1 Cfr. Ex.4,22; De11t. 14,1; Is. 1,2.4; 30,r.9; ferno insieme ai loro geni, mentre J ahvé pre-
43,6; 45,11; 63,8; Ier.3,14; 31,9.20; Os.2,1; serverà ìl suo popolo dalle pene dell'inferno.
À.a6c; (R. Meyer)

tazione corrente dei rabbini sia consi- che il motivo dell'amore - amore di
derato figlio per semplice diritto di na- sposo, di amico, di parente fra J ahvé e
scita lo testimonia anche R. Shimon b . Israele - è stato mutuato dal patrimo-
Johaj (c. 150 d.C.) che in Shabb.14,4 nio di pensiero dell'A.T. ed elaborato
dà a tutti gli Israeliti il titolo di figli alla maniera delle haggiid6t (narrazio-
del re. In genere si pensa che il rappor- ni) 55. Cosl in Ex. r. l5,3I su I2,2, Jah-
to padre-figlio non venga alterato nep- vé è paragonato a un re che si è fidan-
pure per la peccaminosa condotta che zato a una fanciulla. Da principio egli
si tiene al presente. Ad es., R. Akibà le fa solo pochi doni. Ma quando l'ha
(morto nel 135 d.C.), che in Ab. 3,14 sposata, le lega per testamento doni nu-
considera come una particolare prova merosi. Il paragone, riferito alla situa-
d'amore per gli Israeliti la loro designa- zione fra Jahvé e Israele, vuol signifi-
zione quali figli di Jahvé (Deut.14,1), care che anche il popolo giudaico nel
in Jomà 8,9 dice, a proposito del gior- mondo di quaggiù è solo fidanzato con
no del gran digiuno nel quale vengono Jahvé e di conseguenza non gode che
perdonati i peccati contro Dio: «Salve, in scarsa misura dei doni di lui. Ma l'e-
o Israele! Davanti a chi vi purificate, e tà messianica porterà le nozze e con ciò
chi vi purifica? Il Padre vostro che è la pienezza dei doni di Jahvé per il suo
nel cielo» 54 • Si coinvolge Jahvé persino popolo 56 • Merita di esser ricordato a
nella sofferenza dell'esilio, che il popo- questo proposito anche il commento di
lo si è tirato addosso coi suoi peccati. Akibà sulla Cantica, tanto più che tale
Così, secondo una baraita in Ber. b. 3 a, alJegoria farà sentire la sua influenza
una voce celeste che risuona tre volte più tardi, nella stessa interpretazione
al giorno fra le rovine di Gerusalemme cristiana del poemetto nuziale (~ v,
dice: «Guai ai figli, per i peccati dei col. u93 ). Secondo tale commento, il
quali io ho distrutto la mia casa e in- popolo giudaico è l'amata di Jahvé,
cendiato il mio santuario, e che io ho mentre nel coro delle fanciulle sono im-
mandato in esilio sotto il dominio delle persona ti i popoli pagani 57•
genti!». Nello stesso passo cosl si parla d) L'amore di Jahvé per il suo po-
del dolore di Jahvé: «Quando gli Israe- polo è raffigurato, oltre che nell'amore
liti frequentano le sinagoghe e le scuo- di uno sposo, anche in quello di un
le e rispondono: 'Sia benedetto il suo amico e di un parente. Il tema del le-
grande nome!• il Santo - sia benedetto game fraterno 58 fra Jahvé e il popolo
- scuote la testa [per il dolore] e dice: giudaico è espresso in un detto del tan-
'Beato il re che viene lodato da queJli naita Hanania b. Hakinaj (c. I20 d.C.)
che abitano con lui; ma che deve fare in Mekiltà Ex. su Ex.I4,15, secondo il
il padre che ha bandito i suoi figli? E quale J ahvé dice a proposito del suo
guai ai figli che sono stati banditi dal- rapporto con Israele: «Non ho io fatto
la mensa del padre!'». scrivere già da un pezzo: 'Un fratello è
c) Un'altra immagine che i rabbini nato per il tempo dell'angustia (Prov.
usano per esprimere il legame fra J ahvé 17,17)'? Per Israele io sono un fratello
e il suo popolo è quella dell'amore. An- nelle sue angustie». Corrispondente-

54 'abikem iebbaHiima;im. Per una trattazio- EicHRODT, Theol. d. A .T. 1 127 ss. •
ne più ampia del rapporto padre-figlio fra Jah· 56 Cfr. STRACK-BILLBRBECK IV 827.863.926.
vé e Israele -+ '/tet:ti}p. 57 Cfr. Mekiltà Ex. a 15,2 par.
ss P er il tema dell'amore nell' A. T. dr. W. 58 Cfr STRACK-BILLERBECK III 682.
Àaoç (R. Meycr)

mente, gli Israeliti sono indicati come rabbini attinto dagli scrm1 veterote-
fratelli di Jahvé. Il tema dell'amicizia stamentari 61 ed elaborato in stile hag-
fra Jahvé e il popolo giudaico è testi- gadico. I rabbini danno una duplice
moniato ad esempio da Tanh. ns' 20, motivazione della santità del popolo:
verso la fine. In un commento a Cant. da una parte si richiamano al fatto che
5 ,1: «Mangiate, o amici, bevete e ine- gli Ebrei, come credenti in Jahvé, non
bdatevi, o carissimi», si dice che colo- hanno niente in comune con gli adora-
ro a cui è rivolto l'invito sarebbero gli I- tori degli idoli; dall'altra osservano che
sraeliti, dato che l'appellativo di amici fu il popolo è stato santificato mediante la
dato a loro. L'amorreo Shimon b. Laqish consegna della Torà. I due ordini di idee
(c.2 50 d.C.) tratta l'uno accanto all'altro si ttovano entrambi in S. Lev. qdws;m
ambedue i motivi; quello dell'amicizia Perek ro su 20, 7. Di conseguenza I-
e quello della parentela (j. Ber. 13 b, r. sraele è chiamato il popolo santo ('m
38 ss.). Egli dice: «Quando un uomo qdwS}, un nome che secondo S. Deut.
ha un parente, se questi è ricco si mo- 97 su 14,2 è riservato a lui solo. Equi-
stra legato a lui, se è povero lo rinne- valente è il concetto di 'nazione santa'
ga. Ma non fa cosl il Santo - sia be- ('wmh qdwsh 62, o 'wmt' qdift') 63 •
nedetto; se anche Israele è caduto nel-
la più profonda umiliazione, lo chiama 3. Il popolo come centro del mondo
'mio fratello e mio amico' ... ». Infatti È caratteristica di ogni società reli-
occorre far notare che nella letteratura giosa antica la coscienza di occupare
rabbinica gli Ebrei sono chiamati 59 cor- una posizione di centl'O, solo che i suoi
rentemente 'i diletti 60 (blibtbin = IJ,ya,- adepti abbiano incominciato a spingere
1'1)-i'Ol) di Jahvé'. Si veda ad es. in nna il loro pensiero al di là degli stretti
baraita di Meg. b. 29 a, in cui il tannai- confini di una religione tribale o nazio-
ta Shimon b. Johaj (c. 150 d.C.), nell'in- nale M. Tuttavia in nessuna religione
tento di mettere in rilievo il legame di questa consapevolezza ha impresso il
J ahvé col suo popolo anche nei momen- suo marchio particolare come nel tardo
ti della sventura, dice: «Vieni e guar- giudaismo 65 • L'autore del IV Libro di
da come gli Israeliti sono cari al co- Esdra traduce nei seguenti termini (6,
spetto del Santo - sia benedetto; in o- 55 ss.) il pensiero popolare del tempo
gni luogo dove furono mandati in esi- circa l'importanza centrale della nazio-
lio la s"klna era con loro». ne israelitica: Haec autem omnia dixi
coram te, domine, quoniam dixisti, quia
2. Il popolo santo
propter nos creasti pl'imogenitum sae-
Anche il pensiero che al popolo, scel- culum; residuas autem gentes ab Adam
to da J ahvé come suo particolare, com- natas dixisti eas nihil esse, et quoniam
pete la prerogativa della santità fu dai salivae adsimilatae sunt et sicut stillici-

s~ Cfr. MooRE r 398. 64 Si pensi ad es. alla concezione dell'ombelico


60 STRACK-BILLEKBECK I!I 24.89; IV 6; dr. an- presso i singoli popoli, per cui il santuario cen-
che la locuzione populus carissimus in 4 Esdr. trttlc è pure il punto di me7.W e il centro di
6,58 --+ col. r2r. sviluppo del mondo; cfr. W.H.RoscHER, Om-
phalos (1913) pass.; per il giudaismo cfr. ad
61 Cfr. ad es. Dcut. 7,6; 14,2.21; 26,r9; 28,9
es. Jomà 5,2; ;. ]0111à 42 e r. 35 ss. e Ta11h.
~ I, col. 244. pqwdj 3. Per il materiale ebraico v. JoACH.
6Z Esth. r. 4 su r,15. JEREMIAS, Golgotha (1926) 51 ss .
63 ; . Shabb. 8 d, riga 16. 65 MOORF.. I 383.449 s.
ÀM<; (R. Meyer)

dium de vaso similasti habundantiam popolo ha finora risparmiato all'umani-


eorum ... Et si propter nos creatum est tà fa rovina70 • La comparazione di Jehu-
raeculum, quare non hereditatem possi- dà b. Shimon, in cui Islaele è parago-
demus nostrum saeculum? 66• La speran- nato a una rosa (?) e gli altri popoli a
za di avere un dominio universale an- spine e cardi, serve a chiarire i due pas-
che in questo mondo, come l'autore del si sopra citati, in quanto mostra che
rv di Esdra lascia qui trapelare, corri- l'importanza centrale di Israele va in-
sponde a un'aspettativa che il popolo tesa sul piano morale: il popolo giudai-
ebraico coltivò 6.n dall'epoca persiana67• co ha la stessa funzione dell'uomo giu-
Dopo Adriano, però, la speranza di una sto, alla cui vita il mondo deve il suo
sovranità immediata, che già lo stesso sussistere. Questo stesso pensiero, che
autore del IV di Esdra non condivide cioè gli Ebrei sono necessari per l'esi- .
più 63, andò man mano affievolendosi, stenza del mondo, è illustrata da un
sotto l'impressione dei disastri politici tannaita (A.Z.h. 10 b) all'imperatore A-
e della disgraziata situazione presente. driano (? ), mentre questi si trova d'ac-
Allora l'attesa nazionale si volse piut- cordo con i suoi consiglieri nel ritenere
tosto esclusivamente verso il secolo fu- gli Ebrei come un cancro per il popolo
turo. Anche gli scritti rabbinici che romano 71 •
trattano dell'importanza di Israele nel
mondo appaiono lontani dall'idea di un 4. Senso e durata della sofferenza
vero e proprio dominio universale 69 •
L'amoreo Jehudà b. Shalom (c. 370 d. La disgraziata situazione politica nel-
C.) in un commento a Gen.1,1 afferma la quale venne a trovarsi il popolo do-
che il mondo fu creato in vista del po- po la caduta degli Asmonei, e partico-
polo ebraico, senza dire, con questo che larmente dopo la seconda distruzione
il mondo di conseguenza d~bba essere del tempio, era in aperto contrasto con
soggetto alla signoria degli Ebrei; cfr. siffatte affermazioni. Questa disparità
Tanh. B br'l;t 3 (p. r b). Nel trattato fra realtà presente e ideale fu appianata
Gerim 1 ,5 il proselito, dopo· il bagno mediante argomentazioni teologiche.
di immersione, viene cosl salutato: «Te a) La sofferenza 72 del presente appa-
beato! A chi ti sei legato? A Colui per re come la conseguenza della condotta
il comando del quale il mondo fu; poi- peccaminosa del popolo davanti a Jah-
ché il mondo è stato creato solo in vi- vé. Particolarmente istruttiva per que-
sta di Israele e solo gli Israeliti sono sto modo di interpretare la storia (che
chiamati :figli di Dio». Un altro amo- ha un precedente veterotestamentario
reo, Jehudà b. Shimon (c. 320 d.C.), nel Deuteronomio) è la leggenda rela-
in Lev.r.23,3 su Lev.18,3 par., si serve di tiva al fallimento dell'insurrezione sot-
una parabola per dire che il mondo già to Adriano. In Taan. j . 68 dr. 60 ss. si
da lU1 pezzo avrebbe meritato la fine e racconta che Eleazaro di Modim, quan-
che solo l'amicizia di Jahvé per il suo do la città di Bet-Tir fu assediata dai

66 VIOLET (~ n. 52) 122 ss. 69 Cfr. STRACK - BILLERBECK Ili 248; IV 847.
852.
67Cfr. G. H6LSCHER, Gescbichte der israel. 70 STRACK-IllLLERilECK I 873.
und jiid. Religion (1922) 153 s. 71 STRACK-BlLLERBECK I 832 s.

68 Cfr. il passo di 4 Esdr.7,ro ss., di cui si trat- 72 Per quanto segue cfr. STRACK-BILLERBECK,
ta più avanti <- coli. 129 s.). indice, s.v. «Lciden».
129 (IV,44) M.6c;(R. Meyer)

Romani, pregava ogni giorno cosi: «Si· considerata come conseguenza del pec-
gnore del mondo, non lasciar libero cor· cato originale: idea che però non ha se-
so al tuo giudizio!». Grazie alla pre- guito nei detti rabbinici posteriori. I
ghiera di Eleazaro, la città fu salvata rabbini fanno bensl entrare il peccato
dalla conquista romana fino a che Bar originale nella spiegazione del presente,
Kcsebà, già salutato da R. Akibà come ma nel senso che fanno risalire alla col-
te messianico, dando ascolto a una ca- pa di Adamo gli alti e bassi che si ve-
lunnia uccise il vecchio con un calcio. rificano nella storia, il coesistere di be-
Immediatamente si fece udire dal cielo ne e male, di gioia e dolore, in
una pa-
a Bar Kosebà una voce che gli annun- rola Io stato di imperfezione del mon-
ciava prossima la caduta della città. Po- do; non vi ricorrono però per spiegare
co dopo, infatti, essa fu presa dai Ro- l'infelicità del loro tempo.
mani 73• Al significato della sofferenza b) Nel passo del IV di Esdra citato
nel corso generale della storia si rife- sopra, all'idea della condanna del mon-
risce anche una frase di Tanh. B. 'mwr do è collegata quella della prova che
32 (p. 52 a) e par.: «Il Santo - sia be- devono subire gli uomini: i viventi de-
nedetto - ha detto: Nel mondo di quag- vono passare attraverso il mondo pre-
giù siete dati in preda alle genti a cau- sente per poter entrare nel secolo fu-
sa dei vostri peccati, ma nel mondo fu- turo. Questa idea della prova ha godu-
turo 'i re faranno da servitori a te e to grande favore presso i rabbini. Ad
le loro principesse da bambinaie ai tuoi es. Shimon ben Johaj (c. 150 d.C.) in
figli'». S. Deut. 32 a 6,5 (p. 57, Kittel), dice
Nel quadro della storia delle religio- che Jahvé ha dato al popolo ebraico tre
ni è importante 4 Esdra 7 ,10 ss. Alla do- doni ai quali .invano aspirano le nazio-
manda perché le vose vadano così male ni del mondo: la Torà, la terra d'Israe-
per gli Ebrei in questo mondo, che pu- le e il mondo a venire. Ma gli Israeliti
re è fatto per loro (-4 coll. 126s.), il devono per questo sobbarcarsi alla sof-
veggente riceve questa risposta: Sic est ferenza.
et Israel pars,- propter eos enim feci e) Un terzo concetto che contribul a
saeculum. Et quando transgressus est dar ragione della infelicità nel mondo
Adam constitutiones meas, iudicatum presente fu quello dell'efficacia espia-
est, quod factum est; et facti sunt in- trice della sofferenza. Il popolo che è
tmitus huius saeculi angusti et dolentes stato destinato al secolo futuro non ha
et laboriosi, paucae autem et malae et abbastanza forza per resistere a tutte le
periculorum plenae et laborum magno- tentazioni che ollre il mondo presence.
rum fultae . ... Si ergo non ingredientes Perciò Jahvé lo punisce subito, in mo-
ingressi fuerint, qui vivunt, angusta et do che quando verrà l'ora del secolo fu-
vana, non poterunt recipere, qt1ae sunt turo il debito delle colpe commesse da
reposita 14• La miserabile situazione in Israele sia già saldato75 • L'idea è espres-
cui si trova attualmente il popolo viene sa in Lev. r. 29,2 a 23,24 nei seguenti

73 Cfr. BACHBR, Tam1aiten 12 187 s. slVCU. xo:t yà.p 't:Ò µ.-ij 'ltOÀ.ÙV XP6VOV téioì)a.~
74 VIOLET (~ n. 52) IJO ss. -toùc; oucr<TE~ovnaç, IJ.).).' EiiMwc; 7tt0pml1t't:Et\I
1s Cfr. particolarmente 2 Mach.6,r2-16; 7tO:pa· Ém-t4.toLç, µEyciÀ.71ç evepyeo'lac; C1'1}µEt0v É<T-
x:a:Àw oliv -.oùc; év-cuyx6:.vov-.o:;; -tjj8e -.ji ~l­ -cw. ov yàp xa:M-nep xat fot -twv t'i).).wv t&·
~>..cv µ1) C1Vcr-.ÉÌ-..ÀECTikt.~ 8~à. -.W; avµqiop6:c;, vwv à.vaµÉve~ µa,x:pobuµWv ò oeCT1t6't1Jc; µ!xp~
Àoyl!;E~a.~ oÈ -.à.c; ·nµwpla;; µ1) 'ltpò;; OÀ.E- -.ou xix-.av-ci)ua.v-cac; ixv-coùc; 1tpÒç Éx:-n)..iJpw-
~pov, à>..M. 'ltpòc; 7tmOEl<.t\I "COV yÉ\IOVç 'ÌjµÙ>\I ITL\I àµarmw\I xoJ..&:crixt, oihui~ xal. t<p' 'i)µWy
À«6c:; (R. Meyer)

termini: «lo (Jahvé) ti voglio castiga- braico nel suo complesso uscirà incolu-
re col dolore in questo mondo, per pu- me, come si può pensare per quello
rificarti dei tuoi peccati in vista del particolare; per le nazioni del mondo,
mondo che verrà». invece, sarà la fine. Cosl va intesa la
massima (che con tutta probabilità ri-
5. Il carattere eterno del popolo sale ad Akibà) che «tutto Israele avrà
Le nazioni del mondo hanno nella patte al mondo futuro» (Sanh. II, r:
vita presente la loro fioritura. La gran- kol-iifra' el ;es liihem beleq lii'oliim ha-
de ora di Israele invece è ancora di là bla') 71 • Questa frase, che nel periodo
da venire, secondo le attese supreme tannaitico e amoreo ha goduto di un
del pensiero rabbinico76 • Nei giorni mes- generale consenso, può essere conside-
sianici le nazioni del mondo, che si so- rata come una testimonianza dell'attesa
no riunite in battaglia contro Israele, a sfondo collettivo, di carattere popo-
saranno distrutte. Allora si leverà sul lare, che si ricollega alla credenza nel
mondo la signoria di Israele e le genti, grande giudizio 78 • Naturalmente, que-
quelle almeno che non siano già state sta speranza di salvezza fatta balenare
distrutte, saranno sottomesse al Messia alla massa non va intesa nel senso che
e al suo popolo. Tuttavia, non solo l'e· il fatto di discendere dai padri basti da
poca messianica rappresenterà per il po- solo a procurare la vita eterna. I col-
polo giudaico un periodo di splendore; pevoli di peccati mortali, siano essi in-
anche il mondo futuro, il secolo conclu- dividui o si tratti di intere generazioni,
sivo nella storia dell'umanità, è riser- sui quali già la Bibbia secondo l'opinio-
vato al popolo giudaico nel suo insieme. ne rabbinica ha pronunciato un giudi-
All'inizio del tempo escatologico vi sa- zio di dannazione, restano esclusi dal-
rà il giudizio universale. Esso non ha, l'eone futuro. Le valutazioni circa il nu-
come il giudizio delle nazioni all'inizio mero degli esclusi variano a seconda dei
dell'epoca messianica, un carattere e- rabbini, ma in ogni caso non si tratta
sclusivamente collettivo, ma, secondo mai di un numero rilevante, cosl che
numerosi detti rabbinici, concerne ogni l'attesa riguardo alla collettività non ne
singolo individuo, proprio come il giu- viene infirmata; come non viene infir-
dizio che segue immediatamente la mor- mata da qualche singolo individuo pio
te. Tuttavia, quanto al risultato finale, appartenente alle nazioni del mondo 79
anche da questo giudizio il popolo e- che possa entrare con Israele nel secolo

~XPWEV dvcxL, tva.. µi] 1tp6c:; 'téÀoc:; &q>Lxoµé- colpe, con noi ha deciso di comportarsi diver-
VW\I 'l')µWv 'tWV àµa.p'tLWV ii<r'tEPO\I lJIJ.t'i.c; Éx- samente. Egli non aspetta a punirci quando i
lìtxc'i.. IMnEp ouliÉnO'tE µÈ.V -r:òv ~ÀEOV &cp' ii· nostri peccati siano giunti al colmo. Perciò egli
µwv cX<pLo"t'l'j<Tl.V' 7tU..LlìEVW\I lìÈ µE't'èt. UIJµ<popiiç non ritira mai da noi la sua misericordia; an·
oùx Éyxa't'CXÀEl7tEL "t'6\I Ea.U"t'OV ÀMV, «Ora io che se corregge con avversità, non abbandona
prego coloro che si imbatteranno in questo li- mai il suo popolo».
bro di non scandalizzarsi per tali avversità, ma
di credere che le nostre sofferenze non sono 76Per quanto segue dr. STRACK·BILLERBECK
per nostra rovina, ma solo per una giusta cor- IV 858 SS. 880 ss. 968 SS.
rezione della nostra gente. Infatti~ il non la- 11 Cfr. STRACK · B1LLERBECK IV 1053 s., dove
sciare impuniti per molto tempo i peccatori, bisogna correggere Zach.u,1 ss.
ma subito affliggerli con castighi è segno di
grande benevolenza. Mentre con gli altri po- 78 Cfr. invece la descrizione del giudizio uni-
poli il Signore aspetta pazientemente per pu- versale in Mt.25,31 ss.
nirli quando sono giunti alla pienezza delle 7J Cfr. MooRE 1 279; u 386.
Àa.Oc; (R. Meyer)

futuro. Tutti gli altri Israeliti, che si del popolo ebraico, troviamo lo stadio
sono resi colpevoli di peccati meno gra- finale di questo sviluppo verso il par-
vi, subiranno nel purgatorio un proces- ticolarismo nazionale-religioso. Ne se-
so di purificazione 80 prima di acquistar- gue che i popoli del mondo vengono
si un diritto all'eone futuro. Giustino guardati in una luce spiccatamente pes-
(dial. c. Triph. 140) riferisce cosl l' inse- simistica.
gnamento rabbinico circa il carattere
eterno del popolo giudaico: li·n 1ta:v- r. Le genti in quanto lontane da Dio
"t'Wc; "t'OL<; Ò:.1tÒ 't''ijc; 0"1t0p~ -.ijc; xa:dx. Sopra (~coll. rr6ss.) si è richiamata
crapxa. ..ov 'A~pcx.ൠOU(J"L, x&:v <iµap- l'attenzione sul fatto che l'appartenenza
't'WÀoi WCTL xcx.i li:rr;tCTrçot xcx.1. ò:.1miMc; panicolare del popolo ebraico a Jahvé
1tpÒç "t'Ò\I ll'E6v, fi ~MLÀELOC Ti ai.wvtoç è messa volentieri in rapporto con l'i-
ooili)CTE'taL, «in generale a coloro che dea dei geni tutelari degli altri popoli,
sono del seme di Abtamo secondo la per mostrare come le nazioni del mon-
carne, anche se sono peccatori e infe- do non stiano sotto la direzione imme-
deli e disobbedienti verso Dio, sarà da- diata di Jahvé, ma vengano guidate dai
to il regno eterno». Ma tale interpreta- loro arconti. Cosl però i popoli, secon-
zione, oltre a presentare una certa gros- do il mito, si trovano in una posizione
solanità polemica, risulta inesatta, pur di inferiorità rispetto a Israele; infatti
ricordando quanto sia caro ai rabbini il i geni, che sono legati per la vita e per
concetto del legame che esiste fra J ah- la morte ai loro popoli 81, appartengono
vé e il suo popolo semplicemente in ba- alla corte di Jahvé e sono quindi suoi
se alla nascita (~ coli. 122 s.)). semplici ministri 82• Per di più, gli ar-
conti dei popoli non hanno potere illi-
II. Le genti mitato riguardo al tempo, ma vanno in
rovina coi loro popoli, alla stessa ma-
Da quando durante l'esilio . si fece niera che il genio di un singolo indivi-
acuta la questione del rapporto fra I- duo perisce con la morte di lui 83 • Il più
sraele e gli altri popoli, il giudaismo antico documento in proposito si trova
cercò di risolverla su un doppio piano: in Mek. Ex. a r5,r e suona cosl: «Ap-
universalistico e particolaristico. Ebbe il pena gli Israeliti videro precipitare l'ar-
sopravvento la considerazione del mon- conte della nazione [egiziana], intona-
do da un punto di vista nazionalistico- rono un cantico di lode ... Si vede qui
religioso (~ coll. 143 s.). Negli scritti che il Santo - sia benedetto - punirà i
rabbinici, che appartengono per la stra- regni nel secolo futuro solo quando ab-
grande maggioranza a un'età posteriore bia prima colpito i loro geni». Si badi
al frantumarsi della potenza nazionale infine a un altro particolare che proprio

so Secondo Akibà la permanenza in purgato- in Ex. rabb. 32,I su 23,20: «Il Santo - sia be-
rio è cli dodici mesi. nedetto - disse agli Israeliti: Vi siete mandati
in rovina da voi stessi. Prima vi rallegravate
81 Cfr. Tg.]. 1 su Ge11.n,7 (ed. M. GrnsnuR- di essere guidati dallo Spirito santo; ora dove·
GBR [r903] I8 s.). te servirvi della guida di un angelo». Di qui
8l Il vivo senso che i rabbini ebbero cli tale si vede che il rabbino sente che l'angelo-pro-
mitica degradazione appare chiaro quando si tettore rappresenta anche per Israele un au-
riflette che questo tema ha influenzato retroat- mento della distanza che si è creata fra Jahvé
tivamente lo stesso rapporto fra Israele e Jah- e il suo popolo.
vé. Dice ad es. Pinhas ben Hamà (c. 320 d.C.) 8J [Avvertenza di K. G. Kmrn].

'i gra11tl~ lo?ssiro - \'I


)..rx.6<; (R. Meyer)

in Mek. Ex. a 15, 1 risulta evidente: popolo legato in modo speciale a Jahvé
mentre la credenza nei geni giustifica la e di sua peculiare proprietà. Sono pochi
seconda parte di questa 'narrazione' i detti rabbinici che non attribuiscano a
rabbinica, non riesce a spiegare appie- Jahvé i sentimenti ostili che gli Ebrei,
no la prima parte della haggadà. La a causa della loro situazione politica, nu-
caduta dell' angelo tutelare dell'Egitto trirono verso i pagani 85 • Un esempio
coincide qui con una sconfitta degli Egi- di questi pochi ci è dato da una hagga-
ziani, ma non con il definitivo tramon- da di Johanan ben Nappahà, contempo-
to cU questa nazione. Questa circostan- raneo di Origenc e di poco più giova-
za di fatto può essere spiegata solo te- ne di lui (t 279 d. C}. In Sanh. b. 98
nendo presente che, nel pensiero rabbi- b si dice infatti: «Che cosa significa:
nico, alla battaglia del Mar Rosso cor- 'E tutti i volti sono impalliditi' (Ier.30,
risponde un analogo avvenimento in 6)? Rabbi Johanan ha risposto: [Per
cielo. Secondo il concetto che hanno di coloro che sono impalliditi si deve in-
Dio i rabbini, non è certamente possi- tendere] la corte del cielo e tutti i sud-
bile ammettere una lotta ad armi pari diti della terra, e precisamente nell'ora
nel cielo, poiché non esistono divinità in cui il Santo - sia benedetto - dice:
che possano stare a petto con Jahvé. Questi (gli Israeliti) sono l'opera delle
Si può però supporre che la prima par- mie mani e quelli (le genti) sono l'ope-
te di Mek.Ex. a 15,1 sottintenda il mi- ra delle mie mani; perché devo io di-
to di una battaglia fra divinità e che struggere questi a causa di quelli?»
nella stessa sbiadita rappresentazione Nella descrizione del giudizio escatolo-
rabbinica l'angelo tutelare sia più di un gico, quale ci è qui presentato, compa-
semplice genio, e precisamente un dio re la stessa mescolanza di universalismo
nazionale che si è contrapposto a J ah- e di particolarismo nazionale che trovia-
vé e perciò è stato da lui buttato giù mo in una trattazione della caduta del-
dal cielo 84 • Si rileva pure da questo pas- l'Egitto in Sanh.b. 39 b par. In un com-
so che gli arconti sono non solo mini- mento a Ex.14,20, attribuito a Jonatan
stri di Jahvé, ma anche, talvolta, suoi ben Eleazar (c. 230 d.C.), si dice: «In
nemici, rappresentanti di un principio quell'ora gli angeli del servizio voleva-
antagonistico, analogamente agli dèi pa- no cantare un canto davanti al Santo -
gani. sia benedetto. Allora il Santo - sia be-
Le nazioni del mondo, essendo estra- nedetto - disse: L'opera delle mie ma-
nee a Dio, non ricevono quegli attribu- ni è annegata nel mare, e voi volete in-
ti onorifici che spettano a Israele come tonarmi un canto?».

84 Che questa idea non sia campata in aria, i suoi demoni che hanno la loro dimora sulla
è mostrato da Le. 10, r8: la lotta cli Gesù terra, secondo Mek. Ex. su 15,r si tratta del-
e dei suoi discepoli sulla terra contro il re· l'arconte dell'Egitto col suo popolo. Ambedue
gno della tenebra è accompagnata da quel- rappresentano lo stesso principio ostile a Dio,
la cli Dio contro Satana. Perciò, quando i set- ma è pur vero che in entrambi i casi anche il
tantadue discepoli tornano vincitocl dalla lo· monoteismo è cosl rigido che non si può più
ro lotta contro i demoni, Gesù dice: Ei>Ew- pensare a una vera e propria battaglia fra di-
pouv -cl>v rra.-ca.vO.v ti><; <Xrr-cpa'ltTiv be 'tOU où- vinità.
pcx.vou 1mr6v'ta, «vedevo Satana cadere dal as Cfr. STRACK-BILLER.BECK m 289; C.G.MoN-
cielo come folgore». Mentre, al dire cli Luca, TEFJORE, Rabbinic Literat11re and Gospel Tea-
chi subisce una sconfitta è Satana insieme con chings (r930) 2r4.
137 (lV,46) ).,a;6ç (R. Meyer)

2. La situazione di peccato rabbinici. Secondo la tradizione conte-


dei popoli non israelitici nuta in Sotà 7 ,5 gli Israeliti, quando en-
trarono nella terra ad ovest del Giorda-
Fra Jahvé e le genti esiste un diva~ no, innalzarono un altare sul monte Ebal.
rio non solo mitico, ma anche etico: le Su di esso furono registrate tutte le pa-
genti si sono tirate addosso l'ira di Jah- l'Ole della Torà in 70 lingue, per modo
vé perché si sono messe al di fuori del che i popoli del mondo potessero rico-
piano divino. Dei rimproveri che il giu- piarle e appropriarsele. R. Jehudà (c.
daismo ha mosso alle genti da un pun- lJO d.C.) in T. Sotà 8,6 dice cosl: «Il
to di vista religioso, citeremo i princi- Santo - sia benedetto - mise loro (alle
pali. genti) nel cuore di mandare degli scri-
a) Nel primo uomo le nazioni hanno vani ed essi ne fecero una copia dalle
trasgredito i cosiddetti comandamenti piet;e in settanta lingue». Evidente-
di Adamo86 • Jehudà ben Shimon (c. 320 mente i gentili, nello stesso momento
d.C.) in Gen. r. 24, 5 su 5, l dice: «Il in cui prendevano conoscenza della To-
primo uomo era destinato a ricevere in rà di Jahvé, han rifiutato la legge divi-
consegna la Torà. Il Santo - sia bene- na e cosl si sono esclusi irrevocabil-
detto - disse: Egli è opera delle mie m~nte dal mondo futuro. Perciò il tan-
mani e non dovrei dargliela? Tuttavia naita prosegue: «In quel momento fu
il Sa~to - sia benedetto - cambiò pa- decisa con sentenza irrevocabile la mor-
rere e disse: Se io già ora gli ho dato te eterna delle nazioni del mondo». Il
sci comandi, e non riesce a osservarli, mito della rovina delle genti fu messo
come posso dargli questi 613? ... Non in rapporto anche con la consegna del-
li darò ad Adamo, ma ai suoi discen- la legge sul Sinai, come si vede in Mek.
denti». Ex. su 20,2. Secondo Johanan ben Nap-
b) Più spesso si dice che le genti non pahà (t 279 d. C.) Jahvé ha fatto cir-
hanno osservato i sette comandamenti colare la Torà fra tutti i popoli, ma nes-
di Noè. R. Nehemia (c. 150 d. C.) in suno l'ha accettata tranne Israele (cfr.
S. Deut.322 su 32,28 dice: « ... [Jahvé A.Z.b. 2 b). Perciò il destino dei pagani
dice]: Le nazioni hanno perduto i set- comporta la loro finale distruzione; in-
te comandamenti che ho dato loto». E fatti sull' Horeb, in seguito al rifiuto
a proposito dei proseliti, Hananja ben della legge, essi hanno ricevuto il ver-
Gamliel (c. 120 d.C.) in ]ebamot b. 48 detto di morte, come si legge in Taffh.
b dice: «Perché in questo tempo i pro- B bmdbr 7 (p. 4 b).
seliti vengono umiliati e le sofferenze Dalla colpevole ignoranza della legge
li colpiscono? Perché [prima della. loro derivano tutte le altre accuse morali e
conversione] non hanno osservato 1 set- religiose che gli Ebrei muovono alle g;n-
te comandamenti di Noè». ti. Poiché ne abbiamo presentato qui le
c) Il rimprovero principale che si fa- linee fondamentali, ci pare superfluo ad-
ceva alle genti era di aver rifiutato de- dentrarci oltre nel tema dei gentili e·
liberatamente la Torà; ciò presuppone stranei a Dio.
che un tempo essa fosse venuta a loro
conoscenza 87 • Negli scritti pre-rabbinici 3. La prosperità dei pagani
non ci è conservata nessuna dichiara-
zione in proposito; non cosl in quelli In aperto contrasto con la lontanan-

86 Adamo vale qui come non-israelita; dr. s1 STRACK-BJLLERnEcK rn 38 ss. 596 s.


STRACK-BlLLERDECK lil 4r.
À.a.6ç, (R. Meyer)

za da Dio e la condizione di peccato quel piccolo comandamento 89 che ha a-


delle nazioni, la loro prosperità politica dempiuto in questo mondo'». Come ver-
costitul un problema per gli Ebrei, in so i Romani, così Jahvé si comporta
particolare dopo il fallimento del tenta- anche verso gli altri popoli. Rabbi A-
tivo di indipendenza. Si cercò allora di lexandraj (c. 270 d.C.) in A.Z. b. 4 a in-
inquadrare la propria disgrazia nella vi- terpreta Zach. 12, 9 nella maniera se-
sione del mondo (~ coll. 128 ss.) e si guente: «Io (Jahvé) [quel giorno] vo-
spiegò in questo modo anche il successo glio verificare i registri delle loro azio-
dei pagani. Il benessere delle genti fu ni. Se hanno meriti li salverò, se non
considerato come la ricompensa che il ne hanno li distruggerò». Qui si pre-
malvagio ha in questo mondo, entro i suppone tacitamente che le genti non
confini del tempo; mentre d'altra parte abbiano più da presentare alcun titolo di
le sofferenze di Israele furono uguagliate merito. Perciò Rabbi Ajbo (c. 320 d.
al dolore che subisce il giusto per suo C.) può dire in Esth. r. 1 su r,r (p. 3 c,
castigo e purificazione, pure entro il Wilna) che J ahvé comincerà a riversare
tempo presente. A proposito di questa la sua collera sopra le genti quando ri-
limitazione temporale dice ad es. Bar. sulterà da un esame dei registri celesti
syr. 82,2 ss.: «Dovete sapere che il no- che il loro diritto al compenso è stato
stro Creatore si vendicherà certamente completamente soddisfatto.
di tutti i nostri nemici ... e che il suo
giudizio finale non è lontano. Poiché 4. La massa perditionis
ora vediamo, sl, il pieno benessere del-
le genti, mentre agiscono empiamente; Da tutto ciò risulta già che il giu-
tuttavia esse sono come un alito» M. La daismo rabbinico nega che le nazioni
letteratura rabbinica non condivide più del mondo abbiano carattere di eterni-
la tensione escatologica dell' apocalitti- tà 90• È quindi superfluo addurre altre
ca, dopo la delusione seguita alla rivol- testimonianze a sostegno della caducità
ta sotto Adriano; rimane però intatta delle nazioni pagane. Basta, riepilogan-
l'idea che le genti sono riservate per il do, dire che i popoli a causa della loro
grande giudizio. Il successo presente è colpevole lontananza da Dio hanno di-
visto dai rabbini come il compenso che ritto di cittadinanza solo in questo mon-
le genti ricevono per le buone opere do e che nel loro insieme sono esclusi
che hanno compiuto, nonostante la loro dall'eone futuro in seguito al verdetto
malvagità di natura. Cosl Jahvé potrà di condanna emesso da Jahvé. Un esem-
punirle più tardi senza ritegno, dato pio basterà a mostrare come, di fronte
che egli premia sul momento le loro ai popoli pagani considerati come mas-
buone opere. Dice ad es. Tanh. msptjm sa perditionis, gli Isaeliti si sentissero
5, in una tradizione anonima: «Il San- superiori sul piano della storia della
to - sia benedetto - ha detto: 'Io sono salvezza. In Ber. b. 10 a è conservata
chiamato Signore della giusizia, quindi una disputa fra Berurja, moglie di Rab-
devo [fin d'ora] stendere la mia mano bi Meir (c. 150 d. C.) e un eretico che
contro Esaù (Roma)? Posso farlo solo allude alla miserabile situazione che
quando gli abbia .pagato la mercede per gravava su Israele in quel tempo. Ri-

Pseudepigr. 443.
B.'! KAu'.l'ZSCH, cui godono i suoi discendenti, i Romani.
89 Si intende l'amore di Esaù per Isacco, me- 90 ~ coli. n9 s.
diante il quale egli ha acquistato il merito di
Àr1..6ç (R. Meyer)

spandendogli, Berurja spiega cosl Is. Si dice ad es. in Sib. 3,753 ss.: «Non
54,r: «Eppure che cosa significa: 'Ste- guerra né siccità ci sarà d'ora innanzi
rile, che non ha partorito'? - Esulta tu, sulla terra, non fame né paura della
o comunità di Israele, che non hai par- grandine devastatrice, ma una grande
torito figli per la Gehenna, come voi pace su tutta la terra. E un te sarà ami-
[pagani]». co dell'altro fino alla fine dei tempi, e
l'Immortale nel cielo stellato perfezio-
III. Scelta e privilegio del popolo nerà pet gli uomini una legge comune
su tutta la terra ... Poiché egli è l'unico
Già nell' A. T. possiamo distinguere Dio e non ve n'è alcun altro, né mai vi
due atteggiamenti fondamentali di I- . sarà» 93 • E ai vv. i94 s. si dice ancora:
sraele verso il mondo circostante: l'uni- «Allora il popolo del grande Iddio tor-
versalismo e il particolarismo. Il mo- nerà ad essere potente e mostrerà la via
mento cuhninante dell'universalismo è della vita a tutti i mortali» 94• Al popo-
rappresentato dalla visione storica del lo è stato affidato da Jahvé il compito
Deutero-lsaia 91 • Questo universalismo di far da guida alle altre nazioni, come
arriva al punto di considerare Ciro, un è detto in Sap.18,4: «Quelli [gli Egi-
sovrano pagano, come colui che porta ziani] ben meritarono di essere privati
la salvezza per incarico di Jahvé9i. Ac- della luce e tenuti prigionieri nella te-
canto a questa visione, e particolarmen- nebra, poiché hanno tenuto prigionieri
te a cominciare dall'età persiana, comin- i tuoi figli, per opera dei quali doveva
cia a farsi sentire nella letteratura reli- essere data al mondo la luce incorrutti-
giosa il particolarismo. Ambedue gli at- bile della legge», &~tOL µlv yàp EXE~vot
teggiamenti sono ancorati a una posi- O-'tEprjtJfjwn qiw-tòç xo:t q>uÀo:xto-t1fjvm
zione nazionalistica. Ma, mentre l'uni- o-x6-.Et ot xo:-.o:xÀdcnouç <puÀa~av-.eç,
versalismo si fonda sull'idea che le gen- -roùç ulouç crov, ot' wv 1]µù>.ev -.ò &qi-
ti devono partecipare alla salvezza di tJap"t'OV v6µou <pwç -rii) alwv• lilooo-t1o:t.
Jnhvé, il particolarismo tratta i popoli Al dite di Filone, il popolo d'Israele
come nemici di Israele, che Jahvé o secondo il disegno di J ahvé è la nazio-
sterminerà o renderà servi del suo po- ne sacerdotale e profetica per tutto il
polo. L'universalismo è perciò missio- mondo. Egli scrive infatti in Abr.98:
nario, mentre il particolarismo è indif- «Abramo non doveva generare un nu-
ferente di fronte all'idea missionaria, mero limitato di figli e figlie, ma un
quando non le è addirittura ostile. La popolo intero e tra i popoli il più caro
mèta della sua tensione religiosa è il a Dio. Esso ha ricevuto, a parer mio,
giorno della vendetta , che Jahvé farà l'ufficio sacerdotale e profetico a bene-
alla fine spuntare. ficio di tutta l'umana stirpe», 8<; oùx _
EµEÀÀE\I 6Hywv apd}µòv ULW\I il 1tuyo:-
I. L'universalismo
'tÉpwv yr.vvfiv, &)..).,' oÀov Eilvoç xo:t tlt-
A giudicare dalle fonti di cui dispo- vwv -i;Ò itEO<ptÀ.Éa''tO:"'C'O'J, oµot ÙOXEL -i;1Jv
niamo, l'universalismo diventa atteggia- \.mÈp 7to:v-ròç &,vl)'pw1tW'V yÉvouç ì.Epw-
mento corrente intorno all'era cristiana, O"UVT)v ~ai 1tpo<p1)"rélo:v À.O:XEL'll. Pari-
specialmente nel giudaismo ellenistico. menti in vit. Mos. i,149 Israele viene

91 Cfr. MoORE I n8. 93 KAuTZSCH, Pseudepigr. 199; per ciò che se-
gue cfr. STRACK-BILLERBECK III 98 ss.
9l ~ III, col. 108, nota 15. 94 Kl\UTZSCH, Pse11depigr. 188.
À.a6ç (H. Strathmann)

indicato come un popolo «che, prescel- la situazione del popolo ebraico nel
to fra tutti gli altri, doveva esercitare mondo circostante. L'universalismo, e
l'ufficio sacerdotale innalzando conti- con esso il patrimonio di pensiero del
nuamente preghiere per il genere uma- profetismo antico, fu duramente colpi-
no, perché si allontanasse dal male e to. Israele non fu più considerato come
avesse parte al bene», 01tEp i!µsÀ.À.c.v Èç il popolo eletto che ha una missione
U.mhri:wv 'tWV aÀ.À.wv 1.c.péia'i}a.t 'tW; u- presso gli altri, ma come la nazione pri-
TCEp 'tov yÉvouc; -r:wv &.vi}pwrcwv 1hL 1tot- vilegiata che attende di essere reinte-
TJ0"6µo.vov Euxàc; vrcÉp 'te xocxwv oc1to- grata da Jahvé nei suoi diritti: come
-r;pom]c; xa.L µs't"ovcrlc.c.c; &.ya.i}wv. potenza universale nel tempo messiani-
Naturalmente, anche l'universalismo co e come l'unica nazione che sussiste-
rà nell'eone futuro, dopo il grande giu-
ellenistico ha i suoi confini. Ci sono nel-
dizio 96 • Le parole dei Libri Sibillini e
la letteratura giudaico-ellenistica nume-
rosi testi che mettono l'accento sull'a- di Filone non ebbero più corso: d'ora
bisso esistente fra Israele e le nazioni. innanzi i popoli del mondo appaiono co-
Basta pensare alle aggiunte dei LXX al me l'incarnazione del principio del ma-
Libro di Ester. Inoltre non è raro il ca- le, come nemici di Jahvé e di Israele.
so che si parli della civiltà greca come R.MEYER
di un cattivo calco di quella mosaica,
trasformando così il concetto di elezio-
ne, postulata dalla missione di Israele E. Àa.oc; NEL NUOVO TESTAMENTO
presso le genti, in quello di privilegio I. Il vocabolo compare nel N. T. (a
che lo pone al di sopra di esse. Infine parte Io.8,2) I40 volte, di cui solo 8
non mancano voci che danno espressio- volte al plurale (Lc.2,31; Act-4,25.27;
ne all'odio nazionalistico e alla volontà Rom.I5,II; Apoc.7,9; ro,n; n,9; I7,
di vendetta. 15; per 21,3 ~ n. rn4). La ripartiz~o­
La letteratura palestinese ci ha lascia- ne fra i singoli scritti e gruppi di scrit-
to solo pochi testi significativi sul tema ti sorprende. Dei tre passi di Mc. (7,6;
dell'universalismo. In ogni modo, da n, 32, Si'; 14, 2) 7, 6 e 14, 2 sono in
Mt. 23,I5 si può ricavare che si ebbe comune con Mt.; Ir,32 e r4,2 in co-
un'intensa attività missionaria. Forse mune con Le. Mt. usa il vocabolo 14
persino la famosa storia del pagano che volte in tutto; Luca 36 volte nel Van-
voleva sapere da Hillel e Shammai qua- gelo e 48 volte negli Atti! Di Giovanni
le fosse la norma fondamentale ebraica si registrano due passi nel Vangelo, 8
per onorare Dio 95 , dev'essere interpre- o 9 (I3,r7) nell'Apocalisse (in 5 di que-
tata come prova che in Palestina ai tem- sti, al plurale; per 2I, 3 ~ n. I?4).
pi di Gesù vigevano insieme ambedue Paolo lo usa in tutto r I volte; lo s1 ha
le correnti, la particolaristica e l'univer- poi in 1 3 passi dell'Epistola agli Ebrei,
salistica. in due della prima di Pietro, in uno
2. La vittoria del particolarismo della seconda di Pietro e della Let-
nazionalistico tera di Giuda. Assai più della metà
delle occorrenze di À.a.6ç si registra dun-
Gli avvenimenti fra il 66 e il I35 d. que nei due scritti di Luca. È sorpren-
C. hanno avuto un influsso decisivo per dente l'assoluta assenza del vocabolo

9S Shabb. b. 3r a, tums tmd die Entstehrmg der Jude11/rage, in:


96 Cfr, G. K1TTEL1 Di1J E.nf:flehung des Jude11- Forschungen zur Judenfrage I (r937) 56 ss.
À.ct6c; (H. Strathmann)

pel resoconto del viaggio a Gerusalem-


me (Le. 9,51-18,14), come anche nelle
sezioni in prima plurale degli Atti. Col- o
In Mt.27,25: 'TC~ À.aòc; El'Jté\I' 'tÒ
pisce inoltre che À.a6c; non ricorra mai atµa. OCÙ'\"OU Écp' 1̵~ X'\"À.. «tutto il
in passi comuni a Mt. e a Le. (fatta ecce- popolo disse: il sangue di lui ricada su
zione di Mc.14,2 =Mt. 26,5 = Lc.22,2). di noi» ecc., À.aoc; riprende oxÀ.o<; del
Il vocabolo si trova in quelle narrazioni v. 24 (Pilato si lava le roani xa:té.w1.v-
che sono esclusive di Luca (ad es. 1,ro. 't'L 't'OU oxÀ.ou, «alla presenza della fol-
21; 7,1.29); ma per lo più egli l'ha in- la): Àaoc; indica, cioè la gente che si è
trodotto ex novo di sua iniziativa in accalcata. In Mc.u,32 (codd. ~ Dpm;
contesti che prende dalle sue due fonti T) ha lo stesso senso: .i sinedriti, che ri-
principali (ad es. 6,17; 8,47; 9,13; 18, flettevano come rispondere alla doman-
43; 19,47; 20,9.19.26; 21,38; 23,35). da di Gesù sul battesimo conferito da
Si può dire quindi che À.oc6c; è uno dei Giovanni, Ècpo~ou\ITo 'tÒ\I À.a.6\1, «ave-
vocaboli prediletti da Luca. Altrettan- vano paura del popolo». Nella stessa
to degna di nota appare la quasi assolu- circostanza Mt.21,26 ha cpo~ouµ.Ei}oc 't'Ò\I
ta rarefazione di Àoc6c; nel IV Vangel9. ox_Ào\I, «abbiamo da temere la folla»,
Spesso, dove Luca direbbe Àa6c;, Gio- sostituendo all' affermazione obbiettiva
vanni dice ol ~ 'Iou8ai:ot (presente nel una riflessione soggettiva espressa in
Vangelo una settantina di volte), oppu- prima persona, mentre in Le. 20, 6 la
re ò ~ oxÀ.oc:; (nel Vangelo 20 volte). paura è formulata sotto un aspetto con-
creto: ò Àaòç &'!tac; xa.'ta.À.tM.trE~ 1]µ.ru;,
2. Mentre nei LXX sono di gran lun-
«tutto il popolo ci lapiderà». Questo
ga più numerosi i passi nei quali À.oc6c; medesimo significato ha Àa.6~ anche
indica il popolo nel senso di comples- nell'altro (>asso di Mc. 14,2, menzionato
sopra (cfr. Mt.26,5): eMyo\I yiip· µ:[i
so nazionale, nazione, nel N. T. preva-
Èv -tft ÉopT'fi, µ{i'lton EO"'t'OCI. Mpu~oc;
le in modo altrettanto evidente, dal "tOU À.aoi.i, «dicevano: non però di fe-
punto di vista puramente numerico, il sta, che non nasca un tumulto del po-
significato popolare di À.oc6c;, nel senso polo». Mentre in questi passi À.a6c; in-
dica la moltitudine come massa di uo-
di moltitudine, folla, popolazione, gen- mini riuniti, in Mt. 4, 23 corrisponde
te: cioè senza alcun riferimento al fat- invece semplicemente, con significato
to che si tratti di membri di una comu- più debole, a popolazione, gente (Gesù
guariva, al suo passare, 'ltMa\J µaÀ.a.-
nità nazionale in contrapposizione ad xla...; È\I "tt°i'> À.w';>, «ogni infermità in
altre nazioni; À.a6c; compare in tal caso mezzo al popolo») 97 • Lo stesso si dica
sempre al singolare. Questa constata- di Mt.27,64 (i sinedriti richiedono che
il sepolcro sia sorvegliato, µ{iito't'E ÉÀ.-
zione vale tuttavia solo per le opere di
Mv-tE<; oi. JJ.a~"t'at xlé.4'wcrt\I a.Ò't'Ò\I
Luca, poiché al di fuori di esse tale si- xa1 Efowow -.<t) Àa@... , «per evitare
gnificato generico, senza particolare qua- che i suoi discepoli lo portino via di
li.fica, si ritrova solo due altre volte in nascosto e poi dicano alla gente...»).
Marco ( rx ,3 2 variante; 14,2) e quattro Mentre però in Mt. e Mc. À.a6c; ha

97 Nel passo parallelo di Mt.9,35 le parole Év secondaria, da Mt-4,23.


"Ci;i Àcti;i della koiné sono un'interpolazione
147 (1v,50) Àa.6ç (H. Strathmann)

il senso di 'folla', oppure quello più de- alla folla». Anche in Act. 6,12 il À.a6c,
bole di 'popolazione', 'gente', solo in compare accanto ai membri del sine-
drio; in I0,4I 7ta<; ò Àa6ç, «tutto il po-
questi passi, tale significato è invece polo» è contrapposto a coloro che sono
usuale in Le., tanto per il Vangelo stati scelti come testimoni della risurre-
quanto per gli Atti. zione; in 13,15 si parla del À.aoc; adu-
nato nella sinagoga davanti ai suoi capi.
Cfr. ad esempio Le. 1,21: rj"V ò À.CX..Òc;
npoo-Soxw"V .-òv Zaxapla:11, «il popolo Questa distinzione fra massa e diri-
stava aspettando Zaccaria», a proposito genti si trova soltanto nei sinottici e
della gente che era davanti al santua- negli Atti. La distinzione fra sommo
rio; inoltre 3,15.18; 7,1; 8,47; 20,1.9.
45; 23a5; Act. 2 ,47; 3,9.11.12; 4,1.2. sacerdote e popolo nella Lettera agli
17. 21; 5,13.20.25 s. 37; ro,41; l2,4; Ebrei costituisce un caso diverso.
21,30 ecc. Anche qui a volte À.a6c; è so-
lo una variazione, al posto di un ox.- 3. Mentre nell'accezione volgare di
À.oc; adoperato prima (Le. 7,29, cfr. 7, À.a6c; esaminata fin qui l'idea di un le-
24: 8,47, cfr. 8,42.45; 9,13, cfr. 9,12), game nazionale che differenzi una cer-
oppure corrisponde a oxÀ.oc; nel passo
parallelo di Mc. o a ox.À.ot di Mt. (Le.19, ta comunità popolare dalle altre non ha
48, cfr. Mc.11,18; Lc.20,45, cfr. Mt.23, alcun peso, la stessa idea è invece sin-
1; Lc.20,19, cfr. Me.12,12; Mt.21,46). tomatica nei passi di cui dobbiamo trat-
Talvolta l'aggiunta di mie; dà all'episo-
dio raccontato un carattere di piena po- tare ora. Soltanto qui si fa sentire l'in-
polarità (7tfu; ò À.a6c;, «tutta la gente» flusso dei LXX sull' uso linguistico del
vede la guarigione del cieco di Gerico, N.T. Infatti (~ B) quest'accezione del
Le. 18 ,43; mie; ò À.oc6c;, «ognuno» si fa-
ceva battezzare, Le.3,21; 7tiic; ò À.aòc; vocabolo con accentuazione nazionali-
wpi}pLSEV npòç airr:6v, «tutta la gente stica è tipica dei LXX.
andava da lui fin dal mattino», Lc.21,
38; dr. 7,29; 8,47; 9,13; Act.3,9; 5, Anzitutto questo significato nel N.T.
34; I0,41 ecc.); oppure si parla di 7tÀ:ij- è presente senza eccezione nei pochi
i}oc;, 'folla', o di 1tÀ.fji}oc; 7toÀ.Ù 'tOU À.a- passi nei quali il vocabolo è usato al
ov, «gran folla di popolo», o addirittu- plurale e in cui costituisce di regola l'e-
ra di 7tfiv 'tÒ 1tÀ.fjt1oc; .-ou À.aou, «tutta spressione pàrallela di ~WTJ. Si veda la
la folla del popolo» (Act.21,36; Lc.6, citazione di Lc.2,30 s., libera combina-
17; 1, 10), per accennare al gran nu- zione di tre passi di Isaia: "t'Ò o-c..rr:1}-
mero degli astanti e alla loro totale par- pt6v crov (Is.40,5 ), o TJ'tOtµacrac; xu.-.à.
tecipazione all'avvenimento. À.a6c; in- 7tpOCTC.ù1tOV 7tliV'tWV 'tWV À.awv (Is. 52,
dica anche i vasti ceti popolati, a dif- rn) cpwc; dc; &.7toxcfì.u1!nv Èwwv (ls.42,
ferenza o in contrasto con le classi di- 6), «la tua salvezza, che tu hai prepa-
rigenti: i sinedriti hanno paura del À.a- rato al cospetto di tutti i popoli, per-
6c; (Le. 22,2); si lamentano che Gesù ché sia luce ad illuminare le genti», do-
à vacrElEL 'tÒV À.aév (Le. 2 3, 5 ). Pilato ve però i LXX in Is.52,ro hanno Hl-
convoca insieme i sinedriti xal 'tÒV À.a- vwv al posto di À.awv. Altrettanto av-
6v (Lc.23 1 13), mentre prima (v. 4) si viene in Rom. 15, rr (citazione da Ps.
dice che ha parlato -rtpòc; -.oùç &.px.te:pE~c; 117,1) e in Apoc.7,9; ro,rr; 11,9; 17,
XCl.t 'tOÙ<;, O)(.À.OV<;, «ai gran sacerdoti e 15, dove, in una reminiscenza di Dan.
I49 (IV,JI) À.e<6ç (H. Strathmann) (1v,51) lJO

3>4, À.a.ol, iHlvri, y À.wcrcra.~. cpvÀ.al, ven- EilvT) sono appaiati, ad es. in Lc.2,32:
gono allineati uno accanto all'altro per <pwc; dc; CÌ.1toxaÀ.uiliw éi>vwv xa.t 86!;a.v
indicare l'insieme dell'umanità nelle sue
ramificazioni nazionali e linguistiche. Va À.aoù crou 'Iupix.TjÀ., «luce per illumina-
pure ricordato il susseguirsi di questi re le nazioni e a gloria del tuo popolo
termini in Apoc.5,9; r3,7; 14,6, dove di Israele» (citazione libera risultante
il plurale è sostituito dal singolare con
mie;. Da ultimo esaminiamo Act.4,25. dalla fusione di Js-42,6 e 46,13); in
27. Questo passo è caratteristico perché Act.26,17 .23; 28,27.28 e in Rom.15,
prima di tutto vi è citato Ps. 2, r, do- ro (citazione di Deut.32,43). Ha luogo
ve rnvT} e À.a.ol sono appaiati paral-
inoltre dove risulta chiaro che, grazie
lelisticamente con lo stesso senso. Se-
condo il v. 27, però, questa frase del a una specificazione, sia essa aggiunta
salmo si è realizzata in quanto Erode e direttamente o si trovi nel contesto,
Pilato si sono uniti contro Gesù ()ÙV con À.a.oc; si intende Israele, come ò
ltlhlEow xa.L À.aoi:c, 'Icrpa.1}À.. Questo À.a-
otc; è certamente molto strano 98 : come À.a.òc; 'I<rpa.1}À. (ActA,10; 13,24), Ò Àa.-
se Israele fosse costituito da parecchi òc; ou'toc;, «questo popolo» (Mt_13,15
À.a.ol! Evidentemente l'autore non in- [da Js.6,9s.]; 15,8 [da I<r.29,r3]; Le.
tende dir questo, ma usa il plurale so-
lo perché ha in mente il Ps.2. Ma il ri- 21,23; Act.28,26.27 [da Is.6,9s.]; I
ferimento fu possibile solo in quanto Cor.14,2r [da Is.28,rr s.] ), ò À.a.òc; ou-
all'autore la parola À.a.oc; richiamava al- 'toc; 'Icrpa.1}À., (Act.13,17), ò À.a.Òc; -cwv
la mente Israele. Prima aveva fatto il
nome di Erode; avrebbe potuto quindi 'Iovòa.lwv (Act. 12, xr ). Questi passi
altrettanto bene pensare a Israele a pro- provano un uso specifico o tecnico di
posito di ~1'-vY]. Ma non fu necessario, À.a.oc; per il fatto che qui, appunto per
a motivo dell'influsso del vocabolario
indicare Israele, viene usato costante-
dei LXX, nel quale Israele è il À.aoç per
eccellenza, in contrapposizione agli lti>- mente questo vocabolo e non, per es.,
VY], ai popoli non israelitici. L'espressio- !::woc;.
ne segna cosl il passaggio a un uso È vero che non sempre nel N.T. è
particolare del vocabolo, in un senso
specificamente 01zionalc-religioso. Per cosl. Anzi in Io. I r A 8-5 2 e nel passo
Apoc.2r,3 --+ n. ro4. che ne dipende di r8,14, accanto a Àa.-
4. Quest'uso particofore si verifica 6c; adoperato due volte troviamo quat-
dapprima, come è ovvio, dove À.a6c; e tro volte E1'-voc; riferito a Israele, da par-

98 ZAHN, Ag.176 n. 5, vorrebbe leggere À.a.oç. sentito la difficoltà del plurale. Lo ZAHN, For-
Il À.aoi'ç dei migliori manoscritti non avrebbe schungen z. Geschicbtc des nt.liche11 Knnons
senso, perché sarebbe da spiegarsi come un'?.s- ix (I9r6) 257, adducendo le versioni antiche
similazione grammaticale a EiNEaw, oppure CO· che sembrano supporre il singolare À.a;6ç, ·spie-
me una specie di dittografia dal seguente n;. ga un po' più cautamente che }..a;6ç, se non la
(pa.1}À.). Ma tale opinione contraddice a tutte lezione più antic~, sarebbe una coniectura pal-
le leggi della critica testuale. Lectio ardua maris del traduttore antico. Ma questa conget-
praestat, la lezione più difficile è la più probabi- tura toglie al passo proprio ciò che ha di in-
le. La scarsa testimonianza della lezione )..ah; teressante.
indica solo che già chi l'adottò per primo ha
I.5,I (1v,5r) ).a6~ (H. Strathmenn) (rv,52) I .52

te sia dei gran sacerdoti e farisei sia 28,I9, rivolta a giudei presenti, dev'es-
degli evangelisti; in più, lo usa una vol- sere spiegata solo in dipendenza da Act.
ta anche Pilato (r8,35). Inoltre in Le. 24,17; 26,4. Cosl esaminato, il com-
7 ,5 lo usano i giudei, parlando del cen- plesso dei passi in cui Israele è indica-
turione di Cafamao: Ò':yoc1t~... -.ò iti}- to con ~woc; appare proprio come una
\loc; 1}µ.Wv, «ama la nostra gente»; in conferma di quell'uso specifico o tecni-
Lc.23,2 i sinedriti, rivolgendosi a Pila- co di ì..a6c; che rivelano le locuzioni ci-
to: i:ov-rov EvpocµEv Ot!Xd"t'plqiov·m. "t'Ò tate prima, al quale si fa una deroga
itwoc; "fiµwv, «abbiamo trovato costui solo quando c'è un particolare motivo.
che aizzava la nostra gente»; in Act.IO, Quest'uso tecnico appare in piena lu-
22 i messi di Cornelio: -rò itwoc; i:wv ce là dove con À.oc6c; viene inteso Israe·
'Iouooclwv; in 24,2 Tertullo: -rò ltwoc; le, senza che questo significato sia sot-
i:ou't"o; in 24,ro.17; 26,4; 28,r9 Paolo: tolineato da una specificazione qualsia-
-rò itwoc; 't"oui;o, oppure i;ò itwoc; µou. si; questo perché alla sensibilità dello
In Giovanni questo modo di esprimer- scrivente non pare si debba comunque
si potrebbe far supporre un certo par- tener conto di alcun altro Àoc6c;.
tito preso di considerare la differenza Particolarmente significativo è a que-
fra itwoc; e ì..oc6c; come insussistente, ne>- sto proposito il passo di Act.21,28 : gli
Ebrei asiatici protestano contro Paolo,
nostante la sensibilità che avevano per gridano che quegli è l'uomo che va pre-
essa gli Ebrei. Infatti non si può certo dicando l\ tutti e dappertutto xa't"à. -rou
pensare che Giovanni non se ne sia te· ì..ocou xai 't'Oli v6µou xoct -.oli i;6nou
i;oui;ou, «contro il popolo, contro la
so conto. Per Luca invece il problema
legge e contro questo luogo». Qui 'il
non si pone. Bisogna però notare che in popolo' è qualcosa di unico, di incon-
lui il termine i!woc; riferito a Israele è fondibile e irrepetibile, proprio come la
legge e il tempio. Si confronti anche
usato o da non israeliti, o a proposito
Act.28,17: Paolo non ha fatto niente
della condotta di qualcuno che non è che fosse contro -.e!} À.a<i> fi i;oiç ~l}Ecr~
israelita, o quando si parla davanti a -.ore; m1:tp$0L<;, «il popolo e le consue-
tudini dei padri». ì..a6c; ha questo va-
non israeliti, con la sola eccezione di
lore anche in Act. ro,2 (cfr. Le. 7,5):
Act.28,19. Qui però la scelta del ter- Cornelio faceva ÉÀ.eriµo<ruvac; 'ltoÀ.À.àç
mine è evidentemente condizionata dal· -cQ À.a@, «molte elemosine al popolo» . Si
veda inoltre Lc.2,ro99 ; Act.3,23 (da Lev.
la precedente arringa di Paolo, di fron·
23,29 ); Act. ro,{r.42 (in confronto a
te a uditori non israeliti: l'espressione 45); r3,17.31 (in confronto a 46); r9,
i;ò itwoc; µou, «la mia gente» di Act. 4; I Cor.ro,7 (da Ex.32,6); 2 Petr.2,1;

99 L'angelo dice che vi sarà 'ltCl.V't't 't'<{'i À.a.@ in 'lm' (mondo), introducendo una correzione
una grande gioia. Poiché la trase suonava stra- in senso universalistico. Cfr. Z AHN, Lk., ad l.
na, i codd. siriaci in parte hanno cambiato 'm'
153 (1v,52) À(X6c, (H. Strathmann) (1v,53) 154

ludae 5; Hebr.2,17; 5,3; 7,5.1r.2n 9, rnn Àa6c;. Nei capitoli seguenti mvece
7. r 9; r r ,2 5. Anche in formule come o! il termine diviene corrente. Nei primi
CÌPXLEpEi:c; xat ypaµµa:tEtc; 'tOU À.aov, capitoli si trova di regola Àa.6c;, poiché
oi 'lt'pE<r~U'tEPOL 'tOU À.aou J 'tÒ 'lt'PEUBu't'É- si tratta di folle israelitiche 100• Questa
PLO\I "t'Ov À.aou, «i gran sacerdoti e scri- constatazione si spiega solo col fatto
bi del popolo, gli anziani del popolo, il che anche nell'uso 'volgare' di À.aoç riaf-
consiglio degli anziani del popolo», af- fiora pur sempre l'accentuazione nazio-
fiora sempre il concetto della unicità di nalistica 101 , e proprio nel suo significa-
questo popolo (dr. ad es. Mt.2,4; 21, to specifico 102•
23; 26,3; Le. 19,47; 22,66; Act. 4,8; Naturalmente, anche nel N.T. è chia-
23,5). Verosimilmente avviene lo stes-
so anche per il significato popolare del ro che quest'uso specifico o tecnico di
termine: si tratta sempre della popola- )..a.oc; ha un fondamento religioso: I-
zione israelitica. Quando infatti si par- sr.aele è il popolo di Dio; ò Àa.òç aò-
la di una folla non ebrea, a meno che "t'OU (scii.: tJEOU) : Mt.1,21; Lc.1,68.77;
non sia di cristiani, Luca non dice mai
)..aéç, ma sempre oxÀ.oc; o oxÀot. Cfr. 7,r6; Rotn.II,r s. (dal Ps.94,14); 15,
Act.13,45 {ad Antiochia di Pisidia); 14, rn (dal Deut.32,43); Hebr.IO,JO (dal
rr-19 (a Listri); 16,22 (a Filippi); 17, Ps.135,14); n,25 ('ti;> Àa.(i> 'tOV D'Eov);
8 (a Tessalonica); 17,13 (a Berea); 19,
26.35 (a Efeso). Anche i greci che si cfr. ò Àa.oç µou, Act.7,34 (da Ex.3,7);
sono uniti al movimento cristiano ad ò Àa6c; µou ò 'lcrpa:l}À., Mt.2,6 (da 2
Antiochia di Siria sono chiamati oxÀoc; Sam.5,2); Àa.6c; <rou 'fopa.i)À., Lc.2,32.
(rr,24.26). Allo stesso modo in Act.8,
6 i Samaritani sono chiamati oxÀ.oç, Questa reciproca appartenenza di Dio
non Àaoç. Tutte le volte che si tratta e del popolo, esclusiva e unificante, tro-
di gente non israelitica, negli Atti !Sx- va un'espressione particolarmente effi-
Àoc; è il semplice sostituto di Àaoç. Di
qui anche l'assenza quasi totale di ox- cace in Lc.24,19: Gesù era un profeta
Àoc; nei primi capitoli nei quali compa- potente nelle opere e nelle parole «da·
re solo in r,15 e 6,7, non però nel sen- vanti a Dio e a tutto il popolo», ÈVct,\1-
so di folla, ma solamente di quantità,
'tlov "t'OU tJEOU xcx11ta.\l'tÒc; 'tOU À.ruiv.
gran numero, e in Act.6,7 accanto ad
cipd)悇 e comunque non sostituibile 5. Tutto questo ci mantiene compie-

100 Cfr. Act.7,17: 'l']il!;ncrEv 6 ).(X6c,, «il popo-


101 La parola llfjµoc;, che indica in particolare
lo crebbe», ma n,24: 'ltpOO'E't'tlh) o;<ÀO<; txa.- il popolo come organismo politico, compare
voc;, «Una gran moltitudine fu guadagnata». 4, nel N.T. solo in quattro passi degli Atti, in
2: liLoa.a'XELV (XV't'OÙC, 't'ÒV 'Mx6v, «Che essi in· episodi che si svolgono a Cesarea, Tessalonica
segnassero al popolo», ma n,26: Stlì&.!;a.t Bx- ed Efeso (Act.1 2,22; 17,5; 19,30.33), e non
).ov lxu.v6v, «insegnare a una grande moltìtu. viene mai usata per il popolo ebraico e nep·
dine». 5,26: lcpoBouv..-o yàp 'tÒV ).(X6v, «teme- pure per la comunità cristiana. La si dovette
vano infatti il popolo», ma 13,45: Uì6v..-Ec; liè sentire come inadeguata.
ol 'loulia.~ot 'tOÙç lix).ouc,, «i Giudei vedendo 1'12 Giovanni invece parla sempre di moltitu-
la moltitudine». 6,12: cruvi;.xlV'l]cr&.v 'tE 't'ÒV dine ~ lSx).oc; (5,13; 6,2.5.22.24; 7,12.20.31
Xa.ov, «sobillarono il popolo», ma 19,26: µe- ecc.): ed è una conferma di quanto fu osser-
't'Écr't'TJCTEV lxavòv Bx).ov, <(ha fatto npostatare vato !I~ coll. 147-151 sull'uso di illlvoc; e }..(X6c;
molta gente». in Giovanni.
IJJ (lV,53) Àcxoc; (H. Strathmann)

tamente sul terreno semantico dei LXX. tili un popolo per il suo nome» (con la
Un passo avanti facciamo, invece, quan- conversione di Cornelio, Act.ro). Frase
do Àa.oc; nel significato specifico e na- sorprendente e assolutamente rivoluzio-
zionalistico di 'popolo di Dio' viene naria per la mentalità giudaica, anche se
applicato alla comunità cristiana, come era stata preparata dalle profezie vetero-
appare in Act.15,14; 18,xo; Rom.9,25 testamentarie. Fino allora Àaòç e EWlJ
s.; 2 Cor.6,16; Tit.2,14; I Petr.2,9 s.; erano entità opposte ed escludentisi a vi-
Hebr.4,9; 8,ro; 10,30; 13,12; Apoc. cenda. Ora invece dalle genti (Ewl)}
18,4; 21,3, cioè soprattutto in Paolo e nasce, per il nome di Dio, un À.ct6c;
negli scritti su cui si esercita comunque indipendente da ogni presupposto na-
la sua influenza. Nei Vangeli questo ri- zionalistico. Il concetto di Àa6ç gravita
ferimento del vocabolo alla cristianità intorno a un nuovo fulcro: solo la fede
manca. Tutt'al più nella formula con la nell'evangelo costituisce l'elemento ca-
quale viene definito il compito del Bat- ratterizzante. Non che questo titolo sia
tista in Lc.1,17: È-coiµ}mu.t xuplctl Àa.òv sottratto a Israele, ma accanto a Israe-
xa.-cE<Txeucxoµé.vov, «preparare al Signo- le subentra un nuovo Àaoç, in base a
re nn popolo ben disposto», si potreb- un altro diritto. Ciò comporta natural-
be trovare l'accenno a un concetto di mente che appartengano a questo À.aoc;,
À.a6c; non più legato a un fondamento anche fra gli Israeliti, soltanto quelli
nazionalistico derivante dalla discenden- che corrispondono alla condizione che
za naturale e dalla storia. La cosa ap- ora è la sola determinante. Cosl, accan-
pare chiara soprattutto se, per inter- to al concetto antico, di ordine biolo-
pretare tale formula, si ricorre a Le. 3, gico e storico, ne è nato uno nuovo,
8, dove si parla delle pietre dalle quali trasposto in senso cristiano, in guisa da
Dio può trarre dei figli di Abramo. Se- soppiantare il primo. È proprio questa
condo questa frase, infatti, Israele co- idea di Àa.oç applicata alla comunità
me tale non è ancora un À.a.òc; xa-çE<T- cristiana che compare in Act. I8, I O.
xEva.uµivoc;, un «popolo ben disposto». Quando il Signore dà a Paolo l'ordine
Esso è À.a.6c; xuplou, popolo di Dio, ma di continuare a operare in Corinto, ad-
con riserva. duce questo motivo: OLO't'o Àa.6ç Èu-.l
Tanto più significativa risulta la tra- µoi 1toMc; Év -cii 1t6À.et -.au't'n, «poiché
sposizione di Àa.6c; alla comunità cristia- in questa città ho un popolo numero-
na quando Giacomo nel concilio aposto- so». Il che significa: qui ci sono molti
lico osserva (Act. 15,14): «Simone ha che diverranno cristiani. Essi proven-
narrato come Dio fin da principio ab- gono certamente dalle genti, alle quali
bia pensato ">va.Be~v Éç rnvwv À.aòv 'te!) qui come sempre Paolo si deve rivol-
òv6µa.'t'i a..Ù't'ov, «a scegliersi fra i gen- gere, dato che il giudaismo si sottrae
Ào:6c; (H. Stratlunann) (IV,54) 158

al suo apostolato. Ma se vien meno il Tito (2,14) procede ai:icot più oltre in
Àocot;, nel senso antico, ecco che ne sor- questa direzione, in quanto ora anche
ge dalle genti (i!iN11) un altro nel senso il concetto di Àocòc; 7tEptov<noc;, «popo-
nuovo (cfr. v. 6; r3,46; 28,26.27). Il lo peculiare», trasposto dai contesti ve-
passo di Rom.9,23 ss. è particolarmente terotestamentati di Ex. 19,5 s.; 23,22;
significativo perché ambedue le citazio- Deut.7,6; 141 2, è fatto valere per la co-
ni di Osea che vi sono riportate si ri- munità cristiana. La prima Lettera di
feriscono nel testo originario a Israele: Pietro (2,9 s.) fa poi · un altro passo a-
Israele, che nella sua condizione attua- vanti, trasferendo alla medesima comu-
le non può essere riconosciuto come po- nità cristiana, insieme al titolo di À.ocòc;
polo di Dio, lo diverrà di nuovo nel 7tEptou<rLoc;, anche gli altri appellativi
tempo della salvezza. Ma Paolo vede onorifici che sono nominati in questi
nella frase xocÀ.Eaw 'tÒV où À.oc6v µou passi; anzi, se n,on si sente il bisogno di
À.oc6v µou, «chiamerò popolo mio quel- giustificare queste audaci trasposizioni,
lo che non è mio popolo», una profe- vuol dire che i cristiani sono perfetta-
zia della conversione dei gentili, quale men te persuasi di usare questi titoli a
egli la promuove e la sperimenta nel suo buon diritto. La Lettern agli Ebrei si
apostolato. I cristiani provenienti dal muove interamente nella sfera del cul-
paganesimo sono quindi per lui il 'po- to veterotestamentario. Il termine Àococ;
polo mio'. è riferito sempre in prima linea al po-
Il passo di 2 Cor.6,14 ss. vuol incul- polo di Israele. Ma tutto ciò che ap-
care nei fedeli la persuasione che è im- partiene all' A.T. è per essa una sem-
possibile venire a patti con la negazio- plice fì.guta della presente realtà cristia-
ne della fede, mediante dei compromes- na: tanto il tabernacolo, quanto il som-
si. Nel tempio di Dio non c'è posto per mo sacetdote e il culto. Pei-ciò anche
gli idoli: di questo argomento Paolo nel termine À.oc6c;, al posto di lstaele si
può servirsi in quanto «noi siamo il insinua sempre la comunità cristiana.
tempio del Dio vivente». E, a prova, Di essa si tratta quando si parla del Fi-
adduce una citazione combinata di Lev. glio che si fece uomo «per espiare i
26,r2 e E:t..37,27. Il testo originario ri- peccati del popolo» (2, r7); essa è il
guarda le relazioni di Dio con Israele, À.ococ; al quale è riservato il riposo sab-
e contiene la promessa che Dio abiterà batico (4,9 ); il Àococ; al quale si riferi-
in mezzo a loro e Israele sarà il suo po- sce la minaccia di Ps. 135,14 (ro,30);
polo. Con tutta naturalezza, però, Pao- il Àococ; che Gesù ha santificato col suo
lo trasferisce la citazione alla comunità sangue (13,rz). Anche per l'autote del-
cristiana, che quindi anche qui appare la Lettera agli Ebrei il trasferimento di
come il popolo di Dio. La Lettera a queste attribuzioni di Israele alla co-
Àa0c; (H. Strathmann)

munità cristiana i;ion ha bisogno di giu- O"LO<; cbtò 'ltci'V-.Ctl\I 't'W'V ~lNWV' «Se a-
stificazione, come non ne ha bisogno scolterete fedelmente la mia voce e os-
l'interpretazione di qualsiasi passo vete- serverete il mio patto, sarete il mio po-
rotestamentario in funzione del Cristo polo peculiare fra tutte le nazioni» (Ex.
e della sua opera o della cristianità. Tut- 19,5 ). Ma l'accordo non avvenne e la
to ciò costituisce come il contenuto oc- tensione si esasperò fino alla parola di
culto, ma effettivo, dell'A.T. Perciò, an- Osea: «Voi siete il 'non popolo mio'»
che se quando si parla di À.a6i; si può {Os.r,9). L'adeguamento dei due fatto-
in un primo tempo pensare a Israele, ri diventa allora oggetto della speranza
in definitiva si mira sempre alla cristia- escatologica di salvezza annunziata dal
nità. Da ultimo, in Apoc.18,4 un .altro profetismo. Questa salvezza si realizze-
passo dell' A.T. (Ier. 51,45 = !Ep. 28, rà bensl, ma attraverso castighi severi,
44) 103, nel quale À.a6<; µou, «il mio po- che porteranno Israele quasi alla distru-
polo», si riferisce a Israele, viene ap- zione. Perciò dovranno afBuire da altra
plicato alla comunità cristiana; in 21, parte nel À.a6<; nuovi membri convo-
3 poi la comunità dei cristiani redenti gliati dai vari À.aol, intesi nel senso di
giunta ~ suo compimento appare come ElNT}, 'nazioni'.
il Àaòi; 104 i}gou, del quale avevano pro-
La comunità neotestamentaria vede
fetato Zach.2,14 ed Bz.37,27.
realizzata in sé l'aspirazione del profeti-
6. Che cosa comporta questa traspo- smo dell' A.T.: dal À.a.6c; in senso na-
sizione? L'appellativo À.a.Òç i}Eov appli- zionalistico-religioso e dai À.aol nel sen-
ca alla comunità cristiana un concetto so di nazioni u:i>vri), nasce un À.a6ç
nazionalistico-religioso che tale espres- nuovo, di valore puramente religioso,
sione connotò fin dal suo nascere nel- per la cui esistenza il fattore biologico-
1'A.T. e nel quale il fattore nazionale e storico e il fattore nazionalistico non
quello religioso fin dall'inizio della sto- hanno più importanza alcuna: una ter-
ria di Israele si contesero a vicenda il za umanità, come si disse più tardi 105•
primato. r due clementi etano destina- Visto sotto 1' aspetto nazionalistico o
ti ad accordarsi: f.àv Ct.xoi} Ct.xouo-1)-tE biologico-storico, questo Àa.6c; è forma-
'tijç ȵijç cpwvTjç xat qiuÀ.li:f,l)'tE 't'Ì)V to di due o anche molti À.a.ol. Ma que-
0La.1>1)x:r1v µou, EcrEo-1>É µoL À.aòç 1tEpLou- sti Àaol si fondono nell'unità del À.a.6c;

tOl Nell'apparato critico del SwETE il· passo si li» Cosi si deve leggere, con la koillé, non
trova solo in una tradizione manoscritta secon- À.aol. Il plurale dev'essere considerato come
daria. Ma se è usato in Apoc.x8,4, il suo inse- un'assimilazione secondaria al precedente av-
rimento nel testo dev'essere assai antico. È -rol; dr. BoussET, Apak., ad l.
questo uno dei molti enigmi del testo di Ge-
remia nei LXX, 1os Cfr. HARNACK, Min.' (1924) 259 ss.
I6r (1v,55) >..rtoç (H. Strathmann)

nuovo, per costituite il quale ora è es- il livellamento illuministico delle artico-
senziale soltanto l'instau1·azione del rap- lazioni nazionali dell'umanità. Sarebbe
porto religioso, mediante la redenzione falso sostenere che il N.T. ignora il con-
creatrice di Dio che invia il Cristo e cetto di umanità come unità (la parola
mediante la fede in lui: voi siete tutti ~ x6o-µoc;, ad es., è designazione cor-
figli di Dio grazie alla fede in Gesù rente del mondo umano); ma sarebbe al-
Cristo, ...non c'è né giudeo né greco, trettanto falso attribuirgli anche solo un
né schiavo né libero, né uomo né don- primo cenno di una concezione che tra-
na. Poiché voi siete tutti una persona saltasse come insignificanti le reali di-
sola in Cristo Gesù. Ma se siete del Cri- stinzioni dei popoli. "Exaa-.oç tv 'tfi
sto, siete di conseguenza seme di Abra- xÀ.'l']ae:t li ~xÀ:fiìh1, f.v "taU't'TI µEVÉ't'W,
mo (Gal.3,26 ss.; cfr. I Cor.12,r3; Col. «ciascuno resti nella condizione in cui
3, 11 ). Non si dice qui alla lettera: voi era quando fu chiamato» (zCor.7,20):
formate tutti insieme l' unico nuovo quest'affermazione vale non soltanto per
À.cx.òc; t)e:ou, ma il pensiero è lo stesso. le differenze sociali, ma anche per quelle
Per quanto però l'Apostolo annetta nazionali. Né le solenni dichiarazioni di
tanta importanza a porre in rilievo la Gal.3,26 ss. possono avere come conse-
unità del nuovo À.o:6c; costituito dalla guenza che l'ebreo diventi greco o il
comunità cristiana e ad affermarne il greco ebreo. Paolo, certo, si fece greco
dilatarsi oltre ogni barriera di À.cx.ol e per i greci, ma non ha per questo pen-
di ~frv1), questo atteggiamento non ha sato mai a rinnegare il suo sentimento
nulla a che fare con la tendenza a non nazionale giudaico, né mai ba preteso
scorgere o a dissolvere le difEerenze e da un greco qualcosa di simile. Le dif.
i confini posti dalla natura fra i popoli ferenziazioni rimangono e vengono ri-
e le loro interne articolazioni biologi- conosciute nel loro ambito determinato,
che e sociali; tendenza che è presente in base alla natura e alla storia, ma nel-
nella filosofia popolareggiante di quel l'ambito della comunità cristiana ven-
tempo come in ogni 'illuminismo' nu- gono attutite, e precisamente nel senso
trito di concetti antistorici perché di- che l'unità del nuovo Àa.6ç non può né
sorganici. Come la frase della Lette- deve esserne inceppata nel suo espan-
ra ai Galati non scavalca la di1ferenza dersi. Essa infatti riposa sulla fede nel-
dei sessi e non si presta a servire di l'unico xuptoc; Xpta-r6ç.
convalida per un movimento di eman- Tutto questo generò già nell'età apo-
cipazione della donna - quanto siano stolica vivaci difficoltà, poiché da parte
estranee all'Apostolo tali deduzioni, lo del giudaismo un sentimento nazionali-
mostra chiaramente la Prima ai Corinti stico colorito e consolidato da motivi
- cosl essa non ha nulla a che fare con religiosi si oppose a questo attutirsi de1
163 (rv,56) ì..cc6ç (H. Strathmann)

particolarismo nazionale in seno alla co- della promessa veterotestamentaria, la


munità cristiana e ne causò la prima realizzazione delle speranze a cui mira-
diffi.dle crisi. Contro questa pretesa va la religione d'Israele, la realtà es-
Paolo si batté a fondo. Egli respinse senziale di fronte all'idea che l'ha pre-
il livellamento, ma mise in chiaro con ceduta a guisa di ombra. Se Cristo è
eguale fermezza che l'unità della comu- il compimento a cui tendono la legge
nità non doveva subite pregiudizio al- e i profeti, la comunità del Cristo è il
cuno da parte del particolarismo nazio- vero Àa.6i; (scil. 17Eou), come è il vero
nale. Dovette riuscir duro per quell'i- Israele di Dio (Gal.6,16; I Cor.rn,18;
sraelita tutto d'un pezzo, anche se era Rom.9,6),il vero seme di Abramo (Gal.
di.ventato cristiano, decidersi. a metter 3,29; cfr. Rom.9,7 s.), la vera circonci-
da parte delle prescrizioni che nel tem- sione (Phil.3,3), il vero tempio (I Cor.
po in cui aveva praticato una religione 3,16),il vero qehal jhwh(-'>-È'XXÀ.TjO'lu.);
a sfondo nazionalistico gli erano entra- essa è il vero À.a6c; in mezzo al quale Dio
te nella carne e nel sangue, e che gli abita e che ha accesso a lui perché è
proibivano ogni comunione di cibi coi santo in quanto dal Cristo santificato.
non-israeliti. Ma Paolo rimase fermo e In tutte queste formule si esprime con
riuscl a far ammettere che proprio in magnifica concisione un sicuro convin-
questo doveva affermarsi l'unità ·del cimento, che sul piano storico lega sal-
nuovo Àa6c;, fondata sulla fede nell'uni- damente la comunità cristiana col suo
co xupto<;. Le differenze in ordine alla patrimonio religioso alla comunità ve-
natura e alla storia fra uomini o gruppi terotestamentaria, e insieme, grazie al-
umani non cessano di esistere nella co- l'azione salvifica di Dio nel Cristo, la
munità cristiana, ma esse assumono qui distingue da quello che fu il suo stadio
un valore religioso e perdono perciò la preparatorio, ormai superato.
capacità di dividere e separare. Non c'è
più nulla che condizioni in senso nazio- F. À.ctoc;
NELL'USO LINGUISTICO
DELLA CHIESA PRIMITIVA
nalistico l'appartenenza a Dio.
7. La trasposizione del titolo di À.aoc;
Negli scritti della chiesa primitiva
continua la prassi linguistica dell'età
(scil. ~Eou), 'nazione di Dio', da Israele apostolica, con l'uso volgare di À.a.oi;
alla comunità cl'istiana è solo una delle nel senso di 'folla, popolazione, gen-
tante forme nelle quali il cristianesimo te' ms, accanto a quello nazionalistico
nel senso generale di 'nazione' (usato
primitivo manifesta la propria certezza perciò a fianco di é:ihrr1) o con riferimen-
di possedere e di essere l'adempimento to particolare a Israele (cioè in antitesi

100 Cfr. ad es. Herm. sim.8,r,2-5; Clem. Al., tutto il popolo soggetto» David celebrò una
paed.2,r,18,2: 1tG.\J'tL -.e;> ÙTtTJX6({.l ... ì..cc({J, «per festa.
À~pvy~ (H. Hansc) (IV,57) r66

a EtN1J) 107, e anche con l'applicazione lare alla comunità riunita per celebrare
del · vocabolo ai cristiani e alla· comuni- il culto, in contrapposizione alle perso-
tà ecclesiale, la quale è spesso chiamata ne che vi presiedono. Cfr. Iust., apol. x,
il À.aòc; xatv6c; (nuovo) di contro a I- 67 ,5: al termine della preghiera ò )..a.òc;
sraele che è il À.aòc; 1tpE<r(3u't'Epoc; (an- è7tEVq>l]µEi: Mywv i:ò 'Aµ1Jv, «il popolo
ziano) o 7taÀ.at6c; (antico) o 7tpw't'oc; acclama dicendo Amen»; Clem. Aless.,
(primitivo) 103• C'è un'osservazione di strom. r ,r ,5 ,r: li xa.t -rl)v 1::ùxa.pt1nlix.v
Clemente Alessandrino (strom.6,5,42,2) 'CtvÈc; Ota.'llElµav-rEc;, wc;
~froc;, IX.U't'Òc; on
che mostra quanto fosse radicata l'idea Exa<r-.ov i:ov À.Mv À.t:t.~ELV 'tTJ'li µoi:pcx.v
che fa comunità cristiana rappresentava Em't'pÉ1tOVO"L'11, «conie pure alcuni, dopo
un nuovo popolo beneficiario della sal- aver diviso l'eucaristia, secondo l'uso,
vezza, nato da una doppia radice stori- lasciano prendere la sua parte a ciascu-
ca: tx youv ~ile; 'E)..À:rivtxi)c; 7tat8Elac;, no del popolo». È questa una continua-
aÀ.À.Ù. xcd. tx 't''fic; .voµtxi}c; ELc; 't'Ò E\I yÉ- zione cristiana dell'uso popolare di À.tx.-
voc; nu a-~soµÉvou O'uvéc.yo'li't'o:.t À.aou 6c;, applicato in particolare all' assem-
ot -.1)v 1tl<1't't'J 1tpocrtɵe:vot, «coloro che blea liturgica. Già in Act.13,15 questa
adetiscono alla fede si riuniscono nel- applicazione compare a proposito del
l'unica schiatta del popolo redento, pro- culto sinagogale, ma la si può notare
venendo dalla educazione ellenica e an- anche nell'età precristiana. Di qui si è
che da quella mosaica». sviluppato in seguito il concetto di 'lai-
· Il termine Àa6c; è riferito in partico- co'.
H. STRATHMANN

t Àapuy~
Laringe, e anche fauci. Il termine µÈv oL' où
À.aÀouµi;:v xcx.t iiwt.7tVÉoµEv,
proprio per quest'ultimo significato è «Àapuy~, attraverso la quale parliamo e
però cpéc.puy~ 1 • Tuttavia non è mai st<l- respiriamo»; <papuyç oÈ o' où f:a-frloµev
ta fatta una distinzione netta fra i due, xa.L 7tlvoµev, «q>iipuy~, attraverso la
come avviene per il nostro 'gola'. L'E- quale mangiamo e beviamo}> (vi è anche
tymologicum Magnum dice: Aapuyl; un terzo vocabolo, 'ltopoç, 'condotto').

107 Cfr. ad es. Sib.8,13: l'impero romano Deo'- vò fede fra le genti».
µcùc; th'}cn~ Àa.oi:c;, «darà leggi ai popoli»; 8, Ad es. Barn.5,7; 7,5; 13,r; Clem.Al., paed.
IllS
I2: Roma trascinerà ~a.<nÀELc; Élhiwv verso oc-
1,5,r9,4; 20,3; 7,57,r; 59,1; 3,n,75,3.
cidente; 8,278: per il pasto vengono riempite
dodici ceste Etc; EÀ.'ltl5a. Àa.wv; 2,42: 'ltfu; Àa- Mpuyl;
oc;, cioè ogni popolo=tutti i popoli; 2,r60: la
terra è µ1rrnp Àawv; 8,252: Mosè vinse Ama- i Su Àapvyl; e c:papvy!; v. WE.TTSTEIN a Rom.
lek mediante la fede, tva. Àa:òc; (Israele) Ém.- 3,13; cfr. H. GuNTERT, Ober Reimwortbildtm·
yvQ, «perché il popolo comprenda»; 3,249: gcn im Arischen rmd Altgriech. (1914) n9
Àaòc; b Swfaxaq>vÀoç, «il popolo delle dodici [KLRINKNECHT]. Giintert considera il più re-
tribù»; rClem.55,6; Barn.8,r; I2,6; Hcrm. cente À.apvy!; come un rifacimento dell'ome-
vis. 2,3,4; Diogn. n,3: Dio mandò il Myoc; rico cp 6. pv y ç, per associazione con ì..6. 'lt~ w,
che i.ntò Àaoii (Israele) à:nµaoi)elc; ... Ù'ltÒ È~· leccare o Àa.c:puo-o-w, divorare. Propone anche
'\IW'll btto-~Eulh1, «disprezzato dal popolo, tro- altre derivazioni.

(':.!rande lcnico_ 1.11


Àa:tpEVW, Àa't'pEla (H. Stratbmann) (1v,58) r68

Che il greco abbia avvertito nei due vo- quindi traduce bene: «Le loro fauci, a-
caboli la presenza dei temi verbali À.Ey- perte nonostante le parole amichevoli,
e <prx.y-i> eruttano morte e distruzione».
Sia Àapuyç che <!"ipuy; compaiono
nei LXX col doppio significato di fauci La citazione di questo passo in Rom.
(per il cibo) (pek e malq~ap; anche lob 3,r 3 non ne modifica il senso, poiché an-
6,JO e Cant.7,9 (10] pensano comun- che gli altri passi di Salmi addotti in-
que al palato che assapora) e di bocca
che parla (gàrdn). À.tipuy~ ricorre 17 sieme a questo si riferiscono ai peccati
volte (concentrate in soli quattro libri di parola. La parola manifesta l'interna
dell'A.T.), cpapuyç 9 volte. Per la cor- scelleratezza come da un sepolcro aper-
rispondenza fra le varie tradizioni te-
to esce il fetore della putredine 6 •
stuali, da notare solo Cant. 2, 3: nei
LXX, À.&,puyç; Simm., <papvyç. À.tipvy1;
È interessante che Lutero nel com-
è presente tre volte nel senso di palato
al quale aderisce la lingua; cinque (?) mento alla Lettera ai Romani tratti am·
piamente di questa frase, interpretando-
volte indica le fauci che ricevono il ci-
bo e nove volte la bocca che parla.
la allegoricamente persino nei partico.
2 lari; tuttavia intende le fauci come or-
Importante per noi è t{J 5 ,rn , poi-
gano che uccide e divora.
ché il versetto è citato nell'unico passo
La grande importanza che ha la boc-
del N.T. in cui compare À.tipuy;. Il pa-
ca nella citazione scritturale di Rom.3,
ragone con un sepolcro aperto fa certa-
rn-18, in quanto rivela l'interna malva-
mente pensare subito alle fauci che in-
3 gità, ci ricorda le parole di Gesù in Mc.
ghiottono , ma a ragione i commenta-
7, 15. 18-23: «Non ciò che entra nel.
tori intendono anche qui gàrdn come
4 l'uomo dal di fuori lo contamina, ma
organo della parola. H. Hupfeld pensa
ciò che esce da lui». Seguono poi le sin-
anche alle fauci; H. Herkenne 5 rileva
gole 'cose cattive', che è interessante
una costruzione chiastica, in quanto go-
confrontare con Rom. 3.
la, come strumento della parola sot-
H.HANSE
tratto all'occhio, corrisponde a intimo;

SOMMARIO; 2. ÀMpEla.
A. Àr.t't'pEÙW e Àcr:"°pEla nel greco extra-biblico: B. Àa't'pEVw e Àa."t"pda nei LXX:
I. ÀOC't'pEVW: I. ).cnpEUW;
a) etimologia, significato fondamentale, a) presenza, corrispondenti ebraici,
presenza; carattere fondamentale;
b)uso; b)uso;

2 In q, 13,3 i codd. S e B (non A) hanno in- s Das Buch der Psalmen iibersetzt tmd erkliirt,
trodotto il testo di Rom. 3,I3-18, e con esso Bonner Bibel (1936).
anche la citazione cli tji 5,10. 6 Si osservi y~µE~ nel v. r4 (cfr. Mt. 23,27).
3 Cfr. Ign., Rom.4,2 e WETTSTEIN, ad l. Cfr. B. Wnrss, Der Brief an die Romer(1899)
4 Die Psalme11 iibers. u. ausgelegt 1(1888). I5J1 ad/.
À.Cl'fpEvw, À.tX'fpEla. (H. Strathmann)

M'tpdtX;
2. Tucidide, Polibio e Dione Cassio, non
3. confronto fra l'uso extra-biblico compare negli indici di E. A. Bétant
e quello dei LXX; (1843/47), J. Schweighiiuser (1822),
4. l'us~ del vocabolo in Filone. U. Ph. Boissevain {1931). Altri scritto-
C. À.MPEVW e )..a.'tpEltX nel N.T.: ri, come Sofocle, Senofonte Isocrate
I. À.Cl'fpEUW:
Epitteto, Luciano, Plutarco,' lo usan~
a) presenza;
b) carattere puramente religioso
solo sporadicamente. In tutto il Corpus
del vocabolo fissato dai LXX; Inscriptionum Graecarum, secondo l'in-
e) À.a.-rpeuw riferito al sacrificio nel culto. dice di H. Roehls (CIG IV) compare
Scomparsa della differenza una sola volta; in Dittenberger, Or., co-
fra Àa.'fpe.uw e À.E~-coupy~ me in Dittenberger, Sylt.3, se si prescinde
nell'Epistola agli Ebrei; dall'iscrizione sopracitata, non è usato
d) À.a:TpEuw riferito alla preghiera mai; secondo il lessico del Preisigke
liturgica; manca del tutto nei papiri.
e) M"t'ptuw in senso generalizzato
e traslato;
2. M'tj)EUt.
b) Uso: À.a't'pEVW è usato per servizi
materiali (Soph., Trach.,35, a proposito
di Eracle: -ròv &vop' E'1tEµ1tE À.ct.'tpEvov-
A. À.a:tpEUW E À.a.'tpela. 'ta, «[la vita] lo mandava a far servizi»);
NEL GRECO EXTRA-BIBLICO detto del bracciante agricolo (Solon r3,
48, ed. T. Bergk, Poetae Lyrici Graeci
l. Àa.'tpEUW 5
II [1915]); del lavoro dello schiavo
a) Etimologia, significato fondamen- (Xenoph., Cyrop.3,1,36). Inoltre in sen-
tale, presenza. so traslato ricorre nei rapporti più vari;
Il vocabolo Àct.'tpEUEW è formato da cfr. À.a.-.pEUEW v6µotç, «servire alle leg-
À.chpov, 'compenso', 'mercede'; cfr. Àoc- gi» (Xenoph., Ag. 7, 2); À.a't'pEVEW 't'~
'tpt<;, ' mercenario ' e, genericamente, xaÀ.À.Et, «rendere omaggio alla bellezza»
'servo'; corrisponde al latino latro, 'pre- (lsoc.10,57 )i À.a.'t'pEuEtv µ6xaotç, «aver
done' 1. À.cx:t pEUELV significa perciò in da soffrire» (Soph., Oed. Col. 105 ); À.cx.-
primo luogo lavorare o servire per mer- -rpEUEW xa.tpfi>, «prendere il tempo come
cede, poi in generale prestare un servi- viene» (Pseud.-Phocyl. r:z1 [ed. Bergk
zio, servire, anche senza che si pensi al p. 98 J ); Àa:tpEUEW 1)80\lfl, «essere ser-
compenso e senza considerare se chi vo del piacere» (Luc., Nigrinus 15). Al-
presta tale servizio sia schiavo o libero. cune volte il verbo è usato anche per il
La testimonianza più antica dovrebbe culto reso agli dèi; ad es. Eurip., lon
essere un'iscrizione di Eleusi, del vr se- 152; Plut., Pyth. or.26 (11 407 e), dove
colo; cfr. CIG I, II = Ditt., Syll. 9.
1 U'Jt11pÉ'ta.t xa.t 1tpoq>ii.'ta.t, «i ministri e
Per limitarci a qualche dato, it vocabo- i profeti» al servizio di Apollo pitico
lo manca non solo in Omero, ma an- sono designati come 1'}E<i) Àcx.'tpEUOV'tEt;
che in Platone e Aristotele. Quanto a «quelli che rendono il culto al dio». Cfr.

À.O:'tpE~W X'tÀ.. SCHKEWITZ, Die Spìritualisierung der Kultus-


Per i sussidi lessicali 4 À.o:6ç. begrilfe (Angelos Beih. 4 [1932)).
w. SANDAY and A. C. HEADLAM in I.e.e. a 1 Secondo i dizionari etimologici di PRELLWlTZ
Rom.1,9; W. BRANDT, Die Worlgruppe À.Et.- e BoISACQ dalla radice le: la = lasciar fare;
-toupyei:\I im Hb. u. bei Cl. Romanus: Jbcher l'etimologia è tuttavia incerta, dr. WALDB-POK.
d. Theol. Schule Bethel (I930) r45 ss.; H.WBN- II, 394·
rz1 {1v,59) >..u:tpEUW, Àa:rpEla. (H. Strathmann)

anche Epict., diss.3,22,56: i(.UVL'.IC@ oè morto «Si è affrancato dal servizio -del
Koc'ì:crocp -i;l EC1'tLV il à.vìh'.ntoc'toc; fi /J,ÀÀ.oc; corpo» ( a7ta..À.À.ayEtc; 'tijç 'tOV crwµa..-toc:;
1) ò xoc'toc1'E7toµcpwc:; a.:ù-i;òv xoct c{"l À.a- Àrx"t'pElac;); Plut., quaest. conv. 5,r pro-
i:pEVEL, ò ZEuc:;; «che cosa è per un ci- oem. (II 673 a): l'anima del morto «si
nico Cesare o un proconsole o un al- è liberata da preoccupazioni e servitù}>
tro; o quello Zeus che l'ha mandato e (7tpayµ&:twv &:.7taÀ.À.ayei:va.. xat À.oc-
al quale egli serve?». Molto più usato 'tpElac;); Plut., def. orac. 15 (II 417) e:
è però, in questo caso, i>epCX.7tEUELV. Le 1t),civat i>ewv, xpulJ;Etc; -i:i:: xat cpuyat
applicazioni del vocabolo sono quindi xo:t Àct..'tpei:at, «gli dèi vanno in giro,
assai larghe, nonostante il suo uso al- si nascondono, fuggono, si sobbarcano
quanto scarso. Non esistono accenni che servitù» (nei miti - tutte cose che Plu-
facciano prevedere una evoluzione del· tarco preferirebbe attribuire ai demoni).
l'uso in senso sia pur lontanamente tec- Si noti in particolare che Àa..'tpda
nico. viene usato anche per il culto prestato
agli dèi. Cfr. Plat., ap. 23 c: ottX. 't'Ì)v
2. Àoc'tpElcx. 'tOV i>EOV Àa..'tpEla..v, «per il culto del
Il sostantivo À.a'tpe:loc è d'uso cor- dio»; Phaedr.244e: xa-i:acpuyo\ia'a7tpÒc:;
rente. Indica prima di tutto il 'servizio il'Ewv E.uxac:; 'tE xa..t À.cx.-.pEla..c;, «avendo
per mercede', come spiega Suida: oou- fatto ricorso a preghiere e ad atti di
Àeloc É7tt µtcrit@. Inoltre è 'servizio, la- culto verso gli dèi»; Plut., adulat. 12
voro, fatica' in genere. Cfr.Soph., Trach. (n 56 e): EÙcrÉPEtoc xat i>ewv Àa'tpEla,
830: É7tt1tovov EXEW À.a.:tpElocv, «fate «pietà e culto degli dèi»; Is. et Os. 2
un servizio faticoso» {di Eracle); Eur., (II 352 a): &1}pU1t'tOt ... Èv te:poi:ç Àoc-
Tro.823 s. (del servizio- del coppiere): 'tpEi:at, gli «austeri atti di culto nelle
Z'l']vÒc; exetc:; xuÀlxwv 7tÀ.1}pwµoc, '.>W.À.- cel'imonie» di preparazione alla inizia-
Àlcr-.ocv Àoc't pe:locv, «hai da riempire zione, nel culto di Iside. Anche nell'u-
le coppe di Zeus, magnifico servizio»; nico passo dei papfri in cui compare il
Plut., Romulus 19 (1 30 a): yuva'ì:xEc; ... vocabolo, si tratta di culto; cfr. Prei-
7tCX.V'tÒc; ìtpyou xat 7tacr11c:; À.oc-.pdocc:;, sigke, Sammelbuch 1934, 3. Cosl il qua-
7tÀ.1)v '\'(x.Àa..crlcx.c:; &.<pe:tµÉvat, «le don- dro semantico risulta esattamente lo
ne... esentate da ogni lavoro e da ogni stesso che per À.a-i;pEUEL\I.
servizio tranne filare la lana»; Plut.,
bruta animalia ratione uti 7 (II 990 c): B. À.a-i:pE.uw E À.a.'tpElo: NEI LXX
WVOUµEVOL µtcri>ov Xet.t 7t0VOU XCl.L Àrt.-
'tpEltX<; -.ò 't'ij<; yevÉcrEwc; ìtpyov, «i ma- I. Àa.'t'pEUW
schi si comperano l'atto procreativo pa-
gando il prezzo di un lavoro, della pre- a) Presenza del vocabolo; corrispon-
stazione d'un servizio»; Plut., cons. ad denti ebraici, carattere fondamentale.
Apoll. I I {II ro7 e), a proposito delle Nei LXX, che usano il vocabolo una no-
difficoltà del vivere umano: m;Jc:; oùx vantina di volte, colpisce il modo irre-
Eù&mµovlsew µaÀ.À.o\I 7tpocr1ptEt ..-oùc; golare in cui esso compare, poiché set-
a7toÀufrÉvi:a..c; -çfjç ÈV O:U'tQ ('tQ Pl~) tanta di questi passi si trovano nei libri
Àa-i:pdac;, 1\ xai:otX'te:lpeL\I; «coloro che dell'Esodo (r7 ), del Deuteronomio (25),
si sono liberati dal pesante servizio del- di Giosuè (19) dei Giudici (9). In tutti
la vita, come non giudicarli felici, piut- i profeti (tranne Ez.20,32), nei Salmi,
tosto che averne pietà?»; Plut., cons. in Samuele (all'infuori di 2Sam.15,8),
ad Apoll.25 (II l14d) a proposito delle in Ilap. (tranne 2 Ila..p.7,r9) il vocabo-
molte cure che richiede il corpo: il lo manca completamente. Questo fatto
Àa.'t'pEuw, Àa.-.pEla. (H. Strathmann) (1v,60) r74

dipende dal criterio usato dai LXX nel- :::LV implica questa precisa carica religio-
la traduzione. Tranne poche eccezioni sa non solo nei libd nominati sopra,
inilevanti, di solito Àa't'pe:unv corri- nei quali esso compare in più larga mi-
sponde ali' ebraico 'iibad 2, che però è sura, ma ovunque sia usato nei LXX.
tradotto spesso anche con oouÀ.EvELV. Si L'unica eccezione è offerta da Deut.28,
rileva, a questo proposito, che quei te- 48: À.o:."tpEU<TELç "COLç f.x,ì}poiç O"OU, «S(!r-
sti che sono caratterizzati da un uso fre- virai i tuoi nemici». Ma essa conferma
quente di À.a-.pEVELV, adoperano tale vo- la regola. Si tratta infatti di un gioco di
cabolo soprattutto quando 'bd si riferi- parole: poiché Israele rifiutò di 'servi-
sce a un atteggiamento religioso (ad es. re' Jahvé, che ne vuole il bene, 'setva'
E>.·.3,12; 4,23; 7,16.26; 8,16; 9,x.13; i suoi nemici, che lo mandano in rovi-
3
ro,3.7.8.24.26; 20,5; 23,24.25; Deut. !1a .
4,19.28; 5,9; 6,13; 7,4.16; Ios.22,27; b) Uso. Il valore religioso di Àa-
24.,14-24.31 ). Quando si tratta, invece, -.pEVELV non deve però essete inteso nel
di rapporti tra uomini, la traduzione è
senso di una religiosità astratta e sem-
sempre oouÀe:ue:w (ad es. Ex.14 1 5.12;
21,2.6; Deut.15,12.18; Iud.3,8 .14; 9, plicemente motale, generica e impreci-
28 . 38; e abitualmente in Gen.). oo~­ sa. Non basta dire: Ào:.'t'pEVEW ha va-
ÀEUELV in senso religioso viene usato in
lore religioso; bisogna dire: ha vaÌore
tali testi solo in Ex. 2 3 ,3 3 (-.oi:ç l>e:oic,),
Deut.13,5 (aù-.Q, cioè a Jahvé, ma solo sacrale, indica cioè proprio il servizio
nel cod. A); 28, 64 (l>e:oiç È-.ÉpoLç, «ad prestato nel culto, l'omaggio offerto nel
altri dèi»); Iud.2,7 ('t'<{j xuplft)); Iud. culto, soprattutto mediante il sacrificio.
ro,6a. 6b. ro.13.16 ('t'oiç BaaÀlµ, i>e:oiç
Mosè deve portare Israele fuori dall'E-
Ì-.ÉpoLç, -.Q xuplc.p, «ai Baal, ad altri
dèi, al Signore», cod. B; il cod. A porta gitto, e come ptova che tale impresa è
sempre Àa't'pEUELV, tranne ro, 6b). Al volontà di Jahvé, gli viene annunciato
contrario, in questi testi ÀO',"CpEVELV vie- (Ex.3,12 ): À.a't'pEUCTE"tE -téi} ì}EQ ÈV -te{}
ne adoperato senza eccezione in senso
religioso. I traduttori si studiano nella opEL 't'OU't'4), «renderete omaggio a Dio
scelta stessa delle parole di mettere i11 su questo monte}>, cioè lo onorerete con
risalto che il 'servizio' religioso è qual- atti di culto, in particolare con sacrifici.
cosa di particolare in confronto agli al-
tri servizi. Invece nei libri in cui Àa- Il conflitto fra Mosè e Faraone narrato
't'pEUEW ·manca del tutto o quasi, non in Es. 4-ro nasce tutto dalla richiesta
c'è traccia di una simile preoccupazio- espressa in Ex.7,16: Lascia andare il mio
ne: là oouÀ.EUELV traduce 'bd in tutti i
popolo, tva µo~ Àa-çpc.v<TtJ Év -tt\ Èp1}-
casi, si tratti di comportamento religio-
so o non religioso. Il tetmine À.a-.pEu- µcp, «perché mi serva nel desertm> (Ex.

2 Due volte corrisponde a seret (Num. r6,9 i di Daniele traduce p•la[J o 'ita; pala!J.
leviti sono a disposiz:.one degli Israeliti nel
servizio del culto; Ez.io,32 Àa.-rpEVELV l;vÀ.o~i:; 3 Una seconda eccezione presenta Dan. 7,14:
xcd )..(f}oL<;, «Servire ai legni e alle pietre»; dr. Tia.1rn, 061',cr. a.ù-réi) ÀwrpEvoucra., «ogni gloria è
a questo proposito ~ }.EL't'OupyEi:v B I b); una al suo servizio (del Figlio dell'uomo)». Egli ha
volta (2 Reg.17,33) corrisponde a hiijll 'obed, il regno, (3a.crLÀELa. Tcodozione invece di 66!:,a
senza differenza alcuna con 'bd; una volta a legge. con ragione yÀ.WO'O'aL e traduci;; oovÀ.EV-
hiilak 'af?ar (Deut.n,28). Nei sei o ~~tte passi crovcnv.
i75 (1v,60) Àu:tpEvw, À~'>PEla. (H. Strathmann) (1v,6r) 176

4,23; 7,26; 8,16; 9,r.13; 10,3.7.8.24. Quel che si esige ripetutamente da


26). Che si intenda per questo servizio Israele è che renda tale culto non a que-
1' offel'ta di un sacrificio, risulta, co- sti dèi, ma solo a Jahvé, e ne riconosca
me se non bastasse, l'espressione paral- cosl la sovranità. Inoltre, anche se il
lela di 8,4: WEw xupl~. «sacrificare al vocabolo fa pensare in primo luogo a
Signore», e la motivazione addotta dagli un atto di culto, resta pur sempre inte-
Israeliti per giustificarsi di dover por- so che quest'atto deve essere espressio-
tare con sé il bestiame: &:1t' a.ù-twv yà.p ne cli un atteggiamento interiore, della
À.'r)µt!J6µEi>a. À.a.'t'pEUCTa.l. xvpl~ -t<'i> i>Et'i> devozione fedele a Jahvé, come di un
1JµWv, «prenderemo infatti da esso per adeguato modo di vita. Ne è prova l'as-
rendere omaggio al Signore Dio nostro». soluta naturalezza con la quale in Deut.
Anche in 2 Ba.cr. 15,8 si pensa a una 10,12 ss. À.a.'tpEUEL\I è spiegato in que-
ben precisa forma di culto, quando As- sto senso: À.a.-tpEUEW xupl~ "t~ i>'Eti>
salonne dichiara cli voler 't'@ xvpl.ql À..cx.- O'OU È~ o),:r1c; 't'fjç XCX.polcx.c; O'OV XCX.t È;
-tpEÙEW a compimento di un voto. 'ti}ç tliuxiic; <rov, «rendere il cul-
<>J..11ç
L'espressione è usata senza distinzio- to al Signore con tutto il tuo cuore e
ne, tanto per l'omaggio cultuale reso al con tutta la tua anima»; disposizione
Dio d'Israele (ad es. Ex.23,25; Deut. che deve tradursi nel timore (ro,12),
6,13; 10,12.20; 28,47; los.22,27; 24, nell'amore (n,1). nell'ossequio ai co-
14· 15; 2 Sam. 15,8, ecc.) quanto per mandamenti e alle prescrizioni di J ah-
quello tributato agli eUiwÀ.a. (idoli) o a vé, e anche nel giuramento prestato so-
ikot E't'EpOL (altri dèi) o àÀ.À.6-.pLOL ( dèi lo per il suo nome, per cui deve essere
stranieri) o 't'W\I Éi>vwv (agli dèi delle stroncata ogni cr:x:À.11poxcx.polcx., «capar-
genti) o "tW\I 'lt<X.'t'ÉpW\I vµw\I (dei vostri bietà d'animo». Certo, tutto questo
padri; ad es., Ex.20,5; 23,24; Deut.4, comporta l'esclusività assoluta del culto
28; 5,9; 7,4.16; 8,19; II,16.28; 12,2; prestato a Jahvé, ma è ben lungi dal-
29,17; los.24,14 s.; Iud.2,19; 4 Boo:r. l'esaurirsi in tale ordine cli idee; il con-
17,12; 21,21; 2 Chron.7,19) e nomina- cetto cli À.a."tpEUEW qui si approfondisce,
tnmente a Moloc, a Baal o ai Baalim esigendo un intimo e pio sentimento
(ad es., Lev.18,21 4; Iud.2,11.13; 3,7; del cuore che si realizzi in tutta la con-
4 Ba.cr. 17, 16). Egualmente si dica del dotta religiosa e morale. È questa la
culto regale reso a Nabucodonosor (Iu- patticolarità essenziale della religione
dith 3,8). d'Israele. Anche in los.24,19 il nostro

4 Qui i LXX traducono: tt1tÒ "tOU <T1tÉpµrx."t6i; do giustamente lammelek, ma lasciando incom-
11ou où owuE~i; À.rx."tpEVEW IJ.pxo\l"t~, «non darai prensìbile a che cosa si alluda.
ruçu119 de! tioi figli per ~erviEç ai te» leggen-
r77 (1v,61) M:t-rpeuw, ì..a-rpEloc (H. Strathmann) (1v,6r) 178

vocabolo si presenta con un valore ana-


logo: infatti -tek tXµap-tTjµa:ra xrxi. -.<i.
À.a:Tpela. è presente nei LXX (com·
à.voµ1)µa't'a vµwv, «i vostri peccati e
presi gli apocrifi) solo nove volte, e per
le vostre prevaricazioni>>, sono in antite-
i testi di cui disponiamo anche in ebrai-
si con quel À.a:t'pEUELV che Giosuè esige
co, corrisponde costantemente~ 'aboda.
dal popolo. Molto più tardi, in Ecclus
Ha sempre valore cultuale. Indica ge-
4,14, dove si parla di un «servizio del-
neralmente l'omaggio tributato median-
la sapienza» ( oL À.a-.pevov-teç athfi),
te il culto (los. 22,27) oppure anche
À.a.'t'pEUEW ha perduto ogni riferimento
una usanza religiosa particolare, come
specifico al culto, ed è inteso in senso
la Pasqua (Ex.12,25.26; 13,5). Nel
del tutto spirituale 5 •
primo libro dei Maccabei sta sempli-
Se dunque À.a-tpeuet.v è adoperato cemente per 'religione'; cfr. 2, 19: «-
quasi esclusivamente per indicare il ser- 'ltOO"'tiiVa.t. ti'lt~ À.a.'tpelcu; 'lto.-cé.pwv, «al-
vizio del culto, sia pure nel concetto lontanarsi dalla religione dei padri»;
approfondito che ne ebbe il profetismo 2 ,22: 1) Àa.'t'pE(a. 'l'}µWv, «la nostra reli-
israelitico, esso pare molto vicino a ~ gione»; I:.43 (a proposito della religio-
À.wtovpyEtv. Ma si tratta solo di un'ap- ne unica imposta da Antioco Epifane a
parenza. In realtà i due vocaboli si dif- tutte le genti). Una volta Àa't'pEla. de-
ferenziano nettamente, in quanto À.a- signa anche il servizio sacerdotale, in I
'tPEVl!LV indica sempre l'azione religiosa Uap. 28,13: -r«ii À.Et.-toupy'l\cri.µa. crxt&li
del popolo nel suo insieme, compresa "t'ijç À.a-rpelcu; otxou xuplov, «le suppel-
ben inteso la classe sacerdotale, mentre lettili liturgiche per il ministero dei sa-
ÀEt.'tovpyei:v si limita esclusivamente al- cerdoti nella casa del Signore», mentre
le funzioni del sacerdote ed è per esse più sopra per 'iibodd, che ricorre due
vocabolo tecnico. Anche qui c'è una so- volte, è usato À.Et.-roupyla.. Forse la se-
la eccezione, in x Fnop.4,54, dove Da- conda volta è stato messo Àa-tpEla. solo
rio ordina di consegnare ai sacerdoti in per amore di varietà. Una volta À.a.-
Gerusalemme xat "t''lÌV tepa.·mctìv CT't'o- -tpEla compare anche in senso profano,
À.1jv, f.v -tlvi. À.a.wEvoucrw é.v a.ù-cij, «an- in 3 Mach. 4,14: Ti 't'WV itpywv xo.'t'&.-
che la veste sacerdotale, indossando la 'ltovoç Àa't'pEla., «il faticoso servizio di
quale prestano il culto». Secondo i cri- lavoro» (degli ebrei»). L'uso di À.a.'t'pElo.
teri dei LXX, ci si attenderebbe À.E~­ è dunque nei LXX perfettamente paral-
't'OupyEtv. lelo a quello di À.a.'t'pEuw. Agostino ne

s Cfr. Js.32,17 (Simmaco): )va't'pEloc 't'ijc; Srr


XC!.~OVuVV"'l'jç.
179 (1v,61) À.a:'t'pEvw, À.a:'t'pElc.t (H. Strathmann) (1v,62) 180

ha colto acutamente la situazione di gliere senz'altro À.a:tpEUEtv 7 •


fotto in due passi, citati dal Trench 6 :
4. In Filone, secondo l'indice del Lei-
À.a:tpr::la .•. secundum consuetudinem, st.gang, À.a.'t'pEUEL\I compare una sola
qua locuti sunt qui nobis divina eloquia volta (spec. leg.1,300), in una parafrasi
condiderunt, aut semper aut tam fre- di Deut. 10,12 s., per indicare I' omag-
gio reso mediante il culto. Filone segue
quenter ut paene semper ea dicitur ser- dunque la prassi semantica dei LXX. Lo
vitus quae pertinet ad colendum deum stesso ·si dica del sostantivo, che è pre-
(civ.V., ro,1,2). At ilio cultu, quae grae- sente sei volte. In s_pec.leg.2,167 è usa-
to al plurale per le singole celebrazioni
ce À.a:tpElu. dicitur, latine uno verbo di-
cultuali, in decal. 158 al singolare con
ci non potest, cum sit quaedam proprie valore collettivo. Inoltre è usato in
divinitati debita servitus nec colimus nec senso traslato per il 'servizio della vir-
colendum docemus nisi unum deum tù' (sacr. A. C. 84, cfr. À.a.i:pEUEW in Ec-
clus 4,14) e per un servizio a Dio di
(Faust.20,21; CSEL 25 [1891] 562, natura semplicemente intellettualistica
2 4/7). (ebr. 144: voile; À.a-rpElq. xa.L i}Epa7tdq.
i}Eov µ6vn xalpwv, «la mente che si
3. Il confronto con l'uso extra-bibli- compiace solo di servite e venerare
co mostra che i LXX han lasciato ca- Dio», dove è da notare la giustapposi-
zione di À.a't'pEla. e 1>Ep(.(..7tda, che evi-
dere, per così dire, completamente, le dentemente son sentite come equivalen-
altre applicazioni di À.a'tpEvm1 e À.a- ti)_ Infine il vocabolo si trova in acce-
't'pEla., per assumere e continuare sol- zione profana, con lo stesso significato
di Ù1tt)pr::crla; cfr. spec. leg,3,201 e 2,67
tanto il filone del significato cultuale;
( (!.t &.1to -.wv otxe:.-rwv À.a-tpEi:m xaL ù-
occorre precisare però che À.wtpEUEtv, 'lt'l'JpEcrlm, «i servizi e le prestazioni da
À.a.'t'pEla. non vengono adoperati affatto, parte dei domestici»). Così Filone ab-
bandona il terreno dei LXX e si con-
o quasi, per il servizio sacerdotale, ma
forma all'uso linguistico extra-biblico.
solo genericamente per l'adorazione cul-
tuale di Dio. Il greco extra-biblico ha c. À.a.'t'pEUW E Àa'tpEla NEL N.T.
in questo caso 1>Eptl1tEUEtv, 1>Epa.m:la.,
I. À.a't'pEUW
che i LXX usano in senso religioso solo
in Is.54,17 e Dan.7,ro, mentre di soli- a) Presenza del vocabolo. Àct."tpEUEt\I
ricorre nel N.T. 21 volte, di cui 8 in
to significa 'guarire, curare, assistere'). Luca (Lc.1,74; 2,37; 4,8; Act.7,7.42;
Anche oouÀ.e:urn1 non designa specifica- 24,I4; 26,7; 27,23), sei volte nell'Epi-
mente l'omaggio cultuale in genere . Se stola agli Ebrei (8,5; 9,9.r4; 10,2; 12,
28; r3,10), quattro nelle lettere paoli-
si volesse isolare un vocabolo tipico a
ne (Rom.1,9.25; Phil.3,3; 2 Tim.r ,3),
questo scopo (e tale tendenza si rileva due volte nell'Apocalisse (7,15; 22,3),
ad ogni passo dei LXX), si dovrebbe sce- una in Mt. (4, r o). Tre di questi passi

6 TRENCH, s.v. 7 Cfr. l'osservazione a questo proposito in


C REMER-KOGBL.
181 (rv,62) Àtt'tpEVW, Àtt'tpEla. (H. Strathmann)

sono citazioni dell' A.T. La particolare LXX), e anche in Rom.1,25. Parimenti


frequenza con cui il vocabolo compare si allude al servizio sacrificale in Hebr.
nell'Epistola agli Ebrei corrisponde al-
1' importanza che in questa riveste la 8,5; 9,9; 10,2; 13,ro. Qui però è scom-
questione del culto. parsa la rigida differenza, che l'A.T. fa-
ceva (eccettuato il passo di r EO"Sp. 4,
b) Il carattere esclusivamente religio-
54) tra À.EL-toupyE~\I (servizio del sacer-
so del vocabolo, fissato dai LXX. L'in-
dote sacrificatore) e Àa.-tpEVEL\I (omag-
flusso dei LXX si rivela nel fatto che il
gio cultuale in genere). Infatti, in Hebr.
vocabolo non è usato neppure una vol-
8,5 e l 3,ro À.a"tpEÙEL\I si rilerisce al
ta per le relazioni tra uomini, e men
servizio sacerdotale del sacrificio: se-
che meno per un qualsiasi servizio pro-
condo 8,5 fare l'offerta sacrificale sulla
fano. Il servire connotato da Àa:tpEVEL\I
terra, nel tabernacolo, è un Ù1toOElyµa.-
si rivolge sempre a Dio (o agli dèi pa-
-rL xa,L O"XL/i. 't'W\I ~1t0Upa.vlw\I Àa.'tpEU-
gani: ÉÀa:tpEU0-<1.\1 'tft x-.LO"EL 'ltapoc -.òv
ELV, «compiere il culto a modo di copia
x:rla'a.v-.a., «servirono la creatura inve-
e d'ombra delle cose celesti», poiché il
ce del creatore», Rom.r,25; "TI O"'tpa.-
'tabernacolo vero' è nel cielo; analoga-
'ttft -toO oùpavou, «alla milizia del cie-
mente in 13, ro i sacerdoti sono desi-
lo», Act. 7,42 ). Mentre per ÀEL-.ovpyE'Lv
gnati come ot -tii O"X'rJVii Àa."t'péÙov·m.;,
e À.EL-roupyla tanto nell'Antico quanto
«coloro che prestano servizio al taber-
nel N.T. (benché il vocabolo si evolva
nacolo». Il significato esatto del passo
decisamente verso un significato tecni-
è discusso&, ma qui si può benissimo
co preciso) si può sempre rintracciare la
lasciarlo in sospeso. In ogni caso è
possibilità di un'applicazione più larga,
fuori dubbio che la frase si riferisce
conforme al greco extra-biblico, per À.a-
ai sacerdoti e non, ad esempio, alla co-
'tpEVELV questo non si verifica in nessu-
munità ebraica in genere (per quanto
no dei due Testamenti.
ciò che vale per i sacerdoti possa ave-
c) Àa-rpEvw riferito al sacrificio nel re ripercussioni anche su di essa). Pa-
culto. Scomparsa della differenza fra rimenti in Hebr.9,9 Àa,-tpEuwv non al-
Àa:i:pEvw e ÀEL-roupyÉw nell'Epistola lude in generale ai partecipanti al culto,
agli Ebrei. Secondo la prassi linguistica ma ai sacerdoti che compiono il rito sa-
dei LXX, con À.a."t'pEUEL'V si allude prima crificale; infatti nel À.a-.pEUW\I di que-
di tutto al sacrificio cultuale che si deve sto versetto vengono ripresi semplice-
offrire a Jahvé, a differenza degli altri mente gli i.EpE'Lç 'tÒ.<; À.a,'tpElaç È7tt"t'E-
dèi. Questa accezione sussiste in Act. 7, Àouv'tE<;, «sacerdoti che compiono i ri-
7 (dr. Ex. 3, u); 7>42 (cfr. Ier. 7, 18, ti» di 9, 6. Anche i À.a,-.pEvovnç di

8 Cfr. N .T. DEUTSCH III (1935 ), ad l.


Àa:tpEuw, Àtx'tpEla (H. Strathmann)

Hebr.rn,2 sono i sacerdoti. I tradutto- dell'uomo religioso di fronte a Dio,


ri dei LXX qui avrebbero messo À.Et- compare prima di tutto in Le. 1, 74:
't'OVPYE~v. come in 8,6 il À.a.'t'pEVEW di Zaccaria attende con fiducia che Dio al-
8,5 è ripreso con À.E~'toupyla.. Cfr. an- fine ci conceda, liberati dall'oppressio·
che 10,1r. ne dei nemici, À.a:tpEUEW aù-c<i) Év òcn6-
d) Àa.'t'pEÙW riferito alla preghiera li- 't'TJ't'L xat otxa.too-uvn Èvwmov aù't'ou,
turgica. Nei rimanenti passi del N.T. «di servirlo nella santità e nella giusti-
Àa:tpEUE'W allude piuttosto all'omaggio zia al suo cospetto». Il culto di Dio, co-
dell'adorazione e della preghiera cultua- me è qui concepito, non può andar di-
le che tutti possono offrire; oppure vi sgiunto da un comportamento di vita
ricorre in un senso ancor più largo, im- veramente santo e da una «esecuzione
preciso, si potrebbe dire traslato e spi- dei comandamenti di Dio che sia per-
ritualizzato, secondo il quale esso com- fetta anche ai suoi occhi». Il medesimo
prende tutte le forme in cui si attua senso pieno ha À.ai:pEUEW anche in Act.
l'onore reso a Dio. 24, 14, dove Paolo assicura che egli
Ì..a.'t'pEUEW compare nel senso di ado- «serve al Dio dei suoi padri»; solo
l'azione nel1e tentazioni di Gesù (Mt.4, che questo À.a.'t'pEUELV ora avviene xa- ·
rn; Lc.4,8, cfr. Deut.6,13), in antitesi -cà. -t"Ì)v òoòv i)v À.Éyouo-w atpeow,
con il sinonimo 'lt'pocrxuve~v, che il ten- «secondo quella via che chiamano set-
tatore vorrebbe per sé. Lo stesso si cli- ta», e che invece è la norma data dal
c~ di Apoc.7,15 (dove si parla dei mar- vangelo, senza che per questo abbia a
tiri beati che 'servono' Dio giorno e soffrirne la fedeltà alla legge e ai pro-
notte nel suo tempio) e di Apoc. 22,3. f eti. Tale programma implica che egli
Ma anche la preghiera assidua di An- si studi con ogni sforzo ( chrxw) di à;-
na nel tempio (Le. 2, 37) e la ininter- 'lt'pocr:x:oitov crvvEloTJCTLv EXEW 1tpòc; 't'ÒV
rotta aspirazione di Israele al compi- i>EÒV XO'..L 't'OÙç à:.vi}pwitOU<; OLà. 1t0'..V't'6ç,
mento della promessa (Act. 26,7) ven- «di avere una coscienza del tutto irre-
gono classificati come un À.a.i:pEUEW: prensibile davanti a Dio e davanti agli
in quest'ultimo caso esso equivale sem- uomini». Cfr. inoltre Act.27,23 : i:ou
plicemente a 'pregare'. I due passi sono i}eov ou ELµL, 4J xat Àa.i:pEVW, ayytÀ.oc;,
significativi, in quanto manca il dativo «un angelo di quel Dio al quale appar-
della persona a cui è tributato il 'servi- tengo e a cui servo»; 2 Tim.r,3: xciptv
zio'. Qui il vocabolo diventa termine EXW 't'0 ilE4), ii) À.a.i:pEUW 6'.1tÒ 7tpoy6vwv
tecnico per là preghiera liturgica. f.v xa.&rxp~ cruveiol}trEL, «ringrazio Id-
e) À.a.'t'pevw in senso gene,.alizzato e dio, a cui servo con pura coscienza,
traslato. L'accezione larga di À.a.'t'pEUEW, per tradizione che mi viene dai padri».
comprendente tutte le manifestazioni Rientra in quest 'ordine di idee Hebr.
>..a:tpEVW, >..a:tpEfo. (H. Strathmann) (1v,65) 186

12,28. Noi riceviamo in possesso - di- le culto religioso tradotto in realtà di


ce l'autore - un regno indisttuttibile, vita; solo che qui si intende in parti-
per il quale siamo tenuti alla ricono- colare il servizio apostolico di Paolo.
scenza (itxwµe.'V xripw ), 01.' -ijç À.a:rpe.u- Egli assicura ai cristiani di Roma che
wµe.v (var.: À.tx:•pe.uoµe.'V) e.ùocpÉcr"t'wç -r<i) si ricorda senza posa di loro nelle sue
itE4), µe.,;~ e.ÒÀtxfkltxç XOCÌ ofouç, «la preghiere, e ne chiama in testimonio
quale ci fa rendere a Dio un culto a lui Iddio, e!> À.oc-.pEvw E\I 't<i) miEvµcx.-rl µov
gradito, con reverenza e timore». Una f.'J -r<i) e.ucx.yyEÀ.lcy 'tOu utou cx.v-çou. La
condotta di vita che piaccia a Dio, ispi- chiusa di questa riflessione non può vo-
rata alla gratitudine e insieme a una se- ler dire altro, se non che il culto tribu-
ria coscienza della propria responsabi- tato a Dio dall'Apostolo 'nel suo spiri-
lità: ecco il -rii} itEi;> À.a:rpe.ve.w secondo to' si realizza «annunziando il vangelo
il concetto cristiano. L'espressione sem- del suo Figlio» (Èv 't<i) EÙocyyEÀ.lcy, co-
bra aver il compito di introdurre alla me in 2 Cor.8,18; ro,14). Paolo accen-
seguente sezione parenetica (cap. 13). na dunque alla sua opera apostolica, e
Forse è da interpretare a questo livello la definisce come un À.oc'tpEUELV, un at-
anche il À.ai:pe.ve.w di Hebr. 9, 14: il to di culto religioso, di omaggio reso a
sangue di Cristo purificherà la nostra Dio. Colpisce l'espressione È'J 't4} 'JtVEU-
coscienza dalle opere di morte dç 'tÒ µa'tl µou. C'.ertamente Paolo non inten-
À.ct'tpe.ve.w De.i;> ~WV'tL, «per prestar cul- de dire che il suo servizio apostolico si
to al Dio vivente}>. Purificazione della realizza soltanto nel suo intimo. Vuol
coscienza vuol direr remissione dei pec- forse dire che si compie mediante il
ca ti (cfr. v. 22). O si può dunque inten- suo spirito, ner senso che il suo spirito
dere che ora il cristiano ha la possibilità, è lo Spirito santo che gli è stato elar-
come il sacerdote nel sacrificio di culto, - gito, e quindi lo Spirito di Dio? Ma al-
di accedere a Dio, di avvicinarsi a lui lora perché non dire addirittura cosl?
(cfr. 4, 16) e allora avremmo un senso Quale importanza, del resto, avrebbe
traslato del Àa-rpEl'mv sacerdotale; oppu- nel contesto classificare l'ufficio di apo-
re si può intendere che la purificazione stolo come un carisma? Oppure vuol
della coscienza, di cui si è stati ogget- dire che compie questo lavoro con tutto
to, ha per scopo e per risultato una il suo cuore? Ma un'idea siffatta anda-
nuova condotta di vita che si presenta va espressa in questo modo? O non si
come il vero Àoc-rpe.ùe.w i>e.4'.> sW\l'tL ( cfr. ha qui, piuttosto, una commistione di
12,28), e allora si tratterebbe di quel due pensieri? Vogliamo dire che il Àcx.-
senso pieno del vocabolo che abbiamo -rpe.uew, il culto, si compie nell'annun-
riscontrato in Lc.r,74 ecc. cio missionario di Paolo e, in pari tem-
Anche in Rom.r,9 si allude a un ta· po, nella sua preghiera interiore che,
r87 (1v,65) À<npEuw, Àa't'pEla (H. Strathmann) (1v,65) r88

del resto, ha come oggetto principale il crifìcale, nel N.T., invece (con la sola
proseguimento della missione. Se cosl eccezione dell'Epistola agli Ebrei), que-
fosse, il concetto di Àai:pEUEW qui sa- st'idea rimane del tutto in ombra. Al
rebbe alquanto oscillante. Paolo serve, suo posto prende risalto il riferimento
onora Dio, presta il culto sia portando il al servizio della preghiera e alla conce-
messaggio cristiano, sia nel suo intimo, zione dell'intera vita cristiana come un
pregando per le comunità e per il suc- unico ÀrJ.i:pEvELV, per modo che solo il
cesso del vangelo9 • Questo pensiero spie- cristiano appare capace di un À.rJ.-rpEu-
gherebbe l'atteggiamento del!'Apostolo, EtV, di un culto divino, veramente de-
che chiama Dio a testimone della sua gno di questo nome. Il concetto di cul-
preghiera, che è un atto della sua vita to è spiritualizzato 11 •
interiore, sconosciuta come tale alla co-
munità, ma ben nota a Dio.
Da ultimo incontriamo Àai:pEUEW, in Nel N.T. À.rL'tpEla. ricorre in cinque
Phil.3,3, in senso lato e traslato, cioè passi; di questi, tre si riferiscono al ser-
come sintesi dell'intera esistenza cristia- vizio cultuale. In Rom.9,4, nell'enume-
na. Paolo chiama in causa i giudaizzan- razione dei privilegi religiosi d'Israele,
ti, bollandoli con parole di fuoco, e la ÀrJ.-rpda, il culto sacrificale, è menzio-
contrappone loro se stesso e i cristiani. nata tra la legge e la promessa. In Hebr.
La vera circoncisione siamo noi, ol '1tVEU- 9,1, OLXaLwµa.i;a À.a'tpelac; sono lepre-
µai:t i}EoV ( var.: i}E<!)) Àai:pEVOVUc;, scrizioni cultuali. In Hebr.9,6 (ot lepEic;
«che serviamo nello Spirito di Dio». i:àc; Àa'tpelac; Èmi;EÀovv-rEc;, «i sacerdo-
Quegli altri pongono la loro fiducia nel- ti che compiono i riti sacri»), i riti di cui
la carne; nell'ambito della carne si muo- si parla sono il servizio sacrificale. In I o.
ve tutto l'onore che rendono a Dio. I 16,2 (EPXE'trt.L wpa L\l(J, '1tii<;, ò à'1tOX'tEt-
cristiani, al contrario, onorano Dio me- va.c; ùµcic; 06~11 ÀrJ.'tPELG.V 7tpocrcpÉpELV 'tcf>
diante lo Spirito di Dio 10 : questo ono- i}EQ, «viene l'ora in cui chiunque vi uc-
re non va limitato alla preghiera, ma cide potrà credere di render culto a
abbraccia tutte le cose alle quali lo Spi- Dio»), il verbo 1tpocrcpÉpnv, 'offrire',
rito di Dio li porta. La vera Àai:pela è mostra che À.u.-rpEla equivale al sacrifi-
la vita cristiana plasmata dallo Spirito. cio. La rappresentazione concreta del
Àai:pEVELV significa rendere onore ne1 sacrificio, dunque, sembra connessa più
culto. Mentre però nell' A.T. si ·pensa saldamente al nome che non al verbo.
sempre, prima che ad altro, al culto sa- Ciò vale anche per l'ultimo passo (Rom .

9 Cfr.K~L, Rom., e ZAHN, Rom., ad t. 11 Cfr. in~ WllNSCHKEWITZ il pensiero-guida.


IO La diversità delle lezioni non muta il senso.
>..«xavov (G. Bornkamm) (1v,66) 19ò

12,1), nel quale tuttavia si ha un uso ragione nella quale si sente l'azione del
traslato: il culto che i cristiani devo- pensiero divino. L'uomo, se presta a-
no prestare consiste in una configura- scolto alla voce della ragione, deve ri-
zione del loro intimo e del loro agire conoscere che questo è il vero culto. È,
esterno tale, che si distingua chiaramen- questo, un processo di interioriizazione
te dal mondo e corrisponda al volere e, insieme, la più comprensiva delle di-
divino. Questo è il sacrificio vivente latazioni, che riprende il principio pro-
che essi han da offrire. Per dare un no- fetico di Deut. ro,12 ss.; in esso la sto-
me a tale sacrificio, Paolo si serve di un ria biblica del concetto cultuale di À.o:-
concetto conente nella filosofia del tem- -rpcla. giunge a compimento: un compi-
po 12, quello di À.oytx'Ì) À.a't'pda (Vg.: mento di cui la frase di Rom.12,r è la
rationabile obsequium ), rispondente, corona.
dunque, alla ragione umana, ma a una H. STRATHMANN

1" Àa:x.avov 1
Generalmente al plutale: erbe com- Può indicare una dieta vegetariana:
mestibili, ortaggi coltivati nei campi e Philostr., vit.Ap., r,8; Diog.L.8,20(38);
negli orti (À.axo:.lvm1, zappare, rivol- Preisendanz, Zaub. 1 ro4 (in opposizio-
tare la terra) 2 ; venduti al mercato (i:à ne alla carne di pesce e di porco); nel-
À.axava come indicazione del mercato la letteratura medica si trovano molti
degli ortaggi: Atistoph., Lys., 557; A- scritti rtEpi À.a.x&.vwv: Diocle, in Galeno
lexis, fr. 46,8 [C.A.F., II p. 314] ecc.); (ed. Kiihn, XVIII l , p. X2.), Crisippo
preparati in cucina: Cratinus, fr. 313 (frammenti in Plinio il Vecchio) 3, Euti-
(C.A.F. I p. ro4); Plat., resp. 2, 372 c: demo (Athen. 2,53 [58 s.] ecc.).
BoÀ.~ouc; xcd À.a.xo:.v6:. yE, ola oi] È.V &.- Nei LXX sta per ;ereq (ovvero jariiq)
ypoi:c; è:ljii)µo:.-ra; Athen. II, 8 l ( 69 f): in Gen.9,3: ).éJ.:xa.va x.opnu; tjJ 36,2:
è:ljl11i:a; anche À.6:.xava aypta, Ari- À.axa.va. xM11c; (cfr. anche Aquila in
stoph., Thesm., 456; Pl., 298; Flavio Gen.1.30); 3 Bwr.20,2: xij'lto<; À.a.x.6:.-
Giuseppe, bell.5,437; èiypLèx. À.axc<.va: vwv ( cfr. anche Deut. II, ro: x1j1to<; À.a-
"A).J,oL (non in Aquila e Simm.) in 4 xavElac;). Della semplicità di questo ci-
Baa-.4,39 (per 'orot, 'erbe', i LXX han- bo parla Prov.15,17.
no: apLwiJ). Le caratteristiche botani-
che si possono trovare in Aristot., de Nel N.T., Mc.4,32 par. Mt.r3,32: il
plantis l,4 p. 819b, 8 ss.; Theophr., hist.
plant. l ,3, r. granello di senapa, il più piccolo di tutti

12 Cfr. LmTZMANN, Rom., ad l.


Àax(l.vov 2 WALDE-PoK. n
3 sr.
1 LmoELL·ScoTT, PAssow, PRmsrGKE, Wort. 3 Cfr. PAULY-W. 111 2 (1899) 2509 s.
À&.xa.vov (G. Bornkamm)

i semi 4, diventa più grande di tutti gli 'ltl]V 'tOV i}Eou, «il giudizio e la carità di
altri arbusti (Mt., Le. iperbolicamente: Dio»).
«diventa albero») 5 • Cosl, meravigliosa-
In Rom. r4, 2 10 Paolo, usando un
mente, il regno di Dio, partito da inizi
termine probabilmente di moda nella
nascosti ed irrilevanti, giungerà ad ab-
comunità romana, parla di un gruppo
bracciare e salvare i popoli del mondo
di 'deboli' (----7 I, coll. 1308 s.) che sono
intero 6 •
vegetariani (ò SÈ <i<Ti}Evwv }.!l.xa.vet ÈCT-
Le. I I ,42: &:JtOOEXOC'tOV'tE 'tÒ 1)ovoCT- i}lE~, «chi è debole mangia ortaggi»). Se-
µov xett 'tO m}ya.vov xett n&v }.&.xa.- condo costoro era impuro (v. q) man-
vov, «pagate la decima della menta, del- giar carne e anche bere vino (v. 21):
la ruta e di ogni genere di ortaggi» 7 • perciò si scandalizzavano della condotta
La decima sugli ortaggi non fa parte libera dei 'forti' e la criticavano. Si trat-
delle disposizioni della Torà (Deut. r4, tava di un gruppo di origine giudaica:
22 s.), discende piuttosto da una tra- Io si ricava dal fatto ( r4,5) che mante-
dizione rabbinica, che si rifà a Lev.27, nevano 1' o~servanza di alcuni giorni
30 8. La stretta osservanza delle pre- particolari (del sabato prima di tutto),
scrizioni sulle decime distingue i devoti e che Paolo, dopo aver ripreso (r5,7)
(~aberim) dagli 'am-ha'are!, pop11lus ter- la raccomandazione già espressa in r4,
rae ~. Bersaglio del logion di Gesù non r, parla nello stesso contesto anche del
sono le regole dei farisei, ma loro stes- rapporto fra 1Cep~"toµ1] e !:wn (v. 8 ss.).
si, in quanto, coperti dal mantello di L'uso vegetariano coerente e continua-
una rigorosa legalità, in realtà si sottrag- to (al contrario di un esercizio provvi-
gono alle autentiche esigenze di Dio sorio e temporaneo), quale si praticava
( ·mxp~PXE<Ti}E 't1}V xpLCTLV xa:ì 'ttJV à.y&.- dai 'deboli' della comunità romana, era

• La piccolezza del granello di senape è pro- 7 Mt.23,23 enumera invece: i)ouocrµov, llvTJ·
verbiale (dr. STRACK-BJLLERllRCK I 669). l>ov e xuµwov secondo il testo di Q, infatti
s Se l'espressione di Mt. e I.e. si debba inten- J•bétii' (li.vT]&ov, 'finocchio') può essere scam·
dere in senso iperbolico, dipende dalla solu- biato con fabbiirii' (m)yavov, 'ruta') (EH. NE-
zione di un'altra questione: quale sia, cioè, la STLE: ZNW 7 [1906] 261), e il 'ltiJya.vov era
pianta in questione, se la sinapir nigra (sena- stato esplicit11mente escluso dall'obbligo della
pe arbusto) o la salvadora perrica (senape decima (Sheb. 9,1). Per la decima delle erbe
albero). Solo nel primo caso la senape si può commestibili, cfr. A.Z.b. 7b; Maas l,1; 4,5.
annoverare nel ylvoc:; Mx.xa.vwllEc; (Theophr., 8 S. Lev. a 27,30; STRACK-BILLERBECK IV 653.
hist. plani. 7, I, I s.): questa interpretazione 9 STRACK-BILLBRBECK II 498.500.
sembra preferibile. Cfr. KLOsTERMANN, Mk. 10 Cfr.E.RIGGENBACH, Die Starken rmd Schwa-
adl. chen fo der romirchen Gemeinde (ThStKr 66
6 L'immagine di un albero che offre protezio- [1893] 649 ss.). M. RAUBR, Die 'Schw11che11'
ne e dimora è comune nell'A.T. : Ez.17,22 s., in Korinth und Rom ... (BSt 21, 2/3 [1923]
31,6; Dan., 4,9.18 . 76 ss.).
193 (1v,6]) ì..6.xavov (G. Bomkamm) (1v,68) r94

certamente estraneo al giudaismo uffi- cratiti: Iren., haer., 1,28,r; per i satur-
ciale u, ma si può riscontrare in alcune niani: Hipp., re/., 7,28; per i mardo-
niti: Tertull., Mare., l,14; per i mani-
tendenze particofari del giudaismo sin- chei: Aug., Faust., 20,23; de moribus
cretistico. ecclesiae catholicae et de moribus ma-
nichaeorum 2,16 [MPL 32] ). L'uso ve-
Nelle religioni e nella filosofia antica getariano rientra infine nell'ascesi cor-
si incontra una molteplice prassi vege- rente delle storie apocrife degli aposto-
tariana 12, variamente motivata. Il vege- li e dei monaci. I motivi di questa pras-
tarismo è uno dei principi degli orfici, si sono molteplici: originariamente la
fra i cui misteri si trova anche l'uso sa- metempsicosi, le concezioni orfiche sul-
cramentale, derivato dal culto tracio di la purificazione, l'ascesi mantica; più
Dioniso, di mangiare carne cruda (Por- tardi soprattutto le concezioni umanita-
phyr., abst., 4 1 19; Orph. fr. [Kern] rie, igieniche e ascetico-dualistiche.
Testimonia 90.212.213.21,5); lo stesso
si dica dei pitagorici {lambl., vit.Pyth., Sui motivi del vegetarianismo e del-
24,107s.) 13 che in questo riconoscono l'astinenza presso i cristiani di Roma
- come anche Empedocle - la loro di-
pendenza dagli orfici; lo troviamo an- sappiamo soltanto ciò che si può de-
che in alcuni tardi accademici, come Se- durre da Rom.14,14: le parallele indi-
nocrate {Clem.Al., strom.7,32,9) e Plu- cazioni di I Cor.B.10 danno l'impressio-
tarco (cfr. il suo trattato sull'uso delle
carni [11, 993-999]). Fra gli stoici so- ne che anche per i gruppi romani si
stengono la prassi vegetariana Seneca trattasse del timore di toccare gli ido-
(soprattutto epist. mor. 18,5 [108], 17 lotiti. Mancano però in Rom. 14 i ter-
ss.) e Musonio {pp. 57 ss. 94 ss., Hense) mini caratteristici El:owÀ.ov, ElowÀ.Ei:ov,
- ambedue sotto l'influsso neopitagori-
co (Diog. L. 8,20 [38]) - la scuola di EtowMihtov, che giustificherebbero ta-
Sestio (Sen., loc.cit.), Apollonio di Tia- le supposizione. Quanto alla Lettera ai
na (Philostr., vit.Ap. r,8) e i neoplato- Romani ci si dovrà dunque ·contentare
nici (cfr. Porphyr., i 4 libri 1te:pi cbto-
Xii<; ȵtJiuxwv). Si trova lo stesso nelle di un vegetarianismo determinato da
cerchie di mistici ermetici 14 , di terapeu- generici motivi religiosi. C'è tuttavia
ti (Philo, vit. cont. 37), forse anche di qualcosa di comune in Rom. 14 s. e I
esseni 15 e di alcune sette gnostiche (per
gli ebioniti cfr. Ps. Clem., hom. 8,15; Cor.8 ss.: in entrambi i casi Paolo sbri-
12,6; Epiph., haer., 30 115.3; per gli en- ga subito la questione se sia giusta o

li Passi come T. Sotà r5, u-15; B.B.b. 60 b LBITER, Der Vegetarimms it1 der Antike, RVV
Bar. ne dimostrano l'infrequenza (ricorre sol- 24 (1935).
tanto come espressione di tristezza) e la criti- 13 In HAUSSLElTER, op.cit., 97 ss., si possono
ca; STRACK-BILLBRBECK III 307 s.; II 523. trovare ulteriori documenti, anche contro l'i-
12 Ev. DonscHiiTz, Dic urchristlichen Gemei11- potesi di un uso incondizionato del vegetaria-
den (1902) 93 ss. 274 ss.; H.STRATHMANN, Ge- nismo in Pitagora e nella sua scuola.
schichtc der friihcristlichen Askese... I (1914) 14 Cfr. J. KROLL, Die Lehren des Hermes Tris-
passim; LIETZMANN, Rom.14,1; P. R. ARBES·
megistos (1914) 343·
MANN, Das Fasten bei den Griechen tmd Rii-
mem, RVV :u,1 (1929) 29 ss.; JoH. HAuss- IS HAUSSLEITER, op.cii., 37 SS.
ì95 (rv,68) ÀEyLW\I (H. Preisker)

meno 'in sé' (Rom.14,14) la prassi 'li- parla dei 'deboli' di Roma e di Corinto,
bera' o non libera (cfr. Rom.14,6.r7; I esclude che si tratti di sostenitori d'una
Cor.8,8; ro,r9.25 s.), per rivolgere in- dottrina errata (nel senso di Gal.4,ro;
vece l'attenzione all'altra, ben più gra- Cob,r6.21; rTim.4,3); piuttosto vieta
ve, che riguarda «ciò che è dell'altro» loro di giudicare gli altri con il metro
(r Cor.ro,24; cfr. Rom.14,19 ss.; 15,r della loro prassi, e quindi riconosce il
ss.). In ambedue le lettere, quindi, il cri- valore della loro coscienza e il pericolo
terio di soluzione è fornito dalla carità, che si correrebbe eliminandone arbitra-
dall'edificazione, dal rispetto della co- riamente il vincolo e vuole quindi che i
scienza altrui (il contrario dello 'scan- 'forti' tengano conto di questo vincolo
dalo'). La tolleranza con la quale Paolo della coscienza dei 'deboli'.
G . BoRNKAMM

t ÀEYLWV
À.Eytwv è un imprestito dal latino (le- grafi fin dal tempo dei triumviri, come
gio) attestato a partire da Diod. S. 26,~ risulta dall'epigrafe efesina di un tribu-
(ed. L. Dindorf IV [ 1867]); olue a ÀE- no À.Eyewvoç EX'tYJ<; MaxEoovLxfjc; 2; cfr.
ytwv si trova anche À.EyEwv 1 e una vol- Ditt., Syll. '805, ecc.; CIG 11327, 9s.;
ta (CIG III, 6627) ÀEyEtWV. Cosl ne III 4011, 5; III 4029, ro. Il termine si
spiega il significato Plut., Romulus r3 trova spesso nei papiri; ad es. 1 P. Oxy.
(I, 24 d): ÈxÀ:rWYJ oÈ ÀEYEW\I 't4) Àoyii- II, 276, 9 (À.E)'EWV owi;Épa); BGU I,
òac; E!vat 'toùç µaxlµouc; É'X. 'lta\l'twv, 140,6 (Àcytwv 't"PL't'l')). Non si trova, in-
«fo chiamata 'legione' perché era for- vece, nei LXX e neppure in Flavio Giu-
mata da uomini scelti tra tutti per le lo- seppe (che usa "t"rlyµa), né in Filone. È
ro qualità guerriere», e Otho 12 (r ro72 stato però assunto in Palestina nella
a): ... À.EyEwvec; ( o\J.. w yà.p ..a. "t"ay1..w ... a forma legjon, ad es.: melaklm weleg;o-
'PwµafoL xaÀoGcnv, «cosl i Romani notehem = oi. BrunÀEtc; xai ai. À.Eytw-
chiamano gli ordini militari»); Nicol. VEc; aÙ'tWV, Tanh. lk lk r7 (p. 37 b, Bu-
Damasc., vita Caesaris 31 (F. Jacoby, ber); talvolta è anche designazione dei
Die Fragmente der griech. Historiker singoli soldati della legione, come dei
II A (1926] p. 4r9,6). Ricorre in epi- leviti si dice: hem leg;onota; = aùi:ob

ÀE"(LW\I
I Per Io più abbreviato in ÀEy, donde la diffi- 29 s.; C. WESSELY, Die lat. Elemente in der
coltà di decidere se originariamente si avesse Griizitiit der iigypt. Papyrus11rk1mden: Wiener
~ ovvero E. Il passaggio da L a e dipende dalla Studien 24 (1902) 99 ss.; DITT., Or., Index;
pronunzia latina della i, che s1 avvicina alla E A. P. M. MEUWESE, De rerum gestamm Divi
greca: perciò può essersi prodotta più tardi Augusti versione Graeca (Diss., Amsterdam
una confusione di vocali, allora piuttosto fre- r920) lJ.
quente. Cfr. W . DITTENBERGER: Herm. 6 (1872) 2 Cfr. A. v. DOMASZEWSKI, in Jahreshefte des
129 ss.; Ttt. EcKINGER, Die Ortogrnphie lat. Osterreichischen archliologischen Instituts in
\Vorter in griech. Inschr. (Diss., Zi.irich r892) Wien II (1899) Beiblatt, col!. 81-86.
r97 (1v,68) ÀEy~wv (H. Prcisker)

EÌ.ow a.t À.EytwvÉç, µou (Tanh. bmdbr Già i Giudei, come pure il sincreti-
17, p. 8 a, Buber)3. Nell'epoca imperia- smo dell'epoca, pensano le schiere an-
le una legione poteva contare circa 6 geliche come una moltitudine incalco-
mila fanti e 120 cavalieri, a cui andava- labile 6 ; insieme, pure, sìncretismo e
no aggiunti gli auxilia, cioè i reparti giudaismo ritengono che il numero de-
tecnici e specializzati 4• gli spiriti cattivi sia incalcolabile 7• Que-
sta credenza popolare sta alla base del-
Nel N.T. il termine À.Eytwv si trova l'uso del termine À.EyLwv nel N.T. Non
una volta nella narrazione dell'indemo- troviamo mai ÀEYLWV detto di un solo
niato di Gerasa (Mc.5,9=Lc.8,30; Mc. demonio, se non in passi che dipendo-
no da Mc. 8• Il nome è certamente sor-
5,15) e un'altra in quella dell'arresto di
prendente; ma bisogna ricordare che
Gesù, Mt.26,53. lgium nei rabbini può significare anche
«i singoli soldati della legione» 9, e che
Anche nei manoscritti del N.T. la le- il malato può esser posseduto da molti
zione ÀEYLW\I si alterna con À.EyEwv; spiriti demoniaci (dr. Mc. r6, 9; Mt.u,
ad es. Mc.5,9: À.t::yLwv (codd.S*B*CD 45 = Le. ir, 26; Le. 8,2) che sono pe-
Lit vg syrutr cop), À.EYEW\I {codd. AB'). rò espressione di un unico potere (Mt.
Mc. 5 ,15: 't'ÒV Éoxr1x6't'a. 't'ÒV À.EyLwvcx. 12,45 = Lc.u,26); per questo, nella ri-
(codd.A C: À.EyEwva.}, manca nei codd. sposta a Gesù, ricorre il nome À.Eytt:l\110,
D 17. 27 it vg, ma va letto in confor- che designa la forza dei poteri demo-
mità della concordanza degli altri ( cfr. niaci.
Tisch., N.T. I, ad l.}. In Mt.26,53, le dodici legioni d'an-
Quindi À.EyLwv nel N .T. designa l'u- gdi che Dio potrebbe mandare a libe-
rare Gesù, se lo volesse, testimoniano
nità militare, ma soltanto a proposito sia la onnipotenza di Dio, superiore ad
di esseri non umani, come demoni (Mc. ogni forza umana, sia il suo amor~ re-
5,9.15 = Lc.8,30) o angeli (Mt.26,53), dentore. Le schiere umane - siano quel-
le della guardia del tempio o delle te-
sempre a proposito di esseri che hanno mute legioni romane - si contrappongo-
qualcosa di potente, di inaudito, di no alla straordinaria potenza delle cele-
straordinario, capace di soggiogare l'uo- sti legioni di Dio.
mo; tali esseri appartengono al mondo Per ambedue le narrazioni, è impor-
di Dio (come gli angeli, espressione del- tante ossetvare che ÀtyLwv si trova usa-
la sua bontà), o a quello delle tenebte, to solo in rapporto a Gesù come perso-
come i demoni che ricordano l'oscurità nificazione della OUVIXµLç, 1h: OU, come
e la confusione del mondo 5 • 'figlio dell'uomo'. In quanto Gesù è

l SCHLATTER, Kom111.Mt., ad l. ù11 Mk.-Ev. ( r 927) 26.


4 PAULY-W. xn (x924) xx96 (art. 'Legio' ). 9 Con KLOSTERMANN, Mk., ad l.; SCHLATTER,
5 ~ II, coli. 74r ss.; STRACK - BILLERIJECK IV Mk., ad l.; non è dello stesso avviso STRACK-
JOI 55. BII.LERBECK II 9.
6 BoussET-GRESSM. 325 s.; STRACK-BILLER- m A causa dello scambio fra singolare (Mc.5,
DECK I 997 .682. 3: 'tÒ 1tVEU(W.; 9 : a.irr:6v, t10t, µot; 10: 7tCJ.pE-
1 BoussET-GRESSM. 338. XclÀ.Et) e plurale (v. 9: Ècrµev; 10: a.u .. a; 12:
8 O. BAUERNFErND, Die Worte der Diimonen :tO:pEX('(Ì,EO"CX.V, i}µiiç; 13: a.u-roi:ç, 7t\1Euµa.-ra.).

4 grande lenito - vl
199 (1v.69) À.Éyw A I (A. Debrunner) (1v,70) 200

utòc; 't'oii i}i::oii, le legioni celesti gli stan- indicare poteri numinosi. Se ne può de-
no a fianco, e in quanto è 'figlio dell'uo- durre una indicazione per la battaglia
~o' egli domina le potenze demoniache che attende la ecclesia militans: essa
anche quando sembrano avere la forza deve combattere proprio là dove si lot-
di legioni. Perciò nel N.T. il termine ta fra il regno di Dio e le potenze de-
À.E"(tW'll non è usato nel senso solito, moniache (cfr. Eph.6,I2).
per indicare il mondo militare, ma per H.PREISKER

ÀÉyw, À.6yoc;, pljµa, À.aÀÉw,


Àoytoc;, ÀoytOV I aÀ.oyoc;,
Àoytx6c;, ÀoyoµaxÉw,
À.oyoµcx.x.lcx., ÈxÀ.Éyoµttt,
ÈxÀ.oy1), È%À.Ex't6c;

ÀÉyw, À.6yoc;, pfjµa., Àa.À.Éw


b) Eraclito;
SOMMARIO: e) i sofisti;
d) Socrate e Platone;
A. I vocaboli À.Éyw, Myoç, Pijµa, À.a.À.Éw e) Aristotele;
nella grecità:
3. il Myoc; nell'ellenismo:
I. À.Éyw:
a) la Stoa;
a) il significato fondamentale della radice;
b) il neoplatonismo;
b) raccogliere;
e) i misteri;
e) contare; d) la teologia di Hermes-logos, ermetismo;
d) enumerare;
4 . i MyoLdiFilone;
e) narrare, dire;
5. la speculazione sullogos e il N.T.
2. Myoç:
a) riunione; C. La 'parola di Dìo' nell'A.T.:
b) enumerazione, calcolo: 1. i corrispondenti ebraici dei vocaboli greci
a) resa dei conti; indicanti la parola;
~)conto; 2. l'uso generale di dabar
y)riguardo, apprezzamento; come corrispondente di l6yoç e di Pfiµa:;
o) riflessione, motivo, condizione; 3. il diibiir della rivelazione profetica:
c) xa."'t'aÀ.oyoç: enumerazione, elenco; a) la rivelazione per immagini;
d) À6yoç: narrazione, parola, discorso, b) la rivelazione per immagini e parole;
ecc.; e) il distacco dall'immagine;
3. Pijµa.; d) gli scritti profetici;
4. À.aÀ.Éw, Àcx:À.ui.. 4. il dabiir come rivelazione della legge;
6. la 'parola' nella poesia.
B. Il logos nella grecità e nell'ellenismo:
1. molteplice significato del termine logos; D. 'Poro/a' e 'parlare' nel N.T.:
2. l'evoluzione del concetto di Myoç 1. l'usofondamentale e generale
nella grecità: di À.Éyw/Myoc; nel N.T.;
a) i due aspetti del concetto; 2. accezioni sbiadite e tecniche;
Myw A r (A. Debrunner)

3. le singole parole dette da Gesù: 9. la 'parola' nella parola di Gesù nei


a) la citazione delle singole parole; sinottici;
b) la potenza della parola di Gesù; ro. Myoc,/Myo~ (-tou beoti) nell'Apocalisse;
e) l'appello alla parola di Gesù n . Gesù Cristo, il Myoc; -.ou bEou;
al di fuori dei Vangeli; 12. I Io.r,r ss.;
4. la 'parola' veterotestamentaria nel N.T.; 13. l'originalità del Myoc; in Io.r,r ss.;
5. alcune 'parole di Dio' rivolte a persone 14. interesse ed origine del Myoc;
particolari nel N.T.: nel prologo di Io.:
a) Simeone; il Battista; a) mancanza di interesse speculativo;
b) il tempo apostolico; b) il rinvio a Gen.r,r;
c}Gesù; e) altre connessioni;
6. il primitivo messaggio cristiano
d) il rai>porto con le speculazioni
come 'parola di Dio'
sulla 'parola';
(al di fuori degli scritti giovannei);
a} statistica; 15. logos e Torà.
b) determinazione approssima tiva
del contenuto;
7. carattere cd efficacia della 'parola' A. I VOCABOLI Àiyw, À6yoc;, pfjµ!l.,
nel cristianesimo primitivo À.Cl.À.ÉW NELLA GRECITÀ
(al di fuori degli scritti giovannei):
a} la 'parola' come parola di Dio; Non si potrà trovare qui una tratta-
b) il rapporto dell'uomo con la 'parola';
c) la 'parola' come parola parlata;
zione completa della storia dei termini
8, la 'parola' nei racconti sinottici su Gesù; greci corrispondenti a dire, parlare, pa-

MyM x-.À.
Per l'intera voce: (1896), in der christ. Lit. (1899); H. J. FLIPSE,
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der Logosidee: in der griech. Philosophie Oher die Ausdriicke fiir: Ding, Sache ti.ii. im
203 (1v,7r) ÀÉyw A 1 (A. Debrunner) (1v,71) 204

rola, discorso, ecc., come la si può tro· <lamenti dell'uso filosofico del termine
vare in J. H. H. Schmidt I 1-n2, op· À.éyo<; (~ B) e dei termini ÀÉyc,), ì..6-
pure, più in breve, in ~ E. Hofmann yoç, pijµa, À.aÀÉw sia nell'A.T. che nel
r2oss.; vogliamo esporre soltanto i fon- N.T. (~CD, pijµcx., ~ À.cx.À.Éw).

Semitischen, in Festschr. fiir Vilhelm Thomsen GRANGE, Vers le Logos de St. Jean: Revue Bi·
{1912); J. SzERUDA, Das Wort ]ahwes (1921); blique 32 (1923) 16:r ss. 321 ss.; A. B. D. A-
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59 ss.; L. DORR, Die Werttmg des gottlichen Vierten Ev. (1936) 44 s.
\\7ortes im A.T. und im antiken Orie11t, zugleich Sempre sul punto D 14-15 (nel quadro della
ein Beitrag zur Vorgeschichte des nt.liche11 Lo- storia delle religioni):
=
gosbegriffes Mitt. d. Vorderasiatisch-Agypti-
R. RErTZENSTEIN, Zwei religionsgeschichtliche
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205 (1v,71) ).lyw A 1 (A. Debrunner)

r. Mrw nella grecità 1 logica. In Myw e À.6-yoc; ambedue que-


sti aspetti sono ampliamente sviluppati.
a) La radice leg- fondamentalmente
significa raccogliere; lo si ricava non b) ÀÉyw, raccogliere è molto comu-
solo dal greco (-+ b), ma anche dal la- ne; ad es. in Omero, 6cr-.fo.. (1/.23,239)
tino 2, in cui questo significato è stato oppure octµoccrLa<; (materiale per un re-
sempre mantenuto sia dal verbo sem- cinto di difesa, Od. r 8 ,3 59 ); anche al me-
plice legere (ad es., oleam, nuces e an- dio, raccogliersi (À.É~acri}a.L, Il. 2,125) e
che vestigia [seguire le tracce], oram raccogliere per sé (6cr-.i!oc, Il.24,79 3; t;v-
[costeggiare Ia· sponda]), sia dai com· À.oc, 8,507.547; ll:v8pac; &:pl<r-.ouc;, Od.
posti colligere, deligere, eligere 1• Lo 24,108. [xpwciµEvoc;, dopo la cernita]).
stesso si ricava dall'albanese mb-l'~, Sono comuni anche i composti, sia in
(ri)unisci, raccogli 4• Raccogliere vale Omero (ci.va.- e o-v)...-, raccogliere), sia
prendere con ordine le cose che da un nell'epoca classica ( Ò:.1tO· ed ~x-, sceglie-
determinato punto di vista sono simili5. re).
Il concetto comprende perciò due a!ipet- e) Contare. Il prendere (materialmen-
ti: r. la successione delle cose, la loro te o spiritualmente con ordine cose si-
ripetizione, 2. il giudizio, una cernita mili può esser considerato come una con-

G. Heinrid (1914) 220.234; J. R. HARus, Tbe Lo doctrine dtt Logos dans le quatrième Évan-
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Schechiflah, in Festschr. zum 75 jahr. Bestehen (r9r6) 307- 336; E. TuROWSKI, Die Wider-
des Jiid. - Theologischen Seminars Fraenckel- spiegeltmg des stoischen Systems bei Philo von
scher Stiftung (1929) II r-rn; V. HAMP, Der Alcxandreia (Diss. Kéinigsberg 1:927) 6 ss.; per
Begriff 'Wort' in de11 aram. JJibelubersetwn- altre notizie cfr. F. Om!RWl!G - K. PRAECHTER,
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Problem u11d zur Geschicbte der Logos-Spek11- Die Pbilosophie des Altertmns" (1920) 209 ss.
latio11e11 (1938) (uscito dopo la stesura di que- l E. HoFMANN (~nota bibliogr.) 77 ss.
sto articolo). 2 Cfr. A. ERNOUT -A. MEIJ'..LBT, Dictio1111aire
Per Torà: Étymologiq11e de la Langue Latine (1932) 507
A. ScHLATTER, Die Sprache u11d Heimat des ss.
vierten Evattgelisten : BFfh 6,4 (1902) 14 ss.; 3 Legere, nel senso di leggere (u110 scritto), è
SCHLATTER, ]oh. I ss.; STRACK-BILLBRBECK II, derivato da prendere, rilevare per ordine le
353-362; K. Bol!NHAUSl!R, Das Job.-Ev., eine lettere dell'alfabeto (o i nomi di m1 elenco, o
Missionsschrift fiir Israel (1928) 5-r3. simili).
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d'Alexandrie (Diss. Leipzig 1876); J. REVILLE, 5 ~HOPMANN77.
À.Éyw A 1 (A. Debrunner)

ta; perciò Myw talvolta significa conta- significato di ÀÉYEW è del tutto comune
re; Hom., Od.4,450 ss.: Proteo passava nelle sue molteplici sfumature; ad es.,
in rassegna le foche e le contava tutte con l'ace. e l'inf. in Pind., Pyth. 2,60:
(À.Éx-.o ò' &.pd)µ6v), compresi i greci tra- rcwv 1tapoLllE yEvÉ<TìlaL v7tÉp't'Epov, «che
vestiti da foche (TjµÉaç 7tpw-.ovç À.Éye ). qualcuno, avanti a te, t'ha superato»;
d) Enàtnerare a scopo di informazio- con l'ace. della persona e della cosa,
ne, raccogliere con ordine cose simili. spec. Xaxoc (Q:.yal)oc) ÀÉyELV 't'L'\l&;(c;),
Cosl in Omero e · nei suoi imitatori (itp- 'dir bene (male) di (a) qualcuno', ad es.
ya, x:fioea., 'affiizioni', òvelÒEa., 'infa- in Hdt.8,61; Aristoph., Eccl.435 (si tro·
mie', 7t6.v-.a, i;aiha), anche con xa't'a- va anche e:ù, xaxwc; MyELV ..~va( ç), ad
(a partire da ·Horn., Od. r6, 235; 22, es., Aesch., Ag. 445; Soph., El. 524);
con l'ace. della persona e del predicato
417): enumerare, fare un elenco, reclu-
tare (soldati). L'enumerazione si fa ge· significa chiamare, ad es. Aesch., Ag.
ne~~lmente per amor di completezza, per
896: ÀÉyotµ' liv avopa "t6'\IOE con pit1
cu1 m Omero si ha anche ( 7tfi.trav) cH:ri· predicativi.
iM11v xai;aÀ1H;aL, secondo il senso fon- Dir qualcosa di definito = voler di-
damentale di ~}.;lJi}ELa: 'ciò che non è re, far riferimento a qualcosa o a qual·
nascosto', ovvero 'ciò che non è dimen- cuno; ad es. Aristoph., eq. I02I: 't'IXU't'1.
ticato' (~ I, col. 641 ). Si trova anche ... Èyw oùx olò'o ·n ÀÉyEt, <mon so che
senza oggetto, con tt'tpExÉwç (di signifi- voglia dire»; Aesch., Prom.946: "tO'\l 1tU·
cato dubbio). In Esiodo {theog.627) si pàç XÀE.1t't'r)'V À.Éyw, «dico te, rapitore
trova con &:ita.'\li;a Ot'Y]VEXÉW<;, numerare del fuoco». Spesso si trova anche 'tL, ov-
'ininterrottamente tutto'. OÈ'll À.Éye:LV, «dire qualcosa, non dire
e) Narrare, dire. Già in Omero si fa nulla di importante»: Soph., Oed. Tyr.
un passo avanti: dall'indicazione di 1475: ÀÉyw i;t; «ho ragione?»; Aristo-
(completa) enumerazione di cose o di phan., Thesm.625: ovoÈv ÀÉyEt<;, «è as-
eventi simili, il verbo passa al significa- surdo!»; Hdt.r,124: -rèt, ypaµµa-ra (lo
to di narrare, descrivere, raccontare, scritto) €ÀEYE i;aoe; Plat., ap.24 e pas-
parlare di avvenimenti di vario genere6 • sim: 7twc; ÀÉyetç; «come Io puoi pen-
In Hes., theog.27: Ì:Oµ€V ljJEvoea 'ltoÀ- sare?». È comune l'uso di ÀÉyolJ(rt, ÀÉ-
Àoc ÀÉyew huµoww òµoi:a, «molte yercat, ÀÉyov-raL, nel senso di «si di-
menzogne sappiamo narrare simili a ve- ce»; Pind., Pyth. 5,108: Àey6µEvov É-
rità», il À.ÉyELV si traduce meglio con pf.w, «dirò qualcosa che si dice comu-
'narrare', 'raccontare', che con 'numera- nemente}>. Designa l'occupazione del-
re'. In seguito, l'uso si fa sempre più 1' oratore: Isocr. 3, 8: p'YJ't'Optxoùc; xa-
frequente: ÀÉyELV m .pl i;Lvoc;, 'parlare Àouµc.v i;oùç lv "rQ nÀ.1}i}EL À.ÉyEtv ou-
di qualcosa', a partire da Sappho, /r.149 vaµf.vouç, «chiamiamo oratori quelli
(Diehl, r 387) e Xenophanes, fr.8,4 (1 che sono capaci di parlare davanti alla
l 3 l ,ro, Diels'); ÀÉyEw ·n xa-ra i;woç folla» . L'espressione OEL'llÒ<; À.ÉyEW va-
(Theogn. r239 s., Diehl 1 r8o); ÀÉyEW le: «un abile oratore» (ad es. Soph.,
in opposizione a lf.8e:L'll, a partire da A- Oed. Tyr. 545 ). Una serie di composti
nacr., fr. 32 (Diehl I 456), M<J'a Myw documenta questo significato; ad es.
(Xenophanes, /r.34,2 [I x37,3, Diels']). àv-r~-, contraddire (dai tragici in poi),
Da Pindaro e dai tragici in poi questo àµcpL(À.)-; parlare pro e contro, discute-

6 Cfr. l'inglese to tell, 'contare, raccontare, di- so'.


re', e tale, 'conto, enumerazione, storia, discor-
ì.Éyw A 2 (A. Debrunner) (1v,73) 210

re di qualcosa (spec. nelle iscrizioni dori- poi}, 1t.aÀlÀ.ì..oyoc;, di nuovo riunito


che); 'Itpo-, predire (da Erodoto e Sofo- (Horn., Il., I,126). Molti composti clas-
cle in poi), aimrmciare, rendere manife- sici sono formati con -À.6yoç (anche~
sto (a partite da Pindaro e tragici); OLa- 0'7tEpµo-À.6yoc;) e "Àoyel'll; altri, elleni-
À.Éyop.at, discorrere (Erodoto). stici, con ~ ì..oyela, Àoye:ÙEt'll.
Passando al significato di dire, par- b) Enumerazione, calcolo. À.6yoc; nel
lare, À.Éym1 viene ad avvicinarsi ad Et- significato di enumerazione (che do-
1tEtV e alla radice P'rl (~ 3J7; allora El- vrebbe corrispondere a ~ r c} è raris-
1tEtV si usa come aoristo (cotnpiere una simo; cfr. Aristoph., 11ub.6I9: 'tijc; Èop-
affermazione verbale, esprimere), f.,Éym1 'tfjc; µi) 'tVX6'11i:Eç Xa'tà À.6yov 'tWV 1)-
come presente: (enumerare, narrare, de- µepwv, «non avendo trovato la festa in
scrivere, esporre); si ha eosl: EfoE, 'fece rispondenza al computo dei giorni» (cfr.
una proposta', lÀ.EyE, 'teneva un discor- Hdt. r ,4 7: 1}µ.epoÀ.oyEi:v 'tòv À.oLnòv xpo-
so', À.Éye, À.Ey', w 'yai}é, 'parla ancora' vo'll, «contare a giorni»), e l'espressione
(Aristoph., Ecci. 213), À.ÉyE 61), 'pro- classica yr::veaì..oyei:v, contare le gene-
nunciati' (Plat., Phaedr. 271 e), dd, razioni (~ II, coll. 393 ss.; 397 }. À.6yoc;
'parla, di', chiama' (ad esempio etn'&:ye è usato talvolta, ma raramente, nel sen-
µoL xat 't6VOE, qilÀ.ov 'tfaoc;, 61T'tL<; 158' ~­ so di numero; ad es. in Hdt.3,!20: f.v
o-.,;lv, «dimmi anche, figlia cara; chi è &.vopwv À.6y~; Thudd., 7,56,40: ò
colui ... » (Horn., Il.3 1 192). Cfr. anche t;uµ7taç À.6yoc; (?), «il numero totale»;
Zeno Eleates, fr. l (1 255,19, Diels'}: &- Aesch., Pers.343: w&' ~XEL ).6yoc; (il nu-
m:tç 'tE El7tELV xat ihi. À.ÉyELV. A causa mero già indicato prima). Assai impor-
del suo significato continuativo, il verbo tante è il senso derivato di calcolo~ con-
ÀÉyELv si oppone meglio del momenta- to (computo dei numeri), per quanto
neo El7tE~V ai verbi 'fare, udire, tacere'; non si trovi un corrispondente À.Éyr::tv,
Theogn.1180 (Diehl 1 177): il timore 'contare': lo si incontra .6.n dai primor-
di Dio impedisce all'uomo µ1)i}' Ep~iEw di della lingua classica in tutto il mon-
µT}i:E À.ÉyEW aO"E{3fj, «di fare e di dire do greco ed è comune anche nelle iscri-
empietà»; Democr., fr. 86 (II 161,5, zioni e nei papiri.
Diels'}: 'ItÀ.EoveçlTJ (alterigia, arrogan-
za) -.ò 'ltaV'ta À.Éyi::w, J.L1JOÈv OE tl}t'ì..ew ~) Conto di denari: Hdt.3,142: M-
axour::w; Aesch., Sept. c. Theb.6I9: q>L- yov OWO'ELc; 'tWV µE'tE)(ElptO"aç xpnµii-
À.Et OÈ !TLyiiv 11 À.Éy·E~v i:& xalpLa. 'tW'll; l 4 3: wc; OÌ'J Myov 't'W\I xpnµ<i-
't(J)\I ow1Twv; IG 1' passim (fin dal 434
2. À.6yoc; nella grecità 8 a.C. circa; dr. indice); IG rv I485 (E-
pidauro, IV sec. a.C.) 145.15r.154.155:
Lo . sviluppo del significato di Myoc; À.Oyoç À.6.µµa"toc;, «totale delle entra-
segue da vicino quello di À.Éyw, sia nel- te»; r6r.173.q8 e 1487,12.18 : Myoc;
le grandi linee che in vari particolari. Oo.7t6.vr.c.c;, «totale delle uscite». La ste-
a) Il significato di raccolta (cfr. I b) sura dei cònti diviene, nell'Egitto elle-
è documentato da un gran numero di nistico-romano, sinonimo di conto, cas-
composti e di derivati 9 ; ad es. rru).J..o- sa, amministrazione (Preisigke, Wort.
yoc;, riunione (da Erodoto e tragici in Il 33s.).

7 Di qui il paradig!J!a suppletivo classico Ì.ÉyW mato allorché il semplice Myw aveva già il si-
tpw Efaov E(P'l)xct. EtPTJµa.i i\ppT]lh}v. gnificato prevalente di contare, parlare. Cfr. E.
a -)' HoFMANN 77 ss. Sc11WYZER, Griech. Grammatik=Haridb.A.W,
~ Il semplice Myoc; sembra quindi essersi for- I{ 1,1 (r934) _}I,
2n (rv,73) ÀÉyw A 2 (A. Debrunner)

~) In senso genetico indica la resa OE 't'~ À.6y~ wrnE... , «in base alla con-
dei conti di tipo non finanziario; ad es. siderazione che» = «con l'intenzione»;
Hdt.8,100; i greci diverranno inevita- Plat., Gorg. 5I2 c: -.lvL otxa.lcv À.oy(t),
bilmente tuoi schiavi oov'tcx.<; Àéyov «per quale valido motivo»; Hdt.7,158:
't'WV È7tOL1]0"CX.V vuv 't'E xcx.t 7tp6't'Epov, «e É7tL ... À.Oy({J 'tOt~8e -raot: ùnlcrxoµcx.t, Èn'
cosl pagheranno il fio di quel che han et>... È7t' aÀÀctl of.. My({.l o\h' liv a:ù-ròc;
fatto adesso e per l'innanzi»; Plat,, po- E'.MotµL OU'T' /lv aÀÀ.ouç 7tɵ\jiaLµL, «a
lit.285 e: Myov u.l-çEi:v, «chieder con- questa condizione vi faccio queste pro-
to»; Demosth., or.30,r5: Myov 6:.'ltCX.L- messe... ; ad altre condizioni né io stesso
'tELV; in Plat., Prot.336c: ·Myov oou- verrei, né manderei altri»; Democr., fr.
va.L X<x.t OÉt;a.O:~(X.L. fo a.) e ~) rientra 76 (n 159,17, Diels'): V'Y}'ltLOtOW où ).6.
anche ~ Àoylsoµ<'X.L con i suoi derivati. yoc; éx.À.À.à. ;vµq>opi} ylyv&-cat 8tMcrxa-
y) Da espressioni come mettere in Àoç, «maestro dei fanciulli non è un
conto Myoc; acquista anche il significa- motivo ragionato (oppure un'esortazio-
to di considerazione, riguardo, rispetto, ne, un buon consiglio), ma il tornacon-
stima; ad es., Heracl., fr.39 (r, r6o, 2, to»; Hdt.r,132 e passim: Myoç a.tpÉEL,
Diels'): où 7tÀ.Elwv Myoc; fi 'tWV &:>..~ «la ragione consiglia». Per l'ulteriore e-
Àwv; Aesch., Prom. 23r s.: ~PO"t'WV ... voluzione di questo concetto nella filo-
Myov ovx EClXEV ovoÉv(a.). Questo si- sofia~ B, e ancora~ aÀ.oyoc;, ~ òµo-
gnificato ricorre specialmente nelle e- ÀoyEi:v, ~ 6:.vaÀoyla..
spressioni classiche: ÉV (oÒOEvt) À6yl>l c) xa-.a.ÀÉyELV, enumerare (--> Id)
'ltOLELV "t'LVGt, ovvero •L, (ÉÀa.xlcr't'OV, ritorna in xa't'liÀoyoç, 'enumerazione,
7tÀ.ELCT'tou où&Evòc;) Myov ylyvEcri}at, lista, elenco' (da Aristòfane e Tucidide
ovvero dva.L, ecc., &t;toc; Àoyou (anche in poi).
à:l;t6Àoyoc;), degno di considerazione; d) Narrazione, parola, discorso, ecc.
dr. anche~ À.6ytoç. Da qui si passa al Il punto d'avvio - come per ÀÉYELV,
significato sbiadito di riguardo; ad es. parlare (--> I e) - è narrazione. Omero
Thuc. 3,46,4: «forte per ricchezze» (Éc, usa À.6yoc; soprattutto in questo sen-
xpnµa•wv Myov ). so, e soltanto al plurale: Il.r5,393:
o) A quelli menzionati sotto a.) e y) 't'ÒV hEp1tE Myotç; Od. r, 56 s.: a.M
bisogna collegare anche i significati di OE µa.À<'X.xoi:crt xat cx.tµvÀlotO'L Myot-
riflessione, motivo, condizione io, dive- CTLV i}D,y&L, Calipso «sempre lo (scil.
nuti particolarmente importanti per l'u- Ulisse) affascina con dolci e seducenti
so quotidiano e per la filosofia . Ad es. parole»; e ancora Horn., hymn. Mere.
Aesch., Coeph. 515: f;x, 'tlvoc; À.6yov, 3q; Hes., Theog.890; più liberamente
«per qual motivo» (propriamente: «per Hes., op.78 e 789: <'X.tµuÀlouç Àoyovc;.
quale calcolo»); Leudppus, fr.2 (II 8I, Meno chiaro Hes., op.rn6: do' ÉÌ)ÉÀ.Et<;,
5 s., Diels'): tutto accade Èx Myov -.E E.npòv 'TOt Èyw Myov ('narrazione', op-
xat ù7t' &.vayx'Y}ç, «per un determinato pure 'spiegazione ragionevole') Èxxopu-
motivo e sotto la spinta della necessi- cpwcrw ('esporrò nei punti principali':
tà»; Gorg., fr. I I a, 37 (rr 303, r8 s., segue la descrizione delle quattro età
Diels'): EXEL Àoyov, «ha un senso» (un del mondo) u. Nell'epica À.6yoç indica
motivo ragionevole); Hdt.3,36: È7tL -rQ· dunque ciò che si dice, nel senso più

IO Cfr. il latino ratio nel senso di 'conto, con- cui ricorre "Myoç. Horn., Il., 4,339: (xcx.t uù
siderazione', poi di 'motivo, causa'. xa.xoi:<n} 'MyoL<n (xexr.r.crµi.vE}, è una variante
11 Sono questi tutti i passi dell'epica antica ii:i poco probabile per MX.o~crt.
Myw A 2 (A. Debrunner)

ampio e variato. Prende il posto di E- Ècr't'l, 'eone voce'); narra:cione scritta,


7tO<;, vocabolo di origine indogermanica12 donde scritto o parte di uno scritto
che indicava espressione verbale, paro- (Hdt. 6, 19: µv1)µ11v È't'Épw-l)t 't'OV M-
la (soprattutto parola nuda, vuota, in yov É'ltot11craµ'T)v; '" 22: év 't'OLCTt 15m-
opposizione ai fatti) 13; prende anche il o-l}E Myoto-t b:'ltooÉçw; Plat., Parm.127
posto di ~ µuttoc;, che indicava affer, d: ò 'ltpW't'O<; Myoc;); discorso, come
mazione significativa 14, favola, motto 15 • opera d'arte, ad es. ém-.aq>ioc; À.Oyoc;,
E7toc; viene limitato poi quasi esclusiva- 'elogio funebre', Plat., Menex. 236 b;
mente al significato di verso, mentre discorso, in opposizione ad azione (De-
µvl}oc; assume quello di storia (inventa- mocr., fr.145 [u 171,4, Diels'J: À.6yoç
ta o comunque non sicura), in opposizio- Epyov o-xt1t; spesso si dice: )...6y<i:> µlv ••.
ne a À.oyoc;, discorso (strutttffato e ragio- EP'Y<i:> OÉ), a verità (Lyc.23: !:va. µ1} À6·
nevolmente sicuro); la vittoria del À.6yoc; yov oì'.11crì}E dvat, àÀ-Ì..' d8f}'t'E -.1}v &.-
è la conseguenza della penetrazione del )...1}1)Eta.v ), al silenzio (Pind., fr. 180: la
pensiero razionale nel passaggio dall'epo- crtycX., silenzio, talvolta è migliore del
ca 'eroica' a quella 'classica' 16• Fra la Myoc;); À.6yot. sono anche le conversa-
grande quantità di sfumature dei suoi zioni (dç Myovc; H.ilEL\I, Myovç 7tOt-
derivati ricordiamo varie forme espressi- EL\I ).
ve, come favola (Plat., Phaed. 60 d: ot
't'OU AtO"W'ltOV Myot), leggenda (Hdt.2, Dal punto di vista formale Myoc; è
62: lpòc; À.éyoc;}, antichi detti sapienziali espressione verbale del pensiero (Plat.,
(Pind., Pyth.3,80: El Bt Mywv O"VVɵEv Soph.263 e: À.6yoc;- Bt&.vota), frase (A-
xopvq>tl.v [l'ultimo senso J ...òpMv è1tl- ristot., de sophisticis elenchis 1, p. l65a
O"-.q.), storie (Hdt.1,184: tv -.o~crt 'A<1crv- 13, in opposizione a 5voµa., 'parola'; nei
plotcrt À.Oyotcn; Xenophanes 7,1 [r 130, grammatici µÉp1) -rov Myov sono le par-
19, Diels'J: aÀ.Àov E1mµt Myov, una ti del discorso, prosa (Pind., Nem .630,
storia vista in sogno, Hdt. r, 141 ), co- in opposizione a &.ot8al; Plat., resp. 3,
mando (Aesch., Pers. 363: 7tML\I 'ltpo- 39oa, in opposizione a 7tOl1)o-tc;, 'poesia').
q>wvd -.6voE \le>:vapxotc; À.6yov), pro- Talvolta la narrazione di un avvenimen-
messa (Soph., Oed. Col. 651: 'sempli- to si confonde con l'avvenimento stes-
ce promessa' in opposizione a giura- so, cosl che Àoyoc; si può ti-adurre con
mento formale), buona o cattiva fatna cosa17 ; Theogn.1055 (Diehl I r69): À.6-
(Pind., Isthm. 5, 13: Myoç Ecr-l)Mc;; yo\I 't'OV't'OV É6.0"oµEv; Hdt. l ,2I : ua.;pÉ-
Eur., Heracl.165: Àoyoc; xaxbc;), tradi- wç 1'CpO'ltE7tVO"'µÉ\loc; miv·rn, À.6yov; 8,65 :
zione (Hdt. 3, 32: otçòç ÀÉyE't'<XL À.6- µ'l']8Evt 11..)...)...(J) 't'ÒV Myov 't'OV't'ov dTCnç;
yoç; Soph., Trach.I: À.6yoç µiv EO-'t'' &.p- Soph., Oed. Tyr. 684: 't'L<; ')ljv Myoc;
xa:foc; &.vìJpwrcwv q>cx.vdç, wc; ... ; À.6yoc; ( 682: 86x11cnc; ciyvwç Mywv ), forse ==

12 Identico all'antico indiano vacas- e all'ave- ts ~ HoFMANN 28.


stico vaéah-, 'discorso, parola'; identico anche
alla radice indogermanica tjekf!, 'parlare', che 16 Eppure la provenienza dal concetto di 'nar-
si trova anche in El'lt'OV, oljl, lat. VDX, corri- razione' si sente ancora là dove À.Òyoc; in sen-
spondente all'antico indiano viic-, latino vacare so grammaticale - al contrario di ~·Mc;, ÀÉ!;Lc;,
(WALDE-POK. I 245). ~ijµa, o\loµa - non si usa per la singola paro-
13 ~ HOFMANN 2 ss. la, per il vocabolo, ma solo per espressione,
frase: LIDDELL-ScoTT, s.v. Myoc; VI.
14 Originariamente, forse, pensiero; dr. lo sia·
vo mysli, 'pensiero, opinione'. ~ HOFMANN 11 HoFMANN urs.; LIDDELL·ScoTT, s.v. À.Òyoc;
47 s. Vlll.
215 (1V,j:4) Àlyw A 3 (A. Debrunner) (1v,75) 2I6

699: 1tp8:yµoc; lsocr.4,146: µ110Éva. M- b (Diehl I 174.180): non cambiare l'a-


yov (materia per la narrazione) Ù1toÀ.t- mico OEtÀ.wv iivi}pw'ltwv p1Jµcxcn 'ltELÌ}o-
1tEt\I. µsvoç, «obbedendo a parole di gente
Cfr. i composti e i derivati ~ lf}..o- paurosa»; Hdt. 8,83: 't'OLO"L oÈ "E'ì..ì..11-
yoc;, &.v·n)..oyla, &.1toÀ.oyEi:o-llat, ~ EÙ- 0'1. C:,ç mo--.à. 51) 'tà ì..Ey6µsva l)v -.wv
Àoyei:v. T11vlw'J pl)µa-.a; «ai· Greci apparve-
ro degne di fede le parole dei Tenii»;
3. pijµa nella grecità Pind., Nem.4,94: p1)µa't'a. 1tÌ..Éxwv. In
In greco dalla radice (f)Ep- (f)pl)- 18 seguito si trova anche al singolare;
solo in via del tutto eccèzionale si for- Pind.,Pyth.4 1277 s., a proposito di ùna
ma il presente; invece comuòemente si espressione di Omero; Hdt. 7, 162: b
formano gli altri tempi: il futuro ÈpÉ<» v6oc; 't'OU ·p1)µa't'oç, -.ò ~i>ÉÌ..Et Àiye1.v;
Èpw; l'aoristo passivo Èppl)i}Tjv, ionico Plat., Prot.34Jb: 't'OV IIL't''t'txxou; 342
EtpÉi}T)v, ellenistico Èppéih1v; il perfetto e: pfjµa &!;1.ov Myov {3paxv (un assio-
Etpl]xa. Etpl}µa.t. Il suo significato non ma, in opposizione a lunghi discorsi,
è dunque continuativo, ma vale piutto- MyoL). Parole, in opposizione ai fatti;
sto: enunciare decisamente; questo sen- Pind., Nem. 4; 6: pi)µa. ·&' ~pyµ&.'twv
so si trova nei dedvati19, specialmente XPOVLW'tEflO\I {3~o't'EUE1.; Thuc. 5, 1 rr ,3:
in p1)-rpa (eleo fp<hpa), 'detto, patto', gli uomini finiscono per cadere spy~
e nell'aggettivo verbale p'l)'t'6ç, 'esplici- nell'.in.felidtà, petché- soccombono al ~il­
tamente detto, espresso, determinato'. µa (precedentemente detto ovoµa Éita•
Nelle lingue affini il verbo non si trova; ywy6v, 'parola-affascinante') dell'attesa
ma la sua diffusione è certamente anti- infelicità. Parole, in opposizione a veri-
ca, come si può dedurre dal latino ver- tà; Plat., Phaed.xo2 b: oùx, wç 'tOtç pl)-
bum, dall'antico prussiano wirds, 'pa- µao-1. À.ÉyE-to:.1., ol.hw xa.ì. 't'Ò ci.ì..'i'ji}Èc; s-
rola', lituano vardas, 'nome', e dal tede- x.ew; Al tempo di Platone il pensiero
sco W ort. {>fjµa 20 è dunque «CÌÒ che grammatico-@c:isofìco22. si impadronisce
viene espresso decisamente» (all'inizio del termine, dapprima con determina-
soltanto al plurale). Cosl in un annun- zioni oscillanti: Plat., Crat:399 b: {>fj-
cio solenne, Archiloc., fr. 5 2 (Diehl I µa:, congiunzione sintattica, in opposi-
226): [w] Amepvfj't'Ec; 'ltoÀ.i:w.t, 't'ci.µ~ zione a ovoµa, 'indicazione di cosa o di
o'Ì') çvvlE-rE pl}µa't'( a) (ripreso da Ari- persona' (dr. Aeschin., or.3,72: pfjµix
stoph., pax 603 : w cro<pW't"<X:toL yEwp- è il tenore dell'intera frase, mentre o-
yol. .. ); cosl a proposito di comandi mi- voµix ne è la parola principale); 431 b:
litari nell'epigramma di Simonide (fr.92 o'Joµix e pijµa. formano insieme la frase
[Diehl II 94]) dedicato agli spartani ca- (À.Oyoc;), cfr. 425 a; Theaet. 206 d: M-
duti alle Termopili: -.oi:c; xElvwv p1)µa.- yoç è la notificazione del pensiero, fat-
crt 'itELMµE'VOL 21 • Il termine presto si in- ta µE't"à. p'J')µa't'WV 't"E xixt òvoµ<i't'wv;
debolisce divenendo equivalente a e- Soph .262 a: 't'Ò µÈv È7tÌ. -.a.i:ç rcpcil;.EO"W
spressioni, parole; Theogn.II52=r238 ov o1)Àwµix {>ijµ& rcou Hyoµev ... 't'Ò oÉ

18 WALDE-PoK. I 283; ~HoFMANN r21 . 21 Poco chiaro Simonide, /r.13,r6 s. (Dll!RL n


71 ): xa.l XE\/ ȵWv ftnµ1hwv À.E1t'tÒV lJ1tELXEc;
19 Cfr. anche ftli-i;wp, '(pubblico) oratore', e
ova.c;.
p.iioi.c;, 'discorso'.
22 H .STEINTHAL, Geschichte der Sprachwissen-
:ia In poesia a partire da Archiloco, in prosa schaft bei de11 Griechett u11d Romem 1' (1890)
da Erodoto. 137 ss.
À.tyw A 4 (A. Debrunner)

zo»; Eccl. 1058: E1tou •.. oEup' &:vucrac;


y' be' CX.U"t'Oi:c; "t'OL<; hElvcx.c; 1tpÙ'."t'"t'OU<TL
O''l')µELOV 'ti'jC:, cpwvijç Émuì)Èv ovoµ.a, xcx.t' µ1} À.aÀEL, «seguimi una buona vol-
«chiamiamo 'verbo' quello che indica ta, e non cianciate». Il termine è quin-
le azioni. .. e 'nome' quel segno fonico di usato in opposizione al parlare· ra-
che viene riferito a coloro che compio· gionevole, normale (ì..ÉyEw)27 : Eupolis,
no quelle azioni» 23 ; questa distinzione fr.95 (C.A.F. I p. 281 ): -'ì..aMt\I &ptcr-
fra p'ijµcx., indicazione di un avvenimen. '°'oc;, &.8wct"t'W'tCX."t'Oç À.ÉyEw), e in oppo·
to, e ovoµa, indicazione di persone o sizione a ristJoste regolari: Plat., Bu-
cose, si è poi determinata nell'uso gram· thyd. 287 d: À.cx.À.Ei:c;..• à.µEÀ.1)crac; à7CO-
maticale di pijµa, verbutn e ovoµa, no· xplvacri}aL, «tu cianci e non ti curi di
men (a partire da Aristot., poet. 20 p. rispondere». Si adopera anche per fa
1457 a, lI ss.). Al-di fuori di questo si- voce degli animali, in opposizione al
gnificato speciale, sembra che il termine. linguaggio umano; Philemo, fr. 208
dopo l'età classica non sia stato usato: (C.A.F. n p. 532): 1i µlv XEÀ~owv -.ò
Ditt., Syle rr75,5s. l8s. 36s. (tavole i}Époc;, w yvv·aL, À.cx.À.Ei:, «nella buona
di maledizione, c. 300 a.C.): pfjµcx. µo- stagl.one, o donna, cinguetta la rondi-
Xì)1Jp~v lì 1tOV1'JpÒv cpM\ryEuì)a.t; papiri ne»; Plut., de placitis philosophorum 5,
solo a partire dal III sec. .d.C. 24. 20,4 (n 909 a): À.aÀ.oucr~ µÈv y(Ìp oÙ't'OL
(le scimmie), ou cppocsovcn; · Theocr.,
4 . À.cx.À.Éw, À.ccÀ.ta nella grecità idyll. 5 ,34: voce di cavallette; Aristo-
a) À.(J.À.Éw con i sui affini25 - come il phon, fr.ro,6 (C.A.F. II p. 280): voce
lat. lallus, !altare, 'canticchiar la nin· di cicale; si usa anche per i suoni degli
ni-nanna, ninnare', e il tedesco lallen - strumenti musicali; Anaxandtides, fr.
vuole imitare la voce maldestra dei bim- 35 (C.A.F. n p. x49) : iiarcx.8w Xa'ì..11-
bi. L' applicazione del termine al lin- crw µLxpòv &.µa cro~ xcct µÉycx.v, «per te
guaggio degli adulti è quindi o familia- farò risonar la magade in tono soave e
re o sprezzante: far quattro chiacchie- chiaro»; Aristot., de audibilibus p. 801
re; Aristoph., eq.348 (urnu-tc';>); Alexis, a 29: otà -toU-tuJV (flauti, ecc.).
fr.9,ro (C.A.F. II p. 300): À.cx.Mi:v "t'L À.cx.À.Ei:v si adopera anche per il lin-
xcx.t À.TJpEtV ?tpòc; mhoùc; i}oÉwc;, «chiac- guaggio, quando si vuol indicare più
chierare e cianciare tra di loro piacevol- il suono che il significato; Aristoph.,
mente»; Pherecrates, /r.131,2 (C.A.F. I Thesm.267: 1\v Àcx.À'jic; (detto di un uo-
28
p. 183): µEÀ.tÀ.w·nvo~ (dolce come il mo travestito da donna) ; ran.75os .:
meliloto) À.aÀ.wv (cfr. fr.2,3 [C.A.F. 1 7Cccpaxouwv OE0'1to-cwv, &.-.-.' èì..v À.aÀ.w-
lJ. 145] )26; parlare a vanvera, Aristoph., cn; Antiphanes, fr. 171,2 (C.A.F. II p.
Lys.627: xat À.aÀ.EL\I yvvai:xac; ouo-ac; 80 ): ci1to7tvl~Et<; OÉ. µE xcxwr1v 7tp6c; µe
à.u1tl0oc; xcx.À.xfjc; 1tÉPL « ...che esse, che oi&.À.ex-.ov À.rxÀ.wv, «mi soffocherai, ri-
son donne, ciancino di scudo di bron- volgendomi un linguaggio strano»; Ale-

23 Ma ancora i.q Tim.49 e 'tO!ìE è chiamato pii· À.a.À.&'iv, 'chiacchierando familiarmente', in op·
µa.; dr. Aeschin., or.2,122: xa.'tà. {rijµa (paro- posizione a À.Éywv xcit XCX.'t<7.i'ttWµEvoç 'tll.U't'CX..
la per parola) &:xp~~fo-.a.'tCX.. Z1 Phryn., anecd. Graec. I p. 5r,3 ( = Phryn. ed.
24 PRE1smKE, Wort., s.v. ]. DE BoRRIES [r9rx] p. 87,r5) definisce À.a-
À.ELV come cpÀ.uapEi:v; À.ÉyELV come lxa.v&'ic; À.É-
2S WALDR-POK. n 376; dr. À.rùa.yéw, 'ciarla· 'YEW. Cfr. ~ À.a.À.tti. ·
re' (Pindaro). 'cinguettare' e simili.
28 Herond. 6,6r: «È'lt-f)V À.a">.ii si riconoscerà
26 Variante malsicura in Demosth., or. 21,nB che è Cerdone e non Prexin0>>.
2r9 (rv,75) Hyw B 1 (H. Kleinknecht) (1v,76) 220

xis, fr. 195,4 (C.A.F. II p. 369): µé- b) À.a.À.tti 31 è definita da Theophr.,


-ç' 'A-t''tLXLcT't't òwaµÉvou À.aÀ.Et\I. Desi- char. 7,r come àxpa:<rla -.oi:i À.6you, in-
signa pure un linguaggio intelligibile: continenza di parola; cosl Pseudo-Plat.,
Strato, fr. r,45 s. (C.A.F. III p. 362): def. 416 (con 1' aggiunta di èH,oyoc;);
1tÀ.TJV tx1i-.EUOV a..Ù•ÒV (il cuoco, 'Che U· quindi chiacchiere, dicerie; Aristoph.,
sava molte parole incomprensibili) i)on nub. 930 s.: Ei'.nep r' ain:òv crw~fjvat
µE't'a..~a.À.Et\I à.v~pW1tLVwc; À.a.ÀEt\I "tE, XP'lÌ xa..t p:Ì) À.<:1-ÀtÙ.\I µ6vov acrxijcrat;
«lo pregavo che cambiasse modo e par- Aeschin., or.2,49: à.no8La"tpl~WO't ('spre-
lasse un linguaggio umano»; Pseudo - cano tempo') "tTJV \mep6ptov ('riguardan-
Plat. Ax.366d: di un bambino piangen- te l'estero') À.a..À.LÙ.\I Ò'..ya..'Ttwv-.ec; Èv 'tote;
te, che non sa ancqra esprimere a paro- obcelotc; 1tptiyµacrw; loquacità: Aristo-
le (À.a.Àfjcra.L) ciò di cui ha bisogno. Si- phan., ran.1069: À.aÀ.r.àv Èm-.n8eucrat
gnifica ancora parlare di qualcosa (con xaL o"twµuÀ.la..v, «coltivare le ciance e
l'ace.): Aristoph., Thesm.577 s.: 'ltpiiy- la loquacità».
µa.. Àa.À.ouµévov 29, 'di cui si parla'; la A. DEBRUNNBR
capacità di parlare, caratteristica dell'uo-
mo; Aristot., probl.rr,r p. 899 a r: so-
lo l'uomo ÀaÀ.et; Herond. 4,J2 s.: se
B. IL LOGOS NELLA GRECrTÀ
1
E NELL ELLENISMO
non si trattasse di una statua, si potreb-
be dire: "toupyov À.OCÀ.TJCTEL 30• Parlare, in r. Il molteplice significato
opposizione a tacere; Simonide, in Plut., del termine À.6yoc;
Athen. 3 (II 346 f), chiama la poesia
una ~wypaqiloc À.aÀ.oucra., la pittura una À.oyoc; non è un termine epico 32 ; nel
1tol1]inc; CTLW1twcra..; Luc., vit. auct. 3: corso del processo di razionalizzazione
'Ì]cruxl11 µaxpi) xa..t à.qiwvl1] xat 7tÉv-.e
tipico dello spirito greco ha raggiunto
oÀ.wv È't'Éwv À.aÀ.ÉEl.v µ'l}oÉv.
Nei composti, nell'epoca classica, il non soltanto un significato ampio e mol-
significato è sempre chiacchierare; OLa..- teplice, ma nelle sue varie trasforma-
(Eur., Cyc. 175), È.X- (Eur., fr. 219, 2 zioni storiche è diventato un concetto
[T.G.F.]; Demosth., or.:r,26; Hippocr.,
Iusiurandum [rv p. 630, Littré] ), xa..- che si può quasi prendere a simbolo
'ta- (Aristoph., ran.752), 7tEpt- (Aristo- del mondo greco e della sua concezio-
phanes, Eccl.230 1 fr. 376 [C.A.F. I p . ne dell'esistenza.
490] ); 7tpocr- (Antiphanes, fr. 218,J
[C.A.F. n p. 107]; Heniochus, fr. 4.3 La stessa etimologia rivela i tratti
[C.A.F. II p. 432]). decisivi e fondamentali del concetto,

29 Nell'epoca postclassica anche ali' attivo; veou01.ci., 'nido', da veocrcr6c;, 'piccolo'; per il
Theocr., idy/t.27,58: ci.À.À:n>..r.nç ÀaÀÉovcn 'tEÒV significato, cfr. 'ltatOLci., 'gioco', da TCru.o-. P.
yaµov rxi xv'ltétpuruoL; Alciphr., /r.5,2 (p. 156, CHANTRAINE, La Formation des Noms en Grec
9 s., SCHEPERS }: 'ft(J.V'tet.Xfr 'ftci.v·-m; a.Ò't'YJV >..a- ( r933) 8r s.
Àouow. 32 In Omero due sole volte, Il.r5,393 e Od.1,
JO Cfr. Luc., vit. auct.3: ~yw ycìp M>..oc; (ca- 56: a.Let OÈ µaÀa.xo~<TL xcxt a.lµvÀloL<TL (~col.
pace di parlare), oòx àvopLCÌç eivat (JouÀoµcn. 2r2) MyoLO"L bH..yeL; altrettanto raro in E-
l l Deriva da ÀaÀoç, 'loquace' (da Aristofane siodo (ad es., op.ro6), sempre nel senso di un
e Euripide in poi) con l'aggiunta dcl raro suf- discorso coerente; altrimenti si ha fooc; e ~
fisso -La, come, ad es., <r'tpa'ttci. da <r'tpa."toc;, µ\ifroc;. Cfr. ~ E. HoFMANN.
À.lyw n I (H. Kleinknecht) (rv,77) 222

nella loro cruµ:1tÀ.ox1} 33 : come sostanti- tà, e quindi significa anche ciò che si
vo di À.éyEw, ì..6yoç significa fondamen- trova nel discorso, la cosa (Hdt. 1, 21;
talmente l'atto di raccogliere, scegliere, Soph., Trach.484}, e anche ciò che si
ma in senso particolare, si potrebbe dice di qualcuno, secondo la sua buona
quasi dire critico. Cfr. Horn., Od. 24, o cattiva fama (Aesch., Prom.732; Eur.,
107 s.: oùflé XE\I IJ.ì..ì..wr; xpw~µE\loç À.É· Phoen.1251; Eur., Heracl.!65), la ce-
l;oc~'to Xct.'tà. 7t't6À.w a:vSpocç &.plcr'tovç, lebrità (Pind., Nem. 4, 7r; Hdt. 9, 78;
«nemmeno scegliendo i più nobili in Herad., fr. 39 [r r60,2, Diels'] ), la
città si sarebbe fatta una raccolta di- leggenda (Pind., Nem.r,34 b), la storia
versa». (Hdt.6,137).
À.6yoc; in senso traslato, come attività b) Calcolo, computo, risultato del
spirituale rivolta sempre ad una realtà, calcolo, oc) in un senso più spiccatamen-
te metafisico, in quanto principio, leg-
significa originariamente l'atto di con- ge (-7 v6µ.oc;, -7 \louç) di cui è possibi-
tare, calcolare, spiegare. Sottolineando le una verifica o che si trova nella veri-
sia il momento critico che quello addi- fica (Herad., /r. r [I 150,r ss., Dids']},
principi ricavati dal pensiero e dal cal-
zionante di ÀÉ'YELV (cfr. cruì..Myew), l'u- colo (Aesch., Coepb. 5 r 5; Leucipp., fr.
so di À.6yoç abbraccia i seguenti signi- 2 [n 81,5, Diels']), e anche motivazio-

ficati 34• ne, spiegazione (cfr. Àbyov Stfl6\lc.tt.,


'render conto, dare spiegazioni'); a> co-
a) Enumerazione, narrazione (Hdt.2, me concetto amministrativo-commercia-
123, dove con À.6yoç s'intende appunto le, conteggio (crwoclpw À.6yov, Mt. i8,
l'intera narrazione), il rendiconto (~ 23; cfr. P.Oxy. I 113, 28; BGU 775,
b), l'unione di singole parole (E1tl}) nel- 19), cassa, fisco (OTJµocrtoc; À.oyoc;), conto
la formazione del discorso, della lingua e simili (frequente soprattutto nei pa-
piri) 37.
(specialmente in prosa, in opposizione
alla 1tOLTJCTLç 35 ; Plat., resp.3,390 a), del- e) Come termine tecnico della mate-
la frase, della parola. A differenza del matica38: proporzione, rapporto, relazio-
....+ µulloç 36, che riguarda una tradizio- ne, nel senso degli Elementi di Euclide
ne - formatasi da sé o ritrovata - nel- (ed. I. L. Heiberg II [1884]) v, defin. 3:
l'ambito della poesia e della religione, À.6yoc; EO-'t'L Olio µqÉÌ}w\I oµoyEVWV ii
il Myor; si riferisce sempre a una real- xoc't"à 7tflÀ.Lxo't"l]'t~ TCota. crxé:cn.ç; Plat.,

33 Il significato più comune di 'Myoc; appare ra sua il linguaggio della ragione, anzi è la
soprattutto chiaro quando come termine gram- ratio stessa fattasi parola», W. ScHADEWALDT:
maticale si oppone a 6v6µa.-ça; e pi)µa:-.a.; Antike ro (r934) 154 s.; ivi anche acute osser·
Pseudo-Plat., def.4r4 d: Myoc; qiwv"Ì] Èyypr.i.µ- vazioni sull'origine del concetto di Mroc;.
µa-.oc;, q>p<X<T'tLXi') tx6:<T'tOV 'tW\I Ì5\l'tW\I • &6.- 36 Sul rapporto µuiloc;;/Myoc; cfr. Plat., leg. I,
ÀEX'toc; <TVvl}e-.1) li; 6voµ6:-.wv xa:t pT]µ6.-.wv 645 b; Xenophanes, fr.1,14 (I 127,9, D1ELs 1).
&vw µl)..ovc;. Cfr. Plat., Crat.424 e ss.; soph. 37 Abbondante documentazione in PREISIGKE,
n8 c; Aristot., phys. I I p. 184 b 10 (gvoµ.a. /
Wort., s.v.
Myoc;).
38 Cfr. J. STENZEL, Zahl und Gestalt bei Plato
34 Testi citati in ~ FLIPSE, B edeuttmgsiiber- tmd Aristot. ( 1933 2), 147 ss.; cfr. d'altronde il
sicht, ibid. 87 ss, e nei dizionari. Cfr. ~ J. H . significato a), 'parola', 'linguaggio' come «rap-
H. SCHMIDT r 1 ss. (ÀÉ.yew); IIJ ss. (/)voµa.). presentazione cli una cosa in un'altra», come
3; <(Poiché il linguaggio della prosa è di natu· dice lo STBNZF.L, 151.
223 (1v,77) À.EyW :S 1 (H. Kleinknccht)

Tim .32b; frequente in Democrito; Plot., la più alta conoscenza (Ém<r-.1)µ1}), della
enn.3,36. Si rileva qui chiaramente il quale la capacità di À.6yov oo\ivcxt xcxl.
carattere razionale, ordinante, proprio
del concetto di Àoyoc;. Dalla connessio- oÉçaO'i}(lt è caratteristica importante.
ne della matematica con la filosofia si Plat., Theaet.206 d ss.: -.ò µf.v 'ltpw-.ov
ricava il comune significato di À.Oyoc; - EÌ:tJ &.v (sci!. 6 À.Oyoc;) -.ò -.i)v a.Ù'toiJ St&.-
in quanto relazione razionale delle co-
se fra di loro - come senso, ordine, mi- votcx.v ɵq>cxv-f) 1tOt.EL\I otà q>wvijc; µE'tà
sura (Hdt.3,n9; Heracl., /r.31 [1 158, p·t]µ&.'twv 'tE xcxt òvoµ&.'twv, «(il À6yoc;)
13, Diels' ]; /r. 45 [1 161,2, Dielss]). sarebbe anzitutto il manifestare il pro-
d) A partire dalla seconda metà del prio pensiero, mediante la voce, con
v sec. il termine acquista il significato verbi e nomi» (206 d). Il À.6yoc; è quin-
soggettivo di ragione dell'ttomo, capa- di prima di tutto l'espressione verbale
cità di pensare (sinonimo di -)o voiic;),
ragione (Democr., fr. 53 [n 157,1 ss. , della 81.<ivotet.; in secondo luogo (206e-
Diels'] ), spirito e pensiero umano (De- 208b) è l'enumerazione nel retto ordi-
mocr., fr. 146 (II 171 ,6 ss., Diels5 ). ne degli elementi dell'oggetto in que-
Per comprendere bene i molteplici stione: 't'Ì]V otà O''tOt)(.Elov OtÉ~o&ov 1tE-
aspetti di À.oyoc; 39 è importante osser- pt ~x&.a-rov À.Oyov Elvr.t.t, «À.Oyoc; è l'e-
vare e ricordare che per i Greci tutti i sposizione di ciascuna cosa attraverso i
vari significati possono essere compresi suoi elementi» (207c); infine (208c -
in un unico concetto e quindi in un uni- 21oa) è la determinazione della carat-
co dato di fatto. Più tardi i grammatici teristica specifica, <Ii &:miv-twv oi.r.t.q>ÉpE'.t
e i retori ne distinsero le parti e ne fece- -i:ò ÈpW't'l'}tTÉV, «ciò per cui una cosa si
ro una esposizione più o meno sistema- differenzia da tutte le altre» all'interno
tica40; la più diffusa è quella degli Scho- del xow6v (208c), quindi è la definizio-
lia Marciana in Artis Dionysiante I I ne, la determinazione del concetto 41 •
(Grammatici Gratci, ed. A. Hilgard 1 3 Questo significato talvolta finisce per e-
[1901] 353,29-355,15). Già Socrate ne quivalere a natura 42 •
discute le molteplici connessioni quan- A causa di questa struttura, )..6yoc;
do, nel Teeteto platonico, cerca di spie- nella sua evoluzione doveva necessaria-
gare gradatamente l'intraducibile con- mente trovarsi in rapporto e in connes-
sione con una lunga serie di fondamen-
cetto di Myoi;: per lui À.6yoi; è il primo tali concetti filosofici 43 , come -)o &.11)-
passo essenziale per la realizzazione del- i)Eta (Plat., Phaed.99e ss.; cfr. Herad.,

39 Cfr. ad es. Plnt., resp.7,525 e ; Aristot., phys. 42Plat., Phaedr. 245 e : lj.lvxijç oùcrlu. -rE xat
2,3 p. 194 b 27 ccc. À6yoç.
40 s~ À6yoç nella grammatica e nella retorica,
43 Stob., ecl. 1,79,8 ss., narra di Crisippo (II
cfr. -+ LEISE.GANG, in PAULY-W . 1036 ss. 264,21 ss. v. ARNIM): µE-rcc).aµ~ét'JEL S' étv't't
41Cfr. Plat., ep. 7,342 b; resp. 1,343 a: ò -rou -rou Myov -.Tjv Q:).:fjltELccv, 't'TJ\I at-.lav, -.ijv
oLxa.lov Myoç. cpvcrw, -.Tiv &.v&.yx11v, 7tpocr't'd)ftç xat E'tÉpcc<;
À.Éyw B 1 (H. Kleinknecht)

fr. l [r 150,1 ss., Diels'] ), con la quale Dunque il significato fondamentale o,


Àéyoç si trova anche in antitesi, in ri- se si vuole, la molteplicità di significa-
spondenza alla contrapposizione Myoç/
Epyov (Thuc. 2,65,9; Anaxag., fr. 7 [n ti e di relazioni, la bivalenza (col. 239),
36,4 s., Diels5 ] ); ~ma"t'iJµ.11 (Plat., symp. raccolti in una unità che sta alla radice
2u a; soph.265 c); ~ àpE-..1) (Aristot., di À.6yoç, ne fanno un concetto filoso-
eth.Nic.1,6 p. ro98a7-16; Plut., de vir-
fico per eccellenza, mostrando il conte-
tute morali 3 [II 44 l c] : àpE'tTJ è Myoç
e viceversa); -7 àvayx:I'} (Leudpp., fr. nuto filosofico che sta alla base della na-
5
2 [rr 81,5 s., Diels ]). Si riconnette pu- tura della lingua greca.
re a -7 x-6oµoc; (-7 v, coll. 892; 903);
a -7 v6µoc; (II p. 169,28 s.; III p. 4,2 ss.,
Bisogna però osservare anche che À6-
v. Arnim; M. Ant.4,4, Plot., enn.3,2,4:
Heracl., fr.114, in connessione a fr.2 [1 yo<; per i Greci è ben altro che un'al-
176,5 ss. e 151,1 ss., Diels']); a -7 ~w1] locuzione o una 'parola creatrice' 44 ; il
(Plot., enn.6,7,u); a -7Elooc; e -7 µop- significato di 'parola' presso i Greci è
qi1) (Plot., enn. 1,6,2 s.; 6,7,10 s.); a -7
cpucnç, -7 'ltVEvµcc, specialmente nella del tutto diverso rispetto a quello del-
Stoa (Myoç -.oli 1}eov = 1t\1Euµu. crwµa..-..t- l'Antico e del N. T. 45 • È naturale che
x6v II p. 310,24 s., v. Arnim), a -7 ì1e6ç nella nozione di À.6yoç rientri anche l'e-
(Max. Tyr.27,8; Dio è ò 7t&.v-cwv -..wv
ov-cwv À.6yoç; Orig. Cels.5 ,14). Myoc; si nunciato concreto, specie nella forma
trova anche correlato a CÌ.pL1}i..r.6c; (Pseud.- più alta di 'parola', quella che si trova
Epicharm., fr. 56 [r 208,5 s., Diels']), nei comandamenti umani (Hd t . 9, 4;
soprattutto quando, secondo la dottri-
na pitagorica, l'essenza delle cose si e- Soph., Oed. Col. 66), negli effati di dèi
sprime mediante il numero (cfr. Plut., o di oracoli (Pind., Pyth.4,59), nei À.6·
comm. not.35 [II ro77b]); Simpl., in yoL µa.V't~Xol (Plat., Phaedr.275 b) o
Aristo!. = schol in Aristot. (ed. C. A.
Brandis (1836] p.67a38ss.: àptì7µoùç nel dialogo filosofico. Ma anche qui À.6-
µÈv oi IIufru.y6pEtOL xccL À.6youç Èv 'tTI yoç esprime la connessione, il contenu-
uÀ.TI wv6µa..~ov -rà ahLu. -co:frta. -..wv to razionale del discorso, che cerca «di
OV'tWV ìj ov'tu., «i Pitagorici ritenevano
scoprire la cosa stessa nel suo aspetto
che questi principi della realtà in quan-
fondamentale» 46, più che l' al'monia o
to realtà fossero nella materia numeri e
logoi» {cfr. Plot., en11. 5 , 1 ,5 ). la bellezza della parola. Quest'ultima in

6voµa.crla.ç. Cfr. Epict., diss.2,8,2: ouo'fo. fiEou mo:ido intero (~ II, coli. 314 s.), testo che
... vovç, ~mcrrçi]µT}, J..6yoç 6plt6ç. Giustìno interpreta e rende con ò rçou lh:ou ">..6-
o
yoç. Cfr. Philo, sacr. A.C. 65: yÙ.p llEÒç ÀÉ-
44 Non prima della tarda cosmogonia della K6- ywv &µa btolEL.
PTJ x6crµou (Stob., ecl.r,388,13 ss.) si dice che
Dio crea la q>v<nç per mezzo della sua parola: 45 Cfr. le fondamentali considerazioni di ~
i!µEtala.crev ò fiEòç xa.t Er7tE q:ivcrtv Etvm... El- BuLTMANN, G/auben und V erstehen, 2 74 ss.;
7tEV Ò aeòç xat -ijv; e in un frammento orfico M. HEIDEGGER, Sein tmd Zeit 1• (1935), 32 ss.;
"Opxot (Orph. fr. 299, Krum) si parla esplici- ~ J. H. H. SCHMIDT I I ss.
tamente della aUSt) 1ta'tp6c; che egli q:iltty!;a'to
1tpW'tOV, quando Èa.i:ç O"tl)pt!;r1:to ~ouÀ.ai:ç il 46 ~ BoRNKAMM 379.
Àtyw B 1 (ll. Kleinknccht)

greco è chiamata E'ltoc; o pf)µa; Myoc; (p. 17 a 21). «Ciò che propriamente A-
si oppone specialmente a pf)µa, che è ristotele intende con À.6yoc; è l'atto con
l' espressione o il detto singolo, enun- cui si fa intendere una cosa per quel
ciati con maggiore carica affettiva, co- che è e la possibilità di esserne deter-
munque considerati come risultanti di minati» 49•
un suono pronunciato, sicché appare es- In accordo con quest'uso specifico,
senziale il fatto che si parla 47 , e quindi nei papiri magici greci À.6yoç (cfr. ~
pfjµa. si connota come «parola in quan- 7tpl'içLç) è divenuto un importante ter-
mine tecnico per indicare il detto o la
to volontà espressa» 48 , di contro al ca- preghiera magica, l'efficace scongiuro di
rattere esplicativo di Àoyoc;. Questo, potenti demoni (Preisendanz, Zaub. I
nell'acuta definizione di Aristotele (de 156; III 3.17, ecc.) 50• In questa corni-
ce si possono ancora indicare un paio
interpreta/ione p. l6h 26), è una <pwvij di significati non greci, o almeno non
<TT]µav·nx1), una 'voce che significlJ attestati nel greco profano. Essi si in-
qualcosa'. Espressioni come -r:l À.ÉyEic;; contrano, ad es., quando Philo, leg. all.
3 ,242, parla di s1'JÀW'ttxòc; Myoc;, spi-
(«qual è il senso di ciò che dici?») mo-
rito di zelo, oppure quando si dice che
strano che l'essenziale non è che una Gesù (Mt.8,16) ÈsÉBaÀE\I i:à 'ltVEUµai:a.
cosa sia detta, ma quel che essa signi- My0. Quando il giudeo Aristobulo usa
fica. À.Oyoc; non è dunque essenzialmen- il termine À6yoç nel senso ebraico, che
riguarda essenzialmente e primariamen-
te né un comando, né un'allocuzione, te il fatto del parlare, deve esprimersi
né una potente parola creatrice - signi- così: OEi: yàp Àaµ~tiVEtV i:l]v ~Ela.v <pw-
ficati tutti estranei a À.ÉyEtV per se stes- vi]v où plJ-rÒv Àbyov Ù:À.À' Epywv xa·
-tacrxEvac;, «la voce divina va intesa
so - ma è piuttosto un'enunciazione non come parola parlata ma come ap-
(à.1t6cpavtnc;, ibid. p . I7 a 22) fatta su prestamento di opere» (Eus., praep. ev.
una cosa, per dire che è (u1tapxEi) o 3,12,3).
Per ciò che riguarda la parola crea-
non è (µl} U1ttXPXEL, p. l7a23). Lo mo- trice di Dio (secondo la concezione ve-
strano i sinonimi esplicativi di À.Oyoc;: terotestamentaria), cfr. Ecclus 42, 15:
ànocpalvEcr~aL (far vedere qualcosa, p. Èv Àéyotç xvplov -rà:. f:pya aù-r:ov, men·
tre nel greco classico Myoc; è l'opposto
17 a 27 ); 01')Àouv (p. I7 a 16; cfr. pol.
di Epyov (cfr. Thuc. 2,65,9; Anaxag.,
1 1 2 p. x253 a 14: é oE. Myoc; È'ltt -rc7> fr. 7 [II 36,4 s., Diels5 ]}. È interessan-
OTjÀouv É<T'ttV); (À.Éynv) 'tL xa-r:&. 'tWoc; te osservare che anche nella Sapienza e

47 Cfr. Pind., Nem. 4, 6: friiµa. ~· Èpyµ&:twv 't"Ò À.ÉyELV 'tOV 'lt(lO<pÉpEcrDa.L" npo<ptpoV't"Clt µ~v
xpov~w-rEpov P~o'tEVEL; Demosth., or. 24, 191: yàp a.t q>wvu.l, )..ÉyE-.m lì~ -rà "Jtpliyµa-.a..
-rwv ÈX -.oii v6µov fniµ(hwv h)..lt,m;. so Al riguardo dr. Plot., enn. 2,9,14: cha.v
48 CREMER-KOGEL 450. yàp È1ta.otoàç ypaq>wow (gli gnostici) <.:>e; 7tpbc;
49 W. BROCKER, Aristoleles = Philosophische ÈXE~VC7.. À.ÉyOV"TE<;, OU µovO\I "TTJV lj/VXfJV, a)..À.à
Abhandlungen I (r 935) 28; dr. r76 ss.; dr. xa.t -.à ~mxvw, 'tl 'lto~ovcrtv fi yo71"t"Elm; xa.!
la teoria stoica in Diog. L. 7,38 (57): ... M- i}ÉÀ.l;E~ç (incantesimi) xa.t 7teloaç À.Éyou(n wc;
yoç tZEL CT1)µ!1.V'tLX6ç È<r"TLV..• O~ll.<pÉ(lEt oÈ xat My41 U7ta.xouEw xa.t &yEcri>a.L;
Àéyw B 2 (H. Kleinknecht) (IV,80) 230

nei LXX la parola della creazione e del- tura.


la rivelazione non è resa con pfjµa, ter- Secondo: Àbyoc; come realtà metafi-
mine evidentemente troppo particolare,
ma con À.éyoc;, che è più profondo e sica e concetto fisso nella filosofia e teo-
comprensivo; spesso, d'altronde, À.oyoc; logia greca, divenuto poi, nella bassa
e pijµix, nell'A.T. - come più tardi nel antichità e in parte per influssi stranie-
Nuovo (~ n. 144) - sono equivalenti.
Cfr. l'accostamento estraneo al greco di ri, un valore cosmologico, creatore del
À.6yoc; e pfjµa in Philo, poster. C. 102; mondo, una ipostasi della divinità, un
leg. all.3,173; Clem. AL, rtrom. 6,J,34, OEÙ·n:poc; i}E6c;.
3: Ti xup~ax:f) cpw\1"1 Myoc; <io-)çqµa·n- I Greci presuppongono dunque che
<r-toc;· 1) ( yàp) -tOV À.6you ouvaµ~c;, pfj-
µa xuplou <pW-tEL\16v, «la voce del Si- nelle cose, nel mondo e nel suo corso
gnore è logos informe; {infatti) essa è operi prima di tutto un À.6yoc;, una leg-
potenza del logos, parola splendente del ge sperimentabile e conoscibile, un )..6.
Signore»}.
yoc; che rende possibile la conoscenza
2. L'evoluzione del concetto di Myoc; nel À.6yoc; umano. Questo À.6yoc; uma-
nel mondo greco
no non è inteso solo in senso teoretico,
a) Cerchiamo il significato propria- ma in senso impegnativo e obbligan-
mente greco del concetto di Myoc; nei te per la condotta di vita; À.6yoc;, dun-
suoi due aspetti, che nel punto di par- que, è anche norma (~ v6µoc;). La co-
tenza in Eraclito (-) col. 2 3 r ) si pre- noscenza per i Greci è infatti sempre
sentano ancora indifferenziati. conoscenza di una legge, e quindi suo
Primo: Àbyoc; come parola, discor- compimento.
so, lingua, 'rivelazione' (non come an- b) Dato che lo stesso Myoc; costitui-
nuncio di qualcosa che si deve ascolta- sce l'essere sia del cosmo che dell'uo-
mo, è il À.6yoc; quel principio connetti-
re, ma come notificazione di ciò che si vo che costruisce il 'ponte', rendendo
deve comprendere); À.6yoc; come capa- possibile il rapporto 51 r. fra l'uomo e
cità razionale di 'calcolare', per cui l'uo- il mondo, e degli uomini fra di loro
(nel loro ordinamento politico, ~ coli.
mo può comprendere se stesso e il suo
2 34 s.), quindi anche 2. fra l'uomo e
posto nel cosmo; À.6yoc; come presen- Dio, infine 3. nella tarda antichità, fra il
tazione di una realtà presente ed intel- mondo e il trascendente. Del Myoc; co-
ligibile, e anche come sinonimo della me realtà che fonda questo specifico 'en-
trare in rapporto' dell'uomo (significato
realtà stessa, secondo il suo senso e la c --? coll. 222 s.), si parla per la prima
sua legge, n
suo fondamento e strut- volta in Heracl. 52, fr. r (I 150, r ss.,

st Cfr. Pos., in Philo, /11g.1I2: IS -çe yàp -çou si Cfr. A. BussE, Der \ti'ortsùm von AOrOl:
OV'tOc; Myoc:; OE<Tµòc:; ciN "tWV &mi.V"tW\I, wc; et- bei Heracl.: Rheinisches Museum 75 (r926)
p1)'!at, xa.t 01NÉXEt -çà µlpn 7t&.v-.a xaL O'qily- 203 ss.; per l'ultima, esaudente interpretazio-
YEt xw)..vwv a.u-ç<k ota.Mecrlhx.t xa.t Bta.p'tii<T- ne del concetto di Myoc:; in Eraclito, cfr. O.
lh1t. GrGoN, U11ters11cb1111ge11 tu Heracl. (Diss. Ba-
23r (lV,80) ì..lyw B 2 (H. Klciaknecht) (1V,8I) 232

Dielss): -.ou OÈ À.6you 't'OUO' E6v"t'oç àet ni sono da esso collegati, ma non se ne
à.~v\Je-toi ylvov-t<x.t iJ.vl}pw7toi xaì. rcp6a'- avvedono e vivono come se esistesse una
i}Ev fi cixova'aL xat iixou<r<t.\J't'Eç 't'Ò npw- lSlct q>p6vYJcnc; (fr. 2). Questo À.6yoc; è
't'ov· ywoµavwv yàp nocv-rwv Xct't'CÌ 'tÒ\J da Eraclito messo in connessione con lo
Myo\J 't6voe cimlpota'W ÉolxctO't, rceipW- ~w6v {~ xowòç À.6yoc;) (/r. 2): è l' or-
µsvoi x11,ì. ÈrcÉw\J xat Epywv 'tOtou-.wv, dinamento globale e permanente in cui
oxolwv Éyw OL'l'B'EUµctL XCX.'t'à q>VOW OL- si svolge l'eterno avvicendarsi, nella con-
mpÉwv l!xa<r't'ov xaì. q>pocswv ~xwç exet, nessione del singolo con il tutto; è quel-
«di questo elemento, che è proprio del la legge del mondo 53 che viene abbrac-
logos, sono sempre ignad gli uomini sia ciata mediante il À.6yoç che si moltiplica
prima di sentirne parlare, sia appena ne nelle anime (/r. n5 [1q6,IO, Diels']:
hanno sentito parlare. Infatti, benché \jlvxi\ç È<r't'L À.6yoç ~ctU't'ÒV a.u~wv, cfr. /r.
tutto avvenga in conformità di questo 45 [1 I61,1 ss., Diels' ]); come tale, À.6-
logos, essi appaiono come inesperti; poi- yoc; sta in opposizione a ogni S6~a. me-
ché compiono tentativi di parole ed o- ramente individuale e privata. Il ì..Oyoc;
pere del genere che sto illustrando io, è quindi anche il fondo più riposto della
sforzandomi di distinguere e di espor- ~ \jlvxi}, che nessuno è in grado di sco-
re le proprietà di ciascuna cosa»; fr. 2 prire totalmente. «Chi ascolta il À.6yoc;
5
(1 IJI, I ss., Diels ): Otò oei: foeiri}cx.i non percepisce ... un'esigenza imposta
'tWL 'X.OLVWL. ~uvòç yàp ò xow6ç. 'tOV dalla situazione a cui si trova di fronte.
À.oyou o' E6\l't'Oç ~U\IOU swoucn'\/ ot 1tOÀ.- Si viene a trovare proprio nell'interno
À.oÌ. wç lolav EXOV't'Eç cpp6vriow, «per- dell'esigenza stessa, e lo comprende non
tanto occorre seguire il logos comune; appena si rende conto che lui medesi-
infatti esso, in quanto comune, è indivi- mo deve affermare questa esigenza per
so. Ma -il volgo, benché il logos sia co- poter emergere dalla lOla q>poVT}O"Lç» ~;
mune, vive come se fosse dotato d'un11 fr. 50 (1 r61,I6 s., Diels'): oòx ȵov,
sua particolare intelligenza». Il Myoç &.ft.À.cì -.ou Myou àxov<r<t.\l"ta.c; 55 òµoft.o-
è qui la parola, il discorso, e anche il ye~v crocpov ÈCT-.LV lv Tt<i'\l't(J, elvat, «è
contenuto del discorso e del libro, co- cosa saggia convenire che l'universo è
me anche ciò che si intende nella paro- una cosa sola, per aver ascoltato non
la e nell'opera, la 'verità': solo di que- me, ma il logos».
sta si può infatti dire che vale per sem-
pre (th:ì. Éov'toç) e che tutto avviene nel c) La storia del Myoc; nel pensiero
suo significato. La conoscenza filosofica, greco prende dunque le mosse da Era-
il À.6yoç o anche ~ vouç, crùvecrtç, è clito, ma nella evoluzione il concetto
per Eraclito il mezzo che suscita le 'pa- viene a perdere quell'unità di significa-
role ed opere' dell'uomo. Parlare ed a- to che è tipica di Eraclito. Sul signifi-
gire, dunque, vanno di pari passo. Que- cato di 'calcolo', sinonimo di ~ vouç,
sto À.6yoç di Eraclito dev'essere inteso viene sempre più a prevalere quello di
e compreso come un oracolo: gli uomi- Àoyoc; come capacità razionale di di-

sei r935) 3 ss.; per l'estensione del concetto, 55 Ciononostante i( À.byoc; di Eraclito si perce-
cfr. J. STENZEL, Platon der Erzicher (1928) 43 pisce con gli occhi prima che con gli orecchi
ss. (fr.IoI [I 173,15 s., DrnLs']: gli occhi sono
S3 Sulla connessione e il parallelismo frn À6· testimoni più attendibili degli orecchi). Dato
yoç come 'discorso' e Myoç come 'legge del che poi nel cristianesimo il Myoc; fu essenzial-
mondo' cfr. ~ E. HoFMANN 3 ss. mente parola parlata, l'accento fu posto soprat-
54 ~ BuLTMANN (n. 45) 275. tutto sull' riXOUEW (~ I, coli. 591 ss.).
233 (IV,8r) Myw B 2 (H. Kleinknccht) (1V,8r) 234

scorrere, di parlare e di pensare; il ).,b- d'un corpo piccolissimo e quanto mai


yoc; assume un ruolo sempre più deci- insignificante compie opere splendidis-
sivo nella vita politica come mezzo per sime; esso infatti può scacciare il timo-
convincere e guidare gli uomini, fino a re, togliere il dolore, provocare la gioia,
divenire, nella Stoa, un principio co- .
accrescere la compassione»·, chi ne è
smico e religioso. soggiogato è dunque un oouÀ.oç del À.6-
yoc; (dr. Plat., Phileb. 58 b). Il À.Oyoç
I principali rappresentanti di questa può ora piegarsi agli usi più diversi
evoluzione sono i sofisti. Essi non si quale, ad es. in lsoct., or.3,7, l'uso pe:
limitano a sganciare iL Myoc; da ogni dagogico (.-oÙ'tct-> [ scil. 'tG) À.6Yct-l] xaL
norma e vincolo, legandolo solo all'in- >toùc; xaxoùc; f.!;EÀhxoµ.r::v xa.L >toÙc; a-
ycd}oùc; ÈyxwµL!isoµ.r::v, «mediante il À.6-
tétesse e alla situazione del momento, yoc; riprendiamo i malvagi e celebriamo
fino a 'tÒ~ i}-t'tW À.6yo\I XpElo°O"W 1t0LEL\I, i buoni», anzi addirittura l'uso cultura-
<~far risultare più valido il Myoc; meno le (ibid. 3,6 ss.; or. 15,254: xcxì. o-xeOòv
&1tlX.\l"t"a. -tà. s~· i)µwv µ.r::µ11xcxveµi]\ICJ;
valido» (Plat.,- ap. 18 b) 56, ma costrui- Àéyoc; 1)µ~v ÉO''tt\I ò OV')'XCL't(X(J'XEUM<Xç,
scono anche una teoria dd À.6yoc; SI. «è il logos che ci permette di condur-
Il concetto di À.6yoc; doveva acqui- re a buon fine quasi tutte le nostre in-
stare grande importanza nei secoli v e venzioni»). Dato che il À.6yoc; ha esi-
rv, in forza della vita democratica, de- stenza politica, che ci innalza sopra il
terminata dalla ragione. Gorg., Hel. 8 mondo animale, tutte le conquiste cul-
5
(fr~ I I [II 290,17ss., Diels ] ) elogia la turali sono dovute a lui: où µ6vov 'tOU
capacità psicagogica del Myoc;, clie già ì}"C)ptwowc; sfiv &.1n1À.À.ocyt]µE\I à.U,à.
appare personifìcato58 : Myoc; OIJ\IM't'l'l<; xat o-uveM6v'tEc; n6ÀELç ti>xlcrcxµr::v xa.ì.
µÉyac; ÉO"'tlV, 8c; O"µLXpO'tli'CWL crwµa:tL v6µouc; ÈÌtɵ.r::fra xa.t -tÉxvac; EupoµE\I,
xat tX<pCX.'\/EO"'tOC'tWL i}EL6'ta.'ta. ~pyo: ll1tO- «non soltanto abbiamo lasciato la vita
'tEÀ.Ei:· oùva-tat yà.p xat cp6~ov 1ta.ucraL selvaggia, ma ci siamo radunati e ab-
xa.1. À.Ù'lt'l'l\I àcpEÀ.Ei:v xat xa.pà.v ÉvEpya- biamo costruito città, stabilito leggi,
crcxcri}cxL xcx1. lt.À.Eo\I É1tcxvçijam, «gran scoperto arti» (ibid.) 59 • In questo con-
sovrano è il logos, il quale servendosi cetto di À.Òyoc; sono comprese ratio,

56 Cfr. i Ku:ra.PcH.)...ov-rEç (À.6yo~) di Protag., ruolo sofistico e polemico-dialettico del )...6yoc;


fr. r(II 263,2 s., DIELs'), i Avruot A6yo~ (II nel Teeteto. Si può cosl dire - analogamente
405 ss., DIELS 5 ) e la contesa parodistica del al N.T. (dr. i passi in BuLTMANN [-> n. 45)
òlxmoc; ~ lH>Lxoç J..6yoc; in Aristoph., nub. 280, n. 2) - che il À.6yoç 'combatte', 'vince',
889 ss. 'soccombe', 'muore', 'risorge' (dr. Plat., Phaed.
57 Su À.6yoc; come concetto preciso della reto- 89 b: Mv7tEp YE Tiµiv ò Myoc; "t'EÀEu-riJ011
rica, cfr.-+ L E ISEGANG, in PAULY-W. 1043 ss. xa.t µ1) lìuvwµ<:l>a a.ò-ròv ocva.Ptwuacrl>a.t ).
58 Come molti altri concetti (cfr. -+ a.i.Wv, -+
Cfr. H. D IBLS: SAB (1883) I 488 s. Bisog\la
olx'T], -+ v6µoc;), anche )...6yoc; fu presto perso- però distinguere l'equiparazione del Myoc; a
nificato poeticamente (Hes., Theog.229; Eur., un dio, dalla sua ìpostasizzazione ad essenza
lph. Aul. 10r3; Phoen.471; cfr. Apoc. r9,I 3), propriamente divina che ha luogo nella tarda
cosa niente affatto straordinaria per i Greci. Se classicità.
ne trovano accenni già in Plat., Phaedr. 264 e: 59 Al contesto di queste teorie sull'origine del-
ÒE\ mh1-ra. Myov ~o-11Ep l;<iJov (organismo) la cultura - e non, come vorrebbe LEISEGANG,
GUVECT"t'aVa.t uwµ6. "t't ~)(.OV'ta. m'.J"t'ÒV c:t.V"t'OU,.. in PAULY-W . 1062, alla teologia di Ermes -
E. HoFMANN 29 s. fa riferimento soprattutto al mi sembra che appartengano i versi della Po.
235 (1v,8x) ì..Éyw B 2 (H. Kleinknecht)

oratio e forza normativa: oÙ't'oc; y!X.p 'lté'.- trina socratica o della politica platonica
pt 'tWV &xalwv xo:.t 'tWV &.olxwv xu.L (come fra il Myoç dell'anima che pensa
"CW\I xaÀ.wv xa.t •W'V a.lcrxpwv Èvoµo-
1}frflO"EV, «è il logos che ha fissato i li- e il Myoç della realtà esiste una for-
miti legali tra la giustizia e l'ingiustizia, ma di armonia prestabilita). L'uomo si
tra il bene e il male». Così il À.6yoc; deve guardare bene dal divenir nemico
<Ì.À.t}1>'Ì)c; xat v6µLµoc; XCX.Ì OlX<X.LO<;, «Ve-
ro, conforme alla legge e alla giustizia», della parola, come avviene che si diven-
è, infine, t!Juxiic; à.yaMjc; xaì 'ltL<nijc; ga nemici dell'uomo. L'odio contro il
EtOwÀov, «immagine d'un'anima buona À6yoc; e la inimicizia contro l'uomo co-
e leale» (ibid.255).
stituiscono la maggiore disgrazia e de·
d) Socrate e Platone superano il M- rivano dallo stesso sentimento; Plat.,
yoc; individualistico della sofistica, pro- Phaed.89d; 9od/e: Pertanto µi} mxplw-
prio conducendolo alle sue conseguen- µEv Elc; 't'Ì}V t!Juxi)v wc; 't'W\I Mywv xw-
ze estreme: ne risulta una concezione OU\IEUé'.L où8Èv ùyt~<; é'.Ì:vat, à.À.Àà 7tOÀ.Ù
nuova e molto più profonda. È il con- µiiÀ.Àov o"CL 1jµEi:ç ov'ltw ùytwc; axo-
cetto della comunanza, diffusissimo nel- µEv ••. , «non lasciamo che s'insinui nel
la mentalità greca, che fonda, in quan- nostro animo l'idea che il male sia nei
to accordo basato sull'oggetto (oµoÀ.o- À6yot, ma pensiamo piuttosto che ma-
yla), e rende possibile la forza del M- lati siamo noi»; 99 e: lt8ot;E 51, µot XPii-
yoc; 00, .dato che esso viene allacciato vc.u dc; 'toùc; ).,6youç xa-rcxq>uyov'ta lv
soltanto al xowòc; Àoyoc;. Il -r:l Myetc;; hElvotc; O"XOTCELV 'tWV Bv-.wv 't1ÌV àÀ1}-
che ritorna sempre nei dialoghi sacra· ~é'.Let.V, «e mi parve necessario rifugiar-
tici, mostra che si accetta e si presup- mi nei Àoyot e indagare in essi la ve·
pone il linguaggio comune, con i suoi rità delle cose esistenti».
termini e i suoi concetti. Il Myoc; co-
me elemento fondamentale di tutta la Il Myoc;, interpretando i fenomeni,
vita della comunità è al centro della dot- fa raggiungere la verità; ma il Àoyoc;

liteia di Crisogono (fine del v sec. a.C., Pseudo- Bè ì..6yov ilEfov pì..Éljia.ç 't'OU't'Wt 1tpocrÉBpEVE I
Epicharm., fr.57 [r 208,8 ss., DIELS5]): ò )..6. tlhlvwv xpa.lìlric; VOEpòv XU'tOt; (spazio), e nel-
yoc; à.vfrp1lmovc; xu(3e:pvcit xcx:tà. -tp6nov <TWL· !' ermetica (cfr. Clcm. -Al., strom. 5,14,94,5);
l;Et 't' O:El. I i:!u't'LV O:vl>f}W7tw~ ì..oytuµ6c;, fo-tt Sext. Emp., 111ath.7,r29, parla del DEi:oç ì..6yoc;
xa.L ile:foç ì..oyoç I ò BÉ ye ,.&,vl>pw7tou 'TCÉqlV· cli Eraclito: 't'OV'tOV oùv 't'ÒV ilEi:oV ì..6yov xa.-
XEV ch6 ye 'tOV l}dou 'ì..Oyov I {xo:t} <pÉpEL ~· 'HprbtÀ.wtov BL' civa.1tvoljc; 0'1t<Ì.cra.vi:e:ç voE-
( 1t6pouç haO''tW~) 1tEpl plau xa.t <tfu; 1tpo<pci.c;. pot yLv6µdkt. Molto frequente in Filone, cfr.
I ò BÉ ye -tat:c; 'tÉxva.tc; à.Tt'&.ua.tç O"UVÉ7te:-ra.L LmsEGANG, I11dex, s.v.
1'e:i:oc; Myoç, I ÉXBLMuxwv a.1hòc; a1houc;, o 60 Cfr. Eur., Suppl.201 ss. Prendendo lo spun-
-rt 'TCOLEtV Be:i: cruµq>Épov. I où ycì.p 8.v1'pw7toc; to dal concetto cli Myoc;, J. STBNZBL ha bat·
't'ÉXVttV -rw' EÙpEV, ò oÈ l>eòc; 't'01tUV. Cfr. il tuto una via del tutto nuova nella compren-
ile:i:oc; Myoç, Pl!tt., Phaed.85 d. Oltre che in sione cli Socrate e di Platone, nell'articolo 'So-
Plutarco si parla del ile:i:oç ì..Oyoc; ancora nel krates' in PAULY-W. 2. R. m I (1927) 8n ss.;
tardo 'orfismo' (Orph. fr. 245,5, K1mN): Elr, cfr. ~ BORNKAMM 377 ss.
237 (1v,82) Myw B 2 (H. Kleinkne<:ht) (1v,83) 238

stesso deve derivare dai fenometù. Su vlo:). Myoç e xowwvlo: sono in stret-
questa duplicità si basa la portata e la to rapporto reciproco : soph.262 c (cfr.
disponibilità del Myoc; nella concezione 2 5 9 e): 'tO'tE o' i)pµoCTÉv i:t. xat À.6yoc;

socratico-platonica. Il À.6yoc; è pensiero ÈyÈVE'TO Eùilùc; ii 1tpW'tl} c:nJµ1tÀox1), «in


in quanto è otli-Àoyoç dell'anima . con tal caso si attua l'accordo e tosto divie-
se stessa (Plat. , soph. 263 e: ot<X.vota ne Myoc; il più elementare collegamen-
µÈv x<X.t Myoç -rau-.6\1' 7tÀTfV ò µkv Èv- tm>. La pur semplice c:nJµ7tÀ.oxl} di ov6-
-tòç -rfjç 4Juxijç 7tpÒç IX.Ù't'Ì)V Ot6J.,.oyoc; µa'to: e p-fiµo:-rlX. produce quindi un À.6·
&vt.u <pwvijc; ytyvo~\loc;, «pensiero e yoc; che per natura non esprime parole
À.oyoc; sono la stessa cosa; solo che quel ( 6voµoc~Et) soltanto, ma determina qual-
&tcD.oyoc; che avviene all' interno del- cosa- ('tt 7tEpo:lvt.t, 262 d), 'significa'
l'anima, che l'anima fa con se stessa, qualcosa, dice (À.ÉyEt) una cosa, una re-
senza voce (quello fu da noi denomina- altà, e quindi un significato. In quanto
to 'pensiero')» (cfr.Theaet.189 e). Plato- verace ( &.À.11ili}c;) o mo-i;oc; (fedele, Dio
ne quindi non ha fatto altro che espri- Chrys., or.45,3). il À.6yoc; esprime «ciò
mere filosoficamente il duplice significa- che è come è»61 • Ancora una volta, quin-
to del termine stesso. Il À.Oyoc; dei sofisti di, OY)À.OV\I (manifestare) e Oì)µa.lvEW
era solo disttuttore, e non metteva in lu- (significare) sono i correlativi di Myoc;
ce che le possibilità negative del Àéyoc;, (soph.261 d/e).
il 'tWV À.6ywv aÒ'tW\I &.~&.\lo:'toV 'tt xat Nel concetto di À.6yoc; si trovano
cX.y'l)pwv mH}oc;, «affezione immortale e dunque in mutuo rapporto pensiero,
senza decadimento dei À.oyot stessi» parola, cosa 62, essenza, essere e norma
(Plat., Phileb.15 d), dato che il À.6yoc; (dr. l'identità di pensiero ed essere in
dei sofisti è rivolto non &.qiMvwc;, «sen- Parmenide!). Perciò dei MyoL di Socra-
za invidia» alla cosa; al contrario, il 'A.6- te Platone (Crit. 46 b/d) può dire che
yoc; platonico (Plat., soph.259 c-264) si non erano soltanto Àoyot evt.xa. ).6you
sviluppa come >WV OV'tWV itv 'tt yEvwv, (con cui si diceva qualcosa) e neppure
«uno dei generi delle cose che sono» 1tat&ci e <pÀ.ua:plcx. (dande) (46 d), ma
(soph . 260 a) e tende quindi possibile erano natura ed azione, tali da fronteg-
ogni filosofia, perché collegato con l'es- giare anche la morte 63 •
sere in una grande comunione (xoww- e) Aristotele riassume ancora una vol-

61 Plat., Crat .385 b: Myoç, oç lÌ..'J i:à OV't~ 63 Cfr. Crito 64 b/c (Socrate dice): µ'1]8E'Jl IJ).,,.
Myn Ù)ç foi:w, à"J-:ril>i]ç· 8c; 8' l1v wç ovx ifo'- À<iJ 7tElftE<Tl>at i\'J -.4) )..by~ lìç IJ.v µoL ÀOyL~O·
·i:w, lj.iw8i]c;. µiw~ ~éÀ.'tMT'toç qia.lVTJ't'ct.L. 'toùç 81} Myouc;••.
62 Cfr. Pind., Olymp. r,28 s.: xo:l 7toU i:L xo:L où 80'Va.µa.L vvv (di fronte alla morte) ~x~a­
~poi:w'V <pà'ttc; v7tep -.òv cH. TJllfi Myov (il fat- À.Etv ... Ù.À.À.?!. oxe86v 'l:L Oµ.oLOL cpalvovi:al µot,
to vero [e ideale} come si esprime nell'inno). xal i:oùc; aù'toì1c; 7tpso-~eow xat -.Lµw ovo-7tsp
239 (1v,83) ì.Éyw B 3 (H. Kleinknccht)

ta I~ concezione dell'esistenza umana, 'YE't'at); è equiparato al concetto di Dio


propria del tempo classico, nella formu- (-7 ltE6<; 1v, coll. 346 s.); Zenone, in
la: Myov oÈ µovov &vapw1toç EXEL 't'WV Diog.L.7,68 (134) ( = r p. 24,7 s., v. Ar-
sti>wv, «Solo l'uomo tra i viventi pos- nim) ritiene che esistano due principi,
siede la parola» (po!.r,2 p. 1253 a 9 s.). l'attivo e il passivo e che «l'attivo sia
L'uomo «possiede la parola in due a- il logos (cioè Dio) insito nella stessa
spetti: da una parte il suo agire è de- materia»: 't'Ò of. 7tOLOU'\I 'tÒ\I ÈV «X.U'tfj
terminato dalla parola, dall' altra egli (scil., 't'TI \J)..n) Àoyov 'tÒV ik6v); viene
stesso, parlando, dà compimento alla anche equiparato ai concetti di 7tpé-
comprensione e al discorso»64 (Aristot., Votcx (provvidenza), ElµapµÉ\ITJ (fato )1
eth. Nic. I ,6 p. 1098 a 4 s: 't01hou oÈ '-+ xo<rµoc;, -7 véµoc;, -7 q>UO'~c;; la El-
'tò µÈv wç bwnEti>Èç Mr~. 'tò o' wc; µapµÉ'llT] secondo Crisippo è .Atòç À.6·
exov xcxt oLa.voovµevov), « ...(la vita at- yoç (Plut., stoic.rep.47 [II rn56 e]) op-
tiva, propria di ciò che è fornito di ra- pure ò -tou x6aµou À.6yoç, ovvero M-
gione) del quale una parte ubbidisce al- yoc; 't'W\I Èv x6~ npovolq. otoixouµÉ·
la ragione, un'altra possiede la ragione vwv (II 264,18 ss., v. Arnim)68 • In que-
e la facoltà di pensare». Lo specifico Ep- sti casi Myoc; non si può rendere in
yov à.vìlpwnou è la ljiuxl}ç ÈvÉpyete<. xa.- senso attivo, con discorso concreto e si-
'ta Àoyov (ibid. a 7) 65 • Il Myoç è l'ori- gnificativo (come nella filosofia socrati-
gine della à.pE'tlJ essenziale ( eth.Nic. 2. co - platonica); si deve rendere invece
6 p. rro6 b 36 ss.) dell'uomo 66 e quindi con accezione passiva, come 'legge del-
anche della sua EùOcxtµovlcx.. la ragione' (del mondo). Dio è ò 7tci\l't'WV
'twv ov-.wv Myoç, «la legge di quanto
3. Il Myoç ne/l'ellenismo esiste» (Orig., Cels.5,14) e fondamento
a) Nella Stoa 67 il termine Myoç e- dell'unità di questo mondo (~!ç À.6yoç
sprime l'ordine e la determinazione te- ò 'tll.U'tll. xoc;µWv xat µla 1tpÒ\lota Èm-
leologica del mondo (Diog. L., 7, 74 'tpOTIEvoucra., «una sola ratio che ordina
[ r 4 9] Àéyoç, xa.i>' ov ò xba-µoç OLEçci- queste cose e una sola provvidenza che

xat 7tp6-cEpov. Il Àéyoç è qui contrapposto al- ò;xpa.'t'our; 't'Òv Myov xa.t -tTjç 4'uxijc; -rò À.oyov
la ttÀ:1i&f:La come, ad es., in Demosth., or. 30, ~xov faa~vouµtv· òp&wç yàp xa.t bd -cò:. ~éÀ.·
34.26: oùx !!XEL -cafrt' ttÀ:{Jl}mtv, ...à).,).,à; )..6- -c~o--ca mxpa.xaÀEt' cpa.lvE-cw. Il' lv aù-coi:ç xai
yoL -cau-c' ÈO"-tLV ... Platone (ep.7,328 c) dice di a
aÀÀo 'tL 'ltrt.pct 'tÒ\I Myov 'JtE<pux6c;, µaxE't'O:l
se stesso: µtt S6l;aLJLl 7tO'tE ~1uw-c4) m1:v-c&.- 'tE xa.t Ò:V't'L'tElVEL -céì) Myf.il. Da una parte
1t'acrt. À.6yoç µ6vov Ò:-ttxvwç Elval -t~, ì!pyou Aristotele parla di un 'ltELi>ct.PXELV e òµocpWVELV
SÈ oùSEvòç fJ.v 7tO't'E ÈXWV avM.4'ao-&a~. 'téì) Mycv (che è poi lo 6p&òç Àéyoç, p. rro3 b
M BROCKER (-+n.49) 27 e I]6ss., sviluppa la 32), ma dall'altra gli oppone e gli mette in
concezione dell'esistenza umana partendo dalla contrasto la ljiux1J.
determinazione dcl concetto di Myoç. Il M- li6 Cfr. Plut., de virtt1le morali 3 [II 441 e] :
yoc; che fonda l'essere dell'uomo e gli dà la xoLvW<; fiÈ lt7taV-cEc; oÙ'tOL (Menedemo, Zeno-
possibilità della libertà (M. Ant. 6,58) è un ne, Aristone, Crisippo) -ci}v &.pE-tTJV -cou 'Ì}yE·
concetto che riappare negli stoici; cfr. Zenone µOVLXOU -tTjc; ljiuxfic; ow.l)EO"lV 't'Wa XaL OU\la-
ìn Stob., ecl. 2,75,rr ss.; Epict., diss. 3,r,25; µW YE"(E\l'l]µlVTJV Ò7tÒ Myov, µéiÀÀ.O\I oÈ M-
Plot., enn.3,1,9; M. Ant., 6,23. yov OU!fllV r1.U'tTJV ÒµOÀ.O)'OUµEVOV xat f3Éf3rt.toV
xat ò;µE't6.'lt't'W't0V Ò7to't'l1lEV'tO:L.
65 Il concetto di )..6yoç è qui ancora strettamen-
67 Cfr. la raccolta dei testi in E. SCHWARTZ,
te unito a quello di ljiuxii: eth.Nic.1,13 p. no2
a 27 ss., spcc.1102 b I 3 SS.: Ì!O~XE\/ OÈ XGl:L iJJ.,.)..TJ NGG (1908) 555 n. 1.2 e in H. v. ARNIM,
't~ç cpu ate; -cijç ljiuxijç fJ.).,oyoç EL\/Il~, µE'tÉXOU- Index, s.v.
(T~ 1-1~v-c9~ 1t"(} Myou, 'tOU yò:p É-yxpa-roiis xo;ì. 68 --+ çoli. 224 SS,
Myw B 3 (H. Kleinknecht)

governa», Plut., Is. et Os., 67 [II 377 riassorbite (M. Ant. 4,2r,2: 4'uxa.L ..
s.]; ò -.i)v oùt;flet.v -.wv oì.wv .&otxw\I µna~ciÀ.Àoucn xa.t XÉO\l'ta.t xa.t ÉSCl1t-
À.6yoc;, «la ragione che governa l'essen- 't'O\l't'et.t El<; 'tÒ\I 'tW\I OÀ.W\I <11tEpµa.'ttXÒV
za di tutte le cose», M. Ant. 6,1). Per À.6yov à.va.À.aµ~a.voµEvix:t, «le anime...
un compromesso con la religiosità po· si trasformano, si decompongono, bru-
polare, si finisce per identificare questo ciano, riassorbite in seno alla ragione
Myoc; del mondo con Zeus, come nel seminale dell'universo». Il À6yoc; par-
famoso inno di Cleante (fr. 537 [I p. ticolare dell'uomo non è che un fram-
122, v. Arnim] ): w(fi)' lt\let. ylyvEO"i)et.t mento del 'Myoc; universale (M. Ant. 5,
'ltocvi:wv À.6yo\I Cl.LÈ\I Mv•a, «sicché di 27; Epict., diss.3,3; M.Ant. 7,53: xa-
tutte le cose è unico ed eterno logos». 'tà -.ò'J xowòv frEotc; xa.t &.vfrpwitotc; M-
Il Àoyoc; è il principio creatore, quindi yov, «conforme al À.6yoc; comune a-
ordinatore, del mondo, di cui in fondo gli dèi e agli uomini»), che nell'uomo
è il principio costitutivo ( 6 -toO x6oµou giunge ad essere coscienza; nel lOyoc;
À.oyoc;, Crisippo [n p. 264,18 s. v. Ar- Dio e l'uomo - ma l'uomo vero e pro.
nim]; M. Ant.4,29>3 ), che del mondo prio, cioè il saggio o il filosofo, che so-
fa uno ~{i)ov ì...oytx6\I, «essere vivente lo possiede lo òpì}òc; À.6yoc; e quindi vi-
ragionevole» (n p. 191,34 s., v. Arnim}, ve &.xoì...ovi)wv 'tU q>vl'J'Et, «seguendo la
una forza immanente che si estende nel- natura» (Philo, ebr .34) - si uniscono
la materia ( 6 6t' OÀ.l}c; -.tjc; OÙO"let.c; ot·l}- insieme in un grande x6crµoc; (n p. r69,
XW\I ì...6yoc;, M. Ant. 5'32). Il mondo 28 s., v. Arnim: xowwvlocv l'.mapxEw
non è che un grandioso sviluppo del À.6- 'ltpòc; 0:.)..}.1JÀ.ouc; (scii.: &.vitpw1totc; xa.L
yoc; che si presenta in forma materiale ileotc;) 6tà -.ò Myov J..LE•ÉXEW, ISc; ÈIJ"'tt
(Diog.L.7,35 [56]: 7t&v yò:p 'tÒ 1toto0v cpUO'Et v6µoc;, «esiste una reciproca CO·
crwµa Èo"tW), come~ 'ltUp,-+ 'lt\/Euµcr; munione (tra uomini e dèi) mediante la
(n p. 310,24s., v. Arnim) o come et.l- partecipazione al logos che è legge per
i)ilp. Come forza organica poi, che a natura»). Nella dottrina stoica il dupli-
partire dalla materia informe e non vi- ce significato di Myoc; (ragione e di-
vente dà vita alle piante e movimento scorso) si ritrova all'interno dell'uomo
agli animali, il À.6yoc; è 'seminale', crmp- nel À.6yoc; Èv6tcii>E•O<; e all'esterno nel
µa.-.tx6c; (Zenone [1 p. 28, 26, v. Ar- Myoc; 7tpocpoptx6c; (Sext. Emp., pyrr.
nim] ), è, cioè, un seme che si sviluppa hyp. r ,65 ). Un'estensione del concetto,
e che per essenza è ragione. Come }.6- importante per gli sviluppi successivi,
yoc; òpit6c;, legge del mondo, e precisa- si ha nel fatto che Myoc;, equivalente
mente~ v6µoc; del mondo e dell'indivi- a q>U<Ttc; (ò xotvòc; ·tijc; c:pucrewc; Myoc;,
duo, il À.6yoc; dà all'uomo la capacità di n p. 269,13, v. Arnim; M. Ant. 4, 29,
conoscere (Pos., in Sext. Emp., math1, 3 ), diviene anche una potenza creatri-
9 3 : Ti i:wv oÀwv cpvcnç ù'ltò crvyyEvouc; ce: questa linea sarà in seguito accen-
oq>ElÀEt Xet.'tetÀa.µBa\IEO"i)Cl.L i:ou À.6yov, tuata, ad es. in Plut., Is. et Os. 45 (II
«necessariamente la natura del tutto 369 a): 6'r]µwup-yòv \JÀ.l}c; ltva. À.6yov
viene colta dal logos che le è congene- xet.t µlav 1tp6vota.v, «un sol logos pla-
re»; cfr. Diog.L.7,52) e di agire moral- smatore della materia e una sola prov
mente (M. Ant. 4,4,1: ò 1tpocr-.a.x·nxòc; videnza». Nel À.Oyoc; stoico, dunque, la
'tW\I 1tOL'l')'rÉW\I iì µ°I) À.6yoc; xow6c;, «il forza razionale e quella vitale si trova-
logos che ordina ciò che si deve o non no unite insieme (Diog.L.7,68 (135 s.]
si deve fare è comune a tutti»). Come = II r80,2 ss., v. Arnim).
dal Myoc; procedono tutte le forze, co-
sì in esso tutte torneranno e saranno b) In contrasto çon lo stokismo 1 an·
ÀÉyw B 3 (H. Kleinknecht)

che il neoplatonismo 69 ha elaborato una Vangelo di Giovanni, può affermare:


dottrina del logos. Anche nel neoplato- ·àpx1J ouv Myoc; xa.l. 1tav'tcx. Myoc;,
nismo il À.6yoc; è una forza strntturan- «principio è À6yoc; e tutto è Myoc;».
te, che dà forma e vita alle cose, e che Il À6yoc; neoplatonico appare talvol-
quindi è in stretto rapporto con dooc;, ta come unità, dato che è emanazione
'idea', e---7µopcpl), 'forma' (Plot., enn.r, del~ Nouc; (enn.3,2,2): 'tOU'l;O OÈ M-
6,2.3.6; 3,3,6; 4,3,ro), ---7 <pwc; (Plot., yoc; Èx vou puElc;. -;:Ò yàp &.11:oppÉov Éx
enn.2,4,5) e ---7 sw1i (Plot., enn.6 17,n: vcu À.6yoc;, xa.l. àd &.'!toppEi: ltwc; llv 'i'i
El oi) xa."t'à. Myov OEi: "t'Ò 1totouv EtVm r.a.pwv ÈV 'toi:'ç ovcrt Myoc,... oihw 81}
wc; µop<pOUV, 'tl 8.v Et1]; 'ÌÌ :~UX.TJ 1tOLEL\I xa.I. Èç E.vòc; vou xcx.L -roll CÌ.'lt' a\J'l;ou M-
1tvp ouva.µévri: •ov"t'6 o' ~<1-i:t swl} xa.L you &.vfo-r'l'} -t68E -tÒ miv xa.L OtÉCT't11...
À.Oyoc;, E\I xa.t 'r0.V'l;Ò\I aµcpw, «Se, dun- 'tOU 8È Myou È'Tt' a.ò-coi:c; 'tTJ\I ù.pµovlcx.v
que, ciò che crea il fuoco nel senso che xcd µlcx;v -ri)v a-uv-ra.çw EL<; 'l;à. oÀ.cx. 'ltOl.-
gli dà forma dev'essere conforme al À.6· ouµÉvou, «e questo è Àoyoc; che scatu-
yoc;, che altro sarà se non un'anima ca- risce da intelletto. Ciò infatti che sca-
pace di creare il fuoco, vale a dire una turisce da intelletto è Myoc,, e scaturi-
vita e un Myoc;, che sono ambedue una sce sempre [e non storicamente una
sola e medesima cosa?>>). La vita è una volta sola] fino a quando sia À6yoc; pre-
forza che struttura con arte. -i:lc; o }..6- sente nella realtà ... Così da quell'unico
yoc;; si domanda Plot., enn.3,2,16, eri- intelletto e dal À.6yoc;, che ne deriva, è
sponde: ... ofov exÀa.µljltc, É~ àµqioi:v, sorto questo universo e le sue distin-
vou xcx.L lfiux.l}c;, «come un'irradiazione zioni . .. e il Myoc; che sta su di ess::
d'ambedue: dell'intelletto e dell'anima». opera l'armonia e l'unitaria coordina-
Dove il )...6yoc; agisce, tutto ne viene pe- zione nel tutto» Ma talvolta appare co-
netrato (ÀEÀoyw"t'a.t) e formato (µE- me molteplice, dato che mette in luce
µ6pcpw"t'a.Ì., enn. 3, 2, 16). La natura è la varia molteplicità delle apparenze:
vita e Àoyoc;, è forza-forma operan- il À.oyoc; è perciò 'ltoÀ.Ùc; xcx:l. mie;, «mol-
te (enn. 3, &, 2: ... •nv qiuo-iv dva.t teplice e totale» (enn.5 ,3,16), EÌ:c; e '!tO·
Myov, 8c; 'ltOLEL Myov ocÀÀov yÉ\l\l'l']µrt Mc;, <mno e molteplice» (6,7,14). Anzi,
au'tou, «la natura è Myoc;, che produ- nell'unico Myoc; si dànno violente op-
ce, quale sua creatura, un altro Àoyoc;» ). posizioni (enn.3,2 116: &.vcl.yx'l'} xa.l. 'tÒV
Anzi, il mondo intero è À.6yoc; e tutto evrt -rov'tov À.6yov Èç Èvav'l;lwv À.6ywv
in esso è Àoyoc; (enn.3,2,2), come pura Eivat ltva. '1;1jv O'UO'"W.<ri.v cx.ù't@ xa.l. oì:ov
forma-forza nel mondo intelligibile, mi- oùcrl(J..V 'tfjc; 'tOt.rLU't'l'}<; ÈV(J..\l'ttWO'EWc;, «di
sta alla materia in questo mondo, fino necessità, questo unitario disegno razio-
a quell'ultimo À.6yoc; ò xcx:tà. -t'Ì]V 1.1.op- nale del mondo consta appunto di sin-
cpi]v •iiv òpwµÉVTJV foxa:toc; f)o'f) xa.L gole ragioni opposte; giacché solo un
VExp6c;, «forma razionale che si rivela così fatto tipo di contrarietà gli apporta
nella figura visibile, ultima ormai e mor- consistenza e, per così dire, essere»
ta», che OVXÉ't't 'ltOLEL\I OVVCJ.'ra.t aÀÀ.OV, [ trad. V. Cilento]. Questa opposizione
«che non è più capace di crearne un'al- dà al Myoc; la natura e l'esistenza). Ma
tra» e che, a differenza del neoplatoni- il principio fondamentale non è, come
smo, la Stoa non conosce (enn. 3,8,2). per gli stoici, -tò Ùypòv Èv 0'1tÉpµo:aw,
Così Plot., enn.3,2 15, a somiglianza del
1 «ciò che nei semi è umido», ma è i;Ò

69H. F. MOLLER, Die Lehre vom Logos bei capitolo sul logos in Plot., enn.3,z,16, in cui si
Plot. : Archiv fiir Gcschichte der Philosophie mette in luce l'importanza del fondamento ma-
}O (r9r6) 38 ss. Particolarmente istruttivo è il tematico per l'armonia del mondo.
ÀÉyw B 3 (H. Kleinknecht)

µ1) òpwµE\loV· 'tOU't"O OÈ apd}µòc:; xcx.t Àé- incutono un religioso orrore»; in Plut.,
yoc; «ciò che non è visibile, e questo è Is. etOs. (II 35r s.), in connessione con
numero e Myoc:;» (enn.5,r,5), è il µÉ- la speculazione teologica sul logos, si
-çpov, la misura (enn.2,4,8). Per mezzo parla dello tEpÒç À6yoç, 0\1 lJ aeòç (scil.
del suo Myoc:; l'uomo è in grado di sol- Iside) <rvvciyet xixt <ruv-tlihio-t, xat 1tct-
levarsi al di sopra della cpv<rEwç yo11- paolowcn ( ! ) -to~ç 'tEÀouµÉvotc; ( otoc)
nlrt (malia della natura, enn.4,4,4 3 s. ), i}iitwo-iiwç, «sacra dottrina, che la dea
fino al Myoc:; aÀ:nìH1c:;, alla verità del- Iside raccoglie, compone e tramanda a-
l'essere (enn.4,4,12; 6,7,4 ss.). Il Myoc:; gli iniziati» e che non si addice alla OE~­
umano non conduce però ad ascoltare, o-toatµovlcx. xat '1tEptEpyla, <(superstizio-
&.xoum1, ma è fa -.wv Mywv É:1tt -.i)v ne e curiosità» (ibid. 3 [II 352 b]).
l}Écx.v ... 'ltcx.tocx.ywywv Àéyoc:;, «Àéyoç che Osiride è questo Àéyoc; quasi personale
dalle parole guida alla visione» (enn.6, cteato da Iside, riproduzione spirituale
9,4). Questo però non è ancora l'ulti- del mondo (Is. et Os. 54). Nello 'EpµoG
mo e più alto gradino, perché ciò che 'tCU "t'ptoµeylo--cou LEpÒc; ÀOyoc; (Corp.
l'uomo vede nella visione mistica è où- Herm.3, titolo [secondo Reitzenstein,
XÉ't"~ Myoc;, &,).)..&, µEt~ov Myov xai Poim.]) Ermes annuncia a suo figlio
1tpÒ Myov, <<non è più À6yoc;, ma qual- Tat come per misericordia di Dio sia
cosa che è più grande del ).6yoc;, che divenuto À.oyoç e quindi vl.òc; 1's:ou; in
precede il Myoç» (enn.6,9,10). quanto particolare dono di Dio (Corp.
Herm.r2,I2.13) e Àoyoc; 'tÉÀEtoc:;, que-
c) Nei misteri ellenistici il Myoç, in sto kpòc; Myoç 71 conduce al mistero
connessione con le divinità che si rivela- dell'unione con la divinità (Corp.Herm.
no, acquista un alto significato religioso, 9,r; I2,12). À6yoç si può anzi equipa-
come ~ ls:pòç Myoç, storia sacra, dot- rare a ~ µu<r"t'lJptov ovvero 'tc.À.E•lJ,
trina sacra e segreta, rivelazione, in un iniziazione (Corp.Herm.13,r3 b: il M-
senso non frequente nella grecità pro- yoç è la trasmissione, 'lt'ctpiiooo-t.ç, della
fana: l'attributo di LEp6c; si basa essen- 7ta;À.tyyE\IE<rlcx., rigenerazione) e l'inizia-
zialmente sul contenuto e ancot più to è il À.éyoç l}s:ov personificato (cfr.
sulla tradizione. Già Hdt. 2,5 I si riferi- Corp. Herm. r ,6 [secondo Reitzenstein,
sce a un lpév 't"W('J; Myov dei misteri Poim. J: "t'Ò Èv <roì ~À.É'ltov ( ! ) xcx.ì &.xou-
cabirici di Samotracia (cfr. Pseudo-Luc., ov Myoç xvplov fo-clv, <(ciò che guarda
Syr. dea 15 ,4); conosciamo pure la 'sto- in te e ascolta è il logos del Signore»),
ria sacra' nel culto di Dioniso, tra i Pi- che nella nuova vita loda Dio e gli of-
tagorici (Iambl., vit. Pyth. 28,q6: Ilu- fre nel Myoc; il tutto come sacrificio
1'a.y6pav O"UV'tcZ~<X.L 'tÒ\I 'ltEpi l}EW\I ).6. razionale, Àoytx1)-71'vo-la (Corp.Hetm.
ycv, ov xa.ì. LEpòv OL<X -.ou-.o ~7tÉypa~zv, 13,18.21}.
«Pitagora compose un'opera sugli dèi,' Myoc; equivale a preghiera, in Aesch.,
da lui intitolata, appunto per questo, Coeph.509; in connessione con la ~
discorso sacro»), lo Ì.EpÒç Àéyoç degli EÙXfi, nella speculazione mistica il ÀÒ-
orfici 70 (Suidas, s.v. 'Opq>Evc:;, Nr. 654 yoç ha sempre un ruolo ben determi-
[ Adler J). Nell'inno a Iside di Andros, nato, in quanto è l'unica via valida per
v. r2 (ed. W. Peek [r930]) si parla di entrare in rapporto con Dio (cfr. Sal-
«dottrina dei sacri misteri di Iside, che lust.16 [ed. A. D. Nock, 1926]): ix.t

10 Sul contenuto, peraltro discusso, dello ìer;òç i passi in Orph. fr. (KERN) pp. r40 ss.
À.Òyoc, 'orfico-pitagorico', dr. A.KRiiGER, Quae- 11 Frequente nei papiri magici: PREISF.NDANZ,
stiones Orphicae, Diss. Halle (1934) 13 ss. Cfr. Zaub. l 62; IV 2245.
ÀÉyw B 2 (H. Kleinknecht)

p.Èv xwpì.c; ilvcnwv Evxaì. Myot µ6vov stodirsi da chi non vi fosse addestrato,
dal'V, al oÈ µE-tà. ?Ncnwv Eµ\jJvxot M- poiché anche il tacere è un parlare».
yot. "tOU µÈv Myou "tTJV ~W'Ì)v ovva- Ibid. 6, u (245): otOO:crxa.Ào\J Eupwv
p.oiJv'toc;, i:fjc; oÈ ~wfjc; i:òv Àbyov \f/v- crtwID)c; Àoyov, «avendo trovato nel lo-
XOV<TY)c;, «le preghiere senza sacrifici so- gos un maestro di silenzio»; Plot., enn.
no semplici parole, quelle con sacrifici 3,8 ,6: s yà.p E.v IJiuxn Àa.µa&.w:i My~
sono parole animate, in quanto la pa- oucrn, 't'L liv fi.).).o t} Àbyoc; <Ttt>mwv et'J),
rola potenzia la vita e la vita anima la «in verità, ciò che accoglie nell'anima -
parola»). Apollonia di Tiana (in Eus., la quale è logos - che altro sarà mai se
demonstr.ev.3,3r r) insegna che ogni au- non un tacito logos?»; in Plotino Dio
tentica preghiera dev'essere offerta per è ).6you xpELT't'WV, «superiore al logos»,
mezzo del À.6yoc;; il vero onore agli dèi e in Plut., Is. et Os. 75 (II 38r b) cpw-
si rende f..1.0\1({) • • • -r@ Xp€LTTOVL À.6y({) vijc; yà.p ò i)doc; ).,6yoc; ct1tpocroE11c; Ècr-
(À.Éyw oÈ -r@ µi) otoc cr-.6µa.i:oc; lov't'L), 't't, «la parola divina non abbisogna di
«soltanto con la parola migliore (in- voce» 72 •
tendo dire non quella che esce dalla
bocca)», e soltanto Mr<t> (dalla parola) d) Quasi tutti gli aspetti del concet-
può essere riconosciuto (scholion a E- to filosofico di logos si ritrovano nella
pic., sententia r,in Diog.L.ro,3I[r39]: teologia greca, riuniti insieme e perso-
't'oùc; i)Eoùc; À6Y4> i)fwp'J)'t'ovc;). Il Myoc; nificati nella figura di Ermes e di altre
insegna all'uomo la via verso l'alto, divinità 73 • Nella teologia, anche Elio,
Max.Tyr.rr,ro: ÉxÀa.i)6µEvoc; µÈv •Wv Pan, Iside, ecc. 74 si presentano come
r' t - '
X<X't'lù OLµwywv ... X<l.L 00<,,WV
I ' - t
... , E'lWt'pE-
I
Myoc;; ma non si tratta di altre perso-
\)Ja.c; of. Ti)v i)yEµovlav a.u't'ou À.6Y4> à- ni.fì.cazioni del Myoc;, bcnsl della equi-
À.YJi)Ei: XtY..L EPW't'L E.ppwµÉvtj.l' 't'@ µÈv M- parazione di un principio cosmogonico
r<i:> cppa~OV't'L ii XPfl lÉva.L ... «dimentico alle divinità della religione popolare:
dei lamenti di quaggiù ... e delle glo· una identificazione sul tipo di quelle
rie ... ; lasciandosi signoreggiare dal logos compiute spesso nel sistema teologico
vero, corroborato dall'eros; mediante il stoico (Zeus - Aoyoc;, Iside - <I>wc;, lside-
logos spiegando ove occorre andare»; Atxa.tocrVVYJ, Iside -révecnc;, ecc.). In
Plot., enn.6,9,4: 7ta1oa.ywywv Myoc;. altri termini, il concetto di )..6yoc; è
Per questa via il Àoyoc; finisce nel si- ipostatizzato, è equiparato alla divinità,
lenzio {crtwnl]) mistico: Philostr., vit. ma non è affatto la parola creatrice di
A p. I ,I : X<l.L• ..!-.11 O'LW'lt11
,.!, t'• e '
o€ V'ltEp 'tOV- !\ '
UEL- Dio fatta uomo e carne. Una elaborata
OIJ crcplcnv Èn{jcrxE't'O · 7tO ),).à, r àp i)Ei:6: teologia del logos - Ermes si trova in
TE xaì. ct1topp1J't'<k 'i]xovov, wv xpa.n~v Cornut., Theol. Graec.r6 (cfr. Diog. L.,
X<l.ÀErcÒv rj'V µi) 1tpW't'OV µa.i>oiicrt, lht 7,r,36 [49]): -.uyxavEL 8f. o 'Epµf]c; ò
:x:a.t 't'Ò <TLwmiv Myoc;, «anche il silen- À.6yoc; wv, ov à:1tÉO-i:E1Àav 11;p6c; liµiiç È~
zio sulla divinità era da essi scrupolo- oùpavou ot i>eol, µ6vov 't'Òv &vi>pw1t'OV
samente osservato; udivano infatti mol- 't'WV E'ltÌ. yfjc; sciiwv Àoytxòv 'ltOLtJO"ClV-
te cose divine e ineffabili, difficili a cu- 't'Eç ... ù_).).à, 7CpÒc; 't'Ò crciJS€LV µ(i).,).ov

72 Cfr. O. CASEL, De philosopbomm Graeco· uno dei suoi aspetti, dr. L1nsEGANG, in PAULY-
mm silentio mystico: RVV 16,2 (1919) 66 ss. \YI. ro61 ss. Il À.6yo~ si presenta come personi-
73 Cfr. Ermes come dio della ralio, deU' ardo, ficazione autonoma e -rou .6.tbc; cH)EÀ.<p6ç in
dcl numerus e della scienlia: Sen., ben-4,8. Menand., cpidict. (ed. L. SPENGEL, Rhetores
74 Per una completa trattazione dei molteplici G1aeci m [ 1856] p. 34r,16).
dèi che sono stati equiparati al Myo~ o ad
249 (1v,85) ÀÉyw B 3 (H. K.leinknecht) . (1v,86) 250

yiyovev Ò À6yoc; 75 , ol}Ev xa.i 'tiJV 'Yyl- ce - il Myoc; crm;pµa:nxéc; degli stoici
EL<X.'11 aù'tc';> crvv<{>xtcrav... 'ltapaoÉoow.t - è onorato nell'immagine del phal-
oÈ XIXL xt)pu!; l}ewv xat Ota:yyÉÀ.À.EL\I los 77 : y6vtµoc, o Myoc, xaL -.éì..etoc; f.cr-
a1hòv Ecpa.crav -.à mxp' ÈxElvwv -.oi:ç ·tw, «fecondo è il logos e perfetto»; in-
ocvtlpw7tot<;, xijpv!;, µÉv, È1moiJ otà q>W· fine si innalza fino al xo~vòc; Myoc;:
vijç yeywvov 1taptcr-.<g. -eà. xa.'tà. 'tÒV O~CÌ. OÈ 'tÒ XOL\IÒV mhÒV E['l/a~ xet.t "tÒ\I
Mrov tn'}µa.wéµeva. -.ate; ò.xoa.i:ç, ii.y- av-çòv Ev -.E i:oi:c; à.vi>pw7to~c; 'ltii<n xa.t
yi::À.oç oÈ, È'ltEL 'tÒ ~ouÀ:riµoc 'tWV 1'ewv ev 'tOi:<; l}Eoi:c,, «essendo esso comune ed
yvyvwcrxoµev Éx -.wv Èvoi::ooµÉvwv i)- unico negli uomini tutti e negli dèi».
1.t~v xa'toc 'tòv À.oyov Èwotwv, «anche È interessante osservare che nella tal'da
Ermes è logos, che gli dèi inviarono a antichità il concetto di À.6yoc;, nato ori-
noi dal cielo facendo dell'uomo l'unico ginariamente nell'ambito della cultura
essere ragionevole tra quanti vivono e dello spirito, scivola sempre più ver-
sulla terra... Ma in particolare il logos so la sfera de1la natura, di cui inizial-
è venuto per salvare, per cui gli diede- mente era l'opposto. Cosl nella mistica
ro in isposa Igea... Si dice anche che ellenistica i.I ).6y oc; è essenzialmente
egli sia araldo degli dèi e ne rechi i mes- una potenza cosmica creatrice, è guida e
saggi agli uomini; araldo, perché con portatore della conoscenza (che tende pe-
voce sonante comunica ciò che, a chi rò sempre più a divenire una dottrina
ascolta, vien significato in conformità religiosa di salvezza), il rivelatore di ciò
del logos; messaggero, perché la cono· che è nascosto 78 •
scenza della volontà degli dèi ci provie- Cosl il concetto della filosofia e della
ne dalle nozioni trasmesse in noi in con- conoscenza, sotto l'influsso dell'antica
formità del logos». In questo testo è teologia egiziana, termina nelle specu-
importante e nuovo il ruolo di Ermes, lazioni mistico-religiose dell'ermetismo79
mediatore e rivelatore che, come xfjpvl; sulla creazione e sulla rivelazione. Il À.6-
e èi:yyeì..oç, ci annunzia e fa conoscere yoc; nato dal~ Nove; (Corp.Herm.1,5a:
la volontà degli dèi; è anche interes- È.X 'tOU cpw-ròç 7tpoeMc;w ì..éyoc, &ytoc:; È·
sante la sua funzione 'soteriologica', in 7tÉf31'J -enuypéj. cpUO"i::~, «un logos santo
quanto il Myoc; deve anche salvare 76 • procedendo dalla luce venne a coprire la
Anzi Ermes, come grande forza creatri- natura umida») e figlio di Dio (Corp.

75 A questo testo è stato sempre accostato Io. mente la religione popolare, dice che i Greci
3,q. avrebbero potuto giustamente rappresentare il
dio Ermes come negli itifalli, cioè come im-
76 Per questa concezione, che ha dei preceden-
magine del Myoç intelligibile e procreante.
ti in Plat., Crat.407 e ss., e negli stoici, dr.
Act.q,12: ÈXaÀ.ouv oÈ 'tÒ\I Bapva~éiv AlrJ., Porfirio in Eus., praep. ev.3,nrJ2: ò BÈ ~\l'tE·
..òv oÈ IfauÀ.ov 'EpµTjv, hmo-fi a.v'tòç i'jv b -taµÉvoç 'Epµfiç OT)ÀOL 'tTjv EÒ-tovlav, 8Elxw·
i)youµ_évoç 'tOV Myov. --+ LEISEGANG, in PAu- cn oÈ xat -ròv <rnepp.a-rLxòv Myov i:òv BLit-
LY·\V!. 1063, fa riferimento a lambl., myst.r:
xov-rrJ. o~èi 1ta\l'tWV. La creazione dcl mondo
lleòç ò 'tWV ).6ywv i}yeµÙN, e a Btym.M., s.v. ad opera dcl A6yoc; divino, in Sib.8,446.
'Epµ.i'jç: 'ltapà. -rò ~pw, -rò Af.yw, 'Epµi}ç, ò 78 Cfr. Plut., Is. et Os.53 (u 373 b): i:ov 'Ep-
'tOU À.6yov tq>opoç; dr. anche Orph. (ABEL) 1.i.oii, '\"OU'tÉO''t~ '\"OV À6you, µII!)'tl!pOUV'tOç xat
28,4 (ad Ermes). oELxvuov-roi; 1h~ 'J'l:pòç -rò voTJ'tòv ii cpvai.c; ire·
77 Cfr. il Myoc; come ai.ooi:ov in--+ REITZEN- -racr)(T)µa·n~oµÉVT) -tòv x6crµov &.1to8low:rw.
STEIN, Zwei religionsgeschicbtliche Fragett, 96;
373 d: 'tÒ 7téiV b Myoç 8Lapµocr&.µevoç C1Vµ-
e anche il À6yoç strettamente unito a rappre· <PWVOV Èl; à;cruµq>wvwv µ.éPWV È110LT)CTE.

sentazioni sessuali in Philo, som. x,200. Plot~ 79Cfr. J. KROLL, Die Lebre des Hermes Tris-
enn. 3,6,19, cercando di interpretare filosofica- megistos (1914) 57 ss.
251 (Iv,86) Myw B 4 (H. Kleinknecht) {1v,87) 252

Herm.r,6: ò Èx. voòc; cpw'tc:tvòç Àoyoc; è yàp 1)Eou Àbyoc; itEi'.o<; xat ~a.cnÀ.tx.6c;,
utòc; lleou), dà ordine e forma al mondo &\li7pw7to<; &.7ta.ì}ljc;, EÌ.xwv o' dx.6voç àv-
come suo o1}µtoupy6c;; Suidas, s.v. 'Ep· ì}pw7tLVo<; \lovç, «in effetti, il logos di-
µfjc; ò Tpt<rµÉytcnoç, nr. 3038 (Adler): ò vino e regale è immagine di Dio, uo-
yÒ:p À.Oyoc; Ctll't'OU 7tO:V"tÉÀ.EtO<; WV x.a.t yo- mo impassibile; l'intelletto umano in-
VtµO<; ;w.t o'Y}µtoupyix.òç, Èv yovlµ4J cpu- vece è immagine d'iromaginel> ).
<TEt 'ltEO"WV x.a.t yovl~ voo:·tt, Eyxuov 'tÒ Si parla del À.6yoç non soltanto co-
VOWp È7tOl'Y}CTE, «infatti, il SUO logos, es- me figlio di Dio, ma anche come Myoc;
sendo perfetto e fecondo e artefice, ca- ì7Eo0; Orig., Cels. 6, 60: À.É.yoV'tE<; i:òv
duto in natura feconda .e in acqua fe- µÈ.V 'ltpOO'EXW<; O"(jµtOUpyÒV dva.t 'tÒV vt-
conda, ingravidò l'acqua». ÒV i:ov ì7c:ou Myov xcd wcmEpE~ a.ùi:oup-
Si attribuiscono quindi al Àéyoç qua- yòv i:ou x.6crµou, 't'OV oà 7ttx.'tÉpcx. 't'ou
si tutti i predicati divini. Compendio Àbyou ..Q 7tpOO''tE'tCX.XÉVa.t 't<i) utéi) ~tx.\J­
di tutte le ovvécµc:tç dell'Altissimo, il 'tOU À.6Y4J 7tOtfjcrm i:òv x6crµo\I Etvct.t
À.oyoç rimane però un mediatore, un le- 7tpwi:wç o'Y}µtoupy6v, «dicendo che il
game fra Dio e la materia, come anche logos figlio di Dio è l'immediato de-
fra Dio, padre del À.oyoç, e l'essere miurgo e, per così dire, l'esecutore del
creato, l'uomo. La concezione del ÀÒ· cosmo, mentre il padre del logos, aven-
yoc; come mediatore è ulteriormente do comandato al logos figlio suo di fa-
elaborata nel rapporto padre-figlio (cfr. re il cosmo, ne è il demiurgo in senso
lo scholion ad Ael.Arist.3 p. 564,19 ss., primo».
Dindorf). Il À.Oyoc; si presenta anche Con la~ PovÀ.'JÌ iteou e con il x6irµo<;,
come figlio di Ermes, in rapporto quin- il ).,6yoc; viene a costituire una triade
di, come Ermes, con il dio supremo, divina, in quanto il Myoç è il seme di-
Zeus. Corrispondentemente a questa me- vino che la ~ouÀii ì7Eo0 trasforma in sé
diazione nel processo creativo, anche Ho- in mondo visibile(~ II, col. 3x5).
rus-Osiride (Plut., Is. et Os. 53 [II, 373
a/b J) non è xai)-a.poc; e ElÀ.ixpw1}c;, oì:oç 4. I À.Òyot di Filone
O7ttx."C''Ì)p Àoyoc; CXÙ'tÒ<; XO:ÌÌ' Éa.\J't'ÒV a[Jk
yiJç xat &.7ta.ÌÌljç, à.ÀÀà. yevolìwµÉvoç Il concetto di À.oyo<; ha un ruolo
'tTI uÀ.n oià. 't'Ò irwµMix6v, «non puro molto importante nel pensiero di Filo-
né sincero, quale è il padre logos per ne 80 , come si può dedurre dal sempli-
se stesso libero da mescolanza e passi- ce fatto che il termine appare nelle sue
vità, ma adulterato dalla materia me- opere più di 1300 volte 81 • La moltepli-
diante la parte corporea». Si tratta di cità dei significati 82 vi è assolutamente
una connessione graduale, che nella con- sconcertante; quanto i principali pro-
cezione ermetica del mondo come orga- blemi restino aperti, lo si può dedurre
nismo si chiarisce mediante il concetto dal fatto che E. Schwartz 83 nega deci-
di ~ c.ixwv: il Myoc; è Elxwv di Dio, samente che il concetto provenga dalla
come l'uomo è immagine dcl À6yoc; filosofia greca e considera il À.Òyoç es-
(Clem.AI, strom.5,14,94,5: dxwv µÈ.v senzialmente nella linea della 'parola di

80 Per la bibliografia più importante~ LEISE- l'indice di Filone, s.v.


GllNG, in PAULY - w. I077 s.; o.
WILLMANN,
82 Cfr. L. GROSSMANN, Qt1aestio11t1111 Philo-
Geschichte des Idealismt1s I {1894) 617 ss.
Cfr. anche la ~ nota bibliografica.
11aeart1111 altera de A6yr.v Philo11is (1829); LEl-
SBGANG, op.cit.1072 ss.

81 Secondo LEISEGANG, op.cit.1072; cfr, anche 83 NGG (-+ n. 67) 537 ss.
Àtyw B 4 (H. Kleinknecht)

Dio' eb1·aica 84, mentre L. Cohn 85 trova À.6yoc; Éa''t't xa.-rà µÈv Kfacrov a1hòc; ò
la radice del filoniano À6yo<; l>Eou (o l>Ei- l>E6c;, X<X.'tà OÈ. 1}µ8.ç O ULO<; aÙ'tOV, «il
oç À.6yo<;) nel À.éyoç -rfjç cpu!TEW<; degli logos di tutto, secondo Celso, è Dio
stoici nel senso di ragione divina, com- stesso, mentre per noi è il Figlio suo»),
pendio della saggezza di Dio. ma è un epyov di Dio (sacr. A.C. 65 );
Questa molteplicità di significati si se è detto anche Dio, sta però in secon-
può naturalmente spiegare con la ten- do luogo (leg.all.2,86: -rò oÈ ')'E\l~xW­
denza sincretistica, per cui Filone vo- ·w.:t6v fo'tLV o ?k6ç, xat oeu-rEpoc; ò 1t'E-
leva unire insieme religione giudaica e ov Myoc;, 'tà. o' &).,).,oc Àhycp µ6vov \J.
speculazione filosofica greca: se ne ren- mipxE~, «il genere supremo è Dio, se-
de ben conto chi mette gli uni accanto condo è il logos di Dio; le altre cose
agli altri i vari aspetti del logos :filonia- non esistono che a parole»). Come tale
no, quelli greci e quelli non greci, sen- è anche chiamato ~ dxwv, immagine
za cercare di armonizzarli. Il proble- dell'Altissimo Iddio (spec.leg.1,81: À.6-
ma riguarda soprattutto il logos divino, yoç o' É<T'tL\I ELXWV ìlEOU, o~' oi'.i <TUµ7taç
chfj si presenta con tratti essenziali esu- ò x6!Tµo<; EOt]µ.toupyet-ro, «il logos è
lanti dallo sviluppo che il concetto di immagine di Dio, e mediante lui tutto
À.6yoc; ha avuto nel pensiero greco, an- il mondo venne fatto»), e acquista im-
che se non facilmente determinabili nei portanza fondamentale nella dottrina
particolari. Il concetto proviene dal lin- filoniana della creazione del mondo, non
guaggio scolastico della filosofia elleni- solo come àpxé-ru1tov 7ta.pcHÌEtyµa, 'mo-
stica 86, ma prende però una direzione dello archetipo' g]' ma anche come stru-
fondamentalmente mitologica del tutto mento di Dio, opyavov i}Eov (migr.
nuova. Abr.6; cher.127). Con la :I:ocpla. 88 , Dio
Questo Myoc; ikov ovvero i}ç:~oc; À.6- ha generato il x60'µoc; von.-6c;, il mon-
yoç (come mostra la nuova formulazio- do intelligibile, come figlio suo primo-
ne con il genitivo di specificazione) non genito 89 (agric. 5r: .-òv 6pl>òv <X.Ù'tOV À6-
è Dio stesso, come per gli stoici (1 p. yov xa.t 1tpw-royovov ~ utbv) che vie-
24,7; II p. lII,ro, v. Arnim; cfr. an- ne equiparato al À.éyoç (op. mund. 24:
che Orig., Cels. 5 ,24: ò "tWV 1tav-rwv où8~v liv E'tEpov Et-ito~ [ ·nç] -ròv von-

84 Specialmente a causa della connessione fra GROSSMANN <~ n. 82) e LEISEGANG; sulla dif-
Myor; e~ (iijµa. i}eoii (leg.all.3,173; poster.e. ferenza di significato nei confronti degli stoici,
102 a proposito della legge, e passim). cfr. ~ AALL 1 r95 ss.; sulla formazione dei
85 ~ op.cii. 303 ss. concetti in Filone, dr. soprattutto ScHURER
86 Filone conosce ed usa il termine Myoç in
III', 698 Ss.
lutti i molteplici significati del platonismo e 87 op.mund. 25; lìl'j)...ov 1ht xa.t ii ctPXÉ"tU7tOt;
soprattutto dello stoicismo: come )...6yoc; 0'1tEP- 1nppa.ylç, 8v (j)O'.µEV VOTJ"tÒ\I E~\10'..i x6crµov, a.ò-
µa-mt6t; (leg.all.3,150), 1Cpo<popix6ç e Èvlìt&.i>E- "t'Ò<; èiv EtT) [ "tÒ mxpaOE~yµrt., Ò:PXÉ'tUTCO<; llìÉa.
"t'Ot;(vit.Mos.2,129), ÉpµT)VW"t'ix6ç (leg. all. r, "tW\I t8EWV J ò i>EoÙ Myoç, «è chiaro che il si-
74), spesso come 6pi}òr; Myoc; (leg. alt. 31 I e gillo archetipo, che noi diciamo essere il mon-
passim) - accanto al significato di 'scrittura sa- do intelligibile [il modello, idea prima delle
cra' (poster.C.142) -, come legge del mondo e idee} non potrebbe essere che il logos cli Dio»
legge morale alla maniera stoica (op. mtmd. 88 Anche I~ CTO(jltO'..è equiparata al Myoç (leg.
143; Deus imm. 71) e come destino (Deus imm. all.x,65; ii oÈ. [crocpla.J ÈCT"tÌ\I ò i}EO\i Myoç).
176), fino ad affermare le proprietà materiali
dell' ~vl>Epµoi; iut.t 'ltUPWOT)t; Myoç (cher. 30). &9 Il figlio minore è il x6crµoç cxlcri>TJ"t'6ç, il
Al tempo cli Filone quest'uso molteplice non mondo sensibile, anch'esso talvolta indicato
sorprende. Cfr. la ricca documentazione in come Myor; (Deus imm.31).
).Jyw B 5 (H. Kleinknecht) (1v,88) 256

•ov x6a-µov EivaL lì ih:ou Myov 'ijo11 siero greco: r. per la costruzione con
xoa-µo7to~ou\l'tOC,, «si può dire che il l'aggiunta di un genitivo o di un agget-
mondo intelligibile non è nient'altro tivo (iÌEOV ovvero 1}efoc:;): questo costrut-
che il logos di Dio già in atto di crea- to dà al concetto in Filone la sua real-
re»). Il À.Oyoc, è quindi una realtà in- tà specifica, e ciò è estraneo all'uso lin-
termedia derivante da Dio, che stabi- guistico greco, come ha osservato giu-
lisce il rapporto fra il Dio assolutamen- stamente E. Schwartz, anche se non si
te trascendente, il mondo e l'uomo; i] può sempre essere d' accordo con lui
).6yoc;, poi, rappresenta il mondo e l'uo- nel tradurre l'espressione con 'parola di
mo di fronte a Dio, come sommo sacer- Dio'; 2. per il fatto che un concetto
dote (gig.52) ed avvocato (vit. Mos. 2, universale è concepito come realtà per-
133) ed è quindi concepito anche come sonale 92 (cfr. ~ Locpla, ~ IlvEtiµa., ->-
mediatore personale, e non più nel sen- Nouç)93. Perciò fanno strettamente par-
so di una à:va-À.oyla. genuinamente gre- te del concetto di À.6yoc; le idee· riguar-
ca (Plat., Tim.31 c; Plot.; enn.3,3,6). danti la generazione, soprattutto la con-
Come x6o-µoc, \IOT)'t6c;, il À.6yoc; è il cezione del figlio (agric.5r; det.pot.ins.
compendio e il luogo (op.mund.20) del- 54), riguardo sia all'origine che all'atti-
la potenza creatrice di Dio, delle ~ vità del ì..6yoç: si dice che esso si uni-
OUVaµELC, di Dio (/ug. XOl ), delle idee, sce all'anima (spec.leg.2,29 ss.) e che ha
dei singoli À.6yoL 90 , per i quali il mon- come lìglie le bno--i;fjµat e le àpE-.al (le
do visibile si è formato e si mantiene conoscenze e le virtù) (gig.17).
nel suo ordine (rer. div.her. r88). Il M- Tale concezione antropomorfica del
yoc, di Filone, come olo7tOC, xat xufkp- mondo, che si ricava anche dall'imma-
'YTJ't"f]C, 'tOU 1tav-.6c,, «sorvegliante e pi- gine del mondo che viene indossato co-
lota del tutto» (cher. 36), governa il me: una veste (/ug.uo), non è certo gre-
mondo proprio come il v6µoc; o À6yoc, ca, ma non è neppure giudaica: ricorda
cpucnwç degli stoici. piuttosto la teologia orientale-egiziana 94 .
Anche se si ammette - come ha mo-
5. La speculazione ellenistica sul logos
strato W. Theiler 91 - che il À.Oyoç di
e il Nuovo Testamento
Filone non solo come ambito del!' idea
di Dio (v6T)<TLC, iÌEou), ma anche come
La speculazione ellenistica sul ì..6yoc;
opya.VO\I iÌEOU appartenga alla pretradi-
zione neo-platonica, il concetto nel suo è qualcosa di fondamentalmente diver-
insieme rimane tuttavia estraneo al pen- so dal À.oyoc; neotestamentario. I mo-

9'JChiamati anche &y-(EÀ.O~ (som.1,48} oppure con un Ba.<nÀ.EUç, oiMaxa.À.oç, O'UµBouÀ.oç,


4Juxa.t &M:.va.'TO~ (som.x,x27). ecc. (i passi in ~ LEISEGANG, in PAULY- w.
1077).
91 Die Vorbercitung dcs Neuplato11ism11s: Pro- 93 Cfr. -.+ KR.oLL 55 ss.
blcmata I (r930) 30 ss.
94 Cfr. l'interpretazione del mito di Osiride
91 Secondo E. HoFFMANN, Plato11ismus 1md (Plut., Is. et Os. 53 [II 373 b]), dove di Horus
Mystik bn Altertwn (SAH, x934/r935, 2) 58, - anch'egli presentato come il maggiore di due
che parla a questo proposito di una forma di figli - si dice: llv Ti "'lcnç dx6wx. 'tOU VO'f}'tOU
pensiero orientale. Questa tendenza a personi- x6aµou a.lcril'l')'tÒV è>vTa. ytvvij.. Sull'ermetica
ficare il ).6yoç illumina forse anche le equipa· cfr. C.Orp. Herm. I 8; VIII 2; XI 9; cfr. Orig.,
razioni allegoriche e metaforiche (del tutto e· Cels. 6,60. Si veda RB1TzENSTEIN, Hell. Myst.
stranee alla mentalità greca) con figure dell'J\. 49.329; ID., Poim.41 ss.; ~ KROLL 55 ss.; -+
T ., come Mekh:sedcch, il sommo sacerdote, e TuROWSKI 9 n. 22.
257 (rv,88) À.Éyw B 5 (H. Kleinknecht)

tivi per affermar questo sono i seguenti. stessa, sul suo essere specifico e raggiun-
1. Il À.6yoç ellenistico ha carattere ge la libertà (-7 È:À.Evi}Eplct) 96 nel segui-
razionale e spirituale, e la grecità pro- re la legge immanente e quindi Dio 97 •
fana lo usa con tutt'altre connessioni e Il À.6yoc; greco è rivelazione, ma solo
specificazioni. Per i cristiani non · sono nel senso che è possibile cogliere la leg-
importanti la 'parola', o il 'discorso', o ge insita nell'oggetto o nella persona ed
la 'ragione' o la 'legge' in sé, in assolu- orientarsi ad essa.
to - tutte espressioni della coscienza u- 2. Nella grecità profana il À.oyoc;
mana -, ma soltanto ciò che Dio vuol (stoico-neoplatonico) si può moltiplica-
dire all'uomo, il À.6yoç itEou, il fatto, L"e nei singoli ÀbyoL parziali, che forni-
inconcepibile per il pensiero greco, che scono essere ed azione alle cose del
Dio si rivolge all'uomo nell' hic et nunc mondo. Anzi, il À.6yoc; è espressione di
della sua vita 95 • Nella concezione greca armonia98, è il legame spirituale e pro-
del À.6yoç abbiamo il tentativo - prove- fondo che tiene unito H mondo (Posi-
niente dallo spirito, che è più che calco- donio, in Philo, fug. l 12: o -tE yàp .-ou
labile causalità - di orientarsi nella vita OV't'oc; À.Oyoç owµòç wv 't'WV ti.miv·
e di adattarsi al mondo. La concezione 't'WV.•• xcd O"V\l~XEL -tà µlpri 1ttZV't'CL xa.t
del Àbyoç nello stoicismo, ad es., è deter- <rcplyyat xwMwv cx.u't'oc ota.MEo-l}<Xt xctl
minata chiaramente dalla ratio umana, ota.p't'iiai)'a.t ... à.pµovla.v xa:L ~vw<rw à-
che viene poi ritrovata nella natura, nel otaÀ.u't'ov liyeL 't'Yi\I 7tpÒc; OCÀ.À.T}À.a., «il
mondo, in Dio (M. Ant. 4,4; 12,26); al logos dell'essere, in quanto vincolo di
contrario il À.oyoç neotestamentario si tutte le cose, ...unisce e lega insieme
muove da Dio verso l'uomo: xcd Èux:f1- tutte le parti, impedendo ad esse di
vw<rav Èv !}µi:v, «e dimorò tra noi» (Io. sciogliersi e separarsi...; produce tra es-
l,14). È vero che l'uomo deve decider- se armonia e unità indissolubile»), ma
si per il 'Myoç e per una vita ad esso non è mediatore che si ponga in manie-
conforme; ma nello stoicismo la vita xct- ra autonoma fra Dio e il mondo. Di un
't'~ Myov, secondo il logos (Diog.L.7,52 ruolo di mediazione del Myoç greco si
[86]) non risponde ad un'esigenza fon- può parlare, ma solo in quanto il prin-
data in un altro mondo: ritorna su se cipio informante delle cose è sempre

95 Sul diverso uso linguistico, cfr. ScHWARTZ s.), chiama il vero signore un µlp:r111a xal q>~y­
(-> n. 67) 555; BULTMANN (-> n. 45) 275. yoc; fteov, se possiede il fteov À.byov come lltO:-
96 Cfr. Max. Tyr. 33,5: lyw B~ ÈÀrnikplav 7to- vota; cfr. ibid. (n 780 e): 6 v6µo r; ... lµIJNxoç
i}wv vbµov Sfoµru, Myov lléoµaL. M.Ant.6,58. &v f.v <1.u-r:fi> Myoc;; stoic. rep. r (rr 1033 b):
ò... Myoc; -tov <pLÀ.00"6<pov vbµoç aMttlpe-roc;.
97 Cfr. Plut., aud.r (II 37 d): -rau"t'b\/ fo°"t'L -i-ò 98 Sul ì..6yoç come armonia, cfr. Plut., Jr. et
~m:oi}a.L ftEcl> xal -rò 7tEllteoi}ru Mr~. Cosl, ad Os. 55 (II 373 d); cfr. E. TfoFPMANN 42; ~
es., Plut., ad principem ineruditum 3 (II 780 col. 243, n. 69.
Àtyw C r (0. Procksch)

1
quello che ne costituisce anche l'intelli- C. LA PAROLA DI DIO' NELL'A.T.
gibilità. 1. I corrispondeni ebraici dei vocaboli
3. Il Àoyoc; ellenistico non è deter- greci indicanti la parola
minato nel tempo, non si realizza nella Gli equivalenti ebraici del greco À6-
storia una volta per tutte, ma rappre- yoc;, come anche di Àby~ov, pi)µcx., pi)-
senta, al contrada, un'azione e creazio- cnc;, sono fondamentalmente le radici
'mr e dbr. Più raro è milla, 'parola',
ne ininterrotta; nel corso etemo delle che in ebraico - nel quale non necessa-
cose (secondo la coneezione greca del riamente è mutuato dall'aramaico (cfr.
mondo), il À6yoc; esprime le forze crea- 2 Sam.23,2) - si trova quasi esclusiva-
trici le quali si attuano in un eterno mente nel Libro di Giobbe (34 volte); è
invece frequente nei brani aramaici del
processo, che non prende l'avvio da un libro di Daniele. Altre espressioni ebrai-
Dio personale ma si compie metafisica- che sono solo inesattamente tradotte con
mente nel graduale, eterno sviluppo À6yoc; e pfjµcx.; tali sono ta'am, m#wa,
mafia', sèfer, tara, t~bana, sèhet;, sàfa,
dell'essere. qol, pitgàm, peh, e non hanno quindi
4. L'idea che il Àéyoc; divenga, o sia importanza per la filologia del termine.
(come nello stoicismo e nel neoplato- Abbiamo dunque soprattutto le due
radici ebraiche 'mr e dbr. Ci interessa-
nismo) il mondo - e quindi, come tale, no qui 'omer, 'detto, sentenza' (Ps. 19,
un uioc; 99 'tou ikou, anche se non con- 3 s.; 68,12; 77,9; cfr. lob 22,28) - che
101
siderato come unigenito (~ µovoyEvi)c;) è forse anche la base di ,amiirim con
-, è ancora greca; ma l'idea che il M- i relativi suffissi - e 'imra, 'detto', usa-
to soltanto in poesia. I termini 'i5mer e
yoc; divenga un uomo storicamente de- 'imra si incontrano già prima dell'esilio
terminato, una crap~ (carne), è tipica- (Gen-4,23; Deut.33,9; Is.5,24; 28,23;
mente neotestamentaria. 29,4), ma sono più frequenti in seguito,
come corl'ispondenti di Àbyoç. (circa 20
Originariamente estraneo al pensiero volte) e di pfiµa (circa 29 volte), ma
greco, il concetto neotestamentario di specialmente di Myto\I e pfjcrtc;. Questo
Myoc; è invece divenuto più tardi il pun- significato poetico si distingue chiara-
mente dal verbo 'àmar, 'parlare, dire',
to d'aggancio della dottrina cristiana al-
divenuto uno dei termini più comuni.
la filosofia greca 100•
Il termine classico per Àéyoc;, nella
H. KLEINKNECHT narrativa, nella legislazione, nei profeti

99 Sull'equiparazione di Àoyoc; a ut6c; cfr. Plut., l>pwnov &.-tiµ6't'a:m cbmxì>év'ta xa.t 0:1to'tU~l·
Is. et Os. 53 (n 373 a.b); M. Ant. 4,29,3. 'lt(.(.\ILCTDÉV'tO: ... oMEvÒc; 0:K1)xoo: É'lt<XL\IOU\l'tOç
100 Sulla divergenza di fondo fra la concezione 't'Ò Myov EtVl'J.L 't'ÒV utòv 't'OU l>eou, wc; ò KÉÀ.·
antica del Myoc; e quella cristiana, cfr. Orig., eroe; E(p'l]XE, ...w.; et yE Ò ).6-yoç Écr'ttV ùµLv
Ccts.2,31: µE'tà 'tau'ta XpLcr'tLo:vorç (yxo:À.E~ utòç 'tOV i}Eov, xa.t 'Ì)µEL<; (noi greci) E1t<XL\IOU·
(scil. KO..croc;) wç O'OCjlLl;oµÉvoLç EV 'tG ì..ÉyEW µEV.
'tÒV vtòv -.ou ì>eoi:i Eivm a.inoM-yov, xat ol:!:'tal
yE xpo:'tuvEw i;ò ErKÀ.'l]µa, E7td Mrov E7tet.Y- 1-01 Cosl C. BROCKELMANN, Grrmdriss der ver·
yd.MµEvot v[òv ElvaL 'rOV Ì}EOU Ù..7tOl.ìElxvv- gleiche11de11 Grammalik der semitischen Spra·
µEV ou Myov xa.ì>apòv xa.t èX.yLov &.J.).èt. IJ.v· cbe11 I (1908) 255.
Myw C 2 (0. Procksch) (1v,91) 262

e in poesia è però diibiir, 'parola'. L'eti- contiene sempre un vovc;, un pensiero,


mologia si deve ricavare dal nome, non in cui si chiarisce il senso di una cosa;
dal verbo dibber, che evidentemente pro.
viene da diibàr, come è indicato anche diibiir dunque l'ientra sempre nell'ambi-
dalla mancanza della forma qal. Da dii- to della conoscenza. Per mezzo del dii-
biir sembra che non si possa separare biir ogni cosa diviene conoscibile e sog-
debtr, il santo dei santi, lo sfondo del
getta al pensiero. Chi ha raggiunto il
tempio, che rinvia al significato fonda-
mentale: parte posteriore, riposta. Il dàbiir di una cosa ha raggiunto la cosa
corrispondente arabo .è dubr, tergo, il stessa, che diviene chiara e trasparente,
nucleo del concetto 102• L'arabo dabtira mettendo in luce H suo essere. In que-
significa avere alle spalle, l'etiopico ta-
tabbara star supino, l' aramaico d' bar sto senso il concetto di 'parola' si dif-
stare uno dietro l'altro, termini tutti a ferenzia anche teologicamente da quel-
cui si ricollega il senso sia di spingere103 lo di 'spirito', poiché al concetto anti-
che di guidare.
cotestamentario di 'spirito' (ruab} man-
In diibiir si deve dunque sentire il ca originariamente l'elemento dianoeti-
retro, o meglio il fondo di una cosa. co. Il secondo elemento che costituisce
Mentre 'omer e 'imra sono espressioni il concetto di diibiir accanto a quello
dal contenuto non determinato, diibiir dianoetico, anche se non altrettanto evi-
indica il significato ben definito di una dente, è quello dinamico. Ogni diibiir
parola, il suo contenuto, il suo fondo è carico di forza, che si fa luce nelle
concettuale. Nessuna cosa in sé è diibiir, manifestazioni varie. Chi percepisce la
ma ogni cosa ha un diibiir, uno sfondo, parola e l'accoglie, ne sperimenta la for-
e un senso. Si comprende bene co- za; in ogni modo tale forza è indipen-
me, nel linguaggio comune, il 'senso' e dente da questa percezione ed accezio-
il 'concetto' possano prendere il posto ne, ed ha la sua efficacia oggettiva nel-
della 'cosa' stessa; la cosa come evento la storia. I due elementi, quello dianoe-
ha nel suo diibiir l'elemento storico, per tico e quello dinamico, sono più che
cui la storia è contenuta nei d"biirtm co- mai in evidenza nella parola di Dio, che
me sfondo delle cose. i profeti, maestri di ogni teologia, con-
L'analisi del concetto di diibiit met- cepiscono sotto entrambi gli aspetti.
te in luce due elementi fondamentali,
ambedue della massima importanza teo- 2. L'uso generale di diibiir come
logica: occorre distinguere bene l'ele- corrispondente di À.6yoc; e di pf\µa.
mento dianoetico da quello dinamico. diibiir generalmente è tradotto o con
Dal punto di vista dianoetico, diibii1· À.6yoc; o con pfjµa..

102 Cfr. ~ GRETHE R 59 ss. porto con l'ebraico dober, 'campagna'. Ci si


può chiedere se midbiir significhi 'campagnn' o
103 Perciò l'aramaico dabra, 'campi', è in rap- piuttosto 'retroterra'.

9 gr;inde !esdco - \'l


Myw C 2 (0. Procksch)

I LXX usano i due termini come si- S), ljlwo1)ç (Ier.7,4.8; Ez.13,8; Ecclus
nonimi, cosl che possiamo parlare di 36,r9 [24] ), àÀ.11i}w6c; (2 Chr.9 ,5) cro-
pfiµa; e di À6yoç insieme. Nel Penta- cp6c; (rE<Top.3,9); anche cp1Mo-ocpoc; (4,
teuco pijµa; è usato molto più frequen- 5 ,35 ), <p1À.orroq>w-tai:oc; (4 Mach. l,l) si
temente di )..6yoc; (147 volte, contro comprendono solo sulla base del greco
56). In Giosuè, Giudici e Ruth la fre- e non dell'ebraico. Ma altre locuzioni
quenza dei due termini quasi si equiva- sono comprensibili solo sulla base del-
le (30 contro 26). Negli altri libri sto- l'ebraico; cosl 2 Bwr.r9,44: tcrx.À1JpVV·
rici (Samuele, Re, Cronache, Esdra e -l}TJ (s'indurl) oÀ.6yoc;; 2 Ba<r.24,4: U1tE-
Neemia, Esther) troviamo 365 volte pl<rx,VO'EV (prevalse) oMyoc;; 4' u8,74:
Myoc; e 200 volte pfjµa;. Nei libri po- dc; i:oùc; À.Oyovc; <rov È1t1)À.m<ra, Vulg.:
etici (Giobbe, Salmi, Proverbi, Eccle- in verbum tuum supersperavi; cfr. v.
siaste e Cantico) l 59 volte Myoc; e 72 8r); V. 89: ò Myoi; O"'OV otaµÉ'llEt (per-
volte pfjµa.; soltanto in Giobbe pijµa mane); V. 154: Otèt 'l:ÒV À6yov O"'OU sfl·
prevale (50 volte, contro 19). Nei Pro- (f6v µe. (dammi vita); 4' 147,4: gwç ,;oc-
feti À.6yoc; è otto volte più frequente di xouc; 8paµE~'ta1 ò Myoç au-.ou (Vulg.:
Pfiµa. (3 20 contro 40 ). Anche negli Apo- velociter currit verbum eius); Deut.30,
crifi (Sapienza, Giuditta, Ecclesiastico, 14 : Eo--i-w <rou Èyyùç -tò pfiµa crcp6opa.,
Tobia, Baruc, r -4 Maccabei) À.6yoc; pre- «vicina assai è la tua parola»; Ios. 21 ,
vale nettamente (221 volte, pfjµa solo 45: où OLÉ'ltt<TE\I (falll) à:1tò 1tU\l't"W\I 'l:WV
40 }. Al di fuori dell'Ottateuco, quindi, pTJµihwv; 2 Brm.r4 1 20: EVEXEV -i;ou TCE·
diibiir è tradotto più con Myoc; che con pLEÀil'Et\I 'l:Ò 1tp6<1W1tOV "tOU pl}µa;,;oç 'l:OU-
pf}µa;, 'TOU, «perché cambi l'aspetto di questa

Occorre tener presente che nei LXX parola»; 3 Bao-. 13, 2 r. 26: mxpE7tlxpa-
vac; (hai esacerbato ::::: sei stato ribelle)
il sens.o di À.oyoc; e di pf}µa è forte- -.ò pf}µa.; Tob.r4,4: où µi) ÙLa1tÉo"TI pij-
mente influenzato dall'ebraico dabiir. µa Èx .-wv À.6ywv.
La grande importanza che il concetto Solo nell'ebraico dabar il concetto si
di À.6yoc; ha avuto nella filosofi.a stoica ritrova con tutta la sua energia: la pa-
- come anche il concetto di 1tVEuµa; - rola è e rimane forza capace di dare la
deriva forse dalla sua radice semitica; vita. In questo senso troviamo, in ri-
Zenone, in ogni modo, era semita tl». Di spondenza a pfjµa-tcx., d"biirim, col signi-
natura sua, il concetto greco aveva so- ficato di storia, come in 3 Bao-. II ,4I: Èv
prattutto valore dianoetico; l'aspetto di- f3~~À.lf{.l r)nµ1hwv 1:aÀ.wµwv, o in Gen.
namico lo ha ricevuto dall'ebraico da- r5,1; 22,1: µEi:èt -i-èt Piiµai:a; i:au-.a;
biir. in questi casi la traduzione per mezzo
In greco sono chiaramente compren- di À.éyoL (3 Baa-.q,29 ecc.) sarebbe sta-
sibili attributi come àyaMc; (ljJ 44,2) ta più adatta alla mentalità greca. La
xaMc; (Prov.23,8), 6pi16c; (Prov.16,13),
storia è l'evento contenuto e narrato nel-
&oLxoc; (Prov. l 3,5 ), 1tOVTJp6c; (2 Ea"òp.23,
17; ljJ 63,6), <rXÀ.TJp6c; (Tob . l3,r4 cod. la parola: nella storia vengono in luce

tot M. PoHLENZ, Stoa u11d Semitismus: Ilbergs gendbildung 2 (1926) 258.


Neuen Jahrbi.ichern fi.ir Wissenschaft und Ju-
Myw C 3 (0. Procksch)

la cosa e il suo significato, e ciò viene 3. Il dabàr della rivelazione profetica


espresso dal plurale d"bàrim. Da questi
a) La storia dell'evoluzione teologica
esempi appare chiaramente che il con-
del concetto di 'parola' parte dal profe-
cetto di 'parola' nei LXX si può coglie-
tismo. In quella che è forse la più an-
re nel suo senso pieno non mediante
tica profezia messianica che possedia-
i termini greci À.6yoc; e pi]µa, ma solo
mo (2 Sam. [ = 2 Bacr.] 23,I ss.), dove
mediante l'ebraico diibiir.
David si qualifica come profeta (v. 1:
In quanto diibiir contiene il significa-
n•'um diiw2d), si dice: 7tVEllµa. xuplou
to di una cosa, ne deriva che parola e
ÈÀ.1iÀ.r]CTE\I ÈV ȵot, xcx.t ò À.6yoc; O.V"tOU
realtà coincidono: perciò il principale
(milliito) È1tt yÀ.wcrcrric; µov , «lo Spirito
attributo di diibiir - che vale anche per
del Signore ha parlato in me, e la sua
le traduzioni À.6yoc; e pijµ~ - è la ve-
parola fu sulla mia lingua». La rara in-
rità.
troduzione ne' um diiwld, nella quale chi
Vi corrisponde il frequente uso del parla è il profeta, mentre nell'altra
concetto •emet, 'verità'. Come le parole (n•'um ihwh) colui che parla è Jahvé
di Jahvé sono 'emet (2Sam.7,28), cosl
lo devono anche essere le parole uma- stesso, è molto antica e si trova quasi
ne (Gen.42,16.20; r Reg.ro,6; q ,24; esclusivamente negli oracoli jahvistici
Ps. 45,5; u9,43; 2 Chron. 9,5). Se si di Balaam (Num.24,4.16; cfr. Prov.
tratta di autenticare una parola, l'inte-
ressato lo esprime con 'amen' (Deut.27, 30, r ). Il profeta è come afferrato da
15 ss., 'àmèn), ovvero con 'amen, amen' Dio, dal suo Spirito (ruab) e dalla sua
(Num.5,22). Il verbo 'mn, al nif'al, è
dunque usato come segno della confer-
parola (millll = À.6yoc;). La forza dello
Spirito si fa conoscere nel À.6yoc;; la fi-
ma di un diibiir (Gen-42,20; 3 Brur. 8,
26; r Cbron.17,23; 2 Chron.x,9 ; 6,r7), gura del re messianico, che appare nel
in quanto le parole i;isultano vere; per- À.6yoc;, è messa in luce dallo Spirito; il
ciò si può credere a una parola (Deut. profeta, afferrato dallo Spirito, riceve
r, 32; I Reg. ro, 7; Ps. 106, 12. 24; 2
Chron.9,6). «La summa della parola di- occhi ed orecchie per l'immagine e la
vina è la verità» (Ps. u9, 160: rif s parola soprasensibile, il cui mistero co-
d"biirkii >emet). sl si rivela e viene partecipato.
In ogni parola detta si deve dunque
trovare un 1·apporto di verità fra paro- . Altrettanto antica è la descrizione
dell'estasi di Balaam (Num. 24, 4. I6),
la e cosa, come anche un rapporto di cui Dio mette la parola 'sulla bocca'
veracità fra chi parla e chi ascolta. Co- (Num.22,38; 23,5.16). Parla come so-
sl la parola entra nell'ambito della mo- mèa' 'imre-'el = &.xouwv À.oyLcx. ìlEov,
«uno che ascolta i detti di Dio», come
ralità come testimonianza di un dato di jodèa' da'at 'eljon = Èmcr-r&.µsvoc; ém-
fatto fra le due persone interessate. cr"t1)µ'l'}v mxpà 'Y~ucr"tou, «uno che in-
tende la scienza (per opera) dell'Altissi-
mo», (24, 16), come i mal;azeb Jaddaj
Myw C 3 (O. Procksch)

je~ezeh = opcw't\I frEoil iowv, «uno che il cui 'senso' l'attento veggente può scor-
contempla la visione dell'Onnipotente», gere anche senza parole (4,1-6.ross.; 5,
uno nofel ugeluj 'énaim =
f.v v1tvcp, 1-4.5 ss.). Accanto a queste, si trovano
cbtOXEXet.ÀvµµévoL oi oq>frcx.Àµot Cf.U'tOV, invece immagini il cui senso non si può
«che cade nel sonno e gli si aprono gli afferrare ali' istante, ma solo dopo un
occhi» (ibid. ). Ad occhio svelato vede certo tempo (r,7 ss.; 6,r-8); il profeta
il volto di Dio, ad orecchie 105 svelate ne stesso, e tanto più i suoi ascoltatori,
ascolta i detti (MyLcx.); nella visione e hanno bisogno della parola che le chia-
nell'ascolto si contiene la conoscenza di risca (1,9; 2,4; 4,4; 6,4). Perciò accan-
Dio (da'at 'eljon), che procede da Lui e to al profeta appare l'angelus interpres,
ne contiene il piano. Si può qui osser- che traduce l'immagine nella parola.
vare chiaramente 1' intera connessione
fra immagine e parola nel profetismo b) Nei grandi profeti scrittori la ri-
più antico. La figura messianica contie- velazione per immagini resta in ombra
ne la parola profetica; il linguaggio del- rispetto a quella per parole. La voce
le immagini vuol essere tradotto in pa-
che il profeta sente in se stesso non è
role.
più la sua (2 Sam. 23,r: n•'um diiwid),
Anche i profeti dell'epoca classica co-
ma la voce di Jahvé (n•'am ;hwh) Nel-
noscono la rivelazione per immagini, in
l'infinito n'm, 'mormorare' - che origi-
cui è inclusa la parola. Specialmente nel
nariamente non era un discorso artico-
quadro della vocazione di Isaia (cap. 6)
lato - il d"bar ihwh assume sempre
e di Ezechiele (cap. r) appaiono imma-
maggiore chiarezza ed energia spirituale.
gini dalle quali si può dedurre il Myoc;.
Lo stesso si ha nelle visioni in cui La connessione fra immagine e parq-
Dio si mostra ad Amos (Am.7,r ss.; 8, la - in cui diibii1· significa lo sfondo e
I s.; 9,1 ss.) facendo nel contempo udi- il senso dell'immagine - si ricava an-
re la sua voce. Per sé l'immagine con- che da alcuni giochi di parole; in Amos,
tiene già una rivelazione completa. Nel- ad es., dove (8,2) qaji~, 'frutto matu-
la visione della vocazione di Ezechiele, ro' appare con qef, 'fine'; ovvero in Ge-
ad es., si esprime, in forma immagini- remia ( r ,II s.) dove Jiiqed, 'mandorlo',
fica, la signoria di Dio sul mondo: se ricorda Jahvé che veglia (Soqed), sicché
ne ha l'eco nel terrore del profeta che l'immagine trapassa in parola.
viene meno (Ez.2,1 ss.). Anche Amos,
captus oculis (g"lUj 'énajim) scorge im- La parola non è necessariamente le-
mediatamente nelle cinque visioni i se- gata a un'immagine, ma può anche es-
gni del giudizio; il susseguirsi delle im- ser ricevuta come voce. Nel profeta, il
magini mostra l'angoscia che cresce al-
l'avvicinarsi del giudizio, fino alla cer- tono originario si sviluppa in ritmi ed
tezza che esso è già presente, sicché l'ul- accordi il cui senso divino trova espres-
tima immagine rappresenta la distruzio- sione nella parola umana: è la parola
ne completa (9,I ss.}. Alla visione si uni-
sce la parola di Dio che la interpreta. rivelata, dal detto alla predica, dalla
Pure in Zaccaria si trovano immagini, forma più breve al discorso più am-

m> Per la condizione del g•lui 'oz.en, dr. Is.


ì.éyw C 3 (0. Procksch)

pio 106• La parola ricevuta da Dio è il {Ex.3,4) dipinge la profondità con cuila
nucleo vitale di ogni frase, di ogni pre- voce di Dio penetra nel cuore dell'ascol-
dica del profeta: anche il discorso e- tatore, rendendolo capace di accettate
laborato può quindi considerarsi parer la rivelazione. Splendida è la descrizio-
la di Dio. L'accoglienza che il profeta ne della rivelazione nella sto1·ia di Sa-
fa alla parola di Dio si può dunque con- muele (I Sam.3,r ss.). Jahvé gli si rivela
siderare un processo pneumatico, anche (3 ,2I: nigld jhwh) in Silo 108 mediante
se la stretta e tipica connessione neo- un appello in cui si ttova già la vocazio-
testamentaria fra ·parola e Spirito rara- ne; infatti prima la parola di Dio, e quin-
mente è messa in luce nell'A.T. di la sua conoscenza, non gli era ancora
Si trova pe.t;Ò esplicita menzione del- stata rivelata (3,7= terem jiggiileh 'èlàw
lo Spirito nelle ultime parole di David dcbar-jhwh ). Egli crede che si tratti del-
(2 Sam.23,2) e negli oracoli di Balaam la voce di Eli; sente quindi una voce
(Num.24,2); Osea, a sua volta, non ri-
fiuta la denominazione di uomo dello umana (3 ,4 s.), finché da Eli stesso è
Spirito ('ts harua~, Os. 9,7). In queste messo sulla buona strada e può cosl an-
rivelazioni, ciò che noi chiamiamo 'pneu- nunciare a Jahvé la sua disponibilità:
matico' è però soltanto implicito: nel
linguaggio anticotestamentario le opere dabbèr jhwh ki Jòmèa' 'abdekà, Vulg.:
dello spirito sono osservate soprattutto loquere, Domine, quia audit servus tuus
dal nàb'ì', 'l'estatico', che non è lo stes- {3,9.ro); percepisce allora chiaramente
so del 'veggente' (~òzeh, rf/eh) e non si la profezia, mentre Jahvé entra in sce-
contrnddistingue tanto per rivelazioni
mediante immagini o parole, quanto per na e gli si presenta (v. ro, cfr. Gen.28,
rapimenti estatici ed azioni veementi 107 . 13), cosa che ricorda l'antica dvelazione
Quando poi il concetto del veggente si del diibàr ad Elifas (lob 4,r2-r6), anche
sarà confuso con quello dell'estatico{cfr.
I Sam.9,9), il dàbàr resterà caratteristi-
essa legata all'apparizione di una fìgura.
co del nàbt', come la tora lo sarà del sa- Più tardi Samuele, con la parola di Dio
cerdote (Jer.r8,18). (d•bar 'elohtm), promette a Saul la di-
c) Nella storia del profetismo il dii- gnità regale (ISam.9,27), anch'essa ca-
biir si è distaccato progressivamente risma divino; più tardi ancora, trasmet-
dall'immagine, per divenire pura e sem- te a Saul il messaggio della parola di
plice espressione della rivelazione. Il Dio (r Sam.15,q: haqtm) a proposito
profeta è conscio del fatto che Dio gli del re amalecita e gli annuncia il giu-
rivolge la parola; la formula elohistica dizio per aver disprezzato tale parola
'Abraham, Abraham' (Gen. 22,r, var.) (v. 23.26: ma'astii 'et dcbat· jhwh). La
'Jakob, Jakob' (46,2), 'Moshé, Moshé' forza esplosiva e annientatrice del Je_

llh Cfr. K. BEYER, Spmch r111d Predigt bei den 107 A. }EPSEN, Nabi (1934) 43 ss, mi sembra
vorexilischen Scriftpropheten (Diss, Erlangen che non mantenga la distinzione.
1933 ). 101 I LXX omettono a ra~one bdbr jhwh.
À.Éyw C 3 (0. Procksch)

bor-jhwh è qui chiaramente descritta. Il év Mn> xuplou, «con la parola del Si-
d' bar-jhwh, ricevuto dal profeta nella gnore» (r Reg.r3,1.2.5.9.17.32; solo in
rivelazione (I Sam., 3, 7), implica pro- 3 Bwr.r3,18 si ha év p-fiµa:tL xuplou), le
messa ed esige obbedienza; il suo di- cose avvengono kidbar jhwh = xr:1:tèJ. ~ò
sprezzo sarà pagato con la vita. Pf\µa xuplou, «secondo la parola del Si-
Dai giorni di Samuele in poi, . il Je_ gnore» (r Reg.12,24; 15,29; 16,12.34).
bar-jhwh è la forza decisiva della sto- d) I libri dei profeti scrittori si apro-
ria d'Israele. La parola è rivolt~ a Da- no con la formula d"bar-jhwh 'afrr hàja
vid per mezzo di Natan (2 Sam.7,4), a 'el-, «parola del Signore indirizzata a ... »
Elia (I Reg. 17,2 .8 ); afferra il corso degli (Os.r,r; Mihc.r,r; Soph.1,r, cfr. Mal.I,
eventi e plasma la storia. Nei libri dei x). La cosa forse è dovuta al redattore
Re, come in Geremia e in Ezechiele, è d'una taccolta anteriore all'esilio, dato
frequentissima l'espressione wathi d 8
- che accanto al nome del profeta general-
bar-jhwh, Vulg.: et factum est verbum mente ne indica anche il tempo. La for-
Domini, nel momento in cui il profeta mula potrebbe quindi essere più recente
viene interpellato (r Reg. 6,u; 13,20; dei titoli l;>azon ;•sa'jahU, «visione di I-
Ier.r,4.IIi 2,1; r3,8; r6,r; 24,4; 28, saia» (Is.r,1), dibre 'amos, «parole di
12; 29,30; Ez.3,r6; 6,1; 7,r; r2,1). L'e- Amos» (Am.1,1, cfr. ler.1,1), séfer f.>a-
spressione va spesso attribuita a chi scri- zon nal;um, «libro della visione di Nah-
ve, ma indica che la visione profetica um» (Nah. r ,r ), che indicano come auto-
della storia, da cui ha avuto origine quel- re il profeta stesso. La troviamo anche
la deuteronomistica, vede il profeta co- nei LXX per Geremia(r,1), mentre il T.
me portatore della rivelazione di quel M. ha dibre jirm"jahU. In ogni modo ta-
misterioso piano e volontà di Dio che è le formula significa che il libro in que-
all'opera nella storia. La parola di Dio si stione è tutto da considerarsi come d•-
compie (I Reg.2,27: l8 mallè' 'et-debar bar-jhwh, senza distinzione fra la voce
jhwh = rcÀ.T)pwfrf)va~ -cò pf)µcx. xuplou, di Dio nel profeta e la sua espressione
«per compier la parola del Signore»), nella poesia, nei detti e nel discorso. Di
si avvera (Iud.13,12.17; 2 Reg.22,16: qui è facile passare all'idea che non sol-
b', lett., avanza), rimane in eterno (Is. tanto i singoli libri profetici, ma l'intera
40,8: jaqum t•'olam) anche senza col- scrittura dell'A.T. è parola di Dio. Nel
laborazione dell'uomo. In essa si rive- concetto di parola di Dio è chiaramente
la il mistero di Dio (Iud.3,19: d•bar- compreso quello di tivelazione; i libri
seter; v. 20: d"bar-'elohtm), il suo con- profetici sono stati infatti riuniti pro-
tenuto la penetra irresistibilmente (2 prio in quanto rivelazione. Il concetto
Reg.1,17; 9,36; Is.9,7; 55,ro s.). Quan- di rivelazione è dunque implicito fin
do U vero profeta parla bidbar jhwh = dall'inizio in quello di parola profetica.
Myw C 3 (0. Procksch}

Si veda, ad es., il titolo della parte più scerà che troppo tardi. Jahvé non riti-
antica (cc. 2-6) di Isaia (2,r), che suo- ra le parole che ha dette per mezzo
na cosl: haddabar 'aJer ~aza ;esa'jahU, del profeta (Is. 31, 2). In sé la rive-
((parola veduta da Isaia». L'ardita im- lazione mediante la parola è una gran-
magine della parola 'veduta, guardata' de benedi,zione (2,3), anche se, essendo
- che si trova anche in Geremia (2 131), stata disprezzata (28, r3), agisce come
ma che i LXX non hanno tradotto - un giudizio. Si trova un analogo rappor-
mostra la stretta connessione fra parola to in Amos, che conosce la parola di
e immagine nel linguaggio profetico. Jahvé come rivelazione (Am.3,7) e ac-
Probabilmente il libro doveva comincia- cogliendola si sente costretto a profeta-
re con la visione della vocazione (Is.6}, re, lo voglia o no (3,8 1 dr. 3,r; 4,r; 5,
cronologicamente e contenutisticamente r ). La rivdazione è una grazia, la cui
più adatta all'inizio che non le profezie mancanza sarà sperimentata come giu-
sulla pace dei popoli. La parola 'guar- dizio; si avrà sete della parola di Dio,
data' è la parola della rivelazione di ma non la si potrà trovare (8,II s.) 110•
Dio, che si incarna nella visione e nel- La parola di Dio è forza di vita, con la
1' ascolto. Del d"bar-;hwh come parola cui scomparsa cessa la grazia.
della rivelazione Isaia parla anche nel La più profonda teologia della paro-
corso del libro, ad es. là dove introdu- la si trova in Geremia. Secondo l'uso
ce una nuova serie di considerazioni (r, linguistico comune, per Geremia il pr<>·
ro; 9,7; 28,14; 37,22, cfr. 38,7), e an- feta è specificamente il portatore del
che nell'interno dello stesso discorso (2, dabar (Ier.r8,r8), mentre il sacerdote
3; r6,r3; 28,r3; 30,12). È caratteristi- deve custodire la legge; anche in Gere-
co come egli equipari la parola di J ahvé mia, d'altronde, come in Isaia, dabar e
alla dottrina divina (!ora, r,ro; 2,J; 30, tora come forme di rivelazione sono
9; e r2); infatti la tara è originariamen- strettamente unite (Ier.6,19; 8,8.9). Ge-
te la dottrina divina, il cui intermediario remia conosce (8,8), come Osea (8,12),
è il sacerdote (Ier.r8,r8) 100• Ma nel da- il libro scritto della tora, ma non tanto
biir - al contrario della tara - appare di essa si interessa quanto del diibàr,
l'elemento dinamico, creatore o distrut- di cui ha scoperto l'intima natura. Con-
tore, del quale si ha un esempio classi- sacrato profeta fin dal seno della madre
co in Is.9,7. La parola inviata da Dio (I, 5 ), con la vocazione ha ricevuto la
scoppia in Israele come una carica e- consapevolezza che Jahvé gli mette sul-
splosiva, la cui forza Israele non cono- le labbra la sua parola (r,9), come ave-

JOl Cfr. J. BEGRICH, Dic pricsterliche Thora, 63-88.


in P. VoLz-P. STUMMER-J. HEMPEL, Werden
tmd Wcsen des A .T.: ZAW, Beih. 66 (1936) llJ B,u: debar jhwh, con i LXX Syr., Vulg.
À-Éyw C 3 (0. Procksch)

va fatto una volta con Balaam (Num. namente afferrato dalla parola di Dio e,
22,38; 23,5.r6). Nei suoi discorsi, fin se tace, la sua anima vien meno. La
dalla prima rivelazione, prende dunque parola di Dio non deriva dunque dalla
corpo la parola di Jahvé (Ier.r,rr.r2); sua anima, ma vi è appiccata come un
cosl il volume scritto per mezzo di Ba- incendio distruttore e lo costringe ad
ruc contiene chiaramente la parola di annunciarla. Se la fiamma non dà luce,
Dio (36,2). Alla parola di Dio Geremia brucia chi la porta. La necessità della
non attribuisce tanto il senso dianoeti- predicazione non è mai stata espressa in
co - pur attribuendo alla conoscenza termini più commoventi, né il martirio
un grande valore - ·quanto quello dina- del profeta in tono più doloroso. Egli
mico, percepito nella continua lotta con deve assolutamente annunciare la paro-
Dio. Nella sofferenza, il profeta ha co- la, per la beatitudine della sua anima;
nosciuto che la parola di Dio è gioia e cosl si chiarisce anche la specifica diffe-
delizia del cuore (I 5, 16) e che - se ci renza fra parola di Dio e parola dell'uo-
possiamo fidare del testo ebraico piut- mo. È qui espressa in piena consapevo-
tosto incerto - egli l'ha 'divorata', ge- lezza la divina coartazione, in opposi-
sto che egli aveva concretamente com- zione alla natura umana anche più pu-
piuto ( r 5, r 6 ). La grazia più grande ra e delicata. Ma in queste batt1:1glie in·
che il profeta possa ottenere assogget- teriori entra in gioco anche la moralità
tando a Dio la volontà nella preghiera, della conoscenza e della forza in cui il
è il rinnovamento dell'incarico di esse- carattere di Geremia si purifica median-
re bocca di Dio, la cui testimonianza te il contrasto con la parola. Essere pro-
significa forza di conversione anche per feta della parola è per lui il peso più gra-
gli altri (r5,19). Ma la parola lo sotto- ve e insieme la gioia più profonda; un
pone a una divina coartazione, a cui la preannuncio dell'azione della parola di
sua natura si ribella (20,7 ss.); essa si Dio nei grandi uomini della storia del-
distingue dunque nettamente dai suoi la chiesa. L'aspetto dinamico del diibiir
pt"nsieri umani. La predicazione non gli =
À.6yoc; balza prepotente anche nella
apporta che vergogna e disonore; per- differenza che Geremia stabilisce fra sé
ciò il profeta vorrebbe bene astenersi e il profetismo volgare (23, 28 s.). Il
dall' annunciare la parola di Dio, ma profeta che sogna non parla che del suo
non la può trattenere, perché gli sta sogno; ma chi possiede la parola di Dio,
dentro come fuoco divorante che bru- parla la parola di Dio. La parola di Dio
cia le ossa 111 • Il profeta è, cioè, inter- sta al sogno del profeta come il buon

lii In Ier. 20,9• è difficile che il soggetto cli v. 9• lo' 'ezk•remu1 si riferisce non a Dio, ma
rv•haid sia Dio; è invece il diibiir, dato che al al dii.biir da lui ricevuto,
277 (1v,97) ÀÉyw C 4 (0. Procksch)

grano alla paglia: può esser rivestita di straziane di Dio. E poiché la parola del
una visione, ma la trascende. La paro- profeta annuncia una nuova creazione,
la di Dio è forza irresistibile, come il già preparata nell'antica, questa creazio-
fuoco che brucia la paglia, come il mar- ne avrà inizio. La natura del d•bar-jhwh
tello che frantuma le pietre (23,29). è presentata nella famosa parabola della
Perciò il d8 bar-ihwh può esser descritto pioggia e della neve (55, ro s.); come
soltanto da chi ne è stato afferrato e pioggia e neve non restano inutili, ma
spezzato. Anche qui Geremia mostra una irrigano la terra e la fanno germogliare,
straordinaria capacità di analizzare la cosl la parola di Jahvé non torna al cielo
coscienza profetica di chi ha ricevuto la vuota, ma opera la volontà di Dio e por-
parola di Dio. Essendo forza, la parola ta a compimento la sua missione. La pa-
si compie infallibilmente, e la sua au- rola è legata alla profezia, ma questa non
tenticità si conosce dalla sua realizza- la possiede in proprio, bensl l'ha ricevuta
zione (Ier.28,9: b8 ho', cfr. Iud.13,12. dal cielo. Ogni parola profetica è forza
q; 2 Reg. 22,16; Ps. 105,r9; 107,20). operante, il contenuto di ogni profezia è
Ma può anche essere contenuta in un sempre la parola di Dio vivente, che ri-
avvenimento di per sé insignificante: mane in eterno. Come in Geremia, cos}
cosl Geremia vede la parola di Dio nel- anche nel Deuteroisaia l'elemento dina-
la proposta di acquistargli un campo, mico del d"bar-ihwh è più evidente di
fattagli dal cugino (Ier.32,1 ss.). Ravvi- quello dianoetico: la parola è soprattut-
sarla, tuttavia, è possibile solo nella to forza celeste che sulla terra creando
preghiera (42,r ss.); la preghiera soltan- opera e realizza il suo scopo.
to - sia di sottomissione a Dio (15,ro
4. Il dabat come rivelazione della legge
ss.) sia di impetrazione (42,7 ss.) - può
chiarire la parola della rivelazione. Il d bar-jhwh contiene soprattutto la
8

Mentre in Geremia la contrapposizio- rivelazione, e la rivelazione per mezzo


ne alla parola di Dio è un destino per- della parola è la forma principale di ri-
sonale, nel Deuteroisaia il debar-;hwh è velazione divina. La parola profetica
piuttosto una forza storica. Nel profe- stabilisce un rapporto personale e mo-
ta, il teorico vede il dahiir incarnato rale fra Dio e il profeta. Si tratta di un
nella storia della profezia quale vivente rapporto globale e totale, tale che l'in-
rivelazione di Dio. Mentre la natura è tera opera del profeta può essere indi-
destinata a scomparire, la parola di Jah- cata come d"bar-;hwh (Is.2,1 Os.1,1;
vé resterà in eterno (Is.40,8). La paro- lviich.r,1; Soph.r,1). Chi è toccato dal-
la di Dio porta in sé il proprio compi- la parola di Dio e se ne lascia prendere
mento; nel compiersi della parola pro- e determinare, diviene un uomo nuo-
fetica il Deuteroisaia ravvisa una dimo- vo. Su questo piano si pone anche la
ÀÉyw C 4 (O. Procksch)

rivelazione della legge, espressa ugual- hadd"biirtm, «libro delle parole» (2 Reg.
mente dal termine diibiir, raramente al 23,2 s. 2r, cfr. Ex.24,7) e vuol essere
singolare, quasi sempre al plurale. Il la promulgazione della parola di Dio
dàbàr profetico ha importanza sempre ricevuta da Mosè sul monte (Deut. r,r:
per il momento, anche se il suo hic et 'elleh hadd"biirzm, «queste son le paro-
mmc può determinare l'intera vita del le») come suo testamento. Nella scelta
profeta, come mostra Geremia; il dà- del termine debiirim come titolo, si ma-
biir legale, invece, ha valore per tutto nifesta il carattere profetico del Deute-
il popolo e per ogni tempo, indipen- ronomio: si tratta di parole della rive-
dentemente dal profeta che Io riceve. lazione che Mosè deve annunciare. Il
L'esempio più famoso sono le dieci titolo di Deut-4,44: zo't hattorll, «que-
parole del Decalogo, indicate già dal- sta è la legge», che usa il termine sa-
lo jahvista come 'aseret haddebàr'ìm cerdotale tara(come anche Deut.4,45)
(Ex. 34,28, cfr. Deut. 4,r3; ro,4), an- deve considerarsi secondario. Troviamo
che se in essa l'antico Decalogo vie- quindi anche alla base del Deuterono-
ne sostituito da una legge di tutt'altro- mio il singolare, haddàbar, «la parola»,
genere (Ex. 34,ro-26). Le dieci parole come summa della promessa (Deut.9,
sono la legge fondamentale d'Israele, la 5) e della legge ( r 3 ,1 ). Con tutta chia-
base dell'alleanza (Ex.34,27 s.), che de- rezza lo si vede nella conclusione (30,
ve valere per ogni tempo e la cui rot- u ss.), dove hammi~wa, «il comando»,
tura significherebbe la fine del popolo (v. u) e haddàbiir, «la parola», (v. 14)
di Dio (cfr. Os.4,2 s.; Ier.7,9). Lo stes- vengono identificati come la summa del
so si deve dire dei d"bàrtm del Libro Deuteronomio. La parola di Dio conse-
dell'Alleanza (Ex.24,4.8, doc. E), letto gnata al popolo come mi~wa non oltre-
da Mosè a conclusione del patto e alla passa la capacità di comprendere e di
cui osservanza Israele si sente obbliga- agire di Israele ( v. xi: lo' nifle' t hw'
to (24,7). Il suo contenuto non è indi- mimm•ka, <<non è superiore a te»), non
cato: ciò che oggi viene comunemente è nascosta in cielo o al di là del mare,
detto Libro del patto (Ex. 20,23 - cap. donde nessuno possa prelevarla e an-
2 3) originariamente non doveva essere nunciarla. La parola di Dio è invece
nella scena del Sinai, ma a conclusione qarob •elekà... me'od, «assai vicina a te»
del libro di Giosuè (24,25) 112• (v. q). La parola è rivelazione presen-
Più tardi il Deuteronomio venne i- te, e porta in sé la forza per la sua rea-
dentificato con il Libro del patto sinai- lizzazione: bocca e cuore sono gli orga-
tico; perciò esso porta il nome di sefer ni del suo annuncio e vuol essere an-

112 H.HOLZINGER, Einleitu11g in den Hexateuch


ÀÉyw C 5 (0. Procksch)

nunciata di bocca in bocca per esser tra- !azione è sempre parola di Dio, sia nel-
dotta in pratica. La rivelazione della pa- la Legge che nei Profeti. Ma esiste un
rola di Dio diviene predicazione, e co- terzo ambito della rivelazione, la crea-
me tale penetra in tutto il popolo. Nel- zione della natura, e anch'esso viene ri-
l'ambito della storia, la parola di Dio si condotto alla parola di Dio. Un concet-
serve di organi umani, analogamente a to questo che, anche senza il termine
quanto dice il Deuteroisaia (55,rn s.); dabar, si trova già nel racconto sacer-
ma nel Deuteronomio si sottolinea più dotale della creazione (Gen.1), dove l'o-
il comando che il messaggio. La rivela- rigine del mondo viene riferita alla pa-
zione divina abbraccia però ambedue gli rola divina. Il racconto sacerdotale fa
aspetti: anche nel Deuteronomio Mosè certamente uso di una fonte più antica,
si manifesta profeta (Deut.18,15 ss.). La in cui l'opera di Dio (Gen.2,2: hamme-
t6ra sacerdotale non ha importanza nel la'kd •aser 'aia, «l'opera da lui fatta») si
Deuteronomio originario; così come, compie per mezzo della patola da lui
d'altronde, nella legislazione sacerdota- pronunciata ( walht ken, «e cosl fu»).
le il diibiir (nel doc. P solo raramente Questa spiritualizzazione della creazio-
esso compare come legge di Dio: Lev. ne può dipendere da analogo atteggia-
4,13; 8,5 .36; 9,6; 17,2). Il dabar = M- mento del pensiero sacerdotale, anche
yoç appartiene al profeta, la t6ra = v6- se non è escluso un influsso di con-
[J.oç al sacerdote (Ier. r 8 ,I 8 ). cezioni accadiche circa la forza creatri-
ce della parola m. In ogni modo, l'idea
5. La parola divina creatrice
della creazione per mezzo della parola
Dopo l'esilio, quando la Legge fu rac-
dev'essere preesilica, dato che anche E-
colta nel Pentateuco e i Profeti nei ne-
zechiele, che dipende da P, segue il
bi'1m ri'Sontm (anteriori) e 'aparontm
Deutetoisaia (Is.40, 26; 44,24ss.; 48,
(posteriori), sicché la parola di Dio pre-
13, cfr. 55,rn s.) e conosce la forza crea-
se stabile forma scritta, il concetto pro-
trice del dabar (Ez.37,4: d"bar-jhwh).
fetico del debar-jhwb si fuse con quello
Nei Salmi, nei quali continua Ja teolo-
legale, anche se lo scritto in sé non pren-
gia del Deutetoisaia, questa forza crea-
de il nome di d"bar-jhwh. Certi scritti
trice della parola viene spesso accentua-
profetici, però, hanno il titolo di debar-
ta (Ps.147,15-18); descrivendo la crea-
jhwh (Os. r,r; Mich.1,r; Soph. r,r), e
zione del cielo per mezzo del dabar, si
troviamo il singolare dabàr per indicare
dice con bella concisione: k2 hu 'amar
il contenuto del Deueronomio. Si poteva
wajlht ha' - ~iwwa wajja' an iod, «egli
adoperare questo termine per indicare la
disse e (tutto) fu, comandò e (tutto)
volontà di Dio rivelata, dato che la rive-
ebbe consistenza» (Ps.33,9).
111 ~ GRBTHER lJ9 ss.
À.Éyw D 1 (G. Kittel) (IV,IOO) 284

6. La 'parola' nella poesia motivo e quietivo della fede e della vita


morale, perché contiene la rivelazione
Come la forza creatrice del diibar = di Dio. Suo nucleo è la verità: ci si può
Àbyoç emerge dal nulla (Ps.33,9), cosi quindi affidare totalmente alla parola di
anche nella poesia la rivelazione si at- Dio.
tua per mezzo della parola (lob 4,12). Attingendo al tesoro della parola, la
A seconda della sua natura profetica o comunità giudaica ha vissuto sulla pro-
giuridica, il diibiir era stato concepito co- fessione di fede dei devoti formulata
me promessa o come esigenza, ma so- nel Pentateuco. Con la canonizzazione
prattutto in esso si ha la rivelazione, e non della sola Legge, ma anche dei Pro-
sempre in esso è presente sia l'elemen- feti, la parola scritta (compresi i Profe-
to dianoetico e sia quello dinamico. ti) viene ad assumere valore canonico.
Il notissimo Ps.rr9 offre una vera A questi scritti s'aggiunse infine la rac-
miniera di diverse sfumature del con- colta degli agiografi. Nella parola si tro-
cetto di diibiir, che vi viene illustrato va sia la oL<ivoLrx. che la ouva.µLç della
in tutti i suoi aspetti. Il debar-jhwh co-
munemente vi si trova al singolare, e Scrittura. O. PROCKSCH
anche sotto il plurale debarekii, «le pa-
role tue», si può spesso ravvisare un an- D. 1
PAROLA' E 'PARLARE' NEL N.T.
tico singolare originario. Talvolta ne ha
preso il posto - senza sostanziali cam-
biamenti di significato - il poetico 'im- I. L'uso fondamentale e generale
ra (vv. 38.4r.ro3.r23.r54.r62.r70). Si di ÀÉyw/À.6yoç nel N.T.
trova tora come equivalente di diibiir L'accento posto da tutto il N .T. sul-
(v. I. I8.34.44.5r.6r.72.97. I26. 136. 1' 'ascoltare' (~ ci.XOUW I, coli. 59I SS . )
r63), soprattutto quando il poeta ha
sotto gli occhi il Pentateuco come paro- presuppone un corrispondente 'parlare'.
la scritta di Dio. Anche la fora contie- Tuttavia un tratto essenziale della vita
ne allora promesse e comandi, con rilie- religiosa nel N.T. si fonda sull'uso, quan-
vo del significato profetico, oltre che di
quello giuridico. La parola sta nei cieli titativamente e qualitativamente rilevan-
(v. 89). La summa del diibiir è la verità te, di molti termini riguardanti il lin-
(v. I 60 ); la parola è luce nella via (v. guaggio: ~ &.yyÉÀÀw e derivati, ~
ro5). Essa contiene la vita, perché se-
condo la misuta della sua patola Dio dà x11pua-crw/;d1puyµa., ~ µa.p·rnpÉw ecc.
vita al devoto (vv. 25.rn7.r54) e gli do- Non è dunque un caso, e non è neppu-
na intelligenza (v. 169). La parola ha re il risultato di influssi estranei, se i
in sé forza; il poeta ripone in essa fi- principali termini greci indicanti il 'par-
ducia (v. 42: b(~) e speranza (vv. 74.
8r.u4.r47; dr. Ps.130,5). La parola lare' - il verbo ÀÉyw e soprattutto il
esige obbedienza e osservanza (vv. 57. i;ostantivo Àoyoç - sono diventati ter-
r o 1 ) : ha quindi importanza morale per mini di importanza capitale nel N. T.
l'uomo. In breve, essa è speranza e pro-
messa, comando e forza. Come la tara Anche in alcuni fatti importanti per se
cosl anche la parola si può considerare :;tessi - come il battesimo e la trasfigu-
285 (1v,roo) Àtyw DI (G. Kittel) (1v,ror) 286

razione - «la voce che parla» ~ cpwv-fi zioni a questa regola, anche se possibili,
À.Éyovcra (Mt.3,17; 17,J) non solo ac- sono rare 117 : 'ltoÀ.À.à yàp 'lt-ca.loµev &-
compagna l'evento, ma gli fornisce il mt.\l'tEc;· eì'. 'ttc; Èv À.éy~ où 1t'trx.ln, où-
tema e il significato. -coc; -cÉÀ.ELoc; à.vi}p, «tutti manchiamo in
Bisogna però notare che questo ab- molte cose; se uno non manca con la pa-
bondantissimo uso del vocabolo nel N. rola, costui è perfetto» (Iac. 3, 2; ~
T. non comporta nessuna pretesa di e- yÀ.fMcra n, coli. 546 ss.). Ma è soprat-
sclusività: sia il verbo che il sostantivo, tutto la sezione di I Cor.r-4 che censu-
in tutti gli scritti del N.T., sono usati ra aspramente la parnla dell'umana sag-
in tutti i significati e a tutti i livelli, da gezza {1,r7; 2,1+13), che pretende in-
quello quotidiano a quello più carico di nalzarsi xa.~· ùm:pox,1)v, «con sublimità»
contenuto. (2,1), e invece non è che boria (4,19 s.).
L'uso di À.6yoc; in fondo è rimasto Qui la parola è censurata non perché
quel che era: lo dimostra anche la na- esca da bocca umana - la quale può an-
turalezza con cui, in numerosi enuncia- che essere organo della 'parola di Dio'
ti, la 'parola' assume un valore negati- (cfr. rThess.2,13) - ma perché il suo
vo. Non soltanto, come accade talvolta contenuto è puramente umano.
in greco 114, si nega una realtà che esiste Accanto a queste valutazioni netta-
solo secondo il À.éyoc; (Co/.2,23); il ter- mente negative del À.éyoc;, bisogna an-
mine À.oyoc; serve persino a indicare una noverare una grande quantità di usi in-
realtà cattiva e brutta. Il N.T. conosce differenti. In ogni narrazione, riguar-
anche il cra.?tpòc; À.éyoc;, «discorso diso- do sia a Gesù sia ai discepoli o ad
nesto» (Eph.4,29 ), i xevot 115 À.éyot, «di- altri, ricorre l'espressione 'queste paro-
scorsi vuoti» (Eph.5,6) 116 , i À.éyot 1t0\11]· le' (Mt.7,28; Act.2,22; 16,36) oppure,
pol, «discorsi malvagi» (3 Io.ro), il M- con valore collettivo 118, 'questa parola'
yoc; xoÀ.a.xelac;, «discorso di adulazio- (Mc.7,29; ro,22) 119, o anche 'molte pa-
ne» (I Thess.2,5 ), il À.byoc; paragonabile role' (Lc.23,9). Paolo distingue una mis-
a un cancro {2 Tim.2,17), i 'ltÀ.a.cr-cot M- siva dal A.6yoc;, cioè dalla viva parola ( 2
yot, «parole finte» (2 Petr.2,3). Il À.6- Thess.2,2.15; 2 Cor.10,10, cfr. Act.15 ,
yoc; umano è fonte di peccato, e le ecce- 2 7 ); ma, nella stessa frase ( 2 Cor. ro,

114 er la documentazione, cfr. PAssow, s.v., e la cosa più difficile di tutte, l'ultima ad otte·
i commenti a Col.2,23. nersi~.

m Cfr. xEvocpwvla, 2 Tim.2,16. m La distinzione fra plurale e singolare col-


116 Gli esempi mostrano che, anche quando si lettivo è spesso insignificante, come risulta da
tratta di una valutazione negativa del termine, Acl.2,40 s.: È"tÉpoLç SÈ MyoLç 1tÀ.elouw SLE-
il singolare e il plurale si scambiano facilmen- µap·dipwro... ol µlv oùv 1btolìel;6:µevoL "tÒ\I
te, perfino nella stessa lettera. À.byov ctu'tov ...
m ScHLATTER, Jak.2I3: «Regolare la parola è 119 Per Mc.9,ro ~ n. I40.
À.Éyw D 1 (G. Kittel} (1v,102) 288

II), parla anche della lettera come por- re'; ne consegue la molteplicità delle
tatrice del ).6yoc; (2 Thess. 3, q; dr. sue accezioni e anche la notevole oscil-
Hebr. 5,II; r3,22). Il termine À.6yoc; lazione delle espressioni. Il Àoyoc; può
designa un discorso (Act. 2,41; 20,7), contenete la yvwcnc; e la vera O"orpla, (I
un racconto (Act. u, 22), un'opinione, Cor.12,8), come anche può esserle con-
una fama (Lc.5,r5; 7,17), una narrazio- trario (2 Cor.u,6}, oppure esserne l'e-
ne scritta (Act. r ,r) 120• Tutto ciò che si quivalente (I Cor.1,5; 2 Cor.8,7). Cosl
dice - sia nel vouc; che con la y À.wO"rTr:J, anche parola e azione, parola e forza
- è À.byoc; (I Cor. 14,19), anche se nel possono contrapporsi (I Thess. r,5; I
secondo caso s'intende probabilmente Cor.4,19 s.), ovvero completarsi a vi-
un suono inarticolato, non in forma di cenda (Lc.24,19; Rom.15,18; 2 Thess.
vocaboli e sentenze (p1Jµ(J,'t'(J, ~ coll. 2,17; Col.3,17); sarà il tono della frase
H6; 227) - , un qualcosa in cui si at- a far capire se si tratta di un semplice
tua un À.Éyw,1 e quindi un À.6yoç. flatus vocis, ovvero di parola il cui con-
Act. 20, 24 121 : lù).' oUS evòç Myou tenuto spinge e costringe all'azione. Il
1totouµat -.i)v 4iuxi)v 't'tµla..'V ȵau-.Q 122, te:rmine può esprimere e assumere qua-
«non considero la mia vita degna di al- lunque contenuto che si rivesta di una
cuna parola per me». Cfr. Hdt. 4, 28:
À.6you fi~to'V, e l'analogo À.6yov 1tOLEL'V, parola.
oppure ?tOtEfo·iktt, 'aver riguardo a qual- Si può chiaramente constatare la va-
cosa'; Hdt.r,4; 3,25,ecc.; Theocr.,idyll. lidità di ciò che si è detto, confrontan-
2,61; Flav. Ios., ant.1 ,72; 7,88; 11,82;
lob 22,4. Il testo degli Atti fu presto in- do l'uso comune di Myoc; con quello
teso secondo questo comune modo di teologico offerto dal messaggio evange-
parlare, perché di per sé appariva diffi- lico. Nella stessa frase si può trovare
cile e strano, tanto che ce ne rimane an- ).6yoç sia nell'uso comune che in quel-
che questa forma ampliata: 0:.).)v' oùOE-
voç À6yov 'ltOLOUµCIL oÙÒÈ ~XW 't'lJV lfiu- lo teologico. IThess.1,5 s.: O't't 'l;Ò EÒ-
X-IJV µou -.tµfo.v ɵau't'<!} 123 <<non ho ri- r:J,"(yéf..tov -l]µWv OUX EyéVTJil'l'} dc; uµiic;
guardo per nulla, e nemmeno la mia vi- ÉV Àoy~ 1.10\IOV, IJ.).).(x X(X.L ÉV OuvaµEL ...
ta considero preziosa per me stesso». La
possibilità opposta che il testo sia stato xix.t uµei:c; ... ~M;6:µ.evoL '"t'ÒV À..6yov ... , «il
presto mutilato 124 sembra poco proba- nostro evangelo non vi fu rivolto solo a
bile. parole, ma anche con potenza ... e voi
È chiaro che in tutti questi casi l'uso ... accoglieste la parola ... »; 1 Cor. 2, 4:
di Myoç accentua il signi6cato di 'di- Xr:J,L ò ).Oyoc; µov xcd 't'Ò x1Jpuyµ 6: µou 125

=
120 Per 7tpW'toc; Àoyoc; ( Vangelo di Luca) 112 Testo dei codd. S* B C, ecc.
cfr. Pmw, omn. prob. lib. 1; Gal., de Usti par- 123 Textus receptus secondo i codd. EHLP,
tiu111 corporis humani, 2,r (nr p. 88, KUIIN); ecc.
Hdt., 5,36. Cfr. ZAHN, Ag., ad l.
121 Cfr. H. A. W. MEYER4 (r870); ZAHN, Ag.,
124 Cosl ZAHN, Ag.7r6, n. 67.
ad l.; ScHLATTER, Komm. Lk.624. 115 Si faccia attenzione al parallelismo fra À.6-
ì.éyw D 2 (G. Kittel) (IV, 103) 290

OVX a'V 'ltEtlTO~c; CTocpia.c; À.oyotc; ... , «la mule con il verbo, che sulle labbra di
mia parola e la mia predicazione non Gesù vogliono accentuare il carattere di
'parola' rivelata. Il À.Éyw fortemente
consistettero in suasive parole di sapien- accentuato delle formule tyw m À.Éyw
za»; r Pet1'.3,I: L'Va. xa.t EL ·twEc; &.nEt- ùµi'V (e simili), nella sua straordinaria
ìJouaw -re!) À.6y~ ..• &'VEU Myou XEp8n- frequenza è certamente caratteristico
dell'autorità della parola di Gesù. È
1h'1cro\l-ra.t, «affinché, seppure alcuni ne- anche possibile che la connessione con
gano fede alla parola, senza parola sia- àµ:f1'V - che si trova soltanto sulla boc-
no guadagnati»17.6. La distanza fra i due ca di Gesù - sia volutamente sottoli-
neata come caratteristica della parola
contenuti è qui nettissima; il ·fatto che di Gesù. Tale non è invece il À.Éyw per
non si sia sentita la necessità di un al- se stesso; anche la cristianità primitiva
tro vocabolo indica che, nonostante l'u- non lo intese mai come specifico di Cri-
so teologico cosi carico di contenuto, sto 128• Nella tradizione la stessa espres-
sione è stata usata anche a proposito del
il significato generale del termine era Battista (Mt.3,9: À.Éyw yàp ùµi'V); Pao-
rimasto invariato: si tratta, ancora e lo non esita ad applicarlo a se stesso
sempre, di una 'parola parlata'. ).6yoc; (Gal. 5 ,2: èyw Ila.vÀ.oc; À.Éyw ùµi'V) 129 ;
la si trova anche sulle labbra di Gama-
non è mai, nemmeno nel prologo gio- liele (Act.5,38: xa.t -tà \IV'V À.Éyw ùµi'V).
vanneo, un puro termine formale, ma Non è dunque il parlare in forma auto-
contiene sempre la vivente concretezza ritaria che specifìCR la parola di Gesù,
ma il suo contenuto superiore a quello
della 'parola padata', rivolta in questo delle autorità tradizionali (Mt.5,21 ss.)
caso da Dio al mondo. Quando si trat- e il fatto che è lui, Cristo, a fornire
ta di parola rivelata, in essa vi è sem- questo contenuto (Mt.I3,17).
pre qualcosa di decisivo, il richiamo 2. Accezioni sbiadite e tecniche
a colui che pronuncia questa 'paro- Anche nel N.T. il termine Myoc;, in
la' in maniera viva ed efficace. La 'pa- quanto indica qualcosa che vien detto,
rola' non è mai un'entità in sé, ma - risulta variamente sbiadito. Non che la
in quanto 'parola' autentica - rinvia es- forte accentuazione di cui si è parlato
senzialmente a colui che la dice. L'es- venga o sia messa a tacere; non che ele-
senza specifica del termine À.6yoc; nel menti nuovi vengano a togliere al ter-
N.T. non consiste dunque nel vocabolo mine il significato originario di 'parola',
e nella forma come tali, ma nel rappor- come era avvenuto per il À.éyoc; di Fi-
to concreto con colui che parla. lone, dato che questi attl'ibuiva poca
Lo stesso si dica anche di quelle for- impottanza alle categorie della parola

yoi; e xiJpuyµa, indice di una forte carica di 128 Non ha importanza se la formula echeggia
contenuto nel termine ì.6yoç. l' anticotestamentario È:yw XVptoç ÀEÀ.6;)..t]Xlt
126 Cfr. Act.6,4 s.; n,19.22. che si legge in Ez.5,r5.17 ccc.
m Per Èyw ~ m, coll. 41 ss., spcc. coli. 50 ss.; 129 Cfr. anche Gal.3,17; 4,1; 5,16; I Cor.7,8.
à.µiJv ~ I, coll. 915 s. 12 ecc.
291 (IV,103) À.Éyw D 2 (G. Kittel)

e dell'ascolto(~ I, col. 584); il N. e a Dio, sia per se stessi (Mt. 12,36)


T. non conosce questa evoluzione: tut- sia per il prossimo affidato alla loro
ti i contenuti teocentrici e cristocen- responsabilità (Hebr. 13, 17 ). L' espres-
trici dati al vocabolo rimangono nel- sione quindi si carica dell'intera conce-
l'ambito del parlare e della parola pal'- zione escatologica de1la cristianità pri-
lata, arricchendone l'interiore capacità mitiva sul giudizio e sulla responsabili-
di rivelazione. Se il vocabolo talvolta tà (Rom.14,12; I Petr. 4,5). Già nelle
nel N.T. risulta sbiadito, lo si deve a parabole evangeliche l' idea del rendi-
una spede di abbassamento tonale nel conto è spesso importante, non solo per
iinguaggio comune. la parabola stessa, ma anche per la sua
Lo si può osservare esaminando, nel- interpretazione; cfr. la parabola del ser-
l'ambito del N.T., lo sviluppo di quat- vo spietato (Mt.18 1 23), dei talenti (Mt.
tro significati fondamentali: 25,19), del fattore infedele (Le. i6,2).
Ma soprattutto Phil. 4 1 15.r7 indica la
a) À.oyoç come computo, calcolo, con-
tendenza del vocabolo a passare dalla
to 130• À.oyov a.l-rc:iv, cruvalpELv, 8t06va.t,
a1\08t56WJ:L, chieder conto O render sfera commerciale a quella spirituale: il
conto, è locuzione tecnica corrente nel À.6yoç 86crEw<; xat À1)µ.J;E0J<;, «conto 132
linguaggio commerciale 131 ; all'inizio si-
del dare e dell'avete» (v. i5), che all'i-
gnificava anche un rendiconto orale, poi
nell'uso corrente ha finito per preva- nizio riguardava cose terrestri (cioè il
lere il significato di conto, rendiconto sostentamento dell'Apostolo), diviene
impossibile a farsi oralmente. Il N. T. immagine del xap7tÒV -ròv TIÀ.Eov&.sov't"a
usa talvolta il termine in un contesto
assolutAmente profano; cosl nel tumul- c:lç À.6yov vµwv, del «frutto che va au-
to degli argentieri efesini (Act. 19,40 ), mentando a credito vostro» (v. 17); si
dove nello stesso contesto si trova l'e- tratta di un frutto preso in un senso
spressione À.6yov EX~W Tipoc; 't'Wa, esi-
gere una resa di conti, sporgere querela diverso, eterno.
contro qualmno (Act. I 9 ,3 8 ).
Anche in Hebr-4,13 ha lo stesso signi-
Nel N. T. l'espressione viene però o
ficato. 7tpòc; <lv ·hµi:v À.6yoc;, può essere
usata prevalentemente per indicare la una semplice conclusione: «con cui ab-
biamo a che fate» m. Ma anche il valore
responsabilità dei cristiani, che devono di 1'apporto, proporzione (quindi il sen-
render conto agli uomini ( r Petr. 3, 15) so di «colui col quale siamo in rappot-

B!i Lo scomporsi del termine in significati se- Ml., a r8,23; ~ coll. no; 222.
condari nel N . T. può ingannare, poiché per
u2 M1cH., Phil., ad l.
l'orecchio greco l'intero gruppo non ha che un
solo significato. m Cosl la maggior p11rte degli esegeti recen-
ti : G. LiiNBMANN, (H.A.W. MEYER' [1878]),
m La documentazione in PAssow, PAPE, P.REU- RIGGENBACH, ad l.; F. W. GROSHEIDE, De Brief
scHEN - BAUER, s. v.; DElSSMANN, L. 0.494; 0011 de Hebreen (Komentaar op het Nieuwe
ScHLATTER, Komm. Lk.37 2; KLOSTERMAN.'I, Testament xn [1927]) 139; cfr. già Lucifero
ÀÉyw D 2 (G. Kittel) (IV,105) 294

to») che sta alla base di quello indicato, mo una ripresa sbiadita dell'uso, con-
non è che una variante del significato sueto ai Greci, di À.oyoc; in rapporto al
di calcolo: rapporto da calcolare e cal- pensiero (--+coli. 2n s. ): ragione, rifles-
colato. La Peshitta e soprattutto i Padri sione ragionevole, risultato della rifles-
greci 134 hanno inteso l' espressione nel sione, e quindi anche motivo ragionevo-
senso di un 'render conto', perché que- le ben soppesato 137•
sto significato corrispondeva non solo c) À.Oyoc;, la cosa espressa, ciò di cui
all'uso comune, ma anche al contesto. si parla. Anche nel N. T. si incontra
L' 'avere a che fare con Dio', per l'anti- più volte questo significato, assai comu-
co scrittore cristiano, non è certo un fa- ne nel greco classico ed ellenistico 138•
to insignificante, né una locuzione insi- Act.8,21: ovx E<T'tW o-oL µEptc; ouoÈ xMi-
gnificante di una conclusione retorica, poc; ~v 't@ À.oycp .-ou't<!J, «in questa cosa
ma ricorda inevitabilmente il giudice a (cioè nel 'ltVEiJµcx. chiesto da Simone
cui si deve render conto. Dato che si nel v. r9) tu non hai né parte né sor-
tratta di mettersi a nudo di fronte a co- te» 139; Act. 15 ,6: O'uv1Jxi}110'a.v .. . lòEtv
lui al quale niente rimane nascosto 135, '!tEpt -rou À.6you -rou-rou, «Si raccolsero
non è possibile che il significato di 'ren- ... per esaminare questa cosa» (cioè la
der conto', ine1'ente al vocabolo À.oyoc; questione sollevata nel v. 5) 140•
e noto all'autore della Lette1'a (cfr. 13, d) Questo significato originato dal-
17), non assuma qui un valore determi- l'uso greco viene a collegarsi con uno
nante 136• semitico, poggiante sull'ebraico diibiir,
b) Act.10,29: -rlv~ À.6y<!J; «per qua· come in Mt.5,32, Lc.4,36. 'tlç ò À.oyoc;
le motivo?». Act.18,14: xcx.-rà À.oyov, ou'toç... ; di Lc.4,36 non si traduce be-
«a ragione». In ambedue i casi abbia· ne con «che parola - che discorso - è

di Cagliari (t 370): ad quem nobis ratio est


137 La documentazione in PAPE, PAssow, LID·
(secondo RtGGENBACH, Hbr.'·' n7, n. 8); cosl
DELL-ScoTT, s.v.; ad es. AnscH., Choeph.5l5:
Calvino, Comm., ad l.: cum quo nobis est ratio
ÈX 't"lvoç Myov; ~ col. 2u.
(111 contrario della Vulg.: ad quem 11obis ser·
133 Ad es. Hdt. 1,95: -còv f.Ov-ca Mym1 M-
mo). Documentazione sull' uso linguistico in
WETTSTBIN n 399; F. BLEEK, Der Brief an die yov, «presentare In cosa come è»; Demosth.,
Hcbr. II, l (1936) 591; RIGGENBACH, Hbr.'·' or.18,44: E't"Epoç )..6yoç oihoç, «questa è un'al·
117, n. 8; Exp. 6'b Set. vol. VIII (1903) 437; tra cosa»; PLUT., Them. I I (r u7 e): ò:.vi\yEv
8" Ser. voi. X ( l9Il) 286 s. Del tutto sbiadito au't"ÒV È7tl -còv Myov, «lo guadagnò alla cau·
è invece WINDISCH, Hbr.', adl.: «di cui par- sa» ~ col. 222.
liamo», Hbr.': «dobbiamo parlare». 139 't"OU'"C<p indica che non ci si riferisce al v.
4 (1:Òv Myov), né al v. x4 ('t'Òv Mrov -.ov
m Chrys, hom. in Hebr.7,1, ad l. (MPG 63 p. i}EOu).
62): au-c[il µÉÀÀoµEV lìouwu EUihlVct<; 'thl\I
140 Nonostante il parere di PREUSCHEN-BAUER,
"ltrnpctyµÉvwv (cosl anche il testo studiato da
il testo di Mc.9,10 non entra in discussione
E.PREUSCHEN: Altkirchliche a11ti111arcio11itische
qui, <tÒv Myov Èxpa-cTJcrctv non si riferisce
Schrift rmter dcm Namen Ephriims: ZNW 12
al 'fatto' della trasfigurazione di Gesù, ma, se·
(19n) 260: Myov ctù-c[il 1holìilì6vai.
condo il v. lOb, alla 'parola' sulla risurrezione,
135 Del tutto simile Ign., Mg.3,2: 'tÒ oÈ. '"COLOV· eletta nel v. 9. Cfr. KLOSTERMANN, Mc., ad l. In
-cov où "ltpò<; <rapxct ò Myoc;, à).M. ,,;pòc; ile6v, quanto all'espressione, addotta da PREUSCHEN·
-còv -.cì. xpùqnct elo6-ca. BAUER, Myov gXELV 1tp6ç 't"LVrJ. (Act.r9,38), ~
J36 Cosl anche ad l.: J. C. K. v. HOFMANN, Die col. 291 In si d eve valutare diversamente da
Hl.Schrift N.Ts. v (1873); ScHLATTER, Erl.; Act.8,21; 15,6, dato che manca ogni riferimen·
G. HoLLMANN, in Schrifte11 N.T. to al discorso precedente.
295 (rv,105) ì..Éyw D 3 (G. Kittel)

questo?» 141 • Il seguito della frase: c>-.t cio del messaggio, è, c1oe, parola par-
~\I el;ouo-l!l- XCl.L ouvaµEt Èm't'MO'Et -.oi:c; lata: è avvio, quindi, che si tratti assai
axa17<Zp-.otc; itvEvµaO"tv xat É!;épxov-.at,
<~C?D._ potere. e forza comanda agli spi- spesso del suo )._ÉyEtV, dei suoi Myot,
rltl 1mmond1, ed essi escono» indica dei suoi pi}µa'trJ;. Sembra che Myoç e
che non si tratta semplicemen~e della pf)µcx. siano usati l'uno accanto all'altro }
parola di Gesù, ma anche di ciò che es-
sa ottiene. Inoltre l'espressione ha il suo senza differenza 144•
esatto corrispondente nell'A.T., 2 Bacr.
I A: xat El1tE\I aù't<{> Aaul8· 'tlc; ò Myoc;
Si fa talvolta riferimento ad una siri-
ov:oc; (T.M.: meh-haia haddabar), dove ~ol~ parola .di Gesù; ad es. Mc.ro,22:
evidentemente si vuol dire: «di che co- il giovane ricco non si mostra contento
sa si tratta?». 't'Q À.6y41 (sulla richiesta di vendere
È'ItL
In Mt.5,32 Gesù rifiuta il divorzio tutto); 14,72: Pietro riflette al Pi)µa
11:apEX't'Òc; À.6you 1topvElac;; l'espressio- wc; E!nEv... 'l'l")a'OVc;, alla parola detta da
ne cettamente non significa «se non nel Gesù a proposito del gallo. Talvolta si
caso di una parola impudica», ma corri- parla di un gruppo di parole di Gesù
sponde a una formula dell' A.T. molto di una determinata sezione della su~
discussa dai rabbini; Deut.241 1: k1 miisii' p_;edicazione; Mt.26,r: ntinec; ol Myot
biih 'erwat diibiir (LXX: O'tt r::ÙpE\I Èv à.ù- ou-cot, «tutte queste parole» (cioè il di-
't'TI rurxnµov itpa:yµa), «poiché egli ha scorso precedente) son finite; cosl Lc.7,
trovato in lei qualcosa di indecente» 142• r: 'lttiv·w. 'tà pi}µa't'Ct. aÙ'tou. II plura-
Intorno alla determinazione di questo le indica talvolta tutte le 'parole' di Ge-
'erwat diibiir, si è avuta una famosa di- sì1, l'intero suo messaggio; Mt. 24,35
scussione in cui tutte le possibilità sono par.: ot Sè À.oyot µou où µ1) itapéMw-
state soppesate. Il discorso del monte - a-w, «le mie parole non passeranno»·
interpretando la formula in parola - cir- Mc.8,38: oc; yàp M.v Èmx.to-xuvi}u µ~
coscrive la causa del divorzio al )..6yoc; xaL 'tovc; ȵovc; À.6youc;, «se uno si ver-
'ltopvElac;: «qualcosa di impudico» 143 • gogna di me e delle mie parole»; Io. r 5,
7: Èocv ... 't'à p1)µa't6:. µou Èv ùµiv ~l­
3. Le singole parole di Gesù VTJ, «se le mie parole rimarranno in
voi». Infine, si può anche trovare un
a) La citazione delle singole parole. singolare collettivo per indicare la 'pa-
L'opera di Gesù è in gran parte annun- rola', cioè tutto il messaggio di Gesù;

141 ZAHN, KLOSTERMAN, HAUCK, ad l. youc; -.01houc;, v. 45 [ 2 volte] : -.ò Pfiµa 'tOU·
142 Cfr. STRAcK-BILLERBECIC 1 313 ss.; KITTEL, 'tO - ambeclue riferiti alla stessa frase di Gesù
Probleme 100. v. 44b). Ancora: Mt.26,75; Mc. 14,72 (friJµa~
143 -.oc;); par. Lc.22,61 (Myou). Una certa diffe-
Cfr. S. Deut. 26, a 3,23 (p. 36, K!TTEL):
renza di tono si può forse ravvisare in Lc.20:
«Sembra che a suo riguardo fosse accertato
v. 2?: tv'.7- Èmì..6.~wv-.at aù'tou Myou, «per
qualcosa attinente all'adulterio (dbr nj'wp =
coglierlo m parola» (detto in riferimento al-
Myoi; µoLXEla.c;)»; T. Shebu.3,6: «qualcosa ri-
l'insieme del contenuto); V. 26: OU)(. rO'JCUO'G:V
guardante la trasgressione (dbr 'birh = Myoç
ÈnL)..a~Écr&aL aU'tOV frilµa-.oç, «non riuscirono
7tapa~auewç)»; cfr. ScHLA'l"rER, Komm. Mt.,
a coglierlo in fallo in nessuna parola». Ma for-
ad l. Nel modo di dire si osserva un capovolgi- se nelle due frasi si è voluto vedere qualcosa
mento dello stato costrutto come nei testi del
di troppo. Quanto a prjµa in Paolo, cfr. HAUPT,
N.T. Gefbr. (Eph.) 213.240; per il rapporto origi·
144 Cfr., ad es., Lc.9,44s. (v. 44a: -.oùc; ì..6- nario fr~ Myo~ e prjµa, ~ coli. 226 s.
297 (1v,105) ì.Jyw b 3 (G. Kittel) (1v,106) 298

Lc.ro,39: Maria, seduta ai piedi di Ge- lista esamina e vaglia la tradizione, cer-
sù, ascolta 'tÒ\I Myov <J.Ù't'OV. ca di raggiungere le fonti e le narrazio-
La citazione delle singole parole di ni dei testi oculari (Lc.r,1-4), mostran-
Gesù è fatta con formulazioni diverse: do così il suo interesse al processo sto-
rico delle parole dette da Gesù. Ma né
't'Ò pijµrx '11)CTOV (Mt.26,75); 't'Ò pf'j-
µ<J. wc; Etne.\I ... ò 'Iricrouc; (Mc.r4,72); l'evangelista né la comunità si preoccu-
't'Ò pTjµa 't'OU xuplou (Act.rr,r6); ò M- pa eccessivamente, se le esatte parole
yoc; o\I d1tEV (10.r8,9); b Myoc; où-.oc; delle beatitudini o dell'ultima cena non
ov ElnEv (lo.7 ,36); ò Àbyoc; "tOV 'Iricrou
8v Et1tEV (Io.r8,32); 6 À.6yoc; "tOU xu- si possono più costruire ad litteram.
plou wc; EtnEV {Lc.22,6r); Myoc; xupl- L'autorità su cui i primi cristiani sono
ou 145 (ITheSS-4,IJ); oi. À.O"(OL 't'OU xu- pronti a vivere e a morire, non è quel-
plou 'll)<roD O't't. au't'Òç El1m1 (Act. 20,
la delle singole lettere ispirate, e nep·
35); È1tL't'a-"f'IÌ xuplou (I Cor.7,25; 7,ro.
12: con 1tapa:yyf>..Àw e Myw ). pure quella di qualche singola frase -
miticamente o dogmaticamente determi-
La molteplicità delle formule mostra
nata - di un 'Cristo' soprannaturale e
che nessuna di esse aveva assunto il ca-
docetico: la comunità vive della parola
rattere stereotipo della più tardiva À.É"(EL
autentica di Gesù, ascoltata e narrata
òxupt.oc;(2Clem.5,2; 6,r; 8,5).Ciòd'al-
dagli uomini. Non a caso, sia sulle lab-
tronde non esclude che già in Paolo la
bra di Gesù che nella narrazione, par-
parola del Signore abbia un'autorità del
lando del À.6yoç., si torna espressamen·
tutto speciale (I Cor. 7, ro). La prova
te a dire una cosa del tutto ovvia, che
storica più ampia e più decisa del carat-
cioè Gesù ha pronunciato questa paro-
tere autoritativo della parola di Gesù
la: èìv (oOç.) E.À.aÀ..ri<roc (Lc.24,44; Io.r2,
nel tempo apostolico è fornita dagli
48), ov El1tEV (~col. 297). Questa pa-
stessi vangeli, intenti come sono a ri-
rola espressa, realmente 'detta', e nes-
ferire i detti di Gesù. Essi sono prece-
sun'altra, è per la comunità la parola di
duti dalla testimonianza apostolica, che
Cristo. Questa, fatta carne (<ràp~ ÉyÉ-
si richiama espressamente ai testimoni
VE"t'O ), è stata presa in tutta sedetà; in
oculari, al fatto che l'apostolo è stato
essa si vede già la o6!;a.
presente ai fatti (Act.r,2r s.). È già de-
gno di nota che si siano lasciate, con b) La potenza delta parola di Gesù.
piena ed ass~luta semplicità, le une ac- La tradizione evangelica ha stabilito in
canto alle altre diverse espressioni del- qual modo le parole di Gesù di Naza-
la stessa parola del Signore, quali ricor- ret erano accolte dagli ascoltatori. Gli
revano promiscuamente nei 'sinottici' uni ne sono scontenti (Mc. ro,22), ne
usati dalla chiesa. Certamente l'evange- prendono scandalo (Mt. 15,12), lo con-

HS Non c'è motivo di l'iferire la citazione ad una parola di Gesù risorto.


299 (1v,106) Myw D .3 (G. Kittel) (1v,ro7) 300

siderano indemoniato (Io. ro,20 ). Tale gnarsi di lui (Mc.8,38). E perché sono
giudizio non proviene dalla 'durezza', sue parole, esse non passeranno anche
dal carattere paradossale della sua pa- se dovessero passare cielo e terra (Mc.
rola (crxÀ"(}poç Ècr't"LV ò Myoç oihoç, l},JI).
«questa parola è dura», Io.6,60): è ciò La parola e l'azione di Gesù non si
che essa esige che sembra inaudito e devono intendere come due funzioni se-
blasfemo (Mc. 2 ,7 ). Gli avversari cerca- parate della sua comparsa. Se ne do-
no proprio di coglierlo (È.\I) À.6y4) (Mt. vrà tornare a parlare (--"'col. 305 ); ma
22,15; Mc.12,13; Lc.20,20, cfr. v. 26: fin da ora è chiaro che la parola stessa
p1)µa."toç), perché proprio nel Myo<; è attiva, è cioè elemento fondamentale
appare ciò ch'egli pretende, e quindi il al pari dell'azione. La preghiera che, ri-
pericolo che rappresenta. Lo stesso si ferendosi a un'azione salvifica, si espri-
deve dire quando, d'altro canto, qual- me con un semplice «dillo con una pa-
cuno 'si stupisce' della sua parola 146; rola» (EL"ltÈ Àoy4), Mt.8,8; Lc1,7), non
questo stupore non nasce da un'impres- vuol dire altro che questo; cosl pure
sione esterna 147 , e neppure dall'effetto È.1ti 8È 't'<{j {n)µct'tL CTOU xa.ÀMW 't<Ì. OtX-
psicologico prodotto da una particola- 't"Va., Vulg.: in verbo tuo laxabo rete (Le.
re profondità etica o religiosa, ma è 5 ,5 ); né altro significa la notizia che
l'emozione cagionata dall'autorità (-7 egli cacciava gli spiriti ÀhY<i> (Mt.8,r6);
è.!;,ouO"l~, Mt1,28; Lc.4,32) che si an- lo stesso, infine, si deve dire delle in-
nuncia nella parola. La parola di Gesù numerevoli narrazioni di miracoli, nel-
è infatti «diversa da quella degli scri- le quali è la parola che mette in opera
bi», testimonia la è.l;oucrla. non del rab- la sua potenza sanatrice (Mc. 2,10 ss.),
bi, ma del Figlio. Parola e azione di lui che fa tisorgere (Lc.7,14 s.), che domi-
pongono lo stesso imperativo della fe- na demoni (Mc. r, 25 s.) ed elementi
de nell'inviato di Dio; anche secondo (Mc-4,39 ). La parola di Gesù e la sua
la tradizione sinottica l'essenza della pa- autorità non si muovono ad un livello
rola è questa (Mt.8,9s.; Lc.5,5). Sulla 'soltanto' spirituale, al di là dell'elemen-
base della posizione assunta nei con- to corporeo e naturale; ma accampano
fronti della parola del Cristo - cioè nei il loro diritto di sovranità su quella irri-
confronti di lui - si decide il destino dotta unità di spirito e corpo, che ca-
dell'uomo. Poiché essa è la sua parola, ratterizza la creazione quale è descritta
vergognarsene è lo stesso che vergo- dalla Bibbia.

14<; ~ i}aµ~Éw iv, coll. 153 ss.; ftavµaJ;w 1v, role amorevoli» (Le. 4, 22); cfr. ZAHN, ad l.;
coll. 239 ss.; Èx1tÀTJO"O"oµaL. SCHLATTl!R, HAUCH ad l. però traducono «pa-
147 Forse come per i ÀoyoL ·djç xapvtoç «pa- role di grazia».
3or (lV,107) À.Éyw D .3 (G. Kittel) (IV,108) 302

Quanto la tradizione sia dominata in Gesù a motivo della sua parola ( &à.
dal ricordo che una determinata effi- 't"ÒV Myov cx.Ù'tou, 4,41; cfr. 4,50 ss.);
cace ~~ouc;lcx. ineriva alle precise parole
dette da Gesù in particolari circostanze questa parola la si accetta o non la si
si deduce anche dal fatto che alcune accetta (À.aµ~&.vs.w 12,48); si può cu-
sono rimaste nell'originale aramaico: stodire o non custodire ("t"'l'}pEi:'\I 8,51;
"t"<XÀd}à. xouµ., «fanciulla, sorgi» (Mc.
5, 4r); É<pq><x.iM, «apriti» (Mc. 7, 34), 14,24; 15,20; Apoc.3,8); in essa si ri-
ecc. Questa maniera di fissare la parola mane (Io.8 ,3r; cfr. 15 17) ed essa entra
del Signore potrebbe far pensare che nell'uomo (xwpEL ÉV uµi:v, 8,37). Chi ri-
tali espressioni fossero divenute formu-
fiuta la parola di Gesù si espone al giu-
le magiche; ma in realtà non fu così,
come è dimostrato con sicurezza da tut- dizio di Dio ( r 2 '4 7 s.); chi invece l' ac-
ti gli studi sul primo cristianesimo. Si coglie con fede e la custodisce è xa.1'a-
citavano le parole del Signore per dare p6c;... otèl "t"ÒV Myov 0\1 MÀ&.À:l}XOC v-
autorità incondizionata all'imperativo
che esse ponevano (r Cor.7,ro); si com- µi:'\I, «puro, a motivo della parola che
pivano i miracoli 'nel nome di Gesù vi ho detto» (15,3). Chi accoglie la pa-
Cristo' (Act.3,6), ma non si pensò mai rola ~XEL SWlJV tX.tc!.>VtOV xat Elç xplo-w
che la citazione delle sue parole pro·
ducesse magicamente il miracolo. Per oùx EPXE"t"rtt, «ha la vita eterna e non
quanto se ne potesse presentare l'occa- cade nel giudizio» (5 ,24), où µ1) YEVO"l)·
sione nei casi in cui una parola appariva 't'ctt 1'cx:va't'ou dc; "t"Òv cdwva., «non gu-
tanto importante da doverne conservare
il suono originale, tuttavia la cristianità sterà la morte in eterno» (8,51 s.).
primitiva seppe distinguere con sicuro Sullo sfondo di questo valore della
intuito le narrazioni riguardanti l'autori- parola di Gesù - sia in Giovanni che
tà (É~oucrla) di Gesù e le opere che an-
nella tradizione sinottica - sta unica-
che dopo di lui si continuano a compie-
re nel suo nome, dalle superstiziose cre- mente il fatto che Cristo è Figlio del
denze in parole e formule magiche. Padre. 6 Myoc; ov <ixouE't'E oùx Ecr'\'tV
Questa tradizione già ben determina- È1-tòc; <X}.).,fJ. "t"OU '1tȵljJav't6c; µE 'lt<X.'\'péc;,
ta nei sinottici è assunta poi da Giovan- «la parola che ascoltate non è mia, ma
ni ed espressa in numerose frasi pro- del Padre che m' ha inviato» (14, 24;
grammatiche 148• Anche per Giovanni cfr. q,rn; 17,8). Essendo del Figlio,
l'alternativa tra la fede e il suo rifiuto le parole di Gesù sono p1}µa..a. swtjc;
si basa sia sull' opera di Gesù ( l r A 5 alwvlou, «parole di vita eterna» (6,68),
ss.) sia sulla sua parola (6,6oss.; ro, sono 'ltVEllµcx. XCtL SWlJ, «spirito e vita}>
19 ss.: crxloµcx. ÈyÉve:to... otoc 'toùc; }.6. (6,63). Così si giustifica anche l'equi-
youc; 'tOU't'ouc;, «nacque una divisione ... paraz~one della parola di Gesù con la
a motivo di queste parole»). Si crede Scrittura: ~'ltlcr't"Eucrcx.v 't"TI ypwpi\ xat

148 Giovanni gencrslmente usa solo il singola- solo in Io.ro,I9; I41 24, e nelle varianti a 7,40
re Àoyoi;, spesso in senso collettivo; al plura- e r9,r3); -> :r} a.
le usa quasi esclusivamente 'TÙ. P'iJµcx.i:a (Myo1
303 (IV,108) Myw D 3 (G. Kittel)

't@ À.by~ ov El'!tE'Vo 'hJO'Oi:lc;, «credet- discorso in parabole: ùpXv 'tO µVIJ''ti)-
tero alla Scrittura e alla parola detta p10\I OÉOO't(U Tfjç aacrtÀElaç 'tOU ì}Eoi:l,
da Gesù» (2,22; 5,47). «a voi è stato dato il mistero del regno
In pari tempo, il rapporto degli uo- di Dio» (Mc.4,II par.) 149• Lo stesso di-
mini con la parola di Gesù è inserito ce Luca: xat i)v 'tÒ pfjµa. 't'OV'tO XE-
in quel gioco di attivo e passivo che xpvµµ.É\IO\I à:it' aÙTWV, ~<questa parola
è essenziale agli enunciati del cristia- rimaneva loro nascosta» (Lc.r8,J4); ot
nesimo primitivo. Gli uomini afferra- &È i}yvoov'V -.ò pfjµa Tou-co, xaì. l}v 'lta-
no la parola e insieme ne sono assi- paxExaÀvµµÉ'Vov a7t' aÙ"CWV t\la µ:ij
duamente afferrati; esserne afferrati è IX.~O"i}WV't'IX.t au-co,
«ora essi non capiva-
lo stesso che afferrarla. Giovanni espri- no questa parola, e rimaneva loro na-
me questa alternanza col verbo ouwur- scosta, cosl che non l'afferravano» (Le.
i>aL e soprattutto col passivo di 'dare'; 9,45).
OLà 'tOU't"O E~PlJXIX. ùµ~'V O"'C'L oÙOEÌ.c; ou-
c) Il richiamo alla parola di Gesù al
va."'C'at H.iM'V ?tp6c; µE Èà.'V µ7) ii OEOo-
di fuori dei vangeli.
µivov aÙT~ Éx 'toi:l ?ta.'tpoc;, «per que-
sto vi ho detto che nessuno può veni- Può forse sembrar sorprendente che,
re a me, se non gli è dato dal Padre» al di fuori dei vangeli, la parola di Ge-
( 6 ,65 ); où OVV(1.(fik cbcOUEL'V 'tÒ'V À.éyo'V sù non abbia quel ruolo che ci si aspet-
TÒ'V ȵ6v, «non siete in grado di ascol- terebbe. Ma il suo uso non si limita al-
tare la mia parola» ( 8.4 3 ). Anche la lo scarso numero di citazioni esplicite;
seconda citazione è pertinente, dato che la cristianità primitiva, infatti, si richia-
con ov OU\1(1.(fi}E non viene eliminata la mava di continuo e con ovvia libertà
responsabilità e la colpa. alla parola pronunciata dal Signore, sia
La stessa concezione si trova anche con varie formule di citazione (~ col.
nei sinottici; vi si 1·iferisce infatti la 297), sia anche con richiami liberi spo-
frase di Gesù: ov 'ltci'VTE<; xwpov<rw 'tÒV gli d'ogni rilievo. Di tali richiami si han-
À.éyov Toi:l-.ov, &,)..),,' otc; oÉoo-.at, Vulg;: no innumerevoli esempi sia in Paolo -
non omnes capiunt verbum istud, sed per es., quando parla della fede che spo-
quibus datum est (Mt.19,rr}, cui corri· sta le montagne, rCor.13,2 150 - sia nel-
sponde l' affermazione sullo scopo del la Lettera di Giacomo 151 , sia nella Dida-

149 Mt. 13,rr (a differenza di Mc.) prosegue: Lehrbuch der 111.lichen Theologie u 1 ( 19II)
EXEl\Jo~ç 8~ où 8Éoo-trn. Ma anche in Mc.4,II 232s.
si comprende chiaramente che l'opinione sugli 1s1 Cfr. HAucK, Jk.13 n. 46; ZAHN, Einl. 1 87.
ÉxEi:vo~ · è la stessa che in Mt. (__.,, ì:va;), DIBl!LIUS, Jk. 27, sottovaluta la connessione
JS(J =Mc.u,23; Mt.17,20; 21,21. Per altri nu· reale a vantaggio di analogie formali.
merosi esempi in Paolo, cfr. H. J. HoLTZMANN,
305 (1v,109) Myw D 3 (G. Kittel)

ché 152• Non è dunque esatto affermare sempre essere considerate insieme alle
che la letteratura apostolica faccia scar- sue opere (epya.); secondariamente che,
so uso della parola di Gesù e che - spe- come tutta la vita e l'opera di Gesù, ~n­
cialmente Paolo - mostri per essa scar- che le sue parole sono viste nella luce
sa considerazione. Questa possibilità - della croce e della risurrezione; in t.erzo
anche a prescindere da ogni altro punto luogo, che, alla pari ancora dell'intera
di. vista - si deve escludere per il solo opera di Gesù, sono sintonizzate con
moltiplicarsi degli scritti evangelici con l'attività del Cristo celeste, asceso al cie-
]'interesse di cui sono testimoni (Le. lo, e del suo rcvevµa..
1,1-4). Si deve anche ricordare che la
Questi punti· di vista, il terzo so-
nostra conoscenza della predicazione a-
prattutto, vanno tenuti presenti a .pto-
postolica è limitata a settori e a parti posito della maggior parte dei passi -
determinate; sarebbe illegittimo, o co- in realtà non numerosi 153 - in cui la
munque possibile solo con grande cau- letteratura cristiana primitiva parla del·
la parola di Cristo, almeno là dove non
tela, ad es., dalle sole lettere alle co- si tratta di citazioni dirette (~ coll.
munità trarre conclusioni sulla predica- 304 s.). Solo I Tim.6,3 forse (ùyuxlvov-
~done missionaria o sul catecumenato. -.Ec; Myot -.ou xuplou 'l)µwv 'h1crou Xpt-
u..ou, «le salutari parole del Signore
A ciò si aggiunge un fatto della mas- nostro Gesù Cristo»), intende riferirsi
sima importanza e carico di conseguen- alle parole di Gesù conservate dalla tra-
ze: nel tempo apostolico non esiste una dizione e costituenti una base della OL-
Ò®xa.À.la.. Hebr. r, 3 : ( b utoc;) q>Épwv
'parola' di Gesù autonoma che si possa "à rtocv-rcx. "ii> pfiµa-.t "t'fjc; ouv&:µi::wc;
staccare dal complesso delle azioni cri- mhou, «il Figlio che regge tutte le co-
stologiche e considerare come a sé stan- se con la parola della sua potenza», non
parla che della parola creatrice di Cri-
te (~ col. 300). Su questo fatto ci si sto. Rom.10,17: ii 1tt'.cr..tc; ~~ &.xofjc;, 1i
può fondare per giudicare quanto sia oÈ à.xoi] && p1)1J.a-toc; Xpw·-.ou, «la fe-
intrinsecamente inverosimile la teoria de viene dall'ascolto, e l'ascolto si ha
di una cosiddetta 'fonte dei detti' o 'dei mediante la parola di Cristo», certa-
mente si riferisce anche ai pi)µwi:a di
discorsi' del Signore, con tutte le con- Gesù che sono stati trasmessi, ma so-
clusioni, reali o supposte, che ne era- prattutto - come è indicato dal geniti-
no state tratte. Le parole di Gesù non vo Xptcri:ou - alla parola del Signore
presente ed operante nell' àxo1). ·Infine
sono che un aspetto di un insieme; ciò in Col.3,16: o Myoc; "t'OV Xptcr-tov Évoi-
significa in primo luogo che devono XEl"t°W E\I ùµi:v 1tÀ.oucrlwc;, Vulg.: verbum

m Soprattutto r,r ss. Hbr.1 •1 I46 ad I. Quindi il tentativo di A. SEe-


BERG, Der Katachismus der Urchristenheit
J53 In Hebr.6,r: &.<p~v'!e:ç 't'Òv ·tijç &.pxf\ç 't'OU (1903) ;1.48 s., di scoprire «un catechismo... la
XpLCT'!OU J.6yov, il genitivo 't'OU Xptcr-tou po- cui parte essenziale si rifac;da a Cristo stessm>1
trebbe essete oggettivo. Cfr. RrGGeN.ijACH, è pura fantasia.
ÀÉyw D 4 (G. Kittel) (IV,rro) 308

Christi habitet in vobis abundanter, l'ac- detto), dpT)µÉ.vov, pT)itev. Le forme pas-
cento potrebbe esser posto su quest'ul- sive, per lo più senza soggetto determi-
timo tratto, anche se non è escluso l'al-
tro. nato, lasciano questo in sospeso. Dalla
forma perfetta ebraica 'amar/ 'omer
La più importante conseguenza di
(disse, dice) proviene in greco o l'aori-
questo fatto è stato un allargamento del
sto élm:v, o il presente ÀÉyeL 158 che in
concetto di À.éyoç nel messaggio cri-
.certi casi si trova incluso in una narra-
stiano primitivo, che, sia come Myoc;
zione tutta al passato 159• L'uso dell'uno
-i-ov iteov e Myoc; -.ou xvplou, sia come
o dell'altro non comporta una differenza
À.6yoc; semplicemente, diviene caratteri-
vera e propria 160• Per quanto le due
stico nella terminologia cristiana primi-
forme si siano cristallizzate, tuttavia la
tiva.
loro intercambiabilità sta a indicare che
4. La 'parola' veterotestamentaria queste citazioni sono normalmente e
nel Nuovo T es/amento narrazione di un avvenimento passato,
a) Il N. T. cita l'Antico o 154 come e affermazione di qualcosa che vive e
'Scrittura' m o come 'parola' 156• Trattia- opera direttamente nel presente.
mo qui delle formule usate nel secon- Una semplice rassegna basterà a mo-
do caso: esse sono quanto mai varie strare la molteplicità dei soggetti.
tanto nell'uso delle forme verbali, quan-
to nell'indicazione del soggetto che par- Soggetto umano. Mosè 161 : Mt.22,24;
Mc. 7,10; Act. 3,22; Rom. rn,19. Da-
la. Tale varietà proviene dall'adozione vid162: Act.2,25.34; Rom.4,6; n,9: Mt.
delle formule usate dagli scribi giudei. 22>43, par. Mc. 12,36 (Èv [ .._0] itVEU-
157
Come tra i rabbini , troviamo for- µa-i-L [-rQ ayl~] ); LC.20,42: Év ~l~À.!{,l
lj!aÀ.µwv. Il profeta 163 : Act.7,48. Isai-
me verbali sia attive che passive: À.É· a 164 : Io.1,23; r2,38 s.; Rom.9,27 (xpa-
YE~, cpTJUlv, Etm:v, ÀÉywv, EppÉitT} (fu ~EL). 29 (1tpOELp7JXEv); I0,16.20 s.; 15,

m Ovviamente si trovano anche forme miste; (xait&.nEp) ÀÉya IlÀa't'WV, Epict., diss. r,28,
ad es. Act.I5,15: ol MyoL '\WV 1tPOQlTJ'\WV, ;w.- 4; 3,24,99; 4,I,4r.73.
l}wç yÉypa.1t-CtXL, 159 Cfr. Io.19,36 s.
155 Cfr. yÉypCL1t'\et.L e yeypa.µµÉvov, ~ II, coll. 160 Per questo scambio, del tutto arbitrario, so·
616 ss.; ypa.qi'fi -7 II, coli. 627 ss.; b..va:yww- no indicativi i passi di Hebr.r,5 ss (v. 5: ELnEV,
uxw -+ I, coll. 9.z9 ss.; !3lf3ì.oç, {3L{3Àlov ~ u, v. 6: ÀÉ)'EL, v. 7: À.ÉyEL, v. r3: etpTJXf.V); Gal.
coli. 26r ss. 3,16: ÉppÉilTjua.v ... ÀÉ')'EL; Act.13,34 s.: EtP7J-
15/i Oltre ai vocaboli di cui si tratta qui, cfr. XEV ... À.É"(EL.
'ì!pOEUU)')'EÀ.l~O(ll'J.L ~ III, col. uo6; xpasW 161 Lev. r. r3,5 a
II,l (p. 19 b, Wilna): mosh
~ m, coli. 963 ss.; 970, n. r5 (Rom.9,27). 'mr; cfr. BACHER, (-7 n. 157) II 9. Per Hebr.
157 Soprattutto 'mr, 'omér, ne'emar. Cfr. BA· 9,20 -7 n. 177.
CHER, Term. r ;; s.; n 9 ss. 94; S'l'RACK-BILLER· 162 Pea.j.r6 b 60: wkn dwd hw' 'wmr.
BECK I 74 S.j II Ij III 314.365 S. 163 Tanh. Jmwt 7 e tswh rn (BUBER): 'mr hnb;.
153 O. MrcHEL, Paulus und seinc Bibel (1929) IM Ta11h. jtrw 13, verso la fine (BUBER): 'mr
701 rimantl:1 anche a paralleli greci, come w<; if'ib.
309 (Iv,no) Myw D 4 (G. Kittel) (IV,IXI) 310

12; Mt. 13 ,14 (1) 1tpoqi1}"'C'Elu. 'Hcrcx.tou 1i elp11µÉvov: Rom. 4, 18; Le. 2,24 (Év -.Q
À.Éyoucr<X-); 15 ,7 ( È'rtpoq>i}"'C'EVO"E'V ..• 'Hcrcx.t- voµ~ xuplou) Act.2,16 (8t& "'C'OV 1tpocpl]-
ac; Mrwv). Qualcuno: Hebr.2,6 (ote- "'C'OV 'Iw1)Ìv); 1:"3'40 (Év 't'Oi:ç 'ltPOq>TJ't'<X.L<;).
µapi:up<X-'t'O OÉ 1t0V ·rn; 165 À.É'YW\I ). Un ò p11i}ei'.ç: Mt. 3 ,3 ( OLà. 'Ho-cx.tov "t'OU 7tpO-
riferimento indiretto ad un soggetto u- qi1}"t'oU À.Éyov-.oç). "t'Ò pT)i}Év: Mt. 2,23
mano (ad es. con ot<i) si ha ripetuta- (&ci. "'C'WV 1tpO<pTJ't'WV); 13,35; 21,4 (&t!t.
mente anche nei passi che verranno ci- -çov 7tpoqrf}"t'ou Myov-toç); Mt.2,17; 27,
tati in seguito. 9 (otcì. 'lEpEµlou "t'ov 1tpoqi1}-.ou À.Éyov-
Soggetto sovrumano. Il Cristo (pre- i:oç) 174 ; Mt. 4 ,14; 8,17; 12,17 (otà. 'H-
esistente) 166 : Hebr. 2, 12 s. (À.Éywv ). cra.tou -.ou 'ltpocp'l)-.ov ÀÉyov't'oç); Mt.24,
10,5.8.9 (À.ÉyEt, Mywv; E.tpl)xc.v). 1i ~ 15 ( otù. Acx.vt'l'JÀ. -.ov 1tpoqi1}'t'ou ).
crocplo, 't'OU itEOU: Le. I I .49. ò xi:>11µcx.·n- Dio come soggetto. In parte, il pas-
crµ6c; (oracolo): Rom.II,4; 6 voµoç 167 : saggio dal gruppo precedente a questo
r Cor.14a4. 't'Ò TIVEuµcx. 't'Ò éX:ytov (~ è naturalmente oscillante, dato che non
n. 175): Hebr.3,7; Act.28,25 (H.aÌv'r]- sempre i>eòç e!'ltE\I è detto esplicitamen-
crc.v otà 'Hcrcx.tou -.ou 1tpoqd1-.ou ... ÌvÉ- te; 1le6ç conie soggetto si ricava gene-
rwv '611). 'i} ypcx.q>1i 169 : Io.7,3842; 19, ralmente dal contesto, soprattutto nella
37 (È't'Épo. ypwpi}) 170 ; Rom.4,3; 10,n; Lettera agli Ebrei. Mt. 1,22; 2,15 ("'C'Ò
Gal.4,30; rTim.5,18; Iac.2,23; 4,5 s.; p11i>~v ù-rtò xuplou [ 22, 31: i>eou] otcì.
Rom.9,17 ("'t'@<llo,pcx.w); 11,2 (lv 'HÌvlq.). "'C'OU 1tpOq>i}"'C'OU ÀÉ'YO'V't'O<;); 15.4 ( Ò llEÒ<;
Soggetto indeterminato. À.ÉyEt con El-rtev ); Mc.12,26 (Év "'C'ij {3l{3Ìv~ Mwuo-É-
un soggètto indeterminato 171 : Rom.15, wç ... TCwç Er'lti::v a.ù"'C'é;> ò i>eòç Mywv );
10; 2 Cor.6,2; Eph.4,8; 5,14; Rom.9, Le. 1,70 (xcx:llwç ÈÀ&.l11crEv 8tcì. a-.6µcx-
15 (-.<;> MwvcrEi:); 9,25 (Èv 't'c°i> 'fi<rrié); "t'Oç "t'W\I à.ylwv a'lt' cdwvoç -rtpoqit}"'C'WV
Gal.3,16 (in alternanza col passivo, cfr. mhou); Act. 3,25 (À.Éywv 'ltpòç 'ABpcx-
sotto). qiricrlv con soggetto indetermi- 6.µ); 4,25 (o -çoG 7ta.-.pòç 1]µ.wv otà.
nato: r Cor.6,16; Hebr.8,5. ÈppÉi}1} 172 : 1t\1Euµa-.oç à.-ylov 1n6µa-.oç Acx.uto 1ttx.t-
Mt. 5,27.3I.38.43; Mt. 5,2r.33 (-.oi:ç 86ç (J'OU e1.m~v ); 7.3 (EL1tEV 7tpÒ<; cxù-
cipxa.iotç)173; Rom.9,12 (au"'C'U); Gal. 3, "'C'OV); 7,6 (ÈÌvaÀ:YJcrEv oÈ oihwç o1le6ç);
16 ("'C'~ OÈ 'ABpcx.ൠÈppÉi}'Y]rJ'a.\I a.t È'lta.y- 7,7 (Ò i)eòç El1tEV); 7,31 (È-yÉ\IE"'C'O q>WVTJ
'YEÀ.Lcx.L, cfr. sopra). ELPi'J"'C'CX.t: Lc.4,12. -.ò xuplov); 7,33 (Efoev oÈ cx.ù"'C'Q ò xuptoç);

165 Formula introduttoria parallela in Filone Scrittura dice»; si trova anche: haqqiidoJ bii-
(-7 n. 178). L'autore della lettera non cita mai nlk hli' 'omér, «Il Santo - sia benedetto - di-
per nome un soggetto umano d'un passo scrit- ce» (Shab.b. r52 b). Cfr. STRACK-BILLERBl!CK
turistico. III 3r4.365 s.
3
166 Cfr. RIGGENBACH, Hebr.'· 51 s. 299. 172 Cfr. Jn'mr, la formula a cui i rabbini ricor-

1~7 M. Ex. a z3,7; S. N111n.II5 a 15,38: 'mrh rono più spesso per le citazioni bibliche. BA-
twrh. CHRR, Term . I 6; II ro.
168 Pcs. r. 6 p. 23 a: zh hw' S'mrh rwlJ hqdi l73 Già i paralleli Rom.9,r2 e Gal.3,16 e anche
'l ;d;... («questo è ciò che lo Spirito Santo ha l'uso comune mostrano che è impossibile con-
detto per mezzo di...»). Altri esempi in STRACK- siderare "C'OL<; tipx;a.lo~<; come un ablativo ( =
BILLERBRCK I 74 S. Ò7tb "C'W\I tipx;oclwv ). Cfr. anche ZAHN, Mt.'
16~ M. Ex. a 12,29: hktwb 'wmr. 223 s., n. 90.
170 M.Ex. a 14,3; Tanh. ns 18 (BUBEll): wktwb 174 Pes. r. 28 (p. 134 b): zw b;' Jn'mrh 'l idi
'hr 'wmr. irmih hnbj, «questo è quanto era stato detto
111 Cfr. il rabbinico 'omer, o hi'l 'omer, per lo per mezw del profeta Geremia» (STRACK-BIL-
più da completare in: hakkiitdb 'omer, «la Ll!Rill!CK II I).
311 {1v,x11) Myw D 4 (G. Kittel) (IV,l l2) 3l2

Iac. 2, II (ò yap El7ti;N ... d7tEV xa.l); tazioni egli è per lo più scambiato libe-
Hebr. I,5.6.7.I3 (EfaEv, ÀÉYEL, ÀÉYEL, ramente col soggetto divino 176• Questi
ELP'l'lXEv); 3,15 (Év 't'cll ÀÉyE<ri)rx.L); 4,3.
fatti mostrano ali' evidenza che per gli
4 (xrx.i}wç Eip'l')xEv); 4,7 (lv Aa.vto ÀÉ-
uomini del N.T. la giustapposizione dei
ywv ..• xrx.i}wc; 7tpoElp'l')'t'at); 5,5 (ò la-
À:(i<Taç 7tpòc; cx.v-r6v ); 5 ,6 (xaawc; xa.t Év
due tipi di formule non comporta né
È't'Épcp À.ÉyEt); 6,I4 (À.Éywv); 8,8 (µcµ-
interferenza né opposizione. Pi questa
cp6µEvoc; ÀÉyEt); Io,15 (µE-.à. ..ò ELP'l'l-
xÉvat)175; rn,30 (-ròv El7t6v-.cx.). si può forse parlare per la Lettera agli
Ebrei che - eccezion fatta per 'un tale'
Che il soggetto sia Dio, si deduce in
(·nç) ricordato in Hebr.2,6 - non no-
molti casi dal fatto che il testo éitato
mina mai un soggetto umano 177 ; ma la
comincia con un 'io' ·divino (Mt.22,31
lettera ha forse subito l' influsso della
s. par.: «lo sono il Dio di Abramo ...»),
concezione alessandrina dell'ispirazione,
o che nella narrazione veterotestamen-
che esclude, per quanto è possibile, il
taria la frase è messa sulle labbra di
soggetto umano della parola di .D io 178•
Dio (Act.3,25: promessa ad Abramo).
Ma per Paolo non. significa affatto smi-
Gli esempi vanno ben oltre quando pa-
nuire la divinità del testo scritturistico
role dei profeti o dei salmi sono citate
né la sua importanza il dire, con linguag-
come dette da Dio (Mt.I,22; Act.4,25;
gio concreto, che Isaia xpasEL o &.7to-
Hebr. I, 5 ss., ecc.); tali casi mostrano
't'oÀµ~ xcd À.Éy€L (Rom. 9.27; ro,20),
che si pensa che sia Dio stesso che par-
sottolineando cosl l'origine anche uma-
la nella Scrittura, pur senza escludere o
na della Scrittura. È pure evidente che
negare l'intervento dell'uomo. L'uomo
il rifiuto di certe formule tradizionali e
è considerato soggetto non solo indiret-
l'uso di À.ÉyEL senza soggetto o della for-
to e mediato, ma anche diretto di ciò
ma passiva non hanno niente a che fare
che si dice nella Scrittura: lo indicano
con un rifiuto della divinità della parola
i vocaboli drastici come ~ xpasEt 'gri-
citata.
da' (Rom.9,27 [ls.]) o ò·:ito-.o)..µq_, 'ar-
disce' (Rom.xo,20 [ls.]); ma nelle ci- È perciò priva di fondamento ogni

175 Il soggetto non è 'tÒ 7t\ltuµa; 'tÒ liyLo\I, ma noma, ma come parte della narrazione di Ex.
xvptoç. Cfr. RrGGEN1lACH, Hbr. 1' 3 3u. =
24,6-8 ( Hebr. 9,x9-20): è nell'ambito del!J
176 Cfr., ad es., Mt.x5 14 (Ò l}Eòc; d'ltt\I) e 15,7 narrazione che si dice che Mosè parlava al po-
(xa;)..Wç É'ltpOq>TJ'tWCTEV m:pt òµw\I 'Haata<;). polo.
Mt.15,4: ò ·yàp ~tòc; i:fai;.v è par: di Mc.7,10: 178 Cfr. MrcHEL (-+ n. 158) 69 che si rifà a
Mwiicrijc; yàp d'TCEV (in ambedue i casi si trat- Philo, spec. leg. 49. È significativo che il 'ltOU
ta della formula introduttoria del testo del 'ttç (e sim.) corrisponde ad una formula di ci-
quarto comandamento). tazione filoniana usata non soltanto per testi
177 Hebr.9,20: Mosè che parla è soggetto del scritturistici (ebr. 6x), ma anche per :filosofi e
participio À.Éywv {dr. v. x9): la frase è signi- poeti greci (rer. div. her. r8r [Platone]); fug
ficativa proprio perché Ex.24,8 non è intro- 6r [Eraclito]; som. 1, 150 [Omero] ecc.). Cfr.
3
dotto come citazione anticotestamentaria auto. RmGENBACH, Hebr.'· 36 s., n. 98.
3r3 (1v,112) ÀÉyw D 4 (G. Kittel) . (IV,112) 314

esegesi che, nell'assenza dell'agente di (dr. v. 20: 7tii.na. 1tpO<p1J'tEta. ypoc<pljc;).


Èppéi}q in Mt.),21 ss., trovasse un ten- Eccettuato 2 Petr. l, 19, anche le e·
tativo di scansare il riferimento pole- spressioni con Myoc; e pijµa riferite a
mico a Dio o a Mosè suo profeta 179• Dio che parla, indicano singoli passi e
Non solo il comandamento, ma anche contesti dell'A.T. Mc. 7 ,r 3: 1hvpovv'tec;
la formula, impedisce di pensare ad al- (togliendo vigore) -.òv Myov 'tOU i7Eou
tro che a una parola di Dio 180• Se si 'tU 1ta.pa.o6<m. uµw" (il comandamento
trattasse di dottrina umana, lo si trove- di onorare i genitori); fo.ro,35: 7tpòc;
rebbe indicato. Qui ÈppÉi>'l'} e ò i>eòç El· oOc; ò Myoc; 'tov l)Eov èyf.vs.~o (Ps.82,
1tE'\I (Mt.15,4) sono formule introdutto- 6); Rom.9,6: oùx otov oÈ lht. Èx7tÉ1t'tW-
rie perfettamente parallele rispettiva- o
xev Myoc; -.ov i7Eov, «non che sia ca-
mente del quinto e del quarto coman- duta la parola di Dio» (la promessa ri-
damento 181 • guardo a Israele); Hebr.2,2: ò ot.' &::y-
yH,w" Àa,À:rii7Eic; À.Oyoc; (la legge);
·b) L'uso di Myoç e di pijµa. riferito Hebr. 7,28: ò À.6yoc; -.i}c; òpxwµorrlac;
ali' A. T. conferma le conclusioni rag- (del giuramento [di Dio]); Hebr.u,3:
giunte fin qui: anche in questo caso si xa.TI')P'tf.a'&ai. 'toùc; oclwva.c; p1)µa'tt. i7Eoii,
«il mondo · è stato formato dalla parola
sottolinea volta per volta c~e la parola
di Dio»; Hebr.12,19: q>wv'Ì) p'l'){.Ui'tWV ...
è o divina o umana. µli 7tpc><net}ijvoci. aÙ't'o~c; Myov (promul-
gazione della legge); 2 Petr.3,5-7: ò 't'OV
Parola umana. Lc.3,4: wc; yéypa.n- i>Eou Myoc; {parola creatrice).
'ta.t. È.V ~lflÀ.~ À.6ywv 'Hcra.tou 'tOV 1tpo-
q>1}-.ov; fo.12,38: t\la. ò Myoç 'Hcra.tou In tutti questi casi, l' uso veterote-
'tOV 'ltpoq>Tj'tou 7tÀ:r)pwi}jj (si compisse)
ov El'ltev; Act. r 5 ,15: xa.t 'tOV't4> crvµq>w- stamentario di dcbar-jhwh non solo è
\loucrw (concordano) oL Àoyoi. -.wv 'ltpo- assunto dal N.T., ma mantiene il suo
<pl)'tWV, xa:frwc; yÉypoc7t'tat. Il rapporto originario riferimento alla veterotesta-
fra il singolare e il plurale indica che
À.6yoç designa i singoli passi, il plurale mentaria parola rivelatrice. Il riferimen-
la molteplicità di 'parole', ad es. con ri- to a singoli contesti dimostra che non
ferimento all'intero libro di un profeta, si tratta d' una teoria della 'parola di
che non è quindi ancora indicato con un Dio, ma della concretezza del suo ope-
collettivo singolare come 'Myoc; del pro-
feta'. rante parlare, inteso come avvenimento
storico. Cosl viene aperta la strada a
Riferito a un passo singolo, À.Oyoc;
è usato anche senza il genitivo di colui considerare l'intero e globale agire sal-
che parla; Rom.9,9; 13,9: ò Myoc; ou· vifico divino come 'parola di Dio'; per-
'toc;; I Cor.15,54: ò Myoç Ò yEypaµµÉ- ciò in Col. r, 25 (--+ coli. 325; 349) e
voç; Gal.5,14: ev È\lt À.oy({). A questo
uso non si attiene 2 Petr. r,19: xat itxo- Hebr.4,12 l'Antico e il Nuovo Patto
µev ~eBocto'té'.pov -tòv 7tpocpTJ'ttXÒ\I Àhyo\I sono compresi nella stessa denominazio-
179 Esempi più antichi in H. A. W. MEYEll.6 bra, anche KLOSTERMANN, Mt. ad l.
( 1876), ad l.; ZAHN, Mt. ad l. («non su ciò che 180 ScHLATTBR, Mt.r65: «Lo sguardo si rivol-
è scritto e si legge nella legge e nei profeti»); ge a ciò cui ciascuno pensa, anche se non è
WELUIAUSBN, Mt.19 («Mosè deve evidente- esplicitamente nominato».
mente restare fuori questione»); lo stesso, sem- 181 SCHLATTER, ibid.
315 (1v,u3) Myw D 5 (G. Kittcl)

ne di Myoç -.ov iteou, che ne costitui- e) Nessuna meraviglia se in alcuni ca-


sce l'unità: la parola dell'A.T., in quan- si non si può decidere esegeticamente
se con 'parola di Dio' s'intenda l'A.T.
to 'parola di Dio', ha un valore eguale o il primitivo messaggio cristiano. Cfr.
a quella del Nuovo. ad es. Hehr-4,I2 {~sopra): swv yàp 6
À.byoi; 'tOU ìtEOU xa.t È\/Epy'Ìjc; xa.t 't'oµw-
Nel N.T. l'espressione Myoi; -.ou xu- ..Epoc; Ù7tÈp 1tMCJ.'ll µ&.x,a.tpa.v ql<T't'oµov,
plou non indiéa mai la 'parola' antico- «vivente è la parola di Dio, ed efficace e
testamentaria; il fatto può sorprendere, più tagliente d'una spada a due tagli»;
dato che l'espressione è il corrisponden- Eph.6,17: xa.t -.i}v µax,atpo.v ..ou 7t'llE.u·
te diretto del debar-ihwh dell' A.T. Il p.a.-roi;, o ÈO''tLV [tijµa.. i7eou, «e la spada
motivo non può trovarsi in una marcio- deilo Spirito, che è la parola di Dio»184 •
nistica svalorizzazioné della parola anti- In questi e altri casi del genere è eviden-
cotestamentaria, poiché allora si sarebb::: te che per lo scrittore neotestamentario
dovuta evitare anche l'espressione À.6- - come si può vedere anche dal Àa.À.Ei:V
yoc; 't'OU ih:ou. In connessione con xupLoç di Heb1·.x,1 s. - non si tratta affatto di
non si trova neppure À.ÉyEL come intro- due 'parole di Dio', ma di una sola, nel-
duzione di una citazione; À.ÉyEL XUpLoc; la continuità e nell'unità dello storico
si trova però all'interno della citazione evehto salvifico (dai 7tpoq>il'>txL all' vt6c;,
stessa: Rom.12,19; 14,rr; I Cor.14,21; Hebr.x,r s.). La sua prima manifesta-
2 Cor.6,r7s.; Hebr.8,8ss.; rn,16; Apoc. zione vuole orientare verso la seconda,
r,8. Non ha importanza se talvolta l'e- e questa, a sua volta, intende esser
spressione À.É')'EL ( Ò) XUpLoc;182 è ecceden- 'compimento' della prima. È poi diffi-
te rispetto all'effettivo testo veterotesta- cile determinare se i 'superiori' di Hebr.
mentario, dato che lo scrittore del N.T. r3,7 abbiano pronunciato e insegnato la
l'intende in ogni caso quale parte inte- parola dell'A.T. o quella del Nuovo, o
grante della citazione, come si può de- entrambe insieme.
durre dal fatto che la presenza dell' e-
spressione ÀÉyEL Ò XUpLoc; non esclude
per lo più l'uso singolare d'una formu- 5. Alcune 'parole di Dio' nel N. T.
la introduttiva, come yÉyparmxL (Rom. rivolte a persone particolari
12,19; 14,n; I Cor.14,21), Et7tE'.I 6 a) Simeone; il Battista. La formula
itf:éç (2 Cor.6,16 ss.), ÀÉYEL o dprpcÉvai, veterotestamentaria secondo la quale la
riferiti a Dio (Hebr. 8, 8; ro, r5s.) 183•
Per introdurre una citazione veterote- parola di Jahvé è rivolta a una persona
stamentaria xvptoc; ( = ilE6i;) si trova so- chiamata da Dio (x Bet.<i.15,ro [{rijµoc
lo in due passi del vangelo dell'infanzia, xuplou]; 2 Ba:0".24, u [ À.byoç xuplou],
Mt.r,22; 2,15: -.ò p'r)ìtÈv ùnò xuplou OLÒ..
ecc.), torna in pochi casi, chiaramente
-.ou 7tpoqnhou À.Éyov't'oç, «quanto era
stato detto dal Signore per mezzo del delineati, del N.T. A Simeone si rivol-
profeta, che dice». ge il p'ijµa. di Dio con la promessa mes-

182 Act.2,17: À.Éyet b tlE6c;, nella citazione. si tratta, in ogni modo, né di una specifica 'pa-
tal Cfr. MrcHEL (~ n. 158) 72; F. BL!lEK, Der rola' dell'A.T. né cli una del Nuovo, ma piut-
Brief an die Hebriicr (1828 ss.) 323. tosto della parola che lo Spirito «porta alla
tM. Rimane quindi incerto se f»iµa. ilEoii signi- comunità e le insegna ad usare» (ScI·ILATTER,
fichi la singola parola «che vale per quel sin· Erl., ad l.).
gaio caso»; dr. HAUPT, Gefbr. (Epb. ) 240.Non
317 (rv,n3) Myw D 5 (G. Kittel)

sianica (Lc.2,29), che è parafrasata con La ragione di questo fatto, che è in-
le parole xal. Tjv mhQ XEXPriµa:ttoµÉ- sieme palese e degno di nota, è la se-
vov ÙTCÒ 'tOV 'lt\IEÒµa:toç "t"OV &.ylov, «gli guente: a partire dalla venuta di Gesù,
era stato comunicato dallo Spirito San- la 'parola di Dio' o 'del Signore' ha ri-
to» {v. 26); del Battista si dice che a lui cevuto un significato nuovo ed esclusi-
~yÉVE"t"O pijµa.1l'Eov, «fu rivolta la parola vo per la cristianità primitiva; essa di-
di Dio» (Le. 3 ,2 ). Questi due personaggi viene termine indiscusso per indicare
sono quindi collocati da_Luca accanto ai quell'unica parola che Dio ha detto e
profeti dell'A.T., cioè del tempo precri- dice nella venuta di Gesù e nel suo
stiano. messaggio. Nessun altro evento rivela-
b) Età apostolica. Per quanto fre- tore, per quanto religiosamente ricono-
quenti nel resto del N.T., le espressioni sciuto e sublime, sarà più chiamato con
À6yoi; "COU ~EOV, 'Myoç "COV xvplov, Pii- questo nome. L'uso linguistico del tem-
µa xvplou non sono mai usate per in- po apostolico esprime dunque diretta-
dicare speciali direttive singole di Dio mente la convinzione dell'assoluta irre-
(fatta eccezione per le figure preparato- petibilità 185 della rivelazione avutasi in
rie). Ciò non significa che il N.T. igno- Gesù Cristo e dei 'nuovi tempi' a cui
ri tali direttive; anzi, il tempo aposto- essa ha dato inizio (-,)o xaw6ç; inoltre
lico ne è pieno. Esse sono descritte nel- -+nb}.
le forme più diverse: come rivelazione, e) Gesù. In queste condizioni, è dop-
à.'ltoxa).v1fnç (Gal.2,2), come istruzioni piamente sorprendente che anche nella
del miEvµa. (Act. r6,6), come appari- storia di Gesù non si dica che 'la' pa-
zione dell'angelo di Dio che dà qualche rola o 'una' parola o 'le parole di Dio'
istruzione (Act. 27,23), o del Signore sono state rivolte a lui, che è il rive-
stesso (Act.r8,9), o come strana appari- latore per eccellenza. In questo caso
zione inviata da Dio (Act. ro, ro ss.), non può valere l'ostacolo o la limitazio-
ecc. Nell'Apocalisse (~ col. 343) si di- ne di rui si è parlato a proposito degli
ce spesso che il veggente ascolta la vo- apostoli; eppure non si dice mai che a
ce divina (r,ro; 4,r, ecc.), ma quel che Gesù sia stata fatta una particolare co-
dice tale voce è indicato al massimo co- municazione come 'parola di Dio'. Il
me Àbyot 't"fiç 'ltpoqnrrelm; ( r ,J; 22 ,7. motivo dev'essere molto profondo, d~­
r8), oppure come où-to1 ol À.6yo1 (2r,J; to che in numerosi contesti non si è
22,6), mai come 'parola di Dio' rivolta lontani da tale indicazione, come nel
al veggente. racconto del Getsemani (Mt. 26,36-46

Jss Questa non è espressa nel termine neote- presente nell'uso dogmatico del termine 'rive-
stamentario d:.7toxa).ul!i~ç: si dovrebbe tenerlo lazione' (~ V, coli. 141 s.).
À.Éyw D 6 (G. Kiuel) (!V,II5) 320

par.) o in altre situazioni nelle quali Il motivo per cui non si parla mai di
vien particolarmente sottolineata la pre- una parola di Dio rivolta allo stesso Ge-
ghiera (Lc.6,12; 9,r8). sù non può essere che questo: tale mo-
do di vedere non era conforme al tipo
In due casi soprattutto ci sorprende
l'assenza dell'espressione ÉylVE't'o ò Ào- di rapporto con Dio proprio di Gesù e
yoc; ('tÒ pfjµtx) 'tou l>Eou, «la parola di quindi, più o meno consciamente, è sta-
Dio fu rivolta a Gesù»: nel battesimo e to evitato. Le parole miv'tct. µo~ 'ltctpE-
nella trasfigurazione. La descrizione dei
due fatti e le espressioni usate indica- &61>'!'} V'ltÒ 'tOU 'lttx'tp6c; µou, «tutto· m'è
no che la voce dal cielo (-7 qiwv'Ìj F.x stato consegnato dal Padre mio»; <tÒV e
'tW\I oùptxvwv, Mt.3,_17; Mc.r,II; Lc.3, 'lttx'tÉpa. ÈmywwO'XEt, il Figlio «conosce
22 [è!; oùpcxvou]), ovvero dall.a nube
a fondo il Padre» (Mt.n,27), pongono
{Èx 'tfjc; vEcpfÀ'!'}ç, Mt. 17,5; Mc. 9,7;
Lc.9,35) non ha rispondenza nel debar l'unità di Gesù col Padre e con la parol!l
jbwh, la 'parola' divina -rivolta al pro- divina su un piano del tutto diverso, al
feta, ma nella rabbinica «figlia della vo- di là di ogni comunicazione partico-
ce» (bat"qol) 186• Lo scopo del narratore
è ben altro; egli si rivolge anzitutto ai lare 188•
suoi lettori e vuole che quanto dice e
stabilisce, come pure la decisione sug- 6. Il messaggio cristiano primitivo
gerita, sia posto al di sopra del dubbio come 'parola di Dio'
e de1l'incertezza umana La parola che (al di fuori degli scritti giovannei)
risuona nella trasfigurazione è chiar-a- a) Applicate ali' insieme dell' avveni-
mente rivolta ai discepoli, come si vede mento neotestamentario, e nel messag-
sia nell'espressione, comune a tutt'e tre
i sinottici, oÙ'toç Eo''ttV ..., «questi è ... », gio che ne dà testimonianza, le espres-
sia nella confessione di Pietro, che vie- sioni ò À.6yoç 'tou ltEou, ò Myoç 'tOU xu-
ne subito dopo, e nell'annuncio della plou, ò ÀOyoc;, non differiscono fra di lo-
passione. Lo stesso si dica della voce
che si sente nel battesimo: essa è, sl, ro se non nella frequenza con cui ven-
rivolta a Gesù («tu sei...», <JÙ d ... , Mc. gono usate.
r,n) 187 ; tuttavia ha come scopo di ac·
Dati statistici 189 :
ereditare il Figlio, non di conferitgli
una missione. 'Myoç 'tou ltEou : 4 volte in Le.; r2

186 ~ q>wvi). Cfr. STRACK-BILLERBECK 1 r25- riguarda singole istruzioni date a Gesù, ma
134. Inoltre SCHLA1'TER, Gesch. d. Chr. 89; l' insieme delle cose a lui concesse, che egli
ScHLATTER, Mt.93. ritrasmette ai suoi, in perfetta rispondenza a
187 Il discorso in seconda persona non esclude quanto si legge in Mt.II,27, o anche in Rom.
affatto che la bat qol sia rivolta a chi circonda 8,I].
l'ascoltatore. Lo mostra anche la voce, che su- 189 In questo elenco non sono comprese le nu-
bito dopo il martirio di R. Aqiba, risonò sul- merose espressioni diversamente determinate,
L'est:illto: «Salute a te, R. Aqiba ...» (Ber. b. come: «la parola sanal>, «la parola di veritàl>,
61 b). Essa non risponde ad una domanda di ecc. Non sono parimenti considerati i casi in
Aqiba ma dell'angelo del servizio. Cfr. STRACK- cui ò Myoç si riferisce a una parola detenni-
BILLERBECK I, 133· nata o n un singolo avvenimento; cfr. Mc.1,
1ss Io.17,8 : "tÙ irflµa."ta. 6. 1!8wxaç µo~, non 45; 9,10; r4,_39; cfr. anche 8,32: O.a).e~ 'tÒ'll
321 (rv,n5) ì..lyw D 6 (G. Kittel) (rv,u6) 322

in Act.; 2 volte in Thess.; 3 in Cor.; dei Dodici; esso viene poi precisato nel-
una in Phil. (vat.); una in Col.; 4 nelle l'elezione del dodicesimo apostolo, nel
Lettere Pastorali; 2 in Hebr.; ma in I
Petr. In tutto 30 volte. senso che questi dev'essere un testimo-
À.6yoc; 'tOU xuplou: 6 volte in Aci.; ne oculare della storia di Gesù e in par-
2 in Thess.; in tutto 8 volte. ticolare della sua risurrezione (1,21 s.}.
Myoc;: 4 volte in Mt.13, mai nel re- 'Servizio della parola', in questo capito·
sto; 9 in Mc.4, una nel resto e un'altra lo degli Atti, non è dunque altro che·la
nella chiusa; 3 volte in Lc.8, una nel re-
sto; 9 volte in Aci.; una in Thess.; una testimonianza e il messaggio riguardante
in Gal.; una in Phil. {var.); una in Col.; Gesù. La stessa conclusione si ricava
5 volte nelle Pastorali; 2 in I Petr.; una dal prologo del Vangelo di Luca. Quel-
in Iac. In tutto 40 volte. ·
li che sono stati testimoni oculari sin
Una vera differenza, nell'uso delle tre
formule, non si riscontra né in Paolo, dall'inizio (à.1t' à.pxiiç aò-.6'1t'tCIL) son
né negli Atti, né altrove. Cfr.; ad es., divenuti servitori della parola (ult'l')p~­
l'accostamento di I Thess.1,6 (Myoc;) 'tCIL 'tOV À.6you, 1,2), il che evidente-
con r,8 _(À.6yoc; 'tOU xuplou) e 2,13 (M-
mente indica due funzioni non diverse,
yoc; 'tau llEou); ovvero Act.6,2 (T}µtiç
X<X.'t<X.ÀEl\(JCIV't<Xç 'tÒV À.6yov 't"OV i}eou) ma strettamente collegate: l'essere sta-
e 6,4 ('tTI 5taxovlllo -.ov Myou ltpo<rxap- to testimone oculare è un decisivo pre-
'tEpT)aoµev }. La scarsa frequenza della
supposto per il 'servizio della parola':
formula Myoc; 'tOU xuplou può forse es-
ser giustificata dal fatto che essa è tal- il presupposto è la conoscenza dei fatti
volta usata per le citazioni delle parole ('ltpocyµa'ta) accaduti, cioè dell'evento
di Gesù (~col. 297). Nessuna mera- di Gesù Cristo, di cui la 'parola' è te-
viglia che le lezioni dei manoscritti
spesso scambino le formule, ritenute e- stimonianza e messaggio.
quivalenti; dr. Phil. 1,14; Aci. 13,44.
48 1 ecc. L'enumerazione non tien con- A questa conclusione porta anche l'a-
to degli scritti giovannei, ma non a ca- nalisi del resto degli Atti. Il passo di
so; cfr.~r3a. b.
18,5 descrivendo il Myoc; 190 di Paolo
b) Si può determinare il significato dice che egli «tendeva testimonianza ai
di 'parola' nel cristianesimo primitivo, Giudei che Gesù è il Cristo» ( ÙLaµap-
paragonando Act.6,I ss. con 1,21 ss. Se- 'tupoµEvoc; 't'O~ç 'IouSa.loLc; El'llCIL 'tÒV
condo 6,2.4, il «servizio della parola>~ XPLCJ'tÒV 'bJCJOVV ). In 17,II si afferma
(Oia:xovla 't"OU À.oyou) è lo specifico e che i Giudei dapprima accolgono la pa-
itrinunciabile contenuto del ministero rola, e poi scrutano ogni giorno l'A.T.

"J..6yov, cioè la parola nominata nel v. 31 (con- SCHEN-BAUERi 1313. Per sé si potrebbe tradur-
trariamente a E. LoHMEYER, Das Mk.-Evange- re anche: «era trattenuto, impedito da qualche
tium [1936] 50, n. 6). (particolare) parola di Dio (ad es. nel senso di
16,7)», ma questa versione urta contro l'uso
-t{ìl My!{l: «ne era dcl tutto pre-
190 uuv2lX,E'tO costante di Myoç negli Atti (che ha portato
so, era assorbito dall' annuncio1>; dr. PREU- alla lezione 1t\IEÒµt.t't~, della ree. R ).
323 (1v,n6) >.ayw o 6 (G. Kittel) (1v,117) 324

«per vedere se le cose stanno cosh>; se cesi son coloro che hanno accolta la pa-
ne deduce che la 'parola' in questione rola (oE~ciµEvot 't'Ò\I À6yov, I Thess.1,
non è semplicemente l'A.T., ma l'unico 6; cfr. 2,13); Paolo spera che il Myoç.
fatto salvifico a cui la parola veterote- 't'OV xuplov possa correre ( 't'PéXEL'll) ed
stamentaria rinvia. E quando, in n,1, i esser glorificato ( ool;cH~Ecri}(X.L, 2 T hess.
fedeli di Gerusalemme vengono a cono- 3, r); la notizia, leco (Èl;'l'}XEtcr~at) di
scere la conversione di Cornelio e han- quell'accoglienza è già di per sé À.6yoc;
no notizia «che anche i gentili hanno 'tOU xuplov (xThess.1,8).
accolto fa parola di Dio» (o•t xat 'tà Lo stesso vale per le lettere successi-
f:ilvT] ÉOÉl;a.no 't'ÒV Myov -.ou ìlEoii ), il ve. Ciò che è giunto ai Corinti è il ÀO-
contesto indica chiaramente che essi non yoi; 'tOV itEou (I Cor.14,36); l'istruzio-
hanno accettato l' A.T., facendosi giu- ne impartita ai Galati è un «venir i-
dei, ma la fede nel messaggio riguardan- struiti intorno alla parola» (xa:t1}XELO"-
te Gesù. In questo senso si deve com- ~aL 'tÒV À.6yov, Gal.6,6); il parlare dei
prendere quella equivalenza della predi- fratelli è un À.aÀ.Ei:v 't'ÒV À.oyo\I 't'Ov ikov
cazione missionaria con la 'parola', che è (Phil.r,14). L'annuncio affidato a Paolo,
tipica di Act.4-19: À6yov {-.ou ìlEOu, ov- che egli non sopporta che venga adul-
vero xvplou) ÀaÀ.Ei:v (4,29.31; n,19; terato (-4 X(X.1t1}ÀEUEW, ooÀovv), è il
13,46; 14,25; 16,32); xa'tayyÉÀ.Ànv À.6yoc; 't'Ov i}Eou (2 Cor.2,17; 4,2); que-
(13,5; 15,36; 17,13); ot06.cnmv(18,1r); sta parola non è legata, anche se l'Apo-
EÙa:yyEÀlsE111laL ( 8' 4; l 5' 35 ); CÌ.XOUEW stolo è in catene (2 Tim.2,9). Anche a
(4,4; 13,7.44; 19,10); OÉXEcri}at (8,14; Timoteo Paolo comanda di predicar la
17,u); ool;cisrn1 (13,48); cft'.'r)vl;avEvo parola (x'l)pu~ov 't'ÒV À.oyov, 2 Tim.4,2).
Myoc; ('tou xuplou) (6,7; 12,24; 19,20). Particolarmente chiaro è quanto dicono
La 'parola di Dio' a Israele e ai popoli le due espressioni della Lettera ai Co-
era proprio questa predicazione missio- lossesi. Il À.6yoç. cui si deve aprire la
naria di Pietro, di Paolo e degli altri porta è «il proclamare il mistero del
apostoli, ed aveva come oggetto unico Cristo» (À.a.À.fjcrat 't'Ò µucr't'1]ptov -.ov
Gesù Cristo. La 'parola di Dio' è la pa- Xptinou), e tale proclamazione è il com-
rola riguardante Gesù . pito (oEq di Paolo (Col.4,3 s.). La man-
Lo stesso fatto si riscontra in Pao- sione ( olxovoµla) affidata a Paolo è
lo. Il Àbyoc; (•ou i}Eou, ovvero xuplou) questa: 'ltÀ.'r)pwcrat 't'ÒV Myov 't'ov i}Eou,
è il messaggio da lui annunciato e ac- «compiere la parola di Dio», cioè quel
colto dalle sue comunità; nient'altro, mistero che una volta era nascosto ma
cioè, che il messaggio riguardante Cri- ora è rivelato, «e questo è Cristo in
sto. L'uso linguistico è già stabilito nel- noi» (oç ÈCT't'W Xptcr't'òç Èv ùµi:v, Col.r,
le lettere ai Tessalonicesi: i Tessaloni- 25 ss.; -4 coli. 315; 349). Così anche
325 (IV,rq) My(JJ D 6 (G. Kittel) (1v,rq) 326

Col.1,5 e Eph.r,r3, dove il À6yoc; - voi la buona novella»192• Cosl «la paro-
Myoc; ·djc; !ÌÀ:q?Tdac; - è identico al la piantata» (gµcpu"toç) in voi», di Iac.
«vangelo giunto a voi» {EÙcx.yyÉÀ.LO\I "'°ò 1,21, è il messaggio che salva le anime,
'ltapbv dc; uµéic; ), ovvero al «vangelo che nell'annuncio viene come 'piantato'
della vostra salvezza» (.-i}c; O'CJn'r]plac; (cfr. Iac.1,18: arcEXU1jCTE'\/ ilµéi.c; )..6y4:1'
uµ.wv ), cioè al messaggio riguardante àlrilMac;, «ci ha generati con la parola
Cristo ad essi diretto. Non meno chiare di verità».
sono le Pastorali. Ciò che aveva promes- Per quanto ci risulta, non sembra che
so «fin dai secoli più remoti» 1tpÒ xpo- un uso altrettanto definito e fermo si
abbia per il termine pfjµa. Esso è ben-
vwv alwvlwv) Dio l'ha manifestato sl usato (per cui non si può dire che
(ÉcpavÉpWO"EV) ora (xa1poi:c; lolotc;); si pfjµa. sia stato bandito da questo con-
tratta della sua parola ('t'ÒV )..6yov aù- testo); ma, prima di tutto, ricorre assai
più di rado che non Myoç; in secondo
nu ). Questa sua parola ha luogo nel x1}- luogo, il suo valore è più elastico, cosl
pvyµa affidato a Paolo (Tit.r,2 s.). In che non sembra un termine ben fissato.
I Tim.1,15 il contenuto del Àbyoç vie- In Lc.2,29; 3,2 (~col. 317) si descri-
vono situazioni 'precristiane'; in Eph.6,
ne cosl determinato 191 : O'tt XptCT'tÒç '111-
17 (-.i)v µax;a~pa.v 'tov 1wEuµa...-oç, I) fo-
uovc; Tj)J}Ev Etc; 'tÒ\I X.60'µ0\I &:µap'tWÀ.OÙ<; -cw pfjµa ì1Eou-...,> col. 316) sembra rife-
crwa-at, «Cristo Gesù è venuto nel mon- rito - del tutto o in parte - alla 'parola'
do per salvare i peccatori». dell'A.T. Non restano dunque che Io.3,
34; 8,47 (-.à p-i)µa...-a 't'ou i>Eou); Hebr.
Non diversamente va inteso (nono- 6,5 (frEou pfjµa); r Petr.1,25 ({Yi)µa. xu-
stante la mancanza di determinazione) =
plou -cò pfjµa -cò EÒayyEÀ.t<J"iìèv El<; Ù·
quanto dice r Petr.1,23: all'inizio della µtic;); Eph.5,26 (il Pf\µa che purifica nel
battesimo) 193•
condizione di ctistiani, al momento del-
la rigenerazione (O.vayEwliuDa1) si tro- 7. Carattere ed efficacia delta 'parola'
va un Myoc; ~wv-çoc; -DEou xat µÉvov-çoc;; nel cristianesimo primitivo
questo À.oyoc;, secondo il v. 25, non è
(al di fuori degli scritti giovannei) 194
0

altro che -.ò p'flµa -rò EÒC1:yyEÀ.tcrltÈv dç a) La 'parola' come parola di Dio.
uµéic;, «la parola di cui è stata recata a Dato che la 'parola' si identifica con il

19J Non è certo che cosa si indichi con l;v {Y/1-


191 La famosa traduzione di Lutero: «È certa-
mente vero, ed è una parola di gran valore, µa"t~; forse la parola pronunciata da chi bat-
che.-.», è bella, ma non è sostenibile sia per- tezza, che accompagna l' atto del battesimo.
ché non tiene conto della determinazione o Cfr. HAUPT, Gefbr. (Eph.) 2r3 s.; DrnELIUS,
data al Myoç, sia perché è contraria all'uso Eph., ad l.
o
costante di mo"tÒç Myoc; nelle Lettere Pa- 191 Una volta stabilito l'uso fisso e determina-
storali (~ coli. 33I S.). to del termine, non è male esaminarne ora an-
in Rimane incerto se in IPetr. i,23, ad à.va:- che le varie determinazioni meno rigide: 'pa-
yevvéi<Ti}m sottostia un ricordo del battesùno rola cli verità', ecc. Il quadro rimane unitario
accompagnato dalla 'parola' (cfr. Eph_ 5, 26) e chiaro, anche se talvolta non si può decidere
(-> n, col. 421, n_ 6). se si faccia riferimento soltanto alla 'parola·

Il g r.lnde l~ss.ko. v1
327 (IV,II8) Myw D 7 (G. Kittel) (IV,u8) 328

messaggio di Gesù Cristo, con 1' .Eùu:y- Thess.2,13; i fedeli hanno accettato la
yÉÀtov (Act.15,7; Eph.1,13; Col.1,5), 'parola' detta da Paolo, ou Myov &.v-
le espressioni sull'evangelo possono na- l}pw1tW\I àU.lt. - Xl'J.i>wc; &,).'l'}i7wc; ÉO''tLV
turalmente esser trasferite alla parola. - ).6yov i7Eou, «non come parola d'uo-
La parola 195 è À.6yoc; -.ou <r-.cwpou, «del- mini, ma - qual è veramente - come
la croce» (r Cor.18,r), ·djc; xoc-.aÀÀa.- parola di Dio». Di questa parola, a lui
ytjc;, «della riconciliazione» (2 Cor. 5, affidata, Paolo non ha che il servizio
19 ), -.fjc; <rW-.'l1Pla.c;, «della salvezza» (ota.xo'\/lct., 2 Cor.5,18), l'amministrazio-
(Act.13,26), -.tjc; xcip~-roc;, «della grazia» ne (olxovoµla., Col. r ,25 ). Deve servire
(Act. 14,3; 20,32), è· parola di vita (sw- al suo compiersi (1tÀ.'t]pWO"rt.L, ibid.), de-
fjc;, o swv, Phil.2,r6 [cfr. Act. 5,20]; ve cioè portare sulla terra la parola det-
Hebr.4,12; r Petr.r,23 196) 197, i;'ijc; <H:r1- ta da Dio (cfr. Rom.15,19). Siccome è
il'da.c; (2 Cor.6,7; Eph.r,13; Col.1,5; 2 un dono, la parola si dovrà preservare
Tim.2,15; Jac.r,r8). L'ultima espressio- accuratamente da ogni cambiamento o
ne potrebbe anche semplicemente signi- falsificazione tendente a farla diventare
ficare la parola vera (cosl, ad es., Act. propria o umana; 2 Cor.2,17: où yci;p
26,25: à)..11iMac; p1}µoc-.a.); ma una fra- fop.e'll .• • ~ JCrt.'ITT)ÀEUO\l'tEc; i:Ò'\/ Myov
se come quella di 2 Cor.4,2, in cui si -.ou -lkou; 4,2: µt}o~ ooÀ.ovvi:Ec; °t'Òv M-
altern~no àÀ:1ii}rnx. e À.6yoc; -rov ih:ou, yo'll i:ou i>Eoii. Se uno «dispensa retta·
indica chiaramente che è proprio 1' e- mente la parola della verità» (~ òpi}o-
vangelo ad essere indicato sia come M- 'toµwv "t"òv Myo'll -rnc; à.À.TJi7da:c;), è «un
yoc; "t'OV i>Eoli sia come àk{iilELOC (I, col. operaio che non ha di che vergognar-
656); si tratta quindi del À.6yoc;, la si» (Épy&.i;T)ç àvrnocl<rxuvi;oc;, 2 Tim.
cui natura di 'evangelo' è specificata 2 ,r 5 ). Dio stesso è i>ɵEvoc; •.. -ròv M-
dal genitivo -rfjc; àÀ:ql>Ela:c;. La 'parola' yo'\/ -ri)<; xa:i;ocÀ.À.ayt]c;, «pone... la pa-
è il messaggio corrispondente a una re- rola. della riconciliazione}>, l'Apostolo
altà (àÀ1}tlEt.rt.). non ne è che un legato (1tpE<rBEuwv),
E tale essa è perché chi dice la 'pa- una persona 'per mezzo della quale' (ot'
rola' è Dio. Sempre, esplicitamente o 1)µwv) Dio ammonisce (2 Cor.5,19 s.).
implicitamente, la frase contenente À.6- «A noi la parola è stata inviata» (-l)µi:v
yoc; è dominata dal genitivo -rou il'Eou. I ò Myoç É~a1tEO'"t"cikn, Act. r 3,26), dice

cri&Liana primitiva, o se il ricordo vada anche (Meyer, 1936) 65.


alla parola nnticotestamentaria (~col. 316).
J9S Btà Myou l;wv-.oç fiEou xu.L µ€vov-.oç:
19'> Myoç oixo.tocr6vT)ç in Hebr.5,13 si deve
non si può decidere se i due pnrticipi si rife-
tradurre' parola giusta', piuttosto che 'parola riscano a )..6you ovvero a fiEoii.
di giustizia'. Il secondo significato potrebbe
nnche unirsi al primo. Cfr. O. MrcHBL, Hebr. 197 Vedi però col. 332.
329 (1v,u8) ÀÉyw D 7 (G. Kittel) · (IV,u9) 330

Paolo ad Antiochia: la parola ha la sua pl<v xa.t ..-~ À6y4> ..-fjç xcipL-toc; t:t.Ù'tOU
origine in colui che l'ha 'inviata'. In al- (Act.20,32): la 'parola' è garanzia della
tri termini, Dio è colui che ha manife- xci.pt.c; di colui che la pronuncia. Anche
stato la sua parola» (Éq>ocvépw<TE.\I.,. -tÒ\I l'episodio di Act.q,3 è descritto come
'>.6yov ocù..-ou), e il mandato .fìdudario W1a manifestazione di questo rapporto
affidato a Paolo perché ne sia il bandi- che è nella natura della cosa: ~1tt 'téil
tore (È\I X'r)puyµa:n 8 emcr-tEU~\I !yw) xupll[.) -téil µap-tupouv·n !1tt -téil My~
non è che l'adempimento (Tit.I,J ). Nel- "tfjç xci.pt.'t"O<; t:t.Ù"t'OU, 01,&ov·n <T"l")µELCt.
lo stesso disegno rientra anche la neces- xoct 't~pa."t"a. yl\IE<T&oct ot.à 'tW\I XE.t.pw\I
sità ( &.vocyxcx.i:ov) salvifica che la parola aò-twv, «il Signore confermava la parola
venga annunciata prima ai Giudei, poi della sua grazia e concedeva che segni e
ai gentili (Act. r 3 ,46 ). prodigi si compissero per mano loto».
Cosl l'efficacia della 'parola' dipende Lo stesso dice la conclusione spuria di
dal suo autore, ed è garantita dalla sua Mc. quando dà questa descrizione del
volontà (~ovÀ:r1i)E.tç a'ltE.XU'r)CiE.\11)µ«ç M- tempo apostolico: ..-ou xuplov cru'llEp-
Yl{.) Ò:À.'l'}i)Elocç, Iac. 1,18); cresce per la you-.oc; xa.t -çòv Myov ~E~m.ovvi;oc; St.à.
forza di lui (Act.19,20 198 ; 2 Cor.6,7), è -.wv !-rta.xoÀ.ovtrouv-çwv crriµe:lwv, «il Si-
essa stessa «potenza di Dio» (o_uvocµtç gnore cooperava con loro e rafforzava la
i)Eou, I Cor.r,18), non può essere inca- parola con i segni che l'accompagnava-
tenata (2 Tim. 2,9). Dio soltanto può no» (Mc.r6,20).
aprire la «porta della parola» ( Mpa. -.ou La 'parola di Dio' non è efficace di
Myou, Col.4,3 ); è quindi necessaria la per se stessa, come se fosse magica; lo
preghiera, perché essa 'corra' (2 Thess. è invece perché è 'di Dio', da lui pro-
3,r), perché Dio conceda di «proclamar nunciata e resa efficace (E.vEpy{Jc;, Hebr.
la parola» (À.ocÀ.E.L\I -.òv À.6yov [ mhou J, 4, I2; ÉVEP'YEL'r<LL, I Thess. 2, I3}. Ce
Act. 4, 29). Naturalmente, preghiera e lo dice anche la frequente immagine
parola sono unite in un rapporto reci- dell'arma; Hebr.4,I2: la parola è più
proco (Act.6,4; I Tim.4,5), dato che acuta di una spada a doppio taglio; Eph.
non ci può essere preghiera che non ab- 6,q: i:i}v µcixa.t.pocv i;ou 1wE.uµoc-toc;, Il
bia nella 'parola' detta da Dio la sua Èrrnv pfjµa. i)Eou (cfr. 2 Car. 6, 7). Si
promessa e il suo compimento. Perciò tratta di un'efficacia assolutamente con-
Paolo, salutando gli anziani di Mileto, creta. La corsa della 'parola', come già
li affida «al Signore e alla parola della abbiamo notato, non può essere arresta-
sua grazia» ( 7ta.pet:trnE.µa.t ùµfu; -t!{l xv- ta da mezzi umani e terreni, quali le ca-

•~ xa-tà. xp6..-toc; -tou xupiou ò ).6yoc; "T]ilt;cx- è una semplificazione.


\I E\I.Ln leiionc della &l (6 "Myoc; 'tOV xuplou)
331 (1v,u9) Myw D 7 (G. Kittel) (1v,120) 33:1.

tene ecc. {8Ecrµol, 2 Tim.2,9), e neppure (swfiç, Phib,16), il genitivo non è una
opponendole un giudizio di stoltezza o semplice detetminazione della 'parola',
di scandalo (µwpla, crxcX.voa.À.ov, 1 Cor. ma vuol precisarne l'efficacia, proprio
l,18.23). Quel che da essa vien tocca- in quanto parola di Dio: la parola non
to ne resta santificato {&.ytcX.sa-cat, 1 soltanto indica la grazia, la salvezza, la
Tim .4,5 ). Per la cattiva condotta di qual- vita, ma tutte queste cose le produce,
che cristiano, c'è chi ne dice male (o 'M- perché è essa stessa grazia, salvezza, vi-
yoç -cov i>eov f3)..w1q>11µet-.at, Tit. 2 ,5); ta. Iac.1,21: 'tÒV ... Àoyov 'tÒV 8uvaµe-
questa espressione significa che la nor- vov CTW(j(f.~ 'tà.ç 4iuxà.c; uµwv, «la... pa-
male genuina efficacia del 'Myoç, se non rola che ha potere di salvare le anime
gli si pongono ostacoli, è la santifica- vostre».
zione, nelle concrete forme precisate in b) Il rapporto dell'uomo con la 'pa-
Tit.2,2 ss. Proprio questa efficacia del rola' corrisponde a quella genuina dia-
'Myoç per la vita di ciascuno è quanto lettica dell'afferrare e dell'essere affer-
afferma l'espressione mcr-.òc; ò À.oyoç 199, rato, che cotl'e attraverso tutto il N.T.
che ritorna spesso nelle Lettere Pasto· All'origine il rapporto dell'uomo con la
rali. Nella fede ('ltlcr·nç) e nella carità parola è espresso al passivo. Nessuna
(&.yam1) dell'Apostolo la parola dà pro- immagine può, al riguardo, essere più
va della _sua attendibilità (I Tim.r,14), forte - e più esclusiva di ogni azione
come avviene per la donna che dà alla umana - di quella della nascita, come
luce digli e si studia di mantenersi nel- in 1Petr.1,23: àva.yEyewrn.iivot... 8tà.
la santità con pudicizia ( &.y~<XCi!.lÒç µE-tà. Myou .•. itEov, e anche in Iac.1,18: ~ou­
crwq>pocruv'l')ç, r Tim.2,15: 3,1). Alla pie- À'l'}ì7dc; cbtEXUl)CTEV 1]µaç À.éytp àÀ:r1iM-
tà (Eucr€f3mx.) la parola assicura «la pro- a:.c;. In quest'ultimo passo l'espressione
messa della vita presente e della futura» è resa ancora più forte dal participio
( È7Ut.yyEÀtCC.... swf\ç -tf\ç VVV xa;t "Cfjç ~ouÀ.'l'}itElc;, Vulg.: voluntarie (~ col.
µEÀ.À.ouo-l}c;, 1 Tim-4,8 s.), e agli eletti 3~9}. Quando 1 Thess. 1,6 dice che la
(ÈxÀ.Ex-tol) «la salvezza ... con gloria e- 'parola' dev'essere accolta «con la gioia
terna}> (crw-t'l')pla... µE'tèl.. 86~1]<; alwvl- dello Spirito Santm> (µe'tèt. xu.pG.ç 'lt\IEU-
ou, 2 Tim. 2,ro s.). Nei costrutti, quali µa:.'toç &.ylou ), vuol dire che accoglier la
«parola della grazim> (À.éyoc; "Cijc; xap~­ parola è impossibile senza l'azione e il
-coc;, Act.14,3; 20,32), «della salvezza» dono del 'ltVEiJµa. L'annuncio e l'ascol-
("tfjc; crw-tr}Plac;, Act. 13 ,26), «di vita» to della 'parola' è preceduto dall'azione

I'l'.I Cosl va intesa l'espressione, che non è unn 9 (-+ n. 191). Nella maggior pnrte dei casi m-
semplice formula introducente una citazione ò Myoç non si riferisce (cfr. I Ti111.3,1),
<T'tÒc:;
(«è vem la parola: ...» ), come appare dal fatto o non si riferisce solo alla frase seguente, ma è
che questa traduzione è impossibile in Tit.1, anche garanzia di ciò che precede.
333 (1v,120) Hyw D 7 (G. Kittel) (l\f,12I) 334

di Dio che sceglie (ÈçEMça.-.o, Act.15, gnato con lo Spirito Santo (Eph. I ,13 ).
7; cfr. 13,48). Anche per i singoli è Dio Glorificano la 'parola' di Dio e credono
che apre la porta della parola (Col.4,3), ad essa «coloro che erano ordinati alla
e la fa 'correre' (2 Thess.3,1). vita eterna» (8crot -ijcrrx.v 'tE'trx.yµivot dç
Per quanto forte sia l'accento posto sw'Ì)v rx.iwvtov, Act.13,48).
sull'aspetto passivo, altrettanto eviden- Anche qui, come sempre, occorre ri-
te è anche l'aspetto attivo, che sottoli- cordare che l'accoglienza e la fede nel-
nea il dovere di accogliere e di tener la parola si ha quando la 'parola' vien
salda la parola, il che significa che la si fatta, quando uno mette in pratica la
può accettare o rifiutare: È1CELO'i} &:1tw- parola, è 1tOL'r)-.1}ç Myou (Iac. 1,22).
t>Ei:crt>E a.u-.6v ( -"" -.òv "Myov ..-ou t>EoiJ ), oÉXE<rt>rx.t 'tÒV Myov significa deporre o-
«la respingete» (Act. 13,46). Con par- gni immondezza (Jac.1,21). La 'parola'
ticolare frequenza a À.6yoc; si trova uni- esige una scelta fra obbedienza e disob-
to il verbo Séx;E:crt>a.L (Act.8,14; II,r; bedienza (r Petr. 2,8; 3,1). La parola
17,II; r Thess.r,6; 2,13; Iac.r,2I). Si disgiunta dalla fede non serve a chi l'a-
vedano anche le espressioni 'TCWnJc; &:7to- scolta (Hebr.4,2) 200• Una vita non vis-
oox;fjc; &çtoc;, la parola «è da accoglier- suta concretamente secondo le esigenze
si senza riserve» (rTim.1 ,15; 4 ,9), «te- e le norme morali della 'parola', è una
ner alta» (Èm1x;Ew) «la parola» (Phil.2, bestemmia contro di essa (Tit.2,5) . Al
r6 ), «attaccarvisi» (av'tÉx;ecri>a.t, Tit.1, contrario, di coloro che la accolgono ge-
9 ), «parola irreprensibile» ( axa.-.ci:yvw- nuinamente si dice che Èoo~rx.sov 'tÒV
O''toc; À.Oyoc;, Tit.2 ,8). Per comprendere À.Oyov -çou xvplov, «glorificavano la pa-
bent: questa 'accoglienza' della parola, è rola del Signore» (Act. 13 ,48 ).
essenziale intenderla come un' accetta- c) ).6yoç rimane dunque sempre un
zione di fede, non come un atto intel- À.ÉyEW reale, una parola detta concreta-
lettuale. Anche qui, come sempre, l'a- mente. Fare di questo Àoyoc; -.ou i>EoD
scolto ottiene lo scopo grazie alla fede un puro concetto o un'astrazione sareb-
(Acl.4,4; 15,7). Le due linee, nel pen- be un errore gravissimo. L'annuncio
siero cristiano primitivo, non si oppon- dell'evento di Cristo è la 'parola' che
gono né si eliminano a vicenda; tutt'al- Dio dice al mondo. Un dato assoluta-
tro! Lo si vede nelle frasi in cui si tro- mente positivo di cui il N.T. tien con-
vano unite. Paolo ringrazia Dio perché to è questo: la parola esiste per essere
i Tessalonicesi hanno accolto la parola, ripetuta; senza annuncio nessuno potrà
che opera in loro in quanto credono (r conoscere il À.Oyoc;; senza Mym1 e pfi-
Thess.2,13). Chi crede alla parola è se- µa. non ci potrà essere né ascolto né fe-

200 Sulla questione testuale cfr. MicttEL (-~ n. x95) 49·


335 (IV,I.21) Myw D 8 {G. Kittel) (1v,1.22) 336

de ( &.xol}, 1tlcr·ni;, Rom. ro,17 ). Se il conto che uno solo è l'autore degli At-
Myoc; i;ou i>Eou non è detto e annun- ti e del Vangelo di Luca); il prologo,
ziato, è impossibile che venga accolto infatti, rispecchia la situazione di Luca
(ÒÉXEcrl7oc~), una vita cristiana è impen- e di Teofilo, cioè del tempo apostolico,
sabile. Ogni teologia e speculazione cri- che è lo stesso descritto negli Atti. L'o-
stiana trova la sua norma ('t'1}v M'<pti. pera dell'evangelista, che raccoglie le
À.w:x.v) ne1la fedele ripetizione dell'even- tradizioni su Gesù e compone un van-
to, della 'parola' rivolta· e detta da Dio gelo, è annuncio della parola, compi-
nell'evento stesso (Lc.1 1 1-4; cfr. Tit.r, mento del mandato di predicarla (x.1}-
9: xa:tèt. i;l)v &8ocxi)v ). pv~ov 't'Ò\I Myov, dr. 2 Tim.4,2), che
gli è stato affidato. Nei vangeli il ter-
8. La 'parola' nella narrazione mine À.6yoc; è usato in due maniere:
sinottica di G esù
anzitutto, le narrazioni evangeliche lo
a) La ricerca che abbiam fatto ci ha applicano, carico di tutte le sue deter-
dato un quadro in sostanza unitario del- minazioni, all'opera di Gesù; in secon-
l'uso e contenuto del concetto di )...6yoc; do luogo, viene messo in bocca a Gesù
negli scritti cristiani primitivi, escluso stesso.
il gruppo giovanneo da una parte e, b) Che Gesù è 1 annunciatore' della
dall'altra, la tradizione sinottica. Que- 'parola', è detto due volte in Mc., una
sti due settori esigono uno studio spe- in Le., una negli Atti. Mc.2,2: xr.tì. l.TV-
ciale. v1Jxi>'l'JCTOCV 'ltOÀ.À.oL xr.tt ~À.6.À.Et a;Ò't'otc;
In ambedue i casi si tratta - come è 't'Ò\I À.òyov, «molti si raccolsero... e an-
naturale, almeno per ciò che riguarda i nunciava a loro la parola»; Mc. 4,33:
vangeli - del problema del rapporto fra xaì. 't'Otr.tv'ta.tç mxpoc~oÀ.a..'Lç 'ltOÀÀ.r.tt<; É-
il termine 'parola' e la persona di Ge- À.0:.À.Et a..ùi;oi:ç, 't'ÒV Myov, «e con nume-
sù. Il problema non nasce qui. Il dato rose siffatte parabole annunciava loro la
relativo al tempo apostolico era questo: parola»; Lc.5,r: Èy~vE-r:o ÒÈ ÉV 't'c';l "t'ÒV
la otocxovla, 't'OU À.oyou, il «servizio del- èlxÀ.ov Èmxe:t'crlta..t r.tÙ't'éi) xa,t àxovEw
la parola», è testimonianza e messaggio -ròv À.6yov "t'OV iJgoiJ .•., «mentre la folla
di Gesù(~ coll. 321 ss.). La 'parola' è era assiepata attorno a lui e ascoltava
parola di Gesù (~ col. 3 2 3 ). la parola di Dio ... »; Act. ro,36 (Pietro
Il prologo di Luca, menzionando i in casa di Cornelio): i;Òv À.6yov cv à-
«testimoni diretti e i servitori della pa- 'ltéCl'"t'EtÀE\I 't'Ot<; utot'ç 'fo'pa,1}).. EÙocyye:-
rola» ( a..Ò't'o1t't'O..~ xo..t U'lt'TJPÉ"t'cu i;ou M- À.t~Ò[J,EVoc; e:tpljvl')v otà 'l71crov XptO''t'OU,
you, r, 2; ~ col. 322), corrisponde e- «la parola che inviò ai figli d'Israele,
sattamente all'uso degli Atti e di Pao- dando il lieto annuncio della pace ad
lo. Nessuna meraviglia (anche tenendo opera di Gesù Cristo». In questi ver-
337 (1v,122} Àlyw D 9 (G. Kittel} (1v,123) 338

setti 201 il termine 'parola' è applicato ÀELV, cioè di dire ciò che ha visto e udi-
aJl'annuncio di Gesù, come già lo era to; nel suo À.a.ÀEL\I egli ritrasmette la
stato al messaggio degli apostoli. Gesù 'parola'. Ma la parola recata da Gesù non
'dice' la parola, ovvero la parola è det- consiste nel solo À.OCÀEL\I, bensl anche
ta da Gesù. L'applicazione a Gesù e nell'azione; anche la purificazione di leb-
agli apostoli è talmente simile, da muo- brosi (ÀE'Ttpot :iux:i}apl~ov-.cu), ad es., per
vere a meraviglia. L'assoluta libertà con l'evangelista è 'parola'. Essa vien per-
cui gli Atti e Paolo fanno coincidere la cepita, come mostra l'ambasciata del
predicazione apostolica· e l'annuncio del- Battista, non solo con l'udito (àxovEL\I)
la parola mostra che, anche sul piano ma· anche con la vista (p'M'ltEL'V, Mt.
statistico, tra l'una e l'altro non vi è I I ,4). Cosl, forse, si può spiegare per-

una chiara differenza. Ma per quanto ché la formula Àa.ÀEL\I 'tÒ\I Myov, cosl
l'espressione si trovi talvolta applicata frequente negli Atti, non si trovi se
a Gesù, tuttavia gli evangelisti lasciano non raramente nelle narrazioni su Ge-
intendere che essa designa la totalità sù. Inoltre, nei sinottici non si trova
della missione e della comparsa di Ge- espressamente la designazione giovan-
sù con ben altra chiarezza che non il nea di Gesù come 'la parola'. Ma è
compito degli apostoli. L'espressione, chiaro che anche i tre primi evangeli-
specialmente se letta con gli occhi del sti - e proprio nella caratteristica riser-
tempo apostolico - cosa inevitabile, da- vatezza nell'uso di )..6yo<; - sono co-
ta la continuità del Vangelo di Luca e de- scienti di quel dato di fatto del qu!\Le
gli Atti, per un lettore quale era Teofi- l'uso giovanneo vuol dare testimonian-
lo - nasconde un pericolo: quello di za.
credere che la missione di Gesù vada 9. 'La parola' sulla bocca di Gesù
presentata come l'incarico di trasmet- nei sinottici
tere oralmente la predicazione ricevuta a) ò Myo<; nelle parole di Gesù con-
da Dio. Tale equivoco potrebbe fare di servate dalla tradizione ricorre di rado.
Gesù un semplice 'maestro' o 'profeta'. Tolta l'interpretazione della parabola
Forse non a caso proprio Matteo evita del seminatore, comune ai sinottici, non
l'uso della formula in questo senso; per si incontra che in altri due passi di Lu-
il giudeo-cristiano è particolarmente ne- ca. In 8,21, nel logion sui suoi veri pa-
cessario cautelarsi contro l'equivoco di renti: µ:rrnlP µov xocl aOEÀcpol µov où-
fare di Gesù un predicatore e un rabbi. -çol EtoW ol 'tÒ\I ì..6yov i;ou tlEoO <ixou-
Il 'messaggero' ha il compito di Àoc- ovi;Eç xa.t 'TtOtOU'V'tE<;, «madre e fratelli

201 Non toccano la nostra questione altri passi, KLOSTERMANN1 Mk., ad l.); 8,32 (~ n. 189).
come Mc.z,45 (contrariamente all'opinione di
339 (1v,123) ÀÉyw D 9 (G. Kittel) (IV,123) 340

miei sono costoro, che ascoltano e fan- I. che l'espressione cXXOVEW 'tOV ì..éyo\I

no la parola di Dim>; (in Mc. 3, 35 e era familiare all'evangelista e ai suoi


nel par. Mt. 12,50 la frase assume la lettori, come mostrano gli Atti, e che
forma seguente: ...oc; [ OCT'ttc; yàp] a:v 2. essa gli sembrava rendere assai bene

'JtOtl)O'n 'tÒ th:À:riµa. 'tOV i}EoV [ •OV 'Jtll,- quello che Gesù aveva verosimilmente
'tpéc; µou 'tOV È.V oùpavo~ç], «chiunque detto e inteso parlando aramaico. Dai
fa la volontà di Dio [del Padre mio che due passi di Luca non si può dunque
sta nei cieli]»). Le. rx ,28 è il solo che concludere storicamente che Gesù ab-
riferisce la risposta di Gesù alla donna bia realmente adoperato il termine per
che lodava sua madre: µEvovv µaxri- designare la sua predicazione.
ptot ot à.xovoV'tEç -ròv À.6yov -ço\i ilEou b) Diverso sembra il caso dell'inter-
xaL cpuÀao-CToV'tE<;, «anzi, beati quelli pretazione della parabola del seminato-
che ascoltano la parola di Dio e la cu- re, nella quale tutt'e tre i sinottici usa-
stodiscono». no l'espressione più d'una volta (Mt.
Questo secondo passo non ha paralle- 13,18-23; Mc.4,13-20; Lc.8,n-15). È
li negli altri sinottici. L'espressione di ovvio che il termine non va contato
Mc. 3,35 e Mt.12,50 («fare la volontà di tante volte quante materialmente ricor-
Dio»), che richiama quella di Le. 8,21 re, ma vale per una singola presenza
(<'udire .e fare la parola di Dio»), ci fa nell'ambito di ciascun vangelo 202 • Nella
cauti nel trarre dai due passi lucani con- tradizione che va al di là di Le. si re·
clusioni troppo larghe. Non che si deb- gistra dunque questa sola presenza del
ba setiamente mettete in dubbio la sto- tetmine. Ma il problema dell'autentici-
ricità delle due frasi; si deve però am- tà in questo caso è aggravato dalla ben
mettere che la tradizione non offre al- nota questione dell'interpretazione, con
cuna garanzia che Gesù nei due casi ab- il suo carattere allegorico. Si tenga pre-
bia realmente usato il termine aramaico sente l. che solo in questo passo Mc. e
ccrrispondente a 'parola di Dio', piutto- Mt. mettono il termine ò Myoç sulle
sto che a 'volontà di Dio'. La probabili- labbra di Gesù, e 2. che questo avviene
tà che nei due passi il termine 'parola di nel contesto dì una diffusa interpreta-
Dio' sia stato inserito da Luca nel lo- zione allegorizzante, quale non viene
gion di Gesù prende spicco se si pensa mai attribuita a Gesù. Così stando le

202 All'inizio del!' interpretazione, invece dcl sopra --)> coli. 321; 3n s.). Non è invece da
semplice -.òv Myov di Mc. (v. 14), Mt. ha -.òv escludere che l'':!spressionc di Mt. - posta sche-
o
Myov "tfjç, ~a<nXElaç, (v. 19), Le. Myoç -.ov maticamente all'inizio dell'interpretazione a
~Eoii (v. n). Quest'ultima espressione· per Lu- commento del -.òv Myov senza attributi che
ca non è sostanzialmente diversa dall'altra, CO· ritorna spesso in seguito - si giustifichi allo
me si deduce dall'accostamento delle formule o
stesso modo dell'assenza di Xii-(Oç nel rac-
negli Atti (di tale aççostamento si è parlato conto di Mt. (-Holl. 337 s.).
34i: (1v,123) Myw D 9 (G. Kittel) . (1v,124) 342

cose, si deve dire che è quanto meno qualsiasi 'parola di Dio', né di un con-
sommamente incerto che qui si abbia cetto generico ed astratto della parola
un ipsissimum verbum di Gesù; piut- stessa, ma della concreta 'parola' por-
tosto, paL· di avvertire anche qui l'eco tata da Gesù. Anche questa, tuttavia,
di un uso linguistico già acquisito nella non si riduce all'insieme delle massime
comunità apostolica; tanto più che i sin- da lui pronunciate, bensl è il Cristo,
goli tratti dell'interpretazione trovano in quanto 'parola' che viene accolta.
riscontro nelle esperienze della primiti- c) Dunque, H caso della 'parola' è co-
va cristianità, quali sono attestate nel- me quello di EÙayyÉÀLov: «se si tratti
la letteratura apostolica. di un termine autentico di Gesù o del-
la comunità, è una questione seconda-
«Satana impedisce il corso della pa-
rola (r Thess.2,18; 3,5; 2 Cor.u,3); la tia» (~ III, coll. 1079 s.). Il problema
parola viene 'accolta', cioè ricevuta nel è piuttosto questo: posto che la inter-
cuore (I Thess.1,6; 2,13; 2 Cor.II,4), pretazione della parabola sia opera del-
e questo comporta gioia (r Thess.x,6;
Act.8,8; I6,34); la persecuzione si sca- la 'comunità', rende o no l'intenzione
tena a causa della parola (rThess. r,6; con cui Gesù ha proposto la parabola?·
Phil.1,7; Philm.13; 2 Tim.r,8; 2,9)»2()3. il termine 'parola', attribuito a Gesù,
Quel che è certo è che anche solo è o non è nella linea di quanto Gesù ha
per questi motivi non è sicuro, e nem- inteso affermare? La questione va dun-
meno probabile, che Gesù stesso abbia que a coincidere con que!Ia della co-
adoperato il preciso termine 'la parola'. scienza che Gesù aveva della sua mes-
Ma con ciò non si dice ancora se l' e- sianità e della sua autorità. Ciò che si
nunciato sia valido o meno, se sia giu- propone di dire intorno a Gesù l'inter-
sto o no. Ciò che propriamente conta pretazione della parabola con l'uso del
in questa interpretazione della parabo- termine 'la parola' non si scosta da ciò
la, non è stabilire se nei singoli trat- che sta alla base di rutta la tradizione su
ti essa dia o no l'unica interpretazione Gesù; essa vuol ribadirne l'autorità,
possibile 204; conta invece rilevare come quale si esprime nelle parole Èyw oÈ
essa dica che il seminatore è Gesù, il ÀÉyw ùµ~v, «ma io vi dico» (Mt.5,22
quale sparge 'la parola della ~acnÀElo:.', ss.), nelle invettive contro le città (Mt.
il ').hyo<; 't'oli ìlEOu', e ne esige il frutto, r x,20 ss. ), nel messaggio al Battista (Mt.
cioè una decisione. Senza dubbio, l' in- 11,4ss.), nell''autorità' della parola e
terpretazione non intende parlare di una del gesto sul paralitico (Mt.9,5 ss. ).

zru J. ScHNIRWIND: N.T. Deutsch 11 (I937) 75 prio esser paragonati a Satana, non alle cure
s., a Mc.4,15 ss. e sofferenze del mondo, e le spine all'indolen·
zot Cfr., ad es., Jou. Wmss, Schr. N.T. 1 II3 za e all'autosufficienza? La rispondenza sa.:eb-
1

s.: «Perché gli uccelli del cielo dovevano pro- be stata ugualmente soddisfacente».
343 (IV,124) ÀÉyw D 10 (G. Kittel) (1v,125) 344

Tutto ciò non prova, certo, l'auten. il regno sarà dato alla bestia &xpL 't'E·
ticità del singolo termine, ma mostra ÀE<rl>'1}crov-.aL ol À6yo1 -rov i>eou, «fin-
che Luca (e l'interpretazione sinottica tanto che siano compiute le parole di
della parabola) legittimamente ha mes· Dio»; cfr. 10,7: xa.t he)..foi)ri 't"Ò µv-
so in bocca a Gesù il termine 'la paro· CT"C'1}p1ov 't"OU ikou, wc; EÙ'f)yyEÀ.LCTEV 't'OÙç
la', già ben definito. Ec:tV"C'OU oouÀouc; "C'OÙç 'ltpocpi}.-~, «fu
compiuto il mistero di Dio, come ave-
ro. À6yoç/">..6yot ("t"ou ikou) va annunziato ai suoi servi, i profeti».
nell'Apocalisse Le 'parole di Dio' sono dunque le pro-
a) Il carattere autentico, non soltan- messe fatte per mezzo dei profeti.
to letterario, dell'Apocalisse, si riflette b) L'uso del singolare o Àéyoc; -rou
nel termine ot Myot, che vi è domi· i>Eou nell'Apocalisse è limitato - a pre·
nante e frequente, specialmente verso scindere da l 9, r 3 - a un determinato
l'inizio e verso la fine: À.éyot "t"fjç 1tpo- gruppo di espressioni, in cui è messo
q>T)'t'Ela.ç {r ,3), 'tOU P~~Àlou -rov'tou (22, in rapporto con ....+ µa.p'tupla., testimo-
9 ), 'tfjç 7tp0Cf1T)'te:la.c; 't'OU ~L~Àlou 'tOU- nianza. Tali espressioni riguardano an-
"C'OV {22,7.10.18), 'tOU P•PMou -rfjç 1tpo- zitutto lo stesso veggente: oc; ȵap't'u-
q>l)'t'efac; 't'aihric; ( 22, l 9), ov't'ot oi À.6· p11rnv 't'Ò\I Myov -çou i)Eoi.i xa.t 't'TJV
yot mcr-c:ot xcx.L aÀT)Ì)tvol (Elaw) 205 (21 , µap-ruplav 'I11crou Xpt<T't'ou ( r,2); il
5; 22,6). In questo gruppo di termini, veggente era stato nell'isola di Patmos
che indicano il contenuto generale del- OLtZ -ròv Myov -rov i}eou xat 't'TJ\I µap-
l'Apocalisse, non si trova l'espressione -rupla\I 'l'f)<Tov, «a causa della parola
'parola di Dio' 206 • di Dio e della testimonianza di Gesù»
Il plurale oi À.6yo1 't"OV i}Eoti è usato (r,9). In secondo luogo, si tratta di e-
due volte. Nel primo caso (19,9) è in spressioni riguardanti i martiri, che so·
connessione con la promessa di beati- no stati uccisi otà. 't'Òv Àéyov -.ou i)Eoi.i
tudine per coloro che sono stati invitati xat otà. 't''Ì)V µap'tupta.\I fiv Etì(O\l, «a
alla cena nuziale dell'agnello: ov't'ot oi motivo della parola di Dio e della te-
Myot àÀT)i}woì. 't'Ou ikou dcrw, «que- stimonianza di cui erano in possesso»
ste sono le parole veraci di Dio» 207 • Nel ( 6,9 }; essi sono stati decollati Otà. 't"'Ì')V
secondo caso il senso è chiarito dal con- µa.p"C'VpLl'.X.\I 'hj<TOV xa.t otà "C'ÒV Myov
fronto con espressioni parallele; 17,17: •ov ìleou (20,4). Di martiri (che oùx
205 È ovvio che l'inserimento di 't'OU ltEou (in all'intera Apocalisse (HADORN, Apk.186: «in
Q, ecc.) è secondario. tutta questa visione»), né ali' intera pericope
206 Sulla mancanza di soggetto dcl termine Ào-
r7,1-19,8 (LoHMEYER, Apok. r53); altrettanto
yo~, cfr. LoHMEYER, Apok.174. priva di fondamento è l'eliminazione del ge·
2W Non c'è ragione per riferire l'espression:: nitivo 't'OV l}Eou {BousSET, Apok.428).
345. (1v,125) Myw D 10 (G. Kittel) (1v,126) 346

1Jycimicrav 'ti}v IJiuxiJv aù't'wv &xpt Da- tamente non designa il contenuto del-
va'tou' «sprezzarono la loro vita fino a !'Apocalisse con le sue singole «parole
subire la morte») si parla anche in 12, della profezia» (Myo~ 't'l)ç 1tpOq>TJ'tElcx.ç).
1r, dove si dice che hanno vinto l'ac- I martiri, infatti, non sono stati deca-
cusatore, il xa·niywp, &à. 't'Ò octµix. 'toi'.i pitati a motivo di questi À.byo~. In r,2,
ci.pvlov xat 8trl. 'tÒ\I Myov -.'ijc; µap'tv- come è dimostrato dalle parole l:l<ra Er-
plaç aù-.wv, «grazie al sangue dell' a- 8e:v, «quanto egli vide», è indicato, sì, il
gnello e alla parola della loro testitno- rapporto con il contenuto del libro, ma
manza». non nel senso che ciò che il veggente 'ha
visto' - il Myoç -cou ì1i::ou e la µap-cuplcx.
Confrontando i vati passi si può ri-
spondere a diversi problemi elìegetici. 'l'Y}&ov Xptcr-.ov - sia qualcosa di nuovo,
I passi di 6,9 e 20 1 4 mostrano, come offerto per la prima volta; si vuol dire,
indicano le parole otà. -.òv Myov -toi'.i invece, che entrambi - il À.oyoc; e la µap-
l}Eou xat 't'i}V µap'tuplav ('lricrou ), che
è per queste realtà che si soffrono per- -cuplix. - sono indipendenti da ciò che
secuzioni e ingiustizie. Perciò gli inter~ accade a Giovanni, ma ora appaiono vi-
preti devono abbandonare le 'ingenue' sibili, come altrove appaiono in altre
motivazioni del soggiorno a Patmos, co-
forme dell' loE~v. Ambedue sono realtà
me la ricerca di solitudine, l'attività
missionaria, un soggiorno occasionale~. preesistenti, che possono presentarsi nel-
Il genitivo di µap-.vplix. 'li]crou, a causa la forma della predicazione apostolica,
della preposizione otci che è comune al- nella forma della testimonianza dei mar-
le due espressioni, si deve intendere co-
me genitivo soggettivo, al pari di atµa tiri dati a morte, nella forma della 'vi-
'tou cipvlov, «sangue dell'agnello» (12, sìone' di Giovanni. Quello che si pre-
r r ): «la testimonianza di Gesù» (non senta è sempre il À.6yoc; .-ou ikov e la
su Gesù) 209 • Lo stesso si deduce dal pa-
rallelismo con Myoç 't'OU ltEou: «La pa- µap-tvploc 'l'Y}a'ou. Ciò che il Signore
rola pronunciata da Dio e la testimo- celeste comunica in Apoc. r ss. non è
nianza resa da Gesù», come dalla desi- dunque da considerarsi o da valutarsi
gnazione di Gesti, in r ,5 : ò µapi:vç o per se stesso, indipendentemente da ciò
mcr't'oç, · «il testimone fedele}>. Questa
'testimonianza di Gesù' è la 'testimo- che lo precede. Credere questo, sarebbe
nianza che essi possiedono' ( 6,9 ), la 'lo- lo stesso che ridurre anche le più belle
ro testimonianza' ( r 2, II) zio.
frasi del libro a pure fantasie e fanati-
In queste frasi, ben distinte dalle ~1- smi apocalittici. La comunicazione del
tre a motivo del numero · singolare, che Signore fatta in visione a Giovanni non
cosa vuof dir~ ò À.byoç -cou i>Eou? Cer- vuol essere altro che chiarimento, inter-

:iruBoussnr, Apok.192. dc (gXEW) quando il 'lt\IEUµct "tfjc; 1tpOql'l)'tELac;


209 Lutero (x,2): «La testimonianza di Gesù». sigilla e conferma la µap'tvpla; cfr. HAnoRN,
219 Apoc. x9,ro: la p.ttp·tuplo; Tquo\i si possie- Apk. x86.
347 (1v,u6) ì..éyw D u (G. Kittel)

pretazione, illuminazione di quel 'Myoc; espressioni cristiane primitive sul Myoc;


detto da Dio, di quella µo:.p-.uplo:. for- 'tOV il"Eoù; in secondo luogo, ha il suo
nita da Gesù, della realtà donata ai cri- carattere quale parte della primitiva con-
stiani. cezione cristiana del Cristo.
A questo gruppo di espressioni circa 1 I. Gesù Cristo, -: : ·.,,- , "S : ·: ~~' -. -2 -
quel che è dato alla comunità apparten- _,. il Àbyoc; 't'OV iJEou
gono, naturalmente, Apoc.3,8: È'tTJPTJ-
<Tac; µou -i:òv Myov, «hai custodito la a) L'uso del termine Myoç esamina-
mia parola», e 3,ro: o't"~ h1Jp1J<To:.c; 't'ÒV to fìn qui nel cristianesimo primitivo ri-
ÀOyov 'tfjc; u7toµovfic; µou, «hai custo- flette la convinzione che la predicazio-
dito la parola con cui ti esortavo alla
pazienza». La 'parola; è quella del Cri- ne avvenuta nella persona di Gesù è
sto glorioso, data da custodire alla co- predicazione della 'parola', e che l'ac-
munità. cettazione deUa 'parola' significa fede
La realtà di cui si parla è una sola in Gesù. I 'servi della parola' non so-
o è duplice? Le due espressioni Myoc; no ripetitori di sentenze - non sono dei
't"OU i1Eou e µo:.p-cuplo:. 'Iri<Tou XpLO"'t'OU tannaiti 212 - ma testimoni oculari che
indicano la stessa realtà o due realtà narrano ciò che è realmente accaduto
diverse? Quale sia la mente del veggen- (Lc.r,2; Act.6,2.4; cfr. r,21 ~col.322).
te non si può dire, se non si tien con- Nei sinottici si rifletteva l'idea che l'ap-
to di 19.. 13, un passo singolare ma con· plicazione del termine o Myoc; al À.cx;-
nesso con tutto il resto. La descrizione À.E~V di Gesù, se pur non è del tutto
della .comparsa escatologica del Cristo inesatta, non corrisponde però piena-
·' culmina nelle parole: xo:.t ;J~).:~~~i mente a ciò che si deve dire (~ coli.
't'Ò ovo1.lu a.1hov ò Myoc; -rov i1Eov, «e 337 s.). L'interpretazione della parabo-
il suo nome si chiama 'La parola di la del seminatore - sia essa di Gesù
Dio'» 211 • Questa espressione sarebbe to- oppure no - esprime certamente la con-
talmente fraintesa, se la si ponesse al vinzione che il 'seme', cioè la 'parola',
di fuori del quadro generale del N.T.; è l'evento del Cristo presente in Gesù
anzitutto, essa rientra nella serie delle (~ col. 342). Per la Lettera- ai Colos-

211 È del tutto arbitraria - e priva di ogni ba- 212 Ebraico 1nh = aramaico tn': 'ripetere, im·
se nelln tradizione testuale - l'eliminaz'one del parare, insegnare, tramandare'. Donde: mifoa
versetto come interpolazione (BoussET, Apk. :o: ' il materiale della tradizione (da ripetere)',
431: «Ci tro\'iamo, forse, di fronte alla vana Ili Mishna; ta1111ii', plur. ta1mii'tm, è 'colui che
intrusione di un trascrittore, che ha cosl vo· trasmette questo materiale della 'tradizione' (il
luto interpretare il nome sconosciuto»). Inol- tannaita). I 'detti dei padri' (Pirqé Abot) sono
tre, considerare il versetto come un'interpola- l'insieme di queste frnsi, ricordate a memoria
zione toglierebbe a tutto il contesto il suo co- e tramandate nella tradizione: un concetto ben
ronamento essenziale (cosl, giustamente, LOH· lontano, nonostante l'analogia formale, dal cri-
MEYER, Apok.155, e HADORN, Apk.190). stiano 'servo della parola'.
349 (1v,127) >.lrw D rr (C. K'iuel) . (IV,128) JjO

scsi (~ coll. 315; 325) il Myoc; 't'OV c'è stato che 'sì' (vo:t Èv aij't4) yÉyo-
~EOV è il µUCT'tTJptov, una volta nascosto vc.v)». In Gesù Cristo c'è stata la pa·
e ora rivelato «ai suoi santi» (i:oi:c:; &.yl- rola 'sl', cioè Gesù Cristo, nella sua
otc:; aÙ'tOV ). Già da queste formule ri- persona storica, è questa parola 'sì'.
sulterebbe chiaro che il contenuto di Nella stessa linea si trova Apoc.3,14:
questo Myoc; e di questo µucr'ti]ptov 't&&: ÀÉyE~ 6 &.µ'l)v, «queste cose dice
non è altro che il fatto di Cristo, e- l''Amen'»: Cristo è la parola 'amen'.
spresso esplicitamente. nell'apposizione Ambedue i contesti non lasciano luogo
relativa: oc; Ecr'tLV XptCT't"oi; (Col. l,25- a dubbio: colui che dice questa parola
27)213; questo fatto di Cristo è 'la pa- è Dio stesso, nessun altro che Dio. In
rola di Dio', la parola detta da Dio 'ai Apoc.3,14 il genitivo 'tOu ltEou, gramma-
suoi santi'. ticalmente apposizione del terzo mem-
Ma tutte queste espressioni - è im- bro, si riferisce a 't"flc; X'tt<TEWc; e non a
portante notarlo - non derivano da un
• • :, • n ii &.px'l'}; ciò non toglie che tutti i mem-
çoncetto di 'parola'. Intenderle concet-
. · ' .·_.,;-- bri (soprattutto i tre nominativi &.µ'l]v,
tualmente è lo stesso che fraintenderle µ~p'tuç e àpx'I]) nella struttura del ver-
del tutto. Esse nascono e hanno vita setto stiano in rapporto con quell'ap-
solo da ciò che è accaduto, da ciò che posizione logica: cosa, d'altronde, ovvia
è dato nella persona di Gesù. Tutto il secondo il senso della frase. Ad ogni
pensiero di cui è ricco il termine ).6yoc; modo non si dà alcun altro soggetto,
non nasce dal concetto, ma dall'evento, se non appunto il l}Eoc:;, che possa pro-
dalla 'parola' in cui Dio si annuncia. Il nunciare l'àµ'l'}v. In 2 Cor.1,19s. però la
pensiero del tempo apostolico non trae corrispondenza fra le promesse di Dio
origine dal vocabolo inteso concettual- (hcayyEÀlo:i i>Eou) e il 'sì' (val) è cosl
mente ma da un evento reale; lo dimo- evidente, che il w1.l potrebbe anche es-
stra anche il fatto che le espressioni di sere inteso come un vat l}Eov; tanto più
questo genere non sono affatto legate che il seguito (collegato con un ot6)
al termine À6yoc:;. La prova più eviden- proprio a causa di questo 'sì' di Dio
te si trova in 2 Cor. l ,r 9: il Figlio di accaduto in Cristo esorta perentoria-
Dio, Gesù Cristo, proprio quello predi- mente aJl' Ò:.µl)V -.<7> ~Ec7> 1tpÒc; OO~U'J.
cato dagli apostoli - e concretamente Tutti questi enunciati dimostrano che
dai tre nominati, Paolo, Silvano e Ti- la frase «il cui nome è 'la parola di
moteo - «non fu 'sì e no': in lui non Dio'» di Apoc. 19,13 costituisce esclusi-

213 L'aggiunt:i di É\I vµi:\I a <Si; Écr·tw XpLCT't'O<; µE\I (v. 28). Il xa't'ayyÉ).).eL\I in Paolo inclu-
non comporta elevazione spiritualistica del ri· de la 7ta:p0:1ìocn<;; cfr. SCHNIEWCND (~ I, coli.
ferimento al Gesù storico; lo si deduce con 191 s.).
sicurezza dalle parole 8v 'Ì}µe'Lc; XO.'tlJ.Y'(É.).).o•
. i,· . .
3.5.l (1v,128) Myw D n (G. Kittel) (1v,128) 352

vamente un'espressione programmatica, definisce l'evento del N.T. ed è stato in-


come è confermato da tutte le conce- teso come 'compiuto'.
zioni e da tutti gli enunciati della co- Ma vi è una seconda circostanza, che
munità primitiva. emerge qui una volta di più, ed è che
b) Ma anche questo dato di fatto per tutta ]a comunità delle origini que-
non può essere adeguatamente valutato sto fatto non si pone accanto alla per-
se non lo si inserisce in un contesto più . sona di Gesù Cristo (come una dottri-
vasto. Con l'uso dei vocaboli 'parola' e na da lui annunziata e trasmessa dagli
'parola di Dio' in riferimento all'evento Apostoli), ma è reale soltanto nella sua
neotestamentario si ripete il fatto abba- petsona, nell'evento storico che si com-
stanza frequente, per cui un termine pie con lui, che è lui stesso. E questa
già usato con un certo valore nel lin- non è la 'teologia comunitaria' invalsa
guaggio religioso dell'A.T. e del giudai- nell'età apostolica, bensl, come risulta
smo entra nella lingua del N.T. rinno- dalle molteplici testimonianze di tutta
vato, senza cancellare o rinnegare il suo la tradizione, è la stessa coscienza che
contenuto precedente, ma solo subor- Gesù aveva della propria missione. In
dinandolo al nuovo. I concetti vetero- effetti sia le parole 1j}.,ltov... 'ltÀ."flpWO'aL,
testamentari di x-tl<nc;, È'll'toÀ1), &cdl1}- «son venuto ... per dar compimento»
X'l'J non perdono il loro valore e non (Mt.5,17) quanto l'espressione f.yw oÈ
vengono ripudiati, ma ad essi si con- ÀÉyw uµ!:v, «ma io vi dico» (Mt.5,22
trapJ?one una xawi} X'tlvtc;, ÈV't"OÀ1}, ss.) voglion dire che in lui, nella sua
otct.MptTJ (2 Cor.5,17; Io.I3,34; Lc.22, persona, è presente la Xa.L\llJ È'll't"oÀTj,
20 ), ]a quale si costituisce con l'evento «ii nuovo comandamento». Con le pa-
di Cristo e nella quale gli 'antichi' valori role O">L 't"OV Ì.Epov µE!:s6v ÈO''\L\I WOE,
trovano il loro' compimento'. Ora è vero «ché qui c'è qualcuno maggiore del
che nel N .T. non si trova il nesso xat- tempio» (Mt.12,6), Gesù si riferisce al-
voc; Àoyoc;; tuttavia se ne trova il con- la sua persona, nella quale l'antico va-
cetto: in effetti se l'espressione 'parola lore del tempio, che anch'egli riconosce
di Dio' può essere applicata al messaggio (Mt. 21, 12 ss.), è presente in 'nuova'
neotestamentario, ciò significa di certo guisa. La xawi} 214 ot~lt1)x't} non è pre-
che, parallelamente ai concetti summen- sente con parole, con dottrine, con una
zionati, anche il contenuto della 'parola' teologia, ma nel sangue di Gesù, vale
veterotestamentaria, ossia la 'parola di a dire nell' evento della sua persona,
Dio', è stato recepito nella formula che nella vita vissuta da lui (Mt.26,28 par.).

214 Che l'aggettivo 'nuovo' appartenga o no al de i:>recisamente il pensiero; dr. G. KITTEL,


testo odginario delle parole cli Gesù importa Jesu Worte iiber sein Sterbe11 : Dcutsche Theo·
ben poco, giacché in ogni caso il vocabolo ren- logie 3 (1936) 185 s.
353 (rv,128) À.tyw D n (G. Kittel) _(rv,129) 354

Le parole con le quali egli dichiara il ciò che è manifesto, 'del nome' che si
suo potere assoluto sono le parole di può sapere, e che è ò Myoç -tou itEou.
colui nella persona del quale è presente Non diverso è il significato della spada
il potere assoluto e sovrano di Dio. Il che gli esce dalla bocca215 • L'effetto pro-
kerygma apostolico non fa che prose· dotto negli avversari, secondo la descri-
guire su questa linea (che deriva dal zione del veggente, è l'effetto appunto
modo stesso in cui Gesù intende la pro- di questa 'parola' che agisce nella per-
pria missione) quando _afferma che Ge- sona del Cristo con un vigore irresisti·
sù non solo ha annunziato il termine bile, esercitando un potere sovrano; è
( "tÉÀ.oç) della legge, ma è questo stesso quindi sempre lo stesso nome, che al v.
-cÉÌ..oç (Rom.ro,4); che egli ÉyEvfii)-'ll («è r6 viene parafrasato con {lM~À.EÙç ~a..­
divenuto») <Tocpla, OLXa.LOcrU\11), à.yLa<T- cnMwv xai xvpLoç xuplwv : proprio
µ6ç, à:itoM"t"pW<TLç(r Cor.1,30); che non questa 'parola di Dio' è 're dei re e si-
solo reca un messaggio di pace, ma fcr-cLv gnore dei signori'.
Ti Elp1JvtJ (Eph.2,14). Non è quindi per Anche qui, come sempre, per l'Apo-
nulla diverso, ma anzi corrisponde in calisse non vi è una dicotomia: Gesù
pieno a tutto ciò - a questo nucleo fon- terreno - Cristo escatologico. Allo stesso
damentale del N.T. indicato in modi o modo che nel primo capitolo il perso-
forme sempre nuove - l'enunciato che naggio che viene sulle nubi è presen-
definisce Gesù come colui che non solo tato come colui che taluni criminosa-
reca la parola, ma è 'la parola' in quan- mente Él;ExÉV"tl}crav, «hanno trafitto»
to la incorpora nella sua persona, nel (r,7); come l'agnello che è degno di as-
fatto storico del suo parlare e del suo sumere ogni potere, di sedere sul tro-
fare, della sua presenza concreta, della no e di dimorare sulle nubi non è al-
sua vita. tro che l'agnello sgozzato ( i:ò E.crcpay-
c) In tal modo possiamo dire di µÉvov, 5, 12), così anche nella visione
aver trovato la collocazione teologica del cavaliere sul cavallo bianco (19,II),
di Apoc.19,13. La visione descritta nei la determinazione del personaggio qua-
vv. II-16 fissa i due aspetti di ogni cri- le ò Myoc; -tov tJEou assicura la sua iden-
stologia (ossia di ogni enunciato riguar- tità con Gesù di Nazaret.
dante il Cristo): il riconoscimento del Tutto ciò può avere ormai una confer-
mistero che nessuno può esprimere e ma dalla questione, esaminata sopra (~
del 'nome che nessWlo conosce' ( v. 12 ), col. 346) circa il senso del duplice e-
e di pari passo la conoscenza sicura di nunciato: ò Myoc; 't'ou i>Eou xat Ti µap-

215 Cfr. Bph.6,17; Hebr.4,12; ma si veda già i versi r9,rx-r 6, e quindi anche l'enunciato
Ps.57,5; 64,4; Is.49,2. La ripresB dell'immagi- del v. 13, siano isolati nell'ambito dell'Apo-
ne in Apoc.1,16; 2,16 dimostra quanto poco calisse.
j55 (1v,r29) ì..hw ù u (G. :Kittel)

'tupliz 'Iri<Tou Xpt.o-'tou, «la parola di Dio -coG iJEou, ossia il messaggio di Gesù, di
e la testimonianza di Gesù Cristo» ( 1,2. colui, cioè, che è appunto questa 'parola'
9; 6,9; 20,4; cfr.r2,rr). Se l'affermazio- detta da Dio.
ne dell'Apocalisse sul À.Oyoç 'tou i7Eou si
inserisce, come abbiam detto, nel com- 12 . r Io.I,r ss. 216
plesso dei primitivi enunciati ctistologi- a) Con ciò abbiamo ricostruito, non
ci, per ciò stesso va a collimare con le in tutto ma almeno in certe linee es-
proposizioni concernenti la µa;p'tupla senziali, le premesse storiche dell'uso
'Irio-ou Xpt.O"'tou. Si tratta in reàltà del di Àoyoç come appellativo, quale si ri-
medesimo e fondamentale ufficio di Ge- scontra in r Io.r,r. Il À.éyoc; 'tfjc; swfjç
sù Cristo; egli è: ò µrip'tuc; ò m<l'toc;, «il è quel che l'apostolo ha udito, veduto,
testimone fedele» ( r ,5; 3,r4) che non so- contemplato, palpato. In ben tre ripre-
lo rende, ma costituisce la testimonian- se (ai vv. r,2,3) egli ribadisce la con-
za - proprio nel senso di Io.r,7: i'jÀ- cretezza storica, spaziale e temporale di
i7E\I El<; µap'tuplctv, «venne per render ciò che «si è manifestato» (Écpa.vEpwi71)).
testimonianza»; e 'tÒ ovoµct mhou 6 'M- È quindi fuori discussione che il À.6yoc;
yoc; 'tou i7Eou, «il suo nome è il verbo è la figura storica di Gesù Cristo.
di Dio» (19,13). In quanto parola di
Chiedersi se col 'vedere' e il 'palpa-
Dio, ~gli è testimone e rende testimo- re' si alluda al Gesù storico e terreno o
nianza; si potrebbe addirittura prose- nl Cl'isto risorto potrebbe essere, nel
guire, con Io.x,r8: ÈXEi:voç È!;l'})'lJ<l<J.· concetto dell'autore neotestamentario,
una questione oziosa. Infatti il Risorto
..o, «eglì ce l'ha rivelato». Ma l'aposto- è essenzialmente identico a colui che gli
lo e il martire 'attestano' 'tÒV Àoyov 'tOU apostoli avevano 'veduto' e 'udito' co-
i7Eou xat 'tlJ\I µa.p-cupla.v 'l1)<lou Xpt.- me Gesù di Nazaret, e, d'altro canto,
l'essenza del Gesù terreno e storico ri-
O''tOV ( r ,2) e appunto per cagione di
sulta accreditata dalla luce della Pasqua.
questa testimonianza vengono persegui- Di qui la compenetrazione delle due 'te-
tati e uccisi (6,9): essi fanno esattamen- stimonianze' in Act.x,21 s.
te ciò che è descritto e narrato già ne- Nel suo contatto con questa realtà
gli Atti: 'dicono' (4,31 e passim) e 'an- storica l'apostolo ha non solo 'ascolta-
nunziano' ( r 3 ,5 e passim) -ròv Àoyov to', ma 'veduto' la 'parola'. In altri ter-

2l6 Poiché qui stiamo discorrendo dcl primitivo possibile sostenere l'autenticità del comma gio-
uso cristiano, non possiamo trattare dcl cosid- vanneo, tanto più che il contesto di I Io.5 con-
detto comma giovanneo penetrato nel testo di ferma le prove esterne. Sul che oggi tutti so'
r fo.5,7: ( 't'pEi:ç Elaw ol 1lap-cvpou\l't'E<;) ~v -.i;i no d'accordo» (M. MEINERTZ, Einl. ili das N.
oùpa\I~, ò 'lta.-cfip, ò Myoç xa.L 't'Ò ay~o\I 1tVEU· T.' [r933] 3rr). Cfr. K. KiiNsTLE, Das Com-
µa.. xcd oiho~ o[ 't'PE~<; ~v dcrw. Si tratta di ma Johanneum (1905); E. RIGGI!NBACH, Das
un'interpolazione avvenuta prima clel 400 d.C. Comma Joha11ne11111;:=BF'fh 31 14 (1928).
<'D i fronte ai dati della critica testuale non è
357 ( lV,I 30) ÀÉyw D z2 (G. Kittel) . (1v,r31) JJ8

mini, egli non ha soltanto percepito 'pa- balza evidente dalla struttura anacolu-
role' con le orecchie; giacché non si tica della frase, ma soprattutto dall'uso
tratta soltanto della rivelazione media- del pronome relativo neutro: 8 Ewpcl.-
ta dal Gesù che parla e insegna, bensl xixµEv ecc. Lo scrittore è ancora pie·
dell'evento stesso del Cristo. Ma la sua namente consapevole del paradosso che
missione, come egli proclama con ac- una 'parola' sia 'veduta con gli occhi',
cento quasi enfatico, consiste soltanto 'osservata', 'palpata con le mani' in sen-
nel trasmettere ciò che; ha udito: µa.p- so proprio. Perciò egli evita, non arbi-
't'Upoi:iµEV xa.L à.7tayyÉÀÀ.oµEv {vv. 2 s.} trariamente, l'uso di oc;, corrisponden-
à.va:yyÉÀ.ÀoµEv (v. 5 ). Così egli viene te al maschile ì..6yoc; (e quindi alla per-
a ripetere in sostanza, e usando lo stes- sonificazione che in certo modo esso
so vocabolo À.6yoc;, quella che già nei comporta) e dà così alla frase un'anda-
primissimi tempi era la definizione del- tura spezzata. Si avverte in ciò una si-
l'ufficio apostolico: o~axovla. 'TOV M- cura percezione che, non ad arbitrio,
you, «servizio della parola» (Act.6,4), vale a stornare qualsiasi fraintendimen-
ossia testimonianza (µtip't'uc;, Act.I,22) to in senso mitologico dell'enunciato su
della storia di Gesù di cui l'apostolo è cui verte il discorso dell'autore neote-
stato spettatore (o Èwpaxa.µEv, «quel stamentario.
che abbiamo visto», I Io.1,3 cfr. Aci. b) Sin qui la pericope di I Io.r ss.,
1,21 s.; -> col. 321). Parimenti l'uso in quanto concerne il Àoyoc;, resta sul-
della parola À.6yoc; con la specificazio- la linea delle altre enunciazioni neote-
ne Ti)c; ~wijc; - la quale, come dimo- stamentarie sulla 'parola'; ma essa con-
stra il parallelismo degli enunciati dei tiene pure taluni elementi che non han-
vv. r e 2, implica una equiparazione no riscontro nei testi che abbiamo si-
dei due concetti - non è attestata qui nora esaminato: o Tjv à:n' apxfic; (v. 1)
per la prima volta, ma si trova allo e i)TL<; Tjv 7tpÒc; i:òv mx.'tÉpa (v. 2 ). Se
stesso modo già in Phil.2,16 (Myoc; bisogna riconoscere che all'esegesi del
~wijc;) e Aci.5 , 20 ( 't'à pi)µaTct. "tljc; sw- primo verso della lettera ha nuociuto
i}c; "tct.U't"TJ<;). moltissimo l'esser trattata come un'ap-
Come risulta chiaramente dall'enun- pendice all'interpretazione del prologo
ciato di r Io. r, I, l'equiparazione- tra }.6- del vangelo giovanneo, giacché in tal mo-
yoc; e Gesù Cristo resta di natura pret- do fu lasciato in ombra - quando non ad-
tamente dinamica e non è ancora dive- dirittura misconosciuto - il legame pro-
nuta una personificazione vera e pro- fondo e sostanziale fra I Io.1,1 e il com-
pria, né concettuale né mitica. Siamo plesso delle affermazioni protocristiane
di fronte a una rappresentazione diret- sul Àoyoç, si deve però tener fermo che,
ta della 'parola' schietta e reale. Ciò nell'ambito di queste primitive enuncia-

Ll1rao4e hutto . v~
359 (1v,13r) Myw D 13 (G. Kittel) (IV,132) 360

zioni sul À.6yoc;, I Io. r ,I s. apporta un p1)µa'tel & EOulx&:.c; µoL: 17, 8 e~ n .
elemento nuovo che trova immediata ri- r88); p1)µa:-ca. swfic; a.i.wvlou lxEtc;: 6,
68.
spondenza e svolgimento nel prologo del
quarto vangelo. b) Questi dati lessicali appaiono sin-
golari assai quando si tenga presente
r3. Le note specifiche dell'uso di À.Oyoc;
in lo.I,I SS. l'uso linguistico diffuso negli altri testi
neotestamentari. È ben difficile pensa-
a) L'uso giovanneo di À.Oyoc; è inte-
re che il motivo per cui nel quarto van-
ramente dominato dal carattere che il
gelo si evita l'uso assoluto, di per sé
vocabolo assume nel prologo. Ciò risul-
insospettabile, di Myoc; (quale si trova,
ta da un accertamento negativo, che
per es., negli Atti) in riferimento a Ge-
cioè al di fuori dd prologo À.byoç non
sù, sia lo stesso che abbiamo riscontra-
è mai adoperato con valore assoluto,
to nei sinottici, ossia la riluttanza a far
pregnante, senza specifìcazione 217, il che
apparire il Signore come colui che sol-
fa tanto più meraviglia quanto più l'e-
. tanto 'parla' e trasmette il messaggio,
vangelista usa numerose e svariate lo-
abbassandolo cosi al grado d'un aposto-
cuzioni con À.oyoc;.
lo e~ coll. 336 ss.). Il modo in cui il
ò Myoç 'tOU i}EoO (= AT): ro,35; quarto vangelo riferisce i discorsi di Ge-
'Hcratou: r2,38; ò E.v •«'ii v6µ~ aù-.wv sù e, specialmente nei discorsi di conge-
yEypaµµÉvoç: r5,25; m'rrov (di Dio):
5,38; 8,55; crou (=di Dio): r7,6.r4; do, gli mette in bocca le parole 'io vi ho
·o cr6c; ( = di Dio): r7,q; 'tOV 'lijCTOV: detto', e lo fa parlare della propria mis-
r8,32; a.ù-rou (=di Gesù): 4'4Ii ov sione (~ 1, col. II 84) dimostra che que-
EI1CEv ò 'h1crouc;: 2,22; 4,50; ò Myoc;
oihoc; 8v dm::v: 7,36; ò À.Oyoc; µou: 5, sto problema non sussiste più; tutta la
24; 8,52: r4,23; r5,20; ò ɵoc; : 8,3r. struttura compositiva del vangelo pog-
37.43.5r; !4,24; ov ÉÀ.<iÀ.t}cra: r2,48; gia in alcune parti essenziali sulla per-
ov À.e:À.aÀ:rpw;: r 5, 3; o\.i Éyw ~faov:
fetta unità di azione e parola: l'azione
15,20; 8v à.xove:-.e:: 14, 24; oMyoc;
ol.i'to<; (riferito a Gesù): 6,60; 7,40 è il tema del discorso e il discorso è il
(var.); 2r, 23; oi. À.6yot oihot (sem- commento dell'azione.
pre riferito a Gesù): 7,40 (var.); ro, Piuttosto si potrebbe dire che nel
r9; ot À.éyot µou: 14,24. Cfr. pf\µa (il
singolare non ha tiscontro in Giovan- quarto vangelo rispetto ai sinottici la
ni): -rà pl}µaw. -rov 1lEo0: 3,34; 8,47; situazione si è invettita. Al tempo dei
't'rt ȵà. p'l)µa'ta: 5,47; "tà. p1)µai:6. primi tre vangeli il À.oyoc;, come risulta
µou: I2,47 s.; 15,7; 'tctV'ta. -.à. 1H1µa-
i:a: 8,20; ro,21; ·dx. P'f1µrvra. & Éyw dagli Atti e da Paolo, è il messaggio di
À.e:À.&.À.nxa. (À.Éyw): 6,63; 14,ro; "tà Gesù, e vi è una tendenza innegabile a

217 Che in 7,40 't'ÒV Myov rappresenti una le- -rwv, è fuor di dubbio quando si ponga men-
zione secondaria rispetto a -rwv ì.6ywv -rou- te ai dati della tradizione manoscritta.
361 (1v,132) Uyw D 13 (G. Kittel)

vedere in Gesù colui che non soltanto colui che è la 'parola'. L'appellativo À6-
nei discorsi, ma in tutta la sua epifania yoc; è evitato non per docetismo, ma
terrena dà ed 'è' questa parola. Ma pro- pel' antidocetismo: ossia proprio perché
prio da ciò veniva ai primi evangelisti questo Gesù è il À.6yoç in tutto e per
- soprattutto nell'ambito giudeo-cri- tutto, e non solo parzialmente e occa-
stiano21& - la riluttanza ad applicare a Ge- sionalmente, proprio perché l'assoluta
sù Cristo questa pregnanza, che si an· identità della o-ap!; di Gesù, ossia del-
dava allora formando, del termine )..6. la manifestazione storica di lui con la
yoç come quella che, essendo in fieri e 'parola' eterna, è il primo e più radica-
quindi incompiuta, poteva dar luogo a le presupposto del quarto vangelo. L'at-
malintesi. Ora invece la difiicoltà veni- teggiamento di questo vangelo rispetto
va dalla compiuta e definitiva pregnan- al À6yoc; corrisponde esattamente all'i-
za del termine, attestata dal prologo in nizio di I Io. L' ~O":w{r.1wuEV Èv T}µt:v,
guisa che non ha riscontro nel N. T. «abitò in mezzo a noi», e 1' tl}ecur~i)IX.
Una volta raggiunto l'enunciato del pro- 'tYJV 86!;.a.v a:Ù'tov, «abbiam visto la sua
logo sul À.6yoç, era impossibile un'ap- gloria», di fo.r,14 sono sostanzialmente
plicazione del termine quale si trovava identici a r Io.r,r: o Èika:crtiµEi>a. xocl
ancora in Mc. 2,2; 4,33: «Egli ( = il a:l xet:pec; 1)µwv È\jJ11Àacpria-a.v, «ciò che
Myoc;) diceva loro il À.6yoç». abbiam visto e che le nostre mani han·
c) A ciò si aggiunge però un altro no palpato»; cosl E\I &.pxil e 'ltpòc; 'tÒV
elemento, e questo spiega perché nel 1'E6v in Io. r ,r corrispondono a &:re' àp-
corso del vangelo Gesù non venga mai xilc; e a rcpòc; "CÒV 'ltlX.'tÉpa: di I fo.1,1 s.
chiamato À.6yoç. Le affermazioni sul Mentre però in r Io.1,1 s. il trapasso
Myoç fatte nel prologo sono incentra- dall'uno all' altro momento è soltanto
te nel motivo che traspariva già in par- presupposto, in Io.1,1-18 esso assurge
te da I Io.r,I s., ossia nella preesisten- a tema vero e proprio della pericope 219 •
za. L' ~YÉ\IE't'O di Io.1 ,14 segna il punto d) Con ciò abbiamo sostanzialmente
di trapasso: la 'parola' si fa manifesta· indicato la novità del À.6yoç, quale ap·
zione storica: Gesù. Egli è la 'parola'. pare nel prologo rispetto alle altre e-
E per converso la 'parola' si chiama ora nunciazioni neotestamentarie in propo-
Gt.sù. Tutto il vangelo tratta perciò di sito. Essa non consiste nell'identi.6cazio-

21s Si veda quanto abbiam detto -+ col. 340 372 s.) - già prima del vangelo. Ma tale pos·
a proposito di Matteo. sibilità non può in alcun modo significare una
219 Deriva da ciò una conseguenza importante separazione o una scissione dei due elementi.
per quel che riguarda il rapporto tra il vangelo Dopo quanto abbiam detto è giocoforza am-
e il prologo. Non è improbabile per altre ragio- mettere che In formazione del vangelo non è
ni che il prologo, oppure una fonte del mede- avvenuta senza riguardo al prologo, almeno
simo, sia esistito - in lingua aramaica (-+ coli. per quanto concerne l'uso del vocabolo 'parola'.
Myw D 13 (G. Kittel}

ne della 'parola' con Gesù, se è vero 2,6 ss.; GalAA) e comprende in sé an-
che questa costituisce il nucleo - sem- che il theologoumenon del Cristo media-
pre più distinto ed evidente - di tutte le tore della creazione (I Cor.8,6; Col.I,
affermazioni del N.T. sul À.6yoc; che ab- 16). Tutti questi enunciati non sono
biano carattere pregnante. La novità con- mossi dalla tendenza speculativa a illu-
siste invece nel motivo del À.oyoç-Cristo minare un mistero gnostico, ma voglio-
preesistente (proprio come in r fo.1,1 no soltanto esprimere un dato di fatto
s.) e nel fatto che il trapasso dalla pree- che costituisce lo sfondo del 'I"()o-ouc;
sistenza alla storia acquista un valore Xpt<T't'oç storicamente e concretamen-
tematico (ciò che non ha invece riscon- te manifestato. E se si parla di questa
tro nella r Io.). Se questo è il motivo realtà, è solo per lumeggiare con essa
dominante nel prologo, non è però e- qualcosa che concerne direttamente il
sclusivo di esso. È ben naturale che un fedele, come per esempio l'esigenza mo-
tale motivo qui, all'inizio del vangelo, rale di Phil.2,1 ss. o l'enunciato soterio-
acquisti un rilievo spiccato e tematico. logico di Gal. r, 12 ss. È chiaro quindi
Ma esso si ritrova in tutto il vangelo, che per Paolo la conoscenza della pree-
come risulta non solo da enunciati qua- sistenza di Gesù Cristo comporta una
li 1,30; 6,62; 8,38.58; 17,5, ma anche profondità assai maggiore di quanto po-
dalle ricorrenti espressioni 'esser man- trebbe apparire a chi ponesse mente sol-
dato', 'venire', 'dal cielo' ecc. (3,13.31; tanto alle enunciazioni esplicite.
6,3J'ss. 46. 50 ss.; 8,23.42; 16,28.30 Lo stesso può dirsi anche per altri
ecc.). Anche se l'appellativo di À.Oyoç testi del N.T. e in particolare per le pa-
non è usato per i motivi che abbiam role stesse di Gesù. Il problema non è
detto, pure l'idea della preesistenza del tanto di sapere se e quante volte Gesù
Figlio è uno dei presupposti fondamen- abbia parlato apertamente o allusiva-
tali di tutto il quarto vangelo. mente della sua preesistenza 2zn, quanto
Ma non si può dire che sia stato il piuttosto di stabilire se Gesù potesse
quarto evangelista a porre in luce que- considerarsi 'Figlio' e attribuirsi il tito-
sto tema. In effetti il motivo della pre- lo di Figlio dell'uomo senza avere la con-
esistenza del Cristo è un elemento co- sapevolzza - espressa o meno - della
stitutivo della dottrina di Paolo (Rom. sua preesistenza presso il Padre 221 •
I,4; 8,3; r Cor.10,3 s.; 2 Cor.8,9; Phil. È quindi fuori luogo considerare a

220 Cfr. soprattutto per Lc.ro,18: Orig., princ. di Gesù (cfr. spec. ZAHN, . Lk, ad l.); ma la
1,5,5; orat.26,5; Cels.4,92 . Inoltre J. C. K. v. questione dev'essere seriamente riesaminata.
HoFMANN, Die Hl Schrift N.T's' vm r (1878),
269 s. L'esegesi più recente esclude che il testo 2ll Cfr. G. KITTEL, Jesus Christ11s, Gottes
alluda i1 un evento precedente la vita terrena Soh11 u. tmser Herr ( 1937) r9.
Myw D 14 (G. Kittel)

sé gli enunciati del prologo giovanneo, il Myoç è 1tpòc; 'tÒ\I ri;cx-rÉpcx. Per sco-
i quali si collocano invece nel contesto prire l'origine della teologia di Io.r,r
non pure del quarto vangelo, ma di tut- ss. bisogna dunque ammettere non che
ta la cristologia neotestamentaria. Que- dal convincimento speculativo della pre-
sti enunciati non sono però singolari in esistenza di Gesù sorga la fede in lui,
quanto tali, bensl per due ragioni: pri- bensl che quell'enunciato, in apparenza
ma, perché si trovano a mo' di introdu- speculativo, deriva e prende luce sol-
zione tematica e programmatica all'ini- tanto .dal Gesù storicamente veduto e
zio di un vangelo, ossia di una descri- ascoltato con la disposizione della fede.
zione della vita terrena di Gesù; secon- Per la stessa ragione è assai dubbio
da, perché stanno sotto il segno della che si possa parlare di una personifica-
parola À.éyoc;. zione del À6yoc; a proposito di Io. r ,r.
r4. Può sostenere questa interpretazio-
I4. Interesse e origine ne solo chi, pensando secondo catego-
degli enunciati sul Myoc; rie non bibliche, presuppone una realtà
contenuti nel prologo giovanneo
che può essere personificata e che quin-
a) La mancanza di interesse specula- di può riscontrarsi anche scissa dalla
tivo. Se ci si domanda quale sia l'inte- persona e al di là di essa come pura
resse che muove gli enunciati del pro- idea. Ma il pensiero neotestamentario e
logo, si può dare anzitutto una risposta quindi anche giovanneo non ha alcun
negativa: essere cioè l'affermazione del- interesse primario per una 'ragione co-
la preesistenza di Cristo priva di ogni smica' o per un essere semidivino in-
carattere speculativo. termedio fra l'uomo e Dio, chiamato Lo-
Essa può bensl parere speculativa; gos, che satebbe essenziale descrivere e
eppure non lo è. Certamente non l'ha che - fra l'altro - un giorno si è incar-
intesa in tal modo l'evangelista (a dif- nato in un uomo di questo mondo; e
ferenza della maggior parte dei suoi e- non ha interesse nemmeno per qualche
segeti), giacché per lui tale enunciazio- 'rappresentazione' attinente alla teoria
ne ha senso solo in quanto non procede del messianismo o della Torà e riferita
da una riflessione o dall'idea religioso- a una persona determinata. Il N.T. non
mistica o anche teologica di preesisten- ha un interesse preminente per 'rappre-
za, bensì dall'aver visto (i}dcc:ra.c:ri}cu) la sentazioni' di sorta, anche teologiche,
figura storica di Gesù (r,q; cfr. l,51; ma sempre e soltanto per l'evento della
2, l I, ecc.). Da questa figura storica, e persona di Cristo. Tale evento viene
soltanto da questa, l'evangelista ha trat- collocato nel suo sfondo di eternità e
to la testimonianza e la conoscenza del- viene esplorato nelle sue remote origi-
la figliolanza ab aeterno e del fatto che ni, che in esso si riflettono; ma l'origi-
À.Éyw D r4 (G. Kittel)

ne e lo sfondo in quanto tali, ossia in- za po1ta necessariamente ad ammettei-e


dipendentemente dall'evento accaduto e l'identità della figura storica di Gesù
concreto, non sono in alcun modo og- con la parola creatrice di Dio.
getto di ripensamento e di ricerca; sol-
Che il prologo abbia compiuto tale
tanto se cosl fosse si potrebbe parlare identificazione e l'abbia fatto con som-
a proposito del prologo giovanneo di ma consapevolezza, è dimostrato dal
speculazione teologica su un processo nesso f.v CÌPXTI· Questa determinazio-
ne posta all'inizio di tutto il vangelo si
di personificazione e di incarnazione. può intendere soltanto come una volu-
L'evangelista sa che ò À.6yoc; O'~pt; ·èyf.- ta ripresa 222 delle prime due parole del-
VE"t'O non perché abbia riflettuto sul M- la Bibbia, in Gen. r,r: be,-è'sit =LXX:
yoc; e sulla sua personificazione o abbia EV cXPXTI·
scandagliato qualche enunciazione teo- In questa identificazione sono impli-
logica, ma perché proprio in questa cite, almeno in talune parti essenziali,
crapt; - ossia nella figura storica di Ge- le affermazioni dei primi versi del pro-
sù - egli ha veduto (èi}ewraµEiJa.) la logo. È un fatto che di questa parola
o6l;a., vale a dire quella luce che ema- creatrice può dirsi che «tutto fu fatto
na da uno sfondo di realtà eterna. per mezzo di essa», 'TtcX..V't'!X. 81,' a.Ù"t'OU
b) Il richiamo a Gen.r,r. Il prologo lyb.1e-ro (v.3). Essa è vita (swTi, v. 4),
giovanneo si propone appunto di esplo- e con çiò si viene semplicemente a ri-
rare l'origine di questa luce; a tale sco- badire la verità fissata in Gen.r, che
po ricorre al concetto di À.Oyoc; quale cioè senza la parola di Dio ('Dio dis-
si era venuto determinando nel cristiane- se') non può darsi vita di creatura.
simo primitivo, con l'indicazione della Anche gli enunciati del v. r, in defi-
meta: la 'parola di Dio' pronunciata nitiva, non voglion dire altro se non che
nell'evento di Gesù di Nazaret. Quando questa 'parola' non è mai scindibile da
a tale concetto si associa la questione Dio, ma è sempre e soltanto 'parola di
della preesistenza di Gesù Cristo, viene Dio' nel senso più rigoroso. Le formu-
spontaneo il richiamo all'inizio della Bib- le che esprimono questo convincimento
bia là dove la creazione è presentata co- («il Logos era presso Dio», xctt é M-
me un processo che si svolge unicamen- yoc; !jv 7tpÒc; 'tÒV il"Eov, «e il Logos era
te in virtù della parola di Dio: «E Dio Dio», xocL ~Eòc; Tjv o Myoc;) rasentano
disse». In altri termini l'intrecciarsi del- certo la personificazione. Il Myoc; è in
la nozione protocristiana di À.oyoc; con qualche modo una realtà che sta di fron-
l'enunciato cristologico della preesisten- te a Dio, che non si può scindere da

222 ~ r, col. 1281 n. 21. La questione se tv to nel passo citato - esser lasciata da parte per-
àpxii sia o no un semitìsmo può - come è det· ché iri-ilevante.
Myw D 14 (G. Kittel) (rv,136) 370

Lui, ma nemmeno si esaurisce in una una trasposizione della dottrina giudai-


sua funzione. La 'parola' è un'entità ca sul Messia, giacché una vera e pro-
pria affermazione della preesistenza del
personale, e ciò non si spiega in alcun Cristo alla maniera di Io.I,r non ha
modo col racconto biblico della creazio- riscontro nella messianologia del giu·
ne. Si può invece spiegare quando si daismo 223 • Allo stesso modo non hanno
fondamento i tentativi di spiegare gli
abbia presente che il pensiero dell'au-
enunciati del prologo concernenti il M-
tore protocristiano non è rivolto alla yoc; per analogia col m~mra' del Tar-
speculazione teorica nemmeno per quan- gum, giacché quest'ultima non è mai
to concerne l'evento della creazione, un'ipostasi personale, bensl una formu-
la sostitutiva del tetragramma 214 •
bensl a una persona, ossia alla persona
di Gesù Cristo, nel quale si è compiu- Le determinazioni del Myoc; fornite
ta quell'incarnazione (cràp!; È.yÉvE-.o) nel prologo giovanneo hanno invece
della 'parola'. La preesistenza del À.6yoç qualche parallelo in almeno quattro con-
è in realtà la preesistenza del Cristo. cezioni diverse: il Myoc:;. ellenistico-
c) Altre connessioni. Queste consi- gnostico, 1' 'uomo' orientale gnostico,
derazioni potrebbero essere sufficienti,
la <:tocplr:t./l;okmd. ellenistico-giudaica, la
Torà del giudaismo palestinese.
se non sapessimo che al tempo e nel
contorno storico in cui fu composto il Non è necessario in questa sede cita-
vangelo giovanneo erano comuni certe re testimonianze particolari: ciò varreb-
be a ripetere quanto altri hanno già
personificazioni, molto spesso accompa-
detto. Qui basterà ricordare che in tut-
gnate da enunciati analoghi a quelli che te quattro le direzioni anzidette i pos-
troviamo nel prologo. Occorre quindi sibili paralleli del À.Oyoç giovanneo so-
esplorare la possibilità di ulteriori ad- no stati largamente esplorati 225 : per il
À.Oyoc; di Filone 226 e della mistica le ri-
dentellati del prologo stesso. cerche sono state svolte da molti, per
es. da W. Bauer 227 ; per la gnosi soprat-
È da escludere anzitutto l'ipotesi che tutto da R. Bultmann 228 ; per l'uomo
gli enunciati del prologo rappresentino s,
primigenio ( 'e no U rmensch) da R.

lli Basterà rimandare alla esaudente ricerca se il mémrii' (come vuole lo HAMP).
dcl BrtLERBECK (STRACK - B1tLERnECK u 333-
2lS Per la critica di questo atteggiamento vedi
352) che ha definitivamente sgombrato il cam-
spcc. -~ BiicHSEL, /oh. ti. der bell. Synkrc-
po da tutte le altre tesi.
lismus, 21 ss.
214 Anche per questo abbiamo la dimostrazio-
ne del BILLERBECK: STRACK-BILLERBECK II 302- m Per gli autori precedenti cfr. spec. ~ HoLTZ-
333; ma vedi già DALMAN, Worte J. I 187 s. e MANN, II 437 SS.
~ MooRE, 41 ss.; -4 BuRKITT, 158 s.; ora an-
217 BAUER, Joh.' 8 ss. con altre indicazioni bi-
che -4 HAMP. Allo stato delle nostre cono-
bliografiche.
scenze è impossibile diie sino a che punto il
mémril debba la sua origine all' influsso del 228 R. BuLTMANN: ZNW 24 (l925), mo ss.;
pensiero alessandrino (BAUER, ]oh.' 7), ma può ora soprattutto nel commento: Dns Joh<11mes-
bene essere che Filone dal canto suo conosccs- eva11gelium (1937/38) 6-15.
371 (IV,136) Myw D r4 (G. Kittel)

Reitzenstein 219 e da H. H . Schaeder 1.lO; fonte del prologo che noi leggiamo; do-
pet la 'Sapienza' da R. Harris 231 e R. ve e come da tale modello sia sorto un
Bultmann 232 ; per la Torà da A. Schlat-
tet m, P. Billerbeckm e K. Bornhau- testo sul À.Oyoç redatto come prologo
ser 235 • di un vangelo è questione che rimarreb-
be comunque aperta.
I paralleli tratti dalle speculazioni
È un fatto invece, come vedremo,
sull'uomo primigenio (Urmensch) e sul-
che il prologo risente delle speculazio-
la pokma non hanno alcuna importan-
ni sulla 'sapienza', ma indirettamente,
za diretta, in quanto, almeno nella_sua
ossia attraverso la 'Torà' (~ col. 380).
forma odierna, il prologo non è in al-
cun modo connesso con siffatte dottri- Con ciò non si vuol dire che sin dal-
l'inizio nel prologo abbia campeggiato
ne. Diversamente si dovrebbe ammet-
il vocabolo greco À.Oyoç. Se il quarto
tere che nel prologo il posto del À.byoç vangelo sia una traduzione dall'aramai-
fosse tenuto in origine da uno di que- co, è un problema che negli ultimi tem-
pi è stato posto varie volte con gran
sti altri concetti e che si trattasse per-
rilievo 238 • Per quanto concerne il van-
ciò di un inno alla sapienza 236 o all'uo- gelo nel suo complesso, sinora tutto
mo primigenio 237 • Ma questa soluzio- starebbe a indicare non tanto una tradu-
ne sarebbe metodologicamente possibile zione diretta («real translatiom>) quan-
to una interpretazione ( «vittual transla-
soltanto se tutte le altte fossero pre- tion» )239• Nel prologo le cose stanno for-
cluse. È· ovvio, d'altra parte, che per se diversamente. I due svarioni di tra-
questa via si approderebbe soltanto a duzione più illuminanti fra quelli alle-
gati nelia discussione sull'otigine ara-
uno stadio preliminare, anteriore nel maica del quarto vangelo si trovano ap-
tempo al quarto vangelo, oppure a una punto nel prologo ( r A 240 ; r ,r 8 241 ); e

:m --? REITZENSTEIN, Zwei religionsgcschichili- 2.l8 ~ BURNEY, The Aramaic Origi11.; C. C.


chc Fragen (r901); Das ma11di:iische Buch ... TORREY, The Aramaic Origill of the Gospel o/
(r9r9); Hell. Myst.; inoltre il discepolo dcl fohn: HThR 16 (r923) 305 ss.; M. GOGUEL :
REITZI!NSTEIN ~ G. P. WETTER. Revue d'Hist. et Philosophie religieuse 3 ( 1923)
Der «Mensch» ... (r926).
2311 .....,) ScHAEDER, 373 - 382; · KrrTEL, Probleme 45 ss.; M. BoR-
231 ~ Nota bibliografica, dove si trovano an- nows, 1'he original Language o/ the Gospel
che altre indicazioni. o/ fohn : JBL 49 (1930), 95 ss.; E. C. CoL-
WELL, The Grcck o/ the Fourth Gospel ( 1931 ).
232--? BuLTMANN, in Gunkel-Festschrift n, r ss.
2.19 Cfr. la distinzione e la cauta valutazione
231 SCHLAT'fER, Komm. f oh. 1 ss.; ma vedi già
fatta dal BURNEY, op.cit. 7,126 s.
Sprochc 11. Heimat (~nota bibliografica) 14 ss.
240 Con una luminosa congettura il BURNEY
2l4 STRACK-BILLERBECK II, 353-362.
ha risolto per la prima volta la vecchissima
235 ~ BORNHÌ'ÌUSER, 5 ss. o
crux delle parole finali del v. 3: yÉyovEV Èv
236 Il BULTMANN {~ n. 232) ammette un mo- =
a.1hQ t;wi) -ìjv dahawa' béh fia;;tn = «poiché
dello del prologo nel quale talune cerchie elle- in lui era la vit:i»), op.cit.29; inoltre SCHAE-
nistico-giudaiche avrebbero già collocato il ì..6- DER, op.cii. 312.
yoc; al posto della uoqila. rn Vedi la soluzione altrettanto elegante del
1.37 Cosl ~ S ç HAEDER, 325-24r . ~LO'IO'(E.V~<; fie6c;, sinora mai chiarito ( =ifi;d
373 (IV,137) Myw D 14 (G. Kittel) (lV,137) 374

risolvono con una congettura linguisti- me parola tematica delle sue enuncia-
camente ineccepibile un problema te- zioni. Anche il linguaggio biblico e pro-
stuale ed esegetico rimasto sinora del
tutto oscuro. L'ipotesi di un modello tocristiano offrivano, è vero, all'evan·
aramaico del prologo va quindi presa in gelista questa parola tematica; ma in
seria considerazione. Soltanto, da ciò lui essa prende un rilievo e un'intona-
non bisogna in alcun modo inferire· né
che tale prologo aramaico non fosse zione del tutto nuovi. In proposito si
'giovanneo', ossia non appartenesse al- potrebbe dire, variando l'espressione di
l'autore di tutto il rimanente vangelo242 , r Cor.8,5: W0"1tEp El<rtv i)Eot 1toÀÀot xcx.t
né che avesse un tema diverso, ossia xuptOL 1tOÀÀ.ot - Xet.L Myot 7tOÀÀ.ol...,
precristiano, da quello del nostro prolo-
go - al centro del quale sta evidente- «come vi sono molti dèi e molti signo-
mente Gesù - né infine che non usasse ri, vi sono anche molte 'parole' ... » L'au-
il vocabolo 'parola' - s'intende in un tore presenta il suo À.oyoc;, l'unico ve-
equivalente aramaico - per esprimere il
riferimento a Gesù. ro, il À.6yoc; che era 'all'inizio' e che
d) Il rapporto con le varie specula- non è una elocubrazione su di un im-
zioni sulla 'parola' diffuse nel mondo precisato essere intermedio fra l'uomo
e Dio o la personificazione metafisica di
circostante. Nulla impedisce di credere
un concetto mitico, bensl è la persona
che il prologo abbia risentito delle spe-
manifestatasi in Gesù, e in lui è la 'pa-
culazioni sul À.6yoc; cosl in voga nella
rola'.
cultura del tempo. Nel prologo vengo-
no a confluire i seguenti motivi: r. la Manca però nel prologo qualsiasi no-
intuizione protocristiana del Gesù sto- ta propriamente polemica o apologetica
rico quale 'parola'; 2. la nozione, an- in questo senso, e di ciò va tenuto il
ch'essa protocristiana, della preesisten- giusto conto. Nessuna frase del prologo
za divina ab aeterno del Cristo; 3. il è formulata in vista dei vari À.byot di
richiamo al racconto biblico della paro- quel tempo. Tutte le questioni teoriche
la creatrice avvenuta 'all'inizio'; 4. i mi- e metafisiche della preesistenza che ta-
ti e le teorie sul Myoc; che circolavano li dottrine avrebbero dovuto porre per
nella cultura del tempo. Tale confluen- l'autore, è come non fossero. Se non
za di motivi offre all'autore del prologo sapessimo per altra via della loro esi-
il destro di assumere il vocabolo carat- stenza, ben difficilmente si potrebbero
teristico delle dottrine extrabibliche co- ricavare dal prologo. In realtà l'autore

'lb' : 1. je!Jld 'elaha' =µovoyEviJc, ìleou. 2. ;a{Jd gelo spetta al discepolo del Signore, ossia a
'eliiba' = µovoyEvTjç frE6c,); BURNEY, o.e., 39 s. una persona di madrelingua aramaica vivente
però in area ellenistica; 2. che da 21,1 ss. (spec.
242 Questa considerazione ha due presupposti, 24 s.) si può inferire Ja pubblicazione (anch'es-
che qui possiamo soltanto accennare: r. che sa comunque intesa) della materia tramandata
la paternità, comunque intesa, del quarto van- sotto il nome di quel discepolo.
375 (rv,137) Myw D 15 (G. Kittel) (rv,138) 376

non ha alcun interesse a siffatte que- yÉVE'tO, «la Legge (ossia la Torà) fu da-
stioni e teorie, non ne fa l'oggetto del ta per mezzo di Mosè, la grazia e la
suo discorso, non si dà cura di stornar- verità si ebbe per mezzo di Gesù Cri-
le o confutarle; il suo è veramente, sto». I termini della contrapposizione
quando si pensi a Filone o a un' altra sono già qui abbastanza chiari, giacché
qualsiasi speculazione sul À.oyoe,, un 'l7Jo·ovc, Xpt<r-t6c; è la forma umana as-
«tacito inizio del vangelo» 243 • Solo un sunta dal À.6yoc;. Ma aU' autore preme
dato formale, ossia l'attribuzione del no- collocare in piena luce il riferimento del-
me À.6yoc; a un essere preesistente e per- 1'antitesi al À.6yoc;, e perciò nel formu-
sonale, denota un legame con le teorie larla ricorre alle stesse parole tematiche
che abbiam detto; tutti gli altri elementi con le quali aveva qualificato poco pri-
paralleli sono in realtà indipendenti dal- ma, al v. r4, appunto il Myoc;: 'ltÀ:i}-
le concezioni extrabibliche, sia per il PllC, 244 xapt-roc; xa.t à.À..'T!1}ela.c;, «pieno di
contenuto che per gli interessi da cui grazia e di verità». xci:ptc; e aÀ.1i1}EtC'J. CO·
muovono. stituiscono l'essenza del Àbyoc; (v. 14) e
quindi il contenuto della rivelazione av-
Per un confronto tra le speculazioni
ellenistiche sul Logos e il À.6yoc, del N. venuta in Gesù (v. r7b) che subentra al
T. ~coli. 256 ss. v6µoc; mosaico, alla Torà (v. 17a).
Ai quattro elementi anzidetti che
I 5. I nt~resse e origine del À.6yoc, confluiscono nel prologo se ne deve ag-
quale si presenta nel prologo giungere un quinto. Se il quarto di tali
giovanneo, II: Logos e Torà
clementi, ossia il l'ichiamo ai vari miti
Un discorso ben diverso va fatto cir- sul Mroc; che circolavano nella cultura
ca i rapporti con le questioni sulla To- del tempo, non importa alla sostanza del
rà dibattute nelle cerchie rabbiniche, prologo, tanto più invece è importante
giacché la contrapposizione À.6yoçf'v6- in questo senso il quinto elemento, che
µoc, è menzionata esplicitamente nel abbiamo testé definito. Perciò i paral-
prologo come uno dei suoi temi essen- leli che si posson trarre dalle specula-
ziali. Lo dimostra il parallelismo dei vv. zioni rabbiniche intorno alla Torà so-
14 e 17. Il v. 17 presenta l'antitesi: ò no senza paragone più significativi di
vép.oc; otà. MwuaÉwc, é06ih1, i) xO:ptc, quelli che si possano ricavare dalle teo-
xa.t 1) 1H:Y1i}wx. oià. 'l1J<TOU Xpio--cov É- rie di Filone e di altri sul À.6yoc;. Men-

243 Cosi ~ HIRSCH, Das Vierte Evangelit111J 26, non a 06!;11.v ma ad whov. Ma può anche
106; vedi dello stesso autore la be!Ja esposi- riferirsi regolarmente nel suo caso a ).6yoc;, co·
zione alle pp. 101 ss. me intende lo ScHLATTER, Komm. Joh.27. In
244 Se 'itÀ.'l'i(Yl]ç è indeclinabile, allora va rife- ambo i casi l'essenza del Myoc; è resa <lall'ap·
rito, come sostiene giustamente il BAUER, ]oh. posizione.
377 (1v,r38) MywD l5 (G. Kittel}

tre per l'autore del prologo queste ul- per mezzo suo, che in esso è 1a vita,
time non costituiscono un problema e che esso era la luce degli uomini. I rab-
un oggetto di riscontro polemico, la bini parlavano cosl della Torà 247 , e l'au-
questione del rapporto tra Cristo e la tore del prologo parla cosl del Cristo:
Legge è invece fondamentale per tutto in lui non soltanto è stata trasmessa (È-
il suo vangelo 245 • Il À.6yoc; si è incar- o6ih}), ma è avvenuta (tyéve-ço) l'eter-
nato proprio perché in lui si manife- na 'parola di Dio', la parola della crea-
stasse l'antitesi con la Torà. Ancora una zione, la parola della legge. Egli non è
volta la scelta del voc~bolo À.6yoc; non soltanto il banditore e il promulgatore
è casuale, giacché anche la Torà è 'pa- di una Torà, ma è egli stesso Torà, nuo-
rola'. Nel Ps. n9 dabiir, Jebartm, debii- va Torà. Tutto quello che nel mosai-
rekii (LXX: À6yoc;, À.éyo~. À.6yoc; crou) smo vi era di provvisorio e di indiret-
possono alterarsi continuamente con t6- to è ormai superato. In Gesù Cristo
ra (LXX: v6µoc;, v6µoc;crou: vv. 9.r6.r7: 'avviene' propriamente la parola di
25.28.42.43.49.65.74.89 e passim; vv. Dio: ciò che gli uomini hanno contem-
r8. 29. 34.44. 5r. 53· 55 ·57 .6r. 70. 72. 77· plato (Éi}ea<Taµiii}a) è appunto il conte-
85 e passim). I due vocaboli sono effet- nuto di questa autentica, definitiva e
tivamente intercambiabili(~ col. 283). mrica Torà: xcip~ç xat aÀ:fii}w~.
Nelle discussioni rabbiniche dlbbur, 'il
ÈV apxii: preesistenza della Torà,
detto', è addirittura un termine tec- Pes. b. 54 a Bar.: «Sette cose furono
nico per indicare la promulgazione del- create avanti che fosse creato il mon-
la Legge e i comandamenti 246 • Ora però do, ossia la Torà, la penitenza, il giar-
dino dell'Eden, la Geenna, il trono del-
tutti gli enunciati coi quali il giudaismo la gloria, il santuario, il nome del Mes-
definiva la preesistenza e la sovranità sia». 'ltpÒç "t'Ò\I i}e6v: l'esistenza ab ae-
della Legge vengono concentrati a ragion terno della Torà presso Dio, Midr. Ps.
a 90,3 § r2 (Buber 196 a): «Essa giace-
veduta sul Àoyoc;: che esso era all'ini- va nel grembo di Dio, mentre Dio sede-
zio, che era presso Dio, che era Dio e va sul trono della gloria». i}E.òç -ijv ò
di natura divina, che tutto è stato fatto ).6yoç: la natura divina della Torà, Lev.

245 ~ merito incontestabile delle due opere di 246 LEVY, Wort. 1 374 a.
E. HIRSCH sul vangelo giovanneo (ferme re- 247 Vedi l'ampia raccolta delle singole testimo-
stando le gravi riserve che si debbono avanza- nianze in STRACK-BILLBRDRCK II 353-358; III
re in proposito) l'avere enucleato questo tema u9-I31 e~ v6µot;. Il~ BoRNHXUSER, op.cit.
del quarto vangelo con una penetrazione eh'! 6, ha posto in particolare rilievo il valore di
nessuno prima di lui aveva mostrato; che poi tali contesti col vocabolo da lui coniato di 'to-
egli abbia troppo insistito su questo motivo, ralogia'. Nelle righe che seguono riferiamo sol-
stravolgendolo in senso paolino, nulla toglie nl tanto alcuni degli esempi riportati da STRACK·
merito suo di aver richiamato una verità spes- B1LLERllOCK, a conferma della tesi che andiam'.l
so trascurata. sostenendo.
379 (1v,139) Myio.; (G. Kittel)

r.20,10 a 16,1: «Dio disse: ... mia fi . - si potrebbe dire: ò xciwoc; v6µoç,
glia: questa è la Torà» . miv-ca. ot' a.ù- sempre con riguardo alla 'parola di Dio'
-cou ÉyÉvE'tO: la Torà quale intermedia-
rio e strumento della creazione, Gen. r. che nella persona di Gesù è divenuta
l,1 a 1,1: «Attmverso il primogenito 'carne', ossia storia.
Dio creò il cielo e la terra, e il primoge-
nito non è altro che la Torà». swli: la Le speculazioni sulla aoqilu./pokm/J,
Torà è vita, S.Deut.306a32,2: « ... le predilette dalla letteratura sapienziale del
parole della Torà sono vita per il mon- giudaismo, non hanno alcuna relazione
do». rpwç: la Torà è luceM8 , 4 Esdr.14,20 dil"etta con il Àbyoc; di Io.1,1-18 (~col.
s.: «Il mondo giace nelle tenebre, i suoi 371), ma non è casuale che esse offrano
abitatori sono senza luce perché 1a tua un singolare parallelismo con gli enuncia-
Legge si è consumata». 11:À:l}pTJc,•.. cH:11- ti del prologo251 . Negli scritti rabbinici si
i}Elaç: la Torà è verità, Midr. Ps. a 25, nota una tendenza sempre più accentua-
10 § II (Buber 107 a): «Verità: con ta a identificare la Sapienza con la To-
questa parola si intende la Torà». rà. Gli enunciati veterotestamentari e
Il richiamo alla Torà e la trasposizio- posteriori riguardanti la pokma furono
ne a Gesù dei vari enunciati riguardan- trasposti senz'altro alla Torà. Cfr. già
ti la Torà stessa non si restringono al Ecclus.24,r-22 con 24,23 ss.; Bar.3,15
prologo, ma ritornano spesso nel corso ss. con 4,r 252 • Le parnle di Prov.8,22:
del vangelo; cosl per es. nelle immagini «Jahvé ha creato me (la Sapienza) come
dell'acqua (4,10) 249 e del pane (6,35) 250 • inizio della sua via, come la prima delle
sue opere ormai da gran tempo», sono
Il prologo giovanneo è quindi un'al- allegate come prova della preesistenza
tra testimonianza - e per di più una della Torà in Pes.b. 54 a Bar.; allo stes-
testimonianza di rilievo speciale e pro- so modo Prov.8,30 è citato in Ex.r.30,9
a 22,1.
grammatico - di quel convincimento
fondamentale della cristianità primitiva ·1· Àoytoc;
cui abbiamo accennato dianzi: essere
Il vocabolo, attestato a cominciare da
cioè i valori religiosi tradizionali pre- Pindaro (Pyth.1,r83), ha due significati:
senti in maniera tutta nuova e persona- aì eloquente, abile nel parlare; Plut.,
le nell'evento e nella persona di Gesù Pomp.51(I646e) (opposto di cXCJlW\loc;);
detto di Ermes: Luc. de gallo 2 (À.oytw-
Cristo. Si potrebbe dire, variando l'e-
·m'toç i}Ewv ò:.miv-.wv, «il più eloquen-
spressione di Mt. 12, 6: ecco, qui c'è te di tutti gli dèi» ); apol.2 (6 Àoytoc;).
qualcuno che è da più del tempio - da b) Poiché per i Greci l'elaborazione del
Àbyoç coincideva con lo sviluppo della
più della Torà; e parallelamente alla
scienza e della cultura, Àéytoç può an-
formula eucaristica - Ti xaw·(j otaihix:ri che significare colto, informato, istruito:

24S Cfr. anche Io.8,12; STRACK-BILLERBECK II coll. 154 s.


_521 s. 251) Cfr. STRACK-BILLl1RDECK Il 483.
249 Cfr. STRACK-BILLERBECK 11 433. 435 s. Per
il simbolismo acqua/Torà si può ora confron- 251 Cfr. BuLTMANN, op.cit. (- n. 232).
tare anche l'affresco di Dura raffigurante il pro- 252 STRACK-B1LLERBECK Il 353, dove s i possono
digio delle acque riferito in Ex. 15,-i.7; ~ 111, vedere altre testimonianze.
Myto\I (G. Kittei)

Pind., Nem. 6,51 (opposto di &.oto6c;); patrie»; Ap. 1, 235: -cwv À.oylwv LEp€-
Hdt. 1,1 e passim (l'esperto di storia); wv, «dei dotti sacerdoti>>. Analogamente
Heliodor., Aeth. 4,7: Mytoc; i.a't'p6c:;, Eus., de mart. Palaestinae 11,1 (GCS,
«un medico scientificamente preparato». Schwartz 933,5 ): ì...Oytol -.E xat lotw-
In Filone e Giuseppe prevale il signi- 't'a.t, cfr. hist. eccl.6,r5.
ficato b). L'altra accezione si coglie con
sicurezza solo in un passo di Filone, Nel N.T. ricorre soltanto in Act. 18,24
cher. 116: µLxpò, \16crou 7tp6cpwnc; ou a proposito di Apollo, che vien chia-
't'tJ\I y Àwnav È1t1)pwcrEv, où 't'Ò <T't'6µ.oc mato àvi)p Àbytoc;. Non è possibile sta-
xoci 't'WV 'ltavu Àoylwv à'ltÉppoclfJav; «una
bilire con sicurezza quale dei due signi-
leggera malattia non suole forse paraliz-
zare la lingua e chiudere la bocca anche ficati competa qui al vocabolo. Alcune
ai parlatori più abili?»; in almeno altri delle traduzioni più antiche hanno, è
otto luoghi di Filone si trova certamen- vero, eloquens (cosl le versioni latine;
te, o almeno con ogni probabilità, il si-
gnificato b ), così vit.Mos. 1 ,2: 't'W\I 'ltOC- vedi anche le versioni siriaca e armena),
p' "E)..}:ncn(leg.Gai.237: -r:wv xa.-tò. "t'lJV ma l'aggiunta esplicativa 1 : òuva.'tÒç wv
'EÀ.Àaoa) Àoylwv, «dei sapienti greci»; É\I 't'atc:; ypo:<pai:c; è cosl conforme all'u-
vit.Mos.1,23: Atyult't'LW\I ol À.6yLOt 'ltlX-
pEolowo.v, «i sapienti egiziani traman- so di Mytoc; attestato in Giuseppe, che
davano», ecc. À.6ytoc; è usato in paralle- il significato di dotto appare pet lo me-
lo con <pp6viµoc;, crwcppwv, olxatoc;, 06- no probabile. La maggior parte degli e-
xtµoc; (leg.Gai.142; virt.174; poster.e.
162). In Giuseppe non pare si trovi il segeti è propensa a intendere À.Oytoc; nel
significato a), mentre è frequente il b); senso di 'eloquente' forse per influenza
befl.1,13: Èm't'tµ'l'Jcrcttµ.'ftv IXÙ't'Ò<; OLXa.t· del V. 25 (sÉwv -tQ 'lt\IEUµCY:tL ÉÀ.&.À.Et,
wc; 't'oi:c; 'EU,1Jvwv Àoylotc;, «dal canto
mio potrei giustamente rimproverare «parlava ardente di spirito») e dell'im-
questi sapienti greci»; 6,295: loiw-tai - magine di Apollo che si ricava da r Cor.
À6ytoL (in parallelo con 291: a:rcnpot - 1,12; 3,5s.
LEpoypaµµa't'E'ì:c;); ant.r,175 e 2,75: Al-
yum:lwv ot Àoytw-rn.-tot, «i più colti de-
gli Egiziani»; r7,r49: 'Iouoo:lwv loyiw-
t Myiov 1
'ta'tot xat 1CO'..p ovO""t'LV<U; ÈS'l'JYll"o:t .-wv
1
A. L'uso PRECRISTIANO DI Àoytov
7ta'tplwv v6µwv, «i più colti dei Giu-
dei e i migliori interpreti delle leggi r. Enunciato, detto, soprattutto di

My~oc; Papiar vo11 11mcre11 bcide11 ersten Eva11gelict1:


LrnoELL-ScoTT, PAssow, MouLT.-MILL., PREU- ThStKr (1832), 735-768; ZAHN, Kat1. r 857 ss.,
SCHBN-BAUER3 s.v.; WI!TTSTI!IN, n 578; SCHLAT- II 790 ss.; P. FRINE - J. BEHM, Ei11l. ins NT"
TER, Lk.616; ZAHN, Apostelg-471 n. 80, 669 n. (1936), 46; R. HARRIS, Testimo11ies 1 (1916),
82; E. 0Rrn, Logios (1926). n (1920); B. W. BACON, Studies i11 Matthew
1 Non si vede perché si dovesse <tporre in spe- (1930), 443"451.
ciale risalto la grande conoscenza delle Scrittu- I Sotto il profilo meramente formale vi sono
re, che Apollo possedeva oltre alla Àoyt6'tTJ<;»; tre possibili derivazioni: I. À.6yLo\I è neutro
H. A. W. MEYER, Apostg. '(1870) 412. dell'aggettivo :>..6ytoç; 2. forma derivata con
À.byto\I -tov da Myoç (non diminutivo); 3. la stessa
F. D. ScHLEIERMACHI!R, Ober das Ze11gt1is des formazione con valore diminutivo (cosl il BEN-
À6y~ov (G. Kittel)

una divinità; perciò è quasi sinonimo i no disprezzato le parole del Santo di I-


di xp11oµ6ç, responso oracolare. Hdt.8, sraele»; ljJ I 8, I 5: itO'ov,;a.t elç eùooxla.v
60,3: Èv -.ij 1}µi:v xa.t Àéytév fo·-.L 'tW\/ ,;à À.6yta. -rou 0'1."oµa:t6ç µov, «incon-
F..xt>-pwv xa.M'ltEpìk yEvfo~a.t, «dove è treranno favore i detti della mia bocca»;
stato predetto anche dall'oracolo che sa- ro6,u: 1t~pe7tlxpa.vocv ,;à À.6yta. ,;ou
remo superioti ai nemici»; Eur., Heracl. ileou, «si sono ribellati alle parole di
406: f3É{3'l'}À.a xa.t XExpvµµÉva. À.6yta. Dio». Così À.éytov ,;ou ~eou diventa qua-
'l'ta.À.a.ta, «vecchi oracoli pubblici e oc- si sinonimo di À.6yoç -rou ih:oii, con la
culti»; Aristoph., vesp.800: 8pa. -rò XPil- differenza che À.éytov riproduce per lo
p.a., ,;èt, À.oyt' Wç '7tEpCX.l\IE't't1.L, «guarda più l'ebraico 'emer, 'imra, À.6yoç inve-
come si compiono gli oracoli»; Eustath. ce corrisponde quasi sempre all'ebraico
Thessal., comm. in Il.2,233: -.à À.6yta., dàbiir; ma anche questa non è una rego-
i]youv ot XPTJ<rµol; Philo, spec.leg. r ,3 I 5; la fìssa:Cfr. lfJ 147 ,4(15 ): b IÌ'ltoa',;ÉÀ.À.wv
leg. Gai.uo: -rà. ra.tov À.éyta. (ma in ,,..ò Mytov a.ù,;ou ('imrato) -rti y'ft, Ewç
voluta analogia [ &~tov -ro1hotç IÌ\/'tt- ,;axouç Opa.µE~1."a.L Ò Àéyoç a.ihou (d8 bfi-
iMva.t] coi XPTlO'µOt di Apollo menzio- ro), «colui che invia la sua parola sul-
nati prima); gig-49: À.6yt6v Èa"n -.oiho la terra sinché trascorra veloce il suo
XP1JO'Ì}Èv -rci} '1tpocp1}'t'TI, «questo è un detto», e per converso Wu8,154/x69:
detto comunicato al profeta»; Ios., bell. &à ,;Òv À.oyov O'ov W'imriitkii) ~ijcr6v
6,Ju-313: alternanza tra Èv -roi:ç À.o- µE... xa.,;à ,;Ò Àéyt6'J O'OU (kidbiirkii)
ylotç - É.v ,;oi:ç tepoi:ç ypciµµwnv (Da- O'UVÉ't'LO'OV µE, «con la tua parola vivi-
niele) e XP'l10'µ6ç-À.6ytov (sempre in ri- ficami... dammi intelligenza secondo la
ferimento a Daniele); test. B. 9,1 (e): tua parola». In complesso il 4' n8 è si-
Ò'..'ltÒ Àeylwv 'Evwx -rov otxa.lov, «dalle gnificativo appunto perché attesta in
parole profetiche di Enoch il giusto». larga misura la coesistenza dei due ter-
mini: 24 volte Myo~, 22 volte À.6ytov
2~ Nei LXX }.6ytov è usato in riferi-
(in quattro casi la tradizione manoscrit-
mento alla parola di Dio, talvolta anco- ta è incerta). senza che ad essa si accom-
ra per indicare il responso oracolare, co- pagni una differenza di significato. Inol-
me quello ascoltato da Balaam (Num. tre in questo salmo si trova quasi sem-
24, 4. 16), oppure il singolo detto (Is.
pre, ma non esclusivamente, la forma
28 ,13 ), in qualche caso anche i coman- singolare -rò À.éytov ikou (o crou ), men-
damenti (Deut.33,9); di regola però il tre in altri testi prevale 't'<Ì. Àoyta.
vocabolo indica genericamente la paro-
la o le parole di Dio. Is.5,24: -rò À.6ytov
-rou à.ylou 'IO'pa:qÀ. 7tapwçuva.v, «han- Nella lingua evoluta dei LXX À.6ytov

GEL, ad l. ). La formazione 3 è più recente del- questa fa migliore spiegazione di Mywv; )..6.
la 2 ed è poco probabile per MyLOV atteso il yoc; è una narrazione (di una certa lunghezza),
significato. i.: potrebbe essere soltanto da M- ).oy~ov è la singola espressione (più breve). È
yLoc;, «(buon) narratore» (LIDDELL-ScoTT: «ver- difficile dare indicazioni più precise [DEBRUN-
sato in racconti o novelle»), attestato in Pin- NER].
daro, Erodoto; ma da questa accezione è ben
difficile giungere a quella di 'oracolo'; 2.: il 2 Thuc.218,2: 1tOÀÀà. µÈv À.6yLtx. ÈÀÉye:-.o, itoÀ-
suffisso -LOV sembra avere in qualche caso un Àà oÈ XP'llcrµoMyo~ i'jl.ìov; secondo lo scholio11
valore individualizzante: oixoc;: abitazione - À.oytov sarebbe un responso oracolare in prosa;
otx.lct. (Rom.): singoli appartamenti; µ'l]plO:, XPTJ0'µ6c; un responso in versi. Ma è dubbio
pezzi di coscia; dr. P. CttANTRA!NE, La /orma- che questa distinzione abbia valore oggettivo.
tio11 des 11oms en Grec a11cie11 ( 1933) 59. È Cfr. WET'l'STEIN II 36.
À6yLov (G. Kittel)

perde il carattere di 'responso oracola- e ciò è avvenuto, secondo l'Apostolo,


re', e diviene uno dei termini esprimen- nella storia della salvezza tanto dell'An-
ti l'idea biblica della rivelazione median- tico quanto del N.T. Come egli può di-
te la parola. re che in Gesù è «avvenuto il sl (di
Dio)», cosi è certo che per lui questo
B. )..6yto\I NEL NUOVO TESTAMENTO avvenimento costituisce i À.6yta -.ou
ileo\i non meno degli eventi dell' A.T.
Nel N.T. x. Act.7,38: t8ét;<no À.6yux. Ma la storia della salvezza, tanto vete-
swv-ra, («Mosè) ricevette parole viven- rotestamentaria quanto- neotestamenta-
ti>>, allude evidentemente alla rivelazio- ria, non è avvenuta in un punto qual-
ne veterotestamentaria, soprattutto alla siasi del mondo, bensl è stata affidata
Torà (o decalogo), che Mosè ha ricevu- ( É'ltLO..t'eui}t}O'tx.\I) a Israele. Rom. I 5, 8 7 :
to sul Sinai. Mosè dunque non pronun- À.Éyw yàp Xpt.O""t'ÒV 8tcixovov yeyevi)-
zia di iniziativa sua i À.6yux., ma li rice- altoct 'ltl!pt"t'oµi)c; ... elc; "t'Ò {3e~octwO"at -càc;
ve per tramandarli. In questa tonalità 3 É'ltocyyeÀ.laç -cwv 7ttx.'t'Épwv, «dico infat-
l' enunciato À6yta swv-ta potrebbe ca- ti che Cristo si è fatto ministro dei cir-
ratterizzare la concezione prepaolina di concisi per confermare le promesse fat-
Stefano. te ai padri».
Cfr. Pea;.15b 4 : «Non è una parola 3. Hebr.5,12 parla con tono di biasi-
vana... delle vostre!» (Deut.32,47): se
è vana, è per colpa vostra, perché non mo cli certi credenti che già potrebbero
ve ne date cura. «Ma è la vostra vita» essere maestri, ma per la loro ottusità
(Deut.32,47): quando è la vostra vita? hanno ancora bisogno di chi insegni loro
Quando ve ne date cura.
gli o--cotxe:fo. "i)c; apxijc; -rw\I Àoylwv
2. In Rom.3,2 l'Apostolo accenna ai "t'Ou lteou, «gli elementi primi delle pa-
À.6yta -.ou ile:ou che furono comunicati role cli Dio». Che qui si aUuda a qual-
ai Giudei 5 • È evidente il richiamo an- cosa cli più della rivelazione veterote-
che alle profezie veterotestamentarie; stamentaria è evidente, giacché dal con-
ma non si vede perché il significato del- testo non si comprenderebbe perché es-
l'espressione debba restringersi ad esse 6 • sa sola debba essere nuovamente incul-
Letteralmente -.à À.oyta -tou i>e:ou indi- cata. Può darsi comunque che l'autore
ca soltanto il fatto che Dio ha parlato, pensi anche ad essa e che nell'espressio-

3 È significativo che ben presto sia invalsa la s Vedi per ciò che segue J. Chr. K. v. HoF-
lezione À.6yLa; ittoG l;wv't'ot; (Iren., baer.4,I5, MANN, Die Hl. Schrift NT's m (1868) ad l.;
r: praecepta Dei vivi). Cfr. PREUSCHEN, Apo- ZAHN, Ro111.', ad l.
stelg.42; W. SANDAY-C.H. TURNER, N.T. Sancii 6 Si tratta di un 'puro arbitrio' esegetico, co-
Irenaei (I923 ), IOI. me osserva giustamente ZAHN, Rom> 149.
4 STRACK-BILLERBRCK, II 681. 7 Rimando di ZAHN, Rom3 149·
MyLOV (G. Kittcl)

ne da lui usata siano comprese, come evidente la riluttanza ad affermare che


in Rom.3,2, tanto la rivelazione vetero- il credente pronunzi dei Àé"(LC( ~Eou.
testamentaria quanto la neotestamenta- Egli dice soltanto wc; Myta i7Eov, «qual-
ria 8 • Ma nel contesto della Lettera agli cosa di simile alle parole di Dio».
Ebrei il riferimento principale, se non
Concludendo: nell'ambito dell'uso
l'unico, va certamente alla rivelazione del
neotestamentario di À.oyLov si trovano
Cristo, che Dio H.6J.:rJO'EV 1Jµ~v f.v utc{l
due filoni. Il primo continua l'uso ori-
(r,2). I cristiani ai quali l'autore si rife-
ginario di À.éyLov, che indica il singolo
risce devono essere nuovamente intro-
enunciato di Dio; Act.7,JB: le proposi-
dotti a questi À.6yùx. -cov i)Eoii 9 •
zioni comunicate a Mosé sul Sinai; I
4. I Petr-4,IO s.: il «valente dispen- Petr.4,x x: le parole e le frasi pronun-
satore della grazia di Dio» (xa.À.òç olxo- ciate dal carismatico. Nell'altro filone
v6µoç ... X6:Wt0t; i)EoU) dice, quando par- invece ),,6ytov non si configura più come
la, Wç À.byta. 1>Eov; esattamente nel sen- il 'detto', l' 'enunciato', bensl come l'a-
so in cui egli, come è detto subito do- gire divino che si esplica nella storia
po, esercita il suo servizio in virtù della della salvezza tanto del Nuovo quanto
potenza di Dio e nel senso del v. 14: dell'A.T. che è l'oracolo, la parola di
o-et -cò -.fjç 06~11ç xa.t -cò 't'Oli i)Eou 'Tt\IEU- Dio rivolta al mondo. Rom.3,2: i À.éyta.
µa. È<p' uµ<i.ç &.va.'lta.VE't'ctL, «perché lo che furono dati al giudeo sono, certo,
Spirito della gloria e di Dio riposa su anche i vari enunciati, le varie 'parole'
di voi». Come nell'antica accezione del della Scrittura, le varie 'promesse', ma
vocabolo il veggente che annunzia un non soltanto queste, bensi tutta la sto-
oracolo è colui che dà voce a un À.éyt- ria della salvezza nella quale Dio ha par-
ov, cosl il parlare del carismatico è mos- lato 7toÀuµEpwç xat 1toÀ.u-cp6rcwc;, «di
so dallo Spirito e reca in sé l'impronta frequente e in varie guise» (Hebr.r,r)
dei À.6yta i}Eou. È questo il passo del fino all'evento di Gesù Cristo. L'uso del
N.T. in cui la parola, in conformità con vocabolo risulta però ancor meglio da
tutta la terminologia di I Petr., più si Hebr.5 ,r 2: l'autore non vuol certo dire
avvicina all'uso extrabiblico. Eppure la che i fedeli debbano 'imparare' di nuo-
congiunzione wç, inserita non senza mo- vo, ossia mandare a memoria singole
tivo, indica assai chiaramente come nel- parole o particolari detti della Scrittu-
la coscienza linguistica del primitivo cri- ra, o anche singoli detti di Gesù, bensì
stianesimo 1a parola fosse riservata in che debbono essere nuovamente intro-
modo esclusivo al soggetto divino. È dotti nella storia della salvezza avvenu-

8 O. MrcHEL, Dcr Hebriicrbrie/ (r936) 64 n. 5. 9 Così RIGGl!NBACH, Hbr.'·' 142.


À.6yLOV (G. Kittel) (iv,143) 390

ta in lui, nei À.6yta. -i-ou ilEou da lui im- Già nel caso di I Clem.13,4: -tpɵov-
personati, comprendendo, ovviamente 't ti µou i:à. À.6yLcx. 11, «colui che trema
alle mie parole», è dubbio se si alluda
anche le sue parole, i suoi detti. L'accer- a singole proposizioni di minaccia o
tamento di questa bipolarità nell'uso di non piuttosto al discorso complessivo
À.6ytov ha grande importanza per ciò che di esse è costituito. Lo stesso può
dirsi di r9,1: gli umili dell'A.T. erano
che segue. XIX.'ttx.oeç&.µEVOL -.à. À.6yta. CX.Ù't'OU ÈV cp6-
~cv xa._t à.~11tlel~: «accoglievano le pa-
c. À.6y1ov NELL'USO role d1 lui nel timore e nella verità».
DELLA CHIESA ANTICA Particolarmente chiaro è 62,3: lo scrit-
to è rivolto a uomini che si sono im-
r. Si mantiene l'accezione mersi Etç -.à À6yt<X. -cfiç 'TC(l.tOEla.ç 't'OV
di enunciato singolo i1Eov, «negli enunciati dell'insegnamento
divino», e limpidissimo è 5 3 ,1: voi co-
Si. tr~wa in riferimento a singoli e-
noscete 't'à,(; i.Epà.ç ypa.q>àc; e avete stu-
nun~at1 veterotestamentari ( 2 Clem. r 3,
3 s. ; Iust. apol.32,r4; Eus. hist. eccl. diato .a ~on~o :àÀ.byta. ."'ov tle:ou «gli
enunciati d1 Dio», dove il parallelismo
9,9,7; 10,1,4.7.28), ma anche ai detti
tta 'Sacre Scritture', ed 'enunciati di Dio,
del N.T., soprattutto a quelli del Signo-
mostra quanto poco ormai con À.6yLcx. si
re; Iust., dial.18,r: hElvov (-.ou crw·d)-
poç).•• My1a. (Mt.23); Eus., hist. eccl. indicassero le singole parole di Dio. Sul-
9,7,15: .-cò ~EfoV ~XEtVO À.6ytov (Mt.24,
lo. stessa linea si colloca Clem.Al., stt"om.
I,3_r,~24,2,' dove la ricostituzione degli
24). Il r1fenmento alle parole del Signo-
re distinte dai fatti esteriori della sua scritti dell A.T. ad opera di Esdra è de-
finita ò "t'WV t}EO'TC\IEUO'"tWV à.vcx.yvwptcr-
vit~ ~ chial'issim~ in Iren., haer.r,8,r.
µò~ .xcx.t àvu,xa.wLaµòç À.oylwv, «rico-
Qll1 l xvpta.xà À.oyta. sono paralleli al-
le Tt'a.pa.Bo)..a;I. xvpia.xa.l, e queste a loro gmz10ne e rinnovamento delle parole
volta nella enumerazione stanno accanto ispirate da Dio»; oltre Clero.Al., prott".
IO. 107' I: X<X.À.Òç !Jµvoç "tOU i1EOV à.-
alle PfJO'Etç TtpOq>1)'t'tXa.l e ai À.6yoL à:rto-
M.V<X.'tO<; &vt}pw1toç 01xa.1ouuvn otxo-
O''t'OÀ.txol, e sono nettamente distinti da
't'Ò. Éxi:òç 't'ou IlÀ.T)pwµa.'t'oç, che vengo- òoµovµEvoç, ÈV cI> "t'Ò. À.6ytcx. 'tfic; aÀ.1)-
no trattati in r ,8 ,2. È interessante nota- tldaç Èyxexapcx.xi:<X.t, «un bell' inno a
re come in questo caso 't'Ò. À.6y1a i:ou Dio è un uomo immortale edificato dal-
i1Eou sia la denominazione complessiva la giustizia, nel quale sono state incise
che raggruppa gli enunciati profetici, gli le parole della verità»; Eus., hist. eccl.
apostolici e quelli del Signore. 5,I7,5: 1J Tt'EpL 't'à 1'°E~CX. À.6ytCX. G''ltOU01),
«lo zelo per la parola di Dio», ossia per
2.Inoltre À.Oytov e À.6yta. possono si- la teologia (cosl pure in de martyribus
gnificare non soltanto una pluralità di P_alaestina~ u,2); hist.eccl. 6,23,2: la
rielaborazione dei 1'EtCX. Myta., della
silfatti enunciati ma anche il loro com- Sacra Scrittura (a proposito dei com-
plesso e tutta la t"ivelazione divina del- menti di Origene) 12• Particolarmente in-
l'Antico o N.T. che in esso si concentrn. dicativo è hist. eccl.I0,4,43: (i cedri del

10 MyLa -.oii ltEoii si riferisce evidentemente nione contraria è PREUSCHEN-BAUER', s.v.


11 Citazione di Is.66,2; i LXX hanno Myovi;.
più alle precedenti parole dell'A.T. (v. 2) che
a quelle del Nuovo che seguono (v. 4); di opi- 12 2,13,7: xcx.-.ci. 't~ 'ltap' au'toi:c; ),.6yiov l:':yypa-

n 11rude ?cuito ~vi


391 (IV,143) Mytov (G. Kittel) (1v,144) 392

Libano) wv oùof. -tò i)'e'tov Mytov -.i]v vwv yw6µevot, «coloro che falsano i det-
µvi)µ'l]\I octcE<TLW7t1}<TEV ••• cpc:Wxov, «che ti del Signore, interpretando male ciò
nemmeno la parola di Dio ha passato che fu detto bene)>; cfr. Pseud. lust. ep.
sotto silenzio, dicendo» (segue la cita- ad Zenam et Serenum 2 (ed. J; C. Th. v.
zione di ljJ 103,16). Qui non il singolo Otto III 11 [ r 880] p. 70 ). Già di fron-
enunciato è 't"Ò D'ei:ov À.6ytov, bensl 't"Ò te a questi esempi occorre chiedersi se
i)Ei:ov À.6ytov contiene il singolo detto, qui l'accento batta eflettivaroente sulla
ossia l'enunciato particolare è una par- distorsione e lo svisamento di taluni
te e un elemento della 'parola' di Dio. detti del Signore, o non piuttosto sul
Significativo è anche l'uso del vocabolo travisamento di tutto il suo evangelo. È
nelle epistole pscudoignaziane u; Magn. noto, per esempio, che Ireneo nella sua
9 (Gebhardt-Harnack-Zahn II [1876] praefatio vuole annunziare la lotta non
p.202,13): una citazione di 2Thess.3, solo contro gli Èq>apµo~ov-cEç, -tà Èv-c6ç,
IO e una di Gen.3,19 sono accostate e ma anche contro 't"à. Èx-.òç -coli IIÀ.'l]pw-
concluse 14 con: cprurL -.à À.byta.. Smyrn. (J..IX't"O<;, dr. 1,8,r (alla fine) - 2 (in prin-
3 (ibid. p. 244,28 s.): cprurt yàp 't"à. À.6- cipio) (-Hol. 389). Ciò significa che per
yta (seguono le parole dell'angelo rife- lui -.à. My~a. Kuplou, o xuptocxa, può va-
rite in Act.1,nb). 't"à À.6yta. non indica lere tanto in senso stretto quanto in sen-
la raccolta dei detti, hensl la 'parola' so lato. Parimenti il senso lato della pa-
della Scrittura, ossia la parola pronun- rola può essere almeno implicito in Clem.
ziata da Dio nella Scrittura dell'Antico Al., quis div. salv.3,1: chi vuole aiutare i
e del N .T. ricchi deve mostrare ad essi, con la ne-
cessaria spiegazione dei detti del Signo-
3. Come risulta da questi esempi, nel- re (µe-rtX. -.'ijç 8EOu0"1')ç, È!;t}y1)crewç 'tWV
la chiesa antica permane quell'uso lin- À.oylwv -.ov Kuplou ), che essi hanno an-
guistico molto comune che ahbiam vi- cora speranza. Non si tratta soltanto di
interpretare gli enunciati particolari, ma
sto attestato sia in LXX \fJ n8 sia in
di porre in luce il messaggio complessi-
Hebr. 5,12. Sarà quindi opportuno va- vo che si rivela in essi. Clem. Al., paed.
gliare con gran cautela taluni passi con- 2,10,n3,3, svolge una interpretazione
cernenti i À.6yta. -i;oO Kuplov. allegorica della lunga e variopinta tuni-
ca di Gesù: essa presenta i fiori della
Polyc., ep.7,1: 8ç .B:v µei)o&eun -.à À.o- Sapienza, le molteplici e immarcescibili
yw. 't"OU Kupfov 1CpÒç -.àc, l&lac, Èmiluµl- ypmpaç, -.à Myta. -coli Kuplov, che ri-
aç xa.t À.Éyn µ-fi-.E à:.vau-.rurtv µirn: xpl- splendono dei raggi della verità. Anche
<rtv dvm, «chi stravolge i detti del Si- qui è ben difficile che il riferimento sia
gnore per accomodarli alle proprie con- limitato ai detti del Signore.
cupiscenze e afferma non esservi né re- 4. Un interesse tutto particolare ha
surrezione né giudizio»; Iren., haer. I
praef.r: pa&1.oupyouv-m; -.à À.6yta Kupl- l'uso del vocabolo in Papia (Eus., hist.
ou, È!;,'l'}y'l'}-ra.t xaxot -.wv xaÀ.wç Elp1)µÉ- eccl.3,J9,15 s.). È un uso che ben si in-

<po'.I, «Secondo una scrittura conservata presso è certo che esse appartengono al quarto o quin-
di loro» (i seguaci di Simone). to secolo.
14 Può essere che la formula conclusiva si rìfe-
Il La paternità delle lettere pseudoignaziane risca soltanto alla seconda citazione, Gen.3,19;
non è questione che ci tocchi in questa sede; cfr. ZAHN, Kan. II 792 n. 4.
11.'>..oyoc, (C.. Kittei)

serisce in quello che abbiamo s'i nora ac- Signore è ovvio. Teoricamente si po-
certato. Il titolo dello scritto di Papia: trebbe certo intendere 't~ Àbyia nel
À.oylwv xupia.xwv ~l;'l')y1)'m~ (3,39,r) senso di 'enunciati' e quindi come una
non vuole evidentemente restringerne il raccolta di detti del Signore, alla ma·
contenuto a una raccolta. di detti del Si- ~era, poniamo, dei 'detti dei padri' o
gnore, giacché, a giudicare da quanto ci Clelle raccolte di sentenze proprie della
è pervenuto, esso conteneva ben altro 15 • letteratura sapienziale. Ma è altrettanto
Circa l'origine del Vangelo di Marco, certo e incontestabile che, secondo l'u-
Papia afferma che l'evangelista avrebbe so linguistico sviluppatosi nei LXX, nel
riferito esattamente, ov µ~V"t'OL 't<il;et, N.T. e nella chiesa .antica, è possibile
«non però in ordine», quel che il Si- intendere 'tlÌ À6y~oc net senso di ' 't'CÌ. ù-
gnore aveva detto o fatto (-c-à ùnò -c-ov 1cò 'tou Kuplou il 4xilév'tçi. ~ 1tpa.xlMv-
Kvplov i\ À.exiMv-.a 1\ 'ltpaxlMv-.a.). La -ra, proprio come in Hebr.5,12 17•. Per-
frase integrativa - &;).,.)..' ovx Wo-m:p r;uv- ciò la teoria moderna della fonte dei
'ttXl;w 't'WV xuptlXXWV 'lt0t0U{l€VO<; À.oyl- logia, che sarebbe stata una raccoha dei
wv - non significa ovviamente che Mar- detti del Signore, quale che sia la sua
co abbia tralasciato i 'detti' - giacché validità, non ha alcun diritto di richia-
ha riferito iinche quanto era stato detto marsi alla notizia di Papia sul Vangelo
( 't<Ì. À.exìh:v't'a.), e che l'abbia fatto ov di Matteo.
-.<ii;Ei è detto già nella prima frase -
bensl che egli non ha inteso dare una t <i.À.oyoc,
sistemazione compiuta alla materia del- èi-À.oyoc;, ossia senza À6yo<;. a) senza
la tradizione. Identico è perciò, in defi- Myi::w in senso proprio: senza capaci-
nitiva, il signifi.cato dell'espressione più tà di parlare, muto; Soph., Oed. Col.
r 3 I; Plat., leg. 3 ,696 d; Philo, rer. div.
ampia: «ciò che il Signore aveva detto ber. r 6: laxv6cpwvoc; xa.L BpocovyÀ.wo--
o fatto», e dell'altra più breve: 't'CÌ. xu- o-oc; xat &À.oyoc;, «con voce debole e len-
ptctxà. À.6ytct 16• to a parlare e senza parola»; Ios., beli.
4,r 70: È~ ciyÉÀ:l'}<; ~$wv àMywv ÈÀ,xo-
Abbiamo cosl la chiave per interpre- µÉ\lov ••• ovo_È cpwvl)v 'ttç àcpijxi::v ..., «co-
tnre anche la notizia di Papia sull'origine me quando da un gregge di animali sen-
del Vangelo di Matteo: -cà. My~et aw- za parola sempre il più forte viene tra-
scinato al sacrificio ... e nessuno disse
E't<il;et-co, «mise in ordine i detti». Che motto»; LXX Ex.6,x2: Èyw ÒÈ (Mosè)
i Àéyia, anche senza la specificazione s
&À.oy6c, elµ~, (T.M. 'aral 8 fàtajim). b)
-.ov Kuplov o xvpia.xa, siano quelli del Senza À.oyoc; = senza ragione, motivo,

1s Cft. ZAHN, K(ln. I 860 s. 17 Cosl interpreta anche la versione siriaca, ri-
ferita da Bus., hist. eccl. 3,39,16, la quale rende
16 ZAHN, Ka11. r 859. -tà À.byw. con 'evangelo'.
395 (1v,r45) À.oyLx6ç (G. Kittel)

senso, calcolo; Thuc.6,46; BGU 74,8: t À.oytx6c;


xa.i yÒ:p liv aJ. oyov E~'l'} I, «sarebbe in-
fatti assurdo»; Corp. Herm.I,II; rn,19 a) Attinente al ÀÉyEW, ossia al par-
b. In Filone questo significato è molto lare (Plut., Gaius Marcius 38 [I 232b]:
frequente 2 in corrispondenza con la fre- µÉpE<n À.oytxoi:'ç = organi fonetici). b)
quenza di À6yoç). los., ant. 3 10,262; 17• Appartenente al À.oyoç, alla ragione, ra-
6r. 307; 19,201; bell.1,335; 4,2n; Ap. gionevole. In questa accezione è un ter-
1,15.224.271 (&.À6ywç: ant.I5,17; bel!. mine prediletto della filosofia greca, so-
6,176; Ap. l,92. rn9). LXX Num. 6,12; pl'attutto della Stoa 1• L'uomo è uno ~@­
lob rr,12 (var.); Sap.11,15 (pa~.: &.uv- ov Àoytx6v: Epict., diss.2,9,2; M. Ant.
Vt'toç); 3Mach.5,40; 4Mach.14,14.18;
2,16,6 e passim; Philo, Abr.32. Appar-
Iob 13.4 (Simmaco). tenente alla sfera del Myoc;, della ra-
gione, spirituale; M. Ant.7,55,4: Àoyt-
Nel N .T. il significato b) si trova cer- x'Ì'j xat 'JOepÒ'.. xlv11utc;, «moto spiritua-
tamente in Act. 2 5 ,2 7: IJ.À.oy6'J µ01. oo- le e intellettuale», opp.: cx.lcri)'r}'t'LXT)
xlvtj<Ttc; «moto sensibile». Il vocabolo
xe:i:, «mi sembra irragionevole». Nel ca- non è attestato nei LXX e in Giuseppe,
so di 2 Petr.2,12; Iudae IO: wç ('tà.) mentre si trova nelle preghiere della si-
liÀoya. s4}cx, non è possibile stabilire se nagoga greca (const.ap. 7,34,6 e passim )2.
lo scrittore abbia inteso qualificare gli Nel N.T. manca il significato a). L'ac-
animali come muti o come privi di ra- c~zione di spirituale, soprasensibile è in-
gione, o in entrambi i modi. vece chiaramente attestata in I Petr.2,
2: il Àoytxò'J &ooÀov ~ yci.Àa al qua-
s4}o:. fi)...oycx è un'espressione frequen-
te e ha entrambi i significati; in Ios., le l'uomo rinato anela, il nutrimento
bell-4 1 170 (~col. 394) l'accento batte che non proviene dalla regione dell' al-
sulla mancanza di linguaggio; ma nella <T~"fl't'LX6'J ma del voep6v, da ciò che non
maggioranza dei casi il vocabolo può al-
tresl indicare l'irrazionalità dell'animale4 sta sul piano dei sensi ma del 'llovç o -
(Sap. II, 15; 4 Mach. 14, I4· 18; Philo, per usare i termini corrispondenti del
virt. n7; vit cont. 8; Ios., ant. 10,262; N.T. - non dello t!ivxtx6v ma del 'ltVEV-
Ap.1,262).
µcx.'tLXO\/. Che questa parafrasi ben si ac-

aÀ.oyoç 37 ss.; B. SCHMIDT, Das geistige Gebet (Diss.


I Altri esempi, tratti dai papiri e dalle iscrizio· Bteslau 1916); R. PERDELWITZ, Die Mysterien-
ni, in MouLT.-MILL. 24. religio11 u11d das Problem des I Petr. = RVV
II,3 (19n), 56 ss.; H. W ENSCHKEWITZ, Die
2 LEISEGANG, 82 ss.
Spiritualisierung der Kultusbegrilfe Tempel,
3 Cfr. SCHLATTER, Lk. 645 . Priester u. Opfer im NT: Angelos 4 (1932),
4 Nel greco moderno -.ò uÀ.oyo significa il ca- 70-230, spec. r8oss.; T. ARVEDSON, Das My·
vallo [DEBRUNNER). sterium Christi - Arbeiten und Mitteilungen
aus dem Nt.lichen Seminar zu Uppsala vn
À.oyLx6ç
( r937) 231 s.
ZAHN, Rom.' 536 s. (cfr. n. I2); ScHLATTER,
Rom. 333; LmTzMANN, Rom., exc. a Rom.12, I PREUSCHEN~BAUER1 s.v.
r; REITZENSTEIN, Hell. Myst. '328 s.; O. CA- 2 Cfr. LmTZMANN, loc.cit.; W. BoussBT in:
SEL: Jahrb. fiir Li turgiewissenschaft 4 ( 1924), NGG (r915 ) 467 s.
397 (rv,146) ì..oyLx6t; (G. Kittel)

cordi con il contesto, risulta dal v. 5: x6c; può esprimere la spiritualizzazione


otxoooµEt'<ri)E olxoc; 7tVEVµa .. ~x6c;... à.vc.- della sfera cultuale. Tale è appunto l'uf-
vÉyxcxt. 'ltVEUµcx:nxàc; ?Ncrlcxc;. Questo ficio caratteristico del vocabolo in Rom.
'sacrificio' e questa 'casa' appartenenti I2,I, dove il 'ltapacr·d'jcra.t. "tà O"WµO:."'t"C1,
alla sfera del 'ltVeuµci, sono di certo equi- ùµWv, «l'offrire i vostri corpi», vien qua-
parati al 'latte', che appartiene alla sfe- lificato come l)ucrlct ~Wo'a ù:yla, la quale,
ra del À6yoc;. a sua volta, equivale alla À.oy~x1) À.a.-
Vien fatto comunque di chiedersi per- i;pEla, Vulg.: rationabile obsequium.
ché al v. 2, in riferimento a yaÀoc, l'ag- Anche qui il pensiero è, in sostanza,
gettivo 'ltVEUµa"t"tx6v sia sostituito dal chiarissimo: se avanti Cristo nella w-
sia pur sinonimo ÀoyLxov. La sostitu- afa e nella À.a"t"pElo:. si offrivano i crw-
zione non è certo casuale, quando si µr.r:t"(1, degli animali nelle ecatombi, ora
pensi che l'immagine del latte quale ci- è il corpo del cristiano che viene offerto,
bo religioso appartiene alla terminolo- dato a Dio in proprietà. Tale è la for-
gia sacramentale dei misteri (~ II, coll. ma di À.a-.pEla consona al À.6yoc;, la
347 ss. ) e che Àoytx6c; - come Myoc;, stessa che in I Petr.2,5 è definita con
da cui deriva - è proprio del linguag- l'espressione 7t\IEUµa."CtXC1-Ì l>ucrlo:.L 5•
gio non pure filosofico, ma mistico.
La trasposizione degli elementi cul-
Neil' uso 6loniano di À.oyLxéc; con- tuali nell'ambito etico e spirituale non
fluiscono l'accezione mistica e la stoica 3 , avviene soltanto in Paolo. Nel giudai-
cfr. per es. cher.39; migr. Abr.r85. Nel smo essa è un'eco dell'antica esortazio-
Corpus Hermeticum l'uso mistico è pre- ne profetica: Ps.5x,18 ss.; Os.6,6. Test.
valente; r,3r (Scott r p. r30,22 s.): oÉ- L. 3 ,6: 1tpoa'<pÉpov-m; -céil Kupllfl écrµ:i1v
f;cxt ÀOyLxrtç WCTlm; tiyvrxc; a'ltÒ ~UXfi<; cùwolac; À.oytx'Ì)v (var.: À.oytxi}c;) xa.t
xcxì xapolcxc; 'ltpòc; crf. à.vC1-"CE"'t"aµÉvT}c;, 0:- &va.lµa.x-.ov t>ucrla.v, «offrendo al Signo-
vexÀ.aÀ·l'}"'t"E 4, app'l'}"CE 4, O"LW'ltTI cpwvou- re un profumo soave, un sacrificio ra-
µevc., «accogli i sacrifici puri spirituali, zionale e incruento»; Philo, spec. leg.1,
che ti offre un'anima e un cuore che si 277= na.pà 1lE@ µ1) "t"Ò 7tÀ.fji7oc; 'tWV xa-
protende verso di te, o ineffabile, ine- 't C1.WO(J.ÉVW\I E[\/CXL "tlµt.o\I, aÀ.À.à 'tÒ XC1-·
sprimibile, cui soltanto il silenzio può ilapC.:mx."'t"ov "'t"OV wov"'t"oc; 'ltVEvµa. À.oyL-
dare un nome»; r3,18 (r p. 252,7): 6 x6v, «non aver valore davanti a Dio il
cròc; À6yoc; OL' ȵou ùµver O"É' ot.' ȵov numero delle vittime, bensì la purità
oÉl;aL "'t"Ò 'ltfiV À.oy!{.l À.oyt.xi)v i)ucrlo:.v, dello spirito razionale di chi sacrifica»;
«il tuo logos per mezzo mio ti celebra: S.Deut.41 a II,13 (p. 95, Kittel) : «Hai
tramite mio accogli il tutto in parola co- tu una 'aboda ( = servizio sacrificale) in
me sacrificio spirituale». cuore? ... Questa è la preghiera!. .. Come
il servizio dell'altare (=il sacrificio) è
Risulta da queste citazioni che À.oyL- chiamato 'abOda, cosl anche la preghie-

3 ~ WENSCHKRWITZ, r49.r80. Kl'.WITZ, In.


4 Predicati mistici della divinità, cfr. WENSCH- 5
Cosl ançhç Zi\HN1 Rom.3 5)7 n. q,
399 (rv,146) ÉÙÉyoµm (G. Schrenk)

ra è chiamata 'abOda». Idee analoghe si À.6yoi di Cristo e alla retta (xa:t' eucré-
affacciano nella filosofia, anche nella fi- Beiav) dottrina diventa -vo<Ywv 'ltEpt ~
losofia popolare 6: Sen., _ben.r,6,3; A-
poll. Thyan., de sacrificiis (Eus.,_praep. S'r)'t'TJO'EL<; xa.L 'ì..oyoµaxlaç, «ammalato
ev. 4,13). di vane ricerche e di logomachie». I
Nel caso di Paolo il dato essenziale e due vocaboli non han bisogno di spiega-
caratteristico non è tanto l'innalzamen- zione: l'esortazione che essi esprimono
to nella sfera etica e spirituale dei con- è sulla linea dell'ammonimento, conti-
cetti di sacrificio e di culto, e nemme- nuamente ripetuto nel primitivo cristia-
no la conformità di questo sacrificio nesimo, a guardarsi dai peccati di lingua.
'interiore' all'essenza del Àoyoc; (o 1tVEU- Nell'uso profano, per quanto ci risul-
µa), bensl che questa innovazione av- ta, Àoyoµaxla è scarsamente attestato:
venga 81tX. 'tWV olx'ttpµwv 'tOU 1'Eov in Por.litio, presso Eus., praep.ev.14,ro,
2; nel titolo di una satira menippea di
(Rom.I2, l ), cioè in virtù dell'azione Vanone, in cui la contesa fra stoici ed
misericordiosa compiuta da Dio in Cri- epicurei era chiamata Àoyoµa.xla.; in
sto, che Paolo ha descritto nei capitoli Porfirione ad Hor., sat.2A (ed. A. Hol-
der [1894] 308; cfr. F. Buecheler, Pe-
precedenti. Che lit scelta lessicale di tronii saturae '[I912] 209)1• Ma la scar-
Paolo risenta della terminologia dei mi- sità degli esempi non è naturalmente
steri, è poco probabile (diverso è il ca- un motivo per recare in dubbio che il
vocabolo fosse usato anche altrove.
so di I Petr.2,2); si tratterà piuttosto
come anche in test. L. 3,6 e~ sopra), G.KITTEL

di un uso sbiadito di Àoyix6ç 7 ; la que-


stione ha comunque scarsa importanza,
t ÉxÀÉyoµaL
giacché in ogni caso la conformità del SOMMARIO:

sacrificio al Àbyoc; ha luogo soltanto nel A. Il significato di ÈxÀÉyoµm


1tVEuµa 'I11crov XptO''tou. nel greco comune.
B. L'elezione 11ell'A.T.:
1. la traduzione dell'ebraico nei LXX;
2. bhr e termini affini;
3. b~r nella lingua d'uso;
Il verbo e il sostantivo ricorrono una 4. bf)r come atto di professione religiosa;
5. elezione di singoli uomini da parte
volta ciascuno nelle lettere Pastorali. In
di Jahvé;
2 Tim.2,14 si mette in guardia dal À.o- 6. elezione dd re;
yoµcx.xEi:v, giacché esso non giova a nul- 7. elezione del popolo.
C. tùÉyoµm nei LXX
la e disturba soltanto coloro che ascol-
e nella letteratura giudaico-elle11istica:
tano. I Tim.6,4: chi non si attiene ai r. in generale;

6 LIETZMANN, /oc.cii. "X.oyoµa.xÉw x-."X..


1 w~Nlj<:;HKEWITZ! r~o. 1 {Rirwio c,lçl PenRtJNNER].
401 (1v,147) éxÀ.Éyoµcx.t A (G. Schrenk) .(1v,r48) 402

2. la natura dell'elezione; con valore assoluto. In Plat., Tim.24 e,


3. l'elezione religiosa in lKÀJyoµm: cfr. P. Magd.29.4 (III sec. a.C.) la scelta
a) l'elezione di particolari luoghi; concerne un oggetto: -tòv 't61toV. Riguar-
b) il modo dell'elezione;
e) l'elezione del popolo;
da invece un uomo in Xenoph., an.2,3,
d) il ripudio o la non elezione; n: -ròv Èm-r1)oEtov. L'uso del verbo per
e) la finalità dell'elezione; indicare la scelta di entità concrete, so-
f) altri significati. prattutto schiavi, tributi, pagamenti in
D. Uidea dell'elezione in éù~ye<Tl}at: denaro, è frequente nei papiri e nelle i-
r. l'apocalittica; scrizioni: P.M.Meyer, Griech. Texte aus
2. il Docwnento di Damasco. .ii.gypten (r9r6) 8, I2 (II sec. d.C.); P.
E. txÀ.Éyoµcx.t nel N.T.: Oxy. II 237 IV 8. La scelta riguarda enti-
1. i sinottici; tà astratte in Plat., symp. r98d: il più
2. l' éxMyeo-l)cx.t dei discepoli in Giovanni; bello da ciò che si deve lodare; Xeno-
3 . gli Atti; ph., mem.r,6,14: qualcosa di buono dai
4. Paolo e Giacomo: tesori letterari. Talora il verbo è costrui-
l'elezione della comwiità; to con Èx; Hdt. 3,38; Polyb. 3,93,4. In
5 . l'idea del ripudio. luogo di esso può trovarsi il genitivo:
Polyh.39,{,r. Il passivo con Èx ricorre
A. IL SIGNIFICATO DI É:lcÀlyoµat in Xenoph., mem. 3 ,5 ,2. Il perfetto pas-
NEL GRECO COMUNE sivo attico è ÈçEtÀeyµivoç, trascelto:
Poiché il N. T., come anche i LXX, Pseud.-Plat., Alc.r2r e. Esso ricorre in
quasi senza eccezione (cfr. però I Mach. sostituzione di faÀ.i:.x-r6ç e in alternan-
9,25; n,23 cod. S [lezione malsicura]) za con esso in Philo, cher.7: ovouç È~EL­
ignora l'uso attivo di ÈxÀ.Éyw, la disa- )"eyµivoç ( cosl si deve leggere, anziché
mina dell'uso greco comune quale sfon- É'TCELÀt]µµÉ\loç) 'tOU 111tOUOatou; gig. 64;
do dell'uso biblico può essere a priori los., ant.7,r2. Invece in Soph.3,9 (Aqui-
limitata al medio e al passivo. Il medio la, Teod.): )CEi:Àoç Èl;etÀEy[!évov (brr)
(scegliersi qualcosa, fare per sé la pro- significa labbro puro. E:x),,ùe·yµ~\loç 1 è
pria scelta) sta con l'accusativo, ma si del greco tardo: Polyb.5,79,4; Cant. 5,
trova, a cominciare già da Hdt. r,r99, ro, Aquila (Simmaco: È'ltlÀEX't"oc;); I

ExÀ.Éyeo-Dcu.
H. ST. J. TuACKERAY ,A Gram111ar of the Old Inoltre: A. BERTHOLET, Die Stellu11g der Israe-
Testatnent in Greck I (1909) 274; BLAss-DE- liten u11d der ]t1den w den Frcmden ( 1896);
BRUNNER6 § 316,1 § 101 ('.Hym1); Nii.GELl, 82. K. GALLlNG, Die Erwiihlrmgstraditio11en Israels
Su Lc.14,7: A. T. RoBERTSON, A Grammar o/ (1928); G. v. RAD, Das Gottesvolk im Dcttt.
the Greek N.T.... (r9r4) 811; J. H. MouLTON, (1929); fo., Das Geschicbtsbild des chro11ist.
A Gra111mar of N . T . Greek 1, Prolegomena Werkes (1930); A. WEISER, Glattbe und Ge-
(1906) 157. schichte im A.T_ (193r); w_ CASPARl, Beweg-

Su Act.15,22: ROBERTSON, op.cii., 808. griinde der Erwablrmg nach dem A.T.: NkZ
32 (r921) 202 ss.; J. M. P. SMITH, The Chosen
Su Iac.2,5: Io., 480. People: American Journal of Semitic Langua-
Su Eph.x,4 ss.: E. LoHMF.YER, Das Proo111i11m ges and Literatures 45 (r928/29) 73 ss.; P.
dcs Epheserbriefcs: ThBl 5 (1926) 120-r25; E. VoLz, Der Glaube an die Ertuiihlrmg Israels
GAUGLBR, Heilsplan rmd Heilsverwirklichrmg im A.T.: Deutsches Pfarrerblatt 4r (1937) 213
nach Eph. 1, 3-2, 10: InternatKirch1Zschr 20 ss.; W.Sl'AERK, Zum at.liche11 Erwiihlu11gsglau-
(1930) 201-216. be11: ZAW NF r4 (1937) r ss.
Sul punto B ~ OLrt.~iJx11. 1 ç{r. BL<'ISS-DJ';BRUN!'JBR' § ror (À.Éyew).
èxMyoµcu B 1 (G. Quell)

Mach. 6,35. Ign., Eph., nell'indirizzo, L'arbitrio dei tradu ttori ha invece
quale attributo della chiesa di Efeso; I maggior parte nell'uso dell'aggettivo
Clem. 50,7; Poi. 1,1; Herm., vis. 4,3,5, verbale ÉxÀ.Ex-t6c;. Esattamente esso cor·
detto dei credenti. Per Le. 9,35 (codd. risponde alle forme passive di b/:Jr 3 : bii-
SB) ~ ÉxÀEx-t6c; E 2 e n. 17. /:Jur (8 volte), nib/:Jiir (Prov.8,19) e bii-
/:Jlr ( r 3 volte), e ai nomi mibpiir ( 7 vol-
G. ScHRENK te; altrove reso con -rò x&.À.À.oc;) e mib-
por (2Reg.3,I9 [var.]; 19,23) 'la parte
.B. L'ELEZIONE NELL'A.T. scelta, preferibile' (dr. la glossa t# in
r. La traduzione dall'ebraico nei LXX Ez.v,r6). Più libero è l'uso di ÉxÀ.Ex-
'tO<; in corrispondenza di talune espres-
Nei LXX il verbo ÈXÀ.Éye<r{)-m (me- sioni con /:Jemda, 'ciò che è desiderato,
dio), raramente ÉxÀÉyiw (attivo), corri- prezioso' (4 volte; per es. Ier.3,19: rii
sponde quasi sempre (108 volte) all'e- ÉxÀEx-i:l}), hefe! (ls.54,12) e jiiqar (Ez.
braico bpr. I pochi casi in cui esso ri- 27,22, cod. A). Lo stesso uso sommario
produce altre radici ebraiche si spiegano che in ebraico è proprio di barur ritor·
in parte con la preoccupazione stilistica na in ÉXÀ.Ex-i:6c;; Is. 49, 2, detto della
della variatio (cosl in Ioel 2,16 per l'ac- freccia come immagine del servo di Jah-
cumulo di sinonimi di qb[, 'raccogliere'), vé; I Chr.7,40, detto dei capi delle fa.
in parte con una ragione opposta, ossia miglie; 9,22, dei guardiani delle porte;
col bisogno di conguagliare modi espres- 2 Eo-op.15 ,8, delle pecore. La preziosi-
sivi distinti (in I Chr. 2I ,Il: exÀ.Eç(t.L tà della purezza (hard, agg. femminile)
crw.u-rc!}, «scegliti», traduce qabbel-liik è espressa da ÈxÀ.Ex-t6ç in Cant.6 ,9 (si-
per analogia con 2 Ba<r.24,12), oppure nonimo di 'ahat, 'unico'); 6,10 (ÉXÀEX'tTJ
con la tendenza all'espressione dotta wc; ò fjÀ.Loç): Meno chiaro, perché forse
(Prov. 24,32: hÀÉ~a<Tltet.L 1ta.LÒELa.V, duettoso nel T .M., è Ps.18(17),27: 'im-
«scegliersi una disciplina», lqp musiir); 11abiir titbiiriir = µs-.&. ÈXÀ.EX't'OU ÈxÀ.EX·
infine si spiega con la circostanza che -ròc; fon «Con chi è scelto, ti comporterai
ÉxÀÉyEcril"aL, essendo l'equivalente più da scelto». Allo stesso modo ÉxÀ.Ex-r6c;
cospicuo di bpr, ha una forte risonanza può cogliere l'aspetto sontuoso e scelto
teologica (per es. Deut.1,33: Jahvé va di un oggetto, quando corrisponde a bo-
innanzi a voi liitur liikem miiqom, «per ban, 'prova', 'saggio', (ls.28,16: 'eben
scegliervi un posto»= ÉxÀÉyE<Til"m ùµi:v boban = ÉxÀex•Ò<; 'X.l~oc;; cosi al plura-
,61tov). Cosl anche i quattro casi in cui le in 2 E<Top. 5 ,8 in corrispondenza del-
ÉxÀ.ÉyE<rltm corrisponde a brr, 'scinde- 1' aramaico 'eben g"liil) e a !"hl, 'or-
re, separare', dipendono probabilmente namento' (Ez.7,20; 25,9). Più o meno
da implicazioni teologiche; Ez. 20, 38: erroneo è invece l'uso di b<.À.Ex-r6ç in
ÉxÀ.1H;w (cosl giustamente i codd. A Q in Pl'Ov.17,3 per tradurre bpn (vedi però
luogo di ÈÀ.Éyçw del cod. B) Èç ùµWv ~ n. 5), oppure in Gen.4r,2 .4.5.7.r8.
-roùc; <Ì.<TE{Mc;; Dan.n,35; Dan. (Teod.) 20 per biid, 'grasso', 'pingue' (6 volte
12,IO in riferimento alla purificazione detto di mucche e spighe), in Am.5,u
dei 'saggi', che precederà l'inizio del tem- per bar, 'grano', in I Reg.5,3 (3 Ba<r.)
po della salvezza; r Chr.16,41, in riferi- per barburl.m (significato incerto) e sei
mento ai cantori del tempio 2 • volte per biipur, 'giovane uomo' 4• Casi

2 In I Sa111.17,8 è dubbia la lezione boru (da 3 ÈXÀ.Ex-.6c; ricorre nei LXX e nell' Esapla 44
brr) per b•rr1 del T .M., che potrebbe anche es- v0lte come traduzione di bhr e derivati.
sere un errore grafico per baf:iìirr1= ÈX.ÀÉ~a<JiJE. 4 L'errore contrario biif.Jl2r, ' scelto'=vEa.\ll<Jxo<;
405 (rv,148) txì.kyµai. B 2 (G. Quell) (rv,149) 406

di traduzione impacciata sono da consi- probabilmente derivato dall'aramaico ni-


derarsi anche Ez. 27,24 (per b•rom1m, bl;iir ~ (n. 5), mentre µl'toxoc; risale
'strumento'), Ez.r7,3.22 [var.] (per con ogni verosimiglianza a pb,. anziché
~ammeret, 'cima'), Ps.14r (r40), 4 (per al bpr del T.M. (I Sam. [Brur.] 20,30).
man'ammim, 'leccornie') lob 37,rr per Anche hoé!;mrtrat, che compare più vol-
bcr1) e Ex. 30, 23 (miir-d•ror, «mirra te in varianti testuali (2 Bmr.r9,39, cod.
schietta») e come errore grafico si può A; lob 34,33 cod. S; Is.66,4, cod. B),
spiegare Ez.r9,14 (per bad, 'ramo'). Il è probabilmente solo un errore gra6.co
sostantivo ÈxÀ.oy'li si trova solo in A- per ÈxÀ.É!;rurilat.
quila (Is.22,7), Simmaco e Teodozione
2 . b~r ed espressioni affini
(Is.37,24) per mibbiir e in Ps. Sal. 9.4
forse per rii-Fon o befe~, 'beneplacito'. Il ·verbo bl;r, 'scegliere' 5 , ricorre nel-
Altre parole, oltre a quelle segnalate, la Bibbia ebraica r64 volte 6 , quasi sem-
sono assai meno frequenti nella Bibbia pre nella forma qal, solo 7 volte nella
greca per indicare o variare il concetto forma nif'al e una volta (Eccl. 9, 4 in
di scelta quale è implicito nella radice un testo dubbio) nella forma pu'al. La
ebraica bpr. ÈxÀ.ÉyEO"trat, variato in 7 sua importanza teologica risulta eviden-
casi con È.1ttM"(Et'll o É.'ltlÀ.Ex-.oc; (in tre te dal fatto che in ben 92 passi il sog-
casi per mibl;iir), tiene il primo posto getto dell'enunciato è Dio, e a questi si
fra le traduzioni di hhr. Altri termini devono ancora aggiungere r 3 casi in cui
sono: a:tpei:v (quattro· casi, fra i quali si trova la forma passiva biiptr, 'eletto'
Ios. 24, r 5, cod. A), aipE-.l~Et'Il ( 1 3 casi, (da Dio). Quando il verbo indica la scel-
dei quali 5 nelle Cronache), é.çatpEt'\I ta compiuta da Dio, è usato sempre al·
(lezione dubbia in Is.48,xo; ~ n. 5; l'attivo; tutte le forme nif'al, e cosl pu-
lob 36,21), cdpE'toç (Prov.r6,16; 22,r re il participio passivo qal bii~ur e i so-
per nibl;iir ); inoltre, con minore proprie- stantivi mibhiir (12 volte) e mibhOr (2
tà, àpSO"To<; (Prov.21,3, per nibpiir), &a- Reg.3,r9; r9 23), 'elezione' nel senso di
1

xplvEw (lob 9,14; 15,5), euooxEt'll (Ec- 'distinzione', appartengono al linguag-


clus 37,28), Eu&oxtµE~'\I (Ecclus 41,r6), gio profano, in cui appare sovente an-
&oxtµa~Ew (Prov. 8,10); con maggiore che la forma qal. Tra i casi nei quali
acutezza ÈmtruµEi:v (ls.r,29 è traduzio- bhr indica una risoluzione umana stan-
ne esatta ad sensum) e s11Àovv (Prov.3, no a sé gli enunciati che presentano Dio
3 x; ~ rv, col. 1429 n. 32 ). Ricercati o la sua legge, o altre espressioni nor·
sono XOCÀÀ.oç (Is. 3 7 ,24) e ÉXO"EO'll:pXLti- mative della volontà divina, come og-
µÉ'\IOç (Ez. 24, 4) in corrispondenza di getto della scelta. Sebbene pochi di nu-
mibpiir. In Prov.10,20 7tE1tupwµÉ'\loç è mero, tali casi richiedono, a motivo di

si trova in 2 Sam. ( 2 Bcur.) 10,9; analogamente caso di biif;lir, 'giovane uomo', b•l;f1rim, 'età
in 2 Chr.r3,3.17 Buva:t6c;. Per l'etimologia ~ giovanile', non si può dimostrare un nesso eti-
n. 5. mologico con bpr, 'scegliere'. Si dovrà pensare
s L'ipotesi che si debba distinguere un aramai- a una radice autonoma che, in una variazione
smo bpr, 'saggiare', per l'ebr. bf;n, dal termine dialettica, si ritrova forse nel ncoebraico b(Jl
prettamente ebraico bpr, 'scegliere' (così GEs.- (forma pi'el), 'maturare'.
BUHL), può essere positivamente considerata 6 La costruzione dell'oggetto con b• (KAUTZSCH-
solo per la glossa di Is.48,10 (dove il termine § rx9 k) suona volgare (~ n. 27). Sembrano
parallelo è ~rp 'fondere') e Prov.xo,20 (kese/ errati I Sam.20,30 (costruzione con !•);2 Sam.
11ibpiir, fl.pyupoc; 1tE'ltVpwµÉvoc;), mentre è affat- 2I,6 (dr. Bibl. Hebr., KITTEL 1 ); 2 Chr.3.1 ,6;
to incerta per lob 29,25; 34.4 (~ n. 20). Nel Eccl. 9,4.
ÉxÀÉyoµm B 2 (G. Quell)

Ios.24,15.22, un'attenta considerazione. Quale verbum voluntatis applicato ::t


L' uso linguistico di bbr si riparte Dio, ha un particolare interesse hO'U
quindi in tre piani: il ptimo è quello (forma hif'il), 'essere fermo su qualco-
della lingua d'uso, dove hbr, privo af- sa' (cosl Os. 5, 11). Il concetto si pre-
fatto di ogni risonanza teologica, corri- senta in molteplici gradazioni, ma fon-
sponde in tutto e per tutto al nostro damentalmente designa sempre un atto
'scegliere'; il secondo è quello dei con- deliberativo della volontà. Tale atto del-
cetti sacrali (Dio e le norme della su,1 la volontà appare incrollabile, saldamen-
volontà sono scelti dall'uomo); il terzo te fermato anche nella frase di I Sam.
è quello dell'ideologia religiosa: Dio 12,22, che costituisce una significativa
stabilisce i mezzi e le vie dcl suo agire, interpretazione degli enunciati sull' ele-
scegliendole tra le varie possibili. Que- zione: «Jahvé ha fermamente stabilito
st'ultima, se non è l"unica espressione di far di voi il suo popolo». Si potreb-
intesa a chiarire concettualmente il fat- be addirittura chiamare questa un' e-
to della rivelazione di Dio implicito nel- spressione rafforzativa, in quanto è for-
l'ideologia del patto, è però la più fe- mulata con esplicito richiamo al 'suo
conda teologicamente ed è quindi pre- gran nome', per stornare ogni dubbio;
diletta negli scritti canonici recenti, a altri verba voluntatis, però, non hanno
partire dal Deuteronomio. Veri e pro- posto nell'uso religioso; tutt'al più bPf,
pri sinonimi di bbr non si trovano nem- se Io si può considerare verbo di volon-
meno negli scritti anteriori al Deutero- tà, interferisce sovente nella sfera reli-
nomio, e anche i dati lessicali dei LXX giosa (Num.14,8; Is.62,4; 2 Chr.9,8, in
riferiti sopra non comprendono che riferimento al re e motivato con l'amo-
quelle radici ebraiche le quali solo en- re di Jahvé per Israele, l6 ha'amld6 t•'o-
tro certi limiti potrebbero esser consi- liim, «per stabilirlo in eterno»). Tra i
derate sinonime, accanto a bbr. Il con- vocaboli citati sopra(~ 1) il più affine
tenuto specifico di questo concetto non è brr, 'separare', il cui uso sporadico
collima con nessun'altra parola ebrai- non è però in relazione di sorta con l'u-
ca nella misura in cui, per esempio, in so riccamente sviluppato di bf?r, e quin-
gl'eco ÈxMyE<ri}a~ e ÈçmpEt'<Ti}m com- di non apporta nulla di essenziale alla
baciano. In primo luogo infatti l'idea <li comprensione di quest'ultimo 7 • Anche
una risoluzione deliberata della volontà l'alternanza tra qabbel-liik, 'prénditi' (1
quasi mai si ritrova chiaramente in altri Chr.21,11) e b"/:Jar-l"kii, 'scegiiti'(2Sam.
vocaboli, e in secondo luogo nessun ter- 24,12) accenna a una certa qual sinoni-
mine per 'chiamare', 'separare', 'deside- mia, nella quale può esser compreso an-
rare', 'prendere possesso', ecc., ha una che lqp, 'prendere'. Nella lingua d'uso
parte cosl spiccata e un significato cosl essa può aver avuto la sua importanza,
preciso nel linguaggio religioso come ma nella terminologia religiosa è rara-
b/_Jr; ond'è che questo verbo, ogniqual- mente attestata; per es. Ex. 6, 7: «lo
volta ha Dio per soggetto, appare sem- prendo ( w 6 liiqabtt) voi come mio po-
pre in certo modo un termine dogma- polo». D'altronde in tali contesti si può
tico già nettamente defìnito, che non intendere lqp come semplice verbo di
abbisogna di perifrasi esplicative e per movimento: 'trarre', per es. Gen.24,7;
il quale non v'è un surrogato equiva- Ios.24,3 (detto di Abramo). Assai im-
lente. perfetta è anche la congruenza in e-

7 In Ez.20,38 brr rappresenta un atto di giudi- !azione indicato al v. 5 con b~r.


zio, come necessaria correzione dell'atto di rive-
txÀ.ÉyoµaL B 2 (G. Quell) (1v,15i) 410

spressioni quali pzh costruito con min o però, una sua anticipazione in quanto il
r'h, 'trascegliere per sé qualcuno di mez- 'conoscere' divino, inteso come un'ac-
zo ad altri'; Ex.18,21, detto del confe- quisizione essenziale 10 quale avviene an-
rimento dell'incarico ai giudici; I Sam. che fra uomini che si conoscono l'un
r6,r, detto dell'elezione di David; Gen. l'altro come ìod'im, 'amici' (lob 19,
22,8, detto deUa scelta di una vittima r 3) 11 , riceve da raq e da min un senso
sacrificale. partitivo: Jahvé ha riconosciuto 'solo'
Un carattere tutto particolare hanno Israele 'a differenza di' tutte (le altre)
quelle espressioni che, pur ricorrendo in stirpi della terra. In tal modo id' ac·
contesti improntati a un modo di inten- quista un'intonazione che ci permette
dere la rivelazione che in senso lato si di interpretarlo come un atto libero ed
può chiamare fede nell'elezione, hanno efficace della volontà. Va detto, tutta-
però soltanto un vago legame con l'idea via, che senza le particelle partitive man-
fondamentale dell'elezione contenuta in ca a id' ogni pregnanza volitiva. Quan-
bpr, in quanto evitano di porre in evi- do si dice semplicemente che Dio ha
denza la libera risoluzione della volon- 'riconosciuto' Israele', ciò significa che
tà di Dio. Singolare importanza ha so- egli ha fatto da parte sua quel che esi-
prattutto id', 'riconoscere' 8 , che nella ge daU'uomo, il quale deve 'riconosce-
frase di Am. 3 ,2; raq 'etkem iada'ti mik- re Dio' (dr. in Os.6,6 il parallelismo
kol mispepot 'a'ìidama, «soltanto voi io fra da'at 'elObtm, 'il conoscere Iddio» e
ho riconosciuto 9 fra tutte le stirpi del- hesed, 'misericordia'). Egli si manifesta,
la terra», può esser riguardato come il ~ioè, nel suo stesso essere e gli prepara
più antico tentativo di interpretar.e C:on- la condizione di Siilom. Tale è il signifi-
cettualmente una fede popolare nell'ele- cato del verbo nelle poche 12 espressioni
zione alla quale manca solo, per l' ap- affini, per es. Deut.9,24: «dall'epoca in
punto, il termine 'elezione'. Il conte- cui egli 13 vi ha riconosciuto». In Ier.
nuto di quest'ultimo vocabolo ha qui, I,5 j"da•tika è più nettamente specifica-

8 ~ yLvwcrxw II, coli. 480 ss. Altre indicazioni può seriamente affermare che «egli abbia pre·
alla n. 9r. sente l'immagine di un padre di famiglia» (CRA-
9 Sopprimendo il passato {cosl già J. WELL- MER, op.cit. 57). Allo stesso modo sulla scorta
HA.USBN, Die Kleinen Propheten (1892] 74, e di Ge11.18,19 si potrebbe affermare che Jahvé
di recente, con esagerata gnonùca, L. KoHLER, ebbe un 'legame nuziale' con Abramo.
Theol. des A .T. [1936] 64: «soltanto voi vo- 12 Os.13,5 i•dii'tikii bammidbiir, «ti ho cono-
glio conoscere»), è fare una parafrasi, non una sciuto nel deserto», è un testo dubbio; cfr.
tradll2ione. È b en vero che la frase è «addirit- mar'it al v. 6 e il contesto che tratta della re-
tura tematica» e~ GALLING 9, cfr. WELUIAU- galità.
SEN), ma il tema proviene dalla storia, come fa Il da'to (Pent. Samar.) è ln lezio ne o riginaria
notare esplicitamente L'introduzione della fra- e obbiettivamente valida; dr. C. STEUBRNAGBL,
se al v. I b, sebbene si tratti di cosa quasi ovvia. (1900) ad l. L'idea, già banale in sé e del tut·
lQ Cfr. J. PEDERSEN, Israel (ed. inglese 1926) to inammissibile nel quadro della tradizione,
p. ro9. suggerita dalla lezione del testo ebraico, che
11 È assolutamente impossibile applicare qui il cioè Mosè a cominciare da un momento deter·
significato sessuale di id' (~ GALLING 3; K. minato 'conosce' Israele, si spiega soltanto con
CRAMER, Amos (x930] 32, giunge a tradurre: la preoccupazione degli scribi che il 'sapere' di
«per voi vale il mio vincolo nuziale»), il qua· Dio potesse apparire limitato; cfr. A. G EIGBR,
le non è altro che un cosiddetto 'uso speciale' Urschrift tmd Obersetzwzgen der Bibel' (1928)1
eufenùstico della parola. In Osea ciò sarebbe p. 336. Che miijom indichi il giorno dell'intet·
ancora pensabile, ma nel caso di Amos non si vento di Dio nella storia di I sraele risulta inol·
4II (1v,r51) fa1~yoµm (G. Quell) (rv,15r) 412

to come 'chiamata' dall'espressione in- scatta' (pdh, Deut.9 1 26 e passim), 'redi-


tegrativa: «lo ti costituisco profeta», e me' (g'l, Ex. lJ, 13), 'acquista con la
anche nei casi in cui l'enunciato si rife- compera' (qn' 16, cfr. spec. Ex. 15, 16:
risce a particolari personaggi della sto- 'am-zu qantta, «il popolo che hai acqui-
ria, quali Mosè (Ex.33,12: ;eda'tikii b•- stato»; Ps.74 1 2: 'adiitkii qiin1tii qedem,
sem, cfr. v. 17) o Abramo (Gen.18,19), «I'accolta che hai acquistato fìn dai tem-
forse anche David (2 Sam. 7,20), sarà pi lontani»; Is.II,II); queste locuzioni
possibile scoprire un' analogia fra que- hanno però un valore assai più storico
st'uso e la concisione di Am.3,2. Peral- che teologico, e il concetto dell'elezione
tro 'conoscere' equivale semplicemente non è contenuto in esse neppure implici-
a 'prendersi cura', appena l'enunciato in tamente. Lo stesso può dirsi in definitiva
cui si trova esce dall'àmbito concettuale di tutti i verbi quali 'condur fuori', 'sal-
della storia della salvezza strettamente vare' e simili, coi quali suole esser de-
intesa o dalla terminologia della voca- scritto l'atto fondamentale compiuto da
zione profetica; cfr. Nah.1,7: «Coloro Jahvé nei confronti di Israele. Anche ta-
che cercano rifugio in Jahvé, egli li 'co- lune espressioni nominali, come 'popolo
nosce'»; Ps.1,6: «Egli conosce la via dei di Jahvé' oppure 'la mia eredità' ecc., si
giusti»; Ps. 144,3: «Che cos'è l'uomo, spiegano anzitutto con l'idea del patto e
che tu ne abbia cura, un figlio dell'uomo, soltanto con riserva si possono conside-
che tu te ne dia pensiero?» (/;JSb, forma rare testimonianze della fede nell'elezio-
pi'el, rielaborazione di Ps.8,5?) 14 • ne. Is.45,3 {la chiamata di Ciro) potreb-
Inoltre si possono considerare varia- be essere inteso in senso addirittura po-
zioni del concetto di elezione anche lemico. In complesso può dirsi che tutti
quelle .espressioni generiche che si rife- questi termini affini (anche id' che lo è
riscono a un intervento del Signore nel più di tutti) soltanto occasionalmente as-
mondo, per separare la sua 'proprietà' sumono un ufficio teologico e religioso,
dagli eventi di quaggiù; per es. Jahvé mentre invece risulta evidente che bhr
'chiama' (qr'), cioè 'chiama a qualcosa' era d'uso proprio nell'ambito teologico e
(come in Ex.31,2; 35,30) e conferisce religioso, per interpretare l'agire divino
un incarico particolare; soprattutto il quale si configurava agli occhi del cre-
Deuteroisaia predilige questa espressio- dente, e appunto per questo ha preso
ne: Is.49,1; 51,2 con sem, 'nome'; 43, un'importanza che va oltre il canone ve-
1; 45,3 (Ciro) 15 • Oppure Jahvé 'separò' terotestamentario. Il contenuto della fe-
(hibd'ìl, Deut. lo,8), 'afferrò' (he~ezlq, de nell'elezione rigorosamente intesa si
Is.41,9), 'desiderò' ('iwwa, Ps.132,13 in trova perciò quasi esclusivamente in
parallelo con bpr; l'oggetto è Sian), ecc. questa parola, che per essere radicata
In quest'ordine di idee si rivela fecondo nell'uso profano era più di ogni altra
anche il linguaggio giuridico, dal quale adatta a interpretare concettualmente la
procedono talune espressioni significati- rivelazìone storica.
ve assai nel rispetto formale: Jahvé 'ri-

tre dal v. 7. nerazioni degli uomini) mostra che per il Deu-


tcroisaia qr' è un concetto più ampio di bl}r.
14In Os.5,3 jiida'ti, per via del parallelismo
16 Altrove questo verbo significa anche 'crea-
con 16 11ikl}ar mimme11111, ha carattere sempli-
cemente informativo. re': Ps. 139,13; con riferimento al popolo in
Deut.32,6. Si tratta forse di due radici diverse,
15Tuttavia Is.41,9 (dove l'oggetto è Israele) e tutti i faticosi tentativi di accordare i due si·
confrontato col v. 4 (dove l'oggetto sono le ge- gnificati sono superflui.
413 (1v,151) !xÀ.eyoµat :B 3 (G. Quell) (Iv,152) 414

3. b(:ir nella lingua d'uso me in Is. 7, 15 s.: «rigettare il male -


ossia l'inutile - e scegliere il bene, os-
bpr, come il nostro 'scegliere', indica sia l'utile», parole che alludono alla ca-
l'atto complicato del volere, a differen- pacità di un uso autonomo dell'intellet-
za del semplice, che l'ebraico designa to nel fanciullo 20 • Parimenti la scelta di
con 'bh. Colui che sceglie si risolve per persone comporta un'adeguata riflessio-
una tra le varie possibilità esistenti e la ne; i figli degli dèi si scelgono le mogli
segue, mentre 'rigetta' (m's) le altre. Il tra le figlie degli uomini perché sono bel-
motivo non è indicato dalla parola; ve- le (Gen.6,2); Mosé trasceglie alcuni uo-
ro è che talvolta bhr è usato nel senso mini per conferire ad essi particolari in-
di 'apprezzare altamente' e m' s in quel- carichi (Ex.18,25). Frequente è l'espres-
lo di 'tenere in scarso conto', o addirit- sione 'es biil;ur, per indicare la truppa
tura di 'rigettare' 17 ; ma queste sono in- scelta alla leva (Iud. 20, lJ e passim).
tonazioni semantiche che derivano dalla Cosl la parola ricomprende tacitamen-
logica del contesto, pel quale i semplici te l'idea dell'approvazione e del ricono-
significati di 'scegliere' e 'respingere' scimento21; un aspetto 'scelto' è maesto-
sarebbero troppo sbiaditi. Ma cli per sé so e insieme attraente (Ca11t.5,15). Ma
i verbi non vengono mai rafforzati da lo stesso vocabolo può trovarsi anche in
formazioni intensive18 • Questa circostan- malam partem, in riferimento a desideri
za, ma ancor più i numerosi esempi che insensati e perversi (Is.1,29 22 , detto del-
si hanno dell'uso di questi verbi nella l'inclinazione ai culti stranieri) o ad affi-
lingua corrente, mostrano il loro carat- nità di cattivo genere: un astuto sceglie
tere affatto sobrio e comune. Se ogget- il linguaggio degli astuti (lob 15 ,5 ), è
to della scelta sono cose, allora bhr in- abominevole chi sceglie gli abominevoli
dica una semplice considerazione di op- (Is. 41, 24). «La mia anima sceglie lo
portunità: si sceglie un pezzo di terra strangolamento» (Iob 7,15) significa:
(Gen.13,II), pietre per gettarle (ISam . meglio sarebbe per me essere strango-
17,40), un legno adatto (ls,40,20), un lato. Le intonazioni semantiche della pa-
animale adatto (I Reg.rB,23 .25). La pie- rola possono quindi essere assai diverse.
tra inutilizzata nella costruzione è 'ri- La 'scelta' può ma non deve necessa-
fiutata' (Ps.u8,22) 19 • Il momento in- riamente procedere da un esatto giudi-
tellettuale risulta chiaramente quando zio intellettuale; in determinate circo-
bl;r e m's vengono contrapposti l'uno stanze la scelta può esser motivata an-
all'altro in espressioni sentenziose, co- che da un sentimento o addirittura da
17 Cfr. Lev.26,44, accanto a g'l; Am.5,21, ac- testimoni della scelta tra vita e morte) e in
canto a fo'; in Is.33,8 è glossato con liJ l;iilab. Ier.8,3 («la morte vien preferita alla vita»).
18 Nel tedesco 'erwahlen' (scegliere) il prefisso lob 34.4= miipii{ nibpara liinu, sembra pari-
rafforzativo denota un'intensità di sentimento menti un'espressione tecnica dell'accertamento
quale in ebraico sarebbe da esprimere con la giuridico (forse un aramaismo per bpn, che si
forma pi'el. La forma pu'al in Eccl.9,4 non è trovn al v. 3? ~ n. 5); anche los.24,22 (~ n.
esatta; cfr. Bibl. Hebr., KrTTEL. 30) ha un'impronta giuridica, per via dcl ri-
19 Cfr. Ier.6,30: Israele viene rigettato come
chiamo alla testimonianza.
un metallo, perché non può essere usato. 21 Cfr. Is.58,5 s.: Jahvé 'riconosce' il digiuno.
2Q A una particolare procedura del processo
Ironico è il senso di Is.66,4: «Farò mìo il loro
criminale, per cui diverse pene vengon propo- modo di agire».
ste alla scelta del candidato, sembra alludere 2
Sam.24,r2. Un accenno in tal senso sembra tro- 22 È in parallelo con !;md. Analogamente I ud.
varsi anche in Deut.30,r9 (cielo e terra come ro,14 ~ col. 4r8.
415 (1v,152) ex)..lyoµa~ B 4 (C. Que1l)

una costriz10ne. Prevale tuttavia in li- finamento pedagogico nei casi in cui
nea di principio il momento razionale: ' scegliere quel che piace a Jahvé' equi-
lo scegliere è dell'intelletto 23, malgrado
la partecipazione degli affetti che di nor- vale a 'tener fede al patto' (Is.56,4) e
ma trovano la loro espressione specifica quindi viene a designare un atto di pro-
nella lingua. fessione religiosa 25 • È possibile, ma po-
4. b):ir come atto di professione co probabile, che siffatti modi espressi·
religiosa vi risentano dell'enunciato assai più an-
È innegabile che b~r mantiene una tico di Ios.24,22, il quale richiede una
impronta razionale anche nei pochi casi menzione particolare per via del passo
in cui ha come oggetto Dio (Ios.24,22; importante in cui si trova.
divinità straniere in Ios.24,15; Iud.5,
Esso appartiene al racconto elohistico
8 [?] 24 ; 10,14 ), la legge o la via di Dio della 'dieta' nazionale di Skhem, che se-
(Ps.119,173; 25,12; II9,30; in una fra- gna il culmine e la conclusione delle nar-
se negativa in Prov.3a1), il timor di razioni di Giosuè e quindi della più an-
tica storia del popolo di J ahvé. Quando
Dio (Prov. 1,29) o il tempio (Ps. 84,
già al v. 5 si era parlato di una scelta
11? ). Non sarà casuale che tali usi ri- tra altri dèi, che Israele avrebbe dovu-
corrano più volte nei modi stilistici del- to compiere nel caso apparisse 'inutile
la poesia sapienziale. Jahvé indica al- (ra') ai suoi occhi' il servire Jahvé, al v.
22 la parola bbr ricorre anche in riferi-
l'uomo pio la strada che egli deve 'sce· mento alla testimonianza di fede che le
gliere' (Ps.25,12); In dottrina sulla 'via' tribù israelitiche adunate a Sichem rese-
è diretta quindi a convincere della sua ro a Jahvé come a loro Dio. «Voi siete
testimoni contro voi stessi», dice Gio-
giustezza, e tale convincimento spiega suè, «che vi siete scelto Jahvé per ser-
come il discepolo si risolva ad abbrac- virlo». E ciò fecero perché convinti,
ciare la via stessa. In questo senso si dall'esposizione di Giosuè, che fin dai
giorni di Abramo Jahvé si era costan-
può parlare addirittura di un 'sapere' temente dimostrato capo e soccorritore.
che è oggetto di odio da parte di coloro
che non 'scelgono' il timor di Dio (Prov. Si direbbe che questa applicazione
l ,29). Meno avvertibile è il sensato af- del concetto di alleanza sia il modo più

23 Vedi però, sulla questione <lell' 'oggettività es hat Gott crwiihlt», «Dio ha scelto qualco-
reale' nell'espressione biblica, J. KonRRLE, Na- sa di nuovo»), giacché il cantico usa il nome
tur rmd Geist n11ch der Aulf11ss11ng des A .T . Jahvé, ma non l'appellativo. D'altra parte il
( r901) 212 ss. tema «si scelsero(?) nuovi dèi» sarebbe cosl
24 L'oscura frase del cantico di Debora, Iud.5, solitario nel contesto, che non si può dare alcu-
8: iib!;ar 'elohim !Jadìiflm, ammette troppe in- n>t fiducia né al concetto né al testo. La propo-
terpretazioni e non ha quindi valore dimostra- sta di intendere 'elòh1m come una sorta di ma-
tivo in nessun senso. La traduzione dci LXX gistrati umani è soltanto una scappatoia.
(cod. B): Èl;EÀÉl;ttV'TO DEoùc; xawovc;, sembra
cogliere il segno più dei tentativi di intendere 25In senso negativo in Is.65,12; 66,3. Con nil-
'clohim come soggetto (cfr. Lutero: «Ein Neu- wim (56,6) si intendono i proseliti.
4I7 (1v,153) ~xMyoµci~ B 4 (G. Quell)
\;iJ,iM~
efficace per significare che la professione elezione proprio del Deuteronomio fos-
fatta da Israele al Dio dell'alleanza, al- se nell'intendimento dello scrittore. La
l'inizio del suo divenire come popolo e interpretazione dovrà quindi prescinde-
comunità di Dio, fu un atto della vo· re affatto dall'ordine di idee proprio del
lontà illuminato dall'intelligenza. Ma Deuteronomio26 , se suo compito è di ve-
chi abbia letto il Deuteronomio deve rificare nei suoi momenti stOl'ici e psico-
rilevare con meraviglia che, mentre in logici l'asserzione quasi senza confronti
quel testo la parola bbr indicava la mos· di una scelta di Jahvé da parte del po-
sa sovrana, normativa e insondabile con polo.
la quale Dio è entrato in comunione con
L'analisi critico-letteraria si imbatte
Israele, qui lo stesso vocabolo si· rife- subito in.una difficoltà; in quanto il nes-
risce alla responsabilità che spetta al- so tra le due frasi contenenti bhr ai vv.
l'uomo nell'assolvimento di un dovere r5 e 22 appare guasto. Al v. i°5 infatti
Giosuè invita, ma solo ironicamente, ad
incrollabile verso Dio. Sorge il quesito una scelta fra gli dèi, dalla quale egli
se questa corrispondenza lessicale, cer- suppone esplicitamente escluso Jahvé.
tamente efficace, si debba intendere Le sue parole presuppongono che gli a-
scoltatori possano 'lasciare' Jahvé, così
come un espediente pedagogico atto a come nella risposta del popolo {v. r6)
svegliare il senso di responsabilità dei ci si riferisce a quello stesso atteggia-
lettori, cosl come talvolta il patto è in- mento cui Giosué dal canto suo accen-
na meno crudamente con le parole «vi
terpretato alla stregua di un impegno
sembra inutile». Solo chi si è svincola-
reciproco (Deut.26,17; ~ II, coll. ro58 to da Jahvé - il v. 27 chiama ciò più
ss.), o se non sia meglio pensare che dtasticamente kl;s, 'negare' - può sce·
questa idea antropocentrica dell' elezio- gliere tra i vari dèi quelli ai quali vor-
rebbe servire. È lo stesso disprezzo sar·
ne si collochi in piena autonomia accan· castico della 'scelta' di un dio che si tra·
to all'altra, teocentrica, del Deuterono- va anche in Iud.ro,r4Z1: «Andate egri·
mio. A sostegno della prima alternativa date agli dèi che avete scelto; essi pos-
sono recarvi aiuto, se vi trovate in dif-
non si saprebbe addurre alcunché di se- ficoltà». Anche qui si muove con ama-
rio, giacché il rinvio ai passi citati so· rezza e rassegnazione dal presupposto
pra, la terminologia dei quali si è pro· che Jahvé sia stato 'abbandonato' (v.
13). Tanto nell'un caso quanto nell'al-
babilmente formata su Ios. 24,22, non tro, la scelta degli dèi è, tacitamente
basta a dimostrare che in quest'ultimo ma chiarnmente, presentata come un'e-
passo la 'polarità' rispetto al concetto di ventualità che deve sembrare assurda al

26 L'ipotesi di O. PROCKSCH, Das 11ordhebrii- re in questo passo. Infatti anche il v. 24 pre·


ische Sagenb11ch... [1906) 167, che il passo r4b. suppone evidentemente una tale polemica.
23 rappresenti un'appendice informata ai temi
del Deuteronomio non è sufficientemente pro- 27 La costruzione con be è intesa ad acuire il
vata dalla polemica contro gli idoli che ricor· sarcasmo, ~ n. 6.
hMyoµat B 4 (G. Queli)

popolo di Jahvé, come un'aberrazione una dichiarazione che fissa in termtru


pagana nella quale soltanto un perfido negoziali l'impegno giuridico dell'osse-
può ricadere 28 • Perciò fa tanto più me- quio spontaneo al Dio sommo 31 •
raviglia leggere, nel v. 22, che la profes- Ma anche quando si prescinda dal v.
sione di fede resa da Israele al suo Dio 22 e si voglia trovare il fulcro del rac-
è stata una scelta; tale affermazione pre- conto nelle parole del v. r 5: «Se vi
scinde infatti dal tono satirico con cui sembra inutile», l'idea di una scelta di
al v. 15 è presentata la scelta degli dèi, Jahvé fatta dalle tribù di Israele viene,
e non si può quindi considerare come sl, ad essere meno drasticamente espres-
uno sviluppo rettilineo di quel yersetto. sa, ma non manca in tutto. Soltanto, es-
Sembra quindi opportuno concludere sa si trova con molto maggior chiarez-
che il v. 22, glossando rozzamente, sen- za quando è svincolata dalla nozione di
za intenderla come tale, un'osservazio· una concorrenza con gli altri dèi e dal
ne sarcastica su una pratica religiosa pa- presupposto che l'uomo possa in piena
gana, applica il concetto di b~r al rap- libertà fare la sua scelta in proposito.
porto fra Israele e J ahvé e costituisce Tale idea esprime evidentemente la con-
perciò un'escrescenza sul testo origina· vinzione appassionata che la fedeltà de-
rio della narrazione, l'unità della quale v'essere, e sarà, mantenuta 32• Certo, il
risulta comunque problematica 29 • motivo per cui si professa Jahvé è che
Si voglia o non si voglia trarre que- «ciò non è inutile». Ma, se si volesse ri-
sta conclusione, è certo che il v. 22 ri- badire lo stesso concetto in forma posi-
prende il concetto espresso in forma tiva col termine contrario e corrispon-
condizionale al v. 15: «Se vi sembra dente di tob, 'utile', 'sensato', si com-
inutile servire Jahvé», e ne dà una for- metterebbe una forzatura, perché tutto
mulazione audace, assumendo in senso il racconto mira evidentemente a evita-
positivo il verbo che al v. 15 era usato re qualunque nozione sinergistica della
in tono evidentemente sarcastico. Forse comunione d'alleanza fra Jahvé e Israele.
la spiegazione più semplice è che al v. Da quando Jahvé si 'prese' (lqp, v. 3)
2 2 b~r, indipendentemente dal v. 15, ri- Abramo di tta una stirpe dedita al cul-
prende una terminologia ormai .fissata to di altri dèi, ha guidato, salvato e be·
che aveva il suo luogo nel diritto con- nedetto Israele. Prestare adesso a lui
trattuale, soprattutto nel diritto regio 30, un servizio pieno e verace ('ibdu 'oto
ed esclude a priori il senso di 'arbitrio b'tiimtm ube'emet, «servitelo in perfe-
dissennato' predominante nel v. lJ. In zione e in verità», v. 14) e 'allontana-
effetti la solenne dichiarazione: «Voi re ' tutte le divinità straniere è quindi
siete testimoni contro voi stessi che un dovere ovvio, sebbene il compimen-
avete scelto Jahvé» allude a una forma- to di esso appaia evidentemente im-
lità compiuta davanti a testimoni per possibile (v. 19). Chi sente questo do-
attestare un impegno, nella quale il ter· vere non ha davvero nulla da scegliere.
mine bpr sembra saldamente inserito. È La parte che la volontà umana può ave-

2! -r I V, coll.382 ss. A ciò corrisponde ìl 'riget· 133 ss. Per altri motivi viene ivi (p. 136) rac-
to' di Jahvé (r Sam.10,19). Anche questo è det- comandata l'espunzione del v. 22.
to con una punta di sarcasmo, giacché in ef- 30 r Sam.8,18; 12,13. Cfr. ~ qui avanti.
fetti Jahvé è riconosciuto come Dio del popolo.
31 -r n. 20. Per Mich-4,5 -r qui avanti.
29Cfr. l'analisi letteraria di Ios.24 in M. NoTH 32 Cfr. anche M. BuBER, Ko11igt11m Gottes'-
Das System der 1.Wolf Stamme Israels (1930), ( 1936) II5.
421 (IV,155) ÈxÀÉyoµa.L B 4 (G. Quell) (1v,r55) 42:z

re nell'ambito della comunione fra l'uo- lore, della tradizione sul patto mosaico
mo e Dio è quindi rigorosamente limi- (Ex.19.24.34} - si voglia ravvisare nel
tata alla gratitudine spontanea o alla di-
mostrazione di fedeltà, proprio come av- capitolo, come qualcuno ha fatto di re-
viene in un altro passo elohistico (Ex. cente 33 , il racconto eziologico dell'ade-
32,26), dove, in un momento di crisi sione, avvenuta dopo la presa della ter-
gravissima, la domanda suprema: «Chi
è per Jahvé?» vien posta evidentemen- ra promessa, al culto di Jahvé in Sichem
te come un risoluto appeHo alla fedeltà: da parte di talune porzioni del popolo
«A me!». Chi ritiene 'inutile' il servi- ancora estranee alla lega di Jahvé, forse
zio di Jahvé, chi tenta di 'scegliere' o
delle tribù di Lia. Coloro ai quali Gio-
crede di poterlo fare non ha compre-
so questo Dio. Appunto la possibilità suè si rivolge e ai quali contrappone se
di una defezione degli ascoltatori in stri- stesso con la sua 'casa', probabilmente
dente contrasto con l'incrollabile fedel- la 'casa di Giuseppe', vengono indotti,
tà di Giosuè e della sua casa conferisce
al discorso il suo tono di drammatica sotto l'impressione della grandezza di
urgenza. J ahvé concretamente manifestata, a 'en-
Il risalto psicologico della proposizio- trare nell'alleanza'; ma una siffatta pro-
ne: «Voi avete scelto Jahvé», è quindi fessione religiosa da parte di intere stir-
assai limitato ove lo si consideri nel pi e gruppi di stirpi all'epoca dei con-
quadro di tutto il racconto, e ciò può flitti militari e politici con le tribù ca-
forse spiegare in gran parte come que- nanee, nella temperie di un radicato e
sta formulazione cosl drastica abbia avu- saldo politeismo, non poteva prescinde-
to nel canone un'efficacia molto scarsa, re in tutto da considerazioni di utilità,
o addirittura nulla. Con altrettanta si- come indirettamente danno ad intendere
curezza non può dirsi se la stessa re- anche i testi che riguardano il ripudio
strizione valga altresì per quanto con- di Jahvé • In effetti l'associarsi di vari
34

cerne il nucleo di verità storica della no- gruppi di stirpi sotto un vincolo religio-
tizia. Sembra però che anche in questa so era sempre un atto di volontà politi-
locuzione, come pure in altri luoghi del ca: ci si risolveva a riconoscere come
racconto che ha essenzialmente carattere vincolante un determinato ordinamento
di saga, si possa avvertire una remini- sacrale e a valersi di esso come di un
sc:enza storica, sempreché - una volta centro di forze. Una notizia di tal fatta
riconosciuto non essere Ios.24 un sem- soggiace probabilmente, come nucleo
plice doppione, storicamente senza va- storico, alla saga dell'assemblea di Si-

33 Cfr. E. SELLIN, Seit welcher Zeit verehrte11 (1926) 331 ss.; M. Nora(~ n. 29) 65 ss.; A.
die 11ordisraelitische11 Stiìmme Jahwe?, in 0 - ALT, Josua, ZAW, Beih.66 [1936] n4ss.).
riental Studies (Festschrift fiir P. Haupt, 1926),
124 ss.; M. J. BIN GoRION, Sinai und Garil.im 31 Cfr. Num.u,:20; r Sam.10,19 ecc.
423 (IV,155) éx)..éyoµ.at B 5 (G. Schrenk) (IV,156) 424

chem, almeno per quanto concerne le jbpr· 'l37 oppure jbpr-jh, che significa:
espressioni relative a una 'scelta' di «El (oppure Jahvé) sceglie»; o anche a
mo ' di augurio. 38 : «EI possa scegllete».'
Jahvé. Che oggetto dell'augurio sia una perso·
na, ossia colui che porta il nome non
Può darsi che le parole di Deut.33,5: si può dire con certezza; l'espres~ione
«Vi fu in Jesurun un re quando i capi si~ essa da intendere in senso augurai~
del popolo si radunarono, quando si ra·
o !Il altro modo, potrebbe, come è il ca-
<lunarono le tribù di Israele» alludano so di jwsp, jbnjh, riferirsi anche alla fo.
a un fatto analogo, o addiri~tura allo
miglia di colui che porta il nome anzi
stesso fatto storico 35 , ma a un patto:
addirittura, come nel caso di 'lffh 39, al
c~e si ammetta ciò che non è possibile
dimostrare per causa dello stile oscuro suo popolo. Quest'ultima possibilità è
però assai poco probabile, come l'altra
di questo brano poetico, ~ssia che il re
che il nome sia stato attribuito in con-
il quale 'fu' (wafhi) in Jesurun sia Jah· siderazione del fatto che si trattava di
vé. Non senza motivo si può anche af·
fermare che l'accenno va alla regalità di un re. Ma soprattutto è incerto il sen-
un uomo, per es. di Saul 36 • L' 'adunan· so dell'elezione, desiderata o accaduta.
za' sarebbe in tal caso un concentramen- L'intento può essere stato semplicemen·
to militare, quale è descritto, per es., t~ quello di accennare al motivo possi·
bile o reale dell' elezione, di assicurare
in I Sam.rr,7.
alla persona che portava il nome il ri-
5. Elezione di singole persone conoscimento e il favore di Dio come
da p_arte di Jahvé è il caso, per es., di 'ljd'. È ben' difiici-
le, ad ogni modo, che con quel nome si
Fra i testi che presentano Dio come volesse distaccare chi lo portava dai non
soggetto dell'elezione pochi sono quelli elett!. Perciò in definitiva questa testi·
montanza casuale ha valore solo in quan-
in cui l'elezione divina è riferita chiara- to mostra che già all'epoca di David il
mente a singole persone. Escludendo termine bflr, 'scegHere', era usato nel·
per ora i testi concernenti-il re, che van· l'àmbito religioso per indicare con ogni
no trattati a parte, questi sono i dati da verosimiglianza un rapporto personale
liberamente e deliberatamente stabilito
prendere in considerazione. fra un uomo e Dio.
a) Per la sua antica attestazione bal- b) Può quindi far meraviglia che il
za evidente anzitutto il nome proprio concetto strettamente affine di vocazio·
jibpar ( 2 Sam. 5, 1 5) portato da uno dei ne profetica, la consapevolezza che il
figli di David. profeta ha del proprio ufficio e che pro-
Si tratta di una forma abbreviata di cede dal suo focontro con Dio, nell'A.

35 Cosl E. SELLIN, Geschichte des israelitìsch- schen Epigraphik (1898), indice.


jiidischen Vo/kes I (1924) 99 s., senza riguar- 38 Cosl M. NoTH, Die israe/. Persone11name11 ...
do all'insicurezza della traduzione.
(1928) 209.
36 Cosl K. BunnE, Der Sege11 Moses (1922) 13
s.; contra M. BUBilR (--)- n. 32) 196 s. 39 In questo caso però l'origine postesilica dà
37 Questa forma si trova senza testimonianze motivo a un'interpretazione siffatta; cfr. NoTH
in M. LmzBARSKr, Handbuch dcr nordsemiti- (--)- n. 38) 213.
425 (1v,r56) bt>..lyoµm B 5 (G. Schrenk)

T. non sia mai presentata chiaramente avere effettivamente un senso, bisogna


come una elezione 40 • Un solo profeta, trovarlo nell'elezione: in quanto 'elet-
to' il servo è stato 'chiamato' ad essere
il Deuteroisaia, usa promiscuamente 'e- la «luce del popolo» (42,6).
lezione' e 'chiamata' per · esprimere la Non è però casuale, ma procede dal-
coscienza della propria missione. Si trat- la diversa consapevolezza di chi attesta
l'elezione e di chi attesta la 'chiamata'
ta però di un caso che non si può in
il fatto che nella terminologia usata dai
alcun modo considerare tipico del pen- profeti per professare la propria missio-
siero profetico, come quello che trae ne il concetto di elezione non abbia po-
origine da particolari circostan7.e. sto, eccezion fatta per il Deuteroisaia.
La chiamata e l'elezione, in quanto mo-
di di sperimentare la volontà imperati-
In Is.49,7 si legge, nell'apostrofe al- va di Dio, sono certo affini, ma hanno
lo 'schiavo dei tiranni' 41 : il Santo di I- dimensioni diverse (cosl almeno è pro-
sraele «ti ha eletto», mentre al v. r si babile che vengano concepite), senza
parla di chiamata dal grembo materno; che la differenza sia sempre avvertibi-
allo stesso modo in Is. 42,r l'oracolo le, per es., nei termini di Mt. 22, r4:
divino parla del Servo come del 'mio 1tOÀ.À.ot yap Eww xÀ:ri-tol, òllyot oÈ
eletto', che secondo il v. 6 è anche il bJ1.1iwcol, «molti infatti sono i chiama-
'chiamato'. Senza chiederci, qui, se que- ti, pochi gli eletti»«. Forse nel concet-
st'uso linguistico possa convalidare una to di elezione il processo psicologico che
interpretazione della figura del Servo
si compie in una persona e che sfocia
quale simbolo collettivo di Israele 42 e
nell'azione determinata della scelta è
se l'eletto si possa considerare come.un
avvertito più chiaramente che non in
profeta o come qualcos'altro, si può di-
quello di chiamata, che esprime soltan-
re con sicurezza che il termine 'elegge- to il risultato di quel processo, ossia l'a-
re' rappresenta nello stile profetico una zione. Peraltro, nella elezione è sempre
forma in tutto nuova di indicare una implicito un giudizio per il quale l'elet-
missione che non può essere equiparata to viene riconosciuto e distinto da chi
a quella del sacerdote e nemmeno a
non è eletto, mentre nella chiamata tale
quella del re, ma piuttosto a quella del riconoscimento manca.
popolo. È significativo che ciò avvenga
soltanto in un autore che stilisticamen- Con ciò ben si accorda il fatto che,
te si distingue per una sicurezza che li- tolto un solo caso assai incerto, i profe-
vella facilmente il linguaggio 43 • L' 'ele-
zione' e la 'chiamata' del servo sono una ti non hanno la coscienza di essere 'elet-
cosa sola, e se questo conguaglio deve ti'; il processo psicologico che ha in-

-IO -)> xa;À.Éw iv, coli. 1462 ss. 43 Sullo stile retorico dcl Dcuteroisaia, L.KoH-
41 Se cosl si può leggere; dr. Biblia Hebraica, LER, Deuteroir. (I923) 79 scrive: «Egli si espri-
KITTEL, ad l. me bene, ma non con altrettanta proprietà»;
81: «La ridondanza va a scapito della pro-
42 Is.41 1 8 s.; 43,ro.20; 44, r s.; 45,4; 48, I2
('mio chiamato') si riferiscono chiaramente alla prietà». In ciò sta il limite di tutte le dedu-
zioni teologiche che si possono trarre da que-
storia del popolo -)> coll.464ss. In Ioel 3,5 gli
«Scampati che Jahvé chiama» sono pagani, se sto libro.
il motivo tematico del passo è 'ogni carne' (v. 41 Vedi però 4 n. 15 e IV, coll. 1473 ss.
1).
427 (IV,157) ÈxÀÉ~oµai B 5 (G. Schrenk) (1v,r58) 428

dotto Dio a rivolgersi alla loro persona offrivano a Dio non ha alcuna importan-
non Ii interessa, bensl soltanto il co- za per i profeti. La loro intolleranza ha
ben altre radici, e in nessun caso è dav-
mando che hanno udito e che Amos, vero indispensabile ricorrere al concet-
ad es., formula cosl (7,r5): «Va', sii to di elezione per spiegare la chiamata
profeta!». Chi ascolta quell'invito deve profetica 48 • Per quanto poi concerne il
Deuteroisaia, è molto probabile che la
obbedire (Am.3,8).
sua tendenza alla pienezza verbale l'ab-
Geremia, alla cui chiamata (ler.r >4· bia indotto a por mano a una termino-
8) si richiama strettamente l'inno di Is. logia la quale al tempo dei profeti pre-
49,r-6, quando parla della sua investi- esilici non era ancora fissata al punto
tura profetica non usa il termine, che da poter influire sulle formule esprimen-
sembrerebbe il più ovvio, di 'elezione', ti la vocazione e 1a missione profetica,
bensl l'altro, id', 'riconoscere' 45 (ler.r, senza contare che a tale funzione essa
5 ), che soltanto in un'applicazione tutta era inadatta.
speciale può essere considerato sinoni-
mo di quello. Si tratta di una parola c) In considerazione di ciò, non sem-
che, con vigore pregnante, esprime la bra giustificato mettere in rapporto con
comunicazione dell'energia spirituale 46, i concetti e le idee della profezia taluni
fatta da Dio all'uomo, e quindi male si
altri enunciati che riguardano l'elezione
paragona al concetto di scelta (che ha
sempre come corrispettivo una ripulsa), di singoli individui che non sono profe-
indicando propriamente solo un ordi- ti. Degli eroi nazionali, come Abramo
ne particolare e soltanto in senso lato (Neem.9,7), Mosè (Ps.106,23; dr. anche
un rapporto personale. È ben vero che
di Geremia si potrebbe dire, con buone Ps. 105, 26), David (Ps. 78,70 49 ; 89, 4),
ragioni, che era un 'eletto', poiché altri, Zorobabele (Ag.2,23), è detto occasio-
che egli stesso, per la loro maggiore ma- nalmente che furono eletti.
turità e facondia, giudicava più adatti
ad esercitare l'ufficio profetico 47 , non Sono testimonianze rare e singolar-
furono chiamati; lo stesso si potrebbe mente tardive, che nel loro genere ri-
dire di Isaia, il quale in certo modo si cordano la personificazione del popolo
intromette offrendo la propria opera al- fatta dal Deuteroisaia. Tolto il caso di
lorché Dio sembra ancora incerto a chi David, che era un te, esse appartengono
affidare l'incarico («Chi deve andare per a un uso linguistico che non appare mai
noi?», Is.6,8); oppure di Amos, che sa altrove connesso con la tradizione sui
di esser chiamato pur non essendo un personaggi in parola, sebbene questa ri-
profeta di professione (Am.7,14). Ma il sulti chiaramente dai passi citati. Spe-
pensiero delle altre possibilità che si cialmente l'enunciato su Abramo può

45 - col. 409; in Is.49,r la difficile parola è chi vuoi».


sostituita da 'chiamato'.
4S Più che di elezione si potrebbe semmai par-
46 L'espressione parallela è: «Io ti ho santi-
lare di conversione (Ier.3,7 e passim); vedi in
ficato»; cfr. anche Deut.34,10: iiida' piinlm 'el· prnposito J. HEMPEL, Beru/ung tmd Bekeb-
pii11lm, «conoscere faccia a faccia». ru11g (Festschr. G. Beer [ i935] 4r ss.).
47 Mosse da una perplessità analoga ma più ru-
di sono, in Ex-4,r J, le parole di Mosè che si 49 La frase parallela è: «lo tolse via di tra i
potrebbero rendere ad sensum cosl: «Manda chiusi del gregge».
429 (1v,158) b).éyoµ<X~ B 5 (G. Sclu:enk)

considerarsi addirittura come un com- lezione nutrita dalla comunità jahvisti-


mento esplicativo della tradizione sul ca. Ciò risulta chiaramente dai testi, do-
patriarca contenuta nel Genesi, quando
fissa in ordine l'elezione50 , la prova, l'al- ve gli eletti sono la comunità stessa (ls.
leanza, e pone quindi in evidenza come 65,9.r5.22; Ps.105,6.43; ro6,5; I Par.
presupposto dell'alleanza fra Dio e A- 16,13). Specialmente la circostanza che
bramo non soltanto l'elezione, ma anche
la prova dell'eletto («tu trovasti il suo gli oranti nell'atrio del tempio avessero
cuore verace davanti a te», Neem.9,8). coscienza di essere eletti (Ps.65,5; Num.
r6,7) mostra come la fede nell'elezione
d) Rispetto ai testi che proclamano
fosse l'energia che sorreggeva la vita in-
l'elezione del popolo, questi epiteti usa-
teriore del popolo di Jahvé. Coloro che
ti sporadicamente per gli eroi naziona-
possono accedere al tempio si compiac-
li non hanno un'importanza teologica
ciono di essere privilegiati rispetto ad
autonoma di qualche peso, come non
l'hanno altri testi dove occasionalmente altri, che non possono fare ciò. L'ele-
si parla di una elezione all'ufficio sacer- zione è per loro l'esperienza della gra-
zia di Dio rivissuta nel culto, e quando
dotale.
essi, riferendosi appunto a questa loro
Di siffatti testi il più autonomo e il esperienza, distinguono se stessi da al-
più antico riguarda l'elezione della .casa
tri membri del loro popolo, che Dio ri-
di Eli (rSam.2,28), senza però che ci
siano punti di appoggio abbastanza si- getta (Ps.5,5 ss.), fanno ciò consideran-
curi per vagliare criticamente questa dosi come l'Israele xoc't'à 7tVEvµoc, come
concezione. Soltanto i libri delle Crona- i depositari, coscienti e responsabili, del-
che (rPar.15,2; 2Par.29,rr) pongono
per la prima volta esplicitamente in ri- la grazia dell'elezione. Cosl, sotto il ti-
salto l'elezione dei leviti ad opera di tolo di 'eletto', anche il giusto senza
Jahvé, e Io stesso fa il Deuteronomio nome appare come il portatore di un
in taluni enunciati che hanno sapore di
glosse (Deut.18,5; 21,5) 51 , mentre l'os- nome grandissimo, come il simbolo per-
servazione su Aronne in Ps.105,26 può sonale del popolo che ha sperimentato
essere riferita anche a Mosè e non viene l'elezione; e in definitiva tutti questi
a dir nulla in particolare sul sacerdozio
<li Aronne stesso. enunciati su singoli uomini 'eletti' non
fanno che esemplificare un solo concet-
e) Non si andrà quindi lontano dal
to che deriva dal patrimonio di fede del
vero ammettendo che il contesto spiri-
popolo di Jahvé ed è indissolubilmente
tuale nel quale hanno preso forma que-
legato alla viva coscienza comunitaria.
ste varie espressioni sia la fede nell'e-

SO Is.51,:i. parla di 'chiamata'. ed è santo». Ma in questo racconto leggenda-


SI Analogo sembra anche l'uso di bl;r per indi- rio il motivo della scelta può derivare anche
care la decisione con la quale Dio manifesta da altri contesti, per es. dall'estrazione !l sorte
nell'ordalia (Ntmt.16,5-7) «chi gli apparti<mç cU I Sam. 10 120 s,
431 (rv,159) lxMyoµa~ B 6 (G. Schrenk) (rv,159) 432

6. L'elezione del re le» Jahvé ha fatto prevalere la monar-


chia, nonostante gli ostacoli incontrati.
Le stesse considerazioni, pur con
Questo è ciò che David comprende do-
qualche riserva imposta dallo svolgi-
po i suoi primi successi {2 Sam.5,u}.
mento storico, si possono fare anche
fl popolo del re è il popolo di Dio (Ps.
per quanto concerne l'applicazione del
28,8; 72,2). Nei testi che definiscono
concetto di elezione, e di tutte le idee
!o stato giuridico del re, o ne spiegano
che vi sono connesse, alla monarchia e
i fondamenti, l'idea dell'elezione divi-
ai suoi rappresentanti. L'ideologia re-
na non è però esplicitamente affermata,
gale è importante in questo rispetto,
e l'uso di bbr in riferimento alla monar-
perché la monarchia israelitica e giudai-
chia è contenuto entro limiti assai ri-
ca ha vigorosamente promosso quel ti-
stretti 54 • Più frequente è il richiamo al-
pico atteggiamento spirituale che appare
l'unzione; ma è evidente che l'unzione
in mo1teplici guise nel pensiero religio-
impartita da un niibi' estatico 55 compor-
so e politico di Israele e che si può qua-
ta la designazione divina del consacra-
lificare come la fede popolare nell'ele-
to. Si può cosl spiegare perché soltanto
zione. Infatti colui che Dio aveva elet-
nelle fonti che trattano del sorgere del-
to a reggere il suo popolo garantiva,
la monarchia si abbiano enunciazioni
con questo fondamento religioso del
ampie e spiccate circa l'elezione divina.
suo potere, che Dio guidava le sorti del
popolo stesso 52• È certo, poi, che in Esse ci insegnano anzitutto che l'ap-
Israele e Giuda la fede nell'elezione di- plicazione teopolitica del concetto di e-
vina del re fu sempre molto più viva e lezione non si può considerare senz'al-
popolare di quanto non fosse nel mito tro come l'unica esclusivamente valida
straniero l'idea della sua divinità 53 • Si a priori. Il rapporto fra l'elezione del
tratta di una speciale forma espressiva re e l'obbedienza alla volontà divina
e del più antico tentativo di fissare con- non fu mai cosl netto e saldo da far di-
cettualmente la fede ncll' elezione del menticare che quell'elezione rappresen-
popolo. <dn grazia del suo popolo Israe- tava un fatto costitutivo del potere sta-

sz Vedi, per es., l'accoppiamento di re e popo- ne parallela: «lo tolse via»); Assalonne: 2
lo in parecchi motivi dei salmi regali; H . GuN- Sam.16,18; Salomone: I Par.28,5 s.; 29,1 (nel-
KliL, Ei11leitu11g indie Psnlmen (1933) § 5. le parole di David); Zorobabele: Ag.2,23; in
53 ~ n, coli. r38 ss. generale il niig1d: .2 Par.6s (r Par.28,4: la tri-
54 Quali oggetti dell'elezione divina vengono
bù di Giuda in quanto niigid). Numericamente
prevalgono quindi gli enunciati delle Cronache.
menzionati Saul: r Sam.10,24 (.2 Sam.2r,6? ~
n. 62); David: r Sam. r6, 8. 9. ro; 2 Sam. 6, 21
(nelle parole da lui rivolte a Micol); r Par.28, 55 In altri casi si tratta piuttosto di una con-
4; I Reg.8,16 (dove si avverte l'influsso del ferma che di un conferimento della dignità re·
Dçl!tçr9nomio); 2 Par.616; Ps.78,70 (espi-essiQ· gaie, ~ n. 76.
433 (1V,l59) ÉxMyoµm B 6 (G. Schrenk) (IV,160) 434

tale scaturito dal contrasto di forze po- pra gli Ammoniti non lascia dubbio che
litiche 56. Per due volte infatti (r Sam. il potere sovrano del primo re ebbe ori-
gine da uno sviluppo delle forze nazio-
8,r8; r2,r3) ricorre in quelle tradizio- nali che, stabilendo un potere esecuti-
ni il termine bl;r con un soggetto uma- vo sostenuto dalla volontà di tutti, creò
no per indicare la 'voce del popolo' che un istituto tale da assicurate l'avvenire
della nazione. Anche in seguito David
elegge il re (r Sam.8,7), intesa come la
diventa re prima in Giuda (2 Sam.2,4.
volontà politica degli anziani residenti 7) e poi in Israele (2 Sam.5,3) in virtù
in città o dell'esercito nazionale mobi- di una deliberazione delle cerchie diri-
litato. genti 58 , come già era avvenuto con Abi-
melec in Sichem (Iud. 9, 6); da questa
È significativo, peraltro, che in que- base democratica la monarchia non si
sti casi bhr sia usato con la stessa into- è mai svincolata del tutto, nemmeno
nazione s~ettica che si avverte anche in quando nel regno di Giuda essa era di-
Ios.24 e~ coli. 418 ss.), dove si parla di venuta ereditaria nella famiglia di Da-
scegliere un dio fra i molti («voi gride- vid (2 Sam.23,5 ). Il 'popolo del paese'
rete per cagione del re che vi siete scel- rimase l'istanza che garantiva la conti-
ti, ma Jahvé non vi risponderà», r nuità dinastica nei momenti difficili e
Sam.8,r8; 12,13; cfr. 12,25: «voi in- impediva la degenerazione della monar-
sieme col vostro re») 57• E ciò avviene chia in dispotismo 59• Lo stesso Deute-
proprio in quei contesti dove più chia- ronomio, quando fissa poche e scarne
ramente si fa intendere che elevare un prescrizioni riguardo al re.(17,14-20), si
uomo al regno implica respingere la re- richiama esplicitamente alla volontà po·
galità di Jahvé (r Sam.8,7; 12,12). Le polare che ha voluto il monarca, espri-
forze e gli intendimenti politici che agi- mendo con ciò una forte riserva sulla
scono nella formazione del potere sono monarchia.
quindi chiaramente disapprovati, e per-
ciò trascurati dalla tradizione raccolta Se i critici e gli oppositori di questa
nei nostri testi. Ciò nonostante essi so- evoluzione della forma di governo 60
no ancora, in complesso, chiaramente
riconoscibili. Già in I Sam. r r il raccon- non riuscirono mai a liberarsi del tutto
to della vittoria riportata da Saul so- dal timore che venisse meno il princi·

56 Cfr. A. ALT, Reallexiko11 der Vorgeschichte membri a pieno diritto di una comunità poli-
7 (1926) 27 ss.; In. in RGG1 m n34 ss. In., tica e culturale, di una città-stato... Costoro abi-
Die Staate11bildung der lsraeliten in Paliistina tano nella città di cui si tratta e nel territorio
(1930); A. WENDEL, Siikularisierung in lsraels di essa - questo significa nel nostro caso ha-
K11ltur (1934) r33 ss.; K. GALLING, Die israeli- ' iiref - hanno la loro proprietà terriera»; E.
tische Staatsver/asstmg in ihrer vorderorienta- GILLISCHBWSKr: ZAW 40 (1922) r4r. Cfr. an-
lischen Umwelt (r929). che E. WORTHWEIN, Der 'at11m ha'arer. im AT,
51 Cfr. anche il motteggio di Ieu in 2 Reg.10,
BWANT IV Il (1936}.
60 Le dure parole di Osea (7,3; 8,4; . rn,3; 13,
3: «Sceglietevi il migliore» (come avversario
del re). ro s.) riguardano talune aberrazioni di fatto,
piuttosto che l'istituto monarchico in sé. Più
L'accordo tra il re e le cerchie preminenti
.58
radicale è l'insegnamento della favola di Iotam
della nazione è un patto (bertt}. (Iud.9,8-15): soltanto WlQ sfn.1ttatQre diventa
.59 La designazione 'popolo del paese' indica «i re!
435 (IV,160) txMyoµm B 6 (G. Schrenk) (1v,16r) 436

pio teocratico 61, per converso i sosteni- In effetti una monarchia puramente
tori dell'istituto monarchico potevano secolare, priva di una legittimazione sa·
crale, non era possibile e tutti i tenta-
ravvisare nel modo eccellente in cui es- tivi intrapresi in tal senso fallirono. La
so aveva risolto talune gravi difficoltà tirannide elettiva 63 di Abimelec in Si-
della vita nazionale una prova che la chem (Iud.9,1-6) non poté reggersi; Es-
baa, fatto re dopo aver conseguito suc-
monarchia derivava da Dio la pienezza cessi militari, rimase un personaggio di
dei suoi poteri e la sua missione. Che i second'ordine e di scarsa fortuna; non
responsabili, istituendo ·il potere mo- si ha notizia di una sua unzione. La sor-
te di Adonia fu segnata nel momento
narchico o conferendo l'unzione a un
in cui Salomone lo precedette nell'un·
usurpatore mossi da · considerazioni o zione (r Reg.r,28 ss.).
bramosie politiche, avessero commesso
un errore gravido di conseguenze, ap- Il racconto di I Sam.10,17 ss. cerca
parve un'obbiezione priva di fondamen- di riferire, con evidenza descrittiva, Io
to, giacché in realtà non le considera- svolgimento di un fatto irrazionale: la
zioni dei responsabili avevano determi- scelta del re compiuta da Dio. Le tribù
nato l'ascesa di un uomo al regno, ben- convocate a Masfa 'chiedono' (v. 22:
sl la decisione di Dio. Sorge di qui l'i- wa;jS'atu-'od) a Jahvé di far conoscere
dea, ammessa da tutto l'A.T. (anche se la sua volontà. Si estrae a sorte prima
di rado62 esplicitamente formulata), che la tribù, poi il parentado e infine la per-
il titolar~ del potere monarchico rappre- sona di colui «che Jahvé ha eletto» (v.
senti J'eletto di Dio. Di fronte a questa 24). Non si fa cenno di un atto delibe-
concezione sacrale poco o nulla conta- rativo dell'assemblea; essa rimane in
no, nell' A. T., le altre interpretazioni, tutto e per tutto passiva. È Dio che sce-
più concretamente politiche, della mo- glie, in luogo dell'assemblea e dal seno
narchia. di essa 64 •

61 Tale principio è formulato polemicamente fa altro che sanzionare una risoluzione politica
nelle parole di Gedeone (Iud.8,23): «Jahvé de- presa da uomini. È istruttivo a questo propo-
ve regnare su di voi», e dogmaticamente nel sito l'esempio di Tutmoses ur, il quale confer·
motivo conduttore dei cosiddetti salmi dell'a- ma la sua pretesa al trono con un annunzio del
scesa al trono: ((Jahvé è diventato re» (Ps.93, dio Amon, cfr. J. H. BRBASTED, Gesch. Ji.gyp-
r e passim). tens, ed. tedesca di H. RANKE (1936) 175. Un
62 In 2 Sam.21,6 bepir jhwh, detto di Saul, ha altro termine di confronto ci viene da un fat-
valore solo in quanto attesta la concezione del- to descritto su una 'stele dell'ele-~ione del re'
lo scrittore; cfr. Biblia Hebraica, KITTEL, ad l.; dà Napata (VI sec.; traduzione in GRESSMANN,
in Ps.89,4 i LXX leggono be{iiri come un plu- A.O.T . roos.): ossia la scelta di un re della Nu·
rale. bia compiuta da Amon su richiesta dell'eserci-
63 Questa forma di dominio corrisponde alla to. Come in I Sam.r6,r ss., vengono proposti
al.pE'ti) -tvpawlç, che i Greci chiamano alcrnµ- alla scelta alcuni fratelli, uno dei quali viene
VTJ'tELa, cfr. Aristot., pol.3,15 p. 1285b 25 s. indicato dal dio. Cfr. G. HoFFMANN-H.GRESS·
64 In realtà questa scçlta compiuta da Dio non MANN1 Tcraphim: ZAW 40 (1922) rrnss. Tut-
437 (1v,r6r) èxMyo1..w.~ B 6 (G. Schrenk) _(1v,16:z) 438

È difficile stabilire il valore storico di frequente biasimo, ai modelli stranieri


questa tradizione intrisa di leggenda, (r Sam.8,5) si può riscontrare anche
nell'idea dell'elezione, almeno per quan-
giacché essa risulta del tutto incompati- to concerne i modi espressivi. Ma la ri-
bile col racconto seguente (c. ro) della gidità decorativa con cui quell'idea ap-
vittoria sugli Ammoniti, che avrebbe pare talvolta nell'ideologia ufficiale d'E-
gitto 68 mal si paragona al pathos dina-
determinato l'ascesa di Saul al regno.
mico onde la religione di Jahvé afferrò
Ma, se si considera la parte attribuita a la nazione israelitica. Quando nei regimi
Saul negli eventi narrati, il nucleo di ve- unificati di Giuda e Israele si introdus-
rità storica si dovrà molto probabilmen- sero i principi di governo propri dei
grandi stati, questa analogia, come pu-
te ravvisare nel fatto che il movimento re l'idea della figliolanza divina del re,
profetico, rappresentato in questo caso poterono occasionalmente assumere un
da Samuele 65, sostenne vigorosamente e certo rilievo nel frasario aulico, anche
se di ciò non si hanno testimonianze
autorevolmente l'idea dell'elezione del dirette (forse in r Par.28,6). Ma il le-
re da parte di Dio 66, a segno che in ap- game tra la nozione biblica di bf:Jr e il
presso divenne di prammatica che la pensiero mitico è in ogni caso assai va-
go e meramente formale69 • Inoltre l'idea
scelta popolare del re fosse confermata che vi fossero individui segnati da Dio
dalle parole con le quali un niibt' ac- col carisma della profezia era viva in
compagnava l'unzione 67 • Israele già al tempo dei giudici 70 e sus-
sisteva prima che il concetto di elezio-
La mossa dei nebt'lm è anche, in cet- ne fosse applicato al fatto concreto del-
to modo, una garanzia che l'idea dell'e- la designazione di un uomo. Il vocabo-
lezione traeva origine e forza dalla viva lo tradizionale per indicare chi è sovra-
esperienza di un atto compiuto da Jah- no per ordinazione divina, forse uno
vé, ciò che lasciava poco o punto spa- dei termini più antichi nei quali si è fis-
zio al gioco del pensiero mitico. È ben sata a mo' di formula l'idea che Dio
vero che una certa adesione, oggetto di regge i destini del suo popolo, sembra

t'altra cosa è invece l'estrazione a sorte, che si da Re' (ftp n r', nella trascrizione accadica Ja-
faceva in Assiria all'entrata in carica degli ar- tip na ria, in greco 8v ÉOOXLfJ.a:cn:v oppure 1tpo-
conti annuali (B_ MEISSNER, Bab. u. Ass. H Éxpwc:v ); cfr. per es. il prenome di Ramses u
(1925) 275; H.ZIMMERN, K.A.T.518); in que- (F. BILABEL, Gesch. Vorderasie11s u. Agyptem
sto caso infatti non si ttatta di trovare la per- [1927] 107) e A. ERMAN-H. GRAPOW, Worter-
sona che deve assumere la carica. buch der iigypt. Sprache 4 (1930) 337 s. s.v. stp.
65 Altea questione è se Samuele fosse effetti- (f) Nel canone un'espressione mitologica del
vamente un niibt', cfr. A. JEPSEN, Nabi (1934), concetto si può trovare nelle parole con le qua-
99 ss. li Is.44,28 ss. parla della chiamata di Ciro da
parte di Jahvé: Jahvé afferra la sua mano de-
66 Cfr. anche le parole di Dio in 2 Sam.3,18;
stra, apre le porte davanti a lui, lo precede.
5,2. Tali modi espressivi non sono però radicati nel-
67 Cfr. speciahn. Neem.6,7 e JEPSEN, op.cii., la fede in Jahvé, ma in un cosiddetto stile au-
176 s.; inoltre O. PRoCKSCH, Konig und Pro- lico, seguito soprattutto dal Deuteroisaia; cfr.
phet in Israel (1924) 6 s. H. GRESSMANN, Der Messias (r929) 59 ss.
63 Il titolo ufficiale dei sovrani d'Egitto - 'fi- 70 Si tratta dei 'soccorritori' (mdfi'a', 2 Reg.13 ,
glio di Re' - viene spesso integrato con 'eletto - 5; ls.r9,20} mandati da Dio, ~ UW'tTJp.
439 (1v,162) Èx)..lyoµm B 6 (G. Schrcnk) (1v,162) 440

essere niigid, che ha senso ptu passivo che agli uomini, il secondo soltanto a
che attivo e male si traduce con 'princi- Dio74 • Là dove si scambiano queste com-
pe' o 'capot71. Il niigid possiede una do-
te che gli uomini non possono conferi- petenze, ivi il discorso piglia un tono
re, ma soltanto riconoscere. Perciò l'u- sarcastico; cosl avviene in r Sam.12,r3:
nico senso che si può attribuire al rac- «Ecco ora il re che vi siete scelth> 75 •
conto dell'unzione di Saul a niigid (r
Sam.10,1), nel complesso dei testi sul-
Perciò quando il salmista scrive che l'e-
l'origine della monarchia dove conflui- letto dal popolo è stato 'esaltato' da
scono tradizioni assai diverse, è di far Dio (Ps.89,20), esprime certamente una
comprendere al lettore che Saul è già
eletto da Jahvé quando consegue la vit- verità storica e anche giuridica, ma non
toria sugli Ammoniti 72 , mentre in sé il un'interpretazione del fatto che sia del
fatto dell'unzione avvenuta in segreto tutto favorevole all'istituto monarchico
ben difficilmente si può considerare sto- inteso quale strumento di Dio. Un'in-
rico. Poiché era niigtd, per questo Saul
fu vincitore nella battaglia, e nello svol- terpretazione siffatta mira piuttosto ad
gimento storico dei fatti l'ossequio pre- attribuire con tutta chiarezza la parte
stato dall'esercito al niigtd, mostratosi preponderante nella nomina del sovra-
tale col suo intervento salvatore, equi-
vale alla sua nomina a re 73 • no, e in genere nell'istituto monarchico,
In tale contesto risulta evidente an- aUa deliberazione divina. È l'interpreta-
che il nucleo di verità sul quale poggia zione che in modo più distinto, ma non
l'obbiezione che la scelta del re non ancora abbastanza definito, si esprime
può essere affare di uomini. Il Deute- in una frase la quale, riferita all'usurpa-
ronomio, nel fissare le norme concer- tore Assalonne, è sicuramente pronun-
nenti il re (Deut.17,14-20), distingue ciata con intento adulatorio, ma appun-
tra il 'costituire come re' (ftm, v. 15) e to per questo anche col rispetto di tut-
lo 'scegliere': il primo può spettare an- te le forme: «Re è colui che Jahvé e

11 A. ALT, Staate11bìldung (~ n. 56) 29 n. 1 1 anche il testo egiziano indicato alla n. 64.


intende niigid come l' 'annunziato' da Jahvé (il 73 1 Sa111. u, 15: wa;;am/ikli. L'aggiunta dei
WENDEL, op.cit. 52 esagera, parlando di 'esal- LXX: xat ~XPtt:TE\I l:aµov1)À, è giustificata al-
tato'[?]). Sulla forma linguistica cfr. J.BARTII, meno nella sostanza. Il rabbercio dei vv. 12-14,
Vie Nomillalbi/dung in de11 semit. Sprachen che presenta il fatto in guisa assai dubbia co-
I (1889) 161 s. L'equivalente profano di 11iigld me un 'rinnovamento' della monarchia, cerca
sembra esser 11052' (Esdr.I,8 e passim) che in di stabilire un legame interno con I Sam.10,19
Ge11.34,2 indica il capo di una città cananea. ss.
Il WnNDBL, op.cit., 184 ss., ritiene che anche 74 Ci si potrebbe però chiedere se le parole del
questo vocabolo avesse in origine un valore v. 15: 'ìifer iib~ar jhwh 'eloekii bO, non siano
sacrale. un'interpolazione. Sopprimendole non resta
72 Con ciò s'accorda il fatto che, secondo I una lacuna, bensl risulta pii:1 netto il significa-
Sam.16,1 ss., David già prima di aver compiuto to permissivo della disposizione («tu puoi co·
tutte le opere che lo distinguono è 'eletto', stituirti un re»).
mentre i suoi fratelli sono 'rigettati' (m'r, v. 15 È significativa la glossa, che vorrebbe essere
7}. Per questa scena si potrebbe confrontare un'attenuazione: «che voi avete richiesto».
44r (1v,r62) éx"Myoµcx~ B 7 (G. Schrenk)

questo popolo e tutto Israele hanno e- me popolo: «Jahvé vi ha eletto ad es-


letto» (2 Sam. 16, 18). Secondo la con- sere il suo popolo, sua proprietà fra
cezione teocratica il popolo non deve tutti i popoli che sono sulla superficie
scegliere, ma soltanto confermare; eco- della terra» (Deut. q,2 ).
sl avvenne poi anche in pratica nel re- L'idea cosl nettamente de.finita è pe-
gno di Giuda, quando la successione re- rò viva in Israele sin dal principio della
gale si legò alla discendenza di David 76 , sua esistenza come 'popolo di Jahvé'
e in Israele nel caso di Ieu (2 Reg.ro, (lud.5,u); ma soltanto il vocabolo te-
5). Soltanto a Jahvé compete la desi- matico 'elezione' le ha dato un senso e
gnazione del sovrano; l'unzione è la un valore nella storia della salvezza. Le
conferma sacrale della scelta divina; tradizioni del Genesi fanno addirittura
questa è l'idea che si trova nel Libro credibile che tale idea desse un'impron~
delle Cronache 77, dove persino il con- ta singolare ai culti ptejahvistid del 'Dio
cetto affatto diverso di 'figliolanza divi- dei padri' 78 • Certamente essa ha gene-
na' (~ -n;a.'tfjp) s'incrocia, non senza rato quella disposizione spirituale che
una certa forzatura stilistica, con quel- caratterizza tutti i moti della vita nazio-
lo dell'elezione (r Par.28,6: «lo me lo nale d'Israele sin dall'età più antica e
sono eletto come .figlio»). che in senso lato si usa definire fede
nell'elezione. In linguaggio profano si
7. L'elezione del popolo potrebbe definire tale disposizione, sen-
a) Sembra derivata dall'ideologia mo- za ridurne in sostanza il contenuto e i
narchica la parola b~r, servenqosi della motivi, come la coscienza della nazio-
quale il Deuteronomio ha fissato per la nalità 79 quale per solito nasce e trae vi-
prima volta in maniera concettualmente gore da un «accumulo di esperienze» 80 •
rigorosa e con la densa brevità di una La storia d'Israele come popolo ha una
professione di fede il senso della storia significazione evidente ed esemplare per
d'Israele e della sua stessa èsistenza co- questo, che in essa per la prima volta

76 Reg.II,12; r4,2r; 21,24; 23,30; cfr. anche


2 appartenenza, una certa nozione del 'popolo'
~ n. 55· come realtà unitaria. La forma sublimata di
77 In I Par.n,1-3 il detto profetico che indica questo senso di appartenenza, ossia l'idea della
la destinazione di David assume un risalto più nazionalità, è poi la creazione t>iù raffinata e
forte che in 2 Sam.2,r-4. complessa cui f>ossa giungete lo sviluppo stori-
co: essa trasforma l'unità già esistente di fat-
78 Cfr. A. ALT, Der Gott der Viiter (1929) 68
to nella volontà consapevole, attiva e creatrice
ss. e inoltre ~ coli. 460 ss.
di costituire un'unità. specifica.mente distinta
79 Cfr. per questo concetto E. MBYBR, Gesch. da tutti gli altri gruppi umani e di agire in
des Alterlt1ms I r 5 (1925) 79: «Soltanto in ma- questo senso».
niera tutta graduale, nel corso dello sviluppo
ascendente della storia si forma, in guisa dap- 80 J. BuRCKHARD'l', \'(!eltgerchichtliche Betrach-
prima semiconsapevole, un senso di più stretta tt111gen (ed. KRONER (193:;]) 25.
443 (IV,163) btÀÉcpoµa.~ B 7 (G. Schrcnk)

si può osservare, sulla scotta di una pevolezza del proprio Dio era stretta-
sufficiente documentazione, l'efficacia di mente collegata all'esplicazione della
una forte concentrazione di energie na- forza nazionale, ma questa era, a sua
zionali 81 • Ma quando si indagano i pre- volta, connessa con la fedeltà a Dio che
supposti spirituali di questo fatto, risul- trascinava all' azione ardimentosa. Co-
ta evidente che quella concentrazione loro che amano Dio pareggi~no per vi-
fu resa possibile da una felice e rara gore il sole che sorge (Iud.5,31). L'or-
unità di religione e di etnia. Sin dai gogliosa fiducia che anima le guerre di
giorni di Mosè la fede in Dio promos- Jahvé ha suggerito ai poeti anche l'al-
se il dispiegamento delle energie nazio- tro simbolo imperituro della forza di
nali d'Israele e costitul il principio for- Istaele, il leone che si distende, sicuro
matore del suo sviluppo. Essa valse a della preda 85 • Anche una frase cosi den-
sorteggere e a garantire l'unità nazio- sa di significato ptofetico come quella
nale anche quando l'unità politica non di Balaam: «Ecco un popolo che se ne
sussisteva ormai più (Ier. 3 r ,ro ). Anco- sta solo e non si annovera tra le nazio-
ra in epoca tardiva quell'idea .è profes- ni» (Num.23,9), esprime con innocente
sata con lo stesso fiero orgoglio che a- purità il motivo conduttore della sto-
vevano mostrato un tempo i padri: «Se ria di Israele e insieme lascia intravve-
ogni popolo cammina nel nome del suo dere nella ptofondità della sua intuizio-
Dio, noi camminiamo nel nome del Si- ne quella che è la pietra angolare della
gnore Dio nostro per tutta l'eternità» elezione, cioè la consapevolezza del con-
(Mich-4,5) 82 • All'epoca delle guerre di tenuto ideale inalienabile e irripetibile
Jahvé la soluzione delle controversie po- che distingue la stotia del popolo di
litiche regolava anche i rapporti di for- Jahvé da quella di tutti gli altri popoli.
ze tra gli dèi 83 , e quando Jahvé diede Una professione di fede come questa,
le genti di Canaan in potere del suo non gravata da alcun raziocinio ma so-
popolo agl con una superiorità inconte- stenut~ soltanto dalla forza dell' espe-
stabile, anche se in guisa non diversa rienza diretta, può dare un'idea del vi-
dal dio Kamos, che fece vedere ai suoi gore dei sentimenti che sostengono il
Moabiti il trionfo su tutti coloro che li concetto popolare di elezione e che tra-
odiavano 84 • La superiorità nella consa- mite esso giungono ad alimentare l'idea

81 Cfr. G. VAN DER L1muw, Phiinomenologie 83 I11d.n,23; Num.21,29.


der Religio11 (1933) 250: «Il popolo giudai- SI Stele di Mesa, riga 4: br'ni bkl Jn'i; cfr. an·
co è il primo esempio storico di una nazione. che la parola rit=r•'iiat alla riga 12, e l'espres-
Gli altri popoli dell'antichità sono o schiatte si(lne di Ps.n8,7. Ironico è il significato di :2
o imperi». Reg.18,25.
82 È presumibile che la frase sia stata aggiun- 115 Num.23,24, con riferimento a Giuda in Gen.
ta solo quando fu redatto il libro di Michea. 49,9.
b1.).lyoµaL B 7 (G. Schrenk)

di una storia della salvezza. gran lunga l'àmbito delle sue concezio-
È invero un fatto che il valore teo- ni anteriori. n fatto che Jahvé avesse
logico del modo in cui, prima del Deu- parlato con Israele e avesse stipulato
teronomio, fu inteso il popolo di Dio con esso un'alleanza fu allora inteso co-
è manifestamente scarso per via di una me risoluzione della sua volontà. Dal
insufficiente comprensione dell'idea stes- novero dei popoli egli ha scelto il popo-
sa di Dio. In sostanza, ci troviamo di lo d'Israele per condurlo come cosa sua
fronte soltanto a quella forma di reli- lungo il corso della storia. Ma perché e
gione la quale, come ben videro gli uo- con quale intendimento egli agisce cos}?
mini dotati di spirito profetico, non Si può motivare in qualche modo una
regge al peso di una volontà divina so- enunciazione teologica cos1 inaudita? E
vrana del mondo e si mostra impari al- che valore effettivo può avere una mo-
le responsabilità ormai imposte al po- tivazione quale che sia?
polo dallo svolgimento della sua storia. Le diverse interpretazioni possibili
Per una necessità quasi logica, quel mo- del concetto di elezione e la sua portata
do di pensare orgoglioso ed energico immensa hanno determinato nella vicen-
doveva svolgersi nel dogma religioso del da spirituale d'Israele quelle lotte uni-
popolo eletto guidato dall'eletto di Dio, che nella loro sincerità e nella loro du-
via via che la fede del popolo di Jahvé rezza, tali da mettere a nudo addirittu-
veniva posta con urgenza sempre mag- ra le forze polari dell'esistenza uma-
giore di fronte al compito di non la- na, quelle lotte immani alle quali si de-
sciarsi snaturare dalle culture straniere ve quasi tutta la letteratura profetica
e dai loro strumenti, e sotto l'impulso L'orgogliosa consapevolezza di sé nella
del movimento profetico si apriva a ri- sua energia più vitale, ossia come volon-
conoscere la volontà onnipotente del tà di vivere del popolo, e la fede in Dio
suo Dio. intesa come impegno assoluto nell'agire
b) Dall'incontro, storicamente neces- morale, si scontrano e lottano per fog-
sario, tra l'anima popolare e la fede uni- giare, ciascuna a modo suo, un destino
versale in Dio sorse l'idea dell'elezione, storico il quale proprio per questo nel
quale si trova formulata nel Deuterono- suo svolgimento pone a ogni osserva-
mio; allora infatti il problema del signi- tore, con obbiettiva urgenza, la questio-
ficato di questo popolo che viveva del- ne della verità o falsità de11'annunzio
la promessa di salvezza fattagli da Jah- di Dio.
vé si pose in termini nuovi, suggeriti c) Nei quattro secoli di vita dello sta-
dall'esperienza del mondo che il popo- to unitario, che vanno dal1' ascesa di
lo stesso aveva acquisito nella sua esi- Saul alla riforma di Giosia, e poi anche
stenza come stato e che superava di in appresso, l'armonica unità di religio-
447 (rv,165) ex)..éyoµa~ B 7 {G. Schrenk) (rv,166) 448

ne e spmto nazionale passò attraverso tcntemente rappresentata dagli inni a


dure crisi, per infrangersi poi ben pre- Sion come il Ps.46, orientata com'era
sto definitivamente. Da un lato, la fe- troppo esclusivamente verso l'afferma-
de in Dio aveva incominciato ad impa- zione politica del popolo eletto, non po-
rare qualcosa dal messaggio profetico, teva non esser cieca di fronte alle crisi
a sottrarsi all'efficacia preminente delle interne e ai dissesti morali. «Dio è con
forze nazionali e a prender coscienza noi» 86, «noi siamo al sicuro» erano i
della propria dipende~za assoluta; dal- motti orgogliosi e violenti coi quali o-
l'altro, l'anima popolare non si mostrò gni profeta di sventura veniva vittorio-
capace di svolgersi tanto da riconosce- samente perseguitato; si gridava «sal-
re la diminuzione del proprio valore vezza, salvezza!», e non c'era salvezza
normativo e da farla servire allo svi- alcuna (Mich.3,5.n; Ier.6 1 14; 8,n;
luppo stesso della nazione. Nel regno Ez. 13, 10. 16), bensl dovunque danno,
d'Israele, più ancora che in quello di tranne che nell'equilibrio di potere dei
Giuda, vigoreggiò un sentimento nazio- grandi 87 • Un'incrollabile fierezza, già
nale saturo di religione, che si conside- nell'ottavo sec., aveva fatto sua l'altera
rava sottratto all'assoluta imperatività definizione di 'primo dei popoli' 88, che
del volere divino e traeva la propria si- un tempo i potentati nomadi si attri-
curezza da una crassa interpretazione buivano con tono di sfida (Num.24,20),
cultuale della vicinanza di Dio, soste- e concentrato in essa tutta la vigorosa
nuto io ciò dalla profezia popolare del- consapevolezza di quel tempo in cui la
la salvezza: «Noi abbiamo Jahvé in potenza politica d'Israele toccò il ver-
mezzo a noi; nessuna sventura può co- tice. «Dalla strada di Hamat sino all'A-
glierci» (Mich. 3,n ). Questa fede, po- raba!»89 era la parola d'ordine dell'orgo-

86 La formula 'Emmanuel' si trova in I.r.8,10 tazione, non è escluso che si possa tradurre,
(in un testo analogo già in Am.5,14) come pa- sulle orme di A. WE1SER, Die Prophetie des
rola d'ordine teopolitica, e pare sia stata accol- Amos (1929) 229 s.: «Guai a coloro che sono
ta in I.r.7,14 per servire da nome simbolico del orgogliosi a Sion e confidano nella montagna
Messia. In Is.8,8 le parole sono forse penetrate di Samaria!». In tal modo la situazione assu-
dal v. IO solo per dittografia; forse l'amanuen· me contorni più concreti.
se o il compilatore, ma non l'autore, le con- 88 Am.6,r. Che l'espressione indichi non l'an-
siderava come una formula conclusiva della tichità ma la qualità e il grado gerarchico, ri-
minaccia dei vv. 6-8 ( «sl, questo si chianrn sulta da locuzioni analoghe, come re'Jit Jemii-
Enunanucle», così GALLING, op.cit., 80). lltlll (Am. 6, 6), «il migliore degli unguenti»,

87 In Amos (6,r) <(gli orgogliosi che stanno re'Ilt ha'are!, «il paese migliore» (fa;. 48, 14;
in Sion» vengono menzionati accanto a «coloro Deut.33,2r). Anche Ier.2,3 («Israele è una co-
che vivono tranquilli sul monte di Samaria». sa sacra per Jahvé, la primizia del suo raccol·
Amos parla quindi del 'grande Israele', come to») sembra conoscere il motto di Am.6,1 e
il GALLING (op.cit. 68) chiama il denominatore variarlo col comprendervi il significato cultua-
ideale della cosapevolezza popolare dell'elezio- le della stessa parola.
ne. Ma, stanti le difficoltà di questa interpre- 89Am.6,14; cfr. 2 Reg.14125; Ez.6,14. Caratte·
449 (1v,r66) lxÀ.Éyoµa~ B 7 (G. Schrenk)

glio nazionale, nella quale brillava la lu- un dominio o un primato. Ben altro si-
ce della vittoria. gnificato Amos attribuisce al fatto della
d) Cotesto modo di sentire rappre- rivelazione di Jahvé, pur senza formu-
senta una forza spirituale, l'energia in- larne esplicitamente il concetto. Nem-
teriore della nazione; l' orgogliosa co- meno l'essere scampato dall'Egitto e
scienza del proprio valore aveva trova- l'essere passato dalla disperazione alla
to la sua forma più nobile. Ma quan- salvezza sono per Amos esperienze con
do, proprio nella temperie di questa le quali possa legittimarsi un primato
sensibilità, irruppe un messaggio pro- d'Israele rispetto agli altri popoli. I Fi-
fetico che cominciava col gettare in fac- listei e gli Amorrei, egli dice con tono
cia al 'primo dei popoli' questa doman- di rimprovero (9,7), avrebbero ben mo-
da: «Siete voi forse migliori di Kalne, tivo di arrogarsi una preminenza ana-
di Hamat o di Gat?» e si concludeva loga, poiché anche la loro storia nazio-
con la minaccia 90: «lo suscito contro nale si è svolta sotto la guida dell'Onni-
di voi un popolo che vi schiaccerà dal- potente: «Non ho fatto uscire i Filistei
la strada di Hamat fino all'Araba», al- da Creta, e gli Aramei da Kir? E gli
lora venne alla luce, al di là di ogni pro- Abissini non hanno forse per me Io
sperità politica, un fallimento del ca- stesso valore che avete voi, figli d'Israe-
rattere nazionale che rendeva illusorio le?». Che Dio abbia scampato Israele
quel sentire orgoglioso. dall'Egitto, è assai meno importante
Cosl a un dipresso stavano le cose, del fatto che egli abbia suscitato in
quando Amos per la prima volta inserl questo popolo annunziatoti della sua
l'idea dell'elezione nell'annuncio profe- volontà i quali esortano a vivere in ob-
tico di Dio. Il senso dell'eléziohe è in- bedienza a lui, ossia a praticare il dirit-
dicato da lui in forma più negativa che to e la giustizia. Dio ha «riconosciuto
positiva, ma con pregnanza classica: Israele più di tutti i popoli». E poiché
«Soltanto voi ho riconosciuto tra tutte ha fatto questo (per usate i termini del
le stirpi della terra, dice Jahvé. Perciò Deuteronomio dovremmo dire: perché
osservo in voi ogni iniquità» (A1n. 3 ,2 )91 • li ha eletti dal novero dei popoli), e-
L'elezione divina non comporta quindi gli osserva in loro ogni colpa. «lo sor-

ristica dell'idea del 'grande Israele' era, a quan- 91 Per la costruzione ~ n. 2. pqd indica, nel
to pare, anche l'espressione «da Dan fino a linguaggio profano, l'azione del revisore (pii-
Bersabea» (Iud.20,t; r Sam.31 2 0; 2 Sat11.17,21 ). qid) che esige un rendiconto (Gen.41,34; Iud.
Il medesimo stilema si trova forse anche in 9,28), anche del comandante militare che com-
Am.8,14. pie una rassegna (r Sam.11,8; 2 Sam.181 1 e
passim). Amos usa il verbo come intensivo
90 Sulle orme del WEISER, op. cit., si dovrà di id', che quindi racchiude in sé pqd e, come
fissare quest'ordine di successione: Am.6,1 .13. questo, presuppone un iinJ>egno. Per il Iin·
2.3.14. guaggio della preghier:a dr. Ps.17,3.
E:J1;À.lyoµa;L B 7 (G. Schrenk)

veglio voi più attentamente che qual- questo dovere è motivato nei seguenti
siasi altro popolo della terra». Ecco il termini: «Perché tu sei un popolo sa-
senso del discorso. Dio si occupa atti- cro a Jahvé, Dio tuo. Egli, Jahvé, il
vamente di Israele, accertando il modo tuo Dio, ti ha scelto perché tu sia sua
in cui esso vive. Reggere al suo sguar- proprietà fra tutti i popoli». Questo
do esaminatore, osservare la fedeltà che principio serve evidentemente {kl) a
viene richiesta, insegnare agli altri po- inculcare il dovere di comportarsi pra-
poli come si deve vivere, ossia secòndo ticamente in conformità della propria
il diritto e secondo la verità, questo è fede. Subito dopo viene un'analisi e-
il compito degli 'eletti', dei 'riconosciu- splicativa: «Non perché foste più gran-
ti'. «Prepàrati a incontrare il tuo Dio» di di tutti gli altri popoli Jahvé vi ha
(Am-4,I2). Che importa a Dio della accolto nelle sue braccia (psq), giacché
grandezza nazionale d'Israele? ci si po- voi siete più piccoli di tutti gli altri po·
trebbe chiedere. Ciò che a lui importa polì, ma perché vi ama e mantiene il
è solo la giustizia e la fedeltà, e la sua giuramento che ha fatto ai nostri padri
comunione con Israele, come ogni co- egli vi ha sottratto con mano potente e
munione, non è altro che impegno reci- vi ha affrancato dalla casa di schiavitù,
proco di fedeltà. dal potere del faraone, re d'Egitto. De-
e) Per la prima volta nel Deuterono- vi quindi convincerti che il tuo Dio,
mio si trova formulato compiutamente Jahvé, è il vero Dio, il Dio verace che
il concetto di elezione, intesa come co- . mantiene fedelmente il suo patto con
stituzione di Israele a popolo di Dio 92 • coloro che lo amano e vivono secondo
E già nel Deuteronomio quel concetto i suoi comandamenti...». Già la storia
si presenta accompagnato da un com- dei patriarchi era una manifestazione di
mento esplicativo, dal che si può forse quell'amore di Dio (Deut.4,37; ro,15)
inferire che esso era già entrato nel lin- che si è poi esplicato nella elezione dei
guaggio corrente e correva il pericolo figli.
di soggiacere a un'interpretazione re- Il vigore del concetto, la sua signifi-
strittiva. Per la prima volta in Deut.7, cazione teologica e la sua fecondità di-
6, in un contesto che impone il dovere dattica, procedono dall'incrocio singo-
di una rigorosa intolleranza verso le set- forissimo tra un pensiero limpidamente
te nazionali del paese, che - come si leg- razionale e la certezza irrazionale della
ge - «sono più grandi e potenti di te», fede , dall'assunzione della storia con-

91Anche se «il luogo nel quale Jahvé fa di- tuale in maniera più rigida e meno capace di
morare il proprio nome» è definito 'eletto' svolgimento, rappresenta un adattamento alla
(Deut.n,14 e passim; 14,23; 15,20 e passim), ideologia cultuale tramandata. Per queste C·
pure il concetto, espresso nel linguaggio cul- spressioni - STAl!RK, 15 ss.
EXÀÉyoµa~ B 7 (G. Schrenk) · (1v,r68) 454

creta nella sfera dell'esperienza di Dio, ta divina.


e perciò stesso hanno una portata non f) Questa obbiettività vale però an-
ristretta al piano naturalistico ed etni- che a spiegare la natura ambivalente del
co, bensl universale. In linea di princi- concetto, che risulta ora nell'uno ora
pio si può dire che, nell'affermare l'ele- nell'altro dei suoi aspetti, ogniqualvolta
zione, 1' autore dà un risalto singolar- esso viene applicato nell'A.T. e altrove.
mente forte al momento razionale. Le Da un lato, infatti, quel concetto serve
sue parole procedono ·dal pensiero teo- ottimamente per dimostrare la condizio-
logico, dalla riflessione sulla realtà me- ne particolare degli eletti, e cosi avvie-
tarazionale. L'analisi concettuale risulta ne nel Deuteronomio, dove l'autore mi-
quindi agevole e fruttuosa, onde si può ra con ogni evidenza a presentare lo sta-
ben dire non esservi nell'A.T., dopo l'i- to degli eletti nella sua giusta luce, os-
dea dell'alleanza radicata nella sfera giu- sia come un impegno e un dovere, e a
ridica, un altro dato della fede che rice- purgare la fede nell'elezione da ogni
va una fotmulazione più chiara nell'a- senso di compiaciuta sicurezza. A nor-
spetto logico e più feconda teologica- ma del popolo di Dio, per eccitare le
mente. Siamo di fronte a una definizio- sue energie morali, l'elezione stabilisce
ne tanto limpida ed evidente quanto ric- un principio di autorità: «Tu sei un
ca e audace dell'agire di Dio, quale si popolo sacro a Jahvé, Dio tuo». Esser
configura nella rivelazione storica, all'e- toccati da Dio, attratti nella sua sfera,
nunciazione obbiettiva di un processo non può signifìcare altro che essere al
della psiche divina che è insondabile suo servizio. D'altro canto, quel mede-
dall'intelletto umano, ma può essere simo concetto, in quanto pone tacita-
pienamente afferrato nel suo concreto mente la domanda che senso abbia la
esplicarsi nella vita interiore ed este- decisione concretatasi nella scelta divi-
riore della comunità di Dio. È vero na, scopre nella sua totalità illimitata il
che non è possibile spiegare con rigo- problema dei rapporti storici fra Dio
tosa evidenza perché il popolo di Dio e gli uomini. L'orizzonte ideale di co-
sia stato scelto proprio in Israele e per- lui che parla e abbraccia i popoli, tutti
ché negli araldi e negli esecutori della i popoli, come vien fatto notare espli-
volontà divina si sia manifestata una citamente. Con ciò siamo fuori delle
forza che travolge ogni ostacolo umano. strettoie di una religione nazionale che
Eppure quando si afferma che Dio ba solo ecletticamente, caso per caso, si
scelto, si spiega come quei fotti siano ac- occupa degli altri popoli. In tale am-
caduti. «lo ti ho scelto e non ti ho re- piezza di vedute si avverte la scuola di
spinto» (Is-4I ,9 ). L'amore e la fedeltà, un Amos e di un Isaia; lo sguardo che
si aggiunge, hanno determinato la scel- si allarga sull'umanità è lo stesso che
455 (IV,168) ÈxÀÉyoµu.~ B 7 (G. Schrcnk)

si trova nella storia primordiale del Ge- Gli altri popoli non hanno avuto quel
nesi. Il Signore di questo mondo dà a che ha avuto Israele. Questa è l'elezio-
conoscere la sua volontà in un fatto ne, espressa in termini sobriamente sto-
storico e secondo una linea di sviluppo rici. All'epoca in cui Israele si stabilì
immanente che si può riconoscere nei come popolo di Dio, gli altri popoli e-
particolari con sufficiente chiarezza. Co- rano invischiati in religioni cultuali più
sì il concetto di elezione fonda e sor- o meno cospicue. «Atterra i loro altari,
regge l'idea di una storia universale .del- spezza i loro cippi, abbatti i loro alberi,
la salvezza, l'idea cioè della storia co- dà alle fiamme i simulacri dei loro dèi»
me luogo in cui Dio si rivela. Un com- (Deut. 7, 5. 25). In forma di comanda-
portamento che è abituale per l'uomo, mento pratico viene cosl espresso il
fa Jibera determinazione della volontà giudizio sulle religioni dei popoli quale
in una circostanza concreta, viene attri- è imposto dall'idea di elezione, dall'a-
buito a Dio; in tal modo l'essenza di pertura alla fede totale in Dio.
Dio nei suoi rapporti vivi e attuali con Il divario è nettissimo: il Dio degli
il mondo è definita con una pregnanza dèi e i culti dei popoli sono incompati-
tale, da escludere ogni malinteso su chi bili. Un giudizio siffatto può sembrare
sia Dio, e da rinviare energicamente la fanatico 93, ma si veda il testo parene-
pietà religiosa alla storia: là si trovano tico di Deut.4,r9 che affronta il pro-
i segni dell'agire divino e la norma del blema del paganesimo entro una con-
suo volere. Dio prende 'possesso' del cezione superiore dei dati della fede. A
mondo (Ex. r9,5 ). Israele non è consentito prestare adora-
g) Non appena la rivelazione di Dio zione agli astri, perché questi furono
cessa di essere una faccenda interna dei assegnati da Jahvé ai popoli. «Ma il Si-
gruppi israelitici, e si riconosce il Dio gnore ha tratto fuori voi dalla fornace
che è Signore di tutti i popoli e compie perché foste il popolo suo» (v. 20). Co-
tra essi la propria scelta, sorge il pro- sl, con riguardosa delicatezza e senza
blema dcl paganesimo. Ogni scelta im- polemica rumorosa, la concezione del
plica per converso una ripulsa (m's). divino propria delle religioni naturali-

93 L'animosità verso il paganesimo dopo la ca- tirnento nazionale sfrenato possa generare in
tastrofe dello stato, ncll' età delle sofferenze egual misura l'odio e l'amore. Questa circo-
umilianti per Israele, ha portato spesso ad e- stanza sovente contribuisce a far sl che la chia-
splosioni di vero e proprio odio nazionale; cfr. rezza teologica dell'idea biblica cli elezione ri-
per es. Ps.137,7ss.; Is.19,17. Testimonianze sulti offuscata e che il dinamismo storico, che
siffatte, dove l'ardore della fede in Dio si ac- inerisce ad essa in quanto chiave di interpreta·
coppia alla ripresa di taluni motivi dell'anti- zione di una storia nazionale conclusa da una
chissima poesia di guerra come in Iud.5,31, cupa tragedia, venga considerato una semplice
mostrano, con evidenza più acuta e demonica idea storicamente condizionata.
di qualsiasi fonte storica secolare, come il sen-
txMyoµa..~ B 7 (G. Schrenk)

stiche viene ricompresa nell' idea uni- retta condotta. Pensaci e non dimenti-
versale di Dio. Gli astri possono essere care che tu hai eccitato il tuo Dio all'i-
o non essere divinità; certamente non ra». Non si può dire quindi che al fon-
sono il Signore del mondo; che anzi per do di questa concezione stiano senti-
incarico di lui essi guidano i popoli. menti sciovinistici. Al contrario, tutta
Non sarebbe facile svolgere teorica- l'ampia esposizione di Mosè è intesa
mente questa idea, giacché essa non pro- appunto a preservare la fede nell'ele-
cede da una speculazione astratta, ma zione da tali sentimenti, a staccarla dal-
da un moto spontaneo degli animi: la passionalità dell'orgoglio nazionale e
quel che voi avete sperimentato deve a porla al servizio di un fecondo assol-
informare ogni vostra azione ovunque vimento degli obblighi imposti dall'al-
arrivate, dovete affermare con la lotta leanza 95 •
la vostra fedeltà giurata all'alleanza! La h) Grande importanza ha poi il ten-
storia della rivelazione è un continuo tativo, conforme alle tendenze educati-
presente: «Non coi padri, ma con noi, ve del libro, di preservare tutta questa
con quanti viventi siamo qui oggi, Dio concezione dall'irrigidimento e di ren-
stipula il patto» (Deut.5,2 s.). derla viva e feconda inserendovi un mo-
La collera verso la gentilità provie- tivo sentimentale, ossia l'amore di Dio.
ne dal sapere che essa vive in maniera Perché vi amava, per questo il Dio del
difforme dalla norma di Dio, in quanto mondo vi ha anche eletti. L'idea cosl
pratica usanze e culti indegni dell'uo- sobriamente formulata sfiora il miste-
mo. Cosl in Deut.9,5 si parla chiara- ro. Sarebbe evidentemente un arbitrio
mente della 'perversità' per la quale es- voler trarre da essa la conclusione che
si devono cedere a Israele 94• Ma con- Dio non amava i popoli, giacché in re-
temporaneamente si mette in guardia altà non dei popoli si tratta, ma del
Israele dalla presunzione: «Se il tuo fotto che Dio ha parlato a Israele, e la
Dio caccia quelle genti dinnanzi a te, motivazione «perché vi amava» non ha
non pensare che ciò avvenga per la tua alcun valore logico, ma è l'ammissione,

94 Il riferimento va soprattutto al predomina- chen Religionsgesch. 1(1893) 294. 364. Ma chi


r;! della sessualità nel culto e nella vita (Gen. nella storia delle religioni pensa cosl, vedrà
9,20 ss:; r9,30 ss.; Nu11l.25,r ss). Peraltro già 'oltraggio' da ogni parte, e l'accusa di misan-
Isaia (7, 10 ss.) pensa alla follia omicida dei tropia dovrebbe ripetersi ogniqualvolta si tm-
grandi regni e anche, per es., le profezie con- vano tendenze all'esclusivismo persino nell'am-
tro i popoli nel libro di Geremia (46-5r) si bito profano. ~ III, coll. 117 s. (~lhlot;); n,
spiegano con una terribile esperienza personale. coli. 89 ss. (Mp~a..po~); Ge11.43,32; Ex.8,22. Il
95 Che la fede nell'elezione costituisca una pre- concetto di to'èba, 'abominio', è oltraggioso so·
tesa offensiva per gli altri popoli, è sostenuto Io quando si fraintende la sua base rituale e si
persino da un autore di solito cosl serno e o- dimentica che i sentimenti religiosi non sono
biettivo come R. SMEND, Lehrbuch der al.li- soggetti a nessun 'codice d'onore' umano.
459 (IV,170) b:Myoµa.L B 7 (G. Schrenk)

fortemente sentita, che l'elezione è un l'attenzione si concentra a un certo pun-


fatto inspiegabile. Invero essa si può to sull'idea dell'educazione. Ma il let-
spiegare e interpretare solo nel suo con- tore ben comprende quale forza primor-
tenuto, non nei motivi pei quali è av- diale stia dietro ogni opera dì educa-
venuto ciò che, considerato nel suo zione. Il fatto dell'elezione è insomma
complesso, richiederebbe una spiegazio- tutto concentrato nella persona, anzi
ne. È istruttivo notare come l'autore nel sentimento di Dio, e quindi parteci-
tenti di dimostrare formalmente . che pa in tutto e per tutto al mistero che
Dio non poté essere _indotto a trasce- ine~isce a ogni sentimento personale.
gliere Israele da motivi giustificabili a Ond'è che esso, nel suo attuarsi, è sem·
lume di logica e suggeriti da una rifles- pre contrassegnato da un'originalità ir-
sione critica: né una grandezza o una razionale, che in sostanza sfugge all'a-
potenza imponente ( 7 ,7 ), né la giusti- nalisi teologica; in tal caso l'esegesi non
zia o la rettitudine del cuore (9 15) pos- può lasciarsi guidare esclusivamente da
sono averlo attirato, giacché entrambe considerazioni razionali. Il fatto dell'e-
le qualità mancano a questo popolo mi- lezione non è un semplice portato del-
nuscolo e dalla dura cervice (9,6 ). Israe- la 1·iflessione teologica, ma affonda le
le dev'essere formalmente costretto ad sue radici nel mistero; ed è appunto la
accoglie1'e il dono dell'amore% e i po- singolare compenetrazione di teologia e
poli se ne stupiranno (Deut.4 16 ss.). fede, di esegesi e mistero, che dà a tutti
i) Strettamente connessa con ciò è gli enunciati esprimenti la fede nell'ele-
l'idea della educazione. «Riconosci nel zione un fascino particolare e un alto
tuo cuore che il tuo Dio ti vuole edu- valore didattico.
cnre come si educa il proprio figlio» (jsr, k) Le tradizioni sul Dio dei padri,
forma pi'el, Deut.8,5). In tal modo si svolte con toni idillici nelle saghe del
riconosce ancora una volta un significa- Genesi, proiettano anche la preistoria
to e una finalità all'operazione divina 'leggendaria' sullo sfondo della fede nel-
della scelta di Israele. Israele deve esse- l'elezione. Dio fece sorgere il suo po-
re come Dio vuole che sia 97 • Questa ide- polo da una famiglia. Numerosi come
a, intesa ancora in senso del tutto eso- le stelle del cielo - cosl il testo si espri-
terico, predomina nel Deuteronomio me con l'esuberanza propria del lin-
tanto da oscurare l'altra, affatto irrazio- guaggio immaginoso, riferendosi a un
nale, dell'amore oltre il dovuto. Tutta ideale di benedizione - i figli di Abra-

96 Os.2,18, ~ 1, coll. 80 ss. (ay6:1t11). volta in mnniera penetrante ed esatta il valore


normativo che la frase di Det1t.8,5 ha avuco
97 G.E.LBSSING, Vie Erziehtmg des Menschen- nell'impostazione data a tutto il canone vetero-
geschlechts (1780) § 8, ha notato per la prima testamentario dai redattori e dai compilatori.
46r (1v,171) ÉxÀtyoµm B 7 (G. Sc:hrenk)

mo devono portare a tutti i popoli del- cende dei patriatchi come il riconosci-
la terra la benedizione, ossia la pienezza mento che Dio tributò ad Abramo: «E
della vita, la salvezza, la fortuna (Gen. gli ascrisse ciò (a giustizia)» (r5,6). Ma
22, I8; 26,4). Questo deve accadere anche dove questa motivazione man-
perché Abramo, il servo di Dio (26,24), ca (18,19) e il mistero numinoso del
con obbedienza e fiducia contro ogni ra- 'riconoscimento' di Abramo non è scal-
ziocinio e ogni usanza, segul verso l'i- fito da idee accessorie, si rivela pur sem-
gnoto il richiamo di Dio. I narratori ri- pre un intendimento eziologico. Perché
corrono ai mezzi più efficaci per far la tradizione consiste nella 'via di Jah-
comprendere al lettore l'assurdità di vé', intesa come via che conduce alla
una tale promessa, rivolta a un uomo salvezza del popolo (1er.5 ,4)? Perché
che viveva senza diritto di cittadinanza Dio già attraverso Abramo voleva con-
in un paese straniero. A quest'uomo si durre, e ha condotto, alla giustizia e al
può togliere tranquillamente la moglie diritto (ls.51,2; Neem.9,20).
soltanto perché è bella. Dopo le tra- 1) Nel mentre questa materia di co·
versie più penose, alla fine la moglie lorita saga popolare serve ad illustrare,
si rivela sterile, entrambi invecchiano mediante l'impianto e l'accordo dei sin-
e non hanno figli : la promessa della be- goli racconti, l'idea di elezione, in que-
nedizione per tutti i popoli diventa og- sta si avverte nettamente l'importanza
getto di riso (~pq, r8,rr s.). Ma mentre dell'elemento nazionale, e l'interpreta-
tutto è cosl dubbio, incerto e troppo zione produttiva non pure di queste
umano98 , ecco improvvisamente la gran- saghe, ma del concetto stesso di ele-
de affermazione: Arbamo credette (r5 , zione, sembra resa più difficile. In que-
6). Cosl vengono raccontate, una dopo sta difficoltà ha gran peso la circostan-
l'altra, le varie peripezie fino all' emi- za che la conoscenza del senso imma-
grazione in Egitto. Anche qui motivi nente alla storia del popolo, quale ri-
razionali vanno di pari passo con moti- sulta dal concetto di elezione nella sua
vi numinosi. Per l'uomo pio e di mente forma compiuta, si fece strada solo len-
semplice, che non può far a meno di tamente. L'idea di una prerogativa di
ricercare i motivi dell'agire divino, il ri- Israele esisteva già nella religione na-
chiamo all'obbedienza di Abramo vale a zionale, prima di cozzate col messaggio
spiegare il prodigioso governo delle vi- ptofetico e di essere sopralfatta dalla

98 Nei momenti di acuta crisi esistenziale le lettore, e hanno cercao di purgare il realismo.
norme etiche cedono alle necessità della vita, Cfr. la climax nei racconti della minaccia por-
la scaltrezza è tutto, l'ottusità è colpa. Ma se tata a Saraj in n.20.26. Ma ad essi premeva
questa schiettezza del racconto può ristorare appunto mettere in risalto il contrasto fra l'uo-
qualche lettore, disturba però altri. I compi- mo e Dio.
latori ben sapevano quel che proponevano al-
~xMyoµat B 7 (G. Schrenk)

sua interpretazione. I contrasti tra l'an- no a Giovanni di Giscala, l'ultimo di-


tica idea popolare dell'elezione e quella fensore del tempio contro le legioni ro-
nuova, profetica, sono fortissimi, onde mane. Essi rappresentano il ramo cadu-
a ragione si è potuto dire che sempre co di quella possente vicenda spirituale
nell'àmbito dell'A.T. il lettore assiste a che va oltre l'A.T. e consiste nella lot-
una lotta della fede nell'elezione con- ta per affermare la verità dell'elezione.
tro se stessa 99 • Ne sono esempi dram- Il loro agire, considerato nel suo com-
matici l'incontro di Amos col sacerdo- plesso, presenta in molti casi un'imma-
te Amasia nel santuario di Betel (Am. gine tragica della grandezza utnana, ma
7, rn s~.), il discorso di Geremia nel soltanto coi tratti di una demonla nella
tempio (Ier.7.26), il suo conflitto col quale non c'è salvezza.
popolare profeta di salvezza Anania (ler. m) L'altro ramo, debole ed esile nei
28), e soprattutto il processo tumultua- suoi rappresentanti umani ma forte e
rio per alto tradimento che gli fu inten- fecondo nella pienezza del suo conte-
tato negli ultimi mesi di autonomia del nuto spirituale, è rimasto vitale nella
regno di Giuda (ler.37 s.). Di fronte a storia della Bibbia fino ai giorni nostri.
questi casi è facile per noi giudicare av- Dal singolare incrocio di vedute parti-
ventatamente gli avversari dei profeti, colari e universali nell'idea deJl'elezionc,
come se fosse stato davvero semplice dal convincimento che il Dio il quale si
sottomettere l'orgoglio nazionale all'ob- è rivelato a un piccolo popolo perché
bedienza verso Dio, come richiedevano lo amava è Dio nel senso genuino, ossia
i profeti nella congiuntura più grave. santo e signore, la profezia del tempo
Abituati a intendere l'elezione in gui- dell'esilio ha tratto con sempre mag-
sa spiccatamente politica, gli avversari gior chiarezza l'idea che i popoli, i qua-
dei profeti non riuscivano a compren- li non conoscono questo Dio, ora im-
dere come il popolo che Jahvé aveva parano a conoscerlo. Se già in Amos
sottratto alla schiavitù egiziana e con- l'elezione ha un fine determinato (---)
dotto a grande prosperità politica po- coli. 450 s.), esso non può essere che
tesse ricadere sotto il giogo della servi- questo. Il popolo eletto e i suoi profeti
tù e come potesse crollare la salda roc- diventano 'testimoni'. <<Voi siete miei te-
ca di Jahvé. Perciò essi difesero sino al- stimoni, dice Jahvé, e il popolo è il ser-
l'ultimo Sion e la libertà contro la so- vo, che ho eletto perché essi mi rico-
verchiante potenza straniera. Jahvé era noscano e mi credano e comprendano
per essi 'ltOÀ.Louxoc; (protettore della cit- che sono proprio io» (ls. 43, 10). E
tà), come sarà per molti dopo di loro fi- quale è l'oggetto della testimonianza?

99 P. VOLZ: Deutsches Pfarrerblatt 37 (1936) 213 ss.


ÈXÌ..Éj'O(J.O:~ e I (G. Schrenk)

La sola risposta è la frase lapidaria 'anl blico. Invero tutti i profeti sono dive-
hti., «sono io». Questa è tutta la 'veri- nuti, come Geremia, «profeti per i po-
tà' che il 'Servo',. come è chiamato in poli», e il testimone 'eletto' ha reca·
Is-42,1, deve nnnunziare ai popoli, la to la verità ai popoli nell'atto stesso di
«dottrina che le isole attendono». Cer- soccombere. Si impone allora la doman-
tamente in questa profezia vi sono an- da: era egli 'eletto' anche a ciò? Del
che elementi nazionali, l'attesa che I- concetto veterotestamentario di elezio-
sraele sarà restituito alla sua patria 100• ne resta vivo solo il mistero, l'inspie-
Ma ciò accade perché tutti i popoli vi gabile, ciò che il Deuteronomio espri-
pongano mente e non siano ciechi e mu- me con le parole: «Egli vi ha amato».
ti, come è stato Israele nelle alterne vi- Per e~etto di questo mistero si è rico-
cende della sua storia; accade perché la nosciuta l'onnipotenza di Dio cd è sor-
storia di Israele dev'essere «luce dei ta l'esperienza dell'Assoluto: «I popoli
popoli» (Is.49,6). Questo svolgimento, cammineranno nella tua luce» (Is.60,3 ).
che si compie nel Deuteroisaia, dell'i- G.QUELL
dea di elezione nel concetto di testimo-
nianza da rendere alla verità di Dio, se- c.
ÈxMyoµcu NEI LXX E NELLA
gna l'estremo compimento del messag- LETTERATURA GIUDEO-ELLENISTICA
gio veterotestamentario della salvezza. x. In generale. Con ÉxÀéyE<ri}a.t, che
Nella storia delle religioni esso costitui- vale per lo più scegliere, trascegliere,
sc~ l'interpretazione più audace e sicu- nei LXX si ha di regola l'accusativo (p.
es. Num.16,7; lob 15,5 [Simmaco]; Is.
ra dell'esperienza storica di Dio, inter- 7,16: ÉxÀ.É!;M1'a.t 'tÒ à:ya.Mv), tolti i ca-
pretazione che sorge per una certa ne· si nei qunli, per attrazione del relativo,
cessità logica dalla tradizione di un ci- si trova o il genitivo (come in 2 Par. 6,
38: ·djc:; 7t6À.Ewc:; -ijc; É!;EM!;w, «la città
mento spirituale quasi millenario. Se che hai eletto»; dr. Gen.6,2, e passim),
la provvidenza divina appare già in o più raramente il dativo ( IJ,i 24 [ 2 5],
qualche modo come un'ovvia verità ra- 12 [Aquila]: Èv òoél) ii ÈxÀ.É!;E'ta.t). La
preposizione Èv, che sovente accompa-
zionale, non v'è dubbio che essa tale è gna il verbo, molte volte insieme con
divenuta per effetto del messaggio bi- l'accusativo ('IEp.40,24 [Teodoz.]; 2

100 Anche il motivo del dominio ritorna tal- chiara percezione del loro ufficio di 'profeti
volta alla luce, cfr. per es. ls-49,22 ss.; 60,IO per i popoli', quale si trova in Geremia e ncl-
ss. Lo stesso brano poetico di Ioel 3, che è una r autore dei canti del 'Servo'. Si veda come
variazione sul tema di I.r.44,r-5 (-+ n. 42); è un l'idea risulta rattrappita in Is.55,44, dove il pa-
esempio significativo delle due anime del po· rallelismo fra 'testimone' e 'capo' mostra chia-
polo di Dio per via del tentativo, riuscito a ramente che il messaggio universale di Dio ap-
metà, di una trasfigurazione nel grande motivo pariva come una verità del tutto paradossale,
di 'ogni carne'. La forte passione nazionale im- Per Dan.7 ~ O"W'tTJP·
pedisce spesso a questi tardi banditoti una
ÉXÀ.Éyoµat C 2.3 (G. Schrenk)

Par. 6,J4), ma anche senza di esso ( r fj in t)i 83,rr. Secondo 2 BM. 24,12;
Bacr.r6,9; 3 Bm.r.8,r6) corrisponde al- Ios., ant.7,J21, Davide fra le possibili-
l'ebraico b~rb101 • Cfr. test.R.6,11 102• Il tà che gli si offrono - peste, fame e
medio viene spesso rafforzato dal rifles- guerra - sceglie la peste.
sivo È<tu'tli} o Éau-.o"Lç (Gen. 13, n; r
3 . ÉxÀ.ÉyECTi}at come espressione di
Bacr.17,8; \jJ 134,4; test. L. 19,r). Cfr.
una scelta religiosa. Circa l'uso più im-
Dam.7,16. La preferenza verso una per-
portante nel N.T., quello cioè di ÉXÀÉ·
sona o cosa rispetto a un'altra, pre-
yEcri}at come predicato di Dio per indi-
ferenza che si concreta nella scelta, è
care i luoghi, gli uomini e il popolo che
talvolta sottolineata con ÙTCÉp e l'accu-
sono consacrati e appartengono a Dio,
sativo (2 Bacr.6,21, cfr. test.Iud.2.r,5).
bisogna premettere che pure in questo
Analogamente il riferimento alla plura-
caso permane, anche se non sempre è
lità disponibile tra la quale si può ef-
messa in esplicito risalto, l'idea di una
fettuare la scelta è talora espresso con fa
scelta che si compie tra una pluralità
(r Bwr.13,2, cod.B; I Par.19,10) oppu-
disponibile(~ sopra). Si trova, per es.,
re con <Ì.1to (Deut.14,2; I Par.28,5; Ec-
in 3 Ba<l.rr,32 in riferimento a Geru-
clus 45, 16; Tob. r, 4). Rarissimo è il
salemme (iìv EçEÀ.Eçaµ'r)V EV Cltrrft e~
semplice genitivo (r Mach.rr,23 S t;
col. 466) E% 1ta<Twv cpuÀ.wv 'fopa'l]À.),
qui, come anche in I Mach.9,25, si ha
a Mosè e ad Aronne fEcclus 45>4-I6:
il raro ÉxÀ.Éyw, attivo). Flavio Giuseppe
ExEÀ.Éça:t'o aù-ròv Èx mi.cr11<; o-apx6c;, op-
usa solo quattto volte ÉXÀ.Éyw, e nove
pure à:n;Ò 1t(J.\l'tÒ<; swv-roc;), al popolo
ÉxÀ.Éyoµa~; adopera invece sedici volte
(Deut.7,6 s.; ro,15: 'ltapà 1tUV'ta -.à
bttÀ.Éyw e dodici ÉmÀ.Éyoµa~, entram-
bi nello stesso signifìcnto che hanno con
ì!w11, oppure Deut. 14,2: Ò:'ltÒ 'ltav-rwv
Twv Èwwv ).
la preposizione EX(~ col. 504).
a) Numericamente prevalgono i casi
2. Il modo della scelta. La scelta av- nei quali ÉxÀÉyEcri}aL designa l'elezione
viene l. tra una pluralità disponibile. di luoghi determinati. Si tratta anzitut-
Può trattarsi di cose, per es. pietre ( 1 to di Gerusalemme (~ col. 470; 4 BaCT.
Baa. 17,40), legno (Is. 40,20), animali 21,7, 2 Par. 35, 19 d; Zach. 2, 16 'A}.)..
(ep. Ar. 93, cfr. Dam. 1, 14; Ios., ant. e passim; cfr. 3 Mach. 2,9, nella pre-
8,339), doni (ant.8,175), un campo ara- ghiera del sommo sacerdote Simone;
tivo (ant.8,355); oppure di persone; so- test.L. ro,5 test. Zab. 9,8 bdg), inoltre
vente si tratta di una soldatesca ( 1 Bacr. del tempio come luogo del culto (Ios.
13,2, cod.B; r Mach.roa2; los., bell. 9,27; Deut.12,5-26,2; Neem.1,9 e pas-
2,588). In senso astratto (ep. Ar. 239) sim; anche r Mach.7,37; 2 Mach.5,19;
significa scegliere qualcosa da ciò che si test.L.15,r).
è imparato. Oppure la scelta avviene 2. b) Inoltre sono 'eletti' i protagonisti
come una decisione fra due o tre ogget- della storia salvifica. Secondo Neem.9,7
ti (cosl in 3 BaCT.18,23.25: uno dei due [ = 2 Eaop. 19,7], cfr. 4Esdr.3,13; A-
tori. In senso astratto Deut.30,19: tra poc. Abr.14 [ed. N. Bonwetsch, r897,
vita e morte; test.L.r9,1: luce o tene- 25] ), Dio elesse Abramo. Invece stan-
bra, la legge del Signore o le opere dJ do alla formulazione di test. N. 8,3 ebr.
Beliar. Troviamo il verbo con µéiÀ.Àov (p. 211-2, Charles), sarebbe stato Abramo

101
Cfr. i paralleli rabbinici in SCHLATTER, 102 In questo caso quindi ÈV cx.il-.@ non signi-
Komm. Joh.l84. fico «in lui» (tanto per correggere il KAUTSCH,
Pseudepigr., ad l.).
EXÀÉyoµa.L e 3 (G. Schrcnk) - (1v,174) 470

a scegliersi il suo Dio, e secondo Gen. passo in Gen.1'-44 (27 a) presso Strack-
Y-44 (27 a) in Strack-Billerbeck III 579, Billerbeck m 579. Il ~ 77,67, quando
Israele è eletto in Abramo. Della ele- dice che Dio non ha eletto la tribù di
zione di Mosè si parla in Ecclus 45, Efraim, intende che quest'ultima è po-
4 (~ sopra). Molto più frequente è pe- sta in condizione di inferiorità rispetto
rò l'uso di ÉxÀ.éyeO"i}<x.L in riferimento alla monarchia davidica. Cfr. Bar.3,27
al re, che Dio o il popolo hanno eletto a proposito dei giganti di-Gen.6,4 che
(Deut.r7,r5; r Bacr.8,r8), specialmente Dio non ha eletto - ov8~ ÒOÒV ÉmCT'tTJ-
a Saul (r Bacr. ro,24; r2,r3), a David µ1)ç eowxe:v cx.ù-rotç, «né diede loro la
{tjl 77,70), a Salomone (cfr. Ios., ant.7, via della conoscenza». In tutt'altra sfe-
372) ed EupoJemo {in Eus., praep.ev. ra si colloca invece un'affermazione co-
9,26). È pure riferito a Levi, Aronne me quella di Dam.2,6, secondo cui Dio
(secondo Num. r7,20 [T. M. 17,5]; r non ha eletto i peccatori e~ col. 474).
Bacr.2,28; ~ 104,26; Ecclus 45,r6 [ ~ e) Molto importante per chiarire la
sopra]; test.L.51, in un antico frammen- vera natura del concetto è lo scopo del-
to greco [p. 2 5 l, Charles]: Ét;EÀÉXi}T}ç l'elezione, che spesso viene indicato con
El<; LEPOO'VVT}V à:yla.v ). Grande impor- EL<; 'tt, con rvcx. o con l'infinito. Cosl av-
tanza per l'uso messianico di ÉXÀÉyEcr- viene già quando il verbo è usato in
ìl'a.t ha l'enunciato di Is.43,ro: o mx.~<;. senso affatto generico (I Esdr. 5,r), e
ov èl;EÀ.El;ciµ1)v, «il servo che ho elet- poi con valore tutto particolare in rife-
to», che in Hen.aeth. anche per influsso rimento a luoghi consacrati, a membri
di Daniele prende un senso apocalitti- del popolo provvisti di incarichi, agli
co in riferimento all'elezione del Figlio addetti al culto. Cosl l'elezione di Ge-
dell'Uomo: 46,3; 49,4; 48,6: il Signo- rusalemme e del tempio avviene perché
re degli spiriti lo ha eletto; oppure: e- in essi deve abitare il nome di Dio (3
gli è stato eletto al cospetto del Signo- Bcx.0".8,16, con l'infinito; I Mach1,37,
re degli spiriti secondo il suo benepla- con l'inf.; Iub.32,10). Il contrario si ha
cito; oppure: egli è nascosto davanti a in Apoc.Abr.13: la scelta avviene per
lui avanti la creazione del mondo, e lo dare una dimora all'impurità. Oppure,
sarà in eterno. Cfr. ÉXÀEX't6ç, ~ col. Gerusalemme è eletta perché le tribù vi
5II S. compiano i sacrifici (Tob. 1,4: el<; 'tO,
c) ÉxÀÉyecrìl'm, usato per indicare la con l'infinito). Dio ha eletto David per-
elezione del popolo, acquista un rilievo ché regni su Israele (.,;ou E'.ÌVCX.L ~o:crt­
ancora più grande nei traduttori greci À.éa; èitl); Salomone perché segga sul
(cfr. ~ col. 508). Cosl Aquila, Sim- trono del regno (con l'inf.: I Par. 28,
maco e Teodozione in Ez. 20,8 hanno 4 s.). Nel caso di sacerdoti e leviti il fi-
Ét;EÀ.e:l;ciµriv in luogo di 1Jphwo:; in ~ ne della scelta è di 'stare davanti al Si-
24,12 Aquila traduce ExÀ.É;E-.o:L, men- gnore', 'servire', 'lodare' (1tcx.pECT'tava.t
tre i LXX hanno UPE'tlO"O:'tO. Cfr. anche Evav-ct xuplou, À.EL'tOVpye:tv, EÙÀ.oyEiV:
Prov. 8,9 (Simmaco). In Giuseppe sia Dettt.18,5, con l'inf.; I Par. 15,2, con
ÈXÀ.Éyw che È'lnÀÉyw non hanno mai il l'inf.). Cfr. I Clem.43,4: con tEpa.'tEVEL\I
significato di eleggere il popolo. (El<; 'tO con l'inf .). A tale stregua si pos-
d) Scarsamente rappresentati sono i sono considerare anche l'uso di Giovan-
concetti di ripulsa o non elezione, co- ni (-7 coli. 481 s.) e una formula come
me opposti di ÉxÀÉyEcri>o:t. Is.41,9 mo- quella di Herm., vis-4 3,5: ot ÉXÀE'.À.Ey-
1

stra soltanto che ÈXÀÉyE<Tlto:L è il con- µÉvoi. U1tÒ -cov iteou ei.<; è'.,wT)v ix.i.wviov.
ttario di 'rigettare', il quale viene esclu- f) Oltre al significato di 'scegliere',
so per Israele. Cfr. l'interpretazione del 'eleggere tra una pluralità', i LXX pre-
471 (IV,174) ÈXÀÉyoµa.~D 1 (G. Schrenk) (IV,17:;) 472

sentano ancora, ma in numero esiguo, sventura promuove anche gli aspetti più
talune varietà semantiche di ÈxÀ.Éyecr- pericolosi dell'idea di elezione, soprat·
1}<.n le quali però nel loro complesso so- tutto quando lo spirito di vendetta e la
no in certo modo connesse con quel si- gioia pel trionfo sui nemici sopraffan-
gnificato fondamentale, anzi in parte no quella che nell'A.T. è là migliore mo-
non se ne distaccano affatto. Questo va- tivazione dell'elezione, ossia l'idea mis-
le soprattutto per i significati di sepa- sionaria (-7 coll. 464 ss.). Nei Giubilei
rare, scindere in corrispondenza di brr tutto è incentrato nel nome di Giacobbe
(fa. 20,38; Dan. n,35 LXX, Teodozio- e qui la consapevolezza dell'elezione as-
ne; Dan.12,ro [Teodoz.], dov'è in pa- sume dal suo contrario (Ismaele, Esaù;
parallelo con 'purificare' e 'raffinare'(~ cfr. spec. 15,30; l9,r8 s.) nuovo vigore
col. 403 ). Cfr. anche l' 'esame del cuo- di perseveranza di fronte alle incom-
te' da parte di Dio in Prov. I7 ,3 ( cod. prensibili 'vie' di.vine e nella lotta con-
S*, Swete): xapola ÈxÀÉyE-.m. L'atto tro tutti gli elementi che sgretolano il
deUa scelta nel suo aspetto psicologico giudaismo. L' accento viene a battere
è espresso dai significati di sembrar be- sul 'ltapà. 1tcX.\l'ta -r:à E~'l') (Ps.Sal.9,9;
ne, piacere (2 Brw. 19,39; Is. 58,5 s.}. qui però con atpe-.lsw). Fa specie co-
risolversi per qualcosa (\ji 118, 173 me proprio quando la cristianità primi-
[Aquila, Teodoz.]; Is.7,r5; 56,4). Lo tiva usa il verbo 'eleggere' nel nuovo
stesso può dirsi per i passi in cui si trat- significato universale ossia dopo la ca-
ta della decisione fra Dio e gli idoli tastrofe del 70 d.C., questa orgogliosa
(Ios.24,22; Iud.5,8 [cod.B]; Is.41,24). consapevolezza giudaica della propria e-
Analogo è infine il significato di deter- lezione si mantenga inalterata (Bar. syr.
minare (lob 29, 25 [LXX, Teod.] dr. 48 120) sotto il segno della fede nei pro-
34, 33). Cfr. ÈXÀÉ!:,acri}a~ 'lte.<.~oela"V in pri meriti: Israele è stato eletto perché
Prov. 24, 32 (lqfl); Ecclus 32, 14 (cod. non v'era un altro popolo di ugual valo-
B'}, dove si considera anche la decisio- re. Il contrassegno del suo privilegio, il
ne della volontà. motivo della gloria che circonda il suo
nome è e rimane la legge che abita per
D. ÈXÀ.ÉyEcri}a~
COME TERMINE sempre in Israele (Bar. syr. 48, 22. 24).
INDICANTE L'ELEZIONE Questo sentimento si rafforza vieppiù
NELL'APOCALITTICA neUa lotta contro un fosco pessimismo;
E NEL DOCUMENTO DAMASCENO 4 Esdr.6,59: «Ma se il mondo è stato
creato a motivo nostro, perché non pos-
r. Gli scritti giudaici, soprattutto a sediamo effettivamente questo mondo
cominciare dall'età dei Maccabei, mo- che ci appartiene?». Al posto del tem-
strano (e ben si comprende) come la pio 'eletto' e della città 'eletta' subentra
consapevolezza dell'elezione si invigori- ora più risolutamente la consolazione
sca e, sotto il peso dell'oppressione e della speranza; 4Esdr.8,52: «Per voi è
della lotta, diventi una solida fortezza aperto il paradiso, è piantato l'albero
a dispetto di ogni apparenza contraria della vita, è preparato il mondo futuro,
(lub.2,20; r5,30; 19,18; 22,9 s. ~ èx- è predisposta la beatitudine, è costruita
À.EX'toç, col. 509 ). L'escatologia contri- la città, è scelta la patria, sono com-
buisce a promuovere questa coscienza piute le opere buone, è approntata la
dell'elezione. Da una parte l'aumentare saggezza». Questo è il senso egoistico
della sofferenza fa sl che soltanto a que- dell'elezione che si prolunga nell'al di
sta consapevolezza si possa attingere la là. Nel discorso immaginoso di 4 Esdr.
forza per resistere e perseverare. Ma la 5 ,2 3-27 sull'unica vite, l'unico terreno
473 (1v,175) É>tÀÉyoµa.L D 2 (G. Schrcnk) (1v,q6) 474

da piantagione, l' unico giglio, l'unico 2. È importante poi notare come il


ruscello, l'unica Sian, l'unico popolo, documento della nuova alleanza in Da-
il contrasto con gli altti popoli è spin- masco, la cui composizione risale forse
to al massimo. Le formule dell'elezione al tempo dei Maccabeim5, usi 'eleggere'
sono qui riprese e ampliate con un ac- in un significato ancora più ristretto.
cumulo di sinonimi. Accanto ad 'eletto' Pure nell'apocalittica ExÀ.Ex-.6c; (-4 col.
si trovano 'scelto', 'trascelto', 'chiama- 509) è usato in senso analogo, ossia
to', 'predestinato', 'acquisito'. L'uso per esprimere la consapevolezza che la
cristiano di Paolo in Rom. 8 {~ col. setta giudaica ha della propria elezione,
48 5) ha qui il suo antecedente o il di essere cioè un 'resto' e una comunità
suo parallelo giudaico. Cfr. anche 4 privilegiata. Cfr. poi gli scritti mandai-
Esdr.6 ,54. Che l'orgoglio nazionale del d (~ coli. 512 ss.). Secondo Dam. 6, 2
giudaismo fosse divenuto uno scoglio i figli di Sadoc sono gli eletti di Israe-
anche nella sinagoga, balza evidente da le, i chiamati per nome, che esisteran-
Tanh.nf § r3 (r6 a, Buber} 101 : «Il San- no alla fine dei tempi. Essi sono (9,u
to, sia lodato, ha detto: in questo mon- B, Charles rr 817) i 'segnati' per i qua-
do io li ho respinti (tj'bti 'wtm~ scil. li (9,43 B) è scritto un libro di memo-
tutti i popoli} perché derivano da un ria, pei quali sorgono la salvezza e la
seme impuro (mzr' h!wm'h) ma ho e- giustizia. Secondo 5,6 (dr. v. 7: sacer-
letto voi perché derivate da un seme doti, leviti, figli di Sadoc), come per-
puro (mzr' 'mt)». Cfr. Tanh.nS' § 7 {252 sone che si attengono strettamente a
b, Horeb). Mentre in Tanh.B. si parla Dio, sono destinati alla vita eterna e
dei popoli ('mwt), in Tanh. si allude in- a loro vien partecipata tutta la gloria
vece ai non Giudei (nkrim). Non meno degli uomini. In questo testo anche il
nettamente è formulato il contrasto in giudizio di condanna appare già forte-
Midr.Ps.2 § 13 (15 b): «Tutti i popoli, mente individualizzato. Secondo 2, 6
rispetto agli Israeliti, sono una realtà se- Dio non elesse i peccatori dall'inizio
condaria (!p;lin, 'di minor conto')», co- del mondo, ma già prima che fossero
me si può vedere dal fatto che soltanto creati egli conosceva le loro opere 106 • Si
ai Giudei furon dati i comandamenti annuncia qui una nuova fase nell'evo-
della circoncisione, delle filatterie, delle luzione del concetto di elezione: è il
cinghie per il tempo della preghiera e singolo gruppo giudaico che ha coscien-
degli astucci da incastrare negli stipiti za di essere eletto. Chi è fedele all'al-
delle porte u». leanza, ossia il membro del nuovo grup-

JOJ STRACK-BILLllRBECK III 141. Cfr. G. KIT· creazione del mondo in Pesiqt.r.40 (r66,67a)
TEL, Die E11tstehung dcs Jude11t11ms, in For· è descritta nei termitù seguenti: «Quando il
sdmngen zur Judenfrage I (1937) 57 s. Santo - sia benedetto - volle creare il suo
mondo, considerò l'agire dci malvagi..., e non
IDI Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 35 e i 1nrallcll
volle creare il mondo. E di nuovo il Santo -
ivi riportati.
sia benedetto - guardò l'opera dei giusti... e
10; Per la questione controversa della data ve· disse: Per causa dei malvagi io non creo il
di la bibliografia in RGG I 1776. mondo. [Però] ecco, io creo il mondo [a mo-
IO<\ ki l' b/Jr 'l bbm mqdm 'wlm wbfrm 11wsd11 tivo dci giusti]». Affine a Pesiqt. r.40 è una
(nw~rw?) jd' 't m'ijhm. L'idea proclamata dal- leggenda dell'amoreo Bar a k i a (ca. 350) 8 §
la comunità di Damasco, che Jahvé ha creato 4: «Quando il Santo - sia benedetto - si accin-
il mondo ma d'altro canto ha permesso il m:i- se alla creazione dcl primo uomo, si avvide che
le e conosce in anticipo le azioni dei mah•ngi, da lui sarebbero sorti giusti e malvagi. Egli
è sostenuta spesso anche dai rabbini. Cosl la disse: Se lo creo, da lui verranno giusti cd em-
475 (IV,176) ÉxÀÉyo1.w.L E 1 {G. Schrenk) (IV,1)7} 476

po speciale, è l'eletto, mentre il pecca· col. 467 ), sono Le. r4, 7: -.b.ç npto)'tO-
tore è il non eletto, il reprnbo. La scel- XÀ.Lcrlcxç è!;EÀ.Éyo\l'tO, <<. •• i primi posti»,
ta 'speciale', ossia la separazione a mo' e Le. Io, 42 (specialmente se si accetta
di scelta di un gruppo di persone dalla la lezione dei codd. B L 1 . 33 boh aeth.
totalità del popolo o della comunità Orig.): 6)..lywv oÉ Ècri:~v XPEla ì1 Évoc;
(che tanta importanza avrà poi nella - Mapla yàp i:i)v &.ya.l>i)v µEpl&a. t!;E-
storia della religione), trova già qui una ÀÉ!;a..-.o, «di poche cose, o anche di una
anticipazione. sola c'è bisogno; Maria ha scelto la par-
te migliore».
E. ÈxÀ.Éyoµa.L NEL N.T. Per il resto, tranne Mc.r3,20 dove il
termine ÈxÀ.EX't6ç applicato alla comu-
r. Nei sinottici
nità dei tempi ultimi (-) col. 5 20) è
In generale. Due passi che fissano specificato e integrato col verbo: OL<Ì.
il significato di scegliere tra una serie
't"OÙç ÈXÀEX"l:OVç, ove; È!;EÀ.É!;WtO tCYI, «a
di possibilità (-) col. 467) oppure sce-
gliere decidendo tra due possibilità (-) motivo degli eletti ch'egli elesse», negli

pi; ma se non lo creo, come verranno da lui del popolo, non appartiene a quella comunio-
i giusti? Che fece il Santo - sia benedetto? ne nella fede e nella legge che poggia sull'in-
Non badò al comportamento dei malvagi (hpl;g segnamento dei rabbini: lo 'am hii'iiref (poptl-
drk11 Jlrfim mkngd p11iw) e 1o creò (il primo lus terf(le), il sadduceo, il samaritano e il giu·
uomo)». . Infine si può confrontare una terza dea-cristiano. L'esistenza di questa massa per-
haggada (ibid.) che risale a R. Hanina (c. 255): ditionis non può essere negata. D'altro canto
«Quando [Jahvé] volle creare il primo uomo Jnhvé non può aver voluto il peccato e i pec-
si consultò con gli angeli del servizio. Disse catori. Sembrerebbe ovvio, allora, ripartire l'o-
loro: Vogliamo fare un uomo. Essi gli dissero: pera della creazione alla guisa di Plat., Tim .
Com'è la sua natura? Egli disse loro: Da lui 41d (si veda in Filone, p. es., conf.li11g.r78s.).
nasceranno i giusti... Rivelò ad essi che da lui Ma il giudaismo rabbinico non batte questa
sarebbero yenuti i giusti, ma non disse che sa- via e si accontenta di una distinzione formale
rebbero venuti i malvagi; giacché se avesse lo- dcl male da Jahvé; Gen.r.3 a I.J: «Il Santo -
ro rivelato che da lui sarebbero venuti [anche] sia benedetto - non associa mai il suo nome
i peccatori, (la misura della giustizia) non a- al male, ma soltanto al bene» (cfr. Ta11h. tzri'
vrebbe consentito che [il primo uomo] fosse § 12 [4ob, BuBER]). Tuttavia per salvare l'on-
creato>). Quindi nel disegno di Jahvé soltanto nipotenza di Jahvé non ci si ferma a questa
i giusti (h!diqim) hanno posto; essi sono gli distinzione formale, ma si introduce il concet-
eletti, senza peraltro che nei loro confronti to di prescienza, quale si trova in Dam. :z,6
venga usato il verbo b~r. In tal modo il con- e negli esempi succitati; cfr. anche Ge11.r.53a
cetto di giustizia riceve un'interpretazione tut- 21,17 par. Nasce di qui un paradosso: Jahvé
ta particolare: il giusto (fdiq) appartiene spe- conosce in anticipo le azioni dei giusti e dei
cialmente al popolo giudaico {una c:cezione è malvagi. Tanto gli uni quanto gli altri hanno
costituita, per es., da T.Srmb.13,2); ma anche quindi il loro giudizio di elezione o di condan-
nell'ambito dcl popolo la qualifica di !diq è na, senza essere tuttavia predestinati all'ele-
attdbuita solo a colui che si trova in un rap- zione o alla perdizione. Per tutta la questione
porto particolarmente intimo con la legge data dr. anche R. M EYER, Hcllenistisches in der
da Jahvé e interpretata dai rabbini (che anche rabb. Anlhropologie (1937) 41 n. 3; 75 n. 3 [R.
un pagano possa entrare in questo rapporto MliYER].
con la Torà, risulta da B.Q.b.38 a par.). Il pec- 107 Questa locuzione che assoda 'eleggere' ad
catore invece è colui che si trova fuori del po- 'eletto' si trova in Ginza 272,32; :z97,3 s.; 381,
polo (il prototipo è Esaù) o, pur facendo parte :z6 s.; Litt1rg.r93,10.
477 (1V,r77) txì..Éyoµo:t E 2 (G. Schrcnk)

evangeli btÀ.ÉyEo-il'cx.t è usato solo in ri- me possa Giuda, pur appartenendo al-
ferimento all' elezione degli apostoli. la cerchia dei discepoli, diventare tra-
Questa avviene, secondo Lc.6,r3 (ÈXÀ.E- ditore. Nell'uso del vocabolo si posso-
~aµEvoc; &.7t' aui:wv 6woExa) come scel- no distinguere tre momenti. In Io.6,70
ta di dodici persone tra un numero vien posto il problema: oùx è:yw òµ&c;
maggiore. Per &:rt' a.òi:wv in luogo di ~x i:oÙç 6WOEX.CX. É~e:Àe:~aµ'l')V; xo:i É~ uµWv
~col. 467. Questa elezione degli Apo- dc; &&.~oMc; ÉO"i:w, «non forse io ho
stoli è menzionata anche in ev. Eb. 2, scelto voi dodici? Eppure uno di voi è
r. r8. 2r e Barn. 5,9, dove ne è speci- un diavolo» 108• In Io. r3,r8 s., appena
ficato anche lo scopo: i:oùc; µÉÀ.À.ovi:a.c; p1·ima che il traditore venga smaschera-
X'l')pUO"O"ELV i:ò EÙayyÉ.À.LO\I a.òi:ou, «quel- to, l'enigma riceve una risposta definiti-
li destinati a predicare il suo evangelo». va. Infine in 1o.r5,16 ss., dopo che Giu-
2. L' ÉxÀ.Éyeo1ta.t dei discepoli da s'è allontanato, si ha il vero e proprio
in Giovanni svolgimento dell'idea di elezione. In tut-
L'uso di ÉxÀ.ÉyEcriÌm in Giovanni è ti e tre i casi è significativo che sia sem-
spiccatamente diverso da quello degli pre Gesù a proclamarsi autore dell'ele-
scritti mandaici (--+ ÉxÀExi:bc; coll. 5 r 2
ss.) che forma invece un tipo omoge- zione, usando in forma solenne il prono-
neo con Hen.aeth. Posto pure· che Gio- me di prima singolare Éyw ( 6 170; r 3, r 8;
vanni abbia qualche rapporto con tali 15,16.19). L'elezione avviene quindi nel-
ambienti, in questo punto fondamenta-
le egli si allontana però risolutamente la storia personale dei discepoli, e avvie-
dalla tradizione delle sette giudaiche, il ne ad opera di Gesù. Essa dunque proce-
che va spiegato come effetto di un con- de bensl da un consiglio arcano di Dio,
sapevole distacco dal modo giudaico di
ma è il Figlio che la manda ad effetto.
intendere l'elezione. La variante di Io.r,
34: ÈxÀ.Exi:6c; (~col. 523 s., n. I8) sa- Però dietro il Figlio che elegge sta sem-
rebbe, se originaria, l'unico ponte verso pre esplicitamente il Padre. In Io. 6,65
l'uso linguistico dell'apocalittica giudai-
ca. Invece l'uso caratteristico di Gio- è specificata la condizione indispensabi-
vanni costituisce in tutto e per tutto le per andare a Gesù: od)oµÉvov ÉX i;ou
uno svolgimento di quello dei sinottici 'ltO:'tpoc;; in Jo.r3,r8 È~EÀE~aµ'l')v è in-
(~ sopra). Si vedrà come una vera e tegrato dalle parole della Scrittura che
propria dottrina dell'elezione non si
possa agganciare a questo concetto di annunziano la divina 'necessità' del tra-
ÈxÀÉyEo-i1o:.t, ma soltanto a ciò che Gio- dimento. In Io . r5 è posta al di sopra
vanni vi sovrappone. di ogni cosa la relazione fondamentale
In Giovanni ÈxÀ.Éye:cri1m è collegato. e determinante tra il Padre e il Figlio.
in modo tutto particolare al quesito co- Non meno coerente e unitario è poi il

108 SCHLATTER, Komm. Job.r84: <iPer Giovan- della caduta di Gerusalemme e dcl rabbini-
ni il caso di Giuda era un enigma più oscuro smo».
479(1v,177) hMyoµtXL E 2 (G. Schrenk) (1v,178) 480

modo in cui la concezione suesposta li, a<l es., di una elezione ad malam
viene integrata dal rimando alla respon- partem, di un uomo eletto ad essere
sabHità umana. La volontà eleggente si ot<iBoh.oc;. La teoria dogmatica di due
concreta nell'ambito della fede e della classi di eletti non ha qui nessun ag-
miscredenza, dell'obbedienza e della di- gancio. Anche il sinottico «chiamati ma
sobbedienza. Il contrassegno di coloro non eletti» è tutt'altra cosa. Il proble-
che il Padre ha 'dato' al Figlio è la fe- ma che si pone in Giovanni è invece
de nelle sue parole. Cosl anche la. crisi questo: vi è un uomo eletto ad essere
che avviene nella cerchia dei discepoli apostolo, il quale però, come risulta,
è posta sotto il segno di questo dilem- non è 'dato' dal Padre perché non è cre-
ma. Giuda è insieme 'non dato' e 'non dente, anzi oppositore, ota~oÀ.oc;. È un
credente' (6,63-65). L'atteggiamento op- riscontro angoscioso, che non deriva da
posto risulta evidente nella fede e nel- un'impostazione puramente metafisica o
la solenne professione di Pietro (6,68 speculativa della questione. Al contra-
s.). In modo parallelo si svolgono le rio, l'ambito del problema risulta circo--
considerazioni sull'obbedienza. In Io. scritto da una parte dalla realtà del Cri-
13,18 le parole où rce:pl. 7tri\l"t'(J)\) vµwv sto, dall'altra dall'esistenza di Giuda.
Myw, <<non lo dico di tutti voi», sono L'enigma quindi si restringe al quesito
precedute dalla beatitudine circa il TCOL- se Cristo in questo caso abbia agito be-
Ei\I di coloro che possono giungere alla ne. Di fronte all'esistenza del traditore,
conoscenza. Giuda si rivela come 'non Gesù fallisce forse nel suo ufficio di Cri-
dato' in quanto non è uno che opera. So- sto? In questo caso è forse Gesù che
lo cosl si comprende come in 15,16 s., sbaglia, che s'inganna? La risposta è
nella grande pericope che dichiara il {i. una sola: anche l'elezione e il tradimen-
ne dell'elezione - fecondità nell'obbe- to di Giuda non sfuggono al consiglio
dienza, nell'amore, nella dipendenza dal e al governo del Padre; accadono quin-
Padre e dal Figlio - abbia valore fon- di perché devono accadere (cfr. 6, 70
damentale il richiamo alla vita concre- con 6,64 s. e il tichiamo a Ps-41,rn in
ta del discepolo 'eletto'. x3,r8). In quest'ultimo caso ÉXÀ.ÉyE<T·
In questa duplice considerazione il ì1o:L non è usato in senso diverso da 6,
secondo momento contiene la spiegazio- 70, onde "t'l\1(1.C, farebbe riscontro a où
ne dell'enigma che è insito nell'esisten- 'itEpt 7tU,\11.'W\I e ne risulterebbe il signi-
za di Giuda: eletto, eppure oL&.Boh.cc;. ficato: io dico questo solo per coloro
È Gesù stesso (non Pietro nella sua che ho eletto veramente, ma questo
professione di fede) che mette drasti- non è il caso <li Giuda. Al fondo di
camente a nudo la questione (dr. 6,68 questa interpretazione sta un postulato
s. con 6,70 s. ). Non che in 6,70 si par- che è il dogma dell'elezione alla salvez-
hÀ.Éyoµa~E 2 (G. Schrcnk)

za. Ma in Giovanni l'uso di éxMyeo-i)'rxL zione avviene(~ col. 5r4) È:x; 'tOV x6tr-
è, senza eccezione, ristretto all'aposto- µov e quindi procura al discepolo l'av-
lato e d'altro canto nel quarto vange- versione e l'odio del mondo, giacché co-
lo è continuamente e coerentemente ri- lui che non è be, 'tOU x6aµou non è pro-
badito che Gesù conosceva sin dall'ini- prio (LOLo\I) di questo mondo. Non che
zio il tradimento di Giuda (6,64 ['fiOEL in tal modo si voglia fissare un comodo
Èç apxfiç]. 70.7I; I3,II; I8,4). Dovre- pregiudizio: da una parte i reietti, dal-
mo quindi pensare che Io.13,I8 ripro- l'~ltra coloro che portano frutto. Al
duca in forma sintetica un ragionamen- contrario, l'esperienza di Giuda è qual-
to di questo tenore: non a tutti voi so- cosa che può sempre ripetersi per tut-
no attribuiti i miei incarichi e rivolte le ti gli apostoli ( r 5 ,6). Nel grande di-
mie promesse - non a Giuda. Io so be- scorso che spiega il fine dell'elezione
ne chi ho scelto, e anche l'elezione di vien posto in risalto che l' ÉxÀÉye:<fflaL
Giuda non è avvenuta per enore ma non parte dai discepoli ma è una mossa
con piena cognizione del suo futuro tra- sovrana di Cristo e soltanto da ciò de-
dimento. Nonostante ciò, essa doveva riva la sua permanente fecondità (cfr.
avvenire; secondo la volontà del Padre lo svolgimento di questo concetto in
le parole di Ps-41,10 dovevano compier- 15,16 s.). L'elezione ha quindi senso e
si. I passi di 6 ,64 e r 3, r 8 sono la chiave fondamento solo come sorgente di un
che ci permette di comprendere tutti gli servizio fecondo.
enunciati riguardanti questo problema.
Calvino, sostenendo che Io .6,7 109 si
Ma 13,I8 si distingue da 6,70 solo per riferisce soltanto ai delecti ad munus
questo, che il tradimento viene motiva- apostolicum ma non all'aeternum Dei
to con la volontà divina quale risulta consilium, mira ad evitare che dal pas-
so si traggano false conseguenze circa
dalla Scrittura. In conclusione quindi
la dottrina della predestinazione: neque
l'agire del Cristo non risulta menoma- enim fieri potest ut quisquam eorum
mente offuscato dall'esistenza di Giuda. excidat, qui praeordinati sunt ad vitam.
Nel caso invece di Io.x5, r6 11° Calvino
Che il fine dell'elezione venga pro- pensa non alla electio particularis degli
priamente e compiutamente specificato apostoli, ma all'elezione della comuni-
tà, a proposito della quale scrive: bis
soltanto dopo la partenza del traditore, verbis complectitur. A tale interpreta-
perché soltanto allora ( r 5 ,16 ss.) si può zione si deve anzitutto opporre (~
menzionare il 'frutto' dell'elezione stes- coll. 477 ss.) che tutti i passi di Gio-
vanni dove ricorre ÈxÀ.Éye;o-i)'o:~ si rife-
sa senza alcuna riserva, si comprende so-
riscono al munus apostolico. Solo te-
prattutto se si tien conto di r5,19. L'ele- nendo fermo ciò e avendo riguardo al-

I® f. Calvini in N.T. cotJml. m (r833), ed. A. 110 THOLUCK, op.cii., 288.


TH01UCK, 135 .
ÈxÀÉyoµm E 3.4 (G. Schrenk)

la concezione complessiva di Giovanni egli ha scelto (~ col. 467 ); b) scelta


è possibile stabilire il rapporto che in- dei sette diaconi da parte della comunità
tercorre fra i passi del quarto Vangelo (6,5); c) scelta dei delegati che gli apo-
concernenti l'elezione e l'idea della co- stoli, gli anziani e tutta la comunità
munità. Soprattutto per Io. r5. 16. 17 mandano ad Antiochia (15, 22. 25: È!;
non si potrà prescindere dalla conside- o:Ù'twv). 2. In riferimento ali' elezione
razione di tutta la chiesa (cfr. 17,20). dei padri (cfr. 2 Mach.xa5 e ~ 'ltO:-
L'evangelista intende mostrare nella 't'Tjp), a cui accenna Paolo in Act.13,n
cerchia degli apostoli ciò che vale per (discorso di Antiochia in Pisidia) comin-
la comunità. Il significato generale del- ciando col considerare seriamente l'ele-
1' ÈxÀ.ÉyEcrilaL prende luce e vita là do- zione d'Israele. 3. ÈxÀ.ÉyE<rilcx.L, nel sen-
ve l'elezione è cominciata, ossia nel so di decidere, determinare con valore
gruppo degli apostoli. L'enigma dell'e- assoluto e pregnante e seguito dall'infi-
sistenza di Giuda dice a tutta la comu- nito, è usato in Act.15,7 da Pietro nel
nità che anche i più aspri conflitti nella concilio apostolico, in riferimento alla
chiesa trovano la loro soluzione nel Si- decisione di Dio che, intervenendo nel1a
gnore che de,cide. La domanda rivolta vicenda di Cornelio, ha mostrato di te-
dal discepolo prediletto a Gesù (r3,24) ner conto anche dei pagani 111•
esprime appunto questa fiducia. Appa-
re quindi tracciata la retta via: sotto- 4. ÈxÀ.ÉyE<rila~ in Paolo e Giacomo
missione a ciò che è stabilito da Dio, detto dell'elezione della comunità
retto comportamento verso il fratello In I Cor.1,27-29 Paolo, con il tripli-
errante e soprattutto fiducia che nella ce È!;EM!;a-i:o, vuol significare che l'aspet-
comunità dei discepoli anche le crisi
più gravi sono risolte da Gesù, col giu- to umano, così dimesso e umile, della
dizio o con la grazia, ma sempre in ma- comunità cristiana è conforme alla vo-
niera infallibile. lontà di Dio, il quale in tal modo giudi-
3. ÈxÀ.ÉyE<riJrx.L negli Atti degli Apostoli ca e confonde la superbia, la potenza e
l'orgoglio della carne. La congiunzione
Nell'uso molteplice che gli Atti fan-
no di EXÀ.ÉyE<rilo:L manca soltanto il si- !:va, tre volte ripetuta, e il nesso o1twç
gnificato di 'eleggere la comunità di µ1) pongono in forte risalto l'intendi-
Cristo'. Il verbo si trova invece r. in mento che ha guidato la volontà divi-
riferimento alla scelta di persone con
determinati uffici o incarichi: a) scelta na ·nell'eleggere una comunità siffatta e
degli apostoli da parte di Gesù (come fissano come scopo dell'elezione l'esclu-
~ coll. 476 s.). In consonanza col mo- siva affermazione di Dio. Proprio per
tivo principale degli Atti (il Cristo glo-
rificato che guida la comunità) in l , questo le parole dell'Apostolo sono an-
24 viene rivolta al XUpLoç la preghiera che la più tadicale negazione di ogni
di designare fra due persone quella che inaridimento egoistico dell'idea di ele-

lii Bene Calvino, ad l. : verbum eligendi sla- di r!:,e˃!:,a't'o a ~lhlY), o l'aggiunta di 鵃 (ZAHN,
tuere et discernere significat. à:qi' 'l'JµEpwv <i.p- Ag.) non tien conto che quel significato si tro·
xalwv andrà riferito alla vicenda di Cornelio va nei LXX, dove ricorre anche la frase dipen-
per via dell'espressione oLCÌ. "tou O""t6µa't'Ò<; µou Jcnte all'infinito.
(di Pietro). Il riferimento, sovente proposto,
EXÀÉyoµaL E 5 (G. Schrenk) (1v,r80) 486

zione (---+ coll.471 ss.; 508 s.). smo, ad improntare di sé questa nuova
L'inno di lode per la «benedizione vita, allora qui, come in I Cor.r,27-29,
si viene a dire che l'elezione è la fine di
spirituale», EÒÀ.oyla 7t\IWµCG·rnd1 (Eph. ogni egoismo (cft. x<ipL<;,, XCl.pt-.oW, V.
l,4) tratta insieme del fondamento, del 6). Dio è più importante di tutto il
mediatore e del fine dell'elezione. mondo: Bar. syr.48,20; 4 Esdr.6,59; 5,
23-27 (~ coll. 472 s.).
Tre momenti hanno qui valore es-
senziale: I. l' É:>c;À.ÉyEcrtra.t ì:': il dato ori- Iac.2,5 è un parallelo di rCor.r,26-
ginario, e il discorso teologico procede 28, limitato però alla considerazione
a Deo ad hominem, a differenza di quan-
to avviene in Rom.8, dove, nella gran- sociale e rivolto polemicamente contro
de disquisizione sul processo della no- la preferenza accordata ai ricchi rispet-
stra salvezza, i termini riguardanti la to ai poveri. Ancora una volta si pone
predestinazione ( 7tp6i}e.crLc;, 7tpoyLyvwcr-
in evidenza un dato di fatto: la comu-
xe.w, 7tpooplse.Lv, ÉxÀ.e.x-r6c;) valgono a
mostrare, in visione retrospettiva, il nità sa per esperienza diretta che Dio
fondamento eterno della giustificazione, accoglie proprio gli indigenti, i quali
mentre la sua manifestazione storica co- solo attraverso l'elezione diventano ric-
stituisce il punto d'avvio. Ad esso corri-
sponde, in Eph.1,4, il 7tpÒ x<x:rn.(3oÀ:ijc; chi. I due accusativi esprimono il do-
x6crµou, «avanti la costituzione del no connesso con l'elezione. Come in
mondo». È questo l'unico passo ·del N. Eph.r,5 s., vien messo in risalto che
T. dove ÉxÀ.ÉyEcri}at assume un'impron-
ta cosl netta di eternità 112• Cfr. tuttavia, l' E.xÀ.ÉyEcrba:L comporta la libera elar-
per èxÀ.e.x-.6c;, il xa:-t~ rcpoy\lwcrw di r gizione della grazia, in quanto il povero
Petr. l,2 (-7 coll. 526 s.). 2. Per quanto che viene innalzato non può vantare al-
concerne f.v au'tQ, si veda l'ulteriore
svolgimento del concetto nei vv. 5 s.: cun merito di fronte a Dio e agli uo-
l' È.xÀ.Éye.cri}at e il rcpooptSELV sono ri- mini. Perciò in definitiva ÉxÀ.ÉyEO"~OCL
volti alla nostra adozione e questa si at- esprime univocamente, in Paolo e in
tua attraverso l' 'l']ya'TC'l')µÉvoc;, l'eletto.
Giacomo, il trionfo della grazia divina.
Qui si accenna con ogni evidenza al fat-
to che l' 'eletto' (Cristo) comporta gli e-
letti (Hen.aeth. ---+ coll. 5rr s.). Invece 5. L'idea del rigetto
I Clem. 59, 3 desume dal nostro testo
soltanto l'equazione di ot <iyanW\l't"Ec; Nel N.T. alla nozione <li f.x.À.Éye.criktt
con ò 1JyarcT]µÉvo<;. 3. Il fìne dell'ele- non si contrappone mai esplicitamente
zione è presentato come chiamata re- quella di rigettare. Questo vale in mi-
sponsabile a una vita santa e immaco-
lata al cospetto di Dio e nell'amore m. sura limitata anche per altri concetti a-
Ma se è l'amore, ossia la fine dell'egoi- naloghi, giacché in Rom.9,13 la coppia

112 Cfr. per questo il concetto rabbinico della in alto; lll 579 s.
preesistenza ideale di Israele: esso fu creato
prima del mondo, oppure: l'idea di Israele, la 113 Per ragioni stilistiche e attesa la ripartizio-
visione di Dio, precedette ogni altra: Gen.r.r ne dei versetti, ÉV ci.y6:1t'(l andrà riferito alla
(2b) presso STRACK-BILLERBECK 1 974: u 335. prima frase e non a 1tpoopl<raç.

16' gr~ode kui~ - v1


487 (1v, r80) lxì..oyfi A (G. Schrenk) (1v,18r) 488

antitetica ayamiv I µtcn:tv è rigorosa- t ~xÀ.oy'iJ


mente circoscritta alla citazione di Mal. SOMMARIO:
I,2 S. e nella sua. applicazione viene a
A. fa).,orfi nell'uso greco ilt genere.
significare ÈÀ.EEi:v/O'XÀ.'Y)pU\IEW, 'aver mi· B. ÈxÀ.oyTj in Aquila, Simmaco e Teodozione.
sèrkordia/indurire' (Rom.9,18). Non si C. txÀ.orfi negli altri scritti giudeo-ellenistici.
tratta in realtà di due classi, predesti- D. ÈXÀ.orfi nel N .T .:
1. neglfAtti degli Apostoli;
nate l'una alla salvezza l'altra alla dan-
2. in Paolo;
nazione, bensl - sul modello veterote- 3. in 2 Petr.
stamentario - della preferenza accorda- E. ÉXÀ.oy1) nella cbiesa antica:
I ·. nei padri apostolici e negli apologeti
ta a Giacobbe rispetto a Esaù nell'uffi- · dei primi tempi;
cio di capo, . mentre nella congiuntura 2 . in Ocigenc e nella gnosi.

presente si tratta del temporaneo ab-


bassamento e ~ndurimento di Israele di A. fa).oy'fi NELL'USO GRECO. IN GENERE

fronte al J;ìorire.,dell~, ecclesia ex genti-


Qui prevale il significato attivo di
bus. DLaltro gen.t'.re è la rerribile affer- scegliere, e precisamente dal punto di vi-
mazione. di 4 ~sdr.2.,IT. (Riessler 128 ): sta d~Jla' qaalità 1• Ad es. il vocabolo si
«Tu salvi chi vuoi e annienti ~hi vuoi». trova in· Platone per indicare l'elezione
dei governanti e dei sorveglianti, cioè
In particplare l'uso e il concetto di Éx- di funzionari con un compito speciale
Myscroat non sono tali che ad essi si (resp. 3.414 a. 7,535 a. 536 c). In Plat.,
pqssa riagganciare .un dogma dell'elezio- leg. 7 ,802 b, •1iv hÀ.ori'lv TIOtEi:!Jì}a~ in-
dica il riunirsi di funzionari scelti, di
ne e · del rigetto. Le controversie sulla una commissione di esperti per l'intro·
pt!!destinazione male si ricollegano al duzione nello stato .di poesie, danze. A-
concetto di elezione e di eleggere. Esse ristot., eth. Nic., 10, xo, p. rr8r a, x8,
usa ÉxÀoy1) per la scelta di leggi, cosa
hanno invece il loro migliore addentel- che presuppone perspicacia.
lato in :ztpoyL'y"VWCTXEt\I 'ltpOE"t"OtµasEt\I, Polibio ha una quindicina di passi, dci
1tpooplsEw, 1t po• lih::<Tì}a t, '1tp6yvwc:nç, quali 7 èon xa•' faÀ.oyljv (cfr. Rom.
~ coli. ,j.85 ss.}. In essi si tratta non
1tp6ikcnç. Anche xaÀEi:v, xÀfjcrtç, xÀ'r]-
della scelta come risultato di selezione
•?t:;. nel N .T. hanno un'impronta assai (passivo) come in Rom.II,7, ma in sen-
~iù . vicina all'idea di predestinazione. so attivo, come azione di colui che la

ÉxÀ.oTfl
P. RrnsSLER, Altiiidisch.es .Schri/tltlm aimer· l Eus., lat1s Consta11tilli, pro!., r. 14 (ed. J.
balb. der. Bibel (1928), Erliiuteru11gen 1268. A. HEICKEL [GCS] 195,13 s.), ha: 'tTJ\I -toii
1i69.127I. 1Zl'3· I282. I283. 1284.1294.1301 SS. xpEl-t't'ovoc; ÉxÀ.orfiv. Plurale in dem.ev.6,18,
1322. A. VON HARNACK, Die Terminologie der 29: È\/ ÈXÀO'(<X~ç ye µ'I)v [µ7}] 6l.a"t'pL~6\l't'W\I,
Wiedergeburt tmd verwandtet · Erlebnisse in «come i monaci che si occupano di una scel-
der iilteslet1 Kirche, TU 42,3 (r9r8) 103; E. ta del meglio»; in. hist.eccl.4,26,13.14 gli estrat-
]Ac<iùmit, Les Acter des Ap6tres (r92of290; ti <lell'A.T. fatti da Melitone sono chiamati
r LAGRANGE; Ép1tt:è"aiix Romains '(1931) su ÈXÀbyal. Su questo significato v. altre no-
Rom.n,7. tizie in L100BLt-ScoTT, s.v:
lxì.o'Y'li A (G. Schrenk) (1v,182) 490

compie, e sempre come un'azione accu· xÀoy1] viene anche unito semplicemen-
rata che tiene conto della capacità e te a ylyVEO"iYaL (6,20,7.9). Cosl Polibio
dell'idoneità a uno scopo determinato. conferma l'uso di Platone: si tratta sem-
a) Nel linguaggio militare, è detto del pre di un incarico per un servizio. C'è
reclutamentò (5,63,rr; anzi, tutta la se- da chiedersi se in Paolo non sia presen-
zione 6,19-21: reclutamento delle legio- te l'immagine militare: la comunità è
ni fatto dai tribuni [6,20,4.7.9] e dalle truppa scelta, truppa d'assalto per tut-
città [ 6 ,2 r ,5]), della scelta di truppe to il creato (cfr. Rom.B,23). È pensabile
speciali (1,47,9; r,61,3; ro,12,8), della che proprio l'idea di elezione sia in qual-
destinazione a particolari incarichi (6, che modo influenzata da quest'uso tra-
34,8: del soldato che trasmette la pa- slato; quanto meno, questa questione
rola d'ordine della notte; 9,13,19: di meriterebbe d'essere ponderata in vista
una pattuglia incaricata di un compito cli ulteriori ricerche.
difficile). Solo una volta è usato non per Anche nei papiri e nelle iscrizioni
persone, ma per mezzi di trasporto (3r, ÉxÀ.oy1J è la funzione di colui che va-
20,12). b) È detto dei governanti nel glia, che sceglie, per es. un campo (P.
regime aristocratico (6,4,3), degli an- Tebt. I, 5,166 [n8 a.C.]), oppure la
ziani di Licurgo (6,10,9). c) Nell'espres- sposa secondo la formula del contratto
sione xa:i-' ~xÀ.or{}'.J, usata spesso nel di matrimonio (P. Oxy. m, 496,15) 2 •
senso di elettivamente, per mezzo di e- Qui è sempre messo in particolare rilie·
lezione, è aggiunto pet lo più il prin- vo il momento della libera scelta (cfr.
cipio su cui si basa la scelta; 6,ro,9: gli principalmente BGU III, 717,21 [II sec.
anziani vengono scelti à:ptO""t'l'.JÒ'T)V, se- d.C.]): [ÉxÀ.oyijc;] aot ouO'T}ç i\ 't't(v)a.
condo il merito o la nobiltà del sangue; tµa't'ta il 't'i)v uvv-rlµT}ow (invece di
cfr. 6,20,9: il reclutamento dei cavalie- O'U\I EtµT}O"L\I ), «devi scegliere liberamen-
ri avviene 7tÀ.OU't't\IÒ'T)V, secondo la ric- te tra ricevere gli abiti o il loro contro-
chezza (qui senza xa't6:). Ma cfr. 1,61, valore» 3 • Nel significato di saldo di un
3; 6,4,3; 10,12,8, dove xa't'' btÀoy1)v è conto, per dire: pagamento aggiuntivo
completato da una più precisa spiega- per il saldo di uno scambio, il concet-
zione. Così anche nell'uso ironico ne· to di scambio determina la ÉxÀoyT):
gativo di 38,2,8: oÙ"t'Ot ÒÈ YjO'a\I ùl<T1tEP BGU rv, rr58,r3 (9 a.C.); IV, 1013,16
btl't'T}ÒEç Éç faa<T'tt')ç 'TCOÀEWç xa-.' ÈX· (Claudio o Nerone); P. Ryl. II, 157,6
À.oyÌ)'.J ot XElptO'"t'Ot, «questi erano, per (135 d.C.); P. Flor. r, 47,14 (213-217
quanto possibile, i peggiori che si po- d. C.), in Mitteis-Wilcken II, 2 (1912)
tessero scegliere in ciascuna città». In 146,14 (p. 158). Sotto l'influsso diretto
qualche caso può essere tralasciato il di Rom.II,?(~ col. 497) è l'iscrizione
principio della scelta, in quanto risulta sepolcrale di M. Giulio Eugenio, vesco-
evidente dal contesto (6,J4,8; 31,20, vo di Laodicea (340-342 d.C.), in W.
12). d) Unito ad un verbo si trova (-> M. Ramsay: Exp. 7a ser., vol. IX (1930)
sopra) in 6,20,4 (ÀaµBcivELV -r-fiv ÈxÀ.o- 5 3. 'ExÀ.oyl) appare anche come nome
y'l'Jv) e in 6 ,2 l ,5 ( 1COLE'i:'O'i}a.L "t'i}V ÈXÀ.O· proprio (Preisigke, Sammelb11ch I 4315,
y1)v), in ambedue i casi col significato 3 ).
di 'fare un reclutamento di truppe'. É- Nella Stoa ÉxÀÉyoµat, ÈxÀ.oy1) assu·

2 Altri testi in PREISIGKE, Wort., s.v. mente affine è il significato 'diritto di scelta'
che il debitore ha tra due alternative: PREISIG·
3 Cfr.WILCKEN, od l., Ergiinwngen u11d Noch- KE, Fachworter, s.v.; A .IlERGER, Die Strafk/au-
lriige; inoltre PREISIGKE, \Vort. I 449. Pratica- sel11 in den Pap. (r9II) 113.
491 (IV,182) txÀoy1J B.C. (G. Schrenk)

mono una tipica impronta antropologi- ~pai}iwv (sabine), mentre i LXX tradu-
co-filosofica, venendo a indicare la libe- cono in un greco migliore con 'tÒ xr.n.-
ra scelta tra due cose nelle decisioni À.oc; 't'ijc; xumxplcrcrou. Altrove mibhar,
pratiche della vita personale. Il concet- l'eletto, il migliore, nei LXX è tradotto
to significa sempre 'preferire una cosa con exÀ.i::xi;6ç (Gen.23,6; Is.22,7; '!Ep.
all'altra' (Epict., diss.r,1,27). Ciò non 22 1 7; Dan.u,15 [Teodozione] ~ col.
ha luogo quando le cose si accettano co- 403 ). Supposto che Aquila, Simmaco e
me sono {1,12,28; 2,5,10; 4,10,30). Al Teodozione non riproducano b0 hira, qui
contrario, nelle cose indifferenti lo i)ye- avremmo semplicemente una traduzio·
µo\ILXO\I ha il compito di provare, sce- ne più letterale, dato che ÉxÀoy1) (~
gliere, rifiutare (4,7,{o; 2,6,9, secondo col. 488) era ben noto nel greco.
Crisippo}. Secondo il procedimento del-
la Stoa media Epitteto enuncia la for- C. ÈxÀoy1) NEGLI ALTRI SCRITTI
mula della perfezione, che è: 1) ÈxÀ.oyl} GIUDEO-ELLENISTICI
't"W\I xa:tà q>vow, «la scelta delle cose
conformi alla natura» (2,10,6), special- Qui appaL·e che il momento della li-
mente quando si tratta dei mezzi di so- bera scelta di cui si è fotto cenno (~
stentamento, dell'acquisto di beni ester- col. 490) è quello che più di ogni altro
ni, ecc. Perciò nell'uso di queste cose determina il vocabolo. Cosl in Ps. Sai.
occorre fare una scelta razionale di ciò r 8 ,6 si prega Dio perché, in vista del-
che è conforme a natura; anche se il la i]µ€pa ÈxÀ.oyijc;, voglia purificare il
ttpOT)yµÉ\IO\I va visto come tXOLacpopov, popolo. Qui É'.lCÀ.oy1) è la scelta decisi-
la scelta non è affatto indifferente, ma, va, selezionatrice in seno ad Israele, che
quale ÉxÀ.oy1), costituisce un'attività se- l'Unto compie quando sale al potere.
condaria della virtù 4• Altrove il termine viene usato sempre
a proposito di uomini. In ep.Ar.33 ÈX.-
B. è:xÀ.oy1)
IN AQUILA, SIMMACO
Àoyl) è la scelta di pietre preziose che
E TEODOZIONE
gli artisti fanno a loro talento. L'espli-
cativo wv IJ.v 1tpO<J.LpWV'tat definisce la
Nei LXX è:xÀ.oy1) manca negli scritti ÉyÀ.oyl] come quella che deriva dalla
del canone ebraico; invece si incontra, 1tPO<J.LpEcrtc;, dalla libera decisione. Cfr.
sia pur di rado, in Aquila, Simmaco e Flav. Ios., ant.!2,41 . Della libera deci-
Teodozione. Dato che questi traduttori sione umana tratta Ps.Sal.9,4: i;à. EPi'<J.
risentono del linguaggio della sinagoga, i)µwv Èv txÀ.oyfi xaL É~cu11l~ "t"i\<; ljJv-
è verosimile che questi pochi casi subi- xiic; l]µWv, i;ou 7tOLij<rat OLxmocrUvTJV
scano l'influenza del be~ira sinagoga- xat &.01xla.v è:v (pyotc; xetpwv -i}µWv,
le 5• In Is. 2 2, 7, Aquila rende alla lette- «le nostre opere dipendono dalla nostra
ra mib~iir con è:xÀ.oy<J.t xo1À.aowv (val- scelta e dal nostro arbitrio, sicché nelle
li), mentre i LXX traducono ÈxÀ.i::Mat opere delle nostre mani sta il fare il giu-
qnipa.yyi::c;. Cosl pure Simmaco e Teo- sto e l'ingiusto». In questo passo di
dozione in Is.37,24 rendono mibbar ri- uno scritto farisaico la dottrina del li-
spettivamente con ÈxÀ.oy1}: 't'1}'11 ÈxÀ.o- bero arbitrio intesa antropologicamen-
Yliv 't"W'll tipxevi}wv (ginepri) e 'tW'll te (-7 no te 8. 9) viene affermata nel sen-

4 Su Èx);oy1J, ÈxÀÉyEcri}at in Epitteto e nei nominazione veteto·sinagognle del tempio; dr.


suoi predecessori, A. BoNHOFFER, Die Ethik Pesk.rooa; S'rRACK-BILLERBECK l 853; S.N11111.
dcs Stoikcrs Epiktet (1894), indice. 6,23 § 39 (12 a); STRACK-BILl.ERBECK u 3rr
5 bet habb•[J/r,1, 'casa dell'elezione', è una de-
Ba rx.
493 (Iv,182) EXÀ.oyi) e (G. Schrenk) (1v,183) 494

so che tutte le nostre azioni si compio- 11;c..w h).oyn -cé -cE xa.Mv xa.t -cò xa-
no secondo la scelta e la volontà del xòv 11;poxEio-1}a1 xa.t xa.-cà. yvwp:riv E-
nostro cuore. Qui ÉxÀoy1} potrebbe for- XM'tO\I 7 'tOU'tW\/ Èxa.i:Ép~ 1tpo1néva1,
se corrispondere a rii~on o he/e~. Anche «dicono: il bene o il male sono rimes-
Flavio Giuseppe usa la parola in que- si alla libera scelta dell'uomo, ed ognu-
sto significato, in ant. 1 ,169: Abramo no giunge all'uno o all'altro secondo la
lascia a Lot la ÉxÀ.oy1) nella divisione propria decisione»; cioè negano che Dio
della terra, cioè gli lascia la libera scel- agisca o sorvegli, influendo sull'operato
ta (accanto a a~pe<nç). Mentre in ant. dell'uomo (bell.2,r64) 8 • È solo un ca-
7,322 ÈxÀoyii è usato per la scelta che so che ÈxÀ.oy1) nel senso di 'libera de-
David deve fare tra carestia, guerra e cisione' sia usato proprio nella defini-
peste, e in ant.B,24 per il desiderio se- zione del punto di vista sadduceo, giac-
lettivo di Salomonc 6 , in belt.2,165 si ché la difesa del libero arbitrio è del
trova nuovamente in senso filosofico - giudaismo in generale. dei rabbini e
antropologico, come in Ps. Sal. 9'4· I dei farisei 9 •
sadducei, si nota, cpa<rtv ò' be' &.vi}pw-

6 Flav. Ios., ant.8,24: rra.pck TTJV EXÀ.oyi}v Dio dµapµÉV1) in Giuseppe cfr. SCHLATTER, o.e.,
promette a Salomone anche ciò che egli non 32-35. Giuseppe usa anche, sostitutivamente,
aveva scelto. Su ita.p6. i:L in Gius. Flav. dr. -;;vx1J (ant.16,397 s.) oppure -.ò XPEW\I (a11t.
ScHLATTER, Theol. d. Judt., 189, n. r. 8,409.419). Ma anche con queste parole s'in-
7 EXCl<T't'ov invece di èxa<T-rou, cfr. ScHLAT- tende sempre l'ineluttabile predeterminazione
TER, Theol.d.fudt.188, n. 1. delle azioni umane.
8 Flav. Ios., bclt.2,164: i sadducei negano to- 9 Cfr. R. MEYER, Hellenistischcs i11 der rab-
talmente la ElµapµiVJJ - xat -ròv i)Eòv ~!;w bi11. A11thropologie, BWANT IV, 22 (1937)
"tOU opciv 1:L xaxòv iì Ècpopciv ·dllE'V't(.(L. Sul- 63 ss. L'accentuazione della libertà di scelta e
la variante xax6v dopo 'tL cfr. SCl·lLATTEn, della responsabilità dell'uomo è già presente
Thcol. d. Judt.188, n. r. Anche secondo Flav. in Ecclus 15,u-20, dove al v. 14 per ÉxÀ.oyi}
Ios., ant.13,173, il rifiuto del fato da parte dci sta OLaBouÀ.tov, e inoltre, ai w. 15-17, l>ÉÌ..EW
sndducei equivale al detto: lirrClV't<J. OÈ Écp' 1)- e Eu8oxE~\I indicano ciò che l'uomo può fare.
µi:v a.ù-roi:c; l>Ei:crllat, «tutto dipende da noi». Secondo Hen.aeth.98,4 gli uomini crearono da
Il seguito mostra che con tali parole si pensa sé il peccato. L'uomo ha la capacità di com-
alla felicità ed infelicità umana che l'uomo de- piere i comandamenti di Dio. Testi in STRACK·
ve attribuire a se stesso. Viceversa, ai farisei BILLBRBECK 1 8r4 s. Dominando l'istinto mal-
Giuseppe attribuisce una posizione sinergÌsti- vagio l'uomo si rende più focile la successiva
Cà (be/l.2,r62 s.; ant.r3,q2; 18,13): qualcosa, osservanza dei comandamenti (Ab. 4,2: Ben
ma non rutto, è opera del destino. La frase Azzai, ca. 160, cfr. STRACK-BILLERBECK IV 8),
sadducea di bctl. 2,165, secondo bell. 2, 163 e cosl giunge a non più peccare (STRACK-BIL-
viene da essi spiegata cosl: xa.t 1'Ò µÈv 1tpai:- LERBECK 1 814), per cui la potenza di Dio lo
1'ELV 1'ck olX<J.Ll'J. )((lL µ fj xa-.à. "tÒ 1tÀ.Ei:O"-.O\I rafforza nel bene. A questa accentuazione del-
~1tl "tOtc; a\rl}pW1tOLC, XELO"tkl.L, ~01)l>ELV OÈ EtC, la libertà di scelta proprio il farisaismo unisce
-~xacr-;ov xaL Ti}v dµa.pµÉVTJV . Sul passo te- l' accenno alla predestinazione degli avveni-
stualmente difficile di ant.18,13, cfr. ScHLAT- menti del mondo. Cfr. Ab.3,15 s. (R. Akibà):
TER, Theol.d.Judt., :io9, n. r_ Una cosa è co- Tutto è previsto da Dio, ma la libertà di de-
munque chiara, cioè che la funzione umana cidere (r"sl2t) è data all'uomo, cosl che non
in questione è descritta come l'impulso (opµ1)) si può esimere dalla resa dei conti. Tutto è
proveniente dalla volontà, che si aggiunge al nelle mani del cielo, ad ecce-~ione della deci-
~ovJ...evTI]ptov divino. Gli esseni infine accet- sione fra il timore di Dio e l'empietà (Ber.33
tano, secondo Giuseppe, la totale dipendenza b, par., cfr. B.M. 107 b par. [R. HaninÌI, ca.
dell'uomo dalla tlJ.lapµÉVTJ (a11t. 13,172). Su 225] (Ta11h. pqwd; § 13,127a in STRACK-BIL-
495 (1v,183) ÈxÀoyi) D 1.2 (G. Schrenk)

D. ÉXÀ.oy1) NEL N.T. cisione divina, che avviene per selezio-


ne (per xa;'t'' !y:ì.oyrrv dr. Polibio ~
r. ÉXÀ.oyii negli Atti degli Apostoli
col. 488), dispone il loro destino già
In Act.9,15 il xuptoc; dice ad Ana- prima della nascita dei figli di Isacco e
nia, parlando di Paolo: 1ht O'">CEi.ioç ÉXÀ.o- prima che essi abbiano fatto qualcosa (di
yi'jc; fo-rlv µot OV'toc;, «Costui m'è un 'buono o cattivo', cosl che non può es-
vaso d'elezione». Il genitivo qualificati- sere questione di una preferenza mora·
vo, in stile ebraico, sta per l'aggettivo le). Non si tratta della loro 'santifica-
ÉxÀEX't'ov; nel verso successivo è for- zione', ma della posizione e del compi-
temente accentuata la destinazione del to loro nella storia (cfr. nel v. 12 la ci-
servizio (~ fo. IJ È.XÀ.ÉyEO'i>a;t, coli. tazione di Gen.25,23: il maggiore ser-
481 s.): Paolo ha la ÉxÀ.oyt] per il suo virà il minore). Nella storia dei patriar-
compito apostolico davanti ai popoli, ai chi la ÈxÀ.oy1J dell'uno comporta che
re, ai figli d'Israele. l'altro sia messo da parte; lo stesso si ve-
rifica nella temporanea superiorità del-
2. É:>tÀ.oy1J in Paolo
la chiesa dei gentili rispetto ad Israele.
Paolo nelle lettere ai Tessalonicesi e Questo modo di procedere di Dio è in-
ai Romani usa il vocabolo in cinque ri- tenzionale e finalizzato: l'.va li X<t.'t''Éx-
ferimenti: Àoyi)v 1tp6~Eo-tc; 't'oi.i i>Eoi.i µlvn, oùx Éç
a) alla scelta che Dio compie nella Epywv cH,À.'Èx 't'OV xa;Àoi.iv-roc;, «affinché
storia dei: patriarchi (Rom.9,rr). La de- il proposito di Dio, che è conforme alla

LERBECK II 343, righe 27ss.; cfr. Niddà I6 b, seguono). 4 Esdr.6,6; 7A2 dice che creazione
STRACK-BILLl!RBl!CK nr 266), dove questo pa- e fine sono premeditate e predestinate. Cfr. la
rallelismo di dµapµÉ\ll) e O~~~oÙÀ~O\I è espres- predestinazione dei tempi in tutta l'apocalit-
so cosi: in colui che dev'essere generato Dio tica. Dio dapprima si è raffigurato e proposto
determina costituzione, disposizione, doti, po- tutto quanto aveva destinato all'esistenza (a-
sizione sociale ecc., ma non determina se egli poc. Abr.22,3 ). Per ognuno vale irremovibil-
debba essere empio o giusto. Cfr. ancora mente la decisione di Dio e ciò che sta scrit-
STRACK-BILLERBECK I 982 s. Su Tanh. l.c. e to (test. lsaac 3,zo, RIESSLER [-+ nota bibLJ
sulla sua fonte extragiudaica cfr. R. MEYl!R, I I 38 ). Il Signore degli spiriti ba tutto deciso
o. c., cap. VII 88 s. L'unione di libero arbi- per i suoi santi: dimora e ammissione all'ere-
trio e predestinazione anche nel destino per- dità (He11. aeth.39,8). Mosè è scelto, predesi-
sonale dell'individuo ba evidentemente il suo gnato e preparato sin dal principio del mon-
modello nel pensiero platonico, cfr. Plat., resp. do come mediatore dell'alleanza (Ass.Mos.1,
xo,617 de. Questa coesistenza di volontà u- r4). Cfr. la bilancia eretta per la scelta in
mana cd immutabile consiglio di Dio è affer- LIDZBARSKC, Johannes 226,5 ss. (Liturg.154,8).
mata anche in apoc.Abr.26,5. Il Riessler, (~ Tutto questo predestinazionismo è più chiaro
nota bibl.), passim, dice che la dottrina della. nell'apocalittica per l'influenza della credenza
predestinazione è essenica; ma ciò si può am- nel fato, ma si riscontra anche nella sinagoga
mettere soltanto quando essa sia accompagna- ed è stato trasmesso a Paolo come eredità dcl
ta da altri carntteristici elementi essenici. (Ad giudaismo.
es., non sono seoz';dtro esseniche le parole che
497 (1v,184) ÈxÀoyiJ D 2 (G. Scbrenk)

scelta, rimanesse fermo, non legato alle r,4). Questa Éx'ì.oy-fi si documenta, co-
opere ma a colui che chiama». Al meri- me dimostra la frase introdotta da .O't"t,
to delle opere proprie si contrappone la nella vigorosa azione che lo Spirito di-
chiamata. Qui dunque ÈxÀoyi} sottoli- spiega nella comunità. Éx~9y"/i in que-
nea la decisione assolutamente libera di sto caso non rende semplicemente un
Dio, e lo fa in un modo che il prototi- principio teologico sull'elezione, ma sta
po del r.iferimento indicato qui sotto, a significare l'annuncio di questa (-7 III,
al punto d (~ col. 498) vien mostra- coll. rn88 ss. ). Anche le parol~ 'lÌ'Y~1t'r}­
to nella storia della rivelazione. Nel v. µ-fivo~ unò 't"OV i}eou, «diletti da Dic;>":,
r3, Mal. r, 2 s. è riferito ancor più for- sono una interpretazione dell' eleziopc
temente alla severità del giudizio di- (cfr. Col.3,12 [ÉxÀ.ex-t6c; ~col, 525];
vino sulla maggioranza d'Israele, per- 2 Thess.2,I3.r6; Rom.8,37 con.Eph.r,
ché l' 'odio' significa, nel linguaggio fi- 6 e~ col. 485).
gurato di Mal. 1, la condanna che si ma- d) Alla scelta di Dio che isola una
nifesta nella . distruzione del territorio parte dall'intero Israele (Rom. n, 5:
di Edom. Senza dubbio anche qui amo- À.Ei:µµa. X(.(-ç' ÈXÀoyi)V XtXP~'t'O<;, «Un re-
re e odio (&.ya.1tOC\I, µv:rEi:v) sono intesi sto secondo la scelta della ·grazia»).
alla luce del proposito ( 'ltpo~EO'Lç), ma Questo 'resto d'Israele',_ formato dai
non sono affatto staccati dalla sfera del- credenti in Cristo, è stato .scelto .secondo
la responsabilità umana e del compor- il principio della grazia (cfr. Polibio ~
tamento dell'uomo. coll. 488 ss.). Qui ÈxÀoy{j ba s~nso at-
b) All'elezione di tutto Israele nei tivo ed è la scelta di una parte dal tut-
padri (Rom. I I ,28 ). Se gli Israeliti xa.- to - dalla comunità del popolo d'Israe-
'tà i:ò EÙa.yyÉÀ.tov, «secondo il vange- le - come atto di predilezione ekttiva
lo», sono «nemici per cagion vostra» (-> À.ei:µµa.). Ma il N.T. non fa mai
(Èxl>pot ot' uµliç), «secondo l'elezione parola di una scelta (élite) operata nel-
sono invece diletti a motivo dei padri», la comunità cristiana, .come avviene a
( Xll.'t'rX -r:Y)\I ÈxÀ.oy1Jv tiya.1t'r)'t'Ot OLrX proposito della concezione settaria giu-
't"ouc; 1ta-cépa.c;); cfr. Act.I3,17 (ÈxÀÉ- daica(~ coll. 474; 5u). L'idea di scel-
yEa~a.t) ~ col. 484. Dunque qui non ta riferita ad Israele è strettamente col-
si parla di una parte d'Israele (cfr. Rom. legata all'uso di~ À.ei:µµa. nell'A.T..
9,rr; u,5.7; col. 498), ma dell'intero e) Questa ÈxÀ.oy1} nel sigµificato d)
popolo. è usata in Rom.11,7 nel senso passivo
c) All'elezione dcli' intera comunità di 'parte eletta', distinta dai rimanenti
cristiana alla fede, fatta senza tenere (À.omol) cioè da tutto Israele. La schie-
particolarmente conto della sua duplice ra eletta degli Israeliti credenti ha con-
provenienza, giudaica e pagana (I Thess. seguito quello cui tendeva Israele; agli
f.x)..oyi) D 3; E 1.2 (G. Schrenk) (IV,l86) 500

altri (la massa del popolo) si è induri- la scienza di Dio e le sue promesse: l,
to il cuore. 3 ss. 10.

3. ÈxÀ.oyl) in 2 Petr. E. ÈxÀoyTj NELLA CHIESA ANTICA

r . Nei padri apostolici e nei pruni


2 Petr. 1,ro: crTtouoci.crcx:n; BEBa.la'V apologeti. Della circoncisione dei Giu-
dei, di cui essi vanno superbi in quanto
ùµwv 't'i)v xÀ:i'jow xct.Ì ÉxÀ.oyÌ}v 'JtOL-
è µa.fYtupLo'V ÈxÀoyljc;, «testimonio del-
Ei:<rl>a.t, «fatevi diligenti nel render sal- 1' elezione» parla Diogn. 4, 4. Della co-
da la chiamata e l'elezione vostra», scienza cristiana dell'elezione tratta r
pensa ai credenti in Cristo che vengo- Clem.29,1: il Padre ci ha fatti ÉxÀ.oyfjc;
µÉpoc; fo:.v't'c{>, «la sua parte eletta», cioè
no chiamati ed eletti a formare una co- il vero Israele (cfr. Iust., dia!. II, 5 ).
munità. Sul parallelismo di xÀ.ijcnc; e Quest'uso è affine a quello passivo di
Èic.À.oy1) cfr. XÀ.'l')'t"OL xa.t ÈXÀ.EX't"Ol in Rom.11,7. In mart.Polyc.20,1 si parla
del xuptoc; a proposito dei martiri: 't'Ò\I
Apoc.17,14 (-+ bcÀ.Ex't'éc; n. 10); nei ÉxÀ.oyac; 'ltOLovv-.cx. &:rtò .-wv
lolwv oou-
sinottici 'chiamato' (invitato) - ma non À.wv, «lui che fa le scelte (al plur.) di
scelto (-+ col. 5 15) - ha un altro signi- tra i suoi servi». Questa espressione è
vicina al sentire settario, poiché anche
ficato. Solo apparentemente qui ele-
qui i martiri appaiono come una por-
zione è un termine più dogmatico (cfr. zione scelta in seno alla comunità. In
Origene ~ col. 501 ), perché proprio Iust., dial., il giudeo usa due volte Èx-
dal nostro passo appare che se ne parla À.oy1} per parlare del Cristo che è elet-
to come avviene tra gli uomini con l'a-
non staticamente e rigidamente, ma dozione: ÈxÀ.oyiJ yEvéµE\loç dc; 't'ÒV
sempre nel contesto di un appello nlla XpLCJ''t'év (48 ,3 ); ol ÀÉ"(O'V't'Et; avì>pw7tO'V
responsabilità; cosl pure se ne parla in YEYO'VÉVCLL (J..ÌJ't"Ò\I xat xa.-i:' ÈxÀ.oyT,'V (-7
col. 489) xExp'Lcri>at (49,1).
senso del tutto escatologico, lo sguar-
do rivolto alla destinazione finale. Per 2. In Origene e nella gnosi. Origene

esprimere questo si dice che quel che subisce fortemente l'influenza dell'uso
linguistico della Lettera ai Romani;
è puramente divino viene 'consolidato' princ. 4,1,4: .-wv &.crwhwv ÉlNW'V Éx-
appunto mediante l'uomo. Ciò significa À.oy1}, «scelta dei popoli ottusi»; princ.
che l'uomo deve dat prova di assoluta 4,I ,6: -.ijç &.7tò 't'WV ÈlNW'V ÈxÀ.oy1]c;.
Riprende anche l'uso passivo di Rom.
serietà di fronte all'opera divina. Anche
u,7; comm. in Io.2,3,24: Dio è 't'W\I
nei sinottici l' ÈxÀ.Ex't'oc; viene 'confer- oÀwv •iic; ÉxÀoyljç i>Eòc; xa.t 7toÀ.Ù µéiÀ.-
mato' attraverso l'obbedienza (-+ col. À.ov 't'OU 't'fj<; ÉxÀoyljç crw-.i'jpoc;, «dio
della scelta d'ogni cosa e molto più del-
516). Nel contesto il 'render solido'
la scelta della salvezza». Egli preferisce
coincide con Ja purificazione, con Io ze- parlare di hÀ.oy'l) anche quando nel
lo per giungere a conoscere la forza e N.T. c'è ÉxÀ.ÉyEcrl>aL, ÈxÀ.EX'téc; o xa.-

10 Cfr. I<NorF, Petr.; ScHLl\TTER, Erl., ad l.


5or (1v,r86) ÈxÀ.EX't'oc; A (G. Schrenk) · (1v,186) 502

ÀEtv. Così della coscienza dell'elezione VELo'ij xo:i ÉvLx1)v ), La tendenza ad al-
nei Giudei dice in comm. in Io.6,9,54: legorizzare scorge nella ÈY.,Àoyi) gli spi-
'X.cx:c' ÈxÀoy1Jv ì7Eoù. Dei XEXÀT)µÉvoi di rituali (nw:uµrz·nxol), in contrapposi-
Le. 14,16 s . dice (ibid. r3,J4,22r): µu- zione agli tVUXLXOl. Su Eusebio -7 col.
<r't"'QPLO\I i:ijc; xÀtJCTEwc; xat ÈxÀoyfjc;. A 488, n. I.
proposito di Giuda, che secondo Io. r 3
fu 'eletto', dice (ibid. 32,18,235): dc;
-cwv lv ÉxÀoyfj p.oi 'tE'tLµT)µÉVwv oc1t0·
O''toÀ.wv, «uno degli apostoli da me ono-
SoMMAtuo:
rati nella elezione». A proposito di Eph.
r, in orat.5,5, circa il cristiano eletto A. L'uso comune greco.
osa proporre la tesi: ocµi)xcx.vov a..irr:òv B. L'uso linguistico nella Bibbia greca
'tfj<; E:icÀoyfjc; ÉX1tEO'EtV, «è impossibile e negli scritti giudeo-ellenistici:
che decada dall'elezione». Qui È.xÀoyi) r. generalità;
come sostantivo è già un concetto dog- 2. il significato religioso di txÀEx..6c;.
matico ben preciso, ma ha un senso di- C. ÈxÀEx't'6c; e l'idea di elezione
verso dal N.T. (-7 coli. 530 ss.), è cioè 11ell'apocalittica:
un concetto statico. Singolare è l'appli- r . Israele o la sua parte scelta, in quanto
cazione della formula al puro fine fu- eletti;
2. il Messia, l'eletto tra gli eletti;
turo, in hom. in Ier.4,3 (alla fine): Ènt
3. gli angeli in quanto eletti.
'tlJV ÈxÀ.oyl}v i:ov tJEou xat 't'lÌV µmw.-
pLO't'l'}'ta, «giungere all'elezione di Dio D. 'Eletto' negli scritti ma11daici.
e alla beatitudine» è da pochi. Altrove E. ÈxÀEX't'6c; nel N.T.:
ÈxÀoy{] è la truppa scelta (comm. in Io. r. gli txÀ-EX't'ol nei sinottici;
2. Cristo come l'eletto in Le.;
13,59,4n). 3. EXÀEX't'6c; in Paolo;
L'uso di ÈxÀ.oyT) in senso settario 4. ÉXÀEX't'oc; e O'VVEXÀ.EX-t6ç in r Petr.
nello spirito della gnosi valentiniana si e nelle lettere giovannee;
trova in Eracleone (Orig., comm. in Io. 5. riepilogo.
13,51,341). A proposito cli Io-4,39 egli F. ÈXÀEx't'6c; nei padri apostolici.
contrappone il gran numero di Samari-
tani, che sono degli psichici (W<; 1tOÀ.-
A. L'uso COMUNE GRECO
ÀW\I ov'twv lfJuxLxwv), all'unica donna,
che invece simboleggia la natura eletta, Nel greco classico predomina il signi-
incorruttibile ( 'tTJV OÈ:. µla.v À.ÉyEL 't1}V ficato aggettivale di scelto, eletto. Det-
acpikt,pi:ov 'tfjç È.xÀoyfjç cpv<l~v xat µo- to di guerrieri; Thuc. 6, roo: uomini

ÈxÀEX't6c; B. WEiss, Die Priidesti11atio11slehre des Apos-


Su Lc.18,1-8: tels Paulus: Jahrbiicher fiir deutsche Theolo·
gie (1857) 54-II5; E. MÉNÉGOZ, La prédesti11a-
J. A. RoBERTSON, The Parable of the Uniust
tion dans la théologie paulinie1111e ( 1885); V.
Judge: ExpT 38 (1926/1927) 389-392; D. Bu- \VEBER, Kritische Geschichte der Exegese des
Z'f., Le Juge inique: RB 39 (1930) 377-391.
9. Kap ... des Romerbriefes bis ari/ Chrys. tmd
Su r Petr.: Aug. (1889); K. MiiLLER, Die gottliche Zuvor-
TH. SPORRI, Der Ge111eindegeda11kc itt r Pt. ersehung 1111d Erwiihlrmg... 11ach dem Evang.
(1925) 24-26. des Paulus (1892); E. GRAFE, Das Verhiilt11ir
der paulin. Schriftcn zur Sap. Sal. (1892 ); J.
Sulla dottrina paolina dell'elezione DALMER, Die Erwiihlung Israels 11ar:h d. Heils-
(->- col. 487 ): verkii11dig1mg des Apostels Paulus (1894): Io.,
503 (1v,186) ÈXÀEx-.6c; B 1. 2 (G. Schrenk)

scelti portanti armi leggere. La locu- Exapla 56 volte) e quello sostantivale


zione tecnica romana iudices selecti (57 volte) press'a poco si equivalgono.
(Ditt., Or-499,3 [II sec. d.C.] cfr. 567, Sono rare le costruzioni verbali, come
IO: È1ttÀEX't'OV Y.pL't1)V) ha già il suo pa- ÉXÀEX't'OV ( Ècr-. t) fj, «preferibilmente»
rallelo in Plat., leg. l 2 ,946 d: El<; 'tOÙ<; (ad es. Aquila e Teodozione in Prov.22,
ÉxÀEx..-oÙ<; Otxacnci:.s. In suo luogo l ), per rendere bf?r al nif'al ( cfr. 2 Mach.
Plat., leg. II, 938 b ha: Év •éil 'tWV Éx- l,25: O 1t0LTJO"~ 't'OÙç 'Jtll.'t'Épaç ÉXÀEX-
ÀEX'tW'll OtX<W't'(jpl~ (da integrarsi con 'tOUç). L'uso comune, non religioso, di
OtXCW'tW'll ). Nei papiri .e nelle iscrizio- ÉXÀEx-.6c; si applica a) ai prodotti della
ni significa scelto, raffinato, detto di co- natura, soprattutto a piante, animali, mi-
se della migliore qualità; P. ReirJ..43,9 netali, e significa squisito, pregiato, di
( 102 d.C. ): ÈXÀEx•Òv cX.vopGwa, «stan- valore, puro, raffinato, redditizio, il mas-
za signorile», oppure ÉxÀEX'tol è detto simo del suo genere, il capolavoro per
di ceste della miglior qualità (P. Fay. qualità (--? col. 403), b) a persone (~
102,3) o dell'olio (BGU II, 603,18.38 col. 404), spesso per bapur, che indica
[ca. 167 d.C.]). Cfr. CIA u22,23.24 1. tanto il 'giovane' quanto le 'truppe scel-
te'. II significato può dunque oscillare.
B. L'uso LINGUISTICO NELLA DIBBIA (Iud.20,15; 2 Ba.O".rn,9, Aquila, Simma-
GRECA E NEGLI SCRITTI co).· Cfr. Iudith 2,15; I Mach-4,1; 15,
GIUDEO-ELLENISTICI 26; cp.Ar.13; Sib.3,52r. Giuseppe usa
una sola volta (in ant. 7 ,5 9) ÉxÀ.Ex.-6<;
l. Sui termini ebraici tradotti con in questo senso, seguendo i LXX; altro-
ÈxÀEX/téç nei LXX ~ coll. 40 3 s. Col- ve ha 33 volte É1ttÀEX'toç, sempre co-
pisce la frequenza di ÈxÀÉyi::cri>'a.t in A- me termine militare designante le trup-
quila, Simmaco e Teodozione, e di Èx- pe scelte, la guardia del corpo, ecc. ~
ÀEX•o<; nella traduzione di Ezechiele
col. 467.
dei LXX, dove in r o passi sono rese con
ÈxÀEx'té<; parole che altrove non sono 2. Il significato religioso di ÈxÀ.Ex•oc;..
mai tradotte cosl. Anche se soltanto nel a) Il vocabolo è affine a qds (santo), a
linguaggio simbolico di 19,12.14 questi cui corrisponde anche, sia pure di ra-
passi si riferiscono all'elezione di Israe- do: in Ecclus 49,6 Gerusalemme è la
le, è però comprensibile, partendo d.i ÉXÀEX't'lJ 1tOÀ.t<;; in l Bcur.10,3 'AÀ.Àoç
questa motivazione, la preferenza data (Field), ÈxÀEX'tlJ è la quercia sacra del
a hÀ.rn-réc;. L'uso aggettivale (LXX e Tabor; in IEp. 26,15 (46,15) ò µfoxoç

Zur pnuliniscben Erwiiblu11gslehre, in Greif~­ (1929); E. VON DoascHiiz, Dic Parndoxie im


walde~3tudien fiir H. Cremer (1895) 183-206; N.T.: ZSTh 8 (1930-31) 181-200; In., Priide-
\Y/. BEYSCHLAG, Die paulinische Theodizee R. stinntion: ThStKr I06 f19~4/I935) 9-19; E.
9-II 2(1896); E. Ki.iHL, Z11r pa11li11ischen Theo- STAUFFER, tva. rmd das Problem des thcologi-
dizec, in Thcologische Studien fiir l3. WEiss sche11 Dc11ke11s bei Paulus: ThStKr 102 (1930)
(1897); H. E. WEBER Das Prob!em der Heils- 232-257; R. HOFFMANN, Die r,ottliche Vorher-
geschichte nach R 9-.u (19u); R. Lrn.cHTEN- bestimmung nach der Lehre des Paulus: Wart-
HAN, Die gottliche Vorherbcstimmung bei Pau- burg 29 (1930) 444-452. Ediz. del Documento
ius imd in dcr Posidonitmis~ben Philosophic Damasceno ~ indice delle abbreviazioni; tra-
(1922); E. voN DoBSCHUTZ, Zeit rmd Raum duzione di W. ST.i\RK: BFfh 27 (1922) e in
im Dcnken d. Urchristenlums: JBL 41 (1922); P. RrnSSLER, Altiiidischcs Sc/Jrifttr1111 armer-
TH. HoPPE, Dic Idee der Hcilsgeschichte bei /J({lb der Bibel (1928) 920 ss.
Pnulus... , BFih 30, 2 (1926); F. W. MAIER, 1 In MEISTERHAYS-E. ScHWYZER, Grammatik
Israel in der fleilsgeschichtc m1cb Rom. 9·1I der attischen Inschrifte11 '( 1900) 109.
ÈXÀ.E1'-c6ç B 2 (G. Schrcnk) (IV,188) 506

6 ExÀEx-.6c; o-ov è il toro di Memfi, sa- IEp.38,39). Cfr. test. Sal. 2r,2, var.
cro ad Api. Può significare anche 'puro', (p. 64* nota, ed. Cown); x,aÀxòv h.-
ad es. in Cant.6,ro (-+ col. 403; 174, À.EX"tov, il bronzo scelto, per il tempio.
60), dove può sentirsi in parte l'idea di L'espressione più efficace è in Is.28,16:
elezione dell' esegesi sinagogale per la lOoò Éyw tµ~rx.Àw dc; 't'à.. ìJE[clÀta l:twv
quale la sposa è Israele. 'Puro' è anche >-.mov 'ltoÀu-.EÀ.1} ÉXÀ.Ex-i-òv &.xpoywvLar-
il significato in \{i 17,24= 2 Brm.22,27: ov av·nµov ( bo{Jan) «ecco metterò nelle
µE-.à ÉxÀEX'tou ÉxÀ.Exi:òc; E01J (~ coll. fondamenta di Sion una pietra di gran
403 ss.). Il passo è importante perché è pregio, scelta, pietra d'angolo, prezio-
l'unico in cui ExÀEx-i-6(; è detto di Dio; sa»; si tratta della pietra sacra che fa da
più tardi lo si incontra in questo sen- capo d'angolo e da chiave di volta del
so negli scritti mandei, riferito alla lu- tempio 2 •
ce ecc. (-+ col. 513 ). Essere santo o e- c) L'idea religiosa di elezione è pro·
letto per qualcuno, è un'espressione che posta in ÉxÀEX-toc; in quattro forme: a
connota un rapporto religioso, special- proposito degli uomini di Dio nella sto·
mente cultuale. A partire da Isaia (740) ria della salvezza, a proposito della ter-
il concetto di qds, 'santo', è appli- ra, della città e del popolo eletto.
cato a Dio in senso assoluto, mentre oc. Tra i patriarchi, Abramo nei LXX
contin,ua ad avere anche il significato non è chiamato ÈxÀs:x•6<;, e neppure
primitivo. Questo trasferimento a Dio è Isacco. Ma in Filone il termine è ap-
una novità nell'uso della parola; logi- plicato ad Abramo nell'interpretazione
camente ci si dovrebbe domandare: per allegorica dei nomi (Abr.82.83; cber.7;
chi Dio è santo? Nei Mandei il"concet- gig.64; mut.nom.66.691r). Ivi l'etimo-
to di 'eletto' è parimenti applicato a logia di 'Af3p&µ è 'ab riim, (lett.: padre
Dio, come nell'A.T. quello di qdJ. eccelso), µE-i-Éwpoc; 'lta"t'Tjp, che si occu-
b) A questa affinità con qds corri· pa di astrologia. Da filosofo della natu-
sponde il frequente uso cultuale di h- ra egli diventa un 'Aepmiµ = 'iib bar
ÀEx-.6c;, e non soltanto quando si parla hiim, 7tti:ti)p ÈxÀEx-.6c; 1Jxouc;, «padre e-
della <rµupvri ÉxÀEx-.1], «mirra schiettm>, letto del suono» interpretato come ò -.ou
destinata ali' olio sacro per l'unzione cni:ouoalou À.oyLCTµ6c;, «il ragionamento
(Ex. 30,23: dcror) delle vittime votate dell'uomo virtuoso», il vouc; -.ou crocpoù.
a Dio (Deut.12,11: mib/;Jiir). Cfr. il fur- In tal modo Abramo, in quanto saggio,
to sacrilego di oggetti ÈxÀ.Ex't<i (test.L. diventa amico di Dio. Sinonimo di Èx-
r4,J; test. lob 15,9 [Riessler, ~nota À.Ex-i-oc; (l7tlÀEx'toc;) è ®"•E'Loc;, &:yoc-
bibliogr.] r r r2). La destinazione cultua- il6c;; il contrario è cpocvÀoç. Sull'alter-
le è sottolineata anche dal raro dativo nanza di È.XÀEx-.6<; ed btlÀEX'tOC, dr.
di r Chron. 9 ,22: ol ÈxÀExnt -i-ocre; 7tU- l'uso linguistico in Flavio Giuseppe
À.(w; e~ col. 403). Affine a 2 BM. 2I, (~ coll. 467 s.; 504). Su Abramo, a-
6 dove i votati a Jahvé, che dovevano poc. Abr. (~ col. 468) 20, 6: il tuo
essere impalati per espiazione, sono prescelto. Su Isacco, test.Is. (~ Riess-
chiamati bc:ÀEx-.ot xvplov. Quasi sem· ler, 1134) 1,2, dove Michele chiama
pre questa destinazione cultuale è pre- Isacco 'figlio eletto'. Inoltre nell'A.T.
sente nei Àll'loL btÀEx-.ol, cioè nelle pie- Giacobbe (Israele) è ÉxÀEx-.6ç in Is.42,
tre che ·s ervono per il tempio e la nuo- r (LXX), dove si parla del Servo con
va Gerusalemme (ls.54,12 ~col. 528; tiferimento al popolo, mentre Teodo-

1 Cfr. J. }EREMIAS, Golgotha: Angelos, Bei· heft I (I926), indice a Is.28,r6.


507 (1v,188) EXÀEX"t"O<; B 3 ; e (G. Schrenk) (IV, r88) 508

zionc, in conformità al T.M., dice: o cfr. Esth.8,12 t). L'attribuzione di 'elet-


bcÀ.EX't'O<; µou (behtr;) ov 1"JVOOX1'JCTEV i) to' al popolo di Dio è presente anche
t!Jux-fi µov, «il mio eletto, nel quale s'è in 4' 104,43 (dove è sinonimo di À.a.oç)
compiaciuta l'anima mia». A Giacobbe e in 4' 105, 5 (dove è sinonimo di E~­
fa riferimento anche Ecclus 47,22 . Inol- voç}; r Chron.I6,r3; Ecclus 46,r. Più
tre, in \jJ 105,23, l'eletto è Mosè, come tardi questo concetto sarà esagerato nel-
colui che è intervenuto nella lite in qua- l'apocalittica ( ~ sotto) e ristretto nelle
lità di mediatore (dr. l'uso di 'scelto' sette (~ col. 5 II).
nel senso di mediatore negli scritti man-
dei-+ coli. 5 r 3 s. ). Eletto è ancora Gio- 3. Riepilogando, è da dire che, di
suè (Num.n,28), David (Ecclus 4?,22, fronte al notevole aumento dell'uso di
dove la traduzione greca rende al ma- 'eletto' nei traduttori greci in confron-
schile la generazione eletta, con riferi- to al...~~~·· non si può sempre consta-
mento tanto a Giacobbe [ ~ sopra] tare rièi testi un'esplicita predilezione
quanto a David. ). Cfr. test. Sal. D. I, per il motivo religioso dell'elezione.
2 (p. 88* Cown): David è o ÈxÀEx't'oi; Questo però è evidente, ad es., in una
't'OU lJEou. Nell'apocalittica poi la scelta aggiunta al testo come quella di Ag.2,
di uomini biblici è ricordata più di fre- 22 (cod. A). In \jJ 88, 4; Abac. 3, 13
quente: per Geremia cfr. Paral. Ierem. (AÀ.À..) è inserito il riferimento al popo-
r,r.4; 3,4.5; 7,r5; pet Esdra cfr. l'A- lo, laddove il T.M. parla di Davide, di
pocalisse greca di Esdra (ed. C. Tischen- Giacobbe o dei principi. La preferenza
dorf, Apokalypses Apocryphae [r886] per questo concetto, inoltre, può esse-
24 ss.; cfr. ~ Riessler, 126 ss.); qui il re osservata in passi nei quali l'esegesi
profeta dice (r,8): «tu, eletto di Dio», sinagogale ha stabilito il riferimento al
e in 3 ,3: «figlio prescelto di Dio»; per popolo eletto, ad es. nell'immagine del-
Giobbe (test.lob 4,xr [in .~ Riessler, la vigna (Is.5,2, Simmaco; Ez.x9,12.r4)
rxo6] ). e nella figura del pastore e del gregge
~. La Palestina è detta 'terra eletta' (Zach.u,I6); dr. la sposa in Cant.6,
in Iep. 3,19, dove ancora una volta i 9 s. (~col. 505). Anche da molti passi
LXX sottolineano l'idea di scelta, e in difettosi, come Num.rx,28; 2 Bcw.21,
Zach.7,14. Cfr. Bar.syr.40,2. 6; Is.1,25 (Aquila); IEp. 10,17; Am.5,
y. Gerusalemme è l'eletta ('ÌJ ÈxÀ.Ex- u; Iob 37,n (LXX, Teodoz.); Prov.12,
-.-~) per eccellenza, in Tob.13,13 (cod. 24; Cant.5,13 (Aquila), traspare una cre-
S), un passo che fa da modello ad Apoc. scente preferenza per ÉXÀ.Ex.-6ç. La ten-
21 (dr. specialmente lJ, 17, dove si denza a sottolineare sempre più l'ele-
tratta del futuro della città). Più recen- zione d'Israele è stata consolidata dai
te Paral. Ierem. r,5. traduttori greci soprattutto facendo di
o. Il popolo eletto di Dio si trova ÈxÀEX't'O<; la parola unica per tutta una
serie di esptessioni veterotestamentarie.
giù nel Deutero-Isaia come designazio-
ne dei fedeli d'Israele, servi di Dio, in
contrapposizione ai peccatori (Is.65,9; C. EXÀEX't'O<;
E L'IDEA DI ELEZIONE
65,15). Anche la concezione escatologi- NELL'APOCALITTICA
ca (il popolo di Dio nel nuovo mondo,
che prende questo significato in Henoch Quale sia la parte degli eletti in que-
etiopico [ ~ col. 512]) è già anticipa- sti scritti appare con particolare insi-
ti:! in Is. 65,23. Così pure si trova qui stenza in Henoch etiopico, destinato
l'espressione, usata in r Petr. (~ col. ad essi da cima a fondo (x,r.3.8). L'e-
528), 't'Ò yÉvoi; .-ò b:À.Ex.-6v (Js.43,20, spressione, usata senza ritegno, qui di-
509 (rv,r88) ~XÀ.EX'tOç e r (G. Schrenk)
venta logora in confronto al Deutero- ÀEX't'oi.'<; ~lNEO'~. Che nelle parabole di
Isaia e ai Salmi.Jpvcce il termine stra- Hen.aeth.37-71 (prima del 64 a.C.) non
namente è assen~in Henoch slavo. Te- appaia 'la barriera nazionale' 4 è cosa
nendo conto anche di scritti affini, ri- che non si può sostenere, se si consi-
sulta che hanno in comune l'uso co- derano i passi 46,8; 53,6; 56; 60,6. Gli
stimte di 'eletto' con un accento esca- eletti sono, anche qui, coloro che ri-
tologico. Sinonimo degli eletti sono i conoscono la 'giusta legge' (60,6); i pa-
giusti, anche i santi (Hen. aeth.38,2-5; gani (Parti e Medi?) lottano contro Ge-
41,2; 48,1; 61,13; 70,3). Opposti ad rusalemme e la terra degli eletti (56, so-
essi sono i peccatori e- i malvagi (5,7; prattutto v. 6 s.); anche la sinagoga (46,
41,2; 50,1 s.). Nell'uso del predicato si 8) e la speranza nella 'casa della comu-
devono distinguere tre fdrme: nità' (53,6} mostrano che si tratta d'una
faccenda giudaica. Cfr. Iub. l,29 (gli
l. Israele o la parte scelta di esso in eletti d'Israele), Sib. 3,69 (credenti e
quanto eletti. Nell'apocalisse delle dieci prescelti tra gli Ebrei). È tuttavia vero
settimane (Hen. aeth. 93. 91, 12-17), la che nelle parabole l'idea di eletto ap-
parte più antica del libro (prima del pare ristretta a una selezione di Israele.
167 a.C.), in cui viene svelato il dram- Questo motivo, preparato dall'idea bi-
ma del mondo in ro atti, dalla nascita blica del resto (-7 À.Ei:µµtt.), progredi-
di Enoc fino al giudizio messianico, ap- sce nell'apocalittica. Ad esso ci si ricol-
pare ancora l'originaria eguaglianza di lega dovunque venga messo in rilievo
eletti e dell'intero Israele (dr. 93,1 s. (utilizzando anche l'opposizione all'in-
ro: essi sono prescelti dal mondo, figli terno del popolo tra i giusti e gli empi}
della giustizia, piante della giustizia e che in sostanza ciò che Dio persegue
della rettitudine)3 . A ciò corrisponde la con l'alleanza e l'elezione è il vero ri-
plebs excepta di Ass.Mos.4,2 {dopo E- sultato. Cfr. Sap.3,9: gli eletti sono 1tE-
rode il Grande), cfr. Iuh.22,9; Bar.syr. 1to~M't'EC, bùiù't'Q, ol 'lttO''tOL È.V &:yaitn,
2 l ,2 l, dove Israele è sempre chiamato «queili che confidano in lui, i fedeli nel-
popolo prescelto, erede legittimo tra la carità»; 5 Esdr.16,74 s. (Fritzsche [ ~
tutti i popoli della terra, popolo predi- sopra] 653): i provati, che saranno
letto. Al più alto livello della coscienza salvati dai giorni della tribolazione (Le.
dell'elezione giunge 4Esdr.5,23-27 (~ r8, 7 -7 col. 518). Si aggiunge poi, a
ÈxÀÉ-yEO'~cu, coli. 472 s.}. Caratteristica partire da Daniele, la speranza nella ri-
infallibile di tutti questi documenti è surrezione dei giusti. Hen.aeth.51,1 s.
l'istinto della vendetta: Hen.aeth-48,9; parla di una scelta dei giusti e santi fra
56,8; 62,n-15; cfr.5 Esdr.15,53.56(0. i morti dell'Ade. Cfr. Apoc.Esdr. (gre-
F. Fritzsche, Libri Apocryphi Veteris ca) 7,2. Questa comunità degli eletti e
Testamenti [r871] 648s.}, per cui ci si dei santi viene 'seminata' (Hen.aeth.62,
compiace di pensare che i peccatori sa- 8 ). Si guarda al numero stabilito (Bar.
ranno giustiziati, offrendo agli eletti S}'r. 30,2; 7 5 ,5 s.), un numero che in
uno spettacolo gradito. Un modo di di- Apoc. Abr. 29,17 (cfr. v. 13} è prede-
re assolutamente isolato è quello test. terminato e tenuto segreto in Dio. Cfr.
B. lo,ro: egli educa Israele È.V 't'otc, €x- 5 Esdr.2,38 5 •

3 Cfr. STRACK - BILLERJ!ECK III 293; VOLZ, nel libro della vita (Dan. r2,1). Altre attestazio-
fach. 352. ni in Votz, Esch., 292. -)o II, coll. 275 s., n . 21
4 VoLz, Esch. 352. ({3L{3Àlov). L'idea della selezione è favorita :m-
5 Ad esso corrisponde l'idea dci giusti scritti che dalla divisione dei giusti in saggì, martiri
)07 (1v,188) ÈXÀEX:t6ç B 3 ; e (G. Schrenk) (1v,188) )08

zione, in conformità al T.M., dice: 6 cfr. Esth.8,12 t). L'attribuzione di 'elet·


ÈxÀEx:t6c; µou (behtr;) 8v 'Y}ÙOOX'Y}O'EV ii to' al popolo di Dio è presente anche
ljlux1J µou, «il mio eletto, nel quale s'è in tV ro4,43 {dove è sinonimo di À.tt6c;)
compiaciuta l'anima mia» . A Giacobbe e in 4J 105, 5 (dove è sinonimo di Eìl-
fa riferimento anche Ecclus 47,22. Inol- voc;); r Chron.16,13; Ecclus 46,r. Più
tre, in tV ro5,23, l'eletto è Mosè, come tardi questo concetto sarà esagerato nel-
colui che è intervenuto nella lite in qua- l'apocalittica (~ sotto) e ristretto nelle
lità di mediatore (cfr. l'uso di 'scelto' sette(~ col. 511).
nel senso di mediatore negli scritti man-
dei--+ coll. 513 s.). Eletto è ancora Gio- 3. Riepilogando, è da dire che, di
suè (Num.11,28), David (Ecclus 47,22 fronte al notevole aumento dell'uso di
1

dove la traduzione greca rende al ma- 'eletto' nei traduttori greci in confron-
schile la generazione eletta, con riferi- to al T.M., non si può sempre consta-
mento tanto a Giacobbe (--+ sopra] tare nei testi un'esplicita predilezione
quanto a David.). Cfr. test. Sal. D. r, per il motivo religioso dell'elezione.
2 (p. 88* Cown): David è o i!xÀ.EX"t'o<;
Questo però è evidente, ad es., in una
'tou 1}Eou. Nell'apocalittica poi la scelta aggiunta al testo come quella di Ag.2,
di uomini biblici è ricordata più di fre- 22 (cod. A). In 4J 88,4; Abac. 3, 13
quente: per Geremia cfr. Paral. Ierem. (AÀ.À..) è inserito il riferimento al popo-
r,r.4; 3.4-5; 7,15; per Esdra cfr. l'A- lo, laddove il T.M. parla di Davide, di
pocalisse greca di Esdra (ed. C. Tischen- Giacobbe o dei principi. La preferenza
dorf, Apokalypses Apocryphae [ x886] per questo concetto, inoltre, può esse-
24 ss.; cfr. --.> Riessler, 126 ss.); qui il re osservata in passi nei quali l'esegesi
profeta dice (1,8): «tu, eletto di Dio», sinagoga1e ha stabilito il riferimento al
e in 3,3: «figlio prescelto di Dio»; per popolo eletto, ad es. nell'immagine del-
Giobbe (test.lob 4,11 [in --+ Riessler, la vigna (Is.5,2, Simmaco; Ez.19,12.14)
uo6]). e nella figura del pastore e del gregge
(3. La Palestina è detta 'terra eletta' (Zach.11,16); cfr. la sposa in Cant.6,
in IEp. 3,19, dove ancora una volta i 9 s. (--+col. 505). Anche da molti passi
LXX sottolineano l'idea di scelta, e in difettosi, come Num.u,28; 2 BM.21,
Zach.7,14. Cfr. Bar.syr-40,2. 6; Is. r,25 (Aquila); IEp. ro,q; Am.5,
"f. Gerusalemme è l'eletta ("Ìl Èx.À.ex- u; lob 37,II (LXX, Teodoz.); Prov.12,
'ttJ) per eccellenza, in Tob.r 3,13 ( co<l. 24; Cant.5,13 (Aquila), traspare una cre-
S), un passo che fa da modello ad Apoc. scente preferenza per ÈxÀ.Ex"t'Òç. La ten-
2 r ( cfr. specialmente 13, l 7, dove si
denza a sottolineare sempre più l'ele-
tratta del futuro deila città). Più recen- zione d'Israele è stata consolidata dai
te Paral. Ierem. l,J. traduttori greci soprattutto facendo di
o. Il popolo eletto di Dio si trova ÈxÀ.Ex-.6c; la parola unica per tutta una
già nel Deutero-lsaia come designazio- serie di espressioni veterotestamentarie.
ne dei fedeli d'Israele, servi di Dio, in
contrapposizione ai peccatori (ls .6 5 ,9; C. EXÀ.EX"t'Ò<;
E L'IDEA DI ELEZIONE
6 5, l J ). Anche la concezione escatologi- NELL'APOCALITTICA
ca (il popolo di Dio nel nuovo mondo,
che prende questo significato in Henoch Quale sia la parte degli eletti in que-
etiopico [ ~ col. 5 r2]) è già anticipa- sti scritti appare con particolare insi-
ta in Is. 65,23. Cosl pure si trova qui stenza in Henoch etiopico, destinato
l'espressione, usata in r Petr. (~ col. ad essi da cima a fondo (1,x.3.8). L'e-
528), . ~ò yévoc; 'tÒ ÈxÀEX'toV (Is.43 ,20, spressione, usata senza ritegno, qui dt-
509 (1v,r88) h.ÀEX'tOç eI (G. Schrcnk)

venta logora in confronto al Deutero- À.Ex..oi:c:; ElNEO'L. Che nelle parabole di


Isaia e ai Salmi. Invece il termine stra- Hen .aeth.37-71 (prima del 64 a.C.) non
namente è assente in Henoch slavo. Te- appaia 'la bari-iera nazionale' 4 è cosa
nendo conto anche di scritti affini, ri- che non si può sostenere, se si consi-
sulta che hanno in comune l'uso co- derano i passi 46,8; 53,6; 56; 60,6. Gli
stante di 'eletto' con un accento esca- eletti sono, anche qui, coloro èhe ri-
tologico. Sinonimo degli eletti sono i conoscono la 'giusta legge' (60,6); i pa-
giusti, anche i santi (Hen. aeth.38,2-5; gani (Parti e Medi?) lottano contro Ge-
4I,2; 48,1; 6I,I3; 70,3). Oppos~i ad rusalemme e la terra degli eletti (56, so-
essi sono i peccatori e i malvagi (5 ,7; prattutto v. 6 s.); anche la sinagoga (46,
4I,2; 50,r s.). Nell'uso del predicato si 8) e la speranza nella 'casa della comu-
devono distinguere tre forme: nità' (53,6) mostrano che si tratta d'una
faccenda giudaica. Cfr. Iub. r,29 (gli
1. Israele o la parte scelta di esso in eletti d'Israele), Sib. 3,69 (credenti e
quanto eletti. Nell'apocalisse delle dieci prescelti tra gli Ebrei). È tuttavia vero
settimane (Hen. aeth. 93. 91, 12-17)1 la che nelle parabole l'idea di eletto ap-
parte più antica del libro (prima del pare ristretta a una selezione di Israele.
167 a.C.), in cui viene svelato il dram- Questo motivo, preparato dall'idea bi-
ma del mondo in IO atti, dalla nascita blica del resto e~ À.Ei:'µ1.ux.), progredi-
di Enoc fino al giudizio messianico., ap- sce nell'apocalittica. Ad esso ci si ricol-
pare ancora l'originaria eguaglianza di lega dovunque venga messo in rilievo
eletti e dell'intero Israele (cfr. 93,1 s. (utilizzando anche l'opposizione all'in-
IO: essi sono prescelti dal mondo, figli terno del popolo tra i giusti e gli empi)
della giustizia, piante della giustizia e che in sostanza dà che Dio persegue
della rettitudine )3 • A ciò corrisponde la con l'alleanza e l'elezione è il vero ri-
plebs excepta di Ass.Mos-4,2 (dopo E- sultato. Cfr. Sap. 3,9: gli eletti sono 'ltE-
rode il Grande), cfr. fob.22,9; Bar.syr. 1tOtt16"Ec; É1t' a.ù-c~, oi. 1tLcnoi Èv à:yli'lt1},
21 ,2 I, dove Israele è sempre chiamato «quelli che confidano in lui, i fedeli nel-
popolo prescelto, erede legittimo tra la carità»; 5 Esdr.16,74 s. (Fritzsche [ ~
tutti i popoli della terra, popolo predi- sopra] 653): i provati, che saranno
letto. Al più alto livello della coscienza salvati dai giorni della tribolazione (Le.
dell'elezione giunge 4Esdr.5,23-27 (~ 18, 7 ~ col. 518}. Si aggiunge poi, a
ÉxÀÉ-ygqi)cu, coll. 472 s.). Caratteristica partire da Daniele, la speranza nella ri-
infallibile di tutti questi documenti è surrezione dei giusti. Hen.aeth. 5 l ,r s.
l'istinto della vendetta: Hen.aeth.48,9; parla di una scelta dei giusti e santi fra
56,8; 62,II-15; c&. 5 Esdr.15,53.56 (O. i mai-ti dell'Ade. Cfr. Apoc.Esdr. (gre-
F. Fritzsche, Libri Apocryphi Veteris ca) 7,2. Questa comunità degli eletti e
Testamenti [1871] 648 s.), per cui ci si dei santi viene 'seminata' (Hen.aeth.62 ,
compiace di pensare che i peccatori sa- 8 ). Si guarda al numero stabilito (Bar.
ranno giustiziati, offrendo agli eletti syr. 30,2; 75,5 s.}, un numero che in
uno spettacolo gradito. Un modo di di- Apoc. Abr. 29,17 (cfr. v. I 3) è prede-
re assolutamente isolato è quello test. terminato e tenuto segreto in Dio. Cfr.
B. rn,ro: egli educa Israele Èv "oi:c; Èx- 5 Esdr.2,38 5 •
J Cfr. STRACK - BILLERBECK in 293; VoLz, nel libro della vita (Da11.r2,1). Altre attestnzio·
Esch. 352. ni in VoLz, Esch., 292. -)o n, coli. 275 s., n. 2r
4 VoLz, Esch. 352.
((hBÀlov). L'idea della selci:ione è favorita an-
5 Ad esso corrisponde l'idea dei giusti scritti che dalla divisione dei giusti in saggi, martiri
~xÀ.EXitOç e 2.3; D (G. Schrenk) (IV,I90) 5I2

Abbiamo dunque un processo di svi- tenza (62 ,7 ), cosl anche gli eletti sono
luppo che, superando l'idea dell'elezio- custoditi dal Signore degli spi!iti e sa-
ne di tutto Israele, ne restdnge il con- ranno glorificati con lui (40,5 ). Se ap-
cetto, che d'ora innanzi sarà valido so· pare assiso sul trono della gloria (49,2;
Io per quelli, tra il popolo, che sono ve- 51,3; 52,9; 55A; 61,8), l'eletto, dall'al-
ramente pii e stretti osservanti delb to del trono, compie la scelta definitiva
legge 6• Questa è anche una conseguenza degli eletti (45,J-s.). Egli elegge neUa
deHa lotta contro 1a penetrazione del- risurrezione i giusti e i santi (5r,1 s.).
l'ellenismo e contro tutto ciò che mi- Come la sua gloria dura dall'eternità al-
naccia di travolgere l'originalità etnico- l'eternità (Hen.aeth.49,2, dr. test.B. rr,
religiosa d'Israele. È qui che si può sem- 4, ~. S1 [p. 2 3 r Charles] : xat fo-ta~ ÈX·
pre trovare il punto d'incontro con l'u- ÀEx"tòç 0Eou ~wc; "t'OU c.dwvoc;}, cosl egli
/
so di eletto' da parte delle sette; Dam. abita tra gli eletti sulla terra trasforma-
6,2 mostra quanto ristretta sia l'idea di ta (45,3-5; 51,5 (6r,4?). Cfr. Eph.1 e
scelta: gli eletti d'Israele sono i figli di I Clem.: Gesù, come l'eletto (voce ver-
Sadoc, dei quali è detto esplicitamente bale), e noi eletti da lui e~ col. 485).
che, come portatori di questo nome, pre-
stano servizio alla fine dei giorni 7 • 3. Gli angeli in quanto eletti
2. Il Messia, l'eletto fra gli eletti. Già nel canto di lode di Raguel(Tob.
Mentre nell'A.T. l'attributo di 'eletto' 8,15, codd. BA) ot ÈXÀEx-tol è sinoni-
per il Messia può essere accertato solo mo di a:yyEÀo~ 8 • In Hen .aeth.39,1 (dr.
in quei passi sul Servo nel Deutero-Isaia 6,2) gli angeli sono figli eletti e santi
che sono concepiti in senso messianico, del cielo, donde, secondo Gen. 6, l ss.,
anche in questo caso l'apocalittica com- discendono. Cfr. ibid.61,ro: gli eletti ac-
pie un caratteristico passo avanti. Un te- canto agli angeli del potere, della signo-
ma prediletto di Henoch etiopico è l'u- ria, ecc. È possibile che anche gli eletti
nione e la corrispondenza fra l'eletto e e gli amati di 56,3 siano i figli degli an-
gli eletti. Questo tema è sviluppato geli decaduti (oppure coloro che sono
consequenzialmente. Il Messia è il giu- stati sedotti da essi). Cfr. Flavio Giu-
sto e l'eletto (53,6; 62,r), l'eletto del- seppe e Asenet 16,q. Anche in Lidz-
la giustizia e della fedeltà (39,6 s.), e barski, Ginza p. 96,15; 74,16, gli esseri
a lui corrispondono gli eletti e i giusti angelici ricevono questo epiteto.
(39,6, ecc.). Il Signore degli spiriti an-
nuncia lui, l'eletto, dal nascondimento D. 'ELETTO' NEGLI SCRITTI MANDAICI
(Hen. aeth.r2,7, cfr. 62,r, inoltre Apoc.
Abr. [ ~ n4,r2 s.] 3r,r: Dio lo man- La setta gnostica del Battista si serve
da alla fine dei giorni); ma anche a que- di 'eletto' (bhjrj' o bhjr') più ancora dei
sto proposito si ha una stretta analogia. documenti citati sopra. La presenza dei
Come il Figlio dell'uomo ( = l'eletto) è termini nella Ginza, nella Liturgia e an-
nascosto fin dal principio, custodito dal- che nel Libro di Giovanni, è oltremodo
l'Altissmo alla presenza della sua po- numerosa. Come verbo (bjhrh, 'egli e·

e asceti (cfr. VoLz, Esch.352). La predilezione 1 Per l'uso crescente di 'eletto', come predicato
per il numero fisso fa sentire la sua influenza di uomini biblici nell'apocalittica -+ col. 507.
anche oltre l'Apocalisse giovannea. Nei padri 8 In Tob.8,I5 si corrispondono i due paralleli:
apostolici: I C/em. 2,4; 59,2. ol ltyLol crou xat 1t&craL al xplcrrn; uou, e xat
6 Cfr. VoLz, Esch. 3~2 . 1tcbJi:Eç ol liyyEÀol uou xat ol ÉxÀ.exi:ol crou.
hÀEx't6c;D 1.2.3 (G. Schrenk)

lesse') il vocabolo è relativamente raro ceve l'attributo. Però Kusta (kwst, la


(Lidzharski, Liturg.88,5; 89,7.I2; 95, verità) è chiamata la buona, l'eletta· del-
8; [~col. 476, a Mc. r3,20]). Vanno la vita (Johannes I76,6 s.; cfr. Ginza R.
distinti tre usi, che però mostrano tut- xu 2,274 [p.271]). Essa ha preso po-
ti come in sostanza questo insieme di sto nel cuore deg1i eletti (ibìd. p. 272,
pensieri sia uniformemente compenetra- 2 7 s. ). Cosl si ritrova qui, sia pure in
to dalla concezione del carattere divino una multiformità mitologica, quel rap-
della luce. porto cosl importante per l'apocalittica
del mediatore eletto che si unisce con
l. 'Eletto' appare come attributo de- gli eletti.
gli stessi concetti religiosi fondamenta-
li, cioè della vita e della luce divina. 3. È del tutto logico che questo pro-
Lidzbarski, Ginza R. xv 17.35 3 (p. 371 ): cesso di redenzione crei degli eletti.
(vita) eletta, che ha eletto se stessa; cfr.
Questo nome è la designazione dei na-
Ginza R. xv 16,351 (p. 368,32 s.): la zorei, dei mandei (Ginza R. I qo [p.
grande vita come cosa eletta; R. xv, 14,
26]; I, r77 [p.27]). Cfr. Hegemonius,
340 [p. 353 ]). Ciò è detto anche del-
Acta Arche/ai 10,5 (GCS XVI p. 16,1r.
l'essere splendente del regno della lu-
r3), dove btlEX't'ol sono i manichei;
ce (Liturg.83,10 [~col. 514]}. Cfr. l'e-
Pist. Soph. 27 (p. 28. rn. !4, Schmidt),
piteto degli esseri angelici [ ~ sopra].
dove gli eletti sono quelli che han rice-
2. Questa vita manda il messaggero, vuto i misteri. In Ginza R. xv l (p. 296);
l'inviato, il soccorritore, il figlio della ibìd. p. 297, 4, sono eletti dal mondo
vita in qualità di eletto (Ginza R. XVI (cfr. R. xv rr,328 [p. 337,4] ~ col.
6, 367/68 [p.39r,2oss.]; ibid.,p.392, 482). Sinonimi: completi (Ginza R. I
cfr. Johannes 69,10, ecc.). Queste forze 142 [p. 22], ecc.), buoni (Ginza L. III,
medie della missione hanno molti no· 13,91 [p.529]; R. XII 3,276 [p.274]).
mi. Ad es. Jawar è l'eletto, il puro (Li- Gli eletti sono scossi dalla parola am-
turg.252-262, cfr. Ginza R. xv 15,342 monitrice e risvegliati dal sonno (Ginza
[p. 355 J; R. xv 16.345 [p. 360,23] ). R. xv r, 299 [p. 296); R. xv 14.341
In Liturg.204,1 la parola appare come il [p.354,34s. ]i}. Perciò innumerevoli vol-
soccorritore, ma anche come il creatore, te l'uso principale, nell'appello parene-
l'amata prima creazione, il costruttore, tico, è: 'miei eletti' (Ginza R. r 104 [p.
il grande splendore della vita (cfr. Gin- 17]; Johannes r80,6.18.22; Liturg.165,
za R. V r,172 [p. q6]; R. XIV 292 2.5.6). Nel risveglio i figli di Adamo,
[p. 289] ecc.). Allo stesso modo Ptahil- illuminati e liberati dalle catene del cor-
Uthra, il demiurgo, è chiamato l'elet- po terreno, vengono condotti in alto,
to. Anch'egli è mandato, e la vita gli alla luce. Cosl Adamo diventa l'eletto,
ha eretto un trono nel luogo della lu- l'immacolato, il puro (Ginza R. xvr 6
ce (Johannes 210,16; 211,8). Anche A- [p.39r]; ibid. [p.392], dr. ]ohannes
nos, al quale si riferisce il canto del- 69,10; Ginza L. 1 2,16 [p. 435] ). In
1' eletto composto in prima persona tal modo la liberazione raggiunge il suo
(Ginza R. xn 3,275 [p. 273]), è chia- scopo, le anime degli eletti vanno alln
mato cosl. Hibil (Abele; Ginza R. xv 2, casa della vita, nel regno della luce
306 [p.305,r2s.]) diventa il grande e- (Ginza R. XII 7,284 [p. 282]; R. xv 13,
letto. Sum bar Nu (Sem; Johannes 62, 337 [p. 349]; Johannes 221,21 ss.; Li-
19). L'appello diManda dHaijes, la yvw- tttrg. 207, 5 ss.). Anche l'anima indivi-
cnç ~wijç personificata, è rivolto ai suoi duale è detta eletta, puta (Ginza L. III
eletti, anche se la stessa gnosi non ri- 4,79 [p. 512,12], ecc.; Liturg.102,12).
KxÀEx-.bc; D 4; E 1 (G. Schrenk)

Cfr. la concezione del tutto simile del continuazione della vicenda fuori della
processo di liberazione in Hen.aeth.5,7s. città, con l'invito che ora è rivolto a
4. Infine - dato importante sotto l'a- chi si trova agli incroci delle strade
spetto della lotta fra le sette per il di- (v. 9), ai pagani (cfr., nella parabola dei
ritto al titolo di eletto - Ginza R. rx l
(p. 226 s.) parla con ostilità e riprova- vignaioli, 2 l, 4 l ). Anch' essi ora sono
zione di eletti della Ruha e di Cristo; xÀT)-rol. Ma sono tutti ÉXÀ.Ex-.ol? Prima
questo, almeno, se è giusta la congettu- di tutto, si può dire che in ÈXÀ.Ex-t6c; si
ra del Lidzbarski, che qui gibj' sia alte-
razione del sfriaco gebajjii', 'gli eletti' 9 • tratta indubbiamente della scelta finale
di Dio, in considerazione del principio
E. ÈXÀ.EX-toc:; NEL NUOVO TESTAMENTO universale della chiamata dei pagani.
Ma proprio ÈXÀ.Ex-t6c; qui indica che
r. Gli ÈXÀ.Ex-rol nei sinottici
questo invito può essere inteso solo nel
Nei sinottici ÈXÀ.Ex-r6c:; s'incontra senso che alla grazia deve corrispondere
sempre in riferimenti escatologici. l'obbedienza. La condizione che si ab-
a) L'interpretazione delle parole con- bia veste nuziale riceve anch'essa dalla
clusive nella parabola delle nozze rega- trilogia una spiegazione sicura: 2 r ,3 r:
li, Mt.22,14 rcoÀ.À.oi yO:.p ELO"L\I XÀ.TJ-çol, 1tOtEt\I 't'O ilÉÀ.t)µoc, «far la volontà»; 21,
ò),lyoL oÈ ÈXÀ.Ex-i:ol, «molti sono i chia- 43: 1tOLEL'J 'tOÙc:; xap1tOÙc:;, «fare i frut-
mati, ma pochi gli eletti», riceve luce ti». Si tratta sempre di totale obbedien-
da tutta la trilogia di Mt.21-22. Sotto za. Anche l'uomo senza veste nuziale è
le figure dei figli, degli operai e degli xÀ.11-.6c;; ma, dato che porta con sé al
ospiti è espresso il comportamento di festino la sua disobbedienza, non corri-
Israele di fronte all'invito di Dio. Nella sponde alla grazia con un retto compor-
"\
prima parabola stanno di fronte solo i tamento, non può essere un vero com-
giusti e i peccatori (2ra1). Nel secondo mensale. Dunque l'elezione si realizza
brano già troviamo Israele e i pagani solo nell'obbedienza. Qui non si sostie-
(&À.À.oL ymipyol, v. 41, cfr. con v. 43). ne una dottrina statica dell'elezione,
A questi due gruppi accenna anche la ma una teologia dei motivi, che mira al-
terza patabola. I XEXÀ.'r)µÉ\IOL (22,3+8) la giusta posizione dell'eletto: esser fat-
sono gli invitati d'Israele, che antepon- to oggetto di un dono non ha alcuna ef-
gono gli interessi terreni alle nozze mes- ficacia, senza la volontà di ubbidire. L'i-
sianiche (cfr. 22,6 con 21,35). Il castigo dea di elezione qui è inserita nella storia
dello stato giudaico da parte degli eset- vivente: essa richiama alla responsabili-
citi del re (v. 7) è la risposta divina. Là tà e alla decisione. Certamente tale idea
la città in fiamme, qui la significativa è un enunciato d' eternità, come tutto

9 Cfr. LrozBARSKI, Git1za 226, n. 2. Su Ruha, lo Spirito Santo, In., Gi11za, Einleitung p. XI.
b1.Àsx-r6c; E r (G. Schrenk)

quanto si riferisce all'azione di Dio, ma le in Mt. e Le. non tocca il significato


tale che non soggioga fatalmente il cor- di ÈxÀ.Ex't'6<; in Mt. Probabilmente Le.,
con i suoi tre gruppi di invitati, inten·
so della storia e la decisione, di cui anzi de i tre generi di chiamati presenti in
mette in evidenza l'importanza. Non è tutta la trilogia di Mt.: i giusti d'Israe-
detto che gli invitati non possono fare le, gli 'am hà-'iire11 i pagani 11 • Nell'uno
e nell'altro evangelista è presente una
altro che rifiutare; piuttosto l'intenzio- grande riflessione sulla storia.· In Mt. la·
ne della parabola è proprio quella di di- bipartizione è più semplice, l'elemento
re che si può fare anche altro, e non so- politico (gli eserciti che mettono a fuo,-
lo rifiutare e presentarsi in una veste co la città) e la condizione di portar la
veste sotto l'aspetto puramente stilisti·
non conveniente 10• co e figurativo sono alquanto compli-
cati. Non si può pensare che una delle
La variante di Le. I4,24 ( codd. G H due redazioni dipenda dall'altra. Le. at-
X r A aeth.), che riporta lo stesso det- tinge alla sua fonte particolare. Ambe-
to in aggiunta alla parabola del banchet- due utilizzano il materiale in conformi-
to, è certamente ripresa da Mt.22,14. tà dei loro punti di vista e della loro
L'interpolazione era ovvia, perché in composizione.
Le. r4,7-24 sono usati otto volte xaÀ.e~v
e xaÀ.efoi}a.t. La variante mostra che il b) Altrettanto attento a motivi di or-
glossatore-interprete ha visto negli Éx- dine pratico è l'ammaestramento di Le.
À.Ex'tol dell'aggiunta coloro che obbedi-
r8,7, dopo la parabola del giudice ini-
scono e dàlUlo corso all'invito; solo che
non è toccato l'argomento della cernita quo: ò oÈ. ~Eòç ou µ'Ì) 7tot1Jan -r;'Ì)v hol-
tra gli intervenuti. X'l}O'LV 't'WV ÉXÀEX't'WV CJ.V'tOU 'tWV ~owv­
Anche la lezione prevalentemente oc- 'tWV a.:u-.c;> l}µÉprM; xa.t wx't6ç, xat µa-
cidentale in Mt. 20,16 (codd. CDNlat.
sy. arm. aeth.), che pure ha questa ag- xpoih>µE't bt' a.u-r;o'tç, «e Dio non farà
giunta, è certamente spuria, perché la forse giustizia ai suoi eletti, che grida-
'punta' della parabola degli operai del- no a lui giorno e notte, anche se pa-
la vigna (Mt. 20,r-16) sta nelle parole
sugli ultimi e i primi. Ma anche qui la zienta per essi?» 12• Anche questa volta
interpretazione del glossatore non è sen- ÉxÀex-.ol ha valore escatologico e desi-
za valore; egli infatti intende per ÈxÀ.ex- gna la comunità degli ultimi tempi. La
'tol coloro che fanno buona prova nel pu-
ro atteggiamento di fede di fronte alla parabola (come Mt.22,14) esorta tanto
grazia concessa senza merito. ad una incondizionata fiducia quanto al
La diversa redazione delle parabo- timore e all'obbedienza. Che gli eletti
10 In Apoc.17,4 abbiamo un raggruppamento u,31 s.): Occupai te for111ido, ne sis predesti-
del tutto simile. I vincitori che appartengono natus, age, cape verbum, vive iuxta verbttm,
al re che viene, rutta la comunità dei martiri et predestinaberis.
dcl tempo finale, sono x.À:rrrol, ÈXÀEX't'Ol, '!\LO"·
Il Di altro avviso è ScHLATTER, Komm. Lk.,
-rol. Qui tutto è unito armonicamente: chiam.a-
ta, elezione, fedeltà. La verità che si ricava da adl.
.Mt.22,14 (chi crede e ubbidisce è eletto) in un 12 Su ot ÈxÀEX.'t'ot CJ.Ù't'oii cfr. Herm., vir.r,3,4;
altro contesto è stata cosl espressa (J. BRBNZ, 2,2,5; I Clem.2,4; 59,2; :2 Clem. r 4,5 (anche qui
Kommeflfar :t.tt Eph, hsg. W. KoHLER (r935] si tratta sempre di credenti in Cristo).

n grande lcu 1co - v•


txÀ.EX'f6c; E 1 (G. Schrenk)

con la loro preghiera fiduciosa possano mo la coscienza della comunità. Che


iufluire su Dio e intervenire nel corso questo concetto ritorni sempre in un ta-
della storia, che siano ascoltati, che sia le contesto parenetico è cosa della mas-
resa loro giustizia (--HII, col. 315) e sia- sima importanza.
no salvati: questa è la consolazione de-
gli ÉXÀ.EX't'ol. Senza questa conclusione c) Éx)..Ex-tol torna ancora nell'apoca-
la parabola resterebbe opaca e morta. lisse sinottica (Mc.13,19-27; Mt.24,21-
Ma ciò che è detto non offre alcuna ba- 3 r) dove, rielaborate ma rese in forma
nuova, ricevono un senso universale cer-
se dottrinale dell'elezione, ma soltanto
te concezioni escatologiche giudaiche,
una spiegazione del retto stato e com-
come l'idea dell'anticristo e degli eletti,
portamento degli eletti. La domanda in
il motivo della fuga, l'abbreviazione de-
cui tutto si conclude («troverà il Figlio
gli ultimi tempi, l'attesa del Figlio del-
dell'uomo fede sulla terrai»>) rappresen-
l'uomo che esce dal nascondimento, la
ta (alla pari di Mt.22,14 e Mc.r3 par.
comunità che viene raccolta dalla disper-
[ ~ col. 520]), il crollo di ogni fidu-
sione13. In Mc. 13,26 s. par. si ha pure la
cia in se stessi, di qualsiasi sicurezza del-
stretta unione del Figlio dell'uomo con
l'elezione. Questa resta condizionata al
i suoi eletti, sebbene non ricorra l'espres-
mantenimento della fede. Non è pas-
sione tecnica 'l'eletto e gli eletti', che
sata sotto silenzio la possibilità che an-
è in Henoch etiopico e~ coll. JII s.).
che gli eletti cadano; altrimenti la do- Qui, come in tutta l'apocalittica giudai-
manda conclusiva non avrebbe senso. ca, ÉXÀ.Ex-.6c; ha un contenuto escatolo-
Ciò non è in contraddizione con la fe- gico, ma senza connotazioni particolari-
de in Dio che guida alla mèta. L'ele- stiche o settarie. Gli eletti, che in Mc.
zione non è un punto d'arrivo logico, 13,27 14 vengono raccolti dai quattro
nel quale si sogni di goder Ja pace, ma punti cardinali, sono - alla pari dei cri-
è una seria responsabilità che pone an- stiani di tutto il mondo nei vv. 20.22 -
che la comunità di fronte all'estrema la nuova comunità universale del tem-
decisione. Chi, dopo questa incondizio- po finale, che prende il posto di Israele
nata parola di conforto, conclude in e pone ogni speranza nella parusia del
tale modo vuol afferrare nel più inti- Cristo 15. La locuzione verbale oOc; È!;E-

13 Cfr.STRACK-BILLERBl!CK I 959; III 153.854; fica se si pensa a Daniele e a H enoch etiopi-


IV 88 r.902-9ro. co. Su tutta l'espressione cfr. Hen. aeth. 57,2.
15 Calvino (a Mt.24,22) ha interpretato il pas-
14 Non è senza motivo che SCHLATTER, Mk. so sulla falsariga di Rom.II, riferendolo al re-
247, si domanda se in Mc.13,27 ,(lwc; l.txpov sto d'Israele. Ma in Mt.24 (cfr. vv. 9.r4.3r)
oupavov) un amanuense non abbia pensato si tratta della comunità universale, raccolta di
anche :il Cristo risorto. La domanda si giusti- tra tutti i popoli. Sen2a dire che Calvino ha
,521 (rv,193) fa)..ex-c6c; E 2 (G. Schrenk) (rv,194) 522

À.É~oc..o,
gli eletti «che egli elesse» ( l 3, completo servizio degli faÀ.EX'tol (cfr.
20),chiude e rafforza la frase mostran- v. 20: d µ1], oux &v, col v. 22 : Et &v-
do che l'espressione è scelta a bella po- voc-.6v, tutte espressioni che indicano
sta(~ col. 476). l'incrollabile consiglio della grazia). Il
Il tema vero e proprio di questo svi- pericolo portato contro gli ExÀEX't"Ol
luppo di pensiero è il periolo che, nel consiste nella tribolazione (i}À.~\jiti;) sen-
tempo finale, corrono gli eletti, la loro za pari (Mc.13,19) e più ancora nella
sicura preservazione sino alla mèta. Co- serie di falsi messia e di falsi profeti
sl Mc.13,20-23; Mt.24,22 ss. combacia (13,21 ss. ). Anche qui, pertanto, come
con Lc.18,7 s. Solo che qui si dice con in Mt. 22,14; Le. 18,7 s., si rivolge un
chiarezza ancor maggiore (ma cfr. an- monito agli eletti, ma in pari tempo o-
che Lc.18 8: Èv 'tctXEt) che la misericor- gni cosa è affidata alla grazia preserva-
1

dia divina si esplica abbreviando i gior- trice, che invita al timore e alla fiducia.
ni, ché, se cosl non fosse, non vi sareb- Specialmente l'espressione Et 01Na't'6V
be salvezza non solo per «ogni carne» (cfr., ad es., fo.10,28) rinvia alla poten-
(1tficroc cr<ip~), ma nemmeno per gli elet- za della protezione divina. Cfr. il pro-
ti (v. 20). nome ~ò~ou (sicuro in Mt.24,31, forse
secondario in Mc. 13, 27), il quale as-
In siffatta considerazione dell'epoca sicura che essi sono gli eletti «di lui».
escatologica ricorrono già nell'apocalitti-
ca due linee: r. il tempo è prestabilito
Tali essendo, essi vengono non solo pre-
secondo una precisa norma (4 Esdr. 4, servati, ma anche raccolti e portati de-
37: è misurato e contato; cfr. 11,44); finitivamente al loro fìne. Ma, seppure
2 . 1a «mobilità del governo divino» (co-
è vero che solo l'eletto è preservato,
me dice Schlatter, Mt.707 s.}. Cfr. Apoc.
Abr. (~ col. 468) 29, 13: per abbre- nondimeno resta che l'elezione non con-
viare (interrompere) l'eone dell'empie- ferisce una sicurezza sufficiente sul pia-
tà; Bar.syr.20,r. no logico, ma la certezza (non disgiun-
Per l'idea del mondo che precipita
verso la fine, cfr. 4 Esdr.4,26; I Cor.7, ta da un sacro timore) di essere nella
29. Una specie di sintesi delle due linee grazia; per mezzo di questa l'eletto vive
si ha in Bar.syr.83,r: certamente, l'Al- responsabilmente della sua confidenza.
tissimo presto fa venire il suo tempo e
adduce i suoi periodi. Un altro motivo 2. Cristo, l'eletto, in Le.
ricorre in H en.aeth.80,2, dove la male-
dizione che pesa sulla natura è un giu- Le. 9, 35 e 23'35 hanno in comune
dizio che abbrevia gli anni. questo, che, se Cristo è detto dappri-
L' 'abbreviare' di Mc.13,20 ha come ma, nella scena della trasfigurazione, ò
caratteristica di mettere quest'azione al ut6ç µou ò ÉXÀ.EÀEyµÉvoç (~ col. 403)

fatto entrare nel testo anche le categorie di 'eletti' e di 'reprobi'.


bc)..E"-c6c; E 3 (G. Schrenk)

appena prima di esser messo a morte 16, dell' ÈxÀc.wt6c; con gli ÉxÀ.c.x't'ol qui non
poi, nel secondo testo, ò XPtO"'toç 'tou viene sviluppato e, anche se salta all'oc-
ih:ou ò ÉxÀEx'toç 17, quando è appeso al- chio che proprio Luca è l'unico tra gli
la croce, l'una e l'altra volta è designato evangelisti che accosta la due espressio-
come 'eletto' nella prospettiva della pas- ni (cfr. 18 ,7 ), bisogna dire che tale ac-
sione. La prima espressione riferisce la costamento non significa che l'ÉxÀ.eX't6c;
voce dal cielo, la seconda esprime lo renda ÈXÀ.Ex"l."ol gli altri, come fa Paolo
scetticismo sarcastico dei suoi nemici. E a proposito di vt6ç/ vtol in Gal. 3, 26
è proprio Luca (che in 24,26.46 indica (cfr. 4,3.5.61; Rom.8,3.9.11.14.15.19;
la sofferenza come il passaggio obbliga- cfr. Hebr.2,ro: il Figlio crea i .figli). Ve-
to alla gloria) quello che mette la desi- di anche Eph.1,4 ss. ~ col. 485 18 •
gnazione di 'eletto' in rapporto con la
3. ÉxÀ.EX'toç in Paolo
passione. Cristo è l'eletto non soltanto
nella sofferenza e malgrado questa, ma È sorprendente lo scarso uso di Èx-
lo è proprio in quanto è destinato a À.€x'1."6c; in Paolo. Teme forse lui, ex-fa-
soffrire. Il sarcasmo tipicamente giudai- riseo, d'impiegare troppo spesso un con-
co dei suoi nemici mette in chiaro che cetto bistrattato dal tardo giudaismo?
questo 'eletto' ha rinunciato a difen- Tuttavia, in Rom.8,33, nel punto culmi-
dersi, e ciò mostra che la sua ambizio- nante della lettera, questa parola rias-
ne d'essere ÉxÀ.ex't6ç rappresenta una sume con forte rilievo tutto ciò che era
rottura con l'aspirazione al successo che stato detto, a partire dal v. 8,14, dei
caratterizza gli uomini. In tal modo il possessori dello Spirito, degli vfot i>eou,
volere di Dio, quando sceglie, è indi- di «coloro che amano Dio» ( a:ya7twv-
pendente da ogni apparenza. L'incontro 'tc.ç 'tOV ilc.6v ). Così in questo concetto

16 Cfr. Lc.9,31: Mosè ed Elia parlano con ò vt6c; -rou l>eou) riproduca un antico testo che
Gesù della sua 'dipartita' (~~ol:ioc;). poi venne eliminato a poco a poco in base a
considerazioni dogmatico·cristologiche. Essa si
17 L'espressione ricorre entrambe le volte in
trova in P. Oxy. n 208 fol. r r. 7 (sec. UI), nei
assoluto, come apposizione, non come aggetti-
codici S* 77. 218 sy•ce ff Ambros.; inoltre, co·
vo (cfr. l'uso dell'apocalittica ~ coli. 5n s.).
mc lezione mista (èx)..Ex'toc; con ul6c;): syhc a
Per h).e)..qµtvoç ..-+ m, col. rrx4). Sicura-
b ff' Corr. Quest'idea trova consenzienti F.
mente autentica è la lezione b:)..e'JvEyµtvoc;
BLAss, Euangelion secrmdum ]oh. (1902);
(codd. SB LA'a ff' (electus) sy<' syhlmg aeth boh
ZAHN, ]oh.; A.MERX, Das Ev. des Joh.(19rx),
sah arm.). àyo.7t'l')'t6c; come Mt. 17,5; Mc. 9,7
(codd. A CD N 'l' vg syc syt>C•h syhI Mare.). bc- ad l.; A. HARNACK: SAB (1915) 55:z - 556 ( ===
Stttdien 1 [1931] 127-132). Un tale Èx)..Ex't6c;,
)..ex-.6c; (cod. 0). + ~v Qi EÒl:i6X'!]O'et. (Tat codd.
cosl isolato a confronto di ut6c;, che altrove è
OCc '!'). Per la critica testuale cfr. A. MERX,
di uso corrente, non pare tuttavia di stampe
Die Evv. des Mk. tt. Lk. (1905) 266. A.v.HAR-
giovanneo; dcl resto, anche altrove Giovanni
NACK, Studien I ( 1931) 129.
non rifugge dal mettere il proprio stile anche
18 Non è del tutto escluso nemmeno c:he la sulla bocca del Battista (contro HARNACK, o.e.
variante di fo.1,34 (Ò È")..Ex"t'6c; in luogo di 131).
525 (rv,195) ~XÀ.Ex-c6ç E 4 (G. Schrenk)

è compresa sinteticamente ogni divina ne degli angeli e~ col. 512).


istituzione, ogni azione salvifica e crea-
4. ÈxÀEx-.6ç e O"IJVEXÀ.EX"t'6ç
zione nuova, a partire dal piano eterno nella I Petr.
( 8 ,28-30) 19 fino alla glorificazione fina- e nelle lettere di Giovanni
le. Poiché la comunità consiste di h- La I Petr. è l'unico scritto neotesta-
À.Ex"t'ot i}Eou, non esiste più l'accusa e mentario in cui ÉXÀEX't6c; acquista im-
la condanna, perché essa, in tale stato, portanza tematica fin dall'inizio. Tutto
non è più separabile dall'amore di Dio vi si svolge partendo da questo sopra-
(8,37-39). Questa idea di Rom.8,33 è titolo dominante. Designati subito i let-
confermata dalla spiegazione di ÉxÀ.Ex- tori come ÉXÀ.EK"t'OÌ. 7ta.prnll:ì11µ01. Otcw-
"tot ikoù20 fornita mediante le parole cor- 11:opiiç, «eletti avventizi della dispersio-
rispondenti ètytoL xci.t fiyci.n11µ.évot, ne», si fanno seguire i nomi di province
«santi e diletti», in Col. 3,12 21 • Anche e contrade dell'Asia Minore. Con tale
qui è apostrofata tutta la comunità. In designazione sono intesi probabilmente
quanto eletti, i cristiani devono aprirsi i cristiani provenienti dal paganesimo
alla mutua carità. Scopo dell'elezione è che, in senso figurato, sono gente av-
l'amore, e solo chi è amato da Dio, può ventizia, cioè vivono, qui in terra, nel-
amare. Rom.16,13, chiamando Rufo o la dispersione. Nel tempo presente es·
ÈxÀ.ex-.òc; Év xvpl~, dimostra che non si sono come stranieri, ma appartengo-
solo la comunità intera ma anche il sin- no alla comunità degli eletti. Sono h-
golo membro può esser designato con À.i;x-.ot na.pc.nll:ì'l]µot, v. 2: xa."t'Ò'.. np6-
questo termine 22• yvwow i}i;ou 1tct.'tp6ç, Év à:ytcwµQ 1tVEu-
Le lettere Pastorali mostrano già un µa-coc;, dc; vna.xo'Ìjv xai pav·ncrµòv at-
uso più formalistico del termine; cfr. (J.<X't"Oc; 'I11crov Xptcnou, «eletti avventi-

Tit.1,r ed anche 2 Tim.2,ro, dove si de- zi, secondo la prescienza di Dio Padre,
ve nuovamente rilevare l' accenno allo nella santificazione dello Spirito, nel-
scopo finale. Invece rTim.5,21 offre un l'obbedienza e nell'aspersione del san-
esempio di ÈxÀ.EX'tol come designazio- gue di Gesù Cristo». Qui si riscontra

19 Anche in Rom.B, come in Apoc.17,14, si 22 A che scopo questo rilievo dato a una per-
usa x)..11-c6ç oltre ad ÈxMx't'6ç; cfr. il v. 28 sona singola? PREUSCHEN-BAUER1, s.v., si chie-
col V. 33· de se il termine non possa significare «un
2D ÉXÀ.EX"t'Ot "t'OV ~EOU è frequente nei padri cristiano eccellente», analogamente al modo
apostolici: I Clem.x,r; 46,4; 49,5; Herm., vis. in cui lgn., Phil.rr,r qualifica Reo Agatopade
2,r,3; 3,8,3. come avopt ÉxÀ.EX't~. Linguisticamente ciò è
21 Per ocr~oç accanto ad ÈXÀ.Ex-c6ç dr. Henoch possibile, ma in Paolo è improbabile. Non po-
etiopico (~ col. 512); SapA,15 (3,3 cod. S) o- trebbe essere che la reale eccellenza di Rufo
<noç; Ign., Tratl., inscr. (--+ col. 530, n. 27); proprio in questo modo riceva la sua QQI;ID:\-
Martyr. Polyc.211_. lizz<1zione spiritu~le Év xup(<f(
527 (1v,195) EXÀ.Ex't6ç E 4 (G. Schrenk)

già una specie di dottrina dell'elezione, santo, di sua proprietà. L' applicazio-
e in ogni caso una determinazione ge· ne è qui fondata ed eseguita completa-
nerale della condizione cristiana in ordi- mente e unicamente partendo da Cristo.
ne trinitario, secondo la causa, i mezzi E, quasi certamente, vien messo in ri-
e il fine, che prende le mosse dall'eterna lievo il rapporto fra il À,lì}oç ÉXÀEX't6c;,
elezione fondamentale. Senza dubbio la che è Cristo, ed il yÉ\loç ÈxÀEMO\I qua-
'ltp6yvwcnc; (cfr. l ,20: 1tpOEY\IW(1[1.É\IOU le è inteso in Eph. r,6 (~ col. 485):
7tpÒ xa.:-ra.:~oÀ:ijc; x6crµou, «Conosciuto si tien conto dell'assonanza dei termini;
prima della costituzione del mondo», dal confronto delle immagini risulta che
in . senso cristologico} è l' enunciazione il ll1"oc; ÈxÀEX"toc; produce e porta il yÉ-
d'eternità indicante la fondazione pre- \loc; ÉXÀ.Ex't6\I (~ coll. 5u s.).
temporale dell'elezione. La particella l\I A questa generazione eletta vengo-
indica la mediazione attraverso cui l'e- no contrapposti, in 2, 7. 8 (si noti la
lezione giunge ad effetto: lo éty~a.:crµéc; contrapposizione vµE'Lç &é. [ v. 9], che
dello Spirito, la consacrazione a Dio; introduce la nuova asserzione sugli elet-
Elç designa poi, come scopo dell'elezio- ti), gl'increduli, i disobbedienti 23• Non
ne, l'obbedienza e la realizzazione del- è detto che fin dall'eternità il mondo sia
l'atto sacrificale centrale di Cristo nella diviso predestinazianamente in queste
vita dei credenti. due categorie, ma che tutto dipende
Nella considerazione di 2,4-XO, che dalla volontà di credere e obbedire a
sviluppa l'inizio tematico - come dimo- Cristo. Se, secondo r,u s., la comuni-
strano le parole <be; m~polxouc; xa.t Tia.- tà è conscia che la sua origine è fonda-
prn~&1)µouc;, «pellegrini e stranieri» (v. ta nell'eternità, allora non ha a che fa.
II)-, è importante soprattutto l'appli- re con l'accidentalità umana, ma con un
cazione a tutta la comunità cristiana di atto del giudizio divino, anche per ciò
concezioni e attribuzioni fondamentali che riguarda gli increduli ed i disobbe-
del!' A.T. che valgono originariamente dienti. Però non è lecito estendere il
per il popolo d'Israele. La cristianità sa significato di dc; o xaL È'tEiÌ1JO"CXV, «in
d'essere l'Israele eletto. Cristo è la pie- ciò in cui furono posti» (2,8), come se
tra angolare, eletta, del tempio (À.li>ov ciò significasse che non possono far al-
hÀ.Ex-ré\I, vv. 4.6 [-+ col. 506] }; per tro, perché destinati a questo fin dall'e·
mezzo di lui la comunità diventa tem- ternità . Quelle parole vogliono dire in-
pio e sacerdozio che offre il sacrificio vece, con accenno alla decisione respon-
(-+ IV, col. 820}; al v. 9 essa è il yÉ- sabile, che la comunità ha da fare con
\loc; ÈxÀ.Ex'tév (-+ col. 507 ), il popolo Dio anche per ciò che riguarda la perti-

i!3 Svlfa contrapposizione &n~o'toL / EXÀEX'tol cfr. Mart. Polyc.16,r.


ÈxÀ.ex-r6c; E 5 (G. Schrcnk) (IV,197) 530

nace incredulità e disobbedienza degli nel suo insieme (yÉvoc; bÀ.Ex't'6\I è com-
altri, e che quindi essa non deve fer- parabile al paolino 'corpo di Cristo') e
marsi agli uomini nel giudicare la loro nel suo aspetto fenomenico concretato
situazione, ma deve accettare tranquilla- nei singoli éxÀ.Ex't'ol, ma anche, e del
mente la provvidenza di Dio e il suo tutto logicamente, la comunità locale
giudizio. Nello svolgimento del tema, dove l'autore si trova a scrivere, la a\l·
questo è insieme il senso ed il limite u. 'VEXÀEX'ti) év Ba.~uÀ.w\lt (5 ,r 3 ); la qua-
L'accentuazione del servizio legato le poi, in quanto (xÀ.ex'ti) unitaria, sa
all'b:À.Ex't'oc; - cfr. oltre ad Etc; (1,2) d'essere congiunta ad altre ÉXÀEX't'a.l in
specialmente le parole: oTtwc; 't'àç, à:.pE- un tutto unico 25 • A una tale comunità
't'àc; ~~a:yyd)..TJ't'E, «affinché annunziate particolare personificata devesi pensare
i pregi» ( 2 ,9) - è pure qui essenziale. anche leggendo le parole di 2 lo.r.13:
Il popolo eletto ha per vocazione terre- ÈXÀ.EX'tTJ JCUpL<X. e 'tà. 'tÉX\ICX. 't'ijc; aoE}..-
na il compito di annunziare la potente q>"ijc; O"ov •ile; éxÀ.éx't'ijc; 26 . Dunque, la
misericordia, che si rivela in questa ele- fede nell'elezione non si ferma davanti
zione e chiamata (v. 10). Cosl si realiz- alla forma contingente della comunità,
za lo scopo voluto da Dio. Tutta la pa- ma svolge con coerente serietà il con·
renesi della lettera è ancorata in questa cetto di ÉxÀ.Ex't'6c; nei riguardi di tutte
determinazione fondamentale. Essa ren- le forme concrete in cui la comunità
de impossibile sia la falsa coscienza d'es- stessa si manifesta 27 _
sere dei prescelti, sia l'orgoglioso di-
5. Riepilogo
stacco degli increduli.
Però l'idea d'elezione della I Petr. a) Sullo sfondo storico del tardo giu-
non caratterizza soltanto la comunità daismo, colla sua caparbia e indurita co-

24 Cfr. ScuLATTER, Erliiutel'rmgen zum [11.T.; Il 20 ss. SCl-ILATTER, Gesch. d. erst. Chr. 303,
In., Petrus und Paulus nach dem 1 Pt. (1937) interpreta invece il riferimento come riguar-
98; WINDISCH, GUNKEL (Schr.N.T.'), KNOPF, dante la comunità cli Babilonia sull'Eufrate.
WoHLBNBERG, Pet. Inoltre SPORRI ( 4 nota bi- Cfr. infine In., Petr. u. Paul. (-+ n. 24): 176-
bliogr.) 165. Occorre qui ricordare anche la di- 179.
pendenza della r Pet. da Rom. P aolo in Rom. 26 Su 2 Io.r.13 dr. B. Wmss, Briefe des Ap.
9-II non tratta diversamente dell'indurimento Joh.' (1899) 168 s. Per xupla è da intendersi
dei Giudei. la domina fomiliae; è quasi escluso che si trat-
25 Contro l'opinione che qui sia intesa la mo- ti della moglie del xuptoc;, come vorrebbe ZAHN,
glie di Pietro, dr. ZAHN, Bini. II 16, n. IL Einl. lI 593, n. 8. Simili giochetti non corri-
C'\JvExÀEX"'tTJ è da integrarsi con ÉxxÀ.71crla, spondono alla serietà degli scritti giovannei.
termine interpolato - da cod. S, Pesh., Vulg. - Clem. Alex., adt1mbrotiones ili 2 Io.r, è total-
prima di C'\JVEXÀ.ex-ri). Sulla probabile allusio- mente oscuro in ZAHN, Forsch. ·HI 9 2.
ne a Roma (4 II, col. 10), fatta con un ter- n Clero. lgn., Trall. inscr.: txx>..'l)<rlq; r'x:ylq. "'l'TI
mine apocalittico segreto, come già sostennero ou:rn EV Tpa>..À.EO"W Tfjc; 'A.aiar:,, EXÀ.EX'tTI XCI~
Papia e poi Gerolamo e Ilario, dr. ZAHN, Bini. cX~L00É<f.
53r (1v,r97) À.E~oç (G. Bornkamm) (lV,198) 53:i

scienza di elezione etnica e la sua coar- assolvere un compito escatologico e teo-


tazione settaria, la cristianità delle ori- logico al servizio del governo divino.
gini rappresenta una riforma radicale di
quel concetto, fatta partendo da Cristo: F. btÀ.EX't6c; NEI PADRI APOSTOLICI
l'elezione della comunità universale, con
In questi scritti si nota uno straordi-
rinuncia totale a quelle tendenze. nario aumento nella frequenza del ter-
b) Anche qui l'elezione esprime la mine ÈxÀ.ex-t6c;. Lo usano volentieri spe-
fondazione eterna della salvezza. Però cialmente la I Clem. ed Erma. Istrut-
tivo, per capire questo impiego crescen-
nel N. T. non s' inco.ntra quell'aspetto te, è il fatto che analogamente vengono
contro cui dovrà lottare continuamente trasformati alcuni termini del N. T. in
la storia dei dogmi: il pericolo che l'i- dizioni come: ewx. 'tWV ÈXÀ.EX'tW'J µou
dea d'elezione si avvicini a un concet-
crxa.vocùlcra.t (I Clem.46,8), oppure: a
Tj'toLµO:O'EV Ò XUpto<; 't'Ot<; ÈXÀ.EX:totc; <t.Ù·
to definibile come schiavitù sotto la EÌ.- 'tou, «quelle cose che il Signore ha pre-
µa.pµÉ'Jl], il fato. Essa invece non si parato per i suoi eletti» (2 Clem.14,5).
stacca mai dalla responsabilità e dalla La r Clem. mostra grande interesse per
l'espressione 'il numero degli eletti'(~
decisione. Non si allontana dalla con- col. 5 ro ). Però questo non le impedi-
cretezza storica della vita. Rimane an- sce di parlare di 'ltoÀ.Ù 7tÀ.1}i>oc; Èx.À.ex-
corata nell'eterno pur nella sua funzio- 'tWV, «grande moltitudine di eletti» ( r
Clem.6,r). Se si osserva l'uso linguisti-
nalità storica. co di questi padri si resta impressionati
c) Dalla verità che l'elezione non ha notando quanto poco il nostro termine
per ;copo il vantaggio di una parte del- sia sfruttato nel N. T. Essi però non
giungono all'impiego smisurato di He-
l'unità, segue positivamente l'altra: la noch etiopico (~ coll. 508 s.). Su Cri-
comunità è scelta quale totalità per l'in- sto in quanto ÉXÀEX't6c; ~ ÈxÀ.Éyecri>at,
tera umanità; essa cioè ha l'incarico di col. 48 5; hÀ.oyf1 ~ col. 500 28•
G.SCHRENK

Frequente da Omero in poi nel gre- il senso di 'tenero', 'fine', 'dolce', e an-
co classico e in quello posteriore 1, que- che di 'liscio', 'inafferrabile'); per l'uni-
sto termine significa liscio, piano, ciò co passo del N.T in cui compare, inte-
che non offre resistenza; detto di pian- ressa soltanto il suo impiego per indi-
te, animali, pietre, oggetti (traslato, ha care la forma del terreno di un luogo o

28 Cfr. A. HARNACK, Studien I (1931 ), 131, n . ÀE~oç


1: Epiph., haer.55,8,3. 1 PAss ow, LmDELL-Scor'l', PREISIGKE, Wort.,
s.v. Radice lei (lat. levis), P RELLWITZ, Etym.
Wort., s.v.; WALDB-POK. u 389 s.
533 (1v,198) À.ti:oç (G. Bornkamm)

di una strada (Horn., Il.I2,30; 23,J30. la pure Matteo - in quanto omette la ci-
359; Od.5,443; xo,rn3; Hes., op.288; tazione di Malachià e pospone il passo di
.Hdt. 7,9; 9,69; Aristot., hist. an. 9,37
ss., p. 622 a 33; 5,17 p. 549 b 14). L'op· Isaia alla proposizione principale; si di-
posto è -.pcx.xuc; (Xenoph., mem. 3,ro,1; stingue inoltre da ambedue - da Marco
Aristot., cat.8 p. IO a 17.22 s.; gen.an.5, e da Matteo - per la forma della cita-
1
8 p. 788 a 23.25). Ditt., Syll. 972,119;
BGU I 162,5; III 781 col. II IJ. zione, la completezza del passo isaiano,
Nei LXX sta per ~alaq (palluq), Gen. e perché tralascia la descrizione del Bat-
27,11 (detto di pelle glabra, senza pe- tista e del suo successo. La citazione
li); 1 Brur.17,40 (di ciottoli); traslato,
Prov.2,20: ... Ei5pOC1Cl.\I av 'tPLBouc; OL-
completa lascia intendere, per vari a-
X(.(LOC10\ll)c; À.Elovc;, «avrebbero trovato spetti, un interesse teologico speciale:
lisce le strade della giustizia»; cfr. anche essa presenta fin dall' inizio il Battista
Prov.12,13; 26,23 2• Is.40,4 (codd.AQ
come annunziatore di buona novella
scc; dr. Le. 3,5 ): òooùc; ÀElac; (T. M.:
biq'a). (cfr. 3,18 e -7 III, coll. 1053 s.}, indica
la venuta del tempo messianico nel tota-
Nel N.T. questo aggettivo ricorre so-
le capovolgimento dei criteri di giudizio
lo in Le. 3 ,5, all'inizio della presentazio-
validi nel mondo e testimonia il valore
ne del Battista. Luca cita, oltre ad Is.
universale della salvezza (J,6}. Inoltre,
40,3 (come Mc. e Mt.) anche i vv. 4s.,
per mezzo del vaticinio e della sincro-
deviando leggermente dal T. M. e dai
nologia che fa precede, l'apparizione del
LXX: xa.t fo'ta.t -.à. <TxoÀtà. dc; EMElac;
Battista ottiene il suo posto nella storia
xat al 'tfJCX.XE~a.L elç òooùc; Ada.e; (per ...
profana e salvifica, e la pericope 3,1-6
Etc; Ei'.i11Eta.v xat fi 'tfJCX.XEta. Elc; 'lte:ola.),
assume il carattere di un prologo spe-
«... e le vie curve diverranno diritte, e
ciale per la successiva presentazione del
quelle scabrose diverranno piane».
precursore (3,7-20}.
Luca si distingue da Marco - come
G.BORNKAMM

2 In questi due passi dei Prov. manca il cor· S, il quale ha 86)..toç, che trovasi per ~lq in
rispondente ebraico. In 26,23 À.E~oç sta per dlq, ~ rr,3. I traduttori dell'Esapla banno scelto
'bruciare', ma è probabile che i LXX abbiano molte altre volte À.Ei:oç per ~lq (BERTRAM).
letto }Jlq. Lo sembra confermare anche il cod.
J...etµµa. X't'ÌI.. (G. Schrenk)

t t
ÀE~µµa, Ù7tOÀEi.µµa,
t %Cl't'Ct.ÀEl7tW
( xcx:tci-, 7tEpl-, &ciÀEi.µµa)

SOMMARIO: r. il 'resto' in Rom.9-rr;


2. confronto e sintesi.
A. Uso greco:
I. ).i;iµµa.;
2. i composti. A. uso GRECO

B. Il 'resto' uell'A.T.: r. À.E'Lµµa. (da A.Elm•.i) significa 'tÒ


1. uso linguistico; À.El~a.vov, p.Époc; U7tOÀ.E~cpftÉ'J, utc6À.ot-
2. l'origine dell'idea di' resto'; 1t'OV,Ù7toÀ.Em6µevov, xct·taÀ.omov 1: ciò
3. il 'resto' come opera di Dio; che è rimasto, la parte lasciata, il resto,
4. la conversione dcl 'resto'; il rimanente. Essendo il dittongo EL pro-
5. il 'resto' e i popoli; nunciato i, si trova anche la scrittura
6. la comunità del 'resto' e il Messia.
erronea klµµa. 2 •
C. L'idea del 'resto' in Paolo e nella letteratura a) Nell'uso generale il termine può
apocalittica e rabbinica: essere impiegato in modo diversissimo:

Ìl.Etµµa. X't'À.. .
F. BAUMGARTBL, Dic Eigenart der at.chen H. KRAUSE, Der Gerichtspropbet Amos, ei11
Fromtnigkeit (1932); W. BAUMGARTNER, Ken- Vorlaufer des Deuteronomisten: ZAW NF 9
nen Amos und Rosea eine Heifseschatologie?; (1932) 221 ss.; J. MEINHOLD, Studien zur israe-
Schweizerische Theologische Zeitschrift xxx litischen Religio11sgeschichte, Bd 1: Der heilige
(1913) 30-42.95-124.152-170; J. BbHMER, Die Rest (r903); S. MowINCKEL, Psafmenstudien
Eigellal'l der prophetischen Heilspredigt des II, Das Thronbesteigtmgsfest fahwas tmd der
Amos: ThStKr 76 (r903) 35 ss.; Die Entwick- Ursprtmg der Eschatologie (1922) spec. 276 ss.;
lung des Gerichtsgcdankens bei den at.lichc11 E. SELLIN, Der at.che Prophetismus (1912)
Propheten, Beih. ZAW 29 (1915); K . CRAMER, ro5 ss.; M. WEBER, Ges. Aufsatze z. Religions-
Amos, Versuch einer theologischen Interprcta- so:àologie III: Das antike Judentum (1923);
tion, BWANT 15 (r930) 13oss.; E. K. DIE- A. WEISER, Die Prophetie des Amos, Beih.
TRICH, Die Umkehr (Bckebrung und Busse) im ZAW 53 (r929); H . W. WOLFF, Die Begriùz-
A.T.und im ]udentum ... (1936); H.DrrTMANN, dungen der prophetischen Heils -und Unheils-
Der heiligc Rest im Altcn Testament: ThStKr spriiche: ZAW NF rr (1934) 1 ss.
87 (1914) 603 ss.; G. GLOEGE, Reich Gottcs
rmd Kirche im N.T., Nt.Hche Forschungen, 2. 1 Flavio Giuseppe non usa ).ei:µµix, ma per lo
Rcihe 4 (1929) 212 ss.; H. GRESSMANN, Der più (18 volte) 't'Ò >.el\j!a.vov e il plur., parlan-
Ursprrmg der israelitisch-iiidischcn Eschatolo- do del popolo (ant.xr,213; bellA,4IO; 5,522);
gie, FRLANT 6 (1905, spec. 229 ss. (2• ed.: del paese (bell.2,90; 4,556); della città (beli.
Der Messias, N. F. 26 [r929]); J- HEMPEL, 6,365; 7,376). Lo usa anche in senso astrntto
Vom irrenden Glaube11: ZSTh 7 (1929-30)631- (hell.1,29; 3,465; 4,657). Raramente (4 volte)
660; Iv., Gott u. Mensch im A.T., BWANT 3. trovasi anche -tek J...mt6µi;vu., Ù7toÌl.EÌl.Eiµµtva:
Folge 2 1 (1936); G. HOLSCHER, Die Urspriin- (bell.4,413 [di Gerusalemme]; ant.ro,165 [di
ge der iiidischen Eschatologie, Vortriige der Israele]). Manca però il significato teologico-
theol. Konferenz zu Giessen, 41. Folge (1925); profetico dell'idea di resto. Su -tb À.Elljiixvov
J. KéiBllRLll, Sunde und G11ade im religi0se11 cfr. anche Stob., hermetica excerpt. 23, 19. 30
Lebe11 des Volkes Israel bis auf Christum (Corp. Herm. I p. 468.474).
(1905); L.KOHLER, Theologie des A.T. (1936); 2 WESTCOTT-HORT pongono Mµµa. nel testo
E. KoNIG, Geschichte der at./ichen Religio11 2 del N.T. senza che ciò sia giustificato dalla
(1915); Iv., Tbeologie des A.T.M (1923); H . prevalenza di questa forma nei manoscritti.
537 (1v,199) ÀELµµrx. MÀ. (G. Schrenk) (IV,200) 538

Hdt. r, rr9 si serve di 'tOU 'ltatoòç 't!X. guineo'). Significa poi il rimasto, il su-
4lµµa:'ta: per indicare i resti del figlio persti.te; (Deut.2,34 e 3,3, Aquila [Sa-
di Arpago, per i quali, proprio in que- rid] ), il resto del popolo (!Ep.52,r5, A-
sto passo, sta pure -.à. M>mà. 't'W'll xpE- quila [jeter), dapprima senza speciale si-
W'll, «i resti delle carni». Plut., quomo- gnificato religioso. In 4 Brur.19,4 (cod.
do quis suos in virtute sentiat profec- A) è usato per rendere l'idea profetica
tus 5 (II 78 a), scrive: 't'à. ab. À.Elµµo:- del 'resto' (Se'erit, ~ coll. 551 ss.~; cosl
-ca, per indicare le briciole costituenti ancora in Is.37,4, Simmaco e Teodozio-
il pasto di Diogene. In Plut., Nicias 17 ne (S<'erit), dove i LXX hanno ot xa:tct.-
(I 534 d), il termine designa il resto in- )..d.aµµi\lot.
completo delle mura di Siracusa. Nel
senso di deficit, somma rimanente nel 2. I composti Ù'ltOÀ.Etµµ<1., xa'tci.À.Etµ-
rendiconto, lo si trova per es. in P.Tebt. r. ux,mpl)..E~µµa hanno lo stesso senso.
rr5,23 (II sec. a.C.). IG V (T.) 1432,9 Ù'lt6ÀEtµµ<i. a) Già fuori della Bibbia
(Messene, r sec. a.C. - I sec. d.C.). è usato in varie accezioni, come À.Ei:µ-
b) Nell'antica teoria greca della mu- f.La. È specialmente preferito nelle di-
sica 3 la scuola dei 'canonici' (c. 300 a. squisizioni scientifiche: Aristot., gen.an.
C.), che cercava di calcolare gl'interval- 2,6, p. 744 b 15, lo usa come sinonimo
li con esattezza matematica su base pi- di 'ltEpl"t'twµa.. Cfr_ hist. an.6,2 p. 559 b
tagorica, chiamava À€~µµo: il semitono 21; Theophr., de causis plantarum 5,
diatonico che resta sottraendo dalla 15,6: 'tà. v'JtoÀ.Elµµa:'tet. 't'w\I ptsw'll, «i
quarta pura due toni completi 4 • resti delle radici» (cfr. 5,1,5; l,xr,3).
c) Nei traduttori greci dell' A. T. il Indica il resto che rimane dopo la ven-
termine è usato parlando di cose; !Ep. dita del vino (P. Greci e Latini VII 860,
27,19 (Teodoz.): 'tÒ À.Ei:µµa -cw'll uxw- 8 [m sec. a.C. ] ); i resti d'una ribellio-
W'll, «il resto (ieter) degli arredi»; par- ne (Plut., Pomp. 16 [1 626 e]: \mo)..Elµ-
lando di persone o gruppi di persone µet.'tet. 'tW'll C7''ta<1€W'll).
sta, raramente, per 'discendenza': 2 b) Nelle traduzioni greche della Bib-
Brur.14, 7 (codd. AL t 0-AM (invece di bia 6 indica il resto dei cibi, delle provvi-
xa'tci.À.Etµµa, cod. B ). Ciò favorisce poi, sioni e simili: 1 Bau.9,24 (Ja'ar, forma
in Lev.18,6.12.17; 20,19 "A),J..., la fal- nif'al); lob 20,21 (Sadd LXX, Teodoz.);
sa traduzione )..lµµet. ( "AU.. legge s•'iir, r Mach.6,53; Sap.13,12 (cod.A.,al plu-
'resto', invece di J•'er, 'carne', 'consan- rale: il legno restante che viene brucia-

3 Già Platone, in Plut., de animae procreatio- 4 Bisogna distinguere da questo la Ò:.'lto-roµiJ,


ne in Timaeo Plato11is, parla del 'ì..eL'µµrx. mu- il semitono cromatico ottenuto sottraendo il
sicale. Cfr. poi Nicomachus, enchiridion (ex- ÀEtµµa. dal tono intero. Cfr. H. RIEMANN-A.
cerpta) cap. 2, p. 269, in Musici scriptores Grae- EINSTEIN, Musiklexìkon (r929), art. Apotomc
ci (1895); Aristides Quintilianus, de musica e Tonbestìtmmmg.
(ed.A.]AHN [1882) p. 27) x,8r, definisce: À.Ei:µ- 5
µa oè lv pufiµii} XpOVOt:; XE.VÒt:; lM.x~a-roc;, «il 'ì..1iµµcx.-toc;, che qui si trova nel cod. B (cfr.
TllACKERAY 84) non ha niente a che fare con
'resto' è l'intervallo minimo nel ritmo». Inol-
).fjµµa., entrata, guadagno, profitto, ma è una
tre, Gaudentius, cap. 13 1 p. 324 s. (ed. A. ]AHN
falsa ttascrizione di 7J per EL, come xcx.-r6.k11µ-
ibid. ). Per teorie musicali scientifiche più re-
centi cfr. Ttt. REINACH, La mt1siqt1e grecquc µa. in Iud.5,r3, cod. B (Jiirid= disertore, fuggi-
tivo; il testo è certamente errato. MooRE legge
(r926) 23 s.; C. SACHS, Die Musik der Antike,
Handbuch der Musikwissenschaft, IV c, Lief.
;sr'l).
19 (1928) 22; M. EMMANUBL, Grèce, in Ency- 6Cfr. l'uso di Ù'ltOÀEl1tELV nei LXX, che rende
clopédie de la musique 1 (1928) 464. pure sii'ar nelle forme nifal e hifil.
539 (1v,200) Ì.E~µµa, x-rì.. (V. Herntric:h) (1v,2or) 540

to [codd. B S: ci'lto~ì..l]µa:ta., rifiuti]). r7, codd. ABS', parlando di Noè: ot~


Il termine indica pure il 'resto' di cui 't"ou't"ov ÈyEvl]ihJ xa;'t"aÀEtµµa; 't"TI YTI
parlano i profeti ( =se'ertt, se'ar: 4 Bcw. ue• er2t), «per mezzo di lui ci fu un resto
2r,14; Mich.4,7; 5,6(7); 5,7(8); Is.n, sulla terra»; è una lettura del Genesi in
I r [Aquila, Simmaco, Teodozione]; luce profetica, cfr. Hen . aeth. 83,8 (~
cfr. Eus., dem.ev.2,3,n9 1. col. 582). Ecclus 47,22: Dio lascerà un
't"Ò xa.'t"aÀEtµµa.. Nel greco profano, resto a Giacobbe 8•
Claudius Galenus, 14, p. 556,13 (Kiihn), Anche m:pO.stµµa. significa resto.
lo impiega per indicare i postumi di Plat., Menex.236 b (parlando dei fram-
una malattia. Nelle traduzioni dell'A.T. menti d'un discorso funebre) 9 •
è usato parlando, a) di piante: Is.37, ·8tù:.ÀEtµp,a,. Usato in Plut., quomodo
30, «il resto della vegetazione» (T. M. quis in virtute sentiat profectus 3 (II
sapzm: ciò che è cresciuto da sé); IEp. 76 d): Ot6.ÀELµµa 7tpoxo1t'ijc;, «arresto
30,3, codd. B S (T.M.49,9), cfr. Swete: nella crescita», è un termine non usato
il resto dell' uva dopo la vendemmia nella filosofia. Ha invece un'importan-
('otelot). za speciale in medicina. Già Ippocrate,
b) Quando indica la discendenza, sta secondo Gal.7, p. 4r4,n (Kiihn 1824),
per se'ertt in Gen. 45,7; 2BO'..O".14, 7, designa con esso il cessare della febbre.
cod.B (~ Af.i:µµoccol. 537); in Is.14,30 (Cfr. inoltre 7, p. 420, I7 s.; 425, 17;
è usato a proposito dei Filistei, e in Is. 427,3; 9 p. 552,r6). Come verbo, Ga-
14,22 di Babele Wlir); Tob.13,17, cod. leno usa con lo stesso significato Otaì..i>l-
s: 't"Ò XO'..'t"aÀ.Etµµa. 't"OU CT'ltÉpµa.'t"6c; µou . 7tELV. Flav. los., ant. l,330; bell. 6,I?,
e) Il resto del popolo, senza signifi- usa Èx 8ta.ÀEtµµci-tcdv per indicare gli
cato specificamente religioso: r Boo:r.13, spazi intermedi fra reparti.
15, cod: B (manca nel testo ebraico); 3 G. SCHRBNK
Bix.O'. 12, 24 y, cod. B. (manca nel testo
ebraico); IEp.8,3, Aquila, Simmaco W'e-
rit); 47 (T.M. 40), n (il cod. A t ha il B. IL 'RESTO' NELL'A.T.
plurale); I Mach.3,35: il t"esto di Geru- r. Uso linguistico
salemme. Il resto della casa di Acab (4
Bwr.10,n [Sartd], sinonimo: ot xoc't"ct.- a) Nella lingua dell'A.T. incontriamo
ÀEtq>ilÉv-.Ec;). Il resto di altri popoli (IEp. quattro radici diverse che esprimono il
27 [T.M. 50], 26: dei Caldei; 29,5 [T. concetto di resto, oppure di sopravvive-
M. 45 ,5] Aquila: xoùa8wv, propria- re, essere salvato, sfuggire: S'r, plf, frd,
mente degli Enachiti. Ambedue le vol- jtr. Di queste, S'r, coi suoi derivati, oc-
te per se'edt). Il resto degli avversari corre nell'A.T. 220 volte (di cui 25 nel-
(lob 22,20, LXX e Teodozione [ieter]). la forma sostantiva se' ar e 66 nel sostan-
d) L'idea profetica del 'resto': 4 Boo:r. tivo J•'értt) plf e derivati 80 volte, .frd
19,Jr W'ertt); Is. ro, 22 (J•'ar); dr. e derivati 29 volte, jtr e derivati 103
Rom.9,27 (~ coll. 577 ss.); Ecclus 44, volte (di cui 9r nel sostantivo jeter).

7 Testi incomprensibili sono Mal.2,15 (il ter· c:he nella traduzione erronea di 111r in 3 Ba:cr.
mine sta per s•'iir, dove nel T.M. si tratta del IJ,4 (LXX, Teodoz.). Un errore di lettura per
seme di Dio nel senso della discendenza giu- xa.-raì.uµa, (c:odd. ABS) è in IEp.32,28 (T.M.
daica pura); !Ep.IJ,II, Aquila (I•'ér1t). In lob 25a8), cod. Q (ebraic:o: qubbo).
4,21 'Aì.À., ;etcr, corda di tenda, è reso erro-
neamente c:on U7tOÌ.ELµµcx. . 9 Cfr. 7tEptì.El1toµm in PR.-BAUER, s.v., e l'uso
8 L'influsso dell'idea di resto si fa sentire an- di 7tEPLÀEC1tml (Sii'ar, nif'al) nei LXX.
541 (rv,2or) >..Etµµ« X't'À.. (V. Herntrich) (1v,20r) 542

Spesso i singoli termini vengono con- (Is.ro,22; 14,22) e v1t6À.Etµµa. (Mal.2,


giunti o accostati come paralleli (per es. 15 ). Derivati dalla forma semplice -.ò
hiftr-làhem Siirtd ufiiltt, «da non lasciar- Àom6v (Is.17,3; Neem.n,20) e ot Àot-
ne un resto e uno scampato», Ios.8,22; r.ol (Esth. 9,16; Esdr. 4,7; I Parai. 16,
pàUt w•sar1d liS'erit, ler.44,I4; siirld e 4 l ). s•' erìt è reso con 'tÒ xoci:ocÀotito\I
pàlit, Ier.42,17; Lam.2,22; hiftr siirid, (Is.15,9; 46,3; Ier.24,8; 2 Paral.34,9);
Num.21,35; Deut.2a4; 3,3; Ios.8,22; ol Xt'X.'tciÀ.ot'ltOt (Ier.8,3; 15,9; 23,3; 39
ro,28.30.33.37.39.40; Ios.n,8; 2 Reg. [46], 3; 40 [47], 15; 41 [48] 16; 42
10,xr; Ie'ar jifrii'el flplétat bét-ia'aqob, [49],2.19; 43 [50],5; 44 [51], 12.28;
«i residui d'Israele e i superstiti della ca- 47[29],4s.; Ez.5,ro; 9,8; II,13; 25,16;
sa di Giacobbe», Is.10,20; J•'er2t upléta, 36,3; Am.1,B; 9,12; Mich.2,I2; 7,18;
2 Reg.19,31 [Is.37,32]; Esdr.9,14; cfr. Soph.2,9; 3,13; Ag.r,12.q; 2,2; Zach.
Gen.45,7; se'erit happ"leta, r Par.4,43; 8,6.12; r Par.4,43; 2 Par.36,20); ot xoc-
pelé{at bet-;ehtìda hanniS'ara, 2 Reg.19, "t't'X.À.EÀ.t::tµµ~vot (ls.3 7 ,3 l s. ); -tà :xa"t'cX.-
30; [Is.37,3I]; nifarna p0 léfa, «siamo Àomoc (ler.6,9); XOC"t'<i:.À.Etµµoc (Gen.45,
stari risparmiati per esser salvi», Esdr. 7; 2 Sam.14,7; 2 Reg.19,31; Is.14,30;
9,15; l"ha'f1r... p"léfa, Esdr.9,8; hanni- Ier.40[47],n; 50[27],26); -cò ~'ltlÀ.ot­
S'ar... w•hannotar, Is.4,3; jeter happ~­ 'ltO\I (Ier.25[32],20).
le{a, Ex. ro,5; notra-bal,J p"lefa, «fu la- c) Uno sguardo generale al loro im-
sciato in essa un resto», Ez.14,22; ho- piego dà l'impressione che S'r, plt, frd,
tir ... siirid, « ...avesse lasciato un resto», itr e derivati siano in prevalenza usati
Is.1,9; cfr. anche Gen.32,9; Neem.1,2; in senso profano. Si parla del legno ri-
2 Par.30,6). Oltre al concetto di rima- masto dopo la scultura di un idolo (Is.
nente o superstite, plf contiene anche 44,17.19), del resto degli alberi di un
quello di sfuggire, essere salvato; frd vi bosco (Is.10,19), d'una regione che re-
aggiunge il senso della paura e della fu- sta ancora da conquistare (Ios.13,1), dei
ga; S'r e jtr vengono largamente usati popoli superstiti (Ios.23,4.7 ), di ciò che
come sinonimi (però per jtr, in forma resta d'una serie d'anni (Lev.25,52), di
hif'il[?], è da notare il senso di 'godere un pasto (r Sam.9,24), dei carboni (in
la preferenza' [Gen.49,4; dr. jeter, pre- senso figurato, 2 Sam.14,7), della forza
ferenza, in Gen-49,3 e il significato fon- (Dan.ro,8), del respiro (Dan.ro,17), del
damentale di jtr, 'tendere', intransitivo sangue (Lev.5,9). Ogni tanto S"'èrit sem-
'esser esteso, eminente']. Forse anche in bra acquistare il senso determinato di
Mal.2,15 s•'ar ha il senso di preferenza, 'discendenza' (Gen.45,7; 2 Sam.14,7; Is.
abbondanza; cfr. nel Targum s•'arutii'). 14,22; Ier.rr,23)10• Nelle enumerazioni
b) I LXX traducono per lo più i due l'espressione «tutto il resto» indica tutti
sostantivi più importanti per la deter- gli altri (Ag. 1,12.I4[?]; 2,2; Zach.
minazione teologica dell'idea di 'resto', 12,14; Esth.9,12; 9,x6; Esdr.3,8; 4.3·
cioè s•' ar e s•' erzt, con una forma ver- 7; Neem.7,7r; 10,29; 11,1.20; I Paral.
bale di Xt'X/tC()1.El1tEW O Ù7tOÀ.t::l1tELV. s"'iir 12,39; 16,41; 2 Paral. 9, 29; 34 1 9; cfr.
è reso con 't'Ò Xt'X."Ct'X.À.Etq>t>É\I (Is. 10, 19 anche l' uso corrispondente in arabo).
ss.; II,II.16; 28,5); 't'ÒXa.'tciÀ.OL'ltO\l(IS. Analogamente a questa si usa la dizione
21,17; 2 Parai. 24, 14); ol Xt'X.'t<iÀ.oL'ltOL «neppur uno rimase» per dire 'tutti'
(Esdr-4,3; Neem.11,1; 2 Par. 9,29). Co- (Ios.B,q; 2 Reg.ro,21). Come indica-
me sostantivi sono usati XCX."t'aÀ.nµµoc zione dell'annientamento completo ap-

IO V. però ~ coli. 557 s., n. 31.


543 (1v,2or) Ì..Etµµa. X't'À.. (V. Herntrich) (1v,202) 544

pare la dizione «non rimase nulla» (Ex. ma vista, di ciò che rimane dopo cata-
8,27; ro,19; 14,28; Num.21,35; Deut. strofi storiche, esiste un'intera serie di
2,34; 3,J; Ios.8,22; ro,28.30.33.37.39. passi in cui è difficile decidere se per
40; 11,8.14; Iud.4,16; zSam.14,36; 'rimanente' s'intenda indicare il nume-
25,22; I Reg.16,11; 15,29; 2 Reg.10, ro dei salvati da una catastrofe storica
II.14; Esdr. 9,14). Per indicare I' an- oppure gli scampati da un giudizio e-
nientamento totale si può dire che anche scatologico (Am.5,15; Mich.2,12; Ier.
«il resto» (i restanti, cioè tutti) viene 6,9; 8,3; rr,23; Ez.6,12; 9,8; rr,13).
distrutto (Deut. 7,20; 2 Reg. ro,1r.17; Questa difficoltà si spiega col carattere
ls.14,30; ler.15,9; 21,7; 44,12; 47.4· particolare dell'escatologia dell' A. T.,
5; 50,26.29; Ez. 5,ro; 17,21; 25,16; nella quale il divenire storico e quello
Am.1,8; I Paral.4,43_; cfr. Esdr.9,14). fulale sono vicendevolmente implicati:
Per indicare una distruzione terribile si nell'escatologia non si tratta della 'fine
dice «niente rimase, eccetto... » (2 Reg. di quest'epoca terrena', ma dell'inter-
13,7; 17,18; 24,14; 2 Paral.21,17). In vento della realtà divina in questo
questi casi il 'resto' è già un segno del- tempo 11 • Parlando di ciò i profeti non
la grandezza del giudizio; ma la cosa annunziano soltanto la venuta di Dio
può essere enunciata anche positiva- in questo istante e in questo luogo, ma
mente (Gen. 14,ro; 42,38; Deut. 3,u; caratterizzano tutta la storia come un
Ios.13,12;I Sam. 5,4; II, u; 2 Reg.3, avvenimento escatologico che riceve il
25; 25,12.22; Ier.34,7; 37,10; 38,22; suo significato dall' 'oggi' della predica-
39,rn; 52,16). zione profetica. Anche la storia del pas-
S!Jesso con 'resto' o 'avanzo' s'indi- sato parla della venuta di Dio, che il
ca una determinata realtà storica, il ri- profeta annunzia nel presente. Se, par-
manente di un popolo dopo una cata· tendo di qui, ri.Bettiamo che il concet-
strofe nazionale. Cosl è denominato 're- to di 'resto' è stato impiegato varie vol-
sto' il popolo sotto Ezechia (2 Reg.19, te per indicare la parte del popolo di
4; Is. 37,4); i 'rimasti' del tempo di Dio sopravvissuta alle grandi catastro·
Giosia sono il 'resto' (2 Paral.34,21) e fi del giudizio avvenute durante la sua
cosl pure la parte del popolo rimasta storia, risulta che anche qui la demar-
in Gerusalemme nella deportazione del cazione fra l'uso profano e quello teo-
597, sotto Sedecia (2 Reg. 25,u; Ier. logico dell'idea di 'resto' deve restar
24,8; 52,15; Ez.9,8; n,13; 2 Paral.36, fluida (cfr. per es. Esdr.9,8).
20). Tale 'resto' viene portato a Babi- e) Inoltre è chiaro - evidente, co·
lonia nel 586, ma 'alcuni vignaiuoli' ri- munque, da Isaia in poi - che l'idea del
mangono. Cosl pure vengono chiamati resto, in quanto preciso concetto teolo-
'il resto' quelli lasciati sotto Godolia gico, fa parte dell'attesa della salvezza
(2 Reg.25,22; Ier.40,6.1i.15; 41,rn.16; o della rovina (cfr. per es. ls.1,8 .9; 4,2
42,2 . 15.19; 43,5; 44,12.28). Però di ss.; 7,3; 10,20 ss.; rr,rr ss.; 37,32[2
questi 'rimasti' non rimane alcun 'resto' Reg. 19,31]; 46,3; ler.23,3; 31,7; loel
quando vanno in Egitto (Ier.42,x 7; 44, 3,5; Mich.4,7; 5,6.7; Soph. 2,9; 3,12.
7 .14). InEne sono il 'resto' i Giudei tor- r3; Abd.17; Zach.14,16). Che si tratti
nati dall'esilio (per es. Ag. 1,12.14; 2, di un concetto dogmatico ben determi-
2; Zach. 8,6.rr.12; Esdr. 9,8.13.14.15; nato, risulta specialmente da quei passi
Neem.r,2.3). in cui il termine è usato senza ulteriore
d) Mentre qui sembra trattarsi, apri- · determinazione (per es. Mich-4,7 ), ma

11 Sul problema dell'escatologia nell'A.T. dr. -7 BAUMGARTEL, 66 ss.


545 (IV,202) ÀEtµµa. x-.'X.. (V. Herntrkh)

anche dai passi (come Is. 46, 3) in cui teologico dell'idea di resto la determi-
il concetto è stato conservato, benché nazione salvifica è evidente ( cfr. per es.
abbia preso un altro contenuto. Qui ac- Is.10,21; 37,32 [2Reg.19,3I]; Ioel 3,
quista importanza anche il fatto che le 5; Mich.4,7; Abd.I7).
dizioni S'r, pl!, frd, ;tr e derivati sono Però rimane pure l'indicazione della
in larga misura collegate formalmente rovina. Che a nulla sia ridotto il resto,
fra loro 12• • in Am. 5 ,3 indica solo la grandezza del
Secondo il contenuto, l'idea del re- giudizio. In Is.rn,22, subito dopo che
sto è determinata sotto un doppio pro- è apparso chiaramente il carattere con-
filo. Essa contiene l'accenno al giudizio solatorio del messaggio circa il resto,
precedente o alla precedente prova, ma vien messo in rilievo l'altro aspetto di
indica insieme il limite di questo giu- questa idea: «Solo un resto si conver-
dizio, poiché il resto è sfuggito ad es- tirà». Ma qui si tratta d'uno sviluppo
so. Perciò nell'idea di resto s'incontra- dell'accenno al giudizio, che è conte-
no la rovina e la salvezza. nuto anche nel termine 'resto' e non può
Quindi d si chiede se l'idea di resto quindi mettere in dubbio l'essenziale de-
sia essenzialmente determinata dalla sal- terminazione salvifica dell'idea.
vezza o dalla rovina. Nel rispondere a 2. Origine dell'idea di resto
questa domanda è bene tenere presen-
ti di preferenza i passi che non conten- Il problema dell'origine dell'idea teo-
gono l'idea di resto nel rigido senso logica del resto è intimamente congiun-
teologico, perché questo potrebbe aver to a quello dell'escatologia veterotesta-
piegato il senso originario. Dagli_ altri mentaria. Entrambi si possono risolve-
passi risulta che l'idea del resto ha per re solo partendo dall'essenza della pre-
Io più un carattere consolatorio. Lo di- dicazione profetica, ovvero dalla rivela-
mostrano in primo luogo i passi in cui zione divina nell'A.T., poiché il discor-
il giudizio di totale condanna vien e- so sul resto ha un'importanza decisiva
nunciato affermando che non rimane nell'annunzio profetico. Nel concetto di
nessun resto (Num. 21, 35; Dei,//. 3 ,3; testo sembrano incontrarsi le tre linee
Ios. 8,22; 10,28; x Reg. r6,rr; Ier. rr, che determinano in modo peculiare la
23; 44,7.14; 50,26). Si deve inoltre te- predicazione profetica.
ner conto delle parole in cui l'idea di Questa triplice struttura della predi-
resto, in quel che ha di carattere pro- cazione profetica è già ben marcata in
priamente consolatorio, viene inclusa Amos. Il profeta annunzia r. la distru-
nella sentenza del giudizio soltanto con zione totale del popolo di Dio (per es.,
addizioni e determinazioni più precise Am.8,r ss.; 9,1 ss.}; 2. la salvezza che
o con l'aggiunta di un'immagine (per Dio porterà al popolo (Am.9,II ss.);
es. Is.16,14; 30,17). Il significato posi- 3. l'offerta della possibilità di salvarsi,
tivo dell'idea di resto appare anche nel- fotta esortando il popolo a cercare Dio
la congiunzione di sem, 'nome', con se'e- stesso, cioè il bene (Am.5,6.14). Entro
rlt (2 Sam. r4, 7; Is. f4, 22). Nell'uso questo triplice momento, senza alcuna

12 Per il significato del concetto di 'resto' nel Però questi passi possono essere adotti per de-
complesso dell'escatologia dell'A.T. si deve no- terminare il concetto teologico di 'testo' sol-
tare che l'attesa della salvezza del 'resto' è tanto se in essi ha luogo un'esplicazione uni-
spesso presente anche nei passi in cui non ven- voca del concetto di 'resto', 'restar superstiti'
gono usati i termini 'resto' o 'restar superstiti'. o 'venir salvati'.
547 (1v,203) ÀEtµµa x:tÀ. (V. Herntrich)

connessione o mediazione esplicita, si stato assunto nell'escatologia della sal-


parla di resto (Am.5,15: «Odiate il male vezza come termine tecnico, previa mo-
e amate il bene; osservate la giustizia al- dificazione del suo senso originario,
la porta; forse Jahvé, il Dio degli eser- benché resto e annunzio della salvezza
citi, avrà pietà del resto di Giusep- si escludano propriamente fra loro, da-
pe»). Una struttura analoga si può os- to che oggetto della salvezza non do-
servare anche nei profeti posteriori ad vrebbe essere un resto, ma tutto il po-
Amos. La difficoltà nel comprendere la polo nuovo 17 • Questa assunzione dell'i-
predicazione profetica deriva dal rap- dea del resto nell'escatologia della sa-
porto problematico che unisce queste lute, quale ponte fra salvezza e rovina,
tre linee fra di loro. Perciò il problema è avvenuta, secondo il Gressmann, an-
della posizione dell'idea di resto entro cor prima di Amos, e precisamente per
l'annunzio profetico è tanto importante. opera delle scuole profetiche precano·
L'accostamento, spesso immediato, niche, che diedero a questo concetto un
di annunzio della salvezza e annunzio carattere dogmatico. Il popolo invece,
della rovina fu intuito in tutta 1a sua probabilmente, identificava il resto con
acutezza per la prima volta dal Gress- Israele, mentre i profeti lo intesero nel
mann 13• Egli crede di poter spiegare suo carattere originario. In tal senso lo
questo fatto solo supponendo che i pro- assunsero poi i profeti canonici. Ma an-
feti abbiano preso sia l'escatologia del- ché nella loro predicazione l'idea del re-
la salvezza che quella della rovina dal- sto non costituisce un vero ponte fra
le credenze popolari, lasciandole allo il messaggio della salvezza e quello del-
stato frammentario che forse avevano la rovina. Malgrado l'idea del resto, i
avuto in Israele fin dall'inizio 14• L'atte- due messaggi restano in gran parte con-
sa della salvezza e della rovina sono en- tigui, senza mediazione. Anche se si
trambe, originariamente, di natura miti- considera l'accentuazione della peni-
c·a e risalgono, secondo la convinzione tenza per il 'resto' come un apporto
del Gressmann, d' accordo in questo nuovo dei profeti, resta il fatto che
con Winckler e Gunkel, all'antico calco- questi si sforzano ben poco di creare,
lo babilonese dei periodi, basato sull'os- coll'idea del resto, una vera relazione fra
servazione della precessione solare. Nel- la predicazione della salvezza e quella
l'escatologia israelitica la salvezza e la della rovina. Poiché, secondo il Gress-
rovina sarebbero state poi congiunte in mann, tutta l'escatologia della salvezza
modo disarticolato o manchevole con è fondamentalmente opposta al caratte-
l'idea del resto 15 • In questo processo, re dell'escatologia profetica 18, l'assun-
secondo il Gressmann, l'idea del resto zione dell'idea di resto non significa,
appartiene originariamente all'escatolo- in fondo, che un adattamento occasio-
gia della rovina: tutti periscono, meno nale alla fede del popolo, verso la qua-
un resto 16• L'idea del resto non avreb- le i profeti assumevano un atteggia-
be nulla di consolante. Esso sarebbe mento positivo o negativo a seconda
13 Cfr. ~ GRESSMANN, Der Ursprung 229 ss. risurrezione. Egli crede comunque di dover ne-
14 Cfr. ibid.233 . gare che quest'idea esistesse nell'antico Israele
(238).
is Il Gressmann ravvisa un rapporto organico
fra salvezza e rovina nell'idea tardo-apocalitti- 16 Cfr. ibid.233.
ca della risurrezione, lasciando aperto il pro· 17 Cfr. ibid.233 .
blema se il popolo da cui Israele avrebbe pre-
so l'escatologia abbia conosciuto l'idea della 1s Cfr. ibid.236.
ÀEi:µµa. x:tÀ.. (V. Herntrich)

dei tempi e dei sentimenti. E cosl - è Israele stesso. Isaia poi avrebbe as-
anche prescindendo dallo schema adot- sunto il termine in questo senso e più
tato - la contraddizione logica fra la tardi annunziato · che il resto era solo
predicazione della salvezza e quella del- un piccolo residuo d'Israele e che l'ap-
la rovina si potrebbe risolvere sempli- partenenza ad esso dipendeva dalla con-
cemente con il ricorso alla cronologia, versione. Però originariamente l'idea
assumendo che i profeti abbiano cam- non fa parte, come pensa il Gressmann,
biato il contenuto del loro messaggio di un'escatologia catastrofica, ma salvi-
col variare dei tempi 19 • In tal modo il fica. Essa non ha neppur bisogno di me-
Gressmann aderisce aWinterpretazione diare fra salvezza e rovina; perché, co-
comune della predicazione profetica, me l'idea del resto, cosl anche la sal-
secondo cui l'accostamento di salvezza vezza e la rovina hanno la loro origine
e rovina vien spiegato per lo più per e unità nel mito dell'intronizzazione.
via psicologica 20 • Stando alle risultanze dei dati, l'in-
Secondo il Mowinckel l'ideale di re- terpretazione dell'idea di resto data dal
sto deriva dal mito dell'intronizzazione. Gressmann non è sostenibile. Prescin-
In questo mito, come nell' escatologia dendo completamente dalla confusione
più antica, si parla di un' «epoca terri- ch'egli fa tra la cosa di cui si tratta e
bile di catastrofi e calamità che abbrac- il suo rivestimento immaginoso, nella
ciano quasi il mondo intero e minaccia- teoria mitologica dell'aspettazione della
no d'inghiottire anche Israele e Geru- salvezza o della rovina, la sua spiega-
salemme per opera dei nemici di Jahvé zione è impossibile per il semplice fat-
e di Israele. Contro questo pericolo to che l'idea di resto appartiene origina- ·
J ahvé interviene con una catastrofe non riamente all'attesa della salvezza e non
meno estesa, distruggendo i nemici e della rovina. E con questo cadono anche
salvando Gerusalemme e Israele all'ul- le conseguenze che il Gressmann deduce
timo momento. Il 'resto scampato', sal- dalla supposta modifica di un'idea ori-
vato, è originariamente Israele stesso, ginariamente del tutto diversa. Oltre a
che è l'unico a sottrarsi al pericolo dei questo, egli ha inteso male 1' essenza
nemici e alla catastrofe del giudizio» 21 • dell'idea del resto, che non ha il carat-
Il Mowinckel inoltre, per sostenere che tere di 'ponte' fra aspettazione di sal-
con resto non s'intende un resto di Israe- vezza e di rovina, quasicché la conti-
le , ma tutto il popolo, si riferisce all'uso nuità del divenire dopo il giudizio to-
linguistico, nel quale il resto non è tale debba essere garantita dagli uomi-
chiamato J•' àr mijjifrà' el, «un resto ni e dalla loro conversione. Questo è
(tratto) da Israele», o qualcosa di si- pure l'errore fondamentale di tutti i
mile, ma SC'àr jzsrà'èl, «resto d'Israe- tentativi di spiegazione psicologica del-
le». Il Mowinckel ricorda pure i passi l'idea del resto. Nel messaggio profeti-
di Mich.4,7; Soph.2,7.9 e Ioel 3,5, dai co la rovina e la salvezza sono invece
quali gli sembra risultare che il resto unite in modo che la continuità del di-

19 Cfr. ~ GRESSMANN, Der Messias 7r. stesso profeta si spiega col variar di umore del
1JJOltre alla 'soluzione' critico-letteraria del pro- profeta. Si parla cosl di una 'felice incoerenza'
blema del rapporto fra predicazione di salvez- dci profeti, la cui lira non aveva «soltanto una
za e di rovina, su cui qui non occorre intrat- corda», per cui le loro vedute cambiavano se-
tenersi, la spiegazione psicologica è quella più condo la situazione e il comportamento dcl po·
comune. Secondo essa la contiguità delle paro- polo. Cfr. per es. ~ MEINHOLD, ro8.
le di salvezza e di rovina nel messaggio dello 21 Cfr. ~ MowINCKEL, 28r s.

la 11nndc len lco _vi


55I (IV,204) À.E~µµcx. xù. (V. Herntrich) (IV,205) 552

venire è fondata unicamente nell' azio- di Dio: 1. l'elezione del popolo; 2. la


ne di Dio che 'pone' il resto 22 • chiamata del profeta; 3. la promessa
Questa obbiezione dev'esser sollevata
anche contro l'interpretazione del Mo- del Messia.
winckel. Oltre a ciò egli non si accor-
ge che è lo stesso concetto di resto a Infatti il problema dell'origine della
rendere impossibile la sua spiegazione. testimonianza sul resto è tanto difficile
Che poi le sue considerazioni linguisti- perché quest'idea, pur cosl frequente
che su 5e• ar iisrii' el ecc. non permetta-
no le conclusioni da lui dedotte, lo di- nella letteratura canonica dell'A.T., non
mostrano le dizioni sa'arlt haggOim, pc- · è mai esplicata in tutta la sua ampiezza.
ltté haggozm, «gli ·scampati dei popoli», Pure in Isaia, nel quale essa occupa
dalle quali dovrebbe coerentemente ri-
sultare che il resto sono originariamen- una posizione centrale, manca questa e-
te i popoli. I passi citati dal Mowin- splicazione, almeno circa il concetto
ckel (Mich. 4,7; Sopb. 2,7 .9 e Ioel 3, stesso. Però proprio in Isaia trovasi la
5) escludono che Israele equivalga al
risposta al problema del resto, e pre-
resto. Dove si parla di resto, si presup-
pone sempre il giudizio di condanna del cisamente a partire dalla testimonianza
popolo, del quale solo una parte so- della chiamata del profeta (cap. 6). Qui
pravvive. All'idea di resto è inerente il esiste, nella stessa forma esteriore, un
concetto di prova e selezione. Ciò va-
le anche per i passi in cui, con pecu- rapporto fra la vocazione e il messag-
liare estensione dell'idea, si parla di gio del resto, sia alla fine del capitolo
'tutto il resto'. (6,13) sia nel collegamento immediato
· Studiare l'origine del concetto di re- del c. 6 col c. 7, nel quale compare per
sto non è come cercare l'origine di una la prima volta, nel nome del figlio, il
idea, ma la testimonianza sulla realtà termine s•'ar 23 • Ancor più chiaro però
di quel Dio che include il resto nella diventa il rapporto stretto, intimo, fra
sua azione. Perciò questo problema può chiamata e resto in Is.8,16-18, dove il
trovare, in ultima analisi, una risposta profeta annunzia che il resto del popolo
solo tenendo presente la struttura del- di Dio è presente simbolicamente in lui
la testimonianza sui tre atti della rive- e nei discepoli datigli da Dio; l'origine
lazione divina che stanno in modo spe- del resto, dunque, sta nella vocazione.
ciale al centro della storia del popolo Ma ciò vuol dire che il termine ha la

22 Perciò non sono in contrnddizione tra loro ganica e manchevole fra rovina e salvezza. In·
neppure l'idea dcl resto e la fede nella risurre- vece proprio nell'idea di resto si manifesta tan-
zione, come vorrebbe il Gressmann. Questo to la continuità del divenire quanto lessenza
contrasto esisterebbe solo se la speranza nel del tempo della salvezza quale nuovo inizio
resto fosse una speranza nella conversione e nel segnato da Dio.
miglioramento degli uomini. La speranza nella
salvezza del resto, come nella risurrezione, è 2J Questo rapporto rimane, anche se non si
invece una speranza nell'azione di Dio. Perciò considera come originario il collegamento !et·
l'idea del resto non è una congiunzione inor- terario fra i capp. 6 e 7.
553 (1v,205) lE~µµa X't"À.. (V. Herntrich) · (IV,206) 554

sua origine là dove nasce l'escatologia, dove si parla dell' elezione d'Israele;
cioè nella venuta di Dio in questo tem- poiché anche la scelta d'Israele ha il suo
po terreno, colla quale egli si rivela agli fondamento nella venuta di Dio presso
uomini come il santo. il suo popolo. Ma in quanto è scelto,
Secondo la testimonianza di Is. 6, Israele assume la posizione di 'resto
questa venuta di Dio significa per gli d'Israele' 25 • Cosl Is.46,3 può dire: «A-
uomini, a cui Dio viene, la distruzione, scoltatemi, casa di Giacobbe, e tutto il
la morte (6,5: «Povero me, sono per- resto della casa d'Israele, voi, presi in
duto!»). Anche la coscienza dell' ele- consegna dal ventre materno, assunti
zione non offre sicurezza e salvezza dal seno della madre». Fin dall'inizio,
di fronte a questa venuta di Dio. Se- prima di entrare nella storia, Dio ha
nonché Dio stesso dona la vita (6,6. portato la casa di Giacobbe, il resto di
7 ). In quanto uccide il peccato, egli Israele. Egli lo porta attraverso il tem-
chiama il profeta. Perciò anche nel rac- po; erigerà in eterno sul monte di Sion
conto della vocazione d'Isaia la rovina il suo regno sul resto (Mich.4,7 ). Te-
non è che il rovescio della salvezza. nendo presente ls. 53 e Dan. 7 e il rap·
Tuttavia il resto ha il suo fondamento porto attestato in questi capitoli fra il
solo nella posizione assegnata da Dio. Da Servo ( 'ebed), o il Figlio dell'uomo, e
un lato appartiene al resto chi è chia- la comunità, è significativa l'ampia cor-
mato ~a Dio (cfr. Is.8,18: «1 discepoli rispondenza, entro le linee indicate, del-
che Jahvé mi ha dato»; cfr. Ier. 1,5; le asserzioni sul resto e di quelle sul
Ioel 3,5), dall'altro fanno parte del re- Messia (cfr. Mich.5,1 ss.; Is.9,6).
sto i credenti (cfr. Is.6,8; 7,9). Con ciò non si è detto però dove e-
Se il messaggio del resto è cosl espli- merga primamente l'idea del resto nel- ·
cito nella sostanza 24 in Is. 6-8, si può la letteratura a noi trasmessa, ma si è
dire che il nucleo dell'idea trovasi là solo sviluppata la struttura essenziale

24 L'aspetto della cernita o separazione trovasi zione (~ BAUMGARTEL, 67 ). Però non posso
in Is.6,6.7. . accettare l'opinione del Baumgartel, secondo
cui l'escatologia è possibile solo quando s'im-
25 Questo viene implicitamente a dire che qui pone il problema deJla teodicea(~ BAUMGAR-
si trova anche il nucleo essenziale dell'escato- TRL 76 n. 92). La testimonianza di Is.6, per
logia dell'A.T. Certamente l'escatologia non è es., è certo ben definita sotto il profilo escato-
sorta per cosl dire da se stessa nel cuore del logico; eppure qui non vien posto o risolto
popolo di Dio sulla base della viva speranza - esplicitamente il problema della teodicea. A
fondata nella rivelazione sinaitica - di un ri- proposito del rapporto fra elezione e resto de-
torno di Jahvé per fondare stabilmente il suo vono tenersi presenti anche i passi in cui la
regno (~ SRLLIN, r48). Essa invece ha il suo salvezza escatologica del resto è messa in rap-
fondamento nella venuta di Dio stesso, che - porto con la liberazione dall'Egitto (cfr. Is.4,
come si crede - si realizza con la sua presenza 2 ss.; Mich.2,n.r3; Ier.23,5 ss.; 3r,3r ss.; Is.
di quando in quando nella storia della rivela- 11,16).
555 (xv,206) ÀEtµµa. X't'À. (V. Herntrich) (IV,207) 556

di questa idea. Il problema cronologico Esegeticamente ci si chiede che sen-


dell'origine è di difficile soluzione, allo so abbia che Amos esorti 'tutto Israele'
a convertirsi, adducendo per motivo che
stato in cui si trovano i documenti del- poi Jahvé avrà 'forse' pietà del resto.
l'A.T. 26 • L'idea del resto è indiscussa Spesso, per rispondere al quesito, o si
cominciando da Isaia v . Però sembra è riferita la denominazione 'resto di
che anche in Amos non se ne possa ne- Giuseppe' all'Israele presente, esclu-
dendone l'interpretazione escatologica,
gare la presenza, a meno che non si vo- oppure si è negato che questo versetto
glia partire da un'idea erronea dc;:lla mis- sia di Amos, dato il suo contenuto con-
sione profetica; infatti gli argomenti cri- tradditorio. Però, tenendo conto del-
l'insieme del giudizio profetico e di pas-
tico-letterari che si adducono per met- si come Am.7,2.5, è fuor di dubbio che
tere in dubbio le pericopi in cui trovasi Amos poteva designare l'Israele setten-
il messaggio del resto, nel termine o trionale come 'resto di Giuseppe' anche
ai tempo di Geroboamo II. D'altra par-
nella sostanza, non sono tratti oggetti- te, 5,r 5 dev'essere inteso escatologica-
vamente dal testo, bensl dal presuppo- mente, se si tieri presente tutto il mes-
sto che Amos abbia potuto essere solo un saggio di Amos. Ma poiché escatologia
significa venuta di Dio hic et nunc, il
profeta di sventura. Ma è proprio que- 'resto di Giuseppe' è il popolo a cui
sto presupposto che contraddice a ciò Dio viene nell'oggi della parola profe-
che il testo esige. L'idea del resto non tica. La parola profetica significa sem-
pre, in certo modo, una soppressione
trovasi soltanto in Am. 5,6.14. r5: si del succedersi dei tempi. Perciò, anche
deve tener conto anche dei passi in cui riguardo ad Am.5,r5, non può porsi il
il profeta, con una dialettica tutta sua, problema della successione cronologica.
discute contro una falsa interpretazio- Quindi Amos presuppone già l' esi-
stenza dell'idea di resto come concetto
ne del resto, salvandone cosl, dialet· determinato escatologicamente 29 • Prima
ticamente, l'idea (Am. 3, I2; 9, 1; cfr. di lui 1' idea occorre in x Reg. r9, r8:
6,9}. Il 'forse' di Am.5,15 mette al si- «Ma io lascerò in Israele settemila, tut-
ti quelli le cui ginocchia non si sono
curo il messaggio del resto contro una piegate davanti a Baal». Qui è soprat·
oggettivazione sbagliata e assume di tutto il numero a suggerire che si trat-
fronte ad esso una posizione possibi- ta di un'idea già fissata, senza che il
messaggio del resto venga ulteriormen-
lista 28 • te sviluppato. Il resto è istituzione di

u Per es., mentre una parte degli esegeti attri- 28 Il messaggio del resto è esposto al pericolo
buisce un'importanza decisiva all'idea del re- di un'oggettivazione e quindi di un capovolgi-
sto nel messaggio di Amos (per es. ~ WEBER, mento, come lo è la testimonianza dell'elczio·
345), altri negano recisamente che essa vi ab- ne; e allora la fede nella salvezza del resto di-
bia posto (per es.~ MOWINCKEL, 280). venta la base su cui il popolo si costruisce da
sé la sua sicurezza.
27 Tuttavia anche qui è discussa l'autenticità di 29 II messaggio del resto manca invece in Osea,
tutti i passi in cui occorre il termine 'resto', ec· nel quale tutto il popolo di Dio (il regno del
cetto ls.7,3. nord) è soggetto di salvezza dopo il giudizio.
557 (IV,207) ÀE~µµa. x-.ì... (V. Herntrich) · (1v,208) 558

Dio; esso implica una selezione in I- nazione escatologica del discorso profe-
sraele; al resto appartengono i fedeli tico. Il resto è una realtà terrena (Mich.
di Jahvé.
La fonte elohistica usa già in Gen. 5,6.7), ma è insieme la schiera posta
45,7, in modo originale, il termine se'e- da Dio 'in quel giorno', alla sua ultima
rit in unione con pelé!a YJ. Anche qui venuta (cfr. la connessione fra Mich.4,
il testo, specialmente l'accostamento di
r-4 e 5,1 ss.). Qui non si dice nulla sul-
se' ertt e pel§ta, fo capire che si tratta di
un termine già fissato 31 • La fonte jah- la fede o sulla santità del resto, il qua-
vistica contiene il nucleo essenziale del- le è semplice istituzione di Dio, e con
l'idea di resto in Gen.7,23h (cfr. 6,8; 7, ciò determinato a sufficienza. Dei limi-
I.5). La 'sopravvivenza' di Noè nella
distruzione generale è fondata sulla mi- ti del 'resto' non si parla, perché, per
sericordia di Jahvé. quanto le espressioni sc'erit ;a'aqob,
s•' érit ;i.fra'él mettano in luce il rappor-
3. Il 'resto' come opera di Dio to del resto col popolo di Dio, coll'uso
a) Che il resto non abbia origine dal- assoluto dell'idea si fa evidente una di-
le doti dei salvati, ma dall'azione salvi- rezione in cui questo rapporto viene
fica di Dio, risulta dai passi già toccati ampliato.
(Gen.7,23b; 45,7; I Reg.19,18; Am.5, In Isaia la posizione del resto è già
15). Ciò diventa ancor più chiaro là do- indicata nel racconto della vocazione.
ve incontriamo l' idea del resto come Anche in Js.8,16-18 si mette in rilievo
concetto teologico dell'escatologia pro- che la 'comunità dei discepoli' è un do-
fetica. Cosl Mìch-4,7, usando il termine no di Dio ('aser niitan li ;hwh, « ...che
5e'erlt in senso assoluto, dice: «Voglio Jahvé mi ha dato»). Non il profeta ha
fare di chi zoppica un resto e di chi è il compito di creare o raccogliere il re-
stanco un popolo forte». Dio stesso sto; è Dio che lo crea, come dice il pro-
riunirà il 'resto d'Israele' (Mich.2,12). logo (1,8.9). Qui è detto in primo luo-
Il resto di Giacobbe sarà «come rugia- go che nel giudizio di Dio è rimasto
da di Jahvé» (Mich.5,6), che viene di- superstite soltanto la figlia di Sion. Ma
rettamente da Dio, senza dipendere ed anche questo resto miserevole non esi-
essere determinata dall'uomo. In que- ste da se stesso. «Se Jahvé degli eser-
sti passi è peculiare anche la determi- citi non ci avesse lasciato un resto, sa-

JO Da leggere, col Pent. sam. e altri, pljth (Bi- con riguardo a 2 Sam.14,7, vien qui tradotto
b/ia Hebraica, KITTBL). per lo più con 'discendenza' o 'generazione'
31 Cfr. FRANZ DELITZSCH, Komm. (1897), ad l.: (cfr. per es. B. H. GUNKEL, Komm.• [1922],
«Qui i concetti S'rjt e pli{h, giunti più tardi a ad l.); ma bisogna dire che in 2 Sam. 14,7 la
grande significanza nella profezia, compaiono traduzione di S'rjt con 'discendenza' non è si-
in modo esemplare sulla bocca di Giuseppe, il cura (cfr. W. CASPARI, Komm. [1926], ad l.).
salvatore della sua famiglia e, per essa, del po- Lo stesso vale per Is.14,22; Ier.11,23. La divi-
polo futuro, il tipo di Cristo». È vero che J'rjt, sione delle fonti proposta dal Gunkel per Gcn.
559 (IV,208) À.e~µµa x-c).. (V. Herntrich)

remmo divenuti come Sodoma, uguali sulla santità dei suoi membri (4,4). Non
a Gomorra» 32 • Il resto basa la sua esi- è un resto che proviene da Sion (non
stenza soltanto su Jahvé. Ciò significa m~jwn, m;rwslm) 33 , ma che è posto per
pure Is.7,3. Il nome del figlio del pro- Sian.
feta non indica che un resto rimane, a In altro senso è invece volta l'enun-
condizione che Achaz o il popolo di Dio ciazione di Is.37,32 (2 Reg.19,3r): lo
si convertano. Il nome di s•'ar iàiub, zelo di J ahvé farà uscire il resto da Ge-
<mn resto ritornerà», è una promessa rusalemme e una schiera salvata da
incondizionata: «Up. resto sorgerà nel Sion. Questa pienezza di affermazioni
posto giusto». Il problema non è se ri- sul resto nel Libro di Isaia è riassunta
manga un resto, ma solo chi ad esso ap- in Is.28,r6, dove senza usare il termine
partenga. Perciò la promessa del resto - come in 8,16-18 - si parla della isti-
è un'esortazione a credere, poiché in tuzione del resto: «Perciò il Signore
essa è incluso anche il giudizio: «Se Jahvé ha parlato: ecco, io colloco co-
non credete, non rimarrete» (cfr. Is.7, me fondamento in Sion una pietra di
2-9; 10,20 ss.). prova, una pietra angolare di fondazio-
Anche in Is.6,13 è promesso il resto. ne preziosa: 'Chi crede non sarà confu-
E qui si fa capire coll'immagine del se- so'». Dio stesso pone il fondamento per
me che il resto sarà una creazione nuo- il resto. Quanto è detto sulla fede, è
va. Dio riscatterà il resto del suo po- l'altro lato di questa enunciazione. La
polo (Is. II,II) e riunirà i dispersi di fede è la garanzia dell'esistenza nell'og-
Israele (II ,12) egli che segna una stra- gi (!s.7,9), nella nuova comunità (Is.
da al resto del suo popolo {II,16). Dio 28,r6); essa non è opera dell'uomo: è
stesso sarà la corona e l'ornamento del Dio che pone la pietra angolare su cui
resto (Is. 28 ,5 ). Lo dice anche la peri- sta scritta la parola della fede 1-1.
cope di Js.4 ,2 ss., dove il discorso as- Con queste asserzioni di Isaia con-
sume un tono individuale: apparterrà corda Soph.3,12 .13. È Dio che lascia
al resto colui che sarà iscritto nel libro sopravvivere un popolo umile e picco-
della vita. Chi apparterrà al resto sarà lo, come resto d'Israele. Fra i salvati
detto 'santo'. Ma anche qui è chiaro dal giudizio si trova «colui che Dio
che la salvezza del resto non è fondata chiama» (loel 3,5; dr. 4,16). Una for-

45,7, secondo cui il v. 7a dovrebbe appartene- 34 Contro ~ MEINHOLD r34: «Per Isaia è dif-
re a J, è scarsamente probabile, poiché è da no- ficile che la fede sia fondata da Jahvé; essa è
tare che frit e pli!h vengono formalmente con- invece un atto dell'uomo (I.r.7,r ss.). L'uomo
giunti anche altrove. può decidere con la sua volontà di concedere o
32 Al v. 9 bisogna cancellare km'! (cfr. codd. negare fede. Che questa stessa volontà sia sog-
G L S V); v. Biblia Hebr., KITTEL. getta all'influsso divino, è un'idea che manca
33 Cfr. O. PROCKSCH, Komm, (r930), ad l.
in Isaia».
"ì.Ei:µµcx XTÀ-. (V. Herntrich) · (1v,210) 562

ma completamente originale dell'idea si la della salvezza d'un resto, l'esistenza


incontra in Ezechiele: Jahvé lascerà un di questo può esser fondata solo nell'a-
resto nella distruzione di Gerusalem- zione di Dio. Questo rapporto fra con-
me, affinché da questo rimanente sal- danna totale e salvezza del resto viene
vato si riconosca quanto giusta era sta- sviluppato in Is.r,8.9. In secondo luo-
ta la condanna di Gerusalemme (Ez. go enunziano esplicitamente che la sal-
14,21 ss.) 35 • Dio può porre perfino i vezza dipende dalla mano salvatrice di
Filistei come resto da incorporare nel Dio quei testi in cui la salvezza del re-
regno messianico (Zach.9,7). Ma il re- sto vien messa in rapporto colla libera-
sto d' Israele sarà la mirabile nuova zione del popolo dall'Egitto. Questa re-
creazione di Dio: «Cosl parla Jahvé de- lazione si può avvertire in Is.4,2 ss. e
gli eserciti: se in quel giorno questo Mich.2,r2.r3; in Ier.23,5ss. e 3r,3rss.
sembrerà impossibile al resto di questo si parla della creazione di una comuni-
popolo, dovrà forse sembrare impossi- tà nuova, in antitesi alla liberazione dal-
bile anche a me?» (Zach.8,6). Anche l'Egitto e alla prima alleanza; e Is.rr,
in Bsdr.9,13 il resto salvato appare co- r6 dice: «Cosl c'è una strada per il re-
me un dono di Dio (w•natatta lanu p•- sto del mio popolo che sfuggirà ad As-
lé(a, «hai dato a noi un resto»}; sur, come ce ne fu una quando Israele
Però la posizione e la consistenza del usd dall'Egitto».
resto si fondano nello zelo (2 Reg.19, c) Se il resto basa la sua consistenza
31; ls.37a2) o nella giustizia di Dio solo sull'azione divina, non è però a di-
(Is. 10,20 ss.; Esdr. 9, 13. 14), nella sua r~ che l'idea del resto sia un concetto
grazia (Gen.6,8; Ier.31,2), nella sua mi- quantitativo, quasicché con esso si in-
sericordia (Am.5,15; Is.46,J), nel suo tenda un gruppo di scarsa consistenza
aiuto (Ier.31,7) e nel suo perdono (ls. numerica. L'idea del resto implica ben-
50,20; Mich.7,18.). s1 l' indicazione della grandezza della
b) Che il resto si fondi nell'azione di condanna, ma non quella di un nume-
Dio, è cosa che vien messa in rilievo ro ridotto di salvati (cfr. però Deut.4,
sotto due aspetti. In primo luogo coi 27; 28,62; Is.ro,22). C.Osl in Mich.2,
testi profetici, nei quali è annunziato r2 è detto che il resto diverrà «una
un giudizio divino totale ( cfr. per es. moltitudine che fa gran rnmore». Per
Ez1,7.r6.24.25; Ioel 2,3; Am.3,12; 5, Mich-4,7 'resto' e 'popolo forte' sono
1.2; 6,9.ro; 8,1 ss.; 9,r ss.; Lam.2 ,22). paralleli. In Mich.5,6 .7 l'immagine del-
Se, malgrado la condanna totale, si par- la rugiada contiene implicitamente l'in-

35 Sul rapporto di questo passo con Ia dottrina Ezechiele, dr. J. HERRMANN, Komm. (r 924),
della retribuzione individuale proclamata da ad l.
Àt~µµa xù. (V. Herntrich)

dicazione della grandezza numerica del giudizio finale di Dio nel presente del-
resto, e in Ier.23,3 si dice che esso si la visione profetica (E.~.9,8; n,13), o
moltiplicherà e sarà fecondo sulla terra; i servi di Jahvé, provvisti del segno,
un pensiero spesso ripetuto in altri pas- che vengono salvati da quel giudizio
:>i, dove non ricorre il termine, ma è (Ez.9,4). Per Is.46,J è tolto ogni limite
presente l'idea. temporale: il testo è la casa di Giacob-
d) Il carattere speciale del messaggio be, a cui il profeta sta parlando, quella
escatologico dell' A. T. · implica che si che Dio ha portato fin dall'inizio e con-
parli del resto come d'una realtà · insie- tinuerà a portare.
me futura e presenté. Come realtà pre- Quando si parla del resto come di
sente il resto compare nel periodo an- qualcosa che è presente, lo si può iden-
teriore ad Amos (dr. Gen.7,23; 45,7; tificare con una realtà storica attuale.
r Reg.19,18). In Amos, col termine 're- Ciò è ovvio soprattutto nei testi post-
sto di Giuseppe' è inteso il popolo di esilici, nei quali esso coincide in ampia
Dio a cui il profeta annunzia la venuta misura coi Giudei tornati dall' esilio
di Dio nel presente (Am.5,15). Per Is. (cfr. per es. Zach.8,6; Esdr.9,8.13.15:
l,8.9 Sion è rimasto come un resto la- Neem.1,2.3) 36•
sciato da Dio. Il profeta stesso e il e) II problema dell'identificazione del
gruppo dei discepoli a lui donati sono resto in una realtà storica s'impone an-
il resto presente in Israele (Is.8,16-18). che perché si parla molto spesso del
La peculiare implicazione mutua del di- suo rapporto con Gerusalemme - Sion.
venire storico ed escatologico s'incon- Sion sopravvive come resto (Is. l ,8 ). In
tra specialmente nei testi messianici di Sion Dio pone il resto (Is.28,16.17); là
Isaia, nei quali la venuta del Messia è vengono insediati i rimanenti (Is. 4, 2
descritta come imminente (Is.7,ro ss. ), ss.). Isaia e i discepoli a lui donati da
anzi come già irrompente (Is.9,5 ). Ma Jahvé sono simboli del Dio che abita
nello stesso tempo il profeta dice che il in Sion (Is.16-18); da Gerusalemme u-
Messia sarà dato a 'noi' (cfr. 7,ross.: scirà un resto e una schiera superstite
'immanu' è/; 9, 5: due volte tanti, «a dal monte Sion (Is. 37,32; cfr. 2 Reg.
noi»); questo liinu è riferito al 'resto', 19,31 ). Anche in Michea è chiaro il rap-
della cui esistenza presente parla Is.8, porto del resto con Sion (Mich.4,1 ss.)
16-18. e con Betlemme (Mich.5,1 ss.). Dio a-
In modo simile parla Ezechiele. Il vrà cura che rimanga un popolo umile
'resto' sono quelli in cui si compie il e piccolo sul suo monte santo (Soph.3,

36 Però cfr. pure, per es., 2 Reg.25,n.22; Is. Ez.9,8 ; II,13; Ag.r,12.14; 2,2; Zach.8,6.xr.
37,4 (2 Reg.19,4); Ier.24,8; 40,6.11.15; 41,10. n ; 2 Par.34,21; 36,20.
16; 42,2.r5.q.19 ; 43,5; 44,7.12.14.28; 52,r5;
ÀErµµa. x-.)... (V. Herntrich) .(1v,2r2) 566

11-13; cfr. Is.11,4; 14,32). In Ier.23, queste designazioni inducono a chie-


3 ss. trovasi il rapporto del resto radu- dersi chi sia che appartiene al resto e
nato con la terra santa; in I er. 3 r, 6. 7 dove esso si attui. Se qui traspare da
si esorta il resto d'Israele a salire sul una parte l'intenzione d'identificare il
monte Sian, ove ci sarà salvezza nel gior- 'resto' con una realtà storica (potendo
no di Jahvé (Abd.17); colà troverà sal- cambiare nei vari periodi la realtà desi-
vezza ogni superstite che invochi J ahvé gnata come resto) e comunque di colle-
(Ioel 3 ,5 ). La creazione nuova del resto garlo a Israele o a Sian, d'altro ca11to
da parte di Jahvé avrà luogo a Gerusa- non si deve ignorare che già il concet-
lemme (Zach.8,1-6); nel giorno di Jah- to stesso si oppone radicalmente a que-
vé una parte della popolazione di Ge- sta identificazione e che, d'altronde, nel-
rusalemme rimane come resto (Zach. l'A .T. si vede come il resto venga este-
14,2 ). Il resto salvato e Gerusalemme so oltre ogni limite e legame. Questo
sono strettamente congiunti anche nei ampliamento esiste soprattutto dove il
libri di Esdra e Neemia (Esdr.9,8.13. concetto è usato in modo assoluto (cfr.
15; Neem.r,2.3). per es. Is. 7 ,3; Mich.4,7 ). Bisogna però
tener ben presente che il problema del
Se è vero che questo rapporto con limite del resto non si può quasi mai
Gerusalemme-Sian s'incontra special- risolvere in base al testo. Ciò è ovvio
mente nei testi postesilici, è però inne- specialmente nei passi in cui la fede
gabile che anche Isaia parla del resto compare come la controparte dell'ope-
in modo che esso sembra congiunto in ra di Dio nell'istituzione del resto (cfr.
larga misura con Sian. Qui è difficile Is.7,2-9; 28,16 .q; 8,r6-r8). Evidente-
parlare di un tratto 'antico' della pro- mente Isaia, nell'incontro con Achaz (7,
fezia isaiana; risulta invece che anche 2 ss.), parlando del resto non intende

il messaggio del resto appartiene agli e- Giuda, ma i credenti, per i quali la pro-
nunciati di fede inquadrati nella storia messa ha valore. Con questa promessa
del popolo di Dio, determinata dall'e- proprio la realtà politica di Giuda, e
lezione e dall'alleanza. perfino quella del re che siede sul tro-
In questo rapporto con Sian trova no di David, vengono messi in forse.
espressione lo stesso legame indicato Però, il problema del limite per il grup-
da designazioni come s•' érit ;a'ìiqob' po dei credenti non viene risolto, come
p•letat jifrii'él, s•'érit josép, ·rérit jifrii- non lo è in riguardo a coloro («a noi»,
' él, le quali congiungono l'idea di resto lanu) a cui il Messia vien donato (ls.7,
col nome del popolo di Dio. Anche ross.; 9,5) 37• Parimenti ogni individua-

37 Cfr. anche Js.n,4; 14,32.


À.EÌ:µµa xù. (V. Herntrich) (IV,.213) 568

li2zazione dell'idea di resto implica la carne la ragione), e soltanto in seguito


fondamentale possibilità d'un amplia- della sua conversione o fede. Se dagli
mento (cfr. Is.x,9; 4,2 ss.; 7,2-9; 7,xo imperativi profetici di Am.5,6.14 si po-
ss.; 8,I6-18; 9,1 ss.; Ez.9>4). Se si può tesse concludere che l'atteggiamento de-
dire che il profeta rappresenta il resto in gli uomini è decisivo per la loro sal-
quanto è chiamato (cfr. Is.6,r ss. con vezza, questo malinteso verrebbe escluso
Js.8,16-x8), in Is.40 ss. si parla del Ser- dalla dubitazione ('forse') di Am.5,15.
vo ('ebed) e del suo rapporto col popolo [s.ro,20.21 dice che il resto di Giacob-
di Dio in modo che il salvatore e Ia co- be edificherà su Jahvé, il Santo d'Israe-
munità del resto sembrano includersi re- le, e si convertirà al 'Dio possente' (el
ciprocamente: il Servo è il rappresen- gibbOr). Ma anche qui si presuppone
tante del popolo di Dio. Ma anche que- che il giudizio e la salvezza del resto
sta restrizione significa del pari un am- sia già avvenuta indipendentemente dal-
pliamento (dr. Js.42,I.3+6); poiché la conversione. Certo, a prima vista
quale sia il 'limite' dei 'molti' (rabbtm) sembra che ro,22 debba interpretarsi in
né il testo dice né è, per principio, pos- questo modo; però se'iir jiisub è da tra-
sibile dire (cfr. Is.52,13 ss.). dursi, secondo il senso: «Un resto arri-
va allo stato giusto», poiché non si par-
4. la 'conversione' del 'resto' la della conversione a Dio38•
Se il resto è opera dell'azione gtatui- L'atteggiamento del resto è l'attesa
ta di Dio, la conversione degli uomini perseverante (ls.8,16-18; cfr. anche 30,
non può essere il ptesupposto essenzia- 15-I8). Chi crede appartiene al resto
le per la sua esistenza. È vero che nel (ls. 7,9). Ma questa affermazione può
passo tardivo di 2 Paral.30,6 la conver- venire anche capovolta: chi appartiene
sione degli Israeliti sembra essere una al resto crede (Js.28,16.17). E con que-
condizione perché Jahvé diventi benevo- sto significa che la fede non è la condi-
lo verso il resto, ma vi si presuppone zione per appartenere al resto, ma sol-
anche che sia sopravvissuto come resto tanto l'altro lato della sua realizzazio-
ciò che è sfuggito al giudizio. ne. Anche in Is.4,2 ss. la 'santità' del re-
In realtà si parla quasi sempre, pri- sto non è la ragione della sua esistenza;
ma, della salvezza del resto (senza indi- sono invece i rimasti che saran chiama-

38 Cfr. FRANZ DELITZSCH, Komm.~ (1889), ad l. vv. 20-21. In realtà il v. 22 sembra un'esegesi
Le ragioni che B.DUHM, Komm.• ( 19.22), ad l., posteriore del v. 2 r. D'altra parte si deve tener
adduce per assegnare i vv. 20-23 al rr sec. a.C. presente che il concetto stesso di resto contie-
non convincono. Anche O. Procksch ritiene ne i due aspetti diversi rilevati nei vv. 2 1 e 22.
che i vv. .22-23 siano un'aggiunta posteriore, Perciò non è impossibile che Isaia stesso ab-
perché in essi dominerebbe il pessimismo, in bia sviluppato l'idea del resto anche nel senso
contrasto con le affermazioni ottimistiche dei espresso al v. 22.
ÀEtµµa. x~À.. (V. Herntrich) (lV,213) 570

ti santi; quindi solo in questo senso si morale o religioso il resto di Lev.26,


può parlare di un resto 'santo'. Anche 3 6. La peccaminosità del resto è messa
in Soph.3,n.13 la fede e la santifica- in rilievo specialmente in Ez.14,22, poi-
zione appaiono come l'altro lato della ché esso è salvato affinché dal suo pec-
formazione del resto ad opera di Jahvé. cato appaia più evidente la giustizia del
Queste affermazioni sulla natura del re- giudizio divino. Questa accentuazione
sto sono riassunte in Ioel 3,5: «Ma del peccato del resto si spiega anche
chiunque invocherà il .nome di Jahvé col ripetuto riferimento a una raltà
sarà salvo, perché sul monte Sion e in storica determinata, pér cui 1' indica-
Gerusalemme dovrà esservi salvezza, zione del peccato era fìn troppo facil-
come ha detto J ahvé, e sarà fra i super- mente suggerita dalla situazione reale
stiti colui che Jahvé chiama» (cfr. Ioel della 'comunità superstite'. Però non si
2,ù; Ez.9,4) 39 . deve dimenticare che proprio l'indica-
Che il resto non esista grazie alla zione del peccato si fonda in ultima a-
santità dei suoi membri, appare chiaro nalisi sulla struttura stessa dell'idea; in-
infine in quei passi nei quali si parla fatti questa indicazione mette in mag·
dei peccati del resto. Dio stesso deve giare evidenza che è Dio quello che crea
detergere la sporcizia della figlia di Sion il resto ex novo. In 'quel giorno' Dio
e cancellare la colpa capitale di Geru- estirpa «i nomi degli idoli» e lo «spi-
salemme con Io spirito del giudizio e rito impuro» dal paese (Zach. r3,2). E-
del fuoco (Is. 4,4); deve perdonare il gli colloca nel fuoco quel terzo che è
peccato al «testo della sua eredità» stato salvato e ve lo fonde come l'ar-
(Mich.7,18). «In quei giorni e in quel gento, lo purifica come l'oro (Zach.13,
tempo, dice Jahvé, si cercheranno le 8.9) 40 • Quando i membri del resto non
colpe d'Israele, ma non si troveranno, commettono più ingiustizia né dicono
perché io perdonerò a quelli che lasce- menzogne, danno la risposta alla loro
rò sussistere» (Ier.50,20). Ai superstiti salvezza (Soph.3,12.13). Allora Dio di-
si dovrà perdonare, perché «tutto il re- struggerà il materiale bellico e gli og-
sto» superstite sarà tratto da «questa getti di culto presi ai Cananei (Mich.5,
generazione malvagia» (Ier.8,3). Anche 9 ss.); e come la purificazione del resto
il contesto di Ez.9,8 e rr,13 mostra doveva avvenire per mezzo dello «spiri-
che il resto di cui si parla non è senza to del giudizio» (Is. 4,4), cos1 il suo
peccato; tanto meno poi è di carattere rinnovamento si avrà per mezzo del do-

39 Il modo in cui di solito gli esegeti parlano 40 L'idea del giudizio purificatore non ba però
di conversione, moralità o religiosità e santità nell'annunzio del resto, neppure approssimati-
del resto, non si giustifica con questa autote· vamente, l'importanza che di solito le si attri·
stimonianza dell'A.T. buisce.
571 (1v,2r3) ÀE~µµci x.ù. (V. Herntrich)

no dello spirito, che opera la nuova ob- non solo del popolo di Dio, ma anche
bedienza (Ez. 36,24-27; 37,23.24; 39, dei gentili. Il giudizio sui popoli è una
29; Ioel 3,rss.). costante dell'attesa escatologica; ma i
popoli non saranno distrutti totalmen-
5. Il 'resto' e i popoli
te:_anche di essi rimarrà un resto. Per-
Benché costituito da un atto divino, ciò nel Deuteroisaia i pagani superstiti
il resto rimane una realtà umana. Per- sono chiamati a raccolta per trovare la
ciò si pone ìl problema del suo rappor- salvezza e la salute in Jahvé, l'unico sal-
to con i popoli. E proprio in q~esto vatore (Is. 4 5 ,2 o ss.). Anche queJli che
punto Ja sua natura vien descritta con sfuggono all'ultimo giudizio sui popoli
colori di un marcato realismo. Esso esi- vengono messi al servizio di Jahvé: essi
scerà «in mezzo ai popoli» (Mich.5,6); non vengono soltanto inviati ai popoli
ma non dipenderà dagli uomini (ibid.); per annunziare loro la gloria di J ahvé
anzi, regnerà sui popoli «come un leo- manifestatasi nel giudizio, ma ricevo-
ne fra gli animali selvaggi, come un no pure l'incarico di portare con sé i
leoncino fra i greggi delle pecore, che fratelli, affinché questi possano essere in-
balza loro in mezzo calpestando e dila- corporati al servizio di Jahvé {ls.66,19
niando senza che alcuna si salvi» (Mich. ss.). Qui però, non meno che in Ioel 3,r
5 ,7 ). Il resto saccheggerà i popoli con- ss., non si può dire con sicurezza se «i vo-
finanti con Giuda (i Moabiti e gli Am- stri fratelli fra tutti i popoli» (Ioel 1 ss.:
moniti), ereditandone i beni (Soph.2,9; «ogni carne») siano i Giudei della dia-
qui emerge più chiaramente il suo le- spora, oppure se si tratti di una porzio-
game col popolo di Dio); possederà la ne di gentili incorporati nella comuni-
tena accanto al mare ed abiterà le ca- tà~1. Comunque Zach .9,7 afferma che il
se di Ascalon (Soph.2,7). Queste paro- resto dei Filistei rimane per Jahvé, e
le però contrastano fortemente con Zach.14,16 dice che il resto dei popoli
Soph.3,12, dove il resto appare un «po- che avevano assalito Gerusalemme sa-
polo umile e piccolm>. Abbastanza spes- lirà di anno in anno per adorare J ahvé
so vien descritta positivamente la rela- e celebrare la festa dei tabernacoli. An-
zione dei popoli verso la comunità sal- che Ez.36,J.5 parla esplicitamente del
vata «nell'ultimo tempo». I popoli ver- resto dei popoli ed Ez. 36,36 afferma
ranno a schiere verso Sion per ricever- che il resto delle genti riconoscerà l'o-
ne la dottrina (Is.2,2-4; Mich-4,1-5) . pera di Jahvé nella restaurazione del po-
Però nell'A.T. si parla di un resto polo di Dio 42 •

41 Invece è difficile interpretare ieter 'elJiiw, «resto dei gentili».


<<il resto dei suoi fratelli» di Mich.5,2, come 42In Ezechiele e nei profeti postesilici si ma-
573 (IV,215) ÀE~µµa K-rÀ. (G. Schrenk) (rv,215) 574

6. La comunità del '1·esto' e il Messia vasi pure il risveglio del 'virgulto giu-
sto'), è opera di Dio. Comunque il rap-
Come esiste un rapporto fra il re-
porto fra il resto e il Messia già qui è
sto e Sion, cosi vi è in larga misura
cosl stretto, che vi appaiono chiaramen-
un rapporto del resto col Messia. An-
te le linee che conducono alle afferma-
che se questo rapporto non viene svi-
zioni del Deuteroisaia sulla relazione fra
luppato nei particolari, come avverrà
il Servo e il popolo di Dio. In ultima
per la relazione del Messia con quella co-
analisi, infatti, non si può decidere sul
munità ('noi') alla quale alludono il no-
solo testo di Is.28,16.17 se le parole
me di Emmanuele e Is.9,5, resta chia-
«pietra angolare, di fondazione prezio-
ro che il Messia è dato in modo specia-
sa» siano da intendersi come dette del
le a questa comunità, che incarna sim-
resto o innanzitutto del Messia, mentre
bolicamente il resto entro il popolo di
il rapporto col resto è stabilito prima-
Dio (dr. Is.8,16-18; l,9; 7,ro ss.; 9,5;
mente con l'espressione «chi crede non
n,r ss.). Questo resto si convertirà al
sarà confuso». Il Messia è dunque il
Dio possente (el gibbor, Is.ro,21), che,
fondamento su cui la nuova comunità
in base ad Is.9,5, dev'essere forse inte-
si costruisce 43 • Ancor meno si possono
so come un nome del Messia. Anche
separare tra loro il Servo e il popolo di
in Is.4,2 s. sembra esistere un rappor-
Dio nella testimonianza del Deutero-
to del resto con il Messia. Secondo Ier.
isaia. Qui il Servo, che ha portato su
23, 3 ss., Dio farà sorgere David per
di sé i peccati 'dei molti', è il rappre-
il resto, come un virgulto giusto, e in
sentante del popolo di Dio e solo in lui
lui Dio stesso sarà la giustizia del suo
1a nuova comunità trova salvezza.
popolo (v. 6). Allo stesso modo anche
in Mich. 5 ,I ss. la promessa del Messia V. HERNTRICH
è congiunta strettamente col messaggio
del resto, per il quale la nascita del C. L'IDEA DEL RESTO IN PAOLO
E NELLA LETTERATURA
Messia è l'inizio del tempo della sal-
APOCALITTICA E RABBINICA
vezza (cfr. Ez. 34,12 .13.23 ss.; 37,23.
24). r. Il resto in Rom.9-II

In questi passi non è detto espressa- a) L'idea profetica del resto, sogget-
mente che la comunità del resto esista ta a vari sviluppi e adattamenti, si tra-
soltanto nel Messia. Il tempo della sal- sforma man mano che viene applicata al-
vezza, che s'inizia con la venuta del le diverse situazioni storiche, benché si
Messia per il resto (fra i suoi doni tro- veda sempre l'intenzione di legarla a I -

nifestano gli inizi di una sistemazione, estesa 43 Cfr. O. PROCKSCH, Komm. (1930) ad l.
fino ai dettagli, dell'attesa escatologica.
575 (rv,215) ÀEtµµa. X'tÀ.. (G. Schrenk) (rv,216) 576

sraele e a Sian (~ coll. 564 ss.}. Paolo trova la conferma anche in Mosè: la
usa solo una piccola parte della gran- misericordia viene donata a chi Dio e-
de eredità profetica e vuole semplice- leva con libera sèelta. Mentre quest'at-
mente indicare quali aspetti di questo to misericordioso fonda il destino d'I-
messaggio si adempiono al suo tempo. sraele contro ogni giustizia basata sui
I passi da lui impiegati offrono ricon- meriti, la storia del faraone mostra il
fermata la concezione teologica del re- rovescio della medaglia: nel suo indu-
sto e il suo solido rapporto con Israele. rimento si manifesta la gravità del giu-
In Rom.9-u, dove. questo motivo si dizio di Dio, che si riserva anche qui
intreccia con altri, tutto mira a chiarire il diritto di decidere liberamente. L'u-
la situazione missionaria presente 44, ca- nico atteggiamento che a noi conviene
ratterizzata da una parte dal rifiuto op- è d'inchinarci in silenzio al potere in-
posto da Israele alla giustizia di Dio e, comprensibile della chiamata e della
dall'altra, dallo spettacolo dei gentili scelta sovrana (vv. 19-21).
che si accostano a Cristo. Questo de- Come debba applicarsi tutto ciò al-
stino, ormai visibile, d'Israele è forse la storia della salvezza, lo si fa capire
una testimonianza contro la giustizia di chiaramente in seguito, quando lo si ap-
Dio? Paolo risponde: la condanna all'in- plica all'esistenza della nuova comunità,
durimento non è un motivo di confusio- composta di Giudei e gentili. In essa si
ne senza speranza, ma solo l'adempi- manifestano continuamente i due lati
mento di un'antica parola di Dio. Fin dell'azione divina (del giusto corruccio
dall'antichità si doveva distinguere fra e della misericordia) in un atto solo.
Israele in quanto realtà fisica e l'Israe- Riguardo ali' Israele indurito, rimasto
le vero. Già al tempo dei patriarchi è in disparte, sono scritte le parole: «Dio
la libera chiamata di Dio - e non i soli volle mostrare la sua ira e far vedere
fattori naturali - che crea l'Israele au- la sua potenza sopportando con grande
tentico. Cosl Giacobbe risulta superio- longanimità i vasi dell'ira preparati per
re ad Esaù grazie al compito che gli è la perdizione». I vasi della misericordia
assegnato per la storia del popolo. Pre- invece, preparati per la gloria, simbo-
cedenza e posposizione provengono uni- leggiano la ·chiesa dei gentili. Però la
camente dalla predestinazione divina. contrapposizione non può essere asso-
Tutta la storia d'Israele dimostra que- luta, perché anche alcuni Israeliti sono
sta differenziazione, che non è ingiusti- pur sempre incorporati in questa co-
zia, ma attuazione d'una scelta. Se ne munità nuova. Perciò P aolo aggiunge

44 Cfr. G. SCHRENK, Der Romcrbrie/ als Mis- der reformierten Kirche, Festgabe fiir E.F.K.
sionsdok111nent, in Aus Theologie u. Geschichte Miiller ( 1933) 39 ss.
577 (1v,216) ÀEtµµa x-r>... (G. Schrenk)

intenzionalmente: «Quali egli ci ha chia- ticipio <TV'V't'ɵvwv della citazione di 9,


mati - non solo di tra i Giudei, ma an- 28 - che significa un taglio netto e im-
che di tra i gentili». pietoso - serve a Paolo per mettere in
b) A questo punto viene inserita l'i- forte rilievo l'idea del giudizio. Ma fin-
dea del resto. Ed essa significa veramen- tanto che rimane il seme (<T1tÉpµcx.) per
te - nella fondazione scritturale basata cui vale la promessa della salvezza (<rw-
sulla storia dei patriarchi e di Mosè - ih'}<TE"ttx:L ), permane pure valida la fedel-
la sintesi del messaggio profetico: ciò tà e la misericordia di Dio.
che la profezia offre per far intendere Paolo non ha bisogno di rendere e-
l'azione selezionante e differenziante di splicita l'idea del resto, perché questa
Dio, vien da Paolo riassunto nell'idea illumina plasticamente la situazione pre-
del resto. Questo è il culmine e la con- sente della nuova comunità che è l' ù-
clusione di quanto è stato esposto finora 'lt6ÀeLµµa. d' Israele fra le schiere dei
e, con la testimonianza profetica, confer- gentili (~tNyt). Ovviamente, qui si tien
ma il potere di quel Dio che fa grazia e conto della quantità. L'idea di resto ser-
condanna, potere decisivo, libero e indi- ve a sopportare, coll'aiuto della parola
pendente da ogni influsso. Tre detti profetica, quella sproporzione nella co-
profetici descrivono la natura della co- munità che disturba quelli che cercano
munità. Il suo primo carattere sta nel di guadagnare tutto Israele. Non esiste
fatto che ad essa vien chiamato il non- affatto un ampliamento dell'idea, appli-
popolo, i gentili, come è predetto da cata, per es., ai gentili. È invece stret-
Osea. Due altre prove, prese da Is.ro, to e solido il legame con la fede in
22 s. e 1,9, introdotte colle parole 'H- Cristo. L' Ù'1t6À.ELµµcx. è costituito dai
<rataç ot. xpa~EL Ù1tÈp 't'oli 'l<Tpa1}À, credenti in Cristo. Tutto lo sviluppo del
«Isaia poi proclama, parlando d'Israe- pensiero che va in questa direzione sta
le», adducono espressamente l'idea del sotto il segno della decisione e scelta
resto come una predizione riguardante sovrana di Dio. L'ira del giudizio e la
Israele (v. 29). Questa è quindi giusta, misericordia, la rovina e la salvezza, la
come Io è il detto di Osea sui popoli: prova e la consolazione sono congiunte
«Anche se il numero dei figli d'Israele in unità. Però il motivo della consola-
fosse come l'arena del mare (perché zione non viene ancora sviluppato. Ciò
non è la grandezza naturale del popolo avviene in Rom.II. In primo luogo è
che decide) sarà (però) salvato (soltan- detto: solo un resto. Anche per Paolo,
to) il resto» ("tÒ l'.11t6ÀELµµa:.) 45 • Il par- quindi, al concetto di resto inerisce l'i-

45 Rom.9,27: un6ÀELµµrt. {codd. SAB, Euseb.);


xa:i:O:ì..ELµµa (codd. DEFGKLP). LXX: xa-
579 (1v,2q) À.e~µµ« X'tÀ. (G. Schrenk) (Iv,218) 580

dea della selezione e della prova (~ che Dio determina tutto secondo la sua
coli. 558 ss.). La questione della respon- libera decisione. Il 'resto' deve invece
sabilità umana d'Israele, l'altro lato del- esser costituito da coloro che traggono
la stessa verità, è trattata poi, in Rom.9, la vita èx 7tlCTnwc;, ovx È~ Epywv, «dal-
30-xo,2r. All'inizio invece Paolo si fer- la fede, non dalle opere»; che invece
ma intenzionalmente alla libera azione di fare l'esperienza del giudizio di con-
di Dio. Proprio cosl viene schiacciata la danna inciampando nella «pietra posta
coscienza di libertà di chi disputa teo- in Sion» (À.Li}oc; èv :Ltwv ), vivono l'as-
logicamente, di chi crede d'essere asso- senso alla grazia, che viene menzionato
lutamente sicuro di Dio. La situazione poi, con speciale rilievo, in 9.33· Cfr.
presente deve perciò esser giudicata co- più avanti r I ,r 7: solo la èxÀ.oy1] ( =
sì: Dio ha il diritto di graziare una À.e~µµa) ha raggiunto lo scopo, cioè la
schiera di gentili e di salvare solo un re- giustizia di Dio. Secondo questa predi-
sto di Giudei. In tal modo la promessa cazione penitenziale purificatrice, tutta
fatta ad Israele non soffre rottura. La la forza consolatrice della speranza può
universalità della salvezza non viene essere riposta nel À.e:tµµa. Infatti è an-
scalfita. Però, che i popoli credano e cora sotto le sembianze del resto che
Israele no, resta uno scandalo che ri- viene presentato il primo dato conso-
chiede ulteriore spiegazione. lante per Israele, quando si aggiunge
c) Per questo Paolo, prima di svi- che Dio non ha rigettato il suo popolo,
luppare in Rom. rr l'idea del resto in che aveva scelto per primo. Come la
quanto motivo di speranza, tratta anco- chiamata del profeta è intimamente
ra della responsabilità d'Israele. La cau- connessa con l'idea del resto nell'A.T.
sa più profonda della sua caduta è l'ur- (oltre alla scelta del popolo e alla pro-
to contro la pietra dello scandalo. La messa del Messia, ~ coll. 551 s.), cosl
lotta fanatica contro la giustizia di Dio la chiamata dell'Apostolo, che viene
per difendere la giustizia propria; il strappato via da un giudaismo ostile e
disconoscimento della fede in quanto fanatico, comporta la conferma del re-
unica via per giungere a Dio; l'incredu- sto stabilito da Dio. La prova scrittu-
lità pertinace malgrado tutti i tentativi rale in u,2ss.,presa da 3 BaCT.19,10.1 8
compiuti da Dio per mezzo dei suoi - un passo dell'A.T. anteriore alle pa-
messaggeri e la loro &.xoi} pubblica; un role d'Isaia citate al cap. 9 - chiarisce il
ascoltare ( aXOUHV) che non è divenu- rapporto fra il procedimento attuato nel-
to un Ù'lttX.XOUEW, un «ascoltare con. buo- l'antica comunità israelitica e quello at-
na disposizione»: qui sta la risposta a tuato nella nuova. Ora si realizza lo stes-
chi si interroga sulla colpa d'Israele; ed so principio di allora. Negli strati più pro-
essa si colloca accanto all'altra verità: fondi della storia, dunque, la decisione
581 (1v,:n8) ÀEtµµa x-.À. (G. Schrenk) (IV,219) 582

spetta sempre all'unica e sovrana scelta rare soltanto finché la totalità (7tÀ:l}pw-
( ÈxÀoyl}). Come Dio lasciò salvo un À.dµ- µoc) dei gentili sarà entrata 48 • Qui ap-
µa. di 7 mila persone al tempo di Elia pare chiaramente che il testo per Paolo
- e pure allora il popolo era in gran non è che transitorio 49, e deve cedere
maggioranza indurito - cosl avviene an- il posto a un numero completo so. Esso
che ~v -re;> vvv Xtx.Lp(i>, «nel momento è quindi un numero fecondo, non una
attuale». Si tratta di un ÀE'Lµp.a. xoc-r'Éx- minoranza immutabjle.
Àoyi}v ;:lipL'toc;, di «un resto secondo
l'elezione della grazia» 46• Anche qui il 2. Confronto e sintesi
numero relativamente scarso di Israeliti a) Il resto e Israele. Non solo nei
della comunità di Cristo rappresenta il testi dell'A.T., ma anche nella lettera-
À.ei:µµoc. L'aspetto quantitativo è, an- tura apocalittica il resto appare legato
in larga misura ad Israele. Anche qui
cora una volta, indispensabile nel con- esso è un rimanente della totalità del
cetto. Come nel cap. 9, così anche qui si popolo. Certo, si trovano in questi
tratta di una realtà presente, non futu- scritti dei passi che, occupandosi cli ca-
tastrofi cosmiche finali, sembrano tra-
ra. Secondo u,7-ro gli altri Israeliti
scurare il problema d'Israele, come per
sono stati induriti da Dio secondo il es. Hen.aeth.83,8 (di data incerta). Pe-
suo giudizio di condanna 47 • rò il carattere israelitico dell'idea riap-
d) La locuzione sorprendente ripor-
pare in Bar.syr.40,2, dove il Messia pro-
tegge il resto del popolo che si trova
tata in II, 25 - 32 dal detto profetico nella terra santa. Questo accenno alla
sulla salvezza dell'intero Israele, è pre- terra santa in connessione con il resto
parata da II,rr-24. Scopo finale non è s'incontra variamente anche in 4 Esdr.
9,7 s.; x3,48; 12,JI-34: il Messia di-
il À.E'Lµµoc, ma la riassunzione e salvez- strugge l'impero romano, «però egli sal-
za di tutto Israele (u,15 s.). Nel vati- verà misericordiosamente il resto del
cinio, con le parole di u,25, 7twpwcnc; mio popolo rimasto nella terra santa».
La salvezza messianica giunge ai super-
a7tÒ µÉpouc; -re;> 'l<rpoci}À. yÉyovEv, «la
stiti in Palestina, anche se poi si parla
cecità ha colpito Israele (solo) in par- della redenzione dell'intero creato: 13,
te», ci si riferisce anche al ÀEi:µµoc, in 26. In Hen.aeth.90,30 (c. r35-rn5 a.C.)
i superstiti, descritti come pecore che,
quanto quest'espressione descrive l' in-
insieme con altri animali (le genti) ren-
durimento come un fatto pai-ziale. Esso dono omaggio a «quelle pecore» (i mar-
poi è solo temporaneo, destinato a du- tiri-guida), sono ancora il pio resto di

46 Formula analoga a Rom.9,n: !i xa-t' ÈxÀ.o- contrario di 'Ìjn'l]µa.) e indica l'ingresso dì


yi'jv 7tp6ì>ecrtc; (-7 ÈxÀoyi), coli. 495 ss.). tutti.
49 u,16: iÌ.7tetPX1Ì ò.yl<:J., plçu à.yla., 'primizia
47Perciò le parole «alcuni rami» che si leggo-
santa', 'radice santa', non si riferiscono al ÀE~µ­
no in u,17 sono intenzionalmente circospette. µcx, ma agli inizi della storia dei padri.
4SQui 7t)..1]pwµu significa probabilmente 'nu- so Cfr., più tardi, Eus., dem. ev. 2,3,47: Ù1t6-
mero completo' (mentre in rr,12 dev'essere il ÀELµµa. 't'OV 'lt<:J.V-t6c;.

JV 1u1ndr lessico. v1
ÀELµµcx xù. (G. Schrcnltj

Israele. Invece in Sib.5,384, il resto è me À.Ei:µµa XGt.'t'' bt>..oyrr.1 xapt't'oc;. E


il «popolo saggio» (Israele); ciò è det- questa realtà presente è certamente e-
to probabilmente ìn omaggio all'impor-
tanza d'Israele nella sua totalità. scatologica, in quanto tutto ciò che si
Nella teologia rabbinica l'idea del re- compie dopo la venuta di Cristo è un
sto è posposta all'attesa che il popolo foxa-.o'V. Il messaggio riguardante il re-
partecipi alla salvezza nella sua totalità.
I pochi Giudei espulsi per sempre e il sto ora è compiuto, ma solo come ini-
piccolo numero «dei credenti fra i gen- zio d'un risultato finale.
tili» non ne controbilanciano il peso (~
À.a6c;, col!. 133 ss.). Però l'esegesi della b) Elezione e idea di resto. Nella co-
sinagoga è ripetutamente costretta a spie- scienza apocalittica dell'elezione dei cre-
gare il termine 51• denti del tempo finale l' atteggiamento
di fondo è una restrizione settaria del-
Per Paolo, come s'è visto, il resto l'idea del resto. Questa letteratura af-
non è tutto· Israele, ma solo un fram· ferma, caratteristicamente, che un re-
mento d'esso, che però è come un se- sto salvato, distinto dalla totalità d'I-
sraele, diventa il dogma professato da
me nuovo che punta e si muove verso quelli che calcolano di poter esser in-
l'Israele totale. Paolo si serve di un'en- clusi fra gli eletti del tempo finale (-+
tità già mutevole e impiegata diversa- ÈxÀ.oyi) col. 5r9). Anche in Dam. 2, 9;
9, 10 B (~ col. 474) la comunità dei
mente nell'A.T., interpretandola riguar- sadochiti considera se stessa come il
do ai giudeo-cristiani. Questa idea è per resto risparmiato per il paese. Qui si
lui un .punto decisivo nella considera- ha un cambiamento notevole in confron-
to delle antiche profezie, in quanto l'i-
zione escatologica della storia, ma è ri- dea del resto viene applicata a un grup-
piena della coscienza della vita attual- po speciale, e questo gruppo la sostie-
mente vissuta. Nell'A.T. il concetto re- ne col suo senso d'esser eletto.
sta congiunto strettamente alla visione Dire che in Paolo si ha proprio una
della catastrofe futura; anche il IV di applicazione di questo genere, in corri-
Esdra, parlando di derelicti, relicti, re- spondenza al nuovo gruppo speciale dei
siduus populus meus (nel senso verbale Giudei credenti in Cristo, equivale a di-
di relinqui ~sopra; cfr. ÈÀ.Elq>ih1 in Sib. menticare che, con la fede nella salvez-
5,}84), dice ancora che questi ruderi su- za definitiva in Cristo, quest'applicazio-
perstiti del popolo sopravvivranno alle ne viene notevolmente innalzata al di
calamità della catastrofe finale; invece sopra dei limiti precedenti. Bisogna
la concezione apocalittica dei dolori e- inoltre tener presente che per Paolo,
scatologici vien messa in ombra nell'u- esattamente come nella profezia dell'A.
so paolino dell'idea di resto. Per Paolo, T., il nucleo essenziale dell'idea di resto
infatti, il resto non è più oggetto di at- è costituito in linea di principio dall'e-
tesa, ma una realtà presente, attuata co- lezione inviolabile d'Israele. II resto è

SI Quest'ultimo capoverso è di R. MEYBR.


ÀEi:µµa X'tÀ. (G. Schrenk) (1v,220) 586

prova di fedeltà verso questa elezione definizione predestinaziana (dr. ·apoc.


nella tribolazione estrema, opera di mi- Abr.29,q; il numero segreto dei rima-
nenti [~col. 5ro] ). Cfr. pure Rom. II,
sericordia mirabile, effetto della chia- 4: Xtl.'tÉÀ.t.'ltOV ɵ<X.U'tfi},
mata e della salvezza nella grazia del Nella letteratura rabbinica la giusti-
Dio che, secondo Rom.9,3-5, è entrato zin dalle opere è messa in rilievo. Men-
tre in Targ.Is.1,9 (Strack-Billerbeck m
in un rapporto straordinario col popo- 275) e in Targ.Is.53,ro (Strack-Biller-
lo dell'alleanza, che attua il suo intento beck I 482 alla fine) l'idea della realizza.
d'alleanza in quanto progetta di incor- zione gratuita del resto è conservata re-
lativamente pura, altrove invece è l'agi-
porare Israele nella nuova comunità. re umano (l'osservanza della Torà, l'ab-
bandono del peccato e dell'orgoglio)
c) Resto e Messia. Il riferimento mes-
che appare unilateralmente come ele-
sianico dell'idea del resto è posto in
mento costitutivo del resto (Targ.Is,4,
rilievo anche nelle apocalissi. Secondo
3 [Strack-Billerbeck n 125]; Targ. Is.
il IV di Esdra i rimanenti del popolo
ro, 22 s. [Strack-Billerbeck lii 275];
di Dio vivranno il periodo messiani- Sanh. b 98a [Strack-Billerbeck II ro4,
co (6,25; 7,27 s.; 9,7; 12,34; 13,24. sotto n.] ). Del tutto sulla stessa linea è
26.28 s.)., che, stando a 7,28, dura 400
Lev. r. 35 a 26a (Strack-Billerbeck II
anni. Nello stesso libro è poi messo in
170, riguardo alla risurrezione): il ri-
forte rilievo il dono della salvezza: es-
manente è colui che si occi.ipa della T o-
si saranno salvati dalle piaghe della tri- rà; oppure, per .dirla in linguaggio an-
bolazione e godranno la salvezza· e la
aa; II 617; II 469]). Peculiare è l'esege-
gioia del tempo messianico, ma vedran- dei dotti (Hull. b. 133 a; Sanh. b.92 a;
no anche la finis saeculi mei e la fine Meg. b. 6 a [Strack-Billerbeck IV 1074
del giorno del giudizio (6,25; 12,34). aa; II 617; 11469]). Peculiare è l'esege-
si di Is.1,9: la bat-q6l (voce) è il resto
La novità di Paolo consiste nel fat- della profezia (Cant. r. a 8,9 s. [Strack-
to che l'idea di resto appare esclusiva- Billerbeck II -562] ).
mente in rapporto col Cristo ormai ma-
Poiché si tratta della conversionee al
nifestato. Il resto esiste soltanto in lui.
Cristo presente, Paolo per applicare ap-
Ora esso non è costituito soltanto da fe-
pieno la profezia può valetsi di due a-
deli di Jahvé, ma da tutti colol'o che cre-
spetti importanti, lasciati in ombra dal-
dono nella giustizia di Dio in Cristo.
l'apocalittica: dell'idea deUa conversio-
Questi soltanto è il ),,l1Joc; ÉV .!:tw'V di
ne del resto (ls.7,3; ro,21 s.; Am.5,15)
Is.28,16 s., e chi crede in lui appartie-
e della condizione della fede (Is.7,9; ro,
ne a questo resto.
20 ss.; II.{; 28,16). La conditio sine

d) Il resto e la fede. Il contrapposto qua non per appartenere a questo resto


di :x;cx:t' ÉxÀoyrrv xapt"toc; è la giustizia è che si creda alla giustizia ottenuta p~~~·
dalle opere (Rom.n,6). Questo contra- mezzo del Cristo (Rom.ro,4). Però la
sto non è affatto superato nelle apoca-
lissi, benché anche in esse l'idea del salvezza dipende totalmente dall'unio-
resto sia congiunta, fra l'altro, con la ne a colui che fu risuscitato dai morti
À.Ei:µµa X-tÀ.. (G. Schrenk) (IV,221) 588

(Rom.ro,4.9). Presupposto che la fede non manca di riportarsi ai profeti, a Mich.


e la conversione sono l'altro lato della 5 ,6 s. che parla del resto di Giacobbe fra
fondazione del resto da parte di Dio le nazioni. Ben diversa è la concezione
e~ col. 567), proprio per ciò si deve dell'apocalittica. Mentre in 4 Esdr. I3.49
mantenere anche quest'altro punto: che la distruzione dei popoli pagani corre pa·
il resto esiste a condizione che ci sia la rallela alla salvezza del resto israelitico,
fede. E cosi l'opera di Dio si attua in in Rom.rr,rr s. abbiamo la nuova, carat·
correlazione con la decisione umana, in teristica concezione, secondo cui l'indu-
modo che l'una comporti l'altra. La fe- rimento di tutto Israele (eccezion fatta
de è un effetto operato dal Dio che at- per il resto) è veicolo della salvezza per
tivizza l'uomo muovendolo a credere, le genti. Mentre nelle apocalissi la cor-
cosi che la fede diventa - sotto l'azione da dei rapporti fra Israele e i gentili è
della grazia - un vero atto dell'uomo. del tutto fuori tono, Paolo, col suo det-
Essa non è mai un gpyo\I autoproducen- to profetico, osa esprimere una speran-
te che garantisce la continuità della gra- za che abbraccia la totalità sia dei gen-
zia. Però non si può sottacere che la fe- tili che di Israele (Rom.u,25 s. 31 s.).
de è anche ope1·a dell'uomo. Anche Pao- Quindi egli, applicando l'idea del resto,
lo parla prima della salvezza del resto, e non solo si è opposto al particolarismo
solo in seguito della sua conversione e e soprattutto al settarismo, ma ha mes-
della sua fede (cfr. Rom. 9 con Rom. so proprio quest'idea al servizio di una
rr). Però, tenendo conto di Rom.II, attività missionaria cosi vasta, che chia-
23: x1b(E~vo~ oÉ, M.v µiJ €mµÉvwcnv ma tutta l'umanità a entrare nel regno
'tij àmrnlq., ÈyxEV'tp~O'iì1]crovi:w., «ma della grazia. Pur senza riferirsi espres-
anche quelli, se non resteranno nell'in- samente ad affermazioni come Is.6,I3;
credulità, saranno innestati» (cfr. inol- Ier.31,7; Mich.2,12, egli è nello spirito
tre rr,20 ), ciò vale sub conditione fi- di quel messaggio, quando considera il
dei. Quel che si dice subito dopo: «per- resto come un seme santo o come il
ché Dio è capace di innestarli di nuo- ceppo di una perfetta comunità di Dio.
vo», non è che una nuova indicazione Questo, però, avviene in intima unione
dell'altro aspetto della medaglia. con la speranza per tutte le genti, e co-
c) Il resto e i popoli. Paolo si distin- sì la posizione speciale d'Israele resta
gue per l'universalismo trionfante in cui dissolta, e tutto è collocato nella pro-
sbocca la sua meditazione. E in questo spettiva della misericordia per tutti.
G. ScHRENK
),,EL'tovpyéw (H. Strathmann) (IV,222) 590

À.El/tovpyÉw, À.wtovpyla,
À.EL't'OUpyoç, À.EL't'OUp"(LXO<;

t À.EL'tOVpyÉw, t À.Et'tOVpyla 1. occorrenza e uso;


2. il significato di quest'uso.
SOMMARIO:
E. Il passaggio all'uso linguistico seriore
A. À.€L'\OVpyÉw, ),,eL'tOVpy(a. nel greco della chiesa.
extra-biblico:
1. la forma del vocabolo; L'attuale uso ecclesiastico della pa-
2. etimologia e significato di fondo;
rola 'liturgia' n(•n lascia più trasparire
3. l'uso linguistico:
a) l'uso linguistico politico-tecnico; alcuna traccia dell'originario significato
b) l'estendersi dell'uso politico-tecnico; dei termini À.Eti:oupyÉw, À.wi:oupyla:
e) l'uso volgare genericizzato;
d) l'uso cultuale specializzato. essi avevano semplicemente un signifi-
B. ÀEL'tovpyÉw, ).et'tovpy(a. nei LXX cato politico-profano. Però l'uso attua-
e nel giudaismo ellenistico: le non è del tutto senza collegamento
i . À.fL'\OVpyÉW:
a) occorrenze e rispondenti ebraici; con l'uso linguistico extra-biblico; ep-
b) À.Et'tovpyÉw come termine tecnico pure il cambiamento di significato si può
cultuale;
2. '),,€L't0Vpyla.; comprendere solo attraverso i LXX e
3. il rapporto tra l'uso linguistico dei LXX l'arricchimento cultuale-sacerdotale che
e quello extra-biblico;
4. l'uso linguistico nel giudaismo di lingua questi termini vi vennero assumendo. Il
greca. suo uso ecclesiastico è il risultato del-
C. Il 'servizio' cultuale nell't1so linguistico 1' accoglimento nel culto cristiano di
del git1daismo rabbinico:
1 . dati lessicali;
concetti veterotestamentari rivestiti di
2. l'idea cli servizio cultuale; forma greca. Ciò si può addirittura toc-
a) uso delle forme verbali;
b) u so dei nomi; car con mano nella letteratura del sec.
3. spiritualizzazione del concetto di servizio. rv. In seguito si dovrà determinare il
D. À€L'tovpyÉw, À.EL'tOvpyla. nel N.T. : posto che occupano le affermazioni neo-

À.EL'tOVpyÉW X'tÀ..
Sussidi lessicali ~ ),,a.6ç (nota bibliogc.). Inol- WrLCKEN I 1, cap. 8; I. ELBOGEN, Der ;iidische
tre K. F. H ERMANN - V. THUMSER, Lehrbuch Gottesdiemt in seiner geschichtlichen E11twik-
der griechischen Altertiimer I, 2 d( r 892) § 121; kl1mg ' (1931); L. ElSENHOFBR, art. 'Liturgie',
A.BOECKH, Die Staatshaushaltung der Athener in LexThK 'vr; G. RIETSCHBL, Lehrbuch der
1 3( 1886) 386 s. 534 s.; G. BusoLT, Griechische Liturgik I (1900) 3 s.; E . ACHELIS, Praktische
Staatskrmde n (1926) indice s.v. ' Leiturgien'; Theologie II (1891) l s.; DEISSMANN, Bibelst.
W. LIEBENAM, Stadtverwaltung im Riimischen 137 ss.; W. BRANDT, Die Wortgruppe À.E~"'ovp­
Kaiserreich (1900) 418.489; W. OTTO, Priester ')'E~V im Hebr. und bei Cl. Romanus: Jahrbuch
tmd T empel im hell. Agypten I (1905); II ( 1908) der -theologischen Schule Bethel (1930) 145 •
indici; FR. 0ERTEL, Die Liturgie. Studiett zrir q6; O. CASBL, À.EL'tOvpyla.- mimus: Oriens
ptolemiiirchen und kaiserlichen V erwaltrmg .ii- Christianus III 7 (1932) 289-302; H. WENsCH·
gyptens (1917) 2ss.; WncKEN, Ptol. (1927) in- KEWITZ, Die Spiritualisiertmg der Kultusbe·
dice ; Io., Ostraka 1 (1899) indice; MITTEIS· griffe... : Angelos, Beih. 4 (1932).
59r (1v,222) ÀtvroupyÉw (H. Strathmann) (1v,223) 592

testamentarie nell'evoluzione semantica Ier) rileva a proposito di ÀEL-roupyla.:


di queste parole. xuplwc; 'Ì) O'!)µo11la. U1t'!JPE<Tla. (la presta-
zione pubblica d'un servizio). 'ltO:.p«il
(conforme a) -rò À.1)~-rov xaì. -.ò ~pyov.
A. À.wroupyÉw, À.EL't'Oupyla L'espressione si collega dunque all'uso
NEL GRECO EXTRA-BIBLICO 'popolare' - non ancora presente in O-
mero, ma di cui si hanno testimonian-
r . La forma del vocabolo
ze a partire da Pindaro - della parola
L'Antico ed il N. T. conoscono sol- ~ À.a.oc;, in quanto serve a definire la
tanto la forma À.EL'toupye:iv, À.i::L-roup- comunità popolare. Per questo l'espres-
yla 1• La forma più antica è À'!)L:.oup- sione non si può trovare in Omero. À.Et-
ye:iv, À'!)L't'Oupylo:. A partire dal 300 a. -roupyE~\I dunque significa fare cose che,
C., però, nelle iscrizioni attiche e suc- in contrapposizione ad affari privati, so-
cessivamente nella koiné, in À'r)L't'OUp- no in rapporto con la comunità popo-
ye:i:v, À'!)L'toupyla, come pure in varie lare intesa come unità politica o, per
altre parole, il gruppo 'r)L è regolar- dirla in breve, con la comunità politica;
mente sostituito da f!L 2; ciò prova il più precisamente significa rendere un
cambiamento deila pronuncia ei in una servizio al popolo (come comunità po-
é lunga chiusa 3 • Quest'ultima nell'epo- litica), nel momento in cui si compie
ca romana, ma non ancora nei testi neo- qualcosa che propriamente sarebbe com-
testamentari, fu pronunciata, e a poco pito della comunità; ÀEL't'Oupyla., a sua
a poco anche scritta, L 4• volta, significa questo stesso fatto: ser-
vizio del popolo (Pape). Perciò Plut.,
2. Etimologia e significato di fondo an seni respublica gerenda sit x9 (II,
Àn-roupyi::iv è dunque formato da 794 a): Otaxovtxaì. ÀEt-roupylat.
À.fii:-roc;, 'che riguarda il popolo o la co-
munità popolare', e dalla radice Èpy-, 3. L'uso linguistico
che appare come sostantivo (ìtpyov) e a) L'uso linguistico politico-tecnico.
come verbo (omerico ~pow, ìtp~a.). Il
composto À.'r)L-roupy6c; sarebbe forse da Nonostante questo significato generale
parafrasare con À.fivra Épyal;6µe:voc;, di fondo, l'uso linguistico dominante
come O'r)µLoupy6ç con ofiµLa ÈpyasoµE- foi dal primo apparire della parola è tec-
voc;; donde poi À'!)L't'oupyEiv, -yl<t.., co-
me xaxoupyoc;, -yÉw, -yla [Debrun- nico. Secondo quest'uso ÀEt-roupyÉw si-
ner]. Perciò il lessico di Suida (ed. Ad- gnifica, a differenza del pagamento di

1 Accanto a Àwrovpyla si trova. anche la for- "EÀ.À'f]VE<;" ).iJ~-tOV yàp 'tÒ o1)µ6atov. Cfr.
ma ÀEL-.oupyriµa; cfr. Plut., sepl.sap.conv. 18 MAYSER I '(x925) !26 e K. MIUSTERHANS -E.
(n l6r e), a proposito dei delfini che a turno SCH\VYZER, Gra111matik der attischc11 Inschrif-
portavano Arione &aoEx6iu;voL wç àvayxaiov tcn '(1900) 38, punto 6.
Év µfpEt ÀEti;oupyT)µa xat 1tpocri)xov 1téiow. J Cfr. E. SCHWYZER, Griechische Grammatik,
Plut., Ages. 36 (1 616 d): ÀEi..-oupyr)µa. 011µ6- (1934) 20I.
atov. P . Lond. m, n. 1247,13 (345 d.C.): de-
4 Un esempio di À.t'tOVpyEi:v, P. Lond. II, nr.
terminate persone sono EV7topot xal È1wt1)oiot
331 (p. 154) 165 d. C. (Ài-rovpyficrai lv 'tTI
7tpÒ<; "t"Ò ÀL"t"Oupy1)µ« (della vopO<pUÀC1,Xl«).
1tpoxiµÉVTJ xwµ.11 Èqi' i)µÉpo.ç ~!;). Ma questa
2 Perciò il lessicografo Moeris (ed. I. BEKKER, scrittura è già nella corrispondenza privata : P.
Harpocratio11 [ 1833] 202,36 s.): À.1JL'tOupyEi:V Oxy. IV, nr. j31,8/9 d.C. {lqi' ii) Ài•ovpy1iaw
OLÒ: 'tOU 1) 'A-t'tLXOl, OLÙ oÈ -.fjç EL 6LcpMyyou ùiu;i:v xa.-tà µi'jvo. Èv1hn xo.t 8Exà-t11... ).
593 (IV,223) ÀE~'toupyÉtù (H. Strathmann) (iv,224) 594

imposte, specialmente di quella sul pa- guerra per inidoneità al servizio) e infìne
trimonio ( El<rqiopli) 5, la diretta presta- liturgie speciali, alle quali erano chiama-
ti i membri, µÉ'tOt.XOL (al 't'W'\I µE't'Ol)CU)'\I
zione di servizi ben precisi per la comu- ÀEL't'OUpyloct, in contrapposizione alle
nità, ai quali erano obbligati i cittadini 1tOÀL't'txocl, che dovevano essere presta-
che disponevano di un patrimonio su- te dai 1toli:-c<X~, Demosth., or. 20,18 ).
Dagli oratori attici, come Iseo, Demo-
periore a un certo minimo, assumendo-
stene ecc., veniamo a sapere che alcuni
sene i relativi costi, o che potevano an- compivano le liturgie loro assegnate so-
che assumersi volontariamente per sen- lo perché costretti, e lo facevano con
timento patriottico o per vanità, o per spilqrceria, mentre altri le eseguivano vo-
lonterosamente e con generosità, giun-
ambedue i motivi. gendo fino a contrarre dei debiti (cfr.
ad es. Isaeus 4,27.29; 5,36.45; 6,60 s.).
Questo sistema non era affatto una Spesso le iscrizioni mettono in evidenza
particolarità di Atene, bensl era diffuso che colui di cui parlano ha compiuto in
dappertutto nelle democrazie greche, modo eccellente le liturgie a lui asse-
fra le cui caratteristiche Aristotele an- gnate; cfr. ad es. Ditt., SyU:, p. 385
novera addirittura lo sfruttamento dei (282/1 a.C.); 409 (275/4 a. C.); 547
benestanti per mezzo di liturgie. Egli (211/10 a.C. ); Ditt., Or.339,50 (II sec.
perciò stabilisce la regola generale che a.C.); 529; 537, ro; 542,10. In esse il
nelle democrazie si debba usare riguar- verbo viene usato in forma assoluta,
do ai benestanti e perfino impedir lo- cioè in senso totalmente tecnico, oppu-
ro di À.EL't'OUpyEt'\I 't'~ Of.t/ltCWl]p<Ìç (ÙV re con l'accusativo dell'atto compiuto
µi) XPT]O-lµouc; St À.EL't'oupylac;, di «pre- (À.et't'oupyei:v lei-.oupylav, À.wtoupylocç,
stare liturgie costose che poi non por- anche -.rXc; apx<Xc; [ cfr. GDI l i 1539 .J 5 ]
tano alcun vantaggio» (pol.5,8 [p. 1309 o anche m:pt 't'àç, &.px;aç [ cfr. Aristot.,
a, 18] ). Conseguentemente egli scorge pol. 4,4, p . 1291 a, 35], oltre che con
il contrario di questa regola nella catti- il dativo del destinatario della liturgia
va usanza diffusa dappertutto nelle de- ('tTI 1t6À.EL, cfr. I saeus 5.45; Xenoph.,
mocrazie che conosceva 6 • La consuetu- mem.2,7,6; -cii 'lta-.ploi., cfr. Dio.C.69,
dine di liturgie era par ticolarmente svi- 3,6; uµi:v cfr. lsaeus 4,29).
luppata ad Atene. Accanto a solenni li-
turgie compiute a turno nelle qiuÀ.al b) L' estendersi dell'uso politico-tec-
'tribù' ( ~yxuxÀ.toL [Dio. C.44,40,,J], x.o- nico. Con l'ampliamento del sistema di
PTJrla, yuµvwrnx.pxla, À.aµ'ltaoapx;la, queste liturgie anche l'uso linguistico
È<nlwnc;, cioè banchetto offerto ai mem-
bri della stessa tribù, àpx;ti}Ewploc, cioè politico-tecnico venne esteso a indicare
guida di una delegazione sacra, c'erano le più svariate prestazioni per la comt1-
anche liturgie straordinarie per eccezio- nità.
nali necessità dello stato (come soprat-
tutto la 't'PL'l'Jp<Xp)(la e la 'ltpOELO"q>op&., cioè Questo è in modo particolare eviden-
il pagamento anticipato di imposte di te nei papiri, perché nell'amministrazio-

s Perciò, ad es., in Aristot., pol.5,u, p. 1314 r309 a, r 7; 6,5, p. 1320 b, 4. C'erano liturgìe
b, 14 eluqiopat xat ÀEL'toupylru. sono appaiate. a Egina, Bisanzio, Cco, Mitilene, Orcomeno,
Sifno, Tebe e nelle città greche dell'Asia Mi-
6 Cfr. Aristot., pol.5,5, p. 1305a, 3; 5,8, P· nore.
595 (IV,224) )..EvtovpyÉw (H. Strathmann)

ne imperiale dell'Egitto il sistema delle -i:pocpl)v, «è chiaro dunque che alla pre-
prestazioni obbligatorie statali e comu- parazione del nutrimento contribuisce
nali era sviluppato fino alle estreme ra- da un canto la facoltà della bocca, dal-
mificazioni. À.wtovpyEiv, À.Et"t'ovpyla l'altro quella del ventre»). Egli parla di
stanno qui a definire il servizio obbliga- un À.EL'tOVPYEt\I 7tpÒc; 'tEXVO'ltOLlav, «at-
torio pubblico, amministrativamente re- tendere alla procreazione» (pol.7,16, p.
golato, nella prestazione di servitù di 1335 b, 28 s.); chiama l'allattamento dei
ogni genere e nell'occupazione di tutti i giovani animali da parte della madre una
possibili uffici. Qui hanno una grande À.EL'roupyla. (de animalium incessu 12,
importanza 1a questione dell'obbligo di p. 7rr b, 30) e parla pure di ÀEL'tovpyla
fare questi servizi, la loro delimitazione prestata alla natura (1} 'tW\I -çÉX\IW\I x-tij-
e distribuzione (avaòocnc; "t'WV À.wroup- O"L<; où À.wtovpylac; E\IEXE\I -tii cpucm µ6-
ytw\I}, i ricorsi contro gli oneri che essi vov [oec. 3,t>.I 34 3 h,20] ). Le possibilità
impongono, la questione dell'esenzione di impiego delle due parole sono per
(aÀ.EL"t'OUpyl'jofa, Ù 't'ÉÀ.EL<:t), eventual- conseguenza molteplici, a parte il loro'
mente mediante il pagamento di un ri- uso per indicare le prestazioni di servizi
scatto (À.EL'toupytx6v 'tÉÀ.oc;) 7• pubblici d'ogni genere. Indicano servi-
zi resi fra amici (Plut., de amicorum
c) L'uso volgare genericizzato. Da
multitudine 6 [n 95 e]; an seni respu-
quest'uso di À.wrovpyÉw e À.wi:ovpyla., blica gerenda sit 6 [II 787 a]; Luc., salt.
nella sua accezione più o meno rigorosa- 6: é'.-toLµoc; cptÀ.L'X/Ì}\I 't"CX.U't'rJ\I À.Et't"OVpyl-
mente tecnica, si trapassa poi ad un uso a,v V1tocnfjva.~, «pronto a sopportare co-
desto tuo servizio d'amicizia»), dal pa-
non tecnico e del tutto generico, per cui dre al figlio (Plut., an seni respubtica
queste parole vengono ad indicare qual- gerenda sit 17 [n792e]), dagli organi
siasi prestazione di servizio; in tal mo- del corpo (Plut., Marcius Coriolanus 6
[I 216 c]), la collaborazione a rappre-
do va totalmente perduto il significato sentazioni teatrali (Epict., diss.r ,2,r2:
dell'elemento À.1}~-roc;. 'AypL7t1tLVO<; cI>À.wpcp O"XE1t'tOµÉvc~>, El
xc:t:ra,Ba-.Éov a.v'téi) Éei'tL\I Elç NÉpwvoc;
Aristotele, ad es., usa À.EL"t'oupyEiV i}Ewplac;, WO"'t"E xa.i a.1h6v "t'L À.Et"t'ovp-
per i servizi puramente privati resi da- y-ijcra.t, ifrpri · xa...aB11i>L, «a Flora che
gli schiavi ai padroni, per i servizi del- era incerto se dovesse scendere in tea·
l'artigiano a chi gli ha commissionato tro, in occasione degli spettacoli di Ne-
un lavoro (pol.3,5, p. r278 a, I2}, co- rone, Agrippina disse: 'Scendi!'»), i ser-
me pure per le funzioni del corpo (de vizi di una prostituta (Anth. Pal. [ed F.
iuventute et senectute 3, p. 469 a, 2 ss.: Duebner r, 1864] 5,49,r [Elio Gallo]).
cpavEpòv -rolwv o-rt µlav µÉv -.wa Èp- Di questo senso del tutto generico di
yrmla.v Ti -.ou 0"-.6µa-i:oc; À.wtoupyEi: ou- 'prestare - prestazione di - servizio' si
vcx.µtc;, É't'Éprt.V O'l) -c'ijc; xotÀ.lac; 'ltEpL 'tt}V trovano anche nei papiri numerose atte-

7 Cfr. WILCKBN, Ptol. I r73 (x56 a.C.}; P. 't'Ot;), di essere esentato da una prestazione
Lond., 11, p. 154, nr. 33 (165 d.C.). P. Oxy. ȵou .•. X<l.'t'rl.~rl.PTJ»ÉV't'Ot; ÈV -rate; ÀL't"Ovpylcx~c;
705,71 s, (zoo-202 d.C.}: reclami di alcuni vil- xcxt XP<XLWC1't'OV yEvoµÉvou (il richiedente si è
laggi della provincia di Ossirinco: cnp61ì pa 'indebitato' a causa delle liturgie). Altri esem-
~1;71crit~V1)C1(J.\/ ~vox)..ouµEVOL ùn:ò "t'WV X<X"t' ~­ pi in PREISIGKE, W ort., S.V. ÀEL't'OUpye~\/ e
't'Oc; ÀEL't'OVPYLWV; III 487,10 s. (156 d.C.): ÀEL'tOUpy(a..
preghiera all' epistratega, eccellenza (xpchL<r-
Àwi:oupyÉw (H. Strathmann) (lV,225) 598

stazioni. Cfr. Grenfell- A. Hunt, Greek so cultuale citiamo un'iscrizione messe-


Pap. Ser. II (New elasskal Fragments) nica sui misteri di Andania (92 a.e.):
1897, nr. l4c, righe 1 ss., 1rr sec. a.e.): ot tEpot 'ltpoypaq>ov'tw xa-t' Évta.u-tÒ\I
Asclepiade prega Policrate di mandare -coÙç ÀEt't0Vpy1)cra.V'tr.t.ç ev 'tE 'tlXL<; ltu·
Timosseno: XPEla.v EXOJJ.EV... Ttµo~évov, erta.te;
' l ' I"\ ).~
XIX~ µuCT'tT)ptotç (1.,Ull.T)'t....,. X<X.t XL-
I

...xa.Àwc; .•. 'ltoi:f10"Etç yplil}loo; aù-.wr. ÀEo- ì>a.ptCT'tac;, ocrovc; xa. EUptO"XO'\l'tt EMÉ-
'tovpyi'jO"a.t l)µi:v, «abbiamo bisogno di 'tOU<; Ò1tocpxov'tttc;, xa.t ot itpoypa.<pÉV'tEç
Timosseno; ci farai un gran favore se ÀEt'toupyouv'tW 'toi:c; ì>Eotc; (prestare un
gli scriverai di prestarci i suoi servizi»; servizio di culto agli dei) 8 • Inoltre una
Mitteis-Wilcken I, 2, nr . .r98,u (III sec. iscrizione di Magnesia ( r 96 a.C. ): 'tOV
a.e.): U'JtOSVYlotc; .•• 'tOtc; À.Et'tOVpyouO"w; À.n•oupyovv-toc; M-cou (sacrificatore del-
P. Oxy. m475,18 (nsec. d.C.): xpo'ta.- le vittime) -ti'jt 7t6À.Et 9 ; un'iscrizione di
Àtcr'tpl&wv (danzatrici con le nacchere) Eleusi (177/80 d.C.): À.t'tOUpyetv 't'OLV
ÀEt'tovpyou11wv xa.'tà. 'tÒ Eiloc;; P.Tebt. I ì>Eoi:v 10; una ateniese (roo a.C.): ÈÀ.Et-
5,181 (nsec.a.C.): ~ÀXEW Elc; l&loo; ÀEt- 'tOVP'YTJO"CX.\I Év 'tWt /.€pwt EÙ'tOCX'tW<; 11 ;
'tOupyloo;, «costringere a private presta- Dion. Hal., ant. Rom. 2,22,2: Bo-a. µlv
zioni di servizi»; P .Oxy1v7314ss.(8/9 yàp ai xa.vncp6pot xa.t &.ppTJcp6pot (le co-
d.C.): Ecp' <{j (contro il pagamento con- siddette portatrici di canestri e di og-
cordato) Àt'toupyTjcrw uµEi:v xa.'t<Ì µi]- getti segreti del culto in certe manife-
va EvhTI xa.L OEX(i'tl) xat Ei11lotc; 1)µ.t- stazioni sacrali) À.Ey6µ.Ev<it ÀEt-toupyov-
pcxc; ovo; P.Masp. (67)I51,r92 (vrsec. crw btl 'tWV 'E).J••T)vt1'hlv lEpwv, «pre-
d.C.): 1) 'tWV &.~pwo"twv <ppov·dc; xa.t stano i loro servizi nelle sacre cerimo-
Àwtoupyla., «cura degli ammalati». Al- nie greche». Nello stesso passo si tro-
tri testi in Preisigke, Worterbuih. È va À.Et'toupyEtv con significato uguale a
soltanto un caso speciale di quest'uso lEp<Ì Em'tEÀEi:v, «prestare servizi sacri».
generico quello di Polibio, che usa À.Et- Plut., an. seni respublica gerenda sit 17
-i:oupyEi:V e ÀEt'tOVpyla per determinati (II 792 s.): 'servono' ad Apollo Pizio
comandi e servizi militari, ad es. 6,33, molte piziadi ( ol<Tì><i µE ... À.Et'toupyouv-
6: 'twv ... 'tptwv anµr.t.twv &.và µÉpo:; 'ta, «sai che sono impegnato in servizi
ÈxM'tTJ "CQ XtÀ.tlipxcv À.Et'tovpyEi: À.Et- sacri», quali, ad esempio, ì>vEtv, 'ltoµ-
-.oupylav 'tOtr.t.V'tTJV, «ciascuno di que- 'ltEUEt\I, xopEvEw). Iul., ep.89 (303 b):
sti tre manipoli a turno presta al tribu- TipÉ'ltEt ... 'tote; tEpovcrw evoov µiv, on
no questo servizio»; 10,16,5: 'toi:c; È'ltL À.Et"t"OVp')'OV<Tt\I, ÈCTtlil"t"t )Cpf\crÌ}at µ.Eya.-
'tt\l<t. À.Eti;oupyla.v a7tECT'ta.ÀµiVOt<;, «a- À.o'ltpE1tE<1'ta'1'l), «ai sacerdoti, quando
gli inviati per un servizio». esercitano i loro sacri ministeri, s'addi-
ce l'uso d'un abito fastosissimo»; ibid.
d) L'uso cultuale specializzato. Una (299 b): o{l'tw ... iJµ<Xc; 7tpÉ·m -toi:c; ì>E-
speciale attenzione merita un'altra spe- oi:ç À.Et'tOVp')'ELV. À.Et'tovpylix, À.wtovp·
cificazione dell' uso delle due parole, yloct sono gli uffici cultuali in un'iscri-
zione delfica del 11 sec. a. e.: a.t 'tWV
quando indicano il compimento di man- frEwv ).et't o u pyla.t 12 ; in un'iscrizione
sioni cultuali. di Antioco di Commagene sul Nem-
rud Dagh, del 1 sec. a.e., si legge: gli
Come esempi di À.Et'toupyEt\I nel sen- inservienti del tempio 'tàç À.Et-.oupylac;
8 DITT., Sylf.l 736,73 s. 11 D1TT., SylU 717,28 s.
9 DITT., Syll.' 589,17 s. 12 For1illes de Delphes Ili 2, ed. M. G. CoLIN
IO DITT., Syll.3 872,17. (1909/13) nr. 68, riga 76.
599 (1v,225) À.EL'toupy~w (H. Strathmann) (1v,2i6) 600

. .. 'ltOLÉa'ÌTw<ra.v 13; in una ateniese del stot., pol.7,ro, p. r33oa, 8s.). Perciò
X?8 d.C.: ò tEpEÙç .•. E'JtL't"EÀ.EL't"W -càc; È- della proprietà fondiaria pubblica una
lJlµouc; À.t't"oupyla.c; (le usuali funzioni
di culto)... Etl'ltprnwc; 14 ; in Diod.S. 1,2r, parte deve servire Elc; -càc; 11:pòc; 't"oÙç
7 : -cà.c; -i;wv il'EWV ikpa.m:la.c; 't"E xat À.EL- i}Eoùc; À.n-coupyla.c;, 1' altra parte EL<;
nupyla.c;; in Dion. Hal., ant. Rom. ro, ..Tiv -rwv a-ucrcn-i-lwv oa.1tav11v, «per la
5 3 ,6: -i;-{jc; 1tEpt 't"OC lTEi:a. À.Et'tOUpylac;
spesa dei banchetti in comune», (ibid.,
Ò'..1tÉa''t"'l")<TOC'V (terminarono); in Iul., ep.
89 (297 b): dc; i1v do-t xa't"EO"XEua.cr- righe 12 s.). Però, anche se qui il con-
µÉvot À.Et't"oupyla.v (detto di altari); cetto politico e quello cultuale della li-
ibid. (298 c): O'"t"L 't'Ì')V À.Et-i;oupyla.v turgia si mischiano fra di loro, nella
't"<l.U't"'l")V ota.M1011 xa.À.wc; (detto dd ser-
vizio sacerdotale di Teodoro); ibid. maggior parte degli esempi di uso cul-
(302 c): 1} È\I -toi:c; Lepo~c; À.wtoupyla.. tuale è completamente scomparso il ri·
Nei papiri sono soprattutto i testi sul- cordo di quel rapporto politico. In essi
le gemelle Thaues ·e Taus nel Serapeo
di Memphis che offrono esempi di que- non è presente l'idea che con il culto si
st'uso cultuale. Frequentemente vi si compie 'un servizio popolare', ma il
dice che esse sono ÀEt't"oupyoucra.t È\I 'te{} concetto generale di servizio è applica-
1tpÒç Mɵq>Et µEyciÀCiJ ::Eapa.mELl{l, op-
pure 1tOLOU(M:Wl.L µEyliÀ.a.c; Àwtoupyla.c; to al rapporto cultuale con gli dèi, di
-rQ i>EQ, o anche si parla del loto 11:a.- modo che l'uso di À.Et'toupyla., ÀEt't"oup-
pÉX,E<Ti>ct.t À.Et't"oupyla.v. Esse dovevano yEi:\I va acquistando un nuovo valore
presentare doni a Serapide e a Iside, che tecnico. Ciò indica soltanto una linea
ern unita a lui, e attendere ad altre man-
sioni cultuali 15• Anche le prestazioni di nella storia semantica dei termini, ma
servizi cultuali dei Coachiti, che dove- in questa linea c'era il loro futuro, qua-
vano compiere le offerte prescritte per le si sarebbe attuato per la mediazione
i morti, e l'imbalsamazione di animali
sacri da parte degli incaricati, sono in- dei LXX.
dicate come ÀEt-roupylm 16 •
B. À.Et"t'oupyÉw E ÀEt't"oupyia NEI LXX
Questi esempi segnano l'inizio d'un E NEL GIUDAISMO ELLENISTICO
nuovo uso tecnico - cultuale delle due
l. À.EL'tOUp/ÉW
parole. Si potrebbe essere tentati di col-
legare questo uso tecnico - cultuale a a) Occorrenze e rispondenti ebraici.
La parola è presente nei LXX un cen-
quello originario tecnico-politico. Infat- tinaio di volte, di cui la prima in Ex.
ti il culto è un affare della comunità. 28,35, cioè, e non a caso, nell'ambito
"E"t't ... -.oc -rtpòc; "t'oùc; ì}Eoùc; oa.1ta\11Jµa.- della legislazione cultuale. La massima
parte dei passi con ÀEt-roupyÉw è, oltre
't"a xowà mi.<T'l")c; 'tfjc; 1tOÀ.Ewc; ÈO''t"w,
che in Ex.28-39 (13 volte), in Num. (25
«anche le spese che si fanno per gli volte), Par. (20 volte) e Ez-40-46 (16
dèi sono a carico di tutta la città» (Ari- volte), cioè nei libri in cui il culto ha

13 DrrT., Or. 383, riga 170; cfr. anche riga 18,5. 1s W1LCKEN, Ptol. nr. 17 ss.
14 DITT., Syll.3 1109,111 s . l6 Cfr. ~ OTTO I 99 ss. 109 s.
6or (1v,226) À.E~-.oupyÉw (H. Strathmann) . (rv,226) 602

un ruolo particolarmente importante. per lo più 'iibad venga tradotto con À.a.-
Di regola À.EL"\"OVp')'EL'll corrisponde a 't'pEVEW e serèt con À.EL'tOVpyEt'll, qui i
serèt. Ma soltanto di regola; infatti, LXX fanno il contrario, perché non ar-
salvo pochissime eccezioni, seret vie- discono usare À.EvtoupyEt'll per il servi-
ne tradotto con À.wtoupyE'i:v solo se si zio reso agli uomini. In Ecclus 4,14 è
riferisce a funzioni cultuali. Se vicever- detto: coloro che la servono (scil. la sa-
sa si riferisce a qualsiasi altro servizio pienza) prestano un servizio al Santo,
o rapporto, vengono scelte altre espres- cioè a Dio. Nel testo ebraico abbiamo
sioni; ad es. mxpio--.&.\ltt.t -.wl, «assiste- ambedue le volte sèrét; nel testo greco,
re qualcuno» (Gen.40,4: Giuseppe mx.- invece, leggiamo oi À.a'tpEuO'll'tE<; mhft
pÉ1nri tt.Ò't'o'i:c;, cioè al gran coppiere e al À.Et't'ovpyiJcrouow &:yl~. La scelta delle
capocuoco in carcere; in Is.60,10 è det- parole sembra voler esprimere l'idea
to dei re stranieri verso Gerusalemme; che il vero culto è il secondo. È strano
in Ex.24,13, di Giosuè ve.rso Mosè), o che anche in Deut.21,5, Séret sià tradot-
À.a"\"pEuEt\I (Ez.20,J2; Num.16,9; Ecclus to con 'ltc.tpta-.ii\la.t: Dio ha scelto i
4,14), o oovÀ.EUEL'll (ls.56,6), o St&:xovoc;, sacerdoti,. .i leviti, per servirlo (m(pEcr-
Otaxo\llct (Bsth.r,rn; 2,2; 6,3.5, detto 'tT}XÉVctt ocù-c@). Ma forse qui si tratta
degli eunuchi reali), o ilepci:JtW'll (Ex.33, della cooperazione ali' espiazione di un
II, di Giosuè verso Mosè), o Ò1toupy6c; assassinio commesso da uno sconosciu-
(Ios. r,1 dove tuttavia il cod. A ha À.L- to, e non del culto nel tempio, e po-
-coupy<';l}, o 8tcHìoxoc; (Ecclt1s 46,1); ven- trebbe essere questa la considerazione
gono scelte anche perifrasi piuttosto li- che ha motivato la scelta della parola.
bere (I Chron.28,1; Is.60,7; Gen.39,4). Se dunque per indicare un servizio
Di tutti questi passi, Is.56,6; Num. non cultuale si evita di usare Àit-.oup-
16,9; Ecclus 4,14 meritano un'attenzio- yEt'll, i LXX non si peritano però di u-
ne particolare. In Is.56,6 si parla degli sare questa parola anche per il culto pa-
stranieri che si sono uniti a Jahvé per gimo. In Ez.20,32, nonostante l'ebraico
servirlo. Ma dato che questo servizio è serét, per indicare il culto reso al legno
una generica adorazione, e non il culto e alla pietra si legge À.a'tpEVEL\I (non
sacerdotale, l'ebraico serèt non è tra- ÀEL'toupyEi:v) !;uÀ.otc; xr.tt Mitot<;; ma in
dotto con À.wroupyE'i:v, ma con 8ouÀ.e:u- Ez.44,x2 e 2 Par.r5,16 À.wtoupyEt'll è
EL'll. In Num.16,9 si dice, parlando dei detto del culto degli idoli e di Astarte.
Corahiti, che Jahvé li ha chiamati la'a-
bod 'et-'abodat miskan jhwh, «per ren- A questa regola, per la quale solo
dere servizio nella tenda di Jahvé», e li lo seret cultuale viene reso con ÀEL·
•oupyEi:v, non si hanno che poche ec-
ha presentati alla comunità tefortiim, «in cezioni: r Reg.1,4.15 (Abisag di Sunem
vista del loro servizio». Quantunque a David); I Reg.19,21 (Eliseo a Elia);
603 (rv,226) )..wtovpyÉw (H. Strathmann) (1v,227) 604

2 Reg. 6,15 ( cod. A: il servo di Eliseo); O'X'f)Vi'jc;, (ad es. Num.8,22; 16,9; 18,
I Par.27,1 (ypcx.µµcx.'tEL<; ... ÀE1:-coupyouv- 2r.23), ÀEt'tOUpyEi:v ("t'@) xupl<tl (ad
'tE<; 'tii} À.a;ii}, dove la lezione giusta è es. Iudith 4,14; 2Par.n,r4; 1Bacr.3,
probabilmente quella dcl cod. R: 't0 l; Ioel 2,17; Ez.45,4), 1"Eii) (loel l,13),
SmnÀ.Ei:); 2 Par.17,19 (À.Et"t'oupyEiv 't'0 -e@ 1tpo0'61t~ xuplou ( l BM'. 2, II ), "t'ii'>
Bcwùd); 2 Par.22,8 (cod. B): ÀEt'to\Jp- 6v6µa-ct xuplou (Deut.18,7), ituO'tacr't'f)-
yE~v "t'éi) 'Oxo~lrt-); 4' loo,6 (ov"t'6<; µot pl~ (Ioel 1,9.13), 't@ oì'.x<i,> (Ez.{4,11;
H.wtoupyEt, cioè a David) e finalmen- 45,5; 46,24).
te Num.3,6 (i leviti ad Aronne, dove Una volta si trova la frase À.Et"t'oup-
tuttavia la parola potrebbe esser stata ')'ELV "t'itl Xupl~ 1"E@ uµWv xa.t "t'@ À.a.0
scelta perché si tratta, sl, di un · aiuto aù-cou 'l<rpai)À. (2 Par. 35, 3). Ma essa
prestato ad Aronne, ma per il culto, per non va intesa nel senso che xvptoc; e
cui questo passo solo apparentemente À.aéc; fossero allo stessp modo oggetto
farebbe eccezione alla regola) 17• di questo servizio. La spiegazione è data
Al contrario, À.n'toupyeiv non serve da Ez.44,n, dove À.Et"t'oupyE~V cx.1hoi:ç
soltanto a tradurre lo sérét cultuale, ma consiste nel À.Et"t'OVPYEt\I "t'ii) otx<!), cioè
anche 'iibad o 'abada ( 14 volte), come al tempio, prestandovi il culto sacrifica-
pure ~iiba' (7 volte), parimenti riferiti le. Il popolo non può offrire a Dio i
al culto (tutt'e due però quasi soltanto suoi sacrifici direttamente, ma solo per
in Num. ); una volta ciascuno sta per mezzo dei sacerdoti, che gli sono di aiu-
kihén (2 Par.11,14) e per s•mas (Dan. to nel servizio di Jahvé.
7,10, ma solo in Teodozione; i LXX
traducono con l}EpCX.1tEU~W ). Ma il fatto propriamente caratteri-
stico è il frequente uso assoluto del ter-
Se, çla una parte, À.EvtoupyEL'v ten- mine (Ex.28,35; 35,19; 36,33; Num.3,
de ad allontanarsi dall'uso non cultua- 31; 4,J.23 ss.; Deut.ro,8; 2 Reg.25,14;
Ier.52,18; Ez.42,14; 44,17; 2 Par.31,
le di serét, dall'altra esso attira a sé 2), e la precisazione del luogo in cui
altre designazioni del servizio cultuale. si svolge la funzione: Év "t'oic;, à:ylat<;
Si tratta sempre, a parte i due passi 'pa- (Ex.29,30 ), ÉV "t'é;> &yl<!) (Ex. 39,1 = 39,
gani' di Ez-44,12 e 2 Par.15,16, del cul-
12 LXX Rahlfs = 39,13 Swete; Ez.44,
27), F.v "tTI O'X'flVTI (Num.1,50), Èva.v'tl-
to di Jahvé che i sacerdoti e i leviti ov 't'ijç, xtSw'tov (I Par.16,J7), Èv oi:x<tl
compiono nel tabernacolo o nel tempio. xuplov (r Par.23,28), 7'pÒç, "tÒ l>u<rtCX.O''tTJ-
ptov (Ex.28,43 e passim}, o l'aggiunta di
b) Cosl la parola diventa un termine una locuzione come È'ltL "t'@ òvéµa."tt xu·
tecnico fisso di questo culto. plov (Deut.17,12; 18,5; I Par.23,13) o
Évwmov x.uplou ( l Bacr.2 ,r 8 ). L'espres-
Per questo si dice ÀEt"t'oupyEi:v i:1]v sione con cui in Ecclus 45,15 è descrit-
À.n"t'oupyla.v o 'ta<; Àwtoupylaç 't'ijç to il compito di Aronne (À.Et't'OVpyEi:V

17 Un uso non cultuale, inoltre, si trova anco- da Aquila anche in Gen.40,4 Jrt non cultuale è
r:t in 2 Ba:a'.r 9,19: Siba e la sua gente ÉÀ.EL- reso con À.EL"tOVPYEL\I (BERTRAM). Si può pcn·
-.oupynua:v 'tTJ\I ÀEL'toupylav 'tOV ota:~t~6:a'aL sare che Aquila con la pedante rigidità del suo
'tÒ\I ~<XO'LÀ.Éa:. Il passo manca nel T.M. Inol· modo cli tradurre abbia sempre fatto cosl, sen·
tre Ecclus 8,8: À.Et"toupyija'a:L µ EyLu-raa'w, e za tener conto delle oscillazioni del significato
rn,25: obCÉ'tTJ O'ocp@ É)..EUltepot À.EL't'OUpyi)a'oV- di lrt. In confronto alla scelta differenziata del-
O'L\I. ~ da rilevare ancora che da Aquila, Sim- le parole dei LXX ciò naturalmente significa
maco e Teodozione anche in ls.56,6; 60,7, e un regresso.
Àwcoupylw (H. Strathmann) (1v,228) 606

xcxt tEpCX.'tEUEW) è una doppia definizio- <rxEu1}, 7tapoccrxw1], se si tratta di lavo-


ne della stessa azione. ro artigianale per l'erezione del taberna-
Per quanto proprio questo si inten-
colo, oppure gpyov, Èpycxo-loc, Èpy!X~EO-·
da dire e all'autore interessi affermare
che il sommo sacerdote Simone compie 1'a.t, oouÀEla, <TU\l't'OCl;tc;, se del lavoro
il servizio dell'altare così com'è pre- servile d'Israele in Egitto, oppure del
scritto (<ruvi:ÉÀ.Etcx.v À.wtoupyG"w È?tt ~w­ servizio di Giacobbe in casa di Laban
µG'>v, Ecclus 50,14), non si può negare
che nell'Ecclesiastico ci si avvii a una o del lavoro dei campi (1 Par.27,26).
spiritualizzazione del concetto di culto Viceversa, sono pochi i casi in cui ÀEL·
(in 4,14 dice che i servitori della sa- -roupyla. traduce altre designazioni cul-
pienza À.Et""toupYl'l<roucnv àylw, e in 24,
10 la sapienza dice che ha prestato ser- tuali: !aba', Num.8,24.25; m"la'ka, i
vizio U:ÀEvtoupy11cra.] nella Oì(.'l')\ITJ à- Par.26,30; pol~an, Esdr.7,19 [-+ col.
yla.). Un uso traslato si ha pure in 6u e n. 23]; p•'ulla, Ez. 29,20 (ma
Dan.7,10 (Teodoz.), dove le schiere cele-
sti degli angeli servono (ÉÀ.Et't'ovpyow) è un caso particolare; -+ sotto). Con
l' 'Anziano dei giorni', vale a dire lo l'unica eccezione (già citata -+ n. 17)
adorano. In senso traslato il concetto del passo di 2 Bcxcr.19,19, dove è fatta
si ritrova anche in Sap.18,21, dove è
parola di una ÀEt't'oupyla. resa al re, À.Et·
detto che Mosè intercedette per il po-
polo 't'Ò -rijç lùla.ç À.Et't'oupyla.ç lmì..ov, -roupyla. sta, dunque, sempre per il ser-
rçpoa-wx.l)v xoct ihJµi&:µoc't'oc; ~l;~ì..cx<rµ.òv vizio dei sacerdoti e dei leviti nel san-
xoµlo-ac;, «con le armi del suo ministe- tuatio, specialmente per il servizio sa-
ro, preghiere e incenso propiziatorio»;
infatti, tanto il sacrificio espiatorio del- cerdotale all'altare del sacrificio.
l'incenso quanto la preghiera sono com-
presi nel concetto di liturgia. Queste funzioni sono chiamate ÀEL-
't'oupyla o À.Et't'OUpylat 't'fjç O"Xl]Vi)ç
2. Come Ì..wtoupyfr..i, cosl anche il (xuplou, 'tOV µapi:uplou) (ades.Num.16,
sostantivo ÀEL't'oupyla è diventato ter- 9; r8,4.6) o AfL't'O\Jpyla O~XO\J 't'OU ltEOU
mine tecnico per indicare il culto sacer- (xuplou) (r Par.9,13; 2 Par.31,4), o ÀEL-
't'Oupyla. xuplou (2 Par. 35 ,16), Epya -.fjc;
dotale. La parola è presente circa 40 ÀEt'toupylac; (I Par.9,19). Gli utensili
volte e sta quasi sempre per l'ebraico usati allo scopo sono 't'à. O-XEV'rJ 't'ijc; À.e:L-
'aboda 18 • Ma del rapporto tra le ·due i:oupyla.ç ( 1 Par.9,28); le funzioni sa-
crificali ÀEL't"oupyloct 't'WV i)ucrtw-v (2
parole si può ripetere quanto già detto Mach.3,3 ). À.EL'\OUpyloc viene sempre u-
di quello tra ÀEL'tOUpyEtV e seret. Solo sata nel senso proprio della parola; in
un 'aboda cultuale di regola è tradot- senso traslato soltanto in Ez.29,20, do-
ve l'assedio di Tiro è definito una À.EL-
to con À.e:t't'oupyla 19 • Altrimenti la pa-
-toupyla. che Nabucodonosor ha reso
rola ebraica è resa con altre espressioni (ÈoouÀ.EUCTEV) a J ahvé, secondo l'aggiun-
di ogni specie, come cl7tOO-XEUTJ, xoc'toc- ta del testo ebraico.

18 Inoltre si trova due volte :>..EL-covpy'r)µa; 19 Eccezioni, ad es., in Num.4,r9 (tiva:qiopa);


('ìib6dt1) in Num.4,32; 7,9, dove indica il servi- 8,24 (ÈvEpye~v); Ex.30,16 (x6.-.epyov -.l)ç CTXTJ·
zio levitico dci portatori nel santuario. yjjç), dove potrebbe stare anche ÀEL'toupy(a;,
607 (rv,228) ÀEL't'OVpyÉw (H. Strathmann) (1v,229) 608

3. Il rapporto tra l'uso linguistico dei extra-biblico, sulla base dell'uso volga-
LXX e quello extra-biblico re, si è formato un uso specializzato,
cultuale-sacrale, delle due parole. Si de-
Come si deve giudicare l'uso lingui- ve forse supporre che si sia voluto ri-
stico dei LXX in rapporto a quello gre- tirendere e perfezionare questa possibi-
co extra-biblico? Nei LXX non v'è trac- lità d'un uso cultuale sacrale? che i tra-
cia dell'uso antico politico-tecnico. L'A. duttori alessandrini abbiano sublto spe-
T_ non conosce questo-genere di _'litur- cialmente 1' influenza dell' uso linguisti-
gie'. Di un uso non tecnico, generico o co egiziano-greco, quale s'incontra nei
volgare, sono rimas-t i scarsi residui. A testi memfitici sulle gemelle? A prima
parte le poche eccezioni citate, appaio- vista ciò sembrerebbe evidente; tutta-
no, come oggetto più remoto del servi- via è ben difficile che lo si possa rite-
zio, non la città, lo stato, il popolo, i nere probabile. Se queste parole fosse-
cittadini, né una qualsiasi persona, ben- ro state note ai traduttori come con-
sl 'la tenda', 'la casa', 'l'altare', Dio stes- cetti tecnici del culto pagano, essi le a-
so o il suo nome. Evidentemente, i tra- vrebbero piuttosto evitate 20• È proba-
duttori dei LXX hanno avvertito il bi- bile invece che abbiano ricordato l'an-
sogno e il desiderio di designare rego- tico uso linguistico ufficiale, politico -
larmente il servizio sacerdotale con una tecnico, il quale con À.EL'toupyiii:v, À.e:L-
espressione che fosse il più possibile ri- -rovpyla:. definiva un servizio reso alla
stretta soltanto ad esso, e di distingue- collettività, ordinato da leggi e, nelle
re, con lo stesso sviluppo di tale uso sue forme principali, circondato di so-
linguistico, il rapporto cultuale con Dio lennità. Naturalmente chi riceveva il
da ogni altra situazione di servizio in servizio, in questo caso, era Dio e non
cui gli uomini potessero trovarsi. A il popolo, anche se il servizio è fatto
questo scopo essi scelsero le parole À.EL- in vista del suo bene, che dipende dal-
'tOUpyEi:\I, À.EL'toupylrt.-. Questa costanza la disposizione demente di Dio. Ma il
lessicale dei LXX si potrebbe spiegare popolo beneficia del servizio solo nella
con l'uso linguistico già esistente nelle misura in cui può offrire il suo sacrifì-
sinagoghe ellenistiche, dalle quali pro- zio unicamente per la mediazione sacer-
venivano i traduttori. Ma perché essi dotale (cfr. 2 Par.35,3; Ez-44,rr). Però
scelsero proprio queste parole? Abbia- anche il culto sacerdotale era un servi·
mo già visto sopra che anche nel greco zio ufficiale, solenne e ordinato da leg-

20 Ciò che TRENC H, 75, rileva a questo riguar· rò, in una lettera considera possibile che, sce·
do sulla formazione della terminologia cristia- gliendo questa parola, si sia voluto contrappor-
na, potrebbe essere già operante nella forma- re al culto pagano il proprio culto come quel-
zione della lingua dei LXX. Il Debrunner, pe- lo giusto.
Àm:ovpyéw (R. Meyer) . (IV,230) 610

gi. Se i LXX volevano trovare un' e- mano godrà la pace, Ù1tÒ v6µou cpuaEwc;
spressione che affermasse questo mo- Ot8a.crx6µE\lov, &.pE't'ijl'.,, i}Eò\I -riµU..v x<Lt
-rijc; À.wtoupyla.c; au't'ov 1tept~')(;EO"~a.L,
mento caratteristico, non potevan~ sce- «istruito da virtù, legge di natura, ad
gliere Àcx.'t'pEOEW, ~EPIX.'ltEVWv, ota.xovEtv, onorare Dio e ad attenersi al culto di
né tanto meno OouÀEVELV e i corrispon- lui». Questa è la fonte della felicità ( 'ltTJ·
y'Ì) EÙOCX.Lµovlw;). Certamente non stupi-
denti sostantivi, ma soltanto À.Et-toup- sce che l'egiziano Filone conosca la paro-
"(ELV, À.m;oupyla.. la anche nel significato di prestazioni di
diritto pubblico; cfr. omn. prob. lib. 6,
4. L'uso linguistico nel giudaismo di dove aÀ.À.ar.. À.wtoupyla.t sono nomina-
lingua greca te accanto ad ci.yopa.:\loµla.:. e yvµva.:cnap-
Flavio Giuseppe usa À.Et't'OupyEi\I, À.E~­
x;la. H. STRATHMANN
-i-oupyl('t, solo per il culto sacerdotale; cfr. 1

ant.20,218: À.EL't'oupyEiV X('t,'t'à, 't'Ò tEp6\I;


C. IL SBRVIZIO' CULTUALE
NELL'USO LINGUISTICO
3 ,ro7: À.wtoupylcx. EVEXCX. 't'OV i)EoV; bell.
DEL GIUDAISMO RABBINICO
I,39: 't'à. 'ltpÒc; 'tà.c; À.EL't'OUpyla.c; C"XEU1];
6,299: i sacerdoti si recarono nel tem- r. Il giudaismo rabbinico indica il
pio 'ltp6c; 't'à.c; À.Et'\'oupylttc;. Inoltre si servizio cultuale con le seguenti radici:
•rovano altre espressioni, quali ~ À.a.- a) 'bd con la formazione nominale 'abo-
't'pElcx. (bell.2,409: ot XCX.'t'CÌ 't'TJV Àcx.'t'pel- d!l, che già è attestata nell'uso linguisti-
av À.EL't'OUpyÒ0\1-rEc;), ÌEPCX.'t'EUrnl, ilEpa.- co veterotestamentario e~ col. 603); b)
1tetCX. i;ov i}gov (ant:3,212). L'espressio- Jrt (forma pi'el), che deriva anch'essa
ne più frequente per indicare il culto è dall'uso linguistico veterotestamentario,
però LEpoupyla., che manca nei LXX; con la forma nominale classica Jaret. Di
cfr. ad es. ant.3,150.152.158.180.224. Jrt (forma pi'el) si trova inoltre al li-
Anche Filone usa À.Et't'oupyeiv per il vello della lingua mishnica la forma-
servizio sacerdotale; ad es. À.wtoupyEL\I qittul Jerut, che non esiste nell' A. T.
-ra"., kpàç Àm:oupyla.:ç (spec. leg. r,82); La forma corrispondente giudeo-aramai-
E:voov À.wtoupyEiv (nel santo dei san- ca è Jértltii'. e) Nella letteratura rabbi-
ti); vit.Mos.2,152. Inoltre parla, natu- nica si trova la radice JmJ (forma pi'el),
ralmente in senso traslato (ad es. l'er. che non è presente nelle parti ebraiche
div. her. 84), del vouc;, 15-tE µÈV xcx.i)cx.- dell'A.T. e probabilmente è entrata nel
pwç ÀEL't'oupyEi: ilEfl'>. Usa il termine an- neo-ebraico dall' aramaico 21 • La forma
che nel senso di 'servire' in genere: det. nominale neo-ebraica corrispondente al-
pot. ins. 66: o ... À.6yoc; À.w•oupyi)- la radice Jms (forma (pi'el) è anch'es-
ou 't'OLç mXLOElav µE't'LOUO"L 01.E~LWV -rà sa una forma qittul e suona JimmuS. A-
crocpla.c; Sbyµa.:.-ra.:. Il sostantivo À.t::t't'OUp- nalogamente dalla radice aramaica JmJ
ylcx. è usato spesso da Filoné, ·come nei (coniugazione pa'el) è formato il no-
LXX, quale definizione tecnica del cul- me simmusa' 11• d) Nella letteratura rab-
to sacerdotale; inoltre ricorre in senso binica, inoltre, la radice pll; e la forma
traslato per il 'servizio spirituale di nominale ptlll;iin sono usate per defi-
Dio', ad es. poster.C.185: il genere u- nire il servizio cultuale. Dato che nelle

21 La più antica testimonianza si trova in Dan. per Àa't'pEVELV e ÀEL't'OupyEi:v; cfr. ad es. Le.I,
7,ro. 23, dove ÀEL-roupyl.a, e Ron1. 12,I, dove )..a-
22 La stessa radice si trova nel N.T. siriaco 'TpE(a. sono rese con tJmst'. ·
6rx (1v,230) )..m;oupyÉw (R. Meyer) (rv,230) 612

parti ebraiche dell' A. T. la radice plp to vesti, e il sacerdote comune con


non è usata per il servizio cultuale, do- quattro».
vremo supporre anche qui che l'aramai- Anche la mansione cultuale compiuta
co 23 abbia arricchito la lingua neoebrai- dal laico, sia che egli stesso porti una
ca. Corrispondentemente, la forma no- vittima da sacrificare, sia che assista al
minale giudeo-aramaica della radice plp servizio divino nel tempio, viene espres-
suona ptìlpanii' u. sa con le suddette radici. Cosl, ad es.,
2. L'idea di servizio cultuale in Sanh. 7,6 di un giudeo idolatra (' wbd
'bwdh zrh) si dice che incorre nella pe-
Le radici sopra citate, con le loro for. na della lapidazione, indipendentemen·
me nominali, sono usate dal giudaismo te dal fatto che partecipi al normale at·
rabbinico, tanto se parla del culto di to di culto pagano ('wbd) o abbia ade-
Jahvé quanto se tratta dei culti pagani. rito in altro modo alla divinità stranie-
a) Del servizio prestato nel tempio ra. In A. Z. b. 317 si trova la seguente
dai sacerdoti israeliti parla, ad es., Hul. definizione della asherà: «Che è una
b.24 b: «Un minorenne non idoneo al asherà? Un (albeto) qualsiasi, sotto il
servizio nel tempio (pswl l'bwdh ), an- quale sta l'immagine di un idolo 26 • R .
che se è illibato. Da quando è egli a- Shimon 27 ha detto: Un (albero) qual-
datto al servizio nel tempio (kfr l'bw- siasi che è adorato» (s'wbdjn 'wth); va-
dh)? Dal momento in cui ha raggiunto le a dire, sotto il quale vien compiuto
l'età del matrimonio; però i suoi col- da un laico un atto di culto. Secondo
leghi sacerdoti non gli lasciano eserci- Tem.6,1 non può essere offerto sull'al-
tare l'uffizio ('bd) prima che egli abbia tare di Gerusalemme un animale che sia
compiuto i vent'anni» . Mentre in Hul. già stato oggetto di adorazione cultuale,
b.24'b è usata 1a radice 'bd per il servi- che la Mishnà qualifica con il participio
zio nel tempio, in Men.13,ro, per es., nif'al di 'bd 28 • Il compimento di un at-
è ·usata la radice sms: «l sacerdoti, che to cultuale da parte di un laico è citato
hanno esercitato il loro uffizio (Smsw) anche in Git.b.57 b, nella leggenda del-
nel tempio di Onia 25, non possono far la madre e dei suoi sette figli martiri.
servizio (/' jSmsw) nel tempio di Geru- Qui l'invito ad adorare l'idolo metten-
salemme». Al singolo atto di culto sì dosi in ginocchio suona cosl: pl~ 29 l'b-
riferisce 'bd, ad es., in Men. b. 109 a. b wdh 'l;t;m, e in A.Z.b. na viene usato
nelle locuzioni 'bd 'bwdh e 'bd sjrwt, plp per parlare di un'azione cultuale du-
e con riferimento al servizio nel tempio rante la sepoltura di un non giudeo. Non
il giorno dell'espiazione è usato sms; solo la singola azione cultuale, ma an-
Jom.7,5: «Il sommo sacerdote celebra- che la celebrazione d'un giorno festivo
va [nel giorno dell'espiazione] con ot- è espressa con plb; cosl in T.A.Z.I,4 si

23 pll; nel significato cultuale è attestato in KRAUSS, Synagogale Altertiimer (1922) 82 ss. ;
Dan.3,u.r4.r7. r8.28; 6,17.21; 7,14.27; Esdr. ScHLATTER, Geschìchle Israels 33.123.r27.344;
7 ,24; pol(Jiin ==: servizio divino, culto, si trova MOORE I 43.230; II, II.
in Esdr.7,19. Anche nell'A.T. siriaco è usata 26 'bwdh zrh=astratto per il concreto; su que-
la radice pll; per l'adorazione cultuale; ad es. st'uso ~ col. 614.
Ex.9,r.13.
27 Si tratta di Shimon b. Johai (c. 150 d.C.).
24 Che tutte le radici e le loro derivazioni ab-
biano anche un significato profano, non c'è bi- 28 Nello stesso contesto si trova la definizione:
sogno di dimostrarlo. kl J'wbdi11 'wtw? 'jzhw h11'bd.
4
25 bit !;wn;n; cfr. ScHilRHR 1ll 144 ss.; S. 29 ~ n . 26.
ÀE~-tovpyfo.> (R. Meyer) -(1v,23r) 614

dice: «Quantunque tutti [i pagani] fe- nunciare il nome d'un dio straniero, si
steggino le calende come giorno festi- serve delle espressioni relative al culto
va ('wfin), è proibito [il contatto] so- idolatrico per descrivere immagini di
lo con quelli che festeggiano con ceri- idoli e altri simboli di religioni non giu-
monie cultuali (pwlMn) [tale giorno]». daiche. Ad es. si incontra 'bwdh zrh
per indicare un simbolo cultuale paga-
b) Il servizio nel tempio, o il culto no, che sta sotto un albero, come nel-
divino, come pure l'atto di culto in l'esempio di A .Z.3,7, già citato(~ col.
complesso e nelle sue singole parti, per 612). L'espressione 'bwdt 'ljljm pèr in-
lo più nella lingua ne9-ebraica è chia- dicare un idolo si trova ancora, oltre
mato 'aboda. Il servizio nel tempio di che nel passo già citato di Git.b. 57 b,
Gerusalemme è citato, ad es., in Ab.r, in Shab.b.82ab, dove accanto a 'bwdh
2, dove Simone il giusto annovera la
zrh e a 'bwdt kwkbjm wmzewt è tra-
'abOda fra le tre cose sulle quali poggia mandata la variante 'bwdt 'lilim col
il mondo. Dell'ordinamento del servi- significato di 'idolo'. Inoltre, a indica-
zio nel tempio (sdr 'bwdh) parla, ad re gli idoli si trova l'astratto !'wt con
es., Men.b.109b. Al servizio nel tem- il corrispondente aramaico t'wt'; dr.
pio si riferiscono inoltre i rabbini nelle ad es. Sanh.j.28d, 47. L'idolatra si chia-
loro formule di giuramento, nelle quali ma pertanto 'wdb 'bwdh zrh (abbrevia-
l'espressione h'bwdh significa «nel sel'- to in "/z), 'wbd 'bwdt 'ljljm (abbrevia-
vizio nel tempio»; cfr., ad es., Jeb. b. zione"/') o 'wbd kwkbjm wmzlwt (ab-
3 2 b 30• Riferita a una singola funzione breviazione 'kw"/'m, o anche 'kwm/z;
sacerdotale 'bwdh si trova in Jomà b. --+ n. 3 r ). Questa definizione vale di per
3 2 a: «Perciò si può vedere che ogni sé per tutti gli idolatri, cioè anche per
(sacerdote), che passa da un'azione cul- il giudeo che adori un dio diverso da
tuale ali'altra ( m 'bwdh l' bwdh), deve Jahvé. Cfr., oltre al passo già citato di
fare un bagno». Sanh.7,4 (--+ col. 612), anche Sanh. 5,
Per indicare il culto pagano, si usa- I. Dato, però, che la principale diffe-
no per lo più le espressioni 'bwdh zrh, renza tra giudei e pagani consiste nel-
'bwdt 'lilim e 'bwdt kwkbjm wmzlwt31 • la diversa adorazione di Dio, l'identifi-
Cosl, ad es., in Sahn.7,4 un giudeo che cazione dell'idolatra col non giudeo è
pratica un culto pagano è chiamato 'w- divenuta corrente nel giudaismo.
bd 'bwdh zrh=servitore degli idoli; e
di servizio reso agli idoli da Israele Oltre che con 'bwdh il servizio nel
parla il Rab. babilonese (t247) in Shab. tempio è espresso anche con Siiret; così
b. 56 b, usando 1' espressione figurata nell'espressione k•te siiret, «vasi del cul-
'bd 'bwdt kwkbjm wmzlwt (in luogo to» (Sota 2,1 e passim), che ha il suo mo-
della quale, probabilmente, in origine dello in Num. 4,12 e 2 Par. 24,14. Più
si diceva 'bd 'bwdh zrh) 31 • Dato che il spesso si usa la forma più recente sé-
giudeo prova un timore religioso a pro- rut; ad es., in Sota 38a è detto che la be-

30 Per maggiod particolari STRACK-BILLERBECK palestinese breve non contiene il termine 'bw-
l 335; MoORIZ I 337. Come 'bwdh è inoltre in- dh, presente invece nella recensione babilonese.
dicata la 17• benedizione delle Shemoné Esré:
«Riporta il servizio sacerdotale (h'bwdwt) nel 31 Adorazione di stelle e di figure dello zo·
santuario del tuo tempio ... e possa il servizio diaco. Però è probabile che si tratti di un'in-
del tuo popolo Israele ('bwdt ifr'l 'mk) ridon- venzione della censura; cfr. STRACK -BILLl!R-
dure a duratura soddisfazione». La recensione BECK, Einl. 5, 54, nota 1.

20 gn.ode l no;.ico - TI
6r5 (1v,23r) À.EL'tOupyÉw (R. Meycr) (1v,232) 616

nedizione sacerdotale (brkh) assomiglia «Servimi!» (pl{J qdmi), o T g. a E ccl. 5,


al servizio nel tempio (Jirwt) perché am· n, dove si parla dell'uomo che serve
bedue vengono compiuti stando in pie- il Signore del mondo (dj pl{J lmr; 'lm').
di. Anche per l'azione singola di culto Qui è già presente una spiritualizzazio-
viene usato Jirwt; ad es., Men.b.Io9a: ne dell'idea di servizio; ma anche nel-
«La macellazione [di una vittima] non è l'ambito del servizio cultuale essa non
una funzione sacerdotale u;rwt)». Inol- poteva mancare, come conseguenza del-
tre il servizio nel tempio è indicato lo sviluppo preso dalla religione giu-
con JimmilS; ad es. Num.r.3 a Num.3,6, daica. Se si ha presente l'importanza
dove è detto che soltanto Jahvé ha scel- che il culto sinagogale aveva in Palesti-
to i leviti, affinché stessero al suo ser- na e nella diaspora già molto prima del-
vizio (l'mwd brinwsw). La forma giu- la distruzione del secondo tempio, ap-
deo-aramaica simmusii' si trova, ad es., pare ·chiaro che la spiritualizzazione del
in Tg.0. a Ex.3I,rn: bigde hasseriid= concetto cultuale di servizio obbediva
zebi1se simmusa, «abiti cultuali», e in a una necessità interna. Servizio della
Tg.O. a Num.4,12: keze hassiirèt=mà- parola di Dio e tempi di preghiera co-
ne simmasa'. Inoltre si deve accennare stituivano le caratteristiche principali
ancora alle espressioni pul~iin e pUl{Jà- della vita cultuale della sinagoga, come
nii', indicanti il servizio nel tempio e, si usava già ai tempi di Gesù. Dato che
rispettivamente, l'adorazione cultuale 32 • la sinagoga poteva raggiungere le mas-
Così. in Tg. O. a Gen. 22, 2 la Pale· se dei giudei in un modo del tutto di-
stina è chiamata la terra del culto di verso dal tempio, i sacrifici passarono
Jahvé: 'r" pwlpn' {secondo Levy, Chald. in seconda linea, anche per il giudaismo
Wort.; var.: 'r" pwll;m'). In Tg.J. I a palestinese, in confronto al culto sina-
Gen.23,2 il monte Moria è indicato co- gogale, tanto che il tremendo colpo rap-
.me il monte dell' adorazione di Dio: presentato dalla distruzione del tempio
fwr pwl{Jn'. La questione se in Babilo- poté esser superato senza un'interna
nia ci sia stato un servizio del tempio crisi religiosa. Nella nuova forma spiri-
(pwl[Jn, ebr.) viene discussa con esito tualizzata del culto 33 , in luogo del sa-
negativo in S.Deut-4I a Deut.n,13, in crificio concreto appare la preghiera
relazione a Dan.6,1r.2r. Il culto pagano quale sacrificio e mezzo di espiazione.
nei targumim è detto pwl~n' nwkrjt' In Sap. 18,21 essa ha tale valore, ac-
(Tg.]. r a Num.23,I), o pwl{Jn' nkrjt' canto all'incenso: CT1tEVO"ac; yà.p &.vi)p
(T g.J. II a Deut. 14,1 ); queste forme cor- èiµrµ1t'toc; 7tpoEµ6:.x11crEv -.ò "tfjc; U>lac;
rispondono esattamente al concetto e- ÀEL"tOUpyla<; 07tÀ.O\I 7tpOCTEuxi)v xat i>u-
braico di 'abodfl ziirfl, «culto straniero». µLriµa.'toc; tçLÀa.crµòv . xoµlo-w;, Mosè,
<momo irreprensibile, accorse in difesa
3. La spiritualizzazione del concetto con l'arma del suo ministero, la preghie-
di servizio ra e l'incenso di propiziazione»; e test.
Accanto al concetto cultuale di servi- L.3,6 parla del razionale profumo e del
zio il giudaismo rabbinico ne ha pure sacrificio incruento, che gli angeli of-
una nozione etica. Di questo servizio frono al Signore nel culto celeste: 'ltpocr-
etico a Jahvé intende parlare Tg.O. a q>ÉpoV"tEç -r<{l xupl<tJ écrµ1)v eùwola.c;
Gen.I7,r, dove Jahvé dice ad Abramo: Àoytx1}v xcx.L &.valµa.x-rov i}ucrla:v ~. A-
32 ~ n. 23. -covpyEi:v in Da11.7,10 (Teod.),--) col. 605.
33 Sulla spiritualizzazione del concetto cli À.E•.- 3~ Var.: 'ltpoi:r<pÉpoua~ oÈ xu~ aaµ.'Ì)\I EÒW-
-.oupyla. già in Ecclus e sull'uso traslato di À.e~- lìlo:c, )..oy~x'Ì)v xo:t &.va.lµax-cov 'ltpo<rcpop&.v;
617 (IV,232) ÀEL'!OVpylw (H. Strathmann) · (IV,233) 618

naloghe spiritualizzazioni del culto si parole sono usate, dunque, in un deter-


trovano anche nella letteratura rabbini- minato gruppo di scritti, e tra questi tre
ca 35• Ad es., riferendosi a Dan.6,u.21, volte in Hebr. Se aggiungessimo ~
S.Deut. 4r a Deut. rr ,r 3 (~ col. 6r 5)
par. dice: «Come il servizio dell'altare À.Et-coupy6c; e ~ À.Et"t'OupyLx6c;, avrem-
('bwdh mzb{>) è chiamato 'servizio' ('b- mo altri 6 passi, di cui tre ancora in
wdh ), cosi anche la preghiera è chiama- Hebr.
ta 'servizio' ('bwdh)». Dipende da 5.
Deut.4r Taan.b. 2 a, Bar., dove, basan- Naturalmente questo non avviene a
dosi su Deut.rr,r3, la preghiera è de- caso. L'autore della Lettera agli Ebrei
finita culto del cuore ('bwdh sblb ). In è radicato totalmente nel mondo ideo-
modo simile si esprime Raba (t 352)
logico e concettuale del culto veterote-
in B. Q. b. 92 b, quando interpreta il
comando: «servite Jahvé, vostro Dio» stamentario, di cui si serve per spiega-
dicendo che con questo servizio s'in- re il significato della persona e dell'o-
tende la redta dello shemà («ascolta,
pera di Cristo. Ora, fra questi concetti
Israele!») e delle diciotto domande.
Non solo la preghiera vale, nella con- À.EL"t'oupyE'Lv e À.Evtoupyla:. hanno una
cezione rabbinica, come servizio divi- importanza capitale; perciò era inevita-
no, ma lo stesso va detto anche dello bile che il redattore se ne servisse, e lo
studio della legge; ad es. Tg. a I Par.
4,23 parla del servizio divino per mez- fece mantenendosi interamente nell'am-
zo dello studio della torà (pwlhn 'w- bito dell'uso linguistico dei LXX. Ciò
riit' ). . vale prima di tutto per Hebr.ro,rr, do-
R. MEYER
ve è detto del sacerdozio del culto ve-
terotestamentario: Ecr't'r)XE'\I xa.il'iiµépa.v
D. À.n"t'oupyÉw E À.EL"toupyla:. NEL N.T.
À.EL-coupywv xat "tà.<; r.d rtà.ç 7toÀÀ.&.xtc;
I. Occorrenza e uso r.:pocrq>Épwv ilvcrlaç, ogni sacerdote «si
In base a quanto abbiamo detto pos- presenta quotidianamente a esercitare il
siamo valutare l'importanza delle paro- suo ministero e spesse volte offre i me-
le À.Et"t'oupyEt\I e Àét"t'oupyla. nel N.T., desimi sacrifici». Nell'offerta del sacri-
tanto per il ruolo molto ridotto che es- ficio consiste il À.Et-coupyE~V del sacer-
se vi hanno, quanto per il modo in cui dozio. Perciò in Hebr.9,21 gli oggetti
vengono usate. Il verbo À.Et"t'oupyE~\I si cultuali sono chiamati, esattamente co-
incontra tre sole volte, cioè in Luca me nei LXX, crxEV1J "t'ijc; À.n-covpylac;.
(Act.13,2), in Paolo (Rom.15,27) e in L'autore contrappone ai sacrifici vetero-
Hebr. ro,u; il sostantivo À.wt'oupyla. testamentari, che venivano ripetuti di
è presente sei volte (Lc.r,23; 2 Cor.9, continuo perché non raggiungevano mai
12; Phil. 2,17.30; Hebr.8,6; 9,21). Le lo scopo di purificare le coscienze, la

cfr. CHARLES, test. XII Patr., 34. Js Cfr. STRACK-BILLERBECK II 437; m 26.296;
MOORE II 84 s. 2r7 S. 240.
619 (1v,233) À.wtoupyÉw (H. Strathmann) (IV,233) 620

superiore, unica e conclusiva, perché ef- traccia. Spunti per un significato gene-
ficace, azione sacrificale di Cristo, che rale traslato (ÀEt'toupyla, = comporta-
perciò, secondo 8,6, ha conseguito un mento pio) si trovavano già nell'Eccle-
ministero superiore ( Otaq>opW'tÉpac; -.É- siastico e in Filone; ma Sap.18,21 ap·
'rlJXEV À.1wroupylac;). Il suo 'servizio' è plica il concetto della ÀEt-.oupyla. alla
'superiore' perché più efficace o, piut- preghiera di Mosè (ricorda.ta con l'of-
tosto, perché esso solo è efficace. La ferta dell'incenso d'espiazione) e Dan.
ÀEr:roupyla del sacerdozio veterotesta- 7,10 (Teodozione) designa cosl l'adora-
mentario non ne è che la pallida prefi- zione di Dio da parte degli angeli. Cfr.
gurazione. Anche Le. l ,23 ( ÉnÀ·l}<fl>T]CTav inoltre test. L. 3, 6 (-? col. 616)1 dove
a.L 'Ì}µÉpoct -.fjc; Àwroupylac; au'tou, cioè però non è usato il termine Ì.Et'toupyla.
del sacerdote Zaccaria) si mantiene nel- Anche se questi passi possono sem-
l'ambito dell'uso linguistico dei LXX. brare isolati, ricevono però conferma
Diverso invece è il caso di Act.13,2. e peso maggiore dal fatto che nell'uso
Nel v. I vengono enumerati cinque rabbinico di 'abOdil appare la stessa ten-
'profeti e dottori' della comunità cri- denza alla spiritualizzazione (-? C). La
stiana di Antiochia; poi è detto: À.Et- espressione di Luca in Act.13,2 non do-
'tovpyovV'tWV OÈ aÙ'tWV -.(i> x.uplcy xat veva perciò - nonostante il contrasto
VT]CT'tEU6V'tW\I EfaEV 'tÒ 1tVEuµa. 'tÒ &- con i LXX - suonare alle orecchie dei
YLO\I' &.cpoplCTa'rE 81) µ01 -.òv BapvaBciv giudeo-cristiani come una novità, o
xat I:auÀ.ov X'tÀ., «mentre celebravano quanto meno come una stranezza. Il
il divino servizio in onore del Signore e passo merita dunque una particolare at-
osservavano il digiuno, lo Spirito Santo tenzione, perché è il primo ad attestare
disse: separatemi Barnaba e Saulo» ecc. il trasferimento di questo importante
Evidentemente si tratta di una preghie- concetto cultuale veterotestamentario
ra in comune, la cui efficacia viene raf- al servizio divino cristiano puramente
forzata dal digiuno 36 ; la preghiera è e- spirituale, anche se qui si tratta soltan-
saudita; lo Spirito impartisce l'ordine to d'una piccola comunità di uomini e-
di andare in missione. Per designare minenti raccolti in preghiera. Esso apre
questa preghiera in comune viene usata la via a un'evoluzione di grande por-
l'espressione ÀEL'toupyE~V. È questo, in tata.
confronto all'uso linguistico dei LXX, Dei testi paolini, Rom.15,27 e 2 Cor.
qualcosa di assolutamente nuovo, quan- 9,12 vanno insieme, perché nel primo il
tunque nel passo non ne sia rimasta verbo e nel secondo il sostantivo si ri-

36 Cfr. Mc.9,29 (var.) e H. STRATIIMANN, Ge-


schichte der fruhcristlichen Askese... r (1914)
621 (IV,233) À.EL"t'oupylw (H. Str:ithmann) (1v,234) 622

feriscono alla colletta per la comunità cinanza a i}ucrla. dà una colorazione ve-
di Gerusalemme. terotestamentaria al concetto di À.EL-
"t"ovpylcx..
Molti commentatori sono inclini o a
vedere in questi passi un riflesso del si- Il senso del passo varia a seconda
gnificato profano delle parole (la scel- che si colleghi È1tL "t"ll iTvcrl~ xcx.t Àe:~­
ta del termine indicherebbe il contribu- "t"ovpyl~ "t"fjç 1tlcnEwc; ùµWv con il pre-
to alla colletta come un servizio presta- cedente àÀÀ.« d xa.L CT'lt~\IOoµa~, oppu-
to per il bene pubblico della comunità re con il seguente xalpw xai crvyxal-
cristiana) 37, o ad interpretare l'espres- pw 7téfow ùµ~\I. Nel primo caso, o la
sione in base al significato tecnico cul- fede dei Filippesi sembra sia definita
tuale che ha nei LXX. La colletta ver- come un dono sacrificale offerto (da
rebbe così inserita «in un rapporto di ti- Paolo?) a Dio in servizio sacerdotale,
po sacrale-cultuale»; sarebbe un servizio al quale può darsi che presto Paolo ag-
sacro e verrebbe designata come <mna giunga la libagione del suo martirio (ma
azione di culto di altissimo tipo» 38 • Ma tale genitivo oggettivo può stare con
né l'una né l'altra ipotesi è verosimile. Àwtoupylo:?), oppure abbiamo l'idea,
Infatti ambedue vengono a cadere per espressa assai confusamente, che l'ope-
il fatto che Paolo, in Phil.2,30, applica ra missionaria dell'Apostolo è un servi-
l'espressione À.iwtovpylo: anche al dana- zio sacrificale sacerdotale mirante a con-
ro inviato a lui dai Filippesi, che Epa- fermarli nella fede, servizio a cui egli
frodito gli aveva consegnato compiendo, si è dedicato fino ad ora nella sofferen-
a rischio della vita, quello che essi non za e per il quale ora può, se occorre,
potevano fare (i'.vo: à.w.x.1tÀ:r1pwcrlJ -cò ù- subire anche il martirio. Nel secondo
µwv ÙCT"t"fpl]µa. "t"fjc; 1tp6c; µe: ÀEL"COUp- caso è la fede dei Filippesi che offre la
ylw;). Qui il ricordo «del servizio pre- 1'ucrla e la ÀEL"t"ovpylcx.. Questa consi-
stato per il bene pubblico della comu- sterebbe in tutto il loro comportamen-
nità cristiana» è tanto remoto quanto il to di fede. In virtù della loro fede essi
ricordo del culto sacerdotale veterote- sono ad un tempo un sacrificio offerto
stamentario. Se Paolo avesse pensato a a Dio e sacerdoti che offrono a Dio un
una cosa simile, non avrebbe parlato di sacrificio.
una ÀEL-covpyla. prestata a lui.
In ambedue i casi, comunque, la
Sarebbe consigliabile perciò di vede-
stretta coordinazione con i}vcrla. mostra
re in tutt'e tre i passi semplicemente il
che ÀEL'toupylcx. è intesa nel significato
significato profano e volgare, di cui so-
cli servizio cultuale sacerdotale. Questa
no stati porta ti (~ A 3 e) esempi a suf-
immagine serve a caratterizzare religio-
"ficienza, e di rinunciare a scoprire nei
samente sia l'opera missionaria di Pao-
testi significati reconditi e relazioni pro-
lo, sia la formazione cristiana dei Fi-
fonde 39 e a parlare di 'servizio sacto'
lippesi.
e cose del genere. Nel quarto e ultimo
passo paolino, invece (Phil.2,17 ), la vi-

37 Ad es. B.. WEISS, N.T. 2(r902); HEINRICI, 2 38 Cosl, ad es., BACHMANN, Kommentar, ad l.
Kor., ad l. 39 Cfr. LIE.TZMANN, Kor., a 2 Cor.9,r 2.
623 (rv,234) À.EL'toupytw (H. Strathmann)

2. Il significato dell'uso linguistico comunità non hanno da compiere alcu-


na À.EL't"oupyla. per la comunità, ma de-
L'uso di À.EL"t'OVpyEi:v, ÀEvi:ovpyla, vono predicare la À.EL"t'oupyla compiu-
dunque, nel N.T. si riallaccia in patte ta, una volta per tutte, da Cristo sulla
all'uso linguistico volgare e scolorito croce. Data questa mentalità, con l'aiu-
(RMt:r5,27; 2 Cor.9,12; Phil.2,30), in to dell'immagine desunta dal culto sa-
parte si riferisce al culto veterotesta- cerdotale dell'A.T. si poteva certamen-
mentario (Lc.1,23; Hebr.9,21; 10,11}, te spiegare l'importanza del sacrificio di
in parte ancora, in rari casi, si serve del- se stessi al servizio di Cristo, oppure la
la terminologia dei LXX, usata allego- vita di fede dei cristiani, o anche il si-
ricamente, per spiegare l'importanza di gnificato delle loro adunanze cultuali di
Cristo (Lettera agli Ebrei), oppure per preghiera; ma non si potevano applica-
caratterizzare il servizio missionario di re appropriatamente quei concetti cul-
Paolo. che si offre per il martirio o la tuali ai ministeri cristiani. La nuova co-
condotta cristiana della comunità (Phil. munità non aveva sacerdoti, perché era
2 ,17 ). L'avvio a una nuova terminolo- tutta composta di puri sacerdoti: «Giac-
gia cristiana si trova nel passo, unico ché noi per il sangue di Cristo possia-
nel suo genere, di Act.13,2, che appli- mo con franca fiducia accedere al san-
cando la parola ÀEL'\OvpyEi:V a un'adu- tuario» (Hebr.10,19). Perciò si può af-
nanza cristiana raccolta in preghiera la fermare che la scarsa presenza di quel
qualifica indirettamente come un servi- concetto nel N.T., ma più ancora la to-
zio sacerdotale spiritualizzato. tale assenza di un concetto parallelo da
Al contrario, manca del tutto l'appli- applicare alla situazione della comunità
cazione di questo concetto ai servizi di cristiana, indicano la novità sconvolgen-
qualsiasi personalità dirigente della nuo- te del messaggio cristiano.
va comunità e ai suoi 'ministeri' (apo-
stoli, dottori, profeti, presbiteri, vesco- E. IL PASSAGGIO ALL'USO LINGUISTICO
vi, ecc.). Sul terreno del pensiero cri- SERIORE DELLA CHIESA

stiano originario non poteva nascere Con i Padri apostolici il quadro dap-
una simile applicazione, perché i com- principio non muta gran che.
piti di questi ministeri non erano pa-
Le parole indicano per prima cosa le
ragonabili al servizio sacrificale sacer-
funzioni cultuali del sacerdozio vetero·
dotale. Questo era finito nel momento testamentario; dr. I Clem . 32, 2: ÀEL-
in cui Cristo aveva offerto il sacrificio 'tOVpyEtV 'tclJ i>ucrtr.tO''tl]plcp; 40,2: 'ltpoo--
q>opcx.t xat ÀEt-.ovpylaL; 43A= El<; -.ò
di sé stesso, come dimostra in modo
iEpa'\EUELV xcx.t ÀEL't"OUpyei:v •aÙ'tQ; an-
convincente la Lettera agli Ebrei. I mes- che 40, 5 : le À1MoupylaL del sommo
saggeri di Cristo e i capi delle singole sacerdote accanto alle OLaxovlcx.L dei le-
625 (rv, 235) ì..wtovpyÉw (H. Strathmann) (Iv,236) 626

viti. Le espressioni cultuali vengono Certamente non si dimentica mai che


poi usate per designare la cond?tta re- con À.EL'tOVpyeiv, À.Et'toupyla.. s'intende
ligiosa; cfr. IC!em.9,2.4 (dove il com-
portamento di Enoc ecc. è chiamato ·prima di tutto un semplice servizio, un
un À.wtovpyE~v 'tTI µEycx.À.o7tpE7tE~ 06~11 servizio religioso reso a Dio (Herm.,
au't'ou); Herm., sim.7,6; mand.5,r,2.3 sim.9,27a) e contemporaneamente alla
(dello spirito santo che abita nell' uo-
comunità (I Clem.441 3: À.EL't'OVpyEiV -.<!)
mo che À.m;ovpyEt 't'Q DE@); sim.5,3,8
(il giusto digiuno è una i>ucrlcx. ÙEX'tTJ e 1tOLµvl4>, e Did.15,r). Ma il confronto
una À.EL'tOVpylcx. xcx.À:i} xcx.L. EU'lt6cr8ex- con la situazione veterotestamentaria e
't0c; 't'<!) l)EQ). Inoltre esse vengono ap- la contrapposizione del sacerdozio al
plicate ad angeli e venti, che 'servo-
no' la volontà di Dio (I Clem.34,5; 20, À.cx.t:xòc; &vtl'pw'ltoc; in r Clem. lascia già
r o). Ma vengono specialmente usate vedete che i concetti di gerarchia eccle-
con riferimento alla situazione esistente siastica cristiana e di sacerdozio vetero-
nella comunità cristiana. Sotto questo
aspetto merita un'attenzione particola- testamentario cominciano ad avvicinar-
re il contesto di I Clem.40 ss.: l'auto- si, il che non può mancar di avere una
rità dei ministti ordinati nella comuni- influenza sulla storia del significato di
tà dev'essere difesa. L'autore prende ad
esempio l'ordinamento cultuale vetero- ÀEt't'OUp"(Ei'V, ÀEL't'OVpyla. Qui non pos-
testamentario, in cui sono regolati da siamo seguire questa evoluzione fin nei
prescrizioni particolari i compiti del particolati; ma il risultato è un totale
sommo sacerdote, dei sacerdoti, dei le-
viti e del À.a~xòc; dvitpw7toc; ( 40 15 ): co- trasferimento del concetto veterotesta-
sì ora ogni singolo membro della comu- mentario di sacerdote al clero cristiano.
nità cristiana deve piacere a Dio stando
al posto suo e non oltrepassare 'tÒV w- Cfr. const.Ap.2,25 15: il clero ha di-
ptcrµlvov i:i}c; ÀEL't'oupylru; ct..Ù'tOu xav6- ritto al mantenimento come i leviti: ot
va.., «la regola ben de.finita del suo ser- Àn'toupyo\hi'tec; 'tTI O"XTJVTI 'tOU µapi:u-
vizio». Anche se qui il concetto di À.EL- plov (quanti servivano al tabernacolo
-.oupyla è esteso ai compiti di tutti i della testimonianza), Tj't'L<; Tjv 'tV7tO<; 't'ijc;
membri delJa comunità cristiana, tutta- €xxÀ.T)O"Lct Xr.t't'à. 1t6.V't'ct.., «il quale era
via in 44,2-6 esso è riferito specialmen- in tutto immagine della chiesa»; 2,25,
te al ministero episcopale e presbiterale. lt - "1' I 'Y
t'
27: UµEL<; OUV O"'r)µEpO'V, W E'JWTXO'ltOL,
I

Quest'uso linguistico si affermò; cfr. Ècr'tÈ -.Q À.a..ii'> uµWv tepeic; AEU~'t'ct..L, ol
ad es. Eus., hist.eccl.3,13, dove si dice Àw~ovpyouv'ts:c; 't'TJ ts:pfi. crx-rrvfi, «voi
che il vescovo romano Lino per r 2 an- dunque oggi, o episcopi, siete per il vo-
ni tenne i:Tjv À.EL'toupyla..v, che poi pas- stro popolo sacerdoti leviti, inservienti
sò ad Anacleto; o ibid. 3,34: KÀ.l}µt)c; del sacro tabernacolo». Ma compito e
EùctpÉO''t4-J 7tctpctùoùc; 't'D\I À.Et'tOUpyla.v diritto dei chierici è l'adempimento del-
cìva)..uEt 't'Òv ~lov, «Clemente muore le À.E1-i-oupyi.m del culto sacerdotale.
lasciando il ministero ad Evaristo». Cfr. const.Ap.8,47,15: se un presbite-
Nelle Costituzioni Apostoliche À.Et'>OUp- ro o un diacono, o chiunque sia iscrit-
ys:iv, À.n'toupyla.. vengono usati per il to nel xa:taÀ.oyoc; 't'WV xÀ.T)p1xwv, la-
ministero dei vescovi, dei presbiteri e scia la sua 'ltct..potxla. e si reca in un'al-
dei diaconi (vm 4,5; 18,3 ; 47,28.36). tra contro la volontà del vescovo, 'tOU-
'tOV XEÀ.Euoµev µ11xÉ'tL ÀEL'tOUpyEiv ...
627 (rv,236) À.et-toupy6ç (H. Strathmann)

wç À.a.~xòc; µÉV't'OL EXWTE XOWWVEL't'W, cità si fosse servita della parola À.Ei-
«ordiniamo che costui non presti più 't"OUpy6ç per designare colui che si inca-
servizio... ma faccia colà la parte dei . ricava di compiere una À.EL'toupyla. per
laici». Cfr. anche la EVXlJ ùnè:p È7tL<rx6- la collettività. Ma il termine s'incontra
nou xa.t 'tfjc; è:xxÀ:r1crlaç nel Sacramen- rarissimamente e l'attesa è delusa, per
tarium Serapionis n,3 40 : «Santi anche lo meno per quel che riguarda la let-
i diaconi, l:va. wow 'xa.i)a.pot xap8lq,' teratura attica. Si trova nelle iscrizioni,
xa.t crwµa't'L xat Suvrii)wow 'xa.11apcl. qualche volta 1. Nei papiri À.wc-oupyoç
O'U\IEt81}crEL 1 À.EL'tOUpyEi:v xa.t 1t<Xpacr't''ij- appare ripetutamente nel significato di
V<t.L 't(il à.yl({.l crwµa:n X<t.L 't'~ à.ylcp at- 'funzionario liturgico' 2• Del rapporto
µa:n, «affinché siano 'puri di cuore' e con il significato originario si rammen-
di corpo e possano con 'pura coscienza' ta una volta Plutarco, quando osserva
compiere il loro sacro servizio e assi- (Romulus 26,4 [r 34 b]) che i littori un
stere al corpo santo e al sangue santo». tempo si sarebbero chiamati À.t-i-wpw;,
Theodoret., hist. eccl. 2,24,8: Leonzio che corrisponde al greco À.wtoupyol;
't'ijç µÈV ÀEL'tOUpyla.c; E'lt(WO'EU 'tO\I AÉ- l À.1}~-i-ov yèxp 'to OT)µ6crtov, «À-/i~'tOV si-
'tLOV, 'tfjc; 8é yE èX.ÀÀ:qc; aÒ't'oV ilEpa.ndac; gnifica infatti 'pubblico'». Per il resto
1#ou, «esonerò Aetios dal servizio del nell'uso della parola nella grecità extra·
culto, mantenendolo tuttavia negli altri biblica non esiste traccia di tale rap-
servizi». Cfr. inoltre ibid., r,23,5: 't"cX<; porto. Piuttosto, usata di rado come
ìMac; È1tL'tEÀ.Ei:v ÀEL'tOUpylac;; 2' 27 l 2: aggettivo, essa significa uno 'che presta
't'Ì}V 'tOU i)Elou ~ll1t'tLO"µIX.'tO<; È1tt'tt::Àei:v servizi', e come sostantivo chiunque pre-
À.EL't'OUpylav; 4, 14, 2: -r'Ì)v Èa"m:ptv'ÌJV sti un servizio, per lo più un servizio
À.Et't'OUpyia.V É1tL't'EÀEi:V. manuale, cioè un operaio. Per l'agget-
tivo cfr. Iambl., myst. 9, 2: i demoni
À.EL't"OUp"(Ei:V' ÀEL'tOUpyla servono a prendono il nome &:1t6 'tE 'tWV OEXa.vwv
indicare il culto e importanti azioni cul- xat 'tWV À.Ei.'toupywv sCi>8lwv 'tE xaì.
tuali, ma specialmente la celebrazione &cr..-pwv X't'À. Per il sostantivo cfr. CIG
r,r8r,2r; r82,n; 200,33; inoltre Dio
dell'eucaristia. Concetti cultuali vete-
C. 38,4r,7: xpvmt &µa. xat À.m:ovpyoì.
rotestamentari tornano a rivivere. Ac- 't'OU noÀ.ɵou y1yv6µe:.voi, «insieme giu·
canto alla spiritualizzazione si affaccia dici e ministri della guerra». Nel senso
una nuova materializzazione. di lavoratori militari, specialmente di
scavatori di trincee, lo usa Polyb.3,93,
5 .7; 5 12,5; ro,29,4. Nei papiri si trova
t À.EL'tOUpyoç semplicemente nel senso di 'lavoratori'3 •
Solo di rado À.EL'toupy6c; è usato an-
Ci si dovrebbe attendere che la gre- che nel significato sacrale 4 • In un 'iscri-

.JO const.Ap. (FUNK) II r68. "tovpywv "tljc, TCOÀ.Ewç; 2928,5: ...Àwtovpy6v ...
2 Citazioni in PREISIGKE, Wort., s.v.; tutte del
À.E~'t0Vpy6<; III-VI sec. d.C.
1 Cfr. CIG II 2774,2 ss.: rJ.vopa, 'tWv Èv 'tÉÀ.Et, 3 Ad es. P. Petr. n, nr. 4,9, riga II (àn6cr"t"EL-
7CO:'tpbç xa.t 'ltpoy6vwv ap)(U!:WV xa.t À.t'tOUp· ).ov oÈ À.EL'tOVpyouc, [PREISlGKE, Wort. JI 13]);
À.E~'toupyol accanto a olxoli6µoL, ibid. n, nr. r4,
ywv; 2881,13: À.Et'tOUpyòc, "tW\I ÈV 'ltl1.LO"t ).n-
-toupytWV 7((1.rJ'Wv; 2882,6/7: 'tÉÀ.tO<; À.EL'tOUp· 3, riga 4; III, nr. 46,4, riga 8.
y6c;; 2884,6: livopa... -r:wv TCptv À.et'toupywv 4 Non è usato in questo senso il passo, tal·
oùOevL ÀEtTC6µEvov; 2886, 1 : 1tpoy6vwv À.Et- volta citato erroneamente a testimonianza, di
À.EL~oupyoç (H. Strathmann) (1v,237) 630

zione trovata nel Delfinion di Mileto, tre À.EL't'OVpyEL\I ( = séret) quasi sempre
i figli Marco Aurelio Graniano Posi- designa il servizio sacerdotale, ÀEt:tovp-
donio, 1tpocpi}-rriç xa.ì. 't'ÉÀ.ELOç À.EL't'0Up- y6ç ha un significato cultuale solo in Is.
y6r;, e Marco Aurelio Graniano Dio- 6 r ,6 ( vµEi:ç oÈ tEpei:ç xuplou x>..11t)l]crEcr-
doro, CT't'E<pa.vricp6por; xa.t 1tpocp1)-tT)r; xa.t D'E, ÀEt'toupyot i}eov, «sarete chiamati sa·
-rÉÀ.nor; ÀEt't'ovpy6r;, onorano la loro cerdoti del Signore, inservienti di Dio»),
madre, indicata anch'essa come CT't'E<pa.- in 2 Eo-op. 20, 40 (::::: Neem. ro,40) (ot
VT}cp6por; e discendente da una famiglia tepe:'Lç oi À.e:t.'t'oupyol) e in Ecclus 7 ,30 6 ,
di 1tpOcplJ't'O..L e CT't'Eql<l.\lr}(j>OpOL 5 • In base dove i ÀE.t-çoupyol corrispondono agli
al contesto, ÀEL'tOvpy6r; non può essere iEpe:'Lç del v. 29. Inoltre i sacerdoti so-
che un titolo cultuale. Un altro esem- no chiamati ÀEL't'ovpyol in ep.Ar.95. Al-
pio è offerto da Waddington, Inscrip- trimenti la parola sta a indicare il ser-
tions II 3, nr. 57, dove due figlie onora- vitore (ma non gli schiavi) d'un altro,
no il padre Alessandro 't'Ò\I Èx 1tpoy6- naturalmente d'uno che è in qualche
\IW\I xa.ì. &.:rcò 1tO..LOÒr; 'i)Àtxla.ç À.L't'OUp- modo a lui superiore; ad es. di Mosè
yÒ\I 't'Ò\I µLµa.vi:o~6:.'t'T}\I xa.t i.EpÉa t)EOU (fos.r,r, cod. A, parlando di Giosuè),
'A)..d;civopou x-.À., «per discendenza e di Amnon (2 Ba<r.13,18), di Salomone
dalla fanciullezza ministro di culto, mi- (3 Ba.<r. rn,5; 2Par. 9,4), di Eliseo (4
mantobate e sacerdote del dio Alessan- Ba.(]'.4,43; 6,15), del xpt't'i}r; 't'ou Àa.ou
dro». Inoltre Dion.Hal., ant.Rom.2,2,3 : (Ecclus rn,2), di Tolomeo (J Mach.5,
a7t'a.\l't'a.r; ••• 't'OÙr; LEpE'Lr; 't'E xa.t À.Wt'OUp- 5). In ~ I02,2I e 103'4 per À.EL"t'Oup-
yoùc; 't'W\I t)Ewv èvoµoi}É't'"r]CTE'V &.7toOelx- yol di' Dio s'intendono gli angeli. An-
vucri}a.L µ(v Ù7tÒ -.wv cppa.-.ptwv, Èmxu- che i ÀEL't'Oupyot o~xou t>eou in 2 Ecrop.
poucrt)a.i. oÈ u7tò 't'W\I Èl;T)youµivwv 't'à. 7 ,24, dal lettore greco saranno stati in-
'Ì}E°La. 8tà. µa.V't'LXijr;, «stabilì che tutti i tesi semplicemente come 'servitori', per
sacerdoti e ministri degli dèi fossero quanto il corrispondente pl/.J potesse in-
proclamati sl dalle fratrie, ma confer- dicare un'adorazione cultuale (cfr. Dan.
mati mediante la divinazione dai sovrin- 3,12). I sacerdoti e i leviti sono nomi-
tendenti alle cose sacre»; ibid., 2,73,2: nati prima. Questi ÀEL"t'oupyol non ban-
ÀEL-toupyot 'Ì}Ew'V, accanto a ÌOLW't'<l.L e no funzioni cultuali.
apXO'J't'E.t;; inoltre LEpELç &7ta.\l'tEç, ac-
canto a U7t1JpÉ't'<Xt cx.ù-twv e ÀEL't'oupyot Dei cinque passi neotestamentari tre
olc; XPW\l't"rl.L 1tpÒç -.à Ì.Ep6:.. Questo uso, sono in Paolo (Rom .13 ,6; 15,16; Phil.
però, è piuttosto sporadico. Nei papiri
2, 2 5) e due nella Lettera agli Ebrei
il Preisigke non ha potuto indicare nes-
sun passo che attesti l'uso cultuale di (r,7; 8,2). In Hebr.8,2 Cristo è chia-
ÀEL't'OUpyo<;. mato 't'W'J àylwv ÀEL"t'ovpyòr; xat -tfiç
Anche nei LXX la parola non è fre-
O'X'l')Vijr; "t'lJ<; àÀ.'r)D't'Jfj<;, per indicare il
quente. Compresi gli apocrifi, appare
r4 volte, quasi sempre come traduzio- servizio pontificale che egli compie nel
ne di mcsaret (-)o coll. 602 s.). Ma, men- vero, celeste tabernacolo. La parola ha

Plut., def.orac.1 3 (II 417 a): olc, Slxcx.t6v EC1'tt sono i ÀE~'tOVpyol degli dèi.
-ta.ui:a. À.EL~oupyoi:c; l>Ewv à.va.'tLilÉv-tEc;, W0'1tEP
ùmp1Jw.Lç xa.t ypa.µµa.~Eucn (cfr. W. OTTO, 5 Cfr. G. KAWERAu-A. RBHM, Das DelphiniotJ
Priester tmd Tempel im hell. if.gypten I [1905] in Milet (I914) 396.
234s.; II [1908] 33, n. 2). Infatti qui non si 6 A meno che il participio del cod. S non sia
tratta affatto di sacerdoti, ma di demoni, che la lezione originale.
ÀEL-coupy6ç (H. Strathmann)

dunque un significato cultuale; si po- ÀEL't'OUpyòv i:Tjc; XPElac; µov, perché gli
trebbe addirittura tradurre 'sacerdote ha reso un servizio nel suo bisogno, re-
del santuario'. Anche Paolo in Rom.r5, candogli l'obolo dei Filippesi. I princi-
r6 si muove nella sfera dì concezioni pi (UPXO\l't"E<;, V. 3) sono chiamati in
cultuali sacerdotali. Egli si definisce Rom.13 ,6 ÀE1i:ovpyot i}EOù, perché ser-
Àwtoupyòç Xpt<T't'OV 'l'l')<TOV dç 't'à ìHl- vono la volontà di Dio nel reprimere il
\lt}. Questa definizione di per sé non male e nel promuovere il bene; ma la
include l'idea di una funzione sacrale; espressione non significa che essi eser-
se si trattasse solo di questa espressio- citino una funzione sacerdotale. Il loro
ne, Paolo avrebbe potuto usare benissi- compito è paragonabile a quello che
mo 8taxovoç. Ma che egli intenda ÀEt- hanno gli angeli secondo Hebr.1,7. In
i:oupyoc; in senso cultuale, addirittura Rom.r3,6, con la semplice variazione
come 'sacerdote', lo prova quel che se- del termine, si afferma quel che già si-
gue, dove spiega il termine con la lo- gnifica &axovoc; nel v. 4 8 • Anche se
cuzione i.EpoupyE~\I 't'Ò Eva:yyÉÀtov: egli Paolo poteva vedere nella parola, del
compie un ministero sacerdotale a ser- resto cosl rara nei suoi scritti, un rifles-
vizio dell'evangelo. In quale misura, ap- so di solennità, proveniente dai LXX,
pare dalla frase finale. Per il fatto che non si può però dedurne che egli la in-
egli conquista i pagani alla fede cristia- tendesse in un senso sacrale. Nel N.T.
na e li conduce a Dio, questi diventano la parola ÀE1-.oupy6ç, come nei LXX, ha
un sacrificio gradito. Dal contesto si de- ben poco dell'idea di culto sacrale (a
duce che Paolo ha sentito nella parola differenza di ÀEt't'OUpyE~\I e ÀEL't'OVp-
À.Eti:ovpyoc; un significato sacrale, giac- yla); anzi, il collegamento con tale i-
ché soltanto per questo motivo egli ha dea, quando c'è, ~vviene solo nel con-
aggiunto le osservazioni successive. testo. Non dalla parola Àe1-coupy6c; de-
riva in Rom.13,6, come in Hebr.1,7, la
Ma da questi due testi (Hebr. 8,2 e
forte colorazione religiosa dell' espres-
Rom.r5,16) non si può trarre nessuna
sione, ma dal fatto che è Dio, o Cristo,
deduzione per gli altri passi, in nessuno
colui che riceve il servizio.
dei quali è presente questo significato
cultuale sacerdotale. Ciò vale per Hebr. Clemente Romano usa Àwtoupyoi.
r ,7: gli angeli sono À.Eti:oupyot i}EoV in per parlare dei sacerdoti che compiono
il culto sacrificale nel tempio (I Clem.
quanto strumenti della sua volontà 7 • 41 ,2 ), dei profeti che sono À.Et-coupyoì.
Paolo in Phil.2,25 chiama Epafrodito i:i}ç XCÌPL't'O<; 'tOU i}EOù ( 8 ,I ) , degli ange-

7 Perciò in Hebr.r,r4 sono chiamati ÀEL't'oup- ne reso, come negli altri e~ coli. 629 s.) passi
ytxò: 'lt\IEUµa.'t'a.. citati deil'A.T., con ÀEL-.oui;y6c;, ma con oL6..-
a Cosl in Esth.r,ro; 2,2; 6,3 m•Jiiret non vie- xo\loc;.
633 (rv,238) ÀEnlc; (G. Bornkamm)

li (36,3), seguendo l'esempio di Hebr. volte (oltre che una volta, con lo stesso
1,3 ss. Anche in seguito gli angeli sa- significato, ÀE~-i:oupyTjcnµoc;, r Par. 28,
ranno chiamati cosl 9 • Ma nella succes· r 3 ), sempre col significato sacrale di
siva evoluzione ecclesiastica anche que- 'appartenente al culto' - con riferimen-
sta parola ha ricevuto una colorazione to a utensili e vesti cultuali (Ex.31,10;
clerico-sacrale 11'. 39,12; Num.4,12.26; 7,5; 2 Par.24,14).
L'unico passo neotestamentario è
t À.wtoupyix6c;
Hebr.1,14: gli angeli sono À.wtoupyixà.
Presente alcune volte nei papiri. ML- 1tVEVµ<X."t'CX. dc; OL(X.XO\IL(X.\I &:.1t00'"C'EÀ.À.6µE-
-i:oupyix6v è una tassa per l'esenzione
da certe À.EL't'oupylm (ad es., P. Petr. 'J(/. oià. 'toùc; µÉÀ.À.ov'tac; xÀ'l')povoµErv
II, nr. 39 e, III sec. a.C.). 'HµÉpru ML- <YW't'TJplav. Sono 'destinati al servizio',
't'Oupytxal erano giorni in cui i sacer- vale a dire alla oia,xovl<X. dei credenti.
doti prestavano servizio e ne riceveva-
no gli introiti 1. L'uso non è dunque cultuale cd è indi-
Nei LXX ÀEL"t'OUpyix6c; si trova sei pendente da quello dei LXX.
H. STRATHMANN

a) Guscio: guscio dell'uovo, schol.- (Theophr., hist. plant-4,14,13). In Lev.


Aristoph., pax, r98 {ed. G. Dindorf, 13,2.7 un ignoto traduttore ha usato
1838); guscio di noce, Anth. Pal. I 622. À.rnlc; per 'eruzione della pelle', 'leb-
ro2; buccia di cipolla, schol. in Luc., bra'.
dc historia quomodo conscribenda sit,
26 (ed. H. Rabe, 1906, p. 228). b) Nel N.T. solo in Act.9,18, nel rac-
Squama di pesci (Hdt. 7,61; Aristot., conto della conversione, dell'acceca-
hist. an.1,1, p. 486b, 21; l,6, p. 49ob, mento e della guarigione di Saulo: xa.t
23; 3,10, p. 517 b, 5; LXX Lev.u,9.
EV~Éwç &:m:1tEO"rJ.\I a;Ù-rov cbtò 'tW\I ocp-
10.r2; Deut. r4,9. IO [ebr. qa.fqefet] ),
di serpenti (Nicand., theriaca 154). Tra- ì}a.Àµwv wc; À.rnloEç, «e subito gli cad-
slato: di piastrine di metallo {Hdt.7 ,6 r; dero dagli occhi come delle scaglie».
Polyb. 10,27,10; BGU II, 544,8, per la
confezione di armature a scaglie; LXX L'espressione, divenuta proverbiale,
Num. 17,J [ebr. pap]; Preisendanz, si spiega con l'antica terapia delle ma-
Zaub. rv 258 ecc.), fiocchi di neve lattie degli occhi 1• È vero che ÀE'ltlc;

9 Cfr. ad es. Clem.Al., exc. Theod.27,2; strom. ÀEt"t'OVpytxbc;


6,q,157,4; Method., resurrect.1,49,1-4. 1 W.Orm, Pricster tmd Tcmpel im hell. Àgyp-
m Cfr., ad es., l'iscrizione sepolcrale, pubblica- te11 (1908) 33, n. 2 . Mrrrnrs-WILCKEN r 2,146.
ta da \YI. M. RAMSAY : Byzantinisch-Neugrie-
chisch. Jahrbucher (1923) 344 s., di un diacono Àrnlc;
di Iconio del rv sec., in cui il defunto è de· ' Per quanto è detto qui sono debitore al prof.
scritto come ÀL"t'Oupyòc; xai')o)..txijç ÈxxÀTJO'lac; Regenbogen di Heidelberg, il quale mi ha for.
XCJ."t'l'lO"W.tllc; ( = X<X."t'Cl:O"'t'<XlJE(ç). nito indicazioni e notizie.
ÀE7t/.ç (G. Bornkamm)

come termine tecnico non è attestato è formulata m base alla terminologia


nella letteratura oculistica, ma con gran- medica: avvenne a Saulo come ad uno
de probabilità si può dedurre da un
passo di Plinio (il Vecchio). In hist.nat. che fosse guarito dal leucoma. Come
29,1,21 egli biasima il comportamento mostra il passo di Tobia, nell'espressio-
dei medici che, per avidità di denaro, ne non è il caso di vedere indicata una
tra l'altro s'ingegnano per tenere a ba- particolare conoscenza medica; non si
da con dei palliativi i malati di leuco-
ma (pellicola bianca sulla cornea) anzi- può usarla, perciò, come prova che Lu-
ché guarirli radicalmente: arcana prae- ca fosse medico 5 . Cosl pure è un erro-
ce.pti, squamam [squama= ÀE7tl<;] in o- re correlare questo passo ad alcuni del-
culis emovendam potius quam extrahen-
dam (cfr. anche 32, 7, 71 ) 2• La 'squa- le lettere (2 Cor.12,7; Gal.4,15) e trar-
mazione' proviene probabilmente dal- ne delle conclusioni circa una presunta
la rimozione del 7t'tEpvytov, un' escre- malattia agli occhi di Paolo 6 •
scenza della congiuntiva che in certi ca-
si poteva coprire l'occhio fino alla pu- Anche se l'espressione è stata scelta
pilla, provocando la cecità. La terapia per mettere in rilievo che ia guarigione
delle due malattie è affine 3, per cui si è avvenuta veramente, come si sarebbe
poteva fare facilmente confusione nel-
verificato con un trattamento medico 7 ,
la descrizione del male e del sistema di
di cura. Cosl si spiega come i commenta- non si può tuttavia trascurare il signi-
tori, per illustrare Act. 9,18, siano ri- ficato simbolico della guarigione. Saulo
corsi al passo di Tob. II,I2: oiÉ'tpt4'E
perde la vista perché il Risorto vince il
'tOÙ<; 6cpi}a.).µoùç CX.U'tOV, xa.t éÀrnlo-1'1)
~nò -.wv xavi>wv 'twv òpi>a.À.µwv a.ù'tou suo nemico (Act.22,6 ss.), e la riacqui-
't~ ÀEuxwµa'ta, «si fregò gli occhi, e sta diventando suo testimone, incari-
dagli angoli degli occhi si staccarono, cato di «aprire gli occhi ai pagani e di
a guisa di scaglie, le albugini» 4 •
convertirli dalle tenebre alla luce» (Act.
La frase di Act.9,18, non è dunque
26,18).
una metafora liberamente costruita, ma G.BORNKAMM

2 J. HrnscHBERG, Geschichte der Augenheil- L11ke ( 1882) 39 s.; A. HARNACK, L11kas der
k1111de (GRAEFE-SABMISCH, H.andbuch der ge- Arzt (x9o6). Lo Hobart, del resto, riporta solo
samten Augenheilktmde xu) 7(r899) 307 s. attestazioni d'un uso diverso di Àrnlç nella let-
l Cfr. nel canone greco della medicina oculi- teratura medica ( = scaglie delle ossa e della
stica, HrRSCHDERG, o.e., nr. 27-29, pp. 384 ss. pelle). Nella farmacologia ÀEitl8Eç sono un pre-
4 Nel cod.S. la cecità di Tobia sopravviene sol-
parato di rame che serve per medicazioni (Dio-
tanto in seguito all'inutile trattamento medico; sc., mat.med. 5 ,78 ).
nei oodd.A B è soltanto un naturale fenomeno 6 Sulla malattia di Paolo dr. LrnrzMANN, Kor.
concomitante. La medicina talmudica, del re- (ex.e. a 2 Cor.I2,ro); WrnmscH, 2 Kor. (exc.
sto, indica l'intorbidimento della cornea, che a 12,7); BACHMANN, Kommentar II '(1922) 399
giunge fino alla cecità, col termine barqa' (pel- ss.; F. FENNER, Die Krankheit im NT, UNT
licola bianca) = ita.paÀc.cµljl~ç=ÀEuxwµa1 che r8 (r930) 30 ss. ~IV, col. 694; v, coll. 751 ss.
ne è forse il corrispondente etimologico. Cfr. 7 L'uso di concetti medici nel racconto di una
J.PRBUSS, Biblisch-talmudische Medizin (19II) guarigione si ritrova spesso. Cfr., solo per le
3or.307 ss.; HrRSCHBERG, o.e., 29.86. guarigioni di ciechi, le tavole votive di Epidau·
s W. K. HonART, The Medicai Language of St. ro raccolte da HIRSCHDBRG, o.e., 57 ss.
).fopa (W. Michaelis)

t ÀÉ7tpa, t Àrnp6ç

L'aggettivo À.E1tp6c; (da À.ÉTcw, sbuc- in Mc.1,44par.; Le. 17,14 2 • Quanto a


ciare, togliere la scorza) ha il significa- sapere se nell'A.T. si parli della stessa
to di squamoso, crostoso, dalla superfi-
malattia che oggi noi chiamiamo lebbra,
cie non liscia: viene usato, ad es., an-
che per un terreno non piano, pietroso, la cosa è discutibile 3 • Tuttavia la sicu-
ma anche per la malattia della lebbra, ra identificazione clinica della malattia
che rende la pelle piena di croste e non è decisiva per valutare i racconti
scabbiosa. Il relativo sostantivo À.E1tpet.,
come i derivati k:Ttpciw, À.ETtp6w ecc., è neotestamentari di guarigione 4• Che la
usato solo per indicare la lebbra1• I LXX tradizione, tra le guarigioni operate da
traducono con À.É1tpcx. l'ebraico !iira'at, Gesù, metta in particolare rilievo quelle
che si trova specialmente in Lev.13 s.,
oppure nega' ~iira'at, lett. 'colpo' (piaga) di lebbrosi, dipende dal fatto che il giu-
della lebbra (Lev.13 ,20 ); anche ÀE1tp6c;, daismo si attendeva dal tempo messia-
ÀE7tpaw, À.mp6oµa..t ricorrono nei LXX. nico anche l'eliminazione di questa ma-
Che nel N.T. con À.É:r:pcx. e Àrnp6c; si lattia 5 : cfr. la risposta di Gesù al Bat-
intenda la stessa malattia, o gruppo di tista in Mt.rr,5 par. 6 e i poteri conferiti
malattie, che l'A.T. e i LXX indicano ai discepoli in Mt. ro,8. Guarigioni di
con questi vocaboli, sembra certo; cfr. lebbrosi sono raccontate in Mc. r ,40 ss.
specialmente il riferimento all'A.T. in par.; Lc.17,12 ss. 7 (cfr. anche Mt.10,8
Lc.4,27, Mt. 11,5 par. e le prescrizio- par.) 8. ~ IV, col!. 1283 ss.
ni veterotestamentarie di purificazione W. M1cHAELIS

À.Énpa x-tÀ.
1 Cfr. le citazioni extra-bibliche in LIDDELL - Biblisch·talmt1dische Medi:dn (19n) 369. Filo-
SCOTT, s.v. ne, che si occupa più volte delle prescrizioni
2 J. }ADASSOHN, Die Lepra (1930) = «Hand- veterotestam. sulla lebbra, in spec. leg. r,80 la
buch der Haut- und Geschlechtskrankheiten», accomuna a malattie maligne della pelle e ad
vol. x. altre escrescenze ulcerose e la chiama (poster.
C. 47; som.1,202) 1tOÀÙµopcpoç xixt 1tOÀV-tpo-
3 Dubbi sull'equiparazione sono avanzati da
r.oç.' Cfr. ancora STRACK -BILLl!RBECK lV 745-
G. N . MuNCH, Die Zaraath (Lepra) der hebriii-
763 (excursus 27: Aussatz tmd Aussiitzige).
schcn Bibel (1893)=Dermatologische Studien,
xvr; W. EBSTEIN, Dic Medizin im N.T. tmd 4 ~ IV coll. 703 ss.
im Talmud (1903) 38 s. 90 s. 272 ss. Cfr. an- 5 STRACK-BlLLERBECK I 593 ss.
che LoHMEYER, Mk. (1937) 45; R.OTTo, Rcich 6 Sul rapporto con testi mandaici dr. KLOSTER-
Gottes u11d Mc11schemoh11 (1934) 299; F. FEN· MANN, Mt., ad l.
NER, Die Krankheit im N. T . (1930) 67 s. =
7 Sulla forma di questa pericope nel 'Vangelo
UNT18; A.SANDLER, art. Lepra, in EJ x (1934)
798 ss.; C. VON 0RELLI, art. Aufsatz in RE' sconosciuto', righe 32 ss., cfr. K. F. SCHMIDT-
II (1897) 296-299 (con la bibliogr. anteriore); J. }EREMIAS, Ein bisher U11beka11ntes Evange-
XXIII ( 1913) 149 dichiara che si tratta della lienfragment: ThBl r5 (1936) 34 ss.
lebbra dei nostri giorni. Cfr. inoltre J.PREUSS, 8 Z AHN, Mt., ad l.
AEV(E)l (H. Strathmann)

t Aw( e: )l, Ai:.u( e: )lç


Traduzione greca del nome léwz, o pranzo a «pubblicani e peccatori», al
invariato e perciò indeclinabile 1, o reso quale prende parte anche Gesù. In Mc.
declinabile con l'aggiunta di ç (gen. e
dat. Ae:u[E]l, accus. Aev[E]lv) 2 • questo pubblicano Levi è indicato, con
più precisione, come figlio di Alfeo (2,
r. Nel N.T. il nome appare nella for-
14).
ma lucana dell' albero genealogico di
Gesù, in· cui si chiamano cosi il bisnon- Nel catalogo lucano degli apostoli,
no di Giuseppe, padre putativo di Ge- però, non si trova questo Levi, né in
sù 3, e poi ancora un altro, che si tro- Lc.6,13 ss. né in Act.r,13. Anche nella
lista degli apostoli di Mc. manca Levi,
va all'incirca a metà della serie di ge- ma c'è Giacomo, figlio di Alfeo 6 • Una
nerazioni, tra David e Zorobabele (Le. parte notevole della tradizione è stata
3,24.29). Null'altro si sa di queste due indotta da questo fatto a sostituire Le-
vi con Giacomo in Mc.2,14 7 : il padre
persone. sembrava lo stesso, ed un discepolo, del-
la cui vocazione si fa un tale racconto,
Per valutare l'indicazione di Lc.3,29 non poteva non appartenere anche alla
va vilevato, fra l'altro, che i nomi di cerchia degli apostoli. Queste conside-
persona ripresi dalla storia dei patriar- razioni non sono del tutto da respinge-
chi non appaiono prima del periodo elle- re, a meno che l'inserimento di "t"Ò'll -.ou
nistico4. Il nome Levi appare per la pri- 'AÀcpr.r.lov in Mc.2,q non sia dovuto
ma volta nella Lettera di Aristea (48), alla stessa idea, che, in ogni caso, ne
dove, nel gruppo di traduttori della viene favorita.
quinta tribù, accanto a Isacco, Giacob- Il primo Vangelo non conosce un
be, Giosuè, Sabbateo e Simone, appare pubblicano Levi, ma soltanto il pubbli-
anche un Ae:ulç. I quattro personaggi cano Matteo, che parimenti è chiamato
con questo nome riportati da Flavio e offre un pranzo, e che appare come
Giuseppe sono tutti del r sec. d.C. Un «Matteo il pubblicano» nella lista de-
lewt bar slsi è un tannaita della quin- gli Apostoli (Mt.ro,3), mentre nessuna
ta generazione 5 • delle altre tre liste lo indica cosl. Qui
2 . In Lc.5,27.29 si parla di un pub- dunque il collegamento tra la scena del-
la vocazione ed il nome noto d'un apo-
blicano Levi, che Gesù ha chiamato al
stolo è portato fino in fondo 8 •
suo seguito, e che poi offre un grande Il rapporto reciproco dei tre raccon-

AEU(E)L XÙ.
I BLASS-DEBR. § 53,r. HéiLscmm, Pauly-W. xu (1925) 2207.
2 BLASS-DEBR. § 55,x e. 5 STRACK, Einl., cap. 13 § 7.
3 Sull'assenza dei nomi Mattat e Levi nel te· 6 Nel cod. D questo si legge anche in Le.
sto di Lc.3,24 in Giulio Africano come conse· 7 Codd.D 0 q.i it. Tat. Anche Origenc conosce
guenza d'una 'correzione' intenzionale dell'al- questa vrtriante. Cfr. ZAHN, Forsch. r, x30.
bero genealogico lucano, dr. ZAHN, Lk.3· 4(1920) 8 Il discepolo Levi compare ancora in ev.Petr.
ad l., i.13 ss. x4,60, tra i presenti all'apparizione di Cristo
4 Indicazioni al riguardo nell' art. Levi cli G . risorto al lago di Genezaret; inoltre nella Di-
AEll(E)l (H. Strathmann)

ti non dà motivo per pensare che lo 3. Negli altri tre passi del N. T.
stesso avvenimento si sia verificato due (Hebr.7,5.9; Apoc.7,7) Levi indica il
volte, con persone diverse 9 • Piuttosto,
o Levi e Matteo sono la stessa persona terzo figlio di Giacobbe e di Lia.
o si tratta di un adattamento 10•
a) La tradizione veterotestamentaria
È indicativo dello spirito con cui i fa discendere da lui la tribù sacerdotale
vangeli sono stati scritti il fatto che es- di Levi. In questa sede debbono esse-
re lasciate da parte le difficili questioni
si tranquillamente mettano in evidenza circa il significato del nome, l'origine e
che l'uomo, chiamato e poi onorato del- la storia della tribù; non ci chiediamo
la presenza di Gesù alla sua mensa, fa- se vi sia mai stata una tribù 'secolare' di
Levi, che però, a causa di un atto di
ceva parte della spregiata e odiata com- vergognosa perfidia, sia andata ben pre-
briccola dei pubblicani: l'uomo, dal no- sto in rovina (Gen.34), i cui membri
me rispettabile del periodo dei patriar- dispersi si sarebbero allora dedicati al-
le mansioni sacerdotali di secondo ran-
chi, è uno che si arricchisce a spese dei
go; se, anche qualora sia esistita una
suoi compatrioti! La comunità cl'istiana tale tribù 'secolare', la tribù sacerdota-
non ha bisogno di scusare o di nascon- le di Levi non sia piuttosto una forma-
dere il passato di suoi membri anche zione autonoma, una specie di ordine
religioso, una 'lega di Levi', che sareb-
eminenti. È sempre possibile far peni- be in relazione con i sacerdoti del san-
tenza, ottenere perdono e divenire una tuario di Cades (Num.18,19; Mal.2,4-
nuova creatura (xawi} x-cl<n<;). La co- 9 ). Non ci domandiamo nemmeno quale
fosse in origine il rapporto del sacerdo-
munità cristiana può dire tutta la veri- zio levitico con quello aronitico, e poi,
tà sul passato dei suoi membri, perché dopo l'insediamento in Palestina, con
essa non crede a una qualche importan- il sacerdozio già esistente, preisraeliti-
co, e soprattutto con quello sadochiti-
te personalità in seno ad essa, ma a co di Gerusalemme; né quale sia stata,
quell'Uno al quale tutto deve. Che Le- in seguito all'accentramento del culto
vi fosse un pubblicano sta solo a pro- voluto dalla corrente deuteronomistica,
l'evoluzione della posizione giuridica e
vare la grandezza di Cristo: Levi era
delle funzioni di servizio dei leviti in
pubblicano; ma à.\laCT't"Ò:<; rp<:oÀ.ovi)'l)O'E\I rapporto ai sacerdoti del tempio 11 • Qui
CJ.U't'~, «alzatosi, lo segul». si deve dire soltanto che, secondo l'opi-

dascalia, dove la domenica di Pasqua il Risorto ot <TC!J/;OµEVOL wµoÀ.Oy'l')O'Ot.V -.-i]v BL<Ì "tfjç cpw-
appare nella casa di lui (ed. H . AcHELIS -J. vTjç bµo)..oylav xat è!;fjMov, È!; wv Ma:d)a.~­
FLEMMING, TU 25,2 [1904] 107); e ancora ir1 oc;, cfltÀ.L7t'ltoc;, 0wµac;, Aeutc; xa.t 11.)..)..oL 'ltOÀ.-
uno scritto copto-gnostico non pubblicato, do- )..ol).
ve Levi, in una discussione tra Pietro e Maria 9 Ciò porterebbe a ritenere, con Fozio (Catena
sulle rivelazioni del Risorto, si schiera dalla Possìni (1645] 50) che due siano stati i pub-
parte di Maria (cfr. HENNECKE, 69 s.). Secon- blicani nella cerchia degli apostoli.
do Clem. Al., strom.4,9,71,3 il valcntiniano
Eradeone nel commento a Lc.l2,II s. annove- '10 Non è questa la sede per addentrarsi in que-

rava Levi tra quei cristiani dei primi tempi sta intricata questione.
che non erano morti martiri (oò yocp '!t&.v·m; 11 Cfr., ad es., L'esposizione accuratamente pon·
Aw(E)l (H. Strathmann)

nione dominante nell'A.T., la tribù di Sichem (Gen. 34), che è condannato


Levi è quella che ha ricevuto l'incarico nell'A.T. come un fatto perfido e cru-
del sacerdozio. Cfr. Ex. 2, x ss.; 6, 20; dele (Gen-49,5), mentre Iub.30,23 ne
32,25-29; Deut. ro,8; 17,9; 33,9-n; fa invece l'elogio e attribuisce agli au-
Iud.17,13. tori la benedizione del cielo, perché
b) Nell'ambito del tardo giudaismo, hanno «fatto giustizia e diritto e ven-
il Libro dei Giubilei e il nucleo giudai- detta dei peccatori» 12 • Molto affine a
co dei Testamenti dei XII Patriarchi questo giudizio su Levi è quello conte-
mostrano un notevole interesse per Le- nuto nel nucleo giudaico dei Testamenti
vi e la sua tribù. Insieme a Giuda, gli dei XII Patriarchi. Naturalmente anche
viene attribuita una posizione privile- qui Levi ha il sacerdozio, e questo gli è
giata tra i figli di Giacobbe; ma anche attribuito nel modo più solenne. Egli ha
nei confronti dello stesso Giuda Levi visioni e riceve rivelazioni come un pro-
ha Ja precedenza. È in compagnia dei feta dell'A.T.; esorta allo studio zelante
soli Levi e Giuda che Giacobbe visita e alla fedele osservanza della legge di
Isacco morente. Questi, pieno dello spi- Dio 13• Ma i suoi compiti e la sua posi-
rito della profezia, stringe Levi con la zione non si limitano a questo. È inve-
destra, Giuda con la sinistra, e benedi- ce significativo che Dio gli ha dato la so-
ce Levi e la sua discendenza. Soltanto vranità come a Giuda, ma prima di lui14 •
ad essi viene affidato il servizio sacerdo- Gli altri non potranno nulla contro Le-
tale nel santuario. Poi il racconto pro- vi 15• Perciò si spiega l'esortazione di
segue: «Saranno principi e giudici e so- test. !ud.: «Amate Levi, affinché restia-
vrani per tutto il seme dei figli di Gia- te, e non sollevatevi contro di lui, per
cobbe; essi predicheranno nella verità non essere distrutti. A me (Giuda) il Si-
la parola di Dio, emetteranno il suo giu- gnore ha dato il regno e a lui il sacer-
dizio nella giustizia e annunceranno le dozio, e ha subordinato il regno al sa-
mie strade a Giacobbe e i miei sentieri cerdozio. A me ha dato quello che è
ad Israele» (lub. 3 r ,14 s. ). Levi, dun- sulla terra, a lui quello che è nel cielo.
que, dev'essere ad un tempo sacerdote, Come il cielo è superiore alla terra, co-
principe e profeta. Il servizio sacerdo- sl il sacerdozio di Dio supera il re-
tale, la comunicazione di oracoli e l'in- gno sulla terra» 16• Si giunge a dire: «lo
segnamento sono affidati a Levi anche e i miei fratelli saremo signori dei no-
in Deut. 33,8-II. Ma la posizione di stri scettri (tribù), Levi il primo, il se-
principe e sovrano è qualcosa di to- condo io .. .» 17 • In una gara di corsa sul
talmente nuovo rispetto all'A.T., e cosl (monte) Oliveto, Levi prende il sole e
pure la posizione preferenziale nei con- Giuda la luna, e un giovane consegna a
fronti di Giuda. Diverso da quello del- Levi dodici rami di palma quale omag-
1'A. T. è il giudizio dei Giubilei sul mas- gio di tutte le tribù 18•
sacro compiuto da Simeone e Levì a Il giudizio di questi scritti sulla tri-

derata di EicnRODT, Theol. d. A.T. I 209 ss. 12 Cfr. BoussET-GRESSM., r3 s.


R. KITTEL, Geschichte des Votkes Israel I 13 test.L.8.2 .13.
2
(r912) 317-326.407 s. 540; II 2(r909) 74 s. 270 14 test.R. 6.
ss. G.A.CoDKl.l, in HASTINGS, D.B. m (r900) 15 test.S. 5.
s.v. S. MowINCKEL in RGG' rn, s.v. E. AuER·
16 test.Iud. 21,1-4.
IlACH, in EJ x (1934) s.v. P. HllINISCH in
LexThK2 VI (1934) s.v. Ma soprattutto HoL- 17 test.I11d.25,r.
SCHER (~ Il. 4) 2155-2208. 1s test.N. 5.
AEV(E)l (H. Strathmann)

bù di Levi, è comprensibile solo sullo cui Levi, il figlio di Giacobbe, ha detto


sfondo delle lotte dei Maccabei e dell'e- che con esse prenderà la casa d'Israe-
voluzione che ha preso inizio da esse. le» 22 • Il dono della profezia di Levi tro-
Mattatia, il padre di Giuda Maccabeo vava il suo collegamento con l'A.T. nei
e dei suoi due fratelli Gionata e Si- passi relativi agli Urim e Tummim (Ex.
mone, che l'uno dopo l'altro coprirono 28ao; Num.27,2I; Deut.33,8).
)'ufficio di sommo sacerdote (cioè tutta In Filone Levi, come tutto il resto,
la famiglia degli Asmonei), era di legit- naturalmente è posto al servizio dell'al-
tima origine sacerdotale. Essi discende- legoria moraleggiante: egli è il tipo del
vano da Joarib 19 , e riunivano in sé la <p~À6Ì}Eoç che, come è detto specialmen-
dignità e i compiti del sacerdozio e del te a proposito di Deut.Io,9; 33,9, ab-
principato secolare, totalmente, da quan- bandona o mortifica il corpo per poter
do Alessandro lanneo ( l 03 - 77) aveva appartenere soltanto a Dio 23 •
ricevuto la dignità regale. Questa sem-
brava ancora una situazione ideale, a c) I passi neotestamentari non mo-
Flavio Giuseppe, il quale osserva, rife- strano né di risentire l'influenza del pe-
rendosi a Ircano I (135-105), che que-
sti è stato insignito da Dio delle mas- riodo asmoneo né di avere contatti con
sime doti, cioè della sovranità sul po- idee filoniane. Essi si basano· soltanto
polo, della dignità di sommo sacerdo- sulle indicazioni del Pentateuco. Apoc.
te e del dono della profezia 20• I Giu-
bilei ed i Testamenti dei XII Patriarchi 7,7 non ha alcun riferimento alla posi-
riflettono questo stato di cose 21 , e ciò zione speciale di Levi; egli vi appare co-
sembra valere anche per il giudizio sul me una delle dodici tribù, ciascuna di
fotto di Gen.34, diverso da quello del-
la Bibbia. Infatti anche lrcano aveva e- dodici mila membri per un totale di
seguito una sentenza contro Sichem e r44 mila, che sono i segnati con il si-
la Samaria, il che sembra indirettamen- gillo di Dio. Invece, in Hebr.7,5.9 Le-
te approvata in Iub.30. vi è preso in considerazione come l'an-
Dotato del dono della profezia Levi
appare anche nel docum. Dam-4,15, do- tenato del sacerdozio veterotestamenta-
ve si parla delle tre reti di Belial, «di rio, dotato di determinati diritti, la cui

23 'ltCt/t'Éppa xa.t µ.71'tÉpa...., 't'ÒV vouv xa.t 't1}v


19 I Mach.2,1; q,29; I Chron.24,1-7.
'toii <rwµa'toc; uÀ.71v, xa.'ta.À.ElmL Ù7tÈp -.ov
20 lrcano I morl 'tPLWV 'tWV µEyl1nwv lif;Loç xÀ'ijpov lXELV 't'Òv !tvcx. l>Eov (leg.all. 2,5.r; cfr.
ÙTCÒ 'tOÙ itEoù xpdklç, àpxijç 'tOÙ ~~ovç xat plant.63 s.). Ex. 32,27 s. è interpretato come
'tijç àpXLEpct'tLXijc; 'tLµTjç xal 7CPO!pT]'tela.ç detto della mortificazione del corpo, e non del-
(ant.13,299; ripetuto in bell. 1,68). Sul dono l'uccisione di quelli, tra il popolo, che avevano
della profezia del sommo sacerdote cfr. Io. u, adorato il vitello d'oro: lìLà. 'tOU'tO xa.t '&:1ìEÀ.-
5I. <p6v', oùx. &vl>pwTCov, à:À.ÀÙ. 'tÒ ljivxijç ttlìeÌl--
<pòv O"Wµa. Ù'ltOX'tEVOÙµEV, 'tOV"tÉ<T'tL 'tOU <pLÀrL·
21 Cfr.ScHiiRER m 4
, 339 ss. BoussET-GRESSM., pÉi:ov xa.t l>Elov 'tÒ qJLÀ.oTCa.itÈc; xa.L ~TJ'tÒV
109 s. lìw.!;evf;oµ.ev. &.'ltox'tEvoùµe.v xa.t 'tÒV ''ltÀ.TJ-
22 Cfr., oltre all'edizione di S. ScHECHTER e di ulov', miÀLV oux livi)pw'ltoV, à:À.À.Ù. -.òv (a.tu-
L . RosT, \VI. STAERK, Dic iiidische Gemeiudc ili)<rEwv) xopòv xat Dla.<rov (ebr. 70 ). Il nome
dcs 11e11en B1111des in Damaskus (1922) 57, ad l., di Levi è <rvµ~oÀ.ov ... ÈvEpyELWv ... xa.t 'ltpà.-
anche per la questione della relazione lettera- l;EWV <T7tvlìalwv xa.ì. À.EL'tOVPYLWV à.ylwv (so/11.
ria tra Dam. e i Test. dei XII Patr. 2,34).

11 anndt: luslco w n
Aeu(E)l (H. Strathmann)

contrapposizione al sacerdozio secondo dozio levitico viene abolito perché in-


l'ordine di~ Melchisedec serve a mo- sufficiente. Ma ciò - prosegue Hebr.7,
strare la superiorità di Gesù, come som- rr-19 - anche obbiettivamente è del
mo sacerdote del N.T. La base è offer- tutto motivato dall'insufficienza religio-
ta da \fl ro9,4, la cui interpretazione sa del sacerdozio levitico, che non è riu-
messianica in riferimento a Gesù è pa- scito a realizzare nessuna 'perfezione' (7,
cificamente presupposta, come avviene n}, non ha saputo avvicinare a Dio (7,
in generale nell' A. T. 24 • La superiorità 19), purificare e perfezionare coscienze
deriva dal fatto che, secondo Gen. ·I4, (9,14; 9,9), rimettere i peccati (9,22;
I 8-20, Melchisedec ha esercitato di fron- I0,4}. Ma vi è un tratto caratteristico
te ad Abramo, e perciò anche di fron- della mentalità dell'autore della Lette-
te al suo pronipote Levi, i peculiari di- ra agli Ebrei, che è versato nella Scrit-
ritti sacerdotali, cioè l'esazione della de- tura: per lui la deduzione formalistica
cima (Num. 18, 21) e la benedizione da \fJ 109 e Gen. 14, 18-20 è più im-
(Deut.10,8). Ciò era paradossale sotto portante della giustificazione obbiettiva
due aspetti. Le funzioni sacerdotali può dell'avvenuto mutamento. In tal modo
esercitarle solo chi possa provare la sua ciò che era il massimo orgoglio del sa-
discendenza dai figli di Levi; e questo cerdozio israelitico, il corretto albero
non può . darsi per Melchisedec. Non genealogico, diventa uno scoglio su cui
perché egli appare molto prima che esi- esso si infrange. Non è che l'apparte·
stesse Levi {questa circostanza non è nenza di Cristo alla tribù di Giuda sia
considerata da Hebr. }, ma perché non un argomento contro la sua dignità di
ha affatto un albero genealogico. Un sommo sacerdote; al contrario, proprio
sacerdote senza albero genealogico ha questa sua dignità è un argomento per
del grottesco 25 • Inoltre Abramo rifulge dichiarare superato e finito il sacerdo-
nello splendore della grande promessa zio levitico. Ciò significa il distacco fon-
di Gen. x2,2; eppure è benedetto da damentale della comunità cristiana dal
Melchisedec! Si vede in ciò l'eminenza culto dell'A. T.: Tolvvv E!;,Epxwµei}a.
di questo misterioso sconosciuto. Ora, 7tpÒc; a\Ytòv Eçw 'tijc; 'ltapEµ~oÀ:i'jc;, «U·
se in Gesù viene ordinato un sacerdote sciamo, dunque, incontro a lui fuori
secondo l'ordine di questo Melchisedec, dell'accampamento» (Hebr.13 ,13). Nel-
come afferma il \fl 109, se ne deve de- la illustrazione di questo concetto con-
durre che il suo sacerdozio è superiore siste la funzione della Lettera agli E-
a quello levitico e anche che il sacer- brei fra gli scritti neotestamentari. Le-

24Cfr. Mt.22,44; 26,64; Act.2,34; 7,56; l Cor. s. ; I Petr.3,22; Apoc.3,21.

15,25 ; Col.3,r; Eph.1,20; Hebr.1,3.13; 10,12 25 Cfr. al riguardo Flav. Ios., vit. 1.
AEU(E)l (H. Strathmann)

vi ha dovuto lasciare il posto a Cristo26 •


questa opinione non trova alcun appog-
gio nel N. T. 29 • Anzi, Le. 1,36 (Elisa-
4. Dati del primo cristianesimo sulla betta è 'parente' ~ <ruyyEvli; - di Ma-
discendenza di Gesù dalla tribù di Levi. ria) sembra voler dire che la madre di
Se la Lettera agli Ebrei mette in for- Gesù è di discendenza levitica, perché
te rilievo la discendenza di Gesù dalla Elisabetta, secondo Le. I ,5, discendeva
tribù di Giuda, ed evidentemente non «dalle figlie di Aronne», e qui <ruyyE-
sa nulla di una relazione genealogica di vlc; non si può riferire all'appartenenza
Gesù con la tribù di Levi (cosa che di- ad un popolo, ma solo ad un parenta-
sturberebbe le sue riflessioni nel c. 7 ), do 30• Questo accenno alla relazione ge-
e tanto meno ha giustifiéato la posizio- nealogica di Gesù con Levi, attraverso
ne pontificale di Gesù con una tale re- Maria, è sfumato, assolutamente isola-
lazione, non mancarono però delle voci to nel N.T. e non è sfruttato. Tanto più
che affermarono l'esistenza di tale rela- lo è, invece, nell'elaborazione cristiana
zione - attraverso Maria - e le diedero dei Testamenti dei Xn Patriarchi 31 ,
un certo peso. Nella chiesa si è fatta dove è ripetutamente messo in eviden-
luce l'opinione che Maria fosse di di- za che Cristo discende tanto da Levi
scendenza davidica, come per primo ha quanto da Giuda: dal primo in quanto
sostenuto Giustino nel Dialogo con Tri- sacerdote, dal secondo in quanto re, e
fone27; l'interesse per questa tesi è giu- riunisce cosi in sé ambedue le dignità.
stificato perché, come già. osserva Ago- Particolarmente chiaro è test. Ios. 19:
stino 28, solo cosi Gesù, che non è nato «Conservate i comandamenti del Signo-
da Giuseppe, può, in senso letterale, re ed onorate Giuda e Levi; perché da
aver nelle vene sangue di David. Ma essi 32 sorgerà per voi l'agnello di Dio,

26 Cfr. l'esegesi della Lettera agli Ebrei, spe- tlichen Apokryphen (1909) 9 ss.; KtOSTER·
cialmente del cap. 7, in NT Deutsch. MANN, Lk., ad l. Lo Zahn rileva giustamente
rr Capp. 43.45.100.uo. Con lui, Protoevang. (I.e.) che l'intenzionalità con cui Lc.1,5 tratta
Iacobi ro è la più antica testimonianza. Nella dell'origine levitica del Battista ha un intimo
teologia cattolica prevale questa opinione; cfr. rapporto con ciò.
l'art. Maria di L. Kos'l'ERS, in LexThK v12 31 Gia in I Clem.32,2 sembra presente l'idea
(1934) 888. Contrario è ZAHN, Rorsch., 328 ss.; di una doppia relazione di Gesù con le tribù
In., Lk.'·4 (1926) 761 n. 80. di Levi e di Giuda: Èl; mhov (cioè da Giacob·
28 Cfr. Aug., Faust., 23>4· be) yàp lEpEi:<; -rE xaL Awi:-raL 1t6.V'tEç ot ÀEL·
-coupyouvuç 't0 i}vcrtaCT-rTJPi4> i:oii lh:oii· ÈI;
29 Per lo meno, non nel testo tramandato del-
aÒ'tOV ~<XOÙEtç xat l!p;(OV'tEç xat 'l'ryo6µEVOL
l'unico passo (Lc.1,27) che possa essere preso
xa-cà 'tbv 'Iovom1. ~ strano come non si cli·
in considerazione. Infatti è alquanto arbitrario
ca che Gesù discende da Giuda, ma da Giacob-
voler collegare È!;, oixou ÀC1.ulo con il lontano
be, e che lo si ponga nelle due tribù di Giu-
7Ca;pl}lvov, anziché con 'Iwcriicp, immediatamen-
da e di Levi, come se discendesse da ambedue
te precedente. Altcimenti starebbero le cose se
xa-cà crapxa. Egli unisce in sé la dignità del-
si dovessero cancellare come interpolazione se-
le due tribù perché è il nostro pontefice e il
condaria le parole ȵVY]O''tEVµÉVlJV ci.vopt ~
nostro protettore (<iPXLEpEÙ<; xaL 7tPOCT'ta'tTJ<;).
ovoµ.a. 'Iwcr-ficp (cosl DIBELIUS, Jungfraue11sohn
rmd Krippenkilld [1932] r2 s.): SAHeid.22,4 32 Èx 'tOU 0'7CÉpµC1.'tO<; aù-rwv, var. si; r:J.Ò'CWV
[193rf32J). Ma ciò non si concilia con il auy- (t:he evidentemente vuol dire la stessa cosa),
ytvli; di Lc.1,36. per cui non si può parlare del rapporto con
30 Cfr. ZAHN, Lk.3•4 (1920) 89 s.; W. BAUER, Le.vi come di una discendenza puramente 'spi·
Dns Lcbrn Jesu im Zeitalter der 11eutesta111e11- rituale'.
AEu(E)l·nv; (R. Meyer)

che per grazia salva tutti i popoli pa- ne levitica di Maria; giacché suo pa-
gani ed Israele» 33 • Anche in un fram- dre Gioacchino sarebbe stato sacerdote
mento attribuito ad Ireneo si sostiene, (Aug., Faust., 23,4.9) 35• A quanto pa-
forse in base a test.Sim. 7, che Cristo EX re, egli dipende per questa notizia da
'tOU AEvt xo:t 'tOU 'Iou&cx. 'tÒ X<X.'tà <t&.p- una forma primitiva del Protovangelo
xrx, wc; 0ML)..Eùc; xcx.L LEpEÙc; ÉyEwi}i}ri, di Giacomo, che, a differenza di quella
«secondo la carne nacque da Levi e da giunta a noi, ha sostenuto questa opi-
Giuda, come re e sacerdote» 34 • Anche nione.
Fausto manicheo ha sostenuto l'erigi- H . STRATHMANN

Si trova nei LXX, in Filone 1, Flavio pagna persero molto della loro influen-
Giuseppe 2 e Plutarco 3 • Levita è chi ap- za. È vero che il Deuteronomio promet-
partiene alla 'tribù' di Levi 4 . In quan- te a tutti gli appartenenti alla 'tribù'
to si occupa del culto, il levita rappre- di Levi parità di diritti 5 ; ma i sacerdo-
senta un funzionario di second'ordme, ti di Gerusalemme riuscirono ad oppor-
che deve compiere i servizi minori nel si con successo a queste richieste 6 . La
santuario. La divisione del sacerdozio prima vera testimonianza della divisione
in due classi, sacerdoti e leviti che - del personale cultuale in due classi si
senza pregiudizio della loro interna ar- trova nell'abbozzo di ordinamento del
ticolazione statutaria - sono separate per tempio in Ez.44,6 ss.: in esso è asse-
ragioni di casta, risale in principio alla gnato ai sacerdoti levitici, ai 'figli di
riforma cultuale di Giosia. Con la sop- Sadoq', vale a dire ai sacerdoti di Geru-
pressione di tutti i santuari della pia- salemme, il vero sacerdozio del tempio
nura, i sacerdoti sadochiti di Gerusa- e dell'altare, mentre i leviti si devono
lemme videro aumentare enormemente accontentare di prestazioni subalterne,
la loro potenza, mentre quelli della cam- come 1a guardia alle porte del tempio,

33 Altri passi: test. Sim.7 ss.; test. L.2; test. D. niierzeit... _(1927) pass.; MowrNCKEL in RGG'
5; test.G.8. Cfr. SCHURER nt 345. rn, I603 ss.; J .HEINEMANN, Philons gricchische
l-1 Ireneo (ed. W. HARVEY II [1857] 487). Pe-
tmd iiidische Bildrmg (I932) indice, s. v.; G.
VON RAD, Das Geschichtsbild des chro11istische.11
rò Ireneo altrove sostiene che Maria era di di·
sccndenza davidica. Werkes (I930) 80 ss. 88 ss.; S.MoEBLENBRINK:
ZAW NF I I ( 1934) 184 ss.; J. GU'I'MANN e
J~ Qualche altra traccia isolata di questa opi-
D. J. BoRNSTEIN: in EJ x (r934) s.v.; inoltre
nione è citata da ZAHN, Lk.'·4 (1920) 76, n. 80
~ bibliogr. a col. 643, n. II.
e 90, n . n .
I HnrNllMANN, indice, s.v.
AEU(E)frri<; 2 Flav. Ios. (ed. NmsE, indice, s.v.).
PASSOW, PREUSCHEN-BAUER1, Thes.Stepb., s.v.
l quaest.convA,6,2 (II 67I e).
Bibliogr.: S01URER 1r
29I ss. (ibid., la biblio-
~ Se per Levi si debba intendere una tribù o
grafia precedente) 328 ss.; G. A. BARTON; Jew
uno status ~ coli. 642 s.
Enc vm, s.v.; G. HoLSCHER, in Pauly-W. xn
(I925) 2155 ss.; BoussET-GRESSM., ro2.rn5; ~ Deut.18,1.6 s.
V. APTOWITZER, Die Parteipolitik der Hasmo- 0 2 R eg.23 ,9.
AEV(E)l't'l]c; (R. Meyer)

la pulizia del tempio, la mattazione del- to attraverso la partecipazione al sacri-


le vittime e il servizio dei visitatori. Es- ficio. Dato che la parte sostanziale del
si cosl si vedono attribuite quelle man- sacrificio era affidata ai sacerdoti, non
sioni cultuali che poi, fino alla distru- restava ai leviti che di elaborarne le
zione del tempio, furono curate da per- norme liturgiche; e qui i leviti cantori
sone di altre tribù 7• riuscirono ad ottenere, già nel periodo
Del progetto di Ezechiele, ciò che delle Cronache, un posto fisso al cen-
viene messo in pratica nel periodo im- tro della vita cultuale 15•
mediatamente successivo è l'idea della Dallo sforzo di emancipazione dei le-
separazione dei sacerdoti dai levit~ Se- viti sorse una rivalità fra le due classi,
condo il documento sacerdotale (P), i che durò fino alla, distruzione del se-
leviti sono servitori del sacerdozio aro- condo tempio. Un risultato notevole fu
nitico 8• Accanto ai leviti 9 , nel primo conseguito dai leviti con l'insediamen-
periodo post-esilico restano ancora in- to degli Asmonei quali principi- sacer-
dipendenti i cantori 10, i custodi delle doti ereditari 16 ; essi infatti apparte-
porte 11 e i servitori del tempio 12• La nevano alla 'tribù' di Levi. Un'abbon-
posizione subordinata che venne ad ave- dante letteratura indica che quello fu
re il levita rese poco attraente questa un periodo in cui la 'tribù' di Levi da-
professione. Questo trova conferma nel- va il tono alla vita pubblica giudaica 17 •
la tradizione che parla di un numero Lo scopo finale di tutti gli sforzi di e-
ridotto di leviti rimpatriati da Babilo- mancipazione, cioè l'equiparazione. ai
nia 13• Tuttavia nel periodo successivo a sacerdoti, fu raggiunto dai leviti poco
quello del docum. P. si osserva un gran- prima della distruzione del tempio. Co-
de sforzo di emancipazione da parte dei me informa Flavio Giuseppe, ant. 20,
leviti, che si può seguire molto bene 216 ss., Agrippa II convocò, dietro sug-
nell'opera del Cronista; infatti «la po- gerimento dei leviti, un sinodo 18 in cui
sizione dei leviti nell'organismo deli'i- fu deciso che i leviti cantori potevano
sraele post-esilico è l'interesse centrale indossare le stesse vesti di lino dei sa-
del Cronista» 14 • Al tempo del Cronista cerdoti; inoltre agli addetti subalterni
anche i cantori e gli ostiari vennero am- del tempio fu concesso di ricevere una
messi fra i leviti, per motivi che oggi formazione per essere ammessi alla clas-
ci sfuggono. I leviti miravano a conse- se dei cantori che aveva ottenuto l'a-
guire parità di diritti con i sacerdoti; vanzamento. L'irritazione dei sacerdoti
ma questa si poteva raggiungere soltan- per questa vittoria dei leviti è espressa

1 Cfr. A. BERTHOLET-K. GALLING, Ez. (1936) b; Joma ;.38 b. Da esse deriva Ja dignità del
t57. suo uffizio sacerdotale: lub. 30, 18 ss.; Philo,
vita Mos., 2,170 ss. L'insediamento degli As-
g Nmn.3,n s.; 3,6 ss.; 8,19; 18,2 ss. -+ VON
monei a principi-sacerdoti è espresso cosl in
RAD, 90.
l ub.32,1 : «Levi sognò che l'avrebbero insedin-
9 Esdr.2,40. io Esdr.2,4.1. to e fatto sacerdote del Dio altissimo». Al-
11 Esdr.2,42. 12 Esdr.2,43 ss. tri particolari in test.L.8,1 ss.
13 -)o v. RAD, 8r s. 17 Cfr. Iub.31,rr ss.; test. N.5,1 ss.; test. fod.
25,1; 21,1 ss.; test.R.6s ss.; Ex.r.5 ad Ex.5,4;
14 v. RAD, u9.
-)o
Num.r.13, a Num.7,r3.
15 -7 V. RAD, 98 ss. 13 Essendo procuratore Gessio Floro, nel 6 2
16 Sulla giustizia e la pietà di Levi, vedasi d.C.; cfr. GuTMANN, 840; inoltre STRACK-BIL-
Dam.6,ro; S.Deut. 350 a Deut.33,9; Joma b.66 LERBECK IV 653-659.
AEv(e)i-.nç (R. Meyer)

chiaramente da Flavio Giuseppe, che vestibolo interno, sono in carico ai sa-


proveniva dalla nobiltà sacerdotale. cerdoti 26 ; sacerdote è anche il coman-
Però anche i sacerdoti non rimasero dante del tempio, lo cr-rpa:nlYÒç -rou LE-
inattivi di fronte agli sforzi di eman- pou di Act.4,r; 5 ,24.26. A questi due uf-
cipazione dei leviti. Come si può ap- fizi si aggiungono 3. la guardia alle por-
prendere da notizie talmudiche, pochi te 27 e 4. le altre prestazioni ausiliarie
anni prima della distruzione del tempio nel servizio sacrificale. Come attività
essi tolsero ai leviti la fonte del loro extracultuale dei leviti è attestata la
reddito, cioè la decima dei leviti 1Q . loro partecipazione all'amministrazione
Quando, dopo la guerra, la situazione della comunità 2!, Nel compito di inse-
in Palestina cominciò a normalizzarsi, gnare, che i leviti avevano già al tem-
ci si trovò di fronte a questa legge; sen- po di Esdra 29, si ripete la posizione di
za conoscere il motivo per cui era stata privilegio di cui i leviti, insieme coi sa-
fatta. Siccome era in contraddizione con cerdoti, godono nel tito sinagogale: alla
il resto della tradizione, su questo pun- lettura della Torà vien chiamato per
to si sviluppò un'ampia discussione 20• primo il sacerdote, poi il levita e, infine,
I leviti stanno a metà fra gli aro- il giudeo comune. Se nessun levita è
niti e il giudeo comune 21 • Della loro presente al servizio divino, può essere
esenzione dai. tributi parla un documen- sostituito soltanto dal sacerdote che è
to del 11 sec. a.C. 22• In quanto presta- stato chiamato prima, ma non da un
no servizio nel santuario 2.3, essi hanno giudeo comune 30•
i seguenti compiti 6n dal tempo delle
Cronache: r. la liturgia 24; i cantori so- Nel N.T. incontriamo un levita nella
no divisi in 24 classi, come i sacerdo-
ti 25 ; 2 . . la polizia del tempio; come parabola del buon samaritano. Le. ro.
guardiani del tempio i leviti compiono 3 2: òµolwç OÈ xaL Awl-r'l')ç xa:t"Cl -ròv
il servizio di polizia e di ordine; anche -.67tov ÈÀ.itwv xcd towv &.vi:vm:i.pfjÀ.il'Ev,
qui è importante il numero 24, in quan-
to vi sono 24 posti di polizia: a 21 «parimenti anche un levita, che transita-
provvedono i leviti; i restanti tre, nel va per quel luogo, guardò e passò oltre».

19 Cfr. ]eb.b.86 a.b.; Kct.b.26 a; M.S.j.56,2. cantori del tempio: Tamid 7,J; Sukka 5,4. Tut-
20 Cfr. H. GR/\ETZ, Eine Strafmassregel gegcn
tavia in generale l'ufficio di cantore era tipica·
dic Leviten: MGWJ 35 (1886) 97 ss. mente levitico, per cui Plut. (~ n. 3) può de-
21 Cfr. Qid.4,1.
finire i cantori come leviti; -7 anche n. 22. Fi-
lone non accenna al canto dei leviti.
22 Flav.Ios., ant.I2,142; qui i leviti, in vista 25 Flav.Ios., ant.7,367; Taa11.4 ,2; T .Taan.4,2 s.
della classe dominante dei cantori nel tempio,
26 Flav.Ios., ant.18,29 s.; Philo, spec.leg.r,156;
vengono chiamati lEpoljlaÀ't<X&; sui privilegi dei
Mid.1,1 ss.; Tamid r,r.
leviti cfr. inoltre Bek.1,x; 2,1; 8,r; Bek.b.47 a.
In questo contesto vanno collocate discussio· 27 Flav. los., Ap. 2,119; bell.6,293 . Anche le
ni teoriche sulle città dci leviti; cfr. ~ BORN· porte dell'interno erano affidate soltanto ai sa·
STElN, 842 s. cerdoti; cfr. Mid.1,9.
2l Anche il tempio di Onia aveva sacerdoti e 28 Flav.Ios., a11t.4,214; test. R.6,8. Cfr. ~ V.
leviti, Flav. los., ant.13,63. RAD, 94 s.
24 Plav. los., ant. 7,305; 8,176; 9,269; Tamid 29 -7 v. RAD, 95 s.; inoltre test. R.6,8; qui è
7,3s.; R.H.b.3rnBar.; Srtkka 5,1s.; cfr.STRACK- detto di Levi: lhL cr.ò~òç yvwCTE'tl'l& v61~ov l}E-
BrLLBRBECK n 76 s. 806. Anche i sacerdoti fa- ou. test.L.r3,2.
cevano parte, sebbene in minor numero, dei 3G Git.5,8; Git.b.59 b.
À.Euxoç (W. Michaelis)

Egli condivide i sentimenti del sacerdo- m1ss1one che i 'Giudei' mandano da


te che lo ha preceduto: ambedue sono Giovanni Battista è composta di sacer-
i rappresentanti delle classi privilegiate doti e leviti. Secondo Act.4,36 Giusep-
d'Israele. Di fronte a lui sta, in effica- pe, detto Barnaba, un giudeo-cristiano
ce contrasto, il disprezzato samaritano, proveniente da Cipro, appartiene alla
che si prende cura di colui che era sta- 'tribù' di Levi.
to vittima dei briganti. ln Io.1,19 la R. MEYER

t ÀEux6ç, t Àrnxa.lvw
1. À.Evx6c;, appartenente alla nota ra- mutevoli possibilità di confronti, dal va-
dice leuk, che si ritrova nel latino lux, riabile stato d'animo di colui che osser-
nel tedesco Licht ed anche in ~ lux;- va, ecc.
v6<;, À.ux.vla:, significa spesso - conforme À.evx6c; si trova, da Omero in poi, in
all'etimologia - splendido, brillante, lu- tutti i campi della poesia e della prosa
minoso (la traduzione 'luminoso' si rac- greche 1 ; ad es., è detto del latte, della
comanda specialmente nd simbolismo neve (proprio il colore bianco del latte,
religioso e nei contesti escatologico-apo- della neve serve spesso da termine di
calittici, perché si presta a richiamare al- paragone: bianco come il latte, come la
la mente le giuste associazioni d'idee). neve: il latte e la neve evidentemente
Però per lo più À.wx6c; significa il colore indicano l'originaria ampiezza estrema
bianco nelle sue diverse sfumature, fino del bianco), di fiori, frutti, animali,
a bianco grigio, grigio bianco e grigio. Il specialmente di capelli canuti e bianchi
vocabolo ha dunque una sfera di signifi- per l'età avanzata (donde anche À.e:uxòv
cati piuttosto ampia entro la gamma dei yijp~, «bianca vecchiaia»). Per l'uso
colori; ma esso condivide questa pro- linguistico traslato, ~ coll. 660; 662.
prietà con tutti gli altri vocaboli indi- Il sostantivo neutro 'tÒ ÀEvx6v si trova
canti i colori, specialmente con il suo con il significato di veste bianca, ad es.
opposto ~ µel(t<;. Questa incertezza ÀEVXÒ\I aµrtEXE1., «ti vesti di bianco»,
non è limitata alla grecità, e neppure Aristoph., Ach. ro24 {si trova inoltre
all'antichità in generale; evidentemente nel significato di bianco come colore, di
essa non tanto dipende da insufficienti bianco dell'uovo ecc.). In certe iscrizio-
capacità di osservazione e di distinzio- ni À.wx6ç si incontra come colore di a-
ne, quanto piuttosto è il riflesso del nimali (sacrificali): gallo, agnello, ariete,
fatto che l'uomo ha la sensazione che i ecc.; delle vesti di sacerdoti e di parteci-
colori non siano valori assoluti, ma re- panti a misteri: Ditt., Syll. 3 1018,r s. (III
lativi, la cui definizione più precisa di- sec. a.C.); 736, 13 .15 s. 24 s. (92 a.C.),
pende dalla scelta del momento, dalle anche come colore degli abiti dei morti

Xe.ux6c; x-cÀ..
I PAssow e LIDDl!LL·ScoTT, s.v.
ÀEUxoç (W. Michaelis) (1v,248) 660

o da lutto: Ditt., Sill. 3 !218,2 s. (v sec. te, essendo considerato il colore gradi-
a.C.); 1219,9 (m sec. a.C.); più volte to e pertinente agli dèi; dr. Plat., leg.
À.Euxòç À.litoç (anche À.EUx6À.d}oç) si tro- 12,956 a: xpwµa'ta. of. ÀEUxà. 7tp1btov-
va in templi, ad es. Ditt., 01·.268,16 s. 't' /lv 1}Eoi:ç EL"(). Gli animali sacrificali
(III sec. a.C.): 'tCÌ. oEooyµÉva àvaypci- spesso devono essere di colore bianco;
lj.iat EL<; <T•"fiÀ.'TJV À.Euxou À.l~ou (cfr. an- quando già in Hom., Il.3,ro3 s. a Elios
che Moult.-Mill. 374). Anche nei pa- è sacrificata una pecora bianca e alla te1·-
piri si trova di frequente À.eux6ç, come ra invece una nera, appare chiaro rap- n
colore di qualsiasi animale (cammello, porto tra il colore bianco e la luce. In
asino, capra, maiale ecc.), di abiti o di altri casi la rarità dei soggetti bianchi
biancheria, unito a tµa'ttov, è.0"1}1)ç, O-'tO- in determinate spede d'animali può a-
À1} (cfr. Preisigke, Wort. II r6, s.v.). verne motivato la preferenza. Ma il
bianco può valere anche come colore
À.Euxa.lvw, verbo derivato da À.eux6ç, catartico o apotropaico~. Divinità mi-
render bianco, si trova esso pure, per sericordiose avevano l'epiteto di bian-
quanto senza confronto più di rado, da co, come l'Ermes Arnx6ç di Tanagra, la
Omero in poi: À.EVXCt.LVOV uowp ÈÀ.a'tu- bianca dea del mare Arnxoih:a (Horn.,
crt, «facevano biancheggiar l'acqua coi re- Od. 5,333 ss.). Inoltre il bianco, in con-
mi» (Qd.I2 I72); ÀEUxa.lvwv Ò xpovoç,
1 trapposizione al nero, era in genere il
«il tempo che incanutisce» (i capelli) colore della gioia, della fortuna, del-
(Theocr.14,70). Anche medio e intran- la vittoria (cfr. ÀEUXTJ i)µ.Épa.). Una spie-
sitivo. ÀEuxalvw non si incontra in i- gazione univoca della grande importan-
scrizioni o nei papiri, ma vi si trova za del colore bianco nella religiosità an-
l'affine ÀEUx6w (cfr. Ditt., Syll.', indice tica non sembra possibile, e anche in
s.v.) 1 . . casi particolari la motivazione rimane
L'importanza del colore bianco nella oscura, ad es. quando si tratta di spie-
vita e nel pensiero dell'antichità greca e gare perché, accanto al nero, anche il
romana, che trova espressione anche nel bianco fosse spesso colore del lutto e
gran numero di parole composte con fosse usato nel culto dei morti 5 • Che
À.wx6ç, finora è stata studiata monogra- anche nella superstizione e nella magia
.fìcamente in misura sufficiente solo per il colore bianco fosse molto importan-
1a sfera cultuale 3• In tutti i casi il bian- te, è provato di continuo dai papiri ma-
co ha avuto nel culto un ruolo eminen- gici; cfr. ad es. Preisendanz, Zaub. n

2 Cfr. PAssow e LrnnELL-Scorr, s.v. Sul deri- ss. bibliografia precedente.


vato Àtuxalvw cfr. E. FRAENKEL, Grieehische 4 Cfr. S. ElTREM, Op/erritus rmd Vorop/er der
Denominativa (1906) 14; A. DEBRUNNER: In- Grieehen imd Romcr (Schrifter utgit a Videns-
dogcrmanische Forschungen ;n (1907) 29 s. e kapsselskapet i Kristiania, 1914, II, Hist.-Fil.
Griechisches W ortbildungslebre, § 220. Atte- Kl.nr.r [1915]) 492; Ind. s.v. 'Weiss'; special-
stazioni di ÀEUx6w in FRAENKEL, o.e., r39 . Il mente 196.225.268, n. 3. n RADKE, o.e., 3.5 ss.,
rapporto tra aggettivi e verbi indicanti colori reca numerose attestazioni del «significato ma-
nel greco è trattato in un contesto più ampio gico dcl colore biancm>; 35 ss. il significato di
da L. WEISGERBER, Adjektivisebe und verbalt! apportatore di benedizioni; 38 ss. quello apo-
Au/fassung der Gesiehtsempfindungen: Wéirter tropaico; 47 ss. quello lustrale; 50 ss. quello
und Sachen xu, 2 (1929) 197ss. [DEBRUNNER]. simpatetico.
3 G. ~ADKE, Die Bedeut1mg der weissen und 5 Cfr. le indicazioni di A. BERTHOLET, art.
sehwarzen Farbe in Kult tmd Bra11ch der Gric- ' Farben r. Religiongeschichtlich ': RGG' II,
chen 1111d Romer (Diss.), Berlin x936; ibid. 5 514 ss., e RADKE, o.e., 44.
661 (1v,248) À.EUXO<; (W. Michaelis)

73; III 303.305.693; IV 35s. I65ss. to il carattere luminoso del mondo di-
698. 2190. vino in un senso più che altro natura-
le, quanto piuttosto la preminenza at-
2. Anche nell'area culturale israeliti- tribuita all'idea di santità: «Vivacità,
co-giudaica il bianco ha avuto sempre vita, luce, santità, gioia da un lato; im-
una particolare importanza, come- colo- mobilità, morte, tenebre, cattiveria e
re naturale che si poteva osservare nel lutto dall'altro, sono concetti biblici in-
latte, nei denti ecc., e come colore arti- tel'cambiabili, e bianco e nero sono l'e-
ficiale, usato abbondantemente nella ce- spressione fenomenica di questa doppia
ramica, nella verniciatura delle pareti e serie di opposti significati» 10•
negli affreschi 6 • Nell'abbigliamento e- In ebraico anche il modo di designa-
rano assai apprezzati i tessuti colorati o re i colori mostra una certa elasticità.
variopinti (di lino o lana), ma se ne usa- Il bianco include anche il giallo-chiaro,
vano anche di tutti bianchi, e special- per cui il bisso, anche se ha una sfuma-
mente il lino candeggiato (bisso) era ap- tura di giallo, è considerato come il
prezzato ed elegante 7 • Nelle vesti sacer- bianco puro 11 • L'aggettivo usato pteva-
dotali dominava il bianco, che in genere lentemente per bianco (e giallo-chiaro)
era il colore fondamentale del culto li- è liibiin; il verbo laban ricorre soltanto
turgico. Quantunque anche nei paesi cir- nella forma hif'il: render bianco, diven-
costanti il bianco fosse il colore preferito tar bianco, e hitpa'el (i due vocaboli non
per le vesti sacerdotali8 , la sua affe1·ma- sono frequenti, ma vi è un certo numero
zione nel mondo israelitico-giudaico non di derivati che attestano ed ampliano il
si spiega tanto con idee largamente dif- valore del colore bianco)12• In Cant.5,ro
fuse nel mondo di allora, quanto per c'è, derivato da ~f?f?, 'splendere' (Lam.4,
il fatto che la serietà e la chiarezza del- 7 : «come il latte»), l'aggettivo ~ap, bian-
l'idea vetetotestamentaria di Dio fece- co lucente (in Is. 32'4 è detto del di-
ro sl che anche nel campo del simboli- scorso: chiaro, evidente, come anche
smo cultuale dei colori si fissassero po- Àwx6c; viene usato ad indicare la voce
che ma forti idee fondamentali, fra cui chiara, l'esptessione, il discorso petspi-
1a totale esclusione del nero e il pre- cuo ). In Iud.5,ro si trova Fflpor (detto
dominio del bianco 9• Alla scelta del co- di asine bianche) 13 • In questo passo il
lore bianco deve aver condotto non tan- cod. A dei LXX ttaduce in fotma sbia-

6 K. GALLING, art. 'Farbe und Fiirberei', in 'Farben in der Bibel' in RE' V (1898) 755 ss.
Biblisches Reallexikon (1937) 150 ss. In epoca IO DELITZSCH, o.e., 760.
più tarda il bianco fu considerato, insieme al
li DELITZSCH, o.e., 756.
rosso, una sostanza fondamentale del corpo u-
mano; dr. R. MEYER, Hellenistisches in der 12 È dubbio che si possa parlare qui anche di

rnbbin. Anthropologie = B W ANT 4. F. 22 tebenft, 'mattone' e del verbo liiban, 'fare mat-
( r937) 15 ss. 33 ss. ecc. toni', che appare soltanto in forma qal (cfr.
GESENIUS-BUHL., s.v.). I Greci consideravano
7 GALLJNG, l.c. e ibid., art. 'Byssus; Kleidung'
bianchi la polvere e il gesso (cfr. lo ·scholion
Soprattutto il camice (chiton) sembra fosse per ad Aristoph., vesp.92x: À.ÉyE't<IL xai yfj CTXLP-
lo più di un colore bianco unico. Diversamen- p&:c;, À.EvxiJ ·ne; wc; yutJioc;. Cfr. anche Iren.3,
te l::t pensa P. THOMSEN, art. 'Kleidung. D. 17,4 che presuppone la stessa apparenza este-
PaHistina. Syrien', in Reallexikon dcr Vorge- riore del latte e del gesso: fo Dei lacte gyp-
schichte VI ( 1926) 389 ss.
smn male miscetur.
8 GALLING, art. 'Priestcrkleidung', o.e., 429 ss. 13 Da derivare da shr, essere bianco-rossiccio
9 Altri particolari in F. DELITZSCH (LoTZ), art. oppure gialliccio, e~~ cui fra l'altro è collegato
ÀEvx6<; (W. Michaelis) (1v,250) 664

dita (hnPE~Tjxouc; E'ln Ù1tol;uylwv, 3. Filone usa 't'Ò Àwx6v, e particolar-


«giunti sopra giumenti»; invece il cod. mente la coppia antitetica 't'Ò Àe:ux6v e
B ha: Èm'k~'l')x6-.t.c; ÈTIL ovou l>'l')À.t.lac; -.ò µÉÀ.av, quando circa la vista adduce
µEGì}µ~ploo:;, <<. •• su una giumenta splen- questo esempio: 7tWc; 'Ì)µwv ò vouc; xa.-
dente» (dove µeaTJµBplcx=sàhor è mes- 't'ct.Àa.µ~avet, ~--L 't'OU'\L À.EUXÒ\I fi µÉ-
so in chiaro rapporto con il ·sostantivo Àav fo-.lv, El µ1] ~oTJt}@ XPTl<Tti.µe:voc;
~af:;, 'calore [meridìano]', cfr. Is.r8,4: opaUEL;, «Come puÒ la nostra mente
wc; <pwc; xauµa:i-oc; µ€0"1}µ0plcxc;, «come comprendere che una cosa è bianca o
luce dell'ardore meridiano» = kehom nera, se non con l'aiuto della vista?»,
~af:; 'alé-'or). ~ah in Cant.5,ro è ·reso leg.all.2,7; similmente 2,39; 3,57 s. (an-
con À.eux6c;, e liiban per lo più con À.E.u- che Àe:uxalvw è usato una volta in que-
x6c; (in Lev. I 3 ,24 con il singolare ag- sto contesto: 6cpt}aÀ.µòc; Àe:uxa.l\IE't'<X.t vuv
gettivo ÈxÀ.E.ux6c;, una volta con xÀ.w- ùnò -.ou mxp6v'toc; À.e:uxou, «se il bian-
poc;, 'verde', oltreché con la forma ver- co c'è, l'occhio ne riceve la sensazione
bale À.wxa.lvw ecc.). À.eux6c; corrispon- del bianca>>, leg. all.3,61). Bianco e ne-
de soprattutto a liibiin. ro sono esempi degli opposti per eccel-
In Gen.31,8 À.i;:ux6c; traduce 'iiqod, lenza, e non mancano mai quando Filo·
che, invece in 30,J5. 39 s. è reso con ne ne elenca qualcuno (leg.all.3,61; ebr.
otaÀ.wxoc;, che appare soltanto qui. In 186); particolarmente significativo è
Gen. 30,32 il cod.A reca otti.pct.\l't'O\I xcxt rer.div.her.209: vita e morte, malattia
À.EUx6v (altri codd. otaÀ.wxov xcx.L pa.v- e salute, bianco e nero, destra e sini-
-.6v ). In Dan. 7,9 i LXX e Teodozione stra, giustizia e ingiustizia, ecc. Il co-
(con una costruzione diversa) hanno tra- lore bianco rappresenta per lui la verità
dotto neqè' con Àwx6c;. Senza rispon- e la ragione. È quanto dice in un'inter-
dente ebraico è Év Àt.uxn ÈalhJ-.t, «Ìn pretazione allegorica del colore bianco
candida veste», di 2 Mach.1 r ,8. Circa la della manna (/ug.138 s.), e ancor più ac-
metà dei passi con Àwx6c; sono in Lev. centuatamente in plant.rros: la messa
lJ, dove l'aggettivo si trova 16 volte allo scoperto del bianco delle verghe
per lo sbianchire dei capelli, della pelle (Gen.30,37) mostra che noi dobbiamo
ecc. nei casi di lebbra (cfr. Hdt.r,138: liberare il bene da ogni involucro cat-
À.É'ltp'flV 'Ì] À.EUX't}V ~XEL\I, «aver la lebbra tivo; le prescrizioni poi circa la lebbra
o il biancore»). Nei LXX s'incontra an- (anche in Deus imm. 130 usate allego-
che Àwxalvw (5 volte, per lo più per ricamente) in Lev. I3, 12 s. insegnano
liiban all'hif'il). In Dan.12,ro B Teodoz. che dobbiamo deporre la passione mul-
ha ÈxÀwxa.lvw, accanto a À.e:vxavfrlsw ticolore, cattiva ed incostante, e indos-
o Àwxcd}l~w. Inoltre si ha À.Evxwµa, sare il semplice e uniforme colore del-
'glaucoma', più volte in Tobia, e Àe:u- la verità &.ve:vootCXO"'t'O\I &.À:l')~e:loo:; &:rc-
x6-.t}c; in Ecclus 4 3 ,I 8: xaÀ.À.oc; À.e:ux6- Àouv xpwµa OE~Wµe~a.. In leg.all.3,r71
"'YJ't'O<; av-.fjc; Èxi}auµa<TEL Òcpi}a.À.µ6ç si sottolinea che la divina ragione è
( nell' inno alla bellezza delle opere di chiamata Àt.uxòv: 't'l yù.p liv EtTJ À.a.µ-
Dio), «occhio ammira la bellezza del 1tp6-.i;:po\I i1 '\'l'}ÀauyÉa"t'Epov l>Elou À.6-
candore di lei», scil. della neve. you; «che cosa vi può essere di più bril-

Sahara (cfr. GESENlUs-BUHL., s.v.). In Iud.5, rìspondente ebraico. Esso rende shb in 2 Eulìp.
io Simmaco ha O"'tlÀ~w, risplendo, luccico. In 8,27=z Esdr.8,56. Nel N.T. <nlÀ~W si trova
lJi xo3,r5 Simmaco ha questo verbo per !hl; soltanto in Mc.9,3; -tà. lµ&.'t'ttt aù't'ou ÈyÉvE-ro
CT't'lÀ~EW 'ltp6CTw'ltov 't'~ ÉÀa~ (cfr. FIELD). I O''tLÀ.~O'V't'tt À.EUXa À.l<l:v [BERTRAM].
LXX hanno O''t'lÀ~w 9 volte senza un sicuro
665 (IV,250) Àtux6c;(W. Michaclis) (IV,250) 666

lante e splendido del logos divino?» sto corteo (èv 'ta.tc;) À.rnxa.~c; foi)ijow,
(cfr. test.Sal. e, prologo I [Mc Cown]: che erano state indossate per ordine e-
loov E01l rn.~'ltWV 'Jr.MO.V 't'Ì}V <tocpl(l,V splicito; cioè non si trattava dell'abbi-
À.EÀ.EUXaoµÉ\ll)V wc; Xt6V(1, EVW1tt6v O'OU gliamento comune, ma di uno particolar-
xo.t 'tWV 6cpihx.À.µWv <rov, «ecco, vedrai mente importante. Anche Salomone, se-
tutta la sapienza candida come neve condo ant.8,186, nella sortita quotidia-
davanti a te e ai tuoi occhi». Nella de- na era À.eux-l}v i)µcptecrµÉvoç tO"~ij 't' a,
scrizione e spiegazione delle vesti sa- «ravvolto in una veste bianca», e que-
cerdotali e dei colori liturgici, Filo- sta, venendo dopo 1a descrizione degli
ne (come anche Flavio Giuseppe) non sfarzosi ornamenti dei cavalli e degli
parla di À.eux6c;: ambedue, giustamente, accompagnatori, doveva indicare la sua
in questo caso parlano del bisso; anche regale magnificenza. Particolarmente de-
a questo modo diventa chiaro il predo- gno di nota è bell.2,123, dove si nar-
minio del colore bianco. Giuseppe di- ra che gli esseni erano sempre vestiti
ce (ant.zo,2I6 s.) che Agrippa II ave- di bianco (ÀEUXEL!J.OVEtV 0Lct.7t<x.V't6ç 15 ;
va concesso ai cantori levitici dei Salmi cfr. 137 À.EVX-i)V tcri)i}'t'<x. 06V-.Eç); non
il diritto di portare, come i· sacerdoti, doveva però trattarsi di abiti da cerimo-
vesti di lino (bianco). In bell.7,29 si nia, ma solo di un abito di stoffa bian-
legge la scena di Shimon ben Jora che, ca che, secondo 2 1126, veniva portato
dopo 1' occupazione di Gerusalemme, fintantoché non era del tutto logoro 16•
sul luogo dove prima sorgeva il tempio, 4. II quadro che abbiamo tratteggia-
spunta improvvisamente dal suolo per to fin qui può esser ancora completato
spaventare i Romani e che egli Af.vxovc; con particolari, che in parte sono im-
ÈvotOUO'XEt Xt'twvlcrxouc;, portava tuni- portanti per il N.T. Le fonti rabbini-
che candide. Poiché, inoltre, indossava che 17 mostrano, ad es., la grande voga
una sopraveste purpurea (1topcpupdv tµ- dei vestiti bianchi; essi erano portati
7tepovl)crtiµevoc; xÀ.a.vloa.), avrà voluto in occasioni festose o nei giorni festivi,
lasciare in dubbio se si trattasse d'un ma erano anche considerati eleganti,
sacerdote o di un fantasma in vesti sa- per cui le persone di riguardo, o coloro
cerdotali 14• In ant. u,327.331 si rac- che volevano ostentare la loro condizio-
conta che, mentre i sacerdoti nelle loro ne sociale, vestivano di bianco e lascia-
vesti di bisso andavano incontro all'as- vano gli altri colori alla gente del po-
sediante, tutto il popolo si unl a que- polo 18• Inoltre, bianco significava pure

14 Il passo perciò non è una testimonianza dcl 1; I terapeuti, invece, solo di rado usavano ve·
tutto sicura della costumanza (peraltro certa· sti bianche come abiti da festa; secondo Philo,
mente attestata~ n. 20) di seppellire i morti vit.cont.66, erano vestiti di bianco nelle loro fe-
vestiti di bianco. Cfr. S. KRAUSS, Talmudische ste del 50° giorno (ÀEUXE~µOVOU'\l'tE<; q>cxt8pol).
Àl'chiio/ogie I (1950) 5501 n. 212. 17 Del resto la lingua rabbinica ha l'imprestito
1s KRAUss, l.c., vi vede un'osservanza letterale lbqn, lwwqn, ecc., derivato dal neutro À.evx6v;
di Eccl.9,8' : Èv 1tCX.'Y'tL xmp(ij fo'twcra.v tµa:nci. cfr. S. KRAUSS, Griecbische und lateinische
uov Àe:vx6:. Ma la cosa non è verosimile, per· Lchnworter i11 Talmud, Midrasch und Targum
ché il v. 8b prosegue: xa.t EÀ<Xtov È1tl xEcpa.ì..i)v n (1899) 304.409; ID., Archiiologie (~ n. 14)
uov µiJ l'.iui:EP1J0"6:'tw, e Flavio Giuseppe ci fa I 245; u (19n) 409.
sapere che gli esseni aborrivano l'olio, perché 18 Maggiori particolari in KRAuss, Archiiologie
macchia, e che se uno contro volontà veniva r 144 s. 547 ss. Gli scribi, e anche i loro sco·
unto, si ripuliva accuratamente (~ IH, coli. lari, portavano vesti bianche di lino (cfr. ibid.,
387 s.). 162.592, n. 459·
Àwx.6ç (W. Michaelis) (IV,251)668

pulito; perciò per il sabato le vesti bian- <lire quanto a creare questa figura dei
che di lino venivano accuratamente la- giusti in vesti bianche, che certamente
vate 19• A partire dal I sec. dell'era cri- ha influito sull'uso di seppellire i morti
stiana, anche nel mondo giudaico (~ vestiti di bianco, abbia concorso anche
col. 660) si possono seppellire i morti in la considerazione che il bianco fosse
vesti bianchew (cfr. anche Mt. 27,59: l'unico colore adatto a Dio e al mondo
cnvo6vL xaìlapét, e par.). In Ecci. 9, 8 celeste 24. Anche questa considerazione,
e~ n. 15) il bianco è inteso come indi- esattamente come l'idea di colpa e d'in-
ce della purificazione dai peccati 21 ; altri nocenza, seguirebbe la linea del simbo-
passi indicano che nel giudizio finale si lismo veterotestamentario dei colori, per
immaginavano vestiti di bianco c9loro cui per una sua migliore comprensione
che sarebbero stati trovati giusti; ad es. non ci sarebbe bisogno di cercare paral-
Shab.b.rr4 a: «R.Janhai diceva ai suoi leli al di fuori del giudaismo. Diversa,
figli: 'Figli miei, non seppellitemi in invece, potrebbe essere la questione
vesti bianche, ma neppure in vesti ne- dell'origine dell'idea (attestata negli
re: (non) bianche. perché forse potrei scritti tardo-giudaici [specialmente Hen.
non essere trovato giusto e sarei come acth.62,14'; Hen.slav.22,8] 25 , ma anche
uno sposo fra gente in lutto; (non) ne- nei rabbini 26, e che va distinta da quel-
re, perché potrei essere trovato giusto, la di cui si è discorso sopra) che le ve-
e allora sarei come un uomo in lutto in sti del cielo fanno parte dei doni della
mezzo a degli sposi'»22 • Alla base dei due vita futura, o che la rappresentano. Qui
paragoni non sta l'idea delle nozze mes- siamo assolutamente lontani dall'idea di
sianiche (si tratta piuttosto, semplice- giustizia e di innocenza che esigono di
mente, di nozze e di sepoltura), ma esser riconosciute, perché è sottolineato
neanche- se ne dedurrà necessariamente con troppa forza il carattere di doni di-
che gli abiti bianchi o neri in questo vini; ancor più estranea è l'idea di gio-
caso ?-Vessero il significato primario di ia festosa che vorrebbe manifestarsi e-
gioia o di lutto. Si vuol dire, piuttosto, steriormente. Il motivo dominante è
che · i giusti e i colpevoli un giorno a- piuttosto quello della trasfigurazione per
vrebbero portato abiti bianchi gli uni la gloria celeste, che si adatta a Dio e
e neri gli altri, come del resto gli im- al mondo dei cieli, per cui il bianco co-
putati dovevano presentarsi davanti al me colore del cielo è diventato il colore
tribunale vestiti di nero 23 • È difficile escatologico. Alla base di ciò può esser-

19 KRAUss, o.e. 1 133· che di cattiva coscienza e di colpa.


20 I. ScttEFTELOWITZ, Die altpersischc Religion 24 R. lrmeja, senza tener conto del giudizio
tmd das Judentum (1920) 170, n. 2: come «Se- neH'al di là, ordina per la sua sepoltura: «Ve-
gno simbolico che il morto in vesti festose ac- stitemi d'un abito bianco con le maniche ... af-
cede al celeste banchetto dei beati»; però il finché sia pronto quando viene il Messia» (Kit.
bianco verrà considerato di più come colore j.3i. b, 7; STRACK-BILLERBECK rr 19i.); ma ciò
della purità(~ qui sopra). L'abito da lutto re- può significare che si può andare incontro al
stò nero. Cfr. KRAuss, o.e. I, 145; n, 57.7r. Messia quale essere celeste soltanto vestiti cli
21 Cfr. Qoh.r. a Eccl.9,8 e altre testimonianze
bianco; oppure esprime la fiduciosa speranza
in STRACK-BILLERBECK m 795; I 878. di appartenere ai giusti, che potranno un gior-
no andare incontro al Messia.
22 STRACK-BILLERBECK I 506; cfr. anche le va-
rianti a questo detto l 878; IH 795. 25 Altre notizie in BoussET-GRESSM. 277 s. e
LOHMEYER, Apk., a 3,4 s. (testi mandaici).
23 Cfr., ad es., Flav.Ios., be/t.1,506: µEÀalvn
fol}ij-.L; ant. 14,172, meno in segno di lutto 26 STRACK-BlLLERBECK I 752 s.
669 (1v,251) ÀEVX6<; (W. Michaelis)

vi infine una precisa idea che il divino è zione fin qui esposta; vale a dire che
una sovraterrena sostanza di luce; ma nel N.T. il colore bianco è citato sol-
quest'idea non apparirebbe in questa for-
ma J:>recisa nel pensiero veterotestamen- tanto in contesti escatologico-apocalitti-
tario. Perciò è facile pensare ad influen- ci, o come colore del cielo.
ze estranee al mondo giudaico; ma, da-
to che il concetto di kiib!Jd, gloria (~ a) Le altre numerose possibilità d'uso
&6t;a.) contiene tutti gli elementi dai che abbiamo incontrato fuori della Bib-
quali può essersi sviluppata l'idea delle bia, e anche nell'A.T., qui non vengo·
vesti bianche degli esseri celesti o tra- no sfruttate per nulla. Naturalmente,
sfigurati; e dato inoltre che Dan.7,9, ciò dipende dal fatto che nel N.T. non
ripetendo affermazioni contenute nel- si fa quasi parola del mondo dei colo-
1'A.T. sul significato del colore bianco, ri 29. Si può accennare all'ambiente con-
parla addirittura della veste bianca di tadino nel quale un racconto o una pa-
Dio, non è necessario ricorrere alla sup- rabola prende corpo senza che si pensi
posizione di una successiva infiltrazione a descriverne i colori 30 • Mt. 6,29 parla
di idee extra-giudaiche 27 • Bisogna tut- dei fiori, e li confronta con la 56~a. di
tavia riflettere che i vari usi, diversi Salomone, senza descriverne la multi-
l'uno dall'altro, del colore bianco pos- colore bellezza. Mai è ricordato lo sfar-
sono essersi influenzati reciprocamente, zo dei colori cultuali, e della mole del
e inoltre che nell'idea delle vesti del tempio si rileva soltanto la monumen-
cielo un realismo originariamente più talità 31 • Ai particolari dell'abbigliamen-
accentuato può essere stato sostituito to si fa attenzione soltanto se ve n'è un
da un uso più fìgurato 28 • motivo speciale: a quello di Giovanni
Battista in Mc.r,6 par., del ricco epulo-
5. Nel N.T. risalta quasi esclusiva- ne in Lc.r6,r9: ÈVEO~OU<TXE'tO 7top<pvpav
mente questa linea escatologica, che xa.L ~uo-o-ov 32 •
rappresenta la conclusione dell' evolu- Ben di rado si parla delle vesti di Ge-

27 CLEMEN 242 s.; G. KITTBL, ~ o6i;cr,, spe-


pocalisse è il libro che più si compiace dei co-
cialmente n, coli. 1382 s.; 1395 ss. lori), sia un difetto o un pregio. La vista a-
28 Una difficoltà sorge anche dal fatto che rara· perta e riconoscente alla bellezza della natura
mente è accertata l'antichità delle varie rappre· (specialmente in Gesù) non ne soffre; solo che
scntazioni. Perciò serve a poco che, ad es., R. il metro non è evidentemente di tiJX> estetico.
EisLBR, 'fl eltenmantel und Himmelszelt (19xo) Cfr. J. LEIPOLDT, ]esus tmd Paulus . ]esw
296, n. 1, citi una serie di enunciati, in par- oder Pa11l11s? ( 1936) 3r s.
te interessanti, ma che, secondo le testimonian·
30 Non è per il piacere che dà alla vista che in
ze e forse anche per la loro origine, sono tar-
do-giudaici; ad es.: «Quando l'uomo pio ap- Mc.6,39 si parla dell' «erba verde». Cfr. LoH-
MEYER, Mk. (1937) r27: «Come aiole (1tpu.-
pare in paradiso, gli angeli gli vanno incontro,
gli tolgono le vesti da morto e gli fanno indos· o'LO:l) si distendono i gruppi di uomini nella
campagna verde».
sare vesti del più puro etere>>.
29 Perciò l'indicazione di colori, quando esiste, 3! Mc.r3 11; il par. Lc.21s non si differenzia
va interpretata sul presupposto di questo mo· molto sotto questo aspetto (cfr. HAUCK, Lk.,
do di considerare le cose, che trascura l'impres- ad l.).
sione del colore. Ci sarebbe da domandarsi se 32 Soltanto qui nel N.T. si parla del bisso(~
questa mancanza di gioia nell'osservare i colo- n. 7); inoltre 'rÒ ~vcrowov in Apoc.r8,n.16;
ri, che si rileva in tutte le parti del N.T. (l'A- 19,8.14. Cfr. PRBUSCHEN-BAURR, s.v.
Àeux6c; (W. Michaelis)

sù: la scena della derisione in Mc.15, Solo in due passi (a parte il parago-
16 ss. par. attesta «che le 'vesti' di Ge- ne di Mc. 9, 3 c, ~ col. 676) il colore
bianco non è citato come colore del cie-
sù in sé non avevano nulla di regale, se lo o escatologico. Una volta in lo.4,J5:
gli si dovette porre addosso con la for- alzate gli occhi xa.t ikacrcxcrih: 't'<Ìç xw-
za un mantello purpureo d'un'altra per- pa.c;, éh·t À.wxa.l dcrw 1tpòc; ~Eptcrµ6v,
«guardate i campi: sono bianchi (pron-
sona, per farlo sembrare un 're'» 33 . Dal-
ti) per la mietitura»: le messi mature
la scena della trasfigurazione di Mc.9,1 sono bianche o giallo-oro"36 ; un'altra nel
ss. par. (~ col. 674) si dovrebbe de- discorso del monte, in Mt.5,36: µ1}'t'E
durre «che le vesti di Gesù soltanto una f.v 't'TI XEq>a.}.fi crou 6µ6crnc;, O't't où ou-
WXCT(XL µl<X.v 'tPLX<X. À.EuxT)v 'ltotijcra.t iì
volta, in una trasfigurazione di breve µÉÀ.ocwocv, «non giurare nemmeno sul
durata, apparvero del colore del cielo, tuo capo, poiché non puoi rendete bian-
che corrispondeva alla sua dignità; che co o nero un solo capello». Giurare sul-
la propria testa, come se si potesse li-
altrimenti esse erano di un colore nor- beramente disporne, significa dimenti-
male; che, soprattutto, egli non portava care che proprio nella testa appare evi-
vesti bianche, come i sacerdoti, gli es- dente la potenza di Dio e l'impotenza
dell'uomo; infatti soltanto Dio dà al-
seni, i pitagorici, e che dal suo abbiglia- l'uomo capelli neri o bianchi, cioè scuri
mento non lo si poteva riconoscere co- ai giovani e bianchi ai vecchi. L'uomo
me 'santo'» 34• Gesù avrà portato vesti può riconoscere la sua nullità nel fatto
di colore, come la gente comune. Anche che egli non ha il potere di determina-
re la sua età o di cambiarla· a piacere;
per questo i suoi crocifissori (Mc.15,24 quest'idea (cfr. la parola affine di Mt.
par.) poterono tirarne a sorte i vestiti, 6,27; ~ 1v, coli. rn3 s.) è resa chiara
dopo averlo crocifisso: «nessuno notò dall'esempio del colore dei capelli 37 •
chi li indossasse dopo la morte di Ge- b) Del tutto diversamente va inteso
sù» 35. Apoc. r, 14 dove, nella descrizione della

33 H. WINUISCH, Die Noth iiber Trac!Jt tmd vid., fost.5a57: At1 quia tnatttris albescit mes-
Speise des Tiiufcrs Johannes und ihre Ent- sis aristis, e a Verg., ecl.4,28: Molli paulatim
sprech11nge11 i11 dcr Jesusiiberlieferung : ZNW fl11vescet campus arista. R. BULTMANN, ]oh.
32 (1933) 83. (1938) 145, n. 2, vede anche Io.4,35 in un con·
34 Cosl scrive giustamente WINDISCH, o.e., 83; testo escatologico; ma questo è possibile sol-
di diversa opinione R. E1sLER, IH:EOY:E BA- tanto in una ulteriore concezione escatologica.
:EJAEY:E OY BA:EIAEY:EA:E II (1930) 281, 37 Che i capelli bianchi e neri signifidùno ri-·
n. 4. Gesù vestiva «diversamente dagli scribi» spcttivamente vecchio e giovane, è una schema-
(~ n. 18). Di Giacomo il Giusto, fratello del tizzazione comune a tutta l'antichità; ~ coli.
Signore, Egesippo (in Eus., hist. eccl.2,23,5 s.) 658; 659 e le testimonianze rabbiniche in
dire che aveva portato O"Wlì6vcxc;, vesti bian· SCHLATTER, Mt., 182. L'arte di tingere i ca·
che di lino come i sacerdoti. Cfr. anche P.Oxy. pelli di new era conosciuta dagli antichi (cfr.
V 840,27 s. (KIT 31). WETTSTEIN I 306, ad l. e specialmente Flav.
JS WINDISCH, o.e., 8+ Ios., ant.x6,233: Erode il grande si tingeva i
36 Cfr. ~ col. 657 e specialmente ~ col. 662. capelli per cercar di eliminare le tracce che ne
Già WETTSTEIN I 865, ad l., rimandava ad O- tl'adivano l'età: µEÀalvov~ct ~àc; ~plxa.<; xal.
À.Evx6ç (W. Michaelis) (lV,254) 674
·.!.~
·~
figura celeste di Cristo (ricollegandosi a nell'antichità 'bianco come la neve' (-7
Dan. 7 ,9 ), è detto: 11 oè. xecpaÀ:f1 ix.u-.ou coli. 658; 663; 665; Is.r,18; Ps. 5r,9;
X!X.L at -.pl)(Eç, Ì..EUXat wc; ~pLO\I ÀEUXÒ\I Hen. aeth. ro6,2.Io) torna in Mt. 28,3,
wc; xiwv, «il capo e i capelli suoi erano ed è ripreso in Mc.9,3 dai codd. se D sy'
bianchi come lana candida al pari della ed altri 41 (cfr. anche Mt.17 ,2, cod. D).
neve». Già in Daniele, quantunque ven-
ga descritto l' 'anziano', con i capelli Mentre in Apoc.1,14 soltanto la te-
bianchi, non s'intende. I' età avanzata, sta (xeqm.ì..1]) e i capelli ('t'plx;eç) irra-
perché prima anche la veste ('ltEpt~oÀ1], diano splendore celeste, ma la veste di
LXX; ~vouµix., Teod.) è detta bianca 38 • Cristo (r, r3) non è esplidtamente de-
Anche in Apoc.1,14 non s'intende l'età scritta come bianca 42, nella trasfigura-
(o addirittura la vita eterna), tanto più zione di Gesù non solo si parla - alme-
che prima dei capelli è nominato il ca- no in Mt.I7,2; Lc.9,29 - del bianco del
po (bianco anch'esso). Piuttosto, il co- 'volto' e dell' 'aspetto del volto' (1tp6-
lore bianco è «lo splendore di luce del- CTW'ltO\I o elooç -.ou 1tpocrw'ltou ), ma an-
l'essere celeste, che dà un'idea della su- che - e da tutti e tre gli evangelisti,
blimità del mondo superiore»; e la ri- (Mc.9,3 par.)- degli 'abiti' (tµa·na; Le.
presa di questo tratto da Dan.719 mo- tµix.-rn;µ6c;), di cui si dice che divenne-
stra che per l'autore «Cristo è pari a ro bianchi (Mt.: Àwxà wç 't'Ò q>wc;;
Dio nell'essenza e nell'aspetto» 39• La Le.: Àtuxòç e!;a:o--rpci.'lt-rwv; Mc.: <nlÀ-
locuzione «bianco come lana candida al ~ov-.a. Àwxà Àla.v ). Non v'è dubbio
pari della neve» 40 è una combinazione che in tal modo non viene fatta un'af-
dei paragoni usati parallelamente, in fermazione semplicemente negativa, co-
Dan.7,9, con il colore bianco della la- me se le vesti avessero perduto i loro
na e della neve. Il confronto preferito colori (vari; -7 n. 34), si fossero sbiadi-

XÀ.É'lt'tOV't"ct. 'tÒV n.i;:yxov -.r]ç 'IÌÀ.txla.ç). Che le 40 Erroneamente HADORN, Apk., traduce: «bian-
parole di Gesù non possano riferirsi alla prassi co, come bianca lana, come neve».
di tingersi i capelli, si ricava già dal fatto che 41 Il carattere secondario, attestato dalla tradi-
fa possibilità opposta, di sbianchire i capelli zione manoscritta non può essere confutato con
neri, non si offre con la stessa facilità; ma so- l'indicazione fantasiosa di Eisler (--), n. 34),
prattutto si spiega con il fatto che la gente 281, n. 5: «Il tratto può benissimo appartene-
semplice di campagna, cui si rivolgeva Gesù, re al racconto autentico, perché la scena del
ignorava simili artifizi. racconto è la cima nevosa dell' Hermon, dove
33 Che significato abbiano la luce e ìl fuoco in ben si colloca il confronto tra lo splendore lu-
Da11.7,9, e come questi tratti si possano spie- minoso delle vesti celestiali e lo sfondo della
gare dal punto di vista storico-religioso, in que- neve». Cfr. anche LoHMEYER, Mk. 174, n. 5.
sta sede non ci interessa. Cfr. M. HALLER, 42 Se in 1,13 è descritta una veste di sacer-
Das J11de11tum (Die Schriften des A.T. n, 3) dote o di sommo sacerdote, si dovrebbe pen·
1
(1925) ad I. sare che fosse bianca. Cfr. ZAHN, Apk., 201 ,
39 J. BEHM, Apk. (N.T. Deutsch), ad l. n. 44·
ÀEVx6c; ( W. Michaelis)

te, fossero diventate soprannaturalmente dell'uomo», cioè «nella figura della ri-
incolori43 , o si fossero volatilizzate. Qui sunezione dai morti»? 44 • «La sua 'tra-
c'è invece un'affermazione positiva: an- sfigurazione' è un'anticipazione della sua
che le vesti hanno partecipato della tra- escatologia» 45 •
sfigurazione (µE't'~µopcpouo-iku), hanno Il bianco è il colore spiccatamente e-
assunto un altro colore, cioè il bian- scatologico: d8a.v 't'TJV 861;,av a.ù-.ou,
co sovraterreno, quale si addice a un (Le. 9,32) «come una rappresentazione
anticipata della ò6!;CJ.» (Mc.9,1 par.) 46 •
essere celeste, e che in Lc.9,31 (6cpMv- Il carattere soprannaturale di questo
'tE<; È\I ò6çn, «apparsi in gloria;>) è bianco, sottolineato da Mt. con il pa-
coerentemente attribuito anche a Mosè ragone wç 'tò ~ cpwc; e da Le. special-
mente con l'uso di 86!;~ (9,31 s.), è ul-
ed Elia (cfr. anche la <<nuvola lumino-
teriormente accentuato da Mc. con l'ag-
sa», \IEq>éÀ:r1 cpwnwl}, Mt. I7 ,5 ). Si trat- giunta, che gli è propria: ofo yvaq>Eùc;
ta forse di levare temporaneamente il È1tt 'tfjc; yfjc; où òuv~-ta~ oihwc; ÀEvxa-
velo che copre la vera essenza di Gesù va.t, «come nessun lavandaio sulla terra
sa render bianco» 47• È evidente che le
per una rivelazione di quella che in que- vesti non hanno ricevuto il colore bian-
sto senso è la sua 86~/J.? Non sarebbe co del cielo solo per sé e solo esterior-
questo un modo di pensare troppo gio- mente, ma che l'idea cosl espressa vuo-
le implicitamente affermare la totale
vanneo (anche se il quarto Vangelo non trasfigurazione dell'essere 48 • Bisogna an-
narra, nemmeno in 12,27 s., alcuna ri- zi chiedersi se sull'espressione non ab-
velazione della 06t;~ di Gesù che corri- bia influito l'eguaglianza, comune nella
terminologia escatologica, tra abito e
sponda alla trasfigurazione dei sinotti- modo di esistenza, nella quale soltanto
ci)? Non è meglio, dato che prima Mc. in figura si parla dell'abito, ma s'inten-
9,1 par. parla della parusia di Gesù, e de dire tutto l'essere. Questa idea, pre-
sente già in forma poetica in tjJ 103,2
in seguito Mc.9,9 della sua risurrezio- ( à..vaB~À.À.OµE\loç cpwc; wc; tµ<htov, «av-
ne, dire «che Gesù appare ai discepoli volto da luce come da un manto») sem-
nella figura che avrà come Messia-Figlio bra dominare l'immagine delle vesti del

43 All'uomo antico nemmeno l'aria appare in- 47 La frase di K10sTERMANN, Mk., nd l.: «Mat-
colore, ma addirittura (contrariamente all'ete- co non pensa alle vesti bianche dei sacerdoti;
re) nera (-7 µÉ)..aç). tale bianco è soprannaturale», potrebbe erro-
neamente indurre a credere che Mt. e Le. pen-
44 J. ScHNIEWIND, Mk. (N.T. Deutsch), ad l.
sassero al bianco delle vesti sacerdotali o di
45 G. KrTWL (--+II, col. 1387). Sulla pericope altre vesti. LoHMEYER, Mk., nd l., spiega bene
delln trasfigurazione e in particolare sulla tra· che il paragone in Mc. riflette un ristretto am-
sformazione delle vesti, dr. E. LoHMEYER, Die biente paesano.
Verkliimng Jesu nach dem Markus - Evange- -13 È da vedere, però, se si può esprimere que-
lium: ZNW 2r (r922) 185 ss. 203 ss.; J. HéiL- st'idea come segue: «La luce che emana da G e-
LF.R, Die V crkliir1mg ]esu. Eine A11slegung dcr
sù fa appal'ire anche le vesti come bianco-
111.lichen Berichte (z937) specialmente 52 ss. splendenti» (I-IAUCK, Mk ., ad l. ). Ad ogni mo-
(ivi altra bibliogr.); -7 coll. 75 ss., n . 30. do, le vesti non vengono illuminate, ma splen-
46 B. WErss, Mk., Lk. 9(r9or) a Lc.9,29. dono esse stesse.
677 (1v,254) ì..wxoc; (W. Michaelis)

cielo (~ col. 668 ), soprattutto quan- lo Mc.16,5, invece, si parla solo della
do si parla di vesti in uri modo cosl e- veste: 7CEpt~EBÀllµÉvov Àwx1}\I, «vesti·
sclusivo e marcato, che non si può in-
to d'un abito bianco» (cfr. Apoc.6,u;
tendere il solo abbigliamento esteriore.
Ciò si rileva, ad ogni modo, nel N.T.; 7,9.13); altrettanto si dica del paralle-
cfr. ~ col. 678, come pure l'immagi- lo Le. 24,4: Èv foi}fj'tt àcr'tp<X7t'tovcrn,
ne della veste in 2 Cor. 5 ,2 ss. 49 (dove
«in veste fulgente» (cfr. 9, 29). Anche
la veste equivale all''immagine' [Elxw\I]
di I Cor.15,49 e al 'corpo' [crwµrx,] di Io.20,r2 parla dei due ri:yyEÀ.ot che nel
r Cor.15,44; tµ&.·rnx. ÀE\.lx&. equivarreb- sepolcro vuoto «stanno assisi in bian-
be quindi a crwµa -ti]ç S6~rir; di Phil.3, che vesti» (tv À.EUxoi:ç xai}El;oµlvouç)52 ,
21) sa_
e similmente Act. I' IO di a\IOpu, che
c) Alla descrizione di Mc.9,3 par. è proprio in tal modo 53 vengono carat-
strettamente affine Mt. 28,3, in quanto terizzati come angeli: Èv tcrihicrwt ÀEU-
anche qui l'angelo al sepolcro ha il xai:ç. Negli ultimi passi citati, dun-
viso e la veste di uno splendore di cie- que, si parlerebbe di vesti bianche co-
lo: 1'}v OÈ ii EloÉa aù'tov wç
&.<npaid), me se le vesti bianche fossero per se
xaL 't"Ò ~vouµa au-tou ÀEuxÒ\I wç XtW\I, stesse una prova sufficiente della natu-
«il suo aspetto era pari a folgore e l'a- ra celeste ~ coll. 676 s.); e si tratta
bito bianco come neve» 51 • Nel paralle- di angeli che vengono caratterizzati in

49 Quest'uso della parola 'veste' (affine a Xpt- w8 ss. II7 ss. ). Sull'idea gnostica della veste
G"-.ÒV lvoue<rita.t, Gal.3,27, ecc.) secondo il con- e sull'identità di corpo e veste, cfr. E. KA.sE-
testo non richiede alcuna aggiunta che ne sot- MANN, Leib und Leib Christi, Beitrage zur hist.
solinei il carattere celeste. Del resto, bisogne- Theologic 9 (1933) specialmente 87 ss.; J.DEY,
rebbe ricordare che, anche senza ricorrere al- TIAAirI'ENE:EIA, Nt.liche Abh XVII 5 (1937)
l'immagine della veste (biAnca), la stessa idea 38 s. 96 s. Materiale tratto dai Padri della chie-
può essere espressa con l'immagine della luce; sa in E. PETERSON, Theologie des Kleides:
dr. ot olxa.tot ÈxÀ.O:µl!JouG"w wc; ò fi)..toç (Mt. Benediktin. Monatsschrift r6 (1934) 347 ss.
13,43), inoltre i passi affini e i concetti di-) s1 <.lofo. (cfr. G. KITTEL ~ m, coli. II9 s., n.
o6!;a. e -) q>wc;, e ~ col. 79 s. 2) indica (oltre all'abito) non la figura intera,
ma il 'volto'; cfr. i:b dBoc; (cod.DloÉa.) i:ov
so Come per la trasfigurazione in genere, cosl
per i1 mutamento delle vesti non è necessario 1tpoo-W1toV, Lc.9,29 ( = llljl~c;, Apoc.r,16). Nel
pensare a una derivazione da modelli ellenisti- v. 3• è rilevabile l'influenza di Dan.7,9 nella
redazione di Teodoz.; cfr. col. 674.
ci. Cfr. ~ coli. 668; 669; II, coli. 1387 s. n.
64 e la significativa spiegazione di LoHMEYER, 52 À.wx6:. è un'elissi (o sostantivo neutro -4
Mk., 174, n. 7. Tanto più che l'idea delle vesti col. 658): cosl anche in Apoc.3,4; cfr. inoltre
del cielo non si può intendere soltanto come Èv µaì..a.xori; (Mt.n,8), l'uso di f3vnwov (-)
tratto tipico della descrizione dell'epifania n. 32), lv 1tEvitixorc:; (Ex. 33,4). Cfr. WETT-
(cfr. F. PFISTER, art. 'Epiphanie', sez. 39 : STEIN I 958; BLASS-DEBR. § 241,7.
'Glanz', in PAULY- W., Supplem. IV [1924] SJ Cioè, in tale contesto; nessuno riferirà R un
~15 s.); ma non ha neanche molto a che ve- angelo Èv lo"lnl·n Àa.µ1tpq. di Iac.2,2, bensl la
dere con la cosiddetta 'mistica delle vesti' del- stessa espressione in Act.xo,30. Cfr. la descri-
le religioni misteriche (cfr. C. ScHNEIDER, Ein- zione dell'angelo nel sepolcro in ev.Petr.r3,55:
fiihr1111g i11 die nt.liche Zeitgeschichte [r934] mp~f3Ef3À'Y]µÉvov cnoì..-Yiv )..a.µ1tpoi:6.i:l)v.
679 (IV,255) ÀEUx6ç (W. Michaelis) (cv,256) 680

questo modo, non ancora presente nel- a lui» (cfr. I Cor.r5,5r.49; Phil.3,21;
l'A.T.: «le vesti bianche... non sono I Io.3,2}. Ma, come in tal modo non
viene annullata la posizione di Kyrios
una 'descrizione' ma l'affermazione del del Cristo glorioso 58, cosl secondo l'A-
carattere trascendente della loro 06- pocalisse non è menomata la posizio-
!;a.» S4. ne particolare degli angeli, che anche
in seguito vengono distinti dai vinci-
Ma che a questo modo Gesù, anche tori trasfigurati 59 • Che le vesti bian-
se Mc.9a ne mette in rilievo le vesti che siano un dono, è sottolineato con
bianche, sia qualificato come angelo, non tanta forza (6,rr}, che anche per questo
è ammissibile 55, tanto più che nell'Apo- motivo il p11sso di 3 ,5 non può indica-
calisse le vesti bianche· non sono esclu- re le vesti di coloro dei quali in 3,4 è
sive degli angeli, ma più in generale in- detto che <<non inquinarono le proprie
dicano l'appartenenza al mondo celeste. vesti» {oùx ȵ6À.uva.v 't'à tµa:na a.ù-
Certamente i 24 vegliardi di Apoc.4,4 't'wv ); ed è altrettanto chiaro che 7,q:
~v tµa:rlotc; Af:uxoi:c; si devono imma- E?tÀ.uva.v 't'à.c; cT't'oÀ.à.c; a.ò-cwv xa.t ÈÀ.Eu-
ginare come angeli 56• Ma l' attribuzio- xa.vu:v ctÙ't'à.c; Èv 't'<{> a.~µa.'t'~ -.oO &.pvl-
ne di vesti bianche ai vincitori (Apoc. ou, «lavarono le proprie vesti e le iin-
3,4s.; 6,n; 7,9.r3) 57 non significa 1a biancarono nel sangue dell'agnello», de-
loro promozione ad angeli, ma il dono ve concordare con 6, I I ro. Tuttavia 7,
della vita eterna nella comunione con il 14, ricordando l'espiazione {~ r, col.
Cristo glorioso davanti al trono di Dio 469), mette in guardia dall'intendere 6,
{cfr. 3,4; 7,I5 ss.); in tal caso si dovrà rr come riconoscimento dell'innocen-
pensare certamente a una 'trasformazio- za61; non è affatto il caso di considerare
ne' di esseri che «diventeranno uguali le vesti bianche come il simbolo della

St G. KITTEL, ~ l, col. 223, n. 67. le vesti bianche, allo stesso modo che con l'o-
ss ~ 1, coll. 226 s. ro puro e l'unguento salutifero per gli occhi;
56 Cfr. i commentari. In questi vegliardi, che
s'intende dire qualcosa di prezioso. È consi-
gliabile attenersi al significato usuale delle ve-
siedono su dei troni, si possono vedere dei re, sti bianche.
e, a motivo di 5,8, dei sacerdoti (LOHMEYER,
Apk., ad l .; diversa è l'opinione di ZAHN, ss Cfr. MrcHAELIS, Phil., 64.
Apk., ad l.); ma le loro vesti bianche, in ogni 59 Sarebbe da domandarsi se il genere lettera-
caso, non sono vesti sacerdotali, e neppure 'a- rio dell'Apocalisse consenta di sottolineare, co-
biti regali' (contro H. GumrnL, Zum religions- me sua precisa idea dottrinale, che i martiri
geschichtlischen Vestii11dnis der N.T., FRL 1 «già prima della loro risurrezione» (ZAHN,
'(1910) 42) tanto più che il bianco non è affat- Apk., 300, n. 40) indossano le vesti bianche.
to il colore degli abiti regali (dr. fra gli altri
R. DELBRi.iCK, Der spiita11tike Kaiseromat: 60 Per l'esegesi cfr. specialm. BEHM, Apk. (N.
Die Antike vm [1932] 1 ss.). Le vesti bianche T. Deutsch) ad l. Il passo, pur con tutte le
indicano piuttosto che i vegliardi sono esseri differenze, è l'unico parallelo neotestamentario
del mondo celeste. Anche gli O"-rpiz·miµiz-ra all'immaginosa promessa di Is.r,r8.
'ttÌ. iv 't~ ovpa:v~ (Apoc.I9,14) sono vestiti 61HADORN, Apk., a 6,II: «il simbolo dell'in·
di bianco (esorbitanti le elucubrazioni al ri- nocenza, un pegno che Dio li dichiara inno-
guardo in HADORN, Apk., ad l. ). centi, essi che erano stati uccisi come colpevoli
s1 Cfr. anche 3, 18. L'interpretazione di HA- e infami». Hadorn ha sempre la tendenza a
DORN, Apk., ad l. : «vesti bianche, invece del- considerare il bianco come colore dell' inno-
le lussuose stoffe nere», non considera che con cenza. Cfr. ~col. 667.
ÀEUx6c; (W. Michaelis) (IV,257) 682

' purità di cuore 62• Esse sono l'espressio- dell'Apocalisse, il significato che il colo-
ne della S6ça celeste 63 • re bianco vi ha sempre. È importante,
Come colore del cielo, il bianco in a questo riguardo, che sia proprio l'A-
Apoc. si trova inoltre in l4,I4= \IEq>D.."11. pocalisse il libro che con la sua descri-
À.e:vxi} 64; 6,2 e 19,n: t1t7Coc; À.Eux6c;, zione realistica mette tanto in rilievo il
come pure 19,14: ~cp't1m0Lc; ÀEuxoic;<IS; bianco (la maggior parte dei passi con
20,n: e:tSo'J ltp6\lov µÉyav ÀEvx6v 66 ; À.e:vx6c; nel N.T. si trova in essa): del
anche la pietra bianca di 2,17 - quale significato della S6~a. si parla anche al-
che ne sia il significato e i modelli a cui trove nel N.T., specialmente in Paolo e
se ne possa ricondurre il colore bianco in Giovanni, ma non in modo tanto
- deve avere, nel complesso delle idee concreto 67 •
W. MrcHAELIS

62 Questa interpretazione restrittiva dell'idea che in 19,II non si ha una particolare conce-
biblica è largamente diffusa; ad es. LERoux, zione del Messia come «cavaliere dal cavallo
art. Stola in DAREMBERG-SAGLIO IV 2, p. 1522: bianco».
«Insomma, nella letteratura cristiana la stola
candida è l'abito sacro da portarsi dagli eletti, 66Cfr. -> IV, col. ,585. DELITZSCH (-> n. 9)
ed è simbolo della purità di cuore». 760: «Anche il trono di Dio, che Ezechiele
(r,26; 10,r) può vedere su una base di cristal-
63 Non è predominante neppure l'idea che il lo come una pietra di zaffiro, dunque di un co-
bianco sia il colore del vincitore (forse 6,2). lore azzurro carico, qui, dove la visione del
Tertull., Scorpiace 12, pensa che le vesti bian- veggente neotestamentario è giunta fino al tra-
che degli eserciti celesti dell'Apocalisse siano passo della storia temporale nella forma eter-
vesti trionfali; RAnKE, o.e., 63, n. 526, vi vede na dell'al di là, è bianco».
l'influenza di idee romane.
64 Cfr. \IEqJf>vTJ qJW'tEWTJ (Mt.17,5) e LOHMEY- 67 Nei Padri apostolici }.e:vx6c; significativamen-
ER, Apk., ad l. te si trova soltanto in Herm., ma 20 volte (cfr.
PREUSCHEN-BAUER, s.u.) come colore cscatolo·
65 Cfr. n. 63; IV, coli. 1051 ss.; WBTtSTEIN II gioo (dr. specialmente Herm., uis.4,3,5: "tb oè
770 s.; LoHMEYER, Apk.; BEHM, Apk., a 6,2. À.wxbv µ~poi; ò a.twv ò ÈnEpx6µEv6c; !:cnw),
Cfr. anche apµrt ÀEUX6\I, nella descrizione ma anche come colore della purezza verginale.
della processione del gran re (Xenoph., Cyrop. Cfr. DrnBLIUS, Herm., a uis.r,2,2; 412,r; sim.8,
8,3,12). e apµct'tL ÀEUxorct:JMt.> all'inizio del P. 2,3; 9,8,5 ed cxc. a sim.9,2,1-4. I Clem.8A cita
Giess. 3 (ascesa in cielo del defunto impera- Is.1,r8; cfr. L Clem.18,7: ùnèp x,t6vix Àe:uxa.v-
tore Traiano). Che non solo il Messia, ma an- M}uoµcx;t. Negli Apologeti le due parole si tro-
che il primo cavaliere apocalittico - che non va vano solo in citazioni dell' A.T. (Is. 1,I8 in
identificato col Messia - (cfr. BousSBT, Apk., Iust., apol.44,3 e 6r,7; Da11.7,9 in Iust., dial.
ad I.; -> rv, col. 1054, n. II) in 6,2 cavalchi 3r,2; Gen.49,2 in Iust., dial.52,2) e in un<t
un cavallo bianco, mostra, come pure 19,14, locuzione profana in Athenag., s11ppl.17,2.
683 (1v,256) ÀÉwv (W. Michaelis) (lV,257) 684

t ÀÉwv

À.EW\I, leone 1, s'incontra frequente- cole, il culto di Cibele, ecc.) il leone


mente a partire da Omero (il femmini- occupò un posto importante nel pensie-
le À.fawcx. compare più tardi), anche nei ro mitologico e religioso 5• Il babilone-
più vari significati traslati 2 per es. co- se Nergal, raffigurato come un leone
me designazione di una costellazione o di quale dio del sole ardente, è menziona-
una :figura dello zodiaco3, per indicare un to in 2 Reg.17,30 perché il suo culto
uomo coraggioso o anche violento. Nes- era stato importato in Samaria 6• Il bel-
suna fiera è nominata da Omero tanto lissimo leone ruggente del sigillo dello
spesso quanto il leone, né alcun altro a- sm' ritrovato a Megiddo mostra l'influs-
nimale ha una parte altrettanto impor- so dell'arte babilonese (o siriana)7. L'A.
tante (soprattutto come simbolo di for- T. parla di figure di leoni: sul trono di
za e di coraggio) nella favola 4• Gli an- Salomone (I Reg.ro,19 s; 2 Chron.9,18
tichi ci hanno lasciato numerose ràppre- s.), sui portavasi nel tempio (I Reg. 7,
sentazioni plastiche di leoni, soprattut- 29. 36). Il fatto che i cherubini di
to gli Egiziani e i Babilonesi, per i qua- Ez.1,ross.; 41,19 abbiano testa di leo-
li (come anche per altri: la saga di Er- ne può esser dovuto al perdurare di

ÀÉWV
1 L'etimologia è del tutto incerta; cfr. STl!.IllR, s Scelta di esempi in K. GALLING, art. 'Gotter-
art. 'LOwe', in PAULY-W. xm (r927) 968 ss.; bild' (mannliches) in Biblisches Reallcxikon
A. WALDE~J.B.HOFMANN, Lat. etymol. Wortb. (1937) 200 ss. (206, fìg.). Siamo in presenza di
3
(1930) 785; BolSACQ '575. Una relazione, non un caso d'influenza egizia (Osiride) quando in
chiarita nei particolari, potrebbe esservi an- PRElSENDANZ, Zaub. IV 2112 s. si parla di una
che con l'ebr. làbi' e con l'assiro labbu. figura d'uomo con capo di leone àvSpt~ ÀEOV-
2 Cfr.,PAssow, LmDl!.LL-ScoTT, s.v. Nelle iscri- -ro1tp6<1W'ltOç (cfr. anche test.Sal.2a : ttç 't'PE~c,
zioni Mwv quasi non si trova; in DITTENBER- µopqiàç µe-ra.~cx:ÀÀ.6µtvoç... 'lto't'E SÈ <S~tv ÀÉ~
GER, Or., solo nell'iscrizione del re Silko di OV't'Oç ~µqia.lvw).
Nubia (201,r5, epoca cristiana): Èyw yàp Etc;
:x&:tw idP1l À.Éwv dµl, :xcx:t dc; &vw µÉpTJ &p~ 6 La congettura nrglim in Cant.6A.IO è incer-
(= &p:x't'oç) Elµ~ (cfr. r Sam.17,34 ss.; Am.5, ta; cfr. A. ]EREMIAS, art. 'Nergal', RE3 xm
7n s. (tra l'altro respinge decisamente l'ipote·
19). Nei papiri, invece, si ritrova più volte con
vario significato; soltanto in epoca bizantina si si «che ci sia un legame tra certe immagini cri-
riscontra quale titolo militare onorifico (Por- stologiche e il culto babilonese di Ncrgal»; la
conclusione merita d'esser ricordata: «La vi-
phyr., abs1.4,16, è il primo ad attestare l'uso
di Mwv come grado di iniziazione nel culto sione cristiana delle cose non è una mitologia
raffinata»).
di Mitra). Cfr. PREISIGKE, Wiirt II 17; MouLT.
MILL. 374, s.v. 7 A.O.B. fig. 578; un altro sigillo col leone è
3 Cfr. W. GuNDEL, art. 'Leo' 9 (costellazione riportato da GALLING, art. 'Siegel' (~ n. 5)
dello wdiaco) in PAULY-W. xn (1925) 1973 ss. 487 (486 fìg. II). Per figure di leoni su taz-
(con precisazioni sui rapporti mitologici). Nei ze d'oro giudaiche cfr. G. KITTEL, Religions-
papiri magici è considerato importante osser- geschichte 1111d Urchristentum (r932) 57 e n.
vare la costellazione 't'TI <TV\loB~ tji yt\loµi\lll n3; E. L. SUKENIK, The Ancient Sy11agogue
ÀÉoV"CL, PREISENDANZ, Zaub. IV 780 (cfr. VII o/ Beth Alpha (1932) tav. vm, con raffigura-
299.814). zioni di Daniele nella fossa dei leoni ~ III,
4 In STEIER (~ n. r) 984ss. son forniti molti coli. 149.151 s., note r4 e 22; per l'immagine
esempi dell'uso di 'leone' in proverbi, favole e del leone nello zodiaco v. SuKENIK tav. x ed
poesie. anche 31-34 (~III, col. 147).
À.Éwv (W. Michaelis) (IV,258) 686

antiche immagini mitologiche 3• Del re- chiaro riferimento a Dan.6,17 ss., spec.,
sto il leone è menzionato molto di fre- 6,23 [Teodoz.]: (o ìtEòc;) ÉvÉ<ppcx.!;,E\J -r;(J,
quente neU' A.T. 9 , spesso in paragoni
(cfr., tra l'altro, i passi citati nelle no- 0''1'6µa-r:a 'tW'V À.EO\l'tW'V, «(Dio) chiuse
te 2.1 r ss. I4 ss.) 10. Nei LXX À.Éwv com- le fauci dei leoni» (cfr. r Mach.2,60) 12.
pare circa r50 volte, 32 per 'ari (sem- Mediate dal!' A. T., antiche immagini
pre= À.Éwv), 58 per 'arjeh (sempre=
À.Éwv; I volta= À.Éa.wa), 17 volte per mitologiche (astrali) influenzano ancora
kef'ìr (reso anche con oxvµvoc; [cuccio- il libro dell'Apocalisse, cosl che il pri-
lo, spec. di leone] e opcbcwv), 5 volte mo dei quattro animali (~@cx., ~ III, coll.
per liib1' (anche = À.Éawa) 11 • Anche in
Filone c'è menzione di ·leoni, talora in 1475 s.) è rappresentato in Apoc. 4, 7
citazioni di passi veterotestamentari ( co- come «simile a un leone», oµOLOV À.ÉoV"tt
me in Deus imm.n7; vit. Mos. l,109. (cfr. Ez. 1,10; ro,14; 41,19) 13 e nella
284. 291; decal. n3; praem. poen. 8,9;
descrizione delle creature zoomorfe a-
omn.prob.lib.40), oppure parlando del-
la zoolatria egiziana (leg. Gai. 139; de- pocalittiche viene stabilito il paragone
cal18; vit. cont.8). con gli 606\J"tEc; 14 ( 9 ,8), le XEq>cx.À.cx.l IS
In tutti i passi del N.T. in cui appa- ( 9 ,17) e lo O''t6µci (I 3 ,2) dei leoni 16 . In
re À.éwv si riscontra, ora più ora meno, 5 ,5 vien detto dell'agnello: éviXTJO'E\I 6
l'influenza di reminiscenze veterotesta- À.Éwv ò éx "tfjc; q>uÀ.f]c; 'Iouoci, «il leone
mentarie. Hebr. I I ,3 3 : e<ppci~a.v U't6µ.ci- della tribù di Giuda ha vinto»; dietro
'ta. À.EO\l'tW\I (gli eroi della fede dell'A.- questo versetto c'è Gen.49,9, un testo
T. ), «chiusero le fauci dei leoni», è un che anche il tardo giudaismo ha inteso

8 Il luogo di origine cli tali esseri fantastici va 377, n. 87) che si faccia riferimento alla lotta
probabilmente collocato tra le popolazioni di Sansone o David coi leoni, lud.14,5 s.; r
montane, in parte non semitiche, dell'Asia an· Sam.r7,34 ss. (come fa WETTSTEJN H 430, ad
teriore; cfr. GALLING, art. 'Mischwesen' (~ n. l.). ȵqipci.crcmv cr'toµa. (di uomini) è frequen-
5) 384 s. te nei LXX.
9 In certi periodi i leoni in Palestina furono Il La descrizione di Apoc. è più semplice di
numerosissimi, tanto da costituire una vera quella di Ezech.; inoltre l'uso di oµotov ha
piaga per il paese; cfr. I. BBNZINGEK, art. 'Jagd fatto «trapassare nella sfera del simbolico» i
bei den Hebraern', RE3 vnr 520. «residui della concezione mitologica» (LoHMBY-
10 P. TuoMSEN, art. 'Lliwe' E (Palestina e Si- ER, Apok., ad l.). Quando più tardi s'intende-
ria) in Reallexikon der Vorgeschichte vn ranno gli l'.,<tJu. come attributi dei quattro evan-
(1926) 3r8 s.; cfr. anche A. WilNSCHB, Die gelisti, il leone toccherà a Marco, ma talora
Bi!dersprache des A.T. (r906) 57 ss. anche a Giovanni e Matteo (cfr. BoussBT,
u Inoltre, io linguaggio poetico: lajiJ {il for- Apoc., ad I. e 50).
te?), Is.30,6; Pr.30,30 (i LXX entrambe le vol- 14 Con riferimento a Ioel I,6 (cfr. anche Ec-
te hanno <rxuµvoc; Ì..Éov'toc;); lob 4, rr (LXX clus 21,2). LoHMEYER, Apok., ad l.: «L'intro-
µupµ'T)XOMCù\I); più volte anche sa/Jal (il mg- duzione cli wç trasporta tutta l' immagine in
gitore?) reso nei LXX con 7ta.vJhip in Os. 5, un'altra sfera» (cfr. Apoc.9,17; IJ,2).
r4; r3,7 e con ÀÉmva. e Mwv in lob 4,ro; ro, 15 Nei LXX troviamo solo più volte itp6crw7to\I
r6; 28,8 (ma non in ljJ 90,r3 e Prov.26,r3, ove >.ÉOV't'Oç (piinlm ).
il traduttore non ha capito il testo). 16 Cfr. Dan.7,4 (LXX, Teod. : Mawa.); Bous-
12 È da escludere (RIGGENBACH, Komm. Hbr. 1•3 SET, Apok., ad l.
À.Éwv (W. Michaelis) (1V,.258) 688

in senso messianico 17• In ro,3 si legge roo5 s.; n, col. 948): qui c'è una chiara
dell'angelo che ha il libretto aperto: reminiscenza di o/ 2 I ,14 (Ps.22,14) 19•
xat Mxpal;E\I <pwvn µé"(aÀ.n Wl11tEp À.É- Il passo di 2 Tim.4,17: (per mezzo del
W\I µux&.-.at, «e gridò con gran voce, xupLoç,) ÉppucrD"nv Éx CT't6µrx:roç, Mov-
come rugge il leone», riprendendo una 'tOç,, «sono stato liberato dalla bocca del
immagine che in Os.u,ro; Am.3,8 (cfr. leone», ci rammenta I Mach.2,60: (Da-
anche Is.3r,4) è riferita a Dio stesso 18• niele) Èppucrih1 be 1n6µct.'toc; >..e:6v'twv
Affine è l'avvertimento contro l'aposta- cod. S: À.fo\1-çoç), du liberato dalla boc-
sia dalla fede cristiana in r Petr.5,8: o ca dei leoni», O \jJ 2 I ,22; CTWCT6'1J µé Ex
&.v.. lotxoç, ùµWv OL&:.~oÀ.oç, wc; ÀÉWV W· CT'toµa-coc; ÀÉo'IJ.-oc;, «salvami dalla boc-
puoµEVoç, 'ltE(Jt1tCX."çEL ~T}'tW\/ 'tLVll. XCX."C<X.· ca del leone», e altri passi simili. È le-
mdv, «il vostro avversario, il diavo- cito pensare che Paolo sia stato influen-
lo, va in giro come un leone che rugge zato dall'uso linguistico dell' A. T. 20
e cerca chi possa divorare» (~ 1, coll. mentre scriveva quelle parole 21 • Non è

11 Cfr. S'I'R.AcK-BILLERBECK m Bor (ma in test. xiiotctL (cfr. WETTSTEIN II 697, ad l.). Trovia-
Iud.24,5 [cfr. LoHMEYER, Apok., ad l.] si usa mo l'irrequieto vagare del leone avido cli pre-
Is.n,r.ro); altrove, però, i rabbini riferiscono da anche in Num. 23,24: où xotµTJDlJO"E'tttt,
Gen.49,9 soltanto alla tribù di Giuda (HADORN, ~wc; rpa:rn MJpa.v, xat atµct 'tpa.uµa'tr.Wv me:.
Apok., ad l., con riferimento a Schlatter, ripor- 'tctt. Cfr. anche lob 10116; ljl r6,r2; Ecclus.27,
ta anche l'interpretazione sionista di questo ro.28. Per xa.-ra1tlvm1: µ<i)Catpa xa-rÉq>aYEV
passo). In questa espressione cli Apoc.5,5 non 't'OÙc; 7tpOqrlj'tctç òµWv wc; Mwv ÒÀ.EftpEUwV,
bisogna vedere una traccia cli un tardivo na- Ier.2,30 e spec. !J! 7,3: µrrrco"tE &.pmiCTIJ wc;
zionalismo giudeo -cristiano (contro BoussET, À.Éwv 'ttJV ljlux1J\I µov (cfr. Nah ..2,13; fa.22,
Apok., itd l.), ma piuttosto il riconoscimento. 25). Ad evitare errati paralleli nella storia del-
alla luce della motte e della risurrezione di le religioni cfr. CLRMl!N 357.
Gesù, della promessa messianica veterotesta- 20 Dissento dal DrBELIUs, Past., ad l., che
mentaria. L'immagine del leone non ha alcun non vuol tener conto dei precedenti veterote-
senso politico, cosl che non si ha neanche una stamentari. Poiché in 4,r8 c'è corrispondenza
<{raffigurazione antitetica al mondo politico» tra pvuE-caL e <lWO'EL, i passi dei LXX nei qua-
(come suggerisce, sia pure riferendosi a lvlx71- li appare uciJ~EW costituiscono un parallelo di-
<lEV, E. PETERSON, Zeuge dcr Wahrhcit [1937] retto (ljl .2.r,22; Da11.6,zx.23); dr. inoltre x
79). Bctu.17,37; Aa.6,r6 s.; Van. (Teod.) 6,2r.28
1s I LXX hanno Èpc.vyEcrltctt in Os.n,ro e Am. e anche A111.3,r2. Non si tratta né della con-
3,8; à.vaxpcil;Ew in loel 4,16; ~oiiv (insieme danna ad bestias né dello scampare da Satana
con xpal;ELV) in Is.31,4. p.vxii<T&ctL è altrove (I Petr.5,B). È dubbio che si tratti di Nerone
detto del toro (del leone, Theocr., idyil. 26, (Flav. Ios., ant.r8,228 ha fatto sorgere questa
20 s.; cfr.-+ n. r9). L'immagine dcl leone rug- ipotesi, poiché parlando della morte di Tibe-
gente è usata per il Messia in 4Esdr.u,37; rio dice che dftvrixc.v ò À.Éwv). È forse da in-
12,3r. tendere l'interrogatorio nel corso del quale
19 Il verbo wpvE<TDm riferito al leone è però Paolo dovette difendere il kerygma davanti al
usato anche in lttd.14,5; Ier.2,15; fa:..22,25; 'leone '? Cfr. Eu&. 4,r7 s.: oòç Myov c.vpufr-
Zach.xr.a; Soph.3,3 (cfr. ~puyµ6c;, Prov.19, µo\I tlc; -rò cn6µa µov Évwmov Tov Mov,;oc;
r2 e anche Ecclus 51,J; -+ n. 7.II [Sa~al] . (nella preghiera cli Ester appare più volte an-
r8). Gli antichi lessicografi non concordano se che puc.rJta.L),
per il leone si debba usare wpVE<Tftat o ~pv- 21 In ljl 21,22 e poi anche in 2 Tim.4,17 Mwv
689 (Iv,258) À-T]v6c; (G. Bornkamm) \lV,2591 oyv

possibile stabilire fino a che punto al- ranno ammansiti nel tempo finale (ls.
la base di questi passi del N.T. ci pos- n,6s.; 65,25) non ha trovato eco al-
sa essere l'osservazione diretta delle va- cuna nelle enunciazioni escatologiche
rie caratteristiche del leone da parte del N.T. 22 •
dell'autore. La promessa çhe i leoni sa- W.MICHAELIS

t :ì.:riv6c;, t Ù1toÀl)viov
I. ii (anche o) À.l]v6c; indica un reci- vou, t;uÀ.wov, 8 &.1toO~XE-'tat 'tÒ pfov
piente a forma di tino o di mastello, "tWV opy<l:.vwv 'tWV "mE~oµlvwv, «Uten-
generalmente il torchio, lo strettoia; sile agricolo: è un recipiente adatto a
Anecd. Graec. I p. 277, 17: yEwpytxòv contenere vino, di legno, che raccoglie
O'xeiloc;· Ha--tt . OÈ ayyEtoV OEX"CtXÒV ot- il liquido dalla torchiatura». Theocr.,
serve come immagine della morte o del regno medievale, e non prima; si trovano cosi pie-
dei morti, che nell'A.T. è più volte rappresen- tre tombali con il defunto rappresentato sopra
tato come il potere che inghiotte la vita (Prov. il leone (cfr. Ps.91,13): esse esprimono la vit·
I,12; Is.25,8; Iob I81 r3 LXX, cfr. anche Abac. toria sulla potenza infernale conseguita dal
2,5 e Is.5,I4). Nell'antichità pagana e cristia- credente in Cristo durante la vita; il vero vin·
na s'incontrano sarcofaghi con teste di leone citare è Cristo, che proprio anche in questo
che certamente simboleggiano Ja morte quale contesto idea1e viene rappresentato come leo-
crapxoqiocyoc;. Cfr., per es., il sarcofago cristia- ne, dr. K. KiiNsTLE, Ikonographìe der christl.
no del pastore in C. M. KAuFMANN, Ha11d- Kunst r (1928) 126-!28 (con ulteriori esempi).
huch der christlichen Archiiologie1 (1922) 491, Per il rapporto simbolico tra il leone e Cristo
e il sarcofago dei leoni di Tarragona (pagano) v. inoltre quanto è contenuto in F. X. KRAus,
menzionato da H. LAAG, Die Coemeterialbasi- Geschichte der christl. Kunst r (r896) rn6.
lika von Tarrago11a, in Von der Antike zum no; II/2 (1908) indice s.v.; cfr. anche gl'in-
Christentum, Festgabe fiir V. Schultze (I931) dici di MoLSDORF e KAUFMANN, Il.cc. [BER·
145· Una rappresentazione della morte a ca- TRAM].
vallo del leone si trovava come figura mecca- 22 Cfr. Verg., ecl.4,22; E. NoRDEN, Die Geburt
nica di un orologio della cattedrale di Heils- des Kindcs (r924) 52. Nei Padri apostolici:
bronn (Franconia centrale), ora nel museo na- mart.Polyc.12,2 parla della condanna al com·
zionale bavarese, nr. 3450. In questo bisogna battimento con leoni; r Clem.35,u ( = I)! 49,
senz'altro vedere l'influenza del mondo antico. 22, con wç Mwv ripreso da lji 7,3; dr. A.
W . MoLSDORF, Christl. Symholik der mittelal- RAHLFS, Psalmi c11m Odis [193I] a I)! 49,22);
terliche11 Ku11st (I926) 244, nr. 1136, mostra 1 Clem.45 16 con riferimento a Da11.6,I6 s.
il leone come cavalcatura della morte su un di-
pinto sepolcrale rutenito del xxv sec. Inoltre
il leone è anche sin1bolo delle potenze inferna- ),,T]v6c;, ùrcoÀ-Tiv~ov
li, e a questo fatto accennano i passi biblici Thes_ Steph., PAssow, LIDDELL-ScoTT, PRBI-
succitati ed altri ancora, soprattutto nella li- SIGKB, Wort., PREusCHF.N-BAUER3, s.v. E. c.
turgia cristiana. L'idea fondamentale viene e- A. R.IEHM, Ha11dwiirterb11ch des hihl. Alter-
spressa, in riferimento a o/ 21 122 e Ge11.49,9, tums r (1884) 82r; H. Gunm, Kurzes Bibel-
da Aug., serm.263 (MPL 38 [r845] 2rn): quis worterb. (r903) 360; S. KRAUSS, Talmudische
non incurreret i11 de11tes leo11is huius, 11isi vi· Archiiologie n (r911) 233 ss.; G. DALMAN,
cisset leo de tribu !uda? Raffigurazioni analo- Arbeit tmd Sitte in Paliisti11a IV (1935) 354 ss_
ghe appaiono però soltanto nell'arte cristiana Cfr. W. MoLSDORP, Christliche Symbolik der
À'Y)v6ç (G. Bornkarnm)

idyll.25,28; Diod.S.3,63,4; Anth.Pal.rr, L'uva viene spremuta tra canti e gri-


63,3; P. Amh.48,7; P. Oxy. IV 729, r9 da di gioia 3 (Is.16,9 s.; Ier.48,33); la
e passim. Degli altri usi 1 c'interessa vendemmia è una festa, e il torchio
soltanto, per quanto riguarda l' Anti- pieno e traboccante (Ioel 2,24; !:tp.33,
co e il N.T., il À.ijv6c:; di Gen. 30, 38. 17) è segno di grande benedizione 4 •
4r, che indica la vasca (ebr. raha!) ove Tanto più netto è il contrasto quando
si abbevera il bestiame (stesso signifi- con 1a medesima immagine della tor-
cato anche in Horn., hymn.Merc.104, e chiatura viene rappresentato l'orrore
altrove). Nell'A.T. il torchio viene men- immenso del giudizio; Ier.25,30 para-
zionato più volte come strettoia per il gona il ruggito di Jahvé che si appre-
vino e l'olio: è collocato nell'oliveto o sta al giudizio con le grida sfrenate dei
nella vigna, scolpito nella pietra (Is. 5, vendemmiatori. In Lam.1,15 Dio stes-
2; cfr. Mc.12,1; Mt..n,33; cfr. P.Oxy. so appare quale vendemmiatore che
III 502, 36 s.); è composto di due reci- bandisce una 'festa dell'annientamento'
pienti sovrapposti: un contenitore su- in Giuda e distrugge la gioventù. In
periore ( ebr. gat [ Getsemane = torchio termini simili Is.63,1-6 parla del giudi-
per l'olio, Dalman, Gramm. 1 r91], gr. zio su Edom: Jahvé ritorna col suo a-
À.11v6c;) nel quale viene premuta, gene- bito stupendo macchiato di sangue,
ralmente pigiando (rca·n:~v [darak] Is. schizzato di rosso come quello di un
16,ro; Ier. 48,33 = IEp.31,33; Lam.1, vendemmiatore: «Da solo ho pestato
15; Neem . 13,15 = 2 E<rop. 23,15) la l'uva nello strettoio e nessuno di tra i
frutta (cfr. Mich.6,15), e un mastello popoli è stato con me; io li ho schiac-
collocatovi sotto ( ebr. jeqeb = gr. Ù1to- ciati nella mia ira e li ho calpestati nel
À.1jvtov [oppure 1tpoÀ:fivtov, Is.5,2] Ioel mio furore: perciò il loro succo è schiz-
4,13; Ag.2,16; Zach.14,ro; Is.16,ro), zato sulle mie vesti e ho macchiato tut-
nel quare si raccoglie il succo spremuto2• to il mio abito» (v. 3 ). In Ioel 4,13 si

mittelalterlichen Kunst ( 1926) 206s.; K.KtiNST- di À.1'}\loç=feretro (Poll., onom.5,150; Anecd.


LE, Ikonographie der christlichen Kunst I Graec. I p. 51,14) cfr. R. EisLER, Orpheus - Tbe
(1928) 489 s.; A. THOMAS, Die Darstellung Fisher (1921) tav. xxxiv; per )..lJ\IOL come epi- ·
Christi in der Kelter (Forschungen z. Volks- teto dei misti dionisiaci cfr. O. KERN, Die Re-
kunde, Heft 20/21 [1935]) per il motivo al- ligion der Griechc11 III (1938) 204.
legorico del pigiatore, frequente nell'esegesi 2 Per Ù'ltoÀ-i}v~ov cfr. Poll., onom. 10,130; P.
patrìstica e medievale oltre che nelle prediche, Oxy. XIV 1735, 5; A. W'IKENHAUSER: BZ 8
negl'inni e nelle rappresentazioni della passio- (19ro) 273.
ne nel Medioevo. Questo motivo sorge dall'in·
terprctazione allegorica e dalla combinazione 3 I LXX chiamano Ps.8, \)! 80 e 83 'canti del
di testi dell'A.T. (soprattutto Gen.49,11 e Is. torchio', Ù1tÈp -.Giv Àl}VWV (facendo derivare,
63,1 ss.) e presenta il Cristo sofferente in cro- erroneamente, l'intestazione 'al-haggitt/t da gat
ce contemporaneamente come pigiatore e co- =torchio). Per 'canti del torchio' cfr. R. Eis-
me uva pigiata. LRR, Orphisch-dionysische Mysteriengedanken
1 Per ulteriori usi v. i lessici. Il torchio ha in der christl. Antike (Vortriige der Bibliothek
Warburg n 2 (1925)) 269 ss.
una notevole importanza nel culto di Dioniso
che è il dio del torchio; Diod. S.4,5,1: A'l'}· 4 Disposizioni sulla consegna di una percen-
vai:ov 6È <i.1tò -tov 1to.:djo-aL -tà.ç a-.aq>uÀà.ç lv tuale dei proventi della vendemmia in Ex.22,
À.1Jv0 [scil. òvoµa11m]). Cfr. PAULY-W. x11 28 (6:1tapxaL a)..wvoç xaL )..lJ\IOu); Num.18,27
(1925) r935 ss. per le 'lenee', feste dionisia- (aqi~lpEµo.. cbtò Àl}vou); Nu111.r8,30 (yÉ'VT]µa
che, e '!eneo' come nome del mese di Dioniso chtò À.'l'}vou, dr. Did.r3,3 Ò.'ltapxi)v yEV\lr)µri-
ed epiteto del dio. Per il caso finora isolato i;wv À'l')VOU, e PREUSCHEN-BAUilR3 258).
693 (1v,260) À.T)'ll6c; (G. Bornkamm)

eleva il grido (rivolto agli aiutanti di 20. Al doppio grido del passo profeti-
Jahvé}: «Cominciate a falciare, poiché co: É~ll.1tOcr'l:ELÀ.<X.'tE OpÉ7tCL\ICL... , «porta te
la m:sse è matura; venite a pigiare, poi-
ché il torchio è pieno e i tini traboc- fuori la falce» ... , Etcr7topEi'mri>"E mx:tEi:'tE
cano, poiché grande è la loro malva- ... , «venite, calpestate», corrispondono
gità». nell'Apocalisse due atti separati: un
primo angelo grida al Figlio dell'uomo
2. I quattro passi del N.T. nei quali si
di metter mano alla falce per mietere
parla del torchio son tutti improntati
la messe matura, e un secondo incita
all'A.T. Mc.r2,I e par'. Mt.21,33 apro·
un liÀ.Àoç &yyEÀoc; a prendere il fal-
no la parabola dei cattivi vignaioli con
cetto per vendemmiare la «vigna della
una citazione di Is.5,2 5• Quanto è po-
terra». Dopo la vendemmia c'è una stra-
co opportuno vedere in ogni particola-
na descrizione della pigiatura: xa.L l~a.­
re (siepe, torchio, torre) un traslato,
ÀE\I Elç i;iJv 'ìv11\lòv i:ov lhJµov 'Tov i)eou
tanto è poco possibile non scorgere il
carattere allegorico della parabola, il -.òv µÉya\I. xat É1ta.i;1)~ Ti 'ìv11vòc; E;w-
quale , già predisposto in Mc., si pre- i>Ev i;'ijç 1toÀEwç, xat é~'llÀitev cxlµ« Éx
senta in forma ancor più chiara in Mt. ,;fjç À.1)\IOV &xpt 'TW\I xa.À.t\IWV 'TWV t7t-
e Le. (cfr. spec. Mt.21,39; Lc.20,r5 con 'ltWV, à1tÒ <T'ta.Ol<.ù\I X~À.LW\I t;a.XO<TLW\I
(v. 19 s.), «e gettò (l'uva) nel gran ti-
Hebr.r3,r2 e v. la differenza rispetto
a Mc.I2,8}. Il fatto che in Mc. e Mt. no dell'ira di Dio. E il tino fu pigiato
si usi con precisione l'antica immagine, fuori della città e sangue usd dal tino
i cui particolari non servono più a met- (e giunse) fino ai freni dei cavalli per
tere in risalto l'idea originaria, sta a un'estensione di milleseicento stadi». In
19,15 il Messia che giudica è egli stes·
provare che la vigna dev'essere consi-
so il pigiatore, cosl che la figura del giu-
derata a priori come metafora per il
popolo giudaico. dice viene a somigliare a quella di Dio
che ritorna dall'aver annientato i suoi
3. Gli altri passi si trovano in Apoc. nemici in Is.63,r ss.
14,19 s. e 19,15, nella rappresentazio-
La prima visione pone, sia nel com-
ne del giudizio, e sono rielaborazioni di plesso che nei particolari, tutta una se-
immagini riprese dai profeti. La dop- rie di problemi: essa descrive evidente-
pia figura, della mietitura e della ven- mente la scena finale di un giudizio che
non dovrebbe esser più seguito da al-
demmia, usata da Ioel 4,r3 per indica- ~un ?!tro ev:ent_o. s~ è cercato pertanto
re il giudizio, si ritrova in Apoc.14,14- m pm modi di spiegare 14,I4-20, sia

s A Lc.20,9 è sufficiente dire ÈcpU"CE.UO'EV aµ- ca im~iegata (necessaria, tra l'altro, per siste-
'ltEÀ.WWI., poiché ciò basta in questo caso; nel- mare il torchio: Is. 1tpo'ì..Tivtov, Mc. Ù'ltoÀ.ii·
la parabola, infatti, non si tratta, come in Isaia Vtov, Mt. À..1]VOV) e l'inutilità del lavoro, bcnsl
di metter in risalto la sproporzione tra la fati'. la malvagità dei lavoratori.
À.T)v6ç (G. Bornkamm)

considerando il passo come la chiusa di Il collegamento dei motivi del pigiato-


una fonte o di uno scritto che fosse ser- re e della strage diviene trasparente se
vito di base all'Apocalisse, sia accettan- si parte da 19,11 ss (oppure da Is.63,1
do l'ipotesi di un frammento disperso, ss.}; la definizione (che non proviene
che fosse una volta esistito per conto da Gioele) del torchio come «il grande
suo 6 • I particolari sono altrettanto pro- tino dell'ira di Dio» (14,19} punta ver-
blematici che la collocazione del passo so 19,15 (xat av.-òc; 1tel'tet -.1)v À:r1vòv
nella struttura complessiva dell'Apoca- -i:ov o~vov 't'OU i>vµou .-ijc; opyijç -.ou
lisse: r. la comparsa inaspettata di un i}Eov, «ed egli stesso pigia il tino del
angelo del giudizio accanto al Figlio del- vino del furore dell'ira di Dio») 8 ; l'in-
l'uomo (vv. 14 e 17); · 2. l'indicazione determinazione dovuta al passivo in 14,
del luogo: XCl.Ì È1toc-.i)i}'l') TJ À'l')VÒc; E!;w- 20 viene tisolta con l'accentuata preci-
i}€v -.ijc; 1t6À€wc;, «e il tino fu pigiato sazione dell'espressione corrispondente
fuori della città}> (v. 2oa); 3. la mesco- in r9,15. Questa dipendenza della visio-
lanza dei motivi della pigiatura e del ne di I4,I7 ss. da 19,rr ss. spiega an-
massacro (v. 2oh); 4. l'indicazione del- che l'apparizione dell'angelo del giudi-
l'estensione del sanguinoso evento à:ItÒ zio (14,r7), che sembra essere in con-
cr-.rx.&lwv x~Àlwv É!;axotrlwv 7, «per mil- trasto con quella di uno simile al Figlio
leseicento stadi». dell'uomo ( 14,14): l'autore apocalittico
È possibile chiarire sia il problema pensa evidentemente solo al Messia an-
delJa legittimità della distinzione delle che nel secondo atto della vendemmia,
fonti in 14,14 ss., sia alcuni particolari come mostrano l'identico attributo in
della scena di r4,19 s., se si osserva che q,14 e l4,r7 e la conclusione in 19,
la visione (almeno dal v. r7 in poi) è 15; il fatto che egli lo presenti come
concepita partendo dall'evento descrit- lf).J,oc; &yyEÀoc; serve ancora una vol·
to nel cap. 19 e che devono apparire ta a stendere un velo sulla scena, poi-
solo alcuni tratti (di certo tenuti volu- ché il giudizio messianico finale può es-
tamente misteriosi} di quegli eventi che sere veramente rappresentato solo più
saranno poi svolti chiaramente ed am- tardi 9 • La collocazione del torchio «fuo-
piamente soltanto nel passo seguente. ri della città» è conforme alla tradizio-

6 Cfr. BoussET, Apok., exc. su X4,r4-20. 9 L'idea corrente che Dio esercita il giudizio
sui popoli nemici per mezzo dell'angelo del
7 Codd. S* syPh: 1200; 2036; 1606.
giudizio rende possibile all'autore apocalittico
8 I s. 63,J s.: xa.t b iluµ6t; µou E1tÉc1"tTJ xa.t xa.- di variare la raffigurazione del giudizio finale
i;mlZ"tTJCTct a.ò-.oùt; -.fj bpyii µou xa.t xa.-.ij- in r4,17 ss. (rispetto a 19,rr ss.). Cfr. He11.
ya.yov -.ò a.lµa. a.ùi;w'.I Ei.t; yijv. L'immagine roo,4; ro,rr.16.20; 53,3ss.; 56,xss., ecc.;
del bagno di sangue in Apoc.14,20 è stereoti- STRACK-BILLER11ECK IV 868 ss. Nonostante ciò
pa; Hen.roo,3: Un cavallo avanzerà, col san- non è lecito considerare r4,r7 ss. e r9,u ss.
gue dei peccatori fino al petto, e un carro vi come eventi diversi, tanto più che anche il
sprofonderà; Taa11.j. 69a 7 s.: Si continuò a Messia in r9,14 (contro Js.63,3!) è accompa-
trucidarli (quelli di Beth-ter) finché il sangue gnato da un esercito celeste, al quale si deve
non arrivò fino alle narici dei cavalli (STRACK- riferire r4,20; solo non è opportuno che egli
BILLERBECK m 817); Ekar. a 2,1: Tra gli a- sia già menzionato in r4,17 ss. L'obiezione che
bitanti furono tanti gli uccisi, che il cavallo il Figlio dell'uomo viene già presentato aper-
avanzava con le froge nel sangue; LrnzBARSKI, tamente in r4,14 può esser superata se si con-
Ginza R. xvm 390 s. {p. 417,15 ss.): Ecco che sidera che il t>eptaµ6ç descritto ai vv. 14-16
viene quel re, scatena il cavallo ed esso passa vuol chiaramente significare la raccolta dei cre-
su di loro, il sangue all'altezza della sella, e il denti (LOHMEYER, HAooRN e altri, ad l.) e che
gorgo di sangue gli giunge alle narici. l'autore qui ha bisogno di parlare tanto poco
>..'l)\16ç (G. Bornkamm)

ne giudaica, secondo la quale l'ultimo rusalemme 10; cosl ha senso l'introdu-


giudizio che distruggerà i nemici si at- zione, immediatamente precedente ( 14,
tuerà alle porte di Gerusalemme (loel I8), dell'angelo del fuoco 11 • Enigmati-
4,2.!2; Zach. I4,4; 4 Esdr. IJ,.35; Bar. co rimane però il rilievo del fiume di
syr. 40, l}. Poiché Ioi!l 4,13 sta sullo sangue che si stende per r .600 stadi.
sfondo di Apoc. r4,r8 s., è quanto mai Se il suddetto rapporto fra tino e Ge-
naturale il ricordo di Ioel 4, 2. 12. 14, enna è esatto, allora non si tratta che
ove si parla della valle di Giosafat (che di una cifra simbolica per indicare la
non va localizzata), della valle del giu- grande estensione del luogo del giudi-
dizio. Anche a questo punto è possibi- zio 12• Tanto 14,17 ss. quanto 19,II-16
le stabilire un rapporto fra il tino e il non ci dicono chi siano i nemici scon-
luogo della distruzione menzionato in fitti; otteniamo quest'informazione in-
19,20, luogo che è uguale alla (~) yÉ- vece da r9,17-21, un passo modellato
ewrt. (it~aÀ.ev elc; 'tl}v ì..:riv6v, «gettò su Ez. 39, 17-20: i vinti sono i ~wn­
nel tino» [ 14, I9]; é~).1}ih1rmv ... etc; ),.e~c;, i x~}.lapxo~ e gli laxupol con le
't'i}v ),.lµ.vT}v -cov itupòc; 'tfjc; xa~oµÉVTJc; loro forze, che si sono messi in guerra
èv il-Elcy, «furono gettati ... nello stagno contro il Messia e il suo esercito e che
del fuoco ardente di zolfo» [r9,20]). sono rappresentati dalla bestia e dal suo
In questo modo si spiega anche l'indi- falso profeta. Mentre in 19,17 ss. il giu-
cazione di luogo di 14,20 poiché, se- dizio è differenziato 13, e solo alla bestia
condo la tradizione giudaica, l'ingresso e al falso profeta (come più tardi al
del Gehinnom (Geenna) è presso Ge- o~cX.Bo}.oç [20,ro], al iM.voc'toc; ed al-

velatamente in quanto egli, nella parte prece- renza del masch, nell'Apoc., che causa spesso
dente, ha sempre lasciato nel vago il" rapporto incongruenze, v. BLASS-DEBR.' § 136,J.
del Messia coi redenti; al contrario, l'immagi-
ne del Messia come vincitore finale appare solo 12 È pertanto inutile cercare di identificare
più tardi (cfr. la dichiarazione del suo nome geograficamente le indicazioni date. È alquan-
in r9,16). to difficile che l'autore dell'Apocalisse sapesse
to In He11.90,26 tutti furono giudicati, trovati che Antonio, nel suo 'itinerario', aveva indi-
colpevoli, gettati in quello stagno di fuoco e cato per la Palestina (da Tiro alla frontiera
bruciati; questa voragine si trovava a destra egiziana) una lunghezza di r664 stadi, o che
di quella casa. Cfr. anche He11. 26, r - 27,4; l'avesse comunque presente in questo passo.
S·rRACK-BILLERBECK rv 1029 s, nr5; P. Vou.,
Vittorino considera 1a cifra come schematica
Die Escbatologie der iiidischen Gcmei11de 2 (40JC40) e la riferisce all'estensione della terra
(r934) 329 s. Per l'identità della valle di Gio- (per omnes mrmdi quatttlOr partes); cfr. Bous-
safat, della valle del giudizio (loel 4,r2 ss.) e SET e LoHMEYER, ad l.; per altre indicazioni
del Gehinnom (Geenna), cfr. Midr. Ps.62 § 2 sulle dimensioni del Gehinnom v. VoLZ, op.
a 62,J; STRACK-BlLLERBECK IV no6 s.; ~ an- cit.328.
che n. x3. u Una tale distinzione si trova anche in Hen.
11 Val la pena di chiedersi se anche il sorpren- 53 e 54: secondo 53.I il luogo in cui i re e
dente cambiamento di articolo in 14,19 (Elç i potenti della terra vengono distrutti è «una
·n)v >..1)v6\I ... 't'Ò\I µSyav) non contenga un'al- profonda valle con una voragine aperta» (dr.
lusione al Gehinnom che è espressamente det- Ioel 4,2.12); in _54,1 si distingue da quella una
to «il grande» (Midr. Ps.62 § 2 a 62,3). Con profonda valle con un fuoco divampante, la
maggior certezza si può spiegare il cambia- Geenna (per le schiere di Azazel, 54,5). L'A-
mento di genere con il doppio genere di À.TJ· pocalisse non conosce una tale distinzione di
v6ç, e non con una constructio ad se11sur11 ri- luogo, che anche per He11och non ha alcun si-
ferita a lhJµ6ç (HADORN, ad l.); cfr. RADERMA- gnificato particolare, poiché in 54,2 s'incontrano
CHER2 no; per altri esempi di questa prefe- di nuovo «i te e i potenti» nella seconda valle.
ÀTl<T"tTJc; (K. H. Rengstorf)

l' ~O'l']c; [ 2 o, l 4] ) tocca la ).lµ.'J'l'] -toi:i no d'ira (14,8.ro.19 s.) e alla menzio-
?tup6c; (gli altri cadono per la spada del ne della bestia ( l 9 ,20) corrispondono
Messia [19,21]), in 14,17ss. invece es- 14,9.rr, versetti che da parte loro ri-
so è rappresentato con una sola imma- mandano al cap. r 3. Anche gli adorato-
gine. I rapporti del cap. 19 con quanto ri della bestia vengono puniti con la
precede sono comunque chiari: 19,15 )..,lµv11 -.ou 7tup6ç (14,9ss.; 20,15) 14•
combina il motivo del torchio e del vi-
G.BORNKAMM

A. À.l)O''tlJ<; FUORI DEL N.T.


361 26) 1• In primo piano è sempre sta-
l. ÀTJO'-tl)c; indica originariamente il to, però, l'uso del termine sensu malo.
predatore; il termine detiva, attraverso Già Sofocle (Oed. Tyr.534s.) pone ÀU-
il verbo À.'l']t~oµai., far bottino, dai so- Cl-tYJç accanto a cpow:uç e fa dire a Edi-
stantivi À.d<X. (À.'1]t'l']) o 'ì..'l']tc;, preda, bot- po che Creante insidia non solo la sua
tino, formati dalla radice làu, ottenere, vita, ma anche la sua potenza 2• In e-
prendere, predare, godere [Debrunner]. poca successiva la parola è usata di pre-
Il vocabolo non implica necessadamen- ferenza per indicare un brigante di qual-
te Ja negazione della probità; perciò siasi tipo (saccheggiatore, ladrone, pi-
può anche indicare il soldato regolare o rata 3 , ecc.), ma anche il soldato indisci-
il mercenario, poiché nell'antichità co- plinato (Philo, Flacc. 5: À.TJCl-tda.); in
storo avevano diritto al bottino, e in ogni caso è sempre presente l' idea di
questo senso l'incontriamo nelJa Bibbia prepotenza nell'impadronirsi di quanto
greca, anche se, com'è logico dal punto appartiene ad altri. In questo senso si
di vista della vittima, indica in primo distingue ÀTJCl-CTJ<; da x'ì..É?t-t'l']c;, ma lo
luogo il soldato nemico (Ier.18,22; l:i.p. si mette comunque volentieri sullo stes-

14 Non c'è neanche bisogno di dire che con inoltre ]. PICKL, Messùtsko11ig Jerns in der
l'analisi qui proposta s'invalida qualsiasi ten- Auffassu11g seiner Zeitgc11ossen ( 1935 ); ScllLAT·
tativo critico-letterario di sezionare il testo di TER, Gesch. Isr. 264.322 ss.
r4,r 4-20. Il passaggio contiene come materia
autonoma essenzialmente solo la citazione di I L' Etlswvo~ À.lJ<T"tlJ<; che, a motivo della sua
Gioele, ed è altrimenti solidamente ancorato irrequietezza, non è degno di fiducia, corri-
sia a quello che precede sia a quello che segue, sponde all'espressione gedtJd ~iibii' (dr. I
e inserito organicamente, per 1a continuità del Chron.7,4) del testo ebraico di Ecclus 36,3r,
motivo, nel piano generale del libro. Per i che designa una schiera di soldati regolari.
motivi raffigurativi e strutturali mostrati sopra
2 vv. 532-535:
nell'analisi dei rnpp. x4 e r9, ma validi anche
per il resto dell'Apocalisse, cfr. G . BoRNKAMM, oihoc; <TU, 1tW<; lìEiip' YjÀi>Ec;; ~ "to<r6v8' ~XEtc;
Die Komposition der apokalyptische11 Visione11 -.6ÀµTJc; 1tp6crw1tov, wcr"tE "tàc; ~µàc; cr-.Éyo;c;
der Offenbanmg Johannis: ZNW 37 (1938) txov, qioveò~ (;:,v "tOV!ìE ..&.vlìpòc; ɵqio;vwc;
132 ss., spec. 141 s. ÀTICT"ti)c; "t' Èvo;pyi)c; "tfjc; ȵfjc; "tVpo;wllìoc;;

"-ncnlic; 3 Riscontriamo già in Hom., Od.3,73, ÀTl<T"tfj-


Bibl. ~ l;riì..w"t1)c;, III, coll. 1505 ss., n. 7; pec; nel senso di 'pirati', 'predoni di mare'.
À.TJ<T't'iiç (K. H. Rengstorf)

so piano (già in Plat., resp. l,JJI e). A da Giuseppe, ha . però una preistoria.
buon diritto il Socrate platonico (Gorg . Già quell'Ezechia che, poco dopo assur-
507 e) definisce À:ocr-çou (3loc; un (3loi; to al potere, Erode fece arrestare coi
determinato soltanto da sfrenati istinti suoi fautori da Fasaele e giustiziare (cfr.
di ogni genere e quindi del tutto asocia- ant. 14, r58ss.; bel!. l,204s.) 6, viene
le. Questa associazione con I' idea di chiamato &:pxLÀ.l}O"'t1]ç (ant.14,159; r7,
violenza condiziona anche l'uso lingui- 271; bell.r,204), mentre i suoi soste-
stico di un certo numero di altri passi nitori son detti À.l}O"'t'al e il loro grup-
nei LXX. In Ier1,u (0"1t1}À.a.tov À.nO"- po À.TJO"'t'1)piov, banda di briganti (ant.
-twv; cfr. r2,9, cod. A) À.lJcr't'1)c; serve a r4,r59 s.). Poiché non si parla di una
rendere parìf e in Abd. 5 {accanto a lotta con lui, rimane sempre aperta
xU1t't'7Jc;) soded, due parole che signi- quanto meno la possibilità che Ezechia
ficano violento (simile è ep. Ier. r3.r7. non sia stato affatto un ladrone di pro-
5 7 [qui ancora insieme con XÀÉ1t't'l'}<;] ). fessione, bensl un rivoluzionario poli-
Quest'accentuazione dell'idea di azione tico, forse anche con intenti messianici.
violenta che caratterizza la parola 4 fa Gli zeloti successivi non hanno rifiutato
sl che essa appaia in M. Ant.6,34 in un il dominio perché romano, bensl perché
elenco di uomini violenti di vario tipo straniero; ed è un fatto ben noto che
accanto a xlvatOoL ('dissoluti'), ita.'t'pa.- quella parte del giudaismo che propende
Àoi:a.t ('parricidi') e -tupa.wot. per la posizione farisaica non ha mai
riconosciuto la famiglia dell'idumeo E-
2. Negli scritti di Flavio Giuseppe rode come dinastia legittima. Conse-
ÀTJO"'t'i)ç designa costantemente gli ze- guentemente il figlio di quell' Ezechia
loti 5 , coloro che hanno dedicato la pro- alla morte di Erode ha lanciato il grido
pria vita alla lotta armata contro l'oc- della rivolta contro i suoi successori ed
cupazione romana e tutti quelli che la ha anche avuto un certo successo con
favoriscono, l'approvano o anche solo la conquista di Sefforis (ant. 17, 271 ).
la sopportano, e che per il fine della Allorché Giuseppe dice che aspirava
liberazione nazionale son pronti a ri- (ant.17,272) persino alia dignità regale
schiare tutto, anche la vita (~ ~TJÀW­ ({3cx.crlÀ.Hoç i:iµ1}), rivela in tutta chia-
i:1Jç, spec. III, coll. r506 ss.). Il movi- rezza il carattere messianico del movi-
mento stesso è sorto, in occasione del mento resistenziale 7 ; e quando lo sto-
censimento di Quirino, ad opera di un rico giudaico chiama i seguaci di Giu-
certo Giuda Galileo per protestare con- da un 7tÀfil}oc; &.vopwv &:1tovEvo11µlvwv,
tro la dominazione romana che appari- <rnna massa di disperati» (ant. I7 ,271 ),
va evidente in quell'atto (ant.r8,4 ss.; non fa altro che esprimere la ripulsio-
bell.2,u7 s.); esso, come si vede anche ne che egli sentl più tardi 8 per movi-

4 Abbiamo lo stesso caso con il tedesco Raub, delle forze romane di Varo (ant.17,289; beli.
'rapina'. 2,68). Questo attacco romano convinse nuova-
5 ~ PICKL, spec. 14 ss., offre un'abbondante mente tutti i Giudei dell'unità esistente tra
documentazione. governo erodiano e dominio romano. Giusep-
pe non dice che Giuda stesso morl nella bat-
6 Quando Flavio los., l.c., ci dice che con que-
sta azione Erode s'è procacciato il ringrazia- taglia; ma la notizia ci è data da Luca (Aci.
mento e la lode di molti, non possiamo non 5,37).
vedere la sua tendenza a mettere Erode in buo- 8 Nella grande guerra che portò alla distruzio-
na luce. ne di Gerusalemme lo storico aveva ricoperto
7 La rivolta falll soltanto d,opo l'intervento un alto grado militare nelle file degl'insorti.
À.TICT'tTJ~ (K. H. Rengstorf)

menti di questo genere, ma non descri- dominatori Romani: un moto politico


ve affatto la vera condizione di quegli illegale e per di più armato; una mas-
uomini, o lo fa con grande approssima- sa di arruffapopoli, ribelli, banditi e la-
zione 9. Oltre a Giuda e a suo padre droni. In questo modo, però, egli non
EZechia, ch'egli chiama (ant.17,271) µÉ- coglie che l'aspetto esterno, perché in
ra ÒU'Vl)i1dç, Giuseppe menziona altri realtà i Romani, quando prendevano
pretendenti messianici di quel medesi- qualche zelota, non pensavano affatto a
mo periodo (ant. q,273 ss.; beli. 2,57 trattado come À.no"t-fiç: la pena roma-
ss.) in Perea e Samaria. La lor<;> azione, na per gli zeloti era la croce, e questo
che tende all'eliminazione dei 'Pwµcx.~ot diceva chiaramente che costoro erano
e dei ~a.oÙ.Lxol (belt.2,62), è pratica- considerati non delinquenti comuni,
mente uguale a quella dei À:ncr-.a.l, tan- bensl politici e venivano trattati di con-
to più che essi talora si rifacevano sui seguenza. Il fatto ch'essi venissero chia-
loro compatrioti dei danni subiti (ibi- mati À.1J<T1:a.l non fa che mostrare la si-
dem): continuamente braccati dal nemi- curezza politica e il senso di piena su-
co superiore di forze, essi, per vivere, periorità da parte dei Romarii, e Giu-
dovevano abbastanza spesso prendere, seppe segue docilmente l'esempio roma-
senza tanti complimenti, ciò che capita- no. In secondo luogo, il nome di À.l)CT-
va. Nei decenni successivi le cose non -.al dato agli zeloti indica la disunione
andarono altrimenti. È allora tanto più e la mancanza di coesione interna ed
degno di nota che le simpatie del popo- esterna del movimento zelota. Questo
lo siano sempre andate agll zeloti (~ ci spiega perché lo storico chiami i ri-
col.. 706): esso aveva infatti la loro voltosi, finché la ribellione è sostenuta
stessa aspirazione a liberarsi dal domi- negli anni 66 ss. da tutta la popolazio-
nio straniero, e questo desiderio aveva ne giudaica, oi. 'Iouocci:o~ 10 e solo più
un fondamento squisitamente religioso, tardi, quando scoppia oltre lo scontro
in quanto Dio solo è il Signore dei Giu- con Roma la lotta interna e certo non
dei(~ II, col. 854) e per questo motivo meno sanguinosa tra i diversi capi ze-
non tollerano per sé alcun'altra forma loti e i loro gruppi, egli cominci a par-
di {3acnÀ.Etct. all' infuori della {3a.oùda lare di ÀTICT'tct.l (bell-4,I3J) 11 e a desi-
-.ou i)Eov. Anche a proposito di tali gnare il loro comportamento, con tut-
gruppi dichiaratamente messianici Fla- to ciò ch'esso includeva, come ÀTil1'tEta
vio Giuseppe parla sempre di À.1JO"'tTJpW. (bell.4,I34). Nella scelta del termine
(ant.17,285) e chiama À:nCT-ta.l quanti vi À.i}<T'"tl}ç abbiamo quindi anche una cer-
appartengono. In questo punto il suo u- ta critica di Giuseppe allo zelotismo
so linguistico è effettivamente omogeneo. nella sua forma più comune; la parola
Due osservazioni sono necessarie per fa vedere in quale misura i fini perso-
comprendere l'uso linguistico di Giu- nali all'interno del movimento abbiano
seppe. In primo luogo, egli usa questa danneggiato la grande causa comune del
terminologia per descrivere il movimen- popolo, macchiato la matrice religiosa
to zelota quale appariva agli occhi dei e abusato di essa.

9 Più giustamente in bell.2,56 li chiama sem- 5LecpfrapµÉvov 't'ayµa.-.oç (bell. 4,93), ma non
plicemente ol 1tEpt aò-.6v. Àl]O"'tal.
10 Essi sono VEW'tEpll;ov-.E~ (bell.4,120), le lo- 11 In questo passo non abbiamo peraltro À.i)-
ro guide spirituali -.apacrcrov-.Eç (bell.4,u7); <n-fiç, bensl CÌPXtÀTJO"'t-{iç, come vengono chia-
essi stessi sono chiamati anche O"'tG.CT~wSEL<; mati i capi dei singoli gruppi di À1JCT'tal (~
(bell.4,86 e passifn) oppure (riv5pE<;) Éx -.oli col. 702).
)..'OO'"l'TJ<; (K. H. Rengstorf)

3 . Il giudaismo rabbinico ha preso lésf1m talora agiscono come ladri, quan-


À.no-·t"{ii; e À.TIO"'tEla. dal greco e ha reso do, per es., mietono di notte {come i
queste parole straniere con lésfes u e Samaritani!) campi altrui (Pea 2,7s.) 1~.
lés!"ja', Usfaiut. L'uso linguistico non è B. Q.6,r arriva persino a dare delle di-
qui cosl trasparente come in Flavio Giu- sposizioni sull'obbligo dei lesfim di ri-
seppe; ma i testi mostrano ugualmente sarcire i danni arrecati. Abbiamo qui
un'intera corrispondenza tra quello rab- forse ancora il ricordo di un tempo in
binico e quello dello storico giudaico. cui il lestes considerava ovvio osserva-
È vero che molto spesso i lésf?m sem- re la legge nella sua interpretazione tra-
brano essere piuttosto dei comuni ban- dizionale15. Abbiamo inoltre che in que-
diti (dr., per es., Shabb. 2,5) e più tar- sti testi la pena normale per il lesfes è
di anche lesfés è usato in questo senso, la croce (Qoh.r.7,26; Esth.r.3,14 a r,
dopo che lo zelotismo era stato annien- X2, ecc.), che è un supplizio romano
tato ed era rimasto solo il ricordo del- (--)- O"'ta.up6ç). È poi conservato il prin-
l'insicurezza che si era avuta nel pae- cipio: 'e'Set lést~s k"lesfes, «la donna
se mentre il movimento era ancora for- di un lésfes è pari a lui» (Ket. j. 26 d
te. Nello stesso Shabb.2,5, però, i lésftm 3 8) 16, in cui si sente parlare il diritto
appaiono accanto ai -goitm, 'gentili' e di guerra o la legge marziale poiché,
quindi vengono forse, in quanto giudei, considerata la posizione normale della
distinti dai non giudei. Essi vivono nella donna, non si era soliti renderla respon-
solitudine (cfr. Ber. 1, 3). Un aneddoto sabile dei crimini del marito.
racconta della presenza di lsfii' in Giu- Forse si può affermare che, a parte
dea (dàromtt, Gen.r.92,6 a44,1 ss.), che un diverso uso posteriore, nella lette-
in questo caso si comportano proprio co- ratura rabbinica lésf~s indica originaria-
me banditi; ma non si può escludere mente gli zeloti. Il termine può però
che si tratti di appartenenti al movi- esser preso in questo senso solo se gli
mento zelota 13• La Mishna ha un ter- zeloti stessi hanno trasformato in no-
mine proprio per indicare il ladro (gan- me d'onore il soprannome offensivo con
nlib) e chiama la ruberia infame col ter- cui gli avversari li bollavano 11; avrem-
mine gàzal. Non ogni brigante è però mo cioè qui un fenomeno di cui la sto-
anche un lesfés, mentre d'altra parte i ria conosce numerosi paralleli 18 • Nell'u-

12 Plurale: l§sfim (llsf1m). 16 A questa va accostata l'altra frase fotta{ U-

13 Il protagonista dcl racconto è R. Meir (c. s/és k•/ésfés, <<Unirsi a un /estés è come essere
150 d.C.), ai cui giorni il movimento era già lcs(és» (Sa11h. ;.19b 19: Johanan b. Zakkai, c.
da lungo tempo domato, ma non annientato 70 d.C.) che non fa alcuna differenza tra gli
completamente. La Giudea meridionale e o- zeloti ed i loro amici o compagni. Un tale ge-
rientale offriva ai superstiti nascondigli ideali; nere di affermazioni ci fa capire quanto sia
naturalmente la distinzione tra ribelli e ban- stato serio e grave l'atto cli Gesù che ha fatto
diti non era stata sempre chiara, ed ora lo era dipendere dal proprio il destino dei discepoli
meno che mai, poiché i les!im si preoccupava- (cfr. spec. Mt.xo,x6 ss. e par.). Cfr. anche Tat.,
no unicamente di conservarsi in vita e liberi. or. Graec.18,1: 6 't'éi> À.TJO'"l'EOOV't~ <TUVOELnv-lj-
uac;, xliv µ-i) )..110'"1'1)<; av't'Òç Ti, ... 'tLµwplaç
14 La Mishna sembra presupporre ch'essi ven-
µE'taÀaµf3avEL [indicazione di G . BERTRAM].
gano cosl a trovarsi sotto l'obbligo di lasciare
un residuo (pe'a) di grano per i poveri, quan- 17 Si pensi soltanto a nomi come 'pezzenti'
do mietono. (gue11x), 'protestanti', 'pietisti', ecc.
15 Il movimento zelota è germogliato sul tron·
co del fariseismo: cfr. SCHLATTBR, Gesch. Isr. 18Cosl sembra credere anche A. SCHLl'.TTER,
261 ss. Gesch. Isr. 264.
À.lJCT-ti)ç (K. H . Rengstorf)

so di questo vocabolo nei testi rabbi- 0'1tlJÀ.aw.i À.1JcT'tW\I, un nascondiglio nel


nici è comunque sempre possibile scor- quale i predoni potessero ritirarsi in
gere il ripudio radicale dello zelotismo
caso di necessità e godessero di una in-
' in quanto proclamazione della lotta del-
l'individuo contro lo stato pagano nel dispensabile protezione. La frase di Io.
nome di Dio 19 : i rabbini aspettavano 2,16, olxoc; tµ:rcoplou, (Vulg.: domus ne-
che Dio stesso agisse e stabilisse la sua
gotiationis), ci fa chiaramente capire
signoria, poiché erano certi ch'egli non
avrebbe rinunciato al suo popolo (cfr. che cosa Gesù volesse dire: egli si adi-
anche Gamaliele nel sinedrio; Act.5,35 ra per la commistione di culto e di affari,
ss. ). Questo rifiuto totale dei metodi quale gli appare il rapporto della casta
degli zeloti può forse spiegare l'uso im-
preciso di lés!és, un termine che può sacerdotale col commercio del bestia-
indicare tanto il brigante quanto lo ze- me nell'anticorte del tempio, rapporto
lota. Anche qui abbiamo un punto di che è tale da far servire il tempio ed
contatto tra l'uso linguistico rabbinico e
quello di Flavio Giuseppe (~ coll. 70 r il culto all'arricchimento personale e
ss.). all'appagamento dell'avidità. Dato il suo
significato primario (~ coli. 619 ss.),
B. À.'lJO""tl}ç NEL N .T. À.i}O"-riJç è il termine adatto per indica-
I. In 2 Cor. II, 26 Paolo menziona, re i colpevoli. Allo stesso tempo, usan-
tra i vari pericoli ai quali è esposto nel- do la frase crn'l')À.atov À.1)0"-rwv, Gesù
l'esplicazione del ministero apostolico, cita anche I er. 7, II 22 e pone tempio e
anche xlvouvoL ÀTIO""t'WV. Il termine qui
è usato secondo l'uso comune di À.TIO"- sacerdoti sotto l'oracolo di perdizione
-rl}c; nell'antichità (~ coll. 699 ss.): ivi pronunciato: Il, ove il culto si esau-
Paolo pensa ai briganti che, avidi dei risce nell'esecuzione di un cerimoniale,
beni altrui, insidiano il viandante in
luoghi solitari. esso non solo non allontana il giudizio
di Dio, ma anzi serve proprio a provo-
2. In Mt.2I,I3 par. Gesù, in occa-
carlo (Ier.7,8 ss.).
sione della purificazione del tempio, ac-
cusa gli appartenenti all'ordine sacerdo- 3. I À.lJv"'t'al di Lc. ro,30.36 potreb-
tale, responsabili della santitàui del tem- bero essere dei normali ladroni (~ col.
pio, di aver reso quello che Dio stesso 700 ), ma non lo sono necessariamen-

aveva deciso fosse una casa di preghie- te. Poiché gli zeloti erano soliti pren-
ra (otxoc; 7tpOO"f.UXf\<;, Is. 56, 7) 21 , uno der due piccioni con una fava, cioè pro-

19 Cfr. SCHLATTER, Gesch. Isr.26r s. le. si scosta di poco dalle sue fonti.
22 Questa frase si ritrova anche in Ier. 12,9,
20 Cioè perché fosse rispettato il principio che
cod. A, mentre il testo accettato dei LXX ha
il tempio, in quanto casa di Dio, è sua pro·
<i1t1]Àmov ùcx.lvriç; dr. anche l'l.iì..Àoç di Orige-
prietà e sottoposto al suo volere.
ne. T.M. in Ier.7,n: m•'iirat par1Flm; Sc HLAT-
21In Mc. la citazione corrisponde al testo dei 'l'ER, Mt. 613 segnala dei parallelismi in Giu-
LXX; Mt. ha tralasciato la fine e il testo di seppe.
709 ( lV,266) ).ncr-cliç (K. H. Rengstorf)

curarsi i mezzi di sussistenza ed elimi- mine sia qui affiancato da XÀ.E1t't1Jt; e


nare un avversario, è del tutto possi- all'interno dell'immagine possa benissi·
bile che Gesù si sia riferito a loro par- mo esser inteso in senso proprio (vv.
lando di À:nO"·ca.l in questa storia. For- I.8 ). I ÀTIIT'ta.l son qui tutti quelli che,
se è importante notare che la vittima come gli zeloti, cercano di forzare la ve-
è stata colpita nei beni e nel corpo, ma nuta del regno di Dio senza tener con-
non uccisa. Dal racconto ci sembra ca- to della persona di Gesù e della sua
pire che si tratta di. un giudeo, e noi legittimazione da parte di Dio, e con-
sappiamo che gli zeloti non prendevano ducono cosl la comunità nel pericolo del-
ai loro compatrioti più di quanto servis- l'errore e della rovina. Il parallelo so-
se loro, a meno che non fossero spin- stanziale nei sinottici è dato da Mt.24,
ti da altri motivi, come la vendetta con- 4 ss. par. 25 •
tro i traditori, ad azioni più violente 23 • Questa interpretazione è resa proba-
In casi simili la vittima, come l'uomo bile dall'uniformità dell'uso palestinese
della parabola, doveva eventuali danni di À.no--.T]ç (Flavio Giuseppe, rabbini)
che si ripete nei vangeli (con l'eccezio-
corporali solo alla sua resistenza. Da- ne della citazione in Mt. 21, r3 par.).
vanti ai tentativi proprio dei farisei di D'altra parte, non mancano neanche in-
fargli prendere una chiara, concreta po- dicazioni che la persona che affiora ne-
gli scritti giovallllei abbia avuto contat-
sizione verso lo zelotismo (cfr. Mt.22, ti con lo zelotismo 26 • Si comprendereb-
IJ ss. par.), può ben essere che Gesù be cosl benissimo che questa parola di
abbia intenzionalmente risposto alla do- ripulsione pronunciata da Gesù sia sta-
ta conservata proprio da questa perso-
manda sul prossimo, rivoltagli da un na e in questa forma.
legisperito, narrando di un uomo capi-
5. Il rapporto tra Àuo-'t'l'}c; e messia-
tato in mezzo a ÀTitr't'al e di quello che
nismo è quanto mai evidente nella pa-
gli successe, per esprimere chiaramente
rola di Gesù agli sgherri (Mt . 26,55
la sua disapprovazione per il modo in
cui gli zeloti pensavano di servire Dio24 •
par.): wt;
ÈnL À'[}O-'"t'TtV Èç'l)Ma.-.e µe'tà
µa.xcupwv xa.L çu"ì..wv o-vÀ.Àll.~e~v µe,
4. In modo simile, forse, va inter- «siete venuti a prendermi armati di
pretato anche il ÀTIO'-.'l'}t; dell'allegoria spade e bastoni, come se si trattasse di
del pastore (Io.ro,r ss.), benché il ter- uno zelota 0•110-'"t'lJt;)». «Chi non accetta

23 B.Q. rn,2 si occupa dell'eventualità, quanto 24K. J3oRNHAUSER, Studien zum Sondergut
mai rara in caso di comune rapina, che un lés- des Lukas (1934) 69, sostiene che i >..ncr-co.l
tés tolga alla vittima i vestiti, ma gliene met- di Lc. ro,30 ss. sono zeloti.
ta altri a disposizione. La tradizione religiosa 25 Ovviamente questa interpretazione di ).ncr-
vieta il furto del mantello, perché esso era in- -tl}ç spiega soltanto un aspetto dell'allegoria,
dispensabile di notte; cfr. ScHLATTER, Mt. a non il complesso di questa.
5140. 26 Cfr. SCHLATTER, Gesch. d. erst. Chr. 65 s.

2J er.in:!c leuk o. v•
Ì-TIO''t'lJC, (K. H. Rengstorf)

Ja regalità di Gesù lo colloca sullo stes- ma odierna, non dicono che Barabba
so piano di un capobanda zelota» v. fosse un capo zelota, però in alcuni ma-
noscritti troviamo in Io. I9,40, invece
Questa associazione, fatta qui dai capi del semplice ÀTJCTi:1)ç, lXPXLÀUCT't1)c; ov-
giudaici 28, viene poi stabilita anche dal vero princeps latronum 31, termini che
procuratore romano quando, nella ri- indicano il capobanda (~ col. 702 ).
Se fosse possibile 32 intendere l' ~'ltlO"r}­
correnza della pasqua, nel giorno in cui
µoc; di Mt.27,r6 nel senso di 'capo' (co-
si commemorava la formazione del po- me in Flavio Ios., bell.2,58 5 ), allora a-
polo giudaico e la libertà nazionale ot- vremmo almeno in questo passo una
tenuta con l'esodo dall'Egitto, chiede chiara denotazione di Barabba come ca-
po zelota; tuttavia non è possibile es-
al popolo di scegliere tra la liberazione sere assolutamente certi di questa in-
del partigiano Barabba e quella di Ge- terpretazione.
sù (Mt.27,r5 ss. par.; Io.r8 139 s.). Un Inoltre Gesù non solo è stato egli
tentativo siffatto di classificare Gesù nel stesso croci.fisso, ricevendo cosl il sup·
movimento zelota e di bollarlo come plizio riservato dai Romani ai rivoluzio-
suo capo viene messo in ancor maggio- nari politici, ma ha sofferto questa mor-
re evidenza nei testi dal fatto che Ba- te in mezzo ad altri due condannati, e-
rabba è chiamato espressamente ÀTJ<r- spressamente detti ÀTJCT'tctl (Mt . 27,38
i:Tic; (Io. r 8 ,40), <1't'WTLct<ri:1}c;, 'rivolto- ss. par.). L'iscrizione sulla croce lo de-
so' (~ n. ro; Mc.r5 17; cfr. Lc.23,r9), finiva come uno di loro, con la diffe-
ofoµ~oc; È1tl<r11µoc;, 'prigioniero rinoma- renza ch'egli aveva aspirato ad esser re
to' (Mt.27,r6). (Mt. 27, 37 par.), come avevano fatto,
Nella tradizione testuale esistono va- più o meno, tutti i capi zeloti dal pri-
ri indizi 29 secondo cui anche Barabba)() mo Giuda e~ coll. 70I ss.) in poi. La
si. chiamava Gesù; la tradizione avreb-
crocifissione come À11CT-t1}c; è stata volu-
be consapevolmente soppresso questo
nome. Pilato si sarebbbe concesso la ta dal suo popolo (Mt.27,2r ss. par.),
beffa amara di proporre alla scelta del che prese cosl posizione contro il suo
popolo Gesù Barabba e Gesù, figlio di messianismo e a favore di quello degli
Giuseppe, da Nazaret; di proporli co-
me uomini della stessa risma, come ca- zeloti, scegliendo anche la lotta contro
pi zeloti. È vero che i testi, nella for- Roma e la propria fìne sulla croce33 inve-

21 ScHLATTER, Mt.756, od l. 30Questo è il suo soprannome; cfr. Mc.15,7; b


28 La partecipazione di soldati romani all'arre- ÀEy6µevoc, Ba.pa.(3(3éiç, e DEISSMANN, op.cit.
sto di Gesù, secondo quanto ci dice Io.x8,3.u, 35 s.
si ebbe per iniziativa dei Giudei, come mostra 11Cfr. l'apparato critico di TrscHENDORF, N.T.,
il comportamento successivo di Pilato (Io.18, editio octava critica maior (1869).
28 ss.). 12Seguendo il~ P rcKL 247.
29Cfr. Mt.27,x6, codd . e Ì- sy•; V. inoltre A. Durante l'assedio Tito circondò Gerusalem-
3.l
DmssMANN, Der Nmne ]esus, in Mysterium me d'una corona di croci, sulle quali trovaro-
Christi ( 1931) 35 ss. no la morte innumerevoli infelici.
M~r1.voç (W. Michaelis) -(IV,268) 714

ce della pace portata dal Messia di Dio con il massimo risalto là qove Celso
(cfr. Le. 19,42 dopo 19,38 e 2,14; ~ definisce Gesù un À:O<T't'1}ç e cerca cosl
Xp~<r't'6ç). In quale misura la decisione di disfarsene come di uno pseudo-mes-
contro Gesù cosl presa abbia viziato il sia 3-t_
giudizio dei Giudei su di lui, appare K. H. RENGSTORF

Fin dai tempi più antichi l'uso di es- za l'incenso, la resina di arbusti ed al-
senze odorose è stato quanto mai diffu- beri appartenenti alle burseracee pro-
so in quasi tutto il mondo, per usi sia dotta in Arabia e sulla costa somala (an-
profani sia cultuali (in questo caso si che nell'India orientale) 2 e che costi-
trattava generalmente di aggiunte a un tuiva una merce pregiata 3 . À.l~avoç,
sacrificio incruento, talora anche a un che indica raramente la pianta dell'in-
sacrificio di animali, ma quasi mai il censo, ma in prevalenza l'incenso (det-
profumo veniva offerto da solo) 1• Ol- to anche À.~~<X.\IW't6ç) 4 , è un termine
tre ad altri aromi si usava di preferen- preso in prestito dalle lingue semitiche5 •

34 Orig., Cels.3,59 (1 253,24 ss. ed. KoETSCHAU). lexikon [1937] 266).


J Cfr. Apoc.18,13; TH.REIL, Beitrage z. Kem1t-
).l~r1.voç, ÀtBr1.vw~6ç
11is der Gewerbes im hell. if.gypte11, Diss.,
C. v. 0RBLLI, art. Riiuchern, in RE1 xvr ( 1905) Lcipzig (1913) 146 s.; U. WILCKl!N, Alexander
404-409; R . ZEHNPFUND, art. W eihrauch i11 der der Grosse und die hell. Wirtscha/t: Schmol-
Bibel, in RE1 xxr (1908) 54 s. (con la bibliogr. lers Jahrbuch fiir Gesetzgebung, Verwaltung
meno recente); F. PFrSTER, art. Rauchopfer, und Volkswirtschaft im Deutschen Reiche 45
in PAULY-W., 2• serie 1 (1920) 267-286; M. (1921) 408 s.; A. SCHMIDT, Drogen und Dro-
LOHR, Das Riiucheropfer itn A. T. (1927) == genhandel im Altertum (1924).
Schriften der Konigsberger Gelehrten Gesell- 4 LIDDELL-SCOTT, s.v.; i papiri hanno entram-
schaft-Geisteswissenschaftliche Klasse, 4. Jahr.
be le forme (cfr. PxEISlGKE, Wiirt. II 20;
Heft 4; S. EITRBM, Opferritus und Voropfer
MouLT.-MlLL., s.v.; MAYSER n/1 [1926] 32);
der Griechen und Romer (Skrifter utgit av Vi-
nelle iscrizioni predomina À.~~avw~oç (cfr.
denskapsselskapet. II Hist-Fil. Kl. [1914] nr.
DITT-, Or. e Sy/J.l, s.v.); i papiri magici han-
1) (1915) indice 492 s.v. Weihrauch.
no MPa.voç (per es. PREISENDANZ, Zat1b. r ro.
I Cfr. l' esposizione particolareggiata in ~ 62 ; II 13.19 s.; rv l909 s.; xrrr r8; cfr. test.
PFISTBR e la rassegna in 4 LOHR 1-9. Non è Sal.6,ro). Phryn. 187 (LoBECK) schematizza l'u-
affatto certo che l'uso cultuale sia sorto soltan- so linguistico. Nel N.T. non è possibile stabi-
to da quello profano. LOHR 36 fa notare che lire il genere di ),.l~a.voç, che è di solito ma-
il termine egiziano per 'incenso', !n!r, significa schile e femminile. Notevoli sono le numero-
all'incirca 'ciò che rende adatto ad entrare in sissime parole composte con ),.l~C1,voc:; (cfr.
rapporto con la divinità'. LIDDBLL-SCOIT). BoussET, Apak. 195 s., fa
2 I. LOw, Die Flora der Juden 1/1 (1926) 312 inoltre notare, a ragione, che il xa.ÀxoM~a.­
ss., IV (1934) indice, s.v. È discusso se l'incen- voc:;(v) cli Apoc.1,15 e 2,18 non ha a che fare
so venisse coltivato anche in Palestina (dr. A. con ),.l~avoç == incenso; cfr. anche ZAHN, Apok.
1
BERTHOLET, art. W eihrauch in RGG V 1795; 199, n. 4r.
K. GALLING, art. Har:r.e, 4 in Biblisches Real· s Cfr. l'ebraico t•b6na; H. LEWY, Die Semiti-
715 (rv,268) Àl~ctvoç (W. Michaelis)

I LXX rendono regolarmente zebOna (l'- À1.l3a.vw't'6c:; è usato in Apoc. 8,3.5


boniì) con ).l~a.voc:; (soltanto in I Chron. nel senso, altrove non attestato, di bra-
9,29 con Ài.Bavw't6c:;) e usano più volte
À.lf1avoc; senza corrispondente nel T .M. ciere dei profumi: l'autore apocalitti-
(inoltre 3 Mach. 5,2 À.i.l3avw-.61;.)6. In co vede (8,3) un angelo che ha in ma-
Philo, spec. leg. l,175 .275; rer. div. ber. no un AiBa.vw'toc; d'oro e si avvicina
197 .226, abbiamo À.t.~a.vwi;6c; (anche se
la citazione di Ex. 30,34 s. in rer. diV. all'altare celeste (wcncun1)ptov --'> IV,
her.196.198 ha À.l~avoc;). Giuseppe ha, coll. 632 s.), ove gli vengono dati mol-
per es., M13cx.voc; in ant.3,143 ma À.t.-
1 ti profumi (ituµ1.&.µa'ttx. 'ltoÀÀ.a) tva ow-
~avw't6ç in 3,256. Abbiamo inoltre in
aa -.cxi:'<; 7tpocre:uxtx.i:'c; 'twv àylwv x-.À..,
1 Clem.25,2 )..ll3avoc;, e in mart. Polyc.
r5,2 ì..i(1avwi;6c:;. «perché li aggiungesse alle preghiere dei
santi, ecc.» 12 • Poi (8,5) l'angelo riempie
Nel N.T. oltre Apoc.r8,r3 (--'> n. 3),
il medesimo ALl31XVW't'6c; con brace presa
si riscontra À.ll3avoc:;, incenso, solo in
dal fuoco dell'altare e lo scaraventa sul-
Mt .2,11 ove è elencato, con l'oro 7 e la
la terra in segno dell'ira divina.
mirra 8 , tra i doni 9 che i magi 10 porta-
no al bambino nel presepe per onorar- Il turibolo, destinato a contenere i
lo e riconoscerlo quale «te dei Giu- carboni ardenti su cui poi si posava l'in-
censo perché bruciasse, è chiamato di
dei» 11 • solito i>vµt.a.'t1)p1ov 13• I LXX con que-

schen Fremdworter im Griech. (1895) 44 s.; ~ pagani avrebbero portato doni al Messia; dr.
Lé>fIR 2 1 n. l. ljJ 71,xo s. e STRACK-BILLERBECK, ad l. Sta in
primo piano il carattere di dono, e non il
6 Per le offerte di profumi ncll'A.T. cfr. ~
possibile uso dell'incenso. Per l'interpretazio·
LéiHR ro ss. e ~ C. v. 0RELLI; per l'incenso ne simbolica dei doni dei magi in epoca poste-
nell'A.T. cfr. anche~ ZEHNPFUND. riore cfr.KLOSTERMANN, Mt., adl.; ZAHN, Mt.•
1 Probabilmente per influenza di Is.60,6 (cfr. 103, n. 93; BENGBL, ad t.
lji 71,15). 12 Per il dat. commodi "ta.i:c; 7tpocrwxa.i:c;, che
8 L'associazione è probabilmente dovuta non appare anche in 8,4, cfr. BL.-DEBR.6 § 188, I.
tanto a ljJ 44,9 (come pensa il CLEMEN 195) La sostanza odorosa serve quindi «come ag-
quanco specialmente a Ca11t.3,6 (dr. KtOSTfiR· giunta profumata e purificazione delle preghie-
MANN, Mt., adl.) e a l:tp.24,15, dove incenso re» (cosl parafrasa HADORN, Apk.). L'i.mmagi·
e mirra sono appaiati (anche, per es., Diod.S. ne è dunque alquanto diversa da quella di 5,
2,49,2; Athen.3,59 (rnxc]; DITT., Or.214,58). 8 (Bouss&T, Apok.293, n. 3). Per il rapporto
Cfr. A. DEISSMANN, \Veihrauch rmd Myrrhen: tra incenso e preghiera cfr. inoltre E.LOHMEY-
ThBI I (1922) 13. ER, V om gottlichen \Vohlgeruch : SAHeid.

9 Doveva trattarsi di un incenso particolar- (19r9) 9. Abh. e~ III, coll. 1257 ss. È un po'
mente costoso perché, essendo gli aromi orien- esagerato dire, come fa il BERTIIOLET (~ n. 2)
tali alla portata anche della borsa dci poveri, riferendosi a R. REITZENSTEIN: ARW 27
l'offerta dei profumi era di per sé «il dono (1929) 274, che i Mandei consideravano l'in-
dell'uomo comune» (cfr. ~ PFISTER 280). censo «proprio come una specie di essere di-
vino ascendente al cielo».
10 I doni non ci forniscono alcuna informazio-
13 Per altre espressioni, tra cui Àtf!a.vw'tlc; e
ne precisa sulla patria dei magi: ~ n. 2 e À.t~C1.VW'tplç, cfr. A. HuG, art. Thymiaterio11,
ZAHN, Mt.• 9x, n. 70. in PAULY- W., 2• serie VI ( 1936) 707 e Lm-
11 In compimento dell'attesa giudaica che i DELL-SCOTT, S.V.
At~cp-t~vot (H. Strathmann) (IV,270) 718

sto termine rendono miq!eret, che si x11 e 'ltUpEi:o\I il termine indicante pro-
riscontra solo in 2 Chron.26,19 ed Ez. priamente il braciere dei profumi, mabta.
8 ,r r, e indica un turibolo o un braciere Nel N.T. incontriamo ituµtci:ti}ptov so-
per profumi 14 ; in quest'ultimo signifi- lo in Hebr.9,4, ove il termine viene co-
cato ituµta.'"t'1}ptov è usato anche in 4 munemente inteso nel senso di altare
Mach.7,rr. I LXX traducono con ihJtcr- dei profumi 15 •
W.MICHAELIS

In Act.6 19, dopo una descrizione ge- no da vari gruppi, sul cui numero gli
nerale dell'attività di Stefano, leggia- esegeti sono comprensibilmente discor-
di 2, ma senza un motivo valido poiché
mo: &.vÉcr"t1)0'1X.V ÒÉ 'tLVEc; '"t'WV Èx ·djc;
i nomi sono chiaramente divisi in due
uuva:ywyfjc; 'tfjc; ÀEyoµlvTJc; AtBwrl- serie, dal doppio -.wv.
Il secondo grup-
vwv 1 xat Kupl]va.lwv xa.t 'AÀE~a.vopÉ­ po è costituito da persone, naturalmen-
wv xa.t 'tWV cbtò KtÀtxla.c; xa.t 'Aula;c; te giudaiche, provenienti dalla Cilicia e
dall'Asia. Non è detto fino a che punto
<TUS'Y}'t'OU\/'tE<; "t0 l:"tE<paVC{). costoro si distanzino da altri associan-
dosi insieme, ma ciò può esser arguito
Gli oppositori di Stefano provengo· da quanto sappiamo sul primo gruppo.

14 Cfr. -+ c. V. 0RELLI 409. detti Atf3u<r·nxol; cfr. inoltre ]ACKSON-LAKE


15 Cfr. RIGGENBACH, Komm. Hebr.1' 3 241 ss. n. m ( 1926) 58, ad l. La lezione 'tGN >.EyoµÉ-
73, e O. MICHEL, Hebr. (1936) 105, il quale vwv invece di 't"ijc; ÀEyoµév111;, preferita dal
sostiene con forza che si tratta del braciere TrsCHENDORF, N. T. sulla base dei codd. S A
dei profumi (però i testi di Giuseppe ch'egli e di pochi altri manoscritti, va respinta non
cita non sono pacifici; per contro in Bar. syr. soltanto perché malamente attestata, ma anche
6,7 si indica certo anche il braciere). In Lc.r, per motivi oggettivi. Ciò che occorre spiegare
rx l'altare dei profumi è chiamato, in corri- è il nome della O'IJVOCywylj; i liberti erano ef-
spondenza con l'uso linguistico dei LXX, lN- fettivamente, non 'cosiddetti', tali.
cna<r•t"r)ptov ~oii i}uµtaµ<no~. Aggiungiamo z PREUSCHBN, Apostg. 37, propende per una
che nel N.T. si ha wµlaµa ancora in Lc.1,10 sola sinagoga che includerebbe tutti quanti;
s.; Apoc.5,8; 8,3 s.; 18,13 e, inoltre, ituµLaw cosl anche HoLTZMANN, N. T. r 357s.; H.
in Lc.1,9. LIETZMANN, dr. ZNW 20 (1921) 172, sembra
invece pensare a cinque dìverse sinagoghe e
At~Ep"-~VOt cosl anche B. Wmss, Das N.T. m' (1902) 64;
t In passato già T. BEZA (nel N.T.4 lat. di R. per due propendono H. H. WENDT, Apostg!
STnPHANUS del 1556), poi WE'l"I'STEIN (ad l.) (1913) 135 e spec. ZAHN, Ag.238 s. ScHiiRER
e più recentemente F. BLAss (Philology of the 1t 87 è indeciso tra una sola o cinque sinago-
Gospels [x898] 69 s.) hanno voluto considera- ghe, ma è più per la seconda ipotesi (502 s., n.
re come originaria la lettura A~f3u<r't"lvwv, in· 7). Informazioni sull'esegesi più antica si tro-
tendendo questi come i Libii della versione ar- vano nell'art. Libertines di J. PATRICK in HA-
mena. Questa lezione potrebbe però derivare STINGS, D.B. m. Per le sinagoghe di Gerusa-
da Act.2,10 e i Libii altrove vengon sempre lemme cfr. anche STRACK·BILLBRBECK 11 266.
A~f3ep·dvoL (H. Strathmann)

Questo viene designato come un'asso- dei 'Libertini'5. Questo termine stranie-
ciazione sinagogale alla quale apparten- ro6 è preso dal linguaggio giuridico roma-
gono Libertini, Cirenei e Alessandrini. no e indica ex-schiavi tornati in libertà
È possibile, anzi verosimile, che questa e i loro figli 7 • Questi schiavi liberati si
associazione possedesse una sinagoga, e incontravano allora ovunque; però, se
non è da scartarsi l'ipotesi che un'iscri- questi Libertini vengono, nonostante ciò,
zione greca di un certo Teodoto, figlio elencati insieme coi Cirenei e gli Ales-
di Vetteno, rinvenuta da R. Weill nel sandrini, allora anche questa designa-
r9r3-x4 a Gerusalemme sull'Ofel, si ri- zione dev'essere intesa in senso geogra-
ferisca proprio a questa sinagoga 3 • Co- fico. Si può forse pensare ai discenden-
munque sia, nel pa_sso in questione, co- ti della moltitudine di prigionieri di
me anche in Act.9,2, si pensa in primo guerra, che a suo tempo Pompeo si era
luogo al gruppo religioso cui apparten- portata dietro a Roma e che costituiva
gono gli avversari di Stefano 4• Va mes- una parte niente affatto indifferente del-
so in risalto non tanto il fatto che co- la grande comunità giudaica romana 8 •
storo venivano dalla sinagoga come edi- Nel testo manca qualsiasi appiglio per
ficio, bensl che questa associazione gui- l'ipotesi, avanzata da alcuni9, che si trat-
dava l'attacco, sostenuta poi da quelli ti soprattutto di ex-schiavi dell'impera-
della Cilicia e dell'Asia. A questo grup- tore, i quali avrebbero avuto in questa
po appartengono oltre i Cirenei e gli loro precedente appartenenza alla Ka.l-
Alessandrini, cioè oltre i Giudei elle- O"apoç oi.xla. (Phil.4,22) una comune ba-
nistici otiginari di quelle regioni e tor- se associativa, che sarebbe altrimenti
nati a stabilirsi a Gerusalemme, anche mancata se si trattasse di liberti affran-
3 Cfr. L. H. VINCENT: RB 30 (1921) 247-277,
6 Come xijv11oç, xoÀ.wvlcx., 171tExov)..r.i:twp, ecc.;
e inoltre H. LIETLMANN: ZNW 20 (r921) r7r cfr. BL.-DllBR. § 5,1. LrnnELL-Scorr indica so-
ss.; DEISSMANN, L.O. 378-380, con una nutri- lo IG XIV 1781 come prova dell'uso cli À.t~EP­
ta bibliografia. Per gli studiosi francesi che -.r
voç nelle iscrizioni.
hanno scoperto e pubblicato l'iscrizione (R. 7 Per la situazione giuridica dei liberti e il suo
WeiU, Th. Rcionch, Clermont-Gaoneau, L. H.
sviluppo cfr. l'art. Libertini cli A. STEINWllN-
Vincent) è pacifico che la sinagoga fondata da
TER in PAULY-W. xm (1927) ro4ss.
Teodoto è queUa di Act.6,9; Deissmann è pe-
rò scettico. È estremamente probabile che Vet· 8 Cfr. Philo, leg. Gai.155: 'Pwµa.i:ot. (i Giudei
teno, il padre di Teodoto, fosse un liberto ro- romani) oè 1]11av of 'ltÀEfovç cbtEM'.vllEpwMv-
mano, e possiamo dare per certo che l'iscrizio- 'tEç • alxµ&.ì.wi:o1. yà.p cixlMv-cEç ti.e; 'haì.la.v
ne sia anteriore al 70 d.C. È difficile stabilire Ù7tÒ 't'WV X't'l)O'aµivwv i}).evltE{JWlhj11av, où-
se la «sinagoga degli Alessandrini residenti a oÈv 'tWV 1tCX.'tpLWV 'ltCX.paxapcl.l;at (ltaalllv-cEç.
Gerusalemme» menzionata di passaggio in T. Inoltre SCHURER m• r27 s. Per Ia forza della
Meg.3,6 (p. n.p6, ed. ZucKERMANDEL} abbia comunità giudaica di Roma cfr. Flav. Ios., ant.
un qualche rapporto con la sinagoga cli Teo- 17,300; 18,84: beli. 2,80; Tac., a1111. z,85. È
doto ed eventualmente con quella di Act.6,9; possibile che le comunità sinagogali romane
cfr. SCHiiRER n' 87. degli Augustani, degli Agrippani e dei Volum-
4 Cfr. ZAHN, Ag., ad l.; Sctti.iRER u' jo4; 1111 niani, la cui esistenza è comprovata da iscrizio·
8.r s. L'uso linguistico nel N.T. è peraltro chia- ni, fossero costituite da tali liberti; cfr. ScHii-
ramente dominato dall'applicazione del termi· RER m' 82 [G. KITTEL].
ne al locale di riunione della comunità. 9 DEtsSMANN, L.0.380, seguendo E.BoRMANN:
s Anche se è sorprendente vedere questi grup· Wiener Studien 34 (r9r2) 363 ss.; v. anche N.
pi menzionati cosl insieme, ciò non giustifica Mi.iLLER-N. B1rns, Die Inschri/ten der iiid.
ipotesi o congetture che si allontanino dal te- Katakombe am Monte Verde :m Rom (1919)
sto;~ n. 1. 98 s.
721 (1v,270) )wM!;.w (W. Michaelis) (1v,27r) 722

cati da diversi padroni. Questo suggeri- daismo ellenistico di Gerusalemme (Act.


mento non tiene inoltre conto del fatto 8,I ss.) è quanto mai istruttiva e affat·
che i Libertini non costituiscono una si-
nagoga da soli, bensl insieme con gli el- to degna di fede. Quest'informazione
lenisti egiziani. concorda infatti con tutte le altre noti-
La notizia degli Atti che la prima zie sull'atteggiamento normale del giu-
persecuzione dei cristiani prese le mos- daismo ellenistico e con quanto sappia-
se dalla combattiva opposizione del giu- mo del suo ideale religioso 10•
H. STRATHMANN

t À.tt>'asw, t xtx:tctÀt~cisw,
t À.tl>of3oÀÉw

Per quanto riguarda sia la sua origi- lapidazione fa parte delle pene «per ma-
ne e storia sia la sua valutazione giuridi- no comune», note anche all'antico di-
ca e storico-religiosa, la lapidazione pre- ritto germanico 2; il colpevole viene
senta tutta una serie di problemi 1 • Es- scacciato dalla comunità con una forma
sa appare già in antichi documenti del- particolarmente drastica di proscrizio-
!'antichità classica, soprattutto in Gre- ne. Si può discutere fino a che punto
cia, e non solo come espressione tumul- ci sia necessaria l'intenzione di uccide-
tuosa di passioni scatenate, bensl anche re 3 : «li lancio di pietre... esprime con
come mezzo per amministrare ordinata- evidente immediatezza, quasi si trattas-
mente la giustizia. È importante al pro- se ancora di un primitivo movimento
posito notare che nella decisione ed e- riflesso, la cessazione di qualsiasi comu-
secuzione della lapidazione appare e a- nione» 4• Nell'A.T. la lapidazione è nel
gisce sempre tutto il gruppo sociale: la numero delle pene capitali previste dal-

10 C&. H. STltATHMANN, Geschichte der friih- allora non bisogna tanto ravvisarvi delle con-
christl. Askese I (1914) ro7 ss. cezioni demonisO:che, quasi si volessero immo-
bilizzare in loco le anime o gli spiriti di mal-
À.d)6.!;.w X'tÌ..
fattori per mezzo di una pesante copertura dei
I Fondamentale è il saggio di R. HrnzBL, Die cadaveri (come pensa A .BERn'!OLET, act, Steini-
Stra/e der Steinigung: ASG 27,7 (1909) 222- gmzg, in RGG2 v 781), ma si tratta piuttosto
266; K. LATTE, art. Stei11igung, in PAULY-W., di una tipica uccisione da lontano, cosl da non
2• serie 111 (1929) 2294s.; J. PFAl'P, art. La- venire in diretto contatto con la vittima. S.
pidatio in PAULY-W. xn x (1924) 775 s. Num. 7 a 5,12 ricorda che se un rabbino ve-
2 HIRZEL 238 (oon testi d'appoggio). niva scomunicato e moriva sotto scomunica
3 Latte accetta la tesi di Hirzel, che scopo ori- «la corte di giustizia lapidava la sua bara», il
ginario della lapidazione fosse la cacciata, non che consisteva unicamente nel porre una pie-
la morte, del colpevole; una certa esitazione tra sulla bara (M. Q. b. 15 a) [KuHN]. Cfr.
esprimono brevemente R. WfiNsCH: ARW 14 S'I'RACK-BILLERBECK I 696.793; IV 309 s, 320.
(I9II) 560 ed E. K6NIG, in RE3 XXIV (19r3)
529. Se con la lapidazione s'intende uccidere, 4 LATrn <~ n. x) 2295.
723 (1v,271) ÀLM~w (W. Michaelis)

la legge 5• blasfemo (dr. inoltre 8,59) 11 ; nella pe-


Non preferendosi espressioni come ricope dell'adultera À.ti1of3oÀEi:ai}a;t ( 8,
)..li}ouc; {3&,).)..m1, nel greco extra-bibli-
co )..d}cX.sELV, Àti)'o{3oÀEL\I, ÀEUEW, X<X.:ta- 5, ree. 5i" ) rappresenterebbe un 'influenza
ÀEUWJ sono i termini tecnici consueti 6 • sinottica (i codd. D e altri hanno Ì.LM-
I LXX hanno À.ti}cX.sEt\I soltanto in 2 ~EW) 12• Passando agli Atti vediamo Ì.L-
Bacr. 16, 6. r3 (molestare con lanci di
i}ci.~EL\I in 5,26, ove s'intende forse so-
pietre), altrimenti usano sempre À.t1}-o-
BoÀEL\I (xa.'t'cùtao{3o.ÀEi:v: Ex. 17,4; lo un lancio di pietre 13, mentre in r4,
Num.14,10). Filone usa Xet."t'a.ÀEVEW 7. 5 (À.titof3oÀ.Ei:v) si tratta di lapidazione1~.
Flavio Giuseppe ha ÀEUEW in ant.r7, La lapidazione di Paolo menzionata in
216; Ap.2,206; più· spesso XCX."t'et.À.EVEW,
per es. ant. 3,307; 4,12; Xet."t'aÀ.tllol.iv, Act.14,19 (À.ti}a~ELv; cfr. 2 Cor.11,25:
ant.4,282, o altre circonlocuzioni 8 • &r.a~ EÀLMat>riv, «una volta fui lapi-

Nei sinottici À.ti>o{3oÀ.Ei:\I appare in dato») è avvenuta certamente senza un


Mt.21,35 come species atrox dell'ucci- processo regolare 15, ma è incerto se lo
dere9; poi in Mt.23,37 e par.; in Le. stesso possa dirsi per quella di Stefano
20,6 abbiamo inoltre l'unica attestazio- (7,58 s., À.Li}of3oÀ.E~\I) 16 • Abbiamo anco-
ne di XCl."t'CX.Àtl}cl.SEW 10• ra Hebr. rr ,3 7 ( À.i.M.sEw); r 2 ,20 ( Àti}o-
Nel Vangelo di Giovanni si usa À.tM.- BoÀEi:v, citazione di Ex. 19, l 3 ). Cfr. r
s~w parlando (10,31-33; u,8) dei ten- Clem.5,6; 45Ai ev. Petr. n,48 (Ài.M-
tativi ·dei Giudei di lapidare Gesù come SEL\I ).
W. MICHAELIS

5 Cfr. E . KONIG, art. Steitrigtmg bei den He- (19ro) 368.


braern, in RE1 xvm (19o6) 792-794; impor- 10 KLOsTERMANN, Lk., e HAUCK, Lk, ad l.
tante è Sanh.6,r ss. Anche HIRZEL (-? n. 1)
tratta del giudaismo, ma la sua esposizione è li ScHLA'ITER, Komm.]oh.zn; ZAHN, ]oh."'
viziata dal fatto che si basa su opere già vec- 468; STRACK-BILLERDECK n 527.541 s.; MouL-
chie (soprattutto su J. D. MrcHAELIS, Mosai- TON 2ro. Cfr. U11know11 Gospel, r. 23 s.
sches Recht v [1774] che a sua volta si rifà 12 BAUER, Joh., ad l.; STRACK - BILLERDECK 11
all'opera del padre CHR. B. MrcHAELIS, De 520; ZAHN, ]oh., ad l.; cfr. anche Io.8,7.
iudiciir poe11isque capitalibus in Sacra Scrip-
JJ ZAHN, Ag., ad l.
t11ra commemoratir [ 1749]).
6 Cfr. LIDDELL-SCOTT, s.v. 14 Diversa è l'opinione di ZAHN, Ag., ad l.
7 Cfr. LEISEGANG, s.v.; importante è soprat- 15 PREuSCHEN, Apostg., ad l., è troppo scettico.
tutto vit.Mos.2,202. 16 STRACK-BILLERBECK u 685; ZAHN, Ag., ad l.;
8 Per questo suo evitare il termine ì..~i)o~oÀEtV K. BoRNHXusER, Studien zrtr Apostg. (1934)
cfr. ScHLATTER, Komm. Mt. 628, e anche 71 ss.; inoltre: ThLBI 55 (1934) 291 ss. Per
ScHLAT'L'ER, Komm. ]oh.242 a Io.ro,3r. le grida al momento della lapidazione cfr.
9 KLOSTERMANN, Mt., ad i.; B. WEiss, Mt. 10 HrnzeL (-? n. r) 23r.
725 (IV,272) Mtloc; (Joach. Jeremias) (IV,272) 726

À.li}oç, t À.likvoç
~ ywvlCL [ ILxpoywwxi:oc;, xeq:w.)..ii L'equivalente aramaico è probabil-
ywvlac;], 'ltÉi:pa) mente o 'abnii.' ('pietra', 'peso') o kefii'
('pietra', 'roccia') 2 • A favore di 'abnit
SOMMARIO: ci sarebbe la parola del Battista in Mt.
A. Mt>oc; in senso proprio. 3,9, se in aramaico si fosse avuto un
B. Pietre animate. gioco di parole b•naiiii' -'abna;;a· che
però (~ coli. 729 ss.) non sembra pro-
C. Cristo, il 'Mltoc;:
x. i passi;
babile. A favore di kefa' abbiamo inve-
2. l'interpretazione messìanica di detti ce: r. Mt.3,9 e Mc.I5,46 e altri passi in
veterotestamentari sul 'ì..lDoc; nel tardo cui Àl~oc; significa 'roccia'(~ col 732);
giudaismo; 2. il fatto che la sy•c (ed anche la sypal,
3. la pietra che è Cristo: nei vangeli} rende costantemente3 ).,li)oc;
a} Gesù chiave di volta e pietra angolare (anche in Mt.3,9!) con kif' (k'f').
del vero tempio di Dio;
b) la pietra d'inciampo;
c) significato di salvezza e perdi2ione A. )...l~oc; IN SENSO PROPRIO
della pietra che è Cristo;
d) il donatore dell'acqua di vita; Nel N.T. o )..lt}oc; indica: a) la pietra,
e) la pietra che è Cristo negli scritti tanto grezza che squadrata, che può es-
successivi al N.T. ser poi ulteriormente precisata a signi-
D. I cristiani quali pietre viventi. ficare la macina da mulino (Le. I7 ,2;
Apoc. 18 ,21 )4 e la pietra preziosa (Apoc.
Nel N.T. (come nei LXX) )..rnoc; è 4,3; I5,6 Vat.; I?,4; 18,12.16; 21,ll.
19) 5 ; b) in Mt.3,9 (par. Lq,8) )...li}oc;
sempre maschile, in armonia con l'uso ha probabilmente il significato di roc-
linguistico della koiné 1• cia (~ col. 732); cosl anche in Mc.

'ì..ll)oc;
A. }EREMIAS, Babylonisches im N. T. (1905) 2 Per ke/a' ~'roccia' cfr. Mt. r6,x8.
79 s.; A. ScHLATTER, Das A.T. i11 der ;ah. 3 Si trova 'bn' solo come variante: i codd.MC
Apok. = BFI'h 16,6 (1912) 32 s. 49; R. HAR- del lezionario palestinese-siriaco rendono M-
RlS, Testitnonies (1916) r r8 s. 26 ss.; n 59 ss. l}oc; di Mt.n,4i ( = ljJ n7,22) una volta cia-
r37.139; ]oH.}EREM1AS, Der Gottesberg (1919) scuno con 'bn' (A. S. LEWlS - M. D. GIBSON,
146; JoAcH. }EREMrAs, Golgotha (1926) 51 ss. Tbe Palestinìan Syriac Lectionary of the Gos-
77 ss.; Io.; KEcpo:)..iJ ywvlo:c;- 'Axpoywvto:i'.oç: pels [1899] 154) ed una volta con kif' (ibidem
ZNW i9 (1930) 264-280; Io., Jcsus als \Y/elt- 89). mentre il cod. A ha entrambe le volte kif'
volle11der = BFTh 33, 4 (r930) 48 - ;;z; H. (p. 154) e k'f' (p. 89). Per amor di completez..
ScHLIER, Christus und die Kirche im Eph. = za ricordiamo ancora che a Le. 17, 2 sy5 e ren-
Beitr. zur historischen Theologie 6 (1930} 47. dono "X.lfroc; µv'ì..~x6c; con ra/.Jia da~mara, 'ma-
49 n. li H.]. CADBURY in ]ACKSON-LAKE 1/5 cina da asino'); dr. anche A. DELL: ZNW 15
(1933) 373 ss.; H. ScHMIDT, Der heilige Fels (1914) 19.
i11 Jemsalem (1933); Io., Das vierte Nacht• 4 )..ll}oc; µvÀLx6ç (Lc.17,2) o µv'ì..wo.; (Apoc.
gesicht des Prophete11 Sach.: ZAW N.F. 13 lB,zx) è la macina superiore del grande muli-
(1936) 48 ss. no mosso da un animale: STRACK-BILLERBECK
1 MoULT.-MILL. 375 b; in Filone si trova 5 I 776.
volte il femminile. s È difficile che i 'ì..litoL -tlµtOL di I Cor. 3,12,
M!}oç (Joach. Jeremias)

lJ,46; 16,3 s.; Mt.27,60.66; 28,2; Le. per cui la triade oro 11 , pietre preziose
24,2; Io. 20,1; ev. Petr.3 2 il ).li)oç che e perle (Apoc. 17,4; I8,I2.16 dr. 21,
chiudeva la tomba di Gesù indica un rr-2r) riassume ogni ricchezza immagi-
macigno 6 non sgrossato che si poteva nabile con un'espressione superlativa.
rotolare; c) la statua in pietra della di- Le mura della Gerusalemme futura sa-
vinità è chiamata Àlil"oç in Act.17,29 e ranno costruite con pietre preziose (A-
Diogn.2,2 . poc.21,18-20, con riferimento a Is.54,
La pietra era il materiale scrittorio I I s.; Tob. 13, 17); la lucentezza delle
più resistente, per cui le tavole mosai- pietre preziose più brillanti serve da
che della legge furono scolpite sµlla pie- paragone per il glorioso splendore e la
tra (2 Cor.3,3 .7; Barn-4,7 dr. Ex.24, purezza di Dio (Apoc.4,3), della divina
12; 31,18; 34,r.4). A causa del peso, città santa ( 2 r ,1 r) e degli angeli ( r 5,6
grosse pietre tonde e macigni servivano var.).
a bloccare l'entrata bassa delle tombe Il significato dell'importante agraphon
scavate nelle rocce (Io.11,38 s. 41; inol- di P. Oxy. r r è dibattuto: ~YE~[p ]ov
tre i passi citati poco sopra) 7 • Poiché i -ròv ).li}o( v), xcbcE'C EÙp1)cre:tç µE· I uxl-
recipienti di pietra (al contrario di quel- crov -.ò ~uÀov, x&:yw Éxe:~ dµ~, «alza la
li di argilla) erano considerati immuni pietra e ll mi troverai; spacca il legno
contro l'impurità levitica 8, venivano u- ed io son H»: o il detto va inteso in
sate brocche di pietra per l'acqua ne- senso panteistico (si trova Cristo anche
cessaria a scopi rituali (10.2,6). nella pietra e nel legno) e indica quindi
La pietra è simbolo di ciò che è mor- <mna ubiquità di Cristo spinta al massi-
to e non utilizzabile; abbiamo cosl, da ma>>, un «pancristismm> 12, oppure ab-
una .parte, le coppie antitetiche Dio - biamo (forse in consapevole contrappo·
pietra (Act.17,29) 9 , uomo-pietra (Mt.3, sizione con Eccl. ro,9) un logion sulla
9 [par. Lc.3,8]; Lc.19,40), carne-pietra benedizione del lavoro: la presenza di
(2 Cor. 3,3) 10 e, dall'altra, pane-sasso Gesù santifica qualunque lavoro, anche
(Mt. 4,3 [par. Lc.4,3]; Mt.7,9 [par. quello pesante dello scalpellino e del
Le. l l, rr, var.] ). La pietra preziosa è legnaiolo; il lavoro è un culto reso a
simbolo di magnificenza e di ricchezza, Dio 13 • Se questa seconda interpretazio·

indicati come materiale edile, indichino pietre 28,36.64; 29,16; LXX 4 Ba.c;.19,18 par. Is.37,
preziose; è invece molto più probabile che, 19; Ier.2,27; 3,9; Ez.20,32; Dan.5,23; Sap.13,
come i ).i!}ot xa.À.ol di Lc.21,5 (dr. anche 3 10; Philo, vit.cont.7; Sib., Jr. 3; anche in scrit-
Ba.u.6,1 a; 7,46 ss.) vogliano significare qua- ti protocristiani: Apoc.9,20; Diogn.2,2 s. 7.9;
droni di marmo (BL.-DEBR. 6 rv; A. DBISSMAN, 2 Clem.1,6.
Paulus2 [1925] 244-247 contro il parere di E. 10 Cfr. il 'cuore di pietra' in lob 41,16; Ez.
ScHWARTZ: GGA I73 (19u] 663 s.). n,19 ; 36,26; Barn.6,r4.
6 È difficile che si tratti di una pietra rotonda: 11 In Apoc.18,12 è aggiunto an~hc l'argento.
in Mc. 15A6 e Mt. 27,60 manca infatti l'art. 12 TH. ZAHN: ThLBI 18 (1897) 428; questa in·
( «tma pietra») e in Mt. 28,2 l'angelo si siede terpretazione è stata sempre sostenuta da R.
sulla pietra di chiusura, cosa impossibile se la REITZENSTEIN: Poim. ( 1904) 239 s .; ZNW 6
pietra fosse stata tonda: cfr. G. DALMAN, Orte (1905) 203; GGA 183 (1921) 165-170; e inol-
u11d Wege Jesu' (1924) 395 s. e 39r s. tre A. RnsCH, Agrapha' =TU N. F. 15,3/4
7 Inoltre STRACK-BILLER.BECK I 1051; DALMAN (1906) 69; HENNECKE' 37; A. OEPKB - li!,
- n. 6. col. 20, n. 3.
8 SntACK-BILLERBECK Il 405 ss. 13 A. HARNACK, Ober die ;ii11gst entdeckten
9 L' antitesi è un luogo comune della lotta Spriiche Jesu (1897); J. LEIPOLDT, Die ersten
giudaica contro il culto pagano: Deut. 4,28; heide11christliche11 Gemeinde1t (1916) llj H .
729 (1v,273) ">-.ll}oç (Joach. Jeremias) · (1v,274) 730

ne è corretta (e Mt. r 8 ,20 potrebbe fa- saccheggiato (lob 3 r ,J8), il salario tol-
vorirla) il detto è tanto più prezioso, to agli operai (Iac.5,4)1~; in questo sen·
in quanto i vangeli non contengono al-
cuna esplicita parola di Gesù sul valo- so si pada anche del grido della pietra
re del lavoro quotidiano. che deve esser testimone dell'iniquità e
della violenza: M1>oc; Éx 't'olxou ~o1}crB­
B. PIETRE ANIMATE 't'<XL, «la pietra griderà dal muro» (A-
bac.2,rr ). Anche nella letteratura rab-
r. Le. 19,40 parla di pietre che grida-
binica si legge ripetutamente di un si-
no: À.Éyw vµi:v, M:v OU't'Ot. O'tW1ti)O'ou-
mile grido d'accusa delle pietre (con ci-
(jt\J, ol )..laot xpa~ouO'w, «vi dico che se
tazione di Abac. 2, n) 15 . Sotto questo
tacessero costoro, griderebbero le pie-
aspetto si può allora intendere Lc.19 1
tre». Generalmente s'intende il passo
40 cosi: se i miei discepoli non levas-
nel senso che le pietre manderanno gri-
sero il loro grido di omaggio, le pietre
da di lode: se gli uomini non prestano
della strada griderebbero accusandoli 16 •
omaggio a Gesù, sarà la natura inanima-
ta a farlo (~ v, col. 966). Quest'inter- 2. Quanto mai strana è la parola del

pretazione rimane possibile; ma 1' uso Battista: À.iyw yà.p vµi:v O't"L Suva't'<XL
linguistico biblico indirizza in altr~ dire- ò ile:òc; f.x 't'WV H1>wv 't'OO't'W'\I ÉyEi:poct.
zione. Nella Scrittura si parla spesso del 't'ÉXWt 't'@ 'A~pa.<iµ, «poiché vi dico che
grido accusatore, del grido di oggetti Dio può far nascere ad Abramo dei fi-
inanimati che invocano la punizione di- gli da queste pietre (rocce)» (Mt.3,9=
vina: cosl grida il sangue dell'assassina· Lc.3,8). Per spiegare l'espressione non
to (Gen.4,ro; Hebr. 12,24), il campo basta supporre un ipotetico gioco di

G. E. WHITE, The Sayi11gs of ]esus /rom Oxy- ss.; lOI , I s. ed TH. SCHERMANN [1907]). Ab-
rhynchus (1920) LXIII; J. LEIPOLDT, Der Got- biamo qui il motivo del prodigio che atterri-
tesdie11st der alteste11 Kirche (1937) 19 s. sce; dr. 4 Esdr.5,7: il mare di Sodoma gtide-
14 Diversa, pur nell'affinità, è l'espressione usa· dà la notte con una voce che molti non capi-
ta da Flav. Ios., be/l.I,197: Antipatro si strap- ranno, ma che tutti udranno.
pa il vestito e mostra, quale prova della sua
fedeltà all'imperatore, le sue cicatrici: XEXpct- 16 Anche ScHLA'ITER, Komm.Lk.409 s., inten-
yÉvat ytÌ.p "tÒ awµa. <H<>l'ltWV'toç; non abbia· de nel senso di gridi d'accusa, ma egli, basan-
mo qui il motivo del grido che chiede vendet· sosi sui due futuri di Lc.19,40 e sul contesto
ta, bcnsl. quello della testimonianza muta. di 19,43 s., considera il nostro passo una pro-
1s STRACK-BILLBRBBCK u z53. Nell'apocalitti- fezia: se l'opposizione giudaica renderà im-
ca si patia inoltre del grido delle pietre come possibile professare la dignità di Gesù, saran-
segno premonitore della fine: de lig110 sa11gt1is no allora le pietre di Gerusalemme distrutta a
stillabit et lapis dabit vocem suam (4 Esdr.5, testimoniare che il Cristo è stato respinto.
5); xctt ~6WXE (Giona) ·dpo:ç bd 'IEpOUO'ctÀ.1}µ Tuttavia questa interpretazione delle parole
xo:t IS)..'r]\I 'tlJV y1jv· IS"tE nìwcn ),,lDov ~owv'ta Éà.v ou"toi utw7t1)0'ovow non si allontana trop-
otx'tpWc; (miseramente) tyytt;E~ Tb TÉÀoc; (pro- po dalla situazione concreta dell' ingresso a
phetarum vitae fabulosae 31,13 ss. par. 84,n Gerusalemme?
Mlloç (Joach. Jeremias) (IV,275) 73i

parole aramaico e~ col. 726), oppure dalla quale siete stati tagliati, al pozzo
far presente che in Palestina la pietra dal quale foste estratti. (2) Guardate ad
Abramo, vostro padre, e a Sara, che vi
è, proverbialmente, l'oggetto del mi- partorl». L'esegesi contemporanea (Jeb.
nor valore possibile 17 . Queste e simili b.64 ab) lesse in Is.51,1 s. che Abramo
spiegazioni tendono infatti ad accanto- e Sara fossero fumfome (persone con i
genitali molto sviluppati) e vide quin-
nare la difficoltà principale, che è costi-
di nel paragone dei figli d'Abramo con
tuita dal fatto che, mentre nel greco dei le pietre tagliate dalla roccia e coi sassi
LXX e del N.T. (rna non in quello pro- scavati dal pozzo 21 l'annuncio della pro-
fano) E:yElpew, usato in senso traslato creazione miracolosa d ' Isacco. Questo
modo di intendere Is.JI,I soggiace an-
con un oggetto personale, significa ge- che alla parola del Battista in Mt.3,9:
neralmente 'far compatire nella storia', come Dio ha fatto nascere una volta, in
'far sorgere' (~III, col. 2 l ), il semitisrno modo miracoloso, i figli d'Abramo dal-
la roccia che era Abramo, cosl può chia-
ÈyElpEL\I Ex. ·twoc;, invece, vuol dire 'far
mare alla vita, in qualsiasi momento,
nascere' 18, 'far scaturire una discenden- e nello stesso modo, dei figli d'Abramo.
za'19. Con un'immagine volutamente pa- Questo però vorrebbe dfre: I. che die-
tro al greco À.li>oc; ci dev'essere l'ara-
radossale si dice quindi che Dio ha la
maico kéfa' (~ col. 726) 22 col signi-
potenza di far sl che le pietre «riceva- ficato di 'roccia'; 2. che i À.lì7o~ qui
no la capacità di generare uomini» 20 • non stanno a indicare oggetti privi di
L'immagine insolita delle pietre che ge- valore, ma che se ne sottolinea la qua-
lità di esseri inanimati (incapaci di gene-
nerano figli di Abramo si riallaccia a Is. rare); 3. che l'immagine di Mt.3,9 (par.
51,r-2 dove Abramo viene paragonato Le. 3 ,8) non ha a che fare con motivi
ad una roccia e i suoi discendenti a pie- mitici (fede nella madre terra 23 , Deuca-
lione e Pirra) poiché deriva direttamen-
tre tagliate dalla roccia. te da un testo biblico (Is.5r,1-2).
Is.51,1-2 dice: «Guardate aUa roccia L'immagine delle rocce che generano

11 L. HAEFELI, Sprichworter u11d Redensarten tutto Act.13,23 var.: "toui:ou (Davide) b l>eòç
aus der Zeit Cbristi (r9.34) u; dr. r Reg.ro, à.'ltò -rou <l'ltÉpµcr.-roç xa.i:' È?ta:yyEÀ.lav fiya-
27:. «E il re rese in Gerusalemme l'argento yEv (C, D permulti fjyE~pE) -rQ 'Icrpcr.'IÌÀ. uw-
cosl comune come le pietre». i:Tjpa 'IT)<roov. In tutti i passi Èx (o à.1t6) mo·
1s P. Joi.ioN, L'Évangile de Notre-Seigne11r ]é- stra che si tratta di disccnden2a fisica.
=
s11s·Christ Verbum Salutis v ( 1930) 12. 21) SCHLATTER, Komm.Mt.74.
19 Tanh. lk lk 5 p. 32 a, Bumrn; Eka r. a 5,3 : 21 Tg.ls.51,1 (ed. di Wilna 1893): «Considera·
in entrambi i passi indicati da ScHLA'rTER, te che foste tagliati come una pietra dalla roc-
Komm.Mt.74 si trova h'mid 11111 ( = Èyelpw.1 cia e scavati come pietrame da un pozzo vuo..
~x i:woç) = «far venir fuori (come discenden-
to».
te) da qualcuno». Cft. inoltre Deut. 18, 15:
niibl' miqqirbeka me'afJéka kiimon2 jiiqlm leka 22 Sarebbe possibile anche l ttr (T g. I s. 51,1 =
(LXX: 7tpOq>tJ't1)V Èx i:ùlv ÙÒEÀ.q>WV crou w;, Is.51,1), ma allora ci si sarebbe aspettato in
Mt.3,9 7tÉ-cpa. (e non ),,l1}oç).
éµt <i.va.iri:~<rEL 110.L); r8,~8; ~ct.3,22; 7,37. ~
Ba.0-.7,12: cr.v11.11-tl)O"W 'to '17tEpµcr. crou µEi:a 23 L. K oHLER: ZNW 9 (1 908) 77-80; w. D1TT-
crÉ, oc; Eir-ra.L Éx i:Tjç XOLÀ.laç O"OU. Cfr. soprat- MAR: ibidem 341-344.
733 (IV,275) )i.l{}oç (Joach. Jeremias) . (IV,275) 734

figli si oppone con forza dirompente al trice d'acqua, idea strettamente legata
dogma giudaico secondo cui la salvezza alla festa delle capanne. Forse anche in
dipende dalla purezza genealogica2~. An- Lc.2,34 (oÙ't'O<; XEL'taL dç 1t't'WOW xa.L
zi Dio può {nuovamente!) far generare a.vrur"t"aO't\I 1toÀ.À.wv ~v ..~ 'Iupa1}À.,
alle rocce figli d'Abramo, se i figli d'A- «costui è posto a caduta e a risurrezio-
bramo di discendenza pura rifiutano di ne di molti in Israele») c'è l'idea della
ravvedersi; Dio può pertanto risveglia- roccia che può, sl, far cadere, ma an-
re la vita spirituale in colui ch'era spi- che rialzare; questa doppia funzione,
ritualmente morto: con ciò non è esclu- che in Rom.9,33 e I Petr.2,4-8 è attri-
so che si voglia accennare al passaggio buita a Cristo quale pietra che porta la
della promessa ai pagani. salvezza e la rovina, rende assai proba-
bile che anche Le. 2,34 dipenda da Is.
3. Per i Àli}oi. SW'V't"E<; di r Petr. 2,5
~ coli. 753 s.
8,14. Bisogna infine ricordare altri due
passi (già menzionati) che si rifanno a
C. CRISTO, IL }.lì}oç {~ 1thpa) Is.28,16. Si tratta, innanzitutto, di Rom.
10,u che cita Js.28,r6b (miç ò 'ltLO''tEV·
r.Ipassi
WV Èit' a'..U't'<i.> oÙ Xa'tCX.LO'X.VVl>1)0'E'ta'..t.,
In tutta una serie di passi del N.T. «chiunque crede in lui non sarà delu-
Cristo viene paragonato a una pietra so»), senza che si noti però un influs-
(X.li}oç): Mc. r2,10 par. Mt.21,42 e Le. so dell'immagine di Is. 28, 16 3 • Il se-
20,17 ( = \jJ 1q,22); Lc.20,18 par. Mt . condo passo è I Tùn.1,16 (1tpÒç vito'tu-
21,44, var. (cfr. Dan.2,34 s. 44 s.); Act. 1twow 'tW'V µEÀÀ.O\l'tWV 1tLO''tEUEt.V È'lt'
4,rr ( = "' n7,22); Rom.9,32 s. (Is.8, a.u•c7> dç ~w'Ì)v alwvtov, «ad esempio
14 combinato con 28,16); I Petr.2,4-8 di quelli che avrebbero creduto in lui
(\fJ u7,22; Is.28,16; 8,14). Sostanzial- per la vita eterna»). La costruzione di
mente appartengono a questo gruppo l':LO''t"EVEL'V con É1tl e il dat., per indica-
anche rCor.IOAC (ii 'ltÉ"t"pll'. OÈ-r)'V oXpL- re colui verso il quale è diretta la fede,
O''to<;), Eph.2,20 (o'V't"O<; à.xpoywvta.lou è insolita e nel N . T. appare soltanto
m'.rcov XptO''tOV 'ITJ<rou) ed anche il gri- altre tre volte (R0111. 9,33; 10,n; r
do del Salvatore in Io.7,37 ss. che si Petr.2,6), e in ogni caso si tratta di una
ricollega all'idea della roccia sacra dona- citazione di Is.28,r6b 25 : è pertanto le-

24 A proposito di questo dogma v. JoACH. JE- so tra questi passi; già il fatto che in Lc.24,
REMIAS, Jerusalem ttir Zeit Jest1 n/B (1937) 25 Énl col dat. non introduce una persona, ma
172 ss. una cosa, sta a mostrare che il compi. intto·
dotto da É7tl indica il motivo, non l'oggetto
25 Inoltre soltanto in una tarda variante a Mt. della fede: in Lc.24,25 questo è piuttosto Dio
27,42 ( SP ). L c.24,25 (1tto"tEVEW t'ltL 7téiow ot; che realizza le sue promesse; dr. A. ScHLAT-
ÉÀ.aÀ'TJO"ct.\I ol 7tpoqiij'tct.t) difficilmente va inclu- TER, Der Glaube im N.T.4 (I927) 591 s.
735. (IV,;q6) )..lftoç (Joach. Jeremias)

cito supporre che il passo profetico ab- nate siano state riferite a Cristo.
bia anche influito su ITim.r,16. In en-
La prova più antica dell'interpreta-
trambi i passi in questione (Rom.rn,II zione messianica di un detto sulla pie-
e I Tim.1,16) l'immagine effettiva del- tra nell'A.T. ci è forse fornita dall'ag-
la pietra è ormai completamente sbia- giunta di bt' a.u-i;Q ad Is.28,16 nei LXX
(cod. B: ò mcr·m)wv où µ:ii xa.-i;a.tcrxvv·
dita. 1Jft, «chi crede non abbia a vergognar-
si»; ma i codd. A min. hanno: ò mcr-
Ciò è ancor più vero per Apoc.5,6,
't'E.VW'J fo' a.Ù-i;~ où µT) Xlt.'t'IX.~O'XUVìlfi,
ove si dice che l'agnello(~ &.pvlov) «ha
«chi crede in lui non abbia a vergognar-
sette occhi che sono gli spiriti di Dio,
si»). Possiamo dedurre che quest' ag-
inviati su tutta la terra»; questo è un
giunta è più antica del N.T. dal fatto
chiaro riferimento a Zach. 4,rn (3,9).
che Rom. 9, 33; 10,u e I Petr. 2, 6 la
Anche se in Apoc.5 ,6 l'immagine della leggono entrambi allo stesso modo-n.
pietra è totalmente scomparsa, è pur
Quest'aggiunta altera alquanto il senso
sempre interessante notare che il passo
di Is.28,16, e in modo importante, per-
presuppone l'interpretazione messianica
ché rende ]a pietra il fondamento della
di Zach.4,rn u, quale ricorre anche nel
certezza e l'oggetto della fede : ciò do-
tardo giudaismo(~ col. 738).
veva almeno facilitare un'interpretazio-
ne personificante della pietra. Comun-
2. L'interpretazione messianica que sia, nel Targum la pietra è intesa
di detti veterotestamentari messianicamente, dato che Is.28,16 vie-
s.ul Alì}oç nel tardo giudaismo ne così parafrasato: «Ecco, io stabilisco
Dietro quasi tutti i passi cristologici in Sion un re, potente, coraggioso e tre-
mendo, che io sosterrò e rafforzerò; di-
del N.T. che si servono dell'immagine
ce il profeta: 'E i giusti che son fidu-
della pietra o della roccia e che abbia- ciosi non tremeranno quando viene la
mo esaminati più sopra (~ r.), si tro- prova'}> 28 •
vano testi dell'A.T.: Ps.rr8,22; Is.28, Negli scritti rabbinici è attestata ri-
petutamente l'interpretazione messiani-
16; 8,14; Dan.2,34 s. 44 s.; Ex.17,6 e ca della pietra di Dan.2,34 ss. 29 Num.r.
Num.20,7 ss.; (Zach-4,IO ). Il fatto che 13,14 a 7,13 : «Da dove (si sa che il
molti di questi passi fossero intesi mes- messia dominerà) sulla terra? (rispo-
sta:) poiché sta scritto: Ps. 72,u ... ;
sianicamente già nel tardo giudaismo Dan.7,r3s.... ; Dan.2,35: La pietra .. .
spiega come mai le pietre ivi menzio- riempì tutta la terra» 30; T anh. trwmh

26 SCHLATTER (-4 nota bibliogr.) 49· altri) ad una diretta dipendenza letteraria di I
21 ScHLATTER (-> n. 25) ::>91; W1No1scH, Ptbr. Petr. da Rom. (di parere contrario sono, per
a I Petr.2,7 s. Cfr. anche 3 Mach.2,7 : 'tOÙç o~ es., -4 HARRIS t 29; WrNDISCH, Ptbr. a I Petr.
~µmO''tevcrav-rixc; btì. CJol (Dio). Di parere di- 2,7 s. ed excurst1s prima di I Petr.2,13).
verso è H. STRATHMANN: Theologie der Ge-- 28 Ed. di Wilna (r893).
gcnwart 29 {1935) 171 n. 3: «L' É1t' ixu-rQ po- 29 DALMAN, Worte]. I 197 n. r; -4 ScHLAT-
trebbe esser entrato (nel testo dei LXX) per
influenza di Rom.9,33 e I Petr.2,6». In ogni
TER 33; SCHLA'ITER, Komm. Mt.633; STRACK -

caso bisogna pensare (insieme con P. FEIN.E - BlLLERBECK I 877; lI1 506; IV 879.
]. BBHM, Einl. in das N.T.• [ 1936] 239 s. ed JO P. 53d 25 ss. (ed. di Wilna).
737 (IV,276) Àlìloc; (Joach. ] eremias) (1v,277) 738

6 a Dan.2,34 «(tu guardavi e una pie- scritti rabbinici; cosi anche quella di Is.
tra si staccò»): «Resh Laqish (c. 2 50) 8,14 (Sanh. b. 38 a), di Zach. 4,7 (Tg.
ha detto: Questo è il messia-re»31 ; Tanh. Zach. 4, 7 parafrasa weh0~1' et-ho'eben
twldwt 20 32 par. Aggadat Bereshit 33a baro' Sd, «porterà la pietra alla cima»,
7 33 ; Tanh. 'qb 10 34 (invece di mSh è con le parole: «ed egli manifesterà il
da leggersi, con Strack-Billerbeck II 506 suo messia, il cui nome è nominato dal-
g, mJib ). Particolarmente importante è 1' eternità» 39 ; Tanh. twldwt 20 "° par.
il fatto che da Flavio Giuseppe possia- Aggadat Bereshit 33 a 5) u) e di Zach.
42
mo vedere come il significato messiani- 4,10 (Tanb. twldwt 20 par. Aggadat
co della pietra di Dan.2,34 ss. fosse già Bereshit 33 a 3) 43 • D'altra parte è ne-
acquisito nel giudaismo del I sec. d.C. cessario affermare, contro l'opinione op-
In modo quanto mai significativo Giu- posta, che la roccia dell'Horeb nel giu-
seppe interrompe la sua spiegazione del- daismo non fu intesa messianicamen-
la visione onirica di Dan.2 con queste te 44. L'interpretazione messianica della
parole (ant.10,210): «Daniele spiegò al pietra di Ps.n8,22 non entra qui in
re anche il senso della pietra; io ho pe- conto, perché è attestata solo molto
rò deciso di non riferirne, poiché mi de- tardi 45•
vo limitare a descrivere ciò che è pas- Il fatto che in numerosi passi dell'A.
sato ed avvenuto, ma non il futuro» 35 • T. 'roccia' è un attributo di Jahvé 46 ha
Giuseppe non ritiene opportuno men- favorito e predisposto il senso messia-
~donare nella sua opera l'attesa messia- nico di tanti detti sulla pietra. I LXX
nica, ma non può fare a meno di accen- rendono più volte ~tir, 'pietra', con 1}E-
nare ad essa 36• éc;, indicando cosi quanto fosse comu-
Infine anche la pietra di Gen.28,18 ne questa designazione di Dio; la stes-
(Tanh. twldwt 20 37 par. Aggadat Bere- sa convinzione ricaviamo da passi co-
shit 33 a 6) 38 è riferita al messia negli me Gen. r. 70,9 a 29, 2: «E la pietra
31 P. 46b 7 s. (ed.BunnR); ed. di Stettin (.r864} (1864) twldwt 14 p. 48b 12.14.
trwmh 7 p. 14ob 26. ~3 Ed. di Varsavia (1876).
3Z P. 7ob 17 s. (BUBER); ed. di Stettin (1864)
44 STRACK - BILLERBECK III 408 ha definitiva·
twldwt 14 p . 48b 17 s. mente provato che la convinzione degli studio-
31 Ed. di Varsavia (r876).
si più antichi (CHR. ScHOTTGEN, J. J. WETT-
3.J Ed. di Stettin (1864) p. 3r7b 7. STRIN, L. BERTHOLDT e, più di recente, H. ST.
35 Al proposito - ScHLATTllR 33; ID., Theol. ]. THACKERAY, The Relation o/ St. Paul to
der ]udent.257.259. Contemporary ]ewirh Thought (1900]2u)che
in Tg. Is. 16,1 la roccia che segue venga inter-
36 Si osservi ancora che 4 Esdr. (13,6 s. 12.36)
pretata messianicamente, è dovuta ad una er-
ricollega a Dan.2,34 ss. l'insolita immagine del-
rata traduzione del passo del Targum. Rincre-
la montagna che «l'uomo» si taglia (DAI.MAN,
sce ritrovare ancora questa interpretazione, sia
\Vorte J. I 197, n . 1). La pietra, che è qui di-
pure con una certa riserva, nelle aggiunte di
ventata una montagna, non è il messia stesso,
ma un suo attributo.
E. STAUFFER a BACHMANN, Komm. I Kor.~ 5or.
37 P. 7ob 16 (ed. BUBER). 4S L'interpretazione messianica di Ps.xr8,22 è
attestata per la prima volta nei commenti di
38 Ed. di Varsavia (1876).
Rashi (t uo5) a Mich.5,1: CHR. ScHoTTGBN,
39 Ed. di Wilna (.r893).
Horae Hehraicae et Talmt1dicae (1733) I 174;
"° P. 7ob 16 (ed. BuBER); ed. di Stettin (1864) STRACK-BILLBR:SECK I 876.
twldwt 14 p. 48b r 6. 46 A. WrnGAND, Der Gottemame !UT... : ZAW
41 Ed. di Varsavia (r876). 10 (1890) 85 ss.; H. SCHMIDT, Der heilige Fels
42 P. 7obr2ss. (ed. BuDER); ed. di Stettin in ]emsalem (1933) 87.
739 (IV,277) MDoç (Joach. Jeremias)

(hii' eben) era grande. Questo significa so è stato il primo ad usare nei propri
la shekinà» 47• confronti l'immagine della pietra 48 • A
proposito della parabola dei vignaioli
3. La pietra che è Cristo
infedeli 49 egli cita, alla fine, tj; r 17,22:
La figura che è alla base dei succi- Uilov ov tbu:ooxlµacra.v ot olxoooµou\1-
tati (~ coli. 73 3 ss.) detti cristologici ·w;, où-roc; È:yEVYJilll Ei.c; XE<pa.Ài)v yw-
della pietra è varia: in primo piano ab- vlcx.c,, «la pietra che i costruttori scar-
biamo l'immagine del tempio finale di tarono divenne, proprio quella, chiave
cui Cristo è chiave di volta e pietra an- di volta». Per comprendere la portata
golare; un altro gruppo di logia vede della citazione è importante sapere che
invece Cristo come pietra annientatri· (come risulta dalla testimonianza con-
ce; in terzo luogo altri passi paragona- corde della versione siriaca di Ps.rr8,
51
no Cristo, donatore dell'acqua di vita, 22 50, di Simmaco , del Testamento di

alla roccia dell'Horeb e alla pietra sa- Salomone , di Ippolito 53, di Tertullia-
52

cra del tempio gerosolimitano. no >f, di Afraate 55 , di Prudenzio 56 e del-


a) Gesù chiave di volta e pietra an- la poesia sinagogale) 57 XEcpa.Ài) ywvlac;
golare del vero tempio di Dio. Secon- indica 58 la .pietra che corona l'edificio,
do Mc.12,ro par. e Lc.20,18 Gesù stes-
47 P. 137d 23 (ed. di Wilna). le capo in senso assoluto, detto poi (5,8,13)
48 Per quanto riguarda il problema dell'auten- ii xopvqni.
ticità bisogna osservare: 1. il Ps.n8 appartie· S-1Mare. 3,7: lapis summus angularis post re-
ne allo hallel, che Gesù e i discepoli hanno probatio11em adsumpJus et sublimatus in co11-
cantato dopo la pasqua (Mc.14,26); 2. l'inter- s11111matio11em templi (CSEL 47 p. 386,23).
pretazione messianica del passo in Mc. 8,31; 55 hom.1,6 s. (ed. w. WRIGHT [1869] I IO
Lc.9,22; 17,25 («TtoooxLµb:!;nv), e 3. l'inter- s.; J. PARISOT [1894] I 15 ss.): «Capo della
pretazione messianica di Ps.n8,26 in Mt.n, costruzione».
3; Lq,19 s. (ò EpxoµEvoç); Mt.23,39 par. Le.
S6 Dittochaeum, stico 31 (MPL 60 p . rn4):
13,35; Mc.rr,9 s. par. Mt.21,9; Lc.19,J8; Io.
cap11t templi.
u,13.
57 r3• Qeroba (I:Juppah) del 9 Av sui 24 ordi-
49 Per decidere se Mc.12,10 appartenga origi-
nariamente alla parnbola o meno (molti lo ne- ni sacerdotali (in P. KAHLE, Masoreten des
\\7estens==BWANT N.F. fase. 8 [ 1927] 20*)
gano, a partire da JliLICHER, Gl. Jesu II 405),
vr 17: «La preziosa pietra angolare è fissata al
bisogna tener presente x. l'abitudine rabbinica
vano delle loro porte e non si muove» [indi-
di terminare una parabola con una citazione
cazione di G. BBRTRAM]; inolrre, ibidem vr
scritturale, e 2. la frequenza con cui l'imma-
gine degli edificatori viene applicata agli scribi r s. (WAHLE r8*): «La pietra che tu hai de-
stinata a questo, ad essere la cima di ogni ca·
o al sinedrio (STRACK-BILLERBECK I 876).
solare (cfr. Ps.n8,22), era abbellita con pietre
so «Capo della costruzione». bol;an (cfr. 28,16) ed 'eqdàl; (cfr. Is.54,r2)».
s1 Simm. tjJ n7,22 axpoywvia~oc; (cfr. Simm.
ss Le testimonianze sono riportate più comple-
4 Bacr.25,17).
tamente in~ JoACH. JEREMIAS, Ke(j)a'ì.i) rw·
52 22,23,4 (cd. McCowN) ~ u, coli. 736 s.
vlac;, 264-280; per test. Sal.22,7 ss. v. ora an-
53 Ref.5,7,35 (Predica dei Naasseni): XE(j)c.tÀ:l) che Io., Die 'Zinne' des Tempels (Mt.4,5; Le.
ywvlac; è l'uomo primordiale (Urme11sch) qua· 4,9): ZDPV 59 (1936) 195 - 208; Bcksteùt-
741 (IV,278) )..ll>oc; (Joach. Jeremias) (IV,279) 742

più precisamente la chiave di volta 59 contesto (4,rn) e dal participio aoristo


della costruzione, collocata, probabil- YE\16µE\IOc;, la messa in opera della chia·
mente, sopra il portale 00 • È così possi- ve di volta è riferita non alla parusia,
bile capire il senso dell'immagine di bensl alla risurrezione di Gesù: in que-
Mc.I2,rn; Gesù vede prefigurato nella sto modo Ps. u8,22 diviene una del-
parola del salmo il proprio destino: egli le prove scritturali protocristiane per
sarà scartato dagli uomini come una la morte e la risurrezione 63 •
pietra da costruzione inutilizzabile, ma Anche Eph.2,20-22 parla di Gesù co-
Dio lo innalzerà a chiave di volta o, me chiave di volta: l'unica comunità,
fuori metafora, a «te e signore» (Tg. costituita di Giudei e pagani, viene pa-
Ps.II8,22). L'edificio di cui Gesù parla ragonata a un tempio di cui apostoli e
è il tempio futuro, la comunità della profeti sono il fondamento (cfr. Apoc.
salvezza degli ultimi giorni 61 ; in questo 21,14; Mt.16,18) e Cristo (v. 20) è la
caso, però, la collocazione della chiave chiave di volta ( axpoyw\l~cx.i:oc;) 64 • Poi-
di volta dev'esser riferita alla parusia. ché al v. 21 si parla della 'crescita' del·
Mc.12,rn è dunque un'asserzione di di- l'edificio, abbiamo evidentemente la
gnità messianica fatta da Gesù in for- combinazione con un'altra immagine,
ma di mashal ch'egli pronuncia contro quella dell' à.vi)p 't'ÉÌl.Etoc; il cui capo è.,.
i suoi avversari 62 come parola di avver- Cristo (4,u-16); in 4,rr ss. abbiamo la
timento e di richiamo: alla parusia di corrispondenza inversa: all'idea dell' à-
Gesù Dio mostrerà loro ch'essi hanno vi)p -tÉÌl.etoc; viene mischiata quella della
oltraggiato il Signore e il compitare costruzione (vv. 12.16). Questa combi·
della comunità della salvezza. nazione dei due motivi deve servire ad
Il riferimento di Ps.II8,22 alla pro- esprimere il fotto che il tempio spiri-
pria persona fatto da Gesù è ripreso ne- tuale non è un qualcosa di statico, ben-
gli scritti protocristiani, a cominciare sì una entità che cresce e tende al
da Act.4, II . Anche in questo passo il completamento. Se ci si rifà a Mc.12,
rifiuto della pietra significa l'uccisione IO notiamo che l'idea di Cristo chiave

di Gesù, ma, come si può vedere dal di volta ha subito un duplice mutamen-

Schlussstein: ZNW 36 (1937) r54-157. Petr.2,4.7 -+ coll. 746 s.; Bam.6,4-+ col. 75r.
59 Test. Sal. 22,7; Tertull. -> n. 54; Afraate,
hom. 1,6 s. -+ n. 55; 13• Qeroba sui 24 or- C>lTranne che in Is.28,16 (LXX) e nelle cita·
dini sacerdotali vr 17 -+ n. 57. zioni di questo passo, cixpoyw'llw.i:oc; significa
e.o Test. Sa!. 23,3 s. sempre 'la pietra che completa la costruzione'
(Simm. lji n7,22 cfr. Simm. 4Bao-.25,r7; test.
61 -+ ]OACH. ]EREMIAS, Jes11s... 39 s. 43 s. 79-
Sal. 22,7; 23,2-4; Hipp., ref. 5,7,35; Tertull.,
8r.
Marc.5,17; Afraate, hom.1,7; -+ u, coll.736s.),
62 Tale è almeno il contesto attuale -+ n. 49. 'la chiave di volta dell'edificio' (test. Sal.22,7;
63 Il Ps.n8,22 è riferito a Cristo anche in 1 23,2-4).

H gr,11ndt: lessico - vi
743 (IV,279) Ml}oç (Joach. Jeremias) (1v,279) 744

to: il tempio non rappresenta più solo tra d'inciampo. Secondo Lc.20,18 (Mt.
la comunità futura dei santi, bensl an- 2r,44, var.) Gesù ha aggiunto alla cita-
che quella presente; inoltre, Cristo non zione di Ps. II8, 22 un altro ammoni-
sarà ·chiave di volta soltanto al suo ri- mento escatologico che prolunga, col
torno, ma lo è già ora nella sua esalta- suo parallelismo, l'immagine della pie-
zione ai cieli. tra: mie; é 1tE<TW\I È1t' ÉXEi:vov -tòv À.l-
Ancora una volta è l'A.T. a spiegar- ilov <TV\ID"À.cx<ril'i)crE'"rCX.~ • Èq>' 8\1 O' /),v 1tÉ·
ci come mai sia stata applicata a Cristo, O'TJ, À.Lxµ1jcrEL cx~rc6v, «chiunque cadrà
oltre l'immagine dèlla chiave di volta, su questa pietra sarà sfracellato e colui
anche quella della pietra angolare: an- sul quale essa cadrà sarà stritolato».
che il detto di Is.28,16 sulla pietra an- Anche qui ci si rifà all'A.T., e la secon-
golare del nuovo tempio messa in ope- da riga è da mettersi in relazione con
ra da J ahvé stesso (lòoù Éyw EIJ:~cù.w la pietra sognata da Nabucodonosor
E~ 'tà. "Ì}EµéÀ.tcx. :Etwv À.lltov "ltOÀ.V'tEÀ.-ij (Dan.2,31-45), la quale frantumò la sta-
ÈxÀ.EX'tÒV &.xpoywvicx.fov EV'ttµov dc; -tà tua e divenne poi una montagna 65 ; nel
ilEµéÀ.tcx. a.ùTijc;, xa.t ò 'ltW'tEuwv È1t' cx.v- giudaismo questo passo fu inteso abba-
't<;> ov µi) xa.-tcx.taxvvilfi, «ecco io pon- stanza presto in senso messianico (~
go alle fondamenta di Sion una pietra coll. 736 ss.; ~ À.Lxµriw, coll. 757 ss).
ben squadrata, scelta, una pietra ango-
lare, preziosa per le sue fondamenta e Non è certo che la prima riga si ri-
faccia a Is.8,14 («ed egli (Jahvé] sarà
chi farà affidamento su di essa non sarà ... una pietra d'inciampo e una roccia
deluso») è riferito a Cristo (I Petr.2, su cui s'incespica»}, perché Le. 20,r8a
4-6 dr. Rom.9,33; ro,u; [r Tim.r,16 non dice che s'inciampa nella pietra, ma
che le si cade sopra. È quindi molto
~ coll. 734 s.] ). Quest' interpretazione
più probabile 66 che il passo di Daniele
cristologica era stata suggerita dal testo sia combinato con un proverbio simile
dei LXX(~ coll. 735 s.), e il detto era alla sentenza di R. Shim'on b. Jose ben
Laqonja (c. 200), tramandata in Midr.
importante per il primo cristianesimo a
Esth.7,ro a 3,6 e combinata ptoprio
motivo della promessa, fatta al credente, con Dan.2,45: «Cade la pietra (kefa)
che «non sarà deluso» (Js.28,r6b). In sul vaso, guai al vaso! Cade il vaso sul-
nessun altro passo dell'A.T . il significa- la pietra, guai al vaso! In un modo o
nell'altro, guai al vaso!» 67 •
to salvifico della pietra-Cristo trovò e-
spressione più chiara. Entrambe le righe presentano l'ope-
b) La pietra annientatrice e la pie- ra annientatrice de1la pietra, Cristo, che

6S Dan.2,34 s. 44 s. dr. spec. 244 (Teodoz.): 67Cfr. già Ecclt1s 13,2b: «Che hanno in CO·
iw.l ~ Àtxµi}<m 7tcXCTa<; -càç ~a.<nÀElaç. mune il vaso e il paiolo? Questo lo urterà e
quello si romperà»; Aesop., fabula 422 (ed . C.
66 HAUCK, Lk., ad l. HALM [1868] p. 204).
745 (1v,279) Àl!>oç (Joach. Jeremias) (rv,280) 746

sfracella e stritola gli oppositori; in par-ne della pietra che è Cristo. Da quanto
ticolare la prima dice che lo scagliarsi siamo venuti dicendo risulta che l'im-
contro essa 68 porta alla rovina, mentre magine della pietra-Cristo è usata in
la seconda (presentando l'immagine del- sensi diversi: ora contiene una promes-
la pietra che precipita dall'alto) dice sa ed ora una minaccia; in Cristo si ri-
che il Cristo giudice nel giudizio finale velano la bontà e l'ira di Dio, e Cristo,
distruggerà i suoi nemici 69 • la pietra, è contemporaneamente simbo-
lo di salvezza e di perdizione. I passi
Un'altra asserzione cristologica note- in cui appaiono insieme i due effetti
vole è contenuta implicitamente in Le. servono a mostrare nel modo più chia-
20,18. La pietra del passo di Dàniele,
che diventa una gigantesca montagna e ro che cosa decida la direzione di cia-
riempie il mondo intero (2,J5), rappre- scuno di essi.
senta il regno finale d'Israele che fran- Rom. 9,32 s. contiene una citazione
tumerà tutti gli altri reami (2, 44 s.).
Quando viene riferito a Cristo, questo mista di Is.8,14 e 28,r6; Paolo discu-
vuol dire che colui che ritorna sarà il te come mai Israele non sia potuto
Signore di tutta la terra. È comunque giungere alla giustizia, nonostante tutti
estremamente significativo che il testo
gli sforzi per esservare la legge, e vede
dell'A.T. venga 'alterato' nel punto de-
cisivo: Lc.20,18 non parla più del pre- la risposta in Isaia: i Giudei sono in-
dominio d'Israele, ma della divisione ciampati in Cristo, che richiede la fe-
che si opererà in Israele davanti alla de, come in una pietra (À.li>oc; 7Cpocr-
pietra-Cristo e della rovina che colpirà
tutti quelli che in Israele le si oppor- x6µµa:toc; xaL 1tÉ'tpa crxix.v&IXÀ.ov ). In
ranno. questo modo, per loro propria colpa,
Cristo è diventato per essi condanna
C'è un altro passo dell'A.T. che par-
poiché si son rifiutati di credere; per
la dell'opera distruttrice di una pietra e
chi invece crede si attua la parola della
che viene riferito a Cristo: Is. 8, 14.
pietra di Sion (ls. 28,r6): ò mc;"·m'.iwv
Nell'immagine della pietra d'inciampo
si vide prefigurato ciò che sarebbe av-
È-rc' a.v•é;i ov
xa•a.Lcrxuvi}1Jcrc.-.m. L' ef-
fetto di salvezza o di perdizione della
venuto a chi si scandalizzava di Cristo:
pietra-Cristo viene deciso dalla presen-
la caduta, il mancare la salvezza eterna
za o assenza della fede.
(Rom.9,32s.; I Petr.2,8 cfr. Lc.2,34).
I Petr.2,4 s. esorta i neofiti ad avvi-

c) Significato di salvezza e perdizio- cinarsi alla «pietra vivente» 70 e a for-

6S L'ebr. niifal, aram. e sir. n•fal, ha spesso un 70 Il fatto che Gesù venga chiamato )..lt>oc;
significato aggressivo come, per es. syP plt Mc. ~Giv non ha a che fare con idee mistiche; è
4,37 a proposito delle onde che assalgono la anche incerto se (nonostante la roccia 'spiri-
barca. tuale' di I Cor.10,4) la pietra sia detta 'vivente'
M ScHLATTER, Komm.Mt.633 . per associazione con la roccia che dona l'acqua
747 (1v,280) Àlitoç (Joach. Jeremias)

mare, quali «pietre viventi», una casa zione condannatrice di Cristo, che «fu
spirituale. Il paragone di Cristo con una posto come solida pietra per stritolare»
(6,2); all'azione salvifica di Cristo è in-
pietra è fondato nei vv. 6-8 su tre cita- vece riferito Is.28,r6b, dove la forza vi-
zioni scritturali, di cui la prima (Is.28, vificante di Cristo è messa in forte ri-
r6) indica il significato salvifico della salto mediante un'alterazione del testo
dei LXX d' Is.28,r6b: «E chi crederà
pietra-Cristo per i credenti, mentre le
in quella vivrà in eterno» (Barn.6,3).
altre due (tV n7,22 e Is.8,14) mettono
in rilievo quello di perdizione per gli d) Il donatore dell'acqua di vita. I
increduli. I credenti non saranno delusi Cor. ro,4 riferisce al Cristo preesisten-
(I Petr.2,6); gli increduli itpoa-x61t-cov- te(~ ithpo:) la roccia dell'Horeb (che,
ow (2,8), 'inciampano' e (come bisogna secondo la leggenda, accompagnò Israe-
dedurre dal successivo dc; o xa.t h€.lh1- le attraverso il deserto) da cui scaturiva
71
0'a.'J che altrimenti è incomprensibile) l'acqua. Sostanzialmente affine a I Cor.
cadono. Ancora una volta, è la fede il I0,4 è l'esclamazione del Salvatore in
punto decisivo. In modo simile andreb- Io.7,37 s.:
be forse inteso anche Le. 2, 34 (ou't'oç
Mv -i:~ç &lfJ(i, Èpxfofrw n
xe:i:-ca.1 dc; it-cwa-Lv xa.t &.vaa--ra.a-w 1toÀ- xa.t mVÈ'tW O mcr't'EUWV Elç 鵃 7l,
).wv f.v 'tQ 'Icrpa.7)À.}: caduta o rialza- «se uno ha sete venga e chi crede in
mento: ciò che decide è la fede. me beva».

Anche in Barnaba questi effetti op- Per intendere questo logion è bene
posti della pietra-Cristo sono accomu- osservare che, secondo 101 137, esso fu
nati (6,2 s.); Is.28,r6" è riferito all'a- pronunciato all'ultimo giorno della fe-

della vita (cioè lo Spirito). D'altra parte l'agg. quindi affatto di una predestinazione alla dan-
l;wv dovrebbe contenere più che un semplice nazione, ma delle conseguenze dell'incredulità.
accenno al senso allegorico della designazione 72 I codd. B L T aggiungono 1tp6ç µt.
di Cristo come 'pietra' (WINDISCH, Ptbr. a I
73 Non è pacifico se la frase termina con m-
J:'etr. 2>4-5; HoLTZMANN, N.T., ad l.). Proba- vt-.w (cosl pensano Lutero e altri più recen-
bilmente l'agg. vuole anche mettere in risalto
temente, J. BEHM -7 v, coli. 670 s.) oppure
ed esprimere il rapporto vitale di Cristo, il con Elç ɵÉ. A favore della seconda ipotesi
vivente e il donatore di vita, con la sua co-
va mem:ionato (-7 v, col. 969, n. 14): I. il
munità.
parallelismo che ne risulta; 2. il parallelismo
11 La proposizione oC 1tpoux67t-i:oucrw -i:4J M- nelle frasi sostanzialmente affini di Apoc.22,
Y4> a:;mitouvw;, Elç o xo:t È-i:Élh"Jcrav (I Petr. 17 e Io.6,35; 3. l'omogeneità del pensiero che
2,8) sembra asserire, a prima vista, che una ne deriva: i vv. 37/J&a parlano di Gesù il do·
parte degli uomini fu predestinata ad inciam- natore dell'acqua di vita, il v. 38h offre la pro-
pare nella pietra Cristo, ma è difficile che que· va scritturale che il Salvatore dona l'acqua di
sto sia il senso vero. Se si considera, cioè che vita, il v. 39 è un'annotazione esegetica dell'e-
?tpocrx61t-rEW include il pensiero della caduta vangelista per spiegare che con quest'acqua di
(causata dall'inciampo), allora Elç o xa.t É'\É- vita s'intende Io Spirito, il v. 40 riecheggia il
lhiua..v vuol soltanto dire che era volontà di pensiero della folla che Gesù è il secondo Mo-
Dio che gl'increduli cadessero. Non si parla sè che ripete il miracolo dell'Horeb.
749 (rv,281) À.!iloc:; (Joach. ] eremias) (1v,282) 750

sta dei tabernacoli 74 • Si deve anche ri- do. R. Hijja (intorno al 200) insegnò
cordare che al centro dei riti di questa Perché si chiama 'eben s"tiiia? Perché
festa si trovava l'offerta dell'acqua, che a partire di Il fu bagnato ( hwith) il
consisteva nel portare in processione so- mondo (egli fa derivare setijja da fata
lenne al tempio acqua attinta ·alla fonte = bere)» 81 • Alla festa dei tabernacoli
di Siloe; una coppa di quest'acqua ve- però non solo si attingeva acqua, ma
niva versata sull'altare degli olocausti l'offerta dell'acqua era anche simbo-
con temporaneamente ad una coppa del lo dell'elargizione dello Spirito Santo82 :
vino della quotidiana libazione mattu- «Perché quel posto fu chiamato 'luo-
tina (Strack-Billerbeck II 799 ss.}. Come go dell'attingere'? Perché si attinge-
anche gli altri riti ·della festa delle ca- va lì lo Spirito Santo, a motivo della
panne (scotimento dei mazzi rituali 75 e parola (Is.12,3): Attingerete con gioia
processione attorno all'altare) 76, l'offer- l'acqua dalle fonti della salvezza» 8.3, Si
ta dell'acqua è un rito per invocare la capisce già di qui che l'offerta dell'ac-
pioggia: «Perché la Torà ha comanda- qua della festa dei tabernacoli servl ben
to di offrire acqua alla festa delle ca- presto per indicare il tempo messianico
panne? Il Santo - sia lodato - ha ordi- finale, nel quale il fiume di benedizio-
nato: versate acqua al mio cospetto du- ne predetto in Ez.47 ,1 ss. sarebbe sgor-
rante la festa dei tabernacoli, cosl che gato dal Santissimo 84, cioè dalla sacra
la pioggia dell'anno (prossimo) vi sia roccia 85 , ed avrebbe bagnato tutto il
benedetta» 77 • Si supponeva che i canali mondo 86; si sarebbe allora adempiuta
di scolo dell'altare giungessero fino al- l'attesa: «Come il primo salvatore (Mo-
le acque primordiali 78 : «Disse R. El'a- sè) fece sgorgare Ja sorgente (spaccan-
zar: Non appena l'acqua viene offerta do lo roccia all'Horeb, Ex.17,6) cosl an-
alla festa delle capanne, dice un abisso che l'ultimo la farà zampillare, siccome
aJJ'altro: Lascia scaturire le tue acque»79 , è scritto: Una sorgente sgorgherà dalla
La benedizione dell'acqua, cosl si pen- casa di Jahvé (Ioel 4,18)» 87 •
sava, si spandeva dallo 'eben setiiia, dal-
la roccia sacra del Santissimo, su tutto Non può sembrare dubbio che l'in-
il mondo: «R. José 00 (c. 150} disse: vito di Gesù ad attinger acqua da lui
Perché si chiama 'eben s"tiija? Perché
a partire di n fu fondato (hwsth) il mon- si ricolleghi al complesso delle idee con-

74 ~ ]OH. ]EREMIAS, Der Gottesberg 146; ~ 79 Taan.b.25 b; inoltre ]EREMIAS, op.cit.62-64.


JoAcH. ]EREMIAS, Golgotha 54 ss. 60 ss. 80-85; 80 B preferibile, con T. Joma 3,6, leggere cosl
~ In., ]esus 46-50. invece che R. Johanan.
75 STRACK-BILLERBECK l i 791; ~ ]EREMIAS, 81 Joma ;.42c 35 ss.; anche --+ ]EREMIAS, Gol-
Golgotha 61. gotha 56 s. e STRACK-BILLERBECK ur 182 s.
76 D. FEUCHTWANG: MGWJ 55 (r9u) 56 s. 82 STRACK-BILLERBECK II 434·
ricorda a ragione le antiche processioni arabe
83 Sukka j . 55 a 48 s.; wt'altra attestazione in
attorno alla pìetra sacra per implorare la piog·
~ }EREMIAS, op.cit. 63 s. (Gen.r. 70 a 29,2-3).
gia e provocarne la caduta.
84 Sbeq.j. 50 a 4 Bar. (par. in STRACK-BILLER-
n R.H.b. 16a; par. in STRACK- BILLERBECK H
BECK III 855).
804. Il detto risale a R. Aqiba (t 134 d.C.).
Cfr. anche ~ ]EREMIAS, Golgotha 60 ss.; l'i- 85 ~ ]EREMIAS, op.cit. 54.57,
dea è antica: Zach.14,16 s. 86 T.Sukka 3.3 inoltre STRACK-BILLERBECK II
e
78 Sukka b.49 a; inoltre ~ ]EREMIAS, Golgo· 805.800; Mìdd.2,6.
87 Qoh.r. a 1,9 (p. 4 d, Wilna).
tha 63.
751 (IV,282) )..(~o<; (Joach. Jcremias) (IV,282) 752

nesse con la festa delle capanne: egli correnti nel repertorio delle prove scrit-
si contrappone alla roccia sacra che for- turali. In particolare Giustino interpre-
ta cristologicamente (in vari passi delle
nisce l'acqua al mondo, come colui che
sue opere) i seguenti detti sulla pietra
può donare all'assetato, cioè al creden- ripresi dall'A.T.: la pietra che si è stac-
te (Jo.7,38"), l'acqua di vita. cata da sola, senza intervento umano
(Dan.2,34: dial.70,1; 76,1; II4>4)i la
e) La pietra che è Cristo negli scritti pietra di Bethel (Gen.28,18: dial.86,2-
successivi al N.T.88 • Già nel N.T. vengo- 3 ); la pietra su cui sedette Mosè implo-
no più volte raccolti insieme detti sulla rando la vittoria sugli Amaleciti (Ex.
17,12: dial.9,5); la pietra tagliente u-
pietra presi dall'A.T. e intesi cristologi- sata per la circoncisione (los. 5, 2 s.:
camente: è il caso di Lc.20,17s. (o/ 117, dial.II3,6=le parole di Cristo, la pie-
22; Dan.2,34); Rom.9,32 s. (ls.28,16; tra); il À.l~o<; cixpoywvtai:oc; (ls.28,16:
dial.II4,4). Il primo passo citato sopra
8,14); I Petr.2,4-8 (tjl 117,22; Is.28,16; (Dan.2,34) viene usato da Giustino co-
8,14). Nel periodo successivo al N. T. me prova scritturale della nascita mira-
simili raccolte conoscono un favore sem- colosa di Gesù (dial.76,1, come in act.
Ptr. Vere. 24); nel mito della nascita
pre crescente, poiché tali logia divengo-
di Mitra da una roccia Giustino scor-
no componenti costanti delle prove cri- ge una imitazione pagana di Dan.2,34
stologiche scritturali 89 • (dial.70,1 ). Se Giustino diceva che i
profeti avevano annunciato Gesù èv 'ltc:t-
Abbiamo così che Barn. 6 ,2-4 mette pciaoÀ:i) come pietra { II4,2 cfr. II3,6;
insieme i seguenti detti sulla pietra-Cri- J6,1 ), per Cipriano la pietra è diventa-
sto: Is.28,16a; 28,16b; 50,7; o/ 117,22; ta proprio la designazione di Gesù nel-
ci sembra quasi di percepire una rispo- 1'A.T., come si può vedere dalla sopra-
sta ad un'obbiezione contro questo tipo scritta della sua raccolta dei passi vete-
di prove scritturali, quando Barnaba rotestamentari sulla pietra riferiti a Cri-
stesso chiede: «Poniamo ora la nostra sto: quod idem et lapis dictus sit (te-
speranza su una pietra?» e giustifica stimonia 2,16f. In 2,r6s. egli raccoglie:
la risposta negativa con Is. 50, 7 {xat Is.28,16; Ps.n8,22; Zach.3,8 s.; Deut.
Eth)XÉV µe wc; O'"'t'EPE<Ì.V mhpav' «e mi 27,8; Ios.24,26 s.; Gen.28,18; Ex.r7,
pose come pietra dura»}: quest' im- 12; rSam.6,r4s.; l7,49s.; 7,12; Dan.
magine dovrebbe servire ad esprimete 2,31 ss. Ricordiamo infine il vescovo si-
la resistenza di Gesù nel patire {6,3 }. riaco Afraate, che nella sua prima ome-
In Giustino la pietra appare più volte lia, la «Istruzione sulla fede» (c. 337),
in tre lunghi elenchi di epiteti di Cri- combina i seguenti passi: Ps.n8,22;
sto ripresi dall'A.T. (dial.34,2; 100,4; Is.28,16; Dan.2,34; Zach .4,7; 3,9 (ho-
126,1; cfr. anche 36,1) e questo vuol mil.1,6-8)91.
dire che per lui i detti sulla pietra sono La Predica dei Naasseni mostra che

&l ~ HARRIS lI 6os. :r37.139; ~ CADDURY :r,36,265 a Io.1,1; Afraate, hom.r,6-B; altri
373 s. testi vengono citati in HARRIS -+ a. 88.
89 Barn.6,2-4; Iust., dial.34,2; 36,r; 70,1; 76, 90 CSEL 3,1 pp. 82 ss.
lj 86,2 s.; 90,5; l00,4; rr3,6; n4,2.4; 126,1; 91 Ed. W. WRIGHT, The HomiUes of Aphraa-
Tertull., Mare. 3,7; Cyprian., testimo11ia 2,16 tes (1869) I IO,J ss.; cfr. JoACH. }EREMIAS :
s. (CSEL 3,1 pp. 82-84); Orig., comm. i11 lo. ZNW 29 (r930) 273-276.
753 (rv,282) )..lll'oc, (Joach. Jeremias) (rv,283) 754

certi circoli gnostici avevano combina- munità deve la sua vita spirituale sol-
to speculazioni sull uomo primordiale tanto a Cristo, «pietra vivente» 93 •
(Urmensch) con Ps. n8,22; Is. 28,16;
Dan.2,45: l'Adamas superiore è la xE- L'immagine è molto più elaborata in
q>~À:JÌ yw\ll~ (\jJ r I7, 22) e l' &.xpoyw- Ign., Eph.9,1: le pietre «vengono in-
\lt~i:oç (cfr. Is. 28, 16}, mentre Dan. 2, nalzate fino in cima per mezzo dell'ar-
45 e Is.28,16 vengono riferiti all' fow gano di Gesù Cristo, che è la croce, con
fl.\lttpw'ltoç caduto dall'Adamas superiore il cavo dello Spirito Santo». Questa fi-
e racchiuso nel corpo umano 92 • gura è una variante dell'idea gnostica
dello zodiaco come carrucola con cui
D. I CRISTIANI QUALI PIETRE VIVENTI l'Inviato tira in alto le anime impri-
gionate nella materia o nel corpo 94 • Nel
Pastore di Erma la similitudine dei cri-
Come Cristo è il À.lt}oç sw\I (r Petr. stiani con le pietre da costruzione vie-
2,4), cosl i cristiani sono À.mot ~W\l'tEç ne sviluppata con abbondante e faticosa
(2,5 ); essi costituiscono la «casa spiri- ampiezza ben due volte in entrambe le
tuale», cioè (l'immagine cambia) «un visioni della torre (vis. 3: costruzione
della torre sull'abisso primordiale delle
sacerdozio santo che offre un sacrificio acque; sim.9: edificazione della torre
spirituale, gradito a Dio» ( 2 ,5 }. Incon- sulla roccia}. In entrambi i passi la chie-
triamo la figura dei cristiani come pie- sa è la torre che Cristo fa edificare, e
ambedue le volte il tratto principale
tre da costruzione per la prima volta in dell'immagine è costituito dalla distin-
Eph. 2,20 e, come mostra il contesto, zione tra pietre utilizzabili, parzialmen-
l'immagine è derivata da quella degli a- te inutilizzabili e totalmente inservibili;
all'autore interessa particolarmente il
postoli e dei profeti quali fondamenta secondo gruppo: se coloro che sono in-
della casa di Dio. L'attributo 'viventi' clusi in esso si pentono, possono esser
(r Petr.2,5) vuol certamente indicare il salvati; la gravità del peccato e l'urgen-
za del pentimento vengono illustrate a
carattere allegorico dell'immagine, ma costoro con sempre nuove variazioni e
vuole, oltre a ciò, esprimere che la co- applicazioni dell'immagine 95.
JOACH. }EREMIAS

'12Hipp., ref.;;,7,35 s.; il testo si trova anche (49 n. 1), <ixpoywvL11.foç sia stato un appella-
in R. R.E1TZENSTRIN - H. H. SCJ-IAEDBR, Studien tivo di Adamas già in epoca precristiana.
zum antiken Synkretismus := Studien der Bi- 93 ~ n. 70.
bliothek Warburg VII (I926) 165 s. Per la que- 94 Ciò è stato comprovato da H. SCHLIEit, Re-
stione ~ ScHLIER 47.49 n. 1; JoAcH. ] BRE- ligio11sgeschichtliche U11ters11chunge11 zri den
MIAS : ZNW 29 (1930) 268 ss. Non è possi- l gnatiushriefen = ZNW Beih. 8 (I929) 11oss.
bile dimostrare che, come pensa ~ ScHLIER 95 DIBELrns, Herm-465 s.
755 (IV,283) ÀLxµaw (G. Bornkamm)

À.txµéiv (anche À.txµlSELV ): a) spula- fio della tua potenza» 1; connesso con
re, pulire il grano dalla pula; Hom., Il. altri oggetti in Is. 30,22: À.~xµ1]cn;tc; wc;
5,5000; Xenoph., oec.18,6; Anth. Pal. vowp (zrh), «getterai via come liqui-
VI 53,4; Plut., quaest. conv.7,2 (II 701 do»; Ez.26,4: À.txµ1Juw 't"ÒV xouv {ebr.
c); Philo, Ios.112; P. Greci e Latini v scì~a [ pi'el], spazzar via), «spazzerò via
522,2; P. Ryl.442,J; BGU m 698,15. la polvere». Si spiega cosl un ulteriore
18.19; IV 1040,rr ecc. ·LXX: Ruth 3, significato nel quale è messo in primo
2; Ecclus 5,9. Il procedimento può es- pfano il momento, già implicito nella
ser presentato o come attività dell'uo- spulatura, dell'annientamento di ciò che
mo che col ventilabro lancia le biade in non ha né valore né utilità c) polve-
alto o le lavora col vaglio, Am.9,9: À.Lx- rizzare, annientare. Nel greco profano
µtc{)... ov i:p61tOV À.txµéi-.a.L È.V i:c!> À.tx- non si riscontrano molti casi di questo
µQ (equivalente ebr. nua', scuotere, significato, ma pure ce ne sono alcuni
[forme hif'il e nif'al] ), «scuoterò come sporadici: BGU r 146,8 s. (II-III sec. d.
si usa scuotere con il vaglio», cosi che C.): H.lxµ'l'}trav µou -.ò )..(qa.vov, «mi
la pula viene separata e dispersa (di so- distrussero la verdura» {accusa contro
lito l'equivalente ebr. è zara, [ qal, ni- coloro che avevano distrutto i prodotti
f' al, pi'el]), oppute anche come azio- del campo e dell'orto i-accolti [?] nell'a-
ne del vento. Di qui viene l'altro signi- ia) 2 • Io. Lyd., de ostentis 20 (p. 297,
ficato b) sparpagliare, disperdere; lob 23, ed. Bekker): À.txµ'l'}'tÒV à.vi>pwrtotc;
27, 21: àvaÀ.1]µ1jJE't'at m'.rcòv xa.v1Jwv àrmÀ.Et {ÀtXµ'l'}-.6<; = <Ì.1tWÀELa) 3 , «mi-
xat à:rtEÀ.EUO'E't'aL xat À.Lxµ1]trEL aÙ'tÒV naccia rovina agli uomini». Oltre que-
ÈX 'tOU 't'61toU aùi;ou (ebr. sa'ar [pi'el], ste prove raccolte da Deissmann e da
sollevare in vortice, trascinar via in una Boli, anche la Theophylacti Simocattae
bufera), «il vento dell'est Io porterà via historia IV l l ,3 4 ci mostra che questa
cd egli sparirà, e lo trascinerà via dal accezione si è ormai affermata: -r:av-
suo luogo in un turbine»; Sap.5,23: -r:atc; yàp i;a.i:c; µEyl1natc; &.pxix.i'.c; -rèl
W<; À.atÀ.rt.~ È.XÀ.LXµTJCTEL (J.V't'OU<;, «li di- <bmiHj xa.t cptÀ.ortoÀ.Eµa eì}vr1 À.txµl-
sperderà come un uragano», e in senso sovi;a.t, «sono annientate le genti che
traslato, r l ,20 : À.LXµ'l')l>ÉV't'Ec; U'ltÒ 1tVEU- disubbidiscono a questi massimi prind-
µa-.oc; ouvciµEwc; o-ou, «dispersi dal sof- pi ed amano la guerra». Si spiega cosl

Àtxµ&w
LrnnELL-ScoTT, P.REUSCHEN-BAUERJ, MouLT. - cune varianti testuali in certi mss.: cfr. \Y/. J.
MrLL., PR.EISIGKll, \\'Tort., .r.v.; Bo1sAcQ 58r; DEANE, The Book o/ lVisdom (188r) 172.
WALDE-PoK. II 32r. H. A. A. KENNEDY, Sour-
2 La «pena non lieve» (riga ro) che tocca ai
ces o/ N.T. Greek (1895) I26 s.; DEISSMANN, colpevoli dimostra che ÀLxµU.v qui implica più
N.B. 52 s.; E. NESTLE: ZNW 8 (r907) 321; che il semplice 'buttare all'aria'; evidentemen-
F. BoLL, Aus der Offe11baru11g Joh. (r9r4) r30 te i malfattori avevano avuto l'intenzione di
n. r.
danneggiare completamente il proprietario. B
I Sap. rr, 18°: (ilijpa.<;) pp6µo\I ÀLxµwµ~\loV<; difficile dire come abbiano rovinato i prodotti
Xrt.7tvov, mostra con quanta forza questo signi- dell'orto e dei campi (calpestando o strappan-
ficato potesse rendersi autonomo: il part. pa- do?).
rallelo cpucrwv-.a<; (v. 18b) assicura per l'inso-
3 ~ BoLL, l.c.
lito medio attivo il senso di 'spirare', 'sbuffa-
re'; quest'uso poco comune ha portato ad al- ~ Ed. C. DE BooR (r887).
757 (IV,284) ÀLxµti.w (G. Bornkamm)

Ittdith 2 ,2 7: -rà 1CEOla aÒ'tWV ~~EÀlx­ schiaccerà colui sul quale cade. Il detto
µ1}CTEV, «devastò i loro campi», e Dan. viene aggiunto da Le. alla citazione (v.
2,44 [Teod.]: À.erc-rvveJ; xal. À.txµ1]cm
nacra.ç 't'àç f3wnÀ.Elaç (LXX: 7ta,..&:~et 17) di lfJ rr7,22, e significa in questo
xat à.cpavlcret) 5 , «indebolirà e anniente- contesto che la pietra rifiutata dai co-
rà tutti i regni (LXX: schiaccerà e di- struttori e resa da Dio pietra angolare
struggerà)». ·
('chiave di volta' ~ II, col. 738 ss.; ---+
Nell'A.T. è frequente come immagi-
ne del giudizio (sotto la doppia figura coll. 740 s.) diverrà un giudizio inevi-
della spulatura e della trebbiatura, Is. tabile per i suoi oppositori. Sicuramen-
4r, 15 s.); a) del giudizio provvisorio te alla base del logion sta Dan. 2.J4 s.
(lep.38,rn: ò Àtxµ1}craç -.òv 'Icrpa1)t
cruv6..~e~ aù't6v, «colui che disperse I- 44 s. Anche se non si può dire che tut-
sraele lo raccoglierà»; Ez.36,19 ss.); b) to il v. r 8 sia una combinazione inten-
del giudizio definitivo (Ier.15,7 T.M. zionale di Is. 8,r4; 28,16, questi testi
[LXX: 8ta<r7tepw ... ~v otrur7topéi., «di-
sperderò... in una dispersione»] 6 ; Ez. profetici forniscono un parallelo sostan-
26,4; 30,23.26). ziale al v. 18a. È evidente che l'inter-
Nel N.T. si riscontra solo in Lc.20, pretazione messianica del passo di Da-
18 e nel par. Mt. 21 '44 7 : 'ltaç ò m:crwv niele, attestata anche altrove 8 , ha offer-
È'lt' Éxei:vov i:òv lWov <ruvDÀwrlh]crei:m· to a Le. l'occasione per collegare il det-
È<p' ov o' liv 1tÉCTU Àtxµ1)<TE~ aù-c6v (Vg.: to col q, 117,22 (v. 17); nondimeno è
comminuet illum ), chiunque cada su meglio lasciar da parte ulteriori spie-
quella pietra sarà sfracellato, ma essa gazioni amplificate 9 e cogliere nella for-

s ---? NnsTLE, l.c., ipotizza, a motivo dell'affi- manca in D it. syr" Or., e si colloca malamen-
nità tra Lc.20,r8 e Dan.2,44 (Teod.), una qual- te nel contesto poiché separato dalla parola-
che dipendenza di Teodozione dal N. T.; ma chiave ().lxov... el.; Xé<paÀ:1)v ywvta.c,) median-
la cosa non appare probabile, anche perché ci =
te il v. 42c ( ljJ n7,23 = Mc.12,II) e il v.
sono paralleli alla sua traduzione, diversa dai 43, mentre in Le. fa connessione è immediata.
LXX, in Is. (LXX) 30,22: ... Àeiti:à. 7COL-{icm.;
XaL ÀLXµ-{i<TéL<;, e 41,15 s.: xat Àé'!t"çU\IE~<; aou- 8 STRACK-BILLERBECK I 877; ---? coll. 736 s.
VOÙç Xat Wç XVOVV lh')<TEL<; X(];L À.tXµtJCTEL<;.
9 JoAcH. }EREMIAS, Golgotha (ArIBAOl:,
6 I traduttori della versione esaplare usano an- suppl. 1 [1926] 79 s.: «Gesù, con le parole
che qui À.txµaw. Aquila: Xl'1.L À.txµ'fiuw aù- che si riallacciano al passo di Daniele, pensa...
-roùç lv 't'ci) Àtxru!> E.v 7tUÀmç yi).;; Simmaco: alla caduta della sacra roccia, cioè al grande
xat À.txµ1)<rw a.ùi:oùç l-.1 À.txµ"!)i:TJplei> E.v 7t6- giudizio al momento della parusia». Per assi-
ÀE<TW i:Tj.; yfjç. Mentre qui si pensa eviden- curare una corrispondenza armonica tra le iin-
temente all'immagine della spulatura, il voca- magini dei vv. 17 e r8 (la caduta della chiave
bolo riceve molto più spesso il significato sbia- di volta che si trova sopra il portale sarebbe
dito di 'disperdere': cosi 3 Ba<r. 14, 15 LXX un controsenso) Jeremias ipotizza un gioco di
(cod. A), Aquila; Lev.26,33 "A).,)..oç; ljJ 43,12 parole, e intende il primo 7tl1t't'ELV ÈTii, secon-
Simmaco; ler.51 (LXX: 28), 2 (Aquila, Sim- do l'aram. npl, nel senso di 'scagliarsi contro'
maco); Mal.2,3 (Aquila). I LXX hanno ota<T· (cfr. Le. n,r7); in questo modo viene però
7tdpw o <rxop7tll;w, il T .M. regolarmente zrb spezzata l'esatta corrispondenza tra le due me·
[BERTRAM). tà del verso, poiché essa richiede che 1tl1ti:av
7 Il detto è passato da Le. nel testo di Mt.; abbia entrambe le volte il medesimo significato.
759 (lV,285) )...oyElrt. (G. Kittel) (IV,285)760

mulazione acuta e aforistica 10 solo il pensiero dell'inevitabilità del giudizio11 •


G.BORNKAMM

t ÀoyELCk

ÀoyEla. e il verbo corrispondente À.o- colta di danaro, imposta: l'attestazione


yEvw 1 non compaiono nella lingua let- più antica è P . Hibeh I 51,2 (245 a.C.);
teraria z, e questo spiega gli antichi ten- specialmente, come sembra, nel senso
tativi, prima che si conoscessero i pa- di un'imposta straordinaria in contrap-
piri, di derivare i1 termine À.oyEla. di- posto a quella normale: cfr. P. Oxy. II
rettamente da À.éyw 3 • In realtà sia À.o- 239,8: òµvuw ... µ'J)oEµlav ÀoyE.lcx.v yE-
YEVW che Àoyda. risalgono a À.6yoç, nel yo\IÉvcx.t ùn' ɵou È\I -.n aù-.ux<!lµU 6,
senso (per altro non direttamente atte- «giuro... di non aver stabilito alcuna
stato) di raccolta, e dunque il verbo si- imposta (eccezionale) in quel villaggim>;
gnifica occuparsi (per professione, uf- BGU n 515,7: -.à. u1t~p À.oyl~ [È1t]L-
ficialmente) della raccolta 4 • Entrambe BÀTJi)Év-ccx., «le tasse imposte come tri-
le parole sono attestate moltissime vol- buto straordinario», a differenza di <n-
te nei papiri e nelle iscrizioni dell'Egit- ·nxà. O'J)µ6cncx., «l'imposta pubblica del
to e dell'Asia Minore fin dal III sec. a. grano». Più spesso indica una raccolta
C. À.oyEuw, raccolgo: P. Rev. 4,r; 39, cultuale di danaro, una colletta 7 : per
14; 52,20 (258 a. C.); CIG III 4956 es. Ostraka II 4r3 (4 agosto 63 d.C.):
(49 d.C.), ecc. 5 Àoydcx., raccolta, rac- à:1tÉxw napà. crou (opaxµàç) o òBoM ò\I)

10 ·cfr. già Ecclus 13,2: «Perché sollevi ciò che HEINRICI, I Kor. 5ro s.; pure i papiri hanno
è per te troppo pesante, e perché ti associ con talora la grafia )...oyla.; cfr. DErSSMANN, L.O.
uno che è più ricco di te? Perché mettere in- 83 n. 2 .
sieme il vaso di coccio e il recipiente di metal- 2 Per questo motivo il termine era nel nume-
lo? Questo lo urta e quello si rompe!» (Cfr. ro di quelli che vari esegeti credevano erronea-
inoltre Aesop., /ab. [ed. HALM (1929) 204] mente forgiati da Paolo; cosl T. C. EDWARDS,
422). Ancora v. Midr. Esther 7 a 3,6 ~ col. A Comme11tary on the First Epistle to the Co-
744 (Àlilo.;); LIDZBARSKI, Liturg. 23: «Qual- rù1thians (1885) 462 (citato secondo l'indica-
siasi dew mi cada sopra è schiacciato, e io zione di DBISSMANN, B. 139 n. 5); H. GRo-
frantumo quello sul quale mi getto». TIUS e altri hanno persino suggerito di modi-
11 La base veterotestamentaria del detto ha ficare la lezione in ev)..oyla.;, in conformità
fatto avanzare l'ipotesi di un logio11 apocrifo, con 2 Cor.9,5; dr. WETTSTEJN Il r74.
che Luca avrebbe forse preso da una raccolta 3 Cosl ancora WILKE-GRIMM' (1888) s.v.
di detti: cfr. JiiLICHER, Gl. ]estl n 401 s.; A. 4 DEBRUNNER; dr. ~ coli. 209 s.
LOISY, L'Evangile selon L11c (1924) ad l.; R.
5 Altri testi in DEISSMANN, B. 140 s.; MAYSER
HARRIS, Testimonies Il (1920) 96 ..
1 463; PREISIGKE, Wort., s.v.
)...oyEta 6 V. inoltre il commento dell'editore: «MyEla.
LIDDELL-ScoTT, MouLT.-MILL., PREUSCHEN - è usato per indicare i contributi locali irrego·
BAUER\ s.v.; DmssMANN, B. 139 ss.; ID., N .B. lari, in contrapposizione alle tasse regolari»;
46 s.; ID., L.O. 83 ss.; MAYSER r 67.417. dr. MouLT.·MILL. 377.
I Perciò la grafia giusta è À.oyElrt. e non (come 1 Numerosi riferimenti in Ostraka I 253 ss.;
nei mss. del N.T., ad eccezione di B in I Cor. PREISIGKB, Wort., s.v.; W. SPJEGBLBl!RG: Zeit-
16,2) )...oyla.: cfr. BL. - BEBR.6 § 23 e già lo schrift fiir agypt. Sprache 54 (1918) u6.
ÀOyElr.t (G. Kittel) (IV,286) 762

'tlJV À.oyla.v "I(nooç nEpt 'tWV OT)µo- me (ma mai esatta come un'imposta),
O'lwv, «ricevo da te 4 dramme per la per una colletta. A questa situazione
colletta di Iside come contributo alle
opere pubbliche» 8, e ancora ai nn. 402. corrisponde il fatto che Paolo non usa
412.4r5-4r8.420; Ditt., Syll.) 996, 26 sinonimi di À.oyEltX presi dal vocabola-
(Smirne, I sec. d.C.): XÀ.Ei:v XEXPUO'W- rio tecnico dell'ordinamento tributario13 ,
µÉVl}\I xctl ~µm:cpHW'µÉVTJV 9 npòç 'tTtV
À.oyi)ctv xa.L noµ'lt'i)v 't"W\I ilEwv, «una ma si serve di termini edificativi che
chiave che è dorata e rivestita per la mostrano l'attiva e libera partecipazio-
colletta e la processione degli dèh> 1u. ne dell'amore fraterno: x6:ptç (v. 3; 2
Nel N.T. si ha solo in I Cor.r6,r s.: Cor. 8, 4 ss.), xotvwvla (Rom. 15,26),
la «colletta per i santi», À.oyEla. dç 11 Òta.xovtr.l (Rom.15,31; 2 Cor.BA; 9,1),
'toÙç tiylouç, disposta da Paolo potreb- EÒÀ.oyla. 14 (2Cor.9,5).
be esser raccolta già ora in forma ordi- Quanto abbiamo detto sopra non e-
nata, cosl che non siano più necessarie sclude che la raccolta proposta da Paolo
alla sua comunità per la chiesa di Ge-
altre À.oyda.~ più tardi, dopo l'arrivo di rusalemme non possa esser considerata
Paolo. Per giudicare il procedimento è come un'azione parallela a certe raccol-
essenziale notare che nell'uso linguisti- te praticate nel giudaismo. Non si trat-
ta tanto di una analogia all'imposta del
co di À.oyEl<t. l'accento non cade in pri-
tempio 15 (presupposta da Mt. 17, 24),
mo luogo sull'aspetto d' imposta o di poiché questa non era limitata alla dia-
tributo, specialmente nell'uso sacrale. spora, ma ogni israelita adulto di sesso
La scdta della parola non sembra af- maschile era sottoposto 16, in Palestina
o altrove, a questa tassa fissata dal di-
fatto indicare che si tratta 12 di tassa- ritto religioso secondo una tradizione
zione, di stima, di tributo imposto dal- derivata da Ex.30,n ss. e Neem .10,33
la comunità madre ai gentili convertiti, s. Bisogna piuttosto pensare alle libere
offerte che venivano raccolte, oltre
bensl sembra accennare al carattere del- quella tassa, quale segno d'amore per
l'offerta raccolta, sia pure in certe for- Gerusalemme, che troviamo menziona-

s Cfr. l'illustrazione in DEISSMANN, L.0.4 84; di Gerusalemme) K. HoLL, Der Kìrche11begri/!


inoltre W. Orro, Priester tmd Tempel im hell. des Paulus i11 seinem Verhiiltnis t.ur Urgemeù1-
if..gypten I (1905) 359 ss. de (19ix) :::: Gesammelte Aufsiit:r.e t.11r Kir-
9 === iiµqii.a.oµl\ll)v, 'vestita•; la chiave viene chettgeschichte II; Der Osten (1928) 60 s.
portata in processione come gli ciy&;)..µr.t'>r.t ... Il A cominciare da M~Toupyltt {2 Cor.9,12).
èµ1mpm;µfvr.t (righe :i.o ss.) [D&llRUNNER].
tu DEISSMANN, L.O. 83 Il. 10: «Si tratta cer- 14 È affatto inutile considerare, col Dmss-
tamente di una processione durante la quale MANN, B. 141, il passaggio da EÙÀoylr.tv a ÀO·
si aspettano offerte cli denaro da parte degli yelr.tv; cfr. WrNDISCH, 2 Kor.274; ~ III, col.
spettatori». u76.
11 Per l' Elç dr. LXX Bel et Draco 6: !!cra 15 Cfr. HoLL, op.cit.58 n, 1, che si riferisce al-
Elç au~Ò\I Oa7tCX.'ll(°hr.tl.. le ipotesi precedenti di O. Pfleiderer e H . ].
12 Cosi intende (servendosene poi come prova Holtzmann.
importante per la sua interpretazione del rap· 16 Per ulteriori particolari e riferimenti cfr.
porto tra le comunità paoline e la chiesa-madre STR.ACK-BILLERIIECK l 760.770.
À.oyll;oµm A I (H. W. Heidland)

te continuamente dall'epoca dei Macca- ne della tassa per il tempio, che è pe-
bei in poi e che provenivano soprattut- rò originariamente di natura volonta-
to dalla diaspora; cfr. 2 Mach.3,2; Flav. ria 18 • Nel contesto di tali offerte libera-
Ios., ant.18,82 (la romana Fulvia man- mente 'inviate' appaiono più volte i ter-
da 1topq>upa.v xu.t xpvuòv dc; 't'Ò Èv 'lE- mini Ù..7to<T,..ÉÀ.À.w, à.'TCOO"toÀ:fi, apostoli,
pouoÀ.uµoL<; lEp6v, «porpora ed oro per 1lh Wluh2m, s"llhUt)19 : Neem.8,IO.I2 =
il tempio di Gerusalemme»). Dopo la 1 'Eo-op. 9,JI.54;. I Mach.2 ,18; 2 Mach.
distruzione di Gerusalemme s'istitul, a 3,2; cod. theodosianus (ed. Th. Momm-
motivo della povertà degli scribi e dei sen-P. M. Meyer r/2 p. 890) 16,8,14
dottori, la migbat ~akàmim, «raccolta (11 aprile 399); lui., ep.,p. 281,4; que-
per gli scribi», che presenta varie somi- sto corrisponde ali' uso linguistico del
glianze con la À.oyEl<X. paolina 17 e da cui N.T., che chiama a7t6C1't'OÀ.OL e a1tO<T't'El-
si è poi sviluppata la cosiddetta 'tassa ÀCX.V't'E<; i portatori delle collette (2 Cor.
patriarcale', una spede di continuazio- 8,23; Phil.2,25; Act.II,Jo).
G.KITTEL

A. IL GRUPPO DI PAROLE FUORI DEL N.'l'. 259,94 (1 sec. d.C.). Quando si tratta
I. À.oylsoµcu 1 di un calcolo si usa Elç per indicare la
misura (la moneta) con cui si computa
Nel greco profano è possibile deter- il valore di un oggetto ( xp1Jµcx.'t'a.•.• elc;
minare due usi caratteristici, che hanno ci.pyupLOV ÀoyL0"1}Év't'a., «il prezzo ... cal-
in comune l'idea di un pensiero che colato in argento», Xenoph., Cyrop.3,r,
procede rigidamente secondo regole lo- 33; P.Lips.34,r5 [375 d.C.]); quando
giche: a) nel linguaggio commerciale si tratta invece di un conteggio 1d.ç in-
À.oylsE<rilo:L è termine tecnico per indi- dica il motivo per il quale viene impu-
care il calcolo commerciale, e si riscon- tato l'addebito (etc; o\jlov µÈv ouorv 'TCCX.~­
tra in questo senso particolarmente nel- olow ... 7tÉv·n: 6~oÀoùc;... ÉÀ.oylse't'O, «per
le arringhe processuali di Demostene e il vitto di due ragazzi:.. sono addebita-
Lisia; poi soprattutto nei papiri e nel- ti ... cinque oboli», Lys.32,20; P. Lond.
le iscrizioni per indicare il calcolo di 1323,r [VII sec. d. C.]) o, raramente,
un valore (Demosth., or.27,39; P .Oxy. con valore di Èv, la persona a carico del-
XII 1434,8 [107-rn8 d.C.]), il conteg- la quale viene ascritto l'addebito (P.
gio di un debito (Demosth., or.27'46), Fay. 21,9 [r34 d.C.]). b) Nella lettera-
Èv ÈÀ.mro-wµa.'t't, «sul passivm>, P. Lond. tura classica À.oylsEu1}m significa riff.et-

17 Cfr. STRACK-BILLERllECK III JI7 s. ( I936); inoltre LmnELL-Scorr, MouLT.-MILL.,


18 Cfr. RENGSTORF ~ r, coli. 1 I r J s., spec. n. 64. PRESIGKE, \Vort., PREISIGKE- BAUER', WrLKE-
GRIMM, CRllMER-KbGEJ., s.v. À.oyll;Ecrl>a~ de-
19 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 316.
riva da ~ )...6yoc; ('calcolo', 'conto', 'riflessio-
À.oyll;oµa~ X-tÀ.. ne').
H. W. HEIDLAND, Die Anrechnung des Glau- I Cfr. ~ HEIDLAND 24 ss.
hens zur Gerechtigkeit = BW ANT IV/ I8
Àoy.l!;.oµa~ A r (H. W. Heidland) (IV,288}?66

tere, concludere ed è, soprattutto in Pla- siderato qualcosa, attribuire a qualcuno


tone, il concetto caratteristico indicante qualcosa come, in, cioè ancora nel sen-
il pensiero spassionato del filosofo che so non greco di un giudizio soggettivo,
vuol pervenire ad una conoscenza sovra- emotivo. In cambio i LXX hanno 53 vol-
personale, alla comprensione ricettiva di te altri verbi, peres.1}yEi:cri}a.t (6 volte),
un oggetto o di una situazione obbiet- persino àpx•·n:xi;ovei:v (Ex. 35,32) e
tiva: ap' oùv oùx É.v -ré;> À.oylsEcrilcx.L EL- 7tOtEi:v (Esth. 8,3), e, inoltre, anche 16
7tEp 7tOU aÀ.À.oilL X<l.'tcX8t}À.OV a.Ù'tTI "(L- volte dei composti di À.oylsecri}a.t, pre-
YVE'tO.l i:L i:wv l>v-rwv; «e se mai vi è cisanti maggiormente l'azione, soprat-
modo, non è con la riflessione che ad tutto per il calcolo commerciale: com-
essa (=all'anima) si manifesta una par- posti con <JU\I (Lev. 25,27.50.52), con
te della realtà?», Plat., Phaed.65 c; cfr. É!; {4Ba.o-.12,x6; 22,7), con '7tp6c; (Lev.
anche 65 a b. Da qui proviene il signi- l7,x8; cfr. \jJ 87,5), quasi sempre con
ficato politico del concetto in Demo- ÒLct. (~ II, coli. 987 s.); il verbo sem-
stene, che nei suoi discorsi si appella plice appare solo in Lev.27,23. Forse si
al À.oylsEaì}cx.~ come all'unico modo per può spiegare l'uso prevalente di À.oyl-
lasciar parlare i fatti, cosl come sono ~ecrila.L considerando che nel Pentateu-
(Demosth., or.5,I2). Nelle opere stori- co, che fu tradotto per primo, i due
che successive questo significato perde concetti vengono talora a trovarsi ef-
d'importanza, e solo Filone si rifà a fettivamente vicini (proprio anche nei
Platone quando sottolinea che il proces- pochi casi in cui si tratta del compu-
so del pensiero è legato alla ragione tare commerciale e poi del significato
(Philo, sacr. A. C. 2; spec. leg. 3,x94). di esser reputato, tenuto in conto di:
Nel raro senso di ritenere {Aristoph., Gen.31,15; Lev.25,3x; Deut.2,1r.20) e
vesp. 745) è usato con wc; e il p·art. inoltre che vari motivi teologici posso-
(Plat., Phileb. x8 c; Ditt., Or.665,28). no aver occasionato l'uso di À.oylsecr-
i}m (Gen.15 16; Lev.7,18; 17,4; Num.
Nei LXX À.oylsEcrila.L mostra due nuo- 18,27.30; ~ b) 3 ; nel materiale tradot-
vi aspetti concettuali: a) il pensiero as- to in seguito questa equiparazione ven-
sume un carattere soggettivo, emotivo, ne poi usata schematicamente anche Jà
persino volitivo. Ciò avviene perché, ove non era giustificata. In casi simili
tranne 5 eccezioni, À.oylsEcrila.L rende il contesto è spesso tanto forte, da po·
sempre pii5ab 2 . Questo termine ebraico ter modificare il significato greco in di-
appare solo 7 volte (di cui 6 in forma rezione del senso ebraico, particolar-
pi'el) su 123 nel senso commerciale di mente là dove la sintassi, seguendo l'e-
calcolare, mentre 56 volte ha il signifi- braico, è estranea al greco. Abbiamo
cato, sconosciuto a À.oylsEcrila.L, di un cosl il significato di tramare, escogita-
'escogitare' emotivo, di un trovare o re (il male): \jJ 5x,4; 139,3; Eccl. IO,
risolvere pratico, di un progettare vo- 3; Mich.2,1; Zach .8,17; Ez. XI,2; 38,
lontario, e 43 quello (solitamente raro IO; È7tl 'tLVrL, contro qualcuno: 2 Ba.<T.
per À.oylsEcri}cu) di 1'itenere, esser con- x4,13; Mich.2,3; Nah.1,9; 'IEp.31,2; r

2 che nella letteratura classica.


Esso rende hiija in 2 Ba<T.I9>44 con la trad.
libera 'esser preso in considerazione'; qiirà' 3 Del resto questi traduttori erano consapevoli
(nifal) in Deut.3,13: 'esser considerato'; màna della differenza dei concetti, poiché rendono
(nifal) in 2 Par.5,6: 'esser calcolato' e in Is. Gen.38,15 con lìoxEi:v, Gcn.50,20 con ~OUÀEV·
53,12 : 'esser annoverato tra'; Jlib in Is.44,19: waa~. Ex.26,31 e altri passi (I2 volte) con
'riflettere'. Questi significati si riscontrano an· termini indicanti capacità artigianali.
Àoyil;oµa~ Al (H. W. Heidlnnd) (rv,288) 768

Mach.3s2; dc; -.wa: Os1,I5: entram- qualcuno esser come ... ] , che sarebbe
be le preposizioni non sono altrimenti impossibile con ÀoylsEui}at ~v; 2. lob
comuni, in questo senso, con ).oylsEcr- 41 ,19, dove 1}yE~ui}rxt rende piifab con
1'kn; abbiamo il medesimo significato le; 3. l'intercambiabilità di Elc; e wc;
con l'oggetto interno À.oyt<rµ6c; che ren- (Os.8,r2: ebr. ke, LXX Elc;); 4. l'intro-
de mapì1Iebet: Ier.rr,I9; r8,u.18; duzione di dc; in Gen.15,6, mentre l'e-
'Ie:p. 27,45; 30,14.25; 36,n; Dan. u, braico h~ un semplice predicativo. Nel-
24 s. (Teodoz.). Ecci. ro,3 mostra che la koiné I' Etc; predicativo con altri ver-
questo significato divenne autonomo bi non è sconosciuto 6 , ma non appare
poiché fu inserito nel testo secondo il con ÀoylsEo-i}cx.t; esso indica la trasfor-
senso, senza che l'ebraico avesse hii'Sab. mazione subita dall'oggetto per mezzo
Anche nel caso del significato di rite- del giudizio, ma, come wc;, non ha più
nere, trattare da e simili è evidente per gran peso. Anche in questa forma è pos-
un greco che il giudizio non rappresen- sibile vedere descritto un giudizio sog-
ta una conoscenza obbiettiva dell'esse- gettivo, il che naturalmente, non esclu"
re, bensi una valutazione spesso pura- de che talora possa apparire l'idea di un
mente soggettiva, emotiva: Gen.3r,15; calcolo commerciale. Ancora una volta
r Ba<r.1,r3; 2 Par.9,20; lob 41,u.24; notiamo che quest'uso tipico dei LXX
Os.8,u; Is.5,28; 29,r7; 40,15.17; 53, è diventato autonomo sia formalmente
4; Lam.4,2. Sintatticamente notevole è che sostanzialmente: wc; col predicativo
l'uso di wc; (ebr. k") davanti al compl. in Sap1,9, e Etc; con la medesima fun-
predicativo, quando À.oyl~Ecrocu vuol zione in Sap.2,16; 3,17; 9,6.
dire esser considerato, classificato da, b) ÀoylsEcrl}a.i penetra nella sfera del
come qualcosa, poiché in questo caso il linguaggio religioso. 19 volte è riferito
greco profano ha wc; raramente e solo a Dio, 5 all'uomo (Nah.1,9.rr: medita-
davanti al part.; il suo significato è pe- re il male contro il Signore; Is. 5 3 ,3 s.
rò attenuato e nella traduzione può es- 12 ~ col. 773). Soprattutto in Gere-
sere omesso (Os. 2 ,5 [ cod. B]; Is. 14, mia il termine, ormai chiaramente deter-
r 7 ). Simile è il caso della forma À.oyl- minato dal testo ebraico, significa la de-
sEcroa.l 'tt Eic; 'tL (ritenere qualcosa per; cisione di Dio che medita rovina contro
r Bacr.1,13 ; lob 4r,24; pass. 2 Par. 9, il popolo ribelle (Ier. 18,8.rr; '!Ep.27,
20; Os.8,I2; Is.29,17; 40,q; Lam.4, 45; 30,14; 33.Ji 43,3; cfr.Mich.2,3),ma
2) e Àoyl~Ecri)cx.l 'ttVl 'tL Etc; 'tL (attribui- «pensieri di pace» se si converte {'IEp.
re a qualcuno qualcosa come, in: Gen. 36,rr). Ebraico è anche il giudizio di
I5,6; \jJ ro5,31; I Mach.2,52; per tut- valore che viene pronunciato sui paga-
ti i passi ~ col. 779). Di solito que- 11i. chiamati a rapporto dalla grandezza
sto dc; è considerato una prepos., equi- di Dio (ls.40,15 ·Il: wc; CJ"t€À.oc;, dc; où-
valente a Èv (includere in un ambito, iUv ); in modi diversi può essere invece
mettere in conto)\ ma è forse meglio interpretato il giudizio giustificante che
intenderlo in senso puramente predica- riguarda la fede (Gen.15,6; ljJ 105,31;
tivo 5 ; a favore di questa posizione pos- 1 Mach. 2, 52; ~ colL 779 ss.) e il
siamo considerare: r. l'uso intransitivo peccato (\jJ 31,2; ~ col. 787); appare
(Sap. 2, 16; Orig., de orat. 26, 6 [per inoltre nel contesto delle prescrizioni
4 HELBING, Kt1sussyntax 66 s.; BL.·DEDR.6 298. I) la «direzione dell'animo» (WINER 1 381 );
Anche I' Etc; "CL\I~ di Os.7,15 è par. solo for- cfr. 2 Cor.12,6.
malmente a P. Fay.21 19 poiché con 'meditare' s WrLKE·GJnMM (=Etc; -rò [wcr-rE] Elval 't~).
dc; indica meglio di È7tl (dr. BL.-DRBR.6 § 207, 6 BL.-DEBR.6 § l45 (con bibl.).
Àoyl~oµw. A 2 (H. W. Heidland)

cultuali, nel senso di ascrivere (Lev. direzione etica; in quanto è la funzio-


7,r8), anche col predicativo considera- ne più alta il Àoytc;µ6c; domina tutte
re come (Lev.I7,4). Secondo il senso le altre, in particolare gl'istinti. Questa
stretto di fJiiJab, il giudizio di Lev.17,4 idea ritorna anche in 4Mach. nel 'ser-
(il sacrificio non effettuato davanti alla mone' 7tEpt cx.ù"toxpa't'opoc; À.oytcrµou: ò
tenda di convegno sarà considerato co- yàp À.oytO'µÒç 't'W\I µlv àpE't'W\I ÈO-'t'W
me un delitto di sangue dell'offerente) oè
-i}yEIM~l\I, 't'W\I 1trt.~W\I cx.1hoxp1hwp,
troverebbe la sua collocazione nella vo- «il raziocinio è la guida delle virtù, il
lontà di Dio che punisce questa disub- dominatore delle passioni» (1 130), ed è
bidienza: un tratto del tutto consono ancor più precisata in 1,15: À.oytc;µòç
allo spirito profetico. Entro questo con- µÈ\I Sii -rolW\I ÈO-'t"Ìv vouc; µe-tà. òpiJou
testo À.oyli;Eo-~cx.t può anche assume- À.6yov 'ItPO'ttµw\I -ròv croq>lac; f3lov, «il
re alcuni elementi di f:>ii"Sab, tanto più ragionamento è inoltre intelletto accop-
che ciò avviene parimenti altrove. Se- piato con la verità che onora e segue
condo il suo significato greco originale, la via della sapienza»; il À.oyLcrµ6c; non
invece, il giudizio r. si basa sul terreno è quindi la ragione in senso generale
della ragione comune e sulla sua 'leg- (cioè vouc;), bensì è la ragione che si
ge'; 2. può essere inteso come un atto concretizza nella coscienza e si attua nel
contabile commerciale: due idee che modo di vivere. Norma del Àoytc;µ6c;
sono ormai tipiche per il giudaismo è (qui il predicatore di 4 Mach. sembra
post-esilico. Per questa ragione una co- distanziarsi dagli stoici) la legge mosai-
munità che viva con tali concezioni si ca (2,6.14) che però s'identifica, secondo
servirà volentieri e consapevolmente del l'autore, col principio razionale, col
termine greco in questa circostanza; il \louc;. b) Nei LXX anche À.oytcrµ6c;, co-
genio della lingua greca e il tardo giuda- me À.oylsEo-i7oct, assume un tono emo-
ismo collaborano dunque strettamente. tivo e volitivo, ripreso da ~aJab e dai
suoi derivati mahli'febet, hesbOn, hiHa-
bon, e significa piano, disegno in ~enso
2. ÀoyLc;µoc; 1 neutro (l)i 32,ro), io senso positivo solo
riferito al disegno salvifico di Dio '!Ep.
Il sostantivo designa l'azione effetti- 36,11) e, nella maggior pal"te dei casi,
va del ÀoylsEcr~cx.t al quale è concettual- in senso negativo (Ez. 38, ro); sinonimi
mente parallelo nel senso di calcolo, sono ota.À.oyttrµ6c; (~ 39, 6), f3ovÀ.i}
conteggio (spec. nei papiri), ragiona- (lob 5, 12) ed ÈviJuµT)µcx. (r Par. 28,9).
mento, considerazione; pure il termine La formula, ripresa dall' ebr., À.oylsw·-
ha, in un'altra sfera, un contenuto par- ~cx.t À.oytcrµ6\I non è greca (anche se si
ticolare; a) nel greco profano il signifi- riscontra, ma in senso puramente logi-
cato di contabilità si precisa già in e- co, in Plat., Tim.34 ab). Nella Sapien-
poca classica ed è usato specialmente za À.oyttrµ6c; indica il ragionamento di
per l'aritmetica (Plat., Prot. 318 e); il una ragione autonoma e quindi separa-
significato logico generale diviene im- ta da Dio: crxoÀ.toL yàp À.oyia-µot :x.w·
portante per la diatriba. Dopo che Ari- plsovow a1tò ~eov, «i ragionamenti di-
stotele (metaph. r, r p. 980 b 28) ha storti allontanano da Dio» ( r ,3, cfr. v.
proclamato che il À.oyLcrµ6c; è l'attività
5; 9,14 ecc.).
suprema, perché è quella che rende l'uo-
mo tale, gli stoici danno al termine una

i Cfr. i lessici.
Àoyll;oµa~ B 1 (H. W. Heidland) (rv,290) 772

B. IL GRUPPO LESSICALE NEL N.T. senziale a tali pensieri l'emettere un


Paolo ha alferrato tutti i sensi di Ào- giudizio conforme a questa legge, che sia-
ylsEcri>a.L (un fatto questo significativo no cioè con essa in rapporto di dipen·
per la posizione letteraria de11'Aposto- denza IQ. Dato, però, che ciò non vien
lo) e li ha utilizzati per i propri fini e-
spressivi; ÀoyL11µ6ç appare invece solo detto espressamente, deve essersi trat-
due volte e nel suo aspetto ellenistico. Il tato di un'idea nota comunemente e
resto del N.T. segue l'uso corrente del presupponibile; in realtà 4 Mach. mo-
termine: Àoyll'.;EcritaL è raro (6 volte,
incluse 2 citazioni) e sbiadito ( r Petr. stra che le cose stavano cosl, poiché le
5 ,I2); il significato commerciale è af- idee espresse in questo testo corrispon-
fatto assente, anche per À.oyLcrµ6ç. dono notevolmente a quelle presuppo-
r. Il pensiero vincolato dall'obbedienza ste dal passo paolino. Dunque, anche se
a Cristo 8 in Rom. 2, 15 ÀoyiO'µoc; è un concetto
Non solo Paolo conosce benissimo il cosl pregnante come \loµoc; e cruvelo·!)-
concetto di ragione della filosofia popo- crtç, non bisogna dimenticare che si par-
lare, ma lo impiega con grande esattez- la soltanto dell'attività giudicatrice del
za quando usa ÀoyLcrµ6c;; in Rom.2,15 ÀoyLO'µoc;, senza dar rilievo alla sua di-
se ne serve persino in senso positivo. gnità.
Ciò accade perché Paolo nel momen- In 2 Cor.10,4 il terreno comune, il
to in cui, confrontando il paganesimo, 'punto di contatto', viene abbandonato
menziona la 'legge morale comune' e la e vien dichiarata, realmente e metafo-
'coscienza', si è già posto sul terreno ricamente (vv. 3 .5), lotta aperta contro
della diatriba: egli vuol confermare l'e- i À.oytcrµol, che anche qui vanno intesi
sistenza di una tale legge morale anche in un senso tutto particolare: si riferi-
con il richiamo ai «pensieri che accusa- scono appunto, in primo luogo e con-
no e difendono» 9 • Questo richiamo ha cretamente, alle opinioni degli avversa-
però senso soltanto nel caso che sia es- ri dell'Apostolo accennate al v. 2. Poi·

& Quanto segue dev'csser considerato soltanto essi sono solrnnto una chiarificazione di que-
come una chiarificazione dei concetti di Àoyl- sta <TU'VEL07JcrLç; per una decisione v. n. lo.
l;ealta.~ e di À.oyLcrµ6ç. Per il 'pensiero del N. ID Secondo il contesto, accusa e difesa sì ri-
T.' si veda H. LEISEGANG, Der Apostel Pa11ltn fanno alla legge, quindi la difesa non si rifà al-
alJ Denker (1923); E. STAUl'FER, Grundbc· la persona (LrETZMANN, Rom., ad l.). Ora se si
gri/fe einer Morphologie des 11t.liche11 Denkens riferisce µE-ral;ù Ò:À.ÀTJÀ.WV ai pensieri, presup·
(1929). ponendo quindi un dibattito di questi tra di
9 Un problema particolare è costituito da µ!:- loro, si ha che l'univocità del vouç vi si oppone
-ra.i;ù Ù.À.À.fi'A.w'V: si riferisce ai pagani o ai e, in questo contesto, potrebbe piuttosto fat·
pensieri stessi? Nel primo caso (KiiHL, Rom., sorgere un dubbio circa l'esistenza di quest•l
ad l.) i pensieri sono, in quanto giudizi su al- legge. In vista di ciò è meglio preferire l'inter-
tl'i, una testimonianza particolare accanto al- pretazione di µE-ra.!;ù Ò:À.ÀTJÀ.WV nel senso di
l'autoaccusa; nel secondo (ZAHN, Rom., ad l.) una reciproca critica dei pagani «tra di loro».
À.oyl~oi.u.n B r (H. \Y/. Heiùland)

ché questo Àoyls~cri}cu presuppone, ol- fallimento della ragione titanica davanti
tre l'animosità diretta contro Paolo alla rivelazione di quel cielo ch'essa vo-
(un'eco dei LXX, dunque), anche una leva prender d'assalto.
sopravvalutazione dello spirito 'raziona- È possibile che già il traduttore di Is.
le' ( cfr. la particolare situazione nella 5 3,r 2 scegliendo À.oylseCT1)a.t abbia vo-
comunità di Corinto), con ÀoytO'µol si luto inserire nel contesto il tono affet-
tivo risultante dalla già affermata equi-
prende di mira anche il termine filoso- parazione del termine con biifob: infatti
fico 11 • Se teniamo presente che nel con- l'originale sarebbe stato reso meglio con
testo si trova l'immagine della fortezza <i.ptì}µ.gi:crì}a.t (come fanno Aquila e Sim-
e dello u~wµCl, non possiamo non ve- maco). In ogni caso, in questa cornice
Àoyl~EO'Ì}a.t ha ricevuto e conservato
dere che i Àoyt<Tµol vengono caratteriz- l'impronta di un giudizio incredulo e
zati, in perfetta armonia con la sapien- cieco (cfr. vv. 3 s.) ed è anzi divenuto
za, come i pensieri di una ragione che il locus classicus di un tale modo di pen-
sare: Mc.r5 ,28 (interpolazione sul mo-
non vuole ammettere Dio perché si ri- dello di Le.); I Cle111.r6,3 s. r3; Iust.,
tiene sovrana. dial.r3,4; 89,3; apol.r,50,2; 5r,5; Eus.,
Tali ragionamenti non sono distrut- dem. ev. 3,2,68 ss.
ti con armi carnali, altrimenti si stareb- Ora che i Àoyt<Tµol son caduti dalla
be ancora sul terreno della ragione; le loro altezza, Paolo li prende prigionieri
armi dell'Apostolo sono ouvci-.a. -ci;> dç -ti)v Ù7ta.xoi)v "tou Xptcr-tou, «perché
ì}E<'!}, «potenti in Dio»: egli cioè con- ubbidiscano a Cristo» ( 2 Cor. xo,5 ); in-
trappone alla ragione la realtà di Dio vece di rifiutare completamente il Ào-
come fu rivelata sulla croce. Che il Ào- rlsEO'Ì}a.t, egli invita nuovamente ad es-
yisECTi)m fondato sulla ragione dovesse so (I Cor-4,Ii 2 Cor. ro, 7. u; r2,6) 13,
fallire davanti a questa realtà, è detto indirizzandolo però ora ai fatti concre-
it: Lc.22,37 con la citazione da Is. 53, ti sorti e stabiliti per opera della realtà
, .l\.... f di Dio (anche Io.rr,50 presenta ai Gre-
x2: x<u' µE"t'Cl 1, «e u
' , ' 'ì
a.voµwv E11.oyt<Tu1
annoverato coi malfattori» 12 • Il falli- ci [ ! ] un tale tipo di ragionamento) 14•
mento del valore puramente concettua- In questo modo, proprio À.oylsr::<Tila.t di-
le del Àoylswì}a.t greco (inteso come co- venta l'espressione indicante il 'giudizio
noscenza della verità) che qui viene illu- deJla fede' (Rom. 3, 28 15 ; 6,rr; 8,r8;
strato, permette di scorgere del pari il q,X4; Phil.3,r3). Davanti a una simile

11 Un tale giudizio, che dimostra presunzione, 13 2 Cor.r2,6: Etc; 1:'Wl'L è più vicino a Os.7,r5
si trova anche in Rom.2,3; simile è Act.19,27 (LXX): 'pensar qualcosa contro qualcuno', che
con una chiara reminiscenza dei LXX (Is.40, non all'espressione profana 'mettere a conto'
q; 2 Par.9,20). (cfr. n. 4).
12 LXX: É'IJ "to~c; ci.v6µoLc;; Le. non si rifà for-
u Cfr. Hebr.n,r9.
se all'ebraico, ma si serve di un'altra edizione,
come Anche Iust., Apol.r,50,2. 1s Secondo la lezione qui preferita (dr. ZAHN,

15 gr~nde Jt.nl CO- VI


775 (rv,290) Àoyl!'.,oµa.~ B 2 (H. W. Heidland)

conclusione, la domanda che viene po- questa realtà: in Rom.6,II l'imperativo


sta suona sempre; «Che conseguenze ha Àoyll;Eo-i)'E esorta a 'considerarsi' morti
l'evento della croce per la giustificazio- al peccato, ma viventi per Dio e poi
ne dell'uomo?» (Rom. 3, 28), oppure: anche a 'comportarsi' di conseguenza.
«Come bisogna valutare la sofferenza
presente, se si considera la gloria della 2. À.oylçwfJrt.L nel ministero
condizione perfetta?» (Rom. 8, r8). La detl' Apostolo
norma del Àoylsi::aì)a.L viene pertanto a oùx O'tL étcp' Èa.u-cwv lxa.vol É<TµEv Ào-
trovarsi sia fuori che sopra di esso, co- ylo-a.afla.l -e~ wc; N; È1w'twv, &,).,).'i) txl"t,-
me un evento salvifico che solo la fede v6-c'l")c; 1)µwv €x 'tOV freov, «non perché
può afferrare; tale nòrma non è un prin- da parte nostra siamo capaci di pensa-
cipio, bensl un fatto secondo il quale re qualcosa, come se venisse da noi
ogni atto di pensiero dev'essere orien- stessi, ma la nostra capacità proviene
tato: allora il Àoylsi::a'Ì)a.L è obbediente. da Dio» (2 Cor.3,5): con queste parole
Elemento distintivo del giudizio del- si esprime Paolo parlando in generale
la fede è la sua validità assoluta: quan- della sua opera apostolica 16, opera che
do Paolo sentenzia sul proprio stato di viene qui designata col verbo À.oylsEO'-
perfezione (Phil.3,r3) oppure sulla sua fJa:~, senza implicare che l'Apostolo sia
posizione di apostolo (2 Cor. II,5 ), è da considerarsi un 'pensatore'; il termi-
impossibile che da parte della comunità ne va infatti preso nel suo senso più am-
ci sia opposizione. Per questa medesi- pio, abbracciante tutto l'aspetto 'intel-
ma ragione anche il 'debole', secondo lettuale' dell'attività apostolica: il pen-
Rom.14,14, vien meno nella fede se as- sare, il giudicare, il progettare, il vole-
saggia la carne sacrificata: il fatto che re. Una tale ampiezza concettuale si tro-
la carne sia stata 'giudicata' impura rap- va già nei LXX, quando il verbo tradu-
presenta per lui una realtà vincolante, ce ~iifob, ed appare negli scritti paolini
offendendo la quale egli fa vacillare an- ancora in rCor.13,rr e 2Cor. ro,2.
che se stesso. In questa maniera la com- Quando, nel passo che stiamo esami-
prensione ubbidiente della realtà della nando, Paolo 'pensa' di procedere con-
fede include in Àoyl~i::o-frct.L pure l'invi- tro i suoi oppositori con estrema riso-
to a sottomettersi anche nella vita a lutezza, allora, come possiamo notare,

Rom., ad l.), ÀoyLt;6µElta. yocp, la proposizione 16 Questo è il parere della maggior parte dei
esprime la ragione di quanto è stato detto al commentatori recenti: per WINDISCH, 2 Kor.,
v. 27: «poiché noi riteniamo ...», mentre la le- ad l., il ~' si riferisce alla valutazione della
zione oùv fa apparire il pensiero come una ri- chiamata (Àoyl~eoi}a.~== 'attribuirsi un titolo');
capitolazione del discorso fatto nei vv. 2r-27: per Teodoreto, De Wette, Neander, esso va
«e quindi concludiamo... »; ma una tale con- invece riferito all'insegnamento o alla predi-
clusione sarebbe dovuta venire dopo il v. 26. cazione (À.oyl~Eui}a.t== 'escogitare').
777 (1v,29r) À.oyll;oµa~ B 3 (H. W. Hcidland) (IV,292) 778

vien messo in risalto che questo pensa- solita di rCor.13,5 (où À.oylsE.-tet.L -cò
re non è un atto unicamente logico, in xax6v, «non tien conto del male» [cfr.
2 Tim .4,16]) fa scostare Paolo dai LXX
contrasto con l'agire, ma è in realtà già e, se si vede un rapporto con Zach.8,
l'inizio dell'operare.' Nel testo si sotto- r7 19, suppone persino ch'egli abbia in-
linea che è Dio a rendere l'Apostolo teso male i LXX, lasciandosi influenza-
re dal significato greco. D'altra parte,
capace di pensare in questo modo; do- anche senza tener conto di Zach.8,17,
po che al raziocinio in senso stretto è considerando la frequenza di questa e-
stata già imposta l'obbedienza, i proget- spressione nei LXX, il significato ebrai-
co (<<non medita il male») è del tutto
ti e le decisioni nel lavoro missionario
possibile.
hanno più che mai bisogno della conti-
nua ubbidiente apertura allo Spirito 17 • Vediamo cosi che la tendenza prati-
Anche se il conferimento del Àoylse<T- ca è stata messa in primo piano, e in
i}(u rende l'apostolato una otmco'lllrx. 'tOU modo cosi forte che per un greco que-
o
7t\1Euµrx.'toc;... Èv 6t;n, un «ministero sta attività non rientra più nell' àmbito
dello Spirito... nella gloria» (2 Cor. 3, del À.oyl~E(}"i}rx.L; per lui sarebbe tanto
8 ), la txrx.v6·n1c; non significa un'affinità innaturale dire ày(bt71 où À.oylsE,.at 'tÒ
essenziale, bensì proprio 'servizio': an- xax6v (I Cor. r 3 ,5 ), quanto ciò è invece
zi, considerando il significato più ampio congeniale al pensiero ebraico. Anche
di Àoylse<li}u.t, un impegno ad agire. questo modo di sentire non segue un
principio, bensl è conforme all'evento
3 . À.oylseO"i}at nella vita della comunità
salvifico (Phil.2,5 ss.) o secondo l'esem-
&rrx. Ècr,.t'll ciÀ:CJMi. ocra. cn:µvci, ...
pio dell'Apostolo, che è lo strumento di
'to:ihet. Àoylse<li}E, «tutto ciò che è ve-
ro, tutto ciò che è nobile..., questo ri- Cristo (Phil-4,9). Se Cristo è il fatto nor-
cercate» (Phil. 4, 8 ): non rientra nello mativo, allora abbiamo per À.oyl~ecrl}a.L
stile di Paolo esortare le sue comuni- un'implicazione ancor maggiore, cioè la
tà soltanto alla riflessione, e meno che
mai alla fine di una lettera: la comu- forza per vivere. Pure Àoyl?;,ecri}at non
nità deve pensare come sta facendo il spinge arbitrariamente e senza scopo al-
bene. In considerazione dei LXX si può l'azione: esso si sviluppa, partendo dal-
avvertire anche qui il tono emotivo 18 ;
inoltre, poiché in questo passo abbia- l'evento salvifico che è sua origine, nel-
mo un elenco di virtù, cioè un elemento la comunità fondata dal medesimo av-
ripreso dal mondo greco, siamo di fron- venimento e trova nell'edificazione di
te ad un altro esempio della libertà con
cui Paolo rielabora quanto riprende dal- questa il proprio adempimento (r Cor.
1'ambiente in cui vive. La traduzione 12; r4).

11 Nel passato questo testo è stato genernl- 18 Cfr. ~ 139,3; Ier.rr,19.


mente considerato un'asserzione dell' insuffi- 19 HEINRICI,}.WEISS, adl.; PREUSCHEN-BAUER',
cie112a umana (Agostino, Calvino, Bengel). r.v.
779 (IV,292) Àoylsoµm B 4 (H. W. Heidland)

4. ÀoylsEcr1'ai come atto salvifico di Dio suntiva di J ed E: w"he' emin bjhwh


wa;;a~s"behii lo tdiiqa'}J). Se si tien pre-
a) Il computo della fede: Iac.2,23; sente il tema fondamentale delle nar-
Rom-4,3 ss. 9 ss. 22 ss.; Gal.3,6 citano razioni di Abramo, come le ha intese
il narratore profetico, cioè la libera e-
Gen.15,6. lezione anche nel nostro passo Abramo
LXX: xat È'ltlO"'tEVO"EV A{3pccµ 't4) che cr~de può esser solo il recipiente,
proprio come, in occasione del patto
1'EQ, xcct ÈÀoylcrih1 ccù't'4) Elç 81.xcci~­
conchiuso poco dopo (Gen. l 5 ,9 ss. ),
O'UVlJV, «Abramo credette a Dio e c10
J ahvé è 1' accondiscendente Signore.
gli fu messo in conto di giustizia». La
Questo è confermato anche dal senso
seconda metà del verso appare anche
di hasab: la fede viene computata co-
in \j; 105,31 e I Mach.2,52 (codd. B S;
me · giustizia perché cosi piace a J ahvé
sarebbe comunque da preferirsi il sem-
e non perché essa abbia 'di per sé' que-
plice nominativo del cod. A, in. q~ant~ sto valore. Quando però, nella redazio-
lectio difficilior); una forma simile sl
ne finale del testo, Jahvé conchiude il
trova in Philo, rer. div. her.94: À.oytcr-
patto per soddisfare una richiesta di A-
1'ijvai 'ti]V 1tlCT't'LV dç otxcctoo1)vtjv aù-
bramo (v. 8), allora si fa presto a sup-
i:Q, «la fede gli venne messa in co~to
porre che anche il giudizio giustificante
di giustizia»; equivalente è l'espress10-
debba esser stato pronunciato accoglien-
ne di /eg. alt. 3 ,22 8: olxat.O<; Èvoµt0'1'1}, do un'istanza di riconoscimento conte-
«fu considerato giusto», cfr. Barn. 13, nuta nella fede di Abramo. In questo
7: 7tt.O''tEUO'IX.<; É'tÉ1'l] EL<; Òt.XIX.tOO'U\ll]V' senso la fede è un merito. Se a questn
«avendo creduto, ciò gli fu contato a concezione si oppone forse ancora il si-
giustizia»; o a!lche il semplice ~otxmw­ gnificato di bii'fab, nel caso del Ps.ro6,
frtJ, «fu giusuficato», Iust., dtal. 2 3,~. 3 r (dove il giudizio proferito sulla fede
Solo la prima metà del verso appare 1~ di Abramo viene applicato anche all'a-
Philo, Abr.262; migr.Abr.44; tutto il zione di Finees) si cerca, modificando la
verso in Iub.14,6; Iac.2,23; Rom-4,3; forma qal in nif'al, sia di adattare la
Gal. 3,6; I Clem. ro,6: in tutti questi citazione al modo post-esilico di parla-
passi (tranne Gal.3,6) appare la forma re di Dio impersonalmente, sia di sot-
con ò€, più adatta alla citazione. trarre il giudizio all'àmbito della volon-
La caratteristica di questa espressio- tà personale, trasformandolo cosl in un
riconoscimento di valore generale. I
ne sta nel fatto che essa rende chiaro rabbini capovolgono ancor più il senso
che la salvezza viene elargita alla fede; originale sostituendo ~cdiiqa con t'kut,
e lo rende evidente in modo tale, da 'assoluzione' 21 • D'altra parte è degno
di nota che nella letteratura rabbinica
far diventare acuto il problema della hii'Jab è usato solo taramente per indi-
concezione del merito. care il 'computo' - in senso religioso -
delle opere umane, mentre si usa, tta
L'espressione appare concr.etame~te l'altro soprattutto he'eld k"'ìllu u . Que-
per la prima volta nella redaz10ne nas- sta esptessione commerciale calcola il

20 È difficile decidete se Gen.15 ,6 appartenga 199 ss.


a J (Gunkel) o a E (Procksch). Z2 WEBRR 2 80 ss.; STRACK-BILLERBRCK 111 121
21 Cfr. MooRE u 237; A. MEYER, Das Riitsel ss. Qui si deve notare il 'proprio come se': la
des Jk. (1930) r37; STRACK-BILLERBECK III realizzazione dell'uomo è sempre inferiore a
>..oylSoµaL B 4 (H. W. Heidland)

valore del merito umano confrontando II, coll. 1261 ss.} il movimento contra-
l'azione compiuta con un'altra il cui va- ri.o. Qualunque sfa il modo in cui va
lore contabile sia noto: «Quando l'uo-
mo onora suo padre e sua madre, il inteso ora il passo nel suo insieme, l'u-
Santo dice ... : glielo metto in conto co- so del detto si distingue chiaramente da
me se io avessi abitato tra loro ed essi quello tardo - giudaico, in quanto non
avessero onorato me» (m'lh 'n; 'lihm
viene messo in primo piano il merito
k'ilw drti binjhm wkbdwnj, Qid.b.30
b}. Con ~aiab, invece, anche nel caso della fede, ma il dovere che questa ha
in cui non sia espressa ·direttamente la di operare. Non è possibile decidere
immagine del computo, l'azione viene
con sicurezza quale sia qui il significato
prima esaminata nel suo carattere gene-
rale (di merito o di colpa}, cosl che il particolare di À.oyll;Eo-i}cxt, perché occor-
passo succitato suonerebbe: «Calcolo re valutare in blocco tutto Gen.15,6 co-
loro come giustizia il rispetto dei geni- me una 'massima'.
tori». Se dunque piisab (e quihdi Gen.
15 ,6) era inadeguato, per contenuto e In Paolo le cose stanno diversamen-
forma, alla terminologia rabbinica, pu- te; si giunge qui alla rottura radicale
re in ambito greco fu possibile ottene- col giudaismo proprio sul punto della
re un sostanziale adeguamento della ci-
tazione alla teologia post-esilica. Infat- comprensione di À.oyl!;Eo-i}cxt. In Rom.
ti, poiché nei LXX À.oylsEo-i}aL rende 4,3 egli cita G en.15,6 e poi continua:
hasab, abbiamo un termine che abbrac- -t@ OÈ. Èpyrx,l;oµtVt{l Ò µto-i}òc; OV Àoyl-
cia tanto l'idea dell'imputazione (il com-
SE..a.t xa...à. xapw &:>..À.à xcx...à ocpdÌ..T)-
puto in cielo delle azioni umane) quan-
to quella del merito (il riconoscimento µrx.· 'ti;> 8è. µ.1) Èpycx.soµÉVt{l, 'Jtt(nEUOV.. t
divino del valore della fede) , La cita- OÈ Èitt '!;ÒV OtX(X,tOUV't'CX. 'tÒV a(Yf~fj. 'ì..o-
zione (poiché naturalmente À.oyll;E<r~at
YLSE't'!Xt i] "l'ntc; cxù-.ov Elc; otxmoo-u-
poteva in primo luogo essere inteso sol-
tanto nel suo significato greco) viene VTJV, «a chi lavora, la paga non viene
così a significare che la fede viene mes- calcolata come una grazia, ma come
sa in conto di giustizia meritatamente, qualcosa di dovuto; a chi invece non
cioè perché ha effettivamente questo
valore. Gen. r 5 ,6 diviene pertanto la compie un'opera, ma crede in colui che
prova più valida del «merito del padre giustifica l'empio, la fede viene compu-
Abramo» e della fede in generale: r tata come giustizia» (Rom. 4, 4 s.). Ci
Mach.2,52; Iub.14,6; Philo, Abr.262;
leg. atl.3,228; migr. Abr.44; rer.div.her. son tre modi di interpretare questo 'ì..o-
90.94. ylsEcri}at: r. si prende come punto di
Nel N.T. subentra con Iac.2,23 (~ paragone in Gen. 15 ,6 solo la fede e

quanto Jahvé gli 'accredita'. Nel caso opposto, il 'conto' che deve essere reso a Dio. Per il
cioè nel caso di una trasgressione della legge, passo seguente (Qid.b.30 b) v. la valutazione
vale analogamente lo stesso. Si trova più fre- dello sfondo storico· religioso in R. MEYER,
quentemente il sost. f}eJb011: cfr. Ab.3,1: dl11 Helle11istisches in der rabb. Anthropologie =
~f}eJb8111 in senso commerciale; in questo BWANT IV/2I (1937) 20SS .
modo può essere usato in senso figurato per
À.oylt;op.m B 4 (H. W. Heidland)

non si considera invece il tipo del giu- sbaglia se si vede nel Àoyl~EO'thx.t xcx.-rà.
dizio, ritenuto inadeguato a motivo del- ocpElÀ'l)µa. una descrizione del computo
l'uso che se n'è fatto nel tardo giudai- giudaico dei meriti (in altre parole, il
smo 21; 2. partendo dal significato gre- significato greco), mentre xcx.-rà xcipw
co 24, si spiega il computo tenendo con- riproduce esattamente quanto pafob e-
to del contenuto della fede, al quale si sprimeva nel testo originale (RJB). In-
farebbe qui riscontro rnmodo giuridico vece di immaginare nel ÀoylsE<ritcx.t xcx.-
e obbiettivo25 ; 3. seguendo la spiegazio- -.ù. xcipL\I uno zeugma 27, si può presup-
ne che Paolo stesso ·fa seguire alla cita- porre, proprio dove l'espressione inten-
zione e che è negativa ed usata in ge- de la citazione, che Paolo, anche se non
nerale al v. 4, mentre è positiva e di- si rifà proprio al testo originale stesso,
rettamente riferita alla citazione nel v. abbia presente consapevolmente il senso
5, si sostiene che l'Apostolo distingue ebraico, da lui usato anche altrove, di
tra un Àoyl~E<Ttkit X.<X.'tà. )CÙ:pt\I ed uno ÀoylsE<rt}cx.t dei LXX e se ne serva dia-
xcx.-.à. ocpElÀ'l)µcx.: questo è l'opposto di letticamente contro quello greco 28 •
ciò che s'intende in Gen.r5,6 e indica il
In base a questo significato, cioè con
calcolo doveroso della paga per chi ha una conseguente utilizzazione del xa:rà.
fatto un lavoro; quello invece, che de- x<ipw di Rom.4, si può comunque giun-
scrive il giudizio della citazione, carat- gere a una chiara soluzione del proble-
ma posto in Gen. r 5 ,6, in primo luogo
terizza il dono grazioso che vien fatto per quanto riguarda l' esclusione della
a· colui che rinuncia a qualsiasi pretesa, concezione meritoria, che è già elimi-
anche a quella legata all'opera svolta, e nata per il fatto che il concetto ebraico
non contiene affatto l'idea di registra-
si affida a Dio che giustifica il peccato- zione o computo. Il passo può esser
re il quale, appunto, non può accampa- anche tradotto così: «la fede gli viene
re alcun diritto 26• Certamente non si riconosciuta come giustizia» o, ancor

23 Cfr. A. DElSSMANN, Paulus' (1925) I32; significato del tutto diverso.


A. SCHWElTZER, Die Mystik des Apost. Paulus 27 Come si dovrebbe, se si tenesse presente il
(1930) 202; W. MICHAHLIS, Rechtfertigung significato greco corrente.
aus Glauben bei Paulus, Festgabe fiir A. Deiss- 28 CREMER-KOGEL, s.v. e ZAHN, Rom., ad l. in-
mann (1927) 122, dicano sl il significato particolare di >..oylso-
24Il concetto corrisponderebbe quindi, più o µaL nei LXX, ma non ne sottolineano la diffe-
meno, a quello di Rom. 2,26; 9,8. renza da quello profano. Inoltre, contraria-
mente al parere di Zahn, anche con una sem-
25 Cosl sostiene G . ScHRE.NK ~ II, coli. 1278 plice costruzione col dat. si può ben trattate
s.; H. D. WENDLAND, Die Mitte der paul. Bot-
del significato ebraico. Anche se il primo tra-
schaft (1935) 43. duttore di Gen.r5,6 può aver avuto presente
26 Cfr. KiiHL, Rom.; LIETZMANN, Rom.; il significato greco, non è stato naturalmente
SCHLATTER, Rom., ad l.; costoro non tengono possibile impedire che s'insinuasse anche qui,
però conto del fatto che sia nel greco profa- più tardi, il concetto ebraico quale si era pre-
no che nel tardo giudaismo À.oyl!;Eulhxi ha un cisato altrove.
ì..oyl!'.,oµCl.~ B 4 (H. W. Heidland) (1v,295) 786

meglio: «la giustizia viene assegnata a me giusta, allora l'uomo è veramente,


chi crede» 29• In secondo luogo notiamo effettivamente giusto agli occhi di Dio.
che il giudizio è collocato nella volontà La realtà del giudizio di Dio è la real-
graziosa di Dio ed è pertanto sottratto tà normativa per l'uomo; per mezzo del
ad ogni criterio umano, che con la pa- ÀoylsE<rì7a.t di Dio egli diviene una nuo-
rola 'merito' anticipa il giudizio. Non va creatura. Per questa ragione Gal.3,
interessa che cosa sia la fede 'di per 2-6 può equiparare la giustificazione al-
sé' 311• Questa è l'unica risposta, quando la ricezione dello Spirito e comprovare
ci si domanda perché proprio la fede la giustificazione citando proprio Gen.
venga dichiarata giusta; lo stesso modo lJ,6.
di porre il problema viene respinto co- La separazione dal giudaismo è, cosl,
me falso e lo sguardo, distolto da ogni completa e va tenuta in tanto maggior
debolezza e da ogni presunta grandez- conto in quanto Paolo sottrae all'avver-
za umana, viene indirizzato alla grazia sario, con Gen.15,6, l'argomento prin·
di Dio: poiché è di questa che si tratta. cipale, corregge i LXX e contribuisce al
Dopo che la concezione meritoria è sta- risorgere della concezione profetica. D'al-
ta cosl fondamentalmente superata, ab- tra parte, nonostante la situazione pole-
biamo però anche una risposta positi- mica, À.oyl~e:<ri}a.t va posto sullo stesso
va, senza che venga comunque concessa piano di &xtX.toih1; se questo termine
alla fede, in quanto comportamento u- mostra Dio in veste di giudice, Àoyl-
mano, una particolare dignità, per es. SEO'ì1at lo presenta in quella di padre.
di rinuncia. Una tale risposta, che con- Per questa ragione i due concetti si
sidera la fede di Abramo come 'tipica', completano a vicenda e la croce è defi-
suona: Perché la fede, che si sottomette nita completamente soltanto mediante
fiduciosa al giudizio e alla grazia della questa doppia comprensione, in questo
croce, è l'unico comportamento umano suo duplice aspetto di giudizio e di gra-
per il quale il Àoylse:O"itm di Dio av- zia.
viene xa:t'~ X~PW (v. 168 ) . Poiché sol- Dopo Paolo questa comprensione si è
tanto il credente è pronto a vivere del- persa rapidamente e Gen. l 5 ,6 è dive-
la grazia di Dio, anche questa grazia gli nuta una formula pia, pietrificata e ri-
viene data come giustizia (vv. 20 ss.). petuta; il fatto della fede di Abramo è
Cosl il significato di À.oylse:O"ittX.~ non ci utilizzato solo a fini parenetici ( r Clem.
fa mai dimenticare che questa 'motiva- 10,6), mentre n.oyl<rl)T}, quando si de-
zione' è possibile soltanto come ripeti- ve evitare il senso greco, è sostituito
zione, come eco di quella proclamazio- con È't'ÉÌ}'l') (Barn.13 ,7) o con ÈOtxatw·
ne di giustizia che è avvenuta sulla cro- ih1 (lust., dial.23,4).
ce, cioè nella fede (vv. 23 s.). Anche
quanto era stato prima detto sulla ten- b) La non imputazione del peccato:
denza del giudizio alla realtà acquista Rom.4,7 s.; 2 Cor.5,r9 secondo il~ 31,
ora importanza: la proclamazione di
2.
giustizia non è una finzione a fianco del-
la realtà 31 • Se Dio considera la fede co- LXX: µtX.xciptoç. &.vl)p, ov où µ1J Ào-

29 Questa sarebbe cioè il prolungamento con- 30 Cfr. (anche per quanto segue) G. SCHRENK
seguente del pensiero del v. 4, che nondime- ~ IX, col. 1278 s.; SCHLATTER, Ram., ad l.
no viene tralasciato perché Paolo si occupa li Cremer-Kogel, come anche Zahn, si avvici-
nuovamente di Gen. 15, 6 (cfr. LIBTZMANN, nano molto, nella loro interpretazione, a que-
Ram., ad l.). sto senso cli >..oyl~<r&«~.
Àoyl!;oµai B 4 (H. W. Hcidland)

ylcr'r)-taL xvpLoç àµap-tlav (cod. A), sua unità: secondo 2 C01'.5,19 Dio non
«beato l'uomo il cui peccato il Signore ci imputa i peccati perché Cristo è di-
non computa»; il cod. sac ha, in corri- 32
spondenza dell'ebr. lo, i{). Anche le ci- ventato per noi peccato • Con tale pie-
tazioni oscillano: Rom. 4,8: où (codd. nezza di contenuto ifJ 3I,2 sta a fianco
BSDG}, éi) (codd. AC, recens. koiné di Gen.15,6 in Rom.4,8 e motiva nega-
plur.); I Clem .50,6: ou (cod.A), éil (ree.
koiné); Iust., dial. I 4I ,2: <{). Malgrado tivamente l'antitesi otxc:uoau\IT} :x;wptc;
questa oscillazione la ·distinzione tra ou Epywv (v. 6), com'essa era stata prima
ed <{) può esser molto importante. Se .chiarita positivamente mediante Gen.15,
nonostante l' ebr . .lo i LXX hanno où, 6.
può essere che ciò sia dovuto all'inten-
zione di evitare il significato commer- Se si considerassero Gen.15,6 e o/ 31,
ciale di 'mettere in conto', che risulte- 2 come equivalenti (computo della fe-
rebbe dalla traduzione letterale Àoyl- de == non imputazione del peccato) -
se:crital 't'WL; Àoylse:crihtL è forse da ren- cosa non richiesta necessariamente dal
dere allora con 'considerare', come in passo in esame - ne risulterebbe un no-
Is.I3,I7;; 33,8; 53,3. In ogni caso il tevole restringimento del significato di
significato greco viene alterato nei LXX Gen.15,6; è molto meglio veder qui una
per il fatto che il motivo per la non im- serie di citazioni legate dal À.oylsEcrì>aL
putazione del peccato si trova nel sog- ricorrente. Allora sarebbe solo questo
getto e non nell'oggetto {vale a dire, per termine in sé, nel suo carattere ebraico
il fatto che non c'è alcun rapporto di di giudizio di grazia, evidentemente so-
colpa tra l'azione e chi la fa}. prattutto secondo ~ 31,2, il termine di
. Come il greco fu sorpreso linguisti- paragone. In contrasto con ciò, Iust.,
dial. 141 ,2 s. (<{)), opera nuovamente col
camente dall'irruzione della grazia nel- significato greco e capovolge il momen-
la giustizia divina, cosl il giudeo lo fu to della grazia, motivando la non impu-
sostanzialmente. Soltanto sulla croce ciò tazione con l'espiazione dei peccati me-
diante la penitenza.
che nell'A.T. era inconciliabile trova la H. w. HEIDLANO

À.oyLx6c; ~ coII. 396 ss. Àoytaµoc; --> coll. 769 ss. ·


Mytov ~ coll. 382 ss. À.oyoµa:x;Éw, -l<1. ~ coll. 399 s.
Mytoc; ~ coll. 380 ss. Myoc; ~ coll. 199 ss.

32 Cfr. DrT'I'., Or.595,r3 ss., per un testo che Èav-coi:ç eì.oy~craµEl>a, ~\lct µ~ 't~V 'ltOÀW (3a-
comprova un addebito sostitutivo nel mondo pwµev.
degli affari: -cà yàp ~-ct:prx. avaÀwµa-ca ...
Àotliopéw (H. Hanse)

t Ào1.oopÉw, t À.01.ooplcx.,
t Àoloopoc;, t civ-nÀ01.oopÉw

~ (3).acrcpT)µÉw, ~ 6'm8i~w dea che l'insolenza e la diffamazione


sono il primo passo dell 'uccisione fa
Gruppo di parole greche abbastanza pensare alla spiegazione che Gesù dà
comuni, mancanti solamente nei papiri, del quinto comandamento nel sermone
che significano tutte insolentire, ingiu- sul monte, con la sola differenza che
riare, oltraggiare, offendere, anche be- per Gesù l'ira (cfr. Did.3,2) e l'offesa
stemmiare, imprecare (ma per sé, non sono già trasgressioni del cornandamen-
in senso religioso). In Grecia l'ingiu- to 3. In Ecclus 29,6 vanno notate le pa-
ria e l'offesa avevano una grande im- role prossime a À.otoopla.: X(l.'t'apa. e
portanza nella vita pubblica: già tra gli (i't°Lµla. Test. B. 5A ha l'agg. Àol8opoc;
eroi omerici, poi nella vita politica del- che riprende il verbo ù~plsEtV. Filone
la democrazia, nella commedia, nei gran- ha À.otSopl(I. nel senso di scherno logi-
di oratori. Faceva parte dell'arte del vi- camente connessa con xa.-i-ripa (decal.
vere essere insensibili alle insolenze; ma 75) e in una specie di elenco di vizi
questo vizio della maldicenza fece an- (som.2,r68); in agric.rro parla di una
che molto danno in concreto 1• gara (duello) d' imprecazioni e offese
Nei LXX 2 Àot8opEC:v e Àotoopia. ren- (À.oL8oplw; &µLÀ.À(I.}; v. sotto.
dono generalmente r2b (À.oto6pT)tnc; ren-
de il nome geografico mertba i.I). Ex. I 7, Nel N.T. si trova 4 volte il verbo, 2
7) ed hanno pertanto il significato un
il sostantivo e 2 l'aggettivo nel signifi-
po' diverso di litigare, disputare, scat-
tare (per l'ira, l'indignazione); nei se- cato greco corrente. Si possono racco-
guenti passi si è invece più vicini al gliere i passi come segue.
senso greco solito: 'IEp.36,27 ha À.ot8o·
PELV (nel cod.S e nelle traduzioni più r. ÀoL8opEiv è, in chi lo fa, un tratto
tarde; i codd.A B hanno cruÀ."À.otoopELV) di carattere cattivo e non cristiano; per
per ga'ar, rimproverare; Prov.10,18 ha
· À.ot8opla per dibba, che significa calun- questo motivo troviamo Àoi8opoc; due
nia, maldicenza ed è solitamente tradot- volte in un elenco di vizi, in I Cor.5, I I
to altrimenti; tale senso ricorre anche e 6,10. È soprattutto vietato, già se-
negli apocrifi; il verbo in 2 Mach.r2,14 e
Àotoopl(I. tre volte nell'Ecclesiastico. condo il parere dell'A.T., verso un su·
L' agg. À.ol8opoc; appare tre volte nei periore; per questo in Act. 23, 4 vien
Proverbi e una nell'Ecclesiastico col si- chiesto a Paolo: 't'Ò\J &.pxLEpÉa. -.ou i)Eou
gnificato di litigioso; in Ecclus 27,15 si À.ot8opEic;; «insulti il sommo sacerdote
incontra il composto 8ta.Àot8opT)crtc;.
Per il suo effettivo interesse va ricor- di Dio?»; egli, rispondendo ( v. 5), fa
dato particolarmente Ecclus 22,24: l'i- notare che avrebbe evitato l'offesa in-

ÀotliopÉw x-ç)..,
1 Al proposito v. J. BuRCKHARDT, Griechische 3 Cfr. G. BER'l'RAM, Bergpredigt tmd Kultur:
Kulturgeschichte (ed. J. 0ERI) n' (1930/31) Zeitschrift fiir dic evang. Religions-Unterricht
353-363 [KLEINKNECH'l'). 43 (1932) 338 s.
z Cfr. HELllING, Kasussyntax 20 ss.
791 (rv,296) ì..otEoptw (H. Hanse) (rv,297) 792

tenzionale (v. 3: 'tOLXE XEXO\ILCX.(.llVE, ( H.oto6pricra.v a.v't'6v) sono veramente


<{muro imbiancato»), se avesse ricono- dirette a Gesù (Éxd\lou, «di quel tale!»;
sciuto il sommo sacerdote 4, poiché «sta v. 29: «non sappiamo da dove costui
scritto: &pxov't'a. -.ou À.a.ou <rou oùx É- venga»).
pci:ç xa.xwc;», «non parlar male del capo Per questa ragione i cristiani devono
del tuo popolo». In questo passo il sen- seguire l'esempio di Gesù che <dnsul-
so del ternùne passa nell'ambito religio- tato, non ribatteva con insulti»5 (r Petr.
so: il sommo sacerdote sta davanti a 2,23). Dietro quest'idea c'è senz'altro
Dio, e insultarlo, -massimamente nell'e- il racconto della passione; si pensi, per
sercizio delle sue funzioni, equivale ad es., a Mt. 26,63; 27,29.44; Io. 18,23.
offendere Dio, a bestemnùare. Un'idea Particolarmente intetessante è l'ultimo
simile abbiamo in mart. Polyc. 9,3: al passo, proprio se lo si confronta con
vecchio Policarpo non sale alle labbra Act. 2 3: Gesù non tace completamente
alcuna ingiuria contro Cristo (À.oto6pri- a tutti gl'insulti, ma attribuisce impor-
<lO\I -.òv Xpt•nov); egli è il suo re e sal- tanza al fatto che le sue parole non so-
vatore e non può 'bestemmiarlo' (~À.a.­ no state pronunciate xa.xwç.
<Tq>lUJ.ij<ra.L ). Anche i cristiani non ribattono se
2. Un gruppo di passi trattano di vengono offesi, non rendono ingiuria
come si debba comportare il cristiano per ingiuria (µ1} Ò:7tooto6\l't'E<; À.otoopl-
quando è oggetto del À.otoopEL\I, quan- 3
a.v ò:v-.t À.o~oopla.c;, r Petr. ,9) 6 •
do subisce la À.otooplrx.. Un posto a par- Essi non si limitano però a soppor-
te ha r Tim.5,14: il cristiano deve evi- tare l'insulto in silenzio, come «l'uomo
tare di dare qualsiasi occasione alla mal- santo» di cui test. B . 5 ,4 tesse l'elogio:
dicenza (À.oioopla.). Il tacito presuppo- per compassione verso l' oltraggiatore
sto di questa raccomandazione è che i egli tace e cosi lo umilia; invece, essi
cristiani sono particolarmente esposti vincono l'offesa ricambiandola con la
alla À.oioopla. per amore del loro Signo- benedizione: -.ouva.v"t'lov oÈ e:ùÀoyouv-
re (v., per es., Mt.5 ,n; rn,25). Que- "t'E<;, «al contrario benedicendo» (r Petr.
sta è già l'esperienza del cieco nato (lo. 3,9) 7 •
9,28), poiché le ingiurie rivolte a lui In questo modo si può giungere alla

4 Si può riconoscere in queste parole un'iro- antichi» di cui Philo, agric.no racconta: «Una
nia amara: dal suo comportamento quest'uo- volta che fu sfidato ad una gara di parolacce,
mo non poteva esser riconosciuto, Il, come egli rispose che non si sarebbe mai impegnato
sommo sacerdote. in una tale gara, in cui il vincitore risultereb-
s à.v't~Ì..oiEopEi:v (S* Vg hanno il verbo sem- be peggiore del vinto».
plice): il termine è molto raro, ma si riscon- 1 Il passo è ripreso, tra l'altro, da Polyc., ep.
tra ugualmente nella letteratura classica 2,2, ampliato con altri elementi, tra cui xa.-tà.-
6 Essi si comportano pertanto come «Uno degli pa., e allacciato a Mt.7.
À.ouw (A. Oepke) (IV ,298) 794

forma pregnante di r Cor-4,12: À.otoo- che là dove si tratta dei 'peccati di lin-
povµE\IOL Eù)...oyovµEv, «se e' insultano gua'; anche qui; come nel sermone sul
benediciamo» (N.B. al v. ro: per amo- monte, i limiti umani vengon fatti sal-
re di Cristo), riecheggiata ancora da tare: dove si risponde benedicendo al-
Diogn.5,15. l'ingiuria, ll è spuntato il regno di Dio,
Cosl la forza del vero cristianesimo n la nuova creazione è diventata realtà.
che vince il mondo dà prova di sé an-
H.HANSE

t À.ouw, t &.7toÀ.ouw, t J..ou't'p6v 1

2. bagni sacri e purificazioni.


~ ~Cl1t'tlsw, xai}aplsw B. À.ouEw x-.).. nelt'A.T. e nel giudaismo:
x. l'A.T.;
SOMMARIO: i. il giudaismo.
C. ).oue~v X'tÀ. nel N .T.:
A. I tern1ini nell'ellenismo: r. il senso profano;
r. l'uso linguistico comune; i bagni nell'an- 2. Ia riflessione teologica;
tichità e la posizione della chiesa nei loro 3. esame dei passi pertineti.
confronti; D. Àovew x:tÀ. 11ella chiesa.

>-.ovw X'tÀ.
RE' XVI 564 ss.; RGG' IV i847 ss.; PAULY - spec. 1 108 ss.; W. BRANDT, Die jiidischen Bap.
W. '(1896) 2743 ss .; I. v. MiiLLER, Die grie- tismen (r910); DEISSMANN, N. B. 53 s.; Io.,
chischen Privataltertiimer=Handbuch Kl.A.W. L.O. 86; W. RAMSAY: Exp. 7"- ser. 8 (1909)
2
IV l,2 (1893) 132 ss.; H. BLtìMNER, Die rO- 280; BACHMANN, JoH. Wsrss, r Kor. a 6,11;
mischen Privataltertiimer, ibidern xv 2,23 (19n) DIBELIUS, Past. a Tit. 3,5; WINDISCH, Kath.
420 ss.; P. STBNGEL, Die griechischen Kuttur· Br. a 2 Petr. 2,22; BAUER, ZAHN, TrLLMANN,
altertumer, ibidem v 33 ( 1920) 1.55 ss.; RoH- ]oh. a 13,10; H. WINDISCH, Joham1es und
DE9'10 spec. II 71 ss. 405 ss.; L. DEUBNER, At· die Sy11optiker (1926) 70 ss.; C. A. F. KNIGHT;
lische Feste (1932) indice s.v. Bad, À.ou'tplSEç, ERE v 8r4ss. s.v. Feetwashfog; Eo.SCHWARTZ:
Rei11ig11ngen; TH. WXcHTER, Reinheitsvor- NGG phil. · hist. ICI. {r907) 344 ss.; J. KREY-
schriften im griech. Kult = RVV 9,1 (1910); J. ENBUHL, Das Ev. der Wahrheit (1905) IJ 102
HECKENBACH, De Nuditate Sacra = RVV 9,3 ss. (vede in lo. I3,10 una polemica eretica con·
(r911) 3; E. FruuLE, Die kultische Keusch· tro il battesimo cristiano, più o meno come
heit i111 AJtertum = RVV 6 (1910) indice s.v. R. RBITZENSTEIN, Die Vorgeschichte der chri-
Baden kultiscbes, Weihwarser;· per le abluzio- stlichen Ta11/e [1929] 160 n. r); R. ErsLBR,
ni di immagini di dèi r7r ss.; J. ZELLINGER, Zur F11sswaschung am Tage vor dem Passah:
Bad rmd Bader in der altchristl. Kirche (1928); ZNW q ( r 9x3) 268 ss. (la lavanda dei piedi
F. J. DéiLGER, Jcbthys II (1922) indice s.v. è un simbolo mistico delle nozze di Cristo con
Bad, ÀOVEO"t'>a~, À.ov-ep6v, ecc.; ID., Antike rmd la comunità); P. FIEBIG, Die Fusswaschrmg:
Christentum I (r929) 143 ss. 156 ss.; In., Sol Angelos 3 (1930) 121 ss.; B. W . BACON: ExpT
salutis2 (1925) 20 s.; 343 s.; STBINLEITNER, 43 (1931/32) 2r8 ss. (pensa che in Efeso si ce·
spec. 85 ss.; ScHiiRER, indice s.v. Rein tmd un- Iebrasse una lavanda sacramentale dei piedi
rein, Reinigungen, Hii11dewasche11, \Vaschrm- alla vigilia di Pasqua; per il resto segue Eis-
ge11, Essener; BoussBT - GRBSSM., indice s.v. T. BR); H . v. C AMPENHAUSEN, Z11r A11slegrmg
Rr:inheitsvorschrifte11; S TRACK - BILLERDECK, von Joh.r3,6-ro: ZNW 33 (1934) 2.59 ss.; F.
795 (rv,298) À.ouw A 1-2 (A. Oepke)

A_ I TERMINI NELL'ELLENISMO di Omero si conosceva inoltre il bagno


caldo; i palazzi cretesi e micenei sono
r. L'uso linguistico comune; i bagni
costantemente forniti di stanza da ba-
ndt'antichità e la posizione della chie- gno. Il bagno in vasca era spesso pre-
sa nei loro confronti ceduto da un bagno freddo, poiché non
serviva tanto a pulire quanto a rinfor-
Mentre 1tÀ.VVEtv indica la lavatura zare e curare il corpo, soprattutto do-
dei vestiti e vlt,Ew (o \IL1t"t"EL\I) quella po una pesante fatica. Nel III sec. a.C.
della faccia, delle mani o dei piedi, À.ou- i Romani adottarono il bagno greco,
ELV sta a significare la pulizia generale chiamandolo col nome che ancora por-
del corpo (raramente ha come oggetto ta (balneum =ea.Àa.vEi:ov) e la innalza-
una cosa~ P.Floi:'.384,30): lavare, ba- wno, soprattutto per mezzo dei loro
gnare; trans. -ròv o' "H~ri À.ouow, «Ebe ipocausti, ad un lusso inaudito; nella
poi Io lavò» (Horn., Il.5,905); di so- Roma imperiale si contavano 856,927
lito al medio: lavarsi, bagnarsi; assoluto o persino 956 bagni. Il bagno occupava
P. Flor m 322, II, col gen. ('1tO"t"t'J.µofo, una parte notevole della vita degli an-
Horn., Il.6,508), con &:11:6 (xp1Jvriç, Hc- tichi: si facevano di solito più bagni
rod_3,23) o anche col dat. e l'ace. (uocx.- consecutivi, alternando quelli caldi a
·n i:ò crwµa., Hcrod-4,75). quelli freddi, insieme con sudorazioni e
o:rcoÀ.ouew si costruisce in modo ana- unzioni d'olio. Se un villaggio è in po-
logo, più spesso con una cosa per og- sizione tale da poter offrire agli abi-
getto (À.oVEL\I èirr:o epo"t"O\I, «lavar via il tanti i1Epµwv ùoa:twv Àov•pa, «bagni
sangue», Hom., Il.14,7) o con doppio d'acqua calda», per la salute e l'igiene
ace. (Il<hpoxÀ.ov À.OVELV èi1to eponv, del corpo, oltre che per il piacere ('tp0-
«lavare Patroclo dal sangue», Il. 18, <p1] ), ciò viene considerato un agio par-
345); al medio anche con l'ace. (crwµa., ticolare e messo in debito risalto (Ditt.,
Longus l,13; ~po•ov, Horn., Il. 23,41). Syll.l888,124s. [238 d.C.]). Un uomo
À.ou•pov indica il bagno, lo stabili- confessa di aver tralasciato profumi e
mento dei bagni, generalmente al plura- bagni da quando la sua donna l'ha ab-
le, da Omero fino ai papiri (-tà oriµ6cna. bandonato (P.Oxy. III 528,10). La chie-
À.cvi:pa, «i bagni pubblici», P. Oxy. x sa non ha avuto un atteggiamento di
1252 verso 22 [III sec. d.C.], da Esio- chiusura verso gli usi balneari comuni
do in poi anche al singolare: l'acqua del tempo, ma si è opposta agli eccessi.
per il bagno, il bagno (À.ou•pov ÈCT'tW,
ou 1to-roç, «é un bagno, non un'orgia», 2. Bagni sacri e purificazioni
Alexis, /r.9,u, C.A.F. II 300). Secondo la concezione primitiva esi-
Fin dai tempi più antichi i Greci fu-
ron soliti bagnarsi nei fiumi e nel mare ste un'impurità di grado superiore: in
e molto presto vennero costruite anche alcune condizioni e momenti della vita
piscine. Il nuoto ad Atene era un'arte umana (nascita, mestruazione, malattia)
che, in certa misura, tutti dovevano pos-
sedere: µ1)n ypaµµa.-ra. µ1)-.E 'IJEi:v Ènl- sono all'opera i dèmoni che, quasi ani-
11-rw-v-ta.t, «non sanno né scrivere né me senza dimora, svolazzano anche at-
nuotare» (Plat., leg.3,689d). Già prima torno al cadavere dell'uomo (se si tratta

M. BRAUN: RB N.S. 44 ( 1935} 22 ss. (mette .in di Gesù). ~ ~CJ..'lt'tll;w, nota bibl.
giusta correlazione l'esempio e l'opera salvifica 1 Lat.: lavare; nuovo alto tedesco: La11ge.
797 (IV, 298) Àovw A 2 (A. Ocpke) · (Iv,299) 798

di un assassinato, essi sono soprattutto dopo aver fatto l'amore» (16, 20 p.


spiriti di vendetta) e persino alla caro- 745, ed. A. Meineke [1877]). Clemen-
te Alessandrino non soltanto è a cono·
gna di un animale. Dietro questa visio- scenza di usanze simili nel suo ambiente
ne animistica appare però un momento (~II, col. 48 ), ma ha già osservato an-
ancora più primitivo, nel quale si pen- che i paralleli stmico-religiosi e cultuali:
'tWV µUCT't'f)PtWV 'tWV 7tetp' "EU:ricnv
sa ad un µlacrµa materiale: chi ne vie-
&px;EL µÈv -i-à. xaltapcna, xa.M.1tEp xa.t
ne colto non soltanto è in pericolo egli 'tote; SetpS&.poLc; -i-ò Àou-.pòv, «i misteri
stesso, ma costituisce una minaccia con- greci si aprono con cerimonie di purifi-
tinua per tutto ciò che lo circonda, cazione, come quelli barbari con la lu-
strazione» (strom.5 ,rr,70,7).
ha quindi bisogno di una purificazione.
I tabù benigni e maligni sono talora Fino a questo momento non siamo
apparentemente stati in grado di accer·
molto vicini tra loro e rendono entram- tare riti primitivi di purificazione nel-
bi necessaria, in misura molto simile, l'ambito della cultura cretese-micenea,
una purificazione (-+ rv, coll. 1258 ss.). e i Greci li hanno probabilmente por-
tati con sé dall'Asia. Presso questo po-
All'inizio si pensa quasi esclusivamen- polo le purificazioni sono presentate in
te a fattori fisici e naturali; vengon poi tutti gli aspetti della vita, anche se, in ge-
gradualmente giudizi etici di valore che nere, esso non si è contraddistinto per
una particolare scrupolosità nell'eserci-
possono esser presenti per lungo tempo zio della teligione. Si pensava che fa
come stati d'animo, prima di venire ef- presenza, in particolare il contatto, del-
fettivamente espressi. Vediamo così co- fa donna mestruante distruggesse le bia-
de e rendesse amara la frutta; forse
me ci siano in tutto il mondo antico i Hes., op. 753 s., accenna al bagno che
presupposti per i bagni sacri. la donna doveva fare: µ110È yuvaLXEtcy
À.ou-.pQ xpoa cpaLopv'VEcrl}ett àvÉ.pa,
Per l'Egitto (-+II, coll. 46; 50 ss.; 5 6 «l'uomo non deve lavarsi dove ha fatto
n. 30). Riguardo ai Babilonesi Strabone, il bagno una donna» («altrimenti va in-
avendo presenti anche le corrispondenti contro a una severa ammenda»). Tale
usanze persiane, dice: Òcraxtç o' flv µE~­ b;tgno è sicuramente attestato nella li-
xitwciLV à,)v).1}À.ot<;1 Èmitvµtacrov·m; Èl;o:- turgia di Sunio (~col. 802 ). Prima del
vlCT'tet,V'tU.L ~X&.'tEpoç xwplç· 15pì1pov OÈ matrimonio i fidanzati facevano il ba-
'ìvoVOV'tO:L, 'l'tptv &.yyElov 'tLVÒç li\jlcurì>at' gno a casa servendosi di acqua attinla
'l'taprmÀ:ricrlwç y6:p, WCT'ltEp a1tÒ VExpov da una fonte sacra 2 • Ogni rapporto ses-
'tÒ À.OU'tpÒV Èv EllEL Ècr'tlV, oihw xat a- suale dev'esser seguito da una comple-
1CÒ cru\lovcrlaç, «ogni volta che hanno ta abluzione (~II, col. 48 ). Dopo un
rapporti sessuali tra loro, si alzano ed parto sono impuri non solo la madre
escono separatamente ad offrire incen- e il neonato, ma anche quanti abbiano
so; e la mattina si lavano prima di toc- toccato la puerpera; l'aborto causa una
care qualsiasi recipiente: infatti, come contaminazione particolarmente grave,
si è soliti fare un'abluzione dopo aver poiché si tratta in questo caso anche di
toccato un morto, così avviene anche qualcosa <li morto (~col. 802 ). La pu-

2 ~ I. v. MuLLER r48.
799 (IV,299) '>..ouw A 2 (A. Oepke) (1v,300) 800

rifìcazione della puerpera richiede, tra w.> ~apEi:a.v È~aM;wµm ~Eiic;, «ai pra-
l'altro, un bagno completo: v. la litur- ti della spiaggia, ora, ai lavacri / andrò,
gia di Ereso (--Hol.803) righe 5ss. sf ch'io, purificando tutte / le mie soz-
(il senso va integrato secondo il conte- zure, della Diva sfugga / alla collera
sto). La purificazione del neonato av- grave» (trad. Romagnoli) 3 • In modo
veniva nelle cosiddette anfìdromie, in particolare tutto quello che ha a che
origine il 5° giorno dalla nascita, quan- fare con la morte è considerato impu-
do si portava il piccolo intorno al fo- ro e rende necessarie delle abluzioni. I1
colare. Qui ci sembra di scorgere una morto stesso è impuro 4 e contamina
traccia di una lustrazione di fuoco, co- quanto viene in contatto con lui, per
me indica anche l'uso della fiaccola (--> ·es. abiti, la casa del defunto, sopratut-
coll. 58 ss.). Non è attestato sicuramen- to i familiari. Le purificazioni occorren-
te che il bagno del bambino sia una ti vengon fatte, tra l'altro, con acqua;
usanza sacra (Ditt., Syll.1 n68, 6 pre- 1:0Ù<; µLa~voµÉvouc; À.OUO"C1.µÉVOU<; ... v6a.-
senta un uso profano), ma, considerate -.oc; xucrt xa.i}a.povc; E"lvat, «i contaminati
le analogie, è probabile che lo sia e che si saranno lavati... usando acqua sa-
Callim., hymn.r,15 s., può essere inte- ranno puri» (ordinanza funebre di Ceo,
so in questo senso. In casi di malattia v sec. a.C.), Ditt., Syll.' 1218, 30; cfr.
i bagni dovrebbero allontanare il mia- inoltre ~ coll. 802 s. gli ordini di cul-
sma e i dèmoni. Asclepio prescrive spes- to. Al momento di lasciar la casa del
so abluzioni che servono a guarire e a morto ci si doveva purificare asper-
far passare il dolore: aùi:òv Ot' a.ùi:ov gendosi con l'acqua di un bacino posto
À.ovcrihx.t. .. À.ouoµEvoc; OÈ ovx r}À.rricra., davanti alla porta; l'acqua dev' esser
«lavarmi da me stesso ... e mentre mi la- presa da un'altra casa, perché il pozzo
vavo il male sparh> (Ditt., Syll.' rr70, dell'abitazione del defunto è anch'esso
8.22; per concomitanti cure raziona- contaminato. La partecipazione alle e-
li ~ IV, col!. 707 s.). A Epidauro un sequie e persino l'incontro fortuito con
consigliere della città fonda un «bagno un corteo funebre richiedono un bagno,
di Asclepio» (' AcrxÀ.11mou Àoui:p6v, così che Giuliano consiglia di fare il
Paus. 2,27,6). Particolarmente la follia funerale preferibilmente di notte (Iul.,
è opera di potenze avverse e richiede ep. 76[ 77] p. 601,20 s., Hertlein): "t'oi:c;
purificazioni: Aiace, che in un attacco Of. Elc; -. à. tEpà. (3a.olsoucrw ov i}lµtc; 'ltpo-
di pazzia fa strage di armenti, esclama crEMEi:v ÈO""t'L TCpLv ~'ltoÀouirwrl}a.~, «non
(Soph., Ai.654 ss.), con tragica allusio- è ammesso che quanti si recano a ceri-
ne alla propria morte: &,),,),,'ELµ~ 7tp6c; monie sacre procedano senza essersi pri-
i:E À.oui:pà. xa.t 7ta.pax-.louc; I ÀEtµw- ma purificati». L'omicidio suscita un
va.c;, wc; /:lv Mµa.i}' àyvlcrac; ɵà. I µ:ij- orrore particolare, e a questo punto

3 È interessante che i ciarlatani e i sacerdoti mettere a repentaglio la vita ( -ròv µÈv À.ou<r<J.V·
mendicanti, il cui affaccendarsi fa infuriare un 't"E~!iyvòv À.ovoçp6v, Soph., Ant.1201, cfr. 901;
discepolo d'Ippocrate, proibissero agli epilet- Eur., Tro.II52; Phoen.1667; d'altra parte ab-
tici i bagni (Hippocr., morb. sacr. 1 (VI p. 354, biamo Xit6W~ À.OV't"ptX; -tà. 't"OLç VEXpoi:ç bmpE-
LI'J'TRÉ] ). Ciò era (presumibilmente) dovuto a p6µE\l<J., Hesych., s.v.: le libagioni che equival-
ragioni igieniche o ascetico-penitenziali. Veni- gono a lustrazioni). Edipo morente chiede ai
vano eseguite purificazioni col sangue. figli PV't"W\I I vM-.wv ~VEYXEL\I )...ov-cpà xat
4 Da ciò dipende anche il fatto che il morto xo&.ç 7t0l>EV (Soph., Oed. Col. 1599). Affine è
veniva lavato prima della sepoltura, un'usanza l'uso apotropaico della fiaccola presso il letto
che spinge Antigone, per amore del fratello, a di morte. ~ col. 59.
801 (rv,300) Àoùw A 2 (A. Oepke) . (1v,300) 802

fanno sentire un peso sempre maggio- mai potranno / questa casa lavar, pu-
re le considerazioni di tipo etico. È que- rificarla / degli orror che rinserra!»
sto il caso quando leggiamo che coloro (traci. Romagnoli).
che giudicano o testimoniano ingiusta- La purità è indispensabile soprattut-
mente sono complici dell'autore del de- to per partecipare al culto. Pseud. Luc.,
litto e contaminano le proprie case.(An- Syr. Dea 53 (ed. G. Dindorf), dice del
tiphon, or.4,1 ,3, ed. F. Blass [ 1871 ]). culto a lerapoli di Siria: ;\v µÉv "t"Lç a.ù-
Il principio è comunque fisico; anche 'tWV vbwv tOTl'tll.L, ÉXEL\/T]\/ 'ti)v 1)µÉ-
l'omicidio non premeditato, per es. in p<:t.\I Èç 'tÒ tpòv oùx &.mxvfrta.L, -.ft È't'É-
una gara sportiva, anche la vendetta di PTI OÈ xai}ijpac; Èwu'tÒV foÉPXE't<:t.L. aù-
sangue, che pure è considerata un do- i:Éwv oÈ 't'W\/ otxT]LWV 't'OV VÉxuoc; EX<:t.<1-
vere, causano un'impurità che si tra- 'tOL q>uÀ.&.çav'tEç àpLi}µòv i)µ.EpÉW\I "t"pL-

sferisce su tutto ciò che l'uccisore toc- 1}XO\/'t<:t.. Xa.t' -re<ç
• ,.
XE<j>!X./\.rJ.ç t: 1.
<,Upu.µE'llOL
ca e su tutti quelli eh'egli scorge 5 : egli ÉO'ÉPXOV't'O'..L' npLv 8è 'tiiOE 7tOLfjO'aL, où
appesta la città in cui si ferma e porta O'q>LO'L'V fotÉVU.L ocnov, «Se uno ha visto
a rovina la nave su cui viaggia, uomini un cadavere non può accedere al tem-
e topi inclusi (Antiphon, or. 5, 82). A pio per quel giorno, ma verrà il giorno
differenza di altre purificazioni, quella seguente, dopo essersi purificato. Per
dell'assassino non può esser fatta da quanto riguarda invece i familiari del
lui stesso, ma da altri (~ coll. 806 ss.). morto, costoro osserveranno un perio-
Anche qui grande è 1' importanza dei do di trenta giorni, si raderanno il ca-
bagni, per i quali viene usata acqua di po e poi verranno; ma prima d'aver
sorgenti vive o di fiumi o del mare (M.- fatto queste cose non è loro permesso
Àa.rr<r<:t. xMsEL mina. 't'CÌ'll~pwTCwv xa- di entrate». La liturgia del licio Xantho,
x<i, «il mare lava tutti i mali degli uo- prevista per il santuario di Men re da
mini», Eur., Iph. Taur.n93), poiché in lui fondato a Sunio, precisa che «è vie·
essa è particolarmente attiva la forza tata l'ingresso agl'impuri» (µll~Éva. ~
xci.~ap'tov rcpo<riiynv, Ditt., Syll. 1042,
1
che toglie e porta via lo sporco. Nei ca-
si più seri la purezza completa è otte- 2 s., II-III sec. d.C.). Questa liturgia pre-
nuta soltanto con l'acqua di tre (Me- cisa particolareggiatamente che cosa va-
nand., fr.530,22 [C.A.F. III 152]), di da fatto nei vari casi di purificazione:
cinque (Emped., fr. 143 (1 p. 369,14, xa.-fret.ptsÉal)w oÈ chò crx6powv xaL XOL-
Diels']),di sette(Varro,hum.11; comm. pÉW\I xaL yuvatx6c;· À.ouaaµÉvouc; oè:
di Probo a Virgilio, ed. H. Keil [ 1848] xa.i:a.xÉcpaÀa. a.ùfrr]µ€pÒv dcr1topEuEO'il'<:t.t'
p. 4,1 ss.) o perfino di due volte sette xat Èx 'tW'll yuva.txÉwv 01.~ È1t'ta l)µE-
sorgenti (Suidas, s.v., &.1tò otc; Èm;à xu- pwv ÀouO"aµÉvl}V xa.'ta.xÉqiaÀa EL<r7to-
µ&.-çwv [ n. 3 298, Adler J), se pur fosse pEuEcril'et.t aùil'l]µEpév' xaL CÌ7tÒ VEXpOU
mai possibile ottenerla. In questo sen- 81.à i)µEpwv oÉxa xat oc1to q:i~opric; 1}µ€-
so l'araldo sofocleo esclama (Soph., pwv 'tE't'tapci.xov'ta., «ci si purifichi dal-
Oed. Tyr.1227 ss.): orµai yàp oih' &v l'uso di aglio e della carne di maiale e
"la"tpov ou'tE <!J&aw èiv vltjlat xai}a.p- dal rapporto sessuale: quelli che si sot-
µ0 'T1}VOE 'ttJV O''tÉYT)\I' ocra XEMEL, «io toporranno a un bagno completo po-
ben credo / che né l'lstro, né il Fasi tt·anno entrare in quello stesso giorno;

5 ~ notevole che non si parli mai della purifi. puri; rimane sempre possibile, però, che le pu-
cazione dei guerrieri che tornano a casa: for- rificazioni dell'esercito, che avevano luogo a
se, in origine, si riteneva che solo l'uccisione intervalli regolari, risalgano a lustrazioni dopo
di un membro della stessa tribù rendesse iro- la conclusione di una campagna.
Àovw A 2 (A. Ocpke) (IV,301) 804

e la donna che si sarà lavata dalla te- i>T)µEp6v à.nò OÈ aÀ.À.o'tplm; xcx.t Ò'.À.À.o-
J

sta ai piedi sette giorni dopo la me- 't'plou OEU'tEpoci:o~ À.ovcr6.µt.vo1, «quelli
struazione potrà esser subito ammessa; che si saranno lavati dopo esser stati
per il contatto con un morto ci vorran- con la propria moglie o col proprio ma-
no dieci giorni e dopo un aborto qua- rito potranno entrare subito; quelli che
ranta giorni» (rr. 3 ss.). Così, mentre il son stati con un'altra o con un altro lo
bagno è richiesto in ogni caso, variano potranno il secondo giornm>, Ditt., Syll.'
i periodi di 'quarantena': un lutto nel- 982,4ss.=lnscr. Perg. 255,4ss., dopo
la propria casa richiede venti giorni co- il r33 a.C.) 7 •
me periodo di purificazione, ma la par- Dato che anche senza un'occasione
tecipazione al lutto altrui soltanto tre particolare bisogna pensare a un'impu-
( Ò'.7tÒ µÈ:v XaOEO«; LOLW 1tEpLµÉvva.V'tet..<; rità continua, prima di ogni atto cul-
àµÉpa.Lc; EixocrL. <Ì.1tÒ OÈ aÀ.À.o'tplw àµÉ- tuale si ha cura di purificarsi. Si fa il
pmc; 'tpEi:c; À.oEcrcrb..µe.vov, prescrizione bagno prima della preghiera privata
cultuale di Ereso, II-I sec. a.C., Dialec- (Horn ., Od-4,750), o ci si lava almeno
torum Graecarum exempla epigraphica, le mani (Od.2,261); lo stesso si fa pri-
ed. Ed. Schwyzer [1923] nr. 633,4ss.). ma del sacrificio a Ecate ( à.xa.µa'toto
Non è affatto menzionato l'omicidio, pcftcrL À.oE<rcraµt.voc; 1tO'ta.µo~o, «lavan-
ma non certo perché lo si prendesse alla dosi abbondantemente nelle correnti del
leggera: à.vopoc:p6vov µ'f)OÈ 7te.pt 'tÒV 't6- fiume», Apoll. Rhod., Argonautica 3,
7tov, «l'omicida neppure si avvicini al 1030), prima di entrare nel tempio di
luogo sacro», suona la severa prescri- Eleusi (ElcrijMEv dc; 'tÒ 'EÀ.EvcrlvLO'\I,
zione di IG III r,73, parallela a quella ÈXE.pvl~a.'to ÈX 'tijc; tEpcic; XÉPVL~oc;, «en-
di Ditt., Syll.' 1042, di cui va forse con- trò nell'eleusinio, si lavò le mani con
siderata come prima formulazione é; si l'acqua del bacino sacro», Lys. 6, 52),
può spiegare la successiva omissione di ecc. Bacini per le abluzioni, muniti op-
queste parole pensando che la severità portunamente di più scoli 8 , erano po-
contro gli omicidi sia data per sconta- sti ovunque nel vestibolo dei templi.
ta e che l'ordine cultuale si preoccupi Anche Giustino (apol. r, 62, r) attesta
soprattutto di fissare i termini da os- l'uso pagano di bagnarsi o di aspergersi
servare. Si può anzi notare che proprio prima di entrare nel santuario; per i mi-
in questo particolare si vede che l'omi- steri di Iside a Corinto~ II, col. 45, n.
cidio non può essere espiato per le nor- 4; 54 s. Chi va alla divinità è detto sem-
mali vie cultuali. Anche in altri casi si plicemente À.ouO'aµEvoc; (Ditt., Syll.'
fanno distinzioni in base a considerazio- rr59,6, orac. Trozeum, v sec. a.C. ; si-
ni etiche: nel tempio di Atena a Per- milmente nel Libro dei morti egiziano:
gamo si distingue tra commercio ses- uno i cui piedi sono purificati)9 • Soprat-
suale coniugale cd extraconiugale, con· tutto il sacerdote dev'esser puro: per il
cedendo però anche per quest'ultimo sacerdote di Atena Kranaia a Elatea era-
pronto perdono ( ot. .. cho µÈv 'tfjc; i.ol- no previsti, durante il suo periodo di
a e; yuw:mcòc; xaì 'tOU lOlou à.vopòc; a.ù- carica, bagni particolari in arcaiche va-

6 Cfr. inoltre Leges Graecorum sacrae, ed. L. se: u:1tb µÈv 't"OV toCou 'lta.pa.x;pijµa., Ù7tÒ oÈ
ZIEHEN (1906) 148 ss. 't"OV ÙÀÀo-rplau ouoÉr.o't"E.
7 Più serio e allo stesso tempo più libero è il
8 \Y/. D6RPFELD: AthMitt 14 (1889) 124.
punto di vista della pitagorea Teano, che a chi
chiedeva quando fosse permesso entrare nel 9 Citato secondo ~ D OLGER, Ichthys Il )O,
tempio dopo aver avuto rapporti sessuali rispo- n. 1.
805 (1v,3or) Àovw A z (A. Oepke) (iv,301) 806

sche da bagno (Paus.rn,34,8). Poiché il costui è uno «che si lava le mani e si


passaggio dal sacro al profano o da una spruzza tutt'intorno quando esce dal
sfera 'sacra' all'altra è sempre pericolo- tempio», &.novLlfiaµevoç -càç XEi:pac; xat
so, si rende necessario un bagno anche 'ltEptppavciµEvoc; &.7tò tepou; appartiene
dopo il sacrificio, per es. dopo un sa- al numero di quelli che diligentemente
crificio espiatorio (Porphyr., abst.2,44: fanno abluzioni con acqua di mare; ogni
nessuno ritorna in città «se non ha pri- mese va con moglie e figli o, se la mo-
ma purificato gli abiti e il corpo nel fiu- glie non ha tempo, con la bambinaia e
me o in acqua corrente», µ'Ì} 7tp6·n:pov la prole (a bagnarsi per timore religio-
foì>ij-ra xat <rwµa 'lto-tà.µoi:c; il 7tilYTI so) 13; se scorge a un incrocio qualcuno
anoxaihipw;), o se si saliva a Zeus o con una ghirlanda d'aglio, appena tor-
ad Asclepio dopo un sacrificio agli eroi nato a casa si lava da capo a piedi (xa-
(Paus.5,13,3). Come preparazione alle 'tCÌ. XE<pa.Àijc; À.oucra:cri}m), fa chiamare
celebrazioni misteriche popolari si svi- delle sacerdotesse e dà ordine di puri-
luppano formali feste di bagni, per es. ficarlo con una scilla o con un cagnoli-
soprattutto in rapporto coi misteri eleu- no. luv., sat.6,520 ss., racconta di du-
sini. Il l 6 boedromione aveva luogo un ri esercizi penitenziali che includono ·u-
bagno generale in mare, esteso anche na triplice immersione nel Tevere ge-
ai lattonzoli che sarebbero stati offerti10 • lido, la mattina presto. Similmente Plu-
In Eleusi stessa ci si serviva di uno dei tarco~ II, coll. 48 s. Un'ultima traccia
due corsi d'acqua salati, detti 'Pwrol, di un tale modo di vedere appare nei ri-
per la purificazione dei misti; cfr. He- tuali magici che prescrivono un bagno
sych. s.v. 'Pst-rol: Év -.jj 'Antxfj oùo all'inizio dell'incantesimo (Preisendanz,
ElcrLv ot 'ltpÒç -.fj 'EÀeucri:vt 'Pwrot pwy- Zaub. III 381 ÀouCJaµevoc;; inoltre ~
µol . xat ò µÈv 7tpòc; 'tTI ì}aÀ.<i't''tU -ri}c; n, col. 48 ).
7tpE<r~U'tÉpaç ì}EOU \loµlSE'tctt, oO~ 'ltpÒç Nel caso di purificazioni di grado in-
-rÒ (fo-'tU 'tfjç VEW'tÉpctç, OitE\I 'tOLç ÀOU- feriore l 'agente è il soggetto stesso bi-
-rpoi:ç11 CÌ.y\ll~ecri}a1 't'OVç 1'16.crouc,, «nel- sognoso di purificazione; nei casi più
l'Attica sono due i canali (detti) Reitoi seri, soprattutto quando si tratta di col-
ad Eleusi; quello vicino al mare porta pe di sangue, sono invece altri che com-
il nome della divinità più vecchia (De- piono l'atto sull'interessato. Nell'età mi-
metra), quello verso la città il nome tica un eroe puri.fica l'altro, come fa 0-
della più giovane (Core); con quest'ac- disseo con Achille dopo l'uccisione di
qua si purificano i tiasi». Per altre ceri- Tersite; in tempi storici è invece il sa-
monie con bagni ""-7 II, col. 46, n. 6. Il cerdote ad entrare in azione (1'uEL ì.a-
timore scrupoloso privato ha spinto le peùc; xat &.noppalve"t'a:t ~a.Àacro-~, «il
purificazioni all'eccesso. Nella suddivi- sacerdote fa il sacrificio e compie lu-
sione filosofico -religiosa della giornata strazioni con acqua di mare», Inscrip-
dei pitagorici il bagno quotidiano ha il tions of Cos, ed W. R. Paton e E. L.
suo posto preciso (Iambl., vit.Pyth.21, Hicks [1891] 38,23). In Atene i di-
98). Theophr., char.16, offre una diver- scendenti delle famiglie dei Fitalidi e
tente descrizione del OEL<Tioalµwv 12 : degli Eupatridi avevano questo privi-

IO Per i riferimenti~ DEUBNER 75· 12 Intraducibile, sta a metà tra bigotto e su-
perstizioso.
11 Lezione sostenuta da A. MOMMS!l.N, Feste 13 Questo passo va tenuto presente per il pro·
der Stadt Athen (r899) 228 n. 5, contro quel- blcma del battesi.mo degli infanti nel cristia·
la tradizionale, mn senza senso, 't'OÙc; ).ou't'povc;. nesimo antico.

Z(I g,rand~ In sico . yJ.


807 (1v,301) À.ouw A 2 (A. Oepke) ( lV, 302) 808

legio (Plut., Thes.12,r (1 5c]; Paus.r, ti1}avwrlaç l.looc'tt À.oucr&µEvoc;, «lavato


37,4; Athen.9,78 [p. 4roa]). Anche gli con la sacra acqua dell'immortalità». Il
dèi partecipano più o meno direttamen- 'bagno del sole' 18 ha, secondo un'inter-
te: Zeus purificatore, Atena, Ermete, pretazione mistica molto diffusa, una
Apollo. Un rilievo eleusino della metà virtù che si trasmette ai credenti che
del v sec. a.C. mostl"a una dea che versa «navigano sulla nave di Osiride». An-
una tazza su di un uomo rappresentato che i Greci dicono dei loro morti: -ròv
in scala minore(~ II, col. 45 n. 1); ciò à:M.voc'tot cptÀEEcrxo\I' I -couvexoc xo:t 'lt'T)-
può far pensare all'idea che, in fondo, ya.ic; À.ovcra.v èv cX.1}oc\la-rotç, «fu caro
la purificazione non è 'in potere dell'uo- agl'immortali e perciò gli concessero di
mo. D'altra parte, però, secondo-la con- bagnarsi nelle fonti immortali» (Epigr.
cezione greca, gli stessi dèi hanno biso- Graec. nr. 366,4 s.). Melitone di Sardi
gno di purificazione: Apollo e Artemi- vede nel bagno del sole un'allusione al
de, dopo aver ucciso il pitone, vengo- battesimo (IIEp1. À.ov'tpou 3, ed E. Good-
no purificati in Creta da Carmanor e speed [1914] 311).
Crisotemide 14• Abbiamo ripetute atte- Nella grecità si viene affermando sem-
stazioni di abluzioni di statue sacre: ad pre più la tendenza, foriera dello svi-
Atene, durante le Plinterie, la vecchia luppo futuro, a riconoscere la peculia-
statua di legno di Atena Poliade veniva rità e il significato superiore dell'ele-
lavata a mare da due fanciulle dette mento etico. XEipa.c; xcx,1. y\lwµ11v xalla-
r.À.V\l'tpLOEc; o À.OV'Tpl8ec; 15• A Roma poùc; xat ùytei:c; ùmi.pxov'To:ç xa.t µ'T)-
l'immagine d'argento di Cibele veniva of.v rt.Ù'toi:ç 8n\IÒV CTV'VEt06-cac;, «coloro
immersa (lavatio) 16 nel ruscello Almo che hanno mani e pensieri puri e vir-
alla fine della festa primaverile di Attis. tuosi e non hanno coscienza di alcuna
In entrambi i casi si tratta certamen- cosa orribile»: cosi suona la descrizio-
te di purificazione di un tepòc; ytiµoc;. ne di come dovrebbero essere i parteci-
La·religione solare egiziana ha interpre- panti al culto secondo un'iscrizione di
tato il tramonto quotidiano del sole Rodi (ed. Ziehen [ ~ n. 6] nr. 148,4
nell'oceano come un bagno che purifi- ss., II secolo d.C.). Anche ad Eleusi si
ca e ravviva; Preisigke, Sammelbuch r richiedeva una purezza morale, come
4127, riporta un'iscrizione 17 che mostra leggiamo in Lampridio Alessandro Se-
chiaramente come quest'idea che all'i- vero 18, 2 (Script. Hisl. Aug. xvm):
nizio si riferiva ad Osiride venne poi quem ad modum in Eleusiniis sacris di-
trasferita, in senso sincretistico, ad al- citur, ut nemo ingrediatur, nisi qui se
tre divinità ellenistiche: l'invocazione innocentem novit. Già nell'antichità (--7
è diretta a Manudlio Titano Macareo II, coll. 55 s.) vien più volte detto che il
ApoJlo Aion Elio; il testo è rovinato e cumularsi solito e il regolare ripetersi
inintelligibile, ma la r. l4 è leggibile delle purificazioni contribuivano in real-
chiaramente: È\I é;i xa.L ci.yl~ -.Q 'tijc; tà ad addormentare il senso morale 19, e

1~ Per ulteriori precisazioni ~ Wii.cHTER 66. Aiott: HThR 27 (r934) 53-104.


15 ~ DEUBNER 18. 18 Anche Ovid., metam. 4, 214 ss., accenna a
questa immagine.
16 F. Dic orientalischen Religionen
CUMONT,
l9 Lo stesso vale, in un altro contesto stori-
im r6mische11 Heidentmn 3 (1931) 53.
co-religioso, anche per le numerose lustrazioni
17 Trovata a Tamis (Kalabsha), del Il-III sec.
sacre dei mandei, benché Ja loro etica mostri,
d.C. Agli scritti menzionati nell'op.cit. va ag- per vari aspetti, un livello piuttosto alto; ~
giunto A. D. NocK, A Vision of Mandulis II coli. 62 s.
809 (IV,302) À.ouw B 1 (A. Oepkc) (IV,303) 810

in questo contesto va letta la citazione simili idee collegate al Giordano indi-


d'oscura provenienza che troviamo in cano anche il passaggio da À.oVEO"ilocL
Clem. AI., strom. 4,22,142,J: lffih µ1J al sinonimo ~ ~OC'lt't"lSE<TfrocL del v. 14
À.OV'tpc'i}, Ù.À.À.Ù. \16<tl xaihxp6ç, «sii pu- ( ~ II, col. 57 ), che diverrà poi termine
ro non per un'abluzione, ma per i pen- tecnico. Nella maggiot parte dei casi i
sieri». Tali voci si levano però tardi e nostl'i vocaboli designano il bagno fatto
rare e, in quanto fanno della perfezio- per ottenere la purezza rituale sia da
ne morale una condizione previa per impuri (per aver mangiato una caro-
presentarsi alla divinità, cadono nell'op- gna, Lev. II,40; per la lebbra, Lev.14,
posto errore del moralismo. L' elleni- 8 s. [dopo la guarigione]; per secre-
smo non è affatto in grado di compren- zioni infettive, Lev. 15,5 ss.; Deut.23,
dere una purificazione che sia unica, ir- 12; per la mestruazione, Lev.15,21 s.;
rompa con impeto rivoluzionario nella 2 Ba.cr. II,4 [Aquila; LXX: Ò.yMiSE<f-
vita dell'individuo, gli sia donata sen- ila.LP'; per flussi di sangue, Lev.15,25
za condizioni e pure rappresenti un im- ss.; per contatto con cadaveri, Tob.2,5
pegno morale assoluto. Per una simile [Simm. 9]) 21 , sia dai sacerdoti prima
comprensione manca, infatti, qualsiasi della consacrazione e di certi atti cul-
premessa. tuali (Ex.29 14; 40,12; Lev.8,6; 16,4),
oppure dopo questi (Num.19,7 s.).
B. À.OVEW X"t"À.. NELL'A.T.
Nel complesso Israele non si distac-
E NEL GIUDAISMO
ca affatto dalla linea di altri popoli an-
i. Nell'A.T. À.ouew (à1toÀ.ove.w sol-
tichi; i presupposti maoistici e animi-
tanto in Iob 9,30; 2 Bo:e1.1 I,4 [Aquila];
Prov.30,n [Teod.] rende regolarmen- stici sono del tutto identici. Tuttavia,
te rapa~ (solo in Ps.6,7 rende sapa al- sotto la spinta di una diversa conoscen-
l'hif'il), che al qal significa lavare (trans.) za di Dio, si afferma molto presto,
o lavm·si, bagnarsi (intrans.); l'intrans.
appare anche nell'hitpa'el e nel pu'al: con una passione e sicurezza senza pa-
esser lavato. Entrambi i vocaboli sono ri, il riconoscimento della peculiarità
usati innanzitutto per indicare il bagno dell'elemento etico. In nessun luogo
come cura del corpo, nel caso di neo-
nati (Ez. 16,4 [9?] ), di donne (Ex. 2, dell'A.T. sentiamo parlare della purifi-
5; 2 BM". II,2; Su.s. [Teod.] 15. r7), cazione di un omicida mediante un la-
per aumentare la bellezza ( Ru.th 3 ,3) vacro o un altro mezzo simile: all'as-
anche a fini impudichi (Ez.2 3,40 ); per
gli uomini il bagno è segno della .fine sassino tocca la vendetta del sangue o
di una mortificazione penitenziale (2 la pena capitale; chi esegue la vendetta
Bo:CT. 12, 20). 3 Bo:<r. 22,38 (cfr. 3 Ba.<r. dcl sangue non è impuro; solo per chi
20,19) accenna sicuramente a un uso
ha sparso involontariamente sangue, e
superstizioso del sangue regale; 4 Bo:e1.
5,10.12.13 mostrano l'uso del bagno a soltanto per lui, sono aperti i luoghi di
scopi salutari, specialmente semisacri; asilo. Tali disposizioni vengono espres-

20 Che i rapporti sessuali normali richiedano mente ai rapporti con un blenorragico: cfr.
una purificazione non si riscontra con sicurez- RE! XVI 566 s.
za in alcun passo dcll'A.T.; Lev.15,18, se non 21 Num.x9 contiene le istruzioni per l'acqua
è un'aggiunta posteriore, si riferisce probabil- da usare per la purificazione.
8n (1v,303) Àouw B 2 (A. Oepke) (IV,303) 8I2

samente spiegate affermando che il pae- di Dio (Ps.51,9) oppure promessa, so-
se di J ahvé non può esser macchiato prattutto per la salvezza finale (IS-4,4;
con colpe di sangue (Num.35,9 ss. 27. Zach.13,1; Ezech.36,25). L'idea di un
30 ss.; Deut. 4>4I ss.; 19, r ss.). Anche miglioramento e di una penitenza non
se la religiosità del popolo è stata sem- viene affatto esclusa in questo modo,
pre incline ad eliminare per vie rituali ma viene piuttosto completata e posta
la colpa, pure i rappresentanti classici su di un piano più alto mediante la vi-
della fede in Jahvé, in primo luogo i sione della grazia di Dio che supera, e
profeti, non hanno mai messo in dub- anzi previene, ogni opera umana (Js.43,
bio che questo sia un modo anche trop- 25; 44,22). In questo modo, senza sca-
po comodo di risolvere la questione del dere in un superficiale moralismo, i pro-
peccato. Le abluzioni continuano tutta- feti continuano a tener continuamente
via a sussistere sia, dal punto di vista viva la consapevolezza che la purifica-
storico-religioso, come fossili, sia, viste zione esteriore non elimina il male (Ier.
nel complesso della religione veterote- 2,22).
stamentaria, come precisi doveri che
Nei LXX troviamo À.ou-tpov soltanto
servono a Jahvé per saggiare l' ubbi- in Cant.4,2; 6,6, ove indica il guazza-
dienza del suo popolo. toio per gli animali ( cfr. in 5 ,I 2 il À.OUE<1-
L'idea della purificazione viene, sì, i}aL delle colombe), e in Ecclus 34,25,
riferito alla purificazione dopo aver toc-
trasferita alla liberazione da folli mora- cato un cadavere, usata come figura del-
li, ma soltanto come immagine retorica, la purificazione del peccato mediante il
e non troviamo mai espressa, prima dei digiuno, che non serve se la mancan-
za viene ripetuta. In Aquila si riscon-
rappresentanti classici della religiosità
tra in ljJ 59, ro; 107, ro ove significa
veterotestamentaria, I' opinione che la 'catino' (LXX: Mf3ric; 'tTJc; ÈÀ.1tlooc;, «ba-
disubbidienza alla volontà etica di Jah- cino della speranza»),
vé possa essere compensata mediante 2. Nel giudaismo si mette in risaltù
un lavacro esteriore. Ovunque si ha di il carattere rituale delle abluzioni; ma
mira il pentimento della colpa e un e- non si usano i nostri vocaboli, bensl fa-
bal e ~ {3a.1t'tLSELV, che divengono ter-
nergico agire meglio; leggiamo così in mini tecnici (quando si tratta di mani
a-
Is.1,1 6: À.outrcx.o-DE, xaiJrLpot yÉVEO"ae:, e di piedi anche~ vl1tuLV [Mc1,3 s.;
q>ÉÀ.E'tE -càç 1tOV1)plaç a1tÒ 'tW\I ljJux.wv Mt. 15,2; cfr. Le. n,38] ). ~ IV, coli.
uµwv, CÌ.1tÉV<lV'tL 'tW\I òqii)a.À.µwv µov, 1275 ss. per la procedura delle purifica-
zioni. Benché nel giudaismo sia sempre
«lavatevi, purificatevi, togliete le mal- presente il pericolo di confondere l'a-
vagità dei vostri animi dai miei occhi»; spetto etico con quello rituale, pure ri-
un'idea simile troviamo in Prov.30,I2, mane sempre viva la sensazione che una
semplice abluzione con l'acqua non dia
cfr. Ier.4,14. Questa purificazione vie- alcuna remissione dei peccati e questa
ne anche impetrata come atto salvifico viene presentata solo figurativamente
À.ouw B 2 (A. Oepke) (IV ,304) 814

come una lavanda (~ II, coll. 59 S. n. per Jahvé, il rabbino rispose pronta-
34). È però alquanto strano che il giu- mente : «Si è immerso nel fuoco» (Sanh .
daismo non abbia visto la sua superiori- b.39a, Strack-Billerbeck n 2I ); il fuo-
tà sul paganesimo a questo punto, ove co è infatti un mezzo completamente
essa effettivamente si trova, ma l'abbia valido per le lustrazioni (~ coll. 58 s. ).
basata partendo dal presupposto quanto Lo scrupolo nel cercare di ottenere
mai errato di aver avuto le lustrazioni la purezza levitica viene portato agli ec-
rituali prima delle religioni pagane. cessi da alcuni stravaganti come Ban-
Come per i pagani ( ~ col. 798 ), an- no e dagli esseni{~ II, coll. 62 s.), per
che per il giudaismo (ma forse non an- le cui immersioni prima dei pasti Giu-
cora in Israele~ coll. 809 s., n. 20) era seppe usa i nostri vocaboli {be!l.2,r29:
usanza fare il bagno dopo il coito22 ; Giu- à:rco).ouov'taL; 2,r6r: ).ou'tpèt. ÒÈ 'tai:ç
seppe usa in questo caso a7tOÀoucracrtla~ yU\let.Lf;lv OCµTtEXO!J.ÉVctLç èvouµa-.et., xa-
(Ap .2,203; ~n,col. 48); per il bagno tla7tEp -.o"Lc; à.vopcl:ow Èv '!CEpd~wµa't~,
dei blenorragici v. Ber. b.2Ia ss. P.Oxy. «le donne fanno il bagno con le vesti
v 840 23 , un frammento che faceva for- addosso, come gli uomini con un cinto
se parte del Vangelo dei Nazorei, illu- lombare») 24 •
stra ottimamente, anche se non senza Filone conosce l'uso corrente dei ter-
tendenza e toni leggendari, il senso del- mini (ÀouEcri}at, leg. all.2,r6; À.ou'tpov,
le abluzioni nel giudaismo. Un fari- vit. Mos.2,148; det. pot.ins.19), ma se
seo vieta a Gesù l'ingresso nel tempio ne serve più spesso per indicare le a-
µ1]'tE À.oucra[µ]Év[4lJ ... (r. 14): nessu- bluzioni dell'A.T. (À.ouE~\I, vit. Mos. 2,
no pone piede sul luogo sacro Ei µi) I 4 3; ÀOUECTi}a~ e à'JCOÀ.OUECTl)aL, spec.leg.
À.oucr&.µtvoi;, «se non ha fatto le ablu- r,261; 3,89.205 s.; Àou'tpov, spec. leg.
zioni» (18 s.); quando Gesù gli chiede 2 5 8. 26 r; della purificazione del frutto
se lui è puro, il fariseo esclama con sen- della vigna, plant.n6); mostra anche di
so di fiera superiorità: xr.d}apEUW, È- conoscere il senso rituale che hanno per
À.oucraµT]v yà.p Èv 'tTI À.lµvl] 'tOU Ao:u- i pagani (Deus imm. 8: nessuno può
do, «son puro poiché mi son lavato nel- metter piede in un santuario oc; èlv µi)
la piscina di Davide» (24 s.). Lavarsi 1tpo-.Epov À.oucrcl:µtwoc; q>atopvvi)'tctt 'tÒ
con cura le mani la mattina serve a pro- crwµa, «Se prima non si è lavato, puri-
teggere dai dèmoni (Strack-Billerbeck IV ficando il corpo»; leg. Gai.2 35: À.ov<rcl:-
533). Il giudeo orientale ortodosso di µt\IOL 'tc'i) cruyyE\ILX{i> ai'.µa·n - 'tOLa.U-
oggi ha la medesima idea, Jahvé stesso 't('L yà.p 'tà. ÀOV'tpà 'tOL<; dc; tf,oou q>aL-
si lava dopo la sepoltura di Mosè, non opuvoµÉvotc;, «bagnandosi col sangue di
certo perché abbia bisogno di purifica- familiari, tali sono infatti i lavacri per
zione, ma per rispetto della legge, e co- quelli che si purificavano per l'Ade»).
sì pure si appende le filatterie. Quan- Sottolinea volentieri che la lavanda e-
do un eretico contraddisse su questo steriore non purifica l'uomo (mut.nom .
punto R. Abbahu, perché tutte le ac- 49: (fampa µÉv ÈO"'tt 't& xa-.appU1tO:L·
que della terra non sarebbero bastate \10\l'tct 't'Ì'j\I lj;ux.1Jv, a1tEp èxvltj.ia.CT~C'LL

Z2 Se la ragione cli questo fu in origine anche 24 Il cinto pubico era richiesto anche dal buon
un'altra, si potrebbe vedere nell'usanza una costume dei Greci e dei Romani, almeno nei
protezione contro una contaminazione immora- balnea mixta per entrambi i sessi; gli esseni
le (Ber.b.22 a); altri testi sono indicati in 4 richiedevano ancor di più dalle donne: si
BRANDT 143. tratta certo della più antica menzione di CO·
23 Trad. tedesca in HENNECKE 3 r. stu.mi da bagno.
À.ouw C 1-2 (A. Oepke)

xaì &:1toÀoùo-acriìaL 1taV'tEÀwc; oùx i{vE- mente puri (ot rl.xpwc; XExaiìapµÉvoL),
O"'ttV, «infinite son le cose che contami- In Sib-4 1 165 {~u, col.59) abbiamo
nano l'anima, e non è possibile lavarle ÀouEo-iìaL a proposito di un battesimo
e purificarle completamente tutte»). Per dei proseliti con intenti etici.
poter applicare la sua posizione filoso-
fica all'A.T., egli distingue o tra purifi- C. À.OÙEtV X""rÀ.. NEL N.T.
cazioni del corpo e dell'anima (cher.95:
'tÒ: µÈ\I <TWµa't«. ÀOU'tpOtç XCX.Ì XaÌÌa.p- r. Troviamo Àovew nel senso profa-
crloic; anoppÙ1t'tOV'tct.L, -rrJ. OÈ ljJuxf\c; ÈX- no comune in Act.r6,33 (vengono la-
'JlljJacriJa.L mt.ÌÌT}, olc; xa'tappurcalvE-rm vate le piaghe di Paolo e Sila), Act.9,
ò {3loc;, oì.he BouÀov'tm ou'tE Èm-rl)OEÙ- 37 {si lava un morto [con un confuso
oucn, «si puliscono il corpo con bagni sfondo sacrale?]), 2 Petr.2,22 {in senso
e purificazioni, ma non vogliono né cu- figurato: animali nel bagnatoio). Come
rano di lavare le passioni dell'anima in quest'ultimo passo, cosl anche in tut-
dalle quali viene contaminata la vita»; ti gli altri c'è un riferimento alla libera-
plant. 162: crwµa.-rct xa.t tJ;uxò:c; xaiì·f)- zione dal peccato, in particolare al bat-
pciµ.tvot, -rei:. p.È"V À.ou-rpoi:c;, 'tà. oÈ v6- tesimo; Àou'tp6v è usato soltanto per in-
µwv ;w.t 1taLoElac; òpaTjc; peuµao-L, «pu- dicare il battesimo (Eph.5,26; Tit.3,5).
rificati i corpi e le anime, quelii con la- Questi vocaboli non appaiono nei si-
vacri e queste coi flutti delle leggi e nottici.
della sana educazione»), oppure dà alle 2. La riflessione teologica deve par-
abluzioni esteriori un significato simbo-
lico-allegorico riferendole alla purifica- tire dal fatto che il cristianesimo prote-
zione interiore (som .r,82: -r&.c; -rwv xE- sta vivacemente contro la confusione e
vwv OOSWV faVL1t'rECTÌÌaL XaÌ aTCOÀOUE- la mescolanza della purezza rituale ed
O'ÌÌctt Xl} À.i:o ac;, <'lavarsi e purificarsi
etica e contro la .fiducia riposta nelle o-
dalle vane opinioni»; cfr. spec. leg. r,
207: 'tÒ -roùc; n6oa.c; à1toÀ.ouEo-iìai, pere esteriori. Per questi motivi Gesù
«lavarsi i piedi», da intendersi sim- infrange il costume giudaico (Mc.7) in
bolicamente; rer. div. ber. r I3: à:1to-
modo chiaro e provocatorio; anche Pao-
À.oucrciµEvoi 't'Ò: xa'Tcx.ppurcalvov'ta 1)-
µwv 'tov ai>À.tov... {3lov, «nettandoci lo 15 si tiene su questa linea {~ II, col!.
di quelle cose che ci contaminano l'in- 7r s.).
felice vita»; mttt.nom.r24: 'tà. cppov1)-
crewc; Àou-.p<i, «i lavacri delia mente)>). Cfr. il seguito del frammento di van-
Questa purificazione interiore è il suo gelo contenuto in P. Oxy. v 840,32 ss.
tema preferito, e in som. x,r48 distin- citato sopra: o-ù ÈÀ.OUO"W 'tOU't'OLç 'tOic;
gue, per es., tra coloro che si dedicano x;EoµÉvoLc; {j [o] aow Èv otc; xuvEc; xa.t
ancora alle abluzioni ( oL E-rt ti1toÀ.ou6- xoipoi {3É~À.T)V ['tm.] VUX"tÒç xat 'fiµÉ-
p.Evoi) e quelli che sono già completa- pa:c;, xaì. v~tj;ciµe [\I Joc; 'tÒ Èx'tÒc; oÉpµcx.

25 Su questo punto la comunità primitiva ha alcun valore come documento per l'età apo-
avuto in parte una posizione diversa; era più stolica; cosl pensa anche G. KITTEL: ZNW
giudaica dello stesso Gesù. Tipica è la posi- 30 (1931) 145. Bastano le parole po;À.ct.\lel~
zione di Giacomo, fratello del Signore (Gal.i, o•jx lxp1icrwto a mostrate quanto poco l'au-
12). Le notizie approssimative e idealizzan:i core fosse al corrente della situazione storica
che d vengon fornite da Egesippo in Eus., nell'ambiente di Giacomo.
hist. eccl.2,23,4 ss., non hanno assolutamente
817 (IV,305) À.ouw C 2 (A. Oepke) (rv,305) 8r8

ÉO"µ1)l;w' 07tEp [XIX. Jt cx.t 7tOpVCX.t xcx.t s.; 1, coll. 1355 s.). Tale comprensione è
cx.[t] ocvÀ'l}'tpU)Eç, µvpl[s]ou[o-w x]cxL determinata dalla santità e dalla grazia
Àououow. .. . Éyw o€ xaL ot [ µ1X.ihrml
µou] oOç, À.ÉyEtç µ'l') (3i::[3a.[ 7t'tvroat [3E- di Dio; da questa visione di Dio con-
~ri ]µµd}a. EV uorun sw[1)ç, alwvlou], segue logicamente che la comunione con
(Gesù dice al fariseo): «tu ti sei lava- Dio ha un aspetto etico: Dio può e vuo-
to in queste acque versate, nelle quali
cani e porci stanno immersi notte e le avere comunione solo con chi la rom-
giorno, e ti sei lavato e ti sei asterso pe col peccato. Ne consegue però an-
la pelle di fuori, che ·anche le prostitu- che che la conversione pel peccatore
te e le suonatrici di flauto ungono e
non è una base sufficiente per la comu-
lavano» (segue una descrizione dell'im-
purità interiore). «lo invece e i miei di- nione con Dio: essa si trova piuttosto
scepoli, che tu dici non lavati, ci siamo soltanto nella misericordia di Dio. Il
immersi in acque di vita eterna». Qui, peccato verrà tolto completamente sol-
pur nella formulazione strana dell'apo-
cdfo, traspare un genuino pensiero neo- tanto alla fine. L'oggetto proprio della
testamentario. testimonianza del N .T. è questo adem-
Se si considera il pensiero di tutto il pimento escatologico che è già divenu-
N.T., è assolutamente impossibile met- to realtà in Cristo: esso si concentra
te.re sullo stesso piano delle purificazio- nella croce (e nella risurrezione) di Cri-
ni esteriori del paganesimo o del giu- sto. I credenti sono «eletti per l'asper-
daismo il ÀouEcrt)a.i dei credenti in Cri- sione con il sangue di Gesù Cristo» (I
sto che si trova al centro della religio- Petr.r,2); questa è la loro purificazione
sità neotestamentaria. Qualsiasi stima ( r Io. r ,7 ). Il battesimo è l'attualizzazio-
in senso magico-sacrale o legalistico-ri- ne per i singoli di questo evento globale
tuale di un lavacro esterno sarebbe un della storia salvifica, attualizzazione che
ricadere molto dietro i presupposti fon- crea una comunità. Per questa ragione
damentali del N.T. Neanche una visione il battesimo, anche se avviene esterior-
moralistica dell'azione, quasi che il bat- mente come i bagni cultuali dei paga-
tesimo significasse la decisione, espres- ni e dei giudei, non è Àou-.pov o Àou-
sa simbolicamente, del peccatore di cr'<X<rt)a.L nel medesimo senso, bensl in
romperla col suo passato e di iniziare uno completamente nuovo e unico26 ( ~
una nuova vita, coglie però il pensie- n, coll. 68 ss.). Da questo fatto conse-
ro del N.T. Bisogna piuttosto partire gue anche la sua unicità attestata ferma-
dalla comprensione veterotestamentaria mente sin dall'inizio. L'uso dei nostri
della remissione dei peccati (-+coli. 8rr vocaboli nel N.T. va inteso partendo da
~~~- ·-~--·

26 Lo sviluppo procede, in certa misura, per lici singoli, cosl, mediante la purificazione per-
una via parallela a quella dell'idea di sacrifi- fetta sulla croce e nel battesimo sono rese
cio: come mediante il sacrificio perfetto di vane le varie lustrazioni rituali.
Cristo vengono resi superflui i ripetuti sacri-
819 (1v,305) ).ouw C 3 (A. Oepke) (Iv,306) 820

queste osservazioni. po che si è accennato al passato pagano


dei lettori: àÀ.Àà à.1tEÀOu<Ta<Tl}E, <lU.à
3. Un esame di tutti i passi perti-
i]yM·i<TDTJ-CE, rlÀÀà. ÈOLXCLtW~'Y')"t'E E\I 'tQ
nenti mostra in verità che, quando si
òv6µa-n "tOU xvplov 'Iticrou Xptcrcov xaì
tratta del loro uso teologico, ÀovEW e
Èv "tQ 1t\IEuµa.'tL 'tOV -itEOV 'l)µwv, «ma
Àou-rp6v fanno parte della terminologia
foste lavati, ma foste santificati, ma fo-
battesimale.
ste giustificati nel nome del Signore
a) Nel textus receptus, secondo il
Gesù Cristo e nello Spirito del nostro
quale ha tradotto Lutero, Apoc. r, 5b
Dim>: il legame col passato peccamino-
suona: '0 àya.n1]i:rmm i)µO.c,, xcd. Àou-
so è troncato mediante il lavacro, la di-
crav-cL 1)µ~ a1tÒ -rG:N à.µap"t'LWV 1jµwv
vina presa di possesso e l'assoluzione 28 •
€v 'tQ ai'.µa:n aÙ<ov, «a colui che ci ha
Per questa medesima ragione bisogna
amati e lavati dai nostri peccati con il
ora guardarsi da nuove contaminazioni
suo sangue». Quest'espressione sarebbe
(~ u, coli. 7r ss.).
conforme al pensiero del N.T. e avreb-
be anche un riferimento indiretto al Per analogia con gli altri due ver-
battesimo; ma è molto meglio leggere: bi, ci si aspetterebbe anche il passivo
di ÀouEtv; ma questa forma è dovun-
-c0 &:yanwv-rL '~µclc, xcd À.Uaani n 1)- que rara 19• Inoltre si dovrebbero richia-
1.uic, . fa -cwv aµap'tLWV i)µwv f.v -rQ mare consapevolmente alla memoria le
a.i:µa'tL aù-rov, «a colui che ci ama e lustrazioni pagane e giudaiche; già que-
sto ci spiega il medio. Diverso è invece
ci lava dai nostri peccati col suo san- l'uso cristiano di ~a1ti:l~t:LV ~ n, coll.
gue)). 72 ss.
b) Nella maggior parte degli altri ca- Eph. 5,26: Cristo si è dato per la
si il riferimento al battesimo nel senso chiesa i'.va aù'ti)V &:yt1kn xail'aplcrac,
precisato prima è quanto mai visibile. •Q ì.ovi:pQ 'tOU UO!X'tOç f.v ln]µa'tt, «per
In Act.22,r6 Anania dice a Saulo: à- santificarla, egli che l'ha purificata me-
'~ 1.
, {). > >
\ICX.Ci'CCl.C, pa1t-CL<TCl.L xa.L a.r.011.0U(i'<X.L 'ta.<;
I
diante il lavacro, nella parola e l'ha fat-
à.µap-clac, crou, «àlzati, fatti battezzare to in vista delle nozze con lei in santità
e sii lavato dei tuoi peccati»; l'esorta- immacolata (v. 27).
zione è motivata dall'apparizione del
Il partic. non indica ciò che è avve-
Cristo risorto a Paolo. In r Cor.6,u nuto prima dell'azione espressa dal ver-
leggiamo, in un contesto parenetico, do- bo principale, ma il mezzo del suo a-

27 Seguendo h xpmhsy Prim., contro ~ P al forti parole d'ordine della religiosità cristiana
gigvg. che sono praticamente sinonime; intenderle in
Zii La sequenza dei verbi non ha importanza, senso direttamente etico vorrebbe dire distrug·
poiché non si tratta di termini già precisati gere l'essenza della parenesi.
nell'uso, ordinati sistematicamente, ma di tre 29 LrnaELL-ScoTT, s.v. )..ouw.
8;u {1v,3o6) À.ovw C 3 {A. Oepke) (tV,307) 822

dempimento ('in quanto' o 'con ciò è costantemente legato al battesimo,


che'); È'V piJµ(x:n precisa meglio xaita- non c'è alcuna ragione per collegare à-
plcra.c,: la purificazione si compl me- va.xa.L 'VWO'EW<; X't' À.. direttamente con
diante il noto (doppio articolo!) lavacro &a; À.OV't'p6v è in vedtà il termine prin-
d'acqua per mezzo della parola. Questa cipale cui vanno riferiti entrambi i geni-
parola non va rozzamente intesa come tivi. Il concetto più individualistico del-
magica, né va fatta svanire nel simbo- la rinascita e del rinnovamento è forse
lismo; è piuttosto quella pronunciata al piuttosto ellenistico che genuinamente
battesimo, che porta alla mèta la pre- paolino 31 • È pertanto ancor più signifi-
dicazione precedente; essa risale a Dio cativo che quest'idea venga strettamen-
e a Cristo e riceve da qui la sua effi- te collegata alla remissione dei peccati
cacia 30• mediante À.ou-rpov, un collegamento in-
dubbiamente paolino (-7 n, coll. 71 s.).
Hebr. ro,22 : npoa'Ep)(w~i}a. µE't'èk à.-
À11itwnc, xa.polac, Év 7tÀ.TJpocpopl11- 1tl- 2 Petr.2,22 dice dei falsi dottori li-
O''t'Ewc;, pEpa.v·nr;rµÉvoL -rà.ç xa.polac, à.- bertino-gnostici: O'uµ~É~T)XEV a.1hoi:c; -.ò
7tÒ O'U'VELOTJO'EWC, 7t0\ll)piiç Xa.L À.EÀ.OUO'- 't''ijc; àÀ.ni>ouç 1tapoiµla.ç · xuwv Èm-
µÉ'VOL 't'Ò crwµa. VOa.'t'L xa.?>a.p0, «acco- <T't'pÉljJaç É7tL 't'Ò i:otov È~Épu.µoc, xaL · ùç
stiamoci con cuore sincero, in pienezza À.ou<Taµivn Etç xuÀ.LO'µÒv ~op~6pou, «è
di fede, purificati i cuori da cattiva co- accaduto loro quanto dice il proverbio
scienza e lavati il corpo con acqua pu- pieno di verità: 'il cane è tornato al pro-
ra». Non si tratta qui dell'accostamen- prio vomito' e 'la scrofa lavata a roto-
to, in fin dei conti senza rapporto, di larsi nel fango'». La prima metà del ver-
purificazione esteriore ed interiore (co- setto è una citazione di Prov.26,II; la
me in Filone [-> coll. 814 s.; n, col.56] seconda ripete un proverbio popolare.
e in Giuseppe [ -7 n , col. 56] ), ma del- II senso è che i falsi dottori sono tor-
l'inscindibile compenetrazione del pro- nati al peccato dopo il battesimo, una
cedimento esteriore e dell'efficacia sacra- colpa imperdonabile secondo I-Iebr.6A
mentale (-7 n, coll. 7r s.). Tit. 3,5: Dio ss.; ro,26 ss.; r2,r7; I Io.5,16.
non ci salva per le nostre opere, ma per
Anche nella seconda metà si deve
la sua misericordia, «mediante il lavacro trattare di due atti; perciò Elç xuÀ.L<r-
di rigenerazione e di rinnovamento di µòv ~op~6pou non dipende da À.oucraµÉ-
VT), certamente non in senso semplice-
Spirito santo» ( oL& À.ou't'pou 1ta.À.iyyE-
mente locale. Difficilmente l' Etç è fina-
\IE<Tlaç xat à.vaxa.L'VW<TEwç 1t'VEuµa-roç le; rappresenta invece un verbo finito.
à.ylou ). Non abbiamo quindi il senso generale
che la scrofa si rivoltola nella melma
Poiché nel N .T. il dono dello Spirito (cfr. À.ovEO'itocL ÉV 7tT)À.Q «lavarsi nel

JO Cfr. HAUPT, Gefbr., ad l. scatologia; cfr. A. ScHWEITZER, Die Mystik


des Apostels Pnulus (1930) 13 ss.; d'altra par·
JlIn Rom.6 un'idea analoga viene espressa in te v. DrnEuus, Pnst. excursus ad l. e ~ u,
modo alquanto diverso, in rapporto con l'e- coli. 4.59 s.
Àouw C 3 (A. Oepke)

fango», Aristot., hist.an.8,6 p. 595a 31), assolutamente in linea di conto 35 • La


bcns) che dopo il bagnatoio torna nel- prima ipotesi è troppo limitata e non
lo sporco 32• soddisfa pienamente l'interpretazione
autentica dei vv. r2 ss. (dr. spec. v.
c) In fo.13,10 il riferimento al bat- 16); la seconda non convince perché
tesimo non è cosl ovvio: ÀÉyEL (f.V- se tanto À.EÀ.ovµivoc; che vllj;wri}aL in-
-ccl_j 'h]Uouc;· ò )..tJ.ovµÉvoc; ovx EX.EL x,pd- tendono la lavanda dei piedi appena
fatta, non si capiscono allora né il cam-
av (EL µ1} 'tOÙc; 'ltOÒac;]33 vllj;a<r~aL, aÀ.-
biamento di vocabolo 36 né il perfetto37 •
À.' E!T'tLV xa~apòc; oÀ.oc;, «Gesù dice a In realtà oÀ.oc;, messo in forte risalto,
lui (scil. a Pietro): colui che è lavato sottolinea piuttosto la differenza tra
purificazione totale e parziale (la lavan-
non ha bisogno d'esser nettato (altro
da dei piedi). Sarebbe del tutto contra-
che i piedi], ma è tutto puro». Quan- rio al pensiero del N.T., e in specie di
to mai dibattuti sono il significato di À.E- Giovanni, suggerire che sia possibile
À.ovµivoc; e il senso di tutta l'azione. ottenere per vie etiche una purifìcazio-
ne totale. L'unità interna della perico-
La difficoltà principale è data dal dop- pe non viene neanche salvata vedendo-
pio ammaestramento della pericope 13, vi una tendenza a respingere i dubbi a-
x-7 : l'esempio dell'amore che serve (vv. vanzati da più parti contro la pratica
14 s.) e la purificazione fatta da Gesù ecclesiastica del battesimo per aspersio-
(vv. 8 ss.). Questa difficoltà può esser e- ne e di porre espressamente la 'lavanda
vitata o limitando il servizio all'aiuto dei piedi', praticata in quei circoli d'op-
dato per ottenere la remissione dei pec- posizione, sulio stesso piano della 'im-
cati 34 o facendo derivare la purifìcazio- mersione' tradizionale 38• Questa teoria
ne dal peccato dal seguire l'esempio di introduce un motivo che oscura l'am-
Gesù, cosl che il battesimo non entri maestramento etico della pericope, in-

32 Dei paralleli citati da WINDlSCH, 2 Petr., «Chi viene lavato (da me, adesso, ai piedi)
11d l., ha valore, in senso stretto, solo quello non ha bisogno di farsi lavare (altro) che i pie-
della leggenda di Ahikar, testo sir., ed. R. H. di, anzi (già con la lavatura dei piedi) è com-
CttARLEs (Oxford Edition o/ the Apocrypha pletamente pulito. ... È dunque puro chi fa
and Pseudoepigrapha (1913] 772): «Eri per do che io ho fatto con la lavanda dei piedi».
me, figlio mio, come un maiale che era entra- 36 Anche se troviamo che "kovEcrDru. e vl1t'WT-
to in un bagno e non appena vide una fossa
Vo;Lvengono usati assolutamente una volta in
melmosa vi scese e ci si rivoltò dentro». Può
P.Oxy. V 840,32.34 s. (-+ roll. 816 s.} come si-
essere che l'autore di 2 Petr. abbia conosciuto
nonimi, questo non prova proprio niente né
questo testo; per l'età della leggenda di Ahi- per quanto riguarda Io. in generale né, tanto
kar v. R. SMl!ND: Beih. z. ZAW I3 (1908); meno, per il passo in questione.
EJ I (1927) 720 ss.; SettORER III 247 ss.
37Il cosiddetto casus pendens dell'ebraico (T.
ll La parte tra parentesi manca in S vg codd. Pea i,6) non costituisce una vera analogia con
Orig. Tertull., ma è fortemente attestata da h una proposizione al presente, come suggeri-
st' pl. lat. e richiesta necessariamente dal sen· scono alcuni sopravvalutando l'ebraismo dcl
so (nonostante il parere di-+ E. SCHWARTZ e JV Vangelo: lo fa giustamente notare il -+
M. J. LAGRANGE, St. Jeat1 2 [r925], ad l.); cosi
CAMPENHAUSEN 270.
anche il TILLMANN, Joh., ad l.
38 V. CAMPENHAUSEN fonda questa sua ipote-
31 ZAHN, ]oh., ad l. Sl su reperti archeologici che sono però più
3; -+ P. Frnnrn 125, parafrasa cosl il v. ro: tardi.
ÀOUW e 3 (A. Oepke)

negabile quando si considerino i vv. r 2 Pertanto la soluzione migliore rimane


ss. Inoltre non rientra nelle abitudini quella di vedere nella frase 't'OÙç ?t60a.ç
del quatto evangelista dare tanto peso \lltJiruri)a.i una remissione parziale che
a simili particolari. La difficoltà mag- segue il battesimo e, per cosl dire, lo
giore in cui incorre quest'ipotesi è che continua. Siamo allora obbligati a ve-
À.EÀ.ouµÉ\IO<; non indica più il battesimo, der qui due idee principali: la purifica-
ma una purificazione che lo preceda; zione ottenuta mediante Gesù e l'esem-
neanche il riferimento a Io.r 5 ,3 basta pio del suo amore che serve. Nel caso
a chiarire un tale abbandono del lin- di una narrazione didattica la presenza
guaggio figurato. Non· è persuasiva nem- di due idee principali deve far sorgere
meno l'ipotesi che l'autore pensi all'isti- ancora meno dubbi o incertezze che nel
tuzione di un'azione sacramentale pa- caso delle parabole 45, senza contare che
rallela all'eucarestia per l' 'agape idea- questa equivocità è uno degli strumen-
le', o che non si riferisca ad alcun rito ti stilistici del quarto evangelista. Que-
ecclesiastico39 • L'espressione À.EÀ.ovµévoç ste due idee fondamentali sono inoltre
fa intravvedere un rappotto col battesi- strettamente connesse nel nostro passo:
mo; non si tratta, certo, del battesimo di 11 perdono ottenuto una volta e rinno-
Giovanni40 (che il quarto evangelista non vato ogni giorno è la prova principe del-
tiene in gran conto), ma piuttosto del l'amore diaconale di Gesù e, insieme
battesimo cristiano ~ 1 • Il problema se i con l'esempio suo, è la sorgente di for-
Dodici abbiano ricevuto il battesimo za del vero discepolo per la sua pro-
verrebbe allora risolto nel senso che la pria vita di servizio. La stessa connes·
condizione di discepolo sostituisce il sione, ma in ordine inverso, è alla base
battesimo 42 • Ma si tratta di un'aggiunta di Mc. ro,42-45. Il racconto della la-
al testo, poiché l'evangelista parla, co- vanda dei piedi è il miglior paradigma
me tante altre volte, partendo dalla si- per questo detto del Signore e trova
tuazione cristiana del presente. Se si ri- in esso, contemporaneamente, la spie-
ferisce anche la lavanda dei piedi al bat- gazione autentica. Vista cosl, la peri-
tesimo, allora abbiamo una replica; non cope ha una sua unità intrinseca anche
si può neanche vedere nella lavanda dei se, effettivamente, è più facile sentirla
piedi che segue quella totale un accen- che esprimerla in parole.
no diretto alla cena del Signore 43 , per-
ché non c'è nulla che punti in questa Anche in questa occasione, dopotut-
direzione e perché riferire una lavanda to, Àoum1 va inteso del battesimo (cri-
a un pasto è indubbiamente una forza- stiano). L'abluzione fondamentale (À.E-
tura 44 •
À.ouµÉvoç) non ha bisogno d'esser ripe-_
L'evangelista stesso, secondo il cap.
6, collega con l'eucarestia piì:1 l'idea del- tuta, ma rende colui che l'ha ricevuta
la vita che quella della purificazione. per sempte e totalmente (5À.oç) puro.

J9 H. Wrno1scH, ]oh. rmd die Sy11optiker 43 BAUER, Joh. , excurms a r3,io, seguendo O.
( r926) 77; per altri suggerimenti alquanto re- HoLTZMANN e alui
moti v. ~ la nota bibliografica.
.w ZAHN, Joh., ad l., includendo però anche la 44 WINDlSCH, op.cit. 76 s .; v . Cll.MPENHAUSI!N,
parola di Gesù accolta con fede. op.cit. 262.
41 BAUER, Joh., excursus a 13,20. ~5 Per il polisenso delle parabole giudaiche cfr.
42 Cfr. TILLMANN, Joh., ad l. P. FrnBIG, Die Gleiclmisredett Jesu (1912) 27.
827 (1v,308) 'X.ouw D (A. Ocpke)

Per i singoli peccati, che pur continua- capita, Giustino mette espressamente in
no nella vita del battezzato, costui tro- evidenza che il battesimo tende alla re-
missione dei peccati (apol. 1 ,66 ,x; dial.
va purificazione ancora presso Gesù 44,4: Àoucracrì1at -.ò ùrcÈp CÌq>ÉcrE:wç à-
(-coùç '1to8a.i; vl!JiMìTm); chi vi si oppone 1..1.ap..twv ... À.ou-rp6v, «lavarsi col lava-
non ha alcunché in comune con lui (v. cro per la remissione dei peccati»). Egli
sente però la necessità di mettere in
8). Si tratta quindi di una presa di po- maggior risalto !'elemento intellettuale,
sizione, niente affatto frequente nel N. alludendo all'illuminazione (<pw•lsecr-
T., sul problema del perdono 'quotidia- ì1at, q>w,.tcrµoç, apol.x ,6r ,12s.), alla rina-
scita ( 6:.va.yéwricrtç, apol. r ,66,r) o alla
no' dei peccati 46 • Questo perdono è da
gnosi ( À.OU"t'pÒV -cfjc; µE't'('X.\IOL('X.t; xat "tijç
una parte distinto dalla grazia battesi- yvwcrewç -roii ì1eoii, «lavacro del ravve-
male, dall'altra petò strettamente colle- dimento e della conoscenza di Dio»,
gato ad essa. Questo passo ci porta nel- dial.14,I) donate nel battesimo.
le vicinanze del pensiero di Lutero che
il cristiano deve continuamente tornare Tutto sommato, si segue qui ancora
al suo battesimo 47 . la linea del N.T. Col passar del tempo
però, a mano a mano che si aspira il
sincretismo, cresce sempre più il peri-
D. À.OUEL\I x ..À.. NELLA CHIESA
colo che la concezione pagana del ba-
Nei Padri apostolici incontriamo sol-
gno sacro riprenda terreno anche nella
tanto -À.ouecrìTa.~, nel senso di lavarsi, in
Herm. vis.I,I,2 e I Clem.8,4, in una chiesa. Il battesimo diventa un mistero
citazione di Is. r, I6. Mentre questo sincretistico (~ II, coll. 80 ss.). Inoltre
gruppo di parole manca nella maggior ci si ripromette da certi tipi di abluzioni,
parte degli apologeti, esso è particolar-
mente prediletto da Giustino. Questi germogli sbocciati illegittimamente dal
usa ÀovEL\I e À.ouEcrìTa.t una volta (cita- pollone selvatico del paganesimo e cre-
zione di Js.r,r6) senza rapporto col bat- sciuti attorno ai riti della chiesa, puri-
tesimo (apol.r,44,3), una volta con ri-
ferimento indiretto al rito per indicare ficazione dai peccati, guarigione da ma-
le abluzioni pagane (apol.r,62,r), negli lattie, protezione, progresso. La chiesa
altri casi sempre in riferimento diretto si è opposta decisamente alla credenza
ad esso (apol.I,6r,7.ro.r3 ecc.; dial.I2,
3; 18,2; 44,4); &:rcoÀ.oue<rì1a.t soloindial.
superstiziosa che delle abluzioni possa-
13,1 (Isaia non intenderebbe le abluzio- no eliminare i peccati, e l'ha dovuto fa-
ni esteriori per la colpa di sangue, ma re proprio per assicurare il carattere u-
il battesimo); À.ov-.p6v sempre riferito nico del suo battesimo. Non solo per
al battesimo (apol. r,6r,3. ro. 12 ecc.;
dial.r3, I; 14, r; 18, 2; 44, 4). Quando questo, ma anche per ragioni interiori,

46Per la sua posizione nel N.T. v. L. !HMELS, Ev. in seiner urspriinglichen Gestalt (1936)
Die tiiglicbe Vergebung der Siinden ( r916). 331 ss.; egli scorge, forse a ragione, anche un
sottile ultimo rapporto tra lavanda dei piedi
47 Tale il parere anche di E. HrnscH, Das 4. e cena del Signore.
Mxoi; (G. Bornkamm)

ha fatto valere la dottrina biblica della Essa, per es., promise ai lebbrosi gua-
serietà del peccato con grande energia rigione e alle st.erili fecondità se si fos-
sero lavati nel luogo del Giordano ove
e, certamente, non senza successo. «Che la tradizione poneva il battesimo di Ge-
può voler dire lavarsi il corpo? - escla- sù -19. Gli ordini ecclesiastici richiedono
ma il Crisostomo (hom. in 2 Tim.6,4, prima della preghiera la lavanda delle
MPG 62,634 s.) È un'usanza espiatoria mani, dandole sollecitamente il signifi-
cati di un ricordo del battesimo. Anzi
giudaica, che non ha senso né gioia, se già in Tertuliiano questo gesto ha un
non si tratta dell'anima... C'è gente che posto preciso nella liturgia. Ben presto
di giorno si copre di colpa e di pecca- in nessuna chiesa mancano bacini che
invitano a un'abluzione intesa almeno
to 48, di sera fa il bagno (À.ov6µevoi) e simbolicamente. L'iscrizione recurrens
vien poi in chiesa tutta sicura e alza le di un Càntaro a Costantinopoli esorta
mani per pregare, quasi che-·Ie avesse opportunamente a lavare i peccati e non
solo l'esterno: vl4'ov à.voµ:fiµci:ta µiJ
lavate di ogni macchia nei catini (oLà µ6vcx.v o~w, «lava i peccati, non solo
i:ijc; 't'W\I ùQ(hwv xoÀ.uµ(31Jl}pcx.c;}». Per la faccia» (Inscriptiones Antiquae, ed.
il resto però la chiesa poté difendersi J. Gruter et al. II1 [I707] rn47,9). Tut-
ti i significati profondi dell'acqua san-
dalla penetrazione del paganesimo sol- ta, di cui fino ad oggi non c'è affatto
tanto legittimando e, se possibile, cri- carenza, non cambiano però il fatto che
stianizzando queste escrescenze, rifìu.. nella vaschetta dell'acqua santa conti-
nua a sopravvivere nel cristianesimo un
tando le più grossolane.
uso cultuale pagano.
A.OEPKE

che come figura di feroce coraggio;


t À.uxoc; Pind., Pyth.2,84: 1tO'tL o' ÈXitpòv &:t' f.-
xi>pòc; ÈW\I À.UXOLO olxa\I U'ltOitEVCiOµaL,
A . IL 'LUPO' FUORI DEL N.T. «attaccherò di nascosto, come fa il lu-
po nemico contro nemico»; Solone
Fin dai tempi più antichi il lupo, que- 24,26 s. (Diehl r 3 7 ): i:wv ot\vi;:x' èi>.,-
sto predatore diffuso in quasi tutto il xT)v 'ltlX\l'tO~EV 7COLEUµEvoc; wc; ÉV XUO'L\I
mondo antico 1, è menzionato in innu- 'TtoU:now Éo',;pa<p'l'}V Mxoc;, «mi girai
merevoli passi della letteratura classica. di qua e di là come un lupo in mezzo
Ricorre spessissimo in immagini belli- a molte cagne, portando aiuto da ogni

48 Si pensa, in primo luogo, ad atti osceni e dicazione delle fonti pertinenti e anche abbon-
anche contro natura; siamo qui chiaramente dante materia riguardante quanto segue.
davanti alla continuazione diretta del tradizio-
nale bagno dopo il rapporto sessuale. ~ col. Mxoç
798. I O. KELLER, Thiere des classischen Alter-
49 In ~ ZRLLINGER 93 ss. vengono fornite l'in- thums... (r887) 158 ss.
83I (IV,310) Mxo.; (G. Bornkamm)

parte a motivo di costoro». Omero pa- ss. 6; Statius, Thebais 8,691 s. (ed. R.
ragona ripetutamente a lupi i guerrieri Jahnke [1898]); Themist., oratio r,9
che attaccano violentemente i nemici: d: xat '!tOtµvlov ÈXEtvo E!J:x.oÀov -toi:ç
Il. 4,471; n,72; 16,156 ss. 2 ; Vergil., o
Mxotç O"l."4) 'ltotµTiv ànExìM.\lot-to, «ed
Aen.2,355 ss. Il nome stesso, nella for- è più esposto ai lupi quel gregge cui
ma primitiva, ci dice che il lupo è una sia odioso il pastore». Il detto 'fare il
belva rapace 3 ; l'epiteto solito che gli lupo pecoraio' non è che il greco M-
vien dato è &p7ta.~: Licophron, Alexan- xoç 7totµ-fiv: Diogenianus 5 ,96 (CPG 1
dra 1309 (var.: "A'tpa.xa.ç) (ed. E. 269); Cic., in Antonium 3, II, 27; si-
Scheer 1 (1881]); Pseud.-Oppian.,cyne- mile è il modo di dire 'affidare le pe-
getica 3,302 ss.; Horat., carm. 4, 4, 50; core al lupo': Plaut., Pseudolus 140;
epod.16,20; Velleius Paterculus (ed. C. Terentius, Eunuchus (ed. Kauer-Lindsay
Stegmann-v. Pritzwald [1933]) 2,27 [ 1926]) 832. Mxoc; '!tOtµ1]\I può però
(i Cartaginesi sono raptores Italicae li- anche significare la pericolosa simula-
bertatis lupi); Macrob., sat. I, 20, 14; zione di un essere dannoso: Apostolius
Sen., Oedipus (ed. F. Leo [ 1878/9]) ro,96b (CPG II 513) che poi precisa:
150; cfr. anche Clem. Al., strom. 4, 9, hcL -tW\I µE'tà. ux.1Jµ('1,'toç q>LÀ.txou Em-
12,4; protr.1,4,I. Tra tutte le belve, le ~ouÀEvov-twv -ttcrl, «(si dice) di coloro
greggi devono temer lui in modo parti- che, fingendosi amici, tramano contro
colare(Hom. ,Il. 16 ,35 2; Pseud.-Oppian., qualcuno»; M. Ant.11,15,5: oÙÒÉv Elj-
cynegetica 1,342; 2,409; 3,287; Ovid., 'tW ctX(jxto\I À.uxo<ptÀl('X,ç, <<non c'è nien-
fast.2,85 s.; metam.11,370 ss.); è men- te di peggiore dell'amicizia lupesca ( =
zionato frequentemente anche nelle fa- falsa)» (cfr. anche Iul., or. p. 591,14,
vole, per es. Aesop.268 ss. (ed. C. Halm ed. Hertlein); Clem. Al., strom.2,4,16,
( , t"\ ~ I t ,
[1868] p. 131 ss.) ecc. Proverbiale è I: U1t0Xpt\IE't'(1..L oE • 'lv ntcT'tLV 1'J EtX('X,-
l'insaziabile avidità del lupo affamato: afa ... xa.M.nEp ò x6Àa.ç "tÒV cplÀov X('1,t
Àuxoç EXIX.\lé\I, «il lupo spalancò le ò Mxoç 'tÒ\I XUV('1,, «il dubbio si trave-
fauci», Diogenianus 6,20 (CPG I 273); ste da fede ... come l'adulatore d'amico
Aristoph., Lys. 629, ecc. 4 ; come anche e il lupo da cane». Xenoph., eq.mag.4,
lo è l' inimicizia eterna tra lui e la 18-20, ritrae a vive tinte la scaltrezza
pecora; Horn., Il. 22, 263: oÙÒÈ Mxot del lupo che va in cerca di preda con
'té xcx.L ap\léç òµ.6<ppova. ihJµ.òv ltxouaw, astuzia 7, ed anche nella favola è pre-
«i lupi e gli agnelli non hanno certo sente tanto il motivo della furbizia
sentimenti concordi»; Aristoph., pax (Aesop.266.268.269 ecc.) quanto quel-
1076: nplv xe\I Àuxoç otv vµ.ev('1,toi:, lo del coraggio del lupo (Babrius, Fa-
«prima il lupo sposerà forse la pecora» bulae A esopeae [ed. O. Crusius (1897)]
(ibid. 1II2) 5 • Dipende dal comporta- 1 22, Aesop. 2 74). Il terrore mortale cau-
mento dei pastori se le pecore diven- sato dall'improvvisa apparizione del lu-
gono preda dei lupi: Hom., Il.16,352 po e il terribile pericolo che ne conse-
2 H. FR.ii.NKEL, Die homerische11 Glcichnisse (1890) 198; anche KELLER, op.cii., 401 n. 78.
(1921) 62.73 ss. s Iperboli simili per designare un àòuva:tov
3 Indogermanico f!lquos, 'lupo', forse dalla ra- in Aristoph., av.967 s.: IS"ta:v olxi]crwcn Mxot
dice !!el, «strappare, predare, ferire»: WALDE- 7to}.Mt.l "tE xopwva~ ~v "t'O'.U"ti;i; Horat., carm.
PoK. r 304 s. 3r6 s. r,33,7 s.: sed prius Apulis iungentur capreae
4 Anche in autori latini: Plaut., Stichus 605;
lupis.
Trinummus 169 ccc. Altri esempi latini e gre- 6 Cfr. F RANKEL, op.cit. 59 s. 75 s.
ci in A. OTTo, Sprichworter... der Romcr 7 Altri esempi in KELLER, op.cit.162.
Àvxoç(G.Bornkamm) (1v,3n) 834

gue vengono rispecchiati anch'essi nei Nell'A.T. il lupo (r'èb) appare nel-
proverbi: Àuxov UìEi:v, «vedere il lupo» la descrizione di un tremendo giudizio
indica l'ammutolire dalla paura (Theocr. punitivo: xat Àuxoc; ~wc; 't'W\I olxtwv
14,22) 8 ; a questo complesso d'idee ap- wMitpEUO'E\I ctÙ't'ovc;, «e il lupo li sbra-
partiene ache l'espressione lupus in fa- nò fin nelle case» (Ier.5,6), altrimenti
bula (Terentius, Adelphoe 537; Cic., si tratta, nella maggior parte dei casi,
Att.13,33) (lupus in sermone: Plaut., di metafora e di paragone; in Gen.49,
Stichus 577): quando si parla del lupo, 27 indica la bellicosità: Bevtaµw M-
questo non è lontano .(originariamente xoc; &p7t~, «Beniamino è un lupo ra-
in senso magico: non bisogna chiamar pace». Generalmente ha però valore
disgrazie, altrimenti vengono) 9 • Il mo- peggiorativo; Abac. 1,8 (di cavalli che
do di dire greco e latino 'tenere il lu- mordono): 6t;u't'EpoL untp 't'OÙc; Mxouc;
po per le orecchia' (oU't'E y!Xp xa.'t'ÉXEW -rijc; 'Apa~lac;, «coi denti più aguzzi dei
ol6v 't'E oii't'E Ò:q>Ei:Vat iixl\l&uvov, «non lupi d'Arabia»; Ez.22,27: ot &pxov-tEc;
è possibile né tenerlo stretto né man- a.ù·tiic; lv µfo~ av'tfjç wç Mxot ti.pmi·
darlo via senza pericolo»: Macarius 8, sov't'Ec; &.pmiyµa.'ta. "tOU E:xx;fo.L a!µa.,
44 [ CPG II 220] ) 10 indica una situa- «i suoi capi sono in mezzo ad essa (Ge-
zione di pericolo inevitabile. rusalemme) come lupi che afferrano la
Il lupo ha un ruolo notevole nella preda per spargerne il sangue»; Sopb.3,
motologia classica 11 e nella superstizio- 3: ot xpt't'at av'tfjc; wc; Mxot 't'ijç 'Apa.-
ne. Basti tJensare alla saga di Licaone ~lac;, «i suoi giudici son come lupi d'A-
e al culto di Zeus Liceo e di Apollo rabia», immagine che indica la loro e-
Liceo, ove il lupo appare ora come sim- goistica crudeltà 13 • L'inimicizia tra lu-
bolo del fuggiasco, di chi invoca prote- po e pecora è usata nella similitudine
zione (entrambi gli dèi hanno anche di Ecclus 13,!7: 't'l xotvwvl}<TEt Àuxoi;
l'epiteto di <Du~toç}, ora come incarna- iiµvc7>; OV't'W<; &.µa.p't'wÀòc; 7tpòc; t.Ò<TE-
zione di forze demoniche, respingen- ~fj. «come può unirsi il lupo all'agnel-
do le quali la divinità dimostra la sua lo? cosl il peccatore al pio»; essa ser-
potenza (Apollo è detto Àvxox't'6\loi;, ve da sfondo per la condizione del re-
Soph., El.6; Plut., de sollertia anima- gno messianico di pace, quando il lu-
lium 9 [rr 966 a] ecc.). Per quanto ri- po e la pecora pascoleranno insieme (Is.
guarda il ruolo del lupo nella supersti- 11 ,6; 6 5 ,2 5) e la pace regnerà su tutta
zione, basti ricordare l'antichissima e la nuova creazione.
diffusa figura del lupo mannaro (un uo-
mo che si tramuta improvvisamente in Negli scritti rabbinici abbiamo un
lupo) 12• uso particolare di Àuxoç. Per spiegare

8 Esempi latini in OTTO, op.di. 200 s. Religionsgeschicbte II (1932) 52 s.


9 Cfr. OTTO 200. 12 Petronius, Saturae (cd. F. BuECHELER · W.
10 Altri esempi in OTTO 199· HERA.us• [1922]) 6r,5 ss. ecc. Esempi più an-
Il KELLBR, op. cit.17oss.; M. P. NILSSON , tichi in KELLER, op.cit. 164 ss. 403 n. l22j
Griech. Feste von religiOser Bedeuttmg (1906) soprattutto M . ScHUSTER, Der W erwolf u11d
8 ss.; F. ScHWBNN, Die Menschenopfer bei die Hexen: Wiener Studien 48 (1930) 149 ss.
den Griecben tmd Rii111ern: RVV 15,3 (1915) J3 IlapoLµ. 28, r5: WV TmVWV xa.t ).uxoc;
20 ss.; RoscHBR, s.v. 'Lykaios' e 'Lykaon'; P. OL\jlwv oc; -.vpet.:WE~ 'Jt'>WXÒç (;)v tlhlovç 'JtEVL-
KRETSCHMER: Kleinasiatische Forschungen I xpou; il T.M. ha dòb, 'orso', ma ai LXX sem-
(1930) 14 s.; F. ALnmIM, Griech. Gotter im brò che il lupo si adattasse meglio all'immagi-
alten Rom: RVV 22,1 (1930) 148 s.; ID., Rom. ne.
835 (rv,3II) Mxoç (G. Bornkamm)

la degradazione punitiva dell'ordine sa- in vesti di pecore); il logion dell'albe-


cerdotale di Bilgà si racconta in T.Suk- ro e dei frutti, armesso all'ammonimen-
kà 4,28 un orribile sacrilegio commes- to, offre il criterio secondo cui bisogna
so da una certa Miriam, una donna ap-
partenente a quest'ordine e passata poi giudicare l'apparenza e la realtà.
al paganesimo: «Come i Greci entra-
rono nel tempio a forza, Miriam si fece Respingendo l'interpretazione ordina-
avanti e colpl l'altare e gli disse: lwqis ria e grossolana, che il successo o le a-
lwq;s, tu distruggi i beni degl'Israeliti, zioni esterne costituiscano una chiara
ma non li assisti nell'ora dell'afl:lfaione». prova di una missione divina, per com-
K. H. Rengstorf ha spiegato cosl que- prendere correttamente il detto bisogna
sto strano aneddoto e, in particolare, tener presente quanto segue: r . la que-
l'ingiuria rivolta all'altare ( =Dio) 14 : la stione su cui si deve decidere è presen-
bestemmia consiste evidentemente in tata come un problema della vita inter-
un frivolo gioco cli parole: lwqis = na della comunità e non tende alla di-
lwqws = locus = -.61toc; = màqom (fre- stinzione teorica, generale, tra fatti e
quente sostituto del nome dì Dio); qui parole; 2. come mostrano i paralleli in
però lwqws può anche richiamare M- Lc.6A3 ss.; Mt.r2,33 ss., anche la pre-
xoc; («Dio, il miiqom / locus, si com- dicazione fa parte dei frutti; 3. l'agire
porta come un Àvxoc; verso il suo po- non viene considerato in sé, ma viene
polo oppresso») 15• Il gioco di parole compreso a partire dal suo fondamen-
originario sembra esser diventato più to (l'essenza buona o cattiva dell'albe-
rozzo nei paralleli talmudici che son ro); 4. l'ambiguità dell'apparenza pura-
molto. simili e propendono per il signi- mente esteriore viene messa in evidenza
ficato di Mxoc; (par.: Sukkà b.56b Bar.; da Mt., che in 7,15 fa proprio notare
Sukkà ;.55 d, 40 ss.; Strack-Billerbeck r che non è possibile distinguere esterior-
466). mente i lupi dalle pecore e nei vv. 2 I
ss. mostra i falsi discepoli che si pre-
sentano davanti al giudice celeste con
B. L'uso LINGUISTICO DEL N.T.
opere eccezionali, e pure vengono da
Nel N.T. incontriamo Mxoc; nel det- lui respinti perché hanno sl fatto mol-
to, ma non l'unica cosa indispensabile,
to di Gesù che mette in guardia contro cioè la volontà del Padre. Da tutto ciò
i falsi profeti (Mt.7,r5): «Guardatevi consegue che le opere di quelli che si
dal falsi profeti che vengono a voi in presentano come profeti offrono alb
comunità la possibilità di distinguere
vesti di pecore, ma di dentro sono lupi tra realtà e apparenza solo nella misu-
rapaci (Mxo~ ap1tOCYE<;)». Si tratta pro- ra in cui esse sono un'aperta osservan-
babilmente di maestri eretici, poiché za o un chiaro disprezzo della volontà
divina: le opere stesse sottostanno quin-
questi pseudoprofeti danno l'impressio-
di a un criterio ultimo, e soltanto in
ne di appartenere alla comunità e se ne questo modo rappresentano, mediata-
servono per i loro fini distruttivi (lupi mente, una norma 16 •

14 Orientalistische Studien, E. Lìttmann zu 16 I versetti del sermone sul monte hanno pa-
seinem 60. Gcburstag (r935) 59 ss. rnlleli nella Ginza dei mandei, LIDZB. , Ginza
IS Op.cit. 6r. R. xm 287 (p. 285,II ss.): «l mandei che so·
837 (1v,311) Mxoç (G. Bornkamm)

In Act.20,29 Paolo, congedandosi dai conforto poiché il pericolo non è più


presbiteri efesini, predice il sorgere di una sventura imprevista, ma la missio-
distruttori della comunità: «Dopo la ne affidata loro da Gesù include già in
mia partenza entreranno tra voi lupi sé 1' esposizione al rischio 17• Nella se-
selvaggi (Mxot ~a;pEi:ç) che non rispar- quenza dei detti, a partire dal v. II,
mieranno il gregge»; il v. 30 rende evi- l'evangelista esprime chiaramente il sen·
dente che si tratta di maestri eretici {v. so escatologico del rapporto dd disce-
29: essi entrano dall'esterno; v. 30: poli col mondo per mezzo del contra-
sorgono nella comunità). sto tra i poteri loro affidati e la perse-
cuzione che li attende 18 •
Non viene precisato che tipo di ere-
tici costoro siano; l'immagine usata al Abbiamo, infine, Io. ro,12: «Il mer-
v. 29, insieme col fatto che i presbiteri cenario, .invece, che non è pastore e al
vengono chiamati custodi e pastori (v. quale non appartengono le pecore, ve-
28), sta a indicare che l'errore non de-
v'essere considerato un male inevitabi- de venire il lupo, lascia le pecore e fug-
le, nia un pericolo mortale per la comu- ge, e il lupo le rapisce e le disperde».
nità, che va respinto. Non è detto chi sia il lupo; il modo
Là concisa similitudine di Gesù in migliore per capire la pericolosità della
occasione dell'invio dei discepolr- «ec- minaccia (come per capire la fedeltà del
co, vi mando come pecore in mezzo ai pastore e l'infedeltà del mercenario)
lupi» (Mt.rn,16 a; Lc.10,3) - esprime consiste nel non dare un'interpretazione
quanto costoro siano esposti e indifesi; limitativa al rischio, rappresentato dalla
è un avvertimento del pericolo incom- figura del lupo irrompente, a cui è e-
bente sui discepoli (cfr. Mt. 10, 16b sposta la comunità. Che si tratti sol-
ss.), nel contempo, però, è anche un tanto di maestri eretici non è affatto

no fedeli solo a parole al nome del Mandii 70 popoli della terra). Egli replicò: Grande
dHaiie, ma non hanno fede nel cuore; che as- è il pastore che la salva e custodisce e piega
somigliano ad alberi cattivi che bevono acqua quelli (i lupi) davanti a lei (Israele)» (STRACK-
vivente, ma non producono frutti; che son si- BILLERDECK I 574).
mili al lupo rapace e al leone abbattitore...
contro costoro invochiamo a testimonio la po- 18 Cfr. il detto apocrifo (combinazione di Mt.
tente, prima vita ... ». Questa sequenza ricalca ro,x6 par. con rn,28 par.) citato in 2 Clem.
chiaramente Mt1,x:; ss., anche se con diverso 5,2-4: «Dice infatti il Signore: Sarete come
ordine_(vv. 7,21.16 s. 15). In Ginza R. v 2,179 agnelli in mezzo a lupi. Pietro, allora, gli do-
(p.183,x ss.) si parla in senso metaforico di mandò in risposta: E se i lupi sbraneranno
lupi==seduttori dei fedeli; cfr. anche R. xv n, gli agnelli? Gesù disse a Pietro: Gli agnelli,
333 (p. 343,31). dopo che son morti, non devono aver paura
17 La similitudine della pecora tra i lupi ap- dci lupi; cosl anche voi non abbiate paura di
pare anche negli scritti rabbinici: Tanh. twldwt coloro che vi uccidono e dopo non posson far-
§ 5: «Adriano disse a R. Jehoshua (c. 90 d. vi più alcunché, ma temete colui che, dopo
C.); C'è qualcosa di grande circa la pecora la vostra morte, ha potere sull'anima e sul
(l8raele) che riesce a sussistere tra 70 lupi (i corpo e può gettarli nella geenna di fuoco».

Z1 e n •ndc lr:uico _ vt
À.uµalvoµaL (W. Michaelis)

detto, anzi è escluso dal legame tra il corge a chi veramente appartiene, e a
v. 12 e il v. xr (il buon pastore dà la chi no; 4. la minacciosa possibilità di
sua vita per le pecore). Bisognerà cosl soccombere alla mortale avidità del lu-
pensare all'incalcolabile minaccia del po che attacca improvvisamente il greg-
nemico di Dio che pesa sulla comuni- ge, e pertanto di perdere la protezio-
tà e, constatando che la sostanza in~ ne del gregge e la vita, risulta nel det-
frange i limiti dell' i.p:imagine, si do- to di Gesù come un pericolo già al-
vrà dedurre, per quel che rigu.arda il lontanato, poiché la comunità già vi-
rapporto tra lupo, _gregge, mercenario ''e del sacrificio della vita del buon pa-
e pastore, quanto segue: I. il buon pa- store e la perfetta unità del gregge è
store vede avvicinarsi il pericolo e dà già stabilita e sigillata dalla promessa
la sua vita per proteggere il gregge: per mediante questo sacrificio (10,u-17).
mezzo della sua morte risulta evidente
Negli scritti posteriori Mxoc; appare
che il gregge appartiene solamente a lui frequentemente per designare gli ereti-
e rimane, ora più che mai, sua proprie- ci e i pervertitori della comunità (spes-
tà; 2. il mercenario vede profilarsi il so col richiamo a Mt.7,15): Did.16,3;
Ign., Phld. 2, 2; 2 Clem. 5, 2-4; Iust.,
pericolo e, per protegger la sua vita,
apol.r,r6,r3; dial.35,3; 81,2; in Eus.,
perde il gregge e dimostra con ciò che hist. eccl.5,r3,4, Rodone parla di Mar-
esso hon gli è mai appartenuto; 3 . è cione chiamandolo Il o v" ~ x òe; À.vxoc;,
davanti al pericolo che il gregge si ac- «lupo del Ponto» ~.
1

G.BORNKAMM

t Àuµalvoµa~
stare, mettere in gran pericolo, pregiu-
À.uµal\loµm., med. dep., fin da Eschi- dicare (per es. la salute fisica, l'ordine
lo ha il significato primario di trattare costituito), annientare (fisicamente o
ignominiosamente, ma ben presto pren- moralmente), distruggere (località, nel
de quello generico di danneggiare, gua- corso di una guerra); raramente usato

19 A. v. HARNACK, Marcion' (i924) 32~* vede 49, sostiene che il verbo deriva dal sost. M·
in questo particolare un'allusione al modo di µT), tratt11111e11to indegno (anche sporcizia) che
vivere cinico di Marcione (con riferimento a si riscontra fin da Euripide ed Erodoto. Inve·
Luc., Per. mort. 30); l'immagine è comunque ce A. DEBRUNNER: Indogermanische Forschun-
corrente. Cfr. Iust., apol. 1,58,2; Eus., hist. gen 21 (1907) 22, sostiene la derivazione da
ecci. 4,24 e W. BAUER, Rechtgliiuhigkeit und Àuµa, guasto, corruzione (ma anche sudiciu·
Ketzerei ( 1934) r34 s, me). un termine che appare fin da Eschilo cd
Euripide, per cui si sarebbe portati a dedurre
)..vµa,voµaL per )..uµalvoµa.L il significato originario di ili·
E. FRAENKEL, Griech. Denominativa (1906) 9. sudiciare {DEBRUNNER].
Àuµa.lvoµa:t (\VI. Michaelis}

~\~.
in assoluto, generalmente con l'ace. o salente che rovina l'altrui», Prov. 27,
il dat. 1. Si riscontra anche nelle iscri- 13). Filone usa Àup.alvoµa.t 13 volte 4 :
zioni; per es. IG v 2,6 righe 16 s. (IV con riferimento a Ex.23,8 (spec.leg-{,
sec. a.C.); Ditt., Syll.' 997,3, parallelo · 62); a proposito del divieto di danneg-
con &.òtxÉw; 1238,II (II sec. d.C.), pa- giare «i campi fecondi della città nemi-
rallelo con ÀwS<ioµat, trattare con di- ca», 1t6ÀEwc; lxt>péic; 't''Ì)V CÌpE't'WCTCX.\I
sprezzo, danneggiare; nei papiri abbia- yfjv (spec. leg-{ 1 226); del male causato
mo una situazione analoga 2• Nei LXX dalle punture di zanzare (vit. Mos. 1,
Àuµoclvoµat appare r6 volte: 7 volte ro8); dell'egoismo smodato dei fuchi
rende 'f~t (forme pi'el, hif'il, hof'al; 2 (migr. Abr. 164); insieme con cpih:lptò
volte rende slp, in forma pi'el (oltre (Deus imm.136.142); ripetutamente in-
Van. [Teod.] 6,23); è usato in assoluto dica i danni spirituali causati da 1)00\11),
in 2 Cbron.r6,ro; Is.65 125; altrimenti 'ltil.ìhi ed ÈmDuµla, il danno della ~vx1i
sempre con l'ace. 3• Presenta i seguenti (sacr. A.C. 29; cher.9; mut. nom. 203).
significati: distruggere (y'ijv, IE:p. 28,2; In Flavio Giuseppe è usato al pass. in
' '
oxupwµa, IEp. 31,I 8 ; \JuOC't'O<;
"~ "t: t-
E<;OUO\I, ant.12,256 per indicare la tortura: µa-
Prov. 25,26), guastare o deformare (i CTTtyovµE\IOL Xat 't'Ù. CTWµCXTCX. À,uµoc~VO·
doni pervertono P'iJµoc-ca: òlxa:toc, Ex. µEVOL SWV'tEc; ~'t'~ X<X.t ȵ"ltVÉoV'tEç à..VE·
23,8; Àbyouç xocÀouç, Prov.23,8}, de- <r-caupovv""to, «flagellati e torturati, veni-
turpare (-cò xaÀÀoç crou, Ez.16,25; 't'à vano crocifissi, che ancora vivevano e
<i.yvà T'ijç 1tocpi}Evlaç, 4 Mach.r8,8), an- respiravano». Ricorre anche in ep. Ar.
nientare, spesso (anche fuori della Bib- 164.
bia) con un tono di sfrenatezza, ·di dis-
sennatezza, di esagerato godimento (per Nel N.T. si riscontra solo in Act.8 3: 1

es.: &.cppocrvvri &.vopòç Àuµa.lve't'at Tàç I:a.vÀoç OE ÈÀvµalvE-ro -.l}v ÈxxÀT)crlav,


òooùç a.u't'oi:i, «la follia dell'uomo ne
svia il cammino», Prov.19,3; ùSptcr't'i}ç «Saulo però continuava a infierire sulla
00-·m; TÙ &.ÀÀOTpta. À,uµalvna.t, «l'in- chiesa». Nella scelta di questo termine5

1 Cfr. PAssow e LIDDBLL-SCOTT, s.v.; WEIT- Gramm.94. Il cod. B scrive 6 volte ÀOLt.uxlvo·
STBIN n 504 ad Act.8,3. µCXL e~ n. 2); cfr. MouLT.-MILL. 382, s.v.
2 PREISIGKE, \'(lori. u 4r, s.v.: trattare turpe- 4 Secondo LntSEGANG, s.v.; Filone ha 7 volte
mente, P. Petr. IIl 27,3 (Ili sec. a.C.), gene- anche Mµ'l'}, che nei LXX non appare affatto:
ralmente dirtruggere, annientare. Nei papiri è .spec. leg.3,5r; 4,184 accanto a !:,'l'}µla (~ m,
anche attestato l'uso (solitamente raro) pass. coll. 1520 s.).
del dep.: cfr. MAYSER II 1(1926)121 e PREU- 5 Buona è la traduzione di WF.NDT, Ag., ad l.:
SCHEN-BAUER3, s.v. In PRBISl!NDANZ, Zat1b.13, er dra11gsalierte (tormentava). È dubbio che
302 (n-m sec. d.C.) appare anche l'att. Àuµo:l- occorra veramente vedere un'eco di ljJ 79,14
\IW (altrimenti attestato nella letteratura non (H..uµiiva.n a.ù"t-ijv aiJ.; be lìpuµov), solo per-
cristiana solo a partire da Libanio: cfr. PAs- ché in quel passo si parla «della rovina del po-
sow e ~ n. 5}: 'ltUp, ov µ:fi µou >..uµ&.v11ç polo giudaico presentato sotto l'immagine del·
u&pxa. Generalmente è costruito con l'ace., la vigna» (ZAHN, Ag., ad l.). Per l'ace. cfr.
ma gli attici preferiscono il dat.: cfr. MAYSBR BL.-DEl!R. 6 § 152,1. Il termine appare anche
n 2 (1934) 302 e R. Hl!LRING, Karu:rsyntax nei Padri apostolici; Herm. vis. 3,9,3: À.uµa.l-
der Verba bei den LXX (1928) 14. Per la gta· voµaL (in 3 b al pass,) con riferimento al dan-
fia Ào~1.ialvoµcu dr. MAYSER 1 (1906) u1. no che la crapula reca al corpo; ìnoltre vis.4,
3 L'aor. è sempre ÉÀ.Uµ.T)v&µ1w: 2 Chro11.16, r,8 (1t6Àw); 4,2,4: l'att. >..uµalvw, a1111ie11tare
ro; \ji 79,r4; Am.r,n; Is.65,8; Ez.16,25; Dan. (per i casi più antichi in cui esso ricorre ~
[Teodoz.] 6,23; 4 Mach.18,8; cfr. HBLBING, n. 2).
).lmri A I (R. Bultmann)

(molto più forte dell' Èolw~cr. di r Cor. cuzione che non conosce misericordia
15,9 e dell' É1t6pitouv di Gal.1,13, cfr. né respiro, proprio come viene descrit-
2 3) si riflette la crudeltà di una perse- ta in Act.8,3; 9,1; 22,4.
W. MICHAELIS

À.U1t1] , Àmttw, &.À.U7toç,


7tEplÀ.u7toç, cruÀÀ.u7tÉoµai.

di fondo, come quella stabilita per i


concetti di gioia dai sofisti e soprattut-
to dalla Stoa, non è stata fatta per il
A. L'IDEA GRECA DI ÀVm} dolore {~ eucppocru\ITJ rn, coll. l 200 s.;
~ xapii).
1. ÀV'ltt), sofferenza, dolore (ÀV1tEL'\I Come sensazione corporale ÀV1t1} de-
arrecar dolore, ÀV7tEL<i"&rt.~ provar dolo- signa ogni dolore, soprattutto la fame e
re, esser triste), è, nel senso più ampio la sete, la sofferenza del gelo e dell'ar-
della parola, la sensazione dell'istinto sura (Plat., Phileb. 31 e f; Phaed. 85 a)
vitale, dell'uomo come dell'animale, che e anche la malattia (Soph., Ai.338). Per-
di per sé tende alla i)oov1) 1• Dato che il ciò, anche in senso traslato, ÀV'ltT) è
naturale istinto vitale è la lf!ux1J, la M- spesso caratterizzata sia dall'attributo
'ltr) tocca la tfluxti , e siccome questa
2
1tLxpcX. (Soph., El.654; Eur., Or.1ro5),
per i Greci abbraccia la sfera sia della sia da MxvE~V, oijyµa (Hdt. 7,16 [ci],
_v ita corporale sia di quella spirituale, Aesch., Ag.791 s.; gli stoici in v. Ar-
la M7tti è la sofferenza del corpo non nim III 93,5s.; 107,26; Plut., tranq.
meno che il dolore dell'anima 3 • Come a11. 19 (II 476 s.] ). Come dolore dello
parallelo a AV'ltt) può essere usato n6- spirito ÀV'Rt) è affanno, pena e preoccu-
'Voc; 4 ; soprattutto, in luogo di ÀU7tTJ si pazione per una disgrazia, una morte;
può usare aÀ.y'r)owv 5. L'opposto fis- è la sensazione irosa di molestia e offe-
so è 1]Sovfi, ma si possono incontrare sa di ogni genere, specialmente di umi-
come opposti anche xcipcX., Euqipocruvri, liazione e diffamazione. E come, secon-
EU1tai>E1a. ed altri. Una differenziazione do Plat., Phileb. 47e (cfr. 48b; 5ob),

À.V1tì1 xù.
TRENCH, 150 ss.; H. G . GADAMER, Platos dia- della Mrcri) come xlVT)cnç della l)iux'I) in Plat.,
lektische Ethik (1931). resp.9,583e; Aristot., eth.Nic.10,2 (p.n73a, 29
1 Cfr. ad es. Aristot., eth.Nic.7,13 (p. Il53 a, ss.); rhet.1 ,n (p. r369b, 33 ss.).
r4 s.); r4 (p. u53b, ro s.): vi è i)Sov1J dove la l 1)oow1.' e À.vrca.~ dcl corpo e dell'anima ven-
ÉvÉpye.LO'. di uno l;éi)ov è <Ì.vEµ1té13Lnoc;. 'Hllovl) gono trattati separatamente da Plat., Phileb.
dunque esiste quando lo stnto di uno l;tilov cor- pb ss.; cfr. 36a.
risponde alla sua natura, quando si trova in
4 Cfr. Antiph., fr. 49 (Il 358, 4 s., DIELS 5);
armonia, mentre la À.V'ltTJ è il disturbo di tale
steto. Cfr. ad es. Plat., Phileb.3rc ss.; Aristot., Arìstot., eth.Nic.7,15 (p. II54b, 7 s.).
eth. Nic. 10,2 (p. II73b, 7 ss.); rhet. 1 ,rr,1 (p. ; Sovente; in Epicuro per lo più appare con-
1369b, 33 ss.). trapposta alla 1}1lovi) la à.ì..j"J)OWV invece del-
2 Definizioni della -l]oovi) (e, indirettamente, la ÀV'ltT); ad es. Diog.L.ro,34 (23).
M7tTJ A 2 (R. Bultmann)

òpy'i}, qi6~oc;, 'lt6ì>oc;, ì>pij'Voc;, ltpwc;, ~ij­ fligge (ÀU1tE~\I µ'l')Ot'V cx.ù't'6V, Eur., Cyc.
À.oc;, <pil6'Voc; fanno parte delle ÀihtocL, 338). Però, secondo Plat., Phileb.2Ic,
cosl Thuc. 6, 59, r parla della ~PWTLX-l)
Mm1. Singolare, ma significativo, è che una vita di pura ifoovi) e dimentica di
Oreste in Eur., Or.396 ss. dica che la se stessa sarebbe come il vegetare di u-
coscienza (crv'\IECJ'tç) di aver fatto cose n'ostrica. Di fatto, tuttàvia, non v'è it-
spaventose (8·n CJ'u'\lotocx. oElv' ElycroµÉ-
'\loç) è un dolore che lo consuma (À.V'ltl] oov1) senza Àv1t1J; stranamente, esse
µÙ:.ÀLIT't'(i y' ii otcx.q>its:lpovu&. µç) 6 • vanno assieme legate (Plat., Phaed.60
be). Alle 1)8ova.l succedono Àu1ta.L xoct
2. Gioia e dolore nella loro alternan- 1t0'\IOL, anzi: 'ltMa.t lJOO'\lcx.t be µEyti-
za fanno parte della vita umana: OE~ o~ À.wv )..v1t'J)µci"t'wv iìMÀ.ovcn 'ltcx.pa.ylvE-
CJ'f. xo;lpEW xa.L ÀV'ltEtO"Ì}oct• Ì}'V'l')'t'Òç yàp cri)oct, «ogni piacere cerca di derivare
Ecpuc;, «è necessario che tu provi gioia da grandi sofferenze»; nella vita tut-
e dolore, essendo nato mortale» (Eur., to è à.va.µe.µat yµlvcx. À.U'ltcx.tc; µçy&.À.a.tc;,
Iph.Aul.3rs .; cfr. Soph., Ai.554s. 1 ; «mescolato a grandi dolori» (Antiphon,
Trach. 126 ss.; Menandr., fr. 28r 18 ss.); fr. 49 [II 358, IJ s., Diels']; fr. JI [II
non soltanto nei drammi dei poeti ma 360,77 s., Diels']). Ciò che sembra fe-
in tutta la tragedia e la commedia del- stoso, come il matrimonio o la nascita
la vita À.umx.t e if oo'Va.l si intrecciano di figli, arreca ÀU1ttJ (Eur., Alc.238 s.;
(Plat., Phileb.5ob), e vivere senza aver Democr., fr. 276 [II 202,2 s., Diels']).
mai provato né gioia né desolazione Noi stessi ci procuriamo dolore (De-
(µ1ytE x:a.lpo'VTa. E"t'L µr)'tE À.u'ltouµçvov) mocr., /r.88 [II r6r,9, Diels']) o ce lo
vuol dire Ùlo'1tEP À.lÌ}ov sfiv, «vivere co- ptocuriamo con le nostre opere (Soph.,
me una pietra» (Plat., Gorg-494a). Ma Ai.1085 s.) e il dolore più miserevole
è comprensibile il desiderio di vivere è proprio quello che ci procuriamo da
senza Mmi (Aesch., fr. 177; Eur. Ion noi stessi (Soph., Ai.260 ss.; Oed.Tyr.
632; Menand., /r.410; Soph., Ant.n65 r230 s.). Soprattutto per i gaudenti le
ss.: l'uomo che vive senza itoovTi e xocl- 1}&ova.i. sono brevi, mentre le Àv'ltcx.t so-
PEL'll è un «cadavere animato»: iiµ"'u- no 7toÀÀ.cx.l ( :x.oct µa.xpocl) (Democr., fr.
xoc; '\1Exp6c;; ognuno desidera lo 1}ou e 235 [II r92,8 s., Diels']; dr. Crizia, fr.
fugge il ÀV7t1)p6v (Aristot., eth. Nich. 6 [II 379,r 6s., Diels']). Donde il con-
ro,r, p. rr72 a, 25 s.; 2, p. n72b-23); siglio di Solone (r 63, I4 s., Diels' [II
il Ciclope dice che mangiare e bere è 2 r 5 ,II, Diels~] ): 1)8ovt'iv q>e.uyE, frnç

il suo Zeus e proclama che nulla lo af- À.U1t'Y)\I 't'l:X.'t'EL, «fuggi ogni piacere che

6 Su tutto ciò che si può considerare un i]SU i}pw1tl{l v6croç 6v6µa.-.• Mxouua. 7tOÀÙ..
cfr. Aristot., rhet.r,II (p. r369b, 33-1372a, 3). 1 Per i morti non c'è più né xalpi::w né À.U7tE~­
Antiph., /r.107: &mx\I '\'b À.u1touv ~<T'tW à.v- <Tlla~. Aesch., fr.266 (T.G.F.).
Mm1A3 (R. Bultmann)

genera dolore», oppure il consiglio: EU- per distinguere il bene dal male, il giu-
yvwµwv oµi] À.um:6~voç Écp' oì(nv oòx sto dall'ingiusto. Secondo Platone (leg.
EXEL, aÀ.À.à. xalpwv Écp' olow EXEL, «sag- 3,689b) À.V7t1J e 1}oov1) appartengono
gio è chi non si addolora per le cose alla parte inferiore dell'anima: -.ò yàp
che non ha, ma gode di quelle che ha» À.u1tou~vov xat i]o6µevov mht)c;, «la
(Democr., fr. 23r [II 19r, 13 Diels']; parte dell'anima che si addolora e che
cfr. Isocr. r, 4 2). Chi desidera smode- prova piacere», è come la larga massa
rata men te è un pazzo, giacché. non pen- del popolo; su di essa deve dominare la
sa all'incombere -dei giorni della À.lntl] xa:t'à À.Oyov o6ça, «l'opinione secondo
(Soph., Oed. Col.nrr ss.). Tucidide sa ragione». Naturalmente, secondo Phi-
che ol-.wec; 7Cpòç i:àc; ~ uµpop&c; yvw- leb.21d, un Bloc; senza i)oovl) né À.U1t1'J
WO µÈv i]xLcrw. À.u'ltouv-.aL, EPY~ of. non sarebbe un a.tpe-r6c; ~loc; come non
µaÀ.Lcr-.a &.v..Éxouow, ou"t'ot xat 'itoÀ.EtilV lo è una vita di pura i)oovii, dimentica
xat loiw"t'wv xpa-.tcnol Elow, «quanti di se stessa, giacché «hedoné e lype so-
meno si addolorano nell'anima di fron- no per Platone ... i modi fondamentali
te al1e sventure e invece resistono di in cui l'esistenza avverte. se stessa, per-
più con l'azione, costoro, sia città sia ché sono i modi in cLti l'esistenza com-
privati cittadini, sono i più forti» prende se stessa dal mondo»8• Ma allo-
(Thuc.2,64,6). ra, ci si domanda, quali sono le vere Ti·
ooval? (Phileb.36css.). Per Platone è
3. La filosofia ha sempre trattato il chiaro che queste possono essere solo
fenomeno della À.U'itl] solo indirettamen- le 1)oova.l dell'anima; ma anche fra di
te, parlando della Yioovl). E se, secondo esse ce ne sono di vere e di false. In-
Plat., Phileb.3rb, non si può compren- fatti la gioia è una tensione verso qual-
dere la iJoov1) senza la À.V'ltr), neppure cosa, un modo di scoprire il mondo, e
lui ha creduto di dover trattare a par- come tale contiene sempre un elemen-
te il problema della À.U1tl]; l'interesse to di incertezza; perciò si può sbaglia-
è volto sempre direttamente alla 1Joov1), re e ritenere piacevole ciò che è spia-
che rientra (e con essa, indirettamente, cevole o addirittura irreale; oppure il
anche la À.V1t1]) nel problema dell' &.ya- piacere può non essere puro, nascon-
Mv. L'uomo, secondo Aristot., pol.r,2 dendo e facendo dimenticare il dolore
(p. r253a, 9ss.), si distingue dall'ani- effettivamente presente. Pura gioia o ve-
male perché non soltanto, come questo, ro piacere non si ha solo per le forme
ha la percezione (atcrìt11crtc;) del À.1mri- pure del bello e per la conoscenza del
p6v e delio i)ov,
ma ha anch~ il 'Myoc; vero. È la gioia della pura contempla-

s GADAMER, o.e., 132.


M'lt'r} A 3 (R. Bultmarm)

zione a riconoscere nella q.iucw; del bel- sa uno scopo (I0,4 [p. rr74b, 14 ss.]);
lo la ou\laµ~ç del buono (Phileb.64c) 9 • la misura del giusto o de11'ingiusto per
una fioov1) è dunque la àpE"t1) (IO, 5
Se il senso dell'autentica gioia è cosl ri-
[p. r176a,r7ss.]).
condotto alla visione che scopre l' ~­ Secondo Epicuro la Ti8ovl} è una pas-
ycx.M\I, si pone fin da principio un li- sione propria ( olxet'ov mX.iloç) di ogni
~<;iov, l' &.À.yriòwv, invece, è un àU.6-
mite alla comprensione dell'affetto op-
'tf>LOV (Diog. L. ro,34; 128 ss.; 139 s.).
posto, la À.UTC1): si vede che in ogni do- Naturalmente non si deve scegliere qual-
lore ci si interroga sul perché del do- siasi fioov1), e viceversa ci sono anche
lore, per cui anche la À.U1t1) scopre il àÀ.yl)o6\IEç migliori delle i}Òo\lcx.l, per-
ché portano ad una più grande i)òovi1
mondo all'esistenza; viceversa, non si (129) 12•
riflette che il dolore, in quanto distur- La Stoa annovera la ÀUTC1), accanto a
ba l'oblio di sé dell'esistenza, la richia- q.i6~oç, E7td)vµla e i)oovfi, fra i 'ltallri,
dai quali il saggio è esente Il; il Àvm:i:-
ma dal mondo a se stessa nella solitu- cri}at è un àµtip"t'Y}µa. (v. Arnim m
dine 10• rr9,25 s.; 136,22 s.; 137,ro), liberarsi
da1 quale non è facile (v. Arnim r 85,
Della discussione se la i}oo\ll) sia un r8 s.; III 94, 39 ss.). Quando la Mrcri
ayafJo\I (e perciò indirettamente la M- viene definita o6l;cx. 7tpocrq>cx."toç xcx.xou
1t7J sia un xax6v) riferisce criticamente mxpoucrlaç {v.Arnim r 52,9 s.; III 94,17
Aristotele (eth.Nic.7,12-15; l0,1-5)11 • A S.j IIJ,29 ecc.} il SUO carattere di 06l;a:
lui sembra incontestabile che la i]oovi} appare con una caratteristica modificazio-
è un bene; ma nega che sia l'assoluto ne rispetto a quello che abbiam visto in
cip~<T'tOV (7, 13 [p. rr52b, 25 s.]); allo Platone: secondo il razionalismo stoico è
stesso modo non risponde alla questio- a un'errata opinione che deve attribuir-
ne se vi sia à.yafJ6v assoluto, e pone in- si il verificarsi di un itO:llo<; (v. Arnim I
vece la questione dei beni relativi, del- 5r,r5 ss.; III 92,32 ss.; 95>42 s.; rr6,3
1'olxEto\I ocyafJ6v di ogni vivente. Come ss.}. Sembra che neppure la Stoa abbia
ogni s<i)o\I ha la sua propria funzione riconosciuto il significato positivo del
{olxEi:ov ~pyo\I}, ha anche la sua olxe~a dolore 14 • Anche negli stoici seriori la
i}oov1) {10,5 [p. n76 a, 3 s.]). La 1,oo- À.U7t'YJ è vista come un 7tcii}oç e perciò
v1) dunque si presenta insieme alla É- un àµap"t1)µcx., da cui il saggio dev'es-
'YÉpyeta:, che raggiunge senza ostacoli il sere libero 15• È caratteristico che per
suo fine, senza che possa fare di se stes- Epitteto e Marco Aurelio la ÀU7t1) sia un

q GADAMnR, o.e., u9 ss. 14 Non è una valutazione positiva del dolore


lO GADAMBR, o.e., 145· quella di Seneca (ep. 99,19), quando giustifica
cosl il dolore per la morte di parenti: inest
11 Cfr. H. KARPP, U11tersuehu11gen wr Philo-
quiddam dulce trìstitiae. E la frase: est ali-
sophìe des Eudoxos van Knidos (Diss., Mar-
quis et dolendi (fle11di?) decor (99,21), vuol di-
burg 1933).
12 Sulla differenza tra la valutazione di -l)lìovfi
re soltanto che il saggio anche nel lutto deve
mantenere la sua dignità.
e aÀ.yT)oÙlv negli epicurei e nei cirenaici, v.
Diog.L.ro,r36 s. 15 Cfr. il racconto di Posidonio (in Cic., Tusc.
13 V. ARNIM I 51,32 ss.; III 92,15 s.; 95,r4 ss:; 2,6r ),che tormentato dai dolori grida: nih:l
261,17 ecc. le varie forme (Eto11) della M'lt'r} in ngis, dolori quamvis sis molestus, nunquam te
III 99,36 s.; 100,3 ss. ecc. esse confitebor tJJalttm.
M1t'l") A 4 (R. Bultmann)

segno dell'empietà che si oppone alla gni strettamente unito, partecipare ai


inabitazione (0Lolx71cnc;) divina nel x6- loro dolori?».
cr1..1.oc; (Epict., diss. 3,rr,2; 24,43; 4,4,
Naturalmente il coro risponde:
32; fr.3,r3 s.; M. Ant. ro,25,2; rr,20,
5 ), mentre colui che confida in Dio co- ""t"6 't'OL omÀ.cX~ov, W yuva.~, µfL~O\I xa.x6v,
me 7tOL'l')-t1)c;, rm.-tl)p e X7JOEµwv può es-
sere esente da Mrca.L e cp6~oL (Epict., «ciò che è doppio, o donna, è male
diss. r,9,7}. Questa concezione presup- maggiore».
pone sempre che la Àunn, in quanto af-
fetto fondato sull'errore, possa derivare Ma la grecità sa che il dolore condu-
all'uomo soltanto da lui stesso, e dal ce alla conoscenza ('ltaìf1]µa-ta - µa.ìf1]-
mondo solo in quanto l'uomo non com- µa-i:a, Hdt. I, 207 ). Ciò è vero non so-
prende né afferra la propria indipenden- lo perché il mil>11µa del sofferente è
za interiore da esso e si arrende al suo
attacco; il saggio evita il mondo. Ciò una lezione per gli altri (Aesch., Prom.
presuppone la concezione dell'uomo co- 553; Soph., Ai.r2r ss.; Oed. Tyr. 1524
me essere razionale astorico; per cui ri- ss.), ma lo è anche per colui che soffre.
mane nascosto il significato che la À.mt1]
assume come fatto per mezzo del quale Secondo Aesch., Ag.176 ss., Zeus fa s}
si schiude all'uomo il suo proprio esse- che l'uomo impari dal suo dolore (n&.-
re nell'incontro ostile con il mondo. La i>EL µciì}oc;) grazie al µvnrn'lt1)µwv rc6-
Stoa ha, si, distinto dal rcal>oc; della 1)-
òovl} la pura gioia del saggio (~ EÙcppo- voc;, alla sofferenza dei penosi ricordi 16•
crvvri III, col. I20I; ~ Xct.pa), ma non In Euripide troviamo il dolore autoac-
è giunta a domandarsi quale senso ab- cusatore del rimorso (--> col. 845) 17 ;
bia la À.U1t1].
e di questa À.U'lt1] è detto: OELV'ÌJ yà.p
4. Negli antichi Greci si può trovare TJ ìfEo<;, Ù',À,).,' oµoc; la<nµoc; «è una dea
al massimo qualche spunto per una va- tremenda, ma tuttavia salutate» (Eur.,
lutazione positiva del dolore. Che il do- Or. 399 ). Platone paragona alla medi-
lore possa avere un senso come parte- cina ( la.-rpLXTJ), che cagiona dolore ma
cipazione al dolore appare dalle parole arreca salute, la olx.11, quando in Gorg.
di Tecmessa (Soph., Ai.265 ss.): 476a ss. dimostra che - contrariamen-
itO"'t"Epa. o'av, El vɵoL "'CL<; a.~pEOW, :A.a~otç te al sentimento istintivo - olxl]\I OL-
cpl:A.ouç &.vtwv a.,hòç iioovà.ç ~XEL"V o6vm, pagare il fio, e XOÀcXSEO"ìfcct, es-
ii xoLvòç Ev xowofo-L À.U'ltE~ulk.ct !;uvwv;
ser castigato, è per il colpevole ( &.oL-
«se ti si offrisse la scelta, preferiresti xwv) più salutare che non rimanere im-
aver tu piacere pur col tormentare gli punito, perché con la punizione egli di-
amici, oppure, compagno fra i campa- venta BEÀ.-i:lwv -i:Tiv qiux1)v, «migliore

16 Cfr. Aesch., Ag.249 s .: olxa. oÈ ""t"oi:ç µÈ'I 17 Cfr. anche Democr., fr .174 (n 179,15-180,
1ta.i}oiiuw µcdkì:v emppÉ1tEL. Soph., Oed.Col. 3, Dmts'). Viceversa l'esortazione a lasciare
7 s. che il passato resti tale, Soph., Ai.377 s: ; Oed.
Col.509 s.
Mm1A4 (R. Bultmann) · (rv,318) 854

nell'anima». E poi dice in linguaggio me una punizione divina e a preparare


mitologico: EtO"L 8È. oi µÈ\I wcpEÀ.ovµE\lol la confessione e il dolore dei peccati 18•
-tE xat olx'r}\I OL00\1-tEc; Ù7tÒ l7Ew\I -.E >trJ..Ì Plutarco presenta il 'superstizioso' (OEt-
ci:v~pc.:mw\I oÙTOL ot 8:v lao-tµa. àµap- O"toalµwv) come uno che concepisce la
-.1}µa.-ta. àµap-twaw· oµwc; òè. òt' &.).y'rl- disgrazia e la malattia come punizione
oo\lw\I xcxt OOV\IW\I ylyvE'ta.L aù-toi:c; 1} divina ( V11:Ò 't"WV l7EW'\I xoÀasEo-1}aL)' co-
wcpEÀ.la xfl.t tvMoE xfl.t È\I "Atoou· oli me 1t):r1yat ~Eoii ( <ccolpi, ferite di Dim>),
yà,p ot6v 'tE ii.À.Àwc; (Ì.OL>ttfl.<; a:1ta.À.À.(h- e mostra come una tal persona, colpita
'tEO"t7fl.t, «alcuni puniti dagli dèi o da- da acuto dolore, È~a.yopEUEL -tt'llàc; &.-
gli uomini ne traggono vantaggio, e son µo:p-tlac; au'tov xa.L 1tÀ.'l')µµùdac;, «ri-
quelli che commettono colpe rimediabi- vela alcuni suoi peccati e incongruen-
li. Però il vantaggio vien loro attraver- ze» (superst. 7 [II r68a-d]).
so dolori e tormenti e qui e agli Inferi, Tuttavia qui manca il dolore della
ché altrimenti non sarebbe possibile autentica autoaccusa, perché chi è col-
guarire dall' ingiusti.zia» ( trad. di N. pito dalla disgrazia confessa sl di essere
Sabbatucci) (Gorg. 525b). Si potrebbe empio (&.o-e~1Jc;) e odiato da Dio, ma
supporre che in gruppi 'orfico'-pitagori- al destino divino fa colpa dei suoi pec-
ci e in Empedocle, dove questo mondo cati ( r68b) 19• Per contro, il senso della
è considerato «l'anticamera della male- ÀU'lt'l"J appare come quello del rimorso
dizione», fosse possibile vedere il signi- in Plut., tranq. an. 19 (n 476 s.): -.àc,
ficato del dolore nel fatto che esso ren- µÈ\I yàp iJJ...À.a.c; àva.tpEL ÀU1t1XC, Ò À.o-
de coscienti che l'anima è estranea al yoc;, 'tTJ\I oè µE-.&:vota\I a.ù't"òc, ÈpyasE·
mondo, acquisendo cosl un valore posi- 'tlXL Òfl.X\IOµ.É\lr)C, o-ùv alo-xvvn 'tfjc; 4'v-
tivo per la redenzione. Forse questa xilc; xat XOÀ.a.soµÉVl}C, VqJ 1 (l.Ù'tf\C,, «per-
tradizione si avverte in Gorg.525b. Ad ché la ragione toglie altri dolori, invece
ogni modo in un tempo successivo sor- provoca essa il pentimento, venendo
ge una paura del mondo e un senso l'anima morsa dalla vergogna e punita
del peccato, che sotto l'inB.usso dell'O- da sé» 20 • Alcune espressioni di Filone
riente porta a concepire l'infelicità co- e~ col. 862) fanno opinare che an-

ia Cfr. K. LATTE: ARW 20 (r920-2I) 293 ss. -.&.vota. che conduce alla 'ltatOEUx. Ma proprio
della M7tT) (o in generale del dolore) qui non
H Nello stesso ordine di idee anche Corp.
si parla; però Plut., ser. 11um. ptm. 3 {Ir, 549
Herm.10,20, che tratta della x6:>..acn.c; della e) indica il rapporto tra 7tatoElr.t e M7tT), La
à:cn:l3T1c; l)ivx-fi: l'anima è travagliata dalla à:- µncX.votcx come À.i'.nt1) anche in Plut., terre·
vt~ELa. peggio che da un lìaxE't'Ò\I fu)plov e
striane an aquatilia animolia sint callidiora 3
grida: xcxloµm, <pÀÉyoµm.
(Il 961 d); cfr. gen. Socr. 22 (II .592 b), dm·e
20 Il passo è citato in WINDISCH, 2 Kor.232; vi µE't'a.µÉÀWX. e al<JXVVl'J stanno l'una accanto
è aggiunto Ccb., tob.n, dove si parla della µE· all'altra come Ò.À."(TJOW\I.
855 (1v,318) À.U7tT) B 1 (R. Bultmann)

che altri autori possano avere avuto lo l'esperienza della ÀU1tl}, come l'anima
stesso pensiero. Di tale dolore del ri- sia estranea al mondo e appartenga alla
morso non si fa naturalmente parola divinità, ed è quando parla dell'utile
nel dualismo della gnosi; tuttavia anche che l'anima precipitata in basso porta
in esso esiste la possibilità di una com- con sé risalendo: essa «ha sperimenta-
prensione positiva della À.U7tTJ, in quan- to che cosa vuol dire propriamente vi-
to questa fa parte delle ·nµwpla.t a vere nel mondo superiore, ha ricono-
cui sottostà l'esistenza terrena e corpo- sciuto più chiaramente l' alto confron-
rea (Corp. Herm. 13,7). Lo uÀ.~xÒ\I uw- tandolo con il suo opposto. Perché sol-
µcr. è infatti 7t&.\l't"ollev foqwyµif.vo\I xa- tanto l'esperienza del male dà una chia-
xlq., xa.t 'ltovotc; xa.t à).)'1JOOC1L, xat è- ra visione del bene a coloro che non
7tLÌ)uµla.tc; xa.t òpyai:c;, xcr.t cbc6:."tatc; hanno forza sufficiente per riconoscere
xat o6~rt.Lç &.volj"totc;, «è da ogni parte il male con la pura conoscenza prima
soffocato da cattiveria, fatiche e soffe- di ogni esperienza» 11• Ma Plotino non
renze, passioni ed ira, inganni e stol- ha afferrato l'occasione offertagli da
te immaginazioni» (Corp. Herm.6,3) 21 • queste considerazioni per capire positi-
Corrispondentemente le anime incarce- vamente la À,u11:ri; cosl, ad es., nelle e-
rate nei corpi nella x6p1] x6crµou (Corp. spressioni sulla x6.lla.puLc;, la ),h1t'r} è
Herm., parte I, 474, 20 ss.) lamentano presentata (accanto a llup.6<;, tmi}uµla,
questa x6À.auLc;, questo Àu'ltei:crlla.i che ecc.) come un 7talloç di cui l'anima de-
pende su di esse. Certamente non si ar- ve liberarsi (enn.r,2,5 [p. 54,25 ss.J).
riva fino ad attribuire alla Mnri il si-
gnificato positivo di rottura con il mon- B. LA COMPRENSIONE DEL DOLORE
do, anche se (ibid., 482,4 ss.) è detto NELL'ANTICO TESTAMENTO
E NEL GIUDAISMO
che l'uomo, che nella sua arroganza
r. ÀU1tTJ (À.u'ltei:v) nei LXX non è la
('t 6˵a.) vuol sondare i segreti della
traduzione corrente, o preferita, di una
q>uutc; e deila sua propria origine, non determinata parola ebraica, ma rende
può vivere senza sollecitudine e dolore numerosi termini che significano pati-
(èlµÉpiµvoç, ri.À.urcoc;), ma proprio dalla mento, dolore, risentimento ecc.: À.U7t1J
7 parole, À.IJ'ltEtv o À.umii:crll'm r 3, per
À.U7t1J dev'essere domato 22 • Plotino ac- lo più derivate dalla radice '1b. Come
cenna alla possibilità di conoscere, nel- traduzione di questi vocaboli À.U'ltTJ non

21 In Corp.Herm.6,1b è detto: ÀtntTJ yò:p xa.- la M7tTJ e EX7tÀ:rJl;Lç della uoqila. derivano i
xlC:t.ç µÉpoç, ma in connessione con espressio- O'W(llX'fLXb. 'fOV x6aµou O"toLXEta (Iren.r,4,2;
ni stoiche le quali affermano che Dio non è dr. 4s; .5.4)· Cfr. l'immagine della ljiux,1) do-
~VOEYJt; e perciò non conosce né btd)uµla. né lente in Hipp., ref.5,10,2 (p. rn3,5 s.).
ÀV7tl). 2.l emi. 4,8,7 (p. 151,14 ss.); la corrispondente
22 Cfr. la dottrina valentiniana secondo cui dal- traduzione tedesca è di HARDER.
ÀU1tTJ B 2 (R. Bultmann)

è solo ma si alterna con altri termini la saggezza profana. I libri sapienziali


greci; ad es. Àli7tl') rende 4 volte jiigon, vedono anche in Istaele che dolore e
che è tradotto 8 volte con òòU\ll); ).iJ.
7t1) e ÀU7tEL'V appaiono 2 volte ciascuno
gioia sono frammisti inestricabilmente
per rii'a, tradotto regolarmente con xa- (Prov. 14,I 3); piangere e ridere hanno
x6ç e derivati (oltre a 7tO\IT)p6ç e deri- ciascuno la sua ora, e l'uomo non può
vati); ÀU'ltet'\I rende una volta 'iibel,
che per lo più è tradotto con itEvì}ei:v; farci nulla (Eccl.3,4). L'Ecclesiaste ri-
5 volte l;iira, reso per lo più con ìJvµouv tiene il dolore migliore del riso, perché
e opylSEtv; 5 volte . sta per qiifaf, che il primo è un memento mori (7,3 s.),
ro volte è reso con òpyl2;et\I; 2 vol-
te per riigaz, che è poi tradotto 6 volte ma gli scritti sapienziali di regola con-
con òpylsnv e 8 con -.apancrEL'\I. L'op- sigliano diversamente, ammonendo a
posto è per lo più ~ EÙ<ppOO'UVTJ. non abbandonarsi alla tristezza (Ecclus
Corrispondentemente si differenzia il 30,21 ss.; 38,r8 ss.), perché «non v'è
significato di M1C'l1 (ÀU7tEL'\I ). Esso può
significare Io sforzo e la fatica corporali bene superiore alla gioia del cuore»
(Gen.3,17; Prov.ro,22), come pure le (Ecclus 30,16) e «dalla tristezza sorge
sofferenze (Gen. 3,16; Dan. 3,50); ma la morte» (Ecclus 38,18) 24 • Come Noè,
designa soptattutto il dolore, il dispia-
cere, ad es. per la morte dei parenti il primo che piantò la vite, ha portato
(Gen.42,38; 44,29.31 [Aquila}; Ecclus consolazione agli uomini (Gen.5,29),
38,17 ss.), per figli scostumati (Prov.ro, così Prov. 3 r ,6 invita chi è amareggiato
x; Ecclus 22,4ss.), il lutto per l'infeli-
cità di Gerusalemme o del popolo (Lam . a bere, per dimenticare il dolore (dr.
1,22; Tob.2,5 [var.7tÉ.\lì}oc;]; I4>4 [cod. Ecclus 9,7; ro,I9).
SJ), e anche la paura (Js.32,rr; ~ 54,3) Del resto gli affetti appaiono solo in-
e il risentimento, l'ira (1 Bmr.29,4; 4
direttamente, perché la riflessione (quel-
Bacr.r3,r9; Ion.4,1+9).
la di fede, naturalmente, non quella teo-
2. Per quanto il fenomeno del dolo- retico-scientifica) si esercita sull' ogget-
re e del lutto sia percepito con forza to, sulle cause della gioia e del dolore.
nell'A.T. e nel giudaismo, dai profeti Quando si parla di gioia e dolore non
ai salmi, dalle Lamentazioni a Giob- si tratta di disposizioni psichiche o di
be, il dolore come affetto non è mai - atteggiamenti dell'animo, che potrebbe-
ad eccezione del giudaismo ellenistico - ro rientrare nella categoria dell' àya-
oggetto di riflessione teoretica. In ge- iMv; gioia e dolore sono intesi nella lo-
nerale il dolore e il dispiacere vengono ro intenzionalità, e l'interesse è rivolto
considerati soltanto nella letteratura sa- alle conseguenze, cioè non alla gioia in
pienziale, quando si viene a parlare del- s~ ma alla felicità, non al dolore ma

24 Cfr. test.D.4,6; xo:t Èà.v sTJµLwìlfj-.e Éxov- Herm., mand.ro,1,1 (Handbuch zum N.T., Er-
crlwç ( Jl axovcrlwç?) µi) À.V'ltE~<TilE' a1tÒ yÙ.p glinzungsband) e vorrebbe ricondurre i due
À.1'.11tT]c; Èydpe-ro:L xaì ilvµòc; µe-.à. tJ>ev8ovç. M. passi a una tradizione iranica.
DIBELIUS cita questo passo a commento di
M1tTJ B 3 (R. Bultmann)

alla sofferenza, alla fatica e alla miseria. La fede in Dio stabilisce dunque una
Perciò il dolore sta piuttosto tra i pro- ferma connessione tra dolore e salvez.
blemi della teodicea, giacché è ovvio che za, tra dolore e gioia 26 • «Quelli che
softerenza e dolore sono qualcosa che seminano tra le lacrime raccolgono nel
non dovrebbe esserci. Dio ha imposto giubilo» (Ps.126,5; Tob.13,16: µaxa-
al genere umano, in punizione del pec- pLoL o<roL ÉÀ.v1t1]l}rio-av È1tt 7tM<w; 'tai:c;
cato di Adamo ed Eva, il dolore del µciO"'ttl;lv O"OV, lhL É1tL o-ot xapl)O"OV't'<l.L
corpo e la fatica del lavoro (Gen.3,16 i}cao-aµEVOL 'ltMaV 't-YJV o6l;a;\I O'OV,
s.); dopo la caduta di Adamo il mon- «beati quanti furono affiitti per tutti i
do è sotto il giudizio di Dio, e perciò tuoi colpi, poiché per te si rallegreran-
questo eone è pieno di tristezza e di af- no al vedere tutta fa tua gloria»; test.
fanni (4 Esdr. 7, xr s.). Ma nel tempo I ud. 2 5 ,4: oL Év À.U7t11 'tEÀ.Ev't'l)o-av'tEç
della salvezza scompariranno il dolore e &.vwr-ç'l)o-ov'taL Èv xapfi. «quei che son
il pianto (Is.35,rn; JI,II; cfr. 25,8}; morti nel dolore risorgeranno nella gio-
il futuro eone sarà pieno di gloria e di ia»). Tuttavia, finché questa connessio-
gioia (4Esdr.7,13). In quanto il soffrire ne è vista sotto l'aspetto della punizio-
è una punizione divina, dà luogo a lut- ne o della correzione divina, non si af-
ti e lamenti. Tuttavia non si può dire ferra l'intima unità della gioia 'auten-
che in tal modo sia stato afferrato il tica' (quella donata da Dio) con il do-
senso positivo del dolore; lo è piuttosto lore, cioè l'autentico senso positivo del
se sì comprende il soffrire non solo co- dolore. Finché il dolore è considerato
me punizione espiatrice della colpa, ma semplicemente I' opposto della gioia,
anche come mezzo di educazione nelle non si può vedere che in esso è già da-
mani di Dio. Ciò viene riferito a tutto ta la possibilità della gioia.
il popolo, così che il dolore, la tribo- 3. Nel giudaismo ellenistico sono cor-
lazione, è vista come un fenomeno e- renti certe considerazioni profane, mo-
scatologico (--7 l}).i:ljnç, --7 1ta~8Ela; M- ralistiche o genericamente religiose sul-
'lt'Y) non è diventato un termine carat-
la À.U'lt'YJ. Se secondo Sap.8,9 la o-ocpl(J. è
«conforto nella sollecitudine e nel do-
teristico per esprimere questa idea); ma lore» ('ltapal\IEO'Lç <ppo\l't'tOWV xat M-
anche il dolore del singolo individuo è 7t'Y)c;); secondo ep.Ar.232 s. può sfuggi-
concepito come un mezzo di educazio- re alla Mm1 chi, seguendo la giustizia
(81xmoa'Uvri), non fa del male a nes-
ne divina 25 • suno, ma del bene a tutti. Ci si deve

25 Cosl pure nei rabbini; cfr. Ex.r.15, a ri., Naturalmente, il concetto greco della forma-
rx, in STRACK-BILLERBECK III 253 a Rom.8, zione dell'anima è lontano dall'idea veterote-
20 s.; M.Q. 3,9; ibid.805 a Apoc. 7,r7; inoltre stamentario,giudaka di educazione. L' educa-
STRACK-BILLERBECK IV 965 s. zione è la correzione la quale fa sl che chi è
26 W.WICHMANN, Die Leidenstheolog,ie (1930). stato punito non faccia più il male.
861 (1v,320) À.V'ITTJ eI (R. Bultmann) · (1v,321) 862

affliggere per l'infelicità degli amici, ma fratricida deve provare insieme À.U7t1J. e
non per i morti; gli uomini invece si cpo~oc; (praem.poen.7r; virt.200).
affliggono solo per il proprio interes- Ciò non significa avere della À.U1tt}
se (-.ò itpòc; èocu't'oÙc; cruµcpÉpo\I, ep. Ar. un'intelligenza positiva; questa sembra
268). In 4Mach.r,23 la À,\,1t'l'}, secondo tuttavia presente in alcuni passi in cui
il modulo stoico, è una delle passioni Filone parla del dolore del pentimento
(mi~). (spec.leg.1,3I4; execr.170 e specie leg.
Soprattutto le considerazioni di Filo- all.3,2n), dove si distingue un doppio
ne sulla lu7t'l'} sono influenzate dalla gemito (CT't"EYayµ6c;), che vien definito
Stoa, di cui egli spesso presenta la dot- come «sofferenza veemente e intensa»
trina del 7tédìoc; (ad es. leg. ali. 3, 200; (O"<poopà xa.t Ém-.E-.aµÉvt} Mm1 ): r.
rer. div. her.268 ss.; Ios19; decal.r44; quello della persona ignobile (cpcx.uÀoc;),
spec.leg.2,3o)v. Secondo tale dottrina, dai vani desideri, e 2 . quello di chi «si
la M'JtT} con la 1)oovii (come con la Ém- converte e affligge per la condotta d'un
i}uµloc e il cp6Soc;) rientra nel 'ltcii}oc;; co- tempo» (µE-ca.vow\I xcx.t cixi}6µ.i;\loc; È'ltt
sì opposte ad essa sono la ~ xap6: e "t"TI 'ltttÀCU i:po'Jtj)).
la ~ Eucppoa"ti\11} III, col. r204 (anche
la ~ Él7tlc; III, col. 538), ad es. leg. C. ÀU'ltt}NELLA LETTERATURA
all.3,216-2r9; det. pot. ins.n9 ss. r24. CRISTIANA PRIMITIVA
140; mut.nom.r63.r67 ss. 26r s.; som.
2, 165. r9 r. Ogni dolore (Àu1t'l'}po\I) è 1. La contrapposizione greca fra 'Ì}oo-
bandito dall'anima del giusto (det. pot.
vl} e Àun'l'} manca nella letteratura cri-
ins. r2r); xap6: e EumHku.t, senza À.v-
'JtT} o cpoSoc;, sono segni della felicità stiana primitiva, poiché in essa il termi-
(EÙO!'X.L(J.O\IL<t, spec. leg. 2,48). Certo, il ne i)oovi) non indica l'emozione della
perfetto xoclpEW spetta solo a Dio, la
gioia, ma designa in senso etico i pia-
cui natura non conosce dolore né timo-
re {Ct.À.urtoc;, &cpo~oc;, Abr. 202). Come ceri del mondo; appare invece l'antitesi
Abramo sacrificò il proprio figlio, cosl Mm1-xapa (Io.r6,20 ss.; 2 Cor.2,3; 6,
il saggio deve offrire a Dio la sua au- ro; 7, 8 s.; Phil. 2, 27; Heb,.. 12, rr;
7t6:i}ELOC e xocpà XOC'tà Ota\IOLCX.\I (ibid.),
e Dio gliela restituisce (ibid. 203 s.). Herm., vis.3,13,2; sim.r,ro) e pure il
Tuttavia per gli uomini non si dà una contrasto fra Àu'ltEt\I ed Eucppalvm1 (2
gioia a cui non sia frammisto qualche do- Cor.2,2; 2 Clcm.I9A).
lore (&xpoc-.oc; xaL aµvyl}c; Mm1c; xcx.-
pa, ibid.205); ma Dio non vuole che Il termine ÀU'lt'l'} significa la sofferen-
la schiatta umana sia unicamente colpi- za, il dolore in genere (2 Cor. 7, ro;
ta con Àvrtat, òovw.cL e &xi}ll, bensl do- Hebr.12,n; I Petr.2,19 ), ma soprattut-
na all'anima la serenità, e soprattutto
l'anima del saggio dev'essere ricolma di to la sofferenza dello spirito, per es. lo
gioia (ibid.207 ; spec.leg.2,5 5 ). Solo il scoramento dei discepoli nel Getsemani

n Secondo la teoria della Stoa di mezzo i 7t&.lh1 te, la teoria stoica è stata talvolta modificata
vengono occasionalmente definiti anche Pon· nel senso di quella cinica, facendo appnrire b
Dol del vouc:;, e perciò necessari alla vita; Phi- 1)Eiovli come apxiJ e llEµÉÌ..toc:; di Èml}uµlrx, M-
lo, leg. all.2,8; dr. Abr.236-244; congr.8r; W. 'ITTJ e qi6f3oc;. (leg. all.113; cfr. op. mtmd. 167;
BoussET, Jiidisch-christlicher Schulbetrieb i>1 IloUSSET, o.e., 82).
Alexandria 1111d Rom (1915) 74ss. D'altra par-
M1tTJ C 2.3 (R. Bultmann) (IV,322) 864

(Lc .22,45), la loro tristezza per la par- guarda solo la proibizione di far soffrire
tenza di Gesù (lo.16,6.20.22) 23, l'ama- il fratello (Rom.I4,15). Paolo deve sl
rezza di Paolo per l'incredulità dei Giu- causare M1tl) ai Corinti, tale M1t'Y) pe-
dei (Rom. 9,2: combinato con ò&uvl} rò non è fine, ma solo mezzo per far lo-
-rn xapolq.}, la sofferenza che Paolo a- 1'0 conoscere il suo amore e per spin-

vrebbe provato alla morte di Epafrodi- gerli al pentimento (2 Cor. 2,4; 7,9 ~
to e che invece gli è stata risparmiata sotto).
(Phil.2,27), il dispiacere per la o--r6:cnc; Nella letteratura cristiana primitiva
in Corinto (I Clem-{6,9). non si pone neppure il problema della
2 . Se la ÀU1tl) sia à:yaMv oppure teodicea. Non si ignora però che le sof-
xax6v, è un problema che non si pone. ferenze, abbattendosi sullo sventurato,
Come nell'A.T., la si considera sponta- costituiscono per lui un problema; per-
neamente una realtà che non dovrebbe ciò Hebr.12,II ammonisce quanti si la-
esserci e non si dubita che sia giusto sciano frastornare dal dolore: 1tWr(f., µè.v
desiderare che essa venga risparmiata o mt.t&Ela 1tpÒ<; µè.v -cò 7tO:pÒv ov ooxEi:
sparisca. È naturale che Paolo desideri XrJ.piiç dvm &,)..).,à. À.U1t'r)ç, vo--rEpov 8è.
non dover più provate Mmi per l'in- xcwr.òv dP'f}vtxòv -ro~c; &t' a.v-.fjc; yE-
credulità dei Giudei o per la ribellione yup.vao-µÉvotc; OC7to& l&wcn v 8txato<ru-
dei Corinti (Rom.9,2; 2 Cor.2,1 ss.), che vnç, «Ogni correzione, al momento, non
sia contento quando Dio gli ha rispar- pare dar gioia, ma dolore; più tardi,
miato una ÀU7tl) e che infine desideri tuttavia, a · quanti per mezzo suo si so-
essere ancora senza dolore ( CÌÀV'ltoi:Epoc;, no esercitati rende un sereno frutto di
Phil.2,27 s.). È pure ovvio sperare, co- giustizia» (dr. tutto il passo X2,4-I3).
me nell'A.T. e nel giudaismo, che nel Al problema del dolore, quindi, si ri-
tempo escatologico spariranno sofferen- sponde, come nell'A.T. e nel giudaismo,
za e dolore (Apoc.7,17; 21,4 e passim), col pensiero della prova divina, che ap-
che quanti sono afflitti saranno conso- pare anche in I Petr.I,6 s.; Herm., vis.
lati (Mt.5,4, cfr. Lc.6,21). Il tempo e- 4,3,4 (e senza il concetto di ÀU1tl), in
scatologico sarà anzi l'eone senza dolo- lac.I,2 s.).
re (6.ÀU1tl)'t'Oç aì.wv }, perciò il pio ( EÒ· 3. La posizione specificamente cri-
O'E~1)ç), guardando ad esso, non deve stiana di fronte alla ÀV1t'fl non emerge
più affiiggersi (Àu1tEL<rikc~) neppure nel- ancora da quanto sinora abbiamo detto;
le sofferenze attuali (2 Clem. 19.{). essa è implicita nel pensiero che la M-
Dal punto di vista etico la À, U1t'f} ri- 1t'l) coesista col fatto stesso di essere cri-

28 In Io. r6,21 À.V1tTJ significa sl il dolore fisico l'angoscia.


della partoriente, ma in quanto è collegato con
865 (1v,322) À\ntl) e 3 (R. l3ultmann)

stiano, in quanto ciò comporta il distac- mantenuto in un perenne rinnovamento.


co, la rottura col mondo e continuamen- Oltre a questa À.vnT) che porta a con·
te si compie nella perseveranza in que- dannare se stessi, appartiene essenzial-
sto atteggiamento. mente alla realtà del cristiano anche
Tale pensiero si esprime anzitutto in quella À.Unl} che il mondo conosce. An.
una modificazione cristiana dell' antica zi il cristiano in quanto tale è colto da
concezione e11enistica circa la sofferenza essa proprio perché, affermando se stes-
salutare del pentimento. Paolo non ha so nella rottura, nell'opposizione al
però sviluppato in particolare questo mondo, subisce la resistenza del mon-
tema; l'ha solo indicato parlando in 2 do. Egli deve quindi soppottare ciò che
Cor.7 ,9-n, dell'afflizione per la peniten- il mondo designa come Àun1} e speri-
za (À.vm:i:<ri}cx.1. El<; µE-ravow.v) o dell'af- mentarla ineluttabilmente lui stesso co-
ilizione secondo Dio (xa"t"à l)'Eòv À.V1t'fJ), me tale sentendo continuamente in sé
e contrapponendo questa À.V7t'YJ al1a À.v- il mondo e dovendolo superare. Ma
'lt'I') -rov x6crµov. Mentre la À.unl} del proptio perché egli, accettando così la
mondo è lo sgomento di quanti vedono À.U'lt'fJ, sperimenta pure la sua libertà
naufragare il loro benessere e le loro dal mondo, acquista una nuova conce-
aspirazioni terrene, la xcx.-rà ilEÒV À.V7t'fJ zione della À.Vnl}, diversa da quella che
è la tristezza di coloro che si rendon ha il mondano. Mentre infatti quest'ul-
conto di essere perduti nel mondo, e timo la considera come la coartazione
dal mondo si rivolgono, nella ÀV1t1), a continua e la distruzione ultima della
Dio. Come la À.V7t'l) del mondo opera la vita, il cristiano invece la vede come
morte poiché l'uomo, divenutone schia- assidua liberazione e permanente cresci-
vo, subisce con esso la stessa dissolu- ta della forza vitale. E poiché pet· il cri-
zione, così la xcx.-rà l)'Eòv À.V7t'fJ ottiene stiano la rottura col mondo e l'emanci-
la crw-r'r)plcx. e si manifesta in una con- pazione alla vita si fonda sulla morte
dotta conforme alla volontà di Dio (v. e sulla risurrezione di Cristo, egli ac-
r r ). In questo passo Paolo presenta ta- cettando cosl la À.v'ltT) accoglie la croce
le À.V7t'fJ come un elemento che sta di Cristo, nella quale il mondo è a lui
all'interno della vita cristiana: i Corin- crocifisso ed egli è crocifisso al mondo
ti infatti sono già cristiani. Ma è ovvio (Gal.6 14; dr. Rom.6,6), e partecipa al-
1

che lo stesso valga per la µE-r6.voLcx. in la risurrezione di Cristo (Phil.3,ro s.; 2


cui si realizza la conversione al cristia- Cor-4,7 ss.). Paolo non sviluppa in parti-
nesimo, e 2 Cor.7,9-n intende solo pre- colare questo pensiero servendosi del
cisare che l'esser cristiano non si fon- concetto di À.V7t'TJ; tuttavia ciò che egli
da una volta per tutte nel1a µE-rcivoLa considera come sofferenza, in 2 Cor.4,8
all'atto della conversione ma deve esser s. e rr,23 ss., corrisponde al concetto
Mnn C 4 (R. Bultmann)

terreno delle À.Gmu, mentre nelle antite- appartengono più al mondo, ma a Ge-
si di 2 Cor.6,7 ss., dove la realtà del cri- sù (15,19). Ciò comporta anzitutto tur-
stiano si caratterizza nell'accettazione e bamento (-tcx.pcx.x'iJ, 14, l) 29, tribolazio-
nel capovolgimento paradossale .del mo- ne, {iÌÀ.i:ljnc;, I6,33) e ÀV7t'l'), giacché la
do di valutare le sofferenze, appare pu- loro situazione non è affatto naturale:
re il contrasto: wc; À.V"JtoÙµE\IOt, àEL OÈ essi devono farsene una ragione. Per
xalpov-rec;, quasi tristes, semper autem comprendere che significhi appartenere
gaudenles. Parimenti la malattia di Pao- a Gesù, bisogna sperimentare la À.u'IIT).
lo, accennata in 2 Cor.12,7 s., sarebbe Gesù infatti «deve congedarsi» da essi;
una À.Ù'IITJ per la mentalità terrena, ma egli, cioè, non accresce, non consolida
Ja frase 1j y!Xp OÙVa.µtc; É\I àcnkvt:lq. 't'E- la loro esistenza terrena, poiché lui stes-
ÀEt'tlXt, virtus... in infirmitate perfici- so non appartiene più al mondo. Essi,
tur, precisa chiaramente la concezione proprio per rimanere uniti a lui, devo-
cristiana della À.U'lt'T). no isolarsi. Ma appunto per questo dal-
Lo stesso pensiero è sviluppato in Io. la loro À.V1tl'J sgorga la loro gioia (xcx.pa,
16, 6 s. 20-22; infatti la Mmi in cui 16,21 s.). Nel distacco dal mondo spe-
piombano i discepoli per la partenza di rimenteranno la comunione con lui e
Gesù non può essere fraintesa in senso proveranno quindi una gioia che dura
psicologico o novellistica. Essa carat- eternamente (16,22), poiché non pro-
terizza piuttosto lo stato di solitudine viene dal mondo, sul quale egli ha ri-
di quanti sono stati chiamati da Gesù portato la sua 'vittoria' (I6,33).
a uscire dal mondo (15,19; 17,16) e A differenza di Paolo, Giovanni ha
tuttavia si trovano ancora nel mondo precisato che nella À.U'ltl'J cristiana biso-
( l 7 ,II), dal quale sono odiati ( l 5 ,18 gna sperimentare non solo la solitudine
ss.). A questa À.U'lt'l') corrisponde la xrx.- nel mondo, ma anche l'apparente solitu-
pti del x6aµoç (16,20). Il x6crµoç, mi- dine di fronte a Gesù. In questo aspet-
nacciato nella sua sicurezza dall'appari- to s'ilJumina ancor più il carattere para-
re di Gesù, gioisce per la sua scompar- dossale della comunione con lui.
sa e odia i 'suoi', poiché con la loro + La concezione specificamente cri-
esistenza lo pongono continuamente in stiana della À.V'lt'l'] riappare in I Petr.
questione. Ma i 'suoi', accettando di ap- 2, 19 (nell'esortazione particolare agli

partenere a Gesù, devono pure accetta- schiavi), dove si dice: -roG..o y<Xp xti-
re di essere cosl soli nel mondo e cli pt<;, El otà O"u\ldO'l')O"W l>ioou Ù1tocpÉpE~
venir odiati da esso, proprio perché non 'tt<; ÀÙ7tac; mio-xwv aolxwc;, «è una gra-

29 Il collegamento di ÀÙ7tTJ e -tapax'l] si trova, 2,1,24; 2,22,6; 3,n,2; 3,22,61; ench. 5; Plot.,
per es., anche in "1 54.3· Esso è divenuto fre- Ctln.4,8,8 (VOLKMANN II 152,27).
quente per opera della Stmt: dr. Epict., diss.
ÀV1t1J C 5 (R. Bultmann)

zia, se avendo coscienza di Dio uno sop- spiacere per i peccati commessi, e in
porta delle affiizioni soffrendo ingiusta- Herm., mand.10,1-3, dove tale dispia-
cere viene addirittura considerato come
mente». Infatti nell'espressione OLèx. O"U- salvifico in relazione con la penitenza
VELOl)O"L'V i)Eou come nell'avverbio àol- ( fJ.E-cavwx). Tuttavia le frasi citate so-
xwc; affiora il pensiero che l'appartenen- no aggiunte cristiane a una tradizione
za a Dio e la separazione dal mondo in- di fondo 32, che invece condanna la À.u-
7''1) come il peggiore fra tutti gli spiriti
cludono Jn disponibilità alla Mnri; del (nve:uµa-ca), in quanto corrompe l'uo-
resto l'esortazione dei vv. 21 ss. (dc; mo e allontana lo spirito santo. Lo lÀa-
•o\ho yàp ÈxÀ1}i7l)•E, «a questo siete pòc; ltvl]p disprezza la ÀV'lt"f), mentre il
Àu7t'r)pòc; ltv1)p afiligge (Àu1te:t) lo spirito
stati chiamati») si giustifica appunto ri- santo e non può pregare. Bisogna quin-
chiamandosi a1l'unione con Cristo, che di purificarsi dalla ÀVTC"f) e ottenere la
con la sua passione ha d~ to un esempio tÀap6-cric; (~IV, col. 950). Analogamen-
tr. la À.U7t"f), in sim.9,15,3, appare come
(Ù7toypaµµ6c;} . Lo stesso pensiero, sen- uno dci dodici vizi. L'ammonimento a
za il concetto di ÀV7t'r), ricorre in I Petr. non recare afflizione allo spirito santo
3,13 ss; 4,12 ss. e verace (µ'l')OÈ AU1'"f)V É7tciyEL\I -cQ 7t\IEU-
µa•L •0 <reµvQ xaL etÀ"f)i}e:i) ricorre
Singolare è l'esortazione di Eph.4,30: anche in mand. 3 ,4, dove chiaramente il
µ1J AU7tEL'tE 'tO 7tVEuµa 'tÒ u:ywv 't"OU 7tVEi.iµa, a differenza di Eph. 4, 30, è
i}e:ou, Èv cli ÈC1q.ipcx:ylcri111-re: e:l.c; iJµÉpav à.- inteso come 7tetpcx.xa"t'aMpt'r), deposito
(mcnd.3,2). La tradizione qui utilizzata
r-oÀu•pwcre:wc;, «non affliggete lo Spirito
non può essere di provenienza stoica,.
Santo di Dio, col quale siete stati segna- ma deriva forse dall'iranico, come dimo-
ti per il giorno della redenzione». Qui strano paralleli con i Testamenti dci
ÀU7tELV è utilizzato nell'accezione comu- XII Patriarchi e con il Corpus Herme-
ticum 32 • È invece cristiana la spiegazio-
ne di affliggere, offendere, giacché tale ne, presentata in vis-4,3.4. sulla soffe-
esortazione intende chiaramente raffor- renza come prova attraverso cui i cre-
zare l'ammonimento del v. 29, secondo denti si liberano dalla AU1'TJ e dall'an-
gustia (?''te:voxwpla ).
cui bisogna evitare ogni cattiva parola3ù.
In tale formulazione ha forse influito la In Tat., or. Graec. n,1, in un conte-
sto di sapore stoico, si dice: ÀV1'1'} µou
tradizione che riemerge nel Pastore di "t''.Ì'}v \)/ux1Jv ovx à.vaÀ.l<rxEL, «la mia affli-
Erma (~ e 5) 31 • zione non logora l'anima». Altrove non
si trova nulla degno ·di nota presso gli
5. Il concetto di AU7tTJ ricorre anche apologeti AJla sfera di influsso gnosti-
in Herm., vis.1,2,1 s., dove indica il di- co appartiene certamente la preghiera

30 ÀU7tE~v per mezzo di parole offensive e in- lite contristare spiritum sa11ct111n qui in vobis
giuriose appare, per es., in Eur., Med. 474; est, et nolite extinguere lumen q11od in vobis
Pfat., ap.41e; Luc., Nigrim1s 9; IG xiv 1857,3. cf!ulsit.
31 Come parola del Signore appare l'ammoni-
mento di Eph. 4,30 in Pseudo - Cyprian., de 31M. DIDELIUS, a Herm., mand. 10, 1, I tn
a/C!at. 3 (p. 95,1 ed. G. HARTEL 1868/71): No- Handbuch, Erg.-Bd.

l~ 11 r;1ndc luslco _ \" I


éf>..v7toç, 1tEplXmtoç (R. Bultmnnn)

delle anime che si dispongono ai viaggi mentato a partire da Sofocle, assente nei
celesti (act.Thom.142 p. 249,5 ss.): t8où papiri), che ugualmente si trova in 2
aTCa.À.À.a:t'toµa.i À.tnt'r)c; xa.t xa.pàv ÈV- Clem. 19,4 (col. 863); cos} in Iust.,
8uoµa.i µ6\lo\I. i.Ooù yl\loµa.L &cppo\l'tLc; dial-45 ,4, anche la à.À.u'ltla. è una carat-
I "' , , I t'
XCI.~ a.11.\JTCOç E\I Cl..\IECTEL oLa.'tptjJW\I, «ec-
•(.!
teristica della beatitudine (cfr.act.Thom.
co, mi libero dal dolore e mi rivesto sol- 142, p. 249,7).
tanto di gioia; ecco, divento sereno e
senza affiizione, vivendo in sollievo». t 1tEpLÀ.U7toç

t &À.\J7tOç Affeitto a dismisura, pro/ondamente


triste; documentato dai tempi di Ippo-
Privo di dolori, dispiaceri o preoccu- crate, manca nei papiri. Il contrario in
pazioni; è vocabolo documentato a par- Isoc. l,42 è m:p~xcx.p1]ç. Nei LXX ap-
tire da Sofocle 1, non di rado appare an- pare 8 volte: Gen.4,6 collegato con yl-
che nei papiri 2 • Ha particolare impor- yvi::O"i}a.~ (per ~ara); Dan. 2 ,r 2 (per qa-
tanza nella Stoa, dove &Àmtoç rappre- ~a/); in ljJ 41;6.12 insieme con dvcx.t;
senta una caratteristica del saggio, C'ocp6ç ljJ 42,5 (per suab o Sia{J, hitpa'el), inol-
(v. Arnim III, p. no,23), e quindi del- tre I Esdr. 8,68 s. e Tob. 3,1 (cod. S).
1' Eù-.ux1Jç (M. Ant. 4, 49 ). Cosl ricor- Manca in.Filone e in Flavio Giuseppe.
re spesso in Epitteto, congiunto per es.
con ~'tapa.xoç, imperturbabile (diss.4, L'uso di questo vocabolo nel N.T. ri-
6,8 ~ coll. 867 s. n. 29 ), e con &q>oaoc;, vela l'influsso della lingua dei LXX; Le.
intrepido (3,22,48; 4,1,5; 4,6,16; 18,23 dice che il giovane ricco «si fece
ench. 12, l ). Mentre manca nei LXX, è
usato da Filone come attributo di Dio triste assai» (7tEplÀ.u'ltoc; Èyi::vl]ihi; Mc.
(cher. 86, accanto ad iicpoaoc;), o della rn,22; Mt.19,22: À.u7touµEvoc;); Mc.6,
c:iucriç di Dio (pure in Abr. 202 ), del 26 dice lo stesso di Erode (m:plÀ.u'ltoç
sommo sacerdote (spec. leg.1,n5 ), del-
la sw1J d'Isacco (accanto ad &cpofjoç), "(E\loµi::\loç; Mt. r4, 9 : À.u7t1)t>Elc;); Mc.
tipo della xa.pii. (praem. poen. 35 ). 14,34 e Mt.26,38 riferiscono la parola
Nel N.T. G.Àu'ltoç ricorre solo in Phil. di Gesù nel Getsemani m:plÀ.u'lt6ç Èo--.w
2,28 (~col. 862.863). ii 4'ux1) µou ~wç 1}cx.v1hov 1, tristis est
anima mea usque ad mortem.
In Giustino (dial.117,3) tale vocabo·
lo, insieme con &cpl}a.p'toç e &.l}civa.'toç Il vocabolo ricorre in I Clem.4,4, do-
(incorruttibile e immortale) serve a ca- ve si cita Gen.4,6; esso viene ulterior-
ratterizzare la figura del beato, come nel mente rafforzato con À.lav in Herm., vis.
dial. 69, 7 il termine &.M7t1)'tOç (docu- 3,10,6.

lf>..vnoç 9 con :>..u?tei:a~m. di Ecclus 37,2 con À.vmi;


1 Forse di provenienza ionica? v. NXGllLI 25 . dr.anche Jud.16,16B: w).~-yoiJNxTJO'E\I ~wc; ~ov
2 V. PREISIGKE, \Vari., s.v. Ò.Ttcl}q.vei:\I; v. ScHLATTER, Mt. 751. Essa chia-
ramente significa: <{Cosl ricolmo di dolore da
1tEplÀuTtoc; preferire Ja morte», non «... di dolore che por-
1 1tEpl).vnoi; riferito alla \jlux-ii appare anche ta alla morte», né «... di dolore che dura fino
in Plut., suav. viv. Epic.21 (II n oie). L'espres- alla morte», né infine ~< ...come se mi si acco-
sione ~wc; lkt.v6:tov è simile a quella di lo11.4 , stasse fa morte».
),ux\Joç (W. Michaelis) (rv,326) 874

i· cruÀ.À.u1doµat 0'1JÀ.À.U1COUµEVO<; Èr.t 'tTI 1tWpW<1EL 'tljç


crvU..um~v, afftiggere insieme (Aristo· ;,a.polac; aù'twv, À.€yEL, «e girando con
tele, eth. Nic.9,11, p. 1171b 7); av).)..u- indignazione lo sguardo su .di loro, con-
1CEi:cri}aL nel senso di sentire compassio- tristato per la loro durezza di cuore, di-
ne, è documentato abbastanza frequen-
temente da Erodoto in poi; appare an· ce». Giacché gli avversari non hanno
che nei LXX (ls . 51, 19; 4i 68, 21 per nessuna À.UTt'l"}, (TUÀ,À.u7touµ1woc; sembra
nud). equivalere a À.v1Couµevoc; in senso raf-
Nel N.T. ricorre solo in Mc.3,5: xa.t forzato. R.BULTMANN
1i:Eptf3À.eljitiµEVoç aÙ'tOV<; µE-r' opyfjç,

À.1hpov, À.u'tpow, À.U'tpwatc;,


À.v-rpw't1i~ ~ Mw coli. 883 ss.

t Àuxvoc;, t A.uxvlcx.
Il vocabolo À.uxvoc;, appartenente al- colo v a.C., la lampada chiusa, che pre-
la nota radice leuk, comune a ~ À.EU- senta nel mezzo un'apertura per il ri-
x6ç, al latino lux e al tedesco Licht 1, si fornimento dell'olio e di solito uno spi-
trova frequentemente usato da Omero raglio per il lucignolo, ma che per il
in poi (al plur., accanto a À.uxvot, ap- resto è caratterizzata dalle forme più
pare, benché più raramente, À.uxva) 2. svariate 5 • Perché la luce si irradiasse
Anche se, forse, nel più antico testo più ampiamente, si pl'eferl in genere
(Horn., Od.19,34) si dovrebbe pensare porla in alto, su un portalampada o can-
piuttosto a un candeliere 3 , À.uxvoc; de- deliere; lampada e candeliere però po-
signa generalmente la lampada 4 • Dall'u- tevano formare un tutt'uno. La deno-
tensile di argilla originariamente piatto minazione ordinaria del candeliere è À.u-
e aperto, con un rialzo per protegger xvla 6 ; oltre ad essa si incontra pure
meglio il lucignolo, è derivata, dal se-
Mxvoç X'tÀ.. 1613, e gli studi che considerano specialmen-
1 WALDE-POK. u 409. te In Siria e la Palestina: K. GALLING, Die
2 Cfr. LIDDELL-ScoTT e PAssow, s. v. Anche
Bele11chtungsgeriite im isrnelitiscb-jiidische11
nelle iscrizioni, per es. DITT., Sy/l! 57,34 (450 Kulturgebiet: ZDPV 46 (1923) 1-50 (con le tav.
I 49 a.C.), e nei papiri (PREISIGKE, Wort. II 43; I-IV); P. THOMSEN, art. Beleuchtrmg, C. Palii-
Mom.T.-MILL. iv 383). ~ n. 14. stina-Syrien, in Reallexfkon der Vorgeschichte
I (1924) 384-390, come pure la rassegna in K.
l Cfr. HuG, art. L11cema (Mxvoc;), die Lam-
GALLING, art. Lampr: (rmd Leuchter), in Bibli-
pe, in PAULY-W. XIII (1927) 1567. sches Reallcxikon (1937) 347-350.
4 Con questo significato il vocabolo è passato 6 ')..vxvla (dati' inizio del secolo m a. C.) sta
anche nel latino (lychnus), acrnnto al più cor- a )..vxvoç, come olxl« a olxoç, xoltpla. a x6-
rente lucerna. Cfr. HuG., loc.cit. 1tpcç. I termini in -la derivati da sostantivi
s Le numerosissime lampade scoperte negli col tema in -o dal significato uguale o affinr
srnvi hanno reso possibile una conoscenza mol- sono rarissimì. Per À.uxvla dr. MAYSER I 3
to precisa dei vari tipi, della loro cronologia e '(1936) 28,4 ss.; per i derivati in -la P. CHAN-
della loro diffusione. Cfr. HuG, op.cii., 1566- TRAJNE, La f ormation des nomes en Grcc An·
Mxvoç (W. Michaelis)

À.UX\IELo\1 7 e J..uxvouxoç 8 • Giuseppe 14 usano :X.vxvoc:; e ),vxvla a


Nell'ambiente culturale israelitico-giu- proposito di contesti dell'A.T. e anche
daico, come in tutto il resto del mon- senza questo riferimento. Le lampade
do antico, lampada e candeliere hanno appartenevano pure all'arredamento del-
avuto grande importanza 9 • Nei LXX le sinagoghe 15 •
Mxvoc; (plut. sempre Mxvo~) si trova Bisogna rilevare infine che, mentre
circa 50 volte. Nell'ebraico vi corri- altrove è rarissimo un uso simbolico di
sponde quasi esclusivamente ner, che Àux;voc:;16, nell'A.T., e analogamente nei
a sua volta quasi sempre è tradotto con LXX, la lampada (non il candelabro) è
Mxvoc; (solo in due passi è reso con spesso utilizzata simbolicamente. Come
À.aµn't1)p o con cpwc;). À.uxvla si trova simbolo della persistenza e forza vita·
37 volte, di cui sette in Ex. 25,31-35, le, della possibilità di azione; 2 Bav.
otto volte in Ex.26-40 e sei volte nei n, 17: ou, µ'I'}• cr().'
pecrnc:; -i- òv 11.ux;vov
' I 'Icrpa..-
Numeri. Nell'ebraico fa riscontro co- fiÀ., «non spegnere la lampada d'Israe-
stantemente menarli, che sempre è reso le»; ljJ I7 ,2 9: crù cpw-rtEic:; À.ux;vov µ01J,
in greco con Àuxvla, tranne che in Ex. xuptE, «tu, o Signore, accenderai la mia
37,19 (LXX 38,16) 10 • Degno di parti- lampada»; l.jJ 13 l, I7: 1)'tolp.mra Mx-
colare menzione è il candelabro dai vov 'tQ XPLCT'tQ µou, paravi lucernam
sette bracci che si trovava nel taber· Christo meo.
nacolo e nel tempio (esso viene chia- Frequentemente si parla della lam-
mato À.uxvloc e le sue sette lampade M- pada degli empi, che deve spegnersi
x;vo~) 11 , e inoltre quello descritto in (lob r8,6; 2r,17; altri passi con À.aµ'l't-
Zach. 4, 2 12• Anche Filone 13 e Flavio 'tTJP ). Come simbolo della fonte di e-

cien (1933) 81 [DEBRUNNER]. Cfr. LIDDELL - .:it., I 73).


ScoTT e PASSOW, s.v. Nelle iscrizioni appare 11 Una dettagliata descrizione si ha in Ex.25 ,
solo tardi e raramente; invece è più frequente 31 (LXX). Cfr. R. KITTEL, art. Stiftshiitte, in
nei papiri; cfr. PREISIGKE, Wort. 11 43, il più RE' xrx (1907) 38 s. e art. Tempelgeriite, ibid.,
antico documento è P. Eleph. (284/3 a.C.). 501 ss., come pure Galling, Biblisches Reallexi-
1 Anche À.vxvlov (o )..l'.Jxvtov); talvolta anche kon 349. 4 coli. 71 s., n. 26.
diminutivo di Mxvoç, piccola lampada. Cfr. 12 Cfr. ~ n. u e inoltre K. MOHLENBRlNK,
Phryn., cd. LoBECK 313 s. Der Leuchter im 5. Nachtgesicht des Prophe·
8 Passato, come voce straniera, in latino: /ych- ten Sach. : ZDPV 52 (1929) 257 ss. e la rico·
nr1chus. MAu, art. Candelabrum, in PAULY-W. struzione in GALLING, Biblisches Reallexiko11,
lll (1899) r46M464, considera solo I'amb;en· 348.
te romano. 13 LEISEGANG, S.1J.
9 Cfr. la bibliografia particolare citata alln n. 5, 14 Cfr. i passi raccolti in G. ScHMIDT, De Fla·
inoltre S. KRAUSS, Talmttdische Archiiologie 1 vii Josephi elocutione observatio11es criticae:
(1910) 68 ss. Jbch. f. Phil. Suppl.-Bd. N.F. 20 (1894) 529.
10 Né )..uxvovxoç né gli altri derivati di Mxvoç
Flavio Giuseppe, a11t.18 ,93, usa, per altro, -.ò
appaiono nei LXX. Per indicare altri strumenti
)..l'.Jxvov, termine che raramente si trova docu-
mentato anche in papiri del periodo cristiano
di illuminazione si trovano invece ~ À.a:µ1taç
(circa 20 volte, quasi sempre per l'ebraico (PREISIGKE, Wort. n 43; BGU 1 338, 1 [sec.
lapid) e inoltre À.ttµ1talhov (·efov; 5 passi), u/m]) e in ant.18,74 usa il plur. -tà Mxva.
À.aµ1t't'1]p (4 volte in Prov. ) <pwu·d1p (6 passi). 15 STRACK-BILLERill!CK IV 140 ~ coll. 71 s., n.
Manca q>ttv6ç, lanterna (dr. GALLING: ZDPV, 26. Cfr. anche GALLING, art. Schrein, in Bib!.
op.cii. 5 [n. 1].32); cfr. anche~ n. 24. Nep- Reallexikon, cit., 471 (candelieri dai sette brac-
pure vengono ricordate le candele, sebbene ci nelle sinagoghe).
fossero note nel giudaismo (dr. KRAUSS, op. 16 Cfr. PASSOW, s.v.
Mxvoç (W. lvlichaelis)

ncrgia, deUa forza del soccorritore del- La diffusione di lampada e candelie-


la grazia della conservazione in vita, in re e il loro uso noto a tutti hanno per-
lob 29,3: wc; on nt>yEL o Mx;11oc; UU'tOV
\.rrrÈp XEcpaÀ:ijc; µou, «come quando la sua messo a Gesù di utilizzare l'evidenza
fompada brillava sul mio capo»; 2 Bmr. della regola secondo cui, se si vuoie
22,29: O'Ù o Àuxvoc; µou, xupLE, «tu, Si- sfruttare in pieno la capacità luminosa
gnore, sei la mia lampada»; riferito alla
legge in Prov.6,23: Mxvoc; Ev-.oÀi] v6- di una lampada, bisogna metterla sul
µou xat cpwc;, «un precetto della legge candeliere (e non collocarla insensata-
è lampada e luce»; ~ II8,ro5: Àvxvoc; mente sotto il letto o coprirla con il
-.o'Lc; 7tOO'tV µou 6 v611oc; Clou, «lampada
moggio) 18 , per inculcare una legge va-
ai miei piedi è la tua legge» (certe tra-
duzioni, seguendo il T.M., rendono con levole nell'ambito della vita spirituale
ò À.6yoc;), cfr. anche Prov.20,27. Il rap- e religiosa (Mc.4,31; Mt.5,15; Lc.8,16;
porto con espressioni affini che utilizza- r I ,33 ). La forma di questi passi, diver-
no~ cpwc; (e anche À.ciµm..i x-. À.. --7- col.
67 ss.) è evidente 17• sa nei particolari nonostante le strettis-

11 I LXX sono talvolta incerti nell'uso di que- 28 i LXX hanno letto ner da umrgn e l'han-
sta immagine. Cosi, mentre in 4 Bacr.8,19 e 2 no reso con Ào:µn-r1)p . Questi passi indicano
Ilap.21,7 hanno tradotto: 1.iouvat m'.J't"i;'> Mx- che i LXX preferiscono senz'altro la tipologia
vov e, per es., anche in 2 Bacr.14,7: craÉo-ou- candeliere-luce. Davide è il candeliere per il
ow -.òv livi)pcx.x6; µou, hanno mantenuto In suo popolo, e la sua stirpe lo è per lui e per
stessa immagine con un'espressione diversa, in Isrnele. Cosi il termine assume un carattere
3 Bao-. II, 36 e 15.4 hanno invece sostituito messianico. Rimane dubbio se al candeliere
l'immagine con la realtà stessa: la prima volta dei sette bracci fosse coscientemente ~ttrìbui­
hanno scritto i>Écr-tc,, la secondn volta xa-.&.- to un simbolismo cosmico (interpretazione ba-
ÀEtµµrx. (anche Teodoz.; Aquila e Simmaco qui sata sul numero settenario dei pianeti). Cfr.
hanno À.ÙXVO<;). Anche nell'incomprensibile anche A. ]EREMIAS, Das A.T. im Lichte des
versetto di Num.21,30 i LXX hanno trovato Alte11 Orie11ts' ( 1916) s.v. Leuchte, Leuchter,
l'immagine del 11er e l'hanno interpretato con in specie 475. Riguardo alla Émì.uxvto<; EUX<J.-
0'7tÉpµa. (come in 3 Ba.0-.15,14 con Xa'tttÀEtµ- p~cr--rlrt (Ér.tÀ.ùxvtoç IJ!a).µ6ç, comt. Ap. 8,35.:>
µa), senza presupporre altri testi (invece Bibl. [1 544, FuNK] nella chiesa primitiva, cfr. F. J.
Hebr., KITT.''' assume come presupposto dei DOLGER, Lumen Christi. Unters11chu11gen wm
LXX nin= discendenza). Forse però il tradut- abe11dlii11dischen Lichtsegen in Antike und
tcre dei LXX in questi passi non ha pensato a Cbristenttm1. Die Deo-Gratias-Lr1111pe11 vo11 Se-
11er=candeliere, ma a 11/r= terreno bonificato, li111mt in Sizilien 1111d Cuicul in Numidien: An-
dissodato, conforme a un'esegesi giudaica an- tike und Christentum 5 (1936) I - 43 [BER-
cor oggi diffusa (v.MANDELKERN, s.v. nzr e nit), TR,\M] .
che poi in realtà spiega anche 2 Cor.8,19 e 2
Par.21,7. Questa parola nei LXX è stata ricono- 1° I casi eccezionali in cui la lampada viene ve-
sciuta con certezza e distinta da 11er=c:mde- lata per la presenza di un malato (Shabb.2,5),
liere solo in Ier.4,3, dove VEouv e vfoiµa. corri- oppure può essere coperta il sabato con una
spondono al verbo e al sostantivo nir. In Prov. tazza perché non raggiunga le travi (Shabb.16,
13,23 i LXX hanno usato forse un testo diver- 7), non invalidano la regola. Inoltre è chiaro
so dal T.M.; in Prov.21A presentano Àrx.µn- che si pensa a una casa con un solo vano (KLO-
't'i}p, che anche in 20,20 (LXX: 93 ); 24,20 cor- STERMANN, Mt., ad l.; GALLING: ZDPV, op.
risponde a ner e che in un' altra trnduz!onc cii., 34), a un ambiente semplice, e quindi non
compare pure in 20,27, dove i LXX hanno q>w::; a un grosso e pesante candeliere (contro ZAHN,
(in alcuni manoscritti iì Mxvoç). Anche in 16, Mt: 205 nota 60 e Lk.3 .', 344, nota 18).
Mx.voc; (W. Michaelis) (IV,J28) 880

sime affinità, probabilmente non è do- nell'evangelo stesso, a sprigionare tut-


vuta solo all'influenza dei diversi stadi ta la sua efficacia e a prestare soccorso
della tradizione, né è solo condizionata a tutti 21 • Non è neppure impossibile
dal contesto corrispondente e dalla spie- che essa si riferisca a Gesù e riveli il suo
gazione di ciascun evangelista, ma può significato o descriva il corso della sua
anche dipendere dalla predicazione di vita (cfr. Io.1,5; 8,12) 22 •
Gesù, che avrebbe usato l'immagine più Luca congiunge con II,33 la meta-
volte e con significati diversi 19 • Comun- fora conservata da Matteo (6,22) in un
que sia, diviene cosl ancor più arduo altro contesto e in una formulazione più
interpretare tale immagine, tanto più concisa. In essa Gesù designa l'occhio
che in nessun passo se ne dà la spiega- come «lampada del corpo» ( ì..uxvoç
zione. Si può pensare al dovere dei di- -.ov crwµa-.oç), poiché dipende dalla sua
scepolì di esercitare con franchezza il sanità se l'uomo gode delle benedizioni
loro ministero davanti a tutti e di non della luce: occorre quindi aprirsi total-
nascondere ad alcuno il lieto messag- mente alla luce di Gesù e dell'evange-
gio (particolarmente Mt. 5 ,I 5 suggerisce Jo 23. L'esortazione di Lc.12,35: fo-.w-
questa spiegazione; cfr. 5,14 dove i di- o-av ùµwv ... ot À.uxvot xat6µEvot, «sia-
scepoli vengono designati come «la lu- no accese le vostre lampade», - imma-
ce del mondo», -.ò ~ cpwç -.ov x6<r- gine trasparente che indica la continua
µov) 20 • L'immagine tuttavia potrebbe attesa - rievoca la situazione della pa-
anche indicare la tendenza, immanente rabola di Mt. 25,r ss. 24 • Comprensibile

19 Cfr. WOHLEMBERG, Mk., 136; ZAHN, Lk.1•1• Mk., IOI s.


344, n. 18; 469; ]. SCHNIEWIND, Mk. (N. T. 22 Tuttavia non nel senso che xp\nti:'I') in Le.
Deutsch r) 76: «chiari esempi dell'ambiguità u ,33, nel significato di cripta, camera sepol-
di una similitudine non spiegata». crale, si riferisca alla morte di Gesù, cosicché
211 Nonostante Mt.5,16, non c'è da pensare al tutto il detto si rapporti alla sua risurrezione,
comportamento dei discepoli. Certamente in attraverso la quale egli e «con lui il suo evan-
tali parole è contenuta l'esortazione ai disce- gdo» ritorneranno «rula luce» (cosl pensa
poli a non oscurare l'evangelo e a non essere ZAHN, Lk.3' 1, 470) ~ v, col. u66.
d'ostacolo all'efficacia del loro messaggio; tut- 23 In Lc.II,33 c'è sicuramente «Una associazio-
tavia l'attenzione si concentra sulla richiesta ne di parole imperniata sulla voce À.vxvoc;»
positiva. Cfr. anche ~ coll. 79 s. (KLOSTERMANN, Lk., ad l.), tuttavia esiste un
riferimento a una situazione reale: l'uomo pec·
21 Da ~PXE'tl1.L non si può dedurre che il det-
ca, se nonostante tutto si chiude all'azione del-
to di Marco sia stato inteso in senso escatolo-
la luce che ancora risplende. B questa una
gico e significhi la manifestazione del regno di
spiegazione che si riferisce all'ostinazione dei
Dio (contro E . LottMEYER, Mk. [1937] ad l.).
Giudei? La similitudine offre nei particolari
Forse nella concezione di Marco non si do-
alcune difficoltà, specialmente 'tÒ ~ cpwç 'tÒ
vrebbe cercare un riferimento troppo stretto al
~v crol di Lc.11,35; Mt.6,23, come pure la con-
carattere solo momentaneamente misterioso dei
clusione propria solo di Luca (n,36), in cui
discorsi parabolici. Lo sguardo di Marco sor-
passa veramente i limiti di Israele? Cosl pen· riappare Mxvoc;.
sano KLOSTERMANN, Lk.; a 8,16; ScHLATTER, 24 Cfr. W. MICHAELIS, Es ging cin Siimatm
88r {IV,328) Mxvoc:; (\V/. Michaelis)

da tutti è pure il passo in cui la donna, 27


1,8) La designazione dei due testi-
.
nella parabola della dramma perduta, moni di Apoc. 11 A come cd. 8uo Àuxvl-
rl1t'te:~ Àvxvov, accende una lampada m è stata suggetita da Zach-4,2.u; la
(Lc.15,8) per rovistare tutti gli angoli immagine ivi contenuta però ha sublto
della casa 25 • modificazioni indipendenti 28 . Anche la
Quando Gesù, secondo lo.5,35, di- raffigurazione delle comunità cui si di-
ce che Giovanni Battista t}v b Mxvoc; b rigono i sette messaggi dell'Apocalisse
xa•oµe:voc; xat cpalvwv, «era la lampa- mediante l'immagine delle sette Àuxvl-
da che arde e illllmina», include in que- aL d'oro (1,12 s. 20; 2,i.5) risente del-
ste parole la limitazione certamente in- l'influsso di Zach.4 (più che di Ex.25);
tenzionale (dr. l ,8) che Giovanni era tuttavia può dipendere anche dalla me-
solo la lampada, non la luce 26; ma so- tafora di Mt.5,14 (Phil.2,15}29. In Apoc.
prattutto testimonia a suo onore che 21,23 l'agnello stesso è chiamato o Àv-
egli ha adempiuto il compito a lui affi- xvoç aÙ'tijç, cioè della Gerusalemme ce-
dato di «render testimonianza alla lu- Jeste )30.
ce» (i:va µ(kp'tup1JO"n 1tEpL 'tOU C{lW'tO<;, In Hebr. 9, 2 si ricordano i Àuxvl~

1ms, zri saen (1938) 151 s. 174. Le dieci vergi- un influsso di questo passo (ZA11N, _lob.':', 309
_n i però non hanno À.ÙX'.IOL. rn!I \ry;!~milì~::.. s.). Si potrebbe dedurre dall'articolo (ò Mxvoçl
fiaccole {secondo GALLTNG: ZDPV, op.cii., 32 una corrispondente attesa di Elia (cosl pens:i
si deve pensare a lampade su bastoni). À.aµ- B1..-DEBR.6 § 273 11)? Cfr. anche~ IV, col. 91.
TCcic:; nel N.T. si trova ancora in Io.r8,3; Act. nota 75.
20,8 (per illuminare una stanza superiore, evi-
27 La sequenza dei termini dimostra che xaL6-
dentemente spaiiosa); Apoc-4,5; 8,ro ~ coll.
µEvoc:; rappresenta la premessa di <palvwv e
53; 80. In Io.18,3 si trova anche cpa:v6c;, lan-
non significa magari bruciare, consumarsi nel
terna. In Phil.2,15 (dr. Dan.12a) ricorre <pw-
senso di diminuire (fo.3,30). I passi mandaici
cni]p nel significato di candeliere, portalampa-
in IlAUER, Joh.2 85 («spegnersi come una lam-
da; in Apoc.21,rr nel significato di splendore.
pada») non sono perciò veri paralleli.
TRENCH 96 ss. ( § 28: cpwc;, <pÉyyoç, cpwo"tlir;,
À.vxvoç, À.o:µ7triç) si preoccupa quasi esclusiva- 28 Cfr. D. HAUG, Die ;1.wei Zeugen. Bine exe-
mente di rendere in inglese questi vocaboli in f.!/!lische Studie iiber Apk.11.1-q ( =N.tliche
parte sinonimi. Cfr. ~ n. 10 Solo in Lc.12,35 Abh.17,1) (1936) 16s. r37. Anche qui c'è da
c'è il plur. Mx\lo~. pensare a Elia (e Mosè) dr. ~ n. 26; IV, coli.
25 Con ragione si ricorre a <]uesto passo, oltre
96 ss. La supposizione del Lol·IMEYER, Apk.,
89, secondo cui Mosè ed Elia rapprcsentcreb-
che a Mt.5,15, per provare che nel giudaismo
h!:ro la leJ!ge e i profeti, non si nuò conferma-
d'allora non si usavano per le case private lam-
re, n~nostante passi come ~ col. 876.
pade sempre accese. Cfr. GALLING: ZDPV,
op.cit., 34; KRAUss, op.cit. r 404, n. 224. 29Cfr. anche --? ·col. 876, n. 26. Per lo sfon-
26 Sugli attributi utilizzati dai rabbini (in cui do storico-religioso cfr. CLEMEN, 368 ss. Per
però non si distingue ordinariamente fra luce Apoc.2,5 cfr. ~ v, col. 482. Per l'equazione 7
e lampada) cfr. STRACK-BILLERBECK I 236 s.; candelieri=7 stelle~ I, col. 1340.
II 466; --? coli. 71 s. La descrizione di Elia in 30Cfr. Is.60,19 s. e --? coll. 876 s. Il rapporto
Ecclus 48, r: XClL &.vÉCT'tTJ H'ì..tac; TCPOC{JlJ'tTJC::, con ~ cpwc:; (per es. Io.8,12) e con qiwo"tlJP
wç TCUp, xu.t ò Myoç mhoG wç À.aµmxç ÉJca,l- (Apoc.n,rr) è evidente: cfr. J. BEI-tM, Apk.
E'tO, è cosl simile, che si dovrebbe pensare a (N.T. Deutsch n), nd l. In Apoc.18,23; 2.2,5
)..uw x-..À..: A.T. r (O. Procksçh)

(dai sette bracci) del culto veterotesta- caliginoso loco, mira a contraddistingue-
mentario 31 • La locuzione, infine, di 2 re il compito della parola profetica (1tpo-
Petr.1,19, wç À.UXVtp cprt.LV0\11.'L Èv aùx- cprrnxòç À.6yoç) 32•
µY)p4) 't'07t<p, sicut lucernae ardenti in W. MICHAELIS

"\ I > "\ J J I "\


AUW, UVCt.AUW, Ct.VCt.AU~LC,,
> Ì I > 1\ \ I
E1tLJ1,UW, E1tLAU~LC,, XCt.'t'ClAUW,
I\ > I Ì
XCt.'t'Ct.AUIJ.Cl, Ct.'.XU't'Cltl.U't'OC,,
"\ J > I\
/\V't'pov' !X.V't'LAU't'pov,
À.u't'pow, ÀU't'PW<TLC,,
ì/\U't'PW't'1]C,,
' ' "\ '
CX.1t0/\,U't'pwcnc,

LA PRESENZA DI QUESTI VOCABOLI


no al significato fondamentale varie sfu-
NELL'A.T.
mature. Nei LXX ricorrono èt..vcx.À.uw
{ma solo negli apocrifi), CÌ.7toMw, OLa-
SOMMARIO: Mw, btMw, E'ltLÀUw (Aquila in Gen.
40,8; 41,8.12 e Teodozione in Ier.46,
r. ).uw e rnrnposti;
3 ), X(J."t"c:t.À.Uw, ?tapa.Mw, 'ltEPLÀ.Vto), O'UÀ-
2. )..u-..pov: Mw, Ù'ltoÀ.Uw, che, eccetto gli ultimi tre,
a) kofer,
compaiono tutti anche nel N.T. In e-
b)g'/,
braico i più importanti fra i molteplici
c)pid;o11;
equivalenti di Mw sono: patii;, aprire,
3. ì..u-.povCJfrrx~ e derivati:
a) ì..u-.p6oµm, (Gen.42,27; lob 39,5; Ps.102,21; Is.5,
b) M-.pwnç, 27; 14,17; 58,6; Ier-40A) e hittir (Ps.
C) À.U'tpWTT]ç, 105,20; 146,7); in aramaico sera' (Dan.
d) a'ltoMi:pwcnç. 3,25; 5,12).
Il semplice Mw si riferisce alla libe-
1 rnzione di persone imprigionate (Tob .3,
1. À.uw e composti
17, cod. S; Iudith. 6,14; lob 5,20; Ps.
Il vocabolo greco Mw, sciogliere, è 102,21; 105,20; 146,7; Is. 14,17; Ier.
ricchissimo di composti che conferisco- 40,4; Dan.3,25; 3 Mach.6,29; 4 Mach.

q>wr; Mxvou si rifà a Icr.25,rn . te Prov.20,27 (qui è stato conservato À.uxvoç,


31 STRACK-BILLERBECK III 705 ss.; O. MtCHEL, del cod.A); in Did.16,1 è stato modificato Le.
Der Brief an die Hebriier ( r936), ad l. 12,35.
32 Si resta colpiti vedendo come nei testi ulti-
)..\iwx·ù.
mamente citati sia forte l'influsso dell' A.T.,
mentre esso manca nelle parole di Gesù con- Il gruppo dei termini nell'A.T.: }.HERRMANN,
tenute nei sinottici. Padri apostolici: in I Die Idee der Siihne im A.T. (1905).
Clem.2z,2 è stato usato in modo indipenden- I W/ ALDE·POK. II 406.
Mw X't'À .: A.T. 2 (0. Procksch) (IV,330) 886

12,8 s.), ma anche all'apertura di cose colare riferimento all'indebolirsi delle


(Gen.42,27; -.òv µ0:.pO-L7mov, il sacco; r mani (mentre nel N.T. il termine 'lto:-
E<rop.9,46: -ròv v6µov ), alla distruzione po:À.u-;méc,, 'paralitico', denota l' infer-
di muri e fondamenta (2E<rop.5,12, mità delle ginocchia e delle anche, dr.
cod. B [str]; l E<ròp. l,52), come pure Ecclus 2),23). Senza importanza per il
alJo scioglimento di legami (Ex. 3 ,5; I os. N.T. sono 1tEp~À.uw, sciogliere tutt' in-
5,r5; lob 39,2.5; Is.5,27; 58,6; Dan.5, torno, che, se trascuriamo Aquila, ap·
12; 3Mach.6,27). Quest'ultima accezio- pare solo nel cod. S, una volta (4 Mach.
ne si riscontra pure nell'espressione in ro,7); <ruÀ.À.uw, separare l'uno dall' al-
cui Mw ha per oggetto il peccato (à.µap- tro i contendenti al fine di riconciliarli
-rla, lob 42,9, cfr. Ecclus 28,2: OE'l')iJÉv- ( 1 Mach.13,47; 2 Mach.rr,14; 13,23) e
'toc; crou a.L àµap-clat crou À.uìHiaov-ca.~, ùr.oMw, disciogliere, usato sempre nel
«se preghi, i tuoi peccati saran rimessi»; significato di 'slacciare i sandali'.
h-40,2) e per soggetto Dio, che strap·
perebbe così il peccato come una cate- 2. M-.pov
na 2 • Fra i composti, à.vaÀ.uw significa Teologicamente molto più importan-
andarsene; usato una volta in Ecclus
3, l 5 riferito al peccato; à.1to À.uw, la- te di Mw e dei suoi composti è il so-
sciar libero 3, utilizzato una volta al pas- stantivo deverbale M-cpov, mezzo di li-
sivo per designare la liberazione dal berazione, prezzo di riscatto. A diffe-
peccato (2 Mach .12,45: 't'i'ic; à.µa:p·tlccc;
renza di Mc.I0,45; Mt.20,28, nei LXX
6:.noÀ.uMjvat); OLaÀ.Uw, disciogliere, con
otto diversi equivalenti ebraici in cia- À.u'tpov viene usato sempre al plurale,
scuno degli otto passi canonici; Éx.Àuw, tranne che in Prov.6a5; 13,8. Prescin-
liberare (lob 19,25: g'l), per lo più al
dendo da Is.45,13, dove il plurale M-
passivo nel signif:ìcato di dissolversi, e-
saurirsi, con 19 equivalenti ebraici in -rpcx. corrisponde a mc~tr (termine che le
tutto. Il contrario di &.vcc)1.uw, andarse- altre volte è reso diversamente in gre-
ne, è xa-.a.Àvw, interrompere, riferito co), À1hpov ha come equivalenti in e-
al viaggio, cosicché nei libri storici il vo-
cabolo rende spesso ( l 5 volte) Ja radice braico tre diverse radici, cioè kofer, g'l,
ebraica ljn, pernottare; talvolta però es- pdh, che hanno tutte significato teolo-
so significa anche distruggere (4 Bcc<r. gico e che ora vogliamo ad una ad una
25,10, var.), come frequentemente ac-
cade nel N.T. Nei LXX 'lta.pcx.Mw, cui analizzare 4 •
corrispondono l 3 equivalenti ebraici in a) kofer. Il sostantivo kofer - solo
l 5 passi canonici, è il composto che si-
gnifica distruggere; tre volte esso ren- al singolare - che appare sei volte come
de l'ebraico rph (indebolirsi) con pa,rti- rispondente a ).u~pov (Ex.21 ,30; 30,12;

2 Nel latino invece è l'uomo stesso che 'scon- dare, render libero, e al medio con quello di
ta' la colpa da lui commessa (Liv. 30,x5 : l110 andarsene. Più volte è indicazione simbolica
temeritatem; Horat., carm. 3, 6, l: delicta) o ed eufemistica della morte (Gen.15,2; Num.
la pena per essa (Curtius, ed. TH. VoGEL.., 20,29; Tob.3,6.13; Lc.2,29).
(1903 ss.] rn,2,25: aes alienum; Cic., Att. 3,
9 1 1: poe11as). 4Cfr. Deutsche Theologie n (Tbeologentag
3 ci7toÀ.Uw ricorre nei LX e nel N.T. gencrnl· 1929) 130 ss.: Der Erl0su11gsgcdanke im A.T.;
mente col significato di rilasciare, lasciar rm- G. DALMAN, ]erns-Jcschua (x922) ro9 s.
Mw x'l').. : A.T. 2 (0. Procksch) (1v,331) 888

Num.35,Ji.32; Prov.6,35; 13,8) signi- caduta in potere sia di un uomo (Ex.


fica copertura. II verbo ebraico kipper, 2 l ,30), sia di Dio, distinzione ardua a

'espiare', che non appare nella forma farsi nel diritto sacro. n À.U'tpov - nel
qal, ha generalmente perduto5 il signifi- Pentateuco solo -.& À.u't"pa. - secondo
cato di 'coprire', ma l'ha conservato tutti gli esempi a nostra disposizione
quando si riferisce al rito di espiazione. consiste presumibilmente in denaro ( cfr.
Prov.13,8 : M-cpov à:vopoc; o/uxT\c; ò ~­
kipper non può esser fatto derivare
dall'assiro kuppuru, 'ripulire', a causa oLOc; 1tÀ.o\hoç, «il riscatto delJa vita di
del suo rapporto con kofer, giacché nel- un uomo è il suo denaro»). L'accetta-
l'arabo kafara è certo il significato di 'co- zione di tale kofer = À.U'tpov (Ex.21,30)
prire'. Bisogna notare però che kofer, a
differenza di kippe1·, non ha mai signi- dipende dalla libera volontà dcl credi-
ficato sacro, ma sempre profano. Il vo- tore, che non può esser costretto ad ac-
cabolo kofer, inoltre, nell'accezione di cettare l'ammenda. Vi sono però dei
'copertura' si trova solo in senso trasla-
casi in cui tale accettazione di un kofer
to, come nella nostra espressione 'co-
pertura d'un debito, d'una colpa', sicché è proibita, come quello dell'assassino
si riferisce a un valore, cui si connette (ro~eab), per il quale il diritto sacro non
l'idea di sostituzione sempre implicita
ammette À.1hpa di sorta (Num. 35.31
in kofer. La liberazione dalla colpa non
avviene in maniera pura e semplice, m<l s.): la sua vita è assolutamente votata
nel riconoscimento e nella riparazione alla morte.
mediante risarcimento.
D'altronde kofer non coincide sem·
Il vocabolo M-.pov (À.1hpa.), in quan-
pre con )...ui;pov, ma solo quando desi-
to rende kofer, significa sempre un com- gna il compenso per una vita umana;
penso il cui valore serve a coprire una diversamente, se riferito ad altre cose,
colpa, che non viene quindi cancellata viene reso nei LXX con altri vocaboli:
in 1 Bmr.12,3 con èçlÀ.wrµa., sacrificio
senza alcuna contropartita; più precisa- espiatorio, che però in \jJ 48,8 indica il
mente esso, quando appunto corrispon- riscatto di una vita umana; inoltre in
de a kofer, si riferisce sempre al com- Is-43,3 con &À.À.a:yµcx., mercede, come
pure in Am.5,12 (cod. B: à:v-.aÀ.À.cx.y-
penso dato in cambio di una vita uma- µa); in Prov. 21,18 con 7tEpixcH)a.pµcx.,
na (o/ux.1)). Tale è il caso anche di Prov. espiazione. Cosl ancor più si dimostra
6,35, dove, secondo l'indicazione del ter- come in Mc. 10,45; Mt. 20,28 Àvi;po'J,
indicando il prezzo per una vita umana,
mine precedente jom niiqiim, «giorno del- abbia necessariamente come equivalente
la vendetta)>, bisogna leggere: lo' iiSSà' ebraico il vocabolo kOfer, che invece non
piinekii l"kofer, «non ti farà guardare a è reso in tutto il suo significato dall'ara-
maico purqanii'.
una soddisfazione» (G. Beer, in Bibl.
Hebr. Kitt.3 p. u62). Per sé la vita è b) g'l. À.Ui;pov non rende solo kofer,

5 In Gen.6,r4 ka/ar è comunque denominale di kofer, 'pece'.


Mw x-.À.: A.T. 2 (0. Procksch)

ma anche g'l, come risulta specialmen- occasionato dall'anno giubilare (Lev.25 ,


te dall'uso del verbo ~ À.v•poiJai)aL. 24.26 .5 1 s., cfr. 27,31), in cui il campo
ritorna al proprietario d'origine.
Se kofer appartiene all'ambito del di-
ritto privato, g'l è un concetto che rien- Applicato a Dio, go'él, secondo il di-
tra nel diritto familiare. Il gifet, tradot.
to con b..yXLO'•Euc; nel linguaggio giuri- ritto familiare, denota quindi la digni-
dico del Pentateuco, ma anche nei li- tà del parente più prossimo tenuto a ri-
bri di Giosuè (20,3.5.9) e di Ruth (2, scattare i suoi eletti, sia il patriarca
20; 3,13; 4,1 ss.), è propriamente il pa-
Giacobbe (Gen.48,16), sia il popolo di
rente più prossimo responsabile nelle
faccende della famiglia. Al fine di rein- Israele. Così inteso, il titolo introduce
tegrare la famiglia, caduta in schiavitù, profondamente nel rapporto fra Dio e
nella sua condizione sociale, egli deve
uomo, presentandolo come un legame
riscattare la vita dei suoi membri e il
suo patrimonio: g'l si può tradurre co- di pareo tela che impegna Dio al dove-
sl con riscattare. In particolare go'et re del tiscatto, non certo secondo la leg-
si presenta come vendicatore del sangue ge del sangue, ma per elezione. Special-
(go'el haddiìm = à.yxvnEuwv) (Num.35 ,
l2.19.2r.24 ss.; Deut. 19,6. 12; Ios. 20, mente il Deuteroisaia ha applicato a
3.5.9; 2Sam.14,II). Il vendicatore del Dio il concetto di go' el, per infondere
sangue in qualità di parente più pros- nel popolo di Israele tutto il conforto
simo - nell' ambiente ebraico come in
queUo ambo bisogna riferirsi anzitutto dell'idea di elezione (Is-41,14; 43>14;
al padre, al fratello e al figlio - 'riscat- 44,24; 47>4i 48,17; 49,7.26; 54,5.8;
ta' il sangue dell'ucciso, secondo l'as- 60,16). Iddio, essendo il santo d'Israe-
sioma: «anima per anima» (nefes tapat
nefe5) 6 • Il go'el ha pure la responsabi- le e divenendo pure suo redentore (41,
lità di riscattare dalla schiavitù (Lev .25, 14; 54, 5), come è stato suo creatore
48) o di intervenire in caso di indebita- - (jo~ér}, ne garantisce con assoluta cer-
mento del patrimonio (Lev.25,25.48
ss.): Geremia, pm essendo in prigione, tezza la redenzione. Infatti per natura
acquista il campo dcl cugino Hanamel, il Santo d'Israele è in contrasto con la
riscattandolo secondo il miSpar hagg''il- iniquità del popolo, che egli stesso ha
la, <<norma del riscatto» (Ier. 32,7), sì venduto in schiavitù. Il tratto più com-
da mantenere inalterato H patrimonio
della famiglia. Cosl pure nel Libro di movente in cui Dio è concepito come
Ruth il go'el figura come il parente più go'èl si riscontra in.Giobbe (lob 19,25).
prossimo tenuto al 'riscatto' del campo Il riscattatore (go' él = ò lxMm1 µfl...-
di Elimelec, cui è collegato qui anch-::
H matrimonio della nuora vedova (Ruth À.wv) mantiene qui l'antico significato,
2,20; 3,9; 4,3 ss.}; tuttavia in questo indicando il vendicatore del sangue che
caso il go' él può rinunciare al suo dirit- quale «discendente sorge sulla polvere
to e dovere in favore del parente più
vicino, Boaz. Parimenti nel codice sa- dell'ucciso», 'a{Jaron 'al-'afar iiiqum. Ma
cerdotale la gc'illd appare come Mi:pov Dio, giacché è lui che colpisce Giobbe,

6 E. MERZ, Die Blutrache bei de11 I sraelitcn


Mw xù. : A.T. 2 (0. Procksch)

si presenta come vendicatore di Giob- (participio) può essere il prtg10niero


be contro se stesso, manifestandosi a stesso (Ex. 21,30), ma anche qualsiasi
lui dopo la morte. Giobbe, morto e ri- altro che magari non ha alcun rapporto
suscitato, rimane sempre ne!Je mani di di parentela con lui. Ciò che importa
Dio, che pur continua ad essere Deus non è la persona che paga il pidjon, ma
absconditus. Bisogna penetrare quindi il fatto che esso è versato qual prezzo di
nel concetto ebraico di g'l per compren- riscatto. L'attenzione è quindi concen-
derne appieno la versione greca median- trata sul prezzo. Oggetto del pidjon non
te À.u'tpouµevoc; e pu6µEvoç. è mai una cosa inanimata, ma sempre
c) pidjon. Se kpr e g'l sono concetti la vita d'un animale (Ex.34,20) o d'un
giuridici caratteristicamente ebraici, pid- uomo, che, come il primogenito, secon-
jon, formato dalla radice pdj, appartie- do il diritto sacro è destinato a Dio e
ne a una primitiva concezione semitica. quindi dev'essere riscattato (Ex.r3,13 .
15; 34,20; Num.18,r5), oppure secon-
Questa si riscontra specialmente nel-
l'arabo fida", fada", fida''"', fidja'u", prez- do il diritto civile o in seguito a vio-
zo del riscatto, ma anche nell'accadico lenza è caduto in potere . di altri. Dal
padii, riscattare. Il sostantivo pidjon diritto sacro dipende l'idea tardiva che
( = À.1hpa., Ex.21,30; À.u•pw1nc;, Ps-49,
9) è raro ma molto antico, essendo at- presenta i leviti come riscatto dei pri-
testato già nel libro dell'alleanza, ante- mogeniti (Num. 3, 12. 46ss.) consacra-
riore alla monarchia. Il vocabolo pidjon ti a Dio, sicché in questo caso si realiz-
= plur. À.U'tpa (Num. 3, 49. 51 ), simile
nella forma al precedente, va forse let- za la sostituzione di un uomo con un
to pedurm 1 e quindi, a somiglianza di altro, almeno quando l'eccedenza nume-
gc'ullm (ls.63,4), va inteso come un ter- rica non debba esser compensata col ri-
mine astratto. Quasi sempre la radice
ebraica pdj è resa con À.1hpov, À.u'tpovv; scatto versato in argento. Perfino nel di-
solo in Is.50 1 2; lob 5,20; 6,23 si trova ritto sacro, quindi, il pidjon per una
puEo-ì}a.~, e in lob 33,28 cr~sEw. In ara- vita umana può consistere in un'altra
bo, fida" è il prezzo del riscatto di un
vita umana, come probabilmente già ac-
carcerato, pari di solito a cento cammel-
li, equivalente quindi al prezzo del san- cade neJla liberazione di Gionata (z
gue (dija"'") 8 ; anche in ebraico proba- Sam.r4,45). Già nella storia di Davide
bilmente esiste questo significato fonda-
(2 Sam.4,9; I Reg.r,29) Dio stesso ap-
mentale, benché in Ex.21 130 si parli del
riscatto della vita votata alla morte (pi- pare come redentore (podeh ); ma tale
djon nafso). concezione appartiene principalmente al
A differenza di g'l, pdj non riguarda periodo del Deuteronomio, giacché in
i rapporti del diritto familiare: podeh Os. 7, 1 3; I 3, r 4 la liberazione non si

1 GESENIUS-BUHL 634. 137. r45; O. PROCKSCH, Ober die Blutrache


8 G .]ACOB, Altarabisches Bed11ine11lebe111 (1897) bei dcn vorislamische11 Arabern ( 1899) 52 ss.
Mw x-rL A.T. 3 (0. Procksch}

realizza. Nell'epoca deuteronomistica che nel greco classico, per es. in Plat.,
Dio viene ordinariamente chiamato re- Theaet.165 e (cfr. anche Diod. S. 5,17,
dentore d'Israele dalla dimora di schia- 3 ), ricorre all'attivo (cfr. Ex.21,8: 1b.o-
vitù in Egitto (Deut.7,8; 13,6; cfr. 9, Àu't'pouv = be/da), ma nei LXX appare
26; 15,15; 21,8; 24,18). Nelle profezie solo al medio, riscattare, e al passivo 9 •
del vu sec. contenute in Michea (6,4) Fra i tre vocaboli principali corrispon-
e Geremia (15,21, cfr. 31,II) si trova denti ebraici di À.trcpov (cioè kpr, g'l e
lo stesso pensiero, con la sola differen- pdh) kpr si distingue in quanto non è
za che Geremia lo applica alla sua vita tradotto con ÀV't'POVO'~ct.L, giacché il
personale, giacché in lui risuona la vo- verbo ebraico kipper, 'riconciliare', ap-
ce di Dio, suo redentore. A lui, uomo partiene alla lingua sacra: di qui pro-
di Dio, vien trasmesso quanto Dio ha viene una chiara differenza fra ricon-
compiuto e ancora intende fare al suo ciliazione e redenzione. Mentre infat-
popolo. Come ora il nome di Jahvé, in- ti la riconciliazione è un atto di cul-
vece che su Israele ( 14,9 ), è invocato to che si realizza mediante l'espiazione
su Geremia ( r 5, l 6), che perciò passa a di un sacrificio che è quasi sempre cru-
Jahvé come personale proprietà, così ento, eccetto pochi casi di secondaria
l'azione redentrice di Dio si manifesta importanza, il concetto di redenzione è
in lui in una forma nuova e più pro- originariamente privo dell'elemento cul-
fonda di quella attuata nella redenzio- tuale. Cos1 À.u-.poucri}a~ serve principal-
ne d'Israele dalla dimora di schiavitù. mente a rendere g'l (45 volte) e pdh
È comunque significativo che podeh, a (42 volte), che solo di rado sono tra-
differenza di go' èl, non sia mai diven- dotti con puEcr~a.t. Quattro volte À.v-
tato una forma nominale con un ruolo •pouc;lk1.t sta per prq nel significato ara-
particolare nella vita giuridica. Mentre maico di liberare (Ps.7,3; 136,24; Lam.
nel concetto di go' el, proveniente dal 5,8; Dan.4,24), una volta ciascuno per
diritto familiare, interessa molto chi sia pillet (Ps. 32,7), pa~a (Ps. q4,ro), qnh
il responsabile 'redentore', in pdh, co- (Ex. 15,16, cod. A), siggeb (Ps.59,2),
me abbiamo ricordato, si sottolinea non H:db (Dan .6,28) .
il soggetto, ma l'azione. Così in pada è Nel Pentateuco, dove il sostantivato
contenuta l'idea di grazia. go' el, riscattatore' in quanto go' e! had-
diim, 'vendicatore del sangue', viene
3. À.v't'poucri}at e derivati tradotto dai LXX non con À.u-.poup.E-
voç, ma con àyXLO''t'EUWV (Num. 35,19.
a)Da Àu't'pov viene il verbo Àv-.pouv, 2 r.24; Deut.19,6.12; cfr. Ruth 2,20; _3,
liberare dietro versamento del riscatto, 9; 4,3 ss.), g'l = À.u't'poucri}at si riferisce

9 Cfr. CREMER-KOGEL 704 s.


Mw x:rÀ.. : A.T. 3 (0. Procksch)

alla riammissione del debitore nella per- inoltre l'idea del prezzo del riscatto
duta libertà (Lev. 2 5 ,48 s.) o alla reinte- (kofer= <i.À.Àayµa) appare collegata con
grazione del patrimonio familiare (Lev.
25,25.29.30.33), mentre la connotazio- la precedente in modo peculiare. Israe-
ne fondamentale dcl dil"itto familiare le non è stato redento con argento ver-
prende spicco in quanto tale azione è sato in riscatto (52,3) ma, come popolo
compiuta da fratelli, zii, cugini (25,48
s.). Si tratta di mantenere l'entità fa- di Dio, è stato liberato da lui, il signo-
miliare costituita da uomini e possedi- re dei popoli, per suo beneplacito. Do-
menti. In questi casi è bene tradurte po aver affermato però che Dio cede
g'l con 'riscattare', poiché in fondo esi-
l'Egitto, Kush e Saba in riscatto (kofer)
ste un otiginario rapporto di proprietà.
Un uso particolare ma secondario di per Israele (43,3), il profeta passa a di-
g'l = À.v•poi}crl}cn si trova nel contesto chiarare ancor più arditamente che Dio
del Codice di santità (Lev.27), quando per la redenzione di Israele non paghe-
si parla del riscatto di offerte consacra-
te nel santuario (v. 13 ss.). rà alcun prezzo a Ciro (4 5, I 3: où µE-

Nei profeti, gii'al ricorre quasi asdu-


'ta À&tpw\I OÙOÈ µE'"t"Ù owpwv ). Anzi,
l'Egitto, Kush e Saba toccano a Israe-
sivamente nel Deuteroisaia (Is. 41, 14;
1(! come offerta spontanea (v. 14): in-
43,i.14; 44,22ss.; 52,3; 62,12; 63,
fatti essi vengono a Gerusalemme e ri-
[4.]9 = À.v•poucrìtm. - 44,6; 47'4i 48,
conoscono che ivi abita come salvato-
17.20; 49,7.26; 51,10; 52,9; 54,5.8;
re il Dio d'Israele 11 • I popoli stranieri
59,2o=pvecrìtru) 10• Come l'espressione
quindi diventano non schiavi di Ciro,
qedos jifrii'el è coniata da Isaia, cosl
ma proprietà di Gerusalemme, venen-
go' el jifrà'el è prnpria del Deuteroisaia.
do cosi inclusi nel piano universale del-
È innegabile che il profeta con queste
la redenzione divina (v. 18 ss.). NelDeu-
parole intende designare Dio come pa-
teroisaia, perciò, l'idea del prezzo del
rente responsabile di Israele, benché
riscatto si scinde da quella della reden-
per adoptionem. Il creatore del mondo,
zione: la redenzione d'Israele infatti
il plasmatore e il santo di Israele, rive-
avviene come atto libero di grazia da
landosi come redentore, infonde l' in-
parte di Dio, cui appartengono tutti
crollabile certezza nella redenzione del
quanti i popoli.
popolo dalla cattività babilonese. Co-
me egli è go' el pira'el, così gli Israeliti Mentre in g'l è presupposto un rap-
sono i ge'aU jhwh, «i riscattati di Jah- porto di proprietà, come nel nostro 'ri-
vé» ( 62,12, cfr. 35 ,9 ). Nel Deuteroisaia scatto' (ted.: Einl0sung) 12, in pdh que-

ID Altrove compare solo in Os.13,14; Ier.3x, una frase come l•bat j•rl/Siilem, poiché è pre-
n; 50,34; Mich-4,10 e inoltre in Is.35,9, do- supposto un femminile. In bazziqq1m ja'abortl
ve si avverte l'influsso dcl Deuteroisaia. In c'è un'aggiunta (DuHM, MARTI, BmIL).
Sopb.3,1 si trova g'l==g'l, 'macchiare'. 12 Da CREMER-KOGEL 705 giustamente sotto-
11 In ls.45,14aci manca, dietro koh 'amar jhwh, lineato, ma 11 torto esteso anche a pdh.
Mw X"\'À..: A.T. 3 (0. Proksch)

sta relazione, proveniente dal diritto fa- di tutti quanti i popoli, i due concetti
miliare, manca. Piuttosto pdh è origi- di g'l e di pdh vengono a compene-
nariamente 'riscatto', 'liberazione' me- trarsi intimamente nella teologia poste-
diante il versamento di una somma. Co- silica, che in buona patte è dominata
sl il verbo pdh come corrispettivo di À.v- dal Deuteroisaia e dal Deuteronomio.
"tpovcrihxi. indica ordinariamente il ri- Così le due parole g'l e pdh sono usate
scatto del primogenito (7tpW't'O"tOXcx.) come sinonimi per indicare la liberazio-
dell'uomo o degli animali (Ex.13,13.15; ne di Israele dalla schiavitù e perciò
34, 20; Num. 18, 15-17) mediante una vengono parimenti tradotte ambedue
vittima offerta in sostituzione (dr. I con À.u't'poucrl>C1.L (Ex.6,6; 2 Sam1,23; I
Sam.14,45). Soprattutto esso viene usa- Chron.17,21; Neem.1,10). Ciò accade
to per designare la liberazione dalla specialmente nel Salterio, dove il pen-
prigionia e dal giogo di una potenza siero della redenzione è un teologume-
straniera. Il Deuteronomio, che riferi- non molto importante (Ps. 25,22; 44,
sce g'l esclusivamente al vendicatore 27; 74,2; 77,16; 78,42; 106,ro; ro7,
del sangue (19,6.12 go'el haddiim), usa 2: 130,8; 136,24), che però viene e·
pdh = Àv't'poucriJar. solo per indicare la spresso solo con pdh in tutto il primo
liberazione di Israele dalla schiavitù e- libro e nella massima parte del secon-
giziana. Decisive in questo caso sono le do 13 • È vero che il pensiero dellà re-
condizioni da cui il popolo viene sot- denzione non si riferisce mai alla col-
tl'atto, non il mezzo con cui si compie pa, tranne che in tJi 129,8 À.u-.pwcri;'t'et.L
tale azione: Dio infatti non versa pro- "tÒ\I 'Icrpa:Ì]), ÈX 7tC1.a'WV 't'W\I &.voµLW\I
prio alcun prezzo di riscatto, ma opera a1hou, Vulg.: redimet Israel ex omnibus
in virtù della sua potenza (Deut.7,8; 9, iniquitatibus eius; ma con la progressi-
26; 13,6; 15,15; 21,8; 24,18). Mentre va individualizzazione delia vita di fe-
nel Deuteroisaia Dio in qualità di go'el de esso non si rapporta solo a Israele,
conferisce la libertà mantenendosi vo- ma anche, e in misura crescente, al sin-
lontariamente legato ad Israele, secon- golo fedele (Ps.144,ro, dr. 2 Sam.4,9;
do il Deuteronomio egli opera mante- r Reg. l,29, Davide; Ier. 15,21, Gere·
nendosi volontariamente libero. Ma per mia). Il riferimento al singolo fedele è
il fatto che in entrambi i casi si tratta espressamente affermato quando si par-
della liberazione di Israele dalla schia- la della redenzfone dell'anima (l)iux1J),
vitù e manca il prezzo del riscatto, giac- che difficilmente può essere intesa co-
ché Jahvé come Dio del mondo (cfr. me l'anima del popolo (Ps.34,23; 49,
Deut.4,32 ss.) è padrone di Israele e r6; 55,19; 71,23), ma va riconosciuto

13 CREMER-KOGEL 705.
899 (IV,335) ì..uw X'tÀ.: A.T. 3 (O. Procksch)

anche quando è il semplice individuo be crede affidandosi al go'el = ÈxÀ.Uw\I,


che invoca la redenzione (Ps.26,n; 3r, che risveglia a nuova esistenza la sua
6; 32,7; 59,2; rr9,134.154). I1 biso- vita caduta nella morte (I ob 19,2 5 ). I1
gno di redenzione cresce in rapporto concetto di redenzione, come riguardo
non solo aUa nazione, ma anche alla a Israele non includeva quasi mai un
persona. Lo stato di angustia da cui si riferimento alla colpa, cos1 ne è privo
spera di esser redenti viene di preferen- anche riguardo al singolo. Ciò dipende
za specificato con !al', !iira, 'tormento', dal fatto che in questo campo subentra
già utilizzato negli antichi testi di 2 il concetto della riconciliazione. Anche
Sam. 4,9; I Reg. 1, 29. Tale denomina- se derivato da kofer, 'copertura', il con-
zione può abbracciare ogni angustia, cetto della riconciliazione (kappèr l- =
nazionale e personale, in cui l'anima À.acr~cr~rx.t, È~LÀa<rxE<r~ai, 'propiziare')
può piombare. Avvertendo la morte co- assumendo l'elemento sacro, indispen-
me estrema angustia (Os.13,r4; Ps.rn3, sabile quando si tratta di colpe, ha ri-
4; Ecclus 51,2), si pensa dapprima di cevuto un contenuto nuovo, teologica-
poter esserne preservati; ma nel Ps. mente superiore a que11o della reden-
49, 8 ss si parla di redenzione dalla zione ( À.U'tpouO'~rx.t ).
morte. Nessun uomo può versare il
prezzo del riscatto per la sua vita (pii- Solo in un numero di passi relativa-
doh jifdeh IS) o dare a Dio una vitti- mente basso si può intravvedere, sulla
scorta del gruppo semantico Àu'tpo\I
ma che lo sostituisca (kofer = È~l"ì..rx.cr­ ccc., un ampliarsi del concetto di re-
µrx.) 14• Ma il salmista sa che Dio è co- denzione nell' A.T. Cosi l'Ecclesiastico
lui che redime la sua anima (v. l 6: if- ha Àu'tpou\I non solo per pdh (51,2 xrx.t
ÈÀU'tpC:JO'W 'tÒ O'Wµci µou É~ a'JtWÀ.Ela.ç,
deh nafsl = [ ò ~Eòc;J )..u-çpwcrE't'a.t 't''Ì)\I
Vulg.: liberasti corpus meum a perdi-
l}iux1i\I µou [ l.)J 48, 16] ), strappandolo tione = ki piidttii mimmiiwet na/Si «hai
dal potere degli inferi. Probabilmente riscattato l'anima mia dalla morte»), ma
lql}, 'prendere', indica la liberazione dal- anche per jS' (48,20: xrx.t ÈÀ.U't'pWO'IX.'tO
a.{rcoùc; Èv XHPL Hcrmou = wajioSt'em
lo stato di morte, attraverso cui l'uo- Viad lsa·;ahU «e li salvò per mano di
mo deve passare. In questo caso è im- Isaia»; 49, xo: xat ÉÀ.u'tpwcruv•o a.ù-
possibile una redenzione di se stessi, -rouc; Év 'ltL<r't'EL H.itlooc; = «li riscattaro-
no con la speranza della salute» (waifs-
ma la redenzione di Dio ha valore an- 'uhU b 0 tiqwat 'emet) e per 'zr {51,3:
che di fronte alla morte, cos} come Giob- ÈÀ.u't'pwcrw µE xrx.'t'à 'tÒ 1t)..1}1>oc; ÈÀ.Éouc;

H In P.q 9,8 s. il testo è dubbio. Giacché ci leggere w•;ar pidi6t1 11afJ6, a meno che non ci
si attende un'antitesi al v. 7, è rnccomandabi- sia una variante al v. 8. Sul testo cfr. anche i
le 'ak, documentato da 8 manoscritti, al posto recenti studi di P . VoLz: ZAW NF 14 (1937)
di 'iih del T.M., sicché il 'frntello' decade dal ::!] 5 ss.
rnpp~rto fra Dio e uomo. Il v. 9 3 sarebbe da
901 (IV,335) Mw xù.: A.T. 3 (0.Procksch)

xcd Ò\16µa:r6ç O"ov, «mi hai liberato se- ii Èmq.ia.vl}ç xa.t (à..,;o )À.EÀU't'pwµ~\ITJ , ··!l
condo la tua grande misericordia [e il 7CéÀ.Lc; 1) 1tEpLCT't'Epa n. Il T.M. ha g'l II,
tuo nome]» ('azartiin2 kerob ~asdekii); nel senso di 'macchi&re', mentre i LXX
50,24: xa.t É\I 'ta.i:ç 1)µÉpa.Lç iJµw\I À.u- pensano a g'l 1, 'redimere'. Invece in
'tpwcracri}w 1)µiX<;;, «e ci liberi nei nostri Soph.3,15 il concetto di redenzione è
giorni» (ulzar'o kimé sii.miijim, «e la sua introdotto volutamente. Al posto del
ptogenie come i giorni del cielo»; in- piatto 'rimuovere' (pinna 'o(bèk, «ha
vece di zr' i LXX hanno evidentemente rimosso il tuo nemico}>), si trova ÀEÀ.U·
letto 'zr, dando alla frase un altro sen- -rpw•al CTE Èx xnpòc; ÈX~PW\I crou, « ti
so). In tutti questi passi c'è il pensiero ba riscattato dalla mano dei tuoi nemi-
religioso della redenzione. Manca inve- ci». Veramente è dubbio se pnh possa
ce l'idea giuridica del riscatto (dietro essere inteso generalmente nel senso di
versamento) da un potere estraneo. Dio rimuovere, giacché tutte le altre volte
- ciò vale anche per 49,ro, dove egli significa 'riportare allo stato preceden-
opera mediante i profeti - è colui che te' 18. In Is.29,22 Simmaco, traducendo
redime dalle potenze nemiche, decise ò À.u-cpwo-aµE\loc; "tÒ\I A(3pa.a.µ, ha reso
a rovinare il suo popolo. Cosi la reden- alla lettera il T.M., mentre i LXX vi
zione è un'azione di salvezza e di gra- hanno inserito un altro significato. Nel-
zia. che suppone siano sottomesse a Dio la devozione ai martiri del giudaismo
anche tutte le potenze ostili. Nello stes- ellenistico il concetto di redenzione ri-
so senso si dovrebbe intendere À.trtpw- prende la sua originaria relazione con
<nç quando, secondo la testimonianza il sacrificio espiatorio, benché in un
recata in margine dal cod. X in Lev. 5, nuovo senso e con una nuova termino-
18.25; 6,ro; 7,37; 14,12, tale vocabolo logia. Cosi in 4 Mach.6,29 si dice: à_,;_
è stato inserito nella traduzione per ren- "tl\)Juxo\I a.ù't'wv À.a.BÈ "t"lÌ\I ȵ-i}\I lJ;ux1)\I,
dere il termine 'sm, 'ammenda', che i «in cambio della loro prendi l'anima
LXX rendono sempre con nÀ.T)µµD~na. mia}>; e in 17,2 1: Ù>l17tEP civi:l~uxo\I
(propriam.: 'errore') o simili. In Lev.27, ! EJ'O\IO'ra.ç 'r'rJ<; 't'OU Ea\louç àµa.p-cla.ç,
24 accanto alfa versione dei LXX, che «come chi è divenuto riscatto per il
traduce jiisub con à:1toooi}1]0"E'tct.L, in peccato del popolo». Secondo Dmi.4,3-J
margine al cod. 85 si ha À.V'tpwc:rE.'°'a.L 13 le sofferenze e le umiliazioni sperimen-
o À.v-cpwfhicre:-ta.~ 16• In Ex.15 ,16 il cod. tate dal re hanno compensato i suoi pec-
B presenta fra l'altro per l'ebraico qnh cati: a.i àµa.p't'lm µou xa.t a.t èly\loLa.l
la traduzione letterale Èx'°'fic:rw; invece µou ~7tÀ.'T]pwi}ric:ra.\I È\lct.\l'°'lo\I -rou ai;ou
H cod. A ha una formula che, a mo' di '°'ou oùpa.\IOU, «i miei peccati e i miei
professione di fede, esprime la speran- errori son giunti a compimento innan-
za nella liberazione d'Israele dall'Egitto zi al Dio del cielo» 19•
per opera di Dio: ò À.aòç... 8\1 ÈÀV't'pwc:rw
.. ., Vulg: populus quem redemisti. Un b) M'°'pwcnç. Da AU't'péw sono deri-
equivoco sembra esserci in Soph.3 ,r: <Ti vati parecchi sostantivi e aggettivi, in

15 Secondo R. HoLMES, V etus Test. Gr. c11111 23,29 ( = Neem.I3,29) con &:yx~cr-t€lct; anche
var. lectionib11s (1798), a L ev.27,24. i:x>.a µf3&.vEW in lob 3,5 presuppone certamcn·
16 Cfr. FrnLD, ad l. te la derivazione da g'l 1.
11 g'I n, 'macchiare, contaminare', è stato
1s Cfr. F. ScHWALLY: ZAW 10 (1890) 205 ~-
scambiato più volte anche altrove con g'l 1,
'~edimere '. Cosl in 2 Euop 2, 62; 17, 64 ( = 1~ Questa parte in corpo minore è del BER·
N eem.7,64) è tradotto con 6.yXLCT'rEVELV, e in TRAM.

1'1 • raade l euic:o . v•


Mw (F. Biichsel)

cui ricorre il senso delle radici ebraiche denzione, in L ev. 25,3x.32 è versione
g't e pdh. Il raro vocabolo M-.pwcnc;, li- di ge' ulla, diritto di riscatto. Le case
in questione godono nell'anno giubila-
berazione, ha fuori della Bibbia significa- re il diritto di riscatto, in quanto sono
to attivo, corrispondente all'attivo À.u- Àui:pw-.al.
-rpouv (~coli. 893 s.). Nella Bibbia in- d) &.7toÀ.u-.pwcrtç, redenzione. Nel
vece, sia nei LXX che nel N.T., M<tpw- gl'eco extrabiblico il vocabolo, se deri-
cnc; appare nel senso passivo di reden- vato dall'attivo &.7toÀu<tpouv, significa la
zione, riscatto. liberazione in seguito a versamento del
In Js.63,4 si legge: senat g•'filaj bi/a riscatto (cfr. LXX Ex. 21,8), se deri-
::::: ÈVW.U'tÒç À.u-.pl~CTEWç 1tCXpECT'tLV, «J'an . vato dal medio &.7toÀ.u-cpoucr~m, il ri-
no della mia redenzione è venuto», con scatto. Al secondo significato si collega
allusione all'anno giubilare, in cui il po-
dere ritorna al padrone originario. In il senso biblico di 'redenzione', che ha
Lev.25,29.48 g•'ulla=M<tpwcrtc; è il di- grande importanza nel N. T., ma nei
ritto di riscatto del patrimonio vendu- LXX ricorre solo una volta, nelle pa-
to. Di pdh il vocabolo M-cpwcrtc; ripro-
duce l'elemento del riscatto, della libe- role di Nabucodonosor in Dan. 4, J4:
razione mediante offerta sostitutiva: co- Ò XflOVoç µou 't'fjç Ò..'ltOÀU't'pWCTEW<; tjÀ.~E,
sì riguardo al primogenito in Num. 18, «Venne il tempo della mia redenzione».
16, ma soprattutto in Ps.49,9: w•jeqar
pidjon nafJO, «il prezzo della redenzio- In Dan. 4,34 manca l'equivalente ara-
ne dell'anima sua» (xat -ri}v ·nµ1]v [ wi- maico; nel1a Peshitta in Lc.21,28 ad &.-
qar J -rijc; À.u<tpwcre:wc; -.Tjç ~uxiic; aù- 'ltOÀu-.pwcrL~ corrisponde purqana.
-.ou), sicché non c'è alcun mezzo di ri-
scatto per l'anima umana. In Ps. rn,9; Nell'ebraico al termine neotestamen-
130,7 p"dtlt=À.\n:pwcrtc; è la redenzio- tario &.7toÀv-cpwcrL~ corrisponderebbe
ne partecipata al popolo senza riguardo meglio in alcuni passi g"'tlltm (ls.63,4,
al mezzo di riscatto. Questa parola ri- cfr. Lc.2I,28; Rom.8,21.23; Eph. 4,30
corre anche in Aquila Ecci. I2, 6 e in [ 1)µ1pa &.7toÀ.u't'pwcre:wc;]), in altri, ri-
Teodozione Prov.6,35 (À.V<tpwcrtc;= kO- guardanti il riscatto, p•dulm (Rom. 3.
fer) come pure in altre traduzioni 20 • 24; Eph.1,7; Col.1 ,14).
c) À.u-cpwi:1)c;, redentore ( = go' el), O.PROCKSCH
si trova applicato a Dio due volte nel
Salterio (Ps.19,15; 78,35) nel senso del t Mw~ OÉw
Deuteroisaia. In Samarit. e AÀ.À.. À.u- Documentabile nella letteratura gre·
-.pw-c1)c; appare anche in Lev.25,25 co- ca fin dai tempi di Omero, ricorre fre-
me versione di g'l, mentre nei LXX quentemente con vari significati. È in-
teressante per la storia delle religioni
si ha &.rXLCT't'EUW\I 21• notare come Àuw (À.ucnc;) sia stato usa-
Il passivo Àu<tpw-t6ç, passibile di re- to negli inni greci per designare la re-

21 Cfr. Fm LD, ad l. [rimando di BEHTRAM a


Lev.25,25].
905 (IV,337) Mw (F. Biichsel) lIV,337) 9of>

denzione che la divinità conferisce al- re, disgregare, è presente in À.uw in al-
l'uomo traendolo da una situazione di cuni passi teologicamente rilevanti. In-
disagio ( 1tOVoL, µ6x11ot, <1.À:yri, q:i5Bot )1•
Nel N.T. Mw significa: dizio delle controversie sulla validità
a) sciogliere, liberare, con oggetto della legge veterotestamentaria sono le
della cosa che fa da legame: -.òv tµriv- affermazioni di Mt.5,19: oc; Eà.v ... Mcrn
't<X., la correggia (Mc.r,7; Lc.3,r6; Io. µlav i:wv f.v-r:oÀw-v i:ovi:w\I ..w\I f.Àaxl-
l ,27 ); o-q>pcc.yi:oac;, i sigilli (Apoc. 5 ,2)
(--7 o-q:ipaylç). In senso traslato: ÈÀ.vìh1
cr..wv, «chi abolisce uno solo di questi
o oi;oµòç -.fjc; y À.WO'O'r)ç aÒ't'ov, «fu sciol- precetti minimi»; di Io 5,18: lO..uEv ..-ò
to il nodo della sua lingua» (Mc.7,35); craSBa.-.ov, «aboliva il sabato»; 7 ,2 3:
con oggetto della cosa legata: il pule-
dro di un'asina (Mc.n,2.4 s.; Mt.21,2; Cva. µ1) Àu1ìn ò '116µoc; Mwuo-Éwc;, «affin-
Lc.19,3os.33); 't'ÒV Bovv, il bue (Lc.13, ché non sia abolita la legge di Mosè»;
15); i sandali (Act.7,33; 13,25); i pri- e in ro,35 l'assioma: oò ouva-.a:~ À.u-
gionieri (22,30; [24,26]; Apoc.9,14 s.;
1ìfivcu 1) ypaq>·fi, «la scrittura non può
20,3.7); un uomo fasciato (Io.II,44).
fo senso traslato: À.u1J7jvw a1tÒ 'tOV andar distrutta». In tutti questi passi la
OE<rµov -cou..-ou, «esser sciolto da que- miglior traduzione di Mw è discioglie-
sto legame» (Le. 13,16); À.ÉÀ.ucrat &:7tÒ
re, distruggere la validità giuridica 4 •
yuvatx6c;, «sei sciolto dalla donna» (I
Cor.7,27). Riferito a persone, Mw ac- Espressione delle controversie sulla pre-
quista il significato di liberare, soprat- l'Ogativa di Gesù in quanto Cristo è I
tutto se viene usato in senso traslato.
Per Mt.16,19; 18,18 --7 II, coll. 894 ss.
Jo.4,3: oÀuEL 5 -cò-v Irio-ouv. À.vEtV va
qui inteso alla luce del contrasto con
b) Mw significa inoltre disgregare
qualcosa risolvendolo nei suoi compo- òµoÀ.oyE°i:v 'Iricroii\I Xptcr..-òv Èv crapxt È-
nenti, distruggere, demolire un edificio, Àl)Àul16i:a:, «professare che Gesù Cri-
abbatterlo 2 • 10.2,19 (il tempio); Eph .
sto è venuto nella carne». Esso non si-
2,14 (la legge, designata come parete
divisoria); Act.27,41 (1) 1tpuµva f.M~­ gnifica distruggere l'unità della persona
..-o, la poppa si sfasciava); in 2 Petr.3, di Gesù, separando per es. l'uomo Ge-
ro-12 ricorre più volte neUa predizio-
sù dal À.éyoc; celeste (problema che non
ne della fine del mondo; Act. l 3, 4 3:
sciogliere una assemblea 3 . è toccato nella prima Lettera e nel Van-
Il significato di distruggere, demo/i · gelo di Giovanni); non significa nep-

Àl'.Jla)

PREUSCHEN-BAUER', CREMER-KOGEL, LIDDELL- gonautica l,708; Xenoph., Cyrop.6,1,2; Diod.


ScOTT, PAPE, s.v. S.19,25,7; FJav. Ios ...ani. 14,388.
I Cfr. K. KEYSSNER, Gottesvorste!ltmg tmd 4 Parole di Iside di Nissa conservate in Dio<l.
Lebensaufjassung im griech. Hymnus (Wurz- S.r,27: ocra. Èyw EVOµofth11cra., où8dç a.ù-rà.
burger Studien 2 [1932] uo ss.). Mva.'\'a.L ì..\iaa.L; STRAGK-BILLERBECK 1 241 in-
2 Cfr. Horn., Il.16,100; Xenoph., an.2,4,17.19; dica come equivalente ebraico bi!fel, aramaico
Hetodian., hist.7,1,7; Flav. Ios., bell.6,J2; l ba{!él.
Euop.1,52. 5 La lezione corrente µiJ oµoì..oyE~, è falsa :
3 Horn., It.r,305; Od.2;i57; Apoll. Rhocl., Ar- cfr. ZAHN, Bini. n' 585; BucHSEL, 63.
907 (IV,337) aw.1.Mw (F. Biichsel)

pure rendere vana la retta dottrina di Gesù, in quel che significa per i disce-
Gesù rifiutandola, poiché nella I Io. poli in lutto, è designata con l'espres-
non si tratta di accettare una dottrina sione: MO"aç (o l'}Eòç) -r:à.ç woi:v~ "tOU
su Gesù ma di riconoscere in lui il Cri- i}awhou, Dio «ha sciolto i dolori del-
sto, il figlio di Dio e di credere in lui la morte» m.
(2,23; 4,15; 5,r.5). Qui Mmi significa Indubbiamente i LXX hanno inteso
sopprimere Gesù come oggetto della la frase woi:vs:ç -tou i}a;va-r:ou non in sen-
professione di fede cristiana, riducen- so proprio, ma traslato, riferendosi ge-
nericamente non alle doglie del parto,
dolo a uno fra i molti uomini del pas- ma a dolori lancinanti. Del tutto estra-
sato e annullando ogni fede in lui6 • Ma- nea è l'immagine di una nascita, alla
nifestazione della lotta contro il rilassa- quale la morte provi o provochi soffe-
renze, in~ q,5.6; 114 (n6), 3; 2 Bcm.
mento morale è I Io.3,8: il Figlio di
22,6, dove appare WOLVEç -r;o\J i}a.'\16:."tOU,
Dio si è rivelato a questo fine, tva. M- come dimostrano i verbi 1tEpLÉO'xov,
crn -r:à Epyct. -r:ou OLa.~6)..ou. «Eliminare «(mi) attorniavano», huxÀwo-av, «(mi)
le opere del diavolo», secondo l'esatto circondarono». Inoltre i LXX usano
spesso w&~vi::ç nel senso di dolori stra-
parallelo di 3,5 («e sapete che quegli zianti conforme all' A. T. ebraico (cfr.
si è rivelato \'.va -r:àc; &.µap-r:lct.c; ltpn» ), Ex. 15, i4; Os. 13, 13; Nah. 2, n; Is.
equivale a togliere le colpe, si da farle 13,8; 21,3 ecc.). Cosi Act.2,24 non va
spiegato secondo lob 39,2, dove ÀuELV
scomparire (cfr. v. 9) 7• In Apoc.1,5 woi:vaç significa por fine ai dolori (me-
Gesù è chiamato 'colui che ci redime', diante la nascita).
cioè colui che ci ha riscattati ().ucrct.v-
·n) 8 dalle nostre colpe mediante il suo t à.va:A.Uw, t àv<iÀ.u(nç
sangue 9• In Act.2,24 (nel discorso pen- Propriamente significa ridisciogliere
fttecostale di Pietro) la risurrezione di (Horn., Od.2,105) e ha un ricco uso

6 Cfr. BOcttsEL, op.cii., 64 ss. (lob 42,9) e come soggetto del passivo (Ecclus
1 Cfr. Buc.usEL, op.cit., 49-.H· 28,2; Js.40,2) col significato di 'riparare' o
8 Accanto n Àucra.v-ct bisogna tener conto di anche di 'perdonare'; non hanno però alcuna
locuzione simile a À.UELV Éx -clic; àµap-clixç.
ÀOUO"CC\1-CL. A favore dell'immagine della puli-
tura sta la maggiore plasticità; inoltre essa s'a- 9 La precisazione di ).ucra.v-cL mediante f:..1 -ci;>
datta bene al contesto logico di Apoc.7,14; atµa-CL CCÒ-COU indica che À.UELV è qui usato
ma la testimonianza manoscritta sta per Àv- col significato di 'riscattare' ~ Àu-cpov -> ii-
O"!XV"tL (dr. ~ col. 819, n. 27). È vero che 1tt:Àu-cpw<Tt.ç -> ll;ccyopci.~ELv; altrove questo
nel N.T. non appare in altri passi Mmi ix significato non appare certamente nel N.T., ma
'tWV aµap'ttwv; ma ricorre ÀUELV ÉX e Ù:1t6 in Horn., Il. 1,13.20; Plat., resp. 9,574 d: at
col significato di 'liberare' (Apoc.20,7; Lc.13, vEwcr-ct lx BouÀ.dccç À.t:Àuµtva.L, e passim:
16). Non si tratta di una citazione veterotesta- cfr. PAPE, s.11. Mw 3). Di più non si può di-
mentaria (nonostante i caratteri e i rimandi re per Apoc.1,5.
del Nestle a lii 129,8 e Is.40,2). I LXX harmo,
sì, À.uEtv in connessione con àµap'tla, ma ù- 10 Sull'espressione wlì~vEc; 'C'OV itixva'C'OU ->
~.tixp-cla solo come oggetto dell'attivo À.VEtV wlì~VEc;.
ÈmMw, 'l..Cna..Mw (F. Biichscl} I1v,3391 9ro

linguistico. Nel N.T. significa in preva- i;a, «in privato ai suoi discepoli spie-
lenza andarsene 1 (-7 x a. "t' a. À. vw ). In gava ogni cosa», compare col significa-
senso eufemistico designa la morte, ve- to di spiegare, interpretare, documen-
landone delicatamente l'aspetto orribi- tato anche altrove 1. EnlÀ.ucrLc; è quindi
le; in questo caso equivale a decede- l'interpretazione, la spiegazione 2• Così
re (Phil. I ,2 3: Èmi}uµlo:v E:xwv dc; i:Ò si comprende 2 Petr.1,20: nflo-a 'ltpo-
àva.À.ucra1, «desiderando di andarme- q>lJ'tEla.... lolru, È.mÀ.UCTEWç où yive:-.a.L:
ne») 2• àvaÀ.ucnc; è quindi la partenza 3 non si possono spiegare 3 le profezie se-
e il decesso 4 (2Tim.4,6: ò xa.1pòc; -.fjc; condo i propri gusti 4 .
àva.Mo-Ewc; µ.ou ).
Più propriamente à.w1.Mw vuol dire
anche ritornare 5, in Le. I2,36: 'ltÒ'tE fl..
xa.TaÀ.uw, in cui si avvertiva ancora
va.Mo-n Èx -.wv yaµwv. Però in que- il significato della preposizione xa."tri,
sto passo potrebbe anche indicare la 'all'ingiù, in basso', è un rafforzativo di
partenza dalla festa, mentre il ritorno Mw; significa quindi disgregare com-
pletamente; è usato spesso e con accezio-
sarebbe espresso solo nella frase seguen- ni varie. Nel N.T. ha per lo più lo stes-
te: i:va. H.?>6v..oc; xat xpovcrav<toc;. so significato del vocabolo semplice.
Esso significa:
t ÈmÀ.Uw, t btD1.ucrtc;
a) distruggere un edificio 1, per es. il
Propriamente: disciogliere . In Act. tempio di Dio (Mc.14,58; 15,29 [Mt.
19,39 significa decidere (una questione 26,61; 27,40]; Act.6,14: xa.-ta.À.uCTEL
controversa); in Mc. 4,34: xa.'t' t8la.v -.òv 'tO'ltOV 't'OU"t'OV, « ... questo luogo»
oÈ i;oi:ç lolotc; µa.i}rii;ai:c; È7tÉÀ.uEv 'ltav- cioè il tempio); le pietre di un fabbri-

<iva..Mw wrÀ.. ÈmMw x-rÀ..


1 P . Tor. I 2,16; P. Par.15,30; 2:z,29; P.Lond. I Sext. Emp., pyrrh. hyp.2,246; Vett. Val. 4,
44,17 s. u (p. 173,6); Athen.10 (p. :z49 e); Philo, agr.
2 Luc., Philopseudes 14: OX'tWXatoExaÉ'tl']ç 16; Gen. 40, 8 (Aquila); 41,8. 12 (Aquila);
W'\I ri.vÉÀ.uE; Epigr. Graec.340,7: Èç aEoÙç <ivt- Hcrm., Ji/11.5,3,1 s.; 5,4,2 s.; 5,5,1; 9,n,9.
).uaa.., IG xiv 1794,:z. 2 Sext. Emp., pyrrh. hyp.:z,246; Vett. Val. 5,
9 (p. 2n,9); 9,x (p. 330,10); Heliodor. 1,18;
3 Philo, Flacc.II5; Flav. Ios., attt.19,239. Clem. AL, paed.2,1,14,2. Gen.40,8 (Aquila).
4 Philo, Flacc. 187: 'ti}v Èx -roii ~lov 'tEÀ.Eu- 3 È1t(À.vutc; col significato di 'distruzione, de·
-ra;la..v dv<i).vow. rnolizione' non c'entra; dr. KNOPl', Petr. ad l.
5 Sap.2,1: oòx è:yvwulhJ ò civrJ.M<r«c; H; /ioou; 4. lBlac; non si riferisce a npoq>tj't'Ela, ma a co-
Tob.2,9: civtÀ.ucnx. Mljiaç xat ÈX0Lµ1:Jlh1v; 2 lui che interpreta. Cfr. Phil., vit. Mos.x,281:
Mach.8,25; 12,7. Polyb., pap. in APF 1 (1901) ÀÉyw (Balaam) yàp tBtov oUBÉ\I, 6.).).' /l-r-ç' liv
59 ss. Come civrJ.Mw venga a significare 'ritor- Ù7t1JXTJ011 -cò i>erov (parimenti 1,286).
nare' è oscuro: forse alla base del processo sta
l'immagine degli animali da traino che vengo- xa-raMw X't'À..
no staccati. I 2 E118p.5,12; Flav. Ios., ant.9,16 r.
CÌ.M"taÀ.u-roç (F. Biichsel)

cato (Mc.13,2 [Aft.24,2; Lc.21,6]). Il mangiare»; 19 ,7 O't't 1tttpèt. &µa.pTwÀ.~


passo di 2 Cor.5,1, considerando il cor- àvopL El<ri}À.1>E\I xaTa.À.U<Ta.~, «è andato
ad alloggiare presso un peccatore». Da
po come una dimora (olxla), dice che questo significato è derivato xa."t"aÀ.u-
esso pure vien distrutto ( xa:"t"cx.À.ultii). µcx., luogo di sosta, locanda, albergo~
Conforme all'uso simbolico di ~ oLxo- (Lc.2,7); più liberamente il termine è
applicato a una stanza o alla sala del
8oµzl:v, anche xa:w.À.uEw viene riferito convito (Mc.14,14; Lc.22,rr), senza si-
all'opera di Dio nell'uomo, in Rom.14, gnificare tuttavia 'sala da pranzo' 7 •
20 (cfr. v. 19). La stessa contrapposi-
zione, con ordine inverso, appare in t àxa.-rO:À.u't'oç
Gal. 2 ,18: EL yàp a. x<1:tÉÀ.uo-cx. "t"cx.u-.a Aggettivo verbale da xa..-a.Mw, 'di-
'JtÙ:À.~v olxo8oµw, «se quel che ho di- sciogliere, far cessare', con a privativo;
strutto torno a costruirlo». Più libera- significa quindi: indistruttibile, intermi-
mente viene utilizzato xa-.aÀ.UEW con nabile. Nella letteratura è documentato
il senso di annientare un progetto o solo tardi, in 4 Mach. 10,rr: OLCÌ 't'1ÌV
un'opera, anzi gli uomini stessi quali à<rÉ~ELa.v xaL µw.Lq>ovla.v ocxcx.'t'ttÀ.V"touc;
loro artefici, in Act.5,38.39: O't'L Èà.v Ti xap-rEp1}rrEL<; (3M0:vou<;, «empio e san-
È~ avl}pw'JtW\I Ti ~ouÀ.1) cx.\hri il -cò Ep- guinario come sei, soffrirai intermina-
yov .-oiJ't'o, xcx.'t'cx.À.ultl)c:n't'at' EL OÈ Èx bili tormenti» (parole di un martire
l}Eou È<T"t"LV, où 8uv1)<TEO'l}E xa•aÀ.ucrrn giudeo ad Antioco Epifane) e in Dion.
aÙ•ouc;... , «Se questo consiglio o questa Hai., ant.Rom.10,3 l ,5: ot6µEYO~ µ6:.À.t-
opera è dagli uomini, andrà distrutta; <TT<J, 't'Ò -.ijc; 8riµapx;la.c; &.xa-.O:À.v.-ov E-
ma se è da Dio non potrete annientar- O'E<Tl}a.L xpoc't'oç, Èb.v ..ò <T.-aa~asov t~
li...»; aù-.1)<; &.vmpEi}fj, «stimando che il po-
b) annullare, abolire: riferito alla leg- tere dei tribuni massimamente inviola-
ge in Mt.5,17 ~col. 906 2; bile sarebbe stato, se di tra essi venisse
c) staccare (propriamente gli animali tolto ogni dissidio». Nella Bibbia si tro-
da tiro o da soma) 3, riposarsi dal viag- va solo in Hebr.7 ,16: oc; où Xel.'t'b. v6-
gio, sostare 4; Lc.9,12: tva. 1topw~lY't'E<; µov Èv-roÀ.Tjc; cra.pxlvl)ç yÉyovEv Ù.À.À.CÌ
dc; .-àc; xuxÀ~ xwµa<; xa.t àypoùc; xa.-
"t"a.À.UO"WCTLY 5 xat Eupwow bctCTL't'L<Tµ6v,
xa-.èx. OUVctµLY swfic; CÌ.XCl't'ctÀV't'OU, «egli
«che vadano e sostino per i villaggi e è diventato (sacerdote) non a norma di
le campagne intorno e trovino di che un precetto cai:nale, ma in virtù d'una

2 Xenoph., mem. 44,14; Isoc. 4,55; Philostr., s Non significa: «si disperdano)).
vit.Ap., 4,40; Philo, som.2,123; 2 Mach.2,22. 6 Polyb.2,36,1; Diod. S.14,93,5; D1Tr., Syll.1
J Horn., Od-4,28. 609~r.
4 Thuc. l, 136; Demosth., or. 18,82; DITT., 7 Nei passi citati da PREUSCHEN-BAUER1, s.v.
Sylf.l 978,8; Gen.19,2; 24,23,25; Ecclus r4,25. ( r Bu.cr.1,18; 9,22; Eccl11s 14,25) non ha que-
27; 36,37; Flav. Ios., vit,248. sto significato.
913 (1v,340)

vita indistruttibile». In Dionigi di Ali- la sua morte e la sua risurrezione esi-


carnasso la parola, appartenente all'am- ste identico già nella vita storica, sia
bito profano, indica la durata storica, put'e in modo iniziale 2• Ciò vale anche
mentre nel 4° dei Maccabei e nella Let- per la forza della vita immortale: anche
tera agli Ebrei appartiene all'ambito re- essa appartiene già in qualche modo
ligioso e designa l'eternità del divino. all'uomo storico Gesù . Il Windisch
Nella Lettera agli Ebrei l'efficace con- (Hebr., ad l.) trova che «rimane certa-
trapposizione fra la legge e la forza, il mente inesplicato come questo Figlio ab-
precetto fondato sulla carne e la vita bia potuto anche solo temporaneamente
immortale fa risaltare con pienezza la esser mortm>. Tuttavia una certa spie-
superiorità di Gesù, qual sommo sacer- gazione è offerta da 9,14: egli median-
dote al modo di Melchisedec, sul som- te lo Spirito eterno ha offerto se stesso
mo sacerdozio levitico. Per provare che irreprensibile a Dio 3. Lo Spirito eter-
questa vita appartiene veramente a Ge- no, operante in lui, è la forza di vita
sù, il v. 17 cita Ps.II0.4: «Tu sei sacer- immortale presente nell'uomo storico
dote in eterno secondo l'ordine di Mel- Gesù. Bisogna però intendere 9,14 par-
chisedec». Come prova viene quindi ad- tendo dalla concezione strettamente re-
dotta la Scrittura, non le passate azioni ligiosa del cristianesimo primitivo, se"
della storia di Gesù. In questo contesto condo cui lo Spirito è la presenza di
infatti si pensa soprattutto al Cristo ri- Dio nell'uomo, non 1~uovendo da una
sorto. Ciò risalta dai vv. 25-28: innal- concezione metafisica che ravviserebbe
zato sopra il cielo (v. 26), perfetto (part. nello Spirito la parte eterna dell'uomo.
perf. passivo) nell'eternità (v. 28). La La forza di vita immortale Cristo la
vita immortale appartiene quindi a Ge- possiede non per se stesso (per es., per-
stt soprattutto a partire dalla sua risur- ché ha una natura divina)4, ma per la
rezione 1, ma non esclusivamente da al- sua comunione con Dio. Essendo costi-
lora, infatti nella Lettera è sommo sa- tuito da Dio sacerdote eterno mediante
cerdote non solo il Cristo risorto, ma la sua parola (Ps.II0,4), egli, sempre
già il Gesù storico. II suo essere, ben- soggetto alla sua efficacia, è pieno della
ché giunga a perfezione solo mediante forza di vita immortale, anche in quan-

O.X!X'ta).,u-to<;
CREMER-KOGEL, s.v.; i commentari di RIGGEN- secondo cui è più "facile comprendere se st
BACH, Hbr.; WINDISCH, Hbr.; O. M1cHEL parte dalle esi>ressioni sul risorto, giacché que-
(1936) ad I. ste sono più univoche. ·
I L'ascensione di Gesì1 è la sua risurrezione J Cfr. F. BikHSEL, Die Christologie des Hb,
dai morti (13,20). BFTh 27,2 (1922) 5oss., e~ M1CHEL 85.
2 Da questo rapporto fra la vita storica e la 4 Da queste idee erronee non è esente neppu-
risurrezione cli Gesù viene la regola metodica re WINDISCH, Hbr. a 9,14.
M-.pov A 1 (F. Btichsel)

to mortale 5• Questo non è un parados- prensibile. Il segreto della cristologia


so, come non lo è il dominio delJo Spi- della Lettera agli Ebrei sta tutto in 7,
rito sui fedeli. Certamente però è un 16 6 •
prodigio. Evidentemente la sua morte
non è il comune decesso d'un uomo, ma t À.\r1;pov
viene sorretta dalla forza di vita immor-
A. À.U'tpov E LE IDEE DI RISCATTO
tale, giacché è il sacrificio del sommo FUORI DEL N. T.
sacerdote, che ha ricevuto dalla parola
x. À.U'tpov è formato da À.Uw median-
di Dio la promessa dell'eternità: egli, te la terminazione -'tpov I sostantivi
reso idoneo dallo Spirito eterno, offre cosl formati nel periodo antico designa-
a Dio se stesso come vittima irrepren- no uno strumento, per es. &po-'tpov,
aratro, q>Ép--rpov, barella, lettiga ecc.; i
sibile. Morendo egli supera la morte; composti più recenti, posteriori a Ome-
non soggiace a una coazione esterna, ro, intendono per lo più il mezzo come
ma, proprio morendo, supera la sempli- un compenso per una prestazione, così
iÌpÉ1t'tpt:t., paga per l'educazione, µl}vu-
ce necessità di morire. Qualcosa di si-
-rpov, ricompensa per una notificazione,
mile vale per tutti i martiri; ma per es- oloa.x'tpov, prezzo dell'insegnamento;
si solo in parte, per lui invece in pie- cosl ancora À.u-'tpov, prezzo del riscatto 1•
nezza. Quelli sono soggetti alla morte Tale vocabolo non appare am~ora in O-
mero, bensl in Erodoto e nei tragici 2,
in quanto peccat?ri, egli invece si sacri- come pure nelle epigrafi e nei 1,apiri3.
fica con piena libertà come vittima irre- Viene usato spesso al plurale, giacché

5 Il Cristo della Lettera agli Ebrei si può ca- Mc.10,45. G. HoLLMANN, Die Bedeuttmg des
ratterizzare unicamente come il credente, cioè Todes Jem (1901) io1-108 (antiquato). Le teo·
come chi è in un atteggiamento e in una deci- logie neotestamentarie di P. FEINE 6(1934) n5-
sione personale di servizio e di comunione con n7 (con ampia indicazione della vecchia bio-
Dio, cosl come il Figlio di Dio si può ricono- grafia) e H . WEINEL '(1928) 158 s.; SCHLAT-
scere quale salvatore degli uomini (12,2, cfr. TER, Gesch. d. Chr. (1921) 428 ss.; O .Scr!MITZ,
2, r 3 ). Egli è pure riflesso della maestà e im- Die Opfera11schauu11g des spiiteren Judt.(1910)
magine dell'essenza divina solo nella comunio- 199 s.; J. HERRMANN, Die Idee der Siihne im
ne personale con Dio. Benché non sia detto A.1'. (1905); B. B. WARFillLD, The N .T. Ter-
esplicitamente in 1,3, ciò è innegabile, poiché minology of Redemptio11: Princeton Theologi-
Cristo è figlio di Dio in forza della parola a cal Review r5 (1917) 201-249; G. DALMAN,
lui rivolta (1,5). Se la sua filiazione divina fos- Jesus-Jeschua (1922) 109-nr; G. KITTEL, Jesll
se una semplice relazione naturale o sostanzia- Worte iiber sein Sterben: Deutsche Theologic
le con Dio, non si potrebbe riferire a lui unil 3 ( 1936) 166 ss.
parola come Ps.2,7.
1DEBR., Griech. Wortb.177; cfr. E. FRXNKEL,
6 Perciò questo passo dev'essere salvaguarda-
to da interpretazioni che lo semplificano e lo Gesch. d. griech. Notnina agentis r (1910) 203
svuotano. s.;P. CHANTRAINE, La Formalion des Noms
en Grec Ancien ( 1933) 330 ss.
ì..U'tpO\I
PAPE, LIDDELL-SCOTT, PREUSCHEN-BAUER 3, s.
2 Cfr. i dizionari.
v.; ZAHN, ScHLATTER a Mt. 20,28; KLOSTER- 3 Cfr. PREUSCHl!N-BAUBR3 e PREISIGKE, W ort.
MANN, HAUCK, ]. ScHNIEWIND (NT Deutsch) a s.v.
917 (1v,341) )...ui:pov A 2 (F. Blichsel)

per il riscatto è richiesta una somma di seguente asserto: dovunque venga ri-
denaro. Affini per significato sono iino~­ chiesto, versato o anche solo giuridica-
V('J., --+ &.v..éù.Àa.yµ('J., &.v-.ltjivxov e --+
à.v't'LÀ.V't'pov. mente fissato il prezzo del riscatto, la
À1hpov è principalmente il p1·ezzo di sua entità, come ogni altra determina-
riscatto versato per liberare un prigio- zione di prezzo, è in qualche modo con-
niero di guerra 4, uno schiavo5, oppure
venzionale. Essa può venir fissata come
per assolvere una malleveria 6 • Nell'uso
liturgico raramente è inteso come prezzo obbligatoria per tutti i tempi, per es.
di riscatto versato alla divinità per la quando Jahvé richiede da tutti gli Israe-
liberazione di un uomo caduto in suo liti il siclo di riscatto (Ex.30,12); può
potere (mediante la colpa) 7 • Infine si
trova À1hpov anche col significato di e- anche essere stabilita secondo le consue-
spiazione, ammenda 8 • L'uso linguistico tudini, per es. secondo il prezzo di mer-
dei LXX si collega chiaramente a quel- cato dello schiavo; può ancora venir de-
lo generale della lingua greca, distin-
guendosi però per l'utilizzazione litur- terminata semplicemente dietro accordo
gica di À.1hpov, che è più ampiamente fra colui che versa e colui che riceve il
documentata e presenta caratteristiche prezzo del riscatto, anzi, può darsi che
peculiari (--+coll. 886-89 3 ). L'uso lingui-
stico di Filone è sostanzialmente come da quest'ultimo venga innalzata a pia-
quello dei LXX 9 • In Flavio Giuseppe cere 11 • Precise norme giuridiche cerche-
À1hpov appare ripetutamente col signi- ranno di indurre a stabilire prezzi mo-
ficato di prezzo di riscatto per un pri- dici, di proteggere o di difendere i di-
gioniero o uno schiavo di guena (ant.
!2,28.33.46; r4,ro7.371; 15,156; bell. ritti di colui che versa il riscatto e di cir-
l,274.384; vit.419 10 • È evidente, quin- coscrivere l'arbitrio del signorè che lo
di, che l'uso di versare un prezzo per il deve accordare (per es. Lev. 25,24.26.
dscatto era familiare all'ambiente di
Gesù. 5r.52). Ma la commisurazione del prez-
2. Per tutto il mondo antico vale il zo non può essere obiettiva; infatti l'e-

4 Informazioni dettagliate sul riscatto dei pri- ÉO''t't "t'OV <p!lUÀ.ou, che viene considerata come
gionieri di guerra presso i Greci sono nell'ar- stoica da v. ARNIM III p. 162,4 s. Essa è co-
ticolo in PAULY-W. XIV l (1928) r~ ss. niata in modo pienamente corrispondente alle
5 frasi con cui gli stoici esaltano il saggio, ma
P. Oxy. 1 48.49; IV 722; dr. anche L. MIT·
TEIS, Reichsrccht 1md Volksrecbt (1891) 388. può anche esser stata modellata da Filone imi-
tando semplicemente queJle frasi. Epitteto non
6 LIDDELL-SCOTT, s.v., I. ha À.U't'pO\I,
9 Cfr. LEISEGANG. Riguardo alla formula stoi-
7 STEINLEITNER 36 s., cfr. 59, dove è documen-
tato da due epigrafi dell'Asia Minore (del Ctl o stoicizzante «ogni saggio è prezzo di ri-
sec. li e m dopo Cristo, cfr. 9). Luc., dial. scatto per il malvagio» -> n. 8. Nella formula
deorum 4,2: ùmcrxvouµal cro1. XllL IJ.)..J...ov 7tet.· ÀU't'po:. X!lt CTWO''t'p~, che più volte ricorre in
p' mh·ou xpLòv 'tufh'\crEcrllm M't'po:. Ò7tÈP ȵov. Filone, crwu-.pov non significa il sacrificio of·
Aesch., Choeph-48: M-rpov !ltµ!l"t'Oç. ferto per la salvezza o per il ringraziamento,
ma il mezzo di salvezza.
8 LIDDELL-SCOTT, s.v. Nell'uso linguistico del-
la filosofia greca non ha importanza. Filone 10 Cfr. SCHLATTER, Komm.Mt., 602.
(sacr. A.C.12:c) ha la frase: rciiç uoq>Ò<; M-tpov 11 Cfr. l'art. citato - t n. 4.
À.lii:pov A 3 (F. Bilchscl)

quivalenza fra prezzo di riscatto e ri- nità esistono casi in cui non è più con-
scattato non ha valore in sé, ma solo cesso versare il prezzo di riscatto 12 • Il
per colui che .fissa o riconosce l'entità riscatto è quindi uno dei punti in cui
della somma, per il legislatore o per i combaciano diritto e grazia 13 •
contraenti di un contratto di riscatto.
Questo deve compiersi in qualche for- 3. La concezione giudaica del prezzo
di riscatto corrisponde a quella che ab-
ma giuridica, se non altro per garanti-
biamo or ora tratteggiato parlando in
re al riscattato la sua libertà; ma la le- generale dell'antichità. «Il prezzo di ri-
galità di un riscatto non dipende dalla scatto (purqàn )... sostituisce la vita su
equivalenza, peraltro spesso impossibile cui si sarebbe perso ogni diritto. Nel
diritto rabbinico si pensa alla morte che,
a stabilirsi, fra prezzo di riscatto e ri- decretata da Dio, viene evitata median-
scattato. In fondo, a decidere che av- te il riscatto. È significativo che l'ac-
venga il riscatto è il diritto del padro- cettare il prezzo e il :fissarne l'entità di-
pendono dalla buona volontà di colui
ne, sia esso legislatore, sia colui che ac- cui tale riscatto viene offerto. Esso non
corda il riscatto. appartiene quindi all'ambito dt;I diritto
Un prezzo di riscatto, quando concer- rigoroso, con le sue prestazioni obbli-
gatorie dall'effetto ben determinato, e
ne il culto, è determinato più che mai in neppure può essere applicato in caso di
modo assolutamente positivo: la divini- assassinio (Num. 35, 31), ma subentra
tà e tispettivamente la consuetudine dei quando si rinuncia a ricorrere al dirit-
to rigoroso» 14 • E poiché per i rabbini
santuari ne fissano l'entità. L'equivalen- vale l'assioma secondo cui il prezzo di
te di una vita umana caduta in potere del- riscatto è espiazione 15, è facile, ma non
la divinità non ha valore in sé; perciò necessario, il passaggio dalla concezio-
ne dell'uno a quella dell'altra (~ IV,
è pure soggetto a mutamenti dovuti al-
982 ss.; I, coli. 680 ss.) Perciò per un
le circostanze della caduta. Ad ogni mo- giudeo il tema dell'espiazione può an-
do la divinità, concedendo un riscatto, che esprimersi mediante l'idea del do-
dimostra di essere non implacabile, ma lore vicario dei pii, concepito come prez-
zo di riscatto da loro versato, sicché
benigna. Perciò, come nei rapporti fra possiamo concluder.e che l'immagine
uomini, cosl nelle relazioni con le divi- può divenire una forma di espressione

12 Num.35,3I.32, cfr. anche Ps.49,8; Mc.8,37 zo di riscatto originariamente presuppone solo


par. la perdita della libertà, non la colpevolezza. Se
13 Sparita la schiavitù, è progressivamente il vincitore in battagli.a o il padrone dello schia-
scomparso il prezzo di riscatto. Oggi la richie- vo considera come determinante il fatto che
sta d'un 'prezzo di riscatto' è perseguibile co- il prigioniero di guerra o lo schiavo è colpe-
me ricatto. ~ vero che anche le multe sono vole nei suoi riguardi, non ammette un prezzo
per certi aspetti affini al prezzo di riscatto, di riscatto, ma lascia libero corso alla sua ira.
giacché anch'esse sottraggono l'uomo all'arre- u DALMAN, o.e., no.
sto (al posto delle multe c'è eventualmente il
carcere o l'arresto, e viceversa); ma bisogna 15 B.Q.b.4oa; 41b; Makk. b. 2b; cfr. inoltre
tener presente la di1Ierenza essenziale: il prcz- STRACK-BILLERBECK III 644.
92l (Iv,343) ì.'.i-;:pov B r.2 (F. Biichscl) (rv,343) 922

della fede nella forza espiatrice del do- zo di riscatto apparissero anche in Lu-
lore. ca offrirebbero un argomento in favore
della loro autenticità; ma tale argomen-
to non è indispensabile 17•
B. IL TERMINE À.U'tpo\I NEL N.T .
Poiché in Matteo il passo che parla
I . Nel N.T. À.U'tpov si trova solo in del prezzo di riscatto, versato dal figlio
Mc.I0,45 e Mt.20,28, dove Gesù spie- dell'uomo nella donazione di se stesso
ga il senso della sua morte. Lc.22,24- a favore di molti, deriva da Marco e
27 presenta un parallelo alle parole sul l'unica differenza nel testo è insignifi-
servizio - che in Mc.I0,42-45 e Mt.20, cante (Matteo collega con il contesto
25-28 precedono quelle sul prezzo di ri- precedente per mezzo di WCJ"TCEp, Marco
scatto - ma non offre alcun parallelo per mezzo di xa.t yap ), il lavoro ese·
alle parole di Gesù sul riscatto. La for- getico è semplice: bisogna determinare
ma in cui Luca trasmette le parole sul il senso delle parole nel contesto del
servizio è evidentemente recente nella Vangelo di Marco ovvero partendo dal-
sua stilizzazione, più recente di quel- l'immagine di Gesù presente in esso;
la presentata da Marco e Matteo (cfr. su tutto il resto potremo indagare solo
\IEW'tEpoc; e 'liyouµevoc;, v. 2 6, e ow.xo- in seguito.
vwv, V. 27). Comunque sia, si esclude Mc.I0,45 parlando cli Gesù come
2.
che Luca abbia riportato nella loro for-
ma originaria le parole di Gesù sul ser- Figlio dell'uomo, titolo che, usato co-
vizio. Partendo da Lc.22,24-27 non si me autodesignazione, ha valore messia-
può quindi dimostrare che il brano sul nico 18 , spiega l'opera messianica di Ge-
prezzo di riscatto sia un'aggiunta poste-
riore a parole di Gesù che trattavano sù, tutta 1a sua attività messianica, co-
solo del servizio 16• Se le parole sul prez- me servizio, più precisamente come ser-

16 Dalle parole sul riscatto non si può ad ogni


di Marco utilizzato da Luca contenesse o 'no
modo arguire una loro 'caratteristica' e rispet· le parole sul riscatto. Probabilmente Luca ha
tivamente un'origine paolina, giacché Paolo omesso di proposito la pericope sui figli di Ze-
non usa À.ui:pov (I Tim.2,6: &:v-.0..o-rpov non bedeo, che finiva appunto con le parole sul ri-
certamente è di PAolo). Secondo BuLTMANN scatto, giacché essa includeva un rimprovero
(Trad.154, Jesus [1926] 196) la parola di Ge- ai due fratelli, cosl come in 9,22-23 ha tolto
sù, conservata presumibilmente in una formu- il rimprovero di Gesù a Pietro (dr. Mc.8,33),
lazione più antica da Luca, avrebbe sublto in conservato invece da Mt.16,23). Egli s'è preoc-
Mc.10,45 una trasformazione dovuta alla sote· cupato ben poco del fatto che tralasciando la
riologia ellenistico-cristiana. In questa ipotesi pericope sui figli di Zebedeo andasse perduta
però non si osserva: I. che Lc.22,24-27 è for- una parola di Gesù sulla sua morte, come non
mulato proprio sotto un influsso ellenistico· s'è preoccupato per la scomparsa della condu·
cristiano; 2. che l'affinità di argomento di I sione di Mc.8,33 («tu pensi non le cose di Dio,
Cor.15,3 (<<morto per i nostri peccati, secondo ma quelle degli uomini»), che pure getta una
la Scrittura>>) con Mc.10,45 dimostra che que· luce importante sulla volontà di morire e quin·
st'ultimo per l'argomento appartiene alla pd· di sulla morte stessa di Gesù. Ad ogni modo,
mitiva comunità. Infatti I Cor.15,3 ss. contenu- tenuto conto della mancanza, in Luca, di Mc.
tisticamente risale di certo (dr. i testimoni del- 8,33, non si può semplicemente arguire che
la risurrezione in v. 5-7) e probabilmente an· Mc.10,35-45 mancasse nel!' 'Ur-Markus'.
che per la formulazione (in aramaico) alla co-
munità primitiva. 18 Cfr. F. BiicHSEL, Theologie des N.T. '(1937)
17 È difficile risolvere la questione se il testo 52 s.
l;,
À.V"t'po\I B 3 (F. Biichsel)

vizio nel pieno significato della parola, articolo, si avvicina di più al primo che
in netta opposizione non alla sovranità, al secondo significato, benché in ambedue
ma all'alterigia riscontrabile nel mondo fosse conveniente sottolineare l'univer-
(v. 42). Il servizio, in cui si esprime la sale portata salvifica della morte di Ge-
volontà regale di Gesù, si compie nel sù21. L'espressione &v-.t noÀ.À.wv, data la
dono che egli fa di se stesso. l!;vx1i è la sua posizione, non va fatta dipendere dal
vita intesa non come una condizione in verbo oouvcx.t, ma dal sostantivo )..{rrpov
cui egli si trova, ma come la sua per- (4 1, coll. rooo s. [ OC\l""CL] ). Inoltre si
sona stessa; OOUVCX.~ 't'Ì)V l!Jvx1Jv cx.Ù'tOU noterà come non venga nominato colui
va appunto considerato come una peri- che riceve il prezzo di riscatto. Tale o-
frasi per oouvcx.t Ècx.v-.6v 19 • oouvcx.t -.i)v missione dev'essere intenzionale. Nep-
tfJvx1iv equivale a -.m11µ1 -.T)v t!Jvx1iv pure si dice da che cosa 'i molti' ven-
(Io.10,u.15.17); questa frase si riferi- gano liberati. Tuttavia non può esse-
sce indubbiamente solo alla morte di re intesa altra liberazione che quella
Gesù 20, in cui si pone in risalto la sua dal peccato, giacché per Gesù la vera
donazione, la sua libera volontà, pro- infelicità degli uomini è sempre la se-
prio analogamente a Marco, che la de- parazione da Dio, la loro dannazione
scrive come volontaria obbedienza a nel giudizio di Dio, la loro colpa. Una
Dio, non come semplice soccombere di liberazione dalla sola morte non va con-
fronte all'ostilità dei farisei e del sine- siderata, poiché questa per sé non ha
drio. ci.v'tl significa 'per', ma non nel mai in Gesù il significato corrisponden-
senso di 'a favore di', bensl 'in luogo te. Se molti vengono liberati dal pec-
di' (4 l , col. rooo [liv-tl]). 7tOÀ.À.ol può cato, sl da esserne liberi in modo legit-
designare una quantità indeterminata; ol timo, ciò dipende dalla morte di Gesù,
1tOÀ.À.ol, in base all'uso linguistico semi- che porta questo frutto in quanto è
tico, può significare la totalità di cui si un'opera messianica.
parla, sicché equivale a miv-.ec;. Il paral-
lelo più stretto è offerto da Mc.14,24; 3. Le parole sul prezzo di riscatto
Mt.26,28: questo è il mio sangue dell'al- contengono certamente l'idea d'una fun-
leanza, che è versato per molti. 'In en- zione vicaria. Infatti sia che OCV'tl si
trambi i passi 7to).).,ol, ricorrendo senza traduca con 'al posto di', sia con 'a fa-

19 Cfr. BL.-DEBR.6 § 283,4 e la bibliografia ivi di Gesù, sono a buon diritto dimenticati.
citata.
20 Cfr. v. 39. Tentativi come quelli di F. SPIT- 21 ZAHN,Mt.616 n. 94 a 20,28 per l'eguaglian-
TA, Streitfragen der Gesch. Jesu (1907) 219 = 1taV"t'Eç rimanda a Rom.5,12-19;
za '!';o)..)..ol
ss.; Io., Die Hirtengleichnisse des 4. Ev. r: un'ampia trattazione è offerta da JoACH. Jmrn-
ZNW rn (1909) 73 ss., di interpretare le paro· MIAS, Die Abe11dmahlsworte Jesu (1935) 69.
le prescindendo da un riferimento alla morte 84.
M-.pov B 3 (F. Bilchsel)

vore di', è indubbio che Gesù, donan- ma metaforica. Esse potranno esser ca-
do se stesso alla morte, compie ciò che pite solo partendo dalla storia narrata
la moltitudine dovrebbe compiere, oc- dai vangeli. Non sono infatti il fram-
cupa quindi il posto di essa. Le parole mento di un insegnamento dogmatico
rinviano chiaramente a Mc.B,37; Mt.r6, sulla riconciliazione, di cui dovrebbero,
26 (~ ckv..-ciÀ.À.ayµci). Ciò che è impos- o anche solo potrebbero, essere rico-
sibile a uomini, lo compie lui, l'uni- struite le premesse e le conclusioni ivi
co, il figlio di Dio. Spesso si è tentato contenute implicitamente, ma rappre-
di spiegare questo concetto della fun- sentano una parte della storia della
zione vicaria rifacendosi alla concezio- morte di Gesù e ci rivelano la volontà
ne veterotestamentaria del prezzo di ri- che ha prodotto e plasmato questa sto·
scatto, del sacrificio o del Servo di Dio ria, la volontà di Dio che, abbracciata
che muore in rappresentanza per molti dalla volontà di Cristo, è superiore al-
(ls.53,6.12); ma tale tentativo non va l'uomo in dignità e santità. Solo chi le
esente da critiche di metodo, giacché coglie in questa prospettiva può capir-
in Mc.10,45 non si può verificare con le appieno. In Matteo e Marco le paro-
la necessaria certezza un collegamento le sul prezzo di riscatto e l' immagi-
con un qualche motivo particolare del- ne della morte di Gesù si corrispondo-
1'A.T. 21• Proprio nei punti decisivi que- no chiaramente: proprio in essi, infatti,
sto metodo necessariamente crolla. «Da Gesù passa attraverso la sua morte non
nessuna teoria sui sacrifici, ma solo dal- come colui che almeno intimamente è
la realtà della vita, morte e risurrezio- sorretto dalla protezione miracolosa di
ne di Gesù risulta fino a qual punto 'i Dio, ma come chi viene abbandonato
molti' abbiano perduto questa vita (di da Dio allo scherno dei suoi nemici e
intimità con Dio) e come Gesù inter- ormai può solamente gridare dall'oscu-
venga per essi donando la sua vita» 23 • rità che l'avvolge: «Dio mio, Dio mio,
Di proposito le parole di Gesù sono pu- perché mi hai abbandonato?». Egli, sia
ramente allusive. Esse svelano un mi- pure in modo a noi incomprensibile,
stero che dev'essere adorato umilmen- passa attraverso la morte proprio come
te e tenuto nascosto a una curiosità ca- uno della moltitudine votata alla perdi-
villosa; anche per questo hanno una for- zione:· cosl ne ha preso il posto. Egli,

21 È innegabile che le parole sul riscatto pre- sul riscatto. Ciò è stato ignorato in ~ FEINE
sentano somiglianze con Is.53 . Va pure am- n5 ss.: pur avendo egli condotto un'analisi
messo che Is.53 può aver avuto importanza per dettagliata e pregevole nel suo orientamento,
la loro formazione. Ma, comunque, esse non non ha provato il diritto di partire metodolo-
si riferiscono esplicitamente, e neppure chia- gicamente da Is.53.
ramente, a Is.53 ; perciò è in ogni caso sba-
gliato partire da Is.53 per spiegare le parole 23 J. ScHNIEWIND, N.T. Deutsch 1 137.
927 (1v,345) M-tpov B 4.5 (F. Biichsel)

il figlio diletto, è il pastore del gregge Dio. È vero che Gesù proprio qui non
p(;tcosso da Dio (Zach.13,7; Mc.14,27; nomina Dio; ma ciò dipende non tanto
Mt.26,31), che gli ha addossato la ne- dall'usanza giudaica, per cui egli pure
cessità della morte, sicché deve morire indicava il nome di Dio servendosi di pe-
appunto perché pensa alle cose di Dio rifrasi (Mc.14,62; Mt.26,64), quanto dal
(Mc.8,3r.33; Mt.16,23). Nonostante la timore di chiamare per nome il giudi-
sua umile invocazione, il Padre non al- ce, in cui potere l'uomo è caduto; cfr.
lontana da lui il calice (Mc.14a6; Mt. Mt.10,28 che, nonostante le discussioni,
26,39). Il suo sangue è versato a favo- si può riferire solo a Dio, non al dia-
re della moltitudine: infatti per esso volo. Chi non avverte la profonda e os-
viene sancita la (nuova) alleanza di Dio sequiosa riverenza con cui le parole sul
con gli uomini (Mc.14,24; Mt.26,28). prezzo di riscatto parlano tacitamente
Tutto questo è fondato, in ultima ana- di Dio, non le potrà capire. Il Dio che
lisi, sul fatto che la sua vita è il prez- qui appare è quello del Ps.90, che ridu-
zo di riscatto pel' molti e che egli sacri- ce in polvere gli uomini, di cui la no-
fica se stesso al loro posto. stra morte ci attesta l'ira come realtà
della nostra esistenza, con il quale e
4. Da quanto abbiamo esposto ri- del quale non si può parlare se non
sulta chiaramente chi sia a ricevere il «dal profondo» (Ps.130).
prezzo di riscatto, anche se non viene
esplicitamente nominato: è Dio. Infat- 5. Per un metodo di indagine che ri-
ti è Dio che Gesù serve nella morte, è guardo alle parole sul riscatto intenda
lui che inesorabilmente vuole che il Fi- procedere solo attraverso I' esame dei
glio soffra, che lo colpisce. Va quindi problemi, sorge spontanea una questio~
assolutamente respinta l'ipotesi secon- ne: perché Dio, per liberare 'i molti',
do cui a ricevere questo prezzo di ri- richiede la morte di Gesù? perché non
scatto sarebbe Satana. In Matteo e Mar- Ii libera senza tale riscatto? Nelle pa-
co Satana non appare durante tutta la role di Gesù a noi trasmesse la questione
storia della passione. Egli è cosl lonta- non è né posta né risolta in questo
no dal volere la morte di Gesù, che senso. Queste parole non manifestano
piuttosto cerca di distoglierlo da que- affatto i motivi ultimi per cui Dio agi-
sta via (Afc.8,33; Mt.16,23). La poten- sce cosl col Figlio suo, ma presenta-
te concezione di Dio espressa da Gesù no piuttosto il Figlio pronto a sotto-
non si concilia affatto con l'idea che la mettersi alla volontà di Dio, a onorar-
moltitudine debba esser liberata da lo, anzi a sacrificarsi a lui, benché non
una schiavitù per opera di Satana, ma siano manifesti i motivi ultimi del vo-
esige piuttosto che ne venga liberata da lere divino (cfr. Mt. n,25.26; Mc. 13,
ì.U'pov B 6 {F. Biichsel)

32; q,35.36; 15,34). Questa piena sot- di lui tale libertà può esser conferita
tomissione alla volontà di Dio rientra solo nel suo nome. In lui, primo e uni-
indissolubilmente nel servizio prestato co fra gli uomini, si ha un perdono che
da Gesù a Dio. Secondo Gesù, Dio non vale pienamente e per l'eternità. In lui
è tenuto verso nessuno, neppure verso non si riesce solo a placare il senso di
suo Figlio, a rivelare i propri motivi, colpa, o a sperare in una libertà dalla
e men che meno a giustifìcare il suo colpa, che solo più tardi Dio concederà;
agire e le sue richieste. Quanto Dio e neppure si riceve un perdono che, co-
vuole e fa, procede da motivi santi, giu- me tutte le realtà morali, rientrerebbe
sti e sapienti; ciò non implica, tuttavia, nei limiti della natura. Al contrario, chi
che egli li riveli. La volontà divina ha perdona è colui che è certo del santo
il suo perché, non è arbitrio; ma que- giudizio di Dio su ogni peccato, an-
sto perché può esser conosciuto dall'uo- che su quello apparentemente minimo,
mo a condizione e nella misura in cui colui che considera come un'indubbia
Dio glielo rivela. In questo caso ciò realtà l'eterna condanna dei peccatori
che è rivelato all'uomo è che la morte (Mc.9,42-48), anzi che sa come per la
di Gesù è un servizio reso a Dio, in salvezza di un uomo occorra un mi-
rappresentanza di molti, i quali grazie racolo di Dio, poiché ciò è impossibile
ad essa ottengono la libertà dal peccato. agli uomini (Mc.ro,27). Il suo perdono
Altro non viene rivelato. è un miracolo di Dio, che agisce nel-
l'uomo come una realtà attuale: esso
6. Ma la questione cosl sollevata sfo- appare tanto ardito, da provocare l'ac-
cia in un'altra: perché Gesù, che già cusa di bestemmia (Mc.2,7-12). Perciò
da lungo tempo aveva rimesso peccati fa sorgere il pericolo inaudito di una fi-
(Mc.2,5), in un secondo tempo poté ve- ducia troppo tranquilla, o addirittura in-
dere nella sua morte la condizione per solente, che ci farebbe credere liberi dal-
ottenere ai 'molti' il perdono dei pec- la colpa di fronte a Dio e insieme sciol-
cati? Tale questione va risolta in ba- ti dal dovere di obbedirgli: e questa sa-
se a una più profonda riflessione sull'es- rebbe una delle forme più terribili di
senza del perdono accordato da Gesù. peccato, anzi il culmine del disonore
Secondo Marco, egli è evidentemente il fotto a Dio mediante il peccato 24 • Solo
primo che, come uomo, dona agli uo- la sua motte, e in primo luogo la mor-
mini una reale libertà dalla colpa, va- te nel servizio di Dio, è la prova deci-
levole nel giudizio eterno di Dio; dopo siva, anzi la convincente rivelazione che

z4 Si tratta però di un peccato tanto diffuso tale pericolo esista seriamente, e non solo in
nella cristianità, che nessuno può dubitate che fantasia. Cfr. Rom.6,I.
931 (1v,347) À.U'tpov B 6 (F. Buchscl) (1v,347 J 932

egli, nonostante il suo perdono, anzi saria per garantire il suo perdono dai
proprio con esso, adempie senza la mi- pericoli insiti in questo atto stesso. Uo-
nima reticenza il santo e serio volere mini effettivamente peccatori, cioè stret-
di Dio nelle sue istanze. Fino alla mor- ti per i loro peccati nella disobbedien-
te può sempre presentarsi il dubbio che za a Dio, potevano ricevere un reale
forse anche in lui, come in tutti gli al- perdono, venir cioè liberati per sempre
tri, l'obbedienza a Dio abbia un limi- dalle loro colpe, solamente da colui che
te, varcato il quale cominci la disob- li sollevava da un mondo di disobbe-
bedienza della debolezza o dell'autono- dienza, da un campo di sconsiderata au-
mia, cioè il dubbio che il suo perdono tonomia, per inserirli nella sfera d'a-
non sia santo. Così solo mediante la zione della sua obbedienza a Dio, piena
morte viene garantito il suo sacro dirit- e disposta ad ogni sacrificio, creando
to a conferire il perdono. Certamente, nel mondo un luogo che rivelasse la to-
anche prima di morire Gesù poteva pro- tale santità divina mediante il sacrifi-
nunziare la parola del perdono e impar- cio che egli faceva della sua vita. Il do-
tire con essa una reale remissione dei no della sua vita in riscatto per molti
peccati. Ma solo dopo essere morto (a era la condizione intrinseca e inelutta-
motivo del suo perdono) ed essere sta- bile perché il suo perdono arrecasse un
to risuscitato da Dio poté pienamente reale rinnovamento di vita in un'obbe-
rivelare il significato, ]'importanza e la dienza a Dio, lieta nel sacrificio 25 , per-
efficacia di questo suo perdono. Solo ché non si riducesse a divenire ciò che
chi non si è ancora reso conto del fatto l'offerta timana della parola divina di
realmente inaudito che Gesù, come uo- perdono tanto facilmente diviene: un
mo, perdonava i peccati nel pieno sen- sopimento del senso di colpa, che in
so della parola, per sempre, proprio sé è già cosl debole.
come Dio 1i perdona, solo costui può Se, a questo punto, uno obietta che
disconoscere che la morte era neces- tutto questo è stato il compito della

25 Da questo s'illumina chiaramente la diffe- essa li avesse ottenuti, e neppure le predizioni


renza fra il perdono di Gesù e quel genere di dci profeti sul rinnovamento interiore (Ier.31,
perdono che già prima esisteva in base all'anti- 33; fa;.36,26) valevano ad ottenerlo. Se quel
co patto. I riti sacrificali imposti dalla legge rinnovamento mediante il perdono fosse esisti-
non creavano quel rinnovamento di vita nella to realmente nell'ambiente anteriore a Gesù,
obbedienza a Dio, lieta nel sacrificio; essi non questi non sarebbe stato ripudiato e infine uc-
(>Otevano realizzare quanto si dice in Hebr.9, ciso come bestemmiatore a causa del suo per-
14, cioè la purificazione della coscienza dalle dono. Ogni perdono prima di luì è in fondo
opere morte per servire al Dio vivente. La li- solo temporaneo, è solo un pnzientare in at-
bera comunicazione con Dio nella preghiera, tesa del futuro (Rom.3,25 s.), un'anticipazione
come ci vien presentata dai Salmi, invocava, (benché non esplicita) dell'unico e completo
sl, un cuore puro e uno spirito risoluto (Ps. perdono avvenuto sulla croce e nella risurrezio-
51,12); ma ciò non implicava la garanzia che ne del figlio di Dio.
933 (lV,347) /i..U'"ç(JUV JJ u \ .1 - • .LJ U'--1 h'.JO...J. /

semplice parola di Gesù, costui dimen- dev'esserci la sua morte, per garantir
tica che le parole in questione, se di- loro un potere di vittoria sui peccati 26 •
sgiunte dalle azioni, costituiscono la più Se l'accettazione volontaria della mor-
consueta forma della debolezza religio- te di Gesù è riconosciuta come condi-
sa quale si esprime se non nell'ipocrisia, zione intrinseca al suo diritto di con-
almeno nel peccato, quel peccato pro- ferire la remissione dei peccati, è trova-
prio dal quale Gesù doveva redimere, to il motivo per cui Dio ha richiesto que-
e ha redento, gli uomini unicamente sto prezzo di riscatto. Ma si compren-
per la sua morte. Una garanzia e rivela- de anche perché Gesù non abbia espli-
zione che le sue parole erano azioni, egli citamente dichiarato tale motivo. I di-
la poteva offrire solamente dimostran- scepoli infatti dovevano provare in se
do l'obbedienza in esse richiesta, con stessi questo effetto della sua morte.
l'azione spinta fino al sacrificio della vi- Inutile sarebbe stato parlarne più am-
ta. Naturalmente dalla sua morte non piamente, prima che la morte fosse real-
sarebbe emanato alcun potere di vitto- mente avvenuta e potesse esercitarsi in
ria sul peccato, se accanto ad essa non essi il suo effetto di vittoria sui pecca-
ci fossero state le parole; ma altrettan- ti e di rinnovamento nell'obbedienza
to vale il contrario: accanto alle parole perfetta. Gesù tenne per certo che Dio

26 Bultmann esponendo il perdono di Gesù sulla sua persona, sulla sua comunione con
(]esus [1926] 179-200) ha posto tutto l'accen- Dio e sulla sua obbedienza a lui, cioè sulle
to sul fatto che il perdono di Dio diviene e- sue qualità personali (è strano che Bult'mann
vento, e pensa che divenga evento solo me- [r98], quando sviluppa dettagliatamente il
diante Ja parola, accanto alla quale non con- concetto delle qualità personali, non parli del-
terebbero né le azioni salvifiche (morte e ri- la comunione di Gesù con Dio e della sua ob-
surrezione) (195), né una qualche garanzia, co- bedienza a lui). Queste qualità personali di
me i miracoli o le qualità personali ( 197 ). Ora Gesù, dunque, non sono affatto insignificanti,
c'è da condividere l'accentuazione bultmannia- bensl costituiscono il fondamento del perdono
na della necessità che il perdono divenga even- di Gesù. Tale affermazione implica pure che
to; ma pure interessa moltissimo vedere come la morte di Gesù, portando n compimento la
esso lo divenga, cioè in modo che la santità sua obbedienza a Dio, mantenga il suo valore
del perdono viene non solo mantenuta, ma ri- e significato di 'azione sruvificn'. (La risurre-
velata. È innegabile che per tutti i Giudei del- zione è parimenti azione salvifica, giacché sen-
l'ambiente di Gesù il perdono di Dio divenisse za di essa la morte sarebbe solo un fallimen-
in qualche modo evento. Questo significato to). Con piena ragione _Bultmann sottolinea
ebbe per il popolo, ogni anno, il grande gior- che la persona di Gesù dev'essere onorata in
no dell'espiazione, per i singoli Giovanni con quanto egli è inviato da Dio, «in quanto è
il suo battesimo e le sue parole. La peculiari- portatore della parola» (198). Ma la sua mis-
tà dcl perdono di Gesù consiste non nel fotto sione divina, l'incarico di portare la parola.
che esso divenga evento, ma nel modo in cui fondano pure la presenza in lui delle soprad-
lo diviene. Gesù conferl personalmente al sin- dette qualità personali, senza le quali l'una e
golo un perdono eternnmente valido. Era que- l'altro sarebbero impossibili. Infatti la parola
sta la peculiarità dcl suo perdono. Esso non si non sta accanto alla persona e alle sue qualità,
basava quindi sul culto del popolo o su un ma dentro di esse.
ministero ufficialmente riconosciuto, ma solo
93.5 (IV,348) M-cpO'J B 7 (F. Biichscl) (IV,349) 936

avrebbe compiuto la sua opera nei di- I3,28). Secondo lui, però, il Dio che
scepoli e avrebbe fatto loro compren- ogni giorno usa grazia verso i nemici
dere il più profondo significato della è anche il Dio che condanna all'inferno
sua morte 27 • Già abbiamo indicato (~ (Mt.5,29; 10,28) e quella grazia con-
coll. 918 ss.) che considerando la mor- cessa ogni giorno da Dio non salva dal-
te di Gesù come prezzo di riscatto non la dannazione. I pagani che vengono
s'intende affermare un'equivalenza o- nel regno dei cieli non vi giungono
biettivamente fra tale morte e il debi- se non attraverso la grazia persona-
to che la moltitudine ha di fronte a Dio. le di lui, Gesù (Mt. 2 5, 3 I -40 ). Per
L'equivalenza va ricercata nel fatto che lui non c'era un perdono valido pet
il dono della vita da parte di Gesù è la sempre, che non fosse quello da lui con-
prova della sua perfetta obbedienza, e ferito. Infatti egli con tutta serietà ha
in quanto tale vince il peccato presen- affermato di essere il Cristo, il giudice
te come potenza negli uomini 28 • costituito da Dio su tutti gli uomini;
sicché, respinto lui e la sua opera mes-
7. Ma la questione prospettata sopra si~mica, non ci poteva essere scampo
si ripropone ancora in questa forma: dalla condanna 30• Egli non conosceva
Gesù non conosceva un perdono parte- per nulla uomini che entrassero a sua
cipato da Dio anche a que1li che non insaputa nel regno dei cieli. Gesù de-
sentono l'effetto della sua opera mes- scrivendo (Le. 15, 11-32) Dio come il
sianica e quindi anche del suo riscatto? padre che perdona con infinita bontà,
Senza dubbio Gesù vedeva Dio usare intende incontestabilmente giustificare
grazia ogni giorno verso i nemici (Mt. la grazia da lui usata coi peccatori (Le.
5A5) 29 e si attendeva di trovare molti r5,1-2) 31 • Questa narrazione assicura il
pagani nel regno dei cieli (Mt.8,u; Le. diritto che Gesù ha di donare ai pec-

27 Da quanto è detto in Io.r4,26; 16,12-l; lo che ciò accada non è piccolo neppure oggi.
non si può prescindere, se si riconosce all'uo· Se il Cristo viene trovato in ogni pagina del-
mo storico, e quindi caduco, quel significato 1'A.T., si giunge non solo a sopraelevare l'A.
nell'ambito della rivelazione che egli si attri· T. (in modo astorico), ma anche a volatilizzare
bul. il significato di Gesù (in maniera parimenti
2B Se non si tiene ben presente che il perdono astorica).
di Gesù in genere, e Ja sua morte accolta per 29 Giacché l'invito all'amore del v. 4.5 è fon-
il diritto a conferire il perdono in p11rticolare, dato sul v. 44, la benevolenza di Dio nei con·
valgono a vincere i peccati nell'uomo e ad fronti dei nemici va intesa come manifestazio-
arrecargli un pieno rinnovamento, entrambi ne personale d'amore, non come dono conces-
questi aspetti vengono considerati in maniera so in maniera più o meno impersonale; essa in-
sempre più superficiale. Molto pericoloso <: clude un atto di remissione.
concepire il perdono di Gesù come qualcosa
30 Cfr. le parole di M. KXHJ.RR citato in ~
che ci toglierebbe la colpa, ma non la potenza
del peccato; a questo modo il perdono si ab- v, col. 1062, n. 63.
bassa al livello veterotestamentario. Il perico· li È ingenuo lasciar da parte queste e altre
937 (lV,349) À•.hpov B 8 (F. Biichsel)

catari la sua comunione e di renderli che egli va a casa sua giustificato. Nella
quindi partecipi del regno dei cieli. Es- narrazione, il pubblicano non è certo
sa non insegna verità valide in senso del perdono accordatogli 32 e il fariseo
generale {astorico) circa il rapporto del- lo ritiene 'un figlio dell'inferno' (Lc.18,
1' uomo con Dio, o addirittura circa un 9-14). Affermando che i pubblicani e
presunto diritto dell'uomo a non ba- le prostitute entrano veramente nel re-
dare alle sue colpe, nella spensierata gno dei cieli (Mt.2I,Jls.), Gesti è
fiducia che esse di fronte a Dio non mosso unicamente dalla certezza che
contino nulla. Descrivendo, in Mt.r8, proprio lui è il giudice del mondo e, do-
23-35, Dio come il re che per compas- vendo pronunciare nel giudizio finale la
sione condona il debito di milioni, in- sentenza di perdono, sa chi potrà spe-
tende richiamare a Pietro, che l'aveva rare in esso. Tutti, anche quanti non
interrogato, e in generale ai suoi disce- l'hanno conosciuto (Mt.25,37-39), en-
poli la grandezza del petdono loro ac- trano nel regno dei cieli solo attraver-
cordato da Gesù perché divengano mise- so il suo perdono; e giacché, come ab-
ricordiosi nei confronti dei fratelli (vv. biamo indicato, il suo diritto di perdo-
21-22); tuttavia questa parabola e l'as- nare si fonda radicalmente sul servizio
serzione aggiunta al v. 35 affermano ab- che egli ha prestato a Dio nella morte
bastanza chiaramente che il re è allo - tanto che non sarebbe possibile sen-
stesso tempo assertore del diritto rigo- za di esso - , questo suo servizio .a Dio
roso, che incombe perfino sui discepoli nella morte costituisce in realtà il ver-
di Gesù. È certo, tuttavia, che Gesù samente del prezzo di riscatto per 'i
non ha impedito ad alcuno di sperare molti'. La pienezza del perdono, non
nel perdono di Dio e di ricercarlo, pur- potendo essere separata dalla persona di
ché si sia seriamente disposti a farne Gesù, non può esserlo neppure dalla sua
la volontà; anzi, ha fatto sapere che vi morte.
è gioia in cielo per un peccatore che
si pente (Lc.15,7.ro). Nessuno può di- 8. Un tentativo di rispondere alla
sprezzare il pubblicano che chiese per- questione suscitata al n. 5, con specu-
dono; ma è solo Gesù, non il pubbli- lazioni riguardanti fra l'altro l'essenza
cano stesso né il fariseo, ad affermare di Dio, il rapporto fra la sua grazia e la

simili frasi, come aggiunte redazionali alle pa- hll'e di esso. Solo il suo perdono e i problemi
role originarie di Gesù, che si limiterebbero acl esso collegati per i suoi discepoli e per i
alla sola parabola. Infatti queste parabole ven- suoi nemici crearono quella situazione da cui
gono indubbiamente pronunciate da Gesù nel- hanno ricevuto pieno significato queste narra-
la sua concreta situazione. Se egli non avesse zioni.
conferito il perdono, non avrebbe avuto il bi-
sogno, anzi non avrebbe neppure potuto par- .u Egli non ringrazia, ma invoca solamente.
939 (IV,350) M-.pov B 8 (F. Biichscl) (IV,351) 940

sua giustizia, il significato della sua glo- re di Dio nell' uomo e lo serve. Egli
ria e della restaurazione di questa gloria considera a fondo il rapporto di comu-
(come fece S.Anselmo), non si confà al nione fra Dio e l'uomo. Tale rapporto
servizio e alla comunione di Gesù con è, secondo lui, creato da Dio e si ra-
Dio. Per lui, Dio va riconosciuto median- dica nella vivente unità dell'azione di-
te la sua rivelazione. Benché queste spe- vina di giudizio e di grazia 35• Entrambi
culazioni nella scolastica e nella sua pro- questi elementi erano per lui ugualmen-
paggine protestante siano state grandio- te santi e necessari all'uomo. Per lui, la
se e acute, non offrono una base suffi- vivente unità di entrambi esisteva in
ciente per interpretare la parola di Ge- Dio. Ed egli considerava suo compito
sù. Tanto meno sono utilizzabili le con- non ricavarla mediante sottigliezze in-
siderazioni razionali, che, costruite dal- tellettuali, ma piuttosto rivelarJa in mo-
la 'teologia' antropocentrica dell'illumi- do tale, che si effettuasse una reale co-
nismo al posto di quelle speculazioni, munione fra Dio e gli uomini. Egli fece
trattano del bisogno umano di salvez- della sua esistenza, e di se stesso, una
za che verrebbe appagato nella morte rivelazione della vivente unità fra gra-
di Gesù. Le parole di Gesù sulla sua zia e giudizio in Dio, mentre fondando-
morte non devono esser intese né a par- si su di essa insegnò, operò negli uomi-
tire dal pensiero di una punizione esem- ni, pad fra loro e infine morl. Egli co-
plare a fine intimidatorio 33, né dall'esi- sl ha ottenuto che nella sua comunità
genza umana di avere una prova dell'il- non si possa credere nella grazia del per-
limitato amore di Dio34• Da questi due dono divino senza prendere veramente
punti di partenza non si giunge a quan- sul serio le sacre esigenze della volontà
to è decisivo in quelle parole, poiché di Dio e il suo sacro diritto a punire,
in definitiva, con entrambi i metodi, og- e senza affermare pienamente il dove-
getto specifico della dottrina sulla ri- re di obbedire .fino all'ultimo, fìno al
conciliazione vengono ad essere o Dio dono della vita. Infatti il perdono di
quale è in se stesso, o l'uomo, pure Gesù si l'iceve come dono di colui che
quale è in se stesso, sicché il rapporto nella volontaria obbedienza ha fatto di
di comunione fra i due non viene a ri- tutta la sua esistenza, vita e morte, un
vestire I' importanza decisiva che gli sacrificio a Dio e perciò non lascia af-
spetterebbe. Gesù invece vive dell'agi- fatto tranquilli coloro che ricevono ta-

33 H. GROTIUS. zia e il Dio del diritto, confrontato con la pa-


J4 Modellata su Abelardo è la teoria di A. rola e l'opera di Gesù, non costituisce un rin·
novamento del vangelo, ma è un paganesimo,
Ritschl.
una religione costruita col proprio ingegno da
35 Il marcionismo, che separa il Dio della gra- quanti non conoscono Dio .
941 (rv,351) Ù\l't'LÀ.V't'pO\I (F. Bi.ichse]) (1«,351) 942

le perdono, finché non dimostrino la del crocifisso. Ma tale dichiarazione è


stessa obbedienza a Dio. Chiamando la pure un dovere per il credente.
sua vita prezzo di riscatto per molti,
Gesù afferma che il perfetto sacrificio t IJ.V'tLÀ.U'tpov
realizzatosi nella sua vita e morte era Attestato solo raramente e in epoca
necessario perché noi, essendo grave- tardiva. I LXX non l'hanno 1 • I due pas-
mente caduti nel peccato e avendo di- si che lo documentano 2 , cioè Orph.
Lithica 593 (Abel, p. x29) e P. Lond.
sonorato Dio, entrassimo in comunione x343,31 (sec. vm d.C.), sono più re-
con lui. Se si comprende il pondus pec- centi del N.T. Tuttavia il verbo ò:v·n-
cati di cui parla S. Anselmo, se si ri- À.U'tp6w è già attestato in Aristot., eth.
Nic.9,2 (p. II64b 35). In concreto ù.v-
conosce che l'uomo non crea da se stes- -i:lÀ.u"tpov equivale a À.v.-pov; la forma-
so la capacità a una fede cosciente del zione del composto è conforme al gusto
perdono e vittoriosa sul male, ma la del greco ellenistico.
riceve per quanto Gesù ha operato nel- Nel N.T. &.v-tlÀ.u'tpov si trova solo
l'umanità e a favore di essa, se si per- in I Tim.2,6: Xpio..tòç '!110-ouç o ooùç
cepisce che in definitiva tutto dipen- É()(.U"t"ÒV Ò:V'tLÀ.U'tpOV ùrr.Èp 'ltaV"tWV, «Cri-
de dal fatto che noi mediante il per- sto Gesù, che ha dato se stesso quale
dono donatoci da Gesù giungiamo, o riscatto per tutti». La frase ricalca evi-
meno, all'obbedienza incrollabile di un dentemente Mc.XOA5 (Mt.20,28): oou-
amore genuino a Dio e agli uomini, al- \1()(.L 'tTJV l)JuxTiv ()(.Ù..ou À.1'>..pov &.v-ct "JtOÀ.-
lora si dà ragione a Gesù e si dichiara À.wv 3. Divergenze caratteristiche del-
la propria fede nella sua morte quale le Pastorali: invece dell'espressione se-
prezzo di riscatto per se stessi. Perciò mitizzante .-Tiv tliuxTiv a.Ù'tou appare,
la considerazione della morte di Gesù in un greco appropriato, É()(.u't6v 4; al po-
come prezzo di riscatto per noi è una sto del termine rr.oÀ.À.wv, riservato e in-
parte fondamenta! e e imprescindibile determinato, si trova miv'twv, afferma-
della professione di fede della sua chie- zione di un universalismo esplicito (cfr.
sa. Essa resta possibile solo come per- 2,4); invece del vocabolo semplice c'è
sonale dichiarazione di fede nel diritto il composto, certamente più elegante.

1b.1't'lì..u't'pov
PnEUSCHEN-BAUER', s.v.; commentari a I di dubbio se l'Esapla contenesse il vocabolo
T;m.2,6. &.v-i:l),,u-cpov.
2 PREUSCHEN-BAUER', s.v.
1 FmLD H 170, al 1Ji 48,9 porta: we jeqar pi-
dj6n ... LXX: xa.t -i:irv -tLµi]v -i:ijr; ).u't'pWO"EWr; 3 MouLTON 171 1 vorrebbe vedere qui addirit-
["A).).or;· xr.d à.v"tlì1.v-i:pov], e nota: «lectio tura la citazione di Mc.ro,45; ma questo è si·
sttspec/a. Cod.:zBI ad vocem Él:,l).aaµa (v. 8) curamente eccessivo.
in margine af}ert &.v-i:l).u-cpov». Rimane quin- ~ ~ Àv-i:pov coll. 922 ss.
9-B (rv,351) ÀV'tp6w (F. Biichsel) (IV,35 2 ) 944

Lo stesso pensiero ritorna in Tit.2,14: sere riscattato o anche messo in libertà


Xptcr-.ou '!TJO'OU, oç EOWXE\I fo.v-.òv ù- mediante prezzo di riscatto 5 • L'uso lin-
guistico di Filone è quello dei LXX. Al
7tÈp 1}µwv, i'.va À.v-.pwcr'f)-.m 1]µfi.ç &:rcò posto di À.v-.poiJO"i}cx.L usa anche ÈÀ.e:u-
7ttXO''f)<; &.voµlcx.ç, « ... per riscattarci da 17Epouv: sacr. A.C.n4 (citazione di Ex.
ogni empietà». Con la sua sostanziosa 13,13).
NeJl'uso linguistico del tardo giudai·
vigorìa e il carattere piano di tipo di- smo rabbinico a À.u't'pow corrispondono
dascalico, questo pensiero corrisponde gii'al e piida. Ambedue sono usati pro-
all'indole propria delle lettere Pastorali. miscuamente col senso di 'redimere'.
Redenzione nell'uso linguistico tardo.
giudaico è sempre la redenzione di I-
sraele dal dominio dei popoli pagani,
spesso in relazione con l'uscita dall'E·
Liberare mediante prezzo di riscatto. gitto 6 , ma pure in rapporto con tutta
L'attivo designa l'azione di colui che una serie di altre liberazioni avvenute
deve rimettere in libertà un prigionie- nel corso della storia giudaica, per es.
ro di guerra, ecc.; quindi significa rila- la liberazione dall'oppressione di Antio-
sciare dietro versamento d'un prezzo co IV Epifane 7 • Spesso la redenzione è
di riscatto2• L'attivo può anche designa- quella definitiva, che, ardentemente at-
re l'azione di colui che versa il prezzo tesa, Dio procurerà al popolo d'Israele
di riscatto; quindi significa pure render nel tempo finale, o personalmente o
libero versando un prezzo di riscatto 3• mediante il suo Messia. Di essa parla
Il medio significa render libero in base la preghiera recitata più volte al giorno
a un prezzo di riscatto 4; il passivo es- dal giudeo 8. Ogni volta che il giudai-

ÀVTp6W
LmoELL-ScoTT; PREUSCHEN-BAuERl; CREMER- Eleph.19,8.
KéiGEL, s.v.; ZAHN,Rom.179-185; R1GGl!NBACH, 6 Invece di molti testi, ne presentiamo solo
Komm.Hbr.262 s. uno, tratto dalla preghiera che si doveva recita·
t Sulla formazione linguistica cfr. DBBRUNNBR, re al mattino dopo lo Shemà 'emeJ w'ia!#b:
Griech. Wortb. § 198-207; E.PRXNKEL, Griech. «Dall'Egitto tu ci hai redenti (g'l) e dalla casa
Denominativa (x906) 7_5. di schiavitù ci hai liberati (pdh)».
2 Plat., Theaet.x65 e: n.1hpou XP'r)µ6:'tWV 15- 7Una serie di passi che documentano tale ap-
<!WV uol'tE xàxElV<t> EMlm. Diod. S.19,73,10; plicazione, in STRACK·BILLl!RDECK I 70 b; IV
-rwv ll'tpa:nw'tWV oOc; µÈv È),1hpwatv. 861 k.
3 P .Oxy. m 530,14 (sec. u d.C.): ÀV'tpwuaua 8 Alla conclusione della preghiera citata nella
1.tou 'tà tµa·na. (riscattando i miei vestiti [da· n. 6: «Roccia di Israele ..., libera (pdh) secon·
ti in pegno]). L'affermazione più volte ricor· do la tua parola Giuda e Israele, redimici-(g'l) ...
rente (per es. ZAHN, Rom. 179), che À.u'tpbw Lodato sii tu, Signore, tu redentore (go' èl) di
all'attivo significhi esclusivamente 'concedere', Israele», e nella vn benedizione delle Shemo·
non 'acquistare' la libertà, è stata smentita dal· né-Esré; molti altri testi in STRACK-BILLl!RDl!CK
l'analisi dei papiri; cfr. LIDDBLL-ScoTT, s.v. 1v 860-862, g-1; 1 67 ss.; III 741 (a Hebr.9,12);
4 Polyb.18,r6,1: 'tTJV ÌEpà.v xwpa.v ... ÈÀV't'pù>- a questi s'aggiunga Ps.Sal.8,u .30: Àu'tpouµe-
l1C1.'t'O XPTJµ&.'twV a.1hoi:c; oòx bMywv. IG XII vo<;; 9,x: xupLo<; ò 1.u-tpwu&µEvo<; aùi:ouc; (ri·
(5) 36,12. Diod.S.5,x7,3: av't't µi&c; yvvmxbc; ferito a Dio o al suo Messia); in quest'ultimo
'tPEL<;... /J.vlìpa.c; 1ì~lì6V'tE<; À.V'tpOVV't'Ut. passo l'espressione è del tutto sinonima a quel-
s Dcmosth., or.I9,170: ÀEÀ.v-tpwul)at ~x -.wv la consueta: xupto<; (fte6c;) CTW"Ci]p a.Ò'tWV (i)·
tlìlwv, Aristot., cJh.Nic.9,2 (p. n64 b 34); P. µwv), 3,6; 8,33; 17,3. Generalmente ).ui;poi:i11-
Àu~pow (F. Biichsel)

smo tratta di 'redenzione', intende sem- te miei schiavi!'» 12.


pre la redenzione di Isrnele dalla schia- Nel N. T. ricorre solo il medio À.u-
vitù dei popolì. Il concetto, cosl deci-
sivo per il N.T., d'una 'redenzione dai -.pouo-17a.L, usato unicamente per desi-
peccati' dal giudaismo non è conosciu- gnare l'azione tcdentrice di Dio o di
to. La redenzione escatologica ha an- Gesù. L'uso linguistico si collega evi-
che un riferimento al presente: Ja pre-
senza dei giusti, o un comportamento dentemente a quello dei LXX. Ci si do-
pio, corretto e riverente, acce!era il suo manda solo fìno a che punto qui À.u-
avvento, come al contrnrio i peccatori 'tpouo-Ì)a.L implichi l'immagine del prez-
e il loro comportamento empio ne ritar-
dano la venuta 9. Il pensiero del riscat- zo di riscatto. In Lc.24,2 r: ò µÉÀ.À.wv
to, che fino allora non aveva avuto im- À.ui:pouo-17cn i:òv 'lcrpcx:/]À., «colui che a·
portanza, non manca nel giudaismo rab- vrebbe redento Israele», non è presen-
binico. Già l'uso di g'l per il riscatto di
te di certo, giacché non sempre l'aspet-
schiavi giudei dai loro padroni pagani1D,
che in base a Lev.25,48 s. è un dovere tativa del popolo giudaico si serviva di
religioso, suggerisce il concetto del ri- essa, e Luca non ricorda le parole di
scatto anche nell'uso religioso di g'l. Gesù sul prezzo di riscatto. Esiste in-
Esso appare però con piena evidenza in
S. Num.n5 a I5i4I 11 : «Un mashal: un vece in Tit.2,I4: oc; EOWXE\I fo.u-.òv ù-
re, aveva un amico, il cui figlio era sta- ·d.p iiµwv ~va. À.ui:pwo-T)-.a.L i]µéic, Ò:.1tÒ
to catturato. Ora quando il re lo riscat- micrT)ç à:voµlaç xa.t xa.ì)a.plcrn, «egli
tò (pdh ), non lo riscattò come libero
(cioè perché fosse libero), ma come diede se stesso per noi, allo scopo di
schiavo, per potergli dire, qualora gli riscattarci da ogni empietà e di purifi-
comandasse qualcosa e quello non vo- carci», e in r Petr.1,18 s.: oò cpì)a.pi:oi'.c,,
lesse assumersene l'onere: 'Mio schiavo
à:.pyuplcp fi xpucrl~, ÈÀ.ui:pwì)TJ-.E Èx i:'i}c,
sei tu! .. .'. Così anche Dio, quando ri-
scattò i discendenti di Abramo suo a- 1.1.cnalaç uµwv avao-i;poq>'i'jç 'li:a."'C'p07t0'.-
mico (dalla schiavitù in Egitto), li ri- pa.o6"t'OU, aÀ.À.à. 'tLµlcp CX.LµC<."'C'L WC, aµ.-
scattò non come (suoi) figli, ma come VOiJ àµwµou xcx.t &.cr7ClÀ.ou Xp~cr"t'ou,
schiavi, per poter dire loro, qualora im-
ponesse loro (un precetto) ed essi non «non con qualcosa di corruttibile, d'o-
volessero metterlo in pratica: 'Voi sie- ro o d'argento, siete stati riscattati dal-

i)m e cr~~EW, come corrispondenti dell'ebraico aYVicina la redenzione per il mondo (mebi
g'l e pdh, ricorrono in assiduo parallelismo; 11,"'illa tc'v/iim).
cfr. a.twvlcx. À.V'tpw01.i; (Hebr.9,r2) accanto a
w Così per es. in Qid.b.r5 b, dove si discute
CTW~lJPLa a.lwvtoi; (Hebr.5,9).
se la g•'11lla dello schiavo giudeo ad opera di
9 Cfr. Cant. r., a 2,2 [R. MEYER]: «Come il
un suo parente o di suoi connazionali sia un
giglio c'è solo per il profomo, cosl i giusti so- riscatto (g•'11//a) che immette nella libertà o
no stati creati solo per la redenzione di Israe- nella condizione di schiavo (che si differenzia
le»; «Come il giglio è preparato per i sabati e dalla prima solo perché d'ora in poi avrà co-
le feste, cosl Israele è preparato per la reden- me padrone un connazionale).
zione di domani». Meg.b. r5 a: «Ognuno che
Il Cfr. K. G. KuHN, S. Num. (r932 ss.) 350 s.
ritrasmette qualcosa (una frase rabbinica) in
no~1e di colui che dapprima l'ha pronunciata e le annotazioni ivi fatte.
(non sotto nome ptoprio o in forma anonim.1), 12 - coll. 944 s. (v. K. G. KuHN).
947 (Iv,353} M-rpw<n<; (F. Biichsel}

la vostra vana condotta avita, ma con t À.V'tpwcnç


sangue prezioso, quale è quello dell'a- Conforme a Àv"rpow, significa libera-
gnello senza difetto né macchia, Cristo». zione mediante prezzo di riscatto. Per
Il riferimento a Gesù che si dona e alle lo più è attestato il significato di riscat-
to 1, ma appare anche quello di esonero
sue parole sul prezzo di riscatto (Mc. da un impegno 2 • Non ricorre in Filone.
I0,45) è cosl evidente, che qui À.U'tpou-
Nel N.T. Mi:pwcnç è la redenzione
a-itctt può esser tradotto con 'riscattare'.
sperata per Israele o per Gerusalemme
Questi dati sono interessanti in quan-
(Lc.r,68; 2,38), cioè la redenzione dal
to indicano che l'accento posto su À.u-
giogo dei nemici (Lc.r,71), dove non
"t"poua-itat, rilevabile nei LXX quando
si pensa a un prezzo di riscatto, ma a
trattano delle azioni redentrici di Dio,
un redentore (cfr. Lc.24,21 ). Alla base
è tornato ora più specificato. «Il pen-
si hanno le stesse immagini della reden-
siero d'una somma d'acquisto, d'un
zione d'Israele per opera della grazia mi-
prezzo di riscatto torna a farsi valere»13 •
sericordiosa di Dio, quali si riscontra-
Evidentemente il fatto della morte di
no in ljJ rro,9; 129,7; sicché À.V•pwcnc;
Gesù e la valutazione di essa come prez-
è quasi lo stesso che O"W'tT)plcr., salvezza
zo di riscatto, anche se in misura mo-
(cfr. Lc.r,6917). In Hebr.9,12: o:.tw-
desta, hanno modificato la lingua. In
vla.v M-rpw<TLV EÙpaµ.Evoç, Vulg.: ae-
ogni caso sarebbe del tutto falso pen-
terna redemptione inventa, non ha una
sare che in Tit.2,r4 e I Petr.r,r 8 Àu-
stretta connessione con l'A.T., avendo
'tpoucri7a.t non implichi l'immagine del
À.1hpwnc; il significato generale di re-
prezzo di riscatto per il fatto che non
denzione (naturalmente dal peccato, cfr.
lo implica nell'uso linguistico dei LXX
v. 14). Certamente non si pensa a un
quando designa un'azione di Dio 14 •
prezzo di riscatto, anche se si parla del
sangue di Gesù. L'immagine della Let-
tera agli Ebrei è più cultuale che giu-
ridica.

13 CREMER-KOGEL 706, Tuttavia bisogna nota- dere nello stesso significato che ha in quelli
re che nell'uso linguistico generale :>..u-rp6w ha dell'A.T.
sempre avuto il significato di 'render libero
mediante un prezzo di riscatto'. M-rpw<Ttc;
~ nota bibliogr. Àv-rp6w.
14 Che Tit.2,14 si richiami a ljJ 129,8: xa.t aù-
-ròç Àu-rpwue-ra~ -ròv 'fo'pa.iJ).. ~x 'lt!X<TW\I -i:wv 1 Plut., Aratus n (I 1032 a): À.u-cpwutc; a.ix-
à.voµ~w'J mhoii, e I Petr.r,r8 a ls.52,3, è in- µa.À.w-cwv, riscatto di prigionieri; P. Tebt.120,
negabile; ma ciò non significa che Àu-i:pouubm 41 (sec. I d.C.) riscatto di un pegno. ·
in questi passi neotestamentari sia da intcn- 2 P.Oxy. VIII n30,20 (sec. V d.C.}.
949 (IV,J)4)

t À..ui:pw't1)ç pensare al versamento d'un prezzo di ri-


scatto. Tuttavia negli scrittori giudei di
Nomen agentis di À.ui:p6w, il libera- lingua greca - Lettera di Aristea, Filo-
tore, il redentore; finora non è stato ne, Flavio Giuseppe - à1toÀ.ui:pwcnc, si-
scoperto al di fuori della Bibbia. Il N. gnifica un riscatto ottenuto col paga-
T. ha À.U'tPW'tlJ<; solo in Act.7,35, co- mento d'una somma (~ n. 4). Secon-
me titolo di Mosè in parallelo con lip- do il Crisostomo (a Rom. 3,24, MPG
xwv. Mosè è À.V"tPW"t1}ç in quanto è 60, p. 444b), Ò:.7toÀ.Ui:pwcnc; si distingue
colui che, inviato da Dio, libera Israele da À.U'tpwcnc.; come la liberazione defini-
dall'Egitto. Né in Act.7,35 né in \jJ 18, tiva da una liberazione qualsiasi ( wç
15; 77,35 si pensa al versamento d'un µrplÉ:n Tjµaç È7tavù~kì:v miÀ..w È1tt
prezzo di riscatto. 't'Ì')V o:ihi)v òou À.Elav, «cosl che non
ritorniamo più nella medesima schia-
i' Ò:.1toÀ..1hpwcnc, vitù). Ma, se nel N. T. &:.noÀ.ui:pw<r~c.;
è certamente la redenzione o libera-
Mentre il verbo Ù.1toÀ.u'tp6w, deriva- zione definitiva, lo stesso vale per M-
to da ~ À.ui:p6w e prima ancora da À.u- i:pwcnc, (cfr. specialmente Hebr.9,12):
'tpov, liberare in cambio d'un prezzo
non si avverte quindi la differenza so-
di riscatto, non appare nel N. T. 1, vi pra menzionata. Se il composto à'ltoÀ.v-
ricorre invece spesso il sostantivo ad es- 'tpwcnc, ha assunto una particolare im-
so apparentato ri1toÀ.u'tpwcnc,: Lc.21,28; portanza nel N.T., ciò si spiega per la
in Paolo, Rom.3,24; 8,23; rCor.1,30; preferenza data dalla lingua ellenistica
Eph.1,7.14; 4,30; Col.1,14; inoltre in ai composti (cfr. àv'tlÀ.vi:pov, accanto a
Hebr. 9, 15; II.35· Mentre in Luca e À..1'.l'tpov; à.1toxa'ta),,À.acr11i::tv, accanto a
nella Lettera agli Ebrei À.1hpwcnc, e èc- xa'taÀ.À.acr<rEW, ecc.).
1toÀ.u'tpW1nc, ricorrono entrambi, Paolo
usa soltanto cbtoÀ..Ù'tpwcnc,. Altrove
il vocabolo è documentato raramente, L' ò:.rcoÀ.Ù'tpwcrtç in Lc.21 ,28 è la li-
solo a partire dal sec. II o r a. C. 2 • Es- berazione dei discepoli che, attesa con
so significa liberazione in cambio di un nostalgia e tra le sofferenze, li sottrarrà
prezzo di riscatto e si riferisce a pri-
gionieri di guerra 3, schiavi 4 , malfattori, alle loro angustie e persecuzioni, grazie
condannati a morte (Hebr. II,J5; ~ al ritorno del Figlio dell'uomo. Questa
coli. 956). I LXX usano &::1tOÀ.U'tpw1nc; liberazione è unica, perché definitiva;
solo in Dan-4,34, riferendosi alla libe-
razione di Nabucodonosor dalla sua paz- petciò viene sperata con un'ansia senza
zia; questo passo indica che in 6::1to- confronti. In questa parola si nasconde
À.u'tpwcrLc.; non bisogna necessariamente tutto l' ardore dell'attesa escatologica.

à7toÀ.V-rpwutc;
I ànoÀ.v-.p6w si trova già in Plat., leg.n,919a; 3 Diod. S., fr. 37,5,3 (ed. L. DINDORF [ 1866/
Demosth., or.r2,3; Polyb.2,6,6; 21,38,3; ep. 68] V 149,6); Plut., Pomp.24 (1 631 b).
Ar.20; nei LXX solo Ex.21,8; Soph.3,I.
2 La pi•:i antica testimonianza è l'epigrafe di 4 ep.Ar.12; 33; Flav.Ios., ant.n,z7; epigrafe
Kos (-,> n. 4), del sec. II o I a.C. Giacché il di Kos (PATON-HICKS, Tbe Inscriptio11s o/ Kos
verbo è documentabile giÌt in Platone, forse (1891] p. 52 nr. 29,7 = R. HERZOG, Koische
anche il sostantivo è notevolmente più antico Forschrmgen und Funde [1899] 39,7). Philo,
di questa testimonianza. omn.prob.lib.n4.
&.noÀ.V"t"pwcnc; (F. Biichsel)

Non si pensa a una redenzione dal pec- riore secondo il modello del corpo glo-
cato o a un prezzo di riscatto. L'atteg- rioso del Signore risorto (Phil.3,21), sl
giamento religioso, da cui a:noÀu-çpwcnç che incorruttibilità, splendore, forza su-
attinge tutta la portata del significato bentrano alla corruttibilità, all'abiezio-
che le è proprio, è radicato nell'attesa ne, alla debolezza (r Cor.15 ,42.43 ). L'at-
giudaica del regno dei cieli, ma viene tesa escatologica non è qui meno fervi-
apprnfondito dalla parola e dal destino da che in Lc.21,28, anzi è persino mag-
di Gesù. Qui <Ì.1toÀ1hpwcnç corrisponde giore; comunque è senza dubbio più
a ÀU't'pwcnç di Lc.1,68; 2,38. Probabil- profonda, giacché la miseria dell'uomo,
mente Lc.21,28 si richiama a una frase di cui si brama un superamento, viene
giudaica usuale 5 • analizzata fin nelle sue forme esistenzia-
In Paolo ti'ltoÀv•pw<nç con questo li in quanto realtà fisica. Il bisogno e la
significato escatologico si trova in Rom. possibilità di tale aspirazione sono per
8,23; Eph.1,14; 4,30. La a1toÀV-çpwcnç Paolo effetto dello Spirito di Dio nel-
't'CU crwµCX.'t'O<; di Rom.8,23 non è la re- l'uomo. Il possesso dello Spirito al pre-
denzione dal corpo, ma la redenzione sente è solo una caparra 6 dell'eredità,
del corpo, come mostra chiaramente il che consisterà nell'essere tutta l'esisten-
confronto col v. 21. Come le creature za umana un dono dello Spirito, con-
bramano la libertà della gloria dei figli forme allo Spirito, uwµa 'TCVEUµCf.-çLXO\I
di Dio, ottenendo l'affrancamento dalla (rCor. 15,44). In Eph. r,14 e 4,30 il
schiavitù della corruzione, cosl anche vocabolo &:11:0Àvi:pwcrtç ha ancora lo
noi dobbiamo bramare la vloìkcrlrx., cioè stesso senso escatologico. Anche la re-
l'immissione nella condizione di figli, lazione fra il possesso dello Spirito e
con la gloria che ne deriva; cosl il no- la redenzione futura risalta fortemente
stro corpo, morto per il peccato (v. 10), in entrambi i passi. Guardare a quel
ottiene la liberazione da questa sorte di giorno 7, che altrove è il giorno dell'ira
morte e riveste l'incorruttibilità, che è e della rivelazione del giusto giudizio
poi l'immortalità (r Cor. 15,53.54). La di Dio (Rom.2,5 ), con ansiosa e gioiosa
mancanza d'un corpo non significa per speranza, come al giorno della reden-
Paolo redenzione, ma condizione spa- zione (Eph.4,30) dal quale si riceve la
ventosa (2 Cor.5,2-4); quel che egli de- propria parte di eredità (Eph.1,14), si-
sidera è un nuovo corpo (r Cor.15,35- gnifica che è intervenuto un capovolgi-
57), la trasformazione del corpo infe- mento totale del modo in cui l'uomo

5 Cfr. Hen.51,2: infatti il giorno della loro re- 6 ~ &.ppaawv, &.1tapx1J.


denzione è vicino; Cant. r. a 2,13: è giunto
per Israele il tempo di esser redento (STRACK- 7 ~iiµtpa.
BILLERBl!CK II 256 ad/.).
953 (1v,355) à.7toM-.pwcnç {F. Biichsel)

concepisce se stesso, e questo è indizio zione e atteggiamento del Dio trascen-


di una religiosità pneumatica 8 • dente che ci vengono rivelati e parte-
Non solo oggetto della speranza, ma cipati mediante 1u sua parola. Noi li
possesso attuale, realtà già presente è possediamo solo come promessa che
l' CÌ.1tOÀ.l'.i'tpw1nç per i credenti (Col. l, già ottiene qualche effetto nella nostra
14; Eph.1,7 e r Cor.1,30; Rom.3,24). vita, ma solo al giudizio finale sarà una
Se in questi passi la redenzione in par- realtà tangibile nel pieno significato del-
te esplicitamente (Col. 1,14; Eph. 1,7), la parola, che rinnoverà anche esterior-
in parte di fatto (Rom.3,24; I Cor.1, mente la nostra esistenza. La parola di
30) viene equiparata al perdono dei pec- Dio contiene già in sé il perdono dei
cati, ciò non è in contrasto con l'uso di peccati, ed è una forza efficace (Rom.
CÌ.1toÀ.Vi:pwcnç in Rom.8,23; Eph.1,14; r,16); ma è del tutto contrario allo spi-
4,30. Infatti anche in quei passi si trat- rito di Paolo limitare i doni di Dio alla
ta della redenzione nel giorno del giu- sua parola e a quanto essa contiene. Co-
dizio, la quale - pur significando o ar- loro che credono sono quindi redenti,
recando sempre qualche altra cosa - in ma solo in quanto parimenti attendono
fondo non può essere che perdono. E (il compimento della) redenzione 9•
la condizione corrotta da cui il corpo, Di una 'attualità storica' della reden-
secondo Rom.8,23, sarà liberato, è per zione si può parlare, in base a I Cor. r ,
Paolo conseguenza del peccato (Rom.5, 30 e Rom.3,24, solo distinguendo rigo-
I2). L'attualità della <Ì.1toÀ1hpw<Tiç, che rosamente il concetto di una storia di
risulta con particolare chiarezza nell' e- Dio con l'umanità da tutte le altre ac-
)(.OµE.v di Col.r,14 ed Eph.1,7, è uguale cezioni di storia 10. Gesù Cristo, in cui
a quella della O"W'tTJpla di Rom. 8,24 : esiste la redenzione (Rom.3,24) e che
i:i} yà.p ÈÀ1tLOL fowl>T}µEv, «nella spe- da Dio è fatto redenzione per noi (I
ranza siamo stati salvati»; essa, cioè, Cor. r ,30 ), è il crocifisso e il risorto an-
non si oppone all'aspetto futuro cos1 da nunciato nell'evangelo; egli non è quin-
escluderlo. Il perdono dei peccati non è di storico secondo il concetto 'moder-
una realtà tangibilmente presente, ma a- no' e profano di storia 11 ; tuttavia sta

s In Eph.i,14 è meglio prendere il genitivo 9 C'è qui uno stretto parallelismo fra reden-
7tEpL7tOLTJCTEWt; come epcsegetico: la redenzio· zione e giustificazione, la quale è essa pur~
ne che consiste nella presa di possesso dell'ere· presente e futura, o meglio futura e presente,
dità (nominata prima). Tale nesso, certamen- cfr. F. BDCHSEL, Theologie des N.T.1 (1937)
te oscuro ma pure conforme allo stile di Eph. 123-132.
(cfr. HAUPT e DrnELIUS, Gefbr., ad!.), è mi- 10 Cfr. P. BiicHSEL, Die O/fc11barung Goltes
gliore dell'altro ( :o: la redenzione che rende (1938) 3-7.
proprietà), giacché in questo contesto non si tt Per lo Schleiermacher, ad es., la rcdem:io·
parla di un divenire proprietà (di Dio). ne proviene dal Gesù storico che, grazie all'ef-
955 (IV,356) a1toÀV-tpwaiç (F. Biichsel) (rv,357) 956

al centro della storia di Dio con l'uma- sua donazione a noi (Gal.2,20). La re-
nità in quanto è il Figlio di Dio nella denzione l'ha solo chi è trasferito nel
potenza (Rom.x,4), l'ultimo Adamo, il suo regno (Col. I ,q ). Tuttavia colui che
secondo uomo ( r Cor. x5 A 5 .4 7 ), il no- in ultima analisi e in senso proprio o-
stro fratello primogenito (Rom.8,29) 12 • pera la &:.7toÀ.1hpwcnc; è Dio. Non si
Perciò 1a redenzione - proprio in quan- può dire che Gesù ottenga la redenzio-
to è presente in colui che mediante la ne degli uomini a Dio, o anche solo
croce è giunto alla destra di Dio (Phil. che gliela presenti; è vero, invece, che
2,8.9), che è nascosto in Dio (Col.313) egli è stato reso da Dio redenzione ( 1
e sarà manifesto nella gloria - trova il Cor.1,30). Come figlio diletto (Col.1,
suo compimento, la sua piena manife- 13; Eph.1,6), egli è colui nel quale ab-
stazione solo in 'quel giorno' nel quale biamo la redenzione, che è una mani-
giungeremo all'unione con lui (x Thess. festazione della grazia di Dio (Rom.3,
4,17), alla gloria secondo la sua imma- 24). In questo caso il pensiero della re-
gine (I Cor.15,49). Solo allora la reden- denzione procede in perfetto paralleli-
zione sarà veramente 'attuale'. smo con quello della riconciliazione 13•
La &.7toÀ.u-.pwcnc; è strettamente lega- In Hebr. u,35: où 7tpOO'OE~ciµEvot
ta alla persona di Gesù. Noi l'abbiamo -rl)v Ù1tOÀ.UTpwow, «(i martiri della fe.
in lui (Col.i,x4; Eph.1,7; Rom.3,24), de) non accettarono la liberazione», à-
che da Dio è reso per noi à7toÀU-.pwcnc; 7tOÀ.U't"pWO'tc; è la liberazione loro pro-
( 1 Cor.1130). La redenzione perciò non posta. Le parole si spiegano con 2 Mach.
può essere concepita come un'azione 6 e 7. A Eleazaro viene offerta la libe-
che, prodotta da lui, avrebbe però con- razione dalla morte ( 6,22.30: Ù1toÀ.v-
sistenza ed efficacia in se stessa, stacca- ltijvet,1 '"COV i>avci-.ov) a condizione che
ta dalla sua persona, per modo che si rinneghi il giudaismo; così pure al più
potrebbe avere senza personale comu- giovane dei sette fratelli ( 7 ,24-29 ); ma
nione con lui. Una simile materializza- essi non l'accettano. Il vocabolo Ù1toÀ.u-
zione della redenzione ci porterebbe as- 'tpWO'tç è qui utilizzato in modo con-
sai lontani da Paolo. Essa esiste solo in forme all'uso linguistico greco in gene-
quanto si entra in comunione di fede con rale 1~. Però in Hebr.9,15: o7twc; ltavci-
Gesù; è effetto del suo amore e della 't"OIJ yevoµÉvou Elç &.7toÀ.u'tpwcr1v -.wv

fetto da lui prodotto sulla storia, ci assume- è avvenuta per Cristo Gesù», presuppone que-
rebbe nella forza e nella beatitudine della co- sto concetto della storia; se fosse intesa con-
scienza che ha di Dio, coscienza che è pure forme al concetto profano di storia, sarebbe
presenza di Dio in lui. Paolo ragiona su un'al- falsa.
tra base: non parte dalla coscienza che un uo-
mo ha di Dio, ma dall'agire divino nell'uomo. 13 ~ xa:ro:ÀÀacrcrw.
12 La traduzione di Lutero di Rom.3,24: «che 14 ~n. 3 e 4.
957 (rv,357) a1toÀV-rpwcnç (f. Biichsel)

btt -cl] TCpw-cn 8LcdHpq1 Tiapa.BacrEwv, Col. l, 14; Eph. l, 7) non considerano
«affinché, avendosi la morte per il per- una prestazione in forza della quale
dono delle trasgressioni (commesse) al- avvenga la liberazione, ma solo il fat-
1' epoca del primo patto», à.1toÀu,,-pw- to della liberazione in quanto tale e le
crLç non può significare liberazione (i conseguenze di essa. In tutti questi luo-
peccati non vengono liberati), ma remis- ghi non si parla della morte o del san-
sione, perdono, come in Col.1,r4; Eph. gue di Gesù. Fra di essi si potrebbe for-
l,7. In stile corretto si dovrebbe dire se pensare a un À.u-.pov in Rom.3,24.
à.1tOÀ.Ù1."pwcnc; ci.nò i:C'N 7tapaB<io-EW'J. Tuttavia Paolo in Rom.3,25 si muove
Ma il concetto si è modificato, analoga- nell'ambito di immagini cultuali 18, non
mente a xal}apLcrµ6c;, che in senso pro- commerciali come quella del À.u-.pov. In
prio designa esso pure la purificazione Gal.3,13; 4,5 usa l'immagine del riscat-
dell'uomo dal peccato, ma poi viene im- to; ma ciò non implica che anche in
mediatamente riferito al peccato (Hebr. à.-i:oÀ.u-cpwcrLc; di Rom. 3,24 sia contenu-
l,3: xrx.l}aptO"µÒv 'tW'J &.µa.p'tLW'J 7COL1]- ta tale immagine. Infatti in Rom.8,23;
craµEVO<;) 15• Una simile variazione di si- Eph.1,14; 4,30 il termine è usato chia-
gnificato si ha anche in lÀao-µ6c; 16• ramente senza l'immagine del prezzo di
Infine bisogna chiedersi: fino a che riscatto. Non si può neppure afferma-
punto in Ò:1toÀui:pwcrtc; è ancora viva re che essa sia contenuta nella conce-
l'immagine di un À.ui:pov, di un prezzo zione della giustificazione come atto giu-
di riscatto o s~mili? Bisogna presup- ridico, presente in Rom.3,21-3r. Infatti
porre che dovunque si parla di à.1toÀ.Ù- il versamento d'un prezzo di riscatto è
'tpwcnç si pensi anche a un À.Ù-cpov? In un atto commerciale in forma legale,
nessuno dei passi in cui compare &.no- ma non propriamente un atto giuridico,
À.1hpw(nç ci si riferisce espressamente come la punizione (~ coll. 904 ss ). Il
a un prezzo di riscatto. Nei passi esca- diritto conosce, e conosceva, una gra-
tologici (Lc.21,28; Rom.8,23; Eph.r, zia anche del tutto svincolata dal ver-
14; 4,30) non si può pensare che ad samento d'un prezzo di riscatto. Una li-
Ò:1toÀ.Ù-cpw(nc; si associ l 'idea di À.U-cpov; berazione dal castigo, che affermi asso-
essa non rientra affatto nella prospetti- lutamente il diritto, non è collegata con
va di questi passi 17• Ma anche gli altri il versamento d'un prezzo di riscatto.
passi paolini (Rom. 3, 24; r Cor. 1, 30; Paolo presenta il modo in cui avviene

15 Cfr. R1GGENBACH, Komm. Hbr.M 27r, spe· l6 -7 IV, coJl. 992 ss.
cialmente il passo da lui citato, tratto da Philo, 11Ciò vale più che mai per Dmr.4,34, l'unico
spec.leg.r,215: B~' ov(l'altare) mX.V'tW\I àµo:p· passo dell'A.T. -+ col. 949.
"tl]µ&...-wv xo:t 1tO:pavo1!11µ&...-wv ci1toÀuow;
ylvov't"o:~ xo:t 1tO:\l"tEÀEtc:; à.cpil.<mc,. 18 -+ lÀau-i:1Jp~ov rv, coli. 1004 ss.
li7toÀ.U't'pWO'Lt; (F. Biichscl)

la redenzione servendosi dell'immagine logicamente fondato' è quindi «scompar-


dell' LÀ.aO""t"lJpLOv; ma ciò sarebbe super- so» 21 nell'uso linguistico della Bibbia,
fluo se in a:1toÀ.U't'pWO"Lç fosse viva l'im- sicché ne è rimasto solo uno più gene·
magine del prezzo di riscatto. Quanto rale 22 • La retta versione di c?-1toÀ1hpw-
più concretamente s'intende questa im- cnç è perciò solo 'redenzione' o 'libera-
magine, tanto meno essa può essere ac- zione', non 'riscatto' 23 , eccezionalmente
costata a quella di tf..acr-c1} ptov. Resta anche 'scarcerazione' (Hebr. II, 35) e
dunque chiaro che anche in Rom.3,24 'perdono' (Hebr.9,15). Il vocabolo à1to-
non si pensa a un prezz_o di riscatto. À1hpwcr~c; nel cristianesimo primitivo
Quanto ai due passi della Lettera agli ha assunto un contenuto religioso e ha
Ebrei, in rr,35 non è contenuto alcun perciò acquistato un particolare signi-
accenno a un Àu"t"pov 19 ; in 9,15 può es- ficato, che non si può riscontrare al
serci, giacché si parla della morte di Ge- di fuori di esso. Questa sua peculiarità
sù come causa dell' a1toÀu-.pwcnç. Tut- di termine tecnico ha riscontro nel fat-
tavia, dato che in questo passo l'uso to che accanto al nome &.1toÀu't'pwcnç
linguistico di à.1toM-.pwcrtç risulta as- manca, nel cristianesimo primitivo, un
sai sbiadito, è improbabile che si pensi verbo chcoÀ.u-rp6w o simili 24 , e che Pao-
qui a un prezzo di riscatto 20 • Il signifi- lo ha solo à..1tOÀU'tpwcnc;, ma non M-
cato originario di à..1toM-.pwcrLc;, 'etimo- -cpov o altri vocaboli da esso derivati.

19 Cfr. 2 Mach. 6,22.30, dove s'accenna allu non fo! ), ma solo accosta trt loro parti di atti
morte da cui il martire viene scampato, ma di liberazione degli schiavi. Ma se si vuol sa-
non al mezzo per cui si opera tale liberazione. pete che cosa abbia inteso Paolo con una pa-
20 Cfr. quanto è stato detto su Hebr.9,r2 s.v. rola, bisogna anzitutto interrogare le sue let-
~ ).V't'pWCTL~. tere. Documenti contemporanei non paolini,
pur rappresentando un apporto importante,
21 ZAHN, Ri:i111.179.18r. Se per Àu-.p6w si è af-
non occupano mai il primo posto in una tale
fermato il contrario, si intendeva solo I' uso J'icerca. Un procedimento come quello del
linguistico delle Pastorali e della prima Let- Deissmann porta necessariamente ad offuscare
tera di Pietro, non quello di Luca e di Paolo. il pensiero specificamente paolino (dr. ZAHN,
22 Analogamente è accaduto per il latino re- Rom r8o s.). L'aspetto escatologico nell'idei\
tlem ptio, che originariamente significava 'ri- paolina di aTCOÀ1hpwcnç non è messo in ti·
scatto', ma che nell'uso linguistico della chiesa salto in DEISSMANN, loc. cii. Anche PREU-
ha assunto il significato più generale di 'reden- SCHEN-BAUER, s.v.; P. FEINll, N.tliche Theol.
zione', sicché quello originnrio e più partico- (1922) 240; ALTHAUS, N.T.Deutsch, ad l. (come
lare è quasi sparito. pure, ma con più pru_denza, LmTZMANN, ad l.)
23 DrussMANN, Licht vom Osten (1909) 246 trattano l'argomento come se fosse più o meno
s., rende l' ti7toÀU't'pWO'Lc; paolina con 'riscatto' ovvio che a7tOÀÒ"tpwcnç in Rom.3,24 significhi
e in tutto questo complesso di immagini ritie· riscatto; ma procedono in modo arbitrario,
ne che Paolo abbia «sviluppato l'antica parola giacché non forniscono una giustificazione e·
che più di tutte indicava il prezzo del riscatto sauriente. ·
e l'abbia adattata al mondo greco». Egli tutta· 24 Si confronti come frequentemente nel no-
via non giustifica questa sua intcrpreta:>.ione stro uso linguistico cristiano nccanto a 'reden-
con una ricerca esegetica dei.passi paolini (che zione' appaiano 'redimere' e 'redentore'.
Ò:1toÀu-.pwcnc; non è uno dei concet- cetti. C'è da notare che Paolo non usa
ti principali dell'annuncio e dell'inse- c1..1toÀU-.pWO"t<; dove parla della libera-
gnamento cristiano primitivo. Manca zione dalla legge e della ineluttabilità
del tutto in Marco-Matteo, in Giovan- del peccare. Il gruppo semantico ÉÀEv-
ni, nelle lettere Cattoliche e nell'Apo- llEpoc;, ÈÀ.EUlJEpla, È).,EUllEpOUV in genere
calisse. La sua presenza in Luca ha scar- ha in Paolo più importanza che non
so rilievo . In Paolo non si può para- CÌ.1toÀu'tpWO"L<;. Il significato assunto in
gonare, per importanza, a otxcnoC1uVT} seguito dal concetto di 'redenzione' nel-
o xa:ta.ÀÀo::y-fi, che costituiscono punti l'insegnamento della chiesa è ben diver-
di cristallizzazione del suo pensiero, co- so da quello neotestamentario, che si
sa che di Ò:1toM-.pwC1tc; non si può di- distingue per Ja forte accentuazione dei
re neppure lontanamente, non essendo suoi contenuti escatologici. Una reden-
esso così concreto e ricco di conte- zione in senso fisico (realizzantesi cioè
nuto. Il concetto di Ò:1toÀ.u-.pwcnc; ha con mezzi che agiscono in maniera na-
bisogno di esser definito più di quan- turale) non è per nulla compresa nel
to non ne abbiano quegli altri con- concetto paolino di c1..n:oÀu'tpWC1tc;.
F. BtiCHSEL
M

-f µciyoç, t µayclcx.,
t µayEuW (~ y6TJc;)

t µCÌ.yoc; I
ligione vera e propria. Le loro conce-
l. µ&.yoc; nella grecità zioni religiose appaiono fortemente in-
fluenzate da dati filosofici; perciò i filo-
Quattro significati di µ&:yoc; corrono sofi greci vengono più volte descritti co-
paralleli in quasi tutti i periodi. me loro scolari; affermazione, questa,
a) In senso specifico µ&:yot sono i che torna con particolare frequenza a
membri della casta persiana dei sacer- proposito di Democrito 3 • Benché nel
doti (che forma, secondo I-Idt. 1,101, periodo posteriore ciò dipenda in gran
una delle sei tribù dei Medi), sulle cui parte dalla romantica venerazione di tut-
caratteristiche sono diffuse fra i Greci to quanto è straniero, tuttavia quest'af-
opinioni molto diverse. Strabone (15,3, fermazione, difficile a provarsi nel ca-
r 5) riferisce che praticavano il culto del so singolo, ha in sé un nucleo di verità
fuoco; secondo Hdt. 1,132, essi devo- e indica un rapporto culturale esisten-
no intervenire in ogni sacrificio a pro- te nella storia dello spirito. Un'informa-
nunciare parole sacre; in 7 ,3 7 appaio- zione simile in una forma degna di fede
no come interpreti di particolari presa- è contenuta nella notizia dell'educazio-
gi 2. Heracl., fr.14 (I 154,13ss., Diels5) ne di Protagora ad opera dei magi al
attribuisce loro misteri che li pongo- tempo della spedizione di Serse (c. 480
no sullo stesso piano dei seguaci di Dio- a. C.; Protagoras, fr. 2 [II 255,17 ss.,
niso; egli ha quindi la chiara consape- Diels']). Questa notizia, anche se do-
volezza che sono esponenti di una re- vesse essere respinta per motivi crono-

µa:yoç
TH. HoPFNER, att. <iMageia», in PAULY - W. ss.; G.MESSINA, I Magi a Betlemme e una pre-
xiv (1928) 302 s. 373 ss.; F. PFISTER, art. dizione di Zoroastro (Sacra Scriptura Antiqui-
«Epode» (19), in PAULY-W. Suppl. rv (1924) tatibus Orientalibus Illustrata 111, 1933).
342; c.CLEMEN, art. «Magoi», in PAULY-W. 1 µ&;yoç manca ancora in Omero; è strano che
XIV 509 ss.; SrnACK-BILLERBllCK I 76; A. ADT, non sia registrato neppure in PREISIGKll, Wlort.
Die Apologie des Ap11l. v. Madaura (1908) (cfr. però, forse, µa.ytciv6ç), v. ARNIM, DIT'.l'.,
passim, spec. 32 ss. ( = RVV 4)); A. D. NocK, Syll.'.
Paul and the Magos, excursus 14 in JACKSON-
2 Altre notizie su di essi in Plut., q11aest.co11v.
LAKE IV (1932) 516 ss. (---)II, coli. 471 s., n. 14).
A. ÙIRISTENSEN, Die Iranier (Kulturgcsch. des 4,5,2 (n 67od); Diog.L., prooem.r (1). 6-9 (5-6).
Alten Orients III r [1933] = Handbuch A. W. 3 Drn1s' 1 284,26 ss.; 11 81,u s.; 84,30 ss.; 86,
m 3, 1, 233 . 289 s.); S. NYBERG, Die Religio11 38 s.; 94,30 s.; 209,1 s.
des alten Iran (1938) 335 ss. 374 ss. 388 ss. 395
µ&..yoc:; (G. Delling)

logici, indica nel suo insieme la possibi- b) In generale, chi detiene e pratica
lità di tale contatto. L'attività educati- 1111a scienza e tm potere soprannaturale.
va dei µO:yoL persiani viene presentata Questi, per es., preserva con le sue be-
anche da Pseud.-Plat., Alc.1,122 a (esi- nedizioni l'anima del moribondo dal de-
stente, con probabilità, già nel sec. IV); stino cieli'Ade ( &~ovcn ,..1Jv ~ux.i}v èJ..vw,
giustissima è pure la definizione ivi con- «porteranno l'anima in su», Phython,
tenuta della µayEla quale i>Ewv 1tEpct- fr.1,5ss. [T.G.F. p.8rr]); cfr. anche il
7tEla, «culto degli dèi». Cosl anche la già citato Hetad., jr. 14· Il mago pre-
scuola platonica non considera per nul- dice il futuro; ad es., il modo in cui
la umiliante far parlare Socrate di un morirà Socrate (Aristot., jr.27 p. l479a
À.oyoc; annunciato a lui da un mago: 13 ss.; questo proviene dalla Siria. Cfr.
ov ɵoi ftyyEÙ.E I'w~pU'rJ.<;, &vl)p µayoç Herm., mand. I I ,2 ). Dal confronto di
(Pseud.-Plat., Ax.37ra). Riguardo al Flav. Ios., ant.10,195 con 2I6 risulta
lavoro filosofico dei magi, Aristotele af- che µayoc; è divenuto un concetto col-
ferma ancor più precisamente: 't"Ò yEV- lettivo (qui usato per l'interprete dei
vljo-o:.v 1tpGnov apLO"'tOV 1:tltÉ1'1.0"W xat sogni). Fluido è il confine con il signi-
ot MO:yo1, «anche i magi stimano otti- ficato seguente; basti ricordare come an-
mo il primo generatore» (metaph.r3,4, cora oggi nel linguaggio popolare, per
p. ro91b ro). Cfr. Philo, spec.leg.3,100 dire che uno non assegna alcun valore
(--7 coli. 967 s. ). ai mezzi e alle rappresentazioni super-
È vero che anche l'insegnamento dei stiziose, si afferma che «non crede in
filosofi greci presentava molte infiltra- nulla}>.
zioni religiose (--7 7tapaÀ.aµ~avw ); è c) Incantatore semplicemente (cosl la
però evidente che nel patrimonio spiri- spiegazione in Phot., Lex. 240, 13 5 :
tuale della tradizione dei magi il rap- µO:youc; = -.oùc; µayyavEuov-i-ac; =coloro
porto tra filosofia e religione era molto che praticano l'incantesimo). Le sue ar-
più stretto, intimo, indissolubile, come ti sono messe anche in relazione con il
appare già nell'impronta esplicitamente nome di un mago petsiano, Ost(h)anes
religiosa dcIIa dottrina dei due prindpi, (II 216,28 ss.; 217,1 ss., Diels'); però
conosciuta anche dalla tradizione greca lo stesso tocca pure a 'Orfeo' e a Pita-
riguardante i magi (Aristot., jr. 8 p. gora, sicché questo collegamento stori-
1475 a 35 s.). Ciò spiega come, attra- co-religioso sa di artificioso. Il µayoç
verso una limitazione, si sia potuto svi- in qualità di incantatore è generalmen-
luppare, da quello originario, un secon- te superiore al --7 y6'l'}c; 6 ; ma anch'egli
do significato di 'mago', non più circo- lavora facendo violenza; per es. opera
scritto a una nazione. I motivi profondi la purificazione e l'espiazione con mezzi
di tale processo non sono più ricono- d'incantesimo (Philo, spec. leg. 3, roo).
scibili 4• Tal volta però è sinonimo di y61}ç (cfr.

4 Come ipotesi lontanamente possibile, si po· scambiato ·n rito dei magi con l'incantesimo.
trcbbe pensare che la parola µayya.vov=mez· Ma questa spiegazione ·n on è sufficiente. In una
zo di incantesimo, la quale è più antica delfa annotazione personale egli stesso scrive che lo
derivazione di µ6.yoç dalla lingua persiana svolgimento della storia del vocabolo è quasi
[DEBRUNNER: è una eredità greca dal!' indo· casuale.
germanico], abbia influito sul significato di 5 Cita T.G.F., Adespota 592 p. 956.
µ6.yoç. ~ NocK, sez. 2, vuole spiegare l'evo·
luzione nel modo seguente: i Greci, ignari del- 6 Cfr. PAULY-W. XIV (1928) 378; la magia si
la lingua persiana, in sé già poco perspicaci rivolge a classi superiori di demoni e utilizza
nell'osservare le religioni straniere, avrebbero già la preghiera di incantesimo più dignitosa.
µa:yoç (G. DellingJ

act. Thom. 152). In senso spregiativo noscere la verità», omn. prob. lib. 74);
viene riferito ai missionari di una nuo- perciò riserva un certo riconoscimento
va religione, il cui successo si può spie- anche ai µci.yot persiani (omn.prob.lìb.
gare solo con l' uso degli incantesimi 74).
(act.Thom.rox, cfr. 20). Il contrasto re- µayoc;. come imprestito straniero è
ligioso diviene evidente nella domanda entrato in forme varie nella letteratura
rivolta al missionario: µa:yoc;. oppure rabbinica restringendosi però, nell'uso
ih:6c; (mart. Mt.22). Il pagano quindi di- linguistico, al significato di incantatore1.
stingue a volte nettamente fra il dono È ancora vivo, tuttavia, anche il signifi·
conferito da Dio e l'azione (demonica) cato originario di sacerdoti persiani o
dell'incantesimo, ottenuto con la forza. di seguaci della religione di Ormisda-
d) In senso traslato, µci:yoc; equivale Ahriman (Sahn. b. 39a). Ovviamente è
a ingannatore, corruttore. Questo signi- proibito a un giudeo fedele praticare il
ficato ricorre sia in bocca a colui che loro mestiere: «chi impara qualcosa da
conosce incantesimi autentici, ma non un mago merita la morte» (Shab.b15a).
accetta acriticamente tutto quanto si Nei LXX il vocabolo appare solo in
presenta con tale pretesa, sia in bocca Dan.2,2 (dr. v. ro) per 'a'Haf: µ6::yot...
a chi illuministicamente non riconosce 't'WV Xa.À.oalwv, in connessione con È-
l'incantesimo come una forza reale. Ri- 'ltaoio6ç, <po:pp.ax6ç ( cfr. per questo
mane inspiegato come µa:yoc; abbia po- Barn. 20 ,x; Did. 2 ,2 ), crocp6c;., Xa..Mai:oc;.
tuto ricevere questo senso generico as- I maghi quindi, sono i detentori delle
sai presto, come in Plat., resp.9,572 e, arti religioso-scientifiche e incantatrici-
dove ha valore puramente etico e de- magiche degli intermediari babilonesi
signa i corruttori della gioventù. In fra le potenze superiori e ]'uomo. È ab-
Soph., Oed. Thyt'.387, presumibilmente bastanza frequente con Io stesso signifi-
equivale a ingannatore. Più tardi, natu- cato in Daniele (Teodoz.).
ralmente, questo significato ricorre di
frequente. 3. µ&.yoc;. nel N.T.

2. µ&:yoc; nel giudaismo È difficile stabilire con certezza se in


Per Filone l'attività del µa:yoc;. è as- Mt.2 (7.16) i µci.yoi CÌ.'lt'à.va'toÀwv,
solutamente inferiore a quella religiosa; siano, in senso specifico, degli «astrolo-
egli viene messo insieme con il croqncr- gi babilonesi» 8, o degli astrologi in ge-
't'Tjç ( vit.Mos. x ,92) o il q>rx.pµaxw-ti}<;
nere9. La prima ipotesi è probabile giac·
(spec.leg.3,93); la sua tecnica è in con-
trasto con il 7tVEuµa 7tporprrrnc6v ( vit. ché per sé solo in Babilonia i µ6:yot
Mos. r, 2 77 ). Egli riconosce la µrx.yEla al contatto con gli esuli potevano aver
solo in quanto studio (della natura) (spec. preso interesse al 're' (messia) giudai-
leg.3,roo; ·dx. q>UcrEWc; ìipyrx. OtEpwvw-
µEvot 'ltpòc; É1tlyvwow 't'ij<; 1fì..1]1}Ela<;, co w. µci.yoc; qui designa uno che è in
«ricercano le opere della natura per co- possesso di un sapere particolare (segre-

7 STRACK-BILLERBECK I 76. Cfr. però Shab. b. 10 A. JEREMJAS, Babylonisches im N.T. (1905)


75a, dove è possibile anche il significato di 'be- .52, per dimostrare che nell'attesa messianica
stemmiatore'. dei Giudei entrava una stella dcl Messia, si
8 KLOSTERMANN, Mt. 112,1; i motivi più per- richiama a torto a test. L.18; in questo passo
suasivi in ZAHN, Mt. 1 a 2,1 (90 s.). I' IJ.q-.pov è inteso in senso metaforico, come
9 ScHLATTBR, Komm.Mt. a 2,1. risalta già dal maschile q>w-rl!;wv, riferito al
µayElCt., µCt.yEuw (G. Delling)

to ), riguardante specialmente il signifi- r 9, I y il nome misterioso e impressio-


cato del corso delle stelle e le sue corri- nante del loro Dio celava, per i Giudei,
la tentazione di utilizzarlo nella magia.
spondenze nella storia del mondo 11 ( ~ Il personaggio ricordato in Act.13,8 sa-
I, col. 1342). rebbe uno provvisto d'un potere reli-
In Act.13,6.8 µ6.yoc, si riferisce a un gioso: la sua posizione sarebbe simile
a quella dei filosofi domestici d'allora13•
giudeo e, accostato com'è a ~ 4'Euoo- Oltre ai fini già menzionati, la narrazio-
1tpocp1rn1c,, ricorre certo col significato ne mirerebbe (e non sarebbe questo il
b) 12 ; con tale vocabolo qui non si sot- suo ultimo scopo) a indicare che il cri-
stianesimo è in netta opposizione alla
tolinea tanto una contrapposizione fra magia 1~.
incantesimo e religione vera e propria
(come, per es., in Filone), ma piuttosto
~tL~~ ~-·
il contrasto fra due religioni, in cui il
t µaydcx t µcxyEuw
cristiano si dimostra vittorioso. µaydet, l'attività del~ µtiyoc, 1•
Infine si deve abbandonare l'impossi- µayEuw a) appartenere alla classe dei
bile identificazione del µa:yoc, di Act. /J.ayoi; b) esercitare l'attività del µa:yoç.
13,8 con l'"A-roµoc, di Flav. Ios., ant. Ambedue le parole ricorrono solo in
20 , 142; infatti Flavio Giuseppe dice
espressamente che costui cercò, e otten- Act.8,9.11, in riferimento al 'mago' Si-
ne, accesso a Drusilla solo sotto la ma- mone 2 (l'inserzione del suo nome al po-
schera di µciyoc, (µa:yo\I Et\llXL OX1}7t- sto di "A't'oµoc; in Flav. Ios., ani. 20,
'toµEvov). Il passo non afferma neppu-
re che dei giudei si presentassero come r42, è da spiegarsi mediante lo scambio
µ6.yoL. Per la confusione dei nomi cfr. con Act.13,8 da parte di copisti cristia-
coli. 970 s. ni del codice di Giuseppe). In Act.8,9.
Un'immagine più plastica del µ&.yoc,
I I si sottolinea entrambe le volte che
di Act.13,8 è abbozzata dal ~ Nock.
Egli ricorda gli esorcisti giudei di Act. egli era riuscito a provocare, con la sua

neutro lfcn:pov. Al contrario~ r, col. 1342. die Za11berreligion [BERTRAM].


11 Chi ritiene come leggendaria tutta la narra- 14 Sez. 7. Si ricordi a questo proposito che per
zione può naturalmente veder simboleggiato in lgn., Epb.19,3, la forza effettiva della magia è
essa anche l'omaggio della religione (persiana) stata tolta solo dalla comparsa di Cristo.
di Mitra a Cristo (A. DIETERICH: ZNW l [ 1902]
1 ss.; v. H. USENER: ZNW 4 [1903) 19 ss.); µa;yEUx X"t)..,
confutazione persuasiva in ]EREMIAS (-4 n. I A µa:yEla. si riferisce ugualmente quanto è
10) 5r ss. (spec. 55 s.). stato détto per ~ µayoc; n. 1.
12 Contro il significato d) sta l'osservazione 2 Bibliografia riguardo a Simon Mago in H.
che, se esso si accettasse, µ&.yoc; IJiEuoo'ltpocp-IJ- WA1Tz, RE' xvm 35 r. La sua critica delle
"tlJc; sarebbe una tautologia. Per l'accostamen- fonti applicata ad /le/. 8 in ZNW 7 ( 1906)
to delle due parole Herm., mand.n,2 è un pa- 341 ss., col pretesto della difficoltà di conte-
rallelo solo formale. nuto frantuma il testo vivo riducendolo a un
13 Sez. 5. Cfr. anche H. GRESSMANN, Die At1/- ammasso di frammenti. Pregevole è invece fo
gabe11 der Wissenschaft des nacbbiblische11 Ju- sua sintesi Simon Magus in der altchrisll. L;t.:
dentums: ZAW N.F. 2 (1925) 9ss.: Jao rmd ZNW 5 (1904) 121 ss.
µa;lvoµa;t (H. Preisker)

attività in Samaria, una profonda emo- µa ih:ou, ma dall'uso di forze extra-di-


zione religiosa; questo indica che egli vine, di cui non si nega affatto la real-
seppe collegare la sua attività con le tà; anzi, in Act.8 si ammette la presen-
idee religiose di Samaritani, seppure za di una forza pericolosa nell'attività
non si considerò come il precursore del magica di Simone. Invece la sua per-
Messia(~ indice, s.v. Taeb). Come dal suasione di essere il Taeb spiegherebbe
Messia, cosi pure dal precursore si pos- fa sua improvvisa conversione alla fe.
sono attendere prove particolari e visi- de nel messia Gesù, la quale abbatte
bili della sua missione. Più in Act.8,9. la barriera altrimenti esistente fra Sa-
I I che non in Act.13,8 (~ µ6::yoç) si maritani e Giudei; tuttavia questo può
pone in risalto, con µa:yeuwv e µayd- dipendere anche da un temperamento
atc;, che l'influsso di Simone non è pro- instabile.
vocato dal possesso dell'autentico 7t\IEU- G.DELLING

Ma.ywy ~ II, coll. 73! ss.


µa~1]'t'EUW, µa~1J't1}ç --?> µavMvw

tµalvoµr:x,~

µalvoµa.1. = in/uriare, smaniare (la ra- te, del vino in Horn., Od. 21,297 s.;
dice indogermanica men- significa quasi Luc., dialogi deorum 18, 2. Inoltre
sempre, al di fuori del greco, 'pensare', µa.lvi;cr~rx.~ è detto dell'ira violenta in
'credere', nel greco invece 'essere esal- Horn., Il.8,360 (cfr. anche 2 Mach-4,4,
tato', 'smaniare'). In Omero si riferi- var.), come pure del dolore in Aesch.,
sce al modo terribile di combattere di sept.c.Theb.967 (µa.l'Ve:'tat yoovn cpp1)v,
un dio o di un eroe (Il.5,717), al dio «l'animo è fuori di sé dal dolore»), inol-
della guerra Ares (El oihw µa.lvEcrl}at tre della sfrenata furia della brama in
Èa<toµEv oùÀ.ov "Ap11a, «se permettia- Eur., Phoen.535 (con È7tl e dat.) (cfr.
mo che cosi infurii l'impetuoso Ares» ); 4 Mach. 7 ,5), spesso della passione d'a-
cosl pure ad Ares in Acsch., sept. c. more, µal'VEcrl}rx.1. Ù7tÒ f.mi}uµtwv xrx.t
Theb.343; a Ettore in Horn., Il. 21,5 ÉpW'tWV, «impazzire per le passioni e l'a-
(lS..e µalVE'tO <palotµoc; "Ex'twp, «quan- more» (Plat., resp. 9,578n), ot' ~pw'ta
do infuriava l'illustre Ettore»); inoltre µavdç, «pazzo d'amore» (Plat., Phaedr.
alla furia impetuosa del combattimento 253c), e ancora della smania dell'intel-
in Soph., Ant.135 s. (oc; 't6"Ce µai.voµÉ- ligenza, quindi della pazzia in Soph.,
vq. çùv òpµti ~CX.XXEUWV btÉ'TtVEt., «egli Ant. 765; Oed. Col.1537; Plat., symp.
alJora con impeto furioso incombeva 173 e (accanto a mxpa.7trxlw, impazzire);
forsennato»). Il vocabolo esprime pari- P.Oxy r 33 col. IV, 9 (twi}aµEv xat -li·
menti l'azione della bevanda inebrian- µe:i:c; µa.tvoµÉvouc; ... crwcppovlsEw; P.
1mlvoµcn (H. Preisker)

Herm. 7 ,r 8. Detto della follia in Aesch., 265a) 2, è un fenomeno religioso su cui


Prom. 977 (xMw a" Èyw µq.1,t}v6't' où molto si insiste. Perfino un dio, Dioni-
crµtxpà.v v6crov, «sento che hai avuto so, appare in Horn., Il.6,r32 come µ.a~­
una malattia non da poco»); Plat., Lys. v6µEvoc;, e il più grande dono di questo
205a; Epict., diss. 1,21,4; 1,22,18; 2, dio folle è quello di attirare i suoi se-
u,12; 3,9,5; M. Ant.n,33 (O'uxov XEL- guaci in tale µalveO'i}ai, poiché la sua vi-
p.wvoc; sri-.E'Lv µa.woµÉvou, «è pazzo chi sta comporta uno «scuotimento dei prin-
cerca un fico d'inverno»). Perciò il con- cipi vitali minacciati dalla morte» 3 •
trario è crwcppove'i:v (Plat., Phaedr.244a). Nei LXX µalvEcrt>ai si riferisce una
Platone (Phaedr.244 ss.) descrive i volta alle onde furiose delle passioni u-
vantaggi della follia inviata da Dio (µa.- mane (lEp.32,6), alla smania dei popoli
vla., µalvi::cri}a.1.), la quale causa profon- sotto il timore della guerra, inflitto lo-
de intuizioni, del tutto differenti dalle ro come pena da Jahvé 4 • In 4Mach.8,
conoscenze acquisite da chi ne è esente; 5; ro,13 la fermezza della fede, tenace
egli accenna alla Pizia, alle sacerdotes· fino al martirio, del sacerdote Eleazaro
se di Dodona e ai poeti ispirati da Dio. e dei suoi figli appare ad Antioco Epifa-
Cosl µa.lvecri1at esprime anche l' inva- ne una pazzia. Gli avvel·sari della leg-
samento e l'esaltazione delle baccanti; ge, quindi, considerano l'obbedienza e
Hdq,79 (ù1tò -.ov l7eov µ.alve-i-ai), ri- la fedeltà alla legge dei pii Giudei co-
ferito alla pienezza della divina estasi me un µalvEcrt>at. L'espressione riguar-
illuminante in Eur., Ba.298 ss.: µav·nc; da perciò quell'ambito in cui si pren-
o' ò oalµ.wv ok -rò yà.p 0axxeucrtµov dono decisioni religiose e le vie degli
xat 'tÒ µ.avi.woec; µczv·nx'Ì)v 7toÀ.À.Tjv E· uomini si distaccano le une dalle altre,
XEL' O'tet\I yà.p ò i}eòc; dc; 'tÒ crwµ' i0...i1n e indica che il mondo della fede e quel-
1tOÀ.l'.lc;, À.ÉyEW 'tÒ µÉÀ.À.ov 'toùc; µEµ1)VO· lo dell'incredulità non si comprendono .
. .w:c; 'ltOtE'i:, «questo dio è pure veggente, Analogamente in Eur., Ba.359, Tiresia
giacché ci trasferisce nell'ebbrezza del- dice che Penteo smania nella pazzia
l'oblio di sé. Ciò rende chiaroveggenti, (µÉµ1)vac; 'Ì)01J' xat 7tptv ~~ÉO'-i-t}c; q>pE-
e quando l'anima ha ricevuto completa- vwv, «sei pazzo ormai, sei uscito di sen-
mente in sé il dio può profetizzare per no»), poiché non freme come le bac-
l'estasi»1• È raro l'attivo µ.alvw, 'render canti, e non vuole avere nulla a che
furioso'; per es. Eur., Ion 520: cr' gµri- fare con la loro esaltazione, con l'inva-
VE i1eov ·ne;... 0Àa01J, «ti ha reso furio- samento di Dioniso. Solo che qui è il
so ... qualche divina punizione». Per i credente in Dioniso a ritenere pazzo il
Greci il µalVEO'i}ai (µ.avla) non è quin- non credente, mentre nei LXX è il non
di solo una manifestazione patologica giudeo a giudicare pazzo il giudeo che
dell'uomo, una malattia umana e conse- gioisce nel martirio. In entrambi i casi,
guenza d'una falsa educazione (come in però, si è presa una decisione per Dio
Plat., leg.n,934d), ma l'esaltazione fino e l'altra parte se ne sta n senza capite,
alla follia è «azione divina che sottrae rifiuta o perseguita. Filone ha µalvecr-
alle circostanze abituali» (Plat., Phaedr. i>a.L esclusivamente col significato della

µalvoµa~
l La corrispondente traduzione tedesca è di U. 4 I LXX considerano Ja µa.vltt come una pre-
V. WILAMOWlTZ-MOELLl!NDORF (1923). cisa punizione del peccato (Os.9,7, cfr. Zach.
2 E. RoHDE, Psyche u 9·'0 (1925) 4. 12,4; Deut.28,28.34). Anche la µa.vla. profetica
viene valutata negativamente; tuttavia lEp.36,
3 W. F. OTTO, Dio11ysos (1933) 132, 26 distingue tra profeti autentici e falsi.
iw:lvoµttL (H. Prcisker)

falsa illusione in vit.Mos.1,161; leg.Gai. ta l'apologia di Paolo davanti ad Erode


233; Flacc. 162; cher. 32; spec. leg. 3, Agripp·a II nella sede del governatore
126; agr. 84 (7tEpÌ -i)oovct<; xat èmi)u-
Pesto. Impressionato a quell'annuncio,
µla<; xat Epw·ra.<; ét.xai}Éx-covi; µEµ11vwi;,
«illuso nei piaceri, nelle male voglie e che è caratterizzato dalla cultura rabbi-
negli amori incontenibili»); perciò il nica e dall'ardore passionale di Paolo,
verbo sta con 1tapa7talw in som.2,83;
e al messaggio circa la vittoria sulla
Flacc.6; con µd}uw in leg. all.3,210 (o
~tdMwv µÉ\1-coi xat µEµ11vwi; fo-cw) e morte del Cristo risorto ( v. 2 3 ), anche
in contrasto con o-wcppovEt:v in cher.69. il governatore romano non può rima-
Giuseppe Flavio ha µalvEo-i)ai col signi- nere indifferente. Tuttavia non si lascia
ficato di esser pazzo in Ap.1,204; la co-
struzione della torre di Babele appare a sopraffare dal messaggio; e allora non
Dio come pazzia in ant.1,II6 (oihwi; oÈ. gli rimane che sottrarsi a questa atmo-
µf.µt)v6-cai; a.1hoù<; òpwv 6 i}E6i;); il vo-
sfera di estrema tensione e respingere
cabolo in bell.1,352 ( = ant.14,480) si
riferisce alla smania dei vincitori ( Wlj- Paolo con l'unico gesto per lui possibi-
'ltEp (.LEµt)VO-tE<;). le e dirgli (v. 24): «Tu stai delirando»,
il tuo fantasticare, il tuo pensiero e la
Nel N.T. µalvoµct.i viene usato solo tua conoscenza dei più profoncli misteri,
per contraddistinguere i messaggeri di la tua 'scienza trascendente' e il tuo inau-
Dio con il loro inaudito annuncio. Co- dito messaggio ti fanno sragionare. Quel-
sì Io. 10,19 ss. riferisce come, in base le che per il credente sono «parole di ve-
al messaggio di Gesù, sorga fra i Giu- rità e di saggezza» ( Ò:À:r1iMac; xa.t ljW-
dei una divisione. Quelli che non lo ca- cppocruvt)c; pi)µct~a. v. 25), per il non
piscono nelle sue pretese e nel suo an- credente sono un µalvE<T11ctt. In I Cor.
nuncio, incapaci di accogliere l'evento 14,2 3 la glossolalia da Dio ispirata, ap-
unico delle sue parole, lo rifiutano ac- pare necessariamente un comportamen-
contentandosi di dire che «ha uno spi- to folle agli ospiti non cristiani dell'as-
rito cattivo ed è fuori di sé» ( 10,20 ). semblea. Il non credente si trova da-
L'inaudito invero appare alla miscre- vanti a questo dono dello Spirito senza
denza come una pazzia. In Act. 12,15 comprendere nulla e rifiuta questa for-
alla domestica Rode, venuta ad annun- ma d'annuncio carismatico, consideran-
ciare che Pietro, liberato dalla prigio- dolo un discorso pazzo. Cosl nel N.T.
ne, sta alla porta, i discepoli ribattono 1..i.alvE<ri>a~ esprime il giudizio di chi non
«sei pazza»; µalvw·Dai è qui riferito a crede sulla testimonianza pervasa dal-
chi reca la notizia d'un incredibile mi- la forza di Dio, sulla incomprensibile
racolo di Dio. In Act.26,1-23 è riporta- azione salvifica di Dio.
H.PREISKER
µaxaptoç A (F. Hauck)

i' µax<ipwç, t µaxapl~w,


t µaxapLcrµ6ç
SOMMARIO: sconosciuto a Omero, designa propria-
A. Uso linguistico greco. mente chi ha un buon demone e si ri-
B. La /orma stilistica del macarim10. ferisce quindi all'origine della sensazio-
C. µaxafMç nei LXX e nel giudaismo.
ne di felicità 3 • Significa anche sempli-
cemente ricco. Come espressione della
D. Il gruppo di vocaboli nel N.T.
felicità interiore diventa un concetto fi-
losofìco dominante 4• All'uso linguisti-
A. USO LINGUISTICO GRECO co volgare tale vocabolo sembra essere
rimasto estraneo. Anche EÙi:vx1Jç, colui
p.ccx6.ptoc; ricorre dapprima in Pinda- che gode d'una buona sorte, che ne è
ro, come vocabolo poetico, più tardi an- favorito, è parola piuttosto elevata.
che nella lingua volgare; è forma se- Conforme alla sua appartenenza a
condaria di µ&.xccp. Quest'ultimo origi- p.axa.p, µaxap1oç descrive anzitutto lo
nariamente è applicato, nella gran mag- stato felice degli dèi, al di sopra delle
gioranza dei casi, agli dèi ( ot µ1hctpEc;; pene e delle fatiche terrene, e sorpassa
Omero riferisce solo 8 volte µ&.xa.p a quindi il semplice EÙoa.lµwv 5 • Cosl µa.-
uomini) e designa la sublime felicità di xapLoc;, come µaxa.p, vien riferito an-
una vita che è al di sopra d'ogni preoc- che ai morti, che sono passati alla vi-
cupazione, lavoro e della stessa morte ta degli dèi, priva d'ogni dolore 6 • Da
(Horn., Od.5 17) 1• µaxa.p passa poi a in- Aristofane in poi µa.x&.ptoc; diventa un
dicare gli uomini e designa lo stato, si- vocabolo comune della vita d'ogni gior-
mile a quello degli dèi, che si gusta nel- no e quindi si scolora, sicché viene evi-
l'al di là, sulle isole dei beati 2 • Il sino- tato da poeti (Eschilo, Sofocle) e retori.
nimo poetico OÀ.~LOt; loda la felicità U - Esso comincia a designare lo strato so-
mana, in cui possesso e felicità sono di ciale dei ricchi, che per la loro agiatez-
nuovo concepiti come inseparabilmen- za sono sottratti alle preoccupazioni e
te collegati. Evoa.lµwv, altro sinonimo, alle angustie d'ogni giorno (Plat., M eno
µax&.ptoç X"tÀ..
G. L. DIRICHLET, De Veterum Macarismis, s Epicur., in Diog.L.10,123 (27): TCpw-cov µÈv
RVV 14,4 ( 1914); J. H. H. ScHMIDT, Synony- 'tÒV DEÒ\I s<!Jov lXcpDap'tO\I xal µaxapLO\I VO•
mik d. griech. Sprache IV (1886) 402 ss.; L. l.tlswV, wc; Tt xOW'IÌ -cov 1tEoii V6TJO'L<; 01tEYPOC·
ScHMlDT, Ethik d. Griecben u (1882) 133 ss.; CJITJ, µT]DÈ\I µTj'tE 'tT]ç ci.qiDapcrlm; àÀ.À.6't(JLO\I
E. NoRDEN, Ag11ostos Theos (1913) 100 notar. µ1)'tE -cT]c; µaxetpL6't'T)-COç CÌ.\IOL'.>CELOV aò-.ii>
l µ6.xapEç itEot alÈ.v Mv-ceç.
1tp6cra1t-ce:· 7tiiv SÈ -cò qiu"ì..&.-c-cew aò-cov ouv&.-
µEvov 'tTJ\I µE't<Ì. aq>Dapa-l~ µaxapL6"tTJ"t"<:t 7tE-
2 Hes., op. 141 ss.: µ&.xapEç DVTJ"tol; µo..x&.- pL aò-còv 86l;et?;E, «anzitutto ritenendo Iddio
pwv vljcroL, cosi da Esiodo in poi; dr. op.170 come un vivente incorruttibile e beato, come
s.; Theogn.1013; RoHDE'.'0 1 308 n. x. comunemente si è descritta la conoscenza divi·
l Hes., op. 826: eMalµwv "tE xal <SÀ.~toc;; na, non attribuirgli nulla che sia alieno dall'in-
Plat., Tim.90 c. corruttibilità né sconveniente alfa beatitudine;
4 Aristot., eth.Nic.1 ,2 ss. p. 1095a 16-1099b 8; pensa invece di lui tutto ciò che è in grado
7,14 p . n53b 9-21. M. H EINZE, Der Eudamo- di garantire la sua beatitudine insieme con la
nrsmus in dcr griech. Phi/osophie, Abh. der incorruttibilità».
Sachs. Gesellschaft d. Wissenschaften zu Leip- 6 Plat., leg.12.,947d; cfr. inoltre l'uso cristiano
zig (1883) 645 ss. posteriore, P. Giess. 1 55,6.
1.1.a.xapLoç B (F. Hauck)

7ra: xtvowEuw eroi ooxEi'.v µaxapi6c; prima in Plat., resp. 9, 591 d : oùx ÈX·
·ne; ELVat, «rischio di apparirti come un 1tÀ.r)'t't'OµEVOç \mò 'tOU "t'W\I 1tOÀ.À.w\I µa.-
beato») 7• Spessissimo 1.1.axaptoc; compa- XC1.ptcrµou, «senza lasciarsi scuotere dalla
re come sinonimo accanto a EUOCt.iµwv proclamazione di felicità fatta daIIa mol-
(Plat., resp.1,354 a: o YE EU swv µa.- titudine», riferito alle lodi d'ammira-
xapt6ç 't'E xctt EÒÒa.lµwv ), Aristotele zione con cui il popolo esalta uomini
(~ n. 4) distingue i due concetti, attri- stimati; in Stob., ecl.3,57,13 s., riferito
buendo la perfetta beatitudine (µa.xa- alI'esaltazione d'uno come felice per a-
pi6·n1c;) solo agli dèi - che vivono nella vere provato una gioia: ylVE"ta.t OÈ 6
1lEwpla. - e assegnando invece agli uo- 1.1.Èv E1tC1.tvoc; È1t' CÌ.pE-r~, ò oÈ µaxa.pt(T·
mini, che per la loro natura devono ne- µòç É1t' EÙ-ruxlq., «la lode si dà alla vir-
cessariamente vivere nelle attività ter- tù, la beatitudine si predica della for-
rene, solo la Eù8atµovia, che è alquan- tuna». Aristotele usa per primo il vo·
to inferiore (eth. Nic.rr,8 p. n78 b 20 cabolo come termine tecnico (reth.1,9,
ss.). Più raramente µaxaptoc; è riferito p. 1367 b 33) per significare un macari·
a cose, circostanze, oggetti ecc., come smo 9 •
per es. µmccìpta.L 't'VXa.L (Eur., Tro.327),
f)ioç µa.xaptoç (Cratinus, /r.238 [C.A.F. B. LA FORMA STILISTICA
r 85]; Ditt., Or.519,9 [c. 245 d.C.J: DEL MACARISMO
~\I 't'Oi'.c; µCt.xaptw-rét't'otç ùµwv XP6Votc;.
Il contenuto del verbo µCt.xCt.pisw, sti- Da semplici espressioni di lode si è
mare, dichiarar felice (gratulari), segue chiaramente formato neIIa grecità un
i mutamenti della concezione greca determinato genere, quello del macari·
della felicità (~ coli. 981 s.), cfr. Od. smo, che celebra una persona per la fe-
15, 538; Hdt. 1, 31; Aristoph., vesp. licità ad essa accordata e in particolare
1275; Epict., diss.3,17,5; Vett. Val. 2, pone in risalto il motivo e la condizio-
22 (p. 88,25), detto di chi è nato sotto ne di questa felicità rn. Le forme di tali
buona stella: Ù'ltÒ 1toÀ.À.wv µa.xa.ptcr1}1}- macarismi sono assai varie 11 • Più fre-
crE-çat, «da molti sarà proclamato bea- quente è la formula µmcapLoç oç('tLç)
to» 8 • o anche oÀ.~Loç éicr( 't'tç) 12 ; anche il raf-
Il sostantivo µa.xCt.ptcrµ6c;, esalta- forzativo 't'ptaµa.x~ptoç è molto usato13•
zione di uno come felice, ricorre dap- Il macarismo, accentuando il pensiero
7 Cfr. Plat., resp. I 335 e. ed. U. V. WILAMOWITZ-MOELLENDORF (1910])
B Altri testi in~ DIRICHLET 52 .57 s. e passim. 9 ,1 : 5À~LOL 01. q>tÀÉo\l'tEt;, ~1ti}V taov àv-cEp6.-
WV'tat; altri esempi ~ DIRICHLET 28 s; -)o
9 µ«xapL<rµòc:; BÈ xal EUl:iatµo\ltCTµ Òc:; au-coi:ç
NoRDEN 100 n. I.
µlv -ca1h6.. Cfr. PJut., tranq. an. IX (II 471c):
12 Hes., theog.954 s.: <lÀf3toc:; oc; µlya tpyov
«W µ6.xap 'A-cpdS'l), µotP1JYE\IÉ<;, oÀ~t6Bal­
µov» ~t;wDe.v o\hoc:; ò µaxapLoµòc:; 07tÀwv xat l\I àDava-coicnv <ivucrcrac:; wxlEt 6.-ITTJµav-coc;
t7t7tW\I xat tnpa-ctiic:; 'ltEptxe.xuµi\/T]c:;, «'o bea· xat 6:yfjpaoc:; i;µa-ca 7t6.vi:a, «beato colui che,
to Atride, generato dal fato e felice', questo avendo compiuto una grande impresa tra gli
macarismo prescinde dalle armi, dai cavalli e immortali, abita immune per sempre da sfor-
dall'esercito .raccolto all'intorno». Philo, som. tuna e vecchiaia}>; ibid.933; Horn., hynm.Cer.
2,35 ~ L. SCHMIDT 133 ss. 480; Theocr.12,34: 5ì.(3ioc:; ocr-ctc:; 11mat q>LÀTt
10 ~ DIRICHLET 24. 1.ia-ca XEL\la 6iai-céi,. Menand., /r.u4 (C.A.F.
III 34): µaxapLoc; 00'-ctc; ovcrlav xat \IOU\I ~·
Il Per es. Horn., Od.24,192: oÀ~LE AaÉp-cao XEt ... ; Pind., Pyth. 5,46: µ«xapLoc:;, Bi; ~XELt;
mxi: ...; Menand., adelphi fr. I: w µax6:pt6\I
:X."CÀ.
µe. ... ; Theogn. 1013: à. µ6:xap e.òllalµwv -ce.
xat <lÀ~toc:;, 00'-ctç... ; Bion (in Bucolici Graeci, 13 Aristoph., Ach-400: w -cptoµax6.pL' EùpL-
µaxapLo<; ll'. ttaucK) \J\',jU/ J ';)0.L

fìno a dargli un valore universale, tende ver moglie 20 . La lode vale natut·almen-
a diventi1re una sentenza proverbiale 14 • te per quanti hanno trovato fa grande
Giacché erompe in momenti decisivi, felicità dell'amore 21 • Vale inoltre per il
esso si trova di preferenza in elogi fu- benestante che, possedendo dei beni, ha
nebri 15 o anche in discorsi di vittoria nella vita una buona posizione 22 ; ma
(epinici) 16• Il macarismo è qualcosa che non tarderà ad esser predicato ancor
divampa nel contrasto con una realtà più per chi è dotato di una mente retta
dolorosa; perciò spesso è carico dell'e- o può essere immune da esperienze di
mozione d'un forte sentimento. Per .il dolore. Per quanto riguarda valori inte-
contenuto i macarismi, frequenti lungo riori, viene lodato cbi ha conseguito fa-
i secoli in poesia e in prosa, riflettono ma, onore e intrepida virtù 21 • Sotto
i dolori e le angustie, i desideri e gli l'impressione della vanità delle cose ter-
ideali della grecità 17 • In essi si respira rene, si loda anche il morto 24 o, in con-
la filosofia greca della vita. L'animo dei fronto con l'uomo, l'animale in quanto
Greci, rivolto alla realtà terrena, cerca è libero da preoccupazioni umane 25 . Il
la propria felicità nei beni e nei valori pio è esaltato per i vantaggi esterni e
immediati. Cosl vengono lodati i geni- interiori conferitigli dalla sua devozio-
tori perché hanno figli eccellenti, le ne 26 , così come il saggio per la gioia del-
madri perché i figli sono degni d'ammi- la conoscenza che si trova in lui 27 • Il
razione 18 (cfr. Lc.n ,27), il marito per macarismo sembra aver avuto un posto
aver tl"Ovato un'ottima moglie 19• Ma importante nelle celebrazioni misteri-
viene lodato anche il celibe per non a- che, giacché in esso i misti, in stile e-

'ltllìl) X'tÀ..; dr. 'tPL<; l)J.~toL, Soph. fr.7 53 (T. xa-.Éxov-.' àyallal. Altri testi in ~ DIRICH-
G.F. 308); -tptirµ&.xapE<; Aavaol, Horn., Od. J.ET 43 s.
5,306; -tptuw~alµwv ~viJp, Bacchyl.3,10. Vi 24 Chilon: -tòv 'tE'tEÀEU't"f}xé-.a 1iaxaptl;E (1
sono pure altri rafforzativi. 63,23, DIELS 5 ); Aesch., Pers.712: ...vvv -tÉ CTE
14 Bion 9,1 ~ n . 11. Menand., /r.n4 ~ n. Sl)ÀW llav6v-.a, 'ltptv xaxwv l8ELV ~al>oc;,
12. Hes., theog.95: ò 5' l)J.~to<; ilv'twa Mov- «ora invidio te che sei morto prima di veder
o-m cptÀ.W\l'tat. l'abisso dei malfo. Eur., Tro.II70. Cfr. Vergil.,
15 Testi~ DIRICHLET 45.46 n. 2 . Aen.II,158; Ovid., metam.13,521, riferendosi
a Priamo: /elix morte stia est.
lo Testi ~ DIRICULET 47.
25 Menand., fr.534 (C.A.F. III 159): &1tav'ta
17 ~ L. SCHMIDT II 133 ss.
-tà. 1;4)' È<r-tt µa.xaptw-ta-ta xat '\IOV\I EXOV't'Ct.
18 Hdt. 1, 31, Aristoph., vcsp. 1512: w
Kap- µaÀ.À.o'\I avl>ptii'ltOI) 'ltOÀ.V; Philemon., fr. 93
xlv' wµaxaptE -t'ijç EU'ltat5laç, cfr. Pctronius, (C.A.F. u 507): w -tpLuµaxcipta 'ltttV't'a xat
sat. (ed. F. BiiCllELER-W. HERAUS [ 1922]94,1: 'tpt<réì..Pta 'tà. ill)pl', olc; oux fo-tL 1tEpt 'tOÙ·
O /elicem, inquit, matrcm tuam, quae te talem -twv Myoç. Altri testi in ~ DIRICHLET 55 s.
pcpcril. ~ DIRICHLET 29-32.
26 Eur., fr.256 (T.G.F. 434): µax6:pLo<; ilu-tL<;
19 Horn., Od.24,192; Eur., Alc.915. VOU\I EXW'V 'TLµii llEÒ\I xa!. xÉp5oç (l.U't'r;i 'TOU'TO
20 Menand., /r.1 (C.A.F. m 3): w µaxàpLov 1tOtEi:-taL µlya; Aristot., eth.Et1d.1,4 p. 1215b
llE" yuva~xa OÙ À.aµ~aVW. 11 s.: &.u-tb<; 5' ~irwc; c'{>E-to -.bv l;wv-.a àM·
21 Bion 9,1 ~ n. II. 1tW<; xat xafrapw<; 1tpbc; 'TÒ olxaLO\I 'Ì] 'ttvoc;
22 Bacchyl.5,50: oÀ.~Lo<; éj)"tWL i}Eòc; µoi:p&.v 'tE llEwplac; xoww-vovv'ta frElaç, 't'OV'tov wç U.v-
xaÀwv EltopEv 0-Uv -.• Éml;-fiJ.cp -.ùxq. &.cpvEòv ilpw1tov El1tELV µaxàpLo\I Elvc.n. Altri testi ~
~LO't<Ì.V liLàyELV, «beato colui al quale un dio DIRICHLET 61 s.
ha elargito in sorte dei beni e la possibilità <li 21 Plat., leg.2,66oe: ò µSv à.ra.fròç &.vi]p crw·
condurre una vita agiata». cpp<<lV CJv xat 5lxaLoc; euoalµwv È<T-tt xaL µa-
2l Pind., Olymp.7,II: b o' l)J.~LO<; 8v cpiiµ.o:L x6:pLo<;. Rottnn n' 279,1.
!.l<X.Xaptoç C (G. Bertram)

levato, vengono chiamati felici per l'e- zione e contenuto (due elementi che si
sperienza singolare e immediata della compenetrano) da una proposizione re-
divinità 211 • lativa, da un participio o da una frase
F.HAUCK con éht. È relativamente raro trovare
µa.xcx.plsELV in modo finito; talvolta es-
c. µcx..xapLoc; NEI LXX so nel discorso diretto è aggiunto al
E NEL GIUDAISMO macarismo come introduzione o moti-
vazione. Cfr. Gen.30,13; t1' 40,3; 143,
Spesso nei LXX anche altl'i vocaboli 15; Ecclus 25,7; 31,9. Solo rarissima-
oltre 'eser, con medesime o simili ra- mente si trovano formulazioni differen-
dicali, vengono resi con µcx.xapLoc; o ti, come in Prov.20,7; Ecclus 26,1; 34,
µaxcx.plse:w; cosl in Is.31,9 il pronome 15 (31,17). Qui µaxaptoc;, come EU"tV-
relativo, in Prov.4,14 (Aquila, Teodoz. x1ic; (cfr. Hdt.1,3r.32 [~ coll. 979;
[LXX: sTJÀ.OUV] }, in ljJ 16,x l (Simma- 987]) e Euoa.lµwv, designa lo stato fe-
co), forse anche in Ecclus 25,23, il ver- lice in cui ci si trova, mentre i maca-
bo 'fr, 'camminare', in Num. 24, 17 il rismi di forma fissa esprimono il rico-
verbo Jur, 'guardare'. In Simmaco an- noscimento di questa felicità davanti a
che sbp è tradotto una volta, in Eccl.4, Dio e agli uomini. Come µaxaptoc; vie-
2, con µcx.xaplsEtv, mentre i LXX han- ne usato µa.xaptO''toc; in Prov. r 4, 2 r;
no É1triwEi:v. Qui, come altrove qua e 16,20; 29,18. Esso segue sempre l'e-
là nell'A.T. greco, µaxaplsEw riceve un sptessìone participiale, cui appartiene
senso più sfumato e significa semplice- come predicato nominale.
mente lodare; cfr. per es. Cant. 6, 9; Per quanto riguarda il contenuto, le
4 Mach . 1, 10. D'altra parte esso può benedizioni anche nell' A.T. sono de-
anche significare rendere felice; Ecclus terminate dai desideri e dagli ideali al-
25,23; 45,7; o/ 40,J; cfr. Simmaco: lora prevalenti. Esse appartengono alla
µa.xapLO''tÒc; EO''t(.(L ÈV 'tTI rn; 2 Mach. sapienza di vita dell'A.T. e sono perciò
7, 24: µcx.xaptO''tÒV 7tOLELV. Solo una proprie degli scritti sapienziali 29 ; altro-
volta, in Prov. 31, 28, i LXX traduco- ve si trovano solo sporadicamente. I
no 'fr non con µa.xrx.plsEw (come A- diversi ideali di genere profano e reli-
quila, Simmaco, Teodozione), ma con gioso, conforme alla peculiarità della
7tÀ.OU'tELV. pietà veterotestamentaria, esistevano
Il numero dei macarismi perciò nel l'uno accanto all'altro. Riguardo poi al-
testo greco è un po' aumentato rispet- la loro età assoluta o relativa non si
to all'originale, ma in complesso la for- possono fare affermazioni sicure. Paral-
ma e il contenuto sono rimasti invaria- leli diretti e formali nella sapienza del
ti. La benedizione è introdotta dal pre- Medio Oriente non si sono finora sco·
dicativo µa.xaptoç (-ot) e riceve motiva- perti 30• L'esistenza di raccolte di ma-

28 Cfr. la formula dei misteri eleusini, Horn., religioni e del culto T. ARVEDSON, Das Myste-
hymn.Cer.480: 3>.~toç 8ç -rei&' 3m.cmEv; altri rit1m Christi, Bine- Studie zu Mt. II, 25- 30
testi ~ DIRICHLBT 62 ss. ~ NoRDEN 100 n. 1, (1937) 95 ss., ha inserito il macarismo. Egli si
29 Cfr. F. MAASS, Formgeschichte der Mischna rivolge contro il metodo della critica stilistica
(1937) 64. di E. Norden e pone la beatitudine accanto al·
.lOW. BAUMGARTNER, Isr. u11d altorientalische la formula di benedizione, mantenendo cosl,
W eisheit (1933); IDEM, Die isr. W eisheitslite· soprattutto nel Salterio, il suo carattere cul-
ratur, Literaturbericht: ThR N.F. 5 (1933) tuale di fronte all'unilaterale interpretazione
259-288. In un ampio contesto di storia delle di essa come detto sapienziale, B. GEMSER,
(1/l.lUJ.~~oç \...o\ I...>. m:rcr;11n1

carismi è dimostrata da Ecclus 25,;-ro , 10,8 = 2 Par.9,7. La volontà di Dio è


in cui sono riuniti 9 o IO macarismi, nota al suo popolo, Israele: tale è la
che in parte si riscontrano anche altro- prerogativa di questo popolo, il fonda-
ve. mento della sua felicità (Mal.3,I2; Bar.
Nell'A.T. il macarismo è sempre ri- 4,4}. Sapienza e devozione sono doni di
ferito a persone, mai a cose o circostan- Dio e allo stesso tempo presupposto di
ze. Anche la benedizione della terra di ogni beatitudine. Così non si può intro-
un re che vanta nobili natali (Ecci. ro, durre il pensiero eudemonistico della
l 7) non costituisce un'eccezione, giac- retribuzione neppure dove il compimen-
ché qui per 'terra' si intendono eviden- to di richieste legali sembra essere il
temente gli abitanti sudditi del re. So- presupposto del macarismo, come con
lo nel quarto Libro dei Maccabei si par· una esplicitazione più o meno netta av-
la anche di µo:xo:pLO't1)c; i:oi'.i tEpov 'to- viene nei seguenti passi: t\! 1 1; 40,2.3;
1

itou, «beatitudine del luogo sacro» (4, 105,3; rr8,r.2; 127,1; Prov.8,32 (codd.
12), del µo:x<ipLoc; o:lwv, «secolo beato» B S). 34; I4,21; 20,7; 29,r8; Ecclus 3r
(I7,18) e di µo:xo:pt.01:'1'}<; (cod. S: µa- ( 34),8.9; Is.56,2. Gli uomini col loro
xp,h1)c;) 't"W\I 1jµEpW\I (18,19). I termi- giudizio possono troppo facilmente in-
ni yijpo:ç, ( 7 ,15 ); i}civcx.'t'oc; ( ro,15 ); à.- correre nell'errore (Is. 3,12; 9,15 ). Essi
7toiìvflO"xEw (12,1); tntoµÉvEL\I (7,22) giudicano troppo secondo il successo e-
ricevono parimenti l'attributo di µa.x&.- sterno (Mal.3,15). Cosl anche il macari-
pt.oc;. Differenziandosi in modo signifi- smo pronunciato dagli Egiziani a lode de-
cativo dall'uso linguistico ellenistico, la gli Israeliti in partenza verso il deserto
Bibbia non chiama Dio µo:x&.pt.oç, con va inteso solo in senso soggettivo, come
le sole eccezioni di ITim . 1,rr; 6,15; effetto della terribile esperienza delle
Dio è il dispensatore di ogni beatitudi- piaghe, da cui quelli erano stati rispar-
ne. La beatitudine è pienezza di vita e miati (Sap. 18,1 ), e più che mai il voto di
si riferisce anzitutto ai beni terreni, ~ 136,8.9 sgorga da un cuore assetato di
quali la donna (Ecclus 25, 8; 26, 1), i vendetta. Anche l'A.T. perciò mette in
bambini (Gen.30,13; 4Mach.16,9; 18, guardia contro un giudizio troppo sbri-
9; ljJ 126,5; Ecclus 25,7) 31 , la bellezza gativo, basato sulle apparenze; Ecclus
(Cant.6,9[8]), la prosperità terrena, 1a II ,2 8: 7tpÒ 'tEÀ.EU't'ijç, µ1) µcx.xci:pL~E µ11-
ricchezza, l'onore, la sapienza (lob 29, 0É\ICX., xa.t Év 'tÉxvot.c; a.ù-rou yvwo1H1·
ro.rr, cfr. anche Is. 32,20). Conforme O"E-CCJ.L &:.v1Jp, <<non dichiarar beato nes-
al carattere di tutta la scrittura, la sa- suno prima della morte: un uomo si
pienza di vita è oggetto privilegiato del può conoscere nei suoi figli» . Il voca-
macarismo: Prov. 3, 13; Ecclus 14,20; bolo ebraico 'aharzt, 'fine', è stato inte-
25,9; 37,24; 50,28; t\! 1,1 s. 32 ; 3 Bmr. so dai LXX nei' senso di 'discendenza'33 •
Spriiche Salomos (1937) a 3,13, concepisce il 32 La cura della sapienza è espressa, in parec-
macarismo come una forma che, accresciuta a chi dei passi presentati (Ecclus 14,zo; ;;0,28;
mo' d'inno, è intermedia fra l'asserto e l'am- ljJ 1,2); con il verbo ebraico hgb. I LXX han-
monimento. Cosl pure W. ZIMMERLI: ZAW no per esso, accanto alla versione letterale con
N.F. rn ( 1933) r85 n. 1. 2
µEÀ.E'tTJO'EL ( cod. S ), anche, in Ecclus r4, 20,
Jt A questo si contrappone in Sap.3,13.14 un · 'tEÀ.EU-rlJ'm (codd.BS'A) e in ;;0,28 à.va.:u-i:pa.-
macarismo a lode delle sterili e degli eunuchi qlTJ<TE'taL. Cosl in parte l'omogeneità dei pas-
che, qualora evitino l'impurità e l'ingiustizia, si appare più chiaramente nell'originale ebrai-
vengono esaltati a preferenza dei genitori per- co che non nella traduzione.
versi. C'è quindi un accenno a un'ascesi rigo- 33 Con parole uguali o corrispondenti 'a!Jar'ìt
ristica. Cfr. però J. FICHTNER, ad l. è stato tradotto dai LXX anche nei seguenti
µa.x6.ptoc; C (G. Bertram)

Il concetto principale, che nel paral- ca ti (t}J 3 r ,r.2) e quanti sono stati pre-
lelismo ebraico viene ancor più sotto- servati dalle colpe individuali, per es.
lineato dalla forma negativa e positi- dai peccati di lingua, particolarmente
va34, conisponde per argomento al noto pericolosi (Ecclus r4,r.2; 25,8; 28,19).
detto di Solone tratto dalla storia di Beato va ancora chiamato il pio anche
Creso: 1tpìv o' liv ·n:Àw't1Jcrn, ÉmcrxEt\i nel dolore (Dan.12,12 [LXX, Teodoz.],
1.LTJÒÈ. xa,Àfrw xw oÀBLov, cH.À' e:ù-i-u- 4Mach.7,22), che è inteso come disci-
xfo.., «prima che uno sia morto, biso- plina di Dio (lob 5,r7; tJ; 93,12; Tob.
gna trattenersi e non chiamarlo mai 13,16). Cosi la morte dei martiri equi-
felice, ma fortunato» (Hdt. l, 32). Il vale a suprema beatitudine (4Mach.7,
concetto di e:l'.nux1Jç contraddistingue 15; lo,15; 12,1; pure 18,13). Anche
qui l'effimera felicità terrena. OÀ~LOç_ O, il sinonimo e:Ù'tuxla., che solamente qui,
come dimostra la storia di Cleobi e Bi- in 4 Mach. 6,u 37, ricorre nella Bibbia
tone ( l ,3 l) 35 , µa. JW'..pll;,e:w, si riferisco- greca, designa l'atteggiamento interiore
no alla vera felicità, stabile di fronte al- del martire, determinato dall'imminen-
le vicissitudini del fato. Il senso bibli- te beatitudine eterna. Questo significa-
co di questo ammonimento appare chia- to escatologico è assunto di fatto an-
ramente ncll' indirizzo positivo che il che da µaxripLOç in 4Mach.17,18; r8,
concetto riceve in Sap.2,16: µwca,plS,e:L x9 (cod. A). Il macarismo viene pure
foxcc/W. Òtxa.lwv, «proclama beata la fi- usato più volte nei testi veterotesta-
ne dei giusti». È fa fine l'elemento de- mentari in connessione con le attese e-
cisivo. Essa rivela la vicinanza a Dio scatologiche. Passi come \jJ 71,17 e Ir.
del giusto. Cosl le stesse beatitudini ca- 3 l, 9 (il testo ebraico è differente __,.
ratteristiche della rivelazione biblica si col. 983) hanno certamente significato
riferiscono semplicemente a chi confida messianico. Anche Num. 24,17 sarà da
in Dio 36, a chi spera ardentemente in intendere in questo modo (il T.M. è
lui, lo teme e lo ama: ljJ 2,12; 33,9; differente __,. col. 983), mentre Ecclus
39,5; 83,13; lrr,1; Prov.16, 20; 28, 48,11 si riferisce al ritorno di Elia.
14; Ecclus 34,15 (31,I7); Js.30,18;
Tob.13,15. Il popolo di Dio, i pii da In Filone è raro trovare il macari·
lui scelti sono in quanto tali da dichia- smo in una forma fissa (cfr. som.1,50;
rare beati: Deut.33,29; ijJ 32,12; 64,5; spec. leg. 4,n 5 ). Il vocabolo si riferisce
83,5.6; 88,16; 143,15; 145,5. Beati so- quasi sempre a una realtà trascenden-
no coloro cui sono stati rimessi i pec- te che però per il pio penetra nella sfe-

passi: Prov.i3,18; i4,20 (Exyovoc;); Num.i3, 36 Con 1o stesso significato di µax&.ptoc; si tro-
10; i4,20 (<T1tÉpµa.); lji ro8,r3; IEp.38(31), 17; o
va in IEp.17,7: EÒÀoY1Jµ{Voc; (biirt1k) livl}pw-
Eccl11s 32 (35 ), 22 ( 'tÉXVO'V). rcoc;, 8c; 1tÉ'Itoii}Ev tnt "t(il xup(~, «beato l'uo-
34 li/Il~ m6t al te' asser geber wba[Jarlt6 jinna- mo che confida nel Signore». Cfr. anche Lc.1,
ker 'ff, «non chiamare felice l'uomo prima del- 28.42; Mt.25, 34, come pure lii n7, 26; Mt.
la morte, infatti è alla sua fine che si ricono- u,9. Queste sono parole di saluto, quali si
sce l'uomo». hanno particolarmente. anche in Ps.1,1; u2,1;
ii8,1; Deut.33,29; Is.56,2. Cfr. H. SCHMIDT
35 lvi si dice: 'ApyE~OL µtv yàp 'ltEpio·-cav-cEc;
(1934) a Ps.1,1 e F. BAETHGEN, Die Ps.3 (1904)
ȵa.xlipL~O'V 't'W'V VE'r}VLÉWV 't'T)'V pwµ'r}V, at oè
'ApyEt«L -i·~v µ1)-.Épi:x aò-iwv, otwv 't'Exvwv
a 1,1.
ÈXUpl)O'E, «gli Argivi fattisi intorno, proclama- 37 Qualora non si debba leggere, col cod. S,
vano beati i giovani per la loro forza, le Argi- EÒl!Juxla, come fa DE1ssMANN, in KAuTzscH,
ve poi si felicitavano con la madre di tali fi- Apkr. und Pseudepigr. Cosl pure A. RAHLFS,
gliolh>. LXX.
µaxapLoc; lJ ll'. .ttaucl<J

ra terrena: viene perciò frequentemen- sono esser defìni ti felici da Filone solo
te usato in rapporto a Dio. Anzi, pro- nel senso soggettivo e relativo dell'opi-
priamente parlando, la beatitudine nel nione popolare (conf.ling.164; decal.4).
vero senso della parola può essere attri-
buita con ragione solo a lui. Cosi si di- Cosl in Filone, come nel quarto Li-
ce in Abr.202: ÌiÀ.u1toc; ÙÈ xat &qio~oç bro dei Maccabei, si avverte chiaramen-
xat TIClv-.òc; 'ltctìtouç à.µhoxo.:; 7i -.ou te l'influenza della mentalità ellenistica.
l>EOU q>UCTL<; EÙOa.Lµovla.c; xat µa,xap~6- Le ripercussioni di questa trasformazio-
't''I}'t'O<; 1ta.v-.EÀ.ovc; µ6V'l'J µe-.Éxoucra, «la ne dell'uso linguistico biblico sul terre-
natura di Dio è scevra di dolore e di no ellenistico appaiono ancora più tar-
timore e priva di ogni passione, sola è di, in epoca cristiana, su iscrizioni tom-
partecipe della felicità e della beatitu- bali dei secc. v-vm che, evidentemente
dine». Cfr. inoltre Deus imm. 5 5; r 61 ; senza essere in rapporto diretto con il
sacr.A.C.ro1: µ6voç µaxciptoç. 40; 95; N. T., presuppongono e utilizzano ri-
spec.leg.1,329; 2,53, ecc. La beatitudi- guardo al morto l'uso linguistico di µa-
ne spetta alla natura divina: Deus imm. xb..pLOc; = beato 33•
108; som. 1,94; spec. leg.3,178; 4,48. All'opposto di questa evoluzione, o
123. Solo in quanto la natura divina piuttosto trasformazione, il giudaismo
penetra nella creazione, gli esseri cele- rabbinico ha mantenuto il macarismo
sti e terreni, in particolare gli uomini, veterotestamentario. Cosl Rabban Jo-
possono essere partecipi di essa e quin- hanan ben Zakkai (t c. 80), secondo
di anche della beatitudine divina. Cer- Hag.b.14b, proclama ai suoi due scola-
tamente l'uomo sopportando ogni fati- ri 39 : «Salute a voi e salute alle vostre
ca dell'esistenza terrena - qui Filone si madri! Salute ai miei occhi giacché han
avvicina alle concezioni bibliche - e ac- visto tali cose!». Qui vengono quindi
condiscendendo alla sua tendenza filo- assunti motivi conosciuti. Ovviamente
sofica, può raggiungere questa beatitu- questo gruppo di benedizioni è determi-
dine. Cosl dice in vit.Mos.2,184; ò oÈ nato nel suo contenuto dall'ideale teo-
't'À:rynxwc; xcx.t à.vopdwç ùitoµÉvwv -rcX. logico e legalistico dei rabbini.
oucrxap't'Éprrm. 0"1tEVOEt 1tpÒç µaxapLO·
G.BERTRAM
't''I}'t'ct, «colui che con slancio e con for-
za sopporta le avversità s' incammin.a
verso la beatitudine». Cfr. inoltre vit. D. IL GRUPPO DEI VOCABOLI NEL N.T.
cont.6.13; op.mund.135; 172; leg.all.
1,4; omn. prob. lib.96 (citazione); cher. 1. Il gruppo µaxripLoc;, µaxaplSEtV,
86; det. pot. ins.86; sacr. A. C. 27; rer. µaxapt0"µ6c; è caratteristico nel N.T. in
div.her.111.285; som.1,50; praem.poen. quanto è riferito in gran ptevalenza
63 .122; spec. leg. 2,141. 230; 3,1; 4,
115; decal.104. In Filone quindi il grup- alla singolare gioia - religiosa che vie-
po di vocaboli nel suo significato tra- ne all'uomo dalla partecipazione alla sal-
scendente è già diventato una termino- vezza del regno di Dio. Cosi il verbo
logia. Gli uomini in quanto tali nel lo-
µa.xa,pl~e:LV, che nel N. T. ricorre solo
ro condizionamento terreno, pur essen-
do in una posizione cosl eminente, pos- due volte, in Lc.r,48 designa la bene-

lB Esempi in PREISIGKE, \Y/ort. u 46 s. teriale. Per la spiegazione dei passi veterote-


stamentari ad opera dei rabbini ~ ~pyo\I m,
39 Cosl STRACK-BILLERBECK I r89. Ivi altro ma- coli. 866 s.
991 (Iv,370) µaxu.pLoç D (F. Hauck) (IV,370) 992

dizione della madre del Messia da par- macarismi neotestamentari nei confron-
t<.' di tutte le generazioni (dr. Le. II, ti dell'ambiente 42 . Il N.T. - come spes-
27) e in Iac. 5, rr la lode dei pii per- so i LXX - preferisce incominciare con
severanti ( Ù7top.Elva:v't<J.<;). Il sostantivo µaxaptoc; in forma predicativa e far se-
µaxaptcrµ6ç, che nel N.T. ricorre solo guire ad esso, con l'articolo, la persona
tre volte, riguarda in Gal-4,15 la subli- da lodare (dr. Mt.5,3 ss.; Apoc.1,3; J4,
me felicità di chi ha ricevuto il messag- I 3 e passim) ed eventualmente, in una

gio salvifico e in Rom.4,6.9 la salvezza frase secondaria (él't~ Mt.5,3 ss.; Le.I,
della remissione dei peccati. In entram- 45 e passim), la motivazione o la de-
bi i passi paolini µa.xaptcrµ6ç ha il sen- scrizione della beatitudine. I macarismi
so quasi tecnico di macarismo. Molto neotestamentari sono generalmente in
frequente nel N.T. è µa.xci.pto<;, che in terza persona (conforme ali' ebraico
gran prevalenza è usato in macarismi 'a.fré) 41 • A differenza dell 'A.T., i ma-
diretti 40 • Come nella grecità e nell'A.T., carismi qui non appartengono ai di-
i macarismi sono rivolti a persone. So- scorsi sapienziali, ma all'annuncio esca-
lo occasionalmente tale lode è diretta tologico 44• Anche per questo motivo
a cose materiali, come per es. singole si trovano in prevalenza nei sinottici e
membra del corpo (Mt.13,16: òqi?>a.À.- nell'Apocalisse. Conforme alla grande
µol, w'ta.; Le. l 1 ,27: xotÀ.la., µcto-'tol). tensione provocata negli animi dall'ir-
Questo dipende dalla mentalità giudai- rompere del tempo salvifico, si. sprigio-
ca, che concepisce le membra in certo na dai macarismi neotestamentari una
modo come sedi autonome della vi- intensa emozione (Mt.13,16; Apoe.19,
ta 41 • La formula altrove corrente nella 9 ). Come nei macarismi greci, cosl an-
1ingua greca, compresa quella dei LXX che qui riecheggia spesso la contrappo·
- che poggia sull'ebraico 'afre hii'IS sizione a un falso giudizio su chi sia da
'iiJer -, scompare del tutto nel N.T. (con considerare felice (Mt. 5,3-6. IO s.; Le.
la sola eccezione di Mt. u,6 par.; Le. 11,28; Jo.20,29; I Petr.3,14; 4,14). In
J4,15); questo fenomeno è significati- contrasto con i macarismi greci, tutti i
vo per determinare l'indipendenza dci beni e i valori profani scompaiono com-

40 II N.T. usa soltanto µaxaptoç; le altre e- 41 La forma lucana (in seconda persona) è per-
spressioni greche, come OÀ~LOç, EùOalµW\I ciò secondaria, essendo dovuta al parallelismo
ecc., mancano. con i quattro «guai». Tentativo di una ripro-
41 Cfr. STRACK-BILLERDECI( Il 187 s. duzione aramaica delle beatitudini in C. F.
42 Cfr. --7 NoRDEN 100 n. x: «ove si tratta del BURNRY, The Poelry of our Lord (1925) 166;
rapporto causale» le differenze stilistiche sono K. K6HLER, Die urspr. Form der Seligpreis1111-
«più decisive delle concordanze di pensiero, gen: ThStKr 9x (1918) 157-192.
che possono essersi anche formate in modo in-
dipendente». <H Cfr. BULTMANN, Trod.n3 s.
993 (rv,370) µa.xcipLoç lJ {.t'. i-1auc1tJ

pletamente di fronte all'unico e supre- ferenza di contenuto, giacché anche nel-


mo valore, il regno di Dio, sia che il la forma di Luca, che in parte sembra
pio lo speri, che ne sia certo, che vi ab- più fedele a quella originale, è incluso
bia diritto o che già vi faccia parte. l'atteggiamento pio di quanti vengono
Dalla sovreminente valutazione del re- lodati. La lode di Gesù vale per i pii
gno di Dio risulta un capovolgimento 'anijjlm 41 , che sono descritti in parte
delle valutazioni prima usuali. come miseri oppressi (-> n-cwxol, Le.
Cosl i macarismi neotestamentari con- 6,20; Mt.5,3+ -.Q 1t\leuµa-.t; cfr. Le.
tengono spesso dei sacri paradossi (Mt. l,52 s.; Ps.ro,2; 14,6; 18,28), in par-
5,3 ss.; Lc.6,20-22; I Petr.3,14; 4,14; te come nostalgicamente ansiosi («che
Apoc.q,13). Ciò vale specialmente per hanno fame», 7tEtvwv-.ec;, Le.6,21; Mt.
quei forti macarismi che, evidentemen- 5 ,6 + xat 8tlf;wv•ec; .-f)v òtxmo<ruv11v,
te, già neJla più antica tradizione costi- «e hanno sete della giustizia»; cfr. Is.
tuivano l'introduzione al discorso del 55,I), in parte come penosamente af-
monte 45 • Nella forma incisiva della bea- flitti sia per le tristi condizioni del mon-
titudine si susseguono qui affermazioni do, sia per la propria imperfezione (Le.
fondamentali che manifestano quali uo- 6 ,2 x: xÀalov"tE<;, «voi che piangete»;
mini si possano considerare cittadini del Mt. 5, 4 m:vì}oiJv-cec;, «afflitti», cfr. Is.
regno di Dio in arrivo. Il pathos delle 61,2 s.). Il contrasto è dato sia dai ric-
espressioni si trova proprio nel capo- chi, coscienti del loro valore e non di-
volgimento del giudizio umano usuale. sposti a penitenza, sia dai devoti per
Bisogna notare però che i macarismi di antonomasia, orgogliosi e sicuri di sé
Luca hanno più la forma d'una conso- (Le.18,9). Le beatitudini che Matteo ha
lazione escatologica, promettendo a uo- in più rispetto a Luca nominano uomi-
mini situati in determinate circostanze ni i cui sentimenti corrispondono per
(poveri, affamati, affiitti, odiati) la sal- contenuto alla più alta legge del regno
vezza del regno di Dio, mentre Matteo di Dio: H.e1Jµovec;, «misericordiosi»
mette in risalto maggiormente il fatto- (v. 7), xa.ì}apot 'tTI xapolq.., «puri di
re del comportamento personale mora- cuore» ( v. 8 ), ELP1}\I07tOtol, «pacifici» ( v.
le e religioso e la corrispondenza fra . 9). Anche qui si sente, più o meno, il
retto comportamento e ricompensa ce- contrasto con l'atteggiamento dei 'pii'
1este46. Non esiste tuttavia una reale dif- giudei: davanti a Dio vale la sincera

45 La tradizione lucana (con tre brevi maca- (1929) 61; HAUCK, Lk.83.
rismi, più uno più completo in seconda perso-
na) è aumentata in Matteo a 7+r. Secondo la 47 Cfr.KITTEL, Probleme 53 s.; KLOSTERMANN,
critica testuale Mt.:»5 dev'essere eliminato. Mt.34; W. SATTLER, Vie Anawim im Zeitalter
46 H . WINDISCH, Der Sitm der Bergpredigt ]cSll (1927).
995 (IV, 371) 1wxapLoç D (F. Hcuck)

compassione (Mt.25,31 ss.), non la fred- fedeltà (Mt. 24,46; Le. 12,43) o adem-
da conoscenza della legge; conta la pu- piendo in genere le istanze cristiane
rezza del cuore (Ps.24,4), non la purità (Lc.14,14; Io.13,17) può conseguire la
esteriore che ci fa presumere di essere ricompensa divina. Similmente in Iac.
retti (Mt. 2 3, 26 ); vale la disponibilità l,12 vengono lodati i perseveranti, giac-
disinteressata a servire la pace (---+ III, ché la loro costanza sulla terra ottiene
coli. 242 s.). L'ultima beatitudine, ag- loro sicuramente la salvezza eterna. An-
giunta in seconda persona 48 , indica pa- che nella lode di colui che mette in pra-
radossalmente ai discepoli la gioia di tica la sua religione (Jac.r,25) si pensa
entrare mediante la persecuzione nel- certamente alla ricompensa divina, che
la schiera dei profeti circondati dalla per lui è sicura. In tutti questi casi la
stima di tutti e di poter essere sicuri, luce della gloria divina già s'irradia
come questi, della ricompensa divina sulla misera situazione presente del de-
garantita nel martirio. Il grido di lode voto. Cosl i macarismi neotestamentari
riguarda inoltre la sublime felicità di non rimandano semplicemente al futu-
quanti, a differenza dei giusti di un ro, né lo promettono soltanto, ma illu-
tempo insoddisfatti nel · loro anelito, minano il presente con la luce dell'av-
possono ancora esser testimoni del so- venire. Come nella letteratura greca
praggiungere del regno di Dio (Mt.13, spesso si loda chi è sfuggito a una in-
16 s. par.) 49 • felicità maggiore, cosl sotto la terribile
sciagura del giudizio su Gerusalemme
Si rivolge poi a quelli che hanno ac-
vengon chiamate beate le donne sterili,
colto la decisiva rivelazione di Dio con
che per sé appaiono invece infelici (Le.
retta fede (Le. 1,45; Mt. 16,17), perciò
23,29). Come i grandi figli aumentano
anche a quanti accettano la rivelazione
l'onore della donna, cosi il macarismo
divina senza muovere obbiezioni (Mt.
vale specialmente per la madre del Mes-
11,6 par.) e non avanzano false pretese
sia (Lc.u,27). In una locuzione imper-
verso di essa (Io.20,29), come pure a
sonale, in Act.20,35 viene lodato il 'da-
quelli che con la disponibilità ad ascol-
re' cristiano, opposto all'egoistico 'rice-
tare la parola di Dio offrono la condi-
vere'.
zione idonea alla fede (Le. I I ,28 ). Ge-
sù, come pone l'uomo di fronte al te1·- Mentre i sinottici sono ricchi di ma-
ribile e duplice destino di giudizio e sal- carismi, Paolo ne ha composto appena
vezza, cosl loda chi dando prova di vi- alcuni, e neppure a questi ha dato una
gilanza (Lc.12,37 s.; Apoc.16,15) e di forma chiaramente gnomica. Tuttavia

48 In Matteo è In penultima (secondaria) e l'ul- 49 Cfr. Ps.Sal.17,44.


tima; BuLTMANN, Trad.u5.
997 (rv,372) µaxapwc, D (F. Hauck)

quei pochi sono teologicamente signifi- cioè dall'inizio del!' assalto definitivo
cativi. Il doppio macarismo di Rom.4, alla comunità, troveranno la morte nel
7 s., preso dall'A.T. (Ps.32,1 s.), esalta martirio. La loro opera che accompa-
chi ha ricevuto la remissione delle col- gna l'anima al giudizio (4 Esdr. 7,J5),
pe, che per l'Apostolo è il dono tutto cioè in questo caso la loro costanza nel
particolare della salvezza. In Rom.14, martido, trova l'imperitura ricompensa
22 egli loda colui che nelle sue decisio- di Dio si. Lodato è il cristiano che ha
ni - in questioni incerte circa il giusto dato prova di vigilanza e di perseveran-
comportamento etico - non ha da muo- za nel tempo della fìne (16,15), antepo-
versi alcun rimprovero. Con un com- nendo la promessa celeste a tutte le se-
parativo inoltre esalta, in I Cor. 7 AO, duzioni e ai beni apparenti del mondo.
la donna non sposata che evita la tri- Lodati sono quelli che vengono da Dio
bolazione (1}).iljJL<;) mondana ed è capa- invitati al compimento finale ( 19,9) e
ce di donarsi interamente al Signore. inoltre quanti ptendono parte alla pri-
ma risurrezione, venendo perciò sottrat-
Forte risalto hanno infine i macari-
ti alla morte definitiva (20,6). L'ultimo
smi nell'Apocalisse. I sette macadsmi di
macarismo con una sentenza giudiziaria
questo libro 50 , cui si contrappongono
esalta - di contro a quelli che, non_es-
quattordici minacce (oùcxl), presentano
sendo santi, restano esclusi - quanti in
una forma fortemente gnomica e sono
perfetta santità (nel perdono) e nella
proprio carichi di tutta quella tensione
santificazione sono riconosciuti degni di
che il tempo immediatamente preceden-
entrare nell'eterna città (22,14).
te la fìne comporta per la comunità. Cin-
que macarismi dell'Apocalisse son posti 2. Il pensiero puramente profano di
in bocca ad esseri celesti; sono quindi una dichiarazione di felicità appare in
molto più forti e parlano con altissima Act.26,2.
e indubitabile validità (14,13; 16,15;
19,9; 22,7.14). Il libro è incorniciato 3. Nelle Pastorali µC1.xapLo<;, secon-
dal macarismo in lode di quanti otten- do l'uso linguistico greco-ellenistico(~
gono e conservano la beata rivelazio- coll. 977 ss.), descrive la beata sublimità
ne dei misteri divini ( l, 3 conferma- di Dio .al di sopra del dolore e della ca-
to in 22,7 ). Beati vengono chiamati ( 14, ducità terrena (I.Tim.1,n; 6,r5)s2• In
r 3) i testimoni di Cristo che &.7t' &p'n, una locuzione impersonale µC1.xapLo<;, in

so LOHMEYER, Apok.r8r s. 52 Cfr. Epicur., in Diog. L.rn,123 (27) ~ n.


st LoHMEYER, Apok. r86 s.; BoussBT-GRESS- 5; altri testi in DrnELIUS, Past.15 s. a r Tim.
MANN 285. 1,n e 19 a r Tim.1,17.

Jl g notl~ ks s lco-vl
999 (IV,373) µ&.xEÀÀov (]oh. Schneider) {rv,373) 1000

Tit.2 ,13, diviene attributo della speran- quel Dio che è eterno e quindi beato 53 •
za cristiana, che partecipa alla sfera di
F.HAUCK

tµaxEÀÀov

Recinto, reticolato, luogo cinto con latino». Comunque sia, µ&.xeÀÀ.o\I è di


una siepe (il nome della città siciliana origine greca. Una derivazione dal la-
McbtEÀÀa designa una colonia come tino 3 è esclusa giacché il vocabolo af-
luogo cintato), mercato di generi ali- fiora già nel 400 a Epidauro (in una
mentari. Il vocabolo secondo Varro, de iscrizione sul tempio di Asclepio in At-
lingua Lat.5,146 (ed. Goetz e Schoell) golide: GDI III 1,3325,ro7.296.298.
è d'origine dorico-ionica. Moderni eti- 301) 4• Tuttavia il latino macellum ap-
mologisti presumono però che derivi pare più frequentemente nelle iscrizioni
dalle lingue semitiche: lo fanno risalire romane in Italia e nelle colonie di lin-
all'ebraico mikta, 'chiusa, recinto, spa- gua latina che non il greco µaxEÀÀov
zio cintato' 1• A favore di questa deri- nelle iscrizioni greche 5 . L'aramaico mq-
vazione starebbe anche la spiegazione wljn va ritenuto un imprestito6 dal la-
di Hesych. 3,6 5: µaxÉÀ.a.· cppayµa:ca., tino o dalla koiné 1 •
opucpa.x'tOL (recinto); µaxEÀ.oç· Spucpa.x- In greco oltre al neutro µ(bc:EÀÀO'J
'tOc;. In epoca ellenistica il µaxeÀ.À.ov è c'è il maschile µocxEÀÀoc;, che però può
stato considerato essenzialmente una co- esser chiaramente riconosciuto come
struzione romana. Lo Hahn 2 presume maschile solo in pochi passi (BCH 20
1
che il vocabolo sia passato dal greco al [ 1896] 126 r. 45 [ = Ditt., Syll. 783,
latino, indi sia ritornato nell'uso lin- 45]; sebo!. Aristoph. eq. 137 [ed. G.
guistico greco «come termine ritenuto Dindorf IV 2 (1838) 184] 8; IG v 2,

SJ Cfr. µa.xa.pi1nàç H:itloa.ç, D1Tr., Or.383, la presenza del latino macellum in iscrizioni, in
108. H. DEss11u, I11scriptiones Latinae Selectae Il
.1 (1902) nr. 5578-5592. Ancora più completo
1.uixsÀÀov
è l'elenco in K. SCHNRIDER, in PAULY-W. xiv
1 Cosl A.WALDE, Lat. Etym. Worterb. 1(1910) l ( 1928) 129 ss.
450 e: Indogermanische Forschungen39(1921) 6 Cosl S. KRAuss, Griech. u. lat. Lehnworter
82, MouLT.-MtLL., s.v.; H. L!!WY, Die semiti-
im Talmud II (1899) 349; Talmudiscbe Archiio-
schen Fremdworte im Griech. (1895) III s. logie II (.19I1) 365 s.; STRACK-BILLERBECK J1I
2 L. HAHN, Rom und Romanismus im griech.- 420. Sul modo di scrivere il termine cfr. DAL-
romischen Osten (r906) 249 n. 6. MAN, Wort. 2, s.v.
3 Cosl BL.-DEBR.6 6, n. 2. Ma ora il Debrun- 7 Cosl BL.-DEBR.6 6 n. 2.
ner respinge questa tesi (in una comunicazio- s Il passo suona cosl: ò oÈ xuxÀoç 'AD1}vn-
ne epistolare). u(v l<r·n xa.M'!tEP µ6.xEÀ.Àoç EX -i:-ijc; xa-i:a-
-t Cfr. A. CAMERON: Amerkan Journ. of Phi- crxEvfjç 't''Ì}V 1CpOC11}yop(a.v Àa.(3WV • ~vl)a. o'i)
lology 52 (1931) 249 s. m TCpa<rXE't'lli xwpLç XPEWV ,;b. &>..>..a. {;)vLa,
s Una buona raccolta di esempi che attestano xat t!;aLphwç 8È ot lxWE~.
1001 (IV,373) µ<XXE/wfl.OV u u n . vl'.llllClUCl°)

l
I
9
268, 4 5) • Il vocabolo è attestato in xEÀÀapLov (mercato degli alimenti), P.
iscrizioni greche della Frigia 10, della Oxy. v1 rooo: -cou yi;;oux,Lx(ov) µaxEÀ.-
Pisidia 11 , di Mantinea 12 e di alcune al- Àap( lou ). In una iscrizione dell'isola di
tre città dell'Asia Minore 13 e nel con- Delo (sec. II a.C.) si legge: lhJpo:ç µa.-
tinente greco 14 • XEÀÀwi:cic; (=munite d'infettiate: Inscr.
È sorprendente - e ciò va a favore Delos [ed. F. Durrbach I929] 442 B
della tesi di Habn (~ n. 2) e di altri 238).
- che il vocabolo si trovi solo in due Il vocabolo non indica solo il mer-
scrittori greci: in Plut., quaest. Rom. cato della carne, ma in generale il mer-
54 (u 277d) 15 e in Dio C.6r,r8. Dio- cato dei generi alimentari, di cui il mer-
ne Cassio lo spiega con à:yopèt. .-wv 1:$- cato della carne è una parte. Grazie
lfiwv, «piazza delle carni» 16. Nella let- agli scavi ci è nota Ja struttura del µa-
teratura greca cristiana riappare solo xE).Àov 18. Essa era uguale press'a poco
molto tempo dopo Paolo, in Pall., hist. dappertutto: un peristilio rettangolare
Laus. 22 (MPG 34, 1066 D); Socrates, con al centro una fontana, su cui si
historia ecclesiastica I, 38 (MPG 67, inarcava un tetto a volta, sorretto da
I77 A); Asterius Amas., homilia 2I in colonne (tholus); ai lati le botteghe;
psalm. 7 (MPG 40, 473 B). Inoltre ri- davanti ad esse (generalmente) dei por·
corre in un papiro greco dell'Egitto: P. tici. A Pompei sul lato minore orien-
Herm. I 127,3 verso 5 (263/4 d.C.) tale si trovava una cappella adorna di
(calcolo di costruzione proveniente da statue e adibita al culto dell'imperato-
Ermopoli): 'AopLavElou xo:t .-i]ç ÉX ÀL- re; a sud-est c'era probabilmente uno
~òç ~.-oaç xo:t µo:xÉÀÀov xo:i ~i:oaç spiazzo per i banchetti sacrificali 19 •
ÈX•Ò<; µo:xÉÀ.Àou, costruzione «del tem- Di grande importanza è la conferma
pio di Adriano, del portico a mezzodl, che il dato paolino di I Cor.10,25 tice-
del recinto e del portico fuori del re- ve da un'iscrizione latina trovata a Co·
cinto» 17 . Nel sec. VI si trova i:Ò µo:- rinto, contenente la parola macéllum 20 •

9 Secondo LIDDELL-ScoTT, s.v., il maschile si 13 Iscr. di Magnesia 179,21.


ha anche in P. Lond. (ined.) 2487A3 (cfr. an- 14 IG
IV 2,102.107 (Epidauro); IG V 1,14917
che µa.xEÀ.ÀttpLoc;, Aesop., ed. C.HALM [1868] (Sparta).
134). Nel greco moderno la parola è usata al 15 A.ià -rl 't<Ì xpEonwÀLtt «µ&.xEÀÀa» xo:t «µa-
maschile. Cfr. G. MEYER, Neugriech. Studie11 xÉÀ.Ào:c;» xa:>..ou<n;
m. Die lat. Lehnworle im Neugriech.; Sit-
zungsberichte der Wiener Akademie, phil.-hist.
16 T6'tE µÈv òi) -.ocro:u-ro: aw-rf)pLa, wc, 6i) ~­
ÀEJ'EV, ÈWp't<XO'E, xa.l -t-fi'J &.yopàv 'tW'J oljlwv,
Kl.132 (r895) 4r: µttXEÀ.À.oc,, macello. In la-
't~ µttXEÀ.À.O\I WVOµttcrµÉ\10\1 XO:i>LÉ(JWCTE.
tino il maschile macellt1s è attestato in Mari..
10,96,9; cosl pure in L. Pomponius, fr.38 (0. 11 Cfr. C. WESSELY, Die lat. Eieme11tc in dcr
RIDBECK, Comicorum Roma11oru111 Fragmenla Grii:dtiit d. iigyptische11 Pap.-Urktmden; Wie-
n' [1898] 276). ner Studien 24 (1902) r38.
10 BCH 17 (1893) 261 r. 45: ii J'Epovo"la. i:à 18 Cfr. PAULY-W. XIV l (1928) l29ss. (K.

sUJ'O<T'tttO'La. 1tpÒc, i:<!) µo:xÉÀ.À!f> ~x i;wv l6lwv SCHNEIDER): «M~cellum». Sul macellum di
1tOtlJO'av-.a. (Frigia). Pompei cfr. A MAU, Pompeji in Lebeti und
Il Vedi K.LANCKORONSKl, Die Stiidte Pamphy-
Krmst (1900) 85 ss.
liens und Pisidie11s II (1892) nr. 250 r. 4 (iscri- 19 La pianta del maceil11111 di Pompei è stata
zione proveniente da Selga: µa.]xÉÀov). ricostruita oltre che in MAU, op.cit., in LIETZ-
12 BCH 20 (1896) 126 r. 4.5 (µttxEÀ.Àoc; ÈX MANN, I Kor.52.
ftEµEÀlwv ùtl>oiho 1toì..u-rEÀ:T1c;) ( = D1TT., Syll.1 20 Corinlh Results of Excavatio11s conducted
783,45; IG V 2,268,45). by tbe American school o/ classical studies at
µa.xp~v (H. Preisker) (Iv,375) 1004

Secondo le indagini di H. J. Cadbury21 , pli pagani. Probabilmente in una città


questo macellum esisteva al tempo di come Corinto era difficile che fosse in
Paolo 22 •
vendita altra carne 23 • Paolo proibisce cli
Paolo in I Cor.10,25 dà direttive sul interrogarsi circa la provenienza di
modo in cui i cristiani devono com- quella carne, perché la coscienza dei cri-
portarsi riguardo alla carne comprata al stiani non venga gravata senza neces-
mercato e proveniente spesso dai tem- sità 24.
JoH. ScHNEIDER

t µaxpav t µa.xp61lEv
µa:xpocv è una forma avverbiale al- 1tE0'1Cao-µih101 &:n:ò uou, «affinché non
l'accusativo usata come indicazione di siamo portati troppo lungi da te». µa-
tempo e di luogo (è sottinteso òo6v ). xp6-fi'Ev, di lontano; Chrysipp. in Athen.
µaxp6ìJEV è un avverbio di luogo in 4 (p. 137 s.); Strabo, 3,3,4: µa.xpoìJEv
-ìJEv; non viene mai usato per il tempo. 'tE pÉwv ?tapà. Noµav'tla.v; Epict., diss.
Questa antica forma, che risponde alla ·~
I' I 6 , II: µaxpouEV ,
XEXpayEV •,µwv E-
,J.. - '

domanda «da dove?», è anche precedu- xaO''tOU lJ <pUCH<;, «da lungi grida fa na-
ta dalla preposizione cbt6, che rafforza tura di ciascuno di noi»; Ael., nat. an.
analiticamente quanto già indica sinte- r5,I2; P. Tebt. 230. µaxpav col geni-
ticamente il suflisso --fi'Ev 1• tivo: Eur., Iph. Taur.629; Polyb.3,50,8.
a) Come avverbio di luogo µaxpciv b) Come indicazione di tempo: µa-
significa molto lontano; Aesch., Prom. xpav, Soph., El.323: È1td -.av ou µa.-
312: µaxpàv civw'tÉpw ìJa.xwv, «che xpà.v itswv Èyw, «poiché lontano non
troneggia molto più in alto»; Soph., Oed. avrei potuto vivere»; Eur., Med.u58:
Tyr. 16; Phil. 42 : 'ltpocr{3al11 µa.xpciv; µaxpocv &.7tEiva.1; Xenoph., Cyrop. 5,4,
Plat., leg. 4,753a: µ.a.xpàv cbto~xoucrw; 2 l: oùx Elç µaxpciv (in un tempo non
Xenoph., an.3,4,17; P. Zen. (Preisigke, lungo). Perciò detto di discorsi signi-
Wort.) 59605,3: oò µa.xpciv uou à"JtÉx,o- fica prolisso: µaxpò:v À.ÉyEW, -tElvew
µEv, «non siamo molto lontani da te»; (Aesch., Ag. 1296), ÈX'tEtVELV (Aesch.,
59647,13; O'ltW<; µi) µa.xpàv wµEV &.- Ag.916). Infine µa.xpav è usato come

Atbens vm 2: Latin inscriptions (1896-1926) PAULY-W. XIV l (1928) 233. Secondo CADBU-
ed. by A. B. WEsT, Cambridge (Mass.)(1931) RY, op.cit. 138 n. 14, l'iscrizione è «in ogni
xoo ss. nr. 124 e 125. Il vocabolo latino macel- caso» anteriore al 40 d.C.
lum indica inoltre che Corinto, colonia roma- 23 Cosl JoH. WEiss, r Kor.263.
na, aveva un'impronta fortemente romana. 24 Cfr. ScHLATTBR, i Kor. 303; LrnTZMANN,
21 The Maceliu111 o/ Corìnth: JBL 53 (1934) Kor.51 s.
134 ss. Cadbury dà una descrizione dettaglia-
ta dei risultati degli scavi. µaxpa'V
22 Ibid.14os. Q. Maecius, nominato nell'iscri- I K . DIBTERicu, Untersuchungen :wr Gesch.
zione nr. 124, appartiene probabilmente all'i- der griech. Sprache: Byzantinisches Archiv r
nizio dell'età imperiale. Cosl J. GEFPCKEN, in (1898) 183 s.
~~axpa\I (H. Preiskcr)

preposizione: µaxpcb.1 ·nvoç, P. Oxy. I pure tali espressiom s1 riferiscono alla


113,18. lontananza dell'uomo da Dio (Ier.2,5:
c) où µaxpav come indicazione del- Ò.7tÉCT"C'TJ<rav µa.xp&.v &.'Tt' ɵou) 2 o dal-
la vicinanza di Dio in Dio Chrys., or. la giustizia (ot µcx.xpàv cbtò -tf}c; s~xmo­
12,28 (1 162,10 ss., ed. J. van Arnim <iUVT)S, Is.46,12). In Deut.30,u µcx:x-
[!893]): &:te yà.p ov µaxpà.v ovo'E!;w. pav significa inattuabile, irraggiungibile:
't'OV 'Ì)'dov oi~xt<rµÉvot xa.iJ' È.av't'ouç, 1) ÉV't'OÀ1Ì ... ouoÈ µcx:xpàv CÌ.7tÒ <iOU, «il
àÀÀà. ÉV wh(i> µfo~ 7tEq>UXO't'E<;, µa.À- precetto non è per te inattuabile». Il
),ov oÈ <rVµ1tEq>UXO'n:c; ÈxELV~ xai 1tpO<i- contrario è Éyyuc; (Is. 57,19; E:t. 6,12;
ex6µEVOt 1ta\l"C'U 'tp01tOV, oùx EOU\llJ.V"C'O Esth.9,20). Con significato etico-religio-
µEXPL 7tÀElovoc; açuVE't'OL µEVELV, «sta- so µo:.xp&.v è spesso usato nella lettera-
biliti non lungi dal divino né al di fuo- tura sapienziale come esortazione a
ri di esso, ma nati in mezzo ad esso, anzi mantenersi lontani dalla colpa (Prov .4,
cresciuti e fondati al tutto insieme con 24; 5,8; Ecclus 15,8); il peccatore si
esso, non poterono restare ulteriormen- sente lontano da Dio (tlJ 21,2), la sal-
te stolti». vezza è lontana dai peccatori ( ljJ l 8, r 5 5 ),
Anche nei LXX i due vocaboli si tro- da essi Dio si tiene lontano (Prov.15,
vano usati: a) come indicazione di luo- 29).
go. µaxpà.v: Gen.44,4; Num.9,10; Is. b) Come indicazione di tempo è
27,9; Prov.2,16; 13,19; Ecclus 13,ro e usato quasi esclusivamente µcx:xpav: 2
passim; molto frequente è µ<x.xpà.v à- Baa".7,19 (El<; µaxp&.v); Ecclus 16,22;
1tO: Deut.13,8; 14,24; 20,15 (ò:.nò <rou); lEp.36,28 (µa.xpav ÉO''t'LV, «c'è ancora
Iud.18,7; ~ n8, 155 (µaxpà.v &:rcò à.- tempo»); Ez. 12, 22 (µaxpà.v a.t 1}µÉ-
µap'toÀwv ); µ<x.xpà.v CÌ.7tÉXELV: Ioel 4,8; pa.t, «i giorni vanno per le lunghe»).
Ez. 22 ,5 ("t'ai:c; µa.xpà.v à7texou<rcw; Ò'.1tÒ Riferito al tempo µaxp6?1Ev ( = da mol-
O"ou); r Mach.8,4. µaxp6i>Ev: Gen.21,16; to tempo) è attestato solo una volta in
22,4 l Ba<r. 26,13; \)1 137,6; Is. 60>4 e 4Bcx:<r.r9,25 nella lezione di Origene.
passim. Come si dice é:wc; Elc; yfjv µa- c) Come preposizione (col genitivo)
:x;pav (Mich. 4, 3 ), così si usa pure Éx troviamo µa,xpav in Ecclus 15,8. Anche
yfjc; µaxp6i7Ev (2 Par.6,32; Ier.4,16; 8, Giuseppe ha µcx:xpà.v con significato lo-
l 9); si trova CÌ.7tÒ µa.xp6ikv fo-t'f)<i<X.V cale (ant.8,108: Dio è presente nel tem-
(tV 3 7,I2 ), come acpÉ<r"C''f)X<X.<; µa:x;poÌkV pio [ rctipet xat µaxpà.v oùx &.q.>ÉcT-t'f}-
(tjJ 9,22). µaxp6i7Ev è ancora particolar- xac;]) e temporale (ant.6,278: ringrn-
mente usato per esprimere la distanza ziamento oùx dc; µaxpav, «entro bre-
che si tiene dai luoghi santi in cui Dio ve tempo»; 20,153).
appare: Ex. 2o,18 (q.io~TJiÌÉv-.Ec; SE. 7taç
b Àaòc; li<i-c'f)O'a\I µCf..xp6i7Ev); 20,21; 24, Nel N.T. µaxp&.v e µa,xp6i7Ev ricor-
I ( 7tPO<iXUV1jO"OUO'W p.cx,xp6i7Ev -ci{> xu-
pL{{) ). rono:
In senso traslato entrambi i termi11i 1. Con significato ongmario come
indicano la lontananza di Dio (tjl 9,22: avverbi di luogo; Mt.8,30 : 1}v oÈ µcx.-
~va 't'l, xupLE, CÌ.q.>ÉO''t"nxcx:c; µaxp6i7Ev,
xpà.v a1t' ai'.nwv &.yÉÀ'I'} xolpwv 1tOÀÀwv
«perché, o Signore, ti tieni lontano?»),
o mostrano che la salvezza (Is.59,n} o ~ocrxoµEVTJ, «SÌ trovava lontano da essi
la giustizia (Is.59,14) sono lontane; op- un gregge numeroso di porci al pasco-
2 fa:.u ,r5: µaxpCÌ.\I 6:.7tlXE'>E a:1cÒ "tOV xuplou, derata come la dimora di Jahvé.
pensa alla lontananza dalla terra santa, consi-
1007 (IV,375) µrx.xp6:v (H. Preiskcr) (IV,376) 1008

lo». In Io.21,8 si dice che i discepoli distanza che le donne avvertono di fron-
sul lago «non ... erano lontani da tetra» te all'azione di Dio sulla croce. Vene-
(où ... -rjucx.v µcx.xpà.v ét:nò "tf)c:; yi]c:;). In razione e pia adorazione esigono di-
Act.22,21 Paolo raccontando la sua con- stanza e silenzio. Su questa linea si col-
versione dice che la sua missione lo por- loca pure Lc.16,23, dove del ricco epu-
terà ELç ìHhrr1 µcx.xpciv. Anche µcx.xpMEv lone si dice: xcx.L Èv "téi) <'toTI Èmipac:;
è semplice indicazione di luogo in Mc. -coòc:; Òq>lJcx.À.µoòc; cx.v"tou, ... opfi. 'ABpa.-
u,13: lOwv cruxfjv (fìco) <Ì.'ltÒ µcx.xpé- ൠà.1tò µcx.xpoilEv, «e nell'Ade, levan-
lJEv. Anche dell'indemoniato di Gerasa do gli occhi, ... vede Abramo da lonta-
in Mc.5,6 si dice che vide Gesù da lon- no». Qui 1' espressione 6:.7tò µa,xpoilEv
tano (xal. lowv "tòv 'hJO"ouv à.7tò µcx.- indica, con l'immagine dello spazio, il
xp61JEv ). In Mc.8,3 si dice che tra le grande abisso esistente fra cielo e infer-
4000 persone circa raccolte intorno a no. Cosl pure c.btò µa.xpolJEV in Apoc.
Gesù alcune erano venute da lontano 18,10.15.r7 esprime la distanza, lo spa-
(xcx.l "tWec:; a.ù-rwv &.7tò µa.xp6ikv Elcrlv ). vento numinoso con cui «i re della ter-
In Mc.14,54 si narra che Pietro seguì ra>>, «i mercanti», «i nocchieri», «i bar-
Gesù fin nel cortile del sommo sacer- caioli» e «pescatori» apprendono il giu-
dote &:nò µcx.xp6l1Ev; Lc.22,54 ha µcx.- dizio di Dio sulla loro «Babilonia»: so·
xp6i}Ev (v. anche Mt.26,58: [à:rcò] µcx.- lo da lontano essi osano guardare l'in-
xpoltEv ). Marco usa quindi regolarmen- cendio della «grande città», giacché in
te &:né davanti al vocabolo 3 • essa si proclama il giudizio di Dio an-
2. In senso traslato in Mc.IJ,40 = che sul loro operato. Profondo è il sen-
Mt.27,55 = Lc.23,49. Vicino alla cro- so della distanza nel µcxxpoilEv di Le.
ce si sfoga l'odio e lo scherno dei Giu- 18,13, ed esso viene ancor più confer-
dei. Le donne stanno a distanza. Cer- mato dal seguito: il pubblicano nel san-
tamente esse non agiscono cosl per pau- tuario se ne sta lontano dall'altare e
ra, ma in questo quadro dei sinottici ri- dagli oranti e non osa levare lo sguar-
mangono lontane perché non possono do al cielo. Anche in questo senso tra-
mescolarsi insieme con i beffardi e solo slato Luca tralascia ti1té, mentre Mat-
da lontano, nel silenzio, possono essere teo e Marco lo usano sempre accanto a
testimoni di tutto quanto capita sulla µcx.xp6i}Ev.
croce. Cosl 6:.'ltò µaxpMev, più che una Anche µa.xpav è stato inteso in sen-
semplice indicazione di luogo, è qui e- so traslato. Mentre nei LXX si afferma
spressione del pio timore, del senso di con esso la lontananza di Dio e della

3 Se, con i codd. SDÀ.cp, bisogna leggere in xlac;, allora µaxp&.v è usato come preposizione.
Lc.7,6: a.1hou où µa.xpètv Ù1tÉXOV'TO<; "Tfjç ot-
1009 \IV,37bJ

sua salvezza dall'uomo peccatore, nel ni il dono di Dio rivelando che essi,
N.T. spesso ou µaxpav (cfr. Dio Chrys. un tempo lontani da Dio (oì: itO"t'E OV'tEc;
~ col. roo5) indica il superamento µaxp<iv ), sono stati condotti per opera
della distanza che separa Dio e gli uo- di Cristo vicino a lui, sono stati resi
mini; in Mc.r2a4 Gesù dice al dotto- figli di Dio. E in Eph.2,r7 utilizzando
re della legge che egli almeno non è in senso storico-salvifico il testo di Is.
lontano dal regno di Dio. In Lc.r5,20 57,19 e~ coli. 1005 s.) si fa conoscere
la distanza materiale del figliol prodigo ai pagani che ad essi, mentre erano lon-
dal padre vien messa in risalto unica- tani da Dio (-roi:c; µaxpav ), Cristo ha
mente perché faccia da sfondo allo sfor- portato la pace e la salvezza non meno
zo del padre per superare non solo la che ai Giudei, sicché i 'lontani' e i 'vi-
distanza fisica, ma anche quella spiri- cini', gli ex-pagani e i giudeo-cristiani,
tuale. In Act. 17, 27 gli ordinamenti per opera di Cristo sperimentano quel
della creazione riguardo ai popoli so- mande mistero che è l'unificazione nel
"'
no rivolti allo scopo che gli uomini nuovo popolo di Dio (cfr. anche 1a re-
ricerchino Dio; questo però esige co- miniscenza di Is. 57, r9 in Act. 2, 39).
me presupposto che Dio sia ou µaxpàv Così nel N.T. µaxp6i}Ev e µe1.xpav,
&:1tò Evòc; b<:aO"•ou -Qµwv, «non lonta- quando sono usati in senso traslato, so-
no da ciascuno di noi». In Eph.2,r3 si no termini che designano il numinosum
porta a conoscenza degli etnico-cdstia- e il fascinosum della fede.
H. PREISKER

µcx.xpoi}uµla,
tµcx:xpoiluµéw,
µcx.xp6i)uµoc;,
t µcx.xpoihJµwc;
SOMMARIO: i. Paolo:
a) longanimità di Dio;
A. Occorrenza e significato dei vocaboli b) longanimità del cristiano;
nella grecità extra-biblica. c) lettere Pastorali;
B. Significato teologico dei tcrmfoi 11ell'A.T. 3. lettere Cattoliche:
(LXX) e nel tardo giudaismo. a) Lettera di Giacomo;
C. Dati rabbinici. b) Lettera agli Ebrei;
D. µaxpo.fNµ-11cl N.T.: c) Lettera prima di Pietro;
1. sinottici; d) Lettera seconda di Pietro.
1011 (1v,377) µa.xpoi}uµla A (J. Horst) (IV,3773 IOl2

A. OCCORRENZA E SIGNIFICATO a:l't'ou "lt<Xptl. lTEWV, cX.À.À.Ò: 't''Ì)V µa:xpoitu-


DEI VOCABOLI µla:v. I o-ra.v yò:p ri.Àu'ltoc; OLoc -tÉÀouc;
NELLA GRECITÀ EXTRA-BIBLICA ELWt.L itÉÀTic;, I ft OE°i: lTE6v <r' El\lal -tw' i]
i:axa. sri \1Exp6\I. I 'lta:p11r6pEt oÈ i:à xcx..-
Altri termini composti con --? i>uµ6c; xà. OL' Èi:Épw\I xcx..xwv, «uomo qual sei,
~ono variamente attestati a partire da
non chiedere mai agli dèi l'assenza di
dolore, bensl la rassegnazione. Che se
Omero; tali sono, ad es., µEyliituµoc, volessi essere al tutto senza dolore, sa-
in Omero 1, ò!;uì>uµoc, - una specie di rebbe giocoforza che fossi o un dio, o
opposto di µcx..xp6itvµoc; - dai tragici in pressoché morto. Lenisci3 invece i mali
mediante altri malanni» •
poi 2 • Ma µaxp6wµoc; stesso e i suoi de- In Strabone µcx..xpowµla è la pazien-
rivati nel mondo greco extra-biblico so- za tenace, che nel momento più scabro-
no vocaboli che affiorano relativamente so dell'assedio non lascia intentato al-
cun mezzo che valga a rimandare di
tardi e restano decisamente rari. continuo ciò che sembra recare inarre-
stabilmente la fine, talché Annibale si
In Menandro, dove µcx..xpoitvµla dap- meraviglia di tanta tenacia (Èita.uµcx..~i::.v,
prima appare, non manca di sottolineare wc; EOLXE\I, b 'AwlPac; -djc; µaxpoi>u-
l'aspetto della rinuncia, del dovere di µla:c;) 4.
sentir modestamente di sé e di soppor-
tare. A confronto della beatitudine degli In Artemidoro µcx..xpoi)uµla: e µaxpo-
dèi, che non provano alcun dolore, al- ituµi::i:v assume, nel contesto, il signifi-
l'uomo non resta altro che la µaxpoitv- cato di procrastinare, attendere, e indi-
µla, la pazienza, che deve rassegnarsi: ca il rinvio di un'azione: µmcpoi>uµi::i:v
èévì>pW1tOC, IJ:N µ110É1tO't'E -.-l]v &.À.u7tla:v I xai µ1) Xf.\IO<r1touOEt\I, <<. .. e non affan-

µaxpol)uµla x-tÀ. der griech: La11t- u. Formenlebre (1902) 252.


CREMER-KOGEL, s.v.; Thes. Steph., PAssow, Per l'etimologia di Duµ6c; 4 IV, coli. 589-591.
PAPE, LIDDELL-ScoTT, MouLT.-MILL., G. AB- 1 Cfr. H. EBELING, Lexikon Homericum I
BOTT-SMITH, A manual Greek Lexicon o/ the (x885) xo25, s.v. µE')'al)uµoc;, 'di umore sere·
N. T. 2
( 1923); PREUSCHEN - BAUER}; Wmrn · no'.
GRIMM, F. ZoRELL, Lexicon Graec11m N. T. 2 Per es., Aesch., Eum.705. Anche in Euripide
2
(1931); A. KoNSTANTINIDES, MÉya AE!;~xòv e Aristofane; cfr. Ther. Steph., s.v. bl;vl)uµoc;,
'En11v~xfic; nwO'O'J]c; III (1904); SOPHO-
-cfjc; ò!;vi)uµla, bl;ul)uµÉw, 'essere irascibile'. IIpo.0-
CJ.ES, Lex.; SCHLEUSNER. La parola manca in l}uµoc; s'incontra dapprima presso scritti cri-
Frinìco e nel lessico detto di Suida. Cft. inoltre stiani (Thes.Stepb., s.v.), cosl come 6À.Lyol}u-
gli articoli <(Langmut», nel Bibellexikon di D. µ€w, usato da Eustatb. Thessal., comm. in Il.
SCHENJ(.l!L IV (1872), «Geduld» in RE' e RGG 2, 15,240 (III p. 264,28, STALLBAUM), per spiega-
«Langmut Gottes» in E. KALT, Bibl. Reallexi- re l'omerico 6À.LY'rJ1'EÀlW: à.yElpeL BÈ Duµ6c; 6
kon (1931), «Geduld» in ]ud.Lex. Inoltre: W. ÒÌ..Lyol}vµ1)crnc;.
MmKLE, 1'he Vocabulary o/ Patience in the 3 /r.549 (C.A.F. III r'67).
O.T.: Exp. 81bSer. xrx(x920)2x9ss.; ID., The
Vocabulary of Patience in the N.T.: ibid. 304 4 geographica (ed. C. Mi.iLLER-F. Di.iBNER
ss.; ERE, s.v. <ilongsuffering». [1853]) 5,4,10 p. 249; ma qui la µaxpoDuµla
Per l'etimologia di ~ µaxp6c;, che è formato consegue lo scopo. Un certo deprezzamento è
col suffisso -ro -rii e risponde all'antico alto te- espresso da µaxp6l)uµoc; ancora in un epigram-
desco magar, 'magro', cfr. K . BRUGMANN - A. ma di Pallade (sec. IV d.C.), dove un asino re-
THUMB, Griechirche Grammatik (Handbuch calcitrante vien detto µaxp6l)uµoç ulòc; 't-ijc;
Kl.A.W. II 1• [1913]) 227; H.HIRT, Handb11cb .~ptdìu'tij'toç (Anth.Pal.n,317).
1013 \lV,Jf I J

narsi a vuoto» 5, µcx.xpoituµlcx.ç XCf..L mY.- sto di Marco Aurelio nell'ideale di co-
poÀ.xfjç (indugio) 6 • lui che si contenta di poco (òÀ.lyoLc; &.p-
In senso buono, designa la perseve- xovµEvoç) rientra anche la capacità di
ranza e la pazienza con cui il medico essere cpLÀ.ércovoc; xat µaxp61'uµoc;, cioè
cura gravi malattie croniche, senza es- perseverante nel proprio lavoro 11 •
ser sicuro di riuscire a guarirle: questo
significa µaxpoituµln (forma ionica) in
Areteo 7 . E già in Plutarco, a proposito B. SIGNIFICATO TEOLOGICO DEI TERMINI
di comandanti e soldati, indica la co- NELL' A.T. (LXX) E NEL TARDO
stanza nel sopportar le fatiche, la perse- GIUDAISMO
veranza nel soffrire fino a raggiungere
un obbiettivo 8 . Nell'uso linguistico biblico il vocabo-
Con eguale significato ricorre in Plu- lo acquista una profondità tutta parti-
tarco anche il verbo µaxpoituµEi:v, là
colare. L'ebraico he'erzk 'ape 'erek 'ap-
dove coloro che lottano contro la mor-
te sono paragonati con quanti nuotano pajim (lett.: ritardare la propria ira, cioè
per portarsi dal mare aperto e periglio- 1'esplosione di questa, quindi essere lon-
so alla riva: a.ù-couc; él;aµtÀ.À.furi>at xat g,;nime) 12 nella Bibbia greca è tradotto
µaxpoitvµEi:v, ot' olxElaç 'ltEtpwµÉvouç
&.pE-cl}c; o-<fl~Eo-ilat xCf..t -cuyx&vEw À.tµÉ- con µm<:poiluµÉw, µ<.lxp6iluµoc; e µa;:x;po-
voc;, «lottano infaticabili, puntando a ilvµla u. Nella Torà la traduzione delle
salvarsi con le proprie forze e a toccare parole che esprimono la condotta di Dio
la sponda» 9 •
Significativamente, µaxpo1'uµlcx. non verso il suo popolo, quindi anche di
ricorre negli stoici 10• Tuttavia in un te- 'erek 'appajim 14, fa sl che la gloria di

5 oneirocr.4,II. fomvBEv. Un'aggiunta che si trova in Epict.,


6 ibid.2,25. ench.12,2 ( ... xa.L ofoç, El µo:.xpoi}uµe~v) è cas-
sata dallo SCHENKL, che la considera una pa-
7 Aret.3,1 (CMG II p . 36,12).
rafrasi cristiana. Quindi il termine manca an-
8 Luc11ll.32 (1 513a): ét.;Lwv aù't"oùc; µa.xpol>v-
che in Epitteto.
µla.v ɵ~a.À.É~o:L "°'~e; ljlvxo:i.'c;; ibid.33 (1 514 12 GESENIUs-BUHL, s.v., da 'rk, 'essere lungo',
e): àpE't"i'}v µÈv à11dìElx.v1no xo:t µa.xpol>vµ(- all'hif'il 'allungare', 'tirar per le lunghe'. Cfr.
a.v iiyeµ6voç <iya.i>ov. Un uso del tutto egua- anche i dizionari di J. FtiRST I (1857) e di E.
le della parola si ha in Flavio Giuseppe, quan- KéiNIG'"' (1922) s.v. Inoltre s.v. 'rk (aggetti-
do mette in bocca a Tito, in un discorso ai sol· vo); frequenti le espressioni 'erek 'appa;im e
dati, le parole: 1) 'IouBo:.lwv µaxpoavµlo: :>1.a.t anche 'erek rtial; (per es. Eccl.7,8). Altri passi
't"Ò XO:.{)'tEPLXÒV È.V .olc; Xll.X01tr.(i}oiiow (bell.6, ibid. Si veda pure il sost. 'i5rek.
37), allo scopo di infiammarli proponendo Jo.
B HATCH-REDPATH, s.v., col supplemento s.v.
ro ad esempio la costanza dei Giudei.
'rk e derivati. In lob 6,u Aquila ha reso ap-
9 gen.Socr.24 (u 593 s.). propriàtamente 'a'ar2k na/J2 (=LXX: <ivixe:-
10 Cfr. l'indice a voN ARNIM. Negli stoici si 't"o:.l µov 1) !Jivx1J) con µaxpowµl)<rw. In Is.
trovano invece concetti come xo:p·'tEpla. e Ù1tO- 57,15 i LXX hanno forse inteso s•/al-rfial;, che
µovfi. Nei loro cataloghi dì virtù ha impor- è un dono salvifico, nel senso di -.0:11mioqipo-
tanza non la µa.xpoi}uµW., ma la µeyo:.)..ol!iu- <TVVTJ e hanno tradotto: ÒÀ.Lyo!Jiuxo~ç liLOoùç
xlo:, e questo getta una luce significativa sul· µa.poavp.la.v.
la stima della µo:xpoi>uµla. nell'insieme dell'at- 14 Accus. di relazione; cfr. B. BAENTSCH, Ex.,
teggiamento stoico. Lev., Num. (1903), a Ex.34,6. Cfr. anche il te-
11 M. Ant. 6,30,10; cfr. ibid. 7: wc; É1t' ovBÈv sto corrispondente di Mich.2,7, dove si respin-
1015 (1v,378) 1~axpoiluµla B (]. Horst) (IV,379) IOI6

Dio che si rivela dia senz'altro all'uso cheggiare negli scritti biblici, fino al tar-
linguistico biblico il suo significato fon- do giudaismo 18 •
damentale: xupLoc; otrEÒc; oÌX"tLpµwv xat
Un accertamento soteriologico della
ÈÀ.d1µwv, µaxp6lNµoc; xat 'ltOÀ.vÉÀ.Eoc; µaxpowµla di Dio vien ravvisato nel-
xat àÀ.1]1}wòc; XO:L ÒLXaLOG"V\IT)\I Ò~O'."tT)­
l'azione con cui egli salva Israele; cosi
pwV X"tÀ.., «Iddio Signore è compassio- in Sap. I 5,x ss. 19, dove le caratteristiche
della divina longanimità vanno congiun-
nevole e misericordioso, longanime e te con questa professione: «Anche se
ricco di misericordia, verace e custode abbiam peccato, noi siamo pur sempre
della giustizia», ecc. (Ex.34,6 s.). Dun- tuoi; tu infatti sei il nostro Dio... sei
paziente e regoli ogni cosa con clemen-
que non è più possibile prendere µcx.- za» (CTÌ.> 8È ò i}eòc; 1)µwv... µet,xp61}uµoç
xp6~uµoc; a sé, come indicazione di un xat èÀ.ÉEL OLOLXW\I "tà mivw.. xa.t yètp
atteggiamento puramente umano; è in- Èàv &.µ/tpTWµEv, <:rol È<rµ.Ev); nello stes-
vece la condotta di Dio, la sua azione so contesto l'accertamento in parola si
distacca nettamente dal destino degli i-
con l'uomo, che va congiunta inscindi- dolatri. Pure nel giudaismo post-esilico
bilmente con µa.xpoòuµla, e sullo sfon- si illustra la µa.xpolh.iµla di Dio, ma lo
do di essa il µaxpolNµ.Ei:v umano appa- si fa sulla base di considerazioni più
ampie sulla breve vita e sulla debolezza
re in una luce del tutto nuova 15• Il Dio di tutto il genere umano, i cui scarsi
della maestà, del quale Israele deve ri- anni sono, a confronto con la divina
conoscere lira non appena ne esperi- eternità, niente più che una gocciolina
nel mare. Perciò si constata la miseri-
menta la rivelazione 16, riserva questa cordia di Dio, che si estende ÈttL 7tMCt.'J
sorpresa: attesta al popolo di essere pu- <:rapxa., «sopra ogni carne»: ÒLà 't'OU'TO
1

re il Dio che vuol trattenere quest'ira ȵaxpoihlµTJ<TE\I xuptoc:; E'lt av-çot'c:;, «per
questo Dio è stato longanime con es-
per dar corso alla sua bontà e alla sua si» 2<>, dando prova di una µaxpolh.iµla.
grazia. I due poli che segnano I' inte- che consiste nel perdono (ÈsLÀaoµ6c;),
ro arco della divina longanimità sono che Dio accorda perché conosce bene
la miseria in cui termina la vita degli
dunque l'ira e la grazia 17• uomini 21 •
Il testo di Ex.34,6 non cessa di rie- È qui che si può vedere il ponte che,

ge la possibilità che Jahvé sia impaziente: ba- 16 Ex.19,12, cfr. Hebr.12,18 ss.
qa!ar rua~ jhwh, «è forse impaziente Jahvé?». 17 i!)..Eoç yà.p xa.t op'YÌJ 1tap' rt.irt~, Ecclus 5,
Del popolo, al contrario, si può ben dire che 6; cfr. v. 4; Nah.1,2 ss.; or.Man.7 e ro, ecc.
è stato insofferente: xal w">..~yol}lvx11cw.1 Ò
).a.òç lv -tlj òlìii> (Num.21,4}. ia Num.I4,I8; "1 85;I5; 102,8; Ioel 2,I3; Ion.
4,2; 2 Ecrlìp. x9,I7; l:~p. 2,11 (S}; or. Man.7; 4
ts Con questo una parola che nella grecità pro· Esdr. 7,33 (fonganimus). Cfr. anche BousSBT-
fana è pressoché insignificante riceve un con- GRESSMANN 383 e n. 4·
tenuto di una profondità impensata. Cfr.lli1ss-
19 Specialmente 16,1 ss. - I9,I2.
MANN, L.0.61, a proposito della capacità, mes-
sa in luce dal primitivo cristianesimo, di tra- 20 Ecclus 18,8 ss. u.13.
sformare i concetti. Lo stesso si può dire an- 21 ibid.I2 (dr. A. EBERHARTER, Das Buch Je-
che dei LXX. sus Sir... [1925] adl.}.
1017 (IV,379) 1u.1.xpoi>uµl11. B (J. Horst} llV ,3!!0} lUlO

specialmente nella letteratura sapienzia- sione tra ira e misericordia, insita nel
le, porta ad esigere che anche l'uomo concetto, risulti indebolita. Non lo è
mostri la µaxpoiluµla.; anch'egli accor-
da 1a propria compassione al prossimo nemmeno in Ex.34,6 s., dove µa.xp6ilv-
( 'ltÀ."l'}O'LO\I ), sia pure in una misura infi- µoç non significa affatto che l'ira di Dio
nitamente inferiore a quella di Dio, che resti del tutto in ombra. Tutto al con-
si estende È7CL 7tlfoa.v o-apx.a 22 • Anche
l'uomo non deve lasciar senz' altro e- trario, µa.xpo1}vµla non viene a dite che
splodere l'ira, ma contenerla 23 , tenendo Dio non badi alle cose, che rinunci ai
l'occhio attento all'agire divino. Certo suoi diritti 29, e accanto alle parole xa.t
talvolta, specialmente nei Proverbi di
1tOLW\I EÀEoç, «egli usa misericordia>>,
Salomone 24 e nell'Ecclesiastico 25 sem-
brerebbe quasi che il movente della lon- stanno queste altre: xcd où xa.1>apLEi:
ganimità fosse puramente razionale e -CÒ\I EVOXO\I Èmiywv avoµla.ç 1tc1.-cÉpW\I
che essa venisse lodata come una qua- È:;tt -cÉxva. x-cÀ.., «non lascerà impunito
lità del saggio ben avveduto. Tuttavia
anche in questi scritti essa è richiesta il colpevole, ma addosserà ai figli le ini-
per un precetto di Jahvé, e quello che quità dei padri, ecc.» 30. Nell'insieme
essa vuole è fatto per lui 26, anche se dell'uso linguistico biblico la µa.xpoilu-
pure qui si insinua il pensiero della for-
za salvifica dell'opera buona n. (J,ta non introduce un vuoto, con la pu-
Significato puramente profano ha µa- ra e semplice rinuncia al movente del-
xpoiluµla. in I Mach.8,4, dove indica la l'ira, ma semplicemente pone accanto
costanza dei Romani in guerra is.
all'ira un atteggiamento per cui Dio ne
Con tutto ciò non è detto che la ten- diffedsce la manifestazione 31 , in attesa

22 ibid.13. Cfr. anche il modello nell'etica egi- cfr. v. 17: 011.vl~eL ~i!> b H..ew\I tt-cwx6v. Ec-
ziana, con la speciale preoccupazione di esor- clus 29,8 s.: l1tt -co.1tew4) µo.xpoihJp.l]crov ...
tare a opporsi col silenzio a chi è eccitato: Non xapw Évi:o)..flc; à.nLÀ11.~o\i 1tÉV'l]i:oc;.
lasciarti andare all'alterco con un iracondo, 27 Ecclus 29,12 s.
«Dio saprà che rispondergli». Oppure: «Met- 28 x11.-cExp6:tT)cra.v [ ot 'Pwµa.i:oL J i:ov i:6ttou
titi nelle mani di Dio; il suo silenzio basterà 1tl1.V-còc; -cii ~ou)..fj a.ÌJ"tWV xo.t "TI µo.xpol}•J-
per fnr cadere l'avversario», ecc. A. ERMAN, 11.lq.. Cfr. l'uso del tutto simile della parola in
Die Religio11 der lfgypJer (1934) 162 s. FI. los., hell.6,37 (~ n. 8).
21 E ccl.7,8 ss.
29 Ciò vale nonostante la singolare affermazio-
24 Prov.14,29 s. (qui il corrispondente è anche ne di Sap.xr,23: 1tapop(ic; &µ«p't"i}µa.-ca. ò.v-
1tpo.i'.ìlluµoc; -7- n. 2); 15,18, dove civi)p ilvµw· ftpW'ltwv Etc; µ€'ta\10L11.v; vi si deve contrap·
lil]c; è il contrarìo di µ11.xp61'>vµoc;; 16,J2: porte, infatti, f'espre_ssione µE-e' OpyTjv Xpt\16-
xpdcrcrwv ... µ«xp6l}uµoc; lcrxupou; 17,2r µ«- JJ.f\IOL ci;cre~ei:c; del v. 9.
xp6i>uµo.; à.v1}p cpp6viµoc;. Qui i LXX hanno JO uhliqqeh lò' i"naqqeh, «non farà certamen-
scattato il termine 'impavido' (qar ruafl), pre- te vendetta}>; cfr. ·anche Num.14,18.
ferendogli µ11.xp6ilvµoc; per il suo timbro reli-
gioso. Vedi inoltre 25,15. 31 lji 7,I2: Ò i>EÒ<; X!MTJc; olxmoc; x.11.L tcrxupòc;
xat µo.xp6lNµoc; µ-ij òpy1}v È1tayw\I x11.-&' Exci.-
25 Ecclus 1, 23; 5, n: lv µaxpoDvµlq. cpMy-
cr"tlJV 'l')µtp11.v. Qui i LXX han dato al testo ori-
you à.1t6xptow (cfr. la congettura al testo pri- ginario un senso contrario a quello esatto,
mitivo ebraico nella tradu:t.ione di KAUTZSCH, prendendo 'l come una negazione e inserendo-
Apok., ad l.). vi µo.xp6Dvµoc;. Il T.M. ha: «Dio è un giu-
26 Prov. 19, II: ÉÀ.E1)µwv a\li}p µaxpoih!µEi:; dice giusto, è un Dio che s'adira ogni giorno».
1019 (IV,380) µa.xpoi}uµla B (J. Horst) (IV,380) 1020

che l'uomo faccia vedet·e qualcosa che In tal modo il µaxpoi}uµE~\I è un do-
giustifichi tale differimento. Se questa no di Dio, non una costruzione perso-
novità non interviene, allora l'ira entra nale della virtù deJl'autocontrollo, rea-
appieno in azione: XVpLO<; Èo''CL\I µaxpo· lizzata dall'uomo a suo piacimento 37•
i}uµoc;... EÀ.Eoc; yàp xaì. OP'Y'lÌ 1tap' a.ÌJ- Certo, può avvenire che la ricchezza del-
-c(i>, «il Signore è longanime ... in lui in- la µaxpoi}uµla di Dio, deJla quale Dio si
fatti vi è misericordia ed ira» 32• riserva il diritto di disporre sovrana-
mente, incontri il rifiuto dell'uomo, che
Anche in Nah. l ,2 ss. sono stretta- si oppone al divino intervento. È quan-
mente congiunti i due momenti in cui
Dio è µz-cèt. wµou 33 (--7 i7uµ6c;) e µa- to si legge in Ier.15,15, dove il profeta,
xp6i7uµoc;: ih:òc; s'rJÀ.w-c-iic; xaì. ÉXOLXWV al limite delle proprie forze, prega Dio
xupLoc;, ÉXOLXW\I XUpLoc; µE-cà i}uµou .•. che scateni l'ira sui suoi persecutori e
XUpLOc; µa.xpowµoc;, xaL µEyci)..:n 1i i.cr-
che lo faccia senza riguardi (µi} dc; µa-
xuc; mhoO, «un Dio geloso e vindice è
il Signore, il Signore fa vendetta con xpoi}uµla\I) 38, perché crede che altri-
ira... longanime è il Signore e grande menti finirà per soccombere. Quello che
è la sua forza». Ne segue, per colui al in modo particolare respinge il partico-
quale sono coperti i peccati, l'invito a
convertirsi: Èmcr-cpaq:iri-te 1tpòc; xupLO'J larismo giudaico in quanto si oppone
-còv i7Eov ùµwv o-tL... µa.xp6wµoc; ... , alla ricchezza universale della µa.xpothJ-
«convertitevi al Signore vostro Dio, poi- µla di Dio che raggiunge anche i paga-
ché egli è longanime» (Ioel 2,13) 34 • La
nuova situazione, poi, nella quale l'uo- ni, è il Libro di Giona 39• In 2 Mach .6,
mo viene a trovarsi grazie a1la µaxpo· 14 ss. si mostra che la µaxpoi)uµlcx. di
i7uµla. di Dio, deve dimostrarsi in due Dio si può vedere all'opera verso i gen-
modi: da una parte egli stesso manife-
sterà una µaxpowµla nell'agire col suo tili solo per un certo tempo ( &.vcc.µlvEL
prossimo 35, dall'altra, quando venga a µaxpoi)uµw\I ), cioè fino a quando essi
trovarsi nel bisogno e nell'oppressione, abbiano compiuto la misura dei peccati:
considererà questa come una prova ('ltEL·
allora il castigo li raggiunge. Al con-
pcx.crµéc;) destinata a educarlo alla p.a-
xpo1'uµla e a portarlo alla fede 36• trario, a Israele egli infligge i suoi ca-

Ecclt1s 5,4 ss. Ciò equivale a respingere l'i-


• 32 àv'ttÀ.7)µ1jJE-ra.l aou. Cfr. Iw~ 7,16 (v.B.DuHM,
dea che si possa peccare fidando sulla longani- Das Buch Hiob [ 1897] ad l. ): Giobbe non vuol
mità di Dio: µi) Et1t'[J<;' 1jµa.p't'O'V, xa.t -.l µoL pazientate oltre. test.los.2,7: lv oÉxa 1tEtpa.O'-
ÉyÉ'VE't'o; µoL<; S6xtµo\I rX1tÉoEL!;É µE, xa.l. Év TCéicrw a.ò-
33 Qui è da notare come in µa.xp6buµoc, si av· 'tOt<; tµaxpoDUµT)CTCX' g,.L µÉya. cpàpµaXO'V f.a-
verta volutamente l'eco di ihl1.1.6c, (ira); cfr. an- 't~ 7i µaxpoihlµla. xrxt 'ltoÀ.M. àya.M BlBwaw
che, più sotto, test.D.2,I. Ti Ù7toµovfi.
34 Cfr. anche iV 7 ,12 s. 17 Is.57,15. Qui il contrapposto è ÒÀ.Lyol!Juxoc,.

l5 Cfr., sopra, Ecclus 18,13; Eccl1,8 s.


Cfr. CREMER-KOGBL, s.v. µaxpobuµ!a..
36 Eccl11s 2,14.6: ho!µonov 't'Ì]\I ljiux1)\I <rou 38 Cfr. i commenti di B. DuHM (x901) e P.
dc, ·1mpa.crµ6'V ... È'V àÀ.À.ayµa.ow 't!X.7tEWWO'EW:; VoLz' (1928) ad l.
O'OU µaxpoDUµT)O'OV ... 1tl0''\El!O'O\I aò-t/l), xat 39 Io11.4,2. Cfr. B. STADE - A. BERTI-IOLET, Bibl.
I02I (IV,380) µo:xpouu1.m1: L. U .norsii \ 1 V ,JO.l J J.V-'..C.

stighi già al presente, allo scopo di ri- LXX mostrano che nel tentativo di defi-
sparmiargli la vendetta, impedendogli nire la natura della p.a.xpo~uµla di Dio
di spingere i peccati fino all'estremo: rimane sempre, insoluto, un elemento
i:va µ7)... ucr·n:pov 1)µaç Èxotxfj., «per di incertezza 44, là dove si tratta di sa-
non punirci ... in seguito». pere se, ricotrendo alla divina longani-
mità, l'orante vi trovi davvero anche la
Questo passo basta a mostrare come
dopo l'esilio il pensiero della retribu- salvezza. Ira e grazia insieme, oppure
zione possa correre il pericolo di non in alternativa? Dio opererà veramente
prendere in tutta la sua serietà il pote- pet il pio un cTT)µELOV dc; àya.~6v, un
te illimitato con cui Dio dispone della
sua µaxpoì)uµla., esercitandola nella mi- signum in bo~um? 45•
sericordia (eÀ.eoç) e nell'ira (òpy1J) 40. La Non si può tacere che nell'uso tardo-
cosa diviene chiarn in Ecclus 41 35 (32), giudaico di µaxpo~uµei:v ecc. si intro-
I 9 S.: Xr.t.L Ò XUptoç OÙ µi) ~paOUVTI OV· duce qualche elemento di un pensiero
8f. µi) µaxpoì>uµno-n È'lt' mhorç, gwc; llv secolarizzato, che ne sminuisce il vigo-
o-uv-rpllJ;n òc:rcpùv à.veÀETJµÒvwv xat -co~c; re. Tracce di tale pensiero si possono
EWEO'tv à.v-raTCOOWCJ"Et holxT}CJ"W, «<il Si- osservare già nei Proverbi. Nella Let-
gnore non tarderà né si tratterrà riguar- tera di Aristea si consiglia al re di es-
do ad essi, sinché non abbia spezzato i sere saggiamente arrendevole e di ap-
fianchi degli spietati e preso vendetta plicare pene miti e di rendere in tal
delle genti»42 • In Dm1.4,27 ss. (Teodoz.) modo sicuro il trono, µtµouµt.voc; 'tÒ
la longanimità di Dio appare come ri- -rou ì)eou 8~à mx.v-.òc; É'ltmxk µaxpo-
compensa di corrispondenti opere buo- i)uµlq. yàp xpwp.t.voç ... ' «imitando la
ne dell'uomo: xcd -ràc; àµap-claç crou condotta in tutto clemente di Dio; in-
È'iJ ÈÀ.e11µ00-uva.tç M-.pwO"at xa.t -càc; &.- fatti usando µa.xpoi)vµla. ... ». Ma la µa-
Otxlw; crou Èv oi.x-.tpµo~c; 'itEv1}-cwv· ~­ xpoì>uµla di Dio non è esattamente un
o-wc; itcr-.at µaxpéìluµoc; 'tOLç 1tapam:w- Émrndcr-cepov 46 • Questo pensiero è inte-
µa.crlv crou o ì)e6c;, «riscatta i tuoi pec- ramente religioso e di tutt'altra prove-
cati con elemosine e le tue ingiustizie nienza.
usando misericordia verso gli indigenti;
parimenti Iddio sarà longanime verso C. DATI RABDINICI
le tue trasgressioni» 43 •
Alcuni aspetti della µaxpoi)uµla si
In definitiva, i dati dell' A.T. e dei riscontrano significativamente interpre-

Tbeologie des A .T . u•·l (r9II) 154 s. -tou ì)uµou, xu.t &ycx;'J1:1JO''l'J't'E 't~v ci).1JDrnxv
40 In Bar.4,25 si arriva a dite: 'T.Éxva., µa.xpo- xu.L 'tT,v µaxpol)uµlav, &.'Jto}..Efo1lE. Si noti co-
auµ'iJcru.'tE 'T.T,V ito.:pà. 'tOU aeou É1tEÀaoutra.\I Ò- me anche qui si avverta, in µaxpol)uµla, l'ac·
µ~V òpyfiv. L'uomo pio, dunque, pensando al- centuazione di Dvµ6c; (ira) e la contrapposizio-
fa vendetta che non tarderà {ciitw}..E~av ~v 'ta- ne dei due elementi.
xe~) a colpite i nemici di Sion, deve a sua vol-
44 Non si tratta di una «singolare disarmonfa
ti1 sopportare. con pazienza l'ira di Dio.
di opinioni» (BOUSSE1'-GRESSM. 384); la di-
41 Cfr. STADE-BERTHOLET (~Il . 39) II 189. sarmonia è insita nella realtà di cui si tratta.
42 Cfr. 2,11.
43 Cfr. anche test. D. 2,r: f:.à.v µ-iJ cpvM:l;"f)'tE
45 ili 85,15-17.
È<XV't'oÙç ciitò 'tOU 'IWEuµo:-çoç 'tOU l)iEuoovc; Xf't.L 46 ep.Ar.r88.
µaxpo~uµla. D 1 (J. Horst) (rv,38:i) 1024

tati nei rabbini. R. Hanina, rifacendosi ne della prostituzione». Speciale impor-


a Ioel 2,13 e al plurale 'erek 'appajim, tanza acquistano anche le considerazioni
«lento all'ira», vorrebbe vedervi affer- che dalla longanimità cli Dio traggono
mata la duplice longanimità di Dio, questo dovere: «Pure voi siate longa-
verso i giusti e verso gli empi, e si pro- nimi gli uni verso gli altri per il bene»
nuncia contro l'idea che la longanimit:ì (Seder Eli;iahu r. 24 [ r 35]; Strack-Bil-
sia sinonimo di indulgenza: Se uno di- lerbeck III 595). Grandi lodi riscuote la
ce che il Sommo misericordioso si la- mitezza di Hillel in confronto al conte·
scia andare ali' indulgenza, possano le gno di Shammai: «La mitezza di Hillel
sue interiora scomparire; egli è invece ci ha portato sotto Ie ali della shekinà,
longanime, ma riscuote ciò che è suo l'impeto di Shammai voleva spingerci
(Taan.j.65b49s.) 41 • Secotido Jomàb.69 fuori dal mondo» (Shab. b. 30 b. 31 a;
b (Strack-Billerbeck m 77 s.) gli uomi- Strack-Billerbeck I 198 s.).
ni della grande sinagoga hanno il meri- Filone non usa µaxpoituµEi:v; Giu-
to speciale di aver rimesso in circola- seppe solo µa:xpoituµla con valore pro-
zione i titoli di Deut.ro,17: «Dio gran- fano 48•
de, forte e terribile». «La sua forza si
manifesta in quanto egli trattiene l'im-
pulso che lo spingerebbe ad annientare D. µaxpoì}uµÉw E µaxpowµla NEL N.T.
e concede agli empi longanimità; le di-
mostrazioni del suo carattere terribile 1 . I sinottici
sono queste» (cfr.Sap.n,23; !2,16). Nella parabola del servo spietato(Mt.
Significativa è pure la discussione sul
motivo per cui Dio è longanime con 18,23-35) si fa appello al µaxpoituµEL\I
gli empi in questo mondo, e la risposta del re e del servo spietato ripetendo
data da R. Joshia: I. può darsi che essi semplicemente: µix.xpoi>vµncrov ht' È-
facciano penitenza, 2. oppure che adem-
µol, xat ('lt<i\l't<J.) a7t00WcrW CTOt (vv. 26.
piano i comandamenti, per modo che
Dio conceda loro la mercede in questo 29), «sii paziente con me, e ti renderò
mondo, 3. o, infine, che da essi nasca- ogni cosa»; ma proprio questa parabola
no dei figli giusti (Qoh.r. a 7,15; Strack- mostra chiaramente come Gesù da un
Billerbeck III 78 ). Un elemento casui-
stico s'introduce chiaramente nell'idea lato si riallacci all'idea giudaica di µa-
del potere illimitato di Dio mediante Ia xpoituµla, dall'altro ne superi i limiti.
metafora della bilancia su cui si pesa il
merito e la colpa, metafora che vuol in- Si ha anche qui il pensiero del giu-
dicare un computo della misura della dizio, presentato nell'immagine della re-
grazia clivina (cfr. Strack-Billerbeck III sa dei conti, e il giudizio è congiunto
78 a Rom.2,6). Anzi, si arriva persino, col pathos dell'ira (v. 34: opytcrite:lç);
con la casuistica, a tracciare un confine cosl pure il carcere del debitore è rigo-
alla longanimità di Dio; Gen.r. 26 a 6,2 rosissimo. Ma i dèbiti che, secondo il
(Cfr. Schlatter, Mt. a x8,26): 'al hak- computo umano, dovrebbero provocare
kol h' ma'arlk 'appo ptl~ min hazzanut, immediatamente il giudizio in tutta la
«a tutto giunge l'ira di lui, ad eccezio- sua severità, sono calcolati in maniera

47 STRACK-BRLLI!RBI!CK m 77; cfr. ivi il resto. 43 ~ n. 8; cfr. ScHLATTRR, Mt. a 18,26. L'osser-
Cfr. STADR-BllRTHOLR'l' (~
39) li 355 s. vazione dello Schlatter va dunque completata.
µaxpolhiµ~ lJ I U . .HorstJ

talmente elevata ( ro mila talenti) 49 , che nella puta indulgenza o nella proroga
nella situazione presupposta dalla para- del tempo stabilito, ma nell'insuperabi-
bola risultano del tutto inestinguibili. È
vero che le parole «ti renderò tutto» le disponibilità della grazia che dona e
(7t6.v-i-a. Ò:7toÒw<rw O"OL) sulla bocca del perdona. Ma di questa si ha una valuta-
servo spietato e coperto di debiti suo- zione sl alta, che se uno l'ha accolta con
nano come un grido di angoscia 50, ma pieno impegno, ci si dovrebbe attendere
chi ascolta capisce subito che l'impegno,
di fronte al :x:upLoc;, a Dio, non potrà es- di vederlo cambiato radicalmente nel
ser mantenuto. D'altra parte, la promes- contegno verso i suoi simili. Avviene co-
sa che il conservo fa a un altro uomo, sl che il legame, già riconosciuto nel giu-
atteso l'ammontare relativamente esiguo
della somma (mo denari), può esser daismo, per il quale la µcx.xpol>uµla. di
mantenuta facilmente. Dio impegna l'uomo a praticare a sua
Il xupioc; che, intendendo l'appello volta la µcx.xpol>uµlcc verso il prossimo
alla sua longanimità, anziché esigere che (~ coli. rnr7 s.; 1024), è portato da

il servo paghi immediatamente il debi- Gesù alla conseguenza estrema, per cui
to, lo rimette interamente quant'è gran- l'uomo, quando non sia disposto alla
de, va oltre i limiti della casuistica giu- µaxpol>uµla, finisce per rimettere in di-
daica e della 'teoria farisaica della com- scussione la longanimità divina. Dio
pensazione' 51 , sempre intenta a misu- mostra, sl, longanimità, ma questo non
rare e a comparare. Qui la misericordia gli toglie la possibilità di mantenere, con
di Dio ( <T7tÀa.yxvL<rì}Elc;, v. 27) è pre- sovrana decisione, l'ira del giudizio pu-
sentata come infinita, allo stesso modo nitivo. Colui che ha ricevuto la gra-
che la mancanza dell'uomo appare cosl zia non può ricavarne una legge da
smisurata, che egli da solo non può ri- usare contro Dio, per sottrarsi al do-
mediarvi. Il contenuto di questa para- vere di mostrare a sua volta la µcx.-
bola - se non proprio le sue precise pa- xpoì}uµla. verso il suo conservo (<J\Jv-
role - narrando come l'uomo venga libe- oouÀ.oc;). Se fa questo, l'ira si scate-
rato e perdonato (&.rtÉÀ.UO"EV, &;cpi)xEV, na su di lui (òpyt<ri)-Elç, v. 34) e, sor-
v. 27) da Dio, presenta la giustificazio- preso nella colpa, egli si sente richie-
ne come un rapporto che coincide con dere il pagamento del suo debito con
quello descritto da Paolo. La µa.xpoÌ}u- tutto il rigore, fino all'ultimo (é:wc; où
µ(a di Dio alla quale si appel1a l'uomo Ò:rtooQ . 7tiiV 'tÒ ÒrpELÀ6µEVOV CX.Ù't~, V.
colpevole non consiste propriamente 34). Questa inscindibile unione dell' a-

49 10 mila talenti sono 600 mila volte cento sorbitante «a motivo del!' incommensurabilità
denari (cfr. KLOSTERMANN, Mt., ad/.). La cifra del debito» (ibid. ).
non è stata elevata in un tempo successivo, ma 50 KLOSTERMANN, Mt., ad l.
è stata scelta sin da principio e appare cosl e- 51 SCHLATTER, Mt.559 s.
µaxpol)vµla D 1 (]. Horst)

more che si riceve da Dio con quello marrà incompiuta, dal momento che es-
che si deve al prossimo è continuamen- sa sta nelle mani di Dio. Quell' où µ1),
te sottolineata da Gesù (---7 à:ya1taW I, che introduce la domanda, postula una
coll. l l 8 ss.), poiché dal nuovo atteg- risposta assolutamente sicura: sl, la È:x.-
giamento di Dio, nel quale il credente olx1](nc; ha luogo: 7tOL1jO'EL 't''IÌV ÈXOtX'r)-
ha sperimentato e inteso la divina µa- OW Èv 't'ét.XEL, cioè Dio renderà giustizia
xpo~uµio:, è giocoforza che derivi un all'improvviso, inaspettatamente 55 . Ma
nuovo rapporto di amore tra l'uomo e allora, come risolvere il problema tor-
il suo simile (I, coli. 124 ss.). mentoso di questa è:x8lx11crLç che ancora
non si fa vedere, mentre la chiesa soffre
Vedi l'applicazione nel v. 35, oltre a
Lc.6,36; Mt.5,7 par.; 5,25 par.; 6,12 come una vedova oppressa? La tensione
par., dr. I Clem.13,1 s.; Pol.6,2. Le pa- in cui la comunità si trova, sospesa co-
role iiwc; oli CÌ.1to8Q, «fino a quando ren- m'è tra la promessa Èv .-b.:xet e il dovere
da», che concludono la parabola, basta-
no già a mostrare la decisa prospettiva di continuare a pregare per l'avvento del
escatologica in cui la µaxpo~uµlo: di Dio regno di Dio, trova una soluzione e una
si presenta nel N.T. risposta nelle parole: xcd µaxpo~µei:
1
Un'eco di ciò si ha, nei sinottici, in É'lt aù't'otç. Sono proprio gli stessi elet-
Lc.18,7. Anche se l'espressione xcd µa- ti, fatti oggetto dell'oppressione, che ab-
xpo~uµe~ È1t' aÒ't'oi:ç52 crea gravi difficol- bisognano del µaxpoiJup.Ei:v di Dio. Nel-
tà all'esegesi e il legame primitivo tra la la parabola questo µaxpo~µi:t'v, preso
parabola del giudice e della vedova (vv. in se stesso, non trova un'applicazione
2-5) e la sua applicazione (vv. 6-8) non nei nostri confronti, dal momento che
va scevro da contestazione 53 , tuttavia la il giudice iniquo può essere la contro-
parabola è chiara per se stessa ed è alla figura di Dio; ciò che non solo non può
sua luce che bisogna intendere l'appli- esser preso come tetmine di paragone,
cazione. La comunità oppressa s.i deve far ma che risulta addirittura scandaloso, è
leva sulla sua ardente attesa per sapere scelto volutamente per illustrare quan-
che il suo buon diritto sarà protetto con- to poco si accordino l'eone presente e
tro i suoi oppositori (è questo il senso quello avvenire. Pertanto il termine µa-
di Èxolx110-~c;, secondo ---7 m, coli. 309; xpol)uµE~v dev'essere considerato come
314 s.) e che mai questa ÉXOtX1]0"Lc; ri- la chiave dell'interpretazione. In questo

52 µaxpoDuµ€i: è attestato con sicurezza (codd. sta specialmente la preghiera perché venga il
SABDLQ r.157.209.e ... ), di contro a µaxpoDu- regno di Dio» (209). Ji.iLICHER, Gleiclmisse ].
µwv (codd. rAAR... ); cfr. ZAHN, Lk., ad l. n. 11 288 ss. Di contro WELLHAUSEN (cfr. KLO-
61. S'rERMANN, Lk., ad l.), ZAHN, HAUCK, ad l.
53 BuLTMANN, Trad. 189: «applicazione... si-
54 ScHLA'rTER, Lk.; ZAHN; Lk., ad l. n. 69.
curamente secondaria»; «l'applicazione aggiun·
t:i è sicuramente esatta: la -parabola ha in vi· ss Cfr. ZAHN, Lk., ad l. n . 67.
1mxpoiluµlcx Dr (J. Horst)

.:~

contesto esso viene ad accennare che la momento della grazia del quale han-
ÈY.olx11<rtç non solo scatena sui ribelli no bisogno, un momento che deve ri-
il giudizio finale, ma mette anche gli svegliare la fede e la pteghiera capaci
eletti di fronte a un severo esame di di spostare le montagne {r7,6 par).
coscienza. Al suo venire, il Figlio del- Ora nel µa.xpol}uµEi:V di Dio è possibi-
l'uomo troverà ancora fede sulla terra le per i credenti vivere alla presenza di
( v. 8 h)? Solo nella fede essi possono lui, aver coscienza di dipendere intera-
giungere alla Èxolx1"}<rtç del giudizio fi- mente dalla sua decisione, ma, nono-
nale e pregare che questo venga. Cosl stante tutto, di poterne invocare fidu-
il µaxpol>uµEi:v di Dio bt' aù-coi:ç è un ciosamente la giustizia e la grazia 56 •

56 Il passo 18,7 presenta delle difficoltà speciali crastinare', presente nel greco profano; senza
e per questo è stato assai discusso; cfr. J .C.K. dire che tale modo di intendere µaxpoilu·
v.HOFMANN, Die hl. Schri/t neuen Teslaments ~lE~V sarebbe già assodato per il fatto che la
... VIII 1 (1878), 43 7 ss.; JiiLICHER, Gl. Jesu n Èxfìlxl]crtc; non si è ancora avuta. Quindi, a
285 s.; B. B. WARFIELD: ExpT 25 (1913-14) partire da Hofmann, la migliore soluzione sta
69 ss., e i commentari, specialmente ZAHN e nell'intendere la frase come una semplice ti·
KLOSTRRMANN. Il valore interrogativo della fra- sposta. Nel greco la cosa è linguisticamente
se ov p:l) 1toi.i)au 'tTJV txSlxriaw sembra in ge- possibile (HOFMANN, ZAHN, KìiHNER - BLASS ·
nerale ben fondato. Considerare che la frase ter- GERTH II 540 n. 2). Perciò la forma esclama-
mini con le parole i)µÉpac; xaL wx-t6c; equi- tiva («egli tratta ben con longanimità anche
varrebbe a ridurre il v. 8° (ÀÉyw ùµi:\1, Il-ti. costoro!»), adottata dal T1scHENDORF, N.T. e
r.oi.T]crEi. X'tÀ..) a una piatta risposta. Come in- da H. v. SonEN, Die Schriften des N .. T .... n
tendere, allora, la breve espressione xaL µa- (1913), come pure dal NESTLE, è erronea. Sin-
xpoDuµEL bt' ixu-toi:c;? inserirla ncll'interroga- tatticamente, la frase è inserita come un'osser-
?.ionc precedente, oppure nella risposta succes- vazione alquanto sfuggente, ma risulta del tut-
siva? Considerarla come continuazione della do- to necessaria per l'intelligenza dell'insieme, e
manda iniziata con ov µ1], non rappresenta una non può essere eliminata. Lo Jiilicher, seguito
soluzione buona dal punto di vista linguistico, da altri, sta per una specie di glossa da Ecclus
poiché in questo caso si dovrebbe aggiungere 35,19. Ma, pur ammettendo che il passo del-
solo µT], tralasciando ou (ZAHN, Lk.; Kws'fllR- l'Ecclesiastico possa aver avuto qualche influs-
MANN, Lk., ad l. ). Linguisticamente impossibi- so sul modo di esprimersi - soprattutto data
le è pure far rientrare le parole nell'interro- ln presenza di x-/ipa in Eccltts 35,14 ss. - re-
gativa, unendole a {3oWV'TWV ( = «quelli che sra tuttavia difficile parlare di glossa, poiché in
gridano a lui e verso i quali egli è longani- questo caso non si vedrebbe come spiegare il
me»). La traduzione: «Dovrebbe egli, dunque, pMsaggio da µaxpoi>uµ·i}a11 (var.: µa.xpoi>uµ'ii-
usare longanimità verso di essi [i nemici]?» - crH) a µaxpoi)uµEi:. È ·vero che altrove Luca
con ~1t' av-toic; riferito agli oppositori - non ha mostra la tendenza a inframmezzare il testo
alcun appoggio linguistico nel testo. L'altra tramandato con qualche breve glossa introdot-
versione: «Non procrastina forse con essi?», ta come commento (cfr., per es., 1t).l)v 'tGt E-
oppure: «Non porta la cosa per le lunghe con v6v-ta 86"t"E ÈÀ.E'l)µO<rUV7]V, in II , 41 8 , V. J.
essi?» (K. v . WEizSi\CKER, Das N . T . iiber.r. HoRsT: ThStKr 87 [1914] 441); tuttavia nel
1
~[1922]; B. WEiss, Die Evv. des Mk.u.Lk.9 caso presente va notato che il vero problema,
[1901]; PREUSCHEN-BAUER, s.v.; HAUCK, Lk., posto dalla parabola stessa, non trova soluzio-
ecc.) - che riferisce le parole agli eletti (ÈxÀ.EX· ne nell'annotazione introduttiva del v. 1 (Sei:v
..-ol) - va contro l'uso neotestamentario di µa- itUV't'O"tE r.poaEUXEcrl)a~ xaL µl) ÉyxaxEi:V) e
xpoi)uµELV È1tl -twi. (HoFMANN, o.e.; ZAHN; nemmeno nella promessa Èv 'tUXE•, ma solo
KwsTERMANN), che ignora il senso di 'pro· nella constatazione del (.11XXpoi)1.1µEiv di Dio

l l 1tl'.&11de Lc uico _ v i
µa.xpoiluµla D 2 (J. Horst)

2. Paolo pulsività. Proprio per questa µa.xpo.ftu-


µla divina, che compare accanto alla
a) Anche in Paolo 57 la longanimità 6py1) di Dio, si evita di fraintendete
di Dio è in accordo con la sua ira (Rom. antropomorficamcnte la òpy1) dell'agite
2,4; 9,22), cosl che si avverte chiara- divino. I due termini XPT}CT-ro-.T}c; e ~
mente la corrispondenza con l'espres- àvox1}, accanto ai quali, in Rom.2,4,
sione semitica 'erek 'appajim. L'ira(~ compare µa.xpoì)vµla, non vanno intesi
6py1)) di Dio è rivelata fin d'ora (Rom. erroneamente in senso psicologico, ma
2,5, dr. l,18; 9,22 s.), ma tocca il suo come constatazioni di un operare stori-
vertice nel giorno dell'ira (2, 5). Ma, co di Dio 62 (cfr. Rom.9,22; cfr. il v. I?
pur se l'occhio è volto a questo vertice a proposito del Faraone) 63 • µaxpoiJuµlcx.
della sua rivelazione nella OLXctLoXpL- trae da XPTJO"'t"O'C'T}<; l'aspetto della beni-
crlC( 58 (dr. t!:xolx'Y)crLc; in Le. l 8 ,7 ), cioè gnità, da 6.vox'~ quello della sospensio-
nel giusto giudizio di Dio 5~, non si può ne dell'ira 61 , la quale tuttavia non ri-
dire che µa.xpoihJµl('/, apparisca mai in schia d'essere addolcita o rimossa (111]-
Dio come una specie di irresolutezza che cravplsetc;). Mentre in Rom.2,4 la bon-
solo più tardi, dopo un po' di attesa, tà di Dio (-rò XP'YJCT-ròv -rou ikou) spinge
potrà esser superata 61>, e neanche come alla µE-.&.vo~a, pone cioè di fronte al
indulgenza 61 o noncuranza. problema della conversione (nel con-
La longanimità di Dio non trascura tempo, però, Paolo precisa che il capi-
nulla, ma spinge l'occhio oltre la visio- tale d'ira [ l)'Y)craupl~EL<;] aumenta pau-
ne umana, sino alla visione della fine, di rosamente), in Rom.9,22 questo aspet-
cui è l'unica ad avere una conoscenza to viene ancor più rilevato. Qui non si
vera, esente com'è da ogni umana im- pensa in alcun modo a motivare la µcx-

rapportato positivamente agli eletti. Perciò il volte, di cui due in Paolo.


teNto dovrebbe aver ricevuto questa forma 58 Cfr. DBISSMANN, L.O., 72.
ad opera dello stesso evangelista (sia pure
59 Qui µa.xpoiluµla; vien posta in relazione con
con un certo influsso di Ecclus 35), oppure
essere un frammento di una parola del Signore la giustizia di Dio e con la giustificazione.
ripreso eventualmente da un altro logio11 (che 6Cl Cosa che viene esclusa da Rom.9,22.
lo ZAHN, Lk., ad l., vorrebbe ravvisare in 2 61 Contro KiiHL, Rom. a 2,4.
Petr.3,9); meglio ancora, l'evangelista potreb- 6l 1t).Ou'tot; si connette soltanto a XP'l1CT't6'M}t;
be aver trovato il logion in parola nella tra-
e non anche ai genitivi à.voxfiç e µix.xpoili.Jµl-
dizione a lui nota, nell'insieme del contesto
a.ç; cfr. ZAHN, Rom., ad l.
della nostra pericope: in questo caso «il cat·
tivo greco o la cattiva versione» (WE.LLHAU· 63 HoFMANN (~ n. 56) ad l.
SEN, Lk., ad l.) dovrebbe esser fatta risalire M Per àvox.+i cfr. ZAHN, Rom., ad l., n. 27. Cfr.
a questa tradizione. Per l'insieme del proble- anche Ign., Eph. n,r : cpo~71l)wµtv 't'Ì)\I µa·
ma vedi anche WARFIELD, o.e., 70 ss. xpoiluµlav 'tou 1)Eou, &va. µ1) i)µi:" El~ xplµa.
57 µa.xpof)uµla nel N.T. ricorre 14 volte, delle yÉVTJ'tU~. t\ yàp 'tTJV µf>,,)..oucra.v 6pyiiv cpo-
quali 10 nelle lettere paoline; µa.xpoilvµéw 10 f371Dwµev ...
xpoituµla come «tempo di conversio- (O'XEU'l'J òpyf\<;), questi stanno anch'essi
ne» 65 ; l'ora è già suonata solo per con- sotto la sua volontà, la quale soltanto
sentire l'attuazione più evidente di ciò in questa contrapposizione rende vasi
che Dio vuole (i>ÉÀ.wv) 66 e sa, e per sol- di misericordia il la comunità che egli
led tarne del pari nell'uomo una chiara chiama (v. 24). Anche i vasi d'ira e la
maturazione67 • Conseguentemente la µo:.- loro preparazione alla perdizione servo-
xpoituµla non offre mai al peccatore la no a rappresentare la gloria di Dio in
possibilità di appellarsi per diritto alla quella ricchezza che si espande sulla co-
bontà di Dio 68 • Ciò significherebbe ave- munità facendone la mèta della µa.xpo-
re «un concetto sconveniente» 69 ( à.:yvo- i}uµla di Dio 74 •
wv) di tale bontà, equivarrebbe a «di-
spregiarla» 70, mentre essa può costitui- b) La longanimità del cmtrano. Se,
re financo un'aggravante, s'intende per come abbiam visto, la µa.xpotluµla. è la
«i vasi d'ira». Quindi la µaxpoìJuµla. manifestazione della o6l;a di Dio nel-
non mira ad alcun 'miglioramento' in la comunità, è giocoforza che la retta
senso propriamente pedagogico 71 , ma è cognizione della µaxpoi}uµla di Dio im-
soltanto una chiarificazione del modo pegni il fedele cristiano a praticare a
d'agire di Dio nei riguardi dell'uomo in sua volta la µa.xpoi}uµla. nella vita co-
vist~ della preparazione escatologica. munitatia. È questo il motivo per cui
Tuttavia la 1toÀ.À:i) µa.xpofiuµla di Dio nei testi parenetici del N.T. non può
non ha mai lo scopo puramente passivo mancare l'esortazione µa.xpoi}uµEt'tE
di sospendere la òpy'fi; essa piuttosto 7tpòc; miv-cac;, «siate longanimi verso
viene in definitiva illuminata dalla ma- tutti» (I Thess. 5' q.). Non perché la
nifestazione della gloria di Dio 72 • An- µaxpotluµla sia necessaria a «tutti gli
che là dove egli ha approntato (xa·n'}p- adepti della comunità i quali hanno bi-
'rt<TµÉva elç Ò:.'JtwÀ.nav) vasi d'ira sogno di indulgenza e di pazienza» 75 ,

65 LrnTZMANN, Rom., ad l. via che si giunga, come hanno fatto Hofmann


66 Cfr. i commentari. e la Scuola di Erlangcn, ad una sorta di at-
67 Cfr. HoFMANN (~ n . 56) nd l. tenuazione delle due frasi DD..wv o
ftsòç ÈV·
oEl!;auDm -ci)v épyiJv e CfXEUlJ épyf]ç xa.-r:np-
68 Cfr. ScHLATTER, Rom., ad l. 't~O'(.J.ÉVa. Elc; Ò:?tWÌ..Eta.V.
69 LrnTzMANN, Rom., ad l. 11 BBNGEL al v. 22: observandus est senno
10 ScHLATTER, ad l. eit1s de vasis irae, parcior, de vasis mirericor-
11 HoFMANN, op.cii., ad l. Un'attenuazione del diae uberior.
µaxp6i>uµov ~oÙÀ.'l]µa. di Dio s'incontra sol- 74 Cfr. nì..oihov -r:T]ç o6!;7)c; (v. 23) con 'ltÀ.OU-
tanto più tardi nel itwc; à:opy'IJ'>oc; di :e Clem. TOU -r:T]ç XP7JO''tO'tT)'tOç... xa.t -.T]c; 1.1.axpo{)uµl-
19,3; cfr. Diog11.8,7 s.: itEòc; oò µ6vov cptì..&.v- ac; (2,4).
ftpwnoc; tylv<:r:o à:ì..)..à xat µa.xp6i>uµoç ... XPlJ- 75 DOBSCHUTZ, Thess, ad l. Cfr. le osservazio-
cr-r:òç xat &.yaDòc; xai àopyrrroç. ni a proposito di oÀty6\fiux.o~. La µaxpoi>uµlu
72 Questa considerazione non consente tutta· però non è indulgenza, bensl l'atteggiamento
1035 (1V,J86) rw.xpollup.lo: D 2 (]. Horst)

giacché in questo caso non si trat- che determina la µa;xpoiJuµla., sebbene


ta di una 'virtù' che possa giustificar- questa pigli una certa impronta anche
si con una esigenza umana 76• Al con- dalla XP'fJCT"t'O't'iJç (benignità) 78 , che Pao-
trario, è l'azione di Dio la quale me- lo ama associare alla µa;xpoi)vµla. 79 , e
diante Cristo si è manifestata nella co- da tutte le altre 'virtù' che compongono
munità e impone ai fedeli di considera- la .serie. Perciò µa.xpoiJuµEi: può essere
re le loro mancanze alla luce della paru- addirittura un predicato dell' &.ycbtTJ,
sia (v. 23 cfr. r ss.), çhe deve estrinse- anzi il primo dei predicati nell'inno fa.
carsi anche sotto forma di vicendevole moso di I Cor. r 3 A: µa.xpoiJvµEi: 1) &.y6:-
correzione e ammonimento ispirato al- 'lt'fJ, Vulg.: caritas... benigna est 80 • Il
la µaxpo?}uµla.. Ma tale atteggiamento concetto neotestamentario di µa.xpoilv-
non si può considerare una virtù acqui- µEi:v è formulato qui nel modo più con-
sita al pari di altre, bensl come un frut- ciso ed essenziale col dire che la forza
to dello Spirito (Gal.5,22), e non come motrice della 'longanimità' è l'amore.
una particolare forma di comportamento In 2 Cor.6,6 Paolo enumerando a mo'
etico accanto ad altre, giacché con le di esempio, nella sua qualità di Òtcixo-
altre costituisce un unico frutto che pro- voç i1Eou, le prove nelle quali deve ci-
viene da una radice comune 77 • Nella se- mentarsi il missionario, inserisce fra es-
rie di codeste manifestazioni vitali del- se anche la µaxpoì>uµfo:, e precisamen-
lo Spirito l'amore (~ &:y&.7tTJ) tiene il te la colloca tra la yvwcrt<;, conoscenza,
primo posto. Ed è soprattutto l'amore e la XP1JCT't'o-r1)ç, benignità. Per eser-

di chi reprime l'impulso a giudicare con ira le prime quattro vergini, mentre 'Ay&:1t1') è
precipitosa, allorché soddisfa il precetto dcl- l'ultima.
i' ammonizione. 'lt"a \l"t aç è riferito dal DoB- 79 Rom. 2A; 2 Cor.6,6; Col. 3,12; I Cor. 13,4.
SCHTiìz ai membri della comunità, dal WoH- Paolo associa µo:xpoi}uµla: e XPlJCT't'6't'"I]<; con
Ll!NllERG, Thess., a tutti gli uomini. Ad ogni riguardo non solo all'agire di Dio, ma anche a
modo l'esortazione µaxpol>uµEru è rivolta ai quello del cristiano. Per tale accostamento,
fedeli della comunità, e non si tratta perciò di che nel N.T. è peculiare soltanto di Paolo, si
una 'virtù' generica. vedano HEINRICI, 2 Kor. a 6,6; HoFMANN (--7-
76 Già la forma semitica della parenesi (DrnE- n, 56) (! I Cor.13,4. L'uso paolino potrebbe ri-
LIUS, Thess., ad l.; E.NoRDEN, Agnostos Theos sentire della tradizione dotta dei rabbini, la
[ 1913] 365 s.) e l'uso stesso del verbo µa.xpo- quale ci riporta alla radice veterotestamentaria
~µÉw portano ad escludere un influsso della di µo.xpoiluµla: . Cfr. in Ab. 6,5 (Mishna dì
filosofia popolare storica (-> coll. 1013 s.). Giessen, ad l. p. 172), tra le 48 cose richieste
71 ZAHN, Gal., ad l. Solo più tardi si tenterà di ai fedeli della Torà, b4 'erek 'appajim e beleb
ridurre a sistema le virtù, compresa la µa..xpo- tob, che corrispondono all'accostamento paoli-
~µ(a.. WINDISCH, Bam. a 2,2; cfr. 2 Petr.1,5 no di µo:xpo~µla.. e XPlJCT"t6"t"I]<;.
ss.; Herm. sim. 9,15,2. w Si noti ancora una volta l'allineamento con
18 Cfr. A. 0EPKE, Der Brief dcs Pa11lus an dìe XPTJCT"tEUE"tat e ou ~'TJÀ.Oi (cfr. bpy1}). Si veda-
Galaler (1937) ad l., sui vati membri della se- no anche BACHMANN, 1 Kor.', ad l. (397, nota)
rie. In Herm. sim.9,x5,2 Ma.xpotlvµ(a.. sta fra e 1 Clem.13,i.
µa.xpoiJvµLa. v 2 U . norsq

citare la µa.xpoi>uµlo:. così intesa non si :xaì. µaxpoì}uµlav, «rinvigoriti d'ogni vi-
richiedono soltanto la benignità e la ca- gore, in rispondenza alla forza della glo-
rità, ma anche iJ retto sapere, ossia ria di lui, in vista d'ogni pazienza e lon-
quella miglior conoscenza dello stato ganimità». E quand'anche l'enumerazio-
dell'uomo di fronte a Dio che ci è ve- ne delle 'virtù' in 3,r 2 seguisse uno
nuta dalla rivelazione del Cristo 81 • An- schema prestabilito 85 , sarebbe in ogni
che in Co!.r,II la longanimità, appaia- caso evidente che questo ÈVOV<Ta.CTìtE,
ta questa voi ta a U1tOIJ.oV1], pazienza 82 , questo 'indossare' 86 la µa.xpoì}uµla e le
è considerata come un requisito del 'ltE- 'virti1' parallele ( cfr. 1tpa.U't'l}ç e aVEXO·
pt1ta.'°'ijO'a.L àçlwç "tOU xuplou «cammi- µEvot èJ.).).1))..wv) come un abito, diven-
nare in maniera degna del Signore», con ta una realtà per gli ÈXÀEX'tOL 'tOU i>EOU
riguardo alla speciale conoscenza di Dio solo in quanto si attua per essi l' È\I 7téi-
( É'lttyvw1nç 't'ou i>Eou ). In questo passo O'LV XptO''tO<;. L'accostamento di µa.xpo-
risulta chiarissimo il contenuto dinami- ì}uµlo:. a 't1J.1tELVocppouuv11 (modestia) e
co della 'longanimità' neotestamentaria. a 7tpaU'tl}<; (mitezza) risente con ogni ve-
Non si tratta, invero, di un semplice at- rosimiglianza dell'esempio stesso di Ge-
teggiamento di tolleranza83 e neppure di sù 87.
una fiacca indulgenza, bensl di una spe- In Eph-4,2 il motivo del camminare
ciale forza pneumatica che promana dal- degnamente con longanimità ( &çlwç 7CE-
la fonte di energia della 86!;a. i>Eou 84 e pt7ta.'tijO'aL .•. µE:-.à. µmc:poi>uµla.ç) è con-
si esplica nella longanimità: f..v mi<rn nesso ancora una volta con la '°'CJ.1tELvo-
OUVaµEL OUVO:µOU(J.EVOL Xa.'°'ft. 'tÒ xpa"tO<; <ppo<ruvTJ, la 7tpCX.U"tl}ç e con àvEXO!J.EVot
-rijç l>6ç11ç mhou dç 7tiia'av u'ltoµovl)v Èv àycl:7tTI (cfr. Cot. 3,I2) 88 • L'esigenza

8! Cfr. anch!! Bam.3,6: ò µa.xp6Duµoc, 1tpoPM- 85 Cfr. DrnEuus, Gefbr., ad I. Si dovrà comun-
1Jiw;. que pensare che still'Apostolo agisca non tanto
Bl Sulla ditferen7.a tra Ù1toµovTj e µa.xpoihiµla. il catalogo delle virtù di Epitteto, quanto la
si è discusso molto; per solito si vede in µa.- tradizione dotta del giudaismo. Cfr. Ab.6,5 s.
xpoi)vµla. un rapporto piuttosto con persone, (~ nota 79).
e in Ù1toµovTj con cose. Ma tale distinzione 86 EwALD, Gefbr., ad l. Per quanto concerne
non è valida in tutti i casi. TRENCH II9 ss. § la distinzione dci 5 nomi, dr. LoHMEYER, Kol.,
33; ABBOTT-SM1rn (~ nota bibl.) s.v. &.vox1i; ad l. Per l'interpretazione invariabile della µa.-
HASTINGS. D.B., s.v. 'forbearancc, long suf- xpol)uµla. cfr. anche v. 8: à.1t6t>ecrile... épyTjv,
fering'; J. A. H. T1TTMANN, De synonymis in ihJµ6v; V. 6: opyTJ ilEoU; V. 13: µoµ<pTJV.
N.T. I (1829) 194 s.v. \moµovn e &.voxi}. Cfr.
anche EWALU, Gefbr., ad l. n. 2; Ign., Eph. 87 Cfr. Phil. }.,3 ss.; Mt.n ,29; LOHMEYER, Kol.,
3 ,I; 1 Clem .64. ad l.
83 Cosl intende EvALD, ibid. Ma nemmeno 88Cfr. ]. T. BRCK, Erkliirung des Dricfes Pauli
ùrcoµovTj si può interpretare in questo modo. an die Epb. (r891), ad l. Per l'accostamento si
Cfr. ancbe Herm., mand.5,2,3. veda ancora EWALD, Gefbr., e W. M. L. DE
S.I Sul riferimento escatologico di questo passo WETTE, Kurze Erkliimng dcr Bricfe 011 die
dr. L01-1MEYER, Kol., ad l. Kol., Phlm., Eph. tmd Phil. (1847), ad l.
µaxpoDuµla D 3 (J. Horst)

del µa.xpoi}uµEtV riceve qui una moti- r 7 ). E così per un altro verso la µcx-
vazione particolare dal richiamo alla ~ xpoi)uµl<X, sotto il segno del comanda-
xÀ:Y)crtc; 89 • Appunto la 'chiamata' a un mento dell'amore, è doverosa nel ser-
solo corpo (Ev crwµa.), un solo Spirito vizio missionario, come risulta chiara-
(Ev 'Tt'VEÙµa), ùn solo Signore (Etc; xv- mente dall'esempio di Paolo: uù ÙÈ 'lttX.-
ptoc;) ecc. e la comune speranza che da pExoÀoui>TJO'ac; µov "tTI ot&a.uxtX.ÀlQ.... i:n
ciò deriva fanno della p.a.xpo1}uµla uno 1tL0"1:EL, "tTJ µa.xpoi)uµl~, "tfj ayri:TC1J (2
dei contrassegni della ÉxxÀ.1)0"la mili- Tim.3,10), «tu mi hai seguito nel mio
tante. insegnamento... nella fede, nella longa-
nimità, nell'amore». Qui l'Apostolo ha
c) Nelle lettere pastorali Cristo ap- di mira soprattutto l'insegnamento mis-
pare una volta come il soggetto agente sionario, in particolare la lotta coi mae-
della p.axpoìluµla divina in I Tim.r,16: stri dell'errore, cosl come in 4,2: e:v 1ta-
~va Év ɵoi 1tpw"t~ Èvùd~'f}·rn.t 'I1)0'oùc; 0"1J µaxpoi}uµlcx xa.ì. ÙLoaxfj 91 • Proptio
Xptcnòc; "ti)V &mx.uav µaxpoìluµla.v, in questo caso, di fronte a tutti i con-
«perché in me per primo Gesù Cristo trasti e alle aberrazioni dottrinali, la
mostrasse tutta la longanimità» 90• L'e- longanimità, che non rinnega nulla del-
sperienza che l'Apostolo ha fatto di que- la dottrina e non indietreggia ( btltT"tTJ-
sta 'longanimità' paziente, la quale ha -Dt), è l'atteggiamento di chi sa per fede
sopportato il persecutore sinché l'ha so- che l'ultima parola non spetta a un giu-
praffatto, dev' essere per la comunità dizio umano mosso dall'ira, bensì al giu-
uno stimolo a rafforzare la propria fede dice dei vivi e dei morti - XpLO'"t'OV
di fronte agli avversari e ai colpevoli 'lTJO"OU 't'OV µÉÀ.À.O'V'\Oç xplVEW ~wvi;ac;
che, dopo l'Apostolo e al pari di lui, la xcxt vExpouç 93.
µa.xpoi)vµltX. pone quale esempio (1tpÒc;
Ù1tO"tU1tWOW) se li ha destinati alla fe-
3. Le lettere cattoliche
de 91 • Non bisogna perciò disperare di
nessuno. Considerando questa µa.xpo- a) La Lettera di Giacomo, in una pe-
-Duµltx. non si può non elevare un rin- ricope di cui la µaxpoi)uµlcx è il motivo
graziamento a Dio (la dossologia del v. conduttore (5 ,7-II) 94, presenta nel µa.-

89Cfr. anche Hcrm. sim.8,n,1. LEo, Das anvertraule Gut, in O. ScHMITZ, Dic
90Molto bene a questo proposito Diogn.9,2, urchr. Botschaft 15 (1935) ad l. p . 23). Longa-
dove il xatp6c; dell'offerta del Figlio è visto nimità = «piena stabilità del proprio rapporto
come l'acme della µaxpolhtµla di Dio: ɵa- con gli uomini».
xpolh'.iµTJ()'"EV ... ~òv LStov ulòv &:rtÉ!io"t'o M- 92 Cfr. HoFMANN (~ n. 56), ad l.
-cpov Ò1tÈP TiµWv.
93 Cfr. }OACH. }EREMIAS (N.T . Deutsch), ad I.
91A. ScHLATTER, Die Kirche der Griechen im
Urteil des Paulfls (1936) ad l. Cfr. anche P . 94 WINmscH, Kath. Br., ad l.
µaxpoiJuµ~a. v 3 U. nors1 J

xpoi}uµTjua-.E dei vv. 7 .8 95 una versio- stanno di fronte a questo giudice. Nel
ne della longanimità che è molto vici- contempo la perseverante µa.xpol}uµla
na a quella dei sinottici%. Nella condi- dei credenti si accompagna alla certezza
zione in cui si trovano i cristiani, sot- di raccogliere, alla fine, un frutto pre-
toposti senza scampo a soprusi e vio- zioso (v. 7) 99 •
lenze, la µa.xpoi)uµla. si concreta in un b) Nella Lettera agli Ebrei 100 il mo-
atteggiamento di perseverante attesa mento odginario del µa.xpoi}uµEiv, ossia
della parusia: µaxpoi}uµ1}0"WtE EWç, 't'ijç, il ripudio dell'ira precipitosa, resta in
7ta.pouulo:ç,, «Siate perseveranti sino alla ombra rispetto al legame positivo con
parusia» (v. 7; cfr. v. 8). In connessione ln 7tLO"'tLç, 101 : Èv8Eixvuui}m 0"1tou81]v
con xo:xo7tlii>Eta. (sopportazione del) tor- npòç, -.1)v nÀT)poq>oplav -i-ijc; ÈÀ7tl8oc;
mento, e Ù7toµovl) (costanza), la µaxpo- UXPL 'tÉÀouc; ... µLµT}'ttJ.t... 'tWV 8tà. 1tL-
i)uµla. assume l'aspetto di una fermezza O"'tEWc; xaì µaxpolluµlc:xc; xÀripovoµouv -
vittoriosa che non sorge da una disposi- •Wv -.èc.c; È7taj'yEÀlaç,, «dimostrare zelo
zione eroica, bensl dalla certezza che la perché la speranza sia piena sino alla
parusia97 è vicina, ossia è vicino il Signo- fine ... imitatori... di coloro che per la
re, che è il giudice (v. ro). E la consa- fede e la perseveranza sono eredi delle
pevolezza della sua vicinanza {ò xpt'tiJç, promesse» (6,rr s.). µa.xpolJuµla indi-
7tpò 'tWV 17upwv Ecr'tTJXEv, «il giudice è ca qui la 'perseveranza costante' della
alle porte») fa tacere ogni impulso fede «che non piglia a noia l'attende-
rabbioso di vendetta contro gli av- re» 102• Se in Paolo il µaxpoìtuµEiv è
versari (vv. 4 ss.) e anche ogni precipi- una nota essenziale dell' aya1tTJ 103, nel-
tosa mormorazione e lamentela contro la Lettera agli Ebrei essa è un contras-
i fratelli: µiJ O"'tEV<iSE'tE, tva µ'Ì) Xpdti}- segno della 7ttO"'ttç, iw. Allo stesso modo
"CE, «non lagnatevi, per non esser giu- anche la speranza (ÈÀ'ltlc;) trapassa nel-
dicati» 98 , giacché ormai le parti avverse 1' atteggiamento della µaxpol>uµla 105.

95 Su questo imperativo aoristo cfr. BLASS-D E- 100 È singolare come µaxpolhJµla e µa.xpoilu-
RRUNNER6 § 337,2. µEi:v si trovino soltanto nella pericope 6,9·15,
96 Cfr. fra l'altro le ~oa1. -cwv ft€pLcr6:.v-cwv (v. mentre il gruppo di u1toµovfi è limitato al-
4) coi ~OWV'tWV di Lc. I8,7, e il v. 9 con .Mt. l'ultima parte della iettera. O . MICHBL, H ebr.'
18,23 ss. Vedi anche SCHLATTER, Jak., ad l. (1936) ad l. n. 1 .
97 L'esortazione O''tTJplt;a'tE 't'cX<; Xflp8la.ç uµwv 101 Lutero: pulcbre coniungit 11tm1JJq11e fidem

è motivata in tutto e per tutto da <S·n ii 1w.oou- et patientiam; J. FICKER, Luthers Vorles1111g
aia. 't'OV xuplov ~Y'r~xev (v. 8). Cfr. HAUCK, iiber de11 H ebr.I 517/ IB (1929); Scbol.7I.
]ak., ad l. 102 RtGGllNBACH, H ebr., ad l.
98 Somiglianza letterale con Mt. 7,1; ScuLAT- 103 r Cor.13 14.
TER, Jak., ad l. 11>1 WINDISCH, Hebr., ad l. e l'excursus a 11 ,
99Per il costrutto IL'l.'.':'JOlhniwv E1t' au-c0, cfr. 40.
Lc.18,7 e HAUCK, Jak., ad l. 105 MICH EL (-+ n. IOO) ad l.
µu:xpol}uµla: D 3 (J. Horst)

L'indole espressamente attiva di questa sacramento del battesimo (v. 21) 111 .
µaxpoi>uµla è indicata da O"ltouo-fiv, ze- d) Mentre i vocaboli µaxpoi}uµlo:. e
lo (v. II). II suo fondamento sta nella µo:.xpoiJuµEL\I trovano nel N.T., in com-
promessa del giusto Dio 106 : o\hwç µa- plesso, un impiego soltanto occasiona-
xpoi)uµTjO'aç È7tÉ'tUXEV 'ti)ç É1tayyeÀ.la<;, le, sebbene abbiano una salda relazione
«così perseverando (Abramo) ottenne il coi temi centrali della parusia, della giu-
compimento delJa promessa» (6, r 5) 107 • stificazione, del 'cammino' dei cristiani,
si può invece sostenere che per l'assunto
c) In I Petr.3,20à:rcE~EOÉXE'tO1J 't'OU della seconda Lettera di Pietro la 'lon-
fleov µccxpoi)uµla, «la longanimità di ganimità' di Dio è veramente la pa-
Dio aspettava» 10a, acquista un pit1 spic- rola tematica. Nella µo:.xpoi>uµla 'tOu
cato riferimento al limite di tempo 109 e xuplou l'autore trova la soluzione del-
precisamente nell'esempio della genera- l'arduo problema che travaglia la comu-
zione vissuta al tempo di Noè 110• Que- nità cristiana del tempo suo 112, il pro-
stu µaxpoi>uµla di Dio fa maturare la blema cioè del promesso ritorno di Cri-
obbedienza e la disobbedienza (cbm- sto, che non si era ancora attuato (3,4).
MicrccO'tV ), che nel giorno del giudizio si Le formule drastiche e rigorosamente
manifesteranno l'una nella salvezza (0LE- antitetiche usate da Paolo in Rom.
17wi)'l')crocv) e l'altra nella perdizione. Al 9,22 hanno ceduto qui il posto, per
presente la comunità cristiana ricono- scopi pedagogici, a una formulazione
sce la µaxpoi)uµloc di Dio nell'efficacia che mette in risalto solo un aspetto,
pneumatica del Cristo che agisce nella ossia la longanimità salvatrice di Dio:
parola dell'annunzio (hl)pu~av) e nel OV f3pcc0U\/Et XUptoç 'tfjç È:'ltc.<yyEÀ.laç113 ...

106 V. 10: ov yàp lilìLXO<; ò 6E6ç. po fra la sua morte e la sua risurrezione. Una
101 µa:xpol}uµ-éJ<rm; É'ltÉ'tUXEV sono strettamen-
cosa è comunque certa e importante: nel cor-
so del primitivo credo cristiano quale risulta
te connessi; RIGGENilACH, Hebr., ad l.
da questa pericope (v. 18-22) non sta in primo
tos In questo caso µa;xpol}uµla; è soggetto del- piano l'esempio occasionale di Noè, bensl la
l'azione divina. presente efficacia pneumatica del Cristo glori-
100 Il riferimento va con ogni verosimiglianza ficato (miEÙµcni, v. 18) che osserva, nella sua
ai 120 anni di Ge11.6,3; WoHLENilERG, Petr., longanimità, il tempo stabilito prima della pa-
ad l. rusia e, mediante 'l'Ùpuyµa; e ~6.'lt'ti11µa., pa-
rola e sacramento, salva nell'arca della chiesa
HJ Cfr. Mt .24a7 ss.
i suoi membri. L'accenno agli 6)..lyot riporta
111 Si può riferire 'totç lv cpuÀ.axu 'ltveùt.ta<rw nuovamente in luce il serio sfondo di questa
'l\'OpEUltetç-+ bd1pu!;tv (v. 19), con HoFMANN µaxpol}uµla di Dio.
e WoHLENBllRG, all'annunzio del Cristo preesi- 112 Cfr. già Mt.24,48: xpovl!'.;EL.
stente rivolto alla generazione di Noè; oppure,
cogli esegeti più recenti, WtNDISCH e HAUCK m Sul problema di questo genitivo non atte-
(N.T. Deutsch), si può vedervi un'allusione al- stato altrove (in Is46,13 si trova l'accusativo,
l'annunzio recato dal Cristo nell'Ade nel tem- GROTIUS e; 5
't!X<;), dr. BLASS - DEBRUNNER §
1..1axpouuµwc; lJ. ttorst)

ci'ì..)..à µaxpofiuµd dc, uµac, 114 , µ-ii Bou- credenti, i quali debbono seriamente
Àoµf.voc, "t'tvaç ù7toÀÉcrì)o:t &.'ì..'ì..à ,-çav- mettere a profitto il tempo che resta per
"t'ac, 115 dc; µE-cavotav x.wpfjcrat, «il Si- una vita immacolata (v. qs.)m. Il sen-
gnore non tarda nel compiere la sua so che la comunità cristiana deve attri-
promessa... ma è longanime verso di buire alla µaxpoitvµi.o: di Dio, e quindi
voi, perché non vuole che alcuno peri- al tempo in generale, è la propria crw-
sca ma che tutti giungano alla conver- 't'f)pi.a: "t''Ì]\I -toO x.upi.ou ·hµwv µo:.xpo-
sione» (3,9). Ma è pur sempre la conce- i}uµi.o:v CTW'tT}plav 1)yE~crìh:, «considera-
zione protocristiana della longanimità di te salvezza la longanimità del Signore
Dio nei suoi dati essenziali che l'autore nostro» (3,15).
ripropone qui all'intelligenza dei fedeli,
per dissolvere una superficiale delusione t f.J.axpoituµw<; 1

provocata dal supposto ritardo della pa-


Avverbio di µaxpo?Juµoc;; ricorre sol-
rusia 116• Cosl l'errore per cui si frain-
tanto in Act.26,3, nell'accezione profa-
tende il µaxpoì)'uµdv di Dio come un
na di 'tranquillamente'. Nel discorso
BpaOUVEW, un indugio, un ritardo, vie-
davanti ad Agrippa, Paolo non vuole
ne respinto escludendo lo stesso concet-
essete disturbato da interruzioni irose
to umano di tempo; l'idea del giudizio
o impazienti, come gli è accaduto da
viene riaffermata in due aspetti, ossia
parte di Pesto (v. 24) 2 •
non solo per quanto concerne gli empi
(v. 7 ), ma anche per quanto riguarda i
r HoRST

180,5; CREMER-K6GEL 28s.; di opinione contra- munità; dr. i commenti. L'autore pensa con
ria sono HoFMANN (-+n. 56) e WoHLBNBERG, ogni verosimiglianza a tutti coloro che primii
Petr., ad l. Per il testo cfr. Eccl11s 35,19. della piirusia entreranno a far parte della co-
munità.
114 All' insolito Etç, accanto a µaxpolhlµEi:v,
116 WINDISCH, Kath. Br., ad I.
dei codd. BCKLP min. arm. bo, si contrappone
ilot' dei codd.SAmVulg.sa syaeth.T, pili re- 117 La longanimità dell'uomo che fa da con-
golare ma non cosl bene attestato; cfr. KNOPF, trappunto a quella di Dio è designata con
Petr. ad l. Di solito µaxpollvµÉw è costruito V1toi.Lovii (1,6).
con la prepcsizione btl (Mt. 18,26; Le. 18,7; µaxpolluµt.i c;
Iac.5,7), con 1tp6c; (r Thess.5,14); con etc; sol- I L'aggettivo µaxp6buµoc; ricorre spesso nei
tanto in questo caso; cfr. E. KiiHL, Die Brie/e LXX (p. es. in Ex.34,6 e in molti altri passi, cfr.
Pctri u11d 1r1dae6 (r 897) ad l.; BLASS-D EBRUN- HATCH-REDP.) e cosl pure nei Padri apostolici
NER6 § 196.
(1 Clem. 19,3; Did. 3,8; Bam. 3,6; Diogn. 8,7;
115 Esegeticamente non è possibile stabilire Herm. vis.1,2,3; mand.5,1 ,1; 2; 8,rn; sim.8,
con sicurezza se miv·rn.c; (o ·nvccc;) si riferisce u ,1 ). Non si trova nel N.T.
a tutti gli uomini o solo ai membri della co- 2 Cfr. 22,2 e 23,7; PREUSCHEN, Apostg., ad l.
1047 (Iv,390) µo:µwvéiç (F. Hauck)

tµaµwvaç

1. Il greco µa..µwvocc; riproduce lo 2. mamon non è attestato nell'A.T:';


stato enfatico mamona del sostantivo si trova invece in Ecclus (ebr.) 42, 9,
aramaico di uso comune miimon 1 • L'eti- nel Documento di Damasco ( 14,20, in
mologia della parola è incerta. La deri- un contesto corrotto), sovente nel Tar-
vazione più probabile è da 'mn=ciò in gum, nella Mishna (per es. Ab. 2, 12;
cui si ripone la propria fiducia (J. Bux- Sanh.1,1) e nel Talmud, probabilmente
torf)2. In tal caso il logion di Lc.16,10 anche nel testo originario di Hen. 63,
s. nella sua forma originale aramaica xo; qui, come spesso anche nel Targum,
conterrebbe un gioco di parole, giacché ricorre nella formula 'mammona ingiu-
anche mcr-.6c;, mir"teUCTEL, 't"Ò ci)...71i)w6v sto' (dr. Lc.16,9.rr). Il senso e l'uso
attengono alla radice 'mn. Che la co- del vocabolo prendono luce dal confron-
munità cristiana non abbia reso miimon to fra i vari luoghi del T argum e i
con una parola greca (per esempio ou- corrispondenti passi del testo ebraico.
ofa), dipende forse dalla intraducibile a) mamon è usato anzitutto nel sen-
sfumatura etico-religiosa del vocabolo e so oggettivo di patrimonio con riferi-
forse anche dal fatto che esso era pe- mento non solo al denaro, ma anche ai
netrato come termine straniero nel gre- possedimenti e a tutto ciò che ha un
co di Siria 3 • valore in denaro (per es. gli schiavi).
µo:µuivéiç
servare', ma1m611, contratto in mammon, P. DE
Articolo 'Mammon', in RE3 xu r53 s. (G.DAL-
LAGARDB, Obersicht ... (1889) I9). A questa
MAN); B. W. 4n (G. B1mR); HAsTINGs, D.B.
etimologia si oppone la grafia con la µ sem-
II 224 (W. H. BENNBT); EB m 2912 ss. {En.
plice e il fatto che l'Ecclesiastico usa tanto
NEsTLE); ERE vm 374 s.; LEvv, Wort. m
mfmwn (42,9) quanto miimon (34,8); 3. dalla
138; LEVY, Chald. Wort., s.v.; ZAHN, Bini. 1
radice arabn damina-madmun, da cui verrebbe
n; E. RIGGENBACH, Theol. Abhandl11ngc11 fiir
l'aramaico m'mwn; m'mum o tmnwn sarebbe-
A. Schlatter (1922) 21 ss.; S. KRwss, Talmu-
ro una forma indebolita, P. DE LAGARDE, Mit-
dische Archiiologie, II ( 19n) 320.404; ].LIGHT-
tcilungen... (1884) 229. Ma anche in questo
FOOT, Horae Hebraicae ... 11 (1684) 843 ss.; A.
caso ci aspetteremmo la doppia µ; 4. dal ba-
MERx, Die 4 Ka11on. Evv. n 2 (1905) 327 ss.; bilonese man ma11, un nome di Marga). Di qui
S. EJGER, Das Geld im Talmud (Wilna 1930); µaµwµ(ic;=oro=sterco dell'inferno, H .WINCK-
S. HELFER, Geld 11. Kredit bei dc11 ] uden i11
LER, Babylonische Kultur (1902) 47 s.; A. Jn-
talmud. Zcit (dìss. Berlin 1922).
REMIAS, Das A.T. im Licht des Alte11 Orients3
1 I manoscritti greci e siriaci preferiscono la
(1916) 671; 5. secondo Aug., de sermone Do-
grafia con una sola µ, ciò che è molto impor- mini in motlte... 2,14,47 (MPL 34, 1290), µa.-
tante per l'etimologia. Soltanto i codici latini µwvéiç sarebbe un vocabolo punico equiva-
(e i greci più recenti) usano la doppia m; cfr. lente a lucrum, cfr. sopra hl. Vedi su ciò Z.
BLASS-DEllRUNNER6 § 40 (forse per analogia S. HARIUS, A grommar of the Phomician Lan-
con mamma, annona, ecc.?). guage= American Orientai Series, VIII (1936)
2 ....)-
120. L'ipotesi che µaµwv&ç fosse una divini·
DALMAN 153: 'ciò che è depositato', 'ciò
tà siriaca corrispondente a TI)..o\i'toc;, è priva
che è posto al sicuro'; DALMAN, Gr. 170 n. I;
di ogni fondamento, cfr. ZA.HN, Mt. a 6,24.
ls derivazione da '111t1 è preferita dai grnnuna-
tici siriaci, ~ NESTLE 2914. Altre etimologie 3 ScHLATTER, Lk. 368.
proposte (STRACK-BILLERlll!CK I 434): I . <la 4 I LXX rendono 'emlìna, in Ps.37,3, con 7tÀ.ou-
111w11 o mnh, 'aggiudicare'; F. DELITZSCH: 'tl{) e forse in Is.33,6 con tr]crttupo~ç. Può dar·
Zschr. fiir lutherische Theologie... (1876) p. si quindi che essi leggessero nel testo ebraico
600; LEVY, Wiirt. 111 138 b; 2 . da tmn 'con- mii111611fJ.
µaµwvriç (F. Hauck) ( IV,391) 1050

Nel linguaggio giuridico della Mishna malvagi secondo Ez.22,27 consiste nel
miim6n, in quanto possesso di oggetti, loro esser proclivi al mamon, al guada-
è contrapposto alla vita (nefes) o al cor- gno ingiusto, ossia alla corruzione e ai
po quali beni viventi dell'uomo. Così i vantaggi privati. Negli ultimi tre passi
dlné miim6n6t sono i processi patrimo- il senso spregiativo è posto in risalto
niali, distinti dai dine n"fiiI6t, i proces- dal nesso miùnon disqer, possesso men-
si che decidono de11a vita e della morte zognero 7•
(Sanh.I,1). La terminologia dei rabbini
c) miimon sta inoltre per kofer, che
contrappone miim6n Iel Ieqer, possedi- indica talvolta il denaro del riscatto, il
mento menzognero, a miim6n Iel 'emet, risarcimento imposto dal giudice (Tg.O.
possedimento verace 5, e con ciò rico- aEx.21,30), ma anche il denaro che ser-
nosce esplicitamente che vi può essere ve a tacitare o a corrompere la patte av-
un mammona incensurabile nel tispet- versa o il giudice (Tg.O. aNum. 35,31;
to morale. Così nel Targum miim6n Tg. Am.5,12). Samuele adduce a prova
può corrispondere, senza una particola- dell'esercizio irreprensibile del proprio
re qualificazione etica, a rekiis, posses- ufficio l'esser rimasto tetragono di fron-
so, proprietà (Gen.14,2), a h011, patri- te ai denari della corruzione Tg. r Sam.
monio (Ps.44,13; Prov.3,9, dove l'esor- I2,3 ). Così miimon può essere usato sen-
tazione a onorare Dio coi ptopri beni z'altro nel senso di IO{Jad, dono che sì f.'l
dimostra che tm mamon e Dio non de-
per corrompere (Tg.Is. 33,15; nei due
ve sussistere alcun contrasto di ordine ultimi passi ritorna l'espressione mii-
etico), a mcptr, prezzo di acquisto, mez- mon disqar). Cfr. Tg. Is.45,13.
zo di pagamento (Is.55,1). Già nel giudaismo, quindi, miim6n
b) Nel Targum, miimon rende spes- prende un senso disonorevole e viene
so be~a·, guadagno (per es. Iud.5,19), perciò usato in contesti dal tono. di bia-
vocabolo che viene anche usato per in- simo e di critica. Per meglio specifica-
dicare il guadagno illecito, la violazione re il senso spregiativo, sovente al voca-
delta proprietà altrui (b~', portar via, re- bolo si accompagna disqar. In talune
cidere, Ps.10,3, soperchiare, Ez.22,12). cerchie almeno (dr. la concezione dei
Si tratta del profitto disonesto che si ac- 'poveri' 'aniiwlm, come persone giuste
quista con una causa o con un affare e pie) 8 al mii.mcm in quanto tale si as-
sfruttando egoisticamente lo stato in cui soda l'idea dell'impuro, del disonesto.
si trova un altro (Tg. O. a Gen.37,26; del profano. In Henoc etiopico, specie
T g. Iud. 5 ,19 ). L'incorruttibilità disinte- nei discorsi pal'enetici (94-105), si av-
ressata, figlia del timor di Dio, è vista verte la medesima netta ripulsa di ogni
addirittura come il contrassegno dell'uo- attaccamento a mi.imon ( ~ 'ltÀ.ov<noç,
mo onesto, idoneo a fare il giudice (Tg. mwxoç) che sarà poi di Gesù. Le per-
O. a Ex.18,21) 6 • Chi odia i guadagni di- sone pie, che amano Dio anziché i be-
sonesti (i doni della corruzione) avrà vi- ni della terra (108,7), si contrappongo-
ta (Tg. Prov. l 5 ,2 7 ). La depravazione no ai ricchi e ai potenti che hanno fi-
dei figli di Eli, (i sacerdoti giudici, se- ducia nel denaro e nei beni procacciati
condo r Sam. 8,3, e quella dei principi illecitamente (94,6.8; 97,8) e sfruttano

5 Ex.r. 31 a 22,26; STRACK-BILLERBECK Il 220. che Os. 5,II, dove il Targum in luogo dell'e-
6 In ebraico 'anse 'emet so1lc bala', <momini braico fato leggeva evidentemente hc!a'.
veraci che odiano il guadagno». s Ps.H,II; Lc.1,53; Iac.1,1os.; 2,5s.; 5.l;
7 Alla stessa stregua si dovrà considerare an- DIBBLIUS, Jk. 37 ss.: ricchi e poveri.
µaµwvc'i<; (F. Hauck)

la loro condizione praticando l'ingius;i - µaµwvac:; ·djç &.oLxiac:;, 'mammona del-


zia e la violenza (94, 6 ss.; 96, 5 ss.). l'ingiustizia' (Le. l 6,9 = cHilx!{) µo:µwvq.
Nell'altra vita, dove la sorte si capovol-
ge (94,ro; 96,8 , cfr. Lc.16,19 ss.), que- 16,rr) corrisponde puntualmente all'a-
sto sarà il làmento dei ricchi: la nostra ramaico miimon disqar = possesso acqui-
anima è saziata dal mammona ingiusto, sito in maniera ingiusta 9 • Non è quin-
ma ciò non impedisce che noi scendia-
mo nelle fiamme del tormento inferna- di necessario pensare che il logion di
le (63,ro). Gesù fosse rivolto originariamente ai
3 . Nel N.T. µaµwvli.c; ricorre solo in pubblicani; in pratica, secondo il pen-
bocca a Gesù. Anche qui il senso pri- siero di Gesù, all'acquisto delle ric-
mo della parola è patrimonio, bene ter- chezze si accompagna sempre in qual-
reno, accompagnato però da una nota che misura l'ingiustizia ( cfr. LELp. 26,
spregiativa di possesso puramente mate- 29). L'idea di Dio quale sommo bene
riale, contrario a Dio, peccaminoso. Le e l'alto apprezzamento etico dell'amore
ricchezze tenene che l'uomo ammassa fraterno rendono assurdo, soprattutto
(Mt.6,19 ss.), ritenendole vanamente co- nello stato di attesa dell'imminente ti-
me una sicurezza per la propria vita volgimento escatologico, qualunque pro-
(Lc.12,15 ss.), nelle quali ripone il pro- posito di uso profano e 'mondano' di
prio cuore (Mt. 6, 21 ), venendo meno mammona per scopi meramente umani.
anche all'amore, rappresentano per Ge- Per Gesù ha valore soltanto la rinun-
sù il polo opposto a Dio (Mt.6,24 par.). cia ai beni terreni, che si esplica nel
Il potere demoniaco insito nel possesso farne dono ai poveri. A tale scopo oc-
dei beni fa s} che il darsi cura delle ric- corre una nuova forma di scaltrezza, 1a
chezze equivalga praticamente a divenir- quale, mediante un uso adeguato dei be-
ne schiavi (Mt.6,19 ss.). L'uomo pio de- ni passeggeri, procuri all'uomo la parte-
ve assolutamente svincolarsi da questa cipazione al regno eterno. Per questo
morsa, per collocarsi in un rapporto di uso eticamente corretto e religiosamen-
esclusiva dipendenza religiosa da Dio te accorto dei beni terreni al servizio
(Mt. 6, 24 par.). Questo netto discerni- dell'amore per il prossimo le persone pie
mento della realtà effettuale impedisce possono trarre esempio (v. 9) dall'im-
a Gesù di valutare i beni terreni con- piego moralmente riprovevole, ma scal-
o ttimismo religioso e di riguardarli, al- tro, che il mondo fa del denaro per sco-
la maniera veterotestamentaria, soltan- pi di conuzione (Lc.16,1-7). Ma anche
to come il segno di una particolare be- nel trattare i beni terreni, pur cosl vili,
nedizione di Dio (I ob l ,ro ). Il nesso i giusti hanno l'obbligo della fedeltà

9 Cfr. Tg. Prov.15,27; va in rovina la casa di Inoltre STRACK-BILLERBECK, n 2 20; -.> MBRX
colui che raccoglie il mammona dell'ingiustizia. 327 s.
1053 (IV,392) µavVtìvw A 1 I.!<... tt. KcngstortJ

(Lc.r6,n). Solo esercitando questa fe- poi il patrimonio più vero, quello che
deltà nel piccolo si può diventar parte- appartiene realmente ai discepoli (-.ò
cipi del grande, ossia dell'eterno, che è Ò.À:r1llw6v, gioco di parole -? col. ro4 7 ).

F. HAUCK

µavi}avw,xa~aµav~avw,
µaJhytl)c;, cruµµcd}'l'}~1}c;,
µa~-fi~pLa, µcx.i}'ì'}~EUW

t 1..w.v1}6.vw 2. l'uso irriflesso;


3. ]"imparare' dalla Scrittura;
SoMMAKIO:
4. il senso nuovo clell"imparare';
5. il llaVM'JEtv visto nelle lettere Pastorali
A. µavM.vw presso i Greci: come un'insidia per la pietà religiosa;
I. l'uso irriflesso; 6. Hebr.5,8.
~.l'uso filosofico: D. L'uso linguistico della chiesa antica.
a) gli inizi;
b) la metafisica dell'apprendimento in
Socrate e Platone;
c) la riduzione intellettualist'ca dell'ap- A. µav1M.vw PRESSO I GRECI
prendimento nella filosofia di scuola;
3. µavM.VvJ come termine tecnico del culto 1. L'uso irrifl.esso
nell'ellenismo.
B. µavM:.vw nell'A.T. e nel giudaismo: a) µa.viM.vw deriva, per ampliamen-
1. liimad/µavMvwnell'A.T. (LXX); to, dall'aoristo E-µaìJ-o-v, il quale a sua
2. µavì>&.vw nell'uso linguistico dei rabbini; volta risale alla radice *mr;dh-, 1'men-dh
3. Giuseppe; (~'men-dhe) e significa fondamentalmen-
4. Filone. te volgere il proprio spirito a qualcosa 1•
C. µa.vMvw nel N.T.: Da tale accezione si diramano i vari si-
r. in generale; gnHìcati particolari nei quali la parola

µa:vM\lw
?,odie des Aischylos = Tiibingcr Beitriige zur
PREUSCHEN-BAUER', s.v. ; PAssow, s.v.; Lrn- Altertumswissenschaft 23 (1934) 82 ss.
DELL-ScoTT, s.v.
PerB:
Per A:
S. Knwss, T al11111dischc Arcbiiologie m (1912)
B. SNEr.L, Die Ausdriicke fiir de11 Begriff des 199ss.; BACHER, Term. I 94. 199ss.; II 96s.
\Y/isscns in der vorplato11ischc11 Philosophie = 23.p .; ScHLATTER, Theol. d. Judt. ror s.; J.
Philologische Untersuchungen 29 (1924) 72 HEINEMANN, Pbilom griechische rmd jiidiscbc
ss.; J. STENZEL, Plato11 der Erzieher (1928); Tlild1111g (1932).
W. FREYMANN, Plato11s S11cbe11 11acb einer
Per C.:
Grundlegu11g aller Philosophie (1930) 79 ss.;
C.RtTTER, Die Kemgeda11ke11 der plato11ische11 CREMER-KOGl'.I., s.v.
Philosophie (1931); J. STENZEL, Metaphysik I WALDE-POKORNY II 27os.; BOISACQ 607: op·
des Altertmns (1931); W .NESTLE, Menschliche pliquer son esprit à qc. ~ SNELL 73 postula
Existenz tmd politische Erziehung i11 der Tra- come significato fondamentale 'appropriarsi spi-
10)5 (lV,J93) µavMvw A 1 (K. H. Rengstorf)

si trova usata. In certo modo si potreb- semantico risulta ancor più chiaramen-
be ancora dimostrare come nelle acce- te da Hippocr., acut.2,8 (II p. 430, Lit-
zioni particolari si sia gradualmente svi- tré): µEµcd)l)xa.crt OE µa.xpot ot nupE'tot
luppato il significato fondamentale 2 • o~OE ylvE<ri>cu, «sono solite insorgere
queste febbri alte», che Eroziano (verso
a.) Nei tre passi di Omero in cui ri- il 60 d.C.) glossa cosi: µEµai>1]xrtcrv Elw-
corre (a11'aoristo) 3 , il termine non può i>acrL (p. 60, Nachmanson) 7 • Effettiva-
essere tradotto con 'aver imparato' 4 • mente in questi casi noi diremmo che
Piuttosto vi potrebbe corrispondere il sono solite 8 .
nostro essersi abituato a qualcosa. Il ri-
sultato di questo processo si presen- B) Dall'accezione fondamentale si svi-
ta in certo senso come necessario e ine- luppa il significato di esperimentare.
vitabile, in quanto esprime un modo di Anch'esso racchiude l'idea di una par-
essere di una persona 5 ; per Ettore si tecipazione spirituale attiva per modo
tratta di essere valoroso (fof}Mc;, Il. 6, che, nel tema del presente, il verbo può
444); per il mendico straccione sotto anche significare cercar di sapere. In
cui si cela Ulisse si tratta di esset buo- Hdt. 7 ,208 i due significati si trovano
no soltanto per opere miserabili (E~ytx l'uno accanto all'altro: E'WX.OV oÈ 'tOU-
xaxa, Od. 17, 226 s.; 18, 362 s.). Tale 'tOV 'tÒV xpovov Aaxdi<x.LµOVLOL E~W 'tE-
uso linguistico non è scomparso, e si 'ta.yµÉvoi. .... -ca.iha. òi] 1kwµEvoç Éi>wu-
trova ancora nel greco moderno 6 • Sem- µa.~E xat 'tÒ 1tÀ.fji>oc; ȵavf}avE. µai}wv
bra comunque che, col passar del tempo, OÈ r.av'ta. chpexÉwc; a?tl}À.a.VVE Ò7tLO'W
l'idea della consuetudine pigli un risalto xa-c' i}cruxl-qv, «in quel momento gli
sempre maggiore rispetto alla nozione Spartani si trovavano schierati al di fuo-
del modo di essere e finisca col dare la ri... osservando ciò si meravigliava e
sua impronta all'uso di µa.vM::vEW. È di cercava di stabilire il loro numero.
Empedocle la frase: EV h 7tÀ.Eovwv µE- Quando si fu reso conto esattamente di
µcrnTJXf. <puecri}m (fr.26, 1 323,6, Diels). ogni cosa, se ne ritornò in tutta tran-
Qui il verbo non ha nemmeno più quillità». Anche questa determinazione
un soggetto personale. Ma lo sviluppo semantica del verbo diventa sempre più

ritualmente di qualcosa che acquista un effet· µaxcx. 'ltaaut:v l fo&"ì..a, 'ttt <Je: 1tpo'tl q>rww
to determinato'. 'Axt).).ljoc; òEotMx&at I 8v XElpwv Éol8cx.l;e:...
2 Cfr. ~ SNELL, 72 ss. Lo SNBLL però si occu- «e sparsivi sopra farmaci buoni, che si dice tu
pa di µ&.i>-I]µa assai più che di µavMvw. abbia appreso da Achille, e questi da Chiro·
3 Il. 6,444 s.: ouoÉ µE DU!.lÒc; &vwyEV, ~r.:d µa· ne»; cfr. Jl.I6,8n: 8~8a:crx.6µtvoç, 1tO).ɵoLO);
Dov Eµµtva~ foi)À.Òc; I atEt xat 1tpw-.oL<n l..lE-.b. dr. ~ SNBLL 72 n. I e u 138,8 ss. e A. DE-
BRUNNER : Annuaire de l' Inst. de Philol. et
TpwE<rcn µaxEai}a~... «né l'animo mi spinge
(a ciò)... dacché mi sono abituato nd essere va- d'Hist. Orient. 5 (1937, Mélanges E. Boisacq)
lente sempre e a combattere fra i primi dei 25I SS.
Troiani...»; Od. q,226 s.: à)..)..' È1td ouv 81) s Di qui prende le mosse il successivo uso fi.
gpya x&x' ~µµaDEv, oùx. El>E).'i)cm I ~pyov É- losofico (~ coli. 106I ss.).
1tolxEul)a~...; Od.18,362 s.: ft.).).' É1tet oi'iv Sl)
6 Esempi in ~ SNELL, 72 n. 3.
iJpya; x.ax.' EµµaDEc;, oux ÈJ)Ekfi<mç I gpyov
É7tolxs<JJ)cx.t..., «ma dacché ti sei abituato a o· 7Questi e altri esempi dell'età più antica so-
pere malvage, non vorrai attendere a un lavo· no raccolti dallo SNELL, 72 n. 2.
ro ...». 8 Il latino conosce un uso parallelo di didici
4 L'imparare vero e proprio è eletto da Omero nella lingua poetica; cfr. Thes. Linguae Lat. V
OLOtX<TXE<Tiku (Il.u,830 ss.: È1tL o"i')mcx. cp&.p- I (1934) 1333 S.
1057 (Iv,393) µixvOO:vw A I (K. H. Kengstort) \IV,394} 1050

sbiadita col passare del tempo 9 • d ha compreso o non ha compreso ( cfr.


y) Con l'accusativo della persona per es. A1·istoph., ra. 195, [Dioniso]:
µa.viM.vw vale conoscere, prender cono- µa.vM..VEL<;; [ Xanria: ] 1ttivu µa.vM.vw.
scenza di, come per es. in Xen., hist. Plat., T heaet. 17 4 b: µa.viltivEL<; y&.p
Graec.2,r,r: o'lç ÙÈ -.aiha. &.pfoxoL x6:- 1tOU, W0E00WpE· 'ÌÌ OV «comprendi vero,
À.a.µov cpÉpEW ÈÒoJm, l:va. à'ì..'ì..1}>..ouç µ6:- Teodoro, o no? »; [Teodoro:] itywyE·
ìtotE.v Ò1tocrot ei'f}crcx.v, «parve opportuno xa.t cH..'f}ì}fi À.ÉyEt<;, «comprendo, e dici
che coloro che fossero di quel parere il veto». Cfr. anche Epict., diss.2,6,4).
portassero una canna per conoscersi a Quando i1 verbo è adoperato nella ri-
vicenda quanti fossero», oppure in un sposta, vuol dire che l'interrogato è
testo tatdivo (V-VI sec. d.C.) di caratte- d'accordo con ciò che l'altro ha detto 10•
re non letterario (P. Greci e Latini v E) µa.v~MvELV è pure usaro per indi-
480,6 s.): où ~ÉÀEL ò evooxLµ[w·w:to<;] care l'apprendimento di una tecnica o
<I:>ot~&:.µµwv O"E µcx.~:::i:v. Direttamente di un'arte sotto /ti guida di qualcuno
contiguo a questo è il significato di no- (cfr.Xenoph., mem.2,r,28: Ehs &à 'ltO·
tare, avvertire (sulla scorta di qualche À.~µou opµ~<; Cl.U~~O'ÒCJ.L ... , '('àç 1tOÀ.Eµi.-
punto di riferimento), come per es. in :Y..Ò:<; "tÉXVa.ç et..Ù'";'aç 't'E 1tc.tpà "tW\I Èmo--
Soph., Phil.12 ss.: axµi) yàp où µax- "taµÉvwv µa.ihrrfov xat 01twc; OE.t a.ÌJ-
pwv 1}µi:v Mywv, I µ1] xa.t µ<iilTI µ' fi- 't'a.i:ç xpi\cr~ai aa'X1]"tÉo\I «Se vuoi in-
I

xov-.a XÒ'.XXÉW "tÒ miv i O"O<pLOl~a....<;> grandirti con la guerra, devi imparare
vtv aÌJ't'lx' ai.pTjcrnv òoxw, «non è il l'arte militare da chi ne è esperto, ed
momento per noi di lunghi discorsi, che esercitarti nel modo di usarla» 11 • Poi-
non si accorga della mia venuta e io ché la capacità dell'uomo in questo sen-
non renda vano tutto l'inganno col qua- so non è illimitata, talvolta si può 'par-
le penso di irretirlo presto». Hdt. 1, lare addirittura di una età dell'appren-
5 : Èm:t OÈ liµa.ìTE liyxuoi; foucra. ... , «quan- dimento (Plut., Cicero 2,1 [I 861 d]:
do si accorse di essere gravida». Èv fi)..,ixlq. 't'OÙ µavMvnv yEv6µEvoç,
o) Nel dialogo µo.vM.vw viene usato «essendo in età di imparare») 12 . Cosl
per significare se uno degli interlocuto- inteso il µa.vM.vEL\I costituisce un aspet-

9 Cfr. per es. BGU n 602,10: tvcx. µ«&w, "t:l no, non soltanto non lasciò i campi ma volle
npat;w (II sec. d.C.); P.Greci e Latini rx 1033, vendicarsi di Melite».
9 ss.: àl;LW ol O'E µcx.itei:v 1t1XpÒ'. '"COV V'ltTJPÉ"tOU lil In questi casi il latino usa volentieri audire.
[ .6.tocp&.v-.o] u l!m.ic; Èt;ijMEv Ti mt.i:c;, «voglio
11 Si veda inoltre Ael., var. hist.3,32 ('A)..É!;,cx.v-
che tu ti informi dal servitore [Diofante] del
opoc;... ~µuvfrcx.ve: x~l}uplsEW) e la sentenza di
modo in cui è uscitn la fanciulla» (166 d.C.);
Marco Antonino 4,31: -rò TEX\llov (diminutivo
P . Greci e Latini lil 226,12 s.: tvu µ&.ftw Et
di '"t'ÉXV'TJ), o Eµ«ikc;, cplÀEL «ama ln piccola ar-
Èxi: É<r'"t'LV Et-.e Èl;TjMEv «perché io venga a
te che hai appreso». Numerosi esempi si han-
sapere se si trova là o è uscito» (1v sec. d.C.);
no ançhe nei testi non letterari, cos1 in P.
Achill. Tat. 6,3,3 (Erotici Scriptores Graeci 1
Greci e Latini vm 871, u ss. (66 ù.C.): é:JrJ'tE
157,24 SS. 1 HERCHER): Ò yÒ'.p LW<ri>ÉV'J}ç 6 "t'Ì]V
µcx.itEi:\I i:i)v xcx.À.xoTUltLXTt\I "~X\/'JJ" (il me-
AwxlTC1tTJV WVTJO'&.µevoc;, 8v ti MeÀ.l"t'T) "tijç
stiere del fabbro); P. Tebt. li 385,9s. (u7
"t:WV àypwv Èxé)..evuev <i.TCo<r-.ljvuL lìtoLx'fi<re-
d.C.): wrnE µ«mv Cl:V'TÒV [ ""C1jv OT]ÀO]vµ[É-
wc;, µa.itwv napei:vcx.L ..bv oe<rn6-tTJV ""Covc; -tE
\IT]]V yE[p] OLuxi}v "ttXVTJV (il mestiere del tes-
àypoùc; oùxÉ'tL O:q>ijxe 't'fiv -tE Me)..l-.T]v i]DE-
sitore). Cfr. inoltre BGU IV n24,21; n25,
ÀEv &.µvvcx.u&m, «infatti Sostene, che aveva
10 (entrambi del I sec. a.C.).
comprato.Leucippe e al quale Melite aveva or-
dinato di abbandonare l'amministrazione dei 12 Lo stesso concetto, soltanto espresso in for-

campi, venuto n sapere che il padrone era vici- ma ellittica, ritorna in Plut., Calo Minor 1,3
µavM.vw A 1 (K. H. Rengstorf) (IV,395) 1060

to della qualificazione dell'uomo 13 • anche se non sempre con la stessa chia-


s) In un passo di Plutarco il vetbo rezza, a un processo spirituale che ha de-
sta ad indicare la ricezione di ttn avvi- terminati effetti esteriori. Tale proces-
so dato dalla divinità in forma di ora-
colo (parallela 41 [II 316 a] 14. Anche qui so, nel suo carattere specifico, è legato
riecheggia l'uso filosofico (-7 sotto). Un alJ'individualità della persona, quando
uso del tutto stereotipo del verbo si ha si tt·atta di uomini; ma un rapporto a-
nella formula -ci µa.1'wv, perché? Ma an-
che in questo caso è possibile intrave- nalogo si instaura altresl quando il sog-
dere il legame con l'accezione origina- getto è una cosa (-7 coli. 1055 s.). Nel
ria (-7 coll. 1054 s.) giacché con questa contempo il verbo accenna a un'iniziati-
formula si chiede il motivo razionale e
si vuole appurare la causa interiore di va spitituale, sia essa consapevole o in-
un atto 15, mentre la formula parallela -.l consapevole.
na.i)wv considera il pathos e quindi il
motivo esteriore. Sovente -cl µa.1twv è Ciò spiega perché µaviM.vw possa
pronudato con tono ironico 16; in ogni essere chiarificato, ma non sostituito,
caso esprime un rimprovero. Ond'è che con ahri vocaboli. Ei:wfra non è lo stes-
18
la formula può trovarsi finalmente anche so che µEµai)'l')xa , anche se Eroziano
in frasi enunciative per indicare l'assur- spiega quest'ultima forma verbale con
dità di un'azione o di un comportamen- quella (-7 col. ro56). ùtòci.crxEO'itai. con-
to 11. sidera piuttosto l'azione o l'effetto a cui
b) L'uso irriflesso, pur cosl mobile e qualcuno è sottoposto (dr. p. es. Soph.,
Phil. 1012 ss. 19, e soprattutto Aesch.,
vasto risulta alla fine compatto in quan- Prom.8 ss.20, Soph., Phil.53821 ) 22 • Non
to µavi)avEw si riferisce costantemente, si tratta perciò di un sinonimo, cosl co-

fI 759 s.): wc; OV\I Elc; -rò µavi>à.vrn1 -ijxE, \JW· cosl».
i>pòc; i'jv à.va).a.~E'Lv xet.ì. (Jpaovc;..., «quando 16 Cfr. Aristoph., Ach.826: -cl oTi µaftwv cp11.(...
dunque si trattò di imparare, era fiacco e lento \/Etc; li.vw i}pva).).llìoç; «per qual ragione com-
nell'apprendere». pari senz:i lucignolo?»; analogamente in vesp.
Il Cfr. Cic., (111.3,66 (v. ARNIM m p. 84,3): 251.
ita 11011 solllm ad disce11d11111 propcmi sumus 11 Cfr. per es. Plat., Euthyd.283 e: Et µ1) 6:-
verum eliam ad doce11dum. ypoLx6-rEpov ... Tjv El'ltELV, Ei:'ltOV &v. «l:ot Ei.c;
14 TT1ÀÉyovoc;, 'OouaO'twc; xat Klpx'l)<;, t'ltt c1.-
Y.Ecpa>.-fiv», 1hL µafttiiv µou xaL -r:wv /i.).>.wv
vcxs1yt"TJOW -rov 'lta-cpbc; mµq>ìlEtc; Eµai>E 'lt6· xa.-caljJEuon -rotov-rov 'ltpéiyµa, «se non fosse
Àw x-cl<tcx~. ~vl}a &v t8n yEwpyoùc:; Èo'-rEcpa- troppo grossolano li dirsi, ti direi 'sulla tua te-
vwµtvouc; xat xopEuov-rac;, «Telegono, figlio sta', perché hai la sfrontatezza di presentare
di Ulisse e di Circe, mandato alla ricerca del falsamente a me e agli altri una cosa del ge·
p:idre ebbe dall'oracolo l'avviso di fondare una nere».
città dove avesse visto i contadini che balla- IS rnw, ELwDa; significa 'essere abituato secon-
vano incoronati». do il proprio carattere==esser solito'(~ SNRLL
I> Cfr. Eupolis, fr. 357,3 (C.A.F. I 353): lS '>L 73 n. I). Il 1tvp&-r6c; naturalmente non hn al-
µet.Mvw; -roùc; i;Évovc; µtv ÀÉj'E'tE 'ltOtT)-ràc; cun El>oc;.
uoq>ovc;; «per qual ragione chiamate gli stra-
nieri poeti saggi?»; Philostr., vii. Ap. 5,25 (I 19 Filottete a Ulisse: Ti xax-/i o-T, ... ~vx'fi ... I

183130 s.): ÉpoµÉVOV o' l'X.V'tÒV 'rOU ÌEpÉW<; -CL EÙ 'ltpovlìloal;EV ÈV xa;xoi:c; EtVaL O'O<pÒV, «lii
µai}wv oùx oihw ihJot ..., «avendogli chiesto tua anima perversa ... ti ha bene inségnato... ».
il sacerdote per qual motivo non sacrificasse ~J Kratos dice a Efosto, riferendosi 11 Prome·
IOuI (lV,395) fl!J.VUCZVW /1. ;.! \l\... n. n.<:11g><Ull /

me non sono sinonimi di µaviM,vw né vw, in quanto designa fondamentalmen-


<ruvlT)µt (che nell'uso traslato significa te un processo spirituale che concorre
fondamentalmente 'pronunciare qualco-
sa insieme' ossia dichiararsi solidale con alla formazione della personalità, pos-
una parola detta da altri) 23 , né ytyvwo-- sedeva i requisiti indispensabili per es-
xw {significato fondamentale: 'percepi- sere accolto nella terminologia della co-
re', ossia cogliere qualcosa come real-
mente è24 ) 25 • -r:l µcd}wv non collima nep- noscenza teoretica. Ciò avviene già nel-
pure con -r:l ~ouÀ.6µi;:voç, che pure tal- la filosofia presocratica e in certo modo
volta è usato come perifrasi esplicativa anche nella tragedia. Nell'una e nell'al-
di quell'espressione insolita 26 • Tutto ciò
ha avuto un'importanza fondamentale trii µcx.vi>&.vw appare come un elemento
per l'uso pregnante di µavtM.vw quale essenziale di quel processo che porta al-
termine filosofico 27 • h1 conoscenza, anche se ciò avviene sot-
to la guida spirituale di un altro, sem-
2. L'uso filosofico
preché si tratti di un processo produt-
a) Gli inizi. tivo.
Per Omero il momento teoretico e Eraclito di Efeso fa dipendere il yt-
quello pratico non sussistono ancora co- \IWCY:X:EW dal µct.vM.vEW, nel caso però
me due sfere consapevolmente distinte28 • di uomini ai quali - come quasi sempre
avviene - manchi la capacità del q>po-
Ciò risulta anche dall'uso che egli fa di 29
\IELV, della fredda riflessione • Ad- essi
µct.viM.vw (~ col. ro 5 5 ), Nell'età se- il filosofo si offre come guida secondo
guente la fisionomia spirituale della gre- un detto di Parmenide, fr.8,52 _(1 239,
cità appare vieppiù improntata a un bi- Diels): µavi>cx.vE :x:éo-µov ɵwv É7CÉc.il\I
&.Tia-r:nÀ.Òv &.:x:ovwv, «impara a conosce-
sogno di conoscenza pura. Ora µavì>a- re il mondo ingannatore sulla scorta del-

teo: i:oti'i.o-oÉ i:ot / àµap·.lac; <rq>e 6E~ DEoi:c, À.oµat ~ II, coli. 301 ss.
80\ivat olx'l}V, I wc; liv otBaxir(i 't'TJV Atòc; 't'U- 27 PREUSCHEN-BAUER', s.v., menziona ancora
pa.vvllìa. I O"'t'ÉpyEtV, q>tÀ.ct.vDpwrcov oÈ 'TC(l~EO"­ un altro significato: 'esser discepolo di qual-
itat i:p6rcou. cuno' e l'irnanda a mort. Poi. epilogus (e codice
21 Filottete: hw 8' avci.yxu rcpo\lµa.Dov o-i:Ép- Mosquensi descriptus) I (Év o!c, µÉµVl'}'t'at Ilo-
ym1 xaxci.. :>..ux6.prcou, lht ?ta.p' aùi:ov ~µaDEv ). Ma in
22 Le citazioni dei passi sono tolte da SNELL, questo caso non si esce dall'accezione corren-
73 n. 2 (Lo Snell però insiste troppo sull'affi- te della parola.
nità semantica dei diversi vocaboli anche nei 28 Cfr. ~ SNELL, passim, anche a p. 73 a pro·
casi che seguono; vedi inoltre~ II, col. 1093). posito di µavfr6.vw.
2J Cfr. ~ SNELL, 40 ss.; il CTUVLÉ\lat si attua 29 Hcracl., fr. I7 (H. DrnLs, Herakleitos vo11
con l'ausilio delle orecchie. Ephesus' [ 1909] 20): où yàp <ppovÉoucn 'tOL-
24 Cfr. ~ SNELL, 20 ss. e ~ II, coli. 461 ss., au't'a ( ot) 7tOÀÀol, òxolo~c; EyXU(JEUO"LV, où6È
spec. 463 ss. µaDOvi:sc; ywwcrxouCTtV, ÈWV'tO~O"t ÒÈ òoxÉou-
23 Cfr. uno scolio a Pind., Olymp.9,75 (µai>E~V O"t. Ciò vuol dire che la maggior parte degli uo·
Ila"tp6xÀ.ou flw."tàv v6ov): yvwvo:t èS"tt yEv- mini non sanno procedere dal dualismo del
vaL'oc; 1jv oIlai:poxÀ.oc; e~ SNELL, 73 n. 3). mondo sensibile all'unirà del Logos, nel qun·
26 ~ Lo SNELL, 72 n. 4 cita le glosse di Esi- le tutta la natura nella sua molteplicità si tro-
chio e Fozio ad Aristoph. vesp.25I. Per f3ou- va organìcnmente connessa (DIELS, n. T7od1.).

) f g rom d.: •~.u.ico - vi


µavM.vw A 2 (K. H. Rengstorf)

le mie parole». È quindi normale che noziom ricevute, anche se queste sono
l'uomo 'impari' 30, si tratti di apprendere indispensabili. Formalmente quindi Pla-
una -céxv1J (abilità o destrezza manuale) tone rimane su questa linea, quando usa
o di acquisire la cro<pl'fJ (facoltà intellet- talvolta µa~1)cnc; e ~TJ"t'1JCTLç in quest'or-
tuale intesa come qualità della perso- dine per indicare due diversi processi
na) 31. II µa..viM.vELV non è peraltro l'u- conoscitivi 35 •
nica via possibile. Vi è inlatti anche la Ma non si può tralasciare, a questo
strada dell' È~euplcntEtv SL' a.!ha.u-cov proposito, la tragedia 36, ove µtX.vi}avEL\I
xcd l8lrt-, del trovare da sé, solo che que- è un termine tanto frequente quan-
sta è riservata esclusivamente agli Ém- to prediletto 37• Esso designa il realisti-
cr-çaµEvo~ S'fJ'tEt\I, « a quanti sanno ricer- co «atteggiamento di colui che deside-
care» 32• Come è ovvio, rispetto al µcw- ra vivere in armonia col tutto» 38. Se-
~a'VEW che può facilmente ridursi a una condo Aesch., Ag.176 s., la legge della
ricezione meccanica, il primato spetta vita fissata da Zeus è questa: 'ltti.llEL µ6.-
ali' É~EUpLcrXEtv, in quanto designa la ri- i}oç, il che significa che i nft.ll1) esi-
cerca autonoma e feconda. Tra il rice- stono perché l'uomo 'impari', ossia per-
vere molte nozioni e l'essere sapiente, venga al awcppOVELV, all'esser saggio
ci corre 33• È valido quindi l'enunciato (ibid. 179 ss.; 249 ss.). Si potrebbe ad-
di Democrito (fr.65 [II 158, Diels'J): dirittura affermare che la legge del
1tOAU'VOL1)'V, où 1tOÀuµa..1}l'fJ'V &.crxÉEW 1ta11EL µalloç determina, seppure nei mo-
xrrii. «bisogna procurarsi molta saggezza, di e nelle applicazioni più varie, il fine
non molta erudizione», e cosi pure l'al- stesso della tragedia 3~, la quale in tal
tro suo detto (fr. 85 [II 161, Dielss]: modo acquista un carattere consapevol-
CÌ.cpui)ç Èç µaih)O'LV 34 WV XP'IJ, «disadat- mente educativo «i _ Un'esperienza o una
to per natura ad apprendere ciò che bi- parola fanno maturare nell'uomo un di-
sogna apprendere». L'ideale è la capaci- scernimento che deve poi regolare il
tà e la volontà di esercitare in manie- comportamento pratico 41 • Se cosi avvie-
rà autonoma il vouc;, non l'accumulo di ne, allora l'uomo o anche il dio (come

30 Protagora di Abdera (nato verso il 485 a.C.) 1s Plat., Tim .88 a: (1') lfivx-IJ) lhav EIA; ·nva.ç
fr. 3 (II 264, DIELS5 ): cb~Ò VE6't7]'t0<; oè: àp!;a- 1.1.a&i)<TEL<; xa:t s7J'tt'icrir.ç <1l.1'11't6µwç tu, K!Ii:a.-
µÉvovç lìE~ µa\IMvtw. ·dpm. Theaet. 144 b: ò OÈ o\hw ÀELW<; 't& x!IL
li Democrito di Abdera, fr.59 (II x57, DIELS5): Ò.it't"a.lCT'tt.>ç xal. Ct.wo-lµwç ~PXE"tO:t Éitt i:~
oihE 't"ÉXV7J oil'tE <Toq>l'T} ÉqJLX1:'6V' ~\I µ-IJ µ6.- µcx&i)O"ELç "tE xa.t S'T}Ti)CTELç µE"tcX TCOÀ.Àfjç -rijç
ih)i i:Lç. Per il rapporto fra 't"lXV'I} e <rocpl11 dr. 7tpqht7}'t0<;...
~ SNELL, 15 s. (ibid. 16 n. 1 bibliogr.)
36 Su ciò ha richiamato l'attenzione H. KLEIN·
KNECHT.
32 Archita di Taranto, /r.3,1 ss. (1 437, DIBLS 5
):

oE~ yàp Tì µaMv'ta itap' lJ).Àw ~ aÒ"tÒv Él;EV- 37 Cfr. già i passi della tragedia citati subito
p6v'ta, wv àVE7tL<r"aµwv -]jul>a, Émcn&µova dopo.
yEvÉ<Ti}aL. 'tb µ.tv wv µailÈv itap' lJXJ..w xat JS ~ NESTLI!, 82; ibidem, 82 ss., sono citati
àÀÀO'tplru, "tb oÈ tt;wpÈv OL' a(haV'tO\I xut numerosi passi di Eschilo.
Ll)iaL· É!;EUpEi:v 01: µ-IJ ça:rouvw. &itopov xat 3
~ Per Sofocle cfr. H. WEtNSTOCK, Sophokles
<T'r.tXVLOV' SO:'tOU\l"t('t. oÈ Eil1topov xut p&.LOLOV, (1931) 244 ss., per Eschilo~ NESTLE, 84-87.
µ1) Ému,-&.p.E\lov BÈ S7J"tEi:v b.ou\la:i:ov.
«i Cfr. a questo proposito anche le brevi osser-
33 Cfr. Democr., fr. 64 (n 158, DrnLS 5): noÀ·
vazioni di K. H. RENGSTORF, Griechentum
Àot itoÀvµaillE<; vouv oòx l:'.xovow. und Christe11tu111: Die Volkskirche 7 (1934)
34 Sino a Platone µ&.ih)cnç corrisponde a µav · 74a.
iM.\IELV sostantivato. 4I Cfr. - NESTLE, 83.
.iUU) \..I.~ >)~V/

è il caso di Zeus, Aesch., Prom. 926) conomid, sociali e politici che, al tem-
'impara', ossia diventa idoneo al compi- po di Socrate, incombevano sui giovani
to suo, che è di intendere se stesso coi dei migliori ceti di Atene. Lo stesso So-
propri limiti come una parte del reale. crate si è dato cura che il problema, una
In tal modo il µcx.vMvw appare addirit· volta suscitato, rimanesse vivo, ponen-
tura come una maturazione della huma- dosi in consapevole contrasto coi sofisti
nitas, conseguita mediante la maturazio- i quali sostenevano di poter ovviare al-
ne della mente (vouc;). L'uso platonico l'evidente stato di crisi con una educa-
di µavMvw ha quindi nella tragedia, zione meramente formalistica 42• Egli ha
piuttosto che nella filosofia anteriore, il rifiutato di essere, come i sofisti, mae-
suo più spiccato antecedente. strn di scuola, di avere attorno a sé una
cerchia fissa di adepti (µa.llri·w.i.l) e di
b) La metafisica dell'apprendimento farsi pagare da essi, come appunto fa.
in Socrate e Platone. cevano i sofisti 43 • Secondo Plat., La.200
cx.) Fu Socrate che, pel suo interesse
a-e, egli non volle nemmeno essere mae-
stro della gioventù M. Il fine cui mirava
fondamentale a risolvere in maniera rea- era esclusivamente di svegliare nei suoi
listica il problema della formazione spi- uditori la consapevolezza etica, che è an-
rituale dell'uomo, diede l'avvio a un uso che una parte della coscienza di se stes-
si, e di preparare cosi, caso per caso, la
consapevolmente speculativo di µ.avi}ci.- strada all'azione morale. A tale scopo è
vw. In Socrate l' 'imparare' è visto per rivolto il metodo dialettico praticato da
la prima volta come il presupposto indi- Socrate. Nel corso del colloquio l'inter-
locutore di Socrate, sotto la guida di
spensabile per il formarsi del giudizio questi, acquisisce determinate nozioni
morale, presupposto a sua volta dell'a- che si combinano tra loro e inducono a
gire morale. seguire il comportamento desiderato. Lo
stesso Socrate chiama il suo metodo 'tÉ·
La necessità di abbandonare il modo )(.VTJ T'ijc; µcx.wicrEwc;, arte maieutica 45.
tradizionale di educare la gioventù, e- Presso Platone 46 e Senofonte 47 egli defi-
sclusivamente estetico, filologico e gin- nisce sempre come µa.vi}avEw il moto
nastico, procedeva dai grandi compiti e- spirituale da lui suscitato col suo meto-

42 Cfr. H. MAJER, Sokrates (1913) 189 ss. (.lE ò f>tòc; 6.vayxasti, YEWéiY lìÈ cbtExw),u.
41 Questo deve rimaner fermo, malgrado Xe- <TEV. el(J.L oi} ouv mhòc; µÈV où mivu 't"L cro-
noph., me111.4,7, l : wv BÈ itpocn'pm 6.vlìpt xa- qi6c;...
)..(i,i xcl.yafiif) tllìÉWU,. o 'tL j.l.ÈV aÙ"t'Òç EUìEl1'}, 16 Plat., Theaet. l)O d : ol lì' Eµoì. cruyyiyv6-
7taY"tWY 7tpOt'hJµthlX:ta llìllìwrXEV' a"toU OÈ: <lÒ· µtvot -c;Ò 1.iÈv 7tPW"tOV cpr1.lvoV"t'(Xt ~VLO~ µÈv Xrl.Ì.
-c;Òc, &:rmp6-c;epoc, EL'l'J, 'ltpÒc, -.oùc, Mmc;-c;aµÉ· 7t&.VU Ò.µ<Xf>Ei:ç, 1ta\l'tEC, OÈ 7tpOÌ:OUCT1}<; -c;ijç CTU·
vouc, -i'jytv cx.ù-.ouc;. La testimonianza di Plat., voucrlac;, ol<T'ltEp liv 6 fiEÒt; 'lt<XpElxn, ilau1.w.<r·
ap.33 a-b, è inequivocabile: ... ove; oi) lìiapa.)... 'tÒV B&ov É7tLlìto6v"t'Eç, wc, av"t"oi:c; 'tE Y.CX.Ì. "t'oi:c;
)..ov .. Ec; tµÉ q>atrw ȵoùc; µaf>'l'}"t"àç ELWJ.t. Èyw èi)..)..otc; lìoxoucrt· xcx.t -rou"to ÈYapyÈc; O"t'L r.ap'
oè lìiO&.crxcx)..oc; µlv OVOEVÒC, 1tW'ltO't"' ÈyEv6- ȵou où8Èv 1tW7tO'tt µcd)6v-.ec,, a"J...)..' av't"oÌ. 'ltCX.·
µ1'}V' Et oÉ -c;lc; µou Myov-.oc,... Émi)uµoi: à.- p' aù-.wv 7to)..)..à. xaì. xa"J...à Eùp6v-c;Ec; 't"E xa:ì.
xoum1 ... ouoÈ xP1iµcx.w.t µÈ\1 )..aµp&.vwv lìw.- 'tEX6V'tE<;. 'tTJ<; µÉV't"Ot µmdcx.e; 6 iJE6ç 't"E Xrl.Ì.
ì.éyoµai ... Cfr., pel contrasto fra i due passi, Éyw at"t"ioc;.
MAIER, op.cit. ro7 s. 170 ss. 193 s. 47 Cosl Xenoph., mem.1,4,17 : ~q>TJ, xa-.aµaDE
44 Cfr. MAIER, op.cii. 194 n. 3. éhi xcxì. ò cròc; vouc, Évwv 't"Ò uòv crw1.la o'ltwc;
45 Plat., Theaet.150 b; cfr. ibid.c: µcxtEVEcritcx.l Bov"J...E-.m µE"t'CX.XELplSE't"at.
µavMvw A 2 (K. H. Rengstorf) (1v,398) rn68

do nei cruyyvyv6p.Evo~ a.Ù't<{i, in quelli co del suo 'stato' e delle sue 'leggi'. An-
che erano con lui. Ciò è conforme al
che per Platone l'educazione deve mira-
significato fondamentale della parola
(---7 col. 1054). Tuttavia un passo come re alla virtù ( àpE'tlJ ), a svegliare cioè il
Thcaet.150 d (cfr. n. 46) dimostra che senso del bene ( &.ya.Mv ).
µavìM.vEw già in Socrate reca un accen-
to sovrapersonale quando viene usato Platone prevede un'istruzione obbli-
per esprimere il fatto della conoscenza, gatoria generale per ambo i sessi nell'e-
e ciò costituisce una novità rispetto alla tà fra i dieci e i diciott'anni . Gli adole-
filosofia precedente. La metafisica del- scenti devono 'imparare', oltre che a leg-
l'apprendimento elaborata da Platone si gere e a scrivere, il canto, la musica e
trova quindi in nuce già in Socrate 411, e i rudimenti dell'aritmetica, della geome-
precisamente nel modo più chiaro nella tria e dell'astronomia. A tutto ciò si
sua stessa persona. Egli ha rifiutato l'ap- aggiunge, naturalmente, l'educazione fi-
pellativo di saggio (croq>oc;), perché ave- sica.
va coscienza di essete in tutto e per tut-
~) Nuove sono le considerazioni che
to 'uno che impara' 49, e quindi che di-
viene, e di assolvere cosl la parte fissa- Platone svolge sul processo dell'appren-
tagli da Dio (Plat., Theact. 150 c.; dr. dimento. Egli lo inserisce nella conce-
n. 45).
zione della \j;ux1J preesistente, comune a
Platone può dirsi il genuino discepo- lui e ai pitagorici 51 , e definisce il µav-
lo di Socrate in quanto anch'egli respin- ~avs:w come avaµvricnç, ossia come re-
ge completamente il modo di insegnare miniscenza di ciò che si sapeva avanti la
e di apprendere praticato nelle scuole dei nascita: 1]µr\I ii µa?}ricrLç oùx (j.).)..o 'tt
sofisti. Ciò peraltro non lo ha indotto, ÌÌ avaµVY)CTL<; 'tUYXa\IEL oÙc;a:, «per noi
come non ha indotto il suo maestro 50, l'apprendimento non è altro che remini-
a ritenere secondaria una buona cultura scenza» (Phaed.72 e) 52 • Con queste pa-
formale. Egli giudica indispensabile per role egli abbandona il terreno della teo-
tutti i cittadini l'apprendimento delle ria gnoseologica e innalza il processo
nozioni e delle tecniche elementari, e lo dell'apprendere all'àmbito della metafi-
stabilisce quindi nel programma politi- sica 53. In rapporto al metodo educativo

48 4 STENZEL, 62 ss., ricorda a questo propo- 173.


sito che al tempo di Socrate tanto il leggere 50 In Xenoph., mem.4,7,l, può esservi un nu-
quanto l'udire erano ancora identici all'impa- cko di verità, ma solo in questo senso.
rare, almeno nel risultato, e con ciò scopre una 51 Cfr. per es. Emped., fr.rr5 (r 358, DIELS')
importante premessa della buona riuscita che
ebbe il metodo formativo sviluppato da So- e per la collocazione nella storia della civiltà e
crate. della cultura W. JAEGER, Paideia' I (1936) 225
ss. L'origine di questa conceiione va forse ri-
49 Tale aspetto della personalità di Socrate per
cercata nell'orfismo.
lungo tempo non fu abbastanza considerato;
52 Cfr. anche Aristot., topica 4 p. 1 24 a 21 ss.:
su di esso ha richiamato l'attenzione lo 4
STENZEL, p. 54. Egli è d'avviso che Socrate ...xat el 'tÒ 1.u~vM:vELV àvc.tµL!..lVTIO'XE<T1}c(L, xa.1.
non volle essere maestro e~ n. 43); cfr. anche -rò µEµcdhpc Éw.tt &.vaµEµvrj<rì>a.L ...
O. DITTRICH, Geschichte der Ethik , I (1926) 53 Cfr. W. FREYMANN, Plato11s S11che11 11acb
J.l<~vihX.vw A 2 (K. H . Rengstorf)

ciò significa che soltanto il procedimen- ma, presente sempre in tutti i singoli
to maieutico di Socrate è fecondo e rea- momenti della vita spirituale, produce
listico. Infatti: à.Et 1J à.À1}i}ELet. 1)µi:v '°t"W\I in ogni caso particolare la apETTJ, la vir-
tù» 55. Menonc cerca di dare a Socrate
n
ov-rwv Ècr-rLv lv .. l)Juxn, «la verità del- una definizione della àpE't"lJ, ma non vi
l'essere è sempre nell'anima» (Plat., riesci:! (77 a ss.). Egli deve confessare di
Men.86 b). Ma se è cosl, allora l'educa- non saper più che sia l' àpE'tTJ, mentre
dianzi presumeva di saperlo 56• Nemme-
tore non ha altro ufficio che di portare no Socrate lo 'sa', e non l'ha mai 'sa-
l'uomo, stimolandolo e guidandolo, dal- puto' (8oc); ora però egli vuole ricer-
la conoscenza inconsapevole alla consa- care, insieme con Menane, che cosa sia
1' à.pE't1] ( 80 d). E questa ricerca, poiché
pevole e quindi alla àpE'"t"1), rendendolo si tratta anche di far comprendere a Me-
cosl capace di un'azione morale auto- none quanto sia assurdo che la scienza
noma. pratica possa coesistere con l'ignoranza
teoretica, si trasforma in un'analisi del
La metafisica dell'apprendimento è e- processo di apprendimento col quale
sposta diffusamente da Platone nel dia- l'uomo passa dal!' ignoranza al sapere.
logo Menone 54 • Lo spunto è fornito dal- Una volta dimostrato che non si può
la domanda di Menane a Socrate (?o a): giungere tramite un'elaborazione con-
€XELc; µot EÌ1tc.i:V, cii :!:wxpa.:m;, àpa St- cettuale a verità generali e necessarie,
Sctx'tòv 1i àpE-rTj; iì où OLÒctx'"t"Ò\I &.),}.,' &.- resta soltanto la possibilità che queste
<iX'YJ'"t"O\I; ti OU'tE a<iX'Y]'°t"Ò\I ou.-E µai}1]- ultime siano latenti nella lj/ux.1] e deb-
.-6v, ÙÀÀà <pUCTt'.L 1tctpayly\IEW.L 't"OLc; bano solo essere scoperte (81 a ss.). Mes-
àvfrpwTC"otc; tì liÀÀ.4J 'tLVÌ 'tpomp;, «puoi sosi appunto per questa via Socrate, do-
spiegarmi, o Socrate, se la virtù può es- po aver fatto propria la dottrina dell'irn-
sere insegnata o la si deve acquisire con mortali tà dell'anima, ne deduce: a't"E
l'esercizio, o se non si acquisisce né con OÙ\J TJ \fiVX.'IÌ cdM.va.-.oc; 't"E OUCTll. X<J.t 1tOÀ.-
l'esercizio né con l'insegnamento, ma è À.a.xic; y Eyovuia, xr.d Èwpmwi:a. xat ..&.
insita nell'uomo per natura o in qualche ÈvMOE xaì. '"t"èl. Èv "Aioou xa.t mx:vw.
altro modo?». Seguendo il suo metodo xp-fiµa't"ct, oùx EO"'tW, lht où p.Eµ6:i}rixE\I,
Socrate porta l'intenogante a riconosce- «poiché dunque l'anima è immortale e
re, di là dal semplice concetto di àpr't1), molte volte si è incarnata e ha veduto
che il fatto stesso di «riconoscere e de- ogni cosa, sia di questo mondo, sia del-
finire la àpE'tTJ in tutta la sua moltepli- l'Ade, non v'è nulla che non abbia ap-
cità è possibile soltanto se una disposi- preso» (81 c). La validità della tesi di
zione fondamentale e generale dell'ani- Socrate è confermata nella scena fama-

ciner Grundlegung allcr Philosopbie (1930), schcn Philosophic. Philologus. Suppi.Band .z9,
79 ss.; E. GRASSI, Il problema delltz metafisi- 3 (r936); E. GRAs.sr (~ n . .53l·
ca platonica (1932); K. H1LDEBRl\NDT, Plato11 55 STENZllL r49; cfr. Me11.77 a ss.: l'importnn-
(1933) 163. Il primo a veder chiaro in questa te è cogliere la apE'tTJ come un tutto (a).).' tftl.
materia fu .F. ScHLErnRMACHER; dr. Plato11s oT] rcELpw xa.t crù Eµot "TJ" \m6crxEcrw lrnooou-
\Verke II 32 ( I826) 16. vo:L, )(0.'t~ OÀ.O\J ditwv à:pe-tfjc; 1tÉpL o·n
È<T'tl'll,
54 Si veda l'ampia disaminn fatta da ~
Sn:N- 77 a).
ZEL, 147-163, sulla quale abbiamo condotto il 5~ Me11.80 b : xa.t 11cltvu EU, &e; "{E È(J.f1.1J'ti;> È06-
breve cenno che segue. Cfr. nnche KLARA BucH- xouv· \IU\I oÈ oòO' éhL ECT'ttV 'tÒ 1ta.p6:rcav EXW
MANN, Die Stcllung des Meno11 in der plato11i- ElitE~V.
µu.vMvw A 2 (K. H. Rengstorf)

sa in cui egli, con una semplice ptogres· considerato più faticoso e severo della
sione di domande, porta uno schiavo 11 ginnastica (resp.7,535 b). Quest'ultima
rendersi conto che la diagonale di un interessa soltanto il crwµa., quello inve-
quadrato è uguale al lato di un quadra- ce tutto l'uomo. Appunto per questo è
to clalla superficie doppia ( 82 a - 85 b }. impensabile che il µaviM,vELV possa es-
Questo risultato viene poi assunto a il- sere forzato 6(). Al contrario bisogna far
luminare anzitutto il processo stesso del- imparare 'giocando', non foss'altro per-
l'apprendimento e poi la questione da ché in tal modo si può meglio accertare
cui ha preso le mosse il dialogo (85 c per quale µciih1µa ciascuno abbia una
ss.}: la à:. p E -r 1i non è una È 1t Mt't"TJµ"fl particolare inclinazione 61 • Perciò il retto
(scienza) nel senso comune e quindi non µa.vM:vEw è sempre accompagnato dal
può essere oggetto di insegnamento, ma piacere Cxcipi.c:;) che ha le sue radici nella
si può raggiungere solo per la via del &.À.:r1frEta 62 • Inoltre la concezione plato-
µaviM:vELV in virtù della à.v6:µv·fJcrv;, nica dell'imparare spiega anche l'impor-
giacché essa -rwv Èv •TI tJ,ivxn -cl É<T'WJ, tanza che il filosofo annette alla mate-
«è qualcosa di ciò che è nell'anima» matica ( -tà µa~1Jµa-ça)63 nel processo
( 8 8 c }. Attraverso la &.v6:µvr)<TL<;, che si dell'apprendimento 61 •
compie nella riflessione sul fondamento
(et.l-rla<; loytcrµ4)} della netta opinione c} La riduzione intellettualistica del-
( òpiH1 86!;a) in cui è rinchiusa la àpE't''~, l'apprendimento nella filosofia di scuola.
quest'ultima diventa poi Émcr•1iwr1 nel Platone è l'unico fra i discepoli di So-
senso più alto (98 a). Questa imposta-
zione spiega come i numetosi enunciati crate che abbia compreso il maestro e
platonici sull'essenza dell' 6:.pE'tii, che si ne abbia svolto la dottrina senza alte-
trovano nei contesti più vari, risultino rarla. Ciò risulta per contrasto anche dal
intimamente compatti e conclusi: 'im-
modo in cui i filosofi posteriori hanno
parare' e 'dimenticare' sono per Platone
stadi intermedi fra il sapere (EloÉva.1.) trattato il concetto di µavM.vw, dando-
e il non sapere (µ"ÌJ EtOe\let.t) 57 • Nell'ap- gli un'impronta sempre più intellettuali-
prendere l'uomo non è mai passivo, ma stica e razionalistica.
sempre attivo anche quando 'accoglie'53•
Perciò µa'V~<ivw ed Euplo-xw possono Senofonte (mem.4,7,2 s .. ) ci presenta
essere quasi sinonimi 59• Il µa.vM,vrn1 è Socrate che raccomanda agli oµ~À.OU\l't!X.<;

57 Cfr. Theaet. 188 a. 191 e ss. oÙÒÈV 'tÒ crwµa &.7tEpyal;O\l"t'C.U, !J.iuxn Ot {Jlrx.r.-
58 Cfr. Theaet.197 e: fiv o' 11.v ~1tLCT't1]µ'l']V (co- ov oùOÈv ~µµovov µalhjµu..
noscenza parziale) l(:-t71craµEvoç xa.fiElP~TI (xcti). 61 resp.7,537a: 'ltall;ov-raç -rpÉq>E, i:va xat µii>.-
dpyvuµi., rinchiudere) El.; -.òv 7tEpl~o)..ov (sot· >.ov o!6ç 't' 'ljç xa1'opci\I Éq>' 8 Exacri:oç dqiu-
tintendi: 'tll<; tjiuxij.;) q>&.vu.t aùi:òv µEµu.ihi - XEV. Cfr. anche /eg.7,8I9 n ss.
xÉvm t) 1JUP'l'JXÉvat 'tÒ npa:yµa ov ~v alhri ·h 6Z leg.2,667 c.
Émcri:iJµTJ (ossia: cui si riferiva la È7tL<1i:i)µl}), 63 Per la storia del concetto di µ6.lhjµrx. dr. ~
xa.t 'tÒ È7tlui:a<1Dai. i:oih'' dvat. Cfr. K. H1L- SNELL, 76 ss. In questo apprezzamento dei µrx.-
DF.DRANnT, Platon (1933) 158; P.FRU!DLANDER,
'3-~µu.'ta. Platone si riallaccia alla filosofia pre-
Platon r (1928) 193. cedente, soprattutto a Pitagora, pel quale la
59 -7 n . 58 e -7 col. 1063. matematica è non una scienza, ma la scienza.
60 resp1,536 e f: où5Èv µaftT}µa µEi:à. oou'ì..El· <» Cfr. per questo _.,,. FREYMANN, 105 ss.; si
u.<; 'tÒv ÈÀ.Eulkpov XP'Ìl µavMvELV. ol 11Èv yàp tratta in effetti di determinare strutturalmente
'tOU crwµai:oç 7t6\IOI. ~lq. novouµE\101. XEtpov un particolare modo di essere.
1073 (IV,399) µa.vua.vw ii 2 \ 1'... 1 .t. • .L'\.cu!S.,luu /

aù'tQ, a quelli che gli sono familiari, di trina platonica della reminiscenza (avaµ.-
imparare di geometria, astronomia, arit- VTJO-tc;) è abbandonata, giacché non più
metica e medicina solo quel tanto che un la \jlux-fi è considerata immortale, bensì
òpilwc; 'ltE'lta.toEuµÉvoc;, uno che sia ret- la mente, il vouc;, ma solo in quanto es-
t8.mente istruito, deve conoscere. Code- so è principio agente nel processo della
sta limitazione del µavM.vEw, sebbene conoscenza (cfr. an.3,5 p. 430). opyavov
venga posta in bocca a Socrate, non ha del VOVç è chiamata la È'JttCT't'lJ!.lTJ (pro-
nulla a vedere con lui. Si tratta in real- blem. 30,5 p. 955 b, 36 ss.). Perciò Ari-
tà dell'ideale di formazione umana pro- stotele può anche scrivere: è:xr.-Ep 't'Ò
prio di Senofonte, il quale, mentre è µaviM.vwv À.Éyé't'at !;uvtÉ\la.L, cha.v XPrJ-
consapevole dei vantaggi del sapere, si 't'(U 'tTI È'ltt<r't-fiµn, «cosi come l' 'impa-
rende pure conto dei pericoli che la co- rare' è detto 'comprendere', quando ri-
noscenza e i suoi progressi costituiscoO\) corre alla scienza ... » (eth. Nic. 6, I I p.
per la visione del mondo da lui sosp<:t- 1143 a, 12 s.). Perché si abbia la cono-
tosamente difesa f;. Il µa.vìM.vw in Se- scenza bisogna che la parte ricettiva del
nofonte torna ad essere concepito in sen- vcuc; venga scritta - tale è l'immagine
so puramente razionalistico (cfr. anco- usata da Aristotele - come una tabula
ra mem.1,1,9; 2,17; 3,9,3 e passim)ff>. rasa (an.3,5 p. 430). Praticamente ciò
I µct.vM.vov'tEç per Senofonte sono in significa che l'apprendimento (µavM-
tutto e per tutto µo:fln·m.l ('allievi' ~ VEW) perde ogni traccia di irrazionalità
µa.ilTJ'tTJ<;), ciò che appunto non sono in e resta nell'àmbito esclusivamente intel-
Platone 67 • lettuale: li y&p OEi: µaì}6v'tac; noLELV,
Il legame spirituale di Aristotele con i;avi;a '7totouv1."é<; µaviM.voµEv, o!o\I ol-
Sccrate e Platone è riconoscibile in cer- xoooµouv'tEc; OtXOOoµot ylV0\11."at xo:t XL-
to modo anche dall' uso che egli fa di ilaplsoV1."Eç xd}aptcr'ta.l, «infatti le cose
µaviM.vw, richiamandosi talora esplici- che si devono fare in base a un'istruzio-
tamente a Platone 68 . L'impianto della ne, le impariamo facendole: · cosl co-
sua filosofia è però di tutt'altra natura. struendo si diventa costruttori e sonan-
È un impianto squisitamente teoretico, do la cetra si diventa citaredi» (eth.Nic.
69
e ciò non può non riflettersi anche nella 2,1 p. no3 a, 32 ss.) . Ecco perché può
concezione dell'apprendimento. La dot- spiegare anche il fatto che gli uomini

~s MAIER, l7I s. \l!AM &.7Cò!>T)µa crvµBi)anm· i) yàp oùOÈv µcx.-


66 In Xenoph., sym.3,5 µavM.vw è detto del- i)i)crE'tat i) Il ol:Oev. Cfr. ibidem, alle righe t
l'imparare a memoria: ò 1tl1.'ti)p..., 01tW<; àvÌ)p s.: 1téi'J"a otooccrx.a)..la xat TCfi.cra 1.t&.h]nc; 01.a-
àyaì}òç yEvolµ'l')v (~ n. 60) i}vayxwré µE VOTJ'tLXTJ Èx. 7CpOU1tEPXOUO"T)<; ylvE't<J.L -yvw:rewc;.
nav-tet. -.à. 'Oµi)pou È'.n:'l'J µaDEi:v· xat vvv ov· -> anche n. 46.
valµ'l')V /lv ..• à'ltò <J""'t6µa-.oc;. Etmi:v. 69 Cfr. metaph.8,8 p . 1049 b, 27 ss.: ElPTJ•m
67 Si noti altresl come, secondo il Socrate di o' tV -.oi:ç 'ltEpt -.ii<;" oùcrlaç MyoLc; èl-tt a1tl1.V
Senofonte, tutto ciò che il cittadino della po- \O y.i.yv6µEVO\/ "(l"(VE't(X.L ~X. 'tLv6c; 'tL xa.t Ù7t0
lis deve sapere può impararlo da Omero (sym. •Lvoç, xat •ou•o -r;f;> doEL 'tÒ cx.ù"t6. òto xat
4,6 ), il qu11le è considerato il crocp6ç per eccel- oox.E~ ciouva-.ov dvaL ol.xoo6µov EtvaL µ1} ol.-
lenza; cfr. anche mem.1,6,14) e MAmR 172 ss. Y.oooµ1)Q"av·m µ'l')OÈ\/ iì xd)apLu-.i)v µT)oÈv x~­
Idee analoghe saranno professate più tardi da- uaplO"av-.a· Ò yà_p µaVM.\IW\/ X.Li>aplsew XL-
gli stoici; dr. I. HEINEMANN, Poseidonios' me- ì)cxpl~WV µavlM:.VEL XLfiet.plsEW, Òµolwc; oÈ xat
taphysische Schrifte11 n (1928) 54 ss., e l'im- ot fi.)..Àot. oitE\/ Ò O'Oq>LO"'nXO<; ~ÀE"YXO<; i;.y{yVE·
portanza che Omero assume per la Stoa, ad "o o•t oùx. itxwv -.Le;, 'ti)v É'ltLO""'tTJµT)\/ 7totTint
es. per Epitteto. ov i} É1tLO"-ii}µT)· Ò yàp µa\/M\/W\/ OÙX. ExEL,
68 a11. post.1,1 p. 71 a, 29 s.: ...-.o E.v -.<;> Mé.- Ù.ÀÀÙ. otà -.ò -.ou yLy\/oµÉvou YEYE\/Tjcrì)al 'tL

Wf'.·.
rt.
f.lavMvw A 2 (K. H. Rengstorf)

con l'avanzare dell'età posseggono 1..1.8,'X.- ... non, forse, perché è il più atto al-
À.ov vouv, ma in gioventù apprendono l'imitazione? Per questo infatti può im-
più rapidamente (l18:t'tov µavMvoµE.v ), parare».
affermando che, come tutte le facoltà u-
mane, cosl anche il vouç dev'essere svi- La posteriore filosofia di scuola non
luppato e che da giovani siamo più ve- fa che portare a conclusione questo pro-
loci nell'imparare oià "tÒ µl]oÉv 7tw È7tl- cesso. Tanto nei peripatetici quanto ne-
o--.acrìlai. lha.v oè. ÈmO""tWµEi}a., oÙXÉ'tL gli stoici l'uso di µa.v?tcl.vw non presen-
òµolwç ouvcl.µd)a., «perché non sappia- ta alcunché di particolare. Epitteto ado-
mo ancora nulla. Quando invece sappia- r.era la parola riferendosi all'apprendi-
mo, non siamo più capaci (di imparare) mento sia di capacità tecniche (diss.1,
allo stesso modo» (probl.30,5 p. 955 b, 26,7) sia di particolari procedimenti lo-
2 3 ss. ). La distanza che separa Aristote- gici { r ,2 2 ,r 9: <rÌJ Ttapù.. 't'Wv q>LÀ.o<r6qiwv
le da Platone balza evidente anche da µa.vM.vELç cruÀ.À.oyLo-µ6v, «tu dai filoso-
questo, che per lo Stagirita soltanto la fi impari il sillogismo»), ma se ne ser-
&.pE'tTJ ... OLrkVO'l')'tLX'IÌ 'tÒ 7tÀ.Erov be oioa.- ve anche per indicare l'atto di ricevere
O'Xa.À.lac,10 EXE• xctt 'tYJV yÉvEO"LV xa.L 'tl}v nozioni filosofiche e teologiche 71 • In
"t
rkU<,'r)CTLV, .•• 'l')• o~· T)uLXl}
•.!\ \ •t: ".!\ '
E<, Euovç 'ltEPLYL- questa materia importa solo trovare chi
VE'tUL «la virtù dianoetica nasce e si svi- sappia ciò che noi ancora non sappia-
luppa soprattutto dalla dottrina ... la vir- mo 72 • L'esercizio assume quindi un va-
tù etica invece dell'abitudine» (eth. lore considerevole anche nella sfera eti-
Nic.2,r p. no3 a, 15 ss.). Ma forse an- ca 73 • Non meno importante è il richia-
cor più istruttive a questo proposito so- mo al modello (Socrate!). Il più bel-
no le parole di probl.30,6 p. 956 a, 11 l'esempio di ciò è il primo libro dei Tù.
ss.: oià. ...l &.v?tpw7tw 7tELO"'t'Éov µciÀ.À.ov Etc; ErJ.U't0\1 74 di Marco Aurelio, dove,
11 (J.).,),.l>) scbcp; ... 11 O't'L µLµ'l')'tLXW'ta- malgrado tutti i richiami a Socrate, non
'tOV; µavìlavEw yù.p ouva•ai oià. ..ou- v'è più nulla di quel che Platone pro·
'to, «perché bisogna dar fiducia all'uo- poneva sulle orme del maestro 75 •
mo più che a qualunque altro animale?

xat -.oii 8ì.c..>c; xLvouµÉvou xExLvTjo-ì}al ·n ( lilj- 7J diss. 2, 14, 10: ÒpWµ.EV oùv 1ht ò 'tÉX't'WV
ì.ov o' EV 'tote; 1'tEpt xw1)crEwc; 'tOU't'O) xuL -.òv µcd}tiiv 'tLVIJ. ylvE't'at 'tÉX't'WV, ò xvPEpvf]'t"T]c;
µavMvov't'a civciyxT} EXEW 'tL TTic; f:mcr'ti}- µaDwv -.wa.: ylve-.m xu~Epvf]-rT)c;. Cfr. poi
µl}c; tawc;. Cfr. anche an.post.r,18; 81 a, 38ss.: Aristot., metaph.8,8 p. 1049 b, 27 ss. ~ n. 69
µavMvoµev 1' È7cuywyfi (induzione) '~ à.7to· e inoltre passi come diss.2,9,10 ss. e M . Ant.
l.ìEl~EL (deduzione). 12,6 (E~li';ELY).
74 Cfr. spec. 1,8: Ilapà. 'A1toÀÀr,.>Vlov ... xat
10 Qui è da osservare che alla SLSacrxa)..fo.
corrisponde il µavMvrn1. -.ò È7ti 'lttipaSElyµu-.oc; l;wv-.oc; lliELV tvap-
'YWt;•.•
11 Cfr. per es. diss.2,14,n: À.ÉyovcrL ol qnM· 75 Secondo Xenop.h ., mcm. 3, 5, 8 ss., Socrate
O'Oq>OL, O'tL µaì}Ei:v liei: 1'tPW't0\I ..-oiho, ch:L Eu'tL considera I'&.vaµtµviJuxeoita.:L dei 7tp6yovoL un
l)Eòc; xut 1tpovoEi: -.wv B)..wv... fattore importante per l'educazione del popolo
72 diss . 2,17,3: i:lvoc; o' gVEXa itpOCTEPXO~lEl}a. alle virtù che sorreggono lo stato; ma per lui,
'toi:c; cpi)..ocr6qioLc;; µa~cr6µevoL 'ltap' aù't'oi:c; e ancor più per Platone, ciò non equivale af-
&.. oùx ot6µd)a d8~vaL. 't'lva 8' ~a''tt 'tav-.a; fatto a fissare, come facevano gli stoici, taluni
-.à DEw:rfi1.ta-.a. & y<kp )..aì.oiicnv oi cpiì.6.:ro· esemplari di moralità. Cfr. anche J. BANNES,
cpoL µailEi:v DÉÀoµEV wc; xoµljlà xai 8pLµÉa, Plato11. Die Philosophie des heroischen Vor-
ol 5', ì'.v' à.1t' aù-.wv 7tEpmot1)crwv-.m. .bildes (1935), spec. 21 ss.
µcxvucx vw l~ 3 \ 1\.. n . .!\cngsmrCJ l.1.v,q.u.1.1 iv1u

3. µavMvw esprimono una esperienza religiosa fon-


come termine tecnico del culto damentale, mostrano chiaro il carattere
nel!' ellenismo intellettualistico della pietà religiosa che
circola nel Corpus Hermeticum. "t'lJ'J
Risulta dal Corpus Hermeticum che
-rwv <5v-cwv <pucrw µo:i>Ei:v (cfr. 14,r) «è
µavi>tivEL\I poté essere usato nell'àmbi- quasi una formula per indicare la con-
to della mistica cultuale per indicare la templazione di Dio» 76• La schietta di-
ricezione da parte del miste dello tEpòc:; sposizione religiosa e la conoscenza del
mondo vengono a coincidere 77 • Entram-
À.6yoç, ciò che costituisce un elemento be sono infatti radicate nel vouç.
essenziale dei riti iniziatici. In tale con-
torno è ben naturale che fo patola as- Alla stessa stregua si può forse con-
siderare anche Apul., met.11,22. Lucio
suma un significato assai vicino a quel- racconta come egli, miste novizio di Isi-
lo di YWWCTXEL\I. de, sia stato informato dal sacerdote
della dea del cerimoniale richiesto per
La conversazione con la quale si apre la -rEÀ.E-.1), cioè l'iniziazione (indidem
il Corpus Hermeticum ci dà a questo mihi praedicat, quac forent ad usum te-
proposito un ragguaglio coerente e com- lctae necessario praeparanda). L'infor-
patto. Colui che riceve la rivelazione mazione avviene sotto forma di una let-
riferisce che, mentre si trovava in uno tura ad alta voce di libri composti di se-
stato come di estasi, Poimandres gli ha gni strani e figure di animali, ossia scrit-
rivolto la domanda ( r, l ): -rl {3ouÀ.n ti in caratteri geroglifici, e ha tutto I 'a-
&.xouO"a1 xat i>Eacracri>at, xcd voficr-ac:; spetto di un indottrinamento 78 • Ora ta-
µcdlEi:v xat yvwv0'..1;, «che cosa vuoi ll· lune rappresentazioni figurate inducono
scoltare e vedere, e col pensiero appren- a pensare che un indottrinamento sif-
dere e conoscere?», e che gli risponde fatto fosse abituale nei misteri: un bas-
(I a): µai>Ei:v i>ÉÀ.w "t'Ù. 8na. xat voil- sorilievo del Loune raffigura dietro un
a'at -ti)v "t'ou-rwv cpuow, xo:t yvwvo:t "t'Òv altare coperto di frutti un leggìo sul
i>Eov ... , «voglio imparare (a conoscere) quale sta un rotolo 79 , e nella villa Item
gli esseri, comprendere la loro natura e di Roma nella cosiddetta sala dei miste-
conoscere Dio». Dopo di ciò gli vien ri abbiamo addirittura un affresco raffi-
detto: EXE vQ crQ ocra i>ÉÀ.rn; µo:i>dv, gurnn te l'indottrinamento di una giova-
x&yw CTE 018açw, «conserva nel tuo in- ne ragazza prossima ad essere iniziata
telletto tutto ciò che vuoi imparare, e ai misteri di Dioniso, che si può consi-
io ti istruirò». Qui µavi>avw e il suo derare come un'illustrazione visiva del-
corrispettivo 018a<txEw (r, 24. 27. 29; la scena descritta da Apuleio 00 • Ora è
13,2.16 e passim; cfr. anche 16,1 b: vero che in Apuleio non si trova un
Hermes come &oacrxa.À.oç), in quanto termine corrispondente al greco µrx:vìM.-

76 RElTZENSTElN, Hell. Myst.' ( 1 9zo) 14I. nesse formule di preghiera (come in Apul.,
77 G. HmNRICI, Die Hermes-Mystik und das met.II,l7 ); il fatto stesso che esso compaia è
N.T. (1918) 18. comunque abbastanza significativo perché se
1s Cfr. anche Liv.39,11,I. ne faccia parola anche qui.
79 Foto A. Giraudon 1840 (J. LEIPOLD'f, Der so Foto Anderscn 26 380 e 26 553; dr. J.
Gottesdienst der iiltesten Kirche [ 1937) 6 11 . LEIPOLDT, Dionysos (ArrEAOl:- Beiheft 3)
z). Può darsi che in questo caso il libro conte- (1931) 29 con la n. 217.
µavM.vw B i (K. H. Rengstort) (IV,402) I01SO

VELV per designare l'apprendimento, da piantarsi nelle religioni misteriche non


parte del miste, delle istruzioni imparti- appena i loro culti portarono alla for-
te dal sacerdote; peraltro l'uso del ver- mazione di comunità religiose, che a lo-
bo praedicare in riferimento a siffatte ro volta facevano opera di proselitismo
istruzioni allude tanto a un discorso fat- per il loro Dio. Allora infatti si rese
to con autorità, quanto alla manifesta- necessario un CTuµ~oÀ.ov, signum, sia
zione di cose dianzi sconosciute. per la comunità, sia pei novizi, sia an-
Ora a questo proposito si trova, seb- che perché gli adepti della stessa comu-
bene in epoca assai più tarda, presso nità potessero riconoscersi l'un l'altro
Firmaco Materno (err. prof. rel.18,1), il come tali. Tutto ciò ha avuto un valo-
simbolo di Atti in una versione che, già re determinante nella genesi del sim-
nella scelta lessicale, attesta lo stretto bolo cristiano. (~col. 1n3)u.
legame esistente fra i riti iniziatici e lo
indottrinamento oggettivo. Può darsi B. µa.viM.vw NELL'A.T.
che questa testimonianza rifletta lo svi- E NEL GIUDAISMO
luppo dei misteri in uno stadio tardivo,
quando l'elemento didattico aveva po- r. lamad nell'A.T. (LXX)
sto in ombra il rito mistico 81 • Comun-
que sia, uno sviluppo del genere presup- a) µa.vM.vw ricorre nei LXX e nelle
pone pur sempre l'esistenza di una par- altre versioni greche dell'A.T. circa 55
te didattica anche negli stadi anteriori82 • volte. In poco meno di 30 casi, sui cir-
Il fatto che ad essa i testi, soprattutto ca 40 di cui possediamo il testo origi-
i più antichi, dedichino poco spazio, di- nario, esso corrisponde a una formazio-
pende forse dalla disciplina dell'arcano, ne della radice lmd. lmd è quindi pro-
alla quale il miste è sottoposto 83 • D'al- priamente il termine che soggiace a
tra parte, se, come è certo, nei vari mi- µa.viM.vw. Scarso rilievo hanno, oltre
steri si trovavano formule simboliche84 , a esso, altri vocaboli. In due casi µa.v-
esse non potevano essere comprese e l}civw riproduce una formazione di jd'
tanto meno usate secondo il loro senso, cogliendone esattamente il senso, giac-
se gli adepti non venivano profonda- ché si tratta ambo le volte di una in-
mente istruiti in proposito 85• Perciò i1 formazione personale Wde'a, Ex. 2,4;
OLOMXELV e il µavM:vELV dovettero im- liida'at, Esth. 4,5 ~ coli. ro56 s.}. In

81 Cfr. per questo M. DIBELms, Dic Isisweihe dare qui il pitagorismo, dove ì novizi, prima
bei Apu/eius und verwandte Initiationsriten di essere accolti nella comunità, ricevevano
(SAH 1917A) 7 ss., spec. 10 s., e pe~ situazio- un'istruzione esoterica completa. Taluni dati
ni analoghe nello Pseudo Apuleio, R. RBITZEN· erano conosciuti già da Aristotele (Ael., var.
STEIN, Z111n Asclepit1s des Pscudo -Ap11/eius: hist.2,26), ma sul rito pitagorico dell'età più
ARW 7 (1904) 393 ss. spec. 410. antica non abbiamo notizie più precise.
82 Il giudizio di Aristotele riferito da Sines:o
83 Cfr. DIBELIUS, op.cit. 15 s.
di Cirene (c. 370-415 d.C.), de Dio11e IO (ed. 84 DIBELIUS, op.cit. II ss.
G. Krabinger (1850] p. 171 s.), su ciò che si
richiede dagli iniziati ('ApLCT't'O't'ÉÀT)ç &.sL?~ 8S In questo senso il DIBELIUS, op.cii. 15, trat-
't'OÙç 't'EÀ.ovµÉvovç ou µaili::i:v 'tL oe~v, à.),.)..à. ta sinteticami;nte della natura di siffatti sim·
'ltaili::i:v xat oL<t.-tEDljWt.L, ywoµlvouç ol}À.ov6- boli.
't~ É'ltL'tT)odouç) può soltanto significare che i 86 Sinora però non è attestata per la religiosi-
misteri procurano la conoscenza in maniera af- tà misterica una designazione del simbolo trat-
fatto diversa dalla filosofia di scuola (-+ coli. ta da µavMvw, com'è il caso invece di µaftl}-
rn72 ss.). Per l'età più antica si potrebbe ricor- µrt. per la chiesa antica.
108r (IV>402) µav11a.vw u r \I.\.. ri. 1'.cngsrnn /

Prov.22,25 µo:viM.vw traduce 'iilap, 'a- l'uso irriflesso si trova in tutto l'A.T. 88 •
bituarsi' non alla lettera bensl ad sen- È ad ogni modo evidente che µav~<i­
sum; in Is-47,I2 sta analogamente per
jaga', 'darsi cura', in Eccl. 8, 9 3 corri- vw viene assunto anche nell'àmbito del-
sponde a siima', e in Eccl.8,9b; 16,24 la rivelazione divina e prende di qui,
sta per laqaf.i, 'accogliere'. Tuttavia come ~ OLo6.uxw, la sua impronta spe-
liimad (nella forma qal) è stato tradot-
to dai LXX regolarmente con µaviM.- cifica, tanto più che nell'A.T. la rive-
vw. Soltanto in I Chr. 5 ,18 temudé mi- lazione di Dio è manifestazione del Suo
lhiima è stato tradotto con ÒEOLOo:yµÉ- volere. Ond'è che µav~6.vul diventa in
voL 7t6ÀEµov pratici di guerra'; ma an-
J I
certo modo il verbo tecnico per indica-
cora una volta si tratta di una tradu-
zione che coglie il senso, giacché --7 re l'atto di chi si sottomette, per adem-
.5Loa<rxELV suole trovarsi in corrispon- pierla, alla volontà di Dio, quale si ma-
denza di limmed e delle forme passive nifesta soprattutto nella legge.
di liimad 87 •
b) Se esteriormente il quadro lessi- Istruttivi sono in proposito i comple-
cale si presenta abbastanza unitario, lo menti oggetti di µav!M.vw. Nel Deute-
stesso non può dirsi per quanto concer- ronomio l'oggetto è pur sempre il timor
di Dio (4,ro: o7twç µcHJw<rLV q>0~s:i:o-Dal
ne l'uso linguistico di µ.o:.vMvw. Ciò µE, «perché imparino a temermi», cfr.
dipende in parte dall'indole speciale di 14,23; 17,I9; 31,12 s.) che è poi il fi-
lmd, in parte dall'insinuarsi, nelle vet·- ne che Dio stesso si è proposto quando
diede i OLXO:LWµo:-.a xat xpl<r<.Lç, «gli
sioni greche deJl'A.T. o nelle sue parti statuti e decreti» (~uqqim fimjSpa#m,
scritte originariamente in greco, dell'u- 4,14) come strumenti per ammaestrare
so irriflesso di µavD<ivw. Nemmeno si il popolo tramite Mosè. Ciò che essi de-
vono produrre nei µaviM.vovnç è l'ob-
può dire che gradualmente si sia costi- bedienza di tutto l'uomo a Dio nell'a-
tuito un uso linguistico unitario. Invero dempimento della sua volontà (ibid. :

87 In r Bwr.1,9 nel cod. A si trova iµ.édle-.o suggerito da bin del primo emistichio. Lo stes-
per ioiéb; ma si dovrà leggere èxa~-ro, come so potrebbe dirsi anche diis.28,19 [BER.TRAM].
in 4,13 (ÈXtt~'t"o manca in entrambi i casi nel 8! Cfr. per es. Mich.4,3 (analogo Is.2,4): xo:t
cod.B). [Teodozione usa µavM.vew in Ez.16, OVXl't't µ"ÌJ µ6,i}wcnv 'ltOÀ.eµav ( tv•fo' iilm•df)n
61 in corrispondenza di lqf? che egli probabil- 'od milhiimO; dove forse si avverte ancora un
mente accomuna a leqa{J, 'dottrina'. Anche i signific~to fondamentale di lmd, 'esercitare',
LXX introducono talvolta sua spante il voca- 'abituarsi a qualcosa'); Ez. 19, 3. 6: i!µa.frEv
bolo, interpretando arbitrariamente il testo e- (tvai;ìlmad) '\'OV ap7t6.~uv ap7tttj'(kct't"a (imma-
braico. Cosl in lob 34,36 il T.M. ha bf?n, che gine del leonccllo); Sus.38: µlii}wµEv 't"lVE<; d.-
i LXX traducono, alterandolo intellettunlistica- cr1.v o~'t'OL (dr. I Mach.10,72); Da1q,r6 (Teo-
mentc, con µaviM.VELV. La stessa tendenza dozione nei codd. A Be: E~1)'tovv 'Jt('.(p' mhov
spiega come i LXX in Prov.17,r68 , che manca µ('.(i)E~V 7tEp1. 1tét.v-rwv -co1hwv (cfr. Ex. 2, 4;
nel T.M., possano riferire allo uxo)..Létt;wv 't'OV Esth.4,5 [~col. 1080]; 2 Mach.7,2; 3 Mach,1,
µai)Ei:V l'affermazione fatta dal T.M. in 17,20, l ); IlapoLµ. 6,8 a: µ6:1)e wç Épj'tt'ftç EO"'tlV
che cioè la lingua bugiarda porta male. In Is. (detto dell'ape). Anche questo aspetto di µa.v-
32,4 abbiamo una traduzione libera del diffi- 1)6.vw ha il suo corrispondente nell'uso di ot-
cile testo ebraico. Forse µal)ei:v qui è stato Mc;xw (n, col. 1077).
µixvM..vw·B l (K. H. Rengstorf)

7tOLELV au'tci) e non soltanto una cogni- del giudaismo) è racchiusa nella legge.
zione più o meno chiara di quella vo- Perciò in definitiva si tratta di impara-
lon tÌI medesima. Tutto quindi converge re il v6µoç, ossia di adeguarsi piena-
sull'obbedienza, anche quando in un al- mente e consapevolmente alla volontà
tro passo si legge soltanto µa.:vfiocvEW di Dio fissata nella legge (tara). Là do-
'tà. OLxa..Lwµa-.ci crou ('elmad huqqeka, ve non si conosce il v6µoç, ivi anche la
4' rr8,7r.73) senza un'esplicita men- possibilità stessa del µavfiaVELV nel sen-
zione dell'osservanza ( cpuÀcio-cn:Lv, co- so più genuino 90 non sussiste 91 • Poiché
me per es. tf; rr8,7 s.; Deut. 5,r [la'as- 1a parola, quando è usata in connessio-
tiim] ). Ed è sempre questo comporta- ne con tali concetti, allude sempre al-
mento pratico, al quale mira la peda- l'atto della volontà, essa può designare
gogia divina, che spiega come possano - proprio come ÒLOarrxw (--7 n, col.
essere complementi oggetti di µavfiti- 1098) in casi analoghi - anche l'atteg-
vt<l anche OLXct.LocnJVT) (ls.26,9), xaÀÒv giamento dell'uomo che, per effetto di
7COLEt'\/ (Is. I,17 ), ut.a.xouEW e Àa.ÀEtv suggestioni avverse a Dio, si risolve a
dp1)vl}v (Is.29,24) e così via. Tutto seguire una volontà che non è quella di
questo, ossia il vivere e il 'camminare' Dio (cfr. IIapoLµ.. i7,16a; Prov.22,25;
secondo la volontà di Dio, trova nel Ier.10,2; r3,23).
linguaggio biblico la sua definizione pre-
gnante in derek (~ ò06<;; di qui µa..v- La nota specifica dell'uso di JJ.a..vi>ti-
M:vEW -.-ij'V òoòv -.ov Àa.:où µou, Ier.12, vw risulta ben chiara quando si ponga
i6; cfr. anche, per es. tf; 24,9, dove pe-
rò si trova OLÒcio-xw). Ma può 'cammi- mente all'uso profano dello stesso vo-
nare' cosi soltanto colui che ha impara- cabolo. Diversamente da quanto avvie-
to la~ q>(JOViJ<nç, saggezza (Bar.3,14), ne nella filosofia e nell'etica della tarda
la ~ crvvEcri.~, intelligenza (Ecclus 8 ,9 ),
la Ém<T't1jµ'T), conoscenza (Ecclus I6, antichità, nella Bibbia µa..vMvw con-
24), la rtocplcx., sapienza (Sap. 6,9; 7,13) cerne sempre tutto l'uomo. Come per
e sa quindi ciò che deve fare 89• Tutta OLOa<Txw, cosl anche per µa.vlM.vw l'og-
questa 'scienza' (l'apprezzamento della
getto e il fine si confondono. Perciò
quale risente per altro nei deuterocano-
nici del razionalismo greco che intellet- si 'impara' soltanto ciò che - seppure
tualizza in certo modo 1a pietà religiosa passando attraverso conoscenze deter-

89 <To<Pla. nei LXX di solito non ha nulla a che all'impegno tutto personale a pro dell11 volontà
vedere con la <Tocpla speculativa dei Greci, ma di Dio e della sua efficacia, alla quale l'altro è
indica, come l;okma, la scienza del retto com- esposto. Significativo è nnée Iwf3 34,36: ou
portamento per la quale, oltre nlla Torà, vien µ1Jv lìè à.)..M µaHE, 'Iwf3, µ1) lìiiJç lo:L à:vo:ct.-
riconosciuta come fonte anche l'esperienza. Lo rç6xpL<TLV ~CNtEp ol liqipovEç. La tradizione di
stesso vale, mutatis mutandis, anche pei termi- queste parole è guasta; risulta comunque dal
ci paralleli (citati sopra); dr. i verbi in parte contesto che esse alludono alla riflessione sulla
corrispondenti di Sap.6,1. Non mancano peral- volontà e sui finì di Dio. Giobbe (dr. vv. 29-
tro influssi greci, per es. nella parte che la <TO- 31) sinora non ha parlato da cruvEo:Òç xct.plìlct.ç,
cplix svolge nell'Ecclesiastico (dr. R. SANDBR, da crocp6ç (v. 34), lv cruvÉCTEL, lv È'ltLCT'tfiµ-n (v.
Furcht tmd Liebe im paliisti11ische11 Judenltlm 35) come avrebbe dovuto fare. Ora egli deve
[ 1935] 40, con altra bibliografia). 'imparate'.
90 Vedi ancora 4 Mach. l,17; 9,5; l 0,16: in 91 Cfr. Is.8,16 : ol crcppct.yL!;6µEvoL 'tÒV v6p.ov
questi passi µa.vtlavw è usato con riferimento o:oii µ'Ì] µa.~Ei:v .•.
..1.VV.J \'"J'f"';J/ \ ... J"t'"""tl ....._ .... .., .....

minate - in definitiva deve esser fatto teso il posto che la legge teneva nel
o attuato 92 • È Dio quindi, con la sua pensiero del tardo giudaismo, era gio-
volontà, colui intorno al quale ruota coforza che ogni apprendimento, ivi
ogni apprendimento che sia veramente compresa l'acquisizione delle nozioni e-
tale. lementari, fosse volto a rendere istrui-
to nella legge tutto il popolo o tutta la
2. lamad nell'uso linguistico dei rabbini comunìtà 9~. La lettura dei sacri testi è
a) Non manca anche in questo caso quindi il primo stadio per chi vuole im-
un uso profano di liimad. Così la paro- parare. Chi poi voglia diventare effetti-
la può designare l'apprendimento di un
mestiere manuale (Qid.4,14) o l'atto di vamente saggio deve passare all'esegesi
ricavare determinate cose da un docu- tradizionale della scrittura. Questa vie-
mento (jeb.15,3 b; Ed.1,r2) o di attin- ne svolta nella Mishna e nel Talmud,
gere da un libro qualche nozione (B.
ma si trova anche nel midrash 95 e rego-
M. 2,8a) 93 • Di regola però il verbo si
trova al participio passato per indicare la tutta la vita del 'dotto' (~ µo..ih1-i:1Jc;
un'abitudine ormai invalsa (cfr. Ter.II, B 4 ss.), Questi poi si propone come sco-
ro; Nid.9,9 s.; Lev.r.25,1 a r9,3 e pas- po non ultimo del suo apprendimento
sim). Ab.4,1 descrive lo ~akiim, come
«colui che impara da tutti» (hallomed quello di tene~ ferma e di mettere a pro-
mikkol 'iidiim ). Ciò vuol essere inteso fitto anche degli altri la volontà di Dio,
in senso affatto generale. una volta che l'abbia conosciuta 96 •
b) Quasi sempre però nei rabbini lii- L'uso di lamad è in tutto e per tutto
mad prosegue l'uso veterotestamentario, analogo a quello di limmed (~StoaO'xw
portandolo alla sua conclusione. liìmad II, col. noo), solo che qui ogni cosa è
vista a parte recipientis. 'Imparare' e
senz'altra specificazione indica l' occu-
'imparare la Torà' vengono usati promi-
parsi della Torà allo scopo di conoscere scuamente. Ciò risulta anche dal fatto
e perciò di fare la volontà di Dio. At- che talvolta nel medesimo passo una

92 Questo vale anche per una frase come Ec- Mishna ... a quindici al Talmud. Mishna e Tal-
clus 18,19: TCplv fi À«Àfium µav~a\IE. È pos- mud qui non significano ancora la Mishna e il
sibile, peraltro, che in questo caso il testo gre- Talmud scritti, ma il modo di apprendere e
co poggi su un errore di traduzione; cfr. V. di insegnare dal quale entrambi - rispettiva-
RYSSEL, presso KAuTSCH, Apokr.321 n.d, ad I. mente attraverso l'inte.rpretnzione della Scrit-
e R. SMr.No, Die Weishcit des ]csus Sirach er· tura e della Mishna - sono sorti. Peraltro bi-
k/iirt ( 1906) I67. sognerà ricordare che, secondo i rabbini, i pro-
feti e gli agiografi non contengono nulla che
93Qui e in altri passi si sfiora però l'àmbito non si trovi anche nella Torà (cfr. STRACK-Bll.-
semantico della Torà. LERBECK IV, 446 ss.).
94Il seggio dcl maestro è chiamato significati- 96 Cfr. soltanto Ab. 4,5: hallomed 'ad m e11.1t
vamente qatedrii' dcmosé (~ KRAUSS, nr 208. J•lammed masplq/11 b•iodo lilmiJd fi/c/amméd,
340 n. 54). «chi impara per insegnare, a lui viene (da par-
95 Cfr. la sentenza di Ab.5,21: a cinque anni te di Dio) dato abbastanza spazio per impara-
(si applichi) alla Scrittura, a dieci anni alla re e insegnare».
µa:vMvw B 2 (K. H. Rengstorf)

parte dei testi, solitamente i più anti- conosce la legge» (oxÀ.oc; b µ1J "(L\lw-
chi, ritengono sufficiente liimad, mentre axwv [ ! ] -ròv v6µov, Io. 7 A9) e ad es·
altri aggiungono un tora
esplicativo 97 • ser considerato un grave carico per il
Perciò l' 'imparare' è una caratteristica popolo eletto 103 • Dio, essendo santo,
dell'uomo pio 98 e chi è accorto comin- vuole un popolo santo (Lev.19,2). Ma
cia ad apprendere per tempo, finché la per i rabbini può esser santo chi anzi-
sua memoria è ancorn ricettiva (Ab.4. tutto dalla tradizione della legge e dal-
99
20) . Nel midrash tannaitico formule l'esatta conoscenza di essa apprende la
come liimadt2, 'elmad (ho appreso, ap- santa volontà di Dio. Questo è anche
prendo) ecc. sono «elementi costanti il motivo per cui R. Eleazar ben Sham-
della scena» 100• Ma liimad si trova an- mua (c. 150) poteva chiamare senz'al-
che usato quando un passo della Scrit- tro «popolo santo» ('am qodeJ = Israe-
tura vale ad illustrarne un altro. In tal le) coloro che erano raccolti nella scuo-
caso il secondo passo designa la con- la per imparare (Sotab.39a). Secondo la
dizione di chi impara e si può dire: dottrina dei rabbini, Israele è stato
hare ze ba l"liimmèd w"nimsii' liimèd creato, oppure è stato scelto da Dio co-
«ecco, questo interviene a i~parare ed me suo popolo solo perché conosca e
è nella condizione di chi impara» 101 . impari la Torà preesistente 104• Perciò i
Di qui ha preso nome la dodicesima membri di Israele in quanto tali devo-
delle trentadue regole esegetiche di R. no darsi cura di apptendere la Torà.
Eliezer 102 (diibiir 5ebbii' zelammed w•- L'ideale è appunto che tutti lo faccia-
nim~ii' liimed). no 105• Si pensava quindi che al tempo
liimad indica quindi in misura cre- del Messia, quando si sarebbe compiu-
scente non solo l'apprendimento del pu- ta la storia della salvezza e di Israele,
ro e semplice contenuto della Scrittura, vi sarebbe stato da parte di tutto il po-
ma anche l'acquisizione di quei metodi polo uno studio completo della Torà e
che soli permettono di estrarre dalla che in tale studio il Messia sarebbe an-
Scrittura stessa il suo significato pro- dato avanti a tutti 11)6. Motivo non ulti-
fondo e genuino. Secondo i rabbini chi mo della gloria del Messia è il suo es-
legge e segue la Scrittura senza aver im- sere tanto discepolo quanto maestro
parato e senza continuare a 'imparare', della Torà (Midr. Ps. 21,4 a 21,6).
pur con tutta la sua miglior volontà
non può penetrare in essa e deve rasse- e) L'uso di liimad nei rabbini denota
gnarsi ad essere annoverato sprezzante- come la pietà del giudaismo abbia as-
mente dai rabbini fra la «folla che non sunto, rispetto ali' A. T., un carattere

97 Cfr. per es. Ab. 2,14 presso K. MAR'rI - G. 103 Vedi le testimonianze rabbiniche in propo-
B1mR, 'Ab6t (r927) r89. sito presso STRACK-BJLLERBECK u 494 ss.
98 Cfr. Ab.5,10-19 e ---71, coli. 877 s.
99 In Shab.b. II9 b un amoreo, citando Ier.6,
lo~ Vedi i passi in STRACK-BILLERBECK IV 488-
490.
n, sostiene che Gerusalemme è stata distruHa
perché si sarebbero tenuti lontani gli scolari l05 In A.Z.b. 3b R. Jehuda (t 299) riferisce un
dall'apprendere. detto del suo maestro Rab (t 247 d.C.), secon-
100 W. BACHER, Die exegetische Terminologie do cui Dio stesso attende tre ore al giorno al-
der ;udischen Traditionsliteratur I (1899) 94; la Torà ('oseq). Egli è quindi il grande mo-
II ( 1905) 96 S. dello del suo popolo.
101 Esempi in BACHER I 95. 106 Vedi le testimonianze in STRACK - B1LLER·
10~ Vedine la raccolta in STRACK, Einl.100 ss. IlECK IV 918.
µavìtéc.vw ti 2 tK.. H.. KengstortJ llV,400) lOjlO

ancor più spiccatamente intellettualisti- pur rassegnarsi alla perdita del tempio,
co 167• Uno svolgimento in questo senso tra le cose che davanti a Dio han Io
già si nota nei deuterocanonici, ove per stesso valore dell'offerta di sacrifici lo
la prima volta si apprezza la a-ocpla. inte- studio della Torà vien messo al primo
sa come un sapere che si possiede (~ n. posto, prima della penitenza, prima del
89 ). L'influsso del pensiero greco che digiuno, prima della beneficenza, e pri-
qui si manifesta diventa poi sempre più ma anche della preghiera 109• Già Simeo-
forte. Tale processo ebbe in certo modo ne il Giusto, secondo la tradizione, tra
una conclusione quando i più eminenti i fattori che garantiscono la sussistenza
dottori deJla legge sotto la guida di A- dell'umanità aveva anteposto la legge
kiba, durante la persecuzione adrianea, al culto dcl tempio e alle opere di ca-
stabilirono che allo studio della legge rità (Ab. l,2). Certo, ancora Simone,
spettasse il primato rispetto all'osser- figlio di Gamaliele il Vecchio, poteva
vanza della medesima (S. Deut. 41 a II, definire la pratica della Torà come es-
13; Qid.b.40 b). Può darsi che a tale senziale rispetto allo studio della me-
risoluzione abbiano particolarmente con- desima, ma non senza contrapporsi or-
tribuito le condizioni esterne in cui ver- mai a un'altra tesi. Cronologicamente
sava allora il giudaismo (divieto da par- il momento in cui si ebbe il trapasso
te dei Romani di esercitare il culto, ecc.): da una tesi all'altra andrà fissato non
ma è certo che essa si colloca su una lontano dalla distruzione del tempio.
linea di svolgimento cominciata già mol- Da questa infatti la tendenza del rabbi-
to prima, e ciò spiega come abbia po- nismo alla teoria religiosa e a una pie-
tuto conservare la sua validità anche tà intellettualistica trasse un'apparente
quando nessuna difficoltà si frappone- giustificazione esteriore, di cui aveva
va più all'osservanza della legge llJS. A bisogno per affermarsi. Nel perseguire
tale stregua va giudicato anche il fatto questa tendenza, il rabbinismo esterior-
che nell'età seguente, la quale doveva mente si è sottratto ai tentativi di elle-

IU7 Vedi, per questo e per ciò che segue lìLoti- frase una punta tutta diversa. Cfr. l'apparato
crxw n, coll. III s. e n. 42. delle edizioni, ad l.
tee Indicative cieli' ulteriore svolgimento del
processo sono in taluni casi le stesse varianti 109 Cfr. H . WENSCHKEWITZ, Die Spiritua/isie-
testuali. Cosl suona nel testo originario una r1111g der Kultusbegriffe Tempel, Priester tm•i
nota sentenza di Johanan b. Zakkai (Ab.2,8): Op/er im N.T.: ArrEAOl: 4 (1932) 93 b. In
'itn 'iiSitii tara harbé 'al taf?azéq !6bii l•'aw1•ko Shab b.ro a, Raba (t352 d.C.) biasima un com·
k1 l•kiik 11o~artii, «Se tu hai praticato molto pagno per Je sue preghiere prolungate, e mo-
la Torà, non recartelo a merito, giacché per tiva il rimprovero con queste parole: essi ab-
questo sci stato neato». La tradizione succes- bandonano la vita eterna e si occupano della
siva sotto l'influsso della risoluzione di Lidda, vita temporale. Nella stessa opera un altro a·
ha sostituito 'asi/ii con lamadtii, dando all;1 moreo in un caso analogo cita Prov.28,4.
µa:vMvw B 3 (K. H . Rengstorf)

nizzare il giudaismo, ma intimamente manifestata dalla Torà. Perciò anche il


non ha retto al pericolo cui voleva sfug- liimad intellettualistico del tardo giu-
gire. Ond'è che la storia del concetto di daismo resta pur sempre nell' àmbito
lamad nel tardo giudaismo costituisce della rivelazione storica che Dio ha fat-
in certo modo un momento significati- to al suo popolo con la sua parola.
vo del processo di ellenizzazione, dal Quindi già nella scelta del vocabolo si
quale non sono andate esenti proprio distinguono due diverse concezioni del
le cerchie giudaiche scrupolosamente fe- mondo: una antropocentrica e una teo-
deli alla legge 110 • centrica.
Ma se i rabbini con la loro concezio-
ne del lamad si avvicinano assai all'el- 3. Flavio Giuseppe
lenismo, non per questo scompaiono ta- Nell'impiego di µa'\IM:vw presso Fla-
lune differenze caratteristiche. Mentre vio Giuseppe prevale l'aspetto formale.
iJ greco usa due vocaboli diversi per i Per molti riguardi quest'uso collima con
concetti di 'imparare' e 'insegnare', e la filosofia delle scuole ellenistiche (~
distingue le nozioni di 'imparare' ed coli. 1072 ss), ma risente anche, in certa
'essere ammaestrato' 11 1, l'ebraico inve- misura, dell'uso linguistico veterotesta-
ce usa in questi casi la stessa radice. La mentario.
ragione di questa differenza si può co-
In tutta una serie di passi µa'lli>avw
gliere quando si ponga mente allo svi- non significa nulla più che 'venire a sa-
luppo storico del concetto. Per il greco pere'. Ma anche in questa accezione es-
l' 'imparare e l' 'essere ammaestrato' non so reca una sfumatura particolare che
lo distingue dai sinonimi. Infatti (di-
soltanto hanno contenuti e scopi diver-
versamente da 1tuvi>6.'lloµa1 e y1yvwcr-
si caso per caso, ma esprimono anche xw) µm1t)6.vw considera piuttosto /'ac-
due diversi modi di accostarsi all'ogget- quisizione spirituale dell'oggetto. Cos}
to. Invece per il giudaismo biblico e per quanto concerne l'apprendimento
della scrittura alfabetica da parte dei
post-biblico i due concetti sono intima- Greci Giuseppe può dire in un caso che
mente connessi, in quanto il contenuto òljJÈ :x:at µ6)..1ç ityvwcrav cpuaw ypaµ-
e il fine di ogni apprendimento e di o- µa:t'w'\I, «tardi e a fatica appresero la
natura delle lettere», e in un altro che
gni insegnamento sono dati una volta mxpà <I>owlxw'\I xat Kaoµou cn:µvvvov-
per tutte nella volontà di Dio quale è -.m µaì)f°L'v, «si .vantano di averla impa-

110 Questo processo deve ancora essere esami· tivi di P. FmNB, Der Apostel Pault1s (I927)
nato a fondo. Finora soltanto su singoli punti 5u ss. Inoltre vedi R. MEYER, Hellenistischcs
si è giunti n conclusioni sicure. Si può comun· ù1 der rabb. Anthropologie =: BWANT rv 22
que ritenere accertato che la vecchia antitesi el- (1937) spec. 133ss.
lenismo-rabbinismo non è sostenibile. Per l'im·
postazione del problema vedi i principi norma- 111 ~ n. 4 e coli. 1060 s.
µavMvw B 3 (K. H . Rengstorf)

rata dai Fenici e da Cadmo» (Ap.1,ro). Secondo ant.16A3, il sabato serve 't'U
In questo caso ywwcrxw vale all'incir- µa.i)l}crEi -.wv T}µei:Épwv Èitwv xa.L v6-
ca 'penetrare con la conoscenza in qual- µ.ou, «per apprendere i nostri costumi
cosa', µa.vìM.vw invece 'acquisire spi- e la legge», per evitare che essi venga-
ritualmente' 112• Perciò Giuseppe a pro- no trasgrediti. Con ciò Giuseppe mo-
posito degli storici greci può anche di- stra di essere a conoscenza delle usanze
re: tì i:lc; où 1ta.p' a.ìnwv &v 'tWV t7uy- praticate dai dottori della legge 115 • In
ypa.cpÉwv µ6.1}0~ {>q.olwc;, o•~ µi)oÈv ~E· tutto il processo formativo della perso-
Ba.lwc; EL061:Ec; <ruvÉypa.cpov; «chi non nalità 116 il v6µoç è considerato come
scoprirebbe facilmente scorrendo gli x&.ÀÀtrr-rov xa.t &.va.yxato'ta'tov nal-
scrittori stessi, che essi hanno compo- 8wµa, «il più bello e il più necessario
sto le loro opere senza saper nulla fon- strumento di formazione» (Ap.2,175) .
datamente?» (Ap.r,15); oppure può as- Il v6µoc; dev'essere accuratamente im-
serire che i Filistei avrebbero corrotto parato a memoria ( à.xp1Swc; ÈxµavM-
l'amante di Sansone µcdktv 1tapoc 'tOU VEW, Ap. 2, 175) e precisamente ti1tÒ
La.µtjlwvoc; i:1]v a.hla.v ·d'jc; i.<rxuoc;, ùcp' 'tfjc; 7tpw'tTJc; Euì)ùc; al<il)fi,n:wc;, «subito
-i)c; aÀ"l}1t'toc; Ea''tt 't'oi:c; ÈXitpoi:c;, «per fin dal primo sbocciare della memoria»
sapere da Sansone la causa della forza (ibid.178; cfr. bell.7,343). La 'lt<t.LoEla.
per la quale era imprendibile ai nemici» comprende, oltre all'indole che si ap-
(ant.5,307) 113• L'efficacia del liimad ve- prende con la parola ('t'po1toc; My({.> OL-
terotestamentario si avverte, per es., in owrxaÀtx6c;) anche quella che risulta
Ap. 2 ,1 76: xa.L -.oO'OU't'o\I ot 1tÀ.Ei:o"to1 dall'esercizio (1:p61toc; otèl. 'tfjc; IÌ.<iXlJ·
"tW\I avì}pw1tW\I tX1tÉ)COUO"~ 'tOU XCl.'tÒ. crEwc; 't'W\I Èì}wv, Ap.2,171). Tali con-
-.oùc; olxelouc; v6µouc; I;fjv, WO''tE... mx· cetti sono intimamente legati alla Stoa,
p' aÀ.Àwv p.a.vìM.vouow, o•~ 't'Òv v6µov come risulta ancor meglio quando vie-
napa.BEB1Jxmnv, «e la maggior parte ne specificato il fine dell'apprendimen-
degli uomini rifuggono dal vivere se- to: 't<Ì 'ltEpL -coùc; v6µouc; xcd 'tW\I 7tpo-
condo le leggi patrie, a segno che ap- y6vwv -cà.c; '1tpci~E~c; È7CLO''t'a.0'1)a1, -.à.c;
prendono dagli altri di aver trasgredito µÈv l:va. µtµwv•a.L, 't'Oi:c; 8' tva. ... µ1j't'E
la legge». Sempre come nell' A.T. (-7 1tapa.~a.lvwrrL µ1J•E <ixfi4'w àyvolac;
(-7 col. 1084), µa.viMvw può essere in EXWUL, «conoscere ciò che riguarda le
contrasto con la volontà divina; ant.8, leggi e le gesta dei maggiori, perché
317 114 : (ma Acab) EyT)µE ... yuva.t:x11.. ... imitino queste e riguardo a quelle non
'frsO'.BÉ)."l}\I oÈ ovoµa., àcp' -l'ic; -.oùc; lol- cadano in trasgressione e non abbiano
ouc; a.ùi:fjc; itEoÙc; 7tpOO'XU\IEL\I ~µa.ì}Ev, lo scusa dell'ignoranza» (Ap. 2, 204).
«sposò una donna di nome Gezabele, Che l'apprendimento della legge si risol-
dalla quale apprese ad adorare le divi- va nell'informare tutto l'uomo alla san-
nità di lei». Ma proprio in connessione ta volontà di Dio, è un'idea ormai e-
col v6µoc; (tara) risulta evidente anche stranea a Giuseppe. Il suo v6µoc; si di-
il formalismo di µa.viMvw in Giuseppe. stingue· dagli altri v6µoL degli uomini

112 Per il rapporto tra 7tVViM.voµat, 'venir a sa- to di un mestiere (tessitura), ant.18,314 .
pere qualcosa (attraverso la ricerca)' e µavil6.- Ili Secondo ScHLATTl!R, Af1.386.
vw cfr. per es. bell.r,649: ot "t'6"t'E "t'Ò\I ~wn­ 115 Cfr. anche Act.15,21 e STRACK-BILLERlll!CK
ÀÉa 7tvv/}a.v6µEvo~ "t'ari:; &JluµlaLç Ò'ltoppÉov•a IV 183 ss: «Der altjlidischc Synagogengottes-
(languente) xa..t -cii v6<T~, con vita 62: i1tel o'... dienst».
"t'«V'trt. 7t<t.p&. •wv 6:1ta:yyEtÀci.vTwv Eµai>o'V ...
116 Le citazioni seguenti sono tolte ih parte d:i
ILl µa..v/}6.vw è detto anche dell'apprendimen- ScHr.ATTER, Tbeol. d. Judt. 101 s.
µu.vMvw B 4 (K. H. Renfstorf)

soltanto perché deriva da Dio e non da pot.ins.86: 't"TJ\I yà.p a.hla.'V XP'llCTfl4>
un qualunque legislatore umano (ant. µal}wv a.ù-ròç 1jµiv ucp11y1Jcra.-ro, «aven-
3,86ss.) 117 • do infatti appreso la causa da un ora-
colo, egli stesso ce l'ha poi spiegata».
4. Filone Il µa.vl}civELV si attua qui, come sem-
In Filone µavlM.vEtV non è raro 118• pre, sotto una guida che non necessa-
Il suo uso linguistico non reca note riamente è costituita da una persona,
particolari. La dottrina platonica della ma può anche consistere in cose, paro-
reminiscenza (à.v&.µvl}cnç) quale essen- le (poster.e. 179: 7tpOCTÉCTXE "C'E -r{ì) À.EX·
za de11' apprendimento è nota: ov-rwç l}Év-ri. xa.t µa.l}ovo-a. 1t'a.Àt.v~ofo.v tEpw-
yàp 1i µÈv -rou µEµvnµÉvou lJJvx'l'i xa.p- -c6'.-r11v È.7tOll]CTE, «pose mente a ciò che
7tocpopEi Il ~µrxl}Ev où&Èv Ò'.7to~6.À.À.ovcra le era stato detto e, dopo essersi resa
a.ù-rwv, 1i ÒÈ -rou &:vaµv-ficra xpwµÉvou conto, intonò un canto santissimo di ri-
E~W },,1Jl}11ç yivE-ra.t, Ti 'ltpLv Ù7toµv11:r- sposta»; dr. Gen. 30,24) ed eventi (vit.
irrivat xa.-rfox11-ro, «in effetti l'anima M os. 1, I 2 .2 : 1ì oÌJ7tW µa.vM.'Vrn; Éx -cwv
di chi tiene a mente porta frutti, ossia ytvoµÉvwv, o-rt. Ò'.'ltoÀ.wÌ..EV Ai:yvn-coç;
manifesta le cose che ha imparato senza <<non comprendi ancora da ciò che av·
perderne alcuna, mentre l'anima di co- viene che l'Egitto è perduto?») 121 • At-
lui che richiama alla memoria esce dal- traverso la µcil}ncrtç, che dal canto suo
lo stato di oblio in cui ern imprigiona- presuppone una disponibilità all' ascol-
ta avanti di cominciare a ricordare», to 122, passa la via che conduce alla yvw-
(congr-41; dr. 39 ss.). Ma essa appare CTLç (vit.Mos.2,28o)m. Anche per Filo-
liberata dei suoi elementi mitologici, ne accanto all'apprendimento si colloca
concepita in senso personale 119 e collo- l'esercizio (&<rxl]crtç, Abr. 53); anche
cata da Filone nell'àmbito del suo teo- per lui, il modello ha una sua parte
rizzare filosofico e speculativo della ri- (sacr. A.C.43 e passim). In larga misura
velazione. Il fondamento di tale filoso- poi µa.vMvw coincide con la lettura al-
fia è la Scrittura, e Mosè è tenuto co- legorica delle Scritture (det.pot.ins. 12 e
me la somma guida che non può fuor- passim). Quanto la pietà religiosa di
viare il µavM.vwv 120 • In Filone µa.v- Filone sia intellettualizzata, può risul-
1l&.vw indica costantemente la percezio- tare anche da questo, che la 7tlcr-ctç in-
ne della realtà ultima in Dio. Lo stesso tesa alla maniera gnostica è presentata
Mosè deve le sue conoscenze assolute, come oggetto di apprendimento (ebr.
ad es. per quanto concerne l'origine del- 40) 124, anzi additi ttura come qualcosa
la nozione che l'uomo ha di Dio, a Dio che sorge dal pensiero (leg. all. 2, 89:
stesso mediante una rivelazione (det. 1tWç liv -rt<; mcr-rEuira.t ~E<{:>; Mxv µci-

11 7 Vedi altri numerosi passi in ScHLATTER, 121 Cfr. leg. a//.2,39: µaitdv SÈ Èx 1'ijc; ~VEP·
Jos.69 s. In questo Giuseppe concorda coi rab- yelac; (ciò che sta davanti agli occhi) p~Btov .
bini: Mosé per lui è esclusivamente il media- 121 Cfr. sacr.A.C. 7: µavMvEw E!; rb:oijç xu.t
tore della volontà divina. ÙcpT}y1]<TEwc;; praem. poen. 49: -..òv µu.vMvov-
1'ct m<T'tEU!ictt Bei: -ri{l StM:CTXOV'tt 1tEpt wv ù-
m Il LEISEGANG menziona circa 120 passi.
cpTJYEL1'Clt (qui Filone, seppure solo indiretta-
119 Cfr. anche det.pot.it1s.65: 1'ÒV µ\l'fiµova wv mente, è discepolo di Aristotele; cfr.A.ScHLAT-
lµa.ft~v... TER, Der Glaube im N.T.4 [ 1927] 67 n. I .).
12il 123Cfr. anche gig.37; Deus imm.64 e panim.
Deus imm. xo8: µa.1l<liv 7tapiX MwvCTÉW:;
tbtoxpwouµm ... ; leg. ali. 3,194: µaft<liv 1tet.pà m Cfr. ScHLATTER, Theol. d. Judt.to3 n. 2 e
MwvCTÉwc; Sl8ayµu. xu.t o6yµu. à.vu.yxai'.ov. I06 n. I,
µa.vllù..\IW C I ( K.. ti. ltengsrorf} \lVAUO) ~uyo

1}11 125,
o-i:t 1t&.v-i:a -r:ò. (i)..J..a -.pÉ1tE't'aL, <rxw, ma solo un quinto di quelle
µ6voç &~ aù-còc:; ri't'prnT6c:; Èo--i:t, «come di µavM,vw. Evidentemente la parola
si può credere in Dio?· Rendendosi con-
to che tutte le altre cose cambiano ed ha ben poco a che fare con ciò che ve-
egli solo è immutabile»). Dovremo per- ramente interessa i vangeli; altrimenti
ciò concludere che Filone, vincolando si incontrerebbe più spesso. Questo fat-
in tal modo la ·da--nc, alla co1;1oscenza
to va tanto più sottolineato in quanto
individuale, abbandona il terreno del-
1' A. T., ma non si associa al rabbini- {J.ct.Ìhyc1Jç è la definizione usuale degli
smo palestinese 126, sebbene anche per uomini che si sono uniti a Gesù: per-
lui la Torà sia la fonte normativa di ciò i dati statistici o lo studio dei vari
ogni conoscenza 127 .
contesti mostrano che il segno distinti-
vo del µa-01)-cl}ç non è il µcx.viM,VELV,
c. µavMvw NE.L N.T .
ma piuttosto lo cbcoÀ.oui}Ei:v, il mettersi
x. Situazione generale e lo stare al seguito(~ 1, coll. 576 ss.).
Chi si accosta al N.T. conoscendo l'u- Ciò corrisponde alla predicazione di Ge-
so linguistico veterotestamentario, deve sù; per lui non si tratta di comunicare
constatare con un certo stupore che in delJe conoscenze, né di render più radi-
tutto il N.T. µav~tivw appare solo 25 cato un atteggiamento già esistente, ma
volte 128 • L'importanza del vocabolo è, dell'unione senza riserve a lui. È ovvio
dunque, relativamente poca; &&rl.crxw che il µcx.l}1)T1}ç di Gesù, in quanto à-
invece è presente quattro volte tanto, xoÀ.oui}wv, è anche un µavi}&.vwv (ba-
e ciò colpisce ancora più, dal momento sta vedere Mt. n,29); ma - diversa-
che i due vocaboli, quanto al contenu- mente dal talmid dei rabbini(~ µa-On·
to, sono strettamente connessi. Però il 'tTJ<; B 4-5) - ciò che fa di lui un µa-
fatto più significativo è che Matteo ha ihyci]ç non è il µavM.\IELV. In Giovan-
il vocabolo tre volte, Marco una volta ni lo dice con tutta chiarezza Gesù stes-
(~ però n. X28) e Giovanni due; esso so quando ( 8,31) parla ai Giudei che
poi non compare nel Vangelo di Luca, sono pervenuti alla fede in lui: Èà.v ù-
e negli scritti lucani si trova soltanto in µE~ç µElvn't'E ÈV TQ À.Oyl{l -.(il ȵfi>, à-
Act.23,27. Nei vangeli si registra più À'l'}ih:;Jç µai}ri't'al µou È<r'tE, «se rimane-
della metà delle occorrenze di &iO&.- te nella mia parola, siete veramente

12s Se µa.v!M.vw può significare tanto 'pensare' ve percorrere (rer. div. ber.98 s.: cfr. H. WIN·
quanto anche 'praticare un'esegesi allegorica Dl SCH, Die Frommigkeit Philos [1909] 26 s.).
della Scrittura', ciò dipende dal fatto che Filo-
ne per principio trova nella Scrittura la mate- 126 Cfr. ScHLATTHR, Glaube' (1905 ) 13 .
ria per il suo pensiero speculativo. Questa è 121 Cfr. per i particolari H. W1NDISCH, 90 ss.
anche Ja ragione per cui, secondo Filone, la
7tl!11'~c; oome la yvwuLc; non sta all'inizio 128Mi.24,32 e Mc.13 ,28 in fondo costituisco-
bensl alla fine della strada che l'uomo pio de- no una sola attestazione.
µa.vM.vw C 2 (K. H. Rengstorf

miei discepoli». IJ distacco dell'uso neo- itE'Lv -ri)v ~o-fiv El µTi ct.t f.xa'tòv ·mrcrEpa-
testamentario di µa.vi}civw da quello xGna 'tÉO'O"apE<; xù.LaoEc;, ol l]yopacr-
extra-neotestamentario, e soprattutto dal µ.ÉvoL à.1tò 'tij<; yijç, «e cantano un can-
làmad rabbinico, avviene con la parola tico nuovo innanzi al trono e ai quat-
di Gesù in quanto è parola sua, cioè in tro esseri viventi e agli anziani; e nes-
ultima analisi con la sua persona. suno seppe apprendere il cantico all'in-
fuori dei 144 mila, i riscattati dalla ter-
2. L'uso linguistico irrifl,esso ra». Si tratta di sapere se qui µai}E~V va
µa.vi}<ivw senza valori particolari ap- inteso nel senso comune di imparare rn
pare con sicurezza soltanto in Act.23, o in quello più tecnico di un ascoltare
27. Un secondo passo è forse Apoc.r4,
3; ma qui è probabile che l'uso della pa- di genere superiore 132• Non si può de-
rola sia già intenzionale. cidere tra i due significati, ma esistono
a) Nella lettera con cui presenta alcuni passi che suggerirebbero il secon-
al governatore Felice, in Cesarea, Paolo do. Ad essi appartiene 2 Cor.12,4, do-
prigioniero (Act. 23,26 ss.), il tribuno
Claudio Lisia giustifica il suo compor- ve Paolo, a proposito del suo rapimento
tamento con ìl pericolo di motte in cui in cielo dice: 1lxoucrEv CX.pp1)'ta p1)µa'ta,
si sarebbe trovato Paolo (in contrad- oc oùx. Èçòv ci.vi}pwmp Àa.Ài)O'aL, «inte-
dizione con il precedente racconto di
Act. 2 r ,3 l ss.) 129 scrivendo: µai}wv lht se parole ineffabili, che un uomo non è
'Pwµai:6ç ÉO''tL'Y, «avendo saputo che è in grado di proferire». È vero che i
romano» (23,27). Questo passo è l'u- r44 mila di Apoc.14a non sono liv-
nico in cui Luca usa µaviM.vw. L'uso
vpW'1tOL allo Stesso modo dell' &vl>pw-
è quello consueto degli scrittori greci
(~ col. ro56), ha paralleli in Flavio 1tOç di 2 Cor.12,3 s.; tuttavia si deve
Giuseppe (~coli. ro92 ss.) e qui signi- ammettere un certo rapporto tra i due
fica venire a sapere.
passi, tanto più che non è sicuro che
b) Apoc.14,3 13(): xat ftSouaw $oi)v l'inno cantato dai vincitori secondo
xawl}v Èvwmov 'tOV i}p6vou xaL Évw- Apoc.15,3 sia identico a quello di cui
mov 'tWV 'tECfcrapwv s<ilwv xaL 't'WV si parla in 14,3. Forse anche Corp.
1tpEO'~U'tÉpwv· xaL oùodç ÈOVVU'tO µa- Herm.r3,r5 rn ha una certa importan-

129 «Si tratta o di una grossolana inesattezza 'capire'.


di Luca o di un'indicazione intenzionale: 11
tribuno espone i fatti in maniera falsa, ma a 133 Citato da Bo11, o.e., 20, secondo R. RErT-
lui favorevole» (A. HARNACK, Die Apostelge- ZENSTEIN, Poimandres (1904) 345 : È~ouMµ71v,
schichte [ 1908] 163). ti> n6:.'tEp, ffiv 5i~ -.oii iiµvou EÒÀ.oyl«v {µo:v-
Mvm), fiv Mq>TJc; btt 'tTJV 'Oy8oa.lìa. 'fEVoµ~­
130 Cfr. i commentari, ad l.; F. Bou, Aus der
vou O'OU axouam 'tWV lìuvaµ.t:wv (l'integrazio-
Offe11baru11g ]ohannis [1914] 19 s. ne di Reitzenstein, secondo BOLL, o.e., 20, n. 1,
m Cosl BoussET, Apok., ad l.; ZAHN, Apok., è appropriata) I Kaftwc; {a\IL6v·n µoL Etc; 'tTJV)
ad l.; SCHLATTER, Erl., ad l. 'OySo&:lìa. 6 IloLµ&.voptJc; Él>éo·maE, -.hvov,
m Cosl, seguendo BoLL, LOHMEYER, Apok., xa.Àwc; cnm'.ilìe~ç ì.uua.L -tò axfivoç XExa.fta.p-
od I.; ]OH. Wmss, Schr. N.T. traduce con µÉvoc; y&:p.
jlCX'JM.vw e 3 (K. H. Rcngstorf) (lV,410) 1102

za per il nostro passo. Dal colloquio tra gna e del pari li piega alla sua propria
Hcrmes e suo figlio Tat si apprende che autorità è la testimonianza che le ypa-
solo chi è purificato ( XEXr.dhxpµÉ\lo<;) è in <pu..l rendono a lui (Io. 5.39). In Mt.
grado di 'apprendere' (µavMve~v) l'in- 9,13 Gesù rimanda i farisei, quali rap-
no ( uµvoc,) delle potenze ( ouwiµet<;) ce- presentanti del legalismo, ad Os. 6,6 .
lesti che il profeta ha già inteso (àxov- Con queste parole egli spiega il mo-
O"txt) nell'estasi: ciò che è stato già con- tivo per cui si intrattiene con i pub-
cesso a suo modo all'iniziato, potrebbe blicani e i peccatori e mette dalla parte
sperimentarlo allo stesso modo anche l'a- del torto gli interroganti che si preoc-
depto. µcxviM..vw potrebbe essere stato cupano sopra ogni altra cosa di man-
messo qui perché si tratta di un'espe- tenere la tradizione e la forma del cul·
rienza vissuta sotto una guida compe- to (lìuo-let.). Il parallelo Mt.12,7 (el 5€
tente (--'> col. ro58), esperienza in cui È;-vwxwte: -.l Eu'tLV' EÀEoç iìO..w xat ov
ha luogo un'acquisizione spirituale. Sot- lìuc;lcx.v, oux a\I xa-i:e:5txa<ret.'tE. -roÙ<; à.-
to questo aspetto anche il µaìM:v di \/<XVrlouç, «se aveste compreso che co·
Apoc.I4,3 potrebbe essere inteso come sa significa la parola 'la misericordia, io
un ascolto approfondito m. In questo voglio, non il sacrificio', non avreste
senso, inoltre, µavìM.vw è esplicitamen- condannato gli innocenti») mostra co-
te distinto da &.xouw 135• me si deve intendere la sua esortazione:
1tcpwìMv-i:ec, oÈ. µaite-i:e -i:l fo"-.w · EÀ.eo<;
3. 'Imparare' dalla Scrittura
iléÀw xat où iNO"lav, «suvvia, rendete-
La matrice del N.T. si può rilevare vi conto di quel che significa la parola:
anche dalla misura in cui il µavìM.vw 'ia misericordia io voglio, non il sacrifi-
neotestamentario è determinato dall'u- cio'». Si apprende quando dalla Scrit-
so del liimad veterotestamentario e tat- tura si conosce la volontà di Dio, per
to-giudaico. Il carattere protocristiano poi accettarla con la propria volontà.
comune di quest'uso appare dal fatto
Già nell'imperativo µaiìe'te è implicita
che esso si riscontra tanto nei vangeli
l'idea che per Gesù si tratta di fare la
quanto in Paolo.
volontà di Dio e non la propria. Ma la
a) La parola compare due volte nel- rivelazione della volontà divina è una
la disputa di Gesù con i suoi avversari, grande e unica indicazione di Gesù qua-
e ambedue le volte gli serve per indi- le Cristo. Nel suo stile il quarto e-
care nella Scrittura che ciò che li impe- vangelista esprime la stessa idea di Mat-

JJ4 Cosl HADORN, Apok., ad. l. : ma nessuno tJS Polyb.3 132,9: !IO"~ 6La<pÉpEL 'Tb µaltE~\I 'TOV
può 'imparare' questo canto, vale a dìre ascol- µ6vov &.xouc:raL, -ço11ou'T<!) xaL X'TÀ.. (BAUER,
tarlo e farselo proprio, se non chi ha espe- ]oh., a 6,45).
rienza di ciò che viene celebrato.
r103 (!VAIO) µ«vMvw C 3 (K. H. Rengstorf)

teo in lo.6,45: ECT'tL\I yc.ypaµµ.ivo\/ t\/ fa la volontà di Dio conoscerà di che


"t"Otc; 1tpO<j>lJ"t"atc;. xat EaO\/'tc.tL mi\/'tEç genere è l'insegnamento di Gesù e ap·
òt8mt"t"ot i>c.ou · mie; ò àxoucrac; ?tapà prenderà che egli parla in forza del po-
'tOV 'lta.i:pòc; xa.t µai>wv EPXE'tm 'ltpòc; tere divino.
eµ.i, «sta scritto nei profeti: tutti saran- Un uso del tutto simile di µa.vilavw
no alla scuola di Dio; chiunque ha a- è quello di Paolo in Gal. 3,2: 'tOU"t"O µ6-
scoltato dal Padre e ha appreso, viene \/0\I 1}0..w µa.i}dv à.cp' uµwv, È~ ~PYW\/
a me». Dato che l' 'ascoltare' raggiunge v6µou -.ò 1t\/Euµa. ÈÀ.ctBE'tE fì È~ à.xoljc;
lo scopo nell' 'apprendere', e dato an- 'ltt<i"t"Ewc;, «questo soltanto voglio sape-
che che il 'ltc.t'ti)p in tutto quello che di- re da voi: avete ricevuto lo Spirito per
ce addita lo ui.6c;, l'apprendere implica aver compiuto la legge, oppure per a-
necessariamente l'unione con Gesù ( cfr. ver ascoltato la fede?». Nella scelta· di
Jo.6,44) 1~. Vale la pena di rilevare che µcdki:v, che Paolo non usa mai per par-
anche qui, già esteriormente, il µa.vi>a- lare di pura informazione, ci dovrebbe
\/EW non corrisponde a un OLÒrio'XEt\I di essere una punta contro i Galati Il.'! che,
Gesù, ma al ÒLÒctcrxc.w di Dio stesso. vittime del nomismo, non conoscono
b) µavi>a\lw come termine tecnico nulla di più alto che occuparsi della
dello studio scolastico della Scrittura si legge (dr. 4,21: À.ÉyE't'É µot ... 'tÒ\I v6-
trova anche in Io. 7, I 5 . Qui Gesù de- µov oux &.xouE'tE; «ditemi, non inten-
ve tollerare che i 'Giudei' mettano in dete la legge?») JJ9 • Cosi anche l 'espres-
dubbio il suo diritto di predicare ( oi&a- sione àcp' uµwv acquista il suo signifi-
G'XEL\/, v. 14) la volontà di Dio in base cato e il suo peso 140 • Paolo non vuole
alla Scrittura, adducendo a motivo che imparare dai Galati, ma sapere quako·
egli non ha seguito il sistema consueto sa riguardo ad essi, in modo che essi
di apprendimento (µTj µc.µa.ihpi;wc;) m. diventino per lui il mezzo per conoscere
Cosl si arriva a negare, sulla base di mo- la volontà divina, in questo caso la vo-
tivi formali, la sua autorità ( Èl;ou<ila). lontà salvifica quale è depositata nella
Gesù risponde ancora osservando che la Scrittura, soprattutto nel v6µoç. Paolo
volontà di Dio si adempie nella sua per- perciò resta nella linea indicata da µa.-
sona e nel suo insegnamento. Perciò, chi ltEL'\I quando alla frase citata fa seguire,

I.lo\ Cfr. ancora quanto si è detto su Apoc.14, a Act.23,27. Anche gli esegeti tacciono sull'ar-
3 (-7 coll. 1099 ss.). gomento.
m µavM;vw non ha bisogno di un oggetto e- 139 Si noti che anche qui ritorna CÌXOVEW (v.
splicativo, perché il suo significato risulta ine- sopra).
quivocabilmente da liimad (-7 col. rn81; dr. 140 La preposizione consueta di µavM.vw è
SCHLAT1'ER,Komm. ]oh., ad l.). 'ltapa, se si tratta di determinare colui dal qua-
rn I commentari non si soffermano sulla paro· le o sotto direzione del quale si impara (cosl
la. PREUSCHEN-BAUER', s.v., accosta Gal. 3,2 2 Tim.3,14).
IIOJ [IV,4!1) µu..vuu..vw '-...o 4 \J.~ . .1..1. ,&u.• u
6 .:io&.vu. 1 ,- - . . -- ,-- - ·
dopo alcuni incisi, una testimonianza risponda semplicemente a min, che po-
scritturale a favore della sua tesi e con· trebbe esser reso anche con mxpci. 141 ;
tro quella dei falsi maestri nomistì di ma in questo caso à11:6 merita un'atten-
Galazia (vv. 6 ss.); tale testimonianza zione particolare. Da tutto l'atteggia-
egli attinge proprio a quella legge che mento di Gesù si può capire che egli
i falsi maestri credono di addurre con non vuole essere un OLOcioxaÀ.o<; alla
successo contro di lui. Paolo presuppo- maniera dei rabbini, ma il segno (cr11-
ne tacitamente che solo dalla vita e µEi:ov) in cui è visibile l'avvento del
morte di Gesù il p.a~Ei:v ha attinto regno di Dio 142, nel quale si realizza
quelle prospettive senza le quali re- la volontà santa e giusta di lui. Perciò
sta un puro affare di uomini, provviso- egli può anche garantire il 'riposo' (ci.-
rio e precario. D'altra parte, è fragile vci.m~ucnç, ~I, coll. 945 s.) a coloro che
anche la posizione di quanti pensano vengono a lui. In Gesù si può impa-
che non basti accontentarsi di ciò che rare che la volontà di Dio e il suo a-
sta scritto per penetrare nella volontà dempimento non arrecano peso e affan-
di Dio. Paolo afferma esplicitamente (r no, ma pace e gioia a tutti coloro che in
Cor.4,6, cfr. 1,31) che soltanto la Scrit- comunione con lui gli si sottomettono.
tura offre agli uomini una base sicura
davanti a Dio; di ciò egli stesso è l'e- b) Mt. 24, 32 presenta una variante
sempio migliore. dell'uso linguistico trattato finora. L'e-
sortazione di Gesù: èmò ÒÈ 'tfj<; O'VXfj<;
4. Il nuovo senso dell' 'imparare' µ1.Hkn: 'tTJV Ttapa~oÀ.1)v, «dal fico im-
a) Il passo più importante è Mt. u, parate la similitudine», si spiega in
29, la parola di Gesù a quanti sono af- quanto, sotto la sua guida, le cose di
faticati e sovraccarichi (xomwv·m; xal. tutti i giorni diventano per i discepoli
7tE<pop·ncrµÉVOt): apa'tE 'tÒ\I SUYOV µou espressione di leggi eterne di Dio, qua-
È<p' uµti<; XaL µ6:~E'tE (Ì1t' ȵou, «pren- li sono espresse e proclamate nelle pa-
dete il mio giogo su di voi e imparate role dei profeti. Questa visione profeti-
da me», con la quale egli contrappone ca delle cose, sotto la guida dello Spi-
la sua persona e la sua autorità agli scri- rito in cui opera ·Gesù stesso come il
bi che pretendono di essere i soli ad vivente dopo la risurrezione e il ritor-
interpretare rettamente la Scrittura. Nel no nella gloria· del cielo, diviene pos-
greco ebraizzante di Matteo si potreb- sesso della comunità. Quale sia l'edu-
be pensare che la preposizione &:1t6 cor- cazione che prende le mosse dalla pro-

141 Cfr. i passi in ScHLATTl!R, Komm.Mt., 307 142 Cfr. la formula di Origene: a:ò,-oPa:<T~)...Ela
a 9,13. Lo Schlattere in questo nesso (liimad e -7 n, col. 202.
min) traduce sempre min con Ò:.7t6.
1107 (IVAII) µa.vM.vw C 5 (K. H. Rengstorf) (IVAI2) uo8

fezia dei primi tempi cristiani, è illu- afferma: Èyw yà.p itµai}ov lv oic; dµt
strato da I Cor.I4,3r, che ne definisce m'.mi.p:x:r1c; El'lla.L, « . . .ho imparato ad ac-
lo scopo: ~va; mbrceç µavì)<ivwow xat contentarmi della situazione in cui mi
1taV"m; 1ta.pa.X<J..ÀWV"ta.L, «affinché tut- trovo», può dirlo soltanto perché «ha
ti imparino e tutti siano consolati». An- imparato Cristo» (cfr. il contesto).
che la profezia serve al chiaro annuncio
5. Il µav1'a'llELV visto nelle lettere Pa-
della volontà di Dio, non alla soddisfa-
storali come un'insidia per la pietà reli-
zione della curiosità. La comunità ne
giosa
ha bisogno, se ad essa o a uno dei suoi
Nelle lettere Pastorali µa'llMvw è
membri in una determinata situazione
più frequente di 8ioacrxw. L'apprende-
occorre una direttiva che non trova nel-
re appare addirittura come un pericolo
la Scrittura (dr. ad es. I Tim.4,14) 143 •
per la fermezza della fede della comu-
c) In Eph.4,20 si trova la formula nità. L'attivismo e una pietà intellet-
ȵai>E"tE "tÒV Xpw·"tév, «avete appreso il tualizzante si diffondono, specialmente
Cristo». In base al contesto µavi>a'llELV fra le donne (2 Tim. 3,6 s.; I Tim.5,
ha un contenuto più profondo che non 7.3) 145, offrendo a falsi maestri l'occa-
aXOUELV e OL0&.0'XEO'ì1t'J.L; indica ìl pieno sione di annidarsi nella comunità. La
assenso a Cristo e alla sua opera tra- pietà che essi propugnano è nomistica;
dotto nella condotta della vita. Cosl ap- cosi ritorna l'antico rapporto tra v6µoç
pare chiaramente il carattere etico nel e µa.v1'civw, ma ora in una forma che
senso più ampio della parola. In forma avrebbe dovuto essere superata da tem-
espressa o tacita che sia, questa locu- po. Occorre però tener conto anche di
zione equivale a negare che la via ad influssi greci. Contro di essi Paolo non
una vita ordinata passi per un µa;v1'a- soltanto rammenta alle donne il dovere
'llEL'll 'lloµo'll . L'uomo nuovo nasce piut- di tenersi riservate anche quando de-
tosto dall'evangelo, in cui Cristo com- siderano ricevere un insegnamento (I
pie la sua opera secondo il piano e il Tim.2,n ), ma ammonisce anche fìgli e
fine di Dio. Nel1o stesso senso di Eph. nipoti ad imparare (µa'lli}a;vhwcrav) pri-
4,20 µav1'ci.vw pare usato anche in 2 ma di tutto (1tpW'tOV) a realizzare la
Tim.3,14 e Rom.16,17 (nel secondo ca- pietà nella propria casa e a rendere ai
so tiferito alla 8L8a;x1J apostolica, ~ n , geni tori e ai n~nni ciò di cui sono loro
coll. u67 ss.) 144 . E se Paolo in Phil.4 ,II debitori; queste parole possono esser

143 In questo contesto rientra, data l'affinità, 14~ Sul testo cfr.DIBELIUS, ad l.; P.W.ScHMIE-
anche I Cor.14,35; però si può osservare an- DEL: ThBl x (1922) 222; la Ziircher Bibeliiber-
che lo speciale uso della parola nel campo setzung (1931) Anhang zum N.T. 5, seguen-
propriamente morale(~ coli. no8 s.). do antiche testimonianze, legge À.a.vlM.vouCTLv.
1 4~ Anche Col.1 ,7.
llavMvw C 6 (K. H. Rengstorf) (IV,41_3) 1110

lette sullo sfondo del quatto comanda- a perfezione, divenne per tutti coloro
mento (1 Tim .5,4). Ma una parola ana- che a lui obbediscono autore di salvez-
loga è rivolta - come già in Phil.4,9 - za eterna».
anche a tutta la comunità (Tit. 3, q). Le difficoltà di questa frase possono
Paolo la dice nella certezza che i mem- qui essere toccate solo nella misura in
bri delle sue chiese si manterranno sem- cui sono in rapporto con le parole Eµa.-
pre in una fruttuosa pietà se, imparan- i>Ev àcp' wv E1tai)Ev 'ti]v v7taxo1}v. Nel-
do, faranno sl che l'evangelo sia per es- la costrnzione sembra aversi un gioco di
si la nuova legge. parole intenzionale, che non è raro nel-
la letteratura greca 147 e si incontra an·
6. Hebr.5,8
che in ellenisti giudei 148 . Tuttavia i pa-
Hebr. 5,7 ss.: [ò Xpt<T-.òc; ... J oc; É'V ralleli non offrono nulla per la compren·
w;iç 1jµÉpatc; -.'ijç <Tapx6ç mhou oE-f)- sione del nostro passo, a motivo delle
<re::tc; 'tE xa.t LXE'tl)pla.ç 1tpÒc; 'tÒV ouva- differenti idee relative a 7trX<iXELV. Men-
µE'VOV cr<{Jsrn1 m'.rròv Èx i)a.vchou µE-.à tte nella letteratura greca e nei giudeo-
X(ìll.Vyfjç LO"XUpéiç xa.t OG.XpUWV 1tpOO"E- ellenisti la parola viene usata pet espri-
VÉyxa.ç xat Elo-a.xouai)Etc; 146 <inò 'tfjc; mere la ricezione di influssi esterni che
EÙÀ.a~Elaç, Mlm:p wv ui6ç, Eµai>Ev &.- commuovono il pathos umano (~ col.
cp' wv E'lta.i>Ev -.-i}v unaxol}'V, xat 'tEÀ.H- 1064), qui, come sempre in Hebr., mi-
wìMç ÉyÉVE'to r.éiaw -.oic; unaxououcrtv <TXELV significa il soffrire unico .e irripe-

a.ù-.t;> a.t-.toç <iW'tl)pla.c; alwvlou ... , tibile imposto da Dio al Figlio nell'a-
(<1Cristo ... ), che avendo nei giorni della dempimento del suo uffizio (2,10; 9,26;
149
sua carne offerto, tra forti grida e tra 13,12) • Nel 7taO"XELV di Gesù non si

lacrime, preghiere e suppliche a colui compie il destino di uno che deve cre-
che aveva potere di salvatlo dalla mor- scere e maturare nel senso dell'ideali-
te, ed essendo stato esaudito per la sua smo. Se il Figlio soffre, ciò avviene sol·
pietà - benché fosse Figlio - apprese da tanto perché Dio vuole così, perché sem··
ciò che sofferse l'obbedienza e, giunto bra giusto a lui (2,ro). Perciò in queste

145 Sul testo (se v.1dn letto dcraxouo-DEl<; op- tolta · )a maggior parte dei passi indicati nei
pure, in base a una congettura, oùx Elcraxoucr- commentari (il più antico è forse Aesch., Ag.
lM<;) cfr. A. v. HARNACK, Zwei alte dogmati· 177: 7tttlte~ µai>oc;, ~ col. 1064).
sche Korrekt11re11 im Hebriierbrief: SAB(1929) ·
14S Più volte in Filone, ad es. /ug.138 (~µai}ov
69 ss. = Studien zur Geschichte des N.T. rmd
der alte11 Kriche I {1931) 245 ss.; WINDISCH, (JÈ\/ o ~mxi>ov); altri passi in W1ND1scH, Hebr.,
Hebr., 43 s.; O. MrcHEL, Dcr Brie/ on die ad l.
Hebriier {MEYER xm') (1936) 61 s.; ~ m, col. W 1tttcrxnv in Hebr. sta soltanto per la pas·
n48 (BULTMANN); ~ col. III4. sione di Gesù, mentre 7taftT]µa. in 10,J2 è u·
147 Numerosi passi in WETTSTElN, da cui è sato anche per le sofferenze dei cristiani.
p.avMvw C 6 (K. H. Rengstorf)

poche parole si compendia tutta la via vale in particolare per le interpretazio-


segnata al Figlio. Esse affermano che ni che trovano qui affermata un'evolu-
zione di Gesù; a questo riguardo è in-
Gesù, accettando senza riserve la volon- differente che si pensi anche a una cre-
tà divina, ha, soffrendo, reso onore a scita morale, come sarebbe una maggio-
Dio quale Padre suo, e fiducioso ha re intensità dell'obbedienza 151 , oppure
soltanto a una crescente disposizione di
lasciato a lui di dargli uffizio e dignità Gesù ad adempiere il suo compito 152•
(J,5, ecc.). L'estensore della Lettera Tutte queste spiegazioni cadono in un
non ha voluto tralasciare il vocabolo errore idealistico, perché trascurano il
fatto che il µrx.vtl<ivew per il greco bi-
µavM:.\IEW per il solo motivo che per
blico si compie nell'ambito della Scrit·
lui e per la tradizione della storia della tura intesa come volontà rivelata di
passione l'atteggiamento di Gesù lungo Dio; inoltre non osservano che in tut·
la via alla croce era determinato dalla ta la tradizione evangelica la coscienza
che Gesù ha di se stesso e della sua vo-
Scrittura; questa fondava gli stessi par- cazione è sempre informata alla Scrit-
ticolari ( àcp'wv) delle sue sofferenze sul· tura. Abbiamo lo stesso pensiero che in
la volontà salvifica di Dio e mostrava che Phil.2,8: yEv6µa\loc; ù7t1Jxooç µlxpt 1>a·
vri-tou, tl"ava:tou OÈ O"'taupou, «fattosi
esse sono inseparabili dalla sua voca- obbediente fino alla morte, alla mor-
zione 150• Sotto questo aspetto, le paro- te di croce». Tra Hebr.5,8 e Phil.2,8
le diventano una testimonianza del co- vi è questa sola differenza: in Phil.
la croce di Gesù è fondata sull' obbe-
sciente rispetto dell'obbedienza, che è dienza (e non si aggiunge nulla sulla
caratteristica di ogni figlio ma che in Ge- sua origine), mentre la Lettera agli E-
sù è illimitata: egli andò incontro alle brei misura la profondità dell'obbedien-
za di Gesù sulla sua passione, a cui è
sofferenze e alla morte in perfetta luci- destinato da Dio, come attesta la Scrit·
dità e libertà, senza opporre resistenza, tura. Perciò è esatto dire che per Hebr.
perché la Scrittura, e in essa Dio stesso, «in definitiva l'elemento nuovo non è
l'imparare l'obbedienza, ma il modo di
additava questa via per il conseguimen· questo imparare, che vien descritto con
to del suo alto ufficio. le parole ~cp' W\l Ì!7tatlav» 153 • L'accento
è posto su ì!itaikv, sofferse 154 ; con que-
Ogni altra spiegazione risulta erro- sto si conclude l'opera salvifica, compiu·
nea "in base alla storia del concetto. Ciò ta da Gesù nel cammino verso la croce

l5J In questo passo il redattore della Lettera GROSHilIDE, Dc brief aa11 de Hebreen e11 de
agli Ebrei è vicinissimo a colui che ha trasmes- brief van ]akobus (i:927) 152, richiamandosi a
so a Luca le notizie particolari circa la storia 2,17 s.
della passione e della pasqua. Essi concordano
'nell'idea che Gesù nella sua fine ha compiuto 153 J. CHR. K. VON HoFMANN, Die heilige
la Scrittura in piena coscienza (basti confron- Schrift neuen Testaments zusammenhiingend
tare Lc.22,37 e 24,25 ss. 44 ss.). tmtersucht V (1873} 222.
151 Cosl E. K. A. RIE.HM, Der Lehrbegri/J des 154Cfr., oltre a HoFMANN, ad l., F. DELITZSCH,
Hebriierbriefes 1(l867) 328 s., e altri. Commentar wm Briefe an die Hebriier (1857)
152 Cosl, con acuta sensibilità, ad es., F. W. 185 (con critiche a Hofmann).
µa.vMvw D (K. H. Rcngstorf)

(12,2)m. 'risposta' di Gesù si concretizza Uwx;iE-


Questa punta dell'idea corrisponde pEuçl) nella parola di Dio. Anche qui
al suo contesto immediato. L'espressio· vanno separati il lato formale e quello
ne xal7te:p {])v utò<; «benché fosse Figlio», obbiettivo dell'idea che viene espressa.
va intesa partendo da questo parados- Formalmente µaviM.vELV è unito a "t'E-
so: il Figlio è destinato a soffrire e la Ànoucril'a.i, perché <{soltanto chi appren-
posizione corrispondente alla sua digni- de diventa perfetto» 159 ; ma sostanzial-
tà non la 'possiede', ma la riceve soltan- mente non è l'apprendere, bensì il sof-
to dalle mani del Padre quando ha su- frire quello che conduce il Figlio alla
blto la morte (2,1 ss.) più ignominiosa156 mèta che gli è stata destinata da Dio
(12,2). Questo paradosso, poi, non è e- (2,IO). L'idea è dunque finalizzata al
spresso soltanto con E:na.lle:v. Già il v. pensiero che informa tutta la Lettera
7 ne tratta, quando descrive il compor- agli Ebrei. Infine, l'esatta intelligenza
tamento del Figlio durante i 1ta.il'1)µa.- del pensiero rende superflua l'inserzio-
"t'a; il v. 8 poi non fa che formulare in ne della negazione oùx davanti a da-o:-
un'altra maniera, con un gioco di paro- xoucril'e:lç, nel v. 7 (~ n. 146); infatti
le cos} pregnante, che l'autore ritenne quello che vien contrapposto non è la
di utilizzarlo proprio qui. A. von Har- condizione di Figlio e il mancato acco-
nack, dunque, è solo formalmente nel glimento della preghiera di Gesù, ben-
vero quando afferma che ?ta.i'Tt'EP wv sl la condizione di Figlio e l'azione che
ul6c, dovrebbe essere riferito, per moti- l'ha reso tale. Il modo corrente di in-
vi grammaticali, soltanto a ciò che pre- tendere il testo corrisponde appieno -al
cede 157 • Infatti il paradosso ritorna in modo in cui le parole successive sotto-
quel che segue, anche se soltanto per 1ineano la comunione di Gesù con Dio.
mettere in rilievo il carattere particola- Da una parte si afferma che a indurre
re di questo Figlio. Le parole xa.lm:p wv Gesù ad accettare la passione ·è stata
ui6ç concludono quel che precede po- la parola di Dio; dall'altra si proclama
·nendo una domanda inevitabile; ma che Dio, Padre suo, non rimase sordo
d'altro lato introducono le parole suc- alla voce dei suoi patimenti.
cessive, che in una certa misura sono
risposta di Gesù a questa domanda 1.is.
Questa risposta, però, si conclude so- D. L'uso LINGUISTICO
lo con l'espressione -re:À.nwil'e:lç, «giun- DELLA CHIESA ANTICA
to a perfezione» (5 ,9 ), in quanto Dio
con la sua azione in Gesù ha legittima- Nel! 'uso di µavM.vw nella chiesa an-
to il comportamento del Figlio; cosl la tica si riflette l'intellettualizzazione del-

m Soltanto in questo passo (dr. però 6,6) 155 Sono dunque anche obbiettivamente nel
Hebr. parla esplicitamente della croce di Ge- giusto · 1a maggior parte dei commentari, che
sù; dr. ScHLATTER, Theot. d. Ap., 470. collegano concettualmente le parole con quel
m M. !<AHLER, Der Hebriierbrief in ge11auer che precede e con quel che segue.
Wiedergabe seines Gedankenganges 1(1889) rr, m Cosl O. M1cHEL, Die Lehre von der christ-
osserva finemente: «... oltre a ciò, nonostante lichen Votlkommenheit nach der A11scha11u11g
la sua delineata posizione di Figlio, egli ha des Hebriierbricfes : ThStKr ro6 NF l (r.<Jy-
esercitato, imparando, la sua riconosciuta ob- 35, 333-355) 349, cfr. con 338 ss. dove è ci-
bedienza». tato I Ila.p. 25,8. Cfr. anche F. BOCHSEL,
157 o.e., 247 ss.; cfr. anche A. v. HARNACK, in Christologie des Hebr., BFfh 27,2 (1923) 33.
MICHEL, 61, n. 2.
µa.vMvw D (K. H. Rengstorf)

h fede, che è una delle caratteristiche colare acquisizione di singole verità sal-
dell'incipiente progressiva ellenizzazio- vifiche, come la figliolanza divina di Ge-
sù, che è resa possibile dall' 'insegni>·
ne del cristianesimo. mento' (apol.1,13,3). All'inizio della ca-
tena dei tradenti che, in quanto dànno
L'uso linguistico dei Padri apostolici e ricevono, sono 01.06:CTxov•Eç e µa.v-
~ già sotto quei;to aspetto molto istrut- i}6:vovi;Eç, sta lo stesso Gesù, il Oto6:cr-
tivo. In essi non si ha un vero uso ir- xaÀoç per eccellenza (TI<iV't'W\I 01.06:crxa-
riflesso del vocabolo. La cosa, natutal- À.oc;), che come tale può esser diretta·
mente, può essere accidentale, e lo è mente paragonato a Ermes (lust., apot.
pure: tuttavia dove si potrebbe avere 1,22,2; -7 n, coll. n49 s., specialmente
con tutta facilità un uso linguistico irri- n. 58) che per la mistica ermetica è sem-
flesso, si nota che µavitcivELV ha come pre all'inizio dell'autentica conoscenza
oggetto un dato comportamento mora- religiosa (cfr. Corp. Herm. 16,1b). Per-
le, e questo dà da pensare; cfr. gli og- ciò si può dire che in quest'uso del vo-
getti di µavi>civEw in I Clem.57 ,2: u- cabolo si rendono evidenti influssi ter-
Tioi:cicr<rECTi>at; lgn., Rom. 4 1 3: µ.l]ÒÈv minologici dei misteri {-7 coll.1077 ss.).
lmi}uµt::i:v; lgn., Mg.rn,1: xai;à XpLcr- L'accoglimento di quest'uso è stato fat-
·nct\ILCTµÒv sfiv, ecc. 100 • Ma, specialmen- to proprio dal cristianesimo perché que·
te nella Lettera di Barnaba, p.avM.VEL\I sto, al pari dei misteri, ha assunto ab-
è la via che con l'aiuto di un iniziato, bastanza presto il carattere di religione
porta a quelle speciali conoscenze 161 che esoterica 165 •
la Scrittura trasmette mediante allegorie
o che arrivano all'uomo da una tivelazio- In Ippolito, poi, µa.vM..vnv, che fi.
ne particolare. Perciò ]'autore apostrofa no allora era stato usato solo in senso
ad ogni passo i lettori con l'esortazione allusivo (anche in Giustino), diventa
µaiktt:: (6,9; 9,7 ss.; 14,4; 16,2.7 s.) e termine tecnico chiaro ed univoco in-
perciò anche Herm. sim.9,1,3 sottolinea dicante la comunicazione delle verità
la necessità del µavitcivnv. Su questa via centrali del cristianesimo ai catecume-
non c'è che un passo perché anche il ni. Egli racconta (contra Noiitum 1 [p.
cristianesimo appaia come oggetto del 43,40, ed. P. de Lagarde, 1858]) che
µa.vìM.VEL\I, sia nel Myoc; 162 che gli è i presbiteri di Smirne (intorno al 180-
proprio, sia nella l>t::ocrÉ~Eta 163 che gli è 190) hanno affermato la loro fede con-
propria. Negli apologeti, ad es. Giusti- tro le idee eretiche del loro compagno
no 164, µavitciVEL\I significa già la parti- Noeto, sottolineandone esplicitamente

160 Cfr. anche Barn.2z,1: xa.Mv ouv Èo"tW mento del sapere cristiano (apo/.1,28,1; 34,2;
µaMV't'rJ. 't'ct B~XrJ.LWµrt.·w. (~ col. rn82) -coii 48,3), sembra risalire a un uso contemporaneo
xvpiov, OO'a yÉypa1t't'UL, ÈV 'tOV"tOL<:; 1tEpma- di µai>El:v Èx «apprendere prendendo visione»,
'tEL\I, o cli una frase simile; cfr. Filegonte di Tralles,
de longaevfr 1 e ST. · LoscH, Diatagma Kaisa-
161 Cfr. anche Diogn.4,1.6.
ros [1936] 67ss.70).
. 162 mart.Polyc.rn,1: El ol: Df>1oEL<:; ..òv 'tOU Xp~
165 Sulla presenza di una disciplina dell'arcano
O'"tLrJ.\ILCTµOV µaDEtV À.byov...
dei primi tempi cristiani già nel N.T. cfr.
163 Diogn. 1, x: òpw... Ù1tEpEO'itov8ax6-.a aE JoACH.· ]EREMIAS, Die Abe11dmahlsworte Jesu
'tTJVfiEOO'ÉPEtctV 't'W\I Xptt1'tLUVW\I µctfiE~\I. ( 1935) 4.5 ss. La questione merita uno studio
164 La formula µaDEi:v Mvwri>E Éx, usata più particolare. Ad es., io non ritengo verosimile
volte da Giustino, in relazione a documenti che già nel racconto lucano dell'ultima cena si
ufficiali e a scritti privati intesi come fonda- abbia una disciplina dell'arcano.
xa-.o:µavMvw (K. H. Rengstorf)

l'integrità tradizionale: -.au-.a. ÀÉyo- i' xa-.o:µav?M.vw


µEv &. ȵrX.l}oµrv. Dal contesto si ricava
che µO'NlMvEL v designa addirittura il xa-caµavi}O:vw è in certo qual modo
simbolo, la forma in cui hanno ricevu- la forma intensiva di µcx.vfrcivw e signi-
to la fede 166 • Allo stesso modo circa r50 fica esaminare attentamente, afferrare,
anni più tardi Marcello di Ancira in una capire, osservare; ad es., in Plut., quo·
lettera 167 al vescovo di Roma Giulio modo adulator ab amico internoscatur
cerca di dimostrare la giuste~za dell:; 34 (II 65a) è detto dell'esame di una
sua fede sottolineando fra l'altro che ferita; in un papiro (APF 3( r906]370) 1
egli l'ha 'imparata' ('t'TJV ɵo:u't'Ou 11;l- della visita di una donna incinta; in P.
cnw µE-tà 'TCaO-YJc; cl:X:riite:lw; ... yprX.~o:ç Fay.n4,8 ss. (c. mo d.C.) significa pren-
É'TCLOouvaL, fiv ~µa.'Ì)ov EX 't'E -tG'>v l}Elwv der conoscenza di un oliveto; in Hdt.7,
ypacpwv ÉOLoaxitTJv, «la. . . fede... che 146 indica l'osservazione fatta dalle
ho imparato e nella quale sono stato spie. È usato anche senza complemento
istruito a partire dalle divine Sctittu- oggetto nel senso di metter giudizio, rin-
re» ) 168. Non stupisce
. perCio ., se -rò µa· . 9.uri- s~~ire o_ similì, come in P. Fay.20,19 al
µcx., è divenuto, con 1i 'ltLO"'t'Lc; e -.ò o-vµ- piu tardi del III o IV sec.). Per il caratte·
BoÀov, una definizione comune del sim- re particolare del vocabolo in confronto
bolo battesimale inteso come professio- al verbo semplice è istruttivo Plat.,
ne di fede, e ciò, significativamente, a T heaet. r 98d: oùxouv 1}µEi:ç à1tEtxcisov-
cominciare dagli orientali 169 • 't'Ec; •Ti 't'W\I 't.EpLO"'t'EPWV xi:1)0"EL 't'E xat
Nella formula la stessa chiesa attesta MJ!l<t ÈpouµEv o-;L ÒtTt'i) Tjv fi i)1Jpa, +t
per bocca dei suoi teologi che la rclo-·nc;, µÈv i.ptv h-.1jo-Òa.L 't'OV XEX't'rja'i>a.i E\IE-
nel processo di assimilazione dello spi- xa, Ti oÈ xex-.YJµÉv0 't'Oli À.aBEi:\I xa.t
rito greco, è stata intellettualizzata fino EXEL\I ÉV 't'O:i:ç XEPO"L\I Il TiciÀ<X.L ÉxÉX't1]'t'O.
a divenire quella Otòaxil alla quale può o\hwc; ÒÈ xat wv n:aÀaL Èmo--.fjµat ija'av
di fatto accedere solo colui che sa 170• o:ù·tt-;i, µa.Mv-.i xat 1}1tlo--ta't'o aù-ta, -itci-
À.Lv EO"'t'L xa-.cx.µavi}a\IEL\I 't<X.Ù-tà. i:a.iha
&.vaÀ.aµ~&.vov't'a -t+tv Émo-i:l]µ11v hrX.-

166 Cfr. TH. ZAHN, Das apostolische Symbo· [1900] _235). Altri testi in KATTENBUSCH, 235.
lum (1893) 23.24, n. I . 467, e m C. P. CAsPARI, Atts historisch-kriti-
167 Citato da Epifanio (haer.72,2 s.; p. 257,6, scben Stttdìen iibcr das kirchliche Ta11fbeke11nt-
HoLL). La lcttem contiene altre attestazioni 11is l: Zcitschrift fiir die gesammte lutherischc
dell'uso linguistico in parola (dr. 72,3,r.3; p. Theologie und Kirche r8 (1857) 634 ss.
258,14 s. 20 s., HOLL); dr. anche CASPARI, 32 no 116:-0-T)µa. è attestato a partire da Aristo·
(~ n. 168). fane nel senso di 'oggetto dell'imparare'. Più
tardi è divenuto termine tecnico per la 'scicn-
ioa Cfr. C. P. CASPARI, Ungedruckte, tmbeach·
7.a', e particolarmente per le scienze matemati·
ttfe und wenig beachtete Quellen zur Ge·
che. Il ~ermine sottolinea l'oggetto della cono-
schichte des Tattfsymbofs 1111d der Glaubens-
scenza, che, procedendo giustnmente, garanti·
regel m (1875) 28 ss. 161, specialmente 30 s.
scc: una conoscenza sicura; cfr. SNELL, 76 ss.,
169 Dato che non si può addurre Eusebio co- specialmente 79. Sarebbe utile studiare lo svi·
me testimone (F. KATTENBUSCH, Das apostoli- luppo dell'uso linguistico nella chiesa antica
sche Symbol I [1894] 228, n. 4), la prima at- (Clemente Alessandrino!).
testazione è forse quella di Socrate di Costan-
tinopoli (hist.eccl.3 ,25). Essa è particolarmente xa-.o:µo:vM.vw
interessante in quanto il contesto sembra anco· 1 Situato d11 PREISIGKE, Wort., s.v., nel n sec.,
ra indicare il rapporto tra la parola e la disci- da. U. WILCKEN: APF 3 (t906) 374, nota, non
plina dell'arcano (cfr. anche KATTENBUSCH u prima del III sec.
III9 (IV,416) xa:raµetvM\lw (K. H. Rengstorf)

O"•OU xat ~O"XOV"L'a, iìv ~XÉX•l}'tO µE.v mi- che r Eo-op. 8,4r. Talvolta da xa'ta-
o'
À.cu, 1tpOXEtpov oùx Elxe 'tTI OLavolq., µavl>ocvEw deriva anche un comporta-
«anche noi, rifacendoci all' immagine mento che l'autore biblico respinge; è
della cattura e della caccia delle colom- ovvio che le sue parole di condanna so-
be, possiamo dire che duplice fu la cac- no in relazione con lo scopo del xa-i:a-
cia: l'una, avanti la cattura, in vista di µrx:vM.vew (cfr. LLp.9,5 [hitbonén]; 9,
essa; l'altra, a cattura avvenuta, allo 8 [hibblf] ). Una volta sola la parola si-
scopo di stringere e di trattenere ciò gnifica acquisire un'abilità tecnica (.Ltp.
che già era stato preso. Cosl anche, tra 3 8 ,28: il fabbro [ xaÀXEUç] impara a la·
le conoscenze, quelle che già uno ave- vorare il ferro [ xa'taµavM.vwv fpya
va, avendole apprese, proprio quelle ha crt81)pou] ). Però anche qui è possibile
la possibilità di apprendere a fondo, rial- che il xa'taµa:vlla.VEW si riferisca sem-
lacciandosi alla cognizione di ciascuna e plicemente alla capacità di compiere il
corroborandola, giacché per l'addietro lavoro. In complesso si può dire che
le aveva, sl, apprese, ma non le ave- il xcnaµavlJci:.vw biblico, per quanto
va sottomano nel pensiero». Questo più debole di quello extra-biblico, se
chiaro carattere intellettualistico de1- ne differenzi in quanto il suo rapporto
1a parola è presente anche in Filone 2 con µavM:.vw l'ha portato nella sfera
(leg. alt. r,6r; 2,17 [accanto a LOE~v]; d'influenza di lmd.
poster. C. 168 [dell'attività del À.oytcr-
µ6ç], ecc.) e in Flavio Giuseppe 3 (ant. Nel N .T. il vocabolo appare una so-
6 ,230 s.; vit. 1 o [della conoscenza delle la volta, in Mt. 6,28: xa.-aµil:.1}E't'E 't<Ì.
sette giudaiche]),
xplva -.oiJ° &.ypou, 1tWç aù~rivoui:nv,
L'uso linguistico della Bibbia greca
ha questo di sorprendente, che, diversa- «ponete attenzione ai gigli della cam-
mente da µavM:vw, il composto xa'ta- pagna, come crescono». L'uso linguisti-
µavlMvw non ha alcun rapporto con la co biblico anteriore al N. T. non con·
radice lmd. Le parole ebraiche corri-
spondenti hanno tutte 4 un riferimento sente di intendere xa-çaµavlM.vetv co-
al fatto di vedere. Di regola l'accento è me il semplice «osservare con l'occhio»
posto sulla precisione. In primo piano o il «contemplare con piacere una cosa
sta ra'a (Gen.34,1 : Lev.14,36; Eccl.4,
7 [Simm.]; 8,17 [Simm]; Acrµa 6,rr bella» 7 • D'altra parte il contesto non
[Simm.] )5, che però in tutti questi ca- consente neppure di intenderlo intellet-
si non significa tanto il puro vedere 6, tualisticamente, quasi che la vista dei
quanto il provare, esaminare, di regola
gigli della campagna possa comunicare
riferito al retto comportamento. Egua-
le sfumatura ha xa-i:aµavl>avw in IwB una determinata conoscenza di Dio.
35,3 (Sur), Gen. 24,r (mi'Stileh) e an- L'invito di Gesù a quanti sono ansiosi

2 Il Leisegang lo segnala in IO passi. con indicazione cli altre possibilità. In totale


3 Cosl secondo SCHLATTER, Komm.Mt., 231. xa-taµavMvw nella Bibbia greca compare so-
lo una dozzina di volte.
4 L'unica eccezione è Iud.5,28, cod. A, dove
xet-tEµcivl>a.vEv sta per watt•;abbeb (jibbeb,
5 I LXX negli ultimi tre passi hanno Etlfov op-
'chiamare ad alta voce'). Però forse va letto pure {lìE~\I.
wattabbet (da nb!), tanto più che il Targum 6 Cosl ScHLATTER, Komm.Mt., 231.
ha medlqii', 'spiando'. Cfr. i commentari, ad l., 7 ZAHN, Mt., ad/., nota.
(~ µq>Lµv<iw) mira al superamento del- 5. il talmid come membro della scuola
e della serie dei tradenti:
l'incertezza interiore, che deriva dalla a} il talm1d come scolaro;
mancanza di date cose. Gesù richiama b) il talmid come uditore;
a considerare l'ordine della natura, che e) la formazione scolastica;
d} il ta/m1d come tradente;
testimonia dell'abbondanza di possibili- e) il rabbinato come scuola di Mosè;
tà e di mezzi a disposizione del Creato- 6. la provenienza delle idee rabbiniche
sul lalmid come membro di una scuola
re. Così, a chi sa vedere e conoscere cd elemento della serie dci tradenti:
(cfr. Le. 12, 27: xa-ravo1]0"a't"E), dà la a) l'impossibilità dello sviluppo
a partire dall'A.T.;
coscienza del dovere di nutrire un'illi- b) la derivazione da ispirazioni ellenistiche;
mitata fiducia nel Creatore, che ha crea- c) la derivazione dcl talmid dalla scuola
ellenistica (anche in Flavio Giuseppe);
to anche lui. 7. l'affermazione teologica contenuta
nel talmid tardo·giudaico;
8. Filone.
C. Il concetto 11el N.T.:
SOMMARIO: I. l'uso linguistico:
a) rassegna della presenza
A. Il concet/o presso i Greci: di µall11•1Jç, nel N.T.;
1. l'uso linguistico generale; b) l'uniformità dell'uso linguistico;
2. 'apprendista' o 'discepolo'?; e} il rapporto di µc.d)mf,ç, con tal111id;
3. maestro e discepolo: d) particolarità dell'uso linguistico;
a) Socrate, Platone e l'Accademia; 2. µa.lhrml giudei nel N .T.:
b)le religioni misteriche; a) i µalhrml -::wv lfiapto-a.lwv;
e) il rapporto maestro discepolo b) -.ou MoucrEwç, µail11i:c.tl;
con accentuazione religiosa; 3. i discepoli di Gesù: ·
4. la comunità di discepoli e la sua determi· a) la chiamata:
nazione in base al principio di tradizione: a.. l'iniziativa di Gesù;
a) la comunità di discepoli; f3. discepoli di Gesù non chiamati
b) il principio di tradizione. personalmente?;
B. Il conce/lo nell'A.1'. e nel giudaismo: b) Gesù e i suoi discepoli:
I. uso di µa.~-i;f,ç,/tnlm1d nell'A.T. (LXX): a. l'attaccamento dei discepoli di Gesù
a) µa~•fiç, nei LXX; alla sua persona;
b)talmid nell'A.T.; f3. l'obbedienza dei discepoli a Gesù;
2. il problema di fatto nell'A.T.: y . l'obbligazione dei discepoli
a) il motivo della quasi totale assenza alla sofferenza con Gesù;
di talmid/µa.f}q-i;f,ç, nell'A.T.; c) ol µa.ih1w.l - ol l>wlìnca. -
b)l'assenza anche del rapporto ot a.1t6cr-.oì..ot;
maestro-discepolo nell'A.T.; d) il gruppo dei (dodici} discepoli di Gesù
c) l'assenza del principio di tradizione . come segno della sua via dolorosa:
nell'A.T.; a.. l'incomprensione dei discepoli;
3. motivo dell'assenza del rapporto f3. la composizione del gruppo
maestro-discepolo e di un principio de.i discepoli;
di tradizione nell' A.T.; e) la partecipazione dei discepoli
4. l'uso r~bbinico di talm1d: al lavoro di Gesù;
a) il significato della parola; f) la questione
b)i vari gruppi di talmidim; del principio di tradizione
c) soltanto gli uomini sono talmidim; nel gruppo dei discepoli di Gesù:
d)talmld come designazione onorifica; a.l'assenza di un principio di tradizione;
e) l'uso targumico; f3. i motivi della sua assenza;
µr.dhrt1Jç A l (K. H. Rengstorf)

g) riepilogo; stadio di formazione, che la formazio-


4. i µaihrm.l del Battista: ne si compie nell'accoglimento e nella
a) i discepoli dcl Battista durante
acquisizione di ben precise conoscenze
la sua vita;
b) i discepoli del Battista dopo la morte
o di un ben preciso comportamento, e
di Giovanni (negli Atti) che questa formazione progredisce co-
5. µaDrrc1Jç come designazione scientemente e secondo un programma.
dei cristiani negli Atti: Perciò non c'è µa.i>T)'tTJ<; senza 8to6:CT-
a) il problema linguistico; xet.À.oc;, 'maestro'. Il processo della for-
b) il problema oggettivo; mazione coincide con un legame perso·
6. w.d}n-tal di Paolo in Act.9,z5? nale corrispondente.
D. L'uso li11g11istico della chiesa antica.
b) Il significato quasi tecnico della
parola, che stabilisce la diretta dipen-
A. IL CONCETTO PRESSO I GRECI
denza dell'uomo che dev'essere forma-
1. L'uso linguistico generale to da un'istanza a lui superiore per co-
a) In conformità alla sua formazione noscenza oggettiva e sottolinea la sua
come nomen actoris 1 da µcx.l}-, µcx.ilTJ"tTJ<; inseparabilità esterna da essa, domina
indica l'uomo che rivolge il suo spirito tutto l'uso linguistico, quando si tratti
a qualche cosa. Però fin dal suo primo
apparire esso ha assunto già, in analo- dell'acquisizione di conoscenze e capa-
gia con µa.viM.vw (-7 coll. rn55 ss.; cità sia artigianali sia spirituali.
rn58), il significato di apprendista. In
Hdt. 4,77, dove il vocabolo è attesta- µa.i)ml)c; è il vocabolo usuale indi-
to per la prima volta, lo scita Anacarsi cante l'apprendista artigiano, soprattut-
è chiamato in questo senso "tijc; 'EÀÀ&.- to nei papiri; ad es., in P .Oxy. IV 725,
ooc; µa.l}1)"tYJC, in quanto si è impadroni- 15 appare il µet.i)1)'ti}c; di un tessitore,
to della saggezza e della cultuta greche che è chiamato a sua volta (riga 14) 8t-
e ne è diventato propugnatore. Ma 8a(nc.cx.Àoc;2. Già in Platone incontriamo
l'intero passo è importante in quanto quest'uso, in Menex.9oe, ove è detto
lascia vedere che in µcx.i}ri~'IÌc; non c'è µcx.i}TJ•YJc; colui che si sta addestrando a
nulla del minor apprezzamento che noi suonare il flauto (dr. anche 89d: anche
mettiamo facilmente nella parola 'ap- qui il StM<Txet.À.oc; 6gura accanto al µcx.-
prendista'. L'accento posa non tanto il'Y}"t1]c;). Il medico principiante è un µa-
sull'incompletezza, o addirittura sull'in- ilri~Tic; let."tptx:ijc; (~ÉX.\11JC,), «apprendi-
sufficienza della formazione, quanto sul sta dell'arte medica» (Plat., resp. IO,
fatto che chi è indicato con questo no- 599c), e si capisce che c'è il medico
me si trova o si è trovato in un certo esperto che lo indirizza (cfr. Menex.90

11ail1]-t1Jç
] . W ACU, Meister tmd ]ii11ger (1925); R. RANFT, Der Ursprung des katholischen Tradi-
SCHurz, Apostel tmd ]iinger (1921); A. HAR- tionsprinr.ips (r931); Talmid If.akam : JewEnc
NACK, E11tsteb1mg tmd Entwickltmg der Kir- XI 678 s. Cfr. WACH, 35: «Dei discepoli di
cbe11ver/assu11g rmd des Kirchenrechts in den Gesù ci si è occupati troppo poco».
zu:ci erste11 ]abrhunderten (1910) 5 ss.; J. I BL.-D EBR.' § ro9,8.
WELLHAUSEN, Eillleitung in dfr drei ersten
Evangelien '(19II) 138-147 (i dodici, i discepo· 2 Altri passi in P . OXY. vu 1029, z5; BGU r
li, gli apostoli); HARNACK, Miss.• 4ro ss.; J. 3z8, col. I 34; IV nz5,9.
µr.dhrnic, A I (K. H. Rengstorf)

c). Ma anche lo studente di ogni gene- te distanti nel tempo l'una dall'altra.
re rientra nel concetto di µccitn'tl}c;, in Qui va ricordata soprattutto l'idea,
quanto ha un maestro. Perciò si chiama-
no µaitl}'tCCL anche gli scolari di un re- molto diffusa, che Socrate sia il vero e
tore (Plut., cons. ad Apoll.36 [II 120 proprio µaihr•n<; di Omero, perché è
e]; apopht.13 [II 182d]), come in Pla- il suo S'l')ÀW't1)<; e lo 'imita'.
tone i discepoli dei sofisti (cfr. Prot.
3 I 5a: i:wv Ilpw'tay6pou µa.itrii:wv, e Già in Xenophanes, fr. IO (1 l3r,
passim). Per conseguenza, µccitn't1Jç eri1 Diels), Omero appare come l'educato-
anche la parola adatta per indicare un re di tutta la Grecia 10• In Plato, resp.10,
filosofo in quanto legato a una scuola. 6o6e) lo stesso Socrate cita questa o-
Analogamente agli scolari dei sofisti, in pinione ricordando gli ammiratori di
un primo tempo i compagni di Socrate Omero, secono i quali 't1]v 'E).).étoa
sono stati chiamati suoi µcdh1-.cxl, cosa 7te7tltLOEUXEV OU't'O<; ò 7tOL'l')-ti]<; xat npòç
a cui egli si è opposto tenacemente oiolxncrlv "t"E xat 1tccLOElav 't'W\/ àv-
(Plat., ap.33a 3 ; ~ 2). Più tardi la pa- itpwnlvwv 7tpayµa:n.o.>v èit,toç ù..vaÀa-
rola serve regolarmente nella storia del- f36V'tt µav?Jétvetv 'tE xat xai:à. 'toui:ov
la filosofia per stabilire l'appartenenza "tòv 7tOt'l')i:1]v 7tav-.a "tÒV a u't ov f3 lov
ad una scuola; ad es. in Ateneo 4, XCX.'t'ClCTXEU<XO-aµE\10\1 s'i)v, «questo poe-
Diogene Laerzio 5 , Plutarco 6 e anche in ta è stato maestro della Grecia e merita
Cicerone 7 . Anche Flavio Giuseppe può che lo si riprenda in mano per appren-
essere citato per quest'uso, perché di- dere a governare e a educare nelle co-
ce (a p. l, 14) che Ferecide 8, Pitagora e se umane, e che in conformità di 'lui
Talete sarebbero stati, a giudizio di tut- occorre regolare la propria vita». Xe-
ti, Atrumlwv xaL XaÀ.oa.lwv µa.th1- noph., symp.4,6 (~ µavMvw, n. 67),
i:al. Lo stesso uso della parola trovia- dice similmente: "Oµ'l]poc; ò <roq>W'tù'..·
mo in ap.r,r76, dove Clearco appare i:oç 7tE7tolrixE crxEoòv 7tEpt 7tav'twv 't'Wv
come ò 'Aptcr'toi:D..ouc; wv µaitrt'tlJç 9 • avitpw7tlvwv, «il sapientissimo Ome-
e} Infine µaitT)'t1]c; è usato in un si- ro trattò di quasi tutte le cose uma-
ne». Ma mentre il Socrate platonico si
gnificato più ampio, per affermare l'af- sente di approvare questa opinione (resp.
finità ideale di due persone notevolmen- 10,606e) solo fino ad un certo punto

3 Cfr. anche le parole canzonatorie rivolte n ìloc, 't'W\I <9EocppaO''tOU µa:lh)'tWV.


Socrate in Aristoph., nub.5or s.: tìv tmµE">..'Ì)c, 7 Ad es., acad.2,42: Euclides, Socrotis discipu·
iil xa:i npol>uµwc; µa:vM.vw, / 'I'~ 'l'W'\I µcd>ri- lus. Strabone intende dire la stessa cosa quan-
't'WY ȵq>EpÌ)c, ')'E'lllJO'Oµa:~. do chinma Euclide 1:wxpa:'t'ix6c; (9,r,8).
4 Cosi 7,28rc (p. 212): 'Epa't'oai)Év'l}ç youv ii B Ferecide (dell'isola di Siro) è il primo pro-
KUP'IJ'lllXfoç µa:lht't'iJç j'E\16µE\IOC, 'Apl<T't'W\IOC, satore greco (metà del VI sec.); è autore dello
't'OV Xlov, 8c; 'Ìjv dc; 't'W'll cX.nò 't'ijç :l:'t'oiic; (v. 'E1t't'flµuxoc;, uno scritto cosmogonico (fram-
ARNIM I 341) ecc. menti in DrnLS 5 1 43 ss.).
s Cfr. 6,84(3): MÉvavlipoç Ll.ioyÉvouc; µa:lht· 9 Subito dopo, Aristotele è esplicitamente indi·
'tTJC,; 6,85 (1): ol È).."Mytµo~ 't'OU Kuvòc; µcdl'l}· cato come suo liiS&..uxaÀ.oç.
't'a:l. In 6,94 (1 var.) Metrocle è chiamato µa- 10 Cfr. W. ]AllGER, Paideia (1934) 63-88 (Oml!·
b'l}'t'lJç di Cratete; subito dopo (95 [2 ss.] ven- ro come educatore). Si noti che persino in cir-
gono contati i suoi µa;lh)'ta:l e i µa:l>t]'t'al di coli rabbinici Omero era letto volentieri (San.~.
questi ultimi. ;. 28a, i8; ]ad.4,6; e cfr. B. Hl!LLBR: MGW.T
6 Ad es., laud. s. itw. I] (n 454 s.): 't'Ò 1t">..ij- 76 [ 1932) 330 ss.).
µa.l>'l]'tTJ<; A 2 (K. H. Rcngstorf)

( 607a) 11 , le età successive han legato in- religiosa: solo che r uno l'ha trattata
dissolubilmente il più insigne filosofo ota 1:fj<; 1t0~1]cnwc;, «mediante la poe-
della Grecia al suo più grande poeta, sia», l'altro in prosa (xa1:a.À.oyocÒ1]\I, v.
grazie al quale la grecità «è giunta alla 9).
unità della sua coscienza nazionale» 12•
Ciò che conta è il modo in cui qui si
Dione Crisostomo (or.55: de Homero
et Socrate) ha sostenuto ( 3) ih'L l:wxpa- spiega µai}1]'t'1}ç, cioè col ricorso a µt-
't'l)c; 't'o yE. à.Àl)i}Èç '0µ1)pou µa.i}l)'t'i}c; µEi:cri}at. Col concetto dell'imitazione il
yÉyo\IE\I, «che Socrate fu veramente di- peso di µa.i}T]"t'TJ\I etva~ è spostato dal
scepolo di Omero». La distanza di tem-
po tra questi due uomini non può scuo- lato formale del rapporto tra µa.i}l}-r1)ç
tere quest'affermazione, perché Socrate e Stoacr-xa.Àoç all'intima comunion~ e-
è l'emulo (~T)ÀW't'1]c;) di Omero, e lo sistente fra di loro e ai suoi effetti pra-
è per il motivo seguente: (4) d1tEp ovv
~l)ÀW"C"Ìjç, xa.t µa.i}l)'t'Tjc; EtTI èiv. ò yàp tici; e ciò in una misura che rende fon-
ST)ÀW\I •twa. òpi}wc; btlrna:i:a.t o1j1tOU damentale il secondo aspetto. Per lo
ÈxEi:vov éntoi:oc; -i'jv xa.t µtµovµzvoc; 't'Ò'.. sviluppo dell'uso cristiano di µcx.i}T)i:1)ç
ltpya. xa.L -roùc; À.Oyovc; wc; ot6v 't'E Ém-
XE.tpEi: ISµotov a.Ù'tÒV &.1tocpa.lvEw. (5) ciò ha avuto un'importanza non irrile-
"tCl.V"tÒ oÈ 't'OU't'O xcd Ò µaihyd1c; 1tOtE'i:V vante (-7D).
EotXE · µiµouµt.voc; 'tÒ'V otMcrxaÀov xat
r-poa-Éxwv &.va.À.a.µ~civEt -çi}v 'tÉ.XVl)\I. 2. 'Apprendista' o 'discepolo'?
'TÒ oÈ òpliv xa.t su\lei:va.t oùoÉv Écr-i:t
-r;pòç -rò µa.vi}ocvE.w, «e se è emulo di a) Il carattere di µa.~-r1Jc; in cui, co-
lui, ne consegue che sia anche suo di- me in OLOcXCTXcx.Àoç (-7 II, coli. II29 SS.),
scepolo. Infatti chi imita una persona, il momento tecnico e razionale prevale
certamente ne conosce bene le doti e,
imitandone le opere e le parole, cerca, su quello dell'intima comunione, ha li-
per quanto è possibile, di mostrarsi si- mitato in guisa ben determinata le pos-
mile ad essa. Ed è proprio questo che, a sibilità d'usò della parola. Essa infatti
quanto pare, fa anche il discepolo: imi-
tando il maestro e attendendo a lui, ne non è la più adatta ad esprimere non
assimila l'arte. Ché, quanto all'apprende- semplicemente un legame esteriore, sta-
re, non ha importanza il poter vedere di bilito allo scopo di acquisire certe no-
persona il maestro e il convivere con
zioni o capacità sotto una guida esper·
lui» 13 • In seguito è poi esposto nei par-
ticolari come Socrate, il filosofo, possa ta, ma una effettiva comunione costi-
essere il µa.mi-.-fic; del poeta Omero. Frn tuita per perseguire un fine additato da
i motivi addotti il più importante è che uno solo, ma al quale tendono allo stes-
ambedue banno per oggetto la virtù e la
cattiveria umana ( àpE'\f) tX.'Vi}pw1tWV xaì so modo tutti i partecipanti. Si spiega
xcx.xla.), cioè la sfera della vita morale- cosl l'avversione di Socrate e della sua

11 Gli è che per Platone «dalla limitazione del 13 A giustificazione si adduce il fatto che molti
contenuto di verità della poesia omerica deri- vedono i flautisti nell'esercizio della loro arte,
va direttamente una diminuzione dcl suo va- ma per questo non imparano alfotto a suonare
lorei> (JAEGER, o.e., 63 s.). il flauto.
l2 ]AEGl!R, o.e., 88.
µafll]"t"i\<; J'J. 2 \h.. 1-i. Kcngsrorn \lY,420/ llJO

cerchia per questa parola, le cui riper- typhr. 5a: .,. Ap' ouv µoL, li> i}1wµa<n~
cussioni si possono seguire lungo tutta Evi}Ucppwv, :xpii"tt<ri;6v È<r-i:L µal>tyt"5
crQ yc.vfoi}at ..., «adunque, o Eutifrone
la storia del suo uso nel mondo greco. nobilissimo, ottima cosa è che io diven-
Si vuol essere 'discepolo', non 'appren- ti tuo discepolo» 20 •
dista' 14. Come in Platone, cosl µcx.1lTJ•lJ<; è ra-
ro in Senofonte come designazione dci
Socrate si è pure rifiutato di lasciar- seguaci di Socrate(~ però coll. u32 s.).
si chiamare StoacrxaÀ.o<; e di permet- Anche Aristotele è ancora sotto l' in-
tere che si definisca Sto&.crxnv il suo me- fluenza del giudizio socratico-platonico
todo d'insegnamento (~ II, coll. rr3I sul rapporto tra 'maestro' e 'discepolo',
s.). Perciò ritiene che µa1l'Y]'tTJ<; non ed evita generalmente di usare µai}'Y]-
sia la parola adatta a descrivere il rap- 'ti}<;, quando è costretto a parlare di rap-
porto dei suoi compagni con lui. Egli porti del genere. Nei pochi passi in cui
ha detto addirittura che l'appellativo ricone (metaph. r,5 [p. 986b,2r ss.]) 21,
µaihyt1}<; per i suoi compagni era ca- il termine serve a definire non la comu-
lunnioso 15 , come del resto ha negato nione tra maestro e scolaro, ma l'in-
di essere µaihrcl}ç lui stesso 16. I sofisti, dubbia dipendenza intellettuale dello
quelli hanno dei µct.1l'Y]'t€1.l 17, non lui! scolaro dal maestro (nel caso indicato,
Perciò definire i suoi seguaci come µa- all'interno della scuola o tendenza deg1i
ihytal è lo stesso che voler fare di lui Eleati). Nell'ambito della filosofia di
un maestro sul tipo dei sofisti 18• Egli scuola la parola è stata decisamente ri-
usa la parola 19 per indicare il 'discepo- presa(~ col. rr25), e giustamente da-
lo' in senso ironico; ad es., Plat., Eu· to il suo carattere, perché nelle scuole

14 Su questa differenziazione dr. ~ W ACH, loro esclusività, di un µah]Ti)ç di Socrate,


7 ss., il quale in verità distingue il 'discepolo' 140: ov Dɵtç 1tÀ:qv 'toi:ç µah]-rai:aw MyEL,
dullo 'scolaro'. Ma µcd)n-.Jiç dev'essere preci- accanto all'autotestimonianza di Socrate, ap.
sato ancora più nettamente, perché non è, co- 33b: El OÉ -.lç CjYl)O"L 1tC1p' ~µo\i 7tW7tO"\€ 'Ct µa-
me in Wach, un concetto puramente sociologi- DEi:v fJ àxo\iam lolq. o-t~ µi) xat ol &UoL
co, bensl si estende anche al crunpo della pe- 7tanEç, Ei'i to-i:E o-cL oòx ù.À.1Jl>Ti MreL.
dagogia. 19 Sull'uso non riflesso in Platone ~coli. u24
15 Plat., ap.33a: ...oMEvt 7twrco-cE auyxwpi)- s.
aaç 0U8b1 7trtpi1. 'tÒ o(xrtLOV o(i't°E (},,)...)...~ oihE 20Cfr. anche quel che segue (specialmente ~
-covTWV oòOtvt ofiç ol oLct~ciÀ.)..ov-.Eç èµ€ <pr:1- 5a) e, ad es., Gorg.455c (Socrate a Gorgia) xat
<1L\I ɵoÙç µa~T)'tèt.ç EtVaL. ÈyW Ot lìLoéWXrtÀ.Oç ÉµÈ vu\I v6µLuov xat "t"Ò aòv <17tEVOELV" t11wç
µè.v oòlìtvòç m.:mo-.' ÉyEv6µ1]v... Solo il oL- yàp xat -cuyx&.vEL TLç 'tWV ~voo'Y ov-cwv µa-
ociaxaÀ.oç può avere dei 1.1.aDiJ"t"aC; cfr. an- Ù-IJ-;fiç aou (}ouÀ.6µEVQç -YE\IÉ<11)m, wç Éyw 'tL-
che 33b. vo:ç O"XEOÒV xat auxvoùç aL~civoµaL, o!:
'Lo-wç ataxuvoLv-.' &v ere à.vepÉ~m- Euthyd.
16Plat., La.186e: OV'tE yàp EVPETTjç aij,.E µa-
:172e.f (Socrate): xat 6)..lyl.!) vO"TEpov daÉp-
~"t"'ÌJçoòflf.vòç nEpl -cwv TOLou-cwv YEYO'YÉ·
XE<r&ov -cov-cw - o "' EMvoT)µoç xoct ò 6to-
vat. Cfr. anche H. MAIER, Sokrates (r913) vuo-6owpoc;, - xat éi.),)..oL µaihj-.al &µa aù
168. -r.o).).ot ~µol. ooxEi:v.
11 L'uso linguistico è fisso (~ col. n25 ); ba- 21 SEVOqJcivnç oÈ 1tpw-roç 'tOV'tWV évlcraç [ É-
sti pensare, oltre a Platone, alle N11bes di Ari- \ll~tù: spiegare singolarmente, qui riferito a
stofane (passim). ov] (ò yàp IlapµEVLOT)ç 't"OV'tOU ).éyE-;a.~ µa-
18 Anche a questo mira Aristofane nelle Nu- ilTJ'tiJç) oiJ8ÈV OtE<1rt<pi}VLO"EV (oLO:O"rt<jli]\l(~W:
bes. Cfr. le parole, tipicamente sofistiche nella spiegare chiaramente].
µrxfi1}'t'fJç A 2 (K. H. Rengstorf)

si cura l'imitazione (µlµ1)rnt;) del mae- certa intimità. Ad es., Filostrato tiene
stro 22 . Ma non mancano casi in cui il a sottolineare questo aspetto quando
significato della parola è modificato in ( vit.Ap.) chiama i compagni di Apollo-
quanto essa è coordinata con un'altra, nia yVWpLµOL (4,47 ecc.), oltre che, CO·
ad es. con ho:i:poç, 'amico' (Plut., cons. me fa spesso, oµLÀT)-.al (1,16 ecc.) e
ad Apoll. 36 [II 120 e]). Anche Epitte- ìl1::pa:1tov-.1::c; (1,18). Lo stesso si dica cli
to, pur parlando di sé come di un otoa- Epitteto o di Arriano (diss. 1, 29, 66:
crxo:Àoi; (~ II, coli. 11 32 s. ), lascia in 't'Ot<; y\lwplµoLt;, 't'Ot<; Ouvo:µÉVOL<; mJ-.à
ombra µo:ihrcl)ç 23 • &.xoucro:t .• ., «ai suoi intimi, a quanti po-
b) Non sono poche le parole con cui tevano capire queste cose»; cfr. 3,22,
1 ). Lo stesso senso ha CfV\llJth')c;, pure
si assicura al 'discepolo' la sua autono- usato di frequente.
mia e con ciò una certa dignità perso- Evitando ogni termine speciale, lo
nale, per quanta sia la soggezione che stesso Socrate parla unicamente di ol
o' ɵoL O'Uyytyv6µ.E\IOL (Plat., Theaet.
egli deve avere verso il maestro e l'at- 150 d), mentre in Senofonte si alter-
taccamento per lui. Accanto a rvwpLµoç nano espressioni sinonimiche (et CfU\l-
(familiare) appaiono designazioni quali 6v't'Eç: mem. l,4,19; 1,7,5 ecc.; OL oµL-
À.ounEc; [ aù•G'>] : mem. 4, 7, 1 ecc.) 25 .
ot auyyLyvo[-tEvot, ot c;uvov•Et; (coloro Queste espressioni più tardi cedono il
che stanno insieme), ot ÒµtÀ.ouv'"m; (com- passo a rvwptµoç; ma non scompaiono
pagni), Ò:.xoÀ.oui}oç (seguace), S1JÀ.W"tlJt; del tutto, e ot c;w6v-.ec; s'incontra si-
gnificativamente ancora in Epict., diss.
(ammiratore), È"to:i:poc; (amico, compa-
3,16,5, che lo usa per indicare gli uo-
gno)(~ III, coli. 1003 s.) ed altre. mini riuniti attorno a Socrate 26 , facen-
do riecheggiare un antico ideale. Però
La più diffusa sarebbe rvwptµoc;; ma
non si può dire che esso si rinnovi nel-
in questo significato speciale la usano
soltanto gli autori seriori (Ateneo [II la cerchia di Epitteto; inoltre il motivo
razionale qui è troppo pronunciato (~
55 s. (p. 130) ecc.]; Stobeo [floril.57,12
II, coli. I I 32 s.).
(cfr. v. Arnim I, p. 69, nr. 312) ecc.];
Diogene Laerzio [ 7 ,3 6 ( 31 ecc.]; Stra- c) Un cenno particolare merita Seno-
bone [ 1,2,2] e altri) e, come sembra, in fonte.
luogo di µo:i}n-.1)c;, se si vuol sottoli- Anch'egli evita l'uso di µo:i>1)-.1)<;,
neare più la comunione con il maestro mostrando di accogliere il desiderio di
che la dipendenza da lui 24 • Inoltre in Socrate (~ coli. 1I29 ss.) o, piuttosto,
yvwpLµoc; è presente il motivo di una di cercare di accoglierlo. Quando oc-
22 Cfr. Democr., fr. 154 (II 173, Drn.Lss): yE- la prima attestazione si ha in Licone, che gui-
À.oi:ot o' l'.awc;
Èo'µÈv È7tt 'rWt µavM.VEtV 't'IÌ. dò la scuola pe~ipatetica dal 270 al 236 a.C.
!:;wtu. CTEµvuvo\1-rEç, wv b Do'l'Jµ6xwcoc; cbiocpal- yvwptµoc; in questo senso è frequente anche
vE~ µo:ihrrà.c; Év -roi:c; µEylcr-rotç yi;yov6"\'cxç in Flavio Giuseppe; cfr. ScHLATTER, Theot. d.
'l]µric; •.. XU.'rÙ µ(µtj<YW. ]t1dt., 206, n. 2.
23 I due soli passi in cui si trova la parola (4,
25Su Platone e Senofonte cfr. anche O. DIT-
6,n; 8,24) non dicono nulla di particolare.
24 Cfr. Athen.7,281c (p. 212) con 6,25rb (p.
TRICH, Geschichte der Ethik 1 (1926) r73.
61). V. anche H. DrnLS, in Philosophische 26 Altrove in Epitteto ol CTIJ\IO\ITEc; sta per il
Aufsatzc, Eduard Zeller. gewidmet (1887) 245. nostro 'ambiente'; cfr. diss.4 ,II,32; c11ch.33,3,
Secondo H. UsENER: Pr. Jahrb. 53 (1884) 10, ecc.
II33 (IVA2I) 11a.lhrc1Jç A 3 (K. H. Rengstorf)

casionalmente usa la locuzione ot µa.v- dosi deliberatamente dal rapporto mae-


fM.vo\l"t'Eç, anche riferendosi al metodo stro- scolaro, che per i sofisti era del
di lavoro di Socrate (mem.r,2,17), la-
scia l'impressione di non essere ancora tutto naturale. A questo rapporto, che
riuscito ad afferrare chiaramente l'ori- è essenzialmente di tipo razionale-com-
ginalità di Socrate e ad esprimerla in merciale e che in parte nella coscienza
modo non equivoco. Non che egli ab-
bia posto Socrate allo stesso livello dei dei partecipanti non si differenzia da
sofisti; ma d'altro canto non supera, co- un'associazione di affari, subentra la pu-
me invece fa lui, il legame tra l'uditore ra comunione di idee tra colui che dà
e il maestro e non afferra il loro rap-
e coloro che ricevono spiritualmente.
porto reciproco nella comune ed esclu-
siva dedizione alla causa. Per Senofon- Nell'Accademia fondata da Platone que-
te, diversamente da Platone, Socrate in sto rapporto ha trovato la sua forma
ultima analisi è la grande personalità
classica, che ha esercitato un'influenza
che affascina e perciò ha degli 'appren-
disti', anche se è sempre fortemente o- lungo i secoli e in certo qual modo è
perante in lui la tendenza socratica (---7 servita da modello anche alle grandi
coli. n35 ss.; 1061 s.). Cfr. in partico- scuole successive.
lare I'Oeconomicus e l'immagine che ci
dà di Socrate. Protagora28 è considerato il primo so-
3. Maestro e discepolo 27 fista ed è anche colui che per primo ha
accolto dei µo:ih)"t'ctl dietro compenso,
Il mondo antico conosce il rapporto impegnandosi a fornir loro notizie e no-
maestro-discepolo in una duplice for- zioni di grande importanza pratica 29 •
Più tardi si disse che egli pretendesse
ma: nella sfera della formazione filoso- grosse somme 3~; può darsi che si tratti
fica e ideologica e in quella dell'attività di esagerazioni, anche se pare sicuro
cultuale-religiosa. Le due forme si in- che egli esigesse molto danaro. Indica-
tivo della coscienza che egli aveva di
trecciano quando nella persona del mae- sé è il fatto che si rimetteva al giudi-
stro vengono a contatto motivi filosofi- zio di quegli scolari ai quali la sua ri-
ci e religiosi, come accade anche nel- chiesta sembrava esagerata, perché - do-
po un severo esame nel tempio - gli
l'ambito del cristianesimo nascente. dessero l'equivalente di quanto aveva-
a) Quali maestro e discepoli, per la no imparato 31 • Il suo successo era tale
prima volta s'incontrano nella cultura che, dovunque si presentava, raccoglie-
va intorno a sé un gran numero di sco-
greca Socrate e la cerchia di coloro che lari, che gli manifestavano un entusia-
si riuniscono intorno a lui, allontanan- stico attaccamento 32• Ciò che si è det-

27 Seguiremo qui la terminologia coniata dal 30 Diog.L.9,50(1).52(3) ed altri parlano di cen-


WACH (-+ bibliogr.);-+ però n. 14. to mine come onorario per un corso completo.
28 Per quel che segue è stato usato in sostan- 31 Plat., Prot.328b·c; cfr. anche Aristot., eth.
za il materiale raccolto in E. ZELLER, Die Phi- Nich.9,1, p. n64a, 24 ss.
losophie der Griechen• I 2 (1920) 1340-49. 32 Per maggiori particolari dr. Plat., Prot.31ob
29 Plat., Prot.34Bef349a. ss.
II35 (IV,422) µrx.i>T)Ti]ç A 3 (K. H . Rcngstorf)

to di lui vale, più o meno, anche per diventa discepolo perché Socrate gli con-
gli altri sofisti. Sostanzialmente la sce- cede la .comunione con lui, perché lo fa
na offerta da costoro e dai loro µcd)'l']- partecipare della sua vita spirituale. Il
-ra..l è 1a stessa, perché dappertutto la fatto che la cerchia intorno a Socrate
prestazione intellettuale del ÒLOaO'xa- eviti la parola p.cxihyt'l]c;, al di là della
Àoc; dev'essere controbilanciata dal com- sua motivazione formale (~ col. Io65,
penso in danaro dei µaìJ'l']"t'al 33• n. 43), appare giustificata dalla causa che
Era naturale, invece, che Socrate, ri- egli sostiene. In ciò Platone35 e - sia pu-
fiutando il rapporto otMaxaÀ.oc;-µa1"1)- re con qualche limitazione (~ coll. II 3 2
"lJ<; fra lui e i · suoi uditori, rifiutasse s.) - Senofonte36 l'hanno capito esatta-
anche ogni indennizzo o pagamento: mente37, e in ciò anche Aristotele l'ha se-
Èyw ÒÈ òLMcrxa.Àoc; µÈv oÙOEvòc; 1tW'lto- guito 38• Espressione esteriore dello spi-
-r' ÈyE'YOµ'l')\I' El oÉ 'ttc; µou À.Éyo'Y"t'oc; rito di comunione, che è caratterizzato
xa1 -;;à ɵaunu 'ltpch'tO'Y'toc; Ém1"uµEi tanto dalla libertà personale nei con-
fl
fronti di Socrate 39 quanto dall'attacca-
J f 11 , ti I
<J:XOUEt\I, Et"t'E VEW'tEpoc; Et'tE 1tpE0'1-1U'tE-
34
poc; , oòoE'YL 1tW1tO'tE Ècp1"6v'C)cra, oùoè mento razionale dei suoi uditori, sono
xvfiµa'ta µÈv À.aµ~civwv 010:.Myoµat i pasti che egli abbastanza spesso con-
µi) Àaµ~&vwv oÈ ov, à.U.' òµolwc; xcd suma insieme a un gruppo di intimi ~0 •
TCÀ.oucrlcp xaì. 7tÉV1]i:t 'lt<XPÉXW ȵau'tÒ'Y Per conseguenza, egli non ha mai 'fatto
Èpw-.a.v, xo:.t Mv 'ne; ~ovÀ'l')'tat &:7to- scuola'. Lo stesso vale per Platone, il
xptv6µEvoc; à.xovEtV wv llv À.Éyw, «io suo più grande discepolo, e per l'Acca-
non sono mai stato maestro di nessuno; demia da lui fondata. In essa la comu·
quanti però desideravano prestare ascol- nione di sapere e di vita dei membri si
to al mio dire o al mio fare, fossero gio- fondono insieme, ·fino ad offrire uno
vani o vecchi, non li ho mai respinti; e spettacolo che richiama quello dei grup·
non è vero che discuto con chi mi pa- pi pitagorici 41 • È significativo che an-
ga e non con chi non mi paga; ma so- che qui ~ l-raipoc; (compagno) sia una
no pronto a rispondere a chi m'inter- frequente designazione degli apparte-
roga o voglia interloquire quando parlo» nenti all'Accademia 42• II capo dell'Ac-
(Plat., ap.33a-b). In tal modo alla base cademia appare come primus inter pa-
del rapporto sta la personalità dello res anche nel modo in cui il suo uffizio,
stesso Socrate, non il sapere di cui pos- con l'approvazione di tutti, è trasferito
sa disporre, ed egli diventa il maestro liberamente, prima della sua morte, al
intorno al quale si riuniscono i disce- successore ·n. Tanto il gruppo platonico
poli. Giovane o vecchio che sia, uno quanto quello aristotelico hanno ripre-

33 Tra i solisti più importanti cfr. per Gorgia si l'onere d_el loro sostentamento.
Diod. S.12,53; per Prodico Plat., Crat. 384b; 38 eth.Nic.9,1, p. II64a, 24 ss.
per Ippia Plat., ap.x9e; Hi.1,282d-e. Per i so- 39 Xenoph., mem.3,14,1 ss.
fisti in generale dr. Xenoph. mem.1,6,13; v.
40 Cfr. Plat., Theaet.x5xb; Xenoph., mem.3,x,
Zl!LJ.ER (~ n. 28) 'r 2,1345.
I SS,
l~ Dato che i sofisti si rivolgono alla gioventù,
41 Cfr. già nel gruppo intorno a Socrate 1' t-
queste parole contengono anche una distinzio- -co.i:poç di Plat., Prot., e Xenoph., mem.2,8,1;
ne nei loro confronti da parte di Socrate. per gli autori seriori, Plut., Timoleott 6 ( r
35 Cfr. Gorg_45oc ss. 238d) ed altri; ~ III, col. 1004, n. x.
36 mem.x,6,14 ecc. 42 Cfr. ZELLBR (~ n. 28) 2n x,982 ss., special-
37 Platone dal canto suo chiede che lo stato mente 985 e· nota.
assicuri l'indipendenza dci filosofi, assumendo· 43 Epict., diss.2,15,4.
.l..a.)/ \A. ..,,"'f' ... J'I

so da Socrate anche l'uso dei pasti in la comunione con lui . In luogo dell'im-
comune. Anche Epitteto chiama talvol- magine della scuola, perciò, agli adepti
ta i suoi 'discepoli' col nome di É:tet.i:- si propone quella della famiglia, quale
po~ 44 , manifestando anche così che non modello del loro rapporto non solo con
vorrebbe comandarli, ma essere loro di 11 dio ma anche con i capi religiosi e
aiuto 45 • fra di loro. Per questo nei misteri di
b) Le religioni misteriche sono l'al- Mitra il capo della gerarchia sacerdo-
tale appare come 'padre' 46 , ed è proba-
tro ambito nel quale il rapporto mae- bile che la stessa denominazione fosse
stro-discepolo assume una forma parti- data ai capi sacerdotali delle singole co-
colare. Il miste ha bisogno dell'iniziato munità cultuali dei misteri di Atti ' 7
(~ 7ta-ti)p ). Così il rapporto maestro-
che lo introduca nei misteri del dio e discepolo - in perfetta coerenza logica
del suo culto, e ne faccia a sua volta - con le idee di fondo delle religioni mi-
da insipiente che era - un iniziato, af- steriche - è concepito nel senso natura-
le, anche se con un'inclinazione simbo-
finché possa diventare membro deJla co- lica.
munità riunita intorno al dio. Così il
e) Con un'accentuazione specifica-
mistagogo diventa 'maestro' per l'adep-
to; ma è ovvio che questo rapporto du- mente religiosa il rapporto maestro-di-
scepolo è usato riguardo a uomini co-
ra fintantoché il miste novizio rimane
sotto la guida dell'esperto. Perciò que- me Pitagora, Epicuro e Apollonio di
sti ha importanza pel' lui soltanto fin- Tiana. Tutte queste figure sono avvol-
te da leggende e miti, per cui è eccezio-
ché ha adempiuto la sua funzione, e
per questo motivo personalmente non nalmente difficile cercar di averne una
esce dall'anonimato. immagine chiara e storicamente inecce-
pibile. Tuttavia le molteplici fonti con-
È necessario trattare brevemente sentono di conoscere l'essenziale di ciò
questo argomento, perché sembra che
nei misteri 'insegnare' e 'apprendere' che qui interessa, cioè la venerazione
abbiano avuto un'importanza non in- religiosa, o quasi, del maestro da parte
differente (~ µa.vi}civw, coll. 1077 ss.). dei suoi discepoli.
Se chi insegna e chi apprende non sono
chiamati rispettivamente OLOMxa.Àoc; e I seguaci (µai}ri-tal: Diog. L.8 ,3 [ 3]
1.1.aihrnic;, il motivo è ovvio. Nei misteri ecc.; Iambl., vit.Pyth.254 ecc.; yvwpt-
'apprendere' è un passaggio obbligato, µot: Diog.L.8,14-15 [ 12-15]; O'UV1}~EL<;:
ma non è fine a se stesso: Io scopo dei 8,39[3!]; hai:po~: ibid.) di Pitagora
riti non è la conoscenza del dio, bensl sembrano aver costituito fin dagli inizi
41 La sua posizione, in definitiva, non è reli- 4SEgli vuol fare dci suoi uditori «altrettanti
giosa e perciò, secondo la sua peculiare natura, uomini».
non ha i caratteri riscontrabili nell'Accademia
di Platone. La tradizione distingue anche vari 46 Cfr. F. CuMONT, Die Mysterien des Mithra1
.gradi fra i discepoli di Pitagora; non a tutti (1923) 142 ss.
vien dischiuso il nucleo esoterico della sua dot-
trina (dr. il passo in ZELLER6 1 r ,400 [~ n. 47Altri particolari in H. HE.PDING, Attis, seine
28]). Mythe11 tmd sein Kult (1903) 187 s.
µaihrt1ii; A 3 (K. H. Rengstorf)

una comunità religioso-morale 48 , al cen- tenze (Diog.L.10,12[6].7[3]) che era-


tro della quale stava, con la sua paro- no definite xupLa..t li6!;a.t (Diog.L.10,29
la 49 , anche la sua persona; in essa si po- [r8] ecc.;~ coll. rr46s. e nota 69).
teva entrare a seguito di un esame, con D'altra parte, secondo la tradizione egli
il quale si doveva provare di esserne ha diminuito agli occhi dei suoi yvw-
degni 50• La sua persona, di cui presto ptµot o µcx:lhrml (come li chiama Diog.
si impadronl la leggenda, in seguito di- L. ro ,22 [II] ecc.) l'importanza di altri
venne sempre più importante per i suoi, filosofi (Diog.L.ro,7 s.[4] ecc.). La sti-
tanto che ai posteri egli apparve in uno ma che aveva di se stesso dev'essere
splendore divino e fu ritenuto l'incar- stata notevole, a giudicare dalle notizie
nazione di Apollo 51 • Ma questa evolu- che sono giunte a noi, e nella sua figu-
zione è più che comprensibile, perché ra non mancano tratti che lo fanno ap-
se ne ritrova lo spunto già nel rappor- parire più un fondatore di una religione
to diretto tra lui e i suoi µa..ihrtal qua- che un filosofo 52 • Dai discepoli egli è
le appare nell'idea che si erano fatta di stato venerato come un dio, quando
lui i suoi contemporanei. A questa evo- era ancora vivo 53 , e nel I sec. a.C. il
luzione ha contribuito anche la grande suo seguace e primo entusiastico propa-
diffusione del pitagorismo già ai suoi gandista in lingua latina, Lucrezio, lo
tempi, e poi più ancora nel sec. v. loda con queste elevate parole: ... Epi-
curus ..., qui genus humanum ingenio su-
Analogo per molti aspetti appare ciò peravit et omnis restinxit, stellas exor-
che è stato tramandato circa l'atteggia- tus ut aetherius Sol (de rerum natura 3,
mento degli epicurei verso il loro mae- ro42 -1044). In nessuna delle antiche
stro. Sembra che Epicuro fìn da prin- scuole filosofiche il ricordo del maestro
cipio abbia deliberatamente legato alla ha riscosso tanta cura, cosl come in nes-
sua persona i suoi seguaci. In tutti i suna l'eredità spirituale è stata conser-
casi, secondo la tradizione egli li ha ob- vata cosl fedelmente, come tra gli epi-
bligati a mandare a memoria le sue sen- curei; la venerazione addirittura teli-

4S Già Hdt. 2,81 accenna a determinate pe- È~avµ&:crlh'] ctv-


WU't'E ~)..e:yov 'tOÙç yvwplµouc;
culiarità cultuali dei 'pitagorici'. Plat., resp. 'tOV 1tavnlac; ih:ou cpwv&c; (var. dell'ed. Co-
rn,6oob, parla esplicitamente di un 11ul}ay6- BET, Paris 1862: -.oùç yvwplµovc; aù't'ou µ<iv-
PEtoi; 't'p6rcoi; 't'OU Plou, «condotta di vita pi- 'ttaç ite:oii cpwv&.ç, ut appellarent eius disci-
tagorica». pulos «Vates divinae vocis»).
49 Cfr. la formula a1hòi; E<pa (Diog. L. 8,46 szCfr. E. ScHWARTZ, Charakterkopfe aus der
[ 2 5) .44 [ 2 3) ), in base alla quale le parole dcl antiken Lit., 2. Reihe1 (r9x9) 27 s. 37 ss. Edi-
maestro, pervenute attraverso la tradizione, so- zione recente delle KuptctL A6!;at: C. BAILEY,
no senz'altro obbliganti per i seguaci. Epicurus (1926) 94-104. Difende Epicuro dal-
50 Gli autori seriori ci danno ampi ragguagli l'accusa di maldicenza, in base ai frammenti di
sui particolari (dr. specialmente Iambl., vit. Ercolano (ediz. A. VOGLIANO) [1928]) R. Pm-
Pyth.7r ss.); ma molti di questi devono essere LIPPSON: NGG (1929) 148.
ritenuti aggiunti nel corso del tempo, senza che 53 Ciò risulta specialmente dagli scritti del suo
sia sempre possibile una distinzione sicura. diretto scolaro Metrodoro di Lampsaco; cfr.
51 Ael., var.hist.2,26; 'ApMr-.o'teÀ'l}ç ÀÉyEt ùnò i frammenti nell'edizione di A. KOERTE; Jbch.
'tW\I KpO't'<.ù\ILct'tW\I 'tÒ\/ IIvl}c;r:yopav 'A7toÀÀW- f. Phil. Suppi. 17 (1890) 529 ss. Vedi anche
'\111. 'Y11:Epp6pEov 1CpocrayopeuEcr&ctt. Cfr. anche SCIIWARTZ, o.e., 42s., e Diog.L.10,18(10), con la
Diog.L.8,n (9): xat mhou 01. µalllJ'tctL o6!;av disposizione testamentaria dello stesso Epicu-
Elx_ov TCEpL ctU'tOU wi; E!'l} 'A1t6ÀÀW\I È!; 'Ymp- ro di venerare una volta al mese la sua per-
~opÉwv &.qwyµÉvoç. Ibid.8,14(15): oihw lìÈ sona con gli onori dovuti a un eroe.
µaDl}'t'i]<; A 4 (K. H . llengstort)

giosa della persona di Epicuro e fo scru- 1)xo À.ouih1cnxv OÈ a.ùi:Q ot yvwptµot


polosa tradizione delle sue idee come "Jtcivuc; Émxwouvnç xa.t i:i)v &:1to011·
queUa dei suoi detti più importanti, µla.v xa.L i;òv &v8pa., «lo seguivano gli
che son trasmessi alla lettera 54 , vanno amici tutti celebrando l'uomo e la sua
di pari passo 55 • esperienza di gran viaggiatore» (Philo-
Nel mondo che circonda il cristiane- str., vit.Ap.4,47 ).
simo nascente abbiamo il neopitagorico Aggiungiamo ancora che qualcosa di
Apollonia di Tiana. Anche la tradizio- simile ha il quadro tracciato da Lucia-
ne su di lui è molteplice, ma già le stes- no della posizione dei µa.1}t]i:a.l (Per.
se fonti elaborate da Filostrato 56 mo- VlOl"t.28; invece 30: OµLÀ.'f)'tll.l; 29.41;
strano come 1a personalità di Apollonia Èi;a.~pot) di Peregrino Proteo verso il
si prestasse a fare un'impressione ec- loro maestro, ad es. quando si parla
cezionale sui suoi contemporanei, e co- della possibilità che gli erigano un san-
me l'abbia realmente fatta 57 . Quasi cer- tuario nel luogo in cui egli si è dato
tamente Apollonia non si è considerato fuoco (ibid.28).
un essere divino 58 ; ma tanto più deci-
si sono stati i suoi seguaci nel vedere 4. La comunità dei discepoli
in lui più che un uomo, come prova la e la sua determinazione
ricca tradizione di miracoli, alla qua- in base al principio di tradizione
le certi suoi ·tratti storici, come i casi
di lungimiranza e le guarigioni, effetti- a) I gruppi raccolti intorno ai gran-
vamente offrivano un ottimo aggancio59 .
di maestri di filosofia del mondo antico
Negare il carattere religioso del rappor-
to dei suoi discepoli con lui non è pos- avevano fondamenta troppo solide per
sibile. Non mancano nemmeno tratti potersi sfasciare alla morte del maestro.
che danno una sorprendente impressio- Ciò non è dovuto soltanto alla stima
ne 'neotestamentaria', per quanto non
sia probabile che tra il suo ciclo e gli personale di cui questi godeva e che
scritti del N. T. vi siano dei rapporti si manteneva efficace anche dopo la sua
letterari 60 . Nessuna meraviglia, perciò, scomparsa. Il vero presupposto deUa
se talvolta si parla di schiere entusia-
stiche di discepoli che diffondevano la sopravvivenza dei circoli di discepoli
sua fama durante i suoi grandi viaggi: sta, al di là della sua persona, nella

St Cfr., oltre ]'elenco delle xupim Mi;a~ in loni11s vo11 Tyana: ZwTh 49 (1906) 309 55. V.
Diog.L.10,139-154, il 'libro su pietra degli E- anche Philostr., vit.Ap.8,13: 'tO'tE 1tPW'tO\I XC1.-
picurei' di Enoanda in Pisidia (ed. J. WILLIAM, -cev6riua (il soggetto è 'Damide') 'tOU ILvBpòç
Diogenis Oe11oande11sis Fragmc11ta [ 1907] ). l>ECT1tÉ<n6v 'tE Er\la.~ ain:òv )(IX.L XpElrlO'W -ciiç
55 Cfr. ancora SCHWARTZ, o.e., 29.
1)µE/3ix.nfjç crocpla.ç.
56 Cfr. R. RmTZENSTEIN, Hellenistische Wrm- 60 Cfr. specialmente Philostr., vit.Ap.1 ,19, un
derer:i:ahltmgen (r906) 4r ss.; J. HEMPEL, U11- passo che proviene da 'Damide', che però può
ters11ebungen wr Ober/ie/erung van Apollo- essere considerato tipico: ò µiv B'Ì) 'Auuup~oç
nius vo11 Tyana ( = Beitrage zu r Religionswis- npor11]u!;a..-o a.ò-c6v, . . . xa.t w1mEp Balµova
gpÀE7tE, rlUVfj\I 'tE 11.U't(i> È'lt~~Movç "t:'ÌJ\I cro-
senschaft 4 [ 1 920]) 37 ss.
qJtC1.\I xix.t g "tL µd:ltoL µ\/"l)µ.o\IEUW\I... "tO~oiiBE
57 Cfr. HEMPEL, o.e., 62 s.
p.Èv l"tu.lpou xat Épa.cr..-ou ~'tUXEV, i{> -cò 7tOÀÙ
S8 HBMPEL, o.e., 64 ss. -cov Pfou <ruVEitopEuflri. Cfr. ancora 7,38 (v.
59 HEMPEL, o.e., 68 ss.; cfr. M. WUNDT, Apol- HEMPEL, o.e., 64, n. r), o anche 8,u s.
1143 (IV.425) 11r:.dhrcl]ç A 4 (K. H. Rengstorf)

causa sostenuta dal maestro e da lui e- le comunità siano sempre riuscite a re-
sposta. In ultima analisi essi erano sor- star fedeli alle sue intenzioni 6 z. Questa
ti dal comune apprezzamento di certe questione può essere perciò lasciata in
nozioni che erano proprie del rispetti- sospeso in questa sede.
vo maestro e che, accolte come verità Le più antiche scuole filosofiche era-
dai cÌl'coli da lui costituiti, erano con- no, per la loro posizione pubblica come
siderate irrinunciabili, anzi dovevano es- pure per la loro organizzazione, dei i}la-
O"oi, cioè delle associazioni religiose. An-
sere diffuse con tutte le forze. Neppu-
che l'Accademia platonica non fa ecce-
re Ja morte del maestro poteva mutare zione a questa regola. Questo fatto il-
questo fatto: al contrario, essa doveva lumina pure la posizione dominante del
rafforzare ancor più ]'impegno dei di- maestro, anche dal punto di vista orga-
nizzativo. In ogni caso, egli ha la possi-
scepoli per la sua opera, data la respon- bilità di influire in modo determinante
sabilità che essi si assumevano del suo sull'esistenza futura della sua comuni-
patrimonio ideale. La coscienza di tale tà nel senso da lui desiderato, designan-
do lui stesso il proprio successore nel-
responsabilità nei circoli di discepoli la persona di un seguace che gli sia par-
veniva incontro al comprensibile desi- ticolarmente vicino. Ad es., si racconta
derio del maestro di sapere che la sua che lo stesso Aristotele poco prima del-
la morte avrebbe optato per Teofrasto,
causa sarebbe stata sostenuta degnamen- come suo successore alla guida della
te anche dopo Ja sua morte. Gli interes- scuola peripatetica da lui fondata; e a
si superpersonali, che prevalevano pres- questo si sarebbe deciso solo dopo che
omnis eius sectatorum cohors Io aveva
so l'uno e presso gli altri, hanno fatto pregato insistentemente di regolate di
s) che iniziali gruppi di scolari siano di- persona la questione della sua succes-
63
ventati comunità di discepoli. È signi- sione nell'insegnamento • Abbiamo qni
un'ottima attestazione della situazione
ficativo che ciò valga non soltanto per
della comunità di discepoli, la cui natu-
comunità, come quelle dei pitagorici e ra è la risultante dell'azione congiunta
degli epicurei, che hanno ptoprio un di vari fattori. È tuttavia possibile che
carattere religioso61 , ma anche per grup- i futuri capi siano stati eletti dalle ri-
spettive scuole 64 ; e si può dire che in
pi come i peripatetici e la Stoa, per non tutte le scuole si è data sempre meno
parlare dell'Accademia di Platone. Ri- importanza ai capi ufficiali, a vantaggio
spetto alla decisa volontà di restare in della comunità dei discepoli in quanto
tale, perché i loro membri facevano de-
comunione intorno all' opera del mae- liberatamente propaganda per la causa
stro, perde di importanza il sapere se della loro scuola assai più che per la

16 ~coli. 1138 ss. Gellio (~ n. 63), Aristotele, indicando il suo


62 Cfr. in particolare le storie della filosofia. successore con un'azione simbolica, si limitò
ad accennare che quello era desiderato da lui,
63 A. Gellius (c. I6o d.C.), 11octes Atticae 13,5. ma che egli non pensò affatto ad imporlo alla
M Perciò si può anche notare che, secondo sua scuola.
µaill]"Ci}c; A 4 (K. H. Rengstorf)

causa del fondatore. Questo si può ben scuole filosofiche greche già al momen-
rilevare nel caso dell'epicureo Lucrezio, to della loro fondazione, ma soprattut-
nel I sec. a.C. (---'> col. II40). Oltre a·to nel modo in cui operavano, erano
gli epicurei vanno qui ricordati anche i comunità di lavoro, sotto la guida del
sostenitori della Stoa, tanto più che es- maestro, che ne costituiva il centro e
si hanno determinato in larga misura il prendeva le decisioni opportune 6s. Inol-
quadro spirituale che fa da cornice al tre si hanno buoni motivi per ritenere
cristianesimo nascente. che sia sempre stato cosl fin dal prin-
cipio, e non solo a partire da Platone
b) Avendo avuto origine dall'opera ed Aristotele 66•
del maestro, le comunità dei discepoli Ciò getta una luce significativa tanto
restano obbligate intimamente a lui, e sulla formazione del principio di tradi-
zione nelle scuole filosofiche greche
di questo hanno coscienza. Ciò trova la quanto sulla naturalezza con cui esso
sua espressione esteriore in un princi- è stato applicato dappertutto, come pu-
pio che determina tutta la loro vita e re sulla circostanza che esso non è mai
fa loro opera, e che indicheremo come stato sentito come una limitazione del-
la libertà personale. Da una parte la
principio di tradizione. Per questo prin- scuola vive della propria tradizione, dal-
cipio le intenzioni espresse dal maestro l'altra la ttadizione trova nella scuola,
debbono essere osservate scrupolosa- che ne ha cura, un terreno favorevole
per rinnovarsi assiduamente. Perciò può
mente, con la custodia e la trasmissio- avvenire che Aristotele, nella discussio-
ne accurata delle stesse sue parole. Que- ne con il pitagoreismo, non parli mai
sto principio si può constatare dapper- della dottrina di Pitagora e neppure si
soffermi a parlare singolarmente dei suoi
tutto, fino all'epoca del N.T. ed anche
sostenitori, che pure conosce bene, ma
oltre; però non pare che dappertutto si occupi sempre dei 1Ivi}11:y6peLOL, cioè
67
sia stato seguito integralmente. Inoltre di tutta la scuola ; si spiega pure co-
è essenziale il fatto che la trasmissione me gli stessi pitagorici esprimano nella
formula ipse dixit (aù-ròc; i!qm.) il co-
non avviene in forma meccanica, ma in stante richiamo all'autorità e alle parole
un processo di continuo movimento; del maestro 68 •
essa è dunque l'opposto di uno schema- I1 più chiaro riferimento del princi-
pio alla persona del maestro si ha tra
tismo senza vita, ma è un'adesione vi-
gli epicurei. Qui, significativamente, al
va nella libertà e, al tempo stesso, nel- centro della tradizione sta un certo nu-
l'impegno vincolante. mero di sentenze che si considerano
formulate dallo stesso Epicuro e che so-
Sappiamo da lungo tempo che le no tramandate di generazione in gene-

M Cfr. H. USENER, Orgat1isatio11 der wisse11- siitze, Eduard Zeller gewidmet (1887) 239 55.
schaftlichen Arbeit. Bilder aus der Geschichte 67 DIELS, o.e., 247. Per lui questo fatto costi-
der Wisse11schnft: Pr. Jahrb. 53 (r884) r ss., tuisce giustamente «la prova più eloquente
spednlmente 9 ss. dell'importanza della scuola».
66 H. DrnLs, Vber dic iiltcsten Philosophe11- 68 -+ n. 49. Cfr. anche la formula Ilvl>a:yopov
sch11le11 der Grieche11, in Philosophische Auf- 56l;a~, Philostr., vìt.Ap.1,7.
p.aihrnic; A 4 (K. H. Rengstorf)

razione come il più conciso e corretto come dottrina sua propria, ma come
riassunto della sua dottrina. Il conte- continuazione di quella di Zenone, an-
nuto di queste XUpL<X.L 06~rt.L 69 è assolu- che quando di fatto esprimeva le pro-
tamente autentico; quel che interessa prie opinioni 76 • In tal modo, siccome si
in questa sede è questo fatto, e non se preoccupa di conservare ed accrescere
sia stato lo stesso Epicuro a sceglierle, l'autorità del solo Zenone, è a lui che
il che non è probabile 70• Un gran nu- la scuola stoica va debitrice, se non del-
mero di sentenze raccolte da Diogene la sua esistenza, del suo patrimonio
Laerzio è attestato anche presso i cri- spirituale e della stima di cui ha godu-
stiani, sia pure in forma non del tutto to nell'antichità 77 • Perciò in gran parte
identica71 ; esse sono state trasmesse per contro di lui è diretta la polemica anti-
interi secoli in opere letterarie e non stoica, specialmente dall'inizio del II
letterarie 72 • Va detto infine che nella sec. d .C. 78 • «Ma non di rado, se si vo-
scuola di Epicuro esisteva una severa leva parlare dell'ortodossia della scuo-
disciplina scolastica 73 • la, non si diceva 'gli stoici', ma -i-oùc;
Non diversamente stanno le cose nel- 0:.1tò Zl)vwvoc;, o si faceva semplicemen-
la Stoa 74 • Quel che sappiamo sulle sue te il nome del fondatore della scuola,
origini ci dà anzi la possibilità di cono- senza domandarsi se a lui personalmen-
scere come si è arrivati alla formazione te risalisse un dato punto dottrinale» 79 •
della specifica tradizione di questa scuo- Forse nulla meglio di ciò sta a dimo-
la. Quando, dopo la morte di Zenone, strare come anche nella Stoa fosse vivo
a quo coepit Stoicorum rigida ac virilis e dominante il principio di tradizione
sapientia (Sen., ad Helviam 12, 4), la nel senso sopra descritto.
sua scuola minacciava di disgregarsi, an-
che perché egli aveva volutamente la-
Pertanto il principio di tradizione ap-
sciato liberi gli scolari di avere opinio-
ni autonome, Crisippo 75 ne ricostitul la pare come un tratto inerente al quadro
pericolante compattezza. Egli infatti, delle comunità filosofiche di discepoli,
quantunque fosse uno spirito creativo greche ed ellenistiche. Dato che oggi si
ed abbia arricchito il pensiero umano
di non poche nuove conoscenze, per la ammette da tutti come cosa ovvia che
causa della Stoa presentò queste non sul terreno culturale greco si ebbe uno

69 ~ coli. u39 s. V. le antiche testimonianze ss.; NGG (1930) 6 ss.


dell'uso di questa formula per indicare le sen- 74 Cfr. VON ARNIM, dove si trova un abbon-
tenze fondamentali epicuree in H. UsBNER, E- dante materiale, ma relativo ai soli stoici che
piwrca ( i887) 68 ss. operarono tino alla metà del II sec. a.C.
70 Cfr. USENER, Epicurea, XLIII ss.; F. UnER- 75 Diog. L.7,179 (1): Xpuo-m'ltoç ... 1.r.o:ilt]<t1}ç
WEG, Grundriss der Geschichte der Philoso- KlecX.vl}ouç; Luc., Macrob.19: K)..E&.vih]c; 8È
pbie des Altertmns" r (1926) 443 s. ò Zi)vwvoc; µal}'r]'t'1]c; ...
11 UsENBR, o.e., XLIV. Cfr. inoltre il tenore,
76 Cfr. Io studio di M. POHJ,ENZ, Zenoll u11d
che non è per nulla uguale, delle 06l;at ripor-
tate tanto in Diogene Lacrzio quanto a Enoan- Chrysipp: NGG phil.-hist. Klasse, Fachgruppc
da (~ n. 54). r, NF, u, 9 (1938).
72Cfr. Se11tet1tiar11111 selectarum testimonia in 11 Cfr. Diog.L.7,183 (5): Ei µi) yrxp ·?iv Xpv·
UsENER, o.e., 394 ss. e ~ n. 54: Diogene di <Tm'ltoç, oùx &v i'jv 1no6..
Enoanda. 1a Cfr. v. ARN!M I I ss. (praefatio) pas.<im.
73 Cfr. R. PHILIPPSON: Hermcs 60 (1925) 478 79 POHLENZ, o.e., 174·
µo:U'l')'"r7)C, D I l t\. n. I\CUgMun I \.a, T J"f.&....,./ ... .a._,/ ""

specifico principio di tradizione soltan- B. IL CONCETTO NELL' A.T.


to nelle religioni misteriche, nelle qua- E NEL GIUDAISMO

li esso servì a trasmettere misteri reli- r. L'uso linguistico di µafJT}-.1)c,/ talmld


giosi e cultuali 80, questa scoperta con- nell'A.T. (LXX)
tribuisce ad allargare notevolmente il
a) La tradizione è unanime nel non
nostro modo di vedere, e ciò non può registrare µaiJT}-.1)<:, nei LXX. Soltanto
rimanere senza conseguenze (~ B 6).
il cod. A 84 presenta il vocabolo in tre
È vero che l'opinione finora prevalen-
passi. Tuttavia anche questi non sono
te ha dalla sua l'uso limitato dei termi-
di alcuna utilità immediata per la sto-
ni 7tapaùi06wu, 7tap6:5ocnç ecc. 81 (che
ria di questa parola.
nella terminologia misterica descrive lo
sviluppo della tradizione) 82 riferiti al In fap.r3,ZI 85 (parole rivolte a Ge-
rusalemme): xat O"Ù Èolùa~ctc, mhoùç
principio di tradizione delle scuole filo-
È7tl O"E µalhji:&ç (cod. A) dç <ipx1}v, «li
sofiche83. Si potrebbe anche mostrare che hai istruiti, quali guide ad essere tuoi
quelle parole non erano adatte a descri- discepoli» (T.M.: uf'atte limmadte 'o-
vere questo principio di tradizione. Ma tam 'àlajik 'allufim t•ro' J), la lezione u-
suale è µcdH1µai:a (hapax legomenon).
non è questo che interessa qui; la sola In casi simili l'ebraico 'allufim vien tra-
cosa che importa notare è che il prin- dotto con q>O..oc; (cfr. Prov.16 28). Può 1

cipio di tradizione è sempre valido co- darsi che il cod. A abbia scelto µaih1-
i:1Jc,, che indica delle persone, in luogo
me espressione dell'autocoscienza della dell'impersonale µa171Jµai:a, a causa del
scuola che si riconosce come comunità pronome aui:ovc;; ma neppure cosi il
di discepoli. testo greco diventa più chiaro. Il ricor-
so a una parola formata dalla radice
µcti}- si può spiegare soltanto con il de-

SG Cfr. l'ampio studio del RANFT, specialmente µo: µ\l'l']µOVEUE"ro:t 1tpÒc; '"rWV ~'t11.lpwv 'tLVaç...
179 ss. È frequente l'enclitico q>txO"LV, come pure for-
BI ~ n, col. u86, n. 19; col. u89, n. 7. mule quali oi &.1tò -c'i\c; l:"roac; Myovcrw, ed
s2 Cosl M. Valerio Probo (seconda metà del I
altre. Cic., dìvit1.1,27 ( § 56): somnia, quae cre-
bermme comme111ora1J/11r a Stoicis...
sec. d.C.) in V erg., p. 10,.33, ed. KElL (cfr. v.
ARNIM I 102, p. 29): ex bis (quattuor elemen- 84 In 'IEp.13,21 la lezione è al singolare (co-
tis) omnia esse postea effigiata Stoici tradunt, me nei codd. arabi), in 'IEp.20,n è poco at-
Ze11011... et Chrysippus... et Chleantes. Cfr. v. testata. In 'IEp.26,9 1.iai}-ri"ro:l, dato che si tro·
ARNIM I 496, p. III (tradunt); Il 586, p. 181 VII soltanto nel cod. A1 (HATCH-REDP. ), non è
(tradit); I 588, p. 127 (Cic., olf. 3,3 (§ n): stata neppure accolta da A. RAHLFS nell'appa-
itaque accepimus Socratem exsecrari solitt1m rato della sua edizione dei LXX, ma è ritenuta
eos, qui... ): n 4n, p. 135 (Gal., methodi 111c- (cfr. 1, p. xv) come un semplice errore di scrit-
dici11ae 1,2: it-coLµet. 5' i'JSTJ 1to:paÀ.a~l>V"rEç tura.
oùx Eq>LÀ.OVlXTJCTCl.V ot 1tEpl. 'tOV XpuCTL'1t7COV ... ). 85 Tutto il materiale di critica testuale m
83 Sulla terminologia della tradizione de~e P. VoLz, St11die11 zmn Text des ]eremia
Jcuole filosofiche cfr. Aristot., metaph.415, p. BWANT 25 (1920) II9.
1009b, 2 5 ss. : 'Avcd;o:y6pou Sè xo:t <Ì.7t6q>lk1· ·
µa.J)7J'tlJç B 2 (K. H« Rengstorf)

siderio di accogliere anche nel testo gre- ma vista sembrerebbe ovvio che si fos-
co un corrispondente limmed, 'insegna- se imposto un vocabolo speciale per de-
re', che nel testo ebraico si accompagna
al raro 'ala/, 'imparare' 86 • finire colui che impara.
Viceversa è difficile avanzare anche
una semplice supposizione su ciò che il 2. Il problema di fatto nelt'A.T.
cod. A intende dire in Ier.20,n con la a) Il carattere dell'ebraico liimad in-
traduzione xat xupwc; µf."t' ȵou xaì}wc;
(J.a.ih)'tnc; i.<rxup6c; (T.M.: wjhwh 'ott ke- fluisce sul modo in cui la Bibbia greca
gibbor 'iirls, Vulg.: Dominus mecum est usa µa.vM.vw, che di regola è utilizzato
tamquam bellator fortis 87, dove la le- per tradurlo(~ coll. ro8o ss.). liimad è
zione corrente è µo:.X1]'tTJç i.<rxuwv. An-
sempre coscientemente messo in rela-
cora più incomprensibile è fap.26,9 = zione con la volontà rivelata di Dio e
Ier.46,9: ÈçÉÀi>a-i-e, ot µa.1}11-i-rLl Alih6-
1tW\I, in luogo di ot µaX1J't'rLL (guerrieri) sta ad indicare il processo nel corso del
Am~o1t(l.)\I (T.M.: haggibborim kus) 88 •
quale l'uomo fa propria la divina vo-
b) L'ebraico talm1d, che più tardi lontà. Per conseguenza, quando non si
(--7 B 4) è l'equivalente corrente di µa.- tratta della conformità totale della pro-
1}1)-ç{]ç, compare nell' A.T. soltanto in pria volontà alla volontà di Dio quale
r Chr. 25,8, accanto a mébln (le due è espressa nella Torà, vengono usate al-
parole sono usate con valore generico) tre parole ed altri concetti. Cosl per
ma è tradotto con il participio µrLvi>cX.- esprimere la guida dell'uomo, di regola
\IOV't€<;, e non con µo:.1}11-ci]c;. Anche se si trovano jiisar e derivati, cui nei LXX
qui si voleva dare all' espressione una corrispondono r.a.tOEuetv, 1ta~Sda. ecc. 89 •
particolare pregnanza, il che potrebbe Ma soprattutto è il popolo intero che .fi-
giustificare la rinuncia a µai>T)'t'1)ç (--7 gura come soggetto dell'apprendere. Dio
µa.vi>cX.vw, coli. ro81 s.), la totale assen- si è scelto il popolo perché nella sua to-
za di talmid anche nelle parti più recenti talità lo serva come suo Signore, facen-
dell' A. T. merita un'attenta considera- do la sua volontà 90 • Se l'esortazione di
zione. Dato che parallelamente scompa- Dio è rivolta al singolo - ad es. al re 91
re anche µaihrt1}c;, si pone un altro pro- - lo è perché questi ha una speciale re-
blema; data infatti l'importanza dell'in- sponsabilità sull'intero popolo. Pertan-
segnare (--7 n, coll. 1097 ss.) e dell'impa- to, dato che tutta la comunità veterote-
rare (~ col!. ro8o ss.) nell'A.T., a pri- stamentaria è cosciente di essere eletta

86Cfr. VoLz, l.c.; B. DuHM, Das Buch Jere- 87 Leggi 'i Iti.
mia (I901) 1 ad I., trova in questa errata inter- 88 ~ n, 84.
pretazione di 'lpjm addirittura il motivo del-
89 Cfr. G. BERTRAM, Der Begrifj der Erziehu11,~
l'attuale disordine dcl versetto nel T.M. Però
il Tg. (rbrbjn) non fa questa confusione, per in der griechischen Bibel (1932).
cui resta da domandarsi se l'errata interpreta· 90 Cfr. specialm. De11t.4,10; 5,1, ccc.
zionc non provenga <ln mano cristiana. 91 Cfr. Deut. I7,r9.
µcdhrriic; B 2 (K. H. Rengstorf)

da Dio, non è possibile formare da lii- tra Mosè e Giosuè, come lo descrive
mad un sostantivo per indicare un in- la Bibbia, è su un piano assolutamente
dividuo che si dedichi in modo speciale differente.
all'insegnamento, e distinguerlo in tal
Giosuè appare ovunque come 'servito-
modo dagli alai membri del popolo e- re' (m"siiret) 94 di Mosè, che lo ha sem-
letto 92 • Mutatis mutandis, lo stesso va- pre a sua disposizione. Il suo passaggio
le per l'uso di µa-fi71'ti)c;. Se dunque da questa posizione a quella di 'discepo·
lo' e in certo qual modo a erede dell'uf-
talmld e µa..fi71't1}c; nell'A.T. non han- ficio che assumerà dopo la morte di Mo-
no una speciale importanza e se appa- sè, non avviene a poco a poco; egli è
iono solo una volta in uno degli scritti invece nominato pubblicamente succes-
sore per ordine esplicito di Dio (Num.
più recenti dell' A.T. 93 , non è un puro
27,15 ss.). È significativo che nel rac-
caso, ma è il risultato della situazione conto non si parli del rapporto perso-
obbiettivamente esistente nella comu- nale tra Giosuè e Mosè, nè si dica che
nità. Mosè stesso ha pregato Dio di dargli
Giosuè a successore, né che il narrato-
b) Ma oltre alla terminologia, nell'A. re dichiari che proprio per questo Gio-
T. manca anche l'oggetto da designare. sué è successore di Mosè 95 • La decisio-
ne è soltanto di Dio, che ordina a Mosè
A differenza della grecità classica e del- di assumerlo senz'altro a partecipe del-
l'ellenismo, l'A.T. non conosce un rap- la sua maestà (h0d/'ò6t;a,-? II coll. l 370
porto maestro - discepolo che non sia ss.). Per conseguenza più tardi Giosué
non adempirà il suo ufficio ali' ombra
quello puramente formale di maestro e
del suo predecessore, ma per il potere
scolaro. Un fenomeno corrispondente a datogli direttamente da Dio (fos.1,2 ss.
quello registrato in Grecia non si riscon- specialmente v. 5 a 96 ; 4,14; cfr. Deut.
trerà né tra i profeti né tra gli scribi del- 34,9).
1'A.T. fj) Anche i profeti non hanno 'disce-
a) Tanto per cominciare, il rapporto poli'. Ciò vale tanto del profetismo voi-

92 Nulla può confermare la giustezza di que- 33,n: ì>Epcbtwv.


sta ~ermazizone meglio dell'attesa che la co-
munità della nuova alleanza sia una comunità 95 La definizione di Giosuè come 6 EXÀEX'toc;
di persone che 'conoscono' Dio e perciò non ('ApL~µ.n,28) e la traduzione di Lutero («che
hanno più bisogno di un insegnamento reci- egli [scil. Mosè] aveva eletto») si basano su
. proco (Ier.31,34). Perciò i LXX, in H11.54,x3 un'errata interpretazione di Nmn.n,28, dove
(conforme all'ebraico limmi1dé jhwh) li chia- mibb•!mriiw è stato letto come b•!mdi.
mano o~oCX.X'tOL i>EOV (~II, col. 1170 e cfr. I 96 I vv. 7-9, che fanno obbligo a Giosuè di at-
Thes.r.4,9). tenersi al libro della legge «dato da Mosè»
9J Si ripete dunque ciò che si può constatare sono certamente secondari. M. NoTH, Das Bt1cb
per o~MO'XIXÀ.O<; (~II, coli. n33 s.). Quando Josua, Handbuch z. A.T. 1 7 (1938) 7. Ma il
appare nei LXX, questo VQ_cabolo è secondario quadro delineato sopra non verrebbe sostan-
o si trova in un testo recente. zialmente mutato, anche se quei versetti fosse·
94 Ex. 24,l3; N11111. u,28: napEO''t71x6iç; Ex. ro originari.
ll 55 (IV,430) 1_,1cdhyd1ç B 2 (K. H. Rengstorf)

gare dei n<bt'tm quanto di uomini co- avanti Giezi è chiamato regolarmente
me Elia, Eliseo o Geremia, che sole- na'ar di Eliseo (2 Reg-4,12.25.38; 5,20;
6,17; 8,4); anche la sua attività è de-
vano avere un accompagnatore che li scritta come quella del servitore (m"sa-
serviva e insieme, entro certi limiti, el'a ret) (~ sopra). Lo stesso si ricava
anche più di un servitore. dalle circostanze in cui Eliseo diven-
ta compagno di Elia. Quando Elia, get-
I n•bftm appaiono organizzati in cor- ta il suo mantello sulla spalle del gio-
porazioni (2 Reg.6,1 ss.). In qualche ca- vane intento ad arare (I Reg. 19,19),
so è evidente che corporazioni del ge- compie un gesto silenzioso ma ov-
nere avevano un capo (r Sam.19,20) 97 ; vio, che non vuol essere <da consa-
ma null'altro si trova che possa far pen- crazione di Eliseo a nàbi' e successore
sare a un'organizzazione gerarchica. So- di Elia» 100, ma semplicemente il segno
prattutto, l'appartenenza a una di tali che Eliseo è stato preso da Elia tutto
corporazioni non si basa su un rappor- per sé e che d'ora innanzi deve stare a
to personale con il capo di essa. Ciò che sua disposizione 101 • Perciò le parole «e
tiene uniti coloro che ne fanno parte è andò dietro ad Elia» (wajjèlek 'aparé
la guida dello Spirito di Dio, che si im- 'elijjiiha, r Reg. 19,21) non fanno che
padronisce di loro e li riempie di sé accennare al passaggio di Eliseo al ser-
(Cfr. Sam.ro, ro ss.; 19, 20 ss.). Perciò vizio di Elia, e non vi si può trovare
anche il nome che li designa è colletti- indicato, secondo l'uso linguistico serio-
vo; figli dei profeti (b•ne hann"b'i'tm/ re 102, l'inizio di una condizione di di-
uloL 't'WV 1tPO<J>"fJ'tW\I ); esso tuttavia - se- scepolo da parte di Eliseo. Tutta la sce-
condo un uso affermato di ben/ut6ç 93- na ha come presupposto e sfondo l'au-
significa semplicemente che essi appar- torità di Elia; il contesto non autorizza
tengono ai n"bt'im/'rtpocpfi-tat <». a pensare che dal mantello del profeta
Nella storia di Elia l'accompagnatore emani una forza vincolante 103 • Del resto
non figura come suo 'discepolo', ma co- Eliseo fìn dal principio (cfr. I Reg.19,
me suo servitore. Dapprima è detto 16, che appartiene alla stessa fonte di
na'ar (r Reg.18,43; LXX: net.tMpiov, ~ 19,19 ss.) viene introdotto, come succes-
net.i:<;), senza farne il nome, più tardi si sore di Elia, nel suo particolare mini-
precisa che è Eliseo (19,19 ss.), e che stero profetico. Ma, come già Giosuè
serve Elia (waj"JartehU: 19,21 ). 2 Reg. (--? col. I I 54 ), pur essendo intimo di
3,u non lascia alcun dubbio che si trat- Elia, egli non viene insediato a poco a
ta di servigi propri degli schiavi. Più poco nel suo ministero, bensì lo rice-

91Cfr. il breve raffronto di testi in H . Gxl!SS- 100 Cosl ancora I. Bl!NZINGER, Die Biicher der
MANN, Die iillesle Geschichtsschreib1111g tmd f.:.onige (1899) II3 , ad l.
Prophetie Israels ( = Die Schriften des A.T. n 101 Cfr. Rt1th 3,9 e J. \VELLHAUSEN: ARW 7
1) ( 1910) 31 s. Inoltre -) 1tpocpi)·t"r]ç. (1904) 40 s.; H. GUNXEL, Reden und Aufsiilze
(1913) 76 s.
93 V. DALMAN, W orte J. r 94 s.; per altri par- 102 Però non può essere del tutto indifferente
ticolari -) ul6ç.
che i rabbini usino la forma pi'el, mentre qui
<» Perciò i b•ne ba1111•bt'l111 non dovrebbero si ha la forma qal.
essere intesi come 'scolari di profeti' o 'disce- 101 Cosl soprattutto H. GUNKl!L, Elios, Jahwe
poli di profeti', né qui né in passi quali 2 und Baal (1906) 26.71 s.; anche GRESSMANN,
Rcg.4,38 ss.; 6,1 ss. e passim, per quanto ciò 268, ad l.; invece O. EissFELT, in KAUTZSCH,
sia di uso corrente. 11d l., lascia aperta la questione.
µa.i)TJTT)<; B 2 (K. H . Rengstort)

ve nel momento in cui Elia scompare scuola.


(2 Reg.2,9 ss.}, e non lo esercita nel no-
me di lui, ma come lo stesso Elia nel r Chr. 2,55 parla di 'famiglie di
solo nome di Dio (3,II ss.). scribi' (misp"pot sofrzm, LXX: na-.p~at
Questo quadro si ripete ancora so- ypaµµa:tÉW\I). Qui sarebbe attestato
stanzialmente nel rapporto di Baruc per la prima volta che i sofrtm, dopo
con Geremia. Come i due si siano in- il rimpatrio, si sarebbero consolidati in
contrati, non sappiamo. Invece le no- un gruppo particolare - distinto dai
tizie giunte a noi mostrano che Baruc 'saggi' (fiakamim) - che si occupava
servì Geremia come già aveva fatto particolarmente della Torà (cfr. r Mach .
Giezi con Elia (dr. Ier.32,12 ss. con 7 ,12: <1vw1.ywy1} ypaµµa:dwv) 106 • Ma
2 Reg. 4, 27 ss.; 5, 19 ss.); soltanto che il testo è poco sicuro, per cui non è
per Baruch spicca il lavoro dell' ama- possibile trarne delle conclusioni di co-
nuense che poi pubblica ciò che ha scrit- sl vasta portatarn7• Nel migliore dei casi
to (Ier. 36,4 ss.; 45,I ss.). Ier. 43,3 la- se ne potrà dedurre 108 che oramai gli
scia intendere che lo stesso Baruc pren- scribi, come i n•bftm (~ col. 1155),
deva la parola quando il profeta ne era sono organizzati in una corporazione.
impedito 11». Ciò mostra la stretta asso- c) Infine, è fatica sprecata cercare
ciazione dei due uomini nel lavoro (dr.
anche 36,26). Baruc certamente ha col- nell'A.T. un principio di tradizione, del
laborato anche alla formazione lettera- tipo caratteristico della filosofia delle
ria delle parti originali del Libro di Ge- scuole greche ed ellenistiche e delle sue
remia 105 • Al contrario nulla si sa di una
sua attività autonoma accanto o dopo propaggini religiose. Ciò è tanto più no-
Geremia, del quale egli è sempre sol- tevole in quanto tutto l'A.T. ha coscien-
tanto l'aiutante e l'interprete e nulla za della propria derivazione mosaica.
più. Perciò si spiega obbiettivamente
che, insieme al profeta, scompaia anche La religione d'Israele ha il suo fon-
il suo assistente, contrariamente a quan- damento in Mosè e nella sua opera 109 •
to avviene là dove il maestro e la sua Sia i grandi delle epoche successive, di
dottrina rivivono nei discepoli. cui conosciamo il nome e fra i quali so-
Su Is.I6 ~ col. n6o. no da citare i profeti, sia i grandi ignoti
deU'A.T. (in primo luogo lo Jahvista)
y) Anche se l'A.T. conosce una clas- poggiano tutti su Mosè e ne continuano
se distinta di specialisti della Scrittura, l'opera 110• Anche un uomo come Samue-
le, con la sua personalità di capo reli-
tuttavia rimane perlomeno dubbio che gioso, altro non è che un custode del-
si sia anche solo tentato di fondare una l'eredità lasciata da Mosè 111 • La religfo.

11» Cfr. P. Votz, Der Prophet ]eremia (Kom- poterne trarre qualche deduzione, sia pure ap-
mentar zum A.T. x' [1928]) ad I. prossimativa.
108 Cfr. R. KrrTF.L, Geschichte des Volkes I -
!05 Cfr. i commentari di Geremia.
106 Cfr. Ecclus 38,24-39,n. srael III 2 (1929) 661.
109 Cfr. P. VoLz, Mose tmd sein W erk' (1932).
io;· Cfr. E. SELLIN, Geschichte des israelistisch-
jiidische11 Volkes n (1932) 183. J. W. RoTH· HO Cfr. P. Votz, Prophetengeslalten des A.I.
STEIN-J. HA.NEL, Kommentar zum ersten Buch (1938), sullo jahwista, ibid., 86 ss.
der Chronik ( 1927) 25, n. i;;· considerano vann 111 VoLz, o.e., 75 ss., e cfr. l'accostamento di
- dato lo strtto del testo - ogni speranza di Mosè e Samuele in Ier.15,x.

)ì u:inJe l~nico . vi
1159 (lV,432) µcxi>ri-ilic; B 3 (K. H. Rengstorf) (IV,432) n6o

ne israelitica pertanto giustamente è dizione religiosa o morale legata ai vari


chiamata anche 'mosaismo', tanto più profeti. Neppure Is. 8, 16 fa eccezione.
che la stessa esistenza del popolo d'I- È vero che per non pochi esegeti qui
sraele ha le sue radici nell'opera di si attesterebbe che il profeta ha fonda-
Mosè. to una comunità di discepoli, i cui
Proprio per questo è altamente si- membri dovevano conservare la testi-
gnificativo che nell' A.T. l'amministra- monianza e la dottrina per tempi mi-
zione dell'eredità di Mosè non si ac- gliori 115 • Ma il testo è in un tale sta-
compagni a una venerazione della sua to 116, che non se ne sono potute trarre
persona. Nei profeti, che pure si atten- affermazioni sicure. E anche se quella
gono di continuo alle sue intenzioni, interpretazione fosse giusta, si afferme-
Mosè è ricordato per nome solo poche rebbe pur sempre che il compito di cu-
volte (Mich.6,4; Ier.15,1; Js.63,II s.; stodire la tora/voµoc, al di là della per-
Mal.3,22). In essi Mosè non appare mai, sona del profeta e delle sue parole, è
neppure sullo sfondo, come un eroe, dato in definitiva da Dio(~ coli. 1152
quantunque abbia tratto il popolo fuori ss. e ~ II59). Perciò, più che di una
dall'Egitto 112 • Altrettanto di rado onora- comunità di discepoli, è il caso che si
no Mosé come fondatore della religio- parli della nuova comunità riunita dal
ne. Essi ripensano, sl, all'epoca di Mo- profeta, che per la prima volta nella sto-
sè, ma non alla sua persona (dr. Am. ria d'Israele appare come una comuni-
5,25; Os.2,16 ss.; Ier.2,I ss) 113. tà di credenti costituita all'interno del
Perciò nell'A.T. manca fin dalle ori- popolo 117•
gini il principio di tradizione accentra-
to nella persona del maestro, quale si
incontra invece nella cultura greca ed 3. Motivo dell'assenza del rapporto
ellenistica, ogniqualvolta un'importan- maestro-discepolo e di un principio
te personalità ha dato l'avvio a un mo- di tradizione nell'A.T.
vimento spirituale(~ coli. II45 ss.) 114 •
Quella israelitica è una religione di
Vedremo come ciò si radichi nell'essen-
za della religione israelitica e pertanto rivelazione. Perciò in essa il discorso re-
ne debba esser considerato un elemento ligioso dell'uomo è soltanto il mezzo di
necessario(~ coli. IX6oss.).
cui Dio si serve per far conoscere se
Cosl stando le cose, non c'è da stu-
pirsi se neppure il profetismo ha fatto stesso e la sua volontà. Il fatto che i
qualche tentativo per formare una tra- portatori e sostenitori della rivelazione

112 Votz, o.e., 48. us Cfr. ad es. O. PROCKSCH: Jesaja I (1930)


ss., ad l.; H. Gunrn, in KAUTZSCH, ad l.
1 38
lll Votz, o.e., 124.
116 Cfr. oltre ai LXX, che divergono dal T.M.,
114 Non è questa la sede per discutere se nel i commentari, che non possono fare a meno di
J' A. T. ci sia un patrimonio tradizionale, di avanzare tutti delle ipotesi, naturalmente di-
quale genere sia e a quali leggi obbedisca. Ciò verse.
spetta all'introduzione ali' A.T. I risultati di ll7 Questa è la conclusione alla quale giunge
tali ricerche non toccano <ln vicino la questio- anche PROCKSCH, r40. Cfr. del resto VOLZ,
ne che abbiamo posto qui, per cui possono es- Prophetengestalten 2II s., che richiamandosi a
sere giustamente lasciati da parte (di opposto Is. ,50,4 pensa che i Jimm11daj di Is.8,16 siano
parere è RANFT, 168 ss., che prende le mosse discepoli di Dio tra il popolo; v. anche lim··
proprio da questa questione). m11de jhwh, Is.,54,13 e ~ n. 92.
n61 (IVA32) µafui't1)ç. B 3 (K. H. Rengstort)

veterotestamentaria non cerchino d'in- gio di qualche spiccata personalità (~


serirsi nel colloquio di Dio con il suo n. II8). Infatti, in questo campo, solo
popolo come un fattore avente valore la parola di Dio può vantare diritti, sia
autonomo, attesta l'autenticità della lo- essa riferita da Mosè o dai profeti. Mosè
ro coscienza della vocazione e della lo- è al principio della serie dei grandi testi-
ro volontà. Essi non parlano mai per moni di Dio; ma neppure in lui vi è
se stessi e, anche se son costretti a di- tutta la rivelazione di Dio. Come è cer-
fendere la loro causa, non lottano af- to che il profetismo non sarebbe stato
fatto per la propria persona 118• La loro possibile senza Mosè, cosl è indubbio
opera muove interamente dall'incarico che ai profeti è stata data una cono-
ricevuto da Dio. Dio ha fatto conosce- scenza nuova, che Mosè non possedeva.
re loro la sua volontà e ha posto loro Se nell' A.T. non vi è posto per l'esal-
in bocca la sua parola 119• Ciò li impe- tazione del capo religioso come mae-
gna 120 a trasmettere quello che han ri- stro, né per la cura scrupolosa e quasi
cevuto, perché per il popolo è stato lo- religiosa della sua memoria, lo si de-
ro dato, per il popolo di Dio; ma ciò ve in ultima analisi al fatto che qui
ne fa anche dei custodi, che trasmetto- l'autorivelazione di Dio è concepita co-
no tale e quale quanto hanno ricevuto, me dinamica e progressiva 121 •
cioè come parola di Dio. Anche se le
Per quel che riguarda la persona di
parole del testimone incaricato da Dio Mosé, è impossibile tracciarne un qua-
possono creare dei vincoli, questi si sta- dro storicamente sicuro. Possiamo sol-
biliscono in Dio e non fra uomini, per tanto farcene un'idea partendo dall'im-
pressione da lui lasciata e dai risultati
profondo che sia sceso lo sguardo di co- che da lui traggono origine. L'una e gli
storo nei segreti di Dio. Nell'ambito del- altri hanno influito sull'immagine ve-
la rivelazione non c'è posto per il for- terotestamentaria di Mosè. Ma quel che
vi si riscontra sempre e che interessa in
marsi di un rapporto maestro-discepolo; questo contesto è che egli figura esclu-
né è possibile affermare anche una paro- sivamente come il servitore della causa
la umana accanto a quella di Dio che di Dio (dr. Ex. 4, IO ss.}. L'annuncio
della volontà di Dio condiziona costan-
vien proclamata; tanto meno, poi, si può
temente la sua azione (Ex. 5 ss.). È si-
pensare che la forza conquistatrice del- gnificativo che la promulgazione della
la parola divina sia fondata sul presti- legge, nella quale Mosè appare come in-

118 Ex.32; De111.5,1 ss.; Ier.n,18 ss, È natura- 119 Cfr. parallelamente Ex-4,12 (Mosè); I er. I,

le che noi sappiamo cosl poco della vita este- 6 ss.; v. anche Is. 40,6 s.
riore dei profeti. Non è questa che importa, 120 Cfr. ad es. Num.n,10 ss.: Ier.20,14 ss.
ma ciò che essi hanno <la dire, e poi il fatto 121 Sarebbe istruttivo vedere tutto ciò anche
che ciò che han detto si è verificato (dr. VoLz, sullo sfondo del mondo religioso circostante.
Prophelengestalte11, 4r ). Ma questo ci porterebbe troppo lontano.
µrxihyti}ç B 4 (K. H. Rengstorf)

termediario (Ex.19,2oss.) 122, si abbia 4. L'uso rabbinico di talmid


soltanto dopo che si è compiuta la libe-
razione, che per tutto l'A.T. è vista co- a) in corrispondenza con l'uso di lii-
me un'azione propria di Dio. Vuol dire mad nel senso di 'imparare un lavoro
che Dio prima si prepara un popolo, poi manuale' (-7 col. ro8 5 ), ci si aspette-
lo pone sotto la sua volontà. Quel che
conta è che oggettivamente ambedue i rebbe che il sostantivo talmld, molto
fatti sono strettamente uniti e vengono usato tra i rabbini, indicasse anche l'ap-
concepiti come un'azione unica di Dio prendista artigiano. Ma non è cosl 126 •
che elegge Israele a suo popolo 123•
Invece talmid vuol significare esclusiva-
Poiché è quest'atto di Dio che lega
Israele a lui, i profeti evocano davanti mente colui che attende all'apprendi-
al popolo infedele non la pe1·sona di mento della Scrittura e della tradizio-
Mosè, ma il tempo in cui sotto la sua ne religiosa del giudaismo. La parola è
guida divenne il popolo di Dio (~ coll.
n58 ss.). Se parlano, non lo fanno ri- dunque del tutto sotto l'influenza di lii-
chiamandosi a lui e facendosi ascolta- mad inteso in senso secifìco (~ µ<xviM.-
re con il suo aiuto. La loro parola è in- vw, coli. rn8 5 s.) dallo specifico làmad
vece proclamata esclusivamente nel no-
me di Jahvé; Jahvé in persona, data proviene il talmld.
la loro costante comunione con lui, al
momento opportuno dona loro la giu- Data l'abbondanza di esempi in ogni
sta conoscenza e la parola adatta 124 e testo rabbinico, non è necessario pro-
li fa maturare tra una conoscenza e durre singole attestazioni;~ anche coll.
l'altra, ma fa tutto in modo che ognu- rqoss., e, sui talmtdim di Gesù, ~
no di essi compia il suo servizio in e- coli. n90 ss.
sclusiva dipendenza da Dio. Perciò il b) L'uso linguistico rabbinico distin-
loro maestro e dottore è Dio, il quale
gue due gruppi all'interno dei talmldim.
ha agito in modo che pet essi non c'è
stato altro maestro, fosse pure Mosè, e Il primo è costituito dai cosiddetti tal-
nemmeno loro han voluto o potuto es- m'ìdé-l;akiimim, mentre il secondo com-
sere maestri di altri, quantunque siano prende i talmtdim comuni, che sono in
stati le grandi e benedette guide reli-
giose del popolo 125 • certo qual modo i principianti nello stu·
dio della Scrittura. Al contrario, i tal-
midé-l;akamim 127 hanno raggiunto un

122 Cfr. anche Gal.3,r9: E\I XELpL µw,i:ov. di regola era il padre che insegnava al figlio il
123Cfr., invece di molti altri passi, soltanto proprio mestiere (S. KltAuss, o.e., 254 s. con
Ex.20,2 s.; Det1t.5,6 s. nota a p. 623), per cui non era affatto necessa-
rio un termine speciale per indicare l'apprendi-
l24 Cfr. Ier.rB,2 ss. sta. L'aramaico ha Jewaljii', con cui designa
12s Cfr. VoLz, Prophetengestalten, 26 s. propriamente anche l'apprendista artigiano (te-
126 S. KRAuss, Talmudische Archiiologie n sti in LEVY, Wort. xv 519b, s.v.).
(19u) 256 s., reca talmid come termine indi- 127 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 496-498; A.
cante l'apprendista di un mestiere. Ma i passi MARMORSTBIN, Religionsge;chichtliche Studien
a cui si appoggia (624, n. 54) non attestano af- II: Die Schri/tgelehrten (1912) 17 ss.; JewEnc
fatto questo presunto uso della parola. Inoltre, XI, 678 S,
µaih]'t1]C, B 4 (K. H. Rcngstorf) (IVAJ5) n66

livello di formazione che consente lo- gole che si integrano a vicenda. La pri-
ro di prendere decisioni autonome nel ma vale per il pio giudeo che vorrebbe
'apprendere'; 'afeh t•ka rab, datti un
campo religioso-legale, pur senza essere
maestro» (Ab.1,r6; Rabban Gamaliele
stati formalmente ammessi alla catego- il vecchio [contemporaneo di Gesù]),
ria dei rabbini con l'ordinazione né ri- mentre l'altra si applica al ceto dei rab-
conosciuti pubblicamente come autori- bini: ha'amtdu talmidlm harbeh, «fate
(lett. «stabilite») un gran numero di di-
tà. scepoli» (Ab.r ,r; attribuita agli 'uomi-
ni della grande sinagoga') m. Cosl mae-
Il talmtd è il primo gradino per di- stro e scolaro procedono insieme (...-?
ventare rabbi, che è l'autorità religiosa coll. rr70 ss.), cioè i maestri si completa-
dei circoli che vivono la pietà tradizio- no con i talmzdim. Cade qui acconcia
nale. Chi vuole adempiere integralmen- anche la frase attribuita a Hillel: «Chi
te la legge non può fare a meno dell'in- non impara è reo di morte» 132• Israele è
segnamento e della guida continua del il popolo di Dio perché è il popolo del-
rabbi, il quale è il solo che, conoscendo la Torà m. Chi non si occupa della To-
intimamente la legge religiosa, può di- rà disprezza Dio e disturba la sua ope-
re in modo certo come ci si deve com- ra di elezione, e ciò lo rende reo di mor-
portare nei singoli casi. L'ideale della te. Perciò sono meritevoli del disprez-
pietà sarebbe che tutti i membri del zo 134, e addirittura dell'odio, di 'coloro
giudaismo fossero cosl ferrati nella co- che studiano', anche quei membri del
noscenza della Torà e nella sua interpre· popolo che non si interessano costante-
tazione ed applicazione, da poter fare mente dello studio della Torà e di tut-
da soli e in ogni circostanza quello che te le intenzioni di Dio in essa racchiu-
è giusto 123• La realizzazione di questo se e che solo faticosamente si possono
ideale è attesa per il tempo messianico, scoprire; sono, costoro, «il popolo del-
allorquando tutti gli Israeliti si occu- la terra» ('ammé [letter.: popoli] ha-
peranno con gran fervore della Torà, a- 'iiref, o oxÀ.oç Ò µÌ) "(WWOìCW\I "t"Ò\I \IÒ-
vendo per supremo modello il Messia129 • µov, «il popolo che non conosce la leg-
Qualcuno (come R. Hanin, c. 300 d. ge», Io.7,49) m.
C.) pensa che allora sarà Dio stesso ad Sono considerati talmtde-hakiimim
insegnare la Torà al suo popolo 130• Ma (lett. «discepoli dei saggi») in generale
fino a quel tempo non si può fare a me- i talmidlm tanto progrediti nello studio
no del rabbi, e pertanto sono necessari da essere all'altezza dei compiti di un
i talmidim, che si preparano all'ufficio rabbi. Un talmid-piikiim è colui che, in-
di rabbi. Dallo scopo di fare di tutto il terrogato, risponde (kol sesso'ìiltn '6to
giudaismo un popolo della Torà amplia- weha' me'ftb, «se lo si interroga, lui ri-
ta casuisticamente, discendono due re- sponde»; M.Q.j.83b, 18 s. Bar.) 136• L'e-
128 Cfr. l'attesa del Messia per quando Israele m Hillel, in Ab.2s: «Nessun 'am ha-are~ è
avrà osservato un sabato come è prescritto pio» (lo' 'am-ba'iiref [1iisld).
(STRACK-BILLERBECK I 600). m Cfr. il materiale raccolto in STRACK-BILLER-
129 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 882 s. BECK 11 504 ss., specialmente 5x5 s., come pure

130 Cfr. STRACK-BILLERDECK III 704; IV 919. Is.7,49 e -4 r, col. 1206.


1 ~ Nei rabbini si domanda in tutto sei volte
131 Cfr. K. MARTI-G. BEER, AbtJt (1927) 3 ss.
chi sin un tnlmid-~iikiim (v. i testi in MARMOR-
132 .Ab.1,r3: d•lii' ;elap q•tala' fiaiiiib. STEIN ( - n. 127] 22 s.). Il passo qui citato è
133 STRACK-BILLERBECK III 126 ss. l'unico della letteratura tannaitica.
µaarrnic; B 4 (K. H. Rengstotf)

spressione talmld-f;iikiim indica colui tamente stimati, che non avevano rice-
che non è più nel numero dei talmldim, vuto l'ordinazione; questo, forse, per-
pur non essendo ancora annoverato fra ché in tempo di persecuzione anche un
gli pakii.mim, cioè fra gli scribi o i rab- rito come l'ordinazione costituiva un
bini regolarmente ordinati (-7 croqi6c;). rischio mortale 141 • Del resto, che talmid
Questi costituivano una spede di cor- non comporti per nulla una minore sti-
porazione (-7 pa.f3f3l), alla quale pote- ma, si ricava da una sentenza che - se-
va accedere solo chi aveva soddisfatto condo Ps.2r,6 - dice che il Messia ha
le condizioni specifiche (completa cono- tanto la «gloria di un rabbi» (hOd
scenza della Scrittura e della tradizione fe! rab) quanto quella di un discepolo
e dimestichezza con i talmtde-bakiim2m: (hod sel talmìd; cfr. Midr.Ps.2I,4; ed.
Lev.r.3,7 a 2,3), aveva compiuto i 40 S. Buber [ r 890] p. 179 ), così che è
anni ed era stato ordinato con l'impo- perfetto sia come maestro sia come di-
sizione delle mani (-7 X.Etp)137 . Da Sanh. scepolo della Torà 142 •
4.4 (dr. T.Sanh.8,2) si può dedurre che
non necessariamente I' ordinazione av- c) Il vocabolo si applica soltanto a
veniva quando fosse stata raggiunta l'e- uomini, data la posizione della donna
tà prescritta, ma aveva luogo secondo il nel tardo giudaismo ove essa occupa,
bisogno, per cui restava sempre disponi-
sul piano religioso, un posto inferiore,
bile un numero piuttosto grande di tal-
mide-pakiim1m. Questi venivano utiliz- così che l'insegnamento e l'apprendi-
zati per eseguire dei provvedimenti di mento della religione non fanno per lei.
una corte di giustizia m, oppure - per lo
meno in un periodo seriore - si vedeva- -7 n, coll. 708 ss. e ~ µat)1)"tp~et.
no affidati compiti speciali, a condizione
che coloro cui essi dovevano servire fos- d) Il talmld gode di grande stima
sero pronti a sottomettersi alla loro de- presso i pii giudei, essendo in certo
cisione 139• Mach.j.31d, 74 ss. lascia sup-
porre che in certi casi si costituisse una qual modo partecipe dell'onore dovuto
scuola (bet-wa'ad) per un talmid-pii- alla Torà, della quale si occupa con ze-
kiim 140• In ogni caso dalla notizia tra- lo.
spare che anche un talm1d-piikiim pote-
va godere di grande stima. La tradizio- Le fonti attestano in gran numero e
ne conosce diversi nomi di uomini al- in maniera assai istruttiva queste alfer-

137 nr, col. Ioo5 con n. 6. b. Babà in occasione di un'ordinazione sotto


IJS Ciò è implicito in Makk.2,5, dove si dice Adriano: A.Z.b. 8b.
che due talmlde-l;akiimlm furono incaricati di
accompagnare l'uccisore nella città d'asilo, per 142 Vari autori, ad es. MARMORSTEIN ( ~ n. n7)
intervenire eventualmente in sua difesa nei e S. KRAuss, Sanhedrin-Makkot (1933) 344,
confronti di chi volesse fare 1a vendetta del a Makk.2,5, danno altre definizioni di talm1d-
sangue. /;iik1im; I1 Krauss è incline a vedere in lui un
'maestro'; MARMORSTEIN (20, n. 6: bibliogr.)
m Cfr. STRACK-BILLERBECK 1 496 s. identifica i timidi !Jkmim con gli bkmjm e ri-
1-1-0 STRACK-BILLERBECK I 497b: un aneddoto tiene che lo IJkm sia semplicemente uno 'scriba'
istruttivo che reca maggiori particolari sul mo- che aveva una conoscenza particolare della
do in cui un talmid-f;iikiim perveniva a un in- Scrittura. Tutt'e due però non riescono a ve-
carico. nire a capo della diversità terminologica, -'=he
Ml Cfr. la tradizione sulla fine di R. Jehudii pure esiste.
µrxlhrd1c; B ;; (K. H. Rengstorf)

inazioni. Naturalmente esse mettono l'uso linguistico targumico. Nei Targu-


particolarmente in rilievo il talmid-hii- mim l'equivalente aramaico talmtdii' tra-
kiim. La più nota potrebbe essere· la
sentenza che considera iJ bastardo m, duce più d'una volta forme che non
che è un talmid-l;iikiim, come superiore hanno un rapporto linguistico e nem-
al sommo sacerdote, ove questi sia un meno contenutistico con lmd, per indi-
'am-hii'iire! (T. Hor. 2, 70) 1+1, cioè un
semplice popolano 145• In Sanh.b.52b una care, in una relazione personale, la par-
sentenza tannaitica, forse del I secolo, te che riceve o che è formata.
afferma che un talmld-hiikiim, data la
sua dignità, non deve parlare con un I «figli dei profeti» (bené nebt'tm) ap-
'am-hii'iire!, e tanto meno essere in a- paiono spesso come «discepoli dei pro-
micizia con lui. Anche altrove vengono feti», (talmidé nebijjii', cfr. 2 Reg. 2,15 ,
fissate determinate regole a cui il tal- ecc.), le «famiglie» (miSpef.Jot) di I Chr.
m1d-l;akiim deve attenersi in pubblico 2,53.55 diventano talmidajjiij'. In Num.
(cfr. Ber.b.43b Bar). Un padre, per es., 32,14 il Tg.O. traduce le parole tarbut
che sia nella stessa necessità del maestro •aniifim /;a!!ii'tm, «sangue di peccatori»'
di suo figlio, vien soccorso per primo con talm1dé gabrajjii' pajjiijbajjii' «disce-
soltanto se è egli stesso un talmid-hii- poli di debitori», scil. di colpevoli (qua-
~ . si come Tg.]. 1). In ognuno di questi
k iim (B.M. 2,n). Pes. b. n3a Bar.
consiglia di non provocare ad ira nep- casi è entrata nel testo quella parola che
pure un talmid qii!iin, lett. 'un disce- non compare quasi mai nell' A.T. (--?
polo giovane'. Infine le sentenze raccol- col. II 51), cosl che la traduzione ren-
te in Ab.6,r ss. descrivono incisivamen- de un'idea diversa dal T.M. Sul motivo
te in quale misura colui che si dedica di queste trasformazioni ~ coli. n78
allo studio progredisce interiormente ed ss. e --.,) coll. n8 5 s.
esteriormente grazie alla Torà a cui si
applica. Perciò talmid è sempre un ti- 5. Il talm1d come membro della scuola
tolo onorifico, che distingue chi lo por- e della serie dei tradenti
ta dai suoi compatrioti e compagni di
fede. Ne hanno tratto vantaggio pro- a) Non esiste talm1d senza maestro
prio i proseliti, che non mancano fra i (rab ). Chi non ha un maestro non è
talm'idim .e più tardi fra gli f;akiimim 147 • un talmid, per quanto studi assidua-
Una menzione speciale va fatta del- mente 148• Ciò è espresso nel modo più

l4l Il bastardo (mamzer) è il fmtto d'una re· gerosolimitano, in luogo del semplice [Jkm dcl
la:zione illecita (Jeb.4,13; Deut.23,3: mamier Talmud babilonese.
= be 116pvw;; Philo, spec.ieg.1,J24 ss.; cfr. V. H7 Passano per proseliti, ad es., Shemaja e
APTOWITZERG HUCA 5 [1928] 262 ss.). Abtaljon, la prima delle 'coppie' (Ab. 1,10;
144 Il motivo è preso da Prov.3,15 (I.e.). cfr.]oma b.71b. Bar.; Git. b.;;7b Bar.). Certa-
mente era un proselito Aquila, la cui traduzio-
14S Probabilmente qui si ha l'eco d'una pole- ne dell'A.T. era destinata a sostituire quella
mica antisadducea. In questo spirito R. Meir dei LXX, della quale si valevano i cristiani.
(c. I 50) ha perfino equiparato al sommo sacer-
MS È significativo che il non giudeo, occupato
dote il non giudeo che si occupa della Torà. nello studio della Torà ('wsq) sia equiparato
14ò Cosl leggono rettamente i mss. di Buda- :il sommo sacerdote, ma non sia detto tlmid·
pest e di Cambridge, come pure il Talmud !Jkm o anche solo tlm;d.
µa.fhrniç B 5 (K. H. Rengstorf)

chiaro in Ber.b.47b Bar.: anche se uno prendendo a modello il maestro 150• La


ha letto la Scrittura e imparato la Mish- scena del talmzd che per strnda 'segue'
il maestro (r, coll. 574s.) significa sol-
nà, ma non ha prestato servizio (Sim- tanto la prestazione del servizio, come
meS) ai talmide-pakamim, è un 'am- si deduce già dall' A.T. (--)- coll. n55
hii'iire!. Soltanto l'ingresso nella comu- ss.). Il 'seguire' non ha un significato
suo proprio(~ 1, coli. 574 s.).
nità riunita intorno a un maestro e la
sottomissione all'autorità del maestro b) Il talmid apprende ascoltando ciò
fanno un talmid. Perciò già un maestro che dice il rabbi e facendo proprio quan-
precristiano (Joshua b. Perachja) consi- to ha inteso. Perciò tutto ciò che il tal-
glia: prenditi un maestro, fatti un com- mìd deve fare è che ascolti (Siima' ).
pagno (paber, Ab.r,6). Gamaliele I ri-
Nell'insegnamento rabbinico il mae-
prende il consiglio e lo giustifica ricor-
stro e gli scolari stavano seduti 151 ; il
dando che in caso di dubbio la sicurezza maestro faceva la lezione e lo scolaro
è garantita dall'adesione a un maestro . poteva fare delle domande m. Il talmld
che interroga appare di continuo negli
La formula simmes, 'servire', espri- aneddoti cli scuola. Dalla domanda pren-
me la subordinazione esteriore ad un deva avvio una discussione, alla quale
maestro. Essa è la prima caratteristica partecipavano anche gli altri condisce-
del talmtd, perché rende chiaro il fine poli. Questo metodo d'insegnamento,
a cui egli tende. II talmld era tenuto a già in atto da tempo, fu completato
prestare al suo rab gli stessi servigi di da un uomo come Akiba, il quale pro-
uno schiavo, ad eccezione di certi la- vocava lui stesso le domande 153 • Però
vori particolarmente bassi, come quello Io stesso Akiba è la prova migliore di
di sciogliere i lacci dei calzari (Ket. b. come gli uditori non fossero tenuti a
96a; R. Josua b. Levi, c. 250; cfr. Mc. interrogare; secondo la tradizione, egli
1,7 par.) 149. Dai testi si vede che l'ono- a scuola si tenne in silenzio per tredici
re cosi reso al maestro in fondo era re- anni, ma poi di colpo diventò una delle
so alla Torà, al cui studio questi aveva autorità del suo tempo 1~. Alcune sen-
dedicato la vita (cfr. Ber. b. 7b; Strack- tenze rabbiniche non lasciano .il minimo
Billerbeck r 5 2 7 ). Il servizio reso dal dubbio che niente più si addice al tal-
talmid era inoltre un'occasione preziosa mtd che ricevere la scienza del suo mae-
per progredire praticamente nella halaka stro 155, naturalmente elaborandola cdti-

149 Cfr. inoltre il materiale in STRACK-BILLER- Akiba in Naz.;. 56a. 69 ss.; inoltre P. BILLBR-
DECK I 527 ss. Anche in carcere Akiba ha con BECK, Rabbi 'Aqiba. Leben und W irken eines
sé un tlmjd che lo 'serve' (Erub. b. 21b Bar.; Meisters in Israel: Nathanael 32 (1916) II9.
cfr. Eka r.3,43). Anche là ha preso delle deci- !SI Cfr. STRACK-BILLERDECK u 763s.; Act.22,3 .
sioni halakiche, il che presuppone la presenza
1s2 Cfr. STRACK-BILLERBECK II 150 s.; Lc.2,46.
di tlmidjm (T.Sanh.2,8; T .Ahilut 4,2). Cfr. A.
tsJ Cfr. BILLERBECK (~ n. 150) n8 s.
ScHLATT.ER, Die Tage Trajans tmd Hadrians
(1897) 16 ss. A lode cli Johanan b. Zakkai si m Pes.6,2 s.; Pes.j. 33b, 66 s.
dice che ha 'servito' gli scribi per 40 anni (S. 155 Johanan b. Zakkai loda Eliezer b. Hyrka-
Deut. § 357 a 34,7). nos chiamandolo <mna cisterna intonacata che
ISO Cfr. specialmente l'ammissione dello stesso non perde una goccia» (Ab.2,8).
l~Gt~'T)'ti)i; B 5 (K. H. Rcngstorf)

camente 156, cosa che non è esclusa dal- spetti la tradizione pm antica (ad es.
1'uso frequente di sama'. È vero che nel Ed.4-5). Quella che in sostanza si è im-
rabbinismo l'ascoltare, in fondo, è sem- posta è stata la prima scuola, grazie an-
pre riferito alla Scrittura(~ I, coll. 589 che alle regole metodologiche dettate da
ss.); ma il rabbi è il mezzo che rende Hillel, che furono riprese dai suoi sco-
possibile al talmld il retto ascolto, che lari e continuamente rielaborate 160 ; vi
è quello che gli preme. Perciò anche la collaborarono anche in posizione emi-
sua parola è sempre oggetto di ascolto nente i suoi successori, che ereditarono
e di apprendimento 157• Ma come è pe- da lui la direzione spirituale, dalla qua-
ricoloso farsi da sé una propria interpre- le più tardi derivò l'ufficio di patriar-
tazione della Scrittura (~ coll. I qo s.), ca 161 • Però anche all'interno delle gran-
cosl è doveroso per gli ascoltatori veri- di scuole ogni rabbi formava una sua
ficare ciò che sulla Scrittura insegua il scuola particolare, come si vede con
rabbi 158• singolare spicco nel caso di Akiba. Que-
sti sviluppò nel più alto grado il me-
c) La posizione dominante del rabbi todo di estrarre da ogni lettera del
nell'insegnamento porta alla costituzio- testo scritturale uno speciale significa-
ne di una scuola: il gruppo di talmidzm to, rendendo cosl possibile dare un ec-
cezionale sviluppo al patrimonio halaki-
riunito intorno a un maestro diventa, co (haliikli lemoseh missinaj), non solo,
sotto l'influenza di questo, una comuni- ma anche un fondamento esegetico al-
tà i cui tratti interni ed esterni sono de- la tradizione orale (toril Iebb"'al peh ),
nella misura del possibile (ma dr. S.
finiti dalla sua parola e dal suo com-
Lev. ~w n,6a7,I2) 162 • Akiba ha pure
portamento. dato per primo un ordine sistematico
alla materia religiosa e legale, ponendo
Sono note le due scuole di Hillel ( bét cosl le basi della sua ordinata trasmis-
hillel) e di Shammai (bet Jammaj) 159 • Le sione.
loro dispute dominano sotto molti a- Infine, ancora Akiba mostra in qua-

156 È questo che intende dire Ab.5,15 quando 159 Cfr. la breve descrizione in ScHLATTBR,
applica l'immagine del crivello dei cereali al Gesch. lsr., 25oss.
tlmid ideale: esso lascia passare la farina e trat- 160 Cfr. STRACK, Einl., 96 ss.
tiene la crusca (G. DALMAN, Arbeit tmd Sitte
161 Gamaliele I, maestro di Paolo, con cui co-
in Paliistina Ili [1933] 290 ss.). mincia la 'dinastia', era o figlio di Hillel (mor-
157 R. Eliezer (c. 90 d.C.) è lodato per avere to circa l'anno 20 d.C.) oppure, meno proba·
seguito con particolare fedeltà il principio rab- bilmente, il figlio di suo figlio. Cfr. STRACK,
binico: 'adam pajjab lomar bilion rabbU (Ed. Einl.120.
1,3): egli stava attento a non dire una parola 161 Cfr. l'eccellente studio del BILLl!.RBECK (--'>
che non avesse udito ai suoi tempi (var.: dal n. 150) 97 ss., dal quale risulta chiara l'impor-
suo maestro) (T.]eb .3,4). Lo fiiikiim ba questo tanza di Akiba, tanto riguardo alla disputa
di caratteristico, che non nega di aver sentito vittoriosa dci rabbini con i sadducei sul clirit·
quello che ha inteso ('al-mah sello' siima' 'omér to della tradizione in generale, quanto riguar-
lo' siima'ti, Ab.5,7). Cfr. anche, su Johanan b. do alla grande affermazione della particolare
Zakkai (c. 70 d.C.) ]ad.4,3; Ed.8,7: seHiima' tradizione hillelistka su quella shammaìtica.
merab6 v•rabO merabo. V. anche W. BAcHl!R, Tradi1io11 und Traden-
15~ Cfr. la relazione di R. Meir (c. 150) con il ten in den Schulen Paliistinas und Babylo11iens
maestro Elisco b. Abuja che-aveva apostatato (1914) 22-24.33 ss., dove però (34 s.) sono da
(Hag.b.15b). porre alcuni punti interrogativi.
II7.5 (!V,4J8) f.!O:t>Y)'tTJ<; B 5 (K. H . Rengstorf)

le misura una comunità di scolari fosse Però non si deve credere che la per-
anche esteriormente condizionata dal sona del maestro avesse per il talmid
suo maestro (-7 coll. II 7 I s.) 163. La sua un'importanza puramente casuale167 . Dci
adesione, naturalmente giustificata se- grandi maestri si conserva una memo-
condo il suo metodo, al movimento de- ria reverente (cfr. Ab.1,1 ss.). Josua b.
gli zeloti convogliò verso di questo an- Hananja, dando apertamente ad Akiba
che la sua scuola e determinò in larga il titolo di talmid di Johanan b . Zakkai
misura, dato il grande numero dei suoi (Sota 5,5), quantunque egli non abbia
discepoli, la via seguita dai rabbini a mai 'servito', non viene solo a sottoli-
partire da quel momento 1M. Questa neare la causa comune dei due ma, col-
volta, però, fu una disgrazia per quanti legando direttamente Akiba con Joha-
avevano creduto di doverlo seguire e nan, intende onorare anche Akiba 1~.
furono coinvolti nella caduta. Nell'immagine del maestro, e quindi
nella coscienza dei disepoli, il porta-
d) Il singolo talmid diventa necessa- tore della tradizione non si può separa-
riamente portatore della tradizione rac- re dall'uomo, come si evince là dove i
talmtdzm, al di là delle parole del mae-
colta dal rabbi e un anello nella catena stro, appaiono intenti a cercare in lui
di tradenti formata dalle varie genera- anche il modello del 'servizio' (-7 coli.
zioni di una scuola. 1171 s.). Ma tutto ciò trova la sua base
più profonda nell'essenza del giudaismo
Fare del talmrd un tradente è nella rabbinico come religione delle opere.
logica del metodo rabbinico, in cui tut- Su questo terreno l'uomo pio ha una
to si basa sull'ascolto (-7 coll. n72 s.). sua funzione da svolgere anche quan-
Conforme a questa tendenza, la mate- do il suo compito vero e proprio è
ria religioso-legale è trasmessa di boc- quello di intermediario della tradizio-
ca in bocca 165 col richiamo esplicito al ne. Anche i numerosi prindpi fissati da
maestro, ove questi abbia partecipato Akiba non servono soltanto ad onora-
in misura determinante alla sua forma- re la Torà, ma accrescono pure la sua
zione o su certi punti siano sorte delle fama 169• In tal modo ogni singolo anel-
divergenze tra vari maestri. La Mishna lo della catena dei tradenti è responsa-
ripete quasi ad ogni capitolo la formula bile della fedeltà della tradizione tanto
«Rabbi N.N. ha detto», o qualcuna del- verso il maestro quanto verso lo scola-
le sue varianti. Certamente non si trat- ro. Le numerose serie di tradenti di cui
ta di un interesse biografico per il mae- abbiamo notizia 110 sono anche l'espres-
stro citato; per i rabbini quello che im- sione dell'impegno con cui si è presa
porta è la causa sostenuta da un mae- coscienza di questa responsabilità 111 •
stro, non la sua persona 166•

163 Cosl, comunque, ha capito l'aneddoto Mai-


161 Cfr. A. RAHLFS, Scptuaginla 1: Gcnesis
monidc; dr. R. SANDHR, Fr1rcht tmd Licbe im
(1926) 9 ss.
paliistinischcn ]t1den/11m (1935) 71 s.
ll>l SCHLATTER, Tage Trajam (~ n. 149) 51 s.; 16~ Cfr. una leggenda come quella di Men. b.
BILLERBECK (~ n, 150) 34 (1918) 46 SS.
:z9b o il detto del suo maestro Joshua b Hana-
165Cfr. la testimonianza dci rabbini all'ìnizio nja che si definisce scolaro di Akiba (lalmld
dcl trattato Pirqe Abdt e~ col. n73. talmldkii, Soia ),5; sopra).
1"6 K1TTE1., Problcme, 68 s. 17~ Cfr. lc raccolte dcl BACHER (~ n. r6:z).
1~1 KITTEL, Probleme, 69, n. 4 . 111 In qualche caso vengono tramandate insie-
µa.ihrnic; B 6 (K. H. H.engstortJ

e) Nelle scuole rabbiniche, per quan- parte farisaica per designare se stessi,
to possa essere rilevante la figura di un mettendo in risalto che anche la Torà
orale, oltre quella scritta, proviene da
maestro, il vero motivo dominante è Mosè (]omàb-4 a Bar.; cfr. 53 a Bar.). In
la Torà. Il tutto è però condizionato ogni caso quest'idea si adatterebbe an-
dalla rilevanza del principio di tradizio- che ai pensieri sviluppati all'inizio del
ne, per il quale Mosè è considerato co- trattato Pirqé Abot. Infine, la designa-
zione della cattedra posta nella scuo-
me il punto di partenza della tradizio- la come qafedra' demoseh (-? µa.viM.-
ne e come il maestro per eccellenza. Il vtv n. 94) viene a dire che colui che vi
tardo giudaismo rabbinico si presenta siede sa svolgere il suo lavoro in nome
di Mosè 175 • Anche qui dunque a\jbiamo
come cosciente 'mosaismo'. un aspetto istruttivo di ciò che i rab·
bini pensano di se stessi.
L'autorità della Torà e della tradizio-
ne in essa contenuta diventa visibile in
quanto essa pone dei limiti all'autorità 6. La derivazione
del singolo rabbi. Dato che la Torà è
delle idee rabbiniche sul talmld
giunta ad Israele avendo Mosè come come membro di una scuola
intermediario che per primo l'ha fatta ed elemento della serie dei tradenti
conoscere ad Israele, ciò che conta per a) I rapporti delle idee rabbiniche
i rabbini è l'essere d'accordo con Mo- sopra descritte con l'A.T. sono relati-
sè 172, il più grande maestro della Torà,
che ha segnato la via da seguire per tut- vamente pochi. Ciò che le unisce ad
ti i tempi. Giosuè, e in generale la ge- esso è, in sostanza, soltanto l'afferma-
nerazione del deserto, hanno con Mo- zione della superiorità della causa <li
sè la stessa relazione del talmid con il
Dio contenuta nella Torà (rivelazione
rabbi 173 • Lo stesso dicasi dei profeti, i
cui discepoli ( bcné hann"bt'tm }, proprio della sua volontà) sulle persone che la
perché tali, sono anche loro talm1d1m 114• sostengono, anche se tale concetto è of-
Eliseo è chiamato (1'.Soq,7) talmid di fuscato dal forte accento posto su Mo-
Elia, che a sua volta è talmld di Mosè.
In S.Deut. § 26 a 3,23, Mosè e David ( !) sè e, dopo di lui, su tutti gli altri mae-
figurano come colonne dell'insegnamen- :itri della Torà. È impossibile, perciò,
to. Non è escluso che anche la formula che i particolari derivino dall'A.T.
talmidaw Jet moseh, «discepoli di Mo-
sè», in quanto antisadducea (-? coll. L'A.T. non conosce una formazione
u68s.; n. 145), sia servita ai rabbini di scolastica neppure embrionale (-? coll.

mc, per secoli, affermazìoni contradditorie dì Ja generazione del deserto Mosè è il 'nostro
due rabbini, senza che si tenti di risolvere la maestro' (rbjnw, Mek.Ex. wjs' b1ll; 4 a 16,22.
difficoltà con un compromesso; cfr. il caso di- 25 (p. 168,9; 169,1, HoROWITz) e passim.
scusso in Sanh.b. .59a e M . GUTTMANN in E11t- 174 Cfr., oltre ad Ab.1,1, il passo istruttivo di
wicklu11gsstufen jiidischer Religion ( x927) 55 s. S. Deut. § 34 a 6,7, s.v. lbnjk: «i tuoi figli» -
172 Cfr. Ex.r.2,6 a 3,5. sono i tuoi llmidjm... (2 Reg.2,3). Essi erano
173 Giosuè (Ab.1,1) dopo la morte di Mosè dunque figli dei profeti? Non erano piuttostc
cerca il suo 'maestro' (bq1 }hwJ' rbw) e non dei tlmjdjm?...
lo trova (De11t.r.n,10 a 31,14, alla :fine); per 175 Cfr. anche MARMORSTEIN (~ n. 127) 44 s.
Il/9 (IV.440) 1mftrri:Tic; B 6 (K. H. Rengstorf) (IV,441) 1180

I 15 3 ss. ), né un principio di tradizione nese e l'ellenismo 179• D'allora in poi sa-


simile a quello rabbinico(~ col. u58); rà compito irrinunciabile dei rabbini di-
in esso non si ha nemmeno un coscien- fendere il patrimonio spirituale del giu-
ce mosaismo, nel senso chce tutto pog- daismo nella sua forma corrente. Di
gerebbe sulla persona di Mosè (~ coll. fatto, tutta l'opera loro consiste nel
u6o ss.). confronto apologetico con l'ellenismo
e con la sua filosofia 180 •
b) Nello sviluppo di queste idee il
tardo giudaismo ha piuttosto lavorato
B) L'occasione esteriore per forma-
re una classe di insegnanti perché di-
su motivi che gli son potuti giungere fendano la tradizione spirituale del giu-
soltanto dall'ellenismo, dove di fatto daismo è venuta dall'attacco mosso
essi sono radicati fermamente 176; sulla a tale tradizione dall'ellenismo; tutta-
via si deve ammettere che detta classe
costituzione di scuole come comunità di insegnava in una maniera che risente
discepoli~ coli. 1142 ss.; sulla validità fortemente dell'ellenismo stesso. Infat-
del principio di tradizione~ coll. u45 ti il modo in cui Akiba, ad es., usa
il linguaggio scolastico tradisce mani-
ss. Che si siano fatti sentire anche in- festamente l'influsso dei metodi delle
flussi veramente greci è del resto cer- scuole greche, come quando provoca
to, o quanto meno probabile, in alcu- il contradditorio con i suoi uditori per
indirizzarli a scoprire da sé la verità 181 •
n.i punti . Inoltre, il linguaggio scolastico dei rab-
bini, per sua natura estraneo al giudai-
a) La catena rabbinica della tradizio-
smo, è di derivazione greca 182•
ne risale in serie ininterrotta soltanto
fino al periodo maccabaico m, sulla ba- y) Il modo in cui son citate autori-
se di precisi ricordi 178 • Una categoria tà antiche, ed in particolare il proprio
speciale di sofr"im/ypaµµ(f:T;EiC, s'incon- maestro o il caposcuola, è parallelo al-
tra in Ecclus 8,25-39,u, ma non nel- la forma usuale nella Stoa; cfr. la for-
la forma dei rabbini tardivi. Il suo svi- mula usata innumerevoli volte: «il mio
luppo avviene dunque all'epoca del con- maestro ... dice» ('amar rabbi ..., oppu-
fronto decisivo tra il giudaismo palesti- re rabbt... 'omér) con formule greche

17~ Su questa e sulle successive affermazioni, (Ab. l, 4), sembra implicitamente significare
cfr. ScHLATTER, Gesch.lsr., 93 ss.; A. ScHLAT- che ai suoi tempi(~ n. 177) non si svolgeva
TER, Jochnnan Ben Zakkai, der Zeitgenasse der ancora un insegnamento ufficiale con scuole
Apostel: BFfh 3>4 (1899) I I ss. speciali (F. MAASS, Formgeschichte der Misch-
117 Tra la prima delle 'coppie' (Ab.1,4) e l'au- nn mit bes. Beriicksichtigrmg des Traklats Abot
torità di Antigono di Soko (Ab.135), indicata [1937} 43). Va anche rilevato che il titolo di
come seconda per antichità, forse non c'è stata rabbi nella lista dei tradenti (Ab.1,1 ss.) com-
una relazione diretta; cfr. MARTI-BEllR, II ss., pare solo dopo Hillel e Shammai. Più tardi il
ad l. Partendo dalla terza 'coppia' (Ab.1,8), titolo in parte è stato dato anche ai 'Padri'
che è dell'ultimo secolo a.C., la prima potreb- (cfr., per Jehuda b. Tabbai, T. Sanh.6,6).
be collocarsi intorno al 170 a.C. 180 Bibliografia in STRACK, Einl., 178 s.
178 ScHLATTER, Jochanan, 14.
181 ~ coll. 1170 ss.; n78 s.
179 Il detto di Josua b . Joezer, che faceva par-
te della più antica delle cinque 'coppie': «La 182 Su questi rapporti sarebbero da auspicare
tua casa sia una scuola per i saggi (!Jkmjm}» ricerche più precise.
1181 (IVA41) µa.~11-tl}ç B 6 (K. H. Rengstorf)

come cp'fJO"L'li o AplO"-tW'li (v. Arnim 1 tare della volontà di Dio nella legge.
88, 1 r ss. [Plut.J ); cpl'JO"L. Xpu0"~7t1toç Anche fatto eroe, Mosè è e fa tutto per
(J 90, 13 s. [Diog. L.]); 'A'll-tlyovoç ... la causa di Dio lllS.
cpt]O"l (1 94, 24 ss. [Athen.] ); Aristo
Chius dicere solebat (I 78,23 s. [Cic.]); E) I maestri greci si facevano pagare.
Ariston ait (I 85,28 [Sen.]}; Ariston (~ coll. 1134s.). I rabbini consentiva-
aiebat {I 88,21 [Sen.]), ecc. Perciò an- no questo soltanto al maestro elemen-
che in questo contesto si può rilevare tare 186, mentre l'insegnamento della
che Flavio Giuseppe - quale che ne sia il Scrittura doveva essere impartito gra-
motivo - definisce la setta ( a.l'.pwtç) dei tuitamente 187• Però questa regola forse
farisei come '1ta.pa'1tÀ1]0"Loç -tti 1tap' "EÀ.- è stata introdotta soltanto da Hillel, e
À-TJO"L'li L-toi:xn ÀEyoµÉvn, «somigliante non è stata osservata scrupolosamen-
a quella che tra i Greci è detta stoica» te 188• In ogni caso proprio Hillel accen-
(vit.12). na di sfuggita al fatto che egli, quando
era talmzd, non sempre aveva di che
o) Un tratto tipicamente greco è la pagare la piccola tassa d'ammissione al-
presentazione di Mosè come eroe, fatto la scuola di Shemaja e Abtaljon (Jomà
peculiare del tardo giudaismo in contl'a- b. 35b). Non è escluso 189 che l'aneddo-
sto con l'A.T.' 83 • L'attestazione più anti- to sia autentico; allora esso attestereb-
ca è Ecclus 45,r ss. Un frammento di be in un punto importante che l'ufficio
una sezione dedicata alla glorificazione di rabbino si svolgeva nel periodo più
dei padri (44,r-50,24) lascia già vedere antico.
la direzione in cui si muoveranno an-
che i rabbini: moseh rabbtntJ, «Mo- c) Infine si può affermare che il tal-
sè, nostro maestro» {cfr. 45,5 e~ col. m1d appare come tale nel tardo giudai-
I 177 ). Per Flavio Giuseppe Mosè è un
smo per influsso delle scuole filosofiche
-i}ei:oç &.v1}p (ant. 3,180), e anche dai
rabbini è posto in un alone di leggen- greco-ellenistiche. Gli argomenti per af-
de esaltatrici, che culminano nel rac- fermar ciò sono linguistici ed oggettivi.
conto del suo rapimento ( cfr. anche
Ass. Mos.) 184 • È inevitabile, data la a) Motivi linguistici. Abbiamo in-
sua posizione nella storia della religio- nanzitutto un uso di talmtd che corri-
ne di Israele che è storia di rivela- sponde esattamente a quello di µat>ri-
zione, che nel contesto della presenta- "tTJc;, quando questa parola serve a de-
zione di Mosè come eroe tutto venga a fìnire una comunione spirituale, ove
confluire nel suo uffizio di trasmetti- non esista un rapporto immediato. La

183 Sul significato del concetto greco di apE'tYJ Isr.,190 ss. Per altri particolari ~ Mwiioijc;.
per il giudaismo ellenistico ~ 1, coli. 1221 s.; 1as Questo appare in tutta chiarezza nella figu-
per la formazione deUa dottrina farisaica della ra dcl maestro di giustizia, atteso dalla comu-
giustizia, cfr. SCHLATTBR, Theod. d. Judt., 198. nità di Damasco (Dam. 9, 53 [B] p. 32, 3i.,
184 Cfr. STRACK-BILLt!RBECK IV 1249, indice, RosT) per il quale Mosè ha servito evidente-
s.v. 'Mose'. S. RAPPAPAPORT, Agada tmd Exe- mente da modello, come precursore del Messia.
gese bei Flavius Josepbus (1930) 26 ss. (Il 186 STRACK-BILLt!RBECK I 563 s.
Rappaport 28 s., ritiene tra l'altro di origine
187 STRACK-BILLERBECK I 56r s.
palestinese anche il racconto di Mosè-eroe
[Flav. Ios., ant.2,238 ss.] eh~ è noto anche al 18! STRACK-BILLERBt!CK I 564 h.
midrash successivo: 28 s.; ScHLATTER, Gescb. 189 Cfr. ScHt.ìRER n 379 s.
µcdhrr'fir; B 6 (K. H. Rcngs10rfJ

formula talmtdiiw fel mofeh, «discepoli Giuseppe egli è pure zelatore dei suoi
di Mosè» (~ col. n77) è parallela a precetti ( Év'toÀ.a..l, ant. 8 ,3 3 7) e de!Ie
guella greca µcdhytl)c; '0µ1]pov (~ coli. leggi patrie (mi'tptot v6µot, ant.8a61).
rr25 s.). Cfr. altre formule come talmz- Questa immagine di Elia è corrente nel
d6 se! 'abriihàm 'iibinu, «discepolo del giudaismo contemporaneo, come mostra
nostro padre Abramo», talmld6 Iel bi- 1 Mach.2,58 che gli attribuisce lo ~ti­
l'iim hiiriisii', «discepolo del malvagio À.oc; v6µou. Anche Eliseo ha un otd:.xo-
Balaam» (Ab.5,19), talmrdo "Sei 'ezrii' voç (ant.9,54 ss.), accanto al quale ri-
(di Esdra), talmido Jel hillel (Sanh. b. compaiono (9,68 s.) i suoi µal>11-cal, gli
rrn), talmido Jel 'abaron (Ab. l,12) ed anziani (i 1tpeO'Bu'tfpot/ zeqenim di 4
altre. In queste formule è da rilevare BaO'. 6,32) non solo come uditori ma
soprattutto che talmid in parte non ha anche con mansioni di servizio. Il qua-
più alcun riferimento al significato spe- dro, dunque, è ancora lo stesso; cfr.
ciale di liimad, dal quale è derivato. Ciò anche ant.9,106 con 4 Ba0".9,r. Baruc
autorizza a pensare che si sia formato per Giuseppe è il µa:~'l']'ttJç di Geremia
analogamente a f.tai}l)'t-fiç. (ant. 10,178). In ani. r5,3 µa..1>1]'t1]ç è
Eccellenti attestazioni fornisce anche usato nel senso del talmtd rabbinico 19~.
Flavio Giuseppe quando si mantiene Il quadro si completa quando in ant.18,
ncll 'ambito dell'uso linguistico giudai- 11 ss.; bell.2,119 ss. si giunge a chiama-
co 190 : Giosuè è il µa'Ì)1]'tTJ<; di Mosè re qnÀoO'ocplca, cioè 'scuole', i tre indiriz-
(ant.6,84). Elia (ant.8,344) ha un 'Ì)e- zi prevalenti nel giudaismo del tempo.
pcbi:wv (cfr. 348); ma soltanto Eliseo Di sfuggita, Giuseppe accosta i farisei
è suo µa1'11-.1)ç xat otO:xovoc; (8,354; agli stoici (~ col. I I 8 r) e gli esseni ai
dr. 9,28.33). Questa doppia espressio- pitagorici (ant. 15, 371. Su Filone ~
ne descrive esattamente ciò che i rab- coJJ. l I 86 S.
bini intendono con talmld, ma accoglie (3) Motivi oggettivi sono offerti dal
anche l'uso linguistico greco, che riser- fotto che fra i nomi più antichi nella
va µa..i}1J't1}ç a colui che entra in comu· catena ufficiale dei tradenti figurano due
nione spirituale con il maestro e fa pro- che sono greci: Antigono di Soko (Ab.
pria la sua causa 191 • La definizione di r,3) e Abtaljon 193 (Ab.1,rn), quest'ulti-
Eliseo quale µai}l)'t1jç presuppone che mo come uno dei maestri di Hillel (~
Elia dal canto suo rappresenti ufficial- col. r 182 ). ·Anche se non era un pro-
mente la Torà. Di fatto, in quanto ze- selito (--4 n. r47), tuttavia proveniva
latore di Dio (come dice l'A.T.), per da un ambiente greco e ne conosceva

19'J Su µa.lh]'Ti)ç, 'apprendista' --) n. 1. Con- scorse tre anni, non per esserne µa.ilT)1'YJ<;, ma
forme all'uso greco(--) col. u25) è anche una soltanto per conoscere come viveva. Sull'uso
frase come KMa.pxoc; yàp o 'Apta"tO'TÉÀ.ovr; <iJv di µai>T)1'1]r; da parte di Giuseppe v. anche
µafu}'T1jç... (Ap.1,176). ScHLATTER, Komm.Lk., 63 a 5,30.
19 1 In bell-4,460 Eliseo è chiamato, alla greca,
192 Cfr. 0111.13,289, e ScHLA'l"TER, Theol. d.
yvwptµoc; di Elia (-+coll.n31 s.) xo.l BtcHìoxor; Judt. 206.
(dr. Luc., Macrob~ r9 : KÀ.Eavfu}c; BÈ ò Zl}vw-
voc; µafu}'T'Ì]c; xrxL otaooxor;. Cfr. SCHLATTER, 19.i Tutti son d'accordo che si tratta d'un nome
Tbeol. d. ]udt., 206, n. 2). Sc1-1LATTE1t, Komm. greco, ma non sulla sua forma: Evi)a).lwv
Mk. 130, porta dci testi di Giuseppe nei quali (SCHLATTER, Jos., 121 s.), Il1'0À.À.LW\I (MARTI·
yvwptµoc; è usato per 'discepolo di rabbini'. B1mR, ad/.) oppure IloÀ.À.Lwv (Flav. Ios. ani.
Lo stesso Giuseppe chiama se stesso (vii. u) 15,3); cfr. ancora SCHLA't'I'ER, Theol. d. Jud1.,
sTJÀ.W'T1]c; di un esseno Banno, con il quale tra- 199, n. I.
µa.il'l')'titç B 7,8 (K. H. l{engstort)

la situazione; in lui dunque esistevano vere nella volontà del Dio del cielo e
i presupposti per ammettere degli ele- della terra, depositata nella Torà, la so-
menti greci nell'insegnamento giudaico.
luzione di tutti i problemi e la norma
7. L'affermazione teologica di tutti i necessari ordinamenti.
contenuta nel talm1d tardo-giudaico d) La professione di assolutezza fat-
a) La formale dipendenza dei rabbi- ta dalla religione della Torà si esprime
ni dall'ellenismo per quel che riguarda quando viene stabilita la serie di tra-
l'istituto del talmtd dovrebbe conside- denti, che comincia con Mosé, e quan-
rarsi sicura 194 ; diversamente dal rabbi, do l'istituto del talmld vien proiettato
il talmld è di derivazione greca. nella vita dei grandi della storia del po-
b) Ma l'istituto greco non è stato sol- polo. In tal modo essa cerca di darsi un
fondamento storico, inserendosi agli ini-
tanto ripreso, bensl anche inquadrato
zi della storia della rivelazione come
nell'istanza religiosa centrale che il giu-
parte costitutiva di essa (cfr. I Mach .2,
daismo ha ricevuto con la Torà. Anche
49 ss., specialmente 2,58 [Elia] e ~
per questo motivo il talmtd rabbinico
non è mai un individualista - e se lo col. 1177). Così l'uso rabbinico di tal-
diventa si pone al di fuori della sua co-
mld porta anche un contributo alla com-
munità - ma resta all'interno della co- prensione rabbinica della storia d!Israe-
Ie e della storia in genere 195 ,
munità giudaica, alla quale vuol presta-
re il suo aiuto nel retto adempimento 8. Filone
del servizio di Dio. L'uso di µcxihrt1iç in Filone corri-
c} Inoltre la religione della Torà, che spondente sostanzialmente all'uso gene-
rale greco (~ coll. II 2 3 ss.): apprendi-
ha trovato la sua espressione classica
sta (spec.leg.2,227) scolaro, specialmen-
1
nei rabbini e nella loro teologia, si pre- te colui che desidera ardentemente di
senta come qualcosa di assoluto in quan- conoscere la sapienza di Dio (poster. C.
to esiste e non cessa di raccogliere i tal- 146). La parola non ha alcuna sfuma-
tura sprc:giativa (poster. C. r 36: 0"1tou-
mtdim senza tener conto della loro pro- oa.l:oç µa171]"t1}ç); ma significativamente
venienza (~ col. n69}. Essa si allinea anche in Filone si trova accanto a yvw-
accanto alle scuole filosofiche dell'epo- ptµoç (ibid. I 5 r ). L'accostamento, fatto
talvolta, tra ò µa:vM.vw"V e ò µa171]"t1]:;
ca e ai lorq tentativi di comprendere (ad es. sacr. A.C.64) lascia supporre che
il mondo, apportando la certezza di a- µa171]i.-1)c; indichi uno scolaro già arri-

1~ Cfr. ScHLATT.&R, ]ocha11an (~ n . 176), che 195 Sul problema della storia nel pensiero dei
fa derivate il rabbi proprio dal contatto con rabbini cfr. N. N. GLATZER, Untersuchungen
la filosofia greca, e non si occupa in modo par- wr Gescbichtslehre der T an11aiten ( 1933ì,
ticolare del talmid. recensito da K. H. RnNGSTORF: DLZ 3. F. 6
(r9J.~) 931 ss.
µr.dhJ't"TJt:; C r (K. H. Rengstorf)

vato a una certa maturità, a differenza negli Atti si ha un uso assoluto di µa-
del principiante. Di qui si potrebbero ihrtTic; per significare i discepoli di Ge-
spiegare anche espressioni come -.ou
µ6vou o-ocpou µa~'t"ctl, «discepoli di sù. Esso - come si vedrà più avanti -
colui che solo è sapiente», (sacr. A.C. si è sviluppato in seno alla comunità
64) e ò i>Eou q>OL"TJ"i)c; (scolaro) fi yvw- primitiva e rappresenta perciò un uso
ptµoc; fi µc:t.i>TJ-.nc; (ibid. 79 ), che in pra-
tica introducono già nella mistica filo- tipicamente cristiano(~ coli. 1228 ss.).
niana. Ma probabilmente il fatto più Oltre a designare i discepoli di Gesù,
importante è che anche Filone è nella talvolta la parola serve negli evangeli
corrente di una tradizione scolastica giu-
(~ coll. 1224ss.) per indicare i discepoli
daica. Soltanto, la presenza di questa
dev'essere scoperta di volta in volta; di Giovanni Battista, il quale però vie-
inoltre essa è in parte d'un genere del ne sempre nominato esplicitamente. In
tutto diverso da quella propria dei rab- Act.9,25 incontriamo dei discepoli di
bini pa1estinesi196, quantunque non man-
chi di spirito comunitario 197• Paolo. In Mc.2,18 par. Mt.22,16 si parla
di µaihrw.t -.wv <I>aptcralwv. Infine, in
una disputa del quarto Vangelo si con-
C. IL CONCETTO NEL N.T.
serva l'espressione degli oppositori di
I. L'uso linguistico Gesù, che chiamano se stessi -.ov Mou-
crÉwc; µaihiw.l (I o. 9,28 ).
a) i,i.a.i>'l']'t"TJc; compare nel N. T . sol-
b) Da questo primo esame dell'uso
tanto negli evangeli e negli Atti. A dif-
linguistico neotestament.ario si deduce
ferenza di µavMvw (~coli . xo97 ss.),
innanzitutto la sua univocità.
che è relativamente raro, µa.i>T]-.i}c; è di
µa.i>TJ-.1}<; attesta sempre la presenza
uso frequente, dato che si incontra si-
di un legame personale che informa tut-
curamente circa 250 volte 1118• L'uso lin-
ta la vita di colui che è chiamato cosl,
guistico è fin dal principio caratterizza-
e ha caratteristiche tali da non esservi
to dal fatto che µa.1h1-.1)c; - salvo qual-
dubbio sulla identità di colui dal quale
che eccezione - designa gli uomini che
si sviluppa questa forza formativa.
Gesù si è raccolto intorno, come mae-
stro. La comunione con lui in questi .Mc.2,18 offre un buon esempio al ri-
guardo; i µcti>l)'ta.l del Battista e dei
casi o è esplicitamente indicata negli
farisei si distinguono da quelli di Ges\1
evangeli, oppure può essere implicita- in quanto praticano il pio esercizio pe-
mente dedotta dal contesto. Soltanto nitenziale del digiuno 199• Coerentemen-

196 Cfr. \Y/. BoussET, ]iidisch -Christlichcr le è incerta tra µalhJ't"TJt:; e altre parole: Mt.
Sch11lbetrieb in Alexa11dria tmd Rom (1915) 8 20,17; Lc.9,1; Act.1,15; 20,7 ecc. Altrove al-
ss.; SCHLATTER, Gesch. lsr., 300 ss. cuni codd. aggiungono µr.d)lJ't'-fiç a titolo espli-
cativo.
197 ScHLATTER, Gesch. lsr., 302 s. t99 Sul digiuno come esercizio di pietà cfr.
193 Inoltre in alcuni passi la tradizione t estua- STRACK-BILLERBECK II 241 ss.; J. ABRAHAMS,
te, quando si vogliono conoscere i mo- sero frasi proverbiali. Ma paralleli rab-
tivi del comportamento dei discepoli di binici sono stati indicati soltanto per
Gesù non ci si rivolge ad essi ma a Ge- Mt.ro,25b 202 ; se ne potrebbe dedurre
sù, che è considerato pertanto un ca· che 10,24a.25a sono stati formulati in
poscuola. Un parallelo è offerto da Mc. vista del contesto. Però esso non trat-
2,23s.par.: ci si attende da Gesù che ta del rapporto tra gli scolari ed il loro
insegni ai suoi µa.ihyra.l non solo a fare maestro, ma del destino dei discepoli di
ciò che è giusto, ma anche a non fare Gesù nella misura in cui esso è legato
ciò che è considerato illegale. alla persona di lui. Quanto a Le. 6,40,
non si pensa all'imperfezione dell'ap-
La caratterizzazione dci µo:.i>11-.al ad prendista ma alla responsabilità che
opera di colui che li ha raccolti in- hanno i discepoli di Gesù, proprio in
torno a sé nel N.T. si estende anche quanto tali.
alla vita intima. Lo si vede là dove si c) Nella compattezza del suo signifi-
dice che il gruppo riunito intorno al cato il µo:.1"rrn'lc; neotestamentario ha
Battista aveva una sua preghiera inse- stretti contatti con il talmtd rabbinico.
Accanto al µa,ihrt1ic; c'è sempre, anche
gnata da Giovanni, che univa fra di
se non è nominato espressamente, il Ot-
loro i vari membri; anche i discepoli QO:c;xa,À.oc; intorno al quale si raccolgo-
di Gesù gli chiesero una pregbiera in no i µa.1)'ri-i-a.l. Si ripete dunque 203 ciò
segno della loro comunione con lui e che (~ coll. r r 70 ss.) è stato consta-
tato a proposito dei talmldìm dei rab-
fra di loro (Lc.u,1) 200 • Nel N.T. non bini. Solo che qui si tratta essenzialmen-
avviene mai che µ0:.1)11-.Tic; sia usato pre- te d'una concordanza terminologica e
scindendo da un legame che giunge fi- nulla più, come si ricava da un confron-
to più preciso tra i µa.ilri-i-a;l di Gesù e i
no al più intimo della persona. L'uso talmtdtm rabbinici ~ (coll. u94 ss.).
corrente nel greco extra-neotestamenta- Del resto la concordanza terminologica
rio, che stabilisce una dipendenza pura- è garantita dal fatto che tra gli stessi
rabbini si parla di µo:.ihrca,l di Gesù.
mente formale, non esiste nel N.T.
Secondo Sanh. b.43a Bar., Gesù ave-
va cinque talmld'im: Mattaj, ,Naqqaj,
Qualcuno201 accoglie per Mt.10,24 s.; Nezer, Buni e Toda... 2114 •
Lc.6,40 un significato generico di 'ap-
prendista', 'scolaro' (in contrapposizio- d) L'uso corrente di µaì}'Tl"tTJc; per
ne al maestro). Ma, data l'univocità del- indicare i discepoli di Gesù nell'uso lin-
l'uso linguistico neotestamentario, que-
sta interpretazione della parola sarebbe guistico primitivo cristiano è attestato
giustificata soltanto se quei passi citas- soprattutto da Luca. Egli ha la parola

Fasting, in Studies i11 Pharisaism a11d the Gos- 203 A parte quello che è detto qui sotto in
pels I (1917) I21 ss. -7 b.
200 Cfr. ScHLATTER, Ko111111.Lk., ad i.
204V. l'intero passo in STRACK-BILLERilECK II
417 (con osservazioni del Billerbeck, special-
201 Cosl PREUSCHEN-BAUER', s.v.
mente sui nomi, 4r7ss.; v. inoltre H.L.STRACK,
202 Cfr. STRACK-BILLERDBCK r 577 s.; ScHLAT- Jes11s, die Haretiker und die Christe11 nach den
TER, Komm.Mt., a 10,25. iiltes/e11 ;iidischen A11gabe11 (1910) 19.43* s.

11 l,lr:indt len:ica _ vf
µa.~7J-.1Jç C 2 (K. H. Rengstorf)

come termine fisso in tutte le sue fon. meno di cl>tXpicret.ioi, e inoltre 1a formu-
ti, e anche in ciò che ha in proprio (Le. la contestata si trova anche in Mt.22,
16, cioè nell'evangelista la cui dimesti-
11,1; 14,26 ss. ecc.). Tanto più, dun-
chezza con il giudaismo dei tempi di
que si deve notare che la designazione Gesù è universalmente riconosciuta. I-
dei discepoli di Gesù come µa.i)'Y')"t'et.l noltre non si può dimenticare che in
nel terzo vangelo (diversamente da Mt., Mt.12,27 (Lc.II,19) si parla di ol utoì.
uµwv (cioè: "t'WV <l>et.ptcra.lwv ), il che
Mc. e Io.) s'interrompe col racconto del ptesuppone l'uso di una formula ol. ul.ot
Getsemani (22,45) e non viene più ri· "tW\I <I>et.ptcret.l!Jl\I. Ma questa formula -
presa. Ciò si può spiegare soltanto con di fronte a ben/bar/ul.6c, usati spesso
per descrivere una comunità distribuita '
qualche ragione teologica (~ col. 1201 ). in varie categorie w e in considerazione
La parola ricompare solo a partire da del fatto che i bené hannebrtm, «figli
Act.6,1, ma non più come designazio· dei profeti» dell'A.T. in Giuseppe so-
no diventati µtXilTJ"t'tXl (~ coll. I I 83 s.)
ne dei discepoli personali di Gesù, ben· - viene ad essere l'equivalente di oi
sl dei cristiani in generale, e in que- µtXil1]i;ctì. "t'W\I <I>a:picra.lwv. Cosl appare
sto senso è usata poi regolarmente, tan- che la formula ot µtXi)TJi;tXt -.wv cI>et.pi-
to da apparire come tipica della fonte
cralwv, che sembrava tanto difficoltosa,
non dà motivo a dubbi, se si parte dal·
usata da Luca 205 • l'uso linguistico contemporaneo.
Più difficile è dire che cosa la for-
2. µo:l}T)"m.l giudei nel N.T.
mula significhi. Ma anche a questo si
può giungere, aiutandosi con due ti-
a) La formula µal}1rrn.l -.wv <l>et.pt· pi di considerazioni. Per prima cosa è
cret.lwv (Mc.2,18 = Lc.5,33; Mt.22 ,16) da osservare che, se è vero che il N.T.
presenta una certa difficoltà, perché i fa distinzione tra i teorici (ypa:µµa.-tEi:ç)
farisei sono i nomisti pratici, a diffe. e i praticanti (cI>a:piuaiot) della legge,
renza dei ypaµµa-.dc;, i rabbini che il confine tra i due gruppi è molto la·
sostengono il nomismo teoricamente, e bile, perché i -ypaµµet."t'Eic; per la mag-
perché il µet.i>1)-t1}c; nel tardo giudaismo gior parte sono anche <l>et.ptcrai:ot. e spes-
si trova sempre accanto al rabbi (~ so sono addirittura a capo delle comu·
coli. rr70 ss.). Ciò ha indotto taluni a nità farisaiche21J8. In secondo luogo va
concludere che Mc.2,18 presenta un te- ricordato che per i talmidim rabbinici
sto rielaborato e che i µa.i)'l}"t'et.i "t'W\I i loro maestri non sono soltanto i tra·
cI>ctpicm.lwv si devono considerare co· smettitori del sapere nomistico, ma an-
me un'interpolazione seriore 206 • Tutta· che i modelli di una vita conforme alle
via anche il parallelo Mt.9,14 parla al- prescrizioni della legge (-Hall. u71s.).

205 Cfr. JoACH. ]EREMIAS, Die antiochenische 1D7 Cfr. il materiale raccolto in DALMAN, W orte
Quelle der Apostelgeschichte und die Datie· ]., I 94 s.
rung der ersten Missionsreise: ZNW 36 (1937) 2G8 Cfr. STRACK - BILLERBECK 1v 334; JoAc tt.
213 ss. (specialmente 215. 220) con bibliogra- ]ERE MIAS, Jerusalem zur Zeit ]est1 u B (1938)
fia. Su Act.19,1 ss. ~ col. 1227. 125 ss. La comunità della nuova alleanza di
Damasco è il tipico esempio di una comunità
Cfr. E . LOHMEYER, Das Evangelium des
2D6 farisaica diretta da scribi; cfr. ]EREMIAS, o.e.,
Markus (MRYER 1 2 1G [1937] ad l.). 130 ss.
µcdhyti)i; C 3 (K. H. Rengstorf)

Infine va ricordato che tanto in Mc.2, cui si tratta della fede del cieco nato
I8 ss. quanto nel contesto di Mt.22,16 (~ anche II, col. I 149 ).
si tratta di aspetti importanti della pras-
si farisaica. Cosl l'uso di µai}1)'tai -.wv
<l>ctpL<ralwv è possibile anche alla luce 3. I discepoli di Gesù
della situazione oggettiva, quantunque
anche per noi la formula continui a pre- a) La chiamata.
sentare qualche incertezza. Forse in essa a) Una caratteristica fondamentale
c'è anche iJ ricordo che l'opposizione a
Gesù partl dai farisei, perché egli, ri- dei µaihycal di Gesù appare là dove
fiutando ogni formalismo, li aveva col- la tradizione afferma che è stato lui a
piti nel punto più sensibile della loro chiamarli alla sua sequela. Questo aspet-
autocoscienza religiosa 2(}}.
to domina in tutti i racconti che parla-
b) In 10.9,28 gli 'Iou8a~OL del quar- no di coloro che si mettono al seguito
to vangelo si dicono -.ou Moi.icrÉwc; µa- di Gesù. È vero che la cosa non è sem-
i>1)'tctl, per contrapporsi nettamente a pre così chiara come in Mc.r,17; Mt.4,
uno che essi chiamano µait1)'tTJ<; di Ge- 19, dove Gesù si rivolge a Pietro ed An-
sù. Qui Mosè è veduto come «il nostro drea con le parole OEU't"E Ò1ttO"W µov, «Ve-
maestro», espressione usuale ai rabbini nite dietro a me», o come in Mc.2,14
(~ coll. rr77 s.). Perciò, definendosi par. (chiamata di Levi), Mc.10,21 {il
suoi discepoli, essi s'inseriscono nella giovane ricco), Lc.9,50, Io.1,43 (Filip-
catena che comincia con Mosè, cioè con po), dove l'invito suona èt.xoÀ.oMEL µoL,
la chiara e inequivocabile rivelazione «seguimi». Ma in pratica tutte queste
della volontà di Dio per mezzo di lui scene sono determinate esclusivamente
(cfr. v. 29a). In tal modo nell'autode- dall'iniziativa di Gesù. Lo attestano, ol-
fìnizione di -çou MoucrÉwc; µr.d)1)-.al cul- tre a colloqui come Lc.9,57 s.; 9,60 ss.,
mina la contestazione del potere di Ge- un passo come Mc.5,18 ss. (Lc.8,37 ss.),
sù da parte degli 'Iovoai:oL, fatta addu- e specialmente il racconto lucano della
cendo a motivo che il suo è un potere vocazione dei primi discepoli, che nul-
personale. Anche in questo passo, dun- la dice di una chiamata formale, ma fi-
que, Giovanni rassomiglia marcatamen- nisce con l'annotazione che Pietro ed
te ai sinottici, perché come loro fonda Andrea ubbidirono a Gesù lasciando
la decisione di unirsi a Gesù (µa.it1)- tutto e seguendolo. Su questo punto la
'tTJ<;), o di opporglisi, sul rapporto per- tradizione è unanime. Per differenti che
sonale con lui e non su qualche consi- siano nei particolari le notizie sulle pri-
derazione oggettiva. Ciò è sottolineato me vocazioni di discepoli (cfr. Mc.1,16
dalla scena successiva di Io. 9,35 ss. in ss. [Mt.4,I8 ss.] con Lc.5,r ss.), su que-

211; Dire qualcosa di preciso al riguardo è mo!- to difficile, dato il carattere delle fonti.
1195 (IV,447) µa.i>TJ'tlJ<:; C 3 (K. H. Rcngstorf)

sto punto concordano interamente 210 • vangelisti non è univoco; ciò tuttavia
Anche la tradizione giovannea (Io.1,35 potrebbe non dipendere da imprecisio-
ss.; dr. anche 15,16 ecc.) al riguardo ne di linguaggio, ma avere motivi più
non si discosta dagli altri evangelisti 211 • profondi. Non è escluso che una certa
Il modo in cui i discepoli si unisco- mancanza di chiarezza nella parola µa-
no a Gesù è perciò essenzialmente di- ihy-.1)c; al fine di sapere se ogni µa-
verso da quello usuale nelle cerchie rab- l'lT)•YJc; di Gesù debba considerarsi chia-
biniche 212. Mentre nel secondo caso l'a- mato personalmente da lui, rispecchi la
spirante talmtd deve preoccuparsi di effettiva situazione dei primi tempi del-
cercare un maestro, e anzi una regola la sua attività, quando il popolo accor-
degli inizi del rabbinato (Ab.r,6; cfr. reva a lui da tutte le parti. Soprattut-
r, I 6) fa di questo un esplicito dovere to può avervi contribuito il fatto che
per l'uomo pio, nei vangeli invece l'ini- dapprincipio Gesù ha fatto l'impressio-
ziativa è sempre di Gesù, tanto per ne di essere un rabbl/oLOIJ.rtxaÀoc;. Tan-
la formazione di una cerchia di disce- to più vale notare che la tradizione è
poli quanto per la sua composizione. concorde nel dire che in ultima analisi
Questo giudizio si impone soprattutto era sempre Gesù a decidere dell'appar-
se si considera che egli chiama a se- tenenza a lui. Un passo come Io.6,60 ss.
guirlo anche uomini che non sembrano sotto questo punto di vista ha una no-
soddisfare le condizioni di una comu- tevole importanza già per il contesto in
nione con lui, come il pubblicano Levi cui si trova.
(Mc.2,13 ss.); infatti i pubblicani per
Locuzioni quali TixoÀ.ovl'lwrav a.ùTi;>
la loro professione erano considerati
1tOÀ.À.ol (Mt.12,15); oxÀ.oc; 7toÀÙc; µa-
'peccatori', e perciò erano scansati da- l}'f}'tWV a1hov (Lc.6,17); &mxv 'tÒ 1tÀ.f\-
gli uomini pii (Lc.15,r s.) 213 • ì1oc; 'tWV µai>'l'}'tWV (Lc.19,37); 1toÀ.À.oL
. .. EX 't'WV µa.lh)TWV CX.Ò't'OU (lo.6,60;
B) Viceversa ha meno importanza il cfr. 66) mostrano che non era piccolo
sapere se tra i µaihyw.l di Gesù si tro- il gruppo riunito intorno a Gesù, e un
vassero anche alcuni che si erano uniti passo come Lc.10,1 (ÈTEpouc; ESSoµ1J-
xov'ta) lo conferma indicando una cifra.
a lui senza un'esplicita chiamata. Su La tradizione fa perfino dei nomi: Cleo-
questo punto l'uso linguistico degli e- fo (Lc.24,18), Giuseppe d'Arimatea (Io.

2 m Dato che qui interessa semplicemente il fat- Berufung des Nathanael; ATI'EAO:I: 3 (1930)
to, non è necessario addentrarsi nelle questio. 2 ss.
ni di critica letteraria. Su queste, oltre ai com- 212 ~ anche coll. 1202 s.
mentari, cfr. il tentativo di analisi compiuto m ~ 1, coli. 890 e }OACH. }EREMIAs, Zollner
da L. BRUN, Die Bemfung der ersten I unger
tmd Sii11der: ZNW 30 (1931) 293 ss. Ma cfr.
Jem; SymbOsl I I (1932) 35 ss. anche la significativa autotestimonianza di Pie·
211 Su Jo.1,45 ss. cfr. JoAcH. }EREMlAS, Die tro in Lc.5,8.
1J.aih1-ç1Jc; C 3 (K. H. Rengstorf)

I9,38), forse Anania (Act.9,xo) e Mna- b) Gesù e i suoi discepoli.


sone (Act.2r,r6: ci.pxai:oç µcdhyt"lJ<;,-? Il rapporto tra Gesù e i discepoli ap-
col. 1232, n. 283). Ma non è frequente
che si parli di esplicite chiamate, come pare da tutta la tradizione come un rap-
ci si potrebbe aspettare in base a quan- porto assolutamente particolare: esso è
to si è detto finora; però va conside- sempre personale, e non soltanto lo è
rato che la tradizione non ha avuto
soltanto notizia delJa chiamata di que- il rapporto di Gesù con i suoi, ma an-
gli uomini che più tardi faranno par- che quello dei discepoli con lui. Il fat-
te dei dodici (cfr. Lc.9,59). Qua e liì tore essenziale è esclusivamente la per-
qualcuno manifesta a Gesù la disposi-
sona di Gesù. Come è lui a decidere
zione ad entrnre nella sua comunità,
cioè a diventare un suo µai)11,'iic;. sen- dell'ammissione nella sua cerchia, cosl
za esser stato invitato (Lc.9,57.61; Mc. è lui a dare forma e contenuto alla re-
5,18 par.). Si può avere cosi l'mpres- lazione con i discepoli.
sione di dover distinguere due gruppi
fra i µaihrml di Gesù: una cerchia più
ampia di persone che credono in lui, e o..) Istruttive sono le stesse circostan-
una più ristretta che sta assiduamente ze in cui avvengono le chiamate: non
con lui 214 . Però, come in Io.6,66, il µF.- si verifica mai che nel racconto sia la
't' O..Ù'tOV 7tEpma.'tE1:v, «camminare insie-
parola di Gesù che abbia come conse-
me con lui», sembra una caratteristica
spiccata dei µaihi-.ctl. Secondo il qua- guenza l'unione a lui, oppure che otten-
dro giovanneo, in un primo tempo i di- ga l'effetto opposto. La sua parola. di-
scepoli erano in numero consistente, ma
spiega la sua forza veramente viQcolan-
questo gruppo in un dato momento si
sciolse perché si era scandalizzato di te solo là dove l'unione con lui è già
quanto Gesù affermava su se stesso. Ciò in atto216 • Cosl, ad es., Luca sembra pre-
conferma quanto dice Giovanni, sia pu- supporre che per Pietro - e forse anche
re in un modo particolare, cioè che
la cerchia dei discepoli si raccoglie per per i figli di Zebedeo - Gesù non era
iniziativa non loro, ma di Gesù. uno sconosciuto quando sall sulla barca
Nello sviluppo dell'iniziativa di Ge- ( 15 ,r ss. ), giacché, strettamente legate
sù si potrebbe essere tentati di scorge- fra di loro, precedono questa scena la
re un tratto greco 215• Ma si vedrà che il predicazione nella sinagoga di Cafar-
rapporto, del tutto diverso dai modelli nao e la guarigione della suocera di
giudaici, di Gesù con i suoi discepoli Pietro (4,3r ss.). Tuttavia, è soltanto la
non si deve a un'affinità di Gesù con possente e diretta impressione di Gesù
l'ellenismo, ma a lui stesso. su Pietro e sui suoi compagni, colle-

214 ZAHN, Lk., 405, a 9,60. suoi discepoli, ma non entra nella questione
21s E. WECHSLER, Hellas ù11 Eva11gelit1m (1936) delle chiamate.
242 ss. (specialmente 253 ss.), cerca di inter- 216 Cfr., oltre a Io.6,68, anche Act.4,20, dove
pretare Gesù nel contesto della predicazione significativamente si dice Et8ct.µEv xa.ì. 1}xou-
peripatetica cinico-stoica, cioè dell'ellenismo. o-aµEv (in quest'ordine).
Egli parla anche della relazione di Gesù con i
µailTJ~iic; C 3 (K. H. Rengstorf) (IVA.50) 1200

gata ora con una parola sua personale, per i suoi dopo la sua morte, o che es-
che li costringe a seguirlo e a diven- si siano rimasti sotto l'impressione che
tare suoi µa.ì}"l}'ta.l. L'accento cade in- ora spettava a loro di amministrare la
teramente sugli effetti interiori prodot- parola di Gesù come una preziosa eredi-
ti in Pietro dall'azione di Gesù: la si- tà. Anche questo è un tratto di note·
curezza di sé si spezza innanzi a colui vole importanza per una retta idea del
che gli sta di fronte; egli fa penitenza µa~'l'}'t"~<; di Gesù.
e crede, ed è in quanto credente che Vanno rilevate infine le precise cir-
Gesù ne fa un discepolo. La chiamata costanze in cui è avvenuta la ricostitu-
di Natanaele avviene in modo parallelo zione del gruppo dei discepoli219 • La tra-
(lo.1,45 ss.). Data l'impressione che Ge- dizione concorda nel vedere in essa l'o-
sù fa su questi uomini, si comprende la pera personale di Gesù risorto e lascia
naturalezza con cui essi lasciano ogni inoltre intravvedere (Le. 24, 36 ss.; Io.
cosa e lo seguono. Anche i racconti di 20,24ss.,con Io.20,8; anche Mt.28,17b)
chiamate in Mc.1,16 ss. e Mt-4,IB ss. che per portarla a termine si dovettero
sembrano presupporre uno svolgimento superare notevoli resistenze. Significa-
simile 217• tivamente qui concorrono anche due a·
Il legame personale dei discepoli con spetti che erano già presenti nei rac-
Gesù è confermato dal loro comporta- conti delle vocazioni, cioè l'accoglienza
mento nei giorni che stanno tra la cro- nella comunione personale e la chiama-
cifissione e la risurrezione 218 • Il profon- ta a discepolo. Adesso Gesù accoglie
do abbattimento che domina in questi nella sua comunione rimettendo i pec-
giorni è causato dal destino che ha col- cati, cioè reintegrando quanto era sta-
pito la persona di Gesù. Comunque si to distrutto dall' infedeltà dei discepo-
voglia giudicare il racconto dei disce- li 220 • Quanto alla chiamata, è ovvio che,
poli di Emmaus, che 'lui' sia il tema dopo l'esperienza pasquale, essi in quan-
del loro conversare (Le. 24, 19 ss.) si to suoi µcdh}'tllt, non si limitarono a
spiega con il rapporto dei discepoli con trasmettere la sua s~oa.crxa.Àla ma di-
Gesù prima dell'arresto e deH'esecuzio- vennero suoi testimoni, cioè testimoni
ne. D' altra parte nulla, neppure un - per incarico di Gesù oppure no, qui
semplice cenno, ci dice che l'insegna- non importa - della rivelazione conte-
mento di Gesù sia stato fonte di forza nuta nella sua persona (le.24,48; Aet.

21; Cfr. K. H . RENGSTORP, Das Evangelium 219 Trattandosi soltanto di cogliere il rontenu-
nach Lukas (1937) 60. to di µafu}-ti}c;, si può fare a meno di entrare
nelle questioni storico-critiche.
21&Cfr. K. H. RENGSTORF, lch glaube at1 den 2211 Cfr. fra gli altri E. HrnscH, ]esus Christus
Herrn Jesus Christus' (19j9) 7s. der Herr 1(1929) 36 ss.
1201 (1v,~50) µa.ihrtTi<; C 3 (K. H. Rengstorf)

x,8). scepoli di Gesù è la fede in Jui (dr. 6,


Si possono fare anche alcune osserva- 64), e lo fa in modo ancora più accen-
tuato quando dice che Gesù ora ha po-
zioni linguistiche sul tipo personale del sto anche i dodici di fronte alla deci-
rapporto che i µcdhri-rLl di Gesù hanno sione di restare liberamente con lui nel-
con lo stesso Gesù. A questo riguardo la fede o di cessare di essere suoi µo:-
l}'ll't'CX:l.
Luca 221 e Giovanni vanno di pari pas-
so. Basta questo per mostrare la fonda-
In Luca l'uso di µrLilTJ"t'TJc; per indi- mentale differenza che corre tra Gesù
care i discepoli di Gesù cessa con la e i rabbini nei rapporti con i loro di-
fine della scena del Getsemani ( 22 A 5 ).
scepoli. In un uomo come Akiba, sono
D'allora in poi essi vengono chiamati oi.
m:pt a.ih6v (22,49; cfr. anche 22,56. la scienza e il metodo che attirano nu-
58.59), ot yvwo-i:ot aù"t'4> (23,49 secon- merosi talmzdtm, e il talmtd è gradito al
do Ps.38,I2; 88,9.19), ol itvoE:x;a xat
rabbi se riceve con tutta la cura e la
'JtUVW; ol Àomol (24,9), IXÙ"t'Ol (24,13),
oi. EVOEXa xaì. ot <lÙ\I aÙ"t'oi:c; ( 24,33 ). fedeltà possibile ciò che egli ha da of-
L'assenza di µail1)-t1}c;, che appare pe- frirgli(~ col. u72); in Gesù, invece,
culiare del materiale proprio di Luca 211 , tutto è riposto nella sua persona. Nei
continua anche al principio degli Atti.
Essa può avere la sua ragion d'essere rnbbini l'elemento determinante nel rap-
solo nel comportamento dei discepoli, porto del talmtd col maestro è il rispet-
che durante la passione annullarono col- to per il sapere di quest'ultimo; invece
pevolmente il retto rapporto col mae-
stro, e nel compito di Gesù, che dopo nel rapporto dei discepoli con Gesù il
la risurrezione deve tornare a raccoglie- fattore determinante è la fede.
re dei discepoli. Forse si può anche ri- Ma c'è di più. Gesù è qualcosa di
levare che, dopo il rinnegamento (22,
62), Pietro non è più chiamato con que- nuovo, rispetto sia ai rabbini sia al
sto nome, che porta in quanto discepo- maestro greco del tipo di Socrate. Ciò
li, ma è detto Simone. Però questo fat- che lega al rabbi è in ultima analisi la
to è sostanzialmente meno sicuro 223 •
t6ra, che egli interpreta; è ciò che le-
Giovanni 224 parla generalmente di
ot µa:ihymi. fino a 6,66. Poi, dopo la ga a Socrate è l'idea che egli difende.
dispersione della . massa dei discepoli, Ma Gesù vincola i discepoli alla sua
scandalizzata da quanto Gesù ha affe1·~ persona. Il rabbi e il filosofo greco han-
mato di se stesso, comincia a parlare
dei owoExa (µailwrai.). In tal modo e- no in comune la difesa di una determi-
gli sottolinea che la caratteristica dei di- nata cosa. Gesù invece porta se stesso.

221 Cfr. RENGSTORP (~ n. 217) 258, a Lc.22'49· autenticità d sarebbe da dire (J. ScHNIEWIND,
2
2~ In Mt.-Mc. µa.ih)'t1)<; è usato fino alla fine.
Die Parallelperikopen bei L11kas und Johan-
nes [1914] 88 s.}. La sua appartenenza al ma-
223 Sembra che Simone sia il nome usato nel teriale proprio di Le. resta comunque dubbia,
materiale proprio di Le. Inoltre IIÉ'tpoç appa- anche se il passo faceva originariamente parte
re in 24,12, in un passo che la maggior parte del vangelo.
degli esegeti considera apocrifo, ma sulla cui m Cfr. ScHLATTER, Komm.]oh., 183, a 6,67.
1203 (IVA50) µtd)T)'tYJ<; C 3 (K. H. Rengstorf)

Naturalmente è questa diversità che in che rinuncino soltanto per lui a tutto
ambedue i casi dà al rapporto dei disce- ciò che fino a ieri sembrava loro irrinun-
poli Ja sua intera peculiarità; e ciò di- ciabile (Mt.10,37 ss. par.).
venta ancora più evidente se si consi- Ma ancora più significativo è vedere
dera la relazione esteriore dei discepoli come i discepoli di Gesù si siano inchi-
con Gesù (~ coli. 1217 ss.: principio nati senza riserve alla sua autorità, e
di tradizione). non soltanto intel'iormente perché cre-
~) Anche un uomo come Akiba ha devano, ma anche esteriormente in
lasciato tutto ciò che aveva per diven- quanto gli obbedivano. Da lungo tem-
tare talmld225 , e d'un altro talmzd-/piikiim po si è osservato che in questo punto
si racconta che per Jo studio della To- il rapporto dei µocl}TJ"t'OCL con Gesù è
rà rinunciò a sposarsi e ad avere una tutt'altra co% che quello dei talmidim
discendenza 226 • Il radicalismo con cui rabbinici con il loro maestro, quantun-
Gesù stacca i suoi µa.i)lJ"t'Cd da ogni al- que la terminologia del N.T. tracci un
tro vincolo, per legarli soltanto a sé, quadro esterno nel quale Gesù e i suoi
non manca dunque di paralleli nel rab- discepoli appaiono nel contesto dei con-
binismo. Però le cose sono molto diver- temporanei voµo.5106.c;xa)..01 227 • Il pa-
se nei due casi. Il talmzd rabbinico in rallelo tra i µa.l}T}"t'OCt e i 8ouÀ01, nella
certe circostanze fa grandi rinunce, ma forma in cui è presentato da Gesù varie
sa anche che in cambio gli sarà dato volte (Mt. 10,24 s.; Io. 13, r6; 15,20),
molto di più. La personale importanza è estraneo al tardo giudaismo (~ coll.
di un maestro della Torà è dovuta - n89 s.). Anche le parabole del ritor-
pur senza misconoscere le sue doti per- no di Gesù rientrano in quest'ordine di
sonali - alla Torà stessa, che egli stu- idee, quando egli si definisce xvp1oc; e
dia con zelo. I grandi maestri del tardo chiama i suoi discepoli 8oi3Ào1 (Mt.24,
giudaismo non sono ricercati da tanti al- 45ss.; 25,14ss.; Lc.12,35ss. 42ss.) 228 ,
lievi perché uomini spirituali e saggi co- in modo che non era corrente tra i rab-
me i filosofi popolari greci, ma perché bini. Questo quadro trova poi la sua
insegnano la Torà. In Gesù, invece, è conferma storica in due scene degli ul-
già significativo che egli rinunci a qual- timi giorni di Gesù. In occasione del-
siasi giustificazione oggettiva delJa sua l'ingresso a Gerusalemme egli lascia ai
autorità e si attenda dai suoi µoci)l)"t'OCL discepoli la cura di procurate la cavai-

225 Cfr. Ned.b.5oa; Ket.62b-63a. Cfr. soprat- ché non era sposato.
tutto gli aneddoti raccolti in Ket.b.62b. 227 Cfr. ad es. W . FoERSTER, Herr ist Jesus
m T .]eb.8,4. La persona di cui tratta, Ben (1924) 228 ss.
Azzai, non era un rabbino ordinato, forse per- m V. FonRSTBR, 231 s .
1205 (lV,45I) 1w.ihrd1c; C 3 (K. H. Rcngstorf)

catura (Mc.11,1 ss. par.), e più tardi so- col. u7r ); ma proprio per questo mo-
no ancora i discepoli che fanno i prepa- tivo la sua aspirazione è di diventare
rativi per l'ultima cena (Mc.14,12 ss. pari a lui, e perciò indipendente da lui,
par.)229. In ambedue i casi si tratta di ser- se non addirittura a lui superiore. Per
vizi che vanno molto al di là di quelli chi segue Gesù, invece, la condizione di
che un talmzd-~iikiim era tenuto a presta- discepolo non è l'inizio di una promet-
re al suo maestro 230 , specialmente se sì tente caniera, ma il compimento stes-
considerano le circostanze in cui i disce- so del suo destino. Del resto, ciò si
poli rendono il servizio 211 . Qui vi è mol- spiega solo in quanto egli è il discepo-
to di più del rispetto dovuto dagli scola- lo di Gesì1, che lo ha chiamato e in cui
ri al rabbi a motivo della Torà. Gesù è crede. Pertanto il talmld-~iikam cerca di
obbedito perché si crede che egli è il diventare padrone della Torà, mentre
Messia. Non a caso scene come quelle il µaih1•1ic:; di Gesù si lascia impron-
di Mc.n,rss.par. e Mc. 14,12ss.par. tare e formare da lui.
avvengono nel contesto della rivelazio-
I sinottici confermano pienamente
ne pubblica dell'autocoscienza messiani- questo quadro, e ciò che essi dicono fo
ca di Gesù. tanto pitt impressione quanto più chia·
ramente Gesù e i suoi discepoli appa-
Le tradizioni che abbiamo raccolto
iono nel loro ambiente giudaico. Gesù
rendono possibile per la prima volta non si distingue esteriormente dai mae-
una chiara distinzione dei µa1>ri'rn.l di stri della Torà dei suoi tempi; egli spie-
ga la Scrittura e raccoglie intorno a sé
Gesù dai talmtdtm rabbinici, sulla ba-
un gruppo di discepoli; di questo tien
se deii'idea che si aveva dei discepoli conto la terminologia ( OLOaCTxaÀ.oc:;, µa-
nei due casi. La condizione del talmzd- i>'l'}'tTJc:; ecc.; ~ 11, coll. 1139 ss.). Ma a
~iikiim è soltanto transitoria . Il fine a
buon diritto Matteo rileva che l'auto-
rità (Èçou<ilu) di Gesù, che traspari-
cui tende è naturalmente di entrare un va dalla sua predicazione, l'aveva posto
giorno tra coloro, il cui servizio per fin dall'inizio in una sua particolare si-
un talmtd-~iikiim costituisce il massi- tuazione ( 7 ,28 s. ). Questa particolarità
appare però in tutta la sua chiarezza solo
mo onore ( ~ coll. r 1 70 s. ). Certamente quando egli attira a sé i suoi discepoli.
il suo rabbi è per lui indispensabile (~ Cosl, ad es., va rilevato che i µcx.ihrrn.l

119 BULTMANN considera il racconto della prov- stro, tanto più se si ammette, con Bultmann,
vista della cavalcatura come un tratto leggen- "che un passo come Mc.14,12 ss. può esser sor-
dario (Trad.1 281). Il suo giudizio su Mc. 14, "to soltanto nella comunità palestinese (Trad.,
12 ss. è sostanzialmente riservato (Trad., 283 '284).
s.). Ma anche a voler ipotizzare delle leggende '2JO Vedi STll.ACK-BILLERBECK I 527 (tutti i ser-
nei due casi, i due passi sarebbero sempre i- fvizi che toccano a coloro che sono nati schiavi,
struttivi per l'immagine - assolutamente non in quanto non giudei) e -7 coli. 1r71 s.
giudaica - che la tradizione si faceva dei di- :m Ciò che dice a questo proposito FoERSTER,
scepoli di Gesù e dcl loro rapporto con il mae- 232, dev'essere modificato.
1207 (IV,{52) µa.ì>rrd1.; C 3 (K. H. Rengstorf) (IV,{53) I208

non hanno mai una discussione con Ge- vita di usare le due parole in base a un
sù; se una discussione si fa, sono gli av·· principio teologico. yvwptµot sono i
versari di Gesù a cominciarla (Mt.21, µai}T)'Ta.l dei filosofi greci ed ellenisti,
23 ss. par.; 22,15 par., ecc.), quando in quanto sono in comunione con il lo-
non è Gesù stesso che costringe gli av- ro maestro nello sforzo di conoscere;
versari al dibattito. I discepoli sono in in quanto 1ha.i:poL, essi sono pares tra
tutti i casi degli ascoltatori 232, che al di loro, sotto la guida di un primus
massimo interrogano quando non han inter pares (~ col. rr36). Per il Van-
capito le sue parole (Mc.4,10 ss. par.). gelo di Giovanni, invece, Gesù è sem-
Inoltre, l'elemento decisivo non è che pre colui che dà, con il quale non ci
si aderisca intellettualmente, ma che si può essere comunione su una base di
accolga volonterosamente la parola di parità. Anche la comunione dei disce-
Gesù e la si metta in pratica (Mt.7,24 ss. poli con lui è un suo dono. Dato che
par.) 233 • egli si presenta loro come amministra-
Le affermazioni dei sinottici sono tore della divina volontà, può e vuole
completate dal Vangelo di Giovanni. donarla a coloro che lo prendono sul
In una serie di affermazioni tipicamen- serio nel suo ministero e si lasciano for-
te giovannee per forma e contenuto, mare da lui 235 •
l'unico atteggiamento corretto dei di-
scepoli di Gesù è descritto come ob- y) Dal modo della chiamata e dalla
bedienza, in modo del tutto analogo dipendenza da Gesù, a quanto risulta,
all'immagine offerta dai sinottici 2.14. La consegue in definitiva che nella vita dci
sua giustificazione viene esplicitamente
indicata nella chiamata di Gesù (r5,r6). discepoli non c'è nulla che si compia
Quando il credente «resta nella parola» lontano da Gesù e dalla sua vita, anzi,
di Gesù ( 8,31) e si attiene alle sue Év- che essi vengono immessi integralmen-
i;oÀo.l (13,34s.; 14,r5ss.; 15,ross.)
è veramente ( à.À.T]~wc:;) suo µa'Ìh]'t1)c; te nella comunione con lui. Dato che
( 8 ,3 r) e in quanto tale viene innalza- Gesù è incamminato alla croce, l'in-
to da 5ouÀ.oc; a suo q>01.oc; ( r 5 ,14 ss. J. gresso nella comunione con lui come
Proprio quest'ultimo modo di dire è
suo µa.1hri:1Jc; ha per conseguenza 1'ob-
importante. Il quarto evangelista evita
la parola yvwptµoc; per indicare i disce- bligo della sofferenza. Di fatto Gesù,
poli di Gesù sotto l'aspetto della co- secondo un'altra tradizione unanime, ha
munione con lui, eppure questo voca-
fatto intendere chiaramente ai discepo-
bolo, insieme a h-et.i:poc;, in base all'uso
linguistico contemporaneo sarebbe quel- li che dovevano essere pronti a soffrire,
lo adatto (col. n31 ). L'evangelista e- se volevano seguirlo.

232 Va rilevato che essi non sono cbtpoa.-.al, correre a paralleli nella storia delle religioni
ma &;xouov'>Eç. (elementi mandaici in Bauer, ]oh., ad l.; man-
cano paralleli rabbinici). A me pare che nello
233 Naturalmente va detto lo stesso anche del
sfondo ci sia Js.41,8 e che si debba tener con-
discorso deUa montagna, soprattutto se lo si to dell'interpretazione che ne dà Iac.2,21 ss.
intende come «insegnamento ai discepoli».
Se il collegamento con ls.41,8 è giusto, Io.
234 Cfr. la raccolta. di queste parole, special- 15,14 s. per parte sua lascia vedere quella che
mente Io.8a1 ss.; 15,I ss. è sempre la caratteristica del Gesù giovanneo,
235 Per capire Io.15,14 s. non è necessario rì- cioè la coscienza che egli ha di sé.
µcdhr•nç C 3 (K. H. Rengstorf)

La maggior parte delle parole con cui c) oL µaihrcal - oL owoe:xa


Gesù prospetta ai discepoli la sofferen- - oi. &:rc6e7-.oÀ.oL
za appare nella tradizione delle sue pa- La delimitazione di questi tre grup-
role riportate nei vangeli; ma non si pi non è semplice e non risulta neppu-
tratta di parole rivolte ai discepoli re evidente come si vorrebbe. Tuttavia è
in genere, bensi fanno parte delle chiaro che l' cbt6C1't'OÀ.oc;, come tale, de-
informazioni e istruzioni date ai (do- v'essere anche µaih'}'t'TJc;, mentre non
dici) apostoli (Mt. 10,qss.; Io. 15,18 tutti i µa.i11)'t'al diventano &.no<T't"OÀ.OL, e
ss.; 16,1 ss.) 236• E proprio in questa che infine oì owoExa. e oi. cbtécr-.oÀ.oL
cerchia esse sono necessarie, perché non sono affatto le stesse persone. L'e-
l'apostolo dev'essere in tutto come il spressione ol OWOExa {µai111-.a.l, àn6-
suo Signore. Se il Signote deve soffrire, C1'toÀ.oL) distingue di volta in volta la cer-
è chiaro che la sofferenza tocca anche chia pill ristretta intorno a Gesù da
agli apostoli 237 • Però alcune di tali pa- quella più vasta dei µa.i11)'t'al oppure da
role di Gesù sono rivolte ai discetJoli quella degli à1toC1'tOÀ.oL anch'essa più
in generale (Mc.8,34 ss. 238 e specialmen- vasta.
te Lc.14,26 s.) 239, e non lasciano il mi- Possiamo rinviare a quanto esposto
nimo dubbio sulla tribolazione che com- in precedenti articoli di questo lessico.
porta il mettersi al seguito di Gesù; so- Sull'uso di oi. µai11)-ta.l - oi. owoExa. -
oi. àrcfo't"oÀ.oL nei vangeli -7 r, coli.
lo, non manca mai il conforto a quanti
II35 ss.; sull'origine e il significato del
muoiono con Gesù e per Gesù. Il grup- gruppo dei owoExa. (µai}1)'t'a.l, &.1toCT't'o-
po dei discepoli, perciò, andò disperso À.oL) ~ II, coli. 1573 ss.
quando essi vollero sottrarsi al perico- d) La cerchia dei {dodici) discepoli di
lo a cui l'anesto di Gesù li esponeva Gesù come segno della sua via dolorosa.
(~ coll. l2IO s.). Il cambiamento si eb- Nella chiamata di discepoli si mani-
be nei giorni di Pasqua. In essi ha le festa la coscienza che Gesù ha di se
sue radici anche la gioiosa prontezza a stesso {~ coll. l 202 s. ). Quando poi egli
soffrire che i cristiani, come discepoli nella cerchia dei suoi se ne è scelti do-
di Gesù, avrebbero mostrato fin da prin- dici come i più intimi (Mc.3,13 s.), ha
cipio e poi nel corso dei secoli. r1velato il suo titolo ad essere l'inviato
di Dio per la salvezza di tutto il suo

236 Rivolte alla cerchia più ristretta sembrano 238 Pertanto Mt.rn,38 s. si palesa come parte
anche parole come Mc.13,9 ss. par., che sono di una composizione secondaria (BULTMANN,
state spostate dagli evangelisti subito prima Trad.,86).
del racconto della p11ssione.
237 Vedi K. H. RENGSTORF, Apostolat und Pre- 239 Anche Io.12,25 s. appartiene probabilmen·
digtamt (x934) 22 ss. te a questo gruppo; cfr. ScHLATTER, Erl., ad!.
12u (IVA54) J..uxaTJ·d1c; C 3 (K. H. Rengstorf) (IV,455) 1212

popolo (~n,coll. 1573 ss.). Soltanto su che venisse ucciso, e in tal modo - a lo-
questo sfondo si può cogliere il signi- ro giudizio (come del resto a giudi-
ficato che il gruppo dci dodici ha co- zio degli avversari) - non è riuscito a
me nucleo della comunità dei discepoli confermare l' autotestimonianza di Ge-
in rapporto sia all'idea che si è fatto di sù (cfr. Lc.24,19 ss . ). Un'osservazione
Gesù, sia alla sua composizione in vista del terzo evangelista constata esplicita-
della via che Gesù doveva percorrere. mente, in occasione della terza predi-
a.) La scarsa comprensione non solo zione della passione, come i discepoli
dello scopo a cui mirava Gesù, ma an- non capiscano il suo cammino verso la
che della sua predicazione, secondo i croce (Lc.18,34). Soltanto Gesù risorto
sinottici caratterizza dal principio alla ha operato il cambiamento m.
fine il rapporto dei discepoli con lui. Le medesime circostanze sono deter-
In questo contesto rientrano: l'incer- minanti per l' immagine dei discepoli
tezza su ciò che richiede l'appartenen- nel Vangelo di Giovanni; solo che
za a lui (Mt.8,19 ss.; Lc.9,57 ss.); la qui sono sottolineate, molto di più che
paura e l'ansietà, anche quando egli è nei sinottici, dalla riflessione dell'<.>van-
con loro (Mt. 8, 23 ss. par.; 14, 13 ss. gelista. All'affermazione che i discepoli
pat.); scene come quella di Mc.9a3 ss. credettero in lui (fo.2,rr ), Gesù collega
par.; Lc.22,24ss. (discussione su chi è fin dal principio l'altra che ad essi era
più grande, cfr. Mt.20,2oss. par.); Mc. negata la conoscenza del suo essere e
ro,13 ss. par. (i discepoli non lasciano la vera comprensione delle sue parole
che donne e bambini si avvicinino a (2,21 s.; 12,16; cfr. 16,19 ss.) . Giovan-
Gesù); l'insufficiente intelligenza della ni concorda in particolare con Luca nel-
sua predicazione {Mc.4,ro s. par.; Mt. l'attestare che soltanto con la risurre-
13,36); l'intima od aperta ripulsione zione è avvenuta la grande trasforma-
per Ia sua passione {Mt.16,22 ss. par.; zione nell'inte1letto dei discepoli (2,22;
Mt. 26,51 ss. par. 240; Le. 22,38)m. La 12,16; ~ anche colL 1200 s.).
fuga dei discepoli nel momento dell'ar- Gli evangelisti non tralasciano occa-
resto di Gesù (Mt.26,55s. par.) è la con- sione di accennare al fatto che Gesù ha
seguenza di questo loro atteggiamento, sopportato a fatica una siffatta incom-
ma anche del dubbio sulla sua risurre- ptensione (cfr. da un lato Mc.9,19 par.;
zione, dato che Dio non ha impedito Mt.16,22 s.; dall'altro Io. 14,9). Forse

2-IOCfr. anche Jo.x8,rn: Pietro. Anche se Pie- prima della Pasqua (cfr. anche Mt.8,26: ò)..L-
tro poi rinnega Gesù, egli qui sta (lui, la «roc- y67tLO"toL; Mt.14,31 a Pietro: 6J..tylmL0'1:'&).
cia» e il portavoce dei discepoli [Le. 22,33 s. 241 -+IV, coli. 938 ss.
ccc.]) per tutti i discepoli e mette in evidenza m Cfr. Gesù risorto che «schiude» la Scrittu-
come poco ferma sia la fede di questi in Gesù ra ai discepoli (Lc.24,26 s. 44 ss.).
!213 (IV,455) µabri'ti)<; C 3 (K. H . l<engstortJ

la scena nel Getsemani (Mc. 14,32 ss. ditate. Qui 243 importa non tanto che
par.), in cui si intrecciano un caldo de- Giuda abbia consegnato Gesù ai suoi
siderio di comunione con i discepoli e nemici, quanto, piuttosto, che Gesù lo
l'effettiva solitudine di Gesù, va com- abbia tenuto fra i discepoli, quando da
presa partendo dalle considerazioni fat- tempo sapeva che cosa egli si propone-
te sopra. Non si vede come si possa di- va di fare (Lc.22,21 ss.; Mt. 26,20 ss.;
re che questi tratti della tradizione non Io. 13,21 ss.; dr. 6,64.70 s.). Si pensi
possono risalire fino alle origini, per il poi che tra i dodici il secondo di quelli
solo fatto che non servono a dare glo- che si chiamavano Simone era sicura-
ria né a Gesù né ai discepoli. Ad ogni mente uno zelota (~ III, col. 1513),
modo non può esser messo in dubbio che tanto nel IV Vangelo quanto nel-
che alla .fine Gesù è stato abbandonato l'Apocalisse alcuni tratti fanno pensa-
dai suoi e che si è giunti a questo fina- re che l'autore avesse qualcosa in co-
le in modo consequenziale. La pazien- mune con lo zelotismo 24-1, che fra i do-
za avuta con i discepoli e l'instancabili- dici vi era un pubblicano(~ col. n95),
tà con cui ha sposato la causa della lo- che accanto a nomi semitici ve ne so-
ro salvezza risplendono in parole come no alcuni greci e che, se l'appellativo
Lc.22,31 s.; Io. 16,12; 17,1 ss. e nelle ò 'foxa.piw-.nç o 'foxa.ptwi> (Mc. 3,19
sue opere come in Lc.22,51; fo.13,1 ss.; par.) può veramente designare Giuda co-
Io.18,8, anche nel caso che i particola- me <<Uomo di Karioth» 245 , nella .cerchia
ri del quadro siano da attribuire allo dei discepoli assieme ai galilei vi sono
spirito religioso con cui 1a comunità ha dei giudei; se tutto ciò risponde a veri-
pensato a Gesù. tà, bisogna riconoscere che il gruppo
~) Atteso il rilievo che tutta la tra- dei dodici forma veramente un quadro
dizione dà al fatto che i discepoli sono rappresentativo del giudaismo dell'epo-
stati chiamati da Gesù a seguirlo, an- ca. In esso sono in certo qual modo
che la composizione della cerchia dei rappresentate tutte le forze e le idee
discepoli diviene importante se si vuol del popolo, anche nelle loro divergenze.
capire rettamente la parte che essi eb- Così esso attesta, a suo modo, che Ge-
bero nella sua storia. Ciò vale in parti- sù si propone chiaramente di compiere
colare per la persona di Giuda, il tra- il proprio ministero nelle circostanze in

243 Naturalmente in questa sede non si può Giuda come strumento di Satana.
trattare, né nei particolari né nell'insieme, il
problema di Giuda in quanto tale. Soprattut- w Cfr. SCHLATTBR, Gesch. d. erst. Chr., 65 s.
to bisogna lasciar da parte ogni tentativo di
rendere comprensibile il suo operato. Luca 245 Io. 6,71 (codd. S 0 <p); 12, 4 (codd. ~ D);
(22,3; cfr. 4,r3) e Giovanni (13,2.27) riescono 13,2 (cod. De); 14,22 (cod. D). Bibliografia in
a spiegare il suo tradimento solo intendendo PEUSCHEN-BAUER', s.v. 'I<rxo:piwll.
µa;-0'1}-ci)ç C 3 (K. H. Rengstorf)

cui si trova, a servizio del suo popolo come quelle raccolte da Matteo nel co-
com'è, e non come lo vorrebbe. La chia- siddetto discorso missionario (Mt. ro,5
mata di questo preciso grupp·o di disce- ss.), coincidono con parole del Gesù gio-
poli ci fa vedere un Gesù positivamen- vanneo quali quelle di fo.17,13 ss. (spe-
te realista. Ma mostra anche che è pron- cialmente v. 15).
to a sopportare in obbedienza tutto
La partecipazione dei discepoli all'o-
quanto deriva dal fatto che il suo popo- pera di Gesù ha trovato la sua espres-
lo non sa più a che cosa è stato chia- sione classica nella doppia fondazione
mato, anche se sa di essere il popolo e- dell'apostolato da parte di Gesù (-7 I,
coll. n35 ss.; n51 ss.). Per comprende-
letto, e che si accinge a dirgli di nuo- re questa fondazione si deve sempre te-
vo di che cosa è debitore a Dio 246 • ner presente che, sebbene non tutti i µa:-
1)71-.a:l siano divenuti apostoli, normal-
e) La partecipazione dei discepoli al mente però l'apostolo è µcdh1-.1Jc:; di Ge-
sù (-7 col. 1210). Quindi anche l'invio,
lavoro di Gesù. riferito solo da Luca, di altri 70 disce-
La chiamata di Pietro al seguito di poli è un'importante aggiunta al quadro
Gesù (Le. 5, l ss. ) coincide con la sua che abbiamo della preparazione dei di-
scepoli a collaborare con Gesù 241 • Que-
chiamata a collaborare con lui (5,10). sta collaborazione è anzitutto prestata in
Questo non è un fatto accidentale, ma modo puramente esteriore, nelle consue-
non è neppure qualcosa del tutto spe- te forme giudaiche, in quanto Gesù man-
ciale. Esso piuttosto corrisponde al fat- da i discepoli a due a due (Mc.6,7; Le.
ro,r ), conforme alla prescrizione della
to che i discepoli chiamati da Gesù so- Torà che richiede due testimoni perché
no i suoi discepoli. Cosi come egli non una testimonianza sia credibile (Deut.
si sprofonda nella contemplazione del 17,6; 19,15)248• Ne è derivata una costu-
manza cristiana, presente già nell'episo-
suo intimo essere ma si prepara al mi- dio della comunità antiochena che man-
nistero, cosl indirizza lo sguardo e le da Paolo in missione insieme con Barna-
forze dei discepoli verso il suo compi- ba (Act.13,2 ss.; cfr.Act.15,36 ss.). Inte·
riormente, la collaborazione dei disce-
to, che, grazie al legame che li strin- poli è modellata sul lavoro proprio di
ge a lui, diventa anche il loro compi- Gesù, quale sorge dalla sua ~~ovcrl«
to. Parole d'insegnamento ai discepoli (Le. 10,1ss.17; Mc. 6,7.12 s.; Mt. 10,7
s.). È decisivo che il loro lavoro stia
come quelle di Mt. 5 ,13ss., parabole co- all'insegna di owpEIÌ\I H.<i~E>'E, ow-
me quelle di Mt.25,14 ss. e istruzioni pEà\I 86-.E (Mt. ,:o,8). Nell'osservanza

246I discepoli sono dunque tutt'altro che com- I 790 a Mt.r8,16; SCHLATTBR, Komm.Mt., 325
pagni di cui Gesù abbia bisogno (contro ~ s., si richiama acutamente al fatto che il cata·
WACH,33). logo degli apostoli in Mt. 10,2 ss. par. è co·
24; struito a coppie, e ricorda che anche la tradi-
Sulle singole questioni relative a Lc.rn,1 ss.
zione rabbinica precristiana è rappresentata da
~ nr, coli. 825 ss.
coppie (cfr. Ab.I,4 ss.; in Schlatter anche te-
248 Materiale rabbinico in STRACK-BILLERBECK sti di Flavio Giuseppe).
cli questa regola 249 (cfr. Act.3,6 accanto derivazione da forme tardo-giudaiche251 •
a 20,3 3 ss.) i discepoli hanno dimostl'a- A prescindere dai pochi passi che si pre-
to di non voler essere altro che colla-
boratori di Gesù (cfr. anche I Cor.3,9; sentano esplicitamente legati alla tradi-
I Thess.3,2, cod. D*) e in tal modo han zione (1 Cor. rr,23 ss.; 15,3 ss.), tutto
dato. pure prova di aver capito che quel- il matel'iale elaborato dai sinottici e una
la toccata a loro era una grazia: tanto parte non piccola di quello proprio del
la chiamata ad essere cliscepoli quanto
la chiamata a collaborare con Gesù 250 • quarto Vangelo proviene da una tradi-
Una questione difficile e di un gene- zione orale. È possibile anche ricostrui-
re particolare si pone a proposito del- re la storia della formazione e della
le notizie di Io. 3,22.26; 4,r s. Se
Gesù ha veramente battezzato e i suoi composizione di questo materiale, e da
discepoli l'hanno aiutato, avremmo in questo lavoro sembra ovvio concludere
ciò un' altra forma di collaborazione. - come di fatto è avvenuto - che già
Ma le notizie al riguardo non sono
chiare; ~ II, col. 66. nei Vangeli si ha la prova che esiste-
va un esplicito principio di tradizione
f) La questione della validità di un nella cerchia dalla quale essi provengo-
principio di tradizione nella cerchia dei no, principio di cui certe espressioni di
discepoli di Gesù. Paolo (-7 qui sopra) sono Ja migliore
conferma. La comunità delle origini è
a) Tanto nella sfera greco-ellenistica
considerata custode di un principio di
quanto tra i rabbini i discepoli (µcdh1-
tradizione, in cui si sarebbero fµsi mo-
'tc.t.t/talm1dtm) come tali sono portatori tivi greci, prnvenienti dai mistel'i, con
cli un principio di tradizione. Ogni µa-
la legge della tradizione orale vigente
i)l}'t1]c;/talmld è anche membro di una
nel tardo giudaismo, dando luogo a una
serie cli tradenti, all'inizio della quale
nuova realtà che nella sua peculiarità
sta il capo a cui la scuola risale e al
si commisurerebbe all'evangelo inteso
cui sapere deve la sua importanza {-l>-
come oggetto della tradizione cristiana
coll. rr42 ss.). Ovviamente, dunque, ci
primitiva 252 •
si chiede come stessero le cose sotto
questo aspetto nella cerchia dei disce- Se non è possibile in questa sede af-
poli di Gesù, tanto più che essi hanno frontare l'esame di tutta la complessa
con lui uno speciale legame personale. questione, possiamo però accennare ad
Certo, anche il N.T. conosce una tra- alcuni fatti che al contrario provano
dizione e la relativa materia in chiara come, pur con certe analogie formali,

249 La sua osservanza da parte dei rabbini non in Rom.r s.


è sicura, ad onta di alcune voci rabbiniche a 251 Cfr. KrTTEL, Probleme, 63 ss.; ~ RANFT,
suo favore (-7 col. n82). 248 ss.
250 Cfr. l'accostamento di xci.pie; e ci.1tocno).:{] 25? Cfr. ~ RANFT, specialmente 304 ss.
I219 (l\''457) µa.ihyd1i; C 3 (K. H. Rengstor{)

la prima generazione cristiana e il N.T. stiana ba dato grande importanza al fat-


siano lontani da qualsiasi principio di to che i suoi capi erano testimoni ocu-
tradizione di tipo greco o rabbinico. lari, come si vede nella ricostruzione del
Il fatto più significativo è che nel numero di dodici dopo la Pasqua, nel-
ricordo dei discepoli la figura di Gesù la quale il criterio dominante è proprio
come maestro sembra rimasta totalmen- questo (Act.1,21 s.; ~ 1, coli. 1167 s.).
te in ombra. Ciò appare non solo dalle È possibile anche che le difficoltà contro
lettere di Paolo, che sono la fonte cri- cui Paolo dovette lottare per far rico·
stiana più antica a noi pervenuta 253, noscere il suo aposto1ato nella cristiani-
ma anche dal fatto che il complesso tà dei primi tempi sorgessero perché
più antico e più sicuro della tradizio- egli non era testimone oculare nel sen-
ne evangelica non contiene parole di so proprio della parola; perché era, sl,
Gesù, ma la storia della sua passione e un apostolo ma non un µallTJ•nc; (~
della sua mort~ (-7 II, coll. 1149 s.)254• anche I, col. II69). È probabile che
Inoltre, dalle varie versioni in cui le egli pensi a ciò quando in r Cor.9,1,
parole ci sono presentate possiamo ve- dopo aver ribadito di essere apostolo,
dere con quale libertà di forma esse aggiunge : OÒXÌ. 'lT)O'OUV 'tÒV xup~ov 1)-
sono state trasmesse. Questa libertà è µwv Éépa:xa; «non ho forse visto Ge-
eloquente, proprio se la confrontiamo sù, il Signore nostro?» 255 • Se ha visto il
con la cura estrema della precisione nel- Signore, vuole dire che anch'egli è in di-
l'esposizione dei fatti. Essa ci dice, né retta comunione con lui.
più né meno, che i primi cristiani sot-
Qui si può accennare per lo meno al
tolineavano la storia di Gesù intesa co- titolo di µr.dTT)'ti)c; dato a Paolo in Act.
me storia della conferma divina della 9,26. È questo, forse, un tentativo di
fede ch'egli domandava, e che se le sue stornare da lui il sospetto di cui era fat-
to oggetto?
parole avevano importanza per essi, era
perché Dio le aveva fatte conoscere a Va anche ricordato che Gesù ha de-
lui. Gesù, per i discepoli, non è mai liberatamente distolto i suoi discepoli
un caposcuola, ma sempre il Signore vi- dal sistema dalle scuole rabbiniche con-
vente dei suoi. temporanee. È una caratteristica della
È vero che la prima generazione cri- catena della tradizione che il µa1h)-.1)i;

253 Paolo cita solo una volta, e liberamente, una dei talmldlm, ma non vede in lui un maestro,
parola di Gesù (r Cor.7,rn). Invece presenta bensl un falso profeta. Cfr. il passo in STRACK
abbondanti reminiscenze di parole del Signore (~ n. :204) passim.
(cfr. ad es. I Tbess.5,1 ss.). 255 Cfr. anche r Cor.15,8, dove Paolo pone se
254 È degno di nota che ciò corrisponde alla stesso alla fine della serie dei testimoni ocu-
tradizione rabbinica su Gesù; essa gli assegna lari (wq>b-r} xàµol}.
µcx.Vl]'tTJc; \... 3 ll\.. . .t1. .l\cngscorr J

abbia a sua volta i propri µcdhyml che opposto al tradizionalismo giudaico, co-
lo onorano come maestro. Gesù ha trac- me mostrano soprattutto i racconti del-
ciato una netta linea di separazione tra le guarigioni in giorno di sabato (Mc.
i suoi cliscepoli e quel mondo (dr. Mt. 3,1ss . par.; Le. 13,ross.; 14,rss.).
23,6 ss.). Inoltre egli ha trovato i suoi Ma il suo rifiuto di parti non indiffe-
µa.ihrra.l non tra i crocpol, ma tra i sem- renti della tradizione giudaica, e perciò
plici (\r{)mot), e in ciò ha riconosciuto del principio stesso di tradizione giu-
un tratto della guida sapiente di Dio daico come base del culto 258 , non nasce
(Mt.xr,25) 256 • Questo detto, con tutte né da puro e semplice spirito di critica
le sue particolarità, è radicato nella si- né da una posizione liberale nei con-
tuazione di Gesù 257 e ha i suoi paral- fronti di ciò che viene dalla tradizione.
leli nelle beatitudini (Mt.5a ss.; Lc.6, Esso è invece fondato sulla sua auto-
20 ss.). Il Vangelo di Giovanni si man- coscienza, che ha dato forma anche al
tiene sulla stessa linea quando dice che rapporto dei suoi discepoli: egli è co-
il µa.i>ri-c-fic; si caratterizza di fronte al lui nel quale si sono compiute le pre-
mondo grazie all'esercizio della carità dizioni della Scrittura e le speranze re-
{Io.13,34 s.). ligiose del suo popolo (Lc-4,16 ss.). Ma
~)
I discepoli di Gesù, dunque, ap- in quanto tale egli è anche la fine della
paiono nei vangeli non come suoi tradizione religiosa del suo popolo, e
tradenti, ma come suoi testimoni. Il la fine definitiva, non un nuovo princi-
fotto non è casuale, ma deriva necessa- pio sotto forma nuova. Se ciascuno dei
riamente non solo (per illazione positi- membri della catena della tradizione
va) dall'importanza della persona di Ge- coopera per parte sua alla conoscenza
sù nella comunione con lui (~ coll. e all'amministrazione del patrimonio
n98 ss.) ma anche (in via negativa) dal- della verità, egli invece è la verità (Io.
l'atteggiamento che lo stesso Gesù ha :i 4,6). Ciò fa sì che i suoi µcxihrra.i.,

tenuto nei confronti della tradizione re- diversamente dai µa.ihi-cal/ talmtdim
ligiosa e del principio di tradizione. dei rabbini, non siano i fiduciari delle
Egli non ha mai motivato interamen- sue conoscenze, bens1 i suoi devoti te-
te, per quel che ne sappiamo, il suo pun- stimoni (cfr. Lc.24,48; Act.r,8; Io.19,
to di vista. Ma è certo che si è sempre 35; ;1,24) 259 •

256 Su Mt.n,25-30 cfr. T. ARVBDSON, Das My- 2s1 Cfr. J. ScHNIEWIND, NT Deutsch 2 (1937),
sterimn Chrisli. Bine Studie zu Mt.II, 25-30 ad l., specialmente 146.
(1937). Per Arvedson Gesù è maestro, ma 258 Cfr. anche W . G . KuMMEL, Jes11s tmd der
maestro di sapienza, e non rabbi al modo del-
jìidische 1'raditio11sgedanke: ZNW 33 (1934)
le autorità rabbiniche; anch'egli sottolinea la
rn5 ss.
unicità di Gesù, proprio anche come maestro
di sapienza. 259 Sotto questo aspetto il quadro si potrebbe

lllgran•h:lt'nfro_ \'2
1223 (IVAJ9) µaD11"tnç C 4 (K. H. Rengstorf)

g) Riepilogo. spesso negata, nello stesso rapporto per-


Lo studio delle affermazioni evange- sonale dei discepoli con Gesù '1JIJ. Inol-
liche intorno ai discepoli di Gesù ha tre permette di capire perché il cristia-
dato un doppio risultato : no delle origini non conosca ancora l'i-
a.) nonostante l'affinità formale con dea di una sequela di Gesù nel senso
l'istituto del talmld del tardo giudai- di imitatio Christi 261 •
smo, non esiste tra questo e i µo:.-a1J'W.l
di Gesù un'intima affinità. Questo per- 4. I µamrca.l di Giovanni Battista
ché i discepoli, tanto per l'origine quan- a) Gli evangelisti mostrano che non
to per l'esistenza, sono condizionati dal- solo Gesù ma anche il Battista è cir-
l'autocoscienza di Gesù: egli non è per condato da µcdhJ'ta.l 262.
essi un rabbi/otO&.o-xa.À.oç, ma è il lo-
ro Signore. Che essi si chiamino µa,- Come essi si siano uniti a lui, non è
detto. Può darsi che l'abbiano fatto sen-
-a·q·w.l, non muta affatto questo qua- za uno speciale invito, cosl come Flavio
dro. Giuseppe da giovane visse per tre anni
B) Il rapporto che Gesù stabilisce tra con l'eremita Banno (vit.II)'Jb3.
sé e i discepoli già implica che il com- Il quadro è importante per noi per-
pito a cui sono stati chiamati come suoi ché in esso i µa.i>11'ta.l del Battista non
µa.ihrml è di rendere testimonianza a compaiono come un gruppo libero, in
lui. Dato che la primitiva predicazione continuo andirivieni, ma come una cer-
cristiana, per quanto ne sappiamo, fin chia di discepoli, esteriormente e inte-
da principio è stata testimonianza di Ge- riormente compatta, legata intimamen-
sl.1 e non ripetizione della sua predica- te al Battista.
zione, questo è un risultato di grande
Il numero dei µalh}'tal del Battista
importanza. Esso fonda questo dato di poteva essere, secondo Io.4,1, non tra-
fatto, la cui originarietà è stata troppo scurabile. Sembra che essi avessero an-

ancora notevolmente ampliare e completare. to teologico nella chiesa 'protocattolica'.


Ma questo ci porterebbe in una sfera di pro-
blemi diversa da quelli che debbono essere 260 Vedi anche K. BoRNHAUSER, Das ]obannes-
trattati in questa sede. Ma va rilevato almeno Evangelium eine Missionsschrift /ur Israel
che la chiesa palestinese ha avuto un suo ge- (1928) 156: gli undici «non sono altri scribi,
nere di rabbinato cristiano (cfr. SCHLA'l"l'llR, mn testimoni».
Gesch. d. erst. Chr., 362 ss., specialmente 368 261Cfr. R. SEEBERG, Die Nach/olge Christi, in
ss.). Però è più che discutibile se già Matteo Aus Religion und Geschichte 1 (1906) l -41
vi appartenesse (v. E. v. DoesCHOTz, Matthiit1s (specialmente 9 ss.).
als Rabbi und Katechet: ZNW 27 [1928] 338
ss.). Le affinità che si possono notare non van- 262 Cfr. E. LOHMEY.ER, Das Urchristentum, r.
no al di là di aspetti formali, oltre i quali nep· Duch: Johannes der Tiiufer (1932) n4 ss.
pure Dobschiitz produce attestazioni. Del tut- 263 Ma Flavio Giuseppe qui non usa µa~"ti}ç,
to diverse sono le circostanze dcll'insegnamen- bcnsl t,;71)..w-.i)ç (-> coli. II83 s., n. 191).
µa.ìh']Ti]<; l, 4 tK. ti . .KengstortJ

che una regola, perché sappiamo che solidò il gruppo dei suoi µa~11-i:a.l più
digiunavano (Mt.9,14 par.) e avevano fermamente di quel che fosse nelle sue
una preghiera insegnata dal Battista, che
essi usavano recitare (Lc.II,1) 264 • In intenzioni (cfr. Io.3,26, oltre a passi
Io.3,25 i discepoli del Battista appaio- come Act.18,25; 19,I ss.)26'J. Ma è dif-
no come suoi sostenitori in una disputa ficile dire qualcosa di sicuro, data la
con i Giudei sulla purificazione (xcd}a.-
pL<Tµ6c;), nella quale si può vedere un mancanza di notizie più precise sui µa-
accenno al battesimo di Giovanni(~ IV, ì)'l')'t"a.l del Battista.
col. 1298) 265 • Più tardi alcuni µa.~11-.a.l
gli sono vicini in carcere e possono così Alcuni vogliono credere che anche
trasmettere a Gesù una sua domanda Gesù fosse, all'inizio, un µa.~'l'}'t"lJ<; del
(Mt.II,2par.) 266 • E dopo la sua uccisio· Battista, e questo a motivo delJ'appel-
ne furono, secondo Mt.14,12 par., i suoi lativo di Na.swpa.i:oc; (Mt.2,23), che lo
discepoli a seppellirlo u;;. La comunità indica come un osservante. Ma, ad on-
continua dunque ad esistere anche do- ta di alcuni argomenti linguistici ed og-
po la sua morte. gettivi a suo favore, l'ipotesi rimane e-
stremamente dubbia.
I discepoli del Battista hanno una di-
retta importanza nel N.T. per il fatto b) È certo che i µa.ih1-.a.l del Batti-
che, secondo Giovanni, i primi disce- sta restano uniti anche molto tempo do-
poli di Gesù provenivano dalle loro file, po la sua morte. Lo attesta già il fatto
dalle quali erano usciti in seguito a una che Flavio Giuseppe, intorno al 90 d.
parola del Battista che aveva mostrato C., poteva ancora ricorrere a testimo-
loro Ja via (Io. l ,35 ss. ). In base alla nianze viventi del Battista 270 • Tali noti-
predicazione del Battista come è narra- zie - a prescindete dalle possibilità sto-
ta da Giovanni, questo passaggio sem- rico-religiose che esse comportano - so-
bra logico 268 • Tanto più strano risulta no interessanti anche perché gli Atti
quindi che lo stesso Battista non lo ab· parlano due volte di uomini che, pur
bia compiuto e, con lui, molti dei suoi essendo cristiani, non conoscono il bat-
µa.lh}-.a.l (~ coll.1226 ss.). Forse il mo- tesimo nel nome di Gesù ma solo
tivo è da cercare in una dottrina sul bat- quello di Giovanni Battista. La prima
tesimo sostenuta dal Battista, che con- volta si tratta di Apollo, un giudeo a-

264 ScHI.AT'l'ER, Komm.Lk., 296 deduce giusta- con un talm'id, che lo serve; dr. P. BILLER-
mente da II,1 che la fonte utilizzata da Luca BECK e~ n. 150): Nathanael 34 ( r 918) .5.5 ss.
parlava di un gruppo fisso di discepoli del 267 La scena di Io.19,38, dove si parla della
Battista. In ciò essa è in contatto con Io.3,25, sepoltura di Gesù, è parallela.
che distingue i dìsccpoli del Battista dagli
'Iouoa~oi.
2"3Ci sono molti motivi di pensare che l'auto·
re del rv Vangelo provenisse dai discepoli del
265 Cfr. anche ScHLATTER, Komm.]oh., 105 s., Battista; V. LOHMEYRR, o.e., II9, nota l.
ad l., che per illuminare il contrasto cita anche
Flavio Giuseppe, ant.18,117. 269 Cfr. LoHMEYER, o.e., II7 ss.
266 Anche Aqiba in carcere è in compagnia 210 Vedi ScHLATTER, Geseh. d. Chr., 74.
µa:lhrd1c; C 5 (K. H. Rengstorf)

lessandrino 271 , che più tardi fu colla- to è solo che gli studi in proposito fat-
boratore di Paolo (I Cor. 1, !2; 3, 6; ti a partire dal N.T. portano in parte
alla storia delle sette giudaiche, in par-
Act.18,24); la seconda di un gruppo di te addirittura oltre i confini del giudai-
dodici (Act.19,7; ~II, col. 1566) µr.dh1- smo, alla gnosi sincretistica 273• Per lun-
"tct.l efesini. È bene prendere le notizie go tempo si fu inclini a porre il mo-
vimento del Battista in stretto contat-
cosl come sono 272, cioè riconoscere che to con la setta battista dei mandei, con-
qui si parla di µa.~l}"tal del Battista. siderando Giovanni e il suo gruppo co·
Allora si ha un quadro istruttivo della me appartenenti alla cerchia più vasta
dei mandei. Il problema posto in que-
situazione religioso-sociologica esistente
sto modo si può considerare chiuso, do-
alla metà del I sec.: i caratteri distin- po che è stato provato che i riti man-
tivi tra il movimento avviato da Gio- daici presuppongono il rituale battesima-
vanni e quello di Gesù non sono scom- le dei cristiani siti e che la figura del
Battista appartiene alla tradizione man-
parsi, ma neppure si sono irrigiditi. Ciò daica della generazione seriore 274 • Con
corrisponderebbe, del resto, al rappor- ciò cade anche l'ipotesi che Gesù, attra-
to personale del Battista con Gesù, che verso il Battista - di cui sarebbe stato
discepolo - abbia avuto rapporti con
non è stato spiegato razionalmente ma i mandei 275 • E ciò esime anche dalla ne-
è rimasto fino alla fine un rapporto di cessità di trattare qui ulteriormente la
fede (Mt.n,2 ss. par.). Se fu possibile questione.
portare senza sforzo a Gesù tanto A-
5. µ.aihrd1c; come denominazione
pollo quanto gli uomini di Efeso (Act.
dei cristiani negli Atti
18,26; 19,3 ss.), appare con quale se-
rietà la comunità del Battista (confor- Ad eccezione di 19,I e 9,25 (~ coll.
me a Io.1,29 ss.) guardava a Gesù. r233 ss.), µ.a.i)1)'t'YJç negli Atti sta rego-
larmente a indicare i cristiani. Resta da
La presenza di discepoli del Battista
molto dopo la sua morte pone il pro- chiarire come si sia giunti a quest'uso
blema del loro destino. Quel che è cer- linguistico e da che cosa esso tragga la

171 La notizia mostra come la predicazione del µalh1i:1J<; negli Atti sarebbe sostanzialmente
Battista fosse pervenuta anche alla diaspora più ristretto di quello che è, se veramente in
dell'Egitto, e dà cosl un'idea eloquente della 18,24; 19,1 ss. s'intende parlare di discepoli
in!luenza esercitata dal Battista su tutto il giu- del Battista. Ma il risultato dell'indagine è
daismo (cfr. Mt.3,5 con Lc.3,I5; IÒ.I,I9 ss.). discutibile.
212 W. M1cHAl!LIS, Die sogenannten ]ohannes- 273 Cfr. le brevi osservazioni di LoHMEYER, o.
]iinger in Ephest1s: NkZ 38 (1927) 717 ss. (cfr. c., l84ss.
anche }ACKSON-LAKE I 4 [1933] 231 ss.), cerca
di dimostrare che i µr.d}l']'ttX( nominati in Act. m H. LIETZMANN, Ein Beitrag zur Mandiier-
19,1 (e anche Apollo: Act.18,24) sarebbero f rage: SAB (1930) 27, con bibliografia (altra
stati dei cristiani; ma battezzati dal Battista (co· blbliogr. in BAUl!R, Joh.1 ). ·

me indicherebbe la loro risposta in 19,J) e che 273 Cfr. LIDZBARSKI, Johannes, 30; R. BuLT·
soprattutto non avrebbero saputo nulla della MANN: ZNW 24 (r925) 10oss. (specialmente
pentecoste. Qualora ciò fosse esatto, l'uso di 143 ss.).
µcxih1-.i)ç C 5 (K. H. Rengstorf)

sua peculiarità. Il problema ha un a- sionalmente il concetto viene precisato


spetto linguistico e uno di contenuto. (9,1: ol. µcx.i>ri-.a.t "t"OU xuplou ). Ciò fa

a) Sull'aspetto linguistico va innan- pensare che gli Atti chiamando a questo


zitutto rilevato che Ja presenza di µa- modo i cristiani si conformino ad un uso
llri·t"'fiç per definire i cristiani è limitata ben stabilito, che a sua volta rimanda a
a certe parti degli Atti. una autodesignazione dei cristiani pale-
stinesi.
µcx.lll)'tlJ<; compare per la prima vol·
ta in 6,1 e si riscontra, sia pure con Che si intenda parlare genericamente
qualche interruzione, fino a 21,16. Pri- di cristiani e non di discepoli personali
ma di 6,1 i cristiani sono chiamati ot di Gesù, o per lo meno anche di cri-
mO"-.i::ucrcx.v"t"Eç (2,44; 4,32), ot à.oEÀ.<pol stiani che non siano stati personalmen-
(1,15), e cosl più volte anche tra 6,1 e te in compagnia di Gesù, risulta facil-
21,16 (n,r.29; 12,17; !4,2 ecc.) e do- mente da uno sguardo ai passi in paro-
po 21,16 (2! 1 17; 28,14ss.); inoltre so- la. Timoteo in Act.16,1 è detto µa.-l}ri-
no detti ot <plÀot, ot &ytot, ecc. m. 'tTJ<;; è difficile supporre che egli abbia
L'uso di µcx.ll1)"t"lJ<; è cosl poco siste- avuto dei contatti con Gesù; anzi ciò è
matico, che ha potuto persino essere escluso da I Tim.1,2; 2 Tim.1,2 ("t"ÉX-
usato come indice di una divisione vov); l, 5. Durante il primo viaggio
delle fonti degli Atti 277 • Nel quadro missionario la presenza di µa.i}r}'t'ctl nel
linguistico rientra inoltre una certa corso della narrazione appare conie un
tendenza della tradizione testuale ad au- frutto del lavoro di Barnaba e Paolo
mentare l'uso di µcx.i}1)"t"TJ<; a spese di (13,52; 14,2oss; cfr. anche 18,23). La
altri vocaboli ( l, l 5 [invece di à.SEÀ- espressione 1tÀ."flituv6v"t"WV "t"Wv· µa.it11-
qi6ç] nei codd. SP Dpm sy; 20,7 [inve- -cwv, «aumentando il numero dei disce-
ce di 1]µwv] nei codd. HL P 278 ), oppu- poli» (6,1) indica il successo missiona-
re a inserirlo a titolo esplicativo ( 6 ,5, rio della comunità delle origini.
codd.Dh). È da notare infine che µa.- Che si tratti di un uso consolidato,
i}TJ•1Jç non compare nei passi in prima appare anche dal fatto che µa.l)l}"t1)ç
plurale, ad eccezione di 21,4. 16; ma senz'altra aggiunta come designazione
nel secondo di questi due casi si parla, di cristiani non è attestato al di fuori
sl, di cristiani in genere, ma specialmen- degli Atti 279• Questa osservazione assu-
te di un certo Mnasone, che è detto &.p· me tutta la sua importanza se si conside-
xo:ioç µa.'Ì}1)"t"1)ç (come, in 9,IO Anania); re che Paolo non usa mai - seppure lo
~ ancora n. 283. usa - µa.i}ri-.i)ç con questo significato,
che la parola non ricorre in questo sen-
Normalmente µa.i}"fl"t"fiç compare sen- so neppure nella fonte in prima plurale
za aggiunta esplicativa. Soltanto acca- degli "Atti (~ coll. n90 s.)iro e che la

276 Cfr. la raccolta in }ACKSON-LAKE 1 5 (1933) 279 HARNACK, Miss. I 411, n. 4.


3.57 ss. (Nota xxx: Names for Christians and 280La designazione di àpxcxi:oc; µaih]'tTjç, usa·
Christianity in Acts). ta per Mnasone in Act.21,16, dovrebbe dire -
277 R. ScHiiTZ, Das Que/lenproblem der Ag., nonostante le obbiezioni di HARNACK, Miss. I
in Harnack-Ehrung (1921) 44 ss. Cfr. anche 4n, n. 2 - che egli sarebbe stato un disce-
]OACH. }BREMIAS (~ n. 205). polo personale di Gesù (cosl anche }ACKSON·
273 ]ACKSON I 3 (1926) 192, ad l. LAKB I 5,377). Né il suo nome greco (~ col.
1231 (IVA62) µo:ilri-..i]ç C 5 (K. H. Rengstorf)

letteratura successiva al N.T. dal punto rçQ À.6y~ >ti;> È~; cfr. Act.14,22). Sul
di vista linguistico è stata sempre più el- collegamento tra µatTlJ't'1Jç e 1tLCT'ttc; cfr.
lenizzata 281 • Tutte queste considerazio- anche Io.2,II; 20,24 ss.; e soprattutto
ni permettono di concludere che l'uso 6,60 ss., dove allontanarsi da Gesù si-
linguistico degli Atti risale al nome che gnifica non credere in lui e come tale
i cristiani palestinesi erano soliti attri- segna anche la fine dell'appartenenza al-
buirsi 282 • In rispondenza a µa.tTT]'tc:tl es- la cerchia dei discepoli(~ coll. 1207 s.).
so doveva essere il semplice talmldtm 2Al.
Il Vangelo di Giovanni è anche la
b) Quanto al contenuto di µatTT)'t'TJc;
chiave per la comprensione di µa.it11-c1Jc;
come designazione dei cristiani negli
in questo significato. Come la caratteri-
Atti, va rilevato soprattutto che i pas-
stica di un talmtd/µaitTJ't'fic; è che non
si relativi lo usano per indicare coloro
si allontani da quello che ha ascoltato
che hanno creduto che Gesù è il Cristo.
dal maestro(~ col. 1172)), cosl la ca-
In ciò l'uso linguistico degli Atti con-
ratteristica dei µa.itT)'ta.l di Gesù è che
corda con quello del quarto Vangelo.
essi restino nella sua parola. Inoltre
Act.6,7 è caratteristico a questo ri- talmtd, a prescindere da una comunio ·
guardo: vn'l)xouov 'tTI 7ttO''tEL. In 9,26 i ne personale, può indicare una comu-
cristiani di Gerusalemme dubitano di
Paolo e si chiedono se abbia abbraccia- nione spirituale, in certi casi a distanza
to la fede {lht ÈO''tt\I µaiTrJ>t1Jc;). Secon· di generazioni(--> coll. l 182 s.). Questo
do 14,22 Barnaba e Paolo confermano uso linguistico dev'essere stato accolto
l'animo dei µaih1>ta.l con l'esortazione
dalla comunità primitiva, tanto più che
a perseverare nella fede (ȵµ.É\IEW 'tfÌ
7ttCT'tEL; cfr. anche 18,23). Anche in 18, la presenza operante dello Spirito le as-
2 7 sono collega ti µctltTJ't'TJ<; e 7tLO'"tEVW. sicura la continua, diretta comunione
Il passo classico in cui si trova lo con Gesù. Anche su questo punto, cioè
stesso collegamento nel quarto Vangelo
è fo.8,31, dove s'incontrano persino le nell'affermazione che essere discepoli e
stesse formule usate negli Atti. Agli possedere. lo Spirito vanno uniti, gli
'Iovoaiot pervenuti alla fede Gesù inse- Atti concordano interamente con il Van-
gna che essi saranno àì-.T)ilwc; suoi µa.-
t>TJ't'<X.t {7tE'ltLCT'tEux6·rn;) se resteranno gelo giovanneo (cfr. lo.14,15 ss.; 15,26
nella sua parola ( Èà.\I uµEi:c; µEt\ITj'tE lv s.conAct.9,17[2]!]; 13,52; l9,1ss. [i

x214), né la sua provenienza da Cipro (Barna· 283Act.21,4.16 non presenta alcuna difficoltà,
ba era cipriota ed era probabilmente non so- perché quel passo è ambientato in terra pale-
lo µo:lh).-i)ç ma anche apostolo,~ I, coli. u30 stinese (Tiro). Un cèrto parallelo è offerto del
ss.) sono efficaci motivi per affermare il con· resto dagli scritti giovannei. Soltanto nel Van·
trario. Su 21,4 (16)~ n. 283. gelo Giovanni parla di µo:ih1-tcd di Gesù;
281 Cfr. i testi in HARNACK, Miss. I 4n s., n. le lettere e l'Apocalisse, invece, non hanno
questa parola. Data la chiarezza e l'essenziali-

282 Se ciò è esatto, anche la fonte usata da Le.,
tà del concetto giovanneo di µcdh1-c1Jc:;, ciò può
che ha quest'uso linguistico, è di origine pale- spiegarsi in quanto per l'autore tale concettc
stinese. Forse non è sufficiente chiamarla 'an- sarebbe stato fuori posto nelle lettere e nel·
tiochena'. l'Apocalisse (-> anche n. 280).
µrx.ihrciic; C 6 (K. H. Rengstorf)

µa.ihrrn:l senza lo Spirito non sono ve- da parlare di cristiani raccolti da lui a
ri µcx.ihrrn.l]; 2 I,4). D'altra parte, non Damasco; infatti sono i suoi µaill]Ta.l
era altrettanto facile che il vocabolo che gli salvano la vita. Ma negli Atti
µa.ihyt"i)ç fosse accettato anche dalle co- µ.cx:i}l]i:l]ç non è mai usato in questo
munità greche, perché avrebbe potuto in- senso. Se non si vuol rinunciare a dire
generare l'equivoco che il cristianesimo qualcosa di più preciso, resta, sulla ba-
fosse una corrente filosofica™. Si spie- ~e dell'uso linguistico del N.T., una so-
ga così come l'uso linguistico non si la possibilità: i µcx.i}l]"t"a.L a.1hov sono i
sia affermato nell'ambiente greco 285 e stmi accompagnatori sulla via di Dama-
come 1J.cdhJ'tlJç nel significato di cristia- sco, che sotto la sua guida e grazie alla
no ( = di:rcepolo di Ge:rù) sia caduto in sua testimonianza sono giunti anch'essi
disuso anche nel terreno cristiano pri- alla fede e che ora lo salvano da un
mitivo. pericolo mortale.

Non si può dubitare che il pronome


6. µr.x.i}l]'tCl.L di Paolo in Act.9,25? aÒ'tOV sia originario™. La lezione dei
codd. EHLPSgig e syPhsa bo ( a.v-ròv oi
Act.9,25 dice, parlando di Paolo: Àa- p.a.i}l]Tal) va considerata come lectio
BoV'tEç ÒÈ ot µcx.i}l]TCl.t Cl.V'tOV VUXTÒç facilior 287 • Inoltre è improbabile che <J..Ò-
Tcu sia retto da À.a.~oVTEt;. Tuttavia è
OLtX 'tOU 'tELXOVç xa.i}fjxa.v cx.1hÒ\I xcx.À.6:-
certo che questo genitivo è obbiettiva-
C1Cl.VTEç È\I tr7tuplot, «i suoi discepoli lo mente difficile.
presero di notte e dal muro lo calaro- Meno acuto il problema di critica te-
no entro una cesta». Questo testo par- stuale si ripresenta in Act.14,20, dove
i codd.DdEe (ma non h) leggono: xu-
la inequivocabilmente di µcx.i}r)'tCX.l di xÀ.wo-6.vi:wv oè:. 'tWV µa.i}'l'}-rwv a.ù-rov o
Paolo, cosa del tutto possibile giacché eius (invece di a.Ò.,.Ò\1)2Bll. Qui lo aÒ'tov
Paolo, essendo uno stimato rabbino, è indubbiamente secondario, ma la sua
singolare presenza si spiega più facil-
poteva ben avere dei 1..1.a.ihrrnl. Tutta- mente se si suppone che chi lo scrisse
via c'è da chiedersi se qui non s'inten- avesse sott'occhio lo a.Ù'tou di 9 ,2 5.

284 Però gli apologisti hanno seguito questa Atti (JACKSON-LAKE I 3,89, nota ad l.).
via, intellettualizzando per motivi apologetici.
Tertulliano parla addirittura a un certo punto 287 Pochi codd. sostengono ancora ol µo;llri-
(Scorpiace 12) di una Christi schota. Cfr. HAR- i:rx.t rx.ùi:6v, o soltanto oL µrx.i>l]'tcxl (v. ROPES,
NACK, Miss. I 4n, n. 4. ad t.) .Lo Zahn spiega la lezione aÒToii, soste-
nuta dalle maggiori testimonianze, con il desi-
235 Per contro, HARNACK, 411, n. 2, ricorda
derio di evitare un duplice rx.ò-r6v (dopo Àa-
che in una fonte utilizzata da Epifanio (haer.
{36v't"Ec; e dopo xallijxa.v). Ma proprio le con-
29,7) i cristiani trasferitisi da Gerusalemme a
siderazioni esposte da Zahn e Ropes (-+ n . 286)
Pella sono chiamati µrx.thrml.
fanno apparire assai poco verosimile una in-
2ll6 ZAHN, Ag.3 328, n. 16, ad l., lo nega, no-
troduzione posteriore di a1hov.
tando che il N .T. non saprebbe nulla di µrx.-
i>l)"trx.l di Paolo. Lo stesso dubbio è condiviso 21!8 Il cod.E legge addirittura K. o. a.Ò't"ÒV 't"WV
da J. H. ROPES nell'edizione del testo degli ~lallri-rwv a.1hov.
o-uµµa.f>n"Tlic;, 1.w.lh'yt'p~a (K. H. Rengstorf)

D. L'uso LINGUISTICO la cura della aÀ.xwcnc; (dr. il neotesta-


DELLA CHIESA ANTICA mentario eÀ.xoc;, 'ferita'), e dà alla pa-
rola, come anche Diog.L.6,2 (2) il signi-
È catatterizzato dall'introduzione del- ficato di compagno di studi. Non si tro-
l'uso greco-ellenistico di µa..ihyrl]c;, che va in Preisigke, Wort., né in Flavio
attesta l'appartenenza ideale in assenza Giuseppe 1, e nemmeno nei LXX.
di un legame diretto e, in stretto rap-
porto con quell'uso, dell'ormai inevita- Nel N.T. soltanto in Io.rr,16, (con-
bile affacciarsi dell'idea dell'imitazione
di Cristo 289 • Quest'idea in Ignazio è già discepolo al seguito di Gesù), confor-
tanto forte, che per lui soltanto il mar- me cioè all'uso neotestamentario di µ11.-
tire è µaih)'t"l)ç &.ì..'f)ì>'Ì}c; -cou Xptcnou ?tn-.i)c;, in un contesto che sottolinea
(Ign., Rom.4,2; 5,3) 290 • Cosl anche lo
sbocco finale della storia neotestamen- nel contempo la comunione dei µ11.llTJ-
taria di µa.i}'f)'tlJc; è un contributo al -ra.l con Gesù e la comunione fra di
problema dell'ellenizzazione del cristia- loro fondata in Gesù.
nesimo.
In mart. Polyc. 17,3 t:JUµµai)TJ't'fiç è
già sotto l'influenza dell'uso protocat-
t O"uµµa.i}YJ'tlJc; tolico di µai}1)"t1}ç: i µ11.i)ri-.a.l di Ge-
Parola poco diffusa all'infuori del N. sù sono la realizzazione dell'ideale del
T. La più antica attestazione in Platone discepolo, che bisogna imitare.
(Euthyd.272c: Éyw o', wKpl'tw'V, ÈxEi.-
tJE µÈ'V èi.À.À.ouc; 1tÉ1tEtXa cruµµa?t'f)'tciç
t µa.ITT)'tpLl'l.
µot Cj)OL'téi.'V 7tpEO'~U'tctç, «ho persuaso
altre persone anziane a farsi miei disce- Paro1a rara 1, in questo caso anche
poli», nel significato di condiscepolo, per motivi obbiettivi, in quanto cioè le
compagno di studi, o di apprendistato. donne restano sostanzialmente escluse
Lo stesso significato in Pseud.-Cal- dall'attività scolastica. La parola si tro-
listhenes l, 13,5 (p. 14,u ed. G. Kroll va soltanto in autori seriori. Diog.L.8,
[1926]): µE'tà yàp 't!)v otoa.xiJv 7tiX.- 42 \22} informa che Pitagora ebbe una
O'av OLÉCTXLSE x11."tà µÉpoc; "toùc; cruµµa- µ11.1)'1)-.pLa. di nome Theano. Lo stesso
i}TJ'tcXç, «dopo ogni lezione, disperdeva ( 4 ,2 [ 5 ] ) nomina due donne che avreb-
a turno i condiscepoli». Uso precristia- bero fatto parte dell'Accademia plato-
no anche in un frammento di Anas- nica. In questi casi µai}1)'tpta., analoga-
sippo (r,2; C.A.F. m 296). Galeno mente a µa.l)ii't1]ç, è termine tecnico
(p. 12,835 ed. G. Kiihn [1826]) cita per indicare la scolara. Filone ha la for-
una ricetta .àtovu<Tlou cruµµa.i}'f)'tOU per ma secondaria µcx.i)l}-cplc; in una formu-

289 ~ coll. Iz3os. e cfr. HARNACK, Miss. 1 4n cruµµa.lhJ'TlJc;


s., n. 4. Naturalmente resta valido anche µa.- LmnELL-SCOTT, s.v.; PRE.USCHEN-BAUER), s.v.;
ìh}'tl]c; come designazione dei 1.mìh}w.l storici BAUER, lob', a u,6.
cli Gesù. Ma questi sono anche la realizzazio- 1 SCHLATTER, Komm. ]oh., 393.
ne dell'ideale del discepolo.
290 Cfr. al riguardo F. KATTENBUSCH: ZNW
µa&-fi'tpLa
4 (1903) 124 s.; H.ScHLIER, Religionsgescbicht- PREUSCHE.N-BAUE.R', s.v.; LEISEGANG, s.v.
liche Unters11cb11ngen iu den lgnatillsbrie/en I Lo stesso vale per la forma secondaria µa·
(1929) 56 s. lhJ-.plç.
µaihrmlw (K. H. KengstortJ

la (µai)1}'tptc; xat 8Lé~8oxoc;, Deus imm. ·[ µixltt)'tEUw


5) corrispondente a quella greca µcxi}1}-
't'Ìjç xcxt &ci.ooxoc;, «alunno e successo- µa.tJ1)"t'EIJW, derivato di µa.fin't1}c;, in·
re» (Luc., Macrob.19). La parola man- transitivo, significa essere (a) o diventa-
ca in Giuseppe 2 e nei LXX. Ma neppu- re (b) scolaro: cfr. Plut., vit. dee. orat.4
re i rabbini usano un femminile talml- (II 873 cJ: ȵo:.tJTj'tEVO"E o' <X.Ù"t0 (diven-
da, che corrisponderebbe a µa.i7i}'tptCY.. ne discepolo di lui, scil. di Socrate) xcd
Il giudizio rabbinico sulla donna com- 0E67toµ7toc; ò Xioc; xa.i "Ecpopoc; b Ku-
portava l'esclusione di questa dallo stu- µcxfoc; ... (significato b); oppure Plut.,
dio della legge 3 • E anche se vi sono ibid. 6 [u 840 s.]: ol OÈ d'lto\I µ1)0È
state alcune donne dotte nella legge co- µai)11uvcra.l 'tLO'L 'tÒ'V Aloxlv11v (signi-
me Berurja (Valeria) 4, moglie di R. ficato a). La parola manca nei LXX e
Mei:r, si tratta pur sempre di eccezioni, non si trova neppure in Filone 1 né in
e soprattutto esse non potevano preten- Flavio Giuseppe 2 •
dere di essere chiamate talmid o talm2- In questo significato, corrente nel
d!i. greco extraneotestamentario, la parola
In Act. 9,36, l'unico passo neotesta- compare nel N.T. soltanto in una va-
mentario in cui appare µa.i7i}'tptix, è da riante (codd. B ~ pm) di Mt. 27, 57:
domandarsi se Tahita fosse una disce- (Giuseppe d' Arimatea) ȵalt1)'tEVO'EV
pola di Gesù (a) o una cristiana (b). Sul- 't'<';> 'li)O'Ou, dov'è evidente il legame e-
la base dell'uso di µa.lt1}'t'l}ç, anche la sterno ed interno con 1' uso di µet.i}i)-
prima ipotesi è possibile, tanto più che •'lic; nei vangeli. Altrimenti, a diffe-
i vangeli parlano di donne che s'era- renza di ciò che avviene al di fuori del
no messe al seguito di Gesù (Mc.15,40 N.T., µet.i71}'tEuw nel N.T. è sempre u-
s. par.; cfr. Lc.8,2 s.) e anche nell'E- sato nella forma transitiva (Mt.13,52;
vangelo di Pietro (p. 21,9 s., Swete) 28,19; Act.q,21) e significa farsi un
Maria Maddalena è detta µo:i71}'tp&a. 'tOU discepolo. Forse dietro quest'uso della
xvplov. Ma 1' uso linguistico generale parola, che appare per la prima volta
degli Atti suggerirebbe piuttosto il se- nel N .T., c'è l'affermazione che si di-
condo significato. venta discepoli di Gesù (e l'idea affiora
anche in Mt.13,52) solo in base a una
chiamata, che porta uno al suo seguito 3 •
K. H. RENGSTORF

2 ScHLATTER, komm. Lk., 589 a Act.9,36. (.1cdhrtEUW


3 Cfr. STRACK~BILLERBECK 111 561e ~ II, col. 1 Secondo LEISEGANG.
709. 2 ScHLATTER, Komm.Lk., 603 a Act.14,21.
4Cfr. Jew. Enc. m, rn9 s. e Er. b.53b ss.; T. J Un uso parallelo transitivo di ~aa~À.EUW è
Kelim B.Q.4,17, ecc. registrato da CREMER-KOGEL, s.v. Cfr. anche
6
BL.-DEBR. , § 148,1; 309,1; Supplemento, p.
309, a p. q8,n.
Mawix (R. Meycr)

tMavva

r. Dati lessicali Nei LXX µcivva. sta per miin 2 in


Num. n,6 s. 9; Deut. 8,3.16; los. 5,12;
Col nome di miin l'A.T. designa H 2 E<rùp.19,20; ~ 77,24. Da qui l'ha pre-
cibo miracoloso di cui si nutrirono gli so Filone, per es., decal.16; congr.r73;
Israeliti durante la marcia nel deserto sacr.A.C.86; leg.all.3,166. Cfr. FI. Ios.,
(Ex.16,3r.33.35; Num.11,6 s. 9; Deut. ant.3,32, dove si legge anche µciv, a mo-
8,3.16; Ios.5,1T; Neem.9,20; Ps.78, tivo dell'etimologia popolare di Ex. 16,
24 3 ), detto anche pane celeste (Ps.105, 15.
4ob), pane dal cielo (Ex.I6,43 ), o pane Nel N.T. si trova 't'Ò µ&.wa. (Jo.6ar.
semplicemente (Ex. 16,8.12.15.22.32), 49; Hebr.9,4; Apoc.2,17), che è atte-
oltre che grano del cielo (Ps. 78,24b) e stato anche in seguito nell'uso linguisti-
pane degli angeli (Ps.78,25a) 1• co cristiano; per es. ev.Heb. 4 (Epiph.,
Il nome presenta una omofonia col haer. 30, 13) e Preisigke, Sammelbuch
greco -i} µ<iwa, boccone, midolla, chic- I 5977·
co, e specialmente 'granelli d'incenso'.
Nella letteratura greca il termine s'in- 2. La manna nell'A.T.
contra a partire da Ippocrate; si veda
inoltre una ricetta contro l'epistassi, in Il motivo della manna rientra già nel
Pap. Oxyr. VIII 1088 col. I 21 ss. (sec. I più antico strato narrativo del Penta-
a.C.): µ<iwav <pupaa'O\I X.UÀWL 7tpMWL
xai lvciÀ.tlj/ov -còv x.uÀÒv iivootJEv, «me- teuco 3, insieme con l'acqua sgorgata
scola dell'incenso con succo di cipolla, dalla pietra e col miracolo delle quaglie.
poi spremi dentro il decotto». Può dar- I modi di presentare la manna sono va-
si che il neutro indeclinabile µ6:wa. de-
ri, e le stesse fonti risultano assai ap-
rivi dalla trascrizione dell'ebraico (µù:v;
dr. Ex. 16,3r.32s.35) a seguito della pesantite da una rielaborazione redazio-
omofonia. 4
nale ; ma si possono rilevare due con-

M<iwix
Thes.Steph., PAPB, PAss.(CR.), LmnELL-ScOTT, Per il punto 3: JewEnc, I.e.; MooRE 1 445 ss.;
MOULTON·MILL., PREUSCHEN·BAUER', s.v. STRACK-BILLERBECK I 86 s .; II 481 s.; III 4n.
Sul punto 2: GESENIUs-BuHL 17 432; H. 737.739.793; 1v 506.509.890.954; P. VoLz,
GRESSMANN, Mose u11d seine Zeit (1913) 124 Esch.388 s. 404.
ss. 136.386.462; H. Gunm: RE3 21,537 ss.; P. Per il punto 4: i commentari a Io. 6, 31. 49;
HAUPT, Manna, Nectar and Ambrosia = Pro· Hebr.9,4; Apoc.2,17.
ceedings of thc American Philosophical Socie- 1 lebem 'abbirim; ljl 77,25: IJ.pi:oc, ò:yy€)..w'I;
ty 61 (x922) 227 ss.; fo.: American Journal of cfr. Sap.16,20: à.yyt)..wv i:poqni.
Philology 43 (1922) 247 ss.; A. KAISER, Der
2 Talvolta µ6.wix è anche trascrizione di min-
beutige Stand der Ma1111afrage: Mitteilungen der
Thurgamischcn Naturforschenden Gesellschaft
ba, 'offerta', 'oblazione incruenta', che retta·
mente si trascrive µavaa.
25 (1924) 99 ss.; L. KoHLER: RGG' m 1975
s.; A. MACALISTER, art. 'Manna' in HAsTINGS, 3 Dì diversa opinione, ma a torto, è J. HEM·
D.B. III 236; M. SELIGSOHN, art. 'Manna', in PEL, Althebr. Liter. tmd ihr hellenistisch·fiidi·
JewEnc 8, 292 ss. Per altra e abbondante bi· sches Nachleban (1930) 92.
bliogralia cfr. PRil.DSCHllN-BAUER3, GESENIUS- 4 Per valutare la diversità di opinioni csisten·
BUHL, A. KAISER, l.c. te fra gli studiosi a questo proposito, basta
Mci.wa (R. Meyer)

cezioni, proprie dei dowmenti J5 e P 6. 20.24); ha il gusto di pane all'olio e


viene paragonata al seme di coriandolo
Secondo la tradizione jahvista (J) la e al bdellio (Num.u,7.8b) 9 •
manna cade dal cielo con la rugiada (Ex. Su queste due descrizioni della man-
r 6, 4 a. r 3 b); appare come una precipi- na hanno evidentemente influito due di-
tazione atmosferica granulosa simile al- versi elementi di ordine naturale 10• In
la brina (v. 14), e al vederla il popolo J il liquido simile al miele escreto dalla
chiede stupito: man hu' = che cos'è? Di tamarix mannifera, in P il «lichene del-
qui il suo nome di man = manna 7 (v. la manna» 11 • Tanto in J quanto in P i
15a. 31a). La manna ha l'aspetto del se- fotti naturali sono stati ampliati e idea-
me cli coriandolo e il sapore del miele lizzati coi colori della leggenda; l'uno
(v . 31b). La si raccoglie giorno per gior- o l'altro particolare fu anche ulterior-
no secondo il bisogno di ciascuno (v. mente sviluppato in forma autonoma, o
21"), all'alba, perché il sole la fonde (v. addirittura introdotto ex novo.
2rb). Jahvé ha dato al popolo questo
cibo miracoloso durante i quarant'anni
<lel cammino nel deserto. La descrizione 3. Manna negli scritti
è alquanto diversa nei vari strati del- del tardo giudaismo
la tradizione sacerdotale (P) e in Nttm. Nel quadro ideale che il tardo giudai-
8
l I ,7-9, che risale a un redattore . Qui smo s'è fatto della migrazione nel de-
con la manna si fanno anche focacce, o serto anche la manna ha un posto es-
la si fa bollire (Ex.16,23; Nttm.u,8); senzi~le. Secondo la concezione rabbi-
la si riduce in farina, come i cereali, con nica essa fu creata insieme alla 'fonte'
la macina o un mortaio (Nttm. n,8; cfr. (si allude alla roccia dalla quale Mosé
Ps.78,24b). Il giorno dopo diventa im- fece scaturire l'acqua) 12 e ad altre cose
mangiabile perché imputridisce (Ex. r 6, nel sesto giorno, sull'imbrunire, poco

confrontare-> GRESSMANN 124 n. 2; HOLZIN- r5b-17.19 s.22-26.32.34a.35b. Di questi versetti,


GER a Ex.16,II ss., in KAUTZSCH l n9 ss.; In., 2--26 sono assai recenti (HotZINGER: P•), e lo
a Num.II,4 ss., ibid.217 s.; ErssFELDT, Hexa- sono pure 32a.34•. Meglio è, tuttavia, conside-
teuch-Synopse (1922) 37 ss. 139* ss. 161*; cfr. rare i vv. 32-34 come un'unità, come fanno
ancora i commentari a Ex.16. HOLZINGER (P<) e EisSFELDT (-;. n. 4) :r41* s.
5 Con -;. GRESSMANN 124 n. 2, assegnamo a Redazionale è Num.n,7-9.
J i passi di Ex.16,4a.13b-15s.31.21.35a. Questo, 7 Per l' etimologia popolare cfr. ~ GRESS-
secondo GRESSMANN n6, è il più antico stra· MANN 126 n . 3; diversamente cd erroneamen-
to cli J, che non contiene ancora il precetto te -;. HAUPT: Amcr. Journ . 248: «L'etimolo-
del sabato. Inoltre il Gressmann accetta anco- gia popolare ... dev'essere una glossa tardiva».
ra due varianti della leggenda della manna,
8 Poiché la descrizione della manna in P e in
intrecciate con il motivo del sabafo, e indica
questo redattore è la stessa, possono aver avu·
la seguente divisione: 16,4b. 5.27.29-30 (cfr.
to tra mano ambedue lo stesso materiale.
G1rnSSMANN 128 n. 3 con 124 n~ 2). Meglio
è tuttavia seguire HotzINGER (~ n. 4), il qua- 9 Da ~otare, per P. la forte spiritualizzazio-

le assegna Ex.16,27-30, come pure i vv. 22-26, ne teologica dcl motivo della manna; cfr. voN
a uno strato tardivo di P; il v. 5 deve consi- RAD, Dic Priesterschrift im Hexateuch ==
derarsi come un'anticipazione redazionale dcl BWANT rv 13 (1934) 56s.; un ulteriore pas-
v. 22. Inoltre a J appartiene anche Num.u, pnsso avanti compie De11t.8,3 (G. VON RAD).
4-6. Cfr., oltre a GRESSMANN 124 n. 2, HoL- IO Diversamente, ma forse a torto -;. GRESS-
ZINGER, ad l. MANN r35 SS.
6Secondo Gressmann appartengono a P: Ex. Il -;. KAISER 103 ss. Il5 ss.

16,1-3.6 s. (con aggiunte redazionali) 9-13;'· 11 Ex.17,6.


M&.vvrx. (R. Meyer)

prima che Jahvé cominciasse il riposo seguito sviluppato il concetto; dr. S.


del sabato 13• Ci si chiede anche il mo- Num.89 a rr,8 18 • Che la manna sia con-
tivo per cui Jahvé ha creato la man- siderata come cibo degli dèi, apparireb-
na. Rabbi Jehudà b. Josè (c. I8o d. be anche da una tarda aggiunta a P: in
C.) dice: Israele ha avuto tre ottimi Ex. 16,32-34 (~ n. 6) si dice che un
provveditori (prnsim): Mosè, Aronne 'gomor' di manna fu deposto davanti a
e Miriam; grazie ad essi furono elar- Jahvé in vista di tutti, come i pani del-
giti a Israele tre grandi doni: la fon- la proposizione 19• L'autore del passo
te, la colonna di fuoco e la manna. Il non ha più, tuttavia, un'idea chiara di
popolo deve la fonte a Miriam, la co- quel che significava originariamente quel-
lonna di fuoco ad Aronne e la manna l'atto di culto: vi vede semplicemente
a Mosè 14 • Diversa spiegazione in Ex. r. un modo di ricordare il cibo miracolo-
25 a 16,4; qui il popolo riceve un cibo so fornito un tempo da Jahvé. Al dire
e una bevanda miracolosi come ricom- dei rabbini, l'arca dell'alleanza contene-
pensa per aver accettato la Torà. va un'ampolla 20 o un cestello 21 con
Bisogna notare che qui manna e ac- manna. Quando l'arca fu nascosta, sot-
qua sono nominate l'una accanto all'al- to Giosia, anche la manna scomparve;
tra: ambedue, secondo il pensiero rab- sarà Elia che un giorno la riporterà 12•
binico, hanno accompagnato insieme gli Dato che Ex. r6,J2-34 fa pensare alla
Israeliti attraverso il deserto 15• Questo presenza della manna nel tempio post-
accostamento di manna e acqua può es- esilico, le asserzioni rabbiniche vanno
sere stato favorito dal pensiero del ci- considerate come invenzioni intese a
bo e della bevanda degli dèi - nettare idealizzare il passato 23 •
e ambrosia 16 - come elementi vitali. E In contrasto con Flav. Ios. ant.3a1,
che proprio questo concetto sia sullo secondo gli scritti rabbinici e apocrifi
sfondo delle esposizioni rabbiniche, lo nell'era presente non esiste più manna
dimostra la descrizione stessa del cibo per gli abitanti della terra; essa è riser-
miracoloso. In Ps. 78, 25a (tardo), la vata esclusivamente agli abitanti del cie-
manna è presentata come pane degli lo come cibo divino. R. Meir (c. 150)
angeli 17, che si mangia senza averne mai dice che i mulini che macinano la man-
nausea, poiché, al dire di Sap.I6,20, as- na per i giusti defunti si trovano nel
sume ogni sapore. I rabbini hanno in terzo cielo 24 • Che i giusti del mondo di
13 S. Deut. § 355 a 33,n; Ab.5,6 Mek. Ex. Ps.78, § 3 (173a).
a 16,32; Pes.b._54a; Tg.]. I a Num.22,28; dr. 18 Per i pagani invece la manna è immangia-
STRACK-BILLERllECK IV 506. bile, dr. Tanh.B. bsl}J § 22 (34a}. Più vasta
14T. Sotà 11,10; anche Taan.b.9a; dr. inoltre documentazione dei suoi multiformi usi: Mek.
Mek. Ex. a 16,3.~i Seder O/am r. rn; Num. r. Ex.18,9; Mek.Ex.16,21; Jomà b.75a; Num. r.
1a1,1; Tanh.B. bmdbr § 2 (1 b); Lev.r. 27 a 7 a 5,1; Ex. r.25 a Ex.16,4; cfr. STRACK-BIL-
22,27 e passim. La tradizione è accennata an- LERBllCK Il 481.
che in Sotà j. 17C 11 ss. Cfr. anche STRACK - 19 Cfr. --'> GRESSMANN 136 n. x.
BILLERBECK II 482.
20 Tg.O. a Ex.16,33 s.; Cfr. Tg.]. 1, ad l.
15 Il medesimo pensiero è presupposto in r
Cor.10,3 s.; ~ n. 31. 21 T.Jomà 3,7; Ab.R.Nat.41 (67a).
16 Cfr. anche K. WERNICKE, in PAULY-W. I
22 Mek. Ex.16,33 e paralleli; cfr. STRACK-BIL-
(1894) 1809 ss. LERBECK lII 739 S.
11 Aqibà (te. 135) designa la manna come ci- 23 Diversamente W. 0ESTERLEY - TH. ROBIN-
bo degli angeli del servizio Jomà b.75b Bar.; SON, Hebrew Religion (1930) 144.
cfr. Mek.Ex. a 16,15; S. Num.88 a u,6; Midr. 24 Cfr. Hagiga b.12b; inoltre R .MEYER, Helle-
Mavvu (R. Meyer)

là si nutrano di manna, è pure opinio- 4. Il motivo della manna nel N.T.


ne di Sabdai b. Levi (c. 240) in Tanh .
bJlp 21 (33b, Buber). Sulla stessa linea a) Nell'ambito del N. T. il motivo
è Bar.gr.7, quando afferma che la fa- della manna si trova prima di tutto in
volosa fenice si nutre della manna del
cielo e della rugiada della terra 25 .
lo. 6,3 r.49. Il termine manna, che vi fì..
Il motivo della manna compare inol- gura due volte, si alterna con l'altro, più
tre nella dogmatica del regno messiani- frequente di pane del cielo 2~ ( 4' 77 ,24).
co. Qui la manna in quanto cibo che Invece senza corrispondenza, tanto nel-
salva dalla fame nel deserto sarebbe, a
dir vero, superflua perché è caratteristi· l'A.T. quanto negli scritti giudaici, è la
ca essenziale di questo tempo la straor- formula pane di vita o pane vivo (~ I,
dinaria abbondanza di ogni frutto. Tut· coll. 1269 s.). La pericope giovannea di
tavia essa vi ha trovato posto in quan-
to si credeva che il futuro tempo di sal- 6,1-13 racconta la moltiplicazione dei
vezza dovesse corrispondere a una idea- pani presso il lago di Tiberiade. Poiché
lizzazione del passato. Se in quest'ulti- in questo modo Gesù si è rivelato co-
mo il cibo divino è stato concesso agli
uomini, lo stesso deve avvenire anche me il profeta atteso, la gente di Galilea
nel regno del Messia. Dice quindi Sib., vuole incoronarlo re (vv. 14 s.). Segue
fragm.3,84 ss., che gli adoratori del ve- l'episodio del cammino sulle acque (vv.
ro Dio abiteranno in eterno nei giardi-
16-2 r ), in connessione col quale Gio-
ni verdeggianti del paradiso e mange·
ranno un pane dolce che viene dal cielo vanni riporta (6,22-3 I) una discussione
stellato. Secondo Bar.syr.29,8 la manna fra Gesù e il popolo, che culmina nella
anche nel tempo di salvezza cade dal richiesta di un prodigio (vv. 3os.): --cl
cielo; lo stesso pensa Eleazar Hasamà
(c. I I o) in Mek. Ex. a 16,25, sostenen- ouv 'JtoLE'i:c; O"Ù 0"1JµEi:ov, !:va. ì'.owµEv xat
do che la manna si trova proprio al 'mO"'tEUO"WµiV O'OL; 'tL ÈpyasTJ; OÌ. 7tc:L'tÉ·
sabato 26 • Degna di nota è la sentenza pEç 1)µwv --cò µ6.vva. è:cpa.yov Èv 'tfj ÈplJ·
(Qoh.r. a 1,9) di R. Ishaq (c. 300): «Il
primo salvatore corrisponde anche all'ul- µ~, xafrwc; ÉO"-tLV yEypaµµÉvov· «lip·
timo salvatore ... Come il primo salvatore 'tOV ÈX 'tOV ovpavou EOWXE\I aù-.o!c; cpC1.-
fece cadere la manna del cielo, cosl an- ye!v» (\)i 77 ,24), «che segno dai dun-
che l'ultimo salvatore farà scendere la
manna... Come il primo salvatore fece que, tu, perché possiamo vedere e cre-
zampillare la fonte, cosl farà zampillare derti? Che cosa operi? I nostri padri
la fonte anche l'ultimo salvatore»27 • Co- mangiarono la manna nel deserto, come
sl gli uomini nel tempo della salvezza
sta scritto: 'Diede loro da mangiare un
gusteranno la stessa bevanda miracolosa
e lo stesso miracoloso cibo che gustò un pane (che veniva} dal cielo'».
tempo la generazione del deserto. Come Mosè è apparso quale salvato-

nistisches in d. rabb.Anthropologie= BWANT 21Cfr. Ruth r. a 2,14; Pes. r. 15 (72 b); Pesk.
IV 22 ( 1937) 52 ss. 49b; Cant.r. a 2,9 s.; Num. r.11a6,22; STRACK-
25 V. RYSSEL, in !CAUTZSCH, Pseudepigr. 453. BILLERBECK U 481.

26 Altro materiale in ~ VoLz, Esch.3BB s. 28 Io.6,32 s. 41.50 s. 58.


M<Xwo: (R. Meycr}

re alla generazione del deserto procu- morti»29 • Perciò Mosè - potremmo ag-
rando la manna, così anche Gesù deve giungere integrando - non è stato l'ar-
fare un miracolo analogo: allora si cre- chetipo pieno del Salvatore. Analoga-
derà che è il Messia. In immediata re- mente anche il tempo di salvezza, che si
lazione con il miracolo dei pani, che se- è inaugurato con Gesù, è qualcosa di
condo Giovanni già costituisce un chia- completamente diverso dall'era messia-
ro accreditamento di Gesù, questa ri- nica attesa dai Giudei e già attuata in fi-
chiesta di un prodigio desta una certa gma nei giorni del deserto. A differenza
meraviglia; tuttavia si potrà spiegare della manna del passato, il dbo del tem-
l'anomalia compositiva, in quanto Gio- po di salvezza apertosi con Gesù conferi-
vanni ha· qui bisogno di una formula di sce l'immortalità. Questo cibo è il vero
trapasso per introdurre il discorso sul pane del cielo dato da Dio (v. 32b), che
pane di vita. Cosl 6,32 ss. costituisce dà vita sia al mondo (vv. 33.51) che
una risposta a tale richiesta e insieme al singolo (vv. 50.51); o meglio, Gesù
un nuovo appiglio alla speranza messia- stesso è questo pane di vita 30 {vv.35.
nica popolare, orientata verso una idea- 48 ). Giovanni, partendo in questo mo-
lizzazione del passato. Alla frase degli do dal tema della manna come espres-
avversari (v. 3 l): <<I nostri padri man- sione sia del passato idealizzato sia del
giarono la manna nel deserto», Giovan- futuro messianico e rifiutando come in-
ni fa rispondere immediatamente da Ge- sufficiente l'archetipo giudaico, presen-
sù: «Non Mosè vi diede il pane del ta nello stesso tempo elementi della
cielo» (v. 32): il pane del cielo, cioè meditazione proto-cristiana sull'eucari-
la manna in quanto cibo divino, dove- stia 31 •
va conferire ]'immortalità, ed è invece b) Della manna si parla inoltre in
proprio questa forza vitale che mancò Hebr.9,4, dove, fra gli oggetti contenu-
aUa manna del deserto. Dice infatti Ge- ti nell'arca dell'alleanza, accanto alle ta-
sù {v. 49): «I vostri padri hanno man- vole della legge e alla verga di Aronne,
giato la manna nel deserto eppure sono figura cr-taµvoc; xpucrfi f:xoucra -.ò µav-

29 cevuto nel deserto; mette in parallelo la be-


Cfr. v, 58., .
30 Cfr. il significativo passo parallelo in F.ilo- vanda soprannaturale e il cibo soprannatura-
ne: la manna è figura dcl Logos· e celeste ci- le del tempo del deserto (v. 3 s.) col calice di
bo dell'anima ~ 1, col. n70. In Giovanni l'i- benedizione e il pane della cena (v. 16). È
dea è presentata in modo più crudamente con- istruttivo che in lui il lato sacramentale passi
creto, dato che il sacramento dell'eucaristia co- in seconda linea di fronte a quello etico. L'eu-
stituisce il presupposto di tutto il ·discorso. caristia come manna, e quindi come cibo del
tcmpò ' di salvezza già iniziatosi, figura su un
li Si noti che anche Paolo (r Cor.10,3·ss.) per vaso sacro proto-cristiano con l'iscrizione q>&:yE
trattare dell'eucaristia e di un suo degno uso, (.lawx. (--) col. 1240).
prende le mosse dal nutrimento miracoloso ri-
va., «un'urna d'oro contenente la man- rù da mangiare della manna nascosta».
na». Non a caso l'Epistola agli Ebrei si La manna è dunque sottratta agli uo·
trova cosl in strettissimo contatto con mini nel tempo presente e riservata a
la tradizione rabbinica di T. ]omà 3,7 colui che avrà perseverato vittorioso si-
e par. (~ n. 2:l ), poiché in ambedue i no alla fine; e questo corrisponde per-
testi si tratta di un'escogitazione dell'e- fettamente a ciò che abbiamo detto so-
segesi di tipo rabbinico, basata su Num. pra circa la concezione della manna nel
17,4. 16 ss. e Ex. 16, 33. Storicamente tardo giudaismo, come cibo dei beati e
Hebr.9,4 è privo di valore quanto l'a- del tempo escatologico. Proprio come
naloga· tradizione rabbinica. Secondo I negli scritti giudaici del tempo, anche
Cor.8,9 32 , nell'arca si trovavano soltan- in Apoc. 7,17 1a manna si accompagna
to le tavole della legge 33 . ali' acqua: 'tÒ àpvlov... ÒoTJr1Jo-E1 a.ù-
c) Anche Apoc. 2,17 è in relazione "oùc; i·d 1'.,wl]c; 'TtT)yàc; ùo6.'twv, «l'a-
con la dogmatica del tardo giudaismo: gnello ... li guiderà a fonti di acque di
'tQ v1xwv'tt òwcrw a.\m';> ..ou µ6.wa. vita»; si veda ancora Apoc.21,6; 22,r.
'tOV XEXpuµµÉvov, «a chi vince, gli da- 17. R.MEYER

t µcx.pava?M.
r. Nel N.T. il termine compare solo scritto di propria mano dall'Apostolo:
in I Cor.16,22, nel saluto di commiato EL .. te; où cptÀ.E~ 'tÒ\I xup1ov, ~'!W àvò:-

32 Cfr. 2 Chr.5,10; Dam.5,3 ( =CHARLES 7,5). ss.; R. KNOPF, in LIETZMANN, Handhuch,


33 Cfr. K. GALLING, Bihl. Reallexikon ( 1937) Erg.-Bcl r (1920) 29 s.; inoltre H. LrnTZMANN,
343 s. in RGG' I 32.
La voce Mara11atha in EB III 2935 s. (H. W.
1iapavaM HOGG); HASTINGS, D .B. III 241 ss. (J.H.THAY-
I commenti a I Cor.16,22 di J. C. K. VON ER); DAC r 56 s.v. 'Anathema' (R. W. Moss);
HOFMANN1 (1874); F. GOliET (riduzione tede- F. VIGOUROUX, in Diciionnaire de. la Bible IV
1
sca, 1888); P. W. SCHMIEDEL (1892); HEIN- (1908) 712 ss. (F. VIGOUROUX); ]. 0RR, in The!
nrcr, z Kor.; ]. Wmss• (1910); HoLTZMANN, international Stand;ird Bible Encydopaedia m
N.T. n; LrnTZMANN, Kor.; J. SrcKENBERGER • (1925) r984; G. KITTEL, Art. 'Maranatha', in
(1932); ScHLATTF.R, Kor.; BACHMANN, Kom· RGG2 III 1983; H. LECLERQ, in DictionnaiN
mentar• ( 1936). d'Archéologie chréticnne x 2 (1932) 1729 s.;
I commenti a Did. lo,6 di ZAHN, Forsch. Ili Lex. Th. K. VI 862 (0. PRETZL); PREUSCHEN-
(1884) 294; A. HARNACK, TU u, 1-2 (r886) BAUER1 813. Inoltre: A. KLosTERMANN, Pro-
34; C. TAYLOR, J'he Teaching o/ the twelve hleme im Aposteltexte (1883) 220-246; E.NEsT-
Apostles (1886) 77 ss;; P. DREWS, in Ha11d- LE, Theologische Studien at1s 1\'11/rttemberg
b11ch :tt1 den 111.lichen Apokriphen (1904) 269 5 (1884) 186-188; E. K.mTzscH, Grammatik
1251 (IVA70) µapavaM (K. G. Kuhn)

ih:µa.. µa.po:va.M: 1• fi xci.pLç "t"OV xuplou IV 9303) si legge: «Chi osi deporre in
'hicrov (XpLCT't"ou) µEl}' ùµwv, «se qual- questa tomba, accanto ai due che vi ri-
posano, un altro cadavere... &.v&.i}Eµa.
cuno non ama il Signore, sia anatema. -ij"t"w· µapa.w1M.\I». Anche il can. 75 del
Maranatha. La grazia del Signore Ge- IV Concilio di Toledo (633 d.C.) dice:
sù (Cristo) sia con voi». Lo troviamo qui contra hanc nostram definitionem
praesumpserit, anathema maranatha hoc
un'altra volta in Did.ro,6, dove alla fi-
est, perditio in adventt1 domini sit 3•
ne di una serie di preghiere per la cele-
2. La formula µa.pa.\la~&. è certamen-
brazione eucaristica si dice: 'E)..l>hw
te aramaica; ma dal lato linguistico si
)CapLç xa.t mXpEÀl}É't"W Ò x6crµoç OÙ-roç·
presta a spiegazioni diverse: si può in-
·nCTa.wa .-Q l>EQ D.a~ls. Et 't"Lc; a:yL6c;
terpretate come miiranii' tà' o miiran
ÉCT't"Lv, ÉpxfoDw· E~ -ne; oùx ECT't"L, µE-ra.-
'etii', «Signore nostro, vieni!», oppure
voEl-rw· µa.pa.va.iM: &.µ1}v, «venga la
come mii.ran 'atii': «il Signore nostro è
grazia e passi questo mondo. Osanna al
venuto».
Dio di David. Se uno è santo, si avvi-
cini; se non lo è, faccia penitenza. Ma- Tutte le altre interpretazioni cozza-
ranatha. Amen». no in notevoli difficoltà linguistiche o
di senso, e quindi non entrano nemme-
Più tardi, nell'uso ecclesiale, la for- no in discussione accanto a quella fon-
mula compare più frequentemente sem- data sul verbo 't' 4• Così, ad es., la spie-
pre accompagnata da àvci.i}Eµa, e come gazione proposta da A. Klostermann 5 :
rafforzativo di una maledizione solenne. µa.pa.vai}&. =
miiran 'iitii', «il Signore
È chiaro quindi che si tratta senz'altro nostro è il segno», che sarebbe stata la
di citazioni o di passi che si ispirano a formula caritativa con cui i cristiani si
2
I Cor.16,22 • Così, in un'iscrizione fu- davano il bacio fraterno (che sarebbe in-
neraria cristiana trovata a Salamina e dicato nel <pLÀE~\I di I Cor. 16,22a). La
che appartiene al IV o v sec. d.C. (CIG stessa spiegazione linguistica dà E.Hom-

des Bibl.-Aramiiischen (1884) 12.174; W. Rrn- schungen 4/J) 198- 210; E. PETERSON, E!c,
DEL, A und O: ThStKr 74 (1901) 295 s.; Tu. De6c;; (r926) 130 s.; In.: Byzantinisch-Neugric-
NoLDwrn: GGA (1884) 1023; N. ScHMIDT: chische Jahrbilcher 3 (1922) 185; C.FABRICIUS,
]BL 13 (1894) 50-60; ID.: ]BL 15 (1896) 44 in R. Seeberg-Festschr. I (1929) 26-32.
n. 14; DALMAN, Worte J. I 147 ss. 268 ss.;
1 Per la critica del testo cfr. l'ampia raccolta
DALMAN, Gr.152 n . 3; 357 n. l; ID., Jes11s-Jc-
sch11a (1922) 12; E. v. D. GoL'rz, Das Gebet in delle varie grafie del vocabolo nei manoscritti
der Oftesten Christenheit (1901) 82.132.2r2 s. in N. ScHMIDT: JBL I3 (1894) 50 s.
218; ZAHN, Einl. i> (1906) 216 s.; A. Dmss-
2 Cosl anche ZAHN, Einl. 1> 217.
MANN, Die Urgesch. d. Chrìstentt1111s im Lichte
der Sprachforschung (1910) 26.28; R.SERBERG, 3 -+ LRCLERQ 1729 s.; una serie di altri esem-
Aus Religio11 u. Gesch. I (1906) 121; II (r909) pi di questo posteriore uso ecclesiale in -+ V1-
3II-313; Io., Der Ursprung des Christ11sglau- GOUROUX, 713-714.
bens (1914) 15; ID., Lehrbuch d. Dogme11-
gesch. l> (1920) 166 s.; E. ROMMEL: ZNW 4 Contro queste interpretazioni dr. l\llche ZAHN,
15 (1914) 317-322; ]. WErss, Das Urchriste11- Einl. 1> 2x6.
tu111 (1917) 28 s. 47.r31,255.35r; F.J.DoLGER,
Sol salutis1 (1925) (Liturgiegeschichtliche For- 5 Probleme im Apostellexte (1883) 220-246.
µa:pa:vai>&. (K. G . Kuhn)

mel 6 (senza peraltro essere a conoscenza suffisso di ptima plurale. Questo suffis-
dell'ipotesi del Klostermann), ma quan- so nell'aramaico più antico era -!ma'.
to al senso si appella al fatto che l'ara- Cos} nell'aramaico biblico 10, nelle iscri-
maico 'iitii' (ebraico 'ot) 'segno', sareb- ;doni nabatee 11 e in parte anche nell'a-
be etimologicamente la giustapposizione ramaico giudeo-palestinese 12 • Nell'ara-
della prima e dell'ultima lettera dell'al- maico più recente 1a ii finale senza ac-
fabeto(' et). La formula significherebbe cento scompare. Perciò il suffisso diven-
quindi: «Il Signore nostro è il segno», ta -an 13 nell'aramaico giudeo-palestine-
cioè «l'alef e il taw» ( =-rÒ aÀq)(J. xat "t"Ò se (accanto a -anii'), nel cristiano-pale-
w, «l'alfa e l'omega», Apoc. 22, 13) 7• stinese 1\ nel siriaco 15, nel mandaico 16
Fondata sulle stesse basi è anche l'inter- e nella lingua del Talmud babilonese 17 •
pretazione di Hofmann8 : mar 'anta, «tu Di conseguenza non si può stabilire con
sei il Signore» 9• sicurezza se ai tempi del N .T. nell'ara-
Per una spiegazione particolareggia- maico popolare della Palestina (o della
ta della formula dal lato morfologico Siria) per «il Signore nostro» si dicesse
bisogna partire dalla prima delle due miiranà' 18 oppure maran. Ambedue le
parole, cioè dall'aramaico miirè' (stato forme sono possibili 19•
enfatico miirii' da mar' ii), 'signore' col La diversità è tuttavia senza impor-
6 ZNW 15 (1914) 317-322. 17 Talvolta si trova nel Talmud babilonese, vi-
7 In modo analogo, già precedentemente ~ cino alla forma -an, anche la forma arcaica
RIEDEL 296. «L'interpretazione di Kloster· -a11ii', per un influsso secondario dcl Targum
mann-Hommel è stata esposta anche da Brus- -e~ n. 12) sugli autori (cosl stima anche G.
ton in Revue de théologie et des questiom Dalman, in una lettera privata). Questo -a11,!'
religieuses xx 402-8» (cosl ~ PETERSON: Jahr- si mantiene, in parte, fino al giudeo-aramaico
biicher 3,r85). del medio evo in titoli solenni, per esempio ni
8 VoN HoFMANN 401 s. Gaone: mrn' wrb11'.
18Cosi miiranii' è in ogni caso la vocalizzazio-
9 Per la spiegazione tentata da Lutero «maha-
ram mo/ha» (ebr. mlil;lirii111 mota,
«bandito a ne grammaticalmente esatta; non Io è invece
vita») si veda P. \YI. ScHMIEDEL, Thess-Kor. 2 miiriina', come si trova spesso (ad es. PREu-
(1892) 208 s. ad l.; ~ KLOSTERMANN, 227 ss.; SCHEN-BAUER', s.v.). In realtà, nell'aramaico
N. ScHMIDT: JBL 13 (1894) 5r. biblico la grafia masoretica del suffisso è -ii11a'
JJ H . BAUER - P. LEANDER, Gramm. d. Bibl. ·
(ad es. Dan.3,17 'cliihiinii'); ma i manoscritti
con la puntuazione sopralineare portano an-
Aram. (1927) § 20 q. Nei papiri di Elefantina,
che qui, giustamente, -anil con la a breve.
invece, si dice sempre mr'n (miir'an), «Signore
nostro» (appellativo frequente); si vedano i 19 G. DALMAN afferma (in una lettera priva-
passi in A. CowLEY, Aramaic papyri o/ the ta) che «miiran è stata in ogni caso la forma
fi/th Century B.C. (1923), indice s.v. mr'. popolare di 'Signore nostro'». Similmente
li Sempre mr'n' (111iir'a11il, una volta accanto ScHLATTER, Kor.460: . «Il suffisso intero -ana
a mm'), «signore nostro» (appellativo dei .re non era più di uso corrente». Tuttavia si po-
nabatei); v. J. CANTINEAU, L e Nabatée11 II trebbe· richiamare ancora l'attenzione sul no-
( 1932) rr7, con ricca documentazione. me (attestato dapprima sulle monete di Adria-
no e poi più frequentemente nel 111 sec. dopo
Il Cosl nel Targum di Onkelos: DALMAN, Gr.
109; 202 s. 13 DALMAN, Gr., l.c.
Cristo) del dio M6.pw1.<; di Gaza, nome che
può essere solo una grecizzazione di mm',
M F. ScHUL'.rHESS, Gramm. des christl. · pal.
«Signore nostro»; dr. W. BAUDISSIN, Kyrios
Aram. (1924) § 57. (1929) II 38·41; IV 186 s.; più ampia biblio-
1s TH. NOLDEKE, Syr. Gramm.' (1898) § 65. grafia su M&.pva:ç in ~ Di:iLGER, 201 n. 4.
16 TH. Nowmrn, Mandiiische Gramm. (1875) D'altra parte si potrebbe ancora, per la for-
88. ma miiran, citare il Mapw di F ilone in Flacc.

Ul .o ll'"tn.i~ l r \ -. , ..-o_ \ ' l


µapawxM (K. G. Kuhn)

tanza per il significato di µapa..va..iM. me perfetto non presenta difficoltà dal


Esso dipende piuttosto dalla seconda lato morfologico: miiran 'atii', «il Signo-
parola, che può essere o imperativo o re nostro è venuto». E tale è in generale
perfetto di 't', 'venire'. l'interpretazione della chiesa primitiva26 •
a) L'imperativo suona o 'etii' {cosi Tuttavia questo valore non si adatta be-
soprattutto nell'aramaico giudeo-pale- ne al senso e al contesto e~ col. 1265).
stinese, accanto al più raro tii' 20 ; anche Quindi dai moderni è stato spesso mo-
il cristiano-palestinese ha nell'imperati- dificato, e 'atà' è stato inteso come per-
vo l' alef iniziale) 21 , oppure tii' (cosl più fetto profetico: «Il Signore nostro ve1·-
di rado nell'aramaico giudeo-palestine- rà presto» (nella parusia; cfr. Phil.4,5:
se 22 ; sempre in quello siriaco e nella ò xup~oc; Èyyvc;, «il Signore è vicino») 11 •
lingua del Talmud babilonese) 23 • µa- In realtà l'ebraico biblico non ignorata-
pava17oc è quindi da scomporre in ma- le uso del perfetto; ma in tutta l'area
rana' ta' 24, oppure miiran 'età' 25 , «Si- linguistica dell'aramaico non c'è, per
gnore nostro, vieni!» Ambedue le so· quanto io sappia, neppure un esempio
luzioni sono grammaticalmente possibili. in proposito 28 • Di conseguenza, un per-
b) Anche l'interpretazione di ai)a co- fetto 'ata' nel senso di «il Signore no-

39, il grido col quale gli Alessandrini (nel 38 24 Cos} per primi G . BtCKELL: Zschr. fi.ir Ka-
d.C.) salutarono in aramaico, per scherno, A- tholische Theologie 8 (1884) 403 n. 3 e ].
grippa I come re. Ma è dubbio se questo M<i- HALÉVY: Revue des études juives 9 (1884)
PL'J corrisponda al miiran, «Signore nostro». 9; consenzienti anche TH. NOLDEKE e J.
DALMAN, Gr.152 n. 3, vi ravvisa miir1, «Si- WELLHAUSEN: GGA 1884, p. 1023); anche E.
gnore mio». KAuTZSCH: ZwTh 28 (1885) I28 e ThStKr 74
20 DALMAN, Gr.356 s. (1901) 296 n. 1, sebbene in un primo tempo
21 't' o 'tj (='ete'); F. SCHULTHESS, op.cii. fosse d'altro avviso (Gramm. d. Bibl.-Ara111.
r~ n. x4) 73· Anche nei papiri di Elefantin:I
[1884) 174); DALMAN, Gr.152 n. 3; ZAHN,
appare (per una sola volta) l'imperativo 'ti Einl. 13 216 e altri; oggi la maggior parte de-
(storia di Ahiqar, riga 118). Anche l'aramaico gli studiosi è di questa opinione.
biblico ha all'imperativo L' alef iniziale: Da11. 25 Cosl in particolare G. DALMAN, Jesus - Jc-
3,26: 'eto (imperativo plurale). schua (1922) 12. ai>a come trascrizione di 'età'
22 La forma ta' appartiene in modo speciale,
è altrettanto possibile quanto Ei>a.; dr. DAL-
secondo DALMAN, Gr.97, all'idioma della Ga- MAN, Gr. 84 s . e specialmente i testi in N.
lilea, dove la caduta dell' alef iniziale con la SGHMIDT: ]BL 13 (1884) 52.
sua vocale è un fatto che avviene di fre- 26 Giovanni Crisostomo, Tcodoreto e altri; si
quente. C. BROGKELMANN, Syrische Gramm. s veda -7 DaLGER, op.cit., 200 n. 2; ZAHN, Einl.
1
(1938) § 32 n. 2, spiega l'omissione di 'e col I 216; i testi patristici al completo in F. V1-
fotto che gli imperativi comuni ta' 'vieni' e zjl, GOUROUX: Dictionnaire de la Bible IV (1908)
'va' (da 'zl), per effetto del tono imperativo 713. Anche il frammento copto della Didaché
che ha ritmo rapido, si sono stabilizzati con del British Museum traduce µa.pa.vai)c't di
la caduta della vocale. Did.10,6 con ò xvpLoc; 1j}..i)i;v; c. ScHM!DT:
23 Presso i Mandei è in uso la forma 't' (NoL- ZNW 24 (1925) 98.
27 Ultimamente ScHLATTER, Kor-460 : «Colui
Dl!KE, Mandiiische Gramm.259). L' aie/ termi-
nale di 'eta' e ta' (contro il paradigma dei ver- che chiama si trasporta, col perfetto siriaco, al
bi di terza w, j!) si spiega come ultimo resi- momento nel quale la venuta del Signore si
duo di una originaria flessione con terza ' è realizzata... Viene annunziata la sua nuova
(quindi radice 't', non 'ti): TH. NaLDEKE, venuta nella gloria».
Gramm. d. 11eusyrischen Sprache (1868) 244 28 Cfr. C. BROCKELMANN, Gmndriss der vgl.
n. I. Gra111m. der semitischen Sprache II (1913) 151
r257 \tVA72J

stro viene» con valore di futuro, non è sio 35 : pcxµa.vcH>a.c;) come rmn 't, «Ram-
possibile 29 • È invece ammissibile inten- man (il tonante) sei tu», mentre R.
dere 'atii' come perfetto presente: «Il Dussaud 36 si appella invece, e con ra-
nostro Signore è venuto e {ora) è qui, è gione, a 't', 'venire'. Egli spiega (con
presente» 30• l'appoggio della medesima congettura
Morfologicamente, la formula µa.pu- testuale): «Ramman è venuto, è qui»
\la.17&. deve inoltre essere ravvicinata a (nel fulmine distruttore). Si può altret-
un parallelo offertoci dalla storia delle tanto bene, e conservando anche la le-
religioni 31 , che presenta un'analoga e- zione tramandata pa.µO:.v~cxc;, interpre-
spressione, egualmente aramaica, inse- tare: rammiin tii', «Ramman, vieni!». È
rita in un testo greco: Stefano Bizanti- vero che, cosl inteso, il grido non è in
no cita da Filone Erennio (di Biblosì, rapporto logico diretto con la situazio-
alla voce Acx.oolxEta., un passo 32 nel ne del pastore colpito dal fulmine; ma
quale viene spiegato l' antico nome di si tratterebbe di una leggenda di origi-
questa città, 'Ptiµdhx: xEpa.wwi)dç ycX.p ne cultuale, nella quale l'invocazione
·rn; 'TtOtµ1]\I EÀ.EyE 'Pa.µ&.v17o:ç, 'tOU'tÉcr'tLV «Ramman, vieni!», continuamente ripe-
a<p'u\j;ouç Ò i)Eéç · 'PcX.µa.v yàp 'tÒ ihjJoç, tuta nei riti del dio e divenuta stereo-
"Ai)o:ç oÈ ò i)'E6ç, «un pastore, colpito tipn, è messa sulle labbra del pastore
dal fulmine, disse: Ramfznthas cioè dal- colpito dal fulmine (ed è cosl che il dio
l'alto il dio; Raman è infatti l'altezza, lo 'visita') come suo ultimo grido. An-
Athas il dio». Il grido pa.µ&.vi)'cx.ç del che per pa.µrlvita.ç sono perciò possibi-
pastore, colpito dal fulmine, senza dub- li le due interpretazioni: come perfetto
bio qui è spiegato male 33 • paµct.v è piut- o come imperativo 37•
tosto il nome del dio siriaco delle tem- La ricerca morfologica dunque· pre-
peste: Hadad-Ramman (nell'A.T.: Rim-
mon). W. Baudissin34 spiega pa.µavikç senta per (J,a.pa.va.i)6: tre significati e-
(valendosi della congettura del Salma- gualmente possibili: 1. l' inv~cazione

ss. Già J. C. K. VONHOFMANN, I Kor.' (r874) 974: «Rham attha vcl Rham anth =
celsus es
401 s. nota questo, contro l'interpretazione tu», come pure quella di TH. DE PJN.EDO, ibid.
della vocè come perfetto profetico; anche F. IV (1825) 737: «Pa:µavl}aç=rm (ebraico!):
FrnLD, Otium Norvicense III (188r) no s.; ~ excelsus + 'ntb (aramaico!): tu».
NEsTLE, Theologiscbe St11die11 5, 187; ZAHN, Jt W. BAUDISSIN, in RE' xvn 5; R. DussAUD,
Bini. 1' 2r6; specialmente vi insiste N.SCHMID'f: PAULY-W . VII (19r2) 2158.
JBL 13 (1894) 54. 3S Cfr. STEPHANUS BYZANTlNUS (ed. cit. l -
29 Anche G. DALMAN mi conferma, con un;1
n. 33]), II (r924) 397·
lettera privata, che è «escluso un significato 3 ~ ~ n. 34 e più diffusamente in: Journal a·
futuro del perfetto».
siatique r9ro II, 646.s.
30 Cosl ZAHN, Forsch. III 294, su Did.ro,6.
37 - .TAYLOR 77ss. riteneva di poter richia-
31 Già D. HE1Nsrns, Sacrart1111 Excrcitatiom1m
mare l'attenzione su un altro passo parallelo
ad N.T. libri XX' (1640) 392, su I Cor.r6,22, di µa.pa.val}a, nel significato di «Signore, vie-
ha richiamato l'attenzione su di esso, mentre ni!», tratto dalla tarda letteratura giudaica,
nella bibliografia teologica più recente non vie- cioè su di un 'mn b', «Amen, vieni!», che fi.
ne mai citato. gura nell'acrostico di una preghiera della vec-
32 K.Mi.iLLBR, Fragm. bistoric.Graec. III (r840) chia sinagoga. Ma ha inteso malè. Qui non si
575. dice 'mn b', ma 'mn b"' = 'mn brwk 'th, «a-
33 È del tutto errata l'interpretazione di A. men,, benedetto (sii) tu», cfr. G. DM.MAN, ]e-
BmtKELJUS in: Stephanus Byzantinus III (1825) s11s-]csch11a ( 1922), 28.
1259 {lVA73) µapavaìt6: lK.. G. Kuhn) {IV,474) l2M

«Signore, vieni», come preghiera in vi- comune 40 • D'altra parte, una tale allu-
sta della parusia; 2. la constatazione sione particolare non richiedeva in real-
«il Signore nostro è venuto» (nel mon- tà l'improvviso passaggio a1l'aramaico41 •
do, abbassandosi al livello umano); 3. L'espressione aramaica senza traduzio-
l'affermazione «il Signore nostro è qui, ne greca è invece perfettamente logica,
è presente» (cioè nel culto, e in parti- se si tratta di una formula fissa carat-
colare nella celebrazione eucaristica). teristica e largamente diffusa nella co·
Un criterio di scelta fra queste varie munità, che può esser sorta solo fra cri-
possibilità si può trovare solo esami- stiani che parlavano esclusivamente l'a-
nando l'origine del vocabolo e il con- ramaico, e tra essi deve aver già acqui-
testo di r Cor.16,22 e Did.10,6. stato un significato particolare ed esser-
3. Il problema dell'origine è stretta- si cristallizzata in una forma cosl ste·
mente congiunto con quello dell'intro- reotipa che, quando fu introdotta fra
duzione di un'espressione aramaica nel le cristianità di lingua greca, vi fu a-
testo greco. Perché Paolo, scrivendo a dottata nella sua originaria forma ara-
Corinto, dove l'aramaico non era di uso maica. Questo significa che l'origine di
corrente, introduce nella chiusa questa µapa.vcdM. può essere collocata solo nel-
unica frase aramaica, per di più senza la comunità-madre di Palestina, che que-
tradurla? 38 • Dire che Paolo, parlando sta espressione dovette già avere nel cul-
nella lingua materna, voleva fare un to di quella prima cristianità un posto
cenno particolare, dare una lezione 39 ai importante e che di là essa passò an-
suoi avversari giudaizzanti di Corinto, che nel culto delle comunità di lingua
ai quali era rivolto l'anatema della fra· greca, come formula fissa e non tradot·
se precedente, non è risposta che sod- ta; con un processo simile a quello che
disfi. Poiché non è nemmeno sicuro se avvenne per l'ebraico &.µ;iv o w<raw&..
Paolo in r Cor.16,22 abbia di mira in µa.pava~&. diventa cosl una testimo·
particolare i suoi avversari di Corinto o nianza autentica e validissima della fe-
non voglia piuttosto, concludendo in for- de della primitiva comunità palestine-
ma concisa, dare alla frase un senso più se 42 : essa confessava Gesù, il Cristo in-

.18 È da notarsi che, al contrario, I' arnmaico nei termini a loro ben noti della lingua mater·
ciPPci è stato sempre tradotto: Mc.14,36; Rom. na, i quali annunziavano loro l'arrivo del giu-
8,15; Gal.4,6. dice ... ».
40 Questo è stato messo in rilievo da BACH-
39Cosl i commenti di HOFMANN, ScHMIEDBL
e altri, ad l.i ZAHN, Einl. I1 217; ~
WEiss, MANN, Komme11tar, nd l.
Ui·christentmn 131; 255; P.ALTHAUS: NkZ 26 41 Rilevato con ragione da - KLOS'l'ERMAN,
(1915) 517; anche SCHLATTER, Kor. 460: «Il Proble111e 222 s.
grido risonava in tutta la chiesa, ma a coloro 42 L'origine del vocabolo nella primitiva comu-
che venivano dall'oriente .Paolo l'ha ripetuto nità palestinese è messo in particolare rilievo,
1261 (IV,474) µa:pavaM (K. G. Kuhn)

nalzato sulla croce e glorificato, come il un vocabolo aramaico proveniente «da


suo Signore. Parlava di lui e lo prega- un'area bilingue» come quella di An-
tiochia resta inspiegabile. Esso si può
va dicendo 43 : «Il Signore nostro». Fu
capire solo se la provenienza è dalla
dunque nella originaria comunità di Pa- comunità-madre palestinese, che parla-
lestina che cominciò ad essere usato per va solo aramaico 46 • Anche il paµav-
ì)a.c;, appartenente all'area siriaca (-HoL
Gesù il nome di 'Signore', quel titolo
r257), ignorato dal Bousset, non con-
di xùptoç che poi raggiunse, con Paolo, traddice al nostro asserto. Esso dimo-
il suo significato più profondo e com- stra semplicemente - e non è affatto
plesso 44 , soprattutto in contrapposizio- strano in sé - che c'erano anche dei cul-
ti pagani che avevano analoghe forme
ne ai KUptOL del mondo ellenistico. di invocazione al dio ('vieni!').
L'origine di µa.pava.M. dalla primiti- 4. In Did. ro,6 µa.pa.vaiM. figura in
va comunità palestinese fu negata da stretto rapporto con la celebrazione del-
Heitmiiller e Bousset nell'interesse del-
la loro tesi, secondo la quale il titolo la cena del Signore: non rientra imme-
di xvptoç (Signore) sarebbe stato appli- <lia tamente in una preghiera eucaristi-
cato a Gesù dapprima nella cristianità ca, ma nel contesto : «Chi non è santo
ellenistica. µapavcdU~ potrebbe essere
nato non necessariamente in Palestina, lnon può accostarsi alla cena, ma pri-
ma con eguale probabilità anche «nel- ma) µE-ret.VoEl-i:w (faccia penitenza), µa.-
1' area bilingue di Antiochia o Dama- pa.vccM». È ovvio che qui µapocva.-
scm> e qui essere stato conosciuto da
Paolo45 • Decisamente contro questa ipo-
iM. va inteso come rafforzamemo o
desi sta il fatto che proprio il diffon- fondamento dell'ammonizione rivolta ai
dersi nell' ambito linguistico greco di non santi 47 • E a tale contesto si adat-

fra gli altri, da 4 DEISSMANN 27 s.; 4 GOLTZ, SET, Jesus der Herr (1916) 22 s., che µttptt-
Das Gebet 132; 4 R. SEEDERG, Aus Religio11 vo:M. sia una formula giudaica di giuramento
II 313; 4 In., Der Ursprtmg 15; 4 WEISS, e di conferma, e che l'appcllativo miiran, 'si-
U/'christentum 28 s.; P.FEINE, Nt.liche Theot. ~ gnore', non si riferisca affatto a Gesù ma a Dio,
( 1922) 140; 4 c. FADRICIUS 26 ss. (<<Una pro- è stata dal medesimo presto rifiutata (Kyrios
fessione di fede della cristianità arcaica»); Christos1 [1921) 84 n. 3); inoltre dr. l'osser-
LIETZMANN, Kor., ad l.; G . KITTEL: RGG2 III vazione di G. KITIBL: RGG2 III 1983. Sul ri-
1983; In., Jesus Christ11s, Gottes Sohn u. un- ferimento di miiran a Gesù, il solo che sia pos-
ser Herr (Wittenberger Reihe, Heft 7 [1937 ]) sibile, dr. anche quanto _ha notato P. SCHWEN,
12; dr. più avanti, n. 46. A/rahat, in Nette Studien zur Geschichte der
43 4 GoLTZ 82: «La più antica preghiera ri- Theologic 11nd der Kirche u (1907) 74.
volta a Gesù». 46 Si veda ln controversia con W. BoussET,
4-1 4 J. WEISS, Urchriste11tt1111 35r; LrnTZ- in riferimento a µapo:vo:1>~. in ALTHAUS (4
MANN, Rom., excursus a 10, 9; DerssMANN, n. 39) 517 s.; P. WERNLF.: ZThK 25 (1915) 19
L.0.298; W. FoERSTER 4 V, col. 1487. s.; W. FoERSTER, Herr ist Jesus (1924) 28 e
45 W. HEITMULLER: ZNW 13 (1912) 333 s.; passim; In., 4 v, col. 1487.
un po' attenuato in ZThK 25 (1915) 176 s.; 47 Questo è stato visto bene da ~ PETBRSON,
W. BoussET, Kyrios Christos' (1913) 103 n. Erç 1>E6ç 130 s. Tuttavia egli va troppo lonta-
3; '(r921) 84; similmente H. BOHLIG: ZNW no, quando vuole dedurne che µ~pavo:M. sia
14 (19r3) 28 s. La supposizione di W. Bous- <la intendere esclusivamente in senso apotro-
1~apa\laM (K. G. Kubn)

ta assai bene se significa «Il Signore messa di Gesù: «vengo presto», la co-
nostro è qui». È una 'minaccia', con al- munità risponde: «Amen; si, vieni, Si-
lusione alla presenza eucaristica dcl Cri- gnore Gesù!». È molto probabile che
sto glorificato 48 , presenza che non tol- qui abbiamo un'altra espressione litur-
lera alcuno che non sia santo (lo stes- gica, anch'essa in uso nel culto cristia-
so pensiero è in I Cor.u ,27-30). An- no delle origini 50 • L'espressione itpxou
che in I Cor.16,22 il significato di µa.- xuptE 'Iri<rou appare proprio come tra-
pa.vcx:IM. come 'minaccia' è ovvio, poi- duzione del nostro µa.pavaìM., «Signo-
ché si tratta di un contesto del tutto si- re, vieni!» 51 . In Did.ro,6 questo «Si-
mile: «Chi non ama il Signore, sia ma- gnore, vieni!» figurerebbe allora come
ledetto. µapa.va.M.». Basandosi sul si- invocazione nel rito della cena, e in I
gnificato 'il Signore è qui', Paolo può Cor.16,22 Paolo citando la medesima
voler dire : sapete che noi professiamo invocazione mirerebbe a far presente in
la presenza del Signore glorificato nel- forma breve e pregnante alla comunità
la comunità esclamando: µapa.va.1M:.; e di Corinto l'avvenimento decisivo a cui
la sua presenza, affermata in questa e- si volgeva l'attesa della fede cristiana.
sclamazione, esclude che vi possano ap- In ambedue le interpretazioni è ve-
partenere coloro che non lo amano. rosimile il rapporto di µapocva.M. con
Ci si può basare anche sull'altro va- il rito eucaristico 52 • Qui infatti dovette
lore grammaticale di µa.pa.va.lM:, inten- avere il suo posto in origine questa in-
dendolo come invocazione: 'Signore, vocazione della comunità, poiché da una
vieni!'; ma allora bisogna rinunciare a parte è elemento essenziale della cena
un nesso logico immediato col conte- la consapevolezza che il Signore della
sto di I Cor.16,22 e Did.10,6 49 • Questa comunità è personalmente presente 53, e
interpretazione ha però un valido ap- dall'altra si collega immancabilmente al-
poggio in Apoc.22,20, dove alla pro- la cena anche l'aspirazione alla parusia54 •

paico, cioè come formula esorcistica. L' iscri- ((signore». marana', ovvero marmi, si traduce
zione di Salamina (CIG IV 9303) non compro- dunque correttamente con xuptE: DALMAN,
va nulla a questo riguardo (--? coli. 1 2 5i s.). \Vorte J. I i47 ss. 268 ss.; ALTHAUS (4 n. 39)
48 ~ ZAHN, Forschungen 111 294. 518 s. Cfr. anche l'interessante saggio cli E.
LITTMANN, Anrede/orme11 in erweiterter Bdtg.
-19 Questo ad es. è stato messo in rilievo in --?
NGG, phil-bist.KI. ( 1916) 94 ss.
DAC I ,56; ~ NnSTLE, Theol. Studien i88; ~
O. HoLTZMANN e PH. BACHMANN, I Cor., ad l. s2 Cosl ~ GoL'rz 212 s.; 218; ~ R. SEEBERG,
so LoHMEYER, Apok., ad l. Aus Religion 121; II 311-313; ~ID., Der Ur·
sprrmg 15; 4 ID., Lehrbuch 1' (1922) i66 s.;
SI Nelle lingue semitiche la determinazione per· T. SCHMIDT, Der Leib Christi (1919) 38s.; J.
senale non può mancare nel discorso diretto IlEHM, 4 V, coli. .530 s.
(«Signore mio», <(Signore nostro»), mentre nel-
l'uso linguistico greco (e .anche tedesco, oltre 53 BE.HM ~ v, coli. J28 s.; 534 s.
che italiano) vi corrisponde il semplice XUptE, si I Cor.n,26: &xpi où e)..i>n; Did.10,6: t)..-
{.Ulpya:pi't'Tlç \!'. nau<.:t1.J

La terza possibilità di inte1·pretazio- cato presente nella comunità dei suoi


ne che abbiamo lasciata aperta più so- .fedeli, soprattutto quando si celebra la
pra, cioè che µapava.i>ci significhi: «Il
Signore nostro è venuto», non offre cena: «Il Signore nostro è qui», oppu-
invece alcun aggancio logico né col con- re è il grido della comunità tesa nella
testo di I Cor.r6,22 e di Did.rn,6, né brama del suo ritorno; grido che veni-
con una originaria utilizzazione litur-
va anch'esso rivolto con particolare in-
gica dell'espressione. Bisogna dunque
scartarla. tensità e fervore al Signore della co-
Riassumendo, µa.pa.vaiM. è o una munità durante la cena eucaristica: «Si-
professione di fede nel Cristo glorifi- gnore, vieni!».
K.G.KUHN

Le perle nell'antichità erano annove- Grecia ad opera di Silla ( 69) 3. In E-


rate in genere fra le pietre preziose 1. Si gitto Io sfarzo delle perle raggiunse il
pescavano soprattutto nel Mar Rosso, suo culmine sotto i Tolomei~. e a Ro-
nel golfo Persico e nell'Oceano India- ma in particolare nell'età imperiale 5 ." Le
no 2 • In occidente cominciarono ad es- perle, usate nelle collane e in altri og-
sete conosciute tra i Greci dopo la con- getti d'ornamento, furono considerate
quista dell'oriente da parte di Alessan- come ciò che di più prezioso esiste 6 ,
dro, e a Roma dopo la conquista della tanto che la parola divenne ovunque e-

i!É'tW )(aptç xa:t 1t<X:pEÀ.ftÉ'tW Ò 'X6<rµoç oihoç; minerali (anche oggi: cfr. anidr-ite, dior-ite
~ WE!SS, Urchristefltum 47; BEHM ~ v, col. ecc.) [DEBRUNNER].
535. 2 Plin. sen., historia 1111turalis 9,II2 s.; Strabo,

µapya:pli:t]ç 15,69.
RW u 265; HW II u58 s.; BW 508; RE x 1 3 La più antica menzione greca in Theophr.
523, 16 ss.; K. MoB1us, Die echte11 Perlen (discepolo di Aristotele), de lapitlibtts 36 (p.
(1858); S. KRAUSS, Talmudische Archiiologie 345,37, WIMMllR).
I (1910) 200 s.; O. KELLER, Die antike Tier- 4 Cfr. l'ipogeo cli Cleopatra adorno di perle e
welt (1913) II 552 ss.; H. USENER, Die Perle la preziosa perla a lei· appartenente, valutata
(Theol. Abh.C.v.Weizsiicker gewidmet [1892]) cento f11ilioni di sesterzi: Plin. sen., historia
203-13; CH. DAREMDERG - E. SAGLIO, Dictio11- naturalis 9,n9 ss.; ~ KBLLER 555 s.
11aire des Amiquités m 2 (1904) 1595 s., art. 5 Lollia Paulina, Ja moglie di Caligola, lJOrta-
'Margarita'; PAULY-WrssowA xrv 2 (1930) va un veno di perle e smeraldi del valore di
1682-1702, art. µapyap~'t~L; ZNW 9 (1908) quaranta milioni di sesterzi (Plin. sen., histo·
174. ria 11ataralis 9,n7 ); Cesare aveva regalato alla
1 µa:pyapl'f'J')c;, che in origine è aggettivo, de- madre di quel Bruto, che doveva poi uccider-
v'essere integrato con Àlì>oç; per altre designa- lo, una perla del valore di sei milioni di sester-
zioni greche della perla cfr. ~ P Au L Y - W. zi (Suet., Caes.50).
1683 s. -~'tTJ<; è un suffisso molto usato per i 6 Per i costumi nell'epoca ellenistico·romanJ
µapyapl't'l)<; (F. Hauck)

spressione figurata per indicare una CO· nivano traforate per ornamento - fun-
sa tenuta in altissimo pregio 7 • geranno da porte della città santa 11 • Le
Nei LXX µapyapl·t"TJ<; non figura 3 . mura con le loro porte erano assimilate
test.Iud.13,5 nomina le perle (µapya- a una collana o a un nastro ornati di
pl•TJ<;) accanto all'oro come oggetti pre- perle.
ziosi. Nel giudaismo la perla (mrglit',
mrgnjt'), dato il suo alto valore, in- Il N. T. conosce la perla: a) come
dica metaforicamente una sentenza di
oggetto di gran pregio in generale (cfr.
molto rilievo 9 • La predicazione giudai-
ca antica, nella quale venivano allineati Apoc.18,12), e quindi come figura di
l'uno dopo l'altro numerosi passi bibli- quel tesoro salvifico che è il regno di
ci, è paragonata a una fila di perle io.
Dio (Mt.13A5 s.; 7,6) 12 ; b) come or-
Le fantasiose descrizioni del mondo e-
scatologico parlano di perle gigante- namento prezioso (I Tim.2,9; Apoc.17,
sche, le quali - a guisa di quelle che ve- 4; 1 8, 16) 13 ; c) come motivo escato-

cfr. PJin. sen., historia 11aturalis 9,105 ss. spe- JO STRACK-BILLERBECK IV 176.
cialmente 106: pri11cipit1111 columenque om- 11 B.B.b.75a (dr. BousSET, Apok. a 21, 21):
11imn rerum pretii margaritae te11e11t; per l'uso
Una volta R. Johanan si sedette e disse: Il
presso gli Ebrei dr. ~ KRAUSS l 200. Santo, sia benedetto, un giorno metterà a di-
7 Ad es., un bambino molto amato; si veda
sposizione pietre preziose e perle della gran-
l'iscrizione riportata in ~ DAREMBERG-SAGLW de-.i:za di trenta [braccia]. Le stesse sono sca-
1596 e ibid. n. 12; CIL VI 13637: margitario11 vate per un'altezza di venti [braccia] e una
detto di un ragazzo amatissimo. larghezza di dieci, per servire come porte di
& L'ebraico pen/111111 di Prov.8,n e 31,10 (Àl· Gerusalemme: esegesi di Is..54,12.
Dw\I nolv-.d.wv), lob 28,18 (òrtÈp •à fow- 12 La perla nei rabbini è un'immagine corren-
•a.•a.), in base a Lam-4,7 (lrtuppwD11ua.v Ù· te per un pensiero felice o una bella senten-
1tÈp ).i-ltouç) e nonostante una consonanza con za; dr. Qid.39b: la bocca che faceva uscire
nlwa. (conchiglia, pinna marina), non indica perle ora deve lambire polvere ; inoltre in
le perle, ma piuttosto i coralli. Anche rii'mot STRACK-BILLERBECK I 447 s. 450.
(lob 28,r8; Ez.27,16; Prov.24,7), che talvol- 1J La gnosi indicava nella perla Cristo stes·
ta è interpretato con 'perle', non è stato inte- so (cfr. act. Petr. 20 (1 p. 68,12)), seguendo
so cosl dai LXX. Secondo Arrian., Indica 8,9 una leggenda che narrava come essa fosse
[ed. A. Ross, r928]), etimologicamente µa.p-- stata generata da un colpo di fulmine (scin-
ya.pl"t'l)ç trae origine dal sanscrito maiijari, tilla, Dio, Zeus) nel mare, nella polpa di una
'perla', 'bocciolo di fiori' (KELLER 553; Bo1- conchiglia (Athenaeus 3 [p. 9.3 e]; Plin., hi-
SACQ. s.v.) ed è una derivazione dal babilone- storia naltlralis 9,107 s.; Orig., comm. in Mt.
se margalittt11 '.figlio del mare' (F. E. PEISEH, 13,45 [46) [GCS x p. 8]). Nel mito tutto ciò
Mi1teilu11ge11 der vorderasiatischen Gesellschaft veniva impiegato ad illustrare la nascita della
5,2 (1900] 29-32). Il vocabolo arabo-persiano dea del mare, Afrodite, la quale era appunto
ga11har, corrispondente a perla, indica - e ciò venerata come dea delle perle(~ UsENER 207;
non è senza importanza per l'idea e il variare il colpo di fulmine = Zeus). Nell'ambito cri-
di significati di µccpya.plTY]ç - p erla, gioiello, stiano il mito serve a raffigurate la divina ge·
l'intimo, l' anima, la forza dello spirito; R. nerazione nella Vergine; immagine che fu poi
RmTZENSTEIN, Festschri/I f. Andreas (1916) assunta dagli autori ecclesiastici (Clem. Al.,
46; dr. anche H. GRESSMANN; ZDMG 60 paed. 2,12, n8,4; Ephraem [ ed. AssEMANI]
(1906) 671s. u, p. 263c ~ UsF.NER 204,3). Negli scritti dei
9 Qid.b.39b: «la bocca che ha fatto uscire per- Mandei la perla diviene immagine corrente
le ...»; in STRACK-BILLERBBCK I 447 s.; m 325; dell'anima che discende dal mondo divino e
ivi altri esempi. «rende olezzanti ( := pieni di vita) i corpi fe.
µcX.p'tU<; X'tA.. (H. ::itrathmann}

logico per descrivere la magnificenza del- porte del cielo rappresentate dai dodici
la Gerusalemme futura (-7 coll. 1267 segni dello zodiaco, sono costruite con
s.): le dodici porte della nuova Ge- una perla colossale e meravigliosa (A-
rusalemme, corrispondenti alle dodici poc.21,21, -7 n. II).
F . HAUCK

µ.arYwc;, µap·tupÉw, µcx.p·wpla,


µa.p-çvpi.ov, Èmµcx.p"t'UpÉw,
cruµµap't'upÉw,
cruvEmµcx.p't'upÉw,
xa··m.µap't'upÉw, µapi:upoµm,
81.cx.µap't'upoµm,
7tpoµap't'vpop,m, t!;Euo6µap't'uc;,
t!;woop.o:p1:upÉw,
~wooµo:p't'uplcx.

t µap'tu<;, t µap'tupÉ.w, a) di µO:p-ru~, µa.p-.upéw, µa.p'tupla;


t µCip'tuptCI, t µetp'tUpLOV b) di µap'tVpLov;
2. l'uso di µ6.p't'uç, (Actpi:upÉw, µap'tupla.:
a) nel diritto;
SOMMARIO:
b) in senso religioso nel Deutcroisaia;
A. Morfologia, etimologia, for111azio11e dei 3. L'uso di µa.p·n'.ipLoV.
vocaboli. D. L'idea di 'martire' nel tardo giudaismo;
B. L'uso di µap"tuç, µap'tupÉw, µa.p'tUpla., l'uso in Flavio Giuseppe e Filone.
µap'tupt.ov nel greco e.-..:tra-biblico: E. µap>uc;, µa.p-.upÉw, µap·tupla, µa.p'tupiov
x. testimonianze di fatti nell'ambito del nelN.T.:
diritto; r. presenza del vocabolo;
2. testimonianze di fatti in generale e testi- 2. l'uso di µO:p·rui;:
monianze di verità e di opinioni; a) uso generale (testimone di fatti);
3. applicazioni particolari della testimonian· b)l'uso particolare di Luca (concomitanza
za di fatti; di testimone di fatti e testimone nell'a- .
4. applicazioni particolari della testimonian- zione missionaria);
za di verità od opinioni; l'uso di Epitteto. c) come nello stesso Luca i due aspetti
C. µap'tuç, µap'tupÉw, µap'tupla, µap't'upiov comincino a separarsi;
nei LXX: d) µ&.p-ruç -r:wv -rov XptO''toU
r. i corrispondenti ebraici: 1taih1µ6.'t'WV in r Petr.5,1;

tidi)). LIDZBARSKI, Ginza L. m 6,81 (p. 515, 213, 12, var.); act. Thom. 108 (lI 2 p. 220);
20 ss.); L . m 5180 s. (p. 514,16 ss.) e passim, 148 (n 2 p. 256,8, var.); W. BoussET, Ma-
v. indice, s.v. 'Perle'; pure l'indice a acta apo- nichiiisches in de11 Thomasakten: ZNW r8
stolorutn apocrypha (LYPSIUS - BoNNET) s. v. (1917/18) 23 ss.; W. WEYH: ZNW 9 (1908)
µa.pyapl-tl'jt;, ad es. Act.Io.109; u3 (Il 1 p. 174.
1271 (IV,478) l..l!ip-tuç X'tÀ.. (H. Strathmann)

e) µap-.uç negli scritti giovannei; 5. l'uso di µap1:upLov:


3. l'uso di Jlap'tupsw: a) presenza del vocabolo;
a)affermazionc di fatti da parte dell'uomo; b) µap-.upLO\I come testimonianza a carico;
b)attcstazione di buona reputazione; c) µap-rupLov come 'attestazione';
c) il testimoniare di Dio, dello Spirito e d) µap-.vpLO\I come atto del testimoniare.
della Scrittura;
cl)la testimonianza religiosa; F. Il formarsi e il fissarsi di rm uso linguistico
e) l'uso particolare giovanneo; specifico nella chiesa antica come
f) I Tim.6,13; designazione del martirio:
4. uso di µap-.uplcx.: 1. sguardo d'insieme;
a) al di fuori degli scritti giovannei; 2. l'uso linguistico;
b) negli scritti giovannei; 3. l'idea.

µap'tuç X'tÀ..
Per sussidi lessicali e filologici di carattere ge- lische Theologie 2 (1935) 231-245; H. W. SuR-
nerale """7 À.aoç. KAN, Martyrie11 in jiid. rmd f riihchristlicher
116.p-.uç nel linguaggio giuridico greco: E. LEl- Zeit = FRL 54 (1938}. N. BoNWBTscn, art.
s1, Der Zcuge im attischcn Recbt, Diss. Zi.irich 'Martyrcr und Bekenncr', RE' 12, 48-52; H.
(1907); K.LATTE, Heiliges Recht. Untcrsuchmz- LmTZMANN, art. 'Mattys' in RE' 12,48-52; H.
gen wr Gesch. der sakralen Recbtsformen in LrnTZMANN, art. 'Martys' in PAULY-W. xiv 2
Griechenland (1920) 28-39. (1930) 2044ss.; K.LATTE, art. 'Martyria', ibid.
2032 ss.; H. LBCLERCQ, art. 'Martyr' e 'Marty-
Per lo sviluppo del concetto cristiano di mar-
rium', in F. CABROL-H. LECLERCQ, Dictionnai-
tire: F. KATTilNBUSCH, Der Miirtyrertitei:
ZNW 4 (1903) III - 127; ]. GEFFCKEN Die re d'Archéologie chrétienne x 2 {1932) 2359
ss.; B. DELEHAYE, Sanctus, Essai sur le Cultc
christl. Martyrien: Hermes 45 (19rn) 48;·505;
K. HoLL, Die Vorstellrmg vom Miirtyrer umi des Saints dans l'Antiquité (1927) 74-121; ID.,
Les Origines du Culte des Martyrs1 (1933); M.
die Miirtyrerakte in ihrer geschichtlichen Ent-
VILLER-K. RAH:NER, Aszese und Mystik in der
wicklung: NJbchKWt 33 (1914) 521-56 (qui
Viitert.eit (1939) 29-40; ]. B. LIGH'l'FOO'l', St.
citato secondo Ja ristampa in: Gcs. Aufsatze
Ciement of Rome. The two Epistles to the
zu1· Kirchengeschichte Il [1928] 68 ss.); ID.,
Corinthia11s (1869}, nota su I Clem.5A; R. C.
Der ursprii11gliche Sinn des Namens Miirtyrer,
CASl!Y, Mlip-.vc; (Jackson-Lake 15 [1933] No-
ibid. 37 (1916) 253-259; In., IJ!Euòoµap-ruç:
te V 30-37); H. VON CAMPENHAUSEN, Die Idee
Hermes 52,2 (1917) 301-307; R.REITZENSTEIN,
des Martyriums in der alten Kirche (1936); E.
Historia MonachorufJJ und Historia Lausiaca
PETERSON, Zeuge der Wahrheit (1937); F. J.
(1916) 79-90; In., Bemerkzmgen zur Martyricn-
DòLGER, Der Kampf mii dem Agypter in der
literatur: NGG, Phil.hist.Kl. (1916) 4x7-467;
Perpe~ua- Vision; Das Martyrium als Kampf
fo., Der Titel Miirtyrer: Hermes 52,2 ( 1917)
mit dem Teu/el: Antike und Christentum III
442-452; A. SCHLATTBR, Der Miirtyrer in dcn
(1932) 177-188.
Anfiinge11 dcr Kirche, BFfh 19,3 {1915); R.
CoRSSBN, Begriff rmd Wesen des Miirtyrers in Per le idee direttrici della 'teologia del marti-
der alten Kirche: NJbchK!Alt 35 (1915) 581- rio' e lo sviluppo storico di questa nella chie-
501; ID., µO;p-ruç 1md 1Jiwl.i6µap-.uc;, ibid. 37 sa primitiva, clr. anche le osservazioni intro-
(1916) 424-427; H. STRATHMANN, Dcr Miirty- duttive (545-549) in E. STAUFFER, Miirtyrer-
rer. Ein Bericht uber neue Untersuchungen z. theologie u11d Tiiuferbewegtmg: ZKG 52 (1933)
Gesch. des W ortes u. der Anschauung: ThLBI 545-598.
37 (1916) 337 ss. 353 ss.; G. KRiiGER, Zur Fm- Per il tema dei cosiddetti atti dei martiri pa-
gt: 11ach der E11tsteh1111g des Miirtyrcrtitels: gani i testi più antichi sono riportati in MIT-
ZNW 17 (1916) 264-269; G . FlTZBR, Der Be- TEIS-WILCKl!N; per altre indicazioni ~ n. 23.
griff des µap-rvc; im ]udt. rmd Urchr. (Diss. Cfr. inoltre H. NrnDERMAYl!R, Ober antike
Breslau [ 1928] non stampata); O. MrCHEI., Pmtokoll-Lit. (Diss. Gottingen 1918).
Prophet und Martyrer, BFfh 37,2 (1932}; In., Altra bibliografia in G. KRtiGER, Ausgewiihlte
Biblisches Bekennen und Bezeugen: Evangc- Martyrerakten' (1929) x s. e in O. STXHL1win
µ6:p"l'.uc; X"l'À. A 1,2 (H. ::>trnthmann)

A. MORFOLOGIA, ETIMOLOGIA ptµvcl.w, 'darsi pensiero di'; µÉptµva,


E FORMAZIONE DEL VOCABOLO 'sollecitudine, affanno'; nel latino me-
mor, memoria; nel gotico maurnan, nel-
l. Morfologia 1 l'anglosassone murnan, nell'antico alto
ò, ii µap"tuc;, gen. µap·rnpoc;, ace. tedesco mornèn, 'preoccuparsi, essere
IJ.6.p'tupa accanto a qualche sporadico angustiato'. µ6.p-cuc, sarebbe perciò uno
µO:p'tu\I, dativo pi. µap'tUCTL. Esiste una 'che si ricorda, dal suo ricordo trae co-
forma epica arcaica ( ò µ<ip-.upoç,, nom. n:Jscenza di qualcosa e quindi può dar-
pl. µcip,;upaL, dat. pl. µcx.p'tupoLc;) in O- ne notizia', cioè il testimone.
mero e talvolta anche nelle iscrizioni, Per il verbo µcx.p-cupE[v vale lo stesso
particolarmente in quelle provenienti principio che vige per i verbi in -Éw
da Delfi (CIG r 1699.1702-1707), iso- formati da sostantivi e aggettivi di ogni
lata in P. Gen. 54, 6 (rv secolo d. C.): declinazione: indicano «il trovarsi in
µcl.p'tup6c; Èc:r·tw ò ì}géc;, O'tL X't )..., «il dio una certa condizione, o l'esercizio abi-
è testimone che, ecc.» 2 • La forma µ6.p- tuale di un'attività, ma assumono an-
'tUp, ripetutamente indicata come eolica che, spesso, un valore transitivo»6 . µap-
dal grammatico Erodiano 3 , compare an- i:upEi:v significa dunque 'essere testimo·
che nelle iscrizioni di Cnido: GDI 3591 , ne, fare da testimone, testimoniare qual-
23=Ditt., Syll.J 953,22. Più tardi essa cosa'. Il sostantivo derivato µap-cupla,
divenne di uso comune nel linguaggio lo si voglia collegare direttamente a
ecclesiale 4• 1J,af)'tU<; oppure a µap'tupÉw 7, ha, come
cli regola i sostantivi formati allo stes·
2. Etimologia e formazione so modo, prima di tutto un significato
del vocabolo 5 astratto: l'atto di render testimonianza,
per poi indicare anche la testimonianza
µcX.p-cuç, appartiene probabilmente al- stessa. Invece µapi:upLov, come i so-
la radice smer, 'pensare, ricordarsi, es· stantivi formati col suffisso -tov, ha
sere preoccupato', che sopravvive, ad senso concreto e indica la testimonianza
es., nel greco µépµEpoc;, «ciò che richie- come entità obbiettiva, la prova di qual-
de molta riflessione e preoccupazione, cosa. Ogni µcx.p-cupla può diventare un
difficile, grave; chi molto riflette, si µap-.upLov, ma non viceversa. µcx.p'tu-
preoccupa»; inoltre in µEpµalpw, µEp- pla e µap-.upLO\I hanno perciò lo stesso
µ11pl~w, 'rifletto, esito, escogito'; in µE- rapporto fra loro che vcx.uaylcx., 'naufra-

W. v . CHRIST, Gesch. der griech. Lit.=Han<l- voL yà.p "tb cr dç p µ&-ca;~aÀ.À.oucn. u ( 1868)
buch kl. Altertumswisscnschaft vn 2,2• ( 192.+) p. 548,22: "t'Ì'JV µap-tuç Eù&Et°a.v ii AloÀ.Éwv
1246 ss. liLttÀ.Ex-toç liLà. 'tOV p 1tpoq>ÉpEL. Gli Eolici di-
1 Cfr. Ki.iHNER-BLAss-GERTH 1 l §§ 139. 140; cevano, ad es., oihop i_nvcce di oihoç, t1t1top
E. SCHWYZER, Griech. Gramm. I (x934) 260. invece di fa1toç. Similmente p. 615,35 s. e 747,
2S. Cfr. -anche KiiHNER-BLASS 1 I 1 (1890) 510.
2 Cfr. H. v. 1-IBRWERDEN, Lexicon Graecum
supplelori11111 et d;alecticum n (19xo). Thes. 4 Cfr. PAssow (- W. CRONERT) e LIDDELL-
Stepb., s.v., dà inoltre µ6:p"tupoç: Bas., cp. ScoT'l', s.v. («è divenuto d'uso generale»).
ad Chilonem (6:1tEp 'toi:ç 1.1.ap,vpoLc; -rov XpL- 5 Cfr. WALDE - PoK. 11 689 sotto smer-; anche
cnov e1tiJyyEÀ'taL), dove però MPG 32 p. BOISACQ, s.V.
357c legge µap-tu<n.
6 Ki.iHNER - BLAss' 1 2 ( 1892) 260; dr. DE·
3 Herodiani Technici Reliquiae, ed. A. LENTZ
nRUNNER, Griech. \Vortb. § 191-193.
I (1867) p. 47,4: (µap"l'Up) yl\IE't(J;L. lx "\'.OU
µap·tuc; xa:tà "C'ÌjV AloMwv ot&.À.Ex...-ov· ÉXEt· 7 KtiHNER-BLASS3 I 2,276.
1~ci.p·rnç K-rÀ. B r (H. Strathi-mann)

gio' e 't'Ù vauayLa, 'relitti della nave compare come teste nei processi o, chia-
naufragata', o yuµvwrla, 'ginnastica' e mato espressamente a presenziare ad at-
yuµvao-Lov, 'palestra' 8• ti giuridici di ogni genere, vi figura co-
me 'testimone ad solemnitatem' in fun-
B. L'uso m µap-.uç, µcx.pi:upÉw, zioni svariate 9 • Dei testi nei processi e
µa.p-.uplcx., µo:p-.upLov delle loro µa.p-.uplat, 'deposizioni', si
NEL GRECO EXTRA-BIBLICO occupa a fondo Aristotele nella rethol'i-
ca e Anassimene di Lampsaco nella ars
r. Il vocabolo µ6:pi:uç ha il suo cam- rethorica ad Alexandrum, tramandata
po particolare di applicazione nella giu- fra le opere di Aristotele 10• Per i testi
risprudenza, dove designa colui che per strumentali (ad solemnitatem ), iscrizio-
esperienza personale immediata è in ni e papiri ci offrono una quantità pres-
grado di deporre, e depone di fatto, su soché inesauribile di esempi nei quali i
avvenimenti ai quali ha preso parte o testimoni presenziano alla compilazione
comunque assistito, o su persone e si- di ogni genere di contratti scritti e di
tuazioni che conosce direttamente. Egli altri documenti anche pubblici 11 •

8 Cfr. P. CHANTRAINE, La formation des noms parte sono esaminati i modl in cui la parte
en grec ancie11 (r933) 59 [DEilRUNNER]; per i contraria contesta le deposizioni testimoniali:
termini giuridici in ·LOV cfr. DEDRUNNER, Grie- 'Av·nÀÉyov't'aç oÈ µap..vplq. lìE~ 't'ÒV -.p67tOV
chische wortb. § 289; BL. - DEBR. 6 § XXI, 4· 't'OV µcip'tvpoç lìia.~ciÀÀEW, 8.v ii 1tOVT)p6ç (se
Per quanto segue dr. KilHNER - BLAss' I 2, è morahnente indiziato), fi -rò µap'tupouµEvov
274 s. Él;E-ral;e:w, llv 'li mi>a.vòv x't'À. l:xE7t'tÉov oe
Per questa distinzione concettuale cfr. ~
o
xat El cplÀoç È<J"t'LV µrip-ruc; f1i µap-cupE~...
9 tj Éxi>p6ç EO''t't oi'.i xa...a.µap,;upErv, ii 7tÉVTJc;.
LATTE e~ LEISI. Tutte le persone, infatti, che si trovano in
rn Anassimene enumera come prove processua- queste condizioni possono essere sospettate
li µr.tp'tvpfo., ~acrrx.voç (affermazione estortil di testimoniare il falso: 't'à ljiwlifi µo.p'tUPELV.
con tortura) e opxoç. "Opxoç è definito (reth. Ka.t 't'Ò\I 't'WV ~Evooµa;P'tvpiwv v6µov ~7tt 'tou-
Al.x8 p. 1432 a 33) come µé't'&. i>Elr.tc; 1tr.tpa- 't'otç 't'Ef)eixÉvat cp1)uoµe.v 't'ÒV voµoi>frnv· IJ...
:>-.1}1j!Ewç qiricr~ç <X.va1t6oELX'toç, «affermazione 'tO'ltOV oÙ\I Etva.t -rov voµoDhov 'toi:ç µ/lp'tUf11.
indimostrabile per sé, fatta appellandosi agli µ1) 'TILO''tEUO'IX.V't'Oç -roùç xplvoV'tr.tç 'ltLO''t'EUEW
dèi». B&.ua.voç o' ÈO''t't µÈv bµoÀoyla. 1tEpt O'\J- au'toLç, XIX.'ttt -coùç v6µouç xplve.iv 6µwµox6-
VEL06't'oç, lixoV'toç lit (ibid. cap. 17). Il con· 't'a.ç. "Coùç µÈv ouv µap't'vpa.ç olhwç ò-.mi>6.-
trario è la µap'tvpla.: òµo:>-.oyla O"WELo6't'oç vovç 7toL'l1uoµt:\I. Alla fine del capitolo si parla
EX6V'tL (ibid.cap . 16). La cosa testimoniata può delle testimonianze verbali che vengono carpite
essere ·mita.v6v, &::1tlDa.vov o aµcplf30À.O\I 1tpÒç abusivamente (XÀÉ'lt't'EW 't''/iv µap't'upla.v). La
7tlO''tW, e corrispondentemente il testimone pericope termina raccomandando che ora si sap·
può essere m<r't'6ç, ll:ma-roc; o aµcplOo!;oç. pia µ4p'tUO't ... xa.t µap't'vplatç ... wç lìEL Xrni·
Quando la cosa testimoniata è attendibile e il uauitat. Per il modo in cui valersi di testi e
testimone aÀT}lh.V6t;, allora OUOÈV oÉoV't'a.L a.t deposizioni nei processi, è particolarmente ric-
µa.p'tUpta.L ÈmÀ6ywv. Se invece c'è luogo a ca di dati l'iscrizione di Calimna (DITT., Syll.'
sospetto, per consolidare la testimonianza bi- 953) riguardante una lite fra alcuni abitanti di
sogna dimostrare che essa x;apL'toç lvExEv oil- Coo e la comunità di Calimna.
'tE 't'Lµwplaç iì xÉplìouç "l'à ljiwlifj µa.p..upei., 11 Nei contratti figura prima di tutto il testo
«non afferma il falso a scopo di ingraziarsi fa. del contratto stesso. Sovente vi è apposta fa
vore, o di vendetta o di guadagno». Ll.Ei: oÈ xa.t formula finale i} uvyypaqi'iJ xvplix.. Il termine
oLMuxEw il'tL oò uvµqitpEL ,;ò ljievlìoç µa.p'tv- 'Map'tUpEç' apre la serie delle firme dei sin·
pEtv· a.l µÈv yàp WqlÉÀELlt.L µLxpo:l, 'tÒ o' ~!;E­ goli testimoni. Ad es.: PREISIGKE, Sammelbt1ch
Àqx;i}fjva.L x;a:>-.E1t6v... Toùç 11èv oi'.iv µ4p'tV- 1ll 6709,6 (acquisto di uno schiavo); 6742a x8
paç o\l't'w mcr,;oùç 'ltOLTJO'OµEV. Nella seconda (accordo di un prestito); 6759,18 (contratto di
µap'tvç x-rÀ.. ll 1 (H. Strathmann)

L'atto del testimoniare è espresso di pELV e µa.:p-rnplo: nel campo del diritto
regola dal verbo µa.p't'UPELV. Lo si usa ci è offerto dal Pap. Hai. r righe 222-
in forma assoluta, in quanto uno fa 233 (sec. III a.C.). Si tratta di una ci-
semplicemente da teste (ed è allora di tazione ed escussione di testi 14 : riga
uso corrente anche indicare con un da- 222: Elc; µa.:p·.upla.:v xÀ:rjcnc;. E[lc;] µa.:p-
tivo in favore di chi egli testimonia: 'tUpla.:v xo:ÀElcrìrw Èva.v'tlov ( 2 2 3) ouo
persona, documento o simili) 12 ; oppure xÀ[ 'l"J h6pwv mxpov'tcx. àyopEuov-m xa.:-
riferendosi all'oggetto della deposizio- i}' EV exa.o--rov <S'ti 8.[v] (224) ÒÉ'l"JL
ne (che si esprime in accusativo, o con µ.[ a.p hupdv. ooÈ xaÀtcraµevoc; ypa.cpÉ-
1tepl e il genitivo o con una proposizio- 'tW -.1)v µo:p(225 )-.vpla.v El<; 1t[1]v[ci]-
ne introdotta da o·n) in quanto il testi- x1. [ ov], oOÈ xÀ.'l')ìrdc; µo:p'tvpEl'tw È[ 1t ]t
monio testifìca qualcosa di determinato. ["tfih (226) àpxfi1 xa.:t È1ti 't[wi.J 01-
Corrispondentemente, il sostantivo µa.:p- xa.o-'t'l}plw1 Ècp' olc; mt.pijv ti E18e. [ v ò ]-
't\Jpla., conforme al suo primo significa- p.6cra.c; (227) 't'ÒV v[6Jµ1µov opx(O]V
to, è usato come nomen actionis (il far àÀ."()ilij µa.p'tvpdv 't'Ù. È\I 't'WL 1t [ wa. ]-
da testimone, il rendere una testimo- xlw1 ( 228) yEypa.: [ µµÉv ]cx., &À.À.1]'11 ÒÈ
nianza) per poi significare anche la te- µ1J µap'tvpel't [ w. 'E] à.v ( oÈ) µ1) cp1)1
stimonianza stessa 13• Spesso non è faci- [ [1ta.paJ] (229) 1ta.pei:va.t µ1]8È i.oe.i:v
le distinguere fra l'uno e l'altro valore. 1tEpt WV 8.v XEÀEU'r]L µo:p't\JpeLV (230),
Un bell'esempio di quest'uso di µa.:p·rn- É~oµocrcX.crilw 't'Ò\I v6µtµov opxov ?tapa.-

affitto); IV 7450,25 (tutti del III sec. a.C.); V. quali sono citati per nome i µap'tvpe.:; delle
7532,24 (r sec. a.C.). Lo stesso avviene nei te- due parti. Al dire di Platone (leg. I2,953c),
stamenti: M1TTEis-W1LCKEN II 2, 301, 30; P. pe1· accettare una garanzia ci vuole una uvy-
Petr. r n,13; 13,2,4; 13,3,6; 14,21; 19,30; ypa.q>1} contenente tutte le clausole «xat f.va.v-
III l,l,18j 4, (2) 23; 6a,37; 7,20; IO,IIj II, n.
'tLo\I µcwrvpwv µ'Ì] a.nov 'tPLWV». Cfr. an-
25; 12,13 (tutti nel III sec. a.C.). Spesso vie· che P. Ryl. u r6oa 6 (r sec. d.C.): E'ltL'rE[ i:&:-
ne anche data una precisa descrizione persona- xa]µEv 'tOLç µap'tVO'L ypaq>ELV.
le dei testimoni, con tutti i segni di riconosci- 12 La formula µa.p'tupw 'tfi... oia.D1Jx11 è del
mento, ad es. cicatrici, un neo, colore e qualità tutto corrente nei papiri di Ossirinco. µctp'tv-
dei capelli e simili, proprio come in un man- pEi: LWTa.lpwt .6.to)'É'117]ç (P. Petr. n 2Id 2);
dato di cattura; cfr. ad es. P. Petr. I 19,30 ( = µa.p'tVpEi'. µoL ò llEO<; (P. Oxy. VIII n64,11).
MITTEIS-WILCKEN Il 2,301,20 ss.) (III sec. a.
C.): µ6:p'tVpEç· Il6:ptç 0Eocp01.ov SECTCTa)...òç 13 dç µa.p-cvpla.v xa>..Elcr&w (P. Hai. I 2z2);
'tfjç Èmyovijç Wç hwv [ 'tpLaX]OV'ta. µfooç dç µa.p'tvpla.v XÀ'Y]ftElç (Plat., leg. 11,937 a).
µEyél)H µEÀ.lxpwç µa.xpo7tpOCTWTtOç "tE'tctVO· IG v z,357,10 ss.: il testimone che rifiuta Jr.
l>pt~ [où)...1} µE]'tWTtWL µfowt xa.t cpa.xòç 'lta.-
sua testimonianza <leve giurare di non saperne
p' Òq>tlcxÀ.µÒv od;L6V ... Spesso la deposizione nulla. Questa è allora una f.swµoO"la. (P.Eleph.
comporta che ogni singolo testimonio, a meno 34,1). In seguito a questa Èswµoala «Ù.q>EW·
che non debba farlo fare per procura essendo ui}w -rà<; µap-rvplaç». Dione Cassio 55,19,2:
analfabeta, sottoscriva di propria mano: µap- Livia in una rimostranza rivolta ad Auguste
dice che molti considerano l'amministrazione
'tVPW -tii 'tOV OEi:Va. OLa.D1)x11; ad es. MITTEIS·
WILCKEN n 2,303,14 ss. (u sec. d.C.). Compa-
della giusti.zia completamente decaduta; o(hE
iono spesso dei testimoni anche in atti pub- yà.p 'tà.ç µapTvpla.ç o(l'tE i:ci<; Pa.a&vovç oil-
-r' aÀ.À.o 'tL "tWV 1'0LOV'tWV wç xa.t &,).:r1llt<; èÌV
blici. Gli atti pubblici di Delfi, per la eman·
dpazione sacra di schiavi, finiscono di regola xa-.' a.iJ'tw'V '1tpocrlEV1'et.L.
con un µap"tVpEç ol lEpEi'.ç xa.t oi ilìiw'tctL, o 14 Cfr. Dikaiomata, At1s:dige aus alexandrini-
formule simili; cfr. ad es. CIG I 17oz-1707, schen Gesetzcn und Verordmmgen i1l eine111
ecc. I tributi che i Focesi devono prestare a Papyrus des philologischen Scminars tler Uni-
Delfì vengono registrati in iscrizioni nelle versiti'it Halle (1913) 12).
µ&.p·rnç x-c),. B 2 (H. Smnhmann)

XPi'Jµa. µ1)'tE ELÒÉ(V]a.L µ1)'tE (23r) 'lta.-roismo» (Plat., leg. 12, 943c). Ognuno
pe:i:va.t 7CEpt wv ?lv x.À.TJi)fit dç µrwru- diventa poeta quando Eros lo afferra;
i[l oTi 1tpÉ1m 1)µ~ µcwrupl~ XPi'io1let.L,
pla.v. f.à.v Ò[È] (232) 'tfj<; µa.p"t'vpla.ç -cà
p.Èv cpi'jt Ei.0Évr1..t, 'tà oÈ µ1), lì µÈv &..v
èht 'ltOtlJ-tfiç ò "Epwç àyabéç, «fatto di
cp•{j[t] (233) CTUVEtOÉVUt, µap-tvpel'tW, cui ci è lecito servirci a testimonianza
(),o' èiv cpi'jt µ'!Ì CT\JVEtoÉvat, f.!.;oµo[cr]a-
che Eros è buon poeta» (Plat., symp.
crì)[ w], «Chiamata dei testi a depor- r96e). La frase di Platone ratifica un
re. Per depone, si chiamino a fronte, fatto sperimentato. Un documento vie-
per ciascun punto che occorra testimo- ne esibito al magistrato npòç µap-cù-
niare, due dei testi citati, che siano pre- p~ov 'per testimonianza' (Preisigke, Sam-
senti e idonei. Colui che ha fatto la ci- melbuch IV 7363,15 [r68 d .C.]}. Per
tazione scriva sulla tavoletta la testimo- sostenere che certi cibi provocano sogni
nianza richiesta e il teste chiamato te- cattivi, µet.p'tuploLç ÈXPWV'tO -i:oi:c; 't'E
stimoni davanti ai magistrati e al tribu- xu6.µot<; xa.t 't'TJ XEcpaÀ.ft "tou 7COÀ.U'Ito-
nale su ciò cui fu presente o che sa, do- òoç, «si servivano, come prova, delle
po aver prestato legale giuramento di fove e delle teste di seppia» (Plut. qua-
attestare la verità relativamente a quan- est.conv.8 ,IO [II 734 s.]); µa.p"tUpLa oÈ
to sta scritto sulla tavoletta, e non te- 'tOV't'WV -tp61tet.W fo-r;1)cret.V't0 'tWV 1t0-
stimoni di altro. Se dice di non aver as- À.Eµlwv, «a testimonianza di questo e-
sistito, né di sapere quanto è invitato ressero trofei sui nemici» (Gorg., fr.
a deporre, neghi immediatamente con 6 [n 286,8s., Diels5 ]); µap-tuptov ÒÈ
giuramento legale di sapere o di essere 'tWV dpnµlvwv xat -rò Tt<io't v7t<.i.pxt".w .••
stato presente a ciò per cui fu citato. a.ù't1)v, «testimonianza di quanto è sta-
Se del contenuto del quesito parte dice to detto è pure il fatto che essa sta a
di sapere e parte no, quel che dice di disposizione di tutti» (Aristot., part.an.
sapere lo testifichi, e per quel che non 3.4, p. 666a 22); µap-r;Ùpta 'tà. i)µeptvà.
sa, giuri di non esserne a conoscenza». ltpya. 'tWV VVX't'Epwwv 1tOtOUµEVo<;, «fa-
cendo delle opere diurne una testimo-
Il µa.p-cùptov non presenta, invece, nianza di quelle della notte» (Dio C.
alcuna attinenza speciale con la sfera fo- 38,22,3). Che Cesare usasse demenza
rense o con il diritto in genere. Indica per vera bontà d'animo, µlytcr't'oV µÈV
la prova obiettiva, la dimostrazione che xa.t ÉxEi:vo µa.p-tùptov ècr·nv ... , «ne è
può esser portata per confermare la giu- massima prova anche il fatto che... (Dio
stezza di un asserto o dimostrare un c-44.47 ,I). Le tombe carie in Delo era-
fatto, sia essa l'affermazione convalidan- no µap-tuptov delle colonie che i pirati
te di una terza persona, per es. di un carii vi avevano costituito nel passato
poeta (uso, questo, molto frequente) op- (Thuc. r, 8, r ). È qui completamente
pure un avvenimento reale o qualcosa scomparsa ogni traccia d'appartenenza
che serva da documento probativo. So- della voce primitiva alla sfera del dirit-
prattutto in quest'ultimo caso risalta il to e in particolare alla prassi giudizia-
carattere obbiettivo del vocabolo. Ad ria. Si tratta però sempre di una prova
es., la corona d'alloro, con la quale vie- di fatti reali.
ne premiato il valore, è deposta in un
tempio delle divinità della guerra µaf.l- 2. Ben presto tuttavia anche la voce
"tvptov dç 'tfjv 'tWV &.ptcr-celwv xplaw primitiva µap'tuç trova, alla pari di µ<Xp-
7CctV't~ç 'tOU ~lou x-i:À.., «quale testimo-
-tvpÉw e µa.p'tupta., un' applicazione di
nianza, per tutta la vita, che a un tale
fu aggiudicato il primo premio dell'e- carattere più generale, al di là del cam-
µap•vç x ·H1.. D 2 \fl. »rrn1mm11n11

po giuridico. Si verifica un'importantissi- ti emessi senza riferimento alla contro-


ma amplificazione di significato, e quin- versia in corso, o di µap'tupEç µE'tÉXov-
di un'ambivalenza nell'uso. Il gruppo di 'tE<; 'tOV XL\IOU\IOU, «testimoni che parte-
vocaboli non indica più soltanto una te- cipano all'alea» (della lite). Di questi si
stimonianza fondata su personale espe- dice (p. r376a I2 ss.: oL µèv ovv 'tOLOU-
rienza a proposito di singoli avvenimen- 'tOL 'tWV 'totou'twv µ6vov µap-çupÉc; dow,
ti o situazioni effettive o fatti reali in EL yÉyo\IE\I i'J µ1), d Ecr'tt\I i'J µTj, TIEpL oÈ
genere, ma anche la professione di idee 'tOU Tioi:o\I ou µap'tUpEc; ofov El Slxa1ov fi
o di verità delle quali chi parla è piena- li.otxov, d cruµqiÉpov 11 àcrup.<popov, «sif-
mente convinto. Si riferisce perciò a og- fatti testimoni sono chiamati a testimo-
getti che per loro natura non possono niare su questo: se il fatto avvenne o no,
essere sottoposti a una verifica empiri- se è o non è, ma non testimoniano quan-
ca. Aristotele (rethor. I ,x 5) studia chia- to alla sua qualità: se è giusto o ingiusto,
ramente questa differenza. Dopo aver utile o dannoso». Si distinguono dun-
contrapposto 7tl<r·n:ic; li'tEX\IOt e E\l'tEX- que µap'tupla.1 TIEpt 'tOU 'ltpciyµa'toç,
\IOt, cioè «mezzi di dimostrazione che «testimonianze riguardanti l'esistenza
sono tali per loro natura» e «prove ela- <lel fatto», e testimonianze 1tEpt 'tOU 11-
borate con tecnica metodica» (I, 2, p. itouc;, «riguardanti la natura morale».
r355b 35 s.), enumera cinque tipi di Solo nel primo caso si tratta di te-
7tt<r'tEtc; li.-n:xvo1, cioè: \16µ01 'leggi', stimoni giuridici nel senso inteso da
µtip'tUpEc;, 'testimoni', o-wi>fjxa1, 'pat- Anassimene (~ n. ro). Evidentemente
ti', ~Wra\101, 'risposte estorte mediante i termini µap'tuc;, µa.p-~upEi:v, µap-çupla
tortura', Op X O t, giuramenti' dei quali
I 1 assumono un senso completamente di-
tipi tratta in particolare (I,IJ p. x375a verso, a seconda che sono usati nell'u-
24 s..). A proposito dei testimoni, distin- no o nell'altro ambito. Nel primo abbia-
gue quelli che appartengono al passato mo semplicemente l'accertamento di re-
e quelli che appattengono al presente altà esterne e visibili, siano esse avve-
(7tctÀ.a1oi. e 7tp60-q>a:to1), e fra gli 'anti- nimenti. o situazioni; nel secondo inve-
chi' contrappone testimoni di fatti con- ce valutazioni etiche, cioè la manifesta-
cernenti il passato e testimoni del fu- zione di convincimenti morali, per dir-
turo ( ! ). In quest'ultimo gruppo rien- la in generale: di opinioni. Là vengono
trano i XPtJO'µoÀ.6yo1, 'interpreti di ora- fatte affermazioni su avvenimenti ob-
coli'; ma anche a.L 1ta.poiµla1 µa.p'tvpuX. biettivi, qui sono dichiarati dei giudizi
ÉCT'tW, «i proverbi fungono da testimo- personali. Là si tratta di dire se qualco-
ni». Per i 7tpocrq>a'tot µ&:p·tupEç, 'testi- sa è o è stato effettivamente, qui se
moni attuali', si tratta ?.. di giudizi di qualcosa secondo le vedute di chi parla
persone ragguardevoli che però sono sta- è conforme a verità e giustizia.
µcip-cuc:; x-rÀ. B 3 (H. Strathmann)

Ma non è solo in questa contrappo- ne da tempo immemorabile, prima di


sizione che tale diversità di significato tutto per gli dèi. Quando vengono in-
vocati come 'testimoni' di contratti,
si fa sentire; la si osserva anche prima, convenzioni, o dichiarazioni solenni, di
quando Aristotele tratta di µap"tupEc; in promesse di ogni genere e di giuramen-
relazione al futuro. Poiché in tal caso ti, tocca ad essi, che tutto sanno, di
ciò che è possibile 'testimoniare' è sol- convalidare la giustezza dell'affermazio-
ne o la reale esistenza dell'accordo, nel
tanto la convinzione che questo o quel caso che non ci siano altri testimoni.
fatto avverrà, che è come dire: l'idea Chi si appella alla testimonianza degli
su cui tale convinzione si fonda. Che dèi, ha insieme la persuasione di espor-
si da sé alla loro punizione, qualora di-
µap"tuc;, µa.p"tupE'Lv, µa.p't'upla. abbrac- ca una menzogna o rompa il patto 15• Il
cino ambedue i significati, è cosa di vocabolo si applica, inoltre, anche agli
grande importanza per la storia ulte- uomini, quali testimoni diretti di qual-
siasi avvenimento. È superfluo addurre
riore dei vocaboli stessi. esempi di quest'uso, che è cosa di tut·
ti i giorni 16 • Si passa infine, in senso
3. Nel primo senso (testimonianza di traslato, anche a 'testimoni' che non
fotti) il termine µap't'uc; fu d'uso comu- sono persone 17 . Osservazioni analoghe

15 Horn., l/.3,280: nel sacrificio che precede il 't'E WT)'t'WV avi>pw:twv; in 1/.2,301 s. Ulisse
duello fra Paride e Menelao, Zeus, Apollo ecc. ricorda agli Achei il prodigio che prcsagl la
sono chiamati come testimoni del solenne ac· lunga durata della guerra in corso e di cui tut·
corda che essi devono tutelare: ùµE°i:c:; µcip-cu- ti furono spettatori al momento della parten·
pot ~O''tE, q>uÀaO"O'E'"CE o' opxta. 'JttO"'tcX; si veda za da Aulide (un serpente che, uscito di sotto
anche II.22,254 s.: Ettore, sfidando Achille al l'altare del sacrificio, divorò otto passerotti e
duello, propone che si guardi agli dèi, 't'OL yàp la loro madre): ÉO''t~ oÈ nciv-cEc:; µap-rupoL, oi>ç
&pia't'ot µ&.pwpot foaov't'et.t xa.t É'Jtlaxo7tot l.1TJ KijpEc:; ~~Gt.\I fto.vtt"l'OLO <pÉpovaa.t. Si veda
ci.pµovtci.wv; a proposito degli dèi inferi, in inoltre, a proposito del concetto di testimoni
quanto invocati a punire la rottura dei giura- oculari e auricolari, Horn. hymn. Mere. 372:
menti (ll.r4,274): µap·tupOt WO'' ot ~VEpi)E i>E- oùOÈ ftEwv µaxcipwv li.yE µcip-.upGt.1:; oùOè :xc.t·
ot Kpovov 6:11q>tc:; Èov·m:;, cfr. 1/.7,76; Od.14, 't'67t"l'IXC,. Dio C4ra3,r: Cesare in un discorso
394; liµµLv µcip-cvc:; fo-tw ZEuc:; (Pind., Pyth. alle legioni in Piacenza, prima di mandaré sot-
4,297; µap't'upa.c:; xaÀw i>Eouc:; (Soph., Trach. to processo alcuni soldati ammutinati: t.yw
r248); P. Gen.54,6: (.Uip-.upoc:; ÉO''ttV ò [i>]Eòc:; O'\J\IEXaÀECTCt. ùµiic,, [va. xo.L µ6.p't'Upa.c:; xa.l. t-
eh~ OÙ otà Àijµ(µ)a. µttXOµE, cXÀÀà. µaxoµE 1tOTC't'Gt.c:; "l'W'\I "l'E ÀEyoµÉvwv xat {'t'WV} 'ltp(J.'f·
otà aÉ. In epoca più tarda troviamo gli Elce- 't'OµÉvwv 1toL1iawµm. Dio C.46,56,2: B1twc:; xal
saiti che in occasione del loro battesimo ripe- ÈTCTJXOO~... xat µiip-rupEç "t'WV wµoÀoyT)µÉVWV
tuto più volte, e per certi scongiuri contro il acplcn yévwv"l'm. Cfr. anche 53,24,3. PJut., a-
morso dei cani arrabbiati, sono invitati a invo- dulat.32 (u 7ra): l'ammonimento che l'amico
care tn't'à µ<Xp-tupac:;: 'tÒV oòpu.vòv xa.t -tò V· fa ali' amico deve essere discreto, µfi... µl)lì~
owp xo.t "t'Ù 1tVEUµet.'t'et. "t'à /iyta. xat "l'OV<; à.y- µ6.p-tupac:; xat &et.'tcXC, O'\JVU]"OUO'Gt.V.
yÉÀouc; -tfjc; 1tpoaEVxiic:; xal. "t'Ò ~Ào:tov xat 't'Ò 17 Ad es., &.µÉpc.tt 8' Ènl)..omoL µ6.p"l'VpEc:; 110-
&Ào.c:; xa.t •Tiv yijv (cfr. Hipp., ref.9,15,2.5). <pw'tet."l'OL (Pind., Olymp. 1,54); ~~xE vavn-
16 Vogliamo tuttavia citare due esempi omeri- >..lcxc, fox6.'t'cxc:; µap-tvpac,, con riferimento alle
ci: in ll.1,338 s. Achille consegna agli araldi di colonne d'Ercole (Pind., Nem. 3,22). Socrate
Agamennone Briseide, chiamandoli n testimoni (Plat., ap.3rc) si appella alla sua povertà come
dell'ingiustizia che gli è fottn: "t'w o' av-rw a testimone che lo scagiona dall'accusa d'aver
1.tap-.upot ~1nwv 1tpoc:; "l'E ilEwv µa.xcipwv 1tpoç trntto profitto dal suo filosofare: Éyw 'ltapt-
si possono fare a proposito di µap'tu- giudizio che il valore di un cittadino
pei:v nel significato di 'convalidare, ser- in un'insurrezione dev'essere stimato
vire da prova', e di µcwtupla, nel qual più di quello mostrato in battaglia con-
caso questi vocaboli possono assumere tro i nemici esterni, l'ateniese si appel-
un valore anche attenuato: 'fare una la al poeta Teognide di Megara: 'ltOL·T)-
dichiarazione su qualcosa o in favore di 't"Ìj\I oÈ xat 1}µei:ç µ&.p·tUp' ~xoµEv, ®Éo·
qualcuno', la 'dichiarazione stessa che yvw xT"ì..., «abbbiamo anche noi a te-
viene fatta', particolarmente come di- stimone un poeta, Teognide, ecc.» (leg.
chiarazione che rende onore, 'buona te- r, 63oa). È un principio fondamentale
stimonianza'; oppure 'conferma', ad es. socratico, TÒV &.otXOV\l'tct. oùx eùòalµo-
di un'esperienza 13• va dvaL, «che l'ingiusto non è felice».
Ma sarà focile a Polo portare uno scia-
4. Per l'uso di µap'tuç, µap'tupEt\I, me di testimoni che contesteranno la
µap'tupla nel senso di testimonianza di verità di tale insegnamento: Éà.v f3ou-
un'opinione che uno ha, o di una veri- À:n xaT' ɵov µapTupar;, 7ta.pa.crxfo'i)m
tà della quale è convinto, vogliamo pri- wr;, oùx &,)..TJITTl À.Éyw . µap'tup{icroucrl
ma di tutto addurre alcuni esempi da aot, Èav µlv f3ouÀ.11, Ntxlaç x-.À.., «se
Platone. Il xop6ç dei .giovani fino ai vuoi addurre contro di me dei testi-
trent'anni attende al compitodi infonde- moni che non dico la verità ... testimo-
re nella gioventù la persuasione che la nieranno in tuo favore, solo che tu lo
vita migliore moralmente è anche la più voglia, Nicia, ecc.» (Gorg-472a). Nella
felice: -çÒ\I ... Tiatiiva Èmxa"ì..ouµEvos contrapposizione dei pareri µap-cucr~
µap'tupa 'tW\I ÀEyoµÉvwv &.À.11~elaç 'ltÉ- Xll.L Èmt.t'VÉ'tll.L<; )(pWµEVOL È1ttXL\IOUµE\I
p~. «invocando il Risanatore a testimo- ÈxrhEpoL, «ambedue le parti poggiano,
nio della verità di quanto vien detto» per sostenere la loro idea, su testimoni
(leg.2,664c). L'ateniese condanna l'omo- e panegiristi» (leg. r ,638d), dove è par-
sessualità degli Spartani, µap'tupa 'ltct.· ticolarmente significativa la giustappo-
pay6µEvoç ..-Tiv 'tW\I ~'r)plwv q>V<Ttv, sizione di µtip'tupEç ed È.1tet.tvhat come
«portando come prova l'istinto delle be- termini evidentemente considerati equi-
stie» (leg. B,B36c). Per convalidare H valenti.

xoµa~ -còv µap-cupa ... -cttv 1tcvlc1:11. Plut., de mtpa~oÀEU<T!i~voc;, «gli fu resa testimonian-
amicorum multitudìne 2 (II 93e): -.òv µaxpòv za che egli nell'interesse dell'amicizia si era e-
xat no:Àix~òv alwva. µ6;p-tupa -.ov À6you x<Xt sposto a rischi, come patrono in processi per-
uuµaouÀO\I )..6.aoµEV, il passare deJ tempo of- sino contro persone autorevoli». M<Xp'tupl"l}
fre testimonianza e consiglio circa il contegno compare in Omero una volta sola (Od.11,325):
di un vero amico. in base a µap-cupfo:t di Dionisio su qualcosa
che egli aveva osservato, Artemide impe-
18 Ad es. P. Oxy. VIII n64,n: µ<Xp-.upE"i: µOJ. disce che Teseo porti Arianna ad Atene. Dio.
yàp h i>E6ç. Dio C.50,3,5: Antonio nel suo te· C. 56, 25, 6: Augusto ordina che a nessuno
stamento 't4°> KaLcraplwvL {il figlio di Cleopa- degli lipxo\1-tEc;, durante il loro mandato e an-
tra) wç xat lx 'tOV Kala"apoç !Sv-twç yEyov6-cL cora per sessanta giorni in seguito, possa es-
lµEµap-tup-{jxE'; ibid.57,15,3: Tiberio Èxa.-.ov- sere tributata da parte dei subalterni alcuna
-tttpxou t).À.7]\IL<T'tt ÈV -t<l'> cruvflìpl~ µap-cupij - ·nµ1], il'tt -cLvèc; µap-.upl<Xç na.p' mhwv xaL
<Tal "' tilEÀ'fJCTa\l't"Oc; oùx 1)vfoXE'to. Iscrizione È1t<Xlvouc; 1tPOTto;paO"XEUa.!;6µEVOt 'ltOÀ.).à. !ìux
di Olbia, sul Mar Nero (II sec. a.C.), riportata -toii-tou EXa7eoÙpyovv, provocando cosl grossi
da DEISSMANN, L.O. 69 n. 2: à.).)..à. xal {µt- scandali. Map-tupla, nel senso di dimostrazio-
XPL) 7tEp6:-.wv yfiç lµap-tup-{Jlh) -.ove; v-it~p qi~­ ne, prova (in una seduta ufficiale), si trova in
Ma.ç xwlìv'.louc; µtxpL ~Epau'twv cruµµaxlq; P. Oxy. I 41,18 (m scc. d.C.).
µ&p-.v<; X-tÀ. B 4 (H. Strathmann)

In tutti questi esempi non si tratta è educato alla sapienza) il testimonio


di fatti concreti che il testimone serve chiamato da Dio ad attestare una vita
a confermare, ma di opinioni e convin- di filosofica saggezza - a parte l'ambien-
cimenti che egli approva, esprime e di- tazione stoica - non fa che formulare
fende con energia; di verità per le qua- un concetto che già era presente nell'A-
li prende posizione e si impegna a fon- pologia platonica e da allora era andato
do. Questo avviene attraverso il giudi- esercitando un'influenza sempre mag-
zio che pronuncia. Ma il processo di So- giore. In Epitteto il tema del filosofo
crate e il modo in cui esso si svolge nel- come testimone acquista di fatto un po-
}'Apologia di Platone dimostrano che sto importante, ed è lui che offre gli
assai più valida della testimonianza a esempi più significativi per l'applicazio-
parole è quella data attraverso il com- ne dei termini di µ&.pi:uc;, µa.pi;vpE~V,
portamento pratico. Anche se non vi si µa.pi;uplrx. 20 a tale concetto 21 • Il filoso-
usano le parole µÙ:.p't'v<;, µu.p-tupel:v, fo, il cinico autentico, è o dovrebbe es-
µap·rnplu. con questo valore, di fatto sere infatti, nel suo costume di vita, il
tutta quanta l'Apologia è una magnifi- testimone della saggezza stoico-cinica
ca esaltazione di Socrate, una testimo- riguardo alla vanità di tutto ciò che è
nianza che egli nella vita e particolar- esteriore, che non è quindi in nostro
mente nella morte ha autenticato infles- potere. Il 1trna.LoEUµÉvoc; si dimostra
sibilmente con la sua condotta la verità 'testimone' quando di fronte alla dif-
del suo insegnamento 19 • Socrate è un famazione, all'esilio e a ciò che in qua-
esempio di fedele testimonianza, resa lunque altro modo può colpirlo, con-
senza badare alle conseguenze, e come serva la serena imperturbabilità dello
tale è esaltato: è un eroe morale. spirito. Egli compare wc; µ<i:pi:vc; ÙTCÒ
Quando, alcuni secoli più tardi, Epit- -tov ikov xExÀ:r1µÉvoc;, «come teste ci-
teto elogia nel 'ltE'ltrx.toEvµévo<; (colui che tato da Dio», e depone a suo discarico

19 Cfr. ap.28d: dove ciascuno ha scelto il suo opt ayaltc{J xaxòv oòOèv olhE SWV'tt oihE 'tE-
posto avendolo riconosciuto come il migliore, ÀEV~O'Cl.V'tt oòoè CÌ.µEÀ.EL'tat Ù7tÒ ltEWV -rà
o dove un lipxwv l'ha posto, E.v-.aii!}a OEL, wç -rou-.ov np&:yµcx.-.Ct. (ap.41 d). Il processo fini-
Eµot lìoxEi:, ~vov'tct. XLvlìuvdmv, µ'T}oèv \mo- sce cosl in un pieno trionfo morale dell'impu-
ÀoyLs6µEvov µ-fi-.E iM:va-rov µ-fi-.t èf)..).o µTJoèv tato sui suoi accusatori e giudici!
1tpb -rov alnxpou. In questa condizione si tro- 20 Si può considerare come transizione a que-
va Socrate. Poiché (ap.28e) egli è convinto che sto concetto il brano in cui Aristotele (me-
'tOU... i>EOU 'ta't'tOV'tO<; .. . q>tÀocrocpouv-.&. µE taph.1,10 p. 995a 7 s.) dice che la nostra abitu-
oti:v l;fjv, e niente lo distoglierà da questo. ap. dine mentale determina il nostro parere sul
29d: se lo si vuole assolvere imponendogli pc· modo in cui ci si parla: gli uni esigono delle
rò di tacere, ~yw ùµiiç... àc;7tal;oµa.~ µèv xai deduzioni strettamente matematiche; altri vo-
q>L)..W, 7tElC'OµCt.L oè µ(i).).ov 'fc'il ftEI$ fj ÙµL\11 gliono che si parli 7tct.pttOELyµCX.'t~XWç; ol oè
xcx.l ~WC'1tEp 11.... lµnvÉw .•• oò µ1) 1t<ZVC'WµCt.L µ6:p'tvpa. a!;LoUO"LV €7t&.yeCTi>Cl.L 1t0~1JTi}V (esi-
q>LÀ.oO'o<pwv. ap. 32 cd: Socrate ha dimostrato, gono come testimonianza un detto di un poe-
ou À.6yl{) 6,).).' gpy~, di non temere la morte e ta ), non per dei fatti ma per la validità di un
di avere questa sola preoccupazione: µTJOÈv giudizio. Cfr. anche Dio.C.52,16,1: Mecen~~e
lilìLXOV µ1]1ìÈ av6CTLOV E.pyal;ECTftat. Perciò de- dà a Cesare certi consigli di condotta politica;
VI! restar fedele alla sua missione ('tà. lµa.v-.ou !S'tL 'l"<ZV't"CX. &,)..71l)fj À.Éyw, µap"t'VPEL 'fa ysye>-
np&.nEW, ap.33 a). Infatti tµoLIO'tOV't"O 7tpOO'- VO'tct.: la storia testimonia che sono fondati.
't'É't<ZX'tCX.L ùnò 'tOU fteoi:i (ap.33 e). E va in- 21 Cfr. - GEFFCKRN: Hermes 45,481 ss.; ~
contro alla morte nella persuasione, conferma- RE1TZENSTEIN, Historia 85 ss.; - In., Bemer.-
ta peraltro dalla condotta, che oux fo'tw &.v- ktmgen 445 ss.; 4 DELEHAYE, Sanctus 95 ss.
µap't'uç X'tÀ.. B 4 (H. Strathmann)

davanti a quelli che gli muovono que- me testimonio davanti agli altri» (diss.
rela e vogliono contestare il suo modo 3,24,110-114). Soltanto coloro che han-
di governare il mondo: EPXOU aù xat no una formazione filosofica sono µcip-
µap-.upTJ<T6v µot · crÌJ yètp &çtoc; e:r 7tpoa- -.upe:ç, otc; µ6votc; XPTi'tat [ ò ite:òc;] 'lta-
xl}fivat µap'tvc; ùn' ɵou. µTj 'tt -cwv Èx.- pa..Se:lyµaow 1tpòç -coùc; à.'ltatSEu-.ovc;,
-.òc; -.Tjc; rtpoatpfoe:wc; àyaMv È<T-ctv iì 8-.t xat ~o"n xat xa"ì..wç Stotxe:~ -.à oÀa
xax6v; µ-fi -.wa {3"ì..&.n"t'w;, «fatti avanti ... xa..L o·n &.vSpt &.ya..iJQ oùOÉ'V È<r"t't xa-
e testimonia tu in mio favol'e; sei ben xòv oun è;wv"t't oihe: ànoi1tx'V6v-ct ... ,
degno infatti di essere citato da me in «<lei quali Dio si serve come esempio
testimonio. Che cosa mai di ciò che è per gli incolti, in quanto essi attestano
estraneo a una libera scelta può essere che egli esiste e dispone bene tutte le
buono o cattivo? a chi mai io fo dan- cose... e che per l'uomo buono niente
no? ...». (Dio tuttavia non danneggia in può essere un male, né in vita né i.p.
certo modo qualcuno, quando lo colpi- morte» (diss.3,26,28). La sapienza stoi-
scono sventure esteriori?) Dio ha fatto co-cinica è dunque la verità che, secon-
dipendere il vero utile di ciascuno uni- do il pensiero di Epitteto, il vero filo-
camente dalla decisione personale. -rlvr:t. sofo testimonia attraverso l'imperturba-
µap'tuplav Slowc; -.0 ite:c!); «quale te- bile indifferenza con cui riceve tutti i
stimonianza rendi a Dio?». Chi si tro- colpi della fortuna. È attraverso questa
va nella sventura çomincia a lamentarsi, imperturbabilità che egli diventa testi-
ed Epitteto allota: -cai:i-ca µÉÀÀe:tc; mone di Dio di fronte ai suoi accusa-
'µap-cvpEi:v' xat xa -c atO")CV\le:t v 'tlJV tori e autentica in pari tempo se stes-
xMjaw fiv xÉxÀT)xt\I, O'tt ae É't(µriae\I so quale µ6:p-.uc; 1 nella consapevolezza
-rav-r11v "t'lJV -.1µ1}v xat &~tov Tjy'Jicrn.-to cioè di esser proprio per questo chia-
npo<rayaye:i:v e:lc; µap'tuplav 'tT)Àtxau- mato da Zeus e da lui posto in una da-
'tT)'\I;, «è cosl che intendi 'testimoniare' ta situazione. In tale atteggiamento con-
e disonorare l'invito che Dio ti ha ri- siste la sua µap-.vpla 22, che in certi ca-
volto, dal momento che ti ha conside- si può esser resa subendo la morte. Ma
rato degno di tanto onore e giudicato questo non è, secondo Epitteto, elemen-
capace di comparire per una testimo- to essenziale per il concetto di µapTuç.
nianza siffatta?» (diss.I,29A4-49). Il fi- Naturalmente il testimone attesta la ve-
losofo interpreta le proprie sventure di rità della sua dottrina anche attraverso
quaggiù come uh segno che Zeus ha vo- le parole. Epitteto però coi termini di
luto -coi:c; aÀÀotc; &.\ll}pw1totc; 1tpoaye:w µ6:p"tvç, µap'tupe:'Lv, µap-.vpla non si ri-
µe: µap-.vpa 'tW\I &.rtpoa1phw\l 1 «farmi ferisce a questa testimonianza verbale;
comparire come testimonio davanti agli ma a quella pratica che si dà nell'ora
altri uomini riguardo alle cose che non difficile, où À6y41, &.).,).,' ~PY4> -.èt 'tOU
sono di nostra scelta», cioè come testi- xaÀou xat àyai>ou èx-.e:ÀEL'V, «attuan-
monio della non importanza di tutto do fino in fondo non a parole, ma a fat-
ciò che non dipende da noi ( ànpoalpe:- ti, un nobilissimo ideale di vita». Non si
-ra ). Dio gli manda la sventura non per tratta, insomma, di convalidare l'effet-
invidia o indifferenza, &.).)..à rvµvaè;w'V tiva esistenza di un qualsiasi avveni-
xa..L µ6:p't\Jpt 'ltpÒç 'tOÙç aÀÀovç XPWµE- mento esteriore, ma di esprimere attra-
voc;, «ma per esercitarlo e valersene co- verso il modo di agire in circostanze av-

2l Cfr. anche Porphyr., Mare..8: IM ou'CW~ 'CÒç TI µ6:p'tuc; 7tEpt wv )..éyEt 't'o~c; àxpowµÉ-
Btovv IS<T'tt<; t7tlct'CEUa-Ev, ~va. xa.t a.l'nbc; ma-- voic;.
µap·tuc:; x-rÀ.. e I (H. Strathmann)

verse la propria testimonianza alla ve- na e quella di Epitteto (se pur è il caso
rità di un insegnamento 23 • di parlarne in questo senso) rimane, co-
Non abbiamo finora fatto parola di me si vedrà, puramente esteriore.
un uso propl'iamente tecnico dei vo-
caboli µap·rnç, µcwtvpE~\I, µap-.upla. C. µap"tuç, µap-rupÉw, µap'tvpla,
Quanto poco si tratti di questo, si ve- µap-cupwv NEI LXX
de in diss.3,22,87 s., dove Epitteto ap-
plica il termine µ&:p-.uç al corpo del fi- 1. I corrispondenti ebraici
losofo: la salute fisica sarà una prova,
un 'testimone' di quanto giusto sia l'i- Quando, nei LXX, si dà uno sguardo
deale cinico di una vita semplice, con- d'insieme al gruppo di vocaboli µ6.p-.uç
forme alla natura, e spregiatrice di ogni
ecc., colpisce prima di tutto la forte
lusso. Il termine è usato occasionalmen-
te in Epitteto in senso figurato, anche prevalenza di µap-.vpLov. Quanto a
per indicare la professione vera e pro- µ<Xp-cuc;, µa:p-.upEi:v, µap-.upla, i LXX
pria di una verità; professione per la nell'insieme si attengono totalmente al
quale subire la morte è al più l'estrema
conseguenza, ma non fattore essenziale. significato comune, con le varie appli-
Non vengono designati come µttp'tUpEç c11zioni che esso consente - eccezion fat-
né Socrate, né Musonio, che sono tut- ta soltanto di 4 Mach. 12, i6 (cod. A):
tavia fra gli esempi più lodati di un au-
tentico comportamento da filosofi. Il oùx àmx,V'tOµoÀw -.ijç 'tWV CÌ.OEÀ<pWV
rapporto fra la prassi linguistica cristia- µov µap-.uplaç, <<non diserto la testi-

23 In seguito ad alcune osservazioni di U. v. romische11 Kaiserreich [1930] I 99 s. e special-


WILAMOWITZ in GGA (1890) 690 e adunar- mente 284). Le narrazioni sono redatte nella
ticolo di A. BAUER in APF r (1901) 29 ss., è forma dei protocolli dei processi, come più tar-
invalso l'uso di designare come atti di martiri di gli atti dei martiri cristiani. Si discute se
pagani una serie di papiri del I e del Il secolo siano ricalcate su protocolli autentici, ma è cer-
che esaltano il contegno retto e intrepido dei to comunque che rappresentano l'ultimo stadio
cittadini davanti ai tribunali degli imperatori evolutivo di un genere letterario che esalta gli
romani. (Cfr. ScHiiRER 1' 65-71; U. WILCKEN, eroi di un'idea; si pensi ad es. al Ilept -r1j~
Zum antiken Antisemitismus. Abh. der kgl. -twv cpLÀo0'6q>wv ti.vl.lpEW.ç di Timoteo di Per-
sachs. Ges. der Wissenschaft. 57 (1909] 783- gamo, ricordato da Clemente Alessandrino in
839; MrrrB1s-WucKEN 1 IA4 s.; I 2,14 e 20; strom.4,8,56,2. Esiste certo un rapporto con
W. WBBHR, Bine Gerichtsverha11dlu11g vor Kai· l'Apologia di Platone. Solo che qui si tratta
ser Traian: Hermes 50 [r915] 47-92; H. I. di un'ìdea e di un comportamento di ordine
BBLL, Jews and Chrislians in Egypt [1924) politico. L'uguaglianza del genere letterario e
25 ss.; In., ]uden u. Grieche11 im rom. Alexan- certe consonanze di struttura impongono il
drien, Beih. z. AO 9 [ 1926] , con altra biblio- confronto con gli atti cristiani dei martiri. (Sul
grafia). Si tratta dei rappresentanti dell'oppo- problema del loro rapporto di derivazione si
sizione dei cittadini greci in difesa della liber- è espresso con esemplare cautela A. BAUBR,
tà contro il dominio romano; essi subiscono op. cit., 45). Tuttavia i vocaboli µO;p-ruç ecc.
Ja morte, ma moralmente sono dei vincitori. non sono mai applicati ai rappresentanti del
(Questa tesi di considerare gli 'Atti' come movimento alessandrino di opposizione. Poi-
frammenti di una letteratura da pamphlet a ché si tratta in questi testi di persone che muo-
sfondo politico ha avuto il suo primo rappre· iono per un'idea professata se02a paura, si può
sentante in M. RoS'l'OVTZEFP, I martiri deil.t parlare di un legame formale con la visione crl·
civiltà greca [1901, in russo]; dr. anche M. stiana del martire. Ma per la storia del con·
Ros'l'OVTZEFP, Gcsellschaft imd \Virtschaft im cetto di 'martire' non forniscono alcun dato.
monianza data dai miei fratelli», nel ca- non si debba anche qui leggere µa.p-.u-
so cioè che cosl si debba leggete con ptov, col Rahlfs.
Swete secondo il cod. A, e non col b) Con µa.p't'Uptov la situazione è al-
quanto complicata. Presente 250 volte
Rahlfs, secondo il cod. S, apw·-.dac:; 24 • all'incirca, esso serve prima di tutto per
Tuttavia è qui che vanno a sboccare al- tradurre mo'èd, e in tal caso si tratta
cuni passi del Deuteroisaia. Con µcx.p- quasi sempre (più di roo volte) dell'e-
spressione 'ohel mo'éd, ('i}) O"XT)\lll ('tOU)
'tup~O\I invece ci troviamo davanti a
µcx.p-.uplou, «(la) tenda di (della) testi-
una situazione particolare. monianza»; 40 volte è usato per 'èda e
'èdut, otto o nove per 'éd, una volta
a) Vediamo ora µap·tvc:;, che compa- per t"'uda. Si tratta di corrispondenze
re una sessantina di volte, sempre in in parte puramente a orecchio, e si spie-
corrispondenza dell'ebraico 'ed, con l'u- gano col fatto che il traduttore parte
nica eccezione di Gen. JI, 4 7, a meno dal principio che l'espressione ebraica
che non vi si debba leggere col Rahlfs, da rendere in greco si riconnetta in qual-
secondo il cod. D, 't"l'jc; µcx.p'tuplac;. Il che modo con 'ud, 'èd, anche dove non
tetmine ebraico corrispondente è qui si tratta di questo, cosl che la tradu-
siihadiita', che ricorre in bocca all' ara- zione che ne risulta a volte non ha sen-
meo Laban. Il cumulo di pietre eretto so. Questo si verifica immancabilmen-
in occasione del patto con Giacobbe è te per mo'ed, reso con µcx.p't'UpLOV. mo-
chiamato da Laban j"gar saMduta', e da 'ed, da ;'d che significa 'stabilire', desi-
Giacobbe gal 'ed. A sua volta 'ed è tra- gna il fatto dell'accordo (Iud.20,38), o
dotto otto o nove volte con µcx.p'tVpLoV, anche concretamente il contenuto del-
sei volte con µcx.p•UpEt\I e alcune volte, l'accordo stesso, ciò che con l'accordo
per un'interpretazione inesatta, con al- si è stabilito, in particolare il luogo o
tre espressioni, benché non ci fosse da il momento fissato. L'espressione 'ohel
rendere alcun concetto particolare 15• I- mo'éd significa il luogo dell'accordo,
noltre µcx.p"t'UpEtV (che compare una cioè il luogo dove, secondo l'accordo in-
quindicina di volte) è usato, là dove e- tervenuto, Jahvé si incontrerà con Mo-
siste il testo ebraico corrispondente, u- sé, per dargli i comandi da trasmette-
na volta per tradurre 'nh e 'ud al qal, e re a Israele (Ex.25,22). Se l'espressio-
due volte per 'IJd a11'hif'il, nel qual ca- ne è resa con Ti <TX1JV'lÌ 'tOU µcx.p'tuplou,
so di regola si ha ~ OLcx.µap'tUpE<Ti>m. evidentemente è perché il traduttore ha
µap'tupla. (presente una decina di volte, avuto l'impressione che mo'éd si riat-
di cui sei con rispondente ebraico) si tro- taccasse in qualche modo a 'tid e 'ed.
va, oltre che in Gen.31,47 (SahOdtJtii') La traduzione è linguisticamente sba-
e ai passi elencati in ~ n. 2 5 ('ed), an- gliata, ma di fatto non inesatta e ad
che in cjJ 18,8 per 'èdut, al quale di soli- ogni modo non priva di senso (--> col.
to corrisponde µcx.p'tVpLov, e in r Bcx.<1.9, 1303). Ma quando si usa µcx.p'tUPLOV
24 per mo'ed, a meno che, secondo la per tradurre hammo'éd 'aser (Sam) .f•.
traduzione adottata in altri casi dai LXX, mu'el (I Sam.r3,8) o mo'ed hajjiimim

24 µap-çvpl« di 4 Mach.12,r6 (cod.A) diventa (exhort. 23).


allora una variante da spiegarsi in base alln
mentalità formatasi più tardi nella chiesa; Ori- 25 t'ivl)pwnoç, Is.8,2; Èyyuéiv, Prov.19,28; ha.·
gene esalta E leazaro e i sette fratelli come 7t<X- aLt;, Iob Jo,17; µo:p-rupla., Ex.20,r6; Deut.5,
pa8EL)'µ« xaJ.,)..LU'\O'J... pwµa.Mou µa.p-ruplov 20; Prov.25,18.
µap'tV<; X'tÀ. e 2 (H. Strathmann)

(I Sam.13 ,u ), o mo'ed diiwid (I Sam. sto', 'ingannatore', o ~e:uo1]ç, 'falso',


20,35 ), ne risulta in greco una frase e anche il testimone avventato (µap-tuç
senza senso. Qui infatti mé/ed significa -ra.xvç) sono meritevoli di particolare
il momento fissato nell'accordo, e altro- aborrimento (Ex.23,1; 4i 26,12; 34, I I i
ve viene in realtà tradotto, in modo del Prov. 6,19; 12,17.19; 19,5.9; 21,28),
tutto appropriato, o con XC.ttp6c; (ad es. mentre il µci:p"t'uc; mcr"t'oc;, 'testimone
2 Bcm.20,5) o con opoç (ad es. Ex.9,5). veritiero' è oggetto di stima (Prov.14,5.
Egualmente meccanico (e privo di sen- 2 5 ). µap-tupe:i:v nel senso di 'prestare
so) è l'uso di µa.p"t'upto\I in Mich.7,18 una testimonianza giudiziaria' compare
(Dio non serba la sua ira li/ad = per in Num.35,30; Deut.19,15.18; Sus.41; e
sempre) e in Prov.29,14 (il trono del µa.p-tupla. come testimonianza in Prov.
re che rende giustizia ai deboli rimarrà 25,18. Del testimone di un accordo si
stabile lii'ad), dove la traduzione dc; parla in IEp.39(32),10.25.44 e Ruth 4,
µap-tuptov si spiega solo in base alla 9.10, mentre in Lev.5,1; Num.23,18;
lezione inesatta lii'èd. Lo stesso si dica Is.8,2 si tratta di testimone oculare o
di Am. l,lr. Dev'essere stata adottata auricolare di un fatto. In tutte queste
una lezione falsa anche in Os.2,14: xC.tt accezioni il termine viene regolarmente
1)-l]c;oµetL aù-r:&. dc; µap-cuptov, a cui cor- applicato a Jahvé. Egli è infatti invo-
risponde nel testo ebraico wesamt'ìm cato come testimone 'strumentale' del-
tcja'ar, «li ridurrò a boscaglia». Invece in la convenzione fra Giacobbe e Laban in
Soph.3,8 i LXX hanno letto bene te'èd Ge.n.31,44; in I Sam.20,23.42 del pat-
=dc; µap•uptov in cambio di te'ad del- to fra David e Gionata; in le:p.49 (42),
la puntazione masoretica. In Ier.37,20 5 quando gli Ebrei che vorrebbero par-
(30,20 del testo ebraico) dove -rà µap- tire per l'Egitto vengono a un accordo
"t'UpLa. a.ù-twv traduce 'adatti o 'adiitiim e con Geremia. Jahvé compare come te-
in Iob 15 ,34 dove µa.p-tupto\I àO'E~ovç stimone in giudizio nella profezia di
sta per 'adat piinèf, «conventicola di Mal.3,5 e in le:p.36 (29), 23; testimonia
scellerati», è stato di nuovo confuso 'e- per l'i1U1ocenza di Samuele (I Sam.12,
dii, 'riunione', con 'eda*, 'èdot, 'coman- 5 s., insieme col re), per l'innocenza di
di'. I1 µap"t'Uptov di 4Bmr.rx,12, per Giobbe (lob 16,19: looù l"V ovpa.."Voiç
'edut, è certo traduzione letterale, ma ò µcip-.uç µou, «ecco, il mio teste è n~i
incomprensibile, a causa del testo e- cieli»), per l'innocenza di coloro che .si
braico già corrotto. Anche in µa.p-cu - apprestano a morire pur di non combat-
ptov -tQ 'Acrcicp con cui è reso 'èdut te'ii- tere in giorno di sabato (I Mach.2,37);
saf di 4' 79 (titolo) un lettore greco po- è testimone di ciò che avviene nell'in-
teva difficilmente capirci qualcosa. timo dell'uomo (Sap.1,6; 4' 88,J8: .ò
µci:p-i-uc; Év oùpa.\IQ mcr-.6ç, «il testimo-
2. Uso di µap"t'vç, µap"t'upÉw, µa.p"t'upla
ne verace in cielo»). Nei processi che
intenterà Jahvé, gli Israeliti compaiono
a) Nel diritto. µ<ip"t'uç anche nei LXX come testimoni contro se stessi (Ios.24,
fa parte del linguaggio giuridico e indi- 22); il cantico di Mosè 'testimonia'
ca innanzi tutto il testimone nei proces- (µap-cupEi:v) contro Israele (Det1t.3r,19 .
si e specialmente il testimone a carico 2 l ); i figli illegittimi sono µ&p-.upe:c;.
(cfr. Num. 5,13; 35,30; Deut. 17,6.7; 7tov1)plccç X<X:r?i rovÉwv, «testimoni di
19,15). La falsa testimonianza viene disonestà a carico dei genitori» (Sap:4,
gravemente minacciata di punizione, a 6 ). In Ecclus 3 l ,23 s. µccp"t'uplcc ha .un
norma dello ius talionis (Deut. 19, 16 senso del tutto generico e significa sem-
ss.). II µci:p"t'uç èiotxoc;, 86À.toç, 'ingiu- plicemente prova di qualcosa o conva-
i297 (IVA86) µ6:.p·wç x:t">-.. C 2 (H. Strathmann)

lida di qualcosa; cosl pure in 4 Mach. Rad]. Sono comunque parte in causa:
6,32 (il supplizio di Eleazaro è una pro· avvocati dei loro dèi e testimoni, quin-
va che il À.oyto-µoç, 'la ragione', domina
le passioni (mii>TJ); altrimenti avrei dato di testimoni interessati, chiamati a de-
a queste ~riv ~Tic, Émxpa.~Ela.ç µa.p~v­ porre per autenticarne la divinità in ba-
plav, «la prova della loro superiorità», se all'esperienza che ne hanno (43,9;
cioè avrei convalidato la loro superiori-
tà) 26• In Lam. 2, r 3 µa;p~upEl:v ha sem-
44,9). Sono perciò anche gli avversari
plicemente il senso di 'annunziare'. In di Jahvé, destinati a rimanere vinti (44,
alcuni passi qui non esaminati il nesso r r ). Questi testimoni o divinità, infat-
logico non è chiaro (dr. Ex. 21, 36; I ti, non hanno niente da addurre a testi-
Sam. 9,24; I Reg. 17,20; 2 Chr. 28,ro;
Sap. r 7 ,ro ). monianza. Non vedono e non odono. I
fabbricanti di idoli sono delle nullità;
b) In senso religioso. A differenza di «quelli che essi prediligono» non li pos-
questi passi che non presentano niente sono aiutare. In questo processo, dun-
di straordinario rispetto all'uso corren- que, resteranno confusi (44,9-u). «Voi
te extra-biblico, solo alcuni del Deute- siete i miei testimoni», si dice invece
roisaia meritano un esame particolare27 • tre volte a proposito di Israele (43,ro.
Si tratta delle pericopi 43,9-13 e 44,7- 12; 44,8): «Voi siete i miei testimoni,
r r 28 • In questi versetti Jahvé si costi- parola di J ahvé, e il mio servo che mi
tuisce per cosl dire davanti alle genti sono scelto, affinché sappiate e credia-
per un processo nel quale si deve de- te in me e comprendiate che sono io:
cidere chi è il vero Dio: se Jahvé o gli prima di me non fu fatta divinità alcu-
dèi dei gentili. Nel giudizio le genti fi- na e dopo di me non ce ne saranno. Io,
gurerebbero come giurati e insieme giu- io sono Jahvé, al di fuori di me non
dici che devono dare la sentenza [ von esiste salvatore. Io sono colui che ha

26 In Ecclus 45,17 indubbiamente la lezione prattutto da -> 0.MtCHP.L, che parla addirittu-
originaria non è µap-tvpla del cod. A, ma µap- ra di una teologia profetica del martirio. Profe-
"tÙp~a come nei codd. B S. Questa sola, in pa- ta e martire diventano qui equivalenti. Si veda
rallelismo con brr:oÀa.l, xplµa-.a., v6µoc;, corri- contra ~ DELEHAYR, o.e. 76 n. l, che rifiu-
sponde all'uso dei LXX. ta di riallacciarsi in genere all'A.T. o anche
n Già -> K. HoLL nell'edizione del 1914, an· soltanto al Deuteroisaia: «Non vi è nulla che,
che senza valersi in particolare dei passi da noi poco o tanto, dia l'idea d'una testimonianza
presi in esame, fa rilevare che secondo il Deu- che giunge al sacrificio della vitm>.
teroisaia il profeta è tenuto a morire per la 28 In ambedue i passi la traduzione greca non
sua testimonianza (p. 79). F. DoRNSEIPF: ARW è esatta: in 43,xo e ~ parte della tradizione
22 (1923/24) 133 ss., ha visto nei suddetti pas- manoscritta anche in 43,12 dopo yÉvE<l'M µo~
si un importante aggancio alla successiva evo· µ&.poçupeç o òµEi:ç tµot µ(lp"tupEç ha xàyw
luzione di significato dcl vocabolo µ.<iP"tvc;. La (Dio) µaP"tvc;. In 44,B il suffisso di 'édai non
tesi è stata assunta e sviluppata da E.LOHMEY-. è tradotto; in 44,9 la frase importante w•'ed~­
ER, Die Idee des Martyrimns im ]udt. tmd hem hemma bal-jir't1 tlbal-jed'(1, è caduta. Il
Urchr.: ZSTh .5 [1927] 232 ss.,_da-> G. FIT- senso però non è disturbato da queste diver-
ZBR in una dissertazione manoscritta, ma so- genze.
µO:p-rvç X-tÀ. e 2 (H. Strathmann)

predetto, che ha operato la salvezza e quale il teste è convinto in base alla sua
l'ha annunciata, né c'era un estraneo propria esperienza; cioè di una religio-
(alcun dio estraneo) fra di voi; voi sie- sa certezza, il cui oggetto egli sostiene
te dunque i miei testimoni, parola di con vigore, per il cui riconoscimento si
Jahvé. Io sono Dio. Dall'eternità sono impegna a fondo, ma della cui veridici-
sempre lo stesso, e non c'è nessuno che tà non può essere esibita una prova ra-
possa sottrarre nulla al mio potere» (43, zionale o che sappia di verifica empi-
10-13). «Chi mi è uguale? Si faccia a- rica. Essa riposa sull'esperienza profe-
vanti e lo annunci; me lo affermi e lo tica della rivelazione, che è qualcosa
dimostri! ... Annuncino pure essi il fu- <li immediato e non accessibile per sua
turo e ciò che avverrà! Non tremate e natura a un contro1lo. Pet· il profeta è
non perdetevi d'animo. Non ve l'ho io certezza; ed è certezza per Israele in
rivelato e annunciato da tanto tempo? quanto segue la guida spirituale del pro-
Sl, voi siete i miei testimoni! C'è forse fetismo. La 'testimonianza' in favore di
un dio al di fuori di me? No, non c'è questa realtà di Dio creduta e sperimen-
alcuna roccia, nessuna io ne conosco» tata per via di fede ha il carattere di
(44,7-9). Nel processo di Jahvé con le una professione di credenze religiose,
genti e i loro dèi, Israele che da Jahvé che si esibisce con la convinzione che
è stato scelto e ha sentito di essere gui- esse debbano essere riconosciute anche
dato, che ne ha ricevuto salvezza e ri- dagli altri.
velazione, testimonierà su queste basi, Quando si confrontano le affermazio-
davanti alle nazioni del mondo, l'unid- ni del Deuteroisaia con quelle di Epit-
t~, la realtà, 1a divinità del suo Dio. teto, non si deve dar peso al fatto che
Per questo gli Israeliti sono chiamati i in Epitteto la testimonianza è costitui-
suoi testimoni. Per il profeta la divini- ta da un comportamento etico, mentre
tà di Dio è un fotto; è un fatto nella nel Deuteroisaia è verbale. Ciò che con-
storia di Israele il suo particolare in- ta è piuttosto la differenza di contenu-
tervento salvifico. Ma non si tratta di to della testimonianza stessa. Il concet-
un fatto che si può osservare cosl da to di testimone nel Deuteroisaia è di
testimoniare in base a tale osservazione, tanto superiore a quello di Epitteto, di
come qualsiasi fatto esternamente con- quanto il concetto profetico-storico di
trollabile, ma di un 'fatto' che è certo Dio nell'A.T. è superiore al razionali-
solo per la fede, che la fede soltanto smo di una filosofia illuministica. Il te-
scorge e quindi può testimoniare, quan- stimone di Epitteto si raggomitola nel-
do non sia essa stessa cieca e sorda (4 3, la capsula della sua apatia. Il testimo-
8). Il contenuto della testimonianza è ne del Deuteroisaia - attraverso il suo
costituito da una verità religiosa, della modo di agire o col sacrificio della sua
stessa esistenza [van Rad] - depone stimone, e ancor meno il concetto di
con santo entusiasmo per il Dio vivo! martire che ebbe la chiesa a partire dal
Là si tratta di Ut1fl filosofia, o sia pure u sec., è illazione che qui non risulta.
di una religione naturale; ma qui si
tratta della rivelazione. La parola rice- 3. L'uso di µap,;upto\I
ve la sua vita da ciò che esprime. Quanto a µap,;upto\I, si possono pri-
ma di tutto constatare tracce di un u-
La constatazione è certamente sug- so volgare, che però assume immedia-
gestiva; ma ci resta da osservare che tamente una speciale colorazione reli-
per il Deuteroisaia, sebbene risplenda al giosa. Ed è questo valore religioso che
caratterizza fortemente tutto il quadro
suo sguardo la grande mèta di un'azio-
semantico del vocabolo nel suo insieme.
ne missionaria presso le genti (42,4; 49, Per µap-.upto\I nel senso di testimo-
6; 62,10; ~ À.a6c:; col. no), non si nianza che esiste obbiettivamente o di
può parlare di un 'concetto del testi- dimostrazione o di convalida della re-
altà di un fatto o della giustezza di una
mone'. Anche in luì si tratta solo di affermazione, si può citare ad esempio
un'espressione figurata di cui si serve Ruth 4,7, dove il togliersi il sandalo è
occasionalmente, senza comunque svi- µ<.t.p1:Upto\I della cessione a Booz del di-
ritto di prelazione da parte del riscatta-
lupparla secondo un preciso uso tecni- tore. Anche le sette agnelle che in Gen.
co. In particolare non c'è alcuno stretto 2 r ,30 Abimelec riceve da Abramo ser-
legame tra la funzione del testimone vono come µap-.upto\I che Abramo ha
scavato il pozzo di Betsabea, cioè per il
in cui è impegnato il 'servo di Jahvé,
riconoscimento di questo fatto da parte
Israele' e la passione dell' 'ebed, 'servi- di Abimelec. Il mucchio di pietre ser-
tore'; meno che mai, poi, qualora que- ve come testimonianza del 'fatto' del-
sto 'ebed di Jahvé debba essere consi- l'accordo concluso fra Giacobbe e La-
ban (Gen. 31,44). Nello stesso senso
derato come tipo del Messia sofferen- l'altare eretto presso il Giordano in Ios.
te 29• E solo un'esegesi stiracchiata e in- 22 è chiamato µap-.upto\I delle relazio-
debita potrebbe far rientrare nella me- ni pacifiche ivi concordate. In Is.55,4
si dice, a proposito di David: µ(wtu-
tafora del testimone tutto ciò che il li- ptov f.v itl>vEow itowxa a.1h6v, «l'ho po-
bro dice del servitore di Jahvé, e par- sto come testimonianza fra le genti», nel
lare di una 'teologia profetica del mar- senso che David per tutto ciò che Dio
gli ha concesso costituisce una dimo-
tire' contenuta nel Deuteroisaia, o ad- strazione della benevolenza e della po-
dirittura svilupparla a sistema teologi- tenza di Jahvé. Anche in Ecclus 36,14
co formale. Che a queste pericopi del sembra essere invocata una. dimostra-
zione di tal genere per comprovare che
Deuteroisaia possa direttamente anno-
è giusto aver fede in Jahvé.
darsi il concetto proto-cristiano di te- Ma dalla prova della realtà di un fat-

29 Cfr. W.EICHRODT, Theologie des A.T. ( 1933) fa osservare che oggi l'ebed è per lo più con-
262 n. 6, con bibliografia aggiornata. Von Rad derato come profeta.
1303 (IVA88) µ<lp-cuç x-cÀ.. C 3 (H. Strathmann)

to può nascere poi un atto di accusa. Ex.25,I5 (16). 20 (2I) si trovano nel-
La pietra di Sichem serve come µa.p'tu- l'arca; ma per queste si usa -tcì µet.p'tÙ-
pLov della realtà dell'alleanza con Jahvé, Comunque, a proposito della for-
pLet..
anche nel caso - e diventa allora minac- mula crxrivn i:ou µocp-rnplou il lettore
cia - che Israele rompa l'accordo (Ios. greco non aveva da pensare a questo in
24,27 ). La legge depositata nell'arca prima linea, né vi avrà pensato in real-
servirà Èv uµ~v dc; µa.p-.uptov, «come tà - non si dice infatti crxriv-fi 'tWV µocp·
testimonianza [a carico J in mezzo a 1:uplwv, «tenda delle testimonianze»,
voi»; e cosi il canto di Mosè in lode di ma sempre al singolare crx11v'i} -rov µap-
quanto Jahvé ha fatto per Israele (Deut. •uplou ! - ma avrà piuttosto pensato
3r,r9.26). D'altra parte Jahvé stesso che qui ha luogo la 'testimonianza' di
fungerà dc; µocpi:uptov, non in quanto Dio, resa appunto attraverso le istruzio-
muove rimproveri, ma in quanto inflig- ni impartite a Mosè perché le comuni-
ge i suoi castighi (Mich.r,2; Soph.3,8). chi a Israele (Ex.25,22). µocp-cuptov as-
Compiendo tali punizioni, egli confer- sume sempre in tale formula il senso
ma incontestabilmente la colpevolezza di rivelazione, di manifestazione dei CO·
dei puniti. Cosl pare si debba intendere mandi divini. Anche se la traduzione
anche Os.2,14, nella interpretazione dei di 'ohe/ mo'éd con crxrivn -.ov µap-cu·
LXX: Dio porrà dc; µocpi:uptov le pian- plou è inesatta dal punto di vista lin-
tagioni devastate di Israele, cioè come guistico, come senso è tuttavia indovi-
prova della realtà dei peccati di lui e nata. Il vocabolo µap'tuptov è però giu·
insieme dei castighi che Dio gli ha in- sto anche agli effetti linguistici nei ca·
flitto; si veda pure l'espressione µa.p-cu· si, per vero non numerosi, in cui c'era
pLov "tfjc; 1tOVl'}plw;, «testimonianza di da tradurre 'ohel ha'èdut (Num.9,15;
perversione» (Sap. IO, 7 ), a proposito I7,22.23; 18,2; 2 Par. 24, 6) o miskan
delle regioni desolate e fumanti di So· hii'èdut (Num. I,50.53; rn,rr) oppure
doma, ecc. Cosl da 'documento' contro 'aron hii'èdut ( = xtf1wi:òc; [arca]. .. -.ov
gli uomini si passa a una testimonianza µa.p"tuplou, ad es. Ex.25,10.22; 26,33
come 'attestazione' da parte di Dio stes- s.; 40,5 [cod. A].2I; Num.4,5; 7,89).
so. Questa è l'idea che determina le
espressioni CTX'YJVlJ -.ou µa.p"tvplou, «ten- In tutti questi contesti µap"tup1ov
da della testimonianza», e xtBw'tÒc; 'tOu appare al singolare. L'unica eccezione è
µa.p'tuplou, «atea della testimonianza». costituita da Ti x1Bw"tÒ<; 'tWV µarrcupl·
Per un greco, al quale il vocabolo µa.p· wv, di Ex.30,6, che. rimanda al passo
"tUptov evoca immediatamente l'idea di di Ex.25,I5 ss., ove si dice che nell'ar·
qùalcosa di obbiettivo e di concreto, ca si trovano -.cì µapi:up1a, la legge
tali espressioni avrebbero potuto in sé mosaica ('èdfìt). Si veda anche 'tÒ t)..a-
suonare inadeguate, poiché la tenda o CT"tlJptov (propiziatorio) 'tÒ bd 't wv
l'arca non c'è ragione che siano quali- µap"tuplwv in Lev.r6,13, &7té.vav'\"~ (da-
ficate come un µap'tOptov. Né è il ca- vanti) -rwv µa.pi:uplwv in Ex.30,36; 40,
30
so di dire che si trova in esse un µap- 20 . E se in Ex.31,IB; 32,15 si trova
•uptov obbiettivamente concreto, un og- l'espressione '1tÀ.axEç 'tOu µ~p-cuplou,
getto che costituisce una prova. Si sa- «tavole della testimonianza}>, altrove
rebbe potuto, se mai, pensare soltanto per le prescrizioni concrete che costitui-
alle tavole della legge, che al dire di scono la 'testimonianza' di Dio, quale

:io Cfr. anche Deut.9,15, dove µap-cvpLa (~)..6.­ Similmente in Ecclus 4:;,17 µapi;upLa. sta per
xEç i;(;)v µap-cuplwv) nel cod. A sta per b•r/t. f1oq [BERTRAM].
µap·rnç x-cÀ. D (H. Strathmann)

era alla base anche della legge mosaica, vero realizzato il monito: amerai Dio
viene. usato il plurale. Esso corrisponde con tutta l'anima»32 • È invalso l'uso fin
alcune volte a 'edt1t, ma comunemente
al plurale di 'eda. Questo plurale fini- dalla chiesa primitiva (cfr. la Exho1·ta-
sce dunque per equivalere formalmente tio di Origene "'""7 n. 24) di porre i fatti
a 01xa:1wµa.-.a., xplµa.-.a, npoG"-.a:yµa:- sopra accennati in stretta connessione
-ca, Èv-coÀ.al, 01a:l>1Jx1J, v6µoç (cfr. Deut.
4A5; 6,17; 3 Ba!T. 2,3; 4 Ba:!T. 17,13-
con il formarsi del concetto di martire
15; I Par.29,19; IEp.,51,23; \)! 77,5; 80, nell'epoca proto-cristiana 33• Ma sebbene
5 s.; 98,7; II8 passim; 151,12) 31 • tale influsso sia avvertibile anche nella
Per il significato del vocabolo µap- storia successiva di questo concetto,
-cup1ov nei LXX, in quanto esso esorbi- tanto che i 'martiri' Maccabei poterono
ta dall'uso comune, è dunque determi- essere inseriti nella tradizione ecclesia-
nante che Jahvé stesso figuri come iJ le e persino nel martirologio cristiano34 ,
soggetto del µa.p·tupEt\I che è implicito la tesi, per quanto ne · riguarda l'origi-
nel µap'tvp1ov. D'altra parte questo ne, non è attendibile e non fa che osta-
µà.p-çupEi:v si è realizzato nella rivefazio- colare una chiara comprensione di quan~
ne fatta a Mosé, e suo contenuto sono to di peculiare vi è nell'idea proto-cri-
considerati i comandamenti. Che la pa- stiana di martire.
rola µa.p'tup1ov, e il plurale µa:p't'Vpta., La figura del profeta e quella dell'uo-
siano stati assunti completamente per mo pio che - l'uno per la sua missione,
questa testimonianza che Dio rende a se l'altro per la sua religiosità __:. subiscono
stesso nel dare la legge mosaica, è im- oltraggi, persecuzione e persino la mor-
portantissimo per l'ulteriore sviluppo te, eta ben nota a Israele anche prima
del nomismo veterotestamentario. dell'età maccabaica. Basta pensare a E-
lia e ai profeti trucidati da Gesabele, al-
D. L' 1 IDEA DI MARTIRE' le contihue minacce cui è fatto segno
NEL TARDO GIUDAISMO Geremia, al 'martirio' del profeta Uria
«La: religione giudaica è religione del (I Reg.r9,10; Ier.26,20 ss.). Il profeta
martirio. È nata dal martirio e dalla pas- autentico non parla in modo da lusin-
~ione dei fedeli al tempo dei Maccabei gare l'qrec.;shio del popolo; non può es-
e sul finire di tale epoca si leva la figu- sere _che un predicatore di penitenza.
ra del martire Akibà che si rallegra per- La reazione che incontra suona se~pre
ché con la sua morte da martire ha dav- la stessa in tutti i tempi: ha' attll zeh

31 Simmaco e gli altri nel loro uso linguistic1J ze ~1 79 s.; --> A. ScHLATTER; --> O MICHEL.
non hanno nulla che sia comunque significati- Inoltre VON CAMPENHAUSF.N, op.cit. l-3. Cfr.
vo rispetto ai LXX. anche E. B1cKERMANN, Der Gott der Makka-
32 BoussET-GRESSM. 374. biier (1936) [G. KITTEL].
33 BoUSSliT-GRESSM. 190; Hè>LL, Ges. Aufsat- 34 Cfr. SCHORER m 1 486 s.
µ6.p-.vc; x-rÀ.. D (H. Strathmann) (IV-490) 1308

'okèr jifrii'él, «perché metti sossopra smo, si serve della descrizione dei mar-
Israele?» (I Reg.18,17), ed egli deve in tiri subiti dai Maccabei per predicare
un modo o nell'altro portarne le conse- la supremazia della ragione sulle pas-
guenze. Oltre al profeta con la sua par- sioni, e considera senz'altro l'A.T., a
ticolare missione, c'è poi l'uomo pio (cfr. cominciare dall'uccisione di Abele, co-
ad es. Ps.69 8-rn); anzi, tutto il popolo
1 me una raccolta di esempi dell'autenti-
è ridotto a lamentarsi cosl: «Per te sia- co contegno che deve tenere il martire
mo ogni giorno scannati» (Ps.44,23) 35 . (r8, 11 ss.). Flavio Giuseppe descrive
Questa esperienza raggiunge il suo mo- con contenuta ammirazione gli Esseni
mento più terribile durante la persecu- che sfidano ogni minaccia usata per in-
zione di Antioco rv Epifane, ed è na- durli a bestemmiare il legislatore o a
turale che allora e in seguito, ogni vol- mangiare qualcosa di illecito (i'.v' ft BÀ.a-
ta che un nuovo risveglio di fervore re- crcp'Y)µl]crwuw -ròv voµo?lÉ.'t'Y)\I ft <pa:yw-
ligioso si vedeva fatto segno a nuove crlv 'tL 'tWV àcruvi)llwv ), e senza alcun
repressioni, si attingesse coraggio dalla lamento, anzi µ€LOLW\l'tEc; Èv 'tai:c; &.À:y'Y)-
figure di coloro che avevano sfidato la o6utv, «sorridendo fra gli spasimi»,
coercizione ad apostatare e suggellato sopportano raffinati tormenti (beli. 2,
la propria fedeltà e ubbidienza alla leg- 151-153; cfr. anche 1,648-655 sui uo-
ge affrontando risolutamente l'estremo cptcrw.l, cioè rabbini, Giuda e Mattia
supplizio. Il primo Libro dei Maccabei e i loro quaranta discepoli che moriro-
narra i fatti con nuda obbiettività (cap. no Ù7tÈp 'tOU 'lta'tplou v6µou, «per la
I e 2); il secondo indugia volentieri legge dei padri}>). Vogliamo ancora ri-
sulla 11:app7]Ula, 'franchezza', con la qua- cordare il martirio di Isaia (anche Isaia
le le vittime affrontano il carnefice, e non uscl in alcun grido di dolore quan-
sulla loro obbedienza alla legge vitto- do fu segato in due, poiché «la sua boc-
riosa di ogni tormento. Il quarto libro ca conversava con lo Spirito Santo»,
infine, conforme allo spirito dell'elleni- mart. Is. 5,14) 1 il passo di Hen. 47,2 e

35 K. F. Eut.ER, Die Verku11dig1mg vom lei- ZsystTh 6 [1928-29} 645, alla quale il von
denden Gottesknecht aus Js. 53 in der griech. Rad rimanda, ha messo in rapporto con il te-
Bibel {BWANT 4. F 14 [1934] u4-u9), al ma del martire. Jahvé sostiene che Giobbe
quale G. Bertram rimanda, ha esaurientemen- non imprecherà contro di lui nella sventura e
te mostrato come questo pensiero pervada tut· cosl Giobbe diventa col suo comportamento
to l'A.T. Ma bisogna distinguere fra la rappre- un testimone di Dio. Ma Giobbe non ha da
sentazione della sofferenza del martire e la sua sopportare persecuzione o qualcosa di simile
storia da una parte, e il concetto stesso e la a causa della sua fede. E, come Hempel stesso
sua storia dall'altra. È questo; appunto, che osserva, non è chiamato 'testimone'. Anche nel
manca. Lo stesso si deve dire a proposito di ~ SuRKAN manca una chiara distinzione fra il
Giobbe, che H. HEMPEL in una messa a pun- concetto di martire e idee e motivi che si ri-
to su Das tbeologische Problem des Hiob: collegano in genere a questa figura.
µ&;pi:vc; X"tÀ.. D (H. Strarhmann)

cli Hebr.n,35-38, e l'uso di ornare le applicati ad essi e alla loro condotta i


tombe dei profeti (Mt. 23, 29) la cui termini di µcipi:uç, µapi:upE~v, µapi:u-
morte violenta ai tempi di Gesù pare pla 33 . E non a caso. Per il µcipi:uç cri-
fosse considerata come cosa del tutto stiano è sempre implicita anche l'idea
ovvia (Mt.23,37; Lc.I3,33; Mt.5,II s.; che la testimonianza è resa a qualcuno
Act.7 ,52 ); 36 avremo così dato un'idea (come in I.r.4 3 e 44), che egli dà la sua
di quanto fosse viva nel popolo la figu- attestazione ad altri. Per il 'martire' del
ra dell' uomo pio che nelle soflerenze giudaismo non si tratta di questo. II
della persecuzione e nella morte dà pro- martirio viene valorizzato esclusivamen-
va della sua fedeltà alla religione e alla te in funzione dell'ideale farisaico del-
legge. Che questo ideale sia rimasto vi- l'uomo pio. Questo patire e morire per
vo anche in seguito, lo dimostra la tra- la legge è l'opera religiosa per eccellen-
dizione rabbinica circa la fine di svaria- za39. Niente è più sintomatico, a questo
ti celebri dottori della legge di epoca proposito, del detto sopra ricordato di
antica o recente, soprattutto di Rabbi Rabbi Akibà. Soltanto se la parola 'mar-
Akibà ne1la insurrezione di Bar Koke- tire' è presa nel senso del tutto gene·
ba 37. rico di 'qualcuno che soffre per le pro-
Ma per quanto tutto ciò sia eviden- prie convinzioni', la si può applicare a-
te e per quanto l'alta stima che si ave- gli eroi maccabaici della fede e dell'os-
va per questi campioni della fede e del- servanza legale. Ma per l'intelligenza
!'osservanza legale si riveli anche nella del concetto proto-cristiano di martire
rappresentazione idealizzata delle cro- non se ne trae apporto alcuno.
nache e trattazioni poetiche leggenda-
Connesso con questo è il fatto che
rie, come il terzo capitolo di Daniele, l'uso di µcip·rnç e derivati nella lettera-
resta il fatto strano che mai vengono tura di cui stiamo trattando, oltre ad es-

.l6Cfr. SCHLATTl!R, op.cit.18 s. giudaico, non ne consegue che già in esso il


37 Ricca documentazione in STRACK - BILLER· temtlne µ&p'tv<; sia stato usato per la soffe-
Bl!CK I 221-226 su Mt.5,10 e in I 581 su Mt. renza del profeta; anzi, ciò è molto inverosi-
ro,28, dove sono elencati i martiri più celebri mile. Per un più largo esame del passo ~ col.
della tradizione rabbinica. Cfr. anche F. WE· x331. Anche per i pii israeliti di Dan. che
BRR, Jiidische Theologie' (1897) 26 s.; ScHu- nonostante le minacce di Nabucodonosor si
RER Il 200 s. 696 s.; inoltre la bibliografia in rifiutano di adorare la statua da lui eretta e
VON CAMPENHAUSEN, op.ci!. 2, n. 4· rimangono fedeli alla fede nel loro Dio e al suo
38 L'unico passo che dovrebbe dimostrare un
unico culto (Dan.3,17 s.; cfr. anche cap. 6), i
vocaboli µ6.p"tvc; ecc. non sono usati. L'atten-
uso giudaico di µ6.p-tuc; per il profeta sofEe.
zione del re, del resto, viene richiamata non
rente, cioè Apoc.rr,3 ss. «che sicuramente ri-
sulla fierezza della loro fede, ma sulla loro mi-
sale a fonti giudaiche» (~ HoLL, Ges. Auf-
racolosa incolumità.
satze n 80), non regge a un'affermazione o
congettura in contrario. Poiché, anche se qui 39 VON CAMPENHAUSl!N, op. cii. 3 s., l'ha giu-
è o potrebbe essere in gioco un precedente stamente messo in rilievo.
IJII (1VA9I) µap-cuc; x-c À.. D (H. Strnthmann) (IVJ492) 1312

sete sporadico, non offre niente di par- stimonianza nei processi o nei contrat-
ticolare 40• Per Flavio Giuseppe 41 è sin- ti)42, per l'attestazione di fatti e avve-
tomatico che, nonostante la prassi co- nimenti singoli o di esperienza genera-
stante dei LXX, egli non dica mai crx11- le43, o per la convalida di opinioni in
viJ -.ou µo:p·ruplou o xi0w..òi; 'tou µap- qualche modo esternate o di verità so:
'tuplou, ma semplicemente crx11vn e xi- stenute44, e via dicendo. Anche in Filo,
Bw't"6i;. Evita pure il plurale µap'tUpLa ne µccp't'uptov ha di regola una speciale
come equivalente di h'toÀ.al, v6µoi; sfumatura di obbiettività e concretezza,
(anf.3,6). I suoi graeculi devono entra1·- per esempio quando lo si usa per cita-
ci per qualcosa! Il loro imbarazzo di zioni di scrittori che devono mostrare
fronte a questa accezione di µap'tvpiov esatta questa o quell'affermazione, o p~r
è perfettamente comprensibile. qualsiasi realtà di cui ci si serve come
Anche l'uso linguistico di Filone non prova 45• Non c'è nulla in Filone che pos~
offre alcuna differenza rispetto all'uso sa anche soltanto preludere a un uso ~pe~
comune. µapi:ui;, µap't"upEiv, µap'tuplcc cifico nella linea di quello proto:cristia-
sono adoperati neU'ambito giuridico (te- no.

40 Alcuni passi del libro dei Giubilei e del- leg.all.3,205), ma nel senso che uno fteòv µa;:-
1'Apocalisse di Baruch in STRACK-BILLERBECK •Upa xaÀEi:, decal.90. µap•uplu è spesso usa-
1 475 su Mt.8A. to tanto nel senso di semplice affermazione
41 ani. 4,219: e!c;... µit mcr-tEufoftw µap'tuc;, quanto di affermazione vigorosa (rer.div.her.4:
ma almeno due, wv 't'Ì}\I µap'tvplav ÙÀ.1JDi'j ii -cou 7tpoqii}-.ou µap-cupla) o prova di qual-
7t0LTJO'Et ..&. 7tPOf3E{3LWµÉW.(. ")'U\l!LLXW\I lìÈ IKÌl cosa (migr. Abr. 43: Etc; µ<1.p-tupCc.tv nlcr-cew;
fo'tw µocp'tup(u lìtà. xoucp61:1}'toc xat i>p&.croc; i')v Èrcl<r-cwcrev ii ljluxTi bE«{°>, con cui Abra-
'tOÙ yÉvouc; aù-.Gw. µup'tUPEl'tWO'<l.\I lìÈ µ'l'}liÈ mo dimostra con la sua condotta di credere -ir)
lìoùÀot otà. 'ti)V -tfic; tJiuxfir; àyÉvetav; viq6o: Dio); Ios.234 s. (Giuseppe si era già procura-
7t<1.p'Etlì6'tW\I ~µEÌl.ÀEc; 'tfjt; àxpt{3Elar; "CTJ\I µap- to due µap-.uplaL della condotta dei suoi fra-
'tUpla.v Ò.7tocpÉpecri>m; ap. 1,93: 'tfjç cipxm6- telli verso Beniamino, ma -cpl-.11v .È7tE\16l)<JE)._
't1J'tO<; 'ttx.U't1}ç 7tapa-cCi>eµat 'tOÙç At")'U7t-cl-
our; µap't~pm;. 41 Philo, Ios. 134: µ6.p-cuptc; "CW\I È\IU7tvlwv
ov1' livopec; µ6vov, àì..M. xat TC6À.Et_r; x-cÀ..
42 Philo, spec.leg.1,55: gli zelanti della àpE't'TJ
(per la verità dei sogni di Giuseppe); Abr.29:
sono di volta in volta f3ovÀEU'tr.tl, 8txacr-tal, i nostri sensi, unitamente alla lingua e al \love;,
O''tpa-c11yol, ÈXXÌl.'l'}O'Lrl.O''tUl, xa•t"tlYOPOL, µap- come settimo, sono µ6.p'tupEç del valOre espq~
't'UpEç, \16µoL, 8fjµor; personificati; spec.leg. 4, sto prima del numero sette; det.pot.i11s.99 (de.i
54; decal.140: Je parti contendenti in un pro- poeti); som.2,297 (µO:p-.uç lìè xat XP1Jcrµ6c;);
cesso, in mancanza di altre prove, btt µap-cu- migr.Abr.3 (µttp'tuc; MwuO"'ljç); poster.e. 121
par; Xr.t'tr.t(jlEUYOUO'L\I; -in pla11t.173 si trova la (µttp't'vc; 6 v6µoc;·); spec.leg.1,37; vii. Mos. 2,
distinzione aristotelica di EV"CEX\IOL ·e lh-exvot 120.284; ael.mu11d.102 (7tpòç µup-.uplav, per
à.7tolìel!;Et~, alle quali ultime appartengono i
convalida); cher.124; leg.a/1.3,129 (µ<ÌP't'UpEL
testimoni; spec.leg.4,30 (testimone di patti). - 6 !Epw-.a-roc; XP1Jcrµ6ç); del. poi. im.52 (µa·p-
43 poster.C.59; conf.ling.57 (lSIJiEt -itpò &.xoi)ç -cupei: 8É µou -.4) )..6y~ ii q>ÒCTtc;).
craqiecr"tép~ xP1Jcraµevor; µap'tupL); Abr.190;
Ios.208; spec.leg.1,341; conf.ling.157; cher-40; 4S cher. 88 (a! È'tTJO'tot wpaL - le stagioni -
leg.all.2,54 s:; spesso a proposito di Dio: spec. sono µap't'Upto\I Èvapyfo'tc.t't'o\I della xaxorcci-
leg.2,10.252; ,j,32; plant.82; lfligr. Abr. n5; ilELa, il travaglio del cosmo che è in continuo
Iou65; decal.86: il giuramento sia p.<1.p-tupla movimento); ae1.m1md.25 (µap-tu·pt« xal -rÒ'.
ftEOU 'l'!Ept 'ltpa.yµa'tWV ò.µq>tCT{l1]'t'OUµlvwv (de- lv Ttµ~l~); spec. leg.4,136 (delle deposizioni
finizione usuale in Filone, ad es. spec.leg.2,10; testimoniali).
µap-i:uç :wrÀ. E r,2 (H. Strathmann)

E. µci.p-ruc,, µap"tupÉw, µap-rupla, blico conosce il concetto di testimone


µap·t"\1pt.OV NEL N.T. non solo nel senso di chi testifica delle
1. Presenza del vocabolo realtà controllabili, ma anche di chi te-
stimonia delle verità, dichiara o profes-
Nel N.T. è anzitutto degna di nota
la ripartizione del vocabolo nei diversi sa dei convincimenti (~B.). Ambedue
scritti: µap-ruc, compare 34 volte (o 35, le accezioni si trovano anche nel N.T.,
calcolando anche Lc.II,48): 4 (o 5) nei e il particolare valore che assume il con-
sinottici, nessuna in Giovanni, 13 negli
Atti, 9 in Paolo (comprese le lettere pa- cetto cristiano di testimone non è che
storali), 2 nella Lettera agli Ebrei, una la conseguenza della loro applicazione
nella prima .di Pietro e 5 nell'Apocalis- al messaggio evangelico e alle situazio-
se; µap"t"UpEi:v figura 76 volte (77, con
ni entro le quali esso viene annunziato.
Lc.II,48): 2 (o 3) nei sinottici, 33 in
Giovanni, 11 negli Atti, 8 in Paolo a) µap-.uc;: uso generale
(comprese le Pastorali), 8 nella Lettera
agli Ebrei, 1 .0 nella prima e terza di In Mc. 14, 63 e nel par. Mt. 26, 65
Giovanni, 4 nell'Apocalisse; µap"tupla µcip·tVç ha il significato originario di te-
compare 37 volte: 4 nei sinottici, 14
in Giovanni, una negli Atti, 2 in Paolo stimone di fatti, il quale è in grado di
(solo nelle Pastorali), 7 nella prima e fare su di essi delle affermazioni in ba-
terza lettera di Giovanni, 9 nell'Apoca- se a una propria diretta conoscenza; an-
lisse; µapi:uptov è presente 20 volte:
9 nei sinottici, mai in Giovanni, 2 vol- zi, con valore più tecnico, di testimone
te negli Atti, 6 in Paolo (comprese le in procedure giudiziarie. Gesù, richie-
Pastorali), una nella Lettera agli Ebrei, sto dal sommo sacerdote di dire se è
una in Giacomo e una nell'Apocalisse.
o no il Cristo, dichiara di essere il Fi-
Si nota il contributo straordinario de-
gli scritti giovannei per µap-.upEtv (47 glio dell'uomo di cui parla Daniele; al-
volte) e per µa:p-.upla (30 volte), men- lora il sommo sacerdote ha un respiro
tre invece nel quarto Vangelo µcip-ruç
di sollievo perché grazie a questa be-
manca completamente (e cosl pure µa.p-
'tUpt.ov }. Fa egualmente specie il forte stemmia, che i membri stessi del sine-
contributo degli Atti per µci.p-.uc; e µa:p- drio hanno potuto udire, gli vien ri-
i;upEi:v. Questa messa a punto statistica sparmiato di andar per le lunghe con
sembra cosa esteriore, ma non lo è, per-
ché si riconnette allo svilupparsi dello prove testimoniali finora cercate inva-
speciale uso cristiano di questi vocaboli. no, ed esclama: i:l E'tL xpdt1..v EXOµEV
µcxp"tupwv, «che bisogno abbiamo più
2. Uso di µci.p"tuc, di testimoni?» 46 • Anche in Act.6,13; 7,
Per comprendere l'uso di questi vo- 58 si tratta del testimone giudiziario,
caboli nel N.T. è fondamentale richia- anche qui del testimone a carico nel
marsi al fatto che già il greco extra-bi- processo penale: vengono esibiti µap-

46 Sui testimoni nel processo di Gesù cfr. STRACK-BILLERBECK a Mt.26,60.


1315 (IVA93) µ6;p-.vc; X't"À.. E 2 (H Scrathmann) (lV,493) 1316

'tupEi; tVEUOE~ç, «falsi testimoni», per persone, i'.vo:. E-itt O"'toµa'toç ouo µap'tu-
provocare la condanna di Stefano, gli pwv ii 'tptwv O"'ta1til Ttfiv pijµa, «affin-
stessi che poi si incaricano della lapi- ché sulla parola di due o tre testimoni
dazione, a norma di Deut.17,7, anche sia decisa ogni questione». Se poi an-
se non è stata pronunciata regolare sen- che tale tentativo non riesce, le dichia-
tenza 47 • Rientra pure in questo quadro razioni di questi testimoni costituiran-
il passo di Hebr.rn,28, dove, ammonen- no la base per il verdetto della çomuni-
do una seconda volta di stare attenti, tà, resosi ormai necessario. Secondo I
atteso che la colpa non si può espiare, T im. 5 ,19 il principio giuridico del Deu-
si ricorda la disposizione di Deut.17,6, teronomio, per cui si esigono più testi-
che qualora venga rotto criminosamen- moni, è normativo anche per dar corso
te il patto veterotestamentario prestan- a un'imputazione contro uno degli an-
do culto agli altri dèi, il colpevole sia ziani della comunità. In 2 Cor.13,1 Pao-
ucciso, se la sua azione è testificata al- lo si appella allo stesso principio per·
meno da due o tre testimoni 43 • Questo ché sia ben chiaro il suo fermo propo-
principio giuridico, secondo cui l'affer- sito di epurare ad ogni costo la comu-
mazione di un unico testimonio a ca- nità in occasione della sua terza visita:
rico non basta per la condanna, è e- Tpl'tOV 'tOV'tO Epxoµat 1Cp0<; uµiiç· htt
spresso in modo generale da Deut.19, O"'toµa-toç Olio µa.p'tupwv xaì. -tpiwv
1 5, ed è qui che si ricollega la prescri- O"'talN)o-E't'at 7téi.v p'ijµa., «ecco che per
zione di Mt.18,16: quando nella comu- la terza volta vengo da voi; sulla pa-
nità cristiana un fratello si è reso colpe- rola di due o tre testimoni sarà decisa
vole verso un altro, se l'offeso non rie- ogni questione» 49 •
sce a quattr'occhi a far recedere l'offen-
Paolo sembra considerare le varie vi-
sore dal suo torto, deve ripetere il tenta- site fatte a Corinto come diverse ma
tivo prendendo con sé una o due altre concordanti deposizioni di testimoni in

47 Cfr. STRACK-BILl.ERBllCK a Act.7,58. cato alla disciplina della chiesa di Corinto un


articolo del diritto giudaico (Deut.19,15). Ma
48 Cfr. STRACK-BILLERDECK a Mt.18,16. Paolo non pensa affatto che cì sia ancora qual·
49 Spesso si ritiene che Paolo voglia parlare che dubbio sul reato avvenuto, e che si debba
della procedura con la quale intende provvede- ora incominciare con l'accertarlo attraverso in-
re alla disciplina della chiesa di Corinto, pro· chieste legali. Il suo giudizio è assolutamente
cedura che è appunto quella di Deul. 19, 15, sicuro, come lo è Ja necessità di una punizio-
«atta a condurre a un accertamento legale cli ne (cap.7; 12,21). Occorre solo che alfine si sot-
ogni reato imputabile». Cosl ad es. HEINRICT, tomettano quelli che sono ancora recalcitranti.
fld I.; B. WErss, Das N.T., Handausgabe n' Accettando la spiegazione sopracitata, anche il
(1902), fld l.; ScHLATTER, Kor.675: «Sulle de- rapporto, con ogni probabilità intenzionale, fra
posizioni di due o tre testimoni Paolo potrà il -.pl't'oV all'inizio del versetto e i tre testitno·
stabilire per ogni fallo ciò che è realmente av· ni della fine non avrebbe più alcuna ragion
venuto»; in questo modo egli avrebbe appli- d'essere.
I 317 (IV.493) µap'tvc; X'tÀ.. E 2 (H. Strathmann) (IV,494) 1318

un processo, per mezzo delle quali si i quali non dispone di altri testi, allo
elimina ogni dubbio sull'andamento del scopo di garantire la veridicità e credi-
fatto. E la questione dibattuta sarebbe
la sua ferma volontà di arrivare a una bilità delle sue affermazioni (Rom.r,9;
purificazione della comunità. Fin dalla 2 Cor.1,23; Phil.1,8; r Thess.2,5), op-
prima visita il suo sogno era una comu- pure quando designa i Tessalonicesi e
nità che la rompesse coi peccati (dr. I
Cor.6,9). La seconda visita voleva eli-
con loro Dio stesso (che conoscendo il
minare un grosso scandalo, ma non eb- cuore è l'unico veramente in grado di
be successo. Tanto più ferma è la deci- giudicare) quali testimoni «della con-
sione di Paolo di creare, approfittando dotta pia, giusta e irreprensibile che ab-
della nuova imminente visita, una si-
tuazione monda di colpe. Il rapporto biamo avuto verso di voi credenti» (r
fra il senso originario della sentenza di Thess.2,10). Si stacca da questi passi la
Deut.19,15 e l'applicazione fattane da riflessione di 2 Cor.1,23, in quanto qui
Paolo è certamente assai labile, poiché
non si tratta né di un'inchiesta giudi- Paolo invoca direttamente Dio a testi-
ziaria, né di due o tre testimoni diversi, monio (mentre le altre volte si accon-
ma dell'assicurazione che dà ripetuta- tenta di assicurare che Dio era il suo
mente un medesimo testimonio. I due
momenti si toccano solo perché in se- testimone) e la frase µap-.upa 't"ÒV ili::òv
guito alla dichiarazione, ripetuta là da Èmxa.À.ovµai «É1tL 't'Ì}v ~µi)v 4iux1Jv»,
diversi testimoni e qui da uno stesso «chiamo a testimone Dio sulla mia vi-
teste, là su un avvenimento determina-
to e qui su un fermo proposito, non è ta>>, presenta questa invocazione sotto
più possibile dubbio alcuno sulla serie- forma di una maledizione vera e pro-
tà della dichiarazione stessa 50 • Il passo pria contro lui stesso, nel caso che quan-
è cosl un esempio della disinvoltura con
cui l'Apostolo maneggia la Scrittura to dice non corrisponda a verità. La fra-
veterotestamentaria senza farsi scrupolo se appare quindi come un formale giu-
del suo significato preciso e abbandonan- ramento, ma esprime pur sempre un
dosi talvolta a successioni di pensiero
particolare concetto che dà a ogni chia-
puramente formali.
mata di Dio a testimone una speciale
Il concetto di teste di un fatto subi- importanza solo là dove a Dio si crede,
sce una generalizzazione al di là del- o almeno non lo si nega in modo asso-
l'ambito giuridico quando Paolo - ed luto.
è cosa che gli piace - si appella a Dio In Le. I I ,48 µap-.uc; è l'uomo testi-
come testimone degli avvenimenti e mone di fatti; qui Gesù, ai Giudei che
dei moventi della sua vita interiore, per 'edificano' i sepolcri dei profeti uc-

50Perciò non si deve neppure aggiungere, co- svolgersi del pensiero dell'Apostolo ne reste-
me sottinteso, che questa duplice o triplice de- rebbe cosl spostato. Del resto Dio non ha bi-
posizione serva a far risultare ben fermo il sogno di attestazioni di ordine umano perché
proposito di Paolo <(davanti a Dio» (cfr. D. un fatto sia per lui certo.
WENDLAND in: N.T. Deutsch, ad l.). Tutto lo
IJX9 (IV-494) µap-cvc; MÀ.. E 2 (H. Strathmann) \IV,495} I3:lU

cisi dai loro padri, dichiara: &pa µ6:p- vov ·hµt:v aywva x-rÀ., «anche noi dun-
'tUpÉç fon xat cruvwooXéL'tE 'toi:ç €p- que, circondati da sl gran nugolo di te-
yotç 'tWV 1tO'.:tÉpwv vµwv, «voi dunque stimoni, sbarazziamoci da ogni fardello
siete testimoni e approvate le opere dei e dal peccato che ci impaccia, e corria-
vostri padri». Anche se il significato di mo senza posa nella gara che ci è aper-
O"uveuooXéi:'te: non è chiaro, è chiaro ta innanzi, ecc.». I destinatari della let-
tuttavia che la generazione attuale, col tera vengono presentati come corridori
suo culto delle tombe, è designata co- schierati nell'arena, che si preparano al-
me testimone dell'uccisione dei profeti la corsa, togliendosi di dosso ogni im-
ad opera degli avi. Con lo stesso valo- pedimento. Ali' intorno, sulle tribune
re µap'tuç è usato, oltre che in 1 Thess. stanno accalcati gli spettatori, il vÉcpoc;
2,10, anche in 1 Tim.6,12: Timoteo ha µapi:vpwv, che in qualità di testimoni
fatto la sua bella professione di fede oculari seguono con appassionato inte-
(probabilmente quella del battesimo) resse lo svolgersi della corsa 51 • Lo stra-
Èvw1tt0v TCOÀ.Àwv µap'tupwv, «alla pre- no è, a dir vero, che questo vÉcpoç µa:p-
senza di molti testimoni» (cfr. Did.7,4; -.upwv sono coloro che, stando al c. II,
Iust. apol.1,61 ). Anche 2 Tim. 2,2: il a motivo della loro fede 'hanno rice·
'ilxouO"ac;... otà. 'ItoÀ.Àwv µap'tupwv, 'taii- vuto' a lor volta da Dio la «[buona]
-ca 1tetp6:ltou, «quanto hai udito ... alla testimonianza» ( ɵap-rupl]i)'l)o-a.v, II ,2;
ptesenza di molti testimoni, trasmetti- cfr. II,4.5.39). In quanto tali, essi te·
lo», allude alle persone presenti al batte- stimoniano senz'altro, con la loro vita,
simo di Timoteo (o forse alla sua 'ordi- la validità della fede. E cosl pare si pas-
nazione'), quando ricevette in deposito si tacitamente dal concetto di testimo-
la TCapaMptTJ, 'il patrimonio della tradi- ne di fatti a quello di testimone che
zione a lui trasmesso'. Cosl pure in professa una idea. Ma la testimonianza
Hebr.12,1 µap'tuc; è inteso nel senso di che uno riceve è pur sempre qualcosa
testimone di un avvenimento percepi- di diverso dalla testimonianza che uno
bile all'esterno. Dopo la lunga lista de- dà. Il passaggio dal passivo ('essere te-
gli esempi di fede nel c. 1 l, l'autore in- stimoniato [riconosciuto meritevole] a
fatti prosegue: 'tOtyapovv xa.t 'liµe:i:ç, motivo della fede') all'attivo {'testimo-
'°t"OO"OV'tO\I ~XO\l'l:Eç 'ltEptxdµE\10\1 -i)µi:v VÉ- niare per la validità della fede') non è
cpoc; µap'tUpWV, oyxov CÌTCoi)ɵe:vot miv- comunque indicata dal testo. Senza al-
't CX. xat 'ti)V e:ùm:pl<ri:a-rov ùµap-clav, tre determinazioni più precise, cosl co·
ot' Vrtoµovfic; 'tP~xwµE\I 'tÒV 1tpoxdµe:- me sta, la frase presupporrebbe sempli-

51 Gli esegeti si schierano numerosi contro que- deve riconoscere che è impossibile escludere
sta ovvia interpretazione. Ma Io stesso B. F. l'immagine degli spettatoti nell'anfiteatro; dr.
WESTCOTT, The epistle lo tbc Hebrews (1889) Class. Rev. 5 (1891) 21b.
-,.,,-- , -. ,,..,,,,..,,

cemente un uso tecnico di µap,;uç, che data, e poi testimoniato. Il carattere


per la Lettera agli Ebrei non fa diffi- particolare dell'oggetto su cui si eser-
coltà. Si dovrà però ammettere che cita la testimonianza comporta quindi
1..tap'tuç in Hebr.r2,1 riceve un senso che nel concetto di testimone si fonda-
in certo modo plurivalente dal c. r r. no indissolubilmente e Ja deposizione
di fatti determinati e l'attestazione di
b) Il particolare uso di Luca (conco- un loro valore in cui si crede, che si
mitanza fra testimone di fatti e testi- professa e di cui d si fa banditori. Te-
mone nell'azione missionaria) stimone di realtà concrete e testimone
In tutti i casi finora considerati l'uso di verità astratte coincidono; questa è
di µap,;uç si mantiene nell'ambito del- la consegllenza inevitabile del fatto che
le accezioni correnti. Se ne stacca l'uso l'evangelo è una rivelazione calata nel-
che ne fa Luca, sia nel Vangelo (24,48) la storia. E se Luca usa questo termine
sia negli Atti, in quanto la parola µcip- cli testimone, è proprio perché molto
-çuç designa anche qui colui che depone gli preme di fissare chiaramente i fon.
su alcuni fatti che conosce direttamen- damenti storici del mes~aggio evangeli-
te, ma che sono gli avvenimenti della co 52 • Non si tratta di una dottrina qual-
storia di Gesù, e in particolare quelli siasi, o di miti o di speculazioni, ma di
della sua risurrezione, che è trattata da fatti reali che hanno avuto per teatro
Luca alla stessa stregua di un fatto ob- un determinato luogo, si sono svolti in
biettivo, come ad esempio la passione. un determinato tempo, nella piena lu-
E questi avvenimenti non possono es- ce della storia, che si possono consta-
sere testificati senza che se ne segnali tare e di cui si può esser sicuri 53• Per
pure il significato e ci si adoperi per questo è giusto parlare di testimoni. E
ottenere che si accettino per fede. È non cli testimoni qualsiasi, ma proprio
vero che si tratta anche qui, dal punto dei più qualificati per questo compito,
di vista di Dio, di un 'fatto reale'; ma in quanto sono vissuti assieme a Gesù
esso appartiene a un piano diverso da- e inoltre sono stati chiamati espressa-
gli avvenimenti della storia di Gesù. mente (Lc.24,47; Act.r,8.22-26) e in-
Esso non si presta ad essere convalida- vestiti di questa missione (Le. 24, 48;
to da testimoni che abbiano potuto Act.5,32). Cosl vien descritto ciò che
constatarlo, ma può soltanto esser cre- Luca intende per testimone e insieme
duto in base a una notizia che ne venga le ragioni per cui ricorre volentieri a

52 Cfr. VON CAMPF.NHAUSEN, op.cit. 30 s. perficiale vedervi solo il gusto dello storico per
le date precise. La ragione che qui vale è la
53 Di qui il breve prologo del Vangelo e i da- stessa che ha introdotto Ponzio Pilato nel Sim-
ti cronologici di Lc.2,1 s.; J,z . .Sarebbe ben su- bolo apostolico.
µ6;p-.uç x-.).. E 2 (H. Strathmann)

questo vocabolo; e ne risulta che esso pie proprio annunziando tanto i fatti
coincide con quello di apostolo (nello quanto questo loro significato, accetta-
stretto senso della parola) e che, se non to per fede. Così il kerygma comincia
subisse una trasformazione, proprio CO· a farsi tale. Come dotazione speciale
me questo dovrebbe estinguersi dopo poi alla loro missione vien fatto in-
uno sviluppo storico di una certa du· travvedere ai discepoli l'invio dello Spi-
rata . rito promesso dal Padre, che Gesù man-
Nell'unico passo del terzo Vangelo derà loro (v. 49).
in cui µap·wc; compare (Lc.24,48), in Ciò che in questo passo di Luca è an-
occasione del mandato missionario 5~, nunciato, trova la sua realizzazione ne-
tutti gli elementi essenziali del concet- gli Atti. Il mandato missionario al grup·
to si trovano insieme riuniti. Gesù mo· po degli apostoli è ripetuto qui con la
stra in primo luogo che «secondo le stessa frase: EcmrfrÉ µou µap-rupEç, «mi
Scritture così (come è avvenuto a lui) sarete testimoni» (1,8); ed essa signi-
il Cristo doveva patire e risorgere il ter- fica prima di tutto che gli apostoli so-
zo giorno e che nel suo nome doveva es· no in grado di dare, per propria espe-
ser predicata in mezzo a tutti i popoli la rienza, notizia della vita di Gesù in ge·
penitenza per la remissione dei peccati, nere ( r ,22; lo, 39) e in particolare dei
incominciando da Gerusalemme» (vv. fatti riguardanti la sua risurrezione (2,
46 s. ). Con quest'ultima frase, la stessa 32; 3,15; 5,31 s.; 10,41); e la danno
citazione convalidante delle Scritture in effetti sempre, naturalmente, met-
sbocca nel mandato missionario rivolto tendone in evidenza il significato salvi-
al gruppo dei discepoli. E il seguente fico (dr. I0,42). Emerge dunque chia-
ùµEi:ç µapi:upi::c; 't'ov-rwv, «voi siete te- ramente la consapevolezza che si trova
stimoni di queste cose», precisa insie- in queste condizioni soltanto un gruppo
me la ragione per cui i discepoli sono scelto, i cui membri sono stati degnati
qualificati a tale mandato e il modo di un particolare rapporto col risorto
in cui esso si compie. Qualificati, per- (ro,41; 1,22). Costoro devono essere
ché sono in grado di attestare, avendo- ora µap-rupEc; mhou 'ltpòc; -ròv À.a.6v,
li direttamente vissuti, i fatti della pas- «testimoni di lui presso il popolo» ( 13,
sione e della risurrezione di Gesù e an- 31).
che perché hanno accolto con fede il L'ultimo passo citato, tratto dal di-
suo mistero e possono quindi 'testifica- scorso di Paolo nella sinagoga di An-
re' anche quello. Il mandato poi si com- tiochia di Pisidia, è importante perché

~ Le. 24,33 oltre agli undici nomina anche allude più.


-.oùc; <I'Ùv ctihoi'.ç, ai quali però nel seguito non
µap-tuc; x-cÀ.. E 2 (H. Strathmann)

vi sono designati espressamente come xa.t l]xouo-ru;, «e a vedere il Giusto e


µtip•VPE<; a.u'tou, «testimoni di lui», a udirne la voce dalla sua bocca, ché tu
soltanto i primi apostoli, che «l'aveva- gli sarai testimone presso tutti gli uo-
no seguito dalla Galilea a Gerusalem- mini di quanto hai visto e udito». Se-
me» e ai quali egli era appal'so «duran- condo Act.26,16, Gesù stesso nella vi-
te molti giorni», mentre Paolo per Bar- sione di Damasco s'è rivolto cosl a Pao-
naba e per se stesso usa l'espressione lo: dc; 't'OU-.o yèJ.p wc:pìl'r]\I CiOL, 1tPOXH-
Eua.yyEÀLSEO"Ì}a.t, 'portare il lieto annun- plcracrì1a.l CTE UTCl}pÉ't'r)\I xat µci.p-.upa.
zio'. Certo, si vuole cosl semplicemente wv 't'E doÉc; [µE] c'[iv -.E òc:pì}l]o-oµal O"OL
mettere in rilievo che quelli sono µiip'tV- x-.À.., «per questo ti sono apparso : per
pEc; a.1hou 1tpòc; •Òv Àa.ov, cioè presso il costituirti ministro e testimone di aver-
popolo d'Israele in Palestina, mentre 'Ì}- mi veduto in questa e ancora in altre
µEi:c; vµiic; EU<X."Y"(EÀts6µi;:ì}a, «noi rechia- apparizioni future», ecc. In ambedue i
mo il lieto annunzio a voi», cioè nel casi viene usato, per designare l'opera
mondo ellenistico al di fuori della Pa- evangelizzatrice di Paolo, il termine
lestina anche se in un primo tempo µtipi:uc; nel senso di testimone di fatti
lo portano nelle sinagoghe. Tuttavia la come era avvenuto, nei passi degli Atti
scelta dei vocaboli non è casuale, ma è citati finora, a proposito dei prìmi apo-
determinata dal fatto che µtip•vc;, nel stoli. Ma Paolo non è un testimone di
senso in cui fino allora era stato ado- fatti allo stesso modo degli altri, cioè
perato negli Atti, non era applicabile a nel senso di Act. 1 ,22. La coincidenza
Paolo e a Barnaba. si ha, tutt'al più, riguardo alla visione
di Damasco, e in realtà il concetto di
c) Come nello stesso Luca i due a- testimone in ambedue i passi viene ef-
spetti comincino a sepilrarsi fettivamente circoscritto ad essa e ad
Tanto più sorprende, quindi, che eventuali apparizioni seguenti. Un'acce-
µiip'tvc; sia detto di Paolo in 22 ,15 e zione del termine cosl limitata, anzi o-
26, 16, e che in 22,20 anche Stefano rientata in modo completamente nuovo,
sia designato come µtip'tVç O'OU, «testi- si presta però ben poco a caratterizzate
mone tuo», cioè di Gesù. il contenuto dell'apostolato paolino, che
Secondo Act. 22,14, dopo che Pao- è centrato appunto sulla morte in cro-
lo ha riacquistato la vista, Anania gli ce di Gesù e non sulla visione di Da-
dice che Dio lo ha predestinato a co- masco. Ambedue i passi devono quindi
noscere Ja sua volontà XCX.t loEL\I 'tÒ\I OL- essere considerati come un tentativo ar-
XCX.LO\I xat aXOUO'IXL <pW\l'Ìj\I ÉX -.ou CT't6- tificioso, e non troppo riuscito, di ren-
µa'toç mhou, 8'tt fon µ!l:,p'.'t'vc; a.u-.<;> dere applicabile a Paolo il concetto di
7tpòc; 7tti\l•ac; &.vì}pw7tovc; wv (wpa.xac; testimone di fatti che Luca giudicava
µ6:p·tuç x-:À. E 2 (H. Strathmann)

assolutamente caratteristico dei primi per forza di cose, non avrebbero potu-
apostoli. Astt·aendo dall'apparizione di to esserci più testimoni di fatti alla ma-
Damasco, Paolo poteva essere chiama- niera degli apostoli.
to 'testimone' solo sotto l'aspetto, pe- Un passo avanti già si compie con la
raltro compreso nel precedente, di una designazione di Stefano quale «tuo te-
testimonianza relativa al valore salvifi- stimone», in Act.22,20. Il fatto che si
co della figura e della vita di Gesù, cioè dica: É~EXUVVE't'o "t"Ò alµa. L"mpavou
nel senso di chi professa un'idea. Che "toi:i µap"tup6ç O"ov, «fu versato il san-
sia proprio cosl, emerge da Act.22.15, gue di Stefano, tuo testimone», non de-
l'unico passo in cui si dice: fon µ±pi:vç ve indurre a ravvisare già qui quell'idea
a.v•Q, «sarai testimone a lui» (a Cri- di martire che si impose più tardi nella
sto), mentre propriamente ci si atten- chiesa. Il genitivo O"ov mostra che è an-
derebbe un genitivo . Paolo testimonie- cora presente in pieno l'originaria acce-
rà in favore di Gesù, proclamando il zione del vocabolo. Stefano non è det-
suo mistero ed esortando alla fede in to µap"tuç perché muore, ma muore
lui. Naturalmente una testimonianza perché è testimone del Cristo, e lo è
siffatta implica che si affermi insieme proprio attraverso la sua attività evan-
l'autenticità della storia del Signore. Ma gelizzatrice. Il pensiero però di una sua
un tale testimone non è più chiamato testimonianza ai fatti della vita di Ge-
con questo nome perché di sua propria sù data per cspetienza personale, è com-
esperienza è in grado di dar notizie sul- pletamente scomparso. È rimasto solo
la vita del Cristo. Paolo non è testimo- il testimone di idee. Anche tutti gli a-
ne di fatti allo stesso modo dei primi postoli erano testimoni sotto questo a-
apostoli, che avallavano avvenimenti cui spetto. Ma Stefano è chiamato cosl in
avevano partecipato. Egli è testimone senso pieno e tipico perché, subendo
di una verità, e professando questa fe- la morte, ha offerto la massima prova di
de nel Cristo se ne fa propagatore. Av- serietà della sua testimonianza. Nel mar-
viene cosl che nell'applicazione del ter- tirio trova la sua ragion d'essere non il
mine 1.tap'tvç a Paolo, questo secondo fatto di essere chiamato genericamente
aspetto prevale sul primo, mentre quan- µapi:vç, ma di esserlo come per anto-
do esso viene usato per gli undici si ve- nomasia. Sotto questo aspetto c'è qui,
rifica il contrario. I due punti di vista in germe, quell'accezione tecnica del vo-
cominciano a diventare autonomi, e si cabolo che si fisserà più tardi nell'uso
apre cosl la possibilità che µap"tvç so- ecclesiastico55 • A sviluppare tale uso lin-
pravviva anche in un tempo nel quale, guistico limitato a un solo aspetto non

55 K. ROLL ha cercato di spiegare il titolo di 1~6.p•tvç dato a Stefano in quanto, secondo Act.
µ6.p'tuç X't'À. E 2 (H. Strathmann)

concorsero speciali e sporadiche espe- -.f)c; µs:À.À.ouCT'l')c; oc1toxa.M7t"ts:crDat 06-


rienze estatiche nei martiri, ma la real- !;'r)c; xowwv6ç, «e pafrecipe anche della
tà della persecuzione. gloria che sta per svelarsi>>, mostrano
che pure nella frase precedente deve
d) I Petr.5,r trattarsi di una partecipazione persona-
Particolarmente complessa appare la le, e proprio alla passione di Cristo {non
e~pressione µap'tuc; 't'WV i:ou XpLO""toiJ soltanto, dunque, di una esperienza vis-
1ta.thiµa"tWV in I Petr.5,1, quando l'au- suta a fianco di lui come testimone O·
tore giustifica il suo diritto a rivolgere culare) 58, allo stesso modo che in 4,13
un ammonimento agli anziani della co- le sofierenze dei cristiani nella persecu-
munità, perché bene adempiano il loro zione sono designate come xowwvEi:V
ufficio: 7tps:crf3u·dpovç. . . 'TC<t.pa.xa.À.w ò i:otc; "t'OV Xpt<Ti:ou 1ta.lH1µa.ow, «un par-
cruµTCpECT~U"tEpoc; xcx.t µcip't'uç 'tWV "tOV tecipare ai patimenti del Cristo». Tale
XptO""tOV 7tal)11µci"t'wV, «esorto i seniori, interpretazione di queste sofferenze, co-
io che sono seniore come loro e testi- me pure di quante ne implica la voca-
mone dei patimenti di Cristo». Nel v. zione apostolica, è corrente nel N.T. 59•
2 s. 'Pietro' può dare i suoi consigli, per- La ·frase in questione vuol perciò dire
ché ha il medesimo compito di quegli che a 'Pietro' i patimenti della persecu-
anziani (sia pure in un ambito più va- zione, che -egli ha continuamente esor-
sto) e insieme 56 perché è µcip"t'Vç i:wv tato a sopportare con pazienza e persi-
"t'OU XptO"'tOU '1ta.lhiµci"tW\I, Potrebbe a no con gioia (r,6 s.; 2,20; 3,14; 4,r.
prima vista sembrare che con queste pa- 12 s.), sono ben noti per personale, do-

role l'autore voglia designarsi come te- lorosa esperienza e che per questo può
stimone oculare della passione di Gesù parlare di essi, del loro valore e della
allo scopo di ricordare ai presbiteri l'e- beatitudine. Quando dà direttive sul
sempio di sofferenza che da essa ci vie- modo di ben comportarsi sotto la pres-
ne 57• Ma le parole che seguono: o xa.t sione delle circostanze, non è come un

7,55 s., immediatamente prima della morte DELfilIAYE, Sanctus xox ss.
egli ha visto la gloria di Dio e il Figlio del·
l'uomo innalzato alla destra del Padre. Per S6 Bisogna osservare che il µap..uc; "w" -.oi.i
questo egli sarebbe divenuto 'testimone della XptCT'tou 1talh]µ&.-.wv risulta strettamente le·
gato al precedente cruµ1tpEO'~U'tEpoç, dato che
resurrezione di Cristo'; «la sua professione di
fede sarebbe un parlare per visione diretta». vi è un solo articolo.
Egli è testimone di fotti di natura sovrater- 57Ad es. ZAHN, Einl. II1 (x907) 15 n. 9; R.
rena: per questo è chiamato µap'tuç (~ REITZENSTEIN: NGG (1916) 436 n. 4.
HoLL, Ges. Aufsatze II 70 s.). Tuttavia questa
58 Cfr. la stessa corrispondenza in Rom.8,17;
deduzione non ha nessun appiglio negli Atti.
Ed ancor meno si può spiegare in base a que-
2 Cor.x,7; 2 Tim.2,n s.
sto episodio il concetto posteriore di martire. 59Cfr. anche 2 Cor.r,5; Col.1,24; I Petr.2,21;
Cfr. inoltre VON CAMPENHAUSEN~ op.cit.32 s.; Mt.ro,38; 16,24.
µi:ip•vi; x-c>... E 2 (H. Strarhmann) (Iv,500 1332

cieco che parli di colori, ma come uno nel senso che proclama l'evangelo. Viene
che per esperienza personale può dire però chiamato 'fedele' per eccellenza per-
quale relazione essa abbia coi 1tail1Jµa- ché, anche messo a morte, non si è la-
-.a 't'OU XptO"'t'OU "°. Un significato tecni- sciato distogliere dalla sua testimonian-
co del termine µrip-.uc, in rapporto al za. È in questa linea che va interpre-
martirio non è ancora in questione, per- tata anche la frase di 17,6, a proposito
ché 'Pietro' vive ancora. della donna ubriaca Èx -.ou aì'.µa-coc;
-rwv àylwv xat ÈX -rou a~µa-roc; 't'W\I
e) µrip-tuc, negli scritti giovannei
µap-cupw\I 'Ino-ov, «del sangue dei san-
Fra gli scritti giovannei, l'Apocalisse ti e del sangue dei testimoni di Gesù».
è l'unico che registri il vocabolo µ6.p- 11 termine µap-.upEc, qui non può con·
't'UC,. In due passi, sui cinque in cui il notare il martirio come farà più tardi,
termine ricorre, Cristo stesso è chiama- perché accanto a quelli che ricevono
to cosl (1 15; 3,14). Quanto agli altri ca- questo nome stanno i santi messi a
si, in 11,3 µ&.p-ruc, si riferisce ai due morte che sono martiri essi pure 61 • È
profeti che ne11a Gerusalemme destina- questa una considerazione importante
t:\ alla distruzione per mano dei gentili per comprendere rettamente il termine
rendono per 1260 giorni la loro testimo- 'testimone' nell'Apocalisse. Accanto ai
nianza (µ.cwrnpla) e poi sono uccisi dal- cristiani uccisi per la fede, vengono no-
la bestia che viene dall'abisso. Tuttavia minati quelli che hanno subito la mor-
non per questo sono chiamati testimoni, te a causa della testimonianza missiona-
ma proprio per la loro attività profetica. ria. Non qualsiasi cristiano che muore
Parimenti Antipa, in 2,13, non è detto per la fede è chiamato martire, ma il
testimone perché viene ucciso, ma viene titolo viene riservato a quelli che lavo-
ucciso perché è testimone, e testimone rano per l'evangelizzazione in qualità di

fJJ Cfr. H. VON SoDEN, in Theol. Handkomm. Gesù» significa non capire il testo. Cfr. anche
z. N.T.3 (1899) ad l.; H. VON CAMPENHAUSEN, HADORN, Apk. a 1,5. Caratterizzare l'Apocalis-
op.cit.63 s. Il WOHLENBERG, Petr., è piuttosto se come 'libro dei martiri' può quindi anche
del parere che l'autore pensi qui al fatto del non voler dire che secondo essa rutti i cristia-
testimoniare con la parola e con l'opera la pas- ni hanno da subire il martirio; G. BERTRAM
sione del Signore. Sarebbe cosl messo in luce lo fa notare a proposito di L. BRUN, Obrigge-
il compito caratteristico che Pietro ha come bliebene und Martyrer in der Apk.: ThStKr
apostolo e come missionario. Ma tanto la cor- ro2 (1930) 215-231, che si schiera contro una
rispondenza con 6 xat -cijç... Bol;T]t; xowwv6r;, certa unilateralità nel sopravvalutare il tema
quanto il richiamo a XOWWVEtV 't'Otc; 'tOV Xpt.- del martirio, quale si osserva in R. H. OiAR-
<T"tOV 1tttlH1µa.Cl'L (4,13) perderebbero cosl la lo- LES, Tbe Revelation af St. ]oh11 (1920); A.
ro ragion d'essere. L01sY, L'Apacaypse de ]ean (1923); LoHMEY-
61 Affermare che «il sangue dei santi, con cui ER, Apok., e in un certo senso anche in H.
si disseta la grande Babilonia seduta sopra la WINDISCH, RGG1 III 330 ss. (s.v. 'Johannes-
bestia scarlatta, è tutto sangue dci testimoni di apokalypse').
r333 (lV,500} µa:p-.uç X"tJI.. L 3 \D .•nn\UlllUUlll/

testimoni che chiamano altri alla lorn to. Ma non esaurisce il significato del
fede. L'idea di testimone di fatti sto- termine. Gesù Cristo non è chiamato
rici qui non ha più posto. Testimone è testimone fedele e verace semplicemen-
colui che attesta, per propagarla, la ve· te in rapporto all'Apocalisse, ma in un
rità dell'evangelo. E nemmeno è chiama- senso del tutto generale: «lo per que-
to µap"tUc; chiunque faccia questo, ma sto sono nato e sono venuto nel mon·
il termine è riservato a coloro che han- do, tvct µctp-rup1]<rw -.i) àÀ.Y)i>Elq., per
no messo a prova l'estrema serietà di rendere testimonianza alla verità» (Io.
tale testimonianza affrontando la mor- r8,37). E morendo ha dato prova di
te. Questi sono 'testimoni fedeli', i so- massima fidatezza in tale vocazione.
li che lo siano in senso pieno, veri te- Nell'esaminare il titolo di µtip·tUc; m-
stimoni, cioè soltanto essi sono µtip- 1ri:6c; dato a Gesù, non si può prescin-
"t'UpEc;. L'accezione del vocabolo nell'A- dere dal fatto che anche il 'martire' An-
pocalisse corrisponde a quella notata in tipa è detto 'fedele': vuol dire che il
Act.22,20. crocifisso è il prototipo del 'testimone'
A questo punto si può anche facil- cristiano.
mente capire perché e in qual senso Ge-
sù Cristo stesso sia designato in Apoc. 3. Uso di µap"tVpÉw
r,5 come ò µczp-tUc; ò mcr-r6c;, «testimo-
a) µap"tvpÉw come attestazione di fat-
ne fedele», e in 3,14 ò µtipi:uc; ò m<r-ròc;
ti da parte dell'uomo
xctt &.À.11i>w6c;, «testimone fedele e ve-
race». L'espressione si riallaccia al \fl µctpi:vpEt\J significa 'esercitare la fun-
88,38: Ò µap'tuc; ÈV OUpctV~ 1tLO''tÒç, «il zione di teste'. Anche nel N .T. indica
testimone che è nel cielo è fedele»; prima di tutto dichiarare o confermare
usata qui per Dio stesso, nell'Apocalis- un fatto qualsiasi in base a conoscenza
se è intesa del Messia. Il senso viene diretta, si tratti di determinate azioni
ulteriormente precisato in r,1-2. La 'ri- individuali o di avvenimenti di comune
velazione' è rivelazione di Gesù Cristo, esperienza (si noti che il significato di
che trasmette solo ciò che gli è stato 'deporre in giudizio' qui non si presen-
commesso da Dio; perciò è chiamata ta). Cfr. Mt.23,31 a proposito dei fari-
µctpi:uploc 'I11<roD Xpt<ri:ou, «testimo- sei, circa il culto reso alle tombe dei
nianza di Gesù Cristo» (I ,2 ), che se ne profeti: µctp"tUpEt'tE Éau-.oi:c; oi:t ulol
assume il compito con piena attendibi- ÉCT"tE 'tWV cpoVEUO'aV'tWV -.oùc; itpocp1}-
lità. Questo si mette in rilievo nel salu- "tac;, <{testimoniate contro voi stessi che
to introduttivo (I ,5 ), si ripete all'ini- siete figli di coloro che uccisero i pro-
zio dell'ultimo messaggio (3,15) per in- feti». Rom.10,2 (riguardo ai Giudei):
culcare tutta la serietà deU'ammonimen- µap"tUPW... mhoi:c; O"tL sflÀ.ov i>EoD E-
1335 (IV,500) µ6.p't"Uç X't'À. E 3 (H. Strathmann)

xovcnv, <(rendo loro testimonianza che gione, da fariseo». Io.2,25: Gesù non
hanno zelo per Dio». Gal-4,15: µapi:u- aveva bisogno i'.va -ctç µa.p-cvpiJcru 1tEpt
pw ... ùµXv, éht El ouvai:òv i;ov<; Ò<pi>et.À.- 'tOU à:vt7pclmou· O:.U'tÒ<; yàp ÈylvWCTXEV
µoùç ÙµWV e!;opu!;aV'l:E<; ÈOWXa't'É µoL, 'tl -Y)v È\I 'téf) &.v~pW1t({.l, «che altri gli
«vi rendo testimonianza che; se fosse rendesse testimonianza sull'uomo, sapen-
stato possibile, vi sareste cavati gli oc- do egli bene che cosa vi fosse nell'uo-
chi per potermeli dare». Col-4,13 (di mm>. Jo.3,28 (il Battista): a.ò-cot ù~i:c;
Epafra): µa.pi;upw ... rx.tm{'.> lht tXEL 7tO- µ.o" µa.pi;upei:-i:E o't't d'lto\I· oùx Elµt eyw
Mv 7tÒvov urtÈp ùµwv, «gli rendo testi- 6 xptcr-r6c;, «voi stessi mi potete testi-
monianza che si prende gran pena per moniare che ho detto: 'Non sono io il
voi». 2 Cor.8,3 (a proposito delle col- Cristo'». fo.18,23: la guardia del som-
lette raccolte in Macedonia): yvwplso- mo sacerdote è invitata a dichiarare (at-
µev ... O't'L Xa"tÒ:. ouvaµtv, µapi;vpw, x«.t testare) che male (xax6v) c'è nelle pa-
7tapà ouvaµLV ... ~OWXaV, «Vogliamo role di Gesù. fo.19,35: 6 ~wpaxwç µE-
farvi sapere... che hanno dato quanto p.ap-cupi)xEv, «chi ha veduto, lo ha at-
potevano, devo testimoniarlo, e anche testato» (il colpo di lancia nel fianco
più di quanto potevano». I Cor.15,15: di Gesù}. Si veda inoltre lo-4 39; 12,1

E:µapi;upTjcraµEV xa-rà -teli ~Eoù O't'L 11- 17. Circa il futuro: Io. 13, 21 (annun-
YELPEV 't'ÒV Xp1.cri;6v, «avremmo attesta- cio del tradimento di Giuda) e Apoc.
to, in contrasto con (ciò che fece) Dio, 22 ,1 8 (minaccia di castighi contro chi
che egli ha risuscitato il Cristo» (nel intenda manomettere il testo della pro-
caso che avessero ragione coloro che af- fezia). Riguardo a un fatto di comune
fermano che non c'è risurrezione e che esperienza, Io.4,44: 'l'l')crouc; ȵap't'upri-
perciò anche Cristo non è risorto). Act. CTEv O'tt 7tpOq>lJ't'YJ<; Èv -cfl lOl~ mx.'t'plot
22,5 : Wç O fipXLEpEÙç µap·tupEL µOL xat ,;1,µiJv oùx EXEt, «Gesù aveva attestato
Ttiiv i;ò 7tpEcrSu-cÉptov, «come può testi- che un profeta nella propria patria non
moniare anche il sommo sacerdote e raccoglie onori».
tutto il collegio degli anziani» (cioè che •
Paolo ha perseguitato il cristianesimo). b) µa.p•vpÉw come attestazione di
Act.26,5: i Giudei Ttpoywwcrxov't'Éc; buona reputazione
µs &vw~ev, Èàv i>ÉÀ.wcrt µrx.p•upEi:v, o-et Occorre qui riportare anche tutt1 1
xa-cà. "tlJV &.xpt~ECT'tch'l')v ai'.pECTLV 't'fjç passi nei quali µap-cvpEL\I è usato as-
f̵Ei;Épa.c; itp11crxdaç ES11cra <l>ap1.0'a.i:oc;, solutamente nel senso di 'rendere una
«conoscono da gran tempo, se pure vo- buona testimonianza', sia all'attivo, col
gliono testimoniarlo, che io vissi secon- dativo della persona a cui la testimo-
do la più rigida setta della nostra reli- nianza è resa (ad es. Lc.4,22; cfr. anche
µap'tuc; X"t"f... E 3 (H. Strathmann)

Act.13,22 62 e flebr.II,4), sia al passi- 'l')µLV xoct "tÒ 1t'VEUµa. "t"Ò &yLo'V, «ce lo
vo, nel senso di avere, riscuotere buona attesta anche lo Spirito Santo» (con ri-
testimonianza (come per i sette incari- ferimento a Jer.3I,33); Rom.3,21: µa.p-
cati dei poveri, in Act.6,3; di Cornelio, -.upovµlvn Ù7tÒ 'tau v6µov xa.t 't"W'V 7tpo-
in Act.ro,22; di Timoteo, in Act.16,2; cp'l')-rwv, «attestata dalla legge e dai
di Anania, in Act.22,12), con l'aggiun- profeti» (scil. la giustizia di Dio mani-
ta di una motivazione speciale a propo- festata «Senza la legge»); Act. 10,43:
sito della vedova che dev'essere È.V Ep· -.ou-.cp 7taV"tE<; ot rcpoc:pf}-.a.i µa.p-rvpou-
yo1c; xa.À.oi.:c; µo-.p-.upouµÉ\11'), «avere te- ow, ac:pEO'L'V àµap-rLW\I À.a~E~\I OLà. "tOU
stimonianza di opere buone (I Tim.5, 6v6µa.-.oc; a:Ù'tOU 1CU'V"ta "tÒV 7tLCf'tEUOV-
ro; cfr. anche 3 Io.3.6.u). Qui si vie- 't(l. dc; a.u-r6v, «di lui testificano tutti i
ne sempre a dire che per conoscenza di- profeti, che chiunque in lui crede rice-
retta è accertata la figura o la condotta ve per il suo nome il perdono dei pec-
lodevole della persona in questione, e cati». Invece in Act.14,3 (7tappl)crLoc~6-
che chi pronuncia il giudizio garantisce µE\IOL h;t -.0 xuplcp -r@ µa.p·rnpoUV'tL
in certo senso per lei. "t0 Mrcp -.fjc; x&.pi..oc; a.ù,ou, oil:ìov't"i
cr11µEia xat 't'Épa-.a. ylvEcri}ai... , «con-
e) Il 'testimoniare' di Dio, dello Spi-
fidando nel Signore che suggellava [te-
rito, della Scrittura
stimoniava] il messaggio della sua gra-
Un gruppo a parte costituiscono i
zia concedendo che avvenissero segni e
passi nei quali Dio o lo Spirito o la
prodigi») si intende dire che la predi-
Scrittura sono il soggetto di tali giudi-
cazione apostolica viene sostenuta da
zi (Act.13,22; 15,8; Hebr.u,2.4.5.39) parte di Dio con la testimonianza dei
o si fanno garanti della giustezza di de-
miracoli, che confermano la verità del
terminate affermazioni. Perciò il voca- messaggio evangelico (cfr. H ebr. 2 ,4 ).
bolo equivale spesso a 'dichiarare e-
spressamente sull'autorità in parola'. Si d) La testimonianza l'eligiosa
veda Hebr. 7 ,8: µap't'upouµEvoç éh1 sii, Gli ultimi tre passi citati differiscono
«che vive» (a proposito di Melchise- dai precedenti, perché µap"t"VPE~\I ri-
dech); H ebr. 7,17: µap-rupEL'tctL... O'tL guarda il contenuto essenziale dell'evan-
uù tEpEùc; dc; ,òv alwva. xa.'t'èl. -riiv -rci- gelo in sé. Dal punto di vista della fe-
f;w MEÀ.)(LCTÉOEX, «di lui si attesta ... : de, questo contenuto è certamente una
tu sei sacerdote in eterno, a guisa di realtà, un 'fatto'. Dio l'ha realizzato.
Melchisedech» (detto di Cristo, secon- Ma è un fatto di ordine superiore: si
do il.i 109,4); Hebr.ro,15: µ.a.p-rupE~ ÒÈ tratta della rivelazione, la quale non

62 A proposito di Dio e David: iJ> iu.d Er"ltEV O"a:ç; dr. WENDT, Ag., ad l.
µo:p-.uplj<Ta:ç, dove <Ii andrà unito a µo:p·rnpiJ-
r339 (IV,502} µcip'tuc; K'tÀ. E 3 (H. Strathmann}

può essere constatata e testimoniata co- e) Uso particolare di µa:p-.upet:v ne-


me gli avvenimenti della vita terrena. gli scritti giovannei
Quando l'attestazione riguarda un da- Quest'ultima accezione prelude all'u-
to di tal genere, la testimonianza ha so linguistico di Giovanni nel Vangelo
per oggetto una verità rivelata e credu- e nella prima Lettera; solo che µa:p-.u-
ta. Dalla testimonianza di fatti secon- pEi:v sembra aver di mira unicamente la
do l'accezione comune si passa, cioè, a figura di Gesù, nella sua persona e nel
una professione di fede a scopo missio- suo mistero 64 • A dir vero il termine si
nario 63 • Ma là dove tale professione e trova pure alcune volte in un significa-
tiile scopo costituiscono il centro di tut- to non specifico (cfr. 2,25; 3,28; 4,39.
ta la vita e la proclamazione di tale ve- 44; 12,17; r3,21; 18,23), ma l'uso gio-
rità è considerata come il compito pri- vanneo acquista la sua sfumatura parti-
mario, il vocabolo diventa - si potreb- colare proprio nei numerosi passi nei
be quasi dire, inevitabilmente - espres- quali si tratta di una testimonianza ri-
sione tecnica di questa attività. Ecco il guardante Gesù. E l'oggetto proprio
carattere che µap-.uptL\I assume in Act. non è la storicità della sua esistenza,
23,n, quando Paolo nella visione not- benché essa sia presupposta e persino
turna si sente comandare: wc;••. OLEµap- messa in rilievo (r Io.1,2; 4,14; Io.15,
'tUpW 'tÒ: 'ltEpL Eµou Etc; '1Epovcra.À:1iµ, 27; 21,24; anche 3,n, in quanto il col-
ou"t"w crE OEL xa.t Etc; 'Pwµ'l']v µap"t"vpfi- loquio di Gesù con Nicodemo in realtà
cr<1.L, «come hai reso testimonianza in- finisce per dar luogo a una predicazione
torno a me in Gerusalemme, cosl è ne- dell'evangelista stesso); né la testimo·
cessario che tu mi renda testimonianza nianza riguarda singoli episodi della sua
anche a Roma». Sono le forze concrete storia, per quanto importanti essi siano,
dell'evoluzione storica quelle che fog- come la nascita, la morte, la risurre-
giano la lingua. zione (eccezion fatta solo di 19,35);
ma concerne unicamente l'essenza e il

63 In questo scopo di propaganda missionaria non si attestano. Si può però testimoniare una
consiste la dillerenza rispetto a òµo).oyELV. professione di fede (.r Tim. 6, 13). Il compito
Ogni µcwtuPEt'\I è senza dubbio un Ò[J.OÀoyEi:v, del testimone nel senso cristiano primitivo è
ma non viceversa. In µap-cupEi:v c'è l'idea che di far riconoscere da altri un certo fatto o ve-
si devono guadagnare degli adepti; in òµoÀo- rità. In òµoÀoyei:v si tratta invece di assumere
yEi:v l'importante è la dichiarazione intrepida personalmente la responsabilità di qualcosa
di ciò che l'uomo ha dentro di sé, e non la che si pensa, si crede o si è fatto, davanti al
sua azione sull'ambiente. Il contrario di òµo- giudice (Act.24,r4), agli uomini (Rom.ro,9 s.},
À.c:yE~Y è àpv1ii:oi}a.L, quello di µt1..p'tU pEt\J è ai persecutori (Mt. ro, 32), alla comunità (r
fawxEw. I farisei «professano di credere» agli Tim.6,12).
angeli e alla risurrezione (Act. 23,8}, ma non 04 Per quanto segue cfr. VON CAMPENHAUSEN
lo testimoniano. I peccati si confessano, ma 33 ss., con l'annessa bibliografia.
µup·rnc; x-rÀ. E 3 (H. Strathmann)

valore della persona del Cristo. Di qui (14,6) e «testimoniare per la verità» (5,
µocpi:upEL\I 'itEpÌ cx.ù-.ov, «testimonia- 3 3; l 8 i3 7) è quindi la stessa cosa che
re di lui» (r,15); nei discorsi di Gesù, rendere testimonianza «a lui» (3, 26),
'ltept ȵov o 7tEpt ȵa.u ...ou, «su di me» oppure «SU di lui» (5,32); ciò infatti
o «SU me stesso» (5,31-39; 8,r3-r8; 10, significa sempre annunziarlo come il
25; 15,26; ma 3,26: W CTÙ µeµa.pi:up'l"}· uw-.i]p -.ou xòcrµou, «salvatore del mon-
xm;, «al quale tu hai reso testimonian- do», inviato da Dio (4,42). Lo hanno
za» (parlandosi del Battista). L'oggetto fatto e lo fanno le Scritture (5,39), il
di questa testimonianza è O'°'L ov-.oc; ÈCi- Battista ( r, 7 s. r5. 32. 34; 3,26; 5,33),
"rW ò utòc; -.ov i)eou, «che questi è il Fi- Dio stesso (5,32.37; 8,r8), le opere che
glio di Dio» (1,34), perciò anche la sua il Padre gli dà da compiere (5,36; 10,
eternità (1,15); oppure OTt ò 7tCX.'t1}p i.u. 25), Gesù in persona, poiché egli, nella
a7tÉCi't"OCÀXEV' «Che il Padre mi ha man- sua missione divina, costituisce nel IV
dato» (5 ,36); oppure O'tL o 7tOC"r'lÌP a1tÈ· Vangelo l'unico oggetto dei suoi discor-
Ci'ta.À.xev -ròv utòv c;wi:ljpa. -.ou x6c;µou, si (5,31; 8,13 s. 18). E il contrario dita·
«che il Padre ha mandato il Figlio qua- le autotestimonianza si ha là dove egli
le salvatore del mondo» (I loA, 14); testimonia al mondo, da cui è odiato, che
oppure OTL swliv aLW\ILO\I EOWXE\I ò le opere di esso sono malvagie ( 7, 7 ).
i)eòc; 1Jµi:v xat a.ih1') 1i sw'Ì') È\J i:é;> uté;> Quando Gesù non vivrà più sulla terra,
rx.u'tou ÈO"'t"tV, «che Dio ci ha dato la vi- sarà lo Spirito a continuare questa te-
ta eterna, e questa vita è nel Figlio suo» stimonianza: esso che è lo Spirito di ve-
(r Io. 5, ro s.). Se nel prologo (1, 7 s.) rità o semplicemente la 'verità' (15,26;
si afferma energicamente che il Battista I Io.5,6), e nel battesimo e nell'eucari-
non era lui la luce, ma soltanto era ve- stia in particolare dà la sua testimonian-
nuto tva µa:p-.up1Jcrn 'ltEpt 'tou <pw'toc;, za al Figlio di Dio quale largitore di
«per rendere testimonianza alla luce», vita eterna (I Io.5,5 -n). Nei sacramenti
il contenuto di tale testimonianza con- infatti i fedeli lo esperimentano conti-
siste in ciò: questa luce era il Logos nuamente come tale. Infine la testimo-
fattosi carne in Gesù: luce del mondo, nianza è resa anche dai discepoli (15,
quale Gesù stesso 'testimonia' di esse· 27; r Io-4,!4), ed è una professione di
re, in 8,I2; luce che significa (la luce fede: µ11p'tUPE~V e òµoÀ.oyEi:v si fondo-
della) vita per coloro che «credono per no (I Io.4,14 s.).
mezzo suo» ( 1 ,7) oppure che «lo seguo-
no» (8,12). In quanto egli è il Verbo fat- Poiché in I Io.5,7 si parla dei 'tre'
tosi carne, disceso dal cielo, quando par- che al presente rendono testimonianza
(µap-.upou\l'te<;), per acqua e sangue (v.
la di Dio attesta ciò che ha visto e udito 8) non si dovrà intendere solo, come
(3,32; cfr. anche 3,n). Egli è la verità nel v. 6, il battesimo e la morte di Ge-
µ<ip-;;vç X"t'À.. E 3 (H. Strathrnann) (IV,504) 1344

sù (su quest'ultima è posto particolar- può far a meno di testimoniare. Di que-


mente l'accento in senso antignostico), sta gloria nulla vede colui che è testi-
ma i sacramenti praticati nella comuni-
tà. Si tratta, in fondo, dell'unica testi- mone oculare in senso puramente sto-
monianza dello Spirito che tende certo rico. Essa si rivela solo a chi crede (I
nell'intimo il credente. Soltanto una re- Io.5,9 s.), ma non solo a chi crede fra
miniscenza del principio giuridico di
i testimoni oculari in senso storico, ben-
Deut. 17,6; 19,15 (cfr. Mt. 18,16; cfr.
anche Io. 8,17) può avet motivato la sl a ogni credente, poiché ò 'lttO'"'t'EVWV
menzione di tre testimoni al v. 8. Che, Elç -i:òv vtòv -rou iJeou EXE.L -rl)v µap-rv·
secondo questa interpretazione, sangue piav Èv au"t"@, «chi crede nel Figlio di
e acqua cambino tacitamente di signifi-
cato senza che lo si dica espressamente, Dio, ha la testimonianza in se stesso»
è ben consono alla predilezione giovan- (I Io.5,10). Possono quindi costituirsi
nea per le espressioni riccamente allusi- sempre nuovi testimoni, persone cioè
ve e plurivalenti. Non è impossibile che
si abbia, inoltre, un riferimento all'epi- che professano e si fanno banditori ad
sodio di Io. 19,34 s., e che già qui si altri di ciò che Gesù fu e del suo signi-
pensi ai due sacramenti. Infatti l'insi- ficato salvifico. Con questa netta e chia-
stenza nel 'testimoniare' la verità della
asserzione mostra che l'avvenimento era ra struttura del concetto di testimone
per l'evangelista di importanza decisiva. in senso religioso, che viene cosl eman-
E è difficile, per il passo di cui trattia- cipato da quello di testimone in senso
mo, trovare altra spiegazione soddisfa-
storico, ci ritroviamo sulla linea che già
cente al di fuori di tale riferimento.
avevamo riscontrato più sopra, a pro-
Naturalmente l'autore del quarto posito di µcip"t"uc;. in Act.22,20 (attri-
Vangelo e della prima Lettera vuol es- buto di Stefano) e in Apoc.2,13; II,3;
sere considerato anche come testimone uso che riserva il verbo a testimoni reli-
in senso storico, come testimone ocula- giosi che in quanto tali abbiano subito
re del Gesù storico; tuttavia per il suo il martirio.
concetto di testimone ciò è importante Anche nell'Apocalisse non vi è trac-
non nel senso inteso da Luca, cioè co- cia di questo concetto. µap·tupE~V vi
me mezzo per comprovare la storicità compare quattro volte, e sempre riguar-
di particolari avvenimenti, ma in un do al contenuto del libro, in quanto es-
senso molto più profondo: in quanto so è 'testimoniato', a coloro che ne ri-
cioè al testimone oculare è data la pos- cevono il messaggio, da Gesù stesso ( 22,
sibilità di ricevere un'impressione im- 20) o dall'autore (1,2; 22,16); eccet·
mediata della oo~a., 'gloria', di Gesù wc;. tuato 22 1 18 dove lo scrittore «a chiun·
µovoyE.voiJc;. mx.pà 1tCt't'pòc; 7tÀ.TJp1)c; xci- que ascolta le parole profetiche di que-
pt'toc; xrx.L &.À.11itElac;, «in quanto Unige- sto libro» 'attesta' invece un'energica
nito dal Padre, pieno di grazia e di ve- minaccia, allo scopo di salvaguardare
rità»; impressione che egli ormai non l'opera stessa.
1345 (IV,504) µtx.p-tui; x-rA.. e 4 (11. ::>trathmann)

f) I Tim.6,13 non calcolando pel'Ò gli scrrtt1 giovan-


Forse l'uso linguistico posteriore s1 nei, dove ricorre 30 volte. Di questi
intravvede piuttosto nell'unico passo sette casi, sei hanno un valore religio-
che ancora ci resta da prendere in esa- samente neutro. Quattrn volte µap·tv-
me: in I Tim.6,13 Timoteo è esortato pla. indica la testimonianza giudiziaria,
Ev<.:.rn:LOV •.. XpLO"'tOV 'ITJO'ou "tou µa.p,.u- e precisamente la testimonianza a cari-
p~ua.v...oç EitL IIov"tlou IILÀ.a:tou "t1)v co al processo di Gesù (Mc.14,55.56.
xa.À.Tjv òµoÀ.oyla.v, «al cospetto di Ge- 59; Lc.22,71), cfr. col. 1313. Una vol-
sù Cristo, che davanti a Ponzio Pilato ta significa la buona reputazione: in
depose la sua bella professione». «La 1 Tim.3,7 si dice che l'episcopo deve

bella professione» - formula che pare µa.p"t"uplav xaÀ.1)v E)(ELV a1t'Ò 't'WV
essere scelta per istituire un parallelo e!;wi)'Ev, «riscuotete buona testimonian-
con la professione di fede, forse batte- za presso quei di fuori» (cfr. ~ col.
simale, di Timoteo, indicata preceden- 1336). Una volta, infine, in Tit.1,13, si
temente con le stesse parole - allude al- riferisce a una citazione poetica; dopo
la dichiarazione da parte di Gesù di es- aver riportato infatti un verso di Epi-
sere il Messia inviato da Dio: dichiara- menide sul basso livello morale dei Cre-
zione da lui fatta in modo esplicito o tesi, si aggiunge: 1i µa.p-cupla aihr1 È-
attraverso l'azione, col subire pazien- O""ttv à.À:riihiç, «questa testimonianza è
temente la morte in quanto Messia, o verace» (-?coll.1284 s.). Il vocabolo ha
nell'una e nell'altra forma insieme con- un valore specificamente teligioso e cri-
giunte. Ma è sintomatico che per que- stiano solo in Act.22,18: Paolo, mentre
sta testimonianza resa attraverso la pas- prega nel tempio, vede in una EXO''t'CXO"L<;
sione sia usato il verbo µa.p·tvpEi:v (in- il Cristo celeste che gli ordina di lascia-
vece che oµoÀ.OYELV, come nel V. 12 per re subito Gerusalemme, 8Lé"t'~ où 1ta.pa.-
la professione di fede di Timoteo); sia- oé!;ov"t'al crou µap"t'upla.v 1u:pt ~µov,
mo cosl ricondotti a ciò che dicevamo «poiché non accoglieranno la tua testi-
alla fine di -7 a), a proposito di µcip- monianza su di me» col. I 32 5 ). Qui
'tU<; 65. µap-.vpia. è la testimonianza per la dif-
fusione della fede, e Cristo ne è l'og-
4. Uso di µa.p"tupla. getto.

a) µap'tupla. al di fuori degli scritti b) µa.p'tupla negli scritti giovannei


giovannei Tanto più, quindi, sorprende che lo
µa.p-rupla. figura nel N. T. 7 volte, specifico senso religioso e cristiano pre-

65 Cfr. VON CAMPENHAUSEN 50 s., e la relativa bibliografia; spccialm. DrnELIUS, Past.55.


1347 (IV,505) µéwrvç x<t;\.. E 4 (H. Strathmann)

valga invece di gran lunga nell'uso gio- il termine ha senso passivo, indica cioè
vanneo. Le poche eccezioni sono in Io . la testimonianza resa (nomen rei actae ):
8,17 (dove µcwtVpla. ha il senso di de- e precisamente dal Battista (1,19); da
posizione testimoniale da parte di un Gesù stesso (3, l r. 32. 33; 8,13 s., che
uomo, e si riallaccia a Deut.17,6; 19, non è in contraddizione con 5 ,31, poi-
15), in 3 Io.12, (dove significa la testi- ché ciò che qui si rifiuta è soltanto una
monianza di buona reputazione cristia- testimonianza arbitraria); da Dio, attra-
na resa a Demetrio). Nel primo µa.p- verso le opere che concede a Gesù di
-;;upla. di I Io. 5,9 (el ·dr11 µap-.uplav compiere (5,32.36); dall'evangelista, il
-.wv ò:vl}pd.mwv Àa.µBri.voµev, ({Se ac· cui scritto è chiamato una µap-rupla
cettiamo la testimonianza degli uomi- (21,24) non solo né principalmente nel
ni») la reminiscenza dei passi del Deu- senso della testimonianza storica este-
teronomio citati sopra, che è senza dub- riore, ma per il fatto che vi viene testi-
bio in giuoco per la deposizione· dei tre moniato ciò che di Gesù ha percepito
testimoni al v. 8, potrebbe connettersi la fede. Anche in 19,35, a proposito
alla seconda accezione del vocabolo che del colpo di lancia nel fianco di Gesù
abbiamo incontrato: testimonianza che donde sgorga sangue e acqua, si com-
gli uomini si danno l'un l'altro. menta con solenne vigore: ò È.wpaxwc;
In tutti gli altri 27 passi invece pre- µEµap't'Vpi)XE\I, xal CÌ.À1)ilwi) rl.V't'OV è:
domina il significato di testimonianza O'"t'tV 1i µa:p•vpla., «chi ha veduto ha at-
su Gesù Cristo e sul suo mistero salvi- testato e la sua testimonianza è vera-
fico, resa al fine di propagare la fede, e ce». Qui pure non si tratta della testi-
corrisponde all'uso che Giovanni fa di monianza storica di un avvenimento
~ µap"t'UpE~V. In conformità al signifi- singolare, ma dell'attestazione di un
cato fondamentale, che si ricava dalle fatto nel quale vien mostrato il valore
regole sulla formazione delle parole (~ salvifico della morte di Gesù e che è
A), µa.p"t'upla figura due volte in senso testificato da uno che crede «affinché
attivo, cioè come l'atto del deporre una anche voi crediate».
testimonianza (nomen actionis ), e pre- In I Io.5,9-n si parla di una testi-
cisamente in Jo.1,7 (dove si dice che il monianza di Dio sul Figlio, il cui con-
Battista 1)).,l}Ev d~ µap-rupla.v, i:wi. µap- tenuto è questo: o"'t't l;wi)v atwvto\I ~­
"t'upl}a"'fl, «venne a scopo di testimonian- OWXEV ò l}eòc; 1)µ~v xaL a~h11 1i <;w'l') È.V
za per attestare») e in Apoc.11,7 (a -r<{J vlQ a.v"t'OU È.tJ''tW, «che Iddio ci do-
proposito dei due testimoni profetici : nò la vita eterna e questa vita è nel
o-.av 'tt.ÀÉcrwtJ'~v -;;i}v µapTuplav aò- Figlio suo». Dal contesto si arguisce che
i:wv, «quando avranno ultimato la loro la testimonianza di Dio è identica alla
testimonianza»). Negli altri casi invece testimonianza dello Spirito, di cui si è
µap"t"uc:; xù. E 4 (H. Strathmann) (rv,506) 1350

fatta parola ai vv. 6 s. La frase un po' forica indicante la rivelazione cristiana


singolare del v. 1oa: ò m<T't'EUWV dç in generale» 68 • Parola di Dio e testimo-
't'Òv utòv "t'Ov l>eov EXEL 't''Ì)V µap't'upla.v nianza di Gesù sono qui indissolubilmen-
Év r1.Ùi:@, «colui che crede nel Figlio di te congiunte.
Dio ha la testimonianza in se stesso», In 1,2 la formula serve a specificare
mostra che la testimonianza dello Spiri- l'argomento della stessa Apocalisse da
to è intesa come testimonium spiritus Dio commessa a Gesù Cristo, il quale
sancti internum, in virtù del quale l'uo- l'ha poi manifestata come sua 'testimo·
mo acquista certezza circa il contenuto nianza' a Giovanni. In tal senso si do·
della µcwtupla. divina. vrebbe intendere anche il difficile pas-
L'espressione «avere la testimonian- so di 19, 10< 69 • Qui l'angelo della rive-
za» ci introduce nell'Apocalisse, dove lazione, quando il veggente fa l'atto di
ricorre più volte (Apoc.6,9; 12,r7; 19, inginocchiarglisi davanti, se ne scher-
ro ). Ma ciò che caratterizza l'uso lin- misce dicendo di non essere altro che
guistico dell'Apocalisse è soprattutto l'e- un servo alla pari di lui e dei suoi fra-
spressione 1] µr1.p-tupla 'h1rrov, o 'l'f)O"ov telli che hanno la µc:wtUpla.. '11)a-ou. Se-
XpLO''t'ou, una specificazione che ricorre gue poi (non importa se detto dall'an-
sei volte su nove (1,2.9; 12,17; 19,10 gelo o dallo scrittore): Ti yà.p µr1.p'tU-
[due volte]; 20,4) e s'intravede anche pla. 'I'l')<TOU ÈO"'t'LV 'tÒ 1tVEUµr1. -.ijç 1tpo-
in 6,9 66 • Il genitivo è soggettivo 67 • So- C(.l'l')'t'ELr1.ç, «la testimonianza di Gesù è
lo due volte si parla di testimonianza da lo spirito della profezia» (v. rnc). Dal
parte di un uomo (n,7; 12,u). Ripe- passo parallelo di 22 , 9 si deduce che i
tutamente poi, accanto e strettamente frateIIi di cui si parla qui non sono i
connessi con µap't'upla 'Ino-ov, figurano credenti in genere, ma i profeti. Anche
À.oyoç 't'ou i>Eou, «parola di Dio» ( 1,2.9; nel nostro passo essi sono caratterizzati
6,9; 20, 4), o Év-.oÀ.at 't'OU ih:ou, «co- in tal senso e appunto questa identifi-
mandamenti di Dio» (12,17), tanto con- cazione è lo scopo del v. roc 69• Aven-
nessi, da costituire addirittura un' en- do la p.a.p'tupla.. 'l'l)crov, hanno anche lo
diadi. Cosl accostate, non si deve cre- spirito della profezia, cioè sono profeti
dere che un'espressione alluda all'A.T. e come tali fìgurano insieme all'autore
e l'altra al messaggio cristiano. Si trat- dell'Apocalisse che è egli stesso un pro-
ta piuttosto di una «espressione plero- feta, alla pari dell'angelo, lui pure sem-

66 Per Apoc.6,9 cfr. LOHMEYER, BouSSET, A- difficoltà consiste specialmente nel fatto che gli
pok., J. BEHM, N. T. Deutsch llI ( r935) ad/. interpreti più antichi eliminano il v. ro< come
67 Cfr. ZAHN, Apk.19,ID n . 13. glossa secondaria: «Tutta la frase dà l'impres-
sione cli essere una glossa male inserita» (Bous-
f.ll BousSET, Apok.183 a r,2.
SET, Apok.429).
69 Cfr. prima di tutto ZAHN, Apk., ad I. La
µ6.p-ruç X'tÀ. E 4 (H. Strathmann)

plicemente al servizio della µap-rvpirt. testimonianza che i martiri sono scan-


'l'Y)O"OU (cfr. I,I), e quindi loro O'U\IOOV- nati (6, 9) o decapitati (20, 4); secon-
Àoc;, 'conservo'. I profeti infatti, in do x2,7 il dragone muove la sua guerra
quanto trasmettitori di ciò che Dio vuol contro coloro che 'hanno' questa 'testi-
far sapere, sono suoi ùouÀ.oL, 'servi', in monianza'. Si potrebbe pensare che la
senso speciale (cfr. r,r; xo,7; n,18; formula EXEtV 'tTJ\I µa:p•vplav, quale si
22,3; certamente anche 19,2; forse an- trova in 6,9, indichi i semplici cristia-
che 2 ,20 ). Ma allora per µap1:uplrt. 'l'Y)- ni. Ma non sembra cosl. Nel passo infatti
O"oii si intende quella testimonianza di chiedono vendetta le anime di coloro che
Gesù che essi 'hanno' non in quanto sono stati trucidati otà 'tÒ\I Àéyov -.oli
cristiani, ma in quanto profeti del Cri- itEoii xaì. ÙLà 1:'Ì]\I µa.p'tuplrlv (scii. 'Iri-
sto. E non l'hanno come qualcosa che O'Ou ), «per la parola di Dio e la testi-
si possiede e basta, ma quale compito, monianza di Gesù»). Ma essi vengono
cioè per propagarla, così come Giovan- esortati a star quieti fino a che «sia
ni stesso 'testimonia' la testimonianza completo il numero dei loro compa-
di Gesù: a tale scopo sono profeti. Ec- gni di servizio e dei loro fratelli, che
co ciò che viene indicato con la frase devono pure essere uccisi». Si fa una
t:xm1 -r'Ì]\I µa:p-.vpla.v; si tratta di un distinzione fra con -servi e fratelli: i
dovere particolare che incombe ad essi. fratelli sembrano essere i semplici cri-
Qui però non si fa parola di martirio. stiani; i con -servi sono allora servi in
Negli altri passi invece µa:p·rnpla 'l'Y)- modo speciale, proprio come quelli che
crou concerne non una rivelazione par- gridavano vendetta. Hanno cioè un com-
ticolare affidata a un profeta, ma la ri- pito particolare: quello, è chiaro, di
velazione cristiana in generea1e. Ciò va- proclamare la µap1:uplrt. 'l'Y)crou. Ritor-
le innanzi tutto per r, 9. Il passo in- niamo cosl al significato della frase ~XEW
fatti si può intendere solo di una de- 't'Ì)\I µap-rvplav sostenuto più sopra. U-
portazione di Giovanni a Patmos, avve- guale appare il problema per 20,4, do-
nuta «a causa della parola di Dio e del- ve i decapitati a causa della testimonian-
la testimonianza di Gesù», cioè per im- za di Gesù e della parola di Dio si tro-
pedire una sua più larga diffusione 70• vano accanto a coloro che non adora-
Anche in 12,7 e 20,4 l'espressione ha rono la bestia né la sua effigie e non ne
Io stesso senso, e pure in 6,9, sebbe- ricevettero il marchio sulla fronte e sul-
ne qui manchi il genitivo 'Iricrou [XpL- la mano. Soltanto in 12,17 l'espressio-
0'1:ov]. È proprio a motivo di questa ne ltxm1 -.Tiv µap'tvplav 'l'I)crou sembra

10 Cosl E. LoHMEYER, W. HADORN (x928), J. cii. 42 s.


BEHM, ad l.; anche VON CAMPl!NHAUSEN, op.
13.:13 (lV,507) µcip-cv<; x-.>.. E 4 (H. Strathmann) (rv,508) 1354

concernere i semplici cristiani. Infatti la come µti:p"tuç, sotto l'impressione del-


formula ol "t'r)po\hrn:ç "tà<; E\lnÀàç -.ov l'espel'ienza che allora viveva la chiesa,
ìkoiJ xat EXO\l"tE<; 'tlJ\I µa.p-çupla.\I Tr1- diventa il vocabolo tipico per quei casi
crou, «coloro che osservano i comanda- in cui la morte ha mostrato la serietà
menti di Dio e hanno la testimonianza estrema del testimone o della testimo-
di Gesù», è riunita sotto un unico arti- nianza, e così comincia, con una sfu-
colo e si riferisce a quanti rimangono matura nuova, a riferirsi al martirio. Il
del 'seme della donna'. processo si verifica anche per la locu-
Ora, se si considera ciò che dice il zione EXEW 'ti]'V µa.p-ruplct\I 'l'r)crou; es-
Vangelo di Giovanni circa la testimo- sa infatti è applicata sempre a coloro
nianza che Gesù rende a se stesso, si che hanno subito la morte o si trova-
può certamente capire come nell' Apo- no in una situazione di martirio. Anche
calisse alcune volte il messaggio cristia- in I I ,7, dove si parla della fine della
no di salvezza, in quanto tale, sia chia- µcxp"tupllX dei due profeti in Gerusa-
mato µap-rupla. 'I'r)crou, anche se affian- temme, la parola allude certamente alla
cato a Àoyoç o È\l"toÀat -.ou ikov. L'e- testimonianza verbale, ma è usata per
spressione tuttavia, cosl intesa, rimane persone che ha~no suggellato tale te-
strana. Poiché essa viene in tal modo stimoni:mza con la morte. In 12,II l'o-
isolata dalle altre consimili con cui com- rientamento del vocabolo al martirio è
pare (testimonianza di Dio, testimo- ancora più evidente. Dopo la vittoria
nianza del Battista) ed è piegata a di- di Michele e dei suoi angeli sul drago-
venite una semplice indicazione forma- ne, risuona in cielo il canto del trion-
le dell'evangelo. La questione si riallac- fo: l'accusatore dei nostri fratelli è sta-
sia d'altronde al fatto che l'autore del- to rovesciato, «ed essi l'hanno vinto Stoc
l'Apocalisse riserva il termine ~ µ<ip- -.ò a.lµcx "tOU àp\ltou xat OLCÌ. "tÒv À.byo\!
'tuç per quei testimoni che hatlllo au- -rfjc; µ.cx.p"tuplac; (J.ÌJ-rwv, in virtù 71 del
tenticato la loro testimonianza con la sangue dell'agnello e della parola della
morte, e anche alla circostanza che Ge- loro testimonianza»72, cioè della parola
sù, come Antipa, proprio da questo che testimoniano - o piuttosto hanno
punto di vista riceve il titolo di 'testi- testimoniato - nel dar la vita. Anche
mone fedele'. Nella formula µap"tVpla. qui µcx.pi:upla non indica il valore di te-
'l'r)CTOU si sente un'allusione alla passio- stimonianza del sangue, ma la profes-
ne (cfr. r Tim. 6,13). Anche µctp"tupla, sione della fede resa a Gesù nella mis-

71 Per il significato di 8ti1 con l'ace. cfr. BL.- virtù della loro parola attestatrice»; ).6yoc; si-
DEBR. 6 § 222. gnifica la parola della rivelazione intesa obiet-
tivamente. Si tratta di ciò che obiettivamente
72 Cosl si deve tradurre, e non, ad es. ((in ha reso possibile la vittoria.
1355 (IV,508) µ6:p-cvç x-cÀ. E 5 (H. Strathmann)

sione. II termine è però usato per una suo contenuto particolare quanto al fat-
professione di fede che raggiunge il suo to che la testimonianza nella sua obbiet-
culmine nel sacrificio della vita. tiva esistenza - si tratti di un oggetto,
I risultati cui giunge la nostra ricerca di un avvenimento o di un'asserzione -
sui vocaboli µ6.p•vc;, µap-.vpEi:v, µap- viene adoperata come documento, come
-.vpla si completano e confermano a vi- prova. La cosa risulta evidente ogni-
cenda. Negli scritti giovannei, e parti- qualvolta nel N.T . si trova l'espressio.
colarmente nell'Apocalisse (ma anche in ne dc; µap""t"UpLoV, col dativo della per-
alcuni passi degli Atti), si avverte co- sona fatta oggetto di una testimonian-
me in nuce quel concetto di testimone za a carico. La locuzione ha tale valo-
nel senso di martire che ben presto si re già al suo primo apparire nell'A.T.
farà decisamente strada nella chiesa pri- (cfr. Gen. 3r,44; Deut. 31,26; Ios. 24,
mitiva 73 • 27) e lo conserva manifestamente nel
Nuovo, prima di tutto in Iac. 5 ,3: la
5. Uso di µap•upLOV 'ruggine' che copre l'oro e l'argento dei
ricchi El<; µap•VpLO\I vµ~v EO''t'ctL xa.L cp&.-
a) Presenza del vocabolo
_.àç crapxa.ç UjJ.WV Wc; '1tUp, «CO-
')'E"'tct~
Il termine è usato assai meno che stituirà una testimonianza contro di voi
µ6.p..uç, µap'tvpEi:v e µap•upla.. Negli
scritti giovannei manca completamen- e vi divorerà le carni come fuoco» . I ric-
te, se si prescinde da Apoc. 15,5 dove chi lasciano andar in rovina il loro te-
la formula 1) O"X'CJVTJ •ou µap-.vplov è soro, piuttosto che metterlo a servizio
mutuata dai LXX (e applicata al tem-
pio celeste), come avviene anche in Act. della carità. Così 1a 'ruggine' che si for-
7 A4· Degli altri diciotto passi, metà so- ma sull'oro diventa un atto d'accusa
no nei sinottici (Mc.I,44 par. Mt.8,4 e contro di essi nel giorno del giudizio14•
Lc.5,14; Mc.6,II par. Lc.9,5; Mt.10,
Anche Mc.6,n dev'essere inteso nello
18 e 24,14 e i par. Mc.13,9 e Lc.21,r3;
in realtà si tratta solo di tre passi). stesso senso: dove i discepoli col loro
messaggio non trovano accoglienza, deb-
b) µa.p'tVpLov come 'prova a carico' bono abbandonare il luogo e scuotersi
Quanto all'uso e al significato, biso- dai piedi la polvere Elç µ.ap"t'ÙpLOV aù-
gna dire subito che µap-.upLOV, al con- niç, «in testimonianza contro di essi»
trario di µap'tupla, non_ significa l'azio- (nel par. Lc.9,5 è detto con maggiore e
ne del testimoniare, e che anche quan- più esatta chiarezza ma con lo stesso sen-
do si tratta di testimonianza in senso so: dç µap-çupLO\I É7t' a.Ù•oÙç). Con tale
stretto non bisogna tanto por mente al gesto i discepoli rompono ogni legame

H Cfr. ---7 DELEl-IAYE 79: «Il N.T. non ofire... finito per assumere nella lingua cristiana».
nessun esempio sicuro di µap·cuç, o derivati,
nel senso ristretto e preciso di martire, che ha 14 Cfr. HAUcK, ]k., DrnEuus, ]k., ad l.
µcip·wç x-tÀ.. E 5 (H. Strnthmann)

coi loro ascoltatori, e nel giorno del giu- «in testimonianza contro di loro» (Mar-
dizio ciò varrà come testimonianza a ca- co) o a.ù-.oic; xczt -.oi:c; EWEOW, «in te-
rico di questi per aver rifiutato cli credere. stimonianza contro essi e i gentili»
Anche l'ordine di Gesù al lebbroso gua- (Matteo). Con a.ù-.ol si intendono qui
rito, di presentarsi al sacerdote e di offrì- gli Israeliti, contrapposti ai pagani, rap-
re il sacrificio prescritto da Mosè EL<; µa.p- presentati da governatori e re. Dato il
-tvpto'V a.1h0Lç, «in testimonianza contro contesto, µcx.p-tupi.ov non può in nessun
di essi» (Mc.I.44 par.), trova una spiega- modo essere inteso come la testimo-
zione di tal genere75 alla luce di Mt. I I , nianza missionaria consistente nell'an-
20-24. Infatti l'eventuale constatazione nunzio del vangelo, che offre la possi-
del sacerdote che la guarigione è real- bilità di convertirsi, ma ha l'unico sco-
mente avvenuta, costituirà una grave te- po di mostrare la colpa degli opposito-
stimonianza a carico, per l'incredulità ri 76 • Anche Mt .24,14 («questa buona
nella quale il popolo ( a.Ù-toLc;!) tuttavia no~ella del regno dev'essere predicata
insiste. La formula ha il medesimo valo- in tutto il mondo» d.; µap-.upt.ov mi-
re in Mc.13,9 e nel par. Mt.10,18, co- ow -.oi:c; EWECJ"LV») alla luce del v. 9 (ìtcrE-
me anche in 24,14, mentre Lc.21,13 sta a-t}E µtCTOUµE'VOL U'JtÒ 11:6.V't"W'V 'tW'V ÈWW'V
a sé. In Mc. 13,9 e Mt. rn,18 si fa ba- otri 't'Ò ovoµ<i µov, «sarete odiati da tut-
lenare ai discepoli la prospettiva che te le genti a causa del mio nome») va
per cagione di Gesù saranno tradotti interpretato come detto di una testimo-
davanti ai tribunali giudaici, flagellati nianza che condanna, e non dell'offerta
nelle sinagoghe e condotti al cospetto di di un'occasione per credere n. Solo Lu-
governatori e re EÌ.ç 1wp't'uptov <.tÙ'torc;, ca ha posto in altra luce la locuzione,

75 Qui l'esegesi è particolarmente incerta. L'o- te arbitrario. Queste interpretazioni, inoltre,


pinione più diffusa è che si tratti di una te- non tengono conto dei precedenti veterotesta-
stimonianza resa davanti ai circostanti circa la mentari della formula. Invece è proprio rifa-
efiettiva guarigione del malato, sì che possano cendosi ad essi che la terza spiegnzione si giu-
essere ripresi i rapporti con lui. Altri inten- stifica.
dono si tratti di una testimonianza destinata 76 Cosl anche E. MEYER, Urspr. 1md At1/ii11g11
agli avversari di Gesù circa la sua fedeltà al- des Christentwm I (1921) 128; inoltre VON
la legge, oppure di una conferma della sua CAMPENHAUSEN, op.cit. 24 ss.; "' SCHLATTER,
messianità attraverso l'avvenuto miracolo; op- a Mt.10,18 e 24,14. Del tutto contrario al con-
pure fondono insieme parecchie ipotesi; cfr. testo il commento di ZAHN a Mt.rn,18 : «i pro-
ad es. i com.menti di J. HoLTZMANN, E. KLO- cessi riuscivano di testimonianza ai Giudei in
STERMANN, FR. HAucK, TH. ZAHN, ad l. La altro senso che ai pagani».
prima spiegazione sarebbe possibile solo se Elç 77 Per l'interpretazione data sopra di Elç µap-
µap-tvpiov c.t.Ò"totc; potesse trovare un adden- -tUPLOV o:.ù-.o'Lç x-tÀ.., cfr. lgn., Tr.12,3: Vi pre-
tellato diretto nelle prescrizioni di Mosé, il che go di ascoltarmi con amore, i:va µT} Elç µap·
è escluso da Let1.r3 s. La seconda spiegazione -tUpLO\I wÉ\I ùµi:v yp&.ljla..;, «perché non riesca
non ha alcun appiglio nel testo; afipellarsi poi con la mia lettera di testimonianza per voi•>
a Mt.5,17 per spiegare Mc.I.44 è assolutamen- (cioè contro dl voi). lgn., Phld.6,3: tva µi)
1)59 (IV,510} 1.1.&.p-rvç x-rÀ.. E 5 (H. Strathmann}

dicendo: &:rcoS1}crE-tm ùµ~v Etc; µap-.u- Thess. r ,ro] ), oppure l'oggetto dell'at·
PLO\I ( 2 r ,1 3 ). Non si tratta però del mar- testazione (-.ò 1..1.ap"tupt.ov ... -.fjc; à.vrur"t<i-
tirio, come fu inteso più tardi, ma del· cn::wç, «la testimonianza della risurre-
I' 'occasione di render testimonianza', zione» [ActA,33]; -.ò µap-tuptov "tou
che viene offerta ai discepoli. Il muta· XpL<T't"OU, «la testimonianza di [su]
mento, come sempre avviene in Luca, è Cristo» [I Cor. r ,6]; -.ò µa.p-.upLov 'tou
meditato e ha lo scopo di aprire la via i}Eou, «la testimonianza di [su] Dio»
alla promessa che Gesù assisterà i suoi [ l Cor.2,r ], a meno che qui non si deb-

negli interrogatori. La loro testimo- ba leggere •Ò µucr-t1}pLo\I 78 ; -.ò µap-cu·


nianza sarà addiritttura irresistibile ( v. pLov -.ou xuplou, «la testimonianza del
r 5 ), tanto che usciranno incolumi da [sul] Signore» [2 Tim. r,8]). µap-.u-
così minacciosa situazione (vv. r8 s.). p~ov diventa in questi casi sinonimo di
EuayyÉÀ.Lov, x1]puyµa, o OLoa.crxa.À.la 79 •
e) µap-.upLov come 'attestazione' ·
Lo stesso si dica del messaggio cristia-
Il piccolo mutamento apportato da
no chiamato, in I Tim.2,6, 't"Ò µap"tÙ·
Luca è importante perché ci introduce
pLo\I xo:Lpoi:c:; loloLç, «la testimonianza re-
a quei passi nei quali µa.p-cuptov non
sa a suo tempo» 80 •
indica la testimonianza in quanto mez-
zo per dimostrare qualcosa, ma la di- d) µC1..p-.upLOV come atto del testimo·
chiara:done, l'attestazione, e talvolta as· niare
sume un valore pienamente attivo. Il µa.p-.upt.ov in Hebr. 3, 5 assume il
genitivo che l'accompagna designa o il valore di atto del testimoniare: Mosè
soggetto (-.ò µCl..p'tUpLO\I O"U\IEL01}0"EW<; fu bensl fedele in tutta la sua casa co-
1)µwv, «la testimonianza della nostra me servo Elc; µap-.upLov -.wv À.aÀ.'Y}- ·-.. :
coscienza» [ 2 Cor. r ,12]; -.ò µap-.upLo\I lJTJO"OµÉvwv, «a testimonianza di guarito V
+,µwv, «la nostra testimonianza» [2 doveva essere poi promulgato»; il che

ELç µa.p-rvpLo\I txu-rò x-riiawv-rtxL: Ignazio au- delle opere salvifiche compiute da Dio in Cri·
gura a tutti che le sue parole non riescano lo· sto. Ma per esprimere tutto questo la formu·
ro una testimonianza cli accusa. La traduzione la -rò µap'tUpLOV 't'OV ltEOU non è molto chia-
di KRi.iGER: «che essi non trovino (nelle mie ra. In tutta questa trattazione sulla <Toq>la.;
parole} una testimonianza (contro di loro)», µua-r1)pLO\I è molto più adatto che l'incolore
dando alla frase un valore soggettivo, ne alte- µap'tVpLOV. Cfr. LIETZMANN, Kor., che legge
ra completamente il senso. µ.VCT'tTJpto\I, e specialmente JOH. WEISS, I
78 La recensione esichiana legge µuCT'tYJpLO\I. I Kor., ad l.
codici occidentali hanno µap-rupLov, che è pe· 79 Cfr. DoBSCHUTZ a 2 Thess.x,10; 1 Tbess.2,2.
netrato anche in B. Si può spiegare µtxp'tU-
pLov come una lezione secondaria per influsso 80 Cfr. anche Polyc.7,x: 1tiXc; y&.p, 8c; lJ.v µ'i)
di 1,6 e µvcr't1]pLov come lezione secondaria òµoÀ.oYi\ 'lTJO"Ouv XpLcr-cbv lv crtxpxt D-.1)">..V-
per influsso di 2,7; 4,1. Se si sceglie -cb µap- ì)Évtxt, cL\l'tlXPLO"'t6c; ~O''Ct\I' xal. 8ç i),v µi) bµC)o
'tvptov 'tOU i>Eoii, bisogna considerare il geniti- )..oyi) -rb µa.p-rupto'J 'toii a-ctxupov, Éx 'toii Sta-
vo come oggettivo e intendere: testimonian?A ~6).ou fo'tlv.
1361 (IV,510) µO.p-cuc; x-c)... F 1,2 (H. Strathmann)

va inteso delle direttive, specialmente verbale resa per propagare la verità del
di carattere legale, che egli doveva ri- vangelo. Si cessò però di pensare che
cevere da Dio nel tabernacolo e poi 'te- tale accezione riguardasse, come era sta-
stimoniare' al popolo 81 • Questo uso at- to in origine, soltanto coloro che aveva-
tivo del vocabolo è contrario all'idea che no il particolare incarico di rendere la
esso suscitava nei Greci, ma si spiega testimonianza missionaria o che comun-
in considerazione della O'X1)\l'Ì'} -.ou µap- que in realtà l'avevano resa. Ora il con-
't"uplou dei LXX (~ col. r 303 ). A dif- cetto è applicato a chiunque dà la sua
ferenza di µci:p"tuç, µap-.upEL'll, µap"tu- testimonianza anche solo occasionalmen-
pla., per µttp"tuptov nel N.T. non vi è te, sempre però affrontando una minac-
nulla che presagisca quell'ulteriore evo- cia (di morte), dato che solo cosl la te-
luzione che il significato del vocabolo stimonianza stessa può essere piena.
assumerà nel linguaggio ecclesiale del II Scompare quindi la differenza fra oµo-
sec., come designazione del martirio ),.oyEi:v e µ.ap-cupEi:\I, come si può con-
(cfr. mart.Polyc.1,1 ; 2,1; 18,2; 19,1). statare specialmente in Eus., hist.eccl. 5,
1, a proposito dei martiri della Gallia

F. IL FORMARSI E IL FISSARSI meridionale, dove i due vocaboli ven-


DI UN USO LINGUISTICO SPECIFICO gono usati talvolta promiscuamente.
NELLA CHIESA ANTICA
COME DESIGNAZIONE DEL MARTIRIO Nello stesso tempo però essi continua-
no a figurare differenziati, in quanto
r. Sguardo d'insieme 'testimone' è riservato a coloro che sug-
Nel II sec. si sviluppano le premesse gellano con la morte la serietà della lo-
presenti nel N.T. e in particolare negli ro testimonianza o professione di fede;
scritti giovannei. Tale sviluppo, come a ed è in questa accezione tipica che il
suo tempo quegli stessi inizi, sono il vocabolo si fissa.
portato delle persecuzioni che soprav-
vennero sulla comunità cristiana. Natu- 2. L'uso linguistico
ralmente continuò a sopravvivere non
solo l'uso corrente dei vocaboli nelle di- Gli studiosi discutono se µap-.updv
in r Clem.5,4.7 debba già essere inteso
verse accezioni 82, ma anche queUo spe- come martirio 83 • Come esempio di ~wç
cificamente cristiano di testimonianza i>av&-.ou àlH..Etv, «lottare fino alla mor-

s1 Cfr. RIGGENBACH, Hbr., ad l. 1mp-cvpEt\I qui deve essere inteso senza dubbio
82 Ricca documentazione in proposito si può come «soffrire il martirio»; ugualmente VON
trovare in Clemente Alessandrino (dr. l'indice CAMPENHAUSEN, 54. Anche LECLERCQ, in CA-
di STAHLI N), Origcne, Eusebio. DROL-LECLRRCQ X 2 (1932) 2360 s. E ancora:
83 Cfr. ]. B. LIGHTFOOT, I Clem.. (1869) a :>. H. LIETZMANN, Petrus rom. Miirtyrer (SBA
4, pp. 46 s. Inoltre ~ DELE.HAYE, op. cii. 79 : [193 6] 29) e E. MOLLAND: ThLZ 1 937, 4 3 9·
µ6.p~uc; x~).. F 2 (H. Strathmann)

te» (5 ,2 ), viene dapprima citato Pietro, gno di rilievo che un uso del nostro
oç ... oux E\ICX. oòoÈ ouo (J.).J..à 1tÀ.EtO\ICX.ç gruppo di vocaboli relativo al martirio
Ù1tTJVEyxE 7tO\louç xcx.t ou'tw µcx.pi:upTj- manchi completamente in Ignazio. Egli
craç È7topEui)ri Elc; i:òv Ò<pEtÀ.6µevo\I i:6- è tutto preso dal pensiero del martirio.
1tO\I 'tfjc; 061;ric;, «che ... dovette soppor- L'intera gamma dei motivi che si ricol-
tare non uno, né due, ma numerosi tra- legano a questo tema è da lui largamen-
vagli, e resa così testimonianza raggiun- te trattata. Egli è l'imitatore, il porta-
se il posto a lui dovuto nella gloria (5,4). tore di Cristo: è uno che va al marti-
Di Paolo si dice che otxa.tocru\l'f)V &oii- rio con Ja persuasione di diventare co-
~a.ç oÀ.ov 'tÒV x6crµov, xcd È1tL 't'Ò 'tÉp- s) autentico discepolo di Cristo. Ma di
µcx. 'tfjc; oucrEwç H.i)wv xa.L µl't.p-rnpTjcra.c; µtip-cuç, µap•UpEL\I non si patia in nes-
É1tL-.wv 1}youµÉvwv, ou-cwc; a1tr}À.À.&.yri suna parte; Ignazio non ha ancora sen-
-coG x6o-µou, «dopo aver insegnato a tut- tore alcuno dell'uso che si affermerà più
to il mondo la giustizia, essersi spinto tardi. Allo stesso modo va giudicata l'as-
fino agli estremi confini dell'occidente senza di tali voci in Giustino.
e aver reso testimonianza davanti ai go- II primo testo nel quale tutti e quat-
vernanti, così se ne partl dal mondo» tro i vocaboli - µiip'tuc;, µap'tUpEiV,
(5,7). Nei primo passo, dal momento µcx.p'tupla e µap'tuptov - figurano già
che precedentemente non si è parlato fissati come designazione del martirio
della predicazione, ma solo della pas- è lo scritto redatto subito dopo la mor-
sione di Pietro, sembra che OU'tW µa.p- te di Policarpo (avvenuta, pare, il 23
'tup1)crcx.ç significhi: <(ha così subito la febbraio 1 5 5) dalla comunità di Smir-
morte del martire», mentre a proposito ne per quella di Filomelio; si veda mari.
di Paolo µcx.p-rnpEt\I alluderebbe piutto- Polyc.I9,I; ...IloMxa.p'ltOV, oç ClÙ'\I -coic;
sto alla sua predicazione, benché certo &.7tò <l>tÀ.aoeÀq:ilaç owoÉxa.-.oc; Èv :I:µvp-
si tratti della predicazione di persona vn µa.p-.up1}0"a.ç ... où µ6vo\I &Oticrxa.À.oc;
che morì per questa sua missione. Qui yEvoµEvoc; È7ttCT1)µoc;, ci.Uh. xa.t µiip-.uc;
l'uso del vocabolo è quindi ancora o- (soxoc;, où -.ò µa.p-.uptov 'lt!iv-.Ec; È1u1N-
scillante84 e sarebbe il caso di soprassede- µoucrw µ~µEi:O"i}a.~ xa.-cà --cò eùa.yyÉÀtov
re a un giudizio netto, dato soprattutto Xptcr't'oiJ )'EVOµEVOV, <<. •• Policarpo che
che si tratta di uno scritto proveniente fu il dodicesimo a subire il martirio in
dalla comunità cristiana di Roma e che Smirne con quelli di Filadelfia ... non so-
il Pastore di Erma, pure proveniente lo fu maestro insigne, ma anche martire
dallo stesso ambiente romano, ignora eccelso, il cui martirio tutti aspirano a
manifestamente quest'uso tecnico di imitare, avvenuto com'è a somiglianza
µap-tuç e derivati. Conosce bensì i mar- di quello di Cristo narrato dal Vange-
tiri ed è vivamente interessato alle que- lo», e I 3 ,2 : 'ltant... xcx.À.0... 7tpÒ 'tijç
stioni riguardanti il loro posto nella µap'tuplac; ÈxEx6crµri>o, «anche prima
chiesa e il premio che avranno in cielo del martirio era fatto segno ad ogni o-
(cfr.specialm.sim.9,28; vis.3,I,9; 2,1; 5, nore». Altri passi: per µap'tuc; 2,2; I4,
2). Ma l'espressione assolutamente nor- 2; 15,2; I6,2; 17,3; per µa.p-.upEt\I r,
male con cui li designa è oi. 'ltCX.~O\l'tEc; l; 21,I; 22,r; epil.3; per µap'tuplct I,
ot~ 'tÒ i:Svoµa., «coloro che soffrirono l; per µa.p-.uptov 1,1; 2,1; 18,3. Biso-
per il nome», o EL\IEXa 'tOU ov6µa:i-oc;, gna anche aggiungere che poco più tar-
«a causa del nome». È altrettanto de- di Melitone di Sardi nel suo Ilt:pL 'tOU

444[BERTRt\M] . Il contrario di K.HEuss1, War 1rus wirklich romischer Miirtyrer? ( 1937) 3 ss.
Petrus in Rom? (1936) 24s. e In., War Pe- 84 µ<Xp~uc; in r Clem.63,3 e µ.ap-.upE~\l in I
µ~p·cvc; x~À.. F 2 (H. Strathmann) (IV,512) 1366

'1tMX<t. parla del martirio del vescovo Sa- dannati ai lavori forzati nelle miniere di
gari con un semplice ɵa.p-çup'l')O'EV (Eus., Sardegna, ma più tardi liberati (Hipp.,
hist. eccl. 4, 26, 3), e alquanto più tardi philos.9,x 2,rn.II ), e parla del µocp-çupEL\I
Policrate di Efeso, nella lettera a Vit- e della µocp't'uploc di quel dubbioso cri-
tore Romano sulla questione della pa- stiano che fu Callisto, più tardi papa e
squa, caratterizza i vescovi Policarpo di santo, parimenti a proposito di un suo
Smirne, Trasea di Eumenia e il soprad- temporaneo soggiorno nelle stesse mi-
detto Sagari con il doppio epiteto di É· niere (§ 4). In una lettera di Serapio-
1Clcrxo'1toç x~t µcip't'uç, divenuto quasi ne di Antiochia viene nominato un ve-
una formula. scovo che si firma Aòp1)À.Loç Kupt\ILoç
µcip-çuç (Eus.,hist.eccl.5,19,3). In Eus.,
Nella comunità di Smirne e, potre- hist.eccl.5,rB,5 s., si incontrano pure un
mo presto dire, nelle chiese dell'Asia capo dei montanisti, Temisone, ò µii
Minore, alla metà del II secolo si era Bwr"taua.ç -çf]ç òµoÀ.oylaç -ço <r'TJµELo\I,
«che non aveva saputo portare il segno
dunque ormai stabilito un uso tecnico
della professione di fede», anzi aveva
di questi vocaboli, riferiti al martirio; comperato più volte la libertà con una
nell'Asia Minore, abbiamo detto, cioè forte somma di denaro, e un certo A-
nella patria dell'Apocalisse, che è lo lessandro, che si qualificano µcip"tUpE<;
e sono onorati come tali anche dai loro
scritto nel quale appaiono i primi sin- adepti.
tomi del processo. E poiché non c'è al- Tuttavia quest'uso linguistico resta
tra area in questo tempo nella quale si assolutamente sporadico. Invece la nuo-
va terminologia ben presto si diffon-
possano riconoscere tracce di tale signi- de dappertutto. La si trova negli Atti
ficato, ne dovremo concludere che l'am- di Giustino, cap. 6: oi. liyLoL µap-çupE<;
bito in cui si va formando il concetto ... É'tE.À.Elwcra.v 'tÒ µocp't'UpLO\I ÈV "tTI "tOU
CfW't'i]poç l)µw\I oµoÀ.O"(t~, «i santi mar-
ecclesiale di martire è la chiesa dell'A- tiri diedero appieno la loro testimonian-
sia Minore 85 • za (morirono), professando la fede nel
Salvatore nostro». Dionigi di Corinto
Accanto a questo si trovano i pnmt scrive ai Romani che Pietro e Paolo dc;
accenni di un altro uso linguistico, che -ç-f}v 'I't'~À.ta\I oµÒ<FE OLMl;ocV't'E<; ɵap-
applica il concetto di 'testimone' a per- 't'Upl)O'CY,\I Xoc"tà "tÒV OCÒ"tÒ\I XOCtpO\I, «do-
sone che hanno professato la loro fede po aver insieme insegnato in Italia, die-
mettendo a repentaglio la vita, ma senza dero morendo la loro testimonianza (su-
subire la morte. Così, da Egesippo ven- birono il martirio) nella medesima circo-
gono chiamati µcip't'UpE<; i discendenti di stanza» (Eus., hist.eccl.2,25,8). Eviden-
Giuda, fratello di Gesù, che erano stati temente intende il µap-çupEi:v di I Clem.
trascinati in giudizio davanti a Domizia- 5.4·7 come una indicazione di martirio.
no, ma furono assolti e più tardi ebbero Egesippo usa µap't'UpELV nello stesso sen-
funzioni direttive nella chiesa palestine- so per la morte di Simone, della stirpe
se (Eus., hist. eccl.3,20,6; 32,6). Anche di David e figlio di Cleofa, al tempo di
Ippolito chiama µcip't'UpEç i cristiani con- Traiano (Eus., hist.eccl. 3,32,3), ma so-

Clem.38,2 sono usati nell'accezione comune. trìbuito all'affermatsi cli questo senso», e an-
85 LIGHTFOOT (~ n. 83) 47: «Senza dubbio cor più - aggiungiamo - le difficoltà partico-
la persecuzione di Nerone ha fortemente con- lari della giovane chiesa dell'Asia Minore.
1Aap-cuç x-cÀ.. Jl. :z (H. Strathmann)

prattutto per la fine di Giacomo, fratel- XpLcri:òc; 1#w<n:v &.vaÀ.TJq>iH)vaL, Èm-


lo di Gesù : era stato precipitato dal pin- O"cppayTPriµevoç mhwv Odt ·djç ÉSOOOU
nacolo del tempio e lapidato, e un gual- -tTiv µapi:uplav, «che Cristo giudicò de-
chieraio lo fini con una mazzata in testa gni che fossero assunti nella loro profes-
xa.L oihwç ɵapi:vp'r)<TEV, «e cosi rese sione di fede, suggellando la loro testi-
(con la morte) la sua testimonianza» monianza mediante il loro trapasso» (5,
{Eus., hist. eccl.2,23,18). Si veda anche 2,3). I cristiani del luogo, nonostante i
la frase µE't~ 'tÒ µa.p'tvpfjcra.L 'Icb:w~ov terribili tormenti che già hanno soppor-
'tÒV olxaLOV, wç xat ò XU(M<;, «dopo che tato - oùx éhta.~ oÙOÈ otc; lù)..(J. 'ltOÀ.À.ci-
Giacomo il Giusto ebbe subito il mar- xtc; µap'tup'r]<ra.v·n:ç, «avendo reso la lo-
tirio, come anche il Signore» (ibid. ro testimonianza non una volta o due,
4,22,4). Tuttavia µap'tVPE~V viene con- ma frequentemente» ( ! ) ( 5 ,2 ,2) - finché
temporaneamente usato da Egesippo an- tale testimonianza non sia «portata alla
che nell'accezione corrente(µa.p'tupouµÉv sua pienezza» rifiutano di essere desi-
o
CTOL xa.t mi<; À.aòç O'tL olxmoç EL, «ti gnati essi stessi come martiri da parte
rendiamo testimonianza, e con noi tutto dei loro compagni di fede, ma si dico-
il popolo, che sei giusto», 2,23,rn); e no soltanto òµ6À.oyoL µÉ-.pLO~ xa.ì. ..a-
cosi pure µa.p•vpla è preso nel sem- nEwol, «dei modesti e poveri confesso-
plice senso di attestazione verbale di ri» . Ma la narrazione non si attiene sem-
fede (2,23,14, cfr. 2,23 ,2). Nella chiusa pre strettamente a questa precisione di
della relazione le due idee si fondono: vocabolario. Dice che taluni, condotti a
µcip'tuc; où-roc; àkni}iJç 'Iouoa.loLc; -c-E xat morte, 1tpocrE-i:ti}Ev-co i:ii.i i:wv 'lta.p-cupwv
o
"EÀ.À.T]O''LV YEYÉV'l')'tC"J.L O't"L 'I'l')<TOU<; xÀ 1Jp~, «venivano aggiunti alla schiera
XpLcri:6c; Écri:w, «per Giudei e per Gre- dei martiri», e usa altre frasi del ge-
ci egli è stato testimone verace che Ge- nere (ad es. 5, 1 , 26. 48), ma indica e-
sù è il Cristo» (23,18). La professione gualmente come µcip-.upE<; quelli che,
verbale di fede è portata a compimento pur sopravvivendo, ebbero a subire sup-
nel subire la morte. L'una e l'altra so- plizi per aver confessato la fede. A vol-
no una specie di 'atto giuridico': per- te chiama -i-1]v xaÀ.ijv µapi:upla.v (5,1,
ciò egli è testimone in senso pieno. Ma 30) ciò che in altri punti qualifica co-
la spiegazione introdotta da o-.L mostra me òµoÀ.oyla. Parla di un µcx.pi:VpEL'll .
che il termine µripi:uc; ha bisogno di una ré:so ripetutamente dalle stesse persone
integrazione di contenuto 86 • (5,2,2); di Attalo dice persino che &:e:t
Particolarmente significativo è il rac- (.J.cXpi:uc; ÉyEy6vE~ 1tap' 1Jµi:v àÀ.T)~Elcx.c;,
conto riguardante i martiri della Gallia «era stato sempre in mezzo a noi µtip-
meridionale al tempo di Marco Aurelio i:uç della verità» (5,r ,43), intendendo
(Eus., hist. eccl. 5,1 s.), proprio perché il termine nel puro senso antico di mis-
qui compare per la prima volta la chia- sionario. Ma si tratta di reminiscenze
ra distinzione fra òµoÀ.oyo~, 'confesso- di un uso linguistico passato che è or-
ri' e µ&pi:upEc;, che s'impose più tardi. mai sbiadito, anche se non scomparirà
Il titolo di µcip-tu<; o 1) i:ijc; µapi:vpla.c; mai. Ad esso si riferiscono le interpre-
1tpocnryopla., «la denominazione di µa.p- tazioni spiritualizzanti nelle quali è mae-
i:upla», vengono riservati allo stesso stro Clemente Alessandrino (cfr. so-
Cristo e a coloro oUc; Èv -tfi òµoÀ.oyl~ prattutto strom. 4). Ma in senso stret-

86 L' uso tecnico del termine µap-cvpw,1 nel Vespasiano), non appartiene più alla relazione
senso di morte da martire al § x9 (subito µE-cit di Egesippo, ma al testo di Eusebio.
'tÒ µap'tvp~ov r.x1hou incominciò l'assedio di
µéwrnc; x-r">.. F 3 (H. Swuhmann)

to non saranno d'ora innanzi chiamati la carne e il sangue»; quelli che lo sot-
JL6:p'tupEç se non gli uccisi a causa del- topongono a supplizi o cercano comun-
la fede: xupiwc; µovouc; µ&.p'tupw; wv6-
µ1X.<Tocv 'tOÙc; 'tfj ÈXXÙO-EL 't"OU Èa.U'tWV a.t- que di farlo cadere, sono gli strumenti
µa.-roc; µap'tup-fio-av'tctc; 't~ 'tfjc, 1'Mirt:- del demonio, e il cristiano è impegnato
BEia.ç µu<r't"'l']plw, «chiamarono propria- in un àywv (combattimento) contro
mente martiri quelli soli che versando
il proprio sangue hanno reso testimo- questo grande avversario. Tale lotta con
nianza al mistero della pietà)> (Orig., l ' 'egiziano' (l'Egitto è il paese della
comm. in Io.2,210). Infatti come i pro- stregoneria diabolica) è descritta con
feti sono perfetti ( 'tÉÀELOL) nella profe-
particolare vivacità nel Martirio di Per-
zia, cosl ol µcip'tUpEç ÈV op.OÀ.Oyl~, «i
martiri lo sono nella confessione della petua e compagne ( cap. ro ), sotto for-
fede» (Clem. Al., strom. 4, 2r, r33, r). ma di una visione 88 • Nella battaglia i
Queste parole caratterizzano perfetta- cristiani sono imitatori del Cristo, non
mente la situazione di fatto e la relazio-
ne di µap-cupEtv e òµoÀ.oyEi:v che ormai solo, ma anche continuatori della sua
si impone. Quelli che non sono stati an- passione; anzi, continuatori non sono
cota giustiziati sono, per usare le paro- essi soltanto, ma Cristo medesimo com-
le di Tertulliano (mart. r ), martyres de-
signati. In questa accezione tecnico-cri- batte in loro e sta al loro fianco. Essi
stiana il significato proprio di µcip'tuç sperimentano il sostegno suo e dello
non è più ormai che un lontano ricordo. Spirito, che li rende capaci di sopporta-
Il termine ha un nuovo significato, ed
è per questo che anche la chiesa latina re i più orribili supplizi senza lamento,
ha adottato direttamente il termine gre- anzi col sorriso sulle labbra. Non di ra-
co, invece che tradurlo con testis. do son fatti degni di vedere la Sbsa xu-
Resta ancora da rilevare che µa.p-ru-
pLov, conforme alla tendenza al concre- plou, «la gloria del Signore». Sono pre-
to di tale vocabolo, più tardi è spesso parati, incoraggiati, confortati da visio-
adoperato per indicare il luogo dove un ni e voci celesti. Nel patire trapassano
martire fu sepolto o dove si trovano le alla condizione celeste: µrixht livi)pw·
sue reliquie. Cfr. P. Oxy.6,94r,4 (VI
sec. d. C.): CÌ.V't"Ìç -rou µa.p'tupiou, «di 'll:Ot, à)..).: i)ori liyy~).ot, «non più uo-
fronte all'altare del martire» 87• mini, ma già angeli» (mart. Polyc. 2,3).
Che meraviglia, se il loro corpo consun-
3. L'idea to dalle fiamme effonde una divina fra-
Questo nuovo significato di 'marti- granza! Sono già 'perfetti' ed entrano
re', che entra ora in uso, naturalmente quindi immediatamente nella gloria del
vjene ben presto ricollegato a concezio- cielo.
ni esistenti già da lungo tempo. Il cri- Questi sono i temi che ricorrono ne-
stiano che va al martirio non lotta «con gli antichi Atti dei martiri, ad es. di

s7 Eus., vita Co11stantini, chiama cosl anche il F.]. DoLGER, Sol salutis (r925) 269 n. 3; 324
sepolcro di Gesù e la chiesa del sepolcro (vedi n. 3 [BERTRAM}.
l'indice nell'edizione di HEIKEL). Cfr. anche 88 Cfr. -) D6LGER.
1.uip1'uç xù. F 3 (H. Strathmann)

Policatpo, di Giustino, di Perpetua, dei mento', degli Ù<T't'Ep1}µcx:ta -.wv 1})..,ltjJE-


martiri della Gallia meridionale, pieni di tvv -cou Xp~o--.ou, di «quel che manca
plastica evidenza, anche se non ogni par- ai patimenti di Cristo» (Col.1,24). Que-
ticolare è presente in ciascun documen- sto pensiero impronta di sé tutta la
to 89 • Nelle linee fondamentali, e soprat- concezione che egli si fa delle sue sof-
tutto per quel che riguarda la lotta con- ferenze di apostolo, che appunto per-
tro Satana, la sequela del Cristo e la ché tali sono sofferenze nel servizio di
continuazione della sua passione - nel- Cristo. Il tono gioioso del martirio ri-
la quale i martiri sono sostenuti miste- suona anche in Rom.5,3 e 8,I7. Nella
riosamente da lui e colmati di forza e prima Lettera di Pietro i perseguitati
gioia - tutti questi tratti ricorrono nel- sono invitati a rallegrarsi di poter xot-
le lettere di Ignazio, e i loro elementi \IW\IELV -.oic; -.ou XpLO-'t'OU 7ta.lt1}µaow,

caratteristici risalgono a motivi neote- «partecipare ai patimenti di Cristo» (4,


stamentari 90 • Dalla beatitudine del di- l 3 ), e ammoniti a È7taxoÀ.oubEi:v -.oic;

scepolo perseguitato a causa del Cristo Ì:XvEoW a.ò-cou, «seguire le orme di lui»,
(Mt.5,n s.), alla promessa che lo Spi- del Cristo che patisce per gli altri (2,
rito li assisterà quando saranno trasci- 21 ss.). All'autore dell'Apocalisse appa-
nati in giudizio (Mt.ro,r7 ss.), e all'al- re il Cristo, l'agnello immacolato, per
tta promessa di trovate la vita, fatta a così dire come il primo e sommo mar-
coloro che daranno la propria (Mt.16, tire, il testimone fedele per eccellenza.
24 ss.), fìno ai discorsi escatologici, la Ma questi elementi del N.T. non appa-
tradizione evangelica già offre una quan- iono ancora strettamente collegati con
tità di temi che qui si fondono insieme. il termine µap-cuç; e nemmeno potreb-
L'affermazione di Act.5,41 (erano pie- bero esserlo, perché la sua accezione
ni di gioia per essere stati giudicati 'martirologica' si è andata formando so-
degni di patire oltraggi per il 'nome': lo in seguito al martirio vissuto dalla
xrx:r1)1;Lw-i>ricra.v Ù'ltÈp -rou òv6µa.-roç chiesa. Quando tale accezione compar-
&:nµa.<ritijva.t) dà un'idea perfetta del- ve, attirò a sé necessariamente tutti
1' atmosfera del martirio. Non parlia- questi elementi e portò ben presto an-
mo poi della fine di Stefano. Anche che al sorgere di idee nuove (per es. a
a Paolo le sofferenze incontrate nel- riguardo del concetto di merito). Ma lo
la sua vocazione missionaria appaiono studio di queste idee non interessa il
come un a\l't'CX.\ICX.'ltÀ:ripouv, 'completa- presente Lessico.

89 Rinunciamo qui a citare i singoli passi, ap- lumderte11 u (1912) cap. 7 ed excurst1s 87.
partenenti del resto a fonti facilmente reperi- CJOSi veda la ricca raccolta di materiale in ~
bili. Un ricco materiale si trova in H. AcHr;- VON CAMPENHAUSEN e nella bibliografia ivi
us, Das Christenlum in den ersten drei Jahr- citata.
1373 (IV,514) Émµap-eupÉw x-eÀ. (H. Strathmann)

t Èmµcxp'tvpÉw, t O"Vµµcxp"tVpÉw, ecc. usati prima. Qui non si tratta né


t O"U\IE1nµcxpi:vpÉw, t x.a..w.µap'tupÉv> di una testimonianza in senso stretto,
Il significato di questi composti si né di una prova, e lo si spiega in base
riannoda a quello corrente di µap'tU- a ciò che abbiamo detto di ~ µap"t'uc;
pe:Lv nella sua accezione più larga e ge- in B 2. In I Petr.5,r2 l'oggetto attesta-
neralizzata (~ µap·rnc; B 2 e 3). to è espresso dall'accusativo con l'in-
finito.
Èmµap't'upi::i:v 1 (ricorre in Platone,
Plutarco, Luciano, Flavio Giuseppe, O"uµµap'tupEi:v . Composto di uso cor-
molto raro nei papiri) manca completa- rente (Sofocle, Euripide, Isocrate, Se-
mente nei LXX. nofonte, Plutarco, papiri), non compare
Nel N.T. Èmµap-cvpEi:v figura solo in affatto nei LXX, e nel N.T. figura solo
in Rom.2,15;8,16; 9,r. Significa prima
I Petr.5,12. Significa attestare (ribaden- di tutto testimoniare insieme, cioè te-
do un'affermazione precedente), e non stimoniare o convalidare qualcosa as-
già 'attestare con vigore' (cfr. P. Lond. sieme a uno o a più altri testimoni;
ad es., in BGU I 86, 40 ss. (n secolo
1692 a 19 [VI sec. d.C.]: i:wv oEC:\lcx. È- d. C.), dove una fila di testi si susse-
mµcx.p'tupouv'tW\I, «attestandolo anche guono al primo con un auµµap'ttpw (o
taluni»). L' È7tl non fa che mettere in O"uµµap-i:upw) x.aì cruvcrq>payiw (sic!);
cfr. anche Plut., compara/io Thesei cum
maggior risalto un aspetto già contenu- Romulo 6,5.7 (I 39 b): 6 xp6voc; ÈCi'tÌ
to in ogni µap't'UpELV (in quanto la te- µap'tuc; .. . "t'cfJ ÒÈ 'tocrou't~ xp6v~ cruµ-
stimonianza si riferisce sempre a un as- p.ap-cupEi: xcx.ì "t'à. Hpycx, «il tempo è te-
stimone... e a tutto questo tempo si
serto fatto precedentemente). Ma È'ltL-
unisce anche la testimonianza delle ope-
µap-rupEL\I significa anche semplicemen- re». Più tardi però il riferimento al si-
te confermare, assentire, quando qual- gnificato fondamentale si affievolisce e
uuµµcxp'tupi;:i:v significa semplicemente
cuno manifesta un punto di vista o una
confermare qualsiasi asserzione di un
idea (non si tratta dunque di un fatto), altro (a proposito di fatti, di opinioni),
tanto che il significato fondamentale di oppure (costruito col dativo) assentire.
µap't'upEi:v scompare completamente. Cfr. Plat., Hi. 1 282b: cruµµ.cxp"t'upijo-a.L
Of. o-o~ exw O't't <Ì.Àt)i}ij ÀÉyELc;, «devo
Cfr. ep.Ar.197: Èmµap-cvp-ficrm; oÈ -i-ou- consentire (con te) che hai ragione» (di-
-tot<;, «avendovi dato il suo assenso», cendo cosl); Xenoph., hist. Graec. 7, r,
dove Èmµcx.p'tUpEi:\I è del tutto equiva- 3 5: eÀEYE'. 8€ ò IIE'.Ào1tlòa:c; O'tL... O"U\IE'.-
µap'tupEL o' a1hQ "t'(LU't'IX. 1tav-çcx. wc; CÌ-
lente a È1ttcpWVEL\I, 'acclamare', È7tat- À.1]iJi) À.Éyot 6 'Ai}t)vai:oc; Ttµay6pac;,
VELv, 'lodare', à.1toOÉXECTi1cx.t, 'accettare', «Pelopida disse che... e Timagora Ate-

Émµcxp-rupÉw x-rÀ..
1 É1tlr in origine deve aver indicato 'in aggiun- senso» [DEBRUNNER]. Cfr. anche~ coli. 1379
ta', 'in più' di qualcosa che precede: il verbo s. n. 1 a proposito di Èmµcx.p-eupEO'i}ai, 'atte-
significa perciò «aggiungere all'affermazione la stare ammonendo').
testimonianza, la prova o anche soltanto il con-
1375 (1v,5r5) ~mµa;p-;upÉw X'tÀ.. (H. Strathmann) (rv,516) 1376

niese consentl con lui che tutto quanto coscienza morale viva e sensibile hanno
diceva era vero». Timagora conferma un valore autonomo, accanto agli atti
l'esposto di Pelopida. Il termine si può
singoli di volta in volta conclusi in se
anche usare a proposito di una creden-
za religiosa, senza nominare chi la so- stessi. Lo stesso si dica di Rom. 9,1:
stiene; Plut., quaest.conv.8,4>4 (II 724 àÀ.1)i>ELO'..\I À.Éyw lv XptCT't@, où ~EVOO·
c-d): crxu}.wv oÈ Ilul7oL xat &.xpoihvlwv µCCL, cruµµo:p'tUpOUC11]<; µoL 'tfj<; CTU\IEL-
xo:t 't'po;:alwv &.va.1}foac; apa où cruµ-
J.1.0'..P't"UPOVO't\I ii-Tt rçfjç dc; 'tÒ vtxfiv xat OTJO'éW<; µou Év 'ltVEVµO..'t'L ayl~. «dico
xpa:tE~\I ovvaµm>c; -t@ 1}i::Q 't'OU't~ 'ltÀ.E~· la verità in Cristo, non mento; e lo con·
CT't'OV µÉ"t'ECT'tW; «le offerte votive di ar- ferma con me la mia coscienza nello
mi tolte al nemico, di parte del bottino,
di trofei di guerra, fatte ad Apollo Pi- Spirito Santo». Il giudizio della coscien-
zio, non sono forse una spede di con- za di Paolo mossa dallo Spirito Santo
ferma che c'è in questo più che in ogni viene ad aggiungersi, confermando l'af-
altro dio il potere di condurre alla vit-
toria e al dominio?». La distinzione «fra- fermazione appena fatta o incomincia-
i due significati di 'unirsi nella testimo- ta; si, davvero: l'infedeltà di Israele è
nianza' e 'confermare' è determinata so- il più grave dispiacere dell'Apostolo. In
lo dal contesto; cruµµa.p-i:upi::tv non s'in-
contra mai, come µo:p'tUPELV, a proposi- Rom.8,16 le parole: a.Ù'tÒ 't'Ò 1tVEuµcx
to di un'asserzione fatta unicamente di auµµap't'upl:'.t 'Téi> itvi::uµa't't. i]µwv <Ytt
propria autorità, ma riguarda sempre ÈcrµÈv 't'Éx.vcx. 1}1:'.ou, si possono intende-
una conferma» 2 •
re : «lo Spirito stesso testimonia, d'accor-
Di qui bisogna partire per studiare i do col nostro spirito, che siamo figli di
tre passi della Lettera ai Romani. In 2, Dio». Il divino ~ 'ltVEvµcc si allinea co-
l 5 si dice: oi'.'t'WEc; ÈvoElxvuV'tat -i:ò Ìtp· si a conferma di ciò che già dice 'tÒ
jO\I 'tOU voµou ypc.t1t'tÒ\I ÈV 'ta.i:ç xapol- 'ltVEuµa. 1]µwv. Il primo itvi::uµcc è lo
cuc; av-.w'V, cruµµo:p'tupoucr11c; o:Ù'twv «Spirito di adozione a figli» ('ICVEVµa
't'Tjç cruvwS1}cri::wc;, «essi mostrano ( at- uì.oi>rnfa<;), grazie al quale siamo fatti fi.
traverso la loro condotta pratica, v. 14) gli di Dio e che ci dà la possibilità di in-
che l'opera della legge è incisa nei loro vocare Dio come padre ( vv. 14 ss. ). Ac·
cuori, come attesta anche la loro co- canto ad esso, «il nostro spirito» non
scienza». La coscienza si aggiunge come può essere che l'io spirituale d~'uomo,
conferma alla ìtvoi::t!;tc;, 'dimostrazione', il vouc;, quel che noi usiamo chiamare 'a-
offerta dall'effettiva condotta dei paga- nima'. Anche in Rom.1,9; 8,10; I Cor.
ni per provare che essi ~au-toi:<; i::low 5 13-5; 7,34; 16,18; 2 Cor.2,13;7,r.13;
v6µo<;, «sono legge a se stessi», cioè Gal.6 18; Phil-4,23; Col.2,5; Philem.25,
1

che l'agire richiesto dalla legge è scrit· nvi;\.iµa. significa 'anima' 3 . Se rruµµo:p·
to nel loro cuore. I moti assidui di una 'tUpi::i:v si prende in senso stretto, allo·

2 CREMER-KOGH. 3 Cfr. ad es. LIETZMANN, Rii111., a Rom.8,16.u.


1377 (rv,516) Émµ<lp'tupÉw x-rÀ. (H. Strathmann)

ra qui si ha, implicitamente, l'afferma- 'ttp 'tÒV ÉX6µE\IO\I 'Ì)p~-cet., «(il re) con-
zione che già l'io spirituale proclama il sentl con lui e interrogò quello che gli
era vicino». Inoltre in r Clem.23,5: crv-
cristiano figlio di Dio. Ma non è chia- VEmµa.p'tupouo-11c; xat ..fjc; ypaqifjç, «co-
ro come Paolo possa arrivare a tale as- me attesta (concorda nell'attestarlo) an-
serzione. Qui siamo quindi costretti a che la Scrittura». Il termine non impli-
ca che già un altro testimone abbia con-
prendere <Tvµµa:p-.upi::i:v nel semplice fermato qualcosa detta prima e ora se
senso di 'attestare' 4 , e a tradurre: «at- ne affianchi a lui un secondo, ma dice
testa al nostro spirito». Chi invece so- semplicemente che una dichiarazione di
qualsiasi genere fatta da qualcuno, su
stiene che 7tVe:uµa. riferito all'uomo
un fatto o un'idea o una convinzione
in Paolo indica - sempre o comun- personale, è trovata esatta da un altro.
que in questo contesto - la vita per-
Di conseguenza anche Hebr.2,4 non
sonale del cristiano plasmata dallo Spi-
implica alcuna allusione ad altri µap'tU-
rito di Dio, può prendere a-vµµa.p'tu-
p~ç, quasi che fossero designati indiret-
pi;i:v in senso stretto: la convinzione per
tamente come tali i primi predicatori ( Ì.J-
via di fede, che questo 'io' cristiano ha
r.l 'twv &.xoucrav-rwv ... ÉBE~ctLwih1). Es-
di essere figlio di Dio, viene confermata
si hanno assicurato e hanno quindi pro-
dallo Spirito. «Paolo pone accanto all'at-
dotto anche una certa impressione; ma
to di fede il fattore che lo ispira. Gli as-
è Dio che ha convalidato la verità della
segna il secondo posto: il primo spetta
loro predicazione con la prova dei segni
alla fede fondata sul messaggio di Ge-
(vT]µEi:a.). L'uso di O'UVE7tLµCt.p'tUpEi:V è
sù» 5. Ma sapevano, i cristiani di Roma,
quindi analogo a quello di cruµµet.p'tu -
leggere tutto questo nell'espressione -.e!)
pEi:v.
mm'.iµa:·n 1Jµwv? E non ne deriva, in-
fine, che lo Spirito di Dio conferma se Xet.'tet.µa.p't'UpEi:V (Lisia, Demostene, I-
seo, Epitteto, Dione Cassio, raro nei
stesso? papiri), col genitivo della persona: fare
una deposizione contro qualcuno; figma ·
O"U\/Emµa.p'tupi::i:v. Forma di uso cor- alcune volte nei LXX (per 'ud in forma
rente già nel greco extra-biblico (Ari- hif'il, per 'anfì, lett. 'rispondere', o per
stotele, Polibio, Plutarco), manca nei l'espressione aramaica 'akal qar!é dz p",
LXX; nel N.T. si trova solo in Hebr.2, lett. 'mangiare i brandelli di qualcuno'),
4. La salvezza annunciata in un primo soprattutto per una falsa testimonianza
tempo dal Signore stesso, fu 'assicurata' a carico. Che si tratti di una testimo-
a noi da quelli che 'udirono', O'U\IEm- nianza falsa, non è però implicito nel
µa:p-rupouv'toç -.oli ili::ou <TTJµdotç X'tÀ., vocabolo, ma si deduce dal contesto (3
«concorrendo Iddio a testimoniarla con Bwr.20,10 [mancante nel cod. BJ. lJ;
prodigi», ccc. Per il significato si veda Sus.21 (Teod.), o è espressamente mes-
ep.Ar.191: auvrnLµetp'tUPlJO"Ct.ç oÈ 't'OU- so in rilievo con l'aggiunta di (µctp'tu-

4Cosl ad es. LtF.TZMANN, Rom: e P. AL'l'f-IAus, s Cosl ScttLATTER, Rom.266.


N.T. Deutsch II (1933), ad I.
1379 (1v,5r6) p.ap-cupoµm x-cÀ.. (H. Strathmann)

plav} \jJEuo~ (Prov.25,18; Sus. 43.49 poµat vvv a.Ù""tlJV "tlJV i)E6v, «chiamo
[Teod.] ). Senza questo significato con- in testimonio la stessa dea»; Eur., Med.
comitante il termine figura in lob 15, 1410: oa.lµova.ç; Eur., Phoen.626: ya.i:-
6 (-.à oÈ XELÀ:Y) O"OU xa:mµap'tup-ficrou- av xat 1}Eouc;); ma anche degli uomini;
crlv crou, «le tue labbra attesteranno cfr. Aesch., Eum.643: ùµfu; o' à:x.ovm1
contro di te»), e in Dan. 6 ,25 (ot xa.- "t"a.u""t'Éyw µa.p'tupoµa.t, «vi chiamo a te-
'ta.µap'tupl]cra.v'tE<; -i:ov /l.a.vtfiÀ., «colo-
stimoni che ciò voi udite»; Plat., resp.
ro che avevano accusato Daniele»). Al- 2,364 d: oi. OÈ •iiç "tWV ilEwv ù7t' &.v-
trettanto si dica di Epict., diss-4,8,32: 1}pwnwv 7tctpaywyi'jc; -tòv "Oµ'r)pov
a proposito della µa.prcupla del cinico µa.p""tupO\/'t'ctL, «chiamano Omero a testi-
autentico, il quale 'tTI &.pE'tTI µa.p'tupEL monio che gli dèi si lasciano piegare
xa.t 'tW\/ Èx-.òç xa.-i:a.µa.p'tupEi:, con la dagli uomini»; Aristoph., P/.932 : òp(j.ç
sua condotta «testimonia a favore del- (), 7toM::i:; 'tau't' tyw µa.p·ri'.ipoµa.L, «vedi
la virtù e depone contro l'importanza che cosa fa? Te ne chiamo a testimonio»
di tutto ciò che è esteriore». (si intende come oggetto del µap .. upo-
µa.t la persona a cui è rivolto il discor-
Nel N.T. compare solo in Mc. 14,60 so: bisogna sottintendere un a'E); cosl
(e par. Mt.26,62), quando il sommo sa- in ran.528; vesp.1436; nub.1222 .1297;
cerdote chiede a Gesù: oòx &.noxplvn Plut., Alcibiades 12 [1 l96d]: 't'Ò\/ .:lto·
oùSÈv; 'tl oÙ't'ol crou xa.-ta.µa.p-.upoucnv, µ1JS'l1... µap-.upoµEvov ilEoùc; :x.a.i &.v-
ilpw1Covç, «Diomede che chiamava a te-
<<non rispondi niente? Che vuol dire ciò stimoni gli dèi e gli uomini»; Plut.,
che costoro attestano contro di te?», e Aristides 18 [1 330 a]: 'Apto--tElo'r)c;...
in Mt.27,13, dove Pilato gli rivolge µap't'up6µEvoc; 'EÀ.À'r]vlouç 1}EoÌJc; a7tÉ-
XEa-l}m µax'r)ç, «Aristide Escongiurò]
questa domanda: oùx &.:x.ouELç 7t6cra crou chiamando a testimoni gli dèi dei Gre-
xa:ra.µap'tupouo-w, «non senti quante ci, di astenersi dalla battaglia»; Plut.,
accuse depongono contro di te?», dove Marcellus 7 [r 3ord]: ZEu, µa.p'tupo-
µal <TE... O"ot xailtEpouv, «o Zeus, ti chia-
Marco dice: toE 7t6cra crov xa..-rnopou- mo a testimone che ... ti consacro»; P.
crtv, «guarda di quante colpe ti accusa- Oxy. vur II 14, 23 ss. [111 sec. d.C.]:
no». Che si tratti di deposizioni infon- ɵap"tvpa.-ro 'toÌJç 'tOOE 'tÒ µa.{>-tUpO'ltOL'J)-
µa O"<ppa.ylsw,1 µf>.À.ov't'aç ... Aùp'l']Àla.v
date, risulta dal contesto. 'A7toÀÀwvla.v ... cHìtéi.ilE-tov 'tEÀ.EU<ti'jirat,
«chiamò in testimoni coloro che stava-
t µap'i"upoµat, t Staµap't'upoµa.L, no per suggellare questo documento ...
t 7tpoµa.p""tupoµa.t 1 che Aurelia Apollonia ... era morta sen-
za testamento... ».
µap-.upEcr1}a.L. In origine, chiamare Tale è l'uso corrente. II vocabolo e-
qualcuno in testimonio a proprio favo- sige quindi, propriamente parlando, che
re su qualcosa. Lo si dice particolarmen- si indichi colui che viene chiamato a
te degli dèi (Plat., Phileb.I2b: µap-.u- testimone 2 • Quando questa indicazio-

µcxp-cupoµcu x"tÀ..
I Èmµcxp'tVpEai)cx~,
che figura nei LXX alcune sa), 'ammonire' (di non fare qualcosa): cfr. 3
volte (sempre per 'ud; per la costruzione cfr. Bacr.2,42; Am.3,13; 2 Euòp.19,29 s. 23,15. 21
HELBING, Kamssyntax 226 s.). ha di regola il (var.).
senso di 'mettere in guardia' (contro qualco- 2 Per il significato del medio dr., ad es., 8tx6:-
1381 (1V,5r7) µa.pi:vpoµm x-.À.. (H. Strathmann)

ne è omessa e si dice soltanto l'oggetto leb ricevette in retaggio un possesso


del µap-rvpEcrDru, si passa immediata- nella terra promessa Év -ç~ µrxp"t'upaO'-
mente al significato di dichiarare solen- frut -rii ÈxxÀ.'r}crl~, «per la testimonian-
nemente, il che si può intendere come za da lui resa davanti alla comunità»,
un'affermazione recisa, ed equivale a in quanto aveva ingiunto di non lasciar-
garantire che qualcosa è proprio così; si demoralizzare dal racconto degli e-
dr. Plat., Phileb. 47d: i:ao"t'Cl oÈ -co"t'E sploratori e di prepararsi alla conquista
µÈv oux ȵClp'tupaµEDa., \IU\I ÒÈ À.Éj'O· di Canaan fidando in Jahvé. Simmaco
µEv, «questo allora non lo abbiamo af- ha il vocabolo in i!; 49,7 (per 'ud in
fermato a fondo, ma ora diciamo ... }); forma hif'il), nel senso di 'dichiarare
Dio C.41,3,2: Ehév 'tE ttoÀ.À.à xCt.t s- solennemente'.
µap-rvpa.v"t'o, «dissero molte cose e le
garantirono». Può inoltre equivalere al Nel N.T. µap'tupEcrfra.L si trova due
semplice attestare; P. Oxy. VIII u2r,8 volte negli Atti e tre in Paolo. Indica
[m sec. d.C.]: µap-cupoµÉVT) 'tà E~c; µE una pressante esortazione in I Thess.2,
È'ltLXELp"f}ì>Év"t'Cl, «attestando ciò che ern
stato tramato contro di me»; cfr. r. 23 I 2 ( 'ltapaXClÀ.OU\l'tEc; Ùµéi.c; ... xat µap"t'U-
s.: Èmolowµt i:rioE -ra (3t'3AlCl µa.pi:u- poµE'VOL Etc; 't'Ò 1tEpmO:'tEL\I ùµéi.ç ci~lwc;
poµÉvlJ µÈv 'tÒ È1ttXElP'r}µa cil;tofoa oÈ -çou frEov X"t'À.., «esortandovi... e scon-
.. ., «consegno queste carte, attestando giurandovi a tenere una condotta de-
la trama, e giudicando doveroso ... »; an-
che P.Oxy. VIII u20,II; cfr. pure il gna di Dio», ecc.) e in Eph.4,17 ('tOU"t'O
passo, citato sopra, di P.Oxy. VITI, II 14, ouv À.Éyw xa.t µap'tvpoµa.L Év xuplcp,
23. È infine usato col valore di una µ.T}XÉ't'L ùµ&c; 1tEpt1tO:'tE~V xa.frwc; xat -cèt.
pressante richiesta, ingiunzione o am-
monimento (cfr. P. Lips.37,25 [Iv seè. EWlJ 7tEpt1ta'tei:, «io dunque vi dico e
d.C. J: otà 'tou..o Émolowµt ..oucroE 'toùc; vi scongiuro nel Signore di non com-
À.t(3É À.À.ouc; µap'tup6µEvoc; xa.t rit;,tw\I portarvi più come si comportano i gen-
'tOU'tOUc; È\I acrcpa.À.d E!'VCX.L µÉXptç "t'i)c;
Èmoriµla.ç 't'Ou &pxov'toç, «per questo tili»). Bisogna tuttavia precisare che la
consegno questi documenti, ingiungen- semplice traduzione «vi scongiuro» non
do e giudicando doveroso che siano te- rende completamente il tono del te-
nuti al sicuro fino all'arrivo del magi-
sto, perché lascia in ombra l'appello a
strato».
Dio che deve appoggiare l'esortazione.
Nei LXX µa.p"t'upEcrila.t compare solo Negli altri tre passi il vocabolo è usato
due volte (accanto alle nove del più
per una energica assicurazione (sempre
corrente Èmµa.p"t'UpEcrbat); I udith 7 ,28:
µap'tup6µEfra Ùµt\I 'tÒ\I oupa\IÒ'V xa.t col dativo della persona a cui è fatta)
-tnv yljv xrzi 'tòv DEòv 1Jµwv, «vi scon- riguardo a un fatto concreto, come in
giuriamo chiamando a testimonio il Act.20,26: OL6"t't µrxp'tÙpoµa.L vµi:v .•. lht
cielo, la terra e il Dio nostro» (per
avallare una richiesta espressa prece- X<Xi>apoç etµt a1tÒ 'tOV a\:µa'toç '1ta'V'tW'J,
dentemente); secondo I Mach.2,56 Ca- «perciò vi protesto che sono mondo del

~ELV 'render guistizia', con l>Lxa~E0"1'a.L, 'farsi dere in affitto' [DEBRUNNER] . Cfr. anche HEL·
render giustizia', allo stesso modo· di µLaitouv, mNG, Kosrmy11tax 225 [BERTRAM].
'dare in affitto', confrontato col medio 'pren·
µa.p'tupoµaL X'tÀ.. (H. Strathmann) (lV,518) 1384

~angue di tutti» {Paolo afferma con e- volta per zhr all' hif'il, 'ud all' hof'al;
nergia agli anziani della comunità di E- due volte per jd' all'hif'il. Col signifi-
cato fondamentale di 'chiamare a testi-
feso che egli non ha responsabilità al- monio in proprio favore' compare in
cuna se qualcuno si perde}, oppure a Deut.4,26: otaµap't"upoµat ùµi:v o-1Jµi;-
una verità di cui si deve tener conto pcv 't6\I 'tE OUpa\IÒV xaÌ. 't'Ì]\I yfj\I, 8't"L
à..nv)ÀEl~ à.7tOÀ.Ei:crl}E x-r À., «invoco og-
{Gal. 5 ,3: µap-rupoµo:.t ÒÈ miÀw 7tet.nt
gi contro di voi il cielo e la terra a
àvitpw7tcp 7tEpt-rEµvoµÉv~ o-tt òcpELÀÉ't'l'J<; testimoni che andrete in rovina» ecc.;
ÉCT'tt\I OÀO\I 'tÒ\I v6µoV 'ltOLfjCTG.L, «dÒ la cft. Deut.30,19; 31,28. In lEp.39,rn.44
assicurazione, ancora una volta, a chiun- leggiamo Òtaµap-.upEcritat µ&p-.upa<; nel
senso di 'chiamare testimoni' per la con-
que si fa circoncidere, che è in dovere clusione di contrAtti. Negli altri casi si-
di osservare tutta la legge»}, e in par- gnifica 'dichiarare con istanza', si tratti
ticolare al messaggio evangelico che di disposizioni da eseguire (Ex. 18,20;
19,10.21; 1 Brur.8,9), o di rimostranze
Paolo «attesta a grandi e piccoli» (Act. fatte a qualcuno (Ex.21,29; 2 EO"Sp.23,
26,22) 3 • 21 ), una volta eccezionalmente anche di
una promessa (Zach.3,6); di solito però
Staµapi:vpEaitcn, quanto al significa- è detto dei pressanti ammonimenti pro-
to, quasi non differisce dal semplice µa.p- fetici alla penitenza (4 Ba<r. 17,13; 2
'tUpecritat: chiamare a testimone qual- Ilap.24,19; 2 EcrSp.19,26.34; ~ 49,7 ~;
cuno ( dèi o uomini) in proprio favore 80,9; lEp.6,ro; Ez.16,2; 20,4 (nei due
a proposito di qualcosa, dichiarare qual- ultimi passi con l'oggetto ~à.<; &voµlaç,
cosa appellandosi a testimoni; inoltre 'i misfatti contro la legge'). In tali ac-
semplicemente dichiarare con istanza, cezioni il verbo è spesso costruito col
si tratti dell'affermazione di fatti o di dativo della persona, ad es. Det1t.32,46;
verità (in questo senso frequente, ad Ex.19,21 6 • Unico è il significato in Mal.
es., in Demostene), oppure di ingiun- 2, 14: <>·n Kuptoc; otEµap-.upcx.-.o àvti
zioni, sollecitazioni o ammonimenti a µÉO"'O\I CTOU xa.t a\IOC µ.foov yu\l<X.t?tÒç
non fare qualcosa 4 • VEÒ'tl]'t"6ç crou, «perché il Signore fece
Nei LXX compare una ventina di vol- da testimone fra te e la donna della tua •::
te, quasi sempre per 'tìd all'hif'il; una giovinezza».

3 È da notare il dativo con µap'tupeui)at; es- µa.p-;upoµÉvou 'tOV àvDpùmou tvav-.lov µap-
so dimostra che µa.p-tupoµat dal significato di -tupwv µi} a-rtorpalvEC"f}at...; Xenoph., Cyrop.
'chiamare in testimonio' è passato a quello di 7,1,17: xaL O"Ò µ1) "Jtp6upov gµpaÀ.ÀE -toi'ç
'testimoniare', 'assicurate'; e cosl il suo senso lva.v'Tlotc;, Sta.µet?'tvpoµat, "Jtptv 8.v <J)Evyov-
si è confuso con quello di µap-;upEi:v; ~ col. "t"c.tç ••• i>EaO"'{); Polyb.1,33,5: .aa.vlllmtou Si.a-
1382 [DEJJRUNNER]. Il dativo si trova anche in µa.p'tupoµtvou µ1) -rtaptÉ\lm -.òv xmp6v; Po-
un altro passo dei LXX: fodith 7,28 (accanto lyb.3,15,5: oLEµap-.vpov-i-o ... à.-rtÉXEiri>aL... xat
all'accus. di chi è chiamato a testimonio). Qui ... µiJ Sta.~a.lvELV; Polyb.3,no,4: 1toÀ.}..à. Bta~
dunque il termine ha entrambi i significati. lk<J.p-rupoµÉ\IOU xat XWÀ.VOV"tOc; 'tOU AEuxlou.
Per i papìri, dr. PREISIGKE, Worterbuch e
4 Quest'uso è corrente; cfr. Plut., Cim. 16 (1
489b): 'E<P~&.:>-.-.ou oè xwMov-toc; xaL otaµap- MOULT.-MILL., s.v.
-.upoµÉvou µfi ~ol)i)Ei:v x'TÀ..; Plut., Cross. 16
5 Simmaco qui dà il semplice µttp'tupoµa.L, e
(I 553a): ò o' 'A't#oc;... ~XWÀ.UE xat OtEµap"tU· ciò conferma l'equivalenza delle due forme.
pE'tO µii ~aol~Etv ...; Demosth., or.33,20: Bta· 6 Cfr. HELBING, Kasussynlax 225 s.
µap·dipoµm X"tÀ.. (H. Strathmann)

Dei quindici passi del N.T. in cui fì. rebbe col contesto. In tutti gli altri pas-
gura &aµa.p--cupECT~m, dieci sono negli si OLaµap-.upwitat significa attestare
scritti di Luca (di cui nove negli Atti), vigorosamente, garantire che questa o
tre nelle lettere Pastorali, uno nella pri- quella cosa è o sarà in quella data manie-
ma ai Tessalonicesi e uno nella Lettera ra; in Act.20,23 si riferisce all'annuncio
agli Ebrei. In questi passi non significa della prigionia che attende Paolo; in
'chiamare in testimonio', ma dichiarare Hebr.2,6 serve a introdurre una verità
con istanza, nel senso di una viva racco- attestata nell'A.T.; in I Thess.4,6 è u-
mandazione a non fare qualcosa, in Le. sato per la predicazione di Paolo appel-
16,28 (o1twç 0La.µa.pi:up11i;aL a,ùi:oi:ç, ~va lantesi al futuro giudizio di Dio; negli
µi) '.lW.Ì cx.1'.l'tot !i).J)wow dç "tÒ\I "t01tOV Atti (tranne 20,23) sta sempre per l'an-
"toihov i:fjç Ba.<Tavou, «perché li metta nunzio del vangelo <la parte degli Apo-
in guardia istantemente dal venire an- stoli e ha come oggetto "t'Ò EÙayyÉÀLOV
ch'essi in questo luogo di tormenti») e in Tljç xapLi:Oç -rou ~EOU, «il vangelo della
2 Tim. 2,1 4 (oLa.µa.p,upoµEvoç Èvw1uov grazia di Dio» (20,24), "tYJ\I Bcroùelav
--cou ~Eou µi) À.oyoµaxEi:v, «vivnmente 'tOU i}Eou, «il regno di Dio» (28,23),
raccomandando al cospetto di Dio di non "t'Ò\I Myov 'tOU xuplou, «la parola del
fare vane dispute»). Qui ÈVW7tLOV ..-oli Signore» (8,25), "t'OC 1tEpÌ. ȵou, «ciò che
i}Eou richiama la sfera originaria del vo- mi riguarda» (è il Cristo che parla, 2 3,
cabolo. L'ossetv~zi011e vale anche per I 1 r ), -rTjv Elç ilEÒ\I µEi:civoLav xa.L 7tl-

Tim.5,21, e ancor più per 2 Tim.4,1, do- v'tLV dç i:òv xvptov i}µwv 'I'T)crouv, «la
ve 'dichiarare con istanza' è detto nel conversione a Dio e la fede nel Signore
senso di un'esortazione pressante e posi- nostro Gesù» (20,21). In 18,5 il con-
tiva. Nell'ultimo passo ( ~)La,µap"tupoµrx.L te nuto dell'attestazione è espresso con
Èvwmov ..-ou ~Eou xa.t Xptcnou 'l'T)<Tou ... l'ogge ttiva dva.L .,;òv XPLCT'tO\I 'l'T)crouv,
xat "tTJV Émcp6:vmxv aùnu xa.t ..-i)v Ba- <;che Gesù è il Messia», in 10,42 una
CTLÌ..Elav aùi:ou· x1)pul;ov ..-òv À6yov, «ti frase introdotta da lhL; in 2,40 si de-
scongiuro davanti a Dio e a Cristo Ge- duce dal contesto.
sù ... e per la sua manifestazione e il suo Ttpoµap"tupEcritrx.t fuori della Bibbia si
regno: predica la parola!»), OLaµa.pi:v- · trova per la prima volta in un papiro
pEcrìlaL è costruito come òpxlsw "t'L\la "L dell' VIII sec. nel senso di 'invitare in
antecedenza a qualcosa' (P. Lond. IV
in Mc. 5,7; Act. 19,13 (cfr. rThess. 5, 1356,32: 1tpoµa.pi:up6µEvoç [a1hovç
27), e ha ancora, evidentemente, il senso d ]e; ..-ò <TXEtV 'tÒ\I <po~O\I 'tOV ìlEoU 1tpÒ
di 'scongiurate'. Per evitare questa in· òcpita.Àµwv, «incitandoli anzitutto ad a-
vere il timor di Dio davanti agli occhi» ).
terpretazione, bisognerebbe considerare
't+iv É1tL<pavwx\I x-.À. co~e. oggetto di Nell'A.T. manca e nel N .T. compare
ow;µa.pi;upoµa.L, il che non SÌ accorde- solo in I Petr. r , 1 r nel senso di 'testi-
ljiwo6µap-.uç X't"À.. (H. Strathmann)

moniare, proclamare in antecedenza' -.uc; il sostantivo ha funzione verba-


come realtà (che si verificherà un gior- le e il prefisso fa da oggetto, come in
ljievo6:.yyEÀ.oc;, 'uno che annuncia [ an-
no): lo Spirito (1t\1Euµcx.) di Cristo abi- nunziatore di] notizie false', messagge-
tava nei profeti 1tpoµa.p-.up6µEvov ..;à ro fallace (Omero, Aristotele), lfieuoo-
ELç XpLCT'tÒ\I 1tail-fiµa:i:a (attestando in xfjpu!.;, 'araldo di falsità' (Sofocle), tjlrn-
o6µav·nç, 'profeta di menzogne' (Eschi-
antecedenza le sofferenze destinate al lo, Sofocle) 1• Il vocabolo indica quindi
Cristo) xcx.t -ràç µE'tÙ.. -.aih·a 061.;ac; (e uno che testimonia il falso. Ciò che si
le glorie che ne sarebbero derivate) 7 • contesta non è che un tale possa venir
considerato in sé come testimone per-
ché, ad es., non avrebbe una conoscen-
t 4;Euooµap't'uç, t lflwòoµap-.upÉw, za diretta delle persone, situazioni, av-
t lflwòoµap't'upla venimenti in questione; si contesta piut-
tosto la giustezza delle sue asserzioni.
4;wòbµa.p't'uç, falso testimonio. Co- ~wooµap-i:upla e ljleu86µap-.uc; equival-
me lflwooµap't'upe'i:v e '1;euòoµap-.upla, gono a -.à o/wofj µap·cupc:i:v (testimo-
figura già nel greco classico. I testi più niare cose false) (cfr. Anaxim., reth.Al.
significativi si trovano nella rhetorica 16). Quando nel Gorgia di Platone
ad Alexandrum dello Pseudo-Aristotele (472b) si discute la tesi socratica -.òv
(Anassimene) (16 p. l431b 20 ss., spe- &.otxouv-.a oùx Eù8alµova. dvat, «che
cialmente 41 s.), dove si tratta diffusa- l'ingiusto non è felice», e Polo oppone
mente de testimoniìs et testibus e com- a Socrate la testimonianza della turma
paiono tutti e tre i vocaboli. Nei papiri degli Ateniesi, Socrate designa tutti co-
invece manca completamente; è però storo come lfiwooµap-.upac;, con l'aiuto
usato o/euooµap-i:uptov (~col. 1392). Il dei quali È'ltLX.EtpEtç E:xBci.À.À.Et\i µE Èx
composto non dev'essere spiegato alla -cflç ovfllaç xat 'tOV àÀ.T)~ouc;, «cerchi
maniera di '1;wSocplÀ.t1t1toç 'pseudo-Fi- di scacciarmi dalla realtà e dalla veri-
lippo' (Luciano), \~EUÒT)paxÀ.Tjç, 'pseu- tà»; ma non vuol dire con questo che
do-Eracle' (Menandro), ljlwo6xptcr-toc;, costoro non possano essere considerati
'pseudo-Messia' (Mt. 24, 24), o/E.Voo- in sé come testimoni, bensl che ov'toc;
1tci.pi)Evoc;, 'falsa vergine' (Erodoto), ò EÀEyxoc; oùoevòc; &~t6c; ÈCT-tL 'ltpòc; 'tTJV
lflr::uo6xpv<Toç, 'oro finto' (Plutarco), &.À.1}i)e:tav, «una prova di questo gene-
\];Euo601w11:vov, 'pranzo non vero' (Eschi- re non ha nessun valore per la verità»
lo, Sofocle, dove il prefisso \)ie.uoo- indica (471 e), perché essi testimoniano il falso.
solo che l'idea contenuta nel corpo del- Che uno sia µ6:.p-.uc; o lfiwo6µap~uç,
la parola è applicata 4;wowç (inganne- dipende dal fatto che dica, o meno, la
volmente) a qualcuno o qualcosa. A dif- verità.
ferenza di queste forme, in ljlc:vo6µa.p- Anche l'uso biblico poggia su queste

1 MouLT.-MILL. traducono «chiamato a testi- CORSSEN; inoltre P. CORSSEN, Ober Bildung


moniare , convocare come testimonio»; ma que- tmd Bede11tung der Komposita ljiwoo1tpoq>-fi·
sto significato, che certo si presenta per primo -t"()c;, ljlEU86µ,av·nc;, o/EU1ì6µe<p·tuc;: Sokrates 72
in base al valore fondamentale di µap'tVPEO'- (1918) 106 • 114; inoltre Indogerm. Jbch. 5
i>a~, non è applicabile ai due passi citati. (1918) 123 s. (nota bibliogr.); infine VON CAM-
PENHAUSEN, op.cit.28 s.
ljiwo6µo:p-.uç x-tl. 1 Cfr. DEBR., Griech. Wortb. § 114 e BL. -
~ bibliogr. di µ6.p-tuç: HoLL, R RlTZENSTl!lN, D EBJt. 6 § 119.
ljiwo611ap·rn~ X't"À. (H. Strathrnann)

basi. Nei LXX lfiwòbµo:p-.vç compare risuscitato se è vero che i morti non
solo in Sus.60 (dr. Teodozione v. 61) risorgono». Anche qui bisogna partire
dove parlando di Daniele, si dice che
(W'tOUç
' ' XO:'t'E<J't"f)O"E\/
' o:µcpo'ti:.pouç
' L ,f,
'i'Euoo-
11' dall'idea che o/wociµcxp-.v<; indica colui
µap't'upo:ç, «dimostrò che ambedue (cioè che come testimone, cioè nella sua stes-
i due vecchioni che avevano insidiato sa testimonianza, dichiara qualcosa di
Susanna) erano falsi testimoni».
falso. Questo avrebbe fatto Paolo se,
Nel N.T. fìgura una volta in Mt.26, come è avvenuto poco prima al v. 8, te-
60, a proposito dei falsi testimoni che stimoniasse in base a una personale e-
nel processo di Gesù compaiono a suo sperienza che Cristo è risuscitato, quan-
carico davanti al sinedrio: i capi dei sa- do invece risultasse a priori che la ri-
cerdoti e l'intero consiglio cercavano surrezione dei morti è impossibile. Nel
l}iEuooµo:p·rnplo:\I xo:'ta 'toiJ 'ITJ<roù, o- fare questa riflessione l'interesse di Pao-
?twç o:Ò'tO\I ì}o:vo:'t'wcrwcrLv, xo:t ovx EÙ· lo è rivolto quindi al contenuto della
pov 1toÀ.À.wv 7tpocrEÀ.i>6v't'wv ljlwooµrip- testimonianza e non al timore, per es.,
't'UPW\I, «una falsa testimonianza contro che la sua person~lità possa apparire in
Gesù, per farlo morire, e non riusciva- una luce ambigua, in quanto egli si ar-
no a trovarla, benché si fossero presen- rogherebbe abusivamente il tìtolo di
tati molti falsi testimoni». Falsi, natu- testimone 2 • Questo pensiero, oltre ad
ralmente, secondo il giudizio del narra- essere totalmente in contrasto col sen-
tore; qui egli frammischia il suo punto so di o/wò6µo:p'tvç, costituirebbe una
di vista a quello dell'assemblea nel ri- deviazione (contraria al contesto) dal-
ferirne le macchinazioni. la questione obbiettiva della risurrezio-
~Euo6µo:p't'uç si trova ancora solo in ne di Gesù e l'assunzione di un punto
rCor.15,15 : se il Cristo non è risorto, cli vista esclusivamente personale. An-
è vana la nostra predicazione e vana pu- che il genitivo ( lj/Euooµap'tupEç 'toiJ
re la vostra fede, EUpLCTXoµEi>o: ÒÈ xat ~Eov) non può orientare l'interpretazio-
lf/Euòoµcip'tupEç 'tOiJ itEoiJ, O'tL ɵcxp'tu- ne in altro senso. Se lo si considera co-
p1JcraµEv xa'ta 'toiJ itEou oi:t i}yEtpev me genitivo soggettivo (testimoni che
'tÒV XpL<i'tOV, ov oùx TlYELpEV El7tEp &po: sono posti da Dio e gli appartengono) 3,
VEXpoÌ oùx ÈyElpo\l'tO:L, «e noi ci darem- si è indotti a vedere, nella riflessione
mo a conoscere come falsi testimoni di occasionale, l'eco di un appellativo -
Dio, poiché abbiamo attestato, in con- µap'tvc; 'tOU ~eou - che però Paolo non
trasto con Dio, che egli ha risuscitato usa altrove, finendo per distorcere il si-
il Cristo, mentre non lo avrebbe affatto gnificato di l}iwooµap'tuç e per lascia-

2 Cfr. HEINRICI, Sc11dschr. r 48i' 3 Cosl ~ K. HoLL, ljiEUB6µap'tv<; (Ges. Ar1/s.


.:{. Kirchengesch. II [1928] II3).
1391 (1v,5:20) µwrO:oµcx.~ (C. Schneider) (1v,5zr) 1392

re la questione obbiettiva per il caso tratta pure in Mt.19,18 = Mc.10,19 =


personale. Si dimentica inoltre, e inde- Lc.18 1 20. In Rom.13,9 il termine si è
bitamente, che la frase viene commen- introdotto del pari dai passi sopracitati
tata proprio mediante la proposizione dell'A.T., come lezione secondaria, nel
introdotta dall' 8·n. E proprio qui sta cod. S e in alcuni altri. Oltre a questi
la spiegazione vera 4 • Per quanto possa casi figura solo in Mt.14,56.57, nel pro-
riuscire insolito, dal punto di vista lin- cesso di Gesù.
guistico, intendere il geo. -coii ikoii co-
lfirnoop.a.pi;upla. manca nei LXX.
me genitivo oggettivo, solo in questo
modo la spiegazione corrente risulterà Nel N. T . ricorre in Mt. ~6,59, nel
giustificata. Paolo sarebbe tl;woéµa.p'tuc; processo di Gesù (---7 !J;woéµa.p-cvc;) e
'tOU i}Eoii perché, per dirla con Platone, al plurale nel catalogo dei peccati di
xa.'taljlrnooµap-cup11iM'r) &v ò ~Eòc; ùlt'- Mt. r 5, l 9 1 che si riallaccia alla seconda
aÙ•oii, «Dio risulterebbe da lui falsa- tavola del Decalogo: Éx y&p -rfjc; xa.p-
mente testimoniato», venendo detto au- ola.c; É~ÉPXOV'tcx.L Ota.).oytcrµoL 'JtOVl}pol,
tore di una cosa che in realtà non ha cpévot, µotxEi:a.t, rcopve~at, xÀ.orca.l, lfiw-
fatto, cioè di aver risuscitato il Cristo ooµa.p-.upla.t, «dal cuore infatti proven-
(cfr. Plat., Gorg.472 a). gono pensieri cattivi, omicidi, adultèri,
fornicazioni, furti, false testimonianze».
Nei LXX tl;cu8oµa.pi;upEL'v, oltre che In P. Hal.r (-7 µcip'tuc; n. 14) si tro-
in una variante di Sus.61 (Teod.), si
trova solo in Ex.20,16=Deut.5,20(17): vano copiosi dati sulle «procedure nei
lo' ta'aneh bere'akà 'ed 'Seqer, <<non dir processi per false deposizioni testimo-
falsa testimonianza (in tribunale) con- niali» (i) 'tou 4iwooµa.pi;uplou olx'J] ). II
tro il tuo prossimo».
termine di solito usato in questi testi è
Di questa prescrizione della legge si tl;euooµa.p•uptov.
H. STRA'fHMANN

t µmraoµm.
Dalla radice di µaw = tastare; cfr. 1'o- nelle commedie, mentre i tragici e i pro-
merico µacr'ta.~ = bocca, il latino mando. satori più antichi la evitano a causa del
È forma attico-ionica 1, in uso anzitutto suo timbro drastico: mordere, mastica-

4 Cosl VON CAMPENHAUSEN, op.cii. 29 n. 4, PHEUSCHEN - BAUER 777. '819; WALDB-POIC. li


benché in generale sia propenso ad accettare 270.
l'interpretazione dcl genit. proposta da Holl.
I La grafia µa<rO'aoµa.~. che talvolta s'incontra
µmraoµa~ ancora, è quindi falsa.
LIDDELL-SCOJ'T 1082; WILKE-GRIMM 273;
I 393 ( IV,,521) µa.cr6:oµc.t (C. Schneider) (IV,521) I 394

re, triturare, mangiare 2 • Usato senza lo sul trono della bestia, con le tenebre
oggetto: Aristoph., eq. 717; vesp. 780; che ne seguirono 4•
Theophr., char.20,5; P. Lond. I 46,280
s.; con oggetto: ò;µuyociÀa.c; (mandor- Si stenta ad accettare che tenebra e
le), fr. 253 di Eupoli (C.A.F. I 327); dolore siano ancora conseguenze delle
xpÉa.c;, Aristoph., Pl. 320 s.; Ci1)7tla.c; moleste cavallette che oscurarono il so-
(seppie), Aristoph., Eccl.554; 'toùc; èip- le in Apoc.9,1 ss., come pure che solo
'touc;, Artemid., oneirocr. 4,33; 'tÒV 7tci- la tenebra sia 7t6voc:; (dolore} o che vi
7tupov, Theophr., hist. plant.4,8,4; Cas- sia confusione nel testo 5 • Qui, piutto-
sius Felix 32 (ed. V. Rose [1879)) in- sto, abbiamo un saggio del carattere ge-
dica con 'tÒ µacrwµevov un farmaco per nuino dell'esperienza dell'Apocalisse: si
la pulizia dei denti; Philostr., vit.Ap.7, tratta di 'allucinati' che, in condizione
21, usa µacrcioµa.L [ 'tà xElÀ.1}], accanto di altissima eccitazione, si lacerano coi
a cruyye)..ciw, nel senso di 'storcere bef- denti persino la lingua; la nebulosità
fardamente la bocca'. delle linee del quadro mostra che la sen-
Nei LXX il termine ricorre una sola sazione di dolore nell'esperienza della
volta, nella traduzione assai libera di visione fu cosl forte da offuscare la
lob 30,4: ot xat pl'(,a.c, !;uÀwv è:µa.crwv- chiarezza della scena 6 •
'to Ù7tÒ À.iµou µEyocÀ.ou, «masticavano Anche nell'apoc. Petr. (testo di Akh-
persino le radici degli alberi, dalla gran mim 28 s.) si incontra la stessa espe-
fame)>, senza equivalente ebraico 3 . Flav. rienza; ma viene inserita nello schema
Ios., bell.6,197 ha: µa.<Tcioµat 'tèt. ÒÉp- di retribuzione proprio di questa apoca-
µa.'ta. -twv l>upEwv, «masticare il cuoio lisse e da esso razionalizzata 7 • Uomini
degli scudh>. e donne che bestemmiano Dio o 'la via
Nel N.T. solo Apoc.16,10 ha: «ed es- della giustizia', devono per punizione
mordersi le labbra, e i falsi testimoni la
si per il dolore si mordevano la lingua», lingua 8•
dopo il quinto calice versato dall'ange- CARL SCHNEIDER

2 L'unica forma grammaticale che s'incontra 7 Il testo etiopico, nel cap. 9, mostra i bestem-
nel N.T. è l'imperfetto: ȵauwv't'o. miatori che sì mordono la lingua, mentre i fal-
si testimoni si lacerano le lnbbra; più avanti,
3 In Eccl11.r 1919 è accettabile soltanto µLO'lJCTEL
nel cap. 11, il mordersi la lingua è la punizio·
(con i codd. BS contro il cod. A),
ne degli schiavi disubbidienti.
4 Per lx. 't'OV 1t6vou cfr. BL.-DEBR.9 § 2u, p. s In Apoc.16,11 la bestemmia contro Dio è
137. una conseguenza dei dolori, mentre in apoc.
s BoussET, Apok.; LoHMEYER, Apok.; ZAHN,
Petr.28 sono i dolori una conseguenza della be-
Apok., adl. stemmia. Anche in questo è evidente quanto
l'esperienza dell'Apocalisse sia a noi più vici-
6 C.SCHNEIDER, Die Erlebni.recbtheit der Apok. na di quella, artificiosa, dell'Apocalisse di Pie-
des ]oh. (1930) 103. tro.
1395 (1v,521) µaa"WfOW (C. Schneider)

t µa.O"'t"V)'OW, t µa.O"'tlsw,
t µ&.O"'t"~~
--;) µwÀ.wljJ, 7tÀ.1'Jy1J, paPol~w

t µacr-ny6w, t µao--i-l~w 2r. Teodozione ha questo termine in Is.


53.4 per niigua' •.
Etimologicamente affine a µa.loµa.L
= passare sopra qualcosa, cfr. Horn., r. In Mt.ro,17 e 23,24 viene pro-
Jl.5,748; 8,392: µa<r-i-LyL ... È1tEµcd.E-t'Cl- spettata ai discepoli di Gesù, accanto al-
p' L7mouc;, «colla frusta colpiva i caval-
li». µrur-tlsw si incontra a partire da le altre persecuzioni da parte dei Giu-
Horn., Il.5,366.768; Od. 6,82; µaCT'C'L- dei, anche la flagellazione nelle sinago··
y6w a partire da Epicarmo (C.G.F.), /r. ghe. Le parole non hanno tratto neces-
35,12; Hdt. l, 114; 3,16; 7,5+ flagel- sariamente origine dall'esperienza del
lare, fustigare, battere con flagello o fru-
sta: Anth. Pal., 9,348; Nonnus, Dionys. periodo delle persecuzioni 2 ; il fatto che
2,645; Xenoph., Cyrop. l,4,13; Plat., il termine tecnico si trovi solo in Mt.
resp. 2,361 e; leg. 8,845 a; II,914 b. In indica l'origine palestinese di queste
sen~o traslato: a) sferzare con parole,
Eptgr. Graec.303,5; b) tormentare, mo- parole.
lestare, Max. Tyr. (ed. H. Hobein) 19,
5 e (detto dei tormenti dell'anima). Circa la pena del bastone nella sina-
I LXX lo usano in senso proprio goga riferiscono minuziosamente i trat-
per naka, Ex.5,14.16; Deut.25,2 s.; 2 tati Sanhedrin-Makkot 3 • Per poter con-
Chron. 25,16; Num. 22,25; inoltre 3 dannare alla flagellazione nelle sinago-
Bw:r.12,24r; Tob.3,9 (detto di schiavi); ghe locali erano necessari tre, e secon-
2Mach.3,26 ; 6,30 (flagellazione di un do qualche autorità, perfino 23 giudici
martire); Prov. 27,22 (di uno stolto). (Sanh.r,2; Sanh.b.rnas.). Costoro ave·
Traslato: a) battere l'aria a volo di uc- vano compiti specifici anche durante la
cello, Sap.5,n; b) molestare, tormenta- esecuzione stessa: uno recitava i testi di
re, punire (per lo più ad opera di Dio), Deut.28,58 s.; 29,8; Ps.78,38; il secon-
usato per nakd, lEp. 5 ,3; per niiga'' 4' 72' do contava i colpi e il terzo dava il se-
5; per satam, lob 30,21; inoltre Tob. gnale prima di ogni battuta 4• Motivi di
n,14; 13,2.5.ro; Iudith 8,27; lob 15, punizione sono: diffamazione di una
n; Prov.3,12; Sap.12,22; 16,16 (con donna (già in Deut.22,13-19), ferite cor-
le piaghe d'Egitto); Ecclus 30,14 (con porali (Deut.25,1-3), falsa testimonian·
malattia); 2 Mach . 3,34.48; 3 Mach . 2, za (quando non erano in gioco punizioni

(.tO:O"t'Ly6w 'lt'tÀ.. J Cfr. K. F. EULnR, Die Verkii11dig1111g vom


leidenden Gottesk11echt a11s Js.53 i11 der grie-
PREUSCHEN-IlAUER 819 s.; LIDDELL-SCOTT cbische11 Bibel (1934) 62 s. 139 s.
1083; WALDB-POK. II 2r9 s.; Trattati Sattb. · 2 BULTMANN, Trad.II9 s.
Makkot ; TH. MoMMSEN, Romisches Stra/rechi
3 Cfr. anche ScHLATTER, Komm. Mt. a Mt. rn,
(1899); H. FuLDA, Das Kreuz tmd die Kreuzi-
gung (1878); H. DIELS, 2 Fragmente Herak/its, 17; STRACK-BILLERBECK m 527 ss. ; S. KRAUSS,
SAB (1901) r99 s .; WEINREICH, Ant. Heil. 60 SJ'llagogale Altert#mer (1922) r86 s.
s .; E. F EDER, Die Priigelstrafe (19u); STRACK- 4 Makk. b. 23a Bar.; dr. una prnssi alquanto
13ILLERBECK III 527 SS. diversa in ]oma 5,3.
1397 (1v,522) µwr-wy6w (C. Schncider)

più dure), maledizione del padrnne da modo di procedere era vario: in parte il
parte di uno schiavo, certe forme di in- condannato stava con le mani legate a
cesto, osservanza di usi ellenistici, viola- una colonna 9, in parte doveva piegarsi
zione del nazireato, celebrazioni di riti verso tetra, in parte veniva fustigato gia-
sacri in stato di impurità cultuale, sa- cendo in posizione orizzontale 10, in par-
crifici al di fuori del tempio, trasgres- te ricurvo sui banchi della sinagoga 11 •
sione di alcuni precetti circa i cibi, spe- Come strumento era usata la sferza ~
cialmente di Lev.3,17, rottura delle os- µcl<r·n~. Se si spezzava, non era permes-
sa all'agnello pasquale, contraffazione so prenderne una nuova, ma aveva luo-
dell'incenso o del crisma, mancanze gra- go la liberazione. Se ci si accorgeva che
vi contro il decimo comandamento 5• il battuto era in peticolo di morte, si
Nel caso di rabbini ordinati tale puni- doveva cessare, però capitavano anche
zione poteva sostituire il bando dal- casi di morte 12• Poiché il numero dei
la sinagoga. Secondo Deut. 2 5 ,3, come colpi non doveva assolutamente venire
massima punizione dovevano essere da- oltrepassato, uno poteva, per determi-
ti 40 colpi, mentre il codice di Hammu- nate mancanze, subire la pena del ba-
rabi ne prescrive 60 6 e il Corano giun- stone più volte u. Del resto venivano
ge perfino a 80 e anche a Ioo sferzate 7 • fustigati non solo uomini, ma anche
La sinagoga però, stando a 2 Cor. I I, donne 14 • Teoricamente la punizione va-
24; Makk.3,rn; Flav. Ios., ant-4,238. leva talvolta in sostituzione della pena
248, ne permetteva soltanto 39; il qu.i- di morte, qualora il colpevole avesse fat-
rantesimo colpo talvolta veniva solo ac- to penitenza 15•
cennato o del tutto tralasciato. Tredici
sferzate si ricevevano sul petto, 26 sul- 2. La flagellazione di Gesù, secondo
la schiena. Prima della flagellazione si Io.r9,1 e nelle predizioni della passio-
doveva valutate se il condannato potes-
ne in Mt. 20,r9; Mc. ro,34; Le. r8,33,
se fisicamente sopportare la punizione;
in caso negativo aveva un condono, ri- non è una punizione sinagogale, ma la
cevendo un numero inferiore di colpi, ve.rberatio romana.
divisibile per tre. Se poi risultava che il
calcolo era stato troppo basso, il con· Mt.27,26 e Mc.15,I5 in luogo di µa.-
dannato veniva ugualmente messo in li- <i't"Ly6w hanno il termine cppcx.yEÀ.À.6w,
bertà. Eseguiva la punizione l'inservien- mutuato dal latino. Lc.23,16 ha l'ano-
te della sinagoga, il quale di solito stava dino ?tetLOefoeti; e non dà notizia alcuna
su una pietra, dietro il condannato 8• Il dell'esecuzione; è qui evidente uno dei

s Makk. 3, 1 ss. Dalla flagellazione prescritta tre i casi si intenda la stessa cosa : il paziente
nella Bibbia dobbiamo distinguere la flagella- sarebbe stato legato alla colonna in posizione
zione correttiva· per la trasgressione di norme rìcurva.
rubbiniche: makkat mardfJt: Nas.4,J; Ket. b. 11 Dik.;.64a.29.
45b; Schab. b. 4ob; Jeb. b . .52a; [R.MEYER].
6 § 202 (ed. H. WINKLER [1904) rn4).
12 Makk.3,n.J4.
7 BERTIIOLET-LEH. I 717. B Makk.b.16 ss.
8 Makk.3,12 . Doveva battere con tutta la for- 14 Makk.3,14.
za: 3,13. 15 Makk.3,15 . Come punizione sinagogale si
9 Makk.3,12 ss.; R.H. b.22b. trova anche in Epiph., baer.30,u : i giudei fo.
10 Tg.]. I a De11t.25,2 s. S. KRAuss, Sa11hedrin- stigano un convertito al cristianesimo, poi lo
Makkot (1933) 372 n. 3, pensa che in tutti e annegano; dr. anche Eus., bist. eccl. ,5,I6,12.
1399 (IV,523) iio:-7-ri y6w (C. Schneidet)

numerosi tratti che mitigano la narra- --+ pa.Polsw. Paolo deve essere interro-
zione della passione in Le. lo. pensa gato sotto tortura, poiché la sua colpa
certo a qualcosa di medio tra la verbe-
ratio in senso proprio e la pena del ba- non risulta chiara agli inquisitori; a tal
stone a sé stante; Pilato con la flagel- fine egli viene anzitutto legato alla co-
lazione cerca di suscitare compassione, lonna della flagellazione, oppure siste·
come se volesse far eseguire soltanto la
mato su un tavolaccio: il testo ammmet-
~1 r:rberatio, senza crocifissione 16•
Secondo il diritto romano la verberatio te entrambe le possibilità. In Act.16,22
è sempre punizione concomitante la con- ss. potrebbe trattarsi anche della basto-
danna a morte, la condemnatio ad metal- natura quale punizione primaria che
/a e altre punizioni diffamanti con perdi-
ta della libertà o del diritto di cittadinan- veniva talvolta eseguita su provinciali,
za 17 • In numerosi casi essa da sola, del spesso sugli schiavi.
resto, aveva già effetto mortale. Nella
maggior parte dei casi precedeva la cro- La tortura, la quale, com'è noto, de-
cifìssione 18• Era ritenuta cosl terribile, v'essere intesa partendo dalla norma giu-
che perfino Domiziano inorridiva al ri- .ridica che senza confessione non è pos-
guardo 19 • Le donne erano però eccettua- sibile alcuna condanna, si incontra nel-
te 20 • Circa i particolari dell'esecuzione l'epoca imperiale specialmente in casi
conosciamo poco; il numero dei colpi di lesa maestà, talora perfino trattan-
non era precisato; si frustava fin quan- dosi di cittadini e persone libere 23 • Per
do la carne cascava a brandelli sangui- la prima volta a partire da Marco Au-
nolenti. Se veniva battuto da schiavi as- relio le classi sociali superiori e i sol-
segnati a questo compito, il condannato dati sono, per principio, esenti da essa
stava legato ad una colonna 21• in tutti i casi 24 • Dirige la tortura un
Sul fiagr:llum ~ 1.1.a<r't~t;.. quaesitor 25 , la eseguono i tortores, per
lo più schiavi26 • Quella delle battiture è
3. La flagellazione minacciata a Paolo 1a sua forma più mite 27 • La bastonatu·
in Act.22,24 s., come forse anche quel- ra, come punizione primaria, è assai re-
cente nel diritto romano; in origine e-
la di Act. 16,22 ss., sono un interroga- ra soltanto un mezzo di coercizione 28 •
torio con tortura 22. Per 2 Cor. II, 2 5 Talvolta vengono bastonati atleti sleali,

16 Io. penserebbe n una specie di tortura; cfr. 20 ~ TH. MoMMS.l!N 928 n. 3.


il punto 3 e ScHLATTER, Komm. ]oh. a Io.19,1. 21 Plaut., Baichides 823; Suet., Claudius 34.
17 Cic., rep. 2, 37,62; Digesta (ed. TH.MOMM- 22 A torto }ACKSON-LAKn r 5,318 s. assume una
SEN [ 1868]) 9,9; Liv.I0,9,4 s.; Flav. los., bell. posizione critica contro Act.22·,24 s. Troppi do-
2,306; 5,449; Sallust., Catilina 51, 39; dr. ~ cumenti attestano situazioni simili; ~ n. 23.
n. 31. 23 Suet., August11s 27; Tiberi11s 58; Do111itia-
18 Flav. los., bell.2,306 ss.: Flora fa flagellare m1s 8; Dio C. 57,19; Tac., atm.n,22; i5,56.
e crocifiggere davanti al suo tribunale dei no·
24 ry TH. MoMMSEN 406 s.
bili giudei cli Gerusalemme. In bell.5,449 con
25 Cic., Sull. 28,78. 26 Cic., Mil.21,57.
la fl.agellazione è collegato, come avvenne con
Gesù, un trattamento particolarmente crudele 27 Aug., ep.133,2.

da parte dei carnefici. Inoltre: Liv.34,27; Cic., 2~ ~ Tn. MoMMSEN 984 s . Sostituire punizio-

Verr.5,6i,r62; Luc., Piscator 2. ni in danaro con bastonate fu possibile solo as·


19 Suct., Domitiam1s 11. sai tardi.
1.1,&.cr'td; {C. Schneider)

però difficilmente per istanza statale. munemente in scritti ellenistici e giu-


Solo gli schiavi vengono battuti mol- daici 34 •
to, anche dal proprio padrone, con li-
cenza di procedura pubblica 29 • All'epo- Il N.T. non conosce la flagellazione
ca della seconda guerra punica, il pon- religiosa che veniva praticata in ambien-
ti/ex maximus fece frustare pedino una
ti circostanti 35•
vestale 30• Ma dopo la lex Porcia di Ca-
tone il Vecchio, nessun cittadino pote-
va più essere punito con percosse: Por-
cia lex virgas ab omnium civium Roma-
norum corpore amovit, formulò in mo- Sostantivo femminile che da Omero
do classico Cicerone 31 • Si ebbero tutta- in poi, in senso proprio, significa la sfer-
via ancora eccezioni, che certamente e- za per cavalli, quindi flagello, ma prin-
rano sempre illegali 32 • cipalmente frusta; al plurale, talvolta,
le sferzate: Horn., Il.5,748; 8,392; u,
4. In senso traslato si incontra µa.- 532; Hdt., 4,3; 7,56.103; Soph., Ai.
o"n-y6w in Hebr.12,6, in una citazione 242; Aristoph., Thes.933; Xenoph., an.
di Prov.3,12, col significato di 'dare una 3,4,25 e passim. In senso traslato: tri-
bola:done, dolore, in modo particolare,
punizione educativa'. Come l 'educazio- in età più remota il dolore mandato da
ne di un .figlio amato rende talvolta ne- Dio: ÀLÒ<; µtio"t'L1;, Horn., Il.12,37; 13,
cessarie le percosse, cosl anche Dio per- 812; µao"n1; 1kla, Aesch., Prom.682;
Sept. c. Theb.608; Ag. 642; nelle epi-
cuote talora i suoi fedeli. Il cristiano in-
grafi: µaO'"tEL'ya. ri.lwvtov, W.M.Ramsay,
tende il dolore come una prova dell'a- Phrygia I 2 ( 1897) 520, nr. 361. Dopo
more divino che educa 33 • Eschilo il termine viene sempre più
svuotato del suo significato religioso e
Ricorrono queste idee anzitutto .nei pnssa a designare piaga, dolore e anche
Salmi di Salomone; cfr. ro,2; 13,6-ro; mancanza, in senso del tutto generico.
14,1; ma esse si incontrano anche co- Nei LXX si trova in senso proprio

2'lValerius Maximus (ed. KEMPP [1888]) 8,4, 35 Tale llagcllazione è o una prova religiosa cli
1; Digesta (~ n. 17) 47,10,15.34.42; Plaut., valore, come l'annuale OtClµrLCT'tlyWO't<; dei fan-
Mostellaria rn87 s.; Terentius (ed. F1.ECKEISEN ciulli all'altare di Artemide 'Opllla a Sparta:
[1898)) Hecyra 773; Flav. Ios., bel/.6,302 ss. cfr. PAuLY-W. II (1896} 1395 [KLEINKNECHT),
30 Liv.28,n; Valerius Maximus e~ n. 29) I,6. e come In llagellazione che aveva luogo nella
Cfr. anche Apul., met.6,9. consac,.azione a Mitra, cfr. le immagini di Ca-
JJ Cic., Rab. perd. 4,12. Inoltre: Verr. 5,54,
pua (HAAS, fascicolo 15, J. LmPOLDT, Mithra
[1930] 45). e certamente anche ndln consa-
140; 63; Dion. Hai., ant. Rom.5,19,4; Plìn.,
crazicne a Dioniso, se si può intendere in tal
nat.hist.7,43,136; Sallust., Catìlina 51,22; Va-
lerius Maximus (~ n. 29) 4,1,1. senso la nota rappresentazione della Villa Item
(flAAs, fase. 9/n, J. LEIPOLDT [ 1926] xx e
32 Cic., Verr. l.c. Inoltre WINDISCH, 2 Kor.356. 169 s.}; oppure essa è un'attività ascetica, qua-
33 Per Prov.3,12 cfr. G. BERTRAM, Der Begriff le si aveva nei culti siriaci e dell'Asia Minore,
der Erziehrmg i11 der griech. Bibet, in: Imago particolarmente nel culto di Attis e Mn Bello-
Dei, Festschrift fiir G . Krliger (1932) 38 s. na: cfr. F. CuMONT, Die orientalische11 Reli-
34 Sen., de providentia 1,6; Philo, co11gr.r77; gio11en im romische11 Heidentum (1931)1 37.47.
inoltre: STRACK-13ILLERBECK III 747 e WIN- 50; cfr. pure la raffigurazione di un Gallo in
DISCH, Hbr. a Hebr.12,6. un rilievo di Civita Lavinia: ~ µaCT'tLI;, n. J.
µii.cr'tLS (C. Schneìder)

per febet in lob 21, 9 (frusta di Dio), in quattro parti, alla quale erano intrec-
per SO! in I Reg. 12, I I , 14; 2 Chr. ro, ciate due strisce minoti, per dade mag-
rr. 14 (sferza in genere); Prov. 26,3; gior consistenza. Nell'impugnatura era
Nah.3,2 (frusta per cavalli); inoltre, Ec- posto un congegno per allungare o rac-
clus 28,17; 30,1; 2Mach.7,r.37; 4 corciare la striscia principale 1• A mo-
lvfach.6a.6; 9,12 . In senso traslato ri- dello base stanno forme egizie o a-
corre per sof in Iob 5,21; dr. Ecclus siatiche più antiche; sulla stele di Asa-
26,6 (flagello della lingua); per nega' in rhaddon, nel museo di Berlino, si può
Ps.39,11 = y; 38,11; Ps.89,33=t!J 88,33 osservare una frusta con due strisce;
(tormenti inflitti da Dio; cfr. 2 Mach.9, sul rilievo di Kuìunjik, al British Mu-
.u); Ps. 91,10 = 4-i 90,ro (tribolazione seum, una frusta da cavallo tripartita,
generica; cfr. ~ 72,4; Ecclus 23,u; 40, di tipo assiro. Nel codice di Hammura-
9); per makkiì in Is. 50, 6 (percossa); bi è prescritto che essa sia fatta di cuo-
Ier. 6,7 (maltrattamenti); per fofet in io di bue. La frusta romana, l'horribile
Prov. 19,29 (percossa); per mak'ob in flagellum 2 , detta anche fl.agrum, era una
Ps.32,ro=t!J 31,ro (affanno per i pec- sferza di cuoio intrecciata con ossi e
cati); per !ela' in \jJ 37, 18 (dolore); pezzetti di metallo 3. È il più crudele
inoltre in Ecclus 22 ,6 (punizione edu- strumento per percuotere; forme più
cativa); 23,2 (frusta della coscienza). miti sono: la scutica (da crxu'toç), uno
scudiscio di cuoio, la virga e la ferula
1.Con significato letterale µacr-rt~ si (bastone di nartece) 4 •
trova soltanto in Act.22,24 e Hebr.11,
2. µ~CJ''t'L~ è usato in senso traslato
36. Mentre il primo passo si riferisce al-
in Mc. 3,10; Lc.7,21, come nome col-
la tortura romana (-Holl. r 400 s.), il se-
lettivo quanto mai generico indicante le
condo, elencando le sofferenze dei mar-
infermità guarite da Gesù; lo stesso
tiri, intende di certo i colpi di flagello
termine in Mc.5,29.34 indica una ma-
inflitti nella sinagoga.
lattia di una donna che Gesù guarisce 5.
Il flagello della sinagoga consisteva CARL ScHNEIDER
in una striscia di cuoio di vitello divisa

1.tacr'tLS
I 'abq•tii' in Makk.b.23 a. Poteva anche essere 4 ]. MARQUARDT, Das Privatleben der Romer
formata da pelle d'asino. ( 1886)' r r82 ss.
5 Nell' A. T . particolarmente la lebbra viene
2 Horat., sat.1,3,119 . contrassegnata di frequente come nega': Lev.
3 Il Gallo nel rilievo dì Civita Lavinia, ora nel 13,2 s. 9.20.25.27; 14,3.32.54; Deut.24,8 e pas-
Museo Capitolino (W. HELBIG, Fuhrer durcb sim. Nella letteratura post-neotestamentaria µ&-
die Samml1111ge11 klass. Altertiimer in Rom O"'t~!; si trova in senso traslato per designare le
[I912]1 nr. 987), ha una frusta con tre correg· sofferenze del peccatore: I Clem.22,8; Herm.
ge alle quali sono intrecciati, a spazi abbastan- vis. 4,2,6; oppure le piaghe d'Egitto: I C/enJ.
za regolari, pezzetti ossei. Lib., pro Aristoph. 17,5; o ancora il male causato dalla lingua: I
or.14 .15,429 parla di pezzetti dì piombo. Clcm.56,10.
µiha.Loi; A (0. Bauernfcind)

I I I
µa-rmoc;, µa't'cx.t.O"t''r)c;, µa'tatow,
,
µ<X.'t't}V,
µa-rmoÀ.oyla, µ(x:tatoÀ.6yoc;

+ µ&:w.Loc; infrazione d'una norma. XEv6c; = senzn


valore perché privo di contenuto; µa-
A. µ&:m.Loc; FUORI DEL N.T. -.woc; = senza valore perché illusorio o
La parola µchrx.Loc; 1 - e annesso
I.
vano. Il XEvai:c; xrprrlv di Plat., leg. 7,
gruppo lessicale - corrispondente all'ita- 796 b («a mani vuote») ha un tono del
li:mo futile; mette in risalto il mondo tutto diverso da µa'tr.datc; XEprrlv di
del fittizio, in opposizione al mondo del- Soph., Trach.565 («con mani impure»).
la realtà. L'accento può stare perciò Cfr. anche xoùo' Èv xp6v~ µaxp~ &i-
nel fatto che la qualifica di µ<ha.1.oc; oaxi>f\vaL i>ÉÀ.EL<; i}uµQ µa-ral~ µ'i) XCl-
- data ad es. a una parola - non è PLSErtì>a.L xEva, «nemmeno in cosl lun-
causato da ciò di cui essa dà l' illusio- go tempo vuoi apprendere a non gra-
ne: è ingannevole (Hdt.7,10). Può es- tificare di vanità un animo stolto?»
sere sottolineata anche l'inefficacia di (Soph., El. 330 s.). Che un xaplsErri}at
un'azione: invano, senza scopo: 'tà. µa- vada a vuoto è doloroso, ma non più di
-tma &.vaÀ.wµa.-ta., «ciò che s'è speso una sventura; che il i>uµ6c; debba esse-
invano»; P. Oxy. I 58,20. Trattandosi re considerato µchatoc; è al contrario
della volontà umana, µa..-atoc; può desi- più di una sventura.
gnare una mancanza: criminoso; rx.u- Con µa:taLoc; può essere contrasse-
..-oupylat µ<hrx.tm, detto delle azioni di gnata l'infrazione di norme assai diver-
Oreste (Aesch., Eum.337); spesso però se; non fu però la norma etica o intel-
µa-.rx.toc; significa anche soltanto senza lettuale a determinare in prevalenza il
senso, xapà. µrx.-.alct (Aesch., Sept. c. termine e a conferirgli la sua caratteri-
Theb. 442). Si possono poi, conforme- stica propria. Il carattere speciale del no-
mente al senso, usare il significato fon- stro concetto sta, piuttosto, proprio nel
damentale e i significati particolari an- conservare la sua vasta tonalità metafi-
che nei riguardi di persone 2 • sica. Da ciò segue che la sua estensione
- a seconda della concezione della vita,
---,)> XEvoc;, viene talvolta usato in sen- più ottimistica o più scettica, di colui
so traslato accanto a µ6:'tatoc;. I due ter- che lo usava - poteva essere limitata o
mini non sono tuttavia mai pienamente anche assai ampia. Questo è dunque
sinonimi; µ<hcttoc; infatti contiene sem- particolarmente significativo, perché µa-
pre l'idea di anormale, di inatteso, di '"t'aioc; non è diventato una sbiadita pa-

µa1"C1.LO<;
1 Allo stesso gruppo linguistico appartengono
oppure, come sostantivo: lo stolto. È al rigu:u-
µ1hri (4- µ&,.,.,v, n. 1), µa.,-uw =indugiare, e do un segno caratteristico dell'intellettualismo
µcx-rEVW = cercare; sempre pare esservi alla ba- gceco che stolto e infruttuoso in certo qual mo-
se l'idea fondamentale di 'cercare a tentoni', do siano la stessa cosa. La stoltezza non porta
'brancolare senza sicurezza'. Cft. specialmen- nulla a conclusione. Questa idea esiste pure
te PRELLWITZ, Etym. ìVi.irt. s.v. e inoltre nell'uso sbiadito di µ6.-.atoç in Plat., resp.5,
TRENCH, I l I s. 452d: µ<hmoç Bi; yE">..otov liXJ...o 1"L TJ')'Et-.at
2 Spesso µiX,-cxtoc; vuol dire inoltre: stolto, 1' -rò xax6v ( l<LmNKNECHT].
µ6.-.moç A (0. Bauernfeind)

rola-formula presto estinta; dove risuo- 11 regna la crwcppocrvv71. La questione


na e dove convince, o anche solo co- dei limiti del µIX'ta.to\I è perciò questio-
mincia a convincere, là viene veramen- ne etica e in definitiva religiosa 3 (per
te colto un valore, là una parte del1a quanto in sé µ1hatoc; sia concetto scar-
realtà presunta inizia a calare nel mon- samente etico o religioso). Sorvolando
do deil'apparenza . E questo dato di fat- questo accenno particolare e tentando
to ha - a seconda del tipo di valore toc- di dedurre una esaustiva risposta dal-
cato - effetto liberante oppure fiaccan- 1' atteggiamento generale dei tragici o
te. <l>uÀov µa.""ta.t6'"t"a""to\I viene denomi- da quello della grecità in genere, certa-
nata, in Pind., Pyth.3,21, la genia dico- mente si otterrà una risposta in prima
loro che disprezzano la patria, e questa linea religiosa; soltanto 'parole della fe-
è una parola liberatrice; d'altra parte de' possono imporre una seria rinuncia
la parvenza del i.uhmov può essere fiac- a un µIX""tatoc; pieno di affanni o stanco:
cante per la gioia (Aesch., Sept.442) o «Fumo è ogni essere terreno... solo gli
la preghiera (Eur., Iph. Taur. 628) o dèi permangono». La partecipazione de-
per le '"t"UXa,L di una casa regale (Aesch., gli uomini al µ7} µchcx.tov è proporzio-
Choeph.83 s.). Nell'atto finale dell'Anti- nata alla loro partecipazione al divino.
gone (1339 s.) Creonte, re di Tebe, si Ma, per attenerci anzitutto ai tragici,
aua1ifica egli stesso come un 1..1.chatoc; già il grande numero degli dèi mette in
&.\ll]p. Perché µchatoc;? A causa del de- dubbio che la risposta che Schiller for-
stino che grava su di lui e dal quale mula per la grecità veramente offra una
nessuna rX1tCl.ÀÀ.ay1} lo libera. In u- limitazione contro la pericolosa forzi:l
gual modo sentenzia il coro, lo stes- espansiva del concetto di µihcx.toç. E-
so coro che all'apice del dramma (332 schilo sa che i tormenti di Cassandra
ss.) aveva cantato: noÀÀà. 'tcX OELVà, (Ag.rr50) sono µa""tatot, anche se li ha
xouOÈ\I à.vtJpÙntou OE tv 6npov 1tÉÀEt, decretati un dio, Apollo. Ciò che Eschi-
«molte son le cose possenti, ma nulla lo sa di Apollo, o in genere degli dèi,
è più possente dell'uomo». Tenendo difficilmente potrebbe dunque essere di
conto di questa situazione, si dovrà dire aiuto per definire i limiti del µa'tatov;
che già i tragici - che usano con partico- piuttosto ciò è possibile soltanto alla
lare frequenza il nostro concetto - spin- sua ferma e sincera fede in Zeus. Ma an. .
gono il lettore a chiedersi se rimanga for- che questa fede lascia, proprio nella sua -~{
se ancora un qualche campo che sia sot- sincerità, nuovo spazio ad ulteriori que-
tratto, in linea di massima, al verdetto di stioni, almeno per il lettore più giova-
µIX'"t"cx.toç, o se da un'approfondita ri- ne: ciò che Zeus è oggi, non lo è sem-
flessione non emerga che tutti i valoti pre stato nel passato (Prom.); resterà
sono passati in suo dominio. In quale tale per sempre? Si avanza l'idea che,
direzione dovremo cercare la risposta a anche tra le molteplici supposizioni del-
questa domanda, ce lo suggerisce Eschi- la grecità tardiva, il gruppo linguistico
lo, che una volta (Suppl.197 s.) formu- 1i.chatoç avrebbe potuto rimanere uno
la il concetto di 'µl) µ6:'to.wv': 'tÒ p,l) strumento prediletto per la lotta su que-
µcX'tCX.tO\I O' ~X µE'tW'ltO<Twq>povw\I L't"W sto problema, e che la questione delµ~
7tpO<TW1tW\I: il volto umano dalla fronte µ6:""tcx.to\I avrebbe potuto essere sempr~ i\
severa è il luogo dove il 'µTi µ11.'tatov' riproposta in questa forma concreta. In .._;·
diviene (o dovrebbe divenire) visibile; realtà, tuttavia, nel campo propriamell- -;:

3 Cfr. Xenoph., mem. I, 3, r: Socrate giudica agiscono in modo diverso da come prescrive
7tEplEpyoL e µ1hmoL tutti coloro che nel culto l'Apollo delfico per bocca della Pizia.
µ&:w.<Loç A (0. Baucmfeind)

te greco ciò non è accaduto; il gruppo seppe «silenziosamente procedere oltre».


linguistico nel successivo decorso ha
avuto, per quel che noi vediamo, sol- 2. Con l'A.T., però, le asserzioni fa-
tanto un uso del tutto subordinato, no- centi perno intorno a µa..aLoc;, di un
nostante la sua forza (o forse proprio radicalismo estremo - e di siffatte af-
a causa di questa forza ... pericolosa e,
fermazioni se ne ha una serie -, penetra-
per cosl dire, disfattista?). Come accade
per tutto ciò che vien desunto e silen- rono nella letteratura greca. Qui non si
tio, anche in questo caso naturalmente può parlare di 'procedere silenzioso'. Ac-
il giudizio è dato con prudenza; soltan- cade come se un gran numero 4 di pa-
to una cosa si può dire: un relativismo
o un nichilismo che ritiene tutto come role ebraiche avessero proprio atteso di
µ(ha.Loc;, senza alcuna riserva, è _: fin- riversare il loro contenuto negativo nel
ché i suoi seguaci non distruggono la concetto greco di µ1i'ta~oc; (cfr. special-
loro propria vita - stabilmente esposto
alle note e grottesche contraddizioni in- mente ~ µa..aLO"t'1J<;). Nessuno, al ri-
terne; l'antichità possedeva troppa 11w- guardo, può evitare di chiedersi se que-
cppoO"uvn innata per cadere in questo pe- sto incremento debba essere primaria-
ricolo. Ma un ottimismo capace di elimi-
nare in modo veramente duraturo il si- mente inteso dal punto di vista di pre-
gniEcato negativo della parola µcb;aioc;, supposti umani eterogenei - quali, ad
avrebbe richiesto una certezza maggiore es., il venire meno di giusti impedimen-
di quanto fossero in grado di fornire le ti o l'istintiva volontà di negazione - o se
divinità greche. Il fatto dunque che il
concetto µa-taLoc; abbia perso terreno, abbia da prevalere un altro punto di vi-
avrà avuto i suoi profondi motivi. L'os- sta. Chi vuol formarsi un giudizio in-
servatore di età tardiva prenderà in con- dipendente farà bene a consultare mi-
siderazione tali motivi e anche per que-
sta materia riconoscerà «la magia del- nuziosamente il testo greco dei tragici
l'antichità» proprio nel fatto che essa e quello dei Salmi e dell'Ecclesiaste. Da

4 Cfr. HATCH-REDP. Per lo più il nostro gruppo che designano gli idoli e contrassegnano la lo-
linguistico corrisponde alla radice hbl, che de- ro nullità, come hcbel (~ sopra) e 'e/il (Zacb.
signa l'alito di vento e quindi diviene meta- n ,17), ma anche un nomignolo dispregiativo
fora esprimente la labilità. Altre volte espri- quale sii'ir (Lev.17,7; 2 Chron.II,15 ). Anche
me anzitutto il concetto di 'vano', in quanto 'iiwen e howw/J vengono resi con µu-.atoç (ri-
ad esso è unita menzogna, inganno e illusione, spettivrunente 4 e 3 volte). Da ultimo va no-
in corrispondenza di siiw' e anche di kzb (in tato un rapporto tra il nostro gruppo lingui-
Mich.1,14 da questa radice deriva anche il no- stico e il concetto di stolto (req) (~ n. 2; ~
me proprio 'akzib, che in ebraico forma un &cppw\I; ~ 11wp6ç. Cfr. W. CASPARI, Ober den
gioco di parole con 'akziib = bugiardo) e di biblischen Begrilf der Torheit: NkZ 39 [1928]
1qr. L'idea di vuoto, inutile e futile si può 681 n. 3). In qualche passo i LXX hanno in-
cogliere nella traduzione di pitmiim, réq e tohtl. trodotto nel testo il concetto di µcha;~oç, Ji
In 3 Bau.16,2, traducendo patlii't con µu-.aL- propria iniziativa, riferito sia a idoli e idola-
oç, si esprime lessenza del peccato e della tria (Os.5,11; Is.2,20; 30,r5; Ez.8,10), sia al-
brama che l'uomo ha del futile e, secondo il la inutilità degli sforzi umani (Is.28,29; 33,u ;
contesto, si considera in prima linea l'idolatria in Is.30,7.28 [ var.] troviamo ripetuto il con-
( ~ ò:µap·tla. I, coll. 777 s.). Analogamente µu- cetto che nel T .M. ricorre una sola volta).
-.atoç può tradurre non solo i vocaboli ebraici
µti·w.Loc; B (0. Baucmfcind) (lV,528) 1412

questo esame risulterà che nei LXX la soltanto là dove questo Dio unico la
caratteristica propria del nostro concet- pone. E le sue possibilità d'altra parte
to non può trovarsi, ad es., nella ridu- non sottostanno ad alcun destino (m:-
zione a µ6.'tatoc; della bellezza (Prov. 'ltpWµÉVIJ). Ciò che diversifica i LXX
31,30) e dell'intelligenza (lji 93,n). dai tragici, ossia la certezza, la pacatez-
L' «orribile Socrate» aveva da molto za didascalica con la quale la sfera del
tempo mostrato «che l'uomo merite- µ&.i:a.Loc; viene estesa a tutti i valori
vole è più prezioso dell'uomo bello», raggiungibili dall'uomo, siano essi pic-
e il suo «io so di non sapete nulla» coli, grandi o altissimi, proviene in pri-
non era stato dimenticato. Certo, an- mo luogo non da un piacere, storicamen-
che le ampie sentenze: µ&.'ta.tot ot utoL te condizionato, di negare, ma piuttosto
-.wv tivl1pwro:c..J\I, «vani sono i figli de- esclusivamente dalla fede nell'unico Dio.
gli uomini» (!}i 6 I ,10) e «µa-.ala IJW- Se questo Dio, da parte sua, debba es-
't'l)pl.a. à.viJpc.:mou», «vana è la salvezza sere inteso come prodotto dell'umana
dell'uomo» (!}i 5 9, I 3) si differenziano volontà di negazione, oppure se sia co-
dalla conclusione dell'Antigone, tiporta- lui che parla dall'A.T., questa non è più
ta sopra, più dal punto di vista forma- questione di studio, ma di fede.
le (per il loro carattere didascalico) che
µ&.'tata. sono anche i detti dei falsi
da quello sostanziale d'un effettivo radi- profeti in Ez.13,6 ss.; À.a.µ0&.vELV É1tL
calismo. La peculiarità del concetto di µa'ta.l4>, è la designazione dell'abuso
µ.<ha.toc; nei LXX, anche dal punto di vi- del nome di Dio in Ex.20,7. Il termine
viene inoltre usato, ad es., anche per
sta lessicale, sta piuttosto nel fatto che voci vane, in Ex.23,I. Di Filone ricor-
Jo si incontra continuamente nella sfe- deremo soltanto questa singolare mas-
ra dell'al di là: µ&.'t'a.ta. si chiamano an- sima: µa"t'a.toc; ò' ocr't'tc; µ'JÌ i}E~ cr't'1))...11v
ci.va't'rn1Jow, àÀ.À.' Èa.u-.Q, «folle è colui
zitutto proprio gli dèi delle genti, dun- che eleva una stele non a Dio, ma a se
que gli dèi che nella gl'ecità sono, in un stesso».
modo o nell'altro, garanti di ciò che è
sottratto al µ&:tatov. Vivente è solo il B. µ&.'t'a.toc; NEL N .T .

Dio unico: che cosa potrebbe, di fron- L'inesorabile e generale validità del-
te a lui, accampare la pretesa di non le asserzioni dei LXX non subisce nel
essete p.&.'t'a.tov, vano e 'relativo'? In N.T. attenuazione alcuna. È e rimane
particolare, però, è la non conoscenza di verità biblica che il pensiero umano, an-
Dio che porta gli uomini ad essere q>u- che nel caso più benevolo, non supera·
O'EL µcha.wt, «vani per natura» (Sap. 1'l µa.-.cxiov: 1
I e
or.3,20: xuptoc; ywwi,..
I
... -
13,1). Dio è però noto solo a coloro ai XEL "t'OÙc; Òta.À.oytO'µÙç 'tWV O"Oq>WV, éhi
quali egli si è rivelato. La possibilità di ElO'tv µcho:.toL, «il Signore sa che i pen·
esser sottratto alla nullità può esistere sieri dei sapienti sono vani» (citazione
µcho:Loç. B (0. Bauernfeind) (IV,_528) 1414

dal ljJ 93,II; cfr Rom.1,21 ~ µa-.aL- umano, sia i concreti idoli del pagane-
6w ). La speculazione rimane speculazio- simo e il comportamento da essi deter-
ne, anche se è pia: Tit.3,9: µwpàç oè: minato; cosl in Act. 14,15 si esorta a
~7]-.1}<TELç JçCX.L ')'E\IECX.À.oylaç ... 1tEpLLO'"W.- convertirsi a1tÒ 't'OU't'W\I -.wv µa't'CXLWV •.•
(j0' etutv yàp &.vwqiEÀ.E'Lc; xaì µa-.ai.01., É7tÌ. i>EÒV swv-.a, «da questi (dèi) vani
«evita le questioni stolte, le genealo- al Dio vivente»; in r Petr.1,18 si dice:
gie... perché sono inutili e vane» . Per- ÈÀ.u-.pwt)11,.E éx 'ti]ç µa'talaç ùµ.wv &.-
.fino per la risurrezione di Gesù si do- vcxcri;pocpl\ç r.a'tpo7tapaoé'tou, «foste ri-
vrebbe dire lo stesso, qualora essa fos- scattati dalla vana forma di vita eredi-
se il risultato di concezioni umano-re- tata dai padri».
ligiose e non evento storico, credibil- La naturalezza - neppur sottolineata
mente attestato; questa conseguenza - in modo speciale - con cui nell'ultima
naturalmente ipotetica e irreale - viene citazione µa:tmoç vien posto proprio
espressa in poche parole in I Cor.15, vicino a una parola come 1tCX.'Tportap&.-
17: EL OÈ XptO''t'Òç oùx Èy1}yEp-.ai. µa- Oo'toç, deve scuotere tutti quelli che
'tala ii 1tlcr·nç vµwv, «Se Cristo non è possono usare questa parola con animo
risorto, vana è la vostra fede». Una fe- grato. Non si può però dimenticare che
de che si basasse su una risurrezione di · anche la comunità è ugualmente giudi-
Gesù avvenuta al di fuori della storia cata µà'tat.oç, se cessa di attenersi e-
non si dovrebbe in alcun modo consi- sdusivamente alla rivelazione di Dio. E
derare come una religione superiore, de- deve lasciarselo dire con insistenza. La
gna di stima e per.fino insuperabile; sa- sua 7tlcni.ç diventa µa-.a.la se attribui-
rebbe anzi proprio ugualmente 'relati- sce a Dio un'azione che egli in realtà
va' e nulla, come lo sono molte altre non ha compiuto (~ col. 1412, a pro-
concezioni umane. posito di r Cor.I5,17 ); la sua religione
Oggetto delle affermazioni dei LXX (i}p'l'J<TXEla) diviene un nulla, non appe-
sono principalmente le potenze pseudo- na essa rifiuta, ingannandosi volontaria-
divine a cui l'uomo si aggrappa e attra- mente, ciò che Dio le chiede, Iac.1,26 :
verso cui egli crede proprio di sfuggire EL -.Lç OOXE~ t)p11crxòç EL\IOCL, µ1) xaÀ.L\llX.-
al µcX:tai.ov; il N.T. procede unicamen- ywywv y ÀW(J'(J'IX.V Ècw'tou àÀ.)..à. ci-rta-
te secondo questa linea, usando µa-.cx.L- 't'WV xapola.v ÈaU'tOU, 'tOV'tOU µcha1.oç
oç sempre nel significato fondamentale -~ ilpl)O"XEla., «Se uno crede di essere
di nulla, vano. µchai.oç viene giudica- religioso e non pone un freno alla sua
to tutto ciò che si oppone al primo co- lingua ma inganna il suo cuore, la. sua
mandamento, sia - come nei passi. fin religione è vana».
qui citati - la presunzione del·pensiero
µa'tato•t"T)ç X'tÀ.. (0. Bauernfeind)

t µct:t'aLOTl)ç oùx Èxovcra, &.).).à ÒLà "t'Ò\I u1to't'a~cx.v­


't'a, Ècp'f>,.7tlòt. Òto't't xat aÙ'tTJ 1) X'tl-
Nella letteratura profana si riscontra 1nç ÉÀwiJEpwì}1)cre:-.aL à'Jtò 'tijç òovÀ.Ela.ç
solo raramente. Philodem. Philos., rhet.
2 p. 26 (ed. S. Sudhaus [r892]), parla 't'ijc:; qiì}opac; El.e; 't''Ì)\I ÈÀEvikplav 't'i}ç 06-
della µa.'taio·t"rJc:; &.viJpw'ltw\I, ossia della ~t)ç 't'WV -.Éxvwv "t'ou 'Ì}Eou, «la creazio-
nullità degli uomini. I LXX lo usano ne infatti è stata sottomessa alla vanità,
spesso 1 : 'ltÀTJ\I -rà <Tuµ'lta\l't'CX. µa'tat6-
't7Jç, 'Jtéiç liv1Jpw1toç swv, «ma ogni uo- non perché essa l'abbia voluto, ma per
mo vivente è, in tutto, vanità» (\ji 38, volontà di colui che l'ha sottomessa,
6 ); èiviìpwrtoç µcnat6't'T}'t'L wµoLwiJt}, nella speranza; poiché anch'essa, la crea-
«l'uomo somiglia a un nulla» (\ji r43,
4). Nell'Ecclesiastico il termine acquista zione, verrà affrancata dalla schiavitù
un significato d'immensa portata 2 : µa.- della corruzione per partecipare alla li-
't'aL6-triç µa.'t'aLO'tTJ't'W\I, d'ltE\I ò 'ExxÀ71- bertà della gloria dei figli di Dio». Di
0'LM''t'TJ<;, µa't'aLO'tl)ç µa't'aLO'tD'tW\I, 'tÙ.
-rc6:.v't'a µa.'t'ai6-.71c:;, «vanità delle vani- ÈÀ.rclç e o6~a Paolo poteva parlare con
tà, dice l'Ecclesiaste, vanità delle vani- una veemenza sconosciuta all'Ecdesia-
tà; tutto è vanità» (r,2; 2,r e passim). ste.
Il ferreo, incontestabile vanitas vanita-
tum pone fine all'inutile lotta che l'uo- Circa gli effetti di questa vanità nel-
mo, vivo e desideroso di vivere, condu- la comunità umana, a proposito cioè di
ce, contrariamente al proprio modo di indegnità, cfr. Eph. 4,r7: ...1tEpt1tct.'tEt
vedere, contro la vanitas, e richiama al È\I µcx.'t'aLO"t't)'tL 'tOU voòç aÒ't'W\I, «Cam-
tempo stesso l'attenzione di lui - poi-
ché è parola della Bibbia - su quel Dio minano nella vanità del loro pensiero»,
in cui non vi è µa-.at6't''l')ç. e l'ardita iperbole di .2 Petr.2,r8: unt-
Rom.8,20 è un valido commentario poyxa µa't'ct.Lo't't)'t'oç, «gonfi di vanità».
all'Ecdesiaste. Il passo non dà alcuna
soluzione ai problémi metafisici e logici t µct:t'a.t6w
che sorgono dalla vanitas. Ammette pu- Termine biblico. All'attivo viene usa-
re, in particolare, diverse possibilità di to solo una volta, nel senso di porgere
comprensione (~ x-.lcrtc;, U'JtO't6:.crcrw), vanità, illudere: µa-ratoucrw Èa.v-.ot:ç g.
ma dice inequivocabilmente che la con- pa<Tw, «fanno per se stessi una visione
dizione di µa't'Clt6'tt}c;, di nullità, esiste illusoria» (lEp.2 3, I 6). A1trimenti ricorre
veramente e che la µa't'ato't'l)c:;, d'altron- sempre al passivo: essere abbandonato
de, ebbe un inizio e avrà una fine. Pri- alla nullità (non al nulla, ma alla--'> µa-
ma del suo inizio e oltre la sua fine sta 't'at6-.nc;). In riferimento al primo CO: ·
Dio e una X'tlcnç senza µa.'t'a.t6-.11c:;: 'tTI mandamento troviamo: È'ltope:t'.ilt-rio'a.v ~
y~p µa.'tat6n)'t'L Ti X't'lcnc; Ù7tE't'ciyl'), 7tlcrw 't'WV µa't'l'.'t.LW\I xa.l ȵa't'CX.LWihJ-

p.a-trxtÒ'tT]ç
I Cfr. HATCH-R EDP. 2 L'unico corrispondente ebr. è hbl (36 volte).
µ6:tl}V x-rÀ.. (0. Bauernfeind)

CT<J.'V, «andarono dietro al nulla e diven- tracciare il motivo di fondo proprio del
tarono nullità» (lEp.2,5 ). MEµa·mlw'tal gruppo linguistico ~ µa'tmoc;.
croL in l Bacr. 13,13 significa: hai com- Il termine ricorre anche in Mt.15 19
piuto una azione vana. e Mc.7 1 7, nella citazione di Is.29,13:
Rom. 1, 21: ɵa't<w1.ii>T)CTet'V É'V -toi:c; µa-.'l')v o€
uéBov'ta.l µe, «invano mi ono-
&aÀ.oytoµoi:c; au-twv, «sono diventati rano», con il significato a): invano; cfr.
vani nei loro ragionamenti»: sono di- ~ µ6.-.atoc; ... col. 14r4.
ventati una nullità. I otci.À.oytcrµol for-
mano il contrario di 00!;1H~EW e EUXct.- t µa.'tcx.LoÀ.oyla
ptO"-.E~'V del v. 21, che avrebbe dovuto Vuoto cicaleccio; Plut., lib. educ. 9
essere la risposta al cpavEpOU'V di Dio (n 6 s. ). Cfr. µctV'TEVecrì}at µ6.-.atcx., «pro-
del v. 19; cfr. r Cor.3,20 ~ µa:w.ioc,. fetare cose vane» (Ez.13,6 ss.).
La condizione di µa"Tm6't'l)C, incomincia In I Tim.I,6 è usato a proposito di
dopo la creazione e dura tuttora. taluni che hanno deviato dalla 'lttCT'tLç
à"1J7t6Xpt'toc;, «fede sincera»: È~e-rptl.­
t µ6.-tT)V 'Jt'l)O'CX.'V Et<; µcx.'tcx.toÀ.oylav, «Si smarriro-
rono in vuote chiacchiere».
Avverbio 1• Ricorre con i seguenti si-
gnificati: a) senza scopo, invano; Pind., Nell' espressione XE'VTJ µa'tcttoÀoyla
Olymp. r, 83; BM'lto'V'\'E<; EBÀ.E7tOV µ<i- (Pol.2,1 ) sembra presente la percezione
'\'"l'JV) Aesch., Prom.447 ); -ij•.• À.6yoL 'ltE- della differenza tra µa'\'cttoc; e xev6c;.
Mwtot l}pwiO"xoucn · wTit<rxov'tE<; µ&:.-
"'l'Jv, «o ... corrono (solo) parole alti- t µa'tatoÀ.6yoc;
sonanti, morendo infruttuosamente?» );
{Aesch., Choeph.845 s.~; µa'TlJV É'lta-ta- Uno che chiacchiera vanamente. µtl.-
!;a 'tà 'tÉXVct ùµwv, na10Eiav oùx. è.oÉ- 'ta.V &.x6pw-.oc, &oE µa."ratoÀ6ywv q>a-
!;aoik, «invano ho colpito i vostri figli; µa 1tpouÉ1t'Tai1' 'EÀÀ.aoa. µouuo1t6Àwv,
voi non avete approfittato della lezione» «senza senso, lugubremente, volarono
(Iep. 2,30). b) Infondato, senza senso ; per l'Ellade questi mormorii di chiac-
OU yÙ.p OlXaLO\I OiJ'tE 'tOÙ<; xa.XOÙ<; µa- chieroni al servizio delle Muse» (Tele-
't"l'JV XP'l'lO"-roùc; voµi~EW, «non è giusto stes Lyricus, in Poetae Lyrici Graeci m
stimare senza fondamento buoni i cat- 628).
tivi» {Soph., Oed.Tyr.609 s.). e) Ingan-
nevole, detto del sogno in Aesch., Ag. Tit. l ,ro: el<rLv yàp itoÀ.À.oL &.w7t6-
42 3; etc; µth'l')v Éyev1}ih) O')(oivoc; \(ieu- 'tUX'tot, µa.'taioÀ6yot, «vi sono molti
ol}c; ypaµµa.'\'EUO'W, «vano divenne il
che sono turbolenti, gente che parla va-
mendace stilo degli scribi» (lEp.8,8).
In tutti i brani riportati si può rin- namente» . o. BAUERNFEIND

1..1u:nw
1 Propriamente si tratta cli un accusativo: Etc; 2 Cfr. anche -+ µa.'t'a.~oì..6yoç;.
µ<hT)V. Cfr. IEp.8,8 (µ&;<tT) =etrore, assurdità).
µ6.xmpa. (W. Michaelis)

µaxcupa è probabilmente affine a co l'uso non è diverso 2• Nei LXX µli-


µcixoµa.t e si trova da Ometo in poi x.a.tpa. ricorre oltre I 80 volte (un terzo
assai di frequente, in primo luogo nel dei passi in Ier.). In ebraico vi corri·
senso di coltello: a proposito dei sacri- sponde in gran prenlenza f.iereb, che
fici e nelle scannagioni, come coltello da tuttavia viene ancor più spesso tradotto
caccia e da cucina (al contrario è rara- con poµcpa.la., molto più raramente con
mente usato per il pasto, che si consu- çlcpoç (i manoscritti scambiano talvol-
mava senza coltello né forchetta), come ta i vocaboli greci).
coltello per tosare (rasoio) e come at- µlixa.tpa. ha assai di rado il signifi-
trezzo di vari mestieri (conciatore, giar- cato di coltello, per es. il coltello di
diniere, ecc.). Come arma lo si trova a pietra per la circoncisione ( Ios. 5, 2 s.
partire da Erodoto, nel senso di piccola [T.M.: [Jereb]; 2r,42d; 24,31a), il
spada, per distinguerla dalla vera, gran- coltello di Abramo nel sacrificio di Isac-
de spada (~ poµqia.lcx}; pugnale, scia- co (Gen . 22,6 .ro, T. M.: ma'akelet) 3•
bola (Xenoph., eq.12,rr, lo adopera per Per lo più µaxmpa. è un'arma: pugna-
designare la ricurva arma da taglio, op- le, (piccola) spada~. L'uso figurato del
posta al t;lcpoc;, la daga, diritta arma a termine è raro (ijJ 56; 5; Prov. 24, 2 e;
punta) 1. ls-49,2) 5 • L'impeto bellico, talora cru-
Nell'ambito culturale giudeo-israeliti- dele, che spira dai passi dell'A.T. in cui

µaxmpa.
' Cfr. LIDDELL-SCOTT e PAssow, s.v. Ricorre la forma mkjrjn: cfr. S. KRAUSS, Griechi:rche
anche nei papiri (PREISIGKE, Wort. II 55 ), men- tmd latei11i:rche Lehnworter in Talmud, Mi-
tre è assai raro nelle iscrizioni. Il materiale dra:rch tmd Targum 1 (1898) 203 s. 235. Al
archeologico si può trovare in A. MAu, art. contrario il rapporto ua mekerfJ (arma scono-
Culter, µ<Xxa.tpa., in PAULY-W. IV (r901) r752 sciuta), presente solo in Gen.49,5, e µctxo:Lpct
s.; S. REINACH, art. Culter in DARBMBERG-SA- è incerto.
GLIO r 2, 1582-1587. Per l'uso cultuale del col- 3 Aquila e Teodoziooe, tuttavia, rendono il
tello cfr. S. faTREM, Op/erritt1:r und Voropfer termine fakkin, che ricorre solo in Prov.23,2
der Griechen und Romer (Videnskaps.-Akade- (dai LXX non tradotto) con µiix,tttpcx, nel si·
mi.-Sckrifter, Kristiania II Hist.-Filos. Klasse gnifì.cato di coltello ( cfr. :rkjn, coltello, frequen-
[1914] Nr. r) (1915) 448 indice s.v. «Messer». te nei rabbini).
4 Ad es. lud.3,16 fa sicuramente riferimento a
2 Il materiale archeologico è raccolto in P.
TttOMSEN, art. Messer C: Paliistina-Syrien, in una corta :rpada o a un pugt1ale (Flav. Ios., ant.
Rcallexikon der Vorgeschichte VIII (1927) r72- 5,r93, adopera !;LqiloLov). Partendo dall'ebraico
174. Su questo argomento: In., art. Dolch C: !Jereb, i limiti tra µaxa.Lpct e poµqial<x. non do-
Palastina-Syrien, ibid. II (1925) 436-438 e art. vevano essere ben definiti.
Schwert C: Palastina-Syrien, ibid. xr ( 1927/ s Anche gli altri passi dei Proverbi mostrano
28) 439-442; K. GALLING, art. Messer in Bi- un uso metaforico o allegorico di µlix.cx~pa.
blisches ReaUexikon (1937) 378s.; inoltre l'art. Cosl in Prov.5,4 l'azione della stoltezza-mere-
Do/eh, ibid.129-135 e l'art. Schwert, ibid.472- trice su colui che ad essa si unisce è parago-
475. Cfr. S. KRAUSS, Talmudische Archiiologie nata al taglio di un coltello affilato. L'immagi-
I ( l9ro) 266; II ( 19n) 262. 310 s. 313 ss.; III ne allegorica della parola/spada è presente an-
( 1912) 53. La forma diminutiva µaxalptov (ad che in Prov.12,18. In Prov.30114 vengono pu·
es. Flav. Ios., ant.17,183 = coltello per sbuc- re descritti come coltelli i denti dei cattivi,
ciare la frutta) è stata assunta dai rabbini nel- che dilaniano i deboli e i poveri. In 25,18 è
µaxuLpu (W. Michaelis)

ricorre questo termine, ha risonanza an- r8,rr) 8•


che nell'apocalittica tardo-giudaica 6 • Inoltre Mt. 26, 52b in una speciale
Nel N.T. µrixatpa ricorre: x. come sentenza, simile ad Apoc.13,xo 9 , aggiun-
arma, nel descrivere la cattura di Gesù, ge la minaccia che tutti coloro che pon-
sia in mano agli avversari, che si avvi- gono mano alla µ<ixatpa, Èv µaxa.lpn 10
cinano µe:..-!X µaxcupwv xat !;ùÀ.wv, «con periranno u. La morte violenta (in guer-
spade e bastoni» (Mt .26,47 par. Mc. ra, nelle persecuzioni, ecc.) viene pure
14.43 7 ; cfr. la successiva domanda di altrove attribuita alla µ<ixa.L{HX..; cosl
Gesù al riguardo; Mt.26,55 par. Mc. nella menzione di avvenimenti vetero-
r4,48; Lc.22,52), sia in mano a un di- testamentari in Hebr.rr,34 (cfr. I Rcg.
scepolo che cerca di difendere il mae- r9,1 ss.). 37 {cfr. I Reg.19,ro; Ier.26,
12
stro (Mt. 26,51 par. Mc. 14,47; Io. 18, 2 3) , nel descrivere la sorte della Giu-

ro [cfr. Lc.22,49] ). Gesù ammonisce dea nei tempi escatologici (Lc.2r,24) 13 ,


il discepolo e gli ordina di rimettere la nell'esecuzione capitale di Giacomo di
µrixa.Lpcx. nel fodero (Mt.26,52 a par. Io. Zebedeo {Act. r 2, 2) 14 ; con valore pre-

usata l'immagine della spada, accanto a quella il termine in sé significa. Probabilmente si pen-
della mazza e della freccia, parlando di falsi sa al caso che qualcuno compia atti di violen-
testimoni. In Aquila e Teodozione µcixatpa za. Da questa affermazione non vengono perciò
ricorre come coltello metaforico anche in Prov. messi in questione né Rom.13,4 (JJAixaLpa «co-
23,2 [BERTRAMJ. me simbolo del potere punitivo dello stato»),
6 Cfr. H. WINDISCH, Der messianische Krieg né il servizio militare, e forse nemmeno la le-
u11d das Urchriste11tum (1909). In 4Eaòp.1J. gittima autodifesa. Del resto l'asserzione pro-
9 il Messia, del quale espressamente si dice che pria di Mt. non consente di pensare che la re-
non porta la spada, annienta i suoi nemici non cisione dell'orecchio si debba intendere non co-
con la spada, ma con una fiumana di fuoco che me difesa od offesa, ma come un atto di di-
esce dalla sua bocca. sprezzo di colui che viene indicato in questo
7 L'accenno alle µcixutput in questo caso non modo (contro M. RoSTOVTZEFF, o~ç BE!;illv
cX1tO'tɵVELV: ZNW 33 [1934] 196 ss.).
indica affatto la partecipazione di legionari ro-
mani (contro ZAHN, Mt.' 703). Cfr. F. LUND- 12 Èv q>6vct> µa.xalpa.ç ricorre più volte nei
GREEN, Das paliistillischc Heerwese11 in der LXX: Ex.17,33; Ntm1.21 ,24; Deut.13,16; 20,
neutestamentlichcn Zeit: PJB 17 (1921) 6i. 13.

8 Anche coltello e pugnale vengono portati in tJ Per cr't6µu.'t~ µu.xalpaç (anche in Hebr.rr,
un fodero; dr. KRAuss, Arcbiiologie (~ n. 2) 34: O"'toµ.«'tU. µa.xalpT)ç) cfr. LXX: Gen.34,
II 313; ScHLATTElt, Komm. ]oh. 329. 26 e passim.
14 Qui e altrove, µcixatpa sembra significare
9 Tuttavia la lezione del cod. A è più indi-
pendente e forse più antica; cfr. LoHMEYER, variamente la luoga spada (anche in lgn., Sm.
Apok.rro. 4,2, dove µci.xatpa [si legge ancora nei Padri
apostolici solo in I Clem.8,4==I.r.r,20] ricorre
10 Per le desinenze -tnJC, e P1J dr. BLASs-DE- due volte, si pensa alla spada dell'esecuzione
BRUNNRR6 § 43,1; THACKERAY r4r s.; HELBING capitale). La differenza tra µéc.xatpa. e ~oµqiu.la.
31 SS.j MAYSER I I2 . (che si trova solo in Lc.2,_35 e in sei passi del-
11 I versetti successivi, ancora propri di Mt. l'Apocalisse; per il cod. D in Lc.21,24 cfr. ~
(Mt.26,53 s.), mostrano ciò che 26,-52b vuol e- poµ<pala., n. 12) è - evidentemente in. conse-
sprimere in questo contesto, ma non ciò che guenza dell'uso linguistico dei LXX - poco
µUxmpa. (W. Michaelis) (Iv,532) l 424

gnante (forse proprio per indicate l'e- Parimenti con valore metaforico, ma in
secuzione capitale) ricorre in Rom.8,35. un altro senso, si deve intendere la di-
Da tutto ciò deriva il valore di µax.ak rettiva di Gesù contenuta nel discusso
pa., come simbolo del raccapricciante passo proprio di Luca (22,35 ss.), se-
spargimento di sangue, in Apoc.6A 15 • condo la quale i discepoli devono asso-
lu tamente avere, per il futuro, una µ0.-
2. Al contrario la frase di Gesù in
xa.~pa.: «Gesù non parlava di aumento
Mt. ro, 34: oùx ii )..i}ov ~cùEi:v dp1Jvriv
delle loro armi. Ma proprio perché egli
aÀ.À.à µtix.mpa.v, «non son venuto a
non pensava alle armi, i discepoli han-
metter pace, ma spada», usata in Apoc.
no bisogno di quel coraggio che fa rite-
6A per porre in evidenza l'antitesi tra
nere una spada più necessaria di un
µ&.x.a.Lpa. e Elp1]vi}, difficilmente signi-
mantello, e son tenuti ad abbandonare
fica una lotta armata 16; piuttosto essa
anche l'ultimo oggetto che posseggono,
è una metafora per dire che chi si de-
ma a non desistere dalla lotta» 18 . Gesù
cide per Gesù deve fare i conti perfi-
dunque è stato sempre contrario all'uso
no con l'inimicizia dei suoi più intimi
dispotico delle armi 19 ; d'altra parte, è
consanguinei (cfr. ro,35 e il testo di
altrettanto chiaro che egli in nessun
Lc.12,51; ~ III, col. 227). Il termine
modo chiese ai suoi discepoli una mi-
non ha perciò nulla a che vedere con
nor prontez:ta all'azione.
tardive immagini giudaiche che presen-
tano i giorni del Messia come tempo 3. Descrivendo l'equipaggiamento spi-
della spada 17, e d'altra parte non è in rituale del cristiano, Eph.6,17 dice: (S!-
contraddizione con l'immagine di Gesù ~a.crD-E) xa.t 'tD'llµax.m.pa.v -.ou 7tVEÒµa·
portatore di pace (~III, coli. 225 ss.). 'tOc;, 15 EC1''tLV pijµa. ~EOV, «(prendete)

chiara anche nel N.T. Sanh1,3 ; 9,3; 10,4 usa 17 STRACK - BILLERBECK I 585 s.; IV 865. 979·
per descrivere la decapitazione con spada il vo- 98I.988. Cfr. WINmscH (-+ n. 6) 45 ss.
cabolo saiif ( = !;lqioç; cfr. KRAuss, Archiiolo- 18 ScHLATTER, Komm.Lk.429; ScHLATTER, Die
gie [ ~ n. 2] n 3x3 e il siriaco sip'). Qui si beiden Schwerter Lk. 22,J5- 38, BFTh 20, 6
può ricordare anche il tentativo di suicidio del (1916); ~IV, coll. 938 ss. La Vulgata traduce
carceriere di Filippi (Act.16,27) e inoltre h qui come negli altri passi, con gladius. Ci s~­
mortale ferita di spada della bestia, in Apoc. rebbe la dottrina delle due spade (~ IV, col.
13,14. 942) appoggiata a Lc.22,38, se fosse stato chia-
ro che poteva trattarsi non di spade, ma - me-
15 Passo riferito da J. BE.l-IM, Apok. (N. T.
no solennemente - di coltelli o pugnali? Tut-
Deutsch II) ad l., in modo particolare agli or-
tavia non è il caso di pensare a coltelli che i
rori della guerra civile.
discepoli avessero portato con sé dopo l'ucci-
16 Cosl tuttavia ScHLATTER, Komm. Mt.349 s.: sione dell'agnello pasquale (cosl ZAHN, Lk3"68J
l'attività di Gesù ha come conseguenza che gli n. 71).
avversari della cristianità prendono la spada 19 Secondo WrNDISCH, o.e. 48 s., tra Lc.22,3'
per sterminarla. V. anche J. ScHNIEWIND, Mt. ss. e Mt. 26,51 s. Gesù avrebbe modificato la
(N.T .Deutsch 2) ad l. sua dottrina.
µ6:.xatpa. ( W. Michaelis)

anche la spada dello spirito, cioè la pa- taglio». Già la scelta di µcixmpcx. (cfr.
rola di Dio» 20 • Il cristiano, massima- Is. 49, 2) 23 distingue questo passo da
mente nella lotta contro gli 'lt\IEUµa'\'t.- Apoc.r,16; 2,12.16; r9,r5.2r, dove è
xcX. -.fjc; 7t0\l'l")pla.c; Èv "t"oi:c; È7toupa.\llotc;, usato ~ poµq:iala (ol1noµoc; o 6!;Ei:a.),
«gli spiriti del male nelle regioni cele- e cosl anche il senso dell'immagine nel
sti» ( 6 ,12 ), ha bisogno solo di armi spi- nostro testo è diverso da quello che es-
rituali: da spada spirituale 21 , con cui sa assume nell'Apocalisse: non indica il
egli possa difendersi, funge la parola di punire e distruggere, ma l'atto di met-
Dio 22 • tere implacabilmente a nudo i pensieri
più segreti del cuore umano 24 . Perciò
4. Un uso affine di µ6.xa.tpa., ma con
µaxcx.tpa. non sembra essere una spada;
diverso orientamento, si riscontra in
chi vuol disgiungere giunture e midolla
Hebr.4,I2 . Il Myoc; "t"ou ili::ou non vie-
non prende una spada! L'immagine sarà
ne direttamente designato come µcixat-
piuttosto quella del coltello del sacrifi-
pa., ma si afferma che esso è '\'OµW"t"E-
cio o delle scannagioni 25 , e forse anche
poc; U7tÈp 7tMr:t.\I µcixatpa:v olO"-.oµov,
il bisturi del chirurgo 26 •
«più affilato di qualsiasi spada a doppio
W. MICHAELIS

20 L'espressione potrebbe essere stata suggeri- 24 Non è perciò consigliabile porre Hebr.4,n
ta da Is.II,4 (dr. 2 Thess.2,8), tanto più che in relazione con una «dottrina della spada e-
già alla base di Eph.6,14 sta Is.II,5 (HAUPT, scatologica di Dio», quale è dato trovare in
Gefbr. ad l.). In ls. però si parla del Messia Is.27,1; 34,5; 66,r6; Ez.21,33; contro E. KX-
che colpisce la terra con il Myoç "t'OV (1"t6µa- SEMANN, Das wandemde Gottesvolk (=FRL,
"t'Oç e lv 'ltVEl'.lµet'tt òtà XEtMwv à.veì..er àaE- NF 37) (1939) I n. 4.
'3ii, «col soffio delle sue labbra distruggerà 25 Anche in '\E"t'PIJ.XTJÀ.tcrfiivov (4,13) forse si
l'empio». Dunque non vi è rispondenza di con-
pensa al rito del sacrificio; ma non è detto che
tenuto.
per se stessa l' immagine debba essere omo-
21 Non il ~ mlEV!J.11, ma la parola di Dio è de-
genea.
signata come spada; 'tOV nvel'.lµi:t'toç «Caratte-
26 Nei coltelli comuni il doppio taglio è un'ec-
rizza la spada come realtà che ha origine dal-
cezione (cfr. C. A. SEYPFERT, Dar Messer : Ar-
lo Spirito e da lui ci viene offerta» (EwALD,
chiv f. Anthropologie, N .F. xo [r9u] 148;
Gefbr. ad l.). Eph.6,17 diede più tardi occasio-
GALLING [--)>o. 2) 379). I LXX hanno ol<l'"t'O-
ne all'arte cristiana di raffigurare I' apostolo
µoç in fod.3,16; in Prov.5A (con µ.à.xatpa.);
Paolo con una spada. Cfr. W. STRAUB, Die
in 4i 149,6 e in Eccl11s 21,3 (con i'ioµcpala.). A
Bildersprache des Apostel.r Paulus (1937) nz.
doppio taglio potevano essere i bisturi chirur-
22 La scelta di --> ~-ijµa (preferito a Myoç, gici: dr. K. SuoHOFF, art. Chirurgische In-
che si legge in Js. n,4), può significare «che, stmmente, in Reallexikon der Vorgeschichte
in analogia con la risposta data d a Cristo al n (1925) 310. Cfr. inoltre: Ttt. MEYER-STEI-
Tentatore nel deserto, la spada rappresenta in NEG e K. Sum-IOFF, Gcschichte der Medizin im
ogni singolo caso una parola di Dio» (HAUPT, Oberblick mit Abbildungen (1922)2; Tu. MBY-
Gefbr. ad l.). ER-STmNEG, Chirurgische Instrumente des Al-
21 Nel secondo paragone veterotestamentario tertums, Jenaer medizinisch-historische Beitrii-
della parola con una spada (Sap. 18,15) si leg· ge, Heft 1 (1912); KRAuss, Archiiologie (~
ge l;lcpo<; 61;u. n . 2) 1 (1910) 266. 719; ]. P1muss, Biblirch-
J.lcixoµrx.L x-i;).. (0. Bauernfeind)

µcixoµa~, µcixn, &µa.xoç,


i}EOµcixoç, i7EoµaxÉw

t µ6..xoµm, p.ax'l'J, &~~a..xoc; tra»). In rer. div. her. xoo s. si accenna,


in connessione con Gen.15,8, all'appa-
Il gruppo linguistico è usato frequen-
rente µ6..XEO"ilat della conoscenza con-
temente in senso militare, per lotte fi-
tro la fede.
siche (l'aggettivo ha quindi senso attivo
e passivo) e ricorre anche per gare spor-
tive (accanto ad~ &.yw\I). Se si adope- Nel N.T. il riferimento sicuro a una
ra per alterchi in senso generico, per di- contesa concreta, si ha solo in Act.7,26:
spute verbali (Hom., Il.r,304: µa..xri- wq>ih] whoi:ç µrJ.xoµÉvotç, «si presentò
O"a.µivw È7tÉEcraw; Plat., resp. I, 342 d:
µ6.XE<ri}a..t =disputare; Plat., Tim.88a :
loro mentre rissavano». In Io.6 152: È-
p.axa..c; E\/ À.6yotc; 7t0LOUµÉV'l'] .. - OL Èpl-1
µcixov-to ... 1tpòc; àÀ.À.1)À.ouc; ol 'Iouoa.~01,
OW'V xa..t q>tÀ.ovtxlcxc; yEvo1..1.Évwv ), allora «litigavano tra loro i Giudei», detto di
il sostantivo ricorre per lo più al plu- una disputa verbale originata dalla di-
rale. Qua e là anche le obiezioni d'ordi-
ne logico che due parti contrarie si pon- vergenza degli animi. Rimane incerto se
gono fra loro sono indicate con µa- le µcixrJ.L che provengono dall'esterno,
XEai)at o µ6..xri (Plat., Theaet.155 b: ò- cui fu sottoposto Paolo(.2 Cor.7,5),com-
µoÀ.oy1Jµrx:rn: 'tpla µ6..xE·ra.t mhà. rJ.iJ-
'toi:c; Év 'tTI 1)µE"tÉpq, ~vxn, «queste tre prendano anche minacce fisiche. Discus-
proposizioni lottano tra di loro nella so è Iac-4,I s.: noi)Ev 7tOÀ.Eµot xat 7t6-
nostra anima»; Epict., ench. 52,r: 'tl l}e\I µ<ixa1 E.v ùµi:"V; ... µ<ixEa-l}E xat no-
y6.p ÈO''tL\I Ò:.7tOOEL~tc;, 'tt &.xoÀ.oui)ltl., 'tt
µlix'l'J, -.l &.À:rii)tc;, -.l lj/Euooc;; ). )..EµEi:'te, «donde vengono contese e liti
Pure nei LXX prevale l'uso militare. tra di voi? ... combattete e guerreggia-
In 2 Ea"op.15, 7 ; 2 3 ,rr.r 7 .2 5 µ6..xE<rila..t te». Posto che si indirizzi a Giudei
significa tuttavia, giustamente, la resi-
(Schlatter, Komm. Jak.), Giacomo inten-
stem:a critica; in Cant.r ,6 l'ingiusto ran-
core. Filone parla spesso di un necessa- de di certo degli avvenimenti sanguino-
rio µ6.xEcri)at contro le Èmiluµlat, le si; in caso contrario pensa a crudeli con-
i)ooval e i 7t6.ih1 (leg. alt. r ,86; 3 ,2 r.
tese e liti spirituali. Più che la questione
I I 6 ), come pure di lotta intellettuale
(det.pot.ins.32). Secondo leg. all.1,ro6, dei limiti tra lotte fisiche e spirituali, è
esiste un µ6..xEcri)a.t tra la morte fisica, importante il fatto che il gruppo lin-
liberatrice dell'anima, e la mol'te dell'a- guistico in tutto il N.T. non viene mai
nima ad opera delle brame (axeOò\I ou-
't'oc; o 1}6..vrJ.'tOç µ6..XE'taL ÈXEl'll<i.J, «in utilizzato in senso positivo, per designa-
certo modo l'una morte s'oppone all'al- re la lotta della vita cristiana, e che ad-

talmudische Medizin, in Beitrage zur Gesch. pressione che il dio gli squarciasse il petto
der Heilkunde und dcr Kultur iiberhaupt con una µ<ixmprx.. µrx.xa:lpLov ricorre più spes-
(r9u) 219.282. Nelle iscrizioni di Epidauro so come coltello chirurgico (µa:xa.lp~ov ùx°"pt-
(DJTT., Syll. i u68, 98 s.) il guarito racconta x6v, in Aristotele e Plutarco; cfr. LmnBLL -
come, durante l'incubazione, abbia avuto l'iln- ScoTT, s.v.).
ftEoµlixoç X'tÀ,. (0. Bauernfeind) (IV,534) 1430

dirittura viene rifiutato ogni µ6.XEO'tla.t, prnprio ambiente, che lo condiziona con
in quanto non si addice a un cristiano. le sue norme, egli può apparire spesso
2 Tim .2,23 s.: -.à.ç ÒÈ. µwpàç xa.t &.7ta.L- un pericoloso sobillatore (Act.17,6); in
òe:lri:~uç <;n-.1}cretc, 7ta:pat'tou, Elòwc, o'tt verità però il cristiano, esposto al µ6.-
yEvvG'law µ6.xac,· òouÀ.ov oÈ xuplou où XEO'l}a.t di cui è pieno il mondo e che
OE~ iuixEcrtlat, &.)..)..à. 1)mov dva.t 7tpòc, proprio contro di lui è principalmente
m);v-.a:c,... «evita le stolte e volgari di- diretto, non può tispondere con le stes-
scussioni, ben sapendo che generano se armi; egli non conduce delle µaxat
(soltanto) contese; il servo del Signore contro il mondo.
non deve contendere, ma essere man-
sueto con tutti. .. »). Cosl pure Tit.3,9:
xa.t Eptv xcd µ6.xa.c; vo.µtxàç 7tEpttcr'tr.t.-
<1o, «schiva le dispute e le contese in- Tanto il verbo opporsi a Dio, quanto
torno alla legge». L'episcopo in I Tim. l'aggettivo bellicoso contro Dio sonora-
ri 1• In Eur., Ba.45.325 (dr. 635).1255
3, 3, e ogni cristiano in Tim. 3, 2, de- il verbo, o il concetto, designa l'infau-
ve essere &µaxoç, pacifico. Il gruppo sta resistenza al trionfo di Dioniso2• Nei
linguistico assume perciò nel N.T. un LXX l'aggettivo non è usato e il verbo
ricorre solo in 2 Mach .7,19, riferito ad
timbro negativo, che non deriva né dal- Antioco Epifane. Simmaco rende con
l'uso antico 1, né da quello dei LXX 2 • tlEoµaxot il sostantivo r"fii'1m, ombre
Ciò che è detto in Iac.4,1 s., ha valo- dei morti, di Iob 26,5; Prov.9,18; 21,
16.
re anche per tutto il N.T.: dove ha luo-
go un µ6.xEcrttat, ivi è in gioco alla fin Act.5,39: µ1}1to'tE xa.t tlEoµ<ixo~ <-V-
fine - anche se ancora nascosta - la con- pEtlfj"rE, «affinché non risultiate anche
cupiscenza umana 3 . Il fatto che il cri- nemici di Dio». Stando ai fatti, in que-
stiano viva della misericordia di Dio e sto passo viene propriamente posto in
che ami i suoi nemici, non lo esonera evidenza un atteggiamento che i cir-
affatto dall' ~ àywvll;E<rtla.t o dall' ~ coli farisaici avevano realmente assun-
ÈÀ.ÉYXELV; anzi egli scende in campo ed to 3 ; la scelta di questo preciso termine
espugna baluardi (2 Cor. 10, 3 s. ); nel da parte di Luca non dipende dall'io-

µlixoµcu x-tÀ.. &Eoµcixoç it-t)..


I Cfr. tuttavia Plat., Tim.88 a. I Cfr. PREUSCHBN-BAUER3, s.v.
2 Nondimeno Eccl11s 28,8; a1tOCfXOU a1tÒ µci- 2 Cfr. W. NESTLE: Philol. 59 (1900) 46 ss.;
XTJ<;, dr. Prov.24,67 (30,32); ma ancor più si- ARW 33 (1936) 246 ss.; O. WEINREICH: Tii-
gnificativo è Eccl11s 8,16: ~-tò: ihiµw8ovç µ-i} binger Beitrage zur Altertumswissenschaft 5
1totljcr1iç, µaxnv, e Prov.25,8. (1929) 334 s.
3 Cfr. SCHLATTER, Komm.]ak.24r. 3 Cfr. ScHLATTER, Geschichte der erst. Chr.
100 s.; O.BAUERNFEIND, Die Apostelgeschichte
( 1939) 94 ss.
1431 (1v,534) l.lÉyaç A r (W. Grundmann) (IV,535) 1432

flusso dei LXX, ma da quello, più o me- mente la sottolinea, da ravvisare ovvia-
no diretto, di Euripide. Per lui la sin- mente in essa la somiglianza formale
golarità propria dell'evangelo e del suo <.:On talune lotte religiose del passato
tl'ionfo era tanto sicura, e cosl forte- pagano 4 •
0. BAUERNFEIND

µÉyr.t.ç, µEyr.t.À.ELo'\I, µEya.À.Et..é-t"T]<;,


µEyr.t.À.07tpE7t1} ç, µEyr.t.À.U'\IW,
µEyr.t.À.WO'U'\li), µÉyE'Ì}'o<;

p.Éyac; opEc; (Cyrop.1a,14); cfr. anche Hom.,


SOMMARIO: Od.18,217: '\IU\I o' o-.E 8-ii µÉyac; ÈO"O't
A. µÉyaç fuori del N.T. xat i)~l)c; µÉ-.pov lxci.vEtc;, «già sei gran-
de e t'appressi all'età virile»; Ex.2,r l:
B. µÉya:ç nel N.1'.:
r. uso comune;
µÉyac; yev6µevoc; Mwua-i)c;, «Mosè, di-
2. grande e piccolo nel regno dei cieli;
ventato grande». Inoltre, in riferimento
3. il comandamento più grande; ad oggetti inanimati si ha: µeyaÀ.at 'lto-
4. l'uso giovanneo; ÀEL<;, Pind., Pyth.4,19; µeyaÀ.a mola
5. 'tov µEy6.À.ou i>Eou: T it. 2,13; (campi), Aesch., Sept. c. Theb.733; Gen.
6. ii µEyUÀTJ ovva:µLç: Act.8,10. r,r6: Ènol1Jo-E'.v ò ~Eòc; -.ove; Mo cpwo--.i)-
pa.ç .-ove; µeyaÀ.ouc;, «Dio fece i due lu-
A. µÉya.c; FUORI DEL N.T.
minari maggiori». Dalle diverse direzio-
ni in cui la grandezza si può estendere
r. Il significato fondamentale di µÉ- derivano i significati di alto (µéya.v oò-
yac; è grande; propriamente è riferito papavòv OuÀ.uµ'ltov 't'E, Horn., Il.1,497 ),
anzitutto alla grandezza che appare este- lungo (o6pu µÉya. vl)~ov, «lungo tronco
riormente, che balza agli occhi, la gran- per navi», Horn., Il.r7,744), ampio (µt-
dezza tanto di persone e animali, quan- ra. À.ai-.µa. lYrtÀ.tiCTO"'l)<;, «il grande gor-
to di oggetti inanimati. Di Achille si go del mare», Horn., Od-4,504; 'Ì) M.-
dice: ~v xovlncn µÉya.c; µeyaÀ.WO-'tL Àao-cra 1i µeyci.À:YJ, Num.34,6 s.; ...-.l)v
'ta.wo-ìMc; xet.-o, «giacea nella polvere, ep11µov -ciJv µeyaÀ.11v xat 't''Ì}V q>o~epb.v
grande in gran tratto di suolo disteso» ÈxelVl)V, «quel deserto grande e spa-
(Hom., Il. 18,26}; cfr. El8oc; 8à µaÀ.a. ventoso», Deut.2,7), spazioso (µsyaÀ.71v
µÉya.c; Tjv òpaacn'>at, «molto grande era a.vÀ.T)v, Horn., Il.24,452 }.
d'aspetto a vedersi» (Horn., Od.18,4); Da questi significati fondamentali
µÉya.c; oÈ JtÀ.wp& ~ouc;, (bue grande di proviene poi una vasta gamma di tra-
fianchi» (Soph., Ai. 1253). In Senofonte slati. Riferito a persone o oggetti a cui
gli adulti - riconoscibili come tali dal- sono proprie forza e violenza, questo
la grandezza - vengono chiamati, in op- termine riceve il significato di violento,
posizione ai bambini, ot µey&.À.ot /lv- potente, detto tanto di dèi e divinità

4 Act.23,9 ~: µ-Ì} Deoµa:xwµEv, non è odgi· senso dì ,5,39.


nario, ma un'aggìunta ottenuta parafrasando il
1433 (1v,535) µÉycxc, A z (W.Grundmann) (rv,536) r434

(---?coli. 1459 ss.: µéya.ç l}E6ç, titolo at- versazione (Plat., Phaed.62 b); Èylyvw-
tribuito abbastanza spesso a Zeus: µÉ- O'X.O\IO'tL "t'r.dhet. µÉyLCT"t'Ct. (importantis-
yw; wov<ra."t'o ZEvç, Horn., Il.18,292; simo) ELl), Xenoph., Cyrop.7,5,52 .
.6.tòç xpoupu µEycD..oto, Horn., Il.6,304; µÉya:ç e derivati appaiono tanto in
dr. inoltre: µEyaÀl) Moi:pa, Soph., connessione con epifanie di divinità ed
Phil.1466, e anche Aesch., Choeph.306), eroi (ad esempio Hdt.8,38; Dion. HaL,
quanto di uomini ("t'Ò ovoµa "t'WV µEyoc- ant. Rom.6,13; Xenoph., Cyrop.8,3,14;
Àwv "t'Wv È1tL "t'i'jç ytjç, r Ila.p.17,8; ... Plot., enn. 5 ,5 .3 e passim) 2, come anche
1tot1}<rw <TE Etc; imvoç µÉya, Gen. 12 ,2; il - al superlativo µÉyL<r't'oç - nel cerimo-
re di Persia è µÉya:ç BmnÀ.Euç, Aesch., niale aulico, quale titolo onorifico 3 •
Pers.24; dr. inoltre ò µÉya.ç Ba<rLÀ.EÙ; Infine µÉya.ç può ricevere un signi-
'A<r<rvplwv, 4 B1w.18,19; ò µÉ:yaç cl.vl)p ficato di biasimo: µ1}0Év µÉy' EL'ItlJ<;,
Év 1téÀEL, Plat., leg. 5,73od; µEyaÀ.at <<non dir parole altezzose», (Soph., Ai
~vxal, Soph., Ai.154) 1, come pure di 386 e passim). µEy6.Àa. cppovEiv, «pen-
forze naturali e di pericoli: µÉyaç XEL- sa1·e presuntuoso» (Aristoph., Ach.988);
µwv (tempesta), Soph.,Ai.u48s.; µEyci:- µiJ µÉya. Mywv µEisov 'Ita~nc;, « [taci! J
Àov ù1tò xvµa"t'oç (maroso), Horn., Od. perché non t'avvenga che, parlando su-
5,320; µÉyaç xlvouvoç (pericolo), Pind., perbamente, venga colpito da maggiori
Olymp. r,8r; ·Mva."t'oç µÉya:ç <rcp6opa, dolori» (Eur., Herc. fur.1244).
Ex.9,3. Di essenziale impottanza è la
formazione astratta µÉya:ç xpovoç, «ìl 2. Nei LXX i significati di µÉyaç cor-
tempo potente» (Soph., Ai.714). rispondono in tutto a quelli della radice
Il termine ricorre ancora nel senso di ebraica gdl, particolarmente dell'agget-
grande, veemente, /orte (detto della vo- tivo giidol, quasi sempre tradotto con
ce), potente, sia riferito a umani stati µÉya:ç. In quanto ad estensione e inten-
d' animo (1tÉvfroç µÉya:, «gran cordo- sità gadol può esprimere le stesse sfu-
glio», Gen.50,n; òpyi) µEyaÀ'r}, Ecclus mature del concetto di grandezza pre-
26,8; anche Zach.r,2.15; ÈÀ.vtjl}'r} Iw- senti in µÉya.ç, cosl che i due vocaboli
vaç À.Uit't]V µEyaÀ.T]v, «Giona fu preso di solito collimano. Ciò non esclude
da un gran dolore», Ion.4,r; xa.t ÈX<lPTJ che, per l'ampiezza e multilateralità del
Iwvaç... xapàv µEyaÀ't)V, Ion.4,6), sia concetto di grandezza, abbastanza spes-
quando denota impressioni dell'udito so vengano usati per la radice gdl altri
umano (<ÌvEB6l}<TEV cpwvl)v µEyri.Àl)V, vocaboli greci, e viceversa che µÉyet.<;
«diede in un grido veemente», Gen.27, subentri per tutta una gamma di altre
34). µÉya: epyov è un'opera significati- radici ebraiche. In greco giidol è reso,
va, importante (Hom., Od.3,261); µÉ- oltre che con µÉya.ç e affini, con 17 di-
ya;ç Àéyoç un importante tema di con- versi vocaboli, tutti però usati solo spo-

µtyac;
PASSOW; Thes. Steph.; LIDDRLL-SCOTT s.v.; B. tentc, che porta a compimento ciò che Ja sua
Mi.iLLER, MÉya.ç llE6ç (Dissert. Hai. [1913]) controfigura, il sommo sacerdote terreno, non
PAULY-W. xv ( r932 ) 221 ss. compie); dr. anche 1_3,20: i:Ò'J 1toLµÉvu. -cwv
1tpopa'\W'J -còv µÉycxv ..., dove µÉycxç esprime
I Unito a un sostantivo µÉyw; è diventato
:'.ncora la potenza e l'efficacia, e di Cristo viene
o
un titolo: lEpe.òc, ò µÉycxc;: Lev.:u,10 e pas-
dfermato ciò che I' A.T. ascriveva a J ahvé
sim. Nel N.T. ricorre in Hebr.10,n in una ci-
tazione dcll'A.T., diversamente sempre liPXLE- stesso.
pEuc; (~ à:pXLEpEuc;). In Hebr.4;14 Gesù Cristo 1 Cfr. PAULY-W., Suppi. IV (1924) 314.
vien chiamato µÉycxc, à:PXLEpEuc; (µÉyac, = !X>' J PREISIGKE, Wort., s.v.
µÉyrt.çB x (W. Grundmann)

radicamente. In questi casi, quando de cetaceo, in lob 3,8. Particolarmente


non si tratti di libera traduzione che in Is. µÉya.c; diventa la sbiadita tradu-
muti il concetto corrispondentemente al zione di diversi vocaboli ebraici. Esso
contesto (ad es. &ytoc;, Ez.36,23, cod . vi ricorre 32 volte, di cui solo 13 per
A; Eo-xa:·i:oc;, Ios. l '4; Evya\11}c;, lob 1 ,3 ), gdl. Negli altri passi ci si trova di fron-
sono vocaboli che mettono in risalto un te in parte a una libera versione, in par-
particolare aspetto del concetto di gran- te a una costruzione indipendente del
dezza (ad es. cHip6c;, abbondante, 4 Bacr. testo 5•
ro,6.n; Ier. 5,5; òuva<T-.'IJ<;, potente,
Lev.19,15; Prov.18,16 ; 25,6; i.crxup6c;, B. µÉya.c; NEL N .T.

forte, Dan.10,r.7; 11,44; 1toÀ.vc;, copio- r. L'uso comune


so, Gen. 15,14 e passim; 1tpt::crSu'tEpoc;,
Nel N.T. il vocabolo ricorre nel con-
anziano, Gen. 2 7, r passim; \mÉpoyxoc;,
rilevante, Ex. 18,22 ). Non esistono si- testo del comune uso linguistico greco-
nonimi né di µlym; né di giidol. Gli al- ellenistico. Dall'abbondanza di docu-
tri vocaboli ebraici che i LXX rendono menti 6 scegliamo alcuni esempi parti-
con µÉyac; risultano in tal modo per lo
più generalizzanti. Cosl µÉya.c; frequen- colari: si parla di 'tÒ lM:m1ov -.ò µlycx.
temente sta per concetti di quantità, co- -i;ou i)Eou, «il grande banchetto di Dio»
me bd, rdh, molto, me'od, assai (Ex.19, (Apoc.19,n) a cui sono invitati gli uc-
16); più volte per kiibed, pesante; in Is.
33,2r.22; Ez.17,8 per 'addtr e in Is. celli e che viene allestito con la carne
60,22 per ·a~um, potente, forte; per gii- di re e potenti(~ ÒEtmlo'.1 II, col. 827);
balp, diventare alto, in Ez.31,ro; per ti- si ricorda la «grande fede» ( µqcl.À:ri
toli onorifici : geblrd, signora, in 3 Ba.<r.
n,19; ro'J, capo (sommo sacerdote), in 1ti.<T'tLc;, Mt. 15, 28) della donna cana-
2 Par.24,11; per l'intensità del suono: nea (~ 1tlcr·nc;), si parla di Dio quale
in Deut.27,14 per riim, ad alta voce; in µéya..c; ~acrLÀEvc;, re potente (Mt. 5,
Ier-4,5 per miile', a piena voce; per 'a-
slb, con voce roca (?) in Dan.6,21; in 35; dr. 4' 4 6, 3), del severo giudizio
lob 36,24 per sg' (hif'il), esaltare con che sovrasta il maestro (µE~<'.,o'V xplµcx.
lodi; per il concetto di straordinario, À.'r)µ\j16~i)a, «ci attireremo un giudizio
pl' in lob 42,3; Is.9,5; oppure di terri- più severo», Iac.3,1), dei µtxpol e µ.e-
bile, V in lob 37,22; infine, nella tra-
duzione del tutto libera di hiim6n, sta ycl.À.ot, in Apoc.n,18; 13,16; 19,5.18;
per 'moltitudine tripudiante', in Is. 5, 20 1 12 (in connessione con altre coppie
14 (il termine viene cosl associato dal antitetiche, dove grandi e piccoli figu-
traduttore al concetto di hybris) 4, per
~ur, roccia (designazione di Dio) in Is. rano nei diversi, possibili significati di
26A e per liwjiitiin, µÉya. x'ij'toc;, gran- queste parole) 7• Giovanni Battista, si

4 G.BERTRAM, Das Problem der Umschrift tmd (Act.B,ro; Hebr.B,n), «dal piccolo fino al gran-
die religionsgcschichtliche Erforschung der de», ha origine, come mostra l'ultimo passo,
LXX: ZAW, Beiheft 66 (x936) xo7. nell'uso linguistico dei LXX; dr. Ge11.19,n;
s II paragrafo 2 è stato scritto da BERTRAM. x Brur.30,2 e pnssim. Essa serve a caratterizza-
re una vasta totalità. In I Cor.9,u µtyrt. signi-
6 Cfr. PREUSCllEN-BAUER' s.v. µÉyac;. fica : «questo è fors e qualcosa di speciale, di
1 La locuzione anò µtxpov llwr; µqaÀ.ov ... meraviglioso ... ?»; altrettanto in 2 Cor.u,1:).
1437 (1v,536) µéyaç B l ( W. Grundmann)

annuncia, fo-.aL ... µÉyac; Èvwmov xu- dezza è dato avendo in vista il valore
plou, «sarà grande al cospetto del Si- del dono, che forma e edifica la comu-
gnore» (Le. l ,15 ), e altrettanto sarà Ge- nità, come risulta da 14.4·5 (µElswv ÒÈ
sti 8 : ou-roc; fo-.a.L µÉya:c; (=importante, o 1tpOq>TJ'tEUW\I iì ò À.a.Àwv r ÀWCTO"!Xt<;,
Lc.1,32); cfr. anche 1tpocp1]-t1]<; µÉycx.c; «chi profetizza è superiore a chi parla
1}yÉpil1] Èv l)µ"tv, «Un grande profeta in lingue», e questo perché o ... '!'Cpoq>l]-
è sorto tra noi» (Lc.7,16). Tale grandez- 't~uwv ÈxxÀ.11crla.v obi.oooµEt, «chi pro-
za, secondo Hehl'.II,24, è fondata sul- fetizza edifica l'assemblea», v. 4). Per
la fede: 1tLCT'tEL Mwi.iai)ç µÉya:ç yEvoµE- il Vangelo di Giovanni l'amore raggiun-
voç ..., «per la fede Mosè divenne gran- ge il suo apice nel sactificio che Gesù
de ... » 9• Nel Magnificat Maria proclama: offre per amore (lo.15,13, dove, peral-
... È1toh1crÉv µoL µey4Àa o SuvO'.'t"Oç, tro, il sacrificio di Gesù viene inqua-
«grandi cose mi ha fatto il Potente» drato in una massima di carattere ge-
(Le. 1 ,49 ). La qualifica di Dio come o nerale: µElsova -.a.u1:'1]ç àyn1t1]\I oòodc;
ouwi-.6ç fa sì che µeyaÀ.a significhi EXE~, ~va n; -.i]v ~vxiiv whou Mi Ù7tÈp
qualcosa che eccede l'intelligenza, qual- -twv q>O..wv a.ù-rou, «nessuno ha amore
cosa di meraviglioso 10• più grande di questo: che uno dia la
Paolo parla in termini incisivi dell'a- propria vita per i suoi amici»).
more come del più grande dei xaptcrµa- Paolo spiega la relazione tra l'uomo e
't"IX: ~l]Àou'tE oÈ -.&. xaplcrµcx.-.a. -rà. µEl- la donna, espressa nella promessa che i
~ovcx. ... \IU\IÌ OÈ µÉ\IEL 1tlO"·nç, ÈÀ1tl<;, àya- due diverranno una sola carne, ricorren-
'lt'J'), 't"Ò. 't"pla -.a.iha · µEl~wv oÈ 't"ou-rwv do alla comunione tra Cristo e la comu-
Ti àycbt'J'), «aspirate ai doni più grandi... nità, e definisce ciò un grande mistero:
Al presente rimangono queste tre cose: ~ò µvcr't1}ptov -.ou'to µÉycx. Èo--.lv ... (Eph.
la fede, la speranza, la carità; ma tra 5a2). L'intero evento storico di Cristo,
queste la più grande è la carità» (1 Cor. innicamente cantato in I Tim. 3,I6 è
12,31; 13,13). L'amore è il principio oµoÀ.oyovµÉvwç µÉya., «grande per co-
eterno nel mondo, ciò che gli dà senso mune accordo», in quanto -i:o -rjjc; EÙ-
e valore. Il giudizio circa la sua gran- O'E~Ela.v µUO""t'TJpLov, «mistero della pie-

8 Qualora 1'11pparizione dell'angelo a Maria fos- spiritualizzata di Ex.2,u (~ col. 1432), dove
se originariamente un'apparizione a Elisabetta, semplicemente si dice: quando Mosè fu adul-
come sostengono D. VoLTER, Die evang. Er- to...
:1.iihlu11ge11 vo11 der Geburt tm Killdbeit Jcstt ID Per l'uso linguistico dr. De11t.10,2r: lSo-·nç
(19u) e E. NoRDEN, Die Geb11rt des Kindes ÈJCOtTJCTE tv uot i;à. µEy6.Àa x.at i;à. ~\loo~a
(1924), anche questo termine suonerebbe co- Tet.iii;a, «egli che ha compiuto in te queste co-
me una promessa del Battista. se grandi e terribili ...»; De11t.34,n s.: 1\'0Li}-
O"a.L... 'tCÌ.. &avµauta i;CÌ. µeyaÀa, «compiere...
9 Abbiamo i.Q questo passo un'interpretazione prodigi grandi».
1439 (rv,537) µÉyaç B 2 (W. Grundmann)

tà». La pietà stessa, connessa con il sa- oùpa.vwv; «chi dunque è il più grande
persi contentare (o:Ù't6:pxELa.), significa nel regno dei cieli?» (18,r); nella re-
per gli uomini un ttopLcrµòc, µiym;, un dazione di Le.: -rò -rlc; èiv EL1'J µslswv
«ricco guadagno» (1 Tim.6,6). La 7tap- aù-rwv «chi di loro potesse essere il più
p11crlo:, come fiduciosa libertà in Dio, grande» (9,46) 11 •
ha, in senso del tutto simile, una gran-
Mentre in Le. (e Mc.) si tratta di una
de ricompensa (µEy6:À.TJV µwi}o:1tooocrl-
disputa tra i discepoli per il primo po-
av, Hebr.ro,35).
sto, cioè di sapere chi di loro avesse
Il giorno del giudizio escatologico,
più importanza e valore, in Mt. invece
da tutti atteso, è un grande giorno (µE-
la questione riguarda la condizione nel
-y6:ÀTJ fiµÉpo:) . Sotto in.flusso di Soph.
regno di Dio. In questo modo il regno
r,14 (tyyùc, Ti 'Ì)µÉpa xuplou 1i µq"aÀ:ri,
dei cieli è presentato come uno stato e
«è vicino il grande giorno del Signore»)
una realtà in cui si hanno distinzioni, al-
sono i due passi di I udae 6: EÌ.ç xpl<nv
la stregua delle comunità terrene 12 • Lo
µEyaÀ.T)<; 1}µÉpac,, «per il giudizio del
Schlatter fa notare che la questione del-
gran giorno», e di Apoc.6,17 : Ti 1Jµt!pa
la grandezza pervadeva l'intera pietà pa·
Ti µEy6:ÀTJ •fl<; òpyf)c,, «il grande gior- lestinese: «In ogni occasione, nel!' as-
no dell'ira» . Anche Act.2,20 si rifà a
semblea liturgica, nell' ammir.istrazione
Ioel 3.4· della giustizia, nel pasto comune, in
ogni affare, sorgeva continuamente il
2. Grande e piccolo nel regno dei cieli
problema chi fosse più grande, e la mi-
L'uso del concetto in certi passi teo-
sura dell'onore a ciascuno dovuto si de-
logicamente importanti richiede un di-
sumeva dall'ufficio stabilmente esercita·
scorso a parte. Nell'annuncio del regno
to e sentito nella sua massima impor-
di Dio da parte di Gesù, la questione
tanza» 13 •
del grande e piccolo nel regno dei cieli
gioca un ruolo importante. Essa ha il Per la pietà palestinese è un sicuro
suo luogo fìsso nella contesa dei disce- dato di fatto che anche nel mondo futu·
ro ci sono piccoli e grandi. «Si legge in-
poli per il primo posto, che nella for-
Iob 3,19: 'là vi sono piccoli e grandi'.
mulazione di Mt. verte su questo: "tlc, Ma non lo sanno tutti che là vi sono
&pa µElswv È<r'ttv f.v "tfl ~o:aùe:lq, -rwv piccoli e grandi? Ti si vuole insegnare

Il Mc. ha riportato il fatto dettagliatamente, 12 A ciò va ricondotto l'uso linguistico; cfr.


ma pone la domanda in modo indiretto. Egli b µÉyaç livT)p Èv 'ltOÀ.EL, <<Uomo grande in cit-
forma poi, con sostanziale coerenza, il logio11: tà» (Plat., leg. 5,730 d); -.ò <Svoµa. -rwv µ&y6:-
Et -rn; i>ÉÀEL 1tpw-.oç Et'\10'.L, fo-rm 1t6.V't"Cù'\/ fo- ).wv TWV E1tÌ. -rijç yiJç, «il nome dei grandi
X«'foç xai 'ltU\l't"WV lÌLaxovoç, «chi vuol essere della terra» ( r Chron.17,8); µiycu; 1jv lv TU
primo sia ultimo di tutti e di tutti servitore» ~a<nÀElcy., «era grande nel regno» (Esth.10,3).
(Mc.9,33-35 ). 13 Sc HLATTER, Komm.Mt.543.
1441 (IV,.538) µ.iyac; B 2 (W. Grundmann)

che in questo mondo non s1 nconosce Gesù decide la questione coerente-


chi sia piccolo e chi grande ... » (Pes. r., mente con la sua predicazione e conce-
appendice 3 (198b) 14• Al contrario di
quanto accade su questa terra, dove ogni zione del regno di Dio. R. Otto a pro-
situazione è mutevole, nell'al di là la posito di questa pericope dice: «Qui
condizione sarà immutabile: «In que- soffia il nuovo spirito che minacciò e
sto mondo chi è piccolo può diventar
grande, e chi è grande, piccolo; ma nel superò il mondo religioso del giudaismo
futuro non può chi è piccolo divenir incamminato verso il rabbinismo» 17 •
grande e chi è grande, piccolo» (Ruth r. Gesù pone un bambino in carne ed os-
r,17). L'affermazione di lob 3,19 in B.
M.b.85b viene interpretata nel modo se- sa in mezzo a loro (gesto simbolico
guente: «Chi si fa piccolo in questo mon- conservato da tutti e tre i sinottici) e
do a causa delle parole della Torà, sarà accompagna l'atto con una frase che
grande nel mondo futuro; e chi a motivo
delle parole della Torà si fa in questo Mt. sembra tramandare nel modo più
mondo, per cosl dire, schiavo, sarà li- conforme al significato: f.à.v µi} cr-.pcx.-
bero nel mondo futuro». Il mondo fu- <f"i'j-i-E xc.et yÉvT)cri}e wç -.à '7tCX.L0LCX., où
turo, simboleggiato nel Giardino di E-
den 15 , aveva sette classi o sezioni, in µ7] dcrH.l}rytE Eiç -i-Tiv ~acrLÀ.elcx.v -.wv
cui i beati venivano distinti. La discus- oùpavwv, «se non vi cambiate e diven-
sione verteva su questo: quali godes- tate come bambini, non entrerete nel re-
sero più onore e fossero primi 16• Esso
venne perciò assegnato ai martiri o ai gno dei cieli» ( 18 ,J) 18• Mt. aggiunge
giusti o ai fedeli maestri della Scrittu- inoltre l'affermazione propria a lui solo:
ra e della Mishna.

14 STRACK-BILLERBECK I 249. 9,37; cfr. Lc.9 148). Con questo Gesù risponde-
1s STRACK-BILLERBl!CK IV 1016 ss.: Scheol, Ge- rebbe alla questione volta a stabilire chi sia il
hinnom und Gan Eden». più grande: chi compie le opere dell'amore, co·
me l'accogliere un bambino, è grande nel regno
16Cfr. particolarmente STRACK-BILLERBECK IV
dei cieli. Certamente Gesù ha dato regole e in·
u39; anche. I 773.
dicazioni di questi tipo. Ma è sufficiente questo
11 R. Orro, Rcich Gottes und Mcmchcnsohn come risposta alla nostra questione, che deve
(r934) 96. contemporaneamente spiegare l'azione simboli-
18 A questo corrisponde in Mc. il logion gene- ca? Si potrebbe esaminare attentamente ciò che
rale nella pericope della benedizione dei bam- propone E. WINKEL, Das Evangeli11m nach
bini: &.µi}v À~yw vµ~v, 8c; llv µ-ij lil!;;ri-ca~ 'tli\I Mark11s (1937) 54, il quale, tenendo conto della
~a<rtì..tla\I -cov l>eov wc; TtCX.~Ofo\I, où µY) do-é)... variante bt al posto di ~\I (codd.W®cplt.Vg.),
Dn Etc; a.ù-ci)\I, «in verità vi dico, chi non ac- legge: «Chi da tali bambini accoglie ... ». Ma
coglie il regno di Dio come un bambino non un simile uso linguistico non si riscontra altro-
entrerà in esso» (Mc.10,15); ugualmente Lc.18, ve sulla bocca di Gesù; nel contesto del logio11
17 (nello stesso contesto). Secondo LoHMEYER esso condurtebbe a pensare che un tale uomo
l'enunciato, «quale regola della comunità», accoglie Cristo e Dio con un'accoglienza inte-
chiarisce «il senso di questo aneddoto» (Das riore, mistica. La diversa tradiz1one clel logio11
Evangelium d. Markus [1937] 206). Dove Mt. di Mc.9,37, inMt.I8,5 (~v Tttttlifov -i-otov-co) e
ha il logion citato, Mc. e Le. hanno: oc; ll\I g\I in Lc.9,48 (1.'ou-co -cò Ttatolo\I) nei confronti di
'TW\I '\"OLOV'TW\I 7tCX.~olw\I oÉ!;"l)-caL ETtt -c<l> 6v6µa· ~\I o ÈX "t'W\I -cotou-cwv 1tttt61.wv (oppure -cwv
'tl µov, lµ~ oéxe-caL .. ., «chi accoglie uno di que- Ttatolwv TOV'tW\I ), mostra lincertezza della
sti bambini nel mio nome, accoglie me ...» (Mc. tradizione stessa.
µÉyaç B 2 (\Xl. Grundm:mn) (IV,539) 1444

OO''n<; ouv 't'lXO.WJWO'é'.t È.aU"CÒV wc; 't'Ò invece presenta simbolicamente come
1taLÒlov 't'OU't'O, o\h6c; Ècnw é µelt,wv esempio un bambino. La pietà adulta,
È'V 't'TI ~txo-LÀelq; 't'WV oùpavw"V,
«chiun- legata aile opere, viene superata dal sa-
que si fa piccolo come questo bambino, per accogliere e aver fiducia, proprio dei
costui è il più grande nel regno dei cie- bambini 21 .Quando l'uomo arriva a que-
li» (r8,4), antitetica alla citata senten- sto atteggiamento di semplicità ('t<J.1tEL-
za rabbinica del farsi piccolo a motivo \IWO'EL Éa.u.. 6v ... ; «il 't'IX1tEW6c; ••• non è
delle parole della Torà 19• Sia per il sim- spinto da brama di potere, ma con gran-
bolo usato, sia per il logion ad esso de amore eseguisce, nel piccolo settore
unito è vero che «la parola indica il a lui assegnato, il compito affidatogli» )22,
bambino quale prototipo di colui che allora è un µElè;wv È.v 't'U (3aO'tÀ.Elq. "t'WV
appartiene al regno di Dio» 20 • La ten- oùpavwv. Questa è la risposta alla que-
denza della pietà giudeo-rabbinica a rag- stione della grandezza nella nuova re-
giungere la grandezza con le proprie o- ligiosità; essa proviene da Dio e consiste
pere viene esclusa. Nel passo citato è nell'essere suoi figli.
convenientemente messo in risalto, co- L'idea contenuta nel logion proprio
me atteggiamento positivo, il modo di di Mt. viene messa ancor più in eviden-
fare del bambino che accetta con aper- za dall'affermazione fatta nel contesto
tura d'animo e schietta fiducia ciò che della scena dei due figli di Zebedeo: ...
gli vien dato. Il contrario è lancinante. o<; Èàv i>ÉÀ:n ÈV ùµ~v µÉytXc; YEVÉO'i>IXL,
Mentre i rabbini discutevano quali bam- fo"t'IXL ùµwv ÒLtixovoc;, «chi tra voi vuol
bini appartenessero al regno dei cieli, divenire grande, sia vostro servitore»
Gesù lo attribuisce loro per il semplice (Mt.20,26; con costruzione leggermen-
fatto che sono bambini. Essi dicevano: te diversa in Mc.10,43) 21 • L'asserzione
«il chiacchierare con bambini porta l'uo- è antiteticamente opposta all'ordine ter-
mo fuori dal mondo» (Ab.3,14); Gesù reno di dominio e propone, come re-

19 Non si può negare che il contesto di Mt. e me totale disposizione interiore che è al tempo
questo logion a lui proprio siano composti in stesso completamente diversa . .Nessun termine
reciproca rispondenza. servirebbe meglio e più incisivamente a defi-
20 E. LOHMEYER, o.e. 205. Inoltre: W. GRUND- nire la condotta specifica dei farisei, che quello
MANN, Dic Golleskindscbaft in der Geschichte di 'non infantile', ossia 'contraria alla semplici-
Jes11 1md ihre religionsgeschichtlichen Voraus- tà infantile'».
setwngen (1938) 78 ss. 22 SCHLATTER, Komm. Mt.545.
21 Cfr. R. OTTO, o.e. 94: «'Accogliere' e 'ac·
cettare come bambini', è la nuova via di salvez- 2l Entrambi gli evangelisti inseriscono la frase
za che Gesù indica. È la strada che corrispon- già citata da Mc. in un altro riepilogo, in rela-
de il meno possibile all'indole farisaica, anzi è zione con le questioni di priorità: xa.L 8c; 11'1
ad essa diametralmente opposta, non nei par- l}l;l...11 E'J uµi:'J Elvm 'ltPW'tOc;, fo'tc:t;t ÙµW'J oo~
ticolari, nelle affermazioni cattedratiche, ma co- )..oc; (Mc.: 1t6.v-.wv oovÀ.oc;).
µÉyaç B 2 (\Xl. Grundmann)

gola per la vita comune dei discepoli, siderarsi maggiore»; Gesù, risponden-
i1 servizio dell'amore. In questo mo- do, richiama il suo comportamento: -tlc;
do la questione della grandezza viene yàp µElsw\I, b &.vo:.xdµE'lloc; fi o oLaxo-
convertita nel dovere del servizio vicen- 'llW\I; oùxì. b à.'lla.xElµE\loç; hw oÈ f.v µÉ-
devole. Non si impedisce, cioè, che ta- cr({.) ùµw'll dµL wç o OLU.XO'llW'll, «chi in-
le problema venga posto, ma la via in- fatti è maggiore, colui che siede a ta-
dicata al discepolo supera il conflitto e vola o colui che serve? non è colui che
la contraddizione che ne sorge nei rap- sta a tavola? Eppure io sono in mezzo
porti tra noi e verso Dio. Lc.22,26 s. ri- a voi come colui che serve» 25 • Egli, il
porta il logion in altro contesto e in più grande, è loro servo. Orbene, essi
questa forma: o µEl~w\I È'll ùµ'i:'ll ')'L'llÉ- devono imitare e riprodurre nella vita
o-l1w wc; o 'llEW"t'Epoc;, xa.t O 'IÌ"J'OUµE'lloc; il suo esempio.
wc; o OL<X.XO\IW\I, il maggiore tra voi si A questo punto rimane ancora aperta
comporti come il più giovane, e colui una questione. È chiaro quale risposta
che governa come colui che serve». A. Gesù abbia dato al problema della gran-
Schlatter fa giustamente rilevare la dif- dezza. Ma non è ancora chiaro se egli si
ferente situazione: «In Mc. le afferma- limitò a rispondere a una questione pro-
zioni spiegano come si diventa gran- posta da altri, o se egli stesso abbia di
di: grandi si diviene soltanto con l'es- sua iniziativa parlato di grandi e piccoli
sere piccoli e con il servire. In questa nel regno dei cieli.
. nuova setie di affermazioni si chiarisce Nel discorso del monte, in Matteo,
invece in che cosa il discepolo debba tra le dichiarazioni sulla legge e la giu-
impiegare la grandezza conferitagli ... Il stizia, ricorre questa sentenza che giu-
senso della grandezza a cui Gesù ha por- stamente è discussa e viene effettiva-
tato i discepo1i è il servizio» 24• La for- mente ridimensionata dal comportamen-
ma \IEW'tEpoc; aggiunge contemporanea- to sovrano di Gesù verso la legge: 8c;
mente a µElsw'll l'idea di più vecchio. Eèt.'11 où'll À.UO'TJ µlcx.v -.wv È'll'toÀ.wv -.ov-
Si tratta, nel contesto lucano, di una "t'W'll -.w'll ÈÀ.o:.xlo--.wv xat &Ml;n o\hwc;
disputa sorta durante l'ultima cena, cir- -çovc; a'll~pW1toUc;, ÈÀ.tiXLO'"t'Oc; xÀ:J'}iHJO'E-
ca la questione -.ò "t'lc; cx.Ù'tW'll ooxEi: d- "t'rt.L È'll -çfi ~rt.O"LÀ.El~ 'tW'll oÙpCX.VW'll ' oç
\ICX.L ~a;,w'll, «chi di loro fosse da con- o' &v 1tOL1Jo-n xcx.t OLMi;u. où-.oc; µÉycx.c;

24 ScHLATTER, Komm. Lk.424. Cfr. ibid. anche Mek. Ex. a 18,12, dove viene
richiamata l'attenzione al fatto, non comune,
25 STRACK-BILLERDECIC II 257 richiama l'atten- che uno pi\1 grande serva a tavola un inferiore,
zione sul colorito palestinese della questione: e questo agire vien difeso richiamandosi ad A-
«Chi è più grande, il custode o il cultoditoi' bramo che servi i tre uomini, da lui ritenuti
Chi è più grande, chi porta o chi'"è portato?» arabi idolatri, e a Dio che continuamente elar-
(Gen.r.78,r a 32,27); e ivi ancora altri esempi. gisce cibo a tutti.
µéyw; B 2 (\X'. Grundmann)

xÀ'f)iÌTJO"E'ta..L E.v -.fj Bcx.cn)..E'.l~ -cwv oùpa..- na decisamente antifarisaica di Gesù, al


vwv, «chi dunque violerà uno solo di perfetto adempimento della volontà di
questi comandamenti, anche i minimi, Dio. Tale volontà è espressa nel discor-
e insegnerà agli uomini a fare lo stesso, so del monte, è una realtà che afferra
sarà chiamato minimo nel regno dei cie- tutto l'uomo, volta alla verità e all'amo-
li; chi invece li praticherà e insegnerà, re, all'apertura e alla confìdenza in Dio.
costui sarà chiamato grande nel regno Di grandi e piccoli nel regno dei cie-
dei cieli» (Mt.5 ,19). L'affermazione se- li parla infine la risposta di Gesù nella
guente esige, quale condizione per l'in- discussione sorta dalle domande circa il
gresso nel regno di Dio, una giustizia Battista: &.µliv ÀÉyw vµi:v, oùx ~yn­
migliore di quella degli scribi e dei fa- yep.-a~ Év yewri.-o'i:c; yuvaixwv µelswv
risei. Gli esempi (5,21 ss.) oppongono 'Iwciwou -rou ~a1t'tt0"-tou· o OÈ µ~xp6-
il precetto di Gesù alla halacha degli -cEpoc; Èv -cfi ~o:oùelq. -rwv oòpavwv
scribi (rpcovO"a..-ré O'tL... f:ppÉ1l'l), «avete µd~wv aò-.ou ÉO"-rW, «in verità vi dico:
inteso che fu detto», non «scritto» [l- tra i nati di donna non è sorto uno più
ypciqn1J1.6, e sostengono la validità del- grande di Giovanni il Battista; e tut-
la legge intesa in modo che tenga con- tavia il più piccolo nel regno dei cie-
to di tutto l'uomo, come espressione li è più grande di lui» (Mt.1r,II; Lc.7,
della volontà di Dio in antitesi alla ha- 28 ). Si tratta, come mostrano i versetti
lacha dissolvitrice, ridotta a «recinto in- seguenti, del taglio netto che separa il
torno alla Torà» (Ab.1,1). Non Gesù, tempo di Gesù da quello dei profeti e
ma gli scribi sono i dissolvitod della di Giovanni, come tempo del compi-
legge. Perciò la nuova giustizia dev'es- mento, della venuta del regno di Dio,
sere migliore della loro. Anche 5,19 si in opposizione al tempo dell'annuncio e
deve intendere avendo presenti queste dell'attesa di esso. Alla fìne di questo
affermazioni. Essi, poiché violano e co- tempo ormai trascorso sta, secondo la
sì insegnano - e la cosa vale anche se sentenza di Gesù, Giovanni, come il
così agissero nei confronti di uno dei più grande tra i nati di donna. Questo
minimi comandamenti -, non possono attributo viene però subito ridimensio-
csset·e che i più piccoli nel regno dei nato: ò OÈ µLxfhtEpoç Év 'tU ~ao-LÀ.El~
cieli; anzi il v. 20 va oltre: essi non vi -rwv oòpavwv µElswv 0:1hou E.<r-.w. Si
entrano affatto. La posizione del regno intende con questo escludere il Battista
dei cie1i è legata, secondo questa dottri- dal regno di Dio? È poco probabile, da-

26 Che nel discorso del monte non si tratti del- affermazioni. Cfr. K. BoRNHAUSER, Die Berg-
la spiegazione del decalogo, ma dell'opposizio- predigt (r923); W.GRUNDMANN, Die Frage der
ne all'halaka degli scribi, risulta chiaro dai vv. iìltesten Gestalt und des ursprii11glichen Sinnes
33-37, e lo si può riconoscere anche da altre der Bergrede Jesu (r939) 6 s.
µÉyo:ç B 3 (W. Grundrnann)

to che Gesù assegna tale regno ad A- 3. Il comandamento più grande


bramo, Isacco, Giacobbe (Mt. 8, II).
Tra le dispute che introducono il l'ac-
Forse che, dunque, poteva escludere co-
conto della passione, Mt. e Mc. riferi-
lui che egli stesso chiama il più grande
scono la domanda circa il comandamen-
tta i nati di donna? Egli viene inoltre
to più grande 2~. In entrambi i casi è
apettamente classificato anche tra i pro-
un voµ~x6ç, un dottore della legge, a
feti. E colui che è 1tEpL<rO-o'tEpov 1tpo-
porre la domanda: 1tola. Év-toÀÌ'] µEya-
cpi)'tou, «più che un profeta» ( v. 9 ), non
),:r1 è.v -.Q v6µ!p; «qual è il comanda-
deve far parte del regno di Dio? Chi è
mento grande nella legge?» (Mt.22,36);
poi il µLXpO'tEpoç È.v 'tTI ~acTLÀEL~ 'tW\I
1tola. ÉO'"t'L\I ÉV"t'OÀ.Ì'J 1tPW't1) 'Jta\l"t'W\I;
oÙp(J.VWv, che è µEl~wv cx.Ù"t'ou? Si può
«qual è il primo comandamento tra tut-
pensare al discepolo che vive l'esperien-
ti?» (Mc. 12,28). In ambo i casi Gesù
za dell'inizio del regno (Mt.13,16s.); ma
risponde unendo insieme Deut.6,5 e
è più probabile che Gesù pensi a se
Lev.x9,18: «Amerai Dio, il tuo Signo-
stesso e al suo nascondimento, che pro-
re, con tutto il cuore, con tutta l'anima,
vocò I' interrogazione del Battista, alla
con tutta la mente (e con tutta la forza
propria indole servizievole, che delude
[Mc.])», e «amerai il prossimo tuo co-
ogni attesa; veramente egli appare qua-
me te stesso». I due precetti sono in
le µLxpo'tEpoç aÙ'toU, e tuttavia è colui
Mt. uniti: CJ.U't1] È.O'"t'LV ti µEyaÀ1) xa.t
che instaura il regno di Dio e che è il
7tpW't'J) Èv-toÀ.i}. OEU'tÉpa. òµola aò'tjj •.•
µElswv 27• Questa interpretazione pone
È.V "t'l'.Xtl'tCW; "t'CJ.t<; OVCTL\I È\l"t'OÀ.ai:ç oÀ.oç
la risposta di Gesù sulla stessa linea di
6 v6µoç xptµa.-tai xat ol 7tpoq>fj-taL,
que1la che in Mt.12,6 caratterizza la sua
«questo è il più grande e il primo co-
specifica missione: "t'OU tEpou µd~bv t-
mandamento. Il secondo è simile a que-
<1'tL\I woE, <cecco qui qualcosa più gran-
sto... Su questi due comandamenti si
de del tempio»; con questa affermazio-
fonda tutta la legge e i profeti» (22,38-
ne egli si pone al di sopra del tempio
40) 30; in Mc.12,3x si ha: µElswv -.ou-
e motiva la sua libertà di fronte all'in-
"t'WV aÀÀ.1] È.V'tOÀ.'r]' OUX ' t.O'"t'W,
!I «non C'è
terpretazione rabbinica della legge (dr.
altro comandamento maggiore di que-
12,41.42) 28 •
sti». E il voµ~xbç stesso conferma (v .
3 3 ): ...7tEpLC10'0"t'Ep6v ÈO''tW 7ta\l"t'W\I -.wv

27 Questa interpretazione si trova già nei Pa· 29 Lc.ro,2 5 ss. conserva il dialogo in al~ra for-
dri della chiesa. Cfr. F. DIBELIUS : ZNW II ma: egli pone in bocca al \IOµ~:X6<; la risposta,
( r 9 ro) x9o s. e i commentari. gli fa chiedere chi sia il 'p~sstmo' e racconta
28 Cfr. però anche W . BouSSET, Kyrios Chri- la parabola del buon samaritano. .
stof (1926) 45, il quale ritiene che quest.a ,af- 30 Come Mt.7,12 ecc., anch'egli introduce qui
fermazione sia una creazione della comunua. il riferimento alla legge.
1451 (IV,541) µÉya.<; B 3 (W. Grundmann) (IV,542) 1452

ÒÀoxaui:wµ.<X.-.wv xat wcnwv, «vale più 'ltiiç 8.; ovx ɵµ.ÉvE~ 'lt0.<rw 'toi:ç yeypaµ-
che tutti gli olocausti e i sacrifici». È µÉvo~ç Év •0 Pt~À.L4> -rou v6µou nv
chiaro che Gesù vede in questo amor 7tOLfj(fat mha, «sia maledetto chiunque
di Dio e degli uomini, unito e ormai non si attiene fedelmente a tutto ciò
inscindibile, il senso della volontà di- che sta scritto nel libro della legge, per
vina e il suo adempimento, ed è altret- praticarlo» (Gal. 3 ,ro ). La risposta di
tanto chiaro che di fronte a ciò tutto il Gesù mostra che egli va oltre la distin-
resto passa in seconda linea: atteggia- zione tra precetti leggeri e gravi, fon.
mento, questo, che Gesù stesso tiene e data su ciò che il precetto chiede e sul-
per cui provoca scandalo, come accade, la possibilità di espiarne la trasgressio-
ad es., neJla questione circa il sabato. ne. Per lui si tratta della volontà di Dio,
È possibile, anzi, che alla formulazione e non dei singoli precetti o proibizioni,
della domanda abbia proprio dato oc- e risponde come se gli fosse stato do-
casione la condotta di Gesù di fronte mandato quale è il principio della legge.
alla legge. Certo, nel giudaismo rabbinico anche
Come giudicare, poi, la stessa inter- questa questione fondamentale era stata
rogazione e la risposta di Gesù, nel con- avanzata e risolta32; ma l'opposizione tra
testo della pietà palestinese? La reli- Shammai e Hillel, manifestatasi allor-
giosità palestinese conosce una distin- ché un proselito desideroso di avere in
zione tra comandamenti facili e difficili, una sola formula tutta la legge (il prose-
piccoli e grandi. Una simile domanda è lito viene da Shammai respinto con in-
comprensibile, poiché la legge, secondo dignazione, mentre da Hillel riceve la
un'antichissima tradizione 31 , compren- regola d'oro in forma negativa) 33, mo-
deva 613 enunciati: 248 precetti e stra che il giudaismo rabbinico era con-
365 proibizioni. La valutazione di faci- trario a simili tentativi e, come Paolo
le e difficile, piccolo e grande, dipende sottolinea in Gal.3,10, quel che urge è
in questo campo da ciò che si pretende l'adempimento di tutta la legge. Mettere
dalla capacità umana e dal come si può in evidenza il principio della legge vuol
espiare la trasgressione del precetto. Ma dire incamminarsi per una strada che por·
in nessun caso si era dispensati dai pic- ta fuori del legalismo giudaico. La storia
coli precetti, anzi valeva per tutti i 6 I 3 di Gesù insegna che egli intraprese que-
enunciati il principio: tmxa:tapa'toç sta via; la sua risposta poi ci assicura che

Jl R. Shimon b. Azzai, c. IIO d.C., fu il primo 32 Cfr. STRACK-BILLERBRCK I 907.


che parlò di 365 proibizioni; R. Shimon b.
Eleazat riporta il numero 613 (verso il 190 33 In Shab.b. 3ra; cfr. anche già Tob. 4,15; a
d.C.); entrambi lo presuppongono noto; dr. questo riguardo cfr. GRUNDMANN (--+ n. 20)
STRACK-BILLERBECK l 900. 87 s.
1453 (rv,542) µÉya.c:; B 4 (W. Grundmann) (Iv,543) 1454

egli la intraprese coscientemente. Se pe- 5,44.45.48). Questa è la sola cosa es-


rò osserviamo l'insieme dei suoi tenta- senziale - µel~w\I "t'OV't'W\I CiÀ.À.1) È\l't'O-
tivi circa il principio, risulta evidente À.fj ovx fo"t'w -, tutto il resto è acces-
che Gesù finisce per distinguersi anche sorio. Questo «per il modo di pensare
nel principio da lui esposto. Per lui la rabbinico suona certamente come una
intera volontà di Dio tende all'amore, rivoltante temerarietà» 35• Con ciò il le-
all'unico amore di Dio e del prossimo. galismo giudaico, cioè il giudaismo co-
L'atteggiamento comune giudaico è be- me religione, viene radicalmente supe-
ne interpretato da Ab. r ,2: <(Su tre cose rato 36• Perciò il risultato di tutta que-
poggia il mondo: sulla Torà, sul culto sta vicenda è la croce.
sacrificale e sulle dimostrazioni d'amo-
4. L'uso giovanneo
re». Gesù non solo pone l'amore al di
sopra della Torà e del culto sacrificale, Quando Natanaele si avvede di esser
ma queste altre cose le lascia da parte. stato riconosciuto, Gesù gli annuncia:
L'amore, poi, per lui non è l'elemosi- µEl~w 'tOV't'W\I o\jlu, <(vedrai cose più
na, intesa quale opera di misericordia, grandi di queste» (Io.1,50). Questa pro-
che nel giudaismo, a causa del suo si- messa trova la sua spiegazione nella
gnificato espiatorio, veniva collocata pl'omessa generale: o~E<r~E 't'ÒV oùpa.vòv
talora al di sopra del rito sacrificale &.vr::cyyo't'a... <(vedrete il cielo aper-
(Ab. R. Nat. 4) 34, ma è l'intima comu- to ... » 37 • Si tratta della visione della &6-
nione dell'uomo con Dio e il suo ab- ~a. di Gesù, a cui i discepoli saranno
bandono in lui - la figliolanza divina - ammessi 38 • Questo accade loro perché
che si esplica in un'equivalente comu- per Gesù e in Gesù contemplano Dio
nione vicendevole tra gli uomini, in cui e vengono introdotti nella sua comunio-
l'uomo riproduce e profondamente vive ne. Quello che Gesù attende per se stes-
l'amore ricevuto da Dio (cfr. ad es. Mt. so è questo: ò ... 'lta't'1)p cptÀ.Ei: 't'Ò\I vtò'V

34 STRACK-BILLERilECK r 500. ~ xa.>..ò. ~pya., farsi strada verso il comportamento di Gesù,


v, coli. 32 ss. la legge e le questioni ad essa connesse gioca-
35 E. LoHMEYBR, o.e. 261; dr. l'interpretazio- vano in lui un ruolo che non avevano in Gesù.
ne complessiva della pericope. In questo sta il punto di partenza essenziale,
36 La posizione cli Gesù di fronte al nomismo
anche se non sufficientemente valutato, per il
giudaico è adeguatamente caratterizzata come modo in cui tale problema si poneva a Gesù
libertà dalla legge, attuata nell'unione con Dio. e a Paolo.
Occorre continuamente notare che la migliore 37 Cfr. H. WINDISCH: ZNW 30 (1931) 215ss.;
e più oggettiva interpretazione della sua predi- ]OACH. ]EREMIAS: Angelos 3 (1930) 2-5.
cazione è sempre la sua storia. E questa con-
ferma il nostro giudizio. Paolo non ha origina- 38Per la questione di un'eventuale presenza di
riamente questa libertà. La sua concezione del- vari strati nella pericope cfr. R. BuLTMANN,
la legge era rabbinica. Perciò, dovendo egli Das ]ohannesevangelium (1937) 74 s.
µÉyaç B 4 (W. Grundmann)

xcà miV'tCX. OEtXV\JO"LV <Ì.V't@ ti CX.U't'Ò<; mandano: µ'Ì) O"Ù µdswv Et 'tou 1ta.'tpòç
TIOLEi,X<X.L µdsova -.ou'tWV OEff,Et O:V't@ 1)µwv 'A~paaµ; «saresti tu più grande
ltpya, ~\lo: ùµEi:ç il"auµci.~TJ'tE, «il Padre del nostro padre Abramo?» ( 8 ,5 3). Ge-
ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che sù stesso confessa: Éyw oÈ exw -ciJv µa.p-
egli fa; e gli mostrerà opere maggiori 'tupla.v µEtsw 'tou 'Iw&.vvov, «ma io ho
di queste, affinché ne siate meraviglia- una testimonianza maggiore di quella
ti» (Io.5,20). Gesù non opera i mira- di Giovanni» (5,36). Il problema è di
coli da se stesso, ma compie ciò che gli vedere se si tratti di una testimonianza
mostra il Padre, con il quale è uno nel- più grande di quella che Giovanni rice-
l'amore. Il Padre gli mostrerà opere più vette, o di quella che rese 40 • Stando
grandi del miracolo compiuto alla pisci- al v. 33 la seconda è più probabile. Ge-
na di Bethesda sull'uomo ammalato da sù esibisce davanti a coloro che lo vo-
38 anni. Che cosa egli attenda di più gliono giudicare due testimoni: le ope-
grande per sé, lo dice il verso seguente: re che il Padre gli dà, e la Scrittura in
si tratta del dar la vita (swo1tOLELV ). cui il Padre ha testimoniato in suo fa-
Questo è il più grande tra i prodigi che vore. Egli rinuncia alla testimonianza di
egli compie 39 • Al discepolo che rimanga Giovanni, menzionata solo a motivo de-
a lui unito nella fede, Cristo promette gli uditori, perché egli non riceve testi-
che µEt!;ova. -.01hwv 1tOLlJ<rH, «farà ope- monianza alcuna dagli uomini. In I I o.
re più grandi di queste», e motiva tale 5, 9 confrontando la testimonianza di
promessa con il suo ritorno al Padre Dio e quella degli uomini si dice: 1i
(14,12). Il ritorno al Padre dà a lui la r..tatYtuplcx. -.ou ih:ou µElswv ÉCf'tlv, «la
possibilità di essere più efficace, ed egli testimonianza di Dio è più grande».
lo è attraverso i discepoli. Particolare difficoltà sorge dalla re.
La promessa di qualcosa di più gran- dazione, testualmente incerta, di ·10,29,
de e la potenza di compiere opere mag- che si può leggere: ò 1tCJ.'tTJP µou 8ç U-
giori fanno sl che Gesù sia più grande owxév µot 1ta\l-CW\I µElswv É<r-çt\I, «il Pa-
dei padri. È quanto percepisce anche la dre mio, che me le ha date, è più gran~
donna smarrita quando chiede: µÌ") O"u de di tutti» (codd.SLD, syr•in, pesh.,
µElswv E! •oD 1ta.-.pòç 1]µwv 'Imtw~; Basil., Chrisost., Cyrill. Alex.}, oppure:
«saresti tu più grande del padre nostro Ò 1ta.-ç1)p µou o oÉOWXÉv µot 'ltaV'tWY
Giacobbe?» (4,1 2 ); anche i giudei gli do- µEi:s6v ÉO"-cw, «ciò che mi ha dato. il

39 ~ t;wl), III, coli. 1467 ss.; 1480; E. H t RSCH, tengono; ma costituiscono tutto il suo opera-
Das vierte Evangelim11 (1936): «La cosa più re nei nostri riguardi» (161).
grande che gli mostra e gli dona è In potenza
di strappare la vita dalla morte ... Non si con· 40A favore dell'una sono BAUER, ]oh., ad 1.;
fondano le 'opere' di Gesù con j suoi segni. Le Z AHN,Joh.305; dell'altra SCHLATTER, Komm.
opere sono superiori ai segni e pertanto li con- Joh.156 s.
1457 (1v,543) µéya.<; B 4 (W. Grundmann)

Padre mio è più grande di tutto» (codd. più grande di colui che è nel mondo»
AB, Tert., Aug., Lact.) 41 • Nel primo (LJA). Dio che è nella comunità, è più
caso Gesù fonda il suo potere di dare grande di Satana, che è nel mondo.
fa vita eternamente imperitura sulla Il Cristo giovanneo proibisce ai di-
grandezza del Padre, la quale è superio- scepoli di innalzarsi al di sopra di lui,
te a tutto, cosl che nulla può strappare ma insieme comanda loro di amarlo e
di mano al Padre gli uomini che appar- servirlo: oùx Ecr'tLV SouÀ.oc; µdswv 'tou
tengono a Gesù 42 • Nel secondo caso il xuplou aù-rou, ouof:. &.7t6cr-.oÀoc; µElswv
potere di pastore conferito a Gesù vien -.ou dµ4'av-roç ctÙ'toV, «non vi è servo
definito come il massimo e più grande maggiore del suo padrone, né apostolo
di tutti 43 • Mentre nel primo caso la maggiore di colui che l'ha mandato»
grandezza di Gesù viene basata su quel- (Io.13,r6). Camminando su questa stra-
la del Padre, nel secondo si sostiene che da anch'essi, come lui, sperimenteranno
tale grandezza data a Gesù dal Padre l'odio del mondo: 1.wY)µ,oVEUE'l;E "t"ou M-
non può essere posta in questione da you ou È:yw El7tO\I uµi:v · oùx EO''tL\I oou-
nulla. Che Gesù non si equipari al Pa- Àoc; µElswv -i-ou xuplou mhou · d ȵÈ
dre tutte le volte che proclama la sua f:olw~av, xat uµliç Stc~!;oucnv, «ricor-
unità con lui - cosa che costituisce la- datevi della parola che vi dissi: non vi
base della cristologia di Giovanni - ap- è servo più grande del suo padrone; se
pare chiaramente nell'affermazione: ò hanno perseguitato me, perseguiteranno
'itct:i-1}p µEl~wv µou Ècr'tLV, «il Padre è anche voi». Ma Gesù dice anche: d
più grande di me» (14,28). La prima -i-òv Myov µou h-fiprio-ctv, xai -ròv ùµÉ-
Lettera di Giovanni attesta: µEl~wv Èo-- 't"Epov 't"'flpncroucrtv, «se hanno osservato
"t'Ì.V ò bEòç "t'l}ç xapolaç 1)µwv, «Dio è Ja mia parola, osserveranno anche la vo-
più grande del nostro cuore», ci presen- stta» (10.15,20).
ta cioè Dio come colui che perdona, che In I Io.3,19s. c'è quest'affermazione:
riporta vittoria sul cuore pentito (3,20). «In questo - cioè nell'amore, in opera
Perciò Giovanni può dire: uµEi:ç Èx -i:ou e verità - riconosceranno che siamo dal-
-i}eou ÈO"'l;E, "t'EX'\ILct, xctL '\IE\ILXTJX.ct'l;E aù- la verità e innanzi a Dio rassicureremo
"t'OU<;, O't"t µEtswv Ècr"t"iv b Èv ùµi:v i] ò il nostro cuore di qualunque cosa esso
Èv "t'!i> x6crµ~, «voi siete da Dio, figlio- ci rimproveri, perché Dio è più grande
letti, e avete vinto quelli (cioè gli pseu- del nostro cuore e conosce tutto». La
doprofeti), poiché colui che è in voi è grandezza di Dio, che è superiore ai

41 All'interno dei gruppi principali ci sono poi xÉv µo~. un aù.-&..


altre variazioni. Cfr. l'apparato critico in H. 43 In questa seconda lezione, il v. 29b a stento
v. Somm e E. NESTLE. si accorda al precedente e appare come aggiun·
4Z In questa prima lezione manca, dopo ~Wlw- ta redazionale.
1459 (IV,544) µÉyaç B 5 (W. Grundmann)

rimproveri e a Satana, a cui essi risal- proclamata µEyaÀ'(j 1i "Ap·rnµLç 'Eq>E-


gono (cfr. r Io. 4,4), sta nel perdono crlwv (cfr. anche vv. 34 s.).
che rimette la colpa e nella forza per
l'adempimento dei comandamenti 44 • La questione della grandezza di Dio
esiste già nell'A.T., dove è intimamen-
te connessa con lo sviluppo del mono-
5. 't'oli µeyaÀ.ou i1Eou: Tit.2,r3 teismo. In Ex.r8,rr si dice: p.Éym; xu-
pwc; 7tapò: 1tav'tcxc; 't'OÙç ikovc;, «grande
1tpo0'8EXOfUVOL 't'TJV µaxet.plav f.).7tl- è il Signore, più di tutti gli dèi». Altri
oa xat È1mp6.vrniv 't'ijç 06!;,r1c; 't'OU ~­ testi dicono lo stesso: ò yàp xvptoç ò
y6.Àou i1Eou xcxt <TW't'ljpoc; iJµwv Xpi- ih:òc; ùµwv, oli..oc; i>Eòc; 't'wv 11Ewv xat
xvpioç 'tW'J xuplwv, Ò i}Eòc; Ò µÉyr.t.c; xet.t
a-.ou 'I'l'}o-ou, «attendendo la beata spe- lO'xupòc; xr1.t ò qio~Ep6ç, «il Signore vo-
ranza e la manifestazione della gloria stro Dio, infatti, è Dio degli dèi e Si-
del grande Dio e salvatore nostro Gesù gnore dei signori, è Dio grande, forte
e terribile» (Deut.10,r7); µÉyac; ò ilEòc;
Cristo» (Tit.2,13). Il problema esegeti- 1)µwv 1tcxpà 7tav..a.c; 't'oùc; 1)Eovc;.• ., «gran-
co del passo è questo: in qual rappor- de è il nostro Dio, più di tutti gli dèi»
to stanno le parole: 't'Ou µqaÀou i>Eou (2 Chron.2,4); xvptoç... SacnÀ.EÙc; µÉya.c;
E1ti 7tMa.v T'Ì"}V yijv, «il Signore è re
xat <fw't'ijpoc; 1]µwv 'h10-ou Xpicr't'ou?
grande di tutta la terra» (~ 46,3); 't'l<;
Si danno tre possibilità: r. Gesù Cristo i>EÒ<; µÉyaç Wt; Ò i}Eòç TJµW\I, «qual dio
è il grande Dio e salvatore. In favore è grande come il Dio nostro?» (tlJ 76,
14) 46 ; ... OÌJ EL o ì)Eòç µ6voc; ò µéya.c;,
di questa interpretazione è l'unicità del-
«tu sei il solo grande Iddio» ( \jJ 8 5 ,10 );
l'articolo. 2. Grande Dio e nostro sal- iJEOC, µÉyac; XUpLOt; XClÌ ~Ct.CiLÀEÙç µÉyet.ç
vatore Gesù Cristo vanno distinti. 3. È1tL 1tci'J't'a.ç 't'oùc; i1Eovc;, «Dio grande è
Gesù Cristo è apposizione di 86!;,o.., e il Signore e grande re tra tutti gli dèi
(~ 94,3). La nota fondamentale mono-
't'ou µEyaÀou ilEou xa.i O"W't'ijpoc; 1}µwv teistica nella lotta con altri dèi è inne·
si riferisce a Dio. Una scelta tra queste gabile e chiara. Corrispondentemente
possibili interpretazioni si può fare sol- vengono rilevate nella loro grandezza
le singole caratteristiche essenziali di
tanto dopo uno sguardo panoramico al Dio: la sua forza (l11x.vc;, Ex. 32, u;
problema connesso con l'espressione ò Deut-4,37) e potenza (ovvaµtc;, DetJt.8,
µÉya.c; i7E6ç 45, problema presente anche I7; OÙX ~ µEyLCi't'l} OU\la.µiç, lob 26,3);
la sua misericordia (EÀ.Eoc;, lJl 85, 13;
nel N.T., là dove, ad es. in Act.r9,27 107,5; Jl·.54,7); la sua gloria (o6ça, tjJ
s., Diana vien chiamata µEyaÀ.11 11Ea e r 3 7 ,5 ). Grande è Dio nella sua essenza

44 Cfr. la fondamentale discussione di questo 45 Cfr. ~ MOLLER; PAULY·W. 15,221 ss.; E.


passo iri F.BuCHSEL, Die ]ohannesbriefe(r933) PBTERSON, tlç i>E6ç ( x926) 196 ss.; DEISSMANN,
58-6 r. Per I~ questione, se questa parola ap· L.0.' 229 n. 3.
partenga a uno scritto anteriore qui utilizzato,
ciò che è probabile anzitutto a motivo del v. 21 46 I versi seguenti parafrasano la grandezza:
propriamente contraddicente, cfr. R . BuLT- crù El ò i>eòç ò 1toLwv i>auµ.acrnx., ~yvwpwC.t.ç èv
MANN, Analyse des ersten Johannesbriefes, in: 'toi:ç À.C.t.oi:ç crov 't-/iv lìuv«µlv crou· É>1.v'trx:>aw
Festschrift filr Adolf Jiilicher (1927) 150 s. lv 't(i'> ~pa.xlovl crov 'tÒV À.a6v crou...
µÉra.c; B 5 (W. Gruntlmann)

e grande è il suo nome {~ ovoµa), che <TEV ... (CIG III 450 s.); µÉyaç 'A1t6ÀÀ.wv
tutto comprende ed esprime (t)i 75 ,2; AEtµT}voc; (JHS (r887] p. 386 e 15);
98,3; Mal.r,u; Tob.u,14). Grandi so- ... tEpÉwc; && (3lou "t'OU µEylcr-.ou xa.t f.v-
no le opere di Dio (Iud. 2,7; Tob. 12, cpa.VE<r-.ci"t'ou itEou 'H'J..lou ... (CIG II
22). Le affermazioni della grandezza di 2653 ); ... -.rie; µEy6:À:ric:; i}Eéu; •Ap-cɵL-
Dio e della sua essenza si accumulano e ooc; 'ltpÒ 'ltOÀEWc:; LEPELç (Efeso) (CIG II
aumentano sempre più negli scritti re- 2963 c) 50 ; cfr. inoltre con altri aggetti-
centi de1l'A.T. e nei cosiddetti apocrifi47 • vi: o xp1htcr-.oc; ... µÉytcr-.oc; bEwv ZEl'.1c;
Il Dio è vivente, è altissimo e grandis- (CIGn 2170); Att u"'l<r'tCV µEylo-"t'<tJXet.L
simo {u\jii<T-.oç µÉytCT't'Oç SW\I i}Eoc:;, Esth. É1tl]XO(j,l... (CIG III 4502).
8,12 q). Questo fatto dipende dal con- Frequenti sono simili formule nei pa-
flitto col paganesimo, in cui il µÉya.c; piri magici e nella letteratura connessa
itE6ç occupa un posto ben preciso (dr. con incantesimi e magia; cfr. XUpLE,
Sib.3,702: «i figli del grande Iddio»). xaXpe, µEycx.Àoouva.µE, f-lEYttÀoxpoc"t'wp,
Nella grecità classica µÉyac; è epithe- ~CX.O"LÀEU, µE"(LO"'!E bEW\I, "HÀ.LE, o XU-
ton ornans e ricotre per quasi tutti gli pioc:; 'tOU oùpavou xa.t -i:f)c; yfjc;, bd. i1E-
dèi 43 • Inoltre diviene pure - come nei GN (Preisendanz, Zaub. rv 640); E:mxa-
dccumenti dell'A.T. - un titolo tipico Àoùµcx.l CTE, -.òv µÉytu-.ov i}E6v, òuv<i-
dell'epiclesi cultuale. Questa forma, usa- O""t'TJV ""f!pov 'Ap1tOXPOC'tT)V •.. (ibid.987);
ta a proposito di dèi greci, si trova ab- É1tLXet.À.o0µat uµac:; ... 'ltapÉOpouc:; -cov µE-
bastanza di rado, proviene anzi dall'an- y6:Àov i)Eou, "t'oÙc:; xpcx."t'aLoùc:; à.pxLoal-
tico Oriente. Un antichissimo documen- µovac:; (ibid.1345); ...opxlsw ... -còv 1t6:v-
to è l'iscrizione di Dario I (522-486) a -.a x-clacx.V"t'et. i7Eòv µÉyav 1:cx.povuw
Persepoli: «Un grande dio è Ahura (ibid. 1710) 51 • Peterson ricorda le iscri-
Mazda, che è il pit1 grande sopra tutti zioni raccolte da Steinleitner 52 , in cui
gli dèi...»49 • Anche a quasi tutti gli dèi e- l'acclamazione con µÉyet.c:; ricorre in di-
giziani è attribuito, fin dal tempo più an- versi contesti - ad es., µi::y6:À.TJ µ1J't'l'Jp ...
tico, l'aggettivo 'grande'. Nell'ellenismo, seguita dalla confessione di peccati53; µi::-
che subisce l'influsso d'Oriente e della yaÀ."f) 'Ava.Et"tL<;... 54 - e mette in evi-
grecità e ne opera la sintesi, la formula denza il suo carattere di exomologesi,
µÉyac:; ik6c:; è documentata comunemen- «che è al tempo stesso confessione di
te. Ne diamo qualche esempio: h.Lt µE- peccato e acclamazione del Dio di cui
ylcn<tJ KEpttuvlcv V1tÈp <rW"t''r}pla.c; .•. -r'Ì)v presuppone l'epifania» 55 • In tutti questi
xaµO:pocv (la vòlta celeste) ~xo86µ1}- contesti µE.yaç rende fortemente l'idea

47 Cfr. Bl)). xa.t .ipri.xwv, v. 18 (Teod.): µÉ- (cfr. ~ B. MtiLLRR 300-307) e il µéra.ç .111.l-
raç Et, B'l')À.... ; v. 41 : xa.t O.v11.~oficra.c; <pwvfi µwv appartengono pure a questo contesto.
µEyaÀ.n Efatev Mira.ç El, KvptE o i>Eòç ..ov
s2 F. STEINLEITNER, Die Beicht im Z11sammen-
.ia.vtfi)., xa.t ovx fo"l"tV 7t).-ijv croii lt).).oç.
ha11gc mit der sakrale11 Rechtsp(lege ili dcr A11-
43 Documentazione abbondante in ~ MtiLLER. tike (Diss., Miinchen 19r3).
4~ F. H. WEISSBACH, Die Keili11schriften der
53 STEINLl!ITNllR, 10.
Archiimeniden (19n) 85 § 1.
50 Cfr. le ricerche a Efeso, pubblicate dAll'Isti-
st Ibid.26 ss.
tuto archeologico austriaco 1 (1906), n (1912); 55 E. PETERSON (~ n . 45) 202. Peterson ri-
ibid. n 128 nr. 27: TTJV µey1CT't"TJV Deòv "Ap- chiama in proposito l'inizio delle Confessioni
't'Eµw ·mµàv (v. 12); ... -cii µEy(1nn i}Eij.. 'E di Agostino: Magnus es Domine et laudabilis
cpeulq. 'AP't"tµtot (v. 143), e passim. valde; magna virtus t11a et sapic11tiae tuae 11011
st L'appellativo di µEra).'f) µrr•'l'JP per Cibele est n11merns.
µÉyw; B 6 (W. Grundm~nn)

di potenza, poiché nella potenza si mo- L'uso tardivo dell'espressione in 'Marti-


stra la grandezza della divinità. Essa vie- ri' e in altri documenti cristiani 00 esige
ne perciò collocata al di sopra degli uo-
mini. Nell'ellenismo questa formula non che essa sia inserita in tale contesto.
è condizionata dalla tendemm monotei- .Ma chi è il µÉya.c, ilEoc;? Poiché è
stica; ad es., xcx.t -twv cruvvawv (venerati impossibile intendere il genitivo XpL-
nello stesso tempio) ilEW\I µe:ylcr'tW\I, op-
pure: xcx.t oì. crùv a.u'tot°c;. i}e:wv µe:ylcr"tWV, <r•ou 'ITJ:r~S come apposizione di "tfjç
o ancora: xcx.t 'toi'.c;. cruvvb.otc;. itEOi'.c;. µE- 86çl]c;., in quanto <TW't1)p in Tit. si ri-
ylcr'tot<; 56• Si possono fare i nomi ed in- ferisce a Cr'.sro, µÉycx.ç 1k6c; si deve ri-
vocare una accanto all'altra più divinità.
ferire a Gesù Cristo: lo esigono la po·
La formula si è spostata poi dal culto
degli dèi al culto dell'imperatore: ad es. sizione dell'articolo, il concetto di Èm-
•Òv alwvtov -tou µe.ylo"rou 17Ewv Tt0e:- q>ave:La (è attesa un'apparizione di Ge-
plou I:e:~cx.a--tou Kalcrapoc; ohov (BCH sù Cristo che ritorna) e lo stereotipo
6 [1882] p. 613) 57 • Accanto alla formu-
la con 1.1.haç sta quella con µÉyr.x. ovo- modo di esprimersi. Un riferimento del-
µcx.; ad es.: dç i}e:6c;., 'tÒ µÉytcr-tov, 'tÒ la formula cultuale politeistica si adat-
•t"t'
EVoO<:,O'tcx.i:ov "
ovop.cx. jJOt}VTJ... 58 ; µr:ycx. 'tO
().•5\ J '
ta meglio a Cristo, divenuto ben pre-
ovoµcx. 'tOV ilr:ou, µÉyCY.. -tÒ ocnov, µÉya
-.ò àyaMv 59• sto la divinità del culto cristiano, che
non a Dio Padre, concepito in senso
La formula desina: µe:yciÀ:r1 1) "Ap- rigidamente monoteistico in tutta la
'tEµtc; 'Eq>e:crlwv, trova negli esempi ci- Chiesa. Perciò leggiamo il testo cosi:
tati la sua spiegazione ed è un ulteriore «attendiamo la beata speranza e la ma-
documento delle formule acclamatorie nifestazione della gloria del nostro gran·
di questo tipo. Ma anche l'asserzione de Dio e salvatore, Gesù Cristo».
che si trova in Tit.2,13 si inserisce nei
contesti da noi visti. Il Dio dei cristia- 6.1) µEyaÀ.l] ouvcx.µ~c;: Act.8,IO
ni, a cui tende la loro fede e la loro spe- In Act.8,10 Simon Mago viene chia-
ranza, è per essi µÉycx.c;. i}e:6c;. Non dob- mato i) 8uvcx.µLç -.ov ilEov 1i xcx.À.ouµ~­
biamo spiegare questa espressione par- VTJ µr:yciÀ.n, «la potenza di Dio, chia·
tendo dall'A.T., anzi l'A.T. stesso rien- mata grande». Egli è considerato µÉycx.c;.
tra in un complesso di forme e termini
Il concetto di µEyciÀ.1') 8uvcx.µLç è in-
cultuali che proviene dall'Oriente e che, trinseco al contesto di µÉycx.c;.1le:6c;. Cfr.
ncll'eJlenismo, si estende all'Occidente. etc; ?kòv Èv oÙ(.ìavo~c,. µÉyaç Mi)v oùp&.·

56 Cfr. ~ Mi.iLLBR 379 s., con abbondanti ci- 58 PETERSON, o.e. 281 s.
tazioni. Cfr. anche 1' iscrizione sui misteri di
59 ]. K EIL: Osterreichische ]ahreshefte XI
Andania, in Mi.iLLER 294 s.; inoltre: µlyac;
(1908) Beibl., coll. 154·156; citato in E.PETBR-
El w 'A7t6),),wv xaì. mivw; ot À.omoì. ikol
SON 205 ; cfr. ibid.208-210.
(Anal. Boli. 29 (1910) 273,12).
57 Altri esempi in ~ MOLLER 394 s. 60 Documenti in PETERSON 196·r99.
J.lEyet.ÀEi:ov (W. Grundmann)

VLoç, µEy6.À:r1 ouva1Ltç '"COU àt)ava-.ou dica Simone come i)doc; &vi)pw'Jto<;, me-
?)Eou, «unico dio nei cieli, grande Men
diatotc di rivelazione, incarnazione del-
celeste, grande potenza dell'eterno Id-
dio» 61 • Il Peterson 62 tavvisa in questa la µEyaÀ.1] ovvaµt<; 'tOU i)e:ou. In tale
iscrizione una triplice acclamazione. Egli contesto anche le parole À.Éywv e:lval
la confronta con: µEy6.Àl} +, ouvaµL<; 'tOU -.wcx. Èav'tÒV µÉyav, «dicendo di esse-
sÉvou D'EoU, µÉyw; Ò ì>Eòç Ò X.'f)pV'"C'tOl.LE-
voç 1w.pò: -.ou l;évou 'Avopfo.... µÉyaç o re qualcuno di grande» ( v. 9) hanno il
t)Eòç 'Avopfov, «grande è la potenza del medesimo significato 64 •
dio straniero, grande è il dio annunziato
dallo straniero Andrea ... grande è il dio
di Andrea» (Martyr. Andreae prius 6). t µeyaÀl:'.Lov
Cfr. inoltre: µÉyac; ò xvptoc; 1iµwv xat -tò: µEycx.À.Ei:cx. è aggettivo sostantiva-
µi::yaÀTJ +, L<rxùc; aù-.ou (descensus Chri- to, da µEycx.À.Etoc;-t1..-ov, grande, potente;
sti ad inferos IO); µay&.À'l] 1) OUVIXµL<; ricorre ad es. in Xenoph., mem. 4,r ,4:
'tfjç àylac; -rpt&.òoç (Iscr. Prentice nr. µeycx.À.e:louc; xaì. <rcpoopovc; ov·mç; ibid.
203). Con queste acclamazioni è connes- 4, 5, l: µe:yaÀ.e:i:ov X'tf}µa. Inoltre nel
sa la formula ).L'yaÀ.1) òuva.µtç, che nel- contesto della epifania di Caligola divi-
1' ambito palestinese è attestata anche nizzato: ... i:ò [.Le:yaÀEt:ov 't'\lc; à.1}a.va.-
quale circonlocuzione per il nome di Dio ofaç (Ditt., Syll.'798,5).
(cfr. Mt. 26,64; Mc. 14,62 [non Le. 23, 'tÒ µeyaÀ.Eiov: la grandezza, la gran-
69] sia pure senza l'attributo µEy6.À1].
~ II, coll. l 50 5 s.) ad es. Eus., hist.eccl.
diosità; -roµeyaÀ.Etov -.wv 1tpal;Ewv, la
grandiosità delle azioni (Polyb. 3,87 ,5 );
2 , 23 > l 3: .. . ÈX OE!;LWV 'tfjç µEyUÀ.1}<;
-.ò (.LEyaÀ.EtoV 'tWV !tpywv, la grandiosi-
ovvaµEwç•.. (nella testimonianza di Gia- tà delle opere (Ecclus 17,8 s.); -.à µEya-
como su Gesù Cristo); ev. Petr.: «Mia À.e:ta, le prodezze (Deut.n,2); ò t)Eòç,
forza, mia forza, perché mi hai abban- !twc; v\)JLo''tWV {i E'JtOil}craç µeycx.À.Eta. ...
donato?» 63 . ~ µeyaÀmtpE1t1}<;. (\ji 70,19); (Ì7CTJYYELÀEV ... "Cà µEyetÀ.Etet
Se Simon mago viene chiamato +, ou- -.à yéVOµEVCX. CX.Ù'tc{) (Tob.I I ,15 ); i:ò:. (J.E-
ya.À.Ei:a i:oi.i µEytO"'tO\) 1lEOU 'JtOt1]0'a\l't"Oc;
vaµtc; -.ou t)Eou +, xaÀouµÉV1J µEyocÀ.1},
(3 Mach1,22).
è perché tale tipo di espressione appar- µEya.À.e.i:ov, che nei LXX traduce go-
tiene intimamente al mondo della pie- dei, giidol o 'altliì, in Ecclus anche gebu-
tà magico-ellenistica, penetrato anche in
1·a, nella Bibbia greca viene usato quasi
esclusivamente per indicare azioni por-
Palestina, dove si è unito alle concezio- tentose o miracoli di Dio. Solo in Tob.
ni popolari giudaiche. L'espressione in- n,15 designa le cose meravigliose oc-

61 J. KEIL e A. v. PREMllRSTEIN, Bericht iiber propria di un:i tendenza p:irticolare giudeo·


eine zweiJe Reise in Lydien: Denkschr. der escatologica», richiede una modificazione. «È
Wiener Akademie, phil.-hist. Klasse 54 (19n) abbastanza ovvio - egli dice - che si cerchi
109 s. nr. 2II. l'origine di questa singolare espressione in Ga-
lilea». La Galilea, però, era anch'essa esposta
62 O.e. (~ n. 45) 268 s. a influssi provenienti dal mondo religioso del-
63 Cfr. E. Galiliia t11ul ]emsalem
LOHMEYER, la Siria e dell'Asia Minore. Da essi deriva in
(1936) 69 s. n. Certamente il giudizio di
1.
ultima analisi questa caratteristica espressione.
Lohmeyer che, a ragione, riell' espressione 6-1 Per una illustrazione complessiva cfr. soprat-
'gr:m<le forza' vede «la designozione di Dio tutto C. P. WETTER, Der Sohn Gottes (1916)
µEycÙ.EL6-tT)c; (W. Grundmann)

corse a Tobia nella Media, e in Ecclus 1."W\I alwvwv, «ad essa la forza, la digni-
45,24 indica il sommo sacerdozio (k"hU- tà regale, la potenza e la grandiosità di
nd g"dola): tEpWa'V\l'l')ç µe:ya.À.Ei'.o\I. Sim- tutti i secoli» ( 1 E<rop.4,40 ); xat eo--ra.t
maco usa il termine, che nei LXX ricor- Elc, EÙ<ppocrvvriv xa.L dc; o:.tve:crw xat Etc;
re soprattutto in Ecclus e in ljl, anche µe:yo:.ÀEt6't'l')-.a 'lt0:.\1-CL '1'@ À.a@ "trjc; yijc;
come aggettivo in Ier. 39 (32),2r. ~ ... , «sarà motivo di letizia, di lode e di
itpyov, nr, coll. 837ss. 1 • gloria per tutto il popolo della terra»
(IEp.40,9 ).
Act.2,u: à.xouoµe:v À.a.À.ouv-.wv a.ù-
In ebraico veri equivalenti di iu:ya-
1."ai:c; 'Ì)µE-.Épatc; y À.WCTO'atc; 'tÒ: µé-
"rW\I Àe:t6-cT)c; non esistono. In Ier.33,9 il T.
ya.À.Ei:a. -i:ou 1kou, «li sentiamo procla- M. ha tif'eret, e il senso è: il bene che
mare nelle nostre lingue le grandi ope- Dio fa a Gerusalemme torna a sua (li
=a me; è Dio che parla) lode presso
re di Dio». 'tà µEyaÀ.e:ta. sono le opere tutti i popoli. I LXX (IEp.40,9) omet-
portentose di Dio che riguardano la sto- tono U e al plurale 'popoli' sostituisco-
ria di Cristo e in essa consistono, e che no il singolare 'popolo'. Il significato
cambia perciò totalmente: il bene che
rappresentano il contenuto della predi- Dio compie ridonda non a sua gloria,
cazione neotestamentaria. II contesto ma a gloria del popolo (giudaico). In tal
presenta una struttura ellenistica; può modo la rivelazione divina, che in Ge-
remia ha carattere universale e missio·
darsi che con questo concetto alluda al- natio, viene dai traduttori falsata in sen-
le grandiose opere di Dio presenti in so nazionalistico-giudaico. Per Dan.7,27
Cristo sua epifania. invece l'idea nazionalistica è già presen-
te nel T.M. In esso troviamo il termÌ·
t µe:yaÀ.e:t6't'l')c; ne aramaico rbu =grandezza, che ci
porta a intendere µEyaÀe:to'tT)C, come
Grandiosità, magnificenza, maestà. Ad grandezza o potenza in senso politico.
es.: 7tpocrxvv1)cra.c; 'tÒ\I "HÀ.tov "Apµa.- In 1 EO'op.r,4 µcyaÀ.E.Lo'tTJc; è un'aggiun-
XL\I È.1t6it-.1]\I xa.t crw'tl]pa -cn -re: 'tW\I ta arbitraria del traduttore, a cui né il
7tupa.µl8wv µe:ya.À.e:t6't1J"" xa.L ime:pcpv- T.M. né i LXX, nel passo corrisponden-
e:lq.. -.EpcpìlElc;, «dopo aver reso omaggio te di 2 Chron.35,4 (che è l'archetipo di
a Elio Armachi, epopte e salvatore, e 1 Eo-op.1,4) offrono una base. Troviamo
goduto della magnificenza e grandiosità lo stesso termine in r Eo-op.4>40, nella
delle piramidi» (Ditt., Or.666,24 s.); ... storia dei tre giovani, ma senza alcun
-rrjc; -.ou a.ùi:oxpti't'opoc; ovvctµE!J.>ç xa.t corrispondente ebraico. Anche in que-
µe:ya.À.e:t6-.1]'tOc;, «potenza e maestà del- sto caso µcya.À.Eto-r11c; è usato solo for-
l'imperatore» (ibid.669 ,9 ). malisticamente. Per Lev.7,35 il vocabo-
Nei LXX: ... xa.'tà.. 't1}v iu:ycùe:té-.n· lo ricorre in una tradizione secondaria;
-ra Ltx.À.wµwv -rou ui.ou a.ù't'ou ( 1 E<rop. non ha fondamento nel testo ebraico e i
r A : la magnificenza del re Salomone, LXX hanno xpfotc;; il traduttore ha per-
figlio di David); ...à.v'tij (scil. 'tTI à.À:n- ciò inteso miS{;a non come parte del sa-
1>'Elq.) +i lo-xùc; xat 'tÒ ~ao-tÀ.ELo\I xcd +i crificio, ma come unzione. Forse µe:ya-
È.!;oucrla xa.L i) µe:yaÀ.Et6't1]c; 'tW\I 'ltciV- À.ELO't1]C, può indicare qui un diritto ono-

µEyaÀEfov
l Il terzo capoverso è stato scritto da B ERTRAM.
µtyo:Ào7tprn1Jç (W. Grundmann) (1v,548) 1470

tifico dei sacerdoti. Teodozione ha µé- yaÀ.Et6'tt]'toç aò-.fjc;, «rischia d'essere


ya.ÀELO't"l']c; per godel in fa:. 3 l ,I 8, detto privato della sua maestà» (scil. della
della grandezza (grandiosità) di un albe-
ro. Ugualmente ricorre per derivati da Diana efesina ). ...-.? µ~yaç l)E6c; (...-.? coli.
gdl in li; 130,1 (Aquila, Teodoz.) e in~ 1459 ss.).
70,21 (Aquila, Simmaco, Teodoz.). In li;
l 30,1 si fa riferimento alla potenza e al-
la pompa umana a Dio avversa, mentre
t µeyaÀo1tpE'7t1)c;
~ 70,21 è una preghiera perché Dio au- Derivato da µÉyac; e 1tpÉm:w, signi-
menti la grandezza del giusto. Qui i fica: conveniente a un grande uomo, o
LXX cambiano in modo significativo e a gl'andi e nobili sentimenti; quindi ma-
parlano della µEya.ÀWO'VVTJ ( var. otxm- gnanimo, d'animo nobile. Ad es.: vw-
oO'uVTJ) di Dio. \ILxol 'tE xo:ì µEya:À01tpE1tEi:c; -.<Xc; Òta-
Incontriamo il termine, riferito a Dio, volac;, «generosi e nobili di sentimento»
anche in Flavio Giuseppe 1, dove assu- (Plat., resp.6,503 c); magnifico, grandio-
me il carattere di titolo ed entra in con- so: EowxÉ O'cp~ [ = a1hai:c;] 8wpEl)v µE-
testi liturgici; ant.8,1 II: -ci}v cri}v EÙ- yaÀo1tpE1tECT't<i'tl]V, «diede loro una do-
ÀoyEi:v µi::ya.ÀEt6-c·q-cc.c Con accezione te magnifica» (Hdt.6,122,2); xa:À.oì À.6-
liturgica lo troviamo anche nel linguag- yot xat. µEyaÀ.o7tprnei:c; (Plat., symp.
gio cultuale cristiano. Cfr., ad es., in 21od); generoso: µéycx.Ào'ltprnÉwç çEwl-
Clero. Al., quis div. salv-42,20 la dos- sr::w, «ospitare splendidamente» (Hdt.
sologia finale: ò '1t<t.>lJP ò a.ya:i)òç 6 Év 6,128). In Deut.33,26 è un predicato di
-coi:c; oupa.voi:c;, ~ ... ELTJ Oé~a:, 'ttµT), xpa- Dio: ò µEy<Ù.o1tpE1tlJc; (T.M.: ga'awa)
'toc;, a.ÌWVLoc; µEya.À.ELOTI'Jç 2• -.ou O"'tEpEwµcx.'t"oc; (il grandioso, il mae-
stoso, 1' eccelso). 2 Mach. 8, 15: :.. (È'1tl-
Lc.9,43, dopo che Gesù ha espulso i XÀ.1JO'Lç) 'tOU O'Eµvou xcd µEya.À.01tpE-
demoni che i discepoli non erano riu- '7tOUç òv6µa.'t"oc; aÒ'tOU.
Sia µeyc.cÀ.o1tpEn1}c; che l'avverbio µE-
sciti a cacciare, commenta: è!;E1tÀ1}0'0"o\l- ya.À.o1tpE1tWç e il sostantivo µEya:À.o1tpÉ·
'tO of. 1taV'tE<; È'1tL -c'fi (J.Ej"C.CÀELO't'l']'tt 'tOV 1tEtC.C, che nei salmi traduce diversi vo-
lkov, «e tutti erano sbalorditi innanzi caboli ebraici (ga' awa, sublimità; biidiir,
splendore; bOd, nobiltà; tif eret, onore),
alla grandezza di Dio» (maestà, poten- nei LXX sono sempre riferiti a Dio, al-
za); 2 Petr.1,16: È1t07t'tO:t yEv'C)l}Év·m; le sue opere, al suo Messia <'1i 8,2; 20,
-.fjc; f.xElvou µEya.ÀELO't'l']'toc;, «divenuti 6; 28,4; 67,35; 70,8; 95,6; ro3,1 [cod.
A]; no,3; 144,5.12). Soltanto IJ.éYO:-
spettatori della sua maestà» (la maestà
À.o1tpE'1tlJ<; ricorre in 2 Mach.15,13, ac-
di Cristo apparsa nella trasfigurazione, canto a i}auµc.cO'-.oc;, a proposito di una
di cui i discepoli divennero iniziati te- apparizione di Geremia in sogno. Al suo
stimoni oculari - ~'1t61t't1)c; è un termi- posto dobbiamo leggere µEya.Àoµ€pwc;,
sicuramente in 2 Mach.4,22 e probabil-
ne tipico dei misteri); Act. 19, 27: ... mente anche in 4,49 . Teodozione infine
µÉÀÀELV n xaì xal}cupEi:al}o:t 'tfjç µE- una volta ha questo sostantivo per ha-

µEya.:À.Et6-c1}ç
DEISSMANN, L.0.' 3 11 n. 4; B;·277 ss. 2 La parte che va d al terzo capoverso alla fine
1 Cfr. ScHLATTER, Theol. d. ]t1dl. 4. del corpo minore è di BERTRAM.
p.t:ya.À.Ùvw (W. Grundmann) (1v,549) 1472

dar, oltre che nei salmi, in Is.35,2, con davanti al Signore» ( l Bmr.26,24); ÉiJ,e:-
riferimento a Dio 1, raÀ.uvac; 'tTJV OLXl'X.LOCTUV"f)V O"OU, «hai re-
so grande la tua giustizia» (Gen.r9,19).
Nel N.T. soltanto in 2 Pefr.1,17: ... Inoltre: 1·ender grande con parole, loda-
u7tò -.ijc:; µeya..À.~.-:prnouç 66!;."f)ç ..., do- re: 'tÒ Ifav1>€.wç ovoµo: (Eur., Ba. 320 );
ve è perifrasi indicante Dio: «egli ri- 'T:Ò cl'.lw.tov ... µEya).uvwv (Plut., Lysan-
der 7 [I 4 3 7 a]); µeya.À.uvi}e:l'l'} "t'Ò ovo-
cevette da Dio Padre onore e gloria,
1-l&. vou l!wc., (l..LWvoç, «il tuo nome sia
quando 'dalla magnifica gloria' scese so- lodato in eterno» (2 Bmr.7,26); ... µ.E-
pra di lui una voce ...». Tale circonlocu- ya.ÀuvMJ'tO Ò xuptoç, «sia magnificato il
zione si trova in forma simile in test.L. Signore» (ijJ 34,2 7 ).
Il corrispondente ebraico è di regola
· 3 A: ...1) µEyaÀ.1J 66!;.rL U7tEpavw miO'TJC, la radice gdl; solo in casi sporadici c'è
&.y~6't1)'toc,, ~da grande gloria al di so- un altro termine, come gbr (hif'il), di-
pra di ogni santità». Hen.aeth.14,20: la mostrare forza (con la lingua), parlare
arrogantemente (Ps.12,5); pl' (piel), a-
grande maestà. Questa perifrasi è stret- dempiere un voto(?)(Num.15,3.8); rbb,
tamente connessa con µEyaÀ.T) bVvrLµLç. esser numeroso (Pl'..104,24); rbh, dive-
nir numeroso (Gen-43,34; nell'aramaico
alla forma pe'al =diventar grande, pa'il
t µEya.À.Uvw =render grande) (Dan.2,48 ecc. [Teo-
Verbo derivato da µÉyac:; 1, significa dozione] ), come frr, dominare, in Prov.
render grande, ingrandire; ad es.: i:oùc:; 8,16: detto dei µe:yLO"-.ii.ve:c:;. In Iud.5,
7tOÀEµlouc:; (Thuc. 5, 98); 't'~V OUVc.tµLV 13 i LXX usano un'espressione indipen-
(Diod. S. r, 20, 6); 'tà xpM7tEOr.t. [ -r;wv dente dal testo ebraico. In Mich.1 ,10
iµa.-clwv], le filatterie degli abiti (Mt. sembra essere presupposto gdl. In que-
23,5); µEyc.tÀUVW "t'Ò O\loµci O'OU, «ren- sti casi (..tE')'U.À.UVELV è usato nel senso di
derò grande il tuo nome» (Gen.12,2); millantarsi 2 •
-r;l yap fo'tw &vitpw1toc:;, o'tL ȵEyaÀu- Nel N. T.: Mt. 23,5 retlder grande,
va.c:; a.u-r:éN, «che cos'è l'uomo, che tu
l'abbia reso grande?» (lob 7,17; dr. \)! ingrandire; Le. l ,5 8 ( ȵEyciÀ.UVE\I xuptoc:;
19,6; 103,24). Ricorre anche in senso 'tÒ EÀ.e:oç ClU't'OU µE't' au't'i}C.,, «il Signore
spirituale e morale: CÌ.'Jt1ÌEL µEyet.ÀU\16- ha reso grande la sua misericordia con
µEvoc:; U1tÒ i:wv È1ta.lvwv, «Se ne anda-
va, fatto grande dalle lodi» (Plut., Ly- lei»); Act.5,13; elogiare (gli apostoli).
curgus 14 [1 48]a); ... xa..i>wc:; ɵEy(l..- Inoltre, nel significato di esaltare, ma-
Mvi}1J 1t lJiuxTi O'ou O"'/iµEpov ..., ov'twc; gnificare, Le. l,46: µEyaMvEL Ti t!Juxii
µgycù.vvlM11 Ti ljJuxli µou Évwmov xu-
plou, «come l':inima tua oggi è stata [_tau 'tÒ\I xupiov, «l'anima mia magnifica
esaltata, ... così esaltata sia l'anima mia il Signore}>; ...µEya.Àuvo\l"t'W\I -r:òv l}i::6v,

l~~yaÀ.01tPE1tTJ<;
I Il tratto che va dal secondo capoverso alla (1906) 36.63 s.; A. DEBRUNNER: Indogermani-
fine del medesimo è di BER'l'RAM. schc Forscb1111ge11 2r (1907) 73 ss.; ID., Griech.
l'V'ortb. (1917) 113.
11i::ya.Àuvw 2 Il secondo capoverso è di BERTRAM.
1 Cfr. E. fRAENKEL, Griech. Denominativa
µqo:À.w!1uVIJ, µÉyd}oç, ( W. Grundmann)

«magnificando Iddio» (Acl.I0,46); ȵE- <lunire la comunità e a consolidarla


yaÀU\IE'tO 'tÒ ovoµa 'i"OU xvplou 'l1')<TOU I nella conoscenza di Dim> 3 •
«era magnificato il nome del Signore
Gesù» (Act.19,17) . Negli ultimi due ca- t µqa.ÀvJO"UVYJ
si µEyaÀuVEW fa forse pensare alle ac- µEyr:lÀ.w<ruvn 1 è un termine del gre·
clamazioni fatte scandendo l'esclamazio- co biblico: sublimità, maestà; es.: 86-.E
ne µÉym;, che fanno seguito alla pro- p,EyCY..À.WO"UVY]V 't4l -frEQ 1)µwv, «attribui-
te sublimità al nostro Dio» (Deut.32,3;
clamazione oppure alla conoscenza dei
Ecclus 39,15 ); cfr. inoltre: ...xrt.'tà. 't'~V
portenti operati da Dio. In Phil.1,20 è u.zya.ÀwcrtM)\I -.ou 0paxlov6ç crou, «se-
affermato: wc; 1ta\l'tO'tE xat VU\I µEya- condo la sublimità del tuo braccio» (~
78,n; cfr. Prov.r8,ro; ep.Ar. 192).
Àuvi}l}<TE'i"a~Xpw-.òc; Èv .. 41 <Twµa-.l
µou, EhE 8tà. SWi)ç EhE OLtÌ. i}av1hou, Nel N.T. è una circonlocuzione indi-
«come sempre, anche ora Cristo sarà cante il nome di Dio: h6:ltto-ev Èv OE~Lq.
glorificato nel mio corpo, sia per la vita 'ti]ç µEyaÀ.wcrl>vnc; È\I ùlfiriÀotç, «si è as-
sia per la morte». L'intera vita di Pao- siso alla destra della maestà nell'alto dci
lo è una lode di Cristo, e non solo la vi- cieli»; Hebr.1,3; similmente 8,r. Inol-
ta, ma anche la morte. In questo egli ri- tre ricorre nella grande dossologia di I u-
pone il significato della sua esistenza. da e 24 s. : ... o6~a µeyaÀwcruv'I) xp6:-.oç
Tale lode viene realizzata mediante il . .. , «gloria, maestà, forza».
suo corpo (Èv si deve intendere in sen-
so strumentale), che egli ha posto al t J.J.ÉyEi>O<; 1
servizio di Cristo e che per Cristo può µÉyEi}oc; è sostantivo da µÉyaç, e co-
anche sacrificare. Per chi vive in que- me questo significa la grandezza tanto
sto modo, il xuptoc; 'Irt<rouc; diviene una corporale quanto spirituale: µÉyd)oç
Àaµ06:vEtv =diventar grande, crescere
realtà dinamica. (Xenoph., Cyrop.I .4 ,3 ). Come µÉyac;,
In 2 Cor.10,15 Paolo auspica che, a t- può significare la forza: E'pw'toc; µEyÉi)EL
traverso l'aumento della fede dei Corin- mina È1tÉxov-.oc; (Xenoph., symp.8, 1).
In Plut., Alex. 14 (I 671 e), indica la
ti, egli pure divenga grande presso di grandezza d'animo di Diogene 1. In una
loro (ÈV vµi:v µEyaÀ.uvtll]va~ ... ). «Di- iscrizione2 si legge: 'tÒ µÉyEltoc; 'tOU ìtEou,
viene grande tra i Corinti, perché riesce la grandezza di Dio. Nei LXX: µqÉ?lEL

3 ScHLATTF.R, Kor.625. pe e in Epitteto. Anche Ò:yLWcrUVT) si trova al


di fuori della Bibbia. Cfr. Ni\GELI, 43 ; MouLT.-
µeyaÀ.WcrUV'l'J, MrLL. s.v. [BERTRAM).
1 La formazione di astratti in ..qijvTJ è frequen-
~lÉyd}oç,
te nel greco ellenistico; cfr. BL.-DrmR. § no,2;
DEBR., Griech. Wortb. 162; P. CHANTRA1NE,
1 Per il significato matematico del termine, dr.
La formatio11 des 11oms (1933) 212 s.; nel N.T. i lessici.
dr. Ò:yLWcrUV'l), à.yai>W<TV\IT), 'tC1..1tEWOcppocrUv'l), 2 W. M. RAMSAY, Cities a11d Bishoprics o/

ecc. L'ultimo si trova anche in Flavio Giusep- Phrygia 1 2 (1897) 7 00 nr. 635,4.
1475 (1v,550) µÉl)n X'tÀ.. A (H. Preisker)

Bpaxlov6ç crou &.1toÀ.d}wihi-.wcrix.v, «dal- 'jjzsem ihwh, lett.: <rnna robusta for-
la potenza del tuo braccio siano immo- tezza è il nome di Jahvé» (Prov.18,10)
bilizzati come sasso» (Ex.15,16); Sbw. non come i LXX (Èx µEya.À.wcruvnc; lcr-
1t1}XEW\I µÉyEiloc;, «grandezza di dieci cu- xuoc; ovoµa xuplou) ma, con maggior
biti» (3 Ba.:cr.6,23). aderenza all'oggetto, con Éx µEyÉì>ovc;
Nei LXX µÉyd}oç è usato per lo pit1 Epywv (Aquila, Teodoz.: 'ltupyoç xp&.-
per l'altezza o grandezza della statura e 't"ouç, una torre solida). In Ecci. 2, 9
ricorre quasi esclusivamente per qoma, Simmaco ha, per gdl, µEyÉì>n ùm;pÉ~a.­
una volta anche per gobiif,J. Solamente Àov, al posto di ɵEyix.À.Uvihiv dei LXX.
in Ex. 15,16 traduce giidol. In questo In Is.37,24 Simmaco e Teodozione han-
passo e in 2Macb. 15,24 la grandezza no µÉyEiloc; per qoma, riferito all'altez-
del braccio di Dio è un'immagine del- za dei cedri 3 •
la sua potenza. In Sap.6,7 si parla del-
Nel N.T., in Eph.1,19 : xa.t 'tl .-ò ù-
la grandezza dei dominatori terreni, e
in I 3 ,5 dalla grandezza e bellezza della nEp~ri..À.À.ov µÉyEi)oç -tf\c; OUVaµEWç !lU-
creazione si trae la prova de1l'esistenza 'tOU dc; iiµéiç ... 4 nella preghiera di Pao-
di Dio. Infine, il difficile passo di Bar.
lo per la comunità, affinché riconosca
2,18 potrebbe trattare della grandezza
ormai caduta di Israele. <da sovreminente grandezza della poten-
Un ignoto traduttore ha reso migdal· za di Dio».
W. GRUNDMANN

t µÉih1, t µdh'.iw, t µÉiìucroc;,


t µdhJcrxoµcx.~

A . IL GRUPPO DEI TERMINI to analogo è usato µEMcnc.w, inebriart!,


FUORI DEL N.T. ubriacare; per lo più passivo: inebriarsi,
Hdt.1,133; Xenoph., Cyrop.1,3,II: 7tl-
Tutte queste parole vengono usate %N où µEi>ucrXE't"aL, «per quanto beva,
per lo più a) in senso proprio: µEMw: non si ubriaca»; Plat., symp.176c; 203
essere ubriaco, Horn., Od.18,240; Pind., b: µEilucri}Etç -tou vÉx-tapoc;.
fr.128 (90): ocppa crùv XELµripct-> µEllu-
wv; Eur., Cyc.535; Epict., diss.3,1,16; µÉil"ucroc; significa ubriaco (di vino).
P .Hal.1,193.194. Il contrario è vi)cpw: Nella letteratura più antica è detto solo
Plat., resp.3,395 e (µElluov-.a.c; Ti xix.t vn- deile donne, Aristoph., nub.555: ypa.vv
(j>O\l'tW;); Aristot., pol.2,12 p. 1274b 19 µEì>UCTl)V. Da Menandro in poi, viene e-
s.: -.ò -.oùc; µd}uov•ac;, &v 'tU1tti}crwcn, steso anche agli uomini; Menandro in
nÀ.dw 1'.,l]µlav àno't"LVELV 'tW\I Vl)q>6v- Athen.10 (p. 442 d): 7t&.na.ç µEMirovc;
'tWV, «gli ubriachi, se commettono un -.oùc; ɵTI6povc; notEi: -tò Bu1'.,antov;
reato, vengono puniti più severamente»; Plut., Brutus 5,2 (1 986b): xp&.-tE~, µé-
Epict., gnom.Stob.25 (35 ). Con significa- i>ucrE; Luc., Tim .55: 損>viroc; xat 7ta-

3 Il tratto che va dal secondo capoverso sino 'tl (""tl<; ... i) È),1t~. .. · -i:lc; Ò 7tÀ.OV'tOc; 'tfjc; 06-
alla fine del corpo minore è di BERTRAM. !;T]c;...• -il -iò ... µÉyd)oc; -.ljc; ouvaµewc;), in di-
4 Al tel"ZO posto nelle frasi introdotte con 'tlc;, pendenza da ...dc; 'tÒ dlìÉvcn,
1477 (IV,550) µÉlh} X'tÀ. A (H. Preisker)

pcwoc;; in P. Oxy. xv 1828,3, in una za (come alla yvwO'L<; appartengono :.1


specie di catalogo dei vizi µéi)uO'oc; è vegliare e la sobrietà): wÀ.a.ol, èi.v8pEc;
posto accanto a x1x:t6:À.cx.À.oc;, \jJEUO'-r'r}c;, j''T})"EVE~ç, ot µÉ~TI xcx.L li7tvcp Èaui;oùc;
7tÀ.EO\IÉX't1)<;, à'JtOO''tEpT}'t1}ç. bi;OEowxoi;Ec; [ xa.L] "tTI &.yvwD'lq. -.ou
µÉih}, il bere, la bevanda (P. Giess.3, i>eou, v1Jl{lcx.-i:E, 'ltctUO'a.o-i>E oÈ xpmTCcx.-
8 ), per lo più il bere eccessivo, Plat., À.w\l·m; [ xa.t J i)EA.y6µE\lot vmctl &.A.6-
resp.9,571c: fi crl-i:wv iì µéi)nc; 7tÀ:r)crt}év, y~. «o popoli, uomini nati dalla terra,
«pieno di cibo o di bevante inebrianti»; che vi siete abbandonati all'ebbrezza, al
di solito l'ubriachezza, la sbornia; Hdt. sonno e all'ignoranza di Dio, siate aste-
5,20: xaÀ.wç è:xo"V..-cx.c; ùµfo;c; òpÉw µt- mi, cessate d'avvoltolarvi nella crapula,
i>T)c;, «vedo che siete a un buon grado ammaliati come siete dal sonno dei bru-
di ebbrezza»; Xenoph., Cyrop. 4, 2, 40; ti (Corp. Herm. l, 27 = Reitzenstein,
Soph., Oed.Tyr.779: &.'Vi)p yàp Èv OEL'it- Poim.337,7 ss.)3; gli uomini devono es-
'VOL<; µ' u7tEp7tÀ.TJO'i)dç µéi)n, «nel convi- sere destati dall'ubriachezza dell' igno-
to un uomo sovrabbondantemente pie- ranza 4 • In Ps. Sal. u,8, l'ebbrezza che
no di vino»; Democr., fr.159 (II r75,23, procura l'acqua del logos viene opposta
Dielss); Plat., symp.176e: µT) && µÉi>T)ç alla µÉi>'T} "tl}c; &.yvwO'la.c;. b) In senso
7tOL1jO'a.:D'1"m "tTJ'V ... cruvou<1lcx.v, &.U: ou- traslato {ad eccezione di µÉi>uO'oc;, che in
-i:w ... 7tpÒc; 1)8ov1Jv, «stare insieme senza questo senso non ricorre mai): µEih'.iw,
inebriarsi, ma cosL. per diletto»; Plat., Xenoph., sym.8,21: µEi>VO'V'tct ÙTCÒ "tll<;
Phaedr.256 c: f.v µéi>rw;; Aristot., pol. 'Aqipo8h11c;; Plat., Lys.222c: µEi}uoµEv
2,I2 p. l274b II: ~'tL o' O'ltEpt 't'Ì']V µÉ- Ù7tÒ i;ou À.6you (dialogo, investigazione);
i>'l'}V v6µoc;, «la legge riguardante l'ubria- Oppian. Cyn.2,576: oɵa.c; V7tVOLO'L\I µE-
chezza»; Epict., diss. 3 ,26,5: oLa.ppcx.yÉv- Mov·w; (sonnolenti).
'ta.c; &.7tò ò:1mytw'V xa.t µÉi>T}c;, «sul pun- Cosl pure µEihJuxw; Plat., resp.8,562
to di scoppiare per indigestione e ubria- d: &.xpchou a.v-.ijç ( =-.fjc; ÉÀ.EUi>Eplac;);
chezza»; cfr. 4, 2, 7 1• Per Plat., leg. 1, Plut., quaest. conv. 7 ,5 (II 704 d): -.·hv
637-650 lo sbevazzare è una risorsa pe- µOUO'LX'Ì'}\I 1t0.:'V"t'Òc; otvou µaÀ.À.O'V µEÌMO'-
dagogica dello stato per mettere alla pro- XO\JO'Cl.V, «la musica, più inebriante di
va la crwcppOO'U\/l} 2• Con 'ubriachezza da ogni vino». Analogamente µéi)'n; Plat.,
nettare' {µEi>uO'i>EL<; "tou vfai;cx.poc;) Plo- leg.1,639b: x&'V OELÀ.òc; &v Év i;oic; OEL-
tino designa, mutuando ancora da Plat., voic; u'JtÒ µÉih}c; "tOU cp6Bou vcx.v..-Liì., «an-
Phaedr. e symp., lo stato di mistico en- che se vile nei pericoli e se gli vengono
tusiasmo e comunione con la divinitn vertigini, come in mare, per turbamenti
(enn.6,7ao.35; cfr. 5,8,ro; 3,5,9). di paura».
Nella gnosi ellenistico-orientale l'i- Tutti questi termini si trovano pure
gnoranza (ày'Vwula) è nominata spe5so nei LXX. a) In senso proprio; µEMw
in connessione col sonno e l'ubriachez- (Gen.9,2I; l Ba.0'.1,13 s.; 2 Ba.O'.u,13;

µÉil1] X'tÀ.
I Il tema è frequente nelle discussioni etiche 3 Cfr. ]. KRoLL, Die Lehre11 des Hermes Tris-
degli stoici. megistos (Beitriige zur Gesch. der Philos. des
2 Il vino anima i sentimenti del cuore e riem- Mittelalters) (1914) 376 ss.; DIBELIUS, Thess.
a r Thcss.5,6.
pie gli uomini del sentimento di sé. Certamen·
te l'ubriachezza conduce all'imbarazzo puerile
(Plat., resp.9,573bc; leg.1,645e; 646a), men- 4 In Corp. Herm. 7,2 µElhJEw designa la con-
tre l'uso moderato del vino rende l'uomo mite dotta dell'uomo terreno, vf)cpEw invece la vi-
e nperto ai buoni influssi (Plat., leg.2,666bc). sione estatica.
µÉl>l'} x~À. A (H. Preisker)

Is. 19,14; 28,1; Ioel l,5; I Mach. r6, agire illegale, in Prov.4,17 : orvcp o€ 7tCX.-
16, ecc.). Inoltre µe:Mw ha anche il si- po:v6µ4J µei}ua-xov't'at, «s'inebriano di
gnificato di bagnare l'asciutto, l'arido, vino contrario alla legge» 6 , parallelo al
con la benedizione dell'umidità (piog- precedente cr~-i-a à.crEadac;, «pane della
gia): Is.55,10; 4' 64,10; Ecclus 39,22. empietà».
µEMcrxw ricorre unito a oi'.v4), Prov.23, In Filone 7 si ha solo µEMw e µEi)1}
31: µTj µd)ucrxEcrì>E oiviv, «non inebria- a) in senso letterale: in plant.163 si dà
tevi col vino»; test.Iud. 14,1. µÉi}uO'oç per µEMEtV la seguente spiegazione: &.-
si trova per indicare l'ubriacone in Prov. 1tÒ 'tOU'tOU yé "COL qiacrw 'tÒ µeMw.1 w-
23,21; 26,9; Ecclus 19,1; 26,8; 4Mach. voµci.cri}m, o-et f..LE'tà. -cò MEw Ei)oc; -(iv
2,7 (in questo passo accanto a ycx.cr-cpl- 'toi:c; 1tp6't'Epov olvoucri}a.t, «dicono che il
µapyoc; = crapulone); µéih1 designa la termine µEMEw derivi dal fatto che un
sbornia, l'ubriachezza in Js.28,7; Ez.23, tempo si usava bere vino dopo aver sa-
33; Iudith 13,15 (Év -tcx.i:c; µÉi)mc;); Tob. crificato». Ne viene o-et 't'Ò µei)urn1 liv 'tÒ
4, l 5 ( or\IOV Etc; µii)l]\I µ1) 1tl1)<;, <<nOn ol\lou<1ilcx.t (plant. 174 ), cioè che anche
bere vino fino a ubriacarti»); Prov.20, per Filone µEWEw significa ubriacarsi
l; Ecclus · 3 l ,30. Flavio Giuseppe ado- con vino; cfr. plant.139 ss.; 154; 174;
pera in senso proprio µEì>ucrxoµ.a.t in Ior.45; fug.166; ebr.27.206. Per questo
bell.2,29; vit.225; µ.Eih}w in bell.6,196; il suo contrario è v1}<pEL'V (plant.172; po-
ant.8,376. ster. C. 175). Analogamente usa anche
b) In senso traslato nei LXX non ri- µÉi}l] nel senso di ebrietà, ubriachezza
corrono µÉi)ucroc; e µEi)l], ma µeWO'xw in (µEthJuJV ... µiìl11v, /ug.r66). Un'opera di
Is. 34,5: ɵe:Wcri)11 ii µaxatp6: µou Év -cii) Filone porta il titolo 7tEpt µiih]c; (de
ovpcx.v(i>, «la mia spada s'è inebriata nel ebrietate ). Vino ed ebrietà anche per lui
cielo»; IEp.28,39.57; spesso la bevanda vanno di pari passo ( Ev oiv4) xa.t µtìln,
inebriante in questi casi è il sangue (at- (vit. Mos. 1,270) e µÉih] è ritenuta O'J)-
µa.): Is.34,7; 49,26; IEp.26,10; lJJ 35.9: µtoupyòc; xcx.xwv, «artefice di mali»,
µd}ucrih'Jcrov-ccx.t a1tÒ 'lttO'tT}'tOç 't'OU oì'.xou (sobr. 2 ), causa di alienazione (ÌtX<T't'<X.·
uou, Vulg.: inebriabuntur ab ubertate erte;) e di dissennatezza ('ltctpa.tppocrl>vn)
domus tuae; Cant. 5 ,1: ~1tto\I olv6v µou (ebr. I 5 ). Questo µEthJELV è, alla pari del
(detto dell'amore sponsale); Nah.3,II: 'sonno' (ti1tvoc;), caratteristica e simbolo
xa.I. a'Ù µEwcrihicrn, «anche tu t'inebrie- dell'ignaro, del cieco, di colui che è
rai (del calice dell'ira di Dio»); cosl pu- sprofondato nel mondo materiale, men-
re Is.51,2i. Ancora in senso traslato,, tre chi può vedere è sobrio (vi]q>WV):
µEWcrxw ha il significato di abbeverare som.2,101 s.; cfr. ibid.162; plant.177;
benedicendo, ad es., Iep.38,14 µEWcrw ebr.154 s.). L'effetto della µÉì)'1) sul cor-
'ti}v lJJvxTiv 't'Wv tEpÉwv utwv Awt, «io po è la stupidità (a\la.tcri)'J)crlct) e sull'a-
ristorerò l'anima dei sacerdoti, figli di nima l'ignoranza ( éiyvow., ibid.154). Fi-
Levi»; 38,25: Eµiwcra. 7tficra.v lJJux1Jv ot- lone però permette al saggio di bere vi-
lJJwcra.v, «ho abbeverato ogni anima siti- no (µÉi)l], µE-lhJEw ), ma non fino alla
bonda» (questo senso coincide con quel- nausea (&o-rw) e purché il vino sia al-
lo della mistica ellerùstica)5• Ugualmente lungato, non &xpct-cov (plant.162.163);
in senso traslato, con l'aggiunta di 'lta- anzi egli crede che prendere il vino con
pci.voµoc;, il vino passa a significare un misura e gioia sia un riposo, un ritorno

s ~ n, coli. 1332 ss. T. (1926).


6 J. HEMPEL,Mystik tmd Alkoholekstase 1H. LBWY, Sobria ebrietas: ZNW Beiheft 9
( r926); H. ScHMmT, Die Alkoholfrage im A. (1929).
µÉlh1 x~).. B {H ..Preisker)

dell'anima a se stessa (µ1d)fo-r::wc; \jivx:iic; terapeuti, quando pregano il sole con le


ai·da ylvi::-ra~. plant. 165)1 «per avere mani rivolte al cielo; in questo modo,
distensione, riposo e serenità» (ìbid. con l'espressione a lui frequente \ll]q>oc-
166). Tale 'ebrietà' non reca danno al- Xioc; µ€1111 («sobria ebrietà») egli celebra
cuno alla virtù; l'effetto del µr::Mr::w di- h comunione dell'anima con la divini-
pende proprio dall'indole di colui che tà, accostandosi alle forme estatiche,
beve, dal fatto cioè che appartenga agli quali nel culto di Dioniso erano ottenu-
ò.:yaiM o ai <pauÀ.o~ (ibid.172) 8• b) Fi- te bevendo vino.
lone· inoltre ·ha µr::Mr::w e µ€bri anche in
~_eµso traslato. Non solo distingue l>L't- B. IL GRUPPO DEI TERMINI NEL N.T.
• ~I. I~ I ' ) ().I
-rriv µwuov-rw; µr::v'Y}v, 'tlJV µr::v CX.CiEpEL-
q., -ri)v oÈ o~vcf>, «due generi di ubria- l. Nel N.T. l,i.Ébuo-oc;, ubriacone, ri-
chezza, quella dell'empietà e quella del corre soltanto nei due cosiddetti catalo-
vino» (spec.leg.3,126), µml] ... tiç oi:vov
... xat a<ppocruvl)c;, «l'ubriachezza da vi- ghi di vizi di I Cor.5,1 r e 6,10; anche
no ... e da s.toltezza» (vit.Mos.2 162), ma
1
µÉ-i>'r], ubriachezza, si ha accanto a
conosce · pure un'altra ubriachezza, che xwµoi (gozzoviglie) in cataloghi simili
chiama divina, la quale certamente non
(Rom.13,13; Gi:ll.5,21).
dipende dal vino. In vit.Mos.1,187, nar-
rando come Mosè mutò la fonte amara 2. µElìuw e µr::Mcrxoµcx.i nel N.T. so-
in dolce, scrive a proposito della rico-
noscenza e della gioia del popolo: µE- no presenti per lo più nel loro signifi-
MoV'tE<; où -.i)v Èv otv~ µlbriv àÀ.À.oc cato letterale di essere ubriaco e ubria-
-ritv · \llJcpaÀLov, iìv ... Àa.06\1-cr::ç 7tapà carsi. Senza alcuna accezione etica o re-
-cfjc; r::ùo-r::Br::la.c;, «inebriati non da vino,
ma d'una sobria ebrezza, attinta alla pie- ligiosa, µElJuCTxoµai è usato in Jo.2,ro
tà». Distingue dunque questa 'sobria' nell'accenno alla norma 9 di servire il vi-
ebrietà non causata da vino dalla vera no meno buono agli ospiti già brilli. In
ubriachezza. In modo simile si espl'ime
in leg.all. r,84, a proposito della ricono- zThess.5,6 Paolo esorta la comunità a
scenza: JJ.E.WEL -ri)\I \l'ficpouCTav µrnl]v, vegliare e vivere santamente, ben co-
«è sobriamente inebriata». Stando a leg. noscendo la prossimità della parusia, in-
ali. 3, 82 Melchisèdec aiuta a ottenere
vece di condurre una vita insignificante
bElq. µEbn VEqiaÀEW"tEP<t \l'fitVEWç IX.Ù'tfjç,
<mn'ebrezza divina, più sobria della stes- in vizi di ogni genere, che sarebbe co-
sa sobrietà». All'ebrietà da vino, propria me un sonno nel peccato. Per comple-
dei crapuloni, egli oppone il 'sobrio' en- tare le linee di questo quadro esorta al-
tusiasmo degli asceti, il quale proviene
da Dio (omn.prob.lib.12 s.; op.mtmd.71: la sobrietà, mettendo in guardia anzi-
f..LÉlìTI v11qicx.Àl~ XIX.'tlX.CiXEbdc;, «possedu- tutto contro un contegno esaltato, che
to da una sobria ebrietà» ), mutuando im- poteva essere facilmente provocato dal-
magini e concetti platonici; in vit. cont.
89 ss. descrive la 'bella ebrezza' (µi::lìu<r- 1' attesa escatologica 10• Egli giustifica
lìÉv~Eç... "lJV xaÀ.i)v "av-rt)\I µÉlìl]\I) dei questa doppia esigenza 11 con il fatto

s Cfr.ebr.27.r25s.128ss. 138.15rs.; som.2,160. 10 DoB., Tb., ad l.


192.200; plant.147 ss. 11 ~ coll. 1477 ss.
9 ZNW 14 (191-J) 248 ss.
µÉllTJ x't'À.. B (H. Preisker)

che i cristiani vivono all'inizio del nuo- taria; i ricchi infatti si separano dai po-
vo eone, aperto con la risurrezione veri, cosl che gli uni patiscono la fame
di Gesù, vivono nel giorno di Cristo, mentre gli altri gozzovigliano nel su-
cosl che tutto ciò che è proprio della perfluo e si ubriacano. L'importante in
notte deve star lontano da loro. A que- questo passo - sottolineato in aperta
sto proposito inserisce, quasi a descrive- opposizione al culto dionisiaco diffuso
re un'esperienza quotidiana, la proposi- anche a Corinto - è che non si devono
zione incidentale del v. 7: «quanti si mescolare insieme ubriachezza e cena
ubriacano lo fanno di notte» 12• La pa- del Signore. In antitesi al culto dioni-
rabola di Mt.24i45·5 r ( = Lc.12,42-46) siaco, non solo l'ubriachezza non ha nul-
presenta a modello del contegno cristia- la a che vedere con la festività, ma ren-
no un fedele e saggio servo, che veglia de assolutamente impossibile una cele-
per una nuova interiore disposizione brazione cultuale cristiana. Ebrezza dio-
d'animo, e per converso descrive anche nisiaca e 'bevanda spirituale' ( 7tvwµa.-
un servo malvagio che non vive in ten- "t'LXÒ\I 1t6µet) della comunità cristiana
sione escatologica, coinvolto nel regno (1 Cor. 10,4) sono realtà inconciliabil-
di Dio, e che perciò da una parte si per- mente contrarie. Per questo anche Pie-
de in una vita brutalmente egoistica e tro, nel discorso di Pentecoste (Act.2,
dall'altra cambia l'esigenza naturale in r 5 ), deve respingere con ferma decisio-
una vita dissoluta e avida di piaceri, ab- ne il sospetto che i discepoli siano u-
bandonandosi al µdh'.m'V (Mt.24,49) e al briachi. Sebbene il loro parlare sotto
µdM01eEcrileti (Lc.12,45). In questo caso l'impulso dello Spirito riesca agli infe-
l'essere ubriaco (µdh'.m'V) è condannato deli incomprensibile ed appaia loro co-
per principio; l'ubriacarsi (µEwcrxEcrila.i) me un fare da ubriachi, la forza dello
viene respinto in considerazione del pos- Spirito di Dio non ha nulla a che vede-
sesso e della certezza escatologici. Il nuo- re con l'ebrezza prodotta dal vino. La
vo costume inaugurato con la presenza linea di separazione tra la condizione
della realtà escatologica, non tollera al- pneumatica dei primi cristiani e l'entu-
cun µEWOJCEO'ila.i. Inoltre tale µe:l>vcrxe:- siasmo orgiastico dell'ellenismo viene
crila.i non s' accorda con la condizione fondamentalmente tratteggiata in Eph.
dei primi cristiani, che sono pneumatici, 5,18. Non l'ebrietà sensuale, non l'u-
ripieni di Spirito. In r Cor. II ,21 Paolo briachezza bacchica (µEilvtrxEo1lC'l~ oi:v~)
biasima i Corinti, perché privano la ce- contrassegnano la condotta e la festa cri-
na del Signore della sua indole comuni- stiana 13, ma l'essere ripieni dello Spiri-

12 Non v'è motivo alcuno per prendere, in que- des N.T. I (1890), ad I.
sto caso, µduaxrcrl>ai e µEWELV in senso spi- 13 Proprio il rapporto col culto (5,t9}. in cui

rituale, come vuole A. SCHAEFER, Die Biicber sta questa ammonizione, qui non consente di
1..1.f},aç (W. Michaclis)

to (7tÀ1}poucrì}e f.v 7tveuµa·n ). Non si abitanti della terra vengono accusati di


tratta di due gradi diversi di una stessa «essersi inebriati col vino della prosti-
realtà; in un caso abbiamo entusiasmo tuzione» della meretrice, cioè con l'ido-
orgiastico, nell'altro un agire pneuma- latria pagana. Il µeMcrx€crì}at in questo
tico, il quale si manifesta nella solen- passo è certamente inteso in senso tra-
nità cultuale col ringraziamento e la lo- slato, anche se per comprendere il qua-
de (5, r8 - 20) e in una vita condotta dro nella sua plasticità dobbiamo scor-
nella a:ya7t'rJ (5, 21-6, 9). Perciò Paolo gervi un'allusione all'entusiasmo orgia-
sottolinea espressamente che il µefrucr- stico dei culti ellenistici. Chiaro senso
;mrfra.t non porta all'ignoranza (&:yvw- traslato ha il µdhlw di Apoc.17,6 dove,
crla. ), come credono gli scritti ermetici e nell'immagine già nota dai LXX (-7
Filone, ma all' àa-w'tla, ossia a una con- coli. 1479 s.), la donna (incarnazione
dotta pervertita e dissoluta. del mondo demoniaco avverso a Dio)
«è ubriaca del sangue dei santi e del
3. In senso traslato entrambi i termi-
sangue dei testimoni di Gesù».
ni ricorrono nell'Apocalisse. In 17,2 gli
H.PREISKER

t µÉÀ.a<;
µÉÀ.a.c;, a partire da Omero, è gene- le (abbronzata), della pelle d'animali e
ralmente usato come aggettivo: nero, d'altro 1• Spesso può assumere senso fi-
scuro, contrario di -7 À.wx6c;, e come gurato: il nero è per gli antichi (cfr. il
tutti i nomi di colori presenta una certa latino niger, ater) sinonimo di fosco,
elasticità di significato, cosl che può an- crudele, terribile, triste, infelice; di qui:
che indicare: rosso-scuro, blu-scuro, gri- µO..ac; iM:.va-roc; (già Rom., Il. 2, 834;
gio-scuro ecc. (es.: µÉÀa.c; o!\loc;, µÉÀ.a.c; Od.12,92), µÉÀ.a.c; cp6voc;, µÉÀav !:lvap
7tO\l'toc;, µÉÀ.av a.tµa.), a proposito del (sogno), µÉÀa.wa à\la:yx'Y} (necessità,
colore (giovanile) dei capelli, della pel- destino); detto anche delle disposizioni

pensare semplicemente all' «alto senso della vi- I Cfr. PAssow e LIDDE LL-SCO'l"I', s.v. Nelle in-
111» dell'uomo naturale (HAUPT, Gefbr., ad l.), scrizioni è piuttosto raro (cfr. Drl"l'., Syll.3, in-
ma al culto ellenistico e al suo entusiasmo. dice, s.v.), mentre più di frequente ricorre nei
papiri (PREISIGKE, Wort. u 64 e MouLT.-MILL.
µÉÀ.a<; 395 s.v.). Su Mf>..ac; come nome di persone e
G. RADK E, Die Bedeutung der weisse11 1111d fiumi dr. PAULY-W. xv I (r93r) 437 ss.; su
schwarzen Farbe in Kult und Brauch der Grie- MO.rxwrx, come nome, ibid.384 ss. Cfr. anche
chen und Romer, Diss. Berlin ( 1936); ibid. 5 ~ n. 2r.
ss. si trova la bibliografia più antica.
f.lÉÀ.w:; (W. Michaelis) (IV,555) 1488

di spirito: µÉÀ.aLVa cpp1Jv, µÉÀ.a.v -1j~oç or: Lev. 13, 31. 37 (detto dei capelli
ecc.2 • Anche nel culto il nero aveva una scuri); Cant. 5,11 (dei capelli corvini:
sua parte3, e quale colore dei vestiti da Wç x6pa:ç); I ,5 (del colore della pelle
lutto (già Eur., Alc.42 7: µgÀ.aµrtÉ1tÀ.Ct-> abbronzata); Zach. 6 ,2. 6 (degli apocalit-
o-.-oÀ.TI) ebbe grande diffusione~ Il sostan- tici cavalli neri). I LXX in tutti questi
tivo neutro •Ò µÉÀ.av, colore nero, ne- passi hanno tradotto con µ0..ccç; solo
rezza, da Platone in poi fu adoperato Lev.13,31 è stato, per l'influsso di 13,
come nome di inchiostro, ottenuto dal- 32, reso diversamente (inoltre µÉÀ.w; ri-
la seppia o dalla fuliggine, il quale, se- corre come variante) in Prov.23,29. Nei
condo i nostri concetti, era piuttosto LXX si trova anche µEÀ.a:vou<rl}m: I ob
una specie di inchiostro di china5• 30,30 (variante di È<rxo't"W•etL); Cant.J.,
Nell'ambito culturale israelitico -giu- 6; ep.Ier.20 (dr. anche le altre tradu-
daico il colore nero ebbe altrettanta im- zioni di Iob 30,30; Ez.9,2.u). In Ier.
portanza 6 • Dobbiamo però ricordare ·che 36,18 per inchiostro, o inchiostro di
esso era totalmente escluso dal culto 7 • china, c'è l'ebraico de;o. I LXX, in H:p.
I termini ebraici per nero, oscuro, so- 4 3, r 8, non traducono questo vocabolo 8 •
no l;um (solo in Gen.30,32 s. 35.40, tra- Filone ha µÉÀ.w;, più volte, quando
dotto nei LXX con <p<.noc;, nericcio, gri- si diffonde in esempi circa l'antitesi ne-
gio; in Gen.30,40 con 1tOLXlÀ.oc:;), e sii{>- ro-bianco (cfr. i testi~ coll. 664 ss.). In
2
Cfr. i lessici e la rassegna in F. DOLGER, Die Re!hc VI 2 (1937) 2225ss.
Sonne der Gereehtigkeit und der Sehwarze.
5 Cfr. PAssow e LrnnELL-ScoTI s.v. Anche nei
Ei11e religionsgeschiehtliehe Studie zum T aufge-
!Obnis (Liturgiegesch. Forschungen, Heft 2) papiri questo uso linguistico è assai documen-
( r918) 58 ss.; da notare particolarmente la di- tato: PREISIGKE, \Vort. e MouLT.-M1L1.., o.e.;
mostrazione che <d'equazione µéÀ.a.ç = xa.x6ç, MAYSER II r (1926) 3 s. L'espressione µÉÌl.CL\I
TCOVl)poç, doveva essere pienamente familiare ypaqiLx6v è nata in epoca tardiva. Su tutte le
e ovvia alla lingua della cultura anticm> (o.e. questioni circa la produzione e l'uso di-colori
61). nell'::ntichità troviamo informazioni assai det-
tagliate in O. RoLLER, Das Formular der paul.
3 -.+ G. RAUKE esamina particolarmente «il ne-
Briefe (BWANT + Folge, Heft 6 (1933)) 6 s.
ro come colore della notte e delle divinità cto-
e 268 ss. n. 32 ss. Nei papiri che trattano di ma-
nie e anche come colore dei demoni nocivil>
gia vengono rese. note ricette particolarmenie
(r4 ss.), «l'uso del nero nel sacrificio» (27 ss.),
potenti, ottenute rnn sangue di animali ·misto
«il nero come infausto presagio» (33 ss.), «il
a colori (PREISl!NDANZ, Zaub. iv z109 ss. 2207.
significato apotropaico del colore nero» (51
2393 s.; xxx:vr 72), particolarmente in uso era
ss.). Cfr. S. EITRBM, Opferrit11s tmd Voropfer
l'aggiunta di mirra (II 34 s.; XII 399; :XIII 322)
der Griech. imd Rom. (Videnskaps-Akademi-
donde il frequ~nte composto a-µvpv6µe}..av, co·
Skrifter, Kristiania n . Hist.-Filos. Klasse[r9r4]
!ore di mirra (r 233; II 30; IV 3212; vn 468.
nr. r) (1915) 490 indice, s.v. «SchwarZ», spec.
521; xm 409; xxxvi 103 e passim; cfr. anche
401. Nella superstizione e nella magia l'osser-
I 8; V 309 S.).
vanza del colore nero era di grande importanza
(latte di \Ula mucca nera, corno di un ariete 6 K. GALLING, art. «Farbe» e «Fiirbereh>, in
nero, edera nera, ccc.); cfr. esempi in PREISEN- Biblisches Reallexikon (1937) 15.oss.
DANZ, Zaub. I 5.58 s.; II A6; IV 165 ss. 403.673
7 F. DELITZSCH (LoTZ), art. «Farben in der
ss. 909, 2052. 2))1. 3n7 s. 3149; VII 327, 433·
Bibel», in RE1 v (1898) 755 ss.; specialmente
539; XII 108; XIII 129.687.
4 Cfr. -+ RAnKE 69 ss.; G:Wr.LKE, art. «Toten-
759 5 •
kultus»: E.Europa§ 9 in Reallcxikon der Vor- s Solo pochi codd. minuscoli aggiungono lv
gcschichte xm (1929) 4n; G. HERZOG-HAu- µéÀ.dvL; dr. E. NESTLE, Dar Buch ]er. grieeh.
SER, art. «Trauerkleidung», in PAUI.Y-W. 2. und hebr. (1925), ad l.
!.lÉÀ(I.<; (W. Michaelis) (IV,555) 1490

una serie di altri passi difende l'opinio- dato allo crx6-.oc;, È7moi} µ0..a:c; ò à'i}p
ne che ò à1)p, cioè l'aria (che secondo "t"TI cpua'E~, <(giacché l'aria è naturalmente
la divisione stoica, da lui accettata, di scura» (op. mund.29) 9 • Singolare è il
1·egione sublunare e celeste, sta tra la tentativo di leg. all.2,67, nella spiega-
terra e la luna, distinta da aUl'1Jp ), sia zione di Num.I2, di trovare nella don-
nera, µf>.. a.c;. Con ciò tuttavia intende na etiopica, sposata da Mosè, -.1}v àµc.-
dire oscuro, oppure rosso-scuro, poiché -.a~À:rrcov xa.t xa.-ca.xoplj yvwµl]'Y, «la
l'uso del colore di giacinto nel culto disposizione di spirito immutabile e pu-
viene spiegato allo stesso modo: descri- ra» (come nell'occhio il nucleo della po-
vendo i veli del tempio (vit. Mos.2[3], tenza visiva è nero, cosl etiope si chia-
88) e l'abito del sommo sacerdote (spec. ma la portatrice della forza visiva psi-
leg.1,85.94; cfr. anche congr.n7). Per- chica) 10•
;::"~
ciò anche a proposito della luce vale
Flavio Giuseppe ricorda, ad es., in
quanto afferma in Abr.205: -.ò cpwc; Év
ant.16,233 l'arte di tingere i capelli di
OUp<X.V<{) µÈ.V OCXp<X."t"O\I X<X.L lÌ.µLyÈc; O"XÒ-
nero ( ~ coll. 672 s., 3 7 ), inoltre il vesti·
't'OU<; È.O""t"LV, È.V oÈ "t"oic; Ù7tÒ O"EÀ.1]\ll]\I cX.-
to nero (~ coll. 672 s., n. 37 ), inoltre il
ÉpL swcpEp@ XEXpaµÉ.vov cpa.lvE't'<X.L, (in
vestito nero del!' accusato (ant. 14,172;
cielo la luce è senza mescolanza e senza
bell.I,506; ~col. 667 e n. 23), ovvero
impurità di tenebre, mentre sotto la lu-
di chi è oppresso da colpa o chiede gra-
na appare mista ad aria fosca». Pure le
zia (ant.16,267; vit.138); nero è ancora
macchie lunari vengono cosl spiegate
(som.I,145): "t"Ò yE ɵq>cw,16µEVO\I cX.v-.u
il vestito da lutto (ant. 16,287; bell. 4,
260).
µÉÀ.<X.\J, 8 X<X.À.oUO"t ''tWE<; 7tpoO"W7tO\I, où-
OÈ\I &U.o eì:va.L i) -.òv &.va.µEµLyµÉvov Anche le fonti rabbiniche fanno co-
àÉp<X., 8c; xa"t"à cpv<nv µÉÀ.a.c; wv
ltxptc; noscere la popolarità del vestito fune-
oùpa.vov 't'Et\JE't'<X.L, «la parte scura visi- bre nero 11 • Anche in queste fonti, del
bile della luna, che alcuni chiamano 'fac- resto, è attestato lo stesso uso del co-
cia', non è altro che aria commista, la lore nero che si osserva altrove: alla
quale, nera per natura, si estende fino al gioventù viene attribuita capigliatura
cielo». Filone arriva ( cfr. già in Abr.205) nera 12, come nere vengono indicate le
a una equiparazione di &:{jp e ~ <rx6- monete logore, specialmente le monete
't'Oc;: aÉpoc; toé<X.v sarebbe il nome da Dio d'argento 13, il vino scuro è chiamato

9 Cfr. DOLGER, o.e. 50 s. Anche se la setietà abituati al dispregio del colore nero (DOLGER,
del concetto biblico non si esprime pienamente o.e. 52 ss.). Già X~ophanes, fr.16 (I 133,6 s.,
in Filone, questa equiparazione di 6.i}p e uxé- DrnLs 5 ) dice: «Gli Etiopi si rappresentano i
't'oç si deve però prendere in considerazione loro dèi camusi e neri, i Traci invece con gli
per la spiegazione ad es. di Eph.2,2; 6,12. Cfr. occhi azzurri e coi capelli rossi».
apoe. Petr.21: ot xo>..<X~o\l't'Eç ll:yyEÀot <TXO't'E~­
li S .KRAUSS, Talmudisehe Arehiiologie 1(x910)
vòv El)CO\I 't'Ò ~vlìuµa: XC1.'t'à. 'tÒ\I cUpC1. 'tOV 't'6- 145.550, n. 211; n (19IX) 71; STRACK-BILLER·
1tOV.
BECK 1 506. Sui vestiti neri nell'ultimo giudizio
10 La spiegazione sta forse nel fatto che XCl.'t'C1.-
cfr. -) coll. 667 s. Attestano il nero quale colo-
xop1}<;, saturo, viene usato tanto nel senso di re di lutto anche le varianti di test. Sal,20,19
puro, 11011 mescolato ad altro, quanto in quello che mutano 'tEbltµµÉvov xa.t 1tEvl>oliv"ta in
di (colore) denso, scuro. Filone avrebbe dun- XC1.'tOC 1tÉ'llDoç xat µEÀtt.vQ (o µEµEÀ«O"µÉ.vcp)
que trovato nella doppia accezione dcl voca- 1tpoaw1tcp.
bolo la desiderata possibilità di equiparate, in
questo contesto, nero e puro? Agli Etiopi vien 12 KRAUSS, o.e. I 191 .641 n. 8x5 s.
del resto fatto riferimento solo perché erano 13 KRAUSS, o.e. II 410.
1491 (1v,555) µO.w; (W. Michaelis)

vino nero 14, ecc. Per indicare l'inchio- craxXo\I 't"Ò m:pt~oÀa.LO\I a.Ù't"OU, «vesti·
stro o l'inchiostro di china, viene usato rò il cielo a lutto e renderò il suo man-
talvolta, accanto al veterotestamentario
d"jo (djwt'), anche l'imprestito mjln = to come sacco»; inoltre l'uso di a-6.xxoc;
µ0-..a.v 15. in Apoc.6,12 (come in II,3 e in Mt.u,
21 par. Lc.ro,13) è determinato dal fat-
Nel N.T. µÉÀ.a.c; è piuttosto raro. La
to che <raxxoc; (termine mutuato dall'i·
parsimonia con cui l'A.T. parla del co-
dioma semitico: in ebraico saq) era un
lore nero influisce certamente anche sul
abito giudaico di lutto 16 • Troviamo in-
N.T. (~ coll. 1487 s.).
fine µÉÀ.av per designare l'inchiostro in
In Mt.5a6 Gesù parla di capelli ne-
2Cor.3,3 17 , come anche in 210.12 e 3
ri o bianchi, come segno della giovinez- fo.1318.
za o della vecchiaia (~col. 672 ). Come
colore apocalittico quasi non si trova. In Tra i Padri apostolici I Clem.8,J, in
una parafrasi di passi veterotestamen-
Apoc.6,5 tnnoc; µD.,a.c; risente l'influs- tari che trattano delle ciµcctlat, ha: ÈÒ.v
so di Zach.6,2.6 e~ IV, coli. I05l ss.; ti>crt\I... µEÀ.a.\IW"t"Epa.t <r1btxou, «fossero
vr, coll. 681 s., n. 65). In Apoc.6,12 si pure più nere del sacco» (~ n. 16). È
significativo però (tenendo conto del-
dice: O'Ì)À.LO<; ÈyÉVE't"O µÉÀac; wc; CTaxxoc;
l'Apocalisse, cfr. sopra) che il nero di-
'tplxvvoc;, «il sole divenne nero come un venga un colore di timbro fortemente
sacco di crine»; un'immagine veramente apocalittico per la prima volta nel Pa-
adatta a descrivere l'oscuramento del store di Erma. In vis. 4, l, 1 0 (conti-
nuando l' 'antica tradizione dei quattro
sole (cfr. anche Mt.24i9: o'Ì)À.Loc; crxo- colori': Zach.1,8; 6,1 ss.; Apoc.6,1 ss.) 19
'ttcrì)T]crE'ttx.t) non si trova nell'A.T. (cfr. si parla anche del colore nero di un a-
Am.8,9; Ioel2,ro; 3'4i Js.13, ro; Ez. nimale apocalittico; nella spiegazione
del colore della bestia in vis. 4, 3, 2
32, 7 s.), anche se crcixxoc; in Is. 50,3 vien detto: 't"Ò µiv µÉÀ.av oÙ't'oc; ò x6rr-
viene usato in modo analogo: xa.t ~v­ µoc; Écr't'l\I, Èv c{J xa.'totxE!'t'E, «il nero è
oucrw 't"Ò\I OÙpa.\IÒ\I '1X6't"o<; xat ì)1)crw wc; questo mondo, nel quale voi abitate».

14 I. Low, Dic Flora der ]uden I r (1926) 97. anche altrove si può osservare come costumi
15 KRAUSS, o.e. III (1912) 148 s . 309 s . ; In., da tempo abbandonati, nell'uso funebre ven-
Griech. und lat. Lehnworter im Talmud, Mi- gano ancora a lungo conservati. Per Tplxwoc;
drasch rmd Targum II (1899) 336 (ivi e in I cfr. WOHLENDERG, Mk .42 n. 15. Cfr. i paralleli
[ 1898] 79.132 tratta anche di µÉÀmva e µE· rabbinici (d'intonazione non apocalittica) in
>..&.v11 come imprestiti negli scritti rabbinici); STRACK-BILLER.BECK 1 955 : «Quando il sole as-
STRACK-BILLBRBECK III 499 ss. somiglierà a un sacco, allora piomberanno nel
mondo le frecce della fame». Per la spiegazione
16 Il Jaq che lasciava libero il busto (GALLING,
astronomica cfr. CLEMl!N r42.ss. 385.391.
art. «Kleidung», o.e. 337) era più un perizoma
(P. THOMSl!.N, art. «Kleidung»: D. Paliistina- 17 Cfr. WrNDISCH, 2 Kor., ad l.
Syrien, in Reallexikon dcr Vorgcschichte VI
18 Cfr. WXNDISCH, Kath.Br., ad I.
[ 19261 391) fatto di stoffa greggia e in gene-
re di colore nero (dr. I Clem.8,3: µEÀ.a\IW'tE- !9 Cfr. DrnBLIUS, Herm., ad l. e l'excursus su
pcxt ach:xov). W1LKE (-7 n. 4) 4u ricorda che «la visione della bestiai>.
l493 (Iv,556) µÉÀL (W. Michaelis) (IV,557) 1494

In sim. 9,1,5 si fa menzione di un nero -.w.) le quali, nell'ultimo passo citato,


monte, e di coloro che hanno origine da vengono equiparate a dodici vizi 20 • In
questa montagna si afferma (sim. 9,19, sim. 9,1 ,5 e 9,6,4 si usa il paragone:
I): 't"OU'tOLç OÈ µE.-ét.\IOL(.(. oùx Ecr'tL, M:- nero wç (oppure wcrd) acr~oÀ'l'), <<nero
\1(.(.'t"Oç oÈ Ecr'tL, xat oLà. -.ou'to xa.t µÉ- come la pece». È nella linea di questi usi
Àa;vf.ç ELCTL\I' xa.t yà.p 't"Ò yÉvoç a.Ù.-w\I del colore nero che Barn-4,9 chiama il
a\10µ6\I ÈCT't"W, «per costoro non si dà diavolo Ò µÉÀaç; cfr. anche 20,I; Tt O~
penitenza, ma morte; è ben per questo 'tOV µÉÀa.voc; òo6c;. Qui, nonostante 18,
che sono neri; anche la loro stirpe è r (Ti 'tOV crx6-couç [ scil. òooc;] ) si dovrà
senza legge». In sìm.9,6,4; 9,8 ,1 s. 4 s., intendere non al neutro ('tÒ µÉÀa.v =
nella similitudine della torre, si parla di .-ò crxo't'oç), ma al maschile (o µÉÀ~);
pietre nere (i malvagi) e inutilizzabili cfr. &yyEÀoL 'tov cra.'t"a.\la (18,1) e ò of.
(gl'indegni). In sim.9,9,5; 9,13,18; 9,15, lipxw\I xaLpov -.ov vvv 't'fjc; ò:.voµlaç ( 18,
1. 3 si fa menzione di dodici belle don- 2) 21.
ne in abiti neri (µÉÀa.voc, o µÉÀa.voc tµ&.- w. MICHAELIS

i' µÉÀt
µÉÀL, miele, cioè miele di api (dr. «il miele era lo zucchero degli antichi» 2;
µÉÀLCTCTct, ape), è usato a partire da veniva utilizzato come alimento in di-
Omero 1• Le possibilità d'impiego del verse maniere, nella medicina, nell'in.
miele - già l'età omerica conosceva dustria dei cosmetici e come mezzo di
evidentemente gli inizi di un'apicultu· conservazione3 ; l'apicultura era una pro-
ra artificiale; cfr. Horn., Od.13,103 ss. fessione importante 4 e il commercio del
- erano nell'antichità assai numerose: miele aveva una portata notevole 5 • I
20 Cfr. DIBELIUS, Herm., ad l. Anche in questo termine si riscontra in molte lingue) c.fr. Box·
passo pare che si rielabori una tradizione an· SACQ 624; WALDE-POK. II 296; M. SCHUSTER,
teriore. Per µÉÀ.ava in :rim.9,9,5, cfr. ~ col. art. «Mel», in PAULY-W. xv 1 (r93x) 364.
678, n. 52. 2 SCHUSTBR, o.e. 372; ibid.367, fornisce mag·
21 DoLGER, o.e. 49 ss. ha dimostrato che nell'e· giori particofari sulle diverse specie di miele,
quazione ò µÉÀaç= Ò ~ ttovl)p6ç (Bart1.4,ro; sulla sua raccolta e conservazione. Cfr_ anche
2,ro) hanno influito concezioni diffuse in tutta 0LCK, art. «Biene», in PAULY-W. m (r899)
l'antichità sul significato del colore nero, e an· 431 ss. e art. «Bienenzucht», ibid.450 ss.
che la rappresentazione di tetre divinità fune- 3 SCHUSTER, o. e. 372 ss. e G. LA FA Y E, art.
bri (particolarmente del nero Dis); con ciò «Meh>, in DARBMBERG·SAGLIO III 2,1701 ss.
concorda L. ZIEHEN, Der Mysterienkult von L'uso medicinale del miele è attestato anche
Andania: ARW 24 (1926) 29 ss., il quale, da in iscrizioni terapeutiche: DITT., Syll.' III 1170,
parte sua, ha esaminato (48 ss.) l'argomento 15 ss. (Epidauro); n7r,r5 (iscrizione in onore
delle divinità venerate sotto il nome di MD,aç, di Esculapio, Creta); n73, 13 ss. (id., Roma)
MÉÀetWGt. cfr. DEISSMANN, L .0 .' 108.
4 In Egitto, ad es., l'apicultura non era diret-
µÉ)..L tamente monopolizzata, però stava fortemente
1 Cfr. PAssow e LIDDELL·SCOTT, s.v. Nei pa· sotto l'influsso delle finanze regie. Cfr. MIT·
piri si trova fin dal Ili sec. a:C.: PREISIGKB, Tms-WILCKEN (I 1) 252.
\Vort. n 65, s.v. Per l'etimologia (la radice del > ScHUSTER, o.e. 378.
1495 (1v,557) µÉÀ.L (W. Michaelis)

paragoni col miele, soprattutto con la Nell'A.T. il miele ricorre in una ses-
sua dolcezza, erano assai frequenti nei santina di passi; oltre un terzo di essi
proverbi e in poesia, incominciando da riguardano la promessa della «terra do-
Horn., Jl.1,249: 't'ou &:n:ò yÀwcro-1')c, µÉ- ve scorre latte e miele» (' eres zabat ha-
À.vi-oc, y À.uxlwv pfrv a.ùo+,, «dalla sua lab ud•bas, LXX: yfi pfouo-a.' y&.À.a xa.l
bocca fluiva la parola più dolce del mie- µÉÀ.~): Ex . 3, 8. 17, numerosi passi nel
le»6. Anche nel culto il miele (spesso as- Pentateuco, inoltre in Ios.5,6; Ecclus
sieme al latte) aveva non poca importan- 46,8; lt::p.11,5; 39,22; Bar.r,20; Ez.20,
za. È ricordato come elargizione fune- 6. I 5. In questa frase possono riflettersi
bre a carattere apotropaico-catartico, in concezioni mitologiche straniere; ma la
seguito anche come offerta sacrificale Palestina, senza essere un paese troppo
per le divinità funebri, poi come sacri- fertile, era realmente ricca di miele (dr.
ficio ad altre divinità, e, da ultimo, di- ep.Ar.u2; Flav. Ios., bell. 4,469; fa.
viene il cibo degli dèi, il pasto dei ce- 27,17 e anche Gen .43,u, dove si parla
lesti 7 • Quali concezioni si associassero del miele come prodotto d' esportazio-
al miele nell'uso popolare, e più tardi ne) 10• Nei passi veterotestamentari, tra
forse nella pietà misterica, è difficile cui si trovano anche immagini simboli-
spiegare 8• Corrisponde certo al suo par- che e paragoni, dovremo pensare al mie-
ticolare significato l'aver esso acquistato le di api selvatiche; l'apicultura infatti
importanza anche nella superstizione e sorse in Palestina per la prima volta in
nella magia 9• età ellenistica. È possibile, del resto,

6 Sc1msTER, o.e. 382 s.; altra bibliogr. ibid. terotestamentarie. Che poeti e veggenti nei pa-
383 s. ragoni fossero posti in stretto rapporto con l'a-
7 Mostra questo sviluppo dell'uso sacrale del pe e il miele, «poiché essi riescono a liberare
micie S. EITREM, Opferritus rmd Voropfer der l'uomo per breve tempo» (ScHusTER, o.e. 382,
Grieche 11u11d Romer, Videnskaps-Akademie- 53 ss.), non è una spiegazione del tutto per-
Skrifter, Kristiania II Hìst.-Filos. Klasse [ 1914] suasiva.
Nr. r (1915) ro2 ss. Egli diverge in questo da 9 Documenti in~ ScHUSTER, o.e. 383; cfr. an-
H. USENER, Mi/eh tmd Ho11ig: Rhein. Mu- che F. J. DoLGER, Ichthys n (1922) 6ro, indi-
seum N .F. 57 (1902) 177 ss. (Kleine Sçhrlften ce, s.v. Inoltre: PREJSENDANZ, Zaub. I 5.20 (xa.l
IV [ 1913] 398 ss.), il quale per converso pen- À.a~wv 'tl> y&.À.a. crùv 'tli> µlÀ.~'t~ &.7t6rctE... xa.t
sa che l'idea del miele quale cibo degli dèi sia fo'ta.~ 'tL [\ll}EOV lv 'ti\ oii xa.p8lcy;). 287; m
originaria e cerca di interpretarne l'uso nell'of- 325.426; IV 755.781.908.2192; VII I92; XII 215.
ferta funebre come iniziazione dei morti agli ID H. GuTHE, art. «PaHistina», in RE' XIV
Elisi. (1904) 592; P. THOMSEN, art. «Biene»: B. Pa-
a Sembra comunque troppo semplice afferma- lastina-Syrien, in ReaI!ex. in der Vorgesch. 11
re, con SCHUSTER, o.e. 38r,9 s., come pensiero (1925) 20. Nel culto il miele aveva una parte
comune che «di solito il miele designa simbo- insignificante (come dono di primizia a sé stan-
Jic:miente la soglia di un altro mondo»; né ba· te, solo in 2 Chro11.31,5). La frase «la terra do-
sta far proprio il materiale che UsENER aveva ve scorre latte e mielel> è discussa da una serie
utilizzato per una ben determinata costruzione di articoli nelle Mitteilungen tind Nachrichten
(~ n. 7). Al miele, come al latte (cfr. ScHLIER des Deuteschen Palastina:Vereins 1902 ss. (dr.
~ II, coli. 347 s.) sembra si sia attribuita an- anche ~ n. 12). E. 1-IAHN, art. «1-Ionig» A, in
che una forza sacramentale (e&. il suo uso nel Reallexikon der Vorgeschichte v (1926) 380,
culto di Mitra); dato poi che il miele ha una vorrebbe conciliare questa frase con un culto
funzione anche nei riti battesimali cristiani (~ di Zeus a Creta (ma non è convincente). Cfr.
ScHLIER, II, col. 349), non dovremmo dimenti- anche K. GALLJNG, art. «Ackerwirtschaft», in
care i )on tani effetti delle rappresentazioni ve- Biblisches Reallcxikon (r937) 2.
1497 (IV,557) µÉÀt (\V/: Michaclis)

che debas 11 in singoli passi possa anch~ votare il libretto (BL{3À.cx.ploLov) compor-
significare miele di uva e di frutta (dr. ta per il veggente (-7 II, coll. 2 7 5 s.;
l'arabo dibs) 12•
Filone, fug.138, chiama la manna ( = III, col. 992) - usa il paragone: y À.u-
la saggezza divina) yÀ.uxu'tepov [J.ÉÀL- xù WC:, µÉÀ.L (O WC:, µÉÀ.L y À.UXU) «dolce
'toc;, «più dolce del miele» (dr. Ex.r6, come il miele)> . Il passo di Ez. 3,1 ss.
3 r ), e spiega anche questa espressione
in senso allegorico; allo stesso modo an- che sebbene costruito in maniera più
)

che in det.pot.ins. n7 (in un'interpreta- ampia e indipendente, è alla base di


zione di Deut. 32 ,13) paragona la lJEOU quest'espressione, già contiene (3,3) an-
croq>la al miele dolce e ibid. 1r8 accosta che questo paragone: wc;
µÉAL y À.uxci-
a questo la manna. In spec.leg.1,291 s.
spiega la disposizione di Lev.2,11 - di SOIJ (cfr. inoltre: Jud.14,18; 4' 18,u;
preparare le oblazioni sacrificali con ci- u8,103; Ecclus 24,20; 49,1) 14 •
bi senza (lievito e) miele - affermando
Inoltre il miele ricorre ancora come
che o l'ape è intesa come un animale
impuro (s0:>v où xcx.1Jcx.p6v), oppure che alimento. Mc.1,6 par. Mt.3,4 riferisco-
con tale norma si vuol ricordare che o- no che Giovanni Battista mangiava ò:-
• • • • ' 13
gnt gioia eccessiva non e santa . xploac; xcx.t µEÀ.t &.ypLov, «cavallette e
Apoc. 10,9 s. - nell'annuncio e descri- miele selvatico» 15 • Se è &ypLov, va
zione delle conseguenze che l'atto di di- escluso che si tratti di miele ottenuto

11 I LXX rendono d•bas sempre con µÉÀt., solo 966), significa esagerare la notizia riportata da
ih l Bo:<r.14,25 s. con µEÀt.<ruwv (che ricorre so- Eus., praep.ev.8,n,8: ~VLOL oÈ <JµTJVTJ µEÀL"t-
lo qui). D'altra parte µÉÀ.t. corrisponde sempre '!:WV hct-.p01tEVOUOW. Nella descrizione degli
a debas; solo in Prov.5,3 a nofet, miele vergine esseni in Philo, omn. prob. lib.75 ss. non vi è
(altrove reso con XTJplov=favo). nulla di corrispondente.
12 Sicuramente errato sarà tuttavia riferire l'e- 14 Per linterpretazione cfr. particolarmente
spressione «fa terra dove scorre ~~tte e mi_ele» LO!-rMEYER, Apok., ad l.
ho~ al miele d'api, ma di frutta; questa tesi fu
15 Che cosa à.xploE<; possa significare non va
difesa da S. KRAuss, <1Honig in Pr.liislina»:
qui discusso; cfr. E. LOHMEYER, Das Ur-
ZDPV 32 (1909) 151 ss. richiamandosi all'in-
christentum I, Joha11nes der Tiiufer (1932) 50
t_i:rprctazione rabbinica; cfr. anche In., Talmu-
n. 4. Quando nell'ev. Eh. (in Epiph., haer.30,
dische Archtiologie II (19II) 137. 147 ss.; I. 13) si dice del Battista: xo:t -tb ~pÙJµa mho\;
Low Die Flora der Tuden r l (1926) 93. I do-
µÉÀ.t. li YPLOV' ou 1i yevinç ti -rou µawa. wç
cnm:nti rabbinici eh~ KRAuss aveva utilizzato Eyxptç Èv ÈÀ.a:~, si fa riferimento alla descri-
nel suo saggio furono sottoposti a critica da
zione <lella manna in Ex.16,31: -rò oÈ yeuµa.
H. Hli.NSLER, Noch ei11111al <(Honig im hl. Lan- aihou wç Èyxptç Év µÉÀt-rt (come pure a Deut.
de»: ZDPV 35 (19n) r86 ss. È invece fuori 3z,13; cfr. la spiegazione di questo _passo in
discussione che nnchc al tempo dei rabbini ve-
Filone [ ~ sol>ra], e anche l'unione di µÉÀ.t
nisse usato miele ricavato da frutta di vario
ed E>..a:tov o f.).o:lu., in Deut.8,8; 4 Bo:a.18,32;
genere (da datteri, fichi, carrubo, uva). Il com-
2 Ila.p.31,5; IEp.48[41],8; Ez.16,13.19). È pos-
posto otv6µeÀt = vino mielato, è del resto pas- sibile che nel Vangelo degli Ebioniti Èyxplç,
sato nella lingua rabbinica come imprestito:
focaccia di pane, schiacciata con miele, risulti
'tiwmljn o ijnwmljn (Low, o.e. 6r). ~la un mutamento da &xploeç (tradizione di
13 Affermare che, secondo Filone, «particolar- Mc.1,6 par.) in Èyxplç (variazione forse sugge-
mente gli esseni si erano occupati di apicultu- !:ita da interessi vegetariani; cfr. KLOSTERMANN,
ra» (KRAuss, Talm. Arch. [""' n. 12) 523, n. Mk., ad l). D'altra parte, va troppo oltre chi
µÉÀ.t (W, Michaelis)

con 1' apicultura o ricavato da frutta 16


(-* n. 12). Al contrario si potrebbe di-
scutere se pensare a miele da api selva- In Lc.24,42, descrivendo l'apparizio·
ne del risorto in Gerusalemme, si dice
tiche, oppure al dolce essudato di certi che i discepoli È'ltÉÙwxa.v a.Ò't@ lxWoç
alberi. Poiché però l'uso dell'espressio- Ò'lt'tOU µÉpoç, «gli diedel'o una parte di
ne µÉÀ.L &ypLOV, per designare miele da pesce arrostito». I manoscritti della koi-
né, come le antiche traduzioni, hanno
alberi, è poco attestato nell'antichità 17 quasi tutti l'aggiunta, attestata anche
e inoltre di miele selvatico di questo dai Padri, xcx.t &:1tò µEÀ.L<rcrlou X't}plov,
tipo difficilmente ne esisteva nella piana «e di un favo di miele» 22 • Difficilmen-
te si tratta di una lezione originaria,
del Giordano 18 , dobbiamo identificarlo
tolta più tardi, quando il miele venne
col miele di api selvatiche19• Anche tale in uso nelle festività gnostiche 23 ; ma
miele era un vero cibo 20 ; era il nutri- l'aggiunta (evidentemente abbastanza
mento semplice degli abitanti della step- antica) non si spiega facilmente neppu-
re in base al significato cultuale 24 o sim-
pa e si addiceva dunque al modo di vi- bolico25 del miele nell'ambito della Chie-
vere del Battista nel deserto (-* III, coll. sa antica. Un rapporto non si potrà sta·

ritiene che l'occasione di usare ~xploeç in Mc. lo, spec.leg.1,291 (~ col. 1497) non vi è alru-
1,6 par. sia stata data in definitiva da Èyxplç na controprova, trattandosi ivi solo di una
di Ex.x6,3I. supposizione.
!6 La proposta di A. PALLIS, Notes on St.Mark 21 Che l'indole profetica del Battista dovesSP.
and St.Matthew (1932)2 1 ss., di accogliere come esprimersi anche nel suo modo di vivere, è
lezione originaria Xc:t1>7tÒV /iyptov ( xa.p1tÒ\I sa- giusto. Ma si può per questo chiamarlo un
rebbe stato erroneamente trascritto X'l")plov, e «santo del deserto» (WINDISCH, o.e. 80)? È
questo più tardi sostituito dal sinonimo µÉÀ.>), quanto mai dubbio che nei suoi confronti si
è stata a ragione respinta da H. WINDISCH, Die possa parlare di 'cibi santi', e attribuirgli un
Notiz iiber Tracht u11d Speisc des Taufers tmd concetto di santità legato alle realtà materiali
ihre Entsprechung in dcr Jcsusiiberliefertmg: (contro LoHMEYER [-7 n. 15] 51 s.). In nessun
ZNW 32 (1933) 66 n. i. modo, poi, può trattarsi di influsso essenico a
17 Solo i11 Diod.S. 19,94,10 e il Lessico di Sui- proposito di miele selvatico (4 n. 13). Per le
da, s.v. Cfr. B. WEiss, Mt.-Ev. (1910)'", ad l. notizie di Flavio Giuseppe slavo circa il cibo
Il nesso etimologico con µÉÀ.tcrcrcx non è qui del Battista, dr. W. BIENBR'l', Der iilteste nicht-
preso in considerazione. In Strabo 12,3,18 per christliche Jesusbericht. Josephus iiber Jesus
miele selvatico sta I' espressione µatv6µevov (1936) n8 ss.
µÉÀ.t . 22 Cfr. T1scH, N. T., ad l. (anche su varianti
18 Cfr. ScHLATTER, Komm. Mi., ad l. Diversa- nell'ambito dell'aggiunta). L'aggettivo ~).lcr­
mente G.DALMAN, Orte tmd Wege Jesu (1921)2 O'ELoç non è altrove attestato (dr. LIDDELL -
78 s. (con riferimento al nome di piante µEÀ.la.- ScoTT, s.v.; per il nomignolo di Zeus Me).LO'-
yptov, attestato in età tardiva). aai:oç, dr. PAULY- W. xv 1 [1931] 528 s.).
MoULT.-MILL. 395 rimandano il µeÀ.LX'l")plç, fa-
19 Il nome, dato in documenti tardivi al car-
vo di miele, focaccia di micie, di P. Oxy. VI
rubo (ceratonia siliqua) di 'albero del pane di
936,10 (III secolo d.C.).
Giovanni' (cfr. Low, o.e. II [1924] 399) trae
23 Cosl A. Mimx, Die 4 ka11onische11 Evv. H
origine dall'idea che il Battista abbia mangia·
to il succo di carrubo (neogreco: ikratomeli), 2 (1905) 541 ss.

molto in uso nell'oriente. 24 Cosl HAuCK, Lk., ad l.

UJ STRACK-BILLBRBECK I 100, a Mt.3,4. In Phi- 25 Cosl KLOSTERMANN, Lk., ad l.


1501 (IV,559) µÉÀoç A 1 (J. Horsr) (1v,560) 1502

bilire nemmeno con antichi usi funebri26 ta 27 • Piuttosto, va qui ravvisata l'usan-
e meno che mai si può vedere qui l'idea za locale di offrire, dopo la consuma-
del miele che, gustato, ridarebbe la vi- zione del pesce, il miele come dolce 28•29•
W. MrcHAELIS

tµé:Àoç

SOMMARIO: A. L'uso LINGUISTICO


A. L'uso li11guistico della grecità pro/0110: DELLA GRECITÀ PROFANA
uso comune;
I.
I. µÉÀ.oç significa a) membro del cor-
misteri e gnosi.
2.
po; b) canto. In Omero il termine ri-
B. L'uso ili ambiente giudaico: corre solo al plurale, per designare
r. ILXX;
2. Filone e Flavio Giuseppe;
membra di uomini o d'animali: Atena
3. uso rabbinico. µÉÀ.E' i)ÀoavE ?toLµ€vL À.a.Grv, «rinvigo-
C. µÉÀ.oç nel N.T.:
rl le membra al pastore di popoli», Od.
1. i sinottici;
18,70; 24a68; in seguito però indica
2. le lettere di Paolo; anche il corpo, in antitesi a ~ i}uµoç:
3. la Lettera di Giacomo. ~µòv &:rcò µeÀ.Éwv ouvcu 06µov "At:ooi;
D. Uso post-apostolico. ercrw, «che, uscita l'anima sua dalle mem-
bra, piombasse nel regno d'Averno»
(trad. Romagnoli) (Il.7,131; cfr. anche

26 Contro l'accenno in SCHUSTl!R (-7 n. l) 381. l,J s. sfrutta pareneticamente l'incompatibilità


Non si tratta certamente di una libagione o di del miele con l'amarezza (cfr. DrnELius, Herm.,
un pasto funebri. ad/.).
rT Cosi suppone KRAUss, Honig ifl Paliistina
e~ n. 12) 163 (richiamandosi al passo della µt).oc;
saga di Glauco: r).a\lxoç 7tlWV µ.ni IÌVÉ· Thes. Steph.; PAssow; LIDDELL-ScoTT; PREu-
CT"t'1J, in E. MAAss, Griechen und Semite11 auf SCHEN-BAUER'; MouLT.-MILL., s.v. Cfr. inoltre
dem Isthmt1s vo11 Korinth [ 1903] 30 ). ~ uwµa. Ancora: H.LUDEMANN, Die Anthro·
pologic des Ap. Paullls 1111d ihre Stell1111g i11-
18 Cfr. E. NBSTLB, Gebratener Fisch tmd Ho-
t1erhalb sei11cr Heilslehre (1872); R.BULTMAN:
nigseim: ZDPV 30 (1907) 208 s.; E. GRAF v.
ThR NF r (1929) 26 ss.; ID., Kirche tmd
MOLINEN: ibid. 35 (1912) 105 ss. (miele d'api
Lehre itn N.T.: ZdZ 7 (1929) 22; T . SCHMIDT,
freschissimo viene mangiato con il favo); L.
Der Leib Christi (1919); W.GUTJJROD, Die Pau-
K6HLER: ibid. 54 (1931) 289 ss. (l'uso del mie-
linische Attthropologie (1934); E. Kii.SEMANN,
le dopo aver mangiato del pesce era ritenuto
Leib tmd Leib Christi (1933); H. SCHLIER,
utile alla salute; testi da Plinio il Vecchio in
Religionsgeschichtliche Unterwchunge11 :w den
poi); G. DALMAN: ibid.55 (1932) 8os.=PJB
lg11atiusbriefe11 (1929); ID., Christus u11d die
9 (1913) 51 (informazioni raccolte personal-
Kirchc im Epheserbrief (1930); E. ScHLINK,
mente in Palestina). Cfr. W1NDISCH, o.e. 80.
Der Mensch i11 der Verkiindigrmg der Kirche
29 Padri apostolici: Bam.6,8 (cfr. rn,13) utiliz- (1936); O. KocH, Was ist «lheologische An-
za Ex.33,3, e nell'interpretazione (6,17) presen- thropologie»?: Berlincr BOrsenzeitung nr. 37
ta latte e miele quale nutrimento dei bambini (1937); P. ALTHAUS, Die /ewen Dinge (1933)'
(cfr. WINDISCH, Bam., ad I.); Herm., ma11d.J, l23 ss.
1503 (rv,560) µÉÀ.oc; A I (]. Horst)

13,672; 16,607) 1. Lo stesso uso si tro- (leg.7,795e. 794d.; cfr. Tim.76e e pas-
va anche in Esiodo. Cosl pure solo al sim). In lui µÉÀ.o<; ricorre anche al sin-
plurale ricorre in Pindaro (in opposizio- golare, come già in Pindaro, nel signi-
ne a iJiuxii: Nem.1,47) µccxcclpct 'taµov ficato di melodia, canto 3 : 3-rL 't'Ò µÉÀ.oc;
xcc'tà µfÀ.'l'}, «a membro a membro» Èx 'tptwv E<T't'L crvyxdµevov, À.Dyou 't'E
(Olymp. r .49 ). Analogamente nei tragici xa.t Ù:pp.ovl(f_ç xcd pvi}µou, «il canto con-
e in Erodoto. siste di tre elementi: parnla, armonia e
Nel significato di 'organo', Parmeni- ritmo» (resp. 3,398d); 't'Ò TCa't'ptov µé-
de pone µÉÀ.'l'} in relazione col pensiero Àoc; ÈcpvµvEi:v, «cantare l'inno dei padri»
(/r.16,3 [r 244, Dicls']) e Empedocle (/eg. l2,947c). In tal senso è presente
considera l'armonia deUe membra, che anche in Erodoto: Év µÉÀEi: 1totei:v 't'L,
regna nelJo 'sfera' OÙ CJ''ta(rt<;_ oùOÉ 't'E 01)- «cantare qualcosa in forma lirica» (5,
pL<; &.va.lcrLµoc; Èv µEÀÉEcrcrw, «non som- 95 )~.
movimento né sconveniente contesa» Aristotele dà le definizioni dei µÉÀ.1}
(/r.27a [I 324, Dicls']), la quale entra e li distingue secondo le .parti (µÉp'T))
in agitazione contradditoria per la lot- del corpo: EVLa. ov µ6vov µÉpYJ &>..M.
ta tra VEi:xoc; (con tesa) e <pLÀ.lcc (ami- xa.t µÉÀ.'l'} xcc>..Ei:'t'a.t, «alcune sono chia-
cizia (/r.30,x [1 325, Diels']; 35,u [r mate non soltanto parti, ma anche
327, Diels']). Questo conflitto muove membra» 5 , Tra l'altro egli parla anche
non solo l'universo, ma anche gli arti cli µÉÀ.oc; a.lO"i}a.v6µevov, «membro sen-
umani: Spo-rÉwv µEÀ.Éwv fr.20,1 [1318, sitivo», presente nelle piante ma invi-
Diels] ). In lui µÉÀ.'l'} acquista un signi- sibile 6• In lui dunque si trova per la
ficato che richiama il senso di 'elemen- prima volta il singolare anche per signi-
ti', e con ciò un tratto concettualmen- ficare un membro del corpo. Ugualmen-
te astratto. te in Strabone (ii xa."t'à µÉÀ.oc; "toµ'l),
In Platone troviamo la combinazione, «la divisione pet membra», 2,1,30), Ga-
che più tardi sarà frequente, con µÉp'l'} 2 : leno e altri.
'tWV 't'OU crwµa."toc; a.\rtou µEÀ.wv xa.t µE- In Epitteto µÉÀ.oc; appare al singola~
pwv, «membra e parti di quel corpo» re e al plurale solo nel significato musi-

1 Cfr. J. BoHME, Dìe Seele tmd das Ich im punto d'unione tra i significati di canto. e _di
homerischen Epos ( l929) 32. A questo riguar- membro nella danza, che è l'arte più antiC)I.
do cfr. B. SNELL: Gnomon 7 (1931} 75. Il cor- (.tÉÀ.oç significa 'arto', specialmente l'arto in-
po in Omero è soltanto la somma dei singoli feriore (gamba}, e .da questo significato.. di
organi (µÉÀ'I')), non ancora un organismo uni- 'gamba' che si muove nella danza, per trasla-
tario. · to, si perviene al significato musicale, passan-
2 do a esprimere il movimento della voce con la
Etym.M,385,43 designa p.ÉPlJ xat µ0.TJ come
sinonimi (~ µÉpoç). Cfr. in epoca tardiva: stessa parola che designa il movimento del cor-
ouvr.t"t'rl.L 8È xat µÉpoç "t'b aù-r:b À.ÉyEoi>a~ xat
po nella danza.
µÉÀ.oç, A11ecd. Graec. m (ed. J. A. CRAMER 4 Il plurale, in questo senso. musicale, si tro-

[ 18363) 50,30; ,5 l,2 s. va già prima, ad es. in Hom. hyvm. 19,16, in


Teognide e nei tragediografi.
3 Spesso si fa riferimento al tedescco 'Lied'
5 Aristot., hist.an.1,1 p . 486 a, 5 ss.; dr. an-
(canto) e 'Glied' ('membro', ma osserviamo che
etimologicamente tra i due non corre alcun che part.a11.1,5 p. 645 b, 36 s.; IIEpt cpv-r;wv r,
rapporto ('Lied' è l'antico germanico leuft-, 3 p . 818 a, 17.
'Glied' è. il gotico lipus) [DEBRUNNER]. Per 6 IIEpL cpv-r;wv 1,1 p. 815 b, 23. L'osservazione,
l'etimologia di µéÀ.oç cfr. WALDE-POK. Il 293; fotta dal Passow, che anche in Aristotele µ0.1)
PRELLWITz, Etym. \'Vort. l96 F. A. WRIGH'l' : ricorre solo al plurale nel senso di membra del
The Classica! Review 30 (19l6) 9 b, ricerca il corpo, deve perciò essere corretta.
µD...oc; A 2 (] . Horst)

cale di canto, melodia (diss. r,r,2.3). µ{X.oc; dµt 't'OU Èx 't'Gl\I À.O')"LXWV O'VO''t'TJ·
L'affermazione: -cl yap ÈO'-ct\I &v~pw- p.a't'o<;. 'Eb.v ÙÈ.. . µÉpoc; Eiwx.L Èav-ròv
1toc;; µÉpoc; 7tOÀ.Ewç, 7tpw·n1c; µÈv -cijç Èx À.Éync;, OU1tW a7tÒ xapùlac; q>LÀ.Ei:ç -coùc;
ih:wv xat &.v~pW7tWV (2,5,26), è carat- &.vi>pw7Couç... OU7tW wc;
É<.t.U't'Ò\I di 'TCOLW\I,
teristica dell'uomo greco consapevole di «tanto più ... se spesso ripeterai a te stes-
essere parte di una 7t6À.tç nel cui orga- so: 'Sono un membro del sistema degli
nismo saggiamente si inserisce come esseri razionali'. Se invece dici d'esser
membro 7 • solo una parte, non ami ancora gli uo-
Espressione particolarmente chiara di mini dal profondo del cuore ... , non an-
questa idea di organismo è la famosa cora pensi che benefichi a un tempo te
favola di Menenio Agrippa 8 che ritor- stesso» (7,13, Schenkl).
na spesso ne1la letteratura stoica 9 • Le Nei papiri µÉÀ.oç è accertato nel si-
membra del corpo decidono insieme di gnificato di membro del corpo: èhrri-
fare una sollevazione (O''t'&O'tc;) contro il VEyx&.[ V µo ]L 7tÀ:riyà.c; Elç 1tOC\I µÉÀ.[ o Je;
ventre, ma alla fine devono riconoscere 'tO [V O' Jwµa.-coc;, «mi infersero piaghe
che, se lo stomaco più non le nutre, es- su ogni membro del corpo»; P. Tebt.
se stesse vanno in rovina e cosl, ricredu- 10
II 331,ros. (13r d.C.) • Una iscrizio-
tesi, tornano a inserirsi nell'organismo ne sepolcrale del primo e una del u
del corpo. sec. d.C. presentano i µÉÀ.'T) (il corpo)
Altrettanto espressamente il corpo u- in antitesi alla vita che ad essi sfugge:
mano con le sue membra è paragonato 7t\IEVµC1 µEÀ.W\I a7tÉÀ.UE1 «lo spirito se
alla 7t6À.tç in Dion.Hal.: i!otxÉ 'ltWç civ- n'andava dalle membra»; ljJuxijc; Èx µE-
i>pw7tEl~ O'Wµa-cL 1t0Àtc;. O'lNi>E-cO\I yàp À.Éwv &.7to1t-.a.l1El0'1')<; (Epigr. Graec.547,
xat Èx 'ltoÀ.À.wv µEpwv ÈO''t'W bt<i-cEpov, 7; 261,22).
<mna polis assomiglia in qualche modo
al corpo umano. Entrambi infatti sono 2. Misteri e gnosi
composti di molte parti» (6,86,1). An-
che Marco Aurelio designa il saggio co- Sotto l'influsso delle concezioni orien-
me un µÉÀ.oc; logicamente inserito in un tali, anche la speculazione religiosa del
armonico, organico tutto, e oppone la termine, insieme con linterpretazione
coscienza di questa condizione di mem- propriamente greco-filosofica, s'impadro-
bro a un volersi concepire come µÉpoc;, nisce dell'immagine di O'Wµa. e µÉÀ'T),
semplice pezzo di un tutto: µiiÀ.À.ov ... intesi come organo e organismo della
Èàv 7tpòc; Èau't'ÒV 7tOÀ.À.<ixtç À.Éyuc;, o't't vita spirituale. Già nel mito orfico gio·

7 Cfr. anche 2, rn,3 s.: 110Àl"l'TJ<; El 't'OV x611- ]AEGER, Tyrtaios iiber die wahre à.pEtj, SAB
µou xaL µÉpoc; a.Ò't'OU, E . per il primo passo 1932 (23° volume suppi., 32), dice; «è un vec-
cfr. Sen., epistulae mora/es 15,95,52: omne... cluo Myor; 1tpo't'pE7ti:~xòc; 'ltpòc; òµ6vo~av, che
quo divina et bumana conclusa sunt, tmum est: ha probabilmente origine dalla dottrina sofisti-
membra sumus corporis magni. ca dello stato e a cui risale in definitiva il rac-
8 Liv. 2,32; Dio Chrys., or.33,16. W. NESTLR, conto... Livio ... o il suo autore la prende da
Die Fabel des Me11enius Agrippa: Klio :n fonte greca. Donde Paolo la prenda, non ha
(1927) 350-360. importanza, essendo in sé chiara la sua origi-
ne greca».
9 Secondo JoH. Wmss, I Kor. 11 I Cor.12,n
ss., i numerosi passi raccolti in WET'l'STRIN e 10 Anche in un ostrakon dell'epoca roman;1
LrnTZMANN nel commento a Rom.12,4 e a I mantiene il significato di membra del corpo u-
Cor. 12, 12 risalgono alla favola di Mencnio mano: µÉÀT] &.vDpw1t[wcx], U. WncKEN,
Agrippa e a una equivalente di Esopo. W, Griecb. Ostraka (1899) II 1218,
µÉÀ.oç B r (J. Horst)

ca un ruolo importante la distruzione un numero immenso di forze 15 • Nei


delle membra di Dioniso 11 • Nella crea- frammenti di una preghiera gnostica
zione del genere umano esse si ritrova- leggiamo: «Salva tutte le mie membra,
no negli uomini come sostanza nobilis- che fìn dalla creazione del mondo sono
sima. Anche nel mito del dio-mondo disperse in tutti gli arconti... dell'eone
le membra di lui vengono riscoperte nel ... e riuniscile tutte insieme, accoglien-
12
x6o-µoç • dole nella luce}> 16 • Volendo fare il pa-
Nella speculazione gnostica da una par- ragone con le lettere di Paolo, special-
te questo dio-mondo viene unito al dio- mente con Eph., va tenuto presente che
uomo (l'uomo primordiale, Urmensch i passi gnostici citati a proposito di que-
~ v, coll. 373 ss.) - nel mito dell'uo- sta amplilìcazione speculativa del con-
mo primigenio redentore - d'altra parte cetto di µD.. oc;, sono post-paolini 17.
l'idea gnostica di comunanza di stirpe
( o-uyy~\IEL<X) rende possibile immaginare B. L'uso IN AMBIENTE GIUDAICO
anche l'uomo singolo come membro di
quest'uomo primordiale. Ciò affiora an- r . Nei LXX il termine serve a tradur-
che nella gnosi influenzata dal cristiane- re i vocaboli che designano le membra
simo. Il redentore raccoglie le membra del corpo umano (es. Iud.19,29, cod. B;
disperse; coloro che sono da lui salvati lob 9,28) e di animali (ad es., Ex.29,
e che ricevono una nuova forma, lo 17 ), come pure il canto e la melodia 18,
imitano poi facendo a loro volta la me- per la precisione canto di gioia (µÉÀ.oç
desima opera 13 • Nelle Odi di Salomone µouO"tXW\I Ècp' 1)oEi: otv~. «suono di can-
si dice: «Essi ricevettero la mia bene- ti tra il dolce vino>>, Ecclus 32, 6) 19 e
dizione ed ebbero la vita, si riunirono lamentazione (ÈyÉypctn"tO .•. 1Jpijvoc; xa.i
a me e vennero salvati. Essi infatti di- µÉÀ.oc; xa.ì. oùa.l, « [vi] erano scritte ele-
vennero mie membra e io loro capo. gie, lamentazioni e guai», Ez.2,ro)2D.
Lode a te, nostro capo, Cristo Signore» soprattutto però viene usato a designa-
(q,14ss.)14. re le parti in cui viene smembrato, nel
Nella Pistis Sophia le membra hanno sacrificio, l'animale scelto a questo fì-
21
assunto il significato di 'forze' del padre ne • A ciò serve anche il verbo µEÀl-
dell'universo, le cui membra formano sw,
che non troviamo nel N.T.: µEÀ.tou-

Il RGG' IV 79r. del (Signore) disceso in terra sono ancora riu-


nite: où5É1tw -.b miv -.ou xrx-rEÀ.Mv-.oç av-
12 Zeus è il dio-mondo, di cui il capo, il tronco
VEÌ..l}q>i'h) µÉÀ.oç. Per la spiegazione~ ScHLIER,
e i piedi, estendendosi attraverso cielo, aria e
Eph.44. Cfr. inoltre Epiph., baer.26,13,2; act.
terra lino al mondo sotterraneo, tutto abbrac- Thom.121.
ciano. Il mondo è dunque in lui rappresenta-
14 Secondo GRESSMANN, in HENNECKE 4.53·
to in forma umana: KERN, Orph. Fr.168 (~
v, col. 372). Cfr. anche l'oracolo di Serapide Cfr. Od.Sal.17A e 6,15.
al re Nicocreonte di Cipro, citato in Macrob., 1s Indicazioni si trovano in - IGi.SEMANN 78.

sat.1,20,17 ~ V, col. 372; KASEMANN, .59 ss. 16 C. SCHMIDT, Koptisch-g11astische Schriften


~ XEq>aì..1) v, coli. 372 ss.; W. KRANZ, Kos- I (1905) 350,7 SS.
mos ttnd Mensch in der Vorstellzmg friihe11 11 Cfr. la recensione di KXsEMANN, Lcib tmd
Griechentums, in NGG, phil. · hist. Klasse, L eib Christi, fatta da W. MrCHAELIS: ThLBL
Fachgr. 1 , Altertumswissenschaft, NF, Bd. n .54 ( 1933) 387 ss.
7 (1938) [KLEINKNECHT) . 18 In questo senso µÉf..oç non ricorre nel N.T.

Il In act.lo.roo coloro che sono in croce, cioè 19 Cfr. Ecclus 40,21 ; 47,9; .50,18.
gli gnostici, non hanno ancora un aspetto uni- 20 Cfr. Mich.2,4; 3 Mach.5,25; 6,32.
tario. Ciò significa che non tutte le membra 21 Ex.29,17; Lev.1,6.12; 8,19 s.; 9,13; Ecclus
µD.oc:; B 2 (]. Horst) (1v,562) 1510

O'L\I a.Ù7tÒ xa.-.& µÉÀ:n, «lo smembreran- mai per se stesso, indipendente da Dio.
no a brano a brano» (Lev.1,6) 22 • In sostanza, solo la funzione di ogni
Nei Libri dei Maccabei spesso si par- singolo membro riscuote interesse, non
la di membra allorché il corpo dei con- la sua armonica inserzione nel tutto.
fessori deve soffrire i tormenti del mar- Ciò è forse quanto vien messo in eviden-
tirio, ovvero quando esso nella lotta za dall'uso di 'capo'(~ XE<pa.)..1)) per de-
vien danneggiato o mutilato, o addi- signare il dominio, di 'piedi' per indica-
rittura il cadavere viene smembrato re la stazione eretta, di occhi per la vista,
a brano a brano. Nell'uso delle mem- di orecchi per l'udito. Il membro, cioè,
bra si manifesta la dinamica vitalità del- è inteso come strumento attivo della
l'uomo, e ciò contrassegna la sua per- volontà umana.
sona; tanto più grave è quindi la loro
eliminazione. Ma i fedeli volentieri si 2. Filone e Giuseppe
lasciano mutilare nel corpo per Iddio Anche Filone parte dalla concreta
(1}oÉwç Ù7tÈp -.ou lkou -.à. -.ou O'wµcx.-.oc;
funzione delle membra (oVO"XW'r)'tO'tEp<Z
µÉÀ:l} 1bcpw't'r)pLcx.~6µEl}a., «ben volen-
-r:à µÉÀ.T) 7tOLEL, « [il vino schietto] ren-
tieri per Iddio ci lasciamo amputare le de le membra impacciate») 25, per poi
membra del corpo», 4Mach. lo,2o)n. adeguare questo concetto fondamentale
Di contro sta lo smembramento (µÉÀ:n giudaico al pensiero greco, dando all'at-
7tOLlJO'<Z\l'tEç, «fattolo a pezzi», 2 Mach.
tività del membro un significato ontofo.
1,16) del cadavere del re empio 24 • gico, quasi come nella spiegazione allego-
Nell'uso linguistico dei LXX, dunque, tica dei pezzi (in cui veniva diviso l'a-
sono le membra concrete del corpo che nimale) nel sacrificio. Lo squartamento
vengono prese in considerazione. Il cor- degli animali da sacrificio in vari pezzi
po non appare come immagine di un tut- insegna l'idea dell'unità: Ti oÈ. dc; µD.n
to armonico a cui gli arti siano ordina- 'tOV ~ci>ou OLCJ.\IOµi} O'r)ÀOL, il'tOL wç E')
ti. Esso è creato da Dio e da lui di- -.& mX.v-.a. ~ o'tL éç ~v6c; 'tE xcxL dç E\I•..
pende; è soggetto alla morte, è 'carne'. (spec.leg.I,208) 26 • C'è dunque diversità
L'antropologia dell'A.T. non lo pensa tra lui e i presocratici, giacché in que·
50,12; Ez.24,6. Nel significato di 'membro' µt- 2S Philo, spec. leg.1,99. Cfr. inoltre virt.32: il
À.oç ricorre solo per 11etal}, che però non signi- comandante ispeziona le membra di ogni sin-
fica membro, ma brano, pezzo di carne. Que- golo guerriero: a-wµa: µèv ll;t-r&:!;w'll .•• Et -rote:;
sto vocabolo viene quasi sempre reso con µt- J.lÉpEOt xaL µéÀ.E<TL 'JtU<l'L\I EÒ Tipµoaµt'llO\I 1tpòc:;
À.oc:;, ma i LXX gli associano da vicino (Ex.29, -tàç lm{3a.ÀÀ.OUO'CX:ç èx6:a-rl{l <l')l;ÉOW; '>E xa:t
17; Lev.r,8; fa.24,4) il più esatto 8~xo-r6µ'T)­ xwi)uEtç; execr.r43: al O"wµa.-rtxa.t v6uot µt·
µa. Il concetto di 'membro' sembra mancare À.oc; ~XCX:O''tOV xa.I. J.ltpoc:; to/4 XCt.'tEpya1;6µEVOL
quasi del tutto nell'A.T. ebraico. Cfr. tuttavia (qui una volta al singolare come anche in vit.
GESENIUS-BUHL, s.v. bad II a proposito di lob Mos.i,128). Cosi pure ~'>t -rw\I 6pyawxwv µE-
r8,13 e ;efurtm a proposito di lob 17,7. I vo- )...wv avvE<T'>'T)X6-rw'll (op. mrmd.103): la morte
caboli ebraici talora tradotti da Simmaco con sopraggiunge, nonostante le membra attive sia-
µÉÀ.oc:; = membro (lfi 67,14; Lam.4,7; Ez.r7,J) no ancora sane. Come in altre manifestazioni
non hanno questo significato [BER'fRAM]. delle capacità spirituali e corporali dell'uomo,
22 l
Ba:O'.n,7; 3 Ba:a-.18,23.33. Per membra cosi anche riguardo alle membra del corpo Fi-
lone attribuisce importanza al numero 7: µ1).71
umane: fod.19,29; 20,6; Mich.3,3.
ot awµa.-roç 6µoiwc:; taapLf)µCX:' XEq>CX:À.1), -rp&:-
23 Cfr. 2 Mach.7,7; 4 Mnch.9,14.17; 2 Mach.8, X'TJÀOç, a-tf.pvov, XEi:ptc:;, xotMct, Tj-rpov, 1t68eç
24. (leg.all.r,12).
24 Cfr.9,7. 26 Cfr. spec.leg.1,199.
I)II (IV,562) µÉÀoç B 3 (J. Horst)

sti l'idea delle membra serve solo ad il- quente la combinazione µEÀ.T) xa.t µÉ-
lustrare un principio filosofico (~ col. Pll 29 pet indicare le membra del c01'po;
1503, Emped.), che come pensiero di ma in lui ricorre ancot più spesso il bi-
fondo, fa appello all'immagine; egli in- nomio µhpa. xa.t µÉÀ:ri, «metro poeti-
vece si sforza di mostrare che nella con- co e melodia», ptesente nei passi in cui
creta realtà biblica esiste anche un pen- usa µO.oc; in senso musicale 30 •
siero filosofico. Pertanto troviamo anche Anche Giuseppe Flavio adopera l'im·
qui l'opposizione tra categorie greche e magine dell'infiammazione di un impor-
pensiero giudaico '7:1. Anche Filone ri· tante arto del corpo, assieme al quale
conosce nella testa, in corrispondenza tutti gli altri si ammalano, per mostra-
all'idea veterotestamentaria che inten- re come nell'insurrezione giudaica tutte
de xe:.<paÀ:i} «come designazione del ca- le restanti parti del paese, dalla situa-
po e signore di una comunità» (~ v, zione della capitale, vengano coinvolte
coli. 368; 370 s.), il membro pdndpa- nel comune dolore ( mi.v-ret. 'Cà µÉÀ.~l
le; sotto di esso, gli altri in certo qual cruvEVOO"EL, «tutte le membra erano in.
modo non sono che parti di un corpo sieme malate», bell-4,406). L'idea di or-
e ricevono la vita innanzitutto mediante ganismo non è presente. Cosi pure si ri-
le forze del capo: xe:.<pa.À:n µÈv 1Cpw-ro'J ferisce alla sola funzione delle membra
xa.t &ptO"'TO\I. .. 'TW\I µEÀ.wv .•. XE<pa.À:fj\I beli. I, 656: amx.crµot 7t&.v-rwv -rwv µe:.-
µÈv -rou àvtl'pw7tdou yÉvouç foe:cri}o..L ..• À.wv, «spasmi in tutte le membra», (nel-
-ròv 0"7touoa.iov ... , -roùç oÈ (l)..)..ouc,, &- la desctizione della malattia di Erode) e
'itet.\l'ta.ç OÌO\I µÉp'l'} O"Wµa-toç \jiuxouµe:vc:x ant.9,240: mipEcrtv -rwv µe:.Àwv, «inde-
'tlX.tç ÈV XEq>a.À.TI xa.t Ùmpavw OUWiµe:.- bolimento delle membra».
OW, «il capo è il primo e miglior mem-
bro .. ., il capo del genere umano sarà ... 3. Uso rabbinico
il virtuoso ... , mentre tutti gli altri sa·
ranno come parti del corpo animate dal- La teologia rabbinica si è chiesta qua·
le energie situate nel capo, cioè più in le sia il numero delle membra dell'uo-
alto» (praem.poen.125). mo, mettendolo in relazione con la To-
Fedele al concetto veterotestamenta· rà. In Ber.j.8b, 60 ss., Ezechia prega in
rio di Dio, egli rifiuta di pensare che questo modo: «Signore del mondo, io
Dio possa avere parti e membra corpo· ho passato in rassegna le 248 membra
ree 28, e aggiunge che l' 'essere' non of· che in me hai formato, e non ho tro·
fre presa ad alcuna passione: ~e:i;> o~ ou- vato che ti abbia offeso con alcuna di
'tE -tà IJiuxfiç 11.À.oya TCaih1 oO-te: -tà aw- esse» 31 • Si contavano neBa Torà 248
µa.-toc; µÉP1J xa.t µD..TJ auv6À.wç ÉO"'t"tv precetti, in corrispondenza alle membra
olxe:.i:et., «Dio non ha assolutamente nul- di un uomo, e 365 proibizioni, quanti
la in comune né con le affezioni itrazio- sono i giorni di un anno solare 32 • Tra le
nali dell'anima, né con le parti e mem- altre cose i rabbini si chiesero quale del-
bra del corpo» (Deus imm.52). le membra umane fosse la più impor-
Infine, in Filone è caratteristica e fre- tante, in grado di dominare le altre. Il

21 Cfr. rer. div. her.133: xa.M7tEp y&p -i)µWv gcten (1907) 177 s.
xa.t 't'!Ì. µD.TJ µfoa otELÀEV o't'EX-
't''Ì]v l{lux1iv 19 Cfr., oltre ai passi già citati, l'indice, s.v.
vlTTJc;, oihwc; xat i:Tjv -toG 'ltr.tvi:òc; oucrCav, -/i· 30 vit.co11t.84 e passim; vedi l'indice s.v.
vlxa 't'OV xocrµov ÈlÌT]µ~oupyE~. 31 STRACK·B!LLERBECK I 815.
28 Cfr. ]. GEFFCKEN, Zwei griechische Apolo· 32 Makk.b.23 b (STRACK-BILLERnECK 1 901 ).
µÉÀ.oç e l (J. Horst)

primato è riconosciuto soprattutto alla greco di organismo. Anzi, si distinguo-


testa da cui tutte le altre membra pren- no tre membra create da Dio (ossia ma-
dono norma: hkl hwlk 'f?r hr' s, «il tutto ni, piedi e bocca o lingua), che si tro-
va dietro al capo» 33, ma anche al cuore vano in potere dell'uomo, e tre mem-
e ai reni. Pure la lingua in Ps. 39,2 vien bra che non si trovano in suo potere,
presentata come signota di ogni altro ossia occhi, orecchi e naso o olfatto 37 •
membro. Nel Midrash a questo passo
un medico sogna ( ! ) che le sue membra C. µÉÀo<; NEL N.T.
litighino tra di loro: piedi, mani, occhi,
cuore e lingua pretendono di essere l'or- I. Nei sinottici
gano più importante per il corpo. Ma la
lingua, da essi oltraggiata perché giace Gesù nel logion di Mt.5,29-30 pone
in luogo oscuro e a differenza da loro un singolo membro (Rv 'tWV µEÀ.wv) di
non possiede alcun osso, salva infine gli
altri e viene così riconosciuta quale lo- fronte all'intero corpo (OÀ.OV 'tÒ <rwµa.)38 •
ro _signora~. Ma per dominare le mem- Egli nomina occhio e mano quali mem-
bi'a del corpo sono in lotta molto più bra che hanno da compiere le funzioni
serrata le potenze sovrumane. 'L'impul-
più importanti 39 , tali da caratterizzare
so malvagio' consegue il dominio su tut-
te le 248 membra, se la voce dell'impul- l'uomo come uno che conosce e agisce40 •
so buono' rimane senza forza e si e- Il palestinese non menziona l'attività a-
stingue JS. Si può trovar paragonato il stratta, ma il membro concreto che la
corpo umano perfino a una piccola cit-
tà abitata da pochi uomini, che sono le svolge. Perciò le membra diventano
sue membra. Il grande re che conduce perfino soggetto dell'azione: d OÈ ò Òcp-
guerra contro di essi è l'impulso mal- ì}a;À.µ6c; crov oi::ç~oc; (ii oi::ç~a. crov xi::tp)
vagio. Il povero che si salva con la sua
saggezza è 1' impulso buono 36• Anche crxocvoa.ÀlSEL <1é, «Se il tuo occhio de-
qui non si
ha l'idea di 'lt6Àtç nel senso stro (la tua mano destra) ti è d'indam-

31 P. R. El.42 (24 a); dr. anche T_ Taa11. 2,5 _30) è caduta (a causa dell'omoioteleuto, cfr.
(STRACK-BILLERllllCK m 446 s.). Una parabofa ZAHN, Mt., ad l.). Le varianti testuali, ad es.
di R. Josua b. Levi (verso il 220 d.C.) in Derll. f3À.'YJl}jj, in luogo di a'ltéMhl (nel v.- 30) sono ir-
r.1 113 a l,10 è apertamente influenzata da una rilevanti.
equivalente fovola di Esopo: 344 (ed.C.HALM 39 In Mc.9,43 ss ( =Mt.18,B s.) si parla anche
169 s.): la coda di una vipera si lagna della
priorità della testa; prende la testa essa stessa, del piede; BuLTMANN, Trad.90: è una forma-
ma all'annunciarsi della rovina deve lasciarsi zione analogica secondaria. Gesù, nel versetto
convincere del contrario [R. MBYRR]. precedente Mt.5,28, nomina anche il cuore co-
me strumento del peccato in rapporto ali' oc-
J4 Midr.Ps.39 § 2 ( 128 a) (STRACK-BILLERBECK
chio. Cfr. RAsm, a Num.15,39: l'occhio vede,
m 447). il cuore desidera, il corpo porta a compimento
35 STRACK-BILLRRllECK IV 470 ss., con citazio- il peccato. L'inclinazione cattiva acquista pote-
ni di autori. re su colui i cui occhi vedono; cfr. STRACK-BIL·
36 In Ned.b.32b e Qoh.r. 4,13 (24a) (STRACK- LERBECK I 302.
Bru.ERBECK rv 4j'2).
40 J. ScHNIEWIND, M t., ad l. rimanda allo stes-
~7 Trmh. twldwt 34 a (STRACK-BILLERBECK III so rapporto esistente nella parlata tedesca:
757). «Handeln, Handlung, Behandeln (Hand)», «Be-
JS Nel cod. D e nella sy' la seconda frase (v. trachten, Ansicht, Ansch!mung (Auge)».
µé).oc; C 1 (]. Horst)

po» 41 • Tanto più radicale emerge l'esi- À.ov può ovviamente sorgere anche dal
genza da Gesù proclamata di rinuncia- persistere di uno sguardo adultero o di
re al membro migliore, quello destro, un'azione. Proprio come Gesù esige il
che è di buon augurio 42, l'esigenza di distacco incondizionato dai beni 47 , dalla
strappare l'occhio, di recidere la mano e famiglia e da istituzioni naturali 48 -
di gettarli entrambi lontano (E~EÀE a.ù- perfino la rinuncia alla propria vita 49 -
-;;Òv xa.t BaÀ.E à'Tl:Ò o-ou, «strappalo e get- se tutto ciò distoglie dal seguire lui, co-
talo via da te») qualora divengano cau- sl ovviamente esige anche l'assoluta ri-
sa di scandalo e portino l'uomo alla ca- nuncia ali' attività peccaminosa delle
duta. Ma in che cosa consiste lo scanda- membra 511• Chiedersi se Gesù esiga un
lo, lo crxa\loa.À.lsEw? Mt. ha introdotto adempimento letterale delle parole €-
il logion nelle antitesi contro l'imperan- çEÀ.e (exxo\)Jov) xa.:t ~aÀ.E cbtò <Tov,
te pietà legalistica, e pare riferirlo, in significa svisare il problema. Come,
connessione con i vv. 27 ss., allo sguar- chiedendo il dono della vita, egli non
do adultero 43 • Sarà tuttavia meglio par- pretende affatto che si compia un sui-
tire dall'affermazione parallela di Mt. cidio, cosl non allude affatto a una mu-
18,8 s. = Mc.9,43 ss.-14, che non manife- tilazione fisica. Non solo ogni membro
sta una cosi particolare relazione al sesto del corpo creato da Dio è nelle sue ma-
comandamento. Lo <Txa\loaÀ.o\I risulta ni, ma perfino ogni capello (Mt. 10,30 ).
evidente quando si tratta di decidersi per Perciò queste membra, essendo total-
la Ba.oùda -;;ov i)Eov 45 , cioè per Gesù mente proprietà di Dio, non possono
stesso, per la fede ('tWV m<1'tEU6\l't'W\I, essere poste al servizio dei desideri pec-
Mc. 9, 42; -.wv mcr't'EV6v-.wv El<; ~µÉ, caminosi. Il membro peccatore, con la
46
Mt. 18,6) • Il pericolo dello crxa\lco:- sua funzione, deve venir eliminato af-

41 SCHLATTER, Komm. Mt. 177. La concezione 29 s.; cfr.J. SCHNIE.WIND, su Mt.18,8.9.


giudaica localizza nelle membra anche l'incli- 45 Tutte queste sentenze sono da Gesù pro·
nazione peccaminosa: HAUCK, Mk.n6 (sui vv. nunciate in vista della ~a.<rtÀEla. -çov DEov, ma
43 ss.). riguardano anche la sua persona. Cfr. SCHNlll-
42 SCHLATI'ER, Komm.Mt., ad l. Nel passo pa- WIND sul passo in questione di Ml. e Mc. Cfr.
rallelo di Mc.9,43 ss. non si ha ancora l'agghm· Mt.n,6 (~v Eµol).
ta 1i llt!;ta; BuLTMANN, Trad.340. 46 «Lingua della comunità» (J. SCHNIEWIND
43 Cfr. anche K. WOLFRAM, Kazanie na g6rze 192 su Mt.18,6). L'espressione fede 'in' Gesù
1 [Il discorso del monte] Warszawa (1934) ricorre nei sinottici soltanto in questo passo.
n6 s. Come mostra la sentenza di R. Tarfon a 47 Mc.10,21 ss. par.
proposito della mano impudica che dev'essere 48
recisa ali' altezza dell' ombelico, era possibile, Mt. 10,37 ss.; Lc.14,26 s.
partendo dal sesto comandamento, una simile 49 Mc.8,34 ss. par.
concezione anche riguardo all'agire della ma- 50 Cfr. i martiri dell'età maccabaica, che per
no; STRACK-BILLERBECK I 302 B. Iddio si lasciarono mutilare volentieri le mem·
44 Anche se in questo passo, sotto un altro bra: 4 Mach.ro,20. ~ col. 1509.
aspetto, c'è un ampliamento in confronto a 5,
µO.oc; C 2 (] . Hotst) (1v,565) 1518

finché tutto il corpo (oÀov -.ò O'Wµa) turo, avrà un'esistenza rinnovata come
non venga gettato nella geenna (~ yÉ- gli angeli di Dio, in un corpo di risur-
Evva ). Certo questo logion, visto che rezione, il quale, se è vero che non por-
sia alla luce di Mt.5,29s. e di r8,8s., terà determinate membra, tuttavia non
esprime il giudizio (xpl<rn;) su ogni uo- potrà essere senza un O'Wµa. ~.
mo e lo riconosce reo della yÉEVVa 51 ;
ma Gesù può ben giudicare in modo co- 2. Le lettere di Paolo
sì radicale, poiché è portatore di una
a) In Paolo le membra non sono la-
risoluta µE-.iivota. e al tempo stesso del-
sciate per nulla all'arbitrio dell'uomo,
la salvezza (17$SE<ri}ai) 52 •
in modo che possa disporre a piacimen-
Per quanto riguarda il rapporto tra to della loro azione (1tp<i!;.tc;) (Rom .12,
µÉÀ.1) e O'wµa, dobbiamo osservare che 4) 55 • L'uomo, essendo con la sua vita
il radicale itçEÀ.E xa.L BiiÀE tÌ.1tÒ <rov con- corporale responsabile davanti a Dio
traddice pienamente a una concezione creatore, che ha disposto le membra
che veda il corpo come un tutto armo- nel corpo (o i}Eòç itt)E-.o -.oc µÉÀ.1), gv E-
nico, i cui disagi possono esser superati xwnov cx.ù-.wv Év --~ <rwµa.'t'i lw.ltwc;
mediante un semplice adattamento al- 1)t}ÉÀ.1JUEV, «Dio ha collocato le mem-
la legge propria dell'organismo. bra, ad una ad una, nel corpo come vol-
D'altra parte è evidente che, seb- le», I Cor. i2, 18), è impegnato nella
bene si possa rinunciare alle membra, lotta di forze sovrumane che pone il fe-
in considerazione delle loro funzioni pec- dele di Cristo conscio dei suoi doveri
caminose, il <rwµa però, come esi- (oùx oi:òcx...-E, Rom.6,16) 56 nella divisio-
stenza umana, vale più della integrità ne radicale tra due alternative. In Rom.
delle membra. Le membra possono 6,u s., le asserzioni sempre più concre-
andar perdute a brano a brano, ma te (vµéiç) circa i rapporti <rwµa-µÉÀ.1)
I' oÀov 't'Ò crwµa. è destinato all'altro mostrano come questa lotta non si svol-
eone. ga in un raggio di idee puramente a-
Ma perché Gesù guarisce le membra stratte, ma coinvolga luomo che real-
ammalate 53 ? Queste guarigioni sono dei mente opera. Queste membra fungono
segni ( 0'1}µEi:a) che certamente devono da armi al servizio o dell' &.oixla o del-
anche indicare che l'uomo, nell'eone fu- la Òtxcxiocruv11. Cosl, al posto dei co·

SI Cfr. l'interpretazione di Lutero in ScHNIE- 54 Mt.22,30 par.; cfr. l5,I7; I Cor. 6,13. Nel
WIND, ad l. Vangelo di Giovanni µ€>-.o~ non si trova. Cfr.
52 Le beatitudini superano anche Mt. 5,29 s.; le osservazioni in ScHLATTER, Komm. Joh. a
SCHNIEWIND, ad l. e Mc.9,43 ss. 2,2r.
55 Cfr. 8,13.
53 Ad es. Mc.3,I.5, xelp; Mt.9,29, 6<plta.ì.µol;
Mc.7,33, W"t'a. e -+ yÀwrnra. 56 I Cor.6,15.
µÉÀoc; C .i (J. Horst)

mandanti, in questa lotta, vengon no- la santìficazione (dc, étyta.o-µ6v) 61 • Tut-


minati i loro capisaldi 57 : Otxa.tocru'VT) to ciò significa che ora la vita dei fedeli
e &.µa.p'tla. (aotxla.)_ Le parole µ11oè ha ricevuto una importanza e uno .sco-
1ta.ptcr'ta'VE'rE 'ta µÉÀ:n vµwv o1tÀa.... , po totalmente nuovi (wc, ~w'V-.a.c;), tali
(J,)..}_èJ. 1tttp@"t1}trct"tE X't'ìv., «Oon offri- dn rendere loro impossibile di servire
te le vostre membra quali armi... of- alla àxai}apo'la.. Se i µÉÀ.1} ricevono que-
frite invece... », suonano come un gri- sto alto significato, con essi lo acquista
do di battaglia 53• La sinistra forza del anche la concreta vita corporale del cri~
peccato ha bisogno delle membra del stiano. Di un'ascesi che deprezzi la fun-
corpo mortale per giungere, mediante zione di qualsiasi membro del corpo, co-
l'assoggettamento dell'uomo alle sue me in sé e per sé moralmente degenere,
brame (V'Tt'CX.XOVEL\I -ça.i:c; Èmi}vµlatc;) 59, qui non vi è traccia. Certamente le mem-
a realizzare concretamente l'ingiustizia. bra, in sé e per sé, non sono oggetto di
Il peccato, nella sua posizione di forza, una valutazione globale. Il forte con-
appare in questo passo quale condottie- trasto rispetto all'oscuro 'allora' (-.6n,
ro, e subito dopo si ripresenta ancora v. 21) illumina questa nuova, positi-
come tale sotto l'immagine di uno che va affermazione della funzione delle
tiene in schiavitù {6,I9)"°. Le membra membra: O't'E tjµEv Èv -cii crapxl, -rà.
dello schiavo (--? OOVÀoc; II, coll. 1450 1tttM1µa.·m -cwv &.µa.p-rtwv -rà. oi.à. -cou
ss.) sono stimate proprietà del suo pa- v6µov È'V'fJPYEL't'O È\I 't'Oi:c, µÉ.MCTL\I 1)-
drone; egli non dispone di esse libera- µwv dc, -rò xapno<poprjo-a.t -ç<{'.> i)a.va-.({l,
mente. Questa schiavitù è da Cristo in- «quando eravamo nella carne, le pas-
franta, in modo che le membra, prima sioni peccaminose messe in opera dal-
schiave de1l'impurità ( &xu.i}a.ptrla.) e del- la legge agivano nelle nostre membra
l'iniquità (Ò'.voµi.a), ora sono liberate e onde portassimo frutto per la morte»
devono servire alla otxatocruvT) ( o{hwc; (Rom.7,5). Stando a quanto è detto pre-
'VU\I napao--ç-ficra.-.E -cà µÉ'ìv1} Ùµwv oou- cedentemente, ciò non può significare
}.« -rii &xmocru'VTJ) all'evidente fine del- che le 'passioni peccaminose'62 abbiano

57 Dove si nomina Dio stesso (v. 13), a 't[!l 59 Cfr.---+ GuTBROD r59 .
ilEtj) corrisponde il sintetico ~a.u-.o6c;, men- 60 Cfr. ZAHN, Rom., ad l.
tre nella seconda parte dello stesso verso si di-
ce: -.à. µÉì.:11 ùµwv lS7tÀa. lÌLXa.LOcrUVl)c; -rii) M Paolo è consapevole di non poter propria-
ilEtj), «le vostre membra quali armi di giusti- mente chiamare schiavitù la piena dedizione
zia a Dio». delle membra alla nuova dominatrice, la lìLxa-
ss Cfr. oihwc; Éau'toùç ?tapa.11't'1]11Eo1>E 7tpòç
LOO'V\/lJ, perché dice 0.EUDEpwlM.v-rEc;. Per que-
sto precedentemente richiama l'attenzione ai
-ri)v µ&:x'l'JV, Polyb. 3,109,9. Nell'immagine è
limiti della similitudine, affermando: &.vllpw-
sottinteso questo significato, piuttosto che il
paragone col termine sacrificale, indicato da
n:wov Myw. Cfr. ZAHN, Rom. ad l.
LrnTZMANN, ad J. 62 LIETZMANN, Rom. ad l.
µÉì.oç C 2 (] . Horst)

forse nelle membra la loro sede, ma che la legge del peccato, che sta nelle mie
«le situazioni di sofferenza causate dai membra» (Rom. 7, 2 3 ). In questi pas-
peccati furono rese possibili dalle nostre si, dunque, per indicare l'uomo reale
membra» 63 • Valendosi della legge, la il cui peccare è un concreto agire pec-
sinistra potenza del peccato usa le mem- caminoso, in luogo di Èyw, 1)µE~c;, <rw-
bra quale strumento per manifestarsi in µa., a-api;, 1ta.À.a.tòc; livltpwnoc;, vengono
azioni ( È.vl)pyEi:-.o) che devono produr- sempre nominate le membra (µÉÀ:r1). A-
re un orribile frutto di morte, di cui lo nalogamente anche lo &..ytaaµ6ç, a cui
strumento stesso cade vittima. sono destinate le membra del credente,
È questo richiamo al M.va-coc; che risorto È.v XptO"-ct;> a nuova vita, non è
in definitiva dà anche all'essere Év vap- un'esperienza intellettuale, ma una di-
%L il suo pesante destino. Questo es- mostrazione concreta della grazia giusti-
sere f.v c;apxl, determinato dal i76.va- ficante che ha dato alle membra il loro
-.oç, si manifesta in vere azioni concre- nuovo signore ( 6, I 9 ). Usando questo
te dei µÉÀTJ, che null'altro possono termine (µÉÀ.1]), Paolo oppone un argi-
portare all'infuori di questo frutto di ne a ogni equivoco di chi volesse inten-
morte, in quanto l'essere È.v Cictpxl ri- dere in senso psicologico o speculativo
mane l'unica sfera dell'esistenza corpo- quella che invece è la realistica conce-
n :a dell'uomo 64 . La forza del peccato si zione di o-wµa e o-api;.
esplica nelle membra con legittima e Solo dopo aver capito questo passo
inesorabile autorità, in conflitto con la possiamo accostarci ai noti testi di Rom.
ragione (vouç) 65 , che è la parte miglio- I2>4 s. e I Cor. 12, 12 ss., che. trattano
re dell'uomo, la quale con altrettanto del o-wµa. e della molteplicità dei µÉÀ.TJ.
legittima austerità spinge a volere il be- Normalmente nell'immagine del corpo e
ne: E-.Epov v6µov Èv -coi<; µÉÀ.ECTLV µ.ou delle membra si presuppone che Paolo
&.v·nO"•pa.-mJoµEvov -.Q v6µci_) -.ov vo6i; concepisca la comunità come un organi-
µou xat a.lxµa.À.w'tlsov't'a µE f.v -.<{:> vb- smo, e che si riferisca alla favola di Me-
µci..i '"t'fjç ò:µap-.laç 'tQ 1.hm È.V 'toi:ç µÉ- nenio Agrippa sulla rivolta delle mem-
À.ECTlv µou, «(scorgo) nelle mie membra bra contro il ventre, favola corrente nella
un'altra legge, che combatte contro la letteratura contemporanea, specialmente
legge della mia mente e mi incatena al- stoica66 • Poiché però alla base di questa

63 ScHLATTER, Rom. 228, ad I. Cfr. PAssow, dal peccato, viene usato semplicemente crap!;.
s. v. 1tai>"l]µa.. Negli altri passi Paolo usa 1trJ.thi- ~ GuTBROD 157.
µa;~a. non in senso di 'passioni'; dunque è 65 Rom.7,23: 'tii> \16µcp ~ov \lo6ç µou.
dillìdle che in questo caso faccia eccezione.
M Cos1 pensa ancora ~ }AEGER, o. c. n. 9:
64 In 7,25 il rapporto tra 11.ip!; e id1.11 è un «L'Apostolo... scrive alla comunità cristiana di
altro, in quanto al posto dei µéÀ.1] dominati Corinto, uno stato nello stato, che pure ·dev'es-
µÉÀ.Oç e 2 (J. Horst) (Iv,568) 1524

favola sta già la concezione greca di m)- <Twµa Ev fo·nv xal µÉÀ.TJ TCoÀ.À.à EXEL,
À.~ç, si può anche pensare che essa pro- «il corpo è uno solo ed ha molte mem-
spetti una situazione irreale, cioè un tem- bra», r Cor.12,12), non proviene da u-
po in cui le membra non avessero anco- na legge dell'organismo, che mantenga
ra capito che l'organismo è legge necessa- unite queste membra, ma dalla continua
ria del corpo e perciò potessero assieme attività della volontà creatrice di Dio:
cospirare contro il ventre, finché, trovan- ò i}Eòç rnE...o ... &. ~ÀTJ, Ev uxrur... ov a.ù-
dosi sull'orlo della rovina, riconobbero il 'tW\I È\I 't0 CTWµ<X."t~ xa.i}wç 1Jì)ÉÀ.1']0'E\I
loro errore e si adattarono alla legge del- (v. r8) 67 • Poiché Dio ha disposto le
l'organismo presente in esse. Ma que- membra in tale unità, nessuno di essi
sta concezione è lontana da quella bi- può affermare di non far parte di que-
blica, la quale considera in modo reali- sto insieme (vv. 15 ss.) 68 • Ogni mem-
stico la funzione delle membra create bro ha la sua funzione specifica, e le
da Dio. L'unità del corpo dalle molte diverse funzioni sono a disposizione del
membra, alla quale accenna Paolo (Èv corpo. Se esso avesse soltanto un mem-
Èvl O"Wµrt."t~ TCOÀÀ.à µÉÀ.T), «in un solo bro, non sarebbe il <rwµa. articolato 69 •
corpo molte membra», Rom.12,4; -tò Ma il miracolo di una nuova creazione

sere costruito perché i suoi membri impari- lo espresso dalle parole oihw~ xa1. ò Xpi0'-r6ç,
no a inserirsi nel cosmo». ~ n. 9. Cfr. inoltre (I Cor. 12, 12). Egli vuol dimostrare, d'altra
la ricca serie di indicazioni in WETTSTEIN, a parte, che anche qui si ha, come in genere nel-
Rom.12,:5 e r Cor.u ,14 ss.; cfr. LIETZMANN, a le lettere autentiche di Paolo, una dipendenza
I Cor.12,12 ss.; Jott. WEiss, I Kor. a r Cor.12, dal pensiero gnostico ( 17i.160 ss. 98). Cfr. an-
12 ss. ecc. che K. L. SGHMIDT ~ IV, col. 1522: «Parten-
do da Paolo non si può parlare troppo di or-
67 Cfr. v. 24 tru\IEXÉpauEv. Dopo che già ]OH.
ganismo». BARTH, Rom. 2, ad l., rifiuta il senso
W1uss (~ n. 66), nonostante avesse attribui-
filosofico naturalistico dell'immagine, cioè un
to l'origine della similitudine alla filosofia po-
organico contesto vitale, costruito a celle. Il
polare stoica, constatò l'esistenza in Paolo di
corpo non sarebbe la somma delle singole mem-
mutazioni caratteristiche, l'interpretazione teo-
bra, né il loro reciproco condizionamento, ma
logica si è allontanata sempre più dalla conce·
l'essere uno al di là dell'altro nella invisibile
zione di organismo. Anche~ SCHLIER, lgt1.90
unità che trascende tutte le membra e ognuna
s.; Eph.40, nonstante «il fondo di filosofia
singolarmente. Cfr. Kirchliche Dogmatik I 2
popolare greca», ravvisa l'unità del corpo nel
(1938) 235 ss. R.BULTMANN, Kirche tmd Lehre,
pasto sacramentale. L'immagine del corpo e
o.e. 22.
delle membra andrebbe applicata alla comu-
nità, ma non si dovrebbe però porre l'accento 6& ScHLATTER, Kor.: nel confronto con gli al·
sul fatto che essa è unita con Cristo in quanto tri e nella constatazione di ciò che ad esso man·
forma un corpo (come in Eph.). Nelle lettere ca; Wl!NDLAND, Kor.: perché, ad es., non pos-
autentiche di Paolo questa similitudine non siede il dono della glossolalia, ritenuto quasi
sente ancora l'influsso gnostico; lo sente inve- essenziale.
ce sicuramente nelle deuteropaoline. ~ KAsE- (f} Paolo nomina le membra più importanti,

MANN nega che Paolo pensi a un organismo; quelle che attuano il movimento (piedi e ma-
egli vede nell'uso dell'immagine solo una Ji. ni) e quelle che operano come strumenti del
nea ausiliaria, ma il principio delle sue argo- pensiero, in primo luogo o~c; (forse in accordo
mentazioni non sarebbe questo, bensl quel· fonico al precedente 1touc;), poi 6cpi)aì..µ6c;, &:-
µÉÀ.oc; C 2 (J. Horst)

significa, in modo analogo, che Cristo ne le une per le altre» (v. 2 5 ). La soli-
ha congiunto le membra più diverse in darietà nello Spirito, infatti, si esterna
un solo corpo. Paolo non parla del <JW- nel partecipare alla sofferenza e alla gio-
11oc in sé, quasi volesse arrivare da que- ia degli altri: &tE 1tci.O'XEL EV µÉÀoc;,
sto al <Jwµoc XpLcnou. Il suo primo pen- crvµmW"x.E~ "ltci.v-.a -.à µé>..1r Et-tE òo!;ci-
siero è fin da principio il crwµoc della sE-cat µt).oç, cruyxa.lpEt "JCa\l't'<X. 't'Ù µÉ-
comunità appartenente a Cristo, che ÀT], «se un solo membro soffre, soffro-
egli spiega con l'immagine di crwµa; e no con lui tutte le membra; e se un
µÉÀ.1). Nella medesima comunità, alla membro riceve onore, tutte le membra
diversità di provenienza religiosa e na- sono con lui solidali nella gioia» (v. 26).
zionale (Et'tE 'Iouòai:oL Eh E "EÀ.À.l')VEç) E a queste membra, considerando la lo-
e di condizione sociale (Et-CE òouÀoL Et'i:E ro vita in comune nello Spirito in quan-
ÈÀ.EuDEpoL, v. 13), si aggiunge la diver- to <Jwµ11. Xpvrc·ou, l'Apostolo ora si ri-
sità delle funzioni comunitarie che so- volge: uµEi:ç ÒÉ ÈCT'tE O"wµa; Xpw-cou,
no ripartite secondo i xa.pl<Tµa.'ta. ( 12, «voi siete un corpo, il corpo di Cristo».
4 ss. 28 ss.). Cristo ha compiuto questo Ma ciò non comporta una mistica dis-
prodigio di una nuova creazione me- soluzione dell'individualità: l'insieme
diante il suo 1tVEuµoc, che pervade i fe- è il O"wµcx. che appartiene a Cristo;
deli collie la vita le membra, e che nel considerate come parti, essi sono mem-
sacramento del battesimo e della cena bra e ciascuno rimane un membro ben
dimostra il suo carattere di realtà per ri- determinato: xa.t µÉÀl') be µÉpouç, «ad
comporre tutto in unità: ~\I Èvt 1t\IEvµoc- uno ad uno (siete) membra» (v. 27).
-cL TjµEi:c; mivnç Elç EV O'wµoc È~ct1t-CLO'­ La conseguenza non è dunque 'l'in-
i)TJµEV X'tÀ.., «in un unico Spidto noi serirsi come membra' 70, poiché esse so-
tutti fummo battezzati per formare un no già incorporate, ma l'invito insisten-
unico corpo» (v. 13). Inoltre questo te a liberarsi dalla presunzione, dall' u·
prodigio fa sl che gli elementi, pur es- mpcppowi:v (Rom.12,3) e a prendere in
sendo cosl disparati ( v. 13 ), si compor- considerazione, in una comunità minac-
tino tra loro come membra: -cò a.ù-cò ciata da fazioni e dal gioco di doti par-
u1tÈp &,).).,-fi)..wv µEp1µvwow "à µÉÀT], ticolari, ciò che esse hanno ricevuto nel-
«le membra hanno la stessa sollecitudi- la loro unità: oi. 1tOÀÀ.ot ev c;wµci Éo"µEv

xo-fi, l$crq>P1'JCTLc; (olfatto, qui usato per naso), viene tributato (Ò:tLµ6'tEpa.) e secondo il loro
xEq>ctÀ.1), e genericamente ancora altre membra decoro (Eòux1Jµo\la.-d:crx1Jµovu.). Dio ha com-
il cui uso egli solo accenna, paragonandole con posto ( truVExÉpa.<rEV) il corpo in modo da dare
«petto e addome, che noi copriamo per senso maggior onore alle membra più trascurate: 't<{>
di pudore», ScHLATTER, ad I. Le membra ven- ucr'tEpoVµÉ\11{) nEp~crcro'ttpa.v !ioùc; 't~µ-i]v.
gono messe a confronto, valutate secondo la
loro forza (à~E\IÉ<T'tEpct), l'onore che ad esse 70 Cosl P. ALTHAUS, Rom., ad l.
!~ÉÀ.oç C 2 (J. Horst)

E'~ XpL<r'tW. (Rom. 12, 5 ): put essendo Come Paolo può affermare che noi
molti, siamo un sol corpo, in Cristo, e siamo membra di un crwµa. di cui Cri-
solo in lui. L'appartenenza consiste per- sto dispone, cosl in altro contesto -
ciò solo nel rapporto di fede con Cristo, giacché coloro che formano le membra
e non nel far parte di un corpus sociale. della comunità sono delle persone -
L'espressione ov't'W<; xat 6 XpLCT't'O<; ( r può esprimere la medesima realtà an-
Cor.12,12) viene per lo più tradotta: co- che mediante l'affermazione contraria:
sl è anche il Cristo 71 • Ma Paolo, quan- 't'Ò. awµa.'ta uµW-v µ0.'r} XptO"'t'OU ÈCl'tW,
do usa l'immagine del corpo, parla «i vostri corpi sono membra di Cristo»
dell' attività (1tpii!:, L<;) delle membra (1 Cor.6,I5). Egli non dice: le vostre
(Rom.12,4) - come fa anche qui - e membra, ma: i vostri corpi sono mem-
dello Spirito che opera (ÉVEpyE~) 72 . Per- bra di Cristo {crwµo. e µÉÀ'l') in Paolo
ciò la frase o\h:wc, xa.t ò XpLCT'toc; non non sono affatto concetti equivalenti);
contiene semplicemente un'affermazione perciò insegna che Cristo non fa un uso
di ordine ontologico, ma può esser com- meccanico delle membra, allorché per
pletata in questo modo: cosl opera il loro mezzo realizza il suo volere nella
Cristo; tanto più che ciò che Cristo comunità. Egli compie questo mediante
compie mediante lo Spirito, nella fra- il crwµa. dei cristiani, cioè mediante tut-
se seguente viene ancora rilevato co- ta la loro vita personale - corporale e
me attività: Et<; ev crwµa. É~a.7t'tl<rih1- spirituale - contrassegnata dal battesi-
µEv, «fummo battezzati a formare un mo. Il crwµa. anche in questo caso è
unico corpo». Similmente anche in Rom. più che la somma delle membra. Per
12, 5 non si afferma che Cristo è un questo, riguardo al 'ventre' {xotì..la.),
corpo, di cui noi siamo le membra, ma Paolo dichiara ai Corinti che esso sarà
che noi siamo un corpo, e che lo sia- da Dio distrutto, cosl come Dio distrug-
mo in Cristo: i;Ò oÈ xa.il' dc; &,)..)..1})..wv gerà (xa.-rapy1}o-EL) i cibi destinati al
µÉÀ.1'), «individualmente membra gli uni ventre (v. 13). Allo stesso modo egli
degli altri». Anche in questo caso que- non avrebbe difficoltà ad ammettere che
ste parole sono -·signifìcativamente pre- la stessa sorte tocca a quelle membra che
cedute da una frase che sottolinea la fanno sl che un essere sia uomo e l'al-
fondamentale attività creatrice di Dio: tro donna73 • Invece i crwµa.-ra. che stan·
W<; O ilEÒ<; ɵÉpLO'"E\I µÉ't'pOV 1tlO''t'EWC,, no tra loro nel rapporto espresso dalle
«nella misura del grado di fede che Dio parole 'tÒ O"wµa. 'tQ xupl~ e ò xvptoc;
ha concesso». i;Q crwµa.'t't (v. 13), vengono da Dio

71 Cfr. i commentari. 13 SCHLATTER, Kor., r Cor. ad l.


11 r Cor.12,11.
µD..oç C 2 (J. Horst) (Iv,570) 1530

destinati non alla distruzione, ma, co- del Signore su <rwµa. e 1.1.ÉÀTJ del cristia-
me già il <rwµa di Cristo, alla risur- no e manifesta anche come le asserzio-
rezione. Quanto poi alla conclusione ni crwµa-µÉÀ:ri siano condizionate dai li-
tratta dagli esaltati libertini di Corinto, miti della similitudine; e, anche se tale
che concepivano il commercio sessuale duplice rapporto presenta un quadro og-
con una prostituta come una funzione gettivo e tale che non può essere sosti-
delle membra priva di importanza, alla tuito a piacimento, tuttavia vi è da di-
pari del mangiare, Paolo fa presente che re che quella parte dell'immagine che
in questo caso si tratta nqn di membra illustra il rapporto con Cristo e la sua
caduche ma di crwµr.c. Nell'agire perso- efficacia, proprio questa parte - che è
nale, colui che abbandona le membra a accentuata in modo particolare dalla
una prostituta lasciando che essa ne scelta del termine µÉÀ-TJ - non può ren-
disponga, rinuncia al <rwµa. Il creden- dere appieno la realtà. In ogni caso non
te · che conceda a una prostituta le si può affermare che Paolo sia stato in-
sue membra, appartenenti a Cristo, le fluenzato sostanzialmente dalla concezio-
sottrae a Cristo ( èi.pa.c;., v. 15) e le ren- ne greca dell'organismo o dallo svilup-
de membra di una prostituta. Infatti, po mistico-speculativo sublto dall'imma-
secondo la Scrittura (Gen. 2, 24), tale gine nella gnosi.
unione significa più di una occasionale b) Anche nelle lettere ai Colossesi e
funzione delle membra; rappresenta cioè agli Efesini il punto di partenza dev'es-
la fusione in un unico o-wµa.74, ed è quin- sere la concezione del rapporto delle
di di grande importanza per l'intera vita membra col crwµa., quale si ha nelle let-
personale, nella sua sintesi di corpo e spi- tere precedenti 75 • Da questo punto di
rit9. A questa fusione somatico-carnale vista le parole di Col. 3 ,5: vE:x.pwcra:-te
con la prostituta, che porta a r.innegare 't'cX µÉÀT) 76 't'cX ~7tL 'tfjç yf}ç, 7t0p'VEta.V
I

Cristo, vien contrapposta l'unione nello 1bml}apcrlr.cv x-.À.., «mortificate le mem-


Spirito con il Signore: b xoÀ.Àwµevoç 'ti'j bra terrene, fornicazione, impurità... »,
7t6pvn ev cn7iµ<i Écr-i-L'V, <{chi s'unisce ~1- sono da intendersi in riferimento alle
b meretrice è un solo crwµa» con lei; membra che esplicano le concrete, atti-
ma chi s'unisce al Signore (:x.upLoç) è un ve funzioni corporee di peccato 77 • Lo
solo 7t'VEVµ<X (vv. 16 s.). Questa unione, stesso pensiero in Rom. 8,13 viene e-
ovviamente, implica il pieno dominio spresso col comando: 'JtVEvµoc·n 'tcXç

14In questo passo uwµa. può sostituire il 11&.p~ 76L'aggiunta ùµwv è ben attestata nei codd.
del .passo scritturale. A SP DGpl.lat., ma non si può accettare con-
tro le altre testimonianze.
75Lasc:iamo una più adeguata discussione del 77 Cfr. K. v. HoFMANN, Die Hl. Schrift N.T.
problema all'art. ~ uwµa.. (x870), ad l.
1531 (IV,570) µÉÀ.oç C 2 (J. Horst) (IV,570) 1532

npéd;w; 'tOV crwµa'toc; i>a\la't'ou-.E78 , «con uno schema delle 'cinque membra spiri-
lo Spirito date morte alle opere del cor- tuali' dell'iranico mistero di liberazione80 •
po». Come in Rom. 8,13 non si pote- In Rom. 12,5 e I Cor. 12,25 veniva
va dire .-ò o-wµa ma solo .-àc; 7tpoc~Et<; sottolineato il concetto della interdipen-
'tou o-wµrnoc;, cosl in Col.3 ,5 è gioco- denza delle membra nella mutua unio-
forza usare -.à µÉÀ'l"]. In qual modo, te- ne (Ù7tÈp aÀÀT]Àwv) a motivo dell'ap-
nuto conto dell'esistenza umana nella partenenza a Cristo; questo medesimo
terrena corporeità, dobbiamo intendere pensiero si incontra in una formula già
un tale vExpwcra.:tE 'tà µÉÀTJ, è spiega- fissa, in Eph.4,25 : O"t"~ ÈaµÈv àÀÀfiÀwv
to in linea di massima dalle parole pre- µÉÀ'r), «poiché siamo membra gli uni
cedenti: O"U\ITJyÉpi>'r')-.E 't@ XpL<7't@ X'tÀ., degli altri».
«siete stati risuscitati insieme con Cri- Analogamente è già una formula fissa
sto» (vv. r s.) e dal successivo: Ù7tEXOU· quella espressa con le parole: <h~ µÉÀ'r)
O"aµEVOt 'tÒ\I 7tt:Y.ÀatÒV avfipW7tOV aVV foµÈv 'tov awµa'toç, rx.ù-.ou, «poiché sia-
'trx~c; 1tPOC~E<1t\I aÙ't'OU xat ÉVOUO'"OCµEVOt mo membra del suo corpo», che in Eph.
'tÒV vÉov X'tÀ., «spogliandovi del vec- 5 ,30 conclude il paragone tra l' ÈxxÀ'r)-
chio uomo con le sue opere, e rivesten- <Jla.. e la yuv1}. Ma anche questo para-
dovi dell'uomo nuovo ... (vv. 9 s.)79 • Ciò gone, che dà alla formula una precisa
risulta chiaramente a proposito di un coloritura, prende spunto dalle lettere
determinato membro: a7totTEO"tTE •.. òp- precedenti. Poiché, secondo I Cor.6,15,
yi}v ... Éx 'tOU <T'tÒµa'toc; uµwv, «depo- dove pure si parla in termini comunita-
nete... la collera... dalla vostra bocca» ri, le membra non possono appartenere
(v. 8). Significa dunque che l'uso pecca- alla "ltOp\11], facilmente si passa a consi-
minoso della lingua, radicalmente con- derare le membra di Cristo - il crwµrx.
dannato a morte, non può più aver luo- del!' ÈXXÀ'r)O"la - nell'immagine di una
go. A questo proposito dovremmo poi legittima unione matrimoniale col loro
chiederci se, parlando dei cinque vizi e Signore(~ IV, coll. 1520 ss.).
delle cinque virtù, Paolo alluda forse a Anche alla base di Eph.4,16 sembra

78Riguardo a µé)..:ri-'ltopvEi.av, per ciò che re- da Rom.6,4 e arriva alla conclusione che si
almente si intende qui, cfr. anche 1 Cor.6,15 ss. «tratta veramente di un puro schema». Poi il
Cfr. anche Mt.5,29 s. termine µÉÀ.'tJ nella traduzione non può man-
care: «il termine µlì.. TJ non ignora i limiti tra
79 Anche in questo caso si deve partire in pri- corporale e spirituale», ma presenta il vizio
mo luogo da 1taÀ.txtbç iJ.vl}phlnoç (~ I, coli. accennato in forma astratta, intesa forse alla
982 s.) di Rom.6,6 e da i!crw ii.vfrpw1toç (--?III,
maniera ellenistica . . . 1tai>oc;, t1tLl)vµlocv xoc-
coli. 999 ss.) di Rom.7,22, e non direttamente x'iJv... (5), per principio illustrando la grave e
dal mito orientale · ellenistico del liberatore,
pressante realtà di concrete membra umane che
proprio della gnosi. sono gli strumenti del peccato. Contro ~ KA-
so Cfr. DIBELIUS, Gefbr., ad/,, il quale parte SEMANN I)O.
µÉÀ.oc; C 2 (J. Horst) (IV, 571) 1534

trovarsi un nuovo uso che supera quel- bene anche XE<paÀ1] e crwµa., accan-
lo dell'immagine di trwµa e µÉÀ:11, qua- to a XpLcr..6c;, possano essere in qual-
le si ha nelle lettere precedenti: (1] xE- che modo intercambiabili nell' ambito
rpaÀ1), XpL<1'toc;), Èl; oi'.i miv "ò crwµa dell'immagine fattasi ormai complessa.
uuvo:pµoÀoyouµEvov xa1 uuµSLSa.séµE- L'importanza assunta qui da Cristo fi-
vov oLà 1ttXC1TJc; àrpijc; -i:ijc; E.mxop'l')ylo:c; nisce per forzare l'immagine di crwµa;,
xo:-i:' ÈvÉpyrnx.v Èv µÉ-i:p~ Évòc; Éxtiu-.ov poiché supera quanto potrebbe espri-
µÉpovç81 "°1)v aì.ll;'J)<Tt\I 'tOV <rwµa'tO<; 1tOL- mere l'idea di xEq>aÀ.1}, intesa come
EL'tCJ.L dc; otxoooµ-ijv fo.v-.ou Èv &.ycbt'{l, membro. Cristo è xEq>aÀ1} e crwµa al-
«(il capo, Cristo), dal quale tutto il lo stesso tempo 8~.
corpo, ben connesso e saldamente col- Dobbiamo forse interpretare questa
legato, attraverso tutte le giunture di raffigurazione cosl complessa partendo
comunicazione secondo l'attività propor- solo dalla concezione gnostica? Le lette-
zionata a ciascun membro, opera l'accre- re ai Colossesi e agli Efesini mostrano85
scimento del corpo per l'edificazione di come l'immagine di uwµa e µÈÀ'J), usa-
se stesso nella carità» (---+ ÈxxÀ'l')crla IV, ta nelle lettere paoline più antiche, nel-
coll. I 5 r 3 ss. ). Potremmo pensare che in la lotta contro indirizzi gnosticizzanti
queste parole abbia operato un notevo- che sorgevano nella Chiesa abbia dovu-
le influsso anche la concezione greca di to necessariamente ricevere una parti-
organismo. Con oLà 7ttX<T'J)c; &.qiijc; 82 (le- colare colorazione e un più ampio si-
gamenti tendinei) si pone attenzione pro- gnificato per il fatto che in tale conte-
prio a ciò che unisce i singoli organi al- sto il membro principale (xE<pa;À.1)) di-
la loro attiva compagine. Tuttavia an- diviene un termine cristologico, usato
che qui non si afferma alcuna legge au- contro un termine gnostico. Corrispon-
tonoma oggettiva nella crescita del cor- dentemente cambia la natura metaforica
po 83 ; è invece Cristo colui che tutto di crwµa 86 . Cristo viene inserito con
penetra con la sua forza creatrice, seb- maggior forza nell'immagine: aù't6c; È-

a1 I codd.AC 14.66mK Vg.syP.Bas. Chrys. Cyr. tri µH.11 (membra· della comunità) non ha bi-
Theophil. hanno a questo punto l.lÉÀouc;. Però sogno, nel contesto della metafora, di essere di-
anche µÉpour;, che è meglio attestato (codd. S B scu·ssa come se fosse in opposizione ad esse,
DEFGKLO defg.Bas.Euthal.Theodoret. ecc.) poiché anche nel pensiero veterotestamentario
qui ha senza dubbio il significato di 'membro'. e rabbinico XE(jl!Y..ÀTJ è ovviamente il membro
Cfr. il nesso µfkq xrxt µt!P'!} da Platone in poi che domina sugli altri. -+ n. 33. Contro, H. J.
(cfr. sopra) e in Filone. HoLTZMA.NN, Lehrb. dcr Ne11tcst11111entlichen
82 Cfr. DrnELIUS, Ge/br., a Col.2,19; EWALD, Theol. (r9IX)1 n 255 s.
Gefbr., ad l., 202 n. 3; PREUSCHEN-BAUE!l', s.v. 85 Sulla differenza dell'immagine nelle due let-
83 Al contrario anche-+ KXSEMANN 158. tere cfr. DrnELIUS, Gcfbr., a Eph.4,16, excur-
84 Essendo al tempo stesso membro e <TWl.ltt rns.
intero, l'importanza di xeqictÀ.1} rispetto agli al- 86 La facilità con cui Paolo sviluppa e perciò
1535 (1v,571) µD,oç C 3 (J. Horst)

<T'tW TJ XE<po:),1) O'"Wµa-coc;, -cijç ÈX-


't"OU sua morte (1,7) e risurrezione (r,20) -
XÀ:r1crlaç, «egli è il capo del corpo, che è inserito nella sua comunità. Questa
è la chiesa» (Col.r,r8), e la sua rivela- riceve da Cristo tutta la sua importan-
zione è vista nel più vasto orizzonte di za e, nell'obbedienza della fede, è atti-
una portata cosmologica. Questo però vamente a sua disposizione per rendere
non vuol dire che dal significato gnosti- un sincero servizio agli altri (vedi le rac-
co delle parole - tanto meno da quello comandazioni della parte parenetica e
stabilito in base al loro uso post-paoli- gli elenchi delle virtù domestiche).
no - si possa partire per interpretare an- 3. La Lettera di Giacomo dà a µ0..oc;
che nella Lettera agli Efesini il concet- un significato che in sostanza corrispon-
to di µÉÀ..TJ alla luce dello schema Xp~­ de a quello del tardo giudaismo. La lin-
O-'t6c;-dxw\l-µÉÀ:r1 87• Ciò equivarrebbe a gua, pur essendo tanto piccola in con-
privare il termine del suo reale signifi- fronto alle altre m.e mbra (+i y À.wrrrra
cato. Vuol dire, invece, che a confron- µtxpòv µ0-.oc;, 3 ,5 )89, ha «fra esse un po-
to con le lettere anteriori 88 e con la rea- sto ben saldo» 90 (xa~lcr'ta't'aL E:v -roi:<;
listica concezione biblica di membra, µÉÀ.eow 'liµwv, v. 6), che le permette
qui si riconosce che anche il termine di agire su tutto il corpo 91 • Certamen-
µÉÀ.TJ, nella discussione coi nuovi av- te Giacomo discute solo il funesto ef-
versari gnosticizzanti, ha ricevuto una fetto di questo potentissimo membro 92
nuova colorazione, ma che la cristolo- che qui è quasi personificato e sta al
gia del N.T. si distacca chiaramente dal- posto dell'azione del parlare, per la qua-
le idee proprie di tali cerchie. Nono- le è usato 93 • Le membra non sono con-
stante le argomentazioni che sembrano siderate per sé come parti indipendenti
sconfinare nella speculazione, anche qui, dell'uomo; anche in Giacomo esse ven-
dicendo 'membro del corpo di Cristo', gono determinate da forze che pr~ndo­
altro non si intende, in definitiva, che no occasione dalle sensazioni del pia"
la condizione di chi - reso libero dalla cere per scatenare, mediante le membra

trasforma in allegorie le immagini e metafore mezzo».


che ha ricevuto da altri si vede in I Cor.3,10 91Cfr. Mt.5,29 s.
ss.; Rom.n,17 ss.; Gal.4,22 ss.; I Thess.J,2 ss.
92 B. STADE-A . BERTHOLET, Bibl.Theol.d.A.T.
L'idea di Cristo capo è già preparara in r Cor.
II (19n) 93 S. 168 S. 183 S.
n,3 (Cristo, capo dell'uomo).
87 ~ ICASEMANN 150. 9J ScHLATTRR ad l. All'uso, per ·cui Dio si ri-
vendica quest~ membro (tv a.Ò"t"TI rò).oyouµiv
ss Anche in esse ~ KXsEMANN vede gin l'in-
"t"b\I XUpiO\I xa:t 1ta."tÉptt, «COO essa benediciamo
flusso della gnosi; cfr. ~ n. 67.
il Signore e Padre»), si accenna solo da lon-
89 Cfr. la similitudine in Midr.Ps.39,2 {STRACK- tano quando si dice che un organo destinato n
BILLERBRCK III 447) 4 n. 34· lodare Dio ha il coraggio anche di maledirlo
90 Scm.ATTER, ad. I.; HAUCK, · ad I.: «sta là in (v. 9).
1537 (!V,572) µÉÀoç D (]. Horst)

attive 94, una lotta: Èx -cwv -fioovwv -ct0v corpo con le sue membra, nelle quali es-
O'-.pa-cwoµÉVW\I EV -coi:ç µÉÀ.EOW uµwv, sa è dispersa (fomxp-cat xa't'èt. rcri.v't'wv
'tWV "t'OU crwµa ..oc; µEÀwv ii 4;ux1)). Con
«dalle passioni che militano nelle mem-
questa 4;ux1J vengono paragonati i Xpt-
bra vostre» (4,1 ). Anche in questo pas- cr·navol, dispersi xa..-.à -.à..c; 't'OU xoO"µou
so è indicata la lotta; ma questa non n6À.Etc; (Diogn.6,2 ). Più avanti si dice
viene spiegata come in Paolo, cioè col ancora: Ti lj;uxii -.i]v µtcroucrav &:ya1t~
crap:x;a.. xa..t 'tà 1.1.ÉÀ.1'), «l'anima ama la
ricorso alla «legge del peccato» 95 • carne, sebbene questa la odi, e le mem-
bra» (6,6).
D. uso POST-APOSTOLICO Nelle lettere di Ignazio non è più la
sola opera creatrice della grazia eleg-
Mentre in I Clem.37,5 (-cèt ÉÀ.axtcr-ca gente di Dio a produrre il prodigio del
µÉÀ.'r) 'tOU crwµa't'oç 1Jµwv avayxa.i:a., crwµa della comunità, riunendo nello
«le membra più piccole del nostro cor- Spirito la moltitudine delle membra, ma
po sono necessarie»), è ancora ben chia- il riconoscimento di Dio che noi siamo
ra la dipendenza da I Cor.12,12 ss. 96 e membra del Figlio suo viene fondato
in 46, 7, senza pregiudicarla, echeggia sulle buone opere (Zva.. . f.1tvytvwcrxn,
solo in modo del tutto formale la si· &' wv EU 1tpcXO'O'E'tE, µÉÀ.T) ov-.ac; 'tOU
militudine di Menenio Agrippa rn (cna..- ulou a.u-cou) 98 , in irreprensibile accordo
y
cna~OµEV
t \ 't'O' O'Wµa...
1tpoç - WO"'tE E1t~11.a- col sentire del vescovo 99 • In questo è
f.I ' "

i>Ecri>a~ 1)µéiç 15·n µD..7J E<rµf.v aÀ.À:ij- evidente l'influsso del pensiero gnosti-
Àwv, «ci rivoltiamo contro il corpo ... sl co 100• In Ign., Rom.5,3, infine, µÉÀoç è
da dimenticare che siamo gli uni mem- usato per indicare le membra reali del
bra degli altri», nella Lettera a Diogneto, corpo (cruyxo"it'l) µE À.wv, «frattura di
invece, si avverte già il pensiero greco, membra», nel martirio).
nel rapporto dualistico tra l'anima e il J. HoN.ST

94 Poiché 'l'impulso malvagio' secondo i rab- rn Pii'1 chiara è la concezione, fondata su ~vw­
bini nbita e cresce nell'uomo, ~v potrebbe es- atç e cruµqiwvlet., del crwµa. 7tOÀVµepéç, artico-
sere inteso anche in senso locale; STRACK-BIL- lato nei miv'Ta. 'TlÌ µÉÀ.'l'), nell'apologeta Ari-
LERBECK IV 468; III 95 h. stide I 3,5.
95 Per il confronto di questo passo di Iac. con
98 lgn., Eplq,2.
Rom.7,23 dr. ScHLATTER, Komm.]ak. 46. 99 o{\.rwç O'VVYJpµo<.r'TCt.t -cci> È·mO'X67tliJ, wc; )(.Op-

96 Perciò non dipende dalla diatriba stoica; 5et.Ì XLMp~ (ibid.4,i.3).


100 Per la relazione con la gnosi e Eph. ->
cfr. KNOPF, ad l. (LIETZMANN); inoltre Iust.,
dial.42,3. ScHLIER, lg11.BB ss.

FINE DEL VOLUME SESTO

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