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DEL
NUOVO TESTAMENTO
VOL.IX
PAIDEIA
Titolo originale dell'opera
Direttore
GF.RHARD FRIEDRlCH, professore or<linario di N.T., Erlangcn.·
Collaboratori
OTTO BAUERNFEIND, professore ordinario di N.T ., emerito, Ttibingen.
t JoHANNES BEl·IM, professore ordinario di N.T., Berlin.
GEORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., Gicssen.
RunOLF BuLTMANN, professore ordinario di N.T., emerito, Marburg.
GERHARD DELLJNG, professore con cattedra di N.T ., Balle .
.foHANNES FICHTNER, docente di A.T., Bethcl.
WERNER FoERSTER, professore straordinario di N.T., Mtinster.
LEONII/\RD GoPPELT, professore ordinario di N.T., Hamburg.
HEINRICH GREl!VEN, professore ordinario di N.T., Kiel.
t 0SKAR GRETHER, professore di A.T., Erlangen.
t FRJEDRICH HAUCK, professore straordinario di N.T., Erlangen.
HANS WOLFGANG HEIDLAND, Oberkirchenrat, Karlsruhe.
JoACHIM JEREMIAS, professore ordinario di N .T., Gottingcn.
PETER KATZ, Lecturer on Septuagintel Studics, Cambridge.
EDUARD LoHsE, professore straordinario di N.T., Kiel.
RUDOLF MEYER, professore con cattedra di A.T., Jena.
WILHELM MrcHAELIS, professore ordinario di N.T., Bern.
ALBRECHT 0EPKE, professore con incarico di N.T., Leipzig.
'i' HERDERT PREISKER, professore con cattedra di N.T., Jena.
GoTTFRlED QuELL, professore con cattedra di A.T., Rostock.
Bo REICKE, professore ordinario di N.T., Basel.
EnNST HARALD RrnsENFELD, professore ordinario di N.T., Uppsala.
HEINRICH ScHLIER, professore ordinario di N.T., emerito, Bonn.
KARL Lunw1G ScHMlDT, professore ordinario di N.T., emerito, Base!.
MARTIN ANTON SCHMIDT, docente di storia della chiesa, Base!.
OTTO ScHMITZ, professore ordinario di N.T., emerito, Miinstcr.
)OHANNES SCHNEIDER, professore con cattedra di N.T., Berlin.
GoTTLOB ScHRENK, professore ordinario di N .T., emerito, Ziirich.
HEINRICII SEESEMANN, decano e incaricato di N.T., Frankfurt a.M.
GusTAV STAHLJN, professore ordinario di N.T., Mainz.
WALTHER ZIMMERLI, professore ordinario di A.T., Gottingen.
INDICE DELLE VOCI
'ltÉV"l)c;, TIE\ILXp6c; (Hauck) ..... ... .. .. .. .. - .. ...... . .... ...... . ... 1453
TCÉ\l~oc;, 'ltEViJÉw ( Bultmann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r 46 3
1CEYLXp6ç ~ coli. 1462 ss.
m:v·t"11xoir-.l] (Lohse) ... . . . ... .. ..... . . .. . . . ... . .. . .. . .. ....... . 1471
7tE7tOlilT)cnç ~ coli. l 3 71 ss.
TCEpl (Riesenfeld) .... ... ......... .. .. . . .. . .. . . , . ... ....... . . . .. 1497
mpLÉpxoµa:L ~ m, col. 958
7tEpt!;wvvuµt~ vtn, coll. 848 ss.
1tEPLXtt~a:pµa. ~IV, coli. 1300 ss.
7tEplxuµa:L ~ v, coli. 317 s.
7tEptxEcpa:Àa:{a. ~ vur, coli. 881 ss.
1tEpLÀrXµnw ~ v1, coli. 75 s.
nEp0..v1toç ~ vr, col. 87.2
TCEpLµÉvw ~ vn, coli. 37 ss.
7tEPLOUO't0c; (Preisker) .... .. . . ...... . .... . .. .. . ....... .. ....... .. I 507
1tEpma:"t'ÉW ~coli. 1095 ss.
1tEpL1tl1t"t'W ~ 1tl1t"\'W
ltEprnoLfoµin ~ 1tOLÉW
7tEpmolT)O'Lç ~ 1tOLÉW
ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI
ANTICO TESTAMENTO
NUOVO TESTAMENTO
Quando un libro biblico è citato con abbreviazioni greche, il rimando è fatto alla
versione dei LXX in quanto si distacchi dal T.M. Per es .:
ljJ Psolmi, nel testo dei LXX AEU-r. Deuteronomio, nel testo dei LXX
x Ba.cr. I Reg., nel testo dei LXX ·ncr. Osea, nel testo dei LXX
Le parole ebraiche sono trascritte in caratteri latini nel sistema semitico corrente,
indicln_o dalla seguente tabella:
a potoh
b (con e senza doges lene; e così con à qame!
tulle le begadke/at, eccello p, f) ìi /.Jofe/ - polo/.J
bb (doge$ /or/e: e così itl ogni coso di -ù qame! con -h finale
doge! forte) -àh qames con -h e mapplk
g (vedi b) e segol
d (vedib) e sere
h e !;ate/ - sego!
w è !eré e sego/ con j
7. i !Jireq
~ !Jlreq CO/I j
o hiilem
J o qame1 IJatu/
k (vedi b) èi !;ate/ qame!
l o O C01l W
m li qibbu!
n ti uconw
s s'tlJli' pro11t1nciolo
p.f U110 parola ebraica tra i due apiçi ' ' è le-
$ ziotte delle versioni antiche.
q
r
s Le parole non vocalizzate nel Jesto tedesco
s ( specia/111e1Jle radici verbo.li) sono riferite
(vedi b) di norma senza vocali
LESSICO
o
(continuazione)
detta, in quanto è un debito che lo ri- d'un debito da pagare trapassa in quel-
guarda personalmente. Nel trapasso dal- lo positivo del debito etico, dell'obbli-
la vendetta personale al sistema giuridi- gazione morale: dal debito si passa al
co statale l'offensore diventa un debito- dovere. L'idea d'un indebitamento epi-
re verso la legge 1 . Il trasgressore si sen- sodico sorto in circostanze spedali, si
te obbligato e tenuto a subire la pena 4 • amplifica in quella dell'obbligazione
Nell'antichità le pene consistevano spe- permanente. Il personale òq>ElÀw si di-
cialmente in ammende di varia entità 5• stingue dal neutrale xai>i'jxo\I - che di-
Il malfattore era tenuto ( ocpElÀ.EL) a pa- viene il concetto etico centrale della fi.
gare l'ammenda all'offeso. Oltre alle losofia stoica - in quanto quest'ultimo
ammende profane c'erano le ammende indica ciò che è conveniente all'uomo,
sacrali. Molte volte queste, provviste ciò che gli si addice secondo la sua na-
di un potere assai più vincolante, erano tura e le circostanze (~ IV, coli. 131 9
comminate anche per reati puramente s.), mentre, conforme al suo significato
profani e allora il delinquente ne dove- fondamentale, òcpEllw implica l'obbliga-
va l'espiazione alla divinità~. Anche un zione verso un altro. Per 1a differenza
beneficio concesso da un dio ne rendeva rispetto a lM vedi ~ II, coli. 793 ss.
l'uomo debitore e comportava un risar-
2. In confronto alla frequenza del
cimento cultuale. Ecco perché, moren-
termine nella letteratura greca in gene-
do, Socrate raccomanda agli amici: -.@
rale, sorprende la rarità di ocpElÀEW nei
'AcrxÀ:qrcl41 6cpE0..oµEv 6J..Ex-.pu6va.,
LXX. Esso ricorre solo cinque volte nel-
«siamo debitori d'un gallo a<l Ascle-
1'A.T. vero e proprio e dieci negli apo-
pio» (Plat., Phaed. I I 8 ). 6q>ElÀw si e-
crifi.
stende quindi dalla sfera giuridica a
a) Nel senso proprio di debito d'una
quella · etica e da questa giunge fino al- somma di denaro si trova in Deut. 15,2
fa sfera religiosa. Il concetto negativo (XpÉoç), dove sta per l'ebraico nJh 7•
1 Aesch., Choeph. 310 s.: "tOÙ<pELÀ6µ€VOV 1tlV'tE 11'tCX"t1jpac; oqmÀ.l"'t°W (sci/. il colpevole)
'ltpttcrcrovcra AlXTJi Plat., ieg. 10,909 a : ol- ù.yvwc; 7tpl>c; "tl> ~l>; Hdt. 3,52: lrrl!v !;T)µlTJ"
XTJV; Flav. los., ani. 7,121. "tOV'tO\I (il trasgressore) "t~ 'AnOÀÀwv~ Òq>E(-
4 Eur., Andr. 360: ~Àtt~TJV ocpElÀw; Lys. 1, ÀE~v; Demosth. 24,22; Plat., leg. 6,774 a. In
32: OL?tÀijv -rl)v ~Àtt~TJV; Plat., Crat. 400 e: un'iscrizione dell'Asia Minore, con dizione un
EW~ liv lx·nC011 "tà 6cpELÀ6µtvcx; Lys. 9,10: po' diversa, dovuta forse all'influsso di una
çTJµlav. mentalità orientale, la mancanza verso una di-
vinità è designata come debito da rimborsare,
s K. LATTE, Heiliges Rechi (1920) 48-61. D1TT., Syll.1 1042,15: li:µap-rlav Oq>LÀl"tw MTJ·
6 Per aver violato la pace s11cra di Olimpia, fu vl Tvptivvwt, LATTE, o.e. (~ n. 5) 77; Dmss-
imposta agli Spartani un'ammenda che venne MANN, N.B. 52; STEtNLEITNER 83.
pagata in parte a Zeus, in parte alla comunità 7 Donde il sostantivo maHii'd in Deul. 24,10
di Elide, Thuc. 5,49,5; D1TT., Syfl.J 986,10 ss.: (~ OcpElÀTJµ«) e maffii' in Neh. 10,32 (2
9 (v,,60) ocpi•'.À.w A :q (F. lfouck)
una forma secondaria di nà1ii', che si che alla diversa mentalità che domina
legge in Is. 24,2 (con òixvd~wv)8 . Cer- nel!'A.T. Qui la chiave del concetto di
tamente è un errore testuale l'aramaiz-
zante bob (LXX: Òq>EtÀ.OV'tO<;) di Ez. 18, dovere non è l'obbligazione interiore,
7 (cfr. Dan. 1,ro) 9. In 1 Ma::h. I0,43 ma la legge e la volontà imperativa di
ÒcpElÀw ha per oggetto ~aoùtxa, cioè Dio, gli statuti regali di Dio, a cui l'uo-
i tributi da pagarsi allo stato (cfr. Flav.
mo deve obbedienza (Mich.6,8; E x .20;
Ios., ant. 13,56: ~cr.oùtx<X xp-fiµ1.nix);
in r Mach. 13,39 O''tEqi~vov, il tributo Deut. 4,1 s.). Sotto l'influsso sia del cul-
delta Corona IO ; in I 3, I 5 apyVpLOV. Jn to sia della ptcdicazione profetica, nel-
senso traslato ricorre in Prov. 14,9, a l'A.T. cresce sempre più la convinzio-
proposito del sacrificio purificatorio
( xixi}aptcrµ.6v ), a cui gli stolti (empi) so- ne che il p:xcato rende debitori verso
no tenuti 11 • Dio 13 , senza che si giunga, peraltro, al
b) Coll'accusativo della pena - con- calcolo delle azioni umane in rapporto
siderata come la prestazione richiesta
al trasgressore - il termine ricorre in a Dio come avviene i:el tardo giudai-
Tob. 6,13 : bqmÀi}O'EL Mvtx"'Cov, ·4 Mach . smo, e senza la corrispondente conce-
I 1,3 : 1tEpt 1tÀ.ELOVW'\I àÒLXt)µri:tW\I Òq>EL- zione di un debito che l'uomo deve pa-
À.YJO'TI<; -rn oùpo.vl<.p òlx11 ·nµ.wplav, lob gare a Dio come controparte.
6,20 : o.luxuv11v 12. La costruzione passi-
va s'inco.ntra in Sap. 12,20 : Òq>ELÀ.oµt- 3. A differenza dei LXX e seguendo
vouc; i}o.va"t~. l'uso greco generale, Filone parla spes-
c) Coll'infinito, nel senso di essere de- so di Òq>EtÀ.ELV nel senso d'un dovere
bitori di, meritare, dovere, il vocabolo
è usato in Sap. 12,15: -ròv µ.i} Òq>EtÀ.ov· positivo, d'una positiva obbligazione
-rtx xoÀ.@MivaL, «chi non merita d'es- dell'uomo. È un obbligo che deriva e
sere punito», e in 4Mach. 11,15: àito- risulta in patte dal suo rapporto con
i}vtJuxEW.
Dio, in parte da ciò che gli fu dato col-
Questo esame sommario dimostra che la creazione, in parte dalla legge divina
nei LXX òcpdÀ.w ha un corrispondente o dalla sacra consuetudine.
ebraico soltanto nel suo significato fon- Cosl il sacerdote è obbligato dalla
sua appartenenza a Dio a staccarsi da
damentale di dovere 1111a somma. La ra- tutto ciò che è creato (òcpElÀ.EL itav"t'wv
rità degli altri significati è dovuta an- àÀ.À.o-rpLovui}m "tW\I tv yEvÉo'Et : spec.
14 Forse si possono considerare agganci a quc· halachica il contrapposto di r·s1/t, che indica
sta concezione certi passi dell'A.T., come Ps. un'azione di libcrn scelta.
50,14: «sciogli (paga) all'Eccelso i tuoi voti»
16 r_ Qid. 1,14 (§ 336) in STRACK-BILLERBECK
[L. RosT).
1v n; W!EBER 281 s.; STRACK-BJLLERBECK m
Vi BACHER, Temi. 1 58 s.; DALMAN, \Vort.
628; IV 14.
138.144; LEVY, Chald. \Vari. 1 253; T. a Mal.
1,14; Tg. O. a Gcn. 18,23 s.; Ex. 5,16; ~ 11 Ta11h. 1mwr 178 a in STRACK-BILLERBECK I
LoHMEYER IIJ. fJobO,
dovere, è nell'esegesi 798 s,
13 (v,561 J 6q>E 1,À1» Il 1 l l'. l"13UCK)
nostro, Dio nostro, cancella nella tua nella parabola del servo spietato (Mt.
misericordia tutte le nostre obbligazioni i8,23 ss.) e della grande peccatrice (Le.
(kol- sitré h6b6ténu)» 18• Certo, l'idea di
un Dio misericordioso che perdona è 7,41), nel logion sui servi inutili (Le.
17,10) e in quello sull'obbligo contrat-
qui presente, ma nel tardo giudaismo
essa non riesce mai a svilupparsi nella to con Dio per mezzo del giuramento
sua purezza, perché troppo vicina al
(Mt. 23,16.18). Però solo in Mt. 6,12
pensiero delle opere e dei meriti. C'è i-
noltre il pericolo che l'idea del peccato il peccato si chiama òqiElÀ.11µa. (debito),
scenda al livello del calcolo. In quanto come nel tardo giudaismo (~ col.
è pob, il peccato non è più una ribel- 2 r ). Con l'immagine del debitore Gesù
lione contro Dio (peJa'), né un errore
(Pa!!ii't), né un traviamento colpevole spiega In situazion~ dell'uomo di fron-
( 'iiw611), né una disobbedienza ai co- te a Dio 21 • La parabola dei diecimila
mandamenti di Dio, ma un semplice talenti indica l'enormità insolvibile del
:unmanco, una remora nei pagamenti,
che può essere riparata versando quan- debito umano (Mt. 18 24). Anche la
1
2. Nelle altre parti del N.T. ÒcpElÀ.EW di non restare in debito con nessuno;
ricorre in senso prnprio in Philm. 18 . essi si debbono a vicenda solo l'amore,
L'òcpElÀ.Et &.1toiJ<XVE~V, «deve morire», ma in una misura così alta, . ampia e
di Io . 19,7 ha lo stesso senso di Evoxoç profonda che non potranno mai soddi-
iJ<XVOC'tOV, «reo di morte», di Mt. 26, sfare totalmente questo obbligo 28 • Se-
66 25• In Hebr. 5,3 écpdÀ.Et si riferisce condo Rom. 15,r è un dovere cristiano
all'obbligo imposto dalla legge, a cui il sostenere con indulgenza i deboli; se-
sommo sacerdote non può sottrarsi a condo Rom. 15,27 altro dovere è con·
causa della sua debolezzn umana 2~. Di traccambiare beni spirituali con beni
un'obbligazione e necessità più interio- materiali; secondo 2 Thess. 1 ,3; 2 ,13 è
re, derivante al sommo sacerdot~ Cri- . doveroso ringraziare Dio per la crescita
sto, parla invece Hebr. 2,17 (cfr. E1tp~ della comunità. In 2 Cor. 12,14 Paolo
'Ti:EV, «conveniva», al v. ro). Nell'òcpEl- ricorda il dovere verso i genitori; in
À.n di r Cor. l 1 ,7. I o c'è ancora qualco- Eph. 5,28 esorta al dovere coniugale
sa che ricorda il tempo passato da Pao- dell'amore. In r lo. 2,6 si menziona
lo sotto la Legge. La copertura del ca- l'obbligo di santificarsi; in 3,16 il do-
po, esprimente la sottomissione della vere di dare la propria vita per i frn.-
moglie verso il marito, era nel giudai- telli; in 4,1 I il dovere dell'amore .fra.
smo, secondo b halacha, un dovere del- terno e in } lo. 8 quello dell'ospitalità.
la donna. Paolo ravvisa in questa legge Questi passi denotano chiaramente
il riconoscimento di un costume basa· un certo spostamento di tono in con-
to sull'ordine fondato nella cteazionc e fronto ai discorsi di Gesù : il 'Signore'
perciò pensa che lo si debba rispettare parla all'imperativo, mentre il kerygma
anche nella comunità cristiana 27 • apostolico - pur usando anche l'impe·
Quasi tutti i passi apostolici - dove rativo - parla dei doveri partendo dagli
òcpElÀ.rn1 stn quasi sempre coll'infinito eventi centrali del cristianesimo e dal
- superano il piano del dovere legale. pensiero cristiano complessivo. Nei pas-
In Rom. 13,8 - con un gioco di parole si apostolici si tratta in prevalenza di
che si basa sul duplice significato di un obbligo verso gli uomini dedotto e
ÒcpELÀ.EW (essere debitori ed essere ob: risultante da un atto salvifico di Dio o
bligati) - Paolo ammonisce i cristiani del Saivatore, atto sperimentato o pre-
25 Ambedue le dizioni corrispondono all'c!:irai- Kor.314; ST. LOsc11, Chr. Frr111e11 in Kori11th:
co ~aij{1b mita; cfr. ScHI.ATTER, Mt. 762. Theol. Quart. 127 ( 1947) 216-26x.
26 RIGGENDACH, Hebr. 127; MICHEL, Hebr. • 28 Cfr. su questo passo A. FRlDRICHSEN, Exe-
a 5,3; dr. test. Ios . 14,6. getisches zu den Pa11iusbriefe11: ThStKr J02
27 STRACK-BILLERUECK m 435 ss.; SCHLATTER, (1930) 29q-297.
O(j)HÀ.TJ, O(j)dÀ.111..ux (f. Hauck)
29 Rom. 15,3 : xo:t yàp ò Xp~<r-.6c; ... ; 15 ,27: 2 DEISSMANN, B. 221; Io., N.B. 4l:I.
El yà.p ... xaL; Eph. 5,28: oihwc; ...; I lo. 3,
l Cfr. STRACK·BILLERBECK m 368 s.; Er.
16: ÉXELvoc;... xat TiµEi:c; ... ; 4, 11 : Et oihwc; ò
xoo b (debito coniugale); il testo della Koiné
&Eòc; ... xat iiµEi:c; ...; cosi pure Io. 13,14: d
presenta in I Cor. 7 ,3 : -ri)v òqm)-oµlvriv EU·
OVV lyw ... xo.t ÙµEi:ç.
vo~Ct.v, un eufemismo con lo stesso senso.
Ò<pEL)..l} ~ Hul. 105 a: l'abluzione delle mani che pre·
I JoHANNES ZONARAS, Lexico:1 p. 1489 in STE- cede il pasto è detta mifwa, quella che segue
PHANUS, Thesaurus Linguae Graecae, s.v. !1oba.
o<pE~ÀÉTrJ<; (F. Hauck)
6rpd)..TJµCt .
I Testi in DALMAN, Worte ]esu I 336 s.; il slh ~ 1, coli. 1355 s.
termine è molto frequente nel Targum, ad es. 3 E.
LoHMEYER, Das V11ter-1111ser' (1947) III-
in Tg. O., a Num. 14,19; Ex. 34,7; Is. 53,4. 123; SCHLATTER, Mt. 213 S. j STRACK-BILLER-
12. BECK 1 421; Did. 8,2 offre il testo: 'tTJV o<pE~
2 I termini corrispondenti aramaici sono 111' e ÀYJV iJµwv.
~rptç ( W. Foerster)
tri uomini questo senso è applicato nel- f3apf3apoLc;... ocpELÀÉ't'TJc; dµl}. Egli ri-
la quinta petizione del Paternoster se- tiene inoltre che i cristiani venuti dal
condo Mt.6,12 1 (~col. 21); se riferito paganesimo, che hanno ricevuto dalla
a ùio, ocpELÀÉ't'T]c; è sinonimo di pecca- comunità-madre l'eredità spirituale del-
tore, come in Le. 13,4, in alternanza l'cvangelo, sono obbligati a sostenerla
con O:µap'tW À.éç ( 13 ,2) 2• materialmente (Rom. 15,27); in Gal. 5,
2 . In senso traslato esprime diversi 3 sottolinea l'obbligo di osservare l'in-
rapporti implicanti debiti e doveri . C"- tera legge che deriva a quelli che accet-
sl Paolo, che una volta aveva persegui- tano il segno dell'alleanza nella circon-
tato l'evangelo, dopo aver ricevuto da cisione; in Rom. 8,12 esprime invece la
Cristo la grazia e la vocazione si sa ob- certezza che il legame con Cristo ba eli-
bligato a recarne il messaggio a tutta minato l'antico rapporto d'obbligazione
l'umanità (Rom.1,14: "EÀÀT)1'1lv 'tE xaL verso la uap~.
F.HAUCK
6cpi}aì..µ6ç ~ vrn, coli. i o 5 5 ss .
. "
T oqn.c;
+Un simbolo di vita.
5. Ri_epilogo.
B. li serpente nell'A.T.:
SOMMARIO:
r. Terminologia.
A. li serpente nell'anlichità: 2. La natura del serpente.
Può darsi che in questi miti abbia in- Ningizzida - un parallelo di Asclepio -
fluito la credenza che l'oceano primor- e di Ereshkigal 28 ; anche il dio della
diale avvolgesse il mondo come un ser- profondità delle acque, Ea, è collegato
pente, ma vi ha parte anche la nocività :il serpente 29• L'uso seriore egiziano di
dell'animale. Specialmente il serpente assegnare come simbolo agli dèi il fal-
egiziano Apofìs, come i suoi sopranno- co e alle dèe il serpente 30, è sorto pro-
mi dimostrano, è simbolo di malvagità babilmente dall'idea che la terra e la
e danno u. Nelle religioni dualistiche il femminilità fossero strettamente con-
serpente diventa l'animale demoniaco giunte 31 •
nel senso più rigoroso del termine. I In Grecia il serpente non è origina-
Persiani lo collocavano fra gli animali damente collegato agli dèi olimpici J 2 ,
di Ahriman 25 • In Palestina si può so- ma alle divinità della terra, come Eca-
spettare in ogni serpente la presenza di te, Demetra e Core. Anche il serpente
un ginn, uno spirito maligno 26• posto accanto ad Atena nella sua città
rinvia al dio ctonio Eretteo 33 , e il dio
3. Natt4ra terrestre del serpente della salute, Asclepio, che è sempre ac-
compagnato dal serpente, fu all'inizio
Queste ultime immagini del serpen- un dio della terra di origine tessalica 34 •
te non sono comprensibili se si trascu- Cicreo 35 , Sosipoli 36, Cecrope 37 e molte
ra il carattere terrestre che costituisce nitre figure mitiche, che facevano par-
l'aspetto più importante di tutto que- te originariamente di «una fede preo-
sto simbolismo. Il serpente è l'animale merica e forse in parte preellenica» M,
ctonico per eccellenza; per questo è a- c'introducono nel rapporto, cosl svilup-
scritto di solito alle divinità infernali. pato nella mitologia greca, del serpente
In Babilonia esso è figlio della dea del- col mondo dei morti39 • Ne fa fede, ad es.,
la terra Ka-di n ed è l'animale sacrn cli Artemidoro, che fra gli dèi a cui è sacro
in certi sogni d'incubazione compare il talità degli Egiziani che solevano par-
serpente risanatore quale rappresentan- lare dell'alito infuocato e annientatore
te del dio 59 e anche altrove la sua com- del serpente -7 col. 30; era sorta di
parsa è indizio d'intervento divino 60 • qui l'idea dell' «occhio fiameggiante di
Infine il serpente stesso è ritenuto un Horus»M.
dio e adorato come tale. In Babilonia e- In molti luoghi si venerava un ser-
sisteva la divinità-serpente Sahan, og- pente domestico: in Babilonia ed in E-
getto di culto in Der e menzionata nei gitto si mantenevanò serpenti nei tem-
giuramenti 61 ; la fede popolare egiziana pli 65 e più tatdi sul Nilo ogni casa e
conosceva una dea-serpente 62 ; prima ogni luogo sano aveva il suo serpen-
dell'unione del regno il serpente Buto te 66• In Roma valeva la massima: nul-
era la divinità principale dell'Egitto in- lus ... locus sine genio, qui per anguem
feriore 63 • Filone di Biblos cita Sanchu- plerumque ostenditur 67 • In Grecia il
niathon: "t"i]\I µÈ.v oùv -cou opcixov""toç culto di ZEùc; K..1)a-Loc; e di ZEùc; MEt-
q>UO"LV xaì. -rwv Oq>EW\I a\hòc; È~EilEla )..l:xLoc; in forma di serpente e quello
O"E\I ò Tav-c6c;, xaì. µE'r' a\hÒ\I a.ùihc; analogo dei figli di Giove (Atòc; xou-
<I>olvtxÉc; -CE xaì. Alyu'Tt-ctot. II\IEVµa"t"t- pot) si riallaccia al culto del dio dome-
xw-ca"t"o\I yà.p -cò sl;Jov 1ta\l"t"WV "t"WV stico e risale forse fino all'epoca minoi-
Ép7tE-cwv xa.ì. 7tupwoEc; v7t'm'.rtou 1tC1.pE- ca 68 • Bisogna ricordare infine il primor-
o61lri, «lo stesso Tauto divinizzò la na- diale serpente egizio Knef 69 e la parte
tura del drago e dei serpenti e, dopo di analoga che ha il serpente nella cosmo-
lui, i Fenici e gli Egiziani. Da lui in- gonia orfica 70 • Gli echi di questa conce-
fatti fu tramandato che questo animale zione giungono fino alla letteratura ma-
è il più alitoso e igneo di tutti i retti- gica 71 •
li». In questa citazione trnspare la men-
ducibile alla differenza fra il serpente 33; Is. 11,8; Ps. 91,13), a cui fanno da
parallelo ~i/'oni (Js. 11,8) 76 e 'e/'eh
velenoso e il serp::ntc innocuo. Ciò che (lob 20,16), che sono pure paralleli
invece ha procurato al serpente un ruo- d'altri termini (Ier. 8,17; Prov. 23,32 e
lo così importante nel mondo delle re- Is. 30,6; 59,5). Sono hapax leg6mena:
s<ft/on (Gen. 49,17), 'ak'Sub (Ps. 140,
ligioni è stato il su::> potere di uccidere 4) e qippoz (Is. 34,15). Di tutti questi
congiunto alln sua estraneità, all' «alte- nomi, che designano specie cli serpenti
rità totale» della sua comparsa, alla sua velenosi (eccetto qippoz) iLXX traduco-
no con oqnç solo 'ef'eh in lob 29,16 77 •
«misteriosità». Però alla luce dell'Anti-
Va oltre il campo zoologico h desi-
co e del Nuovo Testamento l'elevazio- gnazione d'una specie di serpel"\ti con
ne di questo animale scaltro, legato al- siiriif. Nel racconto del serpente di
ln terra, nocivo e così distante dall'uo- bronzo, in Num. 21,6, sono chiamati
hanncpiis1m hafS<rii/lm (Deut. 8,15 : nii-
mo, a cangiante simbolo dell'essere di- hiis siirii/), e in Num. 2 I ,7 .9 semplice-
vino è il segno inquietante d'una con- mente niipiis, gli aspidi letali che mor-
fusione tenebrosa .fra Dio e il demonio. devano gl'Israeliti.
Con esatta corrispondenza è chiama-
W. FomtsTER to Sara/ al V. 8 (invece n"has n•boJet
al v. 9) l'immagine di bronzo fotta· scol-
pire da Mosè. Il termine siirii/ di Num .
72 --+ WUNDT II 3,174, parla d'un «ondeg- 75 Tralasciamo qui una possibile identifica-
giamento dcl sentimento, che si riscontra do- zione di certi nomi" ebrair.i con specie di ser-
vunque si tratti dcl demonico». penti conosciute.
73 H.B. TRISTRAM, Tbe Fauna amJ Flora o/
i.I ls. 14,29: !efa'.
Pa/estinc = The S11ruey o/ Y(f es/cm Palesi i·
!IC 4 ( 1884) 140. 71 I LXX traducono talvolta tutti 1 nomi e-
7~ --+ BAUDISSIN, Symbolik 281 ss.; A: Soc1N, braici citati con àcntlc; e usano inoltre ~c.t.<T~ ·
art. 'Schlange' in B.\V.; P. T1-10MSEN, art. >..laxoç, opàxw\I, XEpàa-n1c;. ÈX~\loc;. Lo l 'fl-
'Schlange' in M . EBERT, Reallcxiko11 der Vor· /011 di Ge11. 49 1 17 non ha un equivalente
geuhichle x1 ( 1927-28) 264 s. greco.
ocpL<; B I -2 (0. Grcther/J. Fichtner) (v,572) 40
2 I A ss., dove non v'è cenno che faccia tica (~II, coli. 1465-1472)ro.
pensare a un carattere soprannaturale niipiis è il nome che corrisponde al
di questi serpenti, indica quindi una genere 'serpente'. Però talvolta è usato
specie velenosa non meglio determinatn come parallelo a nomi di specie (per
di ofidi del deserto o la loro immagine. es. in Gen. 49,17; Ps. 58,5; 140,4;
Invece siirii/ me•ojèf (ls. 14,29; 30, Prov. 23,32) e il suo collegamento con
6) si riferisce a un serpente zoologica- concetti parzialmente mitologici fa ca-
mente inconcepibile, a un prodotto del- pire che esso è un termine insieme zoo-
là fantasia popolare che s'incontra an- logico e religioso. Essendo considerato
che fuori d'Israele; non esistono infat- impuro e non venendo mai tenuto co-
ti dei serpenti volanti 73 • me animale domestico dagli Israeliti la
Totalmente ibridi sono i scriz/lm, es- differenza dei pagani, ~ n. 1 2 e col.
seri provvisti di sei ali, che circondano 36), il serpente non poteva far par-
il trono di Jahvé in Is. 6,2 .6 . Anche i te degli animali da sacrificio. Era con-
tannin congiungono nature diverse; siderato impuro perché fra i popoli con-
questo termine è posto in Deut. 32,33 finanti con Israele era oggetto di culto.
e Ps. 91,13 accanto a peten e in Is. 27, Il termine oq>~c;, usato 29 volte dai
l e Ps. 74,13 s. accanto a liwjiitiin e LXX per tradurre nii/Jiis (~ col. 49 ),
designa in Gen. 1,21 (e in Ps. 148,7?) ne è un equivalente quasi del tutto cor-
un grande pesce di mare, in Ex. 7 ,9 s. rispondente, ma designa soltanto i ser-
x2 e passim un grande serpente vele- penti di terra . In Am. 9.3 e Iob 26,13,
noso, in lob 7, I 2 un mitico mostro ma- dove, secondo il contesto o perlomeno
rino, un drago nemico di Dio; in I s. secondo l'opinione del traduttore gre-
51,9 (par. di rahab) e passim significa co, si tratta d'un serpente di mare,
l'Egitto e il suo sovrano. Anche con LXX rendono niil;iis con op<bcwv.
liwjiitiin (in Is. 2 7 ,1, posto accanto a
tannln e designato come serpente) s'in- 2. Natura del serpente
tende indicare un essere mitico e ne-
mico di Dio; cfr. Ps. 74,13 s.; lob 3, A differenza delle concezioni spesso
8 79 • In Ps. 104,26 e lob 40,25 liwjiz- molto fantastiche dei Greci e dei Ro-
tiin designa un grande animale acquati- mani, l'A.T. dimostra una conoscenza
co (il coccodrillo?), ma anche in questi zoologica quasi sempre oggettiva di
passi non smentisce la sua origine mi- questo animale 31 • Ne mette in rilievo
73 Gli Arabi, per esempio, credevano che e- ten?), br!J e bJn 'kl!n. I LXX traducono liw-
sistessero nel deserto dei serpenti volanti e iiitim e la1111l11 per lo più con òpaxwv e una
li consideravano esseri demonici. volta con xi)-roc;, mentre in Aquila, Simmaco e
79 Cfr. G. HoLSCHl!R, Hiob = Handbuch Teodozione si trova spesso la trascrizione
zum A.T. I 17 (1937) 1:;. AEuLai}av.
80 Particolarmente chiara è l'origine del Le· BI Se nell'A.T. si supponga veramente che il
viatan dalla mitologia non israelitica in Is. serpente mangi polvere è una domanda a cui
27,1, dove, per descrivere il trionfo escatolo· si risponde secondo che si prendono in sen-
gico di Dio sugli imperi del mondo sono u- so letterale o figurato i passi di Ge11. 3,14 e
sati termini mitologici che si ritrovano - col- Mich. 7,17 (cfr. Is. 65,25); forse si tratta di
lo stesso ordine - nel mito ugaritico sulla un'immaginazione derivata dal fatto che certe
morte di Baal: liwiiil1m, nii!JiiJ bariah e specie di ofidi sputano saliva sulle vittime
nii~iiJ 'ìiqalliito11 (dr. Syria 15 [ 1934) 305 prima di divorarle, per cui la polvere si ap-
=
ss.): ltn (forse :::: /OJan, da /wJn), bJn f pe- piccica alla loro bocc:i [comunicazione orale
ocp~ç B 3 (). FichtnerJ
3 egli vuole raccontare come è avvenu- 111~ mai il male sia potuto entrare nel
ta questa rottura. Questo capitolo del- mondo creato da Dio 95 •
la Bibbia non è una raccolta di eziolo- In questo contesto va detta una pa-
gie particolari, ma tratta dell'esistenza rola sul cosiddetto protoevangelo di
presente dell'uomo, che ha origine nel- G~·il. 3,15. L'alterazione dell'essere del
la perdita del paradiso dovuta all'al- s~rpcntc prodottn dalla maledizione ri-
lontanamento da Dio. Quello che qui guarda da una parte la sua natura ani-
importa è «l'uomo e la sua colpa» 92, e ma le, la sua costituzione (il modo di
la circostanza che la tentazione provie- muoversi e di nutrirsi) e dall'altra il
ne dall'esterno è ben più d'un detta- suo rapporto coll'uomo, che da una
glio dovuto a «un'esigenza descrittiva» C;)Csistenza apparentemente pacifica
indicante un processo interiore dell'uo- (nei riguardi di Dio!) si trasforma nel
mo 93 • Coi tratti del serpente che sm- coatrasto perpetuo cl'un'inimicizia mor-
passano la natura animale lo Jahvista tale. La decisione divina è una condan-
accenna in modo enigmatico e velato a na che colpisce il genere dei serpenti;
una potenza nemica di Dio, che ha con- ma non si deve dimenticare che la ma-
tribuito ad allontanare l'uomo da lui e ledizione di qu:':sti tcttili cambia anche
resta una minaccia mortale per la vita la situazione dell'uomo e annuncia per
degli uomini di tutti i tempi. Egli non lui una minaccia m:>rtale e permanen-
identifica il serpente con un demone o te. Questa minaccin mortale non. com-
un anti-Dio 91 - e come poteva farlo prende soltanto il pericolo d'essere
nella sua posizione di difesa contro le morso dal serpent~, a cui è esposto
religioni contigue? - ma accenna al mi- I 'uomo singolo 96 - ciò non corrisponde-
stero di questo insolubile problema: co- rebbe al carattere teologicamente cosl
91 G. v. RAD, Das ersle B11cb Mose, cnp. c- 11aissa11ce d11 Bie11 e d11 Mal e le Péché d11
12,9, A.T. Dcutsch ( 1949) 70. Paradis, Analecta Lovanicnsia Biblica et. Q .
riei1talia H 3 [ 1948]).
93 Così pensn v. RAD, l.c. (~ 92), che però
subito dopo parla dell'«avversario dell'uomo», 9
1
Per tacere di 'Satan~', a cui l'A.T. attri·
che resta «per tutto il racconto ... un incognito buisce Ja. funzione di nnti-Dio solo nell'età più
difficilmente definibile, un enigm~ mai de:i- tarda. L. Ko1uER, o.e. (~ n. 89) 164 s.
fratO>>. Simile è l'opinione di G. QUEL!. ~
r, coli. 764 ss., il quale tuttavia soggiunge che
9-' Cfr. HEMPEL, o.e. (~ n. 84) 228 e E1cu-
lo Jahvist~ avrebbe introdotto il serpente per RODT, Theol. A.T. Ili 96, n. r.
far capire «che l'uom:> peccatore cade in pre- 90 E neppure l'ostilità fra l'uomo e l'animale
da a una potenza estranea». J. COPPENS rav- in genere. Nella storia delle origini la posi-
visa nel serpente di Gen. 3 il simbolo delle zione creaturalc dcl genere umano verso le
deità cananee della vegetazione e interpreta specie animali subisce un 'alterazione fonda-
il suo intervento come un tentativo dì assog· mentale soltanto al cap. 9 <lei G::nesi (fonte
gettare l'uomo agli dèi della terra (La Con- P!).
ocp~ç B 4 (j. Fichtner l
significativo di Gen. 3, dove si pensa a tibile, nella forma attuale, d'una inter-
tutta l'esistenza umana, con le sue sof- pretazione teologica ben definita 99 • È
ferenze, le sue fatiche e la sua mortali- uno dei vari racconti della tradizione
tà dovute alla colpa dell'uomo - ma si sull'esodo e sulla traversata del deser-
tratta inoltre e soprattutto di quella to che narrano le proteste del popolo
più profonda minaccia che proviene da contro il piano salvifico di Dio, il suo
una potenza insidiosa e nemica di Dio castigo contro i rinnegati e il suo soc-
che cerca continuam-:nte di indurre corso misericordioso. Racconti di que-
l'uomo alla disobbedienza e di espor- sto genere si trovano in tutte le fonti
lo così alla morte 97 • Secondo Gen. 3 del Pentateuco, nelle più varie for-
non c'è scampo da questa minaccia nel- me 100, e ogni volta la parte decisiva è
la presente creazione decaduta. In assegnata a un atto miracoloso del Dio
quanto Gen. 3,15 non parla di una fine dell'alleanza in favore del suo popolo.
del contrasto fra il 'serpente' e l'uo- La storia del serpente di bronzo costi·
mo 98 , non si può considerare questo tuisce forse un caso speciale in quanto
verso un protoevangelo. Ma in quanto qui non si tratta d'un aiuto che Dio of-
nella nuova creazione - iniziata da Dio fre incondizionatamente a tutto il po-
coll'inviare nel mondo il Figlio suo - polo - come per es. nell'invio della
le potenze antidivinc sono sottomesse manna (Ex. 16,1-21) o nel dono dell'ac-
per mezzo di Cristo, il messaggio cri- qua fatta scaturire dalla rupe (Ex. 17,
stiano può celebrare in Cristo il vinci- I·7; Num. 20,2-13) - ma d'un aiuto
tore del serpente. concesso all'individuo a condizione che
guardi al simbolo elevato in mezzo al
campo. Non deve però passare inosser-
4. Num. 2I
vato che il nostro racconto, nella for-
La storia del serpente di bronzo ma attuale, non intende rilevare un ef-
(Num. 21,4-9; cfr. Deut.8,15) è suscet- fetto magico dello sguardo rivolto al
97 Cfr. Gen. 6,i-.~ e 6,5 ss. e i molti passi zioni religiose che potrebbero fare da sub-
dell'A.T. che rilevano l'intimo rapporto esi- s!rato a Num. 21,4 ss. Vengono addotte co·
stente fra la morte e il peccato. me parallele certe· operazioni di magia simpa-
98 Non ha fondamento sufficiente l'opinione tetica (dr. H. GRESSMANN in: Die Schriflm
che nella condanna alla lotta interminabile des A .T . ili Auswabl t 2 ( 1922] 99) e come
frn il serpente e l'uomo sia implicita nella termini <li confronto le verghe-scrpenci asso-
mentalità degli antichi orientali anche la spc· ciate agli dè1 guaritori {A .0.B., fig. 367 ), ol-
ranza di un salvatore, di un vincitore del tre a molte altre analogie.
serpente; se fosse cosl, il testo dovrebbe al· IOO Cfr. Ex. 14,9 ss. ; 15,22 ss.; 16,1 ss.; 17,1
meno accennarvi. ss. (par.N11111. :rn,2 ss.); Num. 11,1 ss. 31 -34;
99 Qui non è possibile ·trattare delle conce· i7,6 ss.
5qn<; ( I (\V/. foerster)
IUI L. GOPPELl', Typos ( 1939) .v.o. 4uesto passo), sarebbe possibile una quanuta
IOl Questa identità è sostenuta da ElcHRODT, d'intcrpretazioni che vanno dalla divinità cto·
Theol. A.T. 49 s., il quale poi è costretto a nica al serpente celeste fino al totem; se in-
concedere che nel racconto elohistico di Nr1111 . vece era un oggetto-<lei culto jahvistko, non
2 r «il significato della verga quale simbolo
era sicuramente un'immagine di Jahvé (per
di comando viene soppresso o è andato per- quesfo mancherebbe ogni aggancio), ma un
simbolo dell'aiuto misericordioso di quel Dio
duto» (ibid. 49, n. 9).
dell'alleanza, la cui potenza salvatrice era sta-
101 È vero che in 2 Reg. 18,4 il n' huitiin è
ta ripe tutamente dimostrata al popolo d'Israe-
chiamato espressamente 11'J?ai hann'ljoiet 'a- le dall'esodo in 1>oi. Non è escluso che N11m.
ier 'Ma moieb, «il serpente di bronzo fatto 21 ,4 ss. inccnda provare proprio la legittimità
da Mosè», ma non è certo che questa di quel simbolo cultuale.
interpretazione corrisponda al significato o·
riginario del Nehustan. Ammesso che fos- 101 Teodozione ha Ti À.a:-coµi]O"a:O"et. 1tÀ.a-co:;
se un simbolo cultuale derivato dai pagani (= rabab ), oiaÀ...Jcret.O'a op&.xov-co: ( = /tlll-
(come gli altri oggetti di culto menzionati in 11in ).
ocp~<; C 2 (W. Foerster)
10:; Èsorprendente anche In traduzione di Ps. 110 Sul problema se in questi passi si pen-
104 ( 103),26, dove il Lcviatan, «Creato per si a una seduzione sessuale di Eva da par-
divertirsi nel diventa il Sp&:xwv, 8v
m'ltC» , te del serpente, vedi A. DE1SSMANN presso
~'TtÀtt<T«<;, tµ'ltal>;t~v
aò-rr{l, che probabilmen- KAUTZSCH, Apkr. 1111d Pseudepigr. a 4 Macb.
te significa: «per farsi beffe di lui». Secondo 18,8; LIETZMANN e \VJNDISCH, 2 Kor. a u,3.
i rabbini Dio si diverte con lui ogni giorno 111 Qui il serpente è descritto coi tratti del-
(STRACK-BILLERBECK Ili 160; IV u59).
l'egiziano «divoratore infernale».
106 STRACK-BILLERBECK li 200 s. 112 Edito da M.R. }AMES in TSt 11 2 (1892)
107 STRACK-BILLERDECK I J74 s. 99,17.
IOJ:I STRACK-BILLERBECK I 115, in alto. llJ BousSET-GRESSMANN 499: «Peraltro, il
lt>'J STRACK·BILLERDECK rv 1128, in alto. significato originario è completamente dimen-
53 (v •.:m> O(j)L<; e 2 (W. Foerstcr) (V,577) 54
forma di serpente iu. Ciò che resta del invidia del diavolo la morte entrò nel
mito è il rapporto del Leviatan col- mondo». Più tardi il serpente è defini-
l'abisso primordiale 115 e il suo alito in- to uno O"XEvoç o un Mvouµa. di Satana
fuocato 116 • Gli pseudoepigrafi e i rab- (apoc. Mos. 16 119 ; Bar. gr. 9 120); infine
bini parlano del Behe1r.ot e del Levia- si perviene ali 'identificazione completa
tan soltanto quando trattano del tem- dei due esseri 121 • Nella letteratura rab·
po messianico, quando questi mostri binica, in Lev. r. 26 a 2 l ,4, è conserva-
saranno dati in pasto ai giusti 117• ta una tradizione di Simon b. Johaj
c) Il serpente dell'Eden. Una volta (verso il lJO d.C.) che identifica il ser-
formato il concetto di Satana, era na- pente coll'angelo della morte, cioè con
turale spiegare l'ambiguità misteriosa Satana 122 ; in Ab.R.N. 1 (a metà) il ser-
del serpente di Gen. 3 ( 0 coll. 44 s.) pente è chiamato «il malvagio», che è
collegandolo alla potenza avversa a Dio. uno dei nomi di Satana (~ II , col. 941
Negli pseudoepigrafì più antichi (I uh. n . 42). Qui basti accennare di passaggio
3,17 ss.; Bar. syr. 48,42), in Giuseppe alle speculazioni rabbiniche su una for-
(ant. I,4I) e nei rabbini 118 il serpente -ma originariamente diversa e più gran-
dell'Eden non è messo ancora in rap- de del serpente 123 •
porto col diavolo, però in questi scrit- Modificano più radicalmente il _rac-
ti si comincia già a cercare il significa- conto biblico le speculazioni sui moti-
to del serpente. Fa pensare invece a vi che avrebbero spinto ad agire il ser-
considerazioni più elaborate sul rap- pente dell'Eden. Si indica cosl l'invi-
porto del serpente col diavolo il detto dia, di cui parla Sap. 2,24 e anche la
di Sap. 2,24: <pi>ov~ oÈ oiet.~6)..ou M- letteratura rabbinica m, la gelosia per
va...-oç ElufjÀi}Ev EÌç -ròv x6uµov, «per Ia felicità di Adamo 125 e soprattutto per
il cibo a lui imbandito dagli angeli del 11.ÙTÒc; H.i>wv (wc; èivì)pw1toc; µE"t'à ù.v-
servizio 126, il desiderio di dominare il l>pw1tW\I foi>lwv xa.t 1tlvwv) xa.t auv-
mondo 127 , il rifiuto di sottostare ad A- -r plfjwv "t'i]\I xapa\I TOU opci.XO\l'C oç, È1tt
damo 128, o la libidine sessuale 129, con- "t'ou voa.'(oç,, oÙ"t'oç crwcrEL TÒv 'Iapa'Ì]À.
fondendo sempre la radice del male, xa.t mi-.i-ra ·dx. EWTJ (i>Eòç, Elç, avì)pw-
che è d'una profondità insondabile, con 'ltov Ù1toxpwéµEvoç,), <cfinché l'Altissimo
uno dei suoi virgulti. Ancor meno pro- non visiterà la terra e, venendo lui
fonda è l'interpretazione sessuale della stesso (come uomo fra gli uomini, man-
tentazione di Eva, che ricorda un aspet- giando e bevendo con loro) e, schiac-
to del simbolismo ofìdico più antico ciando la testa del dragone nell'acqua,
(~ coJL 34 s.), cfr. Gen. r. 22 a 41,1 e salverà Israele e tutti i popoli (come
ibid. 18 a 3,r e forse anche Hen. slau. Dio nascosto sotto torma di uomo)})
31,6 uo; questa concezione, secondo cui (le parole fra parentesi sono un'inter-
il serpente avrebbe indotto (hi{!il) in E- polazione cristiana). Poiché xa.t mhòc;
va un elemento impuro (zuhiimà') 131 , ÈÀ.Ì)wv xa.t cruv'tplBwv è una costruzio-
ebbe poi dei riflessi in certi ambienti ne ebraica, è probabile che anche il re-
nistiani e gnostici 132 . Infine si appiat- sto appartenesse al testo originale. Il
tisce essenzialmente il racconto biblico nome del Messia: «figlio della discen-
dove si suppone che Eva sia stata in- denza della madre dei · viventil>, che si
dotta a bere del vino JJJ, quasi che l'al- trova in Hen. aeth. 62,7 e passim, è una
bero della conoscenza fosse una vite, sintesi di Dan. 7,13 e Gen. 3,15 .
oppure dove ci si limita a parlare del-
la seduzione di Adamo e di Eva Ili o d)Num. 2I. Riguardo al serpente di
si dice che Adamo avrebbe arbitraria- bronzo di Num. 21 il commentario tar-
mente dato un'interpretazione troppo divo di Num. r. 19 a 21,6 rn contiene
lata al precetto di non mangiare del- tutte le artificiosità dell'esegesi rabbi-
l'albero 135 • nica senza offrire nulla di sostanziale.
Generalmente i rabbini designano il È importante solo R.H. 3,8 138 : <cAveva
serpente dell'Eden con napiif o ha11- forse il serpente il potere di togliere o
11iipàs haqqadmon'i 136 . Nella letteratu- mantenere la vita? Anzi, Israele guari-
ra del tàrdo giudaismo si trova anche sce quando guarda in alto ed essi as-
un'allusione al 'protoevangelò' di Gen. soggettano il loro cuore al padre ce-
3,15, ma solo in test. A. 7,3: ~wç ov
ò leste; altrimenti deperiscono e muoio-
u\jJLC1'"r0<; Èm<TXÉo/TJWL '('Ìj\I yi)v, XCX.Ì no». Qui infatti il miracolo e la fedl"
126 St111h. b. 59 b, verso h1 fine. Sl!tpcntc come Maria quella dell'angelo. Wrn-
127 Hen. slav. i.9,4 s. Num. r. 8 a 5 16. DISCH, 2 Kor. 323 s.
12s Vit. Ad. 14 ss. 13.' Num. r. lo a 6,3, STRACK-BtLLliRBECK l1l
250, a metà e ibid. n. 2 .
127 Gen. r. 18 a i.,25 {R. Josua b. Qorha, tan-
131 S. De111. § 323 a 32,32 s., STRACK-Bll.-
naita).
LERBECK I 11,5.
l.JO BoussET-GRESSMANN 408 s.
131 Shab. b. 145 b -146 a par.; WEBER _219. m Ab. R. Nat. 1, a metà, dr. Gen. r. 19 a 3,2,
STl\ACK-BILJ,ERBECK I 694 s.
132 Proloevang. lacobi 13. Hipp., re/. 5,i.6,22 136 S. De11I. § 323 :i 32,32 s. e passim.
s.; Epiph., hacr. 40,5,3. Non è chiaro se que-
sta concezione si rifletta anche in lust., dia/. 137 STRACK-BILLERBECK Il 425 s .
100,4 s.; qui si spiega soltanto che Eva accol- 138 Pnr. M. Ex. a 17,11 (62 a), STRACK-Bu.-
se (uvÀ.À.a~ovaa := concepire) la parola del Lt:RBECK lii 192; II 426, n metà.
57 (v,578) li<;nç Dr (W. Focrster)
sono collocati suilo stesso piano. An- animale pericoloso e insidioso che si e-
che le parole di Sap. 16,6 s.: cruµ~OAO'' vita e si caccia via: OcpEt<;, ")'EW1)µa-ra.
c;w-rnplaç Elç à.vaµv11crw Èv-roM'jç 'VO·
µov uou, «segno dì salvezza a richiamc ÉXtO'Vwv, nwç cpurTJ•E &.nò -rijç xpl-
del precetto della tua legge», sì riferi- <lEwç -rfj<; yEÉWT}ç;, «serpenti, proge-
scono al serpente di bronzo. Non esso nie di vipere. Come scamperet~ alla
ma Dio, ha salvato il popolo: b yò:r, condanna della geenna?» (Mt. 23,33,
È'lt~O""TpacpEL<; OÙ O~Ò: .-? th:wpouµE\10\"
ÉCi~SE"TO I (J.),J..ò: OtÒ: <lÈ \Ò\I 1tcl\l"TW\I CTW- ---,) rn, coli. 1328 ss.). Nella finale spu-
•fipa, «chi si volgeva a quel segno era ria di Mc. 16,17.18 i segni che 'seguo-
salvo, non in virrì:1 di ciò che vedeva, no' quelli che credono consistono nel
ma per merito tuo, che sei il salvatore
di tutti». cacciare i demoni, parlare lingue nuo-
ve, prendere in mano i serpenti e bere
e) Il serpente e i demoni. Per i rab-
veleno senza danno, guarire gli amma-
bini il serpente è affine alla natura
diabolica e ai demoni in quanto es- lati. Il contesto esclude che il terzo e
sere namrale (non in quanto immagine il quarto segno si riferiscano a forme
o simbolo): secondo Tg . ]. r a Deut. di persecuzione. L'esorcismo dei demo-
32 _.10 139 , nel deserto ululano demoni e
draghi; secondo B.Q. 16 a 140, dalla iena, ni e il miracolo delle lingue sono segn:
passando per le form~ di vari animali e della venuta del regno di Dio. Anche
da ultimo per quella del serpente, ha l'innocuità .d ei serpenti e dei veleni
avuto origine uno sed; in Qid. b. 29 b
si parla di un 'drago' con sette teste rende visibile parte di quella nuova
(tannina') in cui compare uno spirito creazione a cui allude I s. r 1 ,8 e nella
maligno (mazziq }, al quale cade una te- quale è eliminata l'avversità mortale
sto ad ogni preghiera del rabbino 141 . che esiste nella natura.
Però si tratta solo di leggende e detti
occasionali. L'importanza che il serpen- Affine a questo è il passo di Le. 1 o,
cc aveva nel paganesimo spiega il ri- 19 143 . Secondo i rabbini tu possibile
brezzo ..che suscita nei rabbini la sua calpestare senza pericolo scorpioni e
immagine 1 ~2 • 144
serpenti nell'arca di Noè,.-- _ • Di R. Ha.
l'animale morto davanti al suo buco 145• le differenzia: la pietra è inutile, men-
Però si tratta di detti isolati. Forse il tre il serpente è nocivo; il secondo
logion di Gesù allude al Ps. 9I,1 3 146 • membro connota quindi un certo cre-
Secondo il contesto, il potere di calpe- scendo. In Luca invece manca questa
stare incolumi i serpenti e gli scorpio- sfumatura e il secondo membro com-
ni è una conseguenza della caduta di porta un certo calo d'intensità (lo scor-
Satana, ma ciò non vuol dire che que- pione è meno pericoloso del serpente).
sti animali siano «semidiabolici» 147 • Poiché le altre similitudini doppie di
Come nelle parti proprie del vangelo Gesù denotano una leggera mutazione
di Luca - a cui appartiene anche Le. di pensiero nel secondo membro, si può
IO, I 9 - si fa risalire a Satana la ma- concludere che la formulazione di Mat-
lattia (Le. 13,16), così qui si fa dipen- teo sia più originale. Lo conferma il
dere da Satana tutto ciò che è nocivo fatto che il pane ed il pesce erano il
in natura. Questa nocività mediata del cibo principale del popolo semplice che
'nemico' è distinta anche linguistica- abitava intorno al lago di Genezareth
mente (cambiando la costruzione di (Mc. 6a8). Quindi il serpente è qui l'a-
Èl;ovcrlet.) dall'azione immediata della nimale nocivo che non differisce molto
sua ouvcxµLç. Però, sia la minaccia alla dal pesce nell'aspetto, ma è ben diver-
vita naturale sia la volontà di distrug- so nella realtà. Scopo del logion non è
gere l'esistenza personale (~ II, col. semplicemente di sollecitare la fede nel-
788) sono del pari considerate come l'esaudimento della preghiera, ma di
appartenenti al regno di colui che è «o· assicurare che Dio risponde ad essa do-
micida fin dall'inizio». nando cose veramente 'buone'. Nella
Nella similitudine sull'esaudimento vita di fede non è sempre facile rico-
della preghiera abbiamo in Mt. 7,10 e noscere subito queste cose buone, co-
Le. 1 1, 1 1 due formulazioni diverse che me da lontano non è sempre facile di-
hanno in comune il tratto pesce/ser- stinguere i pani dai sassi e i. pesci dai
pente l4S. È proprio della forma di Mat- serpenti.
teo che le due parti della similitudine Ml. IO' I 6 : 'Y l vEcri}E OV\I q>p6vLµ~L wç
dimostrino, nella loro identità fonda- ol OqJEtç xat axÉpaLOL wç a.t 7tEpicr·n:-
mentale, un'innegabile sfumatura che pcxl, «siate dunque scalti-i com~ i ser-
Questa esegesi non può appellarsi a In 1 Cor. 10,9 Paolo allude all'intro-
I Tim.2,14 s . , perché qui Paolo vuole duzione dell'episodio del serpente di
accennare alla facilità con cui Eva fu bronzo; forse si appoggia anche alla
sedotta da un'abile argomentazione -
Él;amnT)iki:<Ta è infatti posto prima di formulazione ed interpre tazione di 4i
Év 7tapa~a<TEL yÉyovev, «si rese colpe- 77,18 . In Io . .3,14 s. Gesù stesso si ser-
vole di trasgressione» - il che rende la ve di questo racconto per ricordare il
donna inadatta all'insegnainento e quin-
significato salvifico della sua elevazione
di le suggerisce di restare nel suo cam-
po naturale. <~Compiendo i suoi doveri (-> ù4i6w): come era risanato soltanto
di madre» essa sarà salva restando nel- chi guardava il serpente, così ottiene
la fede e non occupandosi di cose a lei salvezza solamente lo sguardo credente
estranee, come è l'insegnamento nella
comunità. In 2 Cor. 11 ,3 si potrebbe rivolto a Cristo 153 • Questo riferimento
spiegare la scelta di <pì)apft - termine :i Cristo inaugura un'applicazione del
1s2 Z AHN, Rom. e ScHLATT ER , Rom., ntl l. J;3 GOPPELT, o.e. 1~ n . JOJ J 220.
<l<pL<; E (W. Foerster)
passo biblico diversa da quella 1·abbi- va, Caino, Faraone, Erode e Caifa, co-
nica (~ coll. 53 s.). me consanguineo del drago che sta ol-
tre l 'oceano e si morde la coda e come
Il N.T. si differenzia dai miti pagani figlio del demiurgo 158 • I vi Oq>Lç è an-
anche in Apoc. r 2 m. Il serpente, che che un nome del diavolo 159; nell'inno
in quei miti aveva un ruolo così splen- della perla e nell'affine preghiera di Ci-
riaco 160 è detta opaxwv la materia che
dido, diviene nell'immagine apocalitti-
attira l'uomo verso il basso. Questa be-
ca la minaccia estrema della 'vita', sen- stia sta in rapporto col male anche in
za che questa insidiosa potenza dell'a- altri passi di questi scritti 161 , nella let·
bisso acquisti un'aureola divina. La fe- teratura mandaica 162 e in Od. Sai. 22,5
(il serpente dalle sette teste ).
de cristiana è contrnria all'adorazione Nelle sette gnostiche il serpente rico·
del serpente. pre un ruolo difforme: in quanto incar-
aazione del principio cattivo (la mate-
ria) e in quanto simbolo del bene. In
E . LA GNOSI
Iren., epid. 1,30,5, il vouç, avvolto in·
Nella gnosi il serpente ha un rnolo torno a se stesso come un serpente, è
il capo del principio cattivo, ma il ser-
molteplice e disparato, per lo pit1 come pente dell'Eden è inclinato al bene dal-
simbolo del male. la Sofia (ibid. 1 ,30 ,7 ). Secondo alcuni
Negli Atti di Filippo si allude al gnostici la Sofia stessa si sarebbe incar-
culto dell'EXLOVO: nell'Asia Minore 155, nata nel serpente dell'Eden e così si sa-
ma presentando il op&.xwv come forma rebbe ribellata al demiurgo (ibid. 1 ,30,
epifanica di Satana: ò ocptc; ò 1tOVi)pÒc; I 5 ). Questa ambivalenza del serpente
oxÀoç
LIDDELL-SCOTT, MOULTON-MILL., PAPE, PAS- Eire. I 484 s.; R. MEYER, Der 'Am hii-'aref:
sow, PREUSCHEN-BAUER '. STEPHANUS, Tht•- Juclaica 3 (1947) 169-199; C.G. MONTEFIORE,
saurus linguae Graecae, s.v. Per il punto C: The Hibbert Leetures (1892} 497-502; Moo-
S. KRAUSS, Grieeh. 11nrl lai. Lehnwortcr Il RE 1 60.321; II 72s. 157-161; ScHiiRER' u
( 1899} 18 s. Per il punto D : P . JouoN, 5x)..oç 4.54-468-475 (qui bibliografia meno recente};
ou sens dc «pe11ple, population» dam le grec STRACK-BILLERBECK Il 494-519; E. WURTll-
d11 N.T. et da11s la lei/re d'Arislée: Rechcr- WEIN, Der 'am ha-arez im A.T. = BWANT
ches des Sciences Religicuses 27 { 1937} 618 4 F. 17 H. ( 1936 }; ibid. 1 n. 1 altra biblio-
s.; J. AnRAHAMS, 'Am ha-'Areç, in C. G. grafia .
MoNTEFIORE, The Synaptic Gospels 11 (1927} 1 L'etimologia del termine è molto incerta;
647-669; BousSET-GRESSMANN 165.187 s. vedi WALDE-POKORNY r 41.147. È probabile,
391; A . BiicHLER, Der galiliiische 'Am ll<l- ma oscura, l'appartenenza ad oxÀoç cli ÒXÀl-
Ares des 2. ]ahrhunderts ( 1906}; S. BIALO- l'.,w, allo11ta11are con fatica (Omero) e ÒXÀÉw,
BLOTZKY, art. 'Am ha-Arez' in EJ li 535- far rotolare via (Omero). Vi appartengono
541; L. fJNKELSTEIN, The Pharisees (1938) invece certamente ÒXÀÉW nel senso di dìst11r-
passim; A. GEIGER, Ursehri/1 u11d Oberset- bare, molestare (class.) cd 6voxMw (usato da
;u111ge11 der Bibel' (1928} rp; S. HAMBUR- Aristofane in poi e ricorrente anche nelle i-
GER, Reale11cyclopiidie f iir Bibel und Talmud scrizioni, nei papiri e nei LXX, in Le. 6,18
II (1896) )4-56; J .A. SELil!E, art. 'People' in ed Hebr. 12,1.5}. Il senso fondamentale sem-
HASTINGS, D.B. m (1900} 742 s.; D. EATON, bra essere ressa, turba disordina/a [DEBRUN-
art. 'Pharisees', ibid. 826 s.; K. KoHLER, Jew. NF.R].
ox>.oc; A I-2 (R. Meyer)
dere in pubblico, Eur., Or. 108; dr. mica». In praem. poen. 20 anche Filo-
Eur., Heracl. 43 s. Sulla comparsa di ne esprime sul volgo un giudizio etica-
fronte al grande pubblico ( oxÀoç) per mente spregiativo: o 'ti yà.p c/.'taX'tOV,
ottenerne il favore si parla in Plat., axoaµov, TI:ÀT]µµEÀÉç, Ù1t()'.l'ttOV, 'tOVTO
Gorg. 458 e; cfr. ibid. 502 c: TI:oÀÙc, o- OXÀ.OC, Éa'tl, «Se c'è una COSa disordina-
XÀ.oc, xat ofjµoc,; Xenoph., sym. 2,18: ta, caotica, malfatta, riprovevole, que-
Èv oxÀ.cp, davanti a tutta la gente. A sta è la folla» 4 • Secondo vii. Mos. 1,
quanto sembra, Èv OXÀ.!{J ha lo stessq si- 197 la grande massa è instab.ile; in Ios.
gnificato in una lettera egiziana (P. 58 ss. Filone fa vedere come la plebaglia
Petr. n 4 16,16): oEwòv yap Ècrnv Èv che si appropria l'uomo politico (wvou-
OXÀWL CÌ:nµaSEO'~CU, «è terribile esser µEvoc, 't'ÒV 1\0ÀLTLXÒV OXÀOC,) Ìn realtà è
disonorati davanti al pubblico» ( 2 55 ! politicamente impotente (EÙvouxoc,) e
54 a.C.); così pure in un testo magico, corre dietro alle sue brame ciecamente
dove si chiede il successo in una corsa come un uomo dietro una donna: µvci-
ippica (P. Oxy. XIJ 1478,4): Oòc, vEl- 't<H yàp OXÀOC, Èmi}uµLO:V WO'TI:Ep ClVTJp
XTJV ÒÀ.oxÀT)plav a [-r] a.olov xat oxÀou, yuvai:xa (ibid. 60). Da parte sua il vol-
«dammi una vittoria completa davanti go spregiato è indifferente, o meglio o-
allo stadio e al pubblico» (sec. m/1v stile, al destino delle cbssi dirigenti
d.C.). (I-Ierodian. 7 ,3 ,5 ).
e) Alla moltitudine del volgo vengo-
no inoltre contrapposti il singolo ari- 2. Schiera, truppa, esercito_ In senso
stocratico e la class~ dirigente politica militare oxÀoc, è usato parlando: a) del-
o culturale. Allora oxÀoç serve a defi- le truppe leggere, Thuc. 4,56,1 : oxÀoç
nire la gente anonima, la plebe, di fron- 'tWV ljJLÀwv; cfr. ibid. 7,84,2: &U.oç
te alle classi superiori e alle varie auto- oxÀ.oc,, l '«altra truppa», oltre la . caval-
rità, come avviene per es. in un rap- leria; b) nel senso di massa sbandata si
porto militare d'età tolemaica: aÀÀ.oç legge in Thuc. 6,64,1; 7 ,78,2 e in Xe-
ox[Àoc, fo·mp]avwµÉvoc, (264 a.C_f. noph., Cyrop . 4,2,6; c)significa invece
Un resoconto giudiziario nana come un la massa dei soldati semplici, la trup-
certo Ficione fu consegnato al popolo pa, in Xenoph., Cyrop. 6,1,26: oxÀ.oç
dal governatore Settimio Vegeto: a!;ioc, 'tWV O''t'pa'ttW'twv; <l) insieme con µta-
µ[È]v Tic, µacr·nyw~fjvm ... xapl1;oµm l>ocp6poc,, oxÀoc, designa la truppa mer-
ÒÉ O'E 'tote, oxÀ.oLc, (85 _d.C.) 3 • Perciò cenaria in Thuc. 3,109,2. Per oxÀ.oc, nel
oxÀ.oç significa spesso la massa priva senso di forza militare vedi Ditt., Syll.'
di scopo e· direzione, la plebe senza im- 700,2 2 ss.: <rVVE'TtEÀMV'tOC, ... Tlna \Ou
portanza politica e culturale. In leg. 2, 'tWV Mo:lowv ouvaa'tOU µE't'oxÀ.[ ou
670 b Platone nega alla massa la capa- 1t ]Àdovoç, «essendo sopravvenuto Ti-
o
cità di giudicare; yEÀoi:oç yà.p yE no- pa, signore dei Medi, con una maggiore
Àùc, OXÀ.OC, 'Ì)youµEVOC, txa.vwç "'(t'YVW· forza militare» (117 a.C.); ibid.709,8
vxELV 'tO 't'Eùapµoa'tov xat Eupul>µov s.: Ilo:À.chov oÈ 'tou .LxuMv (3acnÀE~oc,
xal µ1], «è ridicola infatti la grande alqwLolwc, Em(3aÀ.6v't'OC, µE'tà oxÀ.ou
moltitudine se pretende di conoscere 1.oÀÀov, «avendo Palaco, il satrapo del-
bene ciò che è o non è armonioso e rit- la Scizia, fatto un assalto improvviso
2 MrTTEis-\XlrLCKEN 1 2,1, col. IIl 22 s. ~ Cfr. anche pumxpw-.cx:toç oxÀoc;, (jla teppa
3 P. Fior. 1 61,61; DEISSMANN, LO. n 9. piì1 sporca», Dion. Hft l., ani. Rom. 9·H·
oxÀoç A 2-5 (R. Meyer)
Ecrop., 1 e 2 Mach., Sap., Ier., Ez., Dan. I. nei libri canonici vuol dire: a) tur-
(LXX e Theod.). Corrisponde ai termi- ba di popolo, folla. In Dan. 3A (LXX):
ni ebraici ham6n, /Jatl, {a/, 'am, qahal, EXT)pvt;E 'tOtC, ox}.o~c, corrisponde a qii-
rabbim, m"'asséf, q"hilla. Dove il te- re' "b<(1ail, «diceva con voce forte, gri-
sto non è corrotto 1 ~ o non è impossibi- dava», equivocando sul senso di hai!
le decidere quale fosse il senso inte30 che qui significa forza e non esercito 1s'.
dai traduttori u, ha i seguenti significa- Significa anche : turba rumoreggiante:
Dan. 10,6 (Theod.): wc:; q>wv-fi ox>..ou rab. In Dan.11 ,10-13.25, dove hiim611 e
( = k"qol hamon; LXX: wcnt qiwvi] i}o- baU, sia da soli çbe insieme (II, ro), si-
pvBou). Assemblea popolare, grande gnificano esercito, forza armata, le due
massa di pubblico: !Ep. 38 ( 31 ),8, in traduzioni adottano versioni fisse diver-
Una profezia: 'tEìW01tOL1)crn OXÀOV 1t0- genti: hiimon è reso con o-vvaywy1) dai
À.Vv ( = qiihiil giidol, «una grande mol- LXX e <>xÀoc; da Tcodozione; per f;aU
titudine»). In due passi affini di Eze- i LXX banno oxÀoc; e T eodozione ha
chiele, oxÀoL (16,40; 23,47) e ·ox>..oc:; ouvaµ~c:; 18 • Il termine ba pure il sen-
(23,46) rendono, meno felicemente, so di accozzaglia, turba, banda armata.
qahiil: la solenne adunanza alla qua- È il senso più probabile di 2 Eo-op. 16,
le, secondo Lev. 24,16 (o-uvaywy-f]), 12 s., dove, invece di tradurre «lo ave-
spetta la lapidazione delle adultere, è vano comprato» (Neem. 6,12), i LXX
trasformata in una turba di gente tu- amplificano erroneamente scrivendo: È-
multuosa. In Ecclus 7 ,7 µi) xa-raBci.- µ~o-~wcrav-.o É7t'f.µt oxÀ.ov.
ÀTJ<; cmw-còv Èv oxÀ({l ( = biq"hilta) c) Come termine quantitativo oxÀoc;
significa: «non abbassarti davanti al può essere usato quando da esso di-
grande pubblico». Massa, folla: in 2 pende un altro nome; così pet· es . in
Ecrop. 3,12 oxÀoc:; è detto d'una gtande Ez. 23,24: µE-r'oxÀ.ou Àa.wv = biq"hal
folla presente alla consacrazione del 'amm'ìm, «con una moltitudine di po-
tempio (rabblm; 1 E:rop. 5,61: 7toÀÀ~l). poli». È simile il caso di Dan. 11,ro
b) Salmerie, turba. Traduce: f af, bam- (Theod.): OXÀO'V ovvaµEWV noÀÀwv =
bini, donne e bimbi, famiglie, cioè bamon f;ajiilim (LXX: O'UVC.C)"WYlJ'V o-
quelli che non possono marciare ordi- xÀ.ou noÀÀoi:i).
nati 16, in 2 Bao-. 15,22; m"'assé/, retro- 2. oxÀoc, negli apocrifi. a) Folla, mol-
guardia, in Jos. 6,13: Ò ÀOt'ltÒC, OXÀoc:;, titudine, popolo: 1 Ecròp. 5,62; 8,88;
<dl resto della schiera». Sta pure per ep. ler. 5; Sus . 48 (LXX); Bel 31 s.
truppe mercenarie, esercito, forze ar- (LXX); 2 Mach. 4,40; xr,6; 3 Mach. 1,
mate in Num. 20,20: Év OXÀ({l Bapt~ 28. Popolo, grande pubblico: Sap. 8,
(b"'am kiibéd) 11 ; h 43,17: oxÀov lo-xu- ro; Ecclus 26,5: ExXÀ1]<Tla. oxÀou. b)
pov (pail w"izzuz, «l'esercito e i for- Esercito, truppa: 1 Mach . 1,17.20.29;
ti»); in Ez. 17,17 truppa, schiera: (xc.et 2 Mach. 14,23-43 ·45 s.; 3 Mach. 2,7.
oùx Év ovvaµEt µEyakn) ovo'Év OXÀ({l Salmerie, turba: Iudith 7,18; r Mach.
'ltOÀÀ@ ( w•/o' b"pail giido/) ubqahiil 9,35. c) Popolazione del paese: oxÀoc;
4,23. La dizione b"edra' w'{Jail, «col braccio ritinte oxÀoc;, invece di 7tmolcx., in 2 Chron.
e colla forza», è resa già in 1 Eaop. 2,25 con 20,1 3, deriva da Luciano, che più avanti, e
llEl>'(TC7tOU xa.l OXÀOU 1ta.pcx-ta~EWç (doppio- in passo errato, aggiunge: xa.t (ol) vtot a.u-
ne?), e, corrispondentemente, con É'J tmtoL<; 'TW\>.
xa.l ou\>aµt~ in 2 Ecrlìp. 4,23. 11 In questa locuzione fissa oxÀoc; non può
16 Vedi L. KtiHLER, Tapp = Nicht oder we- essere contestato come nei casi di IEp. men-
11ig Marsch/iihige: Theologische Zeitschrift 6 zionati nlla ~ n. 12.
(r950) 387 s. In Gen., Ex. e Num. !«f è reso 18 É" 'ttij !SXÀ.((.l a.u'tov in Dan. u,43 (LXX) è
con à1tOO'XEUYJ, l:n termine che non sembra traduzione erronea di b'mìf'iidaw, «al suo
usato altrove per indicare gruppi costituiti da seguito». Invece È" "t'Otc; òxvpwµcx.ow cx.u'twv
membri di famiglie diverse. Simmaco e Teo· in Teodozione deriva forse da n,39 ( == mi-
<lozione rendono (a/ con . ox).oc;, e così pure b'farlm, che Teod. in 11,24 legge erroneamen-
un traduttore anonimo di De111. 1,39. La va- te mifraim, Al:yuTCi:o\>).
oxÀ.oç C-D 1,1 (R. MeyerJ
•Tic; xwpo:c; (Bel 30 [LXX]), contrappo- schiera, squadra, per es. in S. Deut. 2 5
sta alla comunità giudaica; cfr. v . 28: n l,28; cfr. anche B.M.h. 108 a, dove
oi. Cl7tÒ -tfjc; xwpo:c;, «quelli del paese». si parla della truppa ('wklws') di cor-
d) Quantità: È7tt oxÀ.oic; Éwwv (Sap. 6, vée. Infine, in una similitudine di R.
2, in parallelo a 7tÀ:i'ji}oc;). Aha, le stelle fanno da corteggio ( =
P. KATZ 'wklwsj') alla luna (Gen. r . 6 a r ,16).
3. Come termine di quantità oxÀ.oc;
C. OXÀ.OçCOME JMPRESTITO NELLA
è usato per es. in Sanh. j. 29 b, 8:
LETTERATURA RABBINICA
'wklwsj' dtlmdj', grandi schiere di sco-
Nella letteratura rabbinica oxÀ.oc; è lari; cfr. inoltre le iperboli quantitati-
usato come imprestito in ebraico ed a- ve in Ber. b. 58 a, dove un 'wklws'
ramaico col senso di: 1. massa di po- comprenderebbe non meno di sessanta
polo, gente, folla, T . Ber. 7,2: «chi ve- miriadi.
de una folla (giudaica) - 'wklwsjn =
oxÀ.oL - dica: Lodato sia il Sapiente che
conosce i misteri! Infatti le loro facce D. USO LINGUISTICO NEL N.T.
non sono uguali e neppure il loro sa-
pere è il medesimo». In Ber. b. 58 a, I. I significati 19
Rabbi Hamnuna contrappone il popolo
r. Massa di genie, folla. a) Se si ec-
giudaico, 'wklwsj j.fr'l, alla massa paga-
na, 'wklwsj 'wmwl h'wlm. Anche qui cettua Apoc. 7,9 e 19 , r.6, oxÀ.oc; (oxÀ.oL)
resta implicito in oxÀ.oç il senso di ressa è usato solo nei vangeli e negli At-
confusa, come dimostra un detto di ti . Nei vangeli l'ox"ì.oc; costituisce lo
R. Eleazar b. Pedath (verso il 270):
«Dove si trova molta gente, 'wklwsjn, sfondo anonimo dell'azione di Gesù: è
c'è sempre parapiglia» (Pesikt. 108 a). l'oxÀ.oc; che accorre per vederlo o ascol-
2. 'wklwlsjn = OXÀ.OL significa anche
tarlo (Mt. 13,2; Mc. 3,20; 9,25; Le. 5,
esercito, truppa, schiera, seguito e sta
insieme con {;ajiilot in Gen. r. 39 a 12, 1; lo. lI,42), lo accoglie, gli va incon-
r; per 'wklwsjn nel senso d i turba arma- tro o lo cerca (Le. 8,40; Io. 12,9), o
ta cfr. ibid.44 a l :;,r. In Pesikt. l 86 a il 11ccompagna il Maestr:i (Mc. 5,27; Le.
termine serve a indicare le truppe farao-
7,9; Mt. 21,9; Io. 12,17). I sinottici ri-
niche ('wklwlsjn sl pr'h) e in Ex. r. 15
11 n,1 (h'wlelwsjn SI jw11) l'esercito gre- levano alcuni motivi di questo atteggia-
co. In T g. a I Chron. I I ,6 il condottie- mento del popolo: uno di questi è che
ro è chiamato rjs 'wklwsj e per esercito Gesù stesso lo chi.mna a sé per istruirlo
di soldati di professione, tbii' haggib-
borim, in Tg. a 1Chron. 19,8 sta 'wklw- (Mc.1,14; 8,34; Mt. 15,10). Spesso è
sj gbrj'. L'imprestito significa inoltre ricordata la compassione di Gesù verso
17 Manca il significato <li 11trbame11to, 1110- to come il verbo semplice, mentre in Hebr.
lestia <~ col. 72); ricorre soltanto bXÀ.Éw 12,15, dove è usato in assoluto, significa crea-
al passivo nel senso di essere tor111e11/ato da re disordi11e (citazione da Deut. 29,17, LXX,
spiriti impuri (Aci. 5,16; dr. Tob. 6,8: M:v codd. BA); vedi a questo proposito anche ~
-.wa ÒXÀ.TI oaLµÒv~ov ii 1tVEiiµa noV1JpÒv), n. l. Secondo P. KATZ: ThLZ 75 {1951) 537,
oltre nel lvoxHw, che in Le. 6,18 è impiega· ÈvoxÀ.fi sta erroneamente per Èv xo).:fj.
ox)..oc; D 1,1 IR. McycrJ
l'oxÀoc;, specialmente m Mc. 6,34: d- '\Ò'V ik6v, «avendo visto questo, le tur-
OEv 1tOÀ.ÙV oxÀov xa.t È0"1tÀa.yxvlO"ih1 be furono prese dal timore e resero glo-
È'Jt'a.u'toÙc; O'tL ijcra.v wc; 'ltpo~a.'ta. µii ria a Dio»; oppure in Mt. 7,28: È!;E·
EXOV'ta. 1tOLµÉva., «vide una gran folla 1tÀ.lJO"O"O\l'tO ol oxÀ.oL Èrd 't'TI Òiòa.xii
e ne ebbe compassione, perché erano aÙ"'t'ou, «le folle stupivano della sua
come pecore senza pastore». La gente dottrina».
cerca in Gesù le guarigioni miracolose b) Dopo aver compiuto un atto o un
(Le. 6,19 ); talvolta lo assiepa e infasti- discorso, Gesì:1 si ritrae dal pubblico.
disce, ed egli si fo preparare una barca Cosl, dopo aver pronunciato la parabo-
per andarsene (Mc. 3,9); cfr. Mc. 5,30 la sulla zizzania e il buon grano, egli
s.: ~ÀÉ1mc; 'tOV oxÀov O"uvi))..i~OV\a <re., rimanda la gente (oxÀ.oi, Mt. 13,36) e
xa.t À.Éync; · "'t'LC, l..lOV ·~: lm.'to -r:w·; Lµa.- si reca «nella casa'> (dc; "'t'TJV olxla.v)
"'t'lwv;, «vedi che la folla ti preme e di- per proseguire l'istruzione dei discepo-
ci: chi mi ha toccato la veste?» 20 ; qui li. In Mt. 14,22 s. il congedo degli
sembra quasi che i cercatori di salute oxÀ.oL (Mc. 6,45: oxÀ.oc;) dopo il pasto
e gli assetati di sapere vengano allon- loro offerto introduce il cammino di
tanati da Gesù; e in tal modo si sotto- Gesù sul lago, che è messa così in rilie-
linea la tensione e la fede di quelli eh~ vo come un'esperienza peculiare dei di-
lo cercano; si veda per es. il ruolo <lel- scepoli 22 • Lontano dall'oxÀ.oc; Gesù
l'oxÀ.oc; nel racconto del paralitico gua- guarisce anche il sordomuto della De-
rito in Mc. 2,4 s. ed anche in Mt. 20, capoli in Mc. 7,J3 : xat à.itoÀa~oµEvoc;
3 I e Le. x9,3 s. Altrove è detto che il aÙ"'t'ÒV Ò.'ltÒ 'tOU oxÀov, «e trattolo in
popolo sta più vicino a Gesù dei suoi disparte dalla folla», evidentemente
stessi congiunti (Mc. 3a1-35 par.). La per escludere «i non chiamati dal mi-
folla svolge nei sinottici un ruolo es- stero della guarigione» 23 • Il tema dello
senziale, quasi di coro eh~ conferma le scostamento dalla folla subisce una mo·
gesta e le parole di Gesù con la gioia, difica in lo. 5,13, dove Gesù si allon-
l'ammirazione, lo stupore e il timor~ 21 , tana 'dopo' la guarigione.
come per es. alla fine del racconto d~l Quale pubblico in senso ampio, la
paralitico guarito, in Mt. 9,8: lò6v"'t'EC, gente parla e discute sulla persona di
oÈ ot OXÀOL É<pO~TJi}riO"<l.'J xa.t ÈOO!;,OCO'a'J Gesù. Egli si riferisce a questo in Le.
20 Cfr. Le. 8,45: ol Bx>..oL çuvtxou,-lv <iE xal M. DIBl'.LtuS, for111geschfrhle ' ( i933) 50. j-J
a1tol>Àl{3ouow. Matteo non dice che Gesù non s. 64.72.
va e che s'infastidisce, ovviamente per cor-
llCfr. anche Mc. 4,36, dove i discepoli con-
reggere in senso dogmatico il vecchio racconto
gedano l'oxÀ.oç.
popolare.
21 Sul problema storico.formale relativo cfr. 2~ KLOSTERMllNN, Mk ... , c1d / . ; dr. Mc. 8,23.
81 (v,586) oxÀ.oc; D 1,1 (R. Meyerl
24 Mc. 8,27; Ml. 16,1 y ol èl\li>pt.mOL. si può supporre che Ml. in io"-11 sia legato
2.\ Mc. 11,8: 1tOÀ.À.ol. Le. 19,36: terza perso- a una tradizione fissa affine a Io. 1 r ,12.18.
na plurale. Conseguentemente l'acclamazione fu opera e-
sclusiva di pellegrini galilei, a cui Gerusa-
21• Solo Matteo va oltre Marco aggiungendo
lemme non partecipò; cfr. W/. BoussET, K.1..
ol ox.ÀoL.
rior Christos' {1921) 35 s.; R. MEYER, Der
21 Parlando del tratto peculiare di Ml. 21, Propbet a11s Galiliia (1940) ;8 s.
10b- 1 1e appoggiandosi a K .L. ScHMJDT ( Der
Rabme11 der Gcschichle ]cm (1919) 284)". 28 La motivazione di Mc. 6,20 ~ diversa e::,
KLOSTERMANN, Ml.l, ad I., afferma: «Per sot- col suo carattere non messianico, corrisponde
tolineare l'importanza della compars:i di Ge- a qucll:i di Ios., ani. 18,117; sul problema ve-
sti in Gerusalemme Matteo aggiunge una de- di R. MEYER, o.e. e~ n. 27) 90 s .
scrizione dell'effetto del s\10 ingresso messia- 29 Il testo è tralasciato in Ml. 27,25 e mitiga·
nico sulla ciuà, effetto che viene messo in ri- to nella forma e nel contenuto in Le. 23,24.
lievo ancor maggiore in lo. 12,12.18». Però,
l~Le. 19,48: ò Àa.Òç éi1ta.ç. In questo passo
tenendo conto che il termine 7tpoqrlrn1c; esce
Matteo omette In motivazione.
dal quadro (dr. v. 11 con vv. 8 s.) come la
domanda stupita dci gero~o!imitani al v. 10•, 31 Mc. 11,32. Le. w,6: À.a.6ç.
cxì.oç D i,1-11,1 {R. Mcyer)
Paolo vedi Act. 24,12 .18. <rt\I xat Et>vn xa.t y Àwa-crm, «le acque
Io.7 A9 rileva il disprezzo che i circo- (che hai vedute), su cui 1a meretrice
si asside, sono popoli e moltitudini e
li dirigenti giudaici nutrono per l'oxÀoc, nazioni e lingue»33 •
(--7 coli. 87 ss.). Volubile e indifeso
4. Termine quantitativo. È un uso li-
contro un'abile propaganda, J'é\x)..oç si mitato agli scritti di Luca; cfr. Le. 5,
lascia trascinare alla condanna di Gesù 29: OXÀOC, 7tOÀ.ÙC, "'t"EÀW\IWV xa.t aÀ.-
(Mc. 15,n; Mt. 27,20). Sulla presenza ÀW'll, «un grande numero di pubblica-
ni e d'altra gente»; cfr. inoltre Le. 6,17
della folla al processo dr. Mc. 15,8
e Act. 1,15; 6,7; 11,24.26.
par.; sul pentimento succes~ivo al mal-
fatto dr. Le. 23,48.
II. oxÀ.oc, e 'am hii-iire~
IJ contegno della folla verso gli a-
postoli corrisponde essenzialmente a 1. L'oxÀoc, di Giovanni. Il nostro ter-
quanto è stato detto; ma i testi sono mine ha nel vangelo di Giovanni un si-
molto più scarsi . Gli oxÀot ascoltano gnificato particolare 3~.
volentieri (Act. 8,6; 13.45 32 ); quelli In tale senso il termine compare in
pagani tendono alla venerazione super- Io. 5,13, parlando d'una festa giudai-
stiziosa (Act. 14,1I.13s. 18). Anche qui ca; cfr. Io. 5,1. Secondo Io. 6,2.5 .22.24
oxÀ.oç è la turba dei Galilei che assiste
è facile approfittare della volubilità del- alla moltiplicazione dei pani sul lago
la folla (Act.14,19; 17 18.13; 19,26; 21, di Tiberiade e che viene più avanti u
27) e provocare tumulti (Ac/.16,22; 19, sapere che Gesù ha passato il lago 35 •
Il termine ricorre con particolare fre-
33.35; 21,34s.). quenza in lo. 7 e 12. In Io. 7,II è det-
to che i Giudei cercavano Gesù duran-
2. Schiera, truppa. Nella frase di Mc.
te la festa dei tabernacoli, mentre al v.
14 A 3 : oxÀoc, µE"'t"b.. µa.xa.tpw'll xa.t ~u 12 subentrano al loro posto gli oxÀo~;
Àwv, «una turba con spade e bastoni»,
qui il termine significa probabilmente
oxÀoc, significa turba armata.
il grande pubblico giudaico, il popolo
3. Popolo. In Apoc. 17,15 il plurale giudaico 36 • I Giudei, quali interlocuto-
oxÀot, come risulta dal contesto, signi- ri in disputa con Gesù, sono menziona-
fica popoli, moltitudini: -cà uoa.w....
où ti anche nei vv. 15-19, e anche in
1J 1top'llYJ x&Jhrra.t, Àa.ot xa.t oxÀot El- questo caso corrisponde ad essi, al v.
33 Qui l'oxì..oc; dci Galilei sembra stare con- 3~ Invece il senso è diverso al v. 13; cfr. 5,
tinuamente al seguito di Gesù; cfr. Bt.UER, 15-18; 9,22; 18,12. Qui il termine 'Iouoa~oL
]oh:' a 6,2. È questo ISx>..oç (detto &vDpw- è ristretto al «popolo giudaico in quanto rap-
noL ai vv. 14 s.) quello che, dopo aver rico· presentato dalle sue autoritlì», BAUER, Joh.'
nosciuto in Gesù il profeta, vorrebbe forne il a 1,19 cd excursus.
8.5 (V,588) llx).oç D n,1 (R. Mcyer) (v,588) 86
20, oxÀ.oc,, nel senso di folla giudaica. riftu tano Gesti radicalmente 38 , dalla
Invece in I o. 7 ,3 r s. i Farisei sono folla disgraziata che non conosce la
contrapposti alla massa del popolo: legge. Secondo il contesto questa folla
molti del popolo credono in Gesù, per è costituita sia da pellegrini che parte-
cui i capi dei sacerdoti e gli scribi si cipano alla festa sia dalla plebe di Ge-
sentono spinti a procedere contro di rusalemme. Dei pellegrini Giovanni
lui. Dello stesso oxÀ.oc, popolare ripar- parla specialmente in r r ,5 5, chiaman-
lano i vv. 40-49, collegandosi al discor- doli «i molti (venuti) dal paese» (-rçoÀ.-
so tenuto da Gesù nell'ultimo giorno À.ot Èx 'tiic; xwpac,), inoltre in 12,I2:
della festa dei tabernacoli. Alcuni del- o
ò oxÀoc; 1toÀ.Ùç ÈMwv dç -ci]v Éop-
la folla ritengono che Gesù sia il pro- -.iiv, «la grande folla che era venuta
feta, altri che sia il Messia, mentre al- alla festa». Sono questi pellegrini ve-
tri ne dubitano, perciò il v. 4 3 osserva: nuti a celebrare la solennità che vanno
crxlcrµa OV\I ÈyÉVE'tO Èv 'te{) oxÀ.cp ot'aù- incontro a Gesti e gli rendono omaggio
-r6v, «e a causa sua vi era dissenso tra come a re messianico (vv. 12-19). Di
la folla» 37 • Io. 7.45 s. riprende il tema ciò parlano già i sinottici, ma colla dif-
dell'arresto di Gesù dai vv. 31 s., rac- ferenza che per loro i pellegrini co-
contando che i servi dei gran sacerdoti stituiscono il seguito di Gesù quando
e dei Farisei ritornarono da loro senza egli entra in Gerusalemme (--)> col.
averne eseguito gli ordini, per il moti- 81) 39 • Infine in Io. 12,9 è chiamata
vo che ouoÉTco'tE E.À.aÀ.T]CTEv oihwc, &v- oxÀ.oc; 1toÀ.Ùc; Ex -cwv 'Iouòa.lw\I, «la
i1pw1toç, wc, oihoc, À.aÀ.Ei: ò èi:11t1ptimoç, grande schiera dei Giudei», quella fol-
«mai uomo ha parlato come parla que- la che sei giorni prima della Pasqua
st'uomo»; cioè i servi prendono la stes- viene a Betania per vedere Gesù e Laz-
sa posizione di una gran parte de'l- zaro. Secondo il v. 11 si tratta ·dei 1tOÀ.-
1'oxÀ.oç. Perciò un fariseo dice ( vv. À.ot -rwv 'louoa.lwv, dei «molti Giudei»,
48 s.): µ1J ·ne, f.x -cw\I à.pxo\1-rW\I E.nl- che la resurrezione di Lazzaro indusse
cr-.wcrEv dc; ctÙ'tÒ\I fi Éx -rw\I <I>cx.pL- a credere in Gesù e quindi a staccarsi
cralwv; Ò..ÀÀ.èt.. O OXÀ.OC, oihoc, O µ-i] "(L- dai sommi sacerdoti (cfr. v. 10) 40. In
\IWCTXWV -còv \IOµov hcapa.-col EtCTLV, Giovanni non risulta quindi un uso lin-
«c'è forse uno solo dei capi o dei Fari- guistico chiaramente definito e ciò non
sei che abbia creduto in lui? Ma que- sorprende, se si tien conto dei molti si
sta gentaglia che non conosce la legge gnificati di oxÀ.oc; e dello stile peculia-
è maledetta». Giovanni dunque distin- re di questo vangelo 41 • Come il termi-
gue qui gli apXO\l'tE<; e i <l>a.pLCTCJ.i:OL, che ne 'Iouo a.i:o~ (-o) 1v, col I. l r 5 7 ss.) non
37 Per ciò che riguarda questa diversità di o- ta dell'oxÀ.oc:; che ne hn solo sentito parlare.
pinioni intorno a Gesù negli scritti sinottici, Si hà qui una oscurità composizionale do-
dr. 1 R. MEYER, o.e. (~ n. 27) 10-40. vuta ad una sfasatura; dr. DAUER, ]oh.' a u,
3~ Cfr. d'altra parte Io. 3,1-21. 17 s. In Io. 12,29, come anche in n ,42 e
spesso nei sinottici, l'oxÀ.oc; fa da coro (~
39 Forse la formulazione giovannea della pe- coli. 79 s.), mentre in 12,34 compare come
ricope sull'ingresso di Gesù a Gerusalemme antagonista di Gesù.
riflette l'antico uso liturgico cristiano; cfr.
BAUER, ]oh.' a 12, 13. 41 Non corrisponde all'uso linguistico così
40 In lo. I 2,27 ox).oc; è equivalente alla folla complesso l'affermazione troppo sommaria di
che, secondo II,42, era stata presente alla ri- TH. ZMIN (~ n. 34): «Oltre agli abitanti del-
surrezione di Laiz:iro, mentre al v. 18 si trat- la capitale (7,25) c'è l'ox).oç molto più spesso
ox).oç D 11,1-2 (R. MeycrJ
si rife1"isce sempre alle classi superiori, sce la legge». Queste pawle qualificano
così neppure oxÀ.oc; designa sempre un come massa perditionis senza legge i
determinato gruppo sociale.
pellegrini delle feste e i plebei di Ge-
Benché questo uso linguistico non rusalemme eh~ si lasciano impressiona-
sia ben definito, l'impiego insolito di re da!ln personalità messianica di Gesù.
OXÀ.O<; in Jo. 7 e I 2 permette d'inten- Citando qucst'.l frase Giovanni dimo-
dere certe intenzioni dello scrittore: stra di conoscere bene certe tensioni
oxÀ.oc; si riferisce in prima linea ai pel- sedali del giudaismo a lui contempo-
legrini venuti alla festa, anzi sembra raneo che risultano chiaramente dalle
che riguardi soprattutto i Galilei, cioè fonti rabbiniche e sono intimamente
quelli che, secondo Giovanni, volevano legate nlla dizione 'am hii-iire~, «popolo
fare di Gesù un re, cfr. Io. 6,14 s. Ol- della terra» 42 •
tre ai Galilei, oxÀ.o; comprende in La dizione non è stata coniata dai
Giovanni la plebe di Gerusalemme che rabbini, ma si trova già nell'A.T. Pri-
in gran parte - forse ancor più che nei ma dell'esilio indicava la nobiltà terrie-
ra giudaica come classe dirigente del
sinottici - è ostile alln classe dirigente.
regno meridionale; dopo l'esilio desi-
L'eco che Gesù trova nella folla non è gnava i possessori di terre non appar-
affatto uniforme. Accanto a quelli che tenenti alla comunità giudaica 43 • Già
vedono in lui il profeta o il Messia, negli scritti post-esilici dell'A .T. il con-
cetto di 'am hii-iire! comporta una de-
stanno coloro che lo rifiutano total- limitazione spregiativa politico-religiosa
mente. Anche in questo non mancano che da parte della comunità del tempio
paralleli nei sinottici. E come in que- -- costituita essenzialmente dai gruppi
degli esuli - è diretta specialmeme
sti, anche in Giovanni, quelli della fol- contro i Samaritani 44 • Ma nella lettera-
la che credono in Ges~1 e gli rendono tura rabbinica il termine perde com-
omaggio alla fine lo abbandonano. pletamente l'originario senso sociologi-
co per ridursi a una connotazione in-
2. Lo 'am ha-are!. Ciò che conferisce terna del giudaismo in senso religioso-
nll'oxÀ.oc; di Giovanni un carattere spe- poli tico 45 . In bocca ai Farisei questa
è la qualificazione caratteristica della
ciale è la sentenza farisaica di lo. 7.49: grande massa e degli individui che nel-
«Maledetta la plebaglia che noa cono- la loro vita non applicavano il concet-
divergevano, e così l'influsso che Gesù Gesù verso lo 'am ha-are~ si veda an-
esercitò sulla massa dello 'am ha-are~ che l'articolo --» <I>aptCTo:~oç.
rimase episodico. Sull'atteggiamento di R. MEYER
> I
.,. oxupwµa..
I
In 2 Cor. I0,4 Paolo indica come da; in lob 19,6 per ma~od, e in Prov.
scopo della sua lotta l'abbattimento de- ro,29, traducendo ma'oz, benché qui il
testo masoretico non lo richieda. Vedi
gli oxupwµa-i-a. inoltre 't07tOç oxupoç in ~ 70,3, dove iJ
oxupwµoc è un termine tecnico mili- testo ebraico è incerto.
tare che significa luogo fortificato; di In tutti i casi la metafora si riferisce
solito non assume senso metaforico nel- a Dio e non agli uomini, come avviene
1:. letteratura classica e nei papiri 1• invece in 2 Reg. I0,4 e in Philo, con/.
L'A.T. invece usa concetti simili, par- ling. 129 s. Qui, con sorprendente pa-
lando di Dio. I LXX preferiscono usa- rallelismo linguistico e affinità di con-
re l'analogo concetto teologico: xo:•a- tenuto con Paolo, oxupwµa significa la
<puyl) per mc~uda in \jJ 30,4; 70.3 torre di Babele (Gen. 11,3) 3 o di Fa-
(mentre Aquila usa ogni volta ( ! ) 6xu- nuelc (I ud. 8 ,9 ), una fortezza a cui è
pwµa); per miSgiib in Ps. 9,10 (Simma- paragonata la ragione che si gloria di
co: òxupwµa) ; lCTxuç per 'oz in Is. 49, se stessa: 'tÒ yà.p xa'tECTxEucwµÉvov
5; Ier. 16,19; ~ol}iM<; per 'oz in \jJ 27, oxupwµa otà. -tiic; 'tw\I Mywv mi1av6-
7 e 58,8. Queste traduzioni sono do- 't'TJ'toç oUOEvòç EVEXO:. È'tÉpou xa-i-E-
vute certamente al rispetto per la men- CTXEuasE>O fi -tou µE>cnpa7Cf\vm xat
talità greca, per cui quelle metafore e- ~lE>axÀ.tlJi)vaL OLtX\lotav &.7tò -tfjc; 'tOU
rano insolite 2 • Ma anche i LXX offrono lJEOU 'ttµi'jç" OÙ -tl 8.v yÉ\IOt'tO CÌOLXW>E-
tre volte il senso traslato (mentre quel- po\I; à}J..à. 7tp6c; ye: •liv •ou òxvpwµa-
lo proprio ricorre 70 volte): in 2. BaCT. o
'toc; 'tOV'tOu xai}alpe:CTt\I 1tnpa-i-'Ì]ç 'tljç
2 2,2, in aderenza al masoretico m"fu- àotxlaç xat c:povwv atd xa't'aù•lic;
èxupi;J Elvat, «stare al sicuro», Thuc. 7,77,6 der des hebr. A.T.: -zAW N.F. 16 (1939) 85·
IOI (BERTRAM] .
(parlando d 'un esercito che non si trovn però
in una fortezza); rxupti 1tC1PÉXE<Tl>at, «offrire 3 Vedi Gen. II,4: 'ir tlmigdill, LXX: 7tÒÀW
motivi solidi», ibid. 1,32,2 [DEDRUNNER]. xat 7tupyov. oxupwµa non serve a rende-
2 I tradu1tori offrono interpretazioni concet- re questi concetti ebraici neppure altrove,
tualistichc anche per altri termini metaforici ma Filone comincia a parafrasare giò. citando
indicanti Dio quale sicuro luogo di rifugio. Gen. IIA: òxupwuwµd)a. -rb. otxeto: (con/.
Solo nei traduttori seriori la resa dei termini ling. 111) e ~aul)..nov òxupw-ra-rov (ibid.
corrisponde :ill'idc~le dell'esattezza filologica. I I 3).
93!v,591) 6\jlwvtov (H.W. Heidland 1
PREISIGKE, F11chwi)rti:r, s.v.; MITTEIS- WlLK- iJotrcbbe stare benissimo «Zehrgcld» [denaro
KEN 1,357 ..j11; J. KROMAYER-G. VEITH,
1 per il vitto). Anche ibid. 744,7 (dove GREN-
l'ELL ha «present;>) è possibile il senso di
Heerwcse11 11111/ Kriegs/iibrrm?, dcr G-ricchc11
umi Roml!r = l-landhuch A. \V/. 3,2 ( 1 928 l «paga». In P . Herm. 54,7 non si parla di un
I JI,
«premio per la vittoria», ma di una pensione
( «Ehrensold = pensione per benemerenza»;
I (DEBllUNNER] . cfr. PREISIGKE, \ffiirl., s.v.).
2 STRACK-BILLERBECK Ili 2}3 .
~ DnrnNDERGER, Syll:' 581,3+
J Vedi P . Oxy. 1v 731 ,10, dove GREN FE1. 1.
tr:iducc «present» (regalo) e BACHMANN, Kar. P. Fay. 302 .
95 (v,59r l ò~wvtov (H.W. Heidland)
0 Nell'iscrizione di Prienc 109,94 si mette in più lato, che include ogni sussidio di natura
nsalto che uno u-rpa·n1y6c; provvedeva alle finanziaria e materiale.
:;pese di servizio ihep bljlwvlov xal. ÉÀ.alov. 8 Si badi che M.va-roc; è senza articolo!
9 Zr\HN, Rom., ad I.
1 Quando i cittadini, prestrmdo il servizio mi-
:itare a titolo onorifico, rinunciavano all'otjit:J- ia P . ALTHAUS , Rom. (N.T. Deutsch), ad /.
v~ov, ricevevano un ui:-.oc; ancora maggiore:: IlIgnazio usa ol!iwv~O\I anche per indicare il
:--> KROMAYP. R-VEITH 78). Naturalmente la ri- premio che Dio paga ai soldati di Cristo,
nuncia di Paolo non dev'essere intesa così. Poi. 6,2: àpfoxE-rE t{J cr-rpa-rEvEcrDE, O:cp'ov
Egli impiegn il termine òljlwv~ov in un senso xat 'tà ol!iWWX XOµl~EO'lk
Il
7ta:ylc;, ita.y~ÒEUW
1tct.YL<;
' Così nell'opera ellenistica Batrachomyoma- tizzanti per Prometeo, che quando sopravver-
chia J 17; 1'v 11;ayl6a xa.),.fovcn, µvwv oÀÉ- rà la catastrofe no:1 potranno scusarsi col ·di-
•npa.v foùO'av (ed. TH. W . ALLEN, Homeri r.: dì non aver saputo nulla, essendo cadute
Opera v [1912) 173). all'improvviso e inconsciamente nella rete di
2 Ermete avverte le figlie di Oceano, simpa· tue. dA cui nessuno riesce a liberarsi: d6vtaL
99!v,593l mq(ç {]oh. Schneider) (v,594) 100
Nei LXX 3 abbonda l'uso metaforico luce chiaramente nelle locuzioni Ota.cp-
del termine con riferimento d laccio i)opà (perdizione) na.ylooc; (\jJ 34 ,7) e
dell'uccellatore o alla trappola d~l caç. rcctytç 1>o:va:rou, «trappola di morte»
ciatore. Oltre a 1tet:ylc,, sono impiegate (Tob. r4,10; \jJ 17,6; Prov. 14,27; 21,
anche le immagini affini della fossa e 6) 4 . Molto spesso, specialmente nei Sal-
della rete. In ~ 68,23 e 139,6 st'.lnn'.l mi, si vuol mettere in rilievo la subi-
insieme il laccio, la rete e la trappola; taneità del malanno di cui l'uomo è vit-
in Os. 5,r s. il laccio, la rete e la fossa. tima 5• Però il termine perde un po'
In lob 18,8 fa da parallelo a mx.yi.oL il alla volta la sua plasticità, divenendo
plastico &x:tu<.p, nell'esprimere l'idea di piatto e inespressivo.
mettere il piede nella trappola. In ls. Due sono i temi principali a cui es-
24,17 s. il testo greco non riesce - o so viene applicato: l'idolatria e, soprat-
non tende - a rendere l'effetto della pa- tutto, le insidie tramate dagli incredu-
ronomasia ebraica papad wa/af.Jad wa- li, «le trappole degli empi». Quest'ul-
/ab, «orrore, fossa, laccio»; i LXX tra- timo impiego della metafora «porta nel-
ducono: cp6Boc; xa.t Bot>uvoc; xa.t 'lta.ytc, la sfera del contrasto secolare e insupe-
Ècp'ùµ!Xc, 1."0ÙC, ÈVOLXOV\l't'a.C, È'ltt "t'i)c; y'i'}C,, rabile fra i 'pii' e gli 'empi'» 6 • La di-
«spavento e fossa e laccio contro di voi, zione trovasi già in Geremia (5,26; 18,
abitanti della terra». 22 ), ma ricorre soprattutto nei Salmi e
Nell'uso traslato del termine, deri- poi nei Proverbi e nell'Ecclesiastico 7 ,
,·ato da qu::llo metaforico, predomina dove l'immagine viene estesa analoga-
l'idea dell'insidia e del pericolo . Il sen- mente alle trappole tes" dalle meretri-
so principale è quello di causa di per- ci (Ecclus 9,3).
dizione. C'è una qua::itità di dizioni de- Un gruppo speciale è costituito dai
rivate in parte da que3t:> uso m~tafori casi in cui rcayi.c; è usato in assoluto
co di rca.yi.c;, che so~1::i c.natteristiche per indicare la perdizione stessa «in un
dei LXX o coincido;io col linguaggio senso ·peculiarmente ampio e minaccio-
greco extrabiblico: ;i;a.yloa.c, ( cruv )tcri.-ét.- so» 8 (cosl per es. in Is. 24,17; IEp. 31
vu.~ (Jer. 5,26; l{i 140,9; Ecclus 27,26), [48],43 s.). Un altro senso assoluto,
't'ti>Éva.t (tlJ u8,no), xpu'lt't'ELV (Ier. 18, benché razionalizzato ed eticizzato, si
22; ~ 9,16; 30,5; 63,6; 139,6; 141,4), trova nella letteratura sapienziale, nei
«tramare, tender.::, nascond~re insidie» . Proverbi e nell'Ecclesiastico, per es. in
L'idea del pericolo mortale è messa in Prov. 13,14; 29,6 e in Ecclus 9,13; 2ì,
yà.p xovx él;a{,qiv'l')ç oòlìÈ ÀaDpalw; etç ttnÉ· anche se va completamente perso il suo signi-
pa:tov (anÉpo:v-.ov) lìlnvov ll:t'!]<; lµnÀ.EX-lhi- ficato». Di opinione diversa è STXHL!N, o.e.
O'EO'D'vn'&.vola; [ K LEINKNECHT). ("' n. 3) 99. Su tutta questa concezione biso·
3 G. STAHLIN, Ska:rdalon ( 1930) 98-104 ha gna però ricordare le interessantissime conside-
già compiuto su nay1ç nei LXX una ricerc:i razioni della seconda parte in SCHEFTELOWITZ
accurnta, e i suoi risultati costituiscono nel 3-r:z ( «Schlinge und Netz als Gé:itterwaffe» ).
complesso ln base di questo articolo. Si veda- 5 Per es. ljJ 17,6; 34,8; 63,6; cfr. \)i 56,7; ve-
no in Stiih!in anche i singoli passi probativi. di anche lob 22,10. Molto plastica è la dizio-
4 Però non c'è più traccia del senso mitologi- ne lµnln-.Ew dç 1tayllìcx, «finire in trappo·
co originario. J. SCHEFTELOWITZ, Das Sehlin- la», in Tob. 14,rnb; Prov. 12,13; Eccl11s9, 3.
=
gcn- u. Netzmotiv ( RVV xn 2 ( 1912] 10) 6 STAHLIN, o.e. (-,) n. 3) IOI.
riscontra nelle metafore 'lacci di morte' e
7 STAHLIN, o.e., ibid.
'trappole letali' «la risonanza intramontabile di
una mentalità mitica che persiste nelln lingua, s STAHLIN, o.e. ro2.
101 (v,594) ;.:xyl; (}oh. Sclmeidcr) (v,595) 10i
29. Qui 'ltaylc; è addirittura il castigo cade facilmente preda di Satana, il qua-
divino. In 4' xo,6
gli empi sono puniti le, divenutone padrone, gl'impedisce di
dalle 'ltayloE<; di Dio.
In Giuseppe non si trova itaylc;, ma servire alla comunità 11 •
TI&.yt] (ant. 16,239) 9, termine usato nel Anche in 2 Tim . 2,25 s. quelli che si
greco profano da Eschilo in poi e man- oppongono al messaggio cristiano sono
cante nel N.T. In Filone il termine mx.-
preda del laccio diabolico. La loro op-
ylc; non ricorre.
posizione all'evangelo ba origine in ulti-
Nel N.T. 1taylc; è alquanto raro. In ma analisi da questa insidia del demo-
Le. 21,34 s., nel discorso escatologico, nio, che li ha storditi e asserviti al suo
Gesù ammonisce i discepoli a stare in volere.
guardia, perché l'ultimo giorno non li
L'immagine della 'ltaytc; -.oi.i OLcx.~é
sorprenda come un laccio 10 : chi è oc- Àou risale a una mitologia antichissima.
cupato dalle cose di questo mondo non In quasi tutte le religioni, non solo tra i
potrà sfuggire a quella catastrofe fi- popoli primitivi ma anche presso i Su-
meri, i Babilonesi, i Persiani, in India,
nale. Grecia e Roma, s'incontra ln credenza
Le lettere a Timoteo sono quelle che che dèi e dèmoni siano forniti di lac-
usano naylç con pit1 frequenza. In I ci e reti per prevalere sui loro avver-
sari 12 • È in questo contesto eh~ .biso-
Tim. 3,7 e 2 Tim. 2,25 s. è menzionata
gna considerare il detto neotestamenta-
la 7tay1.c; -rov OLa~6À.ou. Secondo I Tim . rio sulla 7ta:yt<; -roi.i ow.~6Àov. Il dia-
3,7 la cattiva condotta di un vescovo volo non è solo l'accusatore degli uo-
ha due effetti: che l'btlcrxo1toc; viene mini, ma è anche un dèmone nemico di
Dio che, fornito di armi letali, si aggi-
giustamente disprezzato dal popolo (~ ra nel mondo cercando di pigliare e ro-
ÒVELOLcrµ6c;, VIII, coll. 678 s.) e che poi vinare gli esseri umani.
In r Tim. 6,9 s1 parla dei pericoli a sicale degli stessi LXX. 1tet.yLOEUEL\I 1 è
cui vanno incontro gli amanti delle ric- propriamente un termine venatorio e
significa collocare un laccio, tendere
chezze: essi cadono in una trappola.
una trappola, attirare nella rete, cattu-
L'accostamento dei termini 7tELpao-µ6c:;, rare, impigliare.
itaylc:; e brn'}uµlaL fa pensare che an- I LXX 2 usano rcayLOEVEtv in due
che qui si tratti della 1ta:ytc:; 'tov oLa- passi soltanto: 1 Bixcr. 28,9 e Ecci. 9,
12. In l Ba.cr. 28,9 esso ha il senso di
~6À.ou : la tentazione, il laccio e le pas- tendere una trappola. Quando Saul
sioni hanno per autore il demonio. chiede alla negromante di Endor che
Nelle lettere maggiori Paolo usa il gli evochi lo spirito di Samuele dal re-
gno dei morti, essa teme che egli le
termine 'ltaylç solo una volta, in Rom. tenda un'insidia pericolosa, perché pro-
11,9, citando il Ps. 69,23: gran parte prio lui aveva comminato la pena di
del popolo d'Israele subisce la condan- morte contro la stregoneria. In Ecci.
9,12 l'essere presi in trappola indica il
na divina all'indurimento; Dio ha tra-
sopravvento d 'una disgrazia fatale .
sformato «la loro mensa», cioè «tutto Solo Aquila, tra le altre traduzioni
ciò di cui vivono o che fanno» JJ, in greche dell'A.T., ha itcxytoEvEtv in Ez.
trappola, inciampo e vendetta (El<; mx- 13,20.21: le false profetesse avvilup-
pano molti nei loro lacci magici, come
yloa xaì. dc; 1li)pav xat dc; crx&.voaÀ.ov glì uccelli; cioè seducono e rovinano le
xat dc; av'tait6ooµa). loro anime.
In Is. 8,15 Simmaco ha 1t<XyloEuE-
I Padri Apostolici riprendono la lo- crltctL (1tllYLOEui)1}uo\l"t'tt~ xat auÀ.À.1)-
cuzione dei LXX 7taytc:; 'tou i)ava'tou. cpi)Tjcro\l"t'llL, «saranno presi nella trap·
In Did. 2A essa vien usata parlando del- pala e catturati»): Israele e gli abitan-
la lingtta doppia (falsa): mx:yì.c:; yàp i>a- ti di Gerusalemme s'impiglieranno nel
vti'tou Ti OLyÀ.wcrcrla.. In Barn. 19,8 ser- laccio o nella trappola loro tesa e sa-
ve a qualificare la bocca in genere: 1ta- ranno catturati. Questa immagine cosl
yì.c; yàp 'tÒ <noµa. t>avcl.'tou (dr. Prov. plastica si riferisce all'incombente cata-
lr,9; 18,7). strofe che Dio sta preparando. In Prov.
6,2 Simmaco usa mxyLOEUEcri>aL parlan- -
t 1tllytOEVW do dei danni prodotti coJla lingua: foct-
ytÒEvitric; f.v ~ijµa.<n n6µa-t6c; crou, «ti
Il termine ricorre soltanto nei LXX, sei intrappolato colle parole della tua
nei Testamenti dei XII Patriarchi e nel bocca». Teodozione usa lo stesso termi-
N.T. È da considerare un neologismo ne in un simile contesto in Prov. 11,15:
della koiné. Non essendo però attesta- µLO'WV itayt8wM1va~ 1tE1tOti}i)O"EL, cioè:
to fuori dei LXX e neppure nei papiri, non verrebbe esser preso nella trappa·
è probabile che sia una formazione !es· la di un'eccessiva fiducia in se stesso.
Il P. ALTHAUS, Der Brief an die Romer (N.T. videntemente dal gruppo àyp(UW, l>l)pEUW,
Deutsch) ad l. è·maov)..Evw, lvESpEvw, ecc. Cfr. E . FRAENKEL,
Griech. Denominativa (1906) 174-224 (DE·
nay~Stuw BRUNNER) .
Nei Testamenti <lei XII Patriarchi lo in fallo e prenderlo nel laccio delle
cfr. test. Ios. 7 ,I: E'tL OÈ +i xapola au- sue stesse parole circa il dovere di pa-
't'ijc;. EXEL'tO Etc; 't'Ò xaxÒ\I xat 7tEpLE(3À.É-
gare i tributi allo stato romano. Egli
1tE'to 7tOL~ -cp61ttp µE 7tU)'LOEUCi!U, «il
cuore di lei tendeva ancora al male e avrebbe dovuto inciampare nella trap-
cercava il modo d'intrappolarmi». pola di questo conflitto con Roma. La
Nel N.T. 7tU)'LOEUEW ricorre solo m frase oTtwc;. aÙ'tÒV mqtoEucrwow E.v M-
YltJ mette bene in evidenza la malizia
Mt. 22,15. Per avere Gesù nelle loro
mani, i Farisei s'erano riuniti a consi- insidiosa e letale di qu~sto stratagemma.
glio cercando una frase con cui coglier- ]OH. SCHNEIDER
t t
1ta.t.OEUW, 1ta.t.0Elcx.,
t 7ta.t.OEU"t"r}c;, t CÌ.7ta.locu'toç,
t 1tcx.~8a.)'wy6c;
SOMMARIO:
3. La correzione per mezzo del dolore nella
teologia del tardo giudaismo.
A. Determinnzio11e del concetto nel mondo
greco. D. li co11cetto di poideia nel N.T.
1. L'educazione domestica dei Greci:
1. Educazione greca e giudaica nel N.T.
2. La legge come pedagogo.
a) prima dei Sofisti,
b) l'idea pedagogica nell'epoca classica e 3. Educazione da parte di Dio.
il suo sviluppo posteriore. 4. Disciplina cristiana nel N.T.
2. Il legislatore e la paideia.
3. ÌmÒ àtÒç 7tC1.LliEVE<T1>t.tL. I termini 1ta.toda e o;:aLÒEuEw desi-
B. L'educa1.ione nell'A.T. gnano l'educazione e Jn cura del fan-
1.La disciplina di Dio mediante la legge e ciullo che crescendo entrerà a far parte
la sapienza. del mondo degli adulti ed ha quindi bi-
z. La disciplina di Dio nella rivelazione pro- sogno di guida, insegnamento, istruzio-
fetica . ne e insieme di un'a certa costrizione,
3. Trasformazione dcl concetto nella tradu-·
cioè della disciplina e anche del casti-
zione greca dell'A.T.:
a) nella letteratura sapienziale, go. La 7ta.LoEla è. il cammino che l'edu-
b) nei Salmi, cazione e la formazione devono percor-
e) nelle scritture profetiche, rere ed è pure la meta da raggiungere.
d) nella storiografia. Oltre ai vocaboli citati nel titolo, ap-
C. Il conce/lo di paideia nel giudaismo elleni- partengono a questo gruppo anche 7trt.L-
stico e rabbinico. OEVµa e 11:a.loEUrnc;. e i vari composti.
J. 7tm8Ela.. e vbµoç in Filone. Questi termini sono il risultato d'una
2 . L'educazione giudaico-ellenistica m Giu- formazione lessicale piuttosto tardiva
seppe. basata s~1 7taLO- (7tai:<;l- Evidentemente
7C<1.~8Evw A (G. Bcrtram) (v,597) 108
non si distingueva all'inizio fra il signi- mento utile, indicando in tal modo le
ficato di allevamento (cfr. per es. Soph., due concezioni i cui rapporti vicende-
fr. 433 [T.G.F. 235 )) e quello di edu-
cazione, come accadeva anche per -.pÉ- voli costituiscono la storia di questa
cpEw 1. terminologia 2 ; in tal modo la guida e
l'insegnamento possono esplicarsi in
A. DETERMINAZIONE DEL CONCETTO 'ltEtpa. e voui>Eo-la., cioè in esperienza e
NEL MONDO GRECO ammonimento, correzione. Con tale
doppio senso 'TtmoEla. e i termini affini,
Questo gruppo lessicale è caratteri- prima nei tragici, poi nei Sofisti e nella
stico della civiltà greca. Nel sec. v d.C. filosofia classica, servono a designare
Esichio spiega retrospettivamente 'lt!U- l'educazione dell'uomo in generale. Il
oEla come una aywyl} e una wqiH..i.µoc; concetto di 7-a.~ÒEla rimane essenziale
otòa.xli. cioè una guida e un insegna- per capire il ricco sviluppo e anche cer-
ve l'educazione compete alla famiglia - Nic. 5,5 [p. Jl}Ob 26s.J). perché è
i genitori devono esservi preparnti da indifferente (di per sé) che per mezzo
un'apposita istruzione (leg. 7 ,788 a). delle leggi, scritte o non scritte, siano
Scopo della paideia è fin dall'inizio di educati molti o uno solo. L'autorità del
far odiare ciò che è detestabile e amare padre è perftno superiore a quella del
ciò che è amabile ( µta-dv - cr-cÉpyELV ), legislatore, perché è basata sul vincolo
mentre la l]oovl], il piacere, e la M1tl], dcl sangue e su!Ja cura doverosa della
il dolore, sono soltanto mezzi educativi prole (ibid. 10 [p. u8o b 1-7]). La re-
(ibid. 2,653 c) 6• sponsabilità del "'tpÉq>ELV è privata, quel·
Aristotele 7 distingue due età peda- In dcl muOEUEt\I è pubblica 8 (oec. I,3
gogiche: dai 7 ai 14 anni e dai 14 ai [ p . 1344 a 8] ). Com~ il bambino deve
21 (pol. 7,17 [p. 1336 b 38]). L'edu- obbedire alle direttive del pedagogo,
cazione intende integrare le predisposi- così la concupiscenza è sottoposta alfa
zioni naturali, la q>vcrtc; (ibid. [p. 1337 a ragione. L'anima che possiede l'educa-
2] ). Essa deve congiungere armoniosa- zione rende felice se stessa e l'uomo n
mente l'esortazione e l'assuefazione (i- cui nppartiene (dialogi 89 [p. 1491 b
bid. 7,15 [p.1334b 8]; 8,3 [p. 1338b-t 42 J).
ss.]) e mettere in guardia contro j tra- I secoli seguenti vivono delle idee
viamenti sessuali, la ghiottoneria e le pedagogiche del sec. IV, che è il secolo
loro conseguenze (ibid. [p. 1336b23]). classico della paideia 9 • L'ideale educa-
Oltre alla ginnastica e alla musica, an- tivo intellettualistico si trasforma in
che l'arte di parlare e di scrivere sono quello della filosofia stoica, non senza
necessarie alla vita (ibid. 8,3 [p. 1337b l'influsso autocritico della tragedia.
2 3] ). L'educazione musicale è libern, Prendendo a guida il motto apollineo
nobile e fonte di letizia (ibid. 8 ,5 [ p. I'vwth CHW'tO\I, «conosci te stesso» 10 ,
II38 a 30]), ma non è un gioco, per l'ideale .di cui anche ora si tratta è quel-
ché <<non s'impara senza soffrire» (µ:· lo dell'uomo filosofico, inteso come il
..-à. M'ltl]c; yà.p 1) µ<ii}wnc;); essa forme\ 'cittadino del mondo' dell'epoca elle-
l'ethos dell'anima (ibid. [p.134ob6s.]) nistica. Che su questo ideale abbia in-
e conferisce moderazione, prestigio e di- fluito anche la mentalità giuridica ro·
gnità (ibid. [p. r 342 b 3 3] ). L'educazio- mana, è dimostrato dai compiti pratici
ne personale, che ha per meta l'uomo dell'educazic3C nell'epoca imperiale 11 •
buono, rientra in quella universale ( eth. Allora s'insedia al posto del pensiero
6 Aristotele si riferisce· a questo in eth. Nic. 1296 b 17 ): fo•~ oÈ micro. ito>.Lç Ex 'tE 'tOV
2,2 (p. 1104b 11 s.): ~M oE~ TixDal 1tWt; Eòltùi; 1tOLov xat r.o,-ou. ì..tyw oÈ 1toibv µÈv i>.EullE-
~Y. VÉW'll, Wt; 6 fi).tti:WV Cj>l]UlV, &J,-'tE xalpEW plav 1t).oihov 'ittl.LoECav EvyÉVELa.v, 1tOCJbv lii:
'tE xat ">.V7tEtaDaL otç OEt" n yà,p op»i) 1tet.L· 't'TJ'll 't'OÙ 1t">.1]Douc; Ù1tEpoxnv. Però lo stato
oEla a.ikr1 ltn(v. Cfr. anche 10,1 (p. 1172 a non è definibile mediante un certo numero di
io s.): oL6 1tULoEvOVO"L i:oùç vfovi; ota.xl~ov clementi conccuuali, perché è un tutto orga·
't'Et; (guidare) Tiliov(j xat M1tTI. nico. Cfr. W. DILTHEY, Einleitu11g in die
7 O. WILLMANN, Aristate/es als Piidagòg 11nd Geisteswisscnscha/Je11 I ( 1922) 229.
Didaktikcr ( r909). 9 ~ }ENTSCH 25·85.
8 Da Aristotele in poi la 1t<XL6Elo. è una par· l'JCfr. anche Pseud.-Plat., Aie. 1,124 a·c.
te: essenziale della 1tO">.L'tEl~. Il concetto neo- 11 Cfr. O. W1LLMANN, art. 'Griechische Er-
greco di 1to">.hw1la implica anche oggi l'istru- ziehung' in W. RE1N, Em;yklopiidisches Hand-
zione. ~ JAEGER 1 511 s. Cfr. poi. 4,12 (p. buch dcr Piidagogik ( 1909). L:i snpienzn pe<la·
'iW.~OEvw J\ 1 b (G. Bcrtram)
gogica dell'antichità è sintedzzata dal retore forma lo s tato. DrLTHEY, o.e. (--+ n . 8) 231.
Quintiliano (35-96 d.C.) nella sua Inslitutio
14 «Idea della vita uman11 propria della men·
Oratoria. «La pedagogia e la psicologia dell'in·
talità greca primitiva» è che la vita sia un tea-
fanzia raggiungono (in questo periodo) un li-
tro di marionette r:he gli dèi dirigono dal loro
vello che forse resta insuperato». C. Sc11NEl-
palcoscenico in un modo che è riconoscibile
DER, Die gricchischen Gr1mdlage11 der helle11i-
soltanto dai poeti. --+ ]AEGER m 278 ecc.;
stische11 Religionsgeschichte: J\RW 36 (1939)
Plat., leg. 1,644 d-e; 7,803 c --+ 1tal~w .
319.
i; Il liberto Epiueto ebbe il coraggio d'op-
11 Nel sec. IV l'educazione spartana era dive·
porsi a questa ccncezione; diss. 2,1,22 ss.: o~
nuta l'ideale pedagogico del movimento filo·
yèl.p "toi:c; noÀÀoi:c; TCEpt "tOV"tW'V 'ltLO'"tEU"tio'V.
laconico. --+ ]AEGER I 120-139. Anche Socrate ot ÀÉyoucn µ6vou; H;Etva.L 'lt<J.LOEVEO"l)a.L "tote;
aveva celebrato l'ampiezza e il grado d'edu· H.rnlMpoic;, aJ..).èl. "tote; qnÀo:r6<poic; µci).).ov ,
cnzione dei Lacedemoni, aggiungendo che i
ot Hyouu~ µ6vouc; "toùc; na~owl)Év"ta.~ ÈÀEU-
sette sapienti erano stati lcro discepoli (Plat.,
i>Épouc; EL'V«L. Parlando dei misteri (diss. 3,21,
Prot. 342 d - 343 a). 15) egli dice: Ér.:t ita.~oElq. xa.t È1ta.vopllwcm
n Aristotele s'è ~~so responsabile dello stra· "tov ~lov xa"tEO'"tatJ] 'lta\l"ta. "tav"Ta. ùnò "twv
potere dello stato sull'individuo e dell'asscr· 1w.À.mwv. Cosl si appiana il contrasto fra lo
vimento violento cd esclusivo dell'educazione sforzo che Platone fa nella Repubblica per se·
allo stato, sostene ndo l'infausta idea che lo parare per quanto è possibile la 7tmoE(a., in
stato consista nella sua costituzione, cioè nel- quanto è cultura intellettuale, dal 'lta.tc;, e il
la sua forma (po!. 4,15 [p. 1299 b 25)); la tentativo, che egli compie nelle Leggi, di fon-
massa costituisce il 'materiale' con cui lo statll dare la stessa 7ta.tOEla. nell'educazione del bam-
è costruito (7,4 [p. 1325 b 40)), mentre l'uo- bino (per es. /eg. 2,653 a-b). Quello di cui ve·
mo politico è l'artc!ice che da questa materia ramcnte si tratta è la 'ltf/.~OEU:TL<; lfiuxl}:;
115 (v,599) r.m8Euw A i l> (G. Bcrtmm) (Y,599) ll6
xvxÀLa 1tCX.LOEvµa.'ta, c1oe l'intero cur- sato col senso di educazione scolasti-
riculum delle discipline educative, de- ca 20 • La posizione relativamente impor-
vono essere percorsi almeno yEuµr.noc; tante e apprezzata del pedagogo è atte-
E\IEXE\I, «tanto da assaggiarli»; però la stata nella lettera d'una madre al figlio
materia principale dell'educazione è la (P. Oxy. VI 930, n/m sec. d.C.) 21 •
filosofia (ibid. ro [II 7d]) 11 , L'amore Spesso 7tatOEUEL\I ha anche il senso
spiritualizzato per gli adolescenti favo- generico di educare o istruire. Impor-
risce la formazione, sviluppa doti diret- tante è l'attestazione del senso di casti-
tive e promuove virtù fondamentali gare in BGU III 846,xr s. (sec. II d.C.),
(ibid. 15 [u ne]). Ma soprattutto è dove un figlio scrive a sua madre : 1tE-
necessario il buon esempio, affinché i 1taLOwµetL xcdVilv OE~ 'tp07tO\I, «sono sta-
padri non diventino maestri d'ingiusti- to castigato nel modo dovuto» 22 . Il ca-
zia per i loro figli 18 • Cfr. apophth. Lac. stigo inflitto con i colpi del destino è la
(n 2I6 d): il figlio si rifiuta di cedere 1tctLoEla. Èv À.U7tTJ, che non era ignota
alla seduzione ad opera dei suoi stessi ai filosofi 23• Ma 7t<XtOEUELV nel senso
genitori appellandosi all'educazione ri- d'un castigo corporale che potesse es-
cevuta. sere inflitto ad es. dall'educatore stesso
Tuttavia la buona educazione rimane non risulta ancora attestato nel greco
sempre un privilegio dei benestanti. Lo extrabiblico; può essere tuttavia sup-
dimostra anche la tradizione non lette- posto senz'altro neJla parlata popolare
raria delle iscrizioni e dei papiri. Per ellenistica, dopo quanto s'è detto.
es. in P. Oxy. II 265,24 (81-95 d.C.) si
legge: 'tTJ\I 7tpÉ7tOUCJ"a\I É)..,wi)ÉpOLç 7tCXk 2. Il legislatore e la paideia
crt 7tatodav, «l'educazione convenien-
te ai figli liberi». Un'iscrizione (Dit- Nel periodo classico le idee sull'edu-
tenberger, Syll.' 578,61 [sec. II a.C.]) cazione domestica sono presentate ge-
parla di 'to &.pyupLov 'to Èmooi)h1 ... dc;
neralmente come volontà del legislato-
't'Ì)V 7tctL0Etll.\I 'tW\I ÈÀ.EIJi>Épwv 7tClLOW\I,
«il denaro destinato all'educazione dei re. Infatti ogni tipo d'educazione è pro-
figli liberi» 19 • In altri casi 7tctLÒEla è u- priamente una cosa pubblica 24 • È ap-
J'\ Plutarco usa spesso 7tmoa.ywy6c:; in senso 21 Un'altra madre chiede per lettera che suo
più ampio: lttxt!ìcxywyòv ·djç -.vpo;vvl6oç, figlio cerchi un insegnante assieme al suo pe-
Galb. l 7 {1 1060 c); où 116vov oljµoxpa.-rlo:ç dagogo e invia quèsto saluto: &uTCa<Ta.L -.òv
6.)..)..à, X<Xl ~(XCrtÀEl<Xç mxtoe.tywy6c:;. Aral11s 48 utµtw-rcx-rov ita.L!ìa.ywy6v crov "Epw'tet..
( 1 1049 e); in senso analogo 7te.tL!ìEVTÌ)ç tÀ.Ev- MouLTON-MILL. 474, s.v. Altro materiale in
1>Epfo.c:;, Lycurg. 12 ( 1 46 d); 1te.tt!ìa.ywyla. ~ }ENTSCH 171-174.
7tpÒc:; 'tÒ bEfov, Nomas. 15,1 {I 70 b). Nel pro- 27 DEISSMANN, L.O. 154 s.: «Vengo castigato
blema &v xaÀwc:; ÙltÒ -.ov ).6you lta.Loaywyn- come conviene». Questa lettera attesta la con-
ftii -rò 7t6:.Doc;, è il logos stesso che fa da peda- versione d'un 'figliol prodigo'.
gogo, ~ n. 15. 21 Sul rapporto fra TCmoda. e Mm1 in Plut.,
t9 MouLTON-MlLL. 474, s.v.; ivi altro mate· ser. 11um. pun. 3 (n 549 c-d) dr. ~ vr, coli.
riale. 853 s., n . 20.
2~ Si noti però il detto sapienziale apollineo 21 Cfr. P. NATORP, art. 'Erzichung' in W~
119 (v,600) rtm6~uw A 2 (G. Bcrtrnm J {V,601) 120
punto per la paideia che Platone scri- ducatrice (leg. 7 ,809 a; 5 ,730 b ). Le leg·
ve la Repubblica e le Leggi; anzi, lo gi regolano fin dalla nascita l'educa-
zione dei bambini e poi quella degli a-
stato stesso esiste per essa. Il proble- dulti, sia nel corpo che nello spirito
ma centrale della paideia è il rapporto (Cristo 50 d; 51 c), perciò la paideia è
fra l'uomo e la polis, e il fallimento di completamente affidata allo stato (Me-
Socrate fa pensare alla tensione insupe-
nex. 248 d). I Greci, in quanto uomini
È\I \IOµoic; X('J.L tX\11>pw1toic; 'tEìJpctµµÉ\IOL'
rabile fra la libertà dell'individuo e le «allevati nelle leggi e fra gli uomini»,
esigenze della società 25 • si distinguono per questa loro educa-
zione e cultura dai barbari, ai quali
L'uomo è destinato alla paideia (cul- manca la 1tctiodct e ogni salutare co-
tura) 20 dalla sua stessa natura, e la re- strizione alla virtù (Prot_ 327 c.d). I
gola del suo divenire non è il suo desi- bambini non devono crescere senza oi-
derio ( 4iux1i ), ma la legge ( Xenoph., 0&.axaÀ.oi e 'Tt<J.toa.:ywyol, come le pe-
Cyrop. r,3,18). La 7tcttÒEl('J. è una òu- core non devono stare senza pastori e
\lctµtc; 1kpct7tEV'tLX'Ì) ~uxf\c;, «forza cu- gli schiavi senza padroni; ò oÈ 'ltai:c;
rativa delJ'anima» (Pseud.-Plat., de/. 1ta\l't'W\I ìJTJplw\I oucrµE't<J.XELpicr'to't'a-
416) 27 , ed è perciò impostata anche in 'tO\I, «ma il bambino è il più indomabile
senso individuale; ciononostante essa è degli animali» (leg. 7 ,808 d).
fondamentale per lo stato ideale di Pla- Anche in resp. r1335 b-c si fa il con-
tone 28 e la sua sicurezza (leg. 6,7')2 c). fronto fra l'uomo e l'animale (dr. 3,
Scopo e fine dell'educazione è l'inseri- 416 a-c). Se l'àpE't1} e l'Tji)oc; fossero
mento del giovane nell'ambiente già for- parte della cput7ic;, vel'rebbe a cadere la
mato dalla legge e dall'esperienza (leg. sicura differenza fra l'uomo e l'anima-
2,659 d). Il \loµocpuÀ.a!; 29 , cioè il custo- le 3~. Però il gmppo lessicale incentrato
de della legge, e il 1tcttOEv't1)c;, l'educa- su muoEla. è usato quasi esclusivamen-
tore, s'integrano a vicenda (leg. 7,8n te parlando dell'uomo; nelle eccezio-
d; 8,835 a) e la stessa legge diventa e- ni 31 si tratta d'un'umanizzazione degli
animali. Una buona educazione è di 606 e). Risulta invece necessario per lo
grande utilità per lo stato: -ito:~oEl<.c .. stato che gli spettacoli pubblici e il pa-
o
q:>ÉpE~ xa.t vlxYJv, vlxTJ 'f.vlo'tE &.ito:~ trimonio culturale destinato alla gioven·
OEucrla.v, «l'educuzione... porta anche al- tù siano sottoposti a un severo control-
la vittoria; ma la vittoria può riporta- lo eticopedagogico.
re talvolta la barbarie» (leg. I ,641 e; I due elementi essenziali dell'educa-
cfr, 7 ,803 d; 8 ,8 32 d ). Pensando a que- zione sono la µabl)CTL<; e 1''1.ITxT]crtç
sta utilità si proponeva ripetutamente (resp. 7,536 b). Per il Socrate di Plato-
ai Greci l'esempio dei Lacedemoni e ne la virtù si identifica con la formazio-
anche quello dei Persiani (cfr. Xenoph., ne culturale e la felicità dell'uomo di-
Cyrop. ). Così Platone spiega il destino pende dalla 'lta.~oEla e dalla otxa.~ocruvn
mutevole degli imperatori della Persia, (Gorg. 470 e). La predisposizione natu-
in cui la virtù e la saggezza (&.pEi:1}, rrw- · rale e l'esercizio producono la morige-
cppccruvYJ) furono soffocate dalla ric- ratezza e il controllo delle passioni nel
chezza e dalla tirannia (leg. 3,694-696). piacere e nel dolore (resp. 4A3I c). L'e-
Per gli Ateniesi invece egli deriva da ducazione esige anche l'impegno perso-
questo confronto l'ideale pedagogico nale: i filosofi devono dedicarsi al go-
democratico definito alla fine delle Leg- verno, sacrificando per la comunità la
gi ( I2 ,969 b-c): lo stato ideale divente- loro vita contemplativa (resp. 7,540 b).
rà reale f.à.v &pa. 1)µt'v ol: -rE '1.vopEç Per Aristotele è sicuro che l'educa-
&.xp~Bwc; ÈXÀEX~G°)Cl~, 'Jt<XLOEUDW'.il -r:: zione è un problema politico. Essa si
1tpOO"'l}X6v-rwç, 'ltO:LOEU~ÉV-rEç. .. cpuÀ.a- estende a tutti i bambini e dev'essere
x~ç à'lto't"EÀ.Ecrllwow, ol:ouç oùx EtooµEv regolata dai legislatori. Si discute inve-
f.v -rQ 1tp6o-i)Ev Blcv 1tpòç à.pE-riiv o-w-rY]- ce quale sia il suo contenuto e il suo
pla.ç yEvoµÉvouç, «se ci vengono eletti scopo: si tratta solo delle «cose utili
accuratamente quegli uomini e vengo- per la vita e tendenti alla virtù» ( -.à
no educati e, una volta conveniente- XP'i)CTtµa 1tpÒç 'tÒV ~LOV fi 't cX 'tEL\IOV't et:
mente formati ... , vengono perfezionati a r.pòc, à.pE't"i)v ), o anche di qualcosa di
fare i custodi, quali non ne abbiamo vi- più alto? (pol. 8,I.2 [p. 1337a I I ss.] ).
sti altri in tutta la vita precedente tan- Ccmunque sia, l'educazione comune de·
to dediti alla virtù della salvezza (dello v'essue il fondamento dell'unità politi-
stato)» ( cfr. ibid. 964 c-e) 32 • ca; è megliG rendere uguali i desideri
Partendo dalfo sua concezione filoso- degli uomini che i loro possessi (poi.
fica, Platcne attacca aspramente il me- 2,7 [p. 1266b 3oss.]; cfr. 2,5 [p.
todo educativo tradizionale che si basa 1263 b 37 e 1264 a 30]). Un governo
sulle 'menzogne' dei miti (resp.2,377a), veramente buono non dev'esser soltan-
dispregia gli dèi e corrompe i bambini to in possesso d'una cultura adatta al-
(ib;d. 381 e). Si oppone così al rispetto l'umanità, ma la deve confermare nella
che tutti nutrono per Omero: À.Éyouow pratica (poi. 2,9 [p. r270 b 37 e 1271 a
wc; -.riv 'EÀ.À.aoa. nE'lta.l&wxEv ov-.oç ò i]; èfr. 3,16 [p. 1287 a 25. b 25]).
'ltOLi)'tlJ(,;, «dicono che questo poeta a- Con questa educazione ed assuefazio-
vrebbe educato la Grecia» (resp. ro, ne al bene si diventa efficienti e bravi
J! Nella struttura dello stato ide:ile Platone e· direttamente politica: è la legge che 'educa' il
sige il dominio dei migliori, e quindi l'educa- detentore del potere (poi. 3,16 [p. 1287 a 25
zione dci capi divent':i per lui un problema de- b}): xplvE~ yàp iixa<T-roç Cipxwv mm:HlìEv-
cisivo. Per Aristotele invece l'educazione è piì1 ('.Évoç v1tÒ •ov v6µov xaÀwç.
123 (v,6or) 7tctLOEVW A 3 (G. Bertram) (v,602) 124
uomini di stato e di governo (poi. 3 1 18 gogia greca, anche quando essa è con-
[p. 1288 b r], cfr. 3,13 [p. 1283 a cepita come un compito e un fine dello
25]; 4,11 [p. 1295 a 27 e 1296]). Sia
nella democrazia che nell'aristocrazia, i stato. Ma Platone arriva a una formu-
migliori si distinguono per ricchezza, lazione nuova e coscientemente antite-
nascita, capacità o cultura (poi. 4.4 [p. tica: ò 01) ikòc; 1}µ~\I '!t_cb.1-.w\I XPYJµti-
191 b 29]; 8 [p. 1293 b 37]). L'acqui- 'tW\I µÉ'tpo\I 8.v EL'!) µciÀ.~cna, xa.L rcoÀ.ù
sto di buone abitudini e l'educazione
non si prefiggono l'adempimento dei µciÀ.À.o\I i] Ttov -.~ç. . . &vi)pw'ltoç, «ma
desideri d'un partito, ma di quelli del- per noi è soprattutto Dio la misura di
lo stato secondo la sua costituzione tutte le cose, e molto più che ... un qual-
(pol.4,9 [p.1310a l4ss .J). Alla clas-
se: dirigente è contrapposto il popolo, siasi uomo» (leg_ 4,7r6 c). Questa for-
che è ignobile, povero e incolto (poi. mula non elimina definitivamente né
6,2 [p. 1317 b 39]). Ancor più di Pla- l'individualismo né l'antropocentrismo,
tone, Aristotele ritiene che la legge sia
il vero pedagogo. L'educazione civile ma colloca in luogo della relatività un'e-
ha per scopo d'introdurre nella situa- sigenza assoluta e definitiva. In tal mo-
zione politica creata dal legislatore. Co- do la paideia trova il suo necessario o-
sì lo stato ottiene un predominio fon-
rientamento trascendente. Tuttavia con
damentale sull'individuo. Perfino l'edu-
cazione nella musica vien subordinata questa introduzione della 'teologia' 34,
:illa dottrina sociale 31 • mediante la quale i discepoli di Platone
cercarono di spiegare la legge fonda-
3. u7tÒ ALÒç 7t~LOEuEcl}ru
mentale del suo stato, non si riuscl a li-
11 carattere antropocentrico e indivi- berare . realmente il pensiero pedagogi-
dualistico del pensiero greco illuminato co dei Greci dai suoi vincoli umani, ter-
trova la sua sintesi nel principio di Pro- reni e fisico-materialistici 35.
tagora: «Di tutte le cose è misura l'uo- Educazione al bene presuppone co-
mo: di quelle che sono, in quanto sono; noscenza del bene, cioè è teologin
di quelle che non sono, in quanto non (resp. 2,379 a-c). Questa è una conse-
guenza chiara e propriamente ovvia del-
sono» (Plat., Theaet.152 a). Quest'idea l'identificazione socratica di virtù e
sottende in ultima analisi tutta la peda- cultura 36• La teologia degli dèi visibili
.n Nella 7ta.LòEl11. dei Greci rimangono insolu- gia. ~ )AEGER Ill 21.
bili tre problemi principali: quello etico-socia- 3~ La 1t11.LliEla. di Dio abbraccia l'universo. L'a-
le- della schiavitù, quello etico-biologico della nima del mondo - cioè la realtà divina, secon-
famiglia (cioè della posizio11e della donna e do leg. IO - è, col suo ordine, il principio do-
del bambino) e quello etico-teologico della li- minatore del mondo. Cfr. leg_ 10,897 b: ljlu-
bertà o della morte. Ciononostante l'impero xi}... \IOV\I µ~v 1tpocrÀ.a.~ovcr11. 11.iet DE6v 6pDwc;
remano, quale erede e portatore delle cultum i>Eotc;, op&à xat Evlìrxlµova 7tmlìaywyEL mi.v-
greca, divenne l'educatore degli uomini coi -ra. Cfr. ~ }AEGER lll 321.
suoi ordinamenti e colle sue leggi.
3~ L'orientamento verso il bene, che è la real-
JI Platone è il creatore del concetto di teolo- tà divina, crea fra gli uomini una comunitiì
l25 (v,6oi) nO.toeùw A 3 (G. Bertram) \ V,OU..l.J .1..L:U
(Tim-40 d) si ricollega alla credenza po- µ~vot... elo-tv uµw, à.À.À.à. -.ò Àomòv
polare, la quale traspare anche in Tim . 't'Oi:c, 1>e:oi:ç EVXEO"ì}ai, «se vi manca qual-
23 d, dove è detto che la divinità EÀ.a- cuno per educare, non avete né chi edu-
XE xat [t}pE4iE xat bca.lot.ucrE, «ebbe in chi né chi possa venir educato ... e non
sorte, nutrì ed educò» la città di Ate- resta altro che pregare gli dèi» (ep. n ,
ne. Ciononostante per Platone tutta l'e- 359 b). È sintomatico in questo svilup-
ducazione specializzata, politica e spiri- po anche il coordinamento di rtaiòda.,
tuale, ha un carattere completamente µa.V'tEia. e ì}Epa.Ttela (Pseud.-Plat., E-
razionale. E tuttavia, al di sopra di ògni pin. 988 a). Per l'uomo non c'è nulla di
crwqipocruvri umana si trova la µavla. più divino che provvedere alla paideia
prodotta da Dio, la quale µupla -.wv (Pseud.-Plat., Theag. 122 b); in questa
r.a.À.cttwv [pya. xocrµoiiuo:. -toùç ÈmyL- si possono presupporre come prepara-
yvoµÉvouç 1tl1.t0EUEL, «abbellendo le mil- zione le lettere, la cetra, la lotta e ogni
le gesta degli antenati, educa i loro po- altro esercizio ( ypaµµa.-ra., xtì}apl?;Etv,
steri» (Phaedr. 245 a). 'lt<X.À.atEW xat 't"TJV rD..À.T}V àywviav,
Nello Pseudo-Platone è Dio stesso, ibid. i22 e), ma in ultima analisi, e già
inteso all'incirca come il dèmone socra- in Platone stesso, quello che veramente
tico, che educa alla conoscenza di se imjJOtta è l'essenza dell'anima e la cura
stessi. Così il mito di Minosse raccon- di questa, anzi la sua salvezza eterna.
ta che questi q>ovtav TCO'.LOe:uih1cr6µevov Perciò in Phaed. rn7 d è detto: oÙÒÈv
wç V7tÒ CTOqJLO"'t"OU O\l't"Oç 't"OU ALO<;, «fre- yà.p /J:.ÀÀ.o (xoucra Elc; "Atoou ii \jiux·h
quentava (Giove) per riceverne istruzio- iipxE-rcu 1tÀT)v 'tijç 'lta.tÒElaç 'TE xat
ne, quasi come se Giove fosse un so- •poqrijç, «l'anima va nell'Ade senza por-
fista» (Pseud.-Plat., Min. 319 c); cfr. tare con sé nulla, eccetto l'educazione
d: U7tÒ .6.LÒç 'ltE1tct.LOEiio-l>m, e 320 b : e la formazione». Però questa concezio-
ljv a.ihT} i} cruvouo-la ... 8tà. À.éywv È'ltL ne fa risorgere il problema se la virtù si
r.at8e:lq. dc; à.pE•l)v, «era quella una possa insegnare, problema che · nel Me-
comunione <li vita ... diretta alla virtù none aveva condotto a rispondere che
mediante parole riguardanti l'educazio- quello che decide non sono né le rego-
ne». Anche il mito secondo cui gli dèi le pedagogiche né i maestri e neppure
·c€xvaç 1tpw-rouc; 1tat8e:uu6.µEvot, «in- i padri, perché anche i migliori posso-
segnando per primi le arti», avrebbero no fallire nello sforzo di educare i loro
organizzato la vita umana si trova en- figli (Men. 93 d-e. 94 a. 96 d. 99 e); e si
tro la tradizione platonica (Menex. conclude «che a noi sembra che per sor-
2 38 b). Infine, superando in certo mo- te divina la virtù tocca a chi tocca»,
do il razionalismo pedagogico, è det- ì}Elq. µolpq. i]µi:v <flCXL'VE'tcu 7tapayiyvo-
to : El o'btt •Ò 'ltct.tOEUO"at OEL 'tLVOC,, µÉvri ii à.pE'tlJ OL<; 0.v 1t<X.paylj'V'fj't"CX.L,
OU'tE ò 'ltatÒEuuwv oihE oì 'ltatòw1>11cr6- Men. IOO b).
piì1 forte e gcnuillll di tutti i legami umani. alla storia d'un concetto cristiano. Però il con-
Plat. , t:p. 7,334 b: ov yò.p lìtà (3a.va.u:rov q>tÀ.6· tenuto è diverso. -> µE-ravo~o. vn, coli. 1 u8-
'tTj'tO<; (ytyOVEL q>O...oc;, OtCÌ OÈ ÈÀ.EVfilpac; 1t0.L- u 20; cfr. anche il passo di Ceb., tab. n,1 ci-
OEtO.c; xowwvlav; cfr. ibid. 345 b. Questo o- tato ibid., col. u17. Nel p:isso platonico men-
rienrnmento verso il bene e il divino è la con· zionato compare pure la prima radice di quel-
versione nel senso platonico. È in tal senso che 1?. tecnica pedagogica che poi, nell'epoca elle·
in n:sp. 7,518 d si parl:i della 'tÉXVTj... -rijc; 1tE· nistico-romana, dovevn pass:irc sempre più in
pLo.ywyijc;. Così anche qui Plawnc dà inizio primo piano.
127 (v,602) na~oEuw Il 1 (G. Bertmm)
profeti educarono il popolo dell'antica ne, nella fede e nella fiducia. Tuttavia
alleanza come mai altrove è accaduto non esiste una terminologia comprensi-
nella storia. Unn funzione educativa va per significare l'educazione. Benché
spetta soprattutto alla legge 41 • Alcuni nell'A.T. ebraico si trovi una serie
brevi riassunti di questa, come certi de- di termini indicanti l'insegnamerrto · e
caloghi (Ex. 20.24) e liturgie della torà la direzione, il rimprovero e la corre-
(Ps. 15; 24,3-6; Mich. 6,6-8), e anche zione, c'è una sola parola, jiisar, col suo
lo sviluppo sempre maggiore della ca- derivato miìsiir, che potrebbe avere il
suistica legale, regolano la condotta del- senso di educare e di educazione 43 • Que-
1'israelita fin nei dettagli della vita quo- sto termine si riferisce certamente al
tidiana e lo circondano colla potenza medesimo campo concettuale e può si-
dei loro ordini, con proibizioni o per- gnificare tanto allevamento (ma in
suasioni (Ps. u9). Nel campo della vita senso morale, non in senso biologi-
quotidiana custode della legge è il pa- co) quanto castigo; però può assu-
dre. Egli è il portatore responsabile mere anche un significato più intellet-
della tradizione e quindi dell'educazio- tuale, e allora ha il senso di cultura
ne dei giovani (Gen. 18,19; Ex. 12,26; in quanto possesso della sapienza, co-
13,14; Deut. 4,32; 6 ,7.20) 42 • Cosl - noscenza e capacità di giudizio 44 • Il ter-
nelle sue formulazioni continuamente mine si riferisce all'agire da persona a
rinnovate, come attestano gli strati cor- persona: o di Dio che agisce sugli uo-
rispondenti alle diverse fonti - la legge mini, o dell'uomo che agisce sui suoi
sopravvive alla fine del regno e del tem- simili. Non è usato per gli animali. Nel-
pio e rimane nel popolo l'unica forza l'impiego particolare del vocabolo biso-
sostentatrice ed educatrice. gna distinguere diversi campi, rap:!Jorti
Per il popolo eletto da Dio, che ha e significati, che però si implicano fre-
concluso con lui la sua alleanza, 1a leg- quentemente fra di loro: l'educazione
ge è la norma rivelata del divenire e dei figli, che è disciplinare e compr.en-
del crescere nella disciplina e nell'ardi- de anche i castighi, ma può includere
45 Cfr. De11t. 21,18; 22,18. timo semiverso cfr. i LXX: xu~~PV1JCTLv x-rii·
• 1 Cfr. 1 Reg. 12,11.14; 2 Chron. ro,n.1+ È CTE-rctL. Il termine tahbulOt dovrebbe essere
forse pensando alla costrizione a cui sottostan- derivato da ~ebel, /1111.e memoria, e inteso nel
no i sudditi che in lob 12,18 si dice che Dio senso di ca11one, norma, 'gt1ida'. Si tratta non
«apre (scioglie) la disciplina dei te», a meno d'una direzione fissata dall'uomo esperto, ma
che non Si debba leggere morer (da 'sr), VÙI· derivata dalla parola di Dio, a cui egli si affì·
colo, ceppo; dr. Or. 5,2. da: è una religione della grazia non della leg·
ge. Suo contrapposto sarebbe la 7tpoalpECTL<;
47 Il termine ;im5r (da jsr), biasimatore, è im-
1t\1Euµct-roc;, cioè la volontà autonoma dello
piegato, insieme a mokla~, accusatore, nella
spirito umano, di cui parla Ecci. 1,14.17; 2,11 .
risposta di Dio a Giobbe in lob 40,2.
22.26; 4,4.6.16; 6,9. Cfr. G. BERTRAM, Hebr.
43 Cfr. B. GnMSER, Spriiche Salomos = Hand- 11. griech. Qohclet_ Eit1 Beilrag wr Theologie
buch z. A.T. I 16 (1937), a Prov. 1,8. der hell. Bibel: ZAW NF 2 (1951), special-
4J Traduzione secondo GEMSER, ad /_ Sull'ul- mente gli ultimi capoversi. Nella dottrina sa-
ltctioevw B 1 {G. Bemam) (v,6o5) 134
È chiaro che qui si tratta di una for- la teologia giudaica e cristiana del do-
mazione che è molto più etico-pratica lore, ne è soltanto uno degli esempi
che intellettuale («il comandamento è più chiari 51 • In accordo col carattere
una lampada e l'insegnamento è una religioso della sapienza pratica israeli-
luce e la disciplina indica la via della tica, questo tratto dei Proverbi pone in
vita», Prov. 6,23; cfr. 16,22; 10,17) ed rilievo il timore e la fiducia verso Jah-
è in gioco certamente quell'educazione vé come fondamento e contenuto d'o-
e disciplina che sono apprese volonta- gni educazione, e mette in guardia e-
riamente e per iniziativa propria ( 12,1; splicitamente contro la ragione e la sa-
13,1; 19,20.27; 23,I2; 15,32.33). So- pienza personale (3,5 ss.; cfr. Is. 5,21).
lo uno stolto può rifiutare gli ammoni- Della disciplina e del castigo per o-
menti di suo padre ( 1 5 ,5 ), perché la pera di Jahvé stesso si parla poi spes-
miseria e l'onta sono la conseguenza del so nei Salmi. È Jahvé che ammonisce
rifiuto della disciplina ( 13,l8) ed è co- dentro la coscienza (Ps. 16,7). Un casti-
s1 che il podere del pigro diventa un go proporzionato al peccato porterebbe
esempio da cui gli altri devono rifug- alla perdizione dell'uomo (Ps. 39,12); è
gire (24,32). In queste seatenze musar questo il motivo della preghiera: «Non
sta spesso accanto ad altri termini pa- castigarmi nella tua ira» (Ps. 6,2; 38,
ralleli, specialmente a tokal;at, che ha 2; ~VIII, coll. n39 s.). E l'uomo pio
il senso di correzione o rimprovero. La confessa: «Jahvé mi ha castigato senza
cultura e la conoscenza sono più pre- darmi in mano alla morte» (Ps. 118,18)
ziose dell'argento e dell'oro ( 8 ,xo; cfr. e infine non esita a dire: «Beato l'uomo
8,33). Però non ha senso sprecare il la- che tu, o Jahvé, prendi sotto la tua di-
voro educativo con gli schernitori e gli sciplina ed educhi colla tua legge» (Ps.
empi ( 9,7 ), perché essi si rifiutano di 94,12).
accettare la disciplina di Dio. Anche Elifaz, il Temanìta, la- pensa
Ogni forma di disciplina vien fatta in questo modo: «Beato l'uomo che Dio
risalire a Dio. È in lui che si fonda castiga (iakab ); perciò non disprezzare
l'autorità. Se questo carattere teonomi- la correzione dell'Onnipotente» (Iob 5,
co dell'educazione non risalta in tutti i I 7 ). A Giobbe queste disquisizioni .de-
particolari nei Proverbi, ciò è dovuto gli amici fanno l'impressione di rim-
alla storia di questi detti sapienziali 50 • proveri pieni di scherno, perché pre-
La comunità dell'antica alleanza inten- suppongono la sua colpa (lob 20,3; cfr.
de sempre più l'educazione partendo 36,10) 52 ; ma ciò non toglie che in que-
dall'azione salvifica del suo Dio. II pas- sto libro e nei Salmi si trovino le stes-
so di Prov. 3 ,r 1, così importante per se idee della sapienza proverbiale sui
pienziale l'educazione dei giovani e la forma· NF lO (1933) 177-204; J. F1cHTNER, Die alto-
zione degli adulti s'intersecano a vicenda. rientalische W eisheil in ihrer israe/i1isch·iii-
50 W. BAUMGARTNER, Isr. tmd altorientalische dische11 At1spriig11ng (1933) 79-97.
51 L'accettazione umile e la sottomissione alla
\'(!eisheit ( 1933); ID., Die isr. Weisheitslitera-
lt1r: ThR NF 5 (1933) 259-288. La sapienza, disciplina del dolore sono caratteristiche della
la disciplina e la pietà sono contrapposte alla persona pia; dr. Ps. n8,21 ; l 19,71 ecc. Su
sfrenatezza e all'empietà. L'autorità divina so- Ps. n9,75 dr. B. HEYNE, Zt1 Ps. u9,75 11. 67:
stiene colla sua autorità tutti gli ammonimen- ZAW NF IO (1933) 312.
ti e le diffide in Prov.6,16 ss. dr. W. ZIMMER· 51 Cfr. G. HOLSCHER, Das Buch Hiob =
LI, Zt1r Slrt1klt1r der alt.lichen \'(!eisheit: ZAW Handbuch z. A.T. I 17 (1937) a 33,16.
135 (v,605) itatOEUW B 2 (G. Bertram) (v,606) 136
castighi divini. Dio è un giudice severo polo da parte di Dio (10,ro; cfr. 7,12 .
che punisce e castiga, ma lo fa come 15) 54, e Os. lo,12 - secondo un'inter-
un padre che impone ai figli una disci- pretazione possibile - dice: «Arate una
plina severa. Anzi, la sua potenza esi- terra nuova (cioè straniera) ... finché egli
gente e punitrice oltrepassa i confini del verrà a insegnarvi la giustizia». Qui
popolo dell'alleanza e abbraccia anche sembra che il castigo della deportazio-
il mondo pagano: «Colui che ha disci- ne del popolo debba precedere l'inse·
plinato i popoli non dovrebbe castiga- gnamento di Jahvé. Ma l'annunzio pro-
re? egli che ha insegnato agli uomini fetico poggia sulle istruzioni di Jahvé,
la sapienza?» (Ps. 94,10) 53• La stessa che conferiscono all'uomo di Dio la giu-
esigenza viene espressa in Ps. 2,10: sta visione degli avvenimenti storici,
«Lasciatevi correggere voi, o giudici contraria a tutte le opinioni e a tutti i
della terra! ». desideri popolari. Tale fu, per es., l'e·
sperienza di Isaia ( 8,n ). Alla sua teolo-
2 . La disciplina di Dio nella rivelazio-
gia della storia introduce meglio di altre
ne profetica la similitudine dell'agricoltore istruito
direttamente da Jahvé (Is. 28,26) 55 • Co-
Negli scritti sapienziali la disciplina me l'agricoltore non fa sempre lo stes-
e il castigo restano collegati alla dot- so lavoro, cosl l'attività educatrice di
trina e all'insegnamento, come convie- Jahvé verso il popolo non è uniforme 56 •
ne allo spirito di questi testi; diverso è In età pre-esilica troviamo ancora Sofo-
invece il tema nei profeti, i quali trat- nia e il suo lamento contro Gerusalem-
tano dell'azione divina nella storia del me che non vuole accettare correzioni
popolo e dei popoli. Non solo l'indivi- (3,2 .7) 57 • Le parole profetiche sui casti-
duo, ma tutto il popolo eletto, nelle sue ghi di Dio acquistano il loro impressio·
vicende e nel suo comportamento, si nante effetto ammonitorio soprattutto
trova sotto 1a disciplina di Dio. Disci- per gli- avvenimenti politici a cui si ri-
plina è il senso della legge. A partire di feriscono, come la distruzione di Geru-
qui si deve intendere in sostanza il mes- salemme e le deportazioni.
saggio profetico. Simile a questa è la visione della sto-
Già Osea annunzia il castigo del po- ria in Geremia. La cattiveria del popo-
lo e la sua apostasia da Dio attirano i pesò su di lui, e colle sue piagh~ diven-
castighi e le punizioni (2,19), che però ne la nostra guarigione». Qui si tratta
rimangono senza effetto, perché i col- del castigo vicario, di quell'enunciazio-
piti li rifiutano (2,30; 5,3; 7,28; 17, ne prcfeticn eh-:: entrò a far parte della
23 ). Jahvé ha cercato instancabilmente t::ologia giudaica del dolore, che nell'e-
di far capire la retta via al suo popolo, s;)::tienza credente dei molti periodi di
ma questo non ha voluto accettarne né pcr;;ecuzionc s'impose alla pietà giudai-
l'ammonimento, né la disciplina, né il cn e trovò il suo compimento storico-
castigo (32,33). Quindi anche gli av- salvifico in Gesù Cristo.
vertimenti del profeta sono inutili (6, Un e!Iett'.'.> d~gli ammc:-iimenti e av-
8; 35,13) e troppo tardi egli prega co- vertimenti profetici riguardanti i casti-
sì: «Castigami pure, o Jahvé, ma con ghi inflitti al popolo di Dio mediante
giusta misura, e non con tutta la tua gli avvenimenti storici si ritrova nella
collera, per non annie:itarmi» ( 10,24); storicgrafia dell'A.T. Essa colloca tut-
troppo tardi, perché in 30,14 Dio dice: ta la storia del popolo nella visuale pe-
«Ti ho colpito come si percuote un ne- dagogica: come un p:idre educa il fi-
mico, con una punizion~ tremenda». glio, così Jahvé educa il popolo (Deut.
Qui certo non si tratta di un éastigo e- 8,5 ; cfr. Is. 1,2). A questa educazione
ducativo e di un rapporto fra p:idre e servirono soprattutto gli episodi avve-
fìglio! Ciononostante, la promessa rima- nuti durante la traver:;ata del deserto
ne: «Sono con te per salvarti, dice Jah- (Deut. 11,2) 61 • Jahvé stesso ha guidato
vé, e manderò in rovina tutti i popoli dal cielo il popolo e lo ha educato (Deul .
fra cui ti ho disperso, mentre non vo- 4,36); l'ha punito ripetutamente a cau-
glio distruggere te, ma castigarti secon- sa dei suoi peccati (Lev. 26,18-28). In
do giustizia, non potendo lasciarti im- questo passo del Levitico il contesto fa
punito» (30,u; cfr. 46,28) 53 • E ora pensare solo al castigo, mentre le mera-
Efraim (Israele) si pente amaramente vigliose gesta salvifiche di cui. si parla
e rinnova la sua professione di fede nel in Deut. 1 l ,2 devono essere ritenute
Dio che l'ha colpito (31,18). un'educazione positiva. Ma questa in-
In Ezechiele il nostro gruppo di vo- terpretazione non deve far dimenticare
caboli ricorre solo due volte (in 5 ,15 59 eh~ nel testo originale si usa in entram·
e 23,48) col senso di avvertimento e di bi i casi il medesimo termine musar,
lasciarsi avvertire. Importante è il pas- come si fa anche altrove, per cui è diffi-
so di Is. 53,5 60 , nei canti del servo di cile una precisa distinzione concettuale
Jahvé: «Il castigo che ci porta la pace dei significati. È chiare dunque che nel-
62 L. CoRDIER, o.e. (-+ n. 38) 58.67. SENZAHL, Die Goltverlassenheit des Christus
nach dem Kreuzeswort bei Mt. u. Mk. u. das
6lG. BERTRAM, Der anthropozentrische Cha- christologische V erstiindnis des griechischet1
rakter der Septuagilltafrommigkeit: Forschun- Psalters ( 1937) 102-148.
gen und Fortschritte 8 (1932) 219.
M G. BERTRAM, Religion in der Bibel. Zur
6-1 A. SoMMER, Der Begrilf der Versuchung im V ermenschlichung der bibl. Offenbarung : Kir-
A.T. u. im ft1de11tum (1935); ].H. KoRN, Pei- che im Angriff 12 ( 1936) 89-xo3; In., Die Auf-
rasmos. Die Versuchung des Gliiubigen in der gabe ei11er bibl. Theologie beider Teslamenle:
r,riechiscben Bibel (1937) 13.48-88; W. HA- ibid. 416-427.
1.p (v,6071 'lta..LoEvW B 3 a (G. Bertrnm) (v,608) 142
nesimo 66 • Proprio essi tuttavia sono po- yoLc; ov 1tatOEui}1}crE't<.t.t olxÉ't"rv; crxÀT)-
sti in rilievo nella traduzione greca del- p6c;, <<non si potrà correggere con le (so-
1'A.T ., e::! è precisamente il concetto le) parole lo schiavo testardo». Anche
greco di 1ta.Loda. che offre ai tradutto- altrove 1ta.~OEUEW ha il senso di punire,
ri il mezzo linguistico adatto per inter- correggere, oltrepassando in parte il T.
pretare pedagogicamente la storia della M. Cosl avviene probabilmente in Deut.
salvezza. 22,18; 2 Esdr. 7,26 e, con un altro ter-
Nella maggior parte dei casi m1..toda mine, nel corrispondente I Esdr. 8,24,
e 'lt<.t.LOEUEW rendono musar e jasar. Co- dove i LXX aggiungono al testo ebraico
sì i due vocaboli greci acquistano un si- la punizione disciplinare. Invece nelle
gnificato nuovo e originariamente ad es- regole pet i prfncipi di Ecclus rn,r 68 e
si quasi estraneo. Il termine m1..10Elr1. 37,23 1t!l.LOEUEt\I va forse inteso nel
assume anche il senso di disciplina e senso di educazione. Ciò vale special-
castigo 61 , mentre, d'altra parte, gli a- mente per il secondo passo; tanto più
spetti intellettuali della cultura, dell'e- che qui ne/,Jkam è reso con 'lta.tOEVEtV.
ducazione e dell'istruzione penetrano L'impiego religioso del termine 1t<.t.L-
nei testi veterotestamentari molto al di ÒEla. nel senso di correzione o punizione
là dei limiti entro cui si trovavano nel divina corrisponde pienamente all'uso
testo originale. profano. Ciò che il testo base di Deut.
a) Per la letteratura sapienziale l'in- 8,5 afferma sul Dio educatore è svilup-
serimento esistenziale del pensiero pe- pato più ampiamente in Prov. 3,1 r s. 6'J
dagogico ha luogo nella disciplina che I LXX presuppongono qui la pedagogia
il padre di famiglia esercita verso i figli del dolore. Infatti invece del masoreti-
e la servitù. In questo punto i LXX pre- co uk<'ab, «e come un padre», leggono
sentano nei dettagli alcune varianti ri- una forma hif' il della radice k' b (causar
. spetto al testo originale. Per es., in dolore) 10, e traducono con µacr~Lyou\I,
Prov.17,2r la traduzione aggiunge un'e- flagellare. Grazie al parallelismo esisten-
nunciazione positiva alle formulazioni te fra 1t<.t.tOEVEL e µa.cr'ttyo~, anche la
negativa del T .M. Comunque qui, co- 1ta.LOEla. xuplou del v. r x è intesa chiara-
me in Ecclus 42 ,5, 1t<.t.LOEla ha sempre mente come una disciplina dolorosa.
il senso di punizione, correzione: il ter- Qui dunque i LXX fanno valere, con-
mine greco s'è adattato completamente tro il T.M., una delle idee fondamen-
allo spirito del testo originale. In Prov. tali della pietà giudaica sulla sofferen-
29,19 i LXX restringono il detto (la cor- za; però altrove i traduttori si atten-
rezione verbale non basta per uno schia- gono per lo più al testo ebraico, met-
vo) al caso dello schiavo caparbio: À.6- tendo in luce la disciplina e il castigo
6(;La radice jsr ricorre circa 8 5 volte nel testo 6'SR. SMEND, Die ìV eisheil des ]esus Sirach
ebraico. Nel Pentateuco il verbo si trova 8 vol- erkliirt ( r906) 89, ritiene il testo greco origina-
te e una il sostantivo. Nei Profeti il verbo ri- le e corregge su di esso quello masoretico.
corre 1 2 volte e il sostantivo 14. Negli Agio- 6Q Il passo di Prov . 3,12 è citato insieme a \ji
grafi il verbo è usato 15 volte e il sostantivo u7,18 e 140,5 , in I Clem. 56,3.4: «Cosl dice
36. la parola sacra...». Cfr. HATCH, Essays in Bi-
67 La possibilità di questa mutazione semanti- blical Greck (1889) 2 0 7 .
ca nel greco di traduzione dell'A.T. era prepa· 73 Cosl già Gnonus, A11110/aliones in N.T.
rata del resto dall'uso linguistico volgare del (e::I. Ctt. Ev. \VINDHEJM n [ 1757]), a Hebr.
periodo ellenistico. Cfr. ~ col. u8. 12,6; dr. lob 5,18.
143 (v,608) o.:a~ÒEVW I3 3 a (G. Bertrnm)
la 'it<X.tÒEla come soggetto logico al qua- pia comprensione del dolore. Perciò va-
le sono attribuite sferza e punizione. le quanto si legge in quel climax di af-
L'uomo pio supplica Dio che gli doni fermazioni che è il passo di Sap.6,17-19:
1a mnoElcx. crocplaç; però non è chiaro àpx.l} yà.p mhl)ç Ti àÀTJilEcr"ta:tTJ mu-
se chieda d'esser tenuto lontano dai pec- oElac; Èmi}vµlcx., cppov·dç O~ 1tCXLOf:ltl<;
cati o di esserne punito tempestivamen- ày(btrj, O:y0:1t'r) OÈ "t1}pT)CTL<; voµwv CX.V·
te. Nel primo caso chiederebbe una di- ·d'jc;, TCpocroxiJ OÈ v6µwv ~E~alwcrLç a<p-
rezione e nel secondo un castigo per ila.pcrlac;, àcpilapcri.a oÈ Èyyùc; dvaL
mezzo della sapienza. 'itOtEi: ilEou, «principio di essa (scil. della
Della disciplina dolorosa, cioè dell'in- sapienza) è desiderio sincerissimo di i-
terpretazione del dolore come castigo struzione; la premura per l'istruzione è
pedagogico, si pada specialmente a par- amore; l'amore è osservanza delle leggi
tire dall'età maccabaica (cfr. per es. di essa; l'osservanza delle leggi è una
2 Mach. 6,12.16; 7,33; I0,4; 4 Mach. garanzia d'incorruzione; l'incorruzione
ro,10). Anche il Libro d~lla Sapienza e poi avvicina a Dio» 00 . Il desiderio che
i Salmi di Salomone n~ offrono esem- Salomone ha della sapienza vien premia-
pi 79 • La misericordia del padre e l'ira to colla retta educazione (Sap. 6,r 1 ). È
del giudice e re formano insieme il con- in questo senso che in Sap. 1,5 si parla
cetto di Dio. Per quelli che sono pii le di &ytov 1t\IEUµ(1,, 'lta.todac;, «santo spi-
sofferenze sono un castigo che educa e rito dell'educazione». Il Libro accetta
una pena che purifica. Il primo serve a dunque in compleso l'ideale pedagogico
migliorare, la seconda anticipa la puni- del mondo ellenistico, ma v'inserisce ri-
zione escatologica. Ma non è facile di- petutamente l'esperienza del castigo di-
stinguere il castigo delle perscne pie, vino, e partendo da questa esperienza
nella realtà della vita, dal giudizio d'i· giunge alla sua soluzione del problema
ra contro gli empi. Su questo punto le della teodicea: Dio, il misericordioso,
anime non illuminate ( &.7taloEV"tOL) ca- diventa l'educatore della persona pia.
dono in errore (Sap. 17 ,r ). Per la giu-
sta comprensione sono necessarie la cro- b) Nei Salmi si tratta quasi sempre
cpl(1.. e la -rtcx.toEla. Così nel Libro del- di correzione o educazione ad opera di
la Sapienza anche 7tll.LOEla. ha talvolta Dio, oppure dell'insegnamento sulla sua
un significato intellettualistico ( 7,14; 3, volontà. I LXX aggiungono il termine
l 1 ), e comunque non indica mai il solo 11:morux.col senso di castigo nel celebre
castigo, perché include sempre anche 1a passo di Ps. 2,12: op&.çacrilE 'lt(XLOElaç,
ebraico, come risulta dalla traduzione siriaca, molti e diversi discorsi e riconoscimenti della
aveva sebet musilr; tra:lucendo con n:a.~òEla. grazia) proprio 1a quantità clei termini usati e
a'ocplcu:, i LXX sembrano già presupporre l'in- l'enfasi delle enunciazioni tradiscono l'insicu-
terpretazione allegorica che poi trovasi tanto rezza, così questa si manifesta qui nei molti e
sviluppata in Filone (~ col. 159). Allora la diversi tentativi di creare un rapporto fra la
1ttJ.LÒEla. uoqilw; potrebbe essere intesa nel scn.· misericordia benevola e la giustizia onnipo-
so di 'castigo', come in 4,17 (contro V. RYS- tente».
SEL, in KAUTZSCH, Apokr. tmd Psc11depigr., 80 Su questo sorite dr. J. FrcHTNER, Weisheit
ad /.). Cfr. Prov. 22,15 (ebr.; LXX: pafllìo; Salomos = Handbuch z.A.T . Il 6 (1938), ad l.
OÈ xa.t 1ta.tÒE(a.). (17). La Sapienza è un libro sapienziale apo-
71Cfr. MooRE 11, specialmente 225; inoltre calittico, in cui finalità apocalittica e finalità
STRACK·BILLER.BECK III 445 (con altri passi) e sapienziale si compenetrano: coll'istruzione
BousSET·GRESSMANN .385 s.: «Come là (nei (1ta.tòi::la.) sulla sapienza si vuol mettere il
r.aLl>Euw Il 3 b-c (G. Bertrnm) (v,610) 148
«accettate la correzione» 81 • Solo un tra- blema della paideia, questo concetto vie-
duttore ignoto presenta un'interpreta- ne introdotto nel testo appunto dai
zione .analoga, ma più intellettualistica: LXX.
i:m)..ciBEutTE Èmcr-tliµ71c;, «apprendete la Nel testo greco di Geremia muOEUEW
scienza». La tradizione latina segue evi- e na..LoEla. hanno sempre il significato
dentemente quella dei LXX. Tutte le al- di castigare e disciplina. I LXX, ancor
tre traduzioni si basano sul testo ebrai- più chiaramente del testo ebraico, col-
co. È chiaro che anche in Ps. 2,10 i ver- locano l'azione di Dio verso il suo po-
bi uuvE'tE e 7trt.LOEMl]'t'E (Aquila: Èm- polo nella visuale della punizione disci-
CT-tl]µWtT"t]-cE), che esortano alla saggez- plinare. La dizione ebraica liiqalJ mu-
za e alla disciplina, sono messi insieme sar (apprendere la disciplina), subisce
intenzionalmente. In 4' 17 (18),36 (cfr. più volte una leggera alterazione nel
2 Ba.cr. 22 ,J 6) i traduttori greci hanno greco (Prov. 16,17; Ecclus 32,14; 51,
sostituito variamente l'enunciazione teo- 26; cfr. Prov. 24,32 ). Nella prima par-
logica con un'altra più antropologica. te di Geremia (2,30; 5,J; 7,28; 17,23;
Per Teodozione muoEla ha in questo dr. Soph. 3,2.7) essa è tradotta con
caso un carattere più intellettualistico. oé!;a<rtTcu m.uoElav e nella seconda par-
Questa interpretazione intellettualistica te (39 [32),33; 42 (35],13) con À.a.fki:v
risulta dal verbo o dai termini paralleli 'ltG..toEla.v. In Js. 53,5 i LXX traducono
di 7ta.LOELa anche in Ps.94(93),10.12 letteralmente: muOEla. dp-f)vl]c; 1Jµwv
(cfr. Iob 5,17); Ps. u9(118),66 82 ; Ps. f:rc'a.ù-.6v, «su di lui (pesa) il castigo
50 (49),16.1 7 . Dunque, anche nei Salmi della nostra pace» 83 • Ciò sembra aver
i! sostantivo muoda inclina piuttosto influito sulla traduzione di Is. 9,6.7 in
verso il senso ellenistico d'istruzione e Simmaco e Teodozione. Qui 'lt!l.toEla si-
educazione, mentre il verbo na~ÒEvnv gnifica il castigo e si riferisce alla sop-
è usato piuttosto nel senso biblico di portazione vicaria d'una punizione;
disciplina e correzione. Questi passi fan- quindi non può trattarsi di educazione.
no parte in complesso della sapienza Così in Is. 53,5 (LXX) e 9,6.7 (Simm. e
gnomica dell'A.T. Teodoz.) il termine greco ha ricevuto un
senso estraneo allo ~pirito della lingua
c) Di maggiore portata e più frequen- greca, ed è divenuto il termine tecnico
te è la differenza fra i LXX e il testo della passione (come sofferenza vicaria).
ebraico nella letteratura profetica, do- In Ezechiele 7tcttoda sta solo una
ve, proprio nei passi decisivi per il pro- volta per musar (5,15, Teodoz.); in 13,
lettore in guardia dal giudizio finale . J. F1cHT- Umschri/t 11. die religiomgeschichtliche Erfor-
NER, Die Stellung der Sap. Salomo11is in der sch11ng der LXX, ZAW, Beih. 66 (I936) ror.
Lit.- u. Geislesgeschichte ihrer Zeit: ZNW 36 Ma anche se ci si attiene, con A. BERTHOLE.T
(1937) 127. (in KAUTZSCH) e H. SCHMIDT, I.e. (4 n. 53),
81 F. WuTZ, Die Psal111e11 texlkritisch u111cr- nlle consonanti presenti nell'ebraico, il testo
J11chl (1925) 4, suppone nel testo ebraico 11sw
dei LXX resta ugualmente oscuro.
dwbr. Il vocabolo dwbr, disciplina, ree/io, 1110- 81 Qui mulìda. stn per ta'am, 'gusto', 'sensa-
rcs, ratio age11di, è dedotto dal siriaco. Però zione', 'intelletto', che Aquila e Simmaco ren-
il metodo di ipotizzare vo::aboli ebraici par- dono con yEvµa, mentre la Volgata, seguendo
tendo da supposte trascrizioni testuali non al- ovviamente i LXX, traduce con disciplina.
trimenti dimostrabili è contestato in linea di
principio; cfr. G. BERTRAM, Das Problem der 8l Cfr. EuLE.R, o.e. (4 n . 60) 24.63 s. 116.
149 (v,610) 1w.ioevw J3 3 c-d (G. Bertram) (v,610) 150
9 (LXX) il termine sta invece per sod, profeti (per es. O.r. 7,12.14; ro,10) 86 ,
'comunità', 'consiglio segreto' 84 • I LXX dimostra che la concezione storica dei
presuppongono qui che il compito del traduttori è appoggiata intimamente al-
vero profeta sia di educare il popolo per l'idea dell'educazione. Anche dove è at-
mezzo della sapienza in lui rivelata. Co- tribuito a Dio jilsar ha vari sensi: met-
sì i profeti vengono a trovarsi sulla tere in guardia, correggere, castigare, e-
stessa linea dei maestri di sapienza (dr. ducare; invece il greco 1tet.LOEUEW con-
Mt. 23,34; Le. II,49). Secondo Ez. 13 , tiene sempre l'immagine dell'educazio-
9 (LXX) i profeti non hanno assolto ne dei bambini, anche se i mezzi di
questo compito: «Non prendono parte questa educazione sono diversi e van-
all'educazione del mio popolo». Anche no dall'insegnamento al castigo. In que-
in Am. 3,7 sod è sostituito da mx.iOEtCt.. sto senso 1tctiOEUEW s'incontra ripetuta-
Il T.M . dice: «Poiché il Signore Jahvé mente nei testi giuridici (Lev. 26,18.23.
non fa alcuna cosa senza aver prima ri- 28; Deut. 4,36; 8,5) e serve a tradurre
velato il suo piano (sod) ai suoi servi, anche altri vocaboli ebraici oltre a jasar.
i profeti» 85 • Per i LXX si tratta qui del In tal modo i LXX non fanno altro che
piano pedagogico di Dio, di cui i pro- eseguire quanto era già proposto nel
feti ricevono notizia. Il contenuto della passo fondamentale di Deut. l l ,2 ( ~
rivelazione riguarda quindi l'educazio- n. 6r ). Cosl tutte le esperienze fatte da
ne del popolo. Ma in questo contesto Israele a partire dalla liberazione dal-
non compare l'idea dell'educazione di 1'Egitto entrano un po' alla volta nella
tutta l'umanità. Anche se si parla della prospettiva della 1tctLÒElct. Questo pen-
correzione e del castigo di popoli stra- siero è infine dai LXX formulato chiara-
nieri ad opera di Dio (Ps. 2,12; dr. mente in Os. 5,2: Èyw oÈ 7tet.~8w·t"rJc;
anche Ez. 28,3, dove i LXX interpola- ùµwv, «io sono il vostro educatore».
no il concetto di 7taioda, benché non in Nel T.M. qui trovasi musar, perciò, con-
senso attinente aUa rivelazione), il con- tro il contesto e forse anche contro il te-
cetto di educazione dell'A.T. presup- sto ebraico originale 87 , i LXX hanno e-
pone fondamentalmente la fede nell'e- spresso qui un'idea della pietà giudaica
lezione: l'educazione da parte di Dio è carica di futuro: Dio è l'educatore dd
un dono di grazia, a cui egli fa parteci- suo popolo.
pare soltanto il suo popolo.
L'uso di jilsar, che si ha talvolta nei d) Nella storiografia dell'A.T. que-
81 La radice swd ricorre 21 volte nel testo e- così. Ma diversamente traduce H.W. Roe1N-
braico e vien tradotta dai LXX con 1 z termini SON, Inspiratio11 and Revelation in the Old
diversi. In Aquila e Simmaco In traduzione è Teslament (1946) 164-169. Forse i LXX non
più uniforme, benché accetti anche altri vo- hanno letto swdw, ma un'altra parola, per es.
caboli. Il T .M. di fa:. 13,9 sarebbe, secondo mwsr; dr. ScHLEUSNER, s.v. [T.W. MANSON],
H. ScHMrnT, Die grossc11 Propheten, Die 8
~ In quest'ultimo passo e in Ps. 105 (104),22
Schriflen des A.T. II 2 1 (1923): «Stendo la i termini 'sr e jsr vengono scambiati.
mia mano contro i profeti che vedono illusio-
81 Ro111NSON, o.e. (~ n. 54), ad l., corregge il
ni e pronunciano menzogne. Essi non devono
T.M. secondo i LXX. Invece O. PROCKSCH, in
entrare nel consiglio del mio popolo...».
BHK 3, e parimenti H. GuTHE, in KAUTZSCH,
85 Così secondo H . GuTHF. (in KAuTzscu). propongono di leggere moser invece di miisiir,
Prescindendo dai tempi O-ci verbi ('farà', 'rive- per ottenere una migliore corrispondenza col
la'), anche ROBINSON, I .e. ( ~ n. 54) traduce contesto.
i51 (v,610) itatS~uw B 3 d (G. Bcrtram) (V,611) 152
st'idea si riferisce ovviamente all'azio- strofe diretta alla legge come educa-
ne di Dio sul suo popolo, doè a tutte trice, e precisamente in una tradizio-
le vicende del popolo eletto e dei sin- ne, nella quale il giudaismo si giustifi-
goli credenti. Ma per questo popolo ca, davanti a se stesso e davanti al mon-
della tradizione dottrinale 88, della leg- do, di dover adattarsi alle forme di
ge e della sapienza proverbiale sarebbe quest'ultimo, cioè in 4 Mach.5,34: TCa.L-
stato difficile fare a meno di ravvisare OEU'Tà voµ.E, «o legge educatrice!».
proprio in Dio il maestro, l'autore e il
comunicatore di tutte quelle tradizioni
dottrinali; nel giudaismo ellenistico, La legge è divenuta così il fondamen-
poi, già il significato o contenuto del
to dell'educazione giudaica, in senso
termine greco indicante ]'educazione in-
clinava a divenire un concetto più intel- sia religioso sia profano. Inoltre nel
lettualistico dell'educazione del popolo tardo giudaismo l'esigenza educativa è
giudaico per mano di Dio. Furono cer- universalistica: la legge diviene il ma-
tamente le dure vicende del tempo del-
le lotte religiose a favorire l'inter- nuale pedagogico dell'umanità. Tenen-
pretazione della storia sotto l'aspetto do l'c::chio fisso alla legge, il giudaismo
della paideia; ma dal giudaismo la sto- si presenta al mondo con un'esigenza e-
ria dei padri, mantenuta viva nella tra-
dizione, e poi la legge stessa con tutti ducativa suprema (Ecclus, prolog.3; 39,
i comandamenti che essa conteneva o 8; 4 Mach. 5,24; 13,22.24). Nella di-
che ad essa si ricollegavano, erano già sciplina della legge esso trova la vita e
considerati mezzi educativi ricevuti dal-
la felicità (Ecclus 24,27: ò [v6µoç] Èx-
le mani di Dio. La legge è l'educazio-
ne dei Giudei e della comunità giudaica. cpa.lvwv Wç cpwc; 1tCX.L0ELCJ.\I, «la legge,
Eppure solo una volta s1 trova un'apo- che emana come luce la paideia» 89 .
3.1 Nell'introduzione alla sezione che tratta del- terna, quella della legge e quella divina non
la sinagoga MooRE I 281-289 fa osservare il possono essere distinte, perché il divino non
carattere dottrinale sempre più pronunciato è altro che la sublimazione dell'umano. Qui
della religiOne giudaica. l'educazione è un autosviluppo dell'individuo,
3J Nella nostra ripartizione degli aspetti dcl e anche la polis è posta al suo servizio. Ma
problema pedagogico dell'A.T. non si tratta il fatto che lo stato esiste per l'educazione
d'una successione o d'una concomitanza tem- conferisce allo stato stesso quel potere che ab-
porale, ma di una compenetrazione o imma- bassa l'individuo al livello di massa. Nell'A.T.
nenza mutua dei contenuti. Né nell'A.T. né invece il solo educatore è Dio. 11 padre di fa-
nei LXX esiste una disciplina paterna senza la miglia e la legge sono soltanto strumenti. L'e-
legge, o una legge senza Dio. Manca invece ducazione è la disciplina sotto il comando di
completamente il potere dello stato, cosl deci- Dio. Solo nel N.T. si giunge alla tensione ge-
sivo nella itrullEla dei Greci. La cultura scrit- nuina fra la capacità umanamente limitata del
turale e quindi la 7ta.toEla. giudaica rimane in- padre terreno e la sfera della legge, da una
dipendente anche dalla gerarchia postesilica. Il parte, e il compimento della cre11zione operato
' mediatore' di Dio non è il sacerdote, ma il pa- da Dio mediante la rivelazione dello spiri-
dre di famiglia, che deve diventare esperto to della figliolanza divina, dall'altra. Invece ìl
.aelle Scritture per adempiere il suo compito e- ponte fra l'A.T. e la paideia filosofica fu getta-
ducativo. Dal padre e dal suo obbligo d'inse- to dal giudaismo ellenistico (v. Filone): l'idc:a
gnare (--" col. 129) si passa al maestro, al greca dell'educazione dell'uomo come educa-
rabbi . Presso i Greci invece l'educazione pa- zione dell'anima fu applicata all'A.T.; i pa-
153 (v,6n) '::C.UOEVW e I (G. Bertram) (v,612) 154
Nel determinare la forma concreta per es. quella che si acquista osservan-
dell'educazione Filone si riallaccia alle do i paesi stranieri (Abr. 6 5) o eserci-
tradizioni pedagogiche del mondo cir- tando l'attività pastorale 93 , che prepara
costante. I genitori sono i benefattori quella regale (vit. Mos. r,62). Il pos-
d~i figli, perché hanno loro donato la sesso dell'educazione è il bagaglio di
vita, pensano al loro mantenimento e viaggio dell'uomo nella vita (rer. div.
hanno cura della loro 't'pOq>lJ e 'JtatoEla ber. 274). L'educazione e la formazione
ii xa-ta 't'E a-wµa xat t!Juxl)v, «dell'e- culturale sono anche per Filone desti-
ducazione del corpo e dell'anima» (spec. nate agli uomini; ma talvolta egli ricor-
leg. 2 ,229) 92 • Per il fatto che i figli so- da che l'autorità deve aver cura che
no nati nella casa dei genitori e questi un'educazione conveniente sia imparti-
si curano di mantenerli e educarli, li ta anche alle fanciulle (spec. leg. 2,125).
provvedono di nutrici e pedagoghi e Accanto all'educazione ellenistica e
così via, essi sono proprietà dei geni- al di sopra di questa sta per Filone
tori, come gli schiavi. Questa consta- quella della sinagoga 9~. Malgrado tutti
tazione (ibid. 2 3 3) congiunge in mo· i tentativi di livellamento e di adatta-
do inorganico la situazione familiare mento, quest'ultima occupa un posto
patriarcale dell'A.T. colle idee giuridi- differente. Nell'educazione sinagogale
che ellenistiche ed è una delle afferma- importa soprattutto la pietà e la santi-
zioni che rivelano dove stesse il perico- tà ( ÈvcrÉ(3mx, ÒO"LO"t'TJ<;). La otxovoµla e
lo ellenistico per il giudaismo. Il pote- la 7tOÀ.L'\dct stanno fra la OLX<XLOCTU\l'rJ e
re del padre di disporre dei suoi figli, l €'1ttCT"t'i)µTJ. Si deve scegliere il giusto
1
che nell'A.T. era fondato nell'ordine e fuggire ciò che è erroneo per tre
divino della creazione e veniva da que- motivi: l'amor di Dio, della virtù e
sto limitato (Deut. 2r,r8-21), è qui degli altri uomini (omn. prob. lib. 83).
compreso nella forma di un diritto di È questo che Filone intende quando
proprietà umano ed autonomo. E allo- parla dell'insegnamento della filosofia
ra la 'ltatoEla non è più un dono divi- nelle sinagoghe giudaiche di Roma (leg.
no, ma un'opera umana. Gai. r 5 6 ). Egli si rivolge di per sé sol-
L'educazione si chiude propriamente tanto alle persone colte ( ot à-rtò 'ltat-
coll'inizio dell'età virile: yÉ\IEO"tç, "t'po- odaç, op. mund. i7), alle quali sono
cpl), 'JtaLOEla, apx1), «(prima) la nasci- contrapposti, per es. in det. pot. ins.
ta, poi la nutrizione, poi l'educazione e 77, ot 7trx.toElaç iiµu1)'tOt, cioè gl'incol-
infine il principio (della vita adulta)» ti; cfr. 1t(xt0Elrx.ç ayE\lCT't'OL, «digiuni di
(vit. Mos. 2,1; cfr. Flacc. 158). Ma educazione» (spec. leg. i63; viri. 39;
natodrx. comprende anche la formazio- omn. prob. lib . 4) 95•
ne e l'autoeducazione dell'adulto, come La formazione della personalità si
% Il compito della legge è la 1ta.LlÌElcx. (ehr. E.R. GooDENOUGH, By Light, Lighl. The My-
143). Sia in questa che in altre forme analo- stic Gospel o/ Heltenirtic Judairm (1935).
ghe affiora l'influsso platonico, VOLKER, o.e.
(-> n. 95) 65 s. Con òpllò.; Myoç si indica 1a J(1) I Giudei sono i sacerdoti del mondo inte-
legge giudaica; cfr. E.R. GooDENOUGH, The Po- ro e la legge è una scuola per i sacerdoti ;
lilics o/ Philo Judaeus (1938) 30 s. H. WENSCHKEWITZ, Die Spiritualisierrmg der
97 L'essenza del regno spirituale è radicata nel Kultusbegrif/e: Angelos 4 ( 1932) 13 H 34.
fatto che esso esercita il suo dominio in mo- 138 s.
do conforme alla legge naturale. Cfr. Gooo.
IOJ Filone è il primo pensatore che può esser
ENOUGH, o.e. (-? n. 96) 86-9r. definito un vero teologo. Esteriormente può
9J Riferendosi ai traduttori dei LXX, Filone fa sembrare che non sia così, ma è questione di
notare espressamente che i Giudei «erano i- stile. Goodenough ha scoperto che dovunque,
struiti anche nella cultura ellenica» (vit. Mos. sotto il luccichio della paideia ellenistico·giu-
2,32). daica, sta la fede messianica del giudaismo,
99 Vedi il materiale relativo in ScHtiRER m che è la vera essenza del pensiero di Filone.
698 s. Recentemente fu studiato soprattutto 11 Perciò gli influssi ellenistici non devono esse-
rapporto di Filone colla pietà misterica; dr. re sopravvalutati. Anche la cosmologia e la
]. PASCHER, 'H f3o:o-tÀ.tx1] 61ì6.;. Der Konigs- cosmogonia del suo ambiente sono per lui un
weg 1.11 \'Viedergeburt 1111d Vergolttmg bei Phi- patrimonio culturale meramente esteriore. Cfr.
/o11 von Alexandrien = Studien zur Geschich- BousSET, o.e. (-~ n. 94) 14-43; Doon, o.e. (->
tc c!er Kultur des Altertums 17,3/4 ( 1931 ). n. 73) III·I44 ·
i59 (v,613) 'itrLLlìEUW e I (G. Bertram)
79). Soltanto l'occhio dell'anima è for- (leg. all. 3,244; cher. 3,6; poster. C.
mato (1trnalÒEV"tr.u) per vedere Dio 130.137; som. r,239; mut. nom. 25.5).
(mut. nom.203; cfr. leg. Gai.5; Pseud.- Tuttavia la paideia media è la cosa più
Philo, vit. cont. 66) 101 • alta che gli uomini possono raggiungere
La 1t<xti5da., dunque, è un'ipostasi en- normalmente. Il suo -frutto è e rimane
tro il mondo metafisico di Filone. Non sano sotto ogni aspetto, perché la natu-
è possibile ovviamente ridurre a un si- ra del bene è imperitura ('plani. u4;
stema unico le sue affermazioni in que- dr. II6 ). La paideia non va soggetta a
sta materia ics. Secondo fug. 52 la sophia, invecchiamento. Mentre il resto scom-
'figlia' di Dio 109, in quanto principio ma- pare col tempo, essa diventa sempre più
schile e 'padre', ha g~nerato nell'anima giovane e fiorisce di fioritura eterna, si
«l'apprendimento, l'educazione, la scien- rinfresca e si rinnova con sforzo conti-
za, il senno, le azioni belle e lode- nuo (agric. 17r ). Con tutto questo la
voli») µa~'l')CTL<;, m'.ZLOEla, È1tLO'"tTJµ'l'), paideia, nel suo significato pratico, re-
<pp6'Vricnç, xaÀ.at xa.t È'ltm'VE-.at 1tpa- sta per Filone in una luce ellenistica 111 •
~w:;. La retta cura delle anime ha per Essa è per lui la condotta della vita sot-
padre la retta ragione e per madre la to In direzione della parola di Dio, cioè
cultura media o generale. La paideia as- del logos divino, da cui emanano peren-
soggetta gli uomini al diritto positivo nemente tutte le possibilità pedagogi-
degli stati, dei paesi e dei popoli (ebr. che e tutte le sapienze: pijµa ~Eou xat
33.34; dr. som. 2,r39 ; fug . 188). Ma Myoç ildoç, cX<p'ov 'ltiicraL 'ltaLÒElaL xat
questa paideia media è solo una serva pfovaw aÉwaoi (fug. 137) 112 •
cro<plai
di quella che è cittadina per nascita,
cioè della É'ltLCT"tTJµ'l) xat <ro<pla. XC1.L apE- 2. L'educazione giudaico-ellenistica in
-.1), mentre le altre 'discipline' si trova- Flavio Giuseppe
no a mezzo fra straniere e cittadine
(congr. 22). La paideia media 110 è rap- Come il suo contemporaneo Filone,
presentata da Agar (congr.12.14.20.23. Giuseppe condivide ampiamente la cul-
28.145.156), mentre Sara simboleggia tura veterotestamentaria e quella pro-
la àpE"ti} -.EÀ.Ela, «la virtù perfetta» fana del giudaismo ellenistico 113 • Edu-
io? F.C. CoNYBEARE, Philo abo11t the Co11te1n- rivestimento mitico è una forma che si può
plative Li/e or the fourth Book o/ the Treatise facilmente togliere e sostituire. Cfr. VOLKER,
eoneerning Virltles (1895) z58-358, che ne di- o.e. <~ n. 95) 164, n. 4.
fende l'autenticità, cerca anche per questo pas- 110 Tutto il trattato de eongressu eruditionis
so il contesto col Filone genuino. Però non gratia è uno studio dcl rapporto tra filosofia e
tien conto delle idee pedagogiche di Filone. paideia. Esse sono simboleggiate da Sara ed
Secondo vit. eont. 2, l'educazione che porta al Agar; Abramo, l'amico dell'educazione, deve
culto di ciò che è (neutro!) si basa sulla natura passare dall'una all'altra per giungere alla per·
e sulle leggi sacre (dr. som. I,35). fezione . Cfr. VOLKER, o.e. (~ n. 95) 17z-I75.
IO.i Come qui, cosl anche altrove la dottrina fi- 111 La 1tct~oElet. è il v611oç. Cosl in Filone i
loniana delle entità medie è in sé contraddito· concetti greci e quelli biblici si compenetrano,
ria. Essa non è fondata in un sistema ben me- VOLKER, o.e. (~ n. 95) no s. z34.
ditato e ben strutturato, ma serve solo da i- lll La sapienza di cui si parla qui è quella che
strumento esegetico. Cfr. VOLKER, o.e. (~ n . viene dal cielo, con la mediazione del logos;
95) l93· VOLKER, o.e. <~ n. 95) 164.281 .
109Anche qui sarebbe fuori ·di luogo una spie- m Egli stesso afferma d'aver ricevuto un'ac-
gazione basata sulla storia delle religioni. 11 curata educazione rabbinica e d'essere passato
7tt1.t0Euw C 2 (G. Bertram)
cato insieme col fratello ( uup:1ta.tòrn6- 257) 116 • Però Mosè, il legislatore giu-
µEvoc;), dc; ~y6:.À:qv 7ta.i8da.c; 7tpOUX07t- daico, ci ha educati interamente alla mi-
'tOV É7tlòocnv, «facevo grandi progressi tezza e all'umanità: 1)µEp6-r'l")'t<X. xal. <pt-
nell'istruzione», come racconta di se À.avÌÌpw7tlav 1]µac; è.l;ma.loEuO"E\I 117 (i-
stesso (vit. 2,8), egli si sente competen- bid. 2,2 r 3; cfr. ant. r,6). Tuttavia come
te nella cultura del suo tempo, di cui la paideia giudaica sia, secondo Giusep-
conosce bene le idee pedagogiche. Co- pe, improntata d'influssi stoici è dimo-
nosce e sostiene la bilateralità dell'edu- strato dalle parole che sarebbero state
cazione, teoria e pratica, e ne indica lo pronunciate dal capo dei difensori di
scopo nella religione, nella pietas, in cui Masada, Eleazaro, per motivare e giu-
tutte le virtù particolari si ritrovano co- stificare il suicidio: EOEt µÈv ouv i)µiiç
me in un tutto (Ap. 2,qr ). I Greci in- oi'.xol>Ev itma.iowµÉvouc; èH.À.otç d\la.L
vece dimenticano o la teoria o la prati- 7tapaoEiyµa. -.fjc; 7tpòc; l>6:va.'to\I hot-
ca: i Lacedemoni e i Cretesi 114 hanno µ6"TJ"oc;, «sarebbe opportuno, dunque,
scelto la pratica, mentre gli Ateniesi e che noi, che siamo stati educati in casa
la gran parte degli altri si sono decisi nostra, fossimo per gli altri un esempio
per la dottrina. Mosè invece le possie- di prontezza a morire« (beli. 7,351).
de entrambi ns. Infatti la sua legge che Che il fondamento dell'educazione
è 'tÒ x6:À.À.t<r'tov xa.t &.vayxa.io'ta.,..ov giudaica sia l'obbedienza verso le istitu-
7ta.lòwµa., «la disciplina più bella e ne- zioni e Je leggi, è noto anche agli e-
cessaria», congiunge insieme ambedue stranei; perciò chi manca di questo fon-
le cose: la pratica continua, come quel- damento è accusato di à1ta.tOEUcrla. (ant.
la richiesta dai comandamenti riguar- 17,J16). Giuseppe può quindi usare il
danti i cibi, e l'ascolto e l'Èxµa.vMvEw, termine 7ta.ioda anche nel senso volon-
l'apprendimento, nei giorni di sabato. Il taristico, oltre che in quello intellettua-
ypaµµa. .. a. 1t<X.tOEVEt\I (Ap. 2,204) ne è listico 118• Mette in evidenza la superio-
il presupposto indispensabile. Quando rità dell'educazione giudaica su quella
Platone propone regole pedagogiche greca anche la notizia, attribuita a
corrispondenti a queste, segue eviden- Clearco 119, dell'incontro di Aristotele
temente l'esempio di Mosè (Ap. 2, con un giudeo (Ap. 1,176-181). Ma in
attraverso le varie correnti del giudaismo, che filosofo neoplatonico Numenio che Platone
ora, nella visuale della cultura ellenistica, de- non sarebbe stato altro che un Mosè in stile
finisce scuole filosofiche. Cfr. ScHORER I 74- attico. Cfr. ScHORER m 512.627.
106. m Si confronti soprattutto il celebre passo di
m Con questi accenni Giuseppe s'inserisce Platone in Cri/o 51 c.
nella storia della pedagogia greca; cfr. ~ n. 12. IJ3 D'altra parte egli trasforma il detto finale
115 Per Filone la dottrina, l'esercizio e la na- della storia di Giuseppe in Gen. 50,20 - che
tura stanno insieme, in linea di principio, co- contiene in nuce il concetto biblico della sto·
me vie alla virtù. Cosl avviene che, per es. ria della salvezza - nell'osservazione superfi-
nel de Abrahamo, Abramo rappresenti la dot- ciale che i fratelli non erano stati cattivi con
trina, Isacco 1a natura e Giacobbe l'esercizio. Giuseppe per natura loro, ma che il decorso
Però queste sono idee platoniche. Cfr. Plat., delle vicende aveva corrisposto alla volontà di
/eg. 536 b e inoltre~ col. 122. Dio.
116 Già verso la metn del u sec. a.C. il filosofo 119 Cfr. H. GuTHE, art. 'Judaea', in RE' 9,
giudaico Aristobulo sostiene che i filosofi greci 558,53 e ScttORER m 12.156, n. 24. Qui i Giu-
dipendono da Mosè. Poi verso la fine del n dei sono chiamati «i filosofi tra i Siri» (Ap. r,
sec. d.C. si giunse a far dire al pitagorizzante 179). Giuseppe era greco non solo di lingua,
1tmlìEvwC 2·3 (G. Ilertram) (v,616) 166
fondo per Giuseppe vale la norma peda- mente punizione. In questo essi si rial-
gogica dell'ellenismo. Lo dimostrano le lacciavano alle esperienze del periodo
sue osservazioni sul riconoscimento del- maccabaico e alla terminologia della
la cultura degli orientali Maneto (Ap. pietà passionistica giudaica di quel pe-
r,73) e Beroso (ibid. 1,129) e il fatto riodo e di quello seguente 123• Dio è il
che egli non teme di attaccare Apione padre che per sua bontà invia ai figli,
per la sua mancanza di cultura (2,3; cioè al popolo eletto, i suoi castighi,
cfr. 37.38.130) 120• mentre i senza Dio, cioè gli altri popo-
In ant. 4,260.ss. Giuseppe prende in li, vivono senza grazia in una felicità
considerazione la norma di Deut. 2r,18 terrena superficiale e, malgrado i suc-
riguardante il figlio mal cresciuto 121 : la cessi e le vittorie, vanno incontro a si-
disciplina dei genitori deve consistere cura rovina.· Letterariamente questa
innanzitutto nell'ammonimento, la vov- concezione è già attestata ai margini
ik<rlcx., colla quale ricordano al figlio la dell'A.T., negli apocrifi e soprattutto
1ta.t6dcx. che essi gli hanno impartito. Se nei libri sapienziali 124 , ma guadagna ter-
l'ammonimento è seguito, ogni altra cor- reno nelle apocalissi del tardo giudai-
rezione è superflua. Solo quando ogni smo, esprimendo un'aspettazione esca-
sforzo rimane infruttuoso si deve appli- tologica molto viva e in parte fanatica,
care la pena di morte 122 • per poi svilupparsi in forma più dot-
Dunque Giuseppe usa 'lt<J.tOEVH\I e trinale nella teologia rabbinica. Pro-
1w.tOElcx. nel senso di educazione e di viene da quei circoli apocalittici il Ba-
cultura. Egli non crede di rischiare, per ruc siriaco, uno scritto redatto in Pa-
i suoi lettori, l'uso del termine nel si- lestina o comunque in ambienti or-
gnificato tipico dell'A.T., che è quello di todossi 125 • In 13,10 vi si legge: «Allo-
disciplina e castigo. ra (i Giudei) furono puniti perché fos-
sero liberi dal peccato» 126• Ma in 4,13
3. L'educazione per mezzo del dolore si trova un'altra concezione: la paideia
nella teologia del tardo giudaismo non è un castigo, ma una disciplina o
educazione; Gerusalemme deve espiare
I rabbini, in quanto rappresentanti per i peccati dei suoi figli, che non han-
della teologia giudaica sulla base della no seguito la via della 'disciplina' nella
tradizione dell' A.T ., svilupparono una giustizia cli Dio.
teoria pedagogica, in cui l'educazione In 4 Esdr. 8,11 s. l'idea di educazio-
ad opera di Dio significava essenzial- ne è applicata alla persona singola: «Tu
ma anche di anima (ibid. 180). Cosl è Aristo· sentazione apologetica della storia.
tele che deve comprovare la cultura greca agli 121 H.W. SuRKAU, Martyrie11 i11 jiidischer und
occhi del giudeo. /riihchristlicher Zeit ( 1938) 57·65.74-82.
120 Tolomeo n Filadelfo dimostra la sua cul- 124 ~ col. 145 e la bibliografia citata alla n.
tura interessandosi all'A.T., ani. 1,10 ~ n. 98. 79·
121 Cfr. Philo, spec. leg. 2,233; ebr. 15 ss., e i- 125 VoLz, Die Eschatologie der jiid. Gemein-
noltre BoussET, o.e. (~ n. 94) 85-98. de im nt.lichen Zeitalter 40-48.
122 ~ n. 103. Parlando della disciplina pater- 1 2~ Il castigo temporaneo dei Giudei qui è con-
na, Giuseppe usa vovl>ecrlo: in alll. 3,311. An- trapposto alla punizione permanente dei po-
che qui non si riferisce all'ammonimento ver- poli. Cfr. H. GRESSMANN, in B. VIOLET, Die
bale, ma al castigo dei quarant'anni passati nel Apokalypsen des Esra 11nd des Baruch = GCS
deserto. Cosl il typus teologico serve alla pre- 32 (1924), ad/., 345.
7.et.Llldiw C 3 (G. Bcrtram) (V,617) r68
trai (dal seno ma terno) lei (la tua crea- mia opera e la creatura delle mie mani,
tura) colla tua misericordia, e la nutri e io lo educo come mi piace». Sedrac
colla tua giustizia; la istruisci colla tua risponde (4,r ): «La tua è una discipli-
legge e la educhi colla tua conoscen- na di fuoco e dì tormenti! » mi.
za». Però qui l'autore presuppone che Nella teologia rabbinica non si tro-
Dio non avrebbe dovuto permettere vano proteste dì questo tipo. La tradi-
che il suo popolo fosse calpestato dai zione scolastica vi ha coniato una solu-
suoi nemici, ma avrebbe dovuto casti- zione fissa del problema della teodi-
garlo colle sue proprie mani per placa- cea 129 • Un detto di R. Aqiba, traman-
re il suo odio (4 Esdr. 5 ,30 ). In que- dato in S. Deut. 73 b, a 6,2, attesta
sta tensione fra la misericordia e l'o- la chiarezza definitiva di questa dottri-
dio di Dio si rivela tutta l'incertezza na: «Amabili sono i tuoi castighi» 130•
interiore di questa teologia del dolo- Così la teoria giudaica del rimerito
re 127, la quale, in quanto è pia specu- subisce una nuova svolta, che la ren-
lazione, non è in grado di risolvere il de ancor più dura. Ogni sanzione di-
problema della teodicea. Non può illu- sciplinare presuppone la colpa; Ber.
dere, su questo punto, neppure il mes- 5 b 131 : «È forse il Santo ... sospetto di
saggio finale del libro, che invita al- imporre una pena ingiustamente?». Dal
l'autodisciplina: «Se fortificate il vo- tipo di castigo si può dedurre il tipo
stro animo e disciplinate il vostro cuo- della colpa umana (Shab. 33 a, bar.).
re, sarete confermati nella vita e ot- Non c'è morte senza peccato (Ez. r8,
terrete grazia dopo la morte» (4 Esdr. 20) e non esistono castighi senza colpa
q,34). II libro di Tobia, che per vari (Ps. 89,33); cosl insegnava R. Ammi
aspetti è affine al IV di Esdra e al testo (c. 300), secondo Shab. 55 a. La regola
di Baruc, proclam'.l nel suo cantico: fondamentale è questa: misura contro
«Egli ci castigherà (p,rt<T't'LYWO'Ei) per la misura; dr. T. Sota 3,r (295), secondo
nostra ingiustizia, e poi avrà di nuovo R. Meir (e;. 150), e Mt. 7,2 132 • Il tratta-
pietà di noi» (Tob. 13,2.5.rn.16). to talmudico Berakot si occupa diffusa-
II nostro gruppo lessicale non trova mente dei castighi di Dio e interpreta
quindi impiego in questi testi. Anche coerentemente Is.53,ro: «Quegli in cui
l'Apocalisse di Sedrac, eh:! è lette~aria il Santo ... ha trovato il suo compiaci-
mente affine, svolge idee analoghe. An- mento, è quello che egli prostra con i
che qui si pone il problema della teo- suoi castighi» 133 • Nello stesso contesto
dicea. In 3,7 Dio dice: «L'uomo è la è tramandato, in Ber. 5 a, un detto di
R. Shimon b. Johaj: «Tre sono i doni allo stesso modo è determinato antro-
migliori del Santo ... a Israele, ma tutti pologicamente, se non antropocentrica-
e tre furono acquistati coi castighi. Es- mente, il concetto di paideia 138• Dun-
si sono: la torà, la terra d'Israele e il que, anche partendo dai presupposti del-
mondo futuro» •M. A chi si occupa del- l'apocalittica giudaica e della teologia
la torà sono risparmiati i castighi (dr. rabbinica, non è possibile accordare que-
Ex. 15,26). Se uno si sente minacciato sto concetto colla concezione teocentri-
dai castighi, esamini le sue azioni ( cfr. ca, cioè coll'esigenza assoluta della rive-
Lam. 3 ,40 ). Se ha cercato e non ha tro- lazione divina dell'A.T. 139
vato nulla, li attribuisca alla sua negli-
genza per la torà (cfr. Ps. 94,12). Se
anche allora non ha motivo di rimpro- D . IL CONCETTO DI PAIDEIA NEL N.T.
verarsi, allora si tratta certamente di ca-
stighi inflitti per amore 135• Ci si appella 1. Educazione greca e giudaica nel
anche a Ex.21,26: il dente e l'occhio so- N.T.
no solo due membri del corpo; ma se
a causa di essi uno schiavo può ottene- Di carattere puramente storico e sen-
re la libertà, quanto più la si può t>ttene- za significato teologico sono i due pas-
re coi castighi che prostrano il corpo
si degli Atti (?,22 e 22,3) che usano i
intero! Essi liberano l'uomo da ogni
debito sorto dal peccato; sono quindi nostri termini secondo lo stile biografi-
più efficaci dello stesso sacrificio 136 • È e::> creato dall'ellenism::> e impiegato dal
stato Abramo a ottenere che i peccati giudaismo ellenistico parlando delle
possano essere pagati coi castighi 137 •
Però l'abbondanza delle argomenta- personalità più importanti.
zioni non riesce ad illudere: la contrad- In Act. 7 ,22 si legge: Mwu~fjc; È1ta.t-
dizione fra la giustizia e la miserkordhl OEVi}TJ mia"n O'oq>lq. Alyu1t't'lw-v, «Mosè
di Dio rimane. Anche l'idea dei castighi fu educato in tutta la sapienza degli E-
inflitti per amore non risolve il proble- giziani». L'educazione nella sapienza e-
ma. La risposta basata sull'educazione giziana fa parte cvideatemente della
e sul castigo è condizionata dall'uomo; leggenda di Mosè, come in Luc., phi-
lops. 34 140, dove si racconta che un tEpo- quaranta giorni sulla montagna, ȵu -
ypaµµa:m'.ic; della città di Memfì iJcw- CT't'Ct.YWYE~-to 1tCX.LOEU6µE\IOc; -r:à xa:tà
µcicnoc; -r:Ì)v <rocplr.x.v xet.ì -rÌ)v 1tet.LoElav -r:i)v Ì.EpwauvT]v 7tav'ta., «fu introdotto
7tii.<ra:v dowc; -r:wv Alyu7t-r:lwv, «cono· nei misteri e istruito in tutte le cose
sceva meravigliosamente tutta la sapien- sacre» (ibid. 2 ,7 1 ) . Dove si parla, al mo-
za e la cultura degli Egiziani». Anche do solito, della yÉVEO'L<;, -tpoq>l} e 'lt«L-
in Ezechiele il Tragico si trova un'af- oda di Mosè (ibid. 2,1 ), la cultura egi-
fermazione analoga su Mosè (37 s.): ziana non fa parte della 1tCXLOEio:, e spe-
-rpocpai:<rL ~a<nÀ.Lxet.i:cn xat 7tet.LOEuµa- cialmente l'educazione all'ufficio di le-
<rw éi.1tet.\ID'ùitLCfX.W:'Li)'wc; à.1tò 0'1tÀ.<iy- gislatore è compito della tradizione (i-
X\IW\I Éwv, «ebbe in retaggio quasi fin bid. I,32). Ma la credenza più ingenua
dal seno materno un'educazione re- che Mosè fosse stato iniziato nella fa-
gale e ogni sorta d'insegnamenti» 141 • In mosa e antichissima cultura egizia s'è
tal modo la posizione preminente di conservata accanto a questo giudizio
Mosè v<!niva assicurata anche dal lato critico della teologia giudaica e trova
secolare. Nel passo decisivo di Flavio spontanea espressione in Act. 7,22 143 •
Giuseppe, in ant. 2,2 38, manca invece
il termine 1tet.i5wDdc;, che ci si aspette- Anche nell'autopresentazione di Pao-
rebbe per motivi formali accanto a yEv- lo, messagli in bocca dagli Atti, incon-
VTJDElc; 'tE xaì -tpet.cpdc; 142 • Qui dunque
la cipE'tlJ di Mosè non viene fondata triamo i tre elementi consueti nelle
sull'educazione egiziana. Filone accen- menzioni della giovinezza: YEYEWllµÉ-
tua espressamente questo fatto in vit. voc; (nato) f.v Tapa@... &.vcnEi)paµµÉ-
Mos. r,32: benché, secondo il suo rac-
conto leggendario, avesse la possibilità voc; (cresciuto ed educato) È\I -ti\ 1t6À.EL
di salire sul trono egiziano, Mosè -r:Ì)v -r:a.u't'n, 1tet.pà -roùc; rc6oac; I'et.µc.tÀ.LÌ)À.
auyyE\ILXlJ\I xat 7tpoyovLxÌ)v ~1;1))..waE 7tE7taL5wJi.Évoc; (istruito, formato cultu-
1tet.LoElav, «apprese con zelo l'educazio-
ralmente ai piedi di Gamaliele; secon-
ne del suo popolo e dei suoi antenati».
Anzi il suo educatore fu Dio stesso: V7tÒ do il cod. D: 7tc.tLOEv6µEvoc; 144, forman-
µ6vov µ6voc; ~1tCt.LOEUE'tO (ibid. 1,80 ). È domi) xc.t-r:à cixpl~ELc.t\I 't'OV 1ttnp$ov
inoltre tipico il tratto che comincia par- v6µov, s'rlÀ.W't1}c; Ù7tapxwv 't'OU llEov,
lando dell'iniziazione di Mosè alle ope-
re miracolose: quando ricevette i dieci «secondo l'esatta conoscenza della leg-
comandamenti durante il soggiorno di ge paterna, essendo pieno di zelo per
Questo basta a conferire una diversa posi- 14J H. GR!!SSMANN, Mose 1111d seine Zeil
zione sociale ai pedagoghi del giudaismo. Cfr. (1913) 6-16; S c HUR!!R n 405; BoussET-GRESS-
STRACK-BILLERBl!CK lii 339 s. 557. MANN 74, n. 4.
140 Cfr. ZAHN, Ag.' 252, n. 58.
141 A.C. CLARK, The Acts o/ the Apostles, a
141 Citato da GROTIUS, o.e. e~ n. 70), ad l.; criticai edition (1933), ad l., non tien conto di
traduzione secondo RIESSLER 338. questa lezione. ZAHN, Ag.1 751: «li terzo e-
142 Anche in ant.2,232.236.237 si parla soltan- nunciato non si riferisce a ciò che noi usia-
to del mantenimento, cioè della nutrizione e mo chiamare educazione, ma al periodo di stu-
dell'allevamento, ma non della formazione cul- di superiori dell'adolescente destinato a diven-
turale e dell'educazione. tare rabbino».
173 (v,618} 1tcu8Euw D 1-2 (G. Bertram) (v,619) 174
Dio» 145 (Act.22,3). Cioè Paolo s'è dedi- necessariamente e quasi involontaria·
cato allo studio della legge paterna se.- mente dalla severità e coerenza del vi-
condo l'esatta esegesi rabbinico-farisai- vere giudaico sul mondo circostante, il
ca e così è divenuto zelante di Dio, quale era eticamente insicuro e religio-
cioè della legge. Dalla giovinezza egli samente in stato di ricerca 147 • Poiché in
vive nell'ambito pedagogico della legge. questo influsso è necessario l'esempio,
Perciò conosce l'importanza che l'edu- 7tatOEV'tlJ<;, posto com'è accanto al com-
cazione neUa legge ha per il mondo pa- pito più teorico del otMcrxaÀ.oç, do-
gano. vrebbe riferirsi, come altrove 1tettort.yw-
Anche dopo, quando è già cristiano y6c;, alla condotta e alla guida prati-
ed apostolo, egli è costretto ad occu- ca 148 • AHora ~ vi}moc; sarebbe usato
parsi della pretesa del giudeo di esse- col senso di soggetto educabile e aq>pwv
re 1tltLOEV'tTJ<; àcpp6vwv, «educatore de- (~ crwcppwv) indicherebb~ la persona
gli stolti». Essendo la sua vita e il bisognosa di guida perché sprovvista di
suo stesso essere basati sulla legge, sor- criteri chiari e sicuri.
ge per il giudeo l'obbligo mai dimenti-
cato di presentarsi come òo11yòc; 'tVq>· 2. La legge come pedagogo
À.W\I, q>W<; 'tW\I Èv crxo·m, 1tCXLOEU'tTJc; Gesù annulla la pretesa dei Giudei
&.<pp6vwv, otMuxaÀ.oc; Vl}7tlwv, «guida d'essere i maestri della legge e gli edu-
dei ciechi, luce di coloro che sono nel- catori del mondo (Mt. 23,15) e Paolo
le tenebre, educatore degli stolti, mae- lo segue riferendosi a Is. 52 ,5 ed Ez.
stro degli infanti» (Rom. 2,19 s.) 146 ; 36,20 (Rom. 2,24) 149 • Per lui la legge
egli infatti possiede la conoscenza e la stessa ha perduto il suo valore domi-
verità nella forma concreta della legge. nante e incondizionato. Essa è venu-
Le parole citate non si riferiscono tut- ta solo nel 'frattempo', come un inter-
tavia, o perlomeno non in primo luogo, vallo (Rom. 5,20; Gal. 3,19) e quindi
a una superiorità intellettuale e quindi ebbe una validità limitata, cioè «fino a
alla trasmissione d'una dottrina, ma a Cristo» (Gal. 3,24). Per la storia della
quelJ'influsso pratico sulla vita e sul salvezza il tempo della legge finisce con
contegno morale che doveva emanare Cristo 150• Il suo significato storico è d'a-
145 Secondo ZAHN, Ag.l 752, n. 31, Girolamo 147 Cfr. Sib.3,r95: oC 7t&.v-r~o-ut ~po-ro~O"t ~lov
ha fatto prevalere in Occidente la lezione me- xcd}o5rrrot foov"tat, dr. 1,384 s.
no attendibile, scrivendo: 11utritus a11tem in l.,.i STRACK·BILLERBECK 1 924ss.; m 105 ss.
irta civitate secus pedes Gamaliei, er11dit11s
i11xta veriJaJem patemae l.e.gis, aemulator legis. m STRACK-BILLERBECK n1 u8; RosEN-BER-
TRAM, o.e. <~ n. 39) 62-68.132 s.
M~ Cfr. BoussET·GRESSMANN 74 s. 159 Cfr. ~ ]ENTSCH 175 .179.
175 (V,619) 11m8Euw D 2 (G. Bemam)
ver svolto fa parte del pedagogo. Per il Dio ci rende adulti o 'maggiorenni'
contenuto di Gal. 3,34 non importa (questo potrebbe essere il senso di
molto il carattere particolare che vi as- t.À.'~pwp.a -rou xpovou, «pienezza del
sume il concetto di m~toda mediante tempo», che in Gal. 4.4 è applicato a
la legge. È certo comunque che il ter- tutta l'umanità) inviando il suo Figlio.
mine 'pedagogo' non implica alcuna sva- Essete figli, cioè stare in rapporto im-
lutazione. Si sarebbe potuto usare collo mediato col padre, è ben altro che di-
stesso effetto voµoc, 1tatow-.1]ç o otò&.- pendere da un p::dagogo, fosse anche il
151
<rxaÀoç oppure ÙCf>'l'Jì'Tl'tlJ<; (come in migliore. Qu::llo che decide è l'inferio-
Philo, spec. leg. 3,182), o anche È1tl't'po- rità di questi di fronte al padre, e non
noc;, che ricorre in leg. Gai. 27 insieme le sue qualità speciali. Ai tempi di Pao-
con muoaywyoc; e lìLMaxaÀ.oç, rife- lo esisteva l'ideale dell'educatore giu·
rendosi ~ll'erede (v1]moç), o infine mit- sto 153 accanto alla tealtà scandalosa di
oEia. voµov . L'educazione mediante la pedagoghi che erano spesso dei corrut-
legge finisce con la maggiore età (solo tori; se egli parla qui del pedagogo al
questo intende dire l'immagine di Gal. singolare, vuol dire quindi che non si
3,24 s.); fino a quel punto il minorenne tratta delle sue qualità 154, ma della
ha bisogno di pedagoghi. Pur essendo chiusura sotto il peccato e la legge e
il figlio di famiglia, egli non si distin- dell'asservimento dell'uomo sotto la
gue dagli schiavi; nnzi sta sotto ad es- legge e gli elementi. Tuttavia, benché
si, perché i pedagoghi, i maestri, i tu- coordini qui la legge agli elementi, e al
tori e anche gli 'economi' menzionati in peccato e ne affermi i limiti segnati da
Gal. 4,2 erano normalmente schiavi do- Cristo, Paolo non è antinomista. Trat-
mestici. La sorveglianza, la chiusura e tando di problemi comunitari si appel-
l'asservimento (Gal. 3,22.23; 4,3) si- la alla legge 155• Nel testo della Lettera
gnificano che quelli che sono sottopo- ai Gala ti Marciane 156 tralascia 3 ,15-2 5,
sti al peccato, alla legge e agli elemen- e così xa-.apa 'tOV voµov («maledizione
ti del mondo non sono ancora figli 152 • della legge»} e O"'totxdo: 't'Oli xéaµov
Solo la fede cambia questa situazione; («elementi del mondo») vengono a tra-
151 Secondo il Crisostomo (CRAMER, Cat. a 151 0EPKE, Gal., n 3,34, riporta testimonianze
Gal. 3,;z4) pedagogo e maestro no:1 sono in molto contrastanti sui pedagoghi antichi. -+
contrasto, ma operano in collaborazione; dr. ] ENTSGH, 174-179, è incline a ravvisare una
4 Mach . 5,34 e ~col. 15;z. valutazionr negativa del pedagogo in Gal. 3,
l5.' Allora 'fino a Cristo' sarebbe inteso in sen- 24.
so temporale. Altrimenti equivarrebbe a 'ver- 15;; -+ v6µo.; yu, col. 138I.
so Cristo' e indicherebbe lo scopo. 156 A.v. HARNACK, Marcio11 (1921), Beilage III
153 -+col. u5 e-+ nn. 21.22.139.154. 70 s.
-;:m8Euw D 21J (G. Bcmam) (v,620) 178
157 CoRDIER, o.e. (-) n . 38) 115-370. Fu spe- µa<T'tLyoùv, -) v1, coli. 1398 s.). In lo. 19,1
cialmente l'età dell'idealismo tedesco a svi- la flagellazione non sembra essere la pena pre-
luppare dall'idea dell'educazione una filosofia paratoria della crocifissione, ma il castigo a sé
della storia. Nella sua Erziehung des Men- stante del µa<T'tLyovv, cioè l'esecuzione del-
sche11geschlechts (1780) G .E. LESSING formu- l'ordine di Pilato di cui si parla in Le. ·23,16.
lò la tesi che «la rivelazione è per il genere 22. Essa viene eseguita dai soldati coll'aggiun-
umano quello che l'educazione è per l'indivi- ta dello scherno (-) ~µttall;EL\I) e, secondo
duo. L'educazione è una rivelazione che ha l'intenzione di Pilato, dovrebbe destare com-
luogo nell'individuo e la rivelazione è un'edu- passione. Cosl il µa<ri:Lyouv di Giovanni cor-
cazione che avvenne e ancora avviene nel ge- risponderebbe al 7t<XL8EUEL\I di Luca. Poiché
nere umano» (§§ l e 2). µrx<ri:Lyouv si trova anche nella profezia della
passione in Le. 18,3J, bisogna concludere che
158 -> .597 '42 s.; 598,8 s.; n. 6.23.51;77. anche per Luca questa flagellazione è stata e-
159 -> col. u5: Plat., Lys. 208 b. Pseud.-Plat., seguita. In ogni caso la flagellazione fa parte
Ax. 366 d. 367. della più antica professione di fede comunita-
ria sulla passione e soprattutto guida i disce-
ISO G. BERTRAM, Dic Leidensgeschichte Jesu poli sulla via dell'imitazione; dr. Mt. 101 17;
und der Chris1t1sk11/t = FRL NF 15 (1922) 69. 23,J4.-) }ENTSCH 143 s. Secondo HAUCK, Lk.,
L:1 punizione preparntmia della crocifissione, ad I., qui Luca intende evitare un termine la·
che fu veramente eseguita, cioè la flagellazio- tineggiante come Pagrare, {lagrum, pagellum,
ne, è designata col verbo q>payEÀ.Àovv (e flagrio (schiavo).
179 (v,620) 'ittt~SEuw D 3 (G. Bcrtram) (V,621) 180
dal concetto veterotestamentario della di Prov. 3,1r.r2; non parla cioè del su-
TI aio El a xuplou, che è nello stesso tem- peramento di quell'effetto del dolore
po una m:i;~òda 1tCJ/tp6c;. Il detto: Eµa- che distrugge la fede e provoca la di-
i>E\I &.cp'wv E1tct~EV, («Cristo) apprese sperazione o l'incertezza, ma tratta del-
(l'obbedienza) dai patimenti sofferti» la correzione in quanto garantisce la fi-
(H ebr. 5 ,8 ), vale malgrado la figliolan- gliolanza e in tal modo la grazia e il
za, anzi, proprio come è detto qui, gra- perdono di Dio 162 • Non basta quindi
zie ad essa. Il rapporto fra padre e fi- constatare che la 'lta.LOELO: è un eserci-
glio, in quanto etico, è determinato dal- zio che rende il lottatore più robusto e
l'educazione, dalla disciplina e dal ca- invincibile nelle gare 16l. L'esperienza
stigo che il padre impartisce al figlio della correzione dolorosa subita per o-
nella responsabilità del suo amore e, pera del Padre colloca invece il cristia-
poiché gli uomini di cui si parla in no accanto a Cristo, gli rende eviden-
Hebr. 12 sono peccatori incapaci di ri- te che proprio lui è quello che Dio e-
conoscere da se stessi il loro peccato, duca, ama e adotta come figlio (Hebr.
qui si aggiunge alla 'itmbi::la la funzio- 12,7s.)164.
ne più giudiziaria della convictio e del- L'esortazione: Etc; ~O:LOElo:v U7toµÉ·
la punizione (--7 0..Éyxw III, col. 393 ). \IE"tE, «per vostra correzione soffrite»
Per il giudaismo questo rapporto fra (ibid. 12 ,7}, sembrerebbe assegnare co-
padre e figlio è innanzitutto un para- me scopo della correzione la 'formazio-
gone e pur in tale aspetto tende a rece- ne' cristiana 165, cioè lo stadio spirituale
dere nei LXX 161 • Ma questi sviluppano della personalità cristiana purificata. Ma
l'idea dell'educazione mediante la soffe- nella muoElo: del N.T. è difficile far en-
renza servendosi dei concetti greci (-> trare questo senso specifico, e una si-
coll.140 ss.) e creano cos} i termini della mile formazion~ cristiana completa non
teologia del dolore, nel cui contesto col- esiste sulla terra (cfr. Phil. 3,12; --7
locano la 7tctiSEla. Il N.T. collega inve- 1tÀT)p6w, "tEÀn6w). La perfezione del
ce la sofferenza del cristiano con quella cristiano è un dono escatologico a cui
di Cristo. La Lettera agli Ebrei non porta l'educazione operata da Dio; per-
vuole offrire una teodicea come quella ciò la 7taLOEla non può essere meta, ma
solo via. Essa è ciò che Dio opera in padre terreno il suo educatore; ma
noi 166, 'se' siamo pazienti (con molti ma- mentre nell'educazione paterna di que-
noscritti in Hebr. 12,7 forse si deve leg- sta terra importano gl'ideali umani, nel-
gere El, invece di i::lc,) 167 • La pazienza l'obbedienza verso il Padre degli spi-
ci colloca accanto a Cristo ( 12, 2 . 3). riti si pensa alla vita eterna (I2,9).m.
Qui dunque si tratta veramente d'una Dio poi esercita la sua disciplina in mo·
correzione paterna, non di una punizio· do a noi confacente, cioè in modo che
ne (~ xoÀ.a;o-~ç ~ v, coll. 742 ss.) possiamo partecipare alla sua santità
o d'una vendetta (·nµwpl~) 168 • Così (Hebr. r 2,10; Mt. 5,48; Lev. r9,2).
anche la lezione Elc, potrebbe offri- Certo, anche nel cristianesimo la 'ltaL-
re un buon significato: «Sopportate oda. e la À.U1t'l') stanno insieme; la 7taL-
al fine dell'educazione» 169 • Quello che 0Ela dapprincipio non comporta gioia,
dovrebbe valere già in campo umano ma sforzo nelI'esercizio; però il frutto
secondo la volontà di Dio (cioè il quar- - d'ogni fatica è la giustizia nella pace
to comandamento, la norma della vita (Hebr. 12,rr ).
domestica), diventa nel rapporto del- L'idea dell'educazione che deriva
l'uomo con Dio la buona novella del- dalla sapienza gnomica dell'A.T. e che
l'educazione operata da Dio, la EUcty· fu riplasmata dalla pietà passionistica
yEÀ.Lx1} 7tctloi::v<nç, come dice Cirillo rro, giudaica si adatta anche al contesto del-
un'educazione che è migliore e più ef- la cristologia escatologica: il Figlio vie-
ficace della 'lt~LOEl~ v6µov dell'A.T. 171 ne educato per l'eternità, il cristiano
L'uomo riconosce in fin dei conti nel dev'essere in grado di prender parte al
' 60 Si tratta dunque d'un fatto, come dice an- derare questa 1t«t8ela! MrcHEL, Hebr., ad l.
che GROTIUS, o.e. (~ n. 70), ad l.: quo verbo 110 Cfr. CRAMER, Cat., a Hebr. 2,4 .
significari so/et institutìo, quae /actis fit, pula
171 Dio ha donato la legge per aiutare quest'e-
vit1c11lis, legibus, poe11is.
ducazione; ma la legge serve solo ai bisogni
167 MICHEL, Hebr., ad l., si attiene alla lezio- dell'infanzia. 11 resto è compiuto dal myste-
ne tradizionale e ritiene la variante un acco- ri11m Christi (Glaphyron, in CRAMER, Cat.,
modamento alla costruzione seguente, per fa- ad l.).
cilitare la lettura, ~ }ENTSCH 163; RIGGEN-
172 Cfr. WETTSTBJN, a 12,10: Patres castigant,
DACH, Hebr. 1 395, ravvisa invece nel testo
tràdito un antichissimo errore di trascrizione. donec p11er ex ephebis excesserit; Deus per to-
tam vilam. Al tempus castigatiom1111 Dei, ad
16:\ Cosl la tradizione delle Catene, ad I. Cfr.
vitam aeternam collalllm, multo brevius est
anche GROTIUS (~ n. 70). ad I.: Nom si vere tempore castigatiom1m poter11orum cum vita
s1mt Christiani, adversa /olia illis non eve- hominis comparato. Cfr. anche Ecumenio
11ie11t, nisi ex decreto q11odam Dei, et quidem di Tricca in K. STAAB, Pa11luskomme11tare
in ipsos benevoli, 11empe 111 si q11id sordis ad- aus der griech. Kirche (1933) 468: olhe yàp
baeret, excoquatur, aut ut ipsi per patiellliae to-xuou(JL 8L 'IS).ou 'lt«LliEvEw 1J:_.1,àc;, tva -ceÀ.el-
exercitia reddantur meliores. ouç tpya<TWV°\'C<L, O 8È ~Eoc; aet TCat8EUWV 'tE-
169 Forse la comunità dovrebbe persino desi- ÀElouç 'ltOLE~.
183 (v,622) 1t<X.~oeuw D 3 (G. Bertram)
culto eterno di Dio nel cielo 173• Inten- Come l'amore paterno di Dio sostie-
dono servire a questa finalità special- ne, nella Lettera agli Ebrei e nell'Apo-
mente le lettere di ammonimento del- calisse, questo uso di paideia derivato
l'Apocalisse. In Apoc. 3,19 è accolto il dall'antica sapienza provel'biale, cosl si
principio della 1tatÒElo: xuplou: o<Tov<; riferisce ad esso anche il termine che fa
f.à.v q>~À.w, 0.Éyx.w xo:l 'lto:~oEuw, «ri- da soggetto nella proposizione di Tit.
prendo e castigo quelli che amo». Dio 2,12. È la grazia di Dio rivelata salu-
stesso interviene con pene disciplinari tarmente a tutti gli uomini quella che
nella vita degli uomini perché li ama e ora sottomette la comunità cristiana al-
vuol destare in essi il desiderio di pen- la propria disciplina e educazione. Qui
tirsi. I verbi EÀ.ÉyX.EW e 1to:tOEUEW so- non vengono descritti i mezzi impiega-
no due diverse maniere di rendere ja- ti; ma è certo che nelle lettere pasto-
kalJ e ne assumono il molteplice con- rali la paideia è intesa come ùyLo:lvou-
tenuto concettuale, acquistando a loro arx. Òtoo:crxo:À.lo:, insegnamento saluta-
volta un significato poliedrico che offre re 175, cioè come parola di Dio che in-
diverse possibilità di traduzione. Qui il fluisce pedagogicamente ammonendo,
contesto suggerisce di mettere in rilie- nvvertendo, riprendendo e insegnando.
vo l'intenzione di scuotere. Nonostan- Il fine è duplice: rifiuto dell'empietà e
te la loro severità - manca infatti l'im- attesa lieta e fiduciosa dell'apparizione
magine del padre e del figlio - queste della gloria del nostro grande Dio e sal-
parole vogliono essere intese come vatore Gesù Cristo; la 'ltCl~OElo: xuplou
quelle di un amico (Io. 15,14) che ri- si riferisce ad ambedue questi scopi.
volge un ammonimento serio. I due Parlando dell'esame di coscienza che
vocaboli vogliono esprimere l'intenzio- deve precedere la cena eucaristica, Pao-
ne di biasimare e colpire, castigare ed lo riprende l'idea della teologia giu-
educare, che è implicita nell'azione di- daica del dolore, affermando che il giu-
vina sull'uomo e la distingue da ogni dizio del Signore ha per i cristiani il
moralismo, tipico delle religioni legali- significato di correzione e non quello di
stiche e della mediocrità etica borghe- condanna, come Io ha invece per il
se 174• mondo ( 1 Cor. r 1 ,32) m. Le malattie e
17J T. ARVEDSON, Das Mysteritm1 Christi 175 Cfr. Plut., lib. ed11c. 7 (u :; b).
(1937) t;;o. .MICHEL, Hebr.•, a 12,u . 116 GROTIUS, o.e. (~ n . 70), ad l.: xpl\IEul>o.~
dixit de malis h11irls vitae et morte immatura;
171 Cfr. HADORN, Apok., ad l. Sulle idee molto xa:;a;xpivEO·l}m de poenis aetemir. Omnia ma-
diffuse nel tardo giudaismo riguardo alla giu· la, quae i11 hac vita eveniunt, firmi \IOV&EO'l<X.~
stizia educatrice di Dio cfr. BouSSET-GRESS- sive muSEuO'Et<;, mwsrim si sequatur seria poe-
MANN 384. nitentia et emenda/io.
18,5 (v,622) ita.LOEVW D 3-4 (G. Bertram) (v,623) 186
altri castighi divini ricordando ai cri- sto è rivelazione della grazia che ci ca-
stiani i loro peccati 177 • Essi sono una stiga e corregge (2 Cor. 12,9; Tit. 2,12).
1ta.Loda. xuplou, un'emanazione del-
l'amore paterno del Signore. Paolo 4. Disciplina cristiana nel N .T.
ne parla per esperienza anche nell'e-
lenco delle sue traversie in 2 Cor. 6,9. Nell'elenco di virtù domestiche di
Trova che esiste una tensione fra le Eph. 6,4 trovasi la formula (che manca
prove esteriori della sua esistenza - nel parallelo Col. 3,21 ): oL mx."t'ÉpEc; •..
che a lui e ad altri non possono sem- ÈX't'pÉ<pE'tE a.ircà. Èv 7ta.tòdQ. xa.ì. vou-
brare che morte, castigo e lutto - e i>EO"lQ. x.uplou, «voi padri... allevateli
la certezza interiore della vita, del su- (sci!. i vostri figli) nella disciplina e am-
peramento della morte e della gioia. La monizione del Signore» 180 • Questa for-
seconda coppia di contrapposti di que- mula contiene la regola fondamentale di
sto testo: 7ta.tow6µEvot xa.t µli i}a.vi:i- tutta l'educazione cristiana. Il genitivo
-tou(A.é\IOL, «castigati, ma non messi a x.uplov è soggettivo; cioè l'educazione
morte» IJ8, dipende letteralmente da è quella che il Signore opera per mez-
Ps. 118,18. Paolo ha fatto una chiara e- zo del padre, il quale deve far ricorso a
sperienza personale del 7tatOeu6µE'VOL - tutti i mezzi educativi a sua disposizio-
2 Cor. 11,23: Év 7tÀ1}ya.i:c; V7tEp~a.À.À.6'V· ne, compresi quelli profani: exemplo,
"t'W<; , «più che mai sotto le battiture» beneficiis, admonitionibus, verberibus
- ma quello che importa non sono i denique 181 • Si tratta dunque di un'en-
colpi inflitti dagli uomini o dalla na- diadi. Soltanto supponendo un genitivo
tura, bensì la 7ta.toi:la. xvplou. Perfino di limitazione o di qualità 182 si potreb-
Satana è costretto a collaborare per be distinguere fra l'educazione e l'esor-
mezzo del suo pungolo nella carne 179 a tazione cristiana: la prima educherebbe
che l'Apostolo non si esalti. Anche que- coi fatti, la seconda colle parole 183 •
177 CALVINO dice al v. 30: significat, morhis /i11111. La variante 7tEtp11.l;6µEvot, attestata nel-
et reliq11is Dei f/age/lis nos admoneri, 111 de In tradizione occidentale, probabilmente nofl
peccalis noslris cogilemus. Neque enim nos può esser presa sul serio. Essa documenta sol
/mstra alfligit Deus, quia malis noslris non tanto l'affinità fra rmpaaµ6ç e 1tlXiSEla xv
delectalur. plou nella teologia giudaica del dolore. -7 n.
m Questa coppia di vocaboli vuol indicare il 64.
contrasto fra ciò che Paolo vale ed appare da- 179 -)o ]ENTSCH 179, a I Tim. 1,20, chiama Sa-
vanti agli uomini e ciò che egli è veramente, tana un 'funzionario di Dio'.
ciò che costituisce il destino della sua vita in 18? -7 n. 103.
un senso superiore e la riempie del contenuto
18i WETTSTEIN, ad/.
più alto. BACHMANN, Kor. 281 ; dr. anche
GROTIUS, o.e. (-7 n. 70), ad l.: Viri summe 182 Cosl -7 ]ENTSCH 144.
pii, q11i per ista t estamento semper meliores 183 1-IAUPT, G efhr., ad l.
'!tC>:LSEuW D 4 (G. Bertram)
Nelle lettere pastorali questo princi- a lui importa sono i cristiani e la loro
pio della paideia evangelica, proposto educazione 184 : quelli tra essi che hanno
da Paolo per la famiglia cristiana, viene superato il primo insegnamento posso-
applicato alla comunità. Così viene trat- no proseguire per la via retta solo sotto
teggiata anche la funzione educativa l'influsso delle Scritture sacre 185• «L'e-
della Scrittura rivelata: essa serve al- ducazione in rettitudine deve produrre
l'insegnamento, alla correzione, alla un atteggiamento che realizzi la oixcuo-
conversione e all'educazione nella giu- O'U\11) come sfera di vita» 186• Il compi-
stizia (2 Tim. 3,16). Qui si tratta del- to concreto dell'educazione cristiana sta
l'interpretazione e dell'uso dell'A.T. nelle mani di chi dirige la comunità 187 •
nella comunità cristiana. Sembrerebbe Con tutto ciò la terminologia della 1tet.i-
quasi che si tenti di ripristinare una oEla. non fu sviluppata nel periodo neo-
1tet.~OEla. 'J6µov dopo Cristo, in contra- testamentario né, più tardi, in quello a-
sto con quanto è detto in Gal.3,24. Ma pologetico - ricollegandola per es. a r
l'autore non ha affatto la coscienza e Cor. 4,r 5 -, anzi non fu usata più spes·
tanto meno l'intenzione di contraddire so neppure quella esistente 183 .
Gal. 3,24 o Paolo in generale. Ciò che Secondo 2 Tim. 2,25 Timoteo deve e-
184 In 2 Tim. 3,16 mx.tSEla è l'azione educatri- timor di Dio. Ciononostante si sviluppano in
ce che una vita sana esige per il suo sviluppo. questo tempo i germi della paideia evangelica,
Il termine indica realmente l'educazione (non cioè la prassi dell'educazione cristiana dome-
h1 disciplina) che si svolge nella sfera delle stica e comunitaria. Quando poi Clemente A-
qualità normali gradite a Dio. B. W1nss, Die lessandrino scrive il Pedagogo, è già in pie-
Briefe Pauli an Tim. u11d Tit. 1 (1902), ad I. Il no corso il confronto colle idee pedagogi-
concetto antropologico della personalità, che che antiche e con quelle giudeo-ellenistiche,
viene spesso frainteso in senso idealistico, fu sta sorgendo e raggiunge già la sua prima fio .
coniato da Tertulliano e da Boezio come con- ritura un'educazione cristiana vera e propria.
cetto teologico nel quadro della dottrina trini- ~ ]ENTSCH 26,-:285. Come già nei secoli pre-
taria. cedenti Cristo, «i Giudei ellenisticamente colti
185 GROTIUS, o.e. (~ n . 70), ad l. avevano esposto ai Greci la religione di Jah-
vé in quella forma eminentemente sintetica e
m WoHLENBERG, Past., ad l. spiritualizzatal>, così gli apologeti cristiani, se-
187 Ma nella comunità neotestamentaria non e- guendo specialmente l'esempio di Filone di
siste ancora l'ufficio riconosciuto, bensl la sola Alessandria, presentano ora il cristianesimo co-
funzione del pedagogo. Anche mul>w"ti]ç non me una filosofia assoluta e suprema (HAR-
indica nel N.T. una persona incaricata d'una Nl\CK, Dogmengeschichte I 502). Riallaccian-
funzione, ma la funzione educativa, che può dosi all'uso del concetto di pedagogia in CAL·
venir esercitata dagli apostoli, dagli episcopi, VlNO, I11stit11tio II 11,2, ~ KRAUS tenta di
dai presbiteri e da altri ancora. ~ JENTSCll spiegare con esso l'unicità della rivelazione nel-
223, n. 3. !'A. e nel N.T.; però dimentica che 'Tt<X~lMa.
18d Il nostro gruppo lessicale recede fortemen - nel senso di educazione non è un concetto che
t:: all'epoca degli apocrifi neotestamentari e dei abbia radici autentiche nell'A.T. (~ col. 128)
Padri Apostolici. Cfr. però Polyc. 4,2, dove si e che in Gal. 4,1-7 gli elementi (o la legge,
parla dell'educazione materna dei bambini nel ibid. 3,24) sono contrapposti esplicitamente -
1.al!:,w (G. Bertram)
seguire con mitezza il suo compito edu- Infine, in I Tim . 1,20 1tC1.LOEÙEW non
cativo verso gli antagonisti. Il passo dipende da alcun soggetto umano. La
allude probabilmente ai sostenitori di consegna nelle m~ini di Satana (~ n.
un'eresia determinata, colla quale però r 79) non avviene per distruggere defi-
non si cerca una reale discussione. Infat- nitivamente, ma per correggere. Può
ti la si svaluta e rifiuta a priori come consistere in una malattia o in una di-
~ µ.wp6<; e &nalow-.o<;, cioè inadatta sgrazia e deve impedire la bestemmia
alla formazione spirituale (2,23). Ma e riportare alla fede (cfr. I Cor. 5,5; 2
non si tratta nemmeno d'una correzio- Cor. 12,7 ). Qui muOEuELv ba più il ca-
ne punitiva eseguita a parole - nel qual rattere di punizione che di formazione,
caso sarebbe usato ÉÀÉ"YXEW - bensì di e solo perché anche cosl serve al mi-
un mX.LOEUELV, cioè dell'esercizio di un glioramento è una 1taLÒEla. in senso cri-
influsso educativo che, Dio volendo, do- stiano. Ma alla comunità cristiana è da-
vrebbe convertire alla conoscenza della ta nnche la facoltà di castigare (disci-
verità e quindi salvare dai lacci del de- plina ecclesiale) per la sua edificazione
monio. (Act. 5,1-II; 13,6-12).
in quanto sorveglianti (pedagoghi) - a Dio, che /ige Spiel (1925); K. GRoss, Die Spiele der
è padre. Perciò non la concezione pedagogica Tiere (1908); In., Die Spie/e der Mensche11
della storia, ma la teonomia incondizionata è ( 1899); In., Der Lebe11swert des Spie/es
quella che unisce intimamente entrambi i Te- ( 1910); In., Das Spie/ als Katbarsis: Zeitschr.
stamenti. G. BERTRAM, Die At1/gabe11 ei11er fiir padagogische Psychologie und experimen-
Biblischen Theologie beider Testamente : Kir- tclle Padagogik 12 ( 19u) 353-367; R. GuAK-
che im Angriff 12 ( 1936) 425. DINI, Vom Geisl der Liturgie 12 ( 1922) 56·70;
]. HuIZINGA, Homo /11de11s (1939).
nall;w 1 Nel greco ellenistico, a differenza di quello
HuG, art. 'Spiele', in PAULY-W1ssowA, 2' :mico, 1tall;Hv ha un suono gutturale. Cosi
Serie m 1762-1774; R. FREIJ.ING, Das hei· nelle formazioni posteriori, come lµmxlX"l"TJç,
-;;al~w 1 (G. Bertram)
me alla sua derivazione da 1uLi:c;, com- Invece in mem. 4,1,1 Senofonte trova
portarsi fanciullescamente o puerilmen- che le spiegazioni scherzose di Socrate
te, giocare, scherzare, farsi gioco, scher- non erano per i suoi amici meno giove-
nire. Legati al termine sono i sostanti- voli di quelle intese sul serio (cfr. an-
vi 7ta.LOla e 7tr:t.tOLa 2, che possono ve- che Plat., Phileb. 30 e; leg. I,647 d; 2,
nir personificati come simboli del gio- 656 e). Un'idea simile si trova anche in
co erotico, come è attestato da iscrizio- Plut., sept. sap. conv. IJ (u 156 d): ~
ni e immagini; per es. in un vaso che 7'ÀEi:cr-tov i)owrjç &µa xat 'ltatòtiic; xat
trovasi a Monaco di Baviera si vede CT1touofjc; EVEcr-.w, ÉyElpoucrL -to1h~ .•.
Paidia come amorino alato che sta don- -.1jv <j)LÀO<ppOO'UV'l)V, «con ciò a cui va
dolandosi 3 • natòtci significa gioco e congiunto moltissimo diletto e gioco e
scherzo; similmente 7tai:yµa e ti:aiy- serietà (le Muse) ... risvegliano l'amore
vla: gioco, spasso, scherno, e ti:aly- della saggezza»; cfr. Xenoph., sym. 1,1:
vtov: giocattolo, trastullo, burlone. -.à µE-tà <r'ltouofjç 7tpa-t-t6µe:va.... :x:at
-.à Év 't'ai:c; 'lt!XtOtai:ç, «le cose fatte sul
r. L'uso del termine presso i Greci serio ... e quelle per gioco».
L'uso di rtCX.LOLci in Plat., resp. 10,
In Omero 7talsw serve a indicare il 602 b denota una svalutazione del suo
gioco (della palla) delle fanciulle o del- contenuto e dà al termine il senso di
le ninfe {Od.6,100-106; 7,291); in Od. cosa di poco conto, che non dovrebbe
8,251 e 23,147 ha il senso di danzare. esser presa sul serio, alla quale non si
Nel greco profano questo gruppo lessi- dovrebbe dare importanza (dr. Aesch.,
cale indica spesso il carattere poco se- Prom. 314). Come la nave è un trastul-
rio d'una situazione, di un modo di lo dei venti (Secundus, sententiae 17 ),
comportarsi o di agire; cfr. per es. Hdt. cosl l'uomo è un giocattolo del destino
4,77 : ò À.Oyoc; 1tÉ7taLO''tat (var.: 7tÉ- (ibid. 7; dr. Luc., Nigrinus 20; Anth.
7tÀ1w-tat), «la leggenda è stata usata (o Pal. 10,64,6); già in Platone l'uomo ap-
inventata) per scherzo» . pare comé un giocattolo degli dèi (leg.
Nei dialoghi platonici ci si chiede 7,803 c): èivl}pw'ltov ... l}e:ov 'tL ?talyvtov
spesso se le spiegazioni di Socrate deb- e:i'.va.L µe:µ'r)xav'l)µÉvov ... · -cou-t<t> 01) oe:i:v
bano esser prese sul serio ( <r?touòét.sEtV, -tQ 'tp01t!t> O'U\IE'ltOµEVOV xa.t ?talsov'ta
<r7touo1]) o per scherzo (1talsrn1, mxt- O'tL xcù,'ì,,la-'t'ac; 'ltatOLÒ:ç 'lta'\l't 'avopa
ota; cfr. Gorg. 481 b; Phaedr. 234 d). xa.t yuvai::x:a. OV"t"W otaBLwVaL, «(pen-
lµ'1tmyµ6ç e t~•.'ltctLYl.lOvi), emerge il dorici- greci non riesce a staccarsi dall'idea del bam-
smo della koiné, che viene rafforzato dalla bino, e quindi i termini relativi sono più o
preoccupazione di distinguere le forme di 'ltctl- meno inadatti a significare le forme superiori
~EW da quelle di mt.lnv. BLASS-DEBRUNNER 1 , del gioco umano. Poiché anche nella cultura
§ 71, Anhang; E. SCHWYZER, Griech. Gram- greca il gioco è un elemento fondamentale e
matik (Handbuch A.W. II 1) I (1939) 738. sia Platone che Aristotele si sforzano di spie-
2 mn8la. significa fanciullaggine, 'lta:~s~a. ciò garlo corrispondentemente (cfr. i passi citati
che è proprio del bambino, ma i due significa- nel testo), la lingua greca è costretta a servirsi
ti possono intersecarsi; cfr. Luc., Toxaris 36. di una serie di altri termini oltre a '1ta.~8t&.:
Benché il senso di questo gruppo lessicale gre- &.ywv, gara, agone ; Staywyi), divertimento,
co non si limiti a indicare i trastulli infantili, distrazione, o <1Xo).+,, ot.io, tempo libero. Cfr.
tuttavia non arriva all'ampio contenuto che il ~ HUINZINGA 30-32.48-50.241-244.256-259.
concetto di gioco abbraccia nel tedesco 'Spiel' .l Riproduzione in RoscHER, s.v. 'Paidia' 111
e in altre lingue. La formazione dei derivati 1251 s.
7tal<:'.,w 1 (G. Bertram) (v,626) 194
so) che l'essere umano è costruito come riposo» (ibid. b 15); cfr. eth. Nic. ro,6
un giocattolo di Dio ... e che adattando- (p. 1176 b 27-35): oux Èv 7tat.OL~ &pa +i
si a questo modo (di essere) ogni uomo EÙOCX.Ì.µovla.. XCX.t -yàp G.'t01t0\I "t'Ò "tÉÀO<;
e donna debba trascorrere la vita così, dvcu 7tC1.LOLaV, xaì. 7tpa.yµa.'tEUEO"lta.t
giocando ai giochi più belli possibili» xcx.t xa.xo7ta.i}et:v 't'ÒV Blov C1.1tav.-a -çov
(cfr. ibid. 797 b). L'elemento semantico 1ta..l~ELV xapW. a1taV't<J.. yÙ.p wc; El1tELV
dell'ironia emerge pit1 chiaramente in E'tÉpou EvExa. cx.i.povµEi}a. 7t'ì,:i]v "t'fi<; Eu-
BGU IV 1024 VII 26 (sec. IV d.C.): E1tE- oa.i.µovla.ç· "t'É).oc; yà.p ClV't'TJ. 1rnou06.-
SEV (per E7t<J.LSEV) a.ù-.-i)v +i 7tEV[E)la., snv OÈ xat 1t0\IELV m~LOt.iiç x&.pw -/i}..l-
«la miseria si scherniva di lei». Si giunge i}LOV cpcx.lVE"t'at xat Àlav 1tatStx6v. 7tal-
in fìne a prendere per scherzo la vita stes- SELV o'o1twç cr1tou8&.s·o, xcx."t'"Avt.ixap-
sa e a scrivere sui sepolcri la massima: <rtv, òpi>wç EXELV òoxet:· &.va7tav<rEt yàp
7ta.foov, 'tpVcp'T]CiOV, si)<rov, &.7toi)avEi:v Eot.XEV 1) mt.LOLa, &.ouva-çOU\l"t'Eç ÒÈ cru-
<TE ÒEi:, «divertiti e goditi la vita, per- VEXWç 1tOVELV cX\ICX.1ta.UCIEWc; ofov·ca.~.
ché devi morire» (sec. u/m d.C.) 4 • Co- <<non dunque nel gioco sta la felicità.
sì lo scherzo e lo scherno coincidono. Sarebbe infatti strano che il fine (della
Questo atteggiamento, poco serio se nostra vita) fosse il divertimento; che
giudicato dal punto di vista d'una vera noi dovessimo lavorare e tormentarci
cultura, implica quel deprezzamento di tutta la vita per poterci divertire. Noi
valori che è messo in rilievo special- infatti scegliamo ogni cosa per amore
mente da Platone (Prot. 347 d): O'TCOU d'un'altra, eccetto la felicità: questa è
ÒÈ xa.Àol x&.ya.i}ol cruµ7t6't'a.L xal 7tE- il fine (ultimo). Perciò sembra sciocco
1'CX.towµÉvoL do-lv, oùx liv i'.ooLç ou·t"a.ù- e molto puerile sforzarsi e affaticarsi
À:TJ-.plom; ou-.e òpxTJcr'tplo!'lç ov'tE .Va.À- per il divertimento. Il detto di Anacar-
-.pla.ç, &,).J..'a.u-çoÙc; av'to~c; txavoùc; 0\1- si 'divertiti per poter lavorare', sembra
'taç <TUVELVCX.L &vEU 'tWV ).1)pwv 'tE xa.t essere giusto. Infatti il gioco è una spe-
7tai.oi.wv 'tOV't'WV ... , « ... ma dove i com- cie di riposo: no:i potendo sempre la-
mensali sono gente per b~ne e ben edu- vorare, si ha bisogno di riposo»i Dun-
cati, non vedi né flautiste, né danzatri- que l'idea decisiva in queste considera-
ci, né liutiste, ma (vedi) che essi basta- zioni di Aristotele è che il gioco è un
no a se stessi e sanno stare insieme sen- mezzo di distensione e di ristoro (cfr.
za questi sciocchi trastulli ... ». Nei papi- anche poi. 8,3 [p. 1337 b 33-42]; cfr.
ri 1tCX.Lot.6. ha il senso di capriccio, in- anche eth. Nic. 4,14 [p. u27 b 33 s.
sensatezza o schiocchezza 5 • 1128 a 2os.]; 7,8 [p. 115ob 17]). In
Nella filosofìa e nella pedagogia l'i- rhet. 1,11[p.1370 a 14ss.] si contrap-
dea del gioco occupa da Platone in poi pone alla serietà il gioco, in quanto a-
un posto fisso. Decisivo è il pensiero spetto più gradevole della vita: otò al
di Aristotele. Esaminando la posizione pq:i>uµla.t xat ai. <Ì.7tovla.t xcd al à.µÉ-
della musica nell'arte, egli si chiede se Àei.at xcx.t a.i. 1tClLOLa.t xcx.t a.i ava.1tav-
essa appartenga all'educazione, al gio- <TEt.ç xa.t ò U1t\IOç 't'WV 1)of.wv· ouÒÈv "(àp
co, o al passatempo e conclude asse- 1tpÒç avt.iyx'l'}V 't'OU'tWV. xat oiJ &v TJ
gnandola a tutt'e tre queste categorie buiNµla ivfi, &7tav 1Jou, «perciò l'agio
(pol.8,5 [p.1339auss.,b9ss.]), poi e l'ozio e la spensieratezza e il gioco e
dice: i') "t'E "(àp mnotà xapw àva:rt<J..V- il riposo e il sonno sono cose piacevo-
<JEWç Ècr"tL, «il gioco info tti esiste per iJ li; infatti non sono fatte per fo:'.;:a. E
dove c'è il desiderio (soddisfatto), tut- 7,815d; cfr. 796b: Koup1ytwv Èv(mÀ.ta.
to è piacevole». Resta però valido, in 1ta.lyvta, «le danze guerresche dei Cu-
fin dei conti, il giudizio espresso in pol. reti» ). Così nel mondo che circonda
8,3 (p. I337 b 33 ss.): il gioco è bensl l'Antico e il N.T. esistono molti giochi
un mezzo di distensione e di sollievo, e danze che esprimono la pietà religio-
ma non è un modo dignitoso di occu- sa, ed è quindi naturalissimo che anche
pare il tempo libero. Naturalmente es- nel popolo d'Israele si riscontri questo
so mantiene la sua importanza univer- fenomeno che è comune a tutte le reli-
sale nell'educazione dei bambini; ma gioni. Nell'A.T. si trovano effettiva-
anche in essa si deve tener conto di al- mente molti testi che vi si riferiscono.
cune esigenze riguardanti il tipo dei gio· In Ex. 15,20 e Iud. rr,34 (cfr. Iudith
chi. Di questo Aristotele parla in pol. l 5 ,12) si parla di danze religiose ese-
7,I7 (p. 1336 a 33 s.): « .. .i giochi de- guite per celebrare una vittoria 8 • In 1
vono consistere nelle molteplici imita- Reg. 18,26 è menzionata una danza fat-
zioni di quello per cui ci si affaticherà ta saltellando intorno aJl'altare di Baal.
in seguito» ( otò -cch; 7tat&èt.c; dvm od Per il culto di Jahvé sono attestate cer-
-rèt.c; 7toÀ.À.ac; µtµ1}cmc; -cwv vcr-cEpov te danze che venivano eseguite durante
o-nouoa.~oµÉvwv, cfr. pol.8,5 [p. I339a una delle feste autunnali (la festa del
31 ss.]) 6 • raccolto?) in Iud. 2I,2z. Un carattere
più orgiastico dovette avere la danza
2. mx.liµ nell'A.T. e nei LXX davanti all'arca di cui parla 2 Sam. 6,
14-r6. I salmi cultuali (per es. 26,6;
Il carattere religioso e cultuale dei 42,5; I49,3; 150,4) fanno invece pen-
giochi e delle danze nel mondo primi- sare a un passo di danza solenne e con-
tivo, come pure in quello antico-orien- trollato come quello delle processioni.
tale e classico, mette in evidenza che il Se ci si limita al verbo 1tCtL~ELV, biso·
gioco ii anche un modo per esprimere gna ricordare innanzitutto 2 Bao-.6,5.21
la propria dedizione 7• Coi giochi e col- e I Chron: 13,8; 15,29 9, dove 1ta.l~nv
le danze si onorano gli dèi (Plat., leg. traduce fi~eq. Come integrazione di
6 Cfr. W. ]AEGER, Paideia, 3 (1947) 43 s. Arì- DUSCH, Die deutsche evangelische Theo/ogie
stotele ha un'importanza fondamentale per ciò seit Schleiermacher ( 1924) 2 3.
che riguarda il gioco nella storia generale del- B Cfr. W .O.E. O llSTE RLEY, The Sacred Dance
la cultura e nell'educazione. Cfr. inoltre eth. (r9:i3); E. Ki:'iNIG, art. 'Spiele bei den He-
Nic. 10,6 (p. 1176 b 9). Su Aristotele dr. ~ braern, in RE' 18,633-636; A. BE RTHOLET, art.
HUG 1763. Riferendosi specialmente ai Sofisti 'Spie!' 1, in RGG' v 691 s.; A. ]EREMIAS, Das
~ HmzINGA studia forme ludiche della filoso- A.T. im Lichte dcs Alte11 Orients • (1930) 521;
fia. In ogni caso per Aristotele rtmoi.6: resta ] . PEDERSEN, Israel, Its Li/e and Culture
2
un gioco infantile o un divertimento (ibid.257- (1947), indice s.v. 'dance'. Sul rapporto fra il
259). culto e il gioco dalla tragedia nntica fino ni
7 F. SCHILLER, Vber die iisthetische Er:dehung, misteri medioevali, vedi ancora G. BERTRAM,
Brief 15 (1794), scrive: «L'uomo gioca soltan- Die Leidensgeschichte Jem 1111d der Christus-
to quando è uomo nel senso pieno della paro- ku/t (19n) 81, e~ HmzrNGA 3i.
la, ed è completamente uomo solamente quan- 9 Lutero si riferisce a questo passo e a 2 Sam.
do gioca». F. FRANK, professore ad Erlangen, 6,14 nella nota lettera del 4 dicembre 1539 al
cercò, sulle orme di Schleiermacher, di spiega- prevosto berlinese Georg Iluchholzer. Cfr.
re l'essenza di Dio come un gioco perfetto. Cfr. Weimarer Ausg., Briefwechsel, Bd. vm (1938)
J. KAFTAN, Dogmatik (1909) 176; F. KATTEN- 625, nr. 3421. Sui passi dei Salmi cultuali dr.
197 (v,627) 1tal?;w 2-3 (G. Bertram)
10
1talsew trovasi òpxEi:crfraL (danzare in TW\1 Ha carattere escatologico an-
•
cerchio) in 2 Bacr .6 ,2 r, senza corrispon- che Zach. 8,5: le strade di Gerusalem-
dente ebraico, e lo stesso in I Chron. me si riempiranno di nuovo di bam-
r 5 ,2 9, col corrispondente ebraico (riq- bini intenti a giocare. Anche il ritor-
qed). Che però 1tcttsEw non debba ne- no dei deportati a Gerusalemme al
cessariamente contenere il concetto di tempo di Dario è descritto in r Ecrop.
danza, lo dimostrano i passi paralleli di 5 ,3 con i colori surreali d'una proces-
Giuseppe, il quale cosi completa il te- sione giubilante di tipo escatologico.
sto originale: Èv xwupq. 1toclsov-roç xat Nella storia di Sansone mxl~ELV si-
xpo-rouv'toç, «mentre egli stesso suona- gnifica suonare uno strumento musicale
va l'arpa facendone vibrare le corde» (Iud. 16,25.27). In Ex. 32,6 il verbo è
(ant. 7,85), o anche cosi: 1'alsEw -rE usato per indicare il culto del vitello
xat 1tOÀÀ.6:XLC, XOPEUO"OCL, «divertirsi e d'oro (~ col. 203). In Gen . 21,9 si
danzare in tutti i modi», oppure non tratta invece di giochi o scherzi inno-
menziona affatto la danza, come nel pa- centi: Ismaele gioca con Isacco 11 • In
rallelo a 1 Bcx.cr. l 8,7, dove, invece di Is. 3,16 1toclsEw dev'essere inteso nel
1tet.lsoua-cx.L, del resto male attestato, dei senso di camminare ballonzolando; tra-
LXX (Lucian. : XOPEUOUO"CX.L) e di xopEU- duce infatti l'ebraico f pp, che significa
OUO'Ct.L '1toclC::oua-a.L dell'Esapla, Giusep- fare piccoli passi (come i bambini), sal-
pe ha soltanto: µE-cà. xuµf3tiÀ.wv xoct tellare. Non è chiaro se il traduttore
'tUµ1tliVWV Xet.L 1tet.\l'r0Let.ç X<Xpiiç, «COn greco intenda rendere l'ebraico in modo
cimbali, timpani e ogni dimostrazione etimologicamente corretto o se concepi-
di giubilo» (ant. 6,193). sca già il termine come espressione tipi-
Ai passi menzionati si aggiungono i ca di un atteggiamento profano. G iusti-
detti escatologici di Ier. 31'4: «Ti co- no cita questo passo in dial. 27,3, in un
struisco di nuovo ... o vergine d'Israele; contesto di ammonimenti ed esortazio-
adornati di nuovo dei tuoi tamburelli e ni morali.
va' pure tra coloro che danzano alle-
gramente in cerchio» (µE-cà. cruva-yw- 3. Il gruppo lessicale significante gioco,
-yfjç 1t<XL1;6'11-rwv ), e di I er. 30,19: «E scherno, arroganza
da essi dovrà risuonare di nuovo il can-
to di lode e il giubilo di gente allegra» Secondo Sap. 15,12 i pagani pensano
(testo ebraico). I LXX hanno per que- che la vita sia un gioco, e in Ecclus 32,
st'ultimo passo (37,19): È~EÀEVO'O\l'tCt.L 12 (LXX) con la modifica del testo e-
an'mhwv lf.Oov-tEç xa.t cpwv'l) 'lt<XLS6V- braico si ottiene un ammonimento che
H. SCHMIDT, Die P.roltnen = Handbuch z.A.T . di solito si manifesta con suoni e movimenti.
I lJ (1934). In un solo caso nell'A.T. (2 Bau. 2,14) si ha
Il Anche qui i~q è reso con 1talt,ew. Così i TCall;ew = i!Jq nel senso di un agone, che può
LXX mettono in rilievo unilateralmente il fat- essere una cosa molto seria, fino all'ultimo san-
tore movimento nel gioco o nella danza. È ve- gue; cfr. Aristot., rhet. 1,n (p. l37ob 35 ss.).
ro che il vocabolario ebraico coincide in gran ~ HUIZINGA 67.79 s. 144-170 ravvisa in que-
parte con quello greco, ma esso include anche sto passo una prova che un collegamento fra
il semplice ridere ed è in origine un vocabolo gioco e guerra si ha anche nella civiltà se-
onomatopeico, come il tedesco 'kichern' (ridac- mitica.
chiare) e il greco yE)..iiv (ridere) o anche il te- Il Gen. 2x,9 è citato anche in luSl., dial. 56,7.
desco 'lachen' (ridere). Invece-mxlt,ew esprime Nel contegno d 'Ismaele si potrebbe favvisare
il rnratterc allegro e vivace del bambino, che ~nche un'irrisione contro Isacco, ~ 11, coli.
1ta.a.;w 3 (G. Bertram) (v,628) 200
corrisponde al senso ellenistico della vi- ro 1ta.lsov"CE<; non si riferisce più allo
ta 12 : hd 1tr.t.~~E xat 1tOLEt 'tÒ. Èvi)vµ1)- scherzo innocente, ma all'arroganza su-
1..1.a'ta crov xa.t µ1J àµap·q1c; ÀOyctJ Ù1tEp- perba che irride alla rivelazione e a cui
lJ<pavctJ, «là (in casa tua) scherza e fa' nessuna persona pia potrebbe associar-
quello che ti viene in mente, ma non si 14• Specialmente significativo è dive-
peccare con parole arroganti»; l'ebraico nuto in seguito il passo di Prov.8,3os.,
invece dice : «E là di' ciò che ti viene dove il testo ebraico dice: «Allora io
in mente, ma nel timor di Dio e non gli stavo accanto come un pargoletto
nella stoltezza» 13 . In Ier. 15,17 si par- ('iimun); ero tutta grazia, giocando gior-
la, secondo il T.M., dell'allegria di gen- no per giorno davanti a lui per tutto il
te scherzosa, alla quale il profeta non tempo, giocando sul suo orbe terrestre,
può partecipare, perché è oppresso dal- mentre trovavo il mio diletto nei .figli
la rivelazione che lo riempie di corruc- degli uomini (giocando= m"sabeqet )» 15 .
cio per i peccati del suo popolo (~ Mentre al passo citato si riannodano
col. 1r10 ). I LXX invece non intendo- speculazioni sapienziali e argomentazio-
no più l'allegria in questo senso; il lo- ni cristologiche, in Ps. ro4,26 si offre
381 s., n . 4. Cfr. Gen. 26,8, dove una lezione, SEIFF, Das Bucb Prediger: ZDMG NF 14
dovuta forse a uno scoliaste, rende l'ebraico (1935) 243-249; cfr. anche G. KITTEL, Die
con crvvoucna!;Ew, nel senso di avere rapporto Religionsgeschicbte tmd das Urchristenlmn
sessuale. Secondo Procopio il termine 'giocare' (1931) u6 s. In Hdt. 2,78 è descritto il CO·
sarebbe stato un eufemismo giudaico per indi- stume conviviale egiziano dcl mementa mori.
care questo rapporto (cfr. FlELD, ad l., dove A questo corrisponde forse la notizia che si
Procopio è citato nella Catena di Niceforo). Fi- legge in Plut., scpt. sap. co11v. 2 (n 148 a-b)
lone spiega il passo allegoricamente: i:i. yàp sull'rixapLc; xa.t liwpcç E1tlxwµoc;. Mentre in
ff.).).o ɵ1tpE1t€ç t'pyov i:roq>!{) ii -.ò 7ta.(l;i:w xa.i, Erodoto c'è l'esortazione: i:lvE xat i:Ép1tEU,
"(~.VOVO'~CJ.L xai crvvw9po:lVEO"i>a.L -ri) 'tWV X«· Plutarco cerca di spiritualizzarla: non si tr:it·
>.wv ùn~µovij (plani. 170). Isacco è, tra i pa- terebbc solo ·di esortare 1tpòc; -tò 1tlVELV Y.«t
•riarchi, quello che simboleggia la q>UO'L:d1 ò:p:;. i)liu1taltE~V à.).M. 7tpòç !j)LMa.v xcxt ò:yrbtTJ.1LV
-ri} (Abr. 52); in lui è nato i:ò Ev8r.<LµovEtv. à.)..)..fi).wv. Del resto questa deipnosofia, J sa-
Questo è pure il significato del suo nome, che pienza conviviale, compare già nel cosiddetto
Filone tr:iducc anche con yÉÀwc; e xap&., ri- canto dell'arpa, all'epoca dcl nuovo regno egi-
çollegandosì a Ge11. 21,6 (LXX): «Dio mi ha ziano, verso il 1450 a.C.: «Festeggia il giorno
dato il ridere, e chi lo se'.lte gioirà con me» nuovo e non stancarti; ecco, a nessuno è con-
({eg. ali. 3,218.219, ecc.). cesso di prendere con sé i suoi beni ...» (A.0.T.
19); cfr. Is. 22,13.
11 Cfr. gli epitaffi ellenistici -> n. 4, oppure:
«Mangia, bevi, scherza, vieni!»; cfr. G. BER· Il R. SMEND, Vie 1Veisheit des Jesus Sirach
TRAM, Thc Problem o/ Death in Pop11lar Ju· erkliirt ( 1906), ad I.
daeo-Hellenistic Piety: Crozer Quarterly 10 11 Cfr. Prov. 26,19: 7tcxl!;wv E7tpal;a, <il'ho
( 1933) 267; In., Hebr. tmd griech. Qohelet: fatto per ridere» : una scusa stolta per una
ZAW NF 22 (1951), specialmente ai nn. n,10; condotta riprovevole.
12,1; inoltre l'epitaffio dì Crisogono di Kos, 13 Sui difficili problemi esegetici di questo
dell'epo:a imperiale, in R. HERZOG, Koischc passo cfr. B. GEMSER, Spriiche Salomos =
Forsch1111gen u11d Ftmde ( 1899) 103 ss., nr. Handbuch z.A.T. I 16 (1937), ad l.; L. KoH-
163; dr. DmssMANN, L.O. ' 251: «Bevi, ché LER, Lexicon i11 V cteris Testamenli libros
ormai vedi la morte!». LmTZMANN, Kor., a I (1948 ss.) 59, s.v. 'iivdn. I Masoreti invece di
Cor. 15,32, cita altre iscrizioni; vedi inoltre 'àmtm, pargolo, hanno letto 'àmfm, capoma-
gli accenni alla tradizione letteraria in WET'l'· stro. I LXX, traducendo con àpµo!;oucra, sop-
STEIN, ad /. Un tentativo di sistemazione sto- primono l'idea del gioco, mentre le traduzioni
rico-culturale delln mnteria è fatto da F. DoRN· esnplari le restano fedeli .
201 (v,628) 'itttlt;w 3 (G. Bertram) (v,628) zo2
•~ Così pensano anche F. BAETHGEN, Die Psal- 18 Peraltro in Abac. 1,10 il soggetto gramma-
men (1904), ad I.; H. ScHMIDT, o.e. (~
n. 9), ticnlc è il popolo che esegue il piano di Dio;
ad l.; A. BERTHOLET, in KAUTZSCH, ad l. (que- Dio invece è il soggetto logico, e il popolo di-
sti però rimanda all'identificazione di tale es- venta allora lo strumento della sua potenza e
sere mitico col coccodrillo in lob 40,25 ss.) e dclln sua superiorità schernitrice (Ps. 2,4), la
HELBlNG 271 (s.v. lµmilt;Ew) . Invece Aquila quale perciò non è l'arroganza umana di cui
e Simmaco scrivono o.ù-.fi, riferendolo ;il ma- parla !s. 10,8-16. Pensano similmente anche
re, come Girolamo (ut illuderei ei) e Lutero. F. HoRST e TH. RoBtNSON, Die I2 klei11en
In tal modo un pesce comune viene a prende- Prophelen = Handbuch z.A.T. I 14 (1938),
re il posto del mitico Leviatan. L'esegesi rab- ad I. (172): «Infatti questo popolo, chiamato
binica trovasi in A.Z.b. 3 b: R. Jehuda in no- d:t Jahvé a far parte del suo piano, è il porta-
me di Rn'.> (morto nel ~47 d.C.). tore della sua volontà, l'esecutore del suo giu-
dizio e perciò l'incarnazione d'una paurn che
11 Simmaco in lob 40,29 ha ɵmilt;.Ew, e cosl :i:mienta e d'una potenza punitiva che provoca
pure Aquila e Simmaco in Ps. 104,26. Così lo terrore».
sfondo mitologico diventa ancor più chiaro: N Come risultn dalla vnrietà delle traduzioni
come vincitore del dragone del mondo primi- e dai termini paralleli, il significato di tpl~I è
genio, Jahvé è in gmdo di giocare con lui per dubbia. Cfr. \VI. RunOLP, }eremia = Hand-
scherno, cioè di farsi gioco di lui. buch z.A.T. I 12 (194.7), ad I.
203 (v,628)
XEq>aÀ:i}v v, col. 482), batter le mani in gruppo di concetti, coi quali si entra
segno di scherno ( àva-xpo"t'E.i:v ), fischia- nel vasto campo dei peccati di lingua,
re (crvplsELv, crvptuµ6ç), sputare in fac- sono straordinariamente numerosi, ma
cia ( ȵ7t'tVEtv ), biasimare ( <pavÀlsEw ), non si corrispondono sempre nei parti-
sparlare e spettegolare ( xa.:rn.-cpÀva- colari. Spesso i LXX parlano di dileggi
pELV ), strapazzare, tartassare e gettare e scherni anche quando nel testo ebrai-
nel fango (a parole) (ota-m.(prt.o-vpEtv), co è assente il vocabolo e anche l'idea
schernire ( XÀEVliSELV ), sussurrare con- corrispondente; in questi casi essi in-
tro, calunniare di nascosto (!fitl)vplsrn1), tendono soltanto adattare un fatto con-
deridere (xa"t'a..-xalpnv, ÉxyEÀa.v), di- creto alla loro concezione giudaica della
sprezzare ( È~oVOEVELV ), punzecchiare pietà.
( i:wMsnv ), divertirsi alle spalle di Fra i vocaboli ebraici bisogna men-
qualcuno ( &.MpEW ), dileggiare ( xwm- zionare specialmente:
µwxiicrbm, Xt:X."t'EtpWVEVE<TDm ), beffeg- a) ta'a' e il participio ta'tu'im. Ricor-
giare (yEÀ.otliSELV ). A questi vocaboli si l'e innanzitutto in quel passo così im-
aggiunge inoltre il nostro verbo 1ta.LSELv portante per la pietà passionistica giu-
e i suoi composti, di cui, oltre a ȵmi.l- deo-cristiana che è 2 Chron. 36,16 ( =
4
SELV, si hanno Éx-, xa:ta.-, 7tpo0'- e <Jvµ- 1 Eì.rop. I,49) • Nel testo corrisponden-
7tù:tSELV. te di Giuseppe (ani. rn,rn3) si ha ù~pl
Lo scherno può essere motivato o SELV. Simmaco rende anche in Gen. 27,
no; può esercitare una critica giustifica- I2 la forma hitpa'el di ta'a' con xa"t'a-
ta e perfino educativa ed esprimere una 'll:a.l~Ew; mentre i LXX usano xa"t'aq>po-
superiorità autentica, oppure può na- vEtv e Aquila xa-caµwx!lo-l)a~. Oggetti-
scere da una stolta(~ µwp6ç) arrogan- vamente il termine viene a dire che Gia-
za (~ v0ptç) o da un'ostilità e ripulsa cobbe inganna suo padre «come uno che
radicale, diventando un'espressione tipi- se ne fa beffe». Il sostantivo corrispon-
ca della lotta del male contro il bene. dente è usato in Ier. 51,18 per designa-
Questa ostilità radicale si rivela spesso r.:: gli idoli come oggetto di scherno; i
nel fatto che gli empi non prendono sul LXX (28,18) traducono con Epya µE-
scrio le affermazioni dei pii. Così avvie- f.twxriµÉva e Simmaco rende lo stesso
ne nel caso di Noè 3 e di Lot (Gen . 19, contenuto con 'll:atyvla. Nel passo di
x4: i due generi di Lot credono che egli Ier. 10,15, da cui è stato preso questo
scherzi, yEÀot&.sELv ); cosl capita anche testo, i LXX avevano tradotto il voca-
ai profeti, per es. in Is. 28,7 ss . bolo con ȵ7tE7t<XLyµf.va, Aquila con
Sia nel testo greco che in quello e- µEµwxriµÉva e Simmaco con XÀEUa-
braico i termini che esprimono questo uµou.
3 Anche Utnapistim deve ascoltare le doman- rivelazione; dr. ibid.11,4: «Ma allora si adem-
de beffarde della gente, mentre si sta costruen- pirà ciò di cui ora essi si fanno beffe» (cioè la
do l'arca; dr. A. ]EREMIAS, Das A.T. im Licb- rivelazione).
tc des Alten Oricnts' (1930) 151. Cfr. anche
il Corano (Sura n,3): «Noè stava costruendo 4I LXX rendono t" con Eµm1.lsEW oppure con
l'arca, e ogni volta che passava un gruppo di Èx1talsew. Cfr. Le. 20,11 : a:nµ6.sm1, che Lu-
gente del suo popolo lo deridevano. Ma egli tero rende con 'hohnen' (schernire). Il verbo
diceva: 'Ora vi fate beffe di noi, ma in futuro Gc'ttµ~sew s'incontra spesso nel nostro grup-
noi ci faremo beffe di voi e proprio allo stesso po. È l'unico termine di questo tipo in Is. 53,
modo in cui ora voi ci deridete'». A:ichc al dove Lutero traduce con 'verachten' (disprez-
Corano è noto lo scherno radicale opposto alla zare).
207 (v,630) è1.r;:a.~1;w 1 (G. Bcrtrnm) (v,630) 208
b) II verbo qiilas nelle forme pi'el e corre, con Ép.-;-;aLX't<XL (Js. 3.4> Aquila :
hitpa'el significa schemire, ed è tradot- Èva.À.À.ax-.a.t) e t'.µrtmyµa. (Js. 66,4). In
to in greco regolarmente con questo quest'ultimo il T.M. suona: «E cosl an-
senso, ma con diversi vocaboli: in 2 ch'io sceglierò un destino che fa loro
Reg. 2,23 con xa'taitalsEw, in Abac. r, un cattivo gioco e manderò su di essi
10 con È'll'tpucpiiv (Simmaco: ȵ1tal- cose di cui avranno orrore» . Dunque
SELv), Ez. 22,5: ɵ7tal1:;,Ew. In Ez. 22, Eµ.7tatyµa, come ta'a/Ultm, non è una
4.5 si parla dello scherno e dell'obbro- cosa che gli uomini fanno, ma che su-
brio che Jahvé farù scendere su Getu- biscono. È il castigo che Dio loro man-
salemme. In Ecclus 1 I,4 il termine è re- da, anche se si può trattare d'una 'puni-
so con ÉitalpEcrl}aL, dando a qiilas il sen- zione derisoria', come in Sap. 12,26 (--?
so neo-ebraico di vantare e sostituendo col. 202 ). In ogni caso lo scherno non
COSÌ la uf3pL<; al motivo dello scherno. consiste in parole, ma in un'azione. Nel-
I sostantivi qeles e qallasa son tradotti la seconda parte del verso di ls. 66,4 si
in Ier. 20,8 con XÀEuc<.o-µ6ç; in ili 43,14 parla invece dell'azione peccaminosa
con lo stesso termine o con xa'tayEÀ.wç, che provoca il castigo(--? 1, col. 777).
in "'78,4 con XÀEWM1µ6ç e in Ez. 22,4 e) lii' ag e lii' ég è tradotto otto volte
con ɵnaiyµ6ç. con --? (Èx- )µuX'tT)pl!'.,Ew, inoltre con
c) Più spesso si hanno siipaq e ~iipaq, Éx- e xa.·tayEÀ.tiv ( 6 volte), e con ·xa.·
ridere, al pi'el scherzare, e i loro deri- 'taµwxéfoi}at, q>auÀl!'.,Ew e q>auÀ.tcrµ6c;
vati. Vengono tradotti con (Èm-, Èy-, (una volta ciascuno). La libera traduzio-
ÈX-, XCl'tO:·) yEÀ.av, yEÀ'JL6.i;Ew, (Év-) EÙ- ne di lob u,3 sembra trascurare til'ag,
q>palvEt\I, 01JyxalpEW > OPXEtcr»cn, xap- e Ecclus 4,r rende il verbo con artocr•E-
µovi)v 7tOLE~V, inoltre con 1tal1:;,Ew e pEL\I. Per il sostantivo la' ag si ha tre
ɵ7tal!'.,Ew, usati in 26 su 56 passi per volte µux't1)ptuµ6c; (~ 43,14; 78,4; lob
lo più a rendere la forma pi'el 5• 34,7); in Os. 7,16 cpa.uÀLcrµ6ç, in ili 122,
d) II verbo 'ii/al, fare qualcosa a qual- 4 ovEtÒoç e in Ez. 36,4 xa-ca7tan1µa..
cuno; in forma hitpa'el scherzare, è Per Ez. 23,32 manca il corrispondente
tradotto con ɵ7tal~ELV in sei passi, nei LXX. Solo nella tradizione seconda-
dove è usato all'hitpa'el, cioè in Ex. ria è aggiunta la parte del verso che
10,2; Num. 22,29; !ud. 19,25 (in que- manca (Teod.: fo-raL Et<; yÉÀw'ta. xat
sto racconto, in ant. 5,145-148, Giu- dç µuX't'r)pi.uµ6v, «sarà oggetto di riso
seppe usa u~pl~EL\I, uf3pL<; xai}v~plsEw ); e di scherno»).
I Sam. 6,6; 31,4; I Chron. 10,4. In un f) la' ab, deridere, nel T .M. è un ha-
settimo passo, cioè in IEp. 45 (38),19, si pax legomenon ricorrente in 2 Chron.
ha xa'taµwxcicrl>at. Il sostantivo deri- 36,16; i LXX lo traducono con µux't1)·
vato ta' alUlim' capricci, monelli 6 , il de- plsm1 (in r E<rSp. I.49 hµux't'r)pl~eL'll) .
stino che si fa gioco di qualcuno, è tra- Vien letto in Ecclus 3o,1 3 come corre-
dotto dai LXX, nei due passi in cui ri- zione 1 •
g) buz e bazi1 (schernire) significano giare: Ps. 73,8) è trasferito dai LXX nl
per i LXX più il disprezzo e la disisti- sentimento e quindi è tradotto con OtE-
ma d'una persona che la derisione; per- vo1]ih1<rav.
ciò sono tradotti per lo più con l!'.,ou- n) Anche miira~, derider.:? (1 Reg.2,8 ;
i>EVE~V, xa:tacppovEi:v, cpau}.l~EW, e so- Mich. 2,10; Iob6,25; 16,3) non è stato
lo qualche volta (Prov.11 ,12; r2,8; 15, riconosciuto in questo senso dai LXX,
20) con µux-cT)pL~ELV (~ vu, coll. 629 che lo traducono in modo assai diverso.
s.), oppure (Gen. 38,23; Ecclus7,n) o) La duplice traduzione di 'iiniì al
con xa-ca;yEÀ.civ; cfr. anche µux-c11pL- pi'el (maltrattare, abusare) data dal cod.
crµ6ç in 2 Ecròp. 13,36. A in Iud. 20,5 (È'ta.1tELVW<Tet.V xaì
h) A questi vocaboli se ne aggiungo- ÈvÉnm!;a;v o:ù-cfj; cod. B: solo ham:l-
no numerosi altri, usati col senso di de- vwcra.v ), è una dizione pleonastica ispi-
risione e scherno solo in certi casi; tali rata da 19,25.
sono per es. bos, che in Prov. 2 7 ,7 è p) Come 'and, così anche perek, mal-
tradotto con E:µnaa;,ELV nel senso di di- trattamento, abuso, violenza, è reso in
sprezzare. Ex. 1,13 da Teodozione 9, e in Lev. 25,
i) giidaf, beffeggiare, dileggiare, è 4 3 .46 da un traduttore ignoto, con ȵ-
stato inteso dai LXX piuttosto nel se- 1tatyµ6ç. Simmaco nel primo passo
condo senso; perciò vien tradotto con ha Èv-cpvcpwv-cEç, mentre i LXX tradu-
~À.a;crcpl}µE°ì:v, ovELÒlsELV e simili. cono il vocabolo, che ricorre solo 6 vol-
k) Per hiilam, percuotere, in Prov. te, con Pla in Ex. 1,13.14 e con µ6x»oc:;
23,35 si ha ɵmx.lsELV, con il quale i in Lev. 25A3.46.53; fa:. 34'4· Anche
LXX fanno giustamente risaltare l'aspet- Zach. l2,3 (LXX) iu fa pensare alle idee
to reale dello scherno subito dall'ubria- che si accompagnano a questi passi. Ma
co, come à.vaxpo-cE~V, scelto da Teodo- il T .M. suona diversamente: «E in quel
zione, si riferisce al batter le mani in se- giorno io farò di Gerusalemme una pie-
gno di scherno. Il traduttore dei LXX tta di sollevamento per tutti i popoli, e
ha forse scelto intenzionalmente ÈvÉ- chiunque la voglia alzat·c si riempirà di
mxd;cx.v, invece di tradurre letteralmen- scalfitture 11 e tutte le nazioni della terra
te con ÈvÉmxLcro:v, per descrivere anche si riuniranno contro di essa» . I LXX han-
sotto questo aspetto la condizione del- no invece: «E avverrà in quel giorno:
l'ubriaco 8 • forò di Gerusalemme una pietra, che sa-
l) biiraf e berpa, kiilam e k"limmiì non rà calpestata, per tutti i popoli. Chiun-
sono resi dai LXX col senso di deridere que la calpesterà per scherno troverà
e derisione, ma con quello di oltraggio, scherno ( ɵnalsw\I ȵT-al!;Ei:o:L) e su di
ingiuria, ecc. essa verranno riuniti tutti i popoli del-
m) L'hapax legomenon muq (beffeg- la terra». Anche in Is. 33>4 il tradut-
8 In questo caso, come fanno frequentemente, JO In 2 Chron. 29,8 I'reqa è tradotto con au-
i LXX abbandonano il parallelismo del testo PL~µ6c;. Jahvé abbandona Gerusalemme dc;
ebraico in favore d'una descrizione progressi- i'xu'taow xa.L Etc; &:cpav~crµòv xaL dc, uvp~u
vn. Comunque ȵ.7tULEW non ricorre mai nel µ6v. Una traduzione analoga si ha in Mich. 6,
greco dcll'A.T., mentre 7ta.lnv o i suoi com- 16 (dove il parallelo ovElOTJ )..awv corrisponde
posti non servono mai a render hàlam. all'ebraico: tll'!Jerpal 'ammi), e in Ier. 18,16;
9 Giuseppe (ant.2,202) hn Èw(3pl~EW; egli pre-
19,B; 25,9.18. Inoltre uupl1:,EW rende tre volte
ferisce anche nltrove il concetto della hybris in Jiiraq in Geremia e in Lam. 2,15.
quanto capriccio o tracotanza; cfr. anche ani. 11 T.M.: Jiirat. Corrispondenza letterale in
2,54, a Ge11.39,17 (snf?aq = È!.l1to.l~Ew LXX). T eodozione.
211 {v,631) ÈIJ'ltttlSw l (G. Bertram) (v,632) 212
tore dei LXX deve aver avuto in mente baie da talal, ricorre solo in lob 17,2,
un concetto analogo a quello ora cita- dove i LXX seguono un altro testo, men-
to, se rende con ȵTICX.LSEL\I il verbo Sa- tre Simmaco traduce con rcapaÀ.oylì;E-
qaq, precipitarsi su qualcosa (questo <Ti>a.i, venire illusi, per cui anche qui ha
termine, ttadotto molto diversamente luogo la stessa congiunzione d'inganno
dai LXX, ricorre solo 6 volte nel T. e di scherno.
M.)•2. r) In Ecclus 8,4 riigal è tradotto con
q) In Ecclus 13,6.7 - dove è detto 7tpO<T1ta.lì;Ew. L'ebraico ba: «Non anda-
che i contatti amichevoli con gente re in giro (rgl) con lo stolto, perché egli
troppo diversa portano a illusioni; adu- non disprezzi le persone di nobili senti-
lazioni, brutti scherzi (Spq}, false spe- menti». I LXX hanno invece: «Non ab-
ranze, belle parole vuote, e rendono og- bandonarti agli scherzi con il maleduca-
getto di derisioni chi ci casca - nel to, perché i tuoi antenati non vengano
testo ebraico si hanno parecchi verbi offesi». L'uso del vocabolo risulta quin-
del nostro gruppo: hiital (tradotto dai di sbiadito in queste regole di vita, che
LXX con µuX"t'l]pll;nv [~VII, col.803] vengono proposte in testi parzialmente
in I Reg. 18,27 e con xauxfuri}a.i [ ~ malsicuri e che di volta in volta hanno
v, col. 294] in Ecclus II,4, e inteso di- in ebraico un senso diverso dal testo
versamente in Ecclus r 3 ,6 s. e reso con greco.
arcoxEvouv); 'aras, abbindolare, gabba- s) Fra le dizioni figurate bisogne-
re (?) 13 con Xa.'taµwxfuri}ai 14 , nua' rebbe menzionare anche a/filare la lin-
bero's con XtvEiv "t'TJV XE<pa.À.T)v. hiital è gua (Ps. 64,4; 140,4); ma in questi pas-
forse una derivazione secondaria dalla si si pensa più alla calunnia, o anche
forma hif'il del verbo tiilal, illudere, in- al sortilegio 15 e alla maledizione, che
gannare, il quale in I er. 9 ,4 è reso con non allo scherno. Difficile a capirsi, sia
xa."t'a.mciì;Ew, mentre Aquila ha rcapa.- nel T.M. che nei LXX 16, è Nah. 2,4.
À.oyiì;Ecri}m. La traduzione dei LXX fa t) In Ier. 2,16 il traduttore ha tenta-
capire che l'inganno del prossimo com- to di trasporre in greco la dizione ebrai-
porta sempre il disprezzo della persona. ca brucare il capo con xa."t'a.rca.lì;Ew. Il
Il sostantivo hatulim, beffeggi, devér- passo vuol dire che la popolazione è i-
I.? Ecclus 27,28 contiene una regola sapienzia- lo Cfr. H . SCHMIDT, Die Psalmen = Hand-
le che rientra in questo contesto: ɵ'ltat)'µÒ'- buch z.A.T. I 15 ( 1934), ad I. , e specialmente
xat bvELlituµòç v7tEpYJcpav~>, a meno che non S. MowINCKEL, Psalmenst11dien 1: Awiin und
si debba tradurre vrcEpl)cp&.vwv, «da parte die individ11ellen Klagepsalmen ( 1921 ), ad /.,
dei superbi». Però il dativo è reso più pro- per il quale i peccati di lingua consistono sem-
babile dal contesto: «Lo scherno e l'obbro- plicemente nell'uso delle formule magiche.
brio toccano {in sorte) al superbo». Cfr. R. t• Vedi H . GuTHE, in KAUTZSCH, ad I.; con
SMEND, Die W eisheit des ] erns Sirach erkliirt correzioni, F. HoRST-TH. H . RoBJNSON, Die
(1906), ad l.; preferisce la seconda lezione V. 12 klei11en Propheten = Handbuch z.A.T. I
RYSSEL, in KAUTZSCH, Apokr. u. Pseudepigr., 14 ( x938), ad l. Sulla costruzione dr. HELBING
ad I. 271 . Il traduttore dei LXX, invece del partici-
JJ Secondo SMEND, I.e. pio pu'al di ti' ( = vestito di scarlatto, hapax
legomenon), suppone probabilmente nel testo
11 Forse anche xa."t'a.µwxa'J'i>at intende rende- ebraico una forma di 11/, il cui hitpa'el è reso
re l'ebraico biital ed è integrato poi con &.1to· normalmente con ɵ'ltCtl!;Ew. Anche qui il con-
XE\IOVV, preso dal v. 5, dove sta per rfS, impo- cetto di scherno si avvicina a quello dell'orgo-
verire. Glio e della tracotanza (~ il~pLç) .
.213 (v,632) È!J.'ltal~w 1 -2 (G. Bemnm) (v,632) 214
19 Cfr. J. FICHTNER, W eisheil Salomos = posti è soggetlo allo scherno degli uomm1 e
Handbuch z.A.T. II 6 (1938), ad/., il quale in dei dèmoni. Cfr. CRAMER, Cat., a Le. 14,28.
Sap. 17,7 traduce con 'abbindolamenti' e si ri-
chiama a Mt. 2,16. B. W1nss, Mt.9 (1898), ad 21 Sulln derisione di Gesù dr. J.G. FRAZER,
I., cita Soph., Am. 799 (-> col. 204). ZAHN, The Go/den Bough' m (1923) 226·229 (con
Mt.' 108, ravvisa uno scherno subito dal re paralleli storico-religiosi e folkloristici) ; H .
Ero::le nella finta promessa di ritornare e nel REICH, Dcr Konig mii der Domenkrone: N.
rdativo inganno. Jahrbuch. dc5 Klass. Alt. 7 ( 1904) 704-732;
2.1 Uno scolio di Hagios Maximos applica que- G. BERTRAM, Die Leidensgeschichte Jern 11.
sta similitudine alla torre costruita dalla gnosi der Christ11skul1 ( 1922) 72 s. 79-85; R. DEI.-
cristiana. Per compirla occorre acquistare umi BRUCK, Antiquarisches w den Verspo/fu11gen
certa sapienza. Chi non ne possiede i prcsup- ]em: ZNW 41 (1942) 124-145.
217 (v,633) É1..m(J_l1'.,w 3 (G. Bcrtram)
Mt.27,27-31 ad opera dei soldati, che lo non farebbero che precisare la flagella-
rivestono del manto purpureo, gli im- ;.:ione ivi mcnzio:1ata, dc;;crivendo la de-
pongono la corona di spine, lanciano gri- risione e le successive percosse. Non si
da di evviva, lo percuotono colla canna, può decidere con certezza se i soldati se-
lo sputacchiano e gli tributano la pro- guissero in questi scherni un'usanza (re-
skynesis (adorazione) 22 • Solo Matteo ligiosa) determinata, per esempio l'uso
aggiunge che la canna con cui Gesù ve- persiano del sacrificio dei Saccei, oppure
niva percosso teneva il posto d'uno se si limitassero a dileggiare a piacimen-
scettro. Nei racconti evangelici non è to il supposto re dei Giudei. Il frainten-
detto esplicitamente che la corona di dimento della pretesa messianica di Ge-
spine costituisse una tortura speciale, sù sarebbe in ogni caso sufficiente per
come più tardi è supposto dalla tradi- spiegare questa scena.
zione artistica cristiana. Matteo e Mat·- Una scena simile era già avvenuta,
co non dicono espressamente neppure secondo Mt. 26,67 s.; Mc. r4,65; Le.
quale fosse la successione e il rapporto 22,63-65, durante l'interrogatorio da·
tra la flagellazione e l'irrisione di Gesù. vanti al sinedrio. Anche lì sono men-
Più chiaro su questo punto è il passo di zionati alcuni particolari : Eµ'lt-CUEW 25 ,
Io. 19,r-3 23 , dove appare che il µa<r-c~ xoÀaqil~Ew (ry v, coll. 749), paTClsEw
youv (~ VI, coll. 1398 s.) prese forma ( paTCl<rµaow Àa~Ei:v ). Solo Luca us11
di un tµ1ml~E~\I, che cioè i soldati non Eµ'ltalsELV per riassumere tutta la sce-
si limitarono ad eseguire la condanna na, e cosl ne sottolinea la somiglianza
alla flagellazione, ma schernirono e sot- evidente coll'irrisione dei soldati, ben-
toposero a ludibrio il prigioniero, men- ché qui, più che il re, s'intenda offende-
tre lo colpivano. Probabilmente questo re il profeta 26 •
è anche il presupposto dei sinottici 24 • Secondo Luca - la cui descrizione è
Così le parole che seguono a Io. 19,r diversa da quella di Matteo e Marco
2l In Philo, Flacc. 33-34, si ha il racconto de· 'lt(l_LOEVW (~ coli. 177 s., n. 160).
gli scherni subiii dal re Agrippa I in Alessan- 2
~ Anche nel ca:Jto del Servo di Jahvé in Is.
dria, che viene spesso addotto come parallelo.
50,6 si distingue fra i colpi dei flagelli e delle
Però in quel caso si trattava d'una dimostra· fruste e gli schiaffi.
zione antisemitica della popolazione di quella
metropoli, senza degenerazioni violente. 2s Gli sputi si -trovano anche in l_s_ 50,6.
21 Così pure il Vangelo apocrifo di Pietro . Pe- i :; Cfr. la variante del cod. D a Mc. 14,65 e
rò il ten)'linc ɵmi.il'.,ELv manca sia in Giovan· WELLHAUSEN, Mk., ad l . , il quale sostiene eh::
ni sia nel Vangelo di Pietro. µacr·nyovv ri- il significato originario di questa scena sta nel·
corre nelle profezie della passione e nella pre- l'intenzio11e degli sgherri di far passare a Ge·
dizione dcl destino dei discepoli in Mt. 20,19; sù la voglia di profetare; 3li sgherri avrebbero
10,17 ccc. In Mt. 27,26 e Mc. 15,15 si ha cpp11.- dunque chiesto ironicamente che Gesì1 profe-
yEÀ.Àovv; dr. CjlpayÉÀÀ.Lov in lo. 2,15. Vedi tasse.
ȵnail;w 3, ȵna~yµov1) (G. Bcrtram} (v,635) 220
anche per altri aspetti - questa deri- 41 ). Parlando dei dileggi del popolo,
sione ebbe luogo come passatempo del- Luca ( 2 3 ,3 5) usa il termine Èxµux·nwl-
le guardie durante la notte, prima della çEL\/ (~ vn, coll.637s.), mentre Mar-
27 In Mc. 14,65 i 'servi' sono menzionati e- 36 s., dove trasforma in derisione il racconto
spressamente accanto all'indeterminato 'essi' della bevanda offerta a Gesù. In Ml. 27,34
( 'T~VE<;). questo costume umanitario, riferito forse retta-
28 Cfr. anche Is. 50,6. Anche ~Àa!lq>TJµEtv (~ mente da Mc. 15,23, diventa dileggio sotto
Il, coll.279ss.) e BÉpew ricorrono comé termini
l'influsso della profezia veterotestamentaria
tecnici della passione di Gesù e dei discepoli. (Ps. 69,22). Sullo svolgimento successivo del
motivo della derisione dr. anche W. BAUER,
i·i ZAHN, Lk., ad l. Das Leben ]e111 irn ZeiJa/ter der nt.lichen A-
:io Luca usa ancorn una volta il termine in 23, pokryphen (1909) 199-207.
221 (v,635) ɵmnyµovn (G. Bertrnm) (V,635) 222
es. ljJ 37,8; Ez. 22,4) e ȵ7ta.lx-tt)c; (Is. tologia della chiesa 2• In ogni caso l'au-
3,4). ȵ·mxlsEL\I è complessivamente ri- tore della 2 Petr. ba inteso Iudae 18 in
servato alla descrizione della passione questo senso. Però in origine il concet-
di Cristo e non è usato, all'inizio, né per to di schernitore deve aver avuto un
i discepoli e seguaci del Signore, né per senso più generale. Schernitore è l'av-
i cristiani in generale. Comunque Hebr. versario dell'uomo pio, e se è vero che
r r ,J 6, alla luce sia del contesto genera- per ogni tempo e ogni tendenza della
le sia del contenuto concreto, è da rite- chiesa ci sono degli oppositori partico-
nersi l'espressione d'una religiosità mar- lari che essa condanna, la qualifica di
tirologica cristologicamente impronta- schernitori non signiflca che questi av-
ta. Qui si parla del martirio delle perso- versari abbiano schernito determinate
ne pie dell'A .T., che nella visuale di dottrine e opinioni della chiesa, ma in-
Cristo può essere definito un ɵmt.Ly- tende dire che l'atteggiamento di que-
µwv xcct µa.-:r-tlywv 1tEi:pa., «una prova sti uomini è ostile alla rivelazione, come
di scherni e flagelli». La dizione fa da i casi citati in Iudae 4 ss. dimostrano.
parallelo all'ovELOL<rµòc; -tou XpLcr-roG, Nel N.T. gli schernitori sono i nemici
«obbrobrio del Cristo», di Hebr.11,26. della croce di Cristo (Phil. 3,18; cfr.
Anche i termini ȵ7trLLyµov1) (dileg- Gal. 5,u; 6,12 e anche r Cor. r,23).
gio, scherno) ed ȵrw."Lx-raL {schernito- Come tali dovranno essere considerati
ri) ricorrono soltanto una o due volte gli avversari di cui si parla nella Lette-
nel N.T.: in Iudae r8 e in 2 Petr. 3,3 ra di Giuda, e anche l'impiego. speciale
(ɵita.Lyµov1) manca nei codd. K e al- del termine nella 2 Petr. non dev'essere
tri, ma la cosa non ha importanza). Gli isolato da questo concetto fondamenta-
schernitori di cui parlano I uda e r 8 e il le del N.T. Infatti è in questo senso
passo parallelo di 2 Petr. 3,3 erano pro- che nella storia della passione il con-
babilmente dei libertini gnostici 1• Il lo- cetto di scherno ha ricevuto la sua de-
ro scherno riguardava forse il ritardo terminazione biblica defìnitiva.
della parusia e così colpiva tutta l'esca- G.BERTRAM
lµna~yµovn nÀ.
1 WINDISC:H, Petr., n 2 Petr. 3,3. 2 \VJNDISCH, Kalh. Br., :i ltufae 18.
223 (v,636) "ai:ç (A. Oepkel (v,636) 224
x 291-304; E. W1SSMANN e S. EcK, art. schaft'; In., art. 'Adoption' : RAC I 103-112,
Goueskindschaft': RGG' n 1394-1401; J. spec. 106-109; In., Jesus tmd der Gottesvolk-
HEMPEL, Goti und Mensch im AT', B\Xf ANT gedanke: Luthcrtum (NkZ N.F.) 53 ( 1942) 33-
3 F 2 (1936) 55.170-178; BouSSET-GRESSM. 6.z.
377 s. ; STRACK-BILLERBECK r 219 s. 371. 392- H. KLEINKNECHT e altri ci hanno offerto indi-
396; li 49 S. 360 s.; Ill 15-22 ; R. GYLLENBERG, cazioni e suggerimenti preziosi per la biblio-
Gott der Vater im A.T. tmd in der Predigl grafia e per l'articolo. Non abbiamo potuto in-
]esu: Studia Orientalia I (r9.z5) 51-60; J. LEI- dicare ogni volta il nostro debito.
POLDT, Das Gotteserlebnis ]esu im Lichte der
vergleichenden Religionsgeschichte, Angeles· l WAI.DE-PoK. 11 l5s.; A. WALDE-] .B. Hor-
Beih . 2 (1927) spec. 5.15.22.28-32; A. HAR- MANN, Lat. ctymologisches worferbuch J Il
NACK, Die .Terminologie der \Viedergeburt ( 1950) 382 s. 392 s.
1md verwa11dter Erlebnisse in der iilteste11 Kir- 2 U.v. WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Ei11 Sied-
che: TU 42,3 (1918); W. GRUNDMANN, Die ltmgsgesetz aus \Vest-Lokris: SAB ( 1927) 7 ( v
Go1teskindscha/t in der Geschichte ]em und scc. a.C.).
ihre religiv11sgeschichtliche11 Voraussetw11gen
(1938); 0EPKE, Gl., indice s.v. 'Goncskind- J Ed. E. LITTRÉ Vlll (1853 ) 636,20.
227 (v,637) r.a.~ç A 2-3 (A. Ocpke) {v,637) 228
4Cfr. Bi.icHSEL a I lo. 2,12.14; F. HAuCK, Die Deutsch) a I Io.2,u contro WrnruscH, Joh-br.
Briefe des Pt., Jak., ]ud. und ]oh. (N.T. a 2,12-14.
mii:c; A 3-5 (A. Oepke)
ristico ed esclusivo degli scritti giovan- testo il vocabolo può significare figlio
nei. in senso stretto (P. Gen. 74 ,1 ss.; P .
Amh. 136,1 s.; P. Oxy. VI 930,18). Nei
4. 1t(lLOapwv: un altro diminutivo di
LXX 'tÉXvov corrisponde a 1 l .diversi
mii:ç usato già in Aristofane e Platone;
vocaboli ebraici, ma rende prevalente-
ricorre anche nelle iscrizioni e nei pa-
mente ben.
piri ed è frequente nei LXX. Acce-
zioni: a) per indicare l'età: ragazzino,
Nel N.T. il vocabolo ricorre sia nel
bambinetto: Aristoph., av.494; Pl.536;
senso comune sia in sensi partico-
Ex. 1tmO(lplou, «fin eia bambino»: Plat.,
lari, con uguale frequenza. Mt. 7 ,1 l e
symp. 207 d; Mt. u,16 (lextus recep-
tus ); adolescente, giovinetto: Gen. 37,
Le. 11,r3: 'tà. 'tÉXV(l, Ùp.wv, «i vostri
figli»; Mc. 7,27: .ò &p-toç 't'WV i:Éxvwv,
30 (un diciassettenne: cfr. v. 2); Tob.
«il pane dei figli l>; Act. 21,5: crÙ\I yu-
6,2 s.; forse anche Io. 6,9 (se non si
vm~t X(l,t 't'ÉXVoLç, «con mogli e figli»;
tratta del significato seguente). b) Per
2 Cor. 12,14: (ih1craupl(,ew) ol yovEi:ç
indicare la posizione sociale: giovane
'to~ç 't'Éxvoiç, «sono i genitori che de-
schiavo, schiavetto: Aristoph., PI. 823.
vono mettere da parte per i figli». Ab-
843; Athen. 5,32 (pp. 200 s.); Xenoph.,
biamo l'accezione figlio in Mt. 2r,28 a;
Ag.1,21; I Bacr.25,5; Ruth2,5 .9; mart.
Apoc. 12,5; anche come appellativo af-
Polyc. 6,1; 7,I.
fettuoso (Mt. 21,28b; Le. 2,48; 15,31)
5. 't'ÉXVOV: dalla rndice 't'EX (cfr. 't'LY..- e come immagine (I Thess. 2,II; I Cor.
i:w, 'generare', 'partorire'): il bambino, 4,14; 2 Cor. 6,13; Phil. 2,22). In senso
con risalto dell'idea di origine (embrio- più lato, prole: 'Pa:;·çf)À ùai.oucra 'tÒ.
ne, feto: Barn. 19,5; Did. 2,2). Horn .. -rÉxva aÙ't'TJC,, «Rachele che piange le
Il. 2, l 36: &Àoxot xat vi}ma 't'Éxva., «le sue creature» (Mt. 2,18); 27,25; A ct.
mogli e i figlioletti balbettanti»; 't'Éxwx 2,39(?); 13,33. È in questo senso di
xa.ì. yvvaixEc,, «i figli e le mogli»: Hdt. prole, discendenti, che si parla di «figli
l ,164; 2,30; Ditt., Syll.' 569,ro (Cos, d'Abramo» sia in senso concreto (Rom .
III sec. a.C.); yuva.i:xEç xa.t 't'Éxva, «le 9,8: 'tà. -cÉ:x:va 'tfjç c;apx6ç, «i figli del-
donne e i figli» : Hdt. 6,19; BGU VIII la carne»), anche come apostrofe (Le.
181 l,5; Democr., Jr. 208 (Diels ' Il 187, 16,25), sia in senso spir ituale: Mt . 3,
l 6 s. ): 'Jt(l,'tpÒç crwcppOO'UVi') µÉyLO''t'OV 9 ; Le. 3,8 ; lo. 8,3 9; Rom. 9,7 ( = utot
't'ÉXVOLç 1tap6:-yyEÀµa, «l'assennatezza 'A~pa6:µ : Gal. 3,7; 'tou 'Afjpaaµ 0'1tÉp-
del padre è massimo comandamer:to p.a. : Gal. 3,29). Le cristiane giuste so-
per i figli» (cfr. Jr. 222 = Diels" u no figlie di Sara ( r Peti-. 3 ,6 ). 't'Éxvov ha
I 90,1 s. ). Nella prosa attica il nostro un senso più ampio della parentela di
termine è usato meno di 1tai:ç, ma pu- sangue quando è usato come appellati-
re è frequente in Senofonte (per es., vo confidenziale per estranei (Mc. 2,5;
resp. Lac. l,8); Lys. 2,74; Demosth., Mt. 9,2; cfr. i}uychi'JP: Mc. 5,34 par.)
or. 11,9; anche IG' IV (1) 122,82 (Epi- o indica, per estensione, il rapporto del
dauro, rv sec. a.C.); P . Petr. 3 p. 237 figlio spirituale verso il suo maes tro o
(III sec. a.C. ). In Omero il vocabolo è apostolo (Preisendanz, Zaub. IV 475;
usato soltanto come espressione gentile i:Éxvov Év xvplcp, «figlio nel Signore»: I
rivolta ad adulti e con un attributo al Cor. 4, l 7; Èv 1tlcr-.EL, «nella fede»: r
maschile: cplÀE 'tÉxvov, «figlio caro» Tim. 1,2; xai:à. xotvl}v 1tlcri:LV, «per la
(Il. 22,84; Od. 2 ,363 ecc .). Il pronome fede comunel>: Tit. I ,4; al plurale: 3 Io.
relativo che segue può essere maschile 4). È anche usato come forma allocuto-
o ;rnche femminile. A seconda del con- ria, al singolare (Ecclus 2,1; 4,r e pas·
231 (v,638) 7tet.~<; A 6-B 1,1 (A. Ocpke) (v,639) 232
sim; Corp. Herm.13,2 a.b; Preisendanz, 78; Heliodor., Aeth. 7,12; P. FJor. 365,
Zaub. xm 226.233.742.755; I Tim . 1, 15 (m sec. a.C.); P. Oxy. XIV 1766,14
r8; 2 Tim. 2,r; Did. 3,i.3-6; 4,1) o al (III sec. d.C.). Manca nei LXX e nella
plurale (Mc.10,24; Barn. 15,4). Si perpe- letteratura protocristiana fuori del N .T.
tuano qui l'idea di genealogia e l'analo- Nel N.T. ricorre soltanto al vocativo
gia con antichissime concezioni dell'ado- plurale come forma allocutoria confi-
zione in parte di tipo più orientale ed denziale di Gesù o di persone con auto-
anche ebraico, in parte di tipo più elle- rità e funzioni apostoliche ai loro figli
nico, che vengono però ad assumere un spirituali: 'tEX'Vla: Io . 13,33; r Io. 2,12
colorito cd un'impronta particolad per (variante: 1ta~&la, non 'figli' in senso
il contesto escatologico cristiano, come è proprio,~ coll. 228 s.; 2,28; 3,7.18; 4,
chiaramente rilevabile dalle locuzioni fi- 4; 5,21; "t'EX\llo. µou: Gal. 4,19 (varian-
gurate di Gal. 4,19 e Philm. ro (cfr. I te); I Jo. 2,I .
Cor. 4,15; I Thess. 2,7) 5• Nell'aUego-
ria di Gal.4,21-31 l'uso del termine (vv.
25 .27.28.31) è condizionato dal testo, B. IL BAMBINO NELLA SOCIETÀ, NELLA
ma è affine a quello comune, presente RELIGIONE, NELL'ETICA
anche altrove, per cui i membri di una
comunità ne sono considerati figli ( 2 I. Il bambino nell'antichità
Io. 1.4.13; Herm., vis. 3,9,1.9). Con la
medesima immagine e vivacità si espri- 1. Originaria stima positiva
me il rapporto con la sapienza (Le. 7,
35; Mt. II,19 [variante]), ma anche Nel mondo mediterraneo pre-elleni-
quello con un'eresia od una falsa pro- co, nella Grecia più antica ed anche, in
fetessa (Apoc. 2,23). Con espressione e- parte, nel periodo classico, i figli ed in
braicizzante gli abitanti di Gerusalem- particolare i figli maschi, sono desidera-
me vengono detti suoi "t'Éx'Va: Ioel 2 1 ti perché significano un aumento del-
23; Zach.9,13; Bar-4 19.21.25; I Mach.
1 le forze produttive, del potenziale bel-
1,38; Mt.23,37; Lc.13,34; 19,44; Gal. lico ed anche del nome e dell'onore
4 1 25 . Sono ebraismi anche le locuzio- di una famiglia (Horn., Il. 2,701; 6,
ni "t'É~'Va cpw'toc; (Eph. 5 ,8 ), òpyfic, 476 ss.; Aesch., Ag. 898; Eur., lph.
(Eph. 2,3), Ù7tu.xofic; (I Petr. l,14), xu.- Taur. 57; Ion. 475 s.). Ancora il dio di
'tapac; (2 Petr. 2,14), aya1t1}C, (Barn. 9, Epidauro dona i figli come il devoto li
7 ), ckya7t1)c; xat d.piJ'Vl'JC, (Bam. 21 ,9 ), desidera 6 • Persino nel romanzo elleni-
EÙcppoCTUVl)C, (Barn. 7,1), cpw'tÒC, 1H:r1- stico la nascita di un bambino di alti
1Mac; (lgn., Phld 2,r ). natali è salutata dalla città con una fe-
sta gioiosa e dal vicinato con delega-
6. "t'EX'Vlo'V: diminutivo tardo e raro zioni che si congratulano con la fami-
di "t'ÉX'VO'V, usato nel parlare ai bambi- glia 7 • Idee simili hanno pure i Roma-
ni: piccolino, figliolino. È usato da un ni, ma in forma meno personale; da
tragico o comico anonimo nel frammen- T ertius o da Quintus in poi il genitore
to letterario P. Lond. 1 84; Epict. 3,22, romano numera soltanto i maschi. A
s Più precise indicazioni in A. 0 EKPE, art. to il desiderio di avere figli maschi, nel mira-
'Adoption': RAC 1 109. colo 2 la richiesta di una bambina.
6 R. HERZOG, Dìe \'Vu11derheilu11ge11 0011 Epi- 1 Chariton 3,7,7 (Erotici Scriptores Graeci, ed.
dauros ( 193 I); nei miracoli 34.3 r.42 è esaudì- H llRCHER li f 1859]).
'itai:ç B 1,2 (A_ Ocpke) (v,639) 234
8 E. BETHE, Ahnenbild tmd Familie11geschich- Grieche11 I (1926) 129 s. 134.241 . Questa non
le bei Griechen 1111d Romem (1935)41. rappresenta che una delle forme in cui appare
9 R. ToLLES, U111ers11ch11ngen zur Kindes11t1s- l'antica figura mediterranea del dio fanciullo
setzung bei de11 Grieche11, Diss. Breslau ( J941) che incarna mitologicamente l'universo che
78-91; B. NYBERG, Kind rmd Erde ( 193 r) 170-
comincia ad esistere: M.P. NILSSON, Gcschich-
te der griech. Religio11 = Handbuch A.W. v 2
194 (bibliografia). Per l'infanticidio magico-
rituale cfr. anche F.J. DoLGER, Sacrame11- I (1941) 293-302,--> JUNG-KERÉNYI 41-102; R.
l11m in/anticidii: In., Anlike 1111d Chrislentum
ENKING, Minerva Mater : Jbch dcs Archiiolo-
IV (1934) 2ll·217.
gischen Instituts 59/60 (per il 1944/5, pub-
blicato nel 1949) I I 1.nS.123.
rn ~ KoHLER 21 . 13 RoHDE n 395 n. 2; dr. L. FRIEDLANDER,
li ~ SEECK 345. Darstellrmgen a11s der Sillengeschichte Roms ••
12 La figura cultuale di un 'ltttt<; divino con un IV ( 1921) 396.
giocattolo appare tanto nei misteri delle Cabi- 11 P. J6Rs, Die Ehegesetze des · A11gus/us:
rie quanto nell'orfismo: O . KERN, Religio11 der Festschr. Th. Mommsen (1893) 1-65.
~35 (v,639J na~c; B 1,2-3 (i\. Oepke)
in 1,23; 2,24,18; 1,29,31 e passim). I ( CIL III 686, 1 s.) e guarda oltre questa
poeti, in parte per opposizione alle ri- alla beatitudine ultraterrena (CIL m
forme imperiali, esaltano iJ facile e 686,17-20: il pa~adiso dei bambini di
spensierato sfogo del libero amore per Octavia Paulina) 16, accetta che altri lo
il quale i figli sono al massimo unu con- consoli (Plut., consolatio ad uxorem [II
seguenza indesiderata dei rapporti ses- 608-612] ). L'ellenismo ha letteralmen-
suali (Prop. 2,7,7-14; Ovid., amores 3, te riscoperto il bambino: non soltanto
4,37; ars amatoria r,31 ss.; 2,157 s. 599 abbiamo nel n sec. d.C. il massimo
s.; 3,57 s.; Mart. 6,3; 9,rr; 5,75; 6,2 . sforzo dello stato per incrementare le
7.90; 8,Jl; 9,6.66). Oltre alla gelosia nascite che erano diminuite paurosa-
(Xenophon Ephesius 5,5) 15, all'adulte- mente (CIL v 5262; Plinio il Giovane,
rio (Heliodor., Aeth.7,9), all'uxoricidio ep. 7,18; CIL x 62::!8; n 1174; vm
(Xenophon Ephesim 3,12,5), al lenoci- 1641; Pseud.-Aurelius Vietar, epitome
nio (Heliodor. 7 ,20 ), alla tratta delle de Caesaribus I2,4; Dio C. 68,5,4;
ragazze (Xenophon Ephesius 5,5,4 s .) Script. Hist. Aug. 1 : Hadrian. 7 ,8; 3:
ed alla pederastia (ibidem 3 ;2,4) il ro- Antoninus Pius 8,1; 4: Marcus Anioni·
manzo eJlenistico de3crivc anche l'amo- nus 7,8; 18: Alexander Severus 57,7;
re casto, anche se non necessariamente CIL XI 1147; IX 1455), ma anche la
platonico (Heliodor. 10,40), con una poesia e l'arte giungono soltanto ora
forte colorazione sentimentale (Xeno- ad avere (in parte a riavere) un rappor-
phon Ephesius 5,8,4; 4.3.3 s.; Hclio- to più stretto col bambino. La poesia
dor. 8,12). Si sta facendo strada l'idea- l'ha certo già avuto prima: Horn., Il.
le della castità anche nel matrimonio 6,404.466 ss. 482 ss. 17 ; 22,484 ss.; 9,
(Plot., en11. 3,5,2: O'tt µ"l'jOÈ È\I oùpa\li;> 485 ss.; 16,7 ss. 260 ss.; Od.15,450 ss.;
yàµot, «non ci son::i nozze in cielo»; 19,399 ss. Nella quarta egloga di Vir-
l'affermazione ha un senso diverso da gilio riecheggiano antichissimi motivi
Mt. 22,30). mitologici centrati sul fanciullo divino
dell'eta dell'oro, sentiti ora in un mo-
3. La riscoperta del bambino do così nuovo che Ja chiesa, scorgen-
nell'ellenismo dovi una profezia della venuta del Cri-
sto, noverò il poeta tra i profeti 18 •
L'amore dei genitori è sempre esisti- L'uso del bambino nel dramma era li-
to ed esso, anche se non senza errori, mitato dalla stessa tecnica teatrale 19 ,
cerca il bene del bambino ( Plut., lib. ma la commedia presenta spesso le lo-
educ. 7 [II 4a ss.]; 1.3 [II 9a ss.}), ro moneJlerie (Aristoph., eq. 417-426;
implora di non perderlo (M. Ant . 9,40, vesp. 248-257; nub. 877-881; cfr. He-
9 critica chi prega per timore di per- rond., mim. 3 ). Le arti figurative sono
dere il figlioletto), ne piange In morte le ultime in questa rivalutazione del
1; Ed. R. HERCHER, f.rotici Scriptores Grt11:d 1g -) NoRDEN 1 s.; K .H. SCHELKLE, Virgil i11
I (l858) 327 SS. der De1111111g A11g11sti11s ( 1939) 16-22.
1 ~ -+ DEVRIENT passim; nei tragici si ebbero
16 G. BENDINELLI, Il co11cetto de/l'oltrelomb.r
11el mo1111me1110 di 'Octavia Pa11/i11a': Angeles grandi effetti mediante il fanciullo muto ed
l (1925) u2-125. anche mediante il coro di fanciulli (Eur., Aie.
189 ss. 269-392; Med. 894-rn80); la valutazio-
17 W. ScHADEWALDT, Homerische Sze11e11 1• ne è molto inferiore a quella di Omero: Soph.
Antike II ( 1935) 149. Ai. 529-595.
1taiç B 1,3-4 (A. Oepke)
la HAAS fascicolo 2/4 BoNNET (1924) lìg. 23; 2~ l·lAAS fascicolo i3/I4 RUMPF (1928) lìg.
fascicolo 13/14 RUMPF (1928) lìgg. 193.194 72; foto Giraudon 1840; HAAS fascicolo 9-11
(circa 400 a.C.) e persino ancora la lig. 25 (c. LEIPOLDT (1926) figg. 37-42; ~ MEYEll. 112;
300); fascicolo 7 KARO (1925) lìg. 72; diverso HAAs fascicolo 15 LEIPOLDT (1930) 29 s.
è invece il caso della fig. 79: il fanciullo tra le
3:l BIRT, op. cit. (~ n. 28). Le deliciac non
capre selvatiche.
sono però semplicemente i modelli degli amo-
21 H. LucKENDACH, Kumt rmd Gcschichtc rini deificati poi dall'arte; si tratta invece di
( 1913) ligg. 154.164. due fenomeni distinti che si sono favoriti : H.
12 ~ HEUBACH 6-16; ~ QUATEMBER. HERTER, Das Kind im Zeitalter des Helleni-
tia, siquid / turpe paras, nec tu pueri l'affermazione più verace? Questa: gli
contempseris annos, / sed peccaturo ob- uomini sono malvagi», "CL Ò:ÀT}tJfo°"Ca"CO\I
stet tibi filius infans (Iuv. 14.47 ss.). Il ÀÉyE"Ca.t; O"Ct 1tOVT}pot ol èi.vt7pw1tot.
fanciullo è 'innocente' sessualmente e L'universalità dell'errore è però messa
pertanto è usato nel culto e nella ma- in rapporto con la natura umana: Isocr.
gia (---?coli. 242-249); a Roma indossa 5,35: à.).J,à yàp &1tavnc; 1tÀ.dw 1tEcpu-
anch'egli la toga praetexta come le per- xcxµEv E~aµa;p-nivEtv t) xa"Copi>ouv, «ma
sone in autorità non perché abbia bi- infatti tutti siamo per natura piuttosto
sogno di una protezione particolare, ma disposti a peccare che a comportarci
quale simbolo di potere 31 • Il bambino bene»; Eur., fr. 8ro (T.G.F. 623): µÉ-
è felice perché non si pone il problema ytCT"tOV àp''i'jv 1) qi\ia'tc;· "CÒ yàp xaxòv I
della gioia e del dolore (Soph., Ai. 552 ouoEtc; -cpÉqiwv EU XPT}CT"CÒV &v i>El'll 1tO-
ss.) e, infine, non è capace d'inganna- -cÉ, «la natura fu quindi la più poten-
re (Artemid., oneirocr. 2,69). Questa te: infatti nessuno, se fosse bene edu-
qualità non è però dovuta tanto ad una cato, potrebbe mai ritenere bene il ma-
superiorità morale quanto ad una ca- le»; Muson., diss. 6 (p. 26,17 ss.): otà.
renza intellettiva (Xenoph., Ag. l,17; "C'Ì')\I ci1tÒ 1t(l.LOWV Eòt7ùc; yqowiav
Sen., de ira 2,26,6: gli errori dei bam- i)µt:v otacplJopàv xcxt 'tTJ\I Ù1tÒ "tfjc; ota-
bini hanno pro innocentia impruden- cpÌ)opiic; crvv1]lJnav rcov11pàv, ci sbaglia-
tiam ). mo nel giudicare i mali e i beni" «a mo-
In Egitto è particolarmente viva l'im- tivo della corruzione eh~ abbiamo su-
magine del bambino prodigio: il dodi- bito avuta in noi fìn dalla fanciullezza
cenne Si Usire non è superato da alcun e delle cattive abitudini che provengo-
mago di Memfi nella lettura dei libri no dalla corruzione» (cfr. anche Thuc.
magici 34 • Questa figura è però nota an- 3,82,2; 84,2). Cebete parla della sedu-
che in Occidente (Suet., Aug.94,6; Ver- cente bevanda dell"AmhT}, di cr~~EO'
gil., ecl. 4,26 s.: il fanciullo divino che i>at e Ò.1toÀ.À.vcri>at in toni che si avvi-
legge) 35• Il fanciullo che impara e inse- cinano · a quelli cristiani, ma pure ne
gna appare sui sarcofaghi di bambini sono essenzialmente diversi (tab . 5 ,2;
come aspirante alla beatitudine e suo 6,2; 14,3; 19,5). Soprattutto l'orfismo
garante 36 • è consapevole di un generale stato di
Accanto a tali motivi si affacciano perdizione dal quale ci si deve liberare
anche quelli di una .sventura o di un mediante l'iniziazione ai misteri; il
peccato originali 37 e Ja generalità dello frammento orfico 232 (ed. Kern) parla
stato di colpa è messa spesi;o in eviden- di «espiazione delle colpe prenatali»,
za: nemo nostrum non peccai. homi- À.UO"Lç 7tpoyoVW\I &.t7EµlCT1"W\I (~ I. col.
nes sumus, non dei (Petronius, saturae 448 ). In quelle concezioni religiose in
75,1; cfr. Sen., de ira 2,28). A quanto cui si fa nascere l'umanità dalle ceneri
ci riferisce Giamblico (vit . Pyth. 18, dei titani distrutti dal fulmine di Zeus
82), Pitagora avrnbbe detto : «Qual è per avere sbranato Dioniso Zagreo o si
le oggettiva nella quale il bambino vie- che nel culto pubblico, che altro non
ne ad inserirsi fin dai primi giorni di è che il culto familiare allargato; gli as-
vita. In Grecia ciò avveniva ponendo il sistenti per il sacrificio sono in primo
neonato nel Àlxvov (un largo cesto che luogo i figli del sacerdote ed accanto a
serviva da vaglio), un simbolo di puri- loro si pongono i fanciulli di altre fa-
ficazione e fertilità ben noto dai miste- miglie privilegiate. In origine tutti i
ri eleusini, oppure con le anfidromie bambini e le bambine liberi di nascita
(cerimonie di lustrazione che però sono sono chiamati camillus e camilla 45, più
provate soltanto per l'Atene dell'età tardi questo nome è riservato ai giova-
classica): la nutrice o una parente cor- ni che servono i sacerdoti nelle ceri-
reva col neonato tra le braccia intorno monie religiose, soprattutto agli assi-
al focolare domestico per porre il fan- stenti del flamen Dialis, della flaminica
ciullino sotto la protezione del dio fa- e dei curiones. Per il sacrificio celebra-
miliare 41 • A Roma avveniva la medesi- to dai Decèmvirl vengono designati de-
ma cosa con la celebrazione del dies cem ingenui, decem virgines (Liv. 37,
lustricus: in questa occasione si sacri- 3,6 ), per il sacrificio a Zeus Sosipolis
ficava e si dava al fanciullo il nome 42 • offerto a Magnesia sul Meandro no-
Fin dalla prima infanzia i bambini so- ve natOEc; e nove napiMvot (Ditt.,
no presenti al culto insieme con i gran- Syte 589,2oss. [196 a.C.]). Alle festi-
di : ciò accade sia in Egitto 43 sia in vità religiose abbiamo cori di bambi-
Grecia 44 e a Roma. Al bagno lustrale ni 46 ; presso il santuario di Delfi c'era
del Deisidaimon, celebrato ogni mese, un convitto per tEpot 7tatoEc; 47 : uno di
non devono mancare neanche i fanciul- questi erige al tempo di Traiano una
li più piccoli, come mostra il fatto che statua a L. Cassio Petreo, un amico del-
la nutrice deve accompagnare la fami- ] 'imperatore e di Plutarco (Ditt., Syll.'
glia (Theophr., char. 16). I piccoli ven- 825 e). Abbiamo però notizia che già
gono alzati per baciare come i grandi nel 227 a.C. un maestro del coro inse-
gli dèi domestici (Ambr., de Abraha111 gna il ·peann a questi fanciulli (Ditt.,
2,u,81; Prud., contra Symmachum 1, Syll., 450,5) e Alessandro di Abonutei-
208 ss.). chos sfrutta la pia usanza per scopi li-
cenziosi (Luc., Alex. 41 ). Consciamente
b) I bambini hanno il loro posto an- o inconsciamente si attribuiscono al
fanciullo anche facoltà <livin11torie: gli il diritto «di occuparsi delle cose sa-
sciami di fanciulli che fanno ressa at- cre», È'V -rotç Ì.Epotc; Ota.'tpL~EW . Catullo
torno ad Api repente lymphati futura (34,1-4) ci descrive il culto reso dai
praecinunt (Plin., hist. nat. 8,46,185). bambini con alcuni versi deliziosi: Dia-
Antia che si reca al tempio di Api per nae sumus in fide / puellae et pueri in-
sapere che cosa sia successo al suo spo-·· tegri: / Dianam pueri integri / puel-
so scomparso viene informata dai bam- laeque canamus. Un dipinto di Ostia ci
bini che giocano davanti al santuario mostra una specie di coro di fanciulli
che ben presto lo ritroverà (Xenophon (biblioteca vaticana) 49 •
Ephesius [-> n. 15] 5,4,9-u). Plutar- Il passaggio a funzioni sacerdotali av-
co riferisce (ls. et Os. 14 (11 356e]) la viene quasi inossel'vato . In Epidauro
leggenda eziologica di Iside che viene un giovane 'ltvpcpopw'V aiuta coloro che
aiutata nella sua ricerca di Osiride dal- si recano al santuario per implorare la
le informazioni dei bambini. Tutte le guarigione ad espletare l'obbligo del
notizie che abbiamo puntano verso l'E- ringraziamento per l'aiuto divino (Ditt.,
gitto 48 • Le processioni propiziatorie di Syll.' II68,43 s.). Ai giochi olimpici e
bambini sono considerate particolar- pitici il rametto dell'olivo sacro destina-
mente efficaci (Liv. 27,37,7.12; 31,12, te al vincitore è tagliato con un coltel-
9 ). Per allontanare la peste da Mileto lo d'oro da un fanciullo 50 ; il giovane
l'indovino Branco fece cantare ai bam- dafneforo a Tebe ha per un anno ad-
bini una canzoncina particolare, incom- dirittura dignità sacerdotale (Paus. 9,
prensibile ai grandi, che conteneva due 10 4 ). A Roma i giochi non erano rite
1
un ragazzo alla testa della processione dello tuetta di fanciullo di Eleusi con mazzetto di
L-tm'Ti)ptov n Delfi rappresenta ApoJlo; due mirto: AthMitt :20 ( 189;j) 357.
fanciulli in antico abito ionico Dioniso ed A- 57 Apul., met.11,9; rilievo riprodotto in KLEIN-
riannc ad Atene nel coro delle Oscofotie: M. GLIENICKE: Angelos 2 (1926) tav. 4.
P. NILSSON, Griech. Feste (1906) 152; A. 5 ~ HAAS, fascicolo 9-u LEIPOLDT ( 1926) 1n.
MoMMSEN, Feste der Stadi Athen (1898) 283.
5? Aelius Donatus, commentarì11s in Tere11tii
51 ~ OEPKE: ARW 45. Phormio11em 1,1,13, ed. P. WESSNER li (1905).
5'I Iscrizioni di Tiatira: Ilulletin de Correspon- 60 Cyprian., op. ed. Sr. BALUZE (Venezia
dance Hellénique 10 (1886) 415; I I (1887) 1728), appendice CCLXXVII.
98.
~l e.e. EDGAR, Graeco-Roma11 Colf ins, Masks
.s.; PAULY-W. IU 1432; figura in DAREMBERG·
and Porlrails = Catalogue général des Anti-
SAGLIO, s.v. 'Camillus' I 859. quités Egyptiennes du Musée du Caire 19
~ K. KuRUNIOTES, 'E).wawtax&.: 'ApxmoÀo- (1905) nr. 33215.33216. Sembrano attestare
yLxòv AEÀ.'\"toV 8 (1923/1925) 164; per imma- l'appartenenza di bambini ai collegi ed alle as-
gini vascolari parallele: H.G. PRINGSHEIM, Ar- sociazioni di culto le Imcriptio11es regni Nea-
chiiologische Beitriige zur Geschichte des _elc11- politani /atitlae, cd. TH. MoMMSEN (185 i) nr .
si11ische11 K11lts, Diss. Bo:m (1905) 16. Sta- 6845; DITT., Syll.' 1109a9 ss. e IG IV 8i4.
7t1X~~ B n,r-2 a I A. Oepkc >
2 Sam . 12,15 ss. e passim; in senso tra- sa immaginare. Sono rarissimi gli aned-
slato: Ps.ro3,13; Jer.31,20 ecc.) e ma- doti del Talmud in cui un rabbino ab-
terno (I Reg. 3 ,26; 2 Reg. 4,18 ss.; in bia a che fare con un bambino o mo-
senso traslato: Is. 49,15; 66,13 ecc.), stri interesse per lui: una cosa simile
ma offre assai scarsa attenzione psico- è solo una perdita di tempo: «R. Do-
logica, e ancor minore attenzione fi- sa b. Archinos disse: 'Il sonno del mat-
losofica o estetica, all'individualità del tino, il vino di mezzogiorno, le chiac-
fanciullo oltre l'ovvio 9bbligo che que- chiere scambiate coi fanciulli e il sof-
sti ha di ubbidire e imparare (Ex. 20, fermarsi nei luoghi d'incontro del po-
12; Deut. 11,19; Prov. 4,1 ss., ecc.). Il polino fanno morire l'uomo'» (Ab. 3,
salmista sente nel balbettio dei bambi- 10); «R. Johanan ha detto: 'Dal gior-
ni e dei lattanti la lode e l'onore di no che fu distrutto il tempio la pro-
Jahvé (Ps. 8,3), un atteggiamento che fezia è stata tolta ai profeti e data agli
tradisce una comprensione, sia pure in- stolti ed ai bambini'» (B_B_ b. 12 b) 611 •
tesa in termini oggettivi, della religiosi- Per influenza ellenistica fa la sua appa-
tà infantile. Non il fanciullo in quanto rizione il fanciullo prodigio: a 14 anni
tale, ma qualche singolo bambino che Giuseppe Flavio avrebbe insegnato a1
l'abbia ricevuto da Dio, ha il dono del- sapienti (Ios., vit. 9).
la profezia (I Sam. 3,1-19). Non è in-
vece tipica dell'A.T. (cfr. Vergil., ecl. b) L'A.T. ignora l 'innocenza, la man-
4) l'esaltazione del fanciullo messiani- canza di colpa del fanciullo: giudizi ed
co (idea che fa da sfondo a Is. 7,14 atti di vendetta che non risparmiano
ss.; 9,5 s.; 11,1 ss. [?]). La valutazio- neanche i bambini non offrono spunto
ne generale del bambino è fondamen- per alcuna considerazione in merito (ls.
talmente negativa: i piccoli sono dis- 13,16; Ier. 6,II; 44,7; Ps. 137,9 ) per-
sennati e capricciosi (ls.3,4.12 (?]; ché l'idea della solidarietà collettiva di
Eccl. 10,16; Sap. 12,24; 15,14), inclini tutto il popolo è primaria e predomi-
a comportarsi male e pertanto bisogno- nante. Tuttavia, contro una dottrina
si di una più severa disciplina divina e della retribuzione puramente meccani-
umana (2 Reg. 2,23 s.; Ecclus 30,1-13). ca nel senso suddetto, viene suscitata
I pensieri dell'uomo sono malvagi fin la prospettiva della responsabilità per-
dalla giovinezza (Gen. 8,21 [J]: qua- sonale (Ier.31,29 s.; Ez.18,2 ss.). Nono-
si a scusa?; Ps. 5~,4). stante tutto ciò, l'uomo viene però vi-
Quando non è ammorbidito dal sen- sto esistere fin dalla nascita in uno sta-
timentalismo ellenistico, il giudaismo to di perdizione determinato dalla col-
ha una comprensione ancora minore pa che può essere infranto soltanto da
per la natura infantile: il qii/iin è anco- Dio (Ps. 51,7; Gen. 3; lob 25,4).
ra senza ragione come uno stupido e Senza mettere in discussione o anche
imbecille (B.M. 7,7; Ter. 1,1), Le nu- solo dimenticare il principio della re-
merose massime che esprimono apprez- sponsabilità personale, il giudaismo ha
zamento per i ragazzi, in particolare elaborato in tutta · la sua ampiezza la
per quelli che vanno a scuola 67 , in fon- dottrina del peccato, della colpa e della
do non riguardano tanto i fanciulli perdizione originali. Su ogni nato di
quanto la Torà. Il comporramento dei donna grava la maledizione dell'atto di
rabbini è il meno infantile che si pos- Adamo che ciascuno conferma di nuovo
per se stesso (Bar. syr . 54,r5). La ten- sentimentalismo ellenistico: -twv àva-
sione tra queste due prospettive per- µap-tTJ'tW\I VTJ1tlwv 1t<.lpàvoµoç à1tw-
corre tutta la letteratura apocalittica, ÀE~a, «l'iniqua strage dei bambini in-
ma non pol"ta ad affermare l'innocen- nocenti» (2 Mach .8,4). Lo stesso Filone
za del bambino (~ 1, coli. 78 3 ss. ). Do- rimane però incerto: µ'Ì') italowv èlxa-
ve questa concezione sembra più tar- xov +JÀ.vx.lav oi.x·nu6:µE\IOL, «neppure
di venire superata si tratta o di un'af- risparmiando l'età innocente dei fan-
fermazione da intendere diversamente o ciulli» (Flacc. 68; cfr. leg. Gai. 234);
di una convinzione secondaria. L'espres- fino ai 7 anni ]'anima è aXpaLcpVl}C, {in-
sione che taluno sia come «un bambi- tegra), «non partecipando del bene e
no appena nato» può aver::! un senso del male», ò:.µhoxoç àyaì}ou -tE xa.t
puramente casistico (]eh. b. 62 a.97 b 69 ), xaxoG (leg. ali. 2,53). Ben presto l'ani-
ma anche nei casi in cui venga intesa ma accoglie però il male «che l'anima
in senso più propriamente morale (]eb . è solita generare da se stessa», ii TE Èt,
b. 48 b e passim 70 ) può significare sem- Èa.u-tflc, E~wì}E yEwfi.\I lJJuxn (rer. div.
plicemente l'idea di un nuovo inizio nel her.295 ), e comincia la malvagità (sacr.
senso della precedente assenza di re- A .C. 14). Il fanciullo è particolarmen-
sponsabilità. L'affermazione di R. Jeho- te sensibile al piacere dei sensi, anzi
shua {attorno al 90 d.C.) che i bambi- perfino al piacere sessuale (op. mund.
ni degli empi abitanti in Israele sareb- 161 ). L'unità psicosomatica dell'uomo
bero entrati nel mondo foturo 71 è con- com'è intesa dall'A.T. è sempre più mi-
testata da altri. Non è lecito ridurre a nacciata nel rabbinismo dal dualismo
sistema le singole affermazioni. Fino ad ?la tonico. In quanto à1t6um~rrµa ì}dov,
un anno o anche fino a 9 anni i bam- «particella divina» (Philo, leg. alt. 3,
bini sono irresponsabili e pertanto in- 161 ), l'anima è pura ; ma è incatenata
capaci di peccare (Pesik. 6r b; Pes. 1·. 16 alla materia o contro il suo volere o
[84 a] 72 ; Ket. 1,2-4; 3,1; Jeb. b. 60 b; proprio per propria colpa, in ogni caso
Tanh. br'sjt 4 b 73 ) . Il bambino viene i- a suo danno. L'haggada di Simlai {me-
struito nella Torà da un angelo o da tà del III sec.) che tratta dello svilup-
Dio stesso ancora nel grembo mater- po infantile (Nidda 30 b), unica nel suo
no 74 o nei primi 6 anni di vita 75 ; l'istin- genere, sembra dipendere da una par te
to malvagio è però presente in lui fin dal mito platonico dell'anima (resp. 10,
dal concepimento o dalla nascita e ha 614 b-621 d: assegnazione o scelta del
13 anni piì1 dell'istinto buono 76 • Si di- destino, libertà delle decisioni morali,
scute se i bambini pecchino già nel lamento dell'anima, dèmone compagno,
grembo materno 77 • In un contesto si- oblio e anamnesi), dall'altra dal mito
mile l'affermazione dell'innocenza dei di Horus (luce sul capo del bimbo, vi-
fanciulli 78 può avere al massimo un si- sione del mondo, colpo sulla bocca alla
gnificato relativo e viene ad assumere nascita) 79 • Anche qui non è certo che
un peso alquanto maggiore soltanto nel- si affermi l'innocenza del fanciullo, così
l'incontro del moralismo giudaico col che, anche passando per l'ellenismo, si
parentale (Mc. 5,36 par.; 7,29 par.; 9, 2,15 non dovesse essere un'affermazio-
i9 b par.; Mt. 7,9 ss. par.). ne paolina, pure rimane notevole per
b) Non è sempre facile vedere la li- ciò che è stato possibile anche nel pri-
nea che separa Gesù dalla prima comu- mo cristianesimo. Secondo questo pas-
nità cristiana, ma non sembra azzarda- so la donna è salvata Stà. 't"ijç ·n:xvoyo-
to presumere che nei detti di Gesù con- vlc:x.ç: questa espressione non significa
servati dalla tradizione e in quelli at- certo che il partorire costituisca la ra-
tribuitigli si rifletta anche, in genera- gione vera e propria della beatitudine
le, la posizione della chiesa. Da Mt. (è piuttosto lo scotto che si deve pa-
24,r9 par. apprendiamo quindi chiara- gare per l'errore sessuale di Eva 8.1), ma
mente che la comunità ha considerato pure dovrebbe essere considerato (con
il parto e l'allattamento normali pro· l'educazione dei bambini inclusa?) co-
cessi vitali che continueranno fino ai me un'opera gradita a Dio che favori-
giorni della calamità finale. La chiesa sce la salvezza. Molto significativamen-
si prende cura del mantenimento degli te anche per il pensiero neotestamenta-
apostoli in missione, delle loro mogli c rio il mito del fanciullo divino non ha
quindi, certamente, anche dei loro e- alcuna importanza.
ventuali figli ( 1 Cor. 9 ,5 ). Paolo è fa-
vorevole in linea di principio a questa 2. Accettazione dell'indole infantile?
prassi, anche se non se ne giova perso-
nalmente. Inclinazioni ascetiche ed eti- a) Gesù 87 ha stimato molto i 'picco-
ca interinale non gl'impediscono di por- li', contrariamente alla scarsa conside-
re il matrimoni~, figli inclusi, tra gli razione di cui essi godevano comune-
ordinamenti divini della creazione ( 1 mente tra il suo popolo (ML.18,2 ss. ro;
Cor. 7, ~II, coli. 36os.). Anche l'Apo- 19,13-15; 21,15 s.). Questo atteggia-
stolo rompe sia lo schema giudaico mento non può certo essere spiegato co-
sia quello ellenistico e si mantiene es- me «la più nobile espressione della sen-
senzialmente, tranne per alcune devia- sibilità ellenistica» 88 , perché una dipen-
zioni minori, sulla linea di Gesù. An- denza così forte è difficilmente concepi-
che i codici domestici mostrano un at- bile nel caso di un galileo, soprattutto
teggiamento positivo nei riguardi della in un'epoca tanto remota. Gesù non
vita familiare e dell'educazione della pada mai dell'innocenza dei fanciulli né
prole(~ II, col. 365). Anche se 1 Tim. in senso relativo né, tanto meno, in sen-
85 DIDELIUS, Past., ad l.: lii&. strumentale. rn di più tale dipendem:a J. L EIPOLDT, Jern
87 ~ 0EPKll: AELKZ. V erhiilt11is zu Griechen 1111d Jude11 ( 1941 J
8., BIRT, op. cii. (~ n. 28) 140. Sostiene anco· 178 s.
'itCXÙ; B m,2 a-3 a (A. Oepke)
so assoluto; accenna invece alla mo- N.T. anche il bambino è compreso nel
destia ed alla ingenuità del fanciullo, piano salvifico di Dio e l'atteggiamen-
qualità che mancano agli adulti i quali to di Gesù verso l'infanzia è compren-
non vogliono farsi donare nulla (Mt. sibile soltanto partendo da tale pre-
18,2 ss.; 19,13 ss.). Non si tratta di qua- messa (-7 coll. 260 s.). Anche Paolo
lità inerenti al fanciullo che potrebbero intende l'opera salvifica dèll'iniziatore
essere scoperte: la piccolezza, l'incom- della nuova creazione in termini il più
pletezza, la debolezza del fanciullo, che possibile obiettivi e universali (Rom.
sono comunemente valutate in modo 5,18 s.; I Cor. 15,22). Persino l'elezio-
negativo, tengono aperta la strada per ne (Gal. 3,9; 6,16; I Thes:r. I,4; Rom.
l'amore paterno di Dio, strada che i 8,29 s., ecc.) persegue in definitiva fini
'grandi' così spesso gli sbarrano. universali (Rom. l r ,2 5: nÀ.'l)pwµa "t'W\I
b) Paolo è invece più vicin~ all'opi- Èftvwv; u,26: mie, 'fopm)À. crwi>'l)crE-
nione corrente. Una volta (I Cor. 14, "t'at; I I ,32: i:va "t'oùc, mivw.c, ÈÀ.d1crn).
20) fa un lieve accenno all'innocenza Non è neanche da pensare che il fan-
dei bambini (-7 coll. 238 s.; 252 ss.); al- ciullo, come tale, sia escluso dalla sal-
trove egli vede nel bambino l'essere in- vezza. Il rapporto tra salvezza e fede
completo (-7 coll. 241 s.; 251 s.), d'in- pone comunque dei problemi che sono
telligenza limitata (1 Cor. 3,1; 13,rx; particolarmente urgenti nel caso ·dei
l4,2oa; Gal.4,1.3; Eph.4,14). Una con- bambini. Va però detto che, fonda-
cezione simile è espressa da Hebr. 5,13 . mentalmente, la posizione paolina è
L'idea dell'innocenza infantile accompa- questa : la fede non opera Ja salvezza,
gna anche il concetto di rinascita, so- bensì la riceve. È improbabile che ab-
prattutto in I Petr. 2,r s. Data la con- bia sentito diversamente dall'Apostolo
cezione biblica del peccato e della per- delle genti una comunitfi Lhe trasmise
dizione, è ovvio che anche tale innocen- le storie della fanciullezza di Gesù e
za non vada intesa in senso assoluto della benedizione dei piccoli e che inol-
(cfr. anche Io. 3,6a). tre concepiva il legame tra le genera-
zioni in modo assolutamente organico
(Act. 2,39 ). Al massimo si potrebbero
3. Il bambino nell'economia salvifica di avere delle incertezze per quanto ri-
Dio guarda Giovanni, ma è proprio questo
evangelista a dare al pensiero espresso
a) Non c'è molto da dire per quanto in Mt. 18,2 ss. una formulazione squi-
riguarda l'essenziale: secondo tutto il sitamente oggettiva (Io. 3,1-2 r) 89 •
~q Per 1 lo. 2,12.14 ~ coli. 228 s. In 2 Io. 1, + 13 ·téxvo. è similmente usato in senso tra-
~a~<; B m,3 b-rv,x (A. Oepke)
b) Dopo tutto quanto abbiamo visto Ez. 9,4.6 . Tutti i membri del popolo di
al punto precedente, non ci stupisce Dio sono passati per il battesimo ( 1
più che i bambini siano stati general- Cor. 10,1 s.). Le obiezioni che vengono
mente considerati parte della comuni- mosse a tale posizione non sono deci-
tà. Essi partecipano ad eventi impor- sive. Il primo cristianesimo non conce-
tanti della vita comunitaria (Act. 21,5) pisce certamente il sacramento in ter-
ed anche al culto, almeno nell'età della mini magici, ma pur sempre in termi-
ragione (Act. 20,9.12; Col. 3,20; Eph. ni altamente obiettivi. I Cor. 7,r4c si
6,1-3). In un periodo più tardo si pre- riferisce probabilmente soltanto ai fì-
sta particolare attenzione alla fede ed gli di matrimoni misti che potevano
alla condotta dei figli di chi ha mansioni non essere battezzati. È improbabile
di guida nella comunità (I Tim. 3,4; 5, che non si siano battezzati all'inizio i
4; Tit. 1,6). Tenendo presenti le con- figli nati da genitori cristiani, seguen-
dizioni e le abitudini antiche, soprattut- do il diritto dei proseliti, perché il bat-
to in Oriente, è del tutto verosimile che tesimo ha un significato salvifico ben
al culto fossero presenti nelle assem- diverso dal battesimo dei proseliti e
blee anche i lattanti tra le braccia del- perché non siamo informati di un solo
le madri. caso di cristiani 'non battezzati' nell'e-
c) I cristiani primitivi usavano bat- tà apostolica della chiesa. In ogni caso
tezzare i fanciulli? Gli studi più recen- la pratica pedobattista doveva essersi
ti 90 stabiliscono con una certezza quasi affermata verso il 65 d.C. perché con o-
assoluta che quando si convertissero in- gni probabilità la pericope della benedi-
tere famiglie (Act. 16,15.33; 18,8; I zione dei fanciulli (Mc. ro,13-16 par.) si
Cor. l,16; implicitamente Act. 10,48; oppone già ai dubbi relativi al battesi·
n,14) anche gli eventuali minori ve- mo dei bambini.
nivano hattezzati insieme con gli altri.
Questa conclusione è suffragata da tut-
IV. La chiesa antica e i baQibini
te le analogie storico-religiose (~ coli.
242-249 ), soprattutto dall'amministra- I. Il bambino come creatura di Dio
zione del battesimo dei proseliti a bam-
Ben presto la valutazione positiva
bini (~ coll. 256 ss.), e dalla testimo- del bambino risultante dalla dottrina
nianza dei Padri dei primi tre seco!i biblica della creazione cede il passo nel-
(-7 col. 2 68 ). Il battesimo subentra la chiesa ad una visuale più negativa do-
vuta ad un'escatologia esagerata (Hipp.,
alla circoncisione (Col. 2,n) e costitui- in Danielem 4,19), all'ascesi (act. Petr.
sce il suggello escatologico di cui parla 34; act. Andr. 4 s.; act. Thom. u7 .124;
act. PI. 5; act. Io. 63.113; Vangelo de- sono xaxo't"EXVO~ µrixaval (paed . 2,10,
gli Egiziani 91 ), all'autoevirazione, alla 96,1 ). L'esposizione è contro natura,
pratica delle virgines subintroductae, crudele ed empia (paed.3,4,30,2; strom.
all'eremitismo ed al monachesimQ. Pu- 2,1 8,92,3-93,r; ecl.proph. 41 ,1 s.).
re il cristianesimo ha dato un certo im-
pulso vitale all'antichità morent~ con
la protezione del matrimonio, la lotta 2. Il rapporto con il bambino
alla dissolutezza, il divieto della con-
traccezione, dell'abortQ e dell'esposi- La descrizione sobria di Gesù bam-
zione, sotto minaccia di tremende puni- bino offerta da Luca (2,40-52) non ba-
zioni ultraterrene (Did. 2,2; Barn. 19, sta più alla chiesa posteriore e nel Van-
5; apoc. Petr. 8,26 ), con la richiesta di gelo di Tommaso cede il passo ad un
semplicità e abnegazio:le. racconto estremamente barocco dell'in-
In Clemente Alessandrino conflui- fanzi!I del Signore 92 • Il Cristo docente
scono la parte migliore dell'antichità e del Museo delle Terme a Roma 93 ha for-
la nuova eredità cristiana. Clemente i- me giovenilmente androgine, che rispec-
gnora le affermazioni amare ed estre- chiano una concezione gnostica. La chie-
miste di un Tertulliano (exhortatio ai sa mette in primo piano soprattutto l'in-
castitatem 9; ad uxorem x,5 ), ma dice colpevolezza del fanciullo in genere
piuttosto che la mancanza o la perdita (Ign., Tr. 5,r ha sl vr1moç = rudis, ma
di fìgli sono un male ed i fìgli numerosi abbiamo d'altronde Herm., sim. 9,24,2
una fortuna (strom.3,9,67,1; 2,23,142, s .: &xaxoL; sim. 9 ,2 9, r -3 : v1}ma. BpÉq>TJ
1 ) . Per lui il pessimismo classico (~ s:::nza xaxla.; mand. 2,1; Barn. 6,iI ).
col. 234) è un peccato contro il crea- Di un bambin:) morto in tenera età A-
tore (3,3,22,1-25,4; 12,81,6); bisogne- ristide dice: sine peccato per mtmdum
rebbe assolutamente sposarsi proprio transivit (apol. 15,u). Lo 'statq di per-
per amore di tutto il popolo, dei bam- dizione' non è comunque dimenticato, e
bini e della O"vvnÀ.dwnç del mondo, lo stesso Tertulliano che si era oppo-
per quanto è in nostro potere. Nel ma- sto al battesimo della innocens aetas
trimonio i rapporti sessuali avvengono ( bapt. I 8) afferma poi, diventato mon-
«soltanto per la procreazione», btt µ6- tanista, la dotdna dcl peccato origina-
vu 7tCXL007tOLL~ (3,15,92,2; 98,4; r8, le (de anima 39-41). Ancora una volta
107 ,5 ); anche gli apostoli hanno pro- tipica è la confluem:a di elementi clas-
creato (3,7,52,5). La continenza è il sici e cristiani in Clemente Alessandri-
giusto metodo per limitare le nascite (3, no. Secondo l'uso linguistico classico
3,24,2); i mezzi per procurare l'aborto anche per lui vfimoç significa 'stolto'
(Mt. 10,28b par.). Anche per Gesù l'i- Il vocabolo corrente è invece ~ ut6ç
dea di popolo di Dio conserva un'im- che nel nostro caso è usato sempre al
portanza fondamentale: vengono sol- plurale (Mt. 5,9.45 par.; Le. 20,36).
tanto esclusi la presunzione giudaica 2. Paolo parla partendo dal possesso
giare età, libertà anche da tutte le po- zazione, ma di comunione con Dio; non
tenze cosmiche (Gal. 3,25 ss.; 4,1 ss. 9; d'individualismo mistico, ma di reli-
Rom. 8.JI ss.). La cristologia di Paolo giosità comunitaria 99 • L'idea di popo-
è veramente ancora così poco rigida, lo di Dio che, ad un primo sguardo,
ch'egli può chiamare Cristo il 7tpW'tO- sembrava esclusa, traspare invece più
'toxoc; Èv 1toÀ.Àoiç à.oEÀ<poiç (Rom. 8, volte (associata alla figliolanza di Dio:
29). Il termine utoç non è ancora riser- Io. 1 l ,5 r s.) mo. Persino nel Vangelo di
vato esclusivamente a Cristo, ma accan- Giovanni non mancano del tutto ge-
to al plurale ufol ancora usato si fa stra- nuini riferimenti escatologici 101 e nel-
da l'altro vocabolo a sua volta non più la r I o. essi sono completamente sco-
usato per Cristo, cioè 'tEXvov ovvero perti ( 3,2 e passim). Lo stato di figli0
·dxva.. [-.ou] i>Eou (Rom.8,16.17.21; 9, è descritto come una condizione di bea-
8; Phil. 2,15). La piena, completa uto- to possesso e speranza, estranea all'e-
th'.<Tla.. rimane oggetto di speranza (Rom . steriorità ed al legalismo, come una vit-
8,23). toria sul mondo e sulla morte. Pure
3. In Giovanni la distinzione termi- l'allontanamento del timore rimane un
nologica tra i due tipi di figliolanza di paradosso (I Io. 4,18) ed il suo presup-
Dio (Gottessohnschaft e Gotteskind- posto, la presenza dell'amore perfetto,
schaft: ~ 1 sopra) è seguita con estre- non viene quasi mai raggiunto su que-
ma coerenza: solo Cristo è chiamato a- sta terra. La figliolanza di Di_o rappre-
desso uioç ed i credenti sono chiamati senta un fuggire costante e continuo
esclusivamente, a differenza di lui, 'tEX- dalle accuse del nostro cuore a colui
va.. ['tOV] i>EoU (lo. 1,12; II,52; I Io. che è più grande e sa tutto (I Io. 3,19
3,r.2.10; 5,2). Nel conflitto con lagno- s.) 102 ; essa implica una rottura assolu-
si la figliolanza viene espressa con ter- ta con il peccato e porta all'amore fra-
mini decisamente concreti, tipicamen- terno (I Io. 3,9-24 e passim). Il rap-
te mitologici: generazione o nascita porto è cosl stretto che i termini pos-
dall'alto, da Dio (Io. 1,12 s.; 3,3 ss.; I sono persino essere invertiti (I Io. 5 ,2 ).
Io. 2,29; 3,9 e passim). Questi termini Giovanni è l'autore del N.T. che pre-
subiscono però una modificazione · se- senta l'idea cristiana della figliolanza di
mantica: non si tratta più di diviniz- Dio con la maggior sinteticità e pre-
103 Alcune indicazioni sono offerte in 0EPKE, (1955); P.A.I-1. DE BoER, Second-lsaiab's Mes-
op. cit. e~ n. 5) 108 s.; trattazione esauriente sage, OTSt I I (1956), spec. 102-117; K. Buo-
in RE 3 x 297-304. DE, Die sogenanntc11 Ebed-Jahve-Lieder und
die Dedeut1111g des K11ecbtes Jahves in ]s 40-55
mii:c; i>EOU ( 1900); Io., Das D11ch Jesaja Kap. 40-66, in
Nota all'edizione i1aUa11a. L'articolo rca.i:c; i>Eov KAUTZSCH, Hl. Scbr. A.T.' (1922); E. Bun-
non è tradotto direttamente dal Tbeologiscbes Rows, Tbc Servant o/ Yahweh in lsaiah, in
\'Vorterbucb wm N.T. (~ v 653-713), ma dal The Gospel o/ tbc In/a11cy and other Biblica/
rifacimento del medesimo, comparso sotto il ti- Essays (1940); B. DuHM, Das Bucb ]esaja •
tolo Tbc Servanf of God, Studies in Biblica! (19n ); L. Di.iRR, Ursprung und Ausbau der
Theology, 20, S.C.M. Press, London (1957). Il isr.-judiscb. Heila11dserwarlu11g (1925) n5-
testo italiano segue in tutto questa edizione, 152; O . EISSI'ELDT, The Ebed-Yahweb in lsaiah
compresa l'omissione e l'aggiunta di alcune XL-LV in the Light o/ fh e Israelite concep-
note. lions o/ thc Co111m1111ity and the I ndividu11l,
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Stl ili der Verkiindigrmg des N.T. ( 1949) 60- proibisce che a un fratello caduto in scbiavitt1
194; E. SJOBERG, Der verborgene Memche11 - sia accollato il lavoro dello 'ebed, mentre il v.
soh11 in den Evangclien , Acta Regiac Soc. Hu- 40 trova naturale che egli l~vori l'bd).
T.(l.~t; VEOV A I 1-2 (W. Zimmerli)
rilievo non l'oggetto prodotto da chi la- men te come da ciò provenga quel sen-
vora, ma il signore che comanda che so di appartenenza a Jahvé, che può as-
sia fatto il lavoro 4 • In particolare si sicurare agli schiavi d'Israele almeno il
possono distinguere i seguenti princi- diritto alla vita. Gen. 24 narra la più fi-
pali usi del termine 'ebed. ne storia di uno schiavo di tutto l'A.T.
I. 'ebed è lo schiavo, l'uomo caratte- Il suo nome non è mai indicato; egli
rizzato soprattutto dal fatto che appar- è denominato semplicemente 'schiavo
tiene a un altro 5 • Lo schiavo sembra di Abramo' ('ebed 'abriiham) o, più
essere colui che è ridotto interamente a brevemente, 'lo schiavo' (hii'ebed) io. La
proprietà. Ma la legge dell'A.T. pone sua azione è interamente determinata
precisi limiti a questa condizione di vit- dalla comunione cultuale con la casa
tima. Lo schiavo ha diritti come un es- del padrone. Dio è per lui «il Dio del
sere umano. Al contrario della legge mio padrone Abramo» (vv. 12.27.42.
babilonese, per es., un danno arrecato a 48 ). In questo clima è possibile un ti-
uno schiavo dev'essere riparato con la po di servizio completamente libero;
liberazione 6 • Nella legge veterotesta- lo 'ebed si impegna a cercare una sposa
mentaria sugli schiavi non si punisce per il figlio di Abramo come se Abra-
con la mutilazione 7• Lo schiavo che è mo stesso fosse presente. Egli è in tut-
fuggito presso un altro padrone non to il rappresentante del suo padrone, e
dev'essere consegnato 3 . Questa mag- tuttavia rimane il servo sottomesso a-
gior dignità e libertà dello schiavo si nonimo, che non si permette nemmeno
basava sul fatto che egli partecipava al- un momento di riposo, che pure sareb-
la vita cultuale comune nella fede del- be ben giustificato dopo Ja sua felice
!'A.T., poiché questa era data alla co- missione (vv. 54 ss.).
munità e al popolo di Dio 9 • Più avan-
ti, Israele stesso acquistò piena coscien- 2. Lo 'ebed al servizio del re. La ne-
za che doveva tutta la sua esistenza a cessità di respingere l'agguerrito eserci-
un atto di liberazione dall'Egitto, dalla to dei Filistei rese necessario, a partire
'casa di schiavitù' (Ex. 20,2; Deut. 5,6; da Saul, che il re - il quale normalmen-
6,12; ecc.). Lev. 25,42 mostra chiara- te aveva a sua disposizione solo un e-
4 Cosl si può verbalmente parlare di un 'òbed 21 (cfr. anche Lcv. 22,II). Vedi, per es., R. DE
'adiima (Gen. 4,2; Zach. 13,5; Prov. 12,11; 28, VAUX, Ancient Israel (1961) 80-90.
19), ma non di un 'ebed 'adiimii nel senso di 6 Ex. 21,26 s.; cfr. Codice di Hammurabi §§
li / Sam . 14,52; cfr. specialmente A . ALT, Dit· ne degli 'ìibàdrm. I consiglieri di Saul sono chia-
S1aate11bildu11g der lsraelite11 i11 Paliistin11 mati così in I Sam. 16,15. La cerchia dei corti-
(1930) 33 s.; E. ]UNGE, Der \'Viederau/bau des giani non coinvolti nella guerra al tempo di
Heerwesens des Reiches }uda tmter Josia Davicl è chiamata 'ebed (i Sam. II,9.13); an-
(1937) 8 - 22. che il consigliere di David (1 Sam. 15,34) e gli
ambasciatori sono definiti cosl {2 Som. 10,2-4).
Il 'abdè Jii't/l {1 S11111. 18,5; 22,9, ccc.); 'abdé
Un raffronto dei testi paralleli di 2 R~g. 19,23
'i.i bofrt ben fil'ul (i 511111 . 2,12) ; 'abde diiwid
e ls. 37,24 mostra che 'ebed può essere addi·
(2 Sam. 2,13.15.17, ccc.).
rittura sostituito da mal'iik. In 1 Reg. u,26
11 1 Som. 22,7; il diritto del re - un titolo am· Geroboamo, sovrintendente dei lavori di Salo-
biguo - fa ombrn al c:arnttcre volontario del- mone, è chiamato 'ebed; cfr. 2 Chron. 13,6.
lo 'ebed ; ma in / Sam. 8,14 s. si parla di ricom· 15 Se il Geroboamo nominato nell'iscrizione
pensa. Qui e in quanto segue si può fare un del bel sigillo rinvenuto a Mcgiddo (Jm' 'bd
raffronto col patto ambo bai' (}. P1mERSF.N. jrb'm) fosse uno dci re di questo nome
Der Eid bei den Semilen [ 1914) 52-63). Tutta- (A.0.B. ', fig. 578, cfr. K. GALLING, Beschrij-
via è poco corretto caratterizzare completa· Me Bifdsiegel des J. ]ahrta11se11ds: ZDPV 64
mente le relazioni dello 'ebed, quindi ogni rap- (1941) 121-202, nr. 17), se 'ziw e '!Jz delle i-
pono di schiavitìt , come un rapporto regolato scrizioni del sigillo {GALLING nr. 85 e 125, 1:
dal b•"ril di tipo bai' (~ LINDHAGEN 53). Per specialmente nr. xa) significassero i re Ozia e
quanto in Israele il rapporto di tipo religioso Acaz, probabilmente avremmo qui ulteriori al-
dello 'ebed possa rientrare nel rapporto di b'rit lusioni a questo titolo curiale, che forse è di·
proprio di Israele dando alle affermazioni r.c- rcnamente citato sul sigillo (GALLING, nr. 43:
ligiose sullo 'ebed un carattere particolare, bi- lj'wjhÌu 'bd hmlk). Cfr. coli. 318 ss ., n. 92;
sogna riconoscere che i rapporti di b'ril e di D . DIRINGEK, L e iScrizio11i antico·ebraiche pa-
'ebed sono due cose originariamente diverse. lestinesi ( 1934) 229-231; ~ LINDBAGEN 36-39.
U Già al tempo di Saul uno 'ebed sembra cu- 1' Così i Gabaoniti si presentano pronuncian-
rasse in particolare il gregge ( 1 Sam. 21 ,7 ). Il do la formula di sottomissione 'obdékem 'a11a!J-
servitore Seba è denomina to '"bed in 2 Sam . 111i (los. 9,11); dr. / Reg. 20,32; 2 Reg. 10,5.
9,2 (cfr_ v. 9). Si tratta forse di una forma pri- Per la formula più piena di sottomissione e di
mitiva dell'ufficio fomiliare di 'al babbajit ( r domanda di aiuto cfr. i Reg. 16,7: 'abd'kii
Re}?. 4,6; 16,9 l? Egli stesso poi ha a disposi7.in- 1i/>i11kii 'ani(~ TI, col. 1432).
ita~c; ~Eou A Il (W. Z immerli)
'ebed denota sempre uno che è sogget- è che 'ebed propone chiaramente una
to ed appartiene al padrone. In esso è relazione personale. Passi paralleli alla
sempre latente il sentimento di umilia- formula, frequente in iscrizioni cartagi-
zione, che a volte sfocia all'improvviso nesi, «'ebed della casa di Dio)) 20, nel-
in vero lamento (Lam. 5,8). l'A.T. mancano del tutto 21 • Ciò è signi-
ficativo, non solo per una risposta alla
4. 'ebed come espressione dell'umile questione della comparsa di un ciipita-
sentire di sé. Dal linguaggio di corte lismo del tempio, ma anche per la va-
l'autodefìnizione di 'ebed, passò, come lutazione dei passi con 'ebed nell'A.T.
espressione di umiltà, nel corrente lin- Lo 'ebed è una persona che appartiene
guaggio di cortesia 17 , nel quale a volte a una persona.
si possono aggiungere parole che danno
enfasi eccessiva a questa sottomissio-
ne 18• II. Uso religioso di 'ebed
1. 'ebed come umile autodefinizione ·si traduceva nella richiesta: «Io sono
dell'uomo in presenza del suo Dio. La il tuo servo e figlio tuo: sorgi e salva-
connessione con l'uso profano appa- mi» (2Reg.16,7), così la medesima co-
re con la massima evidenza quando sa può verificarsi quando ci si rivolge
viene descritto l'uomo religioso che si a Dio. Colui che si dichiara legato a un
pone in atteggiamento umile alla pre- pa~lron~ si sottrae al dominio di qual-
senza del suo Dio. Come un inferiore, siasi altro; perciò ha un motivo di più
parlando al suo superiore, si definisce per esigere che il signore a cui si è vo-
umilmente 'tuo servo' in terza perso- t~\to
sia p1·emuroso verso di lui, salva-
na, così questo modo di esprimersi è guardi ciò che è suo e protegga il suo
senz'altro il più appropriato quando servo. In questa situazion~ è in gioco
l'uomo si trova alla presenza di Dio 24 • l'onere del Signore divino 2·;. Se in que-
In questo contesto l'espressione può ri- sto modo di accostarsi in preghiera al
cevere accentuazioni diverse. In molti Signore viene sottolineata l'opera del-
passi spicca la semplice e umile confes- l'uomo («io sono colui che ti adora!»),
sione della bassa condizione di colui che allora chi si autodefinisce 'ebed dà al
parla davanti al suo grande Signore 25 . termine una forte accentuazione attiva.
Ma in questa espressione di umile sot- Se, al contrario, si sottolinea che ~ià si
tomissione si può avvertire l'afferma- è sperimentato il favore di Dio, allora il
zione di una esigenza. Come sulla boc- termine 'ebed contrassegna l'a.tteggia-
rn di Acaz la formula di sottomissione mento di un abbandono riconoscente 27 •
diiw 16 volte. Combinazione con/': al sing. Is. H. ToRCZYNER vede bene quando propone di
+1.21; 49,5 s.; al plur. 56,6; Lev. 25,55. mutare il testo di 2 Sam. 7,n (ba'abiir '11bd'-
2• Cfr. in particolare IlAUDISSIN, Kyrios III kii w'kalb'kà ), dr. Dunk/e Bilbelstellen, in
524-555. La somiglianza tra questa forma au- Festschr. K. Marti = ZAW, Beiheft 41 [ 1925)
lico-cortese e la lingua religiosa cultuale emer- 275), avremmo, espressa nella lingua della pre-
ge con la massima chiarezza in quei passi in ghiera, la formula di umiltà corrente nel di-
cui ci si domanda se colui che parla è conscio scorso profano: «tuo servo e cane». Poiché
di stare alla presenza del Signore divino. In questo tipo di autodefinizione veramente sper-
Ge11. 18,3.5 il testo originale potrebbe benissi- sonalizzante non ricorre mai nel linguaggio re-
mo suggerire che Abramo non riconobbe Dio ligioso dell'A.T. (e forse non a caso), è lecito
fra i tre visitatori e perciò salutò nello stile dubitare dell'esattezza di una siffntta ricostru-
dcl discorso distinto. Ma il T.M., vocalizzan- zione del resto.
do nel v. 3 'iidoniij, vuol esprimere l'idea che 2
" Ps. 143,1 r s. «Fammi rivivere, Signore, per
Abramo è conscio dcl suo incontro con Dio. amor del tuo nome... disperdi tutti i miei ne-
Evidentemente non era ritenuta necessaria al- mici; perché io sono il tuo servo». Cfr. il ba-
cunn mutazione nel modo di rivolger la parola. bilonese «Fa' rivivere il tuo servo, che vuole e-
2; Mosè : Ex. 4,10; N11111 . 11,ll; De11t. 3,24. saltare la tua potenza e lodare Ja tua grandez-
Sorprende che l'appellativo 'ebed manchi nelle za fra tutte le genti», \'(/. ScHRANK, Babyloni-
forti espressioni con cui Abramo parla di se scbe Siibnriten ( 1908) 56.
~ tesso con nccenti di umilrà, in Ge11. 18,27. Se 21 Cosl, per es., l' iscrizione su una colonna vo·
n:ai:c; DEou A u 1 (W. Zimmerli)
Ciò che è stato detto fin qui non è più amara può reclamare la protezione
affatto esclusivo dell'A.T .; questo pre- per la sua obbedienza esclusiva.
sentarsi come 'ebed (in babilonese ar-
b) Nell'A.T. la fede è consapevole di
du) si riscontra infatti tale e quale nel
mondo che circonda Israele. Tuttavia una primaria disposizione di Jahvé ver-
sono da notare altri tre punti che ca- so Israele, che nasce dal libero dono di-
ratterizzano l'incontro con Dio nell'A. vino. Quanto all'evoluzione dell'espres-
T. e fanno capire come l'idea veterote-
stamentada di 'ebed poté avere uno svi- sione 'ebed jhwh, essa significa che
luppo suo proprio e ricco. questa predilezione non può realizzarsi
del tutto nella sfera della pietà indivi-
a) La fede dell'A.T. sgorga dall'in- duale o anche in quella di qualche cul-
contro con Jahvé, il Signore geloso (Ex. to locale, ma sta in rapporto con tutto
20,5; 34,14; Deut. 4,24; 5,9; 6,15; quanto l'evento di Israele. L'individuo
Ios. 24,19; Nah. l,2). Quando Assur- può diventare servo di Jahvé solo in
banipal si professa servo di Nebo 28 , ma quanto è membro di Israele, perché la
poi nella successiva festa di capodanno volontà di Jahvé si indirizza a Israele.
torna ad afferrare le mani di Assur, il Ciò si è visto chiaro nella liberazione
dio della sua terra, e di nuovo viene dall'Egitto e nella conclusione del pat-
da lui immesso nei diritti regali, è chia- to, di cui Israele parla fìn dai primi tem-
ro che non si è detto servo di Nebo in pi. La condizione di servo propria del-
senso esclusivo. In Israele, invece, l'uo- 1'uomo pio si deve comprendere a par-
mo pio che si dichiara 'ebed ;hwh usa tire dall'ambito di questa relazione, che
un'autodesignazione che comporta qual- non fo creata dall'uomo ma da Jahvé.
cosa di totale. L'idea che «nessuno può e) Il credente dell'A.T. sa che l'in-
servire a due padroni» non si riferisce contro con Jahvé ha luogo nel bel mez-
solo al momento in cui l'uomo si rivol- zo della storia e che mira a un fine sto-
ge a Dio per adorarlo, ma alla vita tut- rico. Cosl il carattere di servo non ri-
ta intera. Accanto a questa condizione mane entro la sfera atemporale della
di 'ebed non se ne può pensare un'al- pietà individuale, ma acquista speciale
tra. La serietà di questo atteggiamento importanza ll dove Jahvé, nell'incontro
appare da entrambi i lati: Jahvé reda- storico con il suo popolo, chiama gli in-
ma l'obbedienza totale del suo servo e dividui a qualche servizio speciale.
questi anche nell'ora della tribolazion~ Se lasciamo da parte queste condu-
sioni per considerare di nuovo l'umile ciata dal Dio del patto D. «Mi sono
autodefinizione dell'uomo pio che ricor- sviato come una pecora smarrita; ricer-
re nell'A.T., possiamo comprendere la ca il tuo servo, poiché non dimentico i
nota di ardente fiducia presente nell'e- tuoi comandamenti» (Ps . n9,176; cfr.
spressione. La condizione di 'ebed non vv. 17.23.135.140). Il servo è colui che
è quella che il pio ha conseguito con le è obbediente al comando di Dio. Ma
sue azioni, o che poggia sui soli sacri- lo 'ebed jhwh avrà anche nemici assai
fici e sulle buone opere. Il suo tono di minacciosi nella misuta in cui essi perso-
sicurezza che si avverte nell'autodefìni- nificano pure l'inimicizia contro Jahvé.
zione 'abdekii, servo tuo, viene dal fat- Di qui il titolo di 'abd•ka può, più o
to che essa è sentita come eco di una meno apertamente, essere messo in con-
chiamata che originariamente partì dal- trasto con la opposta espressione «i
la bocca stessa di Jahvé. Così in Num. miei nemici» (i nemici tuoi, di Jahvé).
i2,7 s. Jahvé designa Mosè, con un'e- «Lascia che maledicano, purché mi be-
spressione enfatica e ripetuta: «Il mio nedica tu; quando si 'levano, siano co-
servo Mosè» 29 • Ma lo stesso si intende perti di vituperio; ma il tuo servo si
anche sulla bocca dell'orante semplice allieti» ( Ps. ro9 ,2 8) 31 •
ed anonimo: «Che la tua pietosa bene-
volenza (/Jesed) mi sia di conforto, se- 'Servi di ]ahvé', al plurale, come
2.
condo la parola che hai rivolto al tuo designazione degli uomini pii. L'espres-
servo» (Ps. n9,76). L'orante osa avvi- sione 'ebed jhwh a motivo dell'intima
cinarsi a Jahvé come un servo, fidando sua profondità acquista grande forza
nella forza di una parola che J ahvé gli nell'A.T. Essa non è solo una mera for-
ha rivolto. La parola intesa dall'adora- mula convenzionale indicante il singolo
tore dell'A.T. diviene comunque sem- credente 32, ma può essere usata libera-
pre più una parola normativa pronun- mente al plurale per descrivere gli uo-
2J Detto anche di Caleb (Num. 14,24). oltre qualche idea della rigidità di questo tipo di
che di David, Isaia, Eliacim, Nabucodonosor, formula. Quantunque vi siano nominati due
ccc. È significativo che, contrariamente a 'ab- devoti, questi non osano usare il plurale, ma
d'kii che ricorre 92 volte sulla bocca dell'oran· dicono goffamente: ~<il tuo servo e mio frate!·
te, 'abdi ricorra sulla bocca di Jahvé 62 vòlte lo». Per il conferimento dci nomi cft. special-
(al plurale 20 volte 'abdekii, 17 'abiida;>. mente il ricco ma.teriale di ~ BAUDISSIN, Ky-
:i.i Cfr. per es. Ps. 50 o i salmi della torà ( 15 rios m _531-548. Per Rash Shamra ~ LINDHA·
e 24). GEN 30-31. Per la scelta dei nomi nell'A.T .
li Non occorre qui discutere il problema dei vedi M. NORTH, Die isr. Perso11em1ame11 im
'nemici' nei salmi. Rah111e11 der gemeinsemitischen Namengebrmg
32 Nel Medio Oriente antico il titolo di 'ebed (1928) 137-138. A Karatepe '1.twd è detto 'bd
sembra essere stato principalmente usato nel- b'I (A. ALT, Die phonikischen Inschriften von
l'autodesignazione umile e nei nomi. L'iscri- Karalepe, in Die ì\7ell des Oricnls [ i949l
zione di Malta (~ n. 27) ci può forse dare 272-87).
295 (v,660! ;:a.i:ç ileoù A 11 i-3 (W. Zimmerli)
Jl In Ps. r 13,1 e r 35,r s. si menziona la comu- così poco attestata. Potrebbe darsi che Gere-
nità in preghiera nel tempio o la cerchia dci mia l'abbia trovata in una tradizione del lin-
sacerdoti; in Ps. I 34,1 si ricorda unn veglia. guaggio profetico a noi sconosciuta e che l'ab-
In Ps. 1n,1 (LXX: mx.i:òeç; Aquila, Simm., bia usata solo incidentalmente. La straordina-
Tcod.: 8ouÀ.oL) e Ps. 134,1 (LXX: oov)..o~) ria freschezza che la frase ha nel Deutero-Isaia
sembra usata la formula 'i tuoi servi' in as- sembra indicare che qui si ha un'innovazione.
soluto, fraintendendo lo stato costrutto 'abde
i~ BEGRICH, Heilsorakel 81-92; ID., S111die11 6-
jhwh (a.l\IE~'tE, 1t<X~OEç, xup~ov). Il testo ebrai-
co non ha mai l'uso assoluto. 19.137.140 s.
sione umile del popolo schiacciato nel- che si limita a ncevere un dono. 'Ri-
l'esilio (concepito da questo profeta in tornare': questo è tutto ciò che il po-
termini pienamente personali come fi- polo è invitato a compiere (44,22); ri-
gura individuale), ma il potente, bene- t~rnarc, in vista dell'opera salvifica che
volo uso di essa da parte di Jahvé. In solo Jahvé ha compiuto 41 •
enunciati che vanno assai al di là del
concetto di padrone e servo e non .i. 'ebed jhwh detto di personaggi e-
sono livellati, l'idea di appartenenza 111i11e11ti. Jahvé ha preso contatto col po-
completa a Jahvé è presa come espre3- polo d'Isrncle nella storia, e nella storia
sione del favore divino. Israele, 'ebed lo ha mantenuto, poiché essa è il luogo
jhwh, è stato creato da Jahvé (44,2.21), in cui egli è vicino e in cui si prende la
scelto da lui (41,8 s.; 44,1; 45,4), cer- c.l'.:cisione 1·csponsabile. Perciò non sor-
cato fino ai confini della terra (41,9), prende che la fede veterotestamentaria
ed è il seme di Abramo, l'amico di Dio ripetutamente intraveda nella storia fi-
(41,8). Con la formula già trovat\l ne- gure che essa riconosce preminentemen-
gli oracoli babilonesi di esaudimento, t:: come servi di Jahvé. Dobbiamo ora
3~ J.J. STAMM, Erlose11 1111d Vergebe11 im A.T. poiché ciò è impedito dalla frequenza con cui
(1940) 27-45. I~ radice verbale 'bd è usatn in riferimento a I-
ll 43,10. È incerto se qui 'ebed indichi Israele sraele. Di conseguenza dall'insieme del suo stu-
o una singola persona oltre al popolo. . dio si ricava l'impressione che il Servo di Jah-
41 Lo stile dcl Dcutero-lsaia ha un'eco in frr. vé si.a innanzitutto Israele (la sezione princi-
_30,10 (par. 46,27 s.; ~ n . 35). In Ez. 28,25; pale ha come titolo 'Israele come Servo di Jah-
37,25 c'è da chiedersi se il 'servo' sia Giacob- vé', 82-233), e che solo secondariamente l'ap-
bC' oppure il popolo. Nell'espressione simile di rcllntivo di 'eb::d jhwh si applichi all'uomo
Ps. 136,22, che usa il nome lsraele, è chiaro pio (nelle pp. 233-262 'ebed ihwb è il gruppo
che si intende il popolo. Riguardo a questo il religioso e solo nelle J>P· 262-288 si parla del
Lindhagen commette l'errore più pericoloso. 'servo' riferendosi ai singoli israeliti). Per l'u-
Egli infatti no::i distingue tra nome e verbo, e so dcl sostantivo 'ebed le cose stanno esatta-
quindi non può vedere che 'ebed al sing. si ap- mente al contrario.
plica a Israele solo entro limiti ben definiti. 4? Così nlmeno secondo la tradi:donc popolate,
299 (v,662) ncx.i;ç i>EOu AH 4 (\Y/. Zimmcrli) (v,662) 300
ebbe inizio molto prima che Israele fos- Dio non è storia trascendente e cele-
se popolo, è espresso assai chiaramente. ste. Essa si adatta alla terra e pone gli
Cosi si deve intendere che ovunque i uomini, con i loro fatti e le loro parole,
padri sono detti servi di Jahvé, l'idea come suoi segni. Mosè, il servo di Jah-
di una condiscendente relazione con vé, incarna nella sua opera una tale par-
Jahvé sia chiaramente presupposta. I te della storia divina. Obbedire o di-
patriarchi sono garanzia della divina va-. sobbedire alla sua parola è decisivo per
lontà .di salvezza. Jahvé promette la be- l'atteggiamento dell'uomo di fronte a
nedizione a Isacco per amore di Abra- Jahvé. Mosè è, assai più che i patriar-
mo suo servo 43 • In un momento parti- chi, la figura del servo attivo. Egli pro-
colarmente nero per il popolo, Mosè im- mulga la legge (Ios. 1,21; 2 Reg. 18,12;
plora Jahvé ricordandogli il giuramento Mal. 3 ,2 2 ecc.), regola le questioni par-
da lui fatto ai tre padri espressamente ticolari circa il possesso della terra (los .
nominati (Ex. 32,13; Deut. 9,27). i,13.15; 8,31 ecc.), prescrive le forme
b) Mosè sta alla soglia della storia del culto ( 2 Par. I ,3; 24,6) e promette
nazionale. Quaranta volte nel T .M. il la pace fu tura nella terra promessa (I
nome di 'ebed è riferito a lui. Due pas- Reg. 8,53.56). Ma dietro a ciò sta l'ele-
si pre-deuteronomici riflettono ciò con zione di Jahvé, che fissa il servizio di
speciale enfasi. In Num. 12,7 s. (E) una lui e di Aronne 41 •
spiegazione divina distingue Mosé da c) La serie degli altri servi di Jahvé
quei profeti che conoscono Dio solo in si può facilmente dividere in due filoni.
sogno o in visione. «Non cosl è il mio Nel primo vi è il re, che deve compie-
servo Mosè, che mi è fedele in tutto. re un servizio preminente in Israele.
Con lui io parlo bocca a bocca... per- «Per mano del mio servo David io sal-
ché dunque non temeste di parlare con- verò il mio popolo Israele dalle mani
tro il mio servo Mosè?». Mosè è il mi- dei Filistei e di tutti i suoi nemici», dice
nistrq, il vero maggiordomo di Jahvé, l'oracolo di Jahvé nel testo, certamente
che ci fa ricordare il fedele servo di A- anteriore al Deuteronomio, di 2 Sam. 3,
bramo (~ col. 284). In Ex. 14,31 (J), 18. Il re è il servo di Jahvé che ha il
dopo che Israele, sotto la guida di Mosè compito speciale di salvare il popolo di
fu salvato al Mar delle canne, «essi cre- Dio dalle mani dei nemici. Ma ciò non
dettero a Jahvé e a Mosè suo servo». vale per ogni re. A partire dalla promes-
Mosè è solo servo di Jahvé, ma nelle sue sa di Natan si sviluppa una seconda li-
opere potenti Jahvé è stato cosi chiara- nea: David, in virtù di uno speciale rap-
mente presente, che la docile fede del porto di benevolenza, è il re per eccel-
popolo si sottomette a Mosè e, in lui, a lenza del popolo santo. Per questo nella
Jahvé. Qui risalta un tratto essenziale storia deuteronomistica, in cui la descri-
della rivelazione biblica. La storia di zione di David come 'ebed jhwh è as-
quale si rileva specialmente nel Genesi. Diver- Cfr. in I Chron. 16,13 la citazione storpiata di
so è il caso dei profeti: Os. 12,3 ss.; Ier. 9,4; Ps. 105,6.
ls. 43,27. 41 Cfr. l'enunciato parallelo in Ps. 10,,26. Fa-
43 Gen. 26,24, cfr. Ps. ro5,6.42. Solo nel di- cendo eco alla storia di Mosè, anche Giosuè è
scorso del servo di Abramo, Isacco è chiamato chiamato una volta (fos. 24,29 = !ud. 2,8)
'servo di Jahvé' (Gen. 24,14). Nella menzione 'servo di Jahvé', in quanto completa l'opera
del nome Giacobbe la difficoltà in particolare di Mosè. Nel caso di Caleb, l'esploratore fede-
sta nel decidere se si designi il patriarca o il le (Num. 14,24), è messo invece in rilievo il
popolo che da lui prende il nome e- n. 41). concetto di obbedienza.
301 (v,662) ;;atç D€ou A II 4 (W. Zlmmerli) (v,663) 302
45 I Reg. u,13.32 nomina, in connessione, Da- cor. maggiore, anche senza usare il termine
vid e Gerusalemme, la città eletta, come pegno 'ebed, in r Chron. 28,5; 29,23; 2 Chro11. 13,
della fedeltà di Jahvé. H.]. KRAUS, Die Ko- 18). Nella vicenda di Ezechia è in gioco l'ono·
nigsherrschafl Gol/es im AT. (l951) .58 s., re di Jahvé; --> coll. 299 s., a proposito di Ex.
crede che questa doppia elezione abbia un suo 14,31.
sfondo cultuale in una 'festa regale di Sion'. 41 Un membro innominato della stirpe davidi-
Comunque, contro questa idea cfr. tra gli al- ca in Ps. 89,39.50. Cfr. anche 1 Reg. Bao.36
tri H. GEsE, Der Davidsbund tmd die Zions- (testo emendato) .52·59·
erwiihlung: ZTK 6I. ( 1964) l0-26. I Reg. II, 43 Ma i LXX nella recensione pre·esaplare leg-
36 e .2 Reg. 8,19 menzionano la volontà di Jah-
gono 'abd1 solo nel secondo passo (Òo\JÀEVEW
vé di dare a David una fiaccola. 2 Reg. 19,34 e
cxù't{i>, '/"iibdo). L'affermazione su Nabucodo-
20,6 insistono più fortemente sul significato di
nosor suona cosl singolare, che probabilmente
David come simbolo di salvezza stabilito da
non si tratta di una innovazione di tempi più
Dio: «Per me ... e per il mio servo David»: ec-
recenti. Poiché per il contenuto si adatta me-
co perché Dio vuol soccorrere.
glio agli oracoli di Geremia, l'ipotesi migliore
4~ Lo stretto legame che unisce fra di loro la è che sia stata coniata dal profeta.
causa di Jahvé e quella del suo servo regale 4~ Per l'alternanza di 'ebed e di mal'ak --> n.
del lignaggio di David appare là dove si dice 14. Is. 44,26 (testo emendato) presenta un cor-
che i messaggeri di Sennacherib parlano con- rispondente parallelo dell'ufficio di profetico
tro il Signore «e contro il suo servo Ezechia», messaggero di Dio, lob ,:,18 di -quello di mes-
r Chro11. 32,16 (l'idea è espressa con forza an- saggero celeste.
303 (v,663) ;w.t:c; DEoii A 11 4 { W. Zimmcrli I
a quello del suo re. In I Reg. 18,J6 ve- sti passi il servo assume um1 parte di-
diamo che lo stesso vale per il servo di rettiva, una missione attiva e b~n defi-
Dio. Sul Carmelo Elia prega così: «Jah- nita. Il parallelismo con la corte regale
vé, Dio di Abramo, di Isacco e di Gia- si può constatare particolarmente qui.
cobbe, fa' conoscere in questo giorno Alla corte celeste di Jahvé appartengo-
che tu sei Dio in Israele e che io sono no questi servi che adempiono la sua
il tuo servo e che ho fatto tutte queste missione sulla terra. lob 4,18 vi aggiun-
cose sulla tua parola». La storia di Jah- ge i messaggeri celesti esecutori della
vé si rifà presente in mezzo agli uomini sua parola 53 •
attraverso il suo messaggero plenipo- Nelle narrazioni antiche ( specialmen-
tenziario. La conoscenza di Dio dipen- te nella storia di Eliseo) al veggente e
de dalla conoscenza del suo servo. Ne- al profeta è dato il titolo 54 , probabil-
gli scritti storici deuteronomistici il pro- mente pre-csilico, di '/S hii'elohim, uo-
feta acquista un significato quasi stru- mo, di Dio 55 • La successiva sostituzione
mentale. Di volta in volta la sua parola di questo con 'ebed potrebbe esser dovu-
mostra il corso della storia come assol- ta al desiderio di sostituire al nome di-
vimento delle garanzie divine enunciate vino 'elohtm, più sbiadito, quello di
nelle profezie 50 . Cosl Ahia <li Silo ( 1 jhwh ~. e anche all'intenzione di intro-
Reg. 14,18; 15,29), Elia (2 Reg. 9,36; durre, al posto di 'H, che non è un ter-
10,10) e Giorni figlio di Amittai, profe- mine d'impegno, 'ebed che invece espri·
ta di lieti eventi ( 2 Reg. i 4 ,2 5 ), sono me al vivo la piena personale apparte-
chiamati servi di Jahvé 51 • Nel vasto in- nenza a Dio 57 • D'altra parte, i profe-
sieme della letteratura deutc:·oaomisti- ti scrittori evitano 58 chiaramente l'uso
ca la formula usuale «i miei (tuoi, suoi) di 'ebed per descrivere il loro ufficio.
servi, i profeti» si è cristallizzata fin:J Per spiegare ciò si è pensato che il
a formare un cliché e indica una realtà termine 'ebeti accenni alla «soggezione
ben definita, ricordata con valore teo- della volontà dell'uomo alla volontà di
logico in contesti determinati e uguali Dio», mentre, invece, i profeti «richie-
tra di loro. Questi messaggeri che am- dono una libera decisione d'obbedienza
moniscono il popolo 52 sono mandati da alla volontà di Jahvé» 59 • Ma questa
Jabvé senza interruzione. In tutti que- spiegazione non convince. Meglio è pen-
50 G. VON RAD, De111erono1:1i11111st11dit!11 ( 1947) tivo 'ebed jbwh, eletto di Mosè, con lfvl}pw-
55-~B. Il pensiero è fatto proprio dal Deutero· 1tO<; '\'OV l}Eoii.
Isaia ed è un elemento portante nella sua argo- 5>1Per l'evoluzione successiva -7 n. 22.
mentazione contro gli idoli (ls. 41,n s. 26 s.; 51'H può nnchc esprimere l'appartenenza 11
42,9, ecc.). una colleuività; per es., al plurale, gli uomini
5• In Is. 20,3 anche Isaia è chillmato da Jahvé di Kirjat-jearim (1 Sam. 7,1 ), di Jabesh ( 1 Sam.
'il mio servo'. u ,5.10). Tale uso è inconcepibile con 'ebed,
52 2 Reg. 9,7; 17,13.23; 21,10; 24,2; ler. 7,25; ~Il. 2 1.
25,4; 26,5; 29,19; 35,15; 4·M; fa:. 38,17; Am. s.• Am. 3,7 è probabilmente secondario; JJ. 20,
3,7 (probabilmente un'aggiunta postedore); 3 sembrn un'informazione di terza mano, dr.
Zach. 1,6; Da11. 9,6.10; Esdr. 9,11. O. PROCKsn1, lsaiah I {1930) 255. Is. 37,35
51 1 Reg. 22,19 ss. mostra entrambe le cerchie deriva dalla leggenda di Isaia; così rimane 21,
della corte divina in particolare connessione. 20, se è genuino (non al profeta stesso, comun·
Qui non si usa il sostantivo 'cbed. que, ma all'ufficiale di corte, Eliadm, è dato,
51 NoTH, o.e. (-7 n. 32). ccn un'espressione profetica, il titolo di 'cbcdl.
5.i In 2 Chro11. 24,6 i LXX traducono l'appe!J.i. s~ -7 Dt.uo1ss1N, Entwicklung 8.
7.a\ç i)Eov A Il -l·5 l W. ZimmcrliJ (v,66:;} 306
66 Il testo era già modificato in questo senso nenza con il testo dcl Deutero-Isaia. Infine, as-
nei LXX in 42,1 (~ sotto B 2). Cfr. nel Me- serire che il problema non si pone come un'al-
dio Evo l'esegesi giudaica di Rashi, Ibn Ezra, ternativa rigida (ad es., A. BENTZEN, lntroduc-
Kimhi; inoltre J . WELLHAUSEN, lsraelitische 1i011 to the 0 .T .• n [1949] 113 : «'Ebed Jahvé
und ;udische Gesch. (1894) 117-118. ~ GIESE· è insieme e il Messia e Israele, il Deutero-lsaia
BRECHT, -+ BuooE, Ebed ]ahve-Lieder 34, ~ e il gruppo dei suoi discepoli», ecc.) mi sembra
EissFELDT 268, e altri. che non faccia altro che render nebuloso l'in-
tero problema. ~ J . LINDBLOM, The Servanl
67 La testimonianza più antica potrebbe esse- Songs, tenta per altra via di combinare insie-
re Is. 61,1 ss. Cfr. anche W. ZtMMERLJ, Ztlf me le due interpretazioni considerando i canti
Sprache Tritis's, in Festschr. L. Kéihler, 1950, come 'quadri allegorici'. 42,1-4; 49,1-6; 50,4·
69·71 (ripubblicato in \V/. ZIMMERLI, Gottes 9 e 53,2-13 presentano un individuo, ma si ri-
Offenbarung. Gesammelte Aufsatze [ 1963) feriscono a Israele, come è chiarito dalle inter-
226-228). Nei LXX ciò vale almeno per 52,13 pretazioni che seguono i canti (42,4-9; 49,7 ;
ss. (-7 sotto B 2). Cfr. inoltre la domanda del· 50,10 s.) o li precedono ( 52,13-53,1 ). Il Row-
l'eunuco in Aci. 8,34. Per la bibliografia degli ley trova che i canti passano gradualmente dal-
ultimi due secoli ~ n . 70. fa interpretazione collettiva a quella indivi-
63 L'avventato accomodamento del testo com- duale.
piuto da ~ .GIESEBRECHT 44 s. è poco convin- G9 Per la possibilità di tali interpretazioni dr.
cente, come l'interpretazione forzata di~ Buo- i LXX in 42,1. ].A. BEWER, The Text-crilical
DE (in KAUl'ZScH) ad l. Ancora, i recenti ten- Valtie o/ tbe hebrew MS Ken. 96 /or Isaiab
tativi di proporre un'interpretazione collettiva, 49.3 : Jewish Studies in Memory of G.A. Ko-
fatti da -+ EISSFELDT e da ~ H . WH. RonrN- hut (1935) 86-88; Io., Textkritische Bemer-
SON 58-62, sè ci forniscono importanti notizie kungen, in Festschrift fiir A. Bertholet ( 1950)
sulla concezione del popolo come personalità 67-68, dimostra che il ms. Kennicott 96, che in
collettiva, non hanno tuttavia una vera atti· 49,3 non ha jifra'el, non può essere addotto
309 (v,665) r.a~ç D~ov A 11 5 (W. Zimmerli) (v,666) 310
il senso collettivo, mentre il testo pri- l'ufficio del servo, i mezzi con cui egli
mitivo dovrà essere interpretato in sen- l'adempie secondo 50'4 s. (orecchio, lin-
so individuale. Ma in questo caso, che gua), e gli indubbi punti di contatto con
cosa si intende per individuale? L'uso la narrazione della vocazione di Gere-
del nome 'ebed nel resto delJ'A.T., a mia e di Ezechiele, sembrano accredita-
parte I.a sua applicazione alle grandi fi- re un riferimento alla linea profetica 71 •
gure dei primi tempi (patriarchi e Mo- Gli aspetti che fanno pensare a un'azio-
sè), accenna a due importanti linee di ne regale (promozione del diritto [42,
sviluppo: il Messia regale (~ coli. 300 1.3 s.], rilascio di prigionieri [42,7; 49,
ss.) e i profeti ( ~ coll. 302 ss.). Sono 9] e la spada affilata [ 49 ,2] ), possono
stati fatti tentativi in entrambe le dire- pure essere comprese da un punto di vi-
zioni per risolvere l'enigma delJo 'ebed 10 • sta profetico 72 •
Uno studio più attento del carattere del- b) Quale figura profetica individuale
come prova di una vera tradizione. Che si trat- 71 Abbiamo già accennato all'alta stima della
ti di una glossa, non può sostenersi, attesa la parola dei profeti che illumina la storia (il
documentazione testuale di cui disponiamo Dcutero-Isaia applica ad essi il termine 'ebed
(cfr. anche M. BuRRows, The Dead Sea Scrolls in 44 126, testo emendato), come a un aspetto
of St. Mark's Monastery, I: The lsaiah Manu- che richiama il documento Deuteronomista;
script and the Habakkuk Comme11tary [1950] -4 n. 50.
tav. 40, r. _30).
71 Per la linea regale pensano a Ozia: J.W.C. n Di recente si è discusso assai se i tratti della
AUGUSTI, Ober de11 Ko11ig Usia nebst einer sofferenza possano essere distintivi dei re, e se
Erliiuterzmg Jr. JJ: Magazin ftir Religionsphi- quindi siano giunti al Deutero-lsaia dal ritua-
losophie, Exegese und Kircbengeschichte 3 le del re che soffre cd espia, o se abbiano in-
(1795) 282-299; K. DIETZE, UJJia, der Knecht fluenzato tutto l'insieme dei canti individuali
Gottes ( 1929); a Ezechia L. lTKONEN, Dtjs. di lamentazione. Vedi ~ DiiRR, -4 ENGNELL,
metrisch untermcht, Annales Acadcmiae Fen- ..-.+ BENTZEN. ~ GRESSMANN, Ursprung (329-
nicae, r4 (1916); a Jojakin: E. SELLlN, Studien 333), discute il problema riferendosi. al ritua-
zur Entstehungsgeschichte der jiidischen Ge- le di Tammuz. Ma - è'è da chiedersi - è più
meinde I ( I901) 284-297; Iv., Das Riitsel d_es facile e più probabile che questi tratti atempo-
deuterojesajanischen Buches (1908) 144-150; a rali di una liturgia regale arrivino all'A.T . dal-
Zorobabele: ~E.SELLIN, Serubbabel 148-192; le pratiche cultuali di Babilonia (pratiche che
al Messia: ~ GRESSMANN, Messias 337 s.; il Deutero-Isaia respinge implacabilmente), op-
J. F1SCHER, Isaias 40-55 tmd die Perikopen pure dalle confessioni profetiche di Geremia
vom Gottesk11echt (1916) 165. Anche KAISER, e~ n. 75), che nascono dalle tribolazioni di
Der konig/iche K11ecbt, mette in rilievo i tratti una missione storica specifica? Con questo non
regali, ma nello 'ebed scorge Israele. Per la li- si vuol escludere .che in certi momenti le an-
nea profetica si è pensato a Mosè(---+ E . SEL- tiche formule cultuali possano aver esercitato
LIN, Mosè 108-u3), a Isaia (C.F. STAUDLIN, un'influenza e modellato un linguaggio attra-
Neue Beitrage wr Erliiuterung der bihl. Pro- verso il genere salmodico, che già esisteva in
pheten [ 1791] ), a Geremia (C.J . BuNSEN, Canaan al tempo dci re; ma è difficile che tali
Vo/lst. Bibelwerk fiir die Gemeinde, voi. 2 formule possano esser state il vero movente
[1860] 438), a Ezechiele (R. KRATZSCHMAR, che spinse il Deutero-Isaia a farsi l'immagine
Ezechiel [1900]) e ad altri ancora. Per l'intera del Servo, mosso com'è da una fede appassio-
storia dell'interpretazione ---+ NORTH. nata nella decisione storica.
_3II (V,666) 1t«~c; 0Eou A 11 5 (W. ZimmreliJ (v,667) 312
può aver suggerito la caratteristica del- chiaro che si tratta <li un vincolo che u-
lo 'ebed? Buone basi ha l'ipotesi che nisce non a una cosa, ma a una persona
qualcosa della missione del Deutero- (-> col. 288 ). Il titolo di 'servo' ricorre
lsaia si rispecchi nei canti 73 , vi riceva maggiormente in passi <love la parola di
un'interpretazione che trascende la cor- Jahvé opera una chiamata diretta e per-
nice della sua vita e, con la fede, si sonale (42,1; 49,J.6; 52,13; 53,11; so-
spinga a una visione definitiva 74 ( ~ lo in 49,5 è in terza persona). Il Ser-
75
VII, coll. 131-133) . La sorprendente vo è stato modellato da Jahvé (42,6;
carica di oggettivazione e di anoni- 49,5.8) fin dal seno materno (49,5; cfr.
mato che sta sotto il titolo di 'ebed v. l). Egli è l'eletto su cui si è posato il
jbwh può benissimo significare che favore di Jahvé (42,1 ); colui che Ja ma-
il profeta non volle essere frainte- no di Jahvé ha afferrato (42,1 ). Egli è
so come se stesse parlando in termini stato chiamato da Jahvé (42,6; 49,1) in
soggettivi e biografici 76 • La figura è verità (cioè validamente: 42,6), Il suo
chiamata 'ebed. Come nel racconto del nome è stato pronunciato da Jahvé con
servo in Gen. 24 {~ col. 284 ), an- l'importanza con cui s'impone una de-
che qui l'omissione di qualsiasi nome nominazione cultuale 78 • A questa ele-
proprio vuol sottolineare che la vera es- zione decisiva va aggiunto il dono di ciò
senza di questa figura misteriosa consi- che gli occorre per il suo ministero; Jah-
ste nella sua appartenenza ad un altro vé arricchisce del proprio Spirito 79 il
- in questo caso a Jahvé 77 • Pertanto l: suo Servo. Tocca e rende idonei alla
missione quegli organi che sono di spe- lavoro che è difficile pensare che possa
ciale importanza per l'adempimento del- essere svolto da un singolo individuo e
la missione di profeta: l'orecchio ( 50 A contro il quale sono giustificate le obie-
s.), e la bocca (49,2; 5014) 80 • zioni addotte a favore dell'interpreta-
c) In che cosa consiste l'ufficio di zione collettiva. O non dovremmo piut-
m~ssaggern affidato a questo Servo? tosto vedere qui, in connessione storica
Nelle parole di presentazione di 42,1-4, serrata, la proposta di una instaurazio-
dove Jahvé prospetta al Servo una sfera ne del diritto ( 4 2 >4: il parallelismo di
piì1 ampia d'azione e la chiamata al pro- mispa! e torato) che ha il suo fondamen-
feta appare come un fatto in certo modo to nella concomitante creazione del di-
esteriore 81 , il termine mispaf ricorre ritto operata da Dio nella storia? Non
tre volte, in assoluto, ad indicare il si può negare che questa seconda in-
contenuto della predicazione del Servo terpretazione risulta assai pit'1 vicina a
(42,1.3.4). Tutta l'interpretazione del ciò che conosciamo della profezia in ge-
compito del Servo dipende dalla nostra nere che non la prima, la quale vorreb-
comprensione di questa parola . Vi si ac- be fare dcl Deutero-Isaia un 'maestro di
cenna forse che l'ufficio del Servo è di religione' in senso del tutto nuovo.
diffondere tutt'intorno 82 la verità 83, Qual è inoltre la storia a cui si ri-
«la sola religiosità valida giacché Jah- ferisce la proclamazione del mispiit (di-
vé è il solo Dio» 84 , «la vera legge in ritto) e nella quale è radicata la ragio-
cui lo Spirito di Jahvé ha trovato e- ne del suo contenuto? In Is. 42,2 s.
spressione perfetta»? 85 In questo caso il contenuto di questa proclamazione
il Servo potrebbe essere considerato del mifpii( è indicato con tre immagini
semplicemente come un missionario in- che forse provengono dall'ambiente del
caricato di convertire in ogni evenienza, simbolismo giuridico e non lasciano dub-
tra i popoli, gli uomini a questa retta bio sulla cornice storica in cui la pro-
intelligenza da acquisire in eterno; un clamazione è fatta: quella dell'araldo
zionc del profeta, che può similmente riscon- significativa Mt. 17,5 par. Mc. 9,7 e Le. 9,35}.
rr::irsi nel più antico tipo di profezia (dr. 1 8! Su mifpii! ~ v, coli. 1050-1052; J. P EDER-
Reg. 19,16). Cfr. E. KuTSCH, Salbrmg nls SEN, !Srne/, ;1s Li/e and Cull11re 1-11 { 1946)
Rechtsnkl im Alten T estament rmd im Alte11 348-352. È strano · che K. FAHLGRllN, f'dok.1,
Orie111, ZAW, Beiheft 87 (1963) 62. 11nheslebe11de rmd e11lgegengesett.le Begrilfe im
11.T. (l932) 120·138, trattando di miSpii[ non
&J Cfr. Ier. 1,9; Is. 6,7; Ez. 3,1 ss. parli di Ir. 42,1 -4.
83 VOLZ, ad f.
81 Una analogia nel N .T . si trova nelle parole
rivolte a Gesù in occasione del suo battesimo 8-! BUDDE, in KAUTZSCH, ad f.
(Mc. 1,II par. Le. 3.n) e nelle parole rivolte 8> W. HERTZBERG, Dìe E11twickf1111g des Be·
agli nstanti (Mt. 'P 7. e in maniera ancor pit1 ?.rifjes mipt im A.T.: ZAW 41 (1923) 41, n. 1.
315 (v,668) 7ttti:ç i>EoÙ A II 5 (W. Zimmerli) (V,668) 316
che, contro la consuetudine, non grida L~nde solo un ritorno storico, ma un'i-
ad alta voce; quella della canna piegata stituzione deHa giustizia che trasforme-
che simbolizza la sentenza di morte ma rà Israele sia esternamente che inter-
che, contro ogni previsione, non viene namente. Gli occhi del cieco saranno
del tutto spezzata; quella del lucignolo aperti (42,7; cfr. il popolo cieco in 43,
fumigante che non viene del tutto spen- 8), l'oscurità sarà rimossa (49,9), I-
to. Queste immagini vogliono esprimere sraele troverà nuovamente il suo Dfo e
il sorprendente atto di benevolenza con riconoscerà la sua fedeltà (di qui il ri-
cui Jahvé stabilisce la giustizia 86 • I s. 42, chiamo a tornare: 44,22). In questo
7 parla più esplicitamente del rilascio di modo Jahvé ristabilisce mirabilmente
prigionieri, e in 49,5 s. è del tutto cer- la sua giustizia per un popolo che, av-
to che in termini concreti si tratta di vilito, aveva lamentato la perdita dei
ricondurre gli scampati di Israele, cioè suoi diritti (40,27 ). Ma ciò non esauri-
gli esiliati, e del popolo che si raduna sce questo processo. Is. 49,5 s. parla di
(il v. 5 si potrebbe leggere ji.fra'el lo una straordinaria espansione della mis-
je'aséf, «per lui si radunerà Israele»). sione del Servo, che gli si rende chiara
Il passo 49,8 ss. descrive questa restau- proprio quando egli dispera del succes-
razione, talvolta in armonia con i toni so dei suoi sforzi 37 . Già in .p,1 ss.
gioiosi del messaggio del Deutero-Isaia, si puntualizza che il diritto (miJpii!),
come un viaggio di ritorno attraverso quantunque ovviamente riguardi innan-
un deserto appena trasformato e reso zitutto Israele, sarà proclamato a tutti
ricco d'acqua, e come una nuova presa i popoli, fino alle isole più remote 88 •
di possesso della terra promessa che In 49,5 s. si dice quasi fortuitamente,
era stata devastata. In pari tempo di- ma poi si afferma ben chiaro, che il Ser-
viene evidente che con ciò non si in- vo sarà una luce per tutta la terra 89 •
80 Le immagini della spada e della freccia (49, tuttavia non è sicura (~ ZIEGLER, Unterst1·
2) vogliono esprimere l'idea che la parola di chungen 54). Se l'espressione b'rit 'am, che è
Dio in bocca al profeta è penetrante (cfr. ler. unita ad essa in 42,6 e ricorre ancora solo in
23,29). Esse non devono essere contrapposte 49,8, si deve intendere come un sinonimo, al-
sentimentalmente a 42,2s. (contro VoLz, ad l.). lora lo scopo della missione del Servo risulta
37 In un importante parallelo (ler. 12,1·6) il ampliato, come pure la categoria di alleanza
profeta abbattuto è 'confortato' da Jahvé col che ha origine dalla -storia d'Israele: egli di-
richiamo a un peso maggiore. viene una b'ril per le genti. In questo concet-
to il 'patto appare come un dono di grazia;
ll3 A questo punto non si deve trascurare il ca-
cfr. J. BEGRICH, berith: ZA W 60 ( 1944) I-Il
so parallelo della vocazione di Geremia, desti- e ~ I, col. 91 1 n. 73. Qui l'idea di patto non
nato sin dall'inizio ad essere 'profeta per le na- può essere intesa in senso giuridico stretto.
zioni' (1,5 .10), sebbene la sua attività sia dap- Essa include due capisaldi: 1. che la salvezza
prima limitata a Giuda. di Jahvé si estende sino ai confini della terra
&~ Cfr. anche in 42,6 la lezione 'or g6fm, che (49,6); 2 . che di conseguenza ogni ginocchio
317 (v,668) 7tO.L<; bEOV A u 5 (W. Zimmerli)
La sua azione, che si svolge sullo sfon- il Deutero-Isaia parla invece con note-
do della parola liberatrice d'Israele 90 vole obiettività e distacco. In che cosa
che Jahvé pronuncerà ben presto, di- consiste la sofferenza del Servo? Fu
strugge quel mondo di idoli che ancor perseguitato dal suo stesso popolo? La
oggi sembra cantare vittoria 91 • Essa manifesta opposizione degli esiliati ( 4 5,
esalta l'esclusiva gloria di Jahvé e di:vie- 9s.) all'annuncio che Ciro era stato
ne così luce e salvezza del mondo inte- mandato da Jahvé come unto e salvato-
ro 92. re di Israele, sembrerebbe dar corpo a
questa ipotesi. Forse le autorità babilo-
d) I passi 49,7; 50,4-9 e 52,13-53,12 nesi si schierarono contro l'annunciato-
chiariscono che il Servo è passato attra- re della potenza di Jahvé? La formula
verso un mare di dolori. Il destino di 'servo dei tiranni', coniata in antitesi a
Geremia si ripete nell'esperienza del 'Servo di Jahvé' (49,7), e l'allusione
Servo di Jahvé. Ma, mentre pe:· Gere- (49,7; 52,15) alla futura meraviglia dei
mia le confessioni e il racconto della re potrebbero suggerire questa interpre-
passione, scritto forse da Baruc, ci dan- tazione.
no un quadro chiaramente biografico, Il Servo fu forse colpito da una ma-
lismo che traspare in 42,2 s. In questo modo tienza della grazia (43,10; 44,8).
il Begrich afferma che la scelta del nome 'ebed
9J ~ DuttM, ad I., pensa che 11agiia' di 53,4
jhwh dev'essere compresa sulla base dell'ana-
indichi la lebbra.
logia con questo ufficio. Contro quest'ultima
ipotesi va notato che il Begrich non tiene 91 ~ ELLIGER ; ~ SELLIN, Losung. In questo
nel giusto contro il fatto che il Deutero-lsaia caso il testo dev'essere di mano più recente.
dipende da più antichi usi linguistici nel de-
9~ ~ BEGRICH, St11die11.
scrivere i profeti e non conia assolutamente
espressioni nuove. Anche se la proposta di tra- % H.W. WoLFF 36 pensa che quest'idea vo-
durre ho!i mifpa! nel modo suddetto può es- glia prefigurare colui che deve venire, per e-
ser presa in considerazione per 42,1, essa è sprimere il senso di trascendenza del profeta
del tutto insostenibile in 42 14, data la presen- sul suo ufficio specifico. G. VON RAD, 'Gerecb-
za del sinonimo Jtm mifpa! e a motivo del pa- tigkei/' 1111d 'Leben' i11 den Ps., in Festschr.
rallelismo di miJpa! e 16rfi. Qui deve trattar- A. Bertholet (1950) 424 s., afferma che il sal-
si delle instaurazione di un giudizio divino u- mista, parlando del 'giusto', usà delle immagi-
niversale che va oltre iJ caso individuale (cfr. ni che gli sono suggerite in fondo dal coraggio
il mi.fpaf hammelek di I Sam. 8, o, in 2 Reg. della fede e trascendono il dato empirico. Egli
17,27, la formula hOra 'et miJpaf 'elohé ha'a- parla del prototipo del giusto (!addik). In ana-
re!, affine a 42,4). Ma il Begrich può ritenersi logia con il Ps. 2 (~ o. 74), potremmo riferir-
nel giusto dove sostiene che questo annuncio ci alla linea messianico-regale.
d'instaurazione del diritto sta in strettissima
relazione con i giudizi benevoli di Jahvé che si 91 Alla fine delle sue confessioni il tormentato
concretizzano nella storia d'Israele; sono que· messaggero di Dio si lascia andare a maledire
sti che il Servo, come messaggero di gioia, de- la propria nascita (20,14 ss.). Il solo raggio di
ve annunciare, trovando in essi la sua sicurez- luce che lo illumina è il pensiero di non esser
za; di conseguenza la proclamazione della sal- solo a portare il suo dolore e di partecipare,
vezza alle genti si irradia dalla rivelazione del- nel suo dolore, al dolore di Jahvé. Ciò asseri-
la salvezza stessa nella storia, di cui Israele ri- sce direttamente parlando a Baruc (45,4 s.), e
mane il vero testimone avendo fatto l'espe- si può riconoscere indirettamente io 12,7 ss.
~ai:c; ilEou A 11 5 (\YI. Zimmerli)
to del proprio dolore. La sua soffe- sione? È essa il semplice risultato del-
renza è vicaria 98 . Nel contesto di que- la penetrazione nel segreto significato
sta profondissima intuizione (eh~ - e di una esperienza personale di dolore?
qui il riserbo del suo modo di espri- oppure è solamente obbedienza cieca?
mersi raggiunge l'apice - è proferita Ecco il secondo punto in cui il D eutc -
non dal Servo stesso ma da un grup- ro-Isaia va oltre Geremia: egli profes·
po di credenti tutti presi da questo sa la propria fede in Jahvé che farà
evento 99 ) la reazione propria del Servo giustizia al suo Servo oltre la morte e
a questi dolori è del tutto diversa da la sepoltura. A fianco della descrizione
quella di Geremia. Qui l'attitudine del- della totale sottomissio:1e al Signore,
lo 'ebed giunge a compimento. L::> 'ebed eh::: è propria della consapevolezza del-
;hwh sopporta in obbedienza e sotto- lo 'ebed dell'A.T., sta l'intuito liberato-
missione ciò che Jahvé decreta per lui re della fed:: nella fondament::ile fedel-
(53,6-10). In termini eh:: richiamano tà di Ja!wé al Servo che egli stesso ha
Ezechiele egli confessa la sua o'.:ibedien- chiamato. O, per dirla con i <lu ~ con-
za totale 100 • L'immagine di Geremia, cetti eh:: cm~rgono nella profe3sion{! di
della pecora condotta al macello, che fede del Se.-vo (49,4): il S'.!rv8 sa che
in I er. I I ,19 vuol espdmere la confiden- riceverà da Jahvé il suo diritto (miSpii!)
te innocenza del profeta fotto segno al- e la sua ricompensa (pe'ulla). Giustizia
le minacce 1°', orn è approfondita ad e- è la parola chiave che domina in 50,7
sprimere la silenziosa disposizione del ~3. Di fronte alle amare umiliazioni co-
Servo a portare il suo peso (ls. 53,7). nosciute, il Servo protesta qui la sua
ilCOncussa fiducia in Jahvé: «Il Signore
e) Qual è il motivo di tale sottomis· Jahvé mi aiuterà; perciò non sarò con-
98 ~ STAMM 68-75: sofferenza vicaria. L'uso invece sembra insinuata da Num. 20,12: Mosè
del termine sacrificale corrente 'iiiiim in 53,10 porta solo l'ira di Jahvé contro il suo popolo,
e dell'immagine degli animali uccisi (per quan- ma non si parla di colpa volontaria. Pe·r Ex.
to suggerita da Geremia) può indicare che il 32,30 ~ STAMM 71 .
pensiero del sacrificio non è del tutt:> assente.
Anche qui però tutto rimane ancora incerto. 9'J1J brano 53,T-ll a si trova nel COiltcStO di
Ci si potrebbe chiedere se, dati i chiari co11- due passi che danno luce all'insieme: 52,13-15;
tattì tra il Deutero-lsaia e il materiale dcutc- 53,11 b-12. Il secondo trntta il tema della so·
rcmomistico, non vi possa essere un riferimen- stituzione, in connessione con Is. 53,1-11 a.
to a Mosè, il grande servo di Jahvé, che fu 50,5. Si pensa qui a Geremia, il profeta che
i;ia
più che un profeta (~ BENTZEN 64-67, se- nella sua so.'.lerenza ebbe un momento di ri-
guendo H.S. NYDERG). Dcu/. 3,26, dopo che bellione (ler. 15,19)? Per mrh in connessione
Mosè ha pregato che gli sia concesso di entra- con la vocazione del profeta, vedi Ez. 2,8, ccc.
re nella terra di Canaan, gli fa dire: «ma Jah-
vé era adirato con m ~- per causa vostra». Qui 101 In Ier. 12,3 si parla di un amaro proposito
non si dice nulla di una colpa di Mosè, che dì vendetta contro i nemici (m'.lnca nei LXX).
-itai:ç l)eo\i A n 5 (W. Zimmerli)
fuso; per questo ho reso la mia faccia In ls. 53 è vano cercare una formula-
come un macigno, e so che non sarò zione didattica di ciò che significa la
confuso». Poi il discorso sfocia in un salvezza dalla morte icu, che pure è chia-
appello simile a quello che l'imputato ramente affermata. Dì ciò non si dice
rivolge al tribunale 102 , secondo lo sti- nulla. II pensiero sta nascosto sotto
le anche altrove preferito dal Deutero- l'immagine. D'altro canto, la promessa
Isaia: «Mi sta vicino chi mi giustifica: che Jahvé stesso sosterrà il suo Servo
chi potrà contendere con me? Misuria- contro la morte - così mos trando che
moci: chi è il mi0 avversario? Mi si av- il Servo gli appartiene inseparabilmente
vicini! Ecco, il Signore Jahvé mi soccor- - è inequivocabilmente confermata.
re; chi oserà condannarmi? Certamen- f) Un ultimo interrogativo. Tutto
te invecchieranno come un vestito; la questo è qualcosa di privato, che ri-
tignola li roderà» 103 . Come Giobbe, al- guarda solo il Servo e il suo Signore?
tro servo del Signore, in tutte le frustra- Fa impressione vedere come l'introdu-
zioni presenti sa che alla fine Jahvé gli zione alle parole finali di J ahvé ( 5 2 ,13
renderà giustizia, così fa qui il Servo di ss.) ponga in evidenza le conseguenze
Jahvé. In 52,13-53,12, d'altra parte, che l'incontro tra lui e il suo Servo pro-
questa certezza culmina nel pensiero del- ducono ìn una cerchia più vasta. I re e
la ricompensa che Jahvé tien pronta per i grandi della terra rimarranno sbalor-
il suo Servo. Queste idee ricevono un'en- diti (52,14 s.). Ciò che Jahvé intende
fasi stilistica ancor più alta dal fatto che parlando del carattere pubblico di que-
questo fastigio è espresso non solo con sto fatto può esser suggerito da Is . 49,
i termini della fede soggettiva del Ser- 7: «l re vedranno e si alzeranno, i prin-
vo, ma con Je parole di Jahvé stesso cipi si inchineranno a motivo del Signo-
che, dopo la comunità (53,1 -10a), par- re che è fedele, del Santo d'Israele che
la personalmente e offre al suo Servo ti ha eletto». Dunque, la giustizia resa
la garanzia finale. L'immagine della di- al Servo e la sua ricompensa torneranno
visione del bottino tGi vuol affermare a onore di Jahvé, e tutto il mondo rico-
che Jahvé renderà giustizia al suo ser- noscerà appieno la sua fedeltà. In que-
vo oltre la morte e la tomba ( 53,12) 105 • sto l'opera del Servo è compiuta.
lU7 Esattamente, 800 volte nel testo ebraico e MANN e F. BAUMGA~TEL, Beitriige wr Entste-
J in quello aramaico. b1111gsgeschicbte der Septuaginta [ 1923] ,55),
lOl! Testo di Rahlfs. Per le statistiche si usano
secondo wi Gen., a differenza del restante Pen-
in ltid. il testo B, in Don. i LXX (non Teodo- tateuco, occupa una posizione speciale, trova
zione dei grandi codici). ·Per Is. ~ ZmGLER, così piena conferma in un esnme della tradu-
Isaias. zione di 'ebed.
111 Nel Genesi la corte del Faraone (par' ob
109I numerosi passi con oouÀlu.. che si trova· wa'abiidiiw) è dettn ct>apcxw xat Ti i}Ept1..1tdu..
no in Swetc dal Rahlfs sono generalmente con-
mhou solo in 45,16. In 50,17 nell'autodefini-
siderati come itacismi e scritti nella forma oou- zione il titolo DEpa:n:wv è usato unitamente nl
ÀELCI..
nome del Dio dei padri : -rwv Dt:pu'lt6VTWV -rov
110 La conclusione di F. BAUMGARTEL (J. HERR- l>EOV 'tOU 1CC1."tp6<; O"OU.
3:q (v,673) 1tO:i:<; ~Eoii BI a-b (W. Zimmcrli) (v,673) 328
ca(-+ qui sotto). Ios.24,29 (LXX v. 30) b) Accanto agli scrm1 dell'Esateuco
pare sia determinato dal parallelo !ud. in cui è chiara solo la caratteristica ne-
2,8. Rimane los. 9,23, dove ooGÀoc; ri- gativa, emerge il gruppo dei libri da
corre nella maledizione sui Gabaoniti. Iud. a 4 Baa-., che invece presenta li-
È dunque evidente che oouÀoc; ricor- neamenti positivi. Qui solo i due ter-
re assai di rado in connessione con la mini 'lto:tc; e SouÀoc; sono usati per tra-
speciale tribolazione. della schiavitù. In durre 'ebed. E, per la verità, qui si de-
tutta la legge della schiavitù (eccetto Ex. ve notare la netta distinzione con cui
21,7,-+ sopra) abbiamo 'lta.i:c; (Ex.21,2. viene usato 'lta.i:c; per indicare solo la
20.32) e oìxÉ-c11c; (Ex. 21,26 s.), e an- categoria dei servi del re, che si offro-
che in formule di sottomissione (los. 9, no al suo servizio per libera decisione
8 s. l l ). Per quanto riguarda lo stile au- (soldati, ministri, ufficiali, ~ coli. 284
lico dell'autode.finizione, troviamù m~i:c; ss.). Invece oouÀ.oc; denota il vero stato
in Gen. 18,3.5, e altrove, e olxÉ"t'l}c; in di schiavitù 112, quale si ha in uno che è
Ex_ 5,16 e nello stesso versetto anche costretto ad essere schiavo, anche nel ca-
'ltcti:c;. Di qui l'uso passa nella professio- so di vassallaggio di un re (2 Bct<T. ro,
ne di umiltà di fronte a Jahvé. Giacobbe r 9 ). Questo termine è adoperato con
può de.finirsi 'ltcti:c; ( Gen. 32, II) e Mosè tutta naturalezza nel discorso sprezzante
(Ex. 4,10) Ì}Epci'ltw\I di Dio. Anche do- di Saul (I Bo:o-. 22,8) o persino di Nabal
ve l'appellativo è usato da solo, Mosè, quando inveisce contro David ( 1 Ba.o-.
il servo di Jahvé, è designato come Ì}E- 2 5 ,IO), anche quando si riferisce a uno
pci'ltW\I (Ex. 14,31; Num. 12,7 s.), i pa- che, considerato oggettivamente, sareb-
triarchi come oÌxÉ·mt (Ex. 32,13) e Ca- be nella condizione di 7ta.i:c;. Queste con-
leb (Num. 14,24), ed anche Mosè (los. siderazioni ci inducono a concludere che
1,13; 12,6, ecc.), come 'lta.i:c; xuplou. SouÀ.oc; è usato in tutto il parlare ceri-
Anche qui ciò che veramente sorprende monioso, sia che uno parli di se stesso o
è l'assenza dcl nome oouÀ.oç, che invece di un ~ltro 113 • Se lo 'ebed hammelek di
è qm~si esclusivo nella terminologia re- 4 Bo:cr. 22,12 viene designato come oov-
ligiosa da I ud. fino a 4 Ba.cr. Àoç -cou {3ctcnÀ.Éwç, ciò avviene perché
Ancora una breve osservazione per il si valuta erroneamente il suo ufficio,
cantico di Mosè. È da notare che qui scambiandolo per un servizio umile. Di
il v. 36 costituisce il solo testo dell'E- regola Ja distinzione è mantenuta cosl
sateuco ove si incontra l'idea religiosa accuratamente in tutti e cinque i libri,
di ooGÀ.oc;. D'altronde il V. 4 3 è il solo che, dove sembra che ci si scosti da
passo in cui 'ebed sia tradotto con ut6i;. questa linea, ci si chiede seriamente se
Cosl, con enfasi insolita sono sottolinea- il traduttore non abbia desiderato e-
ti entrambi gli aspetti di 'ebed (cfr. an- spl'Ìmere una leggera sfumatura, non
che ~ n, coli. 1429 s.). Possiamo pen- contenuta nel testo ebraico (2 Bacr. 12,
sare che la traduzione di Deut. 32 abbia 18 s.; 15,34; dubbio 21,22). Confor-
la medesima storia del resto dell'Esa- me a quanto è stato già detto, rilevia-
teuco? mo che nell'aÙtodesignazione umile,
m Gli schiavi di Seb:i (2 Bau. 9,10.12; 19, 113 Ahimelec a proposito dei servi di Saul ( 1
18), il quale pure era 1ta~<; della casa di ·Saul, Dau. 22,14), chiamati 7ta~lìE<; in una narrazio-
(9,2); lo schiavo egiziano di un amalecita (1 ne oggettiva (vv. 6 s.), o Seba quando parla di
Bau. 30,13). se stesso in stile curiale, mentre ~ presentato
come 1ta~c; nello stesso versetto (;i. Ba'.T. 9,2 ).
~rx.~c; i}Eou B l b-d (W. Zimmerli) (v,674) 330
114 Il passo di 3 Ba<r. 8,59 LXX (B), in cui, 117 ~ IV, col. 498 . Come ikpaotda, cosl anche
contrariamente al T.M., Israele stesso pare es- l}Ep1btw\I e l}Epet1tEUEW sono condizionati dal-
sere il servo, potrebbe essere un errore di tra- l'uso cultuale pagano. Ciò mantiene il suo va-
scrizione causato da omeoteleuto; dr. Rahlfs. lore anche di fronte alle obiezioni di J. BARR,
115 Si può ritenere certo che Giosuè fu tra i Tbc Semantics o/ Biblica/ Language ( 1961}
primi scritti tradotti, e che l'Esateuco, che 254. Circa l}Epet'fl'EU!J.l cfr., in aggiunta ai passi
comincia a porre seri problemi alla critica co- citati ~ IV, coli. 488 s., w. DITTEMBERGER,
me complesso letterario (M. NoTH, Oberliefe- O.G.I.S. (1903-1905) 90,40, e Dion. Hai. 2,21.
m11gsgeschichtliche St11die11 I [ 1943 ] 253), per Per DEpa1tEL<X. cfr. 1 Brx.:r. l 5,2 3, cod. B.
il periodo della traduzione può essere conside-.
rato come una serie compatta di scritti. m Anche nrx.i:ç e oixÉ·n1:; esprimono una re-
lazione familiare del servo più forte che in
116 Cosl P. KATZ, il quale in Philo's Bible
oovÀoc;.
( 1950) 6, n. l e Appendice I 141-146, ha dimo-
strato, riferendosi alla traduzione di Jm;m, che 119 Le varianti posteriori mettono oouÀoc; an-
tali metodi di versione si riscontrano veramen- che nell'Esateuco; cfr. per es. il cod. Ambro-
te. Circa l'uso di 'Jt'a.i:c; e oovÀoc; in Filone, sianus per Jos. 1,1.15 e il '.:Od. Alexandrinus
vedi ibid. 83-87. per 14,7.
331 (v,674) 1tet~<; i!Eou B l d (W. Zimmerli) (v,675) 332
nei due grandi gruppi della prima par- designa il profeta stesso, Eliacim e Da-
te dei LXX . Le linee notate sopra in- vid; nel Deutero-Isaia Israele e il Ser-
cominciano a farsi confuse. Uno sguar- vo profetico 124 (~coli. 333 ss.). Possia-
do d'insieme rivela che la traduzione mo ricordare anche Daniele, dove i 12
di 'ebed con ~EpcbtW\I, che è la più au- casi (sette dei quali con senso religio-
dace e lontana dall'ebraico, va quasi so), sono tradotti tutti con 'lta.ic; 125•
completamente scomparendo. A patte In Geremia la confusione delle espres-
la menzione in Is. 54,17 120, essa appare sioni colpisce in modo particolare.
ora solo in Giobbe, ove torna a predo- Mentre la formula «i miei servi, i profe-
minare 121 . All'uso rigoroso di oou)..oc; ti» nella prima metà del libro (7,25;
s'attengono i Salmi, che, mentre hanno 25,4) è resa con lìouÀ.oc;, più avanti tro-
'lta.Lc; tre volte in tutto 122, impiegano in- viamo 'lta.ic; in 26,5 (IEp. 33,5); 35,15
vece oou)..oc; 53 volte. In Ezechiele tut- (42,15); 44.4 (5r,4). In 46,27 (26,27)
ti e cinque i passi in cui 'ebed ha valore Giacobbe è chiamato oouÀ.oc;, ma subi-
religioso recano In traduzione oovÀ.oc; to dopo è detto 'lta.i:c; (v. 28). Che il
(detto di Giacobbe, di David e dei pro- rapporto dei LXX con I er. nasconda un
feti); altrettanto avviene in tutti i cin- problema speciale 126, è suggerito dalla
que passi religiosi dei profeti minori (do- frequente omissione del termine corri-
ve il nome designa Mosè, David e i pro- spondente a 'ebed nei più antichi mano-
feti) e nei due di Esdra ( = i profeti e la scritti. I più recenti son soliti aggiunge-
comunità di Gerusalemme) 123 • Poi vi è re per lo più oou)..oc;. La confusione rag-
Isaia. Tutti e tre i testi con 'ebed in giunge il culmine in Neemia e nelle
senso religioso del Proto-Isaia e ·14 dei Cronache, dove non è possibile scopri-
20 testi religiosi del Deutero-Isaia re- re un qualsiasi principio che spieghi
cano la traduzione mx~c;, che in Isaia l'alternarsi di rta.i:c; e oouÀ.oc; 127 • In
120 Nella forma uEpaitEUO\l"t:E<; (xupiov), che sempi di lìouÀo<; (56,6; 63,17; 6;;,9) si trovi
può indicare che in 'bdj jhwh è stato avvertito sei volte la forma liouÀEuwv (65,8.13-15), che
un senso verbale. esprime ancor più l'obbedienza attiva dcl ser-
121 In 9 casi su 12 'ebed è tradotto con ilEpa- vo. Solo una volta 'ebed è tradotto con <TE~6-
m»v; in 5 di essi Giobbe è detto servo di Dio. µEVoc; (66,14; Origine e Luciano: q>o~ouµE
Solo l,8 traduce con ita~<; in senso religioso. vo.;).
Anche qui i LXX (cod. A) assimilano, mentre 12; Teodozione traduce sei volte con lìovÀo;
in 42,8 il cod. A, assieme ai LXX (cod. V), nel (sempre intendendo 'ebed in senso religioso);
primo dei 3 casi rimpiazza ftEpibtwv con 1tet~c; . solo in 3,28 (.6.CY.v. 3,95) usa con valore religio·
12! 1Ji 85,16: l'orante che sente bassamente di so 1tC1.tc;.
sé; 112,1: designazione della comunità riunita 12h P. VOLZ, Der Propbe{ ]eremia = Komm.
per il culto; 17,1: attributo di David nella zum A.T. x (1928) L; W. RuoOLPH, }eremia
premessa al salmo. = Handbuch zum A.T. II 12' (1958) xix s.
m In entrambi i punti della trascrizione in l ni Il confronto còn i testi paralleli in l-4 BCY.':i.
Ecrlìp. il &ouÀoc; è sostituito da mx~.;. Cfr. 2 ci permette di riconoscere la tendenza genera-
Ecr!ìp. 5,u; 9,u con 1 Ecrlìp. 6,12; 8,79. le a introdurre i testi con mxi:c;. Ln distinzione
m È assai sorprendente che nella traduzione tra itCY.i:c; e liouÀo<;, che nei libri dn lud. a 4
del Trito-Isaia ci si acco3ti all'uso puro di lìov· Bacr. si può chiaramente constatare, qui vie-
Àoc;. Abbiamo visto(~ coli. 294 ss.) che in Is. ni! invece a scomparire del tutto, e non è pos-
56-66 la distinzione di uomo pio ed uomo em- sibile ravvisnre alcuna idea conduttrice. Cfr.,
pio era espressa decisamente. Cjò forse spie- per es., l'oracolo di Natan in .i Sam. 7 con I
ga come nella traduzione greca, contro tre e- Chron. 17. In sette dei dieci testi in cui si può
333 (v,675) 1tai:c; aEou Bi (W. Zimmerli) (v.6761334
stabilire il confronto 'l'ta~c; ha sostituito oou- W àvriyyel)..aµEv., che ilppare nelle versioni,
)..oc;, che ricorre solo in 2 Sam. Così ancora nel dev'essere senza dubbio considerato, con ---+
dis~orso di Jahvé su David troviamo mescola- ZiliGLER, Isaias, ad/_ e 99, una corruzione te·
ti 1t<XLOrX µou (17,4) e "t4) oouÀtii µou (17,7); st:?alc; nel v. 2 si deve leggere àvÉ-tEt)..E µi:v
nelln formula umile pronunciata davanti a tvu.vi:lO') m'.rrou wc; TCa•.o~ov. Cfr. un tentativo
Dio, 'l"ou 7ta~o6ç uou (17,25) a fianco di i:èiv di interpretare il tes:o tr:ismesso in ~ EuLF.R
ooii)..ov 0-0U (17,26)_ Ancora, in 1 Chron. 18,6 22-23.
~ .. dove il parallelo 2 5am_8,6 s. mostra una
l3J àva'l"oÀ·~ è trnduzio:1c <lei messianico se-
notevole differenziazione tra >tate; e oouÀoc;, si
ma{1, ---+ r, coli. 949-952.
usa uniformemente 1.aì:ç.
u1 O'J i:p67tov lxu-ci]uovi:m ... o\hwç àoot:.n·
vEL ... oihwç Dau1.L6.o-ov-tat...
335 (v,61GJ ICUL<; :>Eou e (Joach. Jeremias)
132 v. 2: oux fo-m1 dlìoi;; v. 4: cpÉpE~... 61ìu- 139 Il vocabolo cpwç in 53,11 trova ora confer-
vCi'ta~; v. 8: u(pE'tct~. ma nella tradizione ebraica; dr. The Dcad Sea
BI Così specialmente -4 EuLER 101-107. Scrolls (-4 n. 69), tav. 44, r. 19.
J3I 52,14 •: oìi-fwç alìO~TJO'E~ Ct'ltÒ avf)pW1tWV
140 ,53,9: xat 8w:rw 'toùç 7tOvlJpoù; &:v'TL 'tijc;
'tÒ dlì6ç O'OU xat Ti lì6sa IJOV Ct'ltÒ 'tWV 6.vD,,W- 'tUqJijç IY.U'tOU xai 'tOÙc; 1tÀoucrlouc; Ct'J'tt 'COU
TCW\I .
Ùa\la'tOU ctV'tOV.
m L'intero passo di 52,14 nei LXX appare co·
;ne una parola di Dio al Servo. 141 -4 HEGERMANN I 37.
13:. 52,13: <1\Jvi}O'n .•. ùljiwl>1)0'E'tUt... lio!;uuDii- 14~ Verso la fine del 11 sec. a.C. quasi tutto
O'E'trlL. l'A.T. era già stato tradotto dai LXX. La testi-
m Cfr. -4 ZIEGLER, Untersuchungen 24-25. monianza del prologo dell'Ecclesiastico e quel-
llS ,53,8": lht ut9E'tct~ ti:1tò 'ti)ç yi)i; Ti l;w'JÌ la della Lettera di Aristea ce ne fanno convin-
mhou, d.TCb 'twv civoµiwv 'tou À.aov µou ti. Perciò la trattazione del susseguente uso di
ilxl>11 dc; Mva'tov. -p;a~c; ùEou parte circa dal xoo a.C.
mt.~c; !IEOU C 1,1 (J0:.1Ch. jcrcmias) (V,677) 338
( = 3 Esdr.) 6,12.26; 8,79; in Filone 143 13) 149 • Qui gli empi dicono che il giu-
e Giuseppe 141
solo una volta (Philo, sto 'lta~ba xuplov Èrxv-còv Èvoµ6:.t,EL. Da-
con/. ling. 147; Ios., ant. ro,215); final- to l'uso linguistico dei LXX(--? coll.325
mente nelle più recenti traduzioni gre- ss.), la traduzione 'servo di Dio' sem-
che dell'A.T. (Js.42,1 [Teodoz., var.--? brerebbe preferibile 150 • Ma nei versetti
col. 35r]; ler.30,ro [Teodoz.]; ~av.3, che seguono si rileva che il giusto si
95 [Teodoz.] ; Deut. 34,5 [AÀ.À..]). vanta cli Dio come di suo padre {2,16),
e in 2, x8 egli è designato come utoc;
Ì}EOu 151 • Dal momento poi che nella Sa-
I. Il duplice significato di 1taic, Ì}Eov
pienza troviamo che le forme al plurale
Per lo più il contesto e l'uso linguisti- nai:ÒEç Ì}EOu e vloì. i)EoiJ sono intercam-
co mostrano se il significato sia quello di biabili, la traduzione 'figlio di Dio' de-
'figlio di Dio' o di 'servo di Dio'. In- v'essere considerata quella giusta 152 •
certi sono 2 Mach. 7,34 (--?qui sotto) e Ora in Sap. 5,1 ss. si designa il giusto
Bar.J,37 (--? col.339). con termini derivati da Is. 52,13 ss. (~
coli. 352 s.). Ciò vuol dire che il servo
l. na..i:c, ~Eou = figlio di Dio sofferente del Deutero-lsaia, a causa
del duplice significato di 1tai:c,, nella
Il plurale mx.i:oEc, ikoG, nel senso di Sapienza è divenuto il figlio di Dio che,
'figli di Dio', ricòrre in quattro passi del- nonostante i patimenti e la miseria, sa
la Sapienza come designazione del po- di essere al sicuro col Padre suo e di
polo d'Israele (12,7.20; 19,16) o degli ciò si rallegra. Lo scarso numero di vol-
uomini pii {9,4) 145• Esso ha lo stesso si- te in cui nate, ì}EOG significa 'figlio di
gnificato nell'unico testo in cui lo usa Dio' si spiega solo parzialmente con l'u-
Filone (con/. ling. 147) 146• Anche in 2 so linguistico del giudaismo ellenistico,
Mach. 7 ,34, dove gli Israeliti sono chia- il quale preferisce vlòc, 'tOU i>Eou (tal-
mati oi oùp6:.'lno~ .,-çai:OEC,, è probabile che volta -cÉxvov -coli i}Eou) per dire 'figlio
si debba intendere 'figli di Dio' 147 piut- di Dio'. La vera causa del fenomeno v:i
tosto che 'servi di Dio' 148 • 1tai:c, Ì}Eou al cercata nel tardo giudaismo, che per in-
singolare con il significato di 'figlio di dicare la relazione dell'individuo o del
Dio' si trova una sola volta (Sap. 2, popolo rispetto a Dio si serve meno del·
to cnsuale che nelle traduzioni gteche gli Israeliti 100 e i profeti 167 • Di nuovo
successive al mo a.C. (diverse dai LXX, vi è che, in contrasto con l'uso vetero-
dove 7tai:ç si alterna con &oi.iÀoç) man- testamentario, dove è piuttosto rara e
chino esempi di 'ita~c; (di Dio), e siano qua~i sempre limitata agli scritti tl,lrdi-
attestati solo ùouÀoç e OLaxovoc; (di vi 168, l'espressione 'servi di Jahvé' ri-
Dio,~ alla fine delle nn. 166.183.184). corre con crescente frequenza 169 per in-
È chiaro che in tali versioni si intende e- dicare gli uomini pii. Anche i sacerdoti
sprimere la consapevolezza che l'orante sono chiamati così 170 a imitazione del-
ha della distanza da Dio. 1'A.T. 171 • Inoltre, talvolta sono chiama-
2. Il plurale 'servi di Dio'. Parimenti ti così i proseliti 172 , i genitori 173 e gli
il plurale 'servi di Dio', come nell'A.T. nngelì 174 •
(~ coll.294 s.) lbS, indica correntemente 3. L'uso linguistico collettivo. Il nuo-
Kleine Texte 58, ed. H. LIETZMANN [ 1930] 1taUiwv crou (scii. di Dio) -rwv >tpoqin-rwv ( u-
6). 'bdkh (di Dio): frequente nei testi di Qum- s:tto come una formula; dr. IEp. 33,5; 42,15;
rnn. laljilk nel discorso rivolto a Dio in umil- 51,4). oovÀo~ (di Dio): tJ.r1,v. 9 ,6.10, Teod.
tà, èe11. 18,3 syr••• (Targ. 011kelos and Jo11a- (LXX: 'fttX~lìEç llEoii), dr. Apoc.n ,8. VT-T]pÉ'ta.L
tha111: 'bdk [= ebr.]); nel Targum samarita- (di Dio): Philo, decal. 178. Ù1toot<XxovoL (di
no, pubbl. da A. BRULL [ 1879]: smskwn. OOV· Dio): ibid. 'bdj' (di Dio): Tg. ls. 50,10 . An-
to, (di Dio): Sap. 9,5; ti.a'' · ~.3'H4 (Teo::!.; che nei testi di Qumran i profc<i sono ripetu-
anche i LXX); 9,17, Teod. (LXX: 1ta.~c;); 2 tamente chiamati 'servi di Dio' (r QpHab. 2,
Mach. 8,29. olxÉ-rTJc; (di Dio): r E,-S?. ( J = 9; 7,5; I QS 1,3; 4 Qpl-los b. 2,5).
Esdr. ) 4,59. oLcl.xovoc; (di Dio): Flav. Ios., beli. 1:.s - > LINDHAGEN 233-262.
3,354. Conservato soltanto in traduzione lati-
169 7tG.tlìEc; (di Dio): Flav. Ios., ani. 10,215 (det-
na, siriaca, etiopica, amba e armena: 4 Esdr.
to dci tre giovanetti nella fornace, come ti.rxv.
5,45.56; 6,12; 7,75.102; 8,6.24; rn,37; 12,8;
3,93.95, LXX; 3.95 . Teod.). !ìouÀoi. (di Dio):
13,14; solo in siriaco Bar. syr. 14,15; 48,rr ;
54,6; solo in latino Pseud.-Philo, a11t. bibl. 18,
2 Mach. 7,6 ( = LXX Deut. 32,36).33; 8,29;
Ps. Sal. 2a7; 101 4; Philo, del . pot. i11s. 146;
4; 25,6; 27,7 (due volte); 42,7 ; 47,1 s.
rer. div. her. 7; Flav. Ios., aat. 11 ,90.101; ti.a.v.
155 Gli Israeliti: ~ LINDHAGEN 82 ss.; i pro-
3,85 (Te:>:!.). i>Epa7COV'tEc; (di Dio): Philo, det.
feti: ~ ibid. 277-280; ---> col. 304. pot. ins. 62. 'bdj' (di Dio): T g. Is. 42,19 (--,) n.
1
~ fob.23,30; Bar. syr. 14,15. 7CtXr5Ec; (di Dio): 219); 44,26 (~ n. 221). L:i presentazione dei
1 Ecrlìp. ( = 3 Esdr.) 6,12; Sib. 5,68 (per 2 pii come otxÉ-rm (di Dio) i:1 Ecclm 36,16 (22)
Mach. 7,34 ~ 677,5 ss.). lìoiiÀoL (di Dio): 2 (ccdd. AS) è originale, come dimostra il testo
Mach. 7,34 ~ [ var.); 8,29; Philo, migr. Abr. ebraico ('bdik) . La lezione lxE-rwv (supplici),
45. Secondo Flav. Ios, ani. II,101 , nell'editto invece di otxE-rwv, è dovuta a un errore di
di Ciro gli Ebrei son detti lìoiiÀoL -roii lleoii; scrittura.
ibid . 90 essi chiamano se stessi ooiiÀoL -rou µE - 110 i}Epa7tov-rEc; (di Dio): Philo, spcc. leg. 1 ,
yl<r-rou llEoii. L'espressione lìoiiÀoç llEoii, co- 242; nello stesso libro ( u 6) il sommo sacer-
munque, è rara in Giuseppe (cfr. ScHLATTER, dote è chiamato Ù'ltooLaxo·;oc; (di Dio). ÀE~
T beo/. d. Jude11t11ms 49 s.). Sia nell'autodesi- -roupyol i>Eov (spcc. leg. 4,1?1 ).
gnazione dell'orante (--,) n. 164) sia nella desi-
lii ~ LINDHAGEN 107- 120.
gnazione degli Israeliti come servi di Dio è
notevole la prevalenza di /ìoiiÀoc;. 'bdjm (di m 'bdjm (di Dio): Mek. Ex. 22,:zo . mirtjm (di
Dio); dr. .M. Ex. 22,20; S. Num . 15.41 § II5, Dio): ibid. I LXX in Is. 66,q traducono 'ìib1/-
e anche certe preghiere (~ n. 164). ' bdj' (di dim (di Dio) con <1EP6µEVOL au-r6v (codd. SA)
Dio): Tg. Is. 48,20. mfrtjm (di Dio): M. Ex. o con qioPovµevoL o.ù-r6v (co:I. Bl. e pensano
22,20 . senza dubbio ai proseliti.
161 7ta.~oEc; (di Dio): 1 Ecrlìp. (J Esdr. ) 8,82 ; 17J U7tTJpÉ-rm (di Dio) : Philo, tlmd. l 19.
Bar. 2.20,24 (b tutti e tre i passi si ha -rwv m ooi:iÀo~ (di Dio): Ps. Sai. 18,22. llepa7to·;.
343 (v,679) 'ltl.tt<; l)eoù e 1113-4 (Joach. Jeremias)
'tE<; (di Dio): Philo, fug. 67. Ù11T)pÉ-l'a.~ (di elencati alla ~ n. 175 nel tardo giudaismo pa-
Dio): Philo, 111111. nom. 87; som. 1,143. ùno- lestinese, ""' coli. 354 s. Dobbiamo qui far nC>-
&axovo~ (di Dio): Philo;spec. leg. •,66; Abr. tare che Tg. Is. (che segue il testo ebraico) 41,
115. mfrtjm (di Dio): Hen. hebr. 1,8; 4,1; 6, 8.9; 44,1.2.21 (due volte); 45,4; 49,3 conserva
2 s.; 19,6; 40,1. smsjn (di Dio): M. Ex. 20,23 l'espressione 'servo di Dio' e la intende in ri-
par. R.H. b. 24 b; Tg. Is. 6,2 ecc. In Philo, ferimento alla collettività di Israele; solo in
spec. leg. l,31, i corpi celesti son detti ùn:oB~tl. 48,20 ha sostituito il singolare dell'ebraico con
xovo~ bEOV. In Hul. b. 60 a il sole è descritto il plurale.
come uno degli 1m1jn di Dio. JTI Bar. 3,37: Ia.xw(i -r[il n:mlìt o:.u-.ov xal
m Is. 41,8.9; 44,1.2.21 (due volte); 45,4; 48, lupan).. -t4l 1)ya'l1:T)µÉv~ ùn:'a.ò-i:ov (dr. LXX
:w; 49,3; a questi va aggiunto un decimo te- Is. 44,2: 1ta.t<; µou Io:.xw~ xo:.t -i}y0:.1tT)µÉvo<;
sto, quello di Is. 42,1 dei LXX: Iaxw~ ò n:ai:<; lupa.T)).. 8v Él;E)..E!:,ILµ'l)v); Ps. Sai .12 ,6: lo-pa.1)À.
µov (nel T.M. solo 'abdi), ~ col. 351. Oltre 1t1.ttlìa. «Ò-rov (scii. di Dio); 17,21: Iapanì.
che nel Deutero-Isaia, ricorre ancora nel testo 1ta.t06. o-ou (scii. di Dio); dr. Le. 1,54 (riferi-
ebraico di Ier.30,10 (che manca nei LXX, men- mento a Is. 41,8) 4 col. 393; testi rabbinici
tre Teodozione ha 1ta.t<;); 46,27 s. ( LXX = alla 4 n. 213.
IEp.26,27: Bou)..oc,; 28: mxi:<;); Ps. 136,22 (= 178 G. SASS, Zur Bedeutung von lìo\i)..o<; bei
LXX l}I 135,22: lìov)..oç); per Ez. 28,25 e 37,25 Paulus: ZNW 40 (1941) 24-32, nota giusta·
~ n. 4r. Inoltre senza equivalente ebraico:
mente che l'attributo di 'servo di Dio' nell'An-
LXX 3 BM. 8,34 (codd. BA); 16,2 (cod. A); tico e nel N.T. comporta l'idea di elezione di-
l}I 134,12 (codd. SA): (tutt'e tre le volte: ~}oij. vina. Il punto focale non è la prontezza a ser-
)..o<;). In questi casi 'Giacobbe' e 'Israele' han- vire da parte dell'uom:J interessato, ma la de-
r.o significato collettivo. Poiché l'applicazione cisione divina.
di questo titolo al popolo 'il mio servo Israe-
179 S. Deut. §§ 27 a. 3,24 reca una lunga lista
le', 'Giacobbe' [con valore collettivo]) non è
di personaggi presentati nell'A.T. come 'servi
attestata con certezza nell'A.T. prima del Deu-
tero-Isaia, in tutti i passi va presa in conside- di Dio'.
razione l'influenza di quest'ultimo. Cfr. ""' 13~ È significativo che Filone muti l'espressiC>-
BENTZEN 63, e ~ n. 3.5· ne APpaaµ -.ou n:o:.Llì6<; µou (LXX Gen. 18,
17) in A~po:.o:.µ -.ov q:il)..ou µou (sobr. 56). Cfr.
176 Per es. Ier. 30,10 (Teodoz.): c1'ÌJ lì~ µ-i) q:io-
KATZ, I.e. (~ n. n6).
~ov, 1t1.tt<; µou la.xw(3 (syr•• 1 : tal'jlj; T arg.:
'abdi). Per la traduzione e l'interpretazione l3I Flav. Ios., ani. 5,39.
collettiva dei testi del Deutero-lsaia sul Servo 1s2 Flav. Ios., ani. 10,215.
345 (v,679) (v,680) 346
nore è ben acquJS1to solo per Mosè 183 , 5. 'Servo di Dio' come indicazione
meno frequente per David l&-1 e solo oc- del Messia. Inoltre 'servo di Dio' indi-
casionale per Noè 185 , Abramo 186, Isac-
co 187 Giacobbe ma Giuseppe 187 b A- ca il Messia. Nello stesso A.T. il Mes-
ronn~ 188 , Elia 1s9 e i tre giovani ~ella
1
18> Di Dio egli è mxi:ç (Bar. 1,20; 2,28 [in en- 186 2 Mach . 1,2: APpaa1.1. xet.t foaax xat Ia-
trambi i testi in una medesima preghiera pe- xwf3 -rwv liouÀwv wh-oii (scii. di Dio) itL<T-rwv
nitenziale]), oovÀ.oç: (Flnv. Ios., ant. 5,39 [in (in una benedizione); Bar_ syr. 4,~ (discorso di
una preghiera), dr. Apoc.15,3), ilEpétitwv (Sap. Dio); Ps.-Philo, nJll. bibl. 6,n: serve Dei (A-
10,16 [lode poetica della sapienza divina], dr. bramo); 7,4: puerum me11111 Abraha111 (due
r Clem. 51,3.5; 53,5; Dnm. 14,4), servus (Ps.- volte; discorso di Dio).
Philo, ani. bibl. 20,2), 'ebed, 4 Esdr. 14,31, te- 187 ~n. 186; Au.v. 3,35 Teod . ( = LXX): liLà
sto siriac:o (ultime parole di Esdra al popolo); Icmax 'tÒV oouMv :rou (preghiera).
vedi c:ol. 344 (formula di confessione dei pec-
187• ~ n. 186; 4 Q tesi. Levib 2,10 (ed. J.T.
cati). Le successive traduzioni greche chiama-
MILIK: RB 62 [1955] 400).
no Mosè liouÀoç di Dio: Ex. 4,ro (Aquila),
187 • Ps.-Philo, a/li. bib/. 43,5 (puer meus [scii.
los. l,15 (Aquila, Simmaco, Teodoz.), Au.v. 9,
I I (Teod.); solo Deut. 34,5 (AÀÀ.) ha 'ltet.i:ç di Dio]J.
x.uplou. 188 Hen . hebr. 2,3: mfrt (di Dio).
ld4 Il titolo di 'servo di Dio' è dato a David lSJ La terza benedizione dopo la lettura dei
solo nelle preghiere (eccetto che nelle tradu- profeti nel servizio del culto: «Rallegraci, Jah-
zioni tardive dell'A.T .); I Mach. 4,30 (-roii vé, nostro Dio, b'/jhw h11bj' 'bdh (HrnscH,
liov)..ou crou Aet.uLli); r QM u,2 (dwjd 'bdkh); o.e. [ ~ n. 184] 342 ).
4 Esdr. 3,23; la xv delle 18 Benedizioni in una 19J Flav. Ios., ani. 10,215: -i:oùç mx~oac; 'tau
variante della recensione babilonese (dwd [ + ~EOu. ~ n. 169.
'bdk]; un'antica preghiera di Musaph per il 191 l Eulip. ( = 3 Esdr.) 6,26 : -ròv 7ttti:1ia -i:oii
novilunio, nella benedizione xvn (xvi), dice: xuplou Zopopape)..,--+ n. 195·
zkrwn msjl} bn dwd 'bdk (W. HEIDENHEIM,
192 Aav. 6,21 (Teodoz.): ò lioii)..oç -rou ~eoii
spi 'mt (1886] 21; S.R. HrnscH, sdwr tplwt
-roii !;wv-roc; (vocativo).
ifr't lsraels Gebete [ 1921] 146.274.624); la
193 Aav. 3,95 (Teodoz.): itai:liec; (di Dio); 3,93
haggada pasquale ubmaqhaliJt, che prec<:de la
benedizione del quarto calice, dice: dwd b11-jfj (Teodoz.): lìouÀoL (di Dio).
'bdk msjf1k. Cfr. Le. i,60; Aci. 4,2_5; Did. 9,2 19~ l ,oj.; rn,3; 48 e I. D l (il XVll dci 70 nomi).
(in tutt'e tre i testi: 'ltet.~ç); anche queste pri- D 9. Anche in tempi più recenri il Meratron è
mitive testimonianze cristiane sono in preghie- detto 'ehcd jbwh. (~ OoEBERG, 3 E11och Il
re. Le traduzioni greche posteriori dell:i Bib- 28). È chiamato anche 11a'nr (He11. hebr. 2,2 ;
bia chiamano sempre David liouÀoc; (di Dio): 3,2; 4,1), ma questo termine, qui come altrove
3 Ba<T. 11 ,36 (Aquila, Simm.); 14,8 (Aquila); (esempi in OoEllERG, 3 Enoch II 173), è equi-
q, 35,1 (Aquila, Sìmm.); ls. 37,35 (Aquila, valente di 'ebed nel senso di 'servo'. - n. 256.
Simmaco, Teodoz.). 195 Cfr. inoltre Ag. 2,23, dove Zorobabclc è
185 4Esdr. 3,u testo armeno (preghiera). 4 chiamato 'abdi (LXX: -i:òv /)oiiMv µou) e rice-
Esdr. 3,11 (preghiera), testo armeno. ve la promessa che sarà «come un sigillo».
347 (v,680) 7tci.i:c, lkou Cm (Joach. Jcrcmias) (v,681) 348
(var.).29; Bar. syr. 70,9 ('il mio servo', III. Interpretazioni dei passi del 'Servo
il Messia) 1%; Targ. Is. 42,1; 43,10; 52, di Dio' nel Deutero-1 saia
13; Targ. Zach. 3,8 ('bdj mijp'); Targ.
fa:. 34,23 s.; 37,24 s. ('bdj dwd). Gli e- In riferimento al N.T. è di partico-
sempi sono tutti qui. Del tutto sor- lare importanza notare come il tardo
prendente è l'assenza totale della pre- giudaismo interpretò i passi con 'ebed
sentazione del Messia come 'servo di del Deutero-Isaia. Se eccettuiamo tre
Dio' in tutto il resto della letteratura passi in cui personaggi storici sono
rabbinica, eccettuate le citazioni. (Per chiamati da Dio 'abdt, 'servo mio' (ls.
le ragioni di questo silenzio~ coll. 386 20,3 [Isaia]; 22,20 [Eliacim]; 37,35
ss.). Così in tutto l'A.T. e nella lette- [ David] ), in tutto il libro 'servo di
ratura ebraica recente la denominazio- Dio' al singolare ricorre solo nei capp.
ne del Messia come servo di Dio ricor- 41-53, per un totale di diciannove vol-
re sempre e solo nella forma J il mio ser- te: 41,8.9; 42,r.19 (due volte); 43,10;
vo', e solo in bocca a Dio. Abbiamo 44,1.2.21 (due volte) .26 (ma ~ n.
qui una frase biblìca che fu in uso si- 221); 45,4; 48,20; 49,3.5.6; 50,10;
no alla fine del l sec. d.C., e poi dispar- 52,13; 53,II. Per studiare l'interpreta-
ve, rimanendo solo nelle citazioni. 'Ser- zione di questi passi nel tardo giudai-
vo di Dio' come vero titolo del Messia smo è essenziale evitare tutte le varie
non esistette mai nel giudaismo, come e troppo comuni fonti di errore. Prima
dimostra il fatto che si trova solo in di tutto si tenga presente che, come la
bocca a Dio. distinzione tra Proto-, Deutem- e Trito-
Isaia, così anche la delimitazione mo-
dcrna dei canti del Servo è completa- stesso livello di quelle palestinesi.
mente sconosciuta in quel periodo. Per-
ciò lo studio non dev'essere limitato a
r . Il giudaismo ellenistico
questi ultimi o al solo Is. 53. Poi ci si
deve rendere conto che il carattere a- a) Mentre i LXX per lo pitt traduco-
tomistico dell'esegesi di quel tempo no lo 'ebed jhwh dei Deutero-lsaia con
non ci permette di presupporre una in- 1ta.i:c::; 199 , ma tre volte anche con oov-
À.oc; 200, in seguito oovÀ.oc; non designa
terpretazione uniforme dello 'ebed. Il più il Servo di Dio dcl Deutcro-Isaia, il
Targum di Isaia, per esempio, spiega quale nella lettetatura ellenistico-giudai-
certi passi sul Servo riferendoli al po- ca successiva ai LXX è sempre detto
1ta.i:c; 201 • Cosl fino al roo d.C. A causa
polo, altri ai profeti e altri ancora al
dell'ambiguità di -rta.i:c; l'espressione
Messia(~ coJl.373ss. e n.291). La ?ta.i:c::; ikou potrebbe avete il senso o di
concezione dello 'ebed come è negli stu- 'servo di Dio' (come nei LXX) o di 'fi-
di moderni «non esiste affatto in tutta glio di Dio' (come nella Sapienza, ~
coll. 337 s.). Quanto maggiore divenne
l'interpretazione giudaical> 197 • Non si nel tempo la distanza dal testo ebraico
devono perciò generalizzare le interpre, originale, tanto più decisainente preval-
razioni di singoli passi . Inoltre, biso- se la seconda concezioné ('figlio di Dio').
Solo dopo l'inizio del II sec. il qua-
gna distinguere accuratamente tra le dro muta rndicalmente. Aquila (ry n.
semplici allusioni o l'impiego di parole 2 6 3) chiama sempre oouÀoc::; m il Servo
isolate in vari contesti e l'esegesi co- del Deutero-Isaia. Che cosa abbia de-
terminato la scelta di questo termine,
sciente 19S. Quest'ultima sola ha un peso
si può capire osservando che egli tra-
determinante. Infine non si dimentichi duce 'ebed con oovÀoc::; anch~ fuori di
che la diaspora, anche a seguito di lezio- Is. 40 ss. 203 Aquila, dunque, nc;n fa che
ni divergenti dei LXX, sviluppò le sue seguire anche qui la tecnica, che egli
applica rigorosamente, di rendere le
speciali tradizioni di esegesi; le asserzio- radici ebraiche sempre con le stesse ra-
ni ellenistiche non si devono porre allo dici greche zl)j. Perciò la traduzione di
197 --) fISCHEL 54. che al plurale sr ha ot 7tfl~lìÉc, µov per l'ebrai-
198 Giustamente messo in rilievo da MoORE I co 'abdi (42,19°).
229.541; III i66 n. 255 (a I 551); cfr. --) no 48,20; 49,3,5; ancl;e nl plurale: ol llovÀ.oi
ScHLATTER, Das A.T. in der ioha11neischet1 A- 't"oii i>eov per l'ebraico 'ebed ihwh (42,19•) e
pokalypse 50; K.G. KUHN, Der tannailischt llouXEuov-ra per l'e.b rnico 'abdi (53,u).
Midrasch Sifre w Numeri, Rabbinische Texte 201 ~ ]EREMTAS, 'Aµvòc, "tOU fteov 118-121.
n 3 (1959) 527; --) SJOBERG, Der Menschen-
2'l2 Conservato in I s. 41 ,8.9; 42,1; 49,6; 52,13.
sohn im iithiopiscbc11 Henochbuch 119. --) F1-
SCHEL 59 n. 24 cerca di stabilire delle regole 203Sembra che questa regola ammetta quattro
per la distinzione tra la semplice allusione e eccezioni; ma cfr.--) HEGERMANN 29 s.
l'interpretazione cosciente. m Aquila applica questa norma con tnl rigore
19941,8.9; 42,1.23 (cod. SJ; 43,10; 44,1.2 .21 da far credere che, prima <li dar inizio alla
(due volte).26; 45,4; 49,6; 50,10; 52,13; an- sua traduzione, egli si sia preparaco un Ics·
351 (v,682) 'lt<Xtç brnu C IIl,l a-b (Joach. Jeremias) (v,682) 352
'ebed con oovÀ.oc; in ls. 40 ss. sembra cli Is. 42,1 ss. : seguendo i LXX, il giu-
suggerita unicamente dal desiderio di daismo ellenistico riferisce il testo al
dare una versione esatta del termine e- popolo d'Israele 209, mentre quello pa-
braico 205 • Il suo esempio ebbe seguito. lestinese lo intende comunemente in
Anche Teodozione traduce 'ebed con senso messianico(~ coll.361; 364ss.
oouÀ.oc;. Di conseguenza usa oouÀ.oc; in e n. 262; coli. 374 s.; 381 ss. e n. 306).
tutti i passi del Servo di Is. 40 ss. (41,8. Un'altra duplicità di interpretazione
9; 42,1; 49,6); solo in 42,1 una varian- è da notare per Is. 53. Il giudaismo el-
te al testo di Teodozione legge 'Jtai:c; (co- lenistico, per quanto ne sappiamo, in-
me i LXX) 206 • La traduzione del giudeo- terpreta il Servo sofferente in senso ge-
Cl'istiano Simmaco, segue essa pure il nerico o collettivo, diversificandosi dal-
modello di Aquila e rende 'ebed con l'interpretazione messianica del giudai-
oouÀ.oc; 207 • smo palestinese. L'interpretazione ge-
b) L'interpretazione del Servo di Dio nerica, che per prima troviamo nella
del Deutero-Isaia nel giudaismo elleni- Sapienza, quando descrive l'uomo giu-
stico fu determinata dal fatto che i LXX sto, considera il 7tai:c; xuplou, il 'figlio
avevano esteso ad altri passi (~ coli. di Dio' di 2,13 (~ coll. 337 s.) e il suo
333 s.) l'interpretazione collettiva che destino in stretta connessione con Is.52,
il testo ebraico presentava in nove passi l 3 ss. Ciò si addice soprattutto alla sce-
(4 n. 175). Così in Is. 42,19 i LXX na del giudizio finale dove (Sap. 4,20
tradussero il singolare del testo ebraico ss .) i pecca tori confessano, tremando.
due volte con un plurale ('abdi =
LXX di aver disprezzato e giudicato male il
ot net.i:oÉç µou; 'ebed jhwh = LXX ot giusto e di aver abbandonato la via del-
ooi>Ào~ -cou 1}i;:ou) 208 • Ricco di conse- la verità. Qui si allude passo passo a
guenze fu soprattutto il fatto che i LXX Is. 52,13 ss.; cfr. Sap. 4,18 con Is. 53,
intesero l'espressione 'il mio servo' in 3; Sap. 4,20 e 5,3 con Is. 52,15; Sap.
senso collettivo anche in Is. 42,1 1 ed 5,1 (7t6\lo~) con Is. 53,n; Sap. 5,2 (ÈX-
espressero questo significato con l'ag- o--r-ljcrov-rm) con Is. 52,14; Sap. 5,3 s.
giunta del nome fo.xw~: Iaxw~ ò con Is. 53 12-4; Sap. 5,5 (xÀt}poç) con
1tai:c; µou (mentre l'ebraico ba solo 'ab- Is. 53,12 (xÀ.l)pO\loµ1)uH); Sap. 5,6 s.
di). Di qui una duplice interpretazione con Is. 53,6; Sap. 5,15 s. con Is. 53,10-
sico ebraico-greco. Cfr. Septuaginla, ed. A. zione sembra tradurre sempre 'ebed con que-
RALPl-IS (1935) I X. sto termine e che 'ltatç (cfr. HATCH-REDPATH,
m L'ipotesi avanzata con riserva da ~ EuLER s.v.), se si eccettua la var. a Is. 42,1, non si
88 e poi da ~ ZoLLI 229 s. e da ~ ]OACH. ]E- legge nei frammenti di Teodozione giunti sino
REMIAS , Zt1m Problem der Deulung von ]es. a noi.
53 im palasli11ische11 Spiitjudent11m, in: Aux
207 Conservato in ls. 41,8.9; 42,i.19 (due vol-
sources de la tradition chrétienne = Mélanges
te); 49,6; 52,13.
offerts à M. Goguel (1950) II5 s., se::ondo cui
la riluttanza di Aquila a rendere 'ebed (di Dio) 2G3 Vedi inoltre Js.44,26, dove i LXX (cod. A)
con 'lt<.ttç si ricollega a tendenze anticristiane, traducono 'abdo (scii. di Dio) col plurale 1tal-
non va quindi accettata; -'>' HEGERMANN 29 s. owv cx.òi:ou, e Is. 48,20, dove i LXX (cod. A)
rendono 'abdo ja'aqob con i:òv )..a.bv aùi:ov
2'16 Cosl i testi di Qumra'.l e la versione Siro-
l<J.xw~.
Esaplare. Tuttavia, stando a Tcodoreto di Ci-
ro, in Is. 42,r Teodozionc avrebbe tradotto V<J lust., dia/. n3,8 s.; cfr. ~ DllLMAN I 32 e
'ebed con oou1'.o.;. A favore della correttezza ~ FtSCHEL 59. Questa interpretazione di Is.
della lezione oouÀoc; sta il fatto che Teodo- 42,1 ss. è presupposta anche in dia/. 121,.+.
353 (v,682) 7ttt.Lc; ~Eou C m,2 a (Joach. Jercmias)
12; inoltre Sap. 2,13 con ls. 52,13; 53, 2. Il giudaismo palestinese
11; Sap. 2,19 s. con Is. 53,7 s. iio Per-
ciò il 1tai:ç i>Eov di Is. 52,13 ss. per la Nél giudaismo palestinese del primo
Sapienza è il tipo del giusto. Va poi da millennio troviamo tre interpretazioni
sé che lo scrittore era ben al corrente distinte del Servo. È importante notare
dell'interpretazione generica di Is. 5 3 211 • che - con qualche eccezione - queste
Un esempio di interpretazione colletti- tre interpretazioni non si sovrappongo-
va si trova in Origene (Cels. 1,55 ), il no, ma si applicano ciascuna ad alcuni
quale dice che i rabbini ebrei con i dei diciannove passi (~ col. 348) che
quali venne a contatto interpretavano si riferiscono al Servo.
Is. 53 «in riferimento al popolo, consi- u) L'interpretazione collettiva (Is.41,
derato come una persona, che era stato 8 s.; 42,19 [due volte]; 44,r.2.21 [due
disperso e tormentato». Per il giudai- volte]; 45>4; 48,20; 49,3.5s. [?]; 50,
IO).
smo palestinese del primo millennio d.C.
l'applicazione collettiva del Servo di Is. Nel testo ebraico l'applicazione ad I-
53 a Israele è completamente scono- sraele dell'interpretazione collettiva del
sciuta (appare infatti per la prima vol- Servo era presente in nove passi (Is. 41,
ta in Rashi, t 1 lo 5) 212 • ~abbiamo per· Ss.;44,r.2.21 [due volte]; 45,4;48,20;
ciò ritenere che gli informatori di Ori- 49,3) su diciannove (~ col. 348 ). Co-
gene fossero Giudei ellenisti. sl 213 nei secoli seguenti si fissò l'appli-
cazione ad Israele di questi nove passi,
Riassumendo, il giudaismo ellenisti- come dimostra il Targum di Isaia (~
n. 176 ). Sotto l'influsso di I s. 49 ,3
co è incline a intendere come 'figlio di («servo mio sei tu, Israele»), pare inol-
Dio' il 'ltai:c; 1kov del Deutero-Isaia e tre che il Targum veda un'allusione a
preferisce l'interpretazione generica o Israele nei successivi versetti 5 ·e 6 214 .
Altri passi sul Servo nella più antica
collettiva.
tradizione rabbinica distinta da quella
ellenistica (~ coli. 3 5 1-35 2) non era-
no riferiti ad Tsraele 215 • In particolare,
nel giudaismo rabbinico palestinese del
primo millennio I s. 53 non fu mai rife- peccatori pentiti 219 e in 50,ro, dove è ri-
rito ad Israele; piuttosto nella lettera- ferito 220 ai profeti 211 • In Ber. b. 5 a (Rab
tura rabbinica l'applicazione collettiva Huna, t 297) e in Seder Eliahu r. 7 222
a Israele (--? sopra) fu strettamente li- Is. 53,ro è applicato ai sofferenti che si
mitata a quei passi e contesti ove il te- pentono; ]oma b. 86 a applica Is. 49,3
sto ebraico lo richiedeva 216 • (Abbaje, t 338-339) e Seder Eliahu r.
Quando l'applicazione di singoli pas- I4 e 25 223 Is.53,II ai retti maestri del-
si ai giusti chiama in causa gli scribi e la torà. Ma in questi ultimi cinque casi
i profeti, si deve notare quanto segue. le parole sono isolate dal contesto, sic-
Quella di Ecclus rr,x3 211 , che in una ci- ché nulla si può dedurre circa l'interpre-
tazione libera applica Is. 52,15 al giu- tazione di quest'ultimo 224 • Dunque solo
sto che soffre (--? 1'a.vµa. x-rÀ. IV, col. in casi isolati il giudaismo palestinese
223, n. 17), è solo un'allusione; lo stes- ha applicato i passi del Servo ai giusti,
so dicasi di Dan. 12,3 218, dove una fra- ai profeti e agli scribi 225 .
se di I s. 5 3 ,II è applicata, al plurale, Nei testi di Qumran non vi è alcuna
ai maestri d'Israele. Un'esegesi si ha in- convincente dimostrazione di un'appli-
vece in Targ. Is. 42,19 (due volte), do- cazione collettiva del Servo alla comu-
ve il servo è messo in relazione con i nità degli Esseni ma.
21'.l La giusta osservazione di ~ FISCHER 65 s., !diqj'. Ma, in forza dcl parallelismo, è proba-
che «nei periodi rannaitico e amorreo, a pre- bile che la forma 'bdw sia stata intesa come
scindere da quanto dicono Giustino e Orige- un plurale ('abiidiiw) (v. Biblia Hebraica, Krr-
ne, i passi 42,1 ss.; JOA ss. e il cap. 53 non so- TEL u, ad I.) e, poiché i LXX hanno inteso in
no applicati a Israele», va estesa; essa infatti questo modo il testo ebraico (TCcx.lowv cx.u-c:ou),
dovrebbe includere tutti i passi del Deutero- è il coso di chiedersi se anche il Targum non
Isaia riguardanti il Servo, ad eccezione dei no· abbia letto il testo originale nella stessa ma-
ve menzionati sopra; inoltre per il giudaismo niera. In tal caso Tg. ls. 44,26 sarebbe un e-
rabbinko-palestinese va eliminata la riserva ri- sempio non dell'interpretazione collettiva del
guardante Giustino (~ n . 209) e Origene (~ Servo, ma dell'uso del plurale per denotare i
col. 353). devoti. ~ n . 169.
217 wjtinhw '/ajw rbjm, «e molti resteranno at· 222 STRACK-BILLERDl!CK 1 484. Da collocare al
toniti di fronte a lui», è il più antico riferi- più presto nella seconda metà del sec. v; se-
mento a Is. 52,13 ss. condo STRACK, Ei11leit1111g 220, nella seconda
m ma~diqe biirabbim, «che han portato molti metà del sec. x.
alla giustizia». Cfr. H .L. GINSllERG, The 01- 2?l STRACK-BILLERDECK I 484 s.
dest lltterprelalion of the S11ffering Servai/I: 224 Cfr. l'avvertimento di MooRE m 166 n.
Vetus Test11mentum 3 (19,53) 400-404. 255.
219 Tg. Is. 42,19: ~a malvagi, quando ritorni- 225 ~ F1sCHEL 6r.74-76: autori medievali che
no, non saranno chiamati 'servo mio'? (ebr., sostengono quest'idea.
'abdi, come anche alcuni codd. del Targum;
m• Sono stati addotti diversi passi che, per la
solo il cod. Orie11talis 1474, del British Mu-
terminologia o pèr la sostanza, sembrano ri-
scum, ha il plur. 'abdaj) ... se ritornano, saran-
chiamarsi ai canti del Servo (M. BLACK, Ser-
no chiamati 'servi di Dio' (ebr., 'ebed jhwh; il
Targum ha il plur.: 'bdj' djhwh).
va111 o/ lhe Lord and Son o/ Ma11: Scottish
Journal of Thcology 6 (1953) 4·8; W.H.
220 Nel Targum l'ebr. 'abdo è reso con 'bdwhi BROWNLl!E, The Serva11t o/ the Lord i11 lhe
11bji'. Q11mra11 Scrolls: BASOR 132 (Dic.1953) 8:15;
221D'altra parte, è incerto che Tg. Is. 44,26 135 (Ott. 1954) 33-38; F.F. BRutE, Biblica/
possa essere addotto a questo riguardo. In Exegesis in the Qumra11 Texts, Exegc1ica Ili
questo testo l'ebr. 'abdo è reso con 'bdwhj I ( 1959) 50-58; ma al più si tratta di allusio-
357 (v,684) 'itO:Ì:<; ~Eou CIII, 2 b (Joach. Jeremias)
tanto più che la stessa tendenza a pro- questi come il salvatore che deve veni-
posito di Is. 53,12 probabilmente era rem. Ma dacché il verso contiene nulla
già presente in Teodozione nel n sec. più che un'allusione vaga a ls. 49,6,
d.C. (~col. 376). le conclusioni circa un'interpretazione
messianica di ls. 49,6 tratte dal solo te-
e) L'esegesi messianica (ls. 42,1; 43, sto di Ecclus 48,10 non sono affatto si-
IO; 49,6; 52,13; 53,II). cure 239 (ma~ n. 305). Comunque è si-
L'interpretazione messianica di alcu- gnificativo che l'Ecclesiastico intenda il
Servo di ls. 49,6 in senso individua-
ni passi del Servo che si leggono nel lt: m .
Deutero-Isaia si può rintracciare con
maggior probabilità fìn nei tempi ante- ~)Un'altra fonte importante dal pun-
riori al cristianesimo (~ coll. 3 34 ss. ). to di vista del tempo è costituita dalle
a) In Ecclus 48,ro uno dei tre com- cosiddette parabole 244 di Henoc etiopico
piti di Elia che ritorna (~ 'HÀ.(E)laç,
( 3 7-7 r ), che sono certamente pre-cti-
IV, coli. 74 ss.) è quello di stabilire le
tribù d'Israele: thkjn sbti jisr'l, espres- stiane 245. Qui il Messia è presentato con
sione che viene da Is. 49,6, dove lo un'ampiezza assai sorprendente con li-
'ebed riceve la missione lehaqim 'et neamenti tratti dal Deutero-lsaia. Ol-
sibté ja'aqob. La restaurazione delle do-
dici tribù è un compito messianico e, tre ai titoli di figlio dell'uomo e mes-
assegnata com'è a Elia, caratterizza sia 246 , egli porta costantemente il nome
238 --+ 'H)..[E)fric; IV, col. 74 e n. 17; inoltre--+ e nel senso scontato con cui l'orante lo usa
DALMAN I 28; ST_RACK-BJLLERBECK IV 780. per de~ignare se stesso (--+ col. 289 ss.); non
m Parimenti --+ NORTH 7. Più fiducioso è il avviene mai che gli sia dato da altri, né che
giudiz'o di --+ DALMAN I 28. sia combinato con riferimenti ai canti del Ser-
24(1 Talvolta si ritiene che i testi di Qumran,
vo (--+ G. )EREMIAS, Der Lehrer der Gerech-
ligkeit 299-307 [con bibliogr.]).
posteriori all'Ecclesiastico, combinino insieme
244 Invece che 'parabole', molti dicono 'di-
i riferimenti al Messia e quelli al Servo e che
con questa figura del (Messia)-Servo identifi- scorsi in visio:te'; ma questa traduzione non è
chino il Maestro di giustizia (v. specialmente esatta. L'etiopico mèsàle ( = cbr. miHiil = gr.
A. DuPONT-SOMMER, Le livre des Hymnes dé- 7r!X.paf}oÀ.i]) si riferisce a tre visioni apocalitti-
couvert près de la Mer Morte: Semitica 7 che (Hen. aelh. 37,5; 38,r; 45,r; 57,3; 58,r;
(1957) 64 note 8.10; Lcs écrils esséniem dé- 68,1; 69,29), dove significa ' discorso di istru-
couverts près de la Mer Morte [!959] 377). zione dal significato segreto'.
245 La datazione delle parabole è fissata sulla
Ma né l'una né l'altra iporesi si può accettare,
per le ragioni seguenti: I . i passi messianici base di 56,5-7, dove si allude all'invasione del-
non contengono alcuna vera citazione dci te- la Palestina ad opera dei Parti, nel 40 a.C. Es-
sti del Servo, e nemmeno vi fanno allusione; se devono esser s.t ate composte poco dopo, e
2. tutto ciò che può essere addotto in favore un poco più tardi inserite nel Libro di Enoc.
dell'identificazione del Maestro di giustizia con --+ SJOBERG 3-24, basandosi principalmente sul·
il Servo si riduce ad nlcune incerte e remote la mancanza totale di elementi specificamente
reminiscenze del Deutero-lsaia, alla descrizio- cristiani, ha dimostrato che non si può soste-
ne generale <lei Maestro e a due citazioni di Is. nere che l'insiem:: delle parabole sia cristiano,
50A (1 QH 7,10; 8,35 s.). Ma di una passiohe o che vi siano state inserite interpolazioni cri-
vicaria del Maestro non si fa parola. Il titolo stiane.
<li 'ebed è usato per lui, ma solo da lui stesso, 21 s 'L'Unto': He11. 48,10; 52,4.
361 (v,686) 'ltct.~c; lh:ov e lll,2 c ~ (Joach. Jeremias)
217 He11.39,6; 40,5 ; 45,3 (var.).4; 49,2; 51,3.); 2so Il Messia è detto 'giusto' anche in Zach. 9,
52,6.9; 53,6; 55,4; 61,5.8.10; 62,1; dr. 46,3; 9 (dr. Ier. 23,5; 33,15: 'rampollo giusto'). Ma,
48,6; 49,4. date le numerose a!lusioni al Deutero-Isaia, il
218 Hen. 38,2 (var.: 'la giustizia', dr. -l> SJO- modello dell'Henoc etiopico può essere solo
BERG 96 n. 48); 47,i.4; 53,6 ('il giusto ed elet- Ir. 53,11. Cfr. STRACK-BILLERBECK I 481.
to'). Cfr. inoltre 39,6: 'l'eletto della giustizia e 251 STRACK-BILLERDECK 1 481: «L'interpreta-
fedele'; 46,3: 'il figlio dell'uomo che ha la giu- zione messianica (di Is. 53) si trova per la pri·
stizia e col quale la giustizia abita'; 71,14. ma volti\ (ma -+ coli. 334 s.; 359) nelle 'para-
219 In generale, e giustamente, si accetta l'allu- bole' di Henoch»; ~ \VOLFF 38 s.; -+ F1-
SCHEL 61; v. anche· H. KosMALA, ]om Kip-
sione a Is. 42,r. Cfr. specialmente Hen. 49.4
(«Egli è stato scelto davanti al Signore degli p11r: .Judaica 6 (1950) 16.
spiriti, come questi ha voluto» [per la tradu- 252 Cfr. Hen. 39,7 («Vidi la sua abitazione sot-
zione -l> SJtiDERG l 22 n. 33 J) con Is. 42,1: «Il to ie ali del Signore degli spiriti») con I s. 49,
mio eletto, nel quale si complace l'anima mia». 2 («All'ombra della sua mano»). L'idea del
Come modello veterotestamentario non si può nascondimento del Messia ha una parte impor-
addurre Ps. 89,4.20, dove David è chiamato tante nel periodo seguente, anche nel N.T. (per
'il mio eletto' (v. 4) e 'un eletto' (v. 20); que- es. Mt. 24,26; Io. 7,27; Apoc. 12,5; inoltre
sto perché il tardo giudaismo ha sempre riferi· Iust., dial. 8.110; -i- DALMAN 1 34 ; -i- SJ6-
to entrambi i versetti alla figura storica di Da- DERG 41-89).
vid, e non al Messia. 253 Cfr. BILLERDECK ro8; - > FISCHEL 6I.
'lta.~~ l>Eov C IIl,2 e '3-oI Joach. Jeremias)
l 5 )». Che questo passo riprenda I s. 5 2, ::isiva per la concezione che Gesù ebbe
l 3 ss. è confermato dal fatto che ciò è della propria missione 256 •
inteso, proprio come nell'esegesi con-
temporanea (Sap . 4,20 ss.; Aquila; Teo- y) La Peshitta spiega ls. 5 3 - com-
dozione; Targum), come una scena di presi i passi sulla sofferenza - in senso
giudizio finale. Vi sono poi i passi di messianico 253 • Ciò è chiaro dai versetti
Is. 42,r ss.; 52,13 ss. (~ col. 361) che in cui la Peshitta propone la sua inter-
sono essi pure interpretati messianica- pretazione di I s. 5 3 scostandosi dal te-
mente, insieme con 49,1-2 .6-7. Infine sto ebraico. Così questa versione vide
vanno considerati i seguenti enunciati nd Servo una figura attesa per l'avve·
-che accennano vagamente al Deutero- nire ( 52,14 a) che 'purificherà' molti po-
Isaia: l'eletto possiede lo spirito di poli (52,15); questo personaggio è ri-
giustizia (Hen. 62,r s.; cfr. [accanto a pudiato (53,2), disprezzato (53,3 ) e tru-
Is. rr,2.4] 42,1; «Il mio eletto ... ho cidato (53,5), ma esaltato da Dio, e (al-
posto il mio spirito su di lui»). Egli giu- l'ultimo giudizio) porterà perdono (53,
5: guarigione). Queste dichiarazioni pos-
dica (Hen. 41,9; 45,3; 49,4; 55,4; 6r,
9; 62,2 s.; 69,27; cfr. Is. 42,4; Aquila, sono solo riferirsi al Messia 259 • Comun-
Teodozione, Targum). Hen.48,4b: «Egli que è incerto se la Peshitta di Isaia sia
sarà la luce delle genti e la speranza di di origine giudaica ma o cristiana, op-
coloro che sono tristi» accorda ls_ 42,6 pure se risenta dell'una e dell'altra.
(«luce delle genti») con il suo conteste S) Anche un passo del N. T. documen-
( 42 ,7: salvezza dei ciechi e dei miseri).
Il Figlio dell'uomo delle parabole è ta l'esegesi messianica di un enunciato
dunque ampiamente descritto 255 con sul Servo da parte del tardo giudaismo.
tratti presi da passi del Servo del Deu - Secondo Le. 23,35 (fonte propria di
tero-lsaia ((4~,1-7; 49,1 s. 6 s.; 52,13· Le. 259 b) gli apxo\l'tEç scherniscono Ge-
IJj 53 ,II).
sù in croce con le parole: a). À.ouç fow-
Questa combinazione di tratti che c1E\I, awcnhw fo.u-cov, d ou•oç ÈO-'tW b
descrivono il Servo di Dio con quelli XPt<r-còç -cou i>Eoù, b ÈXÀ.Ex•oç, «ha sal-
del Figlio dell'uomo, accostati qui per cato gli altri, salvi se stesso, se <:ostui è
la prima volta, sebbene sia limitata a l'unto di Dio, l'eletto». Per noi il punto
quegli elementi che esaltano la gloria è questo: i capi ( ilpxov"t"Eç) giudei desi-
del Servo 2550 , ebbero un'importanza de- gnano il Messia còl titolo di ÈxÀ.Ex-toc;.
255 ~ BILLERBECK 107: «quasi esclusivamen- il quale ha molti attributi del Figlio dell'uo-
te».~ STAERK 72-77.82 s. mo <- 0DEBERG 14()), è chiamato 'ebed (di
255• L'ipotesi che questa combinnzione in He- Dio) o na'ar; ~ n_194. Cfr. J. BoWMAN, The
noch etiopico abbracci anche le asserzioni ri- Background of the Term 'Son o/ Mail' : Ex9T
guardanti l'umiliazione del Servo (STRACK-Bn.- 59 (1947-48) 288.
LERBECK II 282 n. I ; J. ]EREMIAS, Erloser ti. 2511 ~ HEGERMANN 127.
Erlosung 106 ss.; ~ STAERK 83.86) è insosteni· 259 - HEGERMANN, ibid.
bile. 259• P. KAHLE, The Kairo Genizah (1959)
1
25s -> BUBER u2 s. Un'eco di questa combina- 265-273; anche ~ HEGERMANN 22-27.
zione di Figlio dell'uomo e Servo in Henoch e- 2;9b ] • ]EREMIAS, Perikopet1tmrstellu11ge11 bei
tiopico si può vedere nel fotto che il Metatron, Lukas?: NTSt 4 (1957-58) n5-u9.
r.a.i:ç t>EOÙ e m,2 c O-E (Joach. Jeremias) (v,688) 366
Un'influenza cristiana su questa formu- do, che anche nel N.T. l'interpretazione
lazione non è probabile perché ò ÈxÀEX- messianica dei testi del Servo è limitata
't'OC, come formula cristologica nel N.T. a Is. 42,1-4.6; 49,6; 52,13 -53,12 (~
appare solo in un altro passo 2"°, cioè in_ col. 417).
Io. 1,34 261 • Ma questo appellativo l'ab-
e:) All'inizio del n sec. d.C. 253 Aquila
biamo già trovato in H enoc etiopico do- completò in Palestina una nuova tradu-
ve, come vedemmo, appare come un zione greca dell'A.T. con l'intento di
predicato messianico del giudaismo pre- sostituire i LXX, il cui testo offriva ai
cristiani un'eccessiva possibilità di pro-
cristiano, derivato da Is. 42,1 (-7 col. durre testimonianze cristologiche 264 • La
361) 262 • Perciò in Le. 23,35 abbiamo interpretazione del Servo di Is. 53 in
un'eco dell'esegesi messianica tardo-giu- Aquiia si può dedurre, tra l'altro, dalla
applicazione, che egli fa, d'accordo col
daica di Is. 42,i. Inoltre va notato, a Targum, di 53,8 s. al giudizio finale te-
conferma di ciò che siamo andati dicen- nuto dal Servo; a questo punto è impli-
2flJ In Le. 9,35 si ha la forma b ÈxJ.t:À.EyµÉvoç, slmm Aquilae proselyti a11/11ma11t; Qid. j . 1,1
che probabilmente è originale. N ei Padri apo- [59 a 9] sia di R. Eliezer b. Hyrkanos e di R.
stolici 6 ÈxÀ.ex-r6ç non è mai usato nel senso Joshua b. Hananja (Meg. ;. 1,1 [?1c9]). L'at-
di 'Cristo'. tività di questi ultimi toccò il culmine verso
261 A.v. HARNACK, Zur Textkritik t111d Chri- il 90 d.C. Ma R. Joshua aveva servito nel tem-
stologie der Schri/ten des ]ohannes, SAB pio in qualità di levita (Ar. b. 11 b; S. Num.
(1915) 552-556 (= Studien I: Arbeiten zur § u6 a 18,3; T. Sheq. 2,14); ciò significa che
Kirchengeschichte 19 [ 1931] 127-132) ha di- nveva raggiunto l'età canonica levitica dci 20
mostrato in maniern convincente che in lo. 1, anni già prima della dis :ruzione del tempio, e
34 la lezione o ÉXÀ.Ex-r6ç dei manoscritti più perciò dev'esser nato prima del 50. R. Elie?.er
antichi è da considerarsi come corretta, nono· b. Hyrkanos era ancor più anziano, non aven-
stante sia scarsamente attestata (codd. P5 S 77, do incominciato gli studi prima dci 20 o 28 an-
218 sy" abeff'). Infatti in tutt'e tre le aree ai (Pesiqta R. Eliezer 1; Gen. r. 42,3 a 14,1;
linguistiche della chiesa antica (greca, siria- Ab. R. Nat. 6) e essendosi dedicato ad essi per
ca e latina) la storia del testo incomincia con mc!ti anni prima del 70, sotto Rabban Joha-
questa lezione, la quale fu sostituita con o mm b. Z:ikkai. Pertanto la data della sua na-
ul6c; nel sec. IV, nella polemica antiadoziani- scita va collocata all'incirca fra il 30 e il 40
stica. (]. KLAUSNER, }erns von Nazareth [1930] 46;
cfr. R.T. HERFORD, Cbrislianity in Talmud
m Altrove appare ·chiaramente come tale solo md Midrash [ 1903] 142 n. 1 ); secondo KLAUS·
in Apoc. Abr.3,1 ,I. D'altra parte, test. Ben.II, NER, o.e. 65, verso 1'80 crn già in età avanzata.
4 ( xat fo~m ÉxÀ.Ex-ròc, ~Eov be; -coù a.lwvoc;, Quanto alla data dellA morte di R . Eliezer, sap·
- > hÀ.Ex-r6ç vr, col. 512) è certamente un'in· pinmò che morì prima di Akiba, quindi prima
tcrpolazione cristiana, come mostra il testo dcl 135 (Sa11h. b-. 68 a); per un certo tempo,
stesso (11,2b-5), e non si riferisce a Cristo, ma eei suoi ultimi anni, fu messo al bando e ven-
a Pao!o, che era beniaminita; R.H. CHARLl!S, ne schivato da colleghi e discepoli. La versio·
The Tesla111en/s of lhe Twelve Patriarchs ne di Aquila venne letta alla presenza sua e di
translated (190~) 215 s., nota al c. XI. R. Joshua (Meg. ;. 1 ,11 [71 c 9]); pertanto è
m La data della traduzione di Aquila si sta- probabile che sia stata terminata prima del
bilisce in base alla circostanza· che egli fu di- uo d.C., e non dopo.
scepolo sia di R. Akiba (Hieron., in ls. 8,
11 ss. [MPL :z4,119 A]: Akibas q11em magi- 2~t Sep111agi111a, ed. A. RALPHS (1935) I vn s.
367 (v,688) 1tai:ç i>EoV C 111,2 c E (Joach. Jeremias)
cito un messianismo 256 • Inoltre Aquila sta in Sanh. b. 98 b (c. 200 d.C.) 271 •
(secondo Girolamo) ·traduce in Is. 53.4 In un'enumerazione di titoli messiani-
nagua' (percosso) con &.qrriµÉ\10\1 267 (leb- ci vi si dice: «E i maestri dissero 'il
broso; cfr. Vulg.: quasi leprosum ). Que- lebbroso' ([Jiwwaril'), quelli della casa
sta traduzione si spiega in quanto il par- di Rabbi 272 dissero 'il malato' è il suo
ticipio passivo di naga' nell'.ebraico post- nome, perché sta scritto: 'sicuramente
biblico (pu'al) e nell'aramaico (pa'el) si- egli ha portato i nostri pesi e sopporta-
gnifica 'lebbroso'. Per 1a nostra questio- to i nostri dolori; ma noi lo credemmo
ne questa traduzione è assai illuminante castigato con la lebbra (nagu'a), percos-
perché l'idea di lebbra si trova, per ls. so e tormentato da Dio' (ls. 53,4)» m_
5 3 ,4, anche nella letteratura rabbinica, L'altro testo si legge in Sanh. b. 98 <l
dove è riferita al Messia 268 . (presunta esperienza di R. Jehoshua b.
Si tratta di due passi di Sanh. b. 98, Levi, c. 250 d.C.), in cui è descritto co-
i soli nel Talmud che, con un midrash me il Messia sieda alle porte di Ro-
posteriore 269, conservano la curiosa con- ma tra la gente miserabile che «porta
cezione di un Messia lebbroso 270 • Uno la sofferenza» (cfr. ls. 53A) 214 , e solo
le<. ~ HEGERMANN 12.u2; per altre osserva- Midrasch II [1853-54] _54,19 ss.; dr. STRACK-
:.doni, segnatamente per l'accordo ti;a Aquila e BILLERBF.CK 11 291 ). Il raffronto con Sa11h. b.
il Targum, vedi r22 ss. 98 a mostra che le 'ferite' dalle quali gli uomi-
2;;-1 Hier., in ls. _53,4 (MPL 24,507 A): pro eo ni storcono il volto sono quelle del lebbroso.
q11od Symmaclms tramtulit, ÈV à.cpi'i av-.a, hoc 2JQIl saggio di H. GRESSMANN, Der aussiitzi-
est in Jcpra, Aquila post1it ÙQIT]µÉvov, id est le- ge Messias: Die Christiche Welt 34 ( r920)
prosum; q11od multi 11on i11tellige11tes putant re- 663-668 non offre alcuna utilità al nostro stu-
lictum (àqmµÉvov), et alii legu/JI xaD1)µ.Evov, dio .
id est sedentem. Secondo Eusebio e~ ZIEGLER, 211 Questa data risulta dalla formula introdut·
Isaias, ad I.) Aquila llveva tradotto niigua' con
toria rbum 'mri, ~ DALMAN I 37; la stessa da·
'tE-rpu.uµa-rtuµÉvov. Ma non . c'è dubbio che
111 in STRACK-BILLERBECK n 286.
qui il testo esatto è quello di .Gerolamo (0.q>T)-
µÉvov); infatti il contesto riferito da Eusebio 272 Rabbi è R. Jehuda I ( r 3_5-c. 217 ).
esclude che la lezione sia derivata da Aquila m Così il testo letto da Raimondo Martini
(cfr. ]. ZIEGLER, Textkritische Notizen 1.11 den (Pugio fidei, dopo il 1278, cd. D.]. DE Vo1SIN
jiingeren griec.'Jist:hen Vbersetzu11ge11 des Bu- [1651] 672); dr. ~ DALMAN I 36 n . 2; giu-
ches Isazas = NGG, Fa::hgruppe v, N.F. 1 4 stamente(~ n. 309) seguito da E.B. PusEY, in
[ 1939] 97 s.). Inoltre Aquila è solito rendere -> DRIVER-NEUBAUER Il, XXXIV e da~ NORTH
fa radice ebraica 11g' con il gruppo greco à.qi-fi/ r4. Il testo attuale di Sanh. b. 98 b dice: «I
d1t-rE<il>aL. Il passivo O:.cpiiul>aL, che non è at- maestri dissero : 'il lebbroso della casa di Rab-
testato altrove, è stato derivato da Ò'..<pTJ, che bi', cosl egli è chiamato perché sta scritto:
nel greco dci Giudei designava specificamente 'Davvero egli .. .' (ls. 53,4)». In questa maniera
la piaga, la lebbra. Non v'è motivo per dubi- il testo è letto in luce messianica; ma si trat-
tare delJa dichiarazione di Gerolamo, quando ta chiaramente di una corruzione; il titolo
dice che il part. perfetto pass. àcp·f)µÉvoç signi- messianico ' lebbroso della casa di Rabbi', che
fica 'lebbroso'. non ha senso, viene dall'omissìone della pa-
26S L'ipotesi di ~ EuLER 3r s., che Aquila rola holjd, 'malato'.
pensi a un sacerdote 1ebbr03o, è erronea. Le 211 Rashi spiega queste parole nel modo se-
annotazioni di Euler su Aquila sono tutte in- guente: «Che sono stati colpiti dalla lebbra, e
ficiate dal fatto che egli non ha notato In tec- anche lui è lebbroso, vedi Is. _53,3.4» (testo in
nica seguita da questi nella traduzione (--+ ~ Wi.lNSCHE ,58 n. 2). Indizio di lebbra (v. an-
co1L 350 s.; ~ HEGERMANN 1.5 s. 28-45). che ~ DALMAN I 39) è pure il gran numero
267 Sefer Zeruhbahel (cd. A. ]El,UNEK, Bet ba- di ferite che devono esser fasciate, ma soprat-
'itO:~<; UEOÙ C 111,2 C E·S {joach. Jetemias)
tra essa scioglie e lega una ferita alla preta Is. 53 in senso messianico. Ciò
volta, così eh:: s-.!nza ritardo può adem- risulta assai chiaramente dal modo in
piere le predizioni della salvezza d'I- cui traduce la frase conclusiva del ca-
sraele. pitolo. Is. 53 (T.M.) conclude con le
La traduzione di Aquila in I s. 53 ci parole w"lappoS'im ia/gla' (53,12). Il
verbo hifgi'a (hif'il da paga') significa
permette di collocare questo riferimen- <rnver a che fare con una persona» - o
to di I s. 5 3 A al Messia lebbroso in torno in bonam partem (intercedere) o in ma-
al roo d.C. 275 Mn dobbiamo risalire d'un lam partem (assalire qualcuno) - . Il te-
sto ebraico senz'altro ha inteso espri-
altro passo; l'interprctnzione messianica
mere la prima idea, almeno a giudicare
cli I s. 53 A no;1 pu~ esser sorta solo verso dal contesto, e dire: «e intercedette per
il roo cl.C., perché è fuor di dubbio i trasgressori». I testi seguenti interpre-
tano correttamente: il N.T. (Rom.8,34;
che i Giudei av~vano cominciato a inter-
Hebr. 7,25; I Io. 2,r s.), Giustino 280, la
pretare me3sianicamente i testi della Vulgata 281 , il Targum 282 , il Talmud ba-
passione di Is. 53 solo quando i cristia- bilonese m; anche la libera traduzione
ni già usavano Is. 53 come prova cri- dei LXX (xrLt &ià. 't'àc; àµa.p't'la.c; m'.1-
-rwv 1tcxpdì6ihi, «e fu consegnato a mo ..
stologica decisiva m. tivo dei loro peccati»), che allude al
s)
La traduzione di Aquila fu segui- martirio, ha inteso hifgia' in bonam
ta da quella di Teodozione 277 , nel II partem. La prima a intendere il ver-
sec. d.C. m. Anch:: Teodozione inter- bo in malam partem è la Peshitta 284 ,
tutto il suo starsene seduto innanzi alle porte Jida, e sopratcutto ha usato le notizie riguar-
(J. ]EREMIAS, Jemsalem wr Zeit Jcsu 1 [1962] danti l'Esapla che si trovano r. nel commento
132 s., spec. 133); la legge che fa obbligo a Isaia di Tcodoreto di Ciro (ed. A. M6HLE
di chiudere ai lebbrosi le porte della città (1933)), 2.in un commento ad Is. giuntoci in
(STRACK-Bll.LERBECK TV 751-757) è applicata a armeno e attribuito al Crisostomo (ed. a Ve-
Roma. nezia, 1880), e 3. nel commento a Isaia di Eu-
sebio, inedito (conservato in margine al cod.
215 L'esegesi che in Is. 53,4 trova l'accenno al
fiorentino La11rcntfo1111s P11teus XI 4).
lebbroso ci fa certi che l'interpretazione mes-
sianica del Servo risale al periodo tannaitico, 278 Secondo Epiph., de mensuris et ponderi-
come ha mostrato H .J . ScHOEPS, Symmachus- bus 17 (sotto Commodo, 180-192).
studien m: Biblica 29 ( 1948) 38 s. ( = Aus 2~ lust., apol. 50,2: xa.t 't'OLç àv6µoi.ç H;tX<.1:-
fri.ihchristlicher Zeit [ 1950] 108 s.). 'farà espiazione', __,. IV, col. 990.
<l'E't'CXL,
2:~ FRANZ DELlTZSCH, Der Messias als Versoh- 231 Et pro tramgressoribus rogavit.
ner (1885) 21; -> ScHLATTER 50; __,. AYTOUN
23
176; __,. NORTH II; cfr. __,. RIESENFELD 84; ~ «Per motivo di lui ai ribelli sarà accordato
__,. TORREY, The Messiah Son o/ Ephraim 257. il perdono».
271 Fino al 1939 gli studiosi avevano a dispo· m Sotà b.'14 n: «'Ha interceduto per i tra-
sizionc soltanto il materiale esaplare raccolto sgressori' (ls. 53,I2): infatti ha implorato mi-
in F. FrnLD, Origenis Exaplomm q11ac super- sericordia per i trasgressori di Israele, affinché
sunt ( 1875 ). Ora, al posto di quest'opera, offre potessero tornare e far penitenza; questa 'in-
un eccellente apparato relativo all'Esapla __,. tercessione' non significa altro che la preghie-
ZIEGLER, I saias. Sulla base dei mss., lo Ziegler ra».
ha saputo migliorare in molti punti la colle- 2s~ ~ HEGERMANN co7 s., a Is. 53,12 (nella
zione del Field, che ai suoi giorni era assai va- Peshitta).
mx.i:~ f>Eou C m,2 c S (Joach. Jeremias)
285 ~ HEGERMANN 42.86 s. i23, a Js. 53,9 (nel fatto presente all'autore di questo articolo l'i-
'i'argum). potesi illuminante che Teodozione, invece di
285 ~ H EGERMANN 52 confronta tra loro ls.66, 11im1111 (venne annoverato) abbin letto 11im11a'
24; Mt. 25,4r.46; Apoc. 14,rn s. (si tenne indietro).
Altre osservazioni in ~ HEGERMANN 113 s.
2.1?
2a3• 53 15 b: in luogo di 'fu coperto di lividu-
Anche Simmaco dà l'interpre tazione messia- re', µEµctÀ.aXLO""tttL 'fu infermo'; 53,8•: in luo-
nica. go di 'fu reciso', a(pt"tCX.L '(la sua vita) fu tol-
tn', cioè 'innalzata' (~ FASCHER 8); _53,9•b:
2ll 1' In~ H EGERMANN 45-52 si trova un'accu- viene reinterpretato, cosl vi si trov11 indicato
rnta analisi dei frammenti giunti fino a noi. il verdetto che colpl i malvagi e i ricchi; 53 ,
m ~ H EGE RMANN 51. R. BRINKER-LONDON ha rn' : 'coprir di lividure' diviene 'purificare';
mx~ç Oroii C m,2 c ~-1J (Joach. JercmiasJ (v,691} 374
53,10•: il testo ebr. è corrotto, ma è chiaro che tando già presente nella versione siro-paiesti-
contiene un enunciato sul Servo, che i LXX nese (umitbq lh} e in Mc. 4,12 (xat 6:cpEft'[i
non rendono, portando il soggetto alla 2• pers. cxÙ"TOL<;), cfr. T .\Y/. MANSON, The Teaching o/
plur. ]ems ( r948) 77 e 4 VIII, coli. 1551 s. n. 116.
che Teodozione non elimina la pas-
28'!• Not:i. Quanto a Js_ 53 in particolare, l'età della . tra-
sione e la morte del Servo nel complesso, m.1 smissione di molti testi nella tradizione della
solo il particolare della morte ignominiosa (4 sinagoga, quale è cristallizzata nel Targum, si
HEGERMANN 114). può mostrare aiutandosi con i LXX, la Peshit-
ta, Aquila, Simmaco e Teodozione. Pochi e-
23? Edizioni: P. DE LAGARDE, Prophetae Chal- sempi possono bastare. r. Is. 52,13 : -per l'età
daice (1872), secondo il cod. Re11chlini; con dell'espressione 'bdj mlitJ'- col. 347. 2. Is. 53,
apparato: ~ STENNING ( 1949)_ La sezione di 3 ba: il Targum si stacca del t. ebr. e dai LXX,
Is. 52,13-53,12 è stata pubblicata da G. DAL- e lo riferisce alla shekinà che s'allontana (come
MAN, in Aramaiscbc Dialektproben' (1927) 10 fa anche Aquila). 3. Is.53,4: in luogo di f?olà-
s. Il lavoro, peraltro meritorio, di ~ SEIDELIN, jem1, 'le nostre infermità', il Targum dice f;ob11-
giunge a risultati discutibili perché non rico- 11ii', conforme ai LXX (d:µap'tlaç i)µ.Wv). 4. Is.
nosce la distinzione tra l'esegesi giudeo-elleni- 53,5: i LXX considerano m'l;olal come un po'al
stica e l'esegesi giudeo-palestinese di Is. 42 e di f;alal, 'trapassare' (è'tpauµa'tlO"il1')); il Tar-
53 e perché, nel valutare ìl materiale rabbini- gum ne fa invece un pu'al di f?alal, 'essere diso-
co, non djstingue tra semplici allusioni e vere norato' ( 'it111f?11l, 'fu profanato', come Aquila:
interpretazioni di Is. 53. Inoltre, non conside- ~E~l}À.wµÉvoç). 5. Is. 53,7: i LXX e l'Itala fan·
ra l'età delle interpretazioni rabbiniche di Is. no derivare ngs da niggaf, 'fu maltrattato'; il
53,4 e sottovaluta la portata della polemica Targum, invece, da niggas, 'si avvicinò', come
anti-cristiana. già Simmaco e la Vulg. 6 . Is. 53,9: il riferi-
?Y.IUn esempio particolnrmente chiaro dell'an- mento· del Targum al giudizio si trova già nei
tichità della tradizione fissata nelb versio- LXX, in Aquila e in Teodozione (~ col.
ne del Targum è offerto da Is. 6,10. Il te- 371)1. Js.53,10: i LXX traducono dakk"o con
sto ebraico dice: uhiifà' LO; I LXX: lm.i xai)aplrraL, analoga traduzione nel Targum:
la:roµm au..-ovç; Simmaco: xal tcdii. D~l mi~raf ,_ HEGERMANN 1zi-125).
tutto diversa è la traduzione del Targum: 291, I 16 testi rimanenti vengono dal Targum
w'jilt'béq L'bém, 'e snranno perdonati', dove applicati come segue: 1. a Israele 41,8.9; 44,
rà/à', 'guarire', è frainteso e preso per ràfa, 'ri- 1.2 . 21 (due volte}; 45A; 48,20; 49,3, probabil-
mettere' (v. ScHLATTER, Mk. a 4,12). Questo mente anche 49,5.6 (4 n. 214); 2. ai peccatori
modo di intendere il testo è assai antico, risul- pentiti(~ n. 219) 42,19 (due volte); 3. ai pro-
375 (v,691) 'Jtaìc; ikoù e Ill,2 c lJ (Joach. Jeremias)
con 'bdj msjl/, «il Messia mio servo»292 • apparire era offuscato tra i popoli e il
Le nostre conclusioni ci fanno pertanto suo splendore era meno di quello dei fi-
certi che l'interpretazione messianica di gli degli uomini, (v. 15) così egli disper-
ls. 42,r e 52,13 poggia su un'antica tra- derà molte genti; per causa sua i re ri-
dizione (--7 coli. 359 ss.) 293 • L'osserva- marranno silenziosi, si metteranno la
zione che Ja descrizione del Messia co- mano sulla bocca, perch~ vedranno ciò
me Servo di Dio si trova solo nello sta- che non fu mai detto loro e scopriran-
dio prerabbinico della tarda letteratur11 no ciò che mai udirono. (53,r) Chi
giudaica (4 Esdr., Baruc siriaco [ ~ col. ha creduto a questo nostro messaggio?
347]) e mai, all'infuori del Targum (--7 a chi è stata così 294 rivelata la forza del
col.34 7), porta alla medesima conclusio- potente braccio del Signore? (v. 2) E i
ne. Ma l'antichità di questa esegesi mes- giusti m saranno grandi davanti a lui;
sianica di Is. 52,r 3 nel Targum risulta anzi, come rami germoglianti e come un
chiara soprattutto in quanto il Targum albero che mette fuori le radici presso
di Isaia spiega l'intero contesto Is. 52, rivoli d'acqua, così cresceranno le gene-
13-:u,12 in senso uniformemente mes- razioni benedette nella terra che abbi-
sianico; infatti l'interpretazione messia- sognava di lui. Il suo aspetto non è co-
nica di 53,1-12 non può, come vedem- me quello delle cose del mondo e il ti-
mo (---7 col. 369 ), essere sorta in era more che incute non è una paura ordi-
cristiana. naria; ma il suo splendore sarà così per-
Tg. Is. 52,13-53,12 dice: «(52,13) fetto, che tutti quelli che lo vedranno
Ecco il mio servo, il Messia, prospere- volgeranno lo sguardo (affascinati) s::i-
rà, sarà esaltato, diverrà grande e po- pra di lui. ( v. 3) Allora (egli) sarà di-
tente. (v. 14) Come la casa d'Israele ha sprezzato e cesserà 296 (farà cessare) la
sperato in lui molti giorni quando il suo gloria di tutti i regni. Essi diverranno
feti (~ n. 220) 50,10; 4. in 44,26 il Targum prctavano la sezione de secundo Salvatoris ad-
forse ha letto il testo ebr. al plurale (~ n. ve11tu, quando post ple11itudi11em gentium om-
221); 5. in 53,11 l'ebraico 'abdi nel Targum ni!. salva11dus sit lsrael (~ SEIDELIN 222 n.
diventa un infinito: 'per far servitori della leg- 79),
ge'. 294 kdin; nell'ed . di Venezia del 1517: kdw11
292 Un'incertczrza testuale esiste solo per T g. (ora); ma probabilmente si tratta di un errore
Is. 42,J. 'bdj mIW si trova nel cod. Reuchlùri di trascrizione.
(~ n . 289), nel ms. di Norimberga(~ STEN- 295 !dìqi' (plur.); ma d'altra parte il cod. Reuch-
NING XXIX) e nell'edizione di Vilna dcl 1893. lmi ( ~ n. 289, Biblia Hebraica Rabbinica, ed.
Ma il ms. Or. 22n del British Museum insic· J. BuxTORF Senior [1618-19}) e la versione
me ad altri ha semplicemente 'bdì. Nondimen- araba del Talmµd di Gerusalemme ( [ 1.196];
to la lezione 'bdi mJj~' ha a suo favore l'inte- -+ DALMAN I 48 n. 1) leggono il singolare:
ra tradizione ralestinese che, a differenza di sdjq'. A favore dcl singolare sta l'altro sor-
quella ellenistica (~ coli. 351 ss.), fin da pri- prendente singolare del verbo usato appenn
ma dell'era cristiana interpreta Is. 42,1 ss. in prima: w' jilrabbii'. Potrebbe riferirsi al Messia
senso messianico (~ coli. 391 ss.). (cfr. la spiegazione messianica dcl nostro testo
m L'interpretazione messianica di Is . 43,10 in R. Berekja [c. 340), che sembra esser sta-
(occasionata forse dall'ebraico 'abdi posto in ta espunta dalla letteratura talmudica, ~ n.
bocca a Dio, come in 42,1; p.,13, ~ SEIDE- 328 a). Tuttavia è probabile che il singolare
LIN 228), non ha invece paralleli nelh lettera· fosse inteso in senso collettivo, cosl che tra il
tura tardo-giudaica; Midr. Ps. 51 § 3 a 51,6 ri- plurale (che è meglio attestato) e il singolare
ferisce ls. 43,10 a David. M:i S. Girolamo, a potrebbe non esserci differenza di significato.
proposito di Js.43,1-10, dice che i Giudei inter- 2% Il problema testuale da discutere qui pre-
377 (v,692) 1tGt~<; i>Eov C lll,2 Cl') (Joach. Jeremias)
senta una grande importanza. Vi sono due pos- MAN, o.e. [ ~ n . 289] 10 n. 8; ~ SEIDELIN
sibili lezioni che, per quanco difficili a distin- 207.211 s.). Non c'è dubbio che prevalgono le
guersi nello scritto, sono in realtà assai diver- testimonianze della prima lezione Ua/séq); i-
se. I. Il ms. Or. 2211 del British Museum e noltre, la seconda lezione (ji/Stlq) lascia il so-
I:.> massa dei mano:;critti, come pure l'edizione spetto di esser dettata dal desiderio di tacere
di Vilna del i893, leggono iPsiq all'af'el: 'farà la passione del Messia. Così nella frase «allora
cessare'. 2. Ma il ms. Or. 1474 del British Mu- egli sarit disprezzato», di Tg. ls. 53,3, molto
seum legge ;pswq, al qal: 'cesserà'. La lezione probabilmente affiora una traccia dell'idea dei
jpsq del cod. Re11chlini è ambigua, data la patimenti messianici preseme nel testo del
mancanza della mater lectionis. Le due lezioni Targum.
presuppongono un soggetto diverso: nella pri- 297 ilmih; cod. Reuchlini (~ n. 289), il ms.
ma (che si legge iafséq) il soggetto è il Messia, di Norimberga \~ n. 292) e l'edizione veneta
e si deve tradurre : «Allora egli (il Messia) sarà del 15 I 7 leggono i/111', senza suffisso.
disprezzato e farii cessAre la gloria di tutti i re-
gni» (per questa lezione ~ WfiNSCHE 41; ~
:m swltn può significare anche 'signore'.
2>~ Con DALMAN, ~ o.e. (~ n. 289) Il n. 6,
HuMBERT 445; 38 n. 1; STRACK-BILLERBECK
I 482; li 284; ~ KITTEL 179; ~ BRIERRE- im!i può esser letto come una forma af'el =
NARBONNE 99; ~ NORTH n). Nel secondo ca- iamte (ms. Or. 2211 del British Museum:
so (pronuncia: ii/siiq) il soggetto è 'l'onore di jim!é).
tutti i regni' e la traduzione: «Ne verrà che JOO isgw11 vn letto, con DALMAN, o.e. (4 n.
l'onore di tutti i regni sarà volto in vergogna z89) 11n.9, come :if'el: jasg611 (ms. Or. 22u:
e cesserà» (a favore di questa lettura cfr. DAL- iisg6n}.
ltrlt<; ~EOU C 111,2 c '!] (Joach. Jeremias)
Per la sua saggezza assolverà gli inno- co. Già nei LXX abbiamo rilevato la
centi per prendere molti e farli servi tendenza ad attenuare i testi che in Is.
della legge. E intercederà per le loro
mancanze ..( v. x2 ) D'ora in poi assegne- 53 parlano della sofferenza; ma la vio-
rò a lui il saccheggio di molti popoli ed lenza fatta all'originale in questo capito-
egli distribuirà la proprietà di città po- lo del Targum, con una reinterpretazio-
tenti come bottino, poiché sottopose m
ne che ne capovolge del tutto il signifi-
la sua anima alla morte e condusse i ri-
belli sotto il vincolo della legge. E in- cato, non ha che una sola spiegazione:
tercederà per molte trasgressioni e per questo è un brano di polemica anticri-
lui i ribelli saranno perdonati» . stiana .l()l. A partire al più tardi dal II
Si può vedere come in Tg. Is. 52, sec., il giudaismo si preoccupò, in vari
13-53,12 sia descritto, passo per passo, modi, di strappare ai cristiani l'utilizza-
lo stabilirsi glorioso del regno messiani- zione di Is. 53 quale testo di prova cri-
co sopra Israele. Le asserzioni circa la stologica(~ coll.386s.). La curiosa for-
passione del Servo sono state radical- ma che Is. 53 assume nel Targum mo-
mente e sostanzialmente riadattate con stra a quali estremi fu portato questo
applicazioni artificiose a Israele e ai tentativo. L'intera sezione fu infatti
gentili, e questo in modo tale che de- spiegata messianicamente, perché l'in-
boli tracce d~l senso originario· riman- terpretazione messianica di Is.52,13-53,
gono solo in due luoghi 302 • Anche te- 12 era cosl radicata, che non era possi-
nendo conto della tecnica propria della bile sottrarvisi; ma i passi sulla sofferen-
traduzione del Targum, nel contesto di za, in stridente contraddizione con l'o-
Tg. Is. 40-66 la sezione di Tg. Is. 52, riginale, sono soppiantati dal modo cor-
13-53,12 spicca per la inconsueta liber- rente di considerare il Messia. E questo
tà della parafrasi 303, poiché nel rima- . vero e proprio procedimento di reinter-
nente il testo si attiene di più all'ebrai- pretazione è applicato a entrambi i te-
JOj Come ha mostrato -+ D .ALMAN 1 48 n. 3, anima alla morte' (msr lmwt' nps;h, ~ n. 301;
no:l si viene a dire necessariamente che la fra- ~ HuMBERT 5; ~ BoNSIRVEN 1 383; ~ F1-
se indichi un'uccisione già avvenuta; potreb· sCHEL 70).
be trattarsi anche del- pericolo di morte (v. an- 303 -) AYTOUN 172.
che STRACK-BILLERBECK I 482 s.; ~ SEIDELIN l04 La cosa è generalmente ammessa. Anche
215 n. 62), Il testo non dice in quale occasione ~ DALMAN, che aveva cercato di sfuggire a
egli 'consegnò se stesso alla morte'. Potrebbe questa conclusione (I 43-49), più tardi si vide
esservi un'allusione alla guerra che precede costretto ad accettarla (] esus-Jeshua [ 1929]
l'era messianica (cosl ~ WEBER 361; -) .SEJ- 172). La rielaborazione tendenziosa si può di-
DELIN 215) o piuttosto, conforme al testo ori- stinguere chiaramente da una forma più antica
ginale, alla morte (o al pericolo di morte) con- del testo (~ HEGERMANN 116-122). Nel pe-
seguente ai maltrattamenti (dr. Is. ,53,7 s.). riodo successivo l'esegesi giudaica di Is . .53 ri-
.l<ll Sono in questione due testi, cioè 1. Tg. Is. mane comprensibilmente condizionata dall'op-
53,3: 'sarà oggetto di disprezzo' (ihi lbsm, ~ posizione all'interpretazione cristiana (~ F1-
n. 296); 2. Tg. ls. ,53,12: 'ha consegnato la sua SCHEL 66 s . ).
;;:ai:ç. l}EOU C rn,2 c T}-l} (Joach. Jeremias)
sti di Is. 53, a quello greco (--7 coll. 371 quanto a quelli della sofferenza Jos.
ss.) e a quello aramaico. Ciò dimostra In particolare il riferimento di que-
quanto radicata fosse l'esegesi messia- sti ultimi al Messia, emerge presto
negli scritti dei rabbini. La prima pro-
nica nel giudaismo palestinese. va è testualmente incerta. Raimondo
Martini (dopo il I 2 78) 309, che solita~
il) Anche i rabbini, intendono in sen- mente appare attendibile 310 , legge in
so messianico soltanto due passi- del Sifra Lev. un'affermazione di R. José
Deutero-Isaia, cioè Is. 42,r ss. e 52,13 il Galileo (prima del 135 d.C.), che
spiegava Is. 53,5 s. come riferentesi al
ss . .10s, e sono gli stessi che finora abbia- Re-Messia sofferente e dolente che, at-
mo costantemente trovato interpretati traverso il suo patire, giustifica tutti i
in questo senso. Quanto a Is. 42,1 ss., è popoli. Questa asserzione, che vuol rag-
guagliare circa il «merito del Re-Mes-
essenziale notare che nella letteratura sia e la ricompensa del giusto», si apre
rabbinica troviamo solo l'interpretazio- con un riferimento al fatto che la so-
ne messianica 300 • Per Is. 52,13-53,12 la trasgressione di Adamo causò innu-
merevoli condanne a morte e, sfruttan-
questa interpretazione rabbinica.107 si ap- do l'assioma delle due differenti misu-
plica tanto ai passi della esaltazione re usate da Dio 311 , conclude: se il pec-
cato di Adamo aveva di già fatto cade- contrappone Adamo e il giusto, colui
re tale punizione sopra di lui e i suoi di- che violò e colui che adempie i coman-
scendenti, benché Dio punisca meno di damenti. La seconda testimonianza, del-
quanto non si sia meritato, «quanto più la metà del n sec. d.C., si ha nel Dialogo
allora il Re, il Messia, che soffre e dolo- con Trifone, di Giustino. Giustino affer-
ra per gli empi, giustificherà tutto il ge- ma che più volte Trifone 314 ammette che
nere umano, come sta scritto: Fu tra- i[ Messia è 1tat)l]'\"6ç (36,1; 39,7; 49,2:
fitto per i nostri delitti (I s. 5 3 ,5 ). Lo 76,6-77,r; 89,r s., cfr. specialmente 90,
stesso intende dire Is. 53,6: Il Signo- I: 'Jtafre:i:v µÈV yàp xai W<; 1tp0~<4'"COV
re ha fatto ricadere su di lui l'iniquità àx1}1)11e:11?>at oUìaµsv, «sappiamo ... che
di tutti noi». Nei testi attuali di Si- è destinato a soffrire e ad esser condotto
fra Lev. il passo si presenta in forma come una pecora» [ :::: I s. 5 3 ,7] ), e che
differente (cfr. S. Lev. 12,10 a 5,17)m questa era anche l'opinione dei maestri
e si parla solo della 'ricompensa del ( òtòé<.11xaÀ.oL) giudaici in genere ( 68 ,9 ).
giusto', non del 'merito del Messia'; c~rtamente dobbiamo stare _in guardia
inoltre in contrasto con il peccato di contro le affermazioni di un apologista;
Adamo non sta la passione del Mes- ma d'altronde non le dobbiamo nemme-
sia, ma l'osservanza di certi coman- no respingere affrettatamente. La credi-
damenti da parte del giusto. Qual è, bilità di quanto asserisce Giustino è raf-
dunque, la lezione originale? Vista la forzata dalla franca ammissione che il
decisione con cui il giudaismo si oppo- suo tentativo di convincere Trifone non
se all'interpretazione cristiana dei testi ha successo. Perciò merita fiducia quan-
di Is.53 sulla sofferenza, dobbiamo con- do asserisce che il dissenso finale non ri-
siderare la possibilità di un'elisione del guardò la questione previa, se cioè il
testo specialmente perché l'interpreta- Messia fosse no..?>l]'\"oç, ma piuttosto la
zione messianica di Is.53 sembra essere dottrina cristiana, secondo cui egli non
stata altrove soppressa(~ n. 328 a). In solo aveva sofferto, ma era morto sulla
questo caso particolare, tuttavia, la for- croce, e di una morte su cui Dio aveva
ma messianica attestata da R. Martini è steso la sua maledizione 315 • Le afferma-
probabilmente secondaria. L'idea di U '.1 zioni di Giustino, inoltre, non devono
Messia che acquista merito con il sof- essere sollecitate. Si deve notare che,
frire per gli 'empi' si adatta a mala pe- secondo lui, Trifone e gli altri rabbini
na a un'affermazione che mette a fuoco giudei che cita non parlano della pas-
la 'ricompensa del giusto'; infatti l'inte- sione del Messia come di una loro dot-
ro contesto tratta di coloro che adem- trina, ma l'accettano perché Giustino li
piono o infrangono la legge 313 • Origina- mette di fronte a Is. 53.
le sembra la lezione conservata nel te- Il primo testo rabbinico sicuro cade
sto attuale della Sifra sul Levitico, clie intorno al 200 d.C. {~ n. 271). Ivi
ll2 Prima edizione, Venezia (1545) 1_5 b; cd. J11sti11us Mar/yr : ZKG 8 (1885) 1-84 (spec. 61-
Wmss (1862) 27 a. 65). Ma N. HYLDAm., Tryphon und Tarpho11:
Studia Thcol. 10 (1956) 77-88 ha mostrato in
311 Così~ DALMAN I 43.8J; E. SJOBERG, Der
via definitiva che i testi non gillstificano l'iden-
verbor11..~11c Memchensohu 262 s.
tificazione.
111 Spesso Trifone è stato identificato con R. 31; dia/. 32,1; 89,2; 90,r. SJOBERG, o.e. (~ n.
Tarfon. La presentazione più particolareggiata 313) 247-254 esagera nel sostenere che quanto
di questa idea si Ì1a in TH. ZAllN, St11dìe11 ::.11 ~fferma Giustino è pura finzione letteraria.
1ttxLç ileou C m,2 e l>-~ (Jom:h. Jcrcmias)
il Messia è detto 'il lebbroso' e 'il soffe- prattutto la sua scuola che conservò l'i-
rente', in base a Is. 53,4 (Sanh. b. 98 b; dea della sofferenza del Messia.
~ coll.367 s.). L'idea che il Servo è raf- Nel.sec. III R. Johanan (c.200-279)321
figurato come un lebbroso in Is. 53A si e, nel IV, R. Aha (c.320) 322 applicò Is.
trova per la prima volta in Aquila (~ 5 3 ,5 («fu trafìtto per i nostri delitti»)
col. 367), discepolo di R. Akiba (~ ai dolori del Messia. R. Berekja (c. 340)
n. 263 ). Non può essere casuale che R. segue con l'interpretazione iness!anica
Akiba stesso parli di una sofferenza del di Is. 53,2 323 • Nel periodo post-talmu-
Messia 317 e che notoriamente R. Dosa dico gli esempi aumentano m, ma nel
(c. 180 d.C.), il primo rabbino che spie- complesso non sono numerosi. La cosa
ga Zach. 12, 12 in riferimento all'ucci- si spiega con la contraddìzione che cor-
sione del Messia b. Joseph 318, riporti re fra una tale concezione del Messia
parole di Jehuda· b. Elaj, discepolo di e quella abituale, ma ancor più con l'op-
Akiba 319• R. Akiba, il più influente eru- posizione al cristianesimo.
dito biblico dei primi due secoli d.C.,
visse all'incirca dal 50 al 13 5 320• Fu so- ~)Dal sec. II d.C. la storia dell'esege-
317 STRACK-BILLERBECK n 284. Dalla tipologia !3ACHER, o.e. L-7 n. 236] I 312).
dcl tempo mosaico e di quello messianico Aki· m Midr. Sam. 19 §I (STRACK·BlLLERBECK n
b~. concludeva che quest'ultimo avrebbe com· 287). -+ DALMAN I 52 n. l, dove come autore
preso un periodo di 40 anni di angustie nel della variante vien citato R. Idi 1 (c. 250).
deserto, e si valeva del testo di lob JOA (Ta11h. m STRACK-BILLERDECK 1 49 s.; -+ n. 328'.
'qb, ed. Vienna { 1863] 7 b; ~VII, col. 798).
324 -+ DALMAN r 53-84. II 3-18 e l'esauriente
313 Sukka b. 52 a. II modo casuale in cui ~i
raccolta di testi in -+ BRIERRE-NARBONNE, la
menziona il Messia ben Josef e la sua morte
quale tuttavia non supera il Dalrnan dal pnn-
mostra che si tratta di un'idea ben conosciuta
to di vista dcl materiale. Dobbiamo fare at-
(MooRE li 370). L'esegesi messianica di Zach.
tenzione alla grande descrizione delle sofferen-
i2,10 ss. è antica: Io. 19,37; Apoc. l,7, dr.
ze messianiche in Pesikt. r. 34-37 che, : secon-
Mt.24,30; Targum (STRACK-BILLERBECK II 583
do B.]. BAMBERGER, A 111essia11ic Dornme11t o/
s.); Midr. (STRACK·BILLERBECK II 298 s.); essa
tbc Seventb Century: HUCA 15 (1940) 425·
può risalire fino al testo originale (-7 XOTCE-.6ç
431, prese forma in Palestina negli anni 632-
x-.À. v, col. 827; -? TORREY, The Messiah So11
637 e si basava su materiale considerevolmen-
o/ Ephraim: JBL66 (1947) 253-277). te più antico. È vero che Is. 53 è citato espres-
319 W. BACHER, Die Agada der Tannaiten II samente solo nella formn testuale che si tro·
{1890) 389; STMCK, Einleil1mg 131. Si do- vn in Gen. r. maior di R. Moshé ha-darshan
vrebbe inoltre ricordate che due dei discepoli (-+ WiiNSCHE 79 n. r, seguendo Raimondo
di R. Akiba, R. Jehuda e R. Nehemja (entram· Martini, o.e. (-+ n. 273] 664), ma le afferma-
bi c. 150), presero parte alla più antica discus· zioni concernenti la punizione vicaria del Mes·
sione rabbinica intorno al Messia ben Josef sia in Pesikt. r. 34-37 poggiano su idee espres-
(Gen. r. 75 a 32,6). se in Is. 53 (-+ DALMAN I 67), come si vede
m P. BENOIT, Rabbi Aqiba ben ]oseph, sage specialmente nell'allusione a Is. 53,11 di Pe-
et héros du juda"isme: RB 54 (1947) 56. · sikt. r. 37 (MooRE 1 552 n. 1). Pesikt. r. 34·
m Rttth r. 5 a 2,14 (H.L. STRACK, Zttr altjii- 37 asserisce che il Messia, prima di riportare
dischen T heologie: ThLBI 2 [ 1881] 10 s. il suo glorioso trionfo sui nemici d'Israele,
STRACK-BILLERBECK r 27; II 285). In Jalqut viene imprigionato e minacciato di morte, fin.
Shim'oni, ad I. § 603 il nome dell'autore do· ché Dio viene a salvarlo. Di influenza cristiana
vrebbe essere R. Johanan in luogo di R. Jona· non è il caso di parlare; essa è esclusa, tra l'al-
tan (STRACK-BILLERBECK I 27; II 285; -? F1- tro, dal fatto che qui il Messia è solo minac-
SCHEL 62; la lezione corretta si trova già in ciato di morte, non ucciso (-+ FASCHE.R 30 ·s.).
mxiç !>EOU C Ili ,2 C t (Joach. j eremias)
si giudaica di I s. 53 riceve vigore dal- 5 3, per togliere quei passi che potessero
l'opposizione al cristianesimo 325• Si co- servire ai cristiani come prove scrittu-
mincia evitando di designare il Messia ristiche. Questo metodo polemico è u-
come servo di Dio e come l'eletto, come sato specialmente nel Targum di Is. 53
invece avevano fatto liberamente gli (~ coll.373ss.). Analogo procedimento
pseudepigrafì (~ col. 347; n. 262), ed apologetico è usato da R. Simlai (c. 2 50 ),
evitando anche il titolo di figlio dell'uo- che applica Is. 53,12 a Mosè (~ n.
mo 326 e il nome di Gesù che era or- 329). Tuttavia, se appena è possibile, Is.
mai divenuto un ttomen odiosum (~ 42,1 ss. e 5 3 non sono affatto utilizza-
'lTJCTouç IV, coli. 916 s.). Dalla fine del ti 328 • Pare infatti che le interpretazioni
sec. n il metodo apologetico del muta- messianiche di Is. 53 fossero a volte e-
mento del testo 327 e dell'interpretazione spunte; in molti casi vi è per lo meno
tendenziosa fu utilizzato nel tradurre Is. un sospetto di questo genere 328 a . Que-
m L'ampio materiale riguardante l'apologeti- stra che dobbiamo tener conto di abbreviazio·
ca e la polemica anticristiana del giudaismo ni testuali (STRACK, Einleitung 79). Questa
nei primi secoli non è ancora stato trattato in condusione poggia sull'apporto di fonti me-
maniera esauriente. dioevali (Ibn Ezra (m. u67 o II68]; secondo
326 A differenza dell'Henoc etiopico, questo ti- ry DALMAN 1 40 n . 2, anche il 111/~1111 m1wh,
tolo manca nell'Henoc sia slavo sia ebraico e in composto nel 1240) secondo cui in Sota l era
tutta la letteratura rabbinica (STRACK-BILLER- riferita al Messia la sezione che incomincia
DECK 1 959, dove si tocca anche l'apparente con Is. 52,13. Nel testo attuale di Sola b. que-
eccezi9ne di Taan. j. 2,1 [65 b] 60). sta esegèsi non si riscontra. Anche nel T almud
321 Un esempio di alterazione del testo greco Rashi (m. 1105) non trova questa esegesi mes·
sianica di Is. ,52,13 ss. (eccettuato 53.4• ~ n.
~ col. 371 e di alterazione dcl resto aramai-
274); solo, come dice espressamente, ne sape·
co~ n. 296.
va per sentito dire (testo in ry WUNSCHE 94).
323 ry FISCHEL 66 n. 67: «È probabile che la Inoltre si resta sorpresi nel vedere che un'ese-
ragione dell'uso apcor poco frequente di 4i,1 gesi messianica di Is. 53,2, fatta da R. Berekja,
ss.; 50,4 ss. e 52,13 ss. nel Midrash vada cer- vissuto verso il 340 (STRACK-BlLLERBECK I 49
cata nell'impo'rtanza che questi testi avevano s.). è stata conservata solo da un cristiano, Rai-
nell'esegesi cristiana». mondo Mattini, che scrive circa un millennio
328• Il rimprovero ai maestri giudei di elimina- più tardi, dopo il 1278 (ry n. 273), mentre non
re completamente dai LXX molti testi (1tOÀ.· se ne ha traccia nelle fonti più antiche. A favo-
À.àç ypc.tq1àc; TÉÀ.EO\I nEpu:i:ì..ov) che richiama- re dell'attendibilità della notizia dell'esegesi
vano il Cristo ciodfisso è mosso già da Giu- messianica di ls. 53,2 ad opera di R. Berekja
stino (dia/. 71,2); in tre dei quattro esempi d.1 sta il fotto che questo studioso espone la dot-
lui addotti (72,1-1-73,6, dr. 120,,5) si tratta trina della sofferenza. del Messia (STRACK-BIL-
chiaramente di interpolazioni cristiane. Ad O · LERDECK TI 285 s.; cfr. I 86 s.). Finalmente,
gni modo la rapida sostituzione dei LXX con un'esegesi messianica di ls. 53,3 è riportata da
la versione di Aquila mostra che in realtà già Moshc ha-darshan (prima metà del sec. xl) nel-
nel sec. 11 una delle armi della polemica dei la sua opera Gen. r. maior 24,67 (testo ry DAL-
Giudei contro i cristiani era la rimozione di MAN 11 6 s., secondo A. EPSTEIN; ry WiiNSCHE
testi indesiderati. Per quanto riguarda in par- 69, secondo R. Martini, o.e. [ ~ n. 273} 671;
ticolare I:r. 53, «la sola applicazione, in Sanh. ~ DALMAN 1 79); ma si tratta dell'unica cita-
98 b, di ls. 53 ai patimenti del Messia» mo- zione che Raimondo rrae da Ge11. r. nwior, la
1tatç UEOV e m,2 e~ (Joa::h. Jeremias)
ste osservazioni sono assai importanti lare d'espiazione se egli ha fatto il vo-
per il giudizio da dare sull'esegesi tardo- to espiatorio («possa la mia morte e-
giudaica di I s. 53. La conclusione, da spiare tutti i miei péccati»,----? n. 475);
molti accettata, che la relativa rarità a ogni persona in punto di morte si chie-
di interpretazioni messianiche di I s. 5 3 de di pronunciare questo voto. Inoltre,
nel tardo giudaismo dimostra che que- il tardo giudaismo già prima del cri-
sto testo non aveva a che fare con l'i- stianesimo presenta la potenza espiatri-
dea del Messia sofferente, non giudica ce vicaria come congiunta inseparabil-
rettamente le fonti; essa infatti ignora mente alla morte del sommo sacerdote,
la gràn parte che, comprensibilmente, dei martiri, dei giusti, dei patriarchi, dei
ebbe in questa questione la polemica bimbi innocenti. È sorprendente che in
anticristiana. questa ricca letteratura non si faccia al-
La scarsità di testi è controbilanciata cun riferimento a Is. 53 iio . Una sola
dal fatto che un'esegesi sicuramente spiegazione è possibile: la connessione
non messianica di Is. 53 non si trova di I s. 53 con il Messia fin da tempi pre-
nella letteratura rabbinica del primo cristiani era così fermamente e esclusi-
millennio d.C. 329 Ciò ha la sua impor- vamente asserita dal giudaismo palesti-
tanza quando si esaminino le afferma- nese, che l'applicazione di questo capi-
zioni rabbiniche circa la potenza espia- tolo alla morte espiatrice del giusto au-
trice della morte 329 " . Questa idea fa tomaticamente rimaneva fuori prospet-
straordinari progressi nel tardo giudai- tiva 331
smo. L'esecuzione del malfattore ha va- Riassumendo: r. la interpretazione
cui fonte non sia stata trovata nella letteratura drash del sec. XII.
anteriore (-7 DALMAN I 80 s.). 329• -7LoHSE rn4-109; ~ JoACH. }EREM1As,
329 È assai dubbio se nel giudaismo palestine- Ahe11d111ablsworte ' .
se del I millennio esistesse qualche altra ese- JJ.J La sola eccezione è quella di R. Simlai (c.
gesi di Is. 53 al di fuori di quella messianica 250), ma è apparente; -7 n. 329.
{a differenza del giudaismo ellenistico, -7 coli. 33: Di questa importante osservazione vado
35z s.), se non si tien conto di Sola b. 14 a, do- debitore a E. LoHSE: Di passaggio, dobbiamo
ve ls. 53,n è riferito da R. Simlai (c. z50) al· trattare due obiezioni che si possono muove-
l'intercessione di Mosè, ma solo a prezzo di .re alfa nostrn conclusione. i . Gli evangelisti
una distorsione suggerita da motivi apologetici notano ripetutamente che i discepoli non com-
(-7 col. 358). I passi raccolti da STRACK-BIL- prendevano le predizioni della passione: in
LERBECK nell'excursus 'Is. 53 nella letteratura questo non è forse implicito che la concezione
giudaica antica' (1 481-485), sotto il ticolo 'B. di un Messia sofferente era loro del rutto sco·
Applicazioni ai giusti', 1 483-485) si riferisco· nosciuta (-7 RowLEY 80-84)? Orbene, Marco
no a passi isolati dal contesto (-7 coli. 354 s. ricorda l'incapacità dei discepoli a compren-
357 ss.). L'unico testo di un midrash citato dere solo dopo la seconda predizione (9,32:
da STRACK-BILLERBECK sotto il titolo di 'Ap· o~ SÈ nrv6ovv -rò Pijµa., xa.t E(j)O~OUV"\"O a.ù-i:òv
plicazioni al popolo d'Israele' (I 485) è N11111. È1tEpw-rTjcrai). L'annotazione della mancanza
r. 13 a 13,z (anonimo) e proviene da un mi- di intendimento dei discepoli, tullavia, non è
mx.i:c; ~EoU C llI,2 c t (Joach. Jeremias)
messianica del Servo del Deutero-Isaia tazione dei passi sulla sofferenza in Is.
nel giudaismo palestinese era limitata a 53,1-12, non è altrettanto certo, ma tut-
Is.42,rss . 332; 43,10333; 49,1s. 6s.334e tavia non è improbabile 337 a, che essa ab-
52,13 ss. 335 ; con ciò concordano i dati bia inizio già prima del cristianesimo 338 ,
del N.T. 336 2. Per · Is. 42,1 ss. e 52,13- In. questo caso si pensa, senza soluzione
15 l'interpretazione messianica è costan- di continuità fino al periodo talmudico,
te a partìre dall'era pre-cristiana. In che i patimenti del Messia abbiano luo-
questo contesto Is. 52,13-15 è conside- go prima dell'instaurazione finale del
rato come una scena del giudizio fina- suo dominio 339• Quando si ricerca il si-
le 337 . 3. Per quanto riguarda l'interpre- gnificato della sofferenza del Messia, la
che una variante secondaria della difficoltà morte erano in stridente contrasto con le atte-
mossa da Pietro allà passione di Gesù (8,32, St' popolari. 2. I Giudei si sentivano urtati dal-
in connessione con la prima predizione) e la Lt ' predicazione della croce (I Cor. 1,23): que-
sua antichità è resa sicura dalla severità de.I sto non significa forse che la concezione;_di un
rimprovero di Gesù, che appioppa a Pietro il Messia sofferente era loro estranea? In realtà,
titolo di 'Satana'. Inoltre, la mancanza di in- l'interpretazione messianica di ls. 53 doveva
telligenza dei discepoli in Marco non riguarda essere lontana dal pensiero del giudaismo elle-
affatto la sola passione, ma percorre come un nistico (-+ coli. 35:i s.). Tanto più dovette riu-
motivo tutto quanto il secondo Vangelo (4, scire urtante il modo in cui Gesù era morto.
13.40 s.; 6,52; 7,18; 8,16-21; 9,32; 10,38); Il vero scandalo, anche per il giudaismo pale-
cfr. W . WREDE, Das Messiasgeheimnis in den stinese, era questo, poiché la morte di croce
Evangelien (1901) 93-u4. In Mc. 6,52 tale era una morte maledetta (Gal.3,13; Iust., dial.
mancanza è segnalata in un'annotazione del- 90).
33
l'evange1ista; 8,16-21, riferito com'è al secon- ~ -+ colJ. 309 s.
do racc;Onto della moltiplicazione dei pani, ap- 333 Solo nel Targum, ad I., -+ coll. 374 s. e n.
pare chiaramente come una composizione let- 293.
teraria. Questo conferma la conclusione a cui rn -+ coll.361 ss. e n. 305 (cfr. -+ coll.359 s.).
siamo 11rrivati, che cioè l'unico passo in cui 3:15 -+ coll. 359-390.
Marco riferisce l'incapacità dei discepoli a 330 -+ col. 4r7. Solo per ls. 43,10 non si tro-
comprendere. l'annuncio della passione fa par- va un'esegesi messianica nel N.T.
te della redazione del secondo Vangelo. In Lu- 3.l7 Il giudaismo ellenistico e quello palestine-
ca il motivo è ancora più marcato (dr. 9,45 se sono d'accordo nel riferire Js. 52,13 ss. al
con Mc. 9,J2): in 18,34 si fa un'aggiunta, sen- giudizio finale (Sap. 4,;20 ss.; Hm. aeth. 46A
za un parallelo in Mc. Infine, il Vangelo di s.; 48,8; 55>4; 62,1-9; 63,I'I1; Aquila, Teod<:>-
Giovanni allarga il motivo fino a pre:;entarci zione, Targum; -+ JoAcH. }EREMIAS, Losegeld
lo spettacolo di un'incomprènsione costante e 263 s.).
generalizzata. Alcuni paralleli tratti dalla sto- 337• Spec. p. 65 .
ria comparata delle religioni fanno pensare che 33a Questa interpretazione si trova nella Pe-
qui si abbia un motivo epifanico (H.J. EBE- shitta (-+ col.364), in Aquila (-+ coll.366 ss.),
LING, Das Messiasgeheimnis tmd die Botschaft in Teodozione (-+ n. 288 b) e in alcuni testi
des Marct1s-Eva11geliste11 = ZNW, Beih. i9 rabbinici (-+ coli. 384 ss.); tracce se ne riscon-
[ 1939] x67 s. 170). Se questo è giusto, è il- trano probabilmente in Tg. ls. 53 (-+ coll.379
legittimo trarre delle conclusioni storiche .. Ma, ss.). Contro l'idea che l'inteepretazione mes-
anche a prescindere da questo, l'incomprensio- sianica di ls. n si abbia nel giudaismo sol-
ne («yvoEi:v in Mc. 9,32 pt;iò significare anche tanto nel sec. II, si è espres50 con decisione
'non riuscire a capire') si potrebbe capire be- ~ BuBER 105 n. l.
nissimo, dal momento che la passione e la jjry STRACK-BILLERBECK Il 291.
m~~c, i>EoÙ D (Joach. Jeremias)
risposta è che il Messia affronta una sof- (~ n . 184) come nella primitiva cristia-
ferenza vicaria per espiare i peccati di nità viene usato esclusivamente nella
preghiera: nel Benedictus, Le. r ,69 ( Év
Israele :HO. otXI{) Lla.ut8 -1tt'l.LOÒc; mhou, «neHa casa
di David suo servo»), nella preghiera
della prima comunità dopo la liberazio-
D. 1te.ttc; (lJEOU) NEL NUOVO TESTAMENTO ne degli apostoli, Act. 4,2 5 (ci i:ou mx.-
i:pòc; 1Jµwv 81à 1t\IEVµCt't"Oc; &.ylou CT't"O-
L'espressione mi.t:c; (di Dio) 341 è ra- µt'l.-i:oc; flauto 1tcuo6c; <rou d1twv) 343 , «tu
ra sia nel N .T. sia nel tardo giudaismo che per b'..lcca di David, padre nostro
(---+coli. 336s.): Mt.n,r8; Lc.r,54.69; e tu'..l servo, per mezzo dello Spirito
Act. 3,r3.26; 4,25 .27.30. Di questi ot- Santo hai detto», e nella preghiera eu-
to testi uno si riferisce a Israele (Le. r, caristica sopra il calice, in Did. 9,2: EÙ-
54), due a David (Le. r,69; Act. 4,25), xapi<r't"ouµÉv uoi, ?tai:Ep 1Jµwv, tmÈp
gli altri cinque a Gesù 342 . La frase del ..-f)ç b..yi.a:c; à.µ1tÉÀou Llaut8 i:ou TCa106c;
Magnificat: ù.vnÀ.cif3Ei:o 'Icrpai]À 1te.tL- Gou, «ti rendiamo grazie, o Padre no-
8òç m)i:ou, «ha accolto Israele. quale fi- stro, per la santa vite di David tuo ser-
glio suo» (Le. l ,54) si richiama a ls. 41, vo», cioè quella di cui parla David (Ps.
8 s. (LXX): crù ÒÉ,- 'Icrpa:1)À, 1tcti:c; µou
80,9 ss.) 344 • «David, tuo servo» è per-
'Iaxwf3, ov È!;ùE!;aµt}v, <rr:Épp.t'l. 'A-
ciò una formula di preghiera liturgica
Spaaµ, ov 1}y6.1t1J<ra, où à.nEÀa:f36µ'flv, del tardo giudaismo fatta propria dalla
«tu Israele, Giacobbe servo mio: te ho primitiva comunità cristiana.
eletto, seme di Abramo, te ho amato, te
Parimenti quando il titolo di servi
ho accolto». L'uso collettivo dell'espres-
(di Dio) è attribuito agli angeli (1 Clem.
sione corrisponde ai dati dell'A.T. (---+
39,4 [ = Iob4,18]), ai profeti (4Esdr.
n. 175) e del tardo giudaismo{~ note l,32; 2,1: II sec. d.C.) e a Isaia e Ge-
177.213). Come in Ps. Sal. 12,6, si pen- remia (ibid. 2,18), si sente l'influenza
sa al nucleo religioso di Israele. Lo sti-
dell'uso veterotestamentario e tardo-
le liturgico accomuna anche Le. l,54 e giudaico e~ n. 174 [angeli] e n. 167
Ps. Sai. 12,6; l 7,2i. La descrizione di [profeti]).
David come servo (di Dio) similmente
ha caratteristiche tardo-giudaiche. Qui
34~ Sa11h. b. 98 b (~ col. 368) e Sanh. b. 98 a punti nei quali il mio argomento abbisognava
(~col. 368 STRACK-BILLERBECK II 268); Rulh cli chiarificazioni,
r. 5 a 2,14 (~ n . 321); Midr. Sam. 19 § l (~ 311 In tutto il N.T. ricorre col pronome pos-
n. 322); Pesikt. r. 31 (STRACK-BILLERBECK n sessivo: ò 'lta~c; µov (Aft. 12,1 8), O'ov (Act. 4,
287); Pesikt. r. 36 (STRACK-BILLERBECK II 25 .27.30), aò-rov (Le. r ,54.69; Act. 3,r 3.26),
288); Midr. Konen (STRACK-BILLERBECK u sempre per dire ittt~c; di Dio.
290). Cfr. STRACK-BILLERBECK II 291 s. Ma si 342 Invece i cristiani son detti oovÀ.o~ Deo\i <:
noti che soltanto nella Peshìtta il Messia sof- mai r.al:lìec, i}EoV.
fre per i peccati di molti (~ HEGERMANN 96 lll Il testo è sovraccarico. Probabilmente, le
s. a ls. 52,15). L'articolo dì RESE(~ n . 109), due pa'ro!e ;tVEUf.lCX-roc; &;ylov sono una glossa
che fa delle riserve sulla mia argomentazione antichissima.
(~ coll. 354-393), in gran parte è basato su 341 R. EISLER, Das letzte Abendmahl: ZNW
fonti secondarie (come si vede soprattutto là 25 ( 1926) 6 s. ha dimostrato in maniera con-
dove tratta in maniera inadeguata Tg. ls. 5 3 ) e vincente che l'espressione apparentemente in·
non produce nuove prove. Tuttavia esso ha ri- garbugliata ii b.yln. &1.imÀ.oc; .6.avlo ha questo
chiamato opportunamente l'attenzione su certi significato.
39.5 (v,698) 1tU.L<; ilEou D 1,1 (Joach. Jeremias)
Il N.T. chiama Gesù 7ta.'Lc; (i}éou) so- Ma si potrebbe presumere che la pre-
lo raramente, cioè in una citazione in sentazione di Gesù come 'lta.i:'ç (itEov) si
Mt.12,18 ( = ls.42,1) e in quattro pun- avverta ancora in altri passi del N.T.
ti degli Atti (3,13.26; 4,27.30). In tut- Dobbiamo qui notare soprattutto Ja vo-
ti cinque i casi abbiamo a che fare con ce del battesimo (Mc. 1,1 l par.) e della
una tradizione antica . trasfigurazione (Mc. 9,7 par.).
Per Mt. 12,18 la cosa risulta chiara- Si faccia il seguente raffronto tra Mc.
349
mente dal carattere misto della cita- l,II = Le. 3,22 par. Mt. 3,17 con
zione. Mt.12,18-20 ( = Js-42,1-3) si ri- ls. 42,r (nella citazione di Mt. I2,r8):
fà al testo ebraico 345 ; ma nell'ultimo ver-
setto della citazione (Mt. l2,2x Is.= O'ÌJ EC (ov'"l'O<; fo·nv, Mt.) ò vtò<; µov ò &.ya-
1tTJ't6ç,, I looù 6 1tai:ç µou ov ÙPÉ'tta-q., ò «ra.-
42,4d) improvvisamente troviamo citati
7t"J]"t'6c; µov· JI É\I <roi. (<IJ, Mt.) Evlì6x"r]<Ta /
i LXX 346 • Appqiono 347 dunque due stili, ov EUSOXTJO'E\I ii ljlvx-fi µov· JI (cfr. Mc. i,10
il che ci permette di intuire una preisto- par.: '"l'Ò 'ltVEuµa ... xa'ta~u.i:\lov El<; aù-.6v) /
ria del testo. Il fatto eh:: la prima ma- irfiuw '"l'Ò rcvEuµ&. µov ~1t'ct.ù'"l'Òv.
no usi il testo ebraico riconduce all'area
linguistica semitica. Questo raffronto da lungo tempo in-
Per quanto riguarda i quattro passi duce a chiedersi se l'ut6c; µou del batte-
degli Atti, l'uso parallelo di 'ltCX.L<; <rou simo e della trasfigurazione non si rifac-
nella preghiera di Aci. 4,24-30 come de-
signazione di David (4,25) e di Gesù (4, cia a mi.Le; µou (cosl Is. 42,r nei LXX).
27.30) dimostra che Luca usa espressio- In tal caso in Mc. I,II par. e 9,7 par.
ni arcaiche, che ha preso dalla lingua non avremmo una citazione combinata
della preghiera liturgica 343 • Il fatto che
egli non usi la formula se non nella de- di Ps. 2,7 e ls. 42,r, ma in origine solo
scrizione della primitiva comunità di una citazione di Is. 42,r (ebraico), men-
31> Il testo di Matteo si scosta assai dai LXX, (1929) 402. Matteo stesso sembra citare secon-
poiché l'interpretazione collettiva che questi do i LXX.
danno a 'ltet.~<; in J.r. 42,1 (~ col. 351) non 343].C. O'NEILL, The Theology o/ Acl.r i11 its
avrebbe consentito l'applicazione del passo a Historical Setting (1961) 135 (segue M.J. WIL-
Gesù. Contro l'ipotesi di KAHLE, o.e. (~ n. cox).
:i.59 s.) 2_.51, secondo cui Matteo avrebbe usa-
3488 O'NEILL, o.e.<~ n. 348) 139.
to un'antica traduzione, ora perduta, di Isaia,
cfr. P. KATZ, Das Problem des Urtextes der
3-H La lezione occidentale di Le. 3,n: vi6c;
Septttaginta: TZ 5 (1949) 18. µov Et uv,lyw a1)µEpov 'YE)'ÉWT)Xb. O'E ( =
LXX Ps. 2,7) non è che un'assimilazione di ci-
346 In Is. 42,4 i LXX per l'toratO hanno l1ti. tazioni neotestamentarie all'originale veterote-
't<{> o\16µa·n aÌJ'tou, che potrebbe essere un stamentario (che qui è congetturato); nel testo
errore di trascrizione di l1tl 'ti{l \IOµ~ aÌJ'tOU occidentale se ne hanno in numerosi passi, an-
e~ ZIEGLER, Isaia.r, ad I.). Nel testo di Matteo zi, esse sono caratteristiche di tale testo; vedi
('tt;> o\16µa'"l'L aÌJnu) ritorna l'errore di trascri- per es. Mc. 15,34 par. Mt. 27,46, dove il testo
zione dei LXX. ebraico sostituisce la citazione aramaica di Ps.
m A. SCHLATTER, Der Evangelist Matthii11s 22,:i..
397 (v,699) 7Ultç bEou D 1,1 (Joach. Jcremias) {v ,700} 398
tre l'ambiguo 7tatc, µov ('il mio servo' mibilmente il testo prn antico (~ n .
oppure 'il mio figlio') in ambito elleni- 260), è resa con le parole: ov"t'6c; Èa''tLV ò
Èx}.Ex-.òc; -rou l)Eov, «questi è l'eletto di
stico (dove la designazione di Gesù qua- Dio». Ma 'l'eletto di Dio' è una desi-
le 1tatc, DEou fu presto evitata) sarebbe gnazione messianica che viene da Is-42,
1 (~col!. 360 ss.). fo.1,34 mostra chia-
stato inteso, ancor prima di Mc., come
ramente che la dichiarazione battesimale
ut6c; µov 350 • dev'essere stata originariamente una u-
L'ipotesi che la voce del battesimo nitaria citazione di Is. 42,r. Se ciò fos-
fosse in origine solo un'eco di Is. 42,1 se vero, sarebbe confermato (~ col.
è sostenuta da diverse considerazioni. 3 9 5) che la designazione di Gesù co-
r. La voce del ciclo (Mc. 1,n) signi-
me Tea.te; (~EOv) appartiene a un anti-
fica e spiega ovviamente la comunica- chissimo strato della tradizione, anterio-
zione dello Spirito (Mc. r ,10) come a- re a Mc. 354
dempimento della Scrittura 351 • Come Un'altra indiretta attestazione della
spesso nelle citaiioni dell' A.T. (per es.
nella letteratura rabbinica) la continlla- definizione di Gesù come 7ta.i:ç ( i}Eov) e
zione del passo (Is. 42,r = Mt. r2,18c) della sua rispettabile antichità è fornita
è implicita, e non espressamente cita- presumibilmente dalla letteratura gio-
ta: l}1]aw 352 •Ò 7tVEuµ6. µou bt'a.1h6v,
«porrò su di lui il mio Spirito»; così la \'annea.
voce del cielo afferma che la promessa Pet primo abbiamo lo. l,29.36: Ì:OE
di Is. 42,1 circa il dono dello Spirito si ò ciµvòç "tOV i>EOV ( + V. 29: ò al:pwv
compie in questo momento. 'tlJV àµap'tLrl\I 'tOV x6aµou, «ecco l'a-
2. Il testo della dichiarazione divina gnello di Dio (che toglie il peccato del
al battesimo e alla trasfigurazione oscil- mondo)». Ho già fatto osservare (~
la tra &:ya.7t'l')'t'OC, (Mc. 1,11 par.; 9,7 ci.µv6c, 1, coll. 917-922; ~ ai'.pw I, coll.
par.; Mt. 17,5 e Le. 9,35 [var.]; 2 Petr. 499 s.) che l'espressione ò aµvòc; -.ou
1,17) e ÈxÀiÀEyµÉvoç (Le. 9,35); ciò è i>EOu comporta una difficoltà sia per la
dovuto presumibilmente a variazioni cosa in sé sia per la lingua: r. la raffigu-
nella traduzione di bii{Jlr in I s. 42 ,I, re- razione del Salvatore come un agnello è
so talvolta con ÈxÀ.EX'toç (LXX, Simma- sconosciuta al tardo giudaismo; 2. l'e-
co e Teodozione), talaltra con ayct.1t"f1- spressione ò àµvòç -.ov i}Eov è una co-
-r6c, (Mt. 12,18). struzione genitivale senza pari'. Entram-
3. In Io. 1,34 la voce celeste del bat- be le difficoltà si risolvono se ci riferia-
tesimo 353 , secondo quello che è presu- mo all'aramaico, dove taljii' significa sia
l'agnello sia il ragazzo, il servo 355 • Pro- ne è fornita, infine, dalla sua storia nel-
babilmente l'espressione si rifà all'ara- la chiesa antica 359• All'infuori di tre ci-
maico f aljii' de'liiha', inteso nel senso di
'ebed jhwh (--7 note 164.176)356 ; questa tazioni J(>(l e degli Atti, la presentazione
supposizione è pure confermata dalla di Gesù come 1ta.i:ç ( i}Eou) nella lettera-
precisazione di Io. 1,29b: 6 a.tpwv TÌlV tura etnico-cristiana fino al I 70 si trova
àµa.p'tla.v '!OU x6crµov, che richiama Is. solo in r 1 passi, tutti appartenenti a so-
53,12, dove troviamo 'ebed (wehU' b~!'
rabbim nàiii', «egli portò il peccato di li tre scritti.
molti»(--? a.i'.pw 1, coll.499s.). Anche Nella Didaché, nelle antiche preghie-
il titolo di &.pvlov (agnello), dato a Ge- re dell'agape 361 (che si celebrava prima
sù nell'Apocalisse (28 volte) 357, per la dell'eucaristia) troviamo che questa for-
mancanza di analogie nel tardo giudai- mula è recitata prima e dopo il pasto (9,
smo deve ricondursi al medesimo e am- 2 .3; r o ,2 . 3) e nella preghiera per l'un-
biguo faljà' 358 • Se questa ipotesi regge, zione (10,7, testo copto) 362• In tutti e
la definizione di Gesù come 1ta.i:c; (1}Eou) cinque i passi abbiamo una formula ste-
deve risalire alla primitiva chiesa di lin- reotipa: 8tà. 'ITJ<TOV -rou 1ta.t_o6i; crov 363 ;
gua aramaica. lo stesso avviene nella grande preghiera
della chiesa romana (r Clem. 59,2-4) 364,
Una sorprendente conferma di que- nella preghiera di Policarpo connessa 365
sta notevole antichità della designazio- alla preghiera eucaristica di Smirne
355 In~]. ]EREMIAS, 'Aµvòç -.ov i>Eov-mt.U; un testo di Is. 52,13 nella versione siro-pale-
ftEov: ZNW 34 (1935) n6 s. si possono tro- stinese, che designa il Servo di Dio col nome
vare degli esempi di fal;t:l' usato nel senso di di !aljà' (~ n. 156).
'servo' nei dialetti dell'aramaico occidentale JS7 Probabilmente, data la mancanza di -.ou
(Midrash e Talmud palestinesi, Targumim e Deov, l'uso è stato mediato d11 àµvòç -.ou ~ov
dialetto cristiano di Palestina). (segnalazione di K.G. KuHN).
JS6 C.J. BALL, Had lhe Fourlh Gospel an Ara- Jsa ~ l, col. 920; l.oHMEYER, Offenbarung 52 .
maic Archelype?: ExpT 21 (1909-rn) 92 s.; ~ Js9 La cosa è stata messa in luce esemplare dal
BuRNEY 107 s.; E. Lo11MEYER, Die Offenba- brillante studio di ~ A.v. HARNACK, Die Be-
rung des ]oh.' (1953) 52; ~ ]EREMIAS, 'Aµ- t.eicbnung ]em als 'Knecht Gottes' tmd ihre
vòc; -.ou i>Eov n5-123; ~ ZoLLI, 228-233; W. Geschichte in der alten Kirche, SAB 28 (x926).
F. HOWARD, Christianity according lo St Jobn .l6(J Ml. n,18; v. anche la Lettera di Barnaba,
(1943) rnos.; G.S. DuNCAN, ]esus, Son o/ dove 'lta~c; xuplov (6,r) e m~~ç µov (9,2) sono
Man (1947) 91 n. 4; ~ CULLMANN, Tat1Pehre inseriti in citazioni dell'A.T.
16 n. 11; ~In., Urchrislent11111 2 65 s.; ~ In., 361 ~ ]EREMIAS 1 Abendmahlsworte' x11.
Chrislologie 70 s. C.H. Dono: JThSt 34 (1933)
361 Ed. C. SCHMIDT, Das koptische Didache-
285 (nella recensione di ~ àµv6ç, J, coll. 917
ss.) avanza il dubbio che lo 'ebed (ihwh) di ls. Fragment des British Museum: ZNW 24
nel Targum fosse reso con 'abda' e non con (1925) 84 s. (cfr. 94);
!alja'; ma ·a questo proposito dobbiamo ram- 35.l Did. rn,3: da leggere 'I11uou, con la versio-
mentare quanto è stato detto sopra (~ coll. ne copta.
350 s.), che cioè a partire dal 100 circa d.C. il ™ x Clem. 59,2: oià. -.oG 7}ya.1tl]µlvov 1tC1.LOÒ<;
giudaismo di lingua greca cambia bruscamen- G:-ì-rou 'IlJCTov Xpio--roii; 59 ,3: lìLà. 'ITJCToii XpL-
te, passando da 1tO.i:c; DEov a lìou>..oç ~ov; se ne u-.ou -rov 1)ya.mjµlvov 11culì6c; <Tov; 59>4= uù
può ricavare l'ipotesi che i Giudei di lingua a- Et 6 DEòc; µ6voç xat 'll]CTouc; XpL<nòç 6 1ta~c;
ramaica abbiano fatto altrettanto, sostituendo O"OU.
falja' con 'abdii'. Inoltre, è stato ora trovato J6S ~ HARNACK 221; cfr. ~ BoussET 56.
7ta~ç i)Eou D 1,1 (Joach. Jcrcmias}
(mart. Polyc 14,1-3) 366 e nella dossolo- rano infatti preferiti i titoli di xvpt.oç,
gia finale di mart. Polyc. 20,2 367 • Cosl Xp1cr-.6ç, utòç -.ou l}Eov; 2. che nelle
tutti gli undici pass~ ricorrono in conte-
sti di preghiera e (se si eccettuano. le chiese di ex-pagani la designazione so-
formule dossologiche di I Clem. 59.4 pravvisse piuttosto come formula litur-
[ ~ n. 364] e di mart. Polyc. 14,1 [ ~ gica che si fissò assai presto e che si sta-
n. 366] ), incontriamo sempre la formu- bill fermamente nella preghiera eucari-
la liturgica: 81.&. 'h1crov -.ov 1tat06ç crou.
stica, nella dossologia e nella professio-
Questa semplice formula di preghie-
ne di fede 371 •
ra è assai antica 368, come risulta dalla
L'epoca successiva conferma questo
stessa assenza di Xpt.cn6ç nei più anti- quadro 372 • TCaic; (i7Eov) continua ad esser
chi esempi (Act. 4,30; Did. 9,2.3; ro,2. raro. La designazione persiste nelle pre-
3.7) 369, e specialmente dal fatto che la ghiere e nelle dossologie, altrove quasi
forma 81.à àautO 't"OV mno6ç crou (Act. esclusivamente nel solenne discorso sa-
crale. Essa non influenza la fraseologia
4,25) offre un antico parallelo palesti- della dogmatica, ma rimane riservata
nese 370 • alla liturgia e al parlare enfatico. A par-
Inoltre, dei quattro esempi degli At- tire dal sec. v il titolo di mxiç, detto di
Cristo, scompare completamente 373 •
ti, due sono contenuti in una preghiera
(4,27.30), e uno di questi presenta an- Fin qui il nostro esame ha documen-
ch'esso la formula 01.L. -rov ... TCat56ç tato passo per passo l'antichità del tito-
crou 'Iricrov ( 4 '3 o). Esaminando gli e- lo e la sua origine palestinese; .cosl ac-
sempi della designazione di Gesù co- quista importanza la notizia di Epifa-
me 'lttxi:ç ( i7Eov) possiamo concludere nio, secondo cui gli Ebioniti itva l}e:òv
I. che l'appellativo 'lta~ç ( i7Eov) in am- xa-.ayyÉÀ.À.ouO't xat -.òv -.ov-.ou 1ttx~
bienti etnico-cristiani non fu mai una oa 74
'l'l')a'OVV Xp1cr-.6v 3 • Soprattutto, la
designazione del Messia pacificamente scomparsa del titolo di Servo di Dio nel
usata (già non si trova in Paolo); le e- giudaismo palestinese come designazio-
366 mari. Poiyc. 14,1: ò -toii à.ycx:ltl]'tOV xat EÒ- t\I xnpL 'tOV oov)..ou µov Acx.ul5; I Mach. 4,30:
Àoy11-cou 7taL06ç uov 'li]CToii XpLCT-coii itcx.-t1)p, l\I XE~pt 'tOV oov)..ou CTO\J acxvlo (con Ot~ e
OL'où ... ; 14,3: OLcL. 'l'llCToii XpLa"tou, il:ycx.m1- l'ace. in Is. 37,35: o~~ Aa.ulo -cÒ\l 1tcx.'LM µov;
-coii crou 1tato6ç. con oouÀoc; io 3 Brxu. n,13.32.34; 4 Bacr. 8,
19; 19,34; 20,6; con ~\IEXEV in lji 131,10).
367 20,2 : !lt~ -coii 1tO:L!lÒç cx.ò-co\i 'tOU µO\IOyE-
311 In i Clem.59,4: <lii tt 6 itEòç µo\loç xat '111-
\IOUç 'I11crou Xptcr-cou.
<rouç Xp~u-còç 6 7tCX~C. crov è una formula di
JSg-+ HARNACK 235 n. 3 si domanda se l'uso professione di fede.
della formula OLà. 'l'll<TOU Xptcr>tou, frequente 372 Il materiale è raccolto in -+ HARNACK 224-
in Paolo, sia un'imitazione di lM. 'I'llcro\i -tou
233·
1tcx.L06ç crou.
373 ~ HARNACK 236-238.
369 -+ HARNACK 219 s.
Epiph., haer.29,7,3.-+ BoussET 56s.(spcc.
J7.I
370 Cfr. 2 Sam.3,18: b'iad diiwid 'abdi = LXX: 56 n. 2),
mci.'<; ilEoii D 1,2-3 (joach. Jeremias)
ne del Messia (--7 col. 347) sta a mo- David, sia negli Atti (David: 4,25; Ge-
strare indirettamente che la designazio- sù: 4,27.30) sia nella Didaché (David:
ne di Gesù come Servo (di Dio) era vi- 9,2; Gesù : 9,2.3). Che David qui sia
va nel cristianesimo palestinese. Perciò detto 'servo' di Dio, è certo 1 n. Questo
provenienza e origine della designazione accostamento di David e Gesù come
vanno cercate nella prima comunità cri- 'servi', che all'autore degli Atti sembra
stiana di Palestina 375 • Dapprincipio essa inadeguato 378 , mostra che qui 1tcttc; è un
risultò urtante per la chiesa ellenistica, titolo d'onore, essendo dato altrove, nel
perché non sembrò esprimere appieno tardo giudaismo, a eminenti uomini di
la maestà del Signore glorificato 376 ; Dio (--7 coli. 343 ss.) 379 • Parlando poi di
TCai:c; (1kou) fu perciò sostituito da ui.òç Gesù come TCai:c; ( i>Eoù) si dovevano ri-
ih:ou già nel cristianesimo giudeo-elleni- cordare, presto o tardi, i passi del Deu-
stico (Rom. 1,3; --7 n. 334). tero-Isaia. Ciò è dimostrato dalle cita-
zioni di Mt. 12,18 (cfr. Mc. 1,1 r, ~
2. Significato del titol" coli. 395 ss.), come pure dai riferimenti
Che TCai:c; ( t)Eov ), come designazione a Is. 52,13 ss. in Act. 3,13 ss. 380
di Gesù, significhi originariamente 'Ser-
vo di Dio' (non 'Figlio di Dio'), si può 3. Il passaggio semantico da 'Servo
arguire dal riserbo mostrato dalla chie- di Dio' a 'Figlio di Dio'
sa dei gentili verso questo predicato, ri- Nelle chiese dei gentili mx.te; (i>Eov)
serbo che può esser solo dovuto al carat- come designazione di Gesù ha acquisito
tere urtante dell'espressione, atteso il il senso di 'Figlio (di Dio)' non più tar-
suo umile significato. Ma la cosa è pure di del sec. II.
dovuta al fatto che TCcti:c; è usato come Questo cambiamento è presente certa-
attributo non solo di Gesù, ma anche di mente in mart. Polyc. 14,1: xvpLE ò i>Eòç
ò 'lta.v•oxpa•wp, ò ..-oii àya:rc'r]"t'Oii xaì. daché (~ coll-403 s.), rimase più a lun-
EUÀ.oyrycoii 7taL56c; o-ou 'IYJO"OU XpLo--.ou go-nelle formule liturgiche.
1ta.i:1}p, «Signore Dio, Signore di ogni Come debba essere stato ovvio per
cosa, padre di Gesù Cristo, figlio tuo la sensibilità ellenistica intendere 1ta.i:c;
diletto e benedetto» (si noti l'abbina- (i}Eou) nel senso di 'Figlio di Dio', ri-
mento 1ta.i:c;-mi.-.1)p),- e 20,2: otà -cou sulta chiaramente dalla letteratura del-
'JtetLoòc; cdrcou 'toii µovoyEvoiic; 'I11crou 1'epoca. Per il giudaismo ellenistico
XptO''\OU, «mediante il Figlio tuo unige- ~ coll. 338 s.; 350 ss.; per il paganesi-
nito Gesù Cristo» (si noti la compre- mo ellenistico cfr. Corp. Herm. xm
387
senza di nai:c; e µovoyevl]c; 382 ). È proba- 2 : ò j'EWWµE\10<; ih:ou i}eòc; 1ta.tc;, «il
bile 383 che 1ta.i:c; (tkoii) significhi 'Figlio generato (sarà) dio figlio di Dio»; XIII
(di Dio)' già in I Clem. 59,2 s., dove 4: Ò 't'OU i}Eou 1ta.i:c;, &vfrpw1to<; t:tc;, «il
Gesù Cristo è chiamato ò -~yannµÉvoc; figlio di Dio, uomo unico», opera la
r,;a.i:c;; anche la formula CJÙ d ò i)Eòc; µ6- nuova nascita ; xm 14: i}Eòc; 'ltÉqiuxac;
voc; xat 'h)CTouc; XptCT•Òc; ò 1ta.i:c; crou xa.L -.ou ~voc; 1ta.i:c;. In più, 1ta.tc; sa
(59,4) è orientata verso il significato di di arcaico e di eletto 388 ; cosl, per e-
'Figlio di Dio' 384 • È invece improbabile sempio, il figlio dell'imperatore poteva
che Luca abbia usato 7ta.i:c; (lkou) in Act. esser chiamato Ka.lCTapoc; na.i:c; 389 • Allo
3,13 .26; 4,27.30 come espressione so- stesso tempo non si deve dimenticare
lenne indicante il 'Figlio (di Dio)' 384 a, che in m.ti:c; sono pure presenti le riso-
dato che in Act. 4,25 essa è intesa in- nanze più umili; per questa ragione
dubbiamente nel senso di 'servo'. È 1t<t.tc; {ilEov), nonostante il cambiamen-
fuor di dubbio che la mutazione seman- to semantico da 'servo' a 'figlio' (di
tica da 'servo' a 'figlio' di Dio fu gra- Dio), non poté radicarsi nell'area etni-
duale e che non ebbe luogo dappertut- co-cristiana{~ coH. 401 s.).
to nello stesso tempo 385 • Il significato
di 'Servo di Dio', quale si ha nella Di-
382 Cfr. il grido estatico dei profeti ricordato da to da filius (~ HARNACK :u8). In questo cam-
Celso: Éyw ò i>E6ç, Elµt fi &Eoii 7ta.i:<; fi 7tVEiiµa. po i codici sono alquanto fluttuanti; la Vulga-
(Orig., Cels. 7,9): modellato sulla formula ·tri- ta ha ancora filius in Act. 3,r3.26; 4,30, ma ha
adica, esso mostra che fiEou 7ta.i:<; significa 'fi- pt1er in 4,27 (sotto l'influsso di 4,25). Nella
glio di Dio'. chiesa d'Occidente la riluttanza a usare puer
383 DALMAN, \Y/orte ]. 228 ritiene la cosa «del è antica «quasi quanto la traduzione stessa»
tutto indubbia». ( .....)- HARNACK 218). In 4,27 leggeva fili11s già il
testo biblico di Tertulliano (bapt. 7; adv. Pra-
384 Nel caso che dietro lo vt6<; µou del raccon- xean 28). La versione siriaca ha bar in tutt'e
to del battesimo e della trasfigurazione (~ quattro i passi. Del tutto simile è l'incerte-.tza
col. 396) vi sia un 7tCCi:c; µov, e che il titolo· b dei traduttori cristiani di 4 Esdr. nel rendere
vlòc; 'tOV i)Eoi:i sia cresciuto su quello di ò 7tctt<; hl designazione messianica itai:c; µov (~ n.
'tOV i}Eoii (~ n. 354), saremmo riportati i! un 196).
periodo ancor più antico.
· 387 Corp. Herm., ed. A.D. Nocx-A.-J. FESTU-
384~ Cosi HAENCHEN, o.e. (~ n. 379), a propo- GIÈRE II (Collection des Universités de Fran-
sito di Act. 3,13. ce), Paris 1945, pp. 2or.202.206.
3ns ~ HARNACK 225; a p. 237 fa il paragone
38S I codici della Vetus Latina in Act. 3,13.26
e 4,27.30 ci consentono di intravvedere questo con il tedesco 'Weib' (donna)-
processo, poiché in tutt'e quattro i passi il 389 lust., epit.2,16; dr. Melitone in Eus., hist.
puer originario viene gradualmente soppianta- ecci. 4,26,7; Athenag., suppi. 37,r.
nate; i>Eou D n,1 a (Joach. Jeremias)
II. Interpretazioni cristologiche neote- tero-lsaia è applicata a Gesù con una ci-
stamentarie dei testi del Servo nel tazione specifica: Mt. 8,17 (ls. 53,4);
12,18-21 (ls. 42,1-4); Le. 22,37 (ls.
Deutero-Isaia
53,12); Io. 12,38 (ls. 53,1); Act. 8,32
Nello studio di 1ta.tç ( i>Eov) nel tardo s. (ls. 53,7 s.) 390; Rom. 15,21 (ls. 52,
391
I 5) . Ma se ci limitassimo alle citazio-
giudaismo (-7 coll. 336-393) è apparso ni vere e -ht;.Oprie otterremmo un qua-
1~-
chiaramente che la sola ricerca linguisti- dro falsoJ~ è·; soprattutto nel nostro
ca, per quanto indispensabile come ri- problema, ciò comporterebbe un serio
errore di metodo, che non sempre è sta-
cerca di base, non ci ha portato al cuore to evitato 392 a. Se alle citazioni aggiun-
del problema del Servo di Dio. Per ve- giamo le allusioni dirette o indirette, ab-
nirne a capo, è stato necessario affron- biamo il seguente quadro delle interpre-
tazioni cristologiche del Deutero-Isaia.
tare l'interpretazione dei passi del Deu-
tero-Isaia nel tardo giudaismo (-7 coll. a) Ceppo pre-paolino di tradizione e
348-393). Lo stesso si deve fare per il di formule. Va anzitutto ricordatà l'an-
N.T. Per accostarci al problema decisi- tichissima professione di fede di r Cor.
15,3-5, che rinvia a un primitivo testo
vo dobbiamo chiederci I. dov'è che il semitico 393; in essa l'espressione del v. 3:
N.T. presenta delle interpretazioni cri- xa-.à "TÒ:ç yprx<paç, «secondo le Scrittu·
stologiche dei passi del Deutero-Isaia; re» 393 a, dev'essere un'allusione a Is. 53,
poiché è accompagnata dalla specifica-
2. qual è la cornice vitale di tali inter-
zione Ù1tÈP -.wv àµrxp·nw" 1)µ.W", «(Cri-
pretazioni nella vita della chiesa primi- sto è morto) per i nostri peccati» 394 • A
tiva. questo ceppo di tradizione pre-paolina
appartengono pure le parole eucaristi-
r. I testi che nella formulazione liturgica 395 di r
Assai pochi sono i passi nel N.T. in Cor.II,23-25 396 , la formula cristologica
cui una parola relativa al Servo del Deu- di Rom. 4,25 397 (costruita secondo la
390 In Act. 13,47: ·dDE~xti <TE t~ q>wç lhvwv za vicaria come è espressa in ls. ,3, Miss Hoo-
"tOV ELval at EL<; crw-r'l)p(av ~wç faxocTov -rijç KER è portata a concludere che né Gesù né la
yijc; ( = ls. 49,6 LXX), non si può dire con chiesa primitiva attribuirono una particolare
certezza se il pronome crE, usato due volte, portata cristologica ai testi del Servo nel Deu-
si riferisca a Gesù oppure agli apostoli. Ma tero-lsaia. Contro questa opinione -+ LousE 2
l'introduzione (ouTwç yàp lv-.haì.:ta~ Jiµi:v 220-224.
b x.upioc;) e la comparazione con Act. 26,18 sta 39.l-+ ]EREMIAS, AbendmahlsworteJ 9-'"97·
piuttosto per la seconda alternativa. 393a -+Il, col. 629.
3
391Il riferimento cristologico si ha nell'espres- ~ ~ LOHMEYER 39; -+ CuLLMANN, Christo-
sione nept au-.ou. logie n-76.
392 Giustamente sottolineato da -+ WoLFF·' 395 -+ ]EREMIAS, Abendmahlsworle > 98.179 s.
69.79.8,.106, ecc. Anche la limitazione abitua- 39° Per l'allusione a Is. 53 -+ coli. 420 ss. (for-
le a Is. 53 e l'omissione degli altri passi del mula con VltEp ).
Deutero-Isaia che parlano del Servo riducono 397 napelì6Dl) l)~(L "tÒ. napan-.wµa·ta. i)µWv in
il quadro. Rom. 4,2,· corrisponde esattamente a Is. 53,
392• Per es., per aver limitato lo studio alle 5b, Targ. : 'itm'sar ba'awàiàlanà'; invece in Is.
sole citazioni esplicite e all'Idea della sofferen- 53,12 i LXX (oià. -.à.ç à.µap-.laç au-.wv mx.pE-
409 (v,703) 7t«i<; ~Eou D II,I a-b (Joach. Jcremias}
legge del parallelismo sintetico), l'inno missionaria su Is. 52,15 (LXX; ~coli.
cristologico di Phil. 2,6-1 l 398, la profes- 415 s.). Ciò significa che tutte le allusio-
sione di fede di Rom. 8,34 399 , la paro1a ni di Paolo ai testi dcuteroisaiani dello
sul riscatto in r Tim. 2,6 (~ n. 401), 'ebed, se si eccettua Rom. 15,21, si ser-
l'antica formula con U1tÉp, molto fre- vono di un antico ceppo tradizionale
quente in Paolo (~ col.420 ), con Le sue che poggia sul testo ebraico.
varianti, e infine l'espressione (-i.a.p)
ÉÒ<µXE\I Èa.u'to\I, che in tutti i casi è col- b) Ceppo pre-sinottico di tradizione e
legata con la formula con vnÉp (Gal. 1, di formule. Anche nei sinottici si può
4; 2,20; Eph. 5,2 .25; I Tim. 2,6; Tit. 2, mostrare che la maggior parte delle al-
14 [ ~ coll. 421s. ]) 399 '. Riferimenti lusioni ai testi del Deutero-lsaia che ri-
a Is. 53 contenuti in Rom. 5,16 (noÀ.- guardano lo 'ebed jhwh è basata su
Àol).19 (ol noÀ.À.ol) assai probabilmente un'antica tradizione. Questo è il caso
sono essi pure tradizionali, come è sug- dell'antica formula eucaristica (Mc. 14,
gerito dal fatto che vi si avverte l'utiliz- 24 par.) 400 e della frase con À.u<tpov che
zazione del testo ebraico 399 b. Che il rife- si legge in Mc. 10,45 par. Mt . 20,28 4-0I,
rimento a Is. 53,1 (LXX) che si' riscon- certamente già a motivo delle caratteri-
tra in Rom.10,16 sia pre-paolino, è con- stiche di lingua; è il caso anche della vo-
fermato da Io. 12,38 399c. La presenza ce udita al battesimo (Mc.r,II par.=ls.
della tradizione non può invece essere 42,1 ), attesa la sua indipendenza dai
sicura per Rom. 8,32 perché Paolo si ri- LXX 402 ; di LC.2,J2, dato il carattere sti-
ferisce ai LXX 399 d. Il solo riferimento a listico e linguistico dell'inno nel suo
un passo del Servo di Jahvé di sicura complesso (2,29-32) 403 ; di Mt. 12,18-21
provenienza paolina si ha in Rom. 15, ( = Is. 42,r-4) a motivo del carattere
21, dove Paolo fonda la sua attività misto del testo(~ col. 395), cqme pu-
li6Dri) differiscono da Ro111.4,i5 nel vocabolario J99dRom. 8,32: Ù7tÈp i]µwv 7t&.nwv mxpéSw·
(àµttp-rlttç) e anche per il pronome personale XEV mi-T6v si riferisce a ls. 53,6 (LXX): xat
(m'J-rwv). Per il carattere pre-paolino della for- xvpLoc; 7t<XpiliwxEv cx.1h·òv -ccxi:<; ci1.1.cx.p't'lo:L<;
mula cfr. H . LmTZMANN, Rom.' (1933), ad I.; i]µwv <~coli. 420 s.).
STAuFFER, Theol. 223; BULTMANN, Theol. 47. 400 Per l'allusione a Is. 53 ~ }EREMIAS, A-
82.
be11d111ahlsworte 1 218-223, cfr. 171-174. Per il
398 Per l'allusione a Is. 53 (testo ebraico) ~
carattere palestinese della lingua, ibid.165-179.
coli. 423 ss. ~ L011MEYER, Kyrios Jesus, ha di- Per l'indipendenza dai LXX si deve notare che
mostrato il carattere pre-paolino di Phil. 2,5-II . V7tÉp manca in Is. 53 (~ n. 434).
J9'J Rom. 8,34: llc; xcxt Èv-rvn:avEL imÈp 'liµwv
riprende il finale del testo ebr. di Is. 53,12 (....+ 401 Per le allusioni al testo ebr. di Is. 53,10-12
~ )EREMIAs, Losegeld 262-264 ; ~ ID., A-
col. 420); i LXX sono diversi. Cfr. C.H. Donn,
According to the Scriptt1res (1952) 94. . be11dmahlswor1e 1 q1-174. Per il carattere pa-
lestinese della lingua ~ ibid.
m • Il carattere pre-paolino della formula ri-
salta dalle varianti della traduzione (~ coli. 402 Vedi anche ~ col. 397, a proposito del-
420 s.). l'antichità di Mc. 1,II par.; 9,7 par.
J99b ~ 7toÀÀol VI 543 .545. Cfr. S. MowINK- 403 L'espressione di Le. 2,3:z : cpw<; di; ci.noxa-
KEL, Die Vorstellrmgen des Spii1j11dent11111s À.v!JILv Éilvwv è reminiscenza di un enunciato
vom hl. Geist als Fiirsprecher tmd der ioh. Pa- sul Servo (/"or goim) che coincide alla lettera
raklet: ZNW 32 (1933) i u n. 82; ~ CuLL- con Is. 42,6 e 49,6; ma la giustapposizione dci
MANN, ChriStologie 76. gentili e di Israele (Le. 2,32 •·h) mostra che dei
J99< ~ col. 4r5. due il testo pitt vicino è Js. 49,6.
;cai:ç i}Eov D n ,1 b-c (Joach. Jeremias)
re di Le. 22,37 ( = Is. 53,12) 434 e di Mt. !esano l'influenza del testo ebraico 403 ,
8,17 ( = ls.53,4 [testo ebr.]), tenuto quella dei LXX è riconoscibile solo nel-
conto della connessione col testo ebraico l'aggiunta di Mt. r2,2I (~ col. 395)
(~ n.424). I numerosi riferimenti di ca- e in Le. 22,37 (~ n. 404). Ne viene un
rattere generale alla Scrittura che si tro- risultato simile a quello riguardante
vano in tutti e tre i sinottici nelle parole Paolo, cioè che quasi tutte le allusioni
di Gesù riguardanti la sua passione 405 so- allo 'ebed jhwh del Deutero-Isaia pre-
no essi pure - e non solo con probabilità senti nei primi tre vangeli provengono
ma in via primaria - altrettante allusioni da un ceppo antico di tradizioni e di
a Is.52, come si vede nell'antico detto di formule.
Mc. 9,r 2 ( (çouÒEV1Jl}fi, cfr. ÉçouOEvwµE-
voç in"Js.53,3 [Aquila, Simmaco, Teo- e) Tradizione e formule caratteristiche
dozione = nibzeh]) 4-06; così pure in Le. degli Atti. In Act. 8,32 s. troviamo una
22,37 e forse anche nell'uso frequente citazione di Is.53,7 s. (LXX) applicato a
di 1ta:pa:olòo<ri>a:L/1tet.pa:oi06va.i (~ n. Gesù, nel frammento di tradizione che
437) 407 • Da I Cor. I 5,J risulta chiaro tratta di Filippo (8,5-40) 410 , la cui anti-
che la maggior parte di queste allusioni chità risulta in modo speciale dalla ma-
scritturistiche è anteriore ai sinottici niera in cui si descrive il battesimo in 8,
(~ coll.408 ss.). Del tutto sorprendente 12 ss. 36.38 s. 411 Anche la designazione
è l'assenza quasi completa dei LXX nei di Gesù come 1tet.i:ç 412 , attestata solo in
testi sinottici: mentre molti di essi pa- Act. 3 e 4, appartiene a uno strato as-
41» Le. 22,37: xat µr-rà &.v6µwv ÉÀ.oylcrfu}, sohn in der synoptische11 Oberlieferung (1959)
cfr. Is. 53,12 : w"et-pos'im nimnii. In ls. 53, 156 trova un'allusione a Ps. n8,22, dato che
12 i LXX: xat Èv 'tOL<; &.v6µot<; D..oylcrfu}. Le in Act. 4,n questo versetto è citato nella for-
parole ll.voµot e À.oyll;ecri)aL rimandano ai ma ò )..'t>oç ò t~oui>EV1]llEl<;. Ma questa forma
LXX, mentre la preposhdone µE-.a e l'assenza del testo del salmo non è attestata altrove, ed
dell'articolo mostrano l'influenza del testo e- è probabile che sia dovuta a Luca, il quale ha
braico. cambiato anche il successivo otxoBoµouv'tEç
405 Mc. 8,31 par. (Ilei:); 9,12 par.; 14,21 par.
(Ps. n 7( 118),22 LXX) in olxo86µot e per due
volte ha sostituito il participio al verbo finito.
(yÉypa1tTttL); 14,49 par. (tva 1tÀ.1Jpwl}wcrtv al
Che in Act. 4,xr la citazione scritturistica sia
ypacpal); Le. 18,31 ('tEÀEcrD-ficrt-.aL m~.v'ta -rà stata redatta da Luca stesso è confermato dal
'(EypaµµÉva Otà 't'W\I 1tpOq>TJ'tWv), dr. Mc.10,
fatto che anche altrove egli usa la lima sui te-
32 par. (µÉÀ.ÀEW, come pure Mt. 17,12.22; Le.
sti che 'cita. Èçouih:vÉw ricorre anche in Lc.18,9
9,44); inoltre tra i brani peculiari di Matteo: (in _una espressione introduttiva che reca l'im-
Ml. 26,54 (1tW<; ovv 1tÀ.1Jpwt>wcrtv al ypa- pronta del suo stile caratteristico) e in 23,n.
cpal... 6Ei:); e in quelli peculiari di Luca: Le.
407 Cfr. anche Le. 18,31: -rà yEypaµµlva. lltà
13,33; 17,25; 24,7.25-27.44-46 (liEi:); 9,31 (il·
µÙÀEV 1tÀTJPOVV); 22,22 (XCX'\Ò. 't'Ò WpLCTµÉ- "l'WV 1tPOcp1]'t'WV.
403 Mc. 1,u par. (dr. 9,7 par.); 9,12; IOA5;
VO\l)j 24,32 (llL'i)vo~yEv ... -.àç ypacp&.ç); 24,44
(6Ei: 'ltÀT)pwl)Tjvm 1t&.v-ra -rà yEypaµµlva).46 14,24; Mt. 8,17; 12,18-20; Le. 22,37.
(yÉypGt1t'tGtL) . . 410 J. }EREMIAS, Untersuchtmgen wm Q11el-
406 ~OTTO 197-199; -> MICHAELIS 8 s. L'an- lenproblem der Apostelg.: ZNW 36 (l937) 215
tichità del detto risulta chiara se si pensa al s.
411 8,12 ss.: battesimo senza comunicazione
carattere indeterminato dell'annuncio della
passione e se si considera che in Mc. 8,31 la dello Spirito; 8,36.38 s.: battesimo senza catc·
formulazione in quattro momenti è evidente- ~umenato .
sai antico della tradizione (col!. 403 sione generica alla Scrittura connessa
s.). Inoltre Gesù è chiamato tre vol- con la passione di Cristo, che ci è già no-
te ò òlxawç, in Act. 3,14; 7,52; 22, ta dall'anticà professione di fede (--?
14 (--? col. 419). Dato che in tutt'e coll. 408 s. ), dai sinottici (--? coli. 4 r 1
tre i passi vi è l'articolo ma non un no- s.) e dagli Atti(~ col. 413). In Hebr.9,
me, abbiamo a che fare con un titolo, e 28 (EL<; 'tÒ 'ltOÀ.À.W\I a\IE\IEYXELV à.µap-
probabilmente con il titolo messianico 'ttaç, <(per prendersi i peccati di molti» )
'il giusto' noto da Henoc etiopico (--? si usa il testo dei LXX di Is. 53,12. Si
cqll . 360 s.), nel quale esso allude a Is. tratta di un'espressione che ha assunto
53,II. Il raffronto di Act. 22,13 s. con carattere di formula, come si vede an-
9,17 (Ò olxmoç/ò xvpwç) mostra che ò che dal fatto che l'intero passo 9,27 s.
òlxtx.Loç è il titolo d'onore più antico 413 • da uso di materiale catechetico più an-
Finalmente nei discorsi degli Atti le al- tico» 416 '. A proposito dell'intercessione
lusioni scritturistiche contenute in passi di Cristo in Hebr. 7,25, come pure in
riguardanti la passione e la morte di Ge- 2,18; 9,24, ~ col. 420. «Lo scrittore
sù sono così regolari 414 , che vi possiamo della Lettera agli Ebrei non cita I s. 5 3,
vedere una parte integrante del keryg- ma tiene il testo come sicuro e su di es-
ma primitivo 415 • so costruisce la propria opera» 417 •
d) Formule antiche nella prima let- e) Formule antiche negli scritti gio-
tera di Pietro e in quella agli Ebrei. vannei_ Anche qui le allusioni allo 'ebed
In 1Petr. 2,21-25 si trova tutta una se- del Deutero-Isaia appartengono a un an-
rie di libere citazioni di ls. 5 3 secon- tico strato tradizionale. Ci riferiamo an-
do i LXX (v. 22: Is. 53 ,9; V. 24 a: Is. zitutto a ciò che già è stato discusso: per
53,12, dr. 4,u; v. 24 b: Is.53,5; v. 25: Io. 1 ,29 ( ò &.µvòç .-ou llEou ò a.i'.pwv -i:Ì]v
Is. 53,6), che in parte erano usate come aµa.p-rltx.v -rou x6crµou) e I ,3 6 --? coli.
formule(--? col.422); inoltre in r Petr. 398 s.; per 1,34 (ò ExkEx.-6ç) --? col.
3,18 7tEpt àµap·nwv è probabilmente 398; per 3,14; 12,34 (OEÌ:) 417 --? n. 405 .
un'allusione a Js. 53 ,rn, e òlxcuoç a 53, Per I Io. 2,1.29; 3.7 (òlxa~oç) --? col.
II. Nei due passi di I Petr. 2,21-25 e 3, 4r3; per 2,2; 4,10 (tkacrµòc;) --? n.
18 s'incontra l'antica formula con Ù7tÉp 4 3 1; per 3 ,5 (-ràç àµap.-lac; atpEw)
(2,21; 3,18;--? coll. 420 s.). Entrambi i --? col. 422; per 3,5 (àµap.-la Év au-i:Q
passi usano materiale liturgico tradizio- oux fo-i:w) ~ col. 422; per &.pvlov nel-
nale: il primo un inno a Cristo, il se- l'Apocalisse --? col. 399 418 . Va inol-
condo alcune formule cristologiche 416 • tre ricordata l'espressione .. ~~Éw.c~ -i:Ì]\I
In r Petr. 1,11 ritroviamo quella allu- 4ivx1iv (lo. rn,r 1.15 .17 . r 8), che è una
419 -> col. 421. La formula con Ù7tÉp in Io. ri- lo in Mt. (23,33; 26,54); 1tÀ:Y)pouv, detto del
corre pure altrove,-> n. 435. compimento della Scrittura, è un termine pre-
4N -> Hi!GERMANN 81 s.
diletto di Mt. (12 volte, contro una sola in
Mc., due in Le. e 8 in Io.; dr. KLOSTERMANN,
42i Io. u,38, come mostra l'aggiunta di xvpLE, Mt. 1 [1927], a proposito di x,22). D'altra par-
segue i LXX contro il testo ebr.; invece 1240 te, è difficile seguire A. SCHLATTER, Der Evan-
si distacca del tutto dai LXX. gelist Matthi.ius, ad l., quando attribuisce Mt.8,
42:: o~à. "t'Oiho... B't'L; dr. BULTMANN, Joh. " 17 direttamente all'evangelista; qui infatti Is.
(1962) 346 n. 4; 177 n. 5. 53,4 è tradotto dall'ebraico, mentre Ml. nelle
citazioni sue proprie segue i LXX.
m Cfr. BuLTMANN, Joh. 346, che attribuisce
42'.i Apoc. 1,16; 19,1.5 (la spada che esce dalla
Io: 12,37 s. alla 'fonte dei O"l'}µE~ct' usata dal-
bocca) non può essere annoverato tra le allu-
l'evangelista. Noi ci esprimiamo volutamente
sioni allo 'ebed; qui infatti l'allusione è a Is.
in termini più generici.
n,4, con un richiamo secondario di Is. 49,2 e
4241tW<; in una domanda diretta retorica, se- P.r. 149,6 (cfr. SCHLATTER, Das A.T. in dcr
guito dn un congiuntivo, nel N.T. si trova so- iohanneischen Apok. 37).
<.u.~ç beoù D n,:z a (Joach. Jeremias)
4
~• C.H. Dono, Accordi11g to the Scriplures dello 'ebed-ihwh è «una delle cristologie pit1
( 1952) 94, in riferimento alla 'ubiquità' del- antiche e più importanti».
l'interpretazione cristologicn di ls.53 nel N .T .; 427 J. DuPONT, Les problèmes d11 Livre des
~ Cuu.M~NN, Christologir 79: la cristologia Actes d'a près les tmvaux récenls (19~0) no.
'ltai:c:; l}Eoi:i D n,2 a-b (Joacl1. Jcrcmias)
423 Cfr. ancora, in Aci. 26,18, un riferimento pre-paolina, com:! si ricava dal plurale, che non
simile a ls. 42,7 .16. è nello stile di Paolo (ibid. 96).
42") Mc. 1,II par.; 9,7 par.; Mi . 12,18; Le. 9,35 m In LXX ls. 52,13-53,12 manca ùrcÉp e vi SO·
(var.); :i Petr. 1 ,17; dr. Eph. 1,6: b TjyC1.7tTJµÉ- no invece Oi6. con l'accus. (5 3,5 [due vol-
voc;. tc).12 le 7tEpl col gen . (53.4, cfr. 10).
430 H. DECHENT, Der 'Gerechle' - ei11e Bezeich-
11u11g fiir den Messias : ThStKr 100 ( 1927/281 m Negli enunciati riguardanti la morte di Ge-
sì.1 si alcernano le preposizioni seguenti : 6.v-
439-443.
i:l (Mc. 10,45; Ml. 2 0,28); Ù'ltÉp col gcn. (Mc.
431 O,aaµ6c; equivale forse n 'iisiim di ls. 53.
14,24; Lc. 22,19.20; Io. 6,51; 10,11.15 ; n,51
rn? Su 'ltepì. -çwv àµap't"twv Tjµwv dr. Is. 53,
s.; 15,13; r7,19; 18,14; Rom. 5,6.8; 8,32; q.,
4-6; ~ WoLFF rn4 s.
15; I Cor. 1,13; 5,7 [ var.]; 11,i4; l5,3 ; 2 Cor.
432 MOWINCKEL, o.e. (~ n. 399") i 20 s. Si no· 5,1 ..p5 [due volte) .2 1; Gal. 1,4; 2,20; 3,13 ;
ti che in I Io. 2,1 Gesù è chiamato olxato~ Eph. 5,2.25; 1 Thess. 5,10 [var.]; i Tim. 2,6;
(cfr. Is. 53,11 ). Til. 2,q; Hebr. 2,9; 7,27; 10,12 [cfr. 26); J
433 Sul carattere semitico della lingua dei due Petr.2,21; 3,18; 4,1 { var.); 1 lo. 3,16); 7tEpl col
brani~ )EREMIAS, AbendmtJhlsworle ·' 95-97. gen . (Ml. 26,28; Rc111. 8,3; 1Cor. 1,13 (var.];
165-179. La formula ÙTCÈ? <WV àµap't"tWV Gal. 1,4 [var. ] ; 1 Tbess. 5,10; I Pctr. 3,18; 1
Tjµwv ( 1 Cor. 15,3 = ls. 53,5 '''. testo ebr.J è Io. 2,2; .po); Stt7. con l'ace. (Rom. 3,25 ; 4,
1tatc; i>Eou D II,2 b-c (Joach. Jeremias)
tico sottostante 436 • Un'altra parola-chia- getto, usata in Rom. 8,32 (ÙnÈp i]µG.iv
ve oltre Ù7tÉp, che in molti testi compor- miv-.wv 7tC1..pÉowxEv aù-c6v, «lo conse-
ta un riferimento a Is. 53, è (1tapa.-)ot- gnò per noi tutti») fa pensare a uno
o6vaL, Si possono distinguere due diffe- sfondo ellenistico, dal momento che il
renti stadi di riferimento a Is. 53, secon- riferimento è a Is. 53,6c nei LXX (xcx.ì
do che il verbo è attivo o riflessivo o xupLo<; 1ta..pÉowxEv aù-r6v, «e il Signore
passivo. L'uso riflessivo ci riporta agli lo consegnò»). In tutti i casi appena ci-
ambienti di lingua semitica. Infatti l'e- tati (7tapa-)OLoovaL è collegato alla for-
spressione napa.oLoo\laL Ècx.u't6v (Gab, mula con Ù7tÉp e con le sue varianti. Fi-
20; Eph. 5,2.25) si alterna con il sem- nalmente l'espressione presa da Is. 53,
plice Òto6vcx.t Èam:6v (Gal. IA; 1 Tim . 12: aÌ:pELV 'ti]V &.µap"tLl'1.V (lo. 1,29; al
2,6; Tit. 2,14), che è una forma greciz- plurale in r Io. 3 ,5 ), oppure &.va<pÉpELV
zata di oto6vat ·d1v 4iux1}v (cfr. Mc. 10, ù.µap"tlac, (Hebr. 9,28; I Petr. 2,24) 440,
45; Mt.20,28); questa forma, a sua vol- e probabilmente anche l'espressione &..-
ta, si alterna con l'altra: 'td>Évat "t1]v µap"tlr.x.v oùx É1toll]CiEV (1 Petr. 2,22) o
iVux1}v, che ha lo stesso significato (lo. aµap-rla EV aÙ"t~ OÙX Eu'tt\I (I Jo. 3,5),
10,ri.15.17 s.; r5,13; 1 lo. 3,16). È as- che fanno eco a Is. 53,9b 441 , hanno ca-
sai probabile che tutte queste forme sia- rattere di formule. I vari tentativi di
no pure e semplici varianti della tradu- rendere in greco l'ebraico 'àsàm (ls. 53,
zione di fìm nafio (ls. 53,10 [testo 10) sono una conferma della forte in-
ebr.]) o 11har nafsé~ (ls. 53,12, Targ.). fluenza che Is. 53 ebbe assai presto sul-
A un ambiente di lingua semitica ci ri- la cristologia della chiesa primitiva 442 •
porta parimenti il passivo 1tC1..pEo6l>TJ {u-
sato come parafrasi dell'azione di Dio)
c) Bisogna inoltre tener conto della li-
in Rom. 4,25. Infatti le parole che ivi
si leggono: napdì6~11 otù. -cù. 'ltapa'lt-rw- turgia. Nella celebrazione eucaristica il
µa..-co: i]µwv, «venne consegnato a mo- pronome 1tOÀ.À.wv delle parole dell'ulti-
tivo dei nostri falli», è una esatta tra- ma cena (Mc. 14,24 par. Mt. 26,28) è
duzione di ls. 53,5b, Targ.: 'itm'sar ba-
'èiwàiàtanà' e~ n. 397). Invece la formà un accenno al Servo di Dio 4420 ( ~ n.
attiva 7tapaoto6vm, con Dio come sog- 400 ), e l'antica formula di preghiera li-
25; I Cor. 8,n). Che in molti di questi passi Cor. 5,21. Non si può dire con certezza se l'u-
l'uso di formule si possa riconoscere anche sul- so formale dei verbi ùl)louv (Aci. 2,33; :;,31;
la base di altri indizi, non è un puro caso. I- Jo_ 3,14; 8,28; 12,32.34) e lìo!;a~sw (Act. 3,
noltre la preponderanza di Ù1tÉp rispetto a 1tE- 13; Io. 7,39; 12,16.23; 17,I.), ccc.) si ricolle-
pl, che invece è più frequente nel greco elleni- ghi a ls. 52,13 LXX, come affermano O. Mt-
stico, è un indizio di antichitn ("' LOHSE 131 CHEL, Probleme der 11eulestamentlichen Theo-
n. 4). logie: Dcutsche Th 9 ( 1942) 29; ~ WoLFF
436 Nel confronto di Mc. 10,45 par. (&.v·d 1tOÀ- 85 ; "'CERFAUX 123 n . I.
Àwv) con r Tim. i ,6 (Ù7tÈp 1tav--rwv) si può a- m À.u--rpo\I in Mc_ 10,,u; Mt. 20 ,28 (DALMAN,
vere un chiaro esempio delle varianti nella o.e. ["' n . 304 J uo; dr. " ' WOLFF 61;
traduzione. " ' }EREMIAS, Losegeld 262) ellenizzato nella
oa lo. 1,29; 1 lo. 3.5 seguono il testo ebr. di forma <iv--rl).u.-pov in 1 Tim . 2,6; nEpL àµap-
Is.53,12, mentre Hebr.9,28; 1 Petr.2,24 usano =
•lw; ( LXX Js.53,ro) in Rom.8,3; per t).au-
i LXX; questo spiega l'alternanza di oJ'.pnv e µ6ç "' n. 431; forse anche l)..a.cr-ci)piov in
tivaq>ÉpEW. Rom. 3,25.
441 Cfr. anche --ròv µi} yv6v·ta ò:µap-rlo.v, 2 442• JOACH. JEREMIAS, " ' 1to).).oL_
7ta'Lc; ilEOu D n,2 c (Joach. Jcremias)
turgica OLÒ.. 'I'l']<TOV -rov 1tClLOOç crou conti- s., in 2 16-9 fa invece uso di una termino-
nua a vivere tenacemente nella preghie- logia cristologica presa da I s. 53 nel testo
ebraico; anche l'uso di oouÀ.oc; (in luogo
ra eucaristica e nella dossologia (~ di 1tc.ttc,) perde ogni stranezza (~ n.
coll. 399 ss.) 413 • Già prima di Paolo ( ~ 444) se si fa risalire all'ebraico 'ebed
n. 398 a proposito di Phil. 2,6-r x) Ge- (ls. 52,13). La prova decisiva della no-
stra tesi, secondo cui la cristologia di
sù è esaltato anche in alcuni salmi co-
Phil. 2,6-9 poggia sul testo ebraico di
me il Servo di Dio (Phil. 2,6-II; I Petr. Is. 53, si ha nel fatto che l'espressione
2,22-25; Le: 2,32, cfr. Rom. 4,i5 ). Éau.. òv ÉxÉvw~n:v (Phil. 2,7), la quale
non è attestata altrove in greco e gram-
Il riferimento di Phil. 2,6-II a ls. maticalmente è di un'estrema durezza,
5 3 444 appare chiaro non appena si rilevi risulta l'esatta traduzione di be' era
naf-
che l'inno, mentre segue i LXX in 2,10 16 ... (ls. 53,12ì-H5• Prescindendo da al-
4~3 Cfr. anche l'epiclesi eu:aristica della Co- 'rh al pi'el nel significato di 'vuotare' 'sparge-
stit. di Ippolito (-'> H,\RNACK 227 s.; H. LIETZ- re' viene di regola tradotto in greco con ExXE-
MANN, Messe 11. Hcrrenmabf [ 1926) 80 s.) e voùv {LXX Ge11.24,20; 2 Chro11.24,u; Ps.136
la liturgia eucaristìca di un papiro di Berlino, [ i37 ],7; Ps. 141,8 [Aquila]; cfr. ler. 51,58;
nella quale si dice: «Possa l'eucaristia servire Dooo: JThSt 39[1938h92). Vi sono tre testi,
dc; cpcipµrxxov afravaulac; ... otà -.ou TrY«1tIJ- nei quali i LXX preferiscono una traduzione li-
µÉvov CTOV 1trxto6c;» (H. LIETZMANN, ibid. 257 bera : Js.32,15 e due passi che menzionano l'at-
n. 2). to di 'versare la vita', cioè Is. 53,r2 (1trxpe06lh1
dc; Mva't'ov ii ljluxiì mhoù) e Ps.140[14!],8
40 Sostenuto, tra gli altri, da -'> LOHMEYER,
(µii à.v-rrxvÉÀ.lJ<; 't'Ì)v 1Jiux1Jv µou). Va tuttavia
Kyrios Jems 32 s.; 35 ss.; 40·.p e da H. Wrn- notato che in quest'ultimo testo Aquila ha Èx-
DISCH: ThLZ 54 (1929) 247, nella recensione XEVovv, il che conferma che questo verbo, che
dell'opera di Lohmeyer; da G. KITTEL (-)
è l'equivalente normale di 'rh, può essere usa-
i'.maxou, v7tl}xooi; 1, col. 606; -) EuLER 4.:H7 to anche in questa espressione. L'uso di Is. 53,
s.101.103.u8; H .W.RoBJNSON, o.e. (-'> n. 445) 12 mostra che fov-ròv Èxlvw<TEV di Phil.2,7 in-
5; G. STAHLIN-'> fo·oc; JV, coli. 1094-1096; ~ dica il sacrificio della vita, non la kénosis del-
CERFAUXu7-124; G .S. DuNCAN, ]es11s, So11 o/
l'incarnazione. G . BoRNKAMM, Zum Versliit1d-
Ma11 (1947) 193 s.; DAvms, Pa11l a11d Rabbi- 11is des Christ11s-Hy1111111s Phil. 2,6-11, in Stu-
nic J11daism 274; -'> CuLLMANN, Christologie die11 1.11 A11tike 11. Urchristenl11t11 {1959 =
76 s.; ~ ScHELKLR 95. La negazione di questa 1963 ') 180 muove tre obiezioni all'idea che
connessione (K.H . RENGSTORF---+ oouÀ.oc; X't'À..
È«U"t"Òv èxÉvwC1EV sia la traduzione di he'era
Il, coll. 1460-1462; ~ GEWJESS 56 n. 149) si
lammiiwet na/Jo di Is.53,12: i . lammiiwet non
basa sulla parolR oouÀ.oç (Phil. 2,7 ), in luogo
c'è, 2. anche 110/io non è stato tradotto, 3. del-
della quale, si dice, ci si aspetterebbe 'l'to:ic;. La
la morte di Gesù non si parla fino al v. 8b. Nel-
connessione è stata negata anche da E. Kii- l'articolo Zu Phil.2,7: 'Erxu't'Ò\I ÈXÉVWC1EV : Nov
SEMANN, Kritische A11alyse von Phil. 2,5-1 r:
Test 6 (1963) 182-188 ho cercato di mostrare
ZThK 47 (1950) 313-330 (ristampato in Exe- l'infondatezza di queste tre obiezioni. 1. Ps.
gelische Versuche u. Besinnrmgen I ( 1960) 5 r- 14r,8 («non versare la mia vita», cioè: <man
95). uccidermi») prova che l'espressione ricorre sia
4-1~Questa corrispondenza è stata individuata con lammawet (come in Is. 53,Ii.) sia senza
da H .W. ROBINSON, Tbe Cross o/ the Servanl, (come in Phil. 2,7), e che quindi questa parola
in The Cross in the O.T. (1955) 57.104 s.; v. non ne è parte indispensabile. 2. È errato dire
anche C.H. Dooo : JThSt 39 (1938) 292; Io., che na/Jo non è stato tradotto. In realtà, è rap-
According lo the Scrip111res {1952) 93; J.A.T. presentato esattamente dal pronome riflessivo
RoBJNSON, The Body (1952) 14 n. 1. he'eriì si- Ètxu"t"6v, che spesso serve per tradurre 11e/ei,
gnifica 'spogliare, svuotare', .XE\louv 'vuotare'. quando questo tiene il posto del pronome ri-
;ca.i:ç ùsoù D u,2 e-lii (Joach. Jeremias)
tre reminiscenze verbali 4.u,, un'allusione nessuna area della vita cristiana primiti-
ri I s. 5 3 si può vedere ancora nell'antite- va rimase ·senza l'influsso e il marchio
si tra l'umiliazione estrema e la suprema
esaltazione, nella libera scelta dell'umi- della cristologia dello 'ebed. La sua im-
liazione e nel ricordo dell'obbedienza e pronta, che pu:'.> esser rilevata, ugual-
della morte 40 • mente in cgni settore, in espressioni che
L'inno a Cristo di I Petr.2,22-25 (--7
hanno valor:! di formule, ci autorizza a
coll. 413 s.) è un vero e proprio somma-
rio di Is. 53 . Esso mostra come Gesù riconoscere 1':ntichità e le profonde ra-
sia del tutto considerato dal punto di dici della cristologia dello 'ebed, e spie-
vista del Servo sofferente. Il cantico di ga la rarità di citazioni esplicite (~ coli.
Simeone (Le. 2,29-32) riprende Is. 49,
6 (-7 n. 403) e riferisce a Gesù questo 407 ss.; 418). Ma, s:'.! l'interpretazione
passo che parla del Servo di Dio. cristologica di ls. 42,r ss.; 49,6 e spe-
cialmente 5 2 ,r 3 ss . appartiene al più an-
d) Finalmente, Is. 53 ha una grande
tico stadio palestinese della chiesa pri-
importanza nella parenesi cristiana pri- mitiva, allora nasce il seguente pro-
mitiva e nella letteratura del martirio. blema.
Gesù in quanto Servo di Dio sofferente
è presentato, come mostrano i contesti, III. È possibile che Gmì abbia applica-
quale prototipo del servizio (Mc . IOA5 to a se stesso i passi del Deutero-
par.), dell'abnegazione (Phil. 2,5-II), 1saia che parlano del Servo?
della sofferenza volontaria e innocente
I vangeli lo affermano. I passi nei
(1 Petr. 2,21-25) e dell'umiltà (1 Clem.
quali presentano Gesù che applica a se
16,1-17). In particolare, il martire è l'i-
st:::;so tali testi sono i seguenti:
mitatore perfetto del Servo (Ign., Eph.
Mc. 9,12: È~ovOC'Jl)frji, cfr. ls. 53,3
10,3; Eus., hist. eccl. 5,1,23; 5,2,2) 448 • (nibzeh; Aquila, Simmaco, Teodozione:
Da quanto abbiamo detto risulta che É!;ouOEvwµÉvoc;; ~ col. 4 l l) 448 ". Mc. 9,
'1essivo, il quale nel semitico non esiste. 3. fo.u-.6v (Phil. 2,8) si può ricordare che Sim-
Pretendere che Èa.v'\'ÒV b:Évwnv non possa es- maco e Teodozione usano 'tCX.1tEtvouv per tra-
sere una ripresa di Is. 53,12 perché Phil. 2,7• durre, in Is. 53.4. m"unneh; quanto a Ò'Jdi·
non parla ancora della morte di Gesù, significa xooc; di Phil. 2,8, dr. Simmaco, che, stando a
fraintendere il problema. Infatti si può mo- Eusebio, traduce con ùtjxo\JO'E\I il na'lmeh di
strare che l'inno consiste in tre strofe di quat- Is. 53,7; con IM (Phìl . 2,9) cfr. liiken di Is. 53,
tro righe l'una (vv.6-7'.7b-8.9-11), le prime due 12; con Ò1tEpvljiwaEv di Phil. 2,9 cfc. ls. ,p ,13:
delle quali sono parallele per forma e per so- jiirtim w'11issii' w'giibal; m"od.
stanza. Cosl, ben lungi dall'esser di ostacolo 447 Vedi an::he ~ CERFAUX n7-124.
alla nostra interpretazione, la stessa struttura
dell'inno suggerisce che il v. 7 • si riferisce al- 418 ~ CERFAUX 128 s. Per l'ampio uso di Is.
la morte di Gesù non meno che il v. 8b. 53 nella letteratura successiva al N.T., special-
mente in Giustino, ~ \VOLFF' 108-142, e ~
445Col µopqni di Phil. i,6.7 si può forse con-
frontare il µopq>i) usato due volte da Aquila ::o.Mç f , v, coli. 48 ss.
per tradurre tii'ar (Is. 52,14; 53,2) (~ µopqii) 41s• Todt obietta che Mc. 9,12 richiama piut-
nÀ. vn, coli. 506 s. n. 53); per hcx.TIElvwnv t:>sto Ps. n8,22. Ma ~ n. 406.
7ta~ç l>zov D Ili (Joach. Jeremias)
31par.; ro,33par.; 14,21par. e 41par.; À.Ecrl)ijvm Év ɵol, -.6· xcd µE'tà &.v6µwv
Mt. 26,2; Le. 24,7: 7tC1.pa.oloo-.cn / m1.- ÈÀ.oylcri}11 = Is. 53,12, testo ebr. (w"'et-
pa.ool)1jcrE'tClL / Tia.pa.oloocri}a.L / m1.pa.- poi'tm nimna; LXX: xa.i Év -cotç &.v6-
ool)ijva.t; cfr. ls. 53,5b, Targ. : 'itmesar. p.oiç ÉÀoylcrih1). Le. 23,34 : Gesù inter-
Mc. I0,45 par. Mt. 20,28: Ota.xovijcraL cede, cfr. Is.53,12 (testo ebr.) 455 • Io.10,
xa.t oouvat -ri]v t/lvxiiv mhov ÀU-tpov rr.15.17 s.: ·nl)Évcu -c1)v t/Jux1Jv, cfr. Is.
&.nt 7tOÀ.Àwv, dr. ls.53,10 (testo ebr.): 53,10 (testo ebr.: tafim ... na/so). Infi-
'im-tiiHm 'iisiim na/So; 53,rJ.12: rab- ae devono essere menzionati i numerosi
blm; Ota.xovij<Ut.L è un'allusione al Ser- riferimenti fatti da G~sù alla Scrittura
vo; Àu'tpov dev'essere una libera tradu- ( ~ n. 40 5 ); per il lo:·o richiamo a I s. 5 3
zione di 'iisam (nel senso corrente 4s1 di ~ col. 4II.
compensazione) 452 • Mc. 14,8: Gesù si a- Molti di questi passi risalgono, in tut-
spetta di essere seppellito come un cri-
minale, senza ~·unzio~e, cfr. I~.5~,9. Mc. to o in parte, alla chiesa; per quanto ri-
14,24 par.: EXXVVVOµEVO\I U'ltEp 7tOÀ- guai·da il silenzio di Gesù davanti ai
Àwv; cfr. Is. 53,12 [testo ebr.]: he' blL suoi giudici, ciò che colpisce è il fatto
rabbtm 453 • Me.14,61 par. Mt.26,63: Ge-
che questo particolare è riferito più vol-
sti tace davanti al sinel4rio; Me.15,5 par.
Mt. 27,12 .14; lo. 19,29: davanti a Pi- t'.! 458 ; inoltre le predizioni della passio-
lato; Le. 23,9: davanti a Erode Antipa, ne, se confrontate, rivelano una tenden-
cfr. Is. 53,7, testo ebr. (ne'eliima) 454 • Le. za secondaria ad assumere caratteristi-
u ,22 : xa..t -rà crxvÀa mh·ou oLa.olow-
criv, cfr. Is. 53,12 (rpalleq salal; LXX: che concrete e a venire accordate a quel-
µEpLE~ crxuÀa. [?]) 454 ". Le.22,37 : OE~ 'tE- lo che fu il vero corso degli eventi 459 •
451 Cfr. K.G. KuHN, Die Abendmahlsworte: t;t su una buona tradizione.
ThLZ 75 (1950) 406 n. 2. 45J -7 WoLFF 1 76 n. 316 (seguendo J. Schnie-
452 Per il riferimento a Is. 53, vedi DALMAN, wind). D'altra parte, si potrebbe far osservare
o.e. (-7 n. 304) l 10; -7 WoLFF 1 61; --'» jERE- che, se il silenzio di Gesù fosse derivato unica-
MIAS, Losegeld 262; -? 7toÀ.Ì>.ol. mente da Is. 53,7, ci si aspetterebbe un riferi-
453 -? ]EREMIAS, Abendmahlsworte' 218-223;
mento scritturistico. -7 HooKER 87-89 aggiun-
-7 7tOÀ.Àol. Per il paragone che Gesù stabilisce
ge l'osservazione che Gesù rifiutò solo di ri-
tra se stesso e l'agnello pasquale (-7 }EREMIAS, spondere alle accuse false.
Abendmahlsworte 1 214 s.) dr. Is. 53,7. 4s9 Così Mc. in 8,31; 9,31; 10,34 ha µE-.à 'tPE~ç
451 H.W. SuRKAU, Marlyrien in iiidischer u.
-i'Jµépaç, che i testi paralleli di Matteo e Luca
/riihchrisllicher Zeit ( 1938) 87; J. SCHNIEWIND, cambiano in 'tTI 'tpl-rn fiµÉpq. (o -.ij i]µÉpq.
Mk. a 14,61. Per lll)iEO'fiE di Mc. 14,62 par. Mt. TD -.pl1'lJ), l'uno indipendentemente dall'altro
26,64 cfr. inoltre ls. 52,15. e ex eventu. Si confronti anche 6:7tox-.EvovcrLv
di Mc. ro,34 col par. O''tavpwum di Mt. 20,19.
4S4a -? tuxuw x-rÀ.. 1v, coll. 1220-1222. Ma è
Specialmente, in Mc. io,33 s. par. la cosiddet-
pur sempre possibile che in Le. II,21 s. par. ri- ta terza predizione (meglio sarebbe dire: la
corra un'immagine indipendente dall'A.T., co- terza versione dell'annuncio} potrebbe aver su-
me sostiene W. BmDER, Die Vorstellung von bito un ritocco ex even/11, come si è indotti a
der Hollenfahrt Jern Christi (1949) 35. supporre se si paragona con le prime due (8,
4j 1 Questa intercessione è a favore di coloro 31 e 9,31). Ma nello stesso tempo non deve
che peccano inavvertitamente, dr. ls. )3,rn: sfuggire che Mc. 10,33 s. non contiene nulla
'ii!iim è il sacrificio per i peccati di inavverten- che non ci si potesse aspettare in un processo
za. Le. 23,34' manca in una parte dei mss. e capitale contro Gesù, alla luce della legge e
potrebbe essere un' aggiunta assai antica, basa- delle costumanze. Questo deve mettere in guar-
.:.29 (v,710) 7tai:ç i>Eo\i D 111 (joach. Jeremias)
tombe dei profeti con monumenti espia- la sua sorte (Mc. 10,32-40 par.; Le. 14,
tori 47oa mostrano fino a qual punto an- 25-33) o che almeno si sarebbero trova-
che al tempo di Gesù il martirio fosse ti in immediato pericolo di vita per ef-
considerato come parte integrante della fetto della sua morte (22,36 s.); è curio-
vocazione profetica 411 • Gesù stesso ri- so come le autorità giudaiche si siano
scontra nella stotia sacra una successio· accontentate di giustiziare Gesù, la-
ne ininterrotta di giusti martirizzati, da ~ciando indisturbati i discepoli 472 •
Abele fino a Zaccaria (Mt. 23.35 par.).
Era in particolare la storia recente, col
destino del Battista, l'ultimo dei prore· Ma, se davvero si prospettò una mor-
ti, che adombrava per Gesù il suo pro- t~ violenta, Gesù dovette pensare qual-
prio destino (Mc.9,12 s. par.; cfr. 6,16; cosa intorno al significato di una morte
Le. 13,31).
siffatta, soprattutto se si tien conto del-
Si può aggiungere una terza osserva-
zione la quale indica come l'idea eh:: l'importanza straordinaria che nel tardo
Gesù avesse presente la sua morte vio- giudaismo ebbe la dottrina del valore e-
lenta sia storicamente ben fondata. Le spiatorio della morte 473 • Alle fonti vari-
predizioni della passione contengono un
certo numero di elementi che non si rea- conosciuta una decisa probabilità stori-
lizzarono materialmente." Certe volte ca anche là dove affermano che Gesù
sembra che Gesù ritenesse possibile, trovò in Is. 53 l'indicazione della neces-
sulla base di concrete esperienze ( ~
sità e del significato della sua passione.
coll. 429 s.), di esser lapidato (Mt.23,37
par.) dai Giudei come falso profeta (Le. In genere, qui si può rilevare che Is. 40
1 3 ,33 ). Quest'attesa non ebbe compi- ss. ebbe una grande rilevanza per la co-
mento, così come quella di esser sepol-
scienza che Gesù aveva della propria
to come un criminale (Mc.14,8 par.). Lo
stesso si deve dire dell'attesa che alcuni missione (cfr. Mt. II,5 par.; 5.3 s.; Mc.
dei suoi discepoli avrebbero condiviso 11,17 par.; Lc.4,18ss.; ~ evcx.yyEÀ.l-
r4 [ 1920)); Flav. Ios., a11t. 10,38; Orig., com- m C.H. Dono, The Parables of thc Kingdom'
mentar. series 28, a Mt. 23,37-39 (GCS 38, pp. ( 1936) 59. In tal modo lo smarrimento dei di·
49 s.); Catenac /r. 4.57 II, :1 Mt. 23,29-35 (GCS scepoli il venerdì santo non costituisce un'o-
41,1, p. 190); Tcrtull., s~orpiacc 8 13.7 (MPL 2, biezione decisiva contro la storicità degli an-
137 B); asc. ls. 2,16; 5,r-14; parai. ler. 9,21- nunci della passione; infatti il corso degli e-
32; STRACK-Bll.LERDECK l 940·942; III 747; H. venti doveva urtare contro le attese dei disce-
VINCENT-F.-M . ABEL, ]émsalem II (1926) 855- poli, quali essi le ricavavano dall'insieme del-
874. b predicazione di Gesù. Essi si attendevano,
470a ]EREMIAS, a.e. (-7 n. 471) passim. certo, la sofferenza e il martirio sia per Gesù
471 A. ScHLATTER, Der Miirtyrer in de11 An- sia per se stessi (Mc. 10,39 par.; 14,29 par.;
fiingm der Kirche (BFChTh 19,3 [ 191 .5)) 18- 14,31 ), ma si aspettavano, subito dopo, anche
22; O. MICHEL, Prophet 11. Miirtyrer (BFChTh un trionfo collettivo (Le. 24,21; Act. 1,6; cfr.
37,2 [ 1932) ); H.J. Sc110EPS, Dic iiidischen
T.W. MANSON, The N.T. Basis a/ the Doc-
Prophetenmarde (Symb. Bibl. Upsalienses 2 lrine of the Church: JEcc!Hist l [1950] 6 e
[1943)); H.A. F1SCHEL, Prop.11et and Martyr: n. 3). Per la mancanza di comprensione nei di-
JQRev 37 (1946/47) 265-280.363-386 (spec. scepoli -7 n. 33 r.
279.382); J. )EREMIAS, Hciligengriiber in Jesu 47J -7 LOHSE 9-uo; ]EREMJAS, Abendmahls-
Umwelt (1958) 61 ss. 67 ~~. 82 ss. rz1 s. wortc ' 221 s.
'Tt~L<; DEov D Ili l]oach. Jcrcmias) (v,712) 434
~oµai 111, coll. 1027 ss. 1050-1052); co- è parte formale della esecuzione ( «pos-
sì le allusioni a Is. 5 3 si collocano in una sa la mia morte espiare tutti i miei
precisa cornice della sua predicazione e peccati!») 475 ; Gesù capovolge tale vo-
dell'uso che faceva della Scrittura. Se to, come i martiri Maccabei 476, facendo
poi esaminiamo nei particolari i passi ci- però ricadere sui suoi carnefici la virtù
tati (---? col!. 426 ss. ), possiamo fare va- espiatrice della sua morte(---? n. 455).
rie osservazioni favorevoli alla loro anti- In secondo luogo, alcune predizioni
chità. Anzitutto, qui siamo in presenza della passione non possono essere profe-
di una tradizione pre-ellenistica; infatti zie ex eventu. Una simile possibilità è
nessuno di tali testi, ad eccezione di Le. esclusa sicuramente in tutti quei casi
22,37 (ma --7 n. 404), mostra inequivo- nei quali l'annuncio di quel che doveva
cabilmente l'influenza dei LXX, la quale avvenire non corrisponde agli eventi
del resto è esclusa per Mc. 9,12; l0,45; successivi. Questo vale non solo per al-
14,8.24; Le. 23,34; Io. 10,rr.15.17 s. cune poche predizioni della passione
Così emerge un più antico strato di tra- (-> col. 4 3 r ), ma anche per certe predi-
dizione, caratterizzato daJl'uso del testo zioni della glorificazione. Infatti 'il ter-
ebraico di Is.53a.9.ro-12 473 ". Altre os- zo giorno' designa ripetutamente non il
servazioni confermano questo punto. momento della resurrezione, ma quello
Mc.9,J r presenta un gioco di parole ara- del 'compimento' (Lc.13,J2, cfr. Io.16,
maico: bené nasii' / bar nasii', 'figli del- r 6) o della comparsa del nuovo tempio
l'uomo / figlio dell'uomo'; l'espressio- (Mc. 14,58 par.). Da ciò siamo autoriz-
ne Elç XE'Lpa.ç (ibid. ) non è greca, ma zati a concludere che Gesù parlò in va-
rende la preposizione aramaica ltde, 'nel- ri termini del trionfo di Dio che dove-
le mani'. L'uso religioso di ÀVTpov (Mc. va venire 'entro tre giorni' oppure 'nel
I0,45 par.) è giudaico 474 ; l'espressione terzo giorno', cioè 'immediatamente', e
òouvat •iiv 4'vxTiv (ibid.) (par. -c11}€va1 che solo un'interpretazione secondaria
•liv qiuxTiv, Io.10,rx.15.17 s.) richiama riferl questi tre giorni al periodo che
un ambiente di lingua semitica(---? col. sta fra la crocifissione e la resurrezio-
42 1 ) . Anche Le.2 3 ,34 presuppone delle ne 477• Ciò significa che il nucleo non
circostanze palestinesi: per il tardo giu- solo delle predizioni della passione ma
daismo il voto espiatorio del criminale anche 'di quelle della glorificazione che
m• Cfr. R.H . fULLER, The Mission and A- ;. 6,23 b, 47; dr. A. BuCHLER, Studies in Sin
chicvement o/ Jesus (1954) 55-59. and Atonement (1928) 170 n. 4; K.G. KUHN,
474 --"> }EREMrAs, Losegeld 249-258 . In contra- Rom. 6,7: ZNW 30 (1931) 306.
sto col carattere linguistico palestinese di Mc.
476 4 Mach. 6,29; 2 Mach. 7,37 s.
10,42-45, il par. Le. 22,24-27 mostra una forte
influenza ellenistica (258-262). 411 C.H. DoDD, The Parables of the Kingdom'
475 Sanh.6,2; T. Sanh.9,5; Sanh. b. 44b; Sanh. ( 1936) 98-101.
435 (v,712) 1w.t<; ftEoÙ D Ili (Joach. Jeremias) {v,7xi) 436
479 Per le elemosine e le opere di carità cfr. qui si ha una profezia non compiuta (-4 col.
STRACK-BILLERBECK IV 536·6IO. ·}27): a Gesù venne risparmiata una sepoltu-
48J J.
]EREMIAS, Die Salbrmgsgeschichte Mc. rn ignominiosa (Mc. 15,45 s.; lo. l9,J8 ss.).
14,3-9: ZNW 35 (1936) 75-82. A favore della
genuinità di Mc. 14,8 st:.l :mchc il fatto che 481 A. SCHLATTER, Lk. 428.
437 (v,712) 1.a.~<; ilwu D rn (Joach. Jeremias)
33; 14,2i.41 e in Mt. 26,2; Le. 24,7. per più numerosi tratti semitici 484 , se ne
Perciò esso è radicato profondamente può dedurre che essa ci riporta agli anni
nella tradizione. La presentazione del- trenta. Qui, pertanto, tocchiamo 1a pri-
l'azione di Dio con i verbi al passivo è missima tradizione.
un modo usato dal giudaismo antico; Il fatto eh~ i testi nei quali Gesù ap-
ma la sua frequenza in esso non è nem- plica n se stesso I s. 5 3 non sono nume-
meno lontanamente paragonabile a quel- rosi e la loro completa assenza nei lo-
la con cui ricorre nelle parole di Gesù; gia comuni a Mt. e Le. dev'essere ri-
perciò essa va considerata come un trat- collegata alla sollecitudine di Gesù, il
to del suo stile personale 4:I a. quale si fece conoscere come Servo di
In quinto luogo, ha un'importanza Dio solo nella predicazione esoterica,
decisiva il fatto che in un punto dello e non in quella pubblica 485 • La rivela-
strato tradizionale più antico e attendi- zione del mistero, secondo cui egli rav-
bile ci si imbatte in Is. 53; questo si ha visava il compimento di Is. 53 nella
nelle parole eucaristiche di Gesù (Mc. mansione che Dio gli aveva affidato 486 ,
14,24 par.: Ù1tÈp TIOÀ.À.wv). Tali parole, era riservata ai suoi discepoli; solo a
nella formula eh:: Paolo trasmise alla questi egli interpretò la prnpria morte
comunità di Corinto (1Cor.11,23-25) c::>m:: una morte vicaria a favore della
nel 49-50 d.C., giunsero a lui in ambien- moltitudine innumerevole (4 1tOÀÀ.ol)
te ellenistico 482 , probabilmente ad An- di coloro che si trovano sotto il giudizio
tiochia dopo l'anno 40 483 • Poiché la tra- di Dio (Mc. I0,45; 14,24). Poiché egli
dizione sinottica parallela si dimostra va alla morte da innocente, volontaria-
più antica di quella paolina, tra l'altro m ~nte, pazientemente e in pieno accor-
do con la volontà di Dio (ls . 53), la sua steso. Quella che egli dona è vita da
morte ha un valore espiatorio tanto e- Dio e con Dio m.
J01\CH. JEREMIAS
sp~tto semantico essenziale è costitui- re che in Antiphon, or. 6 >4 son det-
to dal contrasto col presente, mentre te µÉytcna xa.ì rca.À.a.~ha-ta. 'tote; &.v-
non ha importanza se l'evento in que- ì}pw?totç). Possiamo formulare così la
stione sia avvenuto in un passato più o distinzione tra àpxa.i:oc, e ?ta.À.moc;:
meno remoto. apxa.ioc; indica prevalentemente ciò che
è originario, che ha il pregio dell'e-
Nel N.T. 1taÀ.a~ è attestato con sicu- tà, mentre 1ta.À.at6c; ha raramente que-
rezza 7 volte; indica un passato abba- sta accezione (-7 1, coll. 1293 s.). Gli
stanza prossimo in Mc. 15.44 (i codd. opposti di rcaÀ.moc; sono xa.w6c; (-7 IV,
coli. 1343-1352) e vÉoc; (-7 VII, coli.
B Dal. leggono i]o"f)) e in 2 Cor. 12,19 2 ; 889-901). Ai tempi del N .T . la differen-
il tempo trascorso è lungo in 2 Petr. r, za tra i due termini non è più molto
9 ed è lunghissimo in Mt. 11 ,21 ( = Le. sentita e netta, così che Paolo può tan-
to scrivere -tà. 6.pxa.ta. ?tapfjMEv, l&où
ro,13), Hebr. I,I e Iudae 4. yÉyovEv xatva, «le cose vecchie son
passate, ecco son diventate nuove» (2
i' 1taÀ.m6c, Cor. 5,17) quanto contrapporre al xaL-
vòc; &vl>pw1to<; il 1taÀ.a.LÒ<; li.vl>pwrcoc;
1.1taÀ.m6ç = vecchio, antico; può (Eph . 4,22-24). Nel N.T. 1taÀ.a~6c; ha
indicare ciò che una volta era e non è una portata teologica maggiore di ét.p-
più e ciò che esiste già da lungo tempo. xai:oc;, soprattutto in Paolo e nella lo-
Può significare anche antiquato, invee- cuzione 11:a.Àm.òc; li.vìJpwitoc;.
487 ScHNIEWIND, Mk., a I0.45· I 517. Perciò in origine mX.)..o:.L significò mol-
to tempo fa: cfr. Horn., Il. 9,527; Soph., El.
rn49; Plat., Theaet. 142 a [DEBRUNNER].
2 Alcuni codd. (P.i< D nl.) aggiungono in Mc.
Si vedano i lessici.
6,47, dopo olJl,a.ç yEvoµt\ll]ç ijv, un 1t6.ÀaL
1 Etimologicamente 'ltcXÀ.aL (eolico 'ltTJÀUL) ap- pcl' sottolineare che In barca si trovava già da
partiene a -cTjÀE, lontano: dr. WALDE-POK. tempo al largo.
1taÀaL6<:; 2-3 (H. Seesemann)
2. I LXX rendono con 1tcx:À.cu6c; vati alla radice blh: così viene tradotto e
termini ebraici, soprattutto ;asiin (Lev. interpretato 'tq, con riferimento a mon-
25,22; 26,ro) che è però tradotto talo- tagne e rocce (lob 9,5; 14,18), agli
ra (I s. 2 2 ,11) anche con <ipxcx:i:oc,. In ge- uomini ed alle loro parole (\)i 6 ,8; I ob
nerale il nostro termine non ha impor- 32,1 5 ). La colorazione escatologica ri-
tanza teologica, mentre le cose stanno salta distintamente in una traduzione
diversamente con il verbo net.À.et.Léw che sconosciuta di Dan. 7 ,9 1 dove si dice
=
rende blh. Ora blh ( esser logoro, in- che Dio lascia che i giorni, il tempo,
vecchiare) è un vocabolo che contiene il si consumino; ivi l'ebraico ha 'attiq
concetto di valore ed indica appunto jomln e le traduzioni greche dei LXX
una diminuzione di valore o anche la fì- e di Teodozione hanno uniformemente
ne di qualsiasi valore, che si verifica so- 'ltet.À.cuòc; 1]µEpwv 2 (Dan. 7,9 .13.22) 3.
prattutto per i vestiti a causa di un lun-
go uso (cfr. Deut.8,4; 29,4; Neem.9,21; 3. Nella tradizione sinottica 'ltet.À<XLOC,
Ios. 9,4.5.13; ma anche Ier. 38[45],rr.
12 ). Più importante è però l'uso trasla- ricorre unicamente nella pericope della
to del termine che serve a descrivere la violenta contrapposizione di vecchio e
transitorietà, la fragilità, la debolezza nuovo (Mc. 2,21 s. par. Mt. 9,16 s.; Le.
del corpo, della carne, delle gambe del-
5,36-38 e 39) ed in Mt. 13,52, ove i
l'uomo (Ps. 32,J; 49,15; Gen. 18,12;
Jr. 50,9; Ez. 23,43; Iob 13,28; Lam. 3, due termini sono giustapposti. Di segui-
4; Ecclus r 4, l 7 ). Il verbo è usato poi to alla discussione sul problema del di-
nella medesima accezione anche come giuno i sinottici riportano le parole.
predicato della vita e delle opere uma-
n~ (Iob 21,13; Is. 65,22) e dei 'corpi' proverbiali di Gesù sull'incompatibili-
della terra e del cielo che vengono con- tà di nuovo e vecchio (Mc. 2,21 s. par.)
cepiti quasi come un abito di Dio (Js. L'interpretazione precisa di queste pa-
51,6; Ps. 102,27; Ps. 72,7 nella formu-
lazione di Simmaco e Teodozione; Iob role dipende dal contesto in cui vengo-
14,12). In quasi tutti questi passi i LXX no collocate, secondo che vengono inte-
hanno mùo:Léw, col risultato che que- se in stretta connessione con la discus-
sto verbo viene ad assumere una colora-
sione precedente e quindi soprattutto
zione escatologica nel suo aspetto cro-
nologico(--* IV, coli. 1 347 ss.). L'invec- come un confronto polemico con i di-
chiamento dell'uomo e del mondo è una scepoli del Battista 4 , oppure come un'e-
realtà finale voluta e posta da Dio. spressione assoluta della consapevolez·
Questa nuova portata semantica del no-
stro gruppo di termini si esplica nella za di Gesù, manifestata nelle antitesi
traduzione con mxÀ.mouv anche di vo- del discorso della montagna ed in mol-
caboli ebraici che non appartengono te altre occasioni, che il nuovo ch'egli
porta non è conciliabile con il vecchio zione più semplice, cioè che egli debba
(= la realtà che è valsa fino a quel mo- porre il nuovo accanto al vecchio ch'è
mento), come una pezza di stoffa grez- durato fino a quel momento 8 , non è
za non si adatta ad un vestito vecchio soddisfacente a motivo dei passi esami-
e tanto meno si versa vino nuovo in na ti poco sopra (Mc. 2,21 s. par.). Inol-
otri vecchi. II tono generale della pre- tre tutte le parabole di Mt . 13 tratta-
dicazione di Gesù fa propendere per no proprio del nuovo che è apparso
questa seconda interpretazione più ge- con Gesù e la sua predicazione 9 • Da-
nerale: ciò che egli annuncia è com- vanti a logia di questo tipo, che sono
pletamente nuovo. Mt. 5,17 spiega an- chiaramente appendici (come Le. 5,39),
cor più precisamente fino a che punto bisogna esser molto cauti nell'interpre-
il nuovo sottentri al vecchio: ovx 'l}À.- tazione. È difficile dire con sicurezza
i)ov XO':ta.À.U<Ta.L aÀ.ÀÙ. 7tÀY)pWCTCXL, «non che cosa costituisca il vecchio che lo
venni per abolire, ma per completare»: scriba del regno dei cieli deve insegnare
il nuovo è compimento del vecchio 5 • insieme col nuovo. Si è tentati d'inter-
Il logion di Le. 5,39 è proprio di Luca pretare i1 detto alla luce di Mt. 5,17 e
che l'accoda ai versetti sull'incompati- di vedere anche qui l'adempimento del
bilità di vecchio e nuovo, e questo fat- vecchio. È chiaro invece che il nuovo
to non ne facilita punto la compren- sta in ciò che Gesù ha portato m.
sione. Preso di per sé, il detto contrad- 4. Negli scritti paolini il contrasto di
dice i versetti precedenti perché sostie- vecchio e nuovo è riproposto con la
ne il mantenif!lento del vecchio; esso medesima decisione e forza del messag-
può essere inteso soltanto fuori dell'at- gio di Gesù, ma viene acuito dal fatto
tuale contesto e deve essere considera- che l'Apostolo vi associa anche la con-
to un ammonimento a non sopravvalu- trapposizione tra male e bene. È que-
tare il vecchio 6 • Soltanto Mt.13,52 ri- sta la portata dell'immagine usata in
corda, a conçlusione del grande discor- r Cor. 5 ,6-8: il vecchio lievito della mal-
so parabolico di Gesù, il detto dello vagità e cattiveria ( = la vecchia na-
scriba che divenne un discepolo del re- tura) deve lasciare il posto al lievito fre-
gno dei cieli 7 ed ora, come un padre sco della sincerità e verità (~ III, coli.
di famiglia, trae fuori dal suo tesoro r 5 59-1564). Paolo vuole esprimere l'in-
cose vecchie e cose nuove. La spiega- compatibilità della vita vissuta prece-
li Per il problema dell'origine dell'immagine À.moc; e vfoc; &vi>pw1to:; sono dunque termini
del vecchio ( e nuovo) uomo~ 1, col. 983 n. r2 mistici, usati qui però in senso etico»), è do·
con bibliografia. Finora non si è trovata traccia cumentuta.
di tale uso linguisrico prima di Paolo. Neanche
la tesi di DrnE LIUS, Ge/br. a Col. 3,10 ( «1ta.- 11 WINDISCH, 2 Kor., ad J.
447 (v,716) 1tetÀaL6c; 5, mùmo'tYJC,, 1taÀct.~6w (H. Seesemann'
vecchio è passato perché Cristo ha por- mento dell'amore che Giovanni ha qui
tato il nuovo: il vecchio patto portò la in mente è quello di Io. 13,34 s., anche
condanna, il nuovo invece la giustizia. ammesso ch'egli abbia scritto il vangelo
Il nuovo sostituisce pienamente il vec- dopo la lettera •~ .
chio perché i due sono inconciliabili.
Nonostante ciò rimane fermo che an-
che l'antico patto ha la sua importan-
1ta.ÀaLO";r}c;, r:ecchiaia, vecchiezza, si
za ed è pur sempre un patto di Dio 13 •
riscontra già in Euripide, Platone ed
5. In Giovanni (I Io. 2 ,7) la con- Eschine, ma è pur sempre un termine
trapposizione di È'V'tOÀTJ xa..L'V1} ed E'V- .raro 1• Nel N .T. è usato soltanto una
-;;oÀ.1} 1ta..Àm.c1. ha un significato ben di- volta (Rom. 7 ,6 J: w~-rE SouÀEuEL'V [Ti-
verso. Sia il contesto immediato sia µiic;] tv xaLvé-:TJ•L 1.vi::uµa.."toç xat ou
tutta la lettera inducono a concludere 7taÀ.a..t6·n1•t ypci.µµa•oc;, «così che ser-
che l'È\1-;;o)..,1} TCa..À.a..Là fiv E~XE'tE cbt'cl.p- viamo in novità di spirito e non in
xfiç («il vecchio comandamento che a- vecchiezza di lettera». Conformemente
vevate dall'inizio») non si riferisca al a quanto abbiamo esposto più sopra
vecchio comandamento dell'amore del- . (---7 coli . +t-t-4-t6 l, Paolo sottolinea an-
l'A.T. che il 'mondo' ha conosciuto fin che qui l'inconciliabilità di vecchio e
dalla creazione (à'lt'àpxfiç). L'espres- nuovo. Il culto che consiste soltanto
sione à7t'àpxfiç indica piuttosto il mo- nell'osservanza della lettera è invecchia-
mento della conversione di coloro cui to e deve essere sostituito con il culto
Giovanni scri~e e pertanto possiamo reso nella forza dello Spirito (---7 n,
parafrasare il passo così: «Vi scrivo il coll. 667 s.).
vecchio comandamento che voi ben co-
noscete da quando siete cristiani». In t 'lt<xAO..LOW
questo caso _non abbiamo alcuna con-
Il verbo '1ta..Àa.t6w 1, rendere vec-
trapposizione teologica tra 'nuovo' e chio, dichiarare invecchiato, è usato
'vecchio'. Forse il ' vecchio' comanda- già da Ippocrate e Platone; ricorre an-
Il ~ vu, coli. 1377-1379. Probabilmente Pao- sempre il 'primo' patto ( 8,7 .13; 9,r.r J .18). An-
lo è giunto alla formulazione 'antico patto' che il tabernacolo è chiamato la 'prima' tenda
per via di antitesi, partendo dall'espressione (9,8) cui fo riscontro or:i qucll:i più grande e
'nuovo patto' che gli era offerta dall' A.T. perfetta ( 9,11 ).
(Ier. 31,31) e dalla tradizione della Cena (1 11 Cfr., ad/., W1NDISCH, Kath. Br. e Bi.iCHSEL
Cor. n,25). :B vero che Ier. 31a1-34 è accen- 1tct.Àct.~6'tYJç
nato solo in Rom. n,27 e non è mai citato e-
t Vedi PREUSCHEN· BAUER, s.v.
spressamente da Paolo; lo è invece in Hebr.
8,8-12 ove però l'autore dello scritto, nell'in- 1taÀ.a~6w
terpretare il versetto, chinma !"antico' patto I Vedi PREUSCHEN-BAUER, s.v.
-r:a).:r1 (H. Greeven)
che nei papiri e con una certa frequen- alla sua ·interpretazione di I er. 3I,31-
za nei LXX (= biila). Fuori della Bib- 34, Hebr. 8,13 afferma che stabilendo
bia è stato riscontrato solo in forma
passiva. Nel N.T. il verbo appare in un nuovo patto Dio ha dichiarato an-
Hebr. r,rr in una citnzione di tjJ ror, tiquato il primo: il vecchio patto è sta-
2 7: xa.L Tiav<tE<; w<; tµa:nov 'ltaÀmw- to quindi abolito da Dio stesso 2 • Da
i)l]crov<ta.L, «invecchieranno tutti come
queste premesse non può che scaturire
una veste»; cfr. Ecclus 14,7: 7tficra
crÒ:p~ wç tµa:nov rcaÀa.LOU"taL, «ogni una conclusione: «Ora ciò ch'è anti-
carne invecchia come una veste», e Ios. quato e diventa vecchio è prossimo a
9,r3. Nel N.T. abbi.1mo ancora Le. 12, scomparire (Èyyùc; àcpcx.v~<rµou )» ( 8,
3 3: 1tOL1)CTa.'tE Èau-roi:ç ~c.<.ÀÀaV'tLC(. µlj
1ta.ÀmovµEva., «fatevi delle scarselle r 3 b). Ritroviamo qui, sia pure condi-
che non invecchiano». Per l'uso nei zionata dal particolare metodo esegeti-
LXX~ coli. 441 s. co di questo scritto, la medesima con-
Il termine ha una rilevanza teologica trnpposizione di nuovo e vecchio che
soltanto in Hebr. 8,13, ove ricorre due nbbiamo vista nelle parole di Gesù e
volte. Senza alcun riferimento a precisi nelle lettere di Paolo.
eventi storici, ma unicamente in base H. SEESEMANN
2 In I:Jebr. 8,13• abbiamo la rara forma atti- fob 38,8 (Aq.) per la lotta cosmica primor-
va 1ta.">.m6w che ricorre altrove soltanto nei diale-escatologica col mare (rende gi!J>, in
LXX: lob 9,5: Dio, ò TCrt.Àa.Lwv opTJ xa.l oòx Esth 1,1• (LXX, senza riscontro nel T.M.):
oi:Oacnv. Cfr. Is. 65,22; Lm11. 3,4. «Ecco due enormi dragoni... pronti alla lot-
ta», ed ancora in I11d. 20,33 (cod. A; ancora
mH.ri = g;!J). In tutti questi passi rca.Àa.lnv ha il si-
J. Ji.iTHNER, nrt. 'Pale' in: PAULY-W. xvm gnificato generico di combatfere, /ollare [BER-
2,82-89; DIBELIUS, Gl'fbr., exrnrs11s a Eph. TRAM].
6,10-17. 1 Cfr. Thes. Steph., s.v. n6J..'I') è usato nel
1 Nei LXX ricorre però il verbo TCcx.Àa.lELV senso di lotta anche nell'Alexandra di Lico-
nell'episodio della lotta di Giacobbe ( Ge11. frone (1358 e passim), un'opera che peraltro
3i,25 .26: qui rende 'bq); è usato nnche in non è forse dovuta al tragico, ma ad un autore
7tttÀTJ (H. Greeven) (v,718) 452
lentieri l'immagine della lotta dell'a- rietà etica, lo scioglimento dai vincoli
sceta, evitando naturalmente precisazio- della materia, la perseveranza nel mon-
ni che sono estranee all'immagine della do, ecc. Sia lo stoico 3 che il miste 4 si
gara di lotta in senso stretto: naÀ.'fJV considerano lottatori, e la setta giudaica
&'où 't''Ì)\I crwµa:m; à.À.À.'fiv naÀ.alc:L del Mar Morto si dichiara costituita di
l)Juxii 1tpÒç 't'OÙç cXV't'IJ:yWVLCT'tàç 'tp6- 'figli della luce' in lotta contro i 'figli
'ltOUç mhfjç 7taì>EcrL xaL xaxlatç µa- delle tenebre'(---,)- vm, col!. 837-843) 5 •
xoµÉvl], «non la lotta del corpo, ma
quella che ingaggia l'anima contro le Per il cristiano la lotta si pone nel
consuetudini che le sono avverse, com- bel mezzo dell'evento escatologico: la
battendo le passioni e i vizi» (leg. alt. 3, sua lotta è un episodio della grande
190); µé't'à youv 't''Ì)\I ml.À.riv, fiv U?tÈp
X't'TJCTEWç apE'tfjç Ò 6:<TX'J)'t''Ì)ç É1tllÀ.1Xt<TE, battaglia finale che è già cominciata ed
«dopo la lotta che ingaggiò l'asceta per è ora in pieno svolgimento; i suoi av-
ottenere la virtù» (mut. nom. 14). Sem- versari sono il diavolo e i demoni 6 ; il
bra però che Filone pensi soltanto alla
lotta in senso generale, come risulta dn suo premio è di esser provato fedele
Abr. 243, dove viene descritta l'armatu- nel giudizio e salvato. L'immagine ri-
ra con cui il logos affronta il me::iesimo corre anche altrove, particolarmente in
avversario contro cui combatte solita-
Paolo (r Thess. 5,8; Rom. 6,13; 13,
mente l'asceta: i 1tait'l']. L'immagine del- 7
la lotta del credente è comunqu:: natu- 12) .
più recente nato nel 250-240 a.C.: cfr. K.J. lato e~ 1tux·n:vw) usata da Paolo in I Cor.
BELOCH, Griechische Geschichte 2 IV 2 ( 1927) 9,26. Essa è ripresa, come in origine anche
568-574. 7taÀTJ, dall'ambito delle attività sportive che
3 Ad es., Epict., diss. 3,25,2. è sempre stata una miniera d'immagini. Per
4 Documentazione in ~ DlllELIUS. la storia dell'immagine della lotta e della
guerra nella chiesa antica dr. A. HARNACK,
5 Cfr. anche le considerazioni più recenti di
Militia Cbristi (1905) 93-114; H.v. SooEN,
K.G. KuHN, Die in Paliistina gef1mdenen
Mucr•np~ov und sacramentum in den ersten
hebr. Textc und das N.T.: ZThK 47 (1950) 2 Jahrhrmderten der Kirche: ZNW 12 (19u)
202 s. 208.
206-224. Per la storia precristiana di tale lin·
6 W. BoussET, Die Himmelsreise der Seelc: guaggio figurato vedi H. EMONDS, Gcistlicher
ARW 4 (1901) 144 ipotizza «che i'autore di Kriegsdie11st. Der Topos der mi/itia spiritua-
Efesini... abbia pensato qui all'ascensione del- /iJ in der antiken Philosophie in: Hei/ige
l'anima ostacolata dai demoni». Cberlieferung, Festgabe J. Hcrwegen (1938)
7 Molto simile è anche l'immagine del pugi- 21-50.
-:·53 (V,718) r;av1wupL<; (H. Seesemann)
1tCLVTJyupLç
Vedi i lessici e BOISACQ, s.v. 2 I codd. ACLMP al.; vedi RIGGENBACH,
1 Origene, Eusebio, Basilio; cfr. MICHEL, I·Iebr:' {1922) 415 n. 21. Cfr. anche lo varian-
1-frbr., ad I. te dcl cod. D: µuplw\I àylwv itavr)Ylipe~.
455 (v,719) 'ltlX.Voupyla., 'lta.voiipyoç A 1 (0. Bauernfeind)
t 7tlXVOUpy(cx., t 7tU\IOUpyoç,
A. "Jta.voupylcx.
E 7ta:voupyoc; NELL'uso Il giudice che ha avuto un passato
LINGUISTICO EXTRABIDLICO un po' turbolento ('JtOÀ.À.à. mhòc; à.81-
XTJxwc;) «si crede astuto e sapiente»
La derivazione dalle radici 'JtCX.\1- ed ( xaL 1ta\loupy6c; 'tE xat o-oq:iòc; ol6µEvoc;
Epy- è determinante per il significato dvm) a motivo della sua esperienza
fondamentale di idoneo ad ogni opera 1 trascorsa (Plat., resp. 3,409 c). Gli uo-
e talvolta gli autori vi si riferiscono e- mini comuni, ottusi e ignoranti, che
splicitamente2. mx.voupyoc; è comune dai non riescono a capire quali saranno nel-
tempi di Eschilo e i derivati da quello l'aldilà le conseguenze delle loro azioni
di Sofocle. su questa terra e pensano che si tratti
del frutto della fantasia di poveri &.v611-
r. Nei pochi casi m cui si voglia e- .,;01, s'illudono «di essere veramente uo-
sprimere per mezzo del nostro gruppo mini abilissimi e astuti ( OELVOt xat 1t<l·
voupyot)» (Plat., Theaet. 177 a). Nella
di vocaboli un'abilità o un'attitudine
parodia qualcosa viene presentato co-
generale positiva, lo si fa sempre con me mx,voupywc;, estremamente efficace,
la riserva di una certa presumibilità, di ma poi l'aggiunta di un xat Ù1toxpt'tt·
un possibile malinteso. L'uomo è por- xwc; rivela ch'esso è tale piuttosto sulla
scena che nella vita (Athen. 9,72 [p.
tato a credersi l'animale mx.vovpy6.,;a.- 407 a]). Il giovane cultore delle Mu-
'tO\I, ma in realtà egli è l'Eùmxpa.À.oyt- se non deve considerare acriticamente
cno.,;a..,;ov, vale a dire «colui eh~ più fa- xoµ4'ò\I xat 'JtCX.\loupyov (sottili e abili)
le EVPTJCTLÀ.oylaL (vane ricercatezze) dei
cilmente s'inganna e si lascia inganna- poeti (Plut., aud. poet. 8 [Il 28 a]).
re» 3 • Quest'uso positivo avviene anche qui
ita.voupyla., mxvoiipyoç
W1NDISCH, 2 Kor. 133; LIDDELL-ScoTT, s.v.; Grammatik I = Handbuch AW II 1,1 (1939)
definizione : Thom. Mag., Ecloge vocum atti- 437 sostengono con argomenti più convincen-
carum, ed. F. RITSCHL (1832) 303. ti che il termine è stato formato per analo-
gia con xaxovpyoç.
I Anche '1tCX.VToupy6c; (attestato, per l'epoca
pit1 antica, soltanto in Soph., Ai. 445) risale 2 Ad es. nella denuncia della potenza del de-
alle due medesime radici. Secondo KiiHNER- naro in Soph., A111.3oos.: ita.vovpyla.ç 1;'i!oEL-
BLASS II 335 n. 9 mxvoiipyoc; si sarebbe for- !;Ev civì>pw'!totç ~XEW xat 'lta.v-.òç i!pyou Svcr-
mato per analogia con ita.vTovpy6ç, ma DEBR., crÉ(3ELa.v EloÉvm.
Griech. 'Y/ortb. 33.61 e E. SCHWYZER, Griech. 3 [KLEINKNECll); Polyb. 5,75,2.
1tctvovpyltY., 1':avovpyoc; A,r-2 (0. Bauernfeind)
4Cfr. G. v. REUTERN, Plularcbs Stcllrmg zur zionc hegativa (PREISIGKE, Wort., s.v.). Se
Dichlktmsl, Diss. Kicl (1933) 38. l'espressione enigmatica 1S1tÀa 1Ca.voupytx6:
5 Esagerato è il giudizio di PAssow, s.v. OeL· dei Persiani (Pseud.-Callisth. 2,16 var.) doves-
v6c;: in senso morale oew6c; indicherebbe nel se significare la realizzazione dell"arma univer-
bene ciò che 1tczvovpyoc; indica nel male. sale', sogno di tutti i generali, allora il termine
6 PREISENDANZ, Zaub. v 74-75 (LIDDELL-
sarebbe usato in senso chiaramente ironico.
ScoTT ipotizzano un {aprns calami). I papiri 7 Eur., Hipp. 1400: Artemide usa questo at-
usano ·m~vovpyoi; e 1ta.vovpyla solo in 11cce· tributo per Afrodite.
'ltavovpyla, m:cvoupyo~ A 2 [0. Bauernfeind)
OELVO'ti]C,, à).J..,'ovx avEU 'tfjC, ovvaµEWC, passo antico in rni risulta finora at-
wa"•E
i:a.u"C'f)ç, ... cpa.vEpòv o"Ct &.ouva.i:o'J <:estato (-> n. 1 ). La vera causa per cui
cpp6vtµov dva.t µi) ov'ta. ò:.ya.Mv ). Sia
i cppovtµot che i 'lta.voupyot sono on-
la possibilità positi\'a, che pure è con-
vol perché la cpp6v'f)CTL<; non è OEwh·ri;, tenuta nel vocabolo, non si è sviluppata
pur non essendone priva; l'eticità del a significato primario di 7ta.voupyoç, va
fine è la discriminante tra la ÒEtv6.-r1c, sc0rta nella considerazione che tale pos-
buona e la 7ta.vovpyia. 8 .
:>ibili tà illimitata non si adatta in verità
Il nostro gruppo di vocaboli può all'uomo, costretto in limiti fisici e spi-
quindi divenire sinonimo 9 del grup- rituali, e che anzi il solo fatto d'ipotiz-
po di xaxoupyla. (~ IV, col!. 1446 s.) zarla costituisce il primo passo verso la
e nel territorio attico 10 può persino su- uBptç,. Chi si è impadronito con l'intelli-
perarlo 11 , grazie alla nota di impreve- eenza e l'energia del segreto del succes-
dibilità implicita nel rta.v-12 • Il fatto che so, se ne serve senza scrupoli, e tale
il nostro gruppo sia formato in ana- consapevolezza, confortata dall'esperien-
logia con quello (~· n. 1) non spiega za, condiziona così tenacemente il no-
però completamente il predominio del stro gruppo di vocaboli da impedirne
senso negatiyo, perché il termine 7ta.V- l'uso in senso positivo pur in riferimen-
i:oupy6ç,, che pure non è stato forma- to alla divinità e~ n . 7), anche se tale
to in base a tale analogia, è usato u- uso sembrerebbe quanto mai naturale e
gualmente in senso negativo nell'unico appropriato.
13 Ios. 9,4; 1 Ba<r. 23 ,22; Prov. r,4; 8,5; l2, pass:> il termine usato ( lìvvao--rTJ<;) potrebbe
16; 13,16; 14,8.15.18; l5,5; 19,25; 22,3; 27, c~~c·:.: stato intcs:i positivamente: coloro che
12; lob ;>,n; e ancora Num. 24,22, ove i LXX :.:>ao in gr;ido di dire qualcos::i [BERTRAM].
hanno letto 'rmh invece di 'd-mb, e Prov. 14, B In qoes::: mondo spirituale non c'era da
24, ove forse lessero correttamente 'rmtm in- temere un m:ilinteso nel senso di un'autoaf-
vece di 'frm; infine lii 82,4: xa"t"E"ltet.Vovpye.v- fermazione amorale, benché nella traduzione
uav-.o. di. altri libri biblici no:l ci si sia completa-
14 Prov. 13,1; 21,11; 28,2. me/ltC liberati dalla nota negativa presente
nell'uso comune del termine: Num. 24,22;
15 Ge11. 3,r; Ex. 21,14; Prov. 8,12; 12,23; lob
los. 9,4; 1 Ila:'.T. 23,22; Iob 5,12 cfr. Ecclus
5,13; 15,5.
19,23.25; ;n,12 b; 34 (31),10; 37,19 ~ coll.
16 Cfr. G. BERTRAM, Dar Problem der Um-
463 s. In IudiJh u,8 si ricerca forse voluta-
schrifI und die religionsgeschichtliche Er/or- mente il doppio senso: a Oloferne non spiace
schung der LXX: ZAW Bcih. 66 (1936) 107 s. affatto sentire che i dèoli lodano la sua 7tct.-
17Gen. 3,1 (contro Aq., Sym., Theod.); Ex. vovpyia.; il lettore sa cosa pensare (~ col.
21,14; lob r5,5 (contro Sym.). In quest'ultimo 457).
.,;cr.voupylet., Tw.voupyoç B r-2 (0. Bauernfeind)
N Cfr. gli altri passi di Prov. elencati nelle 10; 37,19; 42,18.
~ nn. 13.14. Per l'espressione enigmatica 1trt.- 21R. SMEND, Dic W' cisheit des f csus Sirach
voiipyo~ s~ MpXE't'at dç µe't'tt\IOLIX\I (Prov. 14, (1906) 334-
lJ) ~ VII, coli. I131 s. n. 44 e coli. rr47 s. 22 ControI. IfotNEMANN in : L. CoHN, Dic
2~ 1 16; 6,;32j I~,2;3 .2,5j 21,12.20i 22,27; 34, 1Verke Philos vo11 Alcxandria in de11tscher
TCa.voupyla, 1tCl.VOÙpyoc, B 2-C 1 (0. Bauernfeind) (v,723) 466
totalmente dai LXX. L'Alessandrino lenco di"vizi di sacr. A.C. 32 (cfr. conf.
non ritiene che mcvoupyoc; sia utilizza- ling. n7).
bile per descrivere la qualità del saggio,
e per lui considerare croqila la navoup- c. 'ltavoupyla F.. 'jç(J,\IOVpyoc; NEL N.T. E
yla costituisce un abuso contrario a ve- DOPO
rità commesso dalla «massa sofistica di
uomini d'oggi» ( b vuv &.vi)pwnwv «:rocpt- 1. Il N.T. usa i vocaboli del nostro
cr·nxoc; oµLÀ.oç) Epycp µoxtJ"f)pQ tJELOV gruppo soltanto in senso negativo. Le.
ÈmcpT)µlcravi:e:ç ovoµa, «che chiama con
un nome divino qualcosa d'ignobile» 20,23: la 'ltavovpyla. di coloro che pon-
(poster. C.101 e~ n. 8 quanto dice Pla- gono a Gesù il problema del tributo a
tone). Anche se è vero che l'uomo ha, Cesare va intesa nel senso corrente di
in una certa misura, questa capacità
molteplice, Filone vede soprattutto la
perfidia, malizia, ed è forse anche que-
tragedia dovuta all'abuso, alla perver- sto il significato dell'accusa che Paolo
sione di tale facoltà e non si servireb- respinge in 2 Cor. 12,16 e forse anche
be mai del termine navoupyt'.a. parlan- in 2 Cor. 4,2 24 • In quest'ultimo passo,
do di animali: le cpopal che hanno an-
che gli animali privi di ragione non però, la scelta del termine potrebbe es-
provengono ò::nò xa.xlw; 1ta.voupyou, ser stata determinata dall'idea dell'a-
ma da à.µaiJla. La 1tavoupyla è inve- stuzia satanica e dell'arte satanica di
ce Éxoucrtov ljJvxi)c; &.ppWO"'tT)µa, <mn'in-
travisare le cose ( v. 4: 6 i>e:òc; 'tOU alw-
fermità volontaria dell'anima» (sacr. A.
C.47s.) di cui soffriva già Caino (det. voc; -rou-rou ), com'è probabile che sia
pot. ins. 165; cfr. Ios., ant. i,61). Ab- avvenuto in Eph. 4,14 15 ed è certo per
biamo già accennato che il nostro ag- 2 Cor. n,3. Forse per influenza del te-
gettivo ricotte nel riferimento filonia-
no a Gen. 3 (~col. 464) e dopo un'al- sto ebraico o per reminiscenza di lob
tra menzione del serpente (op. mund. 5,12, Paolo usa -p;a.voupyla. (I Cor. 3,
156) viene detto che il frutto mangia- 19) citando lob 5,13 in una forma di-
to per sua istigazione È!; àxaxlac; xai
&7tÀ.6-.'1)'toc; 1}i>wv Ei.c; rcavoupylav µe:- versa dal testo dei LXX che, in questo
-.É~a.À.Ev, «fece passare dalla schiettez- caso ( ~ n. I 5 ), non si sono serviti del
za e semplicità di costumi alla ricerca- nostro vocabolo.
tezza» 23 • In 1tavoupyla Filone avverte
Sia nei casi succitati che in tutti gli
sempre il fondo satanico; egli usa fre-
quentemente questo termine, che ap- altri è evidente quanto il N.T. sia lon-
pare anche al primo posto nel lungo e- tano dal prolungare l'uso positivo che
Vbersel:umg 3 {1919) 85 n. I. Anche Flavio voleva fotse dire soltanto che Paolo era così
Giuseppe usa il nostro gruppo di vocaboli astuto e sapeva disimpegnarsi in tutte le situa-
soltanto in senso neg:itivo. zioni con tanta energia, che la rinuncia uffi-
21 Cfr. ~col. 463; Prov. 8,5. ciale all'aiuto finanziario non significava gran
24 Bisogna comunque tener presente che for-
che.
se la critica non intendeva essere così feroce 2s Cfr. 'lta.vovpyla. npòc, -r'Ì")'.1 µt:i}oJMav "Ti)ç
come appare nella controcritica. L'aggettivo nl6..v11c; (4,14) con µEi}ooEla<; "t'OV oLa~6À.o•J
mx.voiipyoç usato dagli avversari dell'Apostolo (6,u).
'ltc.tpci (E.H. Riesenfeld)
mx.pri
-;w.pét.
BL.-DEnR."' §§ 236-238; v. anche §§ 185,3; /exika/ische S111die11 zur Historia Lausiaca des
245,3 ; A. ROBERTSON, A Grammar o/ the Patladios, Diss. Uppsala (1943) 27-77 ; J.
Greek N.T. 3 (1919) 612·616; F. M. ABEL, ScHEFTLEIN, De praepositio11111n 11su Proco-
Grnmnaire du grec bibliq11e ( 1927) 228 s.; piano, Diss. Erlangen (1893); H. RHEINFEL·
u F. REGARD, Contrib11tio11 à /'éltlde des pré- DER, De praeposition11m t1S11 Zosimeo, Di~:;.
tJositions dans la langue d11 N.T. (1918) 513- Wiirzburg (1915).
516; }oHANNESSOIIN, Kams 44; ID., Priipos. 1 Appartic:1c alla stessa famiglia di ·mipoç ( ~
226-235; MAYSER Il 2,482-492; E. SCHWY- prima, una volta) e poi anche di nepl, 1tpO,
7.ER, Griech. Grammatik u (Handbuch AW 1.p6ç, lat. per, prae, pro: BOISACQ l (1938)
Il 1,2 [1950]) 491-499. F.H. RAU, De prae- n z; ~ ScHWYZER n 492 . Come avverbio
positionis napét. um in: St11die11 zur gr. tmd -::o.;6. (r.6:9a) significa accanto, vicino (1tci.pa
lat. Grammatik cd. da G. CuRTrns, voi. 3 = n6:pEC1'tt, 1tét.pncn). Nei composti usati nel
( 1870); A.R. ALVIN, De 11su praepositionis i~.T. (verbi, sostantivi, aggettivi) il prefisso
'1apci. apud Thucydidem, Diss. Uppsala ( 1878); "!tap&.. signifi:::a o esprime: 1 . accallto a, vici-
W . NAWIJN, De praepositirmis napa sig11ifi- 110 a, presso (stato in luogo): ad es., napa.xa-
calio11e atque usu apud Cassium Dio11em, D~r,w, r.a;ia.Da">.auu~oç e, unico nel suo gene-
Diss. Amsterdam (1907). Le opere sulle pre- re, napowoc;. 2. Comparazione: ad es., 1tapa.-
posizioni indicate nella nota bibliografica r. (3&:X">.w, -napoµo~ét.~w. 3. Da, a, verso (moto
s~a: (~ II, coil. 907 s.) e in SCHWYZER Il 4If' :i luogo): ad es., 1tapaylvoµa.t, 1tapt.dW.iwµ~.
s., alle pagine pertincuci. Inoltre per le pre- 4. Q11i, q11i vicino (avvicinamento): ad es.,
posizioni: M. ZERWICK, Graecitas biblica t· ?:a.pa.0Éxo1..u:u, na.paÀaµ(3ét.vw. 5. Lungo, da-
xemplis illus/ratur 2 (1949) 20-33; B.F .C. AT- vanti o, da (prossimità): ad es._ na.pciyw, na-
KINSON, The Theology o/ Prepositio11s ( 1944); pa.1t">.Éw. 6. Via (separazione, allontanamen-
H. WmMANN, Beitrage zur Sy111ax Epikurs to): 'ltapClL"tÉ:..l, 'ltapa<p~pw. 7. Oltre, di là da,
(1935) 191-231 ; F. KREBS, Die Priipositionc11 verso (suprramento); ad es., m..cpa.(3alvw, ltll·
bei Polybius (1882); A. ROGER, Die Praposi- pavoµÉw, ?:ap&:llo!;oç. 8. Fuori del retto cam-
tione11 be; Pausanias, Diss. Erlangen ( 1897); mino, erroneamente, /11rtivame11te: 1trJ.PELO"a-
ID., Studie11 w Malalas: Prapositio11c11 tmd yw, 1tapEtcrÉpxoµa~. 9. No11c11ranza: ad es.,
Adverb;en (1895); ID., Die Prapositio11em bei 1ta9a.(3ou">.El'.ioµa~, na~axouw, 1tttpopciw. 10.
]oha11nes A11tiochem1n, Gymnasial-Programm Rafforzame11/o dell'idea principale: na.pol;u-
Miinnerstadt ( 1895/96); H. MosSBACHER, vw, napamxpalvw, na.p&.crT)µoç . Cfr. per
Priipositione11 tmd Priipos;tio11sadverbien ... questo rispetto ~ ScHWYZER II 493.498; ~
bei Clcmens von Alexandrien, Diss. Erlangen RoBERTSON 613; W. CRONERT, Adnota111e11ta
( 1931 ); F. SPoHR, Die Priipositio11e11 bei M . in Papyros Musei Britannici Graecas: Class
.J!urelius Antoninus, Diss. Erlangen ( 1890); F . Rev 17 (x90J) 26; P.A. VA!'! DER LAAN, De
RosTALSKI, Sprachliches zu den apokryphen ltapa praepositio;1is vi ap:t.! E11ripidem in
Apostelgeschichten 2 Gymnasial - Programm
1 compositione verborum, D.'ss. Amsterdam
Myslowitz (1910/11); E. SEIDEL, De um (I907 ). Nella tradizione m:in:>scritta del N.T.
praepositiom1m Plotiniano quaesliones, Diss. 1ta~a è eliso generalmente solo davanti ai
Breslau ( 1886); S. LlNNÉ R, Syntaktische 11nd pronomi: :id es., 'lta.p'a.u-.wv, 1ta.p"1'1µwv, 7tap'
4ìl (v,724) 7tapa A 2 a (E.H. Rìcsenfcld)
una persona 3 : da 4, da parte di: Mc. ant. 14,1 67: ÀaBw\I Èsovo-la.v 7ta.pci.
16,9 5 ; Lc.6,19. crov, «avendo ricevuto autorità da te>>;
cfr. P. Oxy. III 504,14; rv 742,2.
2. Di origine e provenienza, per e-
Hdt. 5 ,6: W\/Éo\l't"CX.L "tà.c; yuvcx.Lxcu; 1tcx.-
stensione dell'idea di luogo: da parte pà 't"W\I yovÉwv, «comprano le mogli
di, da. dai genitori»; P. Oxy. VII 1149,5; nei
a) Con un particolare gruppo di ver-
LXX, ad es., Gen. 21,30; Deut. 2,6; 2
Esdr. 20,32; I Mach. 8,8; II,34. y)
bi 6 : Dopo i verbi di udire e apprendere:
a) Dopo verbi di preghiera e richie- Demosth., or. 6,26: &.xouO"a.v-cEc; 1toÀ-
sta: ii-rfiO"ai:o... 7tap" Aihiva.lwv -rpta- )..oùç E't"Épouç À6yovç napà 't"W\I 'l'Cpfo-
xoO"louc; {1t1tÉ<xc;, «richiese... agli Ate- BEwv, «avendo udito dagli ambasciato-
niesi trecento cavalieri» (Xenoph., hist. ri molti altri discorsi»; Xenoph., Cy-
Graec. 3,1,4); cfr. P. Fay. l.21,13; i:à rop. r,6,23: 7tapà. i>Ew\I 1tU\ll>avoµE-
µÈv Epya 1ta.p'ùµwv a.ù-rwv s'l"Ji:E~i:E, \loc;, <cavendo appreso dagli dèi»; Hdt.
'tà oÈ ~ÉÀ:tt<r"t!X. Èm<r"t'l}µu ÀÉym1 1ta- 2,104: oµoÀoyÉoVO"L 7t!X.p'Ai.yV'TC'tlW\I µE-
pà i:ou 7tapL6v-i-oç, «chiedete a voi stes- µalh1xÉvm, «riconoscono di avere ap·
si quali siano le opere, all'oratore di preso dagli Egiziani»; cfr. Ios., Ap. 2,
parlare con conoscenza e arte delle co- 176. Nei LXX, ad es., Ex. 18,15; Is. 21,
se più alte» (Demo~th., Br. 8,75). Nei lO; 2 Par. 32,31; Ecclus 8,8.9; 3 Mach.
LXX l'uso di 1ta.pci in questo caso e nei l,I.
seguenti 7 corrisponde a quello ebraico
di min, me'im o mé'et e di millifne,
mijjad e mé'è~el; nel significato che Nel N.T.: significato a: per es., Mt .
8 9
stiamo considerando, per es., Ex. 3,22; 20,20 ; Mc. 8,n; lo. 5.44 ; Iac. 1,5.
11,2; Ecclus7,4; Tob. 4,18. ~)Dopo i Significato ~: per es., Mt. 18,19; .Mc.
verbi di prendere, ricevere, comprare:
12,2; Act. 7,16; Eph. 6,B; 2 Thess. 3,8.
Xenoph., an . .J,4,8: 'Tta.pà Mfiowv i:i}v
ci.pxl}v ÈÀaµ~avov IlÉpO"at, «i Persia- Secondo il concetto giudaico di tradi-
ni presero il potere dai Medi»; Ios., zione rn l'autorità del mandante si tra-
oùfkvl; ma abbiamo anche 7tap'D..7tllìa (Rom . dalla grecità profana e dai LXX. Quest'uso
4,18), mip'riyyf>..ou.; (Hebr. 2,9 =\fl 8,6). della preposizione diviene più raro nel perio-
Bisogna però ricordare che la lingua parlata do ellenistico e nel N.T. è presente sempre e
elide più dì quella scritta: dr. BL.-DEBR. § soltanto con riferimento a persone.
17. Per 7t&.p e TCapri nella lingua più antica 5 Var. Ù1to,
-+ ScHWYZER n 491 s. e P. KRETSCHMER, Zur 6 Con la maggior parte deì verbi di questo
Geschichte der griech. Dialekte: Glotta I tipo m-<pà si alterna con riTC6, lx, 7tp6.; •twoç:
(1909) 35-37 .51 s.; F. SOMMER, Zur griech.
dr. BL.-DEBR. § 210,3; in epoca ellenistica si
Pro10die: ibid. 178. allcrma qui soprattutto à:1t6.
1 Nel N.T., come nei LXX, '!tapri è costruito 1 }oHANNESSOHN, Priipos. 227 s.; H ELBJNC,
in prevalenza col genitivo. Kosussyntax 41; ~ABEL 228.
8 Var. à:'!t'aò-toii; Bt..-DEBR. § 210,3.
J Cfr. l'espressione francese «de chez qucl-
qu'um>; simile è l'uso dell'ebraico mé'im (2 9 Qui l'espressione -ti}\) o6~a.\I "tTJ\I 1tapà -r:oii
Sam.3,15; 24,21; Ps.121,2) che nei passi cor- lkO\lou l>Eoii è influenzata dal verbo reggente
rispondenti i LXX rendono appunto con mi- oò SlJ"tEi:-r:E.
pil e il genitivo. ia Cfr. 7tap&.0011~<; ~ 11, coli. u87 ss.; W.G.
• È superfluo addurre esempi di tale significato Ki.iMMEL, Jes11s und der jiidische Traditio11s-
7ta.ptt A 2 a-b (E.H. Riesenfeld)
gedanke: ZNW 33 (1934) 105-130; O. CuLL- 12 Nei verbi EUplc1?mv (2 Tim. 1,18) cd ~XEW
MANN, Paradosis et Kyrios: Rev. H. Philos. (Act. 9,14) è presente l'idea di conseguimento.
Rei. 30 (1950) 12-30. Il BL.-DEBR. § 173,1.
11 Cod. D: t-yw yàp rto:pt>.o:~ov rto:pà. xu.
plou; la maggior parte dei codd.: cirtò 't'Oli lt In questa accezione ct7t6 diventa Ancor più
Dio)>; Act. 22,30 (var.) 21 : •l X<X'tYJYO- un evento: 1tapà.. xuplou ÉyÉvE-r:o aV"'tlJ,
pr.i:-rcu 1t<Xpà. -.wv 'Iouoalwv, «<li che co- «ciò provenne dal Signore» (Mt. 2r ,42;
sa fosse accusato dai Giudei». Mc. r 2,II : entrambe le volte citazione
c) Con altri verbi ed espressioni ver- di \jJ rr7,23). Le. 1,37 riproduce, in
bali. Il movimento mette in risalto il forma negativa, una frase ripresa prati-
punto di partenza, l'attività fa spiccare camente alla lettera dai LXX 2~: oux. à.&u-
l'autore. Wl.'tTJCTEL 1t(J..pà -cou DEoii 7tà.V pfjµix, <<nul-
Hdt. 8,140: à:yyEÀ.l1') fixr.L 1ta.pà. Ba- la è impossibile da parte di Dio». Nel
GLÀ.Éoc;, «mi è giunto da parte del re quarto vangelo si esprime cosl la pro-
un messaggio»: il messaggio non solo
proviene dal gtan re, ma è stato invia- venienza del Figlio dal Padre: E~vcn
to da lui e per suo ordinO!; Ditt., Or. r.apù.. -rov Tia-cp6c; (lo. 6,46; 7,29; 9,
r 49,5: "tOÙç 1ta.pà.. 'tOV PmnÀ.Éw:; [ 1trl.- 16.3 3) 2;; µovoyEv'JÌ<; m~pà. 7tCJ:tp6<; ( r,
pay ]LvoµÉvouç: provenire da! re signi-
r4). Il Figlio è provenuto dal Padre; il
fica esser inviato da lui; Plat., symp.
r79 b: -.ov-.o ò "Epwç 'toi:ç Èpwcn 1ta.- che vuol dire che questi l'ha mandato
PÉXEL yLyv6µEvov na.p'a.u•ov, «questa (16,27). Anche lo Spirito proviene (15,
furia è Eros che la dona agli amanti co- 26) 26 • Tutto ciò che Gesù trasmette agli
me cosa che proviene proprio da lui»n.
Nei LXX, ad es., Gen. 24,50: -r.a.pà. xu- uomini proviene da Dio ( r 7,7).
plou É~fjÀ.ikv "t'Ò 1tp6cna.yµa. -roU-·w, cl) In locuzioni prepositive aggetti-
«quest'ordine provenne dal Signore»; vali e nominali.
lji II 7 ,2 3: 1tapà xuplou ÈyÉVE"'t"o rtv-c11,
«questo provenne dal Signore», cioè da a) In locuzioni prepositive aggettiva-
parte sua = mediante lui 23 • li: Aristoph., Ach. 61: oi. 1tpÉcr~EL<; oi.
-;:;rtpà. BacrLÀÉwç, «gli ambasciatori del
Nel N.T.: venire da parte di una re»: l'idea verbale della provenienza e
persona significa contemporaneamente dell'invio è contenuta nel sostantivo
7tpfoPr.Lç. Così anche Polyb. 3,106,9: a.t
chO! ques!:t è il mandante (Mc. r4,43; 1tapà. -cwv Ù7ta"t"wv Èv'toÀixl, «gli ordi-
Le. 2,1; 8,49). Per indicare l'autore di ni impartiti dai consoli»; r 1,8,2: 1J 1ta-
si accenna anche alla ipotesi, poco verosimile, M.J. LAGRANGE, Ko111111. w Mk. (1947) 310.
di far dipendere 7tapà. xuplou da fo·ta~ i;e- 21
Gen. 18,14 ~ col. 485 . In questo passo
)..Elw<nç. dei LXX la maggior parte dei mss. legge il da-
21 Nei migliori mss. abbiamQ Ù7t6. La prep. tivo: 7tapà. -.i;J l}Eii), che è stato trasmesso an-
7tap6: ha qui senso forense: da parte dcl quere· che come variante di Le. 1,37. La costruzione
lante: dr. Dion. Hai., ant. Rom. II,ro,2: xa- 7tap6. + gen. è qui più vicina all'ebraico:
"tllYOPlm ylvonm ... 'ltapà 7tOÀ.À.wv. bajippiile' mejhwh diibilr. Invece in Zach. 8,6
22 Cfr. Herm., sim. 2,3: 7tap'fo.ui;ljç cpÉpn abbiamo tiovva-.Ei:v È\lwm6v ·nvoç. Cfr.
xaP'ltÒ\I xaL 1tapà -.ljç 7t"tEÀÉaç: quando la JOHANNESSOJ-JN, Priip. 230 n. 3.
vite si avvinghia all'olmo «produce frutto per 25 Invece lo. 8,44: ÙµEi:c; ÉX i;oii 7ta"tpÒc; -.ov
parte sua e per parte dell'olmo». Sto:~6)..ou Éu-tÉ.
2)Ebr. me'et ihwh; altri esempi in joHAN- 26 Io. 13,3; 16,30: rl;ÉpxEui)a~ 6:1tò i>Eou; cfr.
NESSOHN, Priipos. 226. Per il fcmm. aihTJ v . 8,42. BL.-D.EBR. § 210,3.
'itap6. A 2 d (E.H. Riesenfeld)
pà.. -rw"V Eµm:lpw'V ci."VÒpwv 1ta.p6:.òocnç, 37; P. Par. 51,40), i familiari, i miei
«l'insegnamento che viene da uomini (BGU II 385,10; Preisigke, Sammel-
esperti»; Ditt., Syll.' 543,25: -ri)v mip' buch I 5238,19). Nei LXX sembra che
Eµou È.mcr-roÀ.1}'V, «la mia lettera». Ta- quest'uso sia limitato a quelle parti che
lora la costruzione con 7tapci. sostitui- non sono una traduzione: per es., -.àc;
sce semplicemente un genitivo sogget- 1tap'l]µwv E1tLcr'toÀ.aç, «le nostre lette-
tivo o possessivo 27 : Lyc. 82 : -ri)v 1tapà re» · (1 Mach. 12,17; cfr. ljJ 151,7). Il
-rwv t)Ewv EVVoLav, «la benevolenza de- plurale dell'articolo con 1ta.p&. e il ge-
gli dèi»; dr. Xenoph., mem. 2,2,12 ; nitivo per indicare la cerchia, la compa-
Polyb. 8,30,4: oi. 7ta.pà 'twv Kapx1Jòo- gnia, ecc. di qualcuno, si trova usato
vlwv T]yEµovEç, «i comandanti dei Car- soprattutto in r Mach.: per es. -?jÀl>E\I
taginesi»; Xenoph., Cyrop. 5,5,13. fj) Nouµ1)"Vioç xat ot 7tap'a:ù•ou, «giunse-
In locuzioni prepositive nominali: di ro Numenio e gli altri ch'erano con
cose: ( 'tÒ:) 1to:pà "t'W\I µa.t)T)µCX"t'LXWV, lui» (15,15); xat <f>xEi ÉXE~ cx.v-.òc; xa.t
«ciò che insegnano i matematici» (Po- oi. 7ta.p'a.v'tou, «e vi si stabilì con i suoi»
lyb. 9,19,9); d ÒEoµÉvoLç Òwpofo -rà 7ta.- (13,52); cfr. 9,12.44 .58; Sus. 33 32 •
pà CTEo:U't"i)ç (Xenoph., mem. 11,13);
Nel N .T. : significato a.: Ti 7tap'(µou
Ios., ant. 8,175 28 • Di persone: ol 7ta.p'
1}µwv (Eur., Phoen. u89); oi. 7ta.'pò: <l>L- OLai}1Jx1J (Rom. II,27, citazione di Is.
À.t7t1tOU (Polyb. 22,15,2). L'uso è pe- 5 9 ,2 r) 33 : la disposizione non solo pro-
rò, soprattutto in età ellenistica, an- viene da Dio, ma è da lui voluta e sta-
cora più libero 29 : l'espressione non in-
dica soltanto gl'inviati di qualcuno, ma bilita, quindi: «la mia disposizione». Si-
anche coloro che appartengono alla cer- gnificato B: per indicare la proprietà di
chia di una determinata persona: oi. qualcuno: "t'èt 7tap'a.v•l)ç, «i suoi beni»
-r.o:p'a.v"t'ou, «i suoi soldati» (Polyb. 3,
69,13) 30• Nei papiri 31 i servitori, gl'im- (Mc. 5,26) 34 ; similmente Le. 10,7; Phil.
piegati, i funzionari, ecc. vengono chia- 4,18. Mc. 3,21 35 : oL 'lta.p'a.ù-rou sono
mati oi. 1tap'Eµou, ot 7tapli crou, ecc. probabilmente familiari di Gesù 36 • In sé
(Preisigke, Sammelbuch r 4369 b 24;
l'espressione può indicare parenti più o
P. Oxy. VI 910,35 ); così anche i suc-
cessori legali, gli eredi (P. Amh. u 99b meno prossimi ed anche i discepoli, ma
15), gli amici, i vicini (P. Oxy. II 298, nel caso concreto si deve pensare a
27 ~ RAU 28 ; ~ KREBS 52 ; - NAWIJN 106. n1aeorn111 aetatis 11su, Diss. Jena ( 1909) 52;
2d Per 'tÒ napa. -cwoç = la somma dovuta da \VI. KuHRING, De praepositio1111111 Graecarum
qualcuno, v. MAYSER Il 1,12; II 2>487. in chartis Aegyptiis quaestiones selectae, Diss.
Bonn (1906) 14 s.
2J -> SCHWYZ ER n 498 considera il gcn. di
questo costrutto un vero genitivo (e non un a- 32 Cfr. Ios., ani. 1,193: 'ltctV'tE<; ol 1tap'aù't(i>;
blativo) al posto del più frequente 1tap6. + altri esempi in JoHANNESSOHN, Priipos. 229.
dat. Cfr. poi L. RADERMACHER a Pscud.-De- JJ Ebr. b'rlti. In Act.26,12 (var.).22 (var.) 7ttt·
metr. (1901) 82 . p6. equivale a un genitivo soggettivo.
3
~ ~ KREBS 52 s.; MITTEis- WrLCKEN I 2,II
J.1 Var.: 'Tà 'ltc.tp'ectu-r'ijç.
A I 22.
31 PRRJSIGKE, Wort., s.v.; MouLT.-MILL., s.v.; 35 Vedi per questa questione la bibliografia ci-
M11 YSER Il r , 12.C. Rossmmc, De praepositio· tata in PREU SCl-IEN-BAUER ', s.v. napa 1 ·I b ~ .
1111111 Graec"rum in cb"rtis /\c•gyptiis Ptole- J~ Lat. mi.
479 (v,727) 1tapa B r a-b {E.H. Riesenfeld)
37 Secondo G. HARTMANN, Markus 3,20 s.: BZ stica, il dat. è il caso più raro con nap!X {solo
II (1913) 249-279 si tratta dei discepoli (au- una volta col dat. d'una cosa), pure è presente
=
"tO\I ed l!;Éa"t1} 3x">..oç), mn a questa ipote- in tutti gli scritti del N.T., fatta eccezione per
si si può obiettare che dopo il collettivo 8x">..oç Hcbr. e Iudae. Al posto di 1tapa + dat. sot-
ci si aspetterebbe il plurale. Per la possibilità tentrano 7tp6ç + dat. o ace., 1tEpl ed anche
che EÀEìO\I abbia senso impersonale {= si di- É1tl. Per ulteriori indicazioni ~ ScHWY-
ceva) vedi C. H. TuRNER, Marca11 Usage {The ZER II 493; ~ RAu 3,-37; A. W1FSTRAND,
impersonal Pltlral): JThSt 25 (1924) 383 s. e Etx6-ra: Kungliga Humanistiska Vetcnskaps-
LAGRANGE, op. cit. (~ n. 23) 70. s:imfundet i Lund (Arsberattclse 1933-34) 60-
6,. Per la differenza tra '!tapa + dat. e mx.-
la In Omero il costrutto 1tapéL + dat, è più pa + ace. v. J. KEELHOFF, Sur 1111e construc-
frequente, in epoca successiva meno frequen- tion de napll: Revue dc Philologie N.S. 17
te di quello con 7tap6; e il gcn. o l'ace. Nel {1893) 187.
N.T., come del resto in tutta l'epoca cileni- 3~ Cfr. JoHANNESSOHN, Priipns. 229 ss.
mxpci Il 1-2 (E.H. Riesenfeld)
la sfera di potere di una persona o di spressioni simili (Mt. 22,25; Io. 4,40;
un gruppo: a, da, presso. Quest'uso è Col.4,16). Significato y: 1tapà 't'Q mnpl
frequente coi verbi orandi ac petendi coi
quali è naturale che ci sia anche una (Io.8,38) indica la sfera propria di Dio,
qualche idea di luogo ('con visita perso- il. cielo, in cui si trovava il Figlio pree-
nale' o 'nel tempio del dio'): q>poupàv sistente. Gesù promette che lo Spiri-
Tl't'TJ<T<l.V'"t'O 1tapà. 'Pwµa.loLç, <~chiesero
to rimarrà nella cerchia dei discepoli
ai Romani una guarnigione» (Dio C., /r.
40,5 [var.]) 40 ; EÙXOµEM O'OL rtcxpà. 't'fjL (7tap'ùµi:v: Io. 14,17; cfr. l4,l5}. La
'AO''t'ap-c'f}L, «chiediamo per te ad Astar- voce del furto del cadavere di Gesù si
te» (P. Greci e Latini v 531,1); µvlcxv sparge 7tapà 'Iovoa.loLç, ovunque si tro-
crov 1tOLOUµEvoç 1tapà 't'OLç ÈvMoE i>Eoi:i;,
«ricordandoti agli dèi di questo luogo» vano Giudei, nell'ambiente giudaico in
(BGU II 632,5 s.) 41 • Nei LXX: EL1tEp ... generale (Mt. 28,15). Con un'espres-
ÈÀ.rtioa. EtXE<; 1ta.pà. ilei{) crw•nplou, «se sione in parte figurata Gesù dice che
mai speri salvezza da parte di Dio» (4
Mach. n,7). il Figlio e il Padre abiteranno insieme
(µwi)v 1ta.p'ocù"t<{°> 1tOL'flO'éµeiloc) con co-
Nel N.T.: significato a.: L e. 9.47 = lui che lo ama ed osserva Ja sua parola,
Ecr'"t''flO'EV cxu-.ò na.p'Èa.u-cQ ~2 , «lo pose vale a dire che essi saranno in quel-
accanto a sé». Significato ~: I Cor. 16, l'ambito spirituale di una tale persona
2: 7ta.p'Èr.w-.Q = presso di sé, a casa che costituisce il presupposto per una
sua 43 • Gesù è ospite degli uomini: rta.pà simile comunione (Io. 14,23). Lungo
lÌ.µa.p-~WÀ.Q QVOpL fl<T'i)À.i)Ev XC1.'t'CX.À.UC1UL 1 questa linea va certamente interpretato
«è andato ad alloggiare in casa di un anche I Cor. 7,24 : itxacr•o<; E.vi;> txÀ.1]-
peccatore» (Le. 19,7), e mangia in casa ilT}, Ev 't'ou-c~ µEVE't'W rta.pà ~E<{>, «cia-
loro: ortwç apLO''t'TJO'TI 1tap'cdm~ (II, scuno rimanga in comunione con Dio
3 7 ). I discepoli abitano con Gesù per nella condizione in cui era quando fu
un giorno (Io. 1,39) e gli apostoli si fer- chiamato» 44 •
mano ospiti di qualcuno (Act. 9.43; ro,
6; 18,3; 21,8.16; 2 Tim. 4,13). Altre Uso forense, con riferimento al
2.
volte abbiamo, per es., rtap'ùµi:v, «tra giudice davanti al quale le parti com-
voi» (=a Pergamo: Apoc. 2,13) ed e- paiono: Hdt. 3,160: rtapà. AcxpEl~ xp~-
-ci), «a giudizio di Dario»; Demosth., µÉvoLç µE-.à. -caii'ta, non rimarrà alcu-
or. l8,r3; 27,2; IG' I r6,9 45 • Nel N.T.: na «memoria presso le generazioni fu-
ture» (Eccl. 1,11 [Sym.]); cfr. anche
1tapèt. xvplcy, «davanti al tribunale di Sap. 4,r : xa.t 7tetpà: ~E0 YLVWO'XE'taL
Dio» (2 Petr. 2,u). xa.L 1i:a.pà civi)pw"ltoLc;, la virtù è in o-
nore presso Dio e gli uomini; 4 Mach .
3. Uso traslato: tale uso deriva in I 3 ,y -.0 É1tC<LVOUµÉvcy 'ltet..pà: i)EQ À.o-
parte da quello forense e in parte dal- ''tWµQ, il modo di pensare che Dio ap-
1'idea primitiva di luogo, senza che sia prezza e approva. c) Con la persona
possibile stabilire una distinzione net- che possiede qualcosa o è caratterizzata
da una qualità o particolatità: presso,
ta. per: 7ta.p'ùµi:v où trocpòv -.6oE, «per voi
a) Con la persona che giudica qual- non è saggio» (Eur., Heracl. 881): indi-
cosa: secondo 46 : oihoc; mxp'ȵot -cò ou- C~l l'atteggiamento, l'opinion::! di un
voµa. -coiho ... olxa.t6c; È11'tt <pÉpE<J~a.L, gruppo di uomini. Per indicare la con-
«questi, a mio giudizio, è giusto eh~ dotta, il comportamento: -rou-.o o'Éw-
sia chiamato cosl» (Hdt. ra2.86); cfr . pwv 1ta.p'Èau-.oi:c; xat 7tap'€1.wl, rçapèt.
cfr. Soph., Trach. 589. Nei LXX: qio(3E- c 'uµC:v ou, «vedevano ciò nel proprio e
pòc; 7ta.pà, -cote; f3acnÀ.EU'1L -.i]c; y-'i}c;, nel mio comportamento, non certo nel
«terribile agli occhi dei re della terra» vostro» (Demosth., or. 18,287 s.); spes-
(i.jJ 75,r3). b)Con la persona di cui si so usato per indicare i popoli, i loro u-
gode la stima: presso: W~'tE -rtapà. 1tfi- si, costumi e istituzioni: per es., 7tapà.
O-L\I O:v~pw7totc; àya.mio--!ku, «Cosl che -rotç "EÀ.À.T]trLV, «presso i Greci» (Dio
sia apprezzato presso tutti gli uomini» C. 55,12,5 ; Clem. Al. , prot. 4,48,1) 48•
(Isocr. 4,46); Milziade «che già prima Con riferimento agli dèi o agli uomini
godeva buon nome presso gli Atenie- in genere: m7Jc; O'ÙyLEL<1.V OWCTOUO-'aù-
si» ( EÙÙoxtµÉwv 7tetpà. 'A~T]va.loto-t) è 'tOLç, ovuo:v 1ta.pà: -.ot<it ~Eoi:o-Lv;, «co-
onorato ancor più dopo Maratona (Hdt. me daranno loro queJla salute che si ba
6,132); µÉya. yèt.p OUWJ."'"CctL 7tO'tVL' 'Ept- tra gli dèi?» (Aristoph., av. 603; nub.
vùc; -rta.p&. -c'ài}a.v&.-i:otç ... «la regina E- 903); OÙOÉ 'ttç alowc; Ecr'tt 7tap'àv~pw-
rinni gode di molto potere presso 1t0LO'LV, «né esiste tra gli uomini alcun
gl'immortali» (Esch., Eum. 950 s.); P. rispetto» (Quintus Smyrnaeus 14,432s.;
Greci e Latini IV 435,r9; I Clem. 21,8. I Clem. 30,8). In alcuni casi 7tapa -i:ivt
Nei LXX rende talora l'ebraico b"'ene equivale quasi a un dativo possessivo:
e simili 47 : xcipw EX Etc; 7ta.p'ȵol, ~hai EÌ. O'OVV È<J'tL XO:L 7tap'ȵol -etc; ɵ7tEL-
grazia presso di me» (Ex. 33,12.16); pla. -COLO:V'tYJ, «se dunque ho un po' an-
Prov. 12,2; El EUpl]Xet.. EÀ.Eo<; 7tet..pà o-ol, ch'io tale esperienza» (Demosth., or.
«se ho trovato grazia agli occhi tuoi» I 8 ,2 77); +i OÈ 1tfi'1C1. -rfjc; &.pxfiç ovva-
(Num. 11,15); µ'JTJµl] 7to:pà. -cote; Èl1o- µtç fiv ... 7tapà 'PoucplV4>, «ma ora Ru-
fino aveva tutta la forza di governo » giudizio» ·(Rom. r1,25 50 ; r2,16; cfr.
(Zosimo 5,r,I); cfr. Hyperides, pro Act. 26 ,8). Significato b): stima e ono-
Euxenippo 27. Nei LXX: xa.À.Ei:-.a1 o± re agli occhi di Dio: Ei'.ip::c; yà.p xapw
1tapà. -.oi:ç 1tOÀ.À.oi:c, NEcpi)m, «ma molti
lo chiamano Neftai» (2 Mach. l,36); µ:h -rcapà. -.<{j l>di>, «poiché trovasti grazia
<XouwnEi: 1tapà. 't0 ìkQ pf}µa;, «c'è agli occhi di Dio» (Lc.r , 30: ripresa del
qualcosa che sia impossibile a Dio?» linguaggio dei LXX); I Petr.2,4.20. La
(Gen. 18,14) ~9 : 1tap<i + dativo rende
qui l'ebraico min; la medesima espres- stima degli uomini può coincidere con
sione è resa un po' più libernmente in quella divina : 1tpoÉxo7t-rEv Èv -cft uocplf!.
2 Par. 14,10 : oux &.ovva.-.d 1tapà. o-ot
xat 1)\1xlit. xat xap1-c1 itapà. frEQ xat
crc;isE1v Èv noÀ.À.oi:ç xat Èv ÒÀ.l"yo1c,. Cfr.
anche I Clem. 27 ,2 : oùoi:v yà.p aouva- àvfrpw7to1ç, «cresceva in sapienza, in
'tOV 1tapà. 't<{l frEQ d µ1J -.ò tjJEuO"a1J"l>a1, statura e . in grazia agli occhi di Dio e
«Dio può tutto, ma non mentire». d) U- degli uomini» (Le. 2,52). L'onore che si
so riflessivo: tra, da (sé): xplvac, 'tL 1ta.-
gode presso Dio è espresso concretamen-
pà. crau-r<{l, «avendo giudicato, per con-
to tuo, una data cosa» (Plat., Theae;. te con l'immagine del salario: µ10-Mv
170 d); Demosth., or. 10,17; 19,4; À.E- oùx EXE'tE 1tapà. -e<{) 1ta-cpt uµwv, «Se-
)ELV 1tap'fou'tQ, «<lire tra sé e sé» (M. condo il Padre vostro non siete degni
Ant.3,11,1).
di alcuna ricompensa» (Ml. 6,1). Signi-
Nel N.T.: significato a): l'attento ficato e): l'onnipotenza è la caratteri-
giudizio di Dio decide quali siano i fat- ~tica di Dio, cui fa riscontro l'impoten-
ti veri: olxmoi 1tapà. 't({j lkQ, «giusti za umana: ?ta.pà. àvl)pw7toLc, -.ou•o àov-
davanti a Dio» (Rom . 2,13; Gal. 3,u; 2 va-çov É<ri:w, mx.pà. ÒÈ frgQ 7t&.v"ta òv-
Thess. l,6); frp11crxEla xal>a.pà.... na.pèt vai:&., <(per gli uomini ciò è impossibi-
-.Q frEQ, «la religiosità che a giudizio le, ma per Dio tutto è possibile» (Mt.
di Dio è pura» (Iac. 1,27); Ti yètp cro- 19,26 par. Mc. 10,27; Le. 18,27). L'as-
cplo. -.oli xéo-µou 'toui:ov µwpla. 1tapèt serzione ha un significato cangiante: si
i:Q frgQ ÈCT'tW, «perché la sapienza di può far cadere tutto il peso o sull'am-
questo mondo è, secondo il giudizio di bito definito dai due termini principa-
Dio, follia» (I Cor. 3,19); µla 1JµÉpa li (nel mondo degli uomini, cioè sulla
'itapà. xvpl~ wc, xlÀ.ux. E'tlJ, «agli occhi terra - nel regno di Dio, cioè in cielo) 51
di Dio un giorno è come mille anni» o sulla capacità personale (per gli uo-
( 2 Petr. 3,8 ). Il giudizio umano è co- mini - per Dio). Dio è libero da una
munque ingannevole : t:va µi} rJ'tE mx:p' serie di caratteristiche che sono proprie
Èa.u-coi:c; cpp6v1µ0L, «affinché non vi con- d~l mondo peccaminoso: i favoritismi
sideriate savi secondo il vostro proprio (OÙ y6:p ÈCT'tW 1tpOC1W1tOÀ.1)µ\jJia 1ta.pèt
'ti!) ile:Q: Rom. 2,u; Eph. 6,9), l'ingiu- 1jv 1ta.pà 't'i)v ooòv xp1)v'l'), «qui, a lato
stizia (µl] à.otxla 1tctpà 'tc"i) ile:Q: Rom. della strada, c'era una sorgente» (Xe-
noph., on. l,2,13; mxpà 'tÒ 'tOU .6.Lòc; tE-
9,14), l'incostanza (1tccp'~ oùx E\lt 1ta.- p6v, «accanto al tempio di Zeus» (nei
pa}J..a:y1}: I ac. 1,17 ). Per indicare un papiri) 54 • Theophr., hist. plant. 6,6,rn:
tratto del carattere umano: 1u1,p'où0Evt ot 'o xa.t 1ttx.pà. 't<Ìc; oSovc; xa.t Èv -coLc;
XpO'tT]'tOL<; xaÀ:À.L<T'toc;, il croco ama che
'tOO'a.V'tTJ\I 7tLO'-rW É\I 't4) 'I<rpa.i)À. E\ipov,
le sue radici siano calpestate e «per-
«non trovai m alcun israelita tanta fe- ciò è più bello sui bordi delle strade e
de» (Mt. 8,10; dr. 2 Cor. l,17). Signi- nei posti di molto passaggioi>. Nei LXX,
Éxri.~TJ'tO mx.pà 't-f]'ll 7tVATJ\I, «(Lot) se
ficato d): Mt. 21,25 (var.) 52 : otEÀ.oyl-
ne stava seduto alla porta della città»
sov-co mxp'È<x.u'to~<; À.Éyov·m;, «dibatte- (Gen. 19,1; dr. 25,11). S)Estensione
vano tra loro dicendo». spaziale 55 : lungo: E1tÀEov 1ta.pà 'ti)v
il7tEtpov, «navigarono lungo il conti-
nente» (Hdt . 7,193). Nei LXX: 1tO:pE1to-
c. 7ta.pa coN L'AccusAnvo
pe:vov'to 1ttx.pà. 'tÒV 1to'ta.µ6v, «cammina-
l. Di luogo 53 vano lungo il fiume» (Ex. 2,5).
a) Moto a luogo: a, da, presso. Nel- Nel N .T.: significato a): f:ppLljlcxv a.v-
la prosa greca più antica è soprattuttq
u~ato con l'accusativo di persona: 1tɵ- 'tovc; 7ta.pa 'tovc; 1t65a.c; a.v'tou, «li de-
1m 1tccpa t:te:vo<pw\l'ta 'tOÙç 1te:À.'ta<T-rét.<;, posero ai suoi piedi» (Mt. r 5 ,30 ). Co-
«manda i peltasti da Senofonte» (Xe- me gesto d'implorazione: 1tEO'W\I 1ta.pèx.
noph., an. 4,3,27), ma in poesia anche
con l'accusativo di cosa: hTJV 1ta.pa -.ove; 7t65a.c; 'ITJ<Tov, «gettatosi ai pie-
vi)ixc; 'Axaiwv, «se ne andarono alle di di Gesù» (Le . 8 .4 r) 56 • Nella parabo-
navi çjegli Achei» (Horn., Il. l ,347 ). la del seminatore E1tEO"EV 1tapà -ci)v
Nei LXX rende l'ebraico 'el: Éxolµto-e:v
'tàc; xaµ1}À.ouç. .. mxpa -.ò <ppfop 'tov ò06v (Mt. 13>4·19 par.) può essere tra-
uoa.-roc;, «fece fermare i cammelli pres- dotto «cadde sul sentiero» (che attra-
so il pozzo dell'acqua» (Gen . 24,u); versava il campo e veniva poi arato con
Ex. 29,12. b)Stato ìn luogo: a) accan-
il resto del campo dopo la semina) o
to, vicino, al bordo di, presso, a: ò OÈ
mxp'tµÈ xa.il1)µEvoç, «chi mi siede a «cadde lungo il sentiero» (o una stra-
fianco» (Plat., Euthyd. 27rb); Év'tcx.tma. da) 57. Significato b): a.) Le. 7,38 (dr. 8,
35): cr-r;ffoa o'ltlrrw napà -roùc; 1tooac; «Jahvé è più grande di tutti gli dèi»
aù-r;ov 58 , «standogli dietro, vicino ai (Ex. r8,rr ; Num. 12,3). Ancora: l'.xl}u-
µoc; oÈ yEvoµe:\loc; o ~a.crL).e:ùc; -tou-r;~
piedi». I mendicanti siedono sulla stra- -;;;a.pà 'toùc; èiU.ouc; XELpLO''twc; à.1t1]\l"t'l]-
da o sul bordo della strada (Mt. 20,30 O'E\I, «allora il re, infuriatosi, lo trattò
par.: xaih)µE\IOL 1tapà. 'tTJ\I 000\1). Mt. molto più crudelmente degli altri fra-
I3, l par.: Exaih1•0 mxpà -ri]\I ì}O;).,acr-
telli;> (2 Mach. 7,39); ulJ;wO"EL a.ÙTÒ\I
11:apà.. 'tOÙç 'ltÀTJO'LoV, «lo porrà più in
ua\I, «si sedette in riva al mare» (cfr. alto dei vicini» (Ecclus 15,5); cfr. Dan.
Le. 5,I.2; Hebr. 11,12). f3)Ad es. Mt. 4, 7,7. b) Nel senso di un comparativo di
l 8 (cf r. l 5 ,2 9): 'ltEpL'lt<J.'t'W\I ÙÈ 'ltapà
maggioranza o con parole come èi).:>..oc;:
di, che. Quest'uso della preposizione va
't'TJ\I MJ...arrcra.v -r;f]c; ra).LÀa.lac;, «cam- di pari passo con quello di ii o del gen.
minando lungo il Mar di Galilea». comparationis, spesso però con una leg-
2. Dal significato locale fondamenta- gera differenza 61 : XELµwv .. _ µdswv 'ltct-
p&. 't'Ìl\I xaÌlEO"'t'l']Xufo.v &pa.v, «il mal-
le accanto, vicino, si è sviluppato quello tempo ... più rigido di quanto ci si sa-
comparativo e la costruzione con 'lta.pa rebb::: aspettato nella stagione in cui e-
è stata usata anche per i superlativi re- tano» (Thuc. 4,6,1 ). Con flÀÀoc;, E"t'Epoç
e simili: oux l'.xw 'ltctpèt "t'<J..U'ta. <1.)-..)...a.
lativi (superiorità di persone o cose ri-
9~b.1a..L, «non ho da dire altro che que-
spetto al concetto costruito con 'lta.p<i). sto» (Plat., Gorg. 507 a; Xenoph., hist.
a) Superiorità: in confronto di, più G raec. l ,5 ,5 ); &ÀÀo '\~ 7Ca.pà 'tO y<iÀ.a,
di, sopra 59 , in un paragone che mette «qualcos'altro che il latte» (Cletn. Al.,
in risalto la superiorità del primo ter- paed. 1 ,6 ,3 7 ,3 )_ Nei papiri: µEl~o<r~ µÉ-
mine: 1tapà. "t'à {f)..).,a slf'>a. WO''ltE:.p Ì}Eot -rpotc; 1tctprì. "t'à EUO-'taitµa., «con misure
ot <1.vìlpW1tOL (3LO't'EUOUO"L, «gli uomini più grandi di quelle verificate» (P.
vivono come dèi rispetto agli altri ani- Tcbt. I 5,85) 62 • c) Accezione esclu-
mali» (Xenoph., mem.1,4,14); &.vopEi:oc; siva: /atta eccezione per, eccetto, in-
1tap'O\l'\LVOV\I, «più coraggioso di qual- vece di, escluso : '\«7> OE).cptVL 1t1Xp~ 'JtaV-
siasi altro» (Plat., Theaet. 144 a); ìlau- ..-cx xat µo\I~, «al solo delfino, esclu-
µa.cr"t'a.Ì, mx.p'o OE~, Mywv xa.t avitpw- dendo tutti gli altri» (Plut., de sollertia
'ltW\I, «ammiratori, più del dovuto, di animalium 36 [11 984 c] ); 1t0..V-r;Ec; oi
parole e di uomini» (Plut., quomodo Àomot 1ta.p'-rlµiic; li.vDpw1to~. «tutti
quis sentii profectum virtutis 13 [II 83 quanti gli uomini all'infuori di noi»
s.]). Questa possibilità offerta dal gre- (ep . Ar. 134); 'tÒ\I µovov itEòv ... <TE(36-
co è sfruttata dai LXX soprattutto per µEvot 'l'ta.p'oÀ'l)v 'TTJ\I x-r;lcnv, «adoriamo
rendere il min comparativo ebraico 60 ; l'unico Dio ... escludendo ogni creatura»
µÉya.ç xvpioc; 1t<X.prì. 'lta\l'\a.c; -toùç i>e:ovc;, (ep. Ar. 139); Ps. Sal. 9,9 63 •
Nel N.T.: significato a: la preposi- v::iv 65 (Le. 18,14) significa «questi, con-
zione segnala che un termine preceden- tro ogni aspettazione, se ne tornò a ca-
te gode di una certa superiorità rispet- sa giustificato, e l'altro no», e non che
to a quello introdotto da 7ta..p6.: Le. I 3, anche il fariseo fu giustificato, sia pure
2 (dr. 13,4): àµa..p-cwÀ.oÌ. 7ta..pà 7tciv- in misura inferiore del pubblicano: mx.-
-i-ac; 'tOÙç I'a.À.LÀ.a..fouç, «più peccatori pO:. serve qui unicamente ad esprimere il
che tutti gli altri Galilei»; Rom. 14,5: paradosso. Hebr. I,9 (l)i 44,8): EXPLCTÉV
èlç ·µÈv xpl'VEL 1]µÉpa..v 7ta..p'Ì)µÉpa..\I, «uno 0'E ... mipà -roùc, µE-réxovc, crov, «ti un-
47; Prov. 5,14. b): con una differenza tro la parola data» (2 Mach. 4,36); dr.
di, meno: Klµwvcx. 7tcx.pà. 'tpEt<; µÈv 3 Mach. 7,8.
àcpei:a-cx.v tVTJCJlOU<; "t'Ò IJ.TJ ilcx.va'ttp sri- Nel N .T.: òuvaµLv .•. eÀ.aBEv xa.t ita-
µtwcrm, «con una maggioranza di tre
pà xcupòv 1}À.Lxlcx.c;, «ricevette il pote-
voti decisero di non condannare Cimo·
ne a morte» (Demosth., or. 23,205}; re (di concepire) senza riguardo per l'e-
Time. 8,29,2; P . Oxy. II 264,4; "t'E't'ta.· tà>> (Hebr. ll,II): Dio dona a Sara il
paxov't'hwv mx.pà -rptaxovil'i}µÉpa.ç, potere di concepire senza tener conto
«quarant'anni meno trenta giorni»
(Ios., ant. 4,176); Ap. 2,265 63 . dell'ostacolo dell'età avanzata che nor-
malmente impedisce una cosa simile 71 •
Nel N.T.: significato a): 1tap6. -i:t = "Rapà. c;iu::nv, «contro natura», indica
quasi (Lc.5,7 var.) 69 • Significato b): 2 talora (Rom . 1 ,26) un atto umano proi-
Cor. u ,24: 'tEO"O'Epaxov'tcx. 7ta.pà µlcx.\I bito (opposto: cpucnx6c:;, atto cioè na-
EÀ.a.~ov, «presi quaranta colpi meno turale e conforme alle leggi della crea-
uno». zione) e talaltra (Rom. u,24) un inter-
4. Significato avversativo: deriva dal vento miracoloso di Dio (opposto: xcx.-
significato fondamentale accanto, oltre -.à q>UO"LV, evento naturale, secondo le
per passaggio all'accezione nonostante, leggi della natura). Rom-4,18: 'itap'è)...-
conlro, senza riguardo per, ecc. 70 'itLOa bt'f}...-;.;lot, contro ogni speranza
umana e con la speranza della fede.
Thuc. I ,70,3: 1tapà ovw1..µw -i:oÀ.µri-
·ml xat 7tapà y\lwµ'l')v xwoww-ça.l, Act. 18,13: 7tcxpà. -ròv vòµo\I, illegale;
<rnudaci oltre le proprie forze e speri- simile uso in Rom. 16,17: mxpà i:i}v
colati contro ogni buon senso»; Thuc. otòa.x1)v, contro le norme contenute
5,90: mxpà 'tÒ òlxcx.wv, «(volete parla-
re dell'utile) invece che del giusto»; Xe- nell'insegnamento cristiano. Gal. I ,8 s.:
noph., hist. Graec. l,7,14 : 7tapà. 'tÒV €àv ... Eucx.yyEÀ.LO"lJ'ta.t Ùl.lt\I 7tap'o EUTJY-
v6µov, «contro la legge» (opposto : xcx.- yEÀ.Lcraµd}cx. ùµ'i:\I, «se vi sarà predica-
"t'CL -roùç v6µouç, «secondo le leggi»);
to un evangelo che contrasta con quel-
6,17,1; P. Tebt. 1 5,205: 1tCX.pà 'tà Éx-
xElµEvcx. 7tpocr"t'ayµa:•a, «contro le or- lo che vi predicammo», cioè una predi-
dinanze emanate». Nei LXX: oç o'liv cazione contraria a quella di Paolo.
7tapà. .. av-rcx. 1tot1Ja-n tì &.ilE-.1)an •t 5. Significato causale. La nostra pre-
"t'OU'tWV, «chi agirà contro tali ordini o
ne rifiuterà qualche parte (sarà punibi- postztone viene ad assumere una tale
le», I Mach. 14A5); n:cx.pà À.6yov, «con- accezione quando spiega le circostanze
6-S Cfr. ~ NAWIJN 147 s.; ]ANNARIS, op. cit. 10 L'atteggiamento opposto è indicato con xa-
(~ n. 61) 390. In greco moderno TCapck -çpl- 'tO. +ace.
xa. = per Ull pelo: A. THUMB, Handbt1ch 11 Invece Plut., Rorm1lus 25 (1 33 e): àcpp6-
der 11eugriechische11 Volkssprache 1 (1910) 93. vwç o6~<lV"\"c.t xo:t 1tttp''l)À.\Xtl1.V àndpwç 'tO~ç
TCpayµmn XEXpijcri}m; irragionevole e inet-
69 Cosl il cod. D ; negli altri mss. manca un to 11 causa dell'età: 1to:pci è usato qui nell'ac-
termine corrispondente. cezione ~ e 5.
7ta.pCI{3ct.lvw r (}oh. Schneider)
concomitanri \ 11cca11to = a fianco, paral- l'uso di 1ta.pà 'tO + infinito per indicare
lelamente): 11 motivo, a causa di, per 72• la causa o la ragione di un'azione o di un
fatto; ad es . Bar. 3,28: à.nwÀ.ov•o na.-
Demosth .. or. 18,2~2 : napà 't'OU"t'O pà 'tÒ µ'!) EXEtv q>pOVlJO"Lv, «perirono
(perciò) ')'É[OVEV 'tà. 't'WV 'EÀÀ.1}vwv; per la loro stoltezza» 74 •
Thuc. l,141 :;: mxpà 't'TJV Èa.U't'OV aµÉ-
ÀELOCV, «a causa della propria trascura-
tezza»; cfr. Demosth., or. 4,1 r. Preisig- Nel N .T. : Cor. 12,15.16: où 1ta.pà
I
ke, Sammelb11ch I 4512,79: mxpà "t'6- 't'OU'tO oÙx fo"tL\I Ex 'tOU crwµa-coc;, «non
0E, «di conse~uenza» 7J. Nei LXX ad es. pertanto (l'orecchio, il piede) non ap-
4Mach. 10,19: ov mxpà 'tOV'to 'tÒ\I Ào- partiene al corpo» : il piede e l'orecchio
riuµòv 1}µt7>V y À.W't"t'O't0µ1)cn:Lç, «non
taglierai per questo la lingua al nostro non possono staccarsi, com'essi credo-
ragionamento». Abbastanza frequente è no, dal corpo 75 •
E.H. RIESENFELD
7ta.pa.Ba..lvtv, mipciBcx.cnç,
1ta.pa.Bci1'1Jç, &.7tcx.p6.~a. 't'oç,
,J7tEp~a.lvw
cnwç v6µouç xat -.àç ~Elac; 7tCXpa.yyE- legdli (P. Masp. I 24,58.59: véµov),
Àlac; ... 1tapa.Ba.lvEiv, «violare le leggi infrangere un gitlramento (P. Par. 46,
della natura ed i precetti divini»; vedi 12: 't'OÙç OpXOVç,), in generale non man-
anche Andronicus Rhodius, de passioni- tenere la parola (P. Oxy. III 526,10:
bus 9,6 1: '"C'Ò napa.~a.lvm1 '"C'à.c; 6µoÀo- '"C'ÒV Àéyov ).- In questioni di diritto pri-
ylac; xa.L -.àc; 7tLO"'tEtç, «la violazione dei vato: contravvenire alle clausole con-
dei contratti e delle garanzie}>. Nell'am- tràttuali (P. Oxy. III 491,II: contrav-
bito del costume: Andronicus Rhodius venire ad un testamento; così anche P.
9,6 2 : '"C'Ò 1tapaBalveiv -tà mi-rpia rn11, Oxy. III 494,28; P. Lond. I 77,47; P.
«offendere le usanze dei padri». Uso as- Fior. I 47,1 5: non osservare le condi-
soluto: violare la legge, peccare: ad es., zioni di un contratto di permuta; P.
Aesch., Ag.59: nɵ1m 1tapa.Bci<rw 'Ep~ Amh. II 35,30 : trasgredire le condizio-
"Vvv, «invia l'Erinni contro i trasgresso- ni del titolo di credito; cfr. anche P.
ri» . c) Saltare, omettere, tralasciare : co- Par. 63,9). Dato che nell'uso linguisti-
me l'accezione b), ma con oggetto diver- co dei papiri mxprx.f3a.lvnv 3 può signi-
so: Soph., Trach. 499: -.à µÈv ~EW\I 7CCJ.- ficare, anche senza oggetto, venire me-
pÉBa.v; Eur., Hec. 704: ov
µE mx.pÉBa. no alle condizioni stabilite, chi contrav-
cpacrµa. .. ., «l'apparizione non mi è sfug- viene alle norme contrattuali è chiama-
gita»; Aristot., oec. 2 (p. 1351 b 17): to semplicemente 6 7ta.prxBac; (per es.,
mxpÉBTJ 'l'pEi:ç 1)µÉpa.c;, «saltò tre giorni». P. Oxy. IV 725,54; P. Fior. I 51,23) 4
o i} nctpa.f3a.lvoucrrx. (ad es., P. Lond. II
Nei papiri il significato primitivo di 293,23) 5 • o 1ta.paBaç è chiamato, ma
oltrepassare, in senso locale, è abbastan- molto di rado, anche chi non osserva
za raro (P. Hal. 8r -.òv opo"V napa.~rx.l le disposizioni testamentarie (P. Oxy. I
VEw, «oltrepassare i confini della pro- 105 ,7 ); chi contravverrà alle disposi-
prietà» mentre si costruisce); si riscon- zioni di legge è comunque chiamato
tra l'accezione andare via (P. Ryl. II 77, spesso nei testamenti ò nrx.pa.(1'Y}a-6µ.e-
44: Elc; -.i}v xa'"t'rndyo[ vcra.Jv à.pxi}\I voc; (P. Oxy. III 491,11 ss.). In età bi-
'Ttapa.~a;lvaw ). Nei papiri il verbo ricor- zantina la terminologia muta però note-
re però soprattutto dove si tratta di di- volmente 6 : 'tO nctpaf3ai:vov µÉpoc; è la
sposizioni legali del diritto sia pubblico parte che viene meno ai patti (P. Par.20,
che privato; è molto usato per indicate 36; P. Lond. II 493,6; BGU I 315,19
la violazione di clausole contrattuali, ecc.) 7, b 7Ca.pa.f3a;~v6µE\IO<; è la parte dan-
penali ed anche testamentarie: contrav- neggiata (P. Lond. I u3 1 60). Trovia-
venire a disposizioni detl' autorità statale mo un'affermazione più generale: &7tav-
(Preisigke, Sammelbuch 1 5675,5; cfr. 'tct U'TC[ a.ÀÀal;a.c;J xa.t 1tct.[p ]a.~<Xç O"OV
anche BGU II 638,16), violare norme -c'Ìjv crvv.-a;yT)[v], <<tu hai mutato ( =
1ta.pa~alvw
I Ed. K. SCHUCHARDT (1883) 30,16. Tebt. 11 383>40 e passim) o semplicemente ò
2 SCHUCHARDT, op. CÌI. 30,14. µÉ\IWV (P. Tebt n 391,24).
3 Oltre 7tCtpa:~alvu·~ anche 7tttpaauyypa- 6 A. BERGBR, Die Strafklauseln in dett Papy·
q>Ei:v. rusu;kunden (19u) 3; B. OLssoN, Papyrus-
4 Il plurale ol 7tap!7.~&.v'tEç si legge in P. Oxy. briefe aus der friibesten Romerzeit 51,3
I 34 III 12. (1935) 148.
s Chi osserva i termini del contratto è chia- 1 Il contrario di -rò 1tttpa~ai:vov µÉpoç è 'tÒ
mato ò ilµµÉ\IWV (P. Oxy. IV 725,55; P. ~µµEVO\I µlpoç.
499 (V,734) 'ltapa~rxl.vw 1 - 2 (Joh. Schneider) (v,734) 500
dato in pegno?) tutto e hai rotto l'ac- (1Baa". 15,24; Ecclus 39,31); 'tTJV oia-
cordo» 8 • L'uso religioso del termine è ì}ljx'T]v (los. 7,11 e passim; 4Bacr. 18,
strettamente congiunto a quello legale: I2; Os. 6,7; 8,1; spesso in Ez.) ; 't'Ù
o:; o'&v 7tcx.pcx.Bcx.lvrii, cx.ù't'òc; [ mhòv véµtµa. xuplou ( 1 Ea-op. 1 ,46); "tà. l>Eicx
a.l'ttcXG"E'tcx.~], «il trasgressore incolperà 7tpc:r-tciyµa."ta (3 Mach . 7,11); 't''Ì')v Èv-
se stesso» (con riferimento al tempio "toÀ.T}v "tOV l>Eov (4Mach . 13,15; 16,
efesino di Artemide: Ditt., Syll.l 989); 24); ..àc; Éno\cic; ("tou itEou) (Tob. 4,
Ditt .., Or. II 569,19: ['t''IÌV ·nµ1]v] 't'YJV 5; Ecclus ro,19). Abbiamo inoltre la
-toi:c; iteoi:c; òqmÀoµÉVTJV 'ltcx.pcx.f3alvew, forma 7ta.pa.Ba.lvELV &.7to 'tW\I ÈV'tOÀ.W\I
«mancare di rendere agli dèi il dovuto (Deut .17,20); b.7to 7tav-twv -çwv Mywv
onore». (Deut. 28,14); 't'ÒV opxov (Tob. 9,4). E-
spressioni caratteristiche dei libri dei
2. Nei LXX ritroviamo, particolar- Maccabei sono: 7tapa.Ba.lvEw Toùc, 7t<t.-
mente chiaro e incisivo, l'uso linguisti- 'tplovc; (1Jµwv) v6µouc; o ÈvnÀ.ac, ( 2
co che riscontriamo in papiti e iscrizio- Mach. 7,2; 4 Mach. 9,1). Anche gli or-
ni, con l'unica differenza che la sfera dini e le disposizioni dei re di questa
del diritto privato praticamente scom- terra sono norme cui l'uomo deve sot-
pare: l'uomo trasgredisce i comanda- tomettersi: "tÒV v6µov (1Ecrop. 8,24);
menti e gli ordinamenti di Dio. Ex. T-apa.Ba.lvEw -tòv Àoyov i:ov ()acrtÀÉwc;
32,8: 'ltapaf3alveiv €x Ti]c; òSov, <rnllon- ( l Ecrop. 4,5 ). In questo caso troviamo
tanarsi dalla retta via» (cfr. anche quasi le medesime espressioni usate per
Deut. 9,12.16). Ancor più legata al si- indicare la violazione dei comandamen-
gnificato primitivo .e molto più plastica ti divini: -.òv v6µov (r Eo-Sp. 8,24), 't'a
è la frase di Ecclus 23,18: avitpw7t~; rtpocr-çayµcx.-ta ( r Eo-op. 8 ,79 ), 't'àc, f.v-
7tapcx.f3alvwv Ck1t0 Tfjc; XÀLVT]c; CX.Ù"t'OV, 't'oÀac; (Dan . 9,5 [LXX]).
«l'uomo che diserta il suo talamo», che Nella Bibbia greca 9 7ta.prx.Sa.lvEtv non
cioè lo viola e commette adulterio. Si- rende sempre il medesimo termine e-
mile è l'asserzione di Ecclus 42,ro: il braico, ma traduce sette verbi di cui
padre si preoccupa per la figlia «affin- uno, mii'al, ricorre soltanto in Lev. 26,
ché, quand'è sposata, non pecchi», µE- 40 . Costruito generalmente con a1t6 o
-rà avopòc; OUO'<X., µ1)1tO't'E 'ltapaf3n: nel f.t 7tCX.pa.(1alVEL\I rende sur 5 volte in
contesto 7tapaf3cx.lVEw significa chiara- Deut. e una volta ciascuno in Ex., Ios .,
mente 'violare l'ordinament:) divino del l Bwr. e Dan.: presupposto è quindi,
matrimonio'. 3 Mach. 7,10 (7tapaf3cx.l- in questo caso, il significato deviare dal
vew 't'Ò\I a:yto\I ite6v, «peccare contro cammino, allontanarsi dalla strada. Lo
il Dio santo») fa rìsaltare che 7tapaBa.l- stesso vale per f ii{a, deviare, allontanar-
VEW significa peccare contro Dio. In Is. si, che è tradotto 4 volte con 'lta.pcx.Bal-
66,24 gli uomini che si son~ allontanati VELV in Num.; il nostro verbo rend'.!
do Dio e l'hanno rinnegato sono da lui una volta in Num . ed una in Deut. an-
detti ot mtpa~EBY)xO-tEc; f.v Èp.ol. Altro- che miira, essere indocile, caparbio. I
ve troviamo le seguenti bcuzioni che LXX rendono costantemente con 7tapa-
sono quanto mai significative: napa- f3alvm1 {'tTJV) Ota~lJX'l'.JV la frase tipica
~cx.lvew 't'O ~ijµa. xupfou (Num. 14,41 e di Ezechiele hèfèr berit (hif'il di prr),
passim; Deut. l,43); -tòv Myov xu1lou infrangere il patto (16,59; 17,15.16.18.
8 Cfr. per questa sezione anche MAYSER II 2 , 9 Quest'ultima parte del punto 2 è stata scrit-
313. ta in collaborazione con G . B ERTRAM .
)OI {V,734) 1Capaf:lalvw 2-5 (Joh. Schneidcr) {V,735) 502
19; 44,7); nella stessa maniera Simma- o del tatto che le leggi furono date me-
co traduce /;Jillel b"rit (\jl 54,21 ). Sol- diante Mosè, o viene ricordato (come
tanto in Is.66,24 piiJa', ribellarsi, rinne- nei libri dei ,Maccabei) che ciascuno si
gare, è tradotto con 7ta.paBa.lw:Lv; i LXX trova nella tradizione etica e religiosa
si servono negli altri casi cli altri verbi. dei padri. Leggiamo pertanto le frasi
Quanto al significato, 1ta.pa.Ba.lvELv cor- seguenti: 7ta.pa.Bctlve:w 'ti}v "t'ov i}Eou
risponde ad 'iibar meglio che a qualsia- 1tPO<T'to:t,w (ant. 1 ,46); •Òv v6µov ( bell.
si altro verbo. 'iibar indica un muta- 2,174; Ap. 2,176); -.oùç v6µouc; (ani.
mento di luogo o di posizione di qual- 8,229; Ap. 2,214.276); -rtl. xaÀ.wc; vo-
siasi genere, oppure il superamento dei µo?>e:-.'T}ì}Év-ra. (ant. l,14); -roùc; 1trt.pa.-
limiti stabiliti. Nel senso traslato di B<Xv-ra.c; 'tL -rwv òulwv (ani . 8,115);
violare una legge è tradotto dai LXX •oÙç Mwi.iuÉwç v6µouç (ant. 8,191; 10,
10 volte con 1ta.paBa.lvELV, una tradu- 59; cfr. ant. 6,151: -rù.c; ÉV'tOÀ.àc; 'tOV
zione adottata anche da Teodozione 1tpoqni-rou ); •oÙç 7tO:-rplouc; v6µouc; (ani.
(Dan. 9,u) e da Simmaco (~ 72,7) in 9,243; 10,214; cfr. ant. 4,139: -tà 1ta-
senso più generale (v. anche Symm. ~ -rpLa; ant. 20,143: -r<X. mhpLO: VOµLµa).
54,21; 88 ,34). Nelle altre traduzioni b) L'ordinamento politico : no:pa.~o:l
1tapa.BalvEL\I appare in genere usato VELV -ri}v (mbpiov) 7toÀ.i-çdav, «dan-
più spesso ed in senso più lato: Aquila neggiare lo Stato» (ant. 11 ,140; 13,2).
se ne serve regolarmente per rendere 4. Filone sottolinea la punizione che
mii'al; negli altri casi, come già nell'Ec- colpisce i trasgressori della legge: -riµw-
clesiastico, il nostro verbo traduce anche plm i!.7.-rà -cwv 1ta.paBmv6v-rwv (spec.
termini ebraici diversi dai summenzio- leg . 2,257; vit. Mos. 2,49; cfr. decal.
nati o non ha un corrispettivo ebraico. 176 ). Importanti sono due passi che
Così Simmaco ha inteso Prov. 8,29 in trattano del matrimonio: la divorziata
senso traslato e mentre il T.M. parla che si risposa ~e:crµoùç -n:apaBi'i.~o: •oÙç
semplicemente delle acque che supera- &.pxo:louc;, «ha violato ccisl l'antico ordi-
no il limite (Theod.: <T-roµa) del mare; namento matrim~niale» (spec. leg.3,30);
egli ha inteso che le acque non possano il sacerdot: dice alla donna sospettata
disubbidire all'ordine (À.6yov) di Dio. di adulterio: el µ€v -roùç È1tL yliµoLç
In questo caso l'idea di trasgressione in i>Ecrµoùç où 1tapa.BÉB11xa.c;, «se non hai
senso morale è introdotta soltanto nel violato la legge del matrimonio» (spec.
testo greco. Similmente senza appiglio leg. 3,61 ).
nel T .M. Simmaco rende Eccl. 8,2 xa.t
«e
1tapaB'i')vaL opxov ~EOV µi} CT7CEV<TTI<;, 5. Salta subito agli occhi la scarsissi-
non affrettarti a trasgredire il giuramen- ma frequenza del nostro verbo nel N.T.
to di Dio».
e ciò dipende ,certamente dalla conce-
3. In Flavio Giuseppe ritroviamo il zione neotestamentaria del peccato: il
medesimo uso linguistico dei LXX: mx- peccato non è soltanto trasgressione
po:Bo:lvEtv significa trasgredire gli ordi-
ni di Dio o del re, come leggiamo in della lçgge, ma in primo luogo una po-
una frase particolarmente significativa: tenza demoniaca (~ 1, coll. 800 ss.). Il
1tapaBo:lvu -ròv -rou ikov v6µov fi "t'Òv verbo 1tapaBa.lvEw, usato come tran-
~a.inÀ.Lxov (ant. n,130). In particola-
sitivo o come intransitivo, ricorre sem-
re: a) trasgressione di comandamenti
divini: si tratta o della 'legge, intesa co- pre in affermazioni etico-religiose; ta-
me un tutt'uno, o delle singole leggi, le è anche il caso di A ct. 1,25 . Preso
503 (v,735) 7tapet~alvw 5, 1tapa~ainc, (Joh. Schneider}
alla lettera, questo testo dice semplice- 7tpo6.ywv. Quest'ultima lezione è senza
mente che Giuda è decaduto dall'apo- dubbio quella originaria. Il senso del
passo è il seguente: chi, come gli an-
stolato ( &.7toO''toÀ.:fi, &.rp'T)c; mx.pÉf3'l1) io, ticristi, non rimane nell'insegnamento
ma la scelta di mt.pÉj3'r) indica inequi- di Cristo, ma va oltre questo ('procede'
vocabilmente la colpa di Giuda. In Mt. oltre questo), non gode di alcuna comu-
nione con Dio 13• mxpa.{3et.lvtw è una va-
15 ,2 s. la lotta di Gesù alla teologia ed
riante interpretativa: il 'progresso' ere-
alla pietà rabbiniche è esposta nella sua tico è considerato una 'trasgressione',
più ferma intransigenza e nella sua vio- una 'violazione' dei limiti fissati ai veri
lenza mediante la contrapposizione di cristiani.
due accuse: quella rivolta dai farisei e
t 1ta.pci(3rt.cnç
dagli scribi ai discepoli di Gesù ( mx.pa.-
!3ctlvuv 'tl)v mx.paooaw 'twv 1tpecrj3u-
1ta.paj3a.crL<; =il camminare su e giù:
7ta.pa{3ML<; xa.t 'lta.pci.À.À.a.~Lc; '\W\I <TXE-
't"Épwv, «trasgredire la tradizione degli Àwv, «il continuo ed alterno movimen-
anziani» )11 e quella di Gesù contro scri- to delle gambe» (Plut., Philop. 6 [r
bi e farisei (1ta.pa.j3a.l'\lELV 't"lJV Èv't"oÀ.l)v 359 c] ). Trasgressione, in senso proprio
e traslato, seguito nell'accezione etica
'tOU ~EOU o~à. 't"TJ'V mt.paooO'LV Ùµwv, «e quasi sempre da un genitivo: 't"W\I vo-
voi trasgredite il comandamento di Dio µwv, opxwv, OLxa.lw'V, ecc. I L'uso as-
per seguire la vostra tradizione») 12
• La soluto del termine è piuttosto raro nel-
la grecità profana; ad es., Plut., quaest.
trasgressione è peccato soltanto se si
conv. 9,7 (II 746 c): o'ltou ÒÈ 7tOÀ.À.a.:.
tratta dell'~'VnÀ.l] di Dio; la tradizione 7tÀ..l]µµÉÀ.WJ.L 'JtO),).rt.t o'CÌ.µE't'pta.L xa.t
umana che intende essere una fedele 1ta.pa.(3cicrEt.c;, «dove molti sono gli er-
spiegazione del comandamento di Dio rori, molti sono anche gli eccessi e le
trasgressioni». Nei papiri il termine si-
è, in realtà, un peccato contro di que- gnifica spesso contravvenzione, viola-
sto quando il precetto umano ha occul- zione di contratto. Degno di particolare
tato la pura, autentica volontà di Dio menzione è qui soltanto P. Flor. 111 313,
15 (v sec., con segni d'influsso cristia-
e l'ha stravolta nel suo contrario. no) che assoda xct-çc'J.yvwcrLç e 7tap6:(3a.-
In 2 Io. 9 alcuni codici (gruppo koi- cnç. Molte volte invece di 1ta.p&.j3a.a-Lc; i
né, sy) leggono 1ta.pa.j3a.lvwv invece di papiri hanno la forma 1ta.po:(3rt.alrt. 2 •
10 Cfr. i passi dell'A.T. con 1h6, ti; ~ coli. pensa che 7tPOct"(EL\I costituisca la parola d'or-
499s. dine degli anticristi, «perché questo termine
11 I paralleli rabbinici a questo testo in ha un senso soltanto partendo dai loro pre-
SCHLATTER, Mt. 477. supposti, non da quelli di Giovanni».
1 ~ Cfr. con la contrapposizione stabilita da
1ta.pa~a.cnç
Gesù l'accostamento dì v6µ~µet -.à ytypaµ-
µtva e -.à. lx -.fjc, 7tetpa.lì6crnwç i:wv 7ta.i:É- I Porphyr., abst. 2,61 (NAUCK 186,6 s.): ·mx·
pwv in Ios., a11t. 13,297; cfr. ScHLATTER, Mt. piX~acnc, -rov v6µou .
477. 2 Per i particolari cfr. PRl!ISIGKE, Wort., s.v.
13 Per la questione vedi BUCHSEL 96, il quale mxpa.~a.O'Ca..
505 (v,736) 11o;p6.~o;cr~<; (Joh. Schneider)
nella legge 'lo steccato del mondo', il durante il primo patto: le rca.pa.f36:crELç
recinto che avrebbe dovuto impedire al sono qui «le azioni compiute conscia-
mondo di cadere in preda al caos 8 , l'A- mente e deliberatamente in disubbi-
postolo sostenne e sottolineò che la leg- dienza alla legge divina» 13, che hanno
ge aveva il compito di chiarire e accer- t·cso tutto Israele colpevole verso Dio.
tare che le azioni malvagie degli uomi-
ni erano trasgressioni di comandamen-
ti e disposizioni divine 9 •
1 Tim. 2,14: la trasgressione è stata Ne11a grecità profana la parola signi-
compiuta dalla donna perché fu lei, e fica solo raramente violatore o trasgres-
sore delle leggi (ad es., Macrob., sat. 5,
non già l'uomo, a lasciarsi ingannare r 9 ,2 9: Palemone 1ta.pa.f36:;;riç OÈ YEVO-
dal serpente e ad agire contro il coman- µEvoç -rwv DEwv ȵnoowv -rEÀEu-r~) ed
damento di Dio in. il significato comune è il vicino, in ge-
nerale il compagno, l'aiutante, il colle-
Nella Lettera agli Ebrei troviamo
ga. La parola è usata come termine tec-
1Hx.p!Xf3wnc; due volte (2,2; 9,15). Nel nico per indicare il guerriero che sul car-
primo passo (Hebr. 2,2) viene ricorda- ro da guerra sta al fianco dell'auriga:
to come nell'antico patto ogni trasgres- Horn., Il. 2 3, l 3 2 ( ncx.pa.~f3ti-mL); Eur.,
Suppl. 677 (1tcx.pr.tLf31i-rcx.ç); Xenoph., Cy-
sione delle norme della legge ed ogni rnp. 7,r,29 (mx.pa.if3ci-rcx.ç); Diod. S. 5,
disubbidienza alla volontà divina e- 29,r ; 12,70,r; Strabo 15,1,52 ecc. Con
spressa esplicitamente nella legge pro- un uso simile del termine sono chiamati
1ta.paf36:tcn i fanti distribuiti in mezzo
vocasse un giusto e inesorabile casti- alla cavalleria col compito di prendere
go 11 • Secondo l'altro passo (Hebr.9,15) l'animale dei cavalieri feriti, di salire in
Cristo <(è mediatore di un nuovo pat- sella e continuare la battaglia da cava·
lieri (Plut., Aem. 12 (r i6o e]).
tm> caratterizzato dalla piena manifesta-
Cosa strana, il termine manca quasi
zione della grazia di Dio, cioè dal per- completamente nei papiri, nei LXX, in
dono dei peccati. Nel linguaggio della Flavio Giuseppe e Filone. Nei papiri
Lettera agli Ebrei quest'affermazione si- colui che ha contravvenuto ad una clau-
gnifica: la morte di Cristo serve alla re-
sola contrattuale è chiamato o 1tapa.-
f3a.lvwv o 1tcx.paf3ciç ( ~ col. 498 ). In
missione 12 delle trasgressioni commesse epoca bizantina abbiamo due sole at-
1tapa~&:n1c;
1 Cfr. PRE1s1GKE, \Vort., s.v. tutto Pietro. Accettando Cristo Pietro ha, per
2 Così già Le. 6,5 (cod. D}: ...dnev av..-cp· quanto lo riguarda, abolito la legge; in Antio-
&vi}pw1te, el µÈv otocxc; "tl 1tOLei:ç, µaxttptoc; chia ne ha però riconosciuto nuovamente l'ob-
Et, El lìÈ µi} ollìaç, È1m(a;"tapa'toç xat 1tapa- bligatorietà cd è venuto pertanto a trovarsi
Pchnç E~ "tOU v6µov. in contraddizione con la sua fede in Cristo.
J Vedi SCHLATTER, Rom. 110: «Il suo peccato In questo modo egli si presenta però come
riceve il peso della trasgressione dalla Scrittu· «trasgressore dell'ordinamento divino, come
ra e dalla circoncisione». ribelle alla volontà di Dio». Simile è la posi·
4 SCHLIER, Gal. 60. A. OEPKE (Gal. 47) in- zione di W. MUNDLE, Zur A11s!eg11t1g vo11
tende il v. 18 un po' diversamente: l'io del v. Gal. 2,r;.r8: ZNW 23 (1924} 152 s. Questo
18 non è propriamente l'io di Paolo e quanto studioso crede che le parole 1ta?af3chT)v
è detto in questo versetto riguarda Paolo al ȵcw"tòv crvvLcr-ravw indichino il comporta-
massimo come ipotesi irreale; la prima perso- mento dei Giudei, non dei cristiani, p~rché
na è soltanto retorica. Paolo ha in mente i si può parlare di trasgressione sol tanto per
giudeo-cristiani legalisti di Antiochia, soprat· chi si trova sotto la legge.
sgressore 5 dalla legge 6 che accerta la l:'t'wi:xot Etpµòv ali:twv, "tOui:foi:t -ca-
contravvenzione alla norma valida. Iac. 1;.tv xat Èm<ruvÒECTL\I amxp6:(3cx.-cov2, «gli
Stoici (sostengono che il fatto è) una
2,1 l: chiunque violi anche un unico co- connessione di cause, cioè un ordine ed
mandamento del decalogo è considerato una concatenazione inalterabili» (de pla-
1t'apaj3a:t1)<:; v6µov 7 , perché, essendo citis philosophorulrf 1,.28.4 [~I 88 5?] );
M. Ant. 12,14,1: avayx'l') EtµapµEvT}c;
uno l'autore di tutti i comandamenti, la
xat a1tap<X.pa:ttlc; i:&.!;tc;, «o una necessi-
trasgressione di uno solo di questi equi- tà del fato q un ordine immutabile»; 12,
, 'a
14,2: a1tapapa't'oc; , '
avayxl), «una neces-
vale all'inosservanza di tutti quanti.
sità inflessibile». Per l'immutabilità del
Nella letteratura ecclesiastica poste- fato nel pensiero stoico vedi anche v.
riore del cristianesimo (bizantino) il no- Arnim II 265,1: d 8è ELµapµÉVTJ dpµ6c;
stro termine ricorre frequentemente 't'tc; oùcrcx. ali:twv 6:1tcx.papai:oc;, «se il
nell'accezione di rinnegato, apostata 8 • fato non sia una qualche immutabile
concatenazione di cause»; cfr. anche v.
Arnim II 293,3i. Il medesimo termine
è usato per indicare il corso immutabi-
le degli astri, soprattutto il loro moto
r. Questo termine raro è attestato uniforme (Plut., def. orac. 3 [II 4ro
soltanto nella grecità più tarda e solo s.] ). Secondo il Catal. Cod. Astr.
poche volte significa inviolabile, infran- Graec. 8,4 cod. 82 (p. 215,3) determi-
gibile, intrasgredibile: ad es., Epict., nate costellazioni fanno nascere mate-
ench. 51 ,2: '.'lléµoç &1tap6.(3cx.'t'o<:;; anche matici infallibili, &.1tapa.Pa-couc; µa.il11-
P. Ryl. II 65 1 18; P. Grenf. I 60 1 7) 1 • µcx.·nxouc; 3 . Non è questo l'unico caso
Comunemente significa immutabile, ir- in cui &.7Cap<X.Pa"toc; sia attributo di un
revocabile, inalterabile: il destino è as- uomo. Anche in Ios ., ani. 18,266 è det-
solutamente tale: ii EtµapµÉv1), Myoç to: &.1tap6.j3a.'t'OL µEµEVl)XO"tE<:;, che non
l)Eioç àmx.paj31'1:roc; 01.' ahlav Ò'.vEµ1t6· significa «siamo vissuti lontani da ogni
8tcr't'OV, «il fato, una parola divina im- trasgressione», ma «siamo rimasti co-
mutabile, per causa immune da impedi- stanti e fermi» 4 • Cfr. a questo propo-
mento» (Plut., de fato 1 [n 568 d]); ot sito Epict., di:rs. 2 1 15,1: &1tcx.paPa"tw<:;
5 Cfr. anche J .B. MAYOR, The Epistle o/ St. Lex., s.v. 1ta.pa.~ci'tT]c;. Già in Eus., hist. eccl.
]ames (1897) 88. Per lac. 2,9 vedi anche l'op- _5,18,9 1ta.pa.~&.-.T]c, equivale ad ct1tOO"'tcX"tTJc; e
portuna osservazione di HAUCK, ]k. 109: «7W.- gli scrittori ecclesiastici posteriori continuano
pa~a:tTJc; non conosce gradazioni: se essi lo quest'uso.
sono, lo sono totalmente». à'ltap6:~a"toc;
6 Si tratta certamente della legge considerata
• Cfr. anche lust., apol. 1,53.
come un tutt'uno; si <leve però ricordare par- 2 H. DmLs, Doxographi Graeci' (1929) 324.
ticolarmente anche Lev. 19,15 e Deut. 16,19. Anche l'avverbio ci'lta.pa{Ja'tWC, può esprime-
7 Il cod. A legge in lac. 2,u ct'ltOCl"tii't'f]c; in- re la medesima idea. In Ar. Did., epilomes
vece di mxpa.~6.'tT]C,, offrendo un esempio del- f r. physica :i.9,6 è <letto di Zeus: 'ltcXV't(J; oior.-
h successiva comprensione ecclesiastica del X€L Ù1tapa.~a"\'WC, È~ ataCov, 'ltpOCl"OVOµal;EO"·
nostro termine, la quale restringe il campo se- ilm elµo;pµÉVT]V (DlELS, op. cii. 465,2).
mantico di 7ta.pa{Jci-.TJc;. Cfr. l'osservazione fi. 3 Cfr. anche Ocellus Lucanus I,15: Ti 'tijc;
n11le di questo articolo. XLVTtO"EWç HJfo a'lta.p6,{3a..-.oc;.
8 Cfr. le indicazioni particolari in SOPHOCLES, 4 CREMER-KDGF.J., s.v. a1tapa{3a"toc;.
cbta;;&.p11.:toç 1-3, ùmppalvw 1 {]oh. Schneider} (v,739) 514
s Così, per es., BENGEL, ad l.: 11011 tra11se1111- (1929) 656,13: XÒ:XEitkv ÙnEp~etl\IW 1t6.)..w
tem in successores. SCHLATTER, Eri., ad I., tra- ~tç •Pl"tov x6:rµo·J, d"ta Elç -rÉ't'etp"tOV xett
duce: «Un sacerdozio che non passa». -;tɵ11-rov ...
515 (v,739) ùmp~a.lvw 1-2 (Joh. Schncider)
2 Ed. A. HEISENllERG·L. WENGER, Byzantini- con: ezionc gre::a della natura dcl peccato inte-
sche Papyri der Kgl. Ho/- tìnd Staatsbiblio- so come ìl!lpLç ed è invece sembrato alla sen-
thek Miinchen (l914). sibilità linguistica biblica meno adatto di rta-
p6.f3u.nç ad esprimere il peccato concepito co-
3 H. D1ELs, op. cit. 613,5 (Hermias, irrisio me 1-w..:;axon». Può essere anche che ciò sia
gentilium philosophorum 18) : tva µ7) 'tÒV
vero, ma bisogna ricordare innanzi tu tto il
'toijc; elaa.ywyoijc; <tp67to\I V7tEpPalvEw 8oxw-
sc:m9lice fatto che anche il linguaggio cxtrabi-
µEv. blk o della xown ha preferito, in ambito mo·
4 CREMER-KOGEL, s.v. Ù1tEppalvw cerca di raie, servirsi di 7tet.paf3a.lvnv inve::e che di
spiegare COSl questo fatto: Ùm:ppalVEt\I non ÙrtEpf3alvm1 (~ coli . 495 ss.).
è usato come sinonimo di m1.9apa.lvEw per de-
signare il peccato, «perch:'i risponde più alla 5 Cfr. CREMER-KOG!òL, s.v. Ù1tEpf3alvw.
517 (v,740} ùrcEpaalvw 2-4 (Joh. Schneider)
soab (Is. 3 r,5; LXX: xat 7tEPL7tO~TJG"E· cozza contro tutto il contesto ed il ver-
-.aL) con v7te:pSalvwv. Solo Simmaco ha bo va piuttosto posto sullo stesso piano
inoltre ùm:pSa.lvELV in Lev. r3,8 (v7te:p-
ÉSll; T .M.: posta; LXX : µe:-cÉ'ltEG'Ev); di nÀe:ovEx-ce:i\I: i due termini sottoli-
Prov. 19,rr (xaì à:yÀ.ét.i:uµa. aù-tov ù- neano insieme e mettono in risalto 6 l'i-
1tEpSa.lVELV 6:.òi.x:11µa, «ed è suo onore dea - dell'~imbroglio commesso senza
passar sopra ai torti»; T.M. w•tif'ar-
scrupoli» 7 • Tradurremo quindi : «Nes-
to 'abor ; LXX: -.ò oÈ xa.uxTJµa a.ù-
-cou È1tÉpxe:-.cu 1tctpa.\16µoLc;); Ez. 18,ro suno s'imponga con astuzia o violenza
(ùne:pSai.\lov-cix; T.M.: parls; LXX e sul fratello e l'imbrogli negli affari».
Theod.: Àmµ6v; Aq.: &.µa.p-cwÀ.6v).
3. Il verbo ricorre in Filone con mag-
Per l'esegesi di r Thess. 4,6 e Gal.
gior frequenza che nelle traduzioni gre- 2,1 8 (~ coll.509s.) va ricordato uno
che dell'A .T ., ma anche qui non in sen- scolio di Eusebio di Emesa a Gal. 2,
so etico. a) Tralasciare qualcosa discu- i8 8 : 'H ÈxXÀTJ<Tla. v6µov où -r:'t)poi.icm,
\loµov où 1tCX:pcx.~aLVEL, ocÀÀà VO!..lOV
tendo o esaminando un dato problema,
vnEp~alvEL. ò ÀÉywv lhL nrnÀT]pw't'm
per flssare soltanto i fatti o i punti es-
senziali (deus imm. 157 ; Abr.122; spec.
ò v6µoc; xa:t nÉna:v-cm, xl1\I µ1) 'tlJPTI
v6µov, où 1tapavoµEi· 6 ÒÈ 7tO-CÈ µÈv
leg. 1,20; deus imm. 149; dr. anche
È<Yl)'lwv -cà &.mnopEuµÉ\la. U1tÒ -tov v6-
op. mund. 2 : nella sua attività di legi-
µou, 1tét.À.w ÒÈ µl) Èa-l>lwv, -cé[> µTj fot>l-
slatore Mosè ha evitato e di dare pre-
Etv µ11vuEL o-r:L luxuEL ò v6µoc; xat µÉ-
scrizioni in forma rozza· e semplice e di
ve:L Elc; ov ocva'tpÈXEL. oùxovv Ènnò-l)
nascondere la verità in immagini miti-
µÉve:L ò v6µoç, a.ù-còc; OÈ 1tapà 't'cX v6-
che). b) Valicare, superare i limiti:
µLµa. Eq>aye:c;, xaÀ.wc; &.xouE1.<; -tu.i.i-ca,
opouc; vrce:pSa.lVEW (poster. c. I 80: i li-
«la chiesa che non osserva la legge non
miti dell'egoismo e della concupiscenza;
trasgredisce la legge, ma la supera. Chi
leg. alt.3,232: il confine ['t°Ò\I opov] del-
dice che la legge è stata adempiuta e
la verità; decal. 4 3: i limiti della natu-
ra; sobr. 6: i confini dell'anima) .
abolita, anche se non osserva la legge
non pecca; ma uno che abbia mangiato
4. Nel N.T . il verbo ricorre soltanto una volta le cose proibite dalla legge,
in r Thess. 4,6: 'tÒ µ1) V1tEpSa:lve:w xa.t e poi se ne astenga, con questa sua a-
";>::À.EOVEX't"ELV ... 't"Ò\I Ò.OEÀ.cpòv aÙ'tOV. In stensione dimostra che la legge ha an-
cora vigore e validità per colui che tor-
ciuesto versetto unEp~a.lvEw è usato in na ad essa. Certo, se la legge ha ancora
assoluto (col significato di peccare) o ha vigore e tu mangiasti ciò che essa proi-
come oggetto -r:òv àoe:Àq>Òv a.ù-tov? La bisce, non intendi bene queste cose».
prima ipotesi ( ùne:pSa:lvnv = peccare) JOH. SCHNEIDER
6 L'uso di ÙnEpaalvEw in questo passo è larmente quella mancanza di riguardo_ che co-
quindi simile a quello di P. Fay. 110,9 e P . stituisce una violenza contro chi, per condizio-
Ryl. n 138,16 (~col. 514). ne o per una data situazione, non è in grado
7 Cosl CREMER-KOGEL, s.v. ùnEpPalvw. Va di difendersi, come chi passa sul campo di bat-
perciò presa in considerazione la scco_n da pos· taglia senza tener conto dei feriti o dei morti».
sibilità prospettata da CREMER-KOGEL: «Ù7tEp-
Palvnv (nella combinazione Ùmpaalvew xa~ 8K. STAAB, Pa11/uskomme11lare aus der griech.
1tÀEOVEX'tELV) vuole mettere in risalto partico- Kirchl· ( 1933) 48.
'ltapaBof..1} !F. Hau::k)
1tapa~of..1}
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1 653 s.; M. WINTERNITZ-H. GuNKEL-R. BuLT- GllN, Parables a11d mctaphors of our Lord
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1238-1242; H. PONGS, Das Bild in der Dich- la vie el l'enseigne111e11t de ]ésus Cbrist (1943);
r.:a.pa.~o)..1) A 1-2 (F. Hnuck)
sammengestellt tmd verglichen mii den Bildem tudine che permette di cogliere un termine
bei Hom., Hes., Aesch., Soph., Eur. (1890); nella sua concreta vivezza soltanto mediante
R. VoLKMANN, Rhetorik der Griechen tmd Rij- l'altro. K. RIEZJ.ER, Das homerische Gleich11is
mer 2, Handbuch AW II 3 (1874) 189.333. und die An/ange der Philosophie : Antike 12
379 s.; W. ScHMID-0. STi\HLIN, Gcscb. der (1936) 253-271; W. ScHADEWALDT, Von Ho-
grìech. Lit. I l , Handbuch AW VII l,r (1929) mers Welt 1md \1'1erk 2 (1951).
indice, s.v.; ---) GERBER 474-482. 5 Il. 2,147 (gioia); 3,222 (eloquenza); 10,5
J H. GUNKEL-H. GRESSMANN, art. 'Allegorie': (tempesta nel petto); 18,109 (ira); 19,233
RGG' 1 219 s.; ---) TORM 114 s. (cuore inflessibile come il ferro).
6 Theogn. 183 ss.; nei tragici sono invece rare
4 Cfr. Horn., Il. 8,555 ss.; IJ,492 ss. 178; 15,
624 ss.; 16,297 ss.; H. FRi\NKEL, Die homeri- le similitudini: ad es., Soph ., Ai. 1142 ss. JI50
schen Gleich11isse (1921 ); ScHMID·STAHLIN, ss.; Ant. 712 ss. ScHMIDT-STii.t1LIN, op. cit. (~
op. cit. (---) n. 2) 92; P. CAUER, Grtmd/ragc11 n. 2 ) 289.495.498.
7 Plat., leg. 6,758 a (nave e stato); Phaed. 82 e
der Homerkritik' (1923) 459-481. Per il pas-
saggio dalla similitudine omerica alla dimostra- (il corpo come prigione); 85 e (armonia della
zione scientifico-filosofica per analogia dr. B. lira}; 87 b (il corpo come abito). Figure pre-
SNELL, Die Entdeckung des Geisles' (1948) se dal regno animale: ap. 30 e (cavallo); resp.
cap. 7: 'Similitudine, comparazione, metafora, 2,375 a - 376 c (il cane come guardiano), cfr.
analogia. Il passaggio dal pensiero mitico a 404 a; figure prese dalla mitologia: soph. 246 a
quello logico', pp. 18J-216. W . KRANZ, Gleich- {lotta dei giganti); Euthyd. 288 b; 285 c; cfr.
nis tmd Vergleich in der friihgrìech. Philoso- G.O. Berna, Metaphor a11d CompariJ011 i11 the
phie: Hermes 73 (1938) 99-122 tratta la 'fun- Dialogues o/ Plato, Diss. Baltimore ( 1903).
zione speculare' dell'immagine e della simili- 8 Epict., diss. 1,i4,l9 s. (fanciulli); 14,l5 (sol-
11apaf30).1] A 3-B 1 (F. Hauck)
dati che giurano fedeltà}; 2,14,21 s. (il filoso· 12 Aristot., rhct. 2,20, p. 1394 a 3; Theophr.,
fo come medico); 16,9 (timidezza dell'orato- de senm 1 ,r: a(uih}aLç '/il bµol<i> e afo·lh)aLç
re); 3,25,6-10 (medico); 4,1,105-uo (la vita è -r/il Èw1.v-r~. Quint., itJSt. orat. 8,3,72 : prae-
come una festività concessa dagli dèi); 7,n s. clare vero ad inferendam rebus lucem reper-
(fanciulli che litigano); 13,n s. (botte); R. tae su11t similitudilles; quamm aliae sunt,
BuLTMANN, Der Stil der paul. Predigt und die quae probationis gratia inter argumenta po-
stoisch-kynische Diatribe: FRL 13 ( 1910) 35- n11nt11r, aliae ad exprimendam remm imagi-
42; H. FENSTELL, De comparationibus L11cre- 11em compositae.
tia11is, Diss. Halle (1893); R. RuDDERG, For- Il Quint., inst. orat. 8,6,48: illud vero longe
schungrm w Poseido11ios (1918) 156 ss. speciosi,simum gen11s orationis, in q110 triflm
permixta est gratia, similitttdinis, allegoriac,
9 ALEWELL, op. cii. (~ n . 1) 18-28.
translatio11is (con riferimento a Cic., pro Mu-
W O. art. 'Apologos': PAULY-W. II
CRUSIUS, rena 17,35).
167-170; A. HAUSRATH, art. 'Fabel': ibidem 14 Ecci. 1,17: h01elt1, pazzia; Ecclus 47,17: pi-
vr 1704-1736; E. EDELING-H. GuNKEL, art. 'F!l- tia. A sua volta miiJiil non è sempre tradotto
bel': RGG' II 489-49x. con 1tapa~oÀ:fi: I Reg. 9,7; fa. 14,8: dc; Ò.q>a-
11 Riferimento a Xenoph., mcm. 1,2,9: timo- VL0"µ6v; Js.14,4: ftpTjvoç; lob 17,6: ~pv):ru.ux;
niere-governante: dov'è necessaria una cono· Prov.1,1 : napo~µla; 25,1: 1t«LSEia; lob 27,1;
scenza specifica non si può lasciare la decisio- 29,1: -rtpooCµLO\I,
ne al caso; dr. Xenoph., mem. 2,1,21-34 (Era- lS Al qal: citare fJ/1 proverbio: msl miiJiil: Ez.
cle al bivio); Plat., Theael. 149 a-151 e (maieu- 12,23; 18,2 s.; proporre una parabola: Ez. 17,
tica); Phaedr. 276 b; Lys. 206 a. 2; 24,3; al pi'el: 21,5.
r.c.q:icx.Poì..1) B 1 (F. I-Iauck)
nltre lingue semitiche, essere simile, es- cis~ forma letteraria che conosce un
sere uguale 16• miisiJl è un termine usato notevole sviluppo: la sentenza sapien-
per indicare ogni senten3n che contiene ziale ovvero il proverbio nel senso bi-
un paragone o immediatamente o rap- blico cggi corrente. In questo modo la
presentando una verità generale che ser- ktteratura sapienziale d'Israele si alli-
va di confronto con altri casi non men- nea per forme e contenuto a quella di
zicnati 17 • miiSiil è un detto che signi- tutto l'Oriente antico che aveva i suoi
fica qualcosa, dietro cui si cela qualco- centri più rinomati in Egitto ( 1 Reg. 5,
sa 18• Nel corso del temp::> il termine ha 10; Is. 19,1 l s.) ed in Mesopotamia 21 ,
raggiunto una notevole ampiezza se- ma fioriva rigogliosa anche in terre più
mantica . vicine n Israele (Edom, Arabia: Abd.8;
a) Nei testi biblici più antichi miiSii! ! ::;·. 49,7). In questo campo domina la
significa proverbio (1 Sam . ro,12). I brnrn dcl proverbio che comunica e-
proverbi contenevano spesso confronti sperienze di vita, regole di prudenza e
ed il loro contenuto rappresenta esem- gentilezza, consigli pratici, esortazioni
plarmente una verità 19• etiche, istruzioni religiose. Per questa
b) La locuzione hiijO /"m:Ha! significa ragion!: num~rosissimi sono i paralleli
diventare to proverbio della gente, es· ai proverbi biblici 22 . Nell'A.T. viene
sere la barzelletta delta gente n. In Is. celebrato Salomone, eh~ più tardi co-
14,4; Abac. 2,6 m!isàl signifi~a aperta- stituirà l'esempio più eccelso di sapien-
mente canto satirico col quale qualcu- te, per il !:>U~ dono d'inventare prover-
no viene presentato com"! u:1 esem:Jio bi (r Reg.5,12; Prov.1,1; Ecclus47,14.
ridicolo o triste. I comp::>:;itori di tali 17 s.). I proverbi, qui menzionati, che
canti satirici son chiamati mosel (Num. prendono spunto dagli animali e dalle
21,27; Is. 28,14). piante devono esser stati simili alle fa-
c) Dall'uso linguistico popoliu-e mii- vol-:: ed alle sentenze, in cui appaiono
sàl-1ta.pa~o).:f1 passa nel linguaggio sa- animali e piante, tanto amate a Babilo-
pienziale e diventa addirittura una pre- nia 23 • II Libro dei Proverbi ha come ti-
15 Aramaico, assiro, etiopico; in arabo matala I? Cfr. 1 Sr.m. 24,41; 2 Sam. 5,8; 20,I8; 1 Reg.
significa 'riprodurre, descrivere, rapprcse;ita- 12,10; 18,21; 20,u; Ez. 12,22; 18,2; lob 5,7.
re'; miti 'immagine, ritratto'; mi[al 'modello, ~ I·lERMANIUK 70 n I Sam. 10,12: Saul diven-
campione'; timta! 'statua, quadro'; mata! 'si- ta un simbolo.
militudine, pro~erbio'. ~ HERMANIUK -62-96. 2·1 Ps. 69,12; De11t. 28,37; qui sta con 1'11ina,
123 s.: in queste ultime pa3inc l'autore so- 'punzecchiatura, motteggio'; cfr. il modo di di-
stiene che il confronto linguis<ico dimostra che re 'fare oggetto di proverbio' (Ier. 24,9: 11iita11
anche per il t~rmine ebraico miisiil non è de- l'màiiil; Ps. 44,15: fim mii1iil).
cisivo semanticam~ntc il 'proverbio' come ge- 21 Cfr. W. BAUMGARTNl!R, Isr. m1d altorien-
nere letterario, ma il significato di 'rappresen- talische Weisheit (1933) 31-33 (con bibl.); J.
tazione vivace e concreta di u;:J -::>s.i, simb:>lo, FrcHTNER, Die altorie11talische W eisheit in
caso tipico'. In ebraico il verbo mii significa: ihrer isr.-iiidische11 Auspriigimg, ZA W Beih.
al nif'al enere simile (ls. 14,10; Ps. 28,1; 143, 62 (1933) 3-1r. R. ANTHES, Lebe11sregelu und
7); all'hif'il paragonare (ls. 46,5). Non è com- Lebensweisheit tl!!r alten Àgypter = AO 32,2
provato alcun nesso primitivo con m!l 11, do- ( 1933); B. MEISSNER, Das Miirchen voin wei-
mit1are; cfr. per la questione ~ HERMANIU K se11 Achikar =
AO 16,2 ( 1917 ).
117 n. 137. 2
~ Ad es., Ps. 1; Prov. 22,17-23,10; 23,13 s.
11 Cfr. H. FucHs-J. KRENGEL, art. 'Maschal':
Ulteriori indicazioni in BAUMGARTNER, op. cit.
]iid. Lex. III 1411-1415. (~ n. 21) II·19-
IR Cosl KAUTZSCH II 205 nota a. 2J Cfr. Ios., ani. 8,44: Salomone scrisse ... 7tCX.-
1tcxpaf3o}.:i} B l (F. Hauck) (v,745) 5JO
pcr.f3oÀwv xa.l Elx6vwv f3lf3Àouc; -tWl'XLÀiouc;· 1.1 soprascritta di 10,1 non ha riscontro nei
xcr.it'~xa<nov yàp ELOOC) oÉvopou 1ta.pcxf3o)..-iiv... LXX.
xr1..t mpt x:crivwv ... E. EnELlNG, Die babylo-
25 Cfr. ~ I-IERMANIUK 96-101; il miisiil ritrae
nische Fabel tmd ihrc Bedeutung f iir die Li- anche qui casi tipici, simboli di una reale sag-
terat11rgeschichte === Mitteilungea der alto- flCZZa di vita (pp. 100 ss.).
rientalischen Gesells::haft n 3 ( 1927); BAUM-
GARTNER, op. cit. (~ n . 21) 17 s .; A. ALT, Dic 2; W. BAUMGARTNER, Die literarische11 G111-
\Y/eisheit Salomos: ThLZ 76 (1951) 139-144: tu11gc11 in der Wl eisheil des Jesus Sir.: ZA\VI
i proverbi e i canti di Salomone ricordati in 34 (1914) 161-198.
r Reg. 5,12 sono il perfezionamento della 21 Cosl'~ LAGRANGE, La parabole 350; di pa-
'scienza dell'accortezza' sumero-accadica. rere diverso è, dal suo punto di vista, ~ HER-
21 Prov. 25,1 (LXX): mx.~oE~r1..~ l:cr.ÀwµWV't'oc;; MANIUK 119.
531 (v,745) 1tet.pa.(3oÀ.1) B 1-2 (F. Hauck)
gli eventi escatologici (giudizio e salvez- modo affatto diverso dalle parabole del
za finale) facendo ricorso a parabole pre- N.T., le visioni apocalittiche che gli fu-
se dalla vita della natura e degli uomi~i. rono comunicate 33 • È questo il signifi-
La vita di questo mondo serve a chiarire cato del termine nell'introduzione a
quella dell'altro, celeste e divino, e a tutto il libro ( r ,2. 3 ), in quella alla se-
spiegare gli eventi futuri e ultramonda- zione messianologìca dei discorsi figu-
ni. Con la favola dell'impossibile guerra rati (capp.37-7I) (37,5) 34, all'inizio dei
dei boschi contro il mare viene spiegato primi tre di tali discorsi ( 3 8 ,r; 4 5, r;
al veggente che gli abitanti della terra 58,r) ed in un versetto che si riferisce
possono conoscere soltanto la realtà alla sezione dei discorsi figurati ( 68,r )35 •
terrena (4,12ss.); con la similitudine In Henoc non abbiamo né parabole né
del grembo materno che partorisce un allegorie, ma visioni ricche d'immagini
bambino dopo l'altro egli viene aiuta- che descrivono i segreti futuri e ultra-
to a capire la necessità delle diverse terreni (giudizio finale, regno di Dio, ri-
generazioni che si susseguono ( 5 ,41 ss. ). surrezione, dimore dei beati, angeli,
Davanti all'immenso numero dei per- mondo astrale, ecc.) che l'uomo non
duti la giustizia di Dio viene spiegata può conoscere senza rivelazione ( ~
con una similitudine: «Com'è il terre- col.360 n. 244). Anche in questo caso il
no, così la semina ... come il lavoro, co- veggente interroga l'angelo accompa-
sl l'opera; come l'agricoltore, cosl il gnatore e riceve una seconda rivelazio-
raccolto» (9,7; cfr. anche 7,r ss.; 8, ne che gli spiega le visioni (40,9; 43,4;
41 ). Come in questo caso, così quasi o- 52,5 ecc.). Con il masal, il discorso ri-
vunque abbiamo una spiegazione che velatorio, viene qui superato l'abisso
trae le conclusioni ed enuncia, per boc- che ci separa dalla realtà ultraterrena e
ca dell'angelo, quale conoscenza sia sta- futura 36•
ta acquisita mediante la parabola per la
soluzione del problema ( 4 ,2 r.42. 50; 5, 3. Il parallelo più prossimo alle pa-
40; 7,11.105). rabole sinottiche ci è offerto dai rabbi-
Nel Libro di Henoc il masal-mxpaf3o- ni palestinesi 37 • Anche negli scritti rab-
À.1}, la similitudine, indica il discorso fi- binici masal indii.:a spesso il breve det-
gurato con cui il veggente descrive, in to, la sentenza, il proverbio che serve a
31 «lo vidi»: Hen. 39,7.13; 40,1; 41,1 ecc. ~ bole. con/. ling. 99: ÈV 1tapa(3o).-ijc; EL!ìE~, «nel-
H ERMAN1UK 127-141: le cose e le persone vi- l'immagine di una similitudine».
ste sono simboli dei misteri divini inaccessibi-
li 11gli uomini. Anche in questo caso il miiSiil 17 La i;arnbola è il loro genere didascalico pre-
offre la riproduzione di una realtà diversa. ferito; dr. Midr. Cani. 1,1 (79 a): STRACK-BIL-
1.ERBECK 1.653 s.: «.. .la parabola non appaia
3\ «Ricevetti tre discorsi parabolici (m'Iiilé,
ai tuoi occhi qualcosa di umile perché con una
T.apa(3o).al )» .
parabola l'uomo può arrivare a comprendere
JS «Poi mio nonno Enoc mi diede in un libro le parole della Torà». È sintomatico che, ri-
i segni (i(lpsus calami per 'insegnamento'?) di spetto a quelli palestinesi, i rabbini babilonesi
tutti i misteri ed anche le parabole che gli era- si servano molto poco di parabole: STRACK-
no state date, e le raccolse per me nelle parole BILLERBECK I 654 s.; dr. Hicr., ili Mt. 18,23
del libro delle parabole» ( ==- capp. 37-71 ). (MPL 26,132 C): f(lmiliare est Syris et maxi-
3S Il termine napaf3o)..1] non ha alcuna rile- me Palaestinis, ad omnem sermonem sm1111
vanza in Filone che interpreta l'A.T. allegori- parabolas iungerc: ut quod per simplex prae-
camente e che, data la sua tendenza all'astra- cep/11111 teneri ab auditoribus non potesi, per
zione, non è portato all'invenzione delle para- simililtulinem exemplaque /eneatur.
535 (v,746)
chiarire o a motivare qualcosa, ad es. desiderava tanto avere dei figli. Quan-
«medico, guarisci la tua zoppaggine» 3~ do gli nacque una figlia proferì dei vo-
(cfr. Lc.4,23). Molto più frequentemen- ti per la sua vita. Quando poi gli nac-
te il màsàl ha però l'ampiezza di un di- que un figlio, lasciò stare la figlia e
scorso figurato più o meno esteso, sia giurò per la vita del figlio». Una para-
come favola .che come allegoria, o, nel- bola mista ci è narrata, ad es., da Hil-
fo maggior parte dei casi, come parabo- lel che se ne serve per dimostrare che
la simile a quelle sinottiche, con un ben la terra fu creata prima del cielo: «Una
preciso termine di paragone. Il vocabo- parabola. È come un re che costruì una
lo màsal indica così sia la favola del- reggia . Dopo ch'ebbe costruito il piano
la volpe e dei pesci di R. Akiba (c. 130 inferiore costruì quello superiore. Cosl
d.C.) 39 sia l'allegoria dell'operaio e del (dice Gen. 2,4): il giorno in cui Dio fe-
suo utensile narrata da R . Johanan ben ce terra e cieio» ~;. Senza alcuna varia-
Zakkaj 4Q o quella di R. Akiba : «Tutto zione o differenza il termine miiràl in-
è dato a prestito e la rete è stesa per dica nella letteratura rabbinica (e la co-
tutta la terra, la bottega è aperta, il ne- sa è importante anche per il N.T.) sia
goziante presta, il quaderno è aperto e le parabole, pure e miste, sia le alle-
la mano scrive ... » 41 • Con quest'allego- gorie. Le parabole rabbiniche, raccon-
ria R. Akiba vuol dire che da Dio ri- tate generalmente nel corso dell'am-
ceviamo tutti i doni ed i beni soltanto maestramento, vogliono di volta in vol-
in prestito ed alla fine dobbiamo ren- ta, soprattutto nei dibattiti, chiarire o
dergli conto del loro impiego (cfr. Mt. provare una data affermazione. Di so·
21,33 ss.). Per la maggior parte le pa- lito, dato il genere di attività svolto dai
rabole rabbiniche sono brevi. Non ha rabbini, le parabole servono a interpre-
molta importanza distinguere tra para- tare ed esporre ln legg::: o un determi-
bole pure e miste 42 che contengono me- nato testo biblico. Ben rare sono qui le
tafore comuni (come re 43 , figlio, servo, parabole escatologiche. Dal nome dei
vigna, banchetto, ecc.) e quindi presen- rabbini cui vengono attribuite si rico-
tano anche momenti allegorici. Al pri- nosce che parabole di questo tipo co-
mo tipo appartiene la parabola di R. stituivano già in età neotestamentaria
Eleazar ben Azarja (90-130 d .C.) 44 che una forma di discorso e d'insegnamento
vuole mostrare come la redenzione fu- ben de~ita e acquisita al bagaglio reto·
tura sarà più grande della liberazione rico dei rabbini. Non sembra· che esse
dalla schiavitù d'Egitto: «Come stanno siano servite per un imegnamento eso-
le cose? Come· nel caso di un uomo che terico.
(natura, vìta umana) deve servire da iutti fanno, ma ciò che un tale ha fatto
fondamento o da spiegazione d'una e provato, ciò che gli è capitato. La dif-
nuova verità della predicazione di Ge- ferenza tra questo tipo ed il preceden-
sù che gli ascoltatori devono compren- te non è netta, ma la diversa forma nar-
dere (regno di Dio, modo di essere e rativa salta subito agli occhi, ad es. in
Gesù possono essere proverbi ch'egli ha cita- {1937) 16 s. contesta giustamente il concetto di
ri : dr. Mt. 24,28; 6,24; 7,12; BuLTMANN, parabola sostenuto da W. STAHLIN, Das Gol-
Trad. 102.III s. 219 n. 1. lesjahr ( 1936) .58; V 0111 Si1111 des Leibes 1
54 RIGGENBACH, Hehr. 365 s. ; Èv napa(3oÀ.f {1952) 90-100. Questi, partendo dal pensiero
non · significa in questo passo semplicemente simbolico moderno, considera p11rabolico tut·
'quasi', 'per così . dire': sia la costruzione che to il discorso biblico.
il contesto si oppongono a questa interpreta- 56 BuLTMANN, Trad. 184, con riferimento al-
zione; cfr. Deut. 28,37. L. GoPPELT, Typos = la suddivisione proposta da Ji.ilicher. Nella ter·
BFTh II 43 (1939) 212. minologia <li BVLTMANN (r81) un'immagine
s; Per le definizioni dr. --+ JDLICIIER 1 80; (Bildworf) è una frase in cui figura e oggetto
BuLTMANN, Trad. 184;--+ ToRM II7; ~MAN sono associati senza particella comparativa, CO·
SON, Teachi11g Bo s .; --+ ALBER1'Z 88 s. W. mc ad es., Ecdus 3,25: «Senza pupille non
STRAUB, Die Bildersprache des Ap. Pa11{11s v'è luce e senza intelligenza non v'è sapienza ».
itCt.flrL~OÀ.TJ e 2 (F. Hauck) \V,749J 542
Mc. 4,3-9; Le. 11,5-8; r3,6-9; 18,1-8 57 • renti (re, servo, vigna, fico, ecc.), senza
c} Racconti esemplificativi in cui l'am- che queste divengano però allegorie, il
maestramento non viene comunicato che è importante per l'interpretazione.
per traslati: ne abbiamo solo quattro All'allegoria si avvicìna invece la para-
esempi, tutti in Luca: 10,30-37; 12,16- bola dei vignaioli (Mc.12,1-9)6(). È pos-
21; 16,19-31; 18,9-14 58 • Gesù prende sibiÌe che Gesù abbia talora utilizzato
la materia per le parabole in parte dal- per le sue parabole un racconto già esi-
la natura (Mc. 4,26-29; 13,28 s.; Le. stente e noto 61 • È molto difficile invece
12,54-56 ecc.) in parte dalla varia espe- che le sue parabole dipendano da quel-
rienza e dalle molteplici si tuazioni uma- le dei rabbini 62 o viceversa 63 • Sia Ge-
ne offerte dall'ambiente palestinese (pa- sù sia i rabbini traggono piuttosto ispi-
drone di casa, servo, usuraio, mercan- razione dalle medesime condizioni di vi-
te, amico, vedova, pastore, donna di ta e dalla medesima diffusa consuetu-
casa, giudice, sposo, costruzione, ~cc.). dine della parabola 64 •
Talora si serve di casi normali (lievito, Indipendentemente dalla valutazione
granello di senape), altre volte di sin- di Mc.4,11s. (~ coll. 553ss.) sorge
goli casi tipici (bambini che bisticcia- spontaneo il problema dell'interpreta-
no, seminatore) o anche di casi straor- zione corretta delle parabole. Già nel
dinari (lavoratori nella vigna: Mt. 20,1- periodo del N.T. s'avvia la tendenza al-
16) 59 . Nelle sue parabole Gesù ricorre l'interpretazione allegorica delle para-
sovente, come i rabbini, a metafore cor- bole, una pratica che nella chiesa sarà
57 ---+ JiiucHER 1 92; I3ULTMANN, Trad. 188 191 ; ---+ Doon 124 ss. sostiene invece l'autenti-
ss. cirà della parabola: ì particolari non coincido·
no abbastanza con gli eventi reali perché si
s~ ---+ JiiLICHER 1 114; BuLTMANN, Trad. 192.
abbia un vaticinium ex cve11t11. Per l'interpre-
51 ---+ DrnELIUS 250 s. distingue i seguenti ti- tazione cfr. E. LDHMEYER, Das Gleich11is von
pi : 1. parabole con la proposizione comparati- den biisen \'(!ei11gar111er11: ZSTh 18 (1941) i43-
va al presente (granello di senape); 2. parabo- 259.
le con la proposizione comparativa al passato
61 ---+ DIBELJUS 251 s.; è forse questo il caso
(lievito); 3. brevi racconti didascalici (Ml. 7,
della parabola del ricco (Le . 16): cfr. H .
24-27: costruzione della cAsa}; 4. racconti pa-
GRESSMANN, Vom reiche11 Ma1111 1111d ar111e11
rabolici più estesi e composri con maggior fi-
La:rnrus, AAB {1918) nr. 7,1-8.
nezza poetica. Dal punto di vista del conte-
nuto egli distingue parabole la cui 'favola' 62 Cosl A. DREWS, Christusmylhe 11 (19u)
(Fabel) contiene eventi : 1. regolari; 2. tipici; 390; contro inve.:e ---+ f'IEDIG, Gleich11isrede11
3. eccezionali; 4 . artificiali. In quest'ultima 2l2 s. 268 s.
classe egli pone Ml. 13,24-30 (la zizzania nel 63 Cosl ---+ JiiLIOIER I 169.
grano). Cfr. anche: ---+ WENDT ll2 s.; ---+ BuG- 64 Alcuni esempi di affinità di motivi : Mt . 18,
Gf. (61 -65) distingue parabole che servono da
12-14; 20,1-16; i2,1-14; v . BuLTMANN, Trad.
illustrazione e parabole che servono da argo- 219 s. Per la cronologia delle parabole giudai-
mento. che e l'originalità di quelle di Gesù vedi "
<b ---+ Juucmrn 11 385-406; BuLTMANN, Trad. FrEBIG, Altjiidische Gleichnisse 107-163.
wpa.~OÀTJ e 2 (F. Hauck) (v,750) .544
74 M. DIDELIUS, Rabb. und evangelische Er- 17 --> ]EREMTAS, Gleichnisse 28-33; DIBELIUS
ziihlungen : ThBl ( 1932) 5, sostiene che nella 257 : la tendenza a ricercare nelle parole di Ge-
tradizione un interesse ha oscurato l'altro; po· sù il maggior numero possibile di spunti pare-
ne poi (p. 8) il problema del rapporto tra gl'in- netici ha fatto sentire la sua azione sulla tra-
teressi che soggiacciono alla tradizione e l'in- dizione delle parabole.
tento originario della narrazione che la fece 1~ --> ]EREMIAS, Gleichnisse 33-50.
comporre: ~ Dono 148 identifica una certa
tendenza a trasformare in massime generali H BuLTMANN, Trad. 189.218.220: in Mt. 22,
detti che erano stati pronunciati per una pre- 11-13 abbiamo forse un frammento di parabo-
cisa situazione. --> JEREM!i\S 17-19 parla di la giudaica; cfr. STRi\CK-BILJ.ERBECK 1 878 s.
'abbellimenti'. M --> }EREMIAS, Glcichnisse 38-40; BuLT-
75 --> jEREMIAS, Gleichnisse 19-28. MANN, Trnd. 190 s.; --> DrnELIUS 256.
1~ --> jEREMIAS, Gleichnissc 26. 81 --> )EREMIAS, Gieichnisse 50-70.
549 (V,/52) mxprx~oÀi] C 3 (F. Hauck) (v,752) 550
diviene poi il Cristo nei cieli; il mede- a lui è .dovuta la collocazione della pa-
simo fenomeno si verifica per il ladro rabola in un dato contesto (Mc. 9,50;
Ml. 5,25 s .; r8,12-14.23; Le. 6,39 s.),
di Mt. 24.43 ed il padrone di casa di b coordinazione di più parabole (Mc.
Mc. 13,35. Le parole eh-:: il mercante 4; Mt. 13), le indicazioni sugli ascolta-
pronuncia al suo ritorno (Mt. 25,2I.23. tori (Le. r5,1 s.; 16,1 ecc.). Soprattutto
Luca ha collocato le pericopi in una
30) sono forse già diventate quelle di
cornice che rivela più volte, senza om-
Cristo al momento della parusia. Nono- b:·a di dubbio, le caratteristkhe lingui-
stante tutto ciò, il desiderio teorico di :;tiche ed il vocabolario tipico dell'evan-
gelista 8 ~. Quando si passa all'applica-
raggiungere la pura forma originaria
::io;i::: sono spesso sottolineati tratti che
delle parabole non autorizza affatto ad non si adattano pienamente alla para-
attribuire alla chiesa tutti i tratti alle- bola precedente, tradendo così il loro
gorici 82 . Per la comprensione delle pa· carattere secondario. Le. 14,33 offre, ad
rabole è di notevole importanza notare
es., un'applicazione introdotta da ou-
'tWc; oùv che contiene un detto auten-
che quelle contenute nelle sezioni pro- tico di Gesti, ma non coglie il centro
prie di Luca si sono mantenute quasi della parabola precedente 85 •
assolutamente libere da tratti allegori- La questione dell'autenticità si pone
ci, COi1 una notevole differenza dalla con particolare urgenza per le due in-
sorte toccata soprattutto alle parabole terpretazioni di parabole tramandateci
escatologiche di Matteo. È quindi na- nei vangeli ed attribuite ivi a Gesù
turale che si cerchi di dedurre la forma ste.:;so: Mc. 4,ry20 (Mt. 13,18-23; Le.
fondamentale, originaria, delle parabo- 8,r 1-15: parabola del seminatore) e Mt.
le partendo da quelle esclusivamente 13,36-43 (parabola della zizzania). Se-
lucane 83 . c::mdo Mc. 4,10 e Mt. 13,36 le parabo-
le sono spiegate, dietro richiesta dei di-
Come la cornice e la collocazione dei scepoli, alla loro cerchia ristretta. Die-
racconti e dei discorsi, così anche l'in- tro n queste spiegazioni c'è già l'idea
quadratura delle parabole è dovuta in
gran parte all'evangelista (cfr. Le. 12, che in genere tutte le parabole, 11nche
41; 14,7; cfr. 8.4 con Mc. 4,1 s., ecc.): nel contesto originario, abbiano biso-
82 Jillicher è andato certamente troppo in là; Mc. 12,28-31). Alla fine il v. 36 si rifà a que-
- DIBELIUS 257 pensa a ragione che il rac- sta introduzione ma con una formulazione non
conto fluttuante tra parabola e allegoria si a- del tutto adeguata al senso: BUI.TMANN, Trad.
datti particolarmente bene alla mentalità O· 192.
rientale.
85 Cfr. BuLTMANN, Trad. I84; sono forse am-
8.1 - ]EREMTAS, Gleiclmisse 69. pliamenti secondari anche Le. 18,6-8 ( - JO-
LICHER Il 283 ss.; BULTMANN, Trad. 189); 12,
81 Cfr. Le. 8,4; 15,1 ss.; 18,1.9; 19,u . Le. IO, 21 (~ J(jLICHER II 613 s .; BULTMANN, Trad.
25·37= per la cornice è utilizzata la domanda 193); 16,8 (JULICHER li 509 s.; HULTMANN,
sul comandamento più grande (w. 25-28 par. Trad. 190), ecc.
551 (v,752) 1tapa(3oÀ1} C 3-4 (F. Hauck)
gno di essere interpretate e siano come immagini e paragoni tratti da una real-
enigmi che debbano essere sciolti (Mc. tà ben nota 92 • Anzi questo intento è
4,34: É1tÉÀ.UE\I). Da tutto il procedimen- tanto più vero per Gesù in quanto lui,
to allegorico di queste spiegazioni si de- l'inviato di Dio, voleva scuotere e ri-
duce che esse non sono originarie 86 • I- svegliare il popolo nell'ora più critica
noltre un attento esame stilistico mostra della sua storia perché comprendesse
in Mc.4,13-20 l'uso di un vocabolario e- la serietà del momento (Le . 12,54-56) e
straneo al linguaggio di Gesù e proprio, prendesse le necessarie decisioni ( r 7,
invece, di quello della comunità 87 , e in 26-30). Se il suo allarme doveva avere
Mt. 13,36-43 la presenza continua di e- l'effetto voluto non poteva essere oscu-
spressioni tipiche di Matteo 88• Entram- ro e ambiguo (r Cor. I4,8): Gesù è il
be le spiegazioni vanno quindi assegna- profeta che vuole accendere un fuoco
te già al secondo Sitz "im Leben delle (Le. 12,49) e non un apocalittico dal
parabole. linguaggio cifrato. Nella loro prima si-
tuazione, cioè nel contesto originario
4. Significato e scopo delle parabole nel- della predicazione di Gesù, le parabole
la predicazione di Gesù 89 erano immediatamente comprensibili e
Secondo Mc. 4'33 s., nella predica- non avevano alcun bisogno di una spie-
zione Gesù fece larghissimo uso di pa- gazione chiarificatrice, come risulta an-
rabole 91', adattandosi cosl alla limitata che dalle parabole rabbiniche. D'altra
comprensione della gente semplice (4, parte la comprensione delle parabole
33: x~l)wç 1]ov\la.\l'to àxovmi, «appun- presuppone ascoltatori disposti a segui-
to come potevano intendere»91 ). Proprio re il discorso del predicatore e ·capaci di
come i rabbini, anch'egli si servl di que- cogliere la somiglianza tra figura e real-
sto mezzo per facilitare la comprensio- tà 93. Qui abbiamo un limite reale e ine-
ne dei suoi discorsi spirituali mediante vitabile, soprattutto perché Gesù an-
86 Certamente questo fenomeno è dovuto in più ristretta dei discepoli) rientra nella teoria
parte anche alla limitata capacità di astrazione di 4,n s.
della comunità primitiva che esprime l'analo- 91 E. MOLLANO, Zur A11slegung vo11 Mk. 4,33:
gia tra figura e realtà in semp!ici enunciati d'i- Symbolae Oslocnses VIII (1929) 83-91 traduce
dentità: dr. BULTMANN, Trad. 214. ovvo.O't>aL àxouEw, poter tollerare l'ascolto
87 Indicazioni particolareggiate in ~ JERE- (lo. 6,60; 8J43; Epict., diss. 2,24,u ; 3,1,24;
MIAS, Gleichnisse 59-62; cfr. anche SCHNI!l- 3,2,3 ecc.) ed intende, senza riuscire però con-
WJND, ad l. vincente: cos} come la gente gradiva ascoltar-
M Analisi particolareggiata in ~ JEREMIAS, lo parlare in parabole chiare e avvincenti.
Gleichnisse 63-66. 92 ~ WENDT (123.128 s.) dice che Gesù fu
8~ Cfr. ~ ]ULICHER I I18-148; ~ LAGRANGE guidato nell'uso delle parabole dal principio
x-35 ; ~ KoGEL; ~ HERMANruK 1-3 2 . 302- 350 . della massima chiarezza per la strada più cor-
90 L'affermazione del v. 34 (Gesù parlava sol- ta.
ta11lo in parabole che poi 'sciolse' alla cerchia 93 WELLHAUSEN, Mk. 3r.
553 (v,753) napaBokfi C 4 (F. Hauck) (v,754) 554
97 K.L. SCHMID'J', Der Rabme11 dcr Gesch. ]c- <n -+ VII, coli. 686 ss. Va certo riconosciuto
s11 (1919) 126-135; -4 PERCY 258-;q8; -4 GEA- che secondo i sinottici Gesù non si serve in
LY 40-43. nessun'altra cccasione di questo termine, mol-
to comune nel linguaggio apocalittico (Dan. 2,
98 MEYER, Ursprung 1 108; egli include i vv.
18 s. 27 ss.; Hen. 4l,1.3 e passim; Apoc. r,20
rob.11 s. nella sua 'fonte dei Dodici'; WELL-
e passim) cd usato dai rabbini per dottrine e-
HAUSEN, Mk. 31; -4 Ji.iucHER 1 120-148; A.
sotériche (~ vn, coli. 685 s.). H .J. EBELINCT,
MERX, Die 4 kanonischen Ev. 11 2 ( 1905) 46;
op. cit. (-+ n. 98) 184 s. vede in µvu·t""fipict un
KLOSTERMANN, Mk., ad l.; BuLTMANN, Trad.
nesso con la gnosi ellenistica. La ' teoria del
215; H.] . EBELING, Das Messiasgeheimnis 1111J
mistero' viene continuata e sviluppata ulterior-
die BoJscha/1 des Mk, ZNW Beih. 19 ( 1939)
mente dagli gnostici: Clem. AL, exc. Tbeod.
179-193: la sezione inserita comprende i vv.
66 (GCS 17,128); lren., baer. 2,27,2. R . LIECH-
10-25 e, nel contesto del capitolo, la teoria del-
TENHAN, Dir Of]enbarrmg im G11osticis11111s
le parabole costituisce un severo ammonimen-
( 1 9 01 l ·u-5o.
to a guardarsi da un ascolto superficiale e
dall'indurimento del cuore. Al contrario A. wa -> m, coli. 667 ss. L'espl"essione ol i:!;w
ScHwmTZER, GeschichJe der Lebe11-Jesu-For- per indicare gl'increduli sembra però proveni-
schung4 ( 1926) 400-405, ritiene che Mc.4,u s. re da un periodo in cui esisceva una comunità
rispecchi il vero pensiero di Gesù; dr. Io., organizzaca, più che dai giorni di Gesù quan-
MessianiJiil und Leide11Sgeheim11is' (1929) 24 do tutto era ancora fluido; dr. P. FEINE, Zur
ss. Cfr. anche la trattazione di questo passo sy11opl. Frage: JbchprTh 14 (1888) 412.
in M. GOGUEL, Lebe11 ]em (1934) 178-182; 101 R. OTTO, Reicb Goltes 1111d Menschensohn
STAUFFER, Theol. 36. { 1934) r 10-117 ipotizza che l'espressione origi-
557 (v,755) 1ta.pa.p0Ài) C 4-5 (F. HauckJ
con tale situazione si adempia 102 ciò che coll. 687 s.) che rappresenta una conce-
Isaia aveva profeticamente annunciato zione teorica della predicazione di Ge-
in base ad una esperienza altrettanto sù mediante parabole 103• In ogni caso
dolorosa e deludente . Il rifiuto incredu- è però necessario distinguere nettamen-
lo della rivelazione comporta un giudi- te la teologia di Marco dal significato
zio divino. Da questo momento origi- originario e più autentico della predi-
nario del logion va poi distinto il se- cazione parabolica di Gesù.
condo, quando Marco inserì il detto nel
capitolo delle parabole e intese qui, er-
roneamente, con l'espressione Év 7ta.pa- 5. Il messaggio delle parabole
SoÀai:c; ( v. II), le parabole di Gesù che
ora, diventate enigmi oscuri, conduco- Il contenuto delle parabole illumina
no secondo il volere di Gesti ovvero
e illustra i grandi temi della predica-
di Dio alla condanna dell'indurimento.
Quest'impiego secondario del logion in zione di Gesù: il regno di Dio, la na-
Mc. 4, che concepisce la predicazione tura e l'opera di Dio, la natura e i do-
parabolica di Gesù, contrariamente al- veri dell'uomo. Già da questa afferma-
la sua esplicita chiarezza tipica, coqie
un giudizio pronunciato sulla folla in- zione consegue che una gran parte del-
sensibile e ottusa, costituisce manifesta- le parabole di Gesù avrà carattere
mente un motivo teologico che percor- escatologico, ma che, viceversa, non
re il secondo Vangelo. Qui abbiamo
«un'affermazione di principio e di ca- tutte le parabole saranno necessaria-
rattere generale» ( "(J_ 7tcXV'T;CX., ~ VII, mente es:::itologiche 104 . Ecco qui una
nari a fosse limiii/ìm, «per gl'incrcduli tutto di- 1551 u6; PREUSCHEN-BAUER ' , s.v. µiJ·
S. Il.
venta un enigma»; per influenza della poste· 7tO"'t"E. ~HERMANJUK 302-350 intende Mc. 4,
riore teoria esoterica delle parabole essa si sa- 11 s. nel senso che G esù avrebbe deciso di ri-
rebbe poi trasformata in bimSiilim (Év 1ttxpcx- velare soltanto gradualmente il mistero del re-
poÀ.a.i:ç). ~ JEREMJAS, Gleiclmirse 7-12; que- gno di Dio: ai discepoli apertamente, agli al-
sti sostiene (p. ro n . 3) che ylvE<rilcu Év equi- tri velttamente. Egli è del tutto fuori strada
valga a dvm Év e serva a descrivere uno sta- quando, in questo contesto, traduce Ò.cpEfrij
to, avendo in pratica una funzione attributiva av-ro~ç «(il segreto del regno) non è consegna-
come il nostro aggettivo: cfr. PREllSCHEN- to loro, non è dato loro in preda» (331 s.).
BAUER' (1950) 407 . J. SCHNIEWIND, Mk. (N. IO! ~ LAGRANGE, Le b111 28 s. (cfr. PREU-
T . Deutsch) 76 s. traduce Év 7tCXpo:f3o)..cx~ç «in SCHEN-BAUER •• s.v. tvcx; --+ VII, col. 689) ad-
parabole» e vede nell'aspetto enigmatico di dolcisce l'as:m~zza dell'affermazione, come se
questo genere letterario che invita e stimola tvcx significasse t\la 7tÀ.TJpWfrij. In questo mo-
alla riflessione la cararteristica che rende le do si cerca però indebitamente di evitare la
parabole particolarmente adatte al co11te11uto difficoltà del tes to (--+ HERMANIUK 3 I 5 ).
del mistero del regno di Dio, cioè la presenza
di esso regno in Gesù. Per la questione del- IOJ \Y/. WREDE, Das Messiasgeheinmis (1901)
l'antichità del detto --+ MANSON, Teachiltg 75· 54-;;9: questa teoria è connessa con il mistero
81 fa i;resente che la citazione d'Isaia in Mc. messianico; p::r l'analoga concezione di 1tCX-
4,12 coincide con il testo del Targum usato papo:>..Ti in Erm'.I ~ coll. 566 ss.
comunemente in Palestina .(dr. F . HORST ~ 11» ~ MANSON, T eaching 69 s. distingue tra
vm, coli. 1550 ss. spec. n. u6): l'~va. di Mar- parabole che riguardano il comportamento u-
co risalirebbe all'aramaico d' che non ha ne- mano (tipo etico: appello alla coscienza) e pa-
cessariamente valore finale, ma tutt'al più re- rabole che descrivono l'azione di Dio (tipo re-
lativo {greco or). Per µi'J1tO"tE cfr. --+ vm, coll. ligioso: appello alla fede degli ascoltatori). ~
559 (v,755) 1ta.pa.P~~Ti C 5 (F. Hauck)
prima differenza tra le parabole di Ge- natura e la venuta del regno di Dio;
sù e quelle rabbiniche che per tanti al- presentare, con grande efficacia e viva-
tri aspetti sono cosl simili ad esse. Da ti cità, le cose nuove che Gesù annuncia-
gl'interessi scritturistid dei rabbini, le va al proposito e, ancor più, provoca-
loro parabole trattano soprattutto della re l'uditorio a giungere alle conclu-
legge, l'interpretano o illustrano; ma in sioni volute. Gesù annuncia cosl con
esse è praticamente assente il momento parabole l'imminente inizio del regno
escatologico che costituisce uno dei te- di Dio (il fico: Mc. 13,28 s.; Le. 21,29-
mi centrali delle parabole di Gesù. Le 31), il suo arrivo improvviso (il ladro:
parabole escatologiche di Gesù non so- Mt. 24,42 s.; Le. 12,39 s.). L'ora pre-
no però affatto rivelazioni apocalittiche sente è così importante e decisiva per-
sul tipo di quelle del Libro di Henoc e, ché il regno di Dio irrompe già nel pre-
in parte, di 4 Esdr. (~ coll.532 ss.). Per sente ul6. Già oggi si gioisce per lo spun-
decidere poi se una parabola sia espli- tare dell'era finale e gli 'invitati alle
cita o enigmatica, se il suo messaggio nozze' non possono pertanto digiunare
sia evidente o nascosto, si deve se mai (Mc.2,19). Il vecchio eone è ormai pas-
distinguere tra parabole inserite, come sato e non vale la pena di rabberciarlo
nell'insegnamento e negli scritti rabbi- (Mc. 2,21 s.). I demoni devono già ora
nici, in un contesto didattico 105 e pa- piegarsi al più forte che li lega (Mc. 3,
rabole singole racco!.te tematicamente 27 ). L'invito ad entrare nel regno è di-
(Mc. 4,3-9? 12,1-u?) il cui carattere e- ramato già ora (Mc.2,17). La messe sta
nigmatico serve all'oratore per stimo- per maturare senza intervento dell'uo-
lare il pubblico a notare e scoprire il mo (Mc. 4,26-29). Nonostante tutti i
significato riposto del suo discorso ( 4, fallimenti e gli ostacoli incontrati nel-
9 ~ VIII, coli. i 548 ss. ). Le parabole di l'opera svolta per il regno di Dio, si a-
Gesù appartengono prevalentemente al vrà certamente un raccolto abbondante
primo tipo, ma le nostre fonti non ci (Mc-4,3 -9). Anche se gl'inizi sono mini-
perme~tono oggi di giungere ad una mi, alla fine il regno avrà una dimensio-
classificazione veramente appropriata e ne mondiale (granello di senape: Mc. 4,
soddisfacente. 3 1 s.) e pervaderà tutto il mondo (lievi-
Una gran parte delle parabole di Ge- to: Mt.13,33). Il regno di Dio porta pe-
sù intende illustrare agli ascoltatori la rò con sé anche la più grande crisi della
LoHMEYER 325 classifica le parabole in escato· la teoria troppo spinta di ~ Donn (132 s. 98)
logiche e paradigmatiche. secondo cui l'opera di Gesù rappresenterebbe
IOS Mt. 7,3-5.9·II; u,16 s.; 24,32 s. 42-44; Le. una 'escatologia attuata' (realized eschatology),
7,41 s. ecc. J EREMTAS preferisce parlare di una 'escatolo-
106 Cosl giustamente -+ }RREMIAS, Gleichnis- gia attuantesi' ( sich realisierende fachatolo-
se 162;- -+ ]EREMIAS : ThBl 216-222. Contro gie ).
7tapa~oÀi} C 5 (F. Hauck)
rapporto con Dio. Gli uomini criticano dipende dalla misericordia di Dio de-
Dio e la sua opera, come i bambini ca- v'essere a sua volta misericordioso ver-
pricciosi i loro compagni (Mt.u,16-19). so il fratello (servo spietato: Mt. 18,23-
Prima di decidersi per il regno di Dio 35); l'amore del prossimo richiesto da
è necessario valutare se stessi (la tor- Dio non può essere costretto nei limiti
re: Le. 14,28-32). L'ora presente richie- fissati dall'uomo (il samaritano: Le. 10,
de un'azione accorta e decisa (l'ammi- 30-37).
nistratore: Le. 16,1-8). L'uomo non ha Per le parabole nel Vangelo di Gio-
diritto alla gratitudine di Dio, come un vanni ~ 7ta.poLµla..
servo non può pretendere di essere rin-
graziato per aver servito il suo padrone 6. Discorso figurato in Paolo, in Giaco-
(Le. 17,7-10). Il discepolo non può a- mo e nell'Apocalisse
spettarsi una sorte migliore di quella
Negli scritti di Paolo non si riscon-
toccata al suo maestro (Mt. 10,24 s.); tra il termine 7tapa~oÀ.1}, ma anche
deve splendere come una città sul mon- il suo linguaggio è ricco d'immagini
te (Mt. 5,14 b) e far brillare la sua luce riprese dai campi più diversi . Certo il
patrimonio di figure a cui questo citta-
(Mt.5,16). Guai ad esser ciechi, soprat-
dino ellenista può attingere è molto di-
tutto nell'ora presente (l'occhio: Mt. 6, verso da quello di Gesù 107 • Paolo fa un
22 s.). Chi ha provato il perdono tra- uso molto abbondante di immagini, me-
bocca di gratitudine (la peccatrice: Le. tafore (Rom. 13,12: le armi della luce;
1 Cor. 5,8: il lievito della malvagità) e
7,36-50). Come questa, cosl anche altre similitudini: ad es., le membra come ar-
parabole sono dirette evidentemente mi (Rom. 6,13 s.), il peccato come ser-
contro quegli avversari che Gesù chia- vitù (6,16 s.), il latte come cibo inizia-
le (1 Cor. 3,2), il corpo come tempio
ma guide di ciechi ( Mt. l 5, l 4 ). La ve- ( 6,1 9 ), i credenti come liberti di Cri-
ra contaminazione non riguarda il cor- sto (7 ,22), la conoscenza presente è co-
po, ma l'intimo (la bocca: Mt.15,10 ss.). me guardare in uno specchio non chia-
ro ( q,12), il corpo è la tenda terrena
L'albero si riconosce dai frutti (Mt . 7, (2 Cor_ 5,I), ecc. Paolo non rifugge
16-20). Dio richiede umiltà (il pub- neanche da comparazioni più ampie, ad
blicano: Le. 18,9-14). Dio affiderà la es. il paragone tra la situazione giuridi-
ca della donna sposata e la sottomissio-
propria vigna ad altri vignaioli (Mc. 12,
ne dell'uomo alla legge (Rom .7,1 ss.), fa
1-1 l ). Altre parabole riguardano inve- comunità come campo coltivato (I Cor.
ce i rapporti col prossimo: l'uomo che 3,5 ss.), la vita del cristiano come una
I07 W. STRAUB, Die Bi/dersprache des Apo- no «a metà strada tra la tradizione giudaica e
ste/s Paulus (1937) 105-113 conta in Paolo 28 quella greca» l l 12 s.); R. BuLTMANN, op. cii.
comparazioni che, da un punto di vista formu- (~ n. 8) 35-.p.88.94. Nella sua opera incom-
le, «non sono né parabole (rncconti parabolici) 'pleta Pauli Bildviirld I (1913) R. EIDEM tratta
né compiute descrizioni paraboliche» e stan- soltnnio le metafore agonistiche e militari.
TW.pCL(fok(J e '.5 - D (F. Hauck)
gara di corsa (9,24-27), l'unità e varie- coloro clie, come l'autore (v. lO: Èv
tà dell'organismo umano come imma- iJµiv), posseggono la yvwcnç necessa-
gine della comunità ( 12, r 2 ss. ), la pro- ria (v. 9; cfr. Mt. 13,n; Le. 8,10: yvw-
messa di Dio come un testamento degli \lat). Per questo dono egli loda il Si-
uomini (Gal. 3,r5 ss.), il corpo terreno gnore (v. 10) «che ha posto in noi la
e quello risono come seme e pianta (I sapienza e l'intelligenza dei suoi miste-
Cor. 15,35 ss.), l'armatura del cristiano ri», ò crocpla.v xa.ì. vovv ltɵEvoç Èv 1)µi:v
(Eph. 6,ro ss .). Talora i suoi pan;1goni -rwv xpucplwv au-rou 109 • Infine, dopo a-
sono sconnessi (I Cor. 3, l I ss.; 2 Cor. ver spiegato nel suo scritto le antiche
3,2 s.) o sono infelici anche in se stessi norme legali dell'A.T. come misteriose
(Rom. r r ,r 7 ss. ). Gli scritti paolini non allegorie che si riferivano alla cristiani-
contengono comunque parabole come tà, Barnaba conclude dicendo (17,2) ai
quelle di Gesù. suoi lettori che non intende dir loro
La Lettera di Giacomo ha un note- nulla sul futuro «poiché non mi com-
vole linguaggio figurato secondo il mo- prendereste ( ov µ1} '\IOlJCTT)'tE) perché
dello palestinese, ma neanch'essa con- queste cose sono rinchiuse in enigmi
tiene delle vere parabole. L'Apocalisse ( ÒLà. -rò f.v itapa.~oÀa.ic; xdcrl)m )». Egli
sviluppa in una serie di visioni allego- intende sempre parole che, per il loro
rie e simboli in conformità con lo sti- significato riposto afferrabile soltanto
le apocalittico, ma neanche qui trovia- allegoricamente, contengono misteriosi
mo parabole 103• accenni agli eventi futuri disposti da
Dio 1w.
D. I PADRI APOSTOLICI La terza parte del Pastore di Erma è
intitolata napa.~oÀ.at cl.e; ÉÀ.6.À1]0"E'\I µE-
Nei Padri apostolici soltanto Barna- -i;'f.µou, «similitudini che disse con
ba cd Erma contengono il termine 'lta.- me» 111 . Le prime cinque sono parabole
pa.~oÀ:{j. abbastanza estese, formate in parte di
Nella Lettera di Barnaba 7tapa~o).1) metafore comuni (soprattutto la prima
ricorre due volte nel corso dell'inter- e la quinta), che tutto sommato sono
pretazione allegorica di passi dell'A.T. simili a quelle sinottiche. Queste para-
In Barn. 6,10 7tapa.~o).1] si riferisce a bole sono seguite da spiegazioni, talora
Ex. 33,r-3, citato poco prima, e signi- puramente paraboliche (3,3; 4,2 ss.), in
fica un'affermaiione enigmatica che va altri casi (così nella quinta similitudine)
interpretata allegoricamente con ri- da una parabolica (5,3) e da due allego-
ferimento a Cristo. La 1ta.pa~o).1), che riche (5,4,I-6,8). Le prime cinque simi-
contiene un senso nascosto più pro- litudini contengono poi una rivelazione
fondo, è un aiuto alla comprensione mediante una immagine cui segue la ri-
dei misteri di Dio, utile però soltanto a chiesta di spiegazione (È.mÀUw: 5,3,r)
7t<J.pa:yyÉÀ.Àw, t mx.pa.yyEÀla.
7tapayy~À.À.w
I Cfr. ad es., PAPE n 473 ; LIDDELL-Sc oTT zato di 'comandare, ordinare' (in primo luogo
l 306. a un gruppo) non desta meraviglia [DEBRUN-
2 Conformemente al significato 'lungo' del pre- NER].
fisso verbale .iapa- (E. S CHWYZER, Gricch. 3 Cfr. I.E. PoWELL, A Lexicon 10 Herodotus
Gramm. [H andbuch AW II r] II [1950] 493) ( 19 38) s.v.
il significato fondamentale di 'ltl'Lpayyf>.J,Ew
4 Cfr. E.A. BÉTANT, Lcxicon Thucydide11111 Il
deve essere ' trasmettere una comunicazione
(1847) s_v_
lungo le file, passare la parola'. Poiché quan-
do si dà un ordine questo viene naturalmente s Cfr. F.W. STURZ, Lexicon Xe11opho11te11m
trasmesso, il passaggio al significato generaliz- III ( 1801) J, V .
ita.pa.'Y"(ÉÀ.À.w A-B I (0. Schmitz)
bio 6 è così frequente 7 • Anche l'uso, per sofi 12 (diss. 4,4,18), soprattutto con ri-
così dire, burocratico del verbo e del ferimento al rvwtìt crmu"t'6v degli 'an-
sostantivo per indicare il mandato di tichi' (dirs.1,18,17) o dei 'filosofi' (diss.
comparizione, che ricorre tanto spesso 2,9,13). Il verbo significa qui esigere,
nei papiri 8 , è del tutto assente nel N .T . prescrivere n. Merita di essere menzio-
né ci meraviglia che manchi qui anche nato l'uso del sostantivo in Vett. Val.
il significato non raro, soprattutto in (156,21; 221,7; 273,32 ; 308,26) dove
Plutarco 9 , di aspirazione ad una carica. 1tapa:yyEÀ.la.t sono le prescrizioni a-
Per 1'uso linguistico del N .T. è invece strologiche.
interessante notare che Platone 10 si ser- Una distinzione fatta nell'uso di 7t<t.-
ve di 1tc.tpa:yyÉÀ.À.Ew quando deve dire payyÉÀ.À.EL'V e xEÀEUf.t'V è sintomatica.
che la divinità (resp. 3.{15b) o le leg- Dato che 1t<.tpa.yyÉÀ.À.ELV significa in o-
gi (leg. 9,860 a; cfr. resp. 4>429 c) o gli rigine passare una comunicazione da
arconti (leg. 6,764 a) ordinano qualco- una persona all'altra 14, si preferisce il
sa: si tratta in questi casi di norme che nostro verbo quando ci si deve rivolge-
riguardano il comportamento pratico. re alla persona in questione in modo di-
Una volta anche in Aristotele mx.po:y- retto o le si deve assegnare un compi-
yf.À.la significa direttiva, prescrizione to personale, mentre Xf.À.EUEtv sottoli-
(eth. Nic. 2,2, p. uo4 a 7). Quanto mai nea più l'aspetto oggettivo dell'ordi-
prossimo, anche se non sostanzialmen- ne ts.
te, all'uso linguistico del N.T. è quello
di Epitteto, anche se negli scritti che B. L'uso LINGUISTICO ELLENISTICO·
GIUDAICO
ci sono pervenuti non compare il no-
stro sostantivo 11 , ma solo il verbo che Il sostantivo manca nei LXX 16 ed
1.
indica le norme e le istruzioni dei filo- il verbo 17 è usato prevalentemente per
il suo valore soltanto nella Bibbia greca [BER· iiyami'tE "t"Òv AEVL.
TRAM). 2J Un confronto tra Mc. 6,39 e Mc. 8,6 ci mo-
1s xat 1tap1)yyEtÀ.E Vl']CT'tElav xat 0É11ow xat stra la prossimità di Èm-ra't't'EW e ita.po:yyÉÀ.-
'ttµwplav Sll'tficra~ 1tap!l. 'tov xuplou 'tou À.nv.
2
u\jilcr-rou TCEpL 'tOV µuO"-rl)plou -rou-rou. ~ Il sostantivo manca del tutto, come manca
anche il verbo, nel quarto Vangelo e negli al-
19 LEISEGANG Il 623.
ari scritti giovannei.
2~ Flacc. 141 . Giuseppe usa invece mx.payyE-
2.~ Nella conclusione breviore di Marco l'inca-
Ma = ordine (a11t. 16,241) e 1tapa.yyÉÀÀm1 rico che il giovane in veste bianca dà alle don-
= decidere (ant. 19,3n). ne venute al sepolcro è indicato con le parole
>1 poster. C. 29; inoltre leg. ali. 1,100.102: ita- 1taV'tCI. 'tà 1tC1.P'l1YYEÀµÉ\la.
puyyÉÀ.Àm1 è usato qui in modo tale da in- M Per la costruzione dr. dcl resto BLASS-
cludere in sé comandamento e proibizione, DEDR.1 §§ 392,1 d; 397,3; 409,1. Notevole è il
precetto e ammonizione. passaggio dal discorso indiretto a quello diret-
21leg. all. 3,1:;1; itapayyÉÀ.À.EW = esortare to in Mc. 6,8 s.; Le. 5,14; Act. IA s.; 23,22.
anche in tesi. Iud. ;u: xat vvv, -rÉxva µov, 27 L'assenza della seconda moltiplicazione dci
Jta.payyÉÀ.À.w C 1-3 (0. Schmitz)
pani in Luca spiega perché manchi in questo finito assoluto ebraico dr. BL.-D1rnR.' § 198,6;
Vangelo il parallelo al 1ta.pa.yyÉÀ.À.m.• di Mc. RAD~RMACHER 2 128 s.
8,6 e Mt. 15,35. 30Al v. 24 abbiamo il sostantivo ad indicare
28 Il cod. D legge ~\IE-rElÀa.-ro invece di 1ta- questa disposizione.
pi)yyetÀ.e\I; nndrebbe aggiunto ancora 17,30 31MouLTON 194 fa notare la 'forza momenta-
se la lezione napa.yyÉÀ.À.Et invece di &.1tay- nea' che hanno i 'presenti aoristi', come qui
yÉÀ.À.et fosse originaria. 7t<J.payyÉÀÀw.
buona coscienza e da una fede sincera» tivo di coloro che vivono disordinata-
( r ,5) 33 • Anche per Paolo l'autorità de· mente (2 Thess. 3,12), ed è costretto
cisiva è costituita dalla parola del 'Si- a comandare ai fratelli di Tessaloni·
gnore' dalla qùale egli distingue netta· ca di tenersi lontano «da qualunque
mente il proprio consiglio pastorale nel· fratello che viva oziosamente e non se-
ia questione della separazione dei co- condo l'istruzione ricevuta» (2 Thess.
niugi ( 1 Cor. 7, ro ). Per il resto le sue 3,6 ), l'Apostolo interviene «nel nome
istruzioni hanno sempre il carattere di del Signore Gesù» ovvero «nel Signore
disposizioni o direttive apostoliche au· Gesù». Nella parola dell'Apostolo i let·
torevoli pronunciate in virtù dell'auto- tori sono cosl di fronte al Signore
rità concessa dal Cristo, anche quando stesso senza che Paolo si faccia forte,
si tratta di stabilire se le donne debbano come in I Cor. 7 ,ro, di alcun detto di
stare col capo velato durante il culto. Gesù contenuto nella tradizione.
Ammonendo e scongiurando i Tessalo- In I Tim. il m~payyÉÀÀe:w rientra
nicesi Paolo può riferirsi espressamente nei compiti specifici del destinatario il
alle 'istruzioni' date loro «da parte del quale riceve dall'Apostolo l'autorizza·
Signore Gesù» quando fondò la loro zione a questo servizio particolare da
comunità (1 Thess. 4,2 34 ; cfr. 2 Thess. rendere alla comunità (4,II; 5,7) e lo
3,10). Anche quando deve rinnovare esegue per suo incarico ( r, r 8 ). Timoteo
per lettera queste napcx:yyEÀ.lcu, a mo- deve dare istruzioni autorevoli partico-
33 ScHLATTER, Pasl. 39 suppone a ragione che M Don., Th. 158: «Per dare maggior risalto al
Ti 7tetpa."("(EÀla ( x,5) riprenda l'tva 7to:pa.y- momento imperativo Paolo ricorre alla çircon-
"(ElÀw; (1,3) senza che Dio cessi di essere il locuzione 7tetpa.yyeÀ.la<; llìwxaµE\1 1 molto co-
vero datore dcl 'comandamento'. Non è quin- mune nella grecità ellenistica, invece di dire
di esatto riferire ii mxpa.yyEÀ(a ( 1,5) alla 'pre- mxpe1ìwxaµE\I in riscontro al precedente 7tel·
dicazione cristiana' in generale, come fa DrnE- pEÀafkrE». Va ricordata l'osservazione di
uus, Past.' 11 (dr. anche PREUSCHEN-BAUER l WoHLENBERG, Th.' 88 n. 1; nell'uso paolino
io21). Il termine indica piuttosto «la concreta del sostantivo e del verbo in questione «si
istruzione dell'autorità ecclesiastica»: . dr. O. compenetrano i due significati dell'annuncio
MrcHEL, Gru11dfrage11 der Past. in: Auf dem sonante e pubblico (Aesch., Ag. 279.284.306
Grunde der Apostel u11d der Prophete11, Fest- [= 289.294.316 ed. WILAMOWITZ]: l'annun-
schrift Th. Wurm ( 1948) 88 s. Il Miche! par- cio della distruzione di Troia avvenuto me-
la di un «termine ellenistico» che sarebbe «e- diante falò) e dell'ordine dato dal comandante
videntemente usato nella medesima accezione alle sue truppe (Aesch., Pers. 469; Xcnoph.,
sia oel linguaggio burocratico cristiano sia io Cyrop. 1,2,5; 6,3,27)». W. NEIL, z-2 Thess.
quello extracristiano», ma documenta tale af- {The Moffatt N.T. Commentary) (1950) 77
fermazione solo con esempi dell'uso linguisti- commenta ad I.: «Il termine usato qui per 'i-
co non cristiano(~ coll.569 s.). Va comunque struzione' (7ta.payyEHa) significa, e ciò va te-
tenuto presente che anche nelle Pastorali (ad nuto presente, un ordine impartito da un uffi-
es., I Tim.1,12) 'autorità' o 'ufficio' (ted. Ami) ciale superi.ore perché sia trasmessò ai subal-
significa, come in tutto il N.T., 'servizio', 'mi- terni (ad es. Aci. 16,2 4)».
nistero' ( ted. Dieml).
7ta~aow7oç !Joach. Jcremias)
·r 7ta.pa.oHcroc;
I I {'
l. in greco;
to (2 Cor. 12,4);
2 . in cbrnico ed aramaico. 3. la comunione con Cristo nel paradiso
(Le. 23>43 );
B. Il paradiso 11el lardo gi11d11is1110 dei tempi 4. paradiso e ade negli enunciati cristologici
del N.T.: delN.T.;
1. il paradiso primordiale; 5. Gesù restauratore del pnradiso.
2 . il ritorno del paradiso alla fine dei tempi;
3. il paradiso attualmente nascosto;
4. l'identità del paradiso p'rimordialc, infra.
storico cd escntologico.
15 W.M. RAMSAY, The Greek o/ lhe Early payyEÀL«~ di I Clem. 42,3 sono «parte della
Church and the Pagan Ril11al: ExpT ro (1 898/ trndizionç npostolica»: cfr. O. M1cHEL, op. cii.
99) 159 paragona l'uso di 7tapayyÉÀ.À.w in r [-+ n. 33) 89) 1 ma è ancora vivo in lgn., Po/.
Tim. 6,17 e altrove con l'uso del verbo docu- 5,I. lust., dia/. 14,3; II 2,1: il verbo indica gli
mentato nell'iscrizione di Dionisopoli: 7t«pay- ordini dati da Dio o Mosè nella legge; 133,6:
yÉÀ.À.w miaw µ1} xa·mqipo'llEiv -.oii DEoii ... l'ordine di amare i nemici dato da Gesù nel
16 Questo nesso viene già a mancare nell'uso scl'mone sul monte: Anche qui mancu il rife·
di mipayyÉÀÀELV in r Clen1. 1,3 ; 27,2 (le 7ta- rimento alla salvezza tipico del N.T.
no:pciòrnroc; A 1 (Joach. Jeremias)
nap6.òeto-oc;
STRACK-BILLERBECK I 207-214; III 533 s.; IV mente analogo) per il collegamento del pcrsia
892 s. 965-967.1020 s. 1n8-n65 (di primaria no pari- alla preposizione greca napa- [DE·
importanza). Inoltre: DEISSMANN, B. 146; I. BRUNNER).
DE VUIPPENS, Le paradis Jerrestre ali Jroisiè- 1 Vedi i passi in LIDDEl..L-ScoTT, s.v. In questa
me ciel (1925); VoLZ, Esch. 395 s. 412-419; accezione anche una volta nei LXX: 2 Euop.
J.B. FREY, La vie de l'au-delà da11s les concep- u,8 ( =Neem. 2,8).
Jions j~ives ali temps de Jésus-Christ: Biblica J Papiri, iscrizioni, LXX (Num. 24,6; Ecci. 2,5
13 (1932) 129-168; O. MrcHEL, Der Me11sch ecc.), apocrifo di Ezechiele (in Epiph., haer.
zwische11 Tod 1111d Gerichl: Theologische Ge- 64,70,5-17), Filone, Flavio Giuseppe (SCHl..AT-
genwarts/ragen, ed. O. E1ssFELDT (1940) 6-28; TER, Komm. Lk. 451: soltanto con -questo si-
E. LANGTON, Good and Evi/ Spirits ( 1942), in- gnificato).
dice s.v. 'paradise'; K . GALLJNG, art. 'Paradei- 4 Corrispondente nell'A .T . ebraico: ga11, talo-
sos': PhULY-W. 18,2 (1949) n31-u34; JoACH. ra 'eden come nome del paradiso (Ecclus 40,
}EREMJAS, Zwische11 Kar/reitag und Ostem: 27; Is. 51,3 [LXX var., Sym.]).
ZNW 4i (1949) 194-201; J. DANIÉLOU, Sacra-
mentum futuri (1950) .3-52; H. BIETENHARD, 5 I credenti sono chiamati metaforicamente o
1tapa8e~O'oc; "t'OV xvplov, 'tà. çu">.a "tijc; !;,wij<;
Die himmlische Welt im Urchr. und Spatjudt.
(= Wissenschaftliche Untersuchungen zum (Ps. Sai. 14,3).
6 "tpvcpiJ (rigoglio) rende in questi casi l'ebrai-
N.T. 2 [ 195!)) 161-191.
co 'eden. Fatta eccezione per Ecclru 40,27 (ove
l Pari-daiza- è il corrispettivo etimologicQ e- traducono no:paòc~o-oc;), i LXX rendono rego·
satto del greco itEpl'to~xoc; (non attestato); ap· larmente 'eden con 'tpuq>i]; soltanto in Ge11.
partiene alla radice indoeuropea dheigh-, im- 2,8.10; 4,16 i LXX trascrivono ESeµ come no-
pastare (cfr. il greco 'tE~xoc; n~xoç, il tedesco me proprio perché l'ebraico con l'uso di pre-
Teig, il latino fingo), v. BoISACQ 746 s.; ]. Po- posizioni mostra d'intendere in questi casi E-
KORNY, Indogermanisches elymologisches Wiir- den come nome geografico.
terbuch (1949 ss.) 244 s.; E. KIECKBRS: Indo· 7 Contro il parere di DEtSSMANN, B. 146 se·
germanische Forschungen 38 (1917/20) 212 s.; condo cui il termine è usato in senso tecnico
abbiamo mxpa- invece di nEpl.- (etimologica· per la prima volta in Paolo (2 Cor. 12,4).
napa5E~croç A 1 - B 2 (Joach. Jeremias)
(~col!. 582 ss.) del paradiso, sembra a- B. IL PARADISO NEL TARDO GIUDAISMO
ver avuto come conseguenza il regres- DEI TEMPI DEL N.T. 13
a Nel N.T. il giardino è sempre detto xij1toç sercitato alcun influsso diretto sul N.T. (Per
(Le. 13,19; Io. 18,r.26; 19,41 [due volte]), il significato storicc>-religioso del giardino nel-
mai napalìrnroç. la grecità e nell'ellenismo dr. C. SCfil'lEIDER,
9 Questo significato ricorre nell'A.T. soltanto Die griech. Grundlagen der beli. Religions-
=
in 3 passi tardivi: Ca11t. 4,13; Ecl. 2,5 ( par- geschichte: ARW 36 [ r939] 324 s . [KLEIN-
l{NECHT]). Lo stesso vale per l'interpretazione
=
co); Necm. 2,8 ( la riserva forestale del re
persiano in Palestina). Neoebraico: T. Sukka allegorica del paradiso in Filone (--> DANIÉLOU
2,3; T. ]0111. lob. 1,10; T. Taan. 4,7 (due vol- 45-,-2), precorsa già da Ecctus 24,12-33; 40,17.
te); T. Ar. 2,8; Sanh. . b. 91 a.b; Ar. b. 14 a, 27 e Ps. Sal. 14,3 (--> n , 5); dr. anche, qui so-
ecc. Aramaico: Tg_ / . 1 Ge11. 14,3; Tg. ]. l 2 pra, il testo a cui si riferiscono le note 10 e 1 I.
Ge11. 21,33; Tg. !ud. 4,5; Tg. Ecl. 2,5; Tg. lob 11 STRACK-BlLLERBllCK IV 1118 s. II20·II30.
2,u; B.M.b. 73 a; 103 a, ecc. 15 Grande fertilità: Os. 2,24; Am. 9,13; Is. 7,
16 Test. L. 18,10 s.: «Egli stesso ( = il Messia BILLERBECK m 854-856. Pane di vita: Sib.,
sacerdotale) aprirà le porte del paradiso, allon- proemio 87.
tanerà la spada che minacciava Adamo e darà 2
z He11. aeth. 62,14 dr. 60,7 s.; STRACK-BIL--
ai santi di mangiare dell'albero della vita; al- LERBECK II46 S. 1154· II65.
lora lo spirito di santità poserà su loro»; test.
D. 5,u; Hen. aeth. 25,4 s.: l'albero della vita 2.IApoc. Mos. 13,4; STRACK-BILLERBECK IV
sarà piantato presso il tempio; cfr. He11. slav. l 146.II.53 s. Cfr. inoltre He11. slav. 65,9 A:
65,9 A.10 B; 4 Esdr.7,36.123; 8,52; apoc. Mos. «Da allora in poi non ci sarà tra loro né fati-
13 e passim. La letteratura rabbinica è molto ca né dolore né sofferenza né ansietà né biso-
riservata e cauta su questo punto (STRACK- gno né violenza né nudità né tenebra, bensì la
BILLEQBECK IV 892 s.) e probabilmente ciò è grande luce sarà (sempre lì) per loro (e) una
dovuto al principio rabbinico di considerare grande, indistruttibile muraglia ed il grande e
gli enunciati escatologici un arcano (STRACK- incorruttibile paradiso; allora tutto ciò che è
BIL:LEllBECK IV II51 g). caduco passerà, ma verrà ciò che è incorrutti-
bile e sarà un ricovero di un'abitazione eter-
17 L'immagine delle porte aperte del paradiso na» (trad. BONWETSCH).
si trova in test. L. 18,10; 4 Esdr. 8,52 dr. Sib. 2·1 Hen. aeth. 70,4; apoc. Mos. 37,5; test. Ab.r.
3,769 s.
20 A -7 n. 37. Abele giudica in paradiso (tesi.
18 Soltanto Bar. syr. e forse anche He11. s/av.
spostano l'adempimento finale nel cielo, per-
Abr. 10 B [cd. M . RH. ]AMES = Texts and
Studies Il 2 (1892) 114)) le anime dopo la
ché questi due scritti non distinguono tra morte, facendosi assistere da Enoc: test. Abr.
paradiso presente e paradiso escatologico I I B (M. RH. ]AMES, op. cii. 115 s .).
(STRACK-BILLERJIECK IV II4J.II.50 s.).
2.~ He11. aeth. 60,7 s. 23; 61 ,12 ; 70,4, dr. 32,3;
l9 Hen. aeth. 25,4 (-7 n. 16); 4Esdr. 7,36 (di Hen. slav. 9,1 ; 42,3 A; apoc. Abr. 21 ,6 s.; Mo·
fronte alla yttwtt); altri riferimenti in sè dopo la morte entra nel Gan Eden:
STRACK-BILLERBECK IV u51 h ; dr. anche A- Tem. b. 16 a; l'anima di Sedrac dopo In morte
poc. 21 s. di costui è tv -ti;} 1tapaoElu<iJ µE-tà -twv
w Test. L. 18,10 s. (-7 n. 16); Hen. aeth. 24,4- à:ylwv 0:1t6:V-twv: apoc. Sedrac 16 (ed. M. RH.
25,7; 4Esdr. 7,123; 8,52; apoc. Mos. 28,4 e ]AMES === Texts :md Studies 11 3 [1893] 137).
passim. 2~ Enoc: Hen. aeth. 60,8; 70,3; 87,3 s.; 89,52;
21 Acqua di vita: He11. slav. 8,5 s. A; STRACK-
Iub.4,23; lest. Abr. 11,3, dr. 10,2. Elia : Hen.
7t<.1.paorn1oç B 3-4 (Joach. Jcrcmias)
no accolte nello sheol, ora si riserva di un monte altissimo che arriva fino al
questo luogo soltanto agli empi, men- cielo (cfr. Ez. 28,13s.) 29 • b)Stretta-
tre i giusti entrano nel paradiso (~ I, mente connessa con questa idea del
coli. 394). Questa variazione delle i- monte del paradiso la cui cima giunge
dee riguardanti lo stato intermedio è al cielo è la concezione che dopo la ca-
causata in parte notevole dall'influenza duta d'Adamo (Bar. syr. 4,3) il paradi-
del pensiero ellenistico circa 1a vita do- so sia stato portato presso Dio (Bar.
po morte (~ n. 13). Va comunque os- syr. 4,6) e che da allora in poi si trovi
servato che ai tempi del N.T. la nuova in cielo 30 e precisamente nel terzo cie-
e la vecchia concezione convivono an- lo 31 • È comprensibile che le descrizio-
cora fìanco a fìanco: la dimora delle a- ni delle delizie del paradiso infrastori-
nime dci giusti dopo la morte è talora co 32 e di quelle del paradiso escatologi-
l'ade talora il paradiso(~ I, coll. 395). co 33 trapassino, per quanto riguarda la
La presenza parallela di queste due sostanza, le une nelle altre; particolar-
concezioni è importante per capire mente nella letteratura apocalittica le
quanto il N.T. afferma sulla sor~e di prime sono meno vivaci e colorite.
Gesù tra Venerd} santo e Pasqua (~
coli. 596 ss.). 4. L'identità del paradiso primordia-
Dove si trovi il paradiso nascosto è le, infrastorico ed escatologico
una domanda alla quale l'apocalittica Sia dalla terminologia impiegata sia
precristiana non offre una risposta unica dal contenuto degli enunciati è evi-
e unitaria. a) La concezione più antica lo dente che non si tratta di tre para-
ricerca nella sfera terrena, soprnttutto disi, uno primordiale, uno infrastorico
all'estremo confìne orientale della terra cd uno escatologico, ma sempre dell'u-
(cfr. Gen.2,8) 27 ; non manca però chi lo nico e medesimo giardino di Dio. Per
colloca a nord (Hen. aeth. 61,1-4; 77,3 quanto riguarda la terminologia, il pa-
cfr. Is.14,13) o a nord-ovest (Hen. aeth. radiso è sempre chiamato, in tuti:i e tre
28
70,} s.) o nell'estremo occidente o su i momenti, 1tocpaornroç in greco, gan
acth. 89,52. Altn giusti che secondo una tra- si può stabilire con certezza se Ber. b. i8 b (R.
dizione posteriore furono rapiti vivi nel para- Johanan b. Zakkai t 80 d.C. circa) intenda il
diso sono elencati in Dcrek 'eres wtta r (cd. paradiso infrastorico in ciclo (cosl STRACK·
A. TAWROGT, Diss. Konigsberg [ ~ 885] 8 s.). BILLERBECK IV ro34.n31) o il paradiso esca-
tologico sulla terra. I primi passi della lettera-
H He11. aeth. 32,2 s.; J11b.8,r6, cfr. 4,26; He11.
tura rabbinica in cui si trovi con certezza l'i-
slav. 42,3 s. A (~ n . 34); B.B.b. 84 a (il soté 1a dea del paradiso celeste delle anime sono Hag.
mattina è rosso perché passa per il Gan Eden b. 15 b (v. STRACK-BILLERBECK Iv nr9), Gen.
e ritlette lo splendore delle sue rose); Midr. r. 65 a 27,27 par. Midr. Ps. II § 7 (v. STRACK-
Ko11e11 (ed. A. ]ELLINEK, Bel hn-Midrasch n BILLERBECK IV ll30 s.).
{1853] 28,8).
li Apoc. Mos. 37,5; Hen. slav. 8,1 (v. STRACK-
21 Cosi gli Esseni : los., bel/. 2,155 s. («di là B1LLERBECK IV n37 s.); Bar. gr. 4,8 e~ VlII,
dell'oceano») e così forse anche 4 Esdr. 14,9 col. 1432). Hen. slav.42,JA presenta una com-
(il Messia viene dal paradiso) cfr. 13,3 (il Mes- binazione delle localizzazioni celeste e terrena
sia viene d:il mare). del paradiso: il paradiso infrastorico sta in o-
2" Hen. netb. 24,J s.; i 5,3 dr. 87,3; fob. 4,26 riente, ma è «aperto fino al terzo cielo».
~ VIII, coli. 1349 S, 32 STRr\CK-BILLERBECK IV n30-rr44.
3~4 Esdr. 4,7 s.; vit. Ad. 25,3; test. Abr. ro B Jl ~ coli. 583 s.; STRACI<-BILLERBJ!CK IV Il<J4•
(M. RH. JAMES, op. cìt. [-l> n. i4] u4). Non II6J.
7Ut.p1HiE~C70t; e I (Joach. Jeremias)
3-1STRACK-BILLERBECK IV rn8-1120. In 1130 della vita si trova ora sulla più alta delle sette
s. troviamo un'eccellente panoramica della ter- montagne (24,3 s.) e dopo il giudizio univer-
minologia, soltanto che non è esatto dire sale verrà piantato a Gerusalemme (l5.4 s.).
(u18) che «la sinagoga antica conosce un tri- 36 STRACK-BILLERBECK 11 264-269 ricorda: mon-
plice paradiso». Bisognerebbe, per l'esattezza, do ultraterreno, cielo, regno di Dio, accademia
parlare piuuosto di tre stadi o manifestazioni celeste, trono di Dio, casa del tesoro, alleanza
dell'unico paradiso. Nella vit. Ad. troviamo la dei viventi, terra dei viventi, presso gli angeli, .
distinzione tra «paradiso della giustizia» (25, sulle ginocchia di Abramo.
3) e «paradiso della visita e del comandamen- l7 Le. 16,22-31 pitrla dello stato dopo la morte
to di Dio» (28,3). Qui non si afferma l'esisten- 1
e non di quello dopo il giudizio universale.
za di due diversi paradisi, ma abbiamo la di- Ciò consegue chiaramente già dal fatto ch'egli
stinzione rabbinica tra due zone del paradiso; usa il termine-+ i't6TJç (16,23) e non-+ yfrv-
«il paradiso della giustizia» è la dimora di Dio va, ma anche dal confronto con il racconto e·
e il «paradiso della visita» è la parte minore giziano e tardogiudaico al quale Gesù si ricol-
del paradiso assegnata al primo uomo (STRACK- lega (H. GRESSMANN, Vom reichen Mann tmd
BILLERBECK IV n19). In modo analogo va in- armm Lazarus: AAB [1918] nr. 7 32); inoltre
teso Hen. slav. 8,x-6 A; 42,3 A (STRACK-BIL- cfr. test. Abr.20 A (M. RH. ]AMES, op. cit. [ ~
LERBECK IV u37 s.). n. :z4] 103 s.), dove Dio dice agli angeli dopo
35 STRACK-BILLERBECK IV u32.1143 X (paradi- la morte di Abramo: «Conducete il mio amico
so infrastorico); 1146 .n _p k; -+ n. :zo (para· Abramo in paradiso dove sono le capanne dei
diso escatologico). Secondo Hen . aeth. l'albero miei giusti e le abitazioni dei miei santi, Isac-
1tr.tpaOELCTO<; C I (Joach. Jeremias)
gnore (2 Cor. 5,8), uùv Xp~cr-.<{l dvm riferisce al paradiso escatologico, come
(Phil. l,23; cfr. Act. 7,59; lo. 12,26), si può dedurre sia dal fatto che tutte
regno celeste (2 Tim. 4,18), Gerusalem- le promesse delle 7 lettere deJl'Apoca-
me celeste (Hebr. 12,22), dimore nella lisse 41 hanno carattere escatologico, sia
casa del Padre (lo. i4,2) 38• Per quanto dalla constatazione che il permesso di
riguarda l'ubicazione del paradiso nasco- gustare il frutto dell'albero della vita è
sto, si può dedurre da Mc. 13 127 che un elemento fisso della concezione del
Gesù l'abbia posto nel mondo celeste; paradiso escatologico 42 • Il giardino di
infatti il raduno degli eletti provenienti Dio, simbolo della perfetta gloria fina-
dai «quattro venti, dagli angoli della le, è menzionato anche altrove nell'A-
terra fino agli angoli del cielo» deve pocalisse, benché non ricorra il termine
significare la riunione dei vivi e dei 1tapaowToç; la nuova Gerusalemme è
morti (che ora dimorano nel paradiso) infatti rappresentata come il paradiso:
(~ vm, col. 1445) 39 • ci sono gli alberi della vita presso l'ac-
Il paradiso presente nascosto ac- qua della vita {22,1 s., cfr. r4.19), l'an-
cenna ad un suo ritorno escatologico, ri- tico serpente è annientato (20,2., cfr.
tornò di cui parla la prima promessa r o), si è finalmente liberi da dolore, ne-
di Apoc. 2,7: T<{l V~XW\I'\~ OWO"W av-t<!> cessità e morte (21,4). Secondo Apoc.
cpayEiv Éx -.ou !;vÀ.ou -tfic; !;wfjc; 40 , o 21,2.10 il paradiso escatologico è situa-
Écn~v Év 'te!> 'ltapaOe:lO"(fl "t'OU ~Eov (~ to nella Gerusalemme della terra rinno-
coli. 579 s. ), «a colui che vince darò di vata.
mangiare dell'albero della vita che è nel
paradiso di Dio». Questa promessa si
co e Giacobbe Èv 'fii) x6ì..mii aÒ"t"OU». Il tardo essere confluite ed essersi confuse concezioni
giudaismo crede comunemente che i giusti e più antiche e più recenti (-+ 1, coll. 394 ss.). ~
gli empi che si trovano nello stato intermedio comunque accertato che il tardo giudaismo
si possano tra di loro vedere (Le. 16,23): 4 non ha mai posto il gan 'eden nello sheol (-+
Esdr. 7,8,.93; passi rabbinici: STRACK·BILLER· n. _52).
BECK 11 228; IV 1040. 40 'è! h~!Jaii1m (Gen. 2,9) = l'albero di vita il
31 Vanno aggiunti poi i passi di Apoc. 6,9; 7, cui frutto conferisce vita eterna.
9-17; 14,13, che riguardano in particolare la 41
sorte dei martiri. Apoc. 2,7 .11 .17 .26-28; 3,5 .12.21.
3~ Cfr. SCHLATTER, Komm. Mk., ad l. Contra- 42 Test. L. 18,10 s. (-+ n. 16); Hen. aeth. 25,4
riamente a quanto ho sostenuto altrove (-+ 1, s.; 4 Esdr.B,,2; apoc. Mos.13,2 s.; 28,4; Apoc.
coli. 394 s. 398 ss.), basandomi soprattutto su 2i,2.14.19. Pure va osservato che l'Apocalisse
Hen. aeth. 2i (luogo luminoso con fonti d'ac- ricorre ad una «voluta mescolanza» (LoH-
qua negli inferi) e confortato da STRACK·BIL- MEYER, Apk.27) di immagini escatologiche per
LERBECK IV 1019 s., non è certo che la dimo· rappresentare proletticamente lo stato interme-
rn di Lazzaro presso Abramo (Le. 16,23b) vada dio dei martiri (ad es. 6,n), cosl che nei passi
collocata negli inferi a motivo del 'grande che trattano dei martiri le espressioni infra·
abisso' (Le. 16,26). In Le. 16,i3-;z6 sembrano storiche cd escatologiche si confondono.
7\Q;paOEL()'O<; C 2-J (joach. Jcremias)
50 Per evitare il conflitto con la dottrina della 5J L'interpretazione della parola r;o:p&.liE'.O-o;
discesa agl'infcri (4> coli. 596 s.) si è talora tra- qui proposta (si tratterebbe del paradiso infra-
scurato il a-fiµEpov o lo si è riferito al verbo storico nascosto nel quale Gesù dimora fino
precedente (indicazioni più precise in ZAHN, alla risurrezione) risponde certamente alla con-
Lk., ad/. ): in quest'ultimo caso il o--fiµEpO\I sa- cezione lucana, ma possiamo forse intravve-
rebbe stato dcl tutto superfluo. La variante dervì un senso più antico, puramente escato-
del cod. D conferma che o--fiµEpov va riferito logico? Se cosl fosse, Tia.pcHiE~O"oç significhe-
al predicato seguente : !}&_po-Et, uiiµEpov X'tÀ. rebbe in origine il paradiso escatologico, ed
5 1 STRACK-BILLERDllCK Ili 534; ZAHN, Lk., ad al ladrone verrebbe promesso di partecipare
I. ; ScHLATTER, Komm. Lk. , ad I. all'imminente nuova creazione. In questo caso
52 Le. 23 143 non dice dove sia situato; è sol- bisognerebbe però intendere in senso traslato
tanto escluso che si cerchi di collocarlo nell'a- il a-i)µEpov, in analogia con i ' tre giorni' di
de per evitare una contraddizione con la dot- Mc. 14,58.
trina della discesa nel soggiorno dei morti (co·
così, per es., H.H. WENDT, Die Lehre ]em' SIM. DIBELIUS, Die FormgescbichJc di:s Ev.'
[ 1901] 153 ), perché il Gan Eden non è mai (1933) 204 n. 1; DrnEL1us, Pbil:' 69.
stato situato nello sheol: STRACK-BILLERBECK
II 227. 55 ~ MlCHEL 13.20 s.
7ta.pti.!iE~O"O<; C 3-4 (Joach. Jeremias)
Infatti il N.T. afferma con chiarezza fede in Cristo, un mutamento così radi-
e unanimità la comunione con Cristo cale da emarginare tutte le speculazio-
dopo la morte, e tale affermazione rap- ni fantastiche dell'apocalittica sul para-
presenta la posizione specificamente cri- diso nascosto.
stiana sulla questione dello stato inter-
4. Paradiso e ade nelle affermazioni
medio. Stefano prega: xvptE 'll)O'OV,
cristologiche del N.T. 51
oÉ~a.~ 'tÒ 7t\1Eu1.ui p..ou, «Gesù Signore,
accogli il mio spirito» ( Act. 7 ,5 9 ). Nel- L'analisi delle affermazioni del N.T.
sulla sorte di Gesù immediatamente do-
le lettere più antiche Paolo non ha an- po la sua morte rivela la presenza di
cora l'autorità di formulare la posizio- due concezioni opposte: l'idea dell'a-
ne cristiana sullo stato intermedio 56 , scesa al cielo e l'idea della discesa nel
soggiorno dei morti. Dalla parte della
ma si aspetta piuttosto che i morti si concezione dell'ascesa abbiamo: la pro-
uniscano a Cristo soltanto alla parusia messa al ladrone, ov'è menziorntta l'en-
(:r Thess. 4,n). Là dove però emerge trata di Gesù nel paradiso (Le. 23,43,
cfr. 46 ), la cristologia della Lettera agli
una sua risposta a questo problema ( 2
Ebrei che rappresenta Gesù che offre
Cor. 5,8; Phil. 1,23; 2 Tim. 4,18, cfr. il proprio sangue nel tempio celeste
Rom. 8,38 s.; 14,7-9), essa ha come (Hebr. 7,26 s.; 9,11-14), i passi del
contenuto unicamente la comunione quarto vangelo in cui ricorre il concet-
to di ~ ùljiouO"Da.t (Io. 3,14; 8,28; 12,
con Cristo: il uùv XptO"'téi> ( Phil. l ,2 3) 32) che accomunano l'elevazione alla
non è altro che il µE't'ȵov di Le. 23, croce e l'ascesa al mondo celeste 58 • Dal-
43 trasportato in terza persona. Benché la parte della concezione della discesa
abbiamo: i passi che parlano della per-
sia provato the conosce le tradizioni manenza di Gesù nell'~ ~Ol]<; (Rom.
sul paradiso(~ coli. 591 s.), Paolo rife- 10,7; Aci. 2,27.31; Mt. 12,40) e il suo
risce la speranza direttamente a Cristo effetto salvifico (I Petr. 3,19 s.; 4,6, cfr.
Apoc. 1,18) 59 . Le due serie di afferma-
senza passare per quelle. Cosl anche in
zioni sono nate indipendentemente;
Io. 12,26; 14,2 s. ed Apoc. 7,9-17 la quelle dell'ascesa si riallacciano forse a
comunione con Cristo è posta al cen- concezioni apocalittiche del tipo di
tro. Questa certezza rappresenta una Hen. aeth. 39>4 ss.; 7oa s.; quelle del-
la discesa hanno a monte passi biblici
modificazione essenziale delle concezio- come Ps. 16,8-11 (Act. 2,25-28). La lo-
ni sul destino dei defunti operata dalla ro presenza contemporanea si spiega col
56 DtBELIUS, Phil.' 68. Argtmtentum e silen- Kre11z a11s u11d der Glaube an sei11e Aufer-
Jio: altrimenti l'Apostolo non avrebbe certa- ;tehung: Festschrift A. Deissmann (1927) 187-
mente taciuto questa dottrina ai Tessaloniccsi 217. Pure, per amore di chiarezza concettuale,
turbati dai decessi verificatisi nella comunità non si dovrebbe parlare di una 'ascensione'
(I Thess. 4,13-18). dalla croce, perché Lc.23,43 non presenta alcu-
na ascensione corporea (come Aci. 1,9).
57 ~ ]EREMIAS 194-201 (con bibliografia).
5S G. BERTRAM, Die Himmelfahrt ]em vom 59 J. KaoLL, Goti 1111d Holle (1932).
597 (v,770) 1tO.p6:owroc; e 4-5 (Joach. Jercmias)
mutamento che stavano subendo pro- del paradiso descritto in ls.35,5 s., e al-
prio in quel periodo le concezioni giu- trove (Mc. 10,2-r2 par.) quando riaffer-
daiche generali sul destino dei trapassa-
ma l'obbligatorietà, per i suoi discepoli,
ti subito dopo la morte (~coli. 583 s.).
La cosa importante e decisiva è che il della volontà di Dio espressa nel paradi-
contesto di entrambe le serie di affer- so primordiale. Anche la redazione mar-
mazioni è costituito dalla medesima ciana della storia della tentazione rap-
certezza di fede, sia pure in vesti di-
verse, la certezza che la morte di Gesù presenta Gesù come il restauratore del
avesse un effetto, un valore espiatorio giardino di Dio: i)v µE'tà 'tW\I ih}plwv,
unico, illimitato, universale 60 . xa.L ot &yyEÀ.Oi Òt'l"jl(.O\IOUV <t.Ù't(i>, «sta-
va con le fiere e gli angeli lo servi-
5. Gesù restauratore del paradiso 61
vano» (Mc. 1,13) 62, e come tale lo esal-
Il Cristo esaltato promette che chi ta anche la chiusa corale di Mc. 7,37
vince (Apoc. 2,7) potrà mangiare del per mezzo della citazione delle parole
frutto «dell'albero della vita che è nel di Gen. l,31 e Js. 35,5 s., due passi le-
paradiso di Dio». In questo modo egli gati all'immagine del paradiso. Secondo
è identificato col Messia atteso che il Vangelo di Giovanni, Gesù ha offerto
«aprirà le porte del paradiso, allonta- nella sua persona il pane e l'acqua di
nerà la spada che minacciava Adamo e vita, gli antichissimi simboli del paradi-
darà ai santi di mangiare dell'albero so 63• Tutti questi passi esprimono la
della vita» (test. L. 18,10 s.). La vera consapevolezza che Gesù ha riportato
novità rispetto all'A.T. ed al tardo giu- già adesso il paradiso, ne è già ora il
daismo è costituita però dal messaggio restauratore 64 •
dei vangeli, che va molto più in là an- Nel n sec. si può osservare una pe-
nunciando che il ritorno del paradiso è netrazione delle concezioni dell'apoca-
già cominciato con la venuta di Ge- littica giudaica nella letteratura cristia-
sù. Gesù stesso proclama questa real- na. Un esempio di tale infiltrazione è
tà quando in Mt. n,5 (par. Le. 7,22) l'agraphon (certamente spurio) conser-
presenta il suo messaggio portato con le vatoci da Papia (verso il 130) con una
parole e con glì atti come l'attuazione descrizione fantastica della fertilità de-
gli ultimi tempi attribuita a G~st1 '".Da- In chiesa primitiva il giardino come cn·
vanti a questo riflusso si può intuire tità autonoma passa in secondo piano:
anche la ragione per cui il termine pa- importante non è la beatitudine del pa-
radiso ricorre così raramente nel N.T.: radiso, bensì la restaurazione della co-
non si voleva che esso deviasse l'atten- munione con Dio distrutta dalla caduta
zione sugli aspetti esterni. Per Gesti ~ di Adamo. .JOACH. }EREMIAS
"\I
1tapa.xaAé'.W, ·1' l'apaXA'(}u~ç
' "\
SOMMARIO: r. i consolatori;
2. mezzi di consolazione;
A. L'uso /inguislico greco: 3. autoconsolazione;
r. chiamare a fianco; II. consolazione divina:
2. pregare; r. disperazione;
3. esortare; i. . consolazione;
4. consolare. 3. metafore;
Il. o.apaxaÀÉw e 1tapax"ì.:r1aL<; 11el giudaismo 4. mediatori di consolazione.
greco: E. Consolaz.io11e umana e divi11a nel giudai-
1. gli equivalenti ebraici e la loro inllucnza smo:
semantica; 1. consolazione umana:
2. il gruppo di termini nei LXX senza riscon- 1 _occasioni di consolazione;
tro nel T.M.; 2. l'obbligo di consolare;
3. il gruppo di vocaboli negli scritti extra· 3. forme di consolazione;
canonici. 4. motivi di consolazione;
C. Co11solaào11e e co11sulalore 11el/'n111icbi1à ex- 5. presupposti della consolazione;
tra-biblica: 6. nutoconsolazione;
11. consolazione divina.
1. consolazione ed csortnzione;
11. i consolatori; f. rcapaxaÀÉw e mxpaXÀ'l'JO'~<; nel N.T.:
111. modi e mezzi di consolazione; I. supplicare;
IV. motivi di consolazione: 2 . esortnre;
r. Epicuro; 3. consolare;
2 . motivi comuni di consolazione; ·I· consolazione umana e divina;
3. l'idea d'immortalità. 5. riepilogo.
o; lren., haer . .:;,33,3 s.; dr. per questo 11grt1· mo a questo detto spurio è Bt1r. syr. 2~),5 pur
phon anche joACH. )EREMIAS, Unbeka1111/c superando di gran lunga la descrizione contc-
Jemsworle (19,1) 1,. Il parallelo più prossi· nut:i in c1uesto passo,
601 (v,771) 1tapcxY.aÀÉw, 1tapttxÀl)cnc; A (0. Schmitz) (v,77:z) 602
1tapaxaÀÉw, 7tcxpaxÀ.l)O'~c;
PAssow, LrnnELL-ScoTT, PRE1s1GKE, Wort., Unstcrblichkeitsglaube tmd Politik im Romer-
MouLT.-MILL., PREUSCHEN-BAUER, CREMER- reich: ThZ 2 (1946) 418-437, spec. da 425;
KOGEL, HATCH-REnP., s.v. J.A.C. Himsoms, J.v. WAGENINGEN, De Cicerottis Libro Conso-
Diatribe in loc11m philosophiae moralis q11i latio11is (1916); G. RADBRUCH, Gestalte11 1111d
est de consolatione ap11d Graecos ( 1840); P. Gedanken ( 1944) 7-27 (Cicero, Trauer und
ALBERT, Les consolatcurs, Variétés mora/es et Trost um Tullia); F. SKUTSCH, art. 'Consola-
littéraires (1879) 1-63; A. GERCKE, De como- tio ad Liviam': PAULY-W. IV 933-947; O.
lntionibus, in Tirocinium philologtm1 sodalit1111 SCHANTZ, De incerti poetae Consolatio11e ad
regii seminarii Bom1e11sis ( 1883) 28-70; K. Bu- Liviam deque carmi11111n consolatoriorum apud
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scriptarum historia critica =: Leipziger Stu- (1889); T11_ BlRT, Seneca: PrJahrb 144 (1911)
dien zur klass. Philologie IX l ( 1886), citato 282-307, spec. 289; J. DARTIGUE-PEYROU,
qui come BuRESCH I; É. BoYER, Les comola- Q11ae sii apud Senecam consolationum disci-
tiom chez /es Grecs et /es Romains, Diss. Mon- plina vis ratioq11e, Diss. Paris (1897); A. SIEG·
tanban (1887); W. ScHAEFFER, Argumenta MUND, De Senecae consolatio11ibus: Programm
consolatoria q11ae apud veteres Graecorum des Staatsgymnasiums Bohmisch-Leipa (1912);
scriptores i11venitmtur, Diss. Gottingen (1922): J.F. SCHINNERER, Ober Senecas Schri/t a11
compendio in: Jbch der Philosophischen Fa- Marcia: Programm des Gymnasiums Hof
kultat der Georg August-Universitat zu Got- (1889); W. KAISER, Beilriige zur Erliiuleru11g
tingen. ( 1922) 2 . Hiilfte 12-16; RoHDE "'0 n vo11 Senecas Trostschrift a11 Marcia: Progcamm
379-396; F. CuMONT, Lux Perpe111a (1949); des Askanischen Gymnasiums Berlin (1914);
A. GmsECKE, De pbilosophorum velemm CH. FAVEZ, Le senliment dans les consola-
q11ae ad exilium specta111 sententiis, Diss. Leip- tiom de Seneca, in Méla11ges P. Thomas (1930)
zig (1891); K. ZIEGLER, art. 'Plutarch von 26:z-270, citato qui come FAVEZ 1; P. Papinii
Chaironeia': PAULY·W. XXI 1, 792-801; R. Statii·Silvarum libri, ed. e commentato da F.
HERKENRATH, St11die11 w den gricch. Grab- VOLLME.R (1898), spec. 316 s.; ConsolaJio ad
schriften =: 5. Jahresbericht des Privatgym- Livia111, ed F. VOLLMER: Poe/ae Latini Mino-
nasiums Stella Matutina in Feldkirch (1895/ rcs n 2 ( 1923); Carmina Latina Epigraphica,
96) 3-56; K. BuRESCH, Die griech. Trostbe- ed. da F. BuECHELER, rielaborato da E. ENG·
schliisse; Rhein. Museum Hir Philologie 49 STROM ( 1912); Fragmento Philoropho111111
( 1894) 424-460, citato qui come BuRESCH Il; Graecomm, 3 voli. ed. F.W.A. MULLACH
M. Galdi, Influssi letterarii sulla composizio- (1860/81) I .514; III r46-.r50; W. NESTLE, Die
ne degli ljniqilaµa-ra 7tGtpaµu~-rLXtt?: Mé- Vberwindung des Leids i11 der A11tike: Das
langes P. Thomas (1930) 312-326; O. GoTT- Gymnasium 53 (1942) 6-27; G. STAHLlN,
WALD, Z11 den griecbischen Trostbeschliissen: Trost tmd Trost/osigkeit it1 der Umwelt des
Commentationes Vindobonenses 3 ( 1937) 5· N.T., in Viva Vox Evangelii =· Fc:stsçhr. H.
19; E. MARTHA, Études mora/es sur l'antiqui- Meiser (1951) 308-323. TH. HERMANN, art.
té 3 (1896); B. LIER, Topica carminum sepul- 'Trost, Troster, trosten', in Calwer Bibellexi-
cralium lalinomm: Philol 62 (1903) 445-477. kon' (1924) 776; P. BiLLERBECK, Die Tro-
563-603; 63 ( 1904) 54-65; A.A.T. EHRHARDT, st1111g der Trauernden: STRACK-BILLERBECK IV
'itCJ.PCJ.XCJ.ÀÉW, 7tct.p6:x).ricr~c;. A 1 (0. Schmitz)
pre diretto verso terzi) che ha essenzial- probante. Con quest'ultima accezione
mente di mira il soggetto stesso e por- (chiamare in aiuto) 1ta.paxa.À.e:tv ricor-
ta la persona invocata vicino a chi ha re in Hdt. 7,158: <Tuµµaxov 1tOCpa.xa-
chiamato così che ne risulti il significa- Àe:tv 'tLVct., «invocare qualcuno come
to di chiamare a fianco, far venire a sé, alleato»; Plat., ep. 7,329 a: tiMe:c; o1J-
ed un 'chiamare vicino' che pone in pri- 1tov liv µoL f3o1Ji}oc;, È<p'a <re: 1tct.pe:x&.-
mo piano, con diversa intensità, soprat- Àov\I, «saresti accorso per aiutarmi in
tutto il fatto che una persona si sia ri- ciò per cui ti avevo chiamato»; Epict.,
volta ad un'altra cosl che ne risultino diss. 1,27,16: chiamare un avvocato in
i significati di pregare, esortare, ammo- aiuto; 3,21,12 : si prega chiamando gli
nire, confortare, a seconda che il sogget- dèi in aiuto ((3o1)i>ouc;). Quando è di-
to chiami qualcuno i_n aiuto o gli dica retto a un medico, 1tapaxaÀe:~v contie-
una parola di esortazione o di conforto. ne l'idea di un invito urgente a venire
In questo schema fondamentale, suscet- in aiuto: il verbo significa così far chia-
tibile di una certa variazione, va ora col- mare, mandare a chiamare (Epict., diss.
locato l'uso linguistico effettivo con e- 2,15,15). Epitteto (diss. 3,23,27 s.)
sempi caratteristici. parla con mordace i_ronia di questo in-
vito rivolto al medico quando si tra-
l. 1tapaxa.Àdv significa chiamare vi- sformi in un invito del medico o del fi-
cino a sé in senso proprio, ad es., in Xe- losofo all'interessato a presentarsi nel-
noph., an. 3,1,32 ('tòv <T'tpa'tl)yov); le ore in cui essi ricevono. In quest'ul-
Thuc. 5a1,2; Polyb. 2,20,1; in senso timo passo abbiamo anche il sostanti-
più o meno traslato: Plat., resp. 4, vo: xoµlji1J ?tapchÀricnc;. Il verbo signi-
.p 5 c: t} oùx à.d 'tÒ oµOLOV ov O(J.OLOV fica invitare in .senso comune, ad es. in
mx.paxaÀE~, «il simile non chiama for- Xenoph., Cyrop. 4,6,3 (e:lc; M1pav, «a
se a sé sempre il suo simile?»; Xenoph., caccia»); Epict., fr .. 17,2 (dc; auµ?t6-
oec. 93: una stanza 'chiama', cioè ri- <7tov, «a pranzo»; dr. ench. 25,4); ma
chiede un determinato arredamento; può anche essere usato in questa acce-
Xenoph., Cyrop. 7,5,23 : bitume e stop- zione con senso traslato: Epict., ench.
pa 'chiamano' rapidamente una gran 3 3,2: xa.LpOU 1tet.pa.xaÀOUV"tOC, Elc; 'tÒ
fiamma, cioè la provocano; Epict., diss. ÀÉye:w, «se il momento induce a parla-
1,II,9: s'invoca una prova, cioè si chia- re». In quest'ultimo passo si potrebbe
ma in aiuto, si fa uso di un argomento anche intendere «se il momento esige
1,_:i92-607; P. WENDLAND, Phi/o tmd die ky- schiedsreden und Abschiedsszenen ); ID., art.
nisch-sloische Diqlribe, in P. WENDLAND-0. 'Abschiedsreden': RAC I 29-35; H. SCHLIER,
KERN, Beilriige zur Gesch. der griech. Philo- Vom \Vesen der ap. Ermahn1111g nach Rom.
sophie und Religion (1895) 1-75; G. DELLING, 12,1-2, in Christus des Gesetzes Ende, Beitrii·
Sperando futura. ]iidische Grabimchriften I- ge zur EvTh 1 ( 1940) 50-68; J. ScHNIEWINI>,
taliens iiber das Geschick nach dem Tode: Theologie tmd Seelsorge: EvTh 6 (1946/47)
ThLZ 76 (1951) 521-526; N. BRi.iLL, Die lal- 363-367. J. BAUER, Die Troslreden des Gre-
mudischen Traklate iiber Trauer 11111 Verstor- gorios von Nys:;a in ihrem Verhiiltnis wr al/·
bene; )beh fiir jiidische Geschichte und Lite· tiken Rhetorik, Dìss. Marburg ( 1892), spec. 14
ratur I (1874) 1-_57; J.Z. LAUTERBACH, art. s. 21-29; CH. FAVllZ, La consolation lati11e
'Semahot': JewEnc x1 180-182; M. Jou1ss~. chrétienne (1937), citato qui come FAVEZ n;
Père, fils el paraclet dans le milieu eth11iqu11 ID., Die Trostbriefe des heiligen Auguslin:
Mlestinien ( 1948). E. STAUFFER, Theologie Museum Helveticum 1 (1944) 65-68, citato
des N.T-' (1947) 327-330 (Beilage VI: Ab· qui come fAVEZ lii.
'ltapaxaÀEw, 1tapaxÀl)CTL<; A 1-2 (0. Schmitz} (v,773) 606
che si parli», un'accezione di 1ta.paxa- con a~tOV\I: Ditt., Syll.' 346,30; 590,
À.Ei:v che si riscontra in Plat., ep. 7 ,324 30. Cfr. anche Polyb.1,67,10: àçtW<1Et<;
d: «mi spinsero a prender parte alla vi- xaL mxpctxÀ.1}<7EL<;, «domande ed esor-
ta pubblica»; Ditt., Syll. 3 485,IO: al sa- tazioni»; 22,7,2: µE't'USLWO'EW<; xal
crificio; Ditt., Or. 339,53: 7tapaxÀ:r1- mxpaxÀ.Tja-Ewç, «con domanda e pre:
i)El<; a divenire ginnasiarca; Epict., diss. ghiera»; 30,4,5: gli ambasciatori di Ro-
4,1 3 ,IO: a dire i suoi segreti. In alcuni di, .quasi impazziti per il pericolo che
c11si invece di spingere è più adatto il la loro patria correva, «giunsero al
significato di invitare: ad es. Ditt., Syll.' punto d'indossare vesti a lutto e ... in-
90,40; 434,20; Epict., diss. 1,16,21: vece di pregare ed esortare {i Romani)
btt 'tTJV aÒ't'Ì)V 'trt.U'tl}V ~o1Jv itapaxa- come amici, li scongiuravanq con mol-
À.w, «invito a questo stesso inno», cioè te lacrime», xa.'tà -ràç 'ltapa.xÀ:{]uEL<;
ùµvEi:v 't'ÒV i)E6v. Il sostantivo significa µ'!)xÉ-çt 'ltapaxaÀEi:v µ110'&.stovv -.oùç,
esortazione alla ribellione {Polyb. 1,72, <plÀ.ovç, &.>..A.à. oEi:ai>a.t µE-.à. Sa.xpvwv 3•
4), a partecipare ad una festa {Ditt., 2; 3,33,28; 4,13,15,18; talora con
Syll. 1 69 5 ,42 ): xa'tEVX'lÌV xaL 1tapci- In Strabo 13,r,r si trovano insieme
xÀ.'!)OW 1tll.V'tÒ<; 'tOV itÀ.-fii>ouç, 1tOLEL<1· uvyyvwµ'f) e itap6.xÀ.TJ<7t<;. Nei papiri
( ì)ll.t -ç-fiv }o E: 7tll.pa.xcù.w ... 1, «sia rivol- magici questo pregare (Preisendanz,
ta a tutta la popolazione questa pre- Zaub. LI I 4 ) diviene un chiedere con
ghiera ed esortazione: invito ... » (dopo insistenza, ed è talora associato ad t;op-
il 129 a.C.). Interessante è l'uso giuri- xl~EW (ibid. xxxv 24 s.) o ad È1ttXa-
dico di 1tapaxaÀ.Ei:v, convocare: ad es. ÀEtal}at ed tçopxl~EW (xxxv 35). Di qui
P. Tebt. n 297,5 (II sec. d.C.)2. In si passa all'uso di napaxaÀEi:v con l'ac-
questo ambito si colloca la formula xa- cusativo per indicare l'invocazione degli
-tà. 7tapcixÀ.11ow, a richiesta: ad es. P. dèi o del dio nella preghiera; in que-
Tebt. II 392,26.36 (II sec. d.C.); qui il st'uso si percepisce ancora l'eco del si-
significato si avvicina già a richiesta, gnificato primitivo di chiamare il dio in
preghiera insistente. aiuto: ad es. Plat., leg_ u,917 b; 11,
931 c. Nella notizia di una guarigione
2. itapaxaÀ.Ei:v è usato spesso nel si- conservataci da un'epigrafe di Epidau-
gnificato di pregare, chiedere: ad es. ro si legge: xcxl yàp 'ltEpL -çov"tov m1pE-
Epict., diss. 1,9,30; 10,10; 2,7,n; 24, xaÀ.E<7a. 'tÒ\I ì)Eo'V, «e infatti proprio per
2; 3,33,28; 4,13,15.18; qualche volta questo invocai l'aiuto del dio» 5 , ed in
1 L'invito avviene per bando pubblico ed è cati (originari): lìfoµix~ = chiedo aiuto per
introdotto dalla formula: «Invito tutti gli a- qualcosa che manca (lìÉw = mancare di qual-
bitanti della città, ecc,}>. cosa); til;t6w = pretendo come diritJo, come
2 Cfr. PREISIGKE, \Y/ort. n 245 e M1TTE1s- giusto (lil;Lo<;= adeguato, appropriato); a.t-
W1LcKEN 11 2,71,5; altci esempi dell'uso giu- 'téw = esigo (-+ I, coli. 513 ss.); 1ta.pa.xa.Mw
ridico di 1tllpa.xa.ÀE~\I in LIDDELL·SCOTT 13I1
= chiamo o invoco qualcuno in aiuto o ad
2 a.
una qualche a:r.ione [DEBRUNNER]. Quanto
alla distinzione da 11a.paµullioµm -+ 'ltct.pa-
l Per definire l'area semantica di na.paxaÀE~V µu&toµm CI.
rispetto ai sinonimi, A. Debrunner fa notare 4 MouLT.-MILL. 484: esempi tratti dai papiri
che Ermogene, de m elhodo 3 (ed. H. RADE = per l'associazione di tpw-r<iv e tca.pocxaÀE~V
Rhetores G raeci VI [1913] 415s.) critica l'u- nel senso di chiedere ; ibid. anche esempi . di
so di Èpw"tW e 1tct.pa.xaÀw invece di OÉoµa.L. 'ltapaxÀl)l>tlç= per favore ('please'),
Egli stesso definirebbe cosl i rispettivi signifi- 5 DEISSMANN, L.O. 261 ricorda a questo pro-
1ta~aY.o:ÀÉw, na.9!XxÀ1Jvt; A 2-4 (0. Schmitz) (V,774) 608
una lettera su papiro del III sec. d.C.: µ1xou dç 't'Ò 'l'tµwpEi:CTÌ}ca, «collera: in-
'tÒ\I µÉya.v i}Eòv Lapa..1w.1 1ta.pa.xa.À.w citamento dell'anima irascibile a vendi-
m:pt 'tijc; swfic; iJµwv, «invoco per la carsi»; p. Grenf. I 3 2 ,7: o~à -.à.c; 1}µwv
nostra vita il gran dio Serapide» (P. 7tapa,xÀ.-fJCTEtç, «per i nostri incoraggia-
Oxy. VII ro70,8 s.). 1ta.pcixÀ.1')cnc; nel- menti» 7 • La parola di esortazione, l'in-
l'accezione di in.voca:done degli dèi con citamento, può consistere tanto in un
la preghiera ricorre in !ambi., myst. 4, È1taLvdv xa.t ·nµiiv dei buoni quanto
3+ Se il soggetto ha autorità nei ri- in un ÀoLoopEi:v xat xoÀ.asELV dei mal-
spetti di colui al quale si rivolge, allora vagi 8 , particolarmente quando si tratti
il verbo significa proporre: ad es. Po- di un 1tC(.pl'l.XIXÀ.ELV È1tt 't'à. XaÀ.À.LCT'tlX
lyb. 4,29,3: pq.olwc; Ermcrc: uuyxwpEi:v (pya. = È~opµii\I È1tt "'"Ì'Jv àpE"'-fiv (Xe-
'toi:c; 1ta.pa.xa.À.ovµÉ\lo~c;. «(Filippo) con- noph., an. 3,r,24). Plat., ep. 7,350 c:
vinse senza fatica (Scerdilaida) ad ac- Dione è libero di incitare ( 7tapaxa-
cettare le sue proposte». In questo ca- ÀEi:v) altri, ma non Platone, a parteci-
so pregare, richiedere, si avvicinano al pare ad una vendetta 9 •
significato di incitare.
4. Quando si esorta in tono amiche-
3. 1ta.pa:xocÀEi:v significa incitare (Xe- vole 10 non si è lontani dal confortare,
noph., an. 5,6,19; Ditt., Syll.' 426,35; soprattutto in occasione di un lutto. È
613,25) e ricorre in questa accezione tuttavia sorprendente quanto siano rari
non di rado nel racconto di situazioni gli esempi di 1ta.pa.xaÀEiv = consolare,
belliche per indicare le grida d'incita- e come spesso soltanto si avvicinino a
mento rivolte ai soldati: ad es. in questo significato. Il sostantivo mi·
Filone di Bisanzio 6 e in Polibio, ove ab- p6.xÀ.'l')O'tç significa conforto in una let-
biamo spesso la frase 1tocpa.xa.'ì...ouv1.'Ec; tera di Falaride 11 : viene spiegato ai fi-
(T<pfic; ctÒ'touc; (r,61,r; 3,1·9,4; 4,58,6; gli di Stesicoro che nel lutto non han-
5,71,1; r8,6,6; dr. anche 3,84,10). In no migliore consolazione dell'àpE't''IÌ
Isocr. 3,r 2 sono associati 'ltapocxocÀE'i:v 't'OV yo\IÉwç che essi piangono. Non
e n:po'tpÉ'ltEW. Anche il sostantivo com- meno filosofico -morale è la 1tocp6.xÀ.1)-
pare in questa accezione: Pseud.-Plat., CTLc; di Caridemo ricordata in Dio Chrys.
de/. 4 r 5 e: 6pyl) 1tocpaxÀ.1')cr~c; "t'oii i}u- 30,6 12 • In Telete 13 questo 7tOCpaxoc-
posito 2 Cor. 12,8; dr. anche ibidem 121 l'in- 9 Platone si rifiuta (350 d) di partecipare alla
tegrazione chiarificatrice proposta dal DEISS- vendetta dicendo: xaxà ot ~wç liv Èm1'uµ1']-
MANN nella lettera di Zoilo, servitore di Sera- 'tE, (i).)..ouç TCapllX<XÀE~-cE. E. HowALD, Die
pide, del 258/257 a.C.: tµov oè 1tapaxa.)..J. Brie/e Plalom ( 1923) I I I traduce: <iDato che
O'a\1-toc; 'tòv bE.òv I:apamoa. vi proponete qualcosa di male, rivolgetevi ad
~ Philonir Mechanicae Synlaxir libri quarlm altri»; comunque qui si potrebbe benissimo
Cl quintur, ed. R. SCHONE (1893) 101,38; 98, trndurre 1tapllxa.ÀE~v con cercale di convince-
35. Per il Myoc; 7tapcixÀ.'1]-ttx6c; come discor- re (altri).
so d'incoraggiamento e incilamellto del gene·. l•J Per questa sfumatura di sentimento nel so·
role nlle sue truppe prima della battaglia, cfr. stantivo cfr. la contrapposizione ou
1':ap6..xÀTJ-
J. ALBERTUS, Die 1tapa.XÀ.TJ'tLxol in der grie- uw Eùp6v·rn; <i)..)..à 1tapalvEow yp6..tjlllV"tEç
cbischen und romirchen Literatur, Diss. Strass- (lsocr. 1,5).
burg (1908) 1-16 [KLEINKNF.CHT) .
7 11 Phalaris, ep. 103 in: Epislolographi Graeci,
Cfr. MAYSER Il 1,36.
cd. R. HERCHER ( 1873) 438 s.
8 Cfr. Philo Byzantius, op. cii. (~ n. 6) nr,
38. Il Cfr. 4 BuRESCH 1 123 con riferimento :1
7tl'lpl'lxl'lÀÉw, 7tapci:xÀ:l')<nc; A 4 - B r (0. Schmitz)
Dio Chrys.: nap6;xÀ.1JCTtc;... est mipo:µvDla. con la forma waiiitmiihem da 11!;111 e l'hanno
Il In Stob., ecl. 5,990,16 s e O. HENSE, Te- quindi tradotta ?tapexaÀ.ECTEV. ili 125,1 : i LXX
letis reliquiae' (1909) 60,II s. leggono ÈyEv1Jlh]µEV Wç 7tl'lpC1.XEXÀ.'T]µÉVOL in-
vece di eravamo come trasognati (perché han-
H Cfr. HATCH-REDP. 1060; la presenza di ri-
no confuso hlm 1 e II) [G. BERTRAM].Prov.1,
IJam in questo elenco è però un errore perché lo: 7tapaxa.À-E~V è usato senza corrispettivo e-
in Is. 49,13 napaxaÀ.E~v rende 11il;a111: il tra- braico per indicare il parlare seducent~i Man-
duttore ha semplicemente scambiato i due ver-
ca similmente il riscontro nel T .M. per la µtt-
bi sinonimi in questo paratlelis11111s membro-
-caltt m1.prXXÀ-'T)~:nc; di Is. 28,29 e 30,7. Singo-
rum. lnre è anche il modo in cui i LXX rendono
15 Ecclus 30,23: 7tapaxaÀ.EL -ci)v xapolo:v
l'azione del rituale funebre di coprirsi i baffi
crov, conforta il tuo cuore: l'ebraico ha il (fa. 24,17.22) con 7tapaxÀ.T)DijVl'l~. In Is. 10,
pi'cl di pwl, confortare, ravvisare; dr. R. 32 e 13,2, ·dove 7tttpaxaÀ.E~v (-cii Xt~pl) rend~
SMmo/D, Die \'(!eisheit des ]esus Sirach erkliirt un pi'cl o hif'il di nuf = 'stendere (la mano)
(1906) 271 e R. SMEND, Vie Weisheil des j e- minacciando verso qualcuno', si è probabil-
sus Sirach hebriiisch und deutsch (1906) 76. mente pensato a un ' chiamar qualcuno vicino
In Ecclus 35,17 ( = 32,17; ed. SMEND 32,21) facendogli cenno con la mano'. Questa spiega-
il greco 7tapo:XÀ.TJl>ii interpreta l'ebraico lnwp zione potrebbe valere anche per Is. 41,27, do-
<la 11wlJ, trovar pace nel senso di dichiararsi ve l'Etc; òoòv dopo 'ltapaxaÀ-É~w è certamente
soddisfatto; cfr. il commentario di SMEND originario. Is. 57,J (ove manca il termine e-
(315) e la sua edizione del testo (61). Per braico corrispondente) sembra voler indicare
Ecclus 17,24 e 49,10 SMEND (cfr. il commen- un'invocazione degli idoli. R.R. OTTLEY, The
to 160 e 144, a 15,20) ipotizza che al 1ta- Book of Isaiah (1904) voi. 2 a 10,32 e vol. 1
pexaÀ.ECTEV e 'ltapexétÀ.ecrav del testo greco p. 50, e J. ZIEGLER, U11tersuchunge11 zur LXX
corrispondano nel testo ebraico mancante for- des Buches Isaias ( 1934) mostrano che il tra-
me hif'il di l;lm, guarire. duttore, che possedeva una limitata conoscen-
I ~ r Sam. 22,4: i LXX hanno confuso la formu za della tradizione esegetica e dell'ebraico, ti·
wa;;ann'l;em, li condusse (lezione sostenuta correva, in caso d'incomprensione, a riempiti-
dalla Bibl. Hebr. Kitt. 3 invece di waiianl;bn} vi ed espressioni favorite, tra cui rie11tra par-
6u (v,774) rcapaxaÀÉw, ;;apaxì-ricr~c; B 1 (0. Schmitz) (V,775) 612
40,II 1taprt.xaÀEÌ:V indica la consolazione divi- 21 Cfr. HATCH-REDP. 1061; in Nah. 3,7 abbia-
na; in Is. 57,18 il medesimo significato è ri- mo 1tapaxÀT)O'L<;, mentre il T .M. ha la forma
chiesto anche dal seguito: xa.l ~òwxa aÙT~J verbale.
rcap6:xÀ11ow aÀ.'I}l>wliv (11ihumlm) . In Is. 51 , 22 Si tratta della fervida preghiera del popolo
· 18 il senso più adatto è confortare = rincuo- che torna in patcia: i LXX leggono tv napa-
rare ; in Ex. 15,13 il contesto suggerisce di XÀ.lJCTEt a\lal;,w GtV'tOV<; e vien naturale di
tradurre: far avvicinare. Per il resto dr. pensare alla consolazione di Dio in contrasto
ZmGLER, op. cii. (-l> n. 16). con il xÀaul)µ6c; con cui gl'Israeliti parti-
n In Is. 40,2 la traduzione 'gridatele' con rono per l'esilio. O forse il traduttore ha pen-
mxpaxa>..tu<XTE a.ù-ri)v fa riecheggiare ancora sato a napO:xXT)CTL<; = invocazione di Dio nel-
il potente no.pa.x<XÀE~TE, 1tCl.paxaÀ.E~'tE TÒv la preghiera?
À<X6v µov del v . 1. Invece in Prov. 8,4 napa- 2 1 I ree traduttori più recenti dimostrano
613 (v,775) TCa.paxaÀ.Éw, ltapci.xÀ.ricnç B 1 (0. Schmitz) (v,776) 614
notato, innanzi tutto, che tanto nei ca- persone care (Gen . 24,67; 37,35; 38,
si considerati finora 24 quanto nel gran l 2: · 7tapa.:x.À.11iMc; = quando fu finito
numero di passi in cui rende l'ebraico il lutto; 2 Sam. 12,24; 1 Par. 7,22; Iob
nbm, 7tet.paxa.À.Et\I va tradotto quasi 29,25; Ecclus 38,17.23; lEp.38 [31 ],15
sempre con confortare, consolare. Ana- [cod. A; cfr. Mt. 2,18]; 16,7 [1ta.pci-
logamente ciò vale anche per 7ta.p&.xÀ.1}- xÀ.1)CTLç]). 7ttx.pa.xa.À.El:'v può persino si-
cnc;. Certamente è vero che 7ta.pa.xa.- gnificare esprimere le prop11ie condo-
À.Ei:v, o piuttosto il passivo mxpcx.xa- glitmze (2 Sam . 10,2 s.; 1 Par. 19,2 s.;
ÀEfotlaL ,traduce nbm anche in molti ca- dr. anche lob 42,n ), ma sia il verbo
si. in cui il verbo ebraico significa dispia- che il sostantivo indicano la parola
cersi, non nel senso della consolazione, di conforto detta anche in altre occa-
ma della compassione che ci muove a sioni di dolore o sconforto: Iudith 6,
misericordia o a pentimento ed in que- 20 (con E1tliLve:i:v); lob 2,11 (con E.m-
sto senso ci procura dispiacere. Tutto crxthjJa.<rtla.L); 7,13; 21,2 (7t<J.pcixÀ.11·
sommato, però, queste non sono che ec- CTLç); Eccl. 4,1; talora il verbo è sinoni-
cezioni che confermano la regola 25 • mo di )..cx.À.Ei:v e:lc; 't'Ì)V xa.p8la.v (Gen.
Nei LXX la consolazione riguarda in- 50,21; Ruth 2,13 [dr. Ecclus 30,23:
nanzi tutto il dolore per la perdita di 1ta.pa.x&.À.e:L 't'Ì)v xa.polav crou] ) o è u-
maggiore coerenza nel rendere 111Jm con lta.- non è tradotto dall'ebraico, 1tapix.xaÀ.Ei:crDm
paxa.À.EL\I [P. KATZ] . deve essere passato in una certa misura dai
24 Se non si considerano i casi in cui il nostro
LXX nell'uso linguistico giudaico con l'ac-
cezione di compassione misericordiosa. Ciò
verbo indica l'appello cortese, particolarmen-
è tanto più notevole in quanto immedia-
te l'appello incoraggiante, a cui è molto vicino
tamente prima (v. 5) il .medesimo verbo è u·
il significato di invitare (Prov.1,10: per sedur-
sato secondo il corrente uso linguistico gre-
re; lob 4,3: per esortare), là dove lta.paxaM:i:v
co (esortare; cfr. anche v. 21). Un'altra prova
non rende 11f?m (~ nn. 14-19) abbiamo trova- dì quest'uso linguistico, che peraltro non è
to soltanto le accezioni, in parte problemati·
più attestato, altrove è offerta dalla curiosa
che (-4 n. 16), <li chiamare vicino o fare avvi-
aggiunta del glossatore greco a Ecclm 16,9
cinare (Ex. 15,13; Is. 10,32; 13,2 ; 41,27), chie- (cfr. per questa glossa KAUTZSCH, .Apkr. 11.
dere (ls. 33,7) e supplicare (I Sam . 22,4 ; /r.
Pseudepigr. 1 309 n. e) che dice: xctl t1tt 'ltÀ.TJ·
57,5 : nel culto).
i>EL àylwv a.iJ'toÙ ou 11:a.pax).:1)Dri, «e non si
25 lud. 2,18: detto a proposito della com- lasciò piegate (ad essere pietoso) nemmeno
passione di Dio (1tapExÀ.1}1hJ); fod. 21,6.15: dalla folla dei suoi santi». Il glossatore si rial-
gl'lsraeliti compiangono ( 7CapExÀ:fjlhJcrav e b laccia perfettamente a Or. 13,14: 1tap&x).:11-
À.aÒç 1ta.pExM1l>ri) la sorte della tribù di Be- çiç xhpvtt'taL àltò bq>Da>-.µWv µov, «i miei
niamino; lj; 89,13: 'ltetpaxMiDri·n: abbi pietà. occhi non conoscono pietà». È l'unico caso in
Val la pena di chiederci: i lettori dci LXX cui uno dei derivati nominali di nhm tradotti
hanno anch'essi capito cos1? Al proposito c'è con 1t«POCXÀ.'l'J<TL<; non significa cÒnforto, ma
un'osservazione molto interessante da fare: in pietà, compassione di chi si muove a penti-
Deut. 32,36 abbiamo la forma ltcr.pcr.XÀ.'!lih'JcrE- mento (110/:Jam). Ciò conduce agli esempi in
-rm (come anche in "'134,q), per significare cui TC!X.paxa.À.Ei:crDaL indica la compassione
la compassione mir.ericordiosa di Dio; ora que- di chi si pente: 1 Sam.15,n ('1ta:paxlxÀ.7JµltL);
sto versetto è cita to in 2 Mach. 7,6 per bocca .i Sam. 24,I6 (1tapex>.:f1D1J). Più spesso que-
dei fratelli martiri che, davanti ai tormenti del st'accezione di 11!1m è espressa con µe'taµÉ-
primo fratello, si esorravano (1t«PEx6.).ovv) a À.e<TDm (cfr. HATCH-REDP. 916) che in Ez. I4,
vicenda con queste parole: «Il Signore nostro :u significa stranamente essere consolato, men-
Dio vede ciò e certamente ha pietà (1tapcr.- tre già nl v. 2 3 consolare è reso con 1qxpa:xet.-
XIX.ÀEL't'CXL) di noi». Dato quindi che 2 Mach. À.E~\I.
TC<.t.paxaÀ.Éw, TCet.p&:xÀ.T)O"tç B l -3 (0. Schmitz)
sato nel senso più comune di far corag- le lotte sostenute: qui 1tl1.pÒ:xÀ.T]cnc;. va-
gio (Deut. 3,28 con xa:rnrxum1) o di le quindi slancio, coraggio più che
parlare gentilmente (Esth. 5,1 c.2 b) sen- consolazione, come al v . 8 1ta.paxa.ÀEi:v
za che si tratti di una circostanza dolo- significa chiaramente esortare. Le altre
rosa. volte in cui ricorre in questa parte dei
1tapa.xa.ÀEi\I e talora anche 1ta.p6:- LXX 1ta.paXÀ."l"JO'Lç significa o preghiera
xÀ71aLc; servono però soprattutto per (I Mach.10,24) o assicurazione (2Mach.
promettere o attestare la consolazione 7 ,24 ); il verbo significa spesso incorag-
divina di cui ha bisogno il popolo di giare (1 Mach. 5,53; 12,50; 13,3; 2
Dio sottoposto al giudizio divino o an- Mach".13,12; 3 Mach .1,6; 3,8), soltanto
che il singolo che sta nella tentazione e due volte chiedere ( 1 Mach. 9 ,3 5 e 4
nell'angoscia e~ coli. 645 ss.). Mach. 4,11) più una volta (v. 15) nel
prologo originariamente greco del Sira-
2. Il gruppo di termini nei LXX sen- cide. È particolarmente significativo il
za riscontro nel T.M. fatto che il verbo significhi esortare
in 2 Mach. cd anche in 3 Mach. e 4
Se si confronta quest'uso di 1tapa- Mach., ma mai in 1 Mach. 26 : questa
xa.M:iv e 1tapÒ:XÀ"l")O'Lc; nel greco di tra- accezione non si riscontra praticamente
duzione dei LXX (uso che, ricordiamo, mai nel greco di traduzione dei LXX.
indica soprattutto la consolazione di- 2 Mach. ci dà un'idea della grande mo-
vina o umana) con l'uso dei medesimi bilità dell'uso linguistico di ?ta.paxa-
vocaboli in quelle parti dei LXX che. À.eiv, che abbraccia con una stessa e-
non sono traduzione dei 'libri sacri', si spressione molte variazioni di significa-
nota subito come questa accezione qui to più o meno grandi, senza per questo
sia praticamente assente: il verbo non è esaurire affatto il ricco campo seman-
mai usato in questo significato ed il so- tico del verbo. In 2 Mach . 1ta.paxaÀEi:\I
stantivo ha questo senso preciso sol- significa esortare ( ~ n. 2 6 ), incoraggia-
tanto in I Mach . 12,9 («noi dunque ... re (13,12), sollecitare (4,34; 6,21), ras-
abbiamo come consolazione [ 1tapcixÀ1l- sicurare (13,23), incitare (13,J; 14,25),
<nc;] i libri sacri che sono nelle nostre rafforzare (15,17), proporre (u,15),
mani»), cioè in uno scritto che, anche tranquillizzare (u,32), invitare (12,3):
non rientrando nella traduzione dei in un modo o nell'altro si tratta semp.i,:e
LXX, è pur sempre opera di traduzione. di una parola d'incoraggiamento. Data
In 2 Mach. 15,rr sono contrapposti «il questa ricchezza semantica è tanto più
conforto che danno le buone parole» singolare che in queste parti dei LXX
( 'tlJ\I ÈY -.oi:c; ò:yai>oic; À.6yot.c; 1ta.pci- "TtapaxaÀ.E~\I non sia mai impiegato per
xÀ.'r]aw) e la «sicurezza data dagli scu- indicare la consolazione umana o divi-
di e dalle lance» (cfr. anche il v, 9); na come nella traduzione dell'A.T. com-
non si tratta però di un conforto nel- piuta dai LXX.
]'afflizione, quindi di una consolazione
in senso stretto, ma di un incoraggia-
3. Il gruppo di vocaboli negli scritti
mento, di un rafforzamento del corag-
extra-canonici
gio delle truppe con esortazioni (mxpa.-
µui}foµa.L: -4 col. 7 2 7) prese dalla leg- L'uso linguistico della Lettera di A-
ge e dai profeti e con il ricordo del- ristea s'inserisce perfettamente in que-
26Cfr. 2 Mach. l,3; 6,12; 7,5.ll; 8,16; 9,26; Mach. 8,17; 10,1; 12,6; 16,24.
12,42; 13,14; 15,8.17; 3Mach. 1,4; 5,36; 4
-;-:apaxaÀ.tw, 1tCip!ÌxÀ.i)'1~ç B 3 (0. Schmitz)
sto quadro: TI:a.pa.xa.À.Ei\I significa chie- lMcrlk.t.t). Due volte si tratta persino
dere (123; 309; 318; 321), eJOrtare della consolazione divina: test. I os. 1,
(220), incitare (301), ordinare (184), 6: p:!>voc; iiµnv xa.t ò ~Eòc; "Jta.pExaÀ.E-
pregare ( 245), parlare gentilmente uÉ\I µE, «ero solo e Dio mi consolò»
(229; 235), riconoscere (238; 264). I- (qui abbiamo anche molte frasi di pari
dentica situazione troviamo in Filone, significato: Ò XUptoc; È'ltEO'XÉ\)Ja'tÒ µE e
che usa i nostri termini poch~ volte n ò crw-.i)p ÉXapl-.wcrÉ µE), e test. Ios.2,
e mai secondo l'uso linguistico tipico 6: «Dio consola in molti modi» (Èv
dell'A:T. Sia in op. mund. 157 sia in ÒLa.cpépotc; -.p61totc; 7ta.pa.xa.À.e:i:). Mentre
poster. C. 138 il verbo significa invita- nei testamenta XII Patr. la consolazio-
re ed il sostantivo è sinonimo di mx.- ne divina riguarda soltanto la sorte del
pal\IE<nc; e signific:i ùwilo ( = incorag- singolo credente, in 4Esdr. al centro del-
giamento) in vii. coni. 12. Il medesimo lo spettacolo apocalittico, e soprattutto
uso linguistico riappare anche in Fla- nella quarta visione, c'è il destino di
vio Giuseppe (vii. 8 7 ). In ~nt. r ,2 72 e Gerusalemme davanti all'imminente di-
3,22 1tapcixÀ.T}crLc;, associato a Evxa.l o strnzione della città. Sion è rappresen-
txe:·n:la., indica inveçc l'invocazione di tata come. una madre che piange il pro-
Dio nella preghiera 28 e il medesimo si- prio figlio : i vicini tentano invano di
gnificato ha 1tapaxa.ÀEL\I, ad es. in ani. consolarla (10,2), ma pure ella avrebbe
1,274; 3,78; 6,25; 6,r.n; 11,144; «al- dovuto trovare consolazione nel dolore
l'invocazione di Dio è associata anche di Gerusalemme (10,19, cfr. 10,24).
l'idea che l'orante chiami Dio al suo Mentre la conforta nella sua affiizione
fianco» 29 : ant.r,268 s.; 4,194; 17,195; ( I0,40.49) Io stesso Esdra viene in par-
cfr. 4.40-46. 1tapa.xaÀ.Ei:v = chiedere te consolato dalla visione della gloria
ricorre insieme con a~LOVV in ani. I I, di Sion, la città di Dio, in· cui la donna
338; in uno stesso passo (beli. r,667) si trasforma improvvisamente. Comun-
1tapa.xa.À.Ei:v significa successivamente que, dopo la tremenda quinta visione
esortare e confortare (in occasione di Esdra prega: «Consola perfettamente
un decesso). l'anima mia!» (12,8) e riceve l'interpre-
Mentre il giudaismo ellenistìco, fatta tazione del giudizio di Dio che annien-
eccezione per il greco di traduzione dei ta il quarto impero mediante il Messia
LXX, non impiega mai 7tapa.xa.À.Ei:v per che salverà misericordioso il residuo
indicare la consolazione divina nel sen- del popolo e gli concederà gioia fino al
so dell'A.T., i Testamenti dei XII Pa- giudizio finale. La salvezza messianica
triarchi presentano una situazione di- non è chiamata consolazione neanche
versa : oltre che chiamare a fianco (iest. in 4 Esdr., ma s'intravvedono già le
R.4,9 v . 1 e forse anche test. Iud. 8,2) premesse di quest'uso linguistico rab-
ed esortare (test. N. 9,1 ), il verbo signi- binico(~ col. 654).
fica anche confortare (test. R. 4.4 e test. O. SCHMITZ
Ios. 1 7 .4; cfr. anche il passo oscuro
test. A. 6,6 con la variante mxpa.µv-
21 Cfr. LEISEGANG, indice, 626 e 627; qui è J9 SCHLATTER, Theo/. d. ]udi. u2, cfr. 109,2;
sfuggito comunque omn. prob. lib. 64, ove il dr. anche SCHLATTBR, ]os. 74: <~Di solito m:t-
verbo significa implorare: lxha; xa.itE~oµÉ paxaÀ.EtVè usato così da indicare semplice-
VO'J<; T-o:paxaÀ.E~v, tva X't'h. mente che si chiede a Dio una qualche azio-
n Cfr. 1tapaxÀ.lJo'LV 0Éxt:u!k1.~: 2 Cor. 8,17 . ne».
7trlpaxa.ÀÉCJ>, 7tapcix).11crLc; e 1 (G. Stiihlin) (v,778) 620
suo spettro semantico si riflette il dop- 'tò cpÉprn1 wc; avayxa'i:ov xaL 'tò µ.n·
pio caratte~e della Parola in cui dal- OÈv f.x -rov µU..À.À.ov &.À.yELV EX ELV 'J\À.Éov
l'~ndicativo del kerygma si sviluppa
X'tÀ..), ma che con lui non può fate al-
trettanto; in termini simili si esprime
sempre l'imperativo della parenesi. Plut., cons. ad Apoll. 32 (II n8 b-c):
In teoria si distingue certo con pre- «Abbiam cura di confortare parenti e
cisione tra conforto ed esortazione, co- amici esortandoli ( rtapaµui}ovµEvo~ xat
me nella classificazione parenetica di 1tEli>OV'te:c,) a sopportate insieme le di-
praeceptio, suasio, consolatio ed exhor- sgrazie comuni della vita e da uomini
tatio attribuita a Posidonio e conserva- le sventure umane ( 'tà. xow&. 'tOV ~lou
taci da Seneca (ep. 95,65), ripresa poi cruµ1t-rwµa'ta xowwc; cpÉpE~v xat ...&. &.v-
in forma cristianizzata da Clemente di ilpwmva tivfrpw7tlvwc;)» . Anche quan-
Alessandria (paed. 1,r s.): OtOacrxaÀ.L- do si fa ricorso ai luoghi comuni della
x6c; (scii. À.6yoc;), vnolle:·tu6c;, mxpaµu· consolazione, «lamentarsi è inutile» 33 ,
-&"t}'ttx6c;, npo-rprn·nx6c; 31 • In pratica, «bisogna ess.ere di esempio agli altri»
però, consolazione ed esortazione spes- (Sen., dialogi 11,5,4), «pensa al tuo al-
so si confondono e i p.ullot napaµuìh1- to rango»(~ consolatio ad Liviam 345
·nxol si trasformano sovente da parole ss.; dialogi rr,6,1-5), si conclude im-
di conforto in esortazioni proprio men- mancabilmente con l'esortazione: «ces-
tre vengono pronunciati. Conforme- sa quindi il pianto». È vero che tut-
mente a ciò i motivi tipici della con- to ciò non stupirà chi ·sa che la
solazione che tratteremo più oltre (~ consolazione dell'antichità classica, in
coli. 63i ss.) hanno non di rado la forma questo molto diversa da quella pro-
dell'imperativo, un altro segno tipico tocristiana (~ coll. 669 ss. ), molte vol-
30 Le sezioni C-E appartengono, per il conte· J2 Iul., ep. 201 (412 c).
nuto, tanto alla voce rcapaxaÀlw X"l'À. che 33 Si riscontra per la prima volta in Archiloco,
alla voce 1to.po.µvl)foµ«L X"I' À. In tali sezioni Jr. 7 (DmHL' 1 3,7 s.). Non è comunque di-
si utilizzerà pertanto la materia pertinente a menticata la comune esperienza umana che il
entrambi i gruppi di vocaboli. dolore espresso ad alta voce ha il potere di
31 Cfr. anche Dio Chrys., or. 12,40. Il termine far diminuire la sofferenza ed in questa mi-
'ntXfltXXÀ.TJ"l'LX6c; non è usato qui perché era sura, quindi, ha anche una virtù consolatrice:
ormai divenuto termine tecnico per indicare il ~ SCHAEFFER, compendio 12 s. Per quanto se-
discorso del generale alle sue truppe(~ n. 6). gue 4 SKUTSCH 938.
621 (v, 778) 1tapaxaMw, 11apà:xÀ.TJ<rtc; C 1-11 (G. Stiihlin) (v, 779) 6n
34 Conformemente a ciò il contrario di con- 3'' Cfr. lui., or. 8: É11t -rii È~61i<t> 'TOU à:yal>w.
solare è µe~t;ov -rò 7tÉv&oc; m~pa.<rxwà:t;w: -rà:-rov :EaÀ.ovcr<tlov tta.paµv07)-rtxòc; Elç tau-
Pseud.-Dion. Hai., art. rhel. 6,4 (ed H. UsE- -r6v: l'imperatore· si consola per la separazie>-
NER ( 1895] p. 29,5 S.). nc dal suo amico paterno Sallustio.
1s Cfr. W.v. CHRIST-W. ScHMID·O. ST.ii.HLIN, 4U Esempi di questo genere letterario sono, ad
Gesch. der griech. Literatur • = Handbuch es., Plut., de exilio (II 599-607); Muson., dis-
A.W. VII 2,1 (1920) 493 n. 5; ~ ZIEGLER 792 sertationcs 9; Telcs, dc fuga in: O. HENSE,
s. Comunque gli studiosi non sono d'accordo op. cit. [~ n. 13] 21-32; Dio C.38,18,5. Ul-
sulla sincerità di questo scritto consolatorio teriori indicazioni in ~ GIESECKE; CHRIST-
di Plutarco. SCHMID·STAHLIN, op. cii. e~ n. 35) 509 n. 5;
~ ò &wpoç l>à:va'toc; (Plut., cons. ad Apolt. 16 ~ STiì.HLIN 312 n. 6.
[II no e]) occupa un posto particolarmente 41 Cfr. Dio C. 56,41,6 (~ col. 730}; la conso-
importante nelle consolazioni degli antichi <- lazione per costoro è costituita dalle leggi che
coll. 641 s.). prevedono la punizione dei malvagi.
37 Cfr. Pseud.-Plat., Ax. 364 b ss.; Ios., beli.
42 Cfr. Pseud.-Plat., Ax. 364 c; Plut., Cìcero
6,183. 41 (I 882 a): xa.t auvijMov ... htt -ci)v 1tc.tpc.t-
1g Cfr. Cic., Cato Maior dc senectule (- n. µv&!a.v (per la morte della figlia Tullia) -cii>
54); Stob., ecl. 5,927-948.954-956; inoltre F. KLxlpwv~ 7tl't.\l'tax6DEv ol <pLÀ.6<rocpot. Cfr. i-
IloLL, Die Lebensalter: NJbchKIAlt 16 (1913) noltre Plut., rnperst. 7 (u 168 c): wDE~'tllt
94 e n. I. µèv rl;w VOO'OV\l'tOc; (scii. "COV OE~<T~lia(µovoç )'
m.tpaxa).lw, rtap6.xÀ.T)eii<; C 11 (G. Stiihlinl
sua clinica di consolazione {~ coli. 6 2 8 quare post obitum nec risus mc lusus
s.). Oltre il filosofo c'è il poeta che scri- nec ulla voluptas erit (Carmina .Latina
ve per sé e per gli altri poesie consola- Epigraphica 186); hic summa est seve-
torie (dr. Plu t., cons. ad Apoll. 16 [II ritas (ibidem 85 ), 'tctU'ta. q>lÀ.oLç ÀÉyw·
1 IO e.f]; 9 [ 106 b]; ·-> qui sotto ·:! nn. Tl:a.t<iOV, 'tpUCjYf)<iOV, Sll<iOV' CÌTCO~a.vdv
45 e 54). Entrambi speravano e riceve- UE SEi:, «questo dico agli amici: diver-
vano lauti compensi per la loro atte titi e goditi la vita, perché devi morire»
consolatoria (cfr. Acschin., or. i11 Cte- (Epigr. Graec. 362,4 s.; ~col. 193).
siphontem 242) proprio come gli uomi- .Particolarmente numerosi sono i ca-
ni e le donne prezzolati pet piangere si in cui gli affiitti cercano di consolar-
durante il funerale (-> v, coll. 8 I o ss. ). si da soli. Fino a un certo punto tale
Ma gli stessi moribondi, anzi, persi- :rntoconsolazione è considerata un ob-
no i morti assumono questo ruolo di bligo morale, perché solo chi sa con-
consolatori: i primi con discorsi di com- fortare se stesso può esser d'esempio 43
miato bene elaborati 41, i defunti in- e consolare efficacemente gli altri 49 ;
vece con scritti 4\ poesie 45 e iscrizio- proprio per questa ragione uno dovreb-
ni 46 consolatorie in cui sono presen- b~ cercare di consolare se ste~so con i
tati come confortatori immaginari 4;. medesimi argomenti che user~bbe per
Dalle loro pietre tombali essi esortano confortare gli altri 50 . Indubbiamente
di volta in volta a non piangere; ora molti scritti consolatori dell'antichità
la motivazione è 'platonica' (essi sono :;ono stati composti perché l'autore cer-
in cielo, tra gli dèi beati, son diventati cava di consolare se stesso prima di
essi stessi divini: desine Pere deum! chiunque altro 51 • Cicerone 52 si vanta di
[Carmina Latina Epigraphica 1109,16] essere stato il prim'.:l ad aver fatto un
~ coll. 641 s.), ora epicurea: godetevi tentativo del genere, e l'ultimo scritto
piuttosto la vita, mangiate e bevete, antico di questo tipo è il de consola-
tione philorophiae di Boezio, che com- ~ col. 653 ), il racconto delle proprie
pose quest'opera in prigione negli ul- sofferenze (Plut., quaest. conv. 2,1 [II
timi anni di vita prima di venire giu- 63oc]), l'adempimento del dovere (cfr.
stiziato 53 ; benché cristiano, Boezio cer- Apollonius Tyanensis, ep. 58 [--;> n.
cò conforto in pensieri più neoplatonici 48] ), lode e amore per chi è ingiusto
che cristiani, basati sull'aspirazione alla verso noi (cfr. Plat., Prot. 346 b), la co-
beatitudine in Dio. Anche diversi poeti scienza di aver condotto una vita pura
composero poesie per propria consola- e giusta (Xenoph., ap. 5) son tutte co-
zione 54 • Si può dire che la maggior par- se che si considerano atte a consolare.
te degli epitaffi antichi doveva servire Trn i consigli dati per confortare tro-
a consolarne gli autori. Nelle scritte viamo quello di cantare (Statius, sil-
onorifiche sulle statue è sempre ripe- vae 2,1,33 s.), di passare a nuove noz-
tuto, con espressioni stereotipe, che ze (dopo la morte della consorte: Apol-
esse sono state erette dai familiari m.1.- lonius Tyancnsis, ep. 5 5 [-;> n. 48] ), di
paµvl>lac; E\IEXE\I, «a conforto»: ad es. suicidarsi, un'indicazione sintomatica
IG IX 2,227; XII I,1064 55• Oltre a della mancanza di spernnza e di conso-
ciò l'uomo antico che tenta di" conso- lazione degli antichi ( cfr. --;> consolatio
larsi da solo cerca ancora altre fonti di ad Liviam 420 ss.; Statius, silvae 2,1,
2 5; 5,I,199 ~). Si parla anche della spe-
5
conforto, o almeno esse gli vengono con-
sigliate da altri: la lettura di scritti con- ranza di vivere con i beati dopo la mor-
solatori o studi scientifici; ad es., molte te (ad es., Plat., Phaed. 115 d). Nono-
persone bisognose di conforto lessero stante tutti i mezzi suggeriti e tentati
nell'antichità il Fedone platonico (cfr. per giungere all'autoconsolazione, que-
Plut., Cato minor 68 [ r 792 e]; Luc., sta spesso non viene raggiunta; perciò
philopseudes 2 7 ). Panezio consiglia u nessuno dovrebbe ritenere sconvenien-
Quinto Tuberone d'imparare a memo- te il permettere ad altri di consolar-
ria lo scritto consolatorio di Crantore lo s1.
(Cic., academica priora 2: Lucullus 44,
135; cfr. /in-4,9,23). Considerazioni ra- m . i\fodi e mezzi di consolazio11e
zionali e filosofiche (cfr. Luc., Nigrinus
7; --> col. 630; anche Philo, Abr. 257; Come si cercava nell'antichità di con-
5! Cfr. M. MANITlUS, Gcscb. der lai. Literatur to consolatorio con cui Cicerone vuole conso-
des M .A. r = Handbuch A.W. rx 2,1 (1911) lare se stesso e l'amico Attico, suo coetaneo,
32 s.; F. KLINGNER, De Boetbii consola/ione per gli aspetti negativi della vecchiaia e, in
pbi/osophiae = Philologische Untersuchungen particolare, per la vicinanza della morte: cfr.
H. 27 ( I92 I); ID., introduzione alla traduzio- -> BuRESCll 1 107 s.; ~ n. 38.
ne di K. BiicHNER (Boethius, Trost der Philo-
5>Cfr. ~ GOTTWALD 6 s., ove sono indicati
sophic, Sammlung Dieterich 33 (1939)) VII-L;
molti altri esempi.
H. R. PATCH, The Tradilio11 o/ Boethit1s
( 1935). s.; Cfr. R. HIRZEL, Der Selbstmord: ARW 11
si Cosl, Plut., co11S. ad Apoll. 9 (II 106 b). Ul- (1908) 7.5 ss.; J. LE!POLDT, Der Tod bei Grie-
teriori esempi di scritti consolatori di questo
chcn tmd ]uden (1942) 19-40; a p. :i3 si parla
di Egesia di Cirene soprannominato 7tEL<TLll6:-
tipo: Xenoph., Cyrop. 8,7,6-28; ap . .5 s. 8.28;
va't'o<;, colui che persuade a morire.
ep. 3 (un'autoconsolazione fittizia per la mor-
te del figlio Grillo); Luc., pro lapm i11ter sa- 57 Cfr. Dio C. 38,18,5: ...ov yd:p 'ltou xat d:'lta·
/11tand11111 1; lui., or. 8. In un certo senso va ~ttii<TEL<; 1tCt.paµui)lou 't'Lvbc; 'ltap'h~pou 't'U·
classificato qui anche il Cato Maior, uno sçrit· XE~V.
1tapocxaÀ.ÉW, 1t<XpliXÀYJO"L<; e Ili (G. Stiihlin)
58 Secondo questi due passi tra i compiti deiparticolare di letteratura consolatoria è costi-
tuito dai À.6yo~ É1tL-cacp~oL (poesie lapidarie),
consolatori c'è anche quello di esortare coloro
che per il lutto sono digiuni da molto tempo epigrafici o letterari, che fanno spesso parlare
a prendere un po' di cibo; dr. inoltre ~ coli.il morto stesso(~ coli. 623 s. e n. 46), e dalle
643 ss.; 650 ss.; 737 ss. deliberazioni consolatorie delle comunità (ij/1]-
qilcrµa-ca. 1tocpcxµvlh)nxa) eternate nelle epi·
59 Plut., de exilio i (II 599 b). Comunque Plu-
tarco respinge questo mezzo di consolazione grafi, in uso soprattutto nella Caria, per espri-
mere le condoglianze pubbliche ad onore del
preferendo che si faccia notare la follia e l'i·
nutilità dei lamenti; cfr. però Rom. 12,15 e defunto e a consolazione dei superstiti, ad es.
tra gli altri,~ SCHAEFFER, compendio 12 s. Tituli Asiae Minoris m ,,o,6: µvijµu. cp()...ou
6'J Altri esempi in ~ BURESCH I 71; e ~ coli.
mxL8Ò<; mx-rpt 1tapriyopla., cfr. ~ BuRESCH 11,
~ GoTTWALD. Alle delibere consolatorie gre-
6.:io ss.; 739.
che corrispondono in Roma discorsi pubblici
61 ~ BURESCH I 20 s.
in elogio del defunto, rivolti anch'essi a con-
62 Vedi H . v. ARNIM, art. 'Krantor' : PAULY- solare (dr. Liv. 5,50; Cic., de oratore i ,u [44
W. XI 1587; ~ BuRESCH l 38 ss.; -+ LIER ss.]; Plut., muliert1111 virlules, introduzione [n
450; -+ STii.HLIN 312 n. 5; alcuni frammenti in
242 s.)).
Fragmenla Philosophorum Graecorum m 146· 64 Cfr. Pseud.-Dion. Hai, ari. rhel. 6A (-+ n .
I_:iO. 34).
63 Cfr., ad es., Sen., dialogi 12,1,2; -+ Bu- 6.1 Nel linguaggio comune il consolatore è
RESCH I 51.109 s.; ~ LIER 446 s. e passim; ~ chiamato spesso 'medico', ma in questo caso
SKUTSCH 940; -+ STAHLIN 311 s. Un genere · non si tratta certo di una semplice immagine;
1t!Xpcxxa.ÀÉW, 1t!XprtXÀT}cnc; e lii (G. StahlinJ
l 'Antifonte retore che non solo scrisse pienza, ho un conforto non piccolo ( ov
una 't'ÉXVTJ àÀu7tlac; 66 , ma era anche di- p.txpà.v EXW 1tapaµvl}lav)». Conforti di
sponibile per guarire gli afflitti dal loro tipo tutto diverso offrono il vino (ad
dolore spirituale con una serie di collo- es., Theophr., /r. 120 in Athen. n,8 [p.
qui, W0-7tEp 't'O'Lc; voo-ovow 'Ì) 7tapà:. 't'WV 463 c]; dr. --)> coli. 643 ss.) 70 e la mu-
ta't'pwv ih:pa7tEla u7tapXEt, «nello stes- sica, entrambi celebrati da Orazio come
so modo in cui i malati vengono curati «dolci consolatori di gravi affanni»: il-
dai medici». Se questa notizia 67 è fon- lic omne malum vino cantuque levato,
data, si può ben dire che Antifonte fu de/ormis aegrimoniae dulcibus adlç-
un precursore dei moderni psicotera- quiis (epodi 13,17 s.); inoltre altri di-
peuti. versivi come gli enigmi 71 e le favole 72 ,
In tutti questi modi di avvicinarsi ma soprattutto il sonno che opera <mna
alla persona bisognosa di conforto per consolazione sacra di ogni dolore» (mi-
recarle consolazione ci si servì di un O-T)c; À.V1tT)c; tEpòv 1tapa.µM~ov: Orph.
certo numero di mezzi precisi, che fu- [Abel] 85,6) ed è pertanto detto 1tCI.ptX.-
rono sempre i medesimi: le esortazio- µuì}tov 1:' ocÀat1twpovv't'wv, «consolazio-
ni 68 e le considerazioni razionali già ri- ne degli afflitti» (Secundus, sententiae
cordate (--7 coll. 619 ss.), intes<! a mo- 13 [Fragmenta Philosophorum Graeco-
strare l'inutilità e persino la pernicio- rum I 514] ), ed anche la menzogna
sità del dolore o altrimenti a soffocare (Eur., Iph. Aul. 1617; Philo, deus imm.
e far tacere il lamento f 9 ; particolarmen- 6 5: qui indii::a le. false consolazioni
te il Àoytuµ6c; stoico, raccomandato an- [ 7tGCpT)yopla] dei medici). Come ulti-
che da Filone (~ coll. 629 s.; n. 144); mo tipo di mezzi vanno ricordati quel-
soprattutto poi le dottrine filosofiche: li presi dall'ambito della religione anti-
dr. Pla t., Pha ed. 8 3 a: 1) cptÀoo-ocpla ... ca: miti con un contenuto consolatorio
't'TJV ~uxliv T)pɵa 1tapaµvilE'L't'at, «la o che rendono più timido il lamento,
filosofia pacatamente conforta l'anima»; nd es. Plut., cons. ad Apoll. 19 (II II 1 f-
Plut., mulierum virtutes, introduzione n2 a), 17 (n l11b); le formµle magi-
(II 242 s.); superst. 7 (II 168 c) (--)> n. che (tracie) che guariscono le anime
42); Luc., Nigrinus 7: «Se con la me- (cfr. Plat., Charm . 156 b-157 c; Iul.,
moria rivado agli insegnamenti della sa- or. 8 [ 244 a]); i riti e le idee dei mi-
cfr. Plut., co11s. ad Apotl. 32 (n n8 c); Philo, (l824) p . 486 a 18-;22; -+ BURESCH I 72 ss.
som. r I 12; lui., ep. 201 (412 c); Clem. Al., 6, Ad es., Plut., cons. ad Apoll.32 (n u8 b.c);
paed. l,r,2. -+col. 620.
6~ Già il titolo di questo scritto consolatorio
69 Cfr., ad es., Plut., Sertorius 16 (I 575 s.):
è indicativo: consolare significa condurre al-
7tapcxµvl>Etcrl>a.i lìià Mywv; per i singoli mo-
l'assenza di dolore (--+ col. 621 ). I frammen-
ti vi-+ coli. 631 ss.
ti di quest'opera conservati da Stobco sono
raccolti in Oratores Auici, ed. J .G. BAITER e W Cfr. -+ ScHAEFFER, compendio 14.
steri (cfr. Pind., Jr. 137 73; Plat., Phaed. immanenti soprattutto dall'antropolo-
69 c; Plut., consolatio ad uxorem 10 gia epicurea 76 • Punto di partenza di
[II 6 I I d-e]) :. questi conferiscono la quasi tutti i pensieri di conforto è la
certezza dell'immortalità ( ~ coli. 626; convinzione che la morte sia la fìne as-
635 ss.), promettono agl'iniziati un soluta e pertanto significhi la totale
posto .di privilegio nel mondo futuro mancanza di percezioni (Pseud.-Plat.,
(Pseud.-Plat., Ax. 37r d) ed una vita Ax. 365 d-e; 369 e-370 a). Come la na-
beata con gli dèi (perciò l'anonimo au- scita avvenne dal nulla, cosl la morte
tore dell'Assiòco consiglia senza peri- porta al nulla: oùx fiµnv, yEvéµnv·
frasi di farsi iniziare ai misteri ancora ìlµnv, oux dµv -ro11aG-.a, «non ero,
per tempo prima di morire: 371 d-e); fui; ero, non sono: tutto qui» (Epigr.
infine la preghiera che è detta &:tvxlac; Graec. 1117 a 77 ). Manca perciò qualsia-
miariç ·xcd. xaxonprx.ylaç 'ltapcxµvlhov, si dolore per la morte in paese stranie-
«consolazione di ogni sventura e ma- ro: il morto non si accorge di riposare
lanno» (Plut., Coriola11un5 (1 23oe]). in suolo straniero (Philodem. Philos.,
de morte col. 25,38 ss. ~ n. 76). Simil-
IV. Motivi di consolazione mente non bisogna affliggersi per la
gioia insolente degli avversari (col.
Tutta una letteratura di scrtttt con- 20.3) né perché il morto non ba pro-
solatori forniva agli sconfortati ed ai le: gli sopravvive il rispetto dei disce-
confortanti una congerie di motivi di poli e dei successori (coli. 22,9-25,2).
consolazione che andavano dai luoghi Ogni consolazione positiva si wncentra
comuni più ingenui e triviali alle più su questa vita: se pensi che ogni giorno
alte considerazioni filosofiche 71 • Tutti per te sia l'ultimo, ogni ora in più ti
gli argomenti e i motivi di consolazio- sembrerà un regalo (Horat., ep. 1 ,4,12-
ne possibili e immaginabili forni ti dal 14); il passato felice non ti può esser
mito e dalla storia, dalla filosofia e dal mai tolto (Cic., Tusc. 3,15,33; Sen.,ep.
senso comune, dalla religiosità popola- 99 A s. ). Per tali considerazioni gli Epi-
re e dalla sapienza misterica, vengono curei respingono i comuni argomenti di
messi ·al servizio dell 'o/ficium consolan- consolazionè degli altri, ad es. l'idea che
di pagano 75 • Comunque gli autori se- sia meglio non nascere e, nati, sia me-
guirono ciascuno il proprio particolare glio morire il più presto possibile (E-
cammino, a seconda della loro posizio- pic., Men. in Diog. L. 10,126; cfr. Phi-
ne filosofica . lodem. Philos., de morte col. 17,3; --+
1. Epicuro e la sua scuola trassero i
col. 640).
loro motivi di consolazione puramente 2. C'erano molti motivi comuni di
71 Poetae Lyrici Graeci, cd. Tu. BERGK • 1 tia 1 (1914) cd anche W. Scorr, Frag111e11t11
( 1878) 429. l-lerc11lanensia (1885). Cfr. a questo proposito
71
-l> BURESCH li 444· -> BuRESC11 1 143 ss.; R. PHILIPPSON, art.
'Philodemos (Diatriben)': PAULY-W. XIX
n Cfr. Hicr., cp. 60,j (CSEL 54,5_53 ss.); --')>
2467-2474, spec. 2473 s.
LIER 450; --')> STAHLIN 31 I.
71 Troviamo la medesima idea anche in epi-
7~ Conosciamo il pensiero di Epicuro su que- grafi latine: no11 /11i, fui, 11011 sum, 11011 curu.
sto argomento soprattutto dalla ripetizione fe- Quanto questo motivo fosse comune è dimo·
dele dei suoi discepoli, ad es. Philodem. Phi- strato dal fatto che si riteneva generalmente
los., de morte, ed S. MEKLER (1886) e D. BAS· noto il significato dell'abbreviazione NFFNS
Sl, Voltlmi1111m Herc11lanensi11m collectio ter- NC; ~ LIER 590 s.
napax.aJ,tw, nap&.XÀ7JO'Lç e IV i (G. Sti:ihlin)
78 Cfr. 4 SKUTSCH 938; 4 KAISER II. viamo non solo in iscrizioni pagane, ma anche
7~ Cfr. 4 SKUTSCH 940; 4 V. WAGENINGEN 7; giudaiche: l.B. fREY, Corpus Imcriptio11u111
anche il passo della lettera di Falaride (4 ludaicarum I ( 1936) nrr. 314.335.380.401.450.
col. 608 e n . 11 ). 454; 4 DELLING 521. Per lo sviluppo di que·
sto pensiero negli epitaffi greci e romani dr.
!IO Cfr. 4 BuRESCH r 158 s.; 4 SKUTSCH 939:
4 LIER 563-574.
4 STAHLIN 315.
&I 4 BuRESCH r 62. Questo pensiero si trova 8> La formulazione di questo celebre detto è
già in Crantore cd Epicuro, ma anche in Fi-
medievale (dr. G. BiicHMANN, Geflugelte
lone (los. 24; 4 n. r44 nr. 11); dr. anche Se-
Worle 1' [l937) 361), ma il concetto è antico:
neca, de brevitate vitae.
dr. Sen., dialogi u,12,2: es/ autem hoc ips11111
B! ~ SKUTSCH 938.
solacii loco, inler mullos dolore111 s1111m divi-
Sl ROHDE n 394 s.; 4 ScHAEFFER, compendio dere; con riferimento alla morte, ibidem 14:
l4i ~ STAHLIN 313 s. maximum solacium est cogitare id sibi accidis-
s~ Così suona la conclusione di molte cpigra- sc quod a11/e se passi s1111t omnes om11esquc
li, ad es. Epigr. Graec. 609,9; la sentenza ap- passuri... crudelitatem Fati comolatur aequali-
pare :mche, semplicemente trascritta, su iscri- tas. De remediis fortuitortim 2,3: morieris
zioni tombali latine: eupsychi tcc11011, udis nec primus 11ec ultimus; multi me atl/ecesse-
atba11atos: CIL VI ro889, 4 LIER 569; la tro· mnl, om11es seque11/t1T.
1Capaxa.ÀÉW, 11apaxÀT}OL<; e IV 2-3 (G. StEihlin}
consolare chi è nel dolore soprattutto vole trapasso dal non essere al non es-
ricordandogli che persino i figli degli sere,~ col. 632 e n. 77), ovvero si af-
dèi (ad es., Epigr. Graec. 298,7 s. 86 ; ferma persino un'ascensione dei mor-
Anth. Pal. 7,8,-j s.), i re (ad es., Horat., ti al cielo (ad es., Anth. Pal. 7,587,2)ro.
carmina 2,14,9-12), ecc. dovettero su- La morte significa soltanto il ritorno in
bire il medesimo destino di morte. patria 91 , alle altezze luminose da cui
Questi pensieri ritornano fino alla nau- una volta l'anima è scesa nel carcere
sea nelle più diverse forme letterarie e del corpo 92, e la vita stessa non è che
non letterarie che tendono a consolare. una visita (1tCX:PE1tLOT}µl<X. 'tLç ÉCT'tW Ò
~loç: Pseud.-Plat., Ax. 365 b): in que-
3. La premessa decisiva di ogni pro- sto quadro essa non è, con tutti i suoi
fonda e sentita consolazione antica è beni di fortuna, che un paese straniero
ridea dell'immortalità dell'anima 87 : i pieno di afflizione 93 • Il mondo è catti-
buoni non sono morti 83 • Il sostegno più vo 94, la terra è una valle di lacrime 95 ;
forte di questa consolazione furono i il corpo è un peso che grava l'anima
misteri (~ col. 631) 89 • Quando sulle (pondus animae: Sen., ep. 65,16), una
pietre tombali o sui sarcofagi troviamo prigione ed una catena dello spirito
la figura di Atti o Dioniso o O~feo e (Sen ., dialogi 12,rr,7). Perciò la morte
Alcesti, abbiamo davanti l'espressione è una benvenuta liberazione 96 e, anche
plastica della speranza e del conforto quando non si spera alcunché di là da
dell'immortalità ispirati dai misteri. La essa, rimane pur sempre un dolce son-
morte può esser concepita allora come no (-7 IV, coli. 175 s. n . 60; 1315 s.) e
il nascere ad un'esistenza immortale, ed la tomba un gradito luogo di riposo '11.
il giorno fatale come natalis aeterni D'altra parte la sofferenza su questa ter-
(cfr. Sen., dialogi 6 ,2 3 ); oppure tutta la ra ha anche il suo lato positivo perché
vita terrena può esser considerata co- è presupposto necessario per ricevere
me un punto di passaggio tra una pre- nell'aldilà la beatitudine: ut ad illa ve-
esistenza eterna ed una post-esistenza nias, per illa exermdum est (Sen., dia-
altrettanto eterna (mentre per Epicuro logi 6,18,8) 98• I consolatori insistono
l'esistenza terrena è soltanto il fugge- particolarmente sulla sorte migliore che
s-s -tijç t11'ȵol MTIT}<; 1Cctpaµùl>LO'll ȵq>pEal né erano prese veramente sul serio: -+ ST.ii.H-
DfoDe 'tOU'tO'll" xat µax&:pw'll 1tailiE<; ~'llepDE'll LIN 318.
~~cr.v. ~ GOTTWALD 18. 91 Cfr. Pseud.-Plat., A x. 365 e; idea simile in
87 Cfr., ad es., Plat., Gorg. 523 ss.; Men. 81; Filone(-+ n. 144 nr. 9).
Phaed., passim; Plut., cons. ad Apoll. 36 (11 92 Sen., dialogi 6,24 s.; cfr. -+ KAISER 21.
120 d-121 e). ROHDE n 379-396; A.]. FESTV- 93 Cfr. Sen., dialogi I 2,5; 4 KAISER 14.
GIÈRE, L'idéal religieux des Grecs et l'Évangi- 91 Cfr. l'esposizione esauriente di quest'idea
le ( x932) 143-169; -+ ScttAEFFER, compendio già in Pseud.-Plat., Ax. 366 a - 369 b e Sen.,
16; ~ EHRHARDT 430 Ss. dialogi 6,22,8: iniqua tempora; cfr. ep. 8,8:
BS Cfr. -+ EHRHARDT 432; Epigr. Graec. 259, munera ista /ortunae i11sidiae sunt.
3 s. 9.> Ad es., Plut., cons. ad Apotl. 6 (11 104 c);
&9 Cfr. ~ BuRl!SCH r 12-20; 4 SCHAEFFER, cfr. v. WAGENINGl!N 7; RoHDE •·10 11 200.
compendio 16. 9'l Ad es.,~ CarmÌlla Lati11a Epigraphica 783:
'lfl Benché queste idee siano incompatibili se corporeo /aetae (scil.: a11itnae ) gaude11t se car-
prese in senso stretto, il fatto che esse venga· cere solvi; 4 L!ER 602 s.
no spesso assodate e accostate (ad es. Sen., 91 Cfr. 4 HERKENRATH 25 ss.
dia/ogi 6124 s.) sta a mostrare che, in fondo, 9.i Il pensiero non è di Seneca stesso, ma di
npn erano frutto di una riflessione profonda Posidonio; cfr. REITZENSTEIN, Poim. 254 s.
1to:paxaJ.Éw, 1tapiixÀT)<n<; e IV 3 (G. Stiihlin)
il defunto gode nell'aldilà: egli guar· gliono gli dèi'. Così già Achille 'conso-
da da vicino le cose divine mentre lò' Priamo (Horn., Il.24,525; cfr. Plut.,
dalla sua altezza vede in basso quel- com. ad Apoll. 7 [II 105 b]). È soprat-
le umane (Sen., dialogi n,9 [27 ],3 ). tutto la provvidenza che determina la
Riceve la ricompensa divina per la fine della vita (Sen., dialogi 6,10,2),
sua buona vita: •ate, EÙcn::{3É<TL 'tWV µE- massimamente una morte prematura 103,
"'t'a.À.Àa.~av"'t'wv Eu·n "'t'Lc, •Lµl) x<1.t 7tpoE- e morire Èv xa.LpQ "tfjc; i)À.Lxia.ç (Xe-
opla. XClt XWpoc:; ·ne, à.1tO"'t'E'tct.''(µÉVOC, ... noph ., ap. 7) è considerato un segno del
Èv i;) OLct-rpl{3ouuw a.t "'t'OU'tWV ~uxa.l, favore divino 1().1 : questi prediletti degli
«per quelli dei trapassati che furono dèi vivono felicemente presso .coloro
pii c'è una ricompensa e una posizione che li hanno presi così presto (dr., ad
di riguardo ed un posto riservato per es., Anth. Pal. 7,483; anche Iperide in
loro... nel quale stanno le anime di co- Stob., ecl. 5,n33,3 ss. ~ n. 106); pian-
storo» (Plut ., cons. ad Apoll. 34 [Il gerli è quindi segno d'empietà (à.aE~Ei:v
120 b] ). Sentiamo parlare più volte dì "t'Òv i>Eov: Apollonius Tyanensis, ep.
questo coro celeste: sono i grandi del 5 8 ,6 [ ~ n. 48] ). A coloro che sono ri-
passato, i pii antichi 99 , particolarmente masti soli viene detto, per consolarli,
i propri antenati, anche se lì tutti sono che il dio non lascerà solo chi si po-
parenti tra loro (Sen., dialogi 6,25,2); ne sotto la sua protezione (lui., or. 8
il saggio incontra lì maestri pari a lui [249a-25oc, dr. 252 b-d]). Altrove pe-
(Plat., Phaed. 63 e) e l'anima vive ora rò non troviamo neanche una volta che
la vita dei beati, nella casa dei beati, si menzioni un dio come consolatore,
sull'isola dei beati, anzi in comunione perché non c'è alcuna divinità che sia
con gli stessi dèi beati: TtoÀ.L-tEVE"C'ctL consolatrice per funzione o natura. Il
µt:"t'à •Wv ìkwv (Menander, de lauda- governo, la provvidenza ed il favore de-
tionibus 2,n,294 1ro; dr. Plut., cons. ad gli dèi non costituiscono fonte di con-
Apoll. 37 [n 121 f)) JOJ. forto (cfr. tuttavia~ coll. 630 s.): l'uo-
In queste lettere consolatorie si par· mo antico sente pesare su di sé l'invi-
la solo eccezionalmente del dio o degli dia degli dèi più che vedere la loro azio-
dèi 102 ; talvolta invece del luogo comu- ne confortatrice 105 •
ne 'morire è umano' si dice: 'così vo- L'aspetto impressionante di molte
scrizioni sepolcrali dell'Impero Romano (Bu- questa profonda incertezza, è ancora più singo-
dapest 1937). Per il comportamento del sag- lare e insieme significativo lo zelo con cui si
gio e il comportamento giudaico verso la tom- propagava la domina epicurea cosl priva di
ba dr. G. BERTRAM, The Problem of Deafh qualsiasi speranza, ad es. Epigr. Graec. 1n7 a
in Popular ] udaeo-Hellenistic Piefy: Crozer 2 (--+ col. 632): ...El Ili "t"tç rD.Ào lpfo, ljiEv-
Quarterly xo ( 1933) spec. 267-271. crE'tClL' oòx fooµ.m .
106 Cfr. anche lperide in Stob., ecl. 5,1133,3 110 Cfr. --+ CuMONT 133.
ss.: El ll'fo·nv atcrhl)cnç tv t'tllou xat bnµÉ- 111 Cfr. L. FRIEDLANDER, Sillengeschichfé
ÀEta 1tapà. "t"OU llatµovfou, è.'>cr1tEP Ù7ta).aµ~6. Roms m• (1920) 324.
voµEv, etxòc;... ?tÀElu·n1c; X'l]liEµovlaç Ù'ltÒ "t"OU 112 Cfr., ad es., lui., or. 8 (246 b): ci.tcapal't'I]·
lìa~µovlou 'tvyxavew. Tac., Agricola 46: si, 111 "t"OV y6.p ècr"t"L -cò ÀEy6µtvov t;uyòv 'tljç 6.vciy-
sapientibus placet, non cum corpore exli11- XTJ<;. -+ GoTTWALD 13.
g111mtur mag11ae a11imae ... Ulteriori indicazio- 113 Elegia 1425-428; cfr. inoltre RoHDE •.io 11
ni in RoHDE 9 ·'° II 393 e n. 3; -+ EHRHARDT 200, spec. n . 4; Bacchyl. 5,160 ss.; Plut., cons.
435; -+ SKUTSCH 940; ~ LtER (Ili) 54 s.; ad Apotl. 27 (II n5 C·e); cfr. E. RottoE,
-+ CuMONT 133. op. cit. (-+ n. 71) 219 s.; HIRZEL, op. cii.
107 Ad es., Menander, de laudationibus 2,9,283 (-+ n. 56) 86; --+ LIER 465 s.; --+ ScHAEFFER,
(Rhef. Graec. m [...+ n. mo) 414,19-21). compendio 15; Sen., dialogi 6,22,3: si /elicis-
simum est non nasci, proximr1111 esf, puto, bre-
Ad es., Statius, silvae 2,6,99, dr. v. rnr ; i-
1118
vi aefale deft1nctos cito in integrum restituì;
noltre -+ EHRHARDT 434. sulla questione dr. -+ KAISER 19. Sentiamo
1()} Ad es., IG IX 2,429; El ll'l'jv 'toiç ayal>oi:ç un'eco di questo pensiero anche in Ecci. 4,2 s.:
civciynv, 7tciÀw "ijMEç lì.v etç qiwc; ÈX1tpoÀ~- «I morti son più felici dei vivi, e chi non è
1tWV iillv'tovc; IlEpaEq>ov'l)c; l>a)..aµovc;. Data nato è più felice di entrambi».
'ltapaxa)..Èw, 1tap6.x)..111nç e IV 4 (G. Stiihlin)
la vita una punizione e soprattutto passati si trasformino in stelle o si dis-
nella nascita dell'uomo la sua massi- solvano nell'etere (cfr. Eur., Suppl.531-
ma disgrazia» (in Plut., cons. ad Apoll. 536) 111 . Come in queste immagini poe-
27 [n 115 b]). Nonostante ciò la mor- tiche, la disperazione antica si esprime
te prematura è pianta con particolare anche in varie sculture su pietre tom-
dolore: «Il destino di chi è morto sen- bali e sarcofagi che in parte si sono
za nozze è degno solo di lacrime» ('lii:- perpetuate fino ad oggi, persino in se-
i}lwv oaxpu-.òç a-rtaç µ6poc;: Alceo in no al cristianesimo: In fiaccola spenta,
Anth. Pal. 7,495,5) perché la morte di la colonna spezzata, la rosa .appassita e
un tale uomo appare del tutto senza piegata, la clessidra alata 118, il genio
senso e la sua nascita affatto inutile: piangente, ecc. In questo senso vanno
µtl.-.T]v ÈyE'Voµriv, piange nel suo epita- interpretate anche le figure di Endimio-
fio un giovane morto (ibid. 558,4). Que- ne e di Arianne addormenta.ti o quelle
sta nota assume un tono cinico nei versi degli amorini dormienti. Tutto, anchl:!
dello Pseudo-Epicarmo 114 (jr. 64: Diels la più nobile consolazione degli antichi,
r' 210; Th. Bergk, op. cii. [4' n.73] finisce in una capitolazione finale da-
II 2 39; Diehl l l 64 ): dµt 'VEXpoç, 'VE- vanti alla maestà della morte 119 .
xpòc; OÈ x6npoc;, y'ij o'Ti xémpoc; È(J''tL'V' I
El O'1} y'ij i>Eoc, È(J''t ', OV \1Exp6c;, aJ.J.. à. L'antichità pagana è 'classica' anche
i>Eoc;, «sono un cadavere, e un cadavere
sotto questo aspetto, in quanto mostra
è putredine, e la putredine è terra; se
poi la terra è dio, non sono un cadavere, fino a che punto l'uomo possa spinger-
bensl un dio» 115• In un· epigramma di si con le sue sole forze e con la pro-
Callimaco (I 5 [I 3] ,3 s.), in cui il morto pria conoscenza: il suo comportamento
risponde alle domande dei vivi, leggia-
mo: «Com'è l'oltretomba? Tenebra pro- è grande rispetto allo strapotere delle
fonda. È vero che si può tornar su da forze che determinano la vita umana e
noi? Menzogne. E Plutone? Un mito. la rendono una landa di dolore, ma è
Ma allora siamo perduti!». Cogliamo
un'espressione forse soltanto ingenua, o piccolo e miserevole davanti alla con-
forse anche cinica, di una profonda di- solazione celeste di Dio in Cristo, della
sperazione, quando la tomba è chiamata quale testimoniano gli uomini e gli
iM.Àaµoc; e la morte nuptiae perpe-
tuae 116 , o quando c'è chi trova conforto scritti del N.T. Con la consolazione di
nella 'risurrezione' dei morti che avvie- Cristo è entrato nel mondo qualcosa di
ne nei fiori di primavera che sbocciano assolutamente nuovo 120•
sulle tombe o nella credenza che i tra- G. STAHLIN
Il~ Il vero Epicarmo dice: yii µÈv Elc, yiiv, 111 Cfr. -+ EHRHARDT 429; -+ Lrna 600; P.H.
'ltVEVµ« lì'avw, in Plut., comol. ad Apoll. 15 MENOUD, op. cit. (-+ n. 46). All'idea della
(11 110 a). trasformazione dei morti in stelle sottostà
115La medesima sentenza in un epitaffio lati- peraltro un'antica dottrina (egiziai') misterica;
no ~ Carmina Latilla Epigraphica 1532,2: dr. REITZENSTEIN, Hell. Myst. 1 (1910) 170 s.
mortua hic ego sum et sum cinis, is ci11is ter- 118 Cfr. G. BERTRAM, op. cit. (-+ n. 105) 268.
ra est / sin est terra dea, ego sum dea, mor- ll9 Cfr. -+ STAHUN 320; per tutto questo ca-
tua non st1m; ~ LIER 449.589 s.; -+ EHR- pitolo -+ CUMONT IJI ss. c:on molti esempi.
HARDT 428; ~ STAHLJN 319. 1211 Un suggerimento per queste formulazioni
116 -+ Lll!R 563 s. e n. 1. mi è stato dato da H . KLEINKNllCHT.
m:t.pcxxaÀÉw, 1tap6:xÀ.T)rrLc; D 1 r-3 (0. Schmitz-G. Stahlin I
sto, perché intanto non si può cambia- (ls. 51,19; Nah. },7) ed eseguirn un
re niente e poi ci si fa solo del male giorno nel giudizio finale (Sap. 3,18).
(-7 col. 629). La Bibbia conosce cer-
tamente anche una falsa e vana auto· 2 . Consolare è però l'opus proprium
consolazione, ad es. la fiducia nell'oro e
nei beni materiali (cfr. Iob 31,24) 128, di Dio: egli volge tanto la disperazione
eppure nell'ambito biblico è ancora pos- individuale (ancora una volta soprat-
sibile trovare l'idea che le elemosine tutto nei salmi, ad es. tli 22,4; 70,21 l.lO;
siano considerate da Dio una grande
85,17; 9},19; specialmente n8) quan-
consolazione (Tob . ..i..11).
to lo sconforto collettivo del popolo di
11. La consolazione di vina Dio (cfr. Is. 54,11 ss.; 5r,19 ss.) in per-
fetta consolazione. In questa prospetti-
La vera consolazione (1ta.pÒ:xÀnrnç
129
va si pone la maestosa promessa di con-
aÀ.TJl}Lv1J: I s. 5 7' I 8 ) del cuore può
solazione che apre la seconda parte del
venirci soltanto da Dio e al suo con-
libro d'Isaia: «Consolate, consolate il
fronto ogni altro conforto è una µa-
mio popolo, dice Dio. Sacerdoti, parla-
'ta.la. 1tapaxkrr<nç (Is. 28,29; cfr. Zach .
te al cuore di Gerusalemme e conforta-
10,2; lob 21,34). Senza Dio l'uomo, il
tela perché la sua umiliazione è finita
popolo ed il mondo sono senza conso-
ed il suo peccato è rimosso» (ls . 40,r
lazione.
ss. [LXX]). Nel tempo della salvezza
1. Lo sconforto del singolo indivi-
duo si manifesta nei salmi (ad es., ~ ora incominciato Dio stesso c::onsolerà
68,21 ): può essere così profondo da Sion e «tutte le sue rovine» rendendo-
chiudere l'anima ad ogni consolazione la un m.<paoEtO"oç xuplou (1 s . .51 ,3 ):
( 76 ,3). Lo sconforto del popolo trova
Éyw Ei.µL, ÉyÙ) EtµL ò 1ta.paxa.À.W\I O'E,
un'espressione commovente nei lamenti
(Lam. 1,::t.9.16.21; 2,13 : 'tl<; O'WO'Ei. O"E «sono io, proprio io il tuo consolato-
xa.L 1ta.paxa.ÀÉO"EL O'E;, «chi ti salverà e re» (ls. )I,12); cfr. inoltre Ez. 14,23;
chi ti consolerà?»; cfr. anche Is. 22,4 Bar. 4,.>o: Mp<Tn, 'IEpouO"aÀ:f]µ, 7ttxpa·
ecc.). L'Ecclesiaste lamenta la dispera-
zione dell'umanità: xat OÙX Ecr'tW av- xaÀÉCTEL O'E ò Ò\loµ.ao-aç cn, «coraggio,
'tO~ç rco:pa.xcùwv, «e non c'è chi li con- Gerusalemme, ti consolerà lo stesso
soli» (4,1 ). La profondità di tale dispe- che ti ha dato il nome» ; e soprattutto
razione è dovuta al fatto ch'essa rap-
presenta il giudizio di Dio, il verdetto ~ 125,1, ove il 'sognanti' del T .M. è di-
che Dio stesso esegue ora nella storia ventato nei LXX 'consolati'.
m Cfr. TH. HERMANN, art. 'Trost, Troster, 'abiil, verace (2 Reg. 4 114), invece di 'hl, essere
trosten' : Calwer Bibcllcxikon li ' ( 19~4) 77 5. nfl/illo (ÙTTLEY, op. cit. [~ n. 16] 11 358)»
m Qui sono associati liiultm e 1tapa.xo:)...ei:v (KATZ}.
(- > n. 65). P. KATZ fa notare che «il testo gre·
co è dovuto qui a due madornali sviste dci ua Nei LXX la certezza espressa nel testo ori-
traduttori: w'11h111w invece di w'11hhw (Aqui- ginale appare già adempiuta: xat l:m<i't'pÉ~a.i;
la traduce co~rettamente xa.i>w8~yT)ua), e 1tllpEX6.ÀE0"6.ç !-(E.
11cr.paxcr.À.Éw, 'ltctp6.xìvl')~n<; D n 3-4 (0. Schmitz-G . Stahlin)
Ili Gerusalemme è raffigurata come consolatri- 135 Cfr. SMEND, Sirach erklort (-+ n. 15) 473 .
ce in 4 Erdr. 10,20 («fatti consolare dal dolore 136 Cfr. iJ nome di Menahem dato più tardi al
di Gerusalemme»), ma in altro senso: il con- Messia (-+ col. 655). Non è da escludere che
fronto con la sofferenza uguale o maggiore di Gesù si rifaccia ad uno stadio iniziale di quc·
altri è motivo di conforto (-+ col. 634 e n. sta denominazione, :i noi ignoto, quando nel
144 nr. 4). quarto vangelo (Io. 14,16; dr. 1 Io. 2,1) si
m Per questo significato di My~o\I dr. lo stu· considera il 1tctpcixì.:r1nc; e promette «un al-
dio di T.W. MANSON su Mylo\I nella Bibbia tro 'ltcr.pcix):r1'toc;» (-+ coll. 676 ss. n. 1 ) . Di pa-
greca: BJRL 29 ( 1945/46) 411-428, spec. rere diverso è BuLTMANN, Joh. 439 n . 4.
414s. 137 E singolare che queste parole manchino in
IJl Cfr. a questo proposito la parte che hanno Le. 4,18; probabilmente non furono lette da
il Fedone platonico ed il 11E.pt 'ltl\IDouç di Gesù insieme con l'annuncio dcl giorno del-
Crantote quali fonti di conforto (-+ col. 62~ l'ira divina, oppure furono tralasciate da Lu-
dr. anche Dio C. 43,n,3). ca (dr. ZAHN, Lk., ad l.) quantunque si potes-
134 Cfr. H. GuNKEL (in KAUTZSCH, Preude- sero adattare quanto mai agli altri infiniti che
pigr.) a 4 Erdr. 10,41; cfr. v. 49. descrivono la missione salvifica di Gesù. Forse
'1tct.pa.xa.Mw, 1to.p!X.xÀ.T}UL<; E 1 r-3 (0. Schmitz-G. Stahlin)
143 Cfr. K .G. KuHN, S. N111n. 690 n. 69. di un frutto maturo (cfr. Qoh. r. 5,u con Cic.,
Cato Maior r9 e inoltre A. WtiNSCHE, Die Bil-
14: I soliti motivi comuni di consolazione so-
dersprache des A.T. [1906) 39; ~ LtER 583
no presenti, in forma e contenuto, non solo s.). Ptrsino motivi religiosi possono essere de-
nel giudaismo ellenistico, ma anche in quello rivati dal paganesimo: 9. la morti! è il ri-
palestinese: L la morte è il destino di ogni torno dell'anima in patria (Philo, Abr. 258; ~
uomo (dr. Philo, Abr. 257.259 con Bar. syr. WENDLAND 60; ~ col. 636). IO. Perdiamo
83,10 ss.; Ket. b. 8 b; cft. però il rifiuto di qualcosa di caduco, otteniamo qualcosa di e-
questa idea come una «consolazione dci Babi- terno (Bar. syr. 85,5). Lo stesso vale per i mo-
lonesi», cioè come bestemmia, in B.Q.b. 38 li; tivi filosofici: u . giusta è un'a11rea mediocri-
~ col. 634; ~ LIER 564 ss.). Questo motivo
tas· di dolore tra mxllo<; e Ò:.1tai>wi (cfr. ~
appare su epitaffi giudaici spesso perfino nella SCHAEFFER, compendio 13) raggiungibile con
caratteristica formulazione pagana i}cipCTEL oò- le consolazioni dcl ÀoyLcrµ6ç (spesso in Filo-
Selç à.Mv!'l."tO<; ( ~ col. 634). 2. La vita è un ne, ad es_ som. 1,1ross.; ~ WENDLAND 56ss.),
assiduo alternarsi di gioie e dolori; quindi ad es. quella -: he «nella morte la cpucrL<; esige
non affiigger1i, ma spera (Philo, vii. Mos. r,8; il proprio olxEtoV ocpÀ.T)µ!'I. (Philo, Jos. 24) O
~ BURESCH 1 59)_ 3. Anche dopo una perdita
XPÉo<; (Philo, Abr. 257)» (~ STAHLIN 314).
dolorosa ad ognuno rimane sempre qualcosa
145 La sofferenza è una correzione di Dio (Bar.
(Philo, Abr. 196 ~ col. 633). 4 . Il dolore al-
trui è ancora maggiore del proprio (Bar. syr. syr. 78,5), un giudizio (ibidem; cfr. Sanh. j. 6,
80,7 ), eppure molti altri si sono confortati 23 d 60 in STRACK·BILLERDECK IV 605 s.),
(cfr. però il rifiuto di questo argomento in Ab_ un'espiazione (Ket. b. 8 b). Dio stesso pone
R. Nat_ 14 [ 5 b): STRACK-BILLERBECK IV 604). però fine al patimento (Bar. syr. 85,8; 78,7) e
5. Molti si uniscono al nostro dolore (M.Q.b. dona la consolazione (~coli. 646; 653 ss.).
28 b; ~ coli. 649 s.). Si aggiungono poi i mo- 146Ad es. la consolazione del popolo nella let-
tivi consolatori per la scomparsa di giovani: tera consolatoria di Bar. syr.: la sofferenza pre-
6. in confronto con l'eternità non c'è differen- sente del popolo serve per la salvezza perché
za tra una vita lunga ed una breve (Philo, los. cosl esso non vi~ne in giudizio (78,6), mentre
24; ~ WllNDLAND 61; ~coli. 633 s.). 7. Una i nemici d'Israele saranno giudicati per essa
morte in giovane età fa risparmiare molti do- (cfr. 83,22; 82,2 ss. con le sette 'immagini con-
lori possibili (~ ScHAEFFER, compendio 16). solatorie' dell'annientamento dei nemici). Si-
Nel giudaismo quest'idea riceve un arricchi- gnificativa è anche la conclusione (84 s.): se
mento teologico: se Dio avesse avuto in serbo ci convertiamo, riotterremo tutto quanto per-
per il defunto ancora del bene, non l'avrebbe demmo ed anche cose molto migliori perché a-
certamente fatto morire cosl presto (B.Q.b. vremo cose eterne invece di cose transeunti
38 a; dr. il commento a questo passo in (85,4s.) . Ohre a questa consolazione collettiva
STRACK-BILLERBECK IV 605). Così anche per abbiamo quella individuale: ad es ., la consola-
la morte in età avanzata: 8. la morte di un zione con i tre motivi di Ab. R. Nat_ 14: 1.
vegliardo è come lo spegnimento di una fiam- {<Con la morte di tuo figlio hai restituito intat-
ma che ha bruciato fino in fondo e la caduta to il prestito fattoti da Dio» (per questo moli-
napaxa'/...lw, na.p6.XÀ.'TJO"Lç E rr (0. Schrnitz-G. Stiihlin) (v,790) 654
vo dr. ~ WENDLAND 59, spec. n. r con altri e- pessimistico mito greco del vaso di Pandora
sempi; ~ n. 144). 2. «Tuo figlio ha letto in vi- dal quale vengono 'seminati' nell'umanità tut-
ta le sacre Scritture». 3. «Ha lasciato puro il ti i mali, mentre la sola speranza vi restò den·
mondo, cosl puoi esser certo che sarà ricom- tro (Hes., Of!. 94·IOI ).
pensato con un destino felice». Su binari si- 143 Dato il suo ufficio di consolatore, appare
mili si muove l'autoconsolazione di R. Akiba: come una specie di precursore del Messia an·
«Sono consolato perché so che è figlio del che Noè, il cui nome i rabbini interpretano in
mondo futuro chi ha guidato molti alla giu- vari modi come consolai.ione(~ col. 644); dr.
stizia» (Semahot 8 [ 16 c] in STRACK-BlLLER- lud.9,13; Ge11. r.25 (16c) in STRACK-BILLER·
DECK IV 588). Questa consolazione basata su DECK IV 964.
di una buona vita è proclamata anche nel
1-19 ~col. 655 e n. i55.
mondo greco, soprattutto nei misteri con la
loro fede in una giustizia distributiva nel re- 15D STRACK-BILLERilllCK II 125.
gno delle anime: dr., ad es., Eur., Jr. 311.852 151 Documentazione in STRACK-BILLERBECK li
(T.G.F. 452.637); Plut., com. ad Apoll. 34 (n 124s.; cfr. anche Ta11h . a Deut. 1,1 § r (ed.
no b.c): ...'l"oi:ç EVCTE(3fo~ ... fo·n 'l"tç 'l"tµ'Ì) xa.t HoREB [ 1927] 617 ): kol-batme~iimot 'Se'iimar
7tpOElìpia.. lSn'jabii, in ScHLATTER, Komm. Lk. 198. «Nel
141 L'espressione 6..vl>pwnwv ylvEt xa.'l"fo7tEt- quadro di una haggada con il tema della cor-
pEv contiene forse un'allusione antitetica al rispondenza tra ideale tempo del deserto e fu-
'ltapaxaÀ.Éw, 1tapaxÀ.1}cnç F !O. Schmitz)
turo messianico vengono qui ricordate anche salvezza che tiene dietro ad un tempo di sven·
'tutte le consolazioni pronunciate da Isaia'» tura».
[MEYER]. 1ss SCHLATTER, Komm. Ml. 135.
1s: Bar. syr. 44,7. ISO STRACK-BILLERBECK I 195; dr. 66.83 spcc.
m Documentazione in STRACK-BILLERBECK 11 a. Cfr. anche DALMAN, Worle ]. 1 89 s.; Bous-
125 s.; dr. nnche Ber.;. 8 d: Elia ed Eliseo SET-GRESSM. 227.
s'intrattengono, durante l'ultima passeggiata 157 Cfr. MooRE 11 348 e STRACK-BILLERBECK l
di Elfo, sulle 'consolazioni di Gerusalemme' ; 66 {n) ove si fa notare che la parola ha il me-
SCHLATTER, Ko111"rt1. Lk. 198. {Si tratta di llllfl desimo valore numerico del 'germoglio' di ls.
discussione sulle 'ultime paròle' di Elia del 23,5. R. MEYER ritiene al contrario che Me-
tardo periodo amoreo palestinese [MEYER] }. nahem sia un eminente ed importante perso-
11 'giorn~ della consolazione' è una delle sette naggio storico del periodo della guerra giudai·
cose nascoste agli uomini, e in questo contesto ca, poi passato nella leggenda con aspetti mi-
appare come momènto diverso dal 'nuovo re- tici e divenuto il Messia che torna. Cfr. R.
gno della casa di Davide' per indicare la bea- MEYER, Der Prophet aus Ga/iliia ( 1940) 76-
titudine dell'aldilà; STRACK-BILLERBECK 11 79. II 3 . 1 J2 Il . I 8 3·
126.4u; dr. ScHLATTER, Komm. Lk. 198. IS8 ~ ScHLIER 51 n. 1: «ltr.tpa.xaÀEL\I .ricorre
t:>I Documentazione in STRACK-BILLERBECK Il nel N.T. 103 volte, di cui H in Paolo; 'ltapa-
1.26 anche per l'espressione 'consolazione della XÀ..TJCT!.I; 29 volte nel N.T., di cui 20 volte in
comunità' che designa, più in generale, «ogni Paolo».
m~pcixCtì..ÉW, 1tcip1h)..TJa~ç F (0. Schmitzl
159 In PREUSCHEN-BAUER 1 1123 ss. si precisa adatti meglio chiedere. Anche in Le. 8,41 ili·
quali siano le diverse possibilità della costru- vitare è troppo debole, mentre in Mt. 20,28.
~ionc grnmmnticnlc. cod. D (1tCtpttxÀ'l]~lv·m; OEt'ltVii11at), abbiamo
chiaramente questo significato.
1:.1 In PREUSCtmN-BAuER' 1123 si sostiene che
'i':IJ.pcixCtÀEi:v va tradotto con imJitare anche in 161 In 1 Cor. 16,12 esortazioni comuni e religio·
Aci. 8,~1; 9,38; 16,15. Questa traduzione va se si confondono; qualcosa di simile vale an·
bene nl massimo per 8,31, benché anche qui si che per r Tim. 1,3 (esortare).
7ta.pa.xaÀÉw, 7tapaxÀT]<TLc; F 1-2 (0. Schmitzì (V,792) 660
to ali 'idea del rivolgersi ad altri con la ta sempre di una preghiera insistente,
parola, questi tre significati hanno in di una supplica la cui urgenza è sotto-
comune il concetto base di esortare 162 , lineata dall'aggiunta di 1tOÀ.À.a (Mc. 5,
ma caratteristicamente differenziato. 10.23) o CT1touoa.lwç (Lc.7,4) o dal get-
Nondimeno in questo triplice uso di tarsi ai piedi (Mc. I,40; Le. 8,4r). Pre-
1tet.pa.xa.À.Ei:v si verificano interessan- Sl!pposto è che il supplice sia entrato in
ti passaggi da un significato all'altro, qualche modo nella sfera di azione del-
cd anche all'interno dei tre momenti la salvezza di Gesù. 7ta.paxcxÀEiV indi-
semantici si manifesta ogni genere di ca in Mt. 26,53 l'invocazione di Dio 165
sottili sfumature di significato a secon- nel momento del pericolo: Gesù fa pre-
da dei vari contesti in cui compaiono i sente la possibilità di chiedere a Dio
nostri termini. Anche il sostantivo par- d'inviare angeli a proteggerlo, possibi-
tecipa al secondo e al terzo significato lità di cui non intende servirsi. Con
del verbo. questa situazione può paragonarsi sen·
z'altro l'episodio narrato in 2 Cor. 12,8 :
1. Supplicare
tre volte Paolo ha implorato invano il
mxpa.xa.À.Eiv = supplicare, implorare Signore di liberarlo dall'angelo di Sa-
aiuto, particolarmente davanti alla po- tana.
tenza salvifica di Gesù che si è manife-
stata, ricorre soprattutto nella tradizio- 2. Esortare
ne sinottica quando gli uomini si rivol- mxpa.xa.À.E~v = esortare mediante la
gono a Gesù implorandone l'aiuto 16l. parola predicata nella potenza dello
Cosl lo supplicano il centurione (Mt. Spirito santo, si riscontra soprattutto
8 ,5 ), gli anziani dei Giudei (Le. 7 ,4 ), negli Atti e nelle lettere di Paolo. Que-
l'indemoniato guarito (Mc . 5,18 164 ), i sta accezione si differenzia dalla prece-
malati (Mt. r4,J6; Mc. 6,56), il lebbro- dente (chiedere aiuto) in quanto la ri-
so (Mc. I,40), Giairo (Mc. 5,23; Le. 8, chiesta, l'esortazione non è fatta da chi
41 ), gli accompagnatori del sordomuto ha bisogno di aiuto, ma è sostenuta dal-
(Mc.7,32) e del cieco (Mc.8,22). Si trat- l'autorità di chi parla nel nome di Dio.
162Cfr. J.CH. K.v. HoFMANN, Der Schriftbe· caso Le. 8 ,37 ha Èpw-rCiv invece di 7tl'1.(JIXXa-
weis II' 2 (1860) 13: 1ta.paXC1-ÀEi°v indica quel ÀEL'll .
tipo di esortazione che non ha di mira un'a- 164 Le. 8,38 ha invece òei:crìla.L; cosl anche in
zione determinante. 5,12; cfr. Mc. 1,40.
lM Nelle parole del servo spietato (Mt. 18,32)
l6l È certamente vero che nel caso delle guari· 7ta.pa.xaÀ.ELV significa, in un primo senso im·
gioni d'indemoniati la richiesta tende a respin- mediato, chiedere, supplicare (cfr. anche v.
gere e allontanare Gesù: cfr. la preghiera dei 29); ma nella parabola questa richìesta di con-
demoni in Mt. 8,31; Mc. 5,10.12; Le. 8,31 s. e dono dcl debìto terreno è figura della preghie-
dcl Geraseno: Mt. 8,34; Mc. 5,17; in questo ra per ottenere il perdono divino.
661 (v,792) na.pa.xcr:À.Éw, net.péc.XÀ.TJ<n<; F 2 (0. Schmitz)
rcapaxo.Àeiv viene cosl a significare pro- grazie alla 7'a.pcixÀ.l}CTtc, ..-ov èt:ylov 'TC\IEU-
priamente il messaggio salvifico inteso µa-.oc; 167 . Il verbo ha questo significato
alla conquista e promanante dalla pre- di autorevole presentazione e offerta
dicazione apostolica. A questo pro- della salvezza anche nel discorso di Pen-
posito è particolarmente significativo 2 tecoste dell'apostolo Pietro (Act. 2,40),
Cor. 5 ,20: wc; "rOU t}EOU 1tapaxcc.Àouv· dove è usato accanto a o~a.µap..-v·
..-oc; lìt'ftµwv. Il Weizsacker traduce: pmì)a~. Quest'uso linguistico esprime
«come se Dio pregasse mediante noi», chiaramente il carattere impegnativo
lo Schlatter invece: «poiché Dio esorta del messaggio evangelico. Le. 3 ,x 8 con-
per mezzo nostro». Dobbiamo senz'al- ferma tale asserzione: 'ltapaxaÀEtv in-
tro preferire la traduzione 'esortare', dica qui il modo in cui il Battista pre-
poiché si tratta di tutto il peso del- sentò il suo messaggio di salvezza al
la massima autorità che si esprime efiì- popolo; il verbo mette cioè in rilievo
cacemente nell'esortazione autorevole l'aspetto etico di quella predicazione,
del predicatore (dr. 2 Cor. 6 ,r ). L'e- l'impegno concreto a cui Giovanni chia-
spressione parallela OEoµEl)a. Ù1tÈp Xpt- mava le folle.
cr-rou, «vi supplichiamo per Cristo», ci Ora, dato che questo 'ltctpaxctÀEtV
fa però notare che nel verbo è presen- include anche la risposta del Battista
te anche il momento dell'insistenza ac- alle varie categorie di persone (Le. 3,
cattivante 166 • Il sostantivo è usato da ro-14), esso costituisce il passaggio ad
Paolo ancora una volta per indicare la un'altra accezione di 7tapaxa.Àdv e 'lta.-
predicazione missionaria come tale (I paXÀi]<Ttç, l'esortazione a chi è già sta-
Thess. 2,3). Mentre Paolo indica in to conquistato dal messaggio, esorta-
questo passo la sua proclamazione del- zione che mira soprattutto a guidare
l'evangelo di Dio (v. 2) con le parole i credenti in una vita degna del-
1t 7'ctpcixÀ.TjCTtc; -fiµwv, in Act.9,31 i cri- l'evangelo. L'osservazione che segue
stiani palestinesi crescono di numero ci fa capire quanto le due accezioni
1!>6 CREMER-KOGEL 57 1: là dove napa.xa.À.ei:v rivolto al figlio maggiore significa pregare nel
si riferisce alla predicazione della salvezza si senso di ammonire con gentilezza, ma con una
può sempre dire che «i momenti della richie- sfumatura di riprensione. I nvifare {PREU-
sta, dell'esortazione e della consolazione sono SCHEN-BAUER l 1123, ma cfr. Il2'j) è qui trop·
strettamente collegati..., cosl che non è quasi po debole. Per i sinonimi cfr. anche -4
mai possibile isolare un significato dagli altri». SCHLIER 51 ss.
Philm. 8 s. mostra che mxpa.xa.>.ei:v implica 167 ScHLATTER, Eri. 1 ( 1208) 910: «L'invito
una richiesta anche dove significa esortare: il al ravvedimento e l'evangelo rivolto personal-
nostro verbo è qui espressamente distinto da mente ai singoli nella potenza dello Spirito at-
Ém'tacrcrELV ed appare un segno d'amore. Mol- tirarono nuovi seguaci, i quali riconobbero che
to istruttivo per questa mobilità dell'uso lin- qui li apostrofava la parola di Dio e lo Spirito
guistico è Le. I5,28: il napaxa.Àei:v del padre di Dio li chiamava a Gesù».
663 (v,793) ;:o.paxaÀ.Éw, 7to.paxÀ.'1)11Lc; F 2 (0. Schmitz)
siano unite tra loro. Il À.oyoç rcapa- Cristo» (1 Cor. 1,10), <(per il nostro Si-
xl1)crEwc; che i capi della sinagoga si gnore Gesù Cristo e per l'amore dello
aspettano dagli apostoli (Act. 13,r5) of- Spirito» (Rom. 15,30), «per la man-
fre a costoro l'occasione per annuncia- suetudine e la mitezza di Cristo». ( 2
re ai loro connazionali in Antiochia di Cor. 10,1 ), «per la misericordia di Dio»
Pisidia, per la prima volta, il messag- (Rom. 12,r). Con questo richiamo al-
gio evangelico in tutta 1a sua impegnn- l'evento salvifico che ne costituisce la
tivn gravità (vv. 32.40 s.). Nella Let- premessa e il fondamento, la nap&.xÀ.T]-
tera agli Ebrei la medesima espressio- !rL<; apostolica si distingue nettamente
JM Cfr. per questo aspetto tutto il saggio di TER, ma vn tenuto presente che la sensibilità
~ ScHLIER, nel quale certamente la «grazia linguistica greca è posta in entrambi i casi da-
apostolica» da cui procede l'esortazione arriva vanti nd un'unica e medesima parola.
fino al punto che <mcl sacrificio dell'Apostolo
si prolunga Ja passione di Cristo» (62). 11,• Cosl Diodoro di Tarso commenta Rom.
l:'tl Cfr. ~ Sc1·1Lm~ 54. In 1 Tbess. 4,18 si· 12,8: JtapcixÀ.lJ<T~ç lìÉ Éu-rw Ti 7tpo-rpomì 01.'-nc;
gnificherà la mutua consolazione. In .5,II, do- -roùc; h~ l\I à.y'llol~ Etc; -rYJ'll -roii XpLCT-rov
ve abbiamo insieme 7to.po.XttÀ.E~'\I cd oLxolio- 7tl1r-rt\I 7to.po.xa).oiiµt'll; dr. K. STAAB, Pau-
IU:~'\I (cfr. 1 Cor. 14,3), potremmo tradurre am, luskommetJtare aus der griecbischen Kirche
monire, con il WE1zsA.CKER contro lo ScHLAT· (1933) 106.
napcxxo:ÀEw, 1tcxpaù11u~; F 2-3 (0. Schmitz)
tico (Aci. 15,31, dr. 15,28) e viene ac- xoooµl): I Cor. 14,13; vnoµòvl); Rom.
compagnata dall'esortazione orale di 15,4.5) ci fanno capire chiaramente che
dai nostri vocaboli è assente qualsiasi
Giuda e Sila che sono espressamente idea di severità, di polemica, di criti-
chiamati profeti (15,32), Varie altre ca 172 • Quando in altri casi troviamo
volte gli Atti ci ricordano simili esorta- strettamente congiunti con ita.paxaÀEi:v
verbi come µap'tuptcrl>aL (1 Thess. 2 ,
zioni rivolte a discepoli che hanno bi-
12), ~1tLµet.p'tU{JEi:v (1 Petr. 5,12), OL«·
s~no di essere corroborati ( l l ,2 3; I 4, µa.p'tvptcr~aL (Aci. 2,40), H.ÉYXELV (2
22; 16,40; 20, 1 s.). Timoteo è incari- Tim . 4,2), bwnµci.v (2 Tim. 4,2), 1tct·
cafo da Paolo di svolgere il medesimo payyÉÀ.ÀEW (2 Thess. 3,12), OLO<icrxELV
(1 Tim. 6,2; dr. 4,13), è evidente allora
ministero d'incoraggiamento ed esorta- quale serietà e passione si attribuisca
zione verso i Tessalonicesi ( 1 Thess. 3, a questa esortazione pronunciata nella
2) che l'Apostolo stesso ha esortato ad potenza dello Spirito santo m. La me-
desima conclusione possiamo trarre dal-
uno ad uno, quand'era tra loro, come la constatazione che rca.pa.xa.Àtiv è usa-
un padre fa coi figli (1 Thess. 2,12). Se to propriamente per consolare. Ci sono
qui si presume senz'altro che tale esor- casi in cui è difficile distinguere tra e-
sortazione e consolazione e preferire
tazione avvenga «nella potenza dello
l'uno o l'aftro significato: in 2 Cor. 13,
Spirito» (Rom . 15,19), in Act. u,24 è 1 l 1ta.pa.xa.À.Eicri}E abbraccia «entrambi
sottolineato a bella posta che Barnaba i significati: la parola di consolazione
poté svolgere questo servizio pastorale rivolta a chi soffre e la parola di esorta-
zione per gli stanchi e i tiepidi» 174 •
perché era «pieno di Spirito santo e di
fede». 3. Consolare
I termini che qui e altrove sono u-
~atta eccezione per pochi passi in
sati insieme con 1ta.paxaÀ.EÌ:\I e 1tapa-
xÀ'll<TL<; (1ta.pa.µvl>Ei:cri)a.i: 1 T hess. 2, Matteo e Luca, itapaxaÀ.Ei:\I è usato so-
12 ; O"'t'llPlstw: r Thess. 3,2; 2 Thess. prattutto nelle lettere paoline ed in
2,17 171 ; btiCT'tTJPlSEW : Act. 14,22; 1_5, quella agli Ebrei per indicare la consola-
32; tpw'tii\I: I Thess. 4,1; oi.xoooµ.Ei:v:
r Thess. 5,11; 1tapaµM~ov 6.yli1tT)<;: zione che viene dalla salvezza presente e
Phil. 2,1; m:xpa.µvl>la. : r Cor. 14,3; oi- futura di Dio. In Hebr. si vede ancora
1;1 E .G . SELWYN, The firs/ Epislle o/ St. Pe- m Tuttavia la traduzione ingiungere propo·
ler (1946) cerca di sfruttare l'associazione di sta da PREUSCHEN-BAUEK. II24 (però cfr.
TIO:pc.tXIXÀE~v e U'tT)p'l;ELV in T hess. e r Petr. n2J) per Le. 3,18; I Tim. 6,2; Tit. 2,1, non
(J,I0.12 ; dr. anche Aci. IJ,32) per risolvere è adeguata. Il significato è raccomandare viva·
ii problema dell'autore <li 1 Petr. (che sarebbe mente, ma è opportuno consc:·v;1re con SCllLA'l'·
Sila). TEK la traduzione esortare.
m - coli. 734 s.; dr. Philm. 8 s. e 1 Cor. 4 113
( ÒUO'q>T)µouµEVOL 'ltCXpc.tXIXÀ.OUµEv) ove possia- 111 SCHLA'ITER, Kor. 681; cfr. anche la bella
mo tradurre consolare, esortare o dire una conclusione di -+ ScttLIER 68: «L'esortazione
b11ona parola. Theod. Mops. parafrasa il n«- apostolica è un appello sollecito ed insistente
paxo:Àouµtv di I Cor. 4 1 13 in quest'ultimo ni fratelli che include in sé preghiera, consol:i-
senso: cfr. STAAB, op. cit. (- n. 170) 177. zione ed esortazione insieme».
667 (v,794) 1ta..pa.xo.:ÀÉw, napaxÀ1JO'Lç F 3 (O. Schmitz) (v,795) 668
una volta il nesso tra esortazione e con- l'orientamento escatologico che le viene
solazione quando l'autore «consola e in- proprio dal fatto di essere l'aiuto pre-
coraggia» 175 con le parole di Prov. 3 ,r r sente di Dio, sono quanto mai evidenti
(Hebr. 12,5) e attesta (6,18) il «poten- nella preghiera dell'Apostolo in 2 Thess.
te incoraggiamento» che è garantito ai 2,16 s.: «Ora lo stesso Signor nostro
credenti col giuramento e con la pro- Gesù Cristo e Dio nostro padre, che ci
messa di Dio. Tuttavia la t~xupèt. mx- ha amati e ci ha dato per grazia una con-
pcixÀ:ricnc; di 6,18 non indica un'esorta- solazione eterna ed una buona speranza,
zione, ma «la potente e rincorante con- consoli i vostri cuori e li sostenga con
solazione che fa resistere al tormento ogni opera buona e con ogni buona pa-
ed alla tentazione del dubbio» 176• An- rola» 179• Questa 'consolazione del cuo-
che con Rom. r 5 ,4 restiamo in que- re' è l'oggetto della lotta intima che
st'ordine d'idee, poiché Paolo, rife- Paolo sostiene per le comunità che non
rendosi all'A.T., parla della «consola- conosce personalmente (Col. 2,2), è lo
zione che viene dalle parole scritte» 177 • scopo della missione di Tichico (Col.
Si tratta anche qui della 'consolazione' 4,8; dr. Eph.6,22). Lo sfondo di que-
che ci serve per conservare la speran- sta sentita necessità di consolazione è
za 178 e quando l'Apostolo in questo con- costituito dalla pesante pressione del-
testo chiama Dio «il Dio della pazien- l'eone presente. Particolarmente l'Apo·
za e della consolazione» ( v. 5) che in stola su cui grava la pienezza delle 'sof-
quanto tale darà alla comunità la sua ferenze di Cristo' ha bisogno sempre di
unità spirituale, intende indicare qua- nuovo di questa corroborante consola-
le sia la fonte ultima di ogni vera con- zione divina e sempre di nuovo la rice-
solazione. Il nesso di questa consolazio- ve e ne è rinfrancato 180 • Un gesto d'a-
ne con l'atto d'amore di Dio in Cristo e more non ben precisabile compiuto da
115 RIGGENBACtt, Komm. Hbr. 1· 1 394. te cogliere anche la nota d'incitamento conte-
176 RIGGENBACH, Komm. H.br. ' ·' 175. nuta nei vocaboli. Ciò vale anche per la tra-
177 Traduzione di ScHLATTER. duzione del nome B11.pv11.(3ric; con vlòç, it11.p11.-
l7S Perché Paolo parla qui della speranza? Cfr. xì...TjaEwç (Act-4,36): egli aveva significato per
Sc1-1LATTER, Rom. 381 : «Paolo la chiama nuo- gli apostoli, «la cui testimonianza l'aveva con-
vamente, come in 8,24, il bene prezioso e la dotto alla fede», un incoraggiamento, «CO·
caratteristica essenziale della comunità. La me il figlio che con la sua presenza ed il suo
chiesa conserva la speranza mediante la per· comportamento liliale è per il padre una vera
severante sopportazione e l'appello di esorta- consolazione» (ZAHN, Ag.' 184). Per il proble-
zione e di consolazione di quelle parole ·che ma dell'origine e dell'esattezza di tale inter-
sono state santificate in quanto sono divenute pretazione del nome cfr. ibid. r8H88 e la bi-
Scrittura». bliografia ivi indicata. In CREMER-KOOEL 573
179 Traduzione di ScHLATTER. s'intende invece vtòç napaxÀ1)<1EW<:; nel sen-
ISQ Quando 1t(.(PC1.XC1.À.Ei:\I e 1tC1.PcXXÀ.T)CTL<:; signi- so che: Barnaba avrebbe avuto in misura ecce-
ficano 'consolare' e 'consolazione', è importan- zionale il dono profetico di 1tapaxaÀEL\I.
?to:pa.xo:ÀÉw, ?to:p&.ùTJ!1Lç F 3-4 (Ù. Schmitz)
Filemone fece provare a Paolo «una consolatorio del N.T. come «il Dio di
grande allegrezza e consolazione» (Phi- ogni consolazione che ci consola in tut-
lem. 7). L'Apostolo fu consolato in ta la nostra afflizione, così che noi pos-
mezzo alle sue distrette e afflizioni dal- siamo consolare coloro che si trovano
le buone notizie sulla fede dei Tessalo- in qualsiasi afflizione con quella conso-
nicesi e sul loro attaccamento a lui reca- lazione con cui Dio stesso ci ha con-
te da Timoteo (1 Thess. 3,7). L'arrivo solati» 182 (2 Cor. 1,3 s.). In questo mo-
di Tito con le buone nuove di una svol- do 1a comunione di sofferenza che uni-
ta positiva delle cose a Corinto furono sce l'Apostolo alla comunità diviene
per Paolo una consolazione del Dio «eh~ una comunione di consolazione, comu·
consola gli affranti» (2 Cor. 7,,6.13); nione che è in entrambi i casi abbon-
parte integrante di tale grande consola- dante (2 Cor. 1,5-7 ). È significativo tro-
zione dell'Apostolo fu anche la conso- vare qui associate 'lta:pr.bcÀ:ricr~ç e crw-
lazione provata da Tito presso i creden- 'tT)pla: e vedere come la resistenza dei
ti di Corinto (2 Cor. 7,4-7-13). Corinzi nella sofferenza, resistenza che
era effetto della consolazione, riempis-
se l'Apostolo di speranza per loro 183 • In
4. Consolazione umana e divina
altre parole: benché si tratti dell'aiuto
Qui come altrove 181 la consolazione recato dalla salvezza presente di Dio,
avviene per opera d'uomini, ma è vera- pure tale consolazione è posta nella lu-
mente consolazione soltanto perché Dio ce della salvazione futura tM. Non per
è il consolatore ultimo e reale. Perciò nulla sia qui che in 2 Thess. 2,16 e
Dio viene lodato nel grande capitolo Rom. 15 i4 troviamo l'accostamento di
181 Cfr. anche l'espressione cruµ?to:pcx.xÀ:C)bii- 183 ScHLATTER, Kor-465 : Paolo collega con la
vaL ~V uµi:v (Rom. 1,12) che segue <T"tTJPLXllli- consolazione una volta la salvezza «perché il
VO.L (v. 11) e che ScHLATTER traduce «e tra voi rafforzamento nella sofferenza li prepara per
sia a mia volta incoraggiato». Didimo di Ales- la redenzione a venire», cd un'altra la pazien-
sandria spiega il rco.pa.xaÀELV di 2 Cor. 7,6 co- za incrollabile «perché le sofferenze dell'Apo-
me rco:paµvl>lo:v 6pÉyELV o ?tapaµvDEi:<r&m; stolo non derivano dal suo ufficio particolare,
cfr. STAAB, op. cii. (~ n. 170) 34. ma dal suo essere cristiano e perciò anche la
1a1 Traduzione di ScHLATTER. SCHLATTER, comunità vi è esposta». Per i problemi di cri·
Kor. 464 n. 1 stabilisce un confronto con Ket. tica testuale cfr. WINDISCH, 2 Kor. 4~.
b. 8 b ba'al ne~iim6t (na~ém 'etkem, «chi ha 184 WlNDISCM, i Kor. 43 fa notare che in que-
consolazioni vi consoli». BACHMANN, 2 Kor. sto passo O'W'tT]pla. «eccezionalmente non ha
31: Dio consola 8u~ -rov XpLcr-roii (v. 5) «fa- un significato specificamente escatologico-sote-
cendo sì che Cristo, il Signore esaltato e il riologico, ma indica la liberazione da un con-
portatore di ogni salvezza (2 Cor. 13,4), si di- creto pericolo del momento; cfr. ~\m1fta~ al
mostri fonte di gioia e di coraggio per gli af. v. IO». Ciò è vero, ..1a bisogna aggiungere che
flitti». Per i>eòç ?tii<TT)ç ?to.pa.x}.iJcrEwç cfr. per l'Apostolo ogni liberazione simile è ptO\'·
Rom . 15,5: ò... ~eòç -ri)ç òrcoµovfjç xat 'tljç visoria ed egli la può chiamare O"W"tT]plo: sol-
?ta.paxÀiJcrewç. tanto gunrdando alla redenzione finale.
7ta.pa.xcù..Éw, 1tap6;x).TJCTLç F 4 (0. Schmitz)
1tetpétxÀ:Y)CT~c;
ed n.:rù,. Sopraffatto dal- più attendere di venire consolati da Dio
la consolazione divina, Paolo consiglia nel mondo a venire. Quando in Le. 137
ai Corinzi di «perdonare e consolare» 2,25 sentiamo parlare di coloro che
7tapa)fÀ:rrroç
G. CHR. KNAPP, De Spirit11 sanclo et Christo leum (1931) 85-98; S. MoWINCKEL, Die Vor-
Paracletis: Scripta varii argume11ti 1 1 ( 1823) stell11nge11 des Spiitj11dent11111s vom hei/igen
u5-152; H .. UsENER, Precator: Archiv fiir lat. Geist als Fiirsprecher 1111d der joh. Parak/e/:
Lexikographie 2 (1885) 228-232; J .B. LIGnl· ZNW 32 (1933) 97-130; BAUER, ]oh. 1 182 s. ;
l'OOT, 011 a Fresh Revision of the E11glish N. M.J. LAGRANGE, Évangile selo11 .Sailtt ]ean s
T. 1 (1891) 56; LIDDELL-SCOTT, s.v.; PREU- (1936) 381-385; E!CHRODT, Theol. A.T. Ili
SCHEN-BAUER • 1126 s.; MouLT.-MILL. 485; (1939) 129 s.; BULTMANN, ]oh. 437-440; N.
SoPHOCLES, Lex. , s.v. ; CREMER-KOGEL 571- ]OHANSSON, Parakletoi ( 1940) e le considera-
573; ] . H.ASTINGS, art. 'Paradete': Hastings, zioni di W.G. KtiMMEL: Svensk exegetisk
D.B. 111 665-668; ZAHN, ]oh.,.. 563-572; A.E. Arsbok 6 ( 1941) 120-130; N .H . SNAITH, The
BxooKE, The ]ohmmine Epistles, ICC ( 1912) Mea11ing of 'The Paraclete' : ExpT 57 (1945)
23-27; STRACK-BILLERBECK Il 560-562; DEISS- 47 ss.; W . MICHAELIS , Zur Herktmft des joh.
MANN, L.0. 285 s .; H. SASSE, Der Parak/e/ Paraklet-Titels : Coniectanca Neotestamentica
im ]oh.-Ev.: ZNW 24 (1925) 260-277; F . I I (1947) 147-162; G. BoRNKAMM, Der Pa-
BOcHSEL, Der Geist Gol/es im N.T. ( 1926) raklet im ]oh.-Ev.: Festschrift R. Bultmann
497-504; H. WmmscH, Die fii11/ joh. Parn- (1950) 12-35; C.H. Dono, The ]oha1111i11e Epi-
kletspriiche: Festschrift A. Jiilicher ( r927) slles (1946) 24 s.; N .H. SNAITH, Distinctive
uo-137; ScHLATTER, Komm. ]oh. 297 s.; R. I deas o/ thc Old Testamenl ( 1944) 180 s.; C.
ASTING, 'Paraklelen' i Joha1111es-eva11gelict: K. BARRETT, The Holy Spirif in the Fo11rth
Teologi og, kirkeliv. Avhandlinger ti! dcn ek- Gospel: ]ThSt N.S. 1 (1950) J.15 .
segctiske forening 'Syvstjernen's 60 - arsjubi- 1 Non è possibile risolvere la difficoltà di que·
rcap6:x). T]'tOC, A 1 a !J, Behm)
sto singolare epiteco del Gesù scorico con l'e· go contro I lo. 2,r. Cfr. anche BuLTMANN,
spunzione di lf).).ov: dr. ~ W1NDISCH 1 q ]oh., Ergiinwngshefl [1950] 41 [SEESE-
contro J. WELLHAUSEN, Das Ev. ]ob. (1908) MANN]).
65 e F. SP1TTA, Das ]oh.-Ev. ( 19rn) 346. An- 2 Cfr., ad es., Aeschin., Tim. r,173.
che ~ MrcHAELIS 152 s. dubitn che in Io. 14,
3 Significato analogo ha il gerundivo mxpa-
16 Gesù sia presentato come il Paraclèto pri-
x>..T]'tÉoç : Plut., suav. viv. Epic.24 (n uo4 a);
mario: iJ.).).oç potrebbe essere usato pleona-
Luc., pseudolog. 4.
sticamente, così che il testo andrebbe inteso in 4 Nella lingua della chiesa antica l'uso del-
questo senso: «pe.r mia richiesta il Padre vi
darà un altro, e precisamente come Paraclèto l'agg. 1tapaxÀ.TJTO<;, conosce un ulteriore svi-
(oppure : un altro, cioè ìl Paraclèto)». Pure luppo che si allontana dal significnto etimolo-
questa spiegazione forzata, già precorsa in par- gico: dr. ~ n. 36.
te da E.W. HENGSTENBERG, Das Ev. des heili- s Per i nixp6:x).T)TOL nella prassi processuale
gcn ]oh. erla11terl JII' ( 1870) 43 e da C.E. greca cfr. K .F. HERMANN-V. THUMSER, Lehr-
LuTHARDT, Das ;oh. Ev. n' (1876) 330, non huch der griech. Staalsaltertìimer I' (I 889)
si adatta facilmente allo stile giovanneo (di- 579 s.; per le concezioni analoghe nel diritto
verso è il parere che A. D EBRUNNER mi ha C· ellenistico vedi L. MITTEIS, Reichsrecht tmd
spresso in una lettera) cd è confutarn dall'ese- Volk:rrecht in den ostlichen Provinu11 des ro-
gesi dei Padri greci : dr. Chrys., hom. in ]ob. 111ische11 Kaiserreiches ( 1891) 150:189-1 96. Ul-
75 (MPG 59, 403-410) o Greg. Nyss., c. Eu- 1eriori indicazioni bibliografiche in DErss-
110111. 2 (MPG 45,552). (Recentemente -) MANN, L.0. 286.
BORNKAMM propone di vedere tra Gesù e ~ Il frammento dell'oratore attico Licurgo, un
l'lt).).oç 1t1XpaxÀ.T]'tO<; un parallelismo analogo contemporaneo di Demostene, riportato in
a quello tra Giovanni il Battista e Gesù: co- Phot. , /ex. 2,56 non ci aiuta molto: mi:pàx).:TJ-
me Giovanni è il precursore di Gesù cosl que- 'toç wç iiµei:ç Etpl]XEV Auxoiipyoç.
sti è il precursore dello Spirito. Questa inter· 1 APF 6 ( 1920) 4 s.; dr. DETSSMANN, L.O.
catus, espressione giuridica tecnica per del tutto singolare anche per l'uso lin-
indicare l'assistente legale o il difenso- guistico giudaico 11 • In Flavio Giusep-
re di un accusato che svolgessero tale pe 12 non ricorre 1ta.p6.xÀ'l)'toç, ma si
attività a livello professionale, e fosse riscontrano i composti &:mxpaxÀT]'toç e
cosl sinonimo di cruvoLxoç o cruv1)yo· OVCT1tapaxÀT}-roç che lo storico intende
poç 8 . L'attività tipica del patrocinatore passivamente JJ: uno scacco sublto «dif-
di una causa in tribunale, cioè il rap- fuse al momento un certo sconforto trn
presentare gl'interessi di terze persone i Romani, ma in seguito li rese tuttavia
con la parola, spiega senza difficoltà co- inesorabili», 1tpÒç xa.LpÒv µ.f.v 'Pwµal·
me si sia giunti ad usare 1tll.paxÀT]'tOç oLe; ~VE1tOlT]CTEV à.l}uµla.v, 1tpÒc; oÈ 'tÒ
col significato di intercessore, difenso- µÉÀ)..ov oµwç Ò:1ta,paxÀ.1)-rouc; X<t.'tECT-
re: Dian. Hal., ani. Rom. 11,37,1 : 'tWV XEUCl.CTEV (bell. 6,190); caratteristiche di
'tcX OiX('J.LCX. À.E')'OV'tWV 1mpaXÀ.T]-rOL 9. IJ Erode il Grande erano la durezza e
momento attivo che il vocabolo espri- l'inflessibilità, 'tÒ crxÀTJpÒv xat -rò oucr-
me in questa accezione risulta dalle 1t<X.paXÀT]-rO\I 14 'tOU 'tp01tOU (ani. I 6,
funzioni di un tale 1tapax.ÀT]-roç. È in- I 5 I). Oltre a questi composti anche la
vece da escludere qualsiasi rapporto rappresentazione di Dio come colui che
con il verbo attivo mxpaxt'l.ÀEi:v IO, con- viene chiamato a difesa con le preghie-
siderando anche che il comune uso gre- re (ani. l,268: -ròv l}Eòv 'tai'.c; Euxai:c; ...
co profano di 1tapaxÀ.T]-roc; ha un signi- 1tapa.xEXÀ1)µÉvov •.. ; vedi poco prima:
ficato notevolmente lontano dall'attivo cruµµa.xov ... xa.Ì a'UVEpyov) ci fa pensa-
del verbo. re che Giuseppe abbia inteso il termi-
ne 7taptixÀ.1]-roc; in modo analogo.
b) ·mxpaxÀ.TJ't'Oç non è usato nei LXX.
Aquila e Teodozione in lob l 6,2 tradu- e) 7ta.paxÀT]-roç è entrato nel lessico
cono m•nahamim con 1taptixÀTJ'tOL religioso ebraico o aramaico dei rabbi-
(LXX: 1t<t.prixÀ1r~opEç; Sym. : 1t<X.PT])'O· ni rispettivamente nella trascrizione
pouvTt:c;), intendendo il verbo nel senso p•raqli! .(o p•raqJe!) e p•raql1!ii' (o pc-
attivo di consolatori, con un'accezione raqle!ii') come imprestito molto comu-
8 Cosl si chiama l'avvocato anche in greco 11 Per Zach. 1,13 (LXX): Myovc; 1tetpaxÀ.1)'tt-
moderno. xovc;, ~parole confortanti» -+ n, IO.
9 Quando Dio C. 46,20,1 chiama 7tapaxÀ.11· 12 Cfr. ScHLATTER, Komm. /oh. 297.
TOL i partigiani rumorosi con cui Cicerone con- 11 Conformemente all'uso linguistico comune
sule avrebbe riempito il foro ed il Campido· (v. LIDDELL-ScoTT e MoULT.-MILL., s.v.), ad
glio, sembra fare la caricatura del concetto. es. Plut., Pyth. or. 19 (u 403 b): xixt 'ltaprx-
1a Come fa ancora -+ SNAITH, Meaning 50.
xaÀovµEvoc; xcxt 1bap&.xk11'toc,; D1TT., Or.
ZAHN, /o. 5 •6 564 s. ipotizza che la sensibilitii :z48,25 (li sec. a.C.); Io. Mosch. (MPG 87,
linguistica comune abbia comunque colto in 2905 B). Viene usato cosl anche &.-rtrxpixl't1]-
-rtapaxÀ.71'toc; un'eco di itapaxaÀti:v; teorica- -roc;, ad es. Plut., Pyrrhus 16,3 (I 392 e); Pop/i-
mente egli sembra avere una qualche ragione cola 3,5 (I 98 e).
(v. KiiHNER·BLAss 11 289), ma praticamente 14 Var.: 8vC1'1trxpo+t1J"l'O'll. Per 8vunapaxÀ.1J·
manca l'attestazione che si ha invece, dall'uso -roc; ( = 'uno che non è possibile piegare con
linguistico classico in poi, per itapaxÀl)'ttx6c;, le preghiere') v. lo scolio a Soph., Oed. Tyr.
7t!lPltXÀ1}'tWp, 1trLpaxÀ.i)'tpta = 7t!lPllX!lÀ.W\I: 334 dove il vocabolo a"tEÀEV'tl)'tO<; ('uno con
Thes. Steph., PAssow, PAPE, LIDDELL·ScoTT, cui non si conclude nulla') è spiegato anche
s.v. Per il senso attivo ci saremmo aspettati la con ouC111aplix).1)'toc;: dr. Scholia in Sopho-
forma mxpaxÀ.1}'t1]c; che però (secondo LID· clis lragoedia vetera, ed. P.N. P}\fAGEORGIUS
DELL·SCOTT) non esiste [DEBRUNNER) , (1888) 181 [comunicazione di C. KAPPUS).
681 (v,8001 no:pax).i)-roc; A 1 c-d (J . Behml (V,801) 68z
ne 15; significa intercessore, sinonimo dem 16,20: prqli!ii bbrjj, <d miei inter-
di senégor (o s"nlgor) = uw{iyopoc,, cessori sono i miei amici>>, ecc. 16
avvocato, difensore (opposto di qii(é-
gor [o qa!égor J e q•tégorii' = xa-t1}- d) Anche in Filone 7tapà.xÀ:rrt'oç si-
yopoc,, xcx:t1]ywp [ ~ v, col. 269 e gnificn sempre intercessore 17 • Sono
n. 2], accusatore) e indica sempre l'in- chiamate così persone che in senso pro-
tercessore presso Dio; ad es., Ab. 4,11 a prio, giuridico, prendono la parola da-
(R. Eliezer b . Jaaqob): hii'ofeh mi~wd vanti alle autorità a favore di accusati:
'ebat qand lo piiraqlé! 'el;ad w"ha'obér Flacc. 13.151.181; cfr. 22: ÒEi: 1ta- on
'abera 'ebad qiina lo qiitégor 'el;ad ,~_ pà.xÀ:l')'t'OV i]µac, EupEi:v &uva-tw-ta-tov,
sub/i uma'aftm tobim kitrls lifné hap- Ù<p'oÙ I'à.LOC, È~EUµE'llLC1~TJC1E-.aL, «dob-
pur'iinut («come uno scudo davanti al biamo trovare un intercessore assai capa-
tribunale»); Ex. r. 18>3 (a 12,29): Mo- ce, da cui Gaio venga disposto favore-
sè è un prqlit (wb; Shabb. b. 32 a: «Se volmente» 18 ; Ios. 239: µr)OEVOC, ht.pov
qualcuno viene condotto in tribunale OEi:crlk 1tapa;xÀ.1]-.ov, «non avete biso-
per essere giudicato, se ha grandi in- gno di alcun altro intercessore», dice
tercessori (prqli!jn gd wljn ), può esse- Giuseppe ai suoi fratelli per mostrare
re salvato.. ., e questi sono i prqljfin loro la sua magnanimità e il suo perdo-
dell'uomo: conversione e buone ope- no. Filone usa l'idea dell'intercessore
re»; B.B.b. 10 a (R. Eleazar b. R. Jose ): metaforicamente (op. mund. 165) per
«Tutte le opere buone e i gesti d'amo- spiegare il processo psicologico del pec-
re che gl'Israeliti compiono in questo cato: i sensi presentano alla ragione i
mondo sono ... grandi intercessori tra doni con cui il desiderio li ha sedotti,
gl'Israeliti ed il loro Padre nei cie- come servi al loro padrone, «mandando
li (prqlj{jn gdwljn bjn jfr'l l'bjhn nvanti la persuasione come intercessore»
sbsmjm); S. Lev. 277 n a 14,19 s. (R. (1tGtpaxÀ:r}'t'O'\I Ertay6µE\IGC~ iml}w) af-
Shimon): «Il sacrificio espiatorio è co- finché essa non ne rifiuti alcuno. Filo-
come un prqlN che si fa avanti per pla- ne parla soprattutto di 1ta:p&.xÀ.ri-.o~ in
care (il giudice ); T g. I ob 33 ,2 3 ; «Se senso religioso, cioè di intercessori
l'uomo ha meriti, un angelo si preseata presso Dio a favore dei peccatori, tra-
come intercessore tra mille accusatori sferendo quindi l'immagine giuridicn
(/;d' prqlj(' mn bjnj 'lf qtjgwri')>>; ibi- spiritualizzata alla situazione dell'uomo
11 Nel linguaggio quoudiano ellenistico ìl ter- ]oh. 438 e ~ JoHANSSON z86-295 . In Filone
mine deve quindi esser stato molto più comu· 'ltapaL'tTJ'tlJç è sinonimo di 7to:pax).1J"'oc; ~
ne di quanto non faccia pensare il suo limita- vn, col. 144; altri passi filoniani vengono in-
to uso letterario: vedi DEISSMANN, L.0'. 286 dicati ih BuLTMANN, ]oh. 438 n. 4; cfr. 'lto:pa>.-
n.4. -rouµ.Evoç : test. L. 5,6; test. D. 6,2.
r ~ Vedi S. KRAUSS, Gr. 1111d lai. Leh11worter Id Ibidem 23: o oÈ napax).i)-roc;... n«paxÀ:ri-
i11 Talm11d, Midrasch 11nd Targum (1898/99) I 'tEUCJEL:questo verbo che significa 'essere un
210; 11 496; DALMAN, Gr. 185; J. BuxTORF- intercessore', 'presentarsi come intercessore' è
B. FrscHER, Lexico11 chaldaicmn, talmudic11m apparentemente un neologismo creato dalla
w
et rabbinicum (1869 ss.) 91 6; LEVY, ort. l IV koi11é per indicare l'attività del no:p6:.xÀ.l]-roç;
139; Levy,' Chald. lVort. li 300; DALMAN, lo ritroviamo anche in un'epigrafe di Turia
\'Vori. l ( 1938) 353; STRACK-BILLERBECK Il (50 a.C.-50 d.C.), riga 3, ed. N.S: VALMIN,
560-562; M . jASTROW, A Dictionary of the Inscriptions de la Messénic in: Kungliga Hu-
Targumim ecc. (1926) n4i. manistiska vetenskapssamfundet i Lund, Ars-
17 Per quanto riguarda Filone cfr. BULTMANN, berattelse (1928/z9) 123-u7.
683 {v,801) 1tapaxÀ.11-roç A 1 d (J . Behm) (v,801) 684
19 Per l'interpretazione del passo dr. L. CoHN, diatore' (conformemente a µEcrl·n1; ~ VII,
Die W erke Philos von Alexandria in deuJscher coli. 143 ss. e a !ii.aÀ.À.ax-ri)ç) o ' soccorritore':
Obersetzung 1 (1909) 329 n . l; anche P. FBI- cosl viene però a mancare una caratteristica
NE, Theologie des N.T.7 (1936) 353 e~ Donv essenziale di 11a.~axÀ.11-roç, il parlare a favore
24. di qualcuno. Il significato di 'consigliere' cui
fanno ricorso PREUSCHEN-BAUER, ZAHN, ]oh.
20 V. spec. ~ )OHANSSON 286-i95. Il ricono-
e ~ LAGRANGE in alcuni casi non è adatto alla
scimento di questo significato del nostro ter-
fondamentale immagine forense.
mine in Filone è meno chiaro e certo in BuLT-
MANN, ]oh. 438 perché questi avanza pure l'i- 21 Tr:td. latina di JJam .: divitmn ad vocati.
potesi che 1tUpaxì..:r1-roç significhi anche 'me- 22 Rufino traduce odvocatus ChrisJianorum.
685 (v,801) rcetpO:x À.7JToç A 2 (J. Behm I (v,802) 686
di sua competenza. La forma passiva In I Io. 2,1, ove Gesù è chiamato il no:-
del termine non impedisce che il 1ta- paxÀ'l')"'t"O<; dei cristiani peccatori davan-
p6.xÀ.TJ'tOç sia concepito in termini at- ti al Padre, abbiamo evidentemente il
tivi come colui che parla «per qualcu- significato di intercessore, avvocato, e
no davanti a qualcuno» 23, senza che l'immagine di un'azione che si svolge da-
quest'uso linguistico richieda alcun ri- vanti al foro di Dio determina l'inter·
ferimento al verbo attivo 1ta.paxa.- pretazione del termine. Anche in I o.
À.Éw 24 • Il fatto che una sola volta, sui 16,7-11 (dr. 15,26) abbiamo l'imma-
sentieri secondari della traduzione del- gine di un processo nel quale compare
l'A.T. ebraico in greco, compaia per il Paraclèto, lo Spirito (Io. r6,8-II);
questo termine il significato di consola- non appare però com:: difensore dei
tore, costituisce un'eccezione che da so- discepoli davanti a Dio 27 , bensl come
la difficilmente può spiegare la stdria di loro procuratore di fronte al mondo.
1ta.paxÀ.T)-coç 25 (~ coli. 769 s.). L'immagine non rimane però ancorata
alla sfera giuridica 28 : essa si sposta
2. ll significato del termine nel N.T. su di un altro piano quando si pas·
Benché limitato agli seri tti giovan· sa a descrivere l'invio, l'attività e la
nei 2~, l'uso del vocabolo 1tapaxÀT)"t"oc; natura di questo Parnclèto (fo. 16,7.
nel N.T. non è omogeneo e non s'in- l,3-15; 15,26 e 14,16 s. 26) e qui (come
serisce facilmente nella storia del ter- in lo. 14,16 ove è attributo di Gesù)
mine trattata nel paragrafo precedente. mx.pét.xÀ.T)-coc; sembra significare soccor-
2J BULTMANN, }oh. 438; ~ MOWJNCKEL 118: stico e nella loro comprensione del termine
«Colui che si presenta a parlare per un altro come unità letterarie indipendenti. Problemi
e cosl lo aiutal>. di critica letteraria o di fonti non vengono
14 ~ MOWINCKEL n8 n. 75: «Da un punto qui considerati, a meno che la nostra indagine
di vista filologico è ingiustificato voler deter· non lo richieda in qualche caso.
minare il vivente contenuto semantico di un 21 Neanche, però, come avvocato di Dio o di
termine comune in base al significato del ver- Cristo presso gli uomini (CREMER-KOGEL 571
bo da cui deriva, anche se si dovesse trattare s.), perché altrimenti avremmo uno sposta·
del significato corrente di tale verbo e non di mento foncettuale assurdo.
quello etimologico. Infinite volte il verbci ed
il sostantivo hanno percorso vie affatto indi- 28 Secondo SCHLATTER e BiicHSEL in Io. 14 ss.
pendenti». i discepoli sono considerati come imputati in
continua lite con il mondo, al cui fianco sta
l~ Ci chiediamo se sia lecito seguire il BULT- però sempre, per tutta la durata di questa con-
Mi\NN , ]oh. 438, che, suggestionato dal signifi- troversia , il loro avvocato: ScHLATTER, Komm.
cato cons0 /arc di rca.paxa.ÀEi:v, è disposto n ]ob. 298; dr. SCHLATTER, Gescb. d. Chr.' 460
rinunciare, per l'occasione, alla duplice strut· s.; SCHLATTER, Tbeol. d. Ap. 152.177; e F.
tura del concetto di 7tC1.paxÀ.l)-coç a motivo di BiicHSEL, Der Gcist Gottes im N.T. (1926)
quell'accezione isolata del nostro termine. 498 n. 8 e nel suo commento (N.T. Deutsch)
~ ·, La questione riguarda soltanto Io. e I Io. a lo. 14,16 ccc. Si tratta però di un'interpre-
che qui vengono analizzati nel loro uso lingui- tazione un po' esagerata.
687 (v,802) 7tupaxÀ.l)-toç A 2 O. Rehm l (v,803) 688
29 Credere, come fanno ad es. BAUER, ]ob. a nord, ove dovette affrontare la concorrenza dei
14,16 e BuLTMANN, ]oh. 437·440, che questo termini fr6/ro, fra/or, /ro'7ra preferiti dall'E-
sia il significato predominante del quarto van- liando e dal Taziano tedesco; soltanto la Ri-
gelo significa trascurare um parte della com- forma l'ha fatto prevalere in tutta l'area tede-
prensione giovannea del termine. sca e persino nel nord germanico. Trost viene
30 Calvi~o cercò di combinare i significati con- qui a significare spesso forzo e aiuto (cfr. il te-
solator e palro1111s: in ]oh. comm., ed A. ma dell'inglese comfort) ed è volentieri perso·
THOLUCK lii (1883) 274 (a lo. 14,16). Il ten- nificato, particolarmente con riferimento a Ge-
tativo compiuto da _,.. SNAITH, Mea11i11g 50 sù. Nel linguaggio religioso di Lutero trovia-
non è sostenibile né semasiologicamentc né e· mo spesso l'accostamento Trost und Trotz,
segeticamente: egli cerca di dare una nuova che significa più o meno 'certezza e forza',
spiegazione di 7tupaxÀ.T)'tOç nel Vangelo di 'protezione e difesa', 'difesa e attacco', 'fidu-
Giovanni traducendo il termine con convincer, cia e forza'. In Lutero troviamo anche !'e·
'persuasore': «Colui che convince gli uomini spressìone Tros/ wider etwas, 'difesa contro
delle cose di Dio e compie in loro un cambia- qualcosa'; dice così, ad es., che lo Spirito san-
mento di cuore». to dà forza e difende (lriistet) le coscienze de-
boli, timide, scoraggiate, contro le accuse e le
31 Come hanno precisato con particolare insi-
stenza _,.. LAGRANGE 382 s. e _,.. BiicHSHL 499 tentazioni dci peccati. Soltanto nell'uso neo·
altotedesco il gruppo di termini non indica
in nota. Pure, prima di condannare Lutero, bi-
sogna considerare che in lui è ancora presente più un'azione, ma quasi esclusivamente sensa·
zioni diverse in molteplici campi della vita e
l'antico significato concreto di Trost. La radice
dell'esperienza umana. Secondo il significato
di Trost è la stessa di Treue e Trolz e corri-
sponde all'inglese trust. Il ceppo di questo più autentico del gruppo di vocaboli il nome11
gruppo di vocaboli è la radice indoeuropea agentis Trosler indica il soccorritore, il soste·
dem o dreu, legata etimologicamente al greco nitore, l'aiuto, in senso giuridico il garante,
Spvç ('quercia') ed al gotico tri11, e l!ignifìca
più raramente anche l'avvocato o l'intercessore.
quindi robusto (come rma quercia), solido, du- Cosl questo scstantivo è usato come appellati·
ro, resistente. Cosl il significato primitivo di vo di Dio e di Cristo, soprattutto però dello
Trosl è qualcuno o qualcosa che offre a qualche Spirito, grazie a Io. 14,16.26; 15,26; 16,7. Cfr.
altro protezione, assistenza, aiuto, sicurezza, J. e w. GRJMM1 Deutsches \YI orterbucb xr l
con riferimento ad un'azione concreta, ad un ( 1937) 901 ·943, s.v. 'Trost'; F. KLUGE-A .
GOTZE, Etymo/ogisches worterbuch der det1t·
intervento a favore di qualcuno. In questo sen-
so il gruppo di vocaboli è usato molte volte
scben Sprachc u (1951) 809 [BERTRAM).
nella vita giuridica per indicare il garante e Jl Il Pnraclèto giovanneo non ha a che fare
più raramente 1'i11tercessore e l'avvocato. Il ccl tardivo titolo messianico m'na~em, 'con-
termine T rosi compare nel lingu~ggio religio- solatore' (v. STRACK-BILLERBECK I 66; \VI.
so attorno al 700 nelle zone di missione della STAERK, Soter [1933] n3), nonostante il pa·
Germania sud-occidentale per rendere, in man- rcre diverso di BoUSSET-GRESSM. 227; dr.
canza di un termine più esatto, il latino co11· H. GRESSMANN, Der Messias ( 1929) 460 s.;
solatio, solame11, ecc. Il vocabolo si venne so· v. BuLTMANN, ]oh. 439 n. 4.
lo lentamente aflermando nelle zone più a 33 Perciò non rende ragione, né linguistica·
Ttcx.pO:xÀ:T)"tO<; A 2 (J. Behm)
mente né sostanzialmente, ai testi giovannei 7tEpl crov Ttapaxa'ì..wv. Non è provato che un
neanche la concezione del TtapO:x>.'l'J"tO<; come eone della gnosi valentiniana si chiamasse 7tet-
'maestro' che si rivolge al cuore cd alla co- p6;x).T)"tOc;: Iren., haer. l,1 ,2; Hipp., re/. 6,30,
scienza dell'uomo esortandolo e~ 804,17-17). 5; dr. sulla questione K. MOLLER, Beitriige
Tale posizione è stata recentemente sostenu- wm Verstiindnis der va/e11tinianische11 Gno-
ta anche da ZAHN, ]o.; cfr. ancora TH. ZAHN, sis: NGG (1920} 217-219. Cfr. anche F. SA-
Grrmdriss der nt.liche11 Theologie ( 1928) 49 e GNARD, La Gnose Valentiniemze (1947). Mon·
nnche FEINE, op. cii. (~ n. 19) 369. Lo stesso tano, Mani, Maometto e altri che hanno prete-
vale per la tesi dì ~ ASTING che in Io. 1tetpri- so di essere il Paraclèto promesso da Gesù
x).'l']"tO<; significhi 'predicatore, proclamatore', hanno ripreso l'epiteto dal Vangelo di Giovan-
in conformità con il verbo attivo 1to;po;xo;).Éw. ni o dalla tradizione determinata da questo
31 Cfr. ZAHN, ]oh. j . • 564-567; BAUER, ]oh. a vangelo, senza però mostrare di averne capito
14,l6j ~ BROOKE 25 s.; ~ LAGRANGE 381· il significato. Non è neanche possibile sapere
385; BULTMANN, }oh. 437-440. come vada intesa l'invocazione di Gesù come
1tapaxÀ.'l'J"tO<; nella preghiera di P. Oxy. vi
JS Cosl anche in lren., haer. 3,17,3: uhi ticcu- 850,rn (lv sec. d.C.; fr. degli act. lo., testo
satorem babemus, illic haheamus et paracle- incompleto) o come vada interpretato l'attribu-
tum; queste parole si riferiscono però allo to di TtapaxÀ.T)-toc; riferito al Gesù bambino
Spirito, divergendo così dal N.T. che appare a MaÙeo secondo il mari. Mt.2 (ed.
35 Cosl si esprimono anche altri più tardi, ad - R.A. LIPSIUS-M . BoNNET, Acta Apostolorum
es. Ecumenio a I lo. 2,1 (MPG u9,629 D): Apocrypha u l [ 1898] 219,2 ). Altrettanto o-
Ttapaxì.:'l}"tov •.. ~òv ù?tÈp 'J̵wv q>lJ<T~ "tòv 1ta- scuro rimane il senso di Paraqlitos, nome ma-
"tÉpa Ttapaxa>.ovv"ta. Pseud.-Bas., hom. ad- gico contenuto in un testo magico abissino:
verrns caltmmiam sanctae Trinitatis (MPG 31, v. W.H. WoRRELL, Studien zu abessinische11
1493 A) spiega addirittura il titolo di 7tO:p6.- Zauberwese11: Zeitschrift fi.ir Assyriologie :q
>CÀ.'l'J"tOç che lo Spirito ha in Io. 15,26 con b ( 1910) 94.
netp6:x).7]nc; A 2 (j. Behm)
difese dei fratelli davanti al magistra- poucrlav, xcxt µT}ÒEµlav ÒÉXEaì)aL 1tO:-
tQ è chiamato 7tap0-.xÀTJ"t'Oç XptO''tta- paµvi>la.v a'ltO\l"t'Oç' •l <piJO'L'.I; 'Èpw·ni-
vwv (-,-. col. 684); poi, con un chiaro crw -ròv 1ta.-rÉpa xat /j).. Àov 7ttxpaxÀ'l')-
gioco di parole, il testo prosegue: •ov 8wa-E~ ùµt:v' (Io. 14,16)· -rou-.fo-ctv
EXW'V oÈ 'tÒ\I 7W.paxÀT}'tO'J È\I Éa.u- aÀÀO\I wc; ȵÉ, «poiché non l'avevano
-.Q, 't"Ò nvevµa -.ou Za.xaplou, «avendo ancora conosciuto, era più che ragione·
in se stesso il Paradèto, lo spirito di vole desiderare quella compagnia, i di-
Zaccaria» 37 ( cfr. Le. 1 ,67 ). Molti Padri scorsi, la sua presenza corporea e che
greci intendono però il 7tapaxÀTJ"t'Oç non si rassegnassero alla sua assenza .
del quarto vangelo nel senso di conso- Che disse allora? 'Pregherò il Padre
latore, partendo cioè dall'attivo del ed egli vi manderà un altro consola-
verbo. Il primo è Eusebio (de ecclesia.. tore' (lo. 14,16), cioè un altro come
stico theologia .3,5,rr s.): 't'Ò 1t\IEÙµa. me»; oppure Greg. Nyss., c. Eunom. 2
-cfic; aÀ:ril)Efo.c; -rò 7ta.paxÀTJ'tov 38 7tpòc; (MPG 45,552 B): 8mÀijc; U. OUO'TJ<;
-cò 7ta.pcxxaÀEi:v a.Ù'toùc, xat m(pa.µv· -.ijc; -rou '1ta.paxa.Àdv' O'T)µaalac; ...,
iMcrl)a.L... xa.t 1tpÒc; -rò 8t06'.~a.t a.Ù'toÙç 't'W\I xa.l)'tx&:tEpO'V O'T]µawoµÉVW\I È1tl-
mia-av -ri]v CÌÀ:i'}i)ei.av... 'tijç xo:wljc; O'l]ç li &.yla. ypo:cpi) 7tpocrµap·rnpd 't'TI
otcxtl1Jx11c;, «lo spirito consolatore della i>elq. cpvO'EL "t'OV 7tapa.xÀTi•ov -rT}v itv-
verità (mandato) per consolarli e inco- voLa.v, «poiché 1tapaxa.Àei:v ba un dop-
raggiarli... e per insegnare loro tutta· la pio significato .. ., la sacra Scrittura con-
verità... del nuovo patto». Evidente· forma in testimonianza alla natura divi-
mente in questo passo il significato del na del Paraclèto il senso di ciascuna e-
termine non è fondato soltanto su singo· spressione in ugual misura». I significati
le funzioni del Paraclèto giovanneo, ma di consolatore e intercessore si confon-
sul tono generale dei discorsi di com- de.no in Cyr., cat. myst. 16,20 (MPG 33,
miato che vogliono consolare i discepoii 948 A}: IlapaXÀ.'l')'tOç .•. XIXÀEi't'CtL OLÒ.
per la partenza del loro maestro (cfr. Io. 't'Ò 1ta.pa.xcxÀEtv xo:t 7tapaµvi>Ei:crtlo:t xat
14,1-3.18 s. 27 s.; 16,1-4.20-23.33) 39• O'U\l(J.\l'ttÀcxµ~ci\IEO'ila.L -ri)c; àcri>EvElac;
Cfr. anche Cbrys., hom. in Io. 75 1)µwv· ... oi)À.ov OÉ, o-et 7tpòc; -ròv i>E6v, «è
(MPG 59,403): È1tEt8i) yàp oùòfow chiamato Paraclèto perché consola e in-
aù-ròv Éyvwxo-rac; dxòc; Tiv cnp6òpa. coraggia e aiuta la nostra debolezza:
É7tt~'l')'t'Et\I 't'TJ\I O'UVOVO'lav ÉXEl\l'l')'J, 't'tX ... naturalmente davanti a Dio». In
p1Jµa-ra, "t'T)v xa-rà uapxa a.ihoù 7tcx- Tbeod. Mops., in Io. a 14,16 (MPG 66,
37 Rufino traduce; ille vero habens in se advo- 39 Così anche in Theod. Mops., commet1/ari11s
cat11m pro nobis I e.mm, trasformando cosi la in ev. Io. (testo siriaco, ed. ].B. CHABOT
frase in un'affermazione cristologica, contraria- [ 1897] 307 s.). Dato che in tutta la letteratu·
mente al suo senso originale. ra greca netp6:xÀ7J'TO<; significa 'consolatore'
soltanto nell'esegesi patristica del Vangelo di
Jr. L'uso aggettivale di 1tap6.x).7J'TOC, (~ col. Giovanni e soltanto a partire da essa, e ciò
677) col significato di conforta111e, co1150/a11- per un plausibile motivo di fatto, l'ipotesi
/e che si ritrova nella locuzione 'TÒ 1tctpax).7J· avanzata da~ HASTINGS 666 (dr. anche CRI!·
'TOV 1t'llEiiµet già in Hipp., re/. 8,19,1 ( v. a_nchc Ml!R-KtxiEL 572) non è affatto da scartare.
Mac., homilia 6,6 [MPG 34,521 C]: ~1tEµ\jlE ... HASTINGS pensa che Aquila e Teodozione sia·
'TÒ 'lt'llEVµa 'TÒ 1tetpax).7]'TO'll Etc; 'TOÌJc; ljt!.JljExa no giunti alla loro traduzione di m' 11aflamim
iino17'T6Àovc;) è evidentemente uno sviluppo con 1t!Xpax).7]'TOL in lob 16,2 (~ coli. 679 s.)
ulteriore del linguaggio ecclesiastico che pren· sotto l'influenza dell'antichissima esegesi di
de le mosse da Io. 14,16 s.; 15,26. Giovanni.
na.paxÀ.T)-roç A 2 (). Behm J
piteto 1t1XpaxÀ:r1-toç usato nel N.T. per to mite e mi liberò da ogni cosa. Egli
Cristo e per lo Spirito? parlò con me parole viventi e mi re-
dense dal mondo. Mi chiamò con vo-
ce dolce e fece riposare il mio cuore
B. LO SFONDO STORICO-RELIGIOSO DEL sul proprio sostegno. M'insegnò la lo-
CONCETTO NEOTESTAMENTARIO de e dimenticai la persecuzione della
Tibil» (cfr. ibidem 346,19 ss.; 456,19
Non c'è unanimità nell'identificazio- ss.; 477,23 ss.; 593,9 ss.; Lidzbarski,
ne del ceppo dell'idea religiosa che gli ]oh. 69,3 ss. dr. 60,15 ss.). Lidzbarski,
scritti giovannei del N .T . associano al- Ginza 316 ss.: Jokabar-Kushta porta
ammaestramenti ed esortazioni insieme
la parola 1ta.paxÀ.1')-toc; 46 • Da un lato si con rivelazioni del passato e del futu-
ritiene che le premesse del Paradèto ro agli <<Uomini di provata giustizia»
giovanneo vadano ricercate nelle figure e dice: «lo son divenuto il vostro soc-
corritore» ( 320, r ), «sarò un soccorrito·
dei soccorritori celesti che tanta parte
re per colui che splende ed è chiaro,
hanno nella gnosi, precisamente negli un aiuto ed un sostegno per uscire dal
scritti mandaici e nelle Odi di Salomo- luogo delle tenebre e giungere al luogo
ne 17• Dall'altro si colloca il Paraclèto della luce» (322,11 ss. ). Lidzbarski, Li-
turg. 134 s.: in questo passo si esalta il
nella lunga serie d'intercessori per gli Primissimo, figlio della prima grande
11omi11i presso Dio che troviamo nell'A. Vita: «Soccorritore, accompagnatore e
T . e nella teologia tardo-giudaica 48 • guida fosti tu per la grande stirpe del-
la Vita. La introducesti nella comunio-
ne con la Vita, l'inseristi nel grande e-
1. Il soccorritore
dificio della Verità e la portasti via nel
a) L'idea di soccorritori che vengono grande luogo della luce e neUa dimora
inviati dal cielo alle anime sulla terra splendente». I bid. 195: un inviato ce-
è un dato fisso del patrimonio religio- leste, un «uomo di provata giustizia»
so dei Mandei 49 • Ci sono molteplici fi- parla ai suoi amici: «Sopportate con
gure d'inviati, ora anonimi ora dotati cuore verace e fedele la persecuzione
di nome, che vengono alle anime im- del mondo. Onoratemi con lealtà, cosl
paurite, le rinfrancano, ammaestrano e che io possa intervenire ed esservi un
redimono; . ad es., Lidzbarski, Ginza aiuto, un aiuto cd un sostegno per
328,30 ss.: .. .la grande (Vita)... mi man- giungere dal luogo delle tenebre al luo·
dò un alto soccorritore, mi mandò un go della luce». Spesso Manda d Haije
uomo come curatore. Mi mandò un aiu- è chiamato 'soccorritore' dei suoi disce-
h Non devono essere considerate analogie co to vangelo debba essere considerato dipenden-
sl lontane e incerte come quelle desunte dal- te dalle concezioni gnostiche per via diretta o
l'Avesta (J . GRILL, Untersuchunge11 iiber die per il tramite di testi scritti.
Entstehung des 4. Ev. Il [19l.3] 334-~37) o 4! ~ MowINCKEL n8-122 e ~ JoHANSSON,
dalla mantica grccn (CLEMEN 282ì. passim (riepilogo 296-302).
41 Vedi BAUER, ]oh. a 14,19 e passim, con cui 49 Cfr. LIDZBARSKI, indice s.v. 'Helfer'; Lmz-
è d'accordo-+ WINDISCH 136 s., e. spec. BULT- nARSKI, Lit11rg. e LIDZBARSKI, ]oh., indice s.v.
MANN, ]oh. 437-440. Per quanto riguarda il 'Jawar'; inoltre le citazioni in BAUER, ]oh.
giudizio sull'affinità delle idee non fa alcuna a 14,19; BuLTMANN, ]oh. 439 s. e 322 n. 8;
differenza essenziale se in questo caso il quar- anche~ M1c HAE1.1s 150-162.
1taplixÀl}'t'oc; BI a-c (J. Behm)
mandaica presenta alcuni tratti che ri- desima concezione, il Javar dei Mandei
troviamo nel Paraclèto giovanneo: in- e lo Spirito-Paraclèto di Giovanni 57 • Il
vio dal mondo celeste, comunicazione confronto tra l'idea mandaica del soc-
ai credenti di una rivelazione riguar- corritore e l'immagine giovannea del
dante il passato e il futuro mediante Paraclèto non ci porta oltre una gene-
discorsi didattici e d'incoraggiamento, rica affinità nella concezione generale 58 •
guida alla salvezza, rafforzamento eti-
Dobbiamo ancora aggiungere che è
co. Nella descrizione mandaica della fallito 59 il tentativo di spiegare il ter-
natura e dell'opera dei soccorritori mine na.paxÀ.'Y]'t"O<; come traduzione di
mancano però alcuni particolari impor- un epiteto del rivelatore (o dei rivela-
tori) del sistema gnostico attestato dai
tanti della concezione giovannea del testi mandaici e dalle Odi di Salomo-
Paraclèto. La pluralità dei soccorritori ne ro. Nei testi mandaici la parola cht:
mandaici, che coesistono autonomi e significa soccorritore, usata come nome
proprio per Javar (j'w'r) (~ col. 697)
senza alcun rapporto tra loro, si distin- non è un appellativo di uso corrente
gue notevolmente dai due Paraclèti del che significhi soccorritore. Per que-
Vangelo di Giovanni, Gesù e lo Spiri- st'ultimo concetto il mandaico ha tre
termini che vengono usati alternativa-
to, dei quali il secondo segue al primo, mente senza alcuna apparente distinzio-
si riferisce a lui, lo rappresenta e ne ne: 'd;'wr', 'hjd 'd' (in origine = che
dipende 56 • I soccorritori mandaici non tiene mano) e, più raramente, '~b' (in
offrono alcuna analogia ai tratti forensi origine = piantatore) 61 • Anche se que-
sti tre termini dovessero appartenere a
della figura del Paraclèto giovanneo strati della tradizione mandaica di com-
(~ col!. 71 2 ss.). Se le due idee avesse- posizione ed età diversa (il che resta
ro un'origine comune, ci aspetteremmo ancora da dimostrare), i Mandei non
hanno comunque avuto alcun epiteto
inoltre una maggiore somiglianza tra i fisso per il rivelatore o i rivelatori che
due presunti rappresentanti della me- valesse soccorritore e quindi è manca-
56 La tesi di BuLTMANN, ]oh. 437 («il Para- des Hauses der \Veisheil: ZNW 35 ( 1936)
cleto è ... una ·figura parallela a Gesù stesso») è 232·261; cfr. ID., Die Erlosererwarttmg in den
troppo spinta e non lascia spazio agli _aspetti ostlichen Re/igionen ( 1938) 40-46.91-97.
divergenti. Allo stato attuale delle ricerche è 51 - MICHAELIS 1;;0·162 solleva altre obie-
difficile rispondere affermativamente alla do· zioni contro la derivazione dell'idea giovan
manda se la gnosi mandaica rientri tra le con- nea del Paracleto dalla gnosi mandaica soste-
cezioni «in cui la rivelazione ... era suddivisa nuta dal Bultmann.-
tra vari inviati successivi ovvero si ripeteva 58 ~ }OHANSSON 285 dice giustamenie: «Gli
in loro» (ibidem). È significativo che manchi· elementi caratteristici cd essenziali del Para-
no praticamente esempi tolti dai testi mandai- cleto giovanneo non hanno alcun riscontro nel
ci nelle ricerche storico-religiose di W. Staerk mandeismo».
sui mediatori di rivelazione come «figure 5? Ciò è stato dimostrnto da ~ M1cttAELIS
eonicamente ricorrenti», sul cambiamento di 150-162.
forma e sul polimorfismo del Dio salvatore: 1>J Vedi BuLTMANN, ]oh. 439 s.
W. STAERK, Die siebe11 Siiu/en der Welt 1111d 61 Documentazione in - MICHAEl.IS, I.e.
r.apcix).TJ-roc; B 2 a (J. Behm)
to anche qualsiasi termine fisso di ba- tore, protettore e avvocato, parla per
se che potesse esser tradotto con 7tCC- lui, ecc. Tale motivo ha trovato in I-
pcixÀ:rrtoç. Nelle Odi di Salomone ab- sraele una espressione conforme all'in-
biamo sempre, là dove la traduzione dole caratteristica dell'A.T. : uomini di
tedesca legge H elfer (soccorritore, aiu- Dio come Abramo (Ge11. 18,23-33; 20,
to), .il termine m'dri' (da 'dr, 'aiutare'; 7.17), Mosè (Ex. 32,11-14.32; 34,8 s.;
il verbo ricorre, ad es., in 22,6). Dato Num . 14,13-19) e Samuele (r Sam. 7,8
che non si tratta affatto dell'epiteto di s.; 12,19.23; 15,u); profeti come A-
un rivelatore ( ~ coli. 69 5-698) non c'è mos (7,2.5 s.) o Geremia (ad es. 14.7-
alcuna ragione per stabilire un colle- 9. r 3 .19-2 2) intercedono per altri che
gamento col 1tctpcixÀ.YJ'tOç di Giovanni, si trovano in colpa o nel bisogno, sia
tanto più che mi.paxÀ.Y)-.oç non rappre- che si tratti di singoli o del popolo.
sentava certo la traduzione più natu- Essi prendono la parola davanti a Jah-
rale di m' drj' 62 e che il siriaco, almeno vé per i loro protetti come difensori in
il siriaco ecclesiastico, aveva l'imprestito tribunale (v. Ier. 5,28; lob 29,16), ma
prqlj!'. Anche ragioni linguistiche si possono trasformarsi anche in accusa-
oppongono quindi ad una derivazione tori (Num . 16,15; Ier. 18,20-23). Con-
del titolo giovanneo di Paraclèto dal temporaneamente tali uomini hanno
patrimonio religioso gnostico, in parti- certamente anche ·il compito di annun-
colare da quello mandaico 61 . ciare agli uomini la volontà di Jahvé e
di mostrare il modo per adempierla (i
2. L'intercessore Sam. 12,23 e passim). Un intercessore
di grado più alto è il mal'ak melis di
a) Nell'A.T. gl'intercessori per gli lob 3 3 ,2 3, che prega Dio per il p~cca
uomini presso Dio hanno una parte tore punito con la malattia, cosl che
precisa M. Nella storia delle religioni, Dio lo perdona e lo fa guarire (cfr. vv.
anche della religione dell'antico Orien- 19-2 5 ); si tratta dell'angelo intercesso.
te 65 , è molto diffuso il motivo del pa- re (méll~ = interprete, mediatore, in-
trocinio dell'uomo davanti alla divinità tercessore) 66 a cui fa probabilmente
da parte di un essere 'santo' a lui supe- riferimento lob 5,1 e forse anche 16,
riore che si presenta come suo soccorri- 19-22 e 19,25-27 67 • L'angelo, uno dei
62 Ci si sarebbe semmai aspettato piuttosto ler, Sohn rmd Fiirsprecber in der babyloni-
~oTJMc; o anche av-r~À:1'}µ11:-rwp: cfr. Od. Sai. schm Got1esvors/el/1111g (1896) 13 n. l e pal'-
7,3 in W. FRANKENBERG, Das Verstii11dnis der sim; M. ]ASTROW, Die Re/igion Babylo11iem
O. Sai., ZAW Beih. 21 ( 1911) 9. 1111d Assyriem 11 1 (1912) 92-ro5; ~ Mo-
6J Anche --+ KOMMEL 129 ritiene improb11bile WINCKEL III s.; in generale G. VAN Dl!R
unri tale derivazione. LEEUW, Pha11ome110/ogie der Religio11 (1933)
123-129.277 s.
M Cfr. P.A.H. DE BOER, De Voorbede in het
Oude Teslament = Oudtestamentische Stu-
66 Ck E. KONlG, Das B11ch Hiob (1929) 343
dien m ( 1943) 157-170: si souolinea più deci- s.; G. HòLSCHER, Das B11cb Hiob = Hand-
samente, a differenza di Johansson, lo sfondo buch z. A.T. I 17 1 ( 19j2) 87 s.; --+ Mo·
cultuale dell'intercessione [WORTHWEIN] . Cfr. WINCKEL 109; ~ JOHANSSON 25-27 . L'autenti-
anche F. HESSE, Die Fiirbille im A.T., Diss. ca interpretazione di melis come intercessore
Erlangen (1949) 95-101. è accertata dalla traduzio~e del termine con
65 prqlj(' nel Targum, ad J. (- }OHANSSON 25 ).
Babilonia: divinità protettrici; Persia: Fra-
vashis. Cfr. CHANT. DE LA SAUSSAYE 1 552. 67 Se la ricostruzione del testo e l'interpreta-
569.584; 11 2n s. 229 ecc.; H. ZIMMERN, Va- zione di ~ MoWINCKEI. l lO sono esatte; cfr.
ltapcix).Tj-roc; B 2 a-b (J. Behm) (v,808) 704
mille che esistono (non si tratta di assistito i padri intercedendo per loro
uno particolare che fosse intercessore presso Dio 70 , come soccorritori (m'drj':
ex professo), si commuove per la sof- Bar. syr. 85,1 s.), con le funzioni di un
ferenza dell'uomo e lo assiste davanti defensor, qui /erat pro eis preces do-
al trono giudiziale di Dio come difen- mino, come il magnus nuntius Mosè,
sore e patrono, mentre Satana gli fa qui singulis horis diebus et 11octibus
riscontro come accusatore (I ob 1,6-12 habebat genua sua infixa in terra, o-
~ v, coll. 267 ss.); egli indica però al- rans... (ass. Mos. u,17). Se fino ad al-
l'uomo anche quale sia il suo dovere, lora valeva la regola oraverunt, qui po-
lo guid.a sulla buona strada e lo chiama tuerunt, pro invalidis (4 Esdr. 7,112),
a ravvedimento (lob 33,23 s.). Il carat- ora è sentito come un dovere di tutti
tere forense dell'immagine dell'angelo coloro che temono Dio pregare gli uni
intercessore è chiaramente manifestato per gli altri (ad es., Mach. 1,2-6; 8,14
dal fatto che l'intercessore e amico in s.; 12,39-45). Ancora più forte è però
cielo deve far valere i diritti dell'uomo la consapevolezza che il popolo ed i
contro Dio (16,19-22) 68 • Anche in singoli credenti hanno bisogno d'inter-
Zach. 1,12; 3,1-10 viene descritta la cessori sovrumani, celesti, e li hanno:
natura e la funzione di angeli interces- giusti beati (Hen . aeth. 39,5; Enoc: i-
sori in termini molto simili a quelli vi- bidem 83,10; IJA-7; 15,2 s.; Hen.
sti nel Libro di Giobbe 69 ; in 3,1-10 slav. 64,5) e proprio angeli (Hen . aeth.
l'angelo difende nuovamente dalle ac- 4 7 ,2; 104,1) 71 • L'ufficio vero e proprio
cuse di Satana. dell'angelo intercessore è non solo di
trasmettere le preghiere degli uomini
b) Gli apocrifi e pseudoepigrafì del- a Dio (Hen . aeth. 99,3): anzitutto il
I 'A.T. presentano il medesimo ordine patrocinio del popolo e dei singoli
d'idee, solo in forma più definita e con- credenti davanti al tribunale di Dio
solidata. Il giudaismo è orgoglioso di (test. L. 6 ,5 : ò ifyyù.oc;, o 1tapcr.L-tou-
poter guardare indietro ad una lunga µEvoc;, · "t'Ò yÉvoc;, Icrpa.1)).., «l'angelo che
storia in cui i giusti e i profeti hanno intercede per il popolo d'Israele») 72 è
ID., Hiobs go'el tmd Zeuge im Himmel : Mar- d'interpretare anche la figura del Servo di Jah-
ti-Festschrift = ZAW Beih. 41 (192~) 207- vé nel Deutero-lsaia partendo dall'idea d'in-
212. A favore di una stretta connessione idea- tercessore: l'Ebed Jahvé è ~da figura più spic-
le tra lob 33,23 s. e 16,19-22 sta il fatto che il cata d'intercessore di tutta la religione del!'A.
Targum (~ n. 66) rende melis tanto in 16,20 T.» (48 ); «gli angeli intetcessori costituiscono
quanto in 33,23 con prqli!'. · il modello formale più importante dell'Ebed
69 Il concetto di testimone ('ed) abbraccia, Jahvé» C.n).
nella terminologia giuridica dell'A.T., tutte 1a Vedi B. STADE-A. BERTHOLET, BibJ. Theol.
quelle persone che in un processo parlano a des A.T. u (19u) 423 e~ JoHANSSON 6'·95 .
favore o a sfavore dell'imputato, quindi non 71 Non è dimostrato che anche il Figlio del·
soltanto i testimoni a carico o a discarico, ma l'uomo sia presentato in He11. aeth. come in-
anche l'avvocato e persino l'accusatore: ~ tercessore (--> JoHANSSON 97-n9); contro tale
MOWINCKEL 103. Va però riconosciuto che ipotesi v. anche ~ KiiMMEL 124; Hen. gr.
Giobbe (16,20) si rivolge direttamente a Dio 104,1 (ed. C. BoNNER, The fast Chaplers o/
e non c'è qui cenno di alcun intermediario Enoch in Greek =Studies and Documents 8
[FICHTNER]. (1937]).
67 Non possiamo considerare qui il tentativo u Nessun contributo notevole al chiarimento
costruttivo, compiuto da ~ JoHANSSON 49.62, dell'idea d'intercessore ci viene dall'incerta af-
705 (v,808) 7to.p~xÀYJ'toc; B 2 b-c (}. Behm)
svolto dagli angeli più alti (Tob. 12, ne all'ufficio d'intercessione esercitato
15; Hen. aeth. 40,6 s.; test. L. 3,5), so- dalla voce della coscienza stessa in fa-
pratutto da Michele (Bar. gr. I I ss.; vore del peccatore che prega di essere
Hen. aeth. 68,4; test. N. [ebraico] 9,2; perdonato, il passo è breve e lo tro-
mlhkm bmrwm, «il vostro intercesso- viamo compiuto in Filone (spec. leg.
re nell'alto dei cieli») 73 • Tali angeli r ,2 3 7 ~ col. 68 3) le cui asserzioni teo-
possono essere difensori e insieme at- logiche sui 1ta.paxÀ'l)'t'Ot ( ~ c9ll. 682 s.)
tori perché essi espongono in cielo sia non rappresentano che uno i>viluppo o
il bene sia il male compiuto da un una variazione dell'idea d'intercessore
uomo nel corso della sua vita (Iub. 30, dell'A.T. e del giudaismo in corrispon-
20; 28,6, cfr. 4,6; Hen. aeth. 9,3-n; denza con la sua mentalità 76 •
89,76; 99,3). Hen. aeth. 81,5 s. (Iub .
4,r 5?) e altri passi mostrano che l'in- c) L'idea dell'intercessore continua
tercessore è anche maestro e consiglie- vigorosamente a vivere nella letteratu-
re dei suoi protetti. Una novità carat- ra rabbinica, ove i termini che c'inte-
teristica è costituita dall'inclusione del- 1·essano sono snjgwr e prqli! (~ coli.
lo Spirito, del -'> 1tVEiiµa. -.'ijç à.À:riiM- 680 ss .), usati alternativamente senza
cx.ç, nella categoria degli intercessori in differenza, anche se questo è un po' più
test. I ud. 20,r: SVo 1tVEVµCX.'tCX. O'Xo}..cl.- raro di quello. Nuovo è invece l'inseri-
sovcrt -.Q àvl>pc.:nt!fl, 'tÒ 'tfjç à.Àl}th:lcx.ç mento della Torà personificàta tra gl'in-
xa.t 'tò -.fjç 1iX.6.vl}ç, ( v. 5 ): xa.t -.ò tercessori celesti (Cani . r. 8,r7 a 8.
11
1t\IEVµcx. 'tijç IÌ.Àl}iJEla.ç µa.p'tUpEi: 'Tta\1- 1 4) e nuova è la considerazione dei
74
'tCX. xat xcx.'tl}yopEi: 1tav-.wv , xa.t ɵ- sacrifici e delle opere buone comé in-
1tE1tupLO"'ta.L ò &.µap-.wMç È:x. 'tfjç lSla.ç tercessori davanti al tribunale di Dio;
xa.pola.c; xa.t àpa.t 1tp6o-w1tov 1tpòc; -.òv sacrifici: S. Lev. a 14,19 (227 a) ~
xpt'tlJV ov ouva.-.at, «due spiriti hanno col. 68 r; Ber. ;. 7 b 3 2 (i due agnelli
rapporto con l'uomo, quello della verità che devono essere offerti ogni ~iorno
e quello dell'errore ... e lo spirito della secondo la prescrizione di Num. ~8,3) :
verità testimonia tutto e accusa tutti, «due intercessori ogni giorno)); Pesikt.
ed il peccatore è bruciato dal proprio 191 b. (R. Levi): «Non ci sono inter-
cuore e non può alzare il volto verso il cessori . migliori... dei sacrifici»; ecc.;
giudice» (-7 coJI. 707 s.). Lo Spirito di ravvedimento e buone opere: Shabb. b.
Dio personificato riceve tratti dell'an- 32 a ~ col. 684 (con riferimento a
gelo intercessore: difensore e patroci- lob 33,23), dr. Ab. 4,r la~ col. 681;
natore davanti al tribunale di Dio, te- beneficenza e opere d'amore: B.B.b.
78
stimone (-7 coJl. 702 s.) ed anche accu- IO a ~ col. 681 1 ecc. . Altrove tro-
satore (-7 col. 70 3 ). Ciò che accade nel viamo i soliti intercessori: gli anti-
tribunale divi rio si riflette (come in chi credenti, soprattutto Mosè, la cùi
Sap. l,5-10) nel1a coscienza dell'uomo intercessione per ·Israele dopo l'aposta-
(-7 uvvElO'l'}cr~c;) 75 • Da questa concezio- sia del vitello d'oro (Ex.32,r 1) è cele-
cfr. v. 16; 15,26; 16,7 .13 s.), è testi- Gli esegeti si sono chiesti: la radice
mone della rivelazione ( 15 ,26), procu- dell'idea che il N.T. collega con il ter-
ratore davanti alla corte divina nel pro- mine 7tctprixÀ:f)'tO<; va ricercata nel con-
cesso intentato al mondo ( 16,8-rx ). certo di soccorritore della gnosi man-
Nella teologia tardogiudaica troviamo daica o nell'immagine di intercessore
anche paralleli all'idea dello Spirito della tradizione israelitico-giµdaica? È
santo o dello Spirito di verità quale quanto mai probabile che l'alternati-
Paraclèto (14,16 s. 26; 15,26). Le as- va vada risolta a favore di questa se-
serzioni disparate sull'esercizio dell'uf- conda ipotesi, cioè a favore della «tra-
ficio d'intercessore davanti al tribuna- dizione paleobiblica» 89 .
le celeste e tra gli uomini della terra
sono comuni alle fonti veterotestamen- C. IL CONCETTO NEOTESTAMENTARIO
tarie e giudaiche ed ai passi del N.T.
in questione, e la loro connessione in 1. Delle varie idee connesse nel N.T.
8~ Secondo la formula di STAUFFER, Tbeol. 5. nel N.T. appar~ chiaramente soltanto in Apoc.
9'l La figura della parte avversa, cioè dcl xo.- 12,IO.
-ri]ywp, che è il diavolo (~ v, coli. 268 ss.), 91 Nell'immagine del Cristo esaltato l'idea fo.
711(v,811J 7tO:pax).l)'tOt; e 1-2 (]. Behm) (v,811) 712
L'ufficio d'intercessore che Gesù ha è ni 9l. In primo luogo è Gesù, nel suo
presupposto anche in Io. 16,26 e, come ministero terreno, ad essere un tale Pa-
Mt. 10,32 s. par. (cfr. Mc. 8,38 par.) raclèto ( r 4, r 6) 9~; ma la descrizione che
mostrano, Gesù non si è solo attribui- abbiamo riguarda solo l'aÀ.À.oc; 7tapci-
to la funzione di giudice universale nel XÀ.TJTOc; che dovrà venire dopo la di-
giudizio degli ultimi giorni (~ vt6c;, partita di Gesù, continuare la sua ope-
ò vtòc; -toi.i ~v~pw'ltov ), bensl anche quel- ra e restare sempre presso i discepoli,
la d'intercessore per coloro che lo con- nei discepoli (14,16 s. 26; 16,7.13 s.):
fessano (e di accusatore di coloro che lo Spirito ( ~ 'lt\IEÙµrx.) 95 . Lo Spirito,
lo rinnegano) davanti al tribunale del mandato da Dio ovvero da Gesù ai di-
Padre. La concezione cristiana dell'idea scepoli (14,16.26; 15,26; 16,7), e non
ultramondano-escatologica del Paraclè- al mondo che non ha un organo per
to, le cui tracce percorrono il N.T. 92, riceverlo ( 14,17), ammaestra con piena
proviene da Gesù. autorità, ma sempre in strettissima con-
2 . Uno sviluppo più rigoglioso, ma di nessione con Gesù ed il suo messaggio,
difficile determinazione, è la concezio- conserva, amplia e perfeziona l'opera
ne del Paraclèto che opera sul piano di questi guidando i discepoli in tutta
storico nei discepoli e per i discepoli, la verità (14,26; 15,26; 16,13 s.). La
concezione che è esplicitamente atte- testimonianza che lo Spirito rende a
stata soltanto dal Vangelo di Giovan- Gesù ( r 5 ,26) 96 sarà invece un'accusa
rense ~!l'ufficio di Paraclèto e l'idea cultuale Oxy. VI 8Jo,rn (~ n. 36), ma il tes10 corrotto
dell'uffiçio di sommo sacerdote (~ IV, coli. non permette un giudizio sicuro.
89,-9o6) sono strettamente congiunte sia in 93 Le considerazioni di -+ JOHANSSON 181-256
I Io. 1,1 s. che in Hebr. 7,23-2, (cfr. 9,24; 4, su questo punto sono più volte fuori strada o
14-16; 1,17) e 1 Clem. 36,1; v. anche M1cHl!L, fuori luogo; v. anche -+ KtiMMEL 125 ss.
Hebr.' 176; O. MoE, Das Priesterlum Chrisli 91 Va considerato qui anche P. Oxy. VI 850,
im N.T. ausserhalb des Hebr.: ThLZ 72 xo (-+ n. 92), ivi infatti non è possibile stabi-
( 1947) 338. La caratteristica specifica di Cri- lire in base al tenore della preghiera se l'invo-
sto quale Paradèto rimane però, in conformi- cazione li 7to:p6:x)..l)'toc; sia diretta al Gesù sto·
tà con tale concetto, l'intercessione con la pa. rico o al Cristo celeste.
rola. Questo carattere segna anche il limite ad
eventuali combinazioni tra l'uso paolino del- 95 Qui c'interessa soltanto il predicato 7to:p«i-
l'espressione 'mediante Cristo' ed il concetto x)..l)'t"O<; ed il suo significato e non già il sog-
giovanneo di mx.p6:x).1}'toc; (quali si riscontra· getto cui tale predicato si riferisce; pertanto
no in A. SCHl!TTLER, Die paul. Forme/ 'durch non è qui il caso di trattare come vada inteso
r
Christus' 1907) 28 s.; cfr. DEISSMANN, L.O. 7tVEuµa. in lo. 14-16 né di avviare discussio·
286) -+ 11, coli. 916 s. Lo stesso vale per il ni sul tipo di quelle di -+ SASSE l75·277 o
rapporto tra il concetto di µEcrl't1}t; (-+ VII, . R. EISLER, Das Riilsel des ]oh. : Eranos-Jahr·
coli. rH-164 e passim) e quello di TCo:pO:x)..71. buch (193J) spec. 391-422 o anche di~ WIN-
'toc; nella cristologia del N.T. !JISCH 130-137 e BuLTMANN, ]oh. 437-440, te-
se a decidere quali figure 7ta.paXÀ.1)Toc; indi·
91 Come in altri testi paleocristiani, tale conce- casse in origine o propriamente.
zione è probabilmente presente anche in P. 96 Cfr. BuLTMANN, }oh. 426 s.
713 (v,811 l 7tUprixÀn'Toc; e 2 (J. Behm l (v,812) 714
97Per t>..hxm1 (4- m, coli. 391 s.) ed il sen· per stabilire la ragione e la verità» (SCHLAT-
so di lo. 16,8-u cfr. BAUER, ]oh. 196 s.; ~ TER, Komm. ]oh. 298; ·cfr. Theol. d. Ap. 152)
LAGRANGE 4.r8-420; BULTMANN, }oh. 432-437. o «avvocato dei discepoli soprattutto nella
98 Si tratta proprio di vedere se veramente lo lotta con il mondo» (F. Bi.iCHSEL, ]oh. [N.T.
Spirito-Paraclèto sia «qui descritto come rive- Deutsch] a 14,16). ·
latore» e quindi presentato «come una figu- 99 ~ C.K. BARRETT tenta d'inquadrare l'uso
ra parallela a Gesù stesso» (ButTMANN, ]oh. giovanneo di 1ta:pax.).'l]-toc; unicamente nella
437). Ma non si rende giustizia al predicato predicazione apostolica, prescindendo da qual·
mx.paxÀ.ll't'Oc; che Giovanni dà allo Spirito siasi derivazione dal mondo religioso del tem-
neanche interpretandolo unicamente in termi- po. Tale tentativo non è convincente, data l'ab·
ni forensi come «difensore dei discepoli da- bondanza del materiale comparativo esistente
vanti al giudizio degli uomini nella disputa (SEESEMANN].
715 (v,812) Ttapa.xv1C'tW ( W. Michaelis) (V,813) 716
scenza dell'espressione che Gesù usò nel corso del suo uso religioso median·
nella sua lingua materna: prqlj( 100 . te significati secondari 1m. Se si vuole
Per quanto riguarda la traduzione evitare l'imprestito straniero Paraclèto,
del termine 'ltaptix),,"r)'t'o<; nel Vangelo che pure è stato scelto da traduttori
di Giovanni, dalla storia della parola e moderni e antichi (--7 col. 694), si
del concetto risulta che non è veramen- può tradurre patrocinatore, consigliere,
te possibile rendere in modo adeguato aiuto 102, soccorritore; ma intercessore
questo vocabolo, il Clii significato origi- rimane il concetto fondamentale e l'i·
nario di intercessore è stato alterato dea religiosa preminente.
J. BEHM t
'ltapaxoii ~ I, coli. 601 s.
'ltapaxoÀou~Éw ~ 1, coli. 580 ss.
-rtapaxoùw ~ 1, coU. 601 s.
t 'TtCX.pcx.xu'Jt'ttù
100 Cfr. ZAHN, ]oh. •·• 564. F. DELlTZSCH, s/r posizione del corpo nell'atto di sciogliere i le-
bbrit hf?dsh ( 1877) traduce TCa.pax)..ri-.oc; in gacci dei sandali (il particolare non ha qui -al-
Io. con p'raql1!, in I Io. 2,1 con melir cun peso teologico; dr. E. LoHMEYER, Joha11-
101 ~ MOWJNCKEL 130, anche ~ LAGRANGE 11es der Tii11/er [ 1932) 186 s.). lo. 8,6.8 : Gesù,
383. che prima stava seduto (8,2), si china per seri·
vere per terra: Xtt'tW XUlj/ctc; (8,8; var.: Xct"ta-
102 Ora anche H. STRATHMANN, ]oh. (N.T.
x\n)lr.tc;); il movimento contrario è indicato en-
Deutsch • [1951)) traduce 7tapax)..ri-.oc; in
trambe le volte (8..7 .10) con avax.vrc-.w, un
14,16 s. 26; 1,,26 con Beistand, un termine,
verbo che ricorre anche in Le. 13,n (con uvy-
usato anche con accezione giuridica, che indi·
x6rc-.w) e 21,28. ~ n. 12.
ca l'assistenza con la parola e con i fatti o an-
che la persona che tale assistenza presta. 2 Cosi anche Aristoph., Ecci. 202: aw-tTJp(a:
rcr.tpÉxvljiE, «fece capolino la salvezza», cioè si
TtapctXV1C'tW presentò una debole probabilità di salvezza.
I Nel N.T. XV1t'tW è molto raro. Soltanto Mc. l Cfr. PASSOW ~· LmDELL-SCoTT, s.v. ; WETT-
I ,7 rappresenta plasticamente con XVlj/ac; la STEIN I 823 a Le. <4,r2.
ìI7 (v,813) 7tu.pa.xu7t'TW ( W. Michaelis) (v,813) 718
semplice ed i suoi composti non com- manico troviamo il passivo (non atte-
paiano più spesso nelle iscrizioni 4; nei stato altrove né nei LXX né nel greco
papiri, invece, oltre a à.vcoci'.nt'tw, &w.- ex trabib_lico ): i)uploaç mx.pr.cx.un't'oµÉ-
XV7t'tW (mi sporgo [dalla :finestra]: P. vaç ( var.: Otaxpu7t"toµÉvaç, OEOtx-cuw-
Magd. 24,4 [m sec. a.C.] ), Èyxvn"tw µÉva.ç), una traduzione che è dovuta al-
(dare un'occhiata [ad uno scritto]: tal'- l'oscurità del testo ebraico (S•quflm) 1•
do ), Èxxvn-rw (/a ccio capolino: P. Petr. In tutti gli altri casi si tratta di persone
n l,16 [III sec. a.C.]), abbiamo anche che guardano fuori dalla finestra (OLà
na.pcxxvn"tw 5 : P. Oxy. III 475,23 (182 "t'ftc; l'uplooc;: Gen.26,8; Iud.5,28 [cod.
a.C.): si tratta di uno schiavo che, per BJ; 1Par.15,29; odx. "tWV i)vplOwv:
poter dare un'occhiata ai musicanti che Cant.2,9; à.'ltò l'uplooc;: Prov.7,6) o den-
suonavano nel cortile, si sporge dal bor- tro da una finestra ( otà -cwv l'uplOwv:
do del tetto piatto: ~oUÀTJiMc, 6:.nò 't'OU Ecclus 14,23; &cppwv à.1tÒ Mpaç 7tapa-
OWµa't'OC, -rijç mÌ'ti)C, olxlac; 7tCX.pa.XV· xv1t"tEL ELC, olxlav' à.v-i)p OÈ 7tE7tlX.tOEV-
lfiat, «essendosi voluto sporgere dal !.1Évoc, i!!;w O''t'TJCTE't'ct.L, «il maleducato
tetto della sua casa per vedere ... »; P. spia dalla porta dentro casa, ma l'uo-
Lips. 29,ro: µ'l')ÙÈ 1t!Xp<XXV1t'tELV W't'L- mo educato se ne sta fuori»: Ecclus 2 r,
vtouv 7tpayµa,;t &ta.cpÉpov-rl µot, «che 2 3 ). Il nostro verbo è accompagnato da
non s'immischi in un qualche affare che un verbo di vedere in Gen. 26,8; I
riguarda me» 6 • Par. 15,29; Prov. 7,6. Indipendente-
mente dal fatto che in questi casi si
2. Nei LXX troviamo sia XV'lt"tW tratti o meno di finestre munite di sbar-
(l 8 volte, di cui 7 insieme con 7tpocrxu- re 8, è difficile determinare nei singoli
vÉw) sia tutta una serie di composti casi l'intensità del verbo 7tct.paxv7t"t'ELV.
(&.va-, ota-, OtEx-, Èy-, i::lc;-, Éx-, xcx."t'cx.-, Nei casi in cui si tratta delle finestre
xa.nm-, 7tpoo--, o-uyxvn"tw ); 7tapaxv7t- dell'harem (certamente munite d'infer-
"tW è usato 8 volte, generalmente pe;: riate} il 7tapaxvrt"tELV non sarà probabil-
l'ebraico sq/, al nif'al ed hif'il; in Cant. mente privo di un aspetto di furtivi-
2 ,9 per igb all'hif' il (entrambi i verbi tà, persino di proibizione, ma nonostan-
ebraici vengono tradotti anche con altri te ciò di persistenza (I ud. 5 ,28; I Par.
composti di XV7t"t'W e con ~ÀÉ7tw, Ém- 15,29; Prov. 7,6; Cant. 2,9). Flavio
~ÀÉ7tw, xa't'cx.!°)ÀÉ1tw, Xct."tEi:oov). 1 Reg. Giuseppe non usa 7tapaxu7t"tW 9 • In
6,4: nella descrizione del tempio salo- Hen. gr. 9,r i quattro grandi angeli
4 Gl'indici di DITT., Syll. 3 e DITT., Or. non traduttori antichi (dr. FIELD I 602, ad l.). Del
segnalano il verbo . Nel racconto di una gua- resto, nel secondo passo in cui ricorre J•quf/m
rigione proveniente da Epidauro (IV sec. a.C.) (I Rcg. }',4), Simmaco ha tradotto 1tapaxuiJietç
leggiamo: U7tEpÉXV7t't'E Elç -rò H.~rt:cov (DITT., (LXX: µé)..cd}pa.; Aq.: ci1to~ÀÉ7t'Tet.ç).
Syll.3 lI 68 ,9 I). 8 L'inferriata ( -rà olx'tua) è esplicitamente
s Cfr. PREISIGKE, Wort. 11 248, s.v. meniionata in Ca11t. 2,9 (dr. !ud. 5,28 [cod.
6 Cfr. anche MouLT.-MILL. 486, s.v. A); I Reg. 6,4 [·var.)). Le finestre servivano
7 K. GALLING, art. 'Fenster': Biblisches Real- in primo luogo all'illuminazione ed alla venti-
lexikon = Handbuch z. A .T. I 1 {1937) 164 lazione; cfr. S. KRAUSS, Talm11dische Archao-
s. vuole partire dall'assiro sakkapu o ask11p- logie I (19 l o) 42. In 2 Reg. 9,30 (o~a.xu7t-rw)
pat11, 'cappello di porta' o 'soglia' e propone si tratta della cosiddetta finestra dell'appari-
di tradurre finestre del battente della porta. E- zione che si trovava nella reggia {cfr. GAL-
videntemente si tratta di un termine tecnico LING, op. cit. 165).
che ha presentato notevoli difficoltà a tutti i 9 Cosl afferma SCHLATTER, Komm. Jnk. 150
no:ptxXVlt'tW (W. Michaelis) (v,814) 720
«guardarono giù sulla terra», mx.pÉxv- «si chinò a guardare nel sepolcro», ep-
o/a.v l-itt -.1)v yijv. pure vide due angeli (20,12) coi quali
3. Io. 20,5: il discepolo prediletto, poi parlò. Con Io. 20,5 coincide la tra-
venuto la mattina di Pasqua alla tomba dizione di Pietro in Le. 24,12 ove leg-
di Gesù, <{chinatosi per guardare, vede giamo similmente: 'lta.pa.xuljJa.ç ~·>.bm
le bende per terra, ma non entrò», rca.- -r:à. òi}6v~a. µova., «chinatosi a guardare
pa.xvo/a.c; (H.bm xdµEva. 't'à. 6Mvta., vede soltanto le bende» 12 •
ou µÉV't'Ot Elu"ifÀ.~EV. Si vuole evidente- Troviamo 'lta.paxun-.w usato in sen-
mente significare lo sguardo gettato dal so traslato in Iac. 1,25 e 1 Petr. 1,12.
di fuori attraverso l'apertura probabil- I ac. l ,2 5: «Colui che guarda alla legge
mente bassa; il discepolo prediletto non perfetta della libertà (e vi persevera)»,
entrò perché provava timore e sogge- ò SÈ na.paxu•.)Ja.c; d.ç v6µov -.0..nov 't'6v
zione io. Non è invece necessario dedur- 't'f)c; ÈÀ,EUÌ}Eplw; (~ III, col. 4:6 5 ): qui
re dal 1ta.pa.xuo/a.c; che si sia trattato l'aggiunta di xc:d 'lta.pa.µdvctt; rende
soltanto di un'occhiata fuggevole 11 , poi- certo che il nostro verbo non sta ad
ché anche di Maria Maddalena è detto indicare l'occhiata fuggevole, l'osserva-
(20,:rI ): 1ta.pÉXVWEV Etc; 't'Ò µvl}µ.Eiov, zione superficiale 13 . In 1 Petr. 1,12 po-
n. I. Cfr. à.vaxV1t"tW: Ios., anl.6,250; 19,346; nei codd. D it sarebbe dovuta all'influenza
uso traslato: beli. 6,40I; tna.vtxXV'lt'tw: 1 , di Taziano); K.H. RENGSTORF, Lk. (N.T.
603; XO:'tlXXV1t"tW : 2,224. LEIS EGANG non re- Deutsch), ad I. Se il versetto fosse autentico
gistra 1tO:(ltxXV1t'tW in Filone. Cfr. CÌ.\lf1.XV1t'tw : avremmo un interessante punto di contatto
leg. ali. 2,34; senso trasl:ito: Piace. r6o; lìta- tra Io. ·e Le., contatto che si manifesta, sia
xvm:w: ebr. 167; omn. prob. lib. 21 ; U1tEP- pure in misura minore, anche nell'uso di à.v(.t-
XV1t1'W: del. pot. ins. wo; praem. poen. 30; XU1t"t'W ( ~ n. l ).
spec. leg. 2,166. ep. Ar. : &.vaxVlt"tW (233), 13 7ta;paµEl'lltx<; sottolinea soltanto questo fat-
lìtaXV'lt"tW (19), tyx{nt"\'W ( 140), XO:'taXV'lt'tW to perché già napaxuljiai; (come si vede dal-
(91). l'uso linguistico corrente) indica un immerger·
10 ZAHN, ]oh.'·• 673 e F. Bi.icHSEL, ]oh. (N. si profondo, un penetrare. HAUCK, ]k., ad I.:
T. Dcutsch); ad l. «La posizione <lei corpo teso in avanti segnala
già l:i tensione ed il desiderio di sapere». An-
11 Così BAUER, ]oh., ad l. che basa la sua in- cora meglio ScHLATTER, Komm. ]ak., ad I.:
terpretazione su ~)drcet, come presunto con- «Forse l'uso di 'fctxpaxv.Yac; è suggerito dalla
trnrio dcl ilt:wpEi: usato in 20,6; cfr. però --+ posizione dell'attento e :zelante lettore delln
vm, coli. 964 s.; 972; 973· Torà che si piega sul rotolo della legge». Cosl
12 B. WEiss, Mk. 1md Lk . (Kritisch-exegeti- anche A. MEYER, Dar Ralsel des ]ak., ZNW
scher Komm. iiber das N.T., ed. H.A.W. Bcih. 10 (1930) 155, che però non cita alcun
MEn:R' {1901]), ad I.; ZAHN, Lk.u 714 n. esempio parallelo preso dalla letteratura tar-
46; KLOSTERMANN, Lk., ad I. e altri contesta- <logiudaica a cui si richiama. E. STAUFPER, Dar
no l'autenticità, del versetto, ma forse a torto: 'Gesetz der Freiheit' in der Ordensregel vo11
dr. J. SCHNll'.WlND, Die Parallelperikopm bei ]ericho : ThLZ 77 (1952) 527-_n2 fa notare
Lk. rmd ]ah. ( 1914) 88 s. (il versetto sarebbe che già nella regola della comunità di Gerico
stato espunto più tardi perché non coincideva (DSM = M . BuRROWS, The Dead Sea Scrolls
perfettamente con la. 20,5 o con 20,.3 ss.); o/ St. Mark's Monastery n 2 [ 1951 )) si tro·
HAUCK, Lk., ad I. (la mancanza del versetto vano non solo la locuzione 'legge della liber-
/21 (V,814) 1tapa:xu7C't'l.ù (W. Michaelis) (v,814) 722
trebbe invece trattarsi di occhiate cu- [ ~ 1, col. 227; 1v, col. 599 e n. 31 ]),
riose, se non addirittura del desiderio cioè la sofferenza di Cristo e le ò6!;a~
di una visione autentica 14, quando leg- che l'hanno seguita ovvero {dr. anche
giamo che anche «gli angeli desiderano ~ rv col.258 n. 7) la grazia che vi era
riguardare addentro in quelle cose» ( Elc; racchiusa per i cristiani ( 1,ro) 15 .
& É7td)vµoucn\I &yyEÀoL 7tet.paxuljlcr.L W. MICHAELIS
tà', ma anche altri motivi presenti in lac. l,25, me attraverso una finestrn munita di sbarre»,
tra cui il 'principio della profonda conoscen· tenendo certamente conto dell'uso linguisti-
za' che sarebbe espresso in 7to:pa.xuljlac;; que- co dcll'A.T. (-+ col. 7I8), ma la soluzione
sta sua per molti aspetti preziosa indicazione non è certo felice (dato che tali finestre sareb·
va però sottoposta a certe limitazioni. Anche bero quelle di un harem): qualsiasi rappresen-
s:= già l'espressione 'legge della libertà' in tazione locale dell'azione rimane totalmente
DSM 10,6.8.n, ammesso che indichi «la leg- fuori strada (ad es., Wohlenberg ; gli angeli
ge particolare dell'ordine di Gerico accettata guardano giù «dal loro regno») e non è resa
liberamente» (529), costituisce un parallelo meno astrusa dal richiamo a H e11. gr. 9,1 (-+
più formale che sostanziale (anche se si trat- coll.718 s.), un parallelo piuttosto esteriore. A.
ta solo di un parallelo per contrasto) al v6µoc; RESCH, Agrapba. A11sserka11011iscbe Evange-
't'ijc; ÈÀEV&Eplac;, i passi che ST/\Ul'fER (530) tie11fragme11te, TU 5.4 ( 1889) 301 ipotizzò che
cita a prova dell'analogia tra 7to:pixxvljlo:c; e dietro 1 Petr. l,I2 ci fosse un logion di Gesù,
la 'conoscenza profonda' (soprattutto DSM II, ma tale supposizione fu già confutata a ra-
3 ss. 17 ove sono usati rispettivamente 1tb! e gione da J.H. ROPES, Die Sprìiche Jesu, TU
hibbif; cfr. 530 nn. 3 s.) nell'ambito di DSM 14,2 (1896) 5os. T.W. MANSON: JThSt 47
si trovano inoltre in contesti diversi da quel- ( 1946) 220 avanzò l'ipotesi di un rapporto con
lo in cui appare la menzione della 'legge ·della Le. 10,24: scambio di ~«(TtÀ.Etc; = mlkjm con
libertà'. Per quanto possa essere interessante ayyEÀOL = 111/'kjm. Va però notato che è
l'ipotesi avanzata da Stauffer che questi parai· piuttosto improbabile che nel logion originale
leli a tto:po:xuljlo:c; si riferiscano ad uno scru- di Le. 10,24 siano stati accostati i profeti e gli
tare, ad uno spingere lo sguardo in uno -«sta- angeli né, d'altra parte, si può immaginare co-
tuto segreto che supera persino la Torà», pu- me · tale fraintendimento del logion sia avve-
re ci sembra che la succitata spiegazione dello nuto così presto, già prima di 1 Pelr. In 1
Schlatter sia, tutto sommato, più semplice e Petr. 1,10 ss. vengono sl menzionati anche i
nnturale. profeti, ma in una prospettiva tutta diversa.
I I Questa sarebbe certamente l'interprctazio· i; Padri apostolici: EYXVTl't'W (-+ col.717): Po·
ne giusta se l'autore volesse dire che tale desi- lyc. 3,2 (approfondimento delle lettere di Pao-
derio degli angeli è stato soddisfatto; così in- lo); 1 Clem. 40,1; 45,2; 53,1; 62,3 . Cfr.
tende WoHLENBERG, PI., ad l., che si fa forte PREUSCHEN-BAUER, s.v. e KNOPF, Cl., ad I.
di Epb. 3,10. Wohlenberg precisa poi: «co- Mancano il verbo semplice e gli altri composti.
7tttpttµul>Éoµttt A 1 (G. Stahlin} (v,815) 724
t mx.paµui>foµat., t 7tapaµui>la,
t 1m.paµuihov
~ 7t<J.paxa'ì..Éw, 'ltapcb<:À.TJCTtc; coli. d) il motivo fondamentale della consola-
zione nel N.T.
599 ss.
A. ESAME SEMANTICO
SOMMARIO:
r. Formazione e significato fonda.
A. Esame semantico:
1.(ormazione e significato fondamentale; mentale del verbo
2. derivati dal significato primario esortare; 1tapaµvi}foµaL è un verbo composto
3. derivati dal significato primario calmare, dall'avverbio mx.pa (nel senso di a, ver-
con/orlare; so, come in 1t<J.p-ÉpXE<ri>m e simili) 1 e
4. significati particolari di 7tttpttµvDlo. e 7tO.- da µvìlfoµaL (~ VII, col. 548 n. 13);
pttµul>tov.
ne sono derivati 'ltctpaµvlHa, 'ltapaµv-
B. Il gruppo di termini neil'A.T. lhov 2 • L'idea fondamentale è dunque
C. Il grnppo di termini 11el N.T.: parlare verso qualcuno o anche parlare
1. uso linguistico; a qualcuno mettendoglisi a fianco 3 • Af-
2. consolazione e consolatori; fini per formazione e significato sono
a) la prassi consolatoria corrente e la cori- ~ 1tet.payyfl..'ì..w, 'ltctpai>appuvw, 'itct-
solazione di Gesù; popµci.w e simili, ed anche il sinonimo
b) i consolati; latino alloquor 4 • Comune a tutti que-
e) i consolatori; sti verbi è «il senso favorevole» 5 de]
'll:o.po.µvDfoµ!lt X't') ••
liorative des verbes tels que alloquor 1tapa.- ne (Vulgata: co11solabat11r); ~ coll. 725 s.
µv1Moµm; Recherches dc science religieuse 28 9 Cfr. CREMER-KOGEL 571; anche F. AsT, Le-
( 1938) 3II-314. Ci sono però eccezioni, ad es. xicon Platonicum m (1836), s.v.; ~ n. 8.
Esth. 8,12 e (LXX; ~ 2 e); Plut., praecepta dc
lo) Cfr. ~ SCHW'YZER Il 247.374.
tuenda sanitale n (n 134 a; ~ n. 15) parla
una volta addirittura di µLcx.pà 7tctpa.µU&~cx. 11 La tradizione di una costruzione col sem-
(7tctpa.µvlha. va qui però posto tra virgolette). plice dativo è incerta : dr. P. Fay. 19,6.
Anche 7tctpa.xcc:À.Éw presenta eccezioni simili, 12 Dato che l'esortazione può assumere anche
poiché talora (Deul. 13,7 [LXX]) può signi- un carattere molto energico(~ 2 c-e), talora il
ficare sedurre, mentre al contrario &.1ta:t6.w suo intento gentile è messo particolarmente in
(Eccius 30,23) viene ad assumere un'accezione evidenza, ad es. con 1)pɵa.: Plat., Phaed 83 a;
positiva per la vicinanza di 1tC1.pa.xa.À.Éw === Luc., nec. 6, o con Èv -roi:ç à:yC1.f)oi:ç MyoLt;;
consolare. dr. anche Plat., resp. 5.476 e. In generale 7tl1.-
6 Già il medio può esprimere un affetto posi- r;ilf.l.V&ÉoµC1.t. x-.À. contengono già l'idea di un
tivo; dr. ~ SCHWYZER Il 228 s. modo e cli un'azfone calr'n ante, come accade
7 1tCC:PTJYOPÉW e 1tC1.pT)yopfo. si trovano ad es- spesso per r.apa.xa.À.Éw, ad es. Le. 15 ,28; I
sere sinonimi di 7tapa.µv0Éoµa.t e mxpaµvf)((1. Cor.4,13: rabbonire, calmare; cfr. JoH. WErss,
in casi quanto mai diversi: nelle delibere con- 1 Kor. I l2 s. -
solatorie greche (ad es., Epigr. Graec. 502,4), D Spesso è difficile cogliere le particolari sfu-
nella traduzione dell'A.T. (cfr. ad es. l'Esapla mature semantiche cd allora diventano prezio-
in Eccl.4,1: LXX: 7tpa.xaÀ.wv; Sim.: 7tapT)yo- si i sinonimi, sia verbi che sostantivi, che spes-
pw\I; aÀ.À..: 1tllPC1.l.LVDovµE\IOç), nel N.T. (Col. so a:compagnano i nostri termini o li precisa-
4,u) e in Filone (vit. Mos. 1,137); ~ n. 29. f'!O. Per tale ragione nelle sezioni seguenti li
8Ad es., Sap. 8,9;. Aci. 27,9: anche qui abbia- ricorderemo piì1 volte; dr. anche la compila-
mo l'accostamento di esortazione e consolazio- zione in Jo11. Wmss, I Kor. 322 n. 2.
727 {v,816) mxpaµul)Éoµm A 2-3 (G. Stahlin}
Euthyd.288 c; insieme con 1tpocnpÉTtW: gue innocente, molti di coloro che so·
P. Fay. 19,6 (II sec. d.C.). La medesi- no al potete». f) Convincere, persuade-
ma accezione presenta 1to:.po:.µui)lo:., il re: Plut., gen. Socr. 20 (II 589 c) : mx.-
consiglio, la sollecitazione cortese che pttµvi)Ei:'tccL "t'ovc; àmcr'tovv-.ccc;, <(per-
si usa con gli uomini liberi, non con gli suade gl'incredulh>. 'ltctpccµui)la (forza
schiavi, a cui si usa a\/EU 1tO:.po:.µul){aç di) persuasione: Plat., Phaed. 70 b:
Ttpocr-rliT-m\/ (Philo, vit. Mos. 2,50). b) -cou-.o oT} Euwc; oùx òÀ.lyric; Ttapo:.µui)iac;
Indurre qualcuno a far qualcosa, conqui- OEL"t'l'1.L xat 'ltLO""t'Ewc;, «proprio ciò ha
stare qualcuno a qualcosa: Plat., leg. 2, bisogno di non poca forza di persuasio-
666 a; anche 1tpocrmxpo:.µ.ulMoµaL: Ditt: , ne e di dimostrazione».
Syll.' 762,29 s. (48 a.C.). c) Incitare,
spronare, esortare: Horn., Il. 9.417 (cfr. 3. Derivati dal significato primario di
684); insieme con TtEmw: Plut., cons. ad calmare, confortare
Apoll. ( u u 8 b.c); mxpo:.µ.ui)lo:., stimolo
confortante: Luc., Nigrinus 7; Ttapo:.µu- a) Far bene (con parole), rasserenare:
ihov, esortazio·n e : Plat., leg. 6,773 e; in- Plat., leg. 1,625 b; 1ttxpaµui)lo:., rassere-
sieme con TCElilw: ibid. 4,720 a; ammo- namento, serenità: Plat., soph. 224 a.
nizione, ibid.9,88oa. d) Incoraggiare, ad b) Rianimare (parlando o in altro mo-
es. nell'unico caso in cui 1tctpo:.µul>Eo- do), aver cura: Aristoph., /r. 45 (C.A.F.
µtt~ rkorre nei LXX, 2 Mach. 15,9: (6 I 403) in Athen. 9 ,35 (p. 385 f); soprat-
Maxxa.~o:.~oc;) TCttpo:.µvi>ovµEvoc; a1hoùc; tutto per la cura delle piante: geopo-
Èx 'tOU v6µou xat "t'W\/ 1tpO<j>l)TW\/ ... 'TCpO· nica 3 ,5 ,4 14 ; significato analogo ha
~uµo·tÉpouç mhouç xa-.fo-"t'l)CTEv, <di [ 'lt] a.paµ.uihccxl) Èpyccr;la., cura atten·
Maccabeo incoraggiandoli con le parole ta: P. Oxy. XIV 1631,13; Tta.po:.µ.ui)la. .
della legge e dei profeti ... li rese ancora ristoro, riposo : così forse in Sap. 19,12
più ardimentosi»; insieme con 'lta.pa- (LXX); cosl anche 7ta.pa.µvbtov : Plut.,
i>appuvw: Plat., Critias 108 .c; insieme Lucullus 44 (I 52r b); Brutus 6 (1
con É'ltEÀTCl~w (adescare con speranze): 986 e): · Bruto è il ristoro, la guarigione
Dio C . 43,15,2; 1tapa1.wi)la e mxpaµv- della sua provincia colpita dal disastro.
t}tov, incoraggiamento: Plat., Euthyd. c) L enire, mitigare, calmare : Luc., dia-
272 b: 'ltctpo:.µui)LO\/ 't"OV µ'i} q>oBti:cri>at; logi mortuorum 28,3; de domo 7 ('Tta·
resp. 5.450 d (qui con mx.po:.µublcc si ri- paµ.vi>foµcxL -.o tvofov, «compensare la
prende il 'ltapabappuvw immediatamen- mancanza»); Theophr., fr. 1 20 in Athen.
te precedente). e)Persuadere, indurre, 11,8 (p. 463c); geoponica 12,13,11 (~
talora con cattive intenzioni; cosl 'ltO.· n. 14); medesimo significato ha TtO.pcx-
pCt.i>uµlcc in Esth. 8,12 e (LXX): 1tOÀ· µut)'l'}">tX6c;, capace (perfino) di leni·
À.ovc; 'twv É1t'l~ouafatc; 't'E""cti'tJ.ÉVwv ... re, anzi di guarire : Seft. Emp., Pyrrh.
'ltCt.paµuiHa. µE""at-rlouc; a:tµ1hwv ài)~. hyp. 1 ,70 e 'ltapaµvi>~ov , lenimento :
W\/ XIX'tCXCT't'i}craua 'JtEptE.Bo:.ÀE crvµq:io- Theocr., idyll. 2 3 ,7; Plat., Critias I 15 h
pai:c; IÌ."llrpcÉcr'toLc;, «spesso, infatti, un (citato liberamente in Athen. r4,46 [p.
cattivo consiglio ha indotto a mali irri- 640 eJ e Dio c.65,4,3): µE"t'CC06p'ltLCC
mediabHi, rendendoli colpevoli di san- (dessert) quali 'Tto:.paµvl>ta. TtÀ.l)crµovijc; 1 ~,
g Geopo11ica sive Cassiani Bassi Scholaslici de dell'impero romano, Plutarco usa la sentenza
re rustica eclogae, ed. H . BECKH ( 189J). · platonica divenuta ormai prove[biale in senso
15 In Athen. #ìovijç, che è probabilmente un ~ncora diverso: gli emetici e i lassativi sono
gen. qualitatis: un benefico ristoro. Nell'atmo- per lui µ~apà 1tapaµM~a 1tÀ"f):rµovilt;: prae-
sfera pesante della decadente vit11 godereccia cepta de tuendo sanitale 22 (li 134 a ).
'rm.pcxµvftfoµm A 3 (G. Stiihlin) (v,817) 730
«il lenimento del senso di ipersazie- sieme con 1tpauvw: Plut., Cicero 37 (r
tn». d) Attenuare, diminuire soprattut- 879 c); insieme con xa<ta?tpavvw e
to gli scandali, ad es., dei miti: Plut., 7tpouÀ.a:ÀÉw: Plut., praec. coniug. 37
mulierum virtutes (II 248 b); delle co- (II 143 e); insieme con <ttilauEuw (do-
se insolite e strane: Plut., de animae mare): Dio C. 41,15,3; insieme con
procreatione in Timaeo Platonis 5 (n x1)À.l}aLç (incantamento, acchetamento.
1014 a); di concetti odiati, come quel- tranquillità): Plat., Euthyd. 290 a; 7ta-
lo di 'monarchia': Plut., Cleomenes paµvì)la, tranquillante, calmante: Plut.,
1 r (I 809 e); ma anche le contrad- Them. 22 (1 123 b; insieme con xov-
dizioni in una esposizione: Simpl., qnuµoç); così dicasi per ?tapaµui>Lov :
in Aristo/. phys. 4,12, p. 729,35; 3,3, p. Plut., quaest. conv. 1 ,ro,3 (n 629 a ;
444,15 s. (<ti}v a1toplav) 16• e) Risolve- insieme con 1tapal\IEO"L<;), e poco dopo
re, spiegare (una contraddizione): Plut., à.?tapaµuilri-.oc;, implacabile (opposto:
praec. ger. reip. 13 (II 808 d; insieme EuTCapaµut>ri-.oç, che si placa /acilmen-
con oLoauxw); Eus., praep. ev. 15,6 (p. te, ad es. Plat., leg . 10,885 h). h)Cal-
802 b); più volte in Simpl., in Aristo!. mare : Thuc. 3,75,4; Plut., Sertorius 16
phys. ad es. 1,1, p. 9,32 s. (~ n. 16); (r 575 s.); insieme con luxvalvw : Eur.,
?tapaµui>la, spiegazione: Plut., de ani- Or. 298; insieme con Xl}À.Éw e 1tpav-
mae procreatione in Timaeo Platonis 1 vw: Plat., polit. 268 b; insieme con
(u 1012 b); fac. lun. 17 (u 929 s.); E.?tq.6w e 'ltauw: Plut., maxime cum
Pyth. or. 3 (II 395 s.; insieme con È1t4)· principibus viris philosopho esse disse-
01), tranquillità ottenuta con l'arte ma- rendum 4 (II 779 a); TtapaµufrLo\I, ac-
gica: nel termine c'è quindi ancora chetamento: Plat., leg. 4,704d. 705a H.
qualcosa dell'immagine del calmante i) Soddisfare, forse Aristoph.; fr. 4 5
[ ~ g] ). f) Dal significato di parlare (~col. 728) e Sap. 19,12 (LXX;~ col.
gentilmente, rimediare a qualcosa con 7 2 8 ): ?tapaµuilla, soddisfazione di un
le parole, si giunge ad un'altra sfumatu- desiderio. l) Soddisfare, risarcire, espia-
ra semantica: scusare: Strabo 13,1,64; re; questo significato è attestato soltan-
Simpl., in Aristot. phys. 1,2, p. 38,2: to per 1tapaµvì)Lo\I, soddisfazione: Dio
'ltapaµui>la, scusa, giustificazione: ibi- C. 56,41,6; mezzo di espiazione: Plut.,
dem 1,2, p. 37,Jo; 8,ro, p. 1341,2 (~ de/. orac. 14 (n 417 e; insieme con µEl·
n. 16). g) Tranquillizzare, rabbonire, À.i.x_La, sacrificio espiatorio).
calmare: Luc., Toxaris 33 (con un ri-
sarcimento in denaro); insieme con Il significato più importante del se-
8LaÀ.À.a"t'"t'oµaL: Plat., Prot. 346 b; in- condo gruppo è consolare 18 ; confluisco-
no in esso varie delle linee considerate 4: un'erma eretta per un bambino mor-
finora, a cominciare dal significato fon- to precocemente deve servire da con-
solazione per i genitori: 1ta-tpòç xat
damentale di rcapaµuildcri}cu: chi vo- µ1'}-tpòç l:'tpa"t"oÀaç rcapa.µuì1Lov t:lva.L.
glia consolare una persona afflitta le si Inoltre rcapaµuì1la e 7tapaµuì1Lov ricor-
avvicina istintivamente per farle senti- rono stranamente anche nel linguag-
gio dell'economia con varie sfumatu-
re di non esser sola nel dolore e le par- re semantiche: d) risarcimento, inden-
la gentilmente. Possono però esser pre- nizzo: in senso proprio, ad es. BGU
senti anche altri significati: esortare, IV I 024 VII I 2 ss. (IV-V sec. d.C.) :!J;
in senso traslato: P. Flor. III 332,20
perché spesso la consolazione termina
(II sec. d.C.); Pseud.-Luc., Syr. dea 22;
nell'esortazione a sopportare la disgra- Plut., quaest. conv. 2,1,2 (ÌI 630 c):
zia con forza e. dignità(~ coli. 619 ss .); xapLV... xat 7tctpaµuiHav, «ringrazia-
calmare, perché spesso lo scopo princi- mento ... e risarcimento». e) Risarcimen-
to, rimborso di un prestito, interesse
pale della consolazione consiste nella (rcapaµu~la. -cou xpfovç), ad es. P. Gre-
mitigazione del dolore 19 ( ~ coli. 620 ci e Latini I 48,2.5.21 s. (VI-VII sec.
s.). d.C.); P . Flor. III 300,11 ecc.; P. Masp.
III 309,31; III 314,4; II 167,9.16.22;
4. Significati particolari di 7tapaµv- BGU IV 1020,7 (VI sec. d.C.): Ò7tÈp
rca.pa.µuì1lac;, come fitto; Preisigke,
illa e 7tapaµMLo\I
Sammelbuch I 528 5 ,3 5 : un diritto d'u-
Per quanto riguarda i sostantivi van- so «al posto degli interessi per il pre-
no notati, oltre al significato predomi- stito summenzionato», <'tv•L 'tfjç 7ta.pa-
nante di consolazione, anche una serie µvìHaç 'tou a.1hou xpfouc;. Invece '!tct·
di usi particolari considerevoli. a) 1tapa- paµvi}la nel P. Lond. v 1781,2 (VI sec.
µv~la. è usato talora nello stile episto- d.C.) sembra significare un rimborso
lare della tarda antichità come indiriz- speciale pagato in aggiunta al foto. f)
zo di rispetto, all'incirca Vostra Con- La (piccola) pensione come 'conforto'
solazione: P. Oxy. x 1298,2 (IV sec. d. per la vecchiaia e la povertà, ad es. P.
C.). b)(Mez:io di) consolazione: Plut., Masp. m 314,28 : una rendita vitalizia
cons. ad Apoll. 9 (II 106 b): il poeta annuale che i figli devono pagare alla
Antimaco napaµuilLO\I -.fjç À.U7t'r]ç av- madre; Or. 7029 (copto) 21 : una ncxpa·
't~ É7tOL'TJO'E -.i}v ÉÀ.EyElm1 'tTJ\I xa.Àov- µvi>la. che una vigna frutta ad una po-
µÉ\11]\I Auonv, ·«compose l'elegia detta vera vedova ed ai suoi figli. g) Mancia,
Lide come consolazione del proprio do- ad es. P. Lond. IV 1452,u.32 ; 1497,
lore». c)Segno di consolazione, monu- 10 (copto, 709 d.C.) e forse anche v
mento consolatorio, detto spesso delle 1785,5.
pietre sepolcrali: Preisigke, Sammel-
buch I 4313,u (I-II sec. d.C.): rcapa- B. IL GRUPPO DI TERMINI NELL'A.T.
µvi}la. uvv~olriç O''topyfjç µot -cpwtovc;
EÙO'E~l'l'}v 1'EµÉ\/t}c; ; Epigr. Graec. 951, Nei LXX mx.paµul)foµm ed i suoi
derivati non sono usati nelle sezioni C. IL GRUPPO DI TERMINI NEL N.T.
tradotte in greco, ma unicamente in
quei libri di cui dobbiamo considerare l. L'uso linguistico
originale il testo così come l'abbiamo
nei LXX 22 : 2 Mach . 15,9: 1ta.pa.µu-l}fo- Nel N.T. 1tapa.µui}Éoµat e derivati
µcxt, dar coraggio(~ coli. 615 s.; 727); compaiono soltanto in una mezza doz-
Sap. 19,12 : 1ta.pa.µu-i}la., ristoro o appa- zina di passi: 2 volte in Giovanni (Io.
gamento (~ coll. 728; 730); Sap. 3, II,19.31), 4 in Paolo, ove ricorrono an-
18: 1ta.pa.µu-l}tov, conforto. L'uso si li- che una volta ciascuno i due sostantivi
mita quindi al gruppo semantico calma- (1tCX.pa.µulJla.: I COr. I 4, 3 ; 1tCJ.paµulJtO\I:
re, confortare, mentre viceversa 1tapa.- Phil. 2,1 ). Dato che entrambi i passi
xa.À.Éw in questi libri significa soltanto giovannei trattano soltanto dell'usan-
esortare; nel greco di traduzione, dove za giudaica della consolazione (~ coll.
mancano 1tr.tpcxµuih:oµa.t ecc., 1tr.tpa.xa- 737-739), dobbiamo registrare il fatto
À.Ew è usato invece nell'accezione di con- singolare che Giovanni non ha usato
solare(~ coli. 612 s.; 615 s.). alcun vocabolo per il complesso seman-
tico della mx.pa.µv-l}la. cristiana ; infatti
Il nostro gruppo di termini non è anche il gruppo terminologico di 1ta.pa-
usato dai traduttori giudaici più ta1·- xaÀ.Éw gli è estraneo (~ coli. 656 ss.ì,
di, fatta eccezione per Simmaco (2 con l'eccezione dell'uso particolare di
Ba.o-. ro,2; lob 2,rr; [ 42,II: conget- 1ta.pci.xÀ.'f)""tOç ( ~ coli. 67 5 ss. ). Negli
tura di Field]; Is. 40,2; 52,9; 66,13; scritti paolini, invece, la 1tCiprixÀ.'f)<Ttç è
Ier. 31,13; ~ 70,21; ls. 66,u) e per un concetto così centrale che la 7ta.pa.µu-
casi isolati di una traduzione anonima -l}la. non è altro che un complemento.
(Eccl.4,1; lob 42,u; ljJ 65,12). In que- un'aggiunta ad esso. Ad ogni modo, o-
sti testi prevale il significato di consola- vunque Paolo si serva del gruppo di
re; nella maggior parte dei casi si trat- vocaboli 1tapaµulJfoµa.t X't" À.., i due
ta delle consolazioni di Dio (~ coli. concetti sono sempre legati in qualche
615; 646) 21 • modo tra loro: I Thess. 2,12: 7tapa.xa.-
À.ou\l't"Eç ùµtiç xo:t 1ta.pa.µu-l}ouµEvot 2~,
«esortandovi e spronandovi»; 5 ,14 :
1ta.po:xa.À.oi:iµEv ... ùµiiç, &.oùcpol... mx-
21 F. FOCKE, Die Enlste/mng der W eisbeit Sa- tero (--+ coli. 687 s. n. 3 I), una consolazione
lomos :::: FRL N.F. 5 H (1913) e altri hanno che non si limita alle buone parole, ma com-
tentato di ricostruire un originale ebraico di prende anche un aiuto concreto. Entrambi que-
una di tali sezioni, precisamente di Sap. 1-5 sti aspetti della consolazione sono inclusi nel
(9). Dobbiamo però dire che si tratta di un verbo, come dimostrano Js.40,u (dove i LXX
tentativo fallito: dr. J. FICHTNER, Der .iLT. usano 1tCl.pa:xaÀdv per nbl, 'guidare' [--+ col.
Text der Sap, Sal.: ZAW 57 (1939) 155-i92, 6u e n. 18]) e soprattutto Gesù (--+ coli. 738
spec. 170. s.). Questo doppio significato si adatta poi an-
23 Nella maggior parte dei casi succitati il T. che all'equivalente di mn~m, itapctXÀ.TJ'tOc; (--+
M. legge nl;m: questo verbo in origine non coli. 685 ss.}. Cfr. anche la traduzione di lob
indicava soltanto le parole di conforto, ma an- 2,11 nei LXX e in Sym [BERTRAM].
che gli atÙ di compartecipazione; anche il te-
2
desco Trost (dr. l'inglese lrttII) non include ~ Qui viene costituita una triade con l'ag-
soltanto il parlare. Per questa ragione la con- giunta di 7tC1.pa:µvlMoµu~ alla coppia 1tapa.xa.-
gettura mnqm invee~ di nml;m in Eccl.4,1, par- À.Éw-µup-.upoµu~ (dr. Act. 2,40; anche I Petr.
te: seconda, è inuiile se intendiamo, come Lu- 5,12); cfr .. Dos., Tb., ad I.
ì35 (v,819) 1tapaµvl>foµa~ e I (G. Stahlin)
2~ Anche qui è formata una triade con l'ag- 2~ Cosl JoH. Wmss, 1 Kor. 322.
giunta del nostro verbo alla coppia 7tapaxa-
À.ÉW·olxolìoµÉw (cfr. I Thess. 5,11 ). u Anche un terzo gruppo di parole, attestato
nel N.T. soltanto una volta (Col. 4,n), mostra
26 Qui 7tapaµu~ov fa parte di una tetrade. lo medesima duplicità semantica: 1tltjl1Jyopi!w-
21 Ad es., J. Ctt. K.v.
HoFMANN, Die hei/ige In 4 Mach . 5,12; 6,1 si-
1tr.<pl)yopla (-+ n. 7).
Schri/J 11e11e11 Testaments I ' (1869) 183 volle gnifica esortazione amichevole; in Col. 4,11 e
subordinare 7tapaxaÀ.~w alla volontà e mxpr.t- Philo, som. 1,112 consolazione; spesso i due
µuMoµa~ al sentimento; . CREMl!R-KOGEL e significati sono però .compresenti, ad es. Philo,
T!IENCH non affrontano la questione. deris imm. 65; Plut., de exilio 1 (u 599 b).
/37 (V,8l9) r:apaµvl}foµm C 2 a (G. Stlihlin)
pera ch'egli solo può compiere ed è l'u- dentro la comunità, nella quale vengo-
nica che consoli realmente, perché ogni no però menzionati come particolar-
consolazione che lasci intatta la potenza mente bisognosi di consolazione gli ~À.t
della morte è incompleta e insoddisfa- y6tJiuxoi (I Thess.5,14), cioè coloro che
cente. Pertanto soltanto colui che è la o si perdono di coraggio nelle difficol-
risurrezione e la vita può offrire l'unica tà presenti 34 o sono spaventati dall'i-
vera consolazione (~ col!. 654; 655). dea della parusia 35 •
L'usanza consolatoria giudaica pre-
vede anche l'invio di lettere di conso-
lazione (~ coll. 650 s.; anche coll. 627 c) Portatori della consolazione cri·
ss.) e la conclusione di libri con una pa- stiana sono in primo luogo i profeti
rola di consolazione(~ coli. 651 s.). Il della comunità neotestamentaria ( 1 Cor.
N.T. ha esempi di entrambi i tipi sud-
detti, ma concepiti in termini di asso- 14.3 ), che anche per questo aspetto di-
luta novità: da un canto 2 Cor., la cui vengono cosl eredi dei profeti israeliti-
prima parte può essere considerata l'e- ci dell'età esilica e post-esilica (~ col.
pistola consolatoria xa:t'È~ox-fiv del N.
T. (~ coli. 669 s.); dall'altro la chiu- 648 ). Il carisma della TCapti.xÀ.l)CT~c; xat
sa di Mt. 28 33 • 1tcx.paµui)lcx. è la prova della loro auto-
b) Nel N.T. oggetto della consolazio- rità spirituale, benché esso non costitui·
ne sono tutti gli sconsolati e i dispera- sca un ufficio a sé, ma soltanto una parte
ti, a prescindere dalla loro appartenen- del loro dono profetico. In I Thess.2,11
za al gruppo dei discepoli o alla· comu-
s. l'apostolo Paolo descrive Ja sua opera
nità cristiana, tutti coloro che erano
nel dolore (cfr. Rom. 12,15 b), i mala- apostolica nella cura delle singole ani-
ti, i prigionieri (Mt. 25,36.43), gli orfa- me: wc; itCX.'tTJP 't'Éxva Èaui:ou mx.paxa.-
ni, le vedove (I ac. l ,2 7 ), senza che in À.oU\l't'Ec;... xai 'ltapa.µvi)ovµEvoi xat
questi casi sia usato il vocabolario della
consofazione. Tra i prigionieri confor- µap't'UpoµE\10~ EÌ.<; 'tÒ itEpmO:'tEL\I uµiic;
tati fa spicco soprattutto l'apostolo, i- à!;lwc; 't'Ou i)eou x-.À. (dr. anche 2 Cor.
solato e condannato all'inattività (Col. 1,3 ss.; 2,1 ss.; 7,2 ss.). Paolo sottoli-
4,1 l ). Dove ricorrono i vocaboli del
gruppo ;tapaµuiltoµat x-.À.. si tratta di nea qui fortemente il carattere indivi-
cristi:;ini: I Thess. 2,12: l'apostolo do- duale della sua opera (~\la EXCX.C1'tO\I
na la sua esortazione a coloro che sono uµWv) come fa anche in Col. r ,28 ( 3
chiamati «nel regno glorioso di Dio»;
volte rc&.v'ta &vl>pwTCo\I); Act. 20,20 36 .
I Cor. l 4,3: il profeta cristiano dona la
sua edificazione, la sua esortazione, la È incerto se in I Thess. 5,14 l'Apostolo
sua consolazione «agli uomini» e costo- si rivolga o meno ai responsabili della
ro nel versetto successivo vengono chia- comunità: mentre l'esegesi della chie-
mati esplicitamente txxÀ.l)aÙx; Phil. 2,
l: si tratta evidentemente dell'esorta- sa antica interpretò generalmente il
zione amorevole di fratello a fratello passo riferendolo ai responsabili della
comunità 37 , gli esegeti moderni pensa- paxÀ1]<re:wc;, «il Dio di ogni consola-
no piuttosto che si tratti dell'assisten- zione» (2 Cor. r,3; dr. Rom. 15,5; ~
za spirituale che i cristiani sono chia- coll. 669 ss.).
mati a prestarsi reciprocamente. Di fat-
to entrambe le interpretazioni sono d) Il motivo fondamentale della con-
possibili. Se si preferisse la seconda solazione nel N. T. Come tu~ti gli altri
possibilità, il nostro passo si affianche- doni dell'evangelo anche la sua conso-
rebbe a Phil. 2,r che descrive la con- lazione è contenuta ed espressa in un
solazione reciproca dei fratelli in Cri- solo nome: Gesù Cristo. Rispetto alla
sto: e:t -i-te; ou\I 7tapcixÀ11cnc; Èv Xpt<r-i-Q, molteplicità degli inadeguati motivi di
e:t ·n 7tapaµuihov &:y&.7t1Jc;, e:t ,"t'Lc; xot- consolazione noti al suo ambiente (~
'Ywvla 1tve:uµa"t'oc;, e:l: ·ne; <r7tÀ6:yxva coli. 631 ss.; 651 s. n. 144), il N.T. offre
xat otx·npµol... La consolazione del- quest'unica, efficace, costante consola-
l'amore potrebbe qui significare cer- zione. Tutte le idee consolatorie del N.
tamente la consolazione ricevuta in T. sono in qualche modo orientate verso
Cristo per l'amore di Dio, ma con- Cristo; persino le ypa(jlcx.l, cioè l'A.T.,
siderando che gli altri termini riguar- sono considerate fonte di consolazione e
dano tutti i rapporti reciproci dei cri- di speranza (Rom. r 5 '4) soltanto perché
stiani e che tutto il passo mira all'u- lette alla luce dell'evangelo. Anche la
nità della chiesa, è più probabile che consolazione che donano Dio e lo Spiri-
l'espressione intenda la consolazione to santo è legata all'azione consolatrice
che viene ai fratelli dai fratelli median- di Dio in Cristo. Ci sono soprattutto
te l'amore divino che ci è profuso nel due occasioni critiche per le quali il
cuore per l'opera dello Spirito santo. N.T. provvede consolazione: la morte
Tale mutua consolazione è una caratte- e la sofferenza per Cristo. r. In tutto il
ristica fondamentale della vita comuni- mondo la morte costituisce l'occasione
taria protocristiana: qui la comunione principale che richiede consolazione
dei cristiani nella sofferenza diviene co- (~ coll. 622 ss.); per essa il N.T. ha l'u-
munione nella consolazione (~ col. nica consolazione totalmente efficace:
670 ). Tutte le consolazioni dei cristiani la promessa della risurrezione finale, e
hanno però il loro modello e la loro questa si basa completamente sulla te-
origine nel mondo divino: sopra tutti stimonianza della risurrezione di Cri-
i consolatori terreni sta l'unico conso- sto (I Cor. r 5 ). L'affermò lo stesso Ge-
latore divino che consola veramente sù proprio consolando con questo ar-
anche qui in terra: o i)e:òc; 7ta<r11c; 7tCX- gomento (Io. r 1,23) quando' disse, con
37 Theod. Mops., nd I.: verti! rntim sermonem ad doctores (ed H.B. SwETF. Il ( 188:d 36 s.).
743 (v,821) 7tr.tPELO'ayw, 7tr.tpElaa.x-roç (W. Michaelisl (V,822) 744
t 1tCX.pE1.<ra:yw. -f 1ta.pElcrax~oc;
'ltet.pEt<rayw, un verbo raro attestato l,5 [n 328d]) 1• Cfr. gli altri composti
già in Isocrate; è usato relativamente con 7tet.pEtO'-: sono abbastanza numero-
spesso in Polibio. Può avere un signi- si ( 2 5 circa), ma in genere poco attesta-
ficato neutro: introdurre (ad es., a cot- ti, evidentemente perché si tratta di
te), tra.durre {prigionieri di guerra), pre- ampliamenti spontanei di vocaboli com-
sentare; generalmente contiene però l'i- posti con EÌ.O'- per esprimere con parti-
dea dell'illecito, del nascosto, del sot- colare forza proprio questo aspetto di
terfugio (ad es., far entrare i nemici illegalità, di segretezza o di imprevisio-
nella città) o almeno dell'inatteso (ad ne 2 • Mentre non è attestato in epigra-
es., non d si aspettava che Socrate in- fi 3, 7taprnniyw ricorre nei papiri, sia
troducesse dèi stranieri; ~Éva mxprnra- pure una volta sola: P. Tor. 1 8,4 (II 7
ywv ooctµ6vt!X: Plut., Alex. /ort. viri. a.C.): 7tpocmpÉpEn ~).À.o't'ptov E?:vat 't'Ò
1ta.pELO'tt"(W X'tÀ.
1 Cfr. PAssow e LIDDELL-Scorr, s.v. sa. Cfr. anche WETTSTEIN li 703 a 2 Petr. 2,r.
2 Cfr. PAssow e LIDDELL-Scorr, le cui indica- J Gl'indici di DITT., Syll.' e DITT., Or., che
zioni all'incirca coincidono; solo PASSOW re- veramente registrano soltanto res et verbn no-
gistra le voci TCa.peLO'a.xovw, 7tr.tpela~a.O'L<;, TC«- labiliora, non elencano però neanche altri com-
pm1-rpfxw che ricorrono nei Padri della chic- posti con na.pELO'-.
745 (v,822) 7tO:pEtuc'iyw, no:pEluo:x>oc; ( W. Michaelis)
4 Così MAYSER I 3' (1935) 246, mentre mento del pensiero che Filone ritiene quanto
MouLr.·MILL. 492, s.v. (PREISJGKE, 'Vort. mai indesiderabile; anche in Abr. 96 il conte-
non contiene il vocabolo avendo utilizzato so· sto non è molto diverso. In agric. 15 si tratta
lo occasionalmente P . Tor.) affermano espres- della recinzione di un campo per proteggere
samente che in questo caso 7tttpo:- «non con- piante e frutti contro -.où; t7>L -.{i> ulveu&o:L
tiene alcuna idea di segretezza o di sotter- 7tctpELucp&e(pEa&o:L ~ouÀoµÉvouc; (-7 n. 7).
fugio». Pure MOULT.-MlLL. mostrano la me- Nella citazione filoniana conservataci da Eus.,
desima tendenza, altrettanto errata, anche nel praep. ev. 8,14 è usato 1tpoumrtp1tw, 'insi-
caso di 7ta.pelao:x-.oc; (-7 n. 15), na.pEtuépxo- nuarsi furtivamente'.
·µa.t (-7 n. 6; m, col. 958) e mxpetuq>Épw. 7 è7>elao:x-co:;: a11t. 8,194; 15,322; bell..4,661.
s Dci composti con mzpELO'· compare nei LXX Altri oomposti con 1tctpELO'-: '!>O:pELO'xoµl!;w :
solo 7>0:pEL0'1tOpEOoµat (2 Mach. 8 11 ): Giuda bell. 2,1'69 (immagini dell'imperatore vengono
Maccabeo ed i suoi partigiani si recano ÀE~'l} nascoste e fatte entrate di notte in Gerusa-
i}6-cw:; (serve a sottolineare, non a precisare il lemme); 5,497 (approvvigionamenti vengono
significato dcl verbo) nei vìllAggi a reclutare fatti entrare }.cii}p~ nella città assediata); mx.-
guerriglieri. PEL<J7>ɵ7>w : · 5,100 (in un attacco subdolo);
6 Dci composti co:-i 1tttpELO'· LEISEGANG regi- 1tctpELO'q>l)elpoµa.L (-7 n. 6): 4,84 .I 3 5 (detto di
stra solo 1tttprn1tpxoµet.t, op. mund. 150; Abr. gruppi di banditi che tendono agguati o fanno
96; e '!>O:PEtacpi)Elpoµa.L, agric.15. In op. mund. irruzione nella città).
150 abbiamo veramente l'accezione sbiadita 8 H.G. MEECHAM, The Letter o/ Aristeas
'infiltrarsi', 'insinuarsi' (cosl -7 111, col. 958 ( r935) 192 accetta alla leggera il parere di
n. i)? Si tratta della penetrazione di debolez- MouLT.-MILL. (-7 n. 4). 'lt«PELaÉpxoµa~: test.
za, malattia e passione causante un offusca- lud. i6,2; test. Sai. u,2.
747 (v,823) 7"c.tprnrarw, 7"«pEl<Tax'to<; ( W. Michaelis l
s.). Nel passo parallelo ludae 4 si de- trodotti nelle comunità etnico-cristiane
nuncia, usando anche qui un compo- (o nella comunità di Antiochia: cfr. Act.
sto con 1ta.pELO"-, la presenza di questi 15,1ss.) 11 •
eretici: mxpELCTEÒV'l")CTa.'11 ytip 'tWEç li'll·
?ta.pdcra.x-toc; è una parola attestata
~PW1tOL, «certi individui si sono insi-
molto di rado anche fuori dei testi bi-
nuati (nella comunità)» 9 • blici. Più antico di Gal. 2 .4 è il passo
di Strabone (17,1,8), dove Tolomeo IX
Nel medesimo senso andrà inteso an- Alessandro I è chiamato o Kéxxnc; xat
che l'aggettivo verbale 'lta:pEluax'toc; u- IIapElcrax'toc; hnxÀ'r]l}dç Il'tOÀEµ<ii:oç,
«Tolomeo soprannominato il figlio del-
sato da Paolo in Gal. 2,4. Il contesto la Rossa e l'Intruso». Non è chiaro dal
ed il tono del discorso escludono che contesto il perché dr tale nomignolo,
si tratti di un significato neutro: sia attestato unicamente qui. Forse è do-
vuto al fatto che Cleopatra III aveva
mxpELO"<ix-rovç sia ~Evòa.oÉÀ.cpovc; indi- prima scelto come corregente Tolomeo
cano e caratterizzano negativamente vm, il :figlio maggiore, e poi, scacciato
quanti avversano la libertà dalla Leg- costui, aveva chiamato al trono quello
minore, Tolomeo 1x, che così era giun-
ge. La portata particolare di itapELO"·
to al trono senza aspettarselo e contro
tix-.ovç è precisata dalla proposizi<;me il desiderio originario del popolo 12 • I-
relativa seguente: 'lt<XPELO"i}À.~ov ripren- noltre il vocabolo è registrato dagli an-
de infatti il 7tapELCTtXX'tovc; 10 ed entram- tichi lessicografi. Unanimemente i les-
sici di Esichio, di Fazio e la Suida
bi i termini descrivono come i turbato- registrano s.v.: 'ltapElcra.x•ov· àÀ.ko-
ri della pace giudaizzanti si siano in- •PLO'll 13. Evidentemente 7tapElcrax'to~
9 :B l'unico passo del N.T. in cui ricorra 1tc.t· simili casi, come anche in 2 Petr. 2,1, abbiamo .
pEL0'8Qw; il sost. 7ta.pEl0'8u<TLc; si legge in Barn. sempre un oggetto.all'accusativo: Egesippo in
2,IO; 4,10. Cfr. PRl!USCHl!N-BAUl!R, s.v. Eus., hist. ecci. 4,ii,5: to!av 86;a.\I; Hipp.,
•~ Di conseguenza mipElaax-toc; non va inter- re/. 5,17,13 (GCS 26,u6,rn): µvCT'tlJPLc.t; 7,
pretato in senso passivo, contro ZAHN, Gal. J 29,x (GCS 26 1 210,8): xaw6v "tL,
87, che presuppone il significato passivo e ne 12 Se tale interpretazione fosse esatta, il voca·
deduce che il termine non tanto indichi {CUn'a- bolo sarebbe ancora inteso in senso passivo. È
zione riprovevole di queste persone» quanto tanto più probabile che si tratti di un nomi-
contenga «un rimprovero per coloro che li gnolo coniato <Jal popolo in quanto anche
hanno introdotti o lasciati entrare». K6xx1J, 'la Ross!', dovrebbe essere un sopran-
11 Cosl giustamente LIETZMANN, Gal., ad i., nome spregiativo di Cleopatra m; dr. F.
1
mentre ad es. ZAHN, Ga/.l 87 s. separa le due STAHELIN, art. 'Kleopatra 16 PAULY-W. XI
:
non era p1u sentito con senso passivo o contiene una nota di riprovazione: la
medio, ma come un semplice aggetti- persona in questione è fuori posto Il
vo 14 • àÀÀ.6-.pLoç (~ r, coll. 709 s.) non dove si trova, è un corpo estraneo che
è però una semplice constatazione, ma si è infiltrato, insinuato n 15 •
w. MICHAELIS
itapncrÉpxoµaL ~ m, col. 9 5 8. 1tapÉpxoµat ~ m, coll. 954 ss.
7t1X.pt7tlo11µoç ~ u, coli. 904 ss. mipECTLç ~ 1, coll. 1353 ss.
1tapMvoc;
Per A: schri/te11 = BWANT 3 F. 3 H. ( 1926) 48-54.
E. FEHRLE, Die kullischc Keuschheit im Al- n3-131; C.K . BARRETT, The Holy Spiri/ and
tertum: RVV 6 (1910); R. FRANCKH, Die Ge- tbe Gospel Traditio11 (1947) 5-24; K. BARTH,
btirtsgeschichte Jern Cbristi im Lichle der al- Kirchlichc Dogmatik 1 2 1 (-1945) 189-221; K.
to'rientalischen \Velta11scbau1111g, P hilotesia= BoRNHAUSER, Dìe Geburts- und Kindheits-
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ltetpnÉvoc; /\ i-2 a (G. Delling) (v,826) 754
(~ n. u); già in Omero significa sem- studia delle figlie vergini»; Cornut.,
plicemente nubile; Il. 2,513 s.; ove; "rÉ- theol. Graec. 34 (verso la fìne): Arte·
XE\I ... 'ltcxpÌ)Évoc; a.looln, «(Ascalafo e Ial- mide è 1tcxpÌ)Évoc;, cioè axpa:V"rOC, ( im-
meno) che generò ... vergine degna d'o· macolata) e àyv6c, (casta); come aggetti-
nore», da cui poi si ha l'aggettivo 'ltct.p- vo: Eur., Hipp. roo6: 1ta.pi)Évov ~vxi}v
i>Évtoc,, figlio di non maritata (Il. 16, EXWV, «con un'anima vergine» (Ippoli-
180 ); cfr. Aristoph., nub. 5 30 s.: alla to è libero da qualsiasi brama eroticn,
1tapÌ)Évoc, non è concesso di avere un fi- anche solo degli occhi); Flav. Ios., ant.
glio; d'altra. parte Soph., Trach. 148 i,34: Adamo è stato formato «da term
s.; EWç ·ne; av·tt mxpDÉvov ywi) x.À.T}- vergine», rca.pÌ)Évoc; ylj; conseguente-
Dfj, «finché invece che ragazza è chia- mente Dio C. 7,8,11: le Vestali sono
mata donna», con le sue preoccupazio- vergini per tu ttn la vita, rca..pÌ)EVEVEtV
ni per il marito e i figli. Nell'accezione otà. ~lou .
di ragazza l'accento è posto o sulla di- Le varie sfumature semantiche si
visione dei sessi (Plat., leg. 8,8.34 d: confondono, così che in una frase non
1ta.iocxc; lì 1tcxpÌ)Évovc,, «ragazzi o ragaz- è possibile in genere determinare qua-
ze»; cfr. 7,794 c) o sull'età (Aristoph., le sia l'accezione precisa del tern1ine.
ran. 950, in contrapposizione a vecchie) In Plat., Hi. I si sottolinea in primo
o su entrambi gli elementi (in Soph., luogo la freschezza della gioventù quan-
T'rach. 1071 s. Ercole dice: «Con al- do la bellezza della 7ta.pÌ)Évoc, è presa a
te grida piango come fanciulla», Cxru esempio sommo dcl bello in sé (a più
1tcxpÌ)Évoc, ~É~pvxcx ùa.lwv) o sullo sta- riprese in 287 e - 297 d). Non si è .però
to (opposto a vedova: Paus. 2,34,12). neanche ciechi alle caratteristiche psi-
Generalmente in questi casi si tratta di cologiche delle fanciulle, a cominciare
ragazze effettivamente vergini, ma l'ac- dall'apparenza esteriore : Xenoph., Ag.
cento non cade sull'integrità fisica, pro- 6 ,7 : Cjt1ando si aspettava un attacco ne-
prio come avviene per i nostri /anciul- mico egli teneva l'esercito il più serra-
la, ragazza (che in moltissimi casi sono to e compatto possibile, wc; i}cruxwc;
la traduzione miglio;·;:: di 1tcxpÌ)Évoc;). o 'WJ'7tEp liv 7tcxpÌ)Évoc, 'Ìl O'Wq>pO\IEO'"rcl-
Cosl intende anche Plutarco in mulie- "rl') rcpoBcxlvoi, «CCin la precauzione con
rum virtutes 20 (II 257 e): Tizio h.1 cui usa muoversi la fanciulla più ca-
sposato Caìa ancora fanciulla; pr.aec. si-a». Partendo dall'idea d'integrità fi-
coniug. 2 (n 138 e): i capricci da ado- sica s'istituisce un nesso con la purezza
lescente della giovane donna. Perciò di spirituale e mentale: la Pizia si pone
una ragazza si può persino dire: r.cxp- in collegamento col dio &7tupoc, ... xa.t
Ì)Évwv... 'TWV Èv AcxxEoa.lµovt dva.t ... 7tcxpÌ)Évoc, wc, à.À.T}i)wc, "r'Ì)v lj/vx1iv, «ve-
a:lcrxlcr'Tl')V, «era la peggiore di tutte ramente intatta.. . e vergine nell'ani-
le ragazze di Sparta» (Paus. 3,7,7). La ma» (Plut., Pyth, or. 22 [II 405 c]).
parola è stata poi evidentemente sotto-
posta ad una (ulteriore?) restrizione se-
mantica (simile a quelln che si ebbe an-
2:
La ' vergine' nella religione
che nel tedesco junc/rouwa, in origine a) L'adorazione della vergine divina.
= ]ungherrin, 'giovane signora' nobi- La molteplicità semantica della parola
le): 7tcxpi)Évoc, viene n significare virgo diventa particolarmente evidente quan-
intacta. Così, ad es., Aristoph., eq. 1302 do il sostantivo o l'aggettivo 7ta.pì)lvoc;
(7tr.tptMvot: navi non ancora entrate in seno usati nel linguaggio religioso; ta-
servizio); Xenoph., mem. r,5,2: Dvycx- lora è difficile dire quale sia, tra i mol-
"tÉpcxç 7ta:pi)Évovc, Ota.cpvÀ.ci!;a:L, «la cu- ti, il significato determinante. Questa
755 (v,826) 'ltttpltÉvoi:; A 2 a {G. Dclling)
2 K. WERNICKE, art. 'Artemis': PAULY-W. li in cielo come costellazione della Vergine. Cfr.
I,1375.1396 . . Vergil., ecl. 4,6: iam redit et V irgo, l'età del-
J Ibidem 1352 (cfr. G. WENTZEL, art. 'Ak- la giustizia; dr. H. HOMMEL: Theologia Via-
taion': PAULY-W. 1 1.210). torum 2 (1950) 188 s. n. 6. Nel contesto è im-
4 WERNICKE, op. cìt. (-+ n. 2) I342-1348; Cor- possibile che l'espressione ~i riferisca alla ma·
nut., theol. Graec. 34 mette in evidenza l'ap- dre del salvatore come pensa -+ GRESSMANN,
parente contraddizione nella natura di Artemi- Messias 468.470.475. Alx11 è chiamata 'lt«P-
de. Cfr. anche Plat., Cral. 406 b: il nome Ar- DÉvoi:; in senso stretto già in Hes., op. 256.
temide significa -rò ap-rEµtç (l'intatto) ... xaL B -+ HERZOG-HAUSER. Euripide ha affrontato
-rò XOCTµtOV' otà 'tTJ\I -rfjç mi;pf)Evla.ç ht~ltv- il tema in più tragedie: ibidem J909; dr. J.
1.llttv, ScHMITT, Freiwilliger Op/ertod bei Eur.,
s WERNICKE, op. cii. (-+ n. 2) 13.' 1· RVV J7,2 (192I) spcc. 78-84 (l'uso linguistico
6 -+ GUNDEL l949.r9,6. rituale nelle scene di devozione); «è la purez·
7 Ibidem 194,.1957. Arat., phaen. lOo-136: za rituale che rende il sacrificio di una vergine
Alx11, che nell'età dell'oro dimorava sulla ter- cosl adatto a far diventare favorevoli le forze
re, in quella dell'argento ebbe pochissimi con- divine», oltre alla bellezza della mx.pltévoç (81 ).
tatti con gli uomini e in quelle del ferro sall 9 -+ HERZOG-HAUSER 1904.l910 ecc.
757 (V,827) 7to;pl}Évoc; A 2 a (G. Delliog)
•ras.figurato o anche nel sogno, ma l'uo- vere un rapporto carnale ( 4,5 [ 1 62 b ));
.no antico non dubita che in qualsiasi «eppure gli Egiziani sembrano sostene-
caso si tratti di un rapporto 'naturale'. re, non incredibilmente, che non sia
Comunque sia, non si tratta mai di ve- impossibile che lo spirito di un dio si
ra e propria partenogenesi, nemmeno avvicini ad una donna e generi certi
quando il concépimento non sia dovu- inizi della nascita, mentre l'uomo non
to al rapporto fisico diretto con un uo- può avere rapporti sessuali né ac-
mo, ma soltanto allo sperma o ad un coppiarsi corporalmente con un essere
suo surrogato 23 • Benché nel caso speci- divino», yuvcrnd... 'ltVEliµa 1t'ì..1'JCT~a
fico non si tratti di una vergine, dall'E- <Tctt i}Eov xal 'tWa<; f.nEx~i:'ll à.pxàç
gitto ci viene notizia di un concepi- YE'llÉcrEwç, à.'llOpt o'ovx Ecr't~ <rÙµµE~~Lç
mento straordinario presentato in mo- 'ltpÒç l}EÒ'll OVO'Òµ~À.la O"Wµct.-tOç (4,6 (I
do più sublime - ammesso sempre che 62 e)). In queste parole di Plutarco (e
l'autore greco a cui dobbiamo la nostra in quelle che seguono) si rileva una
informazione abbia capito bene. certa critica alle credenze egiziane; l'ul-
Secondo un mito conserva taci da tima frase, che ha un parallelo in
Plut., quaest. conv. 8,1,2 (II 717 d) A- quaesl. co1w 8,1,3 (n 718 b), mostra
pollo avrebbe procreato (se:;sualmente) evidentemente (com'è attestato anche
Platone. Questo mito viene però re- altrove) che anche gli Egiziani avevano
spinto perché inconciliabile con l'eter- l'idea, per lui insostenibile, della comu-
nità divina (la generazione è mutamen- nione sessuale tra un essere divino ed
to : r,3 [n 717 e)). Plutarco propone una donna. Evidentemente egli .ha pe-
la seguente interpretazione del mito: rò anche avuto notizia di un'idea me-
come era avvenuto per la creazione del no materiale del concepimenfo di un
mondo, il dio fece agire nella materia fanciullo divino, idea che in quaest.
(VÀ.1')) un principio attivo (<lpxli ~ r, conv. 8,r Plutarco sviluppa in una pro-
coll. 1275 ss.) non nel modo in cui av- pria teoria. La presentazione della con-
viene la procreazione umana, ma me- cezione tipicamente egizia!la in Numa
diante determinati contatti OL'È:tÉpW'll ... 4 ( r 6 2) non è di facile interpretazio-
V7t07tLµ7tÀ.1')0'L i}ELO-tÉpm; yovfjç -tÒ W1')- ne 24 • Il verbo 'ltÀ.i}cn&.o-m è singolare,
-to'll, «con modi diversi ... feconda l'esse- massimamente in contrasto con l'affer-
re mortale con seme più divino» (718a). mazione seguente (à.'llopL.). Forse con
Plutarco dice di aver ripreso q1Jest'idea 'lt'llEÙµa s'intende un'emanazione del
dagli Egiziani, secondo i quali l'Apis dio; ma in ogni caso Plutarco descrive,
viene generato mediante il tocco (bt- in entrambe le circostanze, l'azione di-
acpji) della luna (cfr. Is. et Os. 43 [n vina con termini tali da far pensare ad
368 e]: un raggio di luna). Questa un contatto immediato, ad un interven-
problematica ha un certo interesse per to che rimane diretto anche se si attua
Plutarco e riappare anche in Numa 4 mediante una materia molto raffinata 25 •
(1 62). Per lui è comprensibile che un
essere divino provi una certa inclinazio- 3. La verginità nel culto e nella ma-
ne affettiva per un nobile essere uma- gia
no (4,4 [1 62 b]), ma gli è piuttosto Nell'obbligo di una vita astinente im-
difficile credere che i due giungano ad a- posto, per sempre o temporaneamen-
l'aspetto dell'integrità fisica non è sot· turalmente, è al centro del discorso im-
tolineato in 'alma 33 • In Is. 7,14 il si· mediato. Il segno imminente che al v.
gnificato più naturale è simile a quello r I costituiva una promessa si è tramu·
di Prov. 30,19. ta to nei vv. I 3 s. («perciò») in una mi-
L'interpretazione più precisa del pas- naccia. La promessa rimane però con-
so dipende dalla comprensione del con· servata nel nome Emmanuele che indica
testo 34 : bii' alma è una persona ben pre- il futuro più lontano, senza che questo
cisa (la moglie del profeta 35 , di Eze- nome venga spiegato con maggior pre-
chia, una donna sconosciuta solo per cisione. Perciò l'interpretazione globale
noi, una sconosciuta anche per Isaia) o è così complessa . Il nome Emmanuele
(articolo indefinito) tutte le giovani va messo in rapporto con i nomi signifi-
donne d'Israele che erano allora incin- cativi imposti ai figli d'Isaia in 7,3; 8,
te? Di conseguenza: Emmanuele indica 3 oppure con la serie di epiteti messia·
un preciso personaggio futuro (il Mes- nici di 9 ,5? Contro la prima alternati-
sia; in connessione con Is. 8,8.ro?) o è va sta il fatto che in 8,3 è il padre a
il nome di molti· uomini nati dopo la chiamare cosl il proprio figlio e poi che
profezia? E ancora: «latte e miele» sarebbe piuttosto strano che il profeta
rappresentano l'unico nutrime.nto che chiamasse sua moglie 37 con le parole di
resterà per tutti nella rovina imminen· 7,14 ('alma è termine insolito per la
te 36 oppure l'alimento divino del fan. madre di un bambino che cammina già
ciullo promesso? Si tratta di un segno da tempo [ 7 ,3] ). Dato poi che non do-
di salvezza o di disgrazia? vrebbe riferirsi ad un figlio di Eze-
Nei vv. r5·r7 è dato chiaramente un chia 38 , Emmanuele può solo essere il fi-
oracolo di sventura: Jahvé considera glio (probabilmente primogenito 39 ) di
certamente ancora valida ( v. l 6) la pro· una giovane donna sconosciuta. Il mi·
messa dei vv. 4-7, ma all'incredulità di stero avvolge sia il figlio che la madre,
Achaz (vv. 12 s.; cfr. v. 9) egli rispon· un mistero che è tale probabilmente
de minacciando una sventura che ora già per Isaia, ma certamente almeno
prende il posto del segno di salvezza per coloro a cui è rivolto Is. 7 ,14. La
promesso (la sventura annunciata al v. 1 7 medesima cosa vale anche per il· fan-
conferma che il profeta ha l'autorità di ciullo promesso in Is. 9,5; II,r. In Is.
invitare Achaz a scegliere un segno [ v. 7,14 si tace volutamente, come sem-
1 r] ). Il nome Emmanuele va comunque bra, se la giovane sposa appartenga al-
inteso soltanto come segno di salvez. la stirpe davidica (I s. 11 ,1 ). Il fanciul-
za : esso indica misteriosamente il tem- lo promesso sta sotto la protezione e la
po oltre la crisi che ora ( vv. 1 2 s. ), na· guida immediata di Dio e perciò non
ne viene menzionato il padre (per que- abbia affiancato a Jahvé una divinità
sta ragione, probabilmente, è la madre femminile, ed è altrettanto incredibile
a dargli il nome). Ciò che importa ve-
ramente è che il figlio della giovane ch'egli si sia aspettato che il salvatore
donna sarà il salvatore inviato da Dio nascesse da una divinità pagana.
(avrà in sé lo spirito di Dio: Is. l 1,2).
Il nome Emmanuele, 'Dio con noi' ol-0, 2. Il significato di 1Capi}Évoc; nei LXX
sottolinea il fatto che Jahvé opera e agi- Nei LXX 1Capi}Évoc; è l'equivalente
sce per suo mezzo. · semantico di b"tula; infatti nella mag-
Dara tale interpretazione è difficile gior parte dei casi traduce proprio
questo termine ebraico (ovvero b"tu-
che in questo caso si tratti di un 'fan- lim : Lev. 21,13). In alcuni passi 1tap-
ciullo divino' 41 • L'idea di una procrea- i}Évoc; può significare ragazza, fanciulla
zione divina è naturalmente inconcilia- in generale (soprattutto quando il plu-
rale è associato a vw.vluxot, ecc.), ad es.
bile con la concezione veterotestamen-
Deut.32,25; Ez.9,6; Lam.1,4; ep. Ier.
taria di Dio; se il testo avesse voluto 8 ( q>LÀ.oxocrµ~) 44 • Pure l'integrità della
indicare una partenogenesi ci saremmo 1tapi}Évoc; è generalmente implicita nel-
però aspettati betUla invece di 'almd 42 • l'uso comune del termine; cfr. Ier. 2,
32 (in parallelismo con vvµ<p'l)). In al-
Ciò sarebbe vero anche nel caso che tri casi la verginità è messa espressa-
l'articolo determinativo volesse signifi- mente in evidenza: Lev. 21,13s. (il sa-
care «la figura della vergine della reli- cerdote può sposare soltanto una ragaz-
za vergine; Ez-44,22); Deu/.22,23 .28;
gione orientale ben nota agli ascoltato- Iud. 19,24 (Tj wych'l)p µou Ti 1tapilÉ-
ri del profeta» 43 • La 'ben nota' figura voc;, «la mia figlia vergine»); 21, 11. r 2
'della' vergine è un'astrazione storico- (VEOC\IL8rxc; 1tapilÉvouc;, «fanciulle vergi-
ni»); 2 Bacr. 13,2.18 ecc.
religiosa: nell'ambiente d'Isaia ci sono
Talora 1tapi}évoc; è riferito a città o
dee con l'attributo di vergine soltanto a paesi per indicare che essi non so-
in concrete e caratteristiche manifesta- no sottomessi; questo significato è par-
zioni delle religioni (ad es. anche della ticolarmente evidente quando mxpi>É·
voc; è usato come aggettivo nella e-
religione astrale). È però inconcepibile, spressione tipica 1tapìUvoc; i}uytl't'lJP
data la teologia del profeta, che Isaia (Ba~vÀ.wvoc; : Is. 4j ,1; Alyu1t"t'Ou: lEp.
._, --+ STAMM 120 interpreta il nome nuova- ce GRESSMANN, op. cii. (~ n . 19) 1926: «L'at-
mente cosi, contro H . SCHMIDT, Der Mythos testazione più antica dell'attributo di 'vergine'
vom wiederkehrenden Ko11ig im A.T. i (1933) per la regina del cielo... è ls. 7».
12 s. («un Dio in mezzo a noi»). 41 Per questa ragione una volta che si è volu-
26 [ 46 J,11 ). È questo anche il senso gono in Is. 7,14 \IEéiVLç (Eus., dem. ev.
primario di 1ta;p~Évoc; ~uya"tlJP l:Lwv 7,r,32 s.; hist. ecci. 5,8,10), una tradu-
(ls. 37,22; dr. Am. 5,2), ma in questa zione per sé quanto mai appropriata al
formulazione è presente palesemente significato di 'alma. È però possibile,
anche l'idea dell'amore tra Jahvé e il nonostante tutto, che essi abbiano pre-
suo popolo (IEp. 38[3!],4 [Icrpal)À] 45 ; ferito tale traduzione a motivo dell'in-
Lam. 1,15 46 ). Il popolo di Jahvé è la terpretazione cristiana della profezia,
'vergine' che non si contamina, che non per un fenomeno analogo alla polemica
intacca la sua purezza con l'idolatria esegesi rabbinica di quei passi dell'A.1'.
(ler. 18,13-15; per Israele come sposa che i cristiani interpretavano messiani-
~ VII, coli. 1446 ss.). camente (~coli . 379 s.; 386 s.; IV, coli.
Soltanto due volte 'ltapi>É'lloç traduce 122 ss.): non sono infatti coerenti nel
'alma che è raramente reso con vEc°i.VLç, tradurre 'alma con veéivLç.
il quale di consueto rende na'ara to Sempre in base all'uso linguistico
na' ar ). Semanticamente 'ltap~Évoc; po- dei LXX è però anche possibile che il
trebbe corrispondere al significato di traduttore di Is. 7,14 abbia pensato ad
bctula e di 'alma, ma nell'uso specifico una nascita asessuale del figlio della
dei LXX c'è tuttavia una 'specializza- vergine. Dal punto di vista storico-re-
zione' che fa prevalere una delle com- ligioso egli avrebbe potuto trovare una
ponenti semantiche dell'uso linguistico simile idea persino nel suo ambiente
greco di 'ltctp!M.voc;: conformemente a più vicino, se si è disposti a concedere
b"tula include con maggior forza l'idea valore storico alle affermazioni di Plu.
di verginità. Comunque Gen.24 ,43 mo- tarco riguardanti l'Egitto e~ colL 761
stra che 1tap~Évoc; può avere anche il s. ).
significato di 'alma, Ja ragazza matura
per il matrimonio (~ col. 764). In casi 3. L'uso allegorico di Filone
particolari 7tC<p~Évoc; può persino indi- L'A.T. racconta la storia di alcune
care una ragazza violentata (in Gen.34, donne che dopo esser state per 'lungo
3 per na'ara; anche in Ecclus 30,20 1tc.t.P- tempo sterili alla fine ottennero, per un
~Évoc; sta per na'ìira). Di conseguenza particolare intervento divino, di conce-
(cfr. anche ~ n. 44), non è possibile pire. In nessµno di questi casi si pensa
con argomenti puramente lessicali dimo- però che il marito fosse escluso dal
strare con certezza che il traduttore di processo procreativo. L'interpretazione
Is. 7,14 abbia voluto dire, usando 7tap- rabbinica si svolge lungo le medc:isime
~Évoc;, che la donna in questione fosse linee: con un intervento miracoloso nel
vergine. Considerando l'uso ling·uistico corpo di queste donne Dio pone le con-
globale dei LXX non si può andare oltre dizioni per il concepimento che poi av-
questa conclusione: 1tc.t.piM.voc; indica una viene normalmente · nel rapporto ses-
ragazza che non ha avuto rapporti con suale col marito 47 • In nessun caso si
un uomo fino al concepimento (dell'Em- pensa dunque a una nascita soprannatu-
manuele). Gli altri traduttori greci leg- rale del bambino. Questa interpretazio-
ne di Gen. 21,1 s.; 25,21; 29,31 con- tà (LXX: ..-fjç m.<.pikvlcxç), dell'idea e-
traddice la posizione di Filone verso il ternamente immutabile» ( cher. 5I ). Qui
mondo sensibile (cher. 40) 48 e pertan- vengono anche fissati dei limiti all'idea
to egli ricorre all'allegoria: Sara, Re- di una generazione mistica nel fondo
becca, Lia «sono donne soltanto in sen- dell'anima (un'idea che sembra far ca-
so letterale, ma di fatto sono virtù» polino in cher. 46). L'interpretazione
(cher. 41 ); Dio è ò cr1ti::lpwv Èv a.ò..atc; secondo la quale i passi. che raccontano
-tèt xaÀci, «colui che semina in esse le vicende delle mogli dei patriarchi
( = le virtù) le cose belle», lui che è vanno intesi nel senso di una procrea-
«il generatore di ogni cosa» (cher. 44). zione divina non è presupposta affatto,
L'anima dell'uomo è diventata femmi- neanche polemica men te 50 • Filone ricor-
nile a motivo delle brame (cher. 50); re all'interpretazione allegorica dei pas-
la donna significa allegoricamente la si soltanto perché il senso letterale dei
percezione sensibile ( a.~crl)T)cr~c;, ~ I, testi gli è insopportabile.
coll. 503 s.; cher. 41). Dio ha però co-
munione soltanto con l'anima che si
C. m1..piÌÉvoc; NEL N.T.
mantiene libera dalle percezioni del
mondo sensibile, perché soltanto allora
essa è casta ( &.y\11)) e vergine (1tet.p»É- l. In Mt. 25,r.7.1 r il termine è in-
voc;) (spec. leg. 2,30 ). Perciò Dio, libe- teso secondo l'uso linguistico più co-
randola dai desideri e dotandola delle mune; l'uso pregnante servirebbe qui
virtù, rende l'anima nuovamente 7ta.piÌÉ-
voç perché a lui si addice soltanto «un soltanto per un'interpretazione allego-
dialogo con unn natura immacolata e rica: cfr. Herm., sim. 9,1,2-13,8; ~
pura, con una vera vergine 49» (cher. VII, coli. 753 s. n. 9i. Per lo scopo del-
50; cfr. exsecr. 159: [IJ!uxiJJ ylve:'ta.~ ...
ètyvi] 1tapi>Évoc;, «l'anima diventa una la parabola ~ vn, coli. 752 ss.; III,
casta vergine»; anche migr. Abr. 224 coli. 1022 ss.; è certamente presente
s.). A questo proposito vien fatto e- anch~ la nota della gioia che anticipa
spressamente rilevare che Ier. 3'4 chia- e pregusta il compimento perfetto (~
ma Dio ~<marito ... non della vergine»
(cioè dell'essere che può cedere ancora n, coli. 368 ss.). In Aci. 21,9 l'aggetti-
al mondo dei sensi), ma «deJla vergini- vo 1tapih:vo~, riferito alle figlie di Filip-
4.l Per le· questioni fondamentali -? STRATH- so Contro - ? NORDEN 78 s. Cfr. deus imm. 3
MANN 125-147. come riscontro a cher. 46-52. Contro l'errata
interpretazione dei testi di Fìlone anche -~
41 L'uso allegorico di mxpD~voç in Filone non LoscH 91 s.; cfr. -? FRANCKB 217 . In Gal. 4,
è formalmente coerente. L'Alessandrino può 29 non si tratta di una procreazione pneuma- ·
anche dire che le virtù invece di avere una re- tica, sovrannaturale .d'Isacco (contro - DIBE·
lazione impura con l'atcr&Jicnç e i loro mrnri LlUS 29 s.); al v. 23 si parla della sua nascita
si sposano (<Xpµ6~Ecrl>ai : som. I,200) con la (la traduzione 'gcneraco' è improbabile) dalla
l)ivx-fi na.pDÉvot;; altrove proprio le virtù so- donna libera oLà -tiic; t1ta.yyEÀ.{aç. In Rom.
no chiamate 1ta.p1>lvoi (praem. poen. 5j; po- 4,19 Paolo presuppone evidentemente che sia
ster. c. x34; 111111. 110111. 196; anche le xapi- stato Abramo a generare (-? v. BAER l 21; -?
'tE<; ~Eou sono 1uxpi>Évoi: poster C. 32 ). Ciò LoESCH 86-88). Cadono cosl le conclusioni di
dimostra ancora una volta che il discorso di ~ DIBELIUS (32-34) a riguardo degli enuncia-
Filone è puramente allegorico. ti fìloniani.
773 (v,832) 7t!l.pl>Évoc; e I-2 (G_ Delling) (v,833) 774
po 51, può semplicemente significare che Gesù 56 perché allora, com'è poi effetti-
esse erano nubili 51 . vamente e logicamente avvenuto nel
2 . Non è certo per motivi ascetici dogma cattolico-romano, anche Maria
che il N.T. afferma la verginità di Ma- sarebbe dovuta essere senza peccato. Il
ria prima della nascita di Gesù 53 (Mt. processo della nascita non è privato del
l,23; Le. l,27 54 ). È solo dal 350 d.C. suo carattere naturale, e nei racconti
che la chiesa occidentale presume che manca qualsiasi traccia di docetismo.
Maria si sia astenuta dall'avere rappor- Nelle storie evangeliche della nascita
ti sessuali anche dopo la nascita di Ge- di Gesù non si tratta né del semidio e-
sù 55 • L'idea del concepimento vergina- tico né del semidio fisico; né la sua li-
le di Gesù non implica una svalutazio- bertà dal peccato né la sua potenza mi-
ne della comunione coniugai~: quest'i- racolosa ecc. devono essere spiegati se-
dea non ha infatti di mira Maria, ma condo lo schema del 'naturale-sopranna-
Gesù; né vuole escludere la partecipa- turale' e neanche il concetto di 'figlio di
zione dell'uomo al processo generativo Dio' è spiegato nel N .T. a codesto mo-
per provare la mancanza di peccato in do(~ vi.6c;) 57 •
51 Cfr. ZAHN, Forseh. VI (1900) 165-174. 34 (120 s.) e 35 (u6 s. 131-136}. Cfr. E.
5l È possibile che l'autore abbia considerato H1Rsc11, Frìibgeschiehte des Ev.
Il (1941} 188
l'astensione dal matrimonio come condizione S. I9I.I7I S.
per l'attività profetica. Tale possibilità, reale 55 H. KocH, Adh11e virga, Marienr ]1mg-
se si consideri l'ambiente del tempo, non è fra11emeha/t 1111d Ehe in der altkirqhliche11
però attestata altrimenti nel N.T. (ma si ten- Obcrlie/errmg bis :w111 Ende des 4. Jahrbtm-
ga sempre presente r Cor. 7,5: tva uxoÀIX'1ri- d erls (1929) 28.42 s. P.R. IloTZ, Die J1mg·
't'E 't'TI npoO"EVXTI ). /ro11schaft Mariens im N .T. rmd ili der nach-
53 L'espressione inesatta, ormai diventata cor- opostolischen Z eil, Diss. Tiibingen ( 1935), trat-
rente, ha contribuìto notevolmente alla confu- ta soprattutto il problema della virgi11itas post
sione della discussione oggettiva dcl nostro parl11m. Le testimonianze orientali comincia-
problema. Bisogna distinguere tre possibilitÌi: no con protoeva11g. lacobi 17,1 (Giuseppe ha
1. quella trattata alla col. 760 (vergine fino al dei figli da un matrimonio precedente); 19,3-
concepimento; vergine = ragazza in . fiore): 20, 1 (la virgi11itos non subisce danno neanche
parlare in questo caso di 'nascita verginale' (: durante il parto). Per il N.T. cfr. Le. 2,7
p_er lo meno improprio; 2. la nascita stessa av- (1tpW't'O't'oxov; KocH 37 ); -4 1, coli. 386 s.
viene senza danno per la verginità (-4 n. 55):
5~ -> v. BAER 115-118 tira in ballo l'idea del
è al massimo solo in questo caso che si può
peccato originale basandosi sull'A.T. ed il giu-
parlare di nascita verginale; 3. la conceptio av'
daismo, ·ma egli stesso deve riconoscere che la
viene senza fecondazione (-> col. 770): per l'e-
peccaminosità dell'uomo è fatta risalire nel
sattezza si dovrebbe allora parlare di 'concepi-
giudaismo in primo luogo proprio alla donna
mento verginale'.
Ù17).
s1 -> SAHLIN 107 sostiene che mxpl>lvoc; indica
qui semplicemente «una sottolineatura della 57 Si ha certamente l'impressione che in Le.
giovane età»; egli postula che il 'Proto-Luca' 1 .35 dsi faccia un tentativo in questa direzio-
leggesse in origine al v. 31: «tu sei incinta» ne, ma la frase effettivamente può anche voler
(104-113). Rientrano nell'ambito di tale ipote- dire soltanto che Gesù possedette lo Spirito
si elisioni ed interpretazioni artificiose dei vv. fin dall'inizio.
775 (v,833) 7tap6Évoc; C 2 (G. Delling)
Nel racconto lucano gli eventi che ( 1,3 i.35 60 ). L'adempimento di questa
portano alla nascita di Gesù si differen- promessa non viene descritto 61 , e non
ziano chiaramente da quelli precedenti è neanche accennato che l'evento si ve-
la nascita del Battista. Elisabetta ha rifichi durante la visita dell'angelo.
all'incirca Ja medesima esperienza di Matteo, che ne parla con timorosa,
Sara: Ja vergogna della sterilità (I ,2 5) riverenziale prudenza 62 , non sembra in-
le viene tolta in età già avanzata. An- tendere il miracolo della concezione ver-
che se Luca non ci dà una descrizione ginale in modo essenzialmente diverso,
dell'intervento miracoloso di Dio, pu- anche se Luca lo descrive con espres-
re da I ,24 traspare una concezione di sioni più complete e più equivoche (--)
fondo analoga a quella dei rabbini ri- II, coli. 1513 s.; III, col. 953; --) Èm-
guardo all'opera di Dio per le mogli O"XLcH;,Ew); l'idea della nascita Èx 7t\IEV·
dei patriarchi, in particolare per Sara. µa."t'oç &.ylou è però tanto forte in
È vero che l'età avanzata di Zaccaria Matteo quanto in Luca (Mt . 1,18.20 63 ).
costituisce un ulteriore ostacolo (I ,7. Con la menzione dello Spirito non ven-
18), ma proprio il fatto che se ne parli gono enunciate in termini mitici le
mostra che il processo stesso del conce- modalità di una generazione divina;
pimento è inteso in modo del tutto natu- non si parla affatto di un'azione mec-
rale (cfr. 1,13): Proprio opposta è l'idea canica sul corpo di Maria. Invece ci si
deJl'esperienza di Maria : ella è una gio- riallaccia a Gen. r ,2: lo Spirito di Dio
vane 58 ragazza fidanzata ( 1,27 ), ancora aleggia sulla materia informe allorché
vergine (1,27 59.34) al momento in cui avviene il miracolo della creazione. An-
le viene comunicata la promessa che che la nascita di Gesù significa un atto
concepirà un figlio per opera esclusiva creativo di Dio che segna un nuovo i-
di Dio, con un suo intervento creatore nizio64 (cfr. il 'titolo' fjlfj)..oç )'EVÉO'Ewç:
S3 Secondo i rabbini il fidanzamento avviene ( 19:z8) 33-36 (con citazione di testi non cristia-
normalmente quando la ragazza ha dai dodici ni). -+ LAGRANGE 191.
ai dodici anni e mezzo: STRACK-BILLERBECK u 61 -+ BiicHSEL 197.
62 -+ BiicHSEL 191-193.
374.
GJ La variante del cod. syr ••• a Mt. 1,16 non
59 Mt. 1,18. In teoria tra fidanzamento e ma-
trimonio corre normalmente un po' più di un è una testimonianza per il testo primitivo di
anno (STRAcK-BILLERBECK II 394.397). La fi-
Mt. : -+ DIBELIUS '7 n. 1; per le questioni
danzata ha la medesima posizione giuridica fondamentali v. ibidem n. :z; -+ ScHMIDT 293.
della donna sposata (ibidem 393); non è inve- Diversamente giudica-+ T AYLOR 10:;-n4.
64 Contro -+ ENSLIN 325 s. L'idea dell'inizia-
ce contemplata la comt1mmatio matrimonii
tore della nuova umanità si sviluppa dapprima
che è, date le usanze (almeno in Galilea), qua-
si impossibile (STRACK-BILLERBECK I 4, s.).
indipendentemente da questa linea di pensie·
ro. Comunque in Paolo essa non si riallaccia
yEwwiuvov è semplicemente 'il bambi·
60 "t"Ò alla nascita, ma all'ubbidienza ed alla resurre-
no'; A. FRIDRICHSEN, Randbemerkungen z11r zione di Gesù (Rom. 5,15 ss.; I Car. 15,21 ss.
Ki11dheilsgescbichte bei Lt1kas: Symb Osi 6 45 ss.).
1tapl>Évoc; C 2 (G. Delling)
6i Nonostante il parere di ~ LE!SEGANG 20- in Gen. 16,11; cfr. Iud. 13,3.7). li predicato
22, contro il quale dr. ~ v. BAER 113-u5. µÉyac, Hi Le. l,32 è documentato doviziosa-
119. u3 s. 131; ~ BOCHSEL 193 s. mente nell'A.T. e nel· giudaismo ~ vr, coli.
"6 ~ LAGRANGE 70. Matteo e Luca hanno evi- 1460 s.; cfr. anche Ex. 11,3 (Mosè).~ LOSCH
dentemente ripreso l'affermazione del concepi- 97-100. · Anche le espressioni che caratterizza-
mento verginale di Gesù dal cristianesimo pa- no in Le. 1 s. il Messia ed il suo regno provcn·
lestinese. È ormai un dato generalmente accet- gono dall'ambito del cristianesimo palestinese.
tato che le storie lucane dell:i natività risalgo· ~ 1v, col. 126 n. 42.
no, per stile e costruzione, a tradizioni giudeo· 67 Diverso è il giudizio di ~ BiicHSEL 195.
cristiane: -+ v. BAER 114 s.; P. HUMBERT, Mt. 2,1_5 però difficilmente .ammette la possi·
Dcr bibl. V erkiindigimgsstil 1md seine vermul- bilità di un «rapporto causale».
lichc Herkrm/t: Archiv fiir Orientforschung 6S ~TAYLOR I·2l .
IO (193.5/36) 77-80 (a Le. l,31 s.; Lc.1,31 ha 69 Secondo ~ SCHMIDT 295; cfr. tutto il con-
dci precedenti non solo in ls. 7,14, ma anche testo. ~ LAGRANGE 206 s.
7ì9 (v,835) 7tu.pi>ivoç C 3-4 (G. Dcllingl
3. 7ta.p1}Évoc; ha probabilmente un si- già perfetti) come coloro che sono ri-
gnificato ascetico particolare in I Cor. masti puri nella tentazione dell'aposta-
7,34.36-38 e forse anche nei vv. 25 (si sia (idolatria intesa come contaminazio-
riferisce forse a ragazze e ad uomini) e ne e fornicazione; ~ VII, col!. 448 ss.;
28 70 • Si tratta di ragazze della comuni- 458 ss.). 1ta.p~Évoç è quindi l'opposto
tà che convivono castamente con un di 7t6p'll'l'J, eh'.! nell'Apocalisse è usato
uomo per attuare in questo modo l'i- wltanto in senso figurato (a indicare il
deale di una vita ascetica cristiana re- 'mondo') 73 .
stando economicamente indipendenti. In 2 Cor. r 1 ,2 Paolo paragona la co-
L'interpretazione che propone di vede- munità di Corinto ad una fidanzata 74
re in queste ragazze delle figlie nubili (~ vn, coli. 1454 s.), sottolineando e-
dell'uomo si scontra con difficoltà filo- spressamente che lei, promessa sposa
logiche difficilmente superabili 71 • An- di Cristo, è 7tap1}Évoç. L'Apostolo che
che per Apoc. 14,4 il primo significato l'ha fondata con la sua opera missiona-
che si propone è quello letterale, cioè ria l'ha promessa a Cristo e la custodi-
ascetico (soprattutto se à7ta.pxil fosse .sce gelosamente (~ III, coll. 1497 s.)
usato in senso esatto 72 ) . per condurgliela in sposa al momento
della sua parusia . Conformemente al-
4. Dato il contesto è invece più pro- l'uso dell'A.T. (~ col. 769) la vergini-
babile (~ vn, coli. 4~3 ss.) che in A- tà è una immagine dell'appartenenza e-
poc. I4A m.tpi>Évoç sia usato in senso sclusiva della comunità al Cristo predi-
traslato, che è un'estensione del signifi- cato da Paolo: se si lasciasse legare ad
cato pregnante puro come una vergine, un altro Gesù (v. 4) 75 la chiesa sarebbe
e designi la schiera dei redenti (che il infedele a Cristo ( Èvt àvopl).
veggente scorge proletticamente come G.DELLING
70]OH. WlllSS, I Kor. (Kritisch-exegetischer sione un po' durà µE"t'à yvva~xwv oòx tµo-
Kommentar iiber das N.T., cd H.A.W. MEY- Àvvltl]O'av è poi spiegata con itap~lvoi.. . In
ER '0 [ 1925]), ad /. Cfr. PREUSCHEN-BAUER • lac. 4.4 abbiamo un analogo uso brusco e di-
1142, s.v. 2. retto di un vocabolo inteso in senso figurato:
71 ~ DELLING 86-91; ivi anche ulteriore bi- ~ vn, coli. 459 s.
bliografia. ~ li, coli. 361 s. n . 24. Contrario è 14 I tratti caratteristici essenziali delle comu-
A. 0EPKE, Irrwcge in der neueren Prmltis- nità locali e della chiesa in generale sono per
forschung: ThLZ 77 (19.P l 449-452. Cfr. Paolo uguali anche altrove. Per lo sviluppo
PREUSCHEN·BAUER. u42, s.v. I (verso la fi. posteriore dell'idea cfr. F.C. CoNYBEARE, Die
ne). itmg/riiuliche Kirche tmd die jrmgfriiuliche
11 ~ 1, coli. 1291 s .; cfr. LOHMEYER, Apk., Mutter : ARW 8 (1905) 373-389; 9 (1906) 73-
ad I.; PREUSCHEN-BAUER 4 n42, s.v. 2. 86.
73 ~ RucKERT 394.400 s. spec. 405. L'espres- 7.l Dal collegamento col v. 3 non è forse per-
7tet.picr'tlJµL, Tiet.pLcr-Ta'Jw A {B. Rcicke)
Nel N.T. troviamo al presente sol- 2 1,72: -çÒ OEL\IÒV 1t<Xpacr-c"ijc:rctL 'tote;
tanto la forma seriore 1tccpto-\6.vw &.xououcrw, «far presente il pericolo agli
(Rom. 6,13.16) che appare anche nei ascoltatoti»; provare: Xenoph., oec.13,
LXX e nel greco extrabiblico special- r 2 : lha.v 7tapa.cr"t1)c:rnc; -.wt •Ov'to,
mente a partire dal II sec. a.C.: Ditt., «quando provassi ciò a qualcuno»; pre-
1
S)'ll. 589,46 (196 a.C.); Polyb. 3,96,3; parare, approntare, produrre, o sempli-
lI,3,8. cemente fare (risultativo; cfr. xai>lcr'tl}-
µt ~ IV, coll. r336 ss.): Plut., quaest.
A. IL GRECO EXTRABIBLICO conv. 5,r (II 676 e): ('iJ 1tlcrcra.) \ÒV oC-
vo-v EU7to-ro-v Jtapl<T'tl')CTL, «la resina ren-
I significati più importanti per il N. de il vino piacevole al palato» 3 • Altri
T. che riscontriamo nel greco extrabi- significati particolari, come al medio
blico sono i seguenti: a) transitivo ( pre- portare dalla propria parte (Soph., Oed.
sente, imperfetto, futuro, aoristo I atti- Col. 916: Tiapl<J-.a.aaL [1t6À.w] ~lq.,
vo); in generale, presentare; maggior- <<con la forza tiri la città dalla tua par-
mente determinato, porre a lato : Po- te»), hanno minore importanza per il
lyb. 3,72,9: -.oùç lmtEi:c; f:cp'Éxch-Epov N.T. b) Intransitivo (presente, imper-
mx.pÉ<r\1}CJE \Ò xÉpac:;, «dispose i cava- fetto, futuro medio; aoristo u, perfet-
lieri ai due fianchi»; mettere a disposi- to e piuccheperfetto attivi; aoristo pas-
zione : Pind., Olymp. 6,41 s.: -.(i. µÈ-v ... sivo): avvicinarsi, accostarsi a qualcu-
'EÀ.Elih>Lcc-v 1tapÉcr't'cccrÉv n Molpccç, no: Horn., Od. 24,516: -tòv oÈ 1tCCpL-
«le mise a disposizione Ilizia e le Par- cr-ca.µÉVTJ ... 'Ai>1)vl}, «ma Atena, avvici-
che»; Athen. 4,29 (p. 148 b): 1tiicn natasi a lui»; Soph., Ant. 121.5 : Ttct.-
À.ccµ1t't'1}pocp6pouç 7tct.i:òccc:; 7ta.pÉ<r't1}CJE, pa<r-rà.c; -çaq.i4J, «avvicinatasi alla tom-
«a disposizione di tutti mise fanciulli ba»; mettersi a disposizione, aiutare,
portatori di lampade»; presentare al- assistere, servire: Horn., Od. I,335 :
l'autorità, al giudice (in età classica il àµcpl7toÀ.oç ... ol xr.ov1} Éxihepi>r. napÉ-
medio, poi anche l'attivo): Isaeus, or. CT'tl}, «da un lato e dall'altro la serviva
4,13 I: µap•upccç 1tCCpLCJ\CX.\l'W.L, «pro- un'ancella fedele» (nei LXX 4 e nel N.
ducono testimoni»; presentare, offrire, T. 7t<X.pLcr-riivw [intransitivo] indica
ad es. sacrifici: Xenoph., an. 6,1,22: mt- spesso lo stare rispettosamente alla pre·
pa.cr-tl}<TaµEvoc; ouo lEpEi:a, «avendo of- senza di un superiore; questo signifi-
ferto due sacrifici»; Flav. Ios., ant. 4, cato è piuttosto raro nel greco extra-
113 : •cx.upouç xat xptoùc; Tiapa.cr't'ijcrccL, biblico ); Dcmosth., or. 45,64: où Tia.-
«sacrificare tori e arieti»; anche una pÉO"'tl} m.0-r;o-cE oùO'~~ol]i>T]CJE, <<non è
presentazione mentale: Demosth., or. mai stato lì ad assistere né venne mai
s Anche la costruzione del verbo segnala la ne che prestavano servizio all'ingresso del san-
molteplicità dd significati: il verbo è costrui- tuario. In 1 Bo.a'; 4,20 rende 11fh al nif'al: si
to con l'infinito, col dativo e l'accusativo e con tratta delle donne che assistevano come leva·
non meno di 12 diverse preposizioni (Etc,, É~, trid la moglie di Finees. Esth. 4,7 (var.) rende
lv, ~vavn, Évwmov, btl, xa'ta, µE"ta, 7tapa, Jql e significa mettere a di.rposizio11e, pagare
rcp6, 7tpoc,, Ò1to); il nesso logico grammaticale una somma di denaro. lob 37,20; µ'!) ~l~).oç
è tuttavia diverso e spesso molto lento. ii ypaµµa·rn)c, µo~ 'ltapÉ<T"tTJXEV; (senza ri-
6 I significati si compenetrano: dr. 1 Bau. 2, scontro nel T.M.).
22 (var.) ove rende fb'; questo verbo è usato 7 A .. DEtSSMANN, art. 'Hellenistisches Grie·
con riferimento al servizio sacro dei leviti nel chisch': RE 1 7,637 distingue due tipi di semi-
tempio, servizio che è considerato una s?ecie tismi; i semitismi occasionali, che risultano
di militia sacra: cfr. N11m. 8,24 (Sym.): 1ta- traducendo e possono essere facilmente frain-
plcr"ta~a~. In 1 Bacr. 2,22 .si tratta delle don- tesi dal lettore, e i semitismi usuali.
1taplo-'tl]µt, 1trJ.p~o-"t'avw B (G. BertramJ
significa avversario; cfr. anche Is. 5,29. profeti: Elia ed Eliseo s1 richiamano
Se il contesto Io richiede anche il 7t<X- nelle loro dichiarazioni profetiche al
pio"•ocwx.L greco può indicare la posi- Dio di cui sono al scrv izio ( 3 Ba.cr. 17,
zione subordinata, di servizio, ad es. 4 r; 18,15; 4Bacr. 3,14; 5,16), giustifi-
Ba.O'. 5 , 2 5 : la condizione di Gehezi ri- cando cosl la propria autorità. Abbia-
spetto ad Eliseo; cfr. Prov. 22,29; 3 mo evidentemente la medesima situa-
B<XO'. 10,8; 2 Par. 9 17. In questi passi ~i zione in Zach. 4,14 8 : per il loro acces-
parla di uomini che stanno alla presen- so immediato a Dio i credenti hanno
za del re, che cioè Io servono; servo va la possibilità d'intercedere per altri
però inteso spesso come titolo onorifico presso Jahvé, una possibilità che Gere-
e può significare anche 'ministro': tutti mia riferisce a se stesso, secondo il te-
questi uomini hanno il privilegio dell'ac- sto dci LXX (lEp. r5,II) 9 • Dato que-
cesso al re, privilegio concesso anche st'uso particolare del nostro verbo, pos-
alla regina: Esth. 8,4; ili 44,10. siamo capire come esso in Ex. 19,r7 o
È appunto tale condizione particola- 2 Par. 6,3 indichi la condizione, non la
re di servo del re che fa capire pien:1- posizione del popolo: non si tratta in-
mente l'uso religioso-cultuale di mxpL- fatti di trovarsi in un determinato po·
O'""t'OCV<X.L nell'A.T. Essere servo Ciel re è sto vicino al monte o di assistere all'i-
un titolo d'onore che implica certi pri- naugurazione del tempio o di essere al-
vilegi ed una determinata dignità, ben- la presenza del re, ma di una disposi-
ché tale condizione presupponga, secon- zione interiore ad ascoltare il messag-
do il diritto pubblico ed il cerimoniale gio di Dio. Inoltre il verbo esprime in
di corte orientale, una dipendenza as- 4' 5.4 l'ardente preghiera del credente:
soluta ed una sottomissione incondizio- 'tO 7tpwt 7ta.pacr-t1}0"oµa.l O'"Ot xat ·È7to\)Jo-
nata nei confronti del re. Cosl gli an- µat. Comunque i LXX non rendono qui
geli, le potenze celesti, i venti stanno il senso del T.M.
davanti al trono di Dio : Tob. r2,15 Anche Dio può essere il soggetto di
(cod. S); lob 1,6; 2,1; Dan. 7,10.13; .2 'it<XPLO'"t'OCV<XL e ciò vuol dire che il ver-
Par. r8,18 (cod. A); Zach. 6,5. In ls. bo non contiene di per sé l'idea di su-
6,2 e Apoc. 7 ,9 abbiamo il verbo sem- bordinazione. I LXX hanno talora ri-
plice usato nello stesso contesto. 4 ferito senz'altro 7ta.ptO'"t'civaL a Dio, ad
Mach. x7,18 contiene la medesima af- es., in Ex. 34,5 traducendo ifb all'hit-
fermazione, riferita però ai màrtiri: An- pa'el; nel T.M. il soggetto della propo-
che uomini che vivono ancora su que- sizione è però Mosè. Sostanzialmente e
sta terra stanno davanti a Dio: i leviti formalmente univoco è Sap. 10,11:
(per la loro dignità cfr. Num. 16,9) e i <<(La sapienza) gli stette vicino ·(mxpÉ-
sacerdoti stanno alla presenza di Dio O''tT}) e lo arricchì». Questa frase è ab·
perché sono stati prescelti per il servi- bastanza simile . alle descrizioni della
zio all'altare (Deut. 10,8; 17,12 ; 18,5. provvidenza e della cllra di Dio per i
7; 21,5; Iud. 20,28: davanti all'arca; poveri; ad es., \)I ro8,31: 7tapÉO'"t'T} Èx
Lutero: davanti a lui [ = Dio]). Il ver- od?,twv 7tÉV'Y)'tO<;, «Dio stette a fianco del
bo è usato anche quando il sacerdote è povero». Dio è soggetto anche di 7ta.pi-
di nomina reale: 3 BaO'". r2,32. Ciò che cr-tciva.t transitivo: egli pone di continuo
vale per· i sacerdoti vale anche per i i credenti al proprio cospetto (o/ 40,13
s F. HoRsT: Ttr. H . RoBJNSON·f. HoRsT, Die 9 Cfr. Ier. 21,2 e F. GIESEBRECHT, Da:r Bucb
zwiil/ k/einen Prophete11 = Handbuch zum Jer. = Handkomm. zum A.T. m 2,1 ( 1894} a
A.T. 1 14 (1938), ad l. ler. 15,1 L
1tCI.plO"'tT)µL, 1tCX.PLO"<avw e l-2 (B. Reicke)
C. IL N.T.
«il Signore mi ha aiutato» (2 Tim. 4,
17); stare accanto, stare lì, esser pre-
Nel N .T. mx.pi.o--.6.vw è usato in alcu- sente, con avverbi o senza: ò XE\l't'U-
ne delle accezioni greche profane che plwv ò 7t<XPECT"t''l')Xwc; éç ÈVOC\l"t'la.c; aù-
abbiamo già viste, ma ci sono casi in •ou, «il centurione che stava n davan-
cui il verbo è legato ad uno specifico ti a lui» (Mc. 15,39); -cov µai}1]"t'i]v
pensiero teologico. m~pEO""t'W\a, «il discepolo che stava
1. Transitivo. Mettere a disposi:do- Il vicino» (Io . 19,26); &vopEc:; ouo 1toc-
ne: X"t'TJ\11] 1tapao-·djo-at, «mettete a pEtCT"t'1pmo-av IXÙ't'o~c;, «due uomini
disposizione delle cavalcature» (Act. stettero vicino a loro» (Act. 1,10); mx-
23,24); apprestare: 1tapaCT'tTJCTEt µot ... pÉCT't'1]XEV Évw7ttov ùµwv ùytTic:;, «sta
'ltÀ.Elw owOExet. À.Eyu:;)vru; (Mt. 26,53: qui davanti a voi guarito» (Act. 4,10);
locuzione militare); presentare, far ve- forma sostantivata: ot napEO""t'TJXÒ'tEc;
dere: mx.pÉCT"t'l}O'E'll Èet.U"t'Ò\I ~W\l"t'Ct., «SI o ot 7tapECT"t'W"t'E<;, «i presenti» (Mc.
14,47.69 s.; 15,J5}; esserci: 1t1:t.pÉa"t"l'}- r ,19): «Io sono Gabriele, colui che ser-
XEV ò i)Epicrµòç, <(c'è la messe» (Mc. 4, ve Dio» (~ coll. 78 5 s. ). I riferimenti
29). n<l un tal servizio sono particolarmente
3. I passi del N .T. in cui l'uso del frequenti negli scritti paolini. Il pecca-
verbo (transitivo e intransitivo) ha un to non deve dominare più ed i cristiani
interesse teologico si segnalano pe_r il non devono continuare a mettere le lo-
loro nesso con diversi concetti del ser- ro membra al servizio ('lta.picr"t'a\IE"t'E)
vizio religioso (~ coll. 7 8 r; 7 82 : met- del peccato quali armi dell'ingiustizia,
tere o essere a disposizione, assiste- bensì ora devono porre le medesime al
re, servire; cfr. soprattutto quanto ab- servizio (1ta.pa.cr'ti]cra"t'E) di Dio (Rom.
biamo detto sopra a proposito dell'uso 6,12 s.; dr. 19). Si tratta di decidere a
particolare dei LXX, ~ coll. 784-786). disposizione di chi vogliate mettervi e a
Davanti a quest'uso linguistico è ne- chi vogliate ubbidire come servi (i;> mx-
cessario presupporre anche nel N .T ., co- pt<T-ravE'tE Éa.V'\OÙç oouÀ.ovc; dc; V'lt(J.-
me in tutto l'Oriente antico, una certa xoi)v: v. 16). L'affermazione di Paolo in
analogia tra religione e cerimoniale di I Cor.8,8 sembra possedere una _ qualche
corte, analogia che si manifesta soprat- analogia con l'idea di una promozione a
tutto nell'Apocalisse di Giovanni 11 • In corte: Bpwµa. -iJµ<ic; ou 'ltapa.cr-riicrEt "t'0
ogni caso, sempre nei limiti della fede i)EQ, «un cibo non ci farà avvicinare a
neotestamentaria nel Kyrios, 7tapicr't6.- Dio». Secondo 2 Cor.4,14 sarà Dio stes-
vw è spesso congiunto con l'idea di ser- so a porre i credenti davanti al trono di-
vire o di offrire. Nel verbo è così possi- vino nell'ultimo giorno: «Risusciterà an-
bile cogliere una nota di 'ufficialità', ad che noi con Gesù e ci porrà insieme con
es. nella dichiarazione dell'angelo (Le. voi davanti a sé» . Negli ultimi due pas-
Il «Gli stretti rapporti tra Dio e sovrano ... di Questa affermazione non è infirmata da pro-
cui parla tutta l'antichità»(-+ IV, col.i329; art. blemi critici controversi, come ad es. la que-
xckth1µa~) ora non devono essere più conside- stione se tutta l'Asia anteriore conoscesse un
rati dallo studioso del N.T. soltanto in riferi- solo schema rituale determinato, o se Israele
mento all'ellenismo, come avveniva in passato, considerasse divini i suoi re, cosa che viene
ma tenendo conto di tutto .il Medio Oriente negata, con scetticismo forse eccessivo, ad es.
e anche dell'A.T . Ciò è indispensabile date le da H. FRANKFORT, Kingship and the Gods
nuove conoscenze acquisite sull'antico Oriente (i948) 341; M. Now, Goti, Konig, Volk im
e dopo le ricerche, ad es., di E.R. Gooo- A.T.: ZThK 47 ( 1950) 157-191. Qui si tratta
ENOUGH, The Politica/ Theory o/ Hellenislic soltanto del fatto che le antiche idee religiose
Kingship: Yale Classica! Studies I (1928) 55· furono variamente influenzate dalle tradizioni
102; Io., Kingship in Early Israel: JBL 48 di corte e che tale fenomeno è percepibile an-
(1929) 169-205. Cfr. tra gli altri anche H. che nel N.T., come fanno vedere, ad es., T.
GRESSMANN, Der Messias ( 1929} 1-63 (lo stile ARVEDSON, Das Mysterium Chrìsti ( 1937) 21-
israelita di corte); I. ENGNELL, Studies in Divi- 35.115-136 e passim e H . RmSENFBLD, Jésus
ne Kingship (1943) 174-177; C.J. GADD, Jdeas tra11sfiguré ( 1947) 9-14 e passim.
o/ Divine Rule in the Ancie11t East ( 1948) 1-62.
si citati non si tratta certamente della spandono perfettamente, pure il verbo
comparizione davanti al tribunale divi- è sempre usato a descrivere una situa-
no, per cui un'interpretazione forense zione 'ufficiale'. In certi altri passi· si
non è troppo probabile 12 • Un'altra for- tratta del tempio terreno, ma anche in
ma del cerimoniale di corte può chiari- queste scene bisogna presupporre Dio
re 2 Cor. u,2: Paolo, il paraninfo del- come signore sul suo trono. In Le. 2,
la comunità (---'> vn, coll. x454 s.: art. 22, ad es., la presentazione di Gesù al
vuµcpioc;), vuole presentarla a Cristo co- tempio è descritta con le parole rtapa-
m<! una vergine pura; forse dietro a cr-.i)crc:u -.f{) xupt<!): l'interpretazione mi-
questa immagine c'è i1 solenne cerimo- gliore di questa frase vede nella scena
niale dell'accompagnamento di una spo- un servo sacro che viene introdotto al-
sa al re, più o meno come nel Ps. 45. la presenza del suo signore. Forse il
Secondo Eph. 5,27 è Cristo stesso che narratore vuol dire che Gesù ~ posto
assolve i compiti connessi con tale fun- già adesso fondamentalmente al servi-
zione: « ...per porre egli stesso davanti zio di Dio, all'incirca come Samuele o
n sé la chiesa in gloria, come sposa». Il un nazireo, e gli è consacrato 13 • La pre-
passo forense di Rom. 14,10 riflette scrizione sulla santificazione dei primo-
un'altra usanza della prassi 'ufficiale': geniti (Ex. 13,2.12-15) è stata qui a-
«Poiché dovremo presentarci tutti da- dempiuta (Le. 2,23) in questo senso
vanti al tribunale di Dio (variante: di messianico; secondo il narratore, dun-
Cristo)»; infatti Dio (o Cristo), anche que, una simile presentazione non è la
come giudice, è signore e re, come regola per tutti gl'Israeliti 14 • Il motivo
è sottolineato al v. 11: «Ogni ginoc- della presentazione di una persona a
chio si deve piegare davanti a me». Da- . Dio per dimostrarne la purità rituale
to il loro carattere religioso queste pa- (come nel caso dei lebbrosi di Le. 1 7,
role non possono essere messe del tut- 14 che devono mostrarsi ai sacerdoti)
to sullo stesso piano delle espressioni potrebbe essere alla base di alcune im-
forensi di Act. 23,33: «introdussero magini sul tipo di Col. 1,22: «Cristo è
anche Paolo davanti a lui (al governa- morto per farvi apparire davanti a sé
tore)» e 27,24: «deve comparire da- santi, immacolati e puri»; Paolo an-
vanti aWimperatore (per l'interrogato- nuncia l'evangelo per far comparire o-
rio)» . Anche se i due casi non si corri- gni uomo perfetto in Cristo (v. 28); Ti-
moteo deve cercare di mostrarsi prova- ni all'uso linguistico del N.T.: r Clem.
to davanti a Dio (1 Tim.2,15). In Rom. 35,ro: 1ta.pa.:CT't"TJ<TW <TE XO.:'t"à. 1tp6crw-
1tOV uou, «ti metterò davanti ai tuoi
r 2, 1 la vita e gli usi del tempio forni- stessi occhi» ( = ti smaschererò; o/ 49,
scono un'altra immagine in cui il ver- 21 con l'aggiunta di crÉ); Polyc.6,i: 1ta\l-
bo viene a significare offrire in sacrifi- 't"O.:<; od TCa.pacr't"'\')Va.:L 't"Q ~1')µa't"t 't"OU
Xpt<r't"OU, «tutti debbono comparire da-
cio: «Vi esorto ora ... ad offrite i vostri
vanti al tribunale di Cristo» ( = Rom.
corpi come un sacrificio vivente» (allo 14,10 [variante]); r Clem. 34,5 s.:
stesso tempo si esprime l'idea di un ( &yyEÀ.Ot) ÀEt'\OVpyovcrw 'lt<XPE0"1'1~
't"E<; .•. µvptat µvptci.ÒE<; 'ltapEt<T"t1')XEt<rav
culto allegorico). Nell'uso religioso di
aò't"Q, «gli angeli gli stanno attorno
1ta.ptcr't"a\lw nel N.T. si coglie cosl un'i· per servirlo ... miriadi di miriadi stavano
dea che ha in sé l'eco della vita ufficiale davanti a lui» (Dan. 7,ro); Herm., sim .
e della pratica sacrificale. 8,4,r : Tta.pECT't"li~11v mhQ, «mi avvici-
nai a lui»; mari. Polyc.2,2: Tta.:pECT't"Wç o
xuptoç wµlÀ.EL (1.V't"Otç, «il Signore sta-
D. I PADRI APOSTOLICI va al loro fianco e conversava con lo-
ro»; I Clem. 23,4: <r"ta.:q>vÀ.l) 1tapEO"'t"lJ-
Nei Padri apostolici il verbo (nell'uso xui:a, «uva pronta, matura»; 2 Clem.
sia transitivo che intransitivo) ricorre x1,3 (---7 col. 782).
nei seguenti passi che sono molto affi- B. REICKE
t mipo1.xo<;, t 1tapoi.xla,
t 1trlp0t.XÉW
SOMMARIO: D. Il N.T.
E. La chiesa antica.
A. Il mondo greco profano.
sto tele, spesso nelle iscrizioni 1 ) è sino- ca 4 • Il verbo 7ta.poLxEi:v significa: a) abi-
nimo di µÉ"t"OLXOç (un vocabolo usato tare vicino : Thuc. r ,7 I ,2 : 7tOÀ.Et òµ.ol~
prima in questa accezione e noto anche mxpotxovvnç, «se abitaste vicino ad una
nella nostra lingua come termine stra- città simile aUa vostra»; dr. 3,93,2;
niero: metèco) di cui prese il posto: Isocr., or. 4,162: &.7tò Kvloov µÉXPL 1:L-
colui che non ha la cittadinanza di un VW7t1)c; "EU.1)vEc; 'A<lla.v 7ta.potxoucnv,
paese o di una città, pur abitandovi, co- <(da Cnido a Sinope, lungo la costa del-
me lo çÉvoc; (~ vm, coli. 5 ss.), da 1'Asia, abitano Greci» . b) Con deriva-
cui però il 7tapoLxoç differisce per- zione da 7t6:potxoç in senso tecnico: es-
ché gode di alcuni diritti che ·gli so- sere residente, detto di uno straniero
no stati conce~si generalmente dietro che vive in qualche luogo senza diritti
pagamento. Il 7tapoLxoc; non è un mx.- civili: Diod. S. 13,47,4: ot 7t<t.potxouv-
prnlo11µoç (~ 11, coll. 904 ss.), che sog- ·m; ~É.\IOL.
giorna temporaneamente in un luogo,
ma un residente che ha stabile dimora 2
tra la popolazione indigena, è un clien- B. L'A.T.
te o protetto che rimane sempre privo
della cittadinanza, ma gode deJla pro-
tezione di una comunità 3 • Il sostanti- 1. I vocaboli 1ta.poLxia. e 1ta.potxÉw
vo 7ta.poLxla. compare soltanto nell'uso
linguistico biblico ed ecclesiastico; de- a) Il sostantivo 7ta.poLxi<x. indica lo
riva da 7t6:po1xoç nell'accezione tecni- stato, la condizione, la sorte di residen-
te, il vivere in paese straniero senza Eo-op. 5,7 (Esdr. 2,1) 9 ; 2 Eaop. (Esdr.)
diritti di cittadinanza e nazionalità ): 8,35 10 . Tutti questi passi, eccettuato al
4i IIB,54 (per mcgt/rim); ~ II9,5 (per massimo Ecclus 41,5, si riferiscono ad
una forma di gur); inoltre Iudith 5, Israele o agli Israeliti. Proprio l'ebreo
9; 3 Mach. 7,19; Sap. 19,10; Ecclus, devoto si considera un residente (~
prologo 34 6 ; 16,8 7 ; 41,5 8 ; Ps. Sai. coll.8oos.; 8o8ss.): «io canto i tuoi
17,17 (qui indica piuttosto una con- ordinamenti nella casa ( tv -com~ =
creta comunità di persone). Il vocabolo bebét) della mia 1tct.po~xla;» 11 (\j.I ri8,
serve anche a tradurre gola, esilio: 1 54) 12 • Il riscontro negativo di questa
5 La condizione del singolo giudeo è diversa Pwv, « ...coloro che hanno commercio con i
soltanto quando egli goda della cittadinanza mipoixo~ degli empi» [A. DEBRUNNER). Il te-
di altri stati; ad es., si ricordi il caso di Pao- sto ebraico (SMEND, op. cit. [ ~ n. 7 ]) legge:
lo: Ac/.21,39; 22,26; dr. 16,37 (~ 1tOÀL-r€loc). 11j11 11m's dbr r'jm wnkd 'w; l{ h111] g[ wr; rI }'.
Anche una larga colonia giudaica, come ad es. SMEND completa dunque la lacuna del testo
quella di Alessandria d'Egitto, dal punto di leggendo g1lre riisii', <<i piccoli degli empi»;
vista giuridico non gode che della pura resi- secondo il suo commento (op. cii. ( ~ n. 7 ],
denza, anche se è vero che nella coscienza dei nd I.} i LXX presuppongono la lezione m'gu-
Giudei di tali comunità urbane la residenza rim.
sembra legata piuttosto a condizioni inferiori,
9 ot O.vaf3civ'tEç Èx -rfiç alxµa.Àw<rla.ç <tfiç
di carattere agricolo-patriarcale. Prescindendo
1tapotxlaç, hii'i5tim miJS<bl haggolti. 2 Ecrlìp. 2.
da ciò, il giudaismo interpreta il fatto giuri- I legge qui: ol à.va.f3a.lvov'tE<; ci1tÒ ·djç alx-
dico della 1tctpoLxla non in termini pura- µaÀ.wula<; -cfjç CÌ.1totx1aç.
mente sociologici, ma anche in categorie teo-
logiche, così che il fattore determinante non rn oi ÈÀl>év'tE<; à.itò 'tijç atxµaÀ.wcrla<; vfot
è costituito dalla quantità e dalle circostanze -rijç 7tapotxlaç, hnbba'2m mehaH'bl b'11é-hag-
esterne, ma, per così dire, dalla qualità della golti. Altrimenti 1 Ecrlìp. rende regolarmente
comunità giudaica nei confronti di Dio, dal gota con alxµaÀ.w<rla e 2 Ecrop. con aitotxla.,
diritto di essere il popolo di Dio e di costi- à.itOLXECTla.
tuire così una colonia di residenti nel mondo. I! =
Cfr. H. GuNKEL, Die Ps. Handkommen-
6 Soprattutto qui, come del resto anche in tar z. A.T. II 2 (1926), ad l.: «La 'casa del pel-
altri passi, 1tapoLxla potrebbe valere ~ lìta- legrinaggio' è la sua propria casa della quale
<T1topli, con tutta la conseguente importante però l'autore non si sente padrone stabile, ma
problematica che tale equiparazione compor- solo 'ospite' per breve tempo...». Un esegeta
ta: ~ n, coli. 995 ss. dell'A.T. ebraico scorge dunque qui un'idea ti-
7 oòx ÈqJ€WCl:to m:pt -rfiç 1ta.poixlaç Aw-r: al- pica del N.T. greco (~ coli. 82I-826) che va
la traduzione proposta da V. RYSSEL in considerata biblico-escatologica, mentre il te-
KAUTZSCH, Apk. u. Pseudepigr., ad l.. («non sto dei LXX appare piuttosto influenzato dal
risparmiò i concittadini di Lot>>) va forse dualismo greco e persino dal misticismo: ~
preferita la seguente: «Non risparmiò (i So- nn. 33 e 47·
=
domiti} a motivo della ( nonostante la) re- 11 Per associazione l'idea della redenzione è
sidenza concessa a Lofo [A. DEBRUNNER]. R. applicata anche alla liberazione dalla condi-
SMEND, Die \'(!eisheit des ]esus Sirach, he- zione di straniero: tjl 33,5 (cod. B) legge: Éx
briiisch und deulsch (1906) traduce l'ebrnico 1taCTWV 'tWV 1tapOLXLW\/ µov Èppvcra-c6 µ€.
m'guré lo! <<non risparmiò la cirtà in cui Lot Qui 1ta.po~xla. traduce m'gura che, derivando
abitava» e commenta (Die \Yleisheit des ] es11s da gwr, spaventarsi (v. L. KoEHLER-W. BAUM-
Sirach, erkliirt [ 1906 ], ad l.): «m'g11ré signi- GARTNER, Lexicon i11 Veteris Tesfnme11li libros
fica 'luogo di dimora', 'domicilio', come in lob [x948 ss.], s.v.}, significa paura; cosl inten-
18,19». dono anche i codd. S A che traducono i)}..l-
s 'tÉXva ~oEÀvp&. ylv€W.~ -rÉxva àµap'tW- \jl<wv, mentre il cod. B pensa ad una deriva-
Àwv xa.t <TVVC1.V(1.Cr'f{JEq>6µ€VC1. itO:{JOLXLatç a<T€- iione da gwr, essere eslra11eo .
799 (v,841 l 'itapoixoç B 1 (K.L. e M.A. Schmidt) (v,842} 800
'residenza all'estero' del credente è co· ra di Canaan quale giusta parte d'ere-
stituito dalla ?tapoLxia 'tW'll &.<1E~W'V dità (napata, LXX: xÀ11po\loµla). Quan-
(Ecclus 41,5). do essi erano poco numerosi, quando
erano ancora da poco tempo in quel
b) Il verbo 1tapoLXEL'V corrisponde, paese e come stranieri (garlm, LXX: nO:-
nell'accezione tecnica (dimorare come POLXOL}, essi migravano di popolo in po-
residente in un paese di cui non si è polo ... ». Parole simili leggiamo anche
cittadini; risiedere all'estero, vivere da in Ps. 78,55: «Scacciò popoli davanti a
forestiero in luogo straniero), all'ebrai- loro, li spartì con la misura come ere-
co gur. 7tapoLxou\l'tE~ non israeliti sono dità (napala, LXX: xÀ.11poooaia) e fe-
i Beerotiti (2 Bau. 4,3) e i profughi di ce abitare nelle loro tende le tribù
Moab (ls. 16,4). Più spesso si tratta pe- d'Israele» 13 • Questi passi possono for-
rò d'Israeliti: Abramo in Egitto (Gen. se spiegare come mai nei LXX s'incon-
12,10) o in Canaan (17,8); Lot a Sodo- tri talvolta xa'tOLXEi:\I dove ci si aspet-
ma (19,9); Abramo a Gerar (20,1) o terebbe invece 1tapoLxEL'll. In I Par. 29,
nel paese dei Filistei (21a4); Isacco l 5 il codice B legge xa'tOLXOV\l"TEç
in Canaan (26,3); Abramo e Isacco, co- per tosiiblm, che è di solito tradotto
me poi Giacobbe, a Ebron (35 ,27); i con 1tapotxou\l'tEç. Ora, anche se la
figli di Giacobbe in Egitto (47,4); A- pdma lezione si spiega facilmente ri-
bramo, Isacco e Giacobbe in Canaan cordando che in genere ;asab è tradotto
(Ex. 6,4); un levita di Betleem di Giu- con xa'tOLXEL\I e la seconda, invece, è
dea in Efraim (Iud. 17,7-9); Elimelec da preferirsi già a motivo del preceden-
e la sua famiglia in Moab (Ruth 1,1); te mipotxol Éuµtv, il testo dei LXX cor-
la Sunamite il cui figlio era stato risusci- rispondente a Ier. 29-51 presenta uno
tato da Eliseo (la donna può andare «do- stato di cose interessante: il qal di gtir
ve vuole» nel paese straniero: 4 Ba<T.8,1 è tradotto 9 volte con xa'tOLXE~\I, ma il
s. ); il residuo di Giuda in Egitto (!Ep. numero delle varianti ( oÌXEL\I, È\lotxEL\I,
51(44],14). Iudith 5,7.8.10 descrive la ?tapotxELV, µE'tOLxtala) è tale da far ve-
permanenza dei patriarchi in Mesopo- dere subito come questa traduzione fos-
tamia ed Egitto col verbo mxpoLXEL\I: se considerata imprecisa.
essi vengono però semplicemente pre- Il verbo non è più usato direttamen-
sentati come «questo popolo» ( v. 6 ). te come termine tecnico in ~ 60 ,5 dove
All'idea della 1tapoLxla si associano il salmista prega: 7tapotx1)<Tw ( 'agura)
nell'A.T. quella della dimora nel paese È'V 't!{l O'Xl)\/Wµll'tL aou Eic; 'tOÙ<; txlw-
promesso e quindi quella del suo pos- va.ç, axrnacrll1)croµaL tv O"XÉ1t'fl 'tW\I
sesso. Mentre, da un lato la dimora de- 1t'tEpuywv <Tou, «abiterò nel tuo taber-
finiciva in Canaan fu sentita rispetto a nacolo per l'eternità, sarò protetto al
Div sempre più come un permanente riparo delle tue ali»; similmente !!J 14,
staro di residenza senza diritti (~ coll. 1: xupiE, 'tlç na.poLXTJO"EL (iiigiJr) È\I 't~
807-810), dall'altro la condizione di O"X'l")Vwµa'ti uou, xa.t 'tlc; xa'ttx<1X1}\IW-
straniero è considerata un fenomeno del O'EL E\I -tQ opEL 't(i) ayl~ <1ou;, «Signore,
passato e ciò proprio in quei passi in cui chi abiterà nel tuo tabernacolo e chi al-
si loda l'opera di Dio per il suo popolo. loggerà sul tuo monte santo?». In en-
Cosl, in un passo che ricorda i prodigi trambi i passi il parallelismo ci fa capi-
di Dio a favore dei padri, leggiamo (Ps. re che il verbo qui non vuole esprime-
105,11 ss.): «Egli disse: Ti darò la ter- re la nota della napoLxla, ma l'idea di
abitare presso Dio come solo al fedele renza tra ger e tosiib (--+ col. 809 e n.
è concesso: essere ospiti di Dio è una 3 5 ), che non è facile da cogliere, si
gran cosa, anzi è tutto, poiché esser manifesta nel fatto che il primo termi-
suoi ospiti significa star presso di lui. ne è tradotto generalmente con 1t6:poL-
Anche dietro questo pensiero traspare xoç o -7 itpocri)À.v,oc;, il secondo· esclu-
però l'idea che il credente deve consi- sivamente con mipotxoç (-7 vnr, coll.
derare la sua esistenza su questa terra 25 s., s.v. l;Évoç). 'ltapoLxoç è quindi lo
come una semplice residenza, come una straniero residente che ha in Israele pre-
reale 1tapoLxla (--+ coll. 809 s. ). cisi obblighi giuridico-sociali, ma rimane
!ud. 5,r7a è l'unico passo in cui 1ttt· sempre il non israelita diverso dai mem-
?OLXELV sia usato nel suo originario sen- bri del popolo di Dio e dai domiciliati.
so tecnico-profano per tradurre gur: Sia gli Edomiti, consanguinei d'Israe-
Aav l'.va -.l 1tapoLxEi: (iiigur) 1tÀ.oloLç;. le, sia gli Egiziani possono essere con-
Negli altri casi in cui si ha questa ac- siderati 1tapoLxoL; Israele stesso fu an-
cezione l'ebraico presenta altri verbi: zi 1tapoLxoç nel loro paese (cfr. Deut.
Iud. 5 17 h (cod. A): AcrT)p itapt;>xT)CTEV
1 23,8; --+ col. 807). Un 1tctpotxoc; (ger)
(jaiab) 1tap'a.ì.rLaÀ.6v; 17 ,11: 1tapoL- amalecita uccise Saul (2 Baa-. l,13).
XELV (iiiiab) 1ttx.pà -.<{> àvòpl; ljJ 93,17: Un residente straniero non partecipa
mxpà f3paxv m.xpt;>xT)crEv (Jiikna 14 : il a particolari diritti e doveri cultua-
termine comune per abitare). li degli Israeliti; ad es., un 1tapoLxoç
(tosiib) il µta-l1w-.6c; non può mangiare
2. L'atteggiamento d'Israele verso il l'agnello pasquale (Ex . 12,45); il 'ltci-
mipOLXO<; 15 potxoç ( tosiib) o µtcrlJw-.6c; di un sacer-
dote non può mangiare cibo consacrato
I LXX traducono con 1tapoLxoc; i ter- e offerte (Lev.22,10). D'altra parte non
mini ebraici gh o tosiib per indicare lo è permesso all'israelita, ma soltanto «al-
straniero che si trova in stretti rappor- lo straniero che risiede nelle tue città»
ti con Israele e va accolto, cioè il pe- (-.Q 7tapolx~ (ger) -t0 f.v -rai:c; 'l'tOÀEo-lv
regrinus come hospes, mentre indicano crou) mangiare gli animali morti qa soli
lo straniero che va respinto, il peregri- (Deut. 14,21 ).
nus come hostis, prevalentemente con Altri passi ci mostrano che il resi-
derivati di rxÀ.À.oc;, ad es. àÀ.À.é'tptoc; (--+ dente gode della medesima protezione
I, coll. 709 s.), à1tT)À.À.o-.pLwµÉvoc;, àÀ.- giuridica degli Israeliti ed è pertanto
À.oyEvl)c; (--+ 1, coll. 712 ss.), àÀÀ.Oq>u- in qualche misura inserito nella vita
À.oc; (--+ I, col. 716 ), rendendo così i cultuale del popolo di Dio. Al 'ltcipoixoç
vocaboli ebraici zàr o nokrl 16• La diffe- (tosiib) va garantito il diritto d'asilo
17 Ios. 20,9 a proposito del diritto d'asilo e israelitisch-jiidische11 Auspriigtmg ( 1933) 31.
soprattutto Ier. 7,6; Zach. 7,10: «vedove, or· IB 'ezriip, a.Ù't'bx»wv, indigena; ad es., Num.9,
fani e stranieri» non devono essere oppressi. 14; 15,30; o anche hxwp~oc,: Ex. 12.49·
Al contrario la letteratura sapienziale israeli- 19 ben-nèkiir, nokr1, Ò.ÀÀ6-tp~oç (~I, coli. 709
tico-giudaica si preoccupa soltanto delle vedo- s.), aÀÀoyEvfic, (~ I, coll. 712 ss.), a/ienìgena.
ve e degli orfani, non degli stranieri; dr. J. 20 Non sono però mai mancate oscillazioni; in
FICHTNER, Altorientalische W eisheit in ihrer particolare la posizione del residente che go-
1tapo~xoc; B 2 !K.L. e M.A. Schmidt) (v,844) 806
deva la protezione di un privato o dcl re · è miglianza oggettiva bisogna forse ricordare an-
quanto mai diversa; dr. .:.., BERTHOLE.T 27-45: che quella grafica (gr invece di lwj) [BER-
21 Cfr. Bibl. Hebr. Kitt.", ad I. 'l'RAM] .
pure come ivi 'residente' (~ coll. 807- mx.potxla rispetto a Dio. Al patriar-
813 ). ca Abramo Dio dice: mipotxov (gèr)
EO"Tat '"t'Ò 0'7tÉpµa crov E.v yft oùx l&l<f,
3 . Il po polo d'Israele come 7t&.poLxoc; 27 «la tua discendenza risiederà come stra-
Quando il termine mipoLxoc; è riferi- niera in una terra non sua» (Gen . i5,
to ad Israeliti che risiedono in un pae- I 3 ). Abramo ha coscienza di questo suo
se straniero, restiamo nell'ambito del- stato e si rivolge così agli Ittiti: «lo
l'esposizione precedente (~ coll. 801- sono straniero e di passaggio tra voi»,
807 ). Cosi Mosè in Madian dice di es- 7tapotxoc; xat 7taprnlol]µoc; (gèr w•to-
sere uno straniero residente in terra Iiib) ~yw dµi (Gen . 23,4). Tale pere-
straniera: mipoLxoc; (gér) dµt Èv YTI &,)... grinitas che il patriarca confessa per sé
Ào"t'pl<f (Ex. 2,22; dr. 18,3). Similmen- rimane forse in vigore per i suoi di-
te tutto il popolo d'Israele è stato 're- scendenti solo fino alla conquista della
sidente' in Egitto. A questo fatto si as- terra promessa, sicché il periodo post-
sociano però considerazioni che ci por- mcsaico rappresenterebbe il limite del-
tano a scoprire un altro aspetto del pro- la promessa di Gen. 15,13? Evidente-
blema. ::nente, però, Abramo è come napotxoc;
Ora, il fatto che Israele sia stato egli un "t'U7tO<; in cui il popolo d'Israele ve-
stesso mipotxoc; (tra gli Egiziani) non è de prefigurata la propria natura e non
affermato soltanto come puro dato sto- giù un caso singolo, dovuto e limitato
rico, ma è messo in rapporto con .la si- a particolari circostanze storiche, una
tuazione in Canaan ed offre occasione peregrinitas che non vada generalizza-
per ammonire e far riflettere gl'Israeli- ta. II patriarca, emigrando, ha piutto·
ti confrontati ora, a loro volta, col pro- sto assunto questa condizione come se·
blema della presenza di stranieri in se- gno di fede e di obbedienza verso Dio,
no al popolo: «Non avere in abominio un esempio di rinuncia a sé cui il po-
l'Edomita, perché è tuo fratello. Non a- polo di Dio deve sempre riguardare
vere in abominio l'Egiziano, perché fo- quando si ponga il problema della sua
sti u.q 7tttpotxoc; (ger) nella sua terra. I esistenza sotto la promessa di Dio. In
figli che nasceranno loro alla terza ge- questo senso Abramo è chiamato 7ta-
nerazione entreranno nell'assemblea di potxoç in Hebr. II ,2 s. (~ coll. 821 s.).
Dio» (Deut. 23,8 s.). Questa realtà d'I- Tale 7ta.potxla. è confermata nella co-
sraele che visse una volta anch'esso co- munità del N.T. ove è anzi acuita (per-
me mxpoixoc; in terra straniera fa già ché non viene più richiesta la circonci-
intravvedere come per Dio tutti i po- sione): «Non c'è più né giudeo né pa-
poli siano non padroni e signori del gano, non c'è più né schiavo né libero,
proprio paese, ma soltanto residenti in non c'è più né maschio né femmina, poi-
esso. Come, rispetto al passato ed al ché tutti siete uno solo in Cristo Gesù»
futuro escatologico (cfr. Is. 19), l'Israe- (Gal. 3,28); «in questa situazione non
lita è sullo stesso piano dell'Egiziano c'è più greco o .giudeo né circoncisio-
che ora viene in Canaan da straniero, ne 28 né incirconcisione, barbaro, scita,
cosl anche il 'possesso' presente della schiavo, libero, ma Cristo, tu tto e in
terra promessa non può far cessare la tutti» (Col. 3,x x) 29 •
27 Oltre alle opere ricordate alla ~ n. 15 dr. non si è ricordato che anche Cristo era circon-
anche~ FRICK 261-272. ciso: yEv6µEvoç Ò1tÒ v6µov (Gal. 4,4).
28 Anche in Bam. 9 troviamo la contrapposi- 2~ Né l'umanesimo stoico, che p1,1re conosce
zione tra Cristo e circoncisione, ma Barnabn alcuni paralleli formali (cfr. LIETZMANN, Gal.
TI"apoLxoç 13 3 {K.L. e M.A. Schmidt)
e DIBELIUS, Gefbr., ad I.), né il rigorismo le- pendenza nazionale Israele rimane nella con-
galistico giudaico (""' coli. 818-820; inoltre ~ dizione di meteco, se non verso un popolo
VIII, coli. 34-42) portano a Gal. 3,28 e Col. 3, straniero che lo· domini, certamente nei ri-
II, ma solo l'opera salvifica che Dio ha com- . guardi di Dio, della cui volontà e pazienza es-
piuto per il proprio popolo i cui membri vi- so vive. Essere ospite, straniero, residente è
vono come 1tapotxot in questo mondo (""' una necessità e non certo l'ideale dell'orgoglio
coli. 822-826). Per una relativizzazione delle nazionale. Essere però meteco ed ospite di
lìmitazioni giudaiche dr. Mt. 3,9 par. Le. 3,8 Dio vuol dire essere in una condizione piena
cd nnche Ml. 8,io ss.; 15,28; Le. 7,9; 9,51-55; d! promessa ...».
10,29-37; 17,u-19 c ·lo. 4 . JI Cfr. \Y/.W. GRAF BAUDISSIN, Kyrios als Gol·
.n Cfr. ~ PRICK 262: «Anche durante !'indi- tesname i111-J11dent11111 tmd sei11e Stelle in der
7t&.po~xoç B 3 (K.L. e M.A. Schmidtl
Religionsgeschichte III (1929) J54 s.: «Nean· lo della lingua, ma anche del contenuto dcl te·
che il Salmista, che si considera (Ps. 39,13) sto ebraico; in questa prospettiva cfr. --+ BER·
ospite e meteco di J ahvé, osa descrivere la sua TRAM 141 e nn. 5r.54.55 per quanto riguarda
appartenenza u Dio in termini che vadano ol- 7tCXpoLxl<x. In Filone, nella gnosi e nel mande-
tre l'idea di un rapporto lontano». In questo ismo è possibile cogliere immediatamente l'in·
c~so l'idea del credente come 'straniero' non fluenza di un dualismo antropologico e cosmi-
sarebbe entrata nel linguaggio religioso soltan- co (--+ coli. 814-817); nei LXX bisogna inve-
to in epoca tardiva, come sostenne \V.R. ce procedere con estrema prudenza esaminan·
SMJTH, Die Religio11 der Semite11 (1899) 55. do ogni singolo caso. --+ BERTRAM n. _p, ri·
Per questa controversia dr. ~ BERTRAM 139 facendosi a GuNKEL, op. cii. (~ n. II), con·
s. Per Ps. 39,13 dr. ibid. 46. sidera che Ps. II9 (--+ nn. 11 e 32) sia piutto·
sto tardo (cfr. anche KAUTZSCH ',ad I.) e per·
32 Cfr. A. BERTHOLET in KAUTZSCH ', ad t.
ciò non teme di scorgere già nel testo ebraico
'ere! indicherebbe anche in questo caso, come la presenza di idee dualistiche. Non è cosl sem-
di solito, il paese di Canaan quale possesso
di Jahvé. Non è però neanche improbabile
=
plice ritenere che la m:r.poLxlet. nel 'paese' (
Palestina) e quella nel mondo siano veramen·
che, come altre volte, 'ere! significhi invece te contrapposte. Cioè, se da una parte il dua-
'terra', 'mondo' (cosl KAUTZSCH 1, ad I.), come
lismo terra-cielo 11on è necessariamente di ori-
hanno certamente inteso i LXX traducendo
gine platonica, n\a può corrispondere anche
yij. alla contrapposizione biblico-escatologica tra
Jl --+ n. 32 a ljl u8,19. ljl 38,13: il cod. B e al· presente e futuro (~ BERTRAM n. J.5), dal·
tri leggono 7t&.poLxoç Éyw dµL lv -rii ylj ( ri- l'altra nell'escatologia il 'paese' rimane insie·
prendendo ljl 118,19) per gèr 'iinoki 'immak, i me con Gerusalemme al centro della speranza
codd. SA e altri 7t«P« crol. Anche qui si può come segno della fedeltà di Dio alla sua sto·
cogliere già nel testo ebraico almeno un'eco ria; certamente si tratta ora di realtà trasfi-
dell'idea di essere sulla terra come forestieri. gurate, della città celeste, ma non abbiamo
È stato sostenuto, ad es. da A. DmssMANN, una sublimazione e spiritualizzazione prive di
Die Hellenisieru11g des semitische11 Mono- qualsiasi rapporto con la realtà storica (~
theismus: NJbchKlAlt 6 (1903) 161-177, che 'lt6ÀL<;). Cfr. ~ nn. 11 e 47.
i LXX comportano una ellenizzazione non so· Ji Cfr.--+ K.L. ScHMIDT 288 s.
itapo~xoc; B 3 - C 1 a (K.L. e M.A. Schmidt)
3
~ Filone ricorre qui a questo termine piutto- nendo presente questo fatto» ( 15 3 ).
sto raro perché vuole spiegare il nome del fi- 43 ~ BERTRAM 47 s. discutendo la tipologia
glio di Mosè e Sefora, Gersom. In Ex. 12,19; dello 'straniero' nei testi mandei e manichei
ls. 14,1; Lev. 19,34 (cod. A) y~wpaç rende (~ coli. 816 s.) dice perché secondo questi la
ger; dr. la discussione particolare in P. KATZ, casa dell'anima è una tenda: «'Egli si accam·
Philo's Bible (1950) 73 s. pò tra noi' (Io. 1,14): l'enunciato giovanneo
40 Cosl precisa giustamente ~ BERTRAM 48.
ha il suo riscontro in Filone per il quale il Lo-
gos è anch'esso uno straniero». Cfr. BuLT-
41 Cfr. P. WENDLAND, Philo und die kynisch- MANN, ]oh. IO con riferimento al Logos nel
stoische Diatribe in: P. WENDLANo-0. KERN, mondo gnostico: «Nella gnosi l'interesse prin-
Beitriige zur Geschichtc der griechischen Phi- cipale riguarda il problema dell'uomo che sen-
losòphte tmd Religion (1895) 1-75. te la sua esistenza riel mondo come un vivere ·
42 Cfr. W. VoLKER, op. cit. (~ n. 38) 139-145 in paese straniero e crede di appartenere in
per la questione controversa se e come Filone, origine alla sfera divina». ~ D'XTJ\16W a Io. 1,
nonostante il suo 'ellenismo' succitato, si ri- 14; v. BuLTMANN, ]oh. a Io. 1,14.
volga a sua volta contro di esso partendo dal- 44 Anche se il mandeismo va considerato più
la sua fede di giudeo. Filone era «una natura recente del cristianesimo e dipendente da que-
duplice... che non può esser misurata con al- sto, non è detto che alcune particolari idee
cun metro logico, ma deve essere vista nel mandaiche non possano essere precristiane:
suo insieme contraddittorio ed interpretata te- cfr. - BERTRAM 142 n. 58.
it6.po~xoç e In - 2 a (R. Meyer)
ta: «Sono figlio di un re ... e sono dive- trattava di stranieri che risiedevano nel
nuto uno straniero lontano dalla gran- paese dai tempi di David: '1jcra.v o'Éx
de gloria» 45 • Qui abbiamo dunque il •wv rca.polxwv oi.ìc; Aa.ulO'l'}c; xa.•a.ÀE-
mito del dio salvatore espresso con la ti- ÀolnEL 48 •
pologia dello straniero. Il redentore K.L. e M.A. ScHMIDT
soffre ad assumere su di sé la peregrini-
tas 46 ; egli diviene così simile all'anima, 2. Il giudaismo rabbinico
anch'essa straniera in questo mondo.
Citiamo alcuni esempi di questa idea a) Proselito, timorato di Dio, residen-
dai testi mandaici: «Sono un povero ... , te 49 • I rabbini classificano gli stranieri
un estraneo al mondo, che viene da lon- che abbiano un rapporto religioso e so-
tano ... che gli Utra resero estraneo al ciale con Israele come segue: proseli-
mondo; mi portarono via dalla dimora to 50 ( ~ rcpocrT)Àv<oç), mezzo proselito
dei buoni . Ahimé, mi fecero vivere nel- o timorato di Dio 51 (--> cpo~ouµEvoc;,
la dimora dei malvagi» {Lidzbarski, Li- <rE~oµEvoc; •Òv i}c.6v) e residente 52 (ger
turg. 22 3 s.); «Io vidi la grande casa t61iib, t6siib ). I proseliti sono accolti
paterna in cui abitano i miei fratelli» nella comunità giudaica mediante un ri-
(Lidzharski, Ginza 577); «Partirò e an- to d'iniziazione 53 ; i timorati di Dio rap-
drò alla casa di mio padre e non torne- presentano la più ampia comunità di
rò più alla mia casa qui» (ibid. 560) 47 • missione del giudaismo. Entrambi que-
sti gruppi sono presenti sia nella diaspo-
b)Flavio Giuseppe conosce certamen- ra che in Palestina. Per i residenti la
te l'uso tecnico di mipoLxoc; quando, situazione è invece diversa, poiché, se-
parlando delle persone che Salomone condo la classificazione rabbinica, essi
fece venire al suo palazzo, dice che si sono gli stranieri immigrati che hanno
4i Vedi F .W .K. Mi.iLLER, Ha11dschriftenrcst<' neotestamentaria, a cui stiamo ora per volgerci
in Estra11gelo-Schrift aus T urfa11, Chi11esisch- nella nostra indagine, non può essere messa in
T11rkesta11 n (AAB 1904) 29 e 108 (citato in relazione con la suesposta concezione greca del-
-)o BERTRAM 142 n. 59). l'aldilà. ~ nn. 11 e 33.
"° Cfr. anche H. PREISKER, Urchr. rmd man- 43 Tutto sommato in Flavio Giuseppe prevale
l'uso profano dcl termine: egli parla sl di CO·
diiischer Erlèiswrgsglaube: ThBl 7 ( 1928) 143-
151, spec. 146 s. Ionie e di spostamenti di popolazione, ma
non menziona il concetto religioso di 'stra-
41 A proposito di questa concezione e rifacen- niero' [BERTRllM].
dosi a l'138,13 cod. B (~ n. 33), ~ BERTRAl\I 4~ STRACK-BILLERBt::CK Il 715-723.
stabilito la loro residenza nel 'paese tendendo che egli rinneghi solennemen-
d'Israele' e vi svolgono la loro attivi- te l'idolatria pagana (]eh. j. 8 d, 30 ss.).
tà 54 pur conservando le proprie carat- c) Il valore storico delle affermazio-
teristiche non giudaiche 55 • Nonostante ni rabbiniche. È certo che gli stranieri i
ciò i residenti .richiedono ai rabbini con- quali, almeno come privati, fissassero
cessioni, perché in quanto 'ltttpOLXOL di· la loro residenza nel territorio dello
pendono economicamente e socialmen- stato giudaico vero e proprio (lo stato
te dall'ambiente giudaico col quale han- del tempio) dovevano osservare le abi-
no una specie di rapporto di clientela 56 . tudini religiose del popolo giudaico, co-
me facevano persino i Romani per ra-
b) doveri dei residenti. Conforme- gioni di stato. Molto meno certo è, in-
mente a quanto abbiamo visto, le con- vece, che nella Palestina post-esilica esi-
dizioni poste dai rabbini hanno in pri- stessero i presupposti per una peregrini-
mo luogo soltanto lo scopo di stabi- tas in senso stretto. Questa osservazio-
lire una base che renda possibile i rap- ne è quanto mai pertinente per il perio-
porti con gli stranieri senza che sorga- do successivo alla distruzione dd tem-
no scrupoli cultuali. Secondo A.Z. b. pio ed alla rivolta durante l'impeto d'A-
64 b lo straniero residente è obbligato driano. Si dovrà quindi considerare la
ad osservare i cosiddetti sette comanda- discussione rabbinica del problema dei
menti noachiti 57 : egli è cosl sottoposto residenti essenzialmente teorica, cioè
alla giurisdizione giudaica, gli è vietato come discussione di un problema reli-
di adorare gl'idoli, di maledire Dio, di gioso e giuridico che non aveva alcun ri-
fornicare, di spargere sangue, di rubare, scontro nella prassi effettiva 60 • Cosl Si-
di mangiare un membro strappato da mon b. Eleazar, un discepolo di R.
un animale vivo 58 ; cfr. T.A.Z. 9'4 ss. Meir, afferma giustamente (Ar. b. 29 a),
(473) par. Naturalmente non manca pensando evidentemente alla situazione
una certa diversità d'opinioni. Cosl, ad effettiva dei Giudei nella Palestina del
es., secondo R. Meir (verso il 15od.C.), suo tempo, che il ger tosab si ebbe solo
uno può già divenire residente se si è lino al principio dell'esilio babilonese.
impegnato davanti a tre /;Jaberim a non R.MEYER
praticare pubblicamente il culto idola-
trico (A.Z.b. 64 b ). È vero però che nel D. IL N.T.
medesimo passo gli obblighi del resi- Nel N.T. mipo~xoç è usato 4 volte,
dente sono resi più gravosi dall'esigen- TtapoLxla 2 volte, TtapoLXÉw 2 volte; si
za che, fatta eccezione per l'uso della tratta sempre dell'uso tecnico limitato
carne macellata ritualmente, egli osser- ed enfatico, fatta forse eccezione per
vi «tutti i comandamenti che sono men- Le. 24,r8.
zionati nella Torà» 59 • I dotti amorei
chiedono al residente ancora di più, pre- a) Lo stretto rapporto con le idee
presenti nell'A.T. balza evidente, per- -cfic; a.1hfjç, «per fede risiedette nel-
ché in tutti questi passi del N.T. abbia- la terra della promessa come in ter-
mo o una citazione esplicita dell'A.T. o re straniera, abitando in tende con I -
un'allusione ad esso. Presentando in sacco e Giacobbe, gli eredi con lui
retrospettiva la storia d'Israele nel suo di quella promessa». Inoltre il v. 10
discorso (Act. 7), Stefano cita G en. 15, motiva il gesto di Abramo : ÈçEOÉXE'"t"O
13 (~ col. 808; Act. 7,6: fo-.a.L "'tÒ yb.p "'t'Ì]\I "'tovç i>i:µEÀ.louc; iixou<rav 7t6-
O"ltÉpµa. Gl.U"'tOU 1tclpOLXOV ÈV YTI a).Ào- À.Lv, rjc; 'tEXVL'tYJ<; xcx:ì o'Y)µ10upyòc; ò
"'tplq., «la sua progenie risiederà in ter- ih:6ç, «perché aspettava la città con le
ra straniera») ed Ex. 2,15; dr. 2,22 (~ fondamenta il cui architetto e costrut-
col. 807; Act. 7,29: f:cpuyiv oÈ Mwu- tore è Dio» : dato che sarà un giorno
O'fjc;... xa.t ÈyÉvE"'to 1tétpoLxoc; Èv rfi Ma.- cittadino della città celeste egli è sulla
Staµ, «allora Mosè fuggì... e risiedette terra un peregrinus. Cfr. Hebr. l 1,13:
come straniero nel paese di Madian» ). i credenti dell'A.T. morirono senza che
Nell'esordio del discorso pronunciato le promesse si fossero adempiute, «ma
ad Antiochia di Pisidia (Act . 13 ,16 ss.) avendole viste e salutate da lontano ·e
Paolo ricorda la 1to.poLxla d'Israele in avendo confessato (riferimento a ~ 38 1
Egitto:. xa.t "'tÒ\I Àa..Òv vl)JwO'E\I É\I -cn l 3 ~ col. 8 r o) di essere stranieri e
1t<1..POLxlq. Èvrn Alyv'lt'tOU xat (cfr. Ex. pellegrini sulla terra», 7t6ppwi>Ev mhà.c;
6,r.6) µE"'tà. ~pcqlovoc; v"'l)Àou H'.,1}ya.- lòévuç xaì ét.O'"TtaCTétµEvoL, xaì òµoÀ.o-
YEV au""t"oùc; È!; a.v-cljc;, «Dio esaltò il po- y'l)CT<J..\l'"t"Ec; O'"t"L ~ÉvoL xaì TC<J..pE'ltLOY]µol
polo durante la residenza in terra d'E- Ei.rnv btt 'ti)c; yijc; 61 •
gitto e con braccio alzato li portò fuo-
ri da quel paese» (v . 17). Tra questi ri- b) Ciò che valeva per il vecchio Isra-
chiami al passato ebraico è particolar- ele è trasferito dall'Apostolo al nuo-
mente significato Hebr. l 1,9. In questo vo, agli lX.yLoL, la chiesa di Dio in Gesù
passo Abramo è ricordato tra i grandi Cristo. Essi erano stranieri e peregrini,
esempi di fede dell'A.T. perché si può mentre ora non lo sono più ( èipa oi'.iv
dire di lui, con riferimento a Gen. 2 3, ouxÉ'"t"L ÈO''tÈ !;tvo.Lxaì 1tétpoLxot), ma so-
4 (~col. 808) e 26,3 (~col. 799), che no concittadini dei santi e familiari di
1tl<T"'tEL 'lta..p~XT)O'E\I Etc; yi)v 'tijc; Émxy- Dio ( aÀ.Àà . È<T'tÈ O'Uµ7toÀ.i:w.t 'tWV
yEÀla.c; wc; aÀ.Ào-.pla.\I, ÈV O'XT)WX.Lç XOC- &.ylwv xat olxEi:OL '"t"OU i)EoiJ, Eph. 2,
'"t"OLXi}O'cx:c;, µE""t"à 'IO"cuix xa.t 'faxw~ 19 62 ). Ora ciò che essi non sono vera-
-rw\I <ruyxÀT)povéµwv -tijc; É1tayyEÀlac; mente più, lo sono però ancora per al-
tri rispetti, precisamente per quanto ri- nitas: È\I (j)O~~ '\'Ò\I -rijc; 1tGtPOLXlaç
guarda la terra, sulla quale camminano ùµwv xpovov Ù.\lacr-rpticprin (1 Petr. 1,
ancora, e per la crapç in cui continuano a 17).
vivere. Si comprende allora l'esortazio- La chiesa del N.T. è btxÀricrla e 1ta-
ne di I Petr. 2,II: 6::ya.1t'TJ'tOL, 1ta.pa.xa.- po~xla o, più precisamente, in quanto
Àw wc; 1ta.polxouc; xa.L 1ta.pEmo1]µouc; ÈXXÀTJ<Tla. è insieme 1tapoLXLcx. 63 • La
Ct1tÉXE<Ti>a.L "t"W\I ua.pXLXW\I Ém1'uµLG>\I, chiesa riferisce a sé due termini tecni-
a.i:-t'wEc; O"'tpa."t"EUO\l'\'f1.L Xa."tà. 'ti]<; ljlu- ci del diritto pubblico opposti tra loro,
xiic;, «miei· cari, vi esorto come resi- usando l'uno o l'altro a seconda che il
denti e forestieri in un paese non vo- punto di riferimento sia Dio o il mon-
stro ad astenervi dalle passioni carnali do, il 'già adesso' (e quindi fondamen-
che combattono contro l'anima». Per- talmente il 'non P.iù') o l"ancora'.
ciò i cristiani devono considerare la lo- Hebr. 13,14 esprime in modo partico-
ro esistenza, il loro àw1.cr-rpÉcpEcr1'a.L sul- larmente chiaro il carattere di "Jta.poL-
la terra come una 1ta.poLxla. ed ascolta- xla della chiesa: «Non abbiamo qui
re l'esortazione a vivere con timore una città stabile, ma cerchiamo quella
verso Dio il tempo della loro peregri- futura» 64 • In questo modo il fatto del-
mente: «Per la comprensione del nostro testo concetto di pellegrinaggio. Sullo sfondo· c'è
non è determinante la distinzione tra !;lvo~ e certamente il dualismo ellenistico nella ver-
mipoLXOL»; poi traduce e spiega esattamente sione filoniana (~ coll.814-816; cfr. la ricerca,
entrambi i vocaboli come termini tecnici. Pur- che però. sottolinea troppo unilateralmente l'a-
troppo molto spesso le traduzioni antiche e spetto ellenistico-mistico, di ]. PASCHER, H
moderne !llancano di una tale precisione ed BAl:IAIKH OAO:E. Der Konigsweg :1.11 Wie-
uniformità, che sole possono permettere di dergeb11r1 1111d Vergottrmg bei Phi/on vo11 A-
comprendere chiaramente il pensiero reale. Ciò lexandreia [ 193 I J ed inoltre le concezioni
non riguarda i LXX rispetto al loro testo e- mandaiche [ ~ coli. 816 s.)) ed il tipo del
braico, ma certamente, fino a un certo punto, viaggio celeste dell'anima elaborato dalla gno-
la Vulgata che non è né precisa né costante si. Come paralleli vanno cos1 ricordati soprat·
nella traduzione dei termini neotestamentari tutto l'Inno della perla (acl. Thom. 108 ss.) e
in questione e genera ii:ioltre una certa in- la Preghiera di Ciriaco (cfr. H. GRESSMANN,
congruenza con le citazioni dell'A.T . Questa Das Gebet der Kyriakos; ZNW 20 [1921) 23-
manchevolezza si ritrova anche nella traduzio- 35). Lo stesso figlio di Dio diviene sulla terra
ne di Lutero, mentre le cose vanno decisamen· uno straniero e della terra soffre, come noi
te meglio nella recente revisione della Ziircher (Hebr. 2,17 s.; 4,15), tutti i dolori, i terrori e
Bibel che, ad es., traduce mx.poixl~ in 1 Petr. le tentazioni, uno sconosciuto che procede dal·
1,17 con Pilgerscha/1 ('pellegrinaggio') mentre l'ignoto all'ignoto come Melchisedec (7,3), CO·
Lutero aveva usato l'inespressivo W'andel me il Cristo giovanneo (Io.7,27.34; 8,14,21 ss.
('condotta'). 42; 13,33 ~ <TX'l)\IOV\I), anche come il figliol
6l Per quanto segue cfr. K.L. ScHMJDT, Das prodigo della parabola (Lc.15,13.18), che vive
Gegeniiber von Kirche tmd Slaal in der Ge- l'estranei.tà della massima lontananza da Dio
meinde des N.T.; ThBl16 (1937) 12s. e 15s. come l'ha provata Gesù sulla croce (Mc.15,34 ''
(excursus n: 'Die Kirche als Beisassenschaft'). par.; Hebr. 2,9 con la var. xwplç DEoV; ,,7
6~ Tutta la Lettera agli Ebrei, soprattutto la con la congettura di A.v. Harnack oùx e!ua-
sua cristologia, va interpretata alla luce del xovuDElç). 11 figlio perduto è proprio figura
1t6.po~xoc; D b-c (K.L. e M.A. Schmidt)
dell'uomo che va errando sperduto nel mondo, tale la presenta l'autore della Lettera agli
una terra che non è sua, finché non trova 'pa- Ebrei, e si è anzi pensato che già l'indirizzo
ce' (Hebr. 4,I.3) nella casa del Padre (3,4.6; dello scritto indicasse proprio questa prospet-
Eph. 2,r9). L'immagine di Cristo presentata tiva teologica: 'Ebrei' sono coloro che vagano
dalla Lettera agli Ebrei è esteriormente quel- senza patria su questa terra, sono i credenti
la dell'uomo primordiale della gnosi, quella che cercano la patria celeste. Cfr. E. LEH-
dcl salvatore salvato. Con questa comprensio- MANN, Stiillet och viigen ( 1917); V. BuRCH,
ne mitica del destino di Cristo la validità dcl The Epislle lo the Hebrews (1936) 113-148;
sommo sacerdote del N.T . è provata e conva- E. Kii.SEMANN, Das wandemde Gottesvolk.
lidata rispetto all'A.T. e quindi al giudaismo; Eine Untersuchrmg t.t1111 Hebriierbrief = FRL
allo stesso tempo la comunità cristiana è pre- N.F. 37 ( 1939) spec. 5-19 [BERTRAM).
servata da un superficiale dogmatismo storico.
Nonostante questa inquadratura mitica la Let- 65Cfr. la chiara esposizione di W. WE-
tera agli Ebrei mantiene l'unicità della storia BER, Romische Kaisergeschichte t1nd Kirchen-
di Gesù (Hebr. 7,27; 9,12.28). La teologia del geschichte (1929) 55. Inoltre HARNACK; Miss.
pellegrinaggio della comunità cristiana si rial- 421 s.: «Chi apparteneva alla chiesa non aveva
laccia alle vicissitudini del popolo di Dio del- sulla terra più alcuna cittadinanza, ma aveva
l'A.T., trovando così un nuovo adempimento invece sicuramente q~ella dei cielo. Questo si-
nel destino di straniero che Gesù stesso do- gnificato trascendente del termine era quanto
vette vivere (Ml. 8,20; Le. 9,58; cfr. 2 Cor. 8, mai vivo ancora nel Il secolo, ma venne sem
9; Ml. 25,35 -+ vm, coli. 46 s.). Quella real- pre più affievolendosi nel III secolm>. Cfr. an-
tà che nel profetismo dell'A.T. si era manife- che la nota in calce: «L'autodesignazione dei
stata come lotta contro la 'religione del luogo cristiani come 'stranieri e pareci' nel I seco-
sacro' (dr. per la nostra problematica spec. lo era divenuta praticamente un'espressione
ler. 14,8 -+ col. 810) si completa nella 1ta.- tecnica (vedi Paolo, I Pelr., Hebr.; in Luca
po~xla. della comunità del N.T., la cui vita re- non c'è invece ancora); veramente tecnico di-
ligiosa può essere interpretata, anche secondo venne però il termine 1tllPOLxla (e 1tllpOLXE~V)
i parametri proprio della religione della legge, per indicare le singole comunità che vivevano
soltanto come religione dei pellegrini. Come nel mondo ... ».-+ coll:828 ss.
11apoixoç De - E (K.L. e M.A. Schmidtl
18: uno dei discepoli di Emmaus chie- la volontà di colui che ci ha chiamati
de al Cristo risono, che non è stato an- e non temiamo di uscire da questo
cora riconosciuto, uù µ6voc; 1tapoLxEi:c; mondo». Secondo Eusebio (hist. ecci,
'IEpoucraÀ:i)µ (testualmente più debole 5,2.p4) Ireneo avrebbe chiamato le
è la lezione tv 'IEpoucraÀ:fiµ) xal oùx comunità cristiane '!tapoLxlaL; questa
tyvwc; 't"à. ytv6µeva Èv av'l"i) ...;. Qui definizione era stata attribuita poco pri-
1tO:POLiu:i:v potrebbe significare sempli- ma (5 ,18,9 ) all'antimontanista Apollo-
cemente abitare, ma forse c'è anche un nio. Cfr. anche 4,23,5 . Cosl nel proe-
accenno alla ·diaspora giudaica o al fat- mio del Martirio di Policarpo ~ inviato
to che lo sconosciuto non sia evidente- un saluto «a tutte le 1ta:pou,laL della
mente di Gerusalemme. Potremmo chiesa santa e universale che sono in o-
quindi parafrasare cosl la domanda: gni l~ogo», nciua:Lc; Tate; xa•à miv-ca
«Sei tu l'unico di tutti i numerosi Giu- 't'O'itO\I Tf}ç à.ylac; xal xai}oÀ.Lxijc; Èx-
dei della diaspora, che si sono stabiliti xÀ1111lac; 1tapoLxlaLc;. Quest'uso plurale
a Gerusalemn;ie o dei pellegrini stranie- del termine rappresenta già uno svilup-
ri che sono venuti in città solo per la po semantico: mentre fino a questo
festa, a non sapere proprio niente del- momento 1tapoLxla significava una con-
l'argomento del giorno?» 66 • dizione, uno stato del popolo di Dio,
della chiesa del N.T., di un qualche o
E. LA CHIRSA ANTICA di ogni membro di questa ÈxxÀ.T)ala e
pertanto definiva questa éxxÀ.T}O'la co-
La chiesa continua a interpretarsi me 7tapoLxla. (-+ col. 824 ), ora '!ta.poL·
come ltctpoLxla anche oltre il N.T. Nel- xla fa da riscontro ad txxÀ.T}O'la nel
la Lettera a Diogneto ( 5 ,5) abbi&mo senso · di comunità locale, sicché, come
una des~rizione quasi patetica dell'esi- nel N.T. si parlava di ÉxxÀ.TJO"La.L (ad
stenza cristiana: 1ta-cpl&aç olxoiiaw es., Gal. 1 ,22; Apoc. 1 ,20 ), ora si parla
l&lac;, Ò:À.À.'W<; 'ltapOLXOL" µt'l°iXOUO'L delle itapoLxlaL dell'una, 'santa e catto-
1tÒ:V'tWV wc; 1tOÀ.L'tO:L, xat 1tavi}'ùnoµf- lica' txxÀTJO'la: con questo sviluppo
vouuw W<; çtvoL· miua çÉVTJ na-cplc; semantico ÉxXÀ.T)ula viene dunque a si-
È<r'tW O:V'l"WV, xal ncic'a 'lta.'tptc; çtvT}, gnificare sempre più soltanto la chiesa
«i cristiani abitano la propria patria, universale, '!tapoLxla il vocabolo tecni-
ma come meteci; partecipano a tutto co per indicare la singola comunità lo-
come cittadini, ma sopportano tutto cale di tale chiesa universale 67 • Anche
come stranieri. Ogni terra straniera è a questo stadio va però ricordato, ed è
loro patria ed ogni patria è terra stra- degno di riflessione, che questa parola,
niera». In 2 Clem. 5, I '!tapoLxla è usa- passata in latino come paroecia (cosl
to come in 1 Petr. 1,17: 9DEV, à.5EÀ.<po(, ancora nel Codex iuris canonici) o pa-
xa-caÀ.El"'av•tc; tjv mxpoLxlav 'toii rochia, in tedesco come Parochie e in
x6crµou •ov-cou '!tOLi)uwµev -cò Dt~'l')µa. italiano come parrocchia, indica una
-coii xciMuav•oc; i)µéic;, xal µi} cpo~TJ comunità cristiana come un'associazio-
Dwµev ~çEÀi}ti:v h -cou x6CTµou -cov'tou, ne, un corpo di stranieri, di residen-
«perciò, fratelli, abbandonata la dimora ti, la cui vera patria e la cui vera cit-
provvisoria di questo mondo, facciamo tadinanza sono in cielo. Nel saluto i-
t 'lta.po~µla.
11apo4-1ltt.
--. coU. J I 9 s., bibl. a 11apa~oÀ.i}. R. VOLK· L. BIEL.E lt, Die Namen dtr Sprichworter in
MANN, Die Rhetorik der Griechen und Romer' den klasr. Sprachen: Rhcinisches Museum N.
(1885) 417.435; G. Gl!RBllR, Die Sprache als F. 8' ( 1936) 240-253; M. THILO, ,oooSprich-
Kunst li 2 (1885) 166-J82; E. HATCH, Essays worter aus Paliistina, aus dem A rabischen
in biblica/ Greek (1889) 64-7 l; P.MARTIN, Stu- iibersetz.I ( 1937); K. RuPPllECHT, ari. napoi.-
dien auf dem Gebiet des griech. S pricbwortes, µla : PAULY-W!SSOWA XVlll 2 (1949) 1707-
Programm dcs Gymnasiums Plauen = Diss. 1735; lo., art. 'Paroimiographoi' : ibid. 173:;-
Erlan&en (1889); E. K ON!G, Stilisti/e, Rbeto- 1778.
rik, Poeti/e in bezug auf die bibl. Lit. ( 1900) 1 Etimologia: rca.por.µLa. deriva da (olµoc;) ot-
77-no; E. GEISLER, Beitriige z. Gesch. des µ1j, via; poi in senso traslato canto, racconto;
griech. Sprichwortes, Programm dcs Fricd- cfr. WALDE·POK. 11 ,09 S.
richs-Gymnasiums Breslau (1908); E.v. PRITT· 2 Cosl -+ RuPPRECHT 1708 s. contro -+ BtE·
WlTZ·GAFl'J.ON, Das Sprichwort im gritch. E- LER 240 ss. (una parola che accompagna l'a-
pigramm, Diss. Munchen (1912); W . ScttM! D· scoltatore lun&o la via, compagnia, esortazio-
O. STXH.l.!N, Gesch. der griecb. Lit.11 = Hand- ne), sulla base di Aposrolius, I:vva.yw"(1) rea-·
buch AW vn 1,1 ( 1929), indice s.11. 'Sprich- poipWv, praef. 4 (CPG n 234 s.): 1tapo4-1ltt
won'; Sn11CK-BILLERJ1ECK Iv, indice, s.11. lcr'tt &~TiY11-!« napo&i.xOv, tì Pilux 'tE'tpqiµl -
'Sprichwèirter'; Jiid. Lex. v, r.11. 'Sprichwort'; vov lv 'tTI x?1Jcm 'tWV yE 1tOÀ.À.wv.
mxpoLµla. A 1-2 (F. Hauck}
stratto in esso contenuto 3 • Ora, poiché di non vuole esprimere una ver1ta u·
spesso il caso esemplare è soltanto ac- niversalmente valida 8 • Anche nella let-
cennato o sottinteso, per chi non ne teratura greca di alto livello il prover-
sia a conoscenza il proverbio può pre- bio è citato volentieri nel discorso e
sentare un aspetto enigmatico e oscu- specialmente nelle lettere 9 • Nella poe-
ro 4 • In greco il concetto di prover- sia i proverbi popolari ricevono forma
bio è piuttosto lato e non si distingue e veste poetica 111• Frequentemente bre-
nettamente tra proverbio popolare e vi formule introduttive fanno capire
aforisma (sentenza, gnome), che rap- che la sentenza citata è un proverbio 11 •
presenta invece la formulazione inten- Col tempo si giunse ad avere raccolte
zionale, conforme a certi criteri stili- di proverbi: Aristotele, Clearco, Zeno-
stici, del pensiero di un filosofo o di bio, Diogeniano (gli ultimi due vissero
un uomo di cultura ed ha valore nor- sotto Adriano).
mativo negli strati sociali superiori 5 .
Dato il suo carattere spesso figurato, A- 2 . Il termine ebraico per proverbio
ristotele classifica il proverbio tra le è màsal. L'uso molto lato di questo vo-
metafore 6, e per il frequente riferimen- cabolo passa a ~ 1tapet.~oÀ:i} che cosl
to al regno della natura, soprattutto viene a significare, tra l'altro, anche
agli animali, gli antichi lo consideraro- proverbio (~ coli. 527; 529). Il ter-
no affine alla favola 7• Per il suo carat- mine greco appropriato per proverbio,
tere di sentenza popolare atemporale il 1tapotµlet., nei LXX manca nei libri sto-
proverbio si distingue dall'apoftegma rici e profetici, nei Salmi, in Giobbe ed
che, nascendo da una concreta situazio- altri, ed è usato solo 2 volte in Proverbi
ne storica, è tramandato insieme con (1,1; 26,7; 25,1 [var.]) e 5 nel Siraci-
l'occasione che l'ha provocato e che ser- de (Ecclus 6,35; 8,8; 18,29; 39,3; 47,
12
ve alla sua interpretazione; esso quin- I 7) • Come masiil' anche mx.poLµla può
3 Bas., homilia 12,2 (MPG 31,388 B): -i;Ò -i;wv 6 Atistot., rhel. 3,u, p. 1413 a 14: al 'ltapot-
'ltapotµtW\I l5\loµa. t'Jtt -i;wv OT)µwliEO'-rlpwv À.6- µla.L µi-.aq>opat à7t'Etoovc; É1t'dS6c; dow. Cfr.
ywv. Apostolius, prae/. 4 (CPG 11 235): TUX- ~ PRITTWITZ-GAFFRON 3.
potµloc foi:t ),.byoc; Wq>É),.tµoc;, i')i:oL ~tWq>EhlJc;, 7 Quint., fost. orat.5,11,21: cui (/abulae) con-
E'ltLXpU\jlEt µti:pl~ 7tOM 'tÒ xp-{Jcn.µov ~xwv tv fine est 1ta.potµlac; genus illud, quod est velut
tavi:ii>· ~ Myoc; 1tpoi:pE7t'tLxbc; 7tapà 'ltiiua.v fabella brevior et per allegoriam accipitur.
-cou ~lou i:i)v 68bv XP11111.µE6wv. Aristot.,
Jr. 2, p. 1474 b 5: ...(a.t 1ta.potµla.t) ... 7ta.À.a.tii.c; 8 Cfr. Plut., apophth. prooem.; Alexandros
(II 172 b-e; 179 d-181 f) .
rptÀ.oO'oq>la.c; ... tyxa.i:aì..Elµµai:a. Cfr. anche F.
SEILER, Deutsche Sprichworterkunde = Hand- 9 Cfr. R. SoLLERT, Die Sprichworler bei Sy-
buch des deutschen Unterrichts an hoheren 11esios vo11 Kyre11e 1, Programm des Gymna-
Schulen IV 3 (1922) 150. siums St. Stephan Augsbutg (1909) 12.
4 Vedi Apostolius, praef. 4 (~ nn. 2.3); Cyril- 10 ~ MARTIN 8, dr. Theogn. 537; Aristoph.,
lus Alexandrinus, comm. in ev. lo. u,2 a lo. Thesm . 9:118. ·
16,25 (MPG 74,461 C); Suid., s.v.: ...~ 1ta- 11 Cfr. Plat., Lys. :u6 c: xa.-.à -r~v apx:cxla.v
potµla Éui:t Myoc; à.1t6xpuq>oc;, o~'t-rtpov -:tpo· 7t<Xpoiµlav. Crat.384 a: mx)..cnà mxpotµla . po-
òij">..ov UT)µa.w6µi\loç. La Suida ed Esichio, li1. 264 b: xa-rà -r-.'Jv 7tcxpotµ!a.v. Euthyd.
che dipende da quel lessico, sono però proba- 307 e: -.ò Ì..Ey6µEvov . Anth. Pal. .5.5 (ed. Di.iB-
bihnente influenzati anche dall'uso linguistico NER 5,6),3 : Ì..Éyouaw 6.)..11ftfo. Soph., Ai. 664:
giovanneo. ti)..)..'fo-r'àì..TJDiJc; 1) {3po-rwv '!tapotµla . Trach.
5 Cfr. Aristot., rhet. 2,21, p. 1395 a 17: ~vtaL I.
-rwv 7ta.potµtwv xat yvwµal duw. I? Simmaco in ffr. u,22; 16>44: mxpotµla .
1tapo~µla A 2 - BI (F. Hauck)
n I LXX non traducono mai miifiil con yvw- Apostolius (-+ n. 2) 10,30; 17,75 (CPG II 492
µl]. s. 705); STRACK-BILLERBECK III 773; WIN-
14 Cfr., ad es., Prov. 10,6.9.15; u,2.13.16.21; DISCH, Kath. Br., ad I. G. DALMAN, ]ems·
12 1 14; 13,24; Eccltts 2,5; 13,r.17; 27,26; Ecci. ]eschua (1922) 212.
10,8. . 2? Cfr. -+ n. 11.
21 Zenobius 1,65 (CPG I 25); Apostolius (-+
" Per Eccltts 18,29; 39,3 manca il corrispetti-
vo testo ebraico; V. RYSSEL in KAUTZSCH n. 2) 2;51 (CPG li 276); -+ MARTIN 21. \VI.
traduce entrambe le volte con 'parabole'. FREYTAG, Arabum ·proverbia I (1838) 570 nr.
166. BULTMANN, ]oh., ad I. .
16 vit. Mos. I,22.156; 2,29 ecc.
21 Menand. (Thaìr), fr. 218 (C.A.F. m 62);
11 Cfr. STRACK-BILLERBECK xv, indice s.11.
Eur., fr. 1013 (T.G.F. 683 ); H. KocH, Quae-
'Sprichworter' e 'Gleichnisse', spec. 1 6_53 s. stiones de proverbiis apud Aesch., Soph., Eur.
IR Ad es.: «la gente è solita dire», «ecco che n, Programm des Gymnasiums Bartenstein
cosa si racconta», «il proverbio dice», <mel (r892) IO.
proverbio è detto». 23 4 Esdr. 9,17 (STRACK-BILLERBECK m 578).
JJ Per il primo proverbio dr. Prov. 26,n; Cfr. Plat., Phaedr. 260 d: XctP'ltÒV wv f(11mpE
1tctpo~µla B 1-2 (F. Hauck)
t 7tapo~vvw, t 7tapo~ucrµ6<;
òl;uvw significa propriamente in ori- 6 À.cx.òc; ou•oc;;, «il Signore disse: ... fino
gine rendere acuto, aspro(~ oçoç: VIII, a quando questo popolo mi esaspere-
coll. 805 ss.), ma è usato solitamente in rà?» 1• La forma passiva è usata molto
senso traslato, come avviene anche per frequentemente; Deut. 1,34: xuptoc, ...
il composto itcx.poçuvw, eccitare, ina- 'ltCX.po~vvi)dc; wµo<TEV, «il Sig~ore', adi-
lare, stimolare, al passivo lasciarsi ec- rato , gìurò» 3 ( ~ vnr, coll.1II3-II r6).
citare, provocare: Xenoph., mem. 3,3, Il sostantivo mi:poçuaµoc, è raro.
13; Isocr., or. I,46. In genere il verbo Non si riscontra né nel greco profano
significa provocare ad ira, far adirare, né nei LXX il significato neutrale di in-
al passivo adirarsi, indignarsi, esàspe- citamento, mentre è noto quello di ir-
rarsi: Eur., Alc. 674: 'ltU:tpòc; µ1} itcx.po- ritazione, esasperazione, animosità; De-
çuvnc; q>pÉvcx.c;, «non eccitare l'animo di
mosth., or. 45,14 : fi ri:cx.po~uaµOc; ft q>t-
tuo padre». Nei LXX il verbo è usato Àovixlcx.,«o animosità o rivalità»; Deut.
molto spesso in questa accezione, men- 29,27: ... Év i}uµQ xcx.t Òpyft xcx.t itcx.po-
tre manca quasi completamente ì1 si- çvcrµéf> µq6.Àcp, «con furore ed ira e
gnificato più neu traie (stimolare, inci- grande irritazione»; cfr. lEp. 39,37.
tare) 1• Il verbo è usato qui soprattutto
con riferimento a Dio: Num. 14,II: Nel N.T. il verbo ricorre in Act. 17,
EL1tEV xuptoc; ... EWc; 'Tlvoc; 1tC1.poçu\IEL µE 16 : quando Paolo vide il paganesimo
di Atene 1tapw!;u\IE't'O 't'Ò nvtuµa. aù- trito nel racconto della lite tra Paolo e
't'ou Èv aù't'<Ti, «il suo spirito in lui fu Barnaba (Act. 15,39). Insolito è l'uso
provocato ad ira}> 4 • Il verbo vuole met- di Hebr. 10,24: xai:a.vowµE\I aÀ.À:ii-
tere in evidenza la giusta irritazione À.o.uc; Elc; 7tapol;uuµòv àya'ltl)c; xa.L xa-
dell'Apostolo, ma non suggerisce l'ideli À.w\I Epyw\I; qui 1ta.pol;vaµ6c; deve ave-
che Paolo si lasciasse prendere dallo re il significato più neutrale e va tra-
zelo missionario e fosse spronato o ec- dotto con incitamento, sprone, stimolo:
citato alla predicazione 5• In r Cor. 13, «abbiamo riguardo gli uni per gli al-
5 leggiamo che l'amore «non si fa pren- tri per spronarci all'amore ed alle buo-
dere dall'ira», où napo!;uvE't'aL. Paolo ne opere» 7• Forse l'autore della Lette-
usa il nostro termine intenzionalmente ra agli Ebrei usa questo termine per
pensando alle tensioni esistenti nella far risuonare anche la nota dell'eccita-
comunità di Corinto in cui l'irritazione zione, dell'irritazione persino, e dare
e la provocazione non erano sconosciu- cosl una particolare forza e urgenza al-
te 6. la sua esortazione a rendere attivo e
Il sostantivo na.pol;uaµoc; ricorre nel- concreto l'amore 8 •
la comune accezione di esasperazione, at- H. SEESEMANN
t 1ta.poucrla, t 1tapE1.µ1.
4 Cfr. ls. 63,10: (XU'tOt 6L. 'lt<Xpw!;u\1(1.\1 -rò l;u\ICXL. .. 'rYJ\I EU\IOUl\I ( = spronare la benevo-
'lt\IEuµa 'tÒ a-ytO\I <XV'tOV. lenza).
5 Cfr. s.v.
PREUSCHEN-BAUER ', 8 Vedi MICHEL, Hbr.' e W. LoEw, Der Glau-
6 Vedi JoH. WE1ss, iKor., ad I. bensweg des Net1en Bundes. Bine Ei11/iihrung
7 Vedi WINDISCH, Hbr., ad I. e Flav. Ios., ani. in den Brief an die Hebriier = Die urchr.
16,12': liV\lcxcri)at 6~ TD\I µE'td\IOLCX\I ... napo- Botschaft 18 (1931), ad I.
ii:apou:Tla, 1tlipELµL (A. Ocpke)
7t6.rmµL, 7tapouala
Per tutto l'art. e per A: Per B Iv:
LmDELL-Scorr, CREMER-KOGEL, MouLTON- H.J. HoLTZMANN, Nt.licbe Theologie' (19u)
MILLlGAN, PREUSCHEN-BAUER •, s.v. indice s.v. 'Parusie'; P. FEINE, Theologie des
N.T.' (1950) spec. 120 s. 283-285.367-369.378
Per B1: s. 416-420; H. WErNEL, Bibl. Theologie des
PREISIGKE, Wort . (anche par. II, s.v. ); lo.,
111
N.T . • ( 1928) indice s.v. 7tapouc;la; R. BuLT-
Fachworter, s.v.; Ostraka 274 ss.; M1TTElS-
I
MANN, Tbeologie des N.1'. (1948 ss.) 2-9.38-54.
W11cKEN 1 1 356 s.; DEISSMANN, L.0 .' 100 s.
75-82.404-405.421-439; W. BoussET, Kyrios
314-320.368.370; M .P . _NILSSON, Gesch. der Christos' ( 1926) indice s.v. 'Parusie'; H .E.
gr_ Religion II = Handbuch AW v 2 12 (1950) WEBER, 'Escatologie' tmd 'Mystik" im N.T .
spcc. 373.431; W. WEBER, Unlersuchungen zur ( 1930) passim; P. ALTHAUS, Die letzten Di11-
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7ta.pova(a., mip~LµL A 1-2 (A. Oepkcl
itcx.pouC1lcx. è l'astratto di mi.pEtµt, u- Cor. 10,10 : 'i) itapouO"lcx. -roù O"wµa .. oc;,
sato fin da Eschilo con significato dap- «la presenza del corpo» (opposto: le
prima affatto comune; si è formato da lettere). Può anche significare concreta-
'ltapov-c-ta, come Esoucna
•t ' da E..,,ov-c-ta
•t , e mente la proprietà, i beni, le entrate
yEpouC1la da yEpov-c-la. (Plato Comicus, /r.177 [C.A.F. 1 650])
o la forza armata (Thuc. 6 ,86 3 ). 1
A. IL SIGNIFICATO GENERALE
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kunft ]esu in den Abschiedsreden des ]oh.: I BLASS-DEBRUNNER § 322.
'1tO:povofa, ncipnµ~ BI 1 (A. Oepke)
2 F. Di:kGER, Z11 de11 Zeremonie11 der Messli- n. 4 (The lmcriptio11s o/ Cos, ed. W.R. PA-
turgic: Antike und Christentum n (1930) TON-E.L. H1CKS [1891] nr. 391) si riferisce
190-221, spec. 216. Analoga funzione ha l'e- all'inizio del regno (èmcptivE~a) di Caligola.
spressione romana dii propitii quando si pon-
gono i Lari sulla tavola. 4 Ttt. WIEGAND, Bericht VII iiqer Mi/et: AAB
3 BCH 25 (1901) 275. Al contrario l'iscrizione 1911 (1911), appendice 54.
di Cos menzionata in DElSSMANN, L.0.' 318 5 ~ W EBER 164 e 93.
mx.poucrla, ~apELµ~ BI 1-3 (A. OepkeJ
te le province simili monete d"avven- vale pet mipELµi., benché sia relativa-
to' 6• Le lamentele e le suppliche che in mente frequente in Epitt:..to. Con la mi-
questa circostanza venivano indirizzate stica etmetica ed il neoplatonismo le
all'illustre visitatore (ad es. quelle delle cose però cambiano: nella prima il so-
sacerdotesse di Iside nel serapeo di r.tantivo è usato certamente ancora nel-
Menfi [ 163/62 a.C.] agli 'dèi' Tolomeo la sua accezione profana neutra (Stob.,
Filometore e Cleopatra [P. Par. 26. Hermer excerpt. IV a 7 [ed. Scott I 404,
29]) stanno a indicare che talora la vi- 19 s.] ), ma il senso sacrale traspare
sita del sovrano rappresentava anche chiaramente quando il Nus parla cosl
un taggio di speranza per chi soffriva. della sua dimora presso il devoto : 1i
1tCt.povcrla µov ylvE"t"tX.t ( aù-coi:ç) Soti-
2. Qualcosa di analogo vale soprat- ikLa, «la mia presenza è per loro un
tutto per la parusia degli dèi in senso aiuto» (Corp. Herm. 1,22). Secondo
i.tretto, per la loro visita soccorrevole. Porfirio 9 i sacerdoti egiziani scacciano
1\sckpio guarisce una donna che ave- i dèmoni col sangue di animali e sfer-
va abortito durante il viaggio di ritor- zando l'aria tV<I. "t"OU"t"W\I aTIEÀMV"t"W\I
no in patria: "t"6.v 'tE mx.pouulav -r:àv 7tcx.pouulcx. -cov i}e:ou yÉvlJ-ca~. 11affinché,
a.ù"t"ou 'ltapEVEcp6.vtsE, «manifestò la sua essendosi allontanati i dèmoni, si avvi-
presenza» (Ditt., Syll.' 1169,34). Diod. cini il dio». Il termine ricorre sovente
S. 4,3,3 descrive la 1tCX?OUcrla cultuale in Iambl., myst., sempre nell'accezione
di Dioniso che si ripeteva ogni tre anni sacra e precisamente per significare la
nei misteri tebani. Elio Aristide ha, in- prerenza invisibile degli dèi ai sacrifici
sieme con un custode del tempio, l'e- (5,21) o in un'estasi spontanea (3,n);
sperienza onirica della mxpouO"la di A- dr. in 3,6 la parusia del fuoco degli
sclepio Soter: benché gli si rizzassero dèi. 5,21 ricorda da lontano le rappre-
i capelli, l'esperienza gli strappò lacri- sentazioni neotestamentarie della paru-
me di gioia e gli apportò una conoscen- sia: quando gli dèi vogliono recarsi sul-
za inesprimibile (Ael. Arist., or. sacr. 2, la terra, prima del loro arrivo (Tiapou-
30-32 [ed. B. Keil (1898) II 401]) 7• ula) tutte le forze che sono loro sotto-
poste si mettono in movimento, li pre-
3. Il termine 1ta.pouula viene ad as- cedono e li scortano; gli àpxtiyye:À.oL
sumere anche nel linguaggio filosofico irradiano uno splendore che non è in-
sempre più un significato sacrale. Plato- sopportabile per gli ottimi e a.t -cw\I
ne l'usa ancora in senso profano, come àyyf>..wv 1tCt.poucrla.L rendono l'aria
sinonimo di µÉl}E~t~,, partecipazione sopportabile cosl che non nuoccia ai
(Phaed. 100 d) 8• Nella Stoa il vocabolo sacerdoti ( 2 ,8 }.
non è particolarmente usato; lo stesso
6 Riprodotte in ~ WEBER 81 (Roma), 109 Corp. Herm. l,26 a, che parla dell'ascesa del-
(Britannia), 115 (Spagna), 125 s. (Bitinia), i30 l'anima alla divinizzazione : <1\JyxalpouaL 8~
(Asia), 1,-0 (Mesia), 155 (Macedonia), 197 (Si- ol 1tap6v·m; (cioè gli spiriti già pervenuti
cilia), 198 (Italia), 201 (Mauritania), 227 (Fri- ali'ottavo grado) <tii -i:ov<tou 'ltctpoucrlq..
gia), 247 (Alessandria). J J .D. MABllOTT, Arislollc and 1he X!lPl-
7 Un antichissimo teologumeno egiziano, la
l:MO:E of Plato: Classica! Quarterly 20 (1926)
parusia di una nuova divinità nella sfera cele-
72-79, spec. 76 s.
ste, si riflette nel rituale della intronizzazione
e traspare ancora in Vergil., ccl. 4,15 ss. (~ 9 Porphyr., de philosophia ex orac11lis h1111·
NORDEN u6-124). Affine è anche il passo di ricnda 2 (ed. G. WoLFF [1856] 148).
!!49 (v,859) m.tpoucrlo:, mxpELµL B 11 1-2 (A. Oepkcl
II. Le premesse veterotestamentarie per antica) della venuta di Dio nel culto è:
l'uso tecnico dei vocaboli 11el N. T. attestata per la prima volta nel Libro
dell'alleanza (forse del 950 a.C.) (Ex.
Dato il modo concreto di esprimersi 20,24.26;---+ VIII, coli. 717). Certamen-
dei Semiti, l'ebraico biblico non ha pa- te a partire da P, il coperchio dell'ar-
role che corrispondano ai nostri voca- ca del patto è il trono mobile di Jahvé 11
boli 'presenza', 'arrivo', 'venuta'. Per e pertanto l'ingresso dell'arca significa
'esser qui', 'esser presente', 'venire', ol- la venuta di Dio (1 Sam. 4,6 s.; 2 Sam.
tre ai verbi 'iita e bo' l'ebraico ha mol- 6,9.16; 2 Par. 8,11). Forse Ps. 24,7 ss.
te altre parole (-7 col. 8 5 8 ). Tutti que- rappresenta un canto destinato a ta-
sti verbi hanno generalmente significa- le occasione 12• Anche la tenda del con-
to profano, ma talora non sono privi 1•egno ('ohel mo'ed) va ricordata a
di una nota numinosa : la parola del questo proposito u. Jahvé non è però
veggente arriva ~I Snm. 9,6); il :emp? mai legato a particolari mezzi per le s':1e
(deciso da Dio) e giunto, la fine e vtct- rivelazioni ed epifanie: viene anche m
na (Lam . 4,18), la sventura sopraggiun- sogno (Gen . 20,3; 28,13), nella teofa-
ge (Prov. l,27), il giorno della vendet; nia più o meno velata (Gen. 18,1 ss.;
ta (Deut. 32,25) o il giorno di Jahvé 32,25 ss.; Ex. 3,2 ss.; 24,ro ss.; 34,6
( Ioel 2, r) viene, ma dovrebbe venire ss.; Ps. 50 13), nella nuvola(--,> vn, coli.
anche un anno di redenzione (ls. 63,4). 914 ss.), soprattutto- nelle visioni voca-
Colui che è 'come un figlio d'uomo' zionali dei profeti (ls. 6,1 ss.; ler. l,4
viene con le nuvole dcl cielo (Dan. 7,, ss.; Ez. l.4 ss.), nella tempesta, ma an-
13 ). Soprattutto Dio è presente ovun- che nel soffio leggero (I Reg. 19,12 s.),
que (Ps. 139,8), sta qui quando i su~i nel suo Spirito (Num. 24,2; Iud. 3,10;
gridano a lui (Is. 58,9). In modo paru- r 1,29; r Sam. 11,6; 19,20), con la sua
colare il credente dell'A.T. prova la ve- mano (1 Reg. 18,46), nella sua parola
nuta del suo Dio nei modi che adesso (Num. 22,9; 2 Sam. 7,4; I Reg. 17,2
illustreremo. ecc.); cfr. anche la frequente espressio-
r. La venuta di Dio nell'epifania e nel ne n"'um jhwh (Am. 6,8; ls. l ,24).
culto
2. La venuta di Dio nella storia
Epifania e culto sono strettamente
congiunti. I 'luoghi di grazia' divengo- Il canto di Debora esalta la vittoria
no luoghi di culto e viceversa (Gen.16, su Sisara come una teofania (I ud. 5 A
13 s.; 28",18; Iud. 6,11-24; 2 Sam. 24, s.), La venuta di Jahvé significa vitto-
25; ma dr. I Sam. 3,10; I Reg. 8,ro). ria sui nemici d'Israele (Egitto: ls. 19,
Questo fatto ·si riflette già nella storia l; Assiria: Js. 30 1 27; i popoli: Abac.
dei primordi e nelle saghe dei padri 3,3 ss. 13) 14 , ma per il suo popo~o .a-
(cfr. ancora Gen. 4,4; 8,20 s.; 15,17) 10• postata e ribelle, soprattutto per 1 cit-
Per un'epoca più tarda l'idea (che è più tadini più eminenti, essa è terribile; e
ID A. ALT, Der Gott der Viiter (1929) spec. nuncia a questa interpretazione.
49-73- JJG. v. RAD, De11tero110111iu111-Studie11 1 ( 1948)
27.
11 H. ScHMIDT, Kembe11tbro11 1111d Lade, in
11 Il genere dell'oracolo dei popoli è nato cer-
E11chnristerio11 fur H. G1111kl!/ r ( 1923) 120- tamente nell'ambito dei profeti di salvezza, ma
14+ è stato poi ripreso dai profeti di sventura CO·
11 A. WEISER, Ps. 1 (A.T. Deutsch), nd I., ri- mc I saia, ~ GRESSMANN 140.
851 (v,859) 1tapouula, 7tUpEtµt B Il 2-4 (A. Oepkel (v,8601852
l'ira di Dio è spaventosa (Am. 5,18-20; iiimlm: ls. 2,2; Mich. 4,1 ecc.; espres-
Soph.1,15-18; 2,2; 2Sam.24,15 s.; Ier. sioni analoghe: bajjom hahU': Is. 2,II;
23,19.3oss.; Mal. 3,5; ~ VIII, coll. Ier.4,9; ba;;amtm hiihem: ler. 3,16. 18;
I116-1151). Comunque l'apparizione di bii'et hahi: Is. 18,7; Mich. 3,4; hinneh
Jahvé è legata in primo luogo alla li- jiimim bii'im: Is. 39,6) Jahvé assumerà
berazione dalla tirannide (Ex. 3,8; Ps. il regno pienamente, con potenza e glo-
80,3) ed alla conclusione del patto (Ex. ria. Questo evento è prefigurato nella
19,18.20). La liberazione dall'esilio è festa dell'intronizzazione di Jahvé 15 •
considerata quasi un riscontro della li- Allora si adempiranno tutte le promes-
berazione dall'Egitto, un evento di pa- se di salvezza 16 che dopo l'esilio diven-
ri valore e significato dell'esodo (Is. 35, 5ono sempre più numerose. Nel Trito-
2.4; spec. nel Deutero e Trito-Isaia: Is. Isaia la venuta di Jahvé quale re del
40,3 ss. 10; 59,20; 60,1; 62,r r ). Il tem- mondo è connessa con la prospettiva
po della salvezza che sta venendo por- cosmica della nuova creazione di cielo
ta all'eschaton. e terra (Is. 66,15; cfr. 66,22 e 65,17).
Tutte le creature acclameranno Jahvé
3. La venuta di ]ahvé quale re (Ps. 47; 93; 95-99); ci sarà pace tra gli
del mondo uomini e tra gli animali (I s. 2 ,2-4; r 1,
6-9); non ci sarà più dolore (Is. 65,21
Nella solenne benedizione di . Mosè ss,); regneranno felicità e giubilo, e dal-
con cui si conclude il Deuteronomio le lontane terre pagane verranno portati
Jahvé è esaltato come colui che fu re splendidi doni e ricondotti i dispersi co-
in Jesurun, che venne dal Sinai e riful- me offerta a Jahvé (Is . 60,1 ss.; 66,10
se dal Seir, che non ha pari (Deut. 33, ss. 20),
2.5.26ss.}. Nei canti di Balaam il nome
di un dio Meiec è forse trasferito a Jah- 4. La ve_11uta del Messia
vé (Num. 23,21). Nel canto di Mosè
Jahvé è esaltato come «re, per sempre Al posto di Jahvé è talora menziona-
e in eterno» (Ex. 15,18). A mano a to l'Unto inviato da lui. Il verbo bO'
mano che l'idea del regno di Jahvé cre- 1·icorre, a questo proposito, per la pri-
sce e si allarga a dimensioni universa- ma volta in Gen. 49,10 17• Lo stile di
li, tutte le manifestazioni precedenti corte, formatosi non certo senza in-
vengono considerate parziali e provvi- fluenze straniere, ha contribuito molto
sorie; alla fine dei giorni (b"'a~arit haj- nllo spostamento delle idee su di un
la Menzionati insieme, ad es., in ls. 9,1 ss.; -ci).; yTjç ìi!;n. Il testo è tramandato in for-
u,1 ss.; Mich. 4 e 5. me diverse. wç ·&vDpwnoc; è certamente un'in-
19 Anche qui bo', dr. anche E:i:.21,32. La scar, terpolazione cristiana. Cfr. test. Zab.9,8; test.
sità delle menzioni è dovuta al fatto che Jah- D. 5,1.13.
vé porta il Messia. Cfr. Zach. 3,8: hinnl mebi'. 21 Le parole racchiuse in parentesi quadre
2J -+ VoLz 11 ss.
mancano nella redazione armena, ma è diffici-
21 Dam . 20,l6: splendore della maestà; Sib. 3,
le che rappresentino una interpolazione cri-
47 ss.: venuta del regno di Dio; preghiera del stiana. In test. L. 8,u entrambe le traduzio-
kaddish. (-+ VoLz 52). ni armene hanno letto la parola napovala.
22 test. S. 6,5: xvptoc; b l)Eoc; cpatv6µEvoç lnt In test. L. 8,r5 m:i.poucrla equivale a presenza.
855 (v,861) napovula, 1tcXPELIJ.L B lll i a-b (A. Oepke)
però il termine anche in senso seminu- ranza del nuovo eone si confondono e
minoso per indicare il ritorno in terra sovrappongono. L'idea della venuta ri-
di Enoc (redazione più lunga 38,2 s.) 14 • mane però viva. Non è chiaro se 4
Sap. 5,17-22 (--? VIII, col. 834) ci offre Esdr. distingua volutamente la paru-
una splendida descrizione mitologica sia del Messia che muore dopo 400 an-
della parusia di Dio armato di tutto pun- ni (7,28 ss.) e quella del Messia che ri-
to; non dissimile è ass. Mos. 10,1 -7, mane ( x2,3x ss., cfr. 11,37). Bar. syr.
mentre Sib.5,344-360 aggiunge il par- 30,r presentava probabilmente, nel te-
ticolare della voce di Dio tonante. Cfr. sto greco di base, 1ta.poucrla. (siriaco me-
ancora Hen. aeth. 1,4.9; 25,3. Ps. Sal. fitii', arrivo), ma il testo attuale forse
I 5 ,I 2 parla particolarmente del giudi- contiene interpolazioni cristiane v.. Nel-
zio. la visione delle nuvole il fulmine (53,
I rabbini parlano raramente della ve- 8 ss.) significava in origine probabilmen-
nuta di Dio in modo diretto, ma Dio te 29 il Messia ( 72,1 s.; alcuni paralleli a
continua ad essere il goel d'Israele. Mt. 24,27) 3~. L'idea della parusia è as-
Tanh. (ed. Buber) bmdbr 16(7b) 2;:«ln sociata con particolare frequenza alla
questo mondo vi ho resi vessilli (degii- figura dell"eletto' o del 'figlio dell'uo-
tim )... ma nel mondo futuro intervengo mo' (~ utòç 'tOV à..'.>ìlpw7tov ): Hen .
(m"dalleg, gioco di parole) io stesso ... e aeth. 38,2; 49,4; 51,3; 52,9; 62,5 ss.;
vi redimo (Cani. 2,8)». Pirqe di R. E- 69,27.29; 71,16 s. Con colori simili
liezer rr (6c) 25 dice a proposito dell'ul- è rappresentato in 4 Esdr. 13 l'arrivo
timo dominatore del mondo: «Lo ve- dell'uomo che viene dal mare e vola
dremo faccia a faccia, com'è scritto in con le nuvole. Il passo di test. S. 6 s.
Is. 52,8». Questo viene generalmente mostra rimaneggiamenti cristiani 31 e
rinviato all'epoca messianica, raramen- cosl anche Sib. 5,26, mentre Sib. 5AI4
te al mondo futu~o, inteso quasi sem- ss. può essere originalmente giudaico.
pre in senso spaziale. Non si tratta tan- Il giudaismo parla anche della venu·
to della venuta di Dio quanto del fot- ta di altri personaggi soteriologici con
to ch'egli diviene visibile. La cosa prin- carattere più o meno messianico: Abe-
cipale è la venuta del singolo fedele a le, Enoc, Michele ( ~ I, coll. 22 ss.; v.
Dio 27 • sopra e n. 24), Elia(~ IV, col!. 74 ss~),
b) L'attesa del Messia (e di altri per- il re sacerdote a cui verranno rivelate
sonaggi soteriologici). Fin verso il 70 tutte le parole del Signore. La sua stel-
d.C. il messianismo politico, l'attesa a- la si leverà come quella di un re ed ir-
pocalittica del figlio dell'uomo e la spe- radierà luce e conoscenza (interpolazio-
21 I passi indicati di Hen. slav. si trovano in 29 Cfr. B. VIOLET, Die Apokalypse11 des Esr11
N. BO!iWETSCH, Die Biicher der Geheim11im: tmd des Baruch = GCS 32 ( 1924) 309 notll
Henochs = TU 44,2 (1922) 30.39.34 s. Il tesi. ad l. contro il cambiamento in 72,1 «il lumi·
Abr., che è stato rielaborato da mano cristia- noso fulmine che» invece di «la chiara acqua
na ma risale ad un originale giudaico, parla che» (R.H. CHARLES, The Apocrypha and
della parusia di Abele e Michele (recensione Pseudepigrapha II [ 1913) 518 nota ad /.). Si
A 13,2: TSt li 2 (1893) 92,II; 78,26). intende il Messia, ~ VoLz 44 .
2:; STRACK-BILLERBECK IV 860. .1!1 Cfr. ancora Pesik. r. 36 ( 162 a), STRACK-
BILLERBECK I 9.H ·
2~ STRACK-BILLERBECK lii 472.
31 Nonostante il parere di E . LOHMEYER, Ky-
21 -+ Vo1z lJI. rios ]esus, SAHeid (1927/28) 4. Abh. (1928)
2:1 -+ VoLz 43 s. 69.
8.57 (v,862) mt.pouala, mipE~µ~ B m r b - 2 b (A. Oepke)
una volta l'uomo che viene (cfr. Num. carattere provvisorio: sullo sfondo c'è
24,7) a portare la pace universale e ad l'attesa di un altro sovrano che al suo
ammansire gli animali e gli uomini arrivo regnerà su tutta la terra da Geru-
(praem. poen. 95). Questo ideale ha pe- salemme e darà il dominio al popolo giu-
rò carattere tipicamente ellenistico. daico 41 • Solo che a questa credenza è
tolta, insieme col pathos apocalittico,
c) Flavio Giuseppe. Lo storico· giu- anche ogni forza plasmatrice. Uno stra-
daico usa il verbo. per significare la pre- to ellenistico di escatologia microcosmi-
senza salvifica di Dio 37 e 1ta.pouala. al- ca viene a prendere il posto della di-
l'incirca nel senso di Shekina (ant.3 180; mensione apocalittica; l'idea della pa-
3,202). Eliseo pregò Dio di manifesta- rusia è messa da parte; l'interpretazio-
re al SUO servo la propria OUVctµLç e ne cristiana di Dan. 7 ,r 3 è ancora più
1tctpouala. (4 Bao-. 6,17; ant. 9,55); Dio estranea a Giuseppe di quella zelota.
le fece conoscere anche al governatqre
Petronio, un pagano (ant. 18,284) 38 • IV. L'uso tecnico di 1tapeLµ~ e 'ltapou-
L'ellenismo non ha un'influenza troppo ula nel N.T.
livellatrice sullo scrittore palestinese.
Gli elementi apocalittici vengono eli- r. La collocazione storica del concetto
minati per riguardo al rabbinismo e a
prudenza politica. La profezia di Danie. di parusia nel N .T.
le che parla del figlio dell'uomo indica Il cristianesimo primitivo attende la
un preciso evento storico (ani. 10,267) venuta di quel Gesù che è già venuto
ed è riferita da Giuseppe, con un'in-
terpretazione ben poco zelota, all'impe- una volta. La speranza dell'imminente
ratore Vespasiano (beli. 6,313), se non arrivo del Signore esaltato nella gloria
all'epoca di Antioco Epifane (ani. 10, messianica è talmente preminente che
276; 12,322) 39• In Dan. 2 il ferro rap-
presenta il dominio di Roma (ani . 10, nel N :T. mxpovula non è mai impiegato
209), ma .Giuseppe non ha voluto af- per indicare la venuta di Cristo nella
fatto attribuire all'imperium Romanum carne e non significa mai 'ritorno'. Sol-
una durata eterna (Xp<X't1)0"EL Etc; a1t<J.V-
tanto nella chiesa antica si éorninciò a
'ta.?) e, con grande accortezza, non in-
terpreta la 'pietra' di Dan. 2,34.44 s. 4il parlare di più parusie (~ coll. 876ss.).
perché pensa che sia suo compito «de- Una delle premesse indispe·nsabili per
scrivere solo il passato e l'accaduto» comprendere il pensiero protocristiano
(ani. 10,210). Il riferimento della spe-
ranza· messianica a Vespasiano non è è che ci si liberi completamente di que-
mai ritrattato, ma conserva sempre un sta idea oggettivamente e fìlologicamen-
37 Documentazione "in _..,. ScHLATTllR 30 S: vio Giuseppe rende probabile che lo storico
311 Si accetta la var. mx.poveri.a coi testimoni condividesse questa interpretazione.
latini contro il testo preferito dal N1ESE. 41 Non solo Giuseppe (beli. 6,3n s.), ma an-
39 -"' ScHLATTllR 252 .
che Tacito (historiae 5,13) e Svetonio (Vesp11·
4'.I Nell'interpretazione rabbinica la pietra si- sia1111s 4) testimoniano quanto fosse diffusa
gnifica generalmente il Messia: Tanh. (ed. nel popolo giudaico questa concezione. È pos-
BuBER) t'rfima § 6 (46 b), STRACK-BILLER- sibile che entrambi gli storici romani abbiano
RECK I 69,877. Il significativo silenzio di Pia· attinto a Giuseppe; dr. ScHORER II 604.
861 (v,863) napouala, mipELµL B IV r (A. Oepke)
te più che mai dubbia per quanto ri- te circa, mentre 1ta.poucrla. v1 ricorre 7-
guarda il N.T . 8 volte (x Cor. 1,8 [var.]; 15,23; 1
Thess. 2,19; 3,13; 4 15; 5,23; 2 Thess.
nel N .T. non è mai usato
mxpEi:vo:~
1
4! Ml. 24,3 (Mc. IJA e Le. 21,7 hanno espres- ha sfruttato con grande ingegno i paralleli el-
sioni parafrastiche).27 (Q, Le. r7,24: b ulòc, lenistici per una comprensione del N.T., m;1
'TOU à.vl}pwnou Èv 'TTI 1)µtprt mhou).37 (Q, si è lasciato trasportare dal suo entusiasmo
Le. 17,26: Év 'Tate, i)µÉpaLc, "tou uiou 'TOU 6;v- di pioniere e scopritore a sopravvalutare il si-
l}pw1tou).39 (Q, manca in Le.). Questi dati gnificato e la portata di tali paralleli. An-
hanno costituito il punto di partenza per che nell'uso cristiano (~ col. 845) il signifi-
l'ampia analisi di ~ ScHOONHEIM 2; non. pos- cato tecnico non è inerente al termine stesso,
siamo discutere in questa sede se ciò autorizzi ma dipende dal genitivo annesso, ed è così
a rivedere Ja tesi del carattere e dell'origine possibile che si abbiano delle costruzioni pa-
palestinese di Matteo. rallele autonome . I termini mè'(ltii' (siriaco)
e bi'a (tardo ebraico) mostrano che il sostan·
41 L'antica disputa tra CREMER e DEISSMANN tivo non è completamente e assolutamente
ha ormai solo interesse storico. Entrambe le non semitico. Anche locuzioni verbali vengo·
posizioni erano unilaterali. CREMER sostenne no però rese meglio in greco col sostantivo
che l'accezione ve1111ta, arrivo di 1tapoucrla napovO'Ca. Paolo conosce ancora l'uso comune
fosse piuttosto rara nel greco profano; que- del termine (~ coli. 843 s.). Se si sentl pre·
sta opinione, dovuta o ad un esame parziale sto la consonanza con la parusia del sovra·
dell'argomento o alla limitazio~e arbitraria no, certamente si avverti anche il contrasto,
del concetto di grecità profana al solo greco che, bisogna ammetterlo, non è riducibile
attico, fu ·poi parzialmente corretta in CRE- alla formula 'i re chiedono doni, ma Ge-
MER-KOGEL. Il DEISSMANN (L.0. ' 314-po) sù li porta' (qualcosa di simile afferma ~
1tapovula, n&:pnµL B IV :la {A. Oepke)
2. I singoli sviluppi del concetto di pa- che la fonte Q mette in guardia dal
rusia considerare Gesù soltanto un apocalit-
tico o persino un sognatore 45 , ma essa
a) Il Gesù sinottico. A tutti i livelli sarebbe inconcepibile senza l'idea di pa-
della tradizione sinottica il pensiero di rusia 46 • La medesima cosa notiamo nel-
Gesù è pieno di immagini e concetti la materia propria a Matteo (25,1-13 47 •
che si riferiscono alla parusia, molto di 14-30(?] .3 x-46) e nella fonte partico-
là dell'impiego effettivo del nostro vo- lare di Luca ( 12,35-38.49 [?]; 22,29
cabolo. Già in Marco, almeno a partire s. [?] ). Per quanto possiamo oggi giu-
dall'episodio di Cesarea (Mc.8,38 par.), dicare, l'idea della parusia appartiene
tali idee si manifestano apertamente. alla forma prima e originaria della tra-
Gesù fa balenare agli occhi dei suoi giu- dizione di Gesù. Tale idea è pienamen-
dici giudaici la minacciosa immagine te sviluppata nel discorso parusiaco di
della propria venuta come giudice nel Mc. 13 par. che certamente si è cristal-
prossimo futuro, mentre ~ssi sono an- lizzato attorno a parole originali e au-
44
cora in vita (Mc. 14,62 par.; Luca si tentiche del Signore, pur contenendo
limita a dire che il figlio dell'uomo «sa- notevoli elementi dell'apocalittica giu-
rà seduto alla destra» di Dio). È vero daica e protocristiana 48 • Secondo tutti
DEISSMANN 315). La prova più antica di un Beitriige zur Einleitung in das N.T. u (1907)
parallelismo consapevole è, a quanto sembra, 173·
un papiro del VI sec. d.C., che si riferisce al- ~ Mt. 23,39 par. Le. 13,35; Ml. 24,26 s. par.
la discesa di Cristo nell'Ade (APF 5 [19r3) Le. 17,23 s.; Ml. 24,28.37-41 par. Le. 17,26 s.
284): gli abitanti di un villaggio affermano 35.37; Mt.24,42-51 par. Lc.n.,39-46 . Così an-
di aspettare l'arrivo del loro signore cosl im- che HARNACK, op. cii. <~ n. 45) 165; -->
pazientemente come gli spiriti nell'Ade atte- Donsct1iirz 3.
sero la venuta di Cristo, e di pregare giorno
47 Nonostante il parere di J. ) EREMIAS , Die
e notte perché sia loro concesso l'onore della
Gleich11isse ]es11' (1952) 38-40.
sua parusia.
48 G. HoLSCHER, Der Ursprung der Apk. Mk.
o All'attacco di H. L1ETZMANN, Der Proz.ess I 3: ThBI 12 ( 1933) 193-202 ha cercato di e-
Jesu, SAB 1931 nr. 14 (1931) contro la sto- nucleare un'apocalisse giudaica (costituita dai
ricità del processo di Gesù davanti al sine- vv. 7 s. 12 .14-20.24-27) che sarebbe stata scrit-
drio, hanno fatto seguito approfonditi saggi in tfl sotto Caligola (SCHiiRER I 503-506). Altri
ZNW 30 (193 1)-33 (1934); dr. anche J. JE- tentativi precedenti sono ricordati in ~
REMIAS, Zur Geschichtlichkeit des Verhors
BuscH 1-14.54-59. Non è però credibile che
]es11 vor dem Hohen Rot: ZNW 43 (1950/ i vv. 7 s. n descrivano soltanto un avveni-
51) I4j-150. Opere meno recenti sono indica- mento passato. HAUCK, Mk., ad I. distingue si-
te in A. 0EPKE, Ein f ah11.ehnt ]esus-liJeratur: milmente tra nucleo originario e detti dei di-
ThLBI :;o (1929) 273-282.289-297, spec. 292 s. scepoli (vv. J s. 9-n.13.23), ma crede che an-
Altre rassegne in A. OEPKE, Probleme der che il primo mostri segni d'influenza cristiana
vorchr. Zeit des Pa11/us: ThStKr :105 (1933) (di Gesù?). LottMEYER, Mk., ad I. ritiene im·
387-424 e J. BLINZLER, Der Prouss ]esu possibile separare nettamente la fonte 'dalle
{1951). aggiunte, ma offre ugualmente un'analisi più
45 A. HARNACK, Spriiche tmd Reden ]esu = che artificiosa delle singole componenti.
865 (v,865) napovula, ntipE~µL B 1v 2 a (A. Oepke) (v,865) 866
Quanto siano forti i presupposti dogmatici cioè prima della morte e risurrezione. Il pun-
in questo genere di analisi può essere rileva- to debole di tale tesi è che essa si appoggia
to dal confronto tra le seguente opere: E. su parti del discorso di Mt. ro che, dal pun-
W1NCKEL, Das Ev. nach Mk. (1937) 73 s.; R. to di vista delle fonti, provengono da Mc. 13
THIEL, Jesus Christ11s und die \Y/issenschafl e da tradizioni affini, e si riferiscono dunque
(1938) 314; ID., Drei Mk.-Evange/ien = Ar- al tempo successivo alla morte di Gesù; cfr.
beiten zur Kirchengeschichte 26 (1938) 59.u1. Mt. 10,17-23 con Mc. 13,9-13 par.
180.213 s.; E. HIRSCH, Fruhgeschichle des so A. DEBRUNNER: Coniectanea Neotestamen-
Ev. Ii (1951) 139-142.256-258. Questi autori tica 11 = I ti honorem Antonii Fridrièhsen
propongono identificazioni delle fonti ed in- (1947) 48 .propone di leggere à.nap'tl (vera-
terpretazioni dei singoli termini radicalmente mente) invece di à.n'~p·n (da ora in poi; Le.
diverse eppure pervengono tutti al medesimo 22,69: à.nò -.oi:i "Yuv); tale congettura è più
risultato: l'eliminazione della parusia del Fi- probabile per Apoc. 14,13 che per M1. 26,64.
glio dell'uomo dalla predicazione autentica e
51 Forse a torto }EREMIAS, op. cii. (--+ n. 47)
originaria di Gesù. 38-40 pensa che l'esortazione a vegliare sia
49 --+ MICHAELIS ro1: «La risurrezione non qui e altrove secondaria e rappresenti un'ag-
fn concorrenza alla parusia, ma è la paru- giunta dovuta alla mancata parusia.
sia». Almeno nella sua affermazione positiva 5~ DALMAN, \Vorte f. 1 159 considera ag-
questa opinione va troppo in là. --+ ScHWElT- giunte posteriori le parole sul Figlio e il Pa-
ZER 407 s. sostiene che in un primo momento dre; LOHMEYER, Mk., ad i. ne sostiene invece
Gesù avrebbe atteso la parusia ancora prima l'autenticità. Chi avrebbe mai osat~ inventare
che i discepoli tornassero dalla loro missione, un logion simile?
1CapouaÙJ., mipE~µ~ Il rv 2 a-e (A. Oepke) (v,866) 868
glia determinarlo; d'altra parte, inteso tratta della parusia, è certamente inclu-
storicamente, il passo non autorizza af- sa 56 •
fatto a frapporre a piacimento un certo c) Paolo. In un primo momento la
numero di millenni. Gesù ha però spo- cristologia della preesistenza, che rap-
gliato l'escatologia giudaica del suo ca- presenta uno sviluppo successivo ed è
rattere politico-empirico e ancorato al- attestata pct la prima volta in Paolo,
la lettera 53 , ponen~o in evidenza il mo- non fo mutare affatto l'insistenza sul
mento attivo ed etico (Mt . 25,14-30 futuro tipica della fede protocristiana.
par.; 25,31-46). Paolo usa '7tapovcrla sempre col geni-
tivo: si tratta della 1tapovcrla. di uomi-
b) La chiesa primitiva. Benché il no- ni (I Cor. 16,17; 2 Cor. 7,6 s.; 10,10;
stro voq1bolo manchi in Atti e la pri-
ma comunità molto probabilmente non Phit. 1,26; 2,12), una volta dell'Anti-
abbia avuto un sostantivo equivalente cristo (2 Thess. 2,9), altrimenti di Cri-
a 7tapov11la., non si può assolutamente sto (1 Cor. 15,23; I Thess. 2,r9; 3,13;
dubitare che la credenza nella parusia
4,15; 5,23; 2 Thess. 2,1.8; 1 Cor. 1,8
abbia avuto nel cristianesimo primitivo
un'importanza capitale, come fa fede, [ var. J). Il significato tecnico non è co-
oltre ai sinottici, anche lo stesso li- sl legato al nostro vocabolo (piuttosto
bro degli Atti. Act. 1 ,1 l contiene l'in- a tX7tav·t"YJrl~<;? -? I, coll. 1019 s.). È
terpretazione originaria della fede pa-
squale 54 : si aspetta che Cristo venga nelle due lettere ai Tessalonicesi che
dal cielo (3,20 s.), ~ I, coll. rn33 ss. 1tapovula viene messo lessicalmente ed
1046 ss. La parusia del giudice del oggettivamente in risalto. Paolo fa
mondfl è menzionata soprattutto nel
kerygma (I0,42; 13,33: accennata col aumentare (i Thess. ) e diminuire (2
riferimento a Ps. 2,7; persino I?,31). T hess:) la tensione dell'attesa senza ca-
Gesù è chiamato 'figlio dell'uomo' nel- dere in contraddizione, perché anche
l'uso linguistico della comunità, anche
qui (~ col. 866) si tratta di- un atteg-
se ne abbiamo un'unica prova (Act. 7,
56). È incerto se la posizione alla de- giamento pratico-pastorale genuino. An-
stra di . Dio, · menzionata anch'essa una che Paolo rifiuta qualsiasi calcolo ( 1
sola volta, vada intesa ·come segno di
Thess. 5,1 ss.; 2 Thess. 2,2). Descrizio-
onore, di regalità o come posizione di
attesa per accogliere i martiri o d'avvio m vivaci della parusia sono contenute
della parusia 55• L'attività, quando si in I Thess. 4,13-18 e 2 Thess. 1,7-2,8
53 --') BuscH sfrutta in una maniera inammis- nuità dell'attesa della parusia imminente»
sibile la diversità di opinioni entro la ricerca (149).
storica per screditarla come metodo. Egli vor- .'>I ~ GEWIESS 3r.
rebbe eliminare dall'idea di parusia ogni trac-
cia di temporalità e ridurre il discorso della ss Divinità in piedi accanto ad una in trono:
parusia al kerygma della sofferenza per amore HAAS, fase. 9/u LEIPOLDT (1929) figg. l;iI.
di Cristo (50.52.60 s. 97-109.u2.133-135.146); 175-177.191.
ma anche il suo punto d'arrivo resta l'«inge- s~ BAUERNFEIND, Apg., ad /.
869 (v,866) 1tapovo-la, mipHµL B IV 2 e-e (A. Oepke)
5 1 ~ MEYER, ]k. 159: Év iiµÉpq. <Tcpa.yfic; (j, ccnte proprio in considerazione di /er. 12,3;
5) va inteso come Èv foxa-taLc; i}µÉpa~c; (5, ~ MEYER i72, come sopra.
3). La spiegazione offena da WINDISCH,
Kath. Br., ad I. («giorno di terrore in cui i 5~ \VI. WEBER, Romische Kaisergeschichte 11nd
ricchi vengono risparmiati») non è convin- K irche11gescbichte ( 19.i9) :n s.
871 (v,867) 1ta.pouafa, 'ltapEtµt B 1v z e-g (A. Oepkel
crla non è usato ancora per indicare l'in- nao nel Peloponneso) in Tat., or. Graec.
carnazione, pure diventa sempre più 39,3. Nei Padri apostolici 1tapovcrla in
senso escatologico tecnico ricorre sol-
chiaro che, invisibilmente e per il cre- tanto in Diogn. 7,6 69 ed Herm., sim. 5,
dente, nella vita, morte e risurrezione di 5,3; inoltre anche in act. Thom. 28.
Gesù si è compiuta la svolta degli eoni. lgn., Phld 9,2 è il primo passo in cui
7tapouctl<X venga riferito alla venuta di
La parusia rappresenta la rivelazione fi-
Gesù in terra: contenuto precipuo del-
nale di quella realtà escatologica che già l'evangelo è <da venuta del Salvatore ...
esiste. Il superamento della crisi dovuta la sua passione e la risurrezione», '°'Ì)v
alla mancata parusia è già preparato dal napova-lav '°'ou a-w..fipoç... ..b 1ta~oç
aù..oi:i xa.t .-i")v avticr..acrw w. In Giu-
N .T. ed è pertanto potuto avvenire con stino il nostro termine indica ormai so-
relativa facilità. La parusia è ancorata lo poche volte la venuta gloriosa e po-
alla storia, ma non è un evento storico; tente (dia!. 49,8; 31,1; 35,8; 51,2), ma
già più spesso la venuta in terra (dia!.
tanto meno è però un puro simbolo a- 88,2; cfr. 120,3; apol. 48,2; 54,7). Ge-
temporale; essa indica piuttosto il pun- neralmente le due venute vengono co11-
to in cui la storia è vinta dal regno e- trapposte come ovo 7ta.poucrlcu, la 7tpW·
"1J e la OEUTEP<J., l'ii&o!;oc; e l'Evòoçoc;
terno di Dio 68 • Il significato dell'idea
1tapoucrla (apol. 52,3; dial. 14,8; 49,
neotestamentaria della parusia è che la 2.7; 53,1; 54,1 e passim). C'è solo un
tensione tra incompletezza e compi- accenno smorzato all'idea del ritorno
mento, 'al di qua' e 'al di là', speranza di Cristo (dia/. 35,B; u8,2). In Ireneo
l'accentuazione escatologica è ancora
e possesso, velamento e rivelazione, ver· più forte: nel testo greco di haer. r ,I o,
rà risolta e che in Cristo l'evento decisi· 1 {MPG 7,549), se è giusta la lezione
vo per tale risoluzione si è già compiuto -ri")v it).wcrw presupposta dal testo la-
tino, Ireneo sembra voler distinguere
(~nota bibliografica, verso la fine).
tra EÀ.Eucttç e 1ta.poucrla.; nel testo lati-
no, l'unico che ci sia rimasto per gli al-
V . 'ltapEµt e 1tapoucrla nell'uso ecclesia- tri passi, egli parla però ripetutamente
stico della doppia venuta (haer. 4,22,i.2
[MPG7,1046s.]; 33,11 s. [ibid. 1079
Nella più antica letteratura ecclesia- s.], esemplificata con la doppia venuta
stica mxpEi:'\lat è usato generalmente in nel Getsemani). Anche Ippolito parla
senso proprio e non ha un'importanza nello stesso s~nso di ovo 7tct.poucrla.t,
teologica. Tuttavia leggiamo in Iust., l 'a:nµoç e l'E~&o!;oc; 71 • Invece Clemen-
dia/. 54,1 che Cristo è presente in co- te Alessandrino nei 41 passi in cui par-
lui che crede e sarà presente (1tapÉ- la della parusia di Cristo intende quasi
C11'at) alla seconda parusia. mxpovO'la è esclusivamente la vita terrena di Gesù.
usato in senso profano (arrivo di Da- Molto spesso in questo scrittore abbia·
6ll ~ ALTHAUS 24l·246. -ci)v 1tapovufo.v a.ò-cov xa.t ,.òv i>ava.i:ov xaJ
69 Diogn. 7,9: presenza (di Dio). 1'ÒV <T1'pc.tvp~v ... xa.t -.1}'11 ~yEpuw ...
7J Simile posizione è espressa dal Ker. Petr. 71 de Antichristo, ed. P .A. DE LAGARDE (18,8)
in Clem. AI., strom.6, x5,ù8,1 ; ...eÌ}poµEv xa.t p. 2L
mxpPTJO'lrt, 1ta.ppTJCTL6.!;oµa.~ (H. Schlier)
SOMMARIO: C. Il N.T.:
gli scritti giovannei;
1.
A. rca.ppTJCTla. e 1ta.pplJcr~6.i;oµm nella grecità e gli Atti;
:i..
nel!'e/Ienismo:
3. gli scritti paolini e deuteropaolini;
r. nella vita politica;
4. la Lettera agli Ebrei.
2. nella vita privata;
3. come concetto etico. D. 1ta.ppnula. e 1ta.pPTJO'~<il;oµa.~ nell'a11tica let-
teratura cristiana:
B. I LXX e la letteratura ellenistico-gitidaica: 1. la figura dell'apostolo negli apocrifi. del
r. i LXX; N.T.;
2. la letteratura ellenistico-giudaica; ;z. la letteratura martirologica;
3. Henoch aethiopicus. 3. 1trtPPTJ<Tla e preghiera.
' Secondo \VI_ ScHMID-0. STAHLIN, Gesch. der ma (non attestata) na.p-rnrcoc;. Cfr. E. ScHwv-
griech. Lit. I 4 = Handbuch AW vu IA (1946) ZER, Griech. Gramm. l = Handbuch AW 11
39 n. 3, con rimando a Plat., Gorg.461 e, il so- 1,1 (1939) 437.469. Nella formazione del ter·
stantivo è formato da 1tct.\I· e dalla radice /nl· mine forse ha influito il sinonimo tl;ouala.
'parlare'; si tratta probabilmènte di un"iposta· (DEBRUNNER] .
tizzazione' diretta non mediata da una for·
881 (v,870) 1ta:ppl]crfo., 1tO.PPTJO'Laçoµa.L A 1 (H. Schlierl
Èrnlv Èçoucrla -.ov À.ÉyELV, « [Polo] Ma stico, ma anche causa notevole della de-
come! non mi sarà concesso di dire tut- cadenza della polis greca, la concessione
to ciò che voglio? [Socrate] Carissimo, della TCappl)O'la. a tutti gli abitanti del-.
ti capiterebbe proprio una bella disgra- la polis. Quest'opinione è attestata dal
zia se, venuto ad Atene, la città greca passo di Demostene citato sopra (or.
ove vige il più ampio diritto di paro- 9,3) ed anche da Demosth., or. 58,
la ... ». Polyb. 2,38,6; cfr. 2,42,3; Stob., 68: µE'tc:t.<TXEiv ·djç xat "t'oi:c; çÉvotç OE-
ecl. 3,459,3. Il godimento della nap- ooµÉv11c; mxppl}crlaç, «godere della li-
pricrla presuppone la piena cittadinan- bertà di parola che è concessa persino
za di una data polis: solo chi è piena- agli stranieri». Secondo Isocrate (or. 7,
mente cittadino ha, al culmine della 20) è frutto di una falsa educazione po-
democrazia greca, il diritto di 'dire tut· litica «stimare il disordine democrazia,
to' parlando pubblicamente nell'ÈxxÀ.11- il disprezzo della legge libertà, la liber-
crla; Aristoph., Thesm. 540 s.: oua"l1<; tà di parola sregolata licenza, il diritto
1t<1.ppl)CTlac; x&.çòv À.ÉyELV OCTm 'JtlXPECT- di fare ogni cosa felicità», l)yEi:o-ì}aL
µE\I acr't'a.l, «essendoci libertà di paro- -r'Ì]v µÈv à:x..oÀaulav O'r)µoxpa't'la.v, "t'lJV
la e potendo noi che siamo cittadine oè 'ltapavoµlav ÈÀ.EUÌ}Epla.v, 't"lJV OÈ
parlare». Lo straniero e lo schiavo non 7tappl)<tlav &.voµla.v, -ci}v &'Èt;oucrlav
godono di tale libertà; Eur., fon 673 't'OU rcav"t'a 1tOLEt\I EUOIX.Lµovla.v. Que-
ss.: çÉvoc;, xriv 't'O~c; Myotow &.a--tòç sto allargamento del diritto di dire tut-
TI, 't'6 YE cr-céµa oo\.iÀ.o\I 7tÉ1t<X.1:<1.L xovx to significa per la napp"flcrla stessa uno
EXEL nappl)crlav, «lo straniero, anche sradicamento dal concreto humus poli-
se di nome è cittadino, ha una bocca da tico, la fine della vera libertà di paro-
schiavo e non ha libertà di parola»; Eur., la: «Se tutti hanno la na.ppn<rla., il con-
Phoen. 391 s.: l'esule (<pvy6:c;) sente cetto di 'lta.ppl)O'la si annulla» 2• Non
la mancanza di un bene, del più grande solo, ma di necessità il termine vie-
(Ev µÈv µÉyta--cov): non ha libertà _di ne ad assumere un altro significato; il
parola ( ovx EXEL nappl)crlav ); è come lo diritto di d;re tutto si trasforma nel
schiavo e non può dire quello che pensa parlare sfrenato; Plat., resp. 8,557 b:
(OOVÀ.OU -té&'Et1ta<;, µi} À.ÉyEL\I & 'tL<; ÈÀ.EuitEplaç 1) néÀ.iç µEcr't'Ì] xa.ì. mxppTJ-
<ppo\IEL). Teles r 5 ,r6: gli esuli ( q.iuy&.- o-lac; ylyvEi:at, xat Éçoucrla. Év a.u't'fj
OE<;) non comandano, non sono creduti, 1tOLELV o 't'l 'tt<; ~OVÀ.E"t'<1.L, «la polis si
non hanno libertà di parola ( oux ap- riempie di licenza e di libertà di parola,
xoucrt, ov 'ltLC1'1:EVOV'tat, ov 1tCXPPTJCTL<1.V e vi si può fare ciò che si vuole». Ricor-
[xoucrw ). Perciò non si può possedere diamo già a questo punto che, in deter-
nulla di più grande della mxppl}crla né minate condizioni, il significato di 'Jtap-
si può subire perdita maggiore della pl)crla cambia fino a diventare sfaccia-
perdita di tale bene; Demosth., fr. 21 taggine, impudenza, arroganza 3 .
(ed. H. Sauppe): ouoÈv &v Etl) "t'Oi<; Nell'ambito della vita politica il con-
ÉÀ.EVÌ}ÉpOL<; µEl~ov ~'tUX'l']µct -.ov <nÉ- cetto di nappl')O'la può essere inteso in
pEcri}aL 't'ijc; 'Jta.pp"flO'lo:ç, «per gli uomi- una triplice prospettiva e quindi veni-
ni liberi non c'è sventura più grande re usato con tre accezioni che si sono
della perdita della libertà di parola». mantenute, più o meno, in tutto lo
Cosl viene considerata segno caratteri- sviluppo ulteriore. a) In 1tt.X.ppl)O'La può
essere preminente l'aspetto del diritto -roi:c; xa.t ~ouÀEUEW OVV<t.'tO<;, OV q>1'0VE·
di dire tutto. Chi è pienamente citta- pou -rou ()autÀÉwç ov..oc;, ot06v-roc; oÈ
dino de11a polis greca ha oggettivamen- 7ta.pp1Jula.v xa.t ·nµwv-.oc; -.oùc; Etc; -.i
f.! '
te il diritto di poter manifestare il pro- !:'
ouva.µEvovc; I
O'U(J.~OV11.EUEW' XOWT]\I 'tl}V
t I I
prio pensiero con la parola; cfr. i passi 'tOU cppO\IELV dc; 'tÒ µfoov 7tr.t.pElXE'tO
succitati di Aristoph., Thesm. 5,40 s.; ouvctµw, xat 7t6.v-.a oi) 'tO'tE È1tÉow-
Demosth. 9,3; Plat., Gorg. 461 d/e; 1- XEV mhoi:c; ot 'ÉÀEU1'Epict"ll 'tE xa.t q>t-
socr., or. 2,3: 7) nctpp'l')O'Lct xctt qia.vEpwc; À.lctv xa.t vou xowwvla.v, «e se poi ci
E~E~Vctt. In questa accezione nctpplJCTLct è fosse stato tra loro qualcuno intelli-
quasi sinonimo di È~ovCTlct 4 • b)Nell'u- gente e capace di consigliare, poiché il
so di nctpp11ula. si può però anche vo- re non era invidioso e concedeva Liber-
ler. mettere in evidenza la realtà de1le tà di parola e onori a coloro che sape-
cose di cui si parla, sicché rtctppl]crla vano dare consigli, metteva in comune
si avvicina a verità ( ~ ciÀ.1]i>Eta. 1, col. e a disposizione di tutti la forza della
641). Euripide in Stob., ecl. 3,454,2: mente, e così ogni bene progredt per
xa.À.Òv y 'ci).'lli)iJç xà.'t'Evi)c; nctpplJCTla.; i cittadini mediante la libertà, la con-
Demosth., or. 6,31: 'tÙJ.'l'}i)'ij µE'tà. na.p- cordia e la collaborazione delle menti».
PlJCTlctç Èpw 'ltpòc; ùµCic; xa.t oùx. aTto- c) Ora se la 7t<.tpp1)crlr.x. è questo diritto
xpu~oµctt; cfr. ro,53.54; 23,204; 37, di dire tutto e questa franchezza nel
55; (Pseud.-)Demosth., or. 60,26 (~ poter dire tutto, può darsi il caso
col. 879); Demosth., or. 4,51: a yvy- che coloro contro cui è diretta la Ttctp·
vwcrxw n<X.vi}'&.TtÀ.wc; ovotv vnocr·m- pTJO'la. le frappongano degli ostacoli.
ÀaµE\loc; nEna.pp'JlO"lwrµa.t, «ho detto Davanti a questa opposizione ed a
apertamente tutto ciò che so, con fran- questi ostacoli la 7tapp1)crlr.x. si rivela
chezza, senza riserve»; Aeschin., fals. allora come coraggio di essere franchi,
leg. 70: npoiwr1µa.t yà.p 7tct.pp1)crnicra.- come franchezza che si oppone a colo-
cr1'm xa.t H.wDipwc; &µa. xctt -.àÀ.1]lHj ro che ·}imitano il diritto alla divulga-
À.Éywv cr~~Ecr1'a.t, «poiché ho deciso di zione della verità e vogliono impedire
parlare con franchezza e di salvarmi la scoperta della verità stessa, in primo
parlando liberamente e dicendo in- luogo al <tvpawoc; che minaccia, talo·
sieme il vero»; Stob., ecl. 3,466,8 s.: ra ne11a figura del o'ijµoc;, di distrugge-
na.pp'l')CTt'l'} anò y"llwµ'l'}c; ÈÀ.EvDépl)c; xat re la democrazia. I grandi oratori pre-
aÀ1)ilEL1}V tl0'1t<t.~OµéV1) npOÉPXE't<X.L. Jn tendono di esercitare persino una tale
contesti simili 'ltct.ppT)ctla. viene a signi- 7tapp1)crla sostenendo il diritto e il do-
ficare la sincerità, la franchezza necessa- vere de1la più piena schiettezza. Ricor-
ria per affermare la verità. Tale schiet- diamo ancora il più volte citato passo
tezza è determinata dalla realtà e dal di Demosth., or. 9,3; ma dr. anche
rapporto che chi parla ha con questa I socr., or. 2,28: 7ttO''touc; .J..•1you- µ'l] -.ove;
I I I
realtà; essa si oppone alla tendenza del- &:rtctV g 'tt 8.v Mrnc; il 1t0L bca.wouv- ne;
le cose a nascondersi, ma anche al1a ·mc;, tiÀÀà 'toÙc; -roi:c; aµa.p'tctvoµévotc;
tendenza degli uomini a nascondersi le E7tt'ttµWV'tet.c;. ol&ov na.pp11crlav 'tote; EU
cose. Perciò secondo Plat., leg. 3 1694 b q>pOVOVCTtV, ~Va 'l'tEpL t:lv i'i"ll aµq>t "(VOTI<;
i Persiani si comportano esemplarmen- E)(.lJ<; -.ove; cruvooxiµaO'O'll'tet.c;. St6pa xa.t
te, xat E~ ·ne; a.ò q>p6viµoc; '1)v lv a.ù- 'tOÙç· 'tÉ)(.VTJ xoÀ.a.XEVOV'tct.<; XctL 'tOV<;
4 ~ PETERSON 285 fa notare che nelle Novel- tiamo il medesimo uso anche in Vett. Val. 6,
le di Giustiniano, in epoca bizantina, 7ta:pp'l'J- 3: yl\lo\l'ttx.~ ~a:cnl~xol, l;wijr; xat Dava-rov
crlf1. è usata direttamente per l!;oucr(a. No- 1tf1.PPTJ<ilct\I EXO\l'tEt;.
1tO.ppriula, 'ltO.PPTJCTLci.r,oµaL A i-i (H. Schlier)
(J.E''t"Eùvolo:c, i)EpO:'ltEUOV"ta.ç ... , «non con- che gli spetta; quindi diverso è l'onore
siderare fidati coloro che lodano tutto che si rende ai genitori e agli dèi, al filo-
ciò che dici o fai, ma coloro che rim- sofo e al generale; «verso i compagni ed
proverano chi sbaglia. Concedi libertà i fratelli ci si deve comportate con fran-
di parola agli uomini che pensano ret- chezza e dividere tutto con loro», 1tpÒc,
tamente, affinché tu abbia chi ti consi- È-ccxlpouc; o'cxu xa.t CÌOEÀ.cpoùç 1tCX.PP'll<Ilav
gli nelle cose su cui sei in dubbio. Di- xat &.miv"twV xotvO'TT}'Trl.. Secondo
stingui anche coloro che adulano falsa- Plat., Gorg. 487 a-e l'amico deve far
mente e coloro che servono con since- mostra di ÉmO'"T-.iµT}, EVVOL<X e 'lta.ppri-
rità». Aristot., 'A1}11wt.lwv IloÀ.t"tEla. O"lcx, e quest'ultima costituisce, signifi-
16,6: ò OÈ IlEtO'LCT"tpa.-coc, i}<rlMc, Otà cativamente, l'opposto della (eccessiva)
"tTJ\I 'ltO:PPTJCTLO:V xa.t TYJ\I q>LÀ.Epyla.v a.iuxuvri (~ 1, coll. 456 ss.). Quella
CÌ."tEÀ.fj 'ltaV"tWV È1tOl'l'JCTEV a.in6v, «ma m1.pp11ula che non teme l'a.lcrxpov e
Pisistrato, impressionato favorevolmen- quindi la 86l;a. (~ 1, coll. 457 s.) si di-
te dalla sua franchezza e dalla sua ope- mostra però un segno d'amicizia so-
rosità, lo esonerò da tutte le imposte>>. prattutto perché non esita a rimprove-
Per l'epoca più tarda dr. Dio C. 62,13: rare l'amico. Isocr., or. 2,3 offre questa
o\hw yap 1twç Èppwµé.vwc, "'TI 'ltr.t.pp'l"J- definizione della 'lta.pp'flula: ,;Ò rpa.vt.-
<Ilq. ÈXPfi"to Wu"tE ... EL'ltEV .. ., «con tal pwc; Él;EL\ICX.L "tOLC, "tE cpO.otç È1tmÀ.ij~O:L
fermezza usava libertà di parola, da osaL" xa.t 'tOiç hi)poi:ç Èmi)foi)a.i "tet.ic, aÀÀ.1)-
dire ... » (Burro a Nerone); Dio Chrys. À.wv aµcxp"tlatc,, «si ha libertà di paro-
32,26 s.: xoÀ.a.xElcx. x&.mi"t"TJ xpr.nEi: la quando agli amici è concesso aperta-
1tcx.p'a.ù•o~c;. oµolwc; oÈ xa.t òijµoc; ò mente rimproverarsi ed ai nemici rinfac-
µÈv ·nc, EÙyvwµwv xcx.L 1tp~oc, xat ya.- ciarsi reciprocamente gli errori». La
À.11voc, ov,;wc,, oloc, yEvcra.cri)m 'lta.pp'fl· 'ltcxppl}O'la. serve la verità ed è. utile pro-
<rlac, xaL µ'JÌ mina. Èi)ÈÀ.Et\I -cpuquiv ... , prio per questo. Socrate è un esempio di
<(presso i tiranni regnano l'adulazione tale 1ta.ppl}O'la.; cfr. Plat., Lach. 188 e:
e l'inganno. Il popolo invece somiglia ctÙ"tÒV T}vpov &~iov ov"ta. À.bywv xa.-
ad un uomo mite, sottomesso e tran- À.wv xa:t 1tcXO"T}<; 1tappT}o-la.c,, <(ho tro-
quillo che fa finta di gustare la fran- vato Socrate degno di bei discorsi e di
chezza e di non volerla affatto ...». Dal- ampia libertà di parola». L'opposto del
le citazioni si vede come l'opposto del cplÀ.oc, è il x6À.a.l; (--+ coli. 884 s. e v,
parlare franco e aperto sia il xoÀ.axEv- coll.745 ss.): 1a sua mxppT}O"lo: è dan-
EW e il -cpvcptiv, le cui conseguenze so- nosa e perciò bisogna fuggirla. Cfr.
no perniciosissime per la polis, mentre Stob., ecl. 3,469,9 s. (detto di .. Zeno-
la 1t<XPP'l10'la. può solo giovare alla co- ne): "EÀ.E')'XE O'Ctu"tÒV O<T'TtC, d, [xcxt]
munità politica. Sostenendo, a dispet- µ!] Ttpòc; xcipw lixov', &.cpa.tpov oÈ xo-
to dell'ira dei tiranni, il diritto a dire À.axwv 1tCX.pp1J<rla.v, <(esamina te stesso
ogni cosa, la m:tppricrla. tiene aperta con quale sei, e non ascoltare per compia-
schietta oggettività la realtà delle cose. cimento, ma _elimina la 'franchezza' çle-
gli adulatori».
2. I concetti di 1t<XppT}crla. e mx.ppT}- Anche prescindendo dal suo uso nel-
crtasoµat hanno un loro posto anche la dottrina dell'amicizia, 1ta.pp1JO'lct.
nella vita privata, dove sono penetrati (mxppT}CTtasoµo:t) nell'uso linguistico
provenendo dalla sfera politica. 1t<XPP'll- privato significa prevalentemente fran-
O'lcx appare soprattutto nella dottrina cheu.a. Plat., Gorg. 491 e: o ~yw crot
deHa q>LÀ.la.; Aristot., eth. Nic. 9,2, p. \IVV 1ta.ppT}O'ta.s6µEVOç À.É')'<ll, <(CÌÒ che o-
rr 65 a 29s.: bisogna dare a ciascuno ciò ra ti dico francamente»; Charm.156 a:
nappT):YL0'., 1t<1PPT)UL6:?'.;oµm A i -3 (H . Schlier) (v,87iJ 888
xat. .. Èmxpun•fo-Dwirav .. : •oi:c; of. 'tà. la città»; qui va notato che 7tappTJC1'lav
xoLvwq>l:'.À:ij &pwaw fo•w napp11cna xat &yEL\I è una interpretazione dell'espres-
µdt'l]µÉpav otà. µÉ<Tl]c; t•wirav !iyopac;, sione più generale titten qolàf?, «alza la
«coloro che compiono cose dannose si sua voce»; dr. Cant. 8,10 (codd. AS) 11 :
vergognino e si nascondano ... ; ma per Ti \IUµ<J>TJ ?tappT)CTLcX~E'taL . In Prov.10,10
coloro che fanno cose utili a tutti ci sia vengono contrappm:ti l'ÈÀ.ÉYXEW µE'tà.
pubblica libertà di parola e vadano di 1tct.ppl]crlac; e l'ÈWEVEW òcpì)a).µoi:c; µE'tà
giorno in piena agorà». Anche la q>vcnc; o6À.ou (rimproverare con franchezza -
non nasconde le sue opere. ammiccare con inganno). In 4 Mach.10,
5 incontriamo invece la napp"l')<Tla del
B. I LXX E LA LETTERATURA ELLENI- martire : ot OÈ 1tLXpWc; ÈvÉyXrt.\l'tE<; "'CTJ\I
STICO-GIUDAICA 1tappr]<rlav 'tOV &.vop6c;, «ma quelli, in-
ferociti per il coraggio e la franchezza
1 . Il termine napptJ<rla è piuttosto dell'uomo»: la 1tapp11crla. si manifesta
raro nei LXX; vi ritroviamo comun- nella ferma testimonianza, in faccia al-
que alcuni dei momenti semantici di la morte, della fedeltà del martire al
mxppri<rla che abbiamo visti nell'am- v6µoc; dei padri. In Ecclus 6 ,11 1tct.pp1)-
bito greco-ellenistico. Così la naop11- <nasEcrDa.L ha invece una sfumatura ne-
C1'la appare quale segno distintivo del- gativa: xa.L Èv 'tote; ayaDoi:c; <rov fo-caL
1'uomo libero rispetto al oovÀ.oc; nel- wc; 11ù xr1.t btL 'tOVc; OLXÉ'taç <TOV 'ltct.p-
! 'unico passo del Pentateuco (Lev. 26, PTJO'~a<TE"'Cat 12, «(il falso amico) quando
13) ove ricorra il nostro vocabolo: Èyw le cose ti andranno bene sarà come te
ElµL XUpLoc; ò ì)Eòc; uµwv ò È~ayaywv stesso e si comporterà da arrogante coi
uµac; f.x yfic; Alyvn•ou ov•wv uµwv tuoi servi». In Est h. 8,r 2 s si nota il mo-
oovÀ.wv xat <TVVÉ'tptt!ia. -còv OE<TµÒv 'tOU mento del discorso pubblico non privo
~vyou Ùµwv xat t]yayov uµéic; µE'tcX della nota dell'ufficialità: -cò &È àv•l-
nappTJCTlac;, «io sono il Signore vostro ypacpov -cfjc; ÉmCT'tOÀ'iic; -cctU'tT)ç hì)lv-
Dio che vi ho condotti fuori dal paese 'tEç ÈV 'Jt(J,V'tt -c61t1f) µE'tà m~pp'Y}CTlac;
d'Egitto quando eravate schiavi e ho Ea\I -roùc; 'Iouoalouc; xpfjir~aL •oi:c; Èau-
rotto il vincolo del vostro giogo e vi ,-wv voµlµotc;, «pubblicate in ogni luo-
condussi con franchezza»; xat i')yayov go un.a copia di questa lettera facendo
uµO.c; µE'td 1tCXppTJCTlctc; rende l'ebraico sapere a tutti che i Giudei possono vi-
wa'ofek 'etkem qom'miijut, «Vi ho fat- vere secondo le proprie usanze»; cfr.
ti incedere a testa alta» 10 • La 1trt.ppt)- 8, I 3 : -cà OÈ a\l'tL"(paq>a Ex'tti}foDwuaY
C1'ta. nel senso di parola libera e franca òcpì)a.)..µocpavwc; È\I 1ttt<Tn ·n ~a.ut
viene significativamente attribuita alla ÀEl~. holµouc; -CE dvat .. ., «le copie
<roq>lr1. divina; Prov. 1,20 s.: I:oq>la f;v del decreto devono essere pubblicate
É~6ooLc; ùµvEhat, Év oÈ 7tÀ.cx•datc; 1tap- e rese note in tutto il regno, e sia-
p11crla.v ll.yEL... É7tL O~ 1tvÀ.aLç 7t6À.Ewc; no pronti ... »; dr. I Mach. 4,18; J
Dappouira À.ÉyEL, «la sapienza grida nel· Mach. 4,r. In Ecclus 25,25 nappTJ<rla
le strade, parla liberamente nelle piaz- sta al posto di È~ouulrt : µl) oQc; ~oa-cL
ze ... non teme di parlare alle porte del- otÉ~ooov µl}OÈ yvvatxt 'ltOVTJP<i- 1tapplJ-
alav (cod. B* : Hi,ouala.v) 13, «non dare colpirà non avrà egli alcuna franchez-
uno sfogo all'acqua né alla donna mal- za davanti a lui? o forse che lo ascol-
vagia libertà di parlare». Insieme va
ricordato anche 3 Mach. 7,12: EÒwXEV terà quando chiederà aiuto?») e lob
o:ù-.oi:ç tiÒEL(l.\I 1tcX'J"çW\I, 01tW<; ,;oùç 1tCX- 22,2-27: Èav oÈ Èma"t'pct<pi}c:;. xa.t -ta·
paf3E~l)XO"taç "t'OV i>Eov 't"ÒV voµo\I Èl;o- 1CEL\IW(]"W; O"Eau-.òv EV<XV'tL xuplou, 1t6p-
À.Ei>pEUCTW<1LV xo:-.a miv•a. ,;òv u'ltò -ci)v
pw È1tolT)cra.ç à'ltò oLal-.ric:;. crou •Ò èioL-
~«O"LÀ.Ela.v aùuu ,;61tov µE"t<Ì. 1ta.ppl)-
afa.ç tivEU 1tcX<rl)ç f3a.<rLÀ.Lxfjc; E!;ouafac; xov ... fo-.aL oi'.iv uou ò rcav•oxpa'twp
xa.i E.muxÉo/Ewç, «diede loro assoluta ~o'l'}i)òc:;. ci.'ltò E.xi)pwv, xai)apòv oÈ ci.'lto·
libertà di uccidere coloro che avevano ÒWO"EL <TE Wu'ltEp àpyvpLOV nrnupwµÉ·
apostatato dalla legge di Dio, in qua-
lunque parte del suo regno, apertamen- vov. d-.a rca.ppiJO"La<rìhicr11 E\lc.tV\L xu-
te e legittimamente, senza alcun.a parti- plou àvcx.BMlfia.ç dc; •òv ovpavòv t).a-
colare autorizzazione o inchiesta del re». pGic;- eù!;a.µÉvou OÉ (]"OV 1Cpòc; ai.J,;òv El-
craxou<rE'ta.L O"OU' OWO'EL OÉ O'OL à'ltOOOU-
Già nei passi m cui si afferma che VCX.L -çaç Evxtic;, «se ritorni e ti umili
Dio ha concesso 'ltOCppl)(]"La al popolo davanti al Signore, se allontani dalla
o che la <rocpla divina ha 1tappl)<rlcx 14 i tua vita l'ingiustizia .. ., l'Onnipotente ti
LXX superano l'area semantica elleni- sarà un aiuto dai nemici, ti renderà ·pu-
stica di rçappl)G'ta, ma la vera novità ro come l'argento passato per il fuoco.
nel campo dei significati del nostro ter- Allora starai con franchezza davanti al
mine si ha quando, per palese influen- Signore alzando gli occhi al cielo con
za della fede dell'A.T., si parla della gioia; quando lo invocherai egli ti ascol-
1tappl)<rla. verso Dio ovvero della 'ltap- terà e ti concederà di sciogliere i tuoi
Pl'JO"la. di Dio stesso. Particolarmente voti». In questi passi mxppiJ<rla. signi-
significativi sono i seguenti due testi fica libertà verso Dio oppure stato di
del Libro di Giobbe. Iob 27,9 s.: 'il grazia e di libertà verso Dio, una con-
-.i)v OÉ'l)<rw a.v'tou El<ra.xov<rE-.a.L xv- dizione che include un libero accesso,
pLoc;; 11 È1tEMov<rl)ç a1hQ àvayxriC; µi} un approccio a Dio non più impedito
EXEL "twà mi:ppl'J(]"la.v f:va.v-.t aù-.ov; iì da ostacolo alcuno 15 • Sap. 5,1 conferma
wc; È1tLXctÀ.E<ra.µÉvou . mhou ELO"G.XOU<1E· da un lato questo .significato del nostro
"t'a.L au'tou; («il Signore presterà orec- termine (che viene usato qui assoluta-
chio alla sua [scii. dell'empio] im- mente e con un orientamento escatolo·
plorazione? o quando la distretta lo gico ), ma dall'altro va oltre, precisan-
Il R. SMEND, Die Wleisheil des Jems Sirach una sirnazione specificamente giudaica.
erkliirt (1906) 232 considera giusta la lezione 1s Chrys., expositio in Ps. nel commento a ljJ
l~ovula ; cfr. 30,11 ed il passo ivi addotto 137,1 (MPG 55,407) cita una traduzione ano-
(276). nima che legge 1tappl')7lq:., ò ilE6c;. fj.aw CTE,
mentre i LXX leggono x11.t ÉVCX"V"Clov &:yyÉÀ.wv
H Anche la 'ltappl')crlcx del martire deriva da \jiaÀ.w O'Ot [BERTRAM].
'ltappTJCTla, 'ltPPTJCTLa~oµm B l (H. Schlier)
do, in connessione con 5,5 e 5,15 s., sto la 'giustizia': è il SlxtX.toc;, non
che un tale stato di libertà verso Dio l' &.CTE(31\c;, ad avere 'ltappTJO"tll.. Inoltre
si manifesta nella 86!;,a di colui che il olxmoc; è qui anche il a-ocp6ç 16, così
gode di questa 1tappricrla. Cfr. Sap. 5,1 che riaffiora, con un mutamento di pro-
s. ; 'tO'tE CT"tYJITE'ta.L È:v 1tapp'r)<Tlq. 7tOÀ.- spettiva che rispecchia fedelment~ la
À.Ti ò òlxa;Loc; xcnà 7tpé<TW7COV 'tWV i}).i- preminenza de1la legge in tutto il pen-
4'a:ll"tWV a.Ù'tÒ'V xat 'tW\l &.i>E'tOV\l"tWV siero giudaico, la concezione ellenisti-
-.oùc; 7tévouc; IXÙ'tOU . Ì.OOV"tE<; 't<Xpa.xihi- ca che attribuisce parrhesia al filosofo.
0"0\l't'IXL cpé(34) oEwQ. .. [ v. 5] itwc; xa- In Prov. i3,5 ritroviamo la medesima
'tEÀ.oylcrih1 Èv vtoi:c; ì}Eou xa.t Èv àylotc; o connessione di 1ta.ppTJO"la. e olxa.Loc;:
?tÀ.fipoc; IXÙ'tOÙ ÉO"'tLv; ... (vv. 15 S. ) Ol- Àéyov èlOtXO\I µL<rEt olxmoc;, tl<TE~"Ì)c;
X<XLOL oÈ Elc; -i-òv alwva. swutv, x(.(t É.v oÈ atO"XUVE-.IU xat OÙX ~çEt m'J.PPTI·
xupl~ ò µwi>òc; IXÙ'tW\I, xa.t 1J cppOV'tL<; (jla.v, «il giusto odia il discorso ingiu-
a.ò-.wv Tia.pà ùtlJlcr't~. otà -coùn ).1)µ- sto, ma l'empio si vergogna e non avrà
1/ion(.(t 'tÒ (3acrlÀ.ELOV 'tfjc; EÒ'tpE1tdac; parrhesia»; cfr. Prov. 20,9: 'tlc; xa.v-
xat 'tÒ oi&.oriµa 'tOU xaÀ.À.ouc; Éx XEL- X'liO"E'ta.t ci.yvi)v itxetv 't'Ì)v XtX.pOlav; iì
pòc; xuplou, o-ci i:fJ oEçL~ O"XEmia-Et aù- -i-le; 7trLPPllO"LaO"E'tlXL 17 xa.i>a.pòc; dva.t
•oÙc; xa.t 'tt;l (3prqlovt v7tEpa<T1tLEL a.ò- à.itò àµa.p-.twv;, «chi può vantarsi di
-rwv, «allora il giusto starà con gran si- avere il cuore puro? o chi può dire con
curezza davanti ai suoi tormentatori e franchezza di essere puro da peccati?».
a coloro che disprezzano i suoi affan- Una tale 7tll.PPllO"la del olxato<; si e-
ni. Alla sua vista saranno presi da sprime nella preghiera, come mostrano
terribile paura... [ v. 5] Come mai è chiaramente i succitati passi di Giob-
stato noverato tra i figli di Dio e la be: Emxa.À.dcri>at ed EUXE<Tt)m si avvi-
sua eredità è con i santi?... [ vv. r 5 s.] cinano molto a 7tapp1)a-t<isECTi>aL. An-
I giusti invece vivono in eterno, e la che il filosofo prega da uomo libero e
loro ricompensa è nel Signore, e l'Al- con un atteggiamento da uomo libero
tissimo pensa a loro. Perciò riceveran- verso Dio, ma per quanto possano es-
no la corona della magnificenza ed il sere vicine le parole che caratterizzano
diadema della bellezza dalla mano del l'atteggiamento dell'orante in lob 22,
Signore, perché egli li proteggerà con 26 (-7 col. 894) e in Epict., dìss. 2,r7,
la destra e.farà loro scudo col suo brac- 29 ( &.va-i-Etva.t 'tÒv 'tpcix11'ì..ov 1tpòç -i-ò:
cio». La parrhesia ha come presuppo- 7tp<iyµa.'ta. Wt;, H.EvbEpO\I xa.t dç 'tÒV
16 Cfr. J. FICHTNER, Die SJelltmg der Sap. in t;Ecr&cu rende un semplice verbum dicendi,
der Literatur- uttd Geistesgeschichte ihrer cioè un 'mr, a cui i LXX suppliscono prenden-
Zeit; ZNW 36 (1937) 118. dolo dal primo emistichio.
11 Come in Prov. x,20 anche qui ncxppT)<Tta-
oùpcx.vòv àvcx.BM·m:w wc; cplÀ.ov -toi.i associata alla parrhesia verso Dio se-
ilEov, «stendere il collo verso le cose gna nel modo più chiaro la linea di
come un uomo libero e alzare lo sguar- demarcazione che separa il concetto di
do al cielo come un amico di Dio»}, pu- Dio dei LXX, che è poi quello dell'A.
re nei LXX un simile atteggiamento T., dall'idea ellenistica di Dio professa-
non è giustificato espressamente con ta dai filosofi. Il Dio a cui il giusto ha
alcuna dottrina della qnÀloc, e nei testi libero accesso sl da potergli rivolgere
ellenistici, anche in quello di Epitteto, una preghiera che viene ascoltata, si
manca assolutamente l'idea di una 7tap- manifesta anche come giudice bene-
pl]crlcx. verso gli dèi o verso il Dio uni- volo ed aggiunge cosl alla libertà del
co, benché la realtà stessa espressa dal credente la gioia. Due volte si parla
nostro termine sia talora presente e in della 1tappl]crla di Dio stesso. Il primo
questo tipo di discorso ricorra anche, passo è chiaro: ò ìkoc; éx8tx1)crewv xu-
ad es., il verbo ilocppEC:v: ilocppovv·m; pLoc;, ò ileoc:; èxòtx'l)a-ewv È1tappT)CTLét.O'a-
ocÙ-roÙc:; 'ltOCpaxocÀ.WµE\I W<; EÙµEVEt<; 0\1- 'tO, «Dio delle vendette è il Signore, il
't'CX.<; llOlJ xcd q>O..ouc;, «invochiamo gli Dio delle vendette si è manifestato li-
dèi senza timore, come se fossero be- beramente» (~ 93,I). Qui 7tappT)<nci-
nevoli, anzi addirittura amici» (Plut., sEcri}aL traduce jp', splendere, apparire
tranq . an. I (II 465 b} 18 • La 7tappl]crlcx., con fulgore, un verbo usato soprattut-
intesa come libertà del giusto verso to in riferimento a Jahvé e tradotto an-
Dio, racchiude in sé la gioia: 7tUpPlJ- che con ɵcpalvea-i)ocL (!Ji 79,2) ed Ém-
crla (mippTJO'Lat:Ecri)at) traduce in Giob- cpalw:ai)aL (Deut. 33,2) 19 • Il significato
be 'ng (hitpa'el}, trovare diletto in qual- di tale espressione risulta palese da ~
cosa, godere, gioire dì qualcosa. I LXX 49 ,I-:3: l}Eòc; i}EWV XUptoc; É}.aÀ:'t}O'E\I
rendono invece questo verbo con xa- xat ÉXaÀ.EO'E\I 'tll\I yfjv à7tÒ ava:r:OÀ.W\I
-.a.. puqiii.v in~ 36,4.II e con -tpucpéiv in i)À.lov XCX.L µÉXPL OucrµG'.lv. bf. l:LW\I i)
Is. 66,II per mettere in evidenza il mo- EÙ1tpÉ1tELU. 'tijç wpCX.LhT)'tOç a1hov, Ò
mento del dischiudersi o dello sboccia- i)eòc:; ɵqiavwc:; f)çeL, ò 'ÌTEòc; 1Jµwv, xat
re alla gioia, mentre in Is.58,14 traduco- ov 1tapcx.<TLW1tDO'E'tCX.L. 'ltUP É\llX.V'tlov a.ò-
no: xat fon 'ltEn'Oti}wc; E'ltL xuptov, «e 't'OV xix.ul)l)crE't'UL, xoct XVXÀ.41 a1hou
avrai fiducia nel Signore». Questa gioia xa'tavytc; crcp68pa, «Dio degli dèi, il Si-
18 Probabilmente «la differenza esistente tra 292; per tutta la sezione dr. 290 ss.).
la concezione pagana di Dio e quella giudaica 19 Rende il nif'al di isd in Ili 30,14 (Aq.), rit1-
ha determinato il diverso uso linguistico»; «an- nirsi a consiglio, e Ili 2,2 (Aq., secondo la re
che sé il filosofo stoico può sentirsi amioo di troversione proposta da FIBLD); in Ez. 16,3<'
Dio, il Dio stoico non.era certo tale da aprirsi (Thcod.) rende Jalletet, avente potenza (da
con un 'amico' offrendo cosi a costui la possi- Il!), mentre i LXX presuppongono un ·altro te-
bilità di una 'ltctppr)CT(a.» (~ PETERSON 29r. sto [BERTRAM).
899 (v,875) 7t!X.ppTJ11lo;, ita.ppTJO"L&.~oµa.L B 1-2 (H. Schlier) (v,875) 900
:x:À.1J<rLasw, .. oùc; i}w7tet.c; :>..6youc; hÉ- tamente questa esigenza viene a sua
poLc; :x:a:mÀ.t7twv ..ore; o-w-.'J)plotc; XP-li- volta descritta in termini ellenistici in
croµat xr.tt o-uµcpÉpoucn v, Èm-.tµwv, vou- quanto si fa ricorso al concetto di O"V-
J}E-.wv, <rwcppova;,wv, oùx cr.ùM.ÒEtet.v ve:i.or-icnc; (.. ò o-uvEto6c;). Cfr. Philo,
µa\ILWÒ'lJ xcd. 7tet.pacpopov àJ.. )..& vi}cpou- spec. leg. r,203 s.: {3ouÀ.E't'O:L yàp 't'OU
o-cr.v 7tCX.PP1JCTlav È7tVtE't"'J}OEUXW<;, «Se i)uov't"oc; 7tpw-cov µÈv -ròv vouv wcrtwcr-
siedo in consiglio, presenterò, da one- i)a~ yvwµo:L<; àyai>ai:c; xat uuµq>Epou-
sto uomo di governo, quelle proposte cro:Lc; È\lcx.crxouµEvov, E1tEt-.cx. oÈ 't'ÒV {3lov
che mirano all'utile comune, anche se È~ àplCT't'W'V <TV\IEO"'t"a'Vat 1tpa~EWV, wc;
non assecondano il piacere; e se sono &µcx. 't'TI 't"W\I XEtpwv èm-i}É<rEL ov\la:cri)al
in un'assemblea, lasciando agli altri i 't'Wa 1tapp-qo-tacraµEvov Éx xai)o:pov
discorsi adulatori, userò parole che gio- 't"OU O"U'VELOO't'O<; -.oLau-.a Ebte:iv· ai Xd-
vano alla salute ed all'utile dello stato, pE<; aùw.t OU't"E owpov È7t'&.olxotc; EÀ.a-
rimproverando, ammonendo, richiaman- ~O'V oi.i-.E. .. ai'.µa-.oc; &.i)c7>ov 7tpoo-1)o/cr.v-
do, servendomi non di un'arroganza fol- 't'O ... &.À.À.'Ù7tOOLaX0\10t mi.v-.wv ÈyÉV0\1-
le, confusa e ostinata, ma di una fran- 't'O 't'W'V xaÀ.wv xcx.t O"VµcpEp6v-.w\I, 0.
chezza sobria e lucida». In Ios. 77 Fi- 1tapcX. crocplq, xa.t v6µoLc; xat crocpo~c;
lone rende evidente la relazione. esisten- xat voµlµotc; à.\lopao-t 't'E't'lµri't'cx.t,
te tra tale 'ltapp1]crla e l 'àÀ.1}ìk~a: -.Ei}- «vuole infatti che, innanzi tutto, la
\la\let.L µéiÀ.Àov 8..v è.À.olµnv ft 7tpòc; 1)00- mente del sacrificante sia santificata
vi}v 't"t qilkyçaµEvoc; Èmxpvq.11:u -.l}v con buoni pensieri ed esercitata al be-
à)...1}i}w:x.v xa.t 't"OV o-uµcpÉpO\l't"O<; àµE- ne ed all'utile, e poi che la vita consi-
kijcrat, «preferirei piuttosto morire sta di opere egregie, sicché, al mo-
che, pronunciando una sola parola in mento dell'imposizione delle mani, uno
favore del piacere, nascondere la verità può dire, con la certezza che gli pro-
e trascurare ciò ch'è conveniente». An- viene da una coscienza pura, parole
che il nesso tra 7tet.ppno-la ed alowc; come le seguenti: - Queste mie mani
(~ I, col. 456) mostra come Filone se- non ricevettero dono alcuno dagl'in-
gua l'uso linguistico greco-ellenistico: giusti né... sparsero mai sangue inno-
Ò oÈ -.6#wµa 't'OU ÀÉyov't"oç oùoè.v XIX.- cente ... ma furono soltanto al servizio
'\ ' " e ' fl '\ ,
-.Ct.'ltA!X.YEL<; W0"1tEp \J'ltT)XO~ 1-1CX.O"Lr.EV<;, di cose belle e utili approvate dalla
&.A.)...'oùx u1t1}xooc; ~runÀEr, na.pprJO-lq. sapienza, dalle leggi e da uomini saggi
crùv atso~ xpwµEvoc; otEÀÉyE-.o, «per e giusti». L'à<YE{31]c; non ha 7tcx.pp'l)crlcx.:
nulla sconcertato dalla dignità dell'in- test. R. 4,2 s.: 1ht liXPL 't'EÀ.Ev'tiic; 't'OU
terlocutore, Giuseppe replicò non come 1tr.t-.p6c; µou oùx dxov 7tapp110-lr.tv &.-.e:-
un servo a un re, ma come un re a un vl<rrJ.L e:i.c; 't"Ò 1tp6<rw7to\I aù-cou, 11 À.cx.Ài)-
servo, con parole schiette temperate di crai 't'WL -.wv cioEÀ.q>W\I µou, Otà 't'OÙç
rispetto» (Ios. 107; cfr. 222). · ove:toto-µovc;. Kat ·itwc; vuv 1i <rvvElon-
I vari momenti veterotestamentari· e O"lc; µou O'U\IÉXEL µe: 1tEpL 't'tl<; &.<rE{3e:lac;
giudaici contenuti nel concetto di 1tCX.p- µou, «fino alla morte di mio padre non
P'rlO"tcx. si affacciano però anch'essi nella avevo il coraggio di guardarlo in faccia
letteratura che stiamo esaminando, co- o di parlare con uno dei miei fratelli
me avevano fatto nei LXX. Quell'acce- per la vergogna. E fino ad ora la mia
zione di 1tt:x.pp'l')<Tla caratteristica dei coscienza mi tormenta a causa della mia
LXX si riscontra anche nei testi giudeçi- empietà». Flav. Ios., ant. 2,131 mostra
ellenistici: anche in questi scritti la quanto sia frequente questa associazio-
1ttl.PP'rJO"LO: presuppone l'adempim~nto ne di ?tapp'r)O'l<:x. e buona coscienza:
della legge, la giustizia e la pietà. Ce.r- oùOèv yàp cx.Ù<toic; O'\J\1~~06-çEc; rjyov 'lt<lp-
nrx.pp11crlci., 7tet.PP1l<rnisoµm B 2 (H. Schlier)
P'fl<TLCt.V, wc; NioxOIJ'V, àxlvliuvov, «in- µdv npòc; 'tÒ\I ÈCW't"OV >E xcx1 "t'OU 'ltCt.V-
fatti, non avendo coscienza d'alcun cri- 't'Ò<; 'Ì]yEµ6voc xa.t OECT7t6't1}V) è appro-
mine, usavano una franchezza di lin- priato soltanto a colui che «purificato
guaggio che credevano senza pericolo»; dei suoi peccati e con coscienza d'amare
cfr. 2,52: "t'fjc; OÈ rtpÒc; 'tÒV flvoplX. ?COtvW- il suo Signore» (lhav àµa.pi:'t)µ&.'t'wv
VtW; &.7t6À.l'.X.\JO'LV ÈXOUO''l}ç à.xl'JO\J\IOV xaì}a.pEUTJ xu.t 't'Ò <ptÀ.OOEcr7CO'tO\I Èx 't'OU
xat 7tpO<TÉ'tt 'ltOÀÀ'i}v "t''i}V Ù1tÒ "t'OV O"IJ\I· <T\J\IEL06't'oc; xplvn) ha la sua massima
EL06"t'oc; xat rtpòc; "t'ÒV 1}EÒ\I 7tl'.X.PP'lleila.\I gioia nel servire Dio ed osserva tutti gli
xcxt 7tpòc; 'tOÙc; &.vl>pc.:mouc;, «(Giuseppe ordini del suo Signore (ibid. 7.9). Non
convinceva la moglie di Potifarre) che va però dimenticato che la 7tCXpP1Jcrloc è
poteva unirsi al marito senza pericolo possibile solo per il cro<poc; che, a diffe-
ed inoltre avrebbe avuto, grazie alla co- renza dell'&.µa&i]c;, ha imparato a tacere
scienza pulita, una maggiore franchezza e ad ascoltare con l'anima (ibid. IO ss.).
verso Dio e verso gli uomini». 'tote; µÈv oov àµa.i>É<TL crvµq>Épov i)cru-
Dall'ultimo passo citato risulta che xla, 'tote; oÈ È.7CL<T't'1)µ1}c; Èq>LEµ.ÉVoL<; xat
anche nella nostra letteratura si parla liµa q>LÀ.ooEcr'lt6'toLc; &.vayxa.t6't'a.-tov fi
di 'lta.ppl)<TtCt. verso Dio. Insieme con 'ltappl)<TltX. X"t'ijµtX., «agli ignoranti si ad-
los., ant.2,52 possiamo ricordare ant.5, dice il silenzio, ma per coloro che mi-
3 s: BM7twv oè ou... wc; o 'I11Ciovc; 'tTJV 't'E rano alla conoscenza ed in pari tempo
O''tpCt.'tLàV XCt."t'Ct.7te7tÀ.1}y\Jtct\I xat 'ltEPÌ amano il proprio Signore, bene quanto
'tWV oÀ.wv 7t0\11)pàv 1]01) 't''i}V ÈÀ7tll'Ì<X. mai necessario è la libertà di parola
À.cwBavov<rCt.v ?tappnCTiav À.aµB&.vEL (ibid. 14). Questi ~PW't'L O"O<p~et.c; i}E(~ 7tE-
itpòç 'tÒV i}e6v, «ma Giosuè, vedendo =
mO"'tWXO't'Eç ( ot O"oqiol, ibid. 19) pos-
allora l'esercito cosl spaventato e ormai sono allora non soltanto parlare, ma an-
del tutto disperato, si rivolge con fran- che gridare e non solo con la bocca e
chezza a Dio»; la TCCt.ppT)CTta. di Gio- la lingua, ma anche con l'organo armo-
suè si esprime poi in una preghiera. nico -e potente dell'anima, «che nes-
Philo, rer. div. her. 5-29 esamina e di- sun mortale può intendere, ma solo l'In-
batte a lungo la 7tCt.pP'fl<Tll'.X. verso Dio; generato e l'Incorruttibile» (&.À.ì..à 'tc'i'>
in questa trattazione sono riepilogati Ttcxµµoucr4> xat µ.eya.À.oqiwvo'ta't'l{l \jJu-
quasi tutti gli aspetti del concetto di xiic; òpyav(El, oo thn)-.òc; µÈv &.xpooc..Tjc;
mxppncrlcx. e le accezioni giudaiche so- oùoÈ elc;, ò oÈ &.yÉVl)'t'Oc; xoct &rpì}a.p't'oc;
no connesse in modo caratteristico con µ6voc; : ibid. x4). La parrhesia del <J"o-
quelle ellenistiche: la EÒi:oÀµ.la (l'ardi- <p6c;, di cui sono esempi Mosè (ed A-
re) e la Èv 'tc'i'> ofov·n 'ltet.pp'flO"la 7CpÒc; bramo), si esprime nel pàdate mistico:
't'ovc; &.µdvovc; (la franchezza di paro- -çocra.ui:n o'apa xPii-taL 7tet.pP'flcrlq; ò
la opportunamente rivolta ai superio- 6:.cr't"ei::o<;, wO"'tE oò µ.6vov ÀÉ')'EL\I xat
ri) sono &.pE-tocl (ibidem 5); un olxE~ ~oav, àl)..'iio'll xat xa-tcx.~o&v i~ à.À.1}-
·nic; ha 7tCt.PP1JO"Lct verso il suo signore, itouc; 7tt<T'tEwc; xat &.7tò yv11crlov 't'ov
o't'av 1joLX'flx6·n µÈv fo.vi:c'i'> µl]OÈv crv- m'd}ouc; i>appEi:, <d'uomo colto usa di
VEtoij, 7t&.V't'Ct. 8'\11tÈp 't'OV 1CEX't1}µlvov una tal franchezza, che non soltanto non
xcxt À.eyov't't xat 7tpa't''t'OV'tL, «quando teme di parlare e gridare, ma anche si
ha coscienza di non aver mancato in sente libero di urlare, data la veracità
nulla e d'avere, anzi, detto e fatto tutto della sua fede e la genuinità del senti-
a favore del suo padrone» (ibid. 6). Co- mento» (ibid. r9). Pure tale parrhesia
sl anche «il parlare liberamente a Colui non è soltanto -t6À.µa; (ardire, temera-
che è capo e signore non soltanto di lui, rietà), ma d>'toÌ..µ.lcx. (audacia in senso
ma di tutto l'universo» (fì.Eui>Epo<T't'O· buono), oi6-.~ OÌ. CJO(j)OÌ miV'tE<; cplÌ..ot
mxppT)crlrx, 1t<XPPTJCTLa!;oµm B 2-3 (H. Schlier)
ì}Eou, xctt µ6:À.1<r't'a. xa.'t'à 't'Ò'J tEpw't'a- trono del Messia; descritti sono anche
't'ov voµoi7É't'l'}'J. 7tc.tppTJ<rla OÈ <pLÀlac; lo splendore che accompagna questo
cruyyEvÉç; É.rcd 1tpòc; 't'l'Ja liv ·ne; il rcpòc; stato ed il senso di gioia che ne viene
't'Ò\I t<X.U't'OU cplÀ.o'J 'Jtappi}<TL<i<TaL't'O;' loro, gioia che si manifesta nel canto
«poiché tutti i saggi sono amici di Dio, di lode. Il contrario è costituito dal-
soprattutto quando si tratta del sacro- l'impossibilità e pure dall'obbligo che
santo legislatore. Ora la libertà di pa- hanno i peccatori di restare esposti alla
rola è affine all'amicizia; a chi infatti si rivelazione di giudizio; costoro appaio-
può parlare francamente se non al pro- no nella tenebra ed abbassano lo sguar-
prio amico?»; Mosè è però chiamato cpl- do per p aura, vergogna e tristezza, im-
À.oc; i7EOU (Ex. 33,II) ... llpacrU't'i}ç µ€v plorando pietà con vano lamento (dr.
yàp a.Ui16:oouc;, cplÀ.ou oè i}appa.À.Eo't'1Jc; 47,2 ss.; 48,8; 51,5; 61,3ss. 9ss.): «In
ol~i:o'J, «giacché la tracotanza è pro- quel giorno si leveranno tutti i re e i
pria della persona presuntuosa, la sicu- potenti e i grandi... .e lo vedranno e co-
rezza invece è propria dell'amico» (ibid. nosceranno che egli siede sul trono del-
2 r ) . Cosl anche il '1ta.pp'l")cr1a~E<ii7cn o il la sua gloria e che giudicherà con giu-
iJappEl:v è connesso armoniosamente con stizia ... Allora verrà su loro il dolore ...
l'EvÀ.ci~mx. (ibid. 22 ss.), risultandone ed essi avranno paura e si getteranno
una trasformazione del paradosso stoi- con la faccia a terra ed il dolore li af-
co dell'unità di EÙÀ.a~ELa e Mp<roc; (~ ferrerà ... » (62,3-5); «Ma quel Signore
III, coll. u44.u46 s.): <Ì.1tÀ.1}<r't'wc; o\'.iv degli spiriti li scaccerà perché sparisca-
Eùwxouµa1 't'ou xp&.µa't'oc;, oµE àva7tÉ- no presto dal suo cospetto e la loro fac-
7tELXE µ1)'t'E liVEU EÙÀa~ELa<; 1t<X.pp'tlO'Lci- cia sarà coperta di vergogna e sul loro
~ECTila.1 µryfr CÌ.1ta.pp1JO'LaO""tWc; EÙÀ.a.~Ei: volto si addenserà tenebra profon-
crlla.1, «dunque bevo vino mischiato sen- da» ( 62,10 ); «Ma i giusti e gli eletti
za esserne mai sazio, ed esso mi ha con- saranno portati in alto dalla terra e
vinto a non far uso della libertà di pa- smetteranno di gettare la faccia a ter-
rola senza rispetto, e a non aver rispet- ra e saranno rivestiti con l'abito della
to senza libertà di parola» (ibid. 29 ). In gloria ... e la vostra gloria non passerà
questo contesto Filone pone in bocca a via dal cospetto del Signore degli spi-
Mosè una preghiera (ibid. 24 ss.) in cui riti» {62,15 s.). 63,r ss.; 69,26: «E ci
Dio stesso è chiamato 1i 7t<X.pp1Jcrla., co- fu tra loro una grande gioia ed essi lo-
sì che è evidente quale sia la fonte del- darono, esaltarono e glorificarono, per~
la 'ltctppl)<Tlt>:: aÀ.À<X. O'U µot, OÉO''JtO'tCX., ii ché era stato rivelato loro il nome del
'Jtct"tptç, O'Ù 1i ovyyÉVEL<X., O'Ù 'ii 7t<X.-CP<i1a. figlio dell'uomo ...»; 104,r ss. sp.ec. 4:
Ècr-i:la., O'ÌJ fi È'JtL't'Lµla., fi 7tll:pp1]0'la., Ò «Avrete una grande gioia, _come quella
µÉya:c; xa.t &.olo1µoc; xa.t &.\lix.cpa.lpE-coç degli angeli in cielo ..., non dovrete na-
7tÀ.OU't'oç, «ma tu, o Signore, mi sei pa- scondervi nel giorno del grande giudi-
tria, famiglia, casa paterna, diritto, fran- zio ... ». Ritroviamo 1tappTJcrla. in questa
chezza, grande e gloriosa e inalienabile accezione escatologica in 4 Esdr. 7 ,98
ricchezza» (ibid. 27 ). ss.: «La settima gioia dei giusti, più
gmnde di quelle già dette, è che essi
3. Una situazione caratterizzata dalla esulteranno con certezza, avranno una
7tCX.ppno-la. appare a più riprese, in con- fiducia incrollabile e gioiranno senza ti-
testo escatologico, nell'Henoch aethio- more; infatti essi sono prossimi a ve-
picus. In tutti i passi si tratta della ri- dere il volto di colui che essi hanno
compensa dei giusti: costoro stanno in servito in vita e da cui riceveranno lo-
piedi a fronte alta davanti a Dio od al de (Evùo!;oc;) e ricompensa ... Per sette
1tCXPP1}<Tfo.J 'TCCXPPT)CT~al;oµm B 3 - e I (H. Schlier) (v,877) 908
giorni essi hanno libertà di osservare, tività di Gesù e rientra anch'esso nella
in questi sette giorni, ciò di cui io dialettica della rivelazione del Gesù
ho parlato; poi verranno raccolti nelle
loro camere». L'opposto della settima giovanneo. Gesù, il portatore della ri-
gioia era stato menzionato già prima velazione, opera pubblicamente: Èyw
( 7 ,87 ): «Il settimo tormento, peggiore TCapp'l)<rlq; ÀEÀ.aÀ:rp'a 't'<!) xbaµ~· Éyw
dei precedenti, è che essi si consumano
7taV't'O'tE Éol&cd;a. È'll O'U'llll.')"W'YTI xa.t È'll
per la vergogna, si sciolgono dalla pau-
ra e si fiaccano dal timore perché de- 't@ lEp~, 01tOU 7tci'll't'Ec; ot 'Iov&a.i:ot O'UV-
vono mirare la gloria dell'Altissimo ÉPXO\l'taL, xcx.t È\I XPV'lt't~ ÉÀ.aÀ.TJO'll.
contro il quale essi hanno peccato in vi- OÙOÉ\I ... Ì:OE oi'.>-tot ot&cx.O'LV EL1t0\I Èyw,
a
ta e dal quale devono venir giudicati
nel giudizio finale». In Esdra la 7tCX.ppT)- «io ho parlato apertamente al mondo:
<rla. dei giusti che hanno servito Dio ho sempre insegnato nella sinagoga e
non è contrapposta soltanto alla vergo- nel tempio dove si radunano tutti i
gna (o all'infamia o alla paura) degli
empi, ma, quale libertà di appressarsi Giudei e non ho detto nulla in segreto ...
subito a Dio e di mirarne il volto, è le- ecco, essi sanno bene ciò che dissi» (Io.
gata alla fiducia, alla mancanza di pau- 18,20 s.). Il pubblico è il mondo, rap-
ra e, soprattutto, alla gioia. È conser-
vata qui quell'accezione veterotesta- presentato sia dai Giudei sia dalla sina-
mentaria di 7tctppl)<rlcx. che abbiamo vi- goga e dal tempio. L'opposto Év xpu-
sta in Giobbe. 'lt't<!), 'in un angolo, privatamente', sot-
Ricordiamo, infine, che nella lettera-
tolinea che il messaggio di Gesù non è
tura rabbinica 20 7tappr)O'la. appare co-
me esotismo (parhesia'), senza comun- «una dottrina esoterica e la sua comu-
que avere un'importanza particolare. nità non è una setta segreta» 21 • I o. 7 ,2 5
Ecco, in breve, i suoi significati: i . «a s. conferma quanto Gesù afferma in 18,
piena, ad alta voce», in contrapposizio-
ne a belil;iM, «sussurrando» (Deut. r. 20: oùx où't6c; Écr-cw 8v STJ'tOOcrw à.'lto·
2[199c]); 2. «pubblicamente», bprhs;', X'tEi:vat; xat toE 'ltapplJcrlq. Àa.ÀEi:, x~t
come opposto esplicito di h{n" (Taan. ovoÈv aò-.4) ÀÉyov<rLV, «non è forse co-
i6) o di bmtmwnjwt (T. Demai 2,9
[48)), bl;J'i (Gen. r. 17 [ 12 a]), bstr stui quegli che cer.cano di uccidere? Eì.I
(Ab. 4,4) «segretamente», oppure an- ecco che parla pubblicamente e ·aperta-
che senza riscontro negativo (M. Ex. mente, ma non gli dicono niente». A
12,31 [17a]); 3. «francamente» o «con
questo parlare aperto e pubblico si as-
letizia» (S. Deut. § 76 a 121 23 [90 b]).
socia l'idea del riconoscimento di Gesù
C. IL N.T. da parte delle autorità: µ:fjno'tE &.À:l')-
~wc; ~yvwcrav ot &pxov-.Ec; 8-n où't'6c;
1. Gli scritti giovannei. Nel quarto ÈO''t'LV ò Xpt<r-c6c;;, «i capi hanno per
vangelo il concetto di 7ttXPPTJCTla è as- caso riconosciuto veramente che costui
sociato in modo caratteristico all'at- è il Cristo?» (7,26 b). Io. u,54 riporta
22 wç manca nei codd. N D pcit"' syr e rap- ma appunto perciò 'in certo modo nascosta·
presenta un'interpretazione che ha presente mente'.
l'opposto di pubblico e manifesto. Gesù sale
a Gerusalemme apertamente, pubblicamente, 21 BULTMANN, f oh . .220 n. 2.
chiaramente dal fatto che il carattere zaro è morto'». Questo 1tet.ppYJO-lq. À.É-
messianico dell'azione pubblica di Ge- yew è del tutto concreto e significa
sù rimane nascosto agli occhi dei Giu- senza meta/ore e quindi apertamente,
dei: ÈXvxÀ.wo-av ovv et.ù-còv ot 'IovSaXot chiaramente, senza veli. Certamente in
xa.t t:Af:yov aò-tc!l· Ewc; 7t6't'E -c'Ì}v l}Jv- questo caso l'incomprensione dei disce-
:X.TJ'V T}µWv al'.pw;; El O'Ì> Et 6 Xpt0'-c6c;, poli non è determinata dall'immagine,
El7tÒ\I 1}µl:v mx:ppTJO"lq.. 1btexpltJTJ aù- ben nota, usata da Gesù, ma consiste
't"oi:'c; ò 'lTJO"Oi:!ç; Et'ltO\I ùµLV, xat où m- nel non capire, nonostante la presenza
O"'t"EUE't'E' .. IX Epya a. érw '7totw ... -ccx.v'ta di Gesù, che la morte è soltanto un
µa.p-rnpEL 7tEpt ȵov, «allora i Giudei gli ~onno: non hanno fede in colui che è
si fecero intorno e gli dissero: 'Fino a la risurrezione e la vita. Tale velamen-
quando ci terrai nell'incèrtezza? Se sei to di Gesù è legato essenzialmente e
tu il Cristo, diccelo apertamente'. Gesù necessariamente alla sua vita fino al
rispose loro: 'Ve l'ho detto, ma non cre- suo ritorno nel Paracleto. Adesso parla
dete: le opere che faccio ... sono queste per immagini ed enigmi, ma 'in quel
che testimoniano di me» (Io. 10,24 s.). giorno' Gesù annuncerà il Padre mxp-
I Giudei vogliono poter comprendere P'TJO"tct ( I 6 ,25 ss.): è il giorno in cui i
Gesù mediante una sua diretta testimo- discepoli pregano nel nome di Gesù e
nianza di sé, ma ricevono da Gesù la per i] · Joro amore e la loro fede saran-
risposta che una tale testimonianza pa- no accolti direttamente da Dio, il gior-
lese e pubblica è data nelle sue opere. no in · cui viene il nvEvµcx. -tfjc; à.À:n-
Certamente è solo la fede che può co- 1Mac; (16,13). La parrhesia di Gesù è
gliere questa testimonianza, la fede che dunque data con la presenza nel Pneu-
riconosce il carattere escatologico del- ma del Signore glorificato. La continua-
le sue opere. È solo la fede, ancora, zione del colloquio ( 16,29 ss.) mostra
a capire il linguaggio figurato di Ge- che il credente può penetrare il velo
sù, linguaggio che è conseguenza e mediante le -7 itapoLµlat.
specchio della sua rivelazione. Dopo
Anche in Mc. 8,32 'ltappl)O"l~ va in-
che Gesù ha detto (Io.n,u): Acisapoc;
teso in opposizione a È\/ 1trtprtBoÀ.arc;
ò rplÀoc; 1}µwv XExolµl)"tet.t, «il nostro e significa apertamente. L'evangelista
amico Lazzaro si è addormentato», e vuol dire che Gesù parlava senza im-
che i discepoli (come tiene a precisare magini, chiaramente e direttamente, del
mistero della propria passione, morte
l'evangelista: n,12 s.) lo hanno frain- e risurrezione nella cerchia ristretta
teso, il quarto vangelo continua (II, dei discepoli. A questo insegnamento
14): "tÒ't'E ovv EfotEv et.Ù't'oi:c; ò 'I11crouc; chiaro fa riscontro il modo oscuro in cui
egli parlava pubblicamente di queste
1ta.pp1)11lq: Aasapoc; &:.7tli}avEv ... , «al- cose (cfr. Mc. 2,19). La scena finale del-
lora Gesù disse loro chiaramente: 'Laz- l'intervento di Pietro (8,32b s.) mostra
1tCXPPTJO'la, 1tCXPPTJO'~ocl;oµcx~ e I (H. Schlier)
2·1 lo. 7,13: oulMc; µÉV'tO~ 1tttppl]O'lf[. t}..6.ÀE~ di Gesù. L'ox}.oç di cui si tratta qui è visto
'ltEpt cxù-.oii (scil. Gesù) s~a: -.òv cpo~ov 'tWV già in contrapposizione a coloro che hanno
'Iovlìm'.wv. Qui 'ltcxp(Yr)alq. significa in primo testimoniato col martirio; questa folla è pri-
luogo 'pubblicamente', ma dato che l'ambien- va della caratteristica della parrhesia dei te-
te è ostile, 'ltttppTJO'lq. Àa.)..Ei:v viene a significa- stimoni: la mancanza di paura.
re insieme 'parlare liberamente, apertamente' 25 Cfr. Prov. 20,9 --> col. 896.
1tctppT]dct, 1tCCPPTJC1~0:~oµa.~ e I-2 (H. Schlier) (v,880) 916
àxouEL l}µw\I o èà'J ahwµEi>a., ot8a.µEv si davanti al giudice che viene, non è
o·n EXOIJ.EV 'tÒ. a.l-t'fiµa.·ta. a Ti-t1ixttµEV umiliato né deve temere punizione
oc7t'aù-tou, «e questa è la certezza che alcuna perché, in fondo, la 7tappTJ<rtcx.
abbiamo nei suoi confronti, che ci a- non è altro che il riflesso del compi-
scolta se chiediamo qualcosa secondo mento delJ'amore divino per noi, il ri-
la sua volontà. E se sappiamo che ci flesso di quell'amore perfetto in cui di-
ascolta, qualunque cosa chiediamo, sap- moriamo. Questa permanenza nelJ'a-
piamo di avere quanto gli abbiamo chie- more, che non conosce paura perché os-
sto». Anche questa concezione è elleni- serva i comandamenti, si manifesterà
stico-giudaica (ovvero veterotestamen- nel giudizio futuro in quanto avremo li-
taria) e nel nostro passo si sottolinea bero accesso a Dio e potremo rivolger-
soltanto che si tratta di una preghiera ci a lui con franchezza: in una paro-
secondo la volontà divina; ma natu- la, in quanto avremo 'ltapp'TJC'Lc.t.
ralmente la volontà di Dio non è inte-
sa qui come nell'ellenismo giudaico. Di 2. Negli Atti degli Apostoli si parla
conseguenza c'è 1tCX.pp1)<rla., libertà di soltanto di 7tappT)crla. e nappi)crLa~E
accesso a Dfo, diritto e capacità di di- cri>m verso gli uomini. In quest'uso
re a Dio tutto, là dove l'uomo, guida· linguistico la 1tapp1JCTla. è così stretta-
to dallo Spirito ed ubbidiente ai co- mente consociata al Àa.Àe'C\I o 8LocX.-
mandamenti di Gesù, unito alla volon- C'XEL\I (4,29.31; 9,27 s.; 18,25 s.) degli
tà di Dio, si apre a lui nella preghiera. apostoli, che 7tcx.ppl)crtcX.sEo-l}at viene
La prima Lettera di Giovanni distin· quasi a significare 'predicare' (cfr. 9,
gue poi da questa 1t<XP.P'l1C1ttt presente 27 s.; 14,3; 18,26; 19,8). Il pubblico
la 7tapp1)CTla futura, quella cli cui si go· davanti a cui si esercita la 1ta:ppl)crla. è
de verso Dio, giudice e giusto OE0"1t6· costituito o dai Giudei in generale (2,
'tl]ç, il giorno del giudizio e della ·ve· 29,; 9~27 s.; 13,4§; 18,26; 19,8) o dal-
nuta di Cristo (z Io. 2,28; 4,17). Ab- le autorità giudaiche in particolare (4,
biamo già incontrato questa 7t<XpPl)crla 13; 26,26; cfr. 4,5ss.) O" da Giudei e
escatologica in Sap. 5,1 e soprattutto in pagani (14,3, cfr. 14,2 [28,31)) o da
4 Esdr. 7,98 ss. (~ coli. 894 ss.; 906 pagani e Giudei insieme eoi loro rap-
s.). Come in 4 Esdr. 7,98 ss. ed in He- presentanti politici (4,29.3i: ; . dr, .4,
noch aethiopicus, compare anche nel- 27 ): la ncx.pp'Y]crlct. si esercita dunque
la nostra lettera la contrapposizione di davanti al foro del popolo e delle istan-
mxpp'rJO"L!X. ed tX.lo-xvv'l'), ovvero di 1tttp- ze politico-giudiziali. Questo pubblico
pT)<rla e cp6~oc;. 7tCXpp1)crla è franchezza è visto sempre come ostile: Mm8e btt
verso Dio anche nel senso che chi ha -tàc; à:.netÀ.iX<; a.ÙTwv, «Signore, vedi le
1tO:pp1)crlcx. non ha di· che vergogn ar~ loro minacce» (4,29 ). O gni discorso
917 (v,880} 1tttpPT)C1L(1,, 1t«PPTJCTL6:.!;oµa.t e 2 (H. Schlier) (V,880} 918
pubblico diventa allora un discorso co- XELpwv a.u't'W\I (Act. 14,3 ). Lo stesso
raggioso o franco, cosl che bisogna tra- xuptoc; Gesù conferma la predicazione
durre sempre 'lta.ppT}crla. con franchez- 'aperta' dei suoi apostoli mediante se-
za e 'ltappT)cnciseo-i}m con parlare con gni e miracoli, e tale testimonianza per
franchezza, senza peraltro dimenticare mezzo di segni e miracoli accompagna
il carattere pubblico, la pubblicità di la predicazione potente e autorevole,
tale discorso (ad es. 4,29.31; 28ar; 9, accompagna il 7ta.ppT)crtci~E<rì}a.t; cfr. 4,
27 s.; 14,3; 18,26; 19,8). Negli Atti il 29 s.: xa.t 't'à. \IU\I, xvptE, fotoe ht 't'à.c;
significato di 'ltr.t.ppl]o'lcx. è determinato CÌ.7tEtÀ.cX<; r.t.U't'W'\I, xa.l oòc; "t'OLç oovÀotc;
in modo radicale da una situazione di crou µE't'cX 7ta.ppY)crlccc; mJ:crric; ÀaÀ.E'i:\I
professione di fede. Pure non va trascu- 't'Ò\I Myo\I crou, Év 't'<l) i:i}v XEtpa. EX't'EÌ.-
rato un terzo momento. Secondo Act.4, \IEL'\I CJ'E Ei.c; ì'.a.o-w xa.t crt}µEt:a. xat 't'É-
r 3 le autorità giudaiche si meravigliano pa.'t'a yl\IECJ'tJtu ot« 't'oli 6v6µa't'oc; 't'Oli
per la 1t<XPPTJO'lr.t. degli apostoli Pietro e rl.ylou 1taLo6c; crou 'lt}crou, «ed ora, Si-
Giovanni, perché essi erano «persone gnore, considera le loro minacce e da'
non istruite e semplici», a\ll}ptù'JtOt ai tuoi servi di annunciare la tua paro-
ci:ypaµµa.'t'ol dow xr.d iot<.7na.t. La lo- la con ogni potenza, mentre tu stendi
ro mippricrla. non va dunque confusa la mano perché si compiano guarigioni,
con la 1ta.ppt]crla. di coloro che si sono segni e miracoli nel nome del tuo san-
impadroniti dell'arte della parola con to servo Gesù». II versetto che se-
lo studio: essi hanno un'altra 'potenza gue (4,31) mostra come questa parola
di parola'. 'ltappY)CTLr.t. viene dunque an- pubblica, franca e potente dei servi di
che a significare potenza di parola, o Dio, gli apostoli, concessa da Dio e
comunque tale è l'aspetto sottolinea- convalidata dal xuptoc;, sia resa possibile
to in questo passo. Una tale ?ta.ppT)CTla in una situazione di professione di fede
è data dal xuptoc; ai suoi servi. In Act. soltanto dallo Spirito: xa.t OEt}tJE'\l't'W\I
4,29 riaffiora, ora in una prospettiva a.in:w\I ÈcraÀ.EVtJT) o 't'6'1toc; E\I é;i ficrav
cristiana, l'idea <::he il oovÀ.oc; non ha, cruvT)yµÉ'\loL, xat É7tÀ.TJCT~T)CT<X\I i'X:n:<X'\1-
in quanto tale, 1tct.ppTJO"Lr.t.. Certamente 't'Ec; 't'oli rl.ylou_ TI\levµa.'t'oc;, xa.t f.Àa-
la 'ltapp'T)o-la. d~gll apostoli è basàta «sul Ào_uv 't'Ò\I "Myo\I 't'OV lJEOU µe-.à. 7ta.p-
Signore che rendeva testimonianza al- pT)crla.c;, «e dopo che ebbero pregato, il
la parola della sua grazia, concedendo luogo dove erano radunati fu scosso e
che per le loro mani si compissero se- furono tutti riempiti di Spirito santo e
gni e prodigi», '1tctPPTJCTLa.s6µe\lot È'JtL annunciavano la parola di Dio con
.-@ xuplcp 't'Q µa.p't'UPOV\l't'L É7tL "t'4) franchezza». Anche Pietro aveva parla-
My<p 't'l)c; xapt-toc; a.u"t'ou, otoo\l't'L 0-ri- to (4,8) 7tÀ.t}O'tJdc; 'lt\IEVµa.'t'oc; O:.ylou.
r.1.E"Lix. Xct.L 't'Épr.t.'t'a. ylvEo-ì}a.L otà. "t'W\I Act. 18,25 s. descrive la medesima si-
919 (v,880) 'TtCX.PPlJO'(CX., 7tCX.pp1]0'LtX~oµcx.~ e 2-3 (H. Schlier) (V,881) 920
tuazione: Apollo; che era «fervente scoperto che gli uomini, a differenza di
di spirito e parlava e insegnava accu- quanto avvenne ad Israele con Mosè,
ratamente le cose riguardanti Gesù» possono guardare: 3,13): chi alza il
n\IEuµa.-.L H..<XÀEL xcx.t éol-
( 1'.,Éwv -.<';> volto scoperto verso Dio lo volge si-
oa<TxE\I axpLf3Wç -.<X. 1tEpL 't'OV 'l11crov),milmente scoperto agli uomini. Una ta-
«cominciò a parlare francamente nella le franchezza della vita apostolica è però
radicata nel dono dell'evangelo e nel ser-
sinagoga», oiJ't"oç 't"E -ijpE,a-ro 7ta.pp1]0"La-
SE<T~a.t É\I 'tfj <T1Ncx.ywyl}. La parrhesia vizio all'evangelo, servizio che è otaxo-
dell'apostolo che proclama Cristo con vl11. 'tOU 'ltVEUµa't"oc; e 'tfjc; ot.xato<TU\11]<;
franchezza e potenza davanti al mondo (3,7 ss.). L'apostolo può pertanto volge-
ostile è un carisma. re liberamente il volto verso Dio e verso
gli uomini perché egli serve la o6E,a
3. Anche negli scritti paolini e deute- duratura che suscita una speranza in-
ropaolini viene posta in evidenza la crollabile (3,7 ss.). Cosl la 1tapp1J<Tla si
parrhesia cristiana, in particolare quel- manifesta negativamente
·.--..,
come un non
la apostolica . La parrhesia rappresenta dover celare alcunché e positivamente
una dimensione preminente dell'esi- come riflesso della gloria permanente
stenza cristiana in generale ed aposto- colta nella speranza. La schiettezza della
lica in particolare (Phil. 1,20; Eph. 3, vita apostolica fa di questa uno spec-
1 2) e si manifesta nella predicazione chio della o6E,cx. xuplov nella quale essa
dell'evangelo (Eph. 6,19 s.). In questo vita viene sempre più trasformata dal
contesto 7ta.pp'r]O"(a è franchezza verso 'ltVEiiµa (3,18). Gli aspetti del concetto
Dio (.2 Cor. 3,12; [Phil. 1,20;] Eph. 3, di 7tetppr)crl11. trovati in 2 Cor.3 vengono
I2 ) e verso gli uomini ( .2 or. 3' 12;e in parte confermati da altri passi pao-
Eph. 6,20; 1 Thess. 2,2; 2 Cor. 7,4; 1 lini. Eph. 3,I2: tv 4> ÉXOµEv 'tTJ\I 1tlX.P-
Tim. 3,13; Philm. 8), ma include an- P'l'JOfav xaì. 7tpOCTaywy1)v b1 1tE1tOdH1·
che la franchezza nell'evangelo (Eph. cm otb. 'tijç 'lt(O"'t"Ewç 11.Ù't"ov, «nel qua-
6,19 s. ; r Thess. 2,2 ss.). Soprattutto le abbiamo la libertà dell'accesso nel-
quanto Paolo viene dicendo in 2 Cor. la fiducia mediante la fede in lui»: l'ac-
26
3,12 ss. fa vedere come per l'aposto- costamento di 7tappl)crlrx. e 7tpocretywy1J
lo la 7t0Cppricrla. verso Dio (il volto sco- mette bene in evidenza il carattere di
perto di Paolo che guarda direttamen- franchezza verso Dio della 7tappl)crla 27 •
te verso Dio: 3,18) comporti p_oi la Chi è in Cristo ha ritrovato la libertà
7tappTJ<Tl1X. verso gli uomini (il volto nei confronti di Dio e gli si può avvi-
cinare fiduciosamente; può stare a fron- Xptcr-rou 'liJO"OU produce una tale 1ta.p-
te alta e libero davanti al Signore e piJcrlrx.: olorx. yàp éhL 'toti't6 µoL l.t.1to~1J·
Giudice senza dover abbassare lo sguat· O'é'tat EL<; crw-r11plrx.v OLCx 'tijc; vµWv oeii-
do, può sopportarne la vicinanza. La CTEwc; xrx.ì. Émxop11ylac; 'tou 7'\levµa.'toc;
franchezza verso gli uomini è invece 'Iricrou XpLO''\'OU, XCX.'t<Ì. 't'Ì)\/ !i'ltO:X:ctprx.oo-
affermata in Phil. I,20; Eph. 6,19 s.; I xlcx.v xcx.ì. D..rtlocx. µou lhL è.v o\ioEvL
Thess. 2 , 2. In 2 Cor. 7,4 'It<ZPP!JO-la. ha al.crxwt}1Jcroµa.i, IJ.}.),.'Év rt&.0'11 rtappl)-
un significato leggermente diverso in crlq. wc;
7ta\l-rO't'E X<J.Ì \IU\I µeycx.Àuvìhi-
quanto la 'franchezza' o la 'libertà' di O'E'tctL XpLO''tÒç ÉIJ 't<r> crwµrx.'tl µou, E('tE
Paolo verso i Corinzi, che si fonda sulla otà ~wf)c; EhE OL!Ì -&cx.\ltt'tOU, «SO, in-
giusta disposizione del suo cuore nei fatti, che questo tornerà a mia salvez-
loro confronti, significa quasi simpatia. za mediante la vostra preghiera e l'as-
In Philm. 8 ritroviamo invece quell'ac- sistenza dello Spirito di Gesù Cristo,
cezione di mxpp110-la. che confina col si- secondo la mia attesa e la speranza di
gnificato di Él;oucrla. In I Tim. 3,13 si non venir deluso in cosa alcuna, ma
tratta probabilmente della 7'<.tppl)crla. nnzi che Cristo, anche ora come sem-
verso Dio e gli uomini: se vogliamo de- pre, venga glorificato con tutta fran-
finire questa 7ta.ppl)ofa. in base alla sua chezza nel mio corpo, sia con la vita
espressione concreta possiamo dire che sia con la morte» 29• Proprio tali affer-
essa è «la parola gioiosa, assolutamen- mazioni ci fanno vedere ancora una vol-
te libera e spontanea, usata sia nella ta quale sia la natura di questa 1t<J.fJpl)·
preghiera sia nei rapporti umani» 211 • crla: essa abbraccia sia la franchezza
Questa mxppricrla presuppone il xa.À.wç verso Dio sia la franchezza verso gli uo-
OLaxovE'i:v e si fonda Év 1tlO''tEL 'tTI E.v mini; si contrappone all'ignominia in
Xptcr-rt;> 'Iricrou. Già in Eph . 3,12 (~ cui ci si consuma e rappresenta la glo-
col. 920} era stato detto che noi abbia- ria in cui si è glorificati. Caratteristico
mo una tale 1tctppl)crla «in Cristo», di Phil. I,19 s. è il presupposto dell'u-
td ora I Thess. 2,2 mostra che si tratta nità di Cristo con l'apostolo: se l'apo-
di UD 7tG.ppr)CrL6.SEO't}CX.L t\J 'téii 17E<l.J stolo non viene dduso, allora Cristo sa-
1Jµwv: «dopo aver sofferto ed essere rà magnificato 'nel suo corpo' con tut-
stati oltraggiati a Filippi, come voi ben ta 'franchezza'. o 'libertà'.
sapete, avemmo nel nostro Dio la fran- Soltanto Col. 2,15 parla della 7tCX.pp'r)-
chezza ed il coraggio per annunciarvi O"LCX. del Cristo glorificato: «egli, aven-
l'evangelo di Dio in cosl tremenda lot- do disarmato i Principati e le Potenze,
ta ». Phil. I,19 s. accenna che il 'lt\IEuµcx. ne fece pubblico spettacolo, avendo
trionfato su loro in lui». Dato però net fermo sino alla fine il principio del-
che l'idea di uno spettacolo pubblico la nostra condizione». Ò1tocri;occrtç è l'e-
è contenuta già in 8Etyµa't'lSEW (~ II, spressione formale della 7ttx.ppncrla. e
coll.819 s.), ci si può chiedere se É..v 'ltct.p- del xavxnµa che abbiamo nella speran-
P'Jl<Tl~ non voglia sottolineare l'È~ovi;la za; ed è vero che ne abbiamo soltanto
di Cristo, la sua superiorità, più che 11 l'tipxn. Il 'contenuto' della 'lta.ppl]crlo.
carattere pubblico del trionfo od anche è la libertà di accesso a Dio, la potestà
l'audacia del vincitore. di entrare nel santuario, la franchezza
per la nuova via vivente che Gesù ha
4. La Lettera agli Ebrei. In questo inaugurato per noi (ro,19). Tale 1tap-
scritto 1tappt]irla. ha una parte abba- pricrloc è data con il «sangue di Gesù»
stanza importante 30; il nostro termine (ro,19) ed è radicata nel sommo sa-
sig!lifica anche qui un aspetto primario cerdozio di Cristo (4,14 s.). L'evento
dell'esistenza cristiana. È stato giusta- salvifico che è avvenuto in Gesù e che
mente detto 31 che 1tapprii;la ha qui un ha pervaso tutto il cielo ci ha procura·
carattere particolarmente oggettivo: to la parrhesia e ne ba reso possibile
«Si h~ parrhesia non soltanto come un l'esercizio. La 1tOCppTJ<Tl<t si manifesta
puro atteggiamento soggettivo, ma co- nella fiducia e nella franchezza che non
me acquisizione di una realtà oggettiva deve provare vergogna quando si tro-
preesistente; la si tiene fermamente va davanti al giudice . celeste (4,16).
non soltanto restando fermi nella fede, Tale 7ttx.pp'l)afa dà prova di sé nella
bensl tenendo saldamente con la spe- pazienza con cui si affrontano le soffe-
ranza il presupposto della fede». La renze ( IO.J4 ss.), esige «un cuore sin·
1tappl)i7la. è dunque data in concreto ceto in pienezza di fede» ( aÀ:l')iltV'lÌ xa.p-
con l'oggetto . della nostra speranza e ÒLOC Èv 1tÀl}pocpopt'.q. 7tLCi't'Ewç) e presup-
·si esplica ora in una esistenza vissuta pone una coscienza pura ed il battesi-
conformemente a tale 'franchezza' che mo (rn,22). Essendo quindi una tale
l'ha perfettamente assimilata. Hebr. 3, libertà sulla via che porta a Dio, 1n
6 esorta a mantenere ferme «sino alla -p;appl)crla. nasconde in sé una ricom-
fine la franchezza (mxppl)crla.) e la ·spe- pensa: il conseguimento della speran-
ranza di cui ci gloriamo (-tò xaùx'r)µa za. Se la parrhesia è conservata fede].
·tfjç H:itl8oç)», e poco oltre leggiamo mente, si attua già ora, nella partecipa·
( 3,14): 't'Ì)V &.px1Jv 't'T)ç Ù1tOC1'tMEWç zione salvifica a Cristo, la salutare ap·
µéxp~ -rH.ovç ~E~tx.lcx.v XCX.'t'CX.<TXEi:V, «te· partenenza alla sua casa (3,14.6).
32 Questo motivo del oovì..oc;, trasferito ad al- const. ap. 2,28,6; dc. anche ac/. Thom. 81.
tre condizioni, ha ancora una sua parte in
!J27 (v,883) 1tct.pp1]ulu.., 7tct.ppT]ut6.l;oµat D 1-2 (H. Schlier)
33 Cfr. la formulazione letteraria di questo a- ">.fjç xpa.vyijç ytyovo'tOç l7tt 7tct.pPTJe7lrtv &.va.-
spetto in Athenag., suppt. u,1 s.: bu,-pll)ict.1'E yayEi:v, wç l7tl ~CX.O'L">.ÉWV <pLÀO<T6q>WV 1bOÀO·
tv,-av&a "Tou .Myov l~«xovcr"Tov µt"Tà 'ltoÀ- yovµEVOV .
eµ1totOU\I 7tpÒc, "'t'Ò\/ l}Eo'll, xat E\l'tEUbE\I µÉvEc, Eicrtv EUOtot, ot iEpot 't'WV µa.p'tu-
Ecr'tt xa'\aµaiMv, «anche da ciò si può pwv urpcol, «li facciamo (scil. i martiri)
comprendere di che natura sia il marti- ambasciatori delle preghiere e delle
rio e quale franchezza verso Dio produ- suppliche per l'eccellenza della loro
ca»; Chrys., in sanctos martyres Ber- franca parola. Cosl sono superati i bi-
nicen et Prosdocen 7 (MPG 50,640): sogni, guarite le malattie, estinte le
7tOÀ.À.i}v yèJ..p ~XOU<n 7tapp'l'}<Tlav ovxt minacce delle autorità; i sacri recin-
SWCTC1..L µo\/O\I, Ù.À.À.èJ. xat 't'EÀ.tu'\'I)<TMat, ti dei martiri sono porti tranquilli,
xat 7tOÀ.À.Q µocÀ.Àov 'tEÀ.Eu'tl}<rMat. vuv al riparo da tutte le tempeste e i pe-
yèJ..p 'tèJ.. O"'tlyµa"t'a q>ÉpouO"t "t'OU Xpt- ricoli della vita». c) Anche il marti-
O""'t'OV, «le anime dei martiri hanno infat- re vivente, cioè il confessore, gode già
ti una grande franchezza non solo in vi- di questa TCct.ppr)CTta., come fa notare
ta ma anche dopo la morte, anzi molto Chrys., in sanctos martyres Bernicen
più dopo la morte. Infatti ora hanno et Prosdocen 7 (-7 sopra), e non è
le stigmate di Cristo»; Chrys., adver- il solo ad avere tale prerogativa: gli si
sus Iudaeos 8,6 (MPG 48,937): xa-ra- affiancano il santo, l'asceta, il misti-
cpvync,... 1'pÒc; 't'OÙC, cplÀ.ouc; C1..U't'OU' 'tOVC, co 36• «Solo chi ha visto Dio può pre-
µap"'t'upac,, -roùc, &.ylouc;, xcx.t -coùc, EÒTJ- garlo in verità, può ringraziarlo conve-
pEO"'l''l'}X6'\ac; aù-cQ xat 'ItoÀ.).:f,v itxov- nientemente, può invocarlo e anzi chie-
-cac; 1tpòc; a.u'\Òv 7tappTJO"la.v, «trovi ri- dergli qualsiasi cosa; egli ha libero ac-
fugio ... presso i suoi amici, i martiri, i cesso a Dio, ha TCa.ppì')<Tla. e può ri-
,;anti che gli sono piaciuti ed hanno ver- volgersi a lui e parlargli come un ami-
so di lui una grande libertà»~- Come ri- co all'amico», cosl dice Holl 37 parlan-
sulta dalle citazioni, questa 'lta.ppì')oia do dell'asceta mistico e adducendo
è fondata sul martirio 35 ed esprime il una serie di passi da cui scegliamo solo
rapporto con il OE0"7t6'tl]C,, di cui cer- due esempi. Simeone il Nuovo Teologo,
tamente il martire è diventato q>lÀ.oc;; or. I 5 33 : XPii o~v 'ltpO't'Epov m<T'tEU<Tc.tt
essa si esprime nell'intercessione per l'o- xa.L xa.-taÀ.À.ayf}va.t ftE~ xa.i 't'6-tE ~aÀ
rante e soprattutto per terze persone; À.Etv (.d1-.<';>, auyyvwµT)v al-rouv't'o<; 7tp6-
cfr. Asterios, hom. ro: in sanctos mar- 't'Epov 't'OU \fl&.À.Àov't'oc;, wv i)µcx.pnv,
tyres (MPG 40,317 C): 7tpEO'~EU'tèJ.ç a.Ù- «bisogna prima credere ed essersi ri-
'tOÙC:, "C'Wv Eùxwv xa.t ai't'r]µa-rwv, otèJ.. conciliati con Dio e poi cantargli le lo-
'tÒ U1tEpBtiU.ov 't'fic; 7tapp1Jcrla.c;, 7tOtou- di; in primo luogo colui che salmeggia
J..l.EV. ~vnui}Ev 1tEVtC1.L À.VO\l'tat, xa.t chiede perdono dei peccati commessi»;
la.'t'pEVO\l't(U \IO<TOL, xa.t &.px6v'tWV v. anche ethica I3 C, foglio 316, rec-
&:1mÀat xotµlsOV'tC1.L' 'Jta.<TW\I OÈ 'tWV to 39 : xa'tà yèJ.p -r'Ì)v &.va.Àoyla.v 't'iic;
-ra.pa.xwv xaL XEtµwvwv -rou Blou Ài- µE't'C1.\IOta.c, à.va.À.oyou<Ta.v EÙplCTXEt 't'Ìl\I
34 Questo e altri passi sono citati in -> PETER- Abhandlungen (X,933) 649.
soN 294, il quale mette in evidenza anche l'ele- 3~ Ricca documentazione anche per questo a-
mento stereotipo della menzione della 1ta:pP"l}- spetto in --') PETERSON 29,~ .
ala. dei martiri nella letteratura posteriore. 37 K. HoLL, Enthusiasmus tmd Bussgewalt
beim griech. Mo11cht11m (x898) 73 ss.
35 Le sue opere, la sua fede, le sue tentazioni
33 HoLL, op. cii. (-> n . 37) 73 s.; nella tradu-
e la costanza acquisita in esse gli danno la
1tUPP'fl<rla;, come commenta Fozio di Costanti- zione latina di Pontano (MPG 120,388 AB).
nopoli a Hebr. 10,35. Cfr. K. STAAll, Pa11lt1s- 39 Reperibile a stampa solo in HOLL, op. cit.
=
komme11tare aus der griech. Kirche Nt.liche (~ n. 37) 74·
nfu;, amxç (B. Reicke)
7tpòc; i>EÒ\I mxpp11crla.v xa.ì. olxet6't''l'}'t'<X. di una tale 'ltO:PPTJO"la.: xa.t xa.-ta.~lw
7tii<; &\li>pwnoc; xa.t -ta.V't')'}V y\IWO'-twc; O'OV 'I̵iiç, 8Écr7tO't'<X. q>tÀ.a\l~pW7tE, ~'tà
xa.t Évo:pywc; xcd wc; Ehtc; q>lÀ.oc; 7tpÒc; 7ta.ppricrla.i;, 6:.xa.-ta.xpl'twi;, ~v x<X.i7a.p~
<plÀov xo:t 1tpocroµtÀsi a.ùi:~ 7tpocrwm~ xa.pol<t, \)Juxi) O"U\l"CE't'ptµµivl}, à:\/E1t0:t-
7tpÒc; 7tp0C1W7t0\I xa.i Òp/i, a.Ù't'Ò\I \IOEpoic; o")~U\l't~ 7tpocrwm~, T}ytM"µé'llotc; XElÀE-
o<p~cxÀµo~c;. «infatti ognuno trova a se- O't, 'tOÀµéiv ÉmxtX.ÀEtO"i7a.l O'E 'tÒ\I ~\I 'tOtc;
conda della misura del pentimento una oùpa.\loic; &yto\I 0EÒ\I Ila't~pa xat ÀE-
proporzionata libertà e familiarità ver- yew ... , «e rendici degni, o Signore be-
so Dio e le ha in modo chiaro ed eviden- nevolo, di osare d'invoca.re te, il Dio
te e conversa con lui da amico ad amico santo che sei nei cieli, con piena fran-
e lo vede da faccia a faccia con occhi chezza, innocenti, con cuore puro, con
d'intelletto». anima contrita, a fronte alta, con labbra
santificate, chiamandoti Padre e di di-
3. Il rapporto tra 7tapP1)o-la. e pre- re ... » 40 • Ogni preghiera richiede 7tc.tp-
ghiera viene mantenuto ed approfondi- pno-la, ma la richiede soprattutto quel-
to ulteriormente. In un punto esso è la che esprime il nostro rapporto filia-
ancora oggetto di una particolare di- le con Dio: Ot<t.i; yàp 'téi) ÀÉyO\l't'L XPElC1.
scussione. Secondo Origene (orat. 22 , 1 "1ux'l}c;! ocrric; 't'ijc; nappT]O"la.c;! ota.c; i:i)ç
[GCS 3,346,18 s.]) il fatto di chiama- O'U\1Eto1]0'Ewç, «di quale animo ha bi-
re Dio 'padre' è espressione di una spe- sogno colui che dice 'Padre', di qua-
cifica 'lta.pp110-la. neotestamentaria, di le franchezza, di quale coscienza, se
una nappTJO"La. che non esiste nell'an- ha conosciuto Dio!» (Greg. Nyss., de
tico patto. Per questa ragione nella li- oratione dominica, or. 2 [MPG 44,
turgia di S. Giacomo anche il Pater xr40 CJ ).
noster viene preceduto dalla richiesta H. SCHLIER
miç, &mx.<;
SoMMARJO: b) senza articolo;
A. Uso grammaticale di niic; ed 11.n~ 3.&.7t~.
nel N.T.: B. Uso teologico di 11éiç:
1. '!tiiç aggettivo; x. Dio creatore e signore dell'universo se-
a) con articolo; condo l'A.T.;
b) senza articolo; 2. '7téiç nei LXX;
2. '!taç sostantivo: 3. '!téi<; nel p_ensi(:ro greco ed ellenistico,
a) con articolo; 4. 11éiç nel N.T.
le» (Act. 2,36: espressione veterotesta- cr11 't'TI µvElQ. vµwv, «rendo grazie per
mentaria, come la seguente); hcL mx.v- il grande ricordo che avete di me»
'tÒ<; 1tpocrw'ltou 'tfjc; yfic;, «sull'intera (Phil. 1,3)4; rciicra.v 'tYJV µiptµWt.V
faccia della terra» (Act. 17,26). Al plu- ùµWv, «tutta la vostra preoccupazione}>
rale: tutti; nacra.L at YEVEa.l> «tutte le (IPetr. 5,7).
generazioni» (Mt. l,17); mina. 't'à. P11- Uso attributivo; questo rapporto più
µa:ta.. 't'CY..U'tct, «tutte quante queste vi- stretto con il nome tende a mettere in
cende» (Le. l,65). Anche con participi evidenza il contenuto del tutto nella
sostantivati: mi\l't'Cl 't'à yEvoµEva., «tut- sua interezza 5, cosl che si perviene ad
to quanto l'accaduto» (Mt.18,31) e con un significato aggiuntivo: tutto intero,
una locuzione prepositiva sostantivale: nel complesso, tutto quanto, general-
7taV't'E<; oL Év 'tTI oì.xl~, «tutti gli abi- mente; ad es. -.òv rc<iv-.a xp6vov, «per
tanti della casa» (Mt. 5,15); 1taV't'E<; ot tutto questo tempo» (Act.20,18); ò rc<Xc;
aùv cx.1hQ, «tutti i suoi compagni» (Le. v6µoç, «tutta quanta la legge» (Gal. 5,
5,9); con pronomi, ma senza articolo: 14 ); ot crùv ȵot rcciv"t'E<; &.oEÀ.qiol, «tut-
1tàV'tE<; 1)µE'ì:c;, «tutti noi» (Act. 2,32); ti quanti i fratelli che si trovano con
11:a\l-tE<; ou'tOL, «tutti costoro» (Act. 2, me» (Gal . 1,2).
7); È1tÌ micrw 'tOV'totc;, «sopra tutte
queste cose» (Col. 3,14). Con articolo b) Senza articolo
determinativo generico: valore distri- Significato elativo: tutto, massimo,
butivo; con participi: chiunque, qua- pieno, puro. In questa accezione 7t~
lunque, tutti i possibili (corrisponden- ricorre nel N.T. soltanto con astratti:
te a mxc; OCT'tL<;), ad es. 1t<ic; ò òpyt.s6µE- mia-cx. È~ovcrla., «piena autorità» (Mt_
voc;, «chiunque si adiri» (Mt. 5,22); 28,18); µE-t~ 7tapp'r)crl11.c; 1taO'l)c;, «con
7tfi.v 't'Ò 7tWÀovµEvov, «qualunque cosa la massima franchezza}> (Act. 4,29); Èv
si venda» (I Cor.ro,25); 7tcl.V't'E<; ot xa.- rc<i011 &.cr<pa.)..d~, «con tutta sicurez-
xwc; ~xovnc;, «tutti i malati possibili» za» (Act. 5,23; cfr. 17,11; 23,1; 24,3);
(M1.4,24); con locuzioni preposizionali: rcpòc; 1tfi.tra.v CTVVElOTJOW àvi}pwTtWV,
mx.v-tE<; ot dc; µa.xp&.v, «tutti i lontani» probabilmente «per ottenere la massi-
(Act.2,39). In questi casi rcii.c; è da con- ma benevolenza 6 da parte degli uomi-
siderare un rafforzativo dell'articolo ge- ni» ( 2 Cor. 4,2 ); È.V 1tttV'tt mi.V'tO"CE 1téi.-
nerico. Significato elativo (amplificati- cru.v mhapxEta\I EXOV'tE<;, «avendo sem-
vo): tutto; ·mi<r<x. Ti yvW<Ttç, 7tl<T't't.<;, «la pre in abbondanza tutto quanto vi po-
massima scienza e la più grande fede» tesse servire in qualsiasi bisogno» (2
(I Cor. 13,2); btt 1tMtl -ci} 1})..llf/Et Cor. 9,8: forte enfasi); inoltre 2 Cor.
1)µwv , «in tutta la nostra grande affli- 12,12; Eph. 4,2; Év 1tWTn 1tpocrxap't'e-
zione ( 2 Cor. l ,4); EÙXaptO"'t'W È7ti mi- pl]an xa.L OEi)CTEt, «con la massima co-
stanza nella preghiera» (Eph. 6,18); 'toc;, «quando qualcuno ascolta» (Mt.
7
Phil. 1,20 ecc. Nel greco profano ·mie; 13,19); 'ltct\l'°'t òcpe:lÀ.o\l"t'L, «ad ogni de-
ricorre in questa accezione anche con bitore» (Le. I I '4 ). In certi casi la tota-
nomi concreti: ·mie; xa.Àx6c;, miv élpyu- lità viene messa da parte per far risalta-
PLOV (rame puro, argento puro) 8 . te un singolo elemento: M.v cruµcpwvl)-
Significato distributivo: ogni, ciascu- O'wow ... 1tEpt 7tctV"t'Òc; 7tpliyµa:coc;, «se
no. In senso generico ciascuno conside- due di voi sono d'accordo su di una co-
rato singolarmente all'interno di un sa qualsiasi» (Mt. I8,19); xa-rà. 7téio"a.v
gruppo (non è però cosi individualiz- a.l.-la.v, «per una qualsiasi ragione»
zante come EXetO'-roc;, ognuno preso per (Mt. 19,3); µ'Ì} 'Tt(/.,\l'tt 'lt\IEuµa·-n m-
sé 9 ). Al plurale: tutti; TCéio"a cpcipay!;, cneue:.-e:, «non credete al primo Sfirito
TCiiv <lpoc;, «ogni valle, ogni monte che si presenta» (1 Io. 4,1), ecc. 1 Co-
(sulla terra)» (Le. 3,5); TCMa. crap!;, me nel greco profano un 7tiic; con una
«ogni essere» (Le. 3 ,6: espressione ve- particella privativa significa qualcuno
terotestamentaria); Elc; 1tcX\l"ra. i:61tov (ad es., &vw 1tlX.V"t'Ò<; [\m]oMyov, «sen-
'°'fjc; 1tEPLXWpov, «per ogni luogo dellà za qualsiasi riduzione»: P . Leid. P .
regione circostante» (Le. 4,37); mie; 32 11 ), così nel N.T. il rtéic; insieme con
&vi}pwnoc;, «ogni uomo (della terra)» où o µ1] ha un significato ancora più li-
(Io .1,9; 2,10); n<iv-ce:c; &v~pw'ltot, «tut- mitativo per influenza dell'ebraico (lò'-
ti gli uomini» ( Act. 22 ,r 5); 7tav-m; &y- kol) 12 e viene a significare, nella mag-
yr),ot, «tutti gli angeli» (Hebr. r,6); gior parte dei casi, assolutamente nes-
micra à.px-fi xa.t TCfiO'a È!;,oucrla., «ogni suno: ov 7tliv pi}µa, «assolutatnente
Principato ed ogni Potestà che ci sia» nessuna cosa» (Le. 1,37); o~OÉ7tO"t'E
(r Cor. 15,24); 'ltlicra. ypetq>Tj, «ogni Eq>a.yov TCfi.v xow6v, «non ho mai man-
scrittura» (2 Tim. 3,16). Può anche giato alcuna cosa che fosse minimamen-
avere semplice valore indefinito: o- te immonda» (Act. 10,14); '.ltfic; My-0c;
gni, qùalsiasi, qualunque, qualsivo- (Tt1-7tpòc;... µ1) ÈX7topwfo~w, «non vi e-
glia, ecc.: 7tliV OÉ\IOpO\I µ1} 7t0LOU\I Xetp· sca neanche la minima parolaccia»
7t6v, «qualunque albero che non (Eph. 4 129). In Mc. 4,13 abbiamo, per
porti frutto» (Mt. 3,10; Le. 3,9); TC6.- analogia, un 7tfic; predicativo con arti-
C1(J,, vo<loc; xa.t TCii(Ta. µa.Àaxla., «qual- colo, che ha questo significato: 7twc; ·mi·
siasi malattia e qualunque infermità» O'ac; -.àc; TCa.pa~oÀàc; yvwO'E<Ti>e:;, «co-
che si potesse presentare (Mt. 4,23); me potrete mai capire le parabole?» (in
miv cXµap't'Y}µa., «qualsiasi peccato» (1 questo caso c1 si potrebbe anche imma-
Cor. 6,18 ); 7tiiv Epyov &.ya.Mv, «ogni ginare un 7tav-rwc;). Cfr. per tutti que-
opera buona» (Tit.1,16; 3,I); 7t6.c; live:- . sti casi il classico òo-..Lcrovv, che manca
µoc; 'tfjc; OLOetÒ'X(J,,À.l(J,,c;, «qualsiasi vento nel N.T.
di dottrina» (Eph. 4,14). È usato rara-
mente col participio: 7t(J,,\Ì'tÒc; &.xoùov-
7 PREUSCHEN·BAUER' xx50 § . r a 5. Cfr. inolc Le. 4,37: Elç 1tét.V't'OC -r61tov -ri'jç 1tEP~x.wpov,
tre ~ BOVER 419-423. per ogni singolo luogo. Sembra pertanto me-
8 MAYSER l i 2,97. glio intendere EXCt.CT't'O<; nel senso di ciascuno
9 MAYSER li per sé; cfc. ~ ScHWYZBR 1 630 n. 4.
2,96 intende un po' diversamen-
te: miç significa <li solito qualsivoglia, qual- IO PREUSCHEN-B11.UER. u49 § I a y.
siasi, itxmr-roç ciasc11110. Questa distinzione Il MAYSER II 2,97.
non riesce però a render conto, ad es., di I! BLASS-DEBRUNNBR § 302,x.
939 (v,887) mie;, &no:<; A 2 a-b (B. Reicke) (v,887) 940
J3 MAYSl!R ll 2,101 s.
94r (v,887) mie,, U7tClC, A 2-B 1 (B. Reicke) (v,888) 94:z
cieli, i cieli dei cieli, la terra e tutto eietto, creatore e signore del mondo,
quanto essa contiene» (Deut. lo,14); afferma solennemente: «lo sono il pri-
«sotto tutti i cieli ogni cosa è mia» mo e l'ultimo» (Is. 44,6; 48,12 ), cioè
(lob 41,3); «al Signore appartiene la egli abbraccia tutta la realtà eppure ri-
terra e tutto ciò ch'è in essa, il mondo mane sempre Jahvé, il Dio d'Israele,
ed i suoi abitanti» (Ps. 24,1: citato da senza diventare mai un'idea astratta e
Paolo in I'Cor. lo,26); cfr. anche Ps. senza perdere mai né il suo carattere
50,12; 89,12; Ier. ro,12; 51,15. De- personale né il suo legame con la sto-
scrizioni particolarmente diffuse del- ria. Va ricordato, a questo proposito,
l'onnipotenza del Dio creatore sono of- che molte delle espressioni di univer·
ferte in lob 38-41; Ps. 104. A questa salità potrebbero derivare dallo stile li-
convinzione si aggiunge l'enfatica af- rico orientale.
fermazione che il Dio d'Israele è, in Questa ferma convinzione che il Dio
quanto Signore della creazione, anche d'Israele è il creatore e H signore del-
Signore della storia del mondo: «lo ho 1'universo, di tutti i popoli e di tutta
fatto la terra e la dò a chi voglio» (Ier. la storia costituisce un principio fonda-
2 7, 5); <d'Altissimo domina sul regno mentale della fede dell'A .T . In genere
degli uomini e lo dà a chi vuole» (Dan. si tratta però di un universalismo lega-
4,32); cfr. anche i detti profetici sul- to ad Israele e a Sion: soltanto nel Li-
l'Assiria in Is. 7,18 ss.; l0,5. Per quan- bro di Giona, in quello di Giobbe e
to riguarda l'umanità, dopo il diluvio nella letteratura sapienziale Israele non
essa era tutta unita (Gen.9,19; II,I.6), ne costituisce il fulcro. Più tardi l'uni-
ma venne dispersa dopo la costruzione versalismo ebraico verrà sviluppato pie-
della torre di Babele (Gen. n,7.9). La namente ed ampliato dai LXX e dal N.
comunione dell'uomo con Dio stabilita T. Il vocabolo greco 'Tt'ciç viene usato
con la creazione e turbata dal peccato variamente in questo contesto e in que-
ù'Adamo può essere ristabilita unica- st'opera di sviluppo ed ampliamento.
mente dalle opere salvifiche di Dio per B. REICKE
Israele (Gen. 12,3; Is. 6oecc.). Di con-
2. '1tilc; nei LXX
seguenza viene a crearsi un rapporto
essenziale tra dottrina della creazione e Dopo xuptoc;, _che nell'A-T. greco ri-
dottrina della redenzione 16 ed Israele corre circa 8000 volte, '1tttc; è il voca-
viene ad occupare una posizione chiave bolo d 'importanza teologica più fre-
tra i due momentL U Dio del popolo quente nei LXX ( 6-7000 volte). Certa-
15 G.v. RAD, Das theologische Problem des r38-x47; G. LINDBSKOG , Studien wm nt.U-
at.lichen Schopfungsglaubens in: W esen und chen Schiip/tmgsgedanken I = Acta Univer-
W erden des A .T. = ZAW Beih. 66 (I936) sitatis Upsaliensis r952, rr ( 1952) I 5-133.
mie;, attrx<; B 2 (G. Bertram)
mente moltissimi passi che esprimono Lev. 20,24.26; Deut. 7,6; 14,2 ecc.). Il
un'idea di universalità o di totalità so- Dio universale che ha fatto tutto e nel-
la cui mano si trovano l'anima e lo spi-
no condizionati psicologicamente dalla
rito di tutti gli uomini (lob 12,9.10)
natura popolare della tradizione o dal ha scelto esclusivamente Israele ed è
limitato orizzonte del narratore, dal de- invocato soltanto da Israele (Num. 16,
siderio di completezza o dalla tendenza 22; 27,16). Entrambe le volte i LXX
concepiscono l'idea di Dio secondo i
all'esagerazione; tali passi possono ave- parametri della speculazione cosmolo-
re un intento retorico o esser dovuti a gica: Dio è il Dio degli spiriti e di ogni
pleroforia liturgica (Dan. 3,57-90) e carne. Israele è totalmente sottoposto
alla legge, deve accettare tutti i diritti,
pertanto molti tra loro non hanno, pre- tutti i comandamenti e tutte le norme
si di per sé, che un valore oggettivo ed obbedire a tutto quanto è scritto
limitato. Considerate però nel comples- (Lev. r8,5; Deut. 6,2; Ios. 1,8; 2 Par.
33,8; 35,19 [LXX]; Neem. 8,13; 10,
so della rivelazione biblica, anche tali 29 ecc.). Anche la legislazione sacrifi-
sentenze corrispondono ai diritti uni- cale ha una simile validità generale
versali e totali della parola dì Dio che (Lev. 1 ss.). Il capro espiatorio si carica
di tutti i peccati (Lev. r6,21) ed anche
non conosce o riconosce l'arbitrio del-
negli altri casi la purificazione dal pec-
le eccezioni ed abbraccia con una sola cato è totale (2 Par. 29,16.24; 30,19).
affermazione tutti i casi, ha validità u- La legislazione cultuale avanza anch'es-
niversale e descrive con completezza e sa pretese di validità generale (Lev. 5,
17i 11,46; Num. 3,12 ecc.) e tale prete-
precisione i fatti. Nei LXX per il ro% sa si estende a Gerusalemme e al tem-
circa dei passi 'lta<; non ha un corri- pio gerosolimitano (Lam.2,15; Is.56,7).
spondente ebraico (cfr., ad es., Dan. 4 Tutti coloro che non ubbidiscono a Dio
ed anche tutti i nemici d'Israele cado-
e 5): questo dato statistico esprime e- no sotto l'ira divina e vengono distrut-
loquentemente nella Bibbia greca il ne- ti (Deut. 4,3; Ios. 11,11.q; 24,18;
cessario sviluppo interno e l'estensione Iud. 5,31; 2 BaO'. 7,9).
della pretesa di universalità. La via e- La storia d'Israele è rivelazione di
Dio a tutti i popoli (3 Beta'. 9,7; 8,43.
minentiae è, insieme con la via causa- 60; r Par. 16,23). Le opere meraviglio-
litatis e la via negationis, uno dei modi se di Dio devono essere proclamate a
in cui l'uomo può parlare di Dio, È ~n tutti (r Par. 16,9), i suoi giudizi copro-
no tutta la terra (r Par. 16,14; lob II,
questa prospettiva che si pongono an- 10 [LXX); Is. 66,16). Jahvé è l'unico
che le asserzioni di universalità e tota- Dio che governa su tutti i regni della
lità della tradizione biblica che non terra (4Bacr. :i9,r5; cfr. 5,15); è l'uni-
/ co su tutta la terra (Ex.9,14), più gran-
hanno un valore teologico immediato. de di tutti gli dèi (Ex. 18,11). Nei rac-
Conformemente all'idea dell'elezione conti storici dell'A.T. si dice spesso che
d'Israele, la rivelazione dell'A.T. ri- 'tutto il paese' è teatro della rivelazio-
guarda, in primo luogo, completamen- ne divina; ma quando questa espressio-
te ed esclusivamente questo popolo ne raggiunge il lettore greco con il suo
(Ex.19,5; 23,22 [LXX]; 33,16; 34,10; concetto universalistico di Dio in pas-
947 (v,889) 1t~, limx<; B 2 (G. Bertram)
si come 3 BaO'. 2,2 e Gen. 19a1, essa spunti universalistici e così i LXX tra-
diventa automaticamente 'tutta la ter- lasciano al v. 38 il riferimento all'inte-
ra'. Le affermazioni che riguardano più ro popolo d'Israele in modo che an-
direttamente Dio si riferiscono a tutta che questo versetto viene a valere per
la terra o in genere all'universo: Jahvé tutta l'umanità e l'affermazione del v.
è creatore, giudice, re e signore di tut- 39 b fa prevalere ancora di più il suo
to il mondo, di tutti i popoli, di tutti contenuto, la sua portata oggettiva.
gli uomini, di tutto il cosmo (Gen . 18, Crescono cosl dalle esperienze salvifi-
25; lob 8,3 [T.M.: saddai; negli altri che d'Israele le asserzioni dell'onnipo-
casi generalmente nav't'oxp&:twp o xu- tenza di Dio. Anche là dove, come nel
pLOç]; Ez. 18 A). È colui che salva da tardo giudaismo (cfr., ad es., 1 Baa. 3,
ogni avversità ( I Bmr. I o,l 9); tutte le 21; 3 Ba.rt. 8 ,53 con 3 Mach. 6,26), si
sue vie sono misericordia e verità (Ps. diffonde una concezione p.artkolaristica
25,rn; ~ n8,64. La sua salvezza ed il della salvezza, l'universàlismo della fe-
suo perdono raggiungono tutti i cre- de nella signoria universale di Dio vie-
denti (Ps. 2,12; 5,12; 25,3.18; cfr. ljJ ne a trìonfare: Jahvé è il Signore di
r44,13;. 2 Ba.cr. 23,5), anzi tutta la ter- tutte le cose (I Par. 29,rr.12; Iudith2,
ra (Ps.98,3 ; ljJ ro3,28 (solo nei LXX]). 5 ecc.; Esther 4,17 b ·d; lob 5,8; 28,24
La sua ira si abbatte su tutti i malva- [LXX]; Ps. 47,8 ecc.).
gi, su tutti i nemici dei credenti (Ps.3,8;
5,6; 6,8.u ecc.). Jahvé sa tutto (Bar. Questo universalismo che determina
3,22), esamina tutti i cuori (I Par. 28, il concetto di Dio spiega fondamental-
9) e conosce tutti i pensieri (q, 138,2 mente anche le affermazioni sull'am-
[var.]); vede tutto (lob 34,23 [LXX]), piezza del dominio umano e sulla gran-
può tutto (lob 10,13 [LXX]). Anche se dezza della ragione dell'uomo, afferma-
in t!li casi il primo pensiero va ad I- zioni che vengono fatte anche quando
sraele, ai fedeli in quanto eletti ed al- avanza il secolarismo o potenze demo-
la terra di Canaan in quanto terra pro- niache fanno valere il proprio totalita-
messa, cioè anche se l'affermazione u- rismo (cfr. Prov. 6,16 (LXX]). Dio ha
niversale viene limitata dalla concretez- sottoposto all'uomo l'intero creato
za della storia della salvezza, pure il (Gen. 1,26; 2,19; 9,3; Ps. 8,7; lob 27,
concetto stesso di universalità viene a 17 [LXXJ); ma tutti gli uomini sono
costituire uno dei primi impulsi che corrotti e destinati alla morte (Gen. 6,
rende necessario un ampliamento uni- 5 .I2.13; lob 15,20; ili 145,4; 38,6). La
versalistico delle affermazioni: la tive- sapienza veterotestamentaria afferma
lazione vale per tutti gli uomini; sia spesso la validità universale dei prover-
la salvezza che il giudizio di Dio rag- bi, ma anche qui i LXX vanno oltre il
giungono tutti gli uomini Questa ten- T.M . (cfr. Prov. 1,7.33;. 3,7.12.18.23.
denza universalistica che è già implici- 26.32 ecc.). Già nell'Ecclesiaste ebraico
ta nella natura della rivelazione neote- le affermazioni universalistiche sono
stamentaria si manifesta persino in cir- particolarmente frequenti. I LXX usano
costanze o discorsi che riguardano uni- spesso CTvµna<;, una forma altrimenti
camente·Israele, come, ad es., nella pre- rara: essa risulta dall'unione di crU'V, co-
ghiera di Salomone (3 Ba.cr. 8,37-43) me traduzione di 'et (nota accusativi)
ove si esorta Dio ad esaudire lo stra- con un itéiç seguente ed è un ulteriore
niero «affinché tutti i popoli della t~r segno del processo di ellenizzazione di
ra conoscano il tuo nome per temerti» questa traduzione sorprendentemente
(v. 43). La preghiera presenta molti semitizzante. In Eccl. 3,1 I e 4,2 1téiç,
1tii<;, lf:mx<; B 2-3 (G. Bertram-B. Reicke)
viene introdotto soltanto per appianare CTXOµE\llX. apti)µòv EXOV'tL, «tutte le cose
il testo 17• che ci è dato di cqnoscere possiedono
G.BERTRAM un numero».
Nella cosmogonia di questi filosofi
3. 1t8.c; nel pensie.ro greco ed ellenistico non c'è posto per un dio creatore perso-
nale, e anche sentenze come quella di
I Greci possiedono un concetto ben Talete ( miv'tcr. 1tÀ.1)p11 t>Ewv, «tutte le
sviluppato di universo fin dai presocra- cose sono piene di dèi» : Aristot., an. r,
tici 18 , ma già in Omero troviamo certe 5, p. 4 r r a 8) sono molto diverse dal-
idee sull'origine del cosmo: '!lxtcr.vov, la fede biblica in Dio. È vero che più
oc; 1tEp yÉVE<nç 1tCi.V-.EC1CTt . 'tÉ-.ux-.cr.t, tardi apparve in Platone, nella Stoa (no-
«Oceano, che fu origine a tutti» (Horn., nostante le sue premesse atee) ed in al
Il. 14,246). La filosofia presocratica cer- tre scuole filosofiche ellenistiche fa cre-
cò appassionatamente di stabilire quale denza in un dio personale creatore o de-
fosse la sostanza fondamentale dell'uni- miurgo (in senso buono) che fu identifi-
verso, come ha messo in evidenza Ari- cato con Zeus o con un'altra divinità;
stot., metaph.I,3 p.983b6s. rns.: -i:wv ma questo dio rimase sempre più un'i-
81) 1tpw-.wv Cj)tÀ.OCTOq>'l'j<TttV'tWV ot 7t1Et- dea filosofica che un dio persona e non
O''tOL 'tà.ç É\I \JÀ.r)c; dOEL µovciç w1Jmi- assurse mai a quella pienezza di vita, di
C1CX.V apxètc; e!V«L 1taV'tWV ,.. 'tOV'tO CT'tOL- potenza e ·di energia che caratterizzava
XEfoV xcx.l 'tCX.U'tr)V apx1)v q>rx.CTLV dvcr.t il Dio d'Israele. Cfr., ad es., i passi se-
'tWV onwv, «la maggior parte dei pri- guenti: Plat., Tim. 28 c: -.òv µtv ovv
mi filosofi pensava che soltanto i prin 1tOL'CJ'tTJV xa.Ì 1tCX.'tÉpa. 'tOUOE 'tOU 1tCX.V·
dpi nella natura della materia fos- -.òc; tupei:v i;t €pyov xa.t tup9v-ta. etç
sero i principi di tutte le cose... que- rc<iv'tac; ci.ouva...ov Mytw, «è difficile
sto essi chiamano elemento e dicono trovare il fattore e padre di quest'uni-
che è il principio delle cose che sono». verso e, trovatolo, è impossibile indi-
Così Talete pensò che principio di tut- carlo a tutti»; Pseud.-Plat., c!p.213r2 e:
to fosse l'acqua (Aristot., ibidem 2os.); 1tept 'tÒV miv.. wv Ba<r1À.Éa. 1tav-.'fo·..t
Anassimandro ritenne che tutto ve- xa.t èxtlvou EVexa. 1taV'tct, xa.t Èui:vo
nisse dall'&1tttpov (Aetius_, placita 1,3, a~i;1ov ll1tav..wv 'twv xa.À.wv, «tutto
3 19); Anassimene a sua volta fece deri- sta intorno al re del tutto e tutto è per
vare ogni cosa dall'aria (Aetius, ibid. lui e tutto ciò ch'è bello è da lùi»; Phi-
4 20); m~ntre Eraclito (fr. 30 [Diels' lodem. Philos., dè piefate I I (v: Arnim
I 157,rr ss.]) dissolve il tradizionale rr 315,3 ss.): Xpucr'[t}itrtoc;... [Èy µt]v
concetto di sostanza e vede nel fuoco 't@ 'lt.phltc[~ 1tepÌ ilew]v A.la q>'CJ[O-tv
che muta eternamente l'intima essenza dvcr.t -.ò ]V fl1tct.V't[ CX. 01.0LXOU'\I )'ta. À.6-
del. tutto. I Pitagorici ragionavano -in- "(0V ... Alex. (xa.À.ei:cr~cr.t) [oht 7tav'twv
vee~ in . termini astratti e posero alla at't [ t] oc; [ xc:d xu] ptoc;, «Crisippo dice
base de1la loro concezione d el mondo i nel suo primo libro sugli dèi che Zeus
numeri: cfr. ad es., Philolaos, fr. 4 è il Logos che governa ogni cosa ... che
(Diels' I 408,4 s. ): 1ttt'\mt.... 'tÒ: y1yvw- è chiamato Zeus perché è causa e signo-
17 Cfr. G. B1mTRAM, Hebr. tmd griech. Qoh. si trovano indicati qui anche molti casi di
Ei11 Beitrag ~ur Theologie der hell. Bibel: 7téiv e 7t&:v-ta nel senso di universo.
ZAW64 {r952) 26-49. 19 H . DIELS, Doxographi Graeci (1879) 277.
1a 7téiç è frequentissimo nei presocratici; cfr.
Dmts 6 III, indice delle parole s.v. (337-34r); 20 DIELS, op. cit. ('"7 n. 19) 278.
'ltciç, &mxç B 3 (B. Reicke)
primo luogo alcun demiurgo, che pos- nale ed individuale con Dio voluto nel-
sa rendere il mondo fondamentalmen- la creazione e ristabilito in Cristo. Tut-
te cattivo; né c'è alcuna potenza de- to ciò non significa per il mondo il
moniaca indipendente da Dio che flusso e rillusso di una sostanza divina
l'uomo debba temere. La speculazione quasi materiale come nella mistica e
greca e gnostica tendeva ad una simile nella gnosi; si tratta invece di una di-
dicotomia della divinità. Paolo, invece, pendenza personale, di una determina-
si attiene fermamente alla fede vetero- zione all'ubbidienza ed alla sottomis-
testamentaria in un creatore personale sione di angeli, di uomini e di «tutte
e quando, come nel passo in que~tio le cose». È questo il significato anche
ne, esalta Dio quale creatore universa- di Rom. 11,36: «Poiché da lui e me-
le (cfr. anche Rom. u,36; Eph. 3,9; I diante lui e tendenti verso lui sono tut-
Tim. 6,13), il suo interesse principale te le cose», né va trascurato il fatto
non è di carattere cosmogonico: l'Apo- che Paolo ha appena trattato il proble-
stolo non intende spiegare il mondo, ma della redenzione d'Israele. Se pre-
come non è suo scopo primariG> la dos- dicazioni simili possono essere forse ri-
sologia, benché le espressioni usate ab- condotte dall '11nalisi stor.ico-morfolegi-
biano punti di contatto con formule ca a tradizioni greche, pure per il con-
dossologiche; acclamazioni e predica- tenuto esse concordano molto di più
zioni che possiamo trovare nella l~tte con l'idea personale ed etica di Dio del-
ratura. orientaJ,e, nell'A.T. e, ·mutatis l'A.T.1 ad es. con Is. 44,24: «lo sono
mutandis1 nel sincr(ltismo religioso gre- Jahvé che ha .fatto tutte le cose».
co ed ellenistico(--? coll.952s.). L'A- c) Il N.T, estende a Cristo la {ede
postolo è ugualmente lontano dal pan- nèl creatore,' ma anche questò sviluppo
teismo a cui tendeva invece la ·mistica .:isale all'A.T. mediante l'mterpretazio-
ellenistica (~ coli. 951 s·.): al contr.atio ne messianica. Infatti, dato che... ad es.,
egli afferma che tutti gli esseri dipen- Ps. 8)7 dice che Dio ha fatto signoreg-
dono da Dio e pertanto gli devono es- giare il 'figlio dell'uomo' sull'operà del-
sere sottoposti: Dio è sopra ogni essere le proprie mani ed ha posto. ogni cosa
(Rom. 9,5 ), dà a tutti gli esser! vita, re- sotto i suoi piedi; che la Sapienza (dr.,
spiro ed ogni cosa e li fa abitare sulla ad es., Prov. 8,22-31; Ecclm 24,3-5.9;
terra perché lo cerchino (Act.17,25 ss.). Sap. 9,9) ha partecipato alla creazione e
Di conseguenza in I Cor. 8,6 Paolo non che, in senso stretto, la creazione av-
si limita ad affermare ~~ oli "Tà. 1tOCV't'a:, venne (Gen. 1,1 ss.) per mezzo della
ma aggiunge -i)µei:c:; EÌ.c:; a:Ò't'OV: noi ap- parola, non ci voleva poi molto a pas·
parteniamo a Dio e lo dobbiamo teme- sare alla dottrina neotestamentaria di
re così che si attui il rapporto perso- Cristo primogenito della . creazione che
957 (v,893) '!tac;, &m.cc; B 4 e (B. Reicke)
si attua soltanto per mezzo di lui. An- questa ragione tutto il mondo è colpe-
che questo tema si trova in I Cor. 8 ,6 vole davanti a Dio (Rom. 3,19) e sot-
(-? coll. 954 ss.): SL'ov 'tfk 'ltci:v'toc xaL toposto alla vanità (Rom.8,20); la crea-
1}µdc; &i'mhou. Quest'affermazione si- zione intera sospira la salvezza (Rom.
gnifica che non solo tutte le cose so- 8,22), «ma la Scrittura ha chiuso tut-
no sorte mediante il primogenito del- to con i legami del peccato» (Gal. 3,
la creazione, ma che anche noi siamo 22). L'unità e integrità originarie sono
rinati mediante lui: la prima creazione distrutte da quella cecità e disarmo-
nel Figlio punta verso la nuova crea- nia 29 che si manifestano anche nell'ido-
zione nel Redentore e la dipendenza di latria (Rom. r,18-23) e conducono al
principio di tutte le cose dal Figlio di- peccato, alla perversione ed al predo-
viene in questo modo un motivo della minio della carne e del diavolo (Rom.
sua successiva signoria e della reden- 1,24-32; 7,7-23; Mt. 12,29 s. par. Le.
zione in lui. Lungo queste linee vanno n,21 ss.). Unica via di uscita da que-
interpretate anche le altre affermazioni sta situazione è la vittoria di Cristo e
sulla parte avuta dal Figlio nella crea- la riconciliazione che ne risulta (Rom.
zione, ad es . .Io. 1;3: «Ogni cosa è sta- 7,24 s.; ~ xcna.À.À.acrcrw I, coll. 683-
ta fatta per mezzo. di lui (scii. del Lo- 693).
gos )»; Col. 1,r5-18: il Figlio è «il pri- Il Logos incarnato è rivestito della
mogenito di ogni creaziqne, ooiché in sua autotità cosmica anche qui siilla
lui fu èreato tutto nei cieli e sulla ter- terra (Io. 3,35; 13,3: .il Padre .gli 'ha
ra ... tutto per mezzo di lui e in -vìsta affidato tutto; 17,2:- gli ha dato potere
di lui è stato creato; egli è prim~ di su ogni carne). È probabile che -anche
tutto e tutto ha in lui consistenza»; i- il difficile testo di Mt. n,27 par. Le.
noltre egli è «il primogenito dei morti lo,22 vada interpretato in questa pro-
cosl da avere egli .stesso il primo posto spettiva: «Tutto mi è stato dato dal
in ogni cosa»: la cosmogonia è organi- Padre mio e nessuno conosce il Fi-
camente collegata con la soteriologia e glio... » 30• Benché il versetto continui
la protologia con l'escatologia. parlando di conos.cenza, quel tutto sem-
L'universo non vuole però riconosce- bra _contenere o implicare più che la
re di dipendere dal creatore e soprat- semplice conos.cenza. Questo passo non
tutto non vuole riconoscerlo l'uomo . va dunque interpretato, ad es., alla lu-
(Rom.1,18-25) cui il peccato originario ce di Io.21,17 o I Cor.2,10, ma appun-
ha offuscato la capacità di giudizio. Per to di Io. 3,35; 13,3; I7,2: tutto il po-
tere, che certamente include anche la 386 ss.): è questo l'aspetto cosmologi-
conoscenza. Solitamente si legge invece co della riconciliazione.
che durante la sua vita terrena il Re- d) Considerato però che ora la mag-
dentore ha deposto la sua potenza ed gior parte dell'umanità non confessa
appare umile e indifeso (Mt. u,29; 12, ancora Cristo, sono necessarie la mis-
18-21; 2Cor.8,9; Phil.2,5-8; ~ XE- sione (~ fi'ltocr-.ÉÀ.À.W I, coll. l077-
v6w v, coll. 329 ss.); dr. la tentazione ro88 .II 2 5-I I 96; EÙa.yyEÀ.lso(J.ttt. III,
di Gesù in Mt.4,8 s. par. Lc.4,5 s. Nel- coli. 1049-ro59.ro75-1099) e la chiesa
lo status humiliationis, di conseguenza, (~ ÉXXÀ.T}CTL<X. IV, coli. 1497-1580) per
l'autorità e la potenza di Gesù che ven- attuare anche in ciascun uomo partico-
gono eccezionalmente sottolineate non larmen tc quell'autorità universale che
sono che un dato di fatto prolettico. il Figlio ha in linea di principio. In
La croce e la risurrezione creano questo contesto ecclesiologico il concet·
una situazione radicalmente nuova: l'E- to di 1tiXç. viene ad assumere un com-
letto assume il potere che è propria- pito particolare. Ogni carne deve ve-
mente suo dall'inizio del mondo: Mt. dere la salvezza (Lc.3,6): dapprima tut-
28,18: «Mi è stata data ogni autorità ta la casa d'Israele (Act. 2,36), ma poi
in cielo e sulla terra». Cfr. quanto il anche tutto il mondo o l'intero creato
re celeste proclama nell'Apocalisse, ad (Mc.16 1 15; Col.r,6.23). In questo mo-
es. su A e n (~I, coll. 5-12). L'assun- do l'originaria integrità o pienezza che
zione del potere regale è descritta di promana da Cristo, il capo vitale e de-
preferenza citando Ps. 8,7 e uo,1 31 • terminante, diventerà realtà nella chie-
Le lettere sottolineano soprattutto che sa, il corpo che dipende da quel capo,
il Risorto è esaltato sopra tutti gli es- cosl che egli diventi tutto in tutti (Eph.
seri angelici (Rom. 8,38; Eph. l,21; r ,22 s.; 3,19; 4,16; Col. 1,19 s.; 2,9 s.
Phil. 2,9 ss.; Col. 2,10.15; I Petr.3,22). 19; 3,n) 32, ogni creatura dell'universo
Nelle lettere agli Efesini ed ai Colosse- gli renda omaggio (Apoc. 5,13) ed egli
si quest'idea è assodatà ai concetti di alla fine consegni al Padre il suo regno
pienezza (~ nÀ:qpwµa.) e di ricapitola- universale (I Cor. 15,24). Questo signi-
zione (~ à.\la.XE<pr.Ù.. cu6oµa~ v, coll. fica però, allo stesso tempo, che tutto
31 Mt. 22,44 par.; Act. 2,34 s.; .I Cor; 15,25 Pleroma o/ Christ: The Church Quarterly
ss.; Eph. l,20 ss.; Hebr. 1,13; 2,8; 10,12 s. In Review 125 (1937) 1-18; H. ScHLIER, Chri-
parecchi di questi passi l'idea di tutto è for- stt1s und die Kirche im Eph. = Beitriige zur
temente accentuate. histoi:ischen Theologie 6 (1930) 55 n. 1; HAN-
12 Per Eph. e Col. v. F.R. MoNTGOME- SON, op. cii. (~ n. 29) 106-161; o. PERBLS,
RY-HITCHcocK, The Pleroma as the Me- Kirche tmd Welt nach dem Epheser- und Ko-
dit1111 o/ the Self-Realisation o/ Christ: Exp losserbriej: ThLZ 76 (1951) 391-400, spe-:.
vm 24 (1922) 135-150 (a Eph. 1,23); Io., The 396 s.
miç, &7Ca.ç B 4 d-f (B. Reicke)
verrà creato di nuovo (Apoc. 21,5). Fi- cosa in tutti». Una tale effusione di
no a quel momento tutto il creato è a sentimento è dovuta al fatto che l'e-
disposizione dei cristiani, se essi sanno vangelo è in prima linea una sollecita-
servirsi di tutto con cuore puro ed umi- - zione personale, un evento che afferra
le: «Tutto è vostro ... il mondo, la vita e tiene tutta l'esistenza di un indivi-
o la morte, il presente o il futuro: tut- duo. Inoltre non va dimenticato il pre-
to è vostro, ma voi siete di Cristo» (I cedente del vivace e forte linguaggio
Cor. 3,21 ss.); «tutto ciò- che è stato profetico che costituisce il modello ve-
creato da Dio è buono ... è santificato terotestamentario di simili asserzioni
dalla parola di Dio e dalla preghiera» ad es., Is. 2,2).
( r Tim. 4>4 s.) 33 • f) Ora non bisogna affatto credere
e) Tutta la predicazione del N.T. è che nel N.T. 'ltéiç serva sempre per af-
fermazioni cosmologiche e soteriologi-
pervasa e sostenuta da un'indicibile ed
che o il suo uso sia richiesto altrimen-
esuberante gioia per l'universalità di ti dall'oggetto del discorso o dell'espo-
Cristo, e anche questo entusiasmo si sizione. Piuttosto in moltissimi passi
l'uso di 'ltéiç è dovuto unicamente ad
esprime col frequente uso di ·mie;; anzi
uno stile narrativo popolare tendente
1tiiç appare talora anche in occasioni in alle esagerazioni che anche noi cono-
cui una riflessione più distaccata e cri- sciamo. Citiamo alcuni esempi a · caso:
tica userebbe maggiore prudenza, ad es. «tutta Gerusalemme» (Mt. 2,3); «tutta
la Giudea» (Mt. 3,5); «tutta (oÀ.1)) la
in Eph. 1,22 s.: '1taV't'et. ù?tÉ-ra~Ev ... xE- Siria» e «tutti i malati» (Mt. 4,H)..In
cpaÀ.i)v ùrcÈp 'ltav-.a ... -rò 'ltÀ.l)pwµa. 't'ou qu_esti passi 'ltéiç non vuole essere pre-
-.à. 'ltav-.a Èv 'ltéiaw 'ltÀ.T)pouµÉvou, «o- so e non va preso alla lettera, ma è sol-
tanto un modo dello stile narrativo po-
gni cosa egli dispose sotto i suoi piedi
polare per indicare con particolare vi-
e diede lui come capo su ogni cosa ... vacità e forza un gran numero.
1a pienezza di colui che riempie ogni B. REICKE
t 1tacrxa
(~ xÀ.aw v, coli. 513-548)
SOMMARIO: <lozione usano sempre la grafia 'ltMX~,
I. La festa di pasqua nel N.T. in Flavio Giuseppe incontriamo talora
2. Il banchetto pasquale. la forma cpcwxa (~ n. 2): entrambe le
3. 'Cristo', agnello pasquale. grafie sono sorte per dissimilazione in
4. La celebrazione della pasqua nella chiesa <p-x (<pacrx~) o 1t·X (1tMXa) della suc-
primitiva. cessione <p-X, intollerabile in greco 3, e
vengono cosi a costituire anch'esse una
'ltaCJX.~, neutro 1 indeclinabile, rap- prova della pronuncia f aspa del voca-
presenta la trascrizione del termine a- bolo aramaico che è a base del no-
ramaico psp', pronunciato /aspa 2 (con stro. La pronuncia greca 'Jtacrxa, che
h fortemente aspirata). Mentre i LXX, era già divenuta comune nell'uso sina-
Filone, il N.T., Aquila, Simmaco e Teo- gogale al tempo dei LXX 4 , non è dun-
·miaxa.
E. ScHWARTZ, Osterhetrachttmgen: ZNW 7 i:rrv) 1i i;wv a.~vµwv top-rii (ant. 3,249); -r'l)v
(1906) 1-33; H.L. STRACK, P'sapim = Schrif- cpauxo.. (scii. fop't'l')v) Èwp'ta.!;ov (ant. 5,20)
ten des Institutum Iudaicum 40 (19u); G. (DEDRUNNER].
BEER, Pesachim =Giessener Mischna, ed. 2 Per quanto riguarda la pronuncia aramaica:
G. BEER e O. HOLTZMANN 11 3 (19n); G. r. L'aspirazione dcl pe iniziale è comprovata
D.U.MAN, Jesus-Jeschua (1922) 80-166; STRACK- dal q>acrxo.. di Ios., ant. 5,20; 9,271; 14,21
BILLERBECK I 985.987 ss.; II 812 n. 1; IV 41-
(var.); 17,213; beli. 2,10 e confermata dalla
76; H. LAIBLE, 'Die drei Sprachen Jesu': costante trascrizione dell'ebraico psp con cpa.-
ThLBl 44 (1923) II5 s.; K. HoLL, Ein CTEX/cprJ.crEX (nei LXX ben r8 volte in 2 Par.
Bruchstiick aus einem bisher unbekannten 30 e 35 ·e 'IEp. 38 [3r],8; Philo, leg. all. 3,94;
Brie/ des Epipb. in: Festgabe fiir A. Jiilicher Ios. 5,10 [Aq.]; Ex. !2,11.27 [Sym.]; Nrmz.
(1927) 159-189 (= Gesam111elte Au/siitze li 9,2; Ios.5,10) ovvero cpE<rE (Deut.16,1 [Aq.])
[1928] 204-224: qui si cita secondo questa e phase (Vulgata). Tale aspirazione non è af-
edizione); MOORB li 40-43; I. ELBOGEN, Die fatto una «variazione dialettale» e~ BussnY
Feier der drei W all/ahrts/este im z.weiten 195), ma è dcl tutto regolare perché l'aramai-
Tempel in: 46. Bericht der Hochschule fiir co palestinese del tempo di Gesù non ha (fat-
die Wissenschaft des Judentums (:1929) 25- ta eccezzione per alcune parole straniere) un P
48; JoAcH. ]EREMIAS, Die Passah/eier der neanche nella sillaba iniziale: X. SIBGFRIED,
Samaritaner = ZAW Beih. 59 (1932); O. Die Aussprache des Hebriìischen bei Hiero-
CASEL, Art u11d Sinn der iiltesten chr. Oster- nym11s: ZAW 4 (1884) 63; DKLMAN, Gr. 67
feier: Jbch fiir Liturgicwissenschaft 14 (1938) s .; GESENlUS-KAUTZSCH 19 39 s.; -4- LAmLE
l-78; F. BussBY, A Noie on 7t6:<1XIX. in the n5 ; F. DIENING, Das Hebriiische bei de11 Sa-
Synoptic Gospels: ExpT 59 (1948) 194 s.; maritanern = Bonner Orientalistische Stu-
JoACH. }EREMIAs, Die Ahendmahl:rworte ]e-
dien 24 (1938) 15; P ... KAHLE, The Cairo Ge-
su' (1949); P.J. HEAwoon, The Time o/ tbe niz.a (:1947) 103. 2·. I LXX, Filone, il N.T. e
Last Supper; JQR 42 (1951) 37-44; H. ScHliR- Giuseppe (1t6.crxix) mostrano che 1a vocalizza-
MAI:m, Die Anfiinge chr. Oster/eier: Theolo- zione con i (Pisb') è tarda (Talm11d j., Tg. e
gische Quartalschrift 131 (1951) 414-425; B. Midrash): 4 ]EREMIAS, Abendmablsworle rn
LoHsE, Das Passa/est der Quartadec(maner, n. I.
Diss. Gottingen (1952). 1 1
3 BLASS-DEBRUNNER · § 39,2.3 con l'appen-
I BLASS-DEDRUNNER 7• 9 § 58. 'lt6:!1XIX. è sem-
dice.
pre di genere neutro, con eccezioni solo in
Giuseppe: l)~«oéxE-rm 'ti)V 7taa;:cx. (.scil. È()P- 4 [DEBRUNNER].
7taaxa; (Joach. Jcremias)
5 Cosl DALMAN, Gr. 138 n. 2; ~ LAlBLE I15. 1.6.u; r 'Ecrop. l,r.6; 7,n; Philo, leg. alt. 3,
6 O. PROCKSCH, Passa und Abe11dmahl in: 165; Ios., ant. 3,248; 9,271. ho~~l;tw 'tÒ
V0111 Sakrament des Altars, ed. H . SASSE 7tacrxa., preparare l'agnello pasquale: Mc. 14,
(1941) I I n. I. r6; Mt . 26,19; Le. 22,8.13 cfr. LXX: 2 Par.
7 Nel N.T. unici esempi di quest'uso sono 35,6.14 s. (È'to~µal;EL\I = hékln, quando si
Mc. 14,1 U\\I ot "CÒ 'ltcl<JX:(J; xa;t "C<Ì al;vµa. tratta dell'agnello pasquale). cpa;yE~v 'tÒ 'lta-
µE-cÒ. avo "J̵Épa;ç) e la locuzione 'ltO~E~\I 'tÒ axa., CO/JStllllare l'agnello pasquale; Mc. 14,
"Jta;crx;a; xa;t 'tTJ\I Èop"t1]\I ..wv à.l;uµwv 'l'Jµé- 12.14; Mt. 26,17; Le. 22,8.1r.15; · Io. 18,28
Hebr. u,28), che si rifà all'A.T . (LXX: Ex. cfr. LXX: 2 Par. 30,18; 2 'Ecrlìp. 6,21; Philo,
12,48; Nt1111. 9,2-14; Deut. 16,1; Ios. ),IO; 4 rer. div. ber. 255.
Ba;cr. 23,21; 2 Par. 30,i.2.5; 35,i.16-18; 1 9 ~ n.43.
'Ecrl>p. 1,6; 2 'Ecrop. 6,19; esempi rabbinici in 10 Epiph., haer. 42,u,15 (GCS 31,149,8 s.) ri-
SCHLATTER, Komm. Mt. 739). Quest'uso lin- volge la sua critica a Marciane: xat µfi MyE
guistico dell'A.T. è raro anche nel tardo giu- g.. ~ a EµE).ÀE µVO'"tTJPLO\I ( = la cena del Si·
daismo. l 'Eo-op. 1,17: xo;t 'Ìjyayocro;v... 'TÒ gnore) im'tEÀE~v. -cov-co 'ltpowv6µetl;E Mywv·
mxo-xa. xat T'J'iv fop-criv -cwv <X~vµwv 'l'JµÉ- ìti)..w µE!}'ùµWv cpayE~v ..ò IIaoxa; (Le. 22,
paç È'lt'ta; Iub. 49,r.22; cosl sempre in Filo- 15); dr. ZA1-1N, Lk. a Le. 22,15. Bp. aposto-
ne: spec. leg. 2,149 cfr. 145; vit. Mos. 2,224; lor11111 15 aetb. (trad. di H. DUENSING = KlT
decal. 159 ecc. Giuseppe presenta quest'uso 152 (1925) p. 14) ha l'espressione «bere la
linguistico biblico solo dove riporta frasi pasqua» (ma solo nel testo etiopico). [Orig.,
riprese dalla Scrittura: ant. 3,249: 7tɵ7t-CTI 6È in Mt. comm. 79 (GCS 38,189,28): celebra-
xat l>Exà'tlJ ow.oÉX:E'ta~ -cfiv 7taaxa.. i'J 'TWV mt1s pascha ( = l'eucarestia) Christo nobiscum
<Xl;uµwv Éop't'Ì] t7t-c~ -i}µépa.ç oliera.; 2,312 s. coep11la11te; ili Ier. hom. I9,13 (GCS 6,169,
(~ HEAWOOD 40 s.). Sembra che non ci siano 31): tva Èop'taaTiç TÒ "Jtacrxa.J. BETz]; Eus.,
esempi rabbinici (STRACK-BILLER1lECK I 985) Iltpt -cijç 'toi:i IIMxa. Éop'tijç 7 (MPG 24,
all'infuori del Targum (ibidem 988 c). 'ltàaxa. 701 A): 'iJµE~c; (a differenza dei Giudei che
può quindi includere anche il giorno del 14 immolano l'agnello pasquale solo una volta
Nisan, come in Philo, spec. leg. 2,145: il sa- all'anno) ... ~cp'éx&.cr-criç KvpLaxtjc; 'l'}µÉpaç -.ò
crificio degli agnelli avviene «di pasqua». la.v'fwv II&.crxa; 'tEÀovV'tEc;.
s 'tÒ 'Jt&.ax:a. OVE~v, immolare l'agnello pasqua- u Diogn.12,9: "tò x.uplou 'ltao-x:a 7tPoÉPXE"ta;L,
le: Mc. 14,12; Le. 22,7; I Cor. J,7 cfr. LXX: la pasqt1a del Signore si avvicina. I capp. I I s.
Ex. 12,21; De11/. 16,2.5 s.; 2 Par. 3u,15.17; .35, sono stati aggiunti più tardi alla Lettera a
11&:crxa r (Joach. Jeremias)
rà secondo quattro significati (a-d) sulla porta di casa venne sostituito dal-
suesposti. l'aspersione del sangue sull'altare degli
olocausti (.2 Par.35,II; Iub 49;20; Pes.
5,6). Lo spostamento della pasqua a
1. La festa di pasqua nel N.T. Gerusalemme, spostamento che si affer-
La pasqua 12 trae origine dal perio- mò solo gradualmente 14, ebbe come
do nomade d'Israele 13 • La sera del 14 conseguenza che la festa di pasqua di-
Nisan, al tramonto, il pater familias venne anche una festa di pellegrinag-
(Ex. 12,6) immolava un agnello o un gio. La liturgia del banchetto pasquale
capretto di un anno, senza difetti ( 12, si venne formando e fissando nelle sue
5 ); il sangue dell'animale veniva spar- linee fondamentali ancora in era precri-
so all'ingresso della tenda o, successi- stiana (Pes. 10,2 ss.; ~ coli. 971.973
s.) 1s.
vamente in epoca sedentaria, sugli sti-
piti e sull'architrave della porta di ca-
sa (12,7.22-27); la carne veniva arro- Mentre l'A.T. faceva una distinzione
stita e mangiata nell'ambito della fa. tra la pasqua, che veniva celebrata la
miglia la notte dal 14 al 15 Nisan ( 12, notte dal 14 al 15 Nisan, e la festa
8 s.). La festa fu ben presto collocata
in una cornice storica e messa in rela- dei pani azzimi immediatamente succes-
zione con l'esodo dall'Egitto. Fu sol- siva (15-21 Nisan) 16, nel tardo giudai-
tanto in Canaan che la festa di pasqua smo entrambe le feste erano chiamate
si fuse con quella degli azzimi, che du-
rava 7 giorni (per questa festa ~ rn, comunemente la pasqua 17, ed è questo
coli. 1555 s.). Dopo la riforma del cul- anche l'uso linguistico prevalente nel
to operata da Giosia (62I a.C.) l'im- N.T. (Le. 22,r: fiyyLl;E\I 8t 1) lop"t''Ì]
molazione degli agnelli ed il banchetto
"t'WV &.~uµwv 1i ÀEyoJdv'l'J nciO"xcx., «si
pasquale avvenivano a Gerusalemme
(Deut. 16,5-7; 2 Reg. 23,21-23; 2 Par. avvicinava la festa degli azzimi che è
3 5 ,1) ed il rito del sangue spruzzato chiamata pasqua»; abbiamo il medesi-
Diogneto e appartengono o alla fine del II per il cambio di pascolo all'inizio del perio-
(Melitone di Sardi?) o all'inizio del m seco- do di secca. La tecnica dei nomadi per pre·
lo (Ippolito di Roma?). parare gli agnelli pasquali si è conservata fino
12 Per 1a storia della pasqua ebraica dr. H . ad oggi presso i Samaritani: -+ ]BREMIAS,
GuTHE., Das Passah/est nach Deut. 16, in: Passah/eier 93 e le illustrazioni 29·44.
Abhandlungen zur semitischen Religionskun- H -+ ]EREMIAS, Passahfeier 67-72.
de und Sprachwisse11schaft = ZAW Beih. 33 15 -+ }E.RBMIAS, Abendmahl:rworle 48 s.
( 1918) 217-232; In., Zum Passah der iii· 1 ~ Lev. 23,5 s.; Num. 28,16 s.; Ez. 45,21 (con-
mo uso in Mt. 26,2; Le. 2,41; Io. 2,13. la storia di Gesù dodicenne nel tempio
23; 6,4; 11,55 [due volte]; 12,r; 13 11; si svolge durante un pellegrinaggio pa-
18,39; 19,14; Act.I2,4). La pasqua era squale (Le. 2,4I-51); è probabile che
una delle tre feste di pellegrinaggio 18 e dietro i racconti della moltiplicazione
quindi uno dei momenti culminanti del- dei pani ci sia l'incontro di Gesù con
l'anno; col ricordo della liberazione dal- una carovana di pellegrini galilei che si
l'Egitto la festa risvegliava poi i senti- recavano in città per la pasqua (Mc. 6,
menti nazionalistici e la speranza nella 32-44 par.; 8,1-9 par.) 22 ; la brutale a-
redenzione futura 19 • zione di Pilato contro i Galilei nel tem-
La pasqua dell'esodo dall'Egitto con pio (Le. 13,1-3) avvenne durante una
rni Mosè introdusse la festa come isti- delle tre feste di pellegrinaggio 23 , for-
tuzione permanente 20 è menzionata in se proprio di pasqua; è poi soprattut-
Hebr. 1 ,28: questa prima celebrazione to per la comprensione della storia del-
dei riti pasquali è per la Lettera agli la passione che la festa di pasqua ha
Ebrei uno dei segni della fede di Mo- un'importanza essenziale 24 • Infine fu
sè, perché costui mostrò cosl quanto proprio durante la pasqua che sia Giaco-
fortemente credesse alla promessa che mo di Zebedeo (Act. 12,1-4: 44 d.C.)
Dio avrebbe risparmiato i primogeniti sia Giacomo, fratello del Signore 25 , sof-
cl 'Israele in virtù del sangue pasquale 21 • frirono il martirio a Gerusalemme 26 •
Nei vangeli le feste di pasqua costi-
tuiscono lo sfondo di diversi racconti:
1& Con pentecoste e la festa delle capanne. 21 Cfr. Jo.6,14: 1jv 5t tyyùç i:ò 7t&.uxcx. Con
19 ~ }EREMIAS, Abendmahlsworte 101 .124 n. corda con questa ipotesi anche il particolare
1. di Mc. 6,39 (x)...wpòç x6p"tot;) che fa pensare
alla primavera.
2a In Hebr. u,28: 1tEttol'l1XE'\/ -tò 7t&.crxa. si
21 Il governatore risiedeva a Cacsarea Maris
tratta di un perfetto estensivo che indica un
effetto ritardato sull'oggetto; cfr. BLASS·DE- e veniva. a Gerusalemme soltanto per le gran·
BRUNNER •.• § 342'4. Per l'espressione 1tOLEiV di feste, a meno che non ci fossero occasioni
-rò 7tauxa. ~ n. 7. particolari (ad es. Aci. 25,1: assunzione della
carica): cfr. ScHURER 1 457 s.; ScHLATTER,
21 7tLO''tEL 7tE7tOl'l']XEV i:ò 7taaxa. xa.t -rT,v 7tp6cr- Gesch. Isr. 278; F.M. A1lEL, Histoire de la
XVO'~V -rou a.~µa.i:oç, !'.va. µ1) ò ò)...El)pivwv Palestine I ( 1952) ·425; P. BENOIT, Prétoire,
't!X 7tPW't6-roxa. i>lyn aiJ'twv. La locuzione 1J Litbostra/011 et Gabbatha: RB .59 (r952) 540.
7tp6crxvcr~ç i:ov a.iµa:toc;, «il versamento del
2~ Io. 2,13-22 : la purificazione del tempio è
sangue», non descrive appropriatamente l'a·
stata spostata a torto dalla pasqua della pas-
zione compiuta al momento dell'esodo (Ex..
12,7: tingere di sangue gli stipiti e l'architra- sione ad un'altra precedente (a causa di uno
ve) ed è dovuta alle modalità del rito poste- scambio di fogli?). In questo modo abbiamo
riore; <lopo che il culto fu centralizzato a Ge- in Giovanni tre pasque: Io. 2,13.23 - 6,4 -
ru~alemme il sangue della vittima pasquale
II,55; 12,Ij 13,1; 18,28.39; 19,14.
25 Egesippo in Eus., hist. eccl. 2,23,10-18
veniva versato alla base dell'altare (~ sopra
coll. 967 s.); cfr. RIGGENBACH, Komm. Hebr. (GCS 9,1 68 ss.): circa 62 d .C.
374 n. 68. 1b Altre pasque ricordate nel N.T.: Aci. 20,6
1tcX<TXIX 2 (Joach. Jeremias)
e forse anche I Cor. 5,8 (fop-t&l;wµ.E-.i). cae et talmt1dicae (1733) 4òo s.; e.e. Ti>RREY,
21 Per il dto del banchetto pasquale --)>
op. cit. (--)> n . 28) 237-239; In., In t!Je Fotltlb
STR.ACKj --)> BRRR; --)> DALMAN 98-r66; ~ Ja- Gospel the Las~ Supper wiH the Paschal
REMIAS, Passahfeier; ID., Abendmahlsworte Meal: JQR 42 (1951/ 52) 24:2 ss.
n STRACK-BILLRRBECK n 837 s.
47-49· 31 ~ DALMAN 81 s.; STRACK-BILLRRBECK II
u Cosl, ad es., ZAHN, Einl. 3 II (1907) .52:3· 837-840; ~ JRREMIAS, Abendmah/sworte 13.
534-536; ZAHN, Joh. 631-633; e.e. ToRRRY, Per ulteriore bibliografia --)> III, col. 987 n.
The Date of the Crucifixion according to the 31.
Fourth Gospel: ]BL 50 (193r) 239 s. 32 --)> DALMAN 86-98; STRACK-BILLRRBECK II
29 Cosi già J. L1GHTFOOT, Opera omnia n 815-834; ~ ]BRRMIAS, Abendmahlsworte 34-
(1686) 670 s.; C. ScHOETTGl!N, Horae hebrai- 44, spec. 42-44.
'!tauxa 2-3 (Joach. Jcremias) (v,899) 974
33 Jom tob 5,2; T. Jom tob 4,4 (207,15); Phi- 36 ~ v, coli. 513 ss.; ~ ]ERRMIAs, Abend-
lo, migr. Abr. 91; cfr. STRACK-~ILt.ERBECK II 111ablsworte 18-34.
815-820 e Act. n.4. 37 Ad es., l'agnello, il p1me azzimo, le erbe a-
34 T . Sanh. u,7 (432,r·3); ~ ]EREMIAS, A - mare.
bemlmablsworte 44. 3& Jm-r. WEiss, I Kor., ad l.
3.'i Il sinedrio condannò Gesù come falso pro· 39 J. BoNSIRVEN, Hoc est corpus 111eum: Bi-
feta, come si deduce dagl'insulti dopo la con· blica 29 (I94B) 205-219 ; ~ JnREMIAS, A-
danna (Mc. 14,65 par.: '!tpoqni"tEVO'ov). bendmablsworle 103-106.
975 (v,899) '1ttia'Xct 3-4 (Joach. Jeremias)
morte della vittima sacrificale, come sa- gue dell'agnello senza difetto né mac-
crificio 40 • Questa assimilazione costitui- chia (vv. I8 s.) 42 • Sia in I Cor. 5,7 s.
sce il nucleo di una ricca tipologia pa- che in I Petr. I ,I 3-2 I la tipologia pa-
squale protocristiana che incontriamo squale ha funzione parenetica; lì si e-
in triplice forma. a) Lc.22,16 (~wç o-çov sorta alla purificazione della comunità e
7tÀ.TJpwiJfj ÈV 't'TI ~a.oùElq. "C'OV i7Eov,. dei cuori, qui si esorta alla santificazio-
«finché non sia adempiuta nel regno di ne e ad una condotta timorosa di Dio.
Dio»): Gesù considera il banchetto e-
scatologico la pasqua adempiuta. b) I 4. La celebrazione della pasqua
Cor. 5,7 s.: la comunità, per la quale nella chiesa primitiva
Cristo è stato immolato come agnello Delle tre grandi feste del calendario
pasquale, è paragonata alla pasta non religioso giudaico la chiesa, stranamen-
lievitata. Con questo paragone si vuol te, ne riprese soltanto due, pasqua e
dire che essere cristiano significa tro- pentecoste, tralasciando la festa delle
varsi già ora nella pasqua adempiuta 41 • capanne. A differenza di pentecoste (~
e) I Petr. 1,13-21: i neofiti vengono pa- 7tE\l'tl]XOO-'tTJ), la pasqua ritenne il nome
ragonati al popolo di Dio che, pronti aramaico che era usato anche nella dia-
al viaggio (v. 17) con i fianchi cinti (v. spora giudaica 43 • Le più antiche noti-
13 ), sono stati redenti mediante il san- zie di una celebrazione cristiana della
Melitone di Sardi, IlEpt 'tOU 1t6:o-xo:, jr. (çita- disputa pasquale, mentre i suoi commenti
to in Eus., hist. eccl. 4,26,3 [GCS 9,382,13 )); vanno letti con occhi critici: cfr. N. ZERNOV,
Policrate di Efeso (citato in Eus., hist. ecci. E11sebius a11d the Paschal Controversy at the
5,24,6) ~ n. 44. Sembra inoltre che nei pri· End of the Second Cent11ry: Church Quar-
mi tempi della chiesa si sia conservata anche terly Review n6 (1933) 24-41; -+ LoHSE
la designazione 'festa dei pani azzimi'; cfr. passim, spec. 8•-83. Bibliografi.a: W. BAUER,
Act. I2,3; 20,6: cxl iiµÉpa~ -cwv ci!;vµwv. È Das Leben Jesu il11 Zeitalter der nt.lichen
strano infatti che in un'opera cosl ellenistica Apkr. (1909) 158-163; -+ ScHWARTZ; ~
come il libro degli Atti compaia il nome di IfoLL; H. LrnTZMANN, Gesch. der Alten Kir-
questa festa giudaica (cfr. }ACKSON-LAKE I 4 che II (1936) 129-132; ampia panoramica bi-
[1933] a Aci. 20,6); ciò presuppone che esso bliografica in ~ LoHSE 9-19.88-96. Gli studi
fosse ben noto nelle comunità etnico.cristiane. sulla celebrazione pasquale dei quartodecima-
4~ Secondo Ireneo (citato in Eus., hist. eccl. ni sono stati viziati per lunghissimo tempo
;1,24,16 [GCS 9,496,ro-13]) Policarpo di da vedute erronee circa la data della festa:
Smirne avrebbe affermato di aver personal- ~ n.53.
mente celebrato la pasqua con l'apostolo 4·1 ~ SCHWARTZ 10 s.; -+ HoLL 214; ~ LoH-
Giovanni ed altri apostoli. Anche Policrate SE 53·67. Le informazioni forniteci da Ireneo
di Efeso (dopo il 190) asserisce in una lette- e Policrate (~ n. 44) concordano nel dire
ra a Vittore I di Roma (citata in Eus., hist. che l'apostolo Giovanni celebrò la pasqua in
ecci. 5,24,2-7 [GCS 9.490 ss.]) che gli aposto- Asia Minore secondo l'uso quartodecimano. I
li Giovanni e Filippo celebrarono in Asia Mi- quartodecimani affermavano dunque di aver
nore la pasqua. Anche gli Ebioniti osserva- ricevuto la tradizione del loro rito pasquale
vano la pasqua come festa annuale, come ri- dalla chiesa primitiva e si richiamavano al-
sulta da Epiph ., haer. 30,16,1 (~ n. 54; ~ l'apostolo Giovanni quale garante della tra·
CASEL 6 n. 8). È però possibile trovare già nel dizione. Il mantenimento della data giudaica
N.T. tracce di una celebrazione cristiana del. della pasqua ed i nessi del rito quartodecima-
la pasqua: cfr. Act. 20,6 (-4 n . 43); I Cor. 5, no con il rito pasquale giudaico (--+ n. 54)
7 s. (-+ n. 41); Io. 2,13; 6,4; II,:;:; (~ n. mostrano che la loro affermazione era fatta a
43); ~ ScHiiRMANN 420-41:; (le sue informa- ragione. --) HoLL 214: «Il principio di cele-
zioni sui quartodecimani [ 414-420] vanno pe- brare la pasqua· contemporaneamente ai Giu-
rò corrette). dei, principio per cui lottò poi cosl appassio-
45 Le fonti più importanti per la celebrazione natamente l'Asia Minore, poteva nascere sol-
pasquale dei quartodecirnani sono: Eus., hist. tanto nella chiesa primitiva».
eccl.5,23-25 (GCS 9,488-498); ep. apostolorum 47 Documentazione in ~ JEREMIAS, Abend-
(~ n. ro) 15 copi. par. aeth.; Epiph., baer. mahls/l)orle rnr.
50.70 (GCS 3•,244-248; 371232-i49). Il valo- 4s --) n. 53. È merito dell'opera di ~ LottsE
re del racconto fondamentale di Eusebio con- .u -;12, dr. 63.66 1 di aver sostenuto convincen-
siste nella riproduzione di documenti della tcmente questo punto ed aver cosl spazzato
979 (v,901) miaxa 4 (Joach. Jeremias)
lo svolgimento della celebrazione. È ve- rio per Israele 51 ) doveva in origine ser-
ro che la prima comunità gerosolimita- vire a preparare la comunità a ricevere
na sembra aver partecipato, in un pri- il xuptoç. Durante la vigilia si leggeva
mo tempo, all'immolazione degli agnel- a voce alta la storia dell'esodo (Ex. 12)
li pasquali 49 , pure la festa· di pasqua e la si spiegava tipologicamente, con la
venne a subire (purtroppo non siamo particolare interpretazione dell'agnello
in grado di stabilire con pì:edsiohe pasquale come figura di Cristo 52 • AI
quando) 50 un cambiamento radicale: · ra canto del gallo il digiuno veniva inter-
vigilia di pasqua sostitul il banchetto rotto con la celebrazione del pasto sa-
pasquale. Il digiuno che veniva osser- cro che univa la comunità col suo Si~
vato in questa circostanza (un'antica gnore 53• La celebrazione protocristiana
tradizione lo considera un digiuno vica- della pasqua, come l'abbiamo potuta
via una gran quantità di vedute errate sui 52 Come si vede dall'omelia pasquale del ve-
quartoclecimani e sulla celebrazione della pa- scovo quartodecimano Melitone di Sardi tro-
squa nella chiesa più antica. Ancora Hier., vata ed edita nel 1940; dr. The Homily on
comm. in Mt. 4 a Mt. 2516 indica tale attesa the Passion by Melito Bishop of Sardis, ed.
come tradizione apostolica: ttt in die vigilia- C. BONNER = Studies and Documents 12
rum Paschae ante noctis dimidit1m populos (1940); -+ LoHSE 44 s. Cfr. già I Cor . .5.7 s.;
dimittere no11 liceat, expecta11tes adve11tum -+ n. 41. L'esordio dell'omelia pasquale di
Christi. Melitone (ii µÈv yptt<JlYJ i:fj.:; 'E~ptti:xi}ç él;6-
41 Lo dimostra un'interpretazione dell'agnello oov à.vÉyvwcri:ttL, xttl i:ò: Pflµ<t'ttt -tou µv-
pasquale sorta nel periodo precedente la di- <r-.TJplou o~ttCTEcracp"!)'tlXL) si riferisce probabil-
struzione del tempio, che Giustino fa risalire mente alla lettura pubblica dcl testo ebraico
ad Esdra, ma che è in realtà cristiana; 'tOV'tO di Ex. 12 ed alla sua traduzione in greco; cfr.
'tò 'ltao-xa ò aw'ttJP -i)µwv xixt 1i xa.-twpvyèj G. ZuNTZ, On the opening Sentence of Me-
iJµWv (Iust., dial. 72,r). Queste parole pre- lito's Paschal Homily: HThR 36 (r943) 299;
suppongono che chi parla abbia l'agnello da- T.W. :fi4ANSON: Dominican Studies 2 (1949)
vanti a sé e l'interpreti nell'ambito della hag- 191 s.
gada pasquale; dr. A. SCHL/.TTER, Die Kir- 53 ep. apostolorum (-+ n. 10) r5. Quando si
che Jerusalems vom Johre 7-0-130 = BFTh 2, parla dei quartodecimani si ripete immanca-
3 (1898) 77. bilmente che essi finivano il digiuno alle 15
50 Il termine ante quem dovrebbe essere la di- del 14 Nisan (cioè all'ora della motte di Ge-
struzione del tempio (70 d.C.) perché i. di- sù secondo la cronologia giovannea): .si tratta
giuno pasquale è tanto antico quanto la più di un'affermazione puramente gratuita, inven-
antica celebrazione della pasqua che possja- tata di sana pianta verso la metà del xrx se·
mo accertare storicamente: K. HoLL, Dié colo, che non ha alcun appiglio nelle fonti
Schriften des Epiph. gegen die Bildervereh- (-+ LoHsE 24). Ancora più gravide di errore
rung in: Gesammelte Aufsiitze 11 (1928) 374; dell'affermazione stessa furono le conseguen-
è possibile che Mc. 2,20 ('t6-tE V'l)O..tEvcrovow ze che generalmente se .ne,trassero: i quarto·
ÉV ÈxElVTI tjj -ijµtpq.) si riferisca proprio al decimani avrebbero sostenuto la cronologia
digiuno pasquale. giovannea della passione e avrebbero origina·
51 Epiph., haer. 70,u,3 (GCS 37,244,9 ss.): riamente celebrato la pasqua in memoria della
«Quando quelli (scii. i Giudei) fanno festa, passione. È invece certo, come ha chiarito
voi dovete digiunare per loro in segno di lut- l'ep. apostolomm edita per la prima volta nel
to». Inoltre Didasc., ed H . Acmius-J. FLEM- 1919 (ed , C. ScHMIDT = TU 43), che i quar-
MING = TU N.F. 10,2 (1904) p . 114,10-14; todecimani terminassero il digiuno la mattina
const. ap. .5,13,3 s.; -+ ScHWARTZ 18; -+ del 15 Nisan al canto del gallo (cosl dicono
HoLL 210 s.; -+ Lottsl! 36-39. Questa inter- correttamente LIRTZMANN, op. cii. [-+ n. 45]
pretazione del digiuno è giudeo-cristiana e r30; -+ CASEL 5), e l'ora conferma che la pa-
dunque molto antica. squa quartodecimana non eta, come quella
n&.O'xo. 4 (Joach. Jeremias)
celebrata nel u sec., una commemorazione del- s.]; cfr. LIETZMANN, I.e.). Origenc critica i
la passione, bensl aveva al centro l'attesa del- cristiani che celebrano la pasqua con pani az-
la parusia (la risurrezione non veniva celebra· zimi: hom. i11 Ier. 12,13 (GCS 6,roo,4 s.). Ul-
ta nella chiesa più antica una volta l'anno, ma teriori indicazioni in O. MICHEL, art. 'Azy-
tutte le domeniche; cfr. O . CULLMANN, Urchr. ma' in RAC I 1058-1062.
rmd Gottesdicnst 2 (1950] l4). La cronologia ss Anche i quartodecimani non si diff<:.renzia-
giovannea, quindi, non trova alcun sostegno no dal resto della chiesa per il rito:. ~ CA-
nella prassi quartodecimana; al contrario i SEL IJ.21.
quartodecimani, nella misura in cui prendono 5S Eus ., hisl. ecci. 6,9,1 ss. (GCS 9,538,2-15):
posizione, sostengono totalmente la cronolo· caso del tempo del vescovo Narciso di Geni-
gia sinottica della passione: cfr. BAUER, op. salemme (180-l92); Diogn. 12,9, dqve ·va pre-
cit. (~ n. 45) r6o s. ferita la lezione: . xo.:t >t'l']pot O'INii.yo\l"tO.~
-x.o.l ~'tlÌ. x6crµov Q;pµO~E~o.~ (leggi: &.pµ6-
54 Ad es., la spiegazione della storia dell'eso- ~0'\l'tO.t), «si portano C!'!ti. e vengono disposti
do ~ col. 980. Da r Cor. 5,8 sembra inoltre in bell'ordine». Cfr. K. ScHMALTZ, Das hei-
che anticamente la notte di pasqua si cele- lige Fe11er i11 der Grabeskirche im Z11sam-
brasse la cena del Signore con pani azzimi (H. me11ha11g mii der kirchI;i:hen Liturgie. 1111d
LrnTZMANN, Messe rmd Herre11mahl [1926] den a11tike11 Lichtrile11 : PJB i3 (1917) 53-99,
211 n. l: «Un antico uso giudeo-cristiano»). spec. 55 s. 57.92. La descrizione della hotte di
Qqest'antica usanza fµ mantenuta dagli Ebio- pasqua conservataci in un lezionario antico
niti che annualmente a pasqua celebravano armeno c'informa che i lumi venivano accesi
l'eucarestia con pani azzimi; cfr. Epiph., all'inizio della festa; cfr. ScHMALTZ .5.5 s.
haer·.30,-,.6,1 (GCS 25,353, ·I0-12): µucr't1)pLo.
51 Clem. Al., Ilept -tou 'lt;ttaxcx., fr. (GCS 17
Se 61jl)Ev 'tE).oiiO'L m'tÙ. µlµ'l)OW 'tWV U.ylwv
p . un, 18 s.); Ippolito, traditio apostolica :r6,
lv -rli. ÉXXÀ.'l)O'l~ &.7tÒ Évt<X.U"COU Et<; ÉVtO.U'tÒV
l (ed. F.X. PUNK, didask. et co11st. ap. u
6ià a~uµwv -x.cx.t 'tÒ li.).).o µÉpoc; 'tOU µUO''tT}-
plou lli'\160.-toc; µ6vou, «essi celebrano miste- (1905) p. ro9,15); anche ~ CASEL 23. Dio-
nigi di Alessandria, cp. ad Basi/idem (MPG
ri ( = l'eucarestia) a evidente imitazione dei
santi (banchetti) della chiesa, (però) di anno ro,1272 s.) c'informa che quest'uso era se-
guito anche a Roma.
in anno con azzimi e, per quanto riguarda
l'altra parte del mistero, solo con acqua». An- 53 Testimonianza più antica: Tertull., bapt.
che nella Siria orientale si era soliti mangia- 19 (CSEL 20,217,1-6); Ippolito~ n.J7 .
re pani azzimi a pasqua (Aphraates, demon- sg Ci si stacca anche per altri aspetti dal giu-
stratio 12,8 [Patrologia Syriaca I r p. 521,14 daismo (Did. 8,1;. ~ n . 64); soltanto gli Ebio-
'ltacrx« 4 (Joach. Jeremias)
pasqua viene ora generalmente (quindi neamente alla pasqua giudaica, altrove
anche presso i quartodecimani 60 ) posta si celebrò la festa in altri giorni (-+ n.
in relazione con la passione 61 e si so- 66) e precisamente a Roma, in Pa-
stiene questa interpretazione con la de- lestina, in Egitto, in Grecia, nel Ponto,
rivazione (etimologicamente falsa) del- in Gallia ecc. nella notte sulla dome-
la parola 'ltWrXa da 'ltaC'XEL\I 62 • nica successiva alla pasqua giudaica 64 •
Mentre per quanto riguarda la cele- Questa domenica di pasqua è attestata
brazione ed il significato della pasqua con sicurezza per la prima volta nel
vigeva nella chiesa un accordo di fon- 155 d.C. 65 , ma è probabilmente molto
do, si erano invece venute a creare di- più antica 66 . Tale differenza sulla data
vergenze sulla data della festa: mentre della pasqua portò nel 190 alla disputa
le chiese d'Asia, e in parte anche di pasquale tra la chiesa romana e la chie-
Roma, della Cilicia, della Siria e della sa dell'Asia Minore (Eus., hist. eccl. 5,
Mesopotamia 63 continuarono l'uso anti- 2 3-2 5 [ GCS 9 ,488-498] ), disputa in
co osservando la vigilia di pasqua nella cui venne a prevalere, dopo lunghe lot-
notte sul r 5 Nisan, cioè contempora- te, la posizione romana.
}OACH. }EREMIAS
niti e i cristiani della Siria orientale conti- ciò che questo sia il termine a quo dell'in·
nuarono ad usare gli azzimi (~ n. 54). traduzione della pasqua a Roma. È probabile
60 ep. apostolor11111 (-+- n. 10) 15. che anche in questa città l'osservanza della
festa risalga agl'inizi della comunità cristiana
61 Tertull., bapt. x9 (CSEL 20,217,1 s.); (~ CASEL 14); ne avremmo prova, se Mc.
(Pseud.-)Tertull., adversus Iudaeos IO (CSEL 2,20 dovesse realmente riflettere l'uso del di-
70,309,145 s.). giuno pasquale (--> n. 50). Comunque sia, nel
62 Melitone (-? n. 5i.) 46; lreQ., haer. 4,10,1 II secolo non abbiamo una contrapposizione
(MPG 7,1000B); Tertulliano __,,, n. 61. tra chiese che osservano e chiese che non os-
63 -+- Lonsn 32-35. servano la pasqua; sappiamo semplicemente
61 che nel u/m secolo la data della pasqua è
Questa prassi invalse per la tendenza a di-
calcolata molto diversamente nelle varie parti
stinguersi dal giudaismo.
della chiesa: .14 Nisari, la domenica successi-
65 Eus., hist. ecci. 5,24,16 (GCS 9>496,7-15): va, l'equinozio di primavera (25 marzo), la
discussioni sulla pasqua in occasione della vi- domenica dopo il 6 aprile; ~ ScHWARTZ 10-
sita di Policarpo di Smirne ad Aniceto di Ro- 16; _... LoHSE 76 s. È stato più o meno un
ma (155 d.C.). puro caso che la disputa pasquale sia scop-
66 Ireneo (citato in Eus., hirt. ecci. 5,24,14 piata proprio tra le chiese dell'Asia Minore
[GCS 9,494,28-496,2]) rintcacda l'usanza del· (pasqua celebrata alla sera del x4 Nisan) e
fa pasqua domenicale fino ai tempi di Sisto di Roma (pasqua celebrata la domenica suc-
(vel'so il uo d.C.), ma non vuole dire con cessiva al 14 Nisan).
?t&.crxw A 1 (\V/. Michaelis)
3 Vanno pertanto intesi in questo senso gli contesto. L'esempio di P. Oxy. XVI 1855,8.
esempi citati in PREUSCHllN-BAUER •, s.v. r 10.4 (7tacrxw d7t6XpLo-Lv) è tardivo (v1-v11
per il significato di provare, sentire («detto di sec. d.C.) ed d7t6xptcrtc; è evidentemente usa·
esperienze piacevoli»); cfr. CRBMER-KOGEL to i11 bonam partem: promessa, risposta favo-
840: Non del tutto esattamente 0EPKE, Gal. revole.
a Gal. 3A afferma: «7tao-xm1 ·è usato anche 1 L'esempio più antico ci è fornito da Calli·
in senso buono», richiamandosi a los., ant. 3, nus Elegiacus (vn sec. a.C.), fr. 1,17 (DIBHL 3
3I2: qui il significato di 'lt6.CTXEtV non è però I I (1949) 2),
precisato dal termine eùepyecrlctt, ché questo s PREISIGKE, Wort. 1 u4 s., s.v. 6.v1}plji7twoç,
viene soltanto dopo, ma dal precedente conte- offre molti esempi da papid del m sec. a.C. e
sto. In Dion. Hal. 7,)I il significato in bo- successivi. Cfr. P.M. MEYER, ]11ristische Pa·
m1m partem è chiaramente pregiudicato dal p_yri,(1920), indice s.v. 7taaxw.
1taaxw A 2-3 (W. Michaelis)
to, ecc. e non 'soffrire', 'patire', ecc. Cfr. che al sapere giungano attraverso il sof-
Aristot., eth. m. 2,6, p. 1203 b 21: CTW· frire». Chiaramente questo 'imparare
<ppwv ò µi] 'ltcXCTXW'll, «saggio è chi è li- soffrendo' non significa che alcuni mali
bero da passioni»; Xenoph., sym. 4,u hanno un lato positivo né (come in Esio·
( ~ n. I 9): 'ltaO'XEW "t'L 1tp6c; 'rt'\llX, «la· do) che le cattive esperienze ci rendono
sciarsi trasportare da un sentimento con· accorti, ma esprime una profonda com-
tro qualcuno». prensione globale dell'esistenza umana
Quale sia il senso della sofferenza è (~ I, col. 808; IV, coll. 339 s.; vr, col.
un problema che ha ricevuto risposte di- 1064) 11 • La felice ed efficace sintetici-
verse. Già secondo Hes., op. 218 il do- tà del gioco di parole mS:l}E~ µ<X.i}oç ha
lore può e deve servire ad acquista1·e mantenuto viva e vivida questa consa-
maggiore esperienza ed una migliore pevolezza (-7 coll.1002; 1024; 1051;
visione delle cose: 'ltixi)-wv oÉ 'tE '111]moç VI, col. IIIO nn. 147 s.; dr. Hdt. r,
Ey'llW, «l'inesperto impara soffrendo» 207: 'ltixi)-Tjµa,-rix/µai)Tjµa't'a, «le mie
(cfr. Soph., Oed. Tyr. 403). L'espres- sofferenze... sono state per me insegna-
sione più profonda e imponente di que- menti»; ~ VI, coll. 1079 s. n. 82). ~
sta concezione ci è data dalla tragedia coll. 997 s. e n. 26.
greca 9, soprattutto da Eschilo: alxix Nella Stoa il campo del 'lttX<T)(EW vie-
oè 't'OLç µlv 'lttXifovoW µal}EL'\I ÈmppÉ1tEL, ne ad assumere dimensioni cosmologico-
«la giustizia concede sapienza solo a universali: soltanto la divinità è sottrat-
chi ha sofferto» (Ag. 249 s.); e special- ta al 7ta<TXEW e possiede l'&.7tal}e~a,; e-
mente ibid.176ss.: "t'Ò'\I cppO'VELV ~PO't'OÙç sclusa la divinità, la vita non è conce-
ÒOWO'IX'\l't'<.t "t'Ò'\I IO 'lttXllEL µ&;lloç llÉV't'IX. xu- pibile senza 1t<X<rxm1 12. L'uso di 7ttXC1XW
plwc; EXEW, «Zeus aprl ai mortali le vie rientra qui totalmente nell'area della
della saggezza, facendo valere la legge dottrina dei ~ 'ltai>i) 13 • Certamente
9 Anche la sofferenza degli altri costituisce x950 (1950) I029-1074, parte, con le sue con-
un insegnamento ("' VI, col. 852). siderazioni, da Plat., resp. 2,361 e-362 a (cfr.
10 -cÒ\I è congettura in luogo di -t<t'>. E. ~ anche E. BBNZ, Christus rmd Sokrales in der
CHR, Die Griechen, in: Mensch und Gottheit alten Kirche: ZNW 43 [I950/JI] I95-224):
in den Religionen 2 (I942) I50 traduce: «È ora questo passo platonico usa sl 'ltacrxw, ma
stato Zeus che ha fatto riflettere l'uomo su non come concetto principale e non costitui-
se stesso ed ha stabilito il principio valido sce, neanche per altri aspetti, alcun parallelo
in eterno: imparare soffrendo». alle affermazioni del N .T. ("' vu, coll.I33 s.).
È interessante notare che lo stesso Prometeo,
11 Cfr. W. NBSTLE, Die Vberwindung des
che è un dio ed un soccorritore dell'umanità, è
Leids in der Antike, in: Gr. Weltanschauung
in ihrer Bedeutung fiir die Gegenwarl (1946) anche un personaggio sofferente. Le sue ul-
..JI4·440. Secondo G . NEBEL, Weltangst tmd time parole in Aesch., Prom. 1094 suonano:
~crop~ç µ'wç ~xòLxa 'l'Càcrxw.
Gotteri.orn (1951) II5 s . il problema della
sofferenza è concepito nella tragedia in modo 12 Cfr. J. Kl!OLL, Die Lehren des Herm. Tris·
molto più profondo che nell'etica filosofica meg. (1914) 125/194 ss. Cfr. ibidem 222 s. per
antica, perché la tragedia mostra «che noi im· la risoluzione della tensione tra àvayX1') (- I,
pariamo, soffrendo, chi siamo e che cosa ci coli. 933 s.) e 1tp6\loLa<- VII, coll. I206 ss.);
convenga... non in una genericità teoretica, inoltre H. JoNAS, Gnosis und spiilantiker Geist
bensl nel dramma dell'esistenza». E. BBNZ, Der I = FRL N.F. 33 (1934) 160.
gekreui.igte Gerecbte bei Plato, im N.T. und 13 Cfr., ad es., la tipica costruzione stoica di
in der alten Kirche, in: Abh. der Mainzer 7C&.<rxw con lhL, per significare essere del pa-
Akademie der Wissenschaften und der Lit., rere, immaginarsi, figt1rarsi (le opinioni conce-
Geistes- und sozialwissenschaftliche Klasse pite dipendono da impressioni esterne).
1tU<1XW A 3-B 1 a (W. Michaelis) (v,906) 994
per lo stoico vale l'ideale dell'amrnwx I 228,30 ss.]). Il miste vive tale libera-
o dell'a't"a.pa.l;la.. Nella negazione dei zione dal <rwµoc provvisoriamente nel-
7téd)11 egli trova la sua libertà ( cfr. -? l'estasi, definitivamente dopo la mor-
14 te. Questo ovO'LWO'l'J<; &vfrpwrcoç non
IV, col. 518 e spec. III, coll. 444-447) ,
che pertanto può esser definita, sempli- conosce alcun mxo-xew, «giacché è im-
cemente, come libertà dai 7ttifrri. È quan- mortale ed ha potere assoluto», à~ocvoc
to mai evidente, a questo punto, l'intel- 'toc; yàp ì))v xrxl 7t&.V't'WV 't1)v ~çouO'lcx.v
lettualismo della filosofia stoica 15 • exwv (Cotp . Herm. 1,15 [Scott I 122,
Anche secondo i testi ermetici tutta 6 s.]) 17• Non si tratta dunque più di
la creazione è sottoposta ai 7tcdh1 ed è imparare soffrendo (come nella trage-
condannata al 7ttXO'XELV. Soltanto Dio dia) né di tenere lontani da sé i 7tocih)
non soffre e non prova mHh1 di alcun mediante l'&.7tafrrni (come nella Stoa),
genere. In Corp. Herm. 14,8 (Scott I ma di essere sottratti al 'ltcXO'XELV me-
260,16 s. 16 ) l'&voLa. e l'ayvwo-la. dei 7tti- diante la redenzione e l'apoteosi.
i)TJ mhc!) 7tEpL't"LÌMv'tE<; è violentemente
criticata. Nelle supreme regioni celesti
B. I LXX ED IL GIUDAISMO
non si conosce la sofferenza (Stob., ex-
cerpt. 6,6 [Scott I 412,28 s.] ). Per il I.ILXX
resto è affermata chiaramente l'univer-
salità della sofferenza: ovoÈv a7to:frtc;, a) Nei LXX nacrxw è usato soltanto
7ttiv'ta. oÈ mxfr'l'}'ta (Corp. Herm. 12,xr 21 volte 13 e di queste solo 5 hanno un
[Scott I 228,32s.]). Persino il vouc; sof- corrispondente nel testo ebraico. Per
o
fre: xa.t vouc; &pa. 1trt.ih1't6c; (Scott; ocra nrn6v~cx.crL, «tutte le cose che i-Giu-
ms.: 7t&.froc;) ÉO''t"L, uvyxpwµa't"lì;wv dei avevano provate» (Esth. 9,26) =
( Scott: a-uyxpw'tl1;wv) 'to'i:c; 7tafrEa-w ma-ra'u-? VIII, col. 915. Am. ~,6 : we-
(Corp. Herm. 12,10 [Scott I 228,22 s.; li5' neblu 'al-Jeber josef, «ma non si
cfr. n 351). Ne segue una conclusione preoccupano della rovina di Giuseppe»,
logica: «Dato che anche il vouc;, essendo è tradotto nei LXX: xcx.t ovx ~mxo:xov
nel corpo, è soggetto alla sofferenza, se ouo€v É'Jtt 't"'fi CTU\l'tpL~TI IW0'1Jq>, «ma
si libera dal corpo si libera anche dal pa- non soffrivano affatto per l'affiizione di
tire», ( ÙlO''tE xo:t O VOU<;, ÉV crwµ<X.'t"L Giuseppe»; 7tti:O'xw col significato di sof-
µÈv wv, 7t<X.i>TJ't6c; ÉO''t"LV) (è accettabile frire per, essere impressionato da, esser
questa congettura dello Scott), cbtT}À.- mosso a compassione da è una traduzio-
À.ay'r) OÈ 't"OU O'WµCX.'t"Oc;, à.7t1}À.À.ay'r) xa.l ne adeguata 19 di blh al nif'al, preoccu-
't"OU 7ta~ouc; (Corp. Herm. 12,n [Scott parsi di (questo significato ricorre soltan-
H Cfr. anche ~ VI, coll. 1287 ss. 7tai>oç {Corp. Herm. ·6,2 a [SCOTT 1 166,18
15 Cfr. R. Die Vberwindung
LIECHTENHAN, ss.J).
17 Cfr. ·JONAS, op. cii. (~ n. 12) 181 s. 346;
des Leides bei Paulus und in der zeitgenos-
siscben Stoa: ZThK N.F. 3 (1922) 372.390 ss. cfr. SCOTT II 44 s,
.'~ Inoltre 7t&.tlwcn.v (lob 41,9 cod. N *) come
16 Comunque in Corp. Hcrm. l'ò:miftELa. non scrittura errata per &.7tOCT1ta<ri>wcrLv.
è attribuita esplicitamente a Dio. Cfr. perfino t9 CREMER-KOGEL 841 rimanda alla costruzio-
14,9 (ScoTT 1 260,19): ò -yàp i>Eòç gv µ6vov ne con 1tpbç 'tWll menzionata sopra (~ col.
~XEL 7tai)oç, 'tÒ à:yaM\I, «infatti Dio ha una 991); però con essa abbiamo il signifi.c~to
sola passione, il bene», mentre altrove si di provare un sentimento ostile verso qualcu-
afferma: 07t0\J oÈ 7t&.i>oç, oò!ìcx.µou -rò &.-ya- 110, mentre ~'lt' col dativo in Am. 6,6 indica
i>b\10 ~7t0\J oÈ -rò &.-yai>6\I, ovoa.µou oùOÈ gv piuttosto l'occasione o il motivo.
995 (v,906) 1t6.o')CW B 1 a (W. Michaelis)
to qui 20). Ritroviamo la medesima co- chi, come 7tauxw, l'aspetto passivo del-
struzione con lo stesso significato in l'azione, si vede come l'uso di 7t"WrXEW
Zach. n,5 (ebraico: pml). In Ez. 16,5
abbiamo il sostantivo pumlà (hapax le- nei LXX non possa fornire, neanche nei
gomenon) derivato da bml nella frase casi in cui il verbo abbia un corrispon-
N.mmld 'ala;ik, «per usarti misericor- dente nel testo ebraico, alcuna indica-
dia»; i LXX traducono: 't'OV mx.DEtv 't'L zione per il problema della sofferenza
fatL <Tol = per mostrarsi in qualche
modo commosso (compassionevole) ver- nell'A.T. 22 Infatti né la discussione di
so di te. w"lo' ta'amod è appropriata- tale problema nel Libro di Giobbe, né
mente tradotto da Teodozione: xtXt où le numerose affermazioni sulla sofferen-
µ1} 7tU.p<XµEL\ITI (Dan. u,r7; cfr. anche
Prov. 12,7), mentre i LXX leggono xcx.t za del credente che leggiamo nei salmi,
où 1td<TE'ttit (errore di scrittura per né il significato e la portata della pas-
O"'\"lJ<TE't<Xt? Cfr. n,r6). sibhe.èlellò 'ebed ;hwh nel Deutero-Isaia
. Se si considera che in ebraico manca sono legati nei LXX al verbo 7tacrxw (né
assolutamente 21 un vocabolo che indi- a~ miDoc; o a~ 'ltai)riµcx. 23 ).
20V. RYSSBL a Ecclus 49,2 in: KAUTZSCH, (àvayx"I]); col. 967 (avtxw); coli. II75 ss.
Apkr. u. Pseudepigr. 1 465. (consapevolezza della vocazione profetica e
21 1taCT)CW sofferenza in Geremia); u, coll. III s. (~&
non è usato perciò neanche in A-
poç/66!;a); coll. 129 ss. (~acra.voc;); coll. 1337
quila, Teodozione e Simmaco, che in genere s. (c'ìtwxw); coli. 1408 s. (Boxtµ&.~w); IV, roll.
cercano di aderire maggiormente al testo e- 518 ss. (i>)i.i1Jnç; dr. noì.ì..a.t al tì..l\ji&Lç [ra-
braico. Antitesi con Brmv ecc. e 'ltaCT)Ct:L\I non 'dt] 'tW\I lkxa(wv, <cii giusto deve soffrire
sarebbero possibili in ebraico e non ricorrono
molto», lfi 33,20); coll. 683 ss. (t6.oµa~); coJl.
nei LXX. Molte delle funzioni semantiche di 954-978 (sofferenza ed espiazione); V, roll.
'ltaCT)Cw vengono esercitate approssimativamen-
742 s. (x6'ì..1Xcnç); coll.773 s. (x6T1:oç); VI, roll.
te, ad es., da kii'eb, 'iimel, 'iin.!1; però nei LXX 856 ss. ('ì..U1t"I]); coll. 1301 s. (la sofferenza del-
i loro equivalenti potevano servire solo in mi- lo 'ebed ihwh); vu, roll. 49 ss. (u,;oµtvw);
sura limitata come sinonimi di 1t<iCT)CW. Cfr., ad
coll. 13I ss. (i mediatori sofferenti; Mosè, il
es., 'iimel/x01tW.w (!ud. 5,26 cod. B), µoxi>tw Servo di Jahvé, ecc.; cfr. roll. 8\)3 ss.); roll.
(Eccl. 2,r8 ecc.); 'an.!1/xa.x6oµa.L (Zach. 10,2), 381-399 (la fede nella rimunerazione); coli.
'ta1mv6oµm (I).i IIJ,r; n8,67); ka'eb/IJ.'),:ytw I432 ss. (la malattia del Servo di Dio soffe-
(lji 68ao; lob 14,22), 'ltO\ltw (Ecclus 13,5). In
rente); vm, coll. 326 s. (6Bu'll'.l1); 1x, coli. 140
molti casi se il testo fosse stato redatto ori·
s.; I# n. 77; I45; 165 ss.; i77 ss.; 18;2 ss.
ginalmente in greco, sarebbe stato usato n&.- (1t«LOEUW); 306 ss.; 346 ss. (7t1Xt<; i>Eou); ~
axw, come mostra un confronto tra 3 Baa. 'tl1.1tE~v6w ecc.
2,26 (lxa:xovx'l'JilrJç tv &mxow oic; b:a.xoux:ii- 21 Cfr. E. BALLA, Das Problem des Leids in
ilri 6 "ltU.'tTJP µov) ed il passo parallelo Sap.18, der Geschichte der isr.·iiidischen Religion, in:
I I che impiega 1taCT)Cw. Nei LXX xa.xouxtw
Eucharisterion H. Gunkel = FRL N.F: -19
è usato oltre che in 3 Ba.O'. 2,26 soltanto in (1923) I 214-260; ~ WICHMANN, passim;
3 Ba.cr. II,39 (all'attivo); Aquila usa invece ~ EuLBR, spec.114·II9: i termini esprimen·
volentieri questo verbo ed il sostantivo X«-
ti sofferenza in ls. .n; ] .J. STAMM, Das Lei-
xovxla; dr. ~ n. 55. den des Unschuldigen in Baby/on und Israel
22 Quanto l'A.T. ha da dirci sul problema (1946); R. EULTMANN, Das Urchristentum im
della sofferenza è pertanto presentato più Rahmen der a11tiken Religionen (1949) 25 s.;
convenientemente in altri articoli del GLNT: M. BuBER, Zwei Glaubensweisen (1950) 146-
~ 1, coll. 85 ss. (il motivo del sofferente amo- 158; MICHBL, Hebr. ', excursus a 12,5 s. !297
re di Dio in Osea e Geremia); roll. 935 s. s.). •
997 (v,907) 1t6:o"xw B 1 b (W. Michaelis)
2~ Negli apocrifi il problema della sofferenza 27 Cfr. la disposizione del testo in J. FICHT-
è espresso anche con altri termini (~ n, 22); NER, W eìsheit Salomos = Handbuch z. A.T.
cfr. anche ~ I, coli. 364 ss. (cx:ywv) ; 1v, coli. n 6 (1938) 45-49. Inoltre: G. BERTRAM, Der
644 s. (ihJw). Begrì/f der Erziehu11g in der griechischen .Bi-
bel in: Imago Dei (1932) 43.
25 Cfr. comunque NllBEL, l.c. (~ n. II).
28 In 2 Mach. 7.37 s. abbiamo persino, alme-
21 Alla massima ital>EL µ&.l>oç si potrebbe con- no accennata, l'idea della sofferenza vicaria
trapporre lii n8,71: ri:yat>bv µoL èS'tL É't'ttitEl- (-> IV, col. 987 n. 56). Cfr. -> col. 999. ->
VWO'&.c; µE !Snwç liv µallùl 'tà 8txmwµa."T6. MAURER 20 ss. precisa la distanza che separa
trou . .i Maçh ..(e 4 Mach.) da.Js. 53 e dal N.T.
999 (v,907) 1t'~O"XW B1 b·2 a (W. Michaelis) (V,908) lOOC
29 n&.crxw .·non è usato (-+ v1, coll. u9 ss. n. 30Contro A. DEISSMANN in KAUTZSCH, Apkr.
75) in quella pericope di 2 Mach. 6,12-17 che u. PseudepigT. II 168, che preferisce, con lo
può essere considerata il documento più an- Swete, la lezione 1ta~6v-ta<;; il Rshlfs ha inve-
tico della cosiddetta teologia della sofferenza ce preferito ~avo-na.ç.
(dr. -+ WJCHMANN I8-21). Cfr. H.W. SUR· 31 In 4 Mach. n&.~oç (-+ col. 1053), ivi usato
KAU, Marlyrien in jiidischer und /riihchristli- cosl frequentemente, significa affetto, non sof-
cher Zeit = FRL N.F. 36 (1938) 9 ss. 13.57- ferenza.
65. 32 Secondo il LEISEGANG u, s.v.
1001 (v,908) 1tciuxw B 2 a-b (W. Michaelis)
citazione di Filone in Eus., praep. ev. 8, lasciare il sentiero della dottrina gre-
7: éi ·ne, 1tcd1E.i.v ÉX7}cxlpEt, µ1] 1tOtEt\I ca del pathos (dr. anche ~ v, coll.
etÙ'to\I. Nella grandissima maggioran- 740 s.). Similmente nei passi in cui Fi-
za dei casi 7tacrxw indica il comporta- lone associa mx.iMv e µa7}E'Lv (ad es.
mento passivo come opposto dell'agire fug. I 38; rer. div. ber. 73) si coglie an-
libero, attivo. Spesso abbiamo la con- cora, sia pure lontanamente, il sapore
trapposizione opfi:v I 7tMXEtv' ad es. aspro e forte del mx7}Et µci.i}oç (~ col!.
conf. ling. 6; Abr. 263; vit. Mos. I,297; 99I ss.; VI, col. IIIO n. 148).
spec. leg. 2,52; 4,I97; agr. 163. Più ra-
ra è l'opposizione rr:otEi.V/7tarrxEw: b) Flavio Giuseppe usa il verbo mi-
migr. Abr. 2r9; dee. 30 s. In det. pot. <1XELV con estrema frequenza (soprat-
ins. 49 s. ci si riferisce all'idea stoica tutto nelle antiquitates, più raramente
degli 1)vwµiva, i cosiddetti esseri uni- negli altri scritti n); ricorrono qui le
tari nei quali attività e passività coin- ben note accezioni del vocabolo, che, ad
cidono (cfr. leg. alt. 3.33); anche la ~u es. in confronto con Filone, ha nello
XTJ è uno di questi. Si può affermare storico un carattere più comune e ge-
che, in generale, l'uso fìloniano di nerico. Nella maggior parte dei casi 'lta-
mio-x;w è fortemente condizionato dal- o-xw, la cui natura passiva è rivelata
la terminologia e dalle idee della filo- chiaramente anche dalla costruzione
sofia greco-ellenistica ( ~ coll. 992 s. ). (u1t6 -rwoç; ad es., ant. 7,209.270; 9,
Le impressioni sensoriali vengono con- 252), significa provare, subire, patire
siderate un 7ta<1XEW, mentre al \love, (a (non si rileva qui alcuna influenza par-
differenza della IJiuxn e della ')''llWµl): ticolare della dottrina del pathos). Spes-
mut. nom. 94.16I.243) compete il opfi.v so 'ltacrxw sembra voler significare an-
(leg. all. 2,38 ; cfr. 39 ss.). Infine il fare che subire una punizione, conforme-
spetta soltanto a Dio, mentre il patire mente a quell'idea della retribuzione
è proprio degli esseri creati (cher. 77; che è tanto importante per lo storico
leg. all.I,49). Pertanto l'uomo non può giudaico. In tale accezione frequente-
fidarsi né dell'cxfol)i}<1LC, né del VOUC, per- mente esplicita il verbo ricorre con o
ché questi possono soltanto dargli l'il- senza determinazioni; ad es. ant. 2,29I;
lusione di una libertà quanto mai in- 5,166. Talora si tratta persino della
gannevole (cher. 71 ss.): egli crede di pena capitale, ma questo particolare
agire,. ma in fondo non è che passivo risulta solo dal contesto; anche in que-
( 75: 7ta'lll)'o<ra op&~nw lVEVOl]CTE 7tet- sti casi mxcrxw per sé significa soltan-
7}0,,v &.v!X. xp<i-roç). Discutendo questo to patire, subire un castigo, t1na pena:
problema Filone si chiede anche come ant. 4,270.279 (cfr. 280); 6,267 ecc.
mai l'uomo possa sopportare v6crouç, Lo stesso vale per gli altri passi in cui
yijpac,, l)&va.-rov e tutti quanti gli altri si tratta de11a morte. Cfr. gli eufemi-
mali e risponde: ò voµl~wv xa-ra.Àaµ- smi 7tal)ELV &.vi>pW1tWO\I ..L (ant. 9,43),
~avEw ii xpa-cE'Lv xa-rcxÀcxµ~&.vémL 'ltacrxe:w -cL (ant. IJ,204; 17,83), rm.-
xixi xpani.-raL, «chi crede di prendere 7}Ei.v 'tt X,ELpov (Ap. I,259; vit. 404). In
o vincere è in realtà preso e vinto» ant. 4 ,322 aù'tò '7taO-XO'\l'tec; significa sl
(cher. 75 ). Filone tratta tutto il proble- morire, ma perché ·si riferisce al prece-
ma della: sofferenza, per quanto riguar- dente È'TtL µEÀÀoucrn 'tEÀEU'tTI (cfr. an-
da sia la forma che la sostanza, senza che 6,r6; 9,86; J4,I67 .170 ecc.). Anche
33 Il bellum Iudaicum è stato tradotto dal- l'aramaico; cfr. 1,3 e Ap. 1,50.
micrxw B 2 b-3 b (W. Michaelis)
in ant. 17,240 si tratta certamente di lini Tt&crxw ricorre in 3,529; 11,282; 14,
persone che hanno subito una morte 209 col significato di patire grandi mali.
violenta, ma ot 1tE'1tOVi>6·m; può signifi- Nell'Enoc greco 7tlX<TXW non è usato 35•
care soltanto le vittime o quei tali (co- Per quanto riguarda gli pseudoepigrafi
sl anche in ant. 17,309; dr. beli. 1,35). che non ci sono pervenuti in greco tal-
In ant. 13,268 l'espressione 7tOÀ.À.Ù. mx.- volta si può pensare che la redazione gre-
i>wv si riferisce evidentemente ai tor- ca avesse Tt&crxw, ad es. !uh. 23,9 (cfr.
menti che precedettero la morte. Il 12 s.). In 4 Esdr. 12,43 si può conget-
vanto del pio giudeo il quale muore turare ,.&, xa.xèt. ll 1tE1t6vì>aµEIJ (cfr.
piuttosto che rinnegare la legge (cfr., Esther 9,26), ma è possibile anche la
ad es., ant. 17,152; 18,59; ~VI, coll. a
forma lì. EtOoµEV oppure l!Upé\I 'i)µCU; o
1307 s.) è descritto con le parole: 7tpÒ sim. (cfr. lfJ 89,15; Gen. 44,34); per 4,
-.ov v6µou mXCfXEW E..olµwc; liXEW, «es- r 2 le traduzioni dal greco sembrano ac-
ser pronto a soflrire ogni cosa per la leg- cennare all'uso di Ttiicrxw; per 7,126
ge» (bell. 2,196), oppure: m:pt 't'OV µ'l'}- cfr. la traduzione araba e, d'altra parte,
oÈ pfjµo: cpi>Éy1;,aai>a~ 1tCX.pà. 'tÒ\I v6µov 7,128 36• Secondo Bar. syr. 78,6 (52,6 è
7tli\l'tCX. Tteti>Ei:v yEwalwc; ?tpoElÀ.ov'to, meno chiaro; cfr. anche 84,6) le soffe-
«preferirono soffrire nobilmente ogni renze presenti sono anticipazione della
cosa piuttosto che pronunciare una sola punizione futura e pertanto, secondo la
parola contro la legge» (Ap. 2,219); tut- legge di compensazione, sono la miglio-
tavia anche in questi casi è improbabile re garanzia della prosperità futura.
che 'ltMXEW significhi morire. Per ant. b) Nella letteratura rabbinica ritto·
3,312 ~ n.3. viamo appunto tale interpretazione del
dolore nella cosiddetta 'teologia della
3. Scritti pseudoepigrafici e rabbinici
sofferenza' che ha conosciuto una par-
a) Negli pseudoepigrafi che sono sta- ticolare diffusione dopo la distruzione
ti scritti o ci sono stati conservati in cli Gerusalemme 37• Già da tempo, pe-
greco 7tlicrxw è usato raramente. In eJ!. rò, si era affermato il principio (dr.
Ar. 214 'ltM)CEL\I significa ricevere anche Le. 13,2.4; Io. 9,2) che il pec-
un'impressione; nei Testamenti dei XII cato causa una sofferenza punitiva pro-
Patriarchi abbiamo regolarmente il si- porzionata e che pertanto dal male si
gnificato &subire, ricevere una punizio- può risalire sicuramente ad una deter-
ne (test. B. 7,4; test. Iud. 15,2 [testo minata colpa 38• Tali sofferenze dovreb-
del Charles]; test. S. 4,3; anche test. R. bero condurre al ravvedimento 39 ed h'an·
3,9; 4,1; test. G. 5,u; test. S. 4,1 3~). no valore espiatorio 40 • Naturalmente
Nelle sezioni giudaiche dei Libri Sibil- sofferenza vicaria 41 ·significa che si sof-
fre per colpe altrui. Esistono però al- sposta alla sofferenza individuale: l'em-
tre sofferenze che non sono dovute ad pio non soffre perché Dio non gli vuo-
una colpa: quelle che servono a pro· le offrire l'occasione di espiare i suoi
vate l'uomo, ad educarlo e, se que- peccati, mentre il giusto riceve proprio
sti dà buona prova sopportandole, per- con la sofferenza la conferma di essere
sino ad aumentare i suoi meriti («pu- bene accetto a Dio 45 • Non si può ne-
nizioni inflitte per amore») 42 • Una del- gare l'enorme importanza di questa
le radici della cosiddetta teologia del- concezione 46 nel tardo giudaismo rab-
la sofferenza consiste nella convinzio- binico 47, ma i suoi punti deboli sono
ne che i patimenti servano ad espia- più che evidenti 48• La teologia della
re la pena che verrebbe comminata sofferenza non si ricollega ad un termi-
nell'eone futuro. Quando venne a ces- ne specifico che possa corrispondere a
sare la possibilità di espiazione offer- micrxw o a miihiµa 49 , ma parla piutto-
ta dal culto sacrificale, si accentuò no· sto di jisstMn, castighi o punizioni, e
tevolmente la potenza espiatrice del- di !iirot, afflizioni, sventure~. Certa-
la sofferenza 43 • Davanti alle enormi mente l'A.T. non forniva alcun voca-
sofferenze che vennero a colpire il po· bolo particolare per indicare la soffe·
polo giudaico si evitò l'idea della reie- renza 51 ; d'altra parte si era già affer-
zione da parte di Dio 44 sostenendo mata una certa comprensione delle 'sof-
anzi che Dio offriva al popolo la pos- ferenze' se queste venivano viste ora
sibilità di una espiazione purificatri- come situazioni particolarmente criti-
ce, confermandone cosl l'elezione. Que- che ed ora come punizioni inflitte da
sta soluzione venne adottata ancora Dio 52, Quando si parla di una 'teologia
più frequentemente per offrire una ri- della sofferenza' si restringe inevitabil-
~ IV, coli. 985 s. Si pensa che soprattutto la 155 {cfr. VoLz, Esch.1 126).
morte dei giusti e dei martiri sia un'opera me- 41Cfr. i testi tannaitici e amorei citati in -+
ritoria e~ Vl, col. 13ro), una sofferenza espia- WICHMANN 51-78. Per scritti più recenti vedi
toria per altri. ibid. 78-80.
42 Cfr. STRACK-BILLERBECK II 193 s. 275; ~ 4'l -+ IX, col. 167; -+ WICHMANN 13.79; E.
1, coli. IIo ss.; IV, coli. 685 s. Secondo M. Bu- GAUGLER, Das Spiitjudentum, in: Mensch
BER, op. cit. (~ n. 23) 139, questa sofferenza tmd Gottheit in den Religionen 1 {1942) 302.
per amore significava sl quel nostro patire che 49 Cfr. specialmente i 'testi relativi alla teo-
ha origine nell'amore di Dio, ma insieme si- logia della sofferenza' in appendice a ~
gnificava anche quel soffrire che viene soppor· WICHMANN 81-97 e gli esempi in STRACK-BIL-
tato con l'intima e profonda spontaneità del I.RRBECK ~ nn. 38-4i.
nostro amore per Dio.
50 STRACK-BILLERBl!CK II 274: il termine jis-
43 C(r. anche H.J: ScHOEPs, Die Tempelzer- stirln può anche indicare ammonizioni consi-
storung des ]ahres 70 in der jiidischen Reli- stenti in un rimprovéro e non necessariamen-
gionsgeschichte: Coniectanea Neotestamenti- te in un dolore, ad es. in S. Deul. § 32 a 6,5
ca 6 (1942) 33 ss. (73 b) che riproduce Prov. 6,23 (T.M.: mlJsiir;
41 Per altre soluzioni del problema cfr. LXX: 7ta:LOEl«); qui però jisslJrln significa ca-
SCHOEPS, op. cit. (~ n. 43) 14-17 e~ I, coli. stighi ed implica pertanto Wla sofferenza.
IIO SS. 51 Tutt'al più possiamo ricordare {iir~t -+ xv,
45 -+ W1cHMANN 9 -15; cfr. STRACK-BILLER- col. 526.
:BECK I 390; Il 227 s.; III 140 S. 52 Proprio il significato cll castighi (divini)
46 Secondo -+ WxcHMANN IO l'espressione doveva favorire l'interpretazione delle soffe-
'teologia della sofferenza' a questo proposito è renze quale mezzo di riconciliazione (di Dio,
stata usata per la prima volta dal VoLZ, Esch.1 non degli uomini). D'altra parte i rabbini
1007 (v,910) miaxw B 3 b-C l (W. Michaelis) (V,\)10) IOO/:i
hanno un concetto molto lato di ;issurin ed rabbinica si esprime con la chiarezza di asY.
hanno usato questo termine per indicare qual- Mos. 3,II, dove Mosè è chiamato «colui che
siasi 'malvagità delle cose', qualsiasi contra- ha sofferto molto in Egitto, al Mar Rosso e
rietà, e l'hanno cosl svuotato del suo conte- nel deserto, per 40 anni» (--+ ibidem, col.
nuto proprio; cfr. STRACK-BILLERJJECK 111 779; frammento latino: qui multa passus est;
245 e ~ WICHMANN 84.57 n. ro. dr. ass. Mos. 9 ,3: passi mnt). Il testo va pe-
51
rò collocato dopo la morte di Erode il Gran-
Abbiamo qui il medesimo stato di cose no-
de; O. STXHLIN, Die bell.-iudische Uteratur
tato a proposito del concetto di martire (4 ( 1921) 580 propone addirittura il 131-132 d.
VI, coll. 1307 s. n. 35; coll. 1331 s.). C. La tradizione tardogiudaica di un martirio
54 Qui non possiamo affrontare direttamente dell'Elia redivivus alla fine dei tempi (dr.
ed esaurientemente il problema della collo- ~ VII, col. 805 n. 189; STAUFP.l!R; Tbeol. 4
cazione cronologica e della diffusione dell'at- 2,55 n. 267.292 n . 703), che J. JBRRMlAS (4
tesa di un Messia sofferente (cfr. spec. ~ IV, coli. 97 ss.) individua nella Apocalisse cop-
7t«tç ~Eoi:i coli. 275 ss., particolarmente coli. ta di Elia, non usa alcun vocabolo della soffe-
348-393). Per sé l'interpretazione messianica renza e non serve comunque a spiegare al-
di Is. 53 non basta a provare che il tardo giu- cuno dei passi neotestamentari in questione
daismo abbia riferito al Messia anche le parti (Mc. 9.4 s. par.; 9,12 s. par.; Apoc. n,3 ss.).
di Is. 53 che parlano della sofferenza; tale Cfr. ]. MuNcK, Petr11s und Paulus i11 der
precisazione è sottolineata anche da J. ]ERI!· Offenbartmg Johannis = Publications de la
MIAS, Is. 53 fot Spiitjudentum, in: Aux sour- Société des Sciences et des Lettres d'Aarhus.
ces de la tradition chrélienne. Mélanges of- Série de Théologie l (1950) 113-118 (istrut·
/erts à M . Goguel (19,50) n8 n . 6. Il N,T. tiva è anche la critica ai tentativi di dimo-
. stesso per provare la 'biblidtà' della sofferen- strare l'esistenza dell'idea di Mosè sofferente,
za del Messia si richiama direttnmente all'A. ibid., u8 ss.).
T. e~ II, coli. 797 s. 801 s.; cfr. inolue coll. 55 È lecito considerare xa.xouxéoµa~ (Hebr.
647 ss.). Per quanto riguarda ]a 'sofferenza' u,37; cfr. 13,3 e n,25 [cruyxa.xouxfoµa.~];
del Messia configurato d11i rabbini come se- ~ n . 2r) un vocabolo sostitutivo? Tutti i pas-
condo Mosè(--+ VII, coll. 803 ss.), nessun pas- si di Hebr. che contengono il verbo -it&:crxw si
so del Deuteronomio (~ ibidem, col. 804 n. riferiscono alla passione <li Cristo (--+ coli.
184; col. 131) e certamente nessuna sentenza 102 3 ss.).
'ltauxw e I (W. Michaelis) (v.911) 1010
persino il 'libro dei martiri' del N.T. riferisce alle potenti e felici esperienze
(~ VI, coll. 1331 s. n. 6r), l'Apocalis- (-.o<Tafrra) dei Gala ti, ma 'lta<Txw stes-
se, riesce a farne a meno (cfr. solo 2, so non è usato in senso buono 57 • Il si-
ro ~ n. 58). Determinate locuzioni, in gnificato generale di provare o accade.re,
cui di solito è usato 'ltaO')Cu), non ri- succedere, è presente anche in Le. 13,2:
corrono, in parte anche per ragioni og- o't'~ 't'av't'a. rtE'Ttovfracnv, «perché è suc-
gettive: si pensi, ad es., all'eufemismo cesso loro questo» (dr. Esther9,26) 58 ;
1ta1M:v 't'L ( &.vfrpwmvov) = morire (~ in questo caso 'Tta<Txw potrebbe signi-
coll. 988; roo2), non raro nella lettera- ficare essere puniti solo se Gesù si fos-
tura extrabiblica. 7tacrxw non è usato in se limitato a ripetere il giudizio che
netta antitesi a verbi d'azione 56 ( ~ dell'evento davano i Giudei. È possibile
coli. 985 s.; roor). Se in Mt. 17,15 do- che la moglie di Pilato (Mt. 27,19) ab-
vesse essere originaria la variante xa- bia sognato di dover essere punita per
xwç exe.L {codd. N B ® ecc.), questa e- l'ingiustizia commessa dal marito con-
spressione dovrebbe significare non già tro un innocente, o forse ella ha pro-
è malato (cfr. 4,24 ecc.), bensl è ridot- vato in sogno paure e rimorsi generi-
to male, soffre molto o sim., in rispon- ci 59 • Forse in Mc. 5,26 (7toÀ.À.à. 'ltafrov-
denza alla variante xaxwc; itaO'xe.1. dei ~a u1tò rtoÀÀwv ta't'pwv 60, «molti me-
codd. CD~. Act. 28,5: e'ltai}e.v oùoÈv dici avevano già provato la loro arte su
xetxov, «senza averne alcun danno», in- lei») non si vogliono indicare esclusiva-
dica che il morso della vipera non fece mente i trattamenti dolorosi, spiacevoli
star male l'Apostolo; è però possibile e inutili a cui si era dovuta sottoporre
che, date le considerazioni dei Maltesi l'emorroissa 61 , ma molto più probabil-
( 28 .4 ), ci sia anche il significato di ve- mente le varie e contraddittorie terapie
nire punito (dagli dèi) (-"> col. 989 ). adottate dai medici, per cui va preferita
In Gal. 3,4: 't'OO'ct.V't'a E1tcii}e.'t'e. e.i.- la traduzione proposta sopra od una si-
xi'j;, «(o Gala ti insensati,) tali cose vi mile 62. In r Cor. 12,26 mio-xe.~ andrà
sono accadute invano?», la domanda si tradotto: subisce un danno, è maltratta·
~ Per Mt.q,12 ~coli. 1013 s. In I Petr.2,20 re naturale che miaxw significhi soffrire (per
à:yal>o'ltotÉw e 1Caaxw, data anche l'esistenza amore di Cristo), essere perseguitato (~ coli.
dei composti xcixori;ot~w (~ IV, coli. 1448 ss.; 1030 ss.).
I Petr. 3,17) e xa.xomdMw (~ coll. 1081 s.), s9 Cfr. ~ v1u, col. 660 e n. 49; M. DIBELIUS,
non costituiscono un gioco di parole. Nella Die Formgcschichte des Ev. 1 (1933) n3 s.
formulazione negativa extracristiana della co- 197; BuLTMANN, Trad. 305 n. 2; E. FASCHER,
siddetta 'regola d'oro' di Mt. 7,12 (ad es .. Das W eib des Pilatus = Hallische Monogra-
Isocr., or.3,61 ~ col.990; Philo - col.1000) phien 20 (1951) 5-31. Anche nella parola del
è usato, talora anche quando essa è riportata ladrone riportata da ev. Petr. 13: o\hw 'ltE·
dai Padri, m~<T)CEL'V ovvero pati ( = ylvEul>m 7t6v!><J.µE\I (dr. Le. 23',41: OLX«lwç ... a'Jto)..a.µ-
col dat.: Act.15,29 [cod. D]; Did.1,2); cfr. G. ~<ivoµ_E\I) in 7tauxw prevale il senso di essere
RESCH, Das Aposteldekret nach seiner atmer- punito.
kanonischen Textgestalt =TU N.F. 13,3 60 Non è probabile che la ricercatezza dell'e-
(1905) 132-141. spressione (paronomasia; cfr. BLASS-DEBRUN-
57 Cfr. - n. 3. Né il contesto né il contenu- NER § 488,1 a) accenni a una rielaborazione
to generale della lettera giustificano l'ipotesi posteriore del primitivo testo marciano (dr.
che qui si tratti di sofferenze dovute alla per- WoHLENBERG, Mk. 161 n . 24.
secuzione, come sostiene ad es. ZAHN, Gl. ' 6J Cfr. Heracl., /r. 58 (DlELS • 1 163,u s.).
146. 62 WoHLENBERG, Mk. 16x. Per Ja. costruzione
SS Jn Apoc. 2,10 il contesto fa invece appari- con Ù'lto (che nel N.T . ricorre ancora in Mt.
IOII (v,9u) 1taaxw C 1-2 a et (W. Michaelis) (v,912) IOI2
to. Qui il senso passivo e in malam par- morte»), ed in Le. 22,15, dove abbiamo
tem di ?tci.<rxw è assicurato dall'antitesi la locuzione analoga ?tpÒ -.ov µe mxiMv,
con oo!;aSE't'CY.L 63 •
«prima ch'io muoia». Tale accezione non
è meno manifesta in quei passi in cui ·mx-
2. La sofferenza di Cristo
irEiv è menzionato accanto alla risurre-
a) I sinottici ed il Libro degli Atti. zione: Lc.24,26-46 64 ; Aet.17,3 (cfr. an-
Nel N.T. mX.C"XW indica la sofferenza di che 26,23 ---:> col. ro44). Perciò anche
Cristo, oltre che nei sinottici e negli At- in Aet.3,18 la frase 'lt~~Eiv 'tÒV XPtCT'tÒV
ti, soltanto nella Lettera agli Ebrei e a.ù-.ou si deve riferire alla morte di Ge-
nella prima Lettera di Pietro. Nei si- sù (3,15a), seguita dalla sua risurrezio-
nottici e negli Atti i passi si distinguo- ne (3,15h), e non ai particolari della
no in due gruppi. storia della passione menzionati in 3,
a) fo Le. 22,r5; 24,26.46; Act. 1,3; x3 s. Grazie al nesso con il verbo atti-
3,18; 17,3 abbiamo un uso particolare vo ELO"EÀtlEiv (Le. 24,26) e con l'intran-
ed unitario del verbo, in quanto 1tMXW sitivo, ma non passivo, &:vmr-.ijva.L (Le.
in questi passi (per Le. 24,26 -?> n. 24,46; Aet. 17,3) 65, in questo gruppo
64) è usato assolutamente e significa di passi 'ltacrxw viene ad assumere una
evidentemente (come anche in Hebr. e coloritura piuttosto attiva. Supposto
I Petr. ~ coll.1023 ss.) morire. Questo che in Le. 22,15 ss. sia presente una
significato è indubbio in Aet. 1,3, dove tradizione più antica della parallela pre-
µE-t<X 't'Ò ?ttt1Mv ctt1't6v segue le parole sente in Marco e Matteo 66 e ammesso
7tapÉ<i'tl]CTEV ~OCU'tÒV swv'trt («ai quali che il detto di Le. 22,r5 meriti una mag-
presentò se stesso vivente dopo la sua giore considerazione 67, avremmo una
17,12; 1 Thess. 2,14) cfr. BLAsS-DEBRUNNER re il particolare destino cli Gesù. Questa con-
§ 315. 'ltacrxw non è comunque un vero pas· siderazione è confortata soprattutto da 24,4.6,
sivo che significhi, ad es., esser curato (da un se qui oihwc; non va riferito a 7tal>E~V, come
medico), mbìre un trattamento (medico). sostengonQ KLOSTERMANN, Lk., qd I. e C!E-
6' Benché· il versetto 12,26 a,ppartenga ancora MER-KOGBL 840, ma a yÉypct7t'tct~ (cfr. la tra-
all'immagine (di. BACHMANN, l<ommentar 1 duzione in HAuCK, Lk., ad l. e ZAHN, Lk. ,_.
K. 386 s.) 7ta<Txw non significa essere amma- 729).
lato (4 n. 7) né è possibile, come si potreb- 65 Cfr. BLASS-DEBRUNNER § 97 ,I .
be pensare dato il cruyxalpE~ di 12,26b (cfr. 66 Cfr. BuLTMANN, Trad. 286 s. joo.303; E.
anche ~ vi, col. 1526), che significhi essere GAUGLBR, Das Abe11dmahl imN.T. (1943) 21.
triste, rattristato ecc., tanto più che cru1J.7t&.- 67 A ragione E. GAUGLBR, op. cii. (~ n. 66)
axw in 12,26" vuol dire subire u11 dan110 (~ 18 n. 1 considera il semitismo ~mll'uµCq. bcE-
coll. 1047 ss.). thiµ'!'jO'ct (cfr. BLASs-DEBRUNNBR § 198,6) una
6i In Le. 24,26 'ltlXi>E~\I non è certamente usa- prova «della fedeltà della tradizione». Anche
to in assoluto, ma è connesso con -.ixu-ra.; secondo ]. JEREMIAS, Die Abendmahlsworte
pure l'associazione con la risurrezione ed il Jesu 1 (1949) 86 n.3 bisogna distinguere tta
passo parallelo 2446 mostrano che 7tct&~v è stile lucano e creazione lucana: quello non è
già diventato un'espressione fissa per indica· certo prova di questa. Dato che in Le. 22,15
IOI3 (V,912) rcaaxw C 2 a~ (W. Michaelis)
prova che in questa accezione ( rc<i<rXELV cora minore tra 'ltoÀ.À.Ò. 'ltai}n (9,12) ed
= morire) 7ta<rxw, ovvero il suo corri- È'ltOl'l)CTet.v (9,13)'°.
In Mt. 16,21 il pri-
mo evangelista ha tralasciato l'arcooo-
spondente aramaico, potrebbe risalire a xtµet.O"l>ijvo.~ di Mc. 8,31 ed ha modifi-
Gesù stesso 68 . cato il resto della proposizione marcia-
na 71 ( Ù1tÒ "tW\l 7tpEO'~UTÉpWV X't'À.. )" in
f3) L'altro gruppo comprende i se- un semplice 'ltOÀ.À.Ò. mx.iM:v. Mt. 17,12
guenti passi: Mc. 8,31 par. Mt. t6,21 e ha lasciato cadere l'l:~ouOEVEt<ri}aL di
Le. 9,22; Mc. 9,12 par. Mt. 17,12; Le. Mc. 9,12 conservando soltanto il rca.-
i>Etv. L'evangelista crede evidentemen-
17,25. te di aver già detto con mdki:v tutto
Mt. l 7,r 2 b: o\h-wc; xa.t o vt~c; -.ou quanto vi era d'importante e di decisi-
<ivl>pc.:mov µÉÀÀ.eL 'lttX<TXEW Ù'lt 1tt.UTWV, vo da dire 72, cioè 7tet.l}Ei:v costruito con
«cosl anche il Figlio dell'uomo dovrà su- a1t6 o ù1t6 deve esser stato per Mat-
bire la loro violenza»: la costruzione teo semanticamente molto vicino ad
con l'.m6 · dimostra quanto sia sentito IÌ7tOOOXLµCt.crMjvcn ovvero a É~OVOEVEt
qui il carattere passivo di 'lt<iaxw. Le cri>rt~, cosl da potere agevolmente sosti-
parole precedenti (I 7 1 12 a: E7tOlTj<TIX.\l tuirli. L'attività degli avversari di Ge-
ÈV t:XÒ't'<i} o<ra. 1)i}ÉÀ.'l')O"IX.V, «gli hanno sù non è mai messa in tanto risalto,
fatto tutto ciò che hanno voluto») per quanto riguarda l'uso di 1tt.tl}Ei:V,
non hanno certamente occasionato que- come in Matteo (un risalto che è anco-
st'uso del verbo 69, anche perché nel ra maggiore in 17 ,12 con Ù7t6 che in
racconto di Marco c'è un rapporto an- 16,21 con &.1t6).
abbiamo anche 7ttXCTX<t, notiamo cli passaggio terisuca etnico-cr1st1ana. Anche questo fatto
che è quanto mai improbabile che la grafia conforta l'impressione che Luca valorizzi un
di 7tacrxa con 7t iniziale sia dovuta ad una più antico uso linguistico. Se fosse ,veramente
«assonanza irregolare con rc<i<TXw» {cosl ]BRE- accertato che 7to:llt:i:v nella locuzione 7tal>Ei:v
MIAS, ibid. IO n. I d'accordo con DALMAN, -ÌÌ arcO~Et<TO'.l. (~ col. 989) si riferisce sem-
Gr. 138 n. 2). I LXX, che contengono le pre ad una sentenza capitale, ad un'esecuzio-
prove più antiche di tale grafia, non offrono ne, si potrebbe avanzare l'ipotesi (come mi
alcun appiglio per una simile ipotesi, in ha scritto E. HAENCHRN) che la preferenza
quanto usano molto raramente {solo 13 vol- lucana per rco:ìk~v = morire sia stata influen-
te) il presente e l'imperfetto di rca<TXW (negli zata da un tale uso linguistico extrabiblioo.
altri tempi l'assonanza svanisce del tutto). Là Però la locuzione 'ltO:ltti:v 1' a'JtO~ELaO'.~ non
somiglianza di suono non può inoltre aver contiene tale senso specifico.
determinato l'accoglimento della grafia dei ff1 Cfr. ~ n. 56; BLASS-Dl\BRUNNER § 315.
LXX da parte di Filone e Flavio Giuseppe. 10 Soltanto LOHMEYER, Mk. a 8,31 e reçe11-
Nel N.T. il presente di 1tao'Xw ricorre ,15 vol-
temente ~ ScttELKLE, spec. 66,73-75 presta-
te: .nei sinottici, ove potrebbe esser presa .in
no una maggiore attenzione all'uso di 7t&:-
considerazione un'influenza di 7taa'XE~V sulla crxw. Cfr. H.v. Ct1.MPENHAUSEN, Die Idee des
grafia 7ta<rxa, esso è usato però soltanto in
Martyriums in der alten Kirche (1936) 62 s.
Mt. 17,12.15. ~ coli. 964 s. ~ n. 137·
63 Mentre le variazioni di Mt. 16,21; 17,12 ri- 71 Cfr. anche Le. 9,2:z.
·s petto a Mc. 8,31; 9,12 possono forse indica- 72 KLOSTERMANN, Mt. a 16,21 nota giusta-
re un punto di vista giudeo-cristiano, non si mente che xo:t circolìoxtµaai}iiva.t manca per-
può affatto considerare l'uso lucano cli rca- ché superfluo, ma si chiede a torto se tale
ltei:v :=: morire, come mostra la sua sopravvi- espressione non sia sostituita da d<; '!Epocr6-
venza soltanto in Hebr. e I Petr., una carat- ì.vµa Ò:7teì.l)e~v (cfr. 20,18 par.).
n&.crxw C 2 a 13 (\V/. Michaelis)
In Mc.8,Jr; Lc.9,22 7tOÀÀ.à 7t<.dMv è Mach. 9,28 --,) col. 998 e Ios., ant. r3,
il primo dei quattro momenti dell'af- 268 ~ col.rno3). In questo caso, però,
fermazione di Gesù, ma non rappre- dovrebbe trattarsi di eventi precedenti
senta il concetto principale: i tre mo- l'à.1toooxtµa.11~vat x"tÀ., quindi non
menti successivi non spiegano cioè il dello scherno e delle battiture, ma al
7toÀ.À.a né vi sono inclusi. Né in Mc. massimo dell'arresto e del processo e
9,31 par. né in 10,33 s. par. tale espres- forse anche del tradimento di Giuda e
sione è usata per indicare l'insieme de- del rinnegamento di Pietro. Probabil-
gli eventi della passione; inoltre essa mente le due espressioni 1toÀÀà 7ta.?ki:v
non può rappresentare un concetto su- e &:1toooxtµcwM'jvat non hanno avuto
periore ad &:va;11·rij'Va;t 73 . D'altra parte in origine questo significato 75 • È più ve-
essa non può indicare soltanto la mor- rosimile che la frase rcoÀ.Àà 7ta.i1Ei:'V xcd
te di Gesù, perché già il 7toÀÀ.a im- &.rcoòoxtµo:11i11}'V11.t rappresenti un più
pedirebbe tale interpretazione e, so- antico accostamento autonomo di con-
prattutto, perché il morire è menzio- cetti, quasi la premessa al più completo
nato esplicitamente (1htox"ta.\1Dfivai). annuncio della passione che troviamo at-
1tOÀ.Àà 7ta.l>Et'V non può neanche essere tualmente in Mc. 8,Jr par.76 Questa ipo-
riferito alle circostanze che accompa- tesi è corroborata da Le. I7 ,2 5: 'ltpw'to'V
gnano la morte, alle sofferenze che la oÈ. OEi: <tÙ'tÒ'\I 7tOÀÀà ?ta.i1Ei:v xat à'ltooo-
precedono, perché i due momenti (mx- XLµo:O"lh'jvat &.nò -.flc; YE'VE<iç 'tctV't'r]c;,
i)Ei:v-cìitox't't:x:wi'j\la.t) sono separati da «prima però egli deve patire molte co-
CÌ.7toooxtµa.<tilfiva.t X't'À. Ora, benché se ed essere ripudiato da questa genera-
nel N.T. manchino altre prove di que- zione». Anche se la collocazione di que-
st'uso 74, 7toU.à m.ti>Et\I potrebbe be- sto detto può essere secondaria 77 , pu-
nissimo significare, da un punto di vi- re il logion stesso deve essere antico,
sta puramente letterale, gli eventi e gli almeno per quanto riguarda l'accosta-
atti che precedettero la morte violenta, mento di ?toÀ.Àa 'ltai)Ei:'V e &.7toooxLµa-
ad es . i maltrattamenti (cfr. proprio 2 O"t}fi\la.t 78 • Inoltre anche in Mc. 9,12
tizzando le istanze ivi menzionate nell'espres- della passione à.n:ox-cElvw è comunque più an-
sione generica cbtò -cijç yEVEiiç 'TttV-c'l'}c;». In tico di a'-Cttup&w (Mt. 20,19; cfr. 26,2); tutta-
realtà si è avuto proprio il procedimento op- via rispetto alla formulazione 1tOÀ.À.<Ì. 7ttt&i:v
posto: l'elenco delle istanze specifiche dì 9, xat à.n:olìox~µtt<ri}ijvrx,~ costituisce un amplia·
22 par. rappresenta un ampliamento seconda- mento, come à.vcwtjva;~.
rio basato sull'effettiva partecipazione del si- 81 LoHMEYER, Mk. 165.
nedrio allo svolgimento storico degli eventi. 82 Cfr. O. KLBIN, Syr.-Griech. Worterbuch
Secondo W.G. KOMMEL, Verheissrmg 1md zu den 4 kanonischen Ev. = ZAW Beih. 28
Erfiilltmg 1 = Abh. z. Theologie des A .T. (1916) 72. In Mc. 5,26 ed Hebr. 5,8 il testo
und N.T. 6 (19_'3) 64 «non ci sono motivi siriaco legge addirittura s'bal. I due verbi si-
fondati per mettere in dubbio che Le. 17,25 riaci non sembrano .essere collegati tra loro.
rappresenti un'antica tradizione attendibile».
83 ~ II, col. 216 n. I. Dei 7 passi in cui ri-
79 Cfr. la citazione di ljl n7,22 da una parte corre · sabal al qal 5 sono nel Deutero-Isaia.
in Mc.12,10 par.; I Petr.2,7 (ànEoox4.w;11av: Nella sua traduzione ebraica del N.T. F. DE-
cosl i LXX) dall'altra in Act. 4,11 (l!;ouilwn- LITZSCH rende di solito 'ltÒ.11XW con 'iina, ma
ilElç). Rivela forse un rapporto con Is. 53,3 usa siihal in Le. 17,25; 24,26. Nei LXX siibal
l'tt;ouotvriD-i)wx.~ dì Mc. 9,12? Aquila e Sim- ( qal) è tradotto con &:vtxoµat e à.vttÀ.cx.µf3&:-
maco leggono ivi tt;ouotvwµivoç (dr. ~ Eu- voµttt in Is. 46A, con Ò'ltÉXW in Lam. 5,7 e
LER 29.33 e 140). ~ MAURER 28. con 'ltOVÉW in Gen. 49,15. In Is. 53,4 i LXX
80 Per ct1tOX'ttlvw cfr. LoHMEYER, Mk. 165; hanno tradotto liberamente (cfr. però f3acr-c&:-
~ SCHELKLE 27 n. 15.65 n. rr.74; DIBELIUS, t;w nella citazione di Mt. 8,17), "in 53,11 con
Thess.' (1937) a I Thess. 2,r4. Nei presagi tivtt<pÉpw (Aquila 53,4: ùnoµtvw; 53,11: f3a-
nacrxw C 2 a~ (W. Michaelis) (v,915) 1020
O"'\oc~w; S#runaco 534: Ù7toµÉv<ù; .n.n: ò- 87 I.a locuzione 'patire e morire' non compa-
7toq>~pw; Teodozione _13,n: Ò7tolptpw). -+ r, re che dopo i Padri apostolici (~ col. 1041
col. 499. n. 138; coll. xo50 s. n . 9). Essa non risale
= 'ltaV't'et;, lld es.
u Cfr. l'uso di (ot) '.fCOÀÀo( probabilmente soltanto a Mc. 8,31 par. perché
in ls. 53,x2 e nel 'N.T. Al riguardo cfr. qui 6.7tox-ta.\1Dfjva~ equivale a essere ucciso ed
]. ]1!.REMIAS, op. cii. (-+ n. 67) 91 ss.; O. inoltre 1to~>..a -va inteso come patte integran-
CuLLMANN, . 'YnÈp (iiv"Ct) 7to}..Àw'll: ThZ 4 te. Nella frase 'patire e morire' bisognerà rife-
(x948) 47rss. -+ n . 109. Cfr. lo. 1,29 ('tou rire il 'patire' o alle sofferenze cotlnesse ton
x6ap.ou). la morte (ciò che non avviene nel N.T.; .per
s; Come in ebraico (-+ roll. 995 s.), cosl in a· Hebr. 2 19 ~ coli. 1074 s.) o agli eventi della
ramaico 7tacrxw non ha un termine diretta- passione che precedettero la morte (questo
mente corrispondente: · cfr. J. ]BREMlAS, op. punto cii vista ha un qualche appiglio nell'uso
cit. (-+·n. 67) 87 e n._12; ID.1ThLZ75 (1950) linguistico del primo annuncio della passione)
35. L'aramaico s'bal ha forse fatto da ponte( o in particolare alla scena del Getsemani (sen-
In ogni caso è possibile che nella base aramai- za appoggio nel N .T.; per Hebr. 5,8 ~ roll.
ca di 1toÀM 1ta~i:'ll e ita&Ei:v =morire i loro 1024 ss.). Nella forma originaria del symbolum
corrispondenti non presentassero, come in gre- Romanum mancava il 'patl', che venne aggiun-
co, lo stesso verbo e non venissero quindi mes- to solo più tardi insieme con 'fu crocifisso'.
si in relazione. D'altra patte la probabilità di Cfr. il prospetto in H . LIETZMANN, Symbol-
una ·derivazione da Is. 53 è direttamente pro- studien 1-vn: ZNW 2x (1922) 16 s.; ID., Mes·
por.donale alla preminenza dell'i~ea del Servo se und Herrenmahl ·= Arbeiten zur Kirclten-
di Dio sofferente nella tradizione prematciana geschichte 8 (1926) 50-53.61.62 n. I (con e-
del più antico racconto della passione. Cfr. spresso rimando a const. apost. 8,12,38}; W.
~ M.AURBR 10.23 e passim. MICHAl!.LIS, Herkun/t und Bedeut1mg des
86 -+ n. 108. L'espressione 1to).).<% 'lt<.d)Ei:v non Ausdrucks 'Leiden und Sterben ]esu Christi'
ricompare prima di Barn. 7,u•, dove indica (1945) 4 s. u s. 13 s. nn. 5 s.; -+ SCHRLKLB
però le sofferenze che la chiesa deve affron- 74 s. 24 ss.
tare per raggiungere il regno di Dio (-+ coll. ss Cfr. ~ coli. rn12; 1019 ss. ma anche il
:io42 s.). lìouva~ -r-nv tliux1Jv di Mc. 10,45 par.
ro2r (v,9r5) it~crxw C 2a13-b (W. Michaelis)
89 --> SCHELKLE 78-SI. Ciò avviene quindi non biamo un detto di Gesù.
soltanto in Giovanni col suo rifiuto del voca- 92 Cfr. ~ 8tti>xto> 11, coli. 1338 ss.; -+ ~
bolo 1t&.axw, come sostiene R. BuLTMANN, cr·ny6w VI, coll. I396 ss.; --> rnixup6w, ecc.
Theologie des N .T. (I953) 400. Anche ri1tothitJo-xw non ricorre in quei detti
di Gesù che riguardano il destino futuro dei
90 Cfr. A. SCHWEITZER, Dar Mersianiliits- tind discepoli (è usato però ri1tOX-tEl\lw; -+ n. Bo).
Leide11sgeheimnis 2 (1929) 81-89. Per Mt. 10,38; 16,24 par. cfr. ~ I, coli. 577
91 Nemmeno nel testo che sta alla base di Act. ss.
3,18 ss., ammesso che sia giusta la ricostrw:io- 9J Per il passo di Act. 26,23 citato piì1 sopra
ne proposta da BAUBRNFBIND, Ag. 66 ss., ab- (--> col. 1012) --> coli. 1044 s.
rcà.crxw C 2 ba (W. Michaelis)
!H RIGGENBACH, Hebr. l.l 120; MICHBL, Hebr.• chiamata 1mpo:crµ6c; (in Mc. 14,38 par. si pen-
a 4,15 (122 s.). Per 1a variante secondaria TCE- sa ai discepoli). ·
7tEtpaµivov dr. ].H. KoRN, IlEIPA:EMO:E =
97 Certamente in tale espressione «la sofferen-
BWANT 4F 20H (1937) 3os. Cfr. ~ col. za non può essere limitata al momento della
1080.
morte». Ma si può veramente dire che essa
95 Per il rapporto tra TCÉTCov»Ev e 1mpacrltdc; «include tutto ciò che ha preceduto e prepa-
cfr. RIGGENBACi-1, Hebr. 64 n. 63; per tv il.> rato dolorosamente la morte» (RIGGENBACH,
dr. ibid. n. 64; MICHEL, Hebr.8 a 2,18 (92). Hebr. 63 n. 62)?
96 MICJmL, Hebr.1, ad l. (38) afferma senz'al-
93Cfr. RIGGENBACH, Hebr. 130-137; MICHEL,
tro che si tratta cli tale scena a motivo del
Hebr.•, od l. (133 s.).
rapporto tra 7t&Doc; e TCEtpo:crµ6c;; è diventato
poi più cauto (Hebr. 1 92, ad l.). Hebr. non 911 WINDISCH, Hebr., ad I.: la 'perfezione' sa-
usa altrove 'Itaitoc;; inoltre nel N.T. 'Itaitoc; rebbe allora consistita nel fatto <(Che il Fi-
non significa mai sofjerem.a (~ coli. 1056 ss.). glio decise di arrendersi alla volontà di Dio,
Nei sinottici la scena del Getsemani non è cioè di accettare la sofferenza».
1025 (v,916) nétaxw C 2 b u. (W. Michaelis)
f.yé.vE-.o ?téicnv ..-oi:c; ùm~xovovow a.v..-1{) senza parallelo nel N.T. che na.1}e:~v in-
a~TLO<; <1WTT)pla.ç a.lwvlov, «divenne dicasse la lotta sostenuta da Gesù nella
autore di una salvezza eterna per tutti preghiera al Padre e soltanto quella.
coloro che gli obbediscono» (cfr. 2, Non rimane quindi che un'alternativa: o
ro) 100• Va riconosciuto anche che 5,9 tanto Eµai>e:v quanto E7ta.ll'Ev si riferisco-
non è esclusivamente orientato verso la no ai singoli stadi della passione, co-
resurrezione 101, perché in caso contrario minciando col Getsemani e finendo con
5 ,8 dovrebbe necessariamente riferirsi la croce 105, o entrambi i verbi si riferi-
alla morte di Gesù che altrimenti non scono esclusivamente alla morte. L'uso
sarebbe neanche menzionata. Conviene di na.l>e:Lv in 13,12 favorisce questa se-
tuttavia pensare che anche in 5 ,9 si fac- conda possibilità. La menzione dell'ub-
cia riferimento alla morte di Gesù (~ bidienza fa poi avvicinare quanto mai 5,
IV, coli. 888.898) 102• Ci sono tre con- 8 a Phil. 2,8 106, e 'tEÀ.e:t.wl>e:lc; {5,9) de-
siderazioni che impediscono di vedere signa la morte e soprattutto la risurre-
sia in 5 ,8 che in 5 ,7 un riferimento e- zione come insediamento di Gesù a
sclusivo all'episodio del Getsemani: in sommo sacerdote (parallelismo con l'e-
primo luogo, do-axovcd)Elc; (5 17) segna saltazione a xvpi.oc; di Phil. 2,9 ss.).
già la fine della scena del Getsemani 103; Anche in Hebr. 9,26 il contesto as-
poi, in base a Phìl. 2,8 e Rr;m. 5 1 19,
ùna.xoiJ indica anche, se non addirittu- sicura l'esclusivo riferimento di 1ta.lle:i:v
ra unicamente, la morte di Gesù; infi- alla morte di Cristo 107 • Infatti la con-
ne, l'uso linguistico di 1ta.t}EL\I tipico trapposizione di 7toÀ.À.6.xL<; (9,25 s.) e
della Lettera agli Ebrei vieta che si e-
&'!ta~ (9,26.28) richiede che ?ta1ki:v in-
scluda un qualsiasi riferimento alla
morte. Ci sono poi altri particolari da dichi qualcosa che non solo è accaduto 0
considerare. È molto difficile spostare de facto éi'lta!;, ma che non aveva la mi-
nµa.l>EV alla scena del Getsemani e ri- nima possibilità di accadere 7toÀ.À.axi.c;
ferire E1ta.l>Ev alla sofferenza imminen-
te 104; l'(µa.~Ev e l'E1ta.l>Ev sono invece (cfr. Rom. 6,9 s.) 108 •
contemporanei. Sarebbe assolutamente Benché nella Lettera agli Ebrei 'lta.-
100 Cfr. anche RIGGENllACH, Hebr. 138; E. Ki\- Urchriste11tum (1942) 46 ss.; ]. BIENECK, Sohn
SEMANN, Das wandernde Gottesvolk = FRL Gottes als Christusbe:t.eichnung der Synopt. =
N.F. 37 (1939) 86 n. 4. Abh. zur Theologie des A.T. und N.T. 21
101 Cosl MICHEL, Hebr.1 , ad l. (62): «La 'per- (195r) 58-69.
fezione' di Gesù si identifica evidentemente 101 Pertanto 1tpocnpÉpEW fo.v-.6v non può in-
con la sua elevazione». dicare «semplicemente il dono che il Cristo
102 Cfr. anche RIGGBNBACH, Hebr. x38. glorificato fa di sé~> (RIGGENBACH, Hebr. 287
103 Non è necessario che Hebr. 5,8 si riferisca . n, 81).
alla scena del Getsemani neanche se si" do· 108 L'arresto, il processo, la derisione, ecc. ed
vesse inserire un oùx prima di dCTixxovcrlMi; anche la scena del Getsemani, sono sl eventi
(-+ m, coll. n48 s.; dr. però MICHBL, Hebr.•, precisi e irripetibili, ma non rientrano nel-
ad l. [134 s.]; -+ VI, col. 11x4). l'èiira.!; che attiene al 1ttd}e~v. perché in tutti
104 Cosl, ad es., R.IGGENJ!ACH, Hebr. 136 s. questi casi non è esclusa in linea di princi-
105 Simile è l'interpretazione proposta da RIG- pio una ripetizione, un 1to)..À.&.xtç. Cfr. anche
GENBACH, Hebr. 137 e n. 62. la corrispondenza tra 1'&1t«!; chtoila.vEi:v de-
106 -+ VI, col. u12; M1CHAl!LIS, Phil. 38 s.; stinato agli uomini (9,27) e l'èi7ta.t; 7tPOIT-
W. MrcHAl!LIS, Zr1r Engelchristologie im EVEX1h:lç che può esser detto solo per Cristo
7tciaxw C 2 b ~ (W. Michaelis)
i}e.i:v non sia mai associato a espressio· na (come in 2,9 s.) si tratti dei cristia·
ni del tipo Ù1tÈp 1)µw\I o sim. (cfr. r ni (-7 coll. 1035 ss.). Tale riferimento
Petr. 2,21; 3,18), pure questa idea è
implicita (cfr. soltanto xo,12; 1>,12). specifico alla morte di Cristo è quanto
Come in Paolo i}~w.t't'oc; abbraccia e mai chiaro un paio di versetti dopo (2,
include tutta la storia della passione 23).
(in Rom. 5,10 M.va-.oc; è identico con
l'aìµa di 5,9; cfr. anche Col. 1,20 con Mentre 2,22 (cfr. ls. 53,9) rappre-
senta ancora una caratteristica genera-
1,n.;--)- I, coll. 468s.; la morte è de-
le di Gesù (dr. anche 3 ,9; -7 VI, col.
finita in Phil. 2,8 come M.\la't'oc; cr-.au·
pou), cosl nella Lettera agli Ebrei m.t- 792), le parole À.oi8opovµe.voc; oùx. &.v·
iMv è prossimo all'uso che l'autore fa ·tiÀ.oio6pEL, «insultato, non ribatteva
con insulti» ( 2,2 3 a), si riferiscono già
dei termini i}!lva't'oc; (cfr. 2,9.14; 5,7;
9,15 s.), alµa (ad es., 9,12.14; -7 1,
alla storia della passione (~ vr, col.
col.471) e cnaup6c; (solo in 12,2) 109• 792; cfr. anche Rom. 15,3). In 2,24 si
espone persino il significato della mor-
Nell'uso di nai}ei:v si manifesta anche
l'affinità esistente tra la Lettera agli E- te sulla croce (cfr. ls. 53,4.12; ~ I,
brei e Luca (-7 VI, col. 1rrr n. 150) m. col. 858). Dato che 2,24 è ormai fuori
questione, il comportamento esemplare
S) In 1 Petr. 2 121: e.le; 't'OV't'O ycìp e- (nel senso di 2,21) di Gesù durante la
crocifissione può essere espresso sol·
xÀ.1}thJ't'E, O't't xat XptCT't'Òc; ~rcai}e.\I U7tÈp
tanto con le parole di 2,23 cm e con
ùµGw X'tÀ., «a questo siete stati infatti quelle di 2,23 b: 7tM)CW\I oòx i}1te.tÀ.EL,
chiamati, poiché anche Cristo patl per «mentre subiva la crocifissione non mi-
voi», alcuni codici (S, minori, syP ed nacciava» 113 •
altri) offrono la variante à.nÉi}ave\1 111 • L'autore intende parlare della morte
Questa lezione riprende quella forma della croce anche in 4,I: Xpta'~o() ovv
ànÉi}a\le.Y che è cosl frequente nelle 7ta.i}6v't'o<; crapxl, «essendo dunque Cri-
lettere di Paolo ( cfr. anche la variante sto morto per quanto riguarda la car-
a 3,18 -7 coli. 1028 s.), mentre l'autore ne»: lo dimostra l'espressione seguente
di 1 Petr. parla della morte di Gesù ser- o
(sempre in 4,I) 7tattwv <ra.pxl, che si
vendosi di rcrurxw, senza pregiudicare riferisce ai cristiani(~ coli. 1039 s.) ed
l'altro uso di questo verbo non appe- anche la locuzione paraJlela i}avrt.'t'W·
(9 128). L'associazione di &:n:oftavE~V (9 127) e colari. Anche il T>oÀ.Àa di Mc. 9,12; Le. 17,25
7taftE~V (9,26} esprime la particolarità della non significa t11ulta, bensl multum.
morte di Gesù. La variante, testualmente de· 110 Per quanto è possibile stabilite con chiarez·
bole, &:1toDrt.vEi:v per TIGtfterv fa sparire nuova- za la provenienza dell'uso di 'ltl'J.ftEi:v in Hebr.,
mente tale distinzione. La variante 1tOÀ.À.&. va esclusa un'influenza gnostica.
invece di 1tOÀÀaxLç nel cod. D è più un et· Il\ Diversamente WoHLENBEllG, PI. 77.
rore di scrittura che una variazione del testo
per reminiscenza del 1tOÀÀà. mx~E~v sinottico.. 112 Cfr. WOHLENBERG, Pt. 79·
CTr. RIGGENilACH, Hebr. 287 n. Bo. 113 L'autore non ha in mentt> un particolare
preciso, come invece può essere per À.oilio-
1119 Il plurale O:cp'wv (5 ,8) non si riferisce ne- pouµevoç (~ v1, col. 792}. In Mt. 26,53 s. la
cessariamente (~ v1, col. un) a molti parti- situazione è ancora quella dell'arresto.
7t<io"xw C 2 b fl-3 a (W. Michaelis) (v,9r8) 1030
11 4 La variante del cod. N a 3,18 è piuttosto 11° Anche in I Petr. questo "Ttalh:iv riferito a
sospetta perché il cod. N legge a7tÉ~C1.VEV an- Cristo è pienamente sinonimo e non soltanto
che in 2,2I ed in 4,1 il cod. N * ha !iitoll~ «quasi sinonimo» (~ BRAUN 22) di ti.TC~a
v6v'"toç, mostrando cosl di prefèrire regolar· VELV. Cfr. B. Rmcirn, The disobedient Spirit:r
·mente Ò..7toDaveiv a 'ltaDei:v. Non è affatto and Christian baptism. A :rtudy o/ I Pt. 31
vero che Hebr. 9,26.28 sia un passo parallelo I9 and its context = Acta Seminarli Neote-
che 'sostiene' (-7 1, col. 1021) la lezione &.1tÉ· stamentici Upsaliensis 13 (1946) 2r4. W. Brn-
~avev; Hebr. 9,28 legge infatti &.ita~ -rrpocr- DER, Grund tmd Kroft der Mi:r:rion nach dem
EvexiMç, ed Hebr. 9,26 ha proprio TCabEi:v. I Pt. = Theologische Studien 29 (1950) 23
n . 33, sostiene che rcaDEi:v (I Petr. 4,1) indica
ll'i -7 SCHELKLE 73 n . 21 .251; R. BuLTMANN, «il· culmine della sofferenza nella morte» (cft.
Bekenntnis· und Lied/ragmente im I Petr.: però ibid. I4 D. II).
Coniectanea Neotestamentica n .(1947) 2 - n. 111 Cosi BAUl!RNFEIND, Ag. 134 e ZAHN, Ag.
col. 49 5), anche il significato di Ocra. ... Atti ha il mx.i}Eiv riferito a Cristo stes-
m.tl}E~V deve essere altrettanto specifi- so (Act. 1,3; 3 ,18; 17,3) è espresso
co ed univoco (cfr. ~ II, col. 218). particolarmente in 9,16 dal comple-
Ora, dato che 9,16 contiene la moti- mento Ù1tÈp "t'OV 6v6µa.'t'6c; µov e dal
vazione di 9,15, le parole Ù1tèp "t'ov òv6- nesso con ~M'tctO"CXL "t'Ò OVOµa µov (9,
µa-.6c; µou 1ttti}Eiv esprimono la condi- 15): questa 'sofferenza' cristiana non
zione per il verificarsi del Bw:r-tù:crcxt -to consiste nel subire e sopportare passi-
ovoµli µou . Il 'ltcdMv non rappresenta vamente ostilità e persecuzioni, bensì
quindi una conseguenza del Bcxcr-tacrat nel sostenere la causa di Cristo median-
'tÒ ovoµa.; al contrario, è degno e vero te il '7ta.l}e~v.
'portatore' del nome di Gesù solo colui b) Nelle lettere di Paolo la maggior
che per questo nome 'soffre' . Il oe:i (9, parte dei passi in cui ricorre 1tacrxw si
16) non indica quindi l'ineluttabilità di riferisce ai destinatari, cioè ai cristiani
certe conseguenze e di certi fenomeni in genere. Sono pochi i casi in cui Pao-
concomitanti senza i quali il ministero lo riferisce a se stesso un 1tÙ:O"XELv (cfr.
apostolico è inimmaginabile m, bensl la però~ ncl:.i}riµa.); in ogni caso non usa
legge per cui soltanto il mxiMv legittima miaxw quando elenca le sue sofferenze
l'Apostolo quale crxEvoc; hÀoyijç (dr. missionarie(-+ col. 1008). In 2 Tìm. x,
2 Cor. II ,2 3 ss.: i lhaxovot Xptcr-tov di- 12: o~'~'ll ctL't'la.\I xa.t i:a.u't'a. 1tMXw,
mostrano di essere tali proprio con la «ed è per questa causa che soffro anche
loro sofferenza). L'Apostolo deve dar queste cose», la precisazione OL'f}v at-
prova di essere veramente 'cristoforo' 119 "t'la.v mostra che il ?taCTXEL\I è una conse-
appunto mediante le sue sofferenze (cfr. guenza dell'esercizio del ministero di
Gal.6,17; -+ col.1070 n. 16; -+ II, coL araldo, apostolo e maestro (cfr. 1,II).
120
218) • L'aspetto attivo che anche in La sofferenza serve però allo stesso tem-
118 ZAHN, Ag. 327. di Is. 53 eletto da Dio, come un secondo Ser-
119 Cfr. G. BERTRAM, Paulus Christophorus vo di Dio e Figlio dell'uomo dopo Gesù (ed
in: Stromateis (r930), spec. 34-38; J. ScHNEI- al servizio di Gesù)». Bisogna però osservare
DER, Die Passiot1smystik des Pat1lus = UNT
che l'enunciato di Act. 9,16 è possibile sol-
tanto presupponendo che le profeiie dell'A.
lJ (1929) 14-21.
T. si siano già adempiute completamente nel-
lll) H. WINDISCH, Paul11s und Christus = la persona di Gesù (è questa l'origine prima
UNT 24 (1934) 138 Ja a proposito di Aci. 9, delle parole di Act: 9,16 e non Is. 53): Paolo
15 s. anche le seguenti consider112ioni: «An- non è né un secondo Servo di Dio né, tanto
che alla fine delle istruzioni del Signore ad meno, un secondo Figlio dell'uomo, ma, in
Anania incontriamo un motivo che è di solito quanto apostolo di colui che è l'unico Servo
riferito a Cristo o, più precisamente, al Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, deve anch'egli pati·
dell'uomo sinottico: io gli mostrerò llua. IM: re. Il oE~ di Act. 9,16 non significa (a diffe.
cxinbv Ù1tÈp 't"Oli òv6µ.ct-.6ç µov 1ttt~Ei:v (cfr. renza di Le. 9,22; 24,26.46) che le sofferenze
Le. 9,22 par.; 17,2') par.; 24,26.46). Paolo è apostoliche sono 'secondo le Scritture', ma che
indicato qui come il Servo di Dio sofferente sono 'secondo Cristo'.
micrxw C 3 b (W. Michaelis) (V,920) 103.f
po alla predicazione dell'evangelo (cfr. le tende già il 'tÒ Ù1tÈp Xpt<T-rov inizia-
l,8; 2,3; ~ coli. ro85 s.), ed il xa.l, le l?.6, colloca Phil. I ,29 vicino all'v1tÈP
dovendo esser riferito anche ad ovx 'tOU 6v6µC(.-r6c; µou di Act.9,16 e~ coli.
f.TtcwrxuvoµaL 121 , sottolinea la necessi- 1030 ss.), e il senso attivo, positivo del
tà, quasi la naturalezza della sofferenza. 1tci11xsw risalta senz'ombra di dubbio.
1 Thess. 2,14 è l'unico caso in Paolo di Ora, dato che l'u1tÈp si riferisce a Cristo
un uso chiaramente passivo di 1ta- ovvero al suo nome (secondo 2 Thess.
<IXW 122 • Phil. l,30 mostra però che 1ta- l ,5 al regno di Dio), è assai improbabi-
O'XW può avere in Paolo una nota asso- le che l'Apostolo voglia attribuire alla
lutamente attiva 123, in quanto l'espres- sofferenza dei cristiani un valore soterio-
sione 'tÒ Ù1tÈp ct.Ù'tou 1tMxEW ( 1 ,29) è logico; infatti Cristo, il suo nome e il re-
spiegato dalle parole 'tÒ\I a.ùi:òv &.yw·w1, gno di Dio non possono essere oggetto
ltxov-m; 124 : 1trXO'XEW significa quindi 'lot- di uno sforzo soteriologico.
tare' o forse 'affrontare un co,111batti- Il riferimento del 1ttXO"XEW a Cristo,
mento imposto' (cfr. l,28: àv·nxdµE- che in Phil. r,29 si manifesta nell'u1tÈp
vo~), ma non certamente 'subire passiva- Xpt11-roO (~ I, coll. 373 s.), appare an-
che sotto altra forma: secondo 2 Cor.
mente l'altrui violenza' o addirittura l,J ss. (in 1,6 abbiamo [1ta.M1µcx.~a]
'soccombere'; significa piuttosto 'lotta- Ttcifjxsw come parallelo a 'ÌÌÀ.l~Ecrtht) i
re intrepidamente (dr. anche 11uva.- 7tcx.i}fiµcx.'ta. dell'Apostolo e dei credenti
vanno considerati 1ta.iJnµa.'tC(. -rou Xpt-
i})..oih.1-rsc;; 1,27 125 ) e affermarsi' (cfr.
O''tOu (_,. coll. 1066 ss.). Il fine escato-
O''t'tiXE'tE, ibid.). Secondo Phil. 1,29 il logico della loro sofferenza, che risal-
1tllO'XELV non costituisce un privilegio ta anche nella menzione della O'W'tl)pla
in 2 Cor. r,6 (cfr. Phil. r,28), ·è espres-
dell'apostolo o di poche persone, ma è
so in tutta chiarezza con la menzione
parte essenziale dell'essere cristiano. della ~aO'tÀ.Ela. -.ou i1Eo0 in 2 Thess. r,
Certamente è anche un privilegio, una 5. È espressamente affermato anche il
grazia particolare ( ùµ~v f.xapl11i}ri) che nesso tra sofferenza e gloria in Rom. 8,
r 7: Et'ltEp <Iuµ1ta11xoµEv, tva xa.~ cruv-
supera persino la grazia di poter cre- Soça.criJwµEv, «se pure soffriamo . insie-
dere in Cristo. L'u1tÈp a.u-rou, al qua- me con lui, affinché siamo anche glori-
121 Cfr. WoHLENBERG, Past. 28r. 123 A sostegno di questa asserzione si potreb-
be forse citare anche I Thess. 2,2 e~ col.
in Costruzione con imo (-> n. 62). Il mo-
1046).
mento attivo non manca del tutto (-> vn,
124 Cfr. anche lv 7to)..)..ii_J &:ywvL (z Thess. 2,
col. 275). Secondo G . WrnNCKE, Paulus iiber
2): per questo passo cfr. WoHLENBERG, Th.
Jesu Tod = BFI'h n 42 (1939) 127, in I
43; di diverso parere è DrnELIUS, Th., ad l.;
Thess. 2,14 s. Paolo porrebbe <de sofferenze
~ 1, coli. 367 s.
dei profeti, di Gesù, delle comunità in Giu-
dea, della chiesa di Tessalonica, dell'aposto- 12s Non si può dividere il avvcxl)Mw di Phil.
lo» tutte -sullo stesso piano. La costruzione e x,27; 4,3 in 'pàtimento' e 'azione' (cfr. ~ 1,
la terminologia mostrano che una tale asser- coli. 449 s.): patire è agire.
zione è solo relativamente esatta. 12fi Cfr. MICHAELIS, Ph. 30.
1tcXCTXW e 3 b-c (W. Michaelis)
fìcati con lui». Appunto in questo passo vere. Certamente si potrebbe assumere
(~ coli. 1047 ss.), come in Phil. 3,ro qui per 'ltacrxw il senso generico di esser
(~col. 1068), Paolo propone in forma
acuta il problema del rapporto tra la trattato male (i maltrattamenti sareb-
sofferenza dei cristiani e quella di Cri- bero imprecazioni, offese, percosse, ci-
sto stesso. bo cattivo, ecc.), ma il parallelismo
c)Mentre in Paolo il rapporto tra la con xoÀ.a<plè;,Ecrll'ttt fa propendere piut-
sofferenza dei cristiani e la morte di tosto per il significato di essere puni-
Gesù passa decisamente in secondo to (~ coli. 989; 1009 s.), tanto più
piano, il lettore della prima Lettera di che abbiamo questa accezione anche
Pietro potrebbe avere a tutta prima in 4,15: µ1) yap "ne; uµwv 1tttO"XÉ-
l'impressione che l'autore voglia invece "t'W wç ( ~ col. 98 9) CjlO\IEÙc; f\ XÀ.~-
mettere tale rapporto in evidenza, per- 1t"t''r]<; (-7 V' col. 576) Ti XCX.X01tOtÒc;
ché egli usa in 2,19 s.; 3,14.17; 4,r.15. (~ IV, coll. 1449 s.) f\ wc; 1,i}.,À,o-tpLE-
i9; 5 ,10 per i cristiani (cfr. anche il suo 1ttO'X01tO<; (-7 III, coll. 790 ss.). Que-
uso di '1tail11µa. ~ coll.1076 s.) il verbo sto versetto prospetta il caso che un
1tcicrxw con cui indica la morte di Gesù cristiano dovesse venir~ punito dalle
(~ coli. 1027 ss.; egli non usa affatto competenti autorità pubbliche come
à.?toll'ttve:~v e 1'1't'ttupwili}va.t, iM.va.-.oc; e
ladro, assassino, ecc. ed allora, dato
<T-ta.up6ç). Fatta eccezione per un caso che il mxcrx.w di 4,16 deve essere ne-
d'uso traslato {4,1 ), 7tMXW non signifi- cessariamente interpretato alla luce di
ca mai morire. Il primo passo in cui ri- 4,15, anche l'espressione et oÈ wc; Xpt-
corre 7tcicrxw è 2,19 s. Già il v. 18 pro- cr"t'ta.v6ç deve riferirsi ad una condan-
pone il riferimento di '1ta11xw al tratta- na e ad una pena altrettanto pubbliche,
mento che uno schiavo cristiano subisce pur non essendo del tutto esclusa la
da parte di un padrone rigido (CTxoÀ.t6ç) possibilità che si tratti, come in 4,19 127,
e tale situazione è precisata ancora me- di sofferenze di ogni genere alle quali
glio dal v. 20. 2,208 mostra che i mal- potessero essere esposti i cristiani del
trattamenti rappresentano evidentemen- tempo della r Petr.: ingiurie (cfr. 4,14
te delle punizioni per una qualche man- -7 vin, coli. 675 s.), niinacce, maltrat-
canza (~ v, col. 750). Inoltre le parole tamenti, danni nell'esercizio della pro-
à.ya.ilo7tOLOVV't'e:ç xa.t '1tcXl'1XOV't'Eç ( 2,2ob fessione, persecuzfone, .ecc.
par. 2,19) indicano il caso contrario di
schiavi che vengono puniti immeritata- La lieve variazione semantica che no-
tiamo nell'uso di micrxw in 4,15 e 4,r6
mente ( o.olxwç ~ I, col. 409 ), -pur a- non ci deve sorprendere, poiché anche
vendo compiuto fedelmente il loro do- H significato di essere puniti in 2,19 s.
121 Per il rapporto di 4,15 e 4,19 rispetto a coli. 303.1380 s.; V, col. 1070_
4,16 s. cfr. WoHLBNDERG, Pt. 142, ad I.; ~ rv,
1037 (v,921) 'ltacrxw C 3 e (\Y/. Michaelis)
12B Anche il xoÀ.tXcpLl;6µevoL di 2,20 non è de- l'txrxplaih1 di Phil. i,29 (~ coli. 1033 s.).
terminato da .quanto segue .in 2,21 ss. poiché uo :B .quindi superflua, ed anche irrealizzabi-
Cristo non è mai chiamato .in seguito xoÀ.rx- le, una suddivisione come quella ipotizzata,
cpL!;6µevoç ed è dil:licile inserirvi come compo- ad es., da BIEDRR, op. cit. (~ n. n6) II. Se-
nente una reminisc:enza di Mc. 14,65 pai:. ~ condo questo studioso 4,12 segnerebbe l'ìni-
v, col. 750 e K.L. ScHMIDT, 'l1]0"ouc; Xp~cr-tòc; zio di un nuovo scritto; eppure sia in 3,17
xoÀ.aq>Ll;oµtvoc; -in: Aux sources de la tradi- che in 4,19 le sofferenze sono sottoposte alla
tion chrétietme. Mélanges offerts à M. Goguel volontà di Dio; inoltre non si dice (5,8) che
(1950) 221 s. il &a~oÀ.o<; è causa prima dei patimenti di
5 ,9 s.: il passo dice soltanto che il diavolo
129 Per xpE~'t'tOV ( 3,17) cfr. xÀ.Éoc; e xapLc; cerca di sfruttare l'occasione di queste soffe-
in 2,20. Comunque xap14 (2,19s.) non vale renze per sottomettersi i cristiani.
1tliO')~W e 3 c (W. Michaelis)
neata in 5,10 mediante l'aoristo 'Ttct.· in ogni caso (nella misura in cui riguar-
Mv'tcx.ç 131 • I Petr. 4,13 (xcd}ò xowwvei· da i cristiani) non va riferita alla loro
'TE 'toi:c; 'tOU Xpt<r-cou 1tct.-lhiµIX<7Lv, «in sofferenza ( 3, 14. I 7 )133, bensl, in analogia
quanto partecipate alle sofferenze di con il 'ltai}Ei:v O"<ipx.l predicato di Cri-
Cristo») ricorda solo formalmente la sto (e qui 'ltath:i:v significa morire: cfr.
xotvwvla 7t1Xi}'.l')µthwv IXV'tOV di Phil. anche 3,18; ~ coli. 1028 s.), aUa loro
3,rn (~ col. xo68). La sofferenza dei morte nel battesimo (cfr. 3,21) 134 • Sal-
cristiani non deve essere dedotta daila ta subito agli occhi la corrispondenza
passione di Cristo ovvero dalla necessi- tra il nostro passo e Rom. 6,7 (o yàp
tà di partecipare a questa; si tratta piut- à.7toì}avwv Od)LxatW"'CIXt à.1tÒ 't'Tlc; aµap-
tosto di una constatazione: in quanto 'tl<ic;, «poiché chi è morto è libero dal
7t6.<1XOV'tEc; (4,9) i cristiani seguono de peccato») con il suo contesto 135 • Mo-
facto le orme di Cristo ( 2,21 ). r Petr. rendo, anche Cristo si è piegato alla vo·
4,3 è più vicino a 2 Cor. r ,5 (--7' coll. lontà di Dio (cfr. 4 ,2) 136 e se i cristiani si
rn67 s.} che a Phil. 3,10. armano della medesima E\/\/Ota, vivran-
r Petr. 4,1: XptO"'tOU oùv 1tai}6v'toc; no anch'essi, da quel momento in poi,
u<ipxt xa.t uµEi:c; -cl}v ct.Ò't'Ì')v itwotav soltanto per Dio (Rom. 6,II ).
Ò7tÀ.l<rlXOi}e, O'tL ò 1tai}wv o-ctpxL '1tÉ7tct.V· Quest'uso traslato di 7tai>EtV ( <71Xpx.l)
-CIXL àµap'tlexc;, «essendo dunque Cristo con riferimento al battesimo dei cri-
stiani è unico non solo in I Petr., ma
morto per quanto riguarda la carne, ar·
in tutto il N.T.; esso era possibile sol-
matevi anche voi della medesima idea, tanto presupponendo il significato mx-
cioè che chi è morto alla carne ha rot· t)Ei:'V = morire 137 ed l! difficilmente spie·
to ogni rapporto con il peccato». In gabile senza l'ipotesi di un'influenza
dell'idea che Paolo esprime in Rom. 6
questo passo la proposizione introdotta come patrimonio comune del cristiane-
da O't'L è probabilmente incidentale 132 ; simo primitivo.
138 Ignazio usa anche 0:1toi>vfluxw per indica- 139 M. WERNER, Vie E11tsteh11ng des chr. Dog-
re sia la morte di Cristo (ad es. Tr. 2,1; Rom. mas (I 941) 486 sostiene che qui ci si riferi-
6,1) sia la propria (ad es. Rom. 4,r; 6,2). sca all'uso sacramentale di latte e miele ed
È tuttavia improbabile che le lettere d'Ignazio all'origine dell'eucarestia dalla morte di Ge-
abbiano provocato nel periodo successivo l'u- sù; ma fa sua opinione è difficilmente soste-
so di 1ta~~v accanto ad &.1toì>avE~V nel senso nibile, poiché in 6,17 è detto esplicitamente
della locuzione patire e morire e~ n. 87); dr. che il latte e il miele rappresentano la fede e
anche ~ coli. r o61 s. n. 35. la parola. Cfr. anche WINDISCH, J3arn. a 6,17;
~ II, col. 349; vr, coli. 1501 s. n. 29 .
io43 (v,922) miuxw D- 7tcxlhrroç (W. Michaelis)
140 Per la questìone se si abhia qui un agnz.- N.T., benché Erma non usi mai '11:a.i>Ei:v per
pbon cfr. Wnm1scH, Barn., ad J.; dr. Act. indicare la morte di Gesù; anzi egli non ne
14,22. parla mai espressamente (cfr., ad es., sim. 5,6,
141 Per la tradizione di Herm,, sim. 8,10,4 cfr. 2 s.).
DIBELIUS, Herm., ad l. Il Pap. Michigan (ed. 14~L'uso di mtO')CW per significare la morte
C, BoNNER [ 1934]) legge 7tcxl>ou\li:ru (segue di Gesù è ancora vivo negli apologisti. Oltre
poi una lacuna). a Tat., or. Graec. 13,3 va ricordato Giustino,
142 Il fatto che in Herm., sim. 9,28,2 si ag- che usa il verbo in circa ·50 ,passi e, per oltt~
giunga ancora xa.t 7to:pél)wxa\I -cà.ç ljiuxà.ç h metà di essi, con riferimento alla morte di
a.ircw\I non contraddice la nostra asserzione: Gesù. Cfr. ~ 1tC1.lhj't6ç n. 3; coll. 1061 s. n.
si tratta in realtà di una tautologia. Per 35.
H erm., sim. 9,28,J (cfr. sim. 8,10,3 ~ Il, col. 7tCXJll)i:6ç
218 n. 7) cfr. Act. 9,16 ~ coli. xo30 ss. Bibliografia: ~ mxuxw.
143 È chiaro che anche questo particolare de- 1 Cfr. CREMER-KOGEL 84• e PRBUSCHEN-
ve essere un effetto dell'uso di 7tcd}E~v nel BAUER, s.v.
7tcdh1-t6c;- auµmio-xw 1 (W. Michaelis)
-.6c; abbiamo l'accezione patire = mo- I Thess. 2,2, dove Paolo ricorda gli e-
rire, ed il vocabolo partecipa certamen- venti di Filippi (cfr. Phit. I,JO) che ci
te anche del senso attivo proprio a 1ta- sono noti da Act. 1 6: 'ltpomx.Mv-ceç xat
?Mv nei passi succitati e negli altri ù~pt<Tl)Év,..Ec; xa:i}wç otoa..E È:v <l>LAl'lt-
discussi sopra (~ coli. rn I I ss.). 1ta.ih1· 'lto~ç, «sebbene avessimo già sofferto e
-.éc; non significa quindi 'esposto, sog- fossimo stati già oltraggiati a Filippi,
getto al 1tcJ.O'XELV' 2, ma 'destinato al come sapete» 2 • Conformemente all'uso
1tcXO'XEW', 'incaricato di 1tcXO'XEW
1
• Cfr. paolino di 7taO'xw (~ coll. 1032 ss.),
~col. 1022 n. 93. 1tP01ttXO'XW significa soffrire in prece-
denza. Ma in questo passo Paolo asso-
3. Nei Padri apostolici l'aggettivo ri-
corre soltanto in Ignazio (Eph. 7,2; cia mx<Txw ad un secondo verbo affine,
Po!. 3,2) ed è riferito entrambe le vol- in una doppia enunciazione (cfr. Herm.,
te a Cristo (contrapposto ad ci1t'a.iH1c;): sim. 6,3,4 ~col. 1043; di fatto il '7tpo-
alla sua post-esistenza (Eph. 7 ,2·) ed al-
la sua preesistenza (Pol. 3,2) (~ vm, vale anche per ùBp~O'l)Éneç 3). Proba-
col. 104r ). È difficile che 7tCCi}'YJ"6c; vo- bilmente la connessione di 'ltOÀ.À.à. mx.-
glia indicare qui colui che è entrato nel 1JE~V e ÉSOVOE\IT]ÌH)vai o a'7toOoxtµaO'i}Tj-
mondo dei 1tiii}'YJ, degli affetti; qualifi-
ca piuttosto Gesù come colui che sep- \l(.(L in Mc.9,12; Lc.IJ,25 (~ coll.1016
pe e volle morire (dr. l'uso di 'ltci.oxw ss .) non costituisce una diretta analo-
~ coli. :i;o4r ss. e mii)oc; coll. 1058 ss. gia. È comunque possibile che ~pomx
in Ignazio) 3 .
Mv·m; intenda accentuare p;lrticolar-
t 7tpomi<Txw mente, a differenza del passivo ùBptO'l)Év-
't'Eç, l'aspetto attivo dell'esperienza, poi-
II verbo è usato già in Sofocle ed E-
rodoto, talora (come negli scritti paoli- ché anche 'ltcXO'XW può avere in Paolo
ni) assolutamente (ad es., Hdt. 7,n; questa connotazione (~ coll. rn33 s.},
Thuc. 3,82,7), talora con il complemen-
to diretto 1 : subire un'azione in prece-
denza (generalmente in malam partem), t <rvµ·mxcrxw
soffrire in precedenza, ad es. Flav. Ios.,
bell. 6,2r9. r . <Tuµm1<rxw è usato già in Platone
e significa soffrire contemporaneamen-
Nel N.T. il verbo ricorre soltanto in te, soffrire insieme con, patire la mede-
avµmiaxw
Bibliografia: 4 'ltttO';(W. n. 63.
I Cfr. PAssow e LIDDELL-SCQTT, s.v.; il ver- 4 L'aspetto affettivo si manifesta quindi wl-
bo compare solo in epoca· tarda in iscrizioni tanto nel O'V')'XmP.E~, forse nel passaggio al·
e papiri; dr. PRl!lSIGKE, Wort. II 514 e MouL- l'applicazione dell'immagine alla comunità.
TON-MILLIGAN 612, S .V. s In nessun caso, quindi, il o-vµnaaxo~v
2 Per contro tesi. Ios. 20,6 (-co~c; Aty1m-clo~ç implica un parallelismo tra il miO')CEW del
w<; t6foi.c; tMÀ.Etn <1\IVénauxev) presenta l'ac- cristiani e la morte di Gesù, né si è autorlz.
cezione aver pietà; il Charles legge però Wç zati a limitare l'asserzione al martirio.
µÉÀ.oç foauxEv. 6 L'unico caso è dato da Phil. 3,10, dove pe-
3 È inutile ed anche erroneo presuppo.i;re un rò ricorre nalh)µix. Comunque anche quest'u-
qualche rapporto con la dottrina stoica della so di 7talh]µa è del tutto isolato(~ coll.1067
cruµ'lta~wx, come fa JoH. WBiss, I Kor. 307. s.), sicché il suo valore indicativo circa l'uso
Cfr. STRACK-BILLERBECK m 448s. ~ col.10n paolino di ?ta<T)(.w e composti è ancor minore.
uvµ:1tcicrxw 2-3 (W. Michaelis)
650.6 52 s.); anche l'espressione cruv- loro f.v Xpt<r"C"i!} dvat (cfr. ~ coli. ro76
oo~acri>wµtv contiene l'idea che essi ri- s. n. 26), fa sl che il loro 7tMXELV diven-
ga senz'altro un cruµ7t&o-XE!.V.
ceveranno la S6ço: celeste mediante lui
Per effetto dell'Etmp in Rom. &,17 il
(cfr. Phil. 3,21; Col. r,27; ~ II, coll.
O'Uµ7taO'XELV non solo è una condizione
r39os.). Analogamente, dun9ue, (j\Jµ-
imprescindibile per il O'uvoo~Mi)-t}va.t
mxaxoµtv significa che Cristo pone i
futuro (cfr. 2 Tim. 2,12), ma è il pre-
cristiani in una situazione di sofferen-
supposto perché ci sia già ora una ge-
za, che si tratta quindi di un patire otèl
nuina esistenza cristiana, una comunio·
'll)crouv (cfr. 2 Cor. 4,n), di un Ù7J;~p
ne con Cristo, una .filiazione divina
o:u"C"ou 1ta<rxm1 (Phil. r,29), di Tto:ihi-
µo:"to: -cou Xptcr"tou proprio in questo
(Rom. 8,14 ss.). Il '1tacrxew dei cristiani
è un cruµ7t6:0'XELV perché Cristo li guida
senso(~ coll. 1070 s.).
alla sofferenza 7 •
Da Rom. 8,18 risulta chiaramente
che il cruvoosa<riHjvo:t non segue im- 3. I Padri apostolici. Ign., Sm. 4,2:
mediatamente il (j\JµTt6.0"XEtv, ma si ve- dç -rò O'Vµ7ta'ÌM:v aù"t'é;.l mX.v'to: ÙTtoµÉ-
rifica soltanto alla risurrezione, proprio vw, «per patire insieme con lui (=Cri-
come anche per Cristo, secondo Le. 24, sto) io sopporto ogni cosa». cruµ7ta.1M:v
26 ecc. e~ col.1012; cfr. inoltre I Petr. non indica qui la sofferenza in genera-
1,n ~col. 1076), con la risurrezione, le, bensi la morte; né questo ci stupisce,
al suo Ttaiki:v è seguita l'entrata nella dato che in Ignazio anche 1ttXCTXEW signi-
o6so:. A differenza di altre affermazioni fica di solito morire (~ coll. 1041 s.).
(ad es., Eph. 2,6: o-wi}yEtpEV; Rom. 8, Già questo suggerisce che CTuµmicrxew
30 : ~o6çctcrEV ), il CTUVOOço:ai}fjVCX.L si ri- in lgn., Pol.6,1 significa morire insieme.
ferisce al tempo in cui Cristo stesso ap- Se nella serie di verbi che si susseguono
parirà Èv o6sn ed i credenti, secondo in questo passo cruyxotµéicrilE e CTUVE-
Col. 3.4 (o-ùv aù't'(i>), diverranno mani- ydpeo-ìk si riferiscono alla morte ed al-
festi Èv 06s11. Come il rapporto con Cri- la risurrezione 8, potremmo trovare dif-
sto espresso da <rvvool;o:o-i)wµEv è con- ficile vedere in 11uµ:1t6.0"XE-cE (scil. à.).).:{1-
temporaneo, cosl deve esserlo anche Àotç) un riferimento alla morte. Ma i sei
quello espresso da cruµ·mxo-xoµtv. Se verbi sono raggruppati a due a due: al-
l'interpretazione dianzi proposta è va- l'inizio abbiamo cruyxoTtLii"t'E e cruvar
lida, ne viene che il cruv- di o-uµ- i>ÀE('tE, alla fine cruyxotµM'i>e e CTUVE·
'1t&o-XEW non significa né che i cristiani yElpEo-Ì}e, in mezzo la coppia cruv'tpé-
divengono contemporanei alla morte di XE'tE e cruµmio-xE'tE. La coppia mediana
Gesù grazie ad una xotvwvla. mistica o può quindi benissimo indicare la comu-
cli altro genere (neanche Phil. 3,10 .va nione nella vita, vista come una corsa
inteso in questo senso ~ col. 1068) né al martirio, e nella morte; mentre la
che la loro comunione con Cristo, che coppia finale (morire-risorgere) costitui-
sussiste già in generale e si esprime nel sce un'ulteriore gradazione 9• Polyc., ep.
7 Quando nel versetto seguente (8,18) si par- 8 Cosl giustamente PREUSCHBN-BAUBR, s.v.;
la dei '7taMjµa:ta. -to\i \IVV xcx~pou, non viene BAUER, lgn., ad l. traduce ancora: «Dormite,
espressa, in pratica, alcuna motivazione fon- vegliate».
damentalmente diversa delle loro soffere02e. 9 H.-W. BARTSCH, Gnostisches Gut rmd Ge-
-4 coli. rn73 s. meindetradition bei lgn. vo11 Antiochien =
1051 (v,925) crvµmicrxw 3. mi&oç r (W. Michaelis) (v,926) 1052
9 ,2: Ignazio e gli altri martiri sono ora Èmwµlav (----7 1v, coll. 593 s. e n. 6),
«presso il Signore con il quale essi han- òpy1Jv (----7 vrn, col. 1082), qi6~ov, 11pti-
no anche patito (Jtapà. 'ti;> xupl~, c{l xat <roc;, cpMvov, xapav, cp~H~v, µi:<ioç, 1t6-
<TINÉJtai>ov )»; anche qui abbiamo O'Vµ· l>ov, ~fjÀ.ov, EÀ.EO\I (----7 m, coli. 402 s.),
1tal>Ei:v nel senso di morire insieme (~ lSÀ.wç olç E1tE'ta.t TJOO\l'ÌJ (~ IV, col. 2 .5;
col. 1042 ). L'ultimo esempio di O'Vµ'7tti- VI, coli. 849 ss.) 'lì ÀV1t'l}, «ci sono tre
10
'1'XW nei Padri apostolici è 2 Clem. 4,3 , tipi di fenomeni psichici: le passioni,
dove il verbo significa provare pietà. le disposizioni e gli abiti... per pas-
Negli apologisti <ruµ1taO'xw non è usato. sioni intendo la brama, l'ira, la pau-
ra, la veemenza, l'invidia, la gioia, l'a-
t mrnoc; michevolezza, l'odio, il desiderio, la ge-
losia, la compassione, insomma tutti i
I. Il sostantivo mii)oç è in USO fin sentimenti a cui si accompagna il pia-
dai tragici 1 ; la storia del suo significa- cere o il dolore». Anche questo signi-
to segue quella di ·mi<rxw (----7 coli. ficato è spesso in malam partem; pas-
98 5 ss. ). mii>oc; significa anzitutto ciò sione, istinto 2• A ciò fa riscontro l'i-
che capita a qualcuno: accadimento, deale cinico-stoico deli'à.1tai>Ew. o IJ:ra.-
evento subìto, avvenimento: 'ltai>E~ µ<i- pa.sl~ (cfr. anche ----7 m, coli. 444 ss.)
i>oc; (Aesch., Ag. 177; ----7 coll.991s.); come mancanza o superamento delle
'"t'Ò <TU\l'tVXÒ\I 'lt'ai>oc;, «ciò che era suc- passioni: Teles p. 56 (ed. Hense): Éx-
cesso» (Soph., Ai. 313). È usato in ma- -tòc; -cou mX.11ovç dvm; Dio C. 60.}:
lam partem anche senza determinazio- Esw .-.w\I 1ta11wv yl\IE<Titcu. L'uso di mi-
ne negativa: sventura, sfortuna, scon- i>oc; nel senso di mutamenti, variazioni,
fitta, malattia, ecc. È molto fo:quente o in genete ·Vicende (Plat., resp. 10,
nel senso di umore, sentimento, emozio- 612 a) è dovuto ad influenza pitàgori-
ne, affetto, ecc., in senso sia buono che ca; Plat., Pbaed. 96 b.c: -çà 1tEpL -ròv
cattivo; dr. la definizione · in Aristot., oùpa.vov 'tE xat TiJv yij\I 1ttt1h,, «i mu-
eth. Nic. 2,,b p. no5 b 19 ss.: -rà. tv tamenti del cielo e della terta». Può si-
tjJ ~uxn yw6µEva. -.pia t<r'tl, 1tà:1h, gnificare anche qualità (opposto: oùala,
&uv6:µEtc; ~!;Etc;. .. ÀÉyw oÈ 'l'tai>ri µtv 'sostanza'); Aristot., metaph. 1,2, p.
BFTh I~ 44 (1940) x24 vuol~ riferire tutti i sucht1t1ge11 Ztl den I g11atit1sbriefe11 = ZNW
sei verbi, «soprattutto gli ultimi tre, al cul- Zeih. 8 (1929); H.-W. BARTSCH, GnosJiscpes
to»~ «è nel culto che essi .pativano e mo- Gut t111d Gemeindetradition bei lgn. tJOll A11-
r_ivaoo con Cristo, per essere risuscitati con tiochie11 = BFTh li 44 (1940).·
lui». In Ignazio 1taDEi:v non indica però mai l 7t&fto<; è usato al posto dell'omerico -+ -nbr
una sofferenza separata dalla morte. Non è itoç, che è venuto a significare lutto; deriva-
possibile che l'accostamento di (JtJµ·mxcrxE'tE to dalla forma i11ta.itov; cfr. E. -SCHWYZBR,
e cruyxoi.µifoDe abbia fornito il modello per Griech. Grammatik I (1939) 512.
In locuzione patire e morire (-+ col. 1020 n. 2 Raro nelle iscrizioni: crnou8al(fl mxDei. =
87; col. 1041 n. 138).
con zelo appassionato, DITT., Syll.3 810,20 s.
10 Per errore in PREUSCHEN-BAUER •, s.v. è no-
(55 d.C.); .i-iferito a malattie: ibidem 1239,
tato anche Ign., Rom. 6,3; -+ col. xo81. 22 s. (II
sec. d.C.). Uso nei papiri: PREISIGKB,
1taDo~ Wort. n 220, s.v.; solo dal li sec. d.C. in
Bibliografia: -+ m~.crxw; CREMER-KOGEL 841 poi si hanno esempi di 7t&.i>oç = malattia
s.; A. VoGTLE, Die Tt1get1d- t1t1d Lastetkato- (cfr. PREISENDANZ, Zaub. Ili 287; XII 305); i-
loge im N.T. =Nt.liche Abh. XVI 4/5 (1936); noltre BGU n 584,4 (ll·Ill sec. d.C.): Mpyov
H. SCHLIER, Religio11sgeschichtliche Unter- XtXLn&Doi; ~XEW, «COn fatica e fastidio».
to53 (v,926) 1tti.froc, l-3 (W. Michaelis)
985 h 29: Ecr't't xcx.t &.pd}µou tota ·mi- sti alle &.pe't'cx.l: l ,30). Cfr. ~IV, coll.
l)TJ, ofo\I 1tEPt't''t'é't'T)c;, &p·n6-tric;, «ci so- 35 s. 6
no anche delle qualità proprie al nu-
mero, come, ad esempio, la proprietà cli 3 . Filone usa mx.l>oc; senza confronto
essere dispari o pari». Nella retorica più spesso di~ 1tal>T)µt'.X. (circa 400 vol-
1tai)oc; è termine tecnico per l'espressio- te) 7 • Nella gran maggioranza dei casi
ne appassionata, la passione, il pathos mi1>oc; significa a/jetto, passione, nel sen-
dell'oratore; cfr. Aristot., rhet. 3,q, p. so della dottrina stoica dei 1tOC1}TJ (dr.
r418 a 12: 1tai)oc; note:i\1 3 . spec. leg. 4,79 ). Soltanto Dio è comple-
tamente libero dai 'ltai)T) (Abr.202: 7ta\l-
2. Nei LXX, negli scritti tradotti dal- 'tÒc; 1ta1>ouc; àµhoxoc;; dr. deus imm.52,
l'ebraico, 7tb.i)oc; ricorre soltanto in lob ecc. 8 ). I quattro affetti della dottrina
3oa1 (i codd. SB leggono 7ta1toc;, ma platonica e stoica (leg. alt. 2,ro2; 3,
va preferita la lezione 1tÉ\liloc; dei codd. 139; det. pot. ins. 119, ecc.), -ljoovn ed
AR che rappresenta anche la traduzio- ÉnLi)uµla. (~ IV, col. 597), À.U1t1J. (~
ne prescelta da Aquila, Simmaco e Teo- v1, coll. 861 s.) e cp6~oc;, vengono enu-
dozione; il T.M. ha 'ébiil, 'lamento') e merati spesso, in quest'ordine o in un
Prov. 25,20 probabilmente nel senso ·di altro 9 • Soprattutto la 1)oov1) è per Filo-
malattia 4• mrnoc; si riscontra inoltre ne 1tai)oc; (-7 IV, coll. 36 ss.): il piace-
esclusivamente in 4 Mach., ma ben re infatti '\'W\I aJ..Àw\I 1ta.i}wv xElpwv
63 volte e quasi sempre al plurale (il et\lcx.t ooxei:, «sembra essere peggiore de-
singolare solo in r,14.24; 13,4). Come gli altri sentimenti» (leg. all. 3,113) 10 •
si legge in 4 Mach. l ,1, lo scritto vuole Gli affetti sono strettamente connessi
essere un discorso filosofico (q>tÀocro- con l'cx.fo·i)T)crtc; (~ 1, coli. 503 s.) 11 ,
q>W't'CX.'t'oc; Àbyoc;) sul tema «Se il razio- mentre sul fronte opposto vovc;~ OL<i-
cinio pio sia dominatore assoluto degli VOLCX., Àoyoc;, À.oytcrµ6c; sono pronti a
istinti», et cx.u-rooÉcr1tO't'6c; Ècr-.w 't'W\I sostenere l'uomo nella lotta contro i
7tcx.ilw\I ò euueBiJc; Àoy~uµ6c; (~ v1, 7tb.ì>TJ 12 • Cfr. anche ~ III, coll. 37 s.;
col. 770 ). I 7ta1h1 indicano qui gli af- IV, coli. 5r s. Filone propugna ferma-
fetti, però non come pura naturalia 5, mente l'esigenza dell'<btcii}rnx. (il so-
bensì nel senso di istinti cattivi (oppo- stantivo è rato; più di frequente rkor-
J Per ulteriori indicazioni cfr. PAssow e Lin- 11vµ1ta:M1ç e ~ 0'\.1µ7taf)lw non sono associa-
DELL-ScoTT, s.v. 1t<i.i)oc,. ti in 4 Mach. con mJ:~oc, nel significato di 'af-
4 Dato che il v. 20• nel LXX è probabilmente fetto'.
una seconda redazione del v. 20, c'è da cltle- 7 In LEISEGANG 6u-616 gli esempi sono sud-
dersi se 1tai}oç ( v. 20) significhi preoccupazio· divisi in 10 sezioni.
ne, affanno, come il parallelo Ìl.V7t'l) (v. 20"), o 8 LElSEGANG 615 nr. 7 ed anche 366 s., s.v.
se 7tiii}oc, (v. 20) e ~Àa7t'tEt (v. 20•) corrispon- llE6<; nr. I 2 d. ~ coli. IOOI s.
dano allo stesso termine ebraico originario
9 LEI.SEGANG 6n nr. 16.
(quindi 1tai)oç = ~M~11). A lob I6A la ver-
sione di Simmaco aggiunge 1taih} e cosl og- 1~ LEISEGANG 6u_s. nt. l d. È raro il riferi-
gettivizza, anche rispetto ai LXX, le parole di mento alla sfera sessuale: inclinazione (spec.
Giobbe [BERTRAM]. leg. 3,67.80.173), libido (vlrt. 110; spec. leg. 3 1
5 Contro CREMER-KOGEL 842, s.v. 44; dee. 129).
Il LEISEGANG 612 nr. 2.
6 Inoltre: r.a.t)oxpa'tE~a. (13,5.16; ~ col.
1000), 7tCX.f)oxpa.'tfoµa:t (7,20), TJOV1\'ai}ELCX. (2, 11 Cfr. W. VoLKER, Fortschritt und Vollen-
2.4), godimento -degli istinti, libidine (cfr. 2 d1mg bei Philo vo11 Afexa11drien = TU 49,1
Clem. 16,2; 17,7). Invece ~ xa:xomìi>Eta., ~ (1938) 126-154.
1tai>oç 3-4 (W. Michaelis)
re à.'ltai)Tjç; -)- IV, col. 8 81 ) . Non man- ga a 7tciltoç nel senso di affetto, passio-
ca però un aspetto, forse più giudaico 13, ne. -> col. 1006 n. 50; -)- IV, coll. 38 s.
nel pensiero di Filone, secondo il qua- 598.
le i 7taìh} devono essere solo tenuti a
freno, disciplinati. Espressione caratte- 4. Nel N.T. mxi}oç è usato solo ne-
ristica di tale concezione non è tanto gli scritti paolini, al plurale in Rom. 1,
-)- 1-J.€'t'ptomtìUw/1-J.€'t'PLO'lta-DEta. quanto 26, al singolare in Col. 3,5; I Tbess.
piuttosto EÒ'lta'Ì}E~a. (37 volte). Anche
4,5. I ?ta~iJ 1htµla.ç (Rom. 1,26a) so-
Flavio Giuseppe usa 7taJ}oç molto più
di -> 1taih1µa, in genere col significato no i turpi vizi dei rapporti omosessua-
di (cattivo) evento, sventura, sfortuna li (1,26h.27). Se in Rom. 1,24 àxaiktp·
e malattia. mii}oç da solo non significa <1la, che altrove (anche in Col.3,5) indi-
morte (cfr. ant.4a20; 5,360; 19,212);
di rado indica emozioni; più spesso ca l'impurità sessuale, è usato in senso
libido (ant. 2,43.46.53.252; 4,136; 7, generale(-> IV, col.1295), allora il pas·
169; bell. 4,562). Non si nota alcuna saggio alla denuncia della corruzione
influenza del concetto greco di passio-
ne (<Ì1ta.M1ç significa semplicemente in- sessuale è marcato da 7trii}oç, che indi-
disturbato, senza danno: ant. 1,284. ca quindi la passione erotica 16 • In Col.
327; 2,152; 4,50ecc.) 14• TCài}oç signifi- 3,5 all'esortazione \IEXpWO'a.'t'E ov\I 't'à
ca vizio in test. Iud. 18,6; test. D. 3,5;
µÉÀ.1J 'tà. É'ltt 'tfjt; yfjç, «mortificate
4,5 (testo a. dell'ed. Charles); test. B.
5,1; invece in test. Ios. 7,8 prevale l'ac- dunque le membra terrene» (~ IV,
cezione passione (sessuale) (-)- coll. coll. 55 s. n. 90; VI, col. 1530; vn, col.
rn57 s.). In test. XII Patr. non si ri- 888), segue un elenco specifico: 7top-
scontra alcun particolare riferimento al-
i 'idea degli affetti 15 • Negli scritti rabbi- \1Ela\I, axaita;pcrla.\I, mxitoç, tmih.Jµla.\I
nici non c'è alcun termine che equival- xa:x.Tjv ed infine xat "tTJ\I 7tÌ..Eov1#av
13 Cfr. VoLKER, op. cit. (--+ n. i2) 87 ss. 134- dentemente la morte; dr. anche J. KROLL,
137.266 ss. Goti und Hiille (1932) 354 n. ,. Cristiana è
14 Oltre a --+ U\Jµ·mxi)-, --+ xaxomd>-, --+ µE- la riga 20 di Sib., prologo (GCS 8,2): 1tai>oi;
'tp~01tai>-, Flavio Giuseppe usa tutta una se- = passione di Gesù; dr. anche 8,2,.0: o 1ttt·
rie cli composti con 1tcti>·: 11ep~mx.blw (ani. i>wv lvEx'1u.LWv. Per Epict., diss. 2,9,19 s. (~o
15,86), V1tEpnai>lw (beli. 6,124), SEw01tai>tw 1tt'ti>oç 'tou ~E{lrxµµlvov xa~ tlP'l'Jµ~vov) clr.
(ant. l,312), lvlh)).v'.ltai>a..i (beli. 4,,61), à.va.- --+ n, coli. '8 s.; R. REITZENSTRIN, Die Vor·
!;t01tt't1'Eta (ani. r,,37.283; 18,47), b1tal>wç geschichte der christlichen Tau/e (1929) 232
(beli. 2>471), lµ1tai>Wç (ant. 16,100). s.; A. SEEBERG, Das Evangelium Chrisli (1903)
101; G. PoLSTBR, Der kleine Talmudtraktat
15 btt 'tit'> 1tt'tDs~ -ço\i ùljilcr'tOI> (test. L. 4,1) iiber die Proselyten: Angelos 2 (1926) 21
rappresenta un'interpolazione cristiana, forse D. I.
di marca patripassiana? Cfr. R. SBEBERG, Lehr- 16 La traduzione proposta da SCHLATTER,
buch der Dogmengeschichte 1 2 (1908) 476 n. Rom. 68 («passioni che sono una vergogna»)
2; W. BrnoBR, Die Vorstellung von der Hol- è certamente errata, tanto più che 1tt'tl>o.; si-
lenfahrt Christi = Abh. zur Theologie des gnifica anche altrove in Paolo (cattiva) pas-
A.T. und N.T. 19 (1949) 162. Cfr. però l'uti- sione, vizio. Secondo M. PoHLBNZ, Paulus
lizzazione della redazione ;irmena in W. Bous- und die Stoa: ZNW 42 (1949) 82 la locuzfo.
SET, Die Testamente der Zwolf Patriarchen: ne 1talh) t't~tµlaç non sarebbe affatto stoica.
ZNW 1 (1900) 163 s. Qui m~i>oç significa evi- Cfr. ancora..._. n. 18.
mb')oc:; 4-5 (\V/. Michaelis)
frnc; ÈO'"TÌ.v dowÀ.oÀ.a-.pla (-7 m, col. so erotico che si attua pienamente come
r 38): abbiamo cosl una contrapposi- peccato soltanto mediante l'Èmi>uµla
'ltOVTJpli. Questa concezione costituireb·
zione tra quattro concetti molto vici- be anche per Co!. 3,5 un efficace cli-
ni tra loro (fornicazione, impurità, e- max 18.
rotismo, desiderio cattivo) e la 7tÀ.EOVE- Paolo non usa 'ltai>oc; in senso stoi-
l;la (avidità di ricchezze) 17• Dato che co né in Rom. 1 ,26 né in Col. 3,5 19 ed
già 7topvEla ed &.xalJrxpO"la (-7 ·IV, col!. è quindi abbastanza improbabile che lo
1295 s.) si riferiscono alla sfera sessua- faccia in 1 Thess. 4,5 (~ IV, col. 600).
le, 1taìJoc; non può significare in tale Qui l'espressione 7tai>oc; Èmih.iµlc:t.c; non
contesto 'passione' o 'affetto' in gene- implica che fim1}uµlct sia un 7talJoc; in
rale, bensl in particolare la passione senso stoico, bensl che il mxi>oc;, l'im-
erotica. pulso sessuale, è legato all'bnlJuµla., ov-
Quest'uso ci riporta alla letteratu- vero (il genitivo è qui di provenienza,
ra giudaica. In Pseud.-Phokylides i94
(Poetae Lyrici Graeci, ed. Th. Bergk n non di qualità come in Rom. 1,26) che
[ 1882]: où yàp iipwc; 1te6c; ÈO""t~, 7ta- nasce da questa(~ coll. 1057 s.) 20 •
l1oc; 8'&.t811À.ov Ò.7tanwv, «l'eros non è
un dio, ma una passione che tutto di- 5. Nei Padri apostolici "TCaìJoc;, sem-
strugge», si coglie certo il riflesso del pre al singolare, significa ( r 5 volte in
concetto ellenistico di passione. Occorre Ignazio e in Barn.6,7 [~ col.1042])
però ricordare anche Filone (~ n. 9) e sofferenza = morte con riferimento al-
soprattutto Flavio Giuseppe (~ col. la morte di Gesù. Fanno eccezione sol-
ro55), ed anche test. Ios. 7,8 (~ ibid.), tanto Herm., mand. 4,1,6; sim. 6,5,5,
tanto più che in quest'ultimo passo tro- dove 7tai)oç significa il vizio, il peccato
viamo l'accostamento di mx.i)oc; ed È'ltL- dell'adulterio ovvero dell'ira (~ VII,
ihJµla 7tOVTJp6:. ( = x.ax-fi: Col. 3,5), e col. 1420). Non è esatto sostenere 21 che
7taìJoc; sembra qui significare un impul- 7tcX.17oc; è usato in Ignazio anche in un
17 Non si può dire che 3,8 costituisca una ri- passivo (i µo.Àaxol di I Cor. 6,9 e non gli
petizione con 5 vizi dell'elenco di 3,5, una Ò:pO"evoxo~-.a~). Cfr. -7 VèiGTLE 24; Ios., Ap.
seconda lista «che veramente sta in concor- 2,215.
renza con la prima», come sostiene DIBELIUS, J9 Cfr. CREMER-KOGEL 842; -> VOGTLE 208 s.
Gefbr., ad l. Va piuttosto notato che in 3,8 2II s. 217; POHLENZ, op. cii. e~ n. 16) 81 s.;
appare per la prima volta lo schema quinario A. BoNHOFFER, Epiktet tmd das N.T. = RVV
che è ripreso poi in 3,12, mentre 3,5 deve es- X (19rr) 124 s. -
sere spiegato p er conto proprio. Cfr. CREMER- 20 Se 4,4 s. si riferisce alla vita matrimoniale
Ki:iGEL 842, s.v.; LOHMEYER, Kol. 137 s.; -> (DonscHiiTZ, Th, 167) -p;a~oc:; htdh>µlaç indi-
v1, col. 1360 e n. 80. ca rapporti sessuali degenerati e abbrutiti; se
11 -> VooTLE 209 s. Intendere qui 1téd}oç co- si riferisce invece alla vita sessuale in genere
me 'omosessualità' (un'accezione che non è (DIBELIUS, Th.' 21, excursus axEuoç) allora
contenuta nel vocabolo in quanto tale nean- 1tciitoç è più un parallelo di -p;opvEla. (4,3 ; dr.
che in Rom. r,26) sarebbe troppo specifico; Col. 3,5).
un tale significato non è comunque documen- 21 ~ SCHLIER 70. Di opinione contraria è
tato. Il termine latino patbicus (LOHMEYER, H. v. CAMPENHAUSEN, Vie Idee des Marty-
KoJ. 137 n. 2) indica soltanto l'omosessuale riums in der alten Kirche (1936) 74 n . 4 (cfr.
1t&.l>oç 5 (W. Michaelis) (v,928) 1060
senso più lato abbracciante tutto l'even- ~fjv aù-cov oux E<T'Ttv tv 'l]µ~v )»; pro-
to salvifico. Per questo rispetto è ine- prio qui è fuori questione (cfr. anche
quivocabile l'associazione del mxl}oç di Paolo, Rom. 6 13 s.) il riferimento di
Cristo e della sua 6.vticr-.acnc; in tutta 'ltcii>oc; alla morte di Gesù, riferimento
una serie di passi: Eph. 20,1; Mg. 11,1; che non è meno evidente in Rom. 6,3
Phld., inscriptio; 9,2; Sm. 7,2; 12,2. In («lasciate che io sia imitatore della pas-
Tr., inscriptio 6.v&:cr-.a<riç si riferisce sione del mio Dio», E'ltL't'p~IJia't'~ µoL µt·
certamente alla risurrezione dei cristia- µ'l}'t-f)V ElvaL "tOU mii}ovc; 'tOU itEOU µov ),
ni; ma anche qui è accertato il riferi-· un passo in cui Ignazio parla del proprio
mento di 7tailoc; alla mqrte di Cristo (cfr. martirio imminente 25 • Tale specifico si-
anche nel N.T. Rom.5,1; Eph.2,14; Col. gnificato di 'Tt'ai>oc; è confermato 26 in
1,20), anche se non dovesse trattarsi del- Sm. 1,2 dalla menzione dell'affissione di
l'eucarestia 22• S~.5,3: «Possa io non no- Gesù alla croce e in Tr. 11,2 dal riferi-
minarli (scil. ·gli eretici) più finché non mento al tronco della croce. In Eph.,
si siano convertiti alla morte di Cristo, inscriptio l'accentuazione del 'ltal}oç
la quale è nostra risurrezione (µéxpic; Ò:.ÀT)frwov è diretta proprio contro l'er-
o
où µé'm'Voi]crwaw ei.ç -.ò 7tà.lloc; ~cr-.~'V rata interpretazione docetica della mor-
1Jµwv &.vticr-.acriç)»: sia che si tratti di te di Gesù; contro il medesimo nemi-
abbandonare concezioni docetiche, sia co sono rivolte le parole di Phld. 3,3,
che si richieda invece un nuovo atteg- che si riferiscono particolarmente al-
giamento verso l'eucarestia 23 , la decisa l'eucarestia 27 • Eph. 18,2: «Gesù Cri-
e chiara definizione della retta esistenza sto ... nacque e fu battezzato per puri-
cristiana come una &.v&o·"t'Mtç ottenu- ficare l'acqua con la sua passione», ~~a-
ta mediante il mrnoc; di Cristo è possi- 7t't'l<rih1 i:va "Ti;> ?tai>Ei "TÒ IJowp xaihx.-
bile soltanto se 7t&:-&oc; indica esclusiva- plCTn; anche in questo caso non c'è ra-
mente la morte di Cristo 24• Un'altra gione per non riferire mii}oc; alla pas-
formulazione, pregnante per un diverso sione 28 • Dalla nostra indagine risulta
aspetto, è quella di Mg. 5,2: «Se non quindi inequivocabilmente che in I-
siamo disposti a morire in vista della gnazio 7trH}oç indica sempre la mor-
sua passione, la sua vita non è in noi te di Gesù. A quest'uso di 1ta~oc;
( "t'Ò &.~ol}avetv EÌ.ç "t'Ò aÙ't'OU 7t6.l}oç, 't'Ò corrisponde in Ignazio l'uso di 7tcXO'XW 29
dente se riferita (~ ScHLil!R 70; dr. 43-48. Tr. 10 e Sm. z,x come prove per il riferimen·
TCai}oc; 5 - TC&.ìhjµa 1 (\Xl. Michaelis)
to di micrxw a tutto l'evento salvifico. Per- apol. 22,4; 32,7; dial. 30,3; 31,1; 40,3; 41,1
sino se n:auxw dovesse significare in Sm. 7,1 (la cena del Signore è EL<; àvaµVl'JOW -tov n&.-
'soffrire', 'patire', accezione questa che sema- ilovç); 74,3; 89,2; 97,3; 105,2; n4,2; n7,3;
siologicamente precede il significato di 'mori- 125,5 (scelta di passi ripresa dallo~ SCHLIER
re', pure non si potrebbe assolutamente veder- 71). Il plurale, che altrove negli apologisti
vi una posteriore estensione a tutto l'evento significa vizio, affetto, malattia, ecc., è usato
salvifico di un n:&.crxw riferito in origine alla ln Iust., apol. 22,f (si discute dei tipi di mor-
sola morte. te incontrati <lai figli di Zeus) nell'accezione
30 ~ col. 1045. Contro~ SCHLIER 70. generìca di destino, come mostra l'aggiunta
31 ~ BARTSCH 127 s. -rou i>a.v1hou. Iust., dial. 103,8 tratta dei TCa-
Ìhl di Gesù nel Getsemani {questq plurale
32 Cfr. anche ~ SCHLIER 107 e n. 2 ed anche
non può essere l'origine immediata della lo-
H. JoNAS, Gno.ris tmd spiitantiker Geist I ==
cuzione passione e morte ( 4 col.~020 n. 87] ).
FRL N.F. 33 (1934) 189.165 s. 369 s.
Anche il termine latìno passio (il sostantivo
33 L'accostamento di n:al}oc; ed &.v&.cr-tet.cnç e~
è attestato soltanto a partire da Apuleio) è
col. 1059) può certamente dare l'impressione venuto più tardi a designare la passione di
cli una 'formula' e~ BARTSCH 50). D'altra Gesù ed il martirio. Cfr. anche H . DoRRIE,
parte è singolare che questo accostamento 'Machabaei Passio SS. Machabaeorum'. Die
non abbia in Ignazio (a differenza del N.T.: antike lat. Oberseft.tmg des 4. Makk. =
Le. 24,46 ecc.) alcun parallelo verbale. Cfr. AGG 3 F 22 (1938) 31-35. Inoltre W. ELERT,
soltanto S111. 2 (diversa è la formulazione in Die Theopaschitische Forme/: ThLZ 75 (1950)
7,r; Rom. 6,1; Phld. 8,2; Tr. 9,1) e Rom. 4,3. 195-206; imprccìso è il KROLL, op. cit. (4 n.
34 Vi si riferisce al massimo indirettamente 15) 15 s.
in Mg. 5,2; Rom. 6,3 (in Sm. 5,1 abbiamo
7ta~µa-ro. ~ col. 1077 ). Questa riservatezza TiaDT]µet.
di Ignazio, che pure usa TCet.ilE~V anche con Bibliografia: ~ 1t6.crxw e 4 'TC6;l)oç; J.
riferimento a sé (~ col. 1042), ci invita a Sc HN EJDER, Die Passionsmystik de.r Paulus ==
non sopravvalutare o a non accentuare ecces- UNT 15 (1929); G. KITTEL, Kol. 1,24: ZSTh
sivamente l'idea che il martire provi il 1toci>oç 18 (1941) 186-191; G. WIENCKE, Paulus iiber
del redentore e nel martirio s'identifichi col Jesu Tod = BFI'h 11 42 (1939).
redentore e~ SCHLIER 158 ss.; 4 BARTSCH I 1t6.ìhjµa presenta la medesima formazione
80-90). di µ&.ih}µa. Ora, mentre le forme µ«~cro
35 Apologisti: in Giustino il singolare 1tocDoç µm e µeµ6.D11xa spiegano soddisfacentemen-
(fatta eccezione per apol. 3,1; 5,1 = passio- te 111 formazione di µaih}µet. (accanto alla for·
ne) si riferisce sempre alla morte di Gesù: ma µ<iftoc; derivata da i!µixi>ov), nel caso di
mX.ftriµ~ 1-3 a (W. Michaelis)
ro 2 e partecipa della storia semantica sione, impulso, istinto; inoltre sia negli
di ~ ·mioxw. Anche 1tli1h1µa indica scritti paolini (Rom. 8,I8; 2 Cor. r,5-7;
fondamentalmente ciò che capita a
qualcuno, ciò che si deve subire, accet- Phil. 3,rn; Col. 1,24; 2 Tim. 3,u) sia in
tare; è usato soprattutto in malam par- altri (Hebr. 2,9 s.; 10,32; I Petr. 1,II;
tem: sofferenza, patimento, sventura 4,13; 5,i.9) significa sofferenza, pati-
(spesso al plurale). È associato in un
mento.
gioco di parole con µaih}µa. per indi-
care l'esperienza come riscontro della a) Gal. .5 ,24: ot 8~ 't'OU XpLCT'tov '11]·
cognizione, ad es. Xenoph., Cyr.3,1,17; crou 'tl)\I <rapxa. ECT'tavpwcra.\I CTÙv 't'oi:c;
Aristoph., Thes. 199 (~ col. 992; VI, 1ta.ihiµcxow ·xa.t 'tate; Ém~µlaLc;, «e
col. 85 2 ). 1tcii)l]µa indica inoltre, pre-
valentemente in malam partem, la con- coloro che appartengono a Cristo Gesù
dizione fisica, ma soprattutto psichica, hanno crocifisso la carne insieme con le
provocata da eventi esterni: stato di passioni e le brame». Questo passo, che
sofferenza, umore nero, depressione, tri-
stezza, angoscia. È raramente usato (da ricorda Col.3,5 (~ coll.1056 s.), non si
Aristotele in poi) come sinonimo di mi- riferisce unicamente alla sfera sessuale,
1toc; per indicare passioni, affetti 3 • ma include tutto quanto è stato men-
2. Nei LXX (e negli altri traduttori
zionato in Gal. 5,19-2x. Mentre le ÉltL-
dell'A.T.), nella Lettera di Aristea, nei wµlai. indicano l'intensità con cui i
Testamenti dei XII Patriarchi e nel Li- desideri vogliono essere soddisfatti, i
bro greco di Enoc 'ltliil1]µ<X non è usa-
1taili}µa'ta esprimono la dipendenza
to. In Filone il sostantivo ricorre solo 4
7 volte: indica mutamenti nel cosmo dell'uomo . rtcx.Miµa'ta sono gli affetti
(Abr. 2; vit. Mos. 2,126), specialmente in malam partem: gl'istinti, le passio-
dell'aria (op. mund. 70; cher. 88; spec. ni. Anche se Gal. 5,24 si limita a sot-
leg. l ,2 xo), e inoltre malattia (gig. xo;
conf. ling. 2 3 ). Molto raro in Flavio tolineare che per i cristiani questi 'lta.-
Giuseppe: processi cosmici (ant.1,156); ill)µa.'t'a. sono, insieme con la crapç che
malattia (ant. 6,ro; 7,325; 8,ll5). Let- ne costituisce la base, 'crocifissi', vinti
teratura rabbinica: ~ coli. 1055 s.
nel battesimo (dr. Rom. 6,6), pure dal
3. Nel N.T. 1ta~µa (sempre al plu- versetto successivo (5,25) e da tutto il
rale, fatta eccezione per Hebr. 2,9) è contesto parenetico risulta chiaramente
usato in Gal. 5,24; Rom. 7,5 nell'acce- l'esortazione a 'uccidere' anche in se-
zione, altrove rara {~ 1. sopra), di pas- guito i rca.M)µa't'a (dr. Col. 3,5; Rom.
7ta~µa non abbiamo forme verbali di 7ta- e MoULTON-MILLIGAN) e nel Corpus Herme-
rrx.w corrispondenti a quellesuccitate di µa.v- ticum.
Mvw. Forse 'lta~µa. si è formato per analo- 3 Altri esempi in CREMBR-Ki:iGEL 841, s.v.;
gia con µ&~µa. grazie al gioco di parole ~ n 1, col. 402 n. 13.
1taboc;/µcH>oc;, µ&.~µa/na~µa. <~ qui so- 4 0BPKE, Gal., ad l. : il termine vuol dire che
pra e col. 1051) [DEDRUNNER]. l'uomo «si comporta in modo completamente
2 Non ce n'è un solo esempio in DITT., Syll.l passivo», o meglio che «è completamente so-
e Or., nei papiri (secondo -PRElSIGKB, Wort. praffatto». Cfr. CREMER-K6GBL 841 , s.v.
m:l:D'r)µa 3 a-b (W. Michaelis) (v,931) 1066
8,13) 5 . Analogamente anche in Rom . il '1tctil1]µct divenga però una vox me-
7 ,5 i 'ltaihiµa:ta. sono il segno dell'esi- dia o che i 'lta.il1Jµa."t"ct s'identifichino
stenza umana (Év 'ti} cra.pxL d:va.L) nel- con le Èmlluµla.L 8 . Il rapporto tra leg-
l'èra (giudaica) precristiana. Quando ge e passioni (o Là 'tOU véµou) è analo-
Paolo scrive: 't& 'lta.ì}'t)µa.'ta. 'tW\I ò:µa.p- go a quello tra legge e peccato (o bra-
'tLWV -rà. oLa -rou v6µov Év1JpyEi:'to È.v me) in 7,7 ss. 9
-coi:ç µÉÀ.EC1LV 1}µwv, «le passioni pecca- b) In 2 Cor. l ,5 Paolo chiama le pro-
minose eccitate dalla legge agivano nel- prie sofferenze 'ltctll't)µa.-ccc. -rov Xpt<T'tOV,
le nostre membra», non vuol dire cheta- mentre nei versetti successivi parla per
li 'lta.lll]µa.-ra. abbiano sede nelle mem- brevità solo di mxll1)µa.-ccc. (par. i}À~q,Lc; :
bra, bensl che operano mediante esse r ,4.8; cfr. llÀl~E<ri>m [ 1 ,6] par. [ 'ltct-
(~ VI, coll. 1520 s.). È allora impossi- l>1jµa.'ta] 'ltctC1XELV). I Corinzi vengono
bile intendere 'lta.ll't)µa-ca. nel senso di poi ( r ,7) chiamati xowwvol dei 'ltctll1}-
'sofferenze', escludendo invece l'acce- µa.-ccx. dell'Apostolo (~IV, coli. 528 s.;
zione passione confermata per ~aolo v, coli. 717 s.). Il xowwvol di 2 Cor. r,7
da Gal. 5 ,24, ed interpretare 'ta 1ta.ll1)- non si riferisce esclusivamente ad una
µa.i:a. i:wv cX.µap'tLWV come le sofferen- comunione di sofferenze, intesa in sen-
ze provocate dai peccati 6 , perché ciò so mistico o in altro modo, possibile
implicherebbe che i peccati provochino in ogni tempo anche senza che ·si sof-
1ta.ll1Jµa.-ra e che soltanto per effetto di fra personalmente, bensl a co!"lcreti ed
questi maturi il frutto di mmte. Ora il effettivi 7tctll1}µa-cct a cui erano esposti
soggetto di ÉVEpyEi:crlla.L è una entità più direttamente i Corinzi ( r ,6) e in quel
attiva di quanto possano essere sem- momento preciso e certamente anche
plici conseguenze o situazioni di soffe- in altre occasioni e tempi. L'espressio-
renza(~ 111, col. 881). -cwv cX.µcxp'tLWV ne 'ta a.u-rà 'ltal>1Jµa"t"cx. non vuol dire
non indica la fonte o la causa prima dei che si tratti esattamente degli stessi fat-
'lta.ITT}µcx-ca., ma piuttosto il loro carat- ti (ad es., la 1})..~ljnc; di 1,8 ss. che è già
tere, la loro natura generale 7, senza che inclusa in l .4 non ha evidentemente
5 Cfr. 0EPKE, Gal., ad l. Quanto mai perti- rovinosi' (ScHLATTER, Rom. 228 s.).
nente è il commento di -+ Vè:iGTLB 2n: «La 7 ~· III, col. 450: «gli affetti peccaminosi»;
crocifissione delle passioni e dei desideri non forse anche «le passioni che si manifestano in
(significa per Paolo) ancora, come per la Stoa, peccati» (LIBTZMANN, Rom., ad l .).
il raggiungimento della libertà morale (nel- s Contro ZAHN, Rom. 334 n . 67.
l'à:miDw:t), bensl ne costituisce unicamente il
presupposto necessario», perché tale libertà si
9 4 e, coll. 843 ss.; m, col. 450; VI, coll.
attua «nella dedizione al prossimo». 1520 s.; CH. MAURER, Die Ge:retzeslehre des
Paulus (194r ) 43; E. GAUGLER, Der Rom. I
6 ~ ve, col. 1521 ; «situazioni di sofferenza» (1945) 192 s. Diversamente intende ScHLAT-
nel senso di 'turbamenti provocati', di 'effetti TER, Rom. 229.
mifu}µa. 3 b (W. Michaelis) (V ,y3 I ) l o6S
alcun riscontro immediato nei mdh'}µe<.- tanto non si tratta neanche della pas-
'tet. dei Corinzi). Piuttosto i 'l'ta.i)i}µix:ta. sione di Gesù. È questo invece il caso
sono gli 'stessi' perché sia nel caso di di Phil. 3,ro (aÙ't'OU riferisce a Cristo
Paolo che in quello dei Corinzi si trat- non solo 'tijç &.\laCT'tci<TEWc; e 7tC<.i)'l)µci.-
ta di 'lta.i}1)µa."t'a. "t'OiJ XpLO"'tOV. L'enun- 'tW\I, ma anche -c{i> i}ava-c~). Conside-
ciato di I ,6: tL'tE oè i))..~~oµd}a., V1tÈp rando che Paolo non si serve di 1tat)Ei:\I
-rfic; \JµWv 'l'ta.pa.xÀ:fjo-ewc; xa.i O"W't'l'}- per indicare la morte di Gesù, si potreb-
pla.c;, «se siamo afflitti è per la vostra be naturalmente pensare che egli pensi
consolazione e salvezza», non va inter- qui non alla morte, ma ad altri patimen-
pretato, facendo indebito ricorso (--7 ti di Gesù 10; il plurale 'lta.i}i)µa'ta po-
coli. rn71 ss.) ad una idea presa da Col. trebbe persino rafforzare tale supposi-
1,24, nel senso che le sofferenze dell'A- zione. Ora in Phil. 3,rn s. abbiamo un
postolo consolino i Corinzi e garanti- chiasmo da cui risulta che i itai>i}µa.-ca
scano loro la salvezza perché fanno di- di Cristo altro non sono che il iM.va.'t'oc;
minuire il volume di sofferenza che di Cristo. Che il plurale 'l'tat}i)µa-ta 11
spetta all'intera cristianità (--7 v, coll. possa indicare la morte di Gesù risulta
717 s.). La spiegazione corretta è piut- non solo da I Petr. l,II (qui l'uso del
tosto un'altra: se un cristiano deve sof- plurale si estende persino a oot;aL per
frire, poiché la sofferenza appartiene indicare la risurrezione [--7 col.1076]),
alla natura dell'esistenza cristiana e se- ma soprattutto da Hebr. 2,10 (--7 col.
condo Phil. l,29 è un dono di grazia 1075 ). La locuzione CT\Jµµopq>~~6µ2'\loc;
(--7 coli. rn33 ss.), tale sofferenza è una -.0 Da\la't'~ a.ò..ou (Phil. 3,10) indica
gvoE~!;t<; ... O"lù"t''l')pla.<; (Phil. l,28) non una conformità raggiunta attraverso
solo per lui stesso, ma anche per tutti la sofferenza (seguita o non seguita dal-
gli altri (cfr. anche 2 Tim . 2,10) . la morte). Ma allora la xowwvla mx.ih]-
Questi 7ta.i>1]µa."t'a. vengono cosl det- IJ:ci."t'wv aò-cou si verifica soltanto in vir-
ti "t'OiJ XpLO'"t'oiJ: in 2 Cor. 1,5 non si tù della sofferenza personale dell'Apo-.
tratta di un genitivo soggettivo e per- stolo 12• Anche da questo passo risulta
10 Cfr. ~ WIENCKE 126 s. lori riempiono tutta la sua vi:ta (cfr. àv "lttx.V·
-.l: 2 Cor.4,8; 'lt&.V'tO'tE: 4,10; &Et: 4,u). D'al·
11 Paolo parla dei propri mdhiµrx.-.cx. (2 Cor.
tra parte l'Apostolo viene più volte a trovarsi
r,5 ss. ecc.) sempre al plurale; forse è stata
anche in situazioni di particolare sofferenza,
questa abitudine ad indurlo ad usare il plu-
ad es. la prigionia (situazione in cui fu scrit-
rale anche in Phil. 3,ro.
ta Phil.), la f>),,i:l!itç. (di cui parla in .2 Cor. x,
12 Certamente l'esperienza della potenza del- 8), i lìtc..>yµol ovvero i 7tttft1iµa."t'ct. del primo
la risurrezione di Gesù (3,ro) non si riferisce viaggio missionario (2 Tim. 3,n; cfr. anche
ad effetti particolati ed occasionali, bensl alla 7tpo7tttft6\l'tۍ.: I Thess. 2,2 ~ coll. ro4J s. ed
'nuova vita' dell'Apostolo (3,8 s.) nella sua to- in genere i testi paolini in cui ricorre "ltarTX,W
talità. Pure Paolo dice anche che i suoi do- ~ coli. ro32 ss.).
Ttat>nµc~ 3 b (\Xl. Michaelis)
cosl (-7 col!. 1066 s.) che non si tratta ovvero 7t<X.iHn..i.a't'et. a.Ù't'OV (Phil. 3,10 ),
di una comunione di sofferenza necessa- riceve con dc; M:va.'t'OV napa.otòéµe-&a.
riamente accessibile a chiunque in qual- otà 'l'Y)CTOU'I/ (2 Cor. 4,n) una spiega-
siasi momento, nel senso di una vera e zione che costituisce un efficace con-
propria mistica della passione 13 • Certa- trnppeso ad un'interpretazione esclusi-
mente le parole di Phil. 3,10 s. tiguar- vamente mistica 15• Conseguentemente
dano, per contesto e tenore, in primo dobbiamo anche chiederci se nell'e-
luogo soltanto Paolo stesso 14 e non è spressione 7ta-&1}µoc-ca. 't'oli Xpt<r't'oli ( 2
certo un caso che si trovino in uno Cor. r ,5) il 't'OU Xptcr't'OV non vada in-
scritto cosl pieno di confessioni spon- teso nel senso del && 'll)CTOV'll di 2
tanee e personali quale è la Lettera ai Cor. 4,n 16 • Cfr. anche l'u7tèp a.ùnu
Filippesi, e che anche l'altra frase che 7tacrxm1 di Phil. 1,29 (~ coli. 1033 s.)
stabilisce un rapporto tra le sofferenze e il cruµ7tacrxm1 di Rom. 8,17 (~
apostoliche e la morte di Gesù ricorra coll. 1047 s.; 1049). Il genitivo 't'OV
in un passo (2 Cor. 4,10) dal tono al- XptCT"tou non indica quindi l'esistenza
trettanto personale. di un rapporto tra i 7ta.M}µa't'a. dell'A-
Il passo di 2 Cor. 4,10 s. è inoltre postolo (o dei credenti di Corinto o di
istruttivo perché l'idea di swiJ '!OU qualsiasi altro cristiano) ed i 7tait1)µa.-
Xptinou (4,10s.) corrisponde · a quel- -ra. di Cristo stesso, non implica cioè
la di ouva.µtç 't'i'jç &.\laO''t'lX<TEWç (Phil. un rapporto né di analogia né .di 'conti-
3,10). D'altra parte, l'espressione VÉ- nuazione (~ rv, col. 529) né di com-
xpw1nc; 't'OU l1Jcrou (2 Cor. 4,10; ~ pletamento mistico o d'altro genere e~
1
17
vn, coli. 889 s.), sinonima di i>ava.'t'oç IV, col. 530) . La necessità della sof-
senza importanza notare eh~ non solo l'uso netivgebrauchs = Nt.liche Forschungen 1 2
paolino di 'ltaO'xw e~ coli. 1032 ss.) non è [1924] 197).
condizionato dall'uso linguistico che parla del- 18 Cfr. ~ col. 1073. Va tenuta presente un'a·
la q:1orte di Gesù servendosi di ?ta.i>Ei:v = ttlO· cuta osservazione di ~ Kn'TEL i89: Je perse-
rire, ma che anche altre espressioni (6.1tO- cuzioni, le offese e l'odio che colpiranno i di-
Duvti:v, Davu-roç, u·mup6ç, a.lµa) non si rife- scepoli secondo le parole di Gesù non fanno
riscono alla morte di Gesù (~ n. 18) quando riscontro, in prima linea, alla morte di Gesù,
si trovino in un qualche rapporto con affer- bensl alla persecuzione, alle ingiurie ed al-
mazioni contenenti rtauxw o persino nelle l'odio di cui Gesù è vittima.
loro vicinanze. Oltre a 2 Cor. 4,10 s. fa ecce- 19 Non è consigliabile riferire senz'altro Ò'!tèp
zione soltanto Phil. 3,10 s., e qui si potrebbe ùµwv a x(tlpw; dr. anche Eph. 3,13.
eventualmente scorgere una «unità pneumati- 20 Cfr. anche ~ ScHNEJDBR 54-59; ScHMrTz,
ca di Paolo con il Cristo crocifisso intesa in op. cii. e~ n. 17) 190·196; A. SCHWBITZER,
senso pieno» (0. SCHMITZ, Die Christus - Ge- Die Mystik des Ap. Pa11l11s (1930) 127; D1-
meinschaft des Pa11lus im Lichte seines Ge- nr:uus, Kol., ad I.; ~ ScHELKLE 264 s. Giu-
1ta6'l]µa 3 b-c (W. Mkhaelis) (v,934) ro74
mo frequentemente negli scritti paoli- ovx &!;.La 't'à. 1ta.ih)µa't'rx. 't'OU \IU'J xrx.L-
ni l'idea che le ~À.l4iELç, ovvero i mxihi- poG 1tpòc; -.l}v µÉÀ.À.oucrrx.v 861;,av a7to-
µcx.'t'cx. sono necessari (cfr. I Thess. 3 1 xa.À.uq:>t}ijvcx.L dc; 1)µcic;, «le sofferenze
3 s. 21 ; Act. 14,22 anche 9 1 16 ~ coli. del presente non sono in alcun modo
1030 ss.; -+Iv, coll.527 s.). Qualunque paragonabili alla gloria che si manife-
possa essere stata la ragione addotta sterà in noi» (Rom. 8,r8). Il concetto
per spiegare tale necessità (-+ coll.1070 di o vuv xa.tp6c; è sinonimo di ò atwv
ss.), pure essa costituiva un dato di fat- oihoç, (~ 1, coli. 554.556); cosl i mx.-
to per il semplice motivo che Gesù ~1Jµa't'cx. vengono a significare quei pa-
aveva preannunciato a tutti i suoi di- timenti che nascono necessariamente
scepoli una sicura sofferenza 22 • Logia dall'opposizione tra l'evento di Cristo
come Mt. 5,r r; ro,17 s. devono aver e la natura dell'eone presente. I Tta-
costituito per Paolo (e per le sue co- 1}-fiµa.'t'a 't'ou vuv xcx.Lpou non sono per-
munità) il presupposto per considerare tanto diversi dai 7tcx.t}1)µcx.'t'C( o dalle
normale la sofferenza, e la sua assenza l>À.l4iELc; 't'ou Xpt<nov (2 Cor. r,5; Col.
come ÙO''t'Epi)µ('l:rcx. (Col. r,24). CÌv't'a.- r ,24 ). Alla loro fine ci attende il O'\N-
va.7tÀ.11p6w significa allora che tale as- òoçao-~ijvcx.L (Rom. 8 1 17; ~ coll. 1049
senza è finita, che tale mancanza è sta- s.).
ta colmata, che c'è di nuovo la soffe- e) Per quanto riguarda Hebr.2 19:. 8uì
renza. Nonostante la gravità dei pati- 't'Ò 1tat}nµa. 't'OV i}a.va't'ou, l'us.o del sem-
menti non c'è confronto tra la soffe- plice otà. 7tat}nµa't'wv nel versetto suc-
renza presente e la gloria futura: o·n cessivo mostra come in 2,9 vada escluso
ste sono le obiezioni all'interpretazione 'misti· non è orientato sulla differenza quantitativa
ca' in LottMEYER, Kol. 77 . Migliore, anche se rispetto ad una certa misura da raggiungere in
non del tutto convincente, è l'esegesi di Ctt. futuro, ma su di un obbligo etico-religioso che
BoNNARD, L'Epitre de Saint Paul aux Colos- è noto da tempo. L'idea di una certa quantità
siens in: Commentairc du N.T. x (r950) no: prestabilita di sofferenza che vada raggiunta
queste l}),,llJIE~ç di Gesù (cfr. IIO n. 6: rsen. non è presente né in Paolo (~ col. 1067) né
soggettivo) non sarebbero certamente identi- altrove nel N.T., né è spiegabile con le conce-
che con l'«atto redentore di Dio in Cristo» zioni comuni del tempo (~ KITTEL 188).
compiuto nella morte di Gesù (e nella s1,1a 21 Secondo 3'4 il preavviso delle sofferenze
risurrezione; cfr. n. J); si potrebbe però u-
costituiva uno dei punti fissi della predicazio·
gualmente parlare di ùuupi}µct:t'a anche ri-
guardo ad esse, perché «il fine dell'opera di ne missionaria di Paolo.
Cristo» sarebbe raggiunto soltanto con la pre- 21 ~ KITTEL 189 s'. sottolinea fortemente que·
dicazione dell'evangelo a tutti i pagani: tale sto punto. L'av'tava.1tÀ'I}pW di Col. x,24 è
espansione sarebbe ora proprio il compito che comunque condizionato troppo fortemente dal
l'Apostolo deve assolvere affrontando mille concetto di ÙCT'tÉPTJµa. per poter essere, come
patimenti, e pertanto «queste sofferenze apo- suggerisce ~ KITTEL 190, «una parte del
stoliche vanno aggiunte a quelle di Cristo» 'TCÀ'l]pwuat -ròv Myov -.oii i}Eoii (di cui si par·
( 111 ). Anche in Phil. 2,30; I Cor. 16,17 il ter- la al v. 2 .5) che si attua nella vita e nell'opera
mine ùu-.~pT]µa insieme con <iv·mva1t).:l}p6w di Paolo».
7t~ftnµa 3 c (W. Michaelis)
il significato di subire 23 • Il testo non in- tro che, come l'autore della Lettera
dica la sofferenza come forma particola- agli Ebrei, si serve di 1tcx.1)EL'V per si-
re o fenomeno concomitante della morte gnificare la morte di Gesù (~ coll.
di Gesù 24 , bens} quella sofferenza che, 1027 ss.), usa 'ltcx.1}1}µa."t'cx. alla stessa
come si può dedurre anche dall'espres- maniera. I Petr. 1,1: lo Spirito che a-
sione successiva ')'EU0"1)-.a~ 1}(1.\IU'TOU, bitava nei profeti dell'A.T. aveva
consiste nella morte, che è la morte. Da- preannunciato (~ VI> coll. 1386 s.) «le
to che nella Lettera agli Ebrei 7tal}Ei:V si- sofferenze destinate al Cristo e le glorie
gnifica morire(~ coli. 1023 ss.), '1ta1}1}- successive», "t'èt. Elç XptO'"t'Ò'\I 7ta.ihiµa.-
µa. ,;ou l}a.va/tou rappresenta una tauto- 't'C<. xcx.L "t'!Ì.ç µE-.cX. ,;cx.u"t'a. obl;cx.ç. È
logia con la quale l'autore della lettera chiaro di per sé, anche senza ricorrere
vuole dare un risalto particolare a que- a passi paralleli (Le. 24,26; Hebr. 2,9),
sta prima menzione della morte di che qui si tratta della morte e della ri-
Gesù. Il singolare 7tall11µa. (che nel surrezione di Gesù 25 • Il plurale 7tatl1)-
N.T. è usato solo questa volta) è proba- µcx.i:cx., ormai entrato in un uso lingui-
bilmente una assimilazione al singolare stico che è interrotto solo da Hebr.
iM.va'toç (cfr. il fenomeno inverso in 2 ,9 per ragioni particolari (~ col.
1 Petr. l ,II ~ col. 1076). Il plurale 107) )> non è che una ridondanza 26
1tai>1)µa.'ta. di 2,10 si riferisce anch'es- Quando l'autore si definisce ( 5, l ) µap-
so all'evento globale della morte di Ge- "t'Uç 'tW\I 't'oli Xptcr"t'ou mx.1)11µa:twv
sù (cfr. anche Ot(Ì 'tOU i>a\la't'OV (2, (cfr. ~ VI, coll. 1329 ss.; v, col. 717)
14] e l'uso di i:eÀ.Etwcra.t in 2,10 in non int~nde dire di aver assistito
rapporto con 5,8 s. ~ coll. 1024 s.). In personalmente alla passione di Gesù,
Hebr. 10,32 7ta.1}1)µa.>ta. indica le soffe- ma, come mostrano le parole successi-
renze dei cristiani(~ I, cell. 371.450; ve ( ò xcx.i i:ljç µEÀ.À.OUO'TJ«i; à7toxa.M-
VI, coL IIIO n. 149). 7t't'EO"i)cx.L o6t;T)ç XOWWV6ç., «e partecipe
L'autore della prima Lettera di Pie~ anche della gloria che sta per essere
21 Questa accezione è quanto mai rara; dr. 26 Anche se è vero che talora El~ è usato al
PASSOW, s.v. 3. posto di tv (cfr. BLASS·DEBRUNNaR §§ 205 s.),
24 Cosl sembra intendere lùGGBNJIACH,
ciò non vuol dire che sia lecito considerare la
Hebr.2•3 frase 'fà Et<; Xp~O''fÒV -nr.d)1Jµa.-ta come «equi-
43: «La morte dolorosa». valente a ·mxl)1Jµa'fa lv Xp~O''fii)» (~ ScHNEI-
21 Notevoli difficoltà si oppongono all'inter- Df!R 122 ), tanto più che l'espressione Ttai)-/iµa.-
pretazione sostenuta da WoHLENBHRG, Pt. 21- -.a (o anche m~:crxm1) lv Xp~11...<i'> non è JD3i
28, il quale vorrebbe riferire I Petr. l,10-ss. ai usata nel N.T. e che l'autore di I Petr. è mol-
profeti del N.T. e interpretare quindi sia i to parco nel servirsi della locu2ione lv Xpr.-
7taDi)µa.'fa. sia le lì6~m come attestazioni del- a-r;{il. Si tratta qui di un Etç di relazione (--.
la sofferenza e della gloria che 1a comuni· VI, coli. 1386 s.; inoltre m, col. 282). Cfr. CRE-
tà doveva aspettarsi. Cfr. WINDISCH, Ptbr. a MBR.-KOGEL 841, s.v.: «Ciò che Cristo avrebbe
r,11; ~ n, col.965; V, coll.14os. sofferto»; PRBUSCHf!N-BAUER' 1087, s.v. 1.
nci!)TJµrJ.. 3 c - uvµ7ta~i)ç 3 (W. Michaelis)
rivelata»; cfr. 5,10; Apoc. 1,9) 27, di le, pietoso. Da uuµmx.il'i}c; deriva <Tuµ-
partecipare anche lui(~ vr, col. 1330) 7tailtw: soffrire, sentire insieme con
qualcuno o contemporaneamente a
ai .-:aill)µa:ta. ('tOU Xpt<T'tou) che tutti qualcuno o la medesima cosa di qual-
i cristiani stanno affrontando (4,13; 5, cuno ecc., oppure (e in questo signifi-
9 ). I 1ta.ill)µa.'ta. 'tOU Xpt<i'tOU di i cato è usato più frequentemente del
sinonimo ---+ cruµncio-xw) avere pietà 1•
Petr. 5,1 vanno quindi intesi come i Da Epicuro in poi soprattutto il sostan-
ìtCd)Tjµa'ta. 'tOV Xpt<T'tov di 2 Cor. l ,5 tivo cruµ'ltlJ.ì}Eta divenne il termine tec-
(~ coll. 1066 ss.). nico preferito per indicare le interazio-
ni cosmiche, le connessioni di ogni rap-
4. Nei Padri apostolici 'ltcx.ìhiµcx.-ra. è
porto universale 2 •
usato due volte. In Ign., Sm. 5,1 il ter-
mine indica le sofferenze dei cristiani, 2. Nei LXX <Tuµ1taiH1c; ricorre sol-
condo il significato che ha nei suoi scrit- carnazione (quindi O"vµmx.l>Ei:v non si-
ti cruµn:tii)e~cx.) 3 • In Flavio Giuseppe il gnifica avere pietà) né vuole indicare
gruppo terminologico presenta le acce-
quale sia stato il destino o l'atteggia-
zioni di conformità di sentimento, com-
passione, pietà, simpatia, partecipazione mento del Figlio incarnato (quindi
(affettiva); cruµrccx.ih)c;: ant.r6,ro2.329; O"Uµ1tcx.i)Etv non significa soffrire insie-
19,330; bell. 6,21r; cruµn:cx.i>wc;: ant. 7,
me o soffrire le medesime sofferenze;
252; cruµn:cx.'Ì)Éw: 6,34r; r6,404; beli.
2,579; cruµ7tai>w1;: ant.r3,233. Nei Te- cfr. anche ~ IV, coli. 895 s. n. 58), ma
stamenti dei XII Patriarchi abbiamo i si riferisce piuttosto al sommo sacerdo-
medesimi significati: uuµn:cx.i>Éw (test.
te celeste (cfr. 4,r4.r6), al Signore glo-
B. 4,4; test. S. 3,6), crvµntii)etcx. (test.
Zab. 7,4), àcruµ:1tcx.111)c; (test. S. 2,4). rificato che è certamente uno con il Si-
gnore crocifisso ( cfr. 5 ,r ss.; 7 ,2 7; 8,
4 . Il gruppo di termini non ha tro- r ss.). Rispetto a i:otc; n:Etpet.soµÉvotc;
vato nel N.T. molto favore perché per PoYJl>'ij<rcx.t (2,18; ~ coll. ro23 s.), auµ-
indicare la pietà e la compassione gli 7tct17ijO"CX.t (qui affine all'~Àeijµwv di 2,
scrittori del N.T. avevano a disposizio- 1 7) indica più una disposizione· di spi-
ne tutta una gamma di altri vocaboli: rito che un'azione concreta, indica cioè
0.etw, EÀ.eoc; (~III, coll.4II SS.)1 otx- la comprensione per le acrl>É'VEtC'l.L ( ~ I,
"tLpW xi:À.. (~ VIII, coll. 454 ss.) e ~ coll. r309 s.); Gesù, che durante la sua
a"rtÀ.ayxvcx., o-nÀ.cx.yxvl~oµcu. auµn:cx.- vita terrena è stato tentato xcti}'òµot6-
l>Tjc; è usato soltanto nel breve catalo- "tt)"tCX., ha conosciuto le àO"l>ÉvEtCX.L in tut-
go di virtù di I Petr. 3,8. Dato che qui ta la loro estensione e come nostra col-
segue ancora eUcrn:À.cx.yxvot, cruµ-mx.'Ì)e'ic; pa, pur essendo personalmente rimasto
non indica l'attiva pietà verso chi si XWpLç aµC'l.p'tlctc;. Il SUO <TUµn:cti>'ijCTll.L
trova in una situazione critica 4 , bensl non è una comprensione permissiva che
la simpatia, la partecipazione affettiva, scusa tutto (anche il termine &cri)ÉvEtC'l.L
la comprensione per la sorte di altre non ha senso eufemistico-attenuante),
persone in qualsiasi situazione si tro- ma una comprensione che sgorga da una
vino 5. In Hebr. 4,r5 l'espressione cruµ- perfetta e diretta conoscenza della gravi-
'rtalli}crat -.cx.te; acr11e.ve.lcx.tc; 'i)µW\I non tà e serietà della situazione e che rie-
vuole dire quale sia stato il motivo che sce ad includere anche la colpa che noi
ha spinto il Signore preesistente all'io- stessi non vediamo 6 . In Hebr. ro,34:
3 Cfr. REINHARDT, op. cit. (-'!> n. 2) 52 n. 2. 5 Cfr. -+ VooTLB 47.188. Rom. 12,15 è un
i:z9 n. 2; F. CuMONT, Die orientaliscben Reli- parallelo migliore di I Cor. 12,26 (cfr. CRn-
gionen im romischen Heidentum 1 (1931) 157. MER-KOGEL 842, s.v.).
296 n. 41; W. VoLKER, FortschritJ tmd Vol- 6 Certamente anche in CTVµ.1tai>ijcraL non è
lendung bei Philo von Alexandrien = TU assente una «nota fortemente affettive.» (cosl
49,1 (1938) 181 ss. E. Ki\sEMANN, Das wandemde Gottesvolk
4 Contro WOHLENBERG, Pt. 94 s . FRL N.F. 37 [1939) 1_p a ~toç in 4,16),
1081 (v m6l o-vµ1ux.Ol)c; 4 - xaxo'lta1Mw 2 (W. Michaelis)
rò òrcoµovfi e µa.xpolh>µla in Col. I,ÌI (°' plurale). Se Iac. 5,10 dovesse .indicare so/Je-
v1, col. rn37 n. 82), ~~-rtvEta e xax01taDeta. renze, d si sarebbe attesi anche qui il pluiale.
in una iscrizione egea (II sec. a.C.) riportata in HA.ucK, Jk. 227 combina i significati attivo e
DEISSMANN, N.B. 91 s. passivo; non si può comunque avere che
s Sostengono invece il significato di sforzo, fa- l'uno o l'altro. Migliore è il parere di CREMBR·
tica P.RBUSCHEN-BAUER 4, s.v. (92.259) e P. K&EL 844, s.v., con rimando a 4 Mach. 9,8
WENDLAND in: KAUTZSCH, Apkr. u11d Pseud- e Iac. 5,1o": «xaxo7taDeLa. stabilisce il fatto
epigr. 92 (Amtrengung); H.G. M1mCHAM, The che la sofferenza è sopportata, òrcoµo\l"fi e
Letter of Aristeas (1935) 68.208 (suffering). µaxpolh>µla dicono il modo della sopportazio-
92.259 (toil). ne». Non c'è motivo per sostenere che si tratti
di un'endiadi («prendete come esempio di ·pa-
6 Cfr. WINDISCH, ]k., ad l. («pazienza nella
zienza nelle nffilizioni i profeti»: BJ~RCK, op.
sventura»); DEISSMANN, N.B. 91; CREMER-
KoGEL 844, s.v.; PREUSCHEN-BAUER 4 720, s.v. °'
cit. [ n. 4] 3).
7 Cosl sembra intendere ScHLATTRR, ]k. 275 8 ScHLATTER, ]k. 279 riferisce xaxomd)lc.> so-
in quanto rimanda (n. 2) a los., ant. 17,347 prattutto a «privazione, impoverimento, pri-
dove abbiamo l'accezione sventura (ma c'è il gionia, esilio, maltrattamento, mutilazione»;
xaxonai>Éw 3 · µr-cp~omx&Éw 2 (W. Michaelis) (V,938) 1086
però la pericope non rivela altrove alcuna si- l·l SCHLATTER, Past. 222 intende diversamen-
tuazione di persecuzione (cfr. :;,7 ss.). te. Il significato attivo del verbo semplice sta
comunque alla base del verbo composto 01Jy-
9 xaxo1tcdMw non si riferisce ancora (di per Y.<lxomdUw.
sé e come immagine) al peso del servizio mi-
l.1E'tpLomx!téw
litare {cfr. CREMER-KOGBL 844). B. Wn1ss,
Die Briefe Pauli an Tim. rmd Titus 7 (1902) I Cfr. PAssow e LmnBLL-ScoTT, s.v. ed an-
263 è completamente fuori strada quando ri· che particolarmente CREMI!R-KOGEL 843.
ferisce il OlJV· «a coloro cui egli ha affidato z Secondo il LEISE.GANG, s.v., che non registra
l'insegnamento della retta dottrina (v. 2)». ;tffatto l'aggettivo.
µE"t'ptono:ilÉw 2 - òµo1om.tiliJc; 1 (W. Michaelis} (v,938) 1088
è rimasto del tutto insensibile ( àrcti- bolezza e del proprio peccato lo fanno
i}mx. ), ma ha scelto, invece degli estre- essere moderato nell'indignazione e nel-
mi, la via di mezzo ('t'Ò 8~ ~cro\I 7tp~
't'WV &xpwv ÉÀ.oµEvov) e si è sforzato l'ira (in sé giuste e giustificate) che lo
di essere moderato (µE't'ptomdktv 1tEt- infiammano a motivo dei peccati del
pfurltat). Cfr. anche Ios. 26 e viri. 195 popolo. µe:-rptom:x.iM:v è sostanzialmen-
(qui è usato il sostantivo). Invece in
te molto vicino(~ IV, coli. 896 s.), ma
leg. all. 3,129 Mosè è rappresentato CO·
me colui che non amava la moderazio- non identico 4 al cruµmx,i}i'jcra;t di 4,15
ne, ma l'assenza totale di passioni (où (~ coll. 1079 s. ).
µE't'pLorctiitwx:v &.À.À.à avv6À.wc; àmX.-
itEta.v &:ya1twv); come colui che (134) 4. Il gruppo di vocaboli non si ri-
non voleva moderare, ma eliminare tut- scontra né nei Padri apostolici né negli
ti gli affetti superflui (ov8È µE't"ptorca.- apologisti 5 .
itELV ~OUÀE't"<J.t <Ì.ÀÀ'Èx 1tEpLOUO'lctç oÀ.a.
-rà ?ttilh) <Ì.1tÉxoljls:v); cfr. anche 132.
144 (entrambe le volte è usato il so- t ÒµoL01tet.MJc;
stantivo) 3. Flavio Giuseppe loda (ant. I. L'aggettivo òµoL01ta.ÌH1c; indica co-
x2,I28) la moderazione (µi.;-rptorca1'Et\I) lui che si trova in una situazione ugua-
di cui dettero prova Vespasiano e Ti- le o simile, che si comporta o sente in
to quando fu conclusa la pace. Cfr. an- modo uguale o simile, ecc. Cfr. Plat.,
che µe-rpt6.w (5,256). L'aggettivo si ri- Tim.45 c; resp.3,409 b; Theophr., hist.
scontra anche in ep. Ar. 256. plant. 5,7 ,2. Dall'aggettivo derivano il
3.Nel N.T. abbiamo soltanto il ver· verbo òµotO'ltet.l>Éw (ad es., Aristot., eth.
Nic. 1,3, p. 1095 b 22) ed il sostantivo
bo, una sola volta (Hebr. 5,2), riferito
òµotomi1'eta.. 1• Nei LXX ricorre due vol-
al sommo sacerdote dell'antico patto, il te l'aggettivo. In Sap. 7 ,3 la terra è chia-
quale µe:'t'pto'lta.itr::i:v 8uvtiµE\loc; -.otc; mata òitoto1ta;ll1]c; come precedentemen-
àyvoouow xcx.t 'ltÀ.a.vwµÉvotc;, ~1tEt xa.t te l'aria è detta xotv6c; (uguale per tut-
ti gli uomini) 2 • In 4 Mach. 12,13 al
a.Ù't'Òc; 1tEplxEt-ra.t à.cri)ÉvELocv, «può es- tiranno, in quanto uomo ( li:vl>pw1toç
sere moderato verso gl'ignoranti e gli wv), fanno riscontro le sue vittime in
erranti perché anch'egli va sogggetto a quanto òµoto1ta.1'Ei:c;, a cui è aggiunta la
precisazione ~x "tW\I aÙi;W\I yEyov6•Ec;
debolezza» (cfr. 7,28; ~ I, coll. 1307. <T't'otxdwv, «fatti della tua medesima
1309 s.): il pensiero della propria de- materia», la quale mostra che 6µoto1tcx.-
3 Questa incostanza o incoerenza di Filone è nag., suppi. n,2; u,1; 37,1 (µhpLoc; = mo·
dovuta certamente al fatto ch'egli deve tener deroto, discreto).
conto dei dati dell'A.T.; cfr. W. VoLKl!R, oµOL<mttDl)c;
Forl;chritt und Vollendung bei Philo von 1 Cfr. PAssow e LlnnBLL-ScoTT, s.v.
Alexandrien == TU 49,1 (1938) 134.266. Pro- 2 Non soddisfa la traduzione proposta da
prio per questa ragione il fatto ch'egli sosten·
ga occasionalmente la metriopatia non può ef- J. F1cHTNER, Weisheit Salomos == Handbuch
ficacemente controbilanciare la sua decisa ap· zum A.T. n 6 (1938), ad{. ; «Caddi sulla ter-
provazione dell'apatia: 4 coli. 10.H s. ra, sulla quale tutti soffrono gli stessi dolori».
Il significato del passo è piuttosto: «lo (Sa-
4 Contro CREMBR-KOGEL 843. lomone) caddi (appena nato) sulla stessa ter·
5 Però dr. I Clem. 1,3 (µt-rpia \IOEi:v) e Athe- ra (sulla quale cadono tutti i neonati)».
òµoLorca.lH)<; 1 - rcpa..iimifiELet. 2 ( W . Michaclis)
ì}l}ç non significa qui 'del medesimo ge· della preghiera del giusto e può incorag-
nere', ma più precisamente che sente nel giare il lettore a pregare similmente 5 •
medesimo modo. In Philo, conf. ling. 7
la frase -.ooµoLo'tp07tO\I xat oµoto1tai}éç Nessuno dei due passi suesposti intende
indica l'uguaglianza di vita e di sensa- affermare in modo particolare la teoria
zioni dell'uomo e dell'animale, ovvero dell'uguaglianza di tutti gli uomini.
l'identico tipo e modo di vita. Il termi·
ne non è attestato in Flavio Giuseppe. 3. Il vocabolo non compare affatto
nei Padri apostolici, mentre è d'uso fre-
2. L'aggettivo si riscontra nel N.T. quente negli apologisti. Con riferimen-
soltanto due volte (Act. 14,15 e Iac. 5, to a Cristo divenuto uomo ricorre in
Iust., epit. 10,8; dial. 48,3; 57'3· Cfr.
17) col significato generale di uguale, anche Eus., hist. eccl. 1,2,I.
identico, consimile, di uguale condizio-
ne. In Act. 14,15 Barnaba e Paqlo non t 7tpaihtai}rni
vogliono essere considerati ~<dèi che
1. Il sostantivo è di formazione piut-
hanno preso forma e sembianza uma- tosto recente; deriva dall'aggettivo
ne» (i}Eo~ 0µ01wtJÉ\l't'Eç &.\li}pwltotc;: 14, 7tpcx.v7trx.Mic;, d'indole manst1eta, che si
II) e ribattono: xa.L 1)µe:tc; oµoiomx.- riscontra in Philo, spec. leg. 4,93 e va
probabilmente congetturato in leg. Gai.
l}Ei:ç Èo"~'ll vµt\I &vl>pW'ltOL, «anche noi 335 (invece di 1tp~omiih'}c;; dr. ft1g.
siamo uomini proprio uguali a voi» 3 . 6). Abbiamo 1tpcx.i.i1tcX1>Ettx. in Abr. 213
In Iac. 5,17, dicendo che Elia «era un (variante: 7tprt.O't'l"}ç), dove indicala mi-
tezza d'Abramo 1•
uomo in tutto identico a noi» (a\li}pw·
1toc; D" 0µ0107ta11TJc; 1)µi:\I) si vuole evi- 2. Nel N.T. abbiamo il nostro voca-
tare l'impressione che Elia abbia posse- bolo solo in I Tim. 6,11 alla fìne di un
duto qualità e forze sovrumane 4 • Per· breve elenco di virtù 2 • 7Cpai.i7t&.i>Eta
ciò l'efficacia della sua preghiera ( 5, non significa qui tanto mitezza nel sen-
17 s.) conferma ciò ch'è stato afferma- so di 'arrendevolezza' quanto piuttosto,
to in precedenza (5,16) a proposito dopo la caratteristica precedente ( Ù'TCO·
µov1J = pazienza), calma, serenità, che 3. Padri apostolici. In lgn., Tr. 8,1
permette di accettare le ingiustizie sen- la comunità deve armarsi di miteua 4 • Il
termine manca negli apologisti.
za scomporsi 3 •
W. MICHAELIS
Nel N.T. manca .il significato intran- 39; Ier. 2,30 e passim. 1tC<.'t'MCTEW è
sitivo bussare forte, battere violente- usato anche nel racconto delle piaghe
mente (Hom., Il.7,2I6: «allo stesso Et- d'Egitto (Ex.7,20 .25; 8,12 s.; 9,15; I2,
tore il cuore batté violentemente in 12.23 .27.29); cfr. r Bwr. 4,8 ed altri
petto»). Il significato transitivo colpi- passi, soprattutto nel salterio, in cui ci
re, spingere (Aristoph., ran. 54; Plat., si riferisce alle piaghe. Raramente mx.-
Gorg. 527 c; Demosth., or. 21,33) è più -.<icrcre~v indica la distruzione compiuta
frequente e può indicare anche colpi da Dio; cfr. Gen. 8,21: ov 7tpocrlh]uw
mòrtali (Demosth., or. 23,77; Polyb. 7, oi'.iv E't't 1tcx:ta!;C<.L 7tfinC<.v ulipxa. ~Wc1av,
29 [3x],8). «non distruggerò dunque più ogni esse-
Il termine è usato molto frequente- re vivente». Vedi anche Nt1m. 33,4.
mente nei LXX (più di 400 volte) ove
rende in genere l'hif'il di nkh. Di con- L'uso del verbo nel N .T . non pre-
seguenza '1t<l't'MO'EW significa anche qui
spingere, colpire, battere e può persi- senta peculiarità di sorta. 1tC<.'ta<T<rEW
no essere usato per indicare colpi mor- ricorre 10 volte, di cui 3 .in citazioni
tali; Ex. 2 l ,I2: Èà.\I oè 'ltCX.'t'6:~11 "t'lc; 'tL- dell'A.T.: Act. 7,24 = Ex. 2,12; Mc.
\l<l xat à7toD'avn, «se colpisce un uomo
e quello muore»; Ex. 2,I2: Mwuoijc; ... 14,27 e Mt. 26,31 =
Zach. 13,7 1 • Nel
1tC<.'ttt!;a.ç 't'Ò\I Aiyl'.nt"t'LO\I, «Mosè ... col- racconto dell'arresto di Gesù Mt. 26,
pito mortalmente l'Egiziano». Nella 5r e Le. 22,49.50 descrivono l'azione
maggior parte dei passi soggetto di '1t<l- offensiva del discepolo innominato col
•a<rcmv è però Dio ed il verbo indica
allora i 'colpi' che Dio sferra a scopo verbo 7ta.•aO'O'Etv ( xa.L 1trt.'t'al;a.ç 'tÒV
pedagogico, penale o punitivo; Lev. 26, oouÀ.ov, «e colpito il servo»), men-
24: xa.t 'lt<l't'li!;w vµiic; xàyw hmX.xic; tre Mc. 14,17 (come Io. 18,10) ha
àv-.t 't'W\I aµap't'LW'\I uµ.ù;iv, ·«e vi colpi-
rò anch'io sette volte a rimerito dei il sinonimo '1t<tiw. In Act. 12 si par-
vostri peccati»; cfr. inoltre Deut. 32, la due volte di un 'JtC<.'t'cXO'O'ELV del-
3 ScttLAT'l'SR, Past. 166; cfr. anche WottLBN- siede gi~, «in quanto perfetta», la 1tpaiimiDE14
BERG, Past. 210. Di diverso parere è ~ V&T- (cfr. però l'&.vaì..a~6VTEç seguito dall'impern-
LE l72 j cfr. 178. tivo in 8,1 ).
1tCX:t4XO'O'W
• A torto ~ ScttLIER 157 confronta questo
passo con 4,2: mentre Ignazio deve ancora l Mc. e MJ. leggono 11a.:ttii;w invece dçlln
esercitarsi nella 1tpa6't''l")ç, la comunità pos- lezione na:t«l;q'tE f)ttestata dai mss. dei LXX.
ro93 (V,940} 1tGt't'tt<ra-w (H. Seesemann)
l'angelo del Signore: Pietro viene uguale a quella di Mosè. Bisogna inve-
svegliato in carcere da un colpo del- ce rinunciare ad interpretare singolar-
l'angelo (v. 7); più oltre (v. 23) si trat- mente il 'lta-tciCT<rEw, ma è comunque
ta della morte di Erode che non vuole chiaro che si pensa a colpi inferti per
rendere a Dio l'onore dovuto e «in condanna o punizione che possono for-
quell'istante un angelo del Signore lo se risultare anche mortali. In Apoc. I9,
colpi», napocxp-ijµoc of. É1ta't"OCSEV <J.Ù't"ÒV I 5 il Logos che giudica il mondo è cosi
ayyEÀ.oc; xuplou. Entrambe le volte si descritto: xcx.i f.x 'tOU o"toµa.'t'oc; a1hou
descrive l'intervento di Dio nella vita Ex'ltopEUE't"CJ.L poµcpa.la OSE~a., ì:va; f.v a.ù-
di un uomo mediante un angelo. In 'tTI 7ta-.cisn -.à EWl}, «e dalla sua boc-
questo modo il N.T. riflette la certezza ca esce una spada affilata per colpire
dell'A.T. che Dio guida il destino degli con essa i pagani». L'interpretazione
uomini ed interviene nella loro vita per del 7ta.-ttil;n ci è fornita dal versetto
aiutare o per punire quando e dove dell'A.T. che l'autore aveva in mente
vuole. Il verbo è usato infine ancora (Is. II,4): qui è detto del Messia: xa.t
due volte nell'Apocalisse. Apoc. n,6: i 'lta.'t"ciSEL yfjv 'téf> À.6y4) -cou O''t'oµa'toc;
due testimoni H;ouCTlav exoucnv ... xo:t cx.Ù't'ou, xcx.L. Ò.VEÀ.EL à<rEB'ii, «e colpirà
1ta.'t6.~m 'tTJV yi}v f.v 1tacrn 1tÀ.'r}yfi, la terra con la parola della sua bocca e...
«hanno il potere ... di colpire la terra distruggerà l'empio>>. Cosi anche in
con ogni piaga» 2. L'evidente remini- Apoc. r9,r5 non si tratta solo di giu-
scenza delle prime piaghe d'Egitto (~ dicare e punire i popoli della terra, ma
Ex. 7,19 .20) offre la chiave per inter- di annientarli del tutto: il giudice del
pretare il concetto di 'ltct'tMO'Etv 3 : i mondo elimina definitivamente dalla
due testimoni ricevono da Dio per l'e- terra ogni opposizione a Dio 4•
sercizio del loro ministero un'autorità H. SEESEMANN
2 Vedi D. HAUGG, Die zwei Zeugen = Nt.liche è totale». Per 'JtlY.'t'&.l;n LoHMEYER, Apk. fa
Abh. (1936) 20.
XVII l presente Sap. 18,22 cd Hen. aetb. 62,2; que-
3 Vedi BouSSET, Apk., ad l. st'ultimo passo dipende indubbiamente da Is.
4 Vedi HADORN, Apk., ad I. «L'.annient11mepto Tr,4.
7ta."tfo.> A r-B 1 (H. Scesemann-G. Bertram)
t 1tlX't"ÉW, t X.IX't"IX/tlX"t"ÉW,
'JtEpt:rta't"ÉW, t ȵ'1tEPl.1tlX't"ÉW
A. 1tll.'t"Étù
E I SUOI COMPOSTI NEL CO- ve m:pt.1t<X't'Et\I significa vivere in gene-
MUNE USO LINGUISTICO GRECO rale, ma esso ricorre con notevole fre-
quenza soltanto nei LXX (~ col. l 1 oo
l. 1t<X:'tÉW significa intransitivamente ss.).
camminare, andare, transitivamente cal-
care, calpestare (così nel framm~nto di 4. ~µ1tepL1trt't'~W è attestato nel co-
vangelo in p_ Oxy. v 840,12 ss. : 't'lç br:- mune uso linguistico greco soltanto tar-
É't"pt\jlÉ'll <Tot m:x:t [dv.] 't'OU't"O 't'Ò cì:yveu- di (a cominciare da Plutarco, Luciano,
't"-ljptov;, «chi ti ha permesso di calpe- Achille Tazio) e significa incedere, pro-
stare questo settore della purità?»), cedere, camminare.
mettersi sotto i piedi, spesso metafori- H. SEESEMANN
camente: trattare con disprezzo, e anche
maltrattare, saccheggiare (Heliodor., B. 1t<X't"ÉW E I SUOI COMPOSTI NEI LXX
Aeth. 4,19: 1t'1.'t"Et\I 1t6À.w).
r. Nei LXX incontriamo oltre al ver-
è un rafforzativo di
2-. xa.'t'a.mt't'ÉW
bo semplice 7t<X't"ÉW i composti XCX't't:x.·,
1ta.-r:Éw che, a differenza di questo, in-
O'uµ.-, 1tEpt.- ed il decomposto ɵ7tept7ta.-
dica la totalità dell'azione: calpestare
·dw 1• Il gruppo di vocaboli non indi-
completamente = tritare, polverizza- ca un cambiamento di luogo effettuato
re (Hdt. 2,14: bmtv oè X'1.'t'CX.1ta:t1}CT1) intenzionalmente verso una meta ben
't'i)O"t veri. 't"Ò CT1tÉpµa. •••, «e quando ab- precisa, bens} un moto dei piedi sul suo-
bia fatto ben bene calpestare il se- lo che include un mutamento di luogo,
me dalle scrofe»). Come per il verbo ad es. un camminare in su e in giù o
semplice, anche per XCX.'t"Gt1t'1.'t"ÉW è fre- in giro; può però anche indicare un
quente l'uso traslato: trattare dall'alto battere il piede senza muoversi, ad es.
in basso, disprezzare (Plat., leg.4,714 a: quando si pesta l'uva nel tino. I 1t<X.-
xa.'t"a.mx:rijcra.ç 't'oùc; \16µouc;, «calpestan- 't'OV\l't"Eç -r:'i}v -yf}v sono gli abitanti del-
do le leggi»). la terra (Is. 42,5; cfr. 7tept.7ta.'t'ouvi:Eç
3. 7tEpt1ta.'t'ÉW significa andare in gi- U7tÒ 't'Ò\I if}..to\I, «che camminano sotto il
ro, passeggiare, indugiare, trattenersi sole»: Eccl. 4,15). Si cammina su di un
(Demosth., or. 54,7: 7tEpma:u'i:v É\I &.- territorio per prenderne possesso
yop~, «aggirarsi nell'agorà»). Il gre- (Deut. 11,24; cfr. Deut. 2,5 [èil).oi;]).
co classico non conosce il senso traslato La gran varietà dei verbi ebraici che
di camminare =
vivere Utf dato tipo di vengono tradotti coi termini del nostro
vita, condurre una certa vita. C'è un gruppo 2 indica una certa indipendenza
cenno a questo significato traslato in del traduttore nella scelta dei vocabo-
Philodem. Philos., de libertate 2313, do- li, tanto più che anche i verbi ebrai-
'lt<t.~lw x~)...
V. i lessici. Per l'etimologia (1t6.~oç·7tct'fÉW): [DBBRUNNER).
E. ScHWYZER, Griech. Grammatik 1= Hano- 1 ~'ltO'lt!X'fEL\/ è
usato soltanto una volta da
buch AW n (1939) 4.n , 1
i,1 a r; 458,3; Simmaco (1 Bau. 24,4) e significa u!cire.
726,2; BmsACQ n2.803; H . ]. FRISK, Zur 2 xa"ta'lta"tE[v rende 16 termini ebraici: dr.
griech. Wortkunde: Eranos J8 (1940) 43-46 HATCH-REDPATH, s.v.
m:nlw B r-2 (G. Bertram)
ci vengono a loro volta tradotti molto mas): Mich. 7,10; Is. 5,5; 7,25; 10,6;
diversamente in greco. Il nostro grup- cfr. 16,4 (ramas) .8 (halam); 25,10
po di verbi non appartiene all'area se- (d6S); 28,18; 14,25; 18,2.7; 22,5 (bws,
mantica di ~Évoi; (~ VIII, coll. 5 ss. IX, mebusa); 22,r8 (manca nel T.M.). Is.
coll. 796 ss.; n, coll. 904 ss.), al vocabo- 4r,25 ricorre ad un'altra immagine per
lario del popolo di Dio errante, ma 'JtE· indicare l'annientamento dei principi,
pL'ltct"tEt\I indica piuttosto la condotta quella del vasaio che pesta coi piedi
pia, la vita vissuta davanti a Dio. l'argilla. Lam.2,8 : Jahvé vuole distrug-
gere ( bl', xcx.·m.'lta:t1Jµ<x) le mura della
2. rçcnÉw, xcx:w;- e cruµmx:t'ÉW indi- figlia di Sion. Is. 28,28: ouoÈ q>w\l'Ì) 't'ijc;;
cano soprattutto negativamente i giu- m:icpla<; µov XCX."t<X.'Jtll.'t'i]O"Et uµ&ç, «né
dizi di Dio che si attuano nella storia. la voce della mia ( scil. di Dio) collera
Nel linguaggio dei viticultori il verbo vi schiaccerà». Anche i credenti posso-
diventa termine tecnico ( ~ ).:r)\16<; vr, no essere strumenti di Dio per l'annien-
col. 69 I) in senso sia proprio che tra- tamento degli empi: Mal. 3,2I (4,J);
slato: la pigiatura è una delle prime at- Is.26,6; cfr. \)! 43,6 (Aq., Sym.) e Zach.
tività dell'uomo pacifico che si dedica ro,5. ~ 90,I3 è stato interpretato mes-
ai lavori agricoli ed alla viticultura ( 2 sianicamente (-7 col. 1103): il Messia
Esdr. 3 ,I 5 : trasgressione del riposo sab- appare quale vincitore delle potenze
batico); inoltre appare anche come fi- infernali, raffigurate come leoni e dra-
gura del giudizio (loel 4,r3; Is. 63,2.3. ghi. In un altro senso è invece segno
6) alla quale si associa anche quella del- di salvezza che Dio faccia camminare i
la trebbiatura: il grano è calpestato da ciechi per vie che non conoscono (Is.
buoi. Is. 25,Io: 'Jta"tE~v (duJ) ~v &:µ&.- 42,16). L'oracolo di minaccia della. di-
l;a.~i; significa probabilmente «tritare struzione del tempio (ls. 63,18) è ripe-
con la slitta a cilindro» 3 ( cfr. Am. 2,13 tuto più volte nel.la storia dell'A.T.
[ T.M.] ). Nella narrazione storica s'in- Dan. 8,13 (LXX): 't'!X. a:na ÈP1Jµwih'J-
contra spesso l'idea di 'calpestare' (:icrt- <lE't'ctt EL<; xa.-ca'ltci't'1]µa. (Theod.: cruµ-
't'tx o cruµ:1ta-ce:i:v) senza alcun riferimen- 'lttx't'l}ì11]cre't'at), «il luogo santo sarà de-
to all'immagine della mietitura: il piede vastato e calpestato»; cfr. I Mach.3,45.
del guerriero, del vincitore calpesta, de- 51; 4,60. In 2 Mach. 8,2 si dice che il
vasta un paese (T.M. riimas); in sen- popolo di Dio è «il popolo calpestato da
so proprio calpestare, schiacciare: 4 tutti», -rò\I v7tò 'ltav•wv xa't'a7ta;"touµE-
BaO'. 7,r7.20; 9,J3; I4,9; 2 Par. 25,18 vov )...a;6v.
(la parabola del cardo ovvero del rovo 3 Mach. 2,18: al motivo della distru-
che voleva salire in alto, ma fu calpe- zione del santuario per opera dei pa-
stato dalle bestie selvatiche; cfr. anche gani s'intreccia quello della hybris de-
Ios. 19,48; variante XC'J.'t'$X1JO"OCv; T. gli empi: ot -itap&.voµot ••. Èv U7tEp1Jq>ct-
M.: jrs e jSb ). In senso figurato il ver- vlq,... ÀÉyov·m;: 'i}µEtç xa;"te7ta"t'tJa'rt.-
bo indica la distruzione totale, la deva- µe.v· "t'ÒV olxov -rou à.y~aoµov, «gli em-
stazione di un paese (T.M.: ssh, sss): J?i dicono arrogantemente: 'Noi abbia-
1 Bcxcr. I4,48; 17,53; 23,1. L'immagine mo calpestato il luogo santo'» (~
del calpestare e dello schiacciare sotto u~pt<;). Questa associazione di motivi
i piedi è ripresa anche dalla predicazio- non è infrequente: cfr. lob 28,8 (LXX).
ne di minaccia dei profeti (T.M. mir- Anche la generazione del diluvio per-
corse una via che non le si addiceva per mezzo del nostro gruppo di termi-
(lob 22,15). Zach. 12,3 {LXX): «E av- ni. Simile è la descrizione deila quarta
verrà in quel giorno che io renderò Ge- bestia, il caprone, in Dan. 7,7.I9.23
rusalemme una pietra che viene calpe- (Theod.); 8,xo (LXX, passivo: xa."t'E1t«-
stata, per tutti i popoli. Chi la calpe- 'nit}T}; Theod., attivo: cruvmli"'tT}O'E\I) 4•
sterà con scherno sarà a sua volta scher- Anche il salmista si vede davanti tali
nito ( b xaTct.mt:twv aùTi}v ɵTCa.l~wv nemici arroganti che lo calpestano: 4'
ɵ7ta.l!;E'tct.~)» {~ col. 2Io). Anche qui 7,6; 55,2.3; 56,4. In q, 138,rx ux6'toc;
i .LXX hanno sviluppato autonomamen- è probabilmente figura della potenza o-
te l'associazione di calpestare e scherni- stile dalla quale il credente teme d'èsse-
re. In alcuni casi i nostri termini rientra- re schiacciato (xa:ra.mx.T1)<rE~ j.J.e); i LXX
no nel linguaggio tecnico delle descrizio- hanno però inteso il testo diversamente
ni di eventi bellici indicando, da una par- dalla tradizione masoretica, che invece
te, la condizione dei vinti, che sono cal- è stata interpretata correttamente da
pestati e distrutti; dall'altra, il compor- Simmaco e da un altro traduttore ano-
tamento tipico dei vincitori che calpesta- nimo: crx6Toc; ÉmaxmME~ (xa.Ml}Je~)
no e schiacciano. Se i vincitori sono ne- µE, «le tenebre mi nasconderanno».
mici d'Israele e quindi, secondo la cre-
denza popolare israelita, anche nemici di 3. 1tEpmct.TÉW ed il decomposto ~µ-
Dio, 1tct.'t'E~\I ed i suoi composti divengo- 1tEpma.TÉw sono strettamente associati
no termini tecnici per indicare un com- nell'uso linguistico dei LXX. Fatta ec-
portamento empio, arrogante e sacrile- cezione per lob 9,8 (per quanto riguar-
go. Cosl Am.2,7 attacca, secondo la for- da la radice hlk, generalmente all'hit-
mulazione propria ai LXX, gli empi che pa'el), 1tEP~1t«'t'Éw significa vagare, gi-
schiacciano i poveri e i deboli (S'f, cal- rare, e indica, in un primo momento,
pestare); dr. anche Am. 4,1; J,12; Is. il girovagare senza meta e senza scopo,
.59,8 (Sym); !er. 12,10 (Aq., Sym.); 4 l'aggirarsi in un dato .luogo, per es. fuo-
Bacr. 19,26: mhnµa (ciò che viene ri (Ex.21~19), sulla terrazza (2 Ba.cr. II,
calpestato, rifiuto, scarto), insieme con 2 ), per il cortile (Esther 2 ,n ), nel giar-
l'erba effimera; diversamente Is. 37,27 dino (Sus. 7.I3.36), sulle mura (Dan.
(&ypwcr-.Lç, gramigna). In Ez. 36,4 la'ag 4,26); tra le fiamme (Dan. 3,25; dr.
{~ col. 208), scherno, è tradotto nei Sap. 19,21: ~µ1tEpmct."t'Ei:v). Si tratta di
LXX con xct.T<t.7t&:t1}µ« per la sud- una necessaria e naturale manifestazio-
detta associazione d'idee, ed anche in ne vitale dell'uomo (Ex. 21,19; l Ba.cr.
Ez. 34,18 sono contrapposti gli arro- 17,J9). Si gira per esplorare un territo-
ganti e i superbi che calpestano (na.- rio (Iud.18,9) oppure si. vagii, come Sa·
'tEtv) e coloro che sono calpestati (mi- tana, per la terra per conoscere gli uo-
"'t'l'}µa. ). In Ez. 26,u («con gli zocco- mini (lob l,6.7; 2,2)_ Aquila· si: serve
li dei suoi cavalli calpesterà tutte le di ȵ1te.ptmx·dw per 'Clescri...,ere la sfera
tue strade») e in 32,2 (il faraone è raf- in cui uno vive (Ez. 19~6; 28,:1:4). In
figurato come un mostro del Nilo) il modo particolare ·si parla di Dio che
comportamento degli empi è descritto passeggia nel paradiso {Gen. 3,8. lo) 5 ,
4 Il signilìcato passivo è del tutto possibile, s Cfr. Philo, leg. all.3,51: t1mlìi) yàp $1JD-ric;
perché gli angeli e la potenza di Dio stanno 'tbv -DEbv lv 'f<l} TCapalìEl<T<!l m:p~TCCX'fEtv. Fi-
dalla patte delle stelle; cfr. A. BENTZI!N, Dan. lone considera la comprensione letterale del·
= Handbuch zum A.T. I 19 2 (1952), od l. la storia del paradiso una µvboTCo~la. (leg. all
r,43).
IIOI (V,942) 7trt'tÉW B 3 (G. BertramJ (V,943) II02
della sua presenza nell'accampamento (Noè); ~ 1141 9 (cosl anche Sym.); cfr.
(Deut. 23,r5; dr. Lev. 26,r2 [-+coli. anche r Bcur. 2,35. Secondo Prov. 8,20
uo9s. n.27]; 2Bacr.7,6; IPar.17,6 la sapienza cammina in giustizia; in 6,
[ èf.).À.oç] ). Dio cammina per luoghi i- 22 l'uomo è esortato a seguire i coman-
naccessibili all'uomo (lob 9,8; 38,16; \jJ damenti dei genitori ovunque egli cam-
ro3,3); cfr. anche il cammino della sa- mini. È a un tale cammino pio che il re
pienza (Ecclus 24,5) e, come "immagine si richiama nella preghiera di 4 Bwr.
antitetica, la scia del coccodrillo descrit- 20,3. La medesima idea è contenuta in
to con tratti mitici (lob 41,24). Del Eccl. r r ,9 ( &µwµoç) e, con lievi modi-
tutto diversi sono gl'idoli, immobili nel- fiche, anche nei passi seguenti: Prov.
la loro impotenza (~ rr3,15; 134,17). 28,6 (Aq., Sym., Theod.: è." a1tÀ.6't'll-
Prov. 6,28 ha un valore proverbiale- 'tt; LXX: 7tOpEU6µ.Evoc; È.V 0:).111)Elq.); "'
parabolico (camminare su carboni acce- 85,u (Aq.: Èv <ih11}dQ.). L'antitesi è
si) e similmente vivace è 30,3 r (il gal- costituita dal camminare nelle tenebre,
lo tra le galline). Nell'accezione vivac- un'immagine che ha forse origine mi-
chiare, vegetare esso è usato in Aa;v. 4, tica, ma poi è intesa in senso etico e
33 b; cfr. anche Prov. 23,3r. In Iud. 21, psicologico: Is. 59,9 (LXX, Aq., Sym.,
24 eccezionalmente il verbo esprime un Theod.); o/ 90,6 (Aq. legge dahar, p1}-
vero movimento, un mutamento di luo- µoc; LXX deber, 7tpayµcx; Sym. À.ot-
go; in Is. 8,7 si tratta dello strapotere µ6c; 8). Cfr. anche \jJ 72,9 (Sym.) e lfJ 37,
nemico; cfr. lob 20,25. 7: <Txui}pw'ltòc; 'ltEpmcx'tei:v (Sym.); cfr.
Di frequente i nostri vocaboli non 41,10. Con tutto ciò è almeno accen-
vengono però usati in senso spaziale, nata l'opposizione luce-tenebre m s~n
proprio, ma indicano la vita etico-reli- so etico ed è cosl ripreso il linguaggio
giosa dell'uomo 6 • Quest'uso è confor- figurato dualistico che fu coniato nel
me alla concezione fondamentale della mondo del giudaismo fin dall'epoca
pietà veterotestamentaria: l'uomo, crea- persiana e più tardi divenne corrente
tura di Dio, cammina nel mondo sem- nelle sette giudaiche 9• In questo con-
pre alla presenza di Dio (Gen. 17,r). I testo risuona anche il motivo delle due
LXX hanno evitato il più possibile di vie 10• Mancando nei nostri vocaboli l'i-
tradurre letteralmente questa concezio- dea di una precisa direzione verso una
ne perché, evidentemente, la considera- meta, essi sono particolarmente adat-
vano troppo ingenua. Cosi in Gen. 17,1 ti a descrivere la sfera della vita in ge-
e spesso in Genesi e nel salterio i LXX nerale, l'ambito in cui si svolge tanto la
rendono hlk hitpa'el con ElHXpECT'tÉW 7. vita dell'uomo devoto quanto la vit;'l
In Aquila ricorre invece spesso (iµ-) dell'empio. Questo linguaggio figurato
1tEpt7ta'tÉW: Gen. 5,22 (Enoc); 6,9 si è quindi affermato nella Bibbia gre-
ca H, sia pure in misura minore nei EW'll) 'tlJ\I 'ltoÀw 'tlJV ù.ylav TCOC't1)o-ou·
LXX che nelle traduzioni più recenti. O'L\I µfjva.c; 'tECT<TEp<ixov'ta. xocL ouo, «i
Stando cosl le cose, rimane aperta una
questione: fino a che punto l'uso lingui- pagani calpesteranno la città santa per
stico che troviamo nel N.T., particolar- 42 mesi». In questi due ultimi passi
mente in Paolo, risale a quello sopra in- 1ttz'tEtv significa, come XOC'tct'ltOC'tEi:v nei
dicato?
succitati testi dell'A.T. secondo i LXX,
G.BBRTRAM
calpestare, devastare, saccheggiare; ma
C. TtOC'tÉW E I SUOI COMPOSTI NBL N.T. si può anche estendere il concetto e
tradurre «Gerusalemme sarà profanata
I. TtOC'tÉW ricorre nel N.T. solo 5 vol-
e saccheggiata», perché il sacco della
te ed il suo uso è sempre determinato città santa (e quindi anche del tempio)
dall'uso linguistico dei LXX. Le. 10,r9: equivale necessariamente ad una pro-
quando i settanta tornano dalla loro fanazione, ad una dissacrazione 13 . In
missione, Gesù si rivolge loro con que- Apoc. 14,20; 19,15 è usata l'immagi-
ste parole: tooù oÉowxiz ùµtv E!;ovalocv ne della pigiatura ( 1tC'J.'tEt\I ), ripresa dal-
'tou 'ltOC'tEt'll E'lt<ivw oq>EW\I xoct crxop-
l'A. T., per significare l'ira e il giudi-
TClwv, «ecco, vi ho dato il potere di zio di Dio 14 : TtOC'tEi:v significa qui pi-
camminare su serpenti e scorpioni». La
giare, pestare, schiacciare.
frase 'lttz'tEt\I ETt<ivw oq>EW\I richiama ljJ
90,r3 (~ col. ro98). Gesù esprime 2. xa,,.a,mt.'t~W è usato 4 volte nel
in questi termini la protezione che lui, senso proprio di calpestare: Mt. 5,13;
il Messia, ha concesso ai suoi disce- 7,6; Le. 8~5; 12,1. In senso traslato è
poli contro ogni potenza di Satana 12 : usato in Hebr. 101 29: nella pericope
essi sono passati sopra serpenti e scor- che tratta del 'peccato volontario' (v.
pioni senza danno (~ coll. 57 ss.). Le. 26: b:ovcrlc,Jc; yàp à.µap"tcx.v6v ..wv
21,24: xocl 'IEpouo-ocÀ:iiµ ~<T'ta.~ 'lttz'tou- 1}µ.Wv) l'autore della lettera parla con
µÉvn Ù'ltÒ lthiwv, «e Gerusalemme sarà orrore del caso di chi calpesta, cioè rin-
-calpestata dai pagani»; cfr. particolar- nega, disprezza, il Figlio di Dio (ò 'tÒV
mente Zach. 1213 ed anche Dan. 8,13 vtòv 'tOU aEoV Xct'tOCTt<t.'tTJ<TtX<;); costui
(.....,)- col. 1098 ). Lo stesso modo di deve aspettarsi la più severa e tremen-
dire appare anche in Apoc. l l ,2: ( 'ttZ da punizione 15•
3. 7tEpt7ta'tÉW è usato nel N.T. spes- co classico. In Gal. 5,16 Paolo esorta i
so e primariamente in senso proprio: suoi lettori: À.Éyw oÈ, 'lt\IEUµCX.'tL 7tEptitoc-
andare in giro, vagare, camminare. Nei 'tEL'tE xoct Èmwµ.lav a-ocpxòç où µ1) 'tE-
racconti delle guarigioni di storpi si usa À.ÉCT1J'tE, «ma io dico: camminate secon-
spesso 7tEpL7tU't€t\I in riferimento a co- do lo Spirito e non appagherete le bra-
storo: Mc. 2,9 par.; Io. 5,8-12; Act. 3, me della carne», li invita cioè a condur-
6-12 ecc. Mc.5,42: la figlia di Giairo «si re la vita come un cammino nello Spiri-
alzò e si mise a camminare in su e in to 18• Il catalogo dei vizi e delle virtù
giù» ( &.vÉCT'tl) ... xocL 1tEp~e1tti't'Et ). In Le. che segue si conclude ( 5 ,25) con l'esorta-
24,17 Gesù chiede ai discepoli in cam- zione 'lt\IEUµ«'tL xoct O"'tOLXWIJ.EV, dove
mino per Emmaus di che cosa avesse- <T'tOLXEL'll è semplicemente un sinonimo
ro parlato 'ltEptmx:t'ou\l't'E<; = cammi- di m:pmoc'te:iv che Paolo usa alcune vol-
nando con aria così seria. I Petr. 5 ,8: te. La medesima esortazione ritorna più
il diavolo «vaga per tutti i luoghi come volte negli scritti paolini: 'ltEpmcx.'tEL\I
un leone ruggente» (wç À.Éwv wpu6µe:- uµfi.ç &.çlwç 't'OV ltEOU, «Camminare in
\IO<; 1tEPL'ltU't€t). Quest'uso del termine modo degno di Dio» (I Thess. 2,u);
non presenta particolarità di rilievo. 'ltEPL1ta..-.i]a-a1 &.çlwç 'tOV xvplou, «cam-
1tEpma:n:rv ricorre poi soprattutto in minare in modo degno del Signore}>
Paolo che si serve di questo verbo per (Col. I,10); &.çlwç 1tEpmcx.'tfj<TaL· i;ijç
indicare la condotta, il tenore di vita, x\1j<rEwç, «camminare in modo degnò
particolarmente sotto l'aspetto etico. In della vocazione}> (Eph. 4,1 ); wç 'tÉXWt
quest'uso 1tEPL'ltU'tEt'll è quasi sempre q>W'tÒç ne:pma't'EL't'E, «camminate co-
precisato ulteriormente per mezzo di me fìgli di luce» (5,8); cfr. anche 2,
una preposizione (Xtt..'t<i, ÈV), di un av- to; 5,2.15; Col. 4,5; Rom. 14,15; 2
verbio ( à.~lwç) o del dativo 16• Anche se Cor.4,2; Phil.3,17s. 19 Secondo IThess.
esempi di quest'uso di 1tEPL1tOC't€t'll so- 4,r Paolo ha lasciato ai neofiti delle i-
no attestati meno nei LXX che nelle tra- struzioni precise sul modo cli compor-
duzioni più recenti dell'A.T., pure è im- tarsi per piacere a Dio ( nW<; Se:i .ùµ.dç
possibile far derivare da una qualche al- ne:pma.'t'EL\I xat àpÉcnmv its~ ). Anche
tra fonte quest'uso linguistico paolino 17 • se tali insegnamenti non possono certo
Mancano assolutamente paralleli nel gre- aver ·riguardato tutti gli aspetti della
16 Includendo nel calcolo anche Col. ed Eph., ia R. BuLTMANN, Theologie des N.T. (1953)
Paolo usa rCEP~1ta:rE~\I 32 volte; tale verbo non § 38 tratta la questione della libertà dal pec-
compare nelle Pastorali. cato secondo Paolo sotto il titolo 'La condot-
ta nello Spirito' (Der W andel im Geist).
11 ~ coll. 1rn1-rro3 e le indicazioni biblio- I~ Per Phil. 3,18 cfr. LoHMEYER, Phil. 152 n.
grafiche alla n. 6. 2 (ad/.).
uo7 (v,944) 'ltfJ.'tÉW e 3 (H. Seesemann) (v,945) II08
vita, pure devono aver contenuto de- la morte e della resurrezione di Gesù
terminate regole generali 20 che vanno (~II, coll. 74-77); segna la fine di una
viste nella pericope I Thess. 4,2-12; i vita di peccato (Col. 3,7, cfr. Eph. 2,2);
neofiti devono sapere anche in casi con- fa che il Xa.'tà. èivfrpW7tO\I 'ltEPL'ltlX.'tEL\I,
creti che cosa significhi EÙO"X1)µ6vwc; «il comportarsi al modo degli uomini»
'ltEprna'tEi:v, «condursi con decoro» (4, (I Cor. 3 .3 ), cessi e che il xa:tà. alipxa.
i2; cfr. Ròm. i3,13). Anche Col. 2,6 rtEpt?ta.'tEi:v, «il camminare secondo la
fa pensare all'esistenza di una tradizio- carne», sia ormai cosa passata (Rom. 8 A;
ne di norme che regolano la vita 'in 2 Cor. ro,2 s .), anche se Paolo deve am-
Cristo': wç OV\I 7tetpEÀ.ci.{k'tE 'tÒ\I Xp~ mettere sia per sé che per i battezza-
C1'tÒV 'l'l)C10U\I 'tÒ\I xvp~ov, ÉV a1h4,i 7tE· ti l'Èv O'apxt rtEpma.-.e:i:v, «il camminare
p~7tet'tEi:'tE, «come dunque riceveste Cri- nella carne», cioè il permanere uomini
sto Gesù il Signore, in lui cammina- (2 Cor. ro,3). Ma non è più la carne a
te» 21 • Era indispensabile attenersi a ta- esser padrona del battezzato; la forza
li regole; Paolo in 2 Thess. 3,6-II met- che lo determina è lo Spirito (Gal. 5,
te in guardia da tutti quelli che, pur es- 16; cfr. 2 Cor. 12,18). Mediante il bat-
sendo battezzati, «vivono neghittosa- tesimo abbiamo non solo la capacità,
mente» ( a'tci:X'tWt; 'ltEpt'Ttet:tOUV'tét;) ed ma anche la possibilità, ì'.va Év xcx.w6-
esorta a tenersi lontani da essi; costo- 't1)'t~ swfiç 7tEpL7tGt't1ja'Wµe:v, «di proce-
ro, per parte loro, devono poi tornare dere in novità di vita» (Rom. 6,4): è
di nuovo all'ordine e riprendere in pa- questa la meta a cui deve tendere il bat·
ce il loro lavoro. Analoga è la diret- tezzato. 2 Cor. 5 ,7 presenta una costru-
tiva di I Cor. 7,17: ognuno wc; xfaÀ't)- zione particolare: 8tà. '1tlC1'tEWc; yà.p 1te:-
XEV ò i}E6ç, oihwc; 7tEpt'7tGt'tEl't'w, «ri- ptmc't'OVµE\l, où 8tà. Etoovc;, «camminia-
manga nella condizione in cui era quan- mo in una condizione di fede e non di
do Dio l'ha chiamato»: la fede non im- visione». È l'unica volta che 7tEpL1'ta·
plica necessariamente un mutamento di -i-Ei:v è costruito con la preposizione 8~6.
condizione sociale, ma è la maniera di che esprime non il tipo e la maniera
vivere che deve cambiare radicalmente. del cammino (cioè della vita, in senso
È impossibile diventare cristiano con- più generale), ma la condizione conco-
servando un comportamento da pagani mitante: solo la fede, e non la visione,
(Eph. 4,17). Per Paolo l'inizio del nuo- è considerata caratteristica dell'esisten-
vo tenore di vita è strettamente legato za cristiana 22 •
al battesimo. Esso rende partecipi del- 7tEpnta't'e:i:v è inoltre usato più volte
20 H. PREISKER, Das Ethos des Urchr. 2 (1949) pfl.Àfl.µ~&.vew VI, coll. 45 ss. e la bibliografia
168-195, spec. 169 s. ivi indicata.
21 Si tratta di una 'halaka cristiana'. ~ 'ltct.· 22 Cfr. la particolareggiata trattazione di G.
1109(v,945) 7tct-rÉw C 3-4 (H. Seesemann) (V,946) IJIO
da Giovanni col significato di cammi- passi delle due lettere minori: 2 Io. 4;
nare. Benché non gli sia estraneo il si- 3 Io.3s.: 7tEpma.-.Et'l.I Èv àÀ.'l'Ji)dq., «com-
gnificato proprio di avanzare, procede- portarsi rettamente» 25, e 2 Io . 6: .. Xva
re (Io. u,9 s.; 2 1,18), il vocabolo per 1tEPt'lto.:-.wµE'V XCJ,'tlÌ. 'tlÌ.ç È'V't'OÀCÌ<; ct.Ù·
lui significa di più: ò à.xoÀovi>Gh.1 µot "tOU, «perché camminiamo secondo i
OÙ µ1} 1tEpt1tCl't1}<1TI É\J 't~ <1XO'tlq_, <Ì.À.- suoi precetti».
À'E~Et 'tÒ qiwc; 'tljc; swl\c;, «colui che mi Negli altri scritti del N.T. l'uso tra-
segue non camminerà nelle tenebre, ma slato del vocabolo è del tutto sporadi-
avrà la luce della vita» (Io. 8,12). A co: Mc. 7,5; Act. 15,1 (cod. Dh 21,21;
differenza di Paolo che lo usa prevalen- Hebr. 13,9; Apoc. 21,24· (cfr. Is. 60,3,
temente nelle parenesi, qui il termine dove però i LXX leggono 7tOPEU<10\l"tOC~).
è adoperato in modo più generale e
connota non solo Ja condotta pratica, 4. ɵ-m;pma.-tÉw si trova una sola vol-
ma l'atteggiamento globale del creden- ta (2 Cor. 6,16) ed è mutuato da Lev.
te e della stessa fede 23 ; cfr. Io. 12,35: 26,12: Èvotx1}uw Èv ct.Ù-toi:c; (evidente-
1tEpma-i-Ei:-rE wc; 'tò cpwc; EXE'tE, i'.vCl µT] mente inserito qui da Paolo stesso o
ctxm:la ùµ<ic; xa.-ta.Àa13n, «camminate preso da una traduzione a noi scono-
finché avete la luce, perché non vi sor, sciuta) xcx.t ȵ7tEpma.TlJO"W xo.:i Ea-oµa~
prenda il buio»; cfr. r Io. 1,6 s.; 2,II ix.ù-.wv ltE6c;, «camminerò e abiterò in
e, in 2,6, l'ammonimento informato al- mezzo a loro e sarò il loro Dio». L'idea
l'esempio del Cristo: ò À.Éywv È'V a.Ò-rQ che Dio abiti nell'uomo pio è per soli-
µÉ\.léW ocpdÀEt xaltwc; Èxéi:\.IOç 7tEptE7ta- to completamente estranea a Paolo. Se
'tl]O"E'V xat cx.1'.J't"òc; ov'twc; 7tEpma-tE~\.I, la pericope 2 Cor.-6,14-7,1 è da ascri-
«chi dice di stare in lui, deve anch'egli vere proprio a Paolo u, il v. l6b· dovrà
camminare come ha camminato lui» 24• essere spiegato come un'affermazione
All'uso paolino del vocabolo, influenza- della presenza salvifica di Dio nella sua
to dalle traduzioni greche ddl'A.T., comunità 27 •
corrispondono in Giovanni solo alcuni H. SEESEMANN
KITTnL ad l. ~ m, coli. u4 s.; cfr. anche te negli scritti di Filone: mut. nom. 266; som.
Bttm. xo,n e Cor. xo,3.
2 l,r48 s.; 2,248; praem. poen. 123 s. Neppure
21 Cfr. BULTMANN, ]oh. 261 n. r. in Filone, però, i passi devono essere inter-
21 Cfr. BuLTMANN, ]oh. a x,6 (18) . pretati in senso mistico. W. VèkKER, Fort-
25 schritt 1111d Vollendung bei Philo von Aiexan-
Cfr. 4 Ba.cr. 20,3; ~ I, coli. 651 s. e ~ col.
drien = TU 49,x (1938) passim; inoltre G.
II02.
BERTRAM, Phifo als politisch-theologischer
26 Cfr. inoltre WINDISCH, 2 Kor. r8 s. Propagandist des spiitantiken . Judentums:
27 La citazione di Lev. 26,12 è usata più voi- ThLZ 64 (1939) 193-199 [BERTRAM).
1111 (v,946) 71CX:"tTJP (G. Schrenk-G. Quel!)
1CCX:"t1}p X"tÀ,,
CREMER-K6GEL, LmnELL-SCo'l'T, PAPE, PAs- 135-.141; W. WUNDT, Volkerpsychologie 1 2 3
1
sow, PREUSCHI!N·BAUER s.v. A. BERTHOLET, (1912) cap. 3; m (1919) 326; W. OEm.,
art. 'Vatername Gottes': RGG V 1442 ss.; F. Das Lallwort in der Sprachschop/ung, Rekto-
HEILER, Das Gebet' (1921) indice s.v. 'Kind· ratsrede Freiburg (Schweiz) 1932 (1933).
schaftsverhiiltnis'; N. SoDERllLOM, Das Wer- Per A 11:
den des Gottesglaubens 2 (1926) .146-149.192; J. KoHLER, Aflg. Rechtsgeschichte in: P.
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die altheidnische Welt I (1935) 91-96.450; K. Orient und die Indogermanen in: Festschr.
K ERÉNYI, Archelypisches tmd Kullurlypisches fiir W. Streitberg (1924) 223-237; E. MBYBR,
in der gr. tmd romischen Religion: Paideuma Die Volksstiimme Kleinasiens, das erste Au/-
5 (1951) 98-102. treten der Indogermanen in der Gesch. und
Per A I: die Probleme ihrer Ausbreitung, SAB 1925 nr.
WALDE-POK, II 4; B. DELBRticK, Die indoger- r8 (1925) 244-260; W. WEBBR, Die Staaten•
manischen Verwandtschaflsnamen, ASG u, welt des Mittelmeers in der Friihzeit des Grie-
5 (1890) 446-452.573·_578; P. KRETSCHMER, chentums (1925); E. KoRNEMANN, Die Stellung
Bini. indie Gesch. der griech. Sprache (.1896) der Frau in der vorgriechischen Mittelmeer-
33,-346; O. }ESPERSEN, Die Sprache, ihre kulttlr: Orient und Antike 4 (1927).
Natur, Entwicklung und Entstehung (192') Per Am:
1rr3 (v,947) nrx:n'Jp (G. Schrenk-G. Quell) (v,948) III4
A. BoNHOFFER, Die Ethik des Stoikers Epik- 195-206; M.P. NILSSON, Voter Zeus: A11W
tet (r894) 90-92; K. PRXcHTER, Hierokles der 35 (1938) 156-171; Io., Gesch der gr. Reli-
Stoiker (r901) 45-54.r34 s. gion I = Handbuch AW V 2,r (.1941) 3r4.
Per A IV: 364ss.
R. LEONHARD, art. 'familia' in: PAULY-W. VI Per A v 3:
r980-1984; H. BLUMNER, Die romischen Pri- A. DIETERICH, Efoe Mithrasliturgie 3 (1923)
vataltertiimer (r911) 302; R. TAUBENSCHLAG, 134-156; RElTZENSTEJN, Hell. Myst . 27.n7;
Die patria potestas im Recht der Papyri: Zeit- L. DiiRR, Heilige Vaterschaft im antike11
schrift der Savigny-Stiftung filr Rechtsge· Oriem, in: Heilige -Oberlieferung =
Festschr.
schichte 37, Romanistische Abteilung (r916) fiir J. Herwegen (1938) I -20; K. KRRÉNYI,
177-230; L. WENGER, Har1Sgewalt und Staats- Tochter der Sonne, Betrachtungen uber gr.
gewalt im romischen Altertum in: Miscella- Gottheiten_(1944) 9-61.
nea fiir F. Ehrle n (1924) 1-55; H.F. Sow- Per A VI 1:
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m1.:d1p A Hl (G. Schrenk) (v,948) u1 S
A. IL CONCETTO DI 'PADRE' NEL MONDO cobbe; Mc. lr,10; Le. l,32; Act. 4,25:
INDOEUROPEO E NELL'ANTICHITÀ David come regale antenato di Israele
o del Messia. Ismaele (Iust., dial. u9,
GRECO-ROMANA
4), Simeone (Iudith 9,2), Aronne (4
Mach. 7,n ), Finees (r Mach. 2,54). rcoc-
I. Uso linguistico di Tta-c1ip 'tTJP può inoltre essere inteso in senso
spirituale come promotore di un gene-
.
mx:tT)p., sanscrito pitar, nominativo.
pitd, latino pater, avestico. Pt!ar, per-
re di lavoro, di un movimento di pen-
siero di un gruppo (Gen. 4,20 s.). In-
siano antico pitar, è, al pari di µ1)'t'l]p, dica dunque non solo una paternità di
di origine indoeuropea. È costituito, ol- sangue e il suo risalire nel tempo. Pa-
tre che dalla componente -'t1Jp, dal bal- dre infine connota cbi ha un'età avan-
bettio spontaneo del bambino che in zata: l 'anziano, il vegliardo. Lo si chia-
origine fu percepito come un pa e un ma cosl perché fa pensare al padre
ma e interpretato dagli adulti 1• A que- carnale (Horn., Il. 24,503 s.), di cui è
ste parole del linguaggio infantile ap- coetaneo (Pseudo-Fodlide 5,221). Per-
partiene anche mbt'1ta (Rom., Od. 6, ciò 1tlX't1)p si incontra facilmente anche
57), cfr. 1tet.1t1tci~e:w (Horn., Il. 5,408), come allocutivo reverenziale rivolto a
inoltre &-c'ta (Il. 9,607) e 'tÉ't'tet. (Il. 4, una persona attempata e degna di ve-
412). Anche qui grande è l'affinità che nerazione (Horn., Od.7,28; Il.24,362).
mostrano le formazioni analoghe in tut- Il plurale si trova in I Io. 2,13 s.; uni-
ta l'area genealogica indoeuropea e an- to ad aOEÀ.cpol come allocutivo in Act. 7 l
che molto al di là di tali confini. Per 2; 22,I. Qui interferisce l'uso giudaico
mhe:p e aBBa. ò mt:t1}p 4 n. 251. Ne!- di chiamare 'abbii' il maestro e~ coll.
l'uso generale greco ·1ta-t1}p connota prJ- r 199 s.). Il plurale TCCX..'tÉpe:c; figura re-
ma di tutto il padre di famiglia. Qual- lativamente di rado per genitori (Hebr.
che volta è indicato con 1ta.'t1)p anche n,23, cfr. Plat., leg. 6,772 e. 775a;
il nonno (Iub. 23,3; Philo, som. 1,166) Diod. S. 21,17; Dion. Hal., ant. Rom.
che di solito è detto 7ttt1t1tO<; (Flav. Ios., 2,26). Il più delle volte significa piede-
ant. 7,180; bell. 1,556), e anche l'avo cessori, avi, antenati (Horn., Od. 24,
(Hebr. 7,10). T.ali significati ecceziof?.a- 508; Il. 6,209; Aristùp~., nub. .968;
li sono possibili per il fatto che 1t~'tTJP Flav. Ios., ant. 19,248 de1 Romaru, Iu-
anche al singolare, con una estensione dith 5,7 dei Caldei). Cfr. i 'padti' in I-
per cosl dire a ritroso, sta molte volte sraele(~ coll. u78 s.; lì95 ss.).
per antenato, progenitore. Cosl in Sap.
10,1 Adamo: 1tptù't6nì..a.<T'tOC, 1ta.'t'i)p
x6uµou, «~I primo creato, padre del II. Il primitivo concetto indoeuropeo di
mondo»; I Clem. 6 ,3: <<nostro padre»; 'padre' e il suo infiusso nell'area me-
Iust., dia!. u9,4 Noè: 1toc't1}p... 1tCX..V- diterranea
'tÒ<; &.vl}pwnw\I yÉ\louc;, «padre di tu t.to Il primitivo concetto indoeuropeo di
il genere umano»; 4Mach. 2,19: Gra- padre, come lo presenta il significato
Bist du, der da kommen so/l? ( 1952) Br-85. - processo studiato presso popoli primitivi da
r25-133. S.V. Mc. CASLAND, Abba Father: alcuni esploratori, i seguenti autori hanno in-
JBL 72 (1953) 79-9r. teso i nomi di 'padre' e 'madre' come termini
Bibliografia per Dr 2 i ~ n. 299; per D ll ~ del linguaggio infantile: ~ DELBRUCK, ~
n. 305. KRETSCHMllR, ~ WUNDT, ~ JBSPRRSEN, -)
OEHL. Cfr. L. KOHLl!R, Hbr. Vokabeln n:
I Per pilar dr. WALDF.-POK. II 4. Seguendo il ZAW N.F. 14 (1937) r69·r72 ('nb e 'em).
nri-r1}p A Il-Ili r (G. Schrenk) (v,949) 1120
2 Nell'antico indiano dei Veda il duale cli pi- cit. (--)> n. 2) J (1939) 547 s. [DEBRUNNÌ!R].
tar o di matar da solo pu~ già connotare am- 4 Cfr. Rigveda 1,31,10 accanto a padre, 'colui
bedue i genitori insieme. Cfr. ]. WACKERNA· che provvede'; 4,17,17 'difensore'. È amorevo-
GEL, Altindische Grammatik u 1 (190') x,1; le, benevolo, porta fra le sue braccia, stringe
E. ScHWYZER, Gr. Grammatik n = Hand- al seno. Lo si chiama nel bisogno. --)> DEL-
buch AW II r ,2 ( 19:;o) 'o s. I concetti di pa- BRiicK 447.
dre e madre sono dunque strettissimamente
s Per il padre di famiglia secondo il Libro
associati. Cfr. Omero: µ'i)TJ}p 118~ 'lt«.Ti)p.
della legge del Narada dr. J. JoLLY, Rech und
Ambedue sono inoltre uniti a 'figlio' ·[DE-
Sitle (degli Indiani) in: Grundriss der Indoa-
BRUNNER].
rischen Philologie und Altertumskunde II 8
3 <~Padrone di casa»: antico indiano patir dat1 (1896) 78.
o dampati. Similmente in avestico. WACKl!R- 6 Per tutti questi aspetti --)> nota bibliografica
NAGBL-DEBRUNNER I 243 s.; SCHWYZER, op. per A 11.
1121 (v,949) rw.-i:T]p A III 1-2 (G. Schrenk) (v,950) 1122
stato. Anche Platone (leg. 3,690 a) ac- Aul. I220; Suppi. 530. Commoventi
centua il yovfo.c; Éxyévwv lipXELV {cfr. tratti di amore paterno si trovano in
ibid. n,917 a, yovEL°c; accanto ad &pxov- Epict., diss. r,II; 3,22,71; 3,7,3.
't'Ec;). Aristotele in pol. 1 ,7, p. 12 5 5 b Democrito, richiamando l'attenzione
19 parla della oixovoµtx1} µova.pxla sul lato più interiore dell'educazione
della casa e ibid. 1,12, p. 1259 b II de- paterna 9, apre la via ad alcuni princi-
signa il potere dei genitori come àpx1Ì pi fondamentali di Platone (leg. 5,729
Ba.O""tÀLx1j 7• Nella Stoa l'autorità pater- be, cfr. Prot. 324 d-325 a). Questi fa
na trova un'espressione classica in Epit- consistere l'opera educativa nell'azione
teto, diss. 2,10,7 (un parallelo a Le. 15, visibile dell'esempio. Plut., lib. educ.20
3 I): «Essere figlio significa considera- (II 14 a): i fìgli devono potei' guardare
re tutto il proprio come possesso del alla condotta del padre come in uno
padre, ubbidirgli in tutto, non biasi- specchio (~ col. I 17). Nel concetto
marlo mai di fronte ad alcuno, non filoniano di padre anche la componente
dargli dispiacere né con le parole né fisiologica è fortemente affermata, ma
con le opere, accontentarlo in tutto, ce- dall'allegoria di spec. leg. 2,29 risulta
dere e sostenerlo a tutto potere». An- che egli vede l'educazione ideale in que-
che Seneca parla così dell'imperium du- sto: il padre fa nascere buone decisioni
rum dei genitori (ben. 3,38,2, cfr. 5 15, e comportamenti onesti e li mantiene
2) che si comincia ad apprezzare giusta- vivi in seguito mediante soavi ammoni-
mente solo nell'età matura. Anche la menti di disciplina e di sapienza. Se-
concezione rigidamente patriarcale che condo sacr. A.C. 68 le sue qualità costi-
Filone ha della paternità subisce l'in- tutive devono essere imitate mediante
flusso di questi precedenti greci. Secon- buone opere.
do spec. leg. 2,226 ss., i figli sono ob-
bligati verso i genitori in quanto que- 2. La pietas verso il padre
sti sono più anziani, fanno loro del be-
ne, sono dei superiori e dei padroni. L'a- Non tutti i moralisti greci sono d'ac-
more non è comandato, perché si inten- cordo nel definire la posizione che oc-
de da sé (spec. leg.2,240) 8 • La moglie se- cupa la madre nella famiglia 10, ma l'eti·
condo l'antropologia filoniana sta a un li- ca greca è assolutamente unanime per
vello inferiore rispetto al marito. La ma- quel che riguarda il problema della pie-
dre è per lui il simbolo della a.tO""i)'rJO""Lç tas e soprattutto del rispetto verso il
(sensibilità), il padre del \love; (intellet- padre. Cfr. Cleobulo (Diels 6 l,63,2) col
to) {leg. all. 3 1 81, dr. 2,51; 3,22,5; det. suo "Jtcx:tÉpcx. &EL" aloE'Co-i}a.t, «bisogna ve-
pot. ins. 52; poster. C. 175 ecc.). Le nerare il padre». Per la pietà in Platone
virtù hanno carattere maschile. Accan- dr. leg. 4,717 bss.; ep. 7,331 c. Gli
to a questa accentuazione dell'autorità Stoici vedono in ciò un dovere che ogni
paterna non si deve però dimenticare, essere ragionevole deve ammettere. L'a-
nel mondo greco, il motivo dell'amore more verso i fìgli è xa't'à. <puaw, «se-
cordiale. Cfr. Eur., Herc. Fur.634; Iph. condo natura» (Epict., diss.r,n,17, cfr.
l,23,3). È superfluo comandare l'amo·· gli antenati, nel quale essi poi vengono
re verso i genitori (~ col. u21). Se divinizzati di fatto. Ciò che piuttosto
queste affermazioni si mantengono sul qui si intende è che l'intelletto divino
piano di una certa «ideale generalità» e si crea forme di espressione nelle so-
hanno «un carattere vago» 11, un vero cietà umane. Perciò l'universo si può
approfondimento si fa strada nella tesi paragonare a una casa e a uno stato 13•
che solo la formazione filosofica rende Anche Filone in questo campo ha subi-
possibile un autentico amore del padre to l'influsso dell'ambiente filoso.fico in
nell'uomo ÈÀ,Evih:poç (Epict., diss. ~,24, cui viveva. Cfr. decat. ro7 ss. 119 s.;
59ss. 85). I cpcx.uÀ.ot non possono aver- spec. leg. 2,225 ss. 14
lo (Diog. L. 7,120 = Crisippo, fr. 731 Come ci si deve comportare nel con-
[v. Arnim III 183,22 ss.]). La Stoa si flitto religioso coi genitori? La Stoa
distingue ancor maggiormente per aver premette il principio fondamentale che
dato alla pietas più profonde radici re- prima del padre e della madre c'è l'&.ya-
ligiose. La. gerarchia 'prima gli dèi, poi 1}6v (Epict., diss. 3,3,6 ss.). Il che com-
i genitori' non va ancora al di là del porta - Musone 17 (ed. O. Hense
pensiero comune. Si veda Aristot., to- [ 1905] 86,18 ss.; 87,2) - nel caso che
pica r,II, p. 105 a 5 s. e, nella Stoa, venga intralciato il comando del xotvoç
Epict., diss. 2,22,16; 3,7,26. In Diog. èmcivi:wv 1ta-ri]p &.vD'pw'ltwV xr1.t ìl€WV,
L. 7,120 si dice che gli Stoici si fanno «padre comune di tutti gli uomini e
garanti per il culto ai genitori Èv 8w-.é- dèi», anche una eventuale presa di po-
pq, µolpq. µE'ta -frEouç, «al secondo po- sizione contro il padre terreno. Se que-
sto dopo gli dèi». Ma si va molto più sti fa ostacolo al q>tÀ.oa-ocpe~V, Zeus inve-
avanti quando la filosofia popolare stoi- ce lo esige. Solo colui che fa -.à 1tPocrii-
ca chiama i genitori OEU'tEpot i)Eol, ɵ- xovi;a., ..a. o-oµcpÉpov-.a, «ciò che con-
q>CX.VEi:ç È1tlyetot ilEol, «secondi dèi, dèi viene, ciò che è utile», ubbidisce dav-
visibili sulla terra» 12• Già Platone {leg. vero ai genitori. Cfr. Act. 5,29.
II,931 a.d) aveva designato i genitori
vecchi nella casa quali viventi :figure cli IV. Inf/.usso della patda potestas roma-
dèi. Anche Aristot. (eth. Nic. 9,2, p. na nel mondo ellenistico
n65 a 24) conia la formula ·nµ'Ì)v 8~
yovEucn xcx.-frcbtEp i)goi:ç, «onore ai ge- Ciò che nel primitivo ordinamento
nitori come agli dèh>. Fu però la Stoa familiare indoeuropeo era appena ab-
a sviluppare in sistema il pensiero che bozzato, nella civiltà antkll trovò uno
stato, governo e famiglia sono figura sviluppo particolare nelJ'ambito del di-
della divinità. A proposito del concet- ritto civile, e con un aspro .rincrudimen-
to che nei genitori si rèndono visibili to: fu l'istituzione latino-romana del
gli dèi, non si deve pensare al culto de- pater familias e della patria potestas 15•
Il ~ BONHOFFER, Ethik 90. ministratio11 by the ]ews 1111der the early Ro·
man Empire as described by Phi/o ]t1daet1s
12 Cfr. 4 PRXcttTER 45-54; H.v. ARNIM, Hie· (1929); ~ HEINEMANN 231 ss.
rokles' ethische Elementarlehre, Berliner Klas-
sikertextc 4 (1906) 56.57,13 ss. Js ~ Nota bibliografica per A IV. Per l'età
meno antica cfr. W. KROLL, Die K11lt11r der
1.1 Cfr. ~ WENDLAND 10 n. 1.2.
cicero11ianische11 Zeit I (1933) 35 s.; u 1u;
H Per il valore dato al concetto di natura in per i rapporti con il mondo indoeuropeo anti·
Filone cfr. E.R. GoODl!NOUGH, The Jurispru- co B.W. LEIST, AJtarisches ]t1s civile n (189,6)
.dence o/ thf ]ewish Co11rts in Egypt. legai ad- 159.
7t<LTfJP A IV-V 1 (G. Schrcnk) (v,951 ) 1126
16 Nonostnnte tutta la rigidezza di questi or- tone, leg. _3,6Bo e (mx'Tpovoµouµevo~, Pctcn-
dinamenti, anche nell'età romana non manca· ÀEUo~vot) come la più antica e 'giusta' for-
no le tracce di un tenero amore, cfr. -7 KROLL, ma di stato. A Roma l'influsso dell'autorità
op. cii. ( 4 n . 15) II II2. domestica del pater /amilias sulla concezione
del potere statale (-7 WENGER) si rivela nel ti-
17 Cfr. L. MITTEIS, Reichsrecht tmd Volks-
tolo d'onore dato all'imperatore: pater pa-
recht (1891). J. JuSTER, Les Jt1ifs dans l'em·
triae. Cfr. l'appellativo greco di 7ttx.'t..il]p -cf)c;
pire romain Il (-r9x4) 55; -7 TAUDENSCHLAG
7tOÀEwc;. In Seneca> de clemetllia r,14 il tito-
177-230; H. KRELLBR, Erhrechtliche Unter-
lo è sostanziato dall'idea della provvidente
suchungen auf Grund der graeco-iigyptischen
cura paterna. Nel giudaismo si veda: I Mach.
Pap.-Urk1111den ( x919).
2,65; Flav. Ios,, ant. 20,11. Cfr. lust., apol.
Id Grande è l'influsso di questa concezione 68,3. TH. MoMMSEN", Romisches Staatsrecht
1
della paternità sulla vita politica. Già le pti" II 2 (r887) 779 s. 785; m 2 (1888) u87; E.
me tracce di autorità governativa che si in- SKARD, Pater patriae in: Festskrift til Halvdan
contrano agli albori dell'antichissima civiltà Koht (1933) 42-70; A. ALFOLDI, Dìe Geburt
indoeuropea sono modellate sul potere dcl ca- dcr kaiserlichen Bildsymbolik 3. parens pa-
po-famiglia. Parimenti lo stato greco si svilup- triae: Museum Helveticum 9 (1952) 204-243.
pa dalla famiglia e dalla tribù. Il governo pa- •~ Per i Babilonesi -7 BAUDISSIN, Kyrios III
triarcale è stato trattato teoricamente da Pla· 310 s.
II27 (V,951) 7ttx"t'1}p A v 1-2 (G. Schrenk)
cabolo 'padre' ricorre come DyatH pita, sponde la Terra (Prthivi) quale madre,
«padre cielo» (cfr. il greco ZEÙc; 7ta.- e DyauI pita riceve l'attributo di janitii,
't1)p, .6.Ema'tupoc; 20, e il latino I uppi- genitore 24• Allo stesso modo i Greci
ter 21 ) già negli antichi documenti della parlano di ZEùç 1ta.'t'tJP )'E\IE't'1)p (o ')'E-
religione indiana 22• L'ipotesi che ci si VÉ't'l)ç) e i Romani di Diovis pater ge-
riscontri la fede degli indoeuropei nella nitor. Ma questa idea del divino gene-
persona del più alto dio del cielo (si di- ratore trova applicazioni e diffusione
ce però «padre cielo» e non «padre nel ancor più svariate 25• La incontriamo
cielo»!), è stata per lo più rifiutata dal- non solo presso i popoli mediterranei,
l'indagine scientifica, nonostante i nu- ma anche, ad esempio, nell'antico Egit-
merosi paralleli offerti dall'etnologia 2.1. to. Qui il culto dei sovrani porta all'i-
Se una concezione di tal genere resta dea che il re sia .figlio di Dio nel senso
inverosimile, è invece sicuro che già di una derivazione fisica (~ ut6ç).
nell'antica India la vegetazione (piog-
gia=seme) e la vita che essa rende pos- 2. Zeus, padre e signore
sibile è stata concepita come il prodot-
to di un atto procreativo compiuto da In Omero Zeus come 1tct.'t-l)p &.vopwv
cielo e terra. A DyauI, il padre, corri- .-e: i}e:wv 't'E 26, «padre degli uomini e
indiano Dyous) si incontra in latino come no- CHANT. DE LA SAUSSAYE II 13 non ammette la -
me della divinit~ solo unito a pater (Diespi- raffigurazione semipersonale del concetto pres-
ter). Quanto all'appellativo pater per gli dèi so gli Indiani e dà a DyauJ pitiJ il senso di Ur-
romani, bisogna notare che sono proprio le Deva (uomo primordiale) oppure di cielo rag-
antiche divinità indigene quelle che conserva- giante. Contro quest'ultima interpretazione ~
no tale denominazione. Per pater detto degli N1LSSON, Vater Zeus 1:;6-171.
dèi romani cfr. J.B. CARTl!R, Epitheta deort11n 24 Per DyatH pitiJ ;anitiJ dr. Rigveda l,164,
quae apud poetas latinos leguntur = Suppi. 33; 4,1,10; :;A3,2; 6,51,5. Anche nell'Avesta
n a RoscHER (1902); bibliografia sull'argo- ha un lontano riflesso la concezione di un vin-
mento in H. HERTER, De Priapo = RVV 23 colo coniugale fra il padre Cielo e la madre
(1932) 201 s.; A. ZINZOW, Der Vaterbegriff Terra. Nella mitologia greca Zeus è il correla-
bei den romischetz Gottheiten, Gymnasialpro- tivo della madre Gaia, cfr. Paus. 10,12,3.
gramrn Pyritz (1887) 3 ss.; C. KocH, Der ro- 21 In Rigveda 10,82,3 del creatore del mondo
mische ]uppiler = Frankfurter Studien zut Vishva-Karman è detto: «Egli è nostro padre,
Religion und Kultur der Antike 14 (1937) 31. genitore, creatore»._Anche le maggiori divini·
42.45. tà dell'induismo, Vishu e Shiva, sono a volte
22 Ad esempio Rigveda 1,71,5: «Al gran pa- chiamate col nome di padre e designate anche
dre Dyau~». Dya11S pita anche in testi brama- come genitori, procreatori. Secondo Hdt. 4,59
nici. In testi liturgici spesso come eco del per gli Sciti la divinità somma è mx.'ltixfoç;
Rigveda, il che quindi è una prova meno va- per i popoli della Bitinia e della Frigia, stan-
lida del sopravvivere del DyauJ pitd. Indipen- do a Dio. S. 3,58A, è 11&.TCixç.
dente pare invece il mantra di Jaimintya 21 CALHOUM 15 n. 30 ha calcolato che Omero
Briihmana l,129: «Mi appoggio al padre cie- parla in più di cento passi di Zeus qual padre,
1129 (v,952) mx:t.-fip A v 2 (G. Schrenk)
degli dèi» (Od. 1,28; Il. r,544) è innal- L'uso di invocare Zeus nella preghiera
zato a dio universale. Il padre è in po- è largamente diffuso in tutte le epoche
sizione dominante su tutti gli esseri, delfa grecità 31 • In accordo col patriarca-
umani e divini. Prende forma qui uno lismo indoeuropeo, nella figura dello
dei dogmi centrali del mondo greco 27 • Zeus omerico si fondono paternità e
L'epiteto non va considerato come ori- sovranità (Od. r,45; Il. 8,3r: Ci7t~'tE
ginario. L'idea di procreatore e capo- XpE~O\l't"WV, «signore supremo»), Se è
stipite in questa forma unitaria non cor- vero che neppure una sol volta nell'Ilia-
risponde a ciò che sappiamo del mondo de e nell'Odissea è chiamato ~cunÀEuç,
mitologico in generale u. Anche nel Rig- egli è però livaJ; 32 • Ha potere su mor-
veda Dyaus pit!J non è padre degli uo- tali e immortali (Od. 20,r12; Il. r2,
mini e degli dèi, ma sono altre divini- 242). Correlativamente, Zeus appare
tà ad assumere questa funzione 29 • La come a
prototipo divino del padre di
formula è secondaria e si deve spiegare famiglia. Egli è, per cosl dire, l'apoteosi
unicamente nel senso che furono trasfe- del capo di casa. Anche questo aspetto
rite a Zeus molte tradizioni più anti- corrisponde al concetto indoeuropeo di
che 33 • In Omero 1ta:t'Ì'Jp ZEvç o ZEu<; padre e fu espresso nelle età successive
TIIX:nip appare già come formula fissa. col nome di ZEvç 1t~'tpQoç 33 . In Plat.,
per lo più nell'Iliade. Anche qui non manca- n. 54); Flav. Ios., ani. 12,22; Sib. 3,278 va-
no i paralleli antico-orientali: dr. Enlil, pa- riante e cod. A.
dre degli dèi nella mitologia sumerica antica, 31 Invocazione di Zeus nella preghiera: ZEii
..-+ BAUDISSIN, Kyrios m 323. TCO."tEp: Horn., Od. 4,341; 20,201 s.; Il. 1,503;
27 Lo dimostra il fatto che più tardi Iust., 3,365 s. ecc.; Archiloch., fr. 94 (DmH.c.' I 3,
apol. 22,1 e Athenag., suppl. 21,2; 29,1 si oc- 41); Hes., fr. 161,1; Pind., Pyth. 4,194; Nem.
cupano di questa parola-chiave da un punto 8,35; 9,31; lsthm. 6,39; Soph., .Oed. Col.
di vista cristiano e su un piano polemice>-apolo- 1268; Tracb. 275; Eur., Hel. 144I; A.ristoph.,
getico; essa richiede infatti analisi e distin- Ach. 224.
zioni, dato che la nuova fede mette il nome 32 Negli inni omerici invece Zeus è chiamato
'padre' proprio al suo centro. ~et.O'LÀEuc;: Cer. 358; Thebais, fr. 3; Cypria,
28 Gli dèi di cui Zeus è padre sono importati Jr. 6. Egli appare in modo tutto particolare re
e per lo più di antichissima origine minoica. degli dèi e degli uomini anche in Hes., op.
Gli antichi dèi greci sono fratelli di Zeus (Po- 668; theog. 886.923. È invocato come signore
sidone, Ades). Secondo la mitologia greca, in Theogn. 373, cfr. 803 s. e in Soph., Oed.
Zeus alle origini non è neppure padre nel sen- Col. 1085; Oed. Tyr. 904. Padre e re sono
so di creatore degli uomini. Cfr. ~ NILSSON, marcatamente uniti in Hes., lheog. 71 : rca.-i:.-fip
Valer Zeus 156-171; ~ In., Gesch. der gr. e éµl3a.C1LÀ.EVEW; fr. 4: «padre e dominatore»
Religio11 1 314.364-400; ~ CALHOUN 1-17; Io., (CT1)(..UiV"tWp); Hipponax 34 (DIBHL J I 3,90).
Classes and Masses in Hom.: ClassPhilol 29 Cosl anche Aristotele poté dire poi (poi. 1,12,
(1934) 197 s. p. 1259 b 2): «Omero, chiamando Zeus padre
29 Anche negli antichi testi sumerici si incon- degli uomini e degli dèi, lo designa re di tut-
tra «padre degli dèi». In Rigveda 2,26,3 Brah· ti costoro». L'accoppiamento di padre e re
manaspati è detto «padre di tutti gli dèi»; in figura anche neli'inno stoico di Cleante f r. .537
5>4 12 Agni, dio del fuoco, è chiamato «padre (v. ARNIM l 122,10.30 s.). Plut., ser. nt1m.
degli uomini». p1m. 4 (n 550 a) interpreta il .6.w!ìwvct~ ~
JO In una più tarda interpretazione della for- yaa'i}EvEc;, apL<r-t6"tEXVet. 'Tl'a'tEP di Pindaro, Jr.
mula l'idea di generante risulta ancor più mar- 57, in questi termini: lXpxov"ta. xa.t xupLov
cata; Crizia, fr. 16,7 (DmLS ' II 383,6): Eracle IÌ.TCÒ:\l"tW\I i}E6\I.
generato da Zeus. Per Epitteto ~ coli. rr38 Jl Altri epiteti di Zeus, come tpxE~oc; «dio
ss.; Plut., apophth. Alexandri 15 (u r8o d ~ protettore della casa» (Hom., Od. 22,335; cfr.
i 131 (v,953) 1Tct't1jp A v 2-3 (G. Schrenk) (v,953) 1132
Il. u,772-775); !;d'll~Oç, «tutore del diritto o- Rigveda il dio del sole Surya non è mai chia-
spitale» (Il. 13,624 s.; Od. 9,270 s.); h.ETi)- mato padre, ma «figlio del cielo». Già molto
<TLoç, «difensore di quelli che gli chiedono pro- prima che si instaurasse il culto del sol invic-
tezione» (Od. 13,213 s.), si riferiscono tutti al· t11s, si incontra tra i Greci, semplicemente in
la famiglia e sottolineano l'epiteto di 'lt<t- base alla vita della natura, la ovvia designa·
"tp{i>oç. ,zione del sole come 1tct't1)p che genera la vita,
31 Per la forma della frase in Epict., diss. 3, e della terra come madre. Anassagora in Ari·
15 cfr. Rom., Od. 14,57. Più ampia serie di stot., de plantis 1,2, p. 817 a 23 chiama il sole
epiteti in Dio Chrys. 1,39. 1tct-i:1)p; in Aesch., Choeph. 984 s. Helios è per
33 Cfr. H. GRAILLOT, Le c11lte de Cybèle cosl dire archetipo e modello della paternità
(1912) indice s.v. Il<brn~. terrena; Soph., fr. 1017,3 (T.G.F. 355): Helios
36 F. CUMONT, Texles et mon11menls figurés
1tct'tTJP 1t6:'11"tW'll. Cfr. Philo, som. 1,73. Influs-
relatifs a11x myslères de Mithra 1 (1896) 345; si del culto siriaco del sole determinano in
Posidonio il concetto del sole come demiurgo,
Il (1899) 16.40. ~ DIETERICH .53.68.135. Con-
fronta a questo proposito Porphyr., anlr. cfr. K. REINHARDT, Kosmos und Sympathie.
nymph. 5.6: 'l'tO.V't'W\/ 7tO~'IJ't'OU xat mt~pòç Neue Untersuchungen iiber Pos. (1926) 365·
M!f)pov. Liturgia di Mitra in °' DIBTERICH 6, 376. In Orph. Fr. (KERN) 236,4 Helios è chia-
righe 12 s.: «Il cammino degli dèi visibili ap- mato 1tct")'yEvhwp. Per il dio Sole come ca-
parirà mediante il disco del sole» mt~p6ç µov postipite di tribù nell'antico Lazio cfr. C.
l>Eoii. In PRBISBNDANZ, Za11b. IV n81 s. Re· KocH, Gestirnverehrung im alten Italien
lios è invocato: "Ì'\À~E 7t~"tEP x6aµov. Der rom. Juppiter (~
(1933) III·I13; ID.,
n. 21) 50.
37 Il culto di Mitra ha le sue radici nel mon-
do indoeuropeo. Tuttavia, ad esempio, nel JlJ Per la rinascita °' DH:TERICU ~. righe 8.
1133 (v,953) 7ta:nip A v 3-v1 1 (G. Schrenk)
dre generante, la quale procura al mi- glia di ordine spirituale. Anche qui in-
ste la divinizzazione. L'invocazione de- terferisce l'aspetto del capofamiglia: il
gli dèi come 7tet:dpE<;, che divenne usua- padre tramanda al figlio il patrimonio
le particolarmente nei culti, risponde delle cognizioni religiose. In senso più
prima di tutto qui al pio bisogno di e- lato tale carattere viene rafforzato in
sprimere l'intima appartenenza ad una quanto, a dare questo titolo al sacerdo-
ben determinata divinità. D'altra parte te, contribuì pure il posto che il patro-
la generazione operata dal padre ne ma- nus, il pater collegii occupava nel pro-
nifesta «la benevolenza, l'amore, l'ami- prio gruppo. Possiamo collegare con
cizia e In forza altamente beatifican- tutto ciò 42 l'idea che il padre-sacerdote
te», la quale «procura pensiero, parola fa le veci del padre-dio e riceve in no-
e conoscenza» (cfr. Preisendanz, Zaub. me suo i novizi. C'è però una corri-
III 583 ss.). La valorizzazione mistica spondenza anche con l'antico padre di
dell'idea di padre si fonde però con famiglia considerato come immagine
quella di lui come capo della casa. Lo si della divinità, il quale esercita il suo
vede chiaramente nell'attuazione del ufficio nell'ambito sacrale.
concetto di famiglia: il mx:t1)p rende i
misti non solo utol ma anche fra loro
àoEÀcpol. Li riunisce fu una cppet.-tplet. o VI. Le forme filosofiche e gnostiche del-
<ppa-.pa. Ciò vale sia per i culti di Isi- la paternità divina
de sia per quelli di Attis, Dioniso e
Mitra 39• Questo motivo della famiglia r. Padre nella cosmologia platonica
emerge anche dall'uso, documentato in
forme molteplici, di 1tcx.-.1)p per mini- In Platone l'idea del Bene, il termi-
stri del culto 40 o come titolo di onore ne ultimo, l'ente sommo, ciò che sta al·
per la paternità spirituale del maestro di sopra di tutto (resp. 6,509 b) è chia-
e dell'educatore degli adepti. Fu giusta- mato anche 'ltl'l.'tTJP (resp. 6,506 e, cfr.
mente richiamata l'attenzione anche sul- 7 ,517 b.c; Hi. I 297 b) 43 • Il Bene s'irra-
l'ereditarietà del sacerdozio in Oriente. dia nel mondo e, pur restando al di
Il figlio carnale riceve l'insegnamento là, diventa visibile e operante (resp.6-7,
dal padre 41 • Nei riti che hanno subito 504-517) 44 • Questa idea del padre as-
influssi orientali, la discendenza padre- sume poi nel mito della creazione del
fìglio sopravvive nel trapasso padre-fi- Timeo uno sviluppo cosmologico 45 . En-
11 ss.; 14, righe 31 ss. poc8Éoo-rcx.~ xcx.t 1tCt.i:c; 1tcx.pck 1tOC'tpòc; 8Lct&ÉXE'tcx.t.
3g ~ DIETBRICH 149· Jbid. I,7J,5.
n Per cimtéiç, mx.'t'poµua"TCt.~, 1ta:ti)p O'\.lv6- 42 ~ DIETERICH 13:5·1_50.
8.ov, mx:t1}p 't'W\I lEP~C.N, parens, pater sacro- 43 Cfr. Plot., emi. 5,1,8: 1ta.'t'Épcx. Cf>7JCTL -tàycx.-
r~11n, pater PlJlrum (n~l cul!o.di Mitra 'padre' ì>bv, xat 't'~ É'ltÉXEWCX. \IOU XCt.t É'ltÉlm\ICX. o&-
è il più elevato dei sette gradi di iniziazione crla<;. ·
ciel mist~) .cfr. ~ DIBTl!RICH ~46-149;. ~
REITZENSTEii<I 27 s.; E. ZIBBARTH, Dar gr. Ve- 41 Platone, ibid. lo spiega con la figura del so-
reinswesen (1896) 51.154; F. PoLANI>, Ge- le. Tuttavia egli non dà a i'.tì.toc:;, origine della
schichte gr. Vereinswesen's (r9ò9) 16i nn. 2. luce.e della vita, il nome di padre, ma quello
247.357.397; W. O:rTo, Priester und Tempel di ~xyovoç 't'OV à:ycx.l>oi.i, resp. 6,506 e.
im hell. Agypten I (1905) 130. 45 Per Platone, Titneo: ~ R.EITZRNSTEIN-
41 Diod S. 2,29,4 a proposito dei Caldei: la qn.- ScHAEDER 142 ss.; ~ V·. WILAMOWITL·MOEL·
Àocrocploc (astrologia, ministero sacerdotale) 'ltCX.·' LENDORFF..424.605.626.707 Il. 2.
I I 35 (V ,954) 1t<l:n')p A VI r (G. Schrenk)
tra per questa via nella mentalità anti- potenziato in ep. 6,323 d dove si distin-
ca una concezione singolarmente co- gue o 'tW\I 1ta\l't"W\I ilEòc; i)yEµW\I ( =
struttiva. Anche se in un primo tempo lì1')µLoupréc;) dal 1tet't'Ì]p :x.uptoc; 'tOV 'tE
è orientata solo alla spiegazione dell'u- 1}yEµ6vo<; xa.t al-.lou. Anche qui 1ta.'t1)p
niverso, essa apre la strada a una ela- corrisponderà a ciò che altrove Platone
borazione generale del concetto di pa- chiama l'idea del Bene. La dicotomia
dre sul piano religioso. Si prepara co- potrebbe essere un ultimo mitico ten-
sl l'efficacia della testimonianza stessa tativo del vecchio pensatore di distin-
che Gesù farà un giorno nei riguardi guere con un nome diverso la natura
del Padre, sebbene si tratti di realtà visibile in quanto opera di creazione, e
profondamente diverse. 7tCX.'t"fip, come ciò che è al di là di ogni esistere e di-
sinonimo di )'EW'l'}'tl)p, esprime il rap- venire: l'idea del Bene ( = la divini-
porto creativo che lega Dio al cosmo. tà). Ma è probabile che non si vada ol-
Nel Timeo {28 c) egli viene chiamato tre il linguaggio figurato e personifi-
'!tOLT)'ti]c; xa.t '!tCt'tTJp 't'OU 1tet.\l't6c;, «fat- cante.
tore e padre del tutto». Il concetto di La concezione di Dio come padre del
generatore è presente anche in 37 e: ò mondo è antichissima 47 • È un'applica-
')'EWi}iTac; 7ta..-1)p, «il padre che l'ha zione, senza dubbio metaforica, del con-
generato» (cfr. 34b). Egli ha (41'l) cetto di generazione 4ll. L'importanza
creato questo mondo in quanto ol)- dell'influsso esercitato dal mito del Ti-
µtoupròc; mn-fip 't"E è'.pywv. «Padre e meo è superiore a ogni valutazione. A
demiurgo» (del quale si era fatta paro- cominciare da Posidonio ai Peripatetici,
la già in resp.6,507 e; 10,596 d. 597 d), ai Neoplatonici, fino a Proda, se ne
sono identici. Il cosmo è xaÀ.6c; (Tim. fanno frequentissimi commenti. I temi
29 a), perché il suo artefice è &:ya.iloc; centrali, cioè l'idea di generatore con-
(29 e). Secondo un piano ben architet- cepita a livello cosmico, il parallelismo
tato, è costruito 7tpòc; 'tÒ àtotov, incom- di 'lt<X"TJP, 7tOL'r)-t1)c;, Ol)µtoupy6c; diven-
parabile, quale immagine degli dèi im- tano patrimonio generale della cultura.
mortali (29a. 34a. 37c). Costituito dal- Fanno uso di questo linguaggio tanto
la 7tp6vota. divina come uno s~o\I dota- Filone quanto il Corpus Hermeticum,
to di anima e di ragione (cosl già in Diane Crisostomo, gli scrittori cristia-
polit. 269 d), come un essere unico, vi- ni, principalmente gli apologisti e primo
sibile e assolutamente perfetto, è un fra tutti Clemente Alessandrino (~ n.
dio beato, percepibile ai sensi (il µovo- 49). Numenio sviluppa ancor più la
yEvTic;, «unigenito»: 30 bd. 33 a. 34 b. speculazione religiosa sul padre 49 • Egli
92 c) 46 • Questo mito viene ancor più chiama il primo dio avo del cosmo e
fanno la sua volontà. Per il rabbinismo cfr.: Testo in appendice 1 536-541. Altri testi di
Ex. r. 46 (101 e), STRACK-BILLERBBCK 1 467. contenuto misto, attinenti in parte anche a
«Padre e plasmatore» deriva qui da Is. 64,7. questo argomento: test. lob 8,ro; apoc. Mos.
Invece il padre universale compare in Flav. 35.36.
Ios., ani. 7 ,380, dove David chiAma Dio 1tct:tÉ- so Cfr. Orig., Cels. 4,48 (GCS 2a21,9) su Cri-
pix -.e xaL yÉvEf!W -.wv IS:>..wv cX1tÒ xix).wv xa.t sippo.
6T)µ~ovpyòv .àvbpw1tlvwv xat ~E.Cwv. Per Fi- SI Oltre ad Origene (~ n. 50) per Zenone di
lone ~ col!. n40 ss.; per il Corpus Hermeti- Cizio:· Diog. L. 7,136 (v. ARNIM I 28.26);
cum ~ coli. n44 ss. Cfr. Dio Chrys. 36,60. Gal., definitiones medicae 29 (ed. C.G. KtiHN
Il padre universale negli scritti cristiani: r xrx [ 1830] 350): l'anima è mossa da se stessa,
Clem. 35,3; Iust., apol. ro,6; dial. 7,3; Athe- xa.-.à '11tEpµa.-.Lxoùc; Myovc;. Altre testimo-
nag., suppl. 27,2; Clem, Al., strom. 4,13,92,1; nianze da Aetius, Frodo, Stob., ecl. in v. AR-
8,9,29,3-6. Per la gnosi: Iren., haer. 1,30,l; NIM, indice .f.V.
Lettera di Tolomeo a Flora in Epiph., haer. 52 Stob., ecl. 1,25,3 ss. (v. ARNIM I 121,37
33,2,7; 7,4; 7,7 (GCS 25,452.456 s.). Cfr. a ss.).
questo proposito A.V. HARNACK, Der Brief des 53 Sulla parentela divina nella Stoa dr. ~
Ptolemaeus a11 die Flora, SAB (1902) 524 s. BoNHOFFER 76-80.
TICX.i:i)p A v1 2-3 a (G. Schrenk)
1 8); mette anche nella pos1z10ne giu- un buon re e un vero padre ci fornisce
sta rispetto al frate1lo ( l ,12,3 ), cosl im- le forze di cui liberamente disporre per
parentato per avere egli pure Zeus co- la lotta contro le avversità (diss. l,6,
me progenitore (1tp6yovov ). Se in so- 40 ). In questo contesto l'idea di padre
stanza però solo il saggio realizza tale si inserisce nell'immagine del capofa-
rapporto, è breve il passo a una limi- miglia che governa con autorità di re 56.
tazione, per cui in senso proprio Dio Soprattutto Diane Crisostomo ha ap-
è chiamato padre solo dei buoni. Se- profondito la sintesi padre-te (or. r,39)
neca in de providentia 1,5; 2,5 s. mo- sul piano filosofico e politico nei suoi
stra come proprio per il bonus vir la discorsi sul sovrano (or. r-4), dove col-
divinità sia il padre che educa con rigo- loca il governo monarchico nel quadto
re. Dio Chrys. 31,58 chiama i)i;oqnÀ.Etç della potenza sovrana di Zeus, µÉycx.ç
solo i buoni. In 4,22 nega ai cpcx.vÀ.ot il Bet.cnÀEÙc; Ba.cnÀÉwv 57 (or. 2 ,7 5 ), che
diritto di dire: «Padre degli dèi e de- tutto coordina nella salc;la compagine
gli uomini». Poiché gli dèi, nostri con- deU'armonia universale.
giunti e progenitori, desiderano virtuo-
si i loro cari, non amano i peccatori 3. L'idea della paternità divina in Fi-
sfrontati (33,28; 39,2). Cosl l'afferma- Ione 58
zione della parentela divina sbocca
nell'esortazione alla virtù 54 • La tarda a) L'influsso greco. Senza dubbio Fi-
Stoa mette in gran rilievo la sovranità lone ha contribuito fortemente a fissa-
di Dio 55 • In Epitteto la coordinazione re la formula «Dio (il) padre» 59 (leg.
di padre e re è in funzione dell'~dea di alt. l,64; 2,67, cfr. rer. div. her. 62).
provvidenza. Una sintesi di 1tOWJ"e1]ç, Anche il semplice «il padre» - che non
mx:i:1Jp e XTJOEµwv (fattore, padre e è certo soltanto giovanneo - è già in
provvisore) figura in diss. 1,9,7, cfr. J, lui di uso corrente (op. mund. 46.89.
11,5 . Solo che, conforme all'atteggia- 156; spec. leg. 2,59; Abr. u8 ecc.).
mento generale stoico,. la 1tp6voLcx. non Egli all,la gli epiteti sol~nni; in contra-
concerne i bisogni naturali; essi infat- sto col yEW1J-eÒç 'ltet.-e1Jp.,; Dio è chiama-
ti non rappresentano un vero bene. A to 6 &.t&~oc; (Ios. 265, cfr. virt. 204), ò
segnare il limite sta la posizione stoica yv-ficnoc; (som. 2,273; aet. mund. 83),
di fronte al dato di natura. L'accento è Ò.À.1J1>1ic; na-e1)p, di fronte al quale il po-
messo piuttosto sul fatto che Dio come liteista è cieco (migr. Abr. 69)©.
La designazione di Dio quale padre è per lui l'idea etica della virtù che vie-
risale in Filone a parecchie fonti: in ne generata nell'anima. Anche quando
primo luogo influisce la formula prin- parla della generazione dei figli dei pa-
cipale che Omero usa per Zeus (~ triarchi egli ha di mira unicamente la
coll.1128s.), poi soprattutto il Timeo di dottrina dell'anima e della virtù (cher.
Platone 61 . I due motivi si incrociano in 4r.44.46.50.52; ebr. 20; det. pot. ins.
spec. leg. 2 1 165. Il passo avanti rispet- 124). Analogamente può designare in
to a Platone consiste nell'aver svilup- poster. C. 68 la norma dell'òpfròc; Àbyoç
pato, sulla linea stoica ma ancora più come padre, e l'anima come un figlio
intensamente, l'idea di generazione nei dell'òpì}òc; À.6yoç (cfr. con/. ling. 43;
riguardi del cosmo e dell'anima. Men- som. 2,135 63 ). sobr. 56 presenta una va·
tre Flavio Giuseppe, che in ant. 7,380 dazione dell'immagine, partendo da
presenta 1a summenzionata (~ n. 49) Gen. 18,17. Qui il sapiente, inteso in
formula di sapore filoniano, altrove af- un senso prettamente stoico, è adottato
ferma il yEwfi:v 62 divino una sola vol- da Dio come figlio, sicché innanzitut-
ta per la Legge, Filone a proposito del- to ha Dio veramente e primariamente
la creazione fa un largo uso di o "(EV- per padre M ( ~ vlofrEO"la.) 65 •
vfiO"aç o "(EWTJ't'lJC. 7taTi}p (spec. leg. 3, Accanto ai temi fondamentali del ge-
189; 2,30 s.; op. mund. 84) parlando nitore e dell'artefice figurano, a illustra-
delle stelle o degli uomini o dell'anima re la paternità divina, anche i concetti
o dell'opMc:; À.6yoc:;. In questa termino- di 1)yEµWV 1 btlUX01tOç, É1tl't'p07COc:;, e-
logia del genitore, Filone si spinge fino gualmente in relazione al cosmo (op.
al limite estremo. Chiama esplicitamen- mund. 135i decal. 90; ebr. 74). Tali e-
te col nome di figlio 't'Ò ·miv «il tutto» spressioni dipingono la 7tp6voLa., cioè
(spec. leg. 1,96; ebr. 30; vit. Mos. 2, l'operosità del Padre intesa a conserva-
134). Egli dimostra quale importanza re regolando e provvedendo; di questa
dia a questa immagine della generazio- sollecitudine sono oggetto i figli (spec.
ne introducendo talvolta il termine 'ma- leg. 1,318; cfr. migr. Abr. 193; op.
rito' accanto a 'padre' (det. pot. ins. mund. IO). Anche O"W't"'Y)p 't'OV xocrµov
147; perché sarebbe Dio a render pos- (spec. leg. 2,198) vuol so.ttolineare la
sibile seme e nascita di tutti). Egli è conservazione del mondo. La formula è
anche 'sposo' e 'padre' dell'anima (som. pure usata per connotare la paterna mi-
2,273; mut. nom. 205). Qui l'essenziale sericordia di Dio (praem. poen. 39). Se-
chiama Vishnu «il padre eterno di tutti gli es· (rer. div. ber. 236; fug. 84 ecc.); o 1ta\l'tt.>\I
seri». In Platone ~ col.n35 detto del cosmo; 'tOU 'lta\l't6c;, 'tOU YEY0\16-roc;, 'tWV ìSv-rwv o
Corp. Herm. ~ n. 69. 1ta't7)p yv-fiu~oc; (Corp. molco spesso 7tO:'tYJP 'tWV lSÀ.wv soltanco.
Herm. l4,4). «Gran padre»: Rigveda l,71,5 6~ Per yEwéiv in Flavio Giuseppe dr. SCHLAT-
~ n. 22. Per il «padre della grandezza» dei TER, ]os. l5.
Manichei cfr. HH. ScHAEDER in ~ R.E1TZEN-
63 In ebr. 81 accanto a padre = òpi}bc; Myoc;
S1'EIN·SCHAEDER 243.277. Sib. 3,296. «Padre
santo»: test. Iud. 24,2; O. Sal. 31,5. Cfr. Io. sta come madre la 'ltct.~oElo:, coppia di genitori
17,xx. subordinata a i>E6c; e uocpla.
6! Philo, aet. mrmd. 15 giustappone 1ta't1)p, 64 Si intrecciano qui due metafore: egli si
p;o~T]'t'TJ<;, lìT]µtoupy6c;. Egli dice ò 'tOU x617µou prende Dio come patrono (come i meteci che
Tta-i:Tjp (decal. 134; vit. Mos. 2,134); innume- nelle liste dovevano scrivere accanto al loro
revoli volte 1tO~TJ•lic; xa.t 1ta't1)p (rer. div. ber. nome quello di un cittadino ateniese); d<T-
98; proem. poe11.24 ecc.). Molto volentied usa 7tOi7)'t6ç però significa 'adottato'.
la formula ò P:OtT]'ti}c; xat 'lta..-i)p 'tWV ~).wv 65 Cft. ~ WENDLAND, Philos Schrift 50 s.
1tMTtP A VI 3 a-4 (G. Schrenk) (Y,9,57 ) n44
condo spec. leg. 2,247 Dio non è un l'È~oua'lcx come xvp~oc; e ow1t6-t11c;.
CTLblJptoç 'Ttll.'tTJP, «padre dal cuore di Questa suddivisione rientra nella linea
ferro» (par. a Mt. 7,9); non è l'autore della tradizione sinagogale che studiava
del male per i suoi figli (op. mund. 7 5 ), con grande interesse quale fosse il rap-
ma piuttosto,_ quale padre del bene, è porto fra gli attributi divini della mise-
qnÀ.6Swpoc;, «incline a donare» (fug. ricordia e della giustizia. L'accordo fra
62 ). Anche se si avverte qui una qual- i due è trovato da Filone nell'idea del
che utilizzazione religiosa del concetto Logos. In esso, quale organo del Dio
di capofamiglia, tale componente non trascendente, tutte le facoltà serbano
occupa il primo posto. Non lo consen- un punto di equilibrio unitario e capa-
tono l'intellettualismo, il dualismo e la ce di coordinarle. Per esso Dio è in-
scarsa attenzione riservata al dato sto- sieme il sovrano e il buono ( = padre,
rico. cher. 27). Lo CT7CEpµll.'t'txòç xat 't'EX\l~
xòç ... À.éyoç (rer. div. her. n9) appar-
b) La problematica di carattere giu- tiene al Padre 66 , è il figlio maggiore e
daico. Di rado Filone usa ~runÀEuç ac- primogenito che il Padre universale
canto a 'Ttll.'tlJP (Flacc. 3; op. mund. chiamò all'esistenza 67 e del quale si ser-
r44). Quando vuol esprimere il potere v1 nella creazione. Egli attualizza la xa-
sovrano preferisce xupLoç e OE0'1tO't'l']ç. pLCT'ttXTJ ouvaµ~c; del Padre (cfr. cher.
La 'regalità' è presente dove egli parla r 27; rer. div. ber. 205) e, non meno,
delle due qualificazioni fondamentali di il suo severo dominio. Sotto questo a-
Dio (vit. Mos. 2,99; cher. 27; plant. spetto Dio sta in mezzo tra la sovrani-
86; sobr. 55; rer. div. her. I66). I te- tà e la bontà: dç ÙJv ò µÉC'oç (sacr.
mi che si raggruppano intorno all'idea A.C. 59).
di padre riguardano la prima qualifica-
zione, la 1tOL1)'ttX1} bV\ICXµLç, l'&:ycx1}6- 4. Il padre nella mistica ermetica 63
't'1)<;, detta anche XCXPLO"'m'11, EVEf>YE'tl.-
x1}, a cui corrisponde il nome ih:6ç, e Benché senza vera unità e accozzan-
che connota il potere creativo median- do nozioni attinte senz'ordine dalla fi-
te il quale Dio chiama all'esistenza e losofia e dalla mitologia il Corpus Her-
ordina tutte le cose. L'altra qualifica- meticum svolge, in chiave ora panteisti-
zione è la f3a<nÀ1.xi) OV\ICXµL<;, la sua ca ora monoteistica, un tema fondamen-
potenza regale, chiamata anche xo- tale: la conoscenza del mondo. La vi-
À<XO''ttx1}, grazie alla quale egli esercita sione platonica 69 del Timeo vi tiene un
M Per questo egli può, se pure di rado, chia- 1.3; 62,4; 128A; 129A; Tat., or. Graec. 5,1;
mare 'padre' il Logos; cosi in con/. ling. 41 Clem. Al., quis div. salv. 37,2 (GCS 17,184,
(6.vl>pwrcoç ilEov = padre). Si veda a questo 3); O. Sai. 41,9 s.
proposito in campo cristiano 2 Clem. 1,4; 6RPer tutto l'argomento cfr. J. KROLL, Die
Diogn. 9,6; Clem. Al., paed. 3,12,101,1 (GCS Lehren des Herm. Trismeg. ( 1914); C.F.G.
12,290,30). HEINRICI, Die Hemiesmystik tmd das N.T.
(19x8).
67 Una seconda serie di considerazioni attri- 6J Per la componente platonica: Dio come pa-
buisce al Logos come padre Dio e come ma- dre del cosmo: 9,8; il padre universale: 1,21.
dre la O'oq>la: /ug. 108 s.; det. poi. ins. ,54; cfr. 27.31; 5,9.10 a; 13,21; Asci. 1,9; Stob. ex-
ebr. 30 (invece di o-oqila: t-it~O"'t1]µT) 'tOV 1tE· cerpt. 26,9 (ScoTT I )20,7 ss. "" Stob., ecl. r ,
1tO~T)x6-roç). Il Padre come generatore del Lo- 466,22 ss.); il concetto di procreazione~ col.
gos, trasferito su piano cristiano ha negli apo- 1145; il mondo eterno e immortale perché
logeti grandissima importanza: Iust., dia/. 61, eterno è il padre (8,2; ro,10; n,2.3.15); for-
n45 (v,957) ·mni}p A VI 4 (G. Schrenk)
gran posto e si associa a elementi stoi- Anche il mito cosmogonico (1,12 ss.;
ci. In questo mistico fluttuare di idee, 13,10 s.; 11,6-8) tratta dell'uomo pri-
il Padre universale, Dio supremo che mordiale che è generato dal padre uni-
abita nel mondo superiore del vouc;, è versale. Ermafrodito come il padre 72 ,
per così dire l'unico punto fermo. No- ne riceve luce e vita ( r ,2 r ). Il padre
nostante la sua elevatissima trascenden- universale gli permette di procreare ( l,
za egli ha un rapporto centrale col tut- 12). Se egli si apre un varco attraverso
to. Il nome di 'padre' sintetizza ciò che le sfere e si accoppia con la <pUO"Lç, si
in lui vi è di essenziale e inalienabile, e tratta certo di una caduta, che però è
questa mistica consiste appunto nel co- resa possibile da quel privilegio ricevu-
noscere (yvwpi~rn•) il ·Padre (Corp. to 73 • L'inno di lode sulla generazione
Herm. 14,4) 70, il che va di pari passo dei figli ( 2, l 7 a) 74 , che non si accorda
con la conoscenza di se stessi (I 3, certo con l'esigenza «di odiare il cor-
22 a) 71 . Dio in quanto padre è tX.U"t'Òç po» (4,6), è semplicemente il corollario
fo.v't'OV r.&noc;, «causa di se medesimo» di quella caratteristica primordiale che
(8,2; dr. Io. 5,26). La definizione di il nome di padre dato a Dio rappre-
padre poggia sul concetto di 'ltOt.Etv, in- senta 75 • Molto usate sono le triadi 76 :
teso anche qui nel significato di pro- i)Eo<;, 'ltOL'YJ'ttJç, 'lta't1)p ( 14,2-6, special-
creare (2,17 a; 10,2). In questo senso o
mente 4). Un'altra è l}eòc; xtX.l 'ltct't-ljp
l'Epyov proprio di Dio è '\Ò 'lta-tÉptX. xat '\Ò &.yaMv (10,r b. 2.9, cfr. 14,
EtVCLL, «l'essere padre» (5,9). Nel grup- 4) 77 • Dio è detto 'buono' in quanto pro-
po di scritti relativi al tema della gene- creatore di ogni vita. Colui che nulla
razione, il Corpus Hermeticum va an- riceve e tutto dà, è assolutamente il so-
cora più in là di Filone (12 [2],15 b; 8, lo che contenga in sé il Bene (10; 6;
5). In II [1],5; 2,17a, 7t0LE~V si iden- 2,12). Anche qui si ha di mira l'atti-
tifica assolutamente con -tlX'\E~V. L'ope- vità creatrice e generatrice. 'ltct"tTJP e
ra che il Padre compie, di seminare aycx;i}6v, strettamente congiunti come
dentro le sfere le 'ltOLa (proprietà pecu- in Platone e Filone, sono gli ~ttributi
liari) (8,3) è intesa nello stesso senso. che gli competono indiscutibilmente in
matosi a sua immagine come un secondo dio zione in .r,6 cfr. 1,.12; Stob., ecl. l,34,5. L'u·
' (8,1 b. 2.5); il cosmo figlio di Dio (9,8; quin- nità del vovç come Dio padre e come l.ogos è
di il mondo è buono). vita e luce (1,12.2.r). Ment re qui sono assi·
70 Cfr. Hen. hebr. 48 c,7 (0DEBERG p. 169). milati, in 2,13 sono espressamente distinti. In
71 Cfr. il logion di Gesù in P. Oxy. 4,654 ( = 1,9 anche il Demiurgo, che crea le sette divi-
KIT 8 [r9ro] 17 s.): fo.u'to\Jç y\lÙ>ctE<ri>cu nità dei pianeti, e in 13,8 il 1tpw-r6yovoc;
[xctl. El8i)uE'tE IS·n utol] ~O''tE \J~~c; -coi.i m~ DE6c; sono assimilati al vouç: tutto ciò che
-cp6c;. proviene dal padre del mondo, è determinato
n Cfr. O Sal. r4,2; 19,2 ss.: le poppe del Pa- dal vouç.
dre. 7~ Per la triade cfr. E. NoRDEN, Agnostos
7l Nell'Inno dei Naasserù che si legge in Hipp. Theos (19r3) 353.
elench. 5,10,2 Gesù è diventato quindi colui 17 Stob., excerpt. 23,37 (ScoTT I 476,23 =
che prega il Padre di poter risalire lassù. Co- Stob., ecl. l,396,19 s.): lìÉ<T?to-ca. xa.t 1tti-cep
me redentwe egli percorre lo stesso cammino xa.t 1tOL'IJ't&.. KoplJ x6crµou ama, oltre che il
dell'uomo primordiale. titolo di 'padre', gli epiteti di sovranità; . dr.
74 Il contrario (in senso pessimistico) in Bar. Stob., excerpt. 23,58 (SCOTT I 488,19 ss. =
syr. 56,6. Stob., ecl. 1,404,10 ss.): 1t&.'tEp, ~a.01.À.i::u, 5é-
7'i Problematico è il rapporto fra 1t~-c1Jp e 0'1tO't!l. Secondo Iren., haer. 1,5,1 «padte e re
\loi.iç. vovç è usato in molti sensi. Identifica- di tutte le cose» è formula gnostica.
11.p (V, 958) m1:tiJp A VI 4 (G. Schrenk)
senso assoluto quando si voglia descri- non solo tenuta in poco conto, come
vere la sua essenza (2,r4 ss.; r7 a). An- nella Stoa e in Filone, ma addirittura
che se il senso di tale denominazione rifiutata a causa della dominante gno·
non è accessibile all'cx.tcrih1cnc;, ma solo stico-intellettualistica. Tutto è invece
alla yvwcrLc; ( 10,9 ), anche se questi ter- rivolto al processo di liberazione, al-
mini - intesi panteisticamente - sono 1'avoooç verso il mondo trascendente
applicati a colui che ogni nome porta e del vouç, la quale costituisce un ritorno
insieme non ne ha alcuno (5,Io a; Asci. al Padre (r,24-26, cfr. 13,15). Della na-
3,2oa; ApuL, Asclepius 20 [ed. P. Tho- tura sensuale, degli impulsi cattivi ci si
mas rn, p. 55]), è proprio l'appellativo libera a poco a poco durante questa a-
1ta't'fip quello che sempre appare indi- scesa, e cosl si raggiunge la meta della
spensabile per designarlo 78 • divinizzazione. Ma tanto nella rinasci-
ta divinizzante che si attua mediante
È dal Padre che viene bandito un re- l'estasi, come proclama il cap. 13 (cfr.
gime di salvezza. Egli determina col in particolare r3 s.), quanto nella de-
suo ì}éÀ:qµa. e la sua SouÀ.'fi (r3,9; -'> terminazione della meta durante l'&vo-
IV, coll. 287 s.) il destino dell'uomo. È
ooç, è presente con un ruolo decisivo
la sua misericordia (EÀEoc;) che lo incal- la credenza nel Padre. Il rinato appar-
za (13 1 3.10). Il miste è D.E'llì}Elç. Il Pa- tiene al 1ta'tpLXÒ\I yÉ\loç ( 13 ,3 ). Grazie
dre è É7t01t't'l)ç ed É'ltlcntoitoc;, «custode alla yE\IEO'toupyla. (I 3 ,2 1) 81 , il Padre
e protettore» delle anime che hanno in- diventa, per cosl dire, genitore a doppio
contrato il divino favore ( cfr. I Petr. titolo 82• La comunità dei misti è una
2,25); è 1tO:'t'Ìjp 'tW\I ~uxw\I (18,12). Il comunità che prega il Padre. 'Padre' di-
processo mistico è processo di santifi- venta la suprema solenne parola di pre-
cazione nella comunione col Padre ( r, ghiera (r,27.30-32; 5,2; 13,18.21). L'i-
32) 79 • Qui viene in aiuto dell'uomo il niziato lo glorifica secondo la suprema
volle;, che porta alla conoscenza di se visione e la dottrina sulla natura del
stessi, all'aborrimento dei sensi ( 1,20- Tutto ( l ,27 ). Pervaso dalla maestà del
26, specialmente 22 ), al µLµE~crì}o.i del canto di Hermes, Tat si eleva all'altez-
Padre (10,21 80 -'> vn, coll. 261 s., n. za di questa invocazione ( r 3,21 ). Tut-
4). A tale conoscenia è ammesso l'Ev- tavia lo scopo ultimo rimane sempre
\IOVc; li\l&pw7toc;, l'iniziato ( 1,2 I). Già Ìn l'assorbimento nel Tutto (13,u), la tra-
virtù della sua prima origirte egli parte- sformazione dei misti in ovvaµei.ç è\I
cipa di questo vouc;, che è però anche i)E<i>, «potenze in Dio» ( 1 ,26).
un dono (I ,22.) e. un premio della vitto-
ria (4,3). Nel Corpus Hermeticum man- G. SCHRENK
ca l'idea della paterna provvidenza. Cer-
to il Padre è anche -rpocpiJ per il cosmo
(10,3); ma quella sollecitudine pei: l'in-
tera vita dei -réxva. di cui parla Gesù è
B. IL CONCETTO DI PADRE NELL'A .T_ te dello stesso termine per il solo 'em
in Prov. 29,15) o TCp61tct.1tTCoç per 'abot
l . 'lta:t"llP e alt1·e espressioni per 'iib nei 'abdtekà in Ex. ro,6. Anche ovvct.µtc;
per bet 'iibot di Num. 1,45 è una ca-
LXX ratteristica levigatura di stile. La for-
mula ot XCX.'t"OLxouv-cEç É.v :Etxtµotc; (Ios .
Nei UDC TCct't"DP figura quasi esclusi- 24,32), per tradurre 'aM sekem ci pre-
vamente per rendere 'àb . Fa eccezione senta una trasposizione dal linguaggio
soltanto Deut. 19,14 con oL TCet.'tÉpec; <rou figurato delle genealogie in funzione
per ri'sonzm (forse c'è sotto un errore, della mentalità greca: Sichem non è più
dato che il cod. A ha giustamente 1tp6- un uomo, ma una città. Anche nel caso
'tEpOL). Inoltre per i gradi di parentela della città di Kiriat-Arba che in los. 15,
di dod e doda sono usate a volte, per r 3 è detta «padre di Anak», la tradu-
maggior precisione, formule più circo- zione con µl]'tpoTioÀ.iç Eva.x rivela una
stanziate con '1t<X't"i}p; cosi in Lev. 25, interpretazione del medesimo genere ~3 •
49: dodo 'o ben-dodo = à.oEÀqiòc; 7tct-
'tpòç ctU't"OV il ulòc; &.oeÀq>OV 7ta'tp6c; 2. 'ab come parola nativa
(cfr. Lev. I0,4; IEp. 39,7 ecc.; Esth. 2,
7.15) ed Ex. 6,20: dodato = ihJy&.-cnp 'iib è una parola nativa, uno di quei
'tOV à.oEÀ(jJOU 'tOV 1tct'>pÒc; au-.ou. L'e- «nomi isolati» 84 che non rientrano in
spressione cosl precisata per il femmi- nessuna famiglia di vocaboli. A diffe-
nile vuole probabilmente evitare l'idea renza per esempio dell'egiziano 'it, che
che si debba far uso della definizione di significa, come la maggior parte delle
doda data in Lev. 18 1 14, sl da ipotizza- sue varianti copte, tanto 'padre' quan-
re un'infrazione al divieto di ·matrimo- to anche 'orzo' 85, 'iib è assolutamente
nio con ia dada espresso in Lev. 20,20. univoco, e · non vi si avverte . nulla
Gli altri modi in cui viene tradotto il di diverso. Probabilmente ha la sua ori-
termine 'iib non presentano aspetti P?r- gine nel balbettio infantile 86; .questa te-
ticolat·mente interessanti sotto alcun ri- si può tuttavia aver valore solo in quan-
guardo_ Accanto alle locuzioni aggetti- to dia la priorità all'uso profano del vo·
vali corrispondenti a un genitivo di ap- ca bolo, il che deve in ogni caso essere
partenenza, come 1tct't"pci)oc; (Prov. 27, considerato esatto. Per .'iii;, fratello, e
xo ), TCa.'tpLxoc; (Ecclus 42,10 ), òµomi- l;àm, suocero, che sono le parole più af-
-cpLOc; (Lev. 18,u), figurano alcune for- fini per forma e uso, probabilmente la
me che cercano di precisare il concet- situazione è la stessa.
to o di estenderlo, come àpxLmt:tpLW· Possiamo dire che non esistano si-
-rl)c; (Ios. 21,1), 1tct'tpLapxTJc; (I Chron. nonimi. Non è possibile spiegare con
24,31), anche per ro's hii'iibtJt (2Chron. sicurezza quale sia il vero rapporto fra
19,8; 26,12) . Talvolta si arriva anche 'àb e 'oh, «spirito dei morti». Forse non
ad eleganti grecismi, come yo\iEi:ç per ce n'è mai stato alcuno. Il participio
'iib wii'ém in Esth: 2,7 (uso sorprenden- hif"il hammolld, che compare un'unica
8.l'abrek di Ge11. 41,43, ignorato dai LXX, 85 A. ERMAN-A. GRAPOW, \Y/iirterb11ch der
non ha nulla a che vedere con 'ab, ma è tra- iigyptischen Sprache I ( 1926) 141 s.
scrizione di un grido egiziano, a cui si attri- s~ Cfr. ~ ZonEL 9 n. 1 in rapporto alla forma
buiscono diversi significati. apparentemente determinata 'abbii'. Per il con-
84 J. BARTH, Die No111inalbild1111g i11 de11 se- cetto di ' parola infantile' cfr. KèiHLER, op.
mitirche11 Sprache11 (1889) § r. cii. (~ n . r) r71 s.
1ta.i:l)p B 2-3 (G. Quell)
87 W.F. ALBRIGHT, Von der Steint.eit zum 92Cfr. binjan 'ab «Costruzione di una fami-
Christentum (1949) 248 s. 434 n. 84. glia» (bét-'iib) per «deduzione logica}> presso
a~ Cosl H. WEHR, Arabisches Worterbuch II i Tannaiti, una delle sette regole di Hillel;
(19,p) 625 b. dr. STRACK, Einl. s 97 s.
89 M. LIDZBARSKI, Handbucb der nordsemi- 93 Testi in J.A. KNun'l'ZON, Die El-Amarna-Ta-
tiscben Epigrapbik I ( 1898) 350. feln n (1915) 1393. Per 189,10: b1t abia, il
9') ALBRIGHT, op. cit. (--> n. 87) 434 n. 84.
significato di 'zona', 'ambito' è sicuro.
91 Non è possibìle usare come tramite il 9i Dove compare la locuzione appositiva «tuo
p!Jdin del Targum nel senso cli 'testicoli' fratello, figlio cli tua madre» (Gen. 27,29;
(DALMAN, w art. l 330 b, con rimando a Lev. De11t. 13,7 ), ovvia.mente si sottintende l'origi-
21,20), né altra soluzione è in vista. ne da uno stesso padre. La madre è nominata
1CcniJp B 3-4 (G. Quell)
solo perché nella casa del padre vivono insie- la madre (Lev. 20,I?).
me più madri e naturalmente i loro figli re· 93 «P!ldre dei nomadi, dei musicanti, dei fab-
stano divisi in gruppi; si tratta qui del cosid- bri» (Gen. 4,20-22) indica in realtà non tanto
detto fratello carnale e non di un fratellastro. progenitore quanto promotore di un'arte o di
La 'sorella' è la figlia del padre 'oppure' del- un mestiere.
7tr1.'ti]p B 4 (G. Quell)
99 È poco verosimile una relazione con l'egi- msalemischen Tempels: ZAW N.F. 4 (1927)
ziano wb' 11Jw·t, «servitore del re» (ERMANN- 180.
GRAPOW, op. cit. [ ~ n. 85] 292), che com- 101 Gen. 45,8: Giuseppe come ministro del
pare come titolo di funzionati fin dalla · XIX faraòne; Is. 22,21: Eliak.im figlio di Helkia
dinastia. È pure difficile che si possa fare ap- chiamato a sostituire un alto funzionario; I
pello al titolo egiziano sacerdotale it lltr, «pa- Mach. u,31 s.: Lastene, detto anche (l'\)YYE-
dre del dio». A. Eiwm, Die Religion der v'fiç, funzionario cli Demetrio u .
Agypter (1934) 188 lo definisce «Un enigma
quanto alla sua origine». Per 'padre' come ti- 102 In I Sam. 24,12 David chiama il re Saul
tolo dei sacerdoti babilonesi cfr. K. F RANK, «padre mio», titolo che non ha relazione col
Studien zur babylo11ischen Religiott I (19xr) contesto, ma si spiega col fatto che egli era
4· imparentato col re. Per Ps. 68,6 «padre degli
100 N.M. N1coLSKY, Pascha ÌIJI K11lte. des ;e. orfani» ~ n. n8.
mx:t1]p B 4 (G. Que!I)
lOJ Questo principio è comunque sempre pre- re di un culto straniero); la tua mano sia per
supposto, anche se non è formulato, -7 SAAL- prima contro di lui e la mano di tutto il po-
scHiiTZ 820 s. polo do.Po». La procedura non è chiaramente
1 ~ Per 1a questione tuttora dibattuta del rap- descritta. O Ja frase esatta in origine è solo:
porto con l'accadico ma!Jlru, «prezzo d'acqui- «tu dcvi ucciderlo», oppure si deve ammet-
sto», cfr. H. ZIMMERN, Akkadische Fremd- tere un errore di scrittura e congetturare, coi
worter als Beweis fiir babylonischen Kult11r- LXX, &.vayyÉÀ.À.wv &vayyEÀ.E~ TtEpl a\rtov.
einf/11ss (r9r4) 18. Incerto rimane anche il caso previsto da Zach.
13,3, che alla fine dei tempi certi genitori uc-
105 Ricorrere per questa interpretazione allo
cideranno di propria mano il figlio che si met-
stato di emergenza di Neem. 5,2 è rischioso, ta a profetare; o l'altro di Gen. 31,32, dove
tanto più che alla parola che decide la que- Giacobbe promette a suo cognato Labano di
stione si arriva soltanto per congettura. Più togliere la vita a chi, della sua famiglia, ab-
illuminante è appellarsi al punto di vista ef- bia rubato l'idolo di Labano. I due testi pare
fettivamente giuridico della lesìone patrimo- non bastino a mostrare con sicurezza nel pa-
niale che vediamo applicato in Ex. 21,21 in dre un legittimo potere di disporre della vita
un verdetto di diritto personale: «è suo de- e della morte dei suoi. Ed è difficile dar loro
naro»; si tratta qui dello schiavo percosso un valore più certo, dato che hanno ambedue
fino a morirne e del suo padrone quale auto- un colorito enfatico, come del resto .l'offerta
re del reato. Come lo schiavo, anche la figlia di Ruben a suo padre in Gen. 42,37: ~Puoi
o la moglie possono essere considerate, secon- uccidere i miei due figli». Si tratta qui di una
do questa concezione giuridica, non persone asseverazione portata al massimo di intensità,
ma cose. senza tener conto di un qualsiasi diritto vi·
106 Analogo è il caso di Dellt. x3,10: «tu (il gente né di una verosimiglianza psicologica o
padre di famiglia) lo devi uccidere (l'istigato- anche soltanto di una possibilità.
'lttt'tTJP B 4 (G. Quell)
107 Il v. 21 contiene il tenore della legge, non dre: <(Non ti conosco», lo fa per il servizio
della denuncia. I denunciatori formalmente sacerdotale (Deut. 33,9). La formula linguisti-
non avanzano nessuna proposta di pena, ma ca, come modo di rivolgersi alla divinità, è
presentano semplicemente il loro figlio e de- molto antica. Gudea dice alla sua dea: <(Non
scrivono i suoi istinti asociali. Poiché però ho madre, sei tu mia madre. Non ho padre,
ogni denuncia davanti a un tribunale implica sei tu mio padre» (A. JIRKU, AJtorientalischer
la richiesta di una punizione, nel nostro caso Komm. z. A.T. [1923] 125). Più ampiamente
la denuncia probabilmente non avverrebbe se in A. JEREMIAS, Ha11db11ch der altorientali-
ai denunciatori fosse nota la pena prescritta rchen Geisteskultur' (1929) 352.361 s.
in sede di giudizio. Una clausola efficace per 109
l'incresciosissimo caso conosce anche Sanh. 8, Allo stesso modo Deut. 13,7 fra gli istiga-
1-5. Il codice di Hammurabi § 168 ammette
tori del culto straniero che devono essere tol-
che lo stesso querelante proponga la pena so- ti di.mezzo, nomina soltanto fratello, figlio, fi-
lo quando si tratta di diseredare. In § 169 tut· glia, moglie, amico.
tavia, persino per il caso di fatto provato, se no Ex. 2r,15. makkeh secondo il linguaggio
è la prima volt\!, si decide per il perdono. · qui usato non può voler dire «chi ammazza»>
108 Ge11. 16,6. La colpa della situazione in· come normalmente in altri passi (Ex. 2,12
sopportabile non ricade né sul padre di fami- ecc.). Questo significato richiederebbe l'inte-
glia né sulla madre, ma risiede nella conce- grazione wiim"et conforme al v. 12. La congiun-
zione giuridica, psicologicamente assurda, che zione 'e', che unisce «padre e madre», equivale
crea tutta Ja difficoltà. Anche colui che si qui, come al v. 17, a un 'o', perché unisce due
svincola dalla propria famiglia dicendo al pa- termini in alternativa.
7tr.t't'TJP B 4-5 (G. Quel!)
111 Gen. 9 20-27. Per il carattere frammenta· HòLSCHBR, Gesch. der isr. und iiidischen Re-
1
rio del racconto dr. H. GUNKBL, Gen.' (1922) ligion [1922] 31 n. J), perché l'idea dell'ono-
ad l. Canaan, secondo il v. 24, ha 'fatto' qual- re è probabilmente l'elemento più recente del-
cosa, che non è raccontato. la frase, anche prescindendo dal fatto che kbd
112 Dopo quanto si è detto, non è il caso di al pi'el può avere benissimo un valore speci-
cercare il significato originario dell' 'onore' re- ficamente innico, ma è difficile che sia usato
so ai genitori nel culto degli antenati (G. in generale per «prestare culto».
1ta:r1Jp B 5 (G. Quell)
prendere che negli scrltt1 canomc1 si mente mitologico avrebbe poco senso
faccia un uso relativamente parco di come nome di un uomo. Si potrebbe al
questo motivo così valido e fecondo; massimo ripiegare sulla tesi di un padre
nella religione jahvistica infatti la fidu- della tribù 113, mentre l'idea di un padre
cia dell'uomo nel suo Dio si esprime degli dèi, più alta e più corrente fra i
meno nel linguaggio della contemplazio- Sumeri e i Babilonesi sembra trascen-
ne e del sentimento che non in quello dere la semplice imposizione di un no-
del pensiero. Può darsi che la dottrina me di persona.
del patto che incontrò un favore gran- Comunque, pur non mancando total-
dissimo in quanto fissò razionalmente mente nell'A.T. accenni a questo mito,
il rapporto fra Dio e l'uomo, abbia pre- risulta chiaro anche in questo campo
giudicato lo sviluppo del motivo del che il complesso della rappresentazione
padre, come ad essa estraneo e stretta- mitologica sul padre degli dèi, nella sua
mente imparentato col mito. Si tratta piena orchestrazione, si è già volatiliz-
infatti di un elemento del tutto indi- zato fin quasi a non essere più ricono-
pendente rispetto alla teoria del patto, scibile, eccettuato forse Deut. 32,8. Pu-
che a sua volta lo esclude da sé perché re in questo passo la Masora è riuscita
di ordine specificamente pratico, irri- a sopprimere la figura del padre degli
flesso e improntato al sentimento in mi- dèi, mentre la lezione dei LXX la ripor-
sura molto più intensa di quanto non ta. II concetto è che il numero dei po-
sia il patto stesso che determina il rap- poli corrisponde al numero dei figli de-
porto di unione con Jahvé. gli dèi, così che nella divisione _della
Designando la divinità come padre · terra, connotata con una esatta espres-
Israele non fa che affiancarsi ai suoi vi- sione giuridica come divisione eredita-
cini più immediati e particolarmente ria, a ogni popolo tocca non solo il suo
agli Aramei e al gruppo semitico di po- delimitato territorio, ma anche il suo
polazioni che già in età preisraelitica si dio al quale deve servire. Per vero, stàn·
erano insediate totalmente o in parte do al testo dei LXX (v. 9): xat ~ye
nella Palestina. La fonte più importan- vni>'tl µEptc; xuplou ò Àaòc; au't'ov, «e
te per stabilire tale consuetudine comu- porzione del Signore divenne il suo po-
ne sono i nomi teofori, fra i quali rap- polo», ci si potrebbe chiedere se «l'Al-
presentano una percentuale rilevante tissimm> che distribuisce i popoli e le
quelli che contengono la componente terre agli dèi si identifichi con J ahvé, o
'ab. Tuttavia non è sempre possibile de- non piuttosto Jahvé stesso sia uno dei
cidere con sicurezza di chi la divinità figli degli dèi, un membro della fami-
debba essere considerata padre. Cosl, glia che costituisce il pantheon 114• L'au-
per prendere un esempio semplice, 'abi- tore della parenesi di Deut. 4,I9 pre-
'el ( = 'el è padre) vuol dire che 'el è senta il motivo con qualche variazione,
padre di chi porta il nome, o della sua rinunciando all'idea della distribuzione
tribù, o anche di altri, compresi gli dèi? in eredità ai figli e introducendo senza
Dovremo parlare più avanti della pri- possibilità di equivoci Jahvé come au-
ma possibilità (-7 coll. I176 s.}. L'ulti- _ tore delle assegnazioni dei vari astri ai
ma ipotesi dovrebbe essere esclusa, per- popoli ( plq), proprio come fa la Masora
ché chi porta il nome è un uomo, e una nel e.antico di Mosè 115•
affermazione riguardante un dato pura- Il tema mitologico pagano della fa-
113 ~ NoTH 73- Più ampia trattazione ~ col. ll4 Cfr. K. BunnE: JBL 40 (x921) 4x s.
n77. 11s Se ne avverte l'eco in Deut. 29,25 c.
mx:ti)p B 5-6 (G. Quell) (V,966) n68
116 I tentativi di interpretare i figli degli dèi sivo, tenuto conto del v. 7.
come uomini non hanno alcun valore persua- 117 Cfr. GESENIUS-K. § 128 v.
'Tto:-.l]p B 6 (G. Quell)
tutto Israele come del «figlio primoge- Quanto poi all'ipotesi, per sé non del
nito» di Jahvé. Forse la tradizione re- tutto inverosimile, che il culto degli an-
lativa agli inizi della religione jahvistica tenati sia radice e supporto dell'idea di
riservò alla parola 'padre' un così scar- una divinità padre della tribù e dei suoi
so posto proprio perché essa portava in membri, non c'è per vero nella tradi-
sé un carico di antichissime concezioni zione biblica alcuna base sicura che la
mitiche provenienti dalle religioni tri- sostenga. Se anche si può dimostrare
bali e poteva quindi diventare facilmen- che i trapassati erano tenuti in conto di
te un veicolo di erronee idee pagane. potenze divine ( r Sam. 28 ,I 3) a cui si
Soltanto alcuni nomi propri di fedeli, era inclini ad offrire doni (Deut.26,14),
come 'eli'iib, 'abiiiil e simili, indicano an- e sebbene la designazione degli spiriti
cora che la fede in un dio concepito co- dei morti come 'obot riveli una strana
me padre dovette essere in Israele non consonanza con 'iibot, «padri» 122 , l'uni-
così tara come farebbe supporre 1a sua ca conclusione da trarne è che la ricer-
menzione in testi narrativi e poétici, li- ca delle origini della fede nella paterni-
mitata in sostanza alla ideologia del tà divina deve essere perseguita solo pe-
re ua. netrando addentro in un quadro di idee
La prima origine dell'uso di .designa- ancora rintracciabili, che appartengono
re come padre la divinità tribale si do· probabilmente al sottofondo rudimen-
vrà ricercare in una idea ben precisa cir· tale della religione di Israele, ma che
ca il costituirsi dei gruppi consanguinei. non hanno più alcun organico legame
Come ogni vita umana ha origine me- con il culto di Jahvé.
diante l'atto procreativo, così anche l'i- Da tut to ciò che abbiamo detto ri-
nizio imperscrutabile della serie delle
generazioni si spiega in base alla propa- sulta che l'idea di Dio come p~dre non
gazione della forza vitale non di un uo· · pare un portato della genuina fede jah-
mo, ma di un dio. Sul terreno israeliti- vistica, ma un elemento che vi fu intro-
co un mito di tal genere potrebbe es-
sere supposto per esempio nella tribù dotto e ne fu assorbito. L'attributo di
di Gad, se davvero, come pare, il nome padre, appellandosi a un concetto bio-
del dio Gad attestato da Is. 65,II po- logico, sottolinea la comunione con la
tesse essere in rapporto col nome della
divinità nel modo più greve, come co-
tribù chiamata dei «figli di Gad» (Num.
r,24) 119 • Anche per Aser c'è la possibi- munanza di sangµe a livello procreati-
lità di una spiegazione di tal genere 120, vo, e perciò riduce notevolmente il sen-
mentre per la combinazione di fattori so della distanza fra creatura e creato-
vari relativi all'origine dei patriarchi nel
mito della tribù 121 i limiti di ciò che re, basandolo unicamente sul concetto
possiamo sapere sono assai ristretti. della_ posizione giuridico-sociale del pa-
118 Per 'b 'dm in ugaritico -,. O. ElsSFELDT, SIN, art. 'Gad' in RE ' 6,333,41 ss.
35.56 s. Per Ps. 89,27 s. dr. 2 Sam. 7,r4; Ps. 120 KITTEL, loc. cit.
2,7. Per Ps. 68,6: «padre degli orfani», come
motivo innico, bisogna ammettere un'origine 121 Cfr. specialmente E. MEYER, Die lsraeli-
profana nell'ambiente dei funzionari egiziani ten und ihre Nachbarstiimme ( 1906) 249-27r.
(-? n. 101); H. GuNKEL, Die Ps.' (1926) ad I. 122 Cfr. F. ScHWALLY, Das Lebcn 11ach dem
119 Cfr. R. KITTEL, Gescb. des Volkes lsrael Tode (1892) 47; P. ToxGE, Seelenglaube und
1 ' (1923) 275 per Gen. 30,IJ; W. BAUDIS· Umterblichkeitshoflmmg im A.T. ( 1909) 69.
1tct:ti)p B 6 (G. Quell)
dre in quanto dominatore e signore. pre chiarissima anche nello jahvismo più
antico(~ 1v, col. 368 s.), rimane per sé
Tuttavia questa distanza è maggior- esclusa la possibilità della prima inter-
mente assicurata dalla parola 'padre' pretazione, a prescindere da alcune pur
che non dalla concezione della divinità inequivocabili testimonianze rudimen-
come 'madre' presente nella religione tali. Come il concetto di fraternità si di-
jahvistìca solo sotto forma di similitu- mostra per il 'patto' l'elemento portante
dine 123, o nelle analoghe determinazio- e insieme il più antico ( ~ 11, coll. 1039
ni di parentela, come 'iii}, 'fratello', 'am, ss.), cosl anche l'idea di una parentela
'appartenente alla stessa stirpe', dod, con la divinità per via di procreazio-
'zio', parimenti documentati da nomi ne o di nascita, proveniente dal fon-
propri israelitici. Qui certo la depreca- do delle religioni naturali, si conservò
ta dimestichezza implicita in una siffat- nel patrimonio religioso di Israele e,
ta terminologia ha un rilievo ancor mag- benché necessariamente implicasse una
giore quanto più diminuisce la compo- certa attenuazione del distacco fra Dio
nente dell'autorità (almeno nella co- e l'uomo, fu sentita come feconda nel-
scienza dei non-nomadi). Tuttavia 'pa- la tradizione, specialmente liturgica. Il
dre' sta sul medesimo piano delle altre poeta del Cantico di Mosè, con la liber-
forme, come dimostrano ad esempio tà che gli consente l'arte, può parlare
'Abiram, Apiram, 'Amram, (]ehoram), senza scrupoli e con espressiva efficacia
e la questione circa il signllicato che as- della «tupe che ti (scii. il popolo) ha
sume in Israele l'uso dell'appellativo fatto nascere (o: generato) e del Dio
'padre' quando si parla della divinità e che ti ha plasmato» (Deut. 32 118); né
circa la corrispondente applicazione dei con questi mitologhemi atavici ridu-
termini 'figlio' e 'bambino' non si de- ce la figura di Dio, che egli fa par-
ve scindere dal problema generale del- lare cosl, alla dimensione di un Baal 125•
l'uso religioso dei vocaboli indicanti pa- Lo stesso dice il Ps. 2,7 quando Dio
rentela 124• Si tratta di sapere se la con- parla del re generato dalla divinità,
sanguineità, più o meno stretta, espres- sia pure applicando una formula già
sa da tali vocaboli secondo il loro signi- chiaramente caratterizzata come tale 126
ficato integrale era intesa come diretta, e che, più volte documentata nell'u-
trasmessa in eredità attraverso le gene- so giuridico all'interno e al di fuori
razioni e rivissuta in ogni singolo indi- del mondo biblico, deve essere spiegata
viduo, oppure come metaforica, detta Il nel senso di una adozione. Ci si può
modo di figura solo per esprimere un persino chiedere se la frase «oggi io ti
contenuto sentimentale. ho generato» originariamente non fos-
Se si considera il deciso prevalere se coniata per una dea piuttosto che
del motivo della distanza nella religio- per uq dio; ·ma non ci sarebbe niente da
ne profetica e la stessa separazione fra guadagnare per la comprensione di tut-
piano umano e piano divino, che fu sem- to il contesto. In Deut. 32,4 il motivo
123 Cfr. ~ HEMPBL, Gott und Mensch 170 m ~ HEMPBL, Go/J und Mensch 173 nota.
n. 2 . 'arnar 'elaj. Materiale comparativo in GuN-
126
KBL, op. cit. (~ n. 118) 6 s. H.J. KRAUS, Die
124 Sarebbe un errore dedurre da questo ma- Ko11igsherrschaft Gottes im A .T., Beitriige zur
teriale che in una medesima comunità tribale hi storischen Theologie 13 (19_,r) 69 s., cerca
.>i credesse in diverse divinità o famiglie di di dimostrare una relazione di Ps. 2,7 con 2
dèi; cfr. ~ NoTH 73-?'J· Sam.7.
7ta"'Cl]p B 6 (G. Quell)
della rupe è riferito senza riserve addi- za fuori dal suo talamo.
rittura a Jahvé, mentre il profeta Ge- In Gen. 6,4 anche lo Jahvista appli-
remia sa e afferma che esso è pagano ca il mito pagano degli dèi procreatori,
e indegno di un uomo che conosce Jah- che poi il lavoro di redazione ha molto
vé (Ier. 2,27 ). Anche la stridente sto- ridotto. Il Ps. 90 senza possibilità di
natura che l'immagine di una dea ma- equivoci assegna la religione naturale a
dre neUe doglie del parto 127 crea con la sede di tutto questo insieme di conce-
figura della divinità, nell'A.T. sempre zioni, presentando la terra come madre
maestosa ed espressamente maschile, co- che genera i monti ( v. 2 ), il Signore di
stituisce una valida testimonianza che tutto invece come «Dio di secolo in se-
qui si tratta della semplice mutuazione colo». L'idea che Dio possa essere H
di una formula atavica. padre della natura cosl generata, ben-
Fino a qual punto simili concezioni ché in sé logicamente corrispondente al
mitiche fossero familiari persino a strati concetto della terra-madre, viene esclu-
della popolazione spiritualmente pro- sa, accentuando la divinità di Dio con
grediti, risulta dal fatto che Geremia una semplice e perciò anche più elo-
dovette rinfacciarle non solo all'aristo- quente affermazione. Dio, per il fatto
crazia, ma anche ai sacerdoti e ai pro- stesso di esse1·e Dio, non è genitore, ma
feti, uomini che dicono agli alberi: dominatore e signore dei suoi servi, che
«Tu, mio padre! » e alla pietra «Tu che devono contemplare la sua 'opera' (v.
mi hai generato!» (Ier. 2,26 s.). Quelli 16) e lo splendore della sua maestà. Gli
che appartengono alla religione di Jah- si addice non la propagazione fisica del
vé e parlano cosl, non possono avere la suo tipo di esistenza, ma la creazlone.
coscienza tranquilla, perché il dio in po- delle cose mediante la parola che deter-
tere del quale si mettono è assoluta- mina tutto ciò che è 129 • Tuttavia la for-
mente il contrario di quello che fu lo- za di siffatto messaggio teistico, presen-
ro annunciato come dio di Israele. Nel te anche nel racconto della creazione
vivo della polemica contro deviazioni della redazione sacerdotale (P), non riu-
pagane, sbanda persino Ezechiele e con scl ad imporsi senza incontrare gravi re-
una variazione caricata, già di per sé sistenze: basta riflettere che il Cantico
poco tollerabile, del tema delle nozze di di Mosè (Deut. 32), cronologicamente
Jahvé 128, che Osea aveva osato trattare non molto distante dalla redazione P,
per primo, gli fa generare con le figure poté usare ancora come motivo parene-
simboliche di Ohola e Oholiba figli e tico - e valido sul piano non solo stili-
figlie (Ez. 23,{, cfr. anche 16,8). Resi- stico, ma anche religioso - l'idea della
dui di questo mito di i.~pòç yciµoc; si nascita dalla divinità accanto a quella
trovano anche in Ps. 19,6: il sole, eroe della creazione.
celeste, appare come uno sposo che bal- Ma per quanto questi temi possano
121Probabilmente si può trovare in Num. II- vero dei vv. 9 s. sia un discorso di Dio. Per
12 (tradizione jahvis'ta) un'ultima traccia di tutta la questione cfr. A. BERTHOLRT, Das
un pensiero che a questo mito era familiare. Geschlecht der Gottheit (1934) 15.
Mosè fa a Jahvé questa domanda: «Sono for- 128 Os. 3,3 sembra già essere una abbreviazio-
se io stato incinto di questo popolo o l'ho io ne; cfr. J. WELLHAUSEN, Skizzen tmd Vorar-
partorito?». Invece Is. 45,10 («Si dice forse beiten 5 (1893) 102.
a un padre: 'Che cosa generi?' e a una don- 129 Ps. 33,9. Anche in lob 38,4-8 balza eviden-
na: 'Che cosa partorisci?'») non ha nessuno te il contrasto fra il motivo del fondatore del-
sfondo mitico, perché è difficile che il rimpro- la terra e quello del grembo che la genera.
'ltct't'1)p B 6-7 (G. Quell)
essere pieni di vita e genuini, rimane Chron. 29,1 ). Il suo significato è una
sempre dubbio se sia lecito valorizzare professione di fede, mediante la quale
le frasi citate, o per esempio il pensiero la persona cosl chiamata riconosce la
espresso nel Cantico di Mosè (Deut.32, paternità di Jahvé, di Baal o di qualsia-
6): «Non è egli il padre tuo che ti ha si altro dio al quale il nome 'padre' può
creato?», o la formula «figli e figlie» essere attribuito come appellativo. No-
usata da Jahvé stesso (v. 19), come do- mi quali 'abiram, 'abinadab, ecc. sono
cumenti di una fede in una parentela di perciò teofori, come 'abiiiiihU, e cosl a-
sangue dei figli di Jahvé col loro pa- nalogamente gli altri formati con 'ab:
dre 130• Nel desiderio di raggiungere una 'abiram' 'a/:Jiqam' ecc. 131
efficace vivezza di colorito, poeti e pro- La professione di fede andrebbe in-
feti allungano le mani sul patrimonio tesa come strettamente personale, in
mitico, senza per questo prefiggersi al- quanto riconoscimento da parte del fi-
tro scopo che di dipingere plasticamen- glio stesso, se in formazioni quali 'abiiia
te la realtà del rapporto con Dio. o 'abl'él fosse contenuto un suffisso pro-
nominale di prima persona. Il significa-
7. Padre come elemento teoforo nei no- to sarebbe allora: «mio padre è Jah-
mi propri di persona israelitici vé» 132 • Invece già il fatto che ci sono
nomi composti con 'iib e 'iib riferiti al-
La testimonianza offertaci da antichi la stessa persona in ambedue le forme 133 ,
e non rari nomi di persona ci induce con i e senza i, ad esempio 'absalom ac-
più pressantemente a riconoscere - al- canto a 'abiSalOm, 'abner accanto a 'abt-
meno per la prima età israelitica, ma ner, ecc. fa sospettare che l rappresenti
forse anche per tutto il periodo pre- un elemento senza importanza che è dif-
esilico - che alcuni motivi di religione ficile considerare suffisso pronominale.
naturale o tribale continuarono ad ave- Poiché inoltre questo 2 negli esempi ci-
re vita efficace nella comunità di Jahvé. tati non può essere considerato nem-
Un nome come j6' ab, o nella forma meno quale indicazione di stato costrut-
inversa 'abijja, è una frase nominale: to, come si verifica spesso per altri ca-
«Jahvé è padre», o, con uno sposta- si 134, perché il senso risulterebbe assur-
mento d'accento: «padre è Jahvé». Con do, lo si dovrà ritenere analogo alla co-
perfetta analogia si trova negli ostraka siddetta vocale eufonica che non ha al-
di Samaria del sec. vm 'bb'l, «padre è cun valore grammaticale. Pensare a una
Baal». A mezzo sta il biblico 'elt'ab o desinenza 135 mette in difficoltà, perché
'abi'él, «Dio è padre». La formula rie- 1 indicherebbe un genitivo. -D'altra par-
sce cosl obbiettiva che non conta asso- te anche lo /Jireq compaginis 136, fatta
lutamente niente se chi porta il nome è eccezione per alcuni casi dubbi 137, è ri-
un uomo (I Sam. 8,2) o una donna (2 servato allo stato costrutto e inoltre di
uo Anche l'accenno a figli e figlie del dio dei per il problema deÙ'l fra gli elementi costitu·
Moabiti Kemosh che compare in un antico tivi del nome --}> NoTH 33-36.
canto (Num. 2r,29) non è abbastanza chiaro. 133 In I Sam. 25,18 ('bwgjl) l'i è posto appun-
Per Mal. 2,10 --}> col. 1187 e ~ 1, col. 92. to dal q'ré.
m --}> NoTH 69 s. 134 Ad esempio in 'abdl'el, <iservo di Dio».
132 Cosi ad esempio E. KONIG, Hbr. und aram.
135 ~ NoTH 35·
Worterbuch z. A.T. •·1 (1936) lj H . BAUER-P.
LEANDER, Historiscbe Grammatik der hbr. 136 --}> BAUDISSJN,Kyrios 111 353 s.
Sprache (1922) § 65 g. Nozioni fondamentali J37 GESENIUS· K. § 90 n.
'ltll"ti)p B 7-8 (G. Quell)
ns La frase di -> SMITH 28: «Come indivi- sta possibilità, deve essere formulata un po'
duo l'israelita non aveva il diritto di chiama- meno drasticamente.
re se stesso 'figlio di J ahvé'», considerata que- 139 -> col. 1171 e NOTH 75.
1taTi}p B 8 (G. Quell)
di Dio, a impedire lo sfrenato rigoglio sente pietà per i suoi figli, cosl Jahvé
dell'idea di padre sul terreno di una è pietoso verso quelli che lo temono»,
concezione biologica dell'esistenza. È si- dice Ps. 103,13. Come un padre richia-
gnificativo che il nome «figli di Jahvé» ma al bene il figlio che ama, così Dio
in questa forma solenne compaia una educa quando punisce (Prov. 3,12;
volta sola (Deut. 14,x ); esso non poté Deut. 8 ,5 ). Ancor più che queste frasi di
imporsi, e il popolo si chiamò invece sapore pedagogico fanno presa sul let-
«figli di Israele». Soltanto nel tempo tore 140 le parole che Isaia (1,2 s.) met-
escatologico, afferma Osea, «si diià lo- te in bocca a Dio stesso. Straziato dal
ro: 'figli del Dio vivente'» (Os. 2,1). dolore, davanti alla corte di giustizia
Per quanto sia necessario intendere della muta natura, il Padre si lamenta
la metafora alla lettera, cioè sul piano di dover subire un rifiuto da parte dei
mitologico, per rendersi conto della ri- suoi figli, allevati con tanto amore. Il
luttanza de1l'A.T. a usarla, è pur vero paragone fra Dio e il padre non potreb-
che per questa via difficilmente si riesce be rivelarsi più delicato che in questo
a dare un giudizio esatto e adeguata- erompere di contenuti sentimenti che
mente ampio dei dati di fatto offertici cercano corrispondenza e non la trova-
dalla tradizione. La predicazione di Jab- no. Il profeta fa ben capire che nell'a-
vé quale Dio del popolo, e anche in se- gire di Dio verso Israele non manca co-
guito quale Dio in generale, non adottò me sentimento fondamentale l'amore,
la denominazione di padre, già nel suo senza peraltro che questa parola-chiave
genere così ambigua e contestabile, sen- esca fuori. Lo stesso sguardo elegiaco
za rettificarla e. modificarla; mettendo- che Dio volge indietro agli anni giovani
ne in evidenza l'elemento di paragone di Israele suo figlio, era motivo già tr~t
di volta in .volta fecondo e genuino. Si tato da Osea in una frase densa di si-
parlava di Jahvé 'come' di un padre, e gnificati (n,1; -7 n. 145). Persino nel-
nell'età ellenistica ci si rivolgeva a lui la ideologia del re, pur senza pregiudi-
'come se' ci si rivolgesse a un padre care la sua struttura politico-giuridica
(Ecclus 23,1 ~ coll.n83 s.). Il tertium (-7 n. 126), il motivo dell'amore, con-
comparationis si rinveniva nel signifi- nesso all'uso della parola 'figlio', non è
cato sociale del padre come istanza in- lasciato completamente da parte. Il poe-
contestabilmente riconosciuta e degna ta di Ps. 27,ro trae di qui il concetto
di fiducia, e anche, relativamente al pa- dell'adozione a sollievo della sua per-
dre stesso, nella sua intima posizione sonale miseria (~ col. 1190 ), e in 2
di fronte alla famiglia. «Come un padre Sam.7,14 s . (non però nel passo paralle-
140 ler. 4,22, fin troppo anodino in confronto a Isaia, è forse modellato su questo canto.
1ta't1)p B 8-9 (G. Quell)
siero con uno stile ancor più marcato, re, padre e padrone della mia vita» 143,
e se Geremia aveva detto: «Come l'ar- può valere in questo campo come illu-
gilla in mano del vasaio, cosl siete voi strazione della fede veterotestamenta-
nella mia mano» (Ier.18,6s.) descriven- ria nel Padre giunta ormai alla sua pie-
do con questa frase famosa la dipen- na maturità: qui l'amore si accosta a
denza passiva dalla volontà divina, que- un reverente timore.
gli aggiungendo, non senza forzatura, il
motivo del padre, si esprime così: «Tu 10. La tendenza all'universalità nel no-
Jahvé sei nostro padre, noi siamo l'ar- me di padre attribuito a Dio
gilla e tu sei colui che ci plasma, noi Come già lasciano pensare questi e-
siamo tutti opera delle tue mani» (Is. sempi, il nome di padre come espressio-
64,7 ). Con un tale miscuglio di idee ne della grandezza e della potenza di
non si vuol certo alludere alla creazio- Dio è usato volentieri anche quando si
ne e alla provvidenza di Dio, ma al tratta della creazione del mondo. Il va-
mandato dell'educatore che deve mo- lore teologico di tali passi consiste nel
dellare uomini ancora imperfetti, come fatto che essi offrono le premesse per
se la sua mano plasmasse della materia una estensione del termine 'padre' al
informe che si piega al più lieve tocco. di là dei confini della religione del po-
Sarebbe assurdo, suggerisce la metafo- polo, anche se non si può dimostrare
ra, opporre resistenza all'intervento for- per ogni caso che l'autore stesso l'ab-
matore di Dio, altrettanto assurdo e bia di fatto operata. Anche il Cantico
persino sciocco quanto chiedere al pa- di Mosè, già più volte considerato,
dre: «Perché mi hai generatoi>» (Is.45, presenta fenomeni di tal genere, sebbe-
9 s.). Anche se in questa domanda, ri- ne il suo vivace colorito mitico e l'a-
volta al padre, Dio non è nominato, lo spetto fondamentale appassionatamen-
si sente fra le righe, poiché al v. I I con- te nazionalistico sembrino escludere un
seguentemente Jahvé dice: «Volete for- tale tema. «0 popolo stolto e privo di
se darmi ordini sull'opera delle mie ma- senno», si dice in Deut. 32,6, «non è
nii>». Da tutto ciò insomma appare na- egli tuo padre, che ti ha creato, che ti
turalissimo che la pietà individuale del- ha fatto e insediato?». L'idea del pa-
l'epoca giudaica abbia interpretato il dre è concepita secondo la mentalità
tema del padre nella direzione della nazionale, ma la creazione, che è posta
sovranità. Un allocutivo di preghiera in relazione strettissima con lui, non
quale si legge in Ecclus 23,1 : xvp~r;:, è intesa affatto nel senso dell'antica re-
minp xe<t 8ÉCJ"'ltO't<X ~w'ijç µov, «signo- ligione tribale, cioè di procreazione,
143 Il testo-base manca. Al v. 4 figura la va- riante: XUpLE, rcchep xat i>EÈ l;wijç µOV.
'ltCt."t'lJP B 10 (G. Quell) {v,972) 1186
144W. RuDOLPH, ]er. = Handbuch z. A.T. I allocutivo con cui Dio si rìvolge all'umanità.
12 (1947) ad l., interpreta 3,19 in base a 32, 148 ·Cosi i LXX cod. B, certo a ragione, quan·
27: «lo, Jahvé, sono il dio di ogni carne». to al senso. Ma che l'ìdca di fondo di 3,19
145 Questo linguaggio figurato non ha una re- sia il sentimento paterno di Dio lo dimostra,
gola. Israele ora figura come figlia, ora (come senza possibilità di dubbio per biinim, l'uso di
in Os. u,r) come figlio. 'iibl al V. 19 C.
M9 <~Porre qualcuno fra gli altri» significa con-
146 L'articolo è contestato già da F. HrTZIG
cedergli dei diritti che gli altri già hanno; cfr.
(Jer.' [ r866] ad I.), non so su quali basi. 2 Sam. 19,29. Alla parità delle figlie di Giob-
147 Forse il k'tib «voi divenite» merita, nono- be con i figli si accenna in lob 42,15 per met-
stante le difficoltà, la preferenza. Sarebbe un tere in i-ilievo l'agiatezza del padre.
1t<X:t1)p B IO (G. Quell) (v,973) u88
150 Ier. 3I,9: «Per Israele io sono un padre» to dei nostri pad!i». I quali erano per lo me-
allude anche al diritto regale. no tre.
1s1 Cosl recentemente anche F. HoRST in TH. 152 Solo contro lo strano tentativo del Ru-
A. ROBINSON-F. HoRsT, Die I2 kleinen Pro- DOLPH (op. cit. [ ~ n. 144] 167) di frapporre
pheten == Handbuch z. A. T . 14 (1938) ad/. ùno stacco, val la pena di notare che Io. 3,I6
Ma è difficile che si possa parlare del solo né più né meno di Ier. 3I,r8-20 «ha il suo
Giacobbe, e in una terza domanda, la quale fondamento neUa dottrina deUa elezione».
esige di trarre la conclusione dalla risposta al- 15J In modo analogo, con una frase che, ri-
le prime due, all'improvviso si nomini il «pat- guardo all'azione intima sulle anime, è fòrse
7tC1."t'i}p B ro (G. Quell)
ti impegnati in una dura lotta, non ha latorio in questo campo. Accogliere si-
esitato, imitando le parole .di Efraim, gnifica accogliere come figlio, come nel
come un bimbo che sa di essere la de- Ps. 2,7. Lo stesso motivo figura nei sal-
lizia del padre, a porre nella sua sup- mi poetici post-canonici, ancora appena
plica questa audace domanda: «Dov'è avvertibile; in misura più ampia quan-
il tuo amore appassionato, il battito del do colui che è ormai vicino alla morte,
tuo cuore?» (cfr. Ier. 3r,20), per poi «dalle porte degli inferi», lasciandosi
scongiurare, per cosl dire, Dio con que- molto indietro la reminiscenza di Ps.
sta professione di fede: «Eppure tu sei 89,27, grida a Dio: «Jahvé, tu il mio
nostro padre». Gli è presente tutta la padre m, il mio Dio e il forte, che mi
grandezza della divina paternità: i pa- aiuta!» (Ecclus 51,ro ). Qui finalmente
dri secondo il sangue, Abramo e Israe- ogni reticenza è scomparsa. In questo
le, non sono redentori nel senso che spontaneo grido di fiducia nella perso-
portino l'aiuto che salva, ma padre è na di Dio, la menzione dd padre, sboc-
un nome che da sempre tocca in verità ciata da una modesta radice, è servita
a Dio (Is. 63,15 s.). a formulare la professione di fede più
Dai grandi temi nazionali alle que- alta che registri la Bibbia.
stioni personali e universalmente uma- G. QUELL
ne il passo è breve. Tuttavia nelle ele-
gie individuali del Salterio canonico
l'appellativo 'padre' non figura: riser-
vatezza che notavamo del resto anche
più alla portata di mano, Is. 66,13, ricorren- e le anodine parole che Jrn1ru, op. cit. (~ n.
do all'immagine della madre, dice: «Come una 108) 225 cita da alcune lettere di El-Amarna
madre consola un figlio, cosl io consolo voi». si persuada chi vuole.
ISS Nei LXX l'espressione 1tC1."t'Épcx. xvplov µou
m Di una relazione fra il tema di questo testo è molto strana, forse costruita su Ps. no,x.
1trt.'t"liP eI I (G. Schrenk)
(.IL CONCETTO DI PADRE NEL TARDO (Ecclus 7,27; 23,14; Tob. 4,3-5; ep.
GIUDAISMO Ar. 238; Menandro, sentenze 16.34 s.).
Mentre già Ecclus 30,1-13 (cfr. 41,17)
I. It padre terreno aveva trattato della responsabilità del
padre come educatore in modo da la-
1. La reverenza al padre sciar intravedere una formazione auste-
ra e non eccessivamente indulgente, è
La precedenza che nel Decalogo l'o- innegabile - soprattutto nel giudaismo
nore dovuto al padre ha su quello do- ellenistico - una propensione al con-
vuto alla madre (--)- col. n63) (mentre fronto molto diversa per le manifesta-
in Lev. 19,3 l'ordine è invertito; cfr. zioni della vita affettiva. In Flavio Giu-
2 r ,2) ha molto occupato i rabbini. Fi- seppe l'esaltazione della paternità si tro-
lone (spec. leg. 2,293 ss.) segue qui i va talvolta congiunta a una tendenza
LXX 156 che - forse per influsso della all'eudemonistico, al sentimentale, a
patria potestas dominante - hanno pre- una virtù affettata 159 • Anche nel Libro
ferito lo spostamento. Filone rappre- dei Giubilei e nei Testamenti dei XII
senta la rigida posizione patriarcale, an- Patriarchi ci troviamo di fronte a una
cor più rafforzata dal diritto greco. affettuosità molto più leziosa 160• La sina-
Mek. Ex. 20,u (77 b); Ker. 6,9 cfr. S. goga, conforme alla sua predilezione per
Lev. a I 9 ,3 ( 343 a) 157 cercano invece la codificazione dei doveri, fissa l'onore
una spiegazione ragionevole all'ordine dovuto ai genitori in regole molto pre-
che presenta l'A.T., ed è istruttivo che cise (Qid. 31 b. 32 a Bar.) 161 • Da osser-
ci si riduca a questa: i genitori sono al- vare che il fìglio non può apertamente
la pari, ma la madre è anch'essa obbli- contraddire il padre e deve parlare con
gata a prestare ossequio al padre 158• Es- riguardo anche di una trasgressione al-
sa può avere il primo posto perché sa la legge in cui questi possa esser cadu-
persuadere bene il bambino; però l'uo- to 162• La sinagoga ha applicato il quarto
mo ha più timore del proprio padre, comandamento alla cura che il figlio a-
perché è lui che gli insegna la Torà. dulto deve avere per i genitori anziani,
L'esortazione a onorare i genitori costi- non, come facciamo noi, al dovere del
tuisce nel tardo giudaismo un capo- bambino di rispettare i genitori 163 •
saldo importante dell'opera educativa
•.16 Cosi anche la Peshitta e la Vulgata. smissione delle istruzioni. In 35,6 il giudizio
157 S'.!'RACK-BILLERllECK i 706. di Rebecca sulla perfezione di Giacobbe. Cfr.
anche 31,8; test. N. 7; test. B. 3: Giacobbe
15S . In Philo, quaest. in Gen. l ,27 a Gen. 2,22 bacia e abbraccia Giuseppe per due ore; test.
la moglie deve onorare il marito come un pa- Abr. 6,1-3; test. lsaac 3,5 s.; 9,4 ss.; Git1sep-
dre. pe e Asetzeth 22,9. Singolare invece 12,8. È
I~ L'eroico Isacco di FJav. Ios., ant. l,229 istruttivo il confronto con le manifestazioni di
agisce in modo non naturale nel suo conte- amore paterno nella· grecità antica, ad esempio,
gno verso il padre prima del proprio sacrifi- Horn., Il. 1,98 (Crise). Qui è tutto più soste-
cio. Cfr. inoltre 1,233.266 (in senso tliploma- nuto.
tico); l,272.281 (eudemonistico); 1,280 (esal- 161 S'I'RACK·BILLERllECK I 709.
tazione del padre); 2,148 ss. (verboso, morali-
stico). 162Abbiamo un parallelo in Plut. de vitioso
pudore 15 (n 534 d·e): Agesilao e suo padre.
160 In lub. 22,26 le relazioni fra i patriarchi
offrono largo campo all'immaginazione: Gia- 16.l Cfr.]. }EREMIAS, Die Pastoralbrie/e, N.T.
cobbe dorme col nonno; di qui l'esatta tra- Deutsch, a r Tim. 1,9.
1193 (V,975) 7CC'l.:titp e I 2-3 (G. Schrenk)
2. I genitori come strumenti e rnppre- (Qid. 30 b Bar; Flav. Ios., beli. 3,375;
sentanti di Dio ant. 4,262) 168•
che per le prescrizioni della legge vete- israelitici 174 ; b) fra questa serie di ge-
rotestamentaria circa il castigo di co- nerazioni spesso è connotato in partj-
loro che mancano di rispetto ai genito- colare l'Israele messo alla prova in E-
ri con maledizioni e percosse (Ex. 21, gitto e di là liberato, cioè il popolo che
15; Lev. 20,9, --* col. n62), l'inter- peregrinò nel deserto; esso ha infatti un
pretazione della tarda sinagoga offre un posto speciale, avendo vissuto diretta-
umano addolcimento, mentre Giuseppe mente l'esperienza decisiva della reden-
e Filone rendono ancor più rigida la zione operata da Dio 175 ; e) la locuzione
patria potestas 172 • può anche significare l'insieme di tutti
gli eminenti uomini di Dio secondo la
Scrittura, fino al tempo presente 176 ; d)
II. I 'padri' nel giudaismo 173 gli iniziatori di questa grande serie so-
r. La definizione del concetto no tuttavia i patriarchi Abramo, Isac-
co e Giacobbe 111, che hanno per eccel-
Il significato di 'padri della stirpe' lenza questo titolo. È questo nel giu-
non sempre entra in gioco in modo e- daismo l'uso più solenne, ma anche in-
splicito, sebbene resti predominante. credibilmente trito. I patriarchi si chia-
'Padri' può indicare a) semplicemente le mano anche «padri del mondo» 178 • Nel-
generazioni di un tempo, gli antenati la triade dei patriarchi Abramo è il pa-
l7l Cfr. Sat1h. 7,8 (STRACK-BILLERBECK I 709 4 Mach. 13,17 dopo costoro: xo;t 'lttiV't'Ec; ol
a Mt. 15,4); Sanh. II,1 (ibid. r 710); Mek. Ex. 'lt<X:tÉpEc;. Questa interpretazione (« pii del-
a 21,17 (88a). Di contro Flav. Ios., Ap.2,206; l'A.T.») è già corrente nei Padri apostolici e
Philo, spec. leg. 2,243. negli apologeti, quando usano la formula
113 Cfr. ~ ALT, Gott der Valer. (Barn. 5,7; 14,1; I Clem. 62,2; 2 Clem. 19,4;
174 1 'Ecrllp. 1,12; 4,60; molto frequente in Iust., dial. 57,2; 67,8; 136,3 ecc.).
Flavio Giuseppe: ant. 4,143; 7,342 ecc. J..a- m Per il punto d cfr. STRACK-BILLERBECK 1
-rpEUt 'lta-rtpwv: I Mach. 2,19; manoscritti 918. Testimonianze nella letteratura giudaico-
dei padri: Hen. slav. 33,12; 35,2; Flav. Ios., ellenistica: Bar. 2,34; test. L. 1J.4i Flav. Ios.,
ant. n,24 (fk'3Ma). Nel N.T.: Mt. 23,30.32; ant. u,169; test. Isaac 1,6. Secondo Ber.
Le. 6,23.26; n,47 s. Act. 5,30; 13,36; 15,10; 16 b Bar. soltanto i tre possono essere chia-
28,25; Hebr. 1,1. Degli antenati dei Samari- mati propria.mente 'padri', ma questa è una
tani: Io. 4,20. Dei padri cristiani, intesi spiri- limitazione posteriore che non ebbe corso.
tualmente: 2 Petr. 3,4. 178 Pes. r. 37 (162 b) (STRACK-BILLER»ECK II
11s Ab. 5Ai ]eb. 46 a Bar. (STRACK-BlLLER· 289). Più ampia esemplificazione in STRACK·
BECK I 106); LXX: Bar. 1,19 s. I Mach. 4,9 BILLERJIECK 1 284.918; n 335. In generale:
s.; 4 Esdr. 14,29. Flav. Ios., Ap. l,232.280; STRACK-BILLERDECK I 918. In Sap. 10,1 Ada·
beli. 5.J82 ss. Nel N.T.: i padri in Egitto: mo è chiamato «padre del mondo» con una
Aci. 7,19; 13,17; Hebr. 8,9. La generazione espressione logicamente più appropriata, ma
del deserto: Io. 6,3r.49.58; Act. 7,38 s. 44 s.; non conforme alla mentalità israelitiàl. Quan-
I Cor. ro,r; Hebr. 3,9. Nel discorso di Stefa- to al N.T., in Lc,1.;;5 ~ov~ 7tu:~tptxs -ijµi;)v è
no l'espressione «i nostri padri» (Act. 7M s.) spiegato cosl: Abramo e il suo seme (dr. l,72).
si avvicenda con «i vostri padri» (7,51 s.). Anche Io. 7,22 e Act. 3,25 alludono ad Abra-
Questi ultimi sono gli oppositori. mo. I tre patriarchi: Aci. 3,13; 7,32. Anche
176 Nell'inno di Ecclus 44,1-50,26 i 'ltct-rÉpEc; Paolo in Rom. 9,5; u,28 ha probabilmente
vanno da Enoc (si veda però in 49,16 anche pensato ai patriarchi; egli muove però sem-
Adamo, Sem e Set) fino al gran sacerdote pre da Abramo. Per la promessa fatta ai pa·
Simone. Cfr. Derekh Ere:i: wta l (STRACK- triarchi: Aci. 13,32; 26,6; Rom. 15,8; Barn.
BILLBRBECK II 26), dov~ dopo i patriarchi so- 5,7. ot«fH}X'l] 'ltO'..'t'Épwv: I Mach. 2,20; ass.
no nominati Mosè, Aronne, Finees, David. In Mos. l,17.
ll97 (V ,976) 7t0."t'TJP e Il I-2 (G. Schrenk}
dre in senso pieno e massimo. Egli è nagoga il principio della tradizione se-
il «padre dei padri» 179, il «grande del condo la classica parenesi di Ecclus 8 ,9.
mondo» 180• La sinagoga dice per lo più Il fariseismo è pieno di zelo per la '1tct-
<dl nostro padre Abramo» 181 • La formu- pa8ocnç 't'WV '!t~'t'Épwv 188• Frasi come
la ricorre infinite volte, sempre uguale <mna tradizione possediamo da parte
nello svolgersi di tutta la tradizione at- dei nostri padri» traggono da questa
traverso i secoli 182• Ma Abramo è chia- concezione la loro validità. Ma c'è di
mato anche semplicemente 'padre' sen- più: i padri sono garanti della grazia
za 'nostro'; l'apposizione fa tutt'uno del patto. Ad essi il Signore ha dato la
col suo nome, inseparabilmente 183 • Se- legge, a preferenza di tutti gli altri po-
condo Gen. r 7 '4 egli è anche il padre poli 189. Jahvé è e rimane il Dio del po-
dei popoli 184 • In confronto, Isacco nel- polo in quanto si ricorda delle grazie
la sua qualità di 'padre' è molto più in concesse ai padri 190• I loro meriti attra-
ombra 185• Invece Giacobbe o Israele verso la discendenza carnale guidano il
compare come padre innumerevoli vol- cammino di Israele, che in essi confi-
te 186 da 191 • Essi cancellano le colpe dei di-
scendenti 19Z' servono a far assolvere nel
2. L'importanza dei 'padri' per i Giudei giudizio 193 . La loro intercessione, secon-
do la credenza popolare, ha un successo
L'uso, corrente anche nella grecità, di straordinario 194, le loro preghiere già
chiamare 'padri' gli antenati, acquista un tempo erano infatti efficacissime, e
nel giudaismo un valore eccezionale. Es- ineguagliabili le loro opere 195 . L'invo-
si sono «la roccia della quale sono fat- cazione del Dio dei padri nel culto li-
ti gli Israeliti» 187, incarnano per la si- turgico è quindi l'espressione caratt~ri-
179 test. Isaac rn,9 s. 185 Rom. 9,10 dr. Ber. j. 4,7 a 50 (STRACK-
1
180 S. Det1t. § 38 a n,ro (77 a) (STRACK-BIL· IlILLBRBECK II 699 s .); 4 Mach. 16,20.
LBRBECK I 516). 186 Gen. r. 78 (50 e) (STRACK-BILLBRBBCK I
1s1 Ab. 5,2.3.22; Johanan ben Zakkai (morto 84). Nel N.T. Io. 4,12. Inoltre I Clem. 4,8;
nell'anno 80) in Hag. 14 b (STRACK-BILLBR· Iust., apol. 32,14; i figli di Giacobbe come
BECK I 664); lo stesso in Hag. 2,1 (234) 7ttt't'ÉpEc;: Act. 7,u s . 15.
(STRACK-BILI.ER.Bl!.CK I 189). Altri testi in 187 Ex. r. 15 (76 e) (STRACK-BILLJ!RBECK I
STRACK-BILLERBECK I n6. 733).
1ss Flav. Ios., ant. 13,297. Cfr. Hen. slav. 52,
IBZ Negli scritti giudeo.ellenistici: 4 Mach. 16,
20; 4 Esdr. 2,6; 3,10; test. N. (ebr.) 8,3; Flav. 9 s.: principi, ordini, disposizioni dei padri.
189 Bar. syr. 77,3, cfr. 84,9.
Ios., aflt. 1,158. Nel N.T.: Le. 1,73; Act. 7,
2; Iac. 2,21; cfr. più tardi I Cle111. 31 12 . 1% Le diciotto benedizioni l, recensione babi-
stica di questa religione degli antenati; ta «padri del mondo» 199, si tratta sem-
la formula che sempre vi risuona è: plicemente di una esaltazione esagera-
«]ahvé, Dio nostro e Dio dei nostri pa- ta 200• II titolo del trattato 'Abot mostra
dri», oppure, più raramente: «Dio mio soltanto che questo comune titolo ono-
e Dio dei miei padri» 196 • Questa invo- rifico spetta a un maestro in vista, a
cazione liturgica ha avuto le sue riper- meno che Pirqe 'Abot non significhi
cussioni anche negli scritti giudeo-elle- «sentenze principali». Nella forma allo-
nistici i<n, e sarà usata pure altrove per cutiva 'iibl, aramaico 'abbii', il vocabolo
influsso di quel modo di pregare. non ha mai questo significato 2ill. L'at-
tributo onorifico, strettamente legato al
III. Padre come titolo del maestro nome del maestro, è conferito a mol-
ti 202 • In 4Mach. 7,r.5.9 anche Eleazaro
'Padre' è un comune titolo d'ono- è chiamato 'padre' quale degnissimo e-
re 193• In particolar modo viene appli- sempio, nel martirio, di gloriosa perse-
cato ai rabbini. Questo uso di 'ab, in veranza nell'osservare esattamente la
forma determinata 'abbii', non ha rap- legge. L'uso non è specificamente giu-
porto alcuno con «padri del popolo i- daico 203 •
sraelitico» (-7 coll.r195ss.); qui è piut-
tosto designazione rispettosa di una per- IV. Dio come padre nel giudaismo 204
sona ragguardevole. Esser ha il suo pre-
Già per quanto riguarda il giudai-
cedente veterotestamentario nel nome
di padre .dato in certe circostanze ai smo anteriore a Gesù(~ nn. 209.2ro),
profeti (-7 col. I I 58 ). Cosl il 'ltct:té- è certo che nei secc. I e n a.C. la desi-
pwv i.lµvoc; di Ecclus 44-50 comprende gnazione di Dio come padre pure nel
il nome del sommo sacerdote Simone
(-7 n. 176). Se Shammai, ed anche R. rivolgergli la parola era entrata nell'uso
Jismael e Akiba sono chiamati talvol- corrente,. e non solo in senso nazionale
196 Fra i molti esempi: Ab. 5,20 Ber. ;. 4,7 d, 2.>J Cfr. Ber. b. 16 b ~ n . 177·
28 (STRACK·BILLl!RBl!CK I 741); ibid. 4,8 b,22 201 STRACK-BILLERBBCK I 919.
(STRACK-BILLBRBl!CK Il 54); Joma ;. 5.42 c,7 202 Esempi: STRACK-BILLERBECK I 287, cfr. I
(STRACK-BILLERBECK II 694). Cfr. l'inno di lo- 919.
de di R. Akiba dopo l'hallel della seconda 203 Anche dai Pitagorici il rapporto del mae-
coppa: Pes. ro,6. La prima delle diciotto be- stro col discepolo è inteso come rapporto di
11edizioni nella recensione palestinese dice: un padre col figlio, cfr. Giamblico in DIELS 6
«Benedetto sii tu, Jahvé, Dio nostro e Dio 1 471,25. Secondo Epict., diss. 3,22,82, il cini-
dei nostri padri... nostro scudo e scudo dei co muove rimproveri alla gente come un pa-
nostri padri>}; ibid. 17 il ringraziamento. dre e fratello a servizio del xowbi; mt.'tTJP
197 1'EO'!ip.4,62; Tob. 8,5; Sap. 9,1; 3 Mach. ~eus. mt'tlJP per i misti di primo grado: ~
7,16; 4 Mach. 12,17. Nel N.T. la formula si n. 40. Come pastore d'anime in Paolo ~ D
trova specialmente negli Atti degli Apostoli: m 2 b. In Giustino ·e Clemente Alessandrino
3,13; 5,30; 7,32; 22,14. il fondatore di una scuola filosofica o di un si-
193 ~ col. 1118. In 2 Mach. 14,37 un amico stema gnostico è chiamato TCa:d1p -rou Myov,
del popolo di buoni sentimenti è chiamato ,;l)ç a.tpfoEwç: Iust., dia/. 2,2; 35,6; Clem.
«padre dei Giudei», Cfr. F1av. los., a11t.17,45: Al., prot. 5,66,4 (GCS :12,50,28) cfr. 2,13,5
TC(l.'tlJP X(J.t EÒEpyfrr1ç (del re). Policarpo più (GCS 12,12,16).
tardi è chiamato dalla folla: ~ mx:dip 'tWV 2<>I Cfr. DALMAN, Worte ]. I 150-159.296-304;
Xpt<r-rLa.vwv (mart. Polyc. 12,2). ~ MOORE li 201-2II; STRACK-BILLERBECK I
199 Ed. I,4. Cfr. STRACK-BILLBRl!BCK I 918. 392-396; ~ MARMORSTRIN 56-62.
1201 (v,977) 1tct-ti}p e IV I a (G. Schrenk) (v,978) i202
collettivo, bensl anche individuale. Che munità del popolo. La più importante
a rafforzare questa idea nel giudaismo differenza rispetto al mondo greco e in
generale agli antichi consiste in questo,
contribuisse la stessa civiltà ellenistica, che un ebreo autentico, educato .sul-
si comprende facilmente se si pensa al- l'A.T., non parla di 'padre del mondo',
lo straordinario influsso esercitato dal ma dicendo 'padre' ha in mente l'atteg-
giamento di Dio verso il popolo del
Timeo di Platone, evidente anche in
'patto'. Si tratta del rapporto stretta-
Giustino. Solo che - e occorre segnalar- mente personale verso la comunità na-
lo - in Palestina l'accentuazione non è zionale e verso i singoli suoi membri 2ll6.
Come dimost1·a l'esegesi rabbinica, fra
cosmico-genealogica (come in Filone),
i passi veterotestamentari Deut. 32,6 e
ma nettamente teocratico-nazionale 205 • Is. 63,I6 sono quelli che in modo tut-
Se a partire dalla fine del primo secolo to particolare hanno promosso l'uso re-
d.C. l'uso religioso del termine 'padre' ligioso del nome 'padre' 207 • S'intende
con questa formula non il potere pro-
diviene nella sinagoga ancor più fre- creatore di Dio e ancor meno la 'divi-
quente, questa preferenza sembra cre- nità' in senso astt·atto come principio
scere tra il secondo e il quarto secolo. cosmico, ma la sua paternità come at-
teggiamento, sentimento e azione 2ll3,
Le attuali liturgie giudaiche ne recano principalmente nella cura e protezione
ancora i segni. Ci può essere qui un re- che egli ha del suo popolo (3 Mach. 7,
ciproco influsso tra giudaismo e cristia- 6). Nel giudaismo l'idea del 'padre uni-
versale' risale invece sempre ad 'in.flus-
nesimo. Fu inevitabile chiedersi a qua-
si ellenistici, ad es. in Flavio Giuseppe
le dei due vada attribuito maggior di- (~ n. 49 ). Una eccezione come Midr.
ritto a tale uso, tanto più che il cristia- Prov. Io,r: «Padre di tutto il mondo»
non fa che confermare la regola vigente
nesimo primitivo lo arricchi di un con-
per la sinagoga. Non mancano per vero
tenuto nuovo. in altri passi esptessioni rabbiniche che
indicano Dio mettendo in forte risalto
r . Differenze rispetto alla cosmologia il suo atteggiamento verso il mondo, ma
greca allora si dice: «signore del mondo», op-
pure «colui che parlò e il mondo fu»,
a) Padre non in quanto procrea il oppure «l'onnipotenza». Usando l'im-
mondo, ma in quanto provvede alla co- magine del padre si circoscrive invece
.ws Con questa riserva l'osservazione di . E. Cfr. ~ MooRE 11 2.03 s. Lo stesso motivo:
WECHSSLER, Hellas im Ev.1 (1947) 324 s. è Jub.1,24 s. 28; 2,20; 19,29; 3 Mnch.7,6; Flav.
giusta. los., a11t. ,5,93. .
W6 Dio, il padre del figlio suo Israele: è que- 207 Per Detti. 32,6 cfr. Tg. O. ad l. (STRACK-
sto un tema corrente nei targumim e nei rili- BILLERBECK 1 393); Ber. b. 35 a (STRACK-BtL-
drashim: Tg. ]. 1 a Deut. 32,6 (STRACK-BIL- LERDECK 1 686); per Is. 63,16: Shnbb. 89 b
LERBECK I 393); Tg. Jer. 31,9 (ibid. 111 15); (STRACK·BILLERDECK I 120 s.). Il concetto
Mek. Ex. a 12,1 (2 a) (ibid. I 643); Midr. «Dio, padre nostro» nella letteratura giudaico-
Cani. 2,16 (102 b) (ibid. l 394); Deut. r. 2 ellenistica: Tob. x3,4; Sib. 3,726; apoc. Mos.
(199 e) (ibid. II 29); Nt1111. r. 17 in principio 35; apoc. Sedrah 9,2.
(ibid. J 394); Ex. r. 32 (93 e) (ibid. t 393). 20g Cfr. ~ GYLLENDERG .5.5 s.
i203 (v,978) 1trl:i:+,p e IV I a-b (G. Schrenk) (v,979) 1204
209 Ecclt1s 23,1.4; 51,10. In Ecclus 23,1 al XV· empi 0.1t6Toµoç ~llO'tÀEUç.
p~& 1l'a'tEP segue xiiL Sfo"ltO't<t l;w-li; µ.o11. In- 211 Per la definizione di OEO"'lt6-tl)t; cfr. Hdt.
vece di lì~cmoTa, il cod. A t ha i>EÉ, e cosl an- 7,104. Per mx.T'i)p xal. lìE0'1tO't'J}ç: Flav. Ios.,
che in 23A (RAHLFS): xupit ·mhEp xat i>Ek ant. prooem. 20; ont. _5,93; Ap. 2,174. Cft.
l;wijç µou. Secondo P. KATZ, Philo's Bible ScHLATTER, ]os. 15; In., Theol. d. ]t1dt. 24 s.
(1950) 152, &É è qui sempre una forma se- Uguale associazione ricorre frequentemente in
condaria. Per Ecclt1s 51,10: bttxaì..tuaµ-riv Giustino: apol. 12,9; 32,10; 36,2 ecc. Simil-
xvpLOV ,.;a-.Éptt xuplov µou dr. R. SMEND, mente dial. 139>4· Anche mart. Polyc. 14,1;
Die Weisheit des Jes11s Sirach erkliirt (1906) i9,2. Clem. AI., strom. 7,3,x6,6 (GCS 17,12,
500 s. N. PETERS, Sir. (1913) ad I. Smend 21 ) : ò 1t!X.V~«O'L).Eùç xal 1t«VTOXpa-.wp 'lta·
legge (contro DALMAN, Worte J. I 151) non, 't'fip.
come i LXX e la versione siriaca, un accusa- 212 Shemone Esre, recensione babilonese, sup-
tivo, ma un vocativo 'àb1 e rimanda al Ps.89, plica 5. Nelle suppliche 4.6 la recensione pa-
27 come a base. (Se il passo risale al Ps. no, lestinese ha 'àb1nll (W. S'l'ARK, Alt;ì.idische li-
1 e quindi alla sua interpretazione cristiana, t11rgische GebeJe [1930] n), cosl anche la
allora è di seconda mano. Il più semplice ri· recensione babilonese nella supplica 6. In Ber.
stabilimento del testo è xupwv [P. KATZ]). b. 11 b la benedizione 'ahaba rabba (STARK,
m Tob.13'4: 'lta"tf,p accanto a xvptoç e ilt6ç; op. cit. 6): 'ab1nu malkentJ. Cfr. prima di tut-
J Mach. 5,7 accanto a 'lt(l.'\l'tOXpa-.wp xvpLoç to il frequentissimo <<nostro padre, nostro re»
ed H .Ei]µwv l>eoc;. Sap. n,10: Dio era nel nella preghiera di capodanno 'ab1nll malkentl
tempo del deserto 11rx.·d1p vouDE'tWV, per gli (STii.RK, op. cit. 27-29, cfr. STRACK·BILLERBECK
1205 (V,979) 1ta:tfip e IV l b-2 (G. Schrenk)
E se tanto la tarda Stoa quanto la Gno- al 70. «Israele e il suo padre nel cie-
si furono aperte a questa sintesi, ciò lo» 214 è un'espressione particolarmente
non avrà potuto che favorire la propen- in voga. Nella sua forma individuale:
sione a tale formula nel tardo giudai- «padre mio nel cielo», è messa in bocca
smo. L'unione dei due titoli rigorosa- a un orante di quel tempo come invoca-
mente riferiti al popolo preservò nel zione 215 • Che cosa significa «nei cieli»?
giudaismo il concetto religioso di pa- La frase non implica certo un cont.enu-
dre da quelle sdolcinature che procedo- to speculativo sul Dio lontano della
no sempre di pari passo con il miscono- trascendenza. Vuole semplicemente e-
scimento della santità di Dio. Una fra- scludere ogni confusione col padre ter-
se leziosa nel rivolgersi a Dio come a reno e indicare il padre celeste come
padre quale si legge nello scritto Giu- l'Altissimo, colui che sta al di sopra di
seppe e Aseneth 12,14 resta un fatto ogni terrena paternità. Ciò risulta pie-
isolato. namente evidente da S. Deut. § 48 a
216
II ,22 con l'esplicita distinzione: «suo
2. Il Padre nei cieli 213 padre sulla terra» e «suo padre che è
nel cielo}>. Questa spiegazione tradizio-
'ab iebbaHàma;im nell'apocalittica e nale e in realtà esatta 217 richiede però
negli altri pseudepigrafì veterotestamen- di essere integrata. Affermatasi salda-
tari non è documentato. È però una del- mente proprio con l'anno 70, la formu-
le locuzioni molto usate - anche se non è la si rivela assai atta a far risaltare che
la più corrente - per designare Dio nella le realtà del cielo possono diventare nel
sinagoga palestinese. Se ne trovano le te- momento attuale in senso stretto un
stimonianze a partire dalla fìne del pri- compenso a ciò che fu distrutto 1n ter-
mo secolo d .C. Grazie all'influsso di Mt. ra (~ n. 2r5). È vero che non tutti
nella chiesa, essa diventa un anello di erano d'accordo riel darle ques~o· signi-
congiunzione fra sinagoga e cristianesi- ficato ispirato alle contingenzç stori-
mo primitivo. Secondo la tradizione la che 218, ma appare .continuamente chè
formula è usata dai rabbini già intorno l'espressione anche in alfri sèttciri è va·
I 10.175.421). Akiba (morto verso il 135) se- nere il tuo tempio e resti indifferente e tran-
condo Taan. b. 25 b (STRACK-BILLERBECK I quillo». R. Eliezer (verso il 90) in Sola 9,15
421) in una liturgia penitenziale pronunzia (STRACK-BILLERBECK I 395 s .): «Da quando
l'inizio di questa preghiera. L'accostamento di il tempio è stato distrutto, i dotti sono con-
re e padre si trova già nella preghiera di Elea- fusi, nascondono il loro capo... A chi dobbia-
zar'o in J Mach. 6,2-4. mo noi appoggiarci? AI padre nostro in de·
213 Bibliografia ~ n. 204. lo».
214 _Cfr, Mek. Ex. 12,2 (3 b); Sanh. b. 42 a; 216 STRACK-BILLERJlECK I 39.5·
Midr. Est., intr. (82 a); T. Shabb. x3,5 (x29); 217 Cfr. DALMAN, Worte ]. I 152; ~ MooRB
Sota 9,15 (STRACK-BILLER1lECK I 207.2r9.j67 II 20:;; STRACK-BILLERDECK I 393; SCHLAT·
in basso, 396 in alto). TER, Jos. r 4 s. Anche lgn., Rom. prooem. e
21s R. Johanan ben Zakkai (morto verso l'an- Clem. Al., paed. 3,12,101,3 (GCS 12,291·,18)
no 80) in Mek. Ex. a 20,25 {81 a) (STRACK- hanno inteso cosi il 1t<t'f~P illjiLo"toc;.
BILLERJ!ECK I 283): «Le pietre (dell'altare, 21s Cosi in Ber. b. 32 b (STRACK-BILLURBECK I
Deut. 27,6) fanno nascere la pace fra Israele 456) R. Eleazar (verso il 270) può dire pili
e il padre suo in cielo». R. Sadoq (verso il tardi: «Dal giorno in cui il tempio fu di-
70) in Seder Eliiiahu r. 28 (149) (STRACK-BIL- strutto, un muro di ferro costituisce una pa·
LER1lECK 1 394): «Padre mio, che sei in cielo, rete divisoria fra Israele e il padre suo in
tu hai distrutto la tua città e ridotto in ce- cielo».
1207 (v,980) 7tll'tlJP e IV 2 (G. Schrenk)
lorizzata come antitesi alla situazione alla legge 222, ai quali è concesso di ave-
terrena e, in certe circostanze, lo sguar- re un rapporto spiccatamente intimo
do rivolto al padre nel mondo celeste con Dio 223 • Si riscontrano però anche
diventa contrappeso e consolazione, per passi per i quali non si può dare una
esempio, della schiavitù politica 219 • Fon- giustificazione di tal genere. Gesù dun-
damentale nell'uso della formula rima- que non è affatto il primo a concepire
ne la concezione: «Israele e il padre il rapporto col Padre celeste sul piano
suo nel cielo» (~ n. 214). In Ber. b. individuale, anche se è fuori di discus-
29 b, Abaje (morto nel 338/39) sinte- sione che il contenuto che egli vi annet-
tizza cosl il principio di questo modo te è incomparabilmente diverso. La le-
di intendere collettivo: «L'uomo deve gittimità di trasferire ai singoli ciò che
sempre nelle sue preghiere sentirsi uno è riconosciuto alla comunità di Israele
con la totalità». Si incontra però anche con la parola 'padre' si basa su enun-
la formulazione individuale: «mio, tuo, ciati veterotestamentari 224 • Naturalmen-
suo padre nel cielo» 220 , ed egualmente te ognuno vi ha parte solo in quanto è
in tutte le epoche, da quando nel Sira- membro del popolo del 'patto'.
cide è stata enunciata una simile affer- Di uso corrente è anche la formula:
mazione su Dio come padre del singo- «davanti al Padre (che è) nel cielo», che
lo (~ n. 209). Tuttavia questi casi ri- esprime l'atteggiamento di Israele nella
mangono una minoranza in confronto preghiera 225 • Si dice pure volentieri:
alla frequenza di «padre nostro». La «volgere il cuore al Padre nel cielo»,
forma riferita al singolo figura soprat- «sottomettere a lui il proprio cuore» 22x1.
tutto per personaggi che hanno una po-
sizione particolare nella storia della ri-
velazione 221 o che si distinguono per
una condotta perfettamente conforme
219 Lev. T. 23 (122 a) (STRACK-BILLERBECK I che in Sap. 2,16 (cfr. 2,13.18) Dio è padre del
771): «Benché si riscuotano dagli Israeliti tri· giusto designato come 'lt«~c; xup(ou e u!l>c;
buti in natura e in lavoro, il loro cuore è ri- l>eov; e l'empio glielo ascrive a vanteria. Cfr.
volto al loro padre in cielo». Cfr. (nella sto- Plutarco -+ n . .54· Qui come là è presente
ria della salvezza) lo sguardo dì Mosè orante l'etica del merito.
rivolto al mondo di lassù: R.H. 3,8 (STRACK· m A proposito di «mio Dio» o «nostro Dio»,
BILLERJ!ECK I 395). la questione è discussa dai discepoli di Ga-
220 Esempi di quest'uso, attribuiti a rabbini maliele II (verso il 90) in un momento di peri-
fra il 70 e il 200: «Mio padre in cielo»: R. colo; cfr. BACHER, Tannaiten 1 I 94,2 (STRACK·
Sadoq .-+ n. 215 (verso il 70); S. Lev. 20,26 BILLERBECK I 410 a). Essi giudicano che egli
(374 a) (STRACK-BILLJ!RllECK I 176) (verso il dovrebbe dire la prima formula. Anche nel
100); Mek. Ex. 20,6 {75 b) (STRACK·BILLER- passo dell'Ecclesiastico--> n. 209, il giusto, po-
BECK I 345) (verso il l6o). «Tuo padre in nendosi contro l'empio, dice 'lt6.~Ep.
cielo»: Ab. 5,20 (STRACK-BILLERBJ!CK I 395) 224 Già i Babilonesi pensano a un rapporto
(prima del 200). «Suo padre in cielo»: T. del singolo con la divinità, cfr. --> BAUDIS·
Ht1/. 2,24 (503) (STRACK·BILLERBECK I 36) SIN, Kyrios m 360.
(verso il 90); S. De11t. § 48 a 11,22 (84 b)--> 225 Tg. f. I a Ex. I,19 (STRACK·BILLBRllECK I
col. 1206; Kil. 9,8 (verso il 190) (DALMAN, 396); Qaddish II 3 a; Qadd;sh dei Rabbini
Wor/e ]. I 154) 3 b (STiiRK, op. cit. [ ~ n . 212] _31).
221 Cfr. MAcHZOR VITRY (189y1897) 342 in 226 Ber. .5,1; ]om. 76 a (STllACK-BILLERDJ!CK l
DALMAN, Worte f. I 154. 421). Per la frase: «fare la volontà del padre
m Testi in STRACK·BILLERBBCK I 394 s. An· (che è) in cieh>-+ IV, col. 288.
1tl1.'tfip e IV 3-4 (G. Schrenk)
227 GCS 12,143,21, cfr. K. HOLL, Das Apo- Rigveda 4,5 in riferimento a Indra.
krypho11 Et., in: Aus Schrift und Geschichte 229 STRACK-BILLERBECK I 410.
= Theologische Abh. fiir A. Schlatter (1922) 230 Cfr. STRACK-BILLERBECK u 50. La frase:
88-98. «'padre mio' dovreste chiamarmi» cli T anh.
22ll«Padre nostro» riferito a Dio non è certo msprjm 97 b (STRACK-BILLERBECK I 393) si
una novità nella storia delle religioni. Cfr. riferisce a Israele; è lui che ha da parlare cosl ,
Rigveda 1,90,7 con riferimento a Dyaus pitA: 231 Cfr. la significativa glossa cli Ex. r. 46
<di cielo nostro padre»; Rigveda 6,73,1 con (101 b) (STRACK-BILLERBECK II 216); «Quan-
riferimento a Brihaspati, il signore della pre· do vi vedete nel bisogno, chiamatemi: 'Padre
ghiera o della magia; negli inni Valakhilya cli nostro'» .
ltlX'tTJP e 4-D I I (G. Schrenk)
tessuto misto «devia e fa deviare da sé zogna (~ m , coll. 588 ss.), Gesù mette
il padre suo nel cielo». Come dunque in valore il senso primordiale e divino
l'esigenza che la legge sia scrupolosa-
della prescrizione della Torà. Perciò in-
mente adempiuta non resta in fondo
propriamente collegata a questo nome siste anche con forza sull'obbligatorietà
di padre, cosl avviene anche della fede del comandamento di onorare i genito-
nella ricompensa: T. Pea 4,2r (24) 212 : ri (Mc. ro,r9 par.). La prassi consuetu-
«Beneficenza e opere di carità fungono
da intercessori_ e promuovono pace fra dinaria, quando annulla questo dovere,
Israele e il padre suo nel cielo!». Persi- diventa ipocrisia e delitto (Mc.7,ro-r3;
no il tempio distrutto ha il potere di Mt. 15,4-7 233 ; ~ xop~éi.v v, coll. 870
separare Israele dal Padre (Ber. b. 32 b,
~ n. 2r8). La formula perde il suo ss.). Per maggiori particolari circa una
mordente in quanto non è affatto e- visione affettuosa del rapporto fra geni-
spressione di una paternità di Dio pre- tori e figli cfr. Mc. 5>40 par. Le. 8,5r;
sa veramente sul serio e radicalmente
intesa. Essa appare come appiccicata al Mc. 9,r4-29 par. Mt. 17 , 14-21 e Le. 9,
sistema del tutto diverso di una legge 37-43 (cfr. Io. 4,46-53).
concepita proprio in contrasto con il A questo incondizionato riconosci-
carattere incondizionato della paternità. mento del comando di onorare i genito-
Ciò che Israele possiede nel nome di
padre mira a una valorizzazione che va ri si contrappongono in maniera evi-
incomparabilmente pit1 nel profondo, dente quelle parole che pongono la se-
si eleva al di sopra di ogni semplice for- quela dovuta a Gesù al di sopra di ogni
mula, non è più legato a un qualsiasi
merito, né è semplicemente appannag- obbligo di pietà filiale. La coesistenza
gio di una élite o di un dottore insigne, dei due principi deve essere considera-
né dipende soltanto dalla spinta del bi- ta come nota caratteristica dell'insegna-
sogno o dal venir meno di garanziè cul-
tuali. Le pietre per la costruzione ci so- mento di Gesù. Egli non svincola i suoi
no, ma lo spirito di una vera fede nel da questa inaudita tensione che, ove
Padre manca ancora. non si miri adeguatamente alla legitti-
mità della sovranità di Dio, conduce a
D. PADRE NEL N.T.
un riprovevole compromesso. Ricono-
I. Padre' per Gesù, secondo i sinottici
1 scere come giusto il comando di onora-
re i genitori salvaguarda i discepoli dal
1. L'onore al padre terreno e i suoi minimizzare per un crudele fanatismo
limiti uno dei più elementari voleri divini.
Contro l'intricata casistica legale, che D'altra parte l'invito di Gesù a seguir-
cosl facilmente si fa alleata della men- lo li premunisce dall'indebolire per una
232 STRACK-BILLERBECK Il 561 s. logo secondo Deut. 5,16 ( = Ex. 20,12) dei
LXX, in Mc. 7,10 (par. Mt. IJA) secondo Ex.
233 Il castigo di Dio per il xaxoÀo-yEL'V con- 21,16 d ei LXX; dr. Lev. 20,9. Non è usato
tro i genitori è citato in Mc. 10,r 9 dal D eca· il più debole a-rLµa!;EL'V di De11t. 27,16.
'lta"ttJP D 1 r (G. Schrenk)
falsa pietà familiare la loro opzione per è essenziale (--> col. 1215). Tutto que-
il Cristo. La pretesa assoluta di Gesù a sto vale anche per Mt. 8,21 s.; Le. 9,59
un amore che sia al di sopra di ogni le- s. Quando Gesù non lascia che il disce-
game con la famiglia è il denominatore polo, appigliandosi a un dovere di pie-
comune di tutte le formule di questo tà filiale, eviti di seguirlo con deci-
secondo gruppo. Per l'&stoc; di Mt. lo, sione, c'è in gioco qualcosa di più
37 --> r, col. Io16. Per il caso in cui si che un affare di vita privata; si tratta
tratta di abbandonare il padre ~VEXEV dell'annunzio della ~IXC1tÀ.Ela. (Lc.9,60).
-rou ȵov 6v6µa-toc; si veda Mt. 19,29, La questione non è di praticare o non
dr. Mc. Io,29. Il gesto riceve una pro- praticare la pietà filiale ma di seppellire
messa inattesa. In Mc. l0,29 s. la bene- dei morti e per questo lasciarsi sfuggire
dizione per l'oggi è messa ancor più in il messaggio salvifico 235 • La rudezza di
rilievo che il valore dell'atto per il de- questa esigenza, che, nel caso in cui sia
stino eterno. Come, secondo Mc. lo,7; in pericolo il legame con Gesù, ignora
Mt. r9,I5, quando si abbandona il pa- inflessibilmente il costume - del tutto
dre e la madre per contrarre matrimo- in contrasto con la mentalità giudaica 236
nio, in base a Gen. 2,24, si instaura 234 -, non ammette smussature di sorta.
un nuovo ordine di vita, cosi la seque- L'energica espressione di Le. 14,26 ri-
la di Gesù, quando essa conduce a la- chiede al discepolo un µtcrEi:V che in-
sciare i genitori, costituisce un ordine veste il padre, tutti i congiunti, persino
nuovo e più alto, al di sopra dell'ordi- la propria vita. Conforme al significato
ne naturale, peraltro non contestato. E di iiine' (--> vu, coll. 341 s.) si tratta
se ne consegue una decurtazione nei di- di una figura retorica, da interpretare
ritti dei genito.d , essa è richiesta da una nel senso di posporre 237 ; la sua taglien-
vocazione particolare, ed è ben diversa te crudezza dipende dall'esperienza di
da quella operata per astuzia e sotto quanto sia duro lo strappo. Poiché il
pretesto pseudoreligioso (abuso del µt<rE~V è riferito anche alla propria vi-
qorban ); la prospettiva escatologica vi ta, è chiaro che Gesù intende questo
238 Epict., diss. 3,3,5-7 esige dallo stoico una 2-10 Cfr. SCHLATTER, Komm. Lk. 153: la situa-
risolutezza del genere, che va preposta ad zione della gioventù alla fine dell'epoca ero-
ogni parentela: oMièv tµoL xat -.<iJ 1m:tpl, diana.
rXÀ.À.à -.fil ayal>éi>. Se il padre dice: 1tU:t1)p 241 Attenuando l'espressione, in Mc. 1,20 si
uov dµl, bisogna rispondere: rXÀ.À.'oòx «iy~ dice che i figli di Zebedeo lasciano il padre
iMv. Qui ha la priorità una astrazipne filoso- con i garzoni.
fica neutra, il bene, là la sequela offerta dal 242 Per CjlV'tEVEL'll, CflV'tEltX (nella vigna o nel
Cristo. gi11.rdino della casa paterna) in Mt. 15,13, dr.
219 Hen. aeth. 99,5; 100,1 s.; Iub. 23,16; Bar. Ign., Phld. .3,1; Tr. xr ,x.
syr. 70,6; Sanh. 97 a. Cfr. WBLLHAUSEN, Mk. 243 Sul diritto ereditarifr rabbinico-talmudico
109. cfr. STRACK-BILLERBECK III 545-553 (special-
'lta.-rT)p D 12 a (G. Schrenk)
nua a considerare tali beni come ap- sideratamente dalla comunione familia-
partenenti al padre, alla pari di· prima re 244 • Nella sua sconsideratezza egli ri-
(cfr. anche v. 30: CTOV 'tÒv Blov, «i tuoi duce 'tà ȵa del padre (v . 3 r) in "~
averi»). Fino a che questi vive, i figli CTa. È questa la base su cui poggia ogni
non hanno nulla in proprio. Il figlio mi- interpretazione della parabola. Il pec-
nore, esigendo bruscamentè la sua par- cato consiste nell'abbandonare Ja casa
te, viola questo principio fondamenta- paterna per servire se stesso e gozzovi-
le. La sua richiesta costituisce una pre• gliare, a spese del padre 245 , con ciò che
suntuosa eccezione. Dicendo 66c; µot 'tÒ è stato liberamente donato. La conver-
È1t~BcH.Àov µÉpoc; 'tfjc; ovO"lac;, «dammi sione è un ritorno alla comunione di
Ja parte dei beni che mi spetta» ( v. l2 ), famiglia e di lavoro con lui.
egli disconosce per giunta anche il di- Questa componente plastica del pa-
ritto paterno a usufruire dei beni del triarcato deve essere tenuta ben pre-
figlio. La sua è una colpa di caparbia sente ogni volta che nel N.T. viene in-
emancipazione, è un voler uscire scon- trodotta la figura del padre. È proprio
mente dal punto di vista del testamento); S. to del figlio maggiore sia dalla massima pro-
KRAUSS, Talmudische Archiiologie m (1912) nunciata dal padre (15,31). È da preferire
189; M. BLOCH, Mosaisch-tal11111disches Erb· quindi l'interpretazione (dr. NABER, RABEI.,
recbt (1890); M. GuTTMANN, Mafteach ha- KRELLER, opp. ciii.) secondo la quale qui si
Talmud r (1906) 33 s.; S. BrALOBLOCKI, art. tratta di una prassi di diritto popolare greco-
'Erbrecht im Talmud': EJ vr 703-711. Filone giudaico che non si può chiarire solo attra·
e il diritto ereditario (cfr. spec. leg. 2,133 s.): verso paralleli rabbinici. Già nel diritto in-
I. HEINEMANN, Philot1s gr. rmd jiidische Bil· digeno aveva luogo, in determinate circostan·
tlung (1932) 320-J29; E.R. GoonENOUGH, The zc, una 'estromissione', ossia un trapasso an-
]urispmdence o/ tbe }ewish Co11rls it1 Egypt ticipato di parte dell'eredità, con efficacia im-
tts described by Philo ]11dae11s (1929). Per il mediata. Ma anche in questo caso. si soleva li-.
diritto ereditario nei papiri: L. MrrTEIS, mitare la portata dell'accordo, riserva~dosi
Reichsrecht 11nd Volksrecht (1891); H. KRm.- l'usufrutto. Nella parabola dunque il padre
1.ER, Erbrechtliche Untersuch11nge11 a11/ Grtmd procede per via eccezionale: egli rinuncia al-
der Papyrusurkrmden (19l9). Per Le. 15,12 l'usufrutto dell'appezzamento ceduto, che il
dr. KRELLER, op. cit. 205-208.214; J.C. NA- figlio minore vende. La situazione del figlio
DER, Observatiunct1lae de iure Romano; Mne- maggiore, finché vive il padre, non subisce al-
mosyne, Nova Series 34 ( 1906) 64-72, spe· cun mutamento. Un parallelo del v1-vn se-
cialmente 66; P. RABEL, Elterliche Teilrmg colo si riscontra in P. Oxy. 1 1JI: un padre
in: Festschr. zur 49. Versammlung deutscher ebreo assegna in vita al figlio minore David
Philologen und Schulmanner (1907) 521 ss. la terra della madre e poi in morte Io dichia-
532. Il 6~ELÀE'll di Le. 15,12 intende eviden- ra per la massima parte cosl liquidato.
temente una assçgnazione dell'eredità fotta 244 La questione se la condiscendenza del pa·
mentre il padre è ancora in vita, come ·avve- dre verso il figlio. minore dal punto di vista
niva nelle libere donazioni (mallii11a, aramai- pedagogico sia un comportamento giusto, non
.:-o matlanla', malt'na'). Ma talì disposizioni rientrn nella competenza dell'ermeneuta. La
di f.11h1 avevano valore soltanto alla morte parabola è qui determinata in anticipo dalla
del d<.>natore. Fino allora questi ne godeva sua interpretazione: in un primo tempo Dio
l'intero reddito. In Le. 15 invece una masse· lascia andare il peccatore per la propria stra-
ria di Galilea viene spartita in modo che il da; se vuo1 commettere deliberatamente una
più giovane dei figli può disporre immedia- colpa, non può trattenerlo.
tamente delb sua aliquota. Il padre dunque 245 Cfr. apoc. Sedrah 6,4, a proposito di A-
rinuncia all'usufrutto di questa parte. E tut· damo: «Egli prese il mio, e mi è divenuto
tavia l'economia domestica patriarcale viene nemico». In 6,4-7 quattro volte : «Piantar in
posta in costante rilievo sia dall'atteggiamen- asso il padre».
m1i:i)p D 2 a-b (G . Schrenk)
246 Cfr. -+ BERNOULLI 222. La controversia TURNER, Tbc Oidest Ma1111script o/ the Vul-
sul valore di «Padre e Signore» in Gesù, ve n- gata Gospels (1931) xxxv s.; T.W. MANSON :
ne a poco a poco appianandosi per il fatto Bulletin of John Rylands Library 26 ( 1941 J
che fu superata la difficoltà iniziale costituita 1 l4-n6; In., Entry into Membership of tbe
dall'antica concezione della paternità. Early Ch11rch: JThSt 48 (1947) 29; J. }ERE-
247 L'<i~~fi ò 1tcni)p di Mc. i4,36 è inteso, MIAS, in un lavoro di prossima pubblicazio·
anche nella sua parte greca, come un vocati- ne intitolato Kennzeichen der ipsissima vox
vo. Cfr. Mt. u,26; Le. 10,;zi; Io. 17,:n.2+ È ]esu ha dimostrato che l'allocutivo 'abbi'l ri-
improbabile che la doppia formula sia soltan· volto a Dio, senza suffisso e senza l'aggiunta
to una. occasionale traduzione compiuta da <mei cieli», non ha precedenti testimonianze
Marco e Paolo. In realtà la sua forma bilin- in tutta la letteratura giudaica. T g. lob 34 136
gue può testimoniare un uso liturgico della ms. del 1238 (LEVY, Chald. Wort 1 1; cfr.
primitiva comunità composta di elementi lin- STRACK-BILLERBECK 11 50) ~ 1, col. 17 n. 5
guisticamente eterogenei. Interpretazione ana- è una variante del tutto tardiva. È pure
loga in LOHMEYER, Mk. a 14,36. un'addizione tardiva Lev. r . 32 a 24,10 -+
24
~ G. KITTEL si è scostato dall'opinione da
1, col. 17 n . 6. Cfr.-_DALMAN, W orte ] . 1 154.
lui sostenuta in -+ I, col. 15, che anche 249 Cfr. E. LITTMANN, A11redeforme11 in erwei-
STRACK-BILLERI!ECK 11 49 condivide: ID., Dir terter Bedeuttmg: NGG 1916 (1916) 94·1 u .
Religionsgeschichte und das Urchr. ( 1932) 73. 250 Per 'abba' come voce del linguaggio in-
92-95.146 n. 214; lo., Lexicographia Sacra : fantile cfr. Taan. b. 23 b (r sec. a.C.) in L.
Deutsche Thcologie 5 ( 1938) 97 s. Per ulte- LmPOLDT, ]es11 Verbaltnis t.11 ] uden tmd
riore bibliografia vedi DAtMAN, \'Vorte ] . I Griechen (1941) lJ6 s. Inoltre J , ]EREMIAS
154.157.302; DALMAN, Gr.' § 14,7 d.f (90 s. (-+ n. 248). Cfr. anche Ber. b. 40 a; Sanh. b.
90 n. r. 198); ZAHN, Rom. 396 n. 93; C.H. 70 b, dr. DALMAN, WI orte ]. I 30<2'.
7tr.t.TTJP Dr 2 b-c a (G. Schrenk)
231 L'invocazione 7thep o &.~~ii, (ò) 'lttt-ciJp, 146,1 e 3. Nell'ambiente ellenistico è molto
r.6:tEp 1-~ov, si incontra in bocca a Gesù nei frequente (Flnv. los., ani. 16,u9; bell.4,628).
qunttro vangeli 19 volte, se si contano nnche Ricorre molto spesso nel Corpus Hermeticum,
i passi paralleli. Nel 'grido di giubilo': ?tci.-cEp ad es. 4,3; ro,5; n,7.
Ml. II,25 ; Le. ro,21, dove tuttavia è accom- 25? DALMAN, \Varie }. i 57 ha posto in dub·
pagnato da ò 7ttt-c1)p. Al Getsemani: Mc. r4, bio questo modo di esprimersi solo circa l'uso
36: à.~~ci ò 7ta..-c1)p; Mt. 26,39: 7t6:tep µov (À. fattone da Gesù nella preghiera. ~ WmNEL
Orig.J; 26,42: 7t6.np J.10u; Le. 22>42: 7t6.,'tep. 124 attribuisce la locuzione esclusivamente a
Sulln croce: Le. 23,3+46 ha due volte 7t&.-.ep. Matteo; anche ~ GRUNDMANN, il quale ritie·
Lo stesso vocativo nel Vangelo di Giovanni ne che Matteo · abbia sistematicamente ade·
5 volte: 11,4r; 12,27.28; 17,1.5. Con li.yLE: guato l'uso linguistico di Gesù nlle consuetu-
r7,11 e due volte 'ittt-ci]p come allocutivo: dini giudaiche.
17,2r.24. 7tttT{jp con OtXrJ.~E: 17,25. Il sem· m ù\jlt<T'tov è nffine 11 oùpCT.vol (dr. Le. 2,r4;
plicc 7t6.-cEp corrisponde anche all'usuale mo· 19,38; Mc. u,rn; Mt. 21,9). Luca dcl resto
do greco con cui un figlio si rivolge al padre. predilige questo solenne epiteto di Dio ( r,
Cfr. Epict., diss. 1,26,5; Tob. 5,1; Flav. Ios., 32.35.76; Aci. ?.48).
ant. 6 1 127; 16,105; beli. 1,62r. Non si incontra 254 Questo 'da' invece di 'in' (BL.-DEBR. §
affatto nel N.T. w mi-cÉp, cfr. BL..DEBR. § 437) non va spiegato come impronta marcio·
1223 (v,986) 7ta-rfip D l 2 ca (G. Schrenk) (v,986) 122.j
ÙµW\I O ÈV 'tOLç OVpet.Voi:ç Ot_;HJ"EL) fa sup- questi termini: risulta da Matteo stes-
porre che qui Q sia presente in Matteo so che sulla bocca di Gesù la parola
in forma più originaria. È probabile 'padre' non compare sempre necessaria-
che Luca si sia preso qualche libertà mente con quella precisazione. Tanto
corrispondente al suo scopo di scrivere Matteo, che si conforma per lo più al-
per il mondo greco. Mc. n ,25 mostra l'uso linguistico della comunità giudeo-
d'altra parte che anche a Marco era ben cristiana, quanto le sue fonti particola-
nota l'espressione «il padre vostro (che ri, compresa anche Q, hanno tenuto
è) nei cieli»; la formula è qui conser- conto di questa formula, mentre gli e-
vata come tenace patrimonio della tra- vangelisti che operano nell'ambito gre-
dizione 255• D'altronde si può constatare co, senza attenuare la verità della pa-
che Luca, quando Q recava 'padre', ternità divina per se stessa, proceden-
non lo ha eliminato né sostituito. Sol- do con grande libertà si curano poco o
tanto per «padre nei cieli» interviene punto di tale aggiunta. È tuttavia vero-
radicalmente. È possibile che Matteo in simile che tanto Marco quanto Luca co-
lo,29 par. Le. 12,6, e in 6,26 par. Le. noscessero l'espressione. In Matteo pro-
I2,24 abbia sostituito 'Dio' con 'pa- babilmente abbiamo non soltanto la vo-
dre', ma non è certo sua abitudine far lontà di adattarsi all'uso giudaico, ben-
ciò quando trova -i}E6ç in Q o in Mar- sl anche un buon esempio di tradi-
co. Questa osservazione è un'importan- zione accreditata. Senza voler risol-
te conferma che Matteo nell'adottare la vere la questione con pedantesca pre-
formula contenente la menzione del cie- cisione biografica, potremmo conclude-
lo non ha obbedito a un purismo uni- re: probabilmente Gesù ha detto sia
formatore. 'padre' sia 'padre nei cieli', e non è
Per completezza, occorre prendere in possibile decidere in quali testi la for-
esame un altro gruppo di passi in cui mula è autentica. Troviamo in Matteo
Matteo aggiunge alle parole di Mc. la una vefa teologia della paternità divi-
designazione di Dio come padre 256 • Sol- na. In questo campo egli ha coerente-
tanto in uno di questi casi però egli bit mente elaborato non solo le sue formu-
introdotto la formula 'nei cieli' (12,50). le ma anche un orientamento kerygma-
Ciò che più conta per lui è in ogni ca- tico. Si attiene però ad una concezione
so il concetto di 1tct't1}p µov. Alla do- di fondo del messaggio di Gesù che era
manda che abbiamo posto sopra (~ col. congeniale a un palestinese quale egli
1222) si dovrà rispondere dunque in era 257.
nita (A. M1mx, Die 4 leanonischen Evange- espresso in pieno il contenuto che i passi pro-
lien nach ihrem ii/te.sten bekannlett Texte 11 pri di Matteo rivelano (--} coli. 1225 ss.).
2 : Die Ev. Mk. und Lk. [1905] 286), ma 255 In Mc. n,25 s. sembra che solo il v. 26
piuttosto testimonia la reazione contro l'equi- sia da escludere come apporto di Matteo (dr.
voco di un Dio chiuso nella sua trascenden- ScHLATTER, HAUCK, LoHMEYER, Mk., ad /.;
za. Luca ha evirato anche !3a<r~À.tÙt -r:wv ov- diversamente KLOSTERMANN, Mk. ad I.).
pavwv e dice (32 volte) !3acnì,.((« -rou ~Eou. 256 Mt. 12,10 par. Mc. 3,3j; Ml. 26,29 p ar.
In sé egli non teme l'uso semitico di oupa- Mc. 14,25; Mt. 20,23 par. Mc. .10,40. Questi
v6c; (-oC); ma sia qui che altrove mette in ri- sono casi eccezionali; bisogna infatti consta-
salto la corrispondenza fra delo e terra: Le. tare che di solito quando Matteo incontra in
2,14 .l5 (motivo-chiave del logìon) ~ 111, coli. Marco il termine DEoç, lo rispetta.
1138 ss.; vnr, coli. 1450 ss. 1454. Anche se m Più tardi, si riscontrano sporadiche Ampli-
Luca omette quella formula, ne ha tuttavia ficazioni operate mediante quell'aggiunta, per
'lta:'tiiP D 12 c ~(G. Schrenk)
es. in Iust., dial.101,2, che cita in questa. for- Prayer: its Charac/er, Purpose and Interpre-
ma Mc. 10,17 s. par. tation (1951). Le categorie Q e parti proprie
di Matteo qui non soddisfano perché ci tro-
258 Bibliografia:J. HAUSSLEITER, art. 'Vatcr- viamo davanti a una preghiera usata dalla co-
unser' in RE 1 20,431-445; v. HARNACK, op. munità e tramandata oralmente. Un testo di
cit. (-4 n. 49) 524; ID., Einige Worte Jem, uso comune come questo ha, come fonte,
die nicht in den K,monischen Ev. stehen: SAB maggiot peso di qualunque passo che sia fil-
1904 (1904) 195 ss.; J .A. HuTToN, «lVhen trato attraverso la riflessione di un evangeli-
ye pray, say, Our Father!»: ExpT 36 (19i4/ sta ellenistico. Che anche quel passo della
25) 12r-124; J. }EREMIAS, Das Gebetsleben preghieta della prima comunità attesti che
]esu: ZNW 25 (r926) n3-140; P. FIEBIG, Gesù ha detto anche «Padre nel cielo», è un
Das Unservafer (1927); E. LoHMEYER, Das fatto significativo. Anche Did. 8,2 mostra che
Valer Unser 3 (1952); E.F. ScoTT, The Lords l'aggiunta era usuale (qui al singolate).
1tCt'tTtP DI 2 e B- <l B(G. Schrcnk)
dono. L'essere supremo diventa colui ferimento ai discepoli 262 • Essa si trova
che è vicino e intimo. Così anche que- pure in Le. 12,32 (passo a lui particola-
re). È possibile che Matteo, nell'usare
sta risulta una autentica parola rivela- la fonte Q, abbia ancor più abbondato
trice, né pii:1 né meno che 'abba'. nel dire «il padre vostro», data l'impor-
tanza che dava all'espressione 263 •
d) «Il padre mio» e «il padre vostro» [3)La differenza tra le espressioni: «il
a) La questione delle fonti. In· Mar- padre mio» e «il padre vostro» . A pro-
co «il padre mim> non compare mai nel posito dei logia in cui si dice «il padre
senso che Gesù parli di suo padre con vostro», non è possibile sostenere la
altri. Tuttavia l'invocazione 'abbii' in
tesi che essi siano del medesimo teno-
r 4,16 e il 'tou '1trt-cpòç a.ù-cou di 8 ,3 8
hanno il medesimo significato che si re di quelli in cui ricorre la formula «il
ritrova dèl resto in tutte le fonti. Nel padre mio» 264 • Partendo dalle espres-
testo di Q il possessivo 'mio' è talora sioni di tal genere che provengono da
incerto 259• Ma in realtà, la debolezza di
·questa testimonianza in Q non pregiu- Marco e da Q e che costituiscono an-
dica nulla, perché per il 'grido di giubi- che una parte essenziale di Matteo e
lo' e~ coll.1244ss.) il 'mio' è testual- Luca 265 (pur ammettendo sempre la
mente sicuro. In un campo più vasto
ci portano i passi particolari a Matteo possibilità che si sia avuto un aumento
e Luca. Sia nell'uno -che nell'altro, ri- di casi in Matteo), risult~ che sono tut-
corre questo uso 260 in rispondenza alla te direttive riguardanti il vero modo di
maggiore accentuazione semitica dei lo-
essere discepoli (~ col. I 2 3 8 ). Ciò va-
gia. Ciò vale principalmente per i brani
propri di Matteo, e non c'è dubbio che le anche per le pericopi proprie di Lu-
egli, proprio per questi precedenti, ab- ca. Non viene rilevato espressamente
bia sorprendentemente mutato la tradi- che sia iI 'mio' a conferire forza au-
zione offertagli da Marco 261 • «Il padre
vostro» figura in Marco solo in I I ,2 5. toritativa al 'vostro' 266 ; tuttavia soltan-
Anche Q ha usato questa formula in rl- to in apparenza i logia con «padre vo-
34; solo che qui la rispondenza non certo c11- che il Figlio offre 11i piccoli .
suale si trova ogni volta in passi staccati. Al-
267Questo l'aspetto verace dell 'interpretazio-
trettanto dicasi per il logion sul perdono: Ml.
ne cristologica del discorso della montagna
6,14 s. (il Padre vostro) e 18,J5 (il Padre
offerta da E. THURNEYSEN, Die Bergpredigl
mio), dove i termini possono essere scambia-
~ Theologische Existenz heute 46 ( r936). I-
ti. Solo quando tratta il terna dei µ~xpol, è
noltre O. ScHMITZ: Jahrbuch der Theologi-
probabile che Matteo, enunciando in succes·
schen Schule Bethel IX ( 1938) r7-36.
sione tale rapporto e alternando i due prono-
mi (18,10: 'mio'; 18,14: 'vostro'), abbia vo· 2~ Secondo -> WEINEL 125 questa esclusio·
luto porre in significativo rilievo la garanzin ne· è di seconda mano.
1231 (v,988) 1tCl:t-fip DI 2 dr - e (G. Schrenk)
tutto in passi propri di Luca. Anche ta- fa presenza del Cristo glorioso 270• Si
li passi, che, come quelli di Matteo, ac- può considerare il «padre mio» di Mat-
cennano chiaramente a un sottofondo teo come parola chiave di una cristo-
palestinese, ben conoscono la precisa logia del Rivelatore, la quale per som-
determinante cristologica di quel pon- mi capi si potrebbe riassumere così: I .
derato «padre mio». Se si considera Le. Dio è il Padre che nel Figlio si rive-
2,49, è proprio tale. formula sulla boc- la 271 • 2. La decisione si compie in ri-
ca di Gesù adolescente che presuppone guardo a lui, che è unito al Padre 272 • 3.
già in lui la consapevolezza di quella Il Gesi1 della passione è totalmente ra-
paternità senza pari 269 • Si confronti in dicato nella volontà del Padre suo 273 •
Le. 23,34.46 anche il ml-.Ep attribuito 4 . In quanto unito al Padre egli accor-
a Gesù in croce un numero maggiore da la salvezza e assicura ai suoi che sa-
di volte a confronto degli altri sinotti- rà esaudita la loro preghiera (Mt. r8,
ci . Matteo comunque ha elaborato co- ro.19). 5 . La promessa che mira al
stantemente, anzi sistematicamente, la compimento pieno è il coronamento
formula «mio-vostro padre» convalida- degli enunciati contenenti la formula
ta dalle altre fonti. A poco a poco si «il padre mio» 214 •
fa strada la valorizzazione cristologica e
si delinea il contenuto della fede. In
e) ò 1ta:tiJp usato assolutamente 215
Mt. r6,17 non si ha soltanto la profes·
sione di fede di Pietro, ma pure il con- Sporadicamente, ma in tutti gli stra-
senso ad essa da parte della 'chiesa di ti della tradizione sinottica, compare ò
Matteo'. Parimenti Mt. r8,r9 dimostra 7ta-.1)p usato in modo assoluto. Posto
come la comunità giudeo-cristiana ren- sempre in bocca a Gesù, nella maggior
desse con questa locuzione il senso del- parte dei casi 276 esso si accompagna a
m In Hen. aetb. 46 ss. Dio non è chiamato assolutamente erano considerati fra loro cor-
padre, ma «signore degli spiriti», ed anche rispondenti. Anche in Mt. z5,31 l'unione di
«il carico d'anni», dinanzi al quale si fa il no· 'Figlio dell'uomo' con 'il Padre suo' mira
me del Figlio dell'uomo (48,2) che sta alla a mettere in risalto l'enunciato centrai~ della
sua presenza (49,2). La frase «lo e il mio fi- pericope. La formula 'Padre del Figlio del-
glio» ( 105,2) è, come l'intero capitolo, una l'uomo', che, come il rapporto 'Padre/Figlio',
interpolazione cristiana; dr. J. JEREMlAS, appare di ispirazione apocalittica, è compo-
'Aµvòç "l'OU tlEoii-na~ç 1'Eov (]oh r,29.36): nente antichissima della tradizione e <leve es-
ZNW 34 (1935) 123 n. 42. sere considerata come caratteristica peculiare
m 'Figlio' si alterna con 'Figlio dell'uo- del kerygma stesso di Gesù. -+ ut6ç e utòç
mo': nella scena dinanzi al sommo sacerdote -rou avl>pwnov.
(Mc. 14,61 s.; Mt. 26,63 s.; Le. 22,69) Gesù 279 Il passo, di carattere liturgico, riflette la
risponde alla domanda se è Figlio di Dio con prassi battesimale dei giudeo-cristiani intorno
l'espressione di Daniele 'Figlio dell'uomo', all'anno 80. Per la possibilità che avesse
quindi l'una espressione vale l'altra. Anche questa forma dr. J. LEIPOLDT, Die urchr.
Mc. 13,26 implica con 'Figlio dell'uomo', un T aufe im Lichte dcr Re/igiomgeschichte
preciso riferimento a Dan. 7,13. Successiva- {i928) 33 s. Che la formula trinitatia fosse
mente Marco (13,32) dice semplicemente 'il usuale è accertato anche da Did.7,1.3 e lust.,
Figlio', A questo uso sinonimico ne corri- apol. 61,3. F .C. CO.NYDEARE, The Eusebia11
sponde talora un altro: 'Padre' e 'Padre del /orm of tbe text Mt. 28,r9: ZNW 2 (1901)
Figlio dell'uomo', che si riscontra in Marco e 275-288 suppone che Eusebio non abbia tro-
Matteo. In Mc. 8,38: il Figlio dell'uomo in vato la formula .tripartita in Matteo, poiché
funzione di giudice viene nella 86~0. del Pa- cita più volte solo tv "l'i;) 6v61.unl µou. Co11·
dre suo, frase che . Mt. 16,27 riprende senza tra E. RIGGENDACH, Der trinitarische T auf-
esitazione; ma lo stesso Matteo nella sua pe- be/eh/ Mt 28,19 nach sei11er rmpr. Textge-
ricope originale di 25,31.34 riporta un discor- sta/t 11. sei11er At11he11tie 1mtersuchl: BFfh
so in cui il 'Figlio dell'uomo' parla del 'Pa- 7,1 ( 1903); Io., Der trinifarische Tau/be/ehi
dre mio'. Se Luca (9,26) a differenza di Mat- Ml 28,r9 bei Orig., BFTh 8,4 (1904); ZAHN,
teo ha mutato la redazione di Marco (8,38) Mt. 722 n . 7. Il testo trinitario è attestato già
nel semplice -cov na"l'poç, vuol dire che 'il all'inizio dcl n secolo; l'Occidente dal tempo
Padre del Figlio dell\1omo' e 'Padre' usato di Tertulliano non ha conosch1to altro.
1trJ:tTiP D 1 2 c-f {G. Schrenk)
verso» 280 • Invece nei sinottici e in Gio- mediante una scelta e un'opera salvifi-
vanni o 7ta-.1]p non ha questo significa- ca(~ coll.1202 ss.). Gesù si è attenuto
to specifico. La formula ha in comune a questa concezione veterotestamenta-
col mondo circostante solo Ja trasposi- ria, come è chiaramente messo in luce
zione dell'assolutezza di Dio al suo no- tutte le volte che il discorso verte sul·
me di Padre, ma è questo l'unico pun- la originaria condizione di privilegio m .
to di contatto. Tuttavia quando Gesù L'attività di Gesù viene cosl ad avere
dice personalmente 'Padre', la deno- dei limiti, rimanendo concentrata su
minazione viene innalzata, mediante Israele. In Mt. 21,28-31 come in Le.
questa formulazione abbreviata, a una 15,n-32 si tratta del rapporto di Israe-
altezza essenziale. In tal modo éssa di- le col Padre, solo che ambedue le volte
venta idonea a esprimere la professio- l'intero Israele come figlio è distinto
ne di fede ecclesiale a carattere dogma- nelle due categorie del figlio fedele e
tico. del figlio infedele aUa Legge. Mt. 21 si-
gnifica: «Fa Israele veramente la vo-
f) Dio, p(ldre di tutti gli uomini 281 ? lontà del Padre?», e Le. 15 : «Accon-
sente alla misericordia di Dio verso il
La fede stoica nella provvidenza ha mondo dei peccatori?». Per Israele l'es-
assunto il concetto speculativo di «Dio, sere figlio non consiste senz'altro in un
padre di tutti gli uomini» come un da- privilegio ereditario né tanto meno nel-
to di fatto di ordine naturale, fatale (~ la superba coscienza di essere un po-
coli. I I 37 ss.). L'illuminismo europeo, polo eletto. Il fattore decisivo per il
modernizzando l'interpretazione stoica, rapporto di Israele col Padre sta nel-
ha letto nel discorso della montagna la l'incontro con il Rivelatore del Padre.
paternità generale d1 Dio su tutti gli
Prescindendo da quanto abbiamo
uomini. Nel giudaismo invece l'indivi-
duo è visto come membro del popolo, detto, ha Gesù pensato a Dio come al
e questo popolo è eletto figlio di Dio padre di tutti gli uomini? 283 Secondo
1811 PJatone ~ coli. u35; 1137 Filone--> col. più probabile. Cfr. M. ALDERTZ, Die syiwpt.
114r n. 61; Corpus Hermeticum--> col. u45. Streitgespriiche (1921) 150: poesia didascali-
281 Sotto due aspetti la critica delle fonti ha ca. Così anche --> GRUNDMANN 61; BuLT-
voluto stabilire un più antico universale uso MANN, Trad. 141 : «passo catechetico». Il 'tu'
di 'Padre' da parte di Gesù. WBINEL 125 par- è qui determinato dal contesto: il singolo è
la di una progressiva limitazione ai discepoli emancipato da una falsa socializzazione della
del «Padre vostro». Esso avrebbe avuto ori- pietà col fargli comprendere in modo nuovo
ginariamente un senso più vasto. Ma in Q b verità che Dio è padre.
come in Marco e nei passi propri a Matteo e 282 Cfr. Mc. 7,27 par. Mt. 15,26; Mt. 8,12:
Luca «il Padre vostro» non indica mai una ge- -rÉx\la, vfot -rljç f3acr~ì..Elaç e l'antitesi.
nerica verità speculativa, ma sempre una veri· 283 DoB., Th. a 1 Th_ ess. 1,1 pensa che <;padre
tà di rivelazione connessa a Gesù. Inoltre si dei cristiani» in Paolo. sia una limitazione
è inteso il singolare <~il Padre tuo» di Mt. 6, dell'espressione «padre degli uomini» usata
4.6.18 come espressione rivolta ai Giudei: da Gesù. ~ WmNEL 126: «È chiaro che Ge-
«forse la risonanza più antica» e~ WmNEL sù ha veramente pensato Dio come padre di
125). La forma è sicuramente attestata per tutti gli uomini, cioè propriamente come pa-
L1 Palestina: Ab. 5,io; Tg. O. Deut. 23 ,6. La dre dei Giudei ..., con questo però egli non
supposizione, nel quadro della stoi'in delle ha di mira il loro giudaismo per se stesso, ma
forme, che qui ci si trovi dinanzi a una locu· i loro bisogni e... doveri umani». J. LEl-
zione giudaica elaborata in senso çristiano, è POLDT, ]em Verhiilt11is :1:11 Griechen tmd Ju-
1tet.'t·~p D t 2 f (G. Schrcnk)
Mt. 5.43-45 i beni del Creatore sono raia 'padre' è l'iservata 11 quelli che ac-
per tutti gli uomini. Ma ciò non signi- cettano da Gesù il messaggio contenuto
fica ancora che Dio sia padre. Il pro- nelle parole «il padre vostro» . L'osser-
blema decisivo è se si vuole o non si vazione vale anche là dove si prendono
vuole essere figli del Padre. Non si le mosse dall'analogia con la paternità u-
tratta di una paternità secondo natura, mana (Mt.7,9-II; Le.11 ,u -13 [QJ ~
in senso statico e generale. Dove com- col. r 240 ). Anche quando le inquadratu-
pare la parola 'padre', la pericope mo- re presentano una cerchia più vasta (Le.
stra il discepolo cli fronte al padre, il 6,27; Mt.23,1 ), agli ascoltatori è dato di
quale (attraverso Gesti) pone come con- percepire la paternità divina non come
dizione necessaria l'amore. L:1 patemi- una verità di ordine cosmico, ma nella
tà si realizza in questo incontro. An- nuova valorizzazione esplicativa che im-
che in Mt . 6,26 ss., quando Ge·sù, con i plica l'essere discepoli (Le. 6,35 s.; Mt.
suoi insegnamenti (gli uccelli, i fiori), 23 ,8 s.). Ogni volta che Gesti proclama il
esorta a non preoccuparsi delle cose suo messaggio sul Padre, si tratta sem-
materiali, il kerygma riguardante il Pa- pre di una istruzione rivolta ai disce-
dre è totalmente inserito in quello ri- poli riguardante la Ba.<nÀEla.. II richia-
guardante la salvezza finale (v. 33: il re- mo alla creazione è strettamente lega-
gno e la sua giustizia). E sebbene ven- to a quello dell'assoluta signoria di Dio
ga addotto anche per il discepolo per- che pone esigenze ed elargisce doni,
seguitato un esempio tratto dal mondo com'è proclamato dall'invito alla peni-
della natura (il passero e i capelli del ca- tenza e dal messaggio predicati da Ge-
po: Mt. 10,29-31 ; Le. 12,6 s. senza il ter- sì1. Tanto questo l'ichimno quanto il
mine 'padre') e pure qui si parli delta ge- rinvio al comportamento di Israele ( ~
nerosa . bontà del Creatore di cui tutti col. r 2 36) sono di estrema attualità in
sono oggetto, ciò non significa tuttavia vista del regno di Dio 285 •
che egli sia senz'altro é 1tCX.'t"'Ì)p 'tWV
oÀwv (il padre dell'universo) 284 • .La pa-
de11 ( 1941) 140, ritiene l:t questione dubbi.a e esisteva un 'padre' al di supra dcl pu:mlo.
problematica. K. BORNHAUSER, Die Bcrgprt•- 2s; Nel messaggio dei sinottici non si insiste
tligt = BFTh Il 7 (1923) 129-137, rifiuta, nei sul concetto che l::t figura um:m:t dcl padre
riguardi del cristologico <~il mio/vostro Pa- sia in sostanza riflesso di una primordiale ve-
dre», la tendenza illuministica. Così anche · rità divina, e che l'idea originaria di paterni-
--'» LOFTHOUSE 291 s. tà presso tutti i popoli si sia perduta e de-
m Luca ha dunque sostituito qua e là il formata e che solo attraverso «il Padre mio»
'padre' che si trovava in Q con DE6ç per evi- del Redentore essa venga ripristinata. Una si-
tare un equivoco nel senso del greco ~a:"tTjp mile risposta - del tutto sistematica - alla
-rwv oÀ.wv? Per i Greci esisteva un 'padre' nostra questione dovrebbe presCindere sia da
•tl di sopra della naturn, come per i Giudei 'padre universale' che da 'verità cosmica '.
i239 (v,991) n:o."tfip DI :z g (G. Schrcnk)
g) Autorità e provvidenza del Padre le cose è la norma del culto (Mt. 6,4.
6. l 8 ). In luogo del controllo farisaico
Il 7ta.-.1)p o oupa\ltoç (padre celeste), subentra come criterio di valutazione
in quanto concede i suoi benefici senza dò che immediatamente appare all'oc-
parzialità, costituisce una norma e un chio del Padre. Cosl, se tutto finisce per
esempio (~ coll. 1236 ss.). Cfr. 'tÉ- consistere integralmente nelln condot-
}.noç-"t'ÉÀEioi di Mt . 5,48; Le. 6,35 s. ta tenuta verso di lui solo la sua glorifi-
Dio lascia liberamente esplicarsi la sua cazione può essere scopo del comporta-
perfezione e la sua totalità soprattutto mento morale (Mt. 5,16). La fede in
nel donare, e a questo riguardo vuol Dio concepito come padre è stimolo al-
considerare tutti i suoi utol (figli) alla la santificazione della vita.
stessa stregua (Mt. 5>45 ). In perfetta La potenza benefica si fonde col mo-
consonanza con le premesse rappresen- tivo della provvidenza. Essa abbraccia
tate dall'immagine tipica (~ coll. 1216 tutte le situazioni te.l:rene, fino alla sal-
ss.), il suo amore fa tutt'uno con una vezza finale. Il suo EÌOÉva~ (sapere)
efficace opera educativa e disciplinare. previene il nostro chiedere (Mt.6,8 .32;
Il più grande dono dà luogo immedia- Le. 12,30). Chi parla molto (0a't''tetÀo-
tamente alla più recisa esigenza e a un YE~'V -7 II, coli. 219 ss.), come dice Mt.
severo verdetto (Mc. 11,25; Mt. 6,14 6,7, simile a un mulino a vento di
s.; 18,35; dr. Le. 15,25 ss.). La realtà preghiere e con un'insistenza da formu-
del padre correggerà ogni deviazione re- la magica, misconosce quanto ~gli sia
ligiosa (Mt. 6,1 ss.). Devozione agli oc- pronto ad esaudirci. In Mt. 7 ,9-II; Le.
chi degli uomini e ricompensa presso 11,11-13 (Q) (-+col. 1238) il riferi-
il Padre si neutralizzano a vicenda ( ~ mento alla figura terrena del padre rag-
VII, coll. 364 ss.). La fede nel Padre av- giunge il suo culmine. Chi si appella
via a scorgere in Dio l'Assoluto, l'Unico aII'esperienza umana esclude qualsiasi
(padre equivale sempre n signore) 286 • timore, dato che anche il rcov'Y)poc; (mal-
Colui che penetra col suo sguardo tutte vagio) può contare sulla tenera bontà
2ar. lii Ml. 23,9, in contrapposizione al rabbi- soprattutto preferibile l'ipotesi di F. ScHuL-
nato che rivendica il dominio in religione, di- THESS, Zur Sprache der Evangelie11: ZNW
ritto e costume, Dio è qualificato come Elç 21 (1922) 226, che qui vada sottinteso un
o n:a:tiJp ·o oi'.ip<l,Mç. Ai discepoli è vietato 'tWà. ti;. Anche in questo no di Gesù all'esal-
usare o pretendere il titolo onorifico di pa- tazione dell'ufficio di maestro (-+ coll. n99
dre, che il Rebbi riceve, e con esso l'ossequio s.), l'appellativo di padre e il diritto 11ll'autori-
conforme alla legge che rende subordinati al tà sovrana sono considerati sostanzialmente
maestro: «E non chiamate nessuno di voi corrispondenti. Per Jo sguardo di Dio nel se-
padre sulla terra». WELLHAUSEN e KLOSTER- greto cfr. Flav. Ios., ant. 6,263; 9,3; bell. 5,
MANN, Mt., ad i., preferiscono la variante oc- 413, cfr. SCHLATTER, Komm. Mt. 203.
cidentale uµ~v (aramaismo per uµiXc;). Ma è
1w.i:i)p D 1 i g - ha (G. Schrenk)
287 Anche nel Padre che scruta nell'intimo il re del figlio), opera sempre l'analogil\ del pa-
figlio suo e conosce le sue necessità, ed an- dre di famiglia.
che nell'1h0Swcm (paterno ricambio all'amo·
7ta.TTJP DI 2 h a.-[J (G. Schrcnk) (v,993) 1244
17 è il Padre eh~ dischiude n chi fo pl\)- nttinge nei sinottici il sua punto culmi-
fessione di fede la verità sul Figlio. E nante nel 'grido di giubilo' e nella pa-
se egli nel regno futuro liberalmente rabola dei due figli (Le. T 5 ).
riunisce i suoi alla propria mensa, an -
che qui il modello è la comunit~ do- (i)Nel 'grido di giubilo' (Mt. rr,25-
30; Le. lo,21 s . 288 ), il mistero del Fi-
mestica. La proclamazione della pater- glio è illustrato per disteso come auto-
nità di Dio nell'ambito della cristologia testimonianza di Gesù 289 • Come deten-
2~ Bibliografia meno recente fino al r9u in C.F. BURNEY, The poetry o/ our Lord (1925)
H. ScHUMACHER, Die Selbstofjenbarnng ]ern l33 -I44 s. 171 s.; J . ScHNIEWlND, Zur Synop-
bei Mt 11,27 ( Lk 10,22), Frciburger Theolo- tikerexegese: ThR N.F. 2 (1930) 169 s.;
gisd1e Studien H. 6 (1912) 1x-xv1. Per la cri- Bur.TMANN, Trad. 171 s.; L. DE GRANDMAI-
tica testuale, oltre al precedente: TH. ZAHN, SON, jésus Christ II• ( 1931) 60 ss.; M. DrnE-
Forschu11ge11 zur Gesch. des 11t.liche11 Ka11011s LJUS, Die Formgescbichlc des Ev. 1 ( 1933)
1111d der altkirchliche11 Lit. 1 (r881) 148 s.; 279-284; T .. ARVEDSON, Das Mysteritim Chri-
Io., Gesch. des 11t.liche11 Kanons l (1888) sli. Einc Studie z. Mt rr,25-30, Arbeiten und
555-557; II (1890) 470; A. MERX, Die 4 ka- Mitteilungen aus dem Nt.lichen Seminar zu
no11ische11 Ev. 11acb ihrem i:ilteste11 bekannlen Uppsala 7 (1937); inoltre J . ]EREMIAS: ThBI
Texte 11 l: Das Ev. Mt (1902) 199-202; A. 18 ( 1939) 135 s.
VON HARNACK, Spriiche und Rede11 ]esu 259 L'inno a forma di salmo, com'è offerto
I 1907) 189-216; In., Marcion' (1924) 206; da Matteo, si compone di tre parti molto di-
J. CHAPMAN: ThSt IO (1909) .552-566. Per verse tra loro per metrica e stile: n,25 s. (l),
l'interpretazione, oltre i commentari: D.F. 27 (n), 28-30 (111). Indubbio il carattere se-
STRAUSS, ]esu ì'Veheru/ iiber Jerusalem umi mitico della prima e della terza parte, cfr.
die uocp(a. -roii DEoii. Mt 23,34-]9; Lk 11,49- STRACK-BILLERBECK 1 606 s.; ScHLATTER,
51; 13,34s.: ZwTh 6 (1863) 92; R. SEYDEL, Komm. Mt. 381-389; BuLTMANN, Trad. 172;
Miscelle z. Mt 11,27, Lk 10,22 : ]beh pr Th 7 HAUCKj Lk., ]. SCHNIEWIND, Ml. (N.T.
( 1881} 76I s.; \VI. BRANDT, Die evangelische Deutsch) ad I. Quanto alla seconda, è conte-
Gcsch. tmd der Urspmng des Christent11ms stato il suo rapporto con l'area veterotesta·
(1893) 561s.576; DALMAN, Worte ]. I 158 mentario-giudaica. Per vero, il concetto di
s. 231-233; P.\Y/. ScHMIEDEL, Die «joh» S1. Ò:7toxa.À.U7t"tELV (secondo il metodo delle pa-
bei Mt tmd Lk: PrM 4 ( 1900) 1-22; Io., Das role-chiave esso collega i vv. 25 s. e 27 ~
4. Ev. gegeniiber den 3 ersten (1906) 48-52; JEREM!AS 135) non si può dire che risenta
O. PFLEIDERER, Das Urchr. I ' ( 1902) 43:;· senz'altro della mistica ellenistica (cfr. Ecclus
437; A. LOISY, L'Evangìle et l'Église' (1908) 3,19 s. ebraico; Mt. 16,17 ~ 1v, coli. 97 ss.
77 s.; H.J. HOLTZMANN, Lehrb11ch der Nt.- n7 ss.). Ottimamente testimoniato è bwrl-
lichen T heologie 1 2 ( 19u) 345-348; W. HEIT- VW(Tlm (accanto o f'.yvw, :ioristo gnomico) in
MULLER, art. 'Jesus Chrìstus': RGG 1 III 374 Matteo e -y~vwuxn in Luca, in rispondenza
(= Jeslls [ 1913] 70-89); A. SCHWEITZER, all'ebraico jiida'. Per la gnosi ellenistica si
Gesch. der Leben-Jern-Forschtmg' ( 1913) pronunziano BouSSET, op. cii. (--> n. 288) 48
7.5 ss. 277-308; ]. WEISS, Das Logion Mt 11, s. 50 n. 1; J. WEiss, op. cii. (~ n. 288) 125;
25-30, in: Nt.liche Studien fiir G . Hcìnrici DrnELIUS, op. cii. (--> n. 288) 280 n. 2; BuLT-
( 1914) 120-u9; \VI. BoussET, Kyrios Chri- MANN, Trad. i72 cfr. ~ 11, col. 528 (presen-
stos 1 (1921) 45-51; TH. Hi\RING, Ml IJ,28· tnzione del messaggio cristiano in termini gno·
30, in: Aus Schrift und Geschichte, Theolo- stici); ARVEDSON, op. cit. {--> n. 288) (litur-
gische Abh. fiir A. Schlatter (1922) 3-15; E. gia in una solennità misterica); contra ]. ]E-
MEYER, Ursprung und A11/ii11ge des Christen- REMIAS, op. cii. (~ n. 288) 135 s. Sono da
tums 1 (1924) 280-291; D.A. FROVIG, Das rifiutare la «doppia conoscenza» nel senso
Send1mgsbew11sstsei11 ]esu und der Geist: della mistica della identificazione e il 7t<1.pa-
BFTh 29,3 (1924) 228-232; CLEMEN 77 s.; otlì6·J~~ come trasmissione di una dottrina e-
n45 (V,993) 7tfJ.:ti}p DI 2 h ~-y (G. Schrenk)
tore di una particolare e unica rivela- fondono nel punto decisivo ad opera
zione del Padre, egli è, nel suo essere, degli evangelisti stessi. E se Q poté of-
del tutto indipendente dall'insucces- frire un simile contributo, ciò dimostra
so 290 • La sua forza gli viene unicamen- quanto fosse viva già in questo stadio
te dalla comunione col Padre, che lo la tendenza a formulazioni che sono af-
gratifica dei pieni poteri, e comporta fermazioni di fede. Il problema dell'au-
da ambo le parti µna mutua conoscen- tenticità formale è per il 'grido di giu-
za 291 • Da questa sorgente scaturisce O· bilo' assolutamente lo stesso che per
gni rivelazione del Padre, in una colla- Giovanni. La verità pneumatica circa
borazione inscindibile. Il logion attinto l'essere di Gesù è presentata in forma
da Q 292 apparve a Matteo, nell'economia di kerygma. L'ipotesi che si tratti di
del suo Vangelo, quanto mai appropria- una elaborazione di genuine parole di
to ad ancorare su un fondo sicuro la for- Gesù è suffragata dalla considerazione
mula «il Padre mio». Il fatto poi che che qui trova espressione il mistero del
tanto Matteo quanto Luca abbiano u- Figlio dell'uomo.
sato una formula proveniente dall'am-
biente giovanneo 293 merita la nostra at- y) Il messaggio cristologico della pa-
tenzione. Qui il kerygma cristologico ternità divina è annunciato da Le. l 5,
294
dei sinottici e quello di Giovanni si 11-32 • L'amore del padre si muove
soterica (cosl per primo SEYDEL, op. cit. [-4 n. m A differenza dei versetti precedenti lvft.
i88] 761; poi H.J. HoLTZMANN, Die Synopti- II,28-30 proviene da una sua fonte partico-
ker = Rand-Commentar z. N.T. r l ' [1901) lare. La terza parte della pericope non è una·
nd I. ; WEI.LHAUSEN, Mt. ad I.; HmTMULLER, appendice senza importanza; essa sviluppa il
op. cii. [~ n. 288) 375; J. Wmss, op. cii. contenuto della pdma e della seconda. I tra-
[ ~ n. 288) 123; NoRDEN, op. cit. [-4 n. vagliati sono sostanzialmente identificati coi
288] 292). Piuttosto si tratta qui di trasmis- vTjmo~. Anche qui appare la contrapposizio-
sione di potere: Dan. 7,14, LXX; Mt. 28,18; ne ai uocpol (col loro giogo pesante). Quale
1 Cor. 15,24. ~ u, coli. 1184 s. Per 'conse- 'àniiw, Gesù promette agli 'anijjill/ la messia-
gnare' e 'tutto' nel rabbinismo dr. SCHLAT· nica m•111/~a; 'iiniiw (come contenuto del v.
TER, Komm. Mt. 383 s. Conoscenza e pienez- 29) interpreta però vl6c;. Cfr. in particolare
za di potere vengono collegate ~ ScHWEIT- HXRJNG, op. cit. (-4 n. 288) 13 s.
ZER, op. cit. (--)- n. 288) 4n. Motivo centrale 293 L'impronta giovannea di Ml. 11,27 par. è
è l'opera della rivelazione. incontestabile. Si notino il 7ta\l"ta. rca.pdì68TJ,
290 Cosl ha inteso Matteo, che tuttavia pone «il Padre» usato assolutamente, «il Figlio»,
Èmy~\IWCTXE~\I Jn contrasto col misconosci- l'autestimonianza di Gesù, il mistero della
mento che Gesù subisce (Mt. n,1-6.11 .18 s. sua persona, il vicendevole conoscersi messo
20-24; capp. 12 ss.). Su questo sfondo avviene in corrispondenza, il tema della rivelazione.
l'esaltazione del Padre. Cfr. ScHJ.ATTER, Per 7trt.pE061ll) dr, in Giovanni il s~06va.L,
Komm. Mt. 384; SCHNIEWIND, op. cit. (~ n . che è unito a 7tU\l'trt. o a ?téiua: cr6.p~ e a 7tCl:·
289) a n,25. 'tTJp: Io. 3,35; 13,3; 17,2.
291 Già nel Il sec. (Marcione, Giustino, Ta- 294 Per la bibliografia, oltre i commentari e
ziano) si trova spesso la sequenza: «E nes- l'esegesi della parabola (rassegna bibliografi-
suno conosce il Padre se non li Figlio, e nes- ca in ]. ]EREMIAS, Die Gleichnisse Jes11 '
suno (conosce) il Figlio se non il Padre». Per [1952] 5) vedi W.M. MACGREGOR, The Pa-
motivi dogmatici è data la precedenza al Pa- rable o/ the Two So11s: ExpT 38 (1926/27)
dre, ma in questo modo . viene interrotto il 498-501 ; A. Sc11LATTER, ]ern Gleich11is vo11
corso del pensiero: il Figlio che conosce ti· de11 beiden Sohne11: Jahrbuch der Theo-
vela. Ampio esame dei testi in SCHUMACHER logischen Schule Bethel 2 ( 1931) 35-63; J.
op. cit. (-4 n. 288) 50-100. SCHNIEWIND, Das Gleichnis vom verlore11en
n47 (v,994) 'lta-.f,p D 12 h "'((G. Schrenk)
Sohn (1940); T.W. MANSON, The Sayings o/ col suo consentire alla separazione dei beni
Jesus (1949) 284-290; ] . }EREMIAS e E. egli esercita il potere sovrano di disporre. Al-
SCHWEIZER, Zmn Gleichnis vom verlorenen fa pretta sensibilità legalistica dei Fari$ei que-
Sohn, Lk 15,u-3:i: Theologische Zschr. 5 sto inizio doveva riuscire sgradito. Per l'in-
(1949) 228-233; J.A. FINDLAY, Jems and his terpretazione, è di particolare importanza la
Parables (:r950) 72-77. Per Le. 15 e la mor- sua piena potestà di disporre a suo piacimen-
te di Gesù: }ULICHER, Cl. ]esu II 364 s.; E. to; 2. il punto di vista della libertà nel dare
CREMER, Die Gleichnisse Lk IJ 1md das viene convalidato dal fatto che il padre, col-
Kreuz, BFTh BA (1904) 69 ss.; SCHLAITER, pito più di tutti, addossandosi la duplice ri-
op. cii. JI s. nuncia di un bene e del suo usufrutto, sacri-
fica in ambedue i casi i suoi diritti; 3. la po-
29S Nell'indiano Saddharma Pundarika Sutra,
lemica contro la ritrosia legalistica acquista
il figlio perduto, dopo una pro~~ di cinquan-
cosl un panicolarè sfondo. Il padre, che è in
t'anni, alla morte del padre viene reintegrato
realtà il primo danneggiato, si aspetta dal fi-
nell'eredità. Cfr. R. SEYDEL, Die Buddhale-
glio maggiore lo stesso suo atteggiamento di
gende und das Laben Jem nach den Ev. ' rinuncia: aggiungi, come faccio io, un po' di
(1897); D.G.A. VAN DEN BERGH VON EYSIN·
misericordia, inyece di appellarti solo alla let·
GA, Indische EitJPiisse auf evangelische Erziih- tera della legge.
ltmgen (1904). 297 Esso non è soltanto il punto di partemm
m Ciò che si è esposto alla nota 243 chiari- del racconto (Lc.15,1 s.), ma il paradigma del-
ste l'atteggiamento del padre in tre punti: i. la gioia che crea l'azione di Ges\1.
;:a-r1]p DI h r - i ~(G. Schrenk)
nione la comunità già divisa in giusti e antico non esiste contraddizione alcuna
non giusti. Non si tratta semplicemen- fra tenera sollecitudine paterna e pote-
te <li un'idea astratta («Avete un padre stà di giudice. È caratteristico del più
che vi ama»); il perdono che Gesù con- antico regime patriarcale che il padre
cede mostra nella concretezza dell'azio- eserciti nella famiglia anche la funzione
ne tutto ciò che significa il Cristo. di giudice. La posizione assunta verso
la volontà del Padre diviene norma di
La tesi secondo cui la concezione del-
la morte di Gesù quale atto salvifico e giudizio (Mt. 7,21-23; cfr. x5,13); il
redentore non avrebbe nessun riscon- Padre compie l'opera del giudice (Ml.
tro in Le. 15 e sarebbe quindi super- 18,23-35 [v. 35!]). Qui ci troviamo di
flua, priva questa morte di tutta la sl\a
efficacia. Ma ciò che lo porta alla croce fronte alla sintesi di padre ( = re) e
è proprio questo: la volontà di unifica- giudice (cfr. 1 Petr. r,17 = D III 3 c).
re nel Padre la comunità del popolo, In Mt. 25,3L34.41 il Figlio dell'uomo
che si va infrangendo. Proprio Luca
giudica in nome del Padre suo 298 •
mostra più avanti che egli ama ambe-
due i figli fin nell'ora della morte, as- ~)Padre e signore 299 • Già il concet-
solve il ladrone e supplica per quelii to di padre postula l'esercizio pieno
che si credono giusti. La sua morte è deila signoria, senza che occorrano altri
il coronamento e il centro di tutta fa punti di appoggio o altre attribuzioni.
sua vita, perché colui che così parla e Questa componente di sovranità' impli-
opern sulla croce, realizza in pienezza cita in 'padre' è però ancor più raffor-
la verità che domina il suo agire, cioè zata nella predicazione di Gesù, grazie
che Dio è padre. D'altra parte è ben al suo fondersi con la ~aO"LÀEla . Così
vero che non troviamo qui ancora una viene ancor meglio evitato ogni perico-
esplicita e dettagliata teologia della lo di sentimentalismo. I due concetti
croce. si compenetrano saldamente e insieme
vengono presentati in un messaggio u-
i) L'unità di padre, giudice e signore nitario 300• Si può dunque parlar di uni-
tà di padre e signore, poiché il signi-
a) Padre e giudice. Per il pensiero ficato primario di malkut (regno) met-
298 L'opinione di ~ GRUNDMANN (1;q-234) tales nr. 27 (1925) 8 ss.; Io., Das Go11ese1-
che l'idea di «Dio giudice» non sia costituti- lcb11is jes11 im Licbte der verg/eichenden Re-
vn per Gesù e che quella di «Gesù giudice lìgio11sgeschichte =· Angelos Bcih. 2 (1927)
del mondo» sia soltanto secondaria (155 s.), II-16; Io., ]esu V erhiiltnis :w Griecben und
non regge <li fronte alle cospicue testimonian- }udé11 (1941) 124-144; ~ GRUNDMANN 117
ze per l'una e l'altra provenienti da Q e an- ss.; G. KITTEL,- Die Religiomgeschichte 11ncl
che <l:i Marco e da passi propri di Matteo. das Urchr. (1931) 153 n. 334 . Che fosse im-
Non si dà in Gesù né ~<XC1tÀEla., né patcrnitò possibile a un ebreo del tempo di Gesù se-
di Dio senza proclamazione di giudizio. parare malklit da melek è dimostrato dal fat-
299 Per il rapporto di «Dio-re>) e «Dio-padre» to che la frase rabbinica «prendere su di sé
nella concezione orientale e greca della divi- il giogo della malktifo signifìc:i riconoscere
nità dr. J. LEIPOLDT, \flar ]esus ]ude? (1923) l'unico Dio.
2J s_; Io., Der Sieg des Christent111ns iiber J:JO Ln sintesi Padre-Regno si trova espressa
die t1ntike11 Reli[!Jo11e11: Ephémerides Orien- in tutti gli strati. Già in Q l'uno s'intreccia
?tcx:t-fip DI 2 i P(G. Schrenk)
te in rilievo che Dio è re 301 • L'unifica- sù tenga ben ferma in malkut, confor-
zione di padre e malktil può essere con- me al senso, la componente della signo-
siderata come la premessa maggiore in ria di Dio, è fuor di dubbio per il fatto
tutto il messaggio di Gesù. È quindi che tutta quanta la sua testimonianza
impossibile contrapporre, nei suoi e- documenta solo una personalità teocen-
nunciati, Dio-re a Dio-padre. Si è cer- trica. Egli preferisce il termine 'padre',
cato di distinguere l'intenzione di Ge- lo usa in un nuovo contesto, con un ap-
sù dall' 'abinu malkeniì (nostro padre profondimento e un· dinamismo parti-
[e] nostro re) di Shemone Esre e di colari, sicché fonde in realtà i due a-
Akiba (--+ coli. 1204 s. n. 212). Questa spetti di padre e signore. Viene meno
invqcazione della preghiera sinagogale cosl, per opera sua, la restrizione nomi-
in Gesù non si trova; tuttavia nel gri- stica dei concetti di 'padre', 're', 'giu-
do di giubilo (--+ coll. I 244 ss.) 302 si di- dice'. Questi validi elementi non devo-
ce: 'lta·np, xuptE 't"ov oÙp(l..\lou xat ..-'ijc; no tuttavia essere eliminati come cate-
y'ijc; (Mt. n,25; Le. ro,21). Solo se si gorie giudaiche e disusate; ciò infatti
riduce il significato primario della si- porterebbe solo a un uso snervato del
gnoria divina, si può sentire in Gesù la concetto di 'padre'. La sorprendente no-
mancanza della componente Dio-re. Oc- vità per la quale d'ora innanzi nel ser-
corre però spiegare perché mai nei si- vizio liturgico del cristianesimo primi-
nottici troviamo cosl raramente ~(l..O"L tivo il l}eòç 'ltll'tTJP ha il sopravvento su
).evc; riferito a Dio 303• La ragione del Jahvé, Adonai, kyrios, theòs, non è il
decadere di tale denominazione dovrà frutto di un movimento teorico, ma na-
essere cercata nel fatto che vengono sce dall'influsso diretto di colui che nel-
trasferiti a Gesù i titoli di Xptcnoc; e la sua missione di rivelatore definitivo
xvptoc;, che al tempo in cui si formaro- è completamente radicato nel Padre.
no i vangeli erano di uso altrettanto Così questa espressio,.. ~. che nel giudai-
corrente quanto il ~eòc; ò 'ltct:ti}p per smo età limitata a Israele, diventa ul\i-
Dio. Proprio in virtù dell'unità di 1tO:· versale ed illimitata. L'intero cumulo
-rT]p e ~a:o-tÀ.Eltx Gesù chiama a conver- degli appellativi di Dio fa posto a una
tirsi da ogni pseudoteocrazia. Nello spi- semplicità mai prima conosciuta. Se nel
rito dell'èra di salvezza che ora si inau- giudaismo il timore del Santo degenera
gura, il dominio regale è nello stesso in timore del nome di Dio 304, ora con
tempo misericordia paterna. Ma che Ge- l'unico nome di padre è superato sia il
con l'altro. Fondamentale è la connessione ptoc; riferito a Dio, che nei sinottici è posto
per l'intelligenza del Pater noster in Mt. 6,9 in bocca a Gesù. In citazioni dall'A.T.: Mc.
s. In Mt. 7,21 può essere presente la mano di 12,n par. Mt . 21,42; Mc. 12,29 s.; Mt. 4,7.
Matteo, ma i passi delle fonti particolari di xo par. Le. 4,8.12; Le. 4,19. Ma anche altro-
Mt. 13,41-43; 25,31.34; Le. u,32; 22,29 mo- ve: Mc. ;1,19; x3,20; Le. 20137. Cfr. anche
strano ancora una volta (4 col!. n33 ss.) Mt. 9,38 par. Le. x·o,2.
quanto strettamente l'idea di malklJt da Dan. 303 Il 're' che in Mt. rimette il debito (cfr. il
7 si sia associata al kerygma della paternità di v. 23 col v. 3;1) e giudica il servo spietato, è
Dio. il 'Padre' celeste. In Mt. 22 12-14 è istituita
301 Cfr. J. Wmss, Die Predigt Jesu vom Rei- l'equazione ~CXO"~Ì..f.Ux=flcx.aLÀ~v.; (anche qui
che Gottes 1 ( 1900); R. BuLTMANN, Reich con l'idea di giudice). In Mt. 2;1,34.40 il Fi-
Gottes und Menschensohn: ThR N.F. 9 glio dell'uomo è il re (~ col. 12,0).
(1937) 1-35. 304 Questo timore, esteso al xvp~oc;, si scorge
.!Ol Non manca del tutto anche altrove il xU- persino in Flavio Giuseppe, cfr. ·SCHLATTl!R,
1253 (v,996) TIC'l.-r1)p Dli l -2 (G. Schrenk) (v,997) 1254
culto e il timore dei nomi sia l'uso di sù è risorto {-7 col. 1267 ). Che la for-
moltiplicarli e occultarli. mula «ìl Padre vostro» nel senso del-
la fede giudaica sia evitata, si spiega fa-
Il. 1ta:t1}p in Giovanni 305 cilmente pensando alla controversia che
Gesù aveva sollevato a questo proposi-
r. L'uso linguistico to 309 • Stupisce di più che non si incon-
tri «il Padre (che è) nei cieli» mentre
Mentre nel Vangelo di Giovanni non manca «il Figlio dell'uomo» e nep-
l}E6c;, eccettuati i passi in cui è riferito pure «il regno di Dio». Ma l'aµtore non
a Gesù (~ n. 346), si incontra 73 vol- si pone il problema della fedeltà for-
te e xuptoc; compare per Dio solo nella male all'uso linguistico di Gesù. Egli
citazione di 12,13, "Jtix.-.l}p per designa- non appesantisce con tale aggiunta il
re Dio ricorre I r 5 volte ( ò 1tcn1}p 306 , termine 'padre', che è per lui una paro-
ò 1t<X.'tTJP µov 307 , mi'tEp, 1t<X.-t1}p in for- la tematica della rivelazione. E se altro-
mule di preghiera). I dati numerici, a ve ha messo in rilievo proprio il contra-
motivo delle varianti, non sono del tut- sto fra celeste e terreno, l'ha fatto col-
to sicuri. IL testo della koiné aggiunge legandosi per vero a una terminologia
di preferenza un µov a mt:t1}p. Comun- del tutto diversa da quella genuinamen-
que prevale di gran lunga l'uso assolu- te giudaica 3111•
to. Soltanto in 6,27 troviamo 6 mx:t'Ìjp ...
ò ~Eoç 308 • «11 Padre nostro» in Giovan-
ni non compare. «Il Padre vostro» figu- 2. L'idea di padre e il regime patriarcale
ra una solta volta, però in un passo di In Giovanni l'idea di chi genera alla
decisiva importanza (20,17) a proposi-
to della nuova situazione in cui vengo- vita(~ coll.Ir37 ss.) non è connessa al
311
no a trovarsi i discepoli dopo che Ge- nome di padre ; ma, come dato intuì-
Theol. d. Judt. 24-26.60; ScHLATTER, Komm. tera di Giovanni hanno in comune col Van-
]oh. 35. gelo l'uso stereotipo di ò 1ta:c1)p. Nell'Apoca-
305 Bibliografia: W.F. LOFTIIOUSE, The Fa- lisse 1t0:'1"1)p, sempre unito ad aòi:oi.i o a µov,
ther and the Son ( 1934); In., Fatherhood and è usato solo in relazione a Cristo (Apoc. 1,6;
Sonship in the Fourth Gospel: ExpT 43 2,28; 3,5.21; 14,1).
(1931) 442-448; in tedesco: Vater rmd Sohn 309 In Io . 8,38 l'vµWv, se è originale, si rìfe-
im ]oh-Ev: ThBl rr (1932) 289-300; BuLT- risce ad Abramo. In 8>42 il ita~!)p ùµwv ri-
MANN, Joh. 36 s. ferito a Dio è posto in discussione ~ col.
30.i «Il Padre» usato assolutamente è ripreso 1270.
specialmente dalla Dìdachè, dagli apologisti, o
JlO L'epiteto !;wv nrx.-r1Jp in lo. 6,57 ha la
da Clemente Alessandrino; Did. 1,5; hist., sua ragion d'essere ·nel contesto. Per 'ltlt~ep
dial. 74,1; 76,3; 86,2 e passim; C!em. Al., U)'LE .in 17,u dr. test. lud. 24,2; Did. 10,2.
prot.10,94,3 (GCS 12,69,11); Id., exc. Tbeod. Nella storia delle religioni l'ambito di questi
30,1 (GCS 17,u6,27); dr. O. Sai. 19,2.4. attributi è molto esteso: Rigveda vn 52,3:
301 Per «il Padre mio» dr. O. Sai. 10,4; «il «il Padre grande, degno di olocausti» (Va-
Padre suo» ibid. 41,n. In apoc. Sedrah 9,5 runa). Più precise indicazioni in BULTMANN,
l'unigenito Figlio chiama Dio «il Padre mio». ]ob. 384 n. 4; per 1tC'l.'<TaP filxrx.LE in Io. 17,25
308 2 I o. 3 ricorda gli auguri benedicenti di ibid. 399 n . 3.
carattere liturgico che si tcovano in Paolo, 311 Il tema della generazione o della nascita
solo che il ~oi.i vtou -rou na:cp6c; arieggia la da Dio dei figli di Dio è senza dubbio trat-
formulazione del dogma nascente, in polemi- tato in Io. l,13; 3,3 ss., e in misura ancor più
ca con gli eretici. La prima è la seconda Lct- netta in r Io. 2,29; 3,9; 5,18, cfr. anche 5,r.
1255 (v,997) 1Ca:ti}p D u 2-3 (G. Schrenk)
tivo per spiegare il mistero cristologi- triarcali: il figlio rimane sempre nella
co, è utilizzata volentieri la figura del casa, nella comunione col padre. Secon-
padre di famiglia (~ coll. 1216 ss.). Il do 16 ,r 5; 171.10, al figlio appartiene
Padre rimane senz'altro o µElswv (Io. tutto ciò che il padre possiede ( cfr. Le.
14,28), ha sempre la preminenza e Ja di- 15,31 ~ col. 1216 ). In virtù della sua
rezione. La sua prerogativa di Signore si posizione avita egli esercita anche una
esprime nella capacità di dare con pie- funzione di intermediario che intercede
na autorità (6 13.2). Il Figlio è al corren- e trova ascolto presso il padre in favo-
te della sua volontà, gli obbedisce, lo re dei servi da lui protetti (8,35). An-
conosce, lo onora. Pur nell'accordo più che 14,2 ha la sua ragion d'essere nel-
completo ed intimo non può mai esser- la signoria domestica del patriarca: an-
ci dubbio che l'amore del Figlio espri- dando al Padre, Gesù vi prepara i po-
me questa obbedienza e che solo così sti per i suoi, li radica e li fa abitare
egli è stabilmente il Diletto. La nostra con lui nella casa paterna, che apre loro
attuale mentalità europea non concepi- come definitiva dimora 312 •
sce un figlio pervenuto a maggiore età
che in tutto il suo agire rimanga total-
3. Il concetto di rivelazione
mente dipendente dal padre. Senza un
riferimento al costume del tempo una Prima di esaminare altri passi, occor-
tale figura riesce incomprensibile. Solo re stabilire, a proposito di Giovanni,
date queste premesse la dipendenza as- che il suo messaggio su Dio in quanto
soluta del rivelatore da colui che è in padre non è pensabile senza le basi si-
definitiva il rivelante può essere inseri- nottiche. Egli ha tuttavia ampliato il
ta nel simbolo padre-figlio. In Io. 8 1 35 kerygma di Gesù sulla paternità divina,
sono utilizzati tratti autenticamente pa- per illustrare l'idea di rivelazione. Così
m Cfr. a questo proposito prima di tutto 8, perché accenna all'amore del Padre come fon-
58 e tutti gli enunciati riguardanti la venuta damento (Io. 3,3J s. 4 col. 1263), ma anche
nel mondo, la venuta dall'alto, Ja discesa dal perché costituisce il riconoscimento che Gesù
cielo, l'uscita da Dio, senza alcuna indicazione è colui sul quale il Padre ha posto il suo si-
del Padre, ad es. lo. 1,9; 3,13.19; 6,33.38.41 s. giJlo (cioè colui che il Padre ha autenticato)
46.JO S. 58; 8,1442; 13,3; 16,28.30. e ha in sé, per dono di lui, la vita, e solo
316 Per Io. x,18 cfr. H. WINDrscH, Angefo- cosl adempie il suo mandato fin nel tempo
phanien um den Menschensohn auf Erden: escatologico (Io. 5,22-30, cfr. 6,40).
ZNW 30 (1931) 223. 318 In r Io. 1,2 l'affermazione di eternità a
se anche il termine 'padre' sia oggetto glio, ma si attua soltanto in questo av-
di rivelazione. Come nei sinottici l'an- venimento che rimane così atto di te-
nuncio del kerygma è fatto unicamente stimonianza al Padre ( 6,41 ss.). Cono-
in modo che il nome di 'padre' risulta scere e vedere il Figlio significa cono-
inseparabile dalla rivelazione nel suo scere e vedere il Padre (14,7-10, cfr. 8,
storico attuarsi, così in Io. 17,6.26 19; 12,45). D'altra parte, accogliere o
Ècp<t:vÉ.pwcra e, corrispondentemente, f.- rifiutare il Rivelatore è sempre nello
yvwpLCTa ... 'tÒ OVOµa CTOU 1 «ho manifesta- stesso tempo e in definitiva una presa
to ... ho fatto conoscere il tuo nome», di posizione di fronte al Padre che per
riassume tutta intera l'attività di Gesù mezzo di lui si fa conoscere ( 8,42; I 5,
nella sua vita terrena 322• Q4esto nome, 23 s.). In fondo anche la rivelazione
al dire di 17,II, è la forza benefica nel- storica resta dunque qualcosa che ci dà
la quale i discepoli trovano salvezza e espressamente notizia del Padre. Non
protezione (cfr. 17,I 2 ). Proprio me- si deve obbiettare che 'padre' quale de·
diante questo nome, dal quale non si signazione di Dio non implica niente
può prescindere, Gesù fa conoscere Dio di nuovo; infatti, proprio per il fatto
(cfr. 12,28) 323 • Di ciò che viene annun- che mediante Gesù si opera la rivela-
ciato nulla può esser maggiore del Pa- zione definitiva, questo termine 1ta't-/i?
dre (cfr. 14,28). Ciò che Gesù procla- assume, nel presente decisivo, un con-
merà ai discepoli per tutto il tempo av- tenuto nuovo 324 •
venire verterà in ultima analisi su que-
st'unico contenuto: la conoscenza del 4. La perfetta consonanza tra Padre e
Padre, 1tEpt .-roi.i 1tet•p6ç (r6,25). Certo Figlio (~ vt6ç)
non si tratta qui di una idea del Padre Tutta la storia della salvezza è anco-
di ordine speculativo, di una teologia rata al più intimo legame fra Padre e
del Padre chiusa in se stessa, né tanto Figlio. È questo il fulcro del kerygma
meno di un semplice omaggiò di vene- giovanneo 325 • Ora, quale conseguenza
razione tributato a una parola-simbolo comporta per il concetto di 1ta't1}p in
di carattere sm:ro. La rivelazione non Giovanni questa verità, che il Figlio vi-
astrae mai dall'opera salvifica del Fi- ve solo in virtù del Padre (6,57), che è
tua espressamente nel nome 'Padre' esige la Jll Il saluto di benedizione di 2 Io. 3 esprime
dovuta attenzione. concisamente, in una formula liturgìca, lo
322 Il nome di Dio non è più il mistero na-
stesso pensiero (-+ n. 368).
325 Anche nelle lettere giovannee è fondamen·
scosto nel silenzio, come nella sinagoga. Cfr.
tale la inseparabile unità di Padre e Figlio (I
ScHLATTER, Komm. Joh. 319 s.
Io. 1,3; 2,22 s.; 2 Io. 9), e cosl pure nell'Apo·
323 In 5,43 e in 10,25 'nome' sta invece per calisse in tutte le frasi con 1tlt'tlJP (-+ n,
'mandato'. 308).
1263 (v,1000) mi:ri)p D Il 4 IG. Schrenk J
una cosa sola con lui ( r o ,3 o) cd è di lui I 24 5) sono segni diretti di questo amo-
compartecipe in una misura illimitata re. Esso è pure premessa d'incarico e
(16,15; 17,ro ~col. 1256)? L'accento d'invio (dr. 7,29; 8,55; x7,25) 323 • Per-
principale è posto su questa semplice sino quando l'amore viene caratterizzato
frase: «il Padre ama il Figlio» (3,35; come un 'essere' 129 del Padre nel Figlio
~ I, coll. J40 ss.) 326 . Il concetto non e viceversa(~ vi6c;; IO,J8; 14,11; 17,
ha un valore sentimentale o mistico, ma 21), l'agire ne è sempre il contrassegno
è sempre legato nel modo più stretto determinante. Tale unità si esplica nel
(cfr. 5,20) all'azione che il Figlio svol- fatto che il Padre determina il fare e il
ge per mandato dcl Padre (8,16.29). dire del Figlio (1totEi:v 5,19, dr. 8,28;
Cosl 'amare' diventa un'espressione pre- À.a.ÀEtV 7,17 s., cfr_ 12,49), gli affida
gnante per indicare il rapporto di Dio 'l'opera' da portare a compimento (17,
l'ivelatore con colui che ne è lo stru- ~). Nel suo nome sono compiuti ( ro,
mento (15,9; 17,23 s. 26) 327 • Se poi 25) gli E:pya. (~III, col. 849 s.), che so-
ci.ya.miv viene usato tanto al passato no Epya. Ex nu 1ta.•p6ç ( 10,3 2 ), anzi
quanto al presente, ciò conferma che sono opere del Padre stesso ( ro,37 s.).
esso ha il suo fondamento in un'esisten- Anche le parole sono un Àoyoc; 'tOV 'lta.-
za pretemporale. Il reciproco yww- •poc; ( 14,24, cfr. 3,34 s.). Ciò che Gesù
O'XELv ed ElOÉva.~ (8,55; ro,15 ~ col. dice gli è insegnato dal Padre (8,28),
326 Cfr. paralleli gnostici del Figlio insepara- ne che non solo l'unità fra Gesù e Dio non
bilmente unito al Padre in Bm.TMANN, ]oh. si attua semplicemente nel volere e nell'agire
212 n. 2 , dr. 269 n. 3. Lo stesso, ibid. 119. morale, ma che è sempre presente la rivendi·
i90.293.397.400.415 s., parre dal Timeo di cazione autoritativa della missione. Resta pe·
Platone (,_ coli. llJ4 s.) per richiamare un rò importante che questa unità si esplichi in
linguaggio mitologico che si sviluppa in specu- senso non mistico, ma etico.
lazione cosmologica e cosl stabilire che 'ama- 32~ La formula «identità di sostanza», prove-
re' ha questo senso: Dio sul piano della niente dalla speculazione su oùaCa., non è
creazione o della redenzione assume forma quindi appropriata al tipo di relazione indi-
nel «SUO figlio», diviene presente e operante cata in Io. 10,30.38; 14,10 s. 20 s., perché in
in lui come in una sua immagine. Con ciò Giovanni non si tratta mai di una visione
resta ~pressa la dignità del rivelatore. Il pa- statica di sostanza, di un metafisico enunciato
rallelo è importante per la storia delle reli· ontologico corrispondente al pensiero greco e
gioni. Solo che in Giovanni manca completa- chiuso in sé, ma di chiari enunciati riguar-
mente l'elemento cosmologico vero e proprio danti azioni e rapporti. L'unità è un'unità in
e I' 'amare' è improntato alla realtà salvifica atto (nomen octionis), viva di fatti concreti,
come era intésa dal cristianesimo primitivo. non mai semplicemente oggetto di riflessione
«in sé», ma costante processo dell'opera sal-
l27 Paralleli mandaici e manichei sul tema
vifica. Cfr. ScHLATTlìR, Komm. Joh. 242.245;
'organo del rivelatore' in R. BuLTMANN, Die
BuLTMANN, Joh. 186 s. 290 s. 392 s. n. 2 . 470;
Bedet1ftmg der ne11erschlossenen mandiiischen ~ LoFTHOVSE: ThBI 293; E. GAUGLER, Das
tmd manichiiischen Quellen fiir das Joh-Ev.: Christuszeugnis des ]oh., in: ]esus Christus
ZNW 24 (1925) IOO· I46. im Ze11gnis der heiligen SchriJt tmd der Kir·
328 Bultmann (}oh. 187) sottolinea con ragia- che (1936) 43.55 s.
1265 (v,1001) 11a:i:-fip D 11 4 (G. Schrenk) (V ,1001) u66
risponde a un suo comando (12,49), è piena espressione nel sacrificio della vi-
stato detto prima da lui al Figlio ( 12, ta. La locuzione «andare al Padre» 332
50). Tra parole e opere c'è tale rispon- significa qualcosa di più che morire 333 •
denza che i termini vengono scambiati Essa implica tutto ciò che si profila al-
(14,10) e trattati come sinonimi (8,28). lo sguardo, dalla passione fino alla elar-
Le une e le altre rendono testimonian- gizione dello Spirito e ai suoi effetti,
za tanto all'Inviante che all'Inviato (IO, cioè all'intero corso delle vicende futu-
25 ). Per le une e per le altre viene mes- re 334 • La consonanza perfetta e mai
so in rilievo il fondamento eterno con smentita, l'oùx El.µt µovoç, «non sono
l'affermazione della loro preesistenza 330 • solo», di 8,16.29, rimane inconcusso
La comunione più assoluta, ancorata in anche durante la passione (16,32). A
tal modo a parole e opere che il Padre questo centro convergono tutti i raggi:
dà, porta al momento acuto nel dram- il 'dare' (il Padre gli 'ha dato' il calice
ma della rivelazione. È il dare paterno ( r8,u, al perfetto; cfr. Mc.14,36 par.;
che determina tutto, fino alla resurre- Mt. 20,22]); l'amore, quale intimo as-
zione e glorificazione (6,39.44). La for- senso del Padre al sacrificio della vi-
mula «dato dal Padre» è l'enunciato ta (10,17); l'obbedienza come massi-
estremo su cui poggia incrollabilmente ma dimostrazione di un mandato ( Év-
l'intera situazione salvifica ( 10,29 s.; -roÀ.1}) pienamente assolto (ro,17 s.,cfr.
17,24, cfr. 6,37; ~ col. 1273) 331 • L'u- 14,31); la glorificazione del Padre, co-
nità del Padre e del Figlio trova la sua me scopo finale (13,31; 14,13; 17,1
JJJ Cfr. Jo.3,34 s.; 5,36; 8,26.28; 12,49 s.; 17, sione dei momenti; infatti questo 'andare'
4. Giovanni è solito usare il verbo al passato, presuppone il 'venire', il 'discendere', I' 'esse-
specialmente al perfetto, per mettere in evi- re inviato'. Il cammino del Rivelatore ha co·
denza questo fondamento eterno. Anche in me presupposto l't~ijll>ov di 16,28; 17,8,
Io. 5,19 bisognerà scorgere la situazione de- dr. 16,30 (~ 111, col. 950; ~ ut6ç). Altri
rivata dalla preesistenza e non solo il proces- passi con «andare al Padre»: l3,r.3; 14,12.
so di guida. Cfr. ScHLATTER, Komm. ]oh. 28; i6,ro.17.28. Ed è il Risorto che in 20,27
153 («non ispirazione e dettatura mantica» ); dice su questo punto l'ultima parola rivela-
BULTMANN, ]oh. 191 n. 5 (contra L. BRUN, trke. ~ col. 1267.
Dic Gottesschau des ioh. Christt1s: SymbOsl m Cosl lgn., Rom. 7,2 per la meta del marti-
5 [1927] 1-22; \Y/. LOTGERT, Die ioh. Chri- re: lìttpo 1tpòc; -.òv 1tot-cÉpot.
stologie' [1916] 25-36; F. BOCHSEL, Das Ev.
t1ach ]oh.', N.T. Deutsch [ 1937] l5 s.). 331 Il 'venire' e 'andare' come terminologia
del mito gnostico è messo in evidenza da
331 Per l'accentuazione di eternità che assume BULTMANN, ]oh. 102 n. X. 210 s. 224.354.3n.
anche questo 'dato', cfr. lìLlì6\lm al perfetto Il fatto che Gesù sappia donde viene e dove
in lo. 6,39; 10,29; 17,24. In 17,2 l'enunciato va non indicherebbe altro che un richiamo
più completo circa il conferimento della pote- all'autorizzazione ricevuta e all'unità col Pa-
stà è collegato all'affermazione che anche i dre. Solo che in Giovanni bisogna tener fer-
credenti 'sono dati'. ma nel suo significato reale la fede in un ef-
33~ lo. 16,28 ci presenta la completa succes· fettivo 'venire da' e 'andare a' .
1267 (v,1001) 'ltCX.'tTJP DII 4 (G. Schrenk) (v,1002) 1268
ss.) m. Fra Giovanni e 1 sinottici c'è perfetta comunione divina diventa il pa-
questa notevole diflerenza: la formula radigma di vita della comunità. I con-
«il Padre vostro», l'unica volta che com- cetti basilari che hanno il loro fonda-
pare (come parola dcl Risorto), conser- mento nel prototipo, come conoscere,
va in Giovanni il suo significato specifi- riconoscere (10,14 s., dr. 17,25), ama-
co: soltanto ora Gesù risorto accenna re (15,9 s., dr. 14,21; 17,23.26; 14,23,
al proprio Padre e Dio come a colui cfr. 21), l'idea di unità 339 (14,20; 17'4·
che è, in senso pieno, Padre e Dio dei 2 r ), l'inviare e il glorificare (I 7 ,18; 20,
suoi 'fratelli' (20,17: solo qui Giovan- 2 l ), diventano capisaldi normativi per
ni indica i discepoli di G~sù com:: suoi la chiesa. Ciò viene espresso nella for-
fratelli) 335 • Il v. 14,6 viene cosl integra- ma d'una deduzione analogica e d'un
to e realizzato, nel senso che il Figlio è rapporto di reciprocità mediante le par-
in persona e definitivamente l'unica via ticelle xcdìwc; o WCT1tEp. Ne abbiamo una
verso il Padre 337 . Il Paracli to porta ai rappresentazione figurata nel discorso
fedeli la piena attuazione della comu- sulla vite e i tralci (15,r ss.) 340•
nione padre-figlio, come dono perma-
nente (14,18-2r.23, cfr. 16,15) 318• La
m Anche il motivo dell't~oucrla. culmina nel Cosl nell'impronta che contrassegna I lo. è
cammino della passione (13,3 s., cfr. 17,2), ~ possibile vedere pienamente attuato il corol-
ut6c;. lario di quella verità di resurrezione di cui
336 Per la preparazione delle µovc.d nella casa parla Io. :20,17 (~ col. 1267).
del Padre (14,2) ~col. 1256. 338 Gli aspetti collaterali del problema (chi
337 I lo. ha le sue radici in quanto è promes-
mandi lo Spirito, da chi provenga) non fan-
so nel Vangelo e ormai è visto come adem- no che irradiare il fatto fondamentale della
piuto: la còmunione col Padre e col Figlio comunione Padre-Figlio. Ciò che importa è
(1 lo. l,3). I -.fava. nella comunità hanno co- che lo Spirito procede dal Padre in modo da
nosciuto il Padre (cfr. Io. 14,7.20), 'l't<.t-.tpEc; raggiungere la propria meta attraverso il Fi·
e mx.L8la. vivono all'ombra della realtà del glio. Il Padre è sempre il fondamento ultimo
Padre (1 lo. 2,13 s.). ·Perciò accanto a «per· della rivelazione.
manere nel Figlio» si può anche dire «perma-
339 Ignazio in Phld. 7,2 ha accentuato l'aspet-
nere nel Padre». La stessa dilatazioné della
formula deriva dall'aver sperimentato che la to morale di questo motivo giovanneo. Del-
promessa si è adempiuta. Secondo r I o. 2,24 l'idea di unità - probabilmente sotto l'influs-
(cfr. inoltre lo. 5,38; 8,31; 15,7) questo per- so di xo~vwvlc.t (~lo. 1,3) - egli in Eph. 5,1
manere si attua nel senso che resta in loro ha fatto uso per rafforzare l'episcopato. In-
«CÌÒ che fu udito» da principio; . cfr. 2 Io. 9 vece in Mg. l,2, dove augura alla chiesa l'u-
(8~ortx1}). Nella lotta contro l'eresia la retta
nione con Gesù e col Padre, rivela una ge-
dottrina è messa in valore in quanto espres· nuina comprensione di Io. 17. Della Èv6't"I)ç
sione, sul piano conoscitivo, della comunione e xowwvlrt di Padre e Figlio tratta anche
col Padre e col Figlio. Mentre, secondo I o. Athenag., suppi. l0,2; 12,2. Cfr. Clem. Al.,
r,12 s. (cfr. u,52), è il Logos che dà n~ov paed. x,5 124,3 (GCS 12,104,14); 1,7,53,1
crl.rt •.. -r~xvrt DEou yEvfoDm, r lo. 3,1 esalta (GCS 12,121,26).
in un grido di gioia l'immediato rapporto col w.i E singolare la ripresa dell'idea e del mo-
Padre che nel suo amore ci fn 'tÉX\la. i}Eou. do di esprimersi in Apoc. 2,26 ss.; 3,21; 14,1.
1tcr:tnp DII 5 (G. Schrenk) (v,1003) J270
5. La lotta con i Giudei circa la paterni- mente umana e gli ricordano In sua fa-
tà di Dio miglia terrena ( 6 A2) per dimostrare in-
sussistente la sua pretesa di essere un
Già quando in 2,16 Giovanni fa dire inviato di carattere particolar:: 312 • Ri-
a Gesù che i Giudei deturpano con il chiamandosi ali 'dç 7t<"L't'fJP ò i>Eoç ( 8 A r )
loro spirito bottegaio <da casa del Pa- (un solo padre: Dio) echeggiante Mal.
dre mio» (significativa variante alla for- 2,10, essi intendono evidentemente e-
3'\t Questa forma negativa di y~vwcnmv e Nella riflessione; che segna un progresso ri-
El8Éva~ (4 coli. 1263 s.) si riscontra lungo spetto al Vangelo, sono messe in rilievo ten-
tutto il Vangelo: 5,37; 7,28; 8,19.54 s.; 15, denze che non provengono dal Padre. In i,
21.23 s. (µ:tcn:~v!); 16,3; 17,25. 22 s. l'Anticristo nega il Padre e il Figlio.
342 In I Io. l'opposizione fra x6uµoç e 7ttt- Nuova è qui l'idea dell'Anticristo e l'uso di
"tlJP assume una forma alquanto diversa (2, apve~crl)a~ (opposto a ÒµOÀOYE~V) nella lotta
15-17). All'lx 'tOU x6uµov, usuale anche nel contro l'eterodossia. La correlazione Padre·
Vangelo di Giovanni, si contrappone !'lx 'tOV Figlio deriva dal Vangelo.
1ttt"tp6ç come qualifica della natura interiore. 343 Cfr. Iust., apol. 63,14.
1271 (V,1003) 'ltO."ilJP D Il 5-6 (G. Schrenk) (v,1003) 1272
riguardo della missione e della verità passione, tanto più Gesù, nella presen-
della paternità divina. Il contrasto fra tazione di Giovanni, appare in atto di
i Giudei e Gesù è fatto risalire alla di- pregare il Padre (II,41 s.; 12,27 ss.;
versità dei loro padri (8 ,3 8; al v. 44 è 1 7) m. Colui che rende grazie presso la
indicato come padre loro il diavolo) 344 • tomba di Lazzaro rivela, con sublime
Qui 'padre' non indica la generazione, efficacia, di essere profondamente im-
ma la parentela dello spirito. Il figlio prontato alla piena unità col Padre - in
impiira dal padre ciò che è determinan- questo caso nel senso che è sempre da
te(-> coll. 1194 s.), si forma alla sua lui ascoltato. In tale disposizione d'ani-
stregua (cfr. la eloquente analogia con mo egli incede verso la passione. La
Abramo-> qui sotto e Io. 8,41: 7tOtEL\I forma missionaria della preghiera che
'tà itpya -.oii 'lta'tpoc;, «compiere le ope- leggiamo in l r ,41 s. e che vuol suscita-
re del padre»). Essi traggono dal dia- re la fede nella missione di Gesù è cer-
volo l'impulso della volontà (-tàc; Ém- tamente singolare, ma secondo il dise-
ì}uµlac; 'tOU 'lta"tpòc; 7tOtEL\I, 8 ,44 ), e il gno del Vangelo non è che la semplice
diavolo, che dal principio è assassino e traduzione dello scopo perseguito da
mentitore, è anche padre di chi è men- Gesù in tutta la sua vita. La preghiera
titore 345 • Il patriarca Abramo e Mosè di l 2 ,2 7 ss., che riflette una argomen-
sono citati come testimoni fondamenta- tazione serrata di Gesù con se stesso,
li (dr. 5,45-> col.i258). La pretesa pa- mostra il suo atteggiamento nella lottà
ternità di Abramo si può controllare sul spirituale. Essa termina, come la pre-
loro comportamento. Anche qui ciò che ghiera dei sinottici nel Getsemani, chie-
conta è che il figlio di Abramo fa 'tà. dendo non la propria liberazione dalla
E:pya "tOU 'A~pcxaµ, «le opere di Abra- vita e dal dolore, ma la glorificazione
mo» (-> qui sopra). del Padre, e la voce che risuona dal cie-
lo approva e promette. Come in l l ,41,
6. Il Padre e la preghiera anche qui il pregare non è fine a se
stesso, in nome di una comunione fra
Quanto più si profila all'orizzonte la il Padre e il Figlio chiusa in sé, ma la
m Grammaticalmente possibile, ma di fatto Jt• Cfr. I ub. 10,5: gli angeli come padri dei
non richiesto, è in 8,44 la lezione «padre del demoni; Giuseppe e Asenath 12,9 s_: il dia-
diavolo». BuLTMANN, Joh.241 risale, attraver- volo come padre degli dèi egiziani.
so Giovanni, a una erronea traduzione di un 346 BAUER, Joh., considerando l'identità di so-
testo semitico, il quale suonerebbe cosl: Ex stanza (~ n. 329), per II,41 ha obbiettato
'tOV r.a.'tpÒç uµwv, 'tOV B~a.~6).ov (apposi· che in realtà il Cristo in Giovanni non pote·
zione). Sulle concezioni gnostiche di una pro- va pregare. Ma se è ben vero che il Logos in
creazione da parte del diavolo e sul padre Io. x,r; 20,28 (cfr. inoltre 5,18; io,33) è
d~l diavolo cfr. ZAHN, Joh. 425 n. 33; BAUER, detto &€6<;, egli, in quonto, nella carne e nel
Joh:, ad /.; BuLTMANN, Job. 241 n . 1. mondo, è l'obbediente, è pure l'orante.
1ta ..fip D Il 6 (G. Schrenk)
realizzazione del mandato (v. 30: ot' di vivo e in continuo progresso, che già
uµaç). Soprattutto la preghiera del fin d'ora può attuarsi (cfr. &.1t'ap·n, 14,
commiato ( cap. 17) è interamente do- 17; «in quel giorno», 14,20; 16,23).
minata dalle due prospettive che proma- Trovare e conoscere il Padre è il frutto
nano dal profondo della rivelazione: maturo e benedetto di tutta quanta l'o-
«dato dal Padre» (vv. 2.4.6.7.8 .9.11. pera salvifica (cfr. 16,27 e la motiva-
14.22.24) e «glorificazione del Padre» zione in r6,23)m. Le parole pronun-
(vv. i.4.24). ciate in Samaria (4,21-26) si riannoda-
Il compimento di Gesti reca ai disce- no al discorso di commiato, in quanto
poli una situazione di immediato rap- anch'esse contengono una promessa,
porto col Padre, che viene vissuto co- mostrano nel 7ta-t1Jp inteso in senso as-
me esaudimento della pregh,iera. Tale soJu to il fine ultimo della preghiera e
immediatezza di relazione rimane tut- trattano egualmente di una adorazione
tavia sempre condizionata dalla fede nel neJlo Spirito. Ma l'immediatezza di que-
Figlio e non presuppone mai una visio- sta adorazione ad opera di &.À:rii}w~t
ne di Dio da cui sia estromessa questa 1tpOO'XU\ITJ't'CXL, «adoratori veraci», quale
fondamentale comunione. Così il nuo- il Padre la esige, è qui in contrasto con
vo modo di pregare in nome del Figlio il culto legato a un luogo particolare,
comporta l'invocazione a lui e l'union:: si tratti del Sian o del Garizim. Anche
con . lui. In questo nome si è certi di la testimonianza data dall 'Èyw Elµ~ ( ~
aver accesso al Padre ( 14,1 3; 15 ,I 6; col. 125 7) assicura la medesima fonda-
16,23; ~VIII, coll. 774 s.) e non occor- mentale concezione m, benché natural-
re nessuna intercessione del Figlio ( 16, mente nel discorso di Samaria, in ri-
26 s.); per opera del Rivelatore il diret- spondenza alla situazione, non si antici-
to rapporto col Padre rimane assicurn- pino gli ammaestramenti sulla passio-
to come un possesso definitivo (cfr. 14, ne. Se i sinottici, e soprattutto Matteo,
6; ~ col. 1267). Il rvwpiuw, «farò hanno presentato in tutta la su:i effica-
conoscere», di 17 126 mostra però che cia la preghiera dei discepoli al Padre,
la rivelazione è sentita come qualcosa in quanto insegnata e mediata da Gesù,
questa preghicrn in Giovanni appate ad- (si confrontino i passi paralleli in Me-
dirittura il frutto dell'opera salvifica nandro~ nota 350) conoscono prescri-
giunta al suo compimento 319 • zioni simili. Nella Lettera ai Colossesi
e in quella agli Efesini però l'elemento
III. 'lt~'tlJP negli altri documenti genericamente umano e naturale viene
dell'età apostolica approfondito mediante il richiamo al
xvp~oi;. È questa la determinante fon-
r. Il padre terreno damentale dei precetti 352 ; norma e
Le prescrizioni di morale domesti- guida poggiano sul nuovo rapporto di
350
ca elencate in Col. 3,18-4,1; Eph. 5, fede. Cos1 in Col. 3,20 la motivazione
22-6,9 351 contengono ammonimenti an- del precetto è: EM:pEo"•6v foi:LV E\I xu-
che espliciti ai padri. Ricorrono qui tra- pl4), «è cosa gradita nel Signore», e in
dizioni giudaico-ellenistiche più o meno Eph. 6,1-3 la stessa prescrizione è qua-
fuse con precetti di etica popolare. An- lìfìcata come olxa~ov e convalidata co-
che l'A.T. infatti e il costume comune me tv-coÀT} 7tpW1:1J Év bta.yyEÀlq., «pri-
34? Quanto al problema del trimtarismo nel chr. Katechismus 11nd die jUdische Propagan-
Vangelo di Giovanni, osserviamo che in lo. daliteratur (1909) 137 ss.; K. WEIDINGER, Die
non si trova una esplicita dottrina trinitaria, Ha11sta/eln (1928) 62. Ammonizioni del gene-
particolarmente nel senso di una speculazione re: Menandro in Stob., ecl. 4,650 s. Ibid.651
metafisica sull'essere e sulla natura di Dio. Pa- ad es. gli aforismi: Yilìùc; 1ta'tiiP cpp6VT)01.'ll
dre, Figlio e Paraclito sono esplicitamente av,;'6pyijç ~)(WV, riga I I j vl6ç o'aµElVW\I
coordinati in formula soltanto nello spurio tu'ttv eù~olq. '1Ul'tp6c;, riga 13; wc; N>ù 7tp~oç
comma giovanneo di I Io. 5,7 s. : 6 'ltai:1Jp, 6 xai VEal;wv i:~ 'tp67tftl 'ltcni)p, righe 15 s.; oò
Myoc; xo:t 't6 iiy~ov 'lt\IEVµa. Cfr. A.v. HAR- À.v7toi:iv'ta; oE~ no:toap~ov 6pi)ouv, &.X.ì..à xat
NACK, Zur T extkritik rmd Christologie der 'ltEll>ov't"O: 'tt, righe 17 ss. Per la tradizione
Schriften des ]oh, Anhang B, SAB 1915 (1915) giudaico-ellenistica cfr. Pseud.-Phocylides 175-
572 s.; E . RIGGENDACH, Das Comma ]ohan- 228 in J. BERNAYS, Ober das phoky/ideische
ne11m =
BFfh 31 (1928); BOcHSEL, 1 ]oh. Gedicht (1856) e in Gesammelte Abh. I
82 s.; ]. CHAINE, Les Épltres Catholiqt1es, ~tu (1885) 259 s. Cfr. Philo, decal. 165-167. Nella
des Bibliques (1939) 126-137; T.A. MAVAZUE- tarda Stoa: K. PRACHTER, Hierokles der Stoi-
LA, N11evo est11dio sobre el «Comma Ioan- ker (1901) 7-90.
neum»: Biblica 28 (I947) 83-112.216-23_5 di- 351Altri elenchi di doveri domestici: I Petr.
mostra che esso non è elemento costitutivo
2,18-3,7. Qui non è preso in consider82ione il
dell'originario testo della Vulgata. Vulgata
comportamento del padre. In I Io. 2,12 ss.
. Clero.: quoniam tres sunt, qui testimonium
'tEXv(o: e 'lta~5la. si riferiscono all'intera comu-
dant in caelo: Pater, Verbum et Spiritr1s San- nitii. Sono nominati espressamente 1ttt't"ÉpEc; e
ctus et hi. tres u1zum st1nt. Prisdllianus, liber
\IEavluxo~. Ogni gruppo è citato secondo la
apologe.ticus 4 (CSEL 18,6,7 ss.) (verso il 380):
sua condizione spirituale. In Did. 4,9-11 e
tria s1mt quae testimonium dicunt in caelo:
Barn. 19,5.7 ('tuo figlio, tua figlia') si tratta di
pater, verb11111 et spirit11s et haec tria u1111m formare al timor di Dio (I Clem. 21,8: 1J lv
rnnt in Christo Iesu. Xp~CT't~ 'lttt.~oEltt).
iso Bibliografia per le prescrizioni di morale
domestica: Drnsuus, Kol., excursus a 3,18· 352 Ambedue i testi sono dominati da questo
4,1; LottMEYER, Kol. a 3,18 ss. (153-157); tratto distintivo: Col.3,18.20.22-25; 4,1; Eph.
KNOPF, Did. a 4,9-n; G. KLEIN, Der nlteste 5,22.25 ss.; 6,1+6.9.
1277 (v,1005) 1ttt't'TJP DIII r -2 a (G. Schrenk) (v, 1006) 1278
353 Cfr. ep. Ar. 228: EV't'OÀ.Ì}v µqC<r-t'r)\I. sione sono considerati come non santificati
354 Cfr. DlBBLIUs, Kol., ad l. (Ket. 4,3: STRACK-BILLERBECK m 374). In
355 Cfr. LIETZMANN, Kol., ad l.; A. RoBT!RT· Paolo non si trova una casistica di questo ge-
SON-A. PLUMMER, A criticai and exegetical nl"re. 0EPKE, op. cit. 85.87 attribuisce qui a
commentary on the first epistle o/ St. Patil to Paolo una concezione materiale e ritualistica
the Corinthiam (1911) ad I.; H. WINDISCH, della santità; diversamente SCHLATTER, Kor.
Zum Prohlem der Kindertaufe im Urchr.: 222 s. Per l'esegesi patristica del passo cfr.
ZNW 28 (1929) 121; A. 0EPKE, Urchr. u11d 0EPKE, op. cit. 84.
Ki11dertau/e: ZN\V 29 (1930) 85-87; J. ]ERE· 356 Cfr. ScHLATTER, Past. 134 s. Paralleli dal-
MIAS, Hat die iilteste Christe11heit die Kin· la filosofia morale in DIBELIUS, Past., ad l.
dertaufe geiibt? (1938) 22 s. Secondo il diritto Anche il segno degli ultimi tempi di cui parla
ebraico riguardante i proseliti, la conversione r Tim. - comparsa di parricidi e matricidi -
del padre pagano vale per il bambino (cfr. corrisponde alfa tradizione escatologica giudai-
Ket. n a: STRACK-BILLER1lECK 1 q.:r); però i ca, cfr. VoLZ, Esch. 156 s.
bambini concepiti e nati prima della conver- 351 Cfr. Flav. Ios., bell. 5,380: itpo1tét-twp
1279(v,ioo6) 7tct.TTlP DIII 2 a-h (G. Schrenk) (v,1007) 1280
mula 'padre Abramo' assume in lui un quelli che camminano sulle sue or-
valore del tutto nuovo, in quanto egli me» 360• Si intende una discendenza spi-
fa del patriarca il teste classico della rituale che si ramifica attraverso tutti i
giustificazione. Come in Abramo ciò popoli del mondo (dr. 0'7CÉpµa. in Rom.
che importa è il credente, cosl solo sot- 4,1 8 ). Essa è più reale di qualsiasi di-
to questo aspetto egli è padre. Tutti i scendenza carnale.
credenti, siano essi «in circoncisione o
in prepuzio», sono suoi figli (Rom . 4,n b) L'apostolo come padre della comu-
s. 16 s. 18, cfr. 13; Gal. 3,7 ~ I, col. nità
26). Cosl Paolo raggiunge una posizio- Nei rapporti con le comunità e nelle
ne universalistica. La rcla-nc; del 7tpomi- istruzioni ai suoi collaboratori Paolo
'twp prima della sua circoncisione (Gen . usa volentieri la figura del padre a pro-
l 5 precede Gen. 17 ! ) fa sì che, in vista posito delJa direzione spirituale, e pro-
dei pagani, già nell'A.T. la paternità del prio anche riferendosi esplicitamente
sangue non abbia importanza decisiva. all'atto del generare (1 Cor. 4,15; dr.
Per Israeliti e non Israeliti viene cosl Gal.4,19; Philm.rn). Come Gesù si ti·
postulata la verità di un albero genealo- volge ai discepoli chiamandoli 'figli'
gico basato sulla fede, il quale risale ad (Mc. rn,24; Io. r3a3) e come la prima
Abramo 358. Egli è 7ta.'t'Ì)p 7Cav-rwv -rwv epistola giovannea ama espressioni qua-
7CL<T'tEU6'V'tWV oi'(ÌxpoBvu-rlac;, «padre li -.Ex'llla., 7ta.iola, «figliolini, bambi-
di tutti i credenti incirconcisi» (Rom. ni»(~ coll. 226 ss. 273 ss.), cosl Timo-
4,II) 35?; ma è pure rta't'Ì)p 7tEpt-roµfjç, teo in I Cor. 4,17; 2 Tim. r,2 è chiama-
«padre dei circoncisi», purché Israele to 'tÉX'llO'll, 'TÉX\IOV &:ya.7t1)'tOV, «figlio,
creda come ha creduto Abramo (4,12). .figlio diletto», e Tito in Tit. l ,4 yv1)-
Qui 7ta.-r1Jp non vuol dire soltanto esem- CTLOV -rfa'llOV, «figlio genuino»; dr. I
pio o prototipo simbolico. Non solo co- Petr.5 ,13: Marco, ò vt6ç µou. In I Cor.
me egli ha creduto dobbiamo credere 4,15 le migliaia di pedagoghi sono con-
noi, ma perché egli ha creduto anche uapposte all'unico genitore; si noti pe-
noi possiamo credere. Cfr. Rom. 4,12: rò come Paolo delimiti il concetto di
-rote; CT'tOLXOVCTLV 'tOt<; txvECTLV ... , «di 'procreazione' precisando: <dn Cristo
iiµhepoc;. In Rom. 4,1, coi codd. ACDG bo quell'erroneo riferimento. Nei codd. B 1908
sah d g Vg. Ambrosiaster va letto: -rl oi'.\'J Ath Or manca euprixtvr:n (semplificazione).
Èpo\i~v EÙP1}xÉvtt~ 'A~paൠ-ròv TCpomhopa. Cfr. LIETZMANN, Rom., ad I.
T)µwv xa.-rà cr&.pxet; È praticamente impossi- 358 Il rabbinico «padre dei proseliti e di tutti
bile riferire xa~à a6.pxa a EÙP1Jxlvo.~; si spie- gli .uomini» va ancora più in là; STRACK-BrL-
ga infatti semplicemente che Abramo ha tro- LERl!ECK Ili 195.211. _,,col. n97.
vato giustificazione. Con ciò è esclusa anche la 3;9 Cfr. Barn. 13,7.
variante di KLP sy• Chrys Thdrt (recensione 360 Per Abramo «fonte di vita» dr. SCHLA'l'·
,fil): EVPTJXlvai dopo T)µwv, la quale rinforza TER, Rom. 166.
1281 (v,1007) mn-fJp D lll 2 b- 3 a (G. Schrenk) lv,1007) 1282
Gesù per mezzo dell'evangelo» . mx:t1}p sacrorum 361 • Piuttosto i paralleli rabbi-
non è mai usato qual titolo d'onore, nici che parlano della generazione del-
come si fa coi rabbini {--7 col!. 1255 s.), lo scolaro ad opera del rabbi (dove pe-
e non esiste indizio che ci si rivolgesse rò la Torà è vista come mezzo) sono sì
all'apostolo con l'appellativo di 'padre'. stringenti da indurre a pensare che qui
Ciò che si esprime con 'padre' è invece si tratti di una metafora giudaica cristia-
il fatto della trasmissione della vita. nizzata (--7 1, coli. 399 s. 404 s.) 362•
Phil_2,22 ci testimonia fra maestro e
scolaro un rapporto diverso da quello 3. Dio come Padre
rabbinico: padre e figlio sono coordi-
nati nel comune oovÀEUELV Elc, 't'Ò EÙcx:y- a) Il significato fondamentale dell'in-
yÉÀLo\I, «servizio dell'evangel0>> (--7 III, vocazione 'abba', (~ coll. 1219 ss.).
col. 1094), mentre nel giudaismo l'au- Non solo Paolo, ma anche I Petr. 1,
torità del maestro implica da parte del- 17 e l'uso dell'orazione domenicale te-
lo scolaro l'obbligo della dipendenza. Si stimoniano quanto fosse diffusa nel cri-
vedano, per converso, le integrazioni stianesimo primitivo la consuetudine di
Èv 'ltL<T'tEL e simili: I Tim. l,2; Tit. 1,4 invocare il Padre. Ciò che Paolo affer-
e 1 Cor. 4,17; autorità apostolica e co- ma del grido 'abba' in Gal. 4,6 e Rom.
mune subordinazione al Cristo appaio- 8,15 non va tuttavia riferito unicamen-
no intrecciate; e se le comunità sono te all'inizio del Pater noster 363 • In que-
chiamate 'tÉxva, l'azione paterna è in- sti passi tale invocazione è trattata co-
dicata con na.pa:xttÀEi'll, napaµvl>Ei- me un'esperienza spirituale di valore
crl>at, µap'tUpEcrito:t (1 Thess. 2,II s.) e assoluto. Essa trascende l'uso che se ne
con vou1'Eniv (I Cor. 4,14). L'antico può fare in una formula particolare di
costume orientale di chiamare 'padre' il preghiera, e Paolo la considera come
maestro e l'educatore (--7 coll.u33 s.) e effetto dello spirito di adozione che ci
di vedere nel maestro di sapienza siffat- è stato messo nel cuore. Qui la comuni-
ta paternità spirituale come condiziona- tà viene richiamata alla sua più intima
ta dalla parola, in Paolo non è mediato esperienza pneumatica, in accordo col
dalla na.paoocnc, del lEpòc, )..6yoç e dal- fatto che mx.'t1}p anche in altri passi
la iniziazione considerata come una ge- paolini appare come il termine proprio
nerazione spirituale operata dal pater e prevalente della preghiera. Le dosso-
361Cfr. ii pater spiritua/is nel monachesimo, 363Cosl ZAHN, Riim.396 n. 93, secondo Efrem
dove si incrociano il linguaggio del cristiane- nel suo commento, conservato in armeno, a
simo primitivo e tardive influenze dei misteri. Gal. 4,5 e secondo Girolamo (VALLARSI) nel
commento allo stesso passo. Cfr. inoltre 1
362 ScHLATTER, Kor.162s. In generale: STRACK- Petr. 1,17 nella.versione boairica, la quale an-
BILLl!RBECK lll 240 s. che qui ha 'Padre nostro'.
1283 (v,1007) 7t<J."t"YJP Dm 3 :1-b a (G. Schrcnk) (v,1008) 1284
zione che proviene da Gesù è stata da dio iniziale. Paolo è giunto gradual-
Paolo motivata e approfondita anche mente alla sua strutturazione completa.
Ma già in 1 e 2 Thess. troviamo i>EÒ<;
nella meditazione della Scrittura. Egli rca-tT)p senza articolo, e solo a comin-
ha messo in risalto, isolandola dai suoi ciare da Gal. 1 '3 il saluto assume la for-
364 ZAHN, Gal. 206: «come per un impeto na- plicata alla comunità cristiana con le parole:
turale». OEPKE, Gal. a 4,6 richiama 1 Cor. 12, xat E<roµaL uµrv El.; na:dpa. Hebr. l,5 ha in-
3 e cap. 14. Diversamente SCHLATTER, Rom. terpretato in senso messianico, con maggiore
265: «Il parlare dei servi è invece una pre- aderenza al testo, l'accostamento di padre e
ghiera appena mormorata, come è prescritto figlio di 2 Bacr. 7,14.
dal modo di pregare giudaico». xpik~m1 è u- 366 E. LoHMEYER, Probleme paul. Theologie r:
sato spesso per l'acclamazione religiosa nelle ZNW 26 (1927) 158-173.
_cerimonie liturgiche, cfr. E. PETERSON, Ell;
6EOl:: FRL N.F. 24 (1926) 191-193.226. ~7 Par.: na.-tfip i)e6ç: Sap. 2,16; o na-ti)p
365 Cfr. WrnmscH, 2 Kor., ad I. La formula o
bE6i;: Phi!o, leg. ali. x,64; 1tc.t-tfip 1t&.v-twv
di 2 Ba<r. 7,14, cfr. 1 Chron. 22,10; 28,6, a De6.;: rer. dìv. ber. 6i. Anche se Filone occa-
proposito del figlio di David: xal a.ù-tòi; fo-taL sionalmente coordina DE6ç e 'JtCl.-t'r'Jp, non lo fa
µoL di; vtov, combinata con IEp. 38 (31),9: 8-tL mai in forma cosl stereotipa come avviene nei
tytv6µ'1}v -ti;l JCTpa'I}).. di; tec.t'tÉpa, viene ap· saluti apostolici.
!28 5 (V ,1008) na-c1}p D 111 3 b a-y (G. Schrenk) (v,1009) 1286
ma citata sopra. La caratteristica di ne. Nei saluti figura i7Eòç, na-ri]p, nei
Paolo è che i)Eòç naTTJP per così dire rendimenti di grnzie ò i7Eòç xa.ì. m:x:nip
non compare mai senza che lo segua (quest'ultimo anche in Eph. 5,20). Non
xvpioç. Cosl strutturata con i)Eòç 'Jt<J:t1}p a caso Col. ed Eph. si allontanano un
e Gesù Cristo (e l'aggiunta di predica- po' dallo stile abituale. Infine 2 Petr.
tivi vari) la frase diventa patrimonio r, 17 chiarisce come questo i)Eòç 7ta-r1i?
comune del cristianesimo primitivo, an- senza articolo sia passato più tardi nel-
che se talora con qualche modificazione l'uso comune quale formula dogmaticn
formale 308 • Rispondenza ritmica, pre- (cfr. lgn., Mg. 3,1).
gnanza e sostenuta efficacia risaltano
~) i7Eòr, ò mx-ri]p ( ap posi:done) 370
dalla mancanza dell'articolo, che fa ap-
parire 'padre' quasi come un nome pro- Questa formula, affine sia all'uso as-
prio. L'uso liturgico non fu che la con- soluto ò mx--c1]p sia a i7EÒ<; rca-r1)p, com-
seguenza logica della lettura delle let- pare nella sua brevità solo in r Cor. 8,
tere paoline, che costituiva certamente 6: dc; ikòç ò ?ta--ci]p (~IV, coli. 415 ss.
una festa per le comunità J$9_ Benedire e~ coli. 1289 s. con la nota 379). Si
e lodare Iddio è un modo di pregare. tratta di una solenne professione di fede
Nella formula liturgica si cristallizza il che assume spontaneamente un tono li-
contenuto delJa fede. Se in essa trova turgico.
la sua piena espressione la designazione
y) ò i)Eòç xa.t na"t1)p 371
di Dio, ciò sottolinea l'importanza della
connessione di i)Eòç 'lta-r-f}p e XVp~oç. ò i7Eòç xa.t na..-i)p i)µwv è, soprat-
tutto nelle prime lettere (r Thess. e
Anche gli altri passi con i)Eòç 1ta-r1}? Gal.), la formula della dossologia nel
(senza i)µwv) confermano la presenza rendimento di grazie o nell'in.troduzio-
e il bisogno di un linguaggio elevato. ne, e anche in altre preghiere; da essa
Cosl la frase finale di Phil. 2,1 I nella deriva più tardi la formula ricordata
sua brevità è condizionata dal ritmo de- sopra (~ col. 1284) 372 • In ·r Thess. 1 ,-
gli inni, mentre altrove le dossologie 2 s. ricorre accompagnata da Eµ7tpoui}Ev
hanno la forma i7Eòç xcx.t 1ta.-ri]p ( cfr. a proposito dell'atteggiamento essenzia-
Gal.I,4S.; 2Cor.u,31). Allo stesso le nella preghiera. In r Thess. 3,II si
stile solenne è improntato il comple- tratta di una invocazione augurale; in
mento di EUXCJ.PLO""t"e::iv in Col. 3,17, do- 1 T hess. 3 ,1 3 sono ripresi i termini di
ve ò i)Eòç 'lta-r1}p costituisce un'eccezio- una preghiera con risonanze veterote-
368 Le Lettere Pastorali mostrano affinità col Iac. 1,27. Affine è Iac. 3,9: EÒÀoyovµEv -.òv
formularìo paolino ma con qualche particola- xvp~ov xat TCct'rÉpct, Ambedue le espressioni
rità che le distingue. Cfr. inoltre 2 Io.3; Iudae in Giacomo appartengono al linguaggio pret-
r; I Petr. r,2; mart. Polyc., imcriptio; lgn., tamente semitico, ma possono aver ricevuto
Mg., imcriptio; Phld., ittrcriptio. un contenuto cristiano. È fuori discussione
Cfr. LoHMEYER, Kol. a l,2.
369 tuttavia che in Giacomo la designazione di
J70 Paralleli linguistici in I Chron. 29 110: xv· Dio quale Padre è meno legata alla fede che
piE ò i)Eò<; Icrpa71À, 6 "lta-c1'Jp 'l'Jµwv; O. Sal. 91 nelle altre parti del N.T. Cosl anche DrnE-
5:· «Divenite ricchi in Dio, il Padre»; Philo, r.IUS, Jk. e WJNDISCH, ]akbr., ad I.; diversa-
leg. alt. 2,67, cfr. Flav. Ios., ant. 2,152 (con mente SCHLATTER, Komm. f ak. 228.
miV'tWV). 372 L'ipotesi è suffragata da I Thess. 1,3; 3,u.
371 L'unione di DE6c; e naTiJp mediante xa.l si 13, cfr. 2 Thess. 2,16 (invece di xctl: 6 i)Eò~ 6
incontra già nel giudaismo: · 3 Mnci). 5,7 , cfr. 7ta.-ciJp 1)µwv [apposizione]).
~IX"tTJP D UT 3 b r (G. Schrenk) (v,rno9) 1288
stamentarie 373 • In tutti questi passi la a Gesù 375 ? Tenendo conto della asso-
formula appare sempre accompagnata ciazione i>E6c;-7ta."t1)p già usuale nel
da xuptoc;, che però non ne dipende al giudaismo (-7 nn. 370.371), sarà da
genitivo. In I Tbess. 3,xr (cfr. 2 Tbess. preferire questa seconda ipotesi; questo
2,16) è unita a O XUpLOç con un xal, e abbinamento ha un suo valore già co-
qui il duplice 1)µw\I rafforza il paralle- niato prima di Paolo. L'Apostolo vuol
lismo e il senso di unità. La coordina- esprimere con i>E6ç la sovranità divina e
zione con xcd figura anche iri Gal. I A· con «padre del xvptoc;» la rivelazione
In Phil. 4,20 nell'ambito di una dosso- del Cristo. Tutte le formule di questo
logia 374 • In I Cor.15,24 la formula com- tipo comportano eulogie nello stile del-
pare senza 1)µWv, prepara l'a.u..-òc; o la preghiera; cfr. l'EuÀ.oyT)..-oc; introdut-
vt6c; del versetto 28 ed è correlativa ad tivo di .2 Cor. r ,3; Eph. l ,3; r Petr. r,
esso(~ col. 1293). 3 376 • Si presentano come un EUXa.PtCT"'CE~V
in Col. 1,3; Eph. l,17 1 o come un oo-
ò bEòç xa.t na:t1)p ..-ou xvpiou 1)µWv ~6:1'.;m1: cfr. Rom. 15,6. Se si tratta so-
'lTJCTOU XpLcr..-ou. La coordinazione con lo di un rafforzativo per maggiore so-
xa.t è preferita all'asindeto soprattutto lennità come in 2 Cor. n,31, il fatto di
quando da 7ta..-1)p dipende un genitivo. dar luogo immediatamente a una dosso-
Ricorre di regola nei ringraziamenti al logia è comunque significativo 377 • L'ac-
principio o alla fine delle lettere. Se il cenno al Padre di Gesù Cristo porta
i>Eòç, mx...-1)p conviene allo stile conciso sempre a sviluppare il concetto di sal-
dei saluti, quest'altra forma è una desi- vezza e di benedizione, e non soltanto
gnazione dettagliata di Dio. Il ilEoc; ri- nel caso dell'esplicito eùÀ.oy1)crac; di
ceve dal na..-i)p "t"Ou xuplou la sua inte- Eph. 1,3. Questa forma di preghiera è
grazione specifica. Anche questa doppia poi entrata, attraverso Paolo, nell'uso
denominazione ha sempre un certo to- corrente (r Petr. 1,3).
no elevato e proviene probabilmente
dalla prassi liturgica. Ma ci si chiede: o
~eòc; xat 7ta.-dip (senza 1)µwv) com-
a) il rapporto col Cristo si intende tan- pare in professioni di fede ( 1 Cor. 15,
to di bE6c; quanto di 7ta...-1)p (il dio e 24; Eph. 4,5 s. [~col!. 1287; 1302]);
padre del XUptoç)? oppure b) i>EÒç sta in Eph. 5,20 in una esortazione che ri-
per conto suo ·e solo 'padre' è riferito guarda il modo di pregare di tutta la
m ljl ln,8; Ecclus 6,37; cfr. G. HARDER, Pau- Cor. I ,3 considerano a) degno di considerazio-
lus rm4 das Gebet (1936) 70 n. 4. Per l'IXÒ"t~ ne, però propendono per b). Al contrario
ot in I Thess. 3,n; 2 Thess. l,I6, che corri- KNOPF, r Petr. 1,3. Per b) soprattutto HAUPT,
sponde al l1Ù li~ ò a.v-ròç Et in lii 101,28, si ve· Ge/br. a Eph. 1,3; P.W. ScHMIEDEL, Die
da HARDER, o.e. 63 n. 3 e 26 nn. l .3. Briefe 011 die Thessalo11icher rmd· an die Ko-
374 Per quest'ultimo enunciato della lettera, ri111her in: Band-Commentar z. N.T. II ( 1891)
che rischiara la sofferenza cfr. LoHMBYl!R, 175 a 2 Cor. 1 13. L'articolo comune non dimo-
Phil., ad l. stra nulla : WINER (SCHMIEDEL) § 18 1 17 a.
375 Già i commentatori greci sono incerti, cfr. =
376 Per EÒÀ.oYTJ-r6ç ( bar/Jk) "nei LXX--+ m,
EWALD, Gefbr., ad l. (66). Per a) stanno Giro- ccli. u77 s.; nella preghiera della sinagoga -4
lamo, Teodoro di Mopsuestia, Teofilatto. Con m, coli. u66 ss.
tutta decisione in tempi più recenti EWALD, Jn Che pure altrove proprio la denominazione
Gefbr. a Eph. 1,3; ]. WBiss, Das Urchr. di 'Padre' dia luogo a une dossologia risulta
(1917) 363 (la creaturalità di Cristo). Cfr. ]. da Gal. 1,4; Phil. 4,20. Però le dossologie con
ScHMID, Der Eph. des Ap. Paulus (1928) 208 lh6ç sono più numerose (in accordo col giu-
n . 2; WINDISCH, 2 Kor., LIETZMANN, Kor, a 2 daismo).
1289 (v,1009) 1ta:tftp D lU 3 by-E (G. Schrenk) (V,IOlO) !290
378 II sem1t1smo 'padre della misericordia' Act. 1,4.7 ci troviamo dinanzi a una simile af-
(ra~ìimlm) ad esempio nella benedizione Aha- finità: un 7t(J."Ti)p assoluto è qui messo in rap·
ba rabba (STRACK-BILLERBECK l 397). Cfr. porto, per bocca stessa del Risorto, con la pro-
'TWV otx"t~pµwv <rov in ljJ 24,6 e per il concet- messa dello Spirito e con un solenne enun-
to lji 102,13 (padre). Per il 'Dio di ogni con- ciato sul Padre (dr. Io. 20,17).
solazione' dr. Ket. 8 b (STRACK-IlILLERBECK m 381 Le numerose varianti con 1tll.'tlJP in Col.
494). Egli dona misericordia e conforto. 2,2 s. (-tov itEOV [xat] 1tO.'tpÒç, 'TOV Xpt<T-tOU,
Jn I Cor. 8,6 (-> col. 1286) non è a questo ri- "tou i>Eou ita."Tpòc; xal i;ou Xptcr"toù, "TOV DEov
guardo un esempio chiaro. In Rom. 6,4 'TOV xa.i ita.-tpbç xat 'TOV Xpt<T'tov) sono da consi-
mJ.'tp6ç è, come risulta dal contesto, una ab- detare tutte amplificazioni interpretative del
breviazione per «suo (cioè: del Cristo) Pa- di~lcile testo originario di P 46 B Hilar.: dç
dre». Nelle Epistole cattoliche (ad eccezione È1tly\lwat\I 'tov µu<T"TTJplov -tov DEov, Xptu"tou
di Giovanni) non si trova l'uso assoluto del (apposizione). Cfr. -J. B. LIGHTFOOT, Saint
termine. In Iac. r,17 ed Hebr. 12,9 (-> coli. Pa11l's epistles lo the Colossians and to Phile-
1304; 1305 s.) genitivi di specificazione espri- moll 3 . ( r886) ad l. (250 s.). Esse cercano di
mono il rapporto di padre rispetto a una sfera sanare il testo dal punto di vista dogmatico e
particolare, senza riferimento a Cristo. sono istruttive manifestazioni della disputa
3BO L'aspetto 'giovanneo' nell'uso di 1tll."TTtP in
cristologica nella chiesa antica.
Col. ed Eph non si limita solo alla ripresa del-
la parola-chiave usata assolutamente. Cfr. inol- 332 i>E6ç si trova 498 volte (delle quali 44 nel-
tre Eph. 1,17 con Io. 20,17; Apoc. 1,6; 3,12, e le Pastorali) e altre 33 volte dove tlE6ç e 'l';a-
per /i6t;(J. dr. Sot;ai;ew in Io. Il Padre della "ti)p sono associati. Invece, calcolando an_che
gloria dona lo Spirito. La preghiera al Padre li.' Pastorali (3 volte), si trovano in Paolo sol-
nel nome del xvp~oç (Giovanni: ul6ç,) in Col. tanto 42 passi con 'lta.'t'fip, compresi quegli
3,17; Eph. 5,20 ricorda Io. 14,13 s. Anche in stessi 33 in cui è unito a itE6ç.
i291 (v,rn10) 1\<J."'CTJP D Ili 3 b E {G. Schrenk) (V,IOIJ) 1292
sto l'espressione tipica per la preghiera. Questo nitido uso linguistico riesce tan-
ì}E6c; e 1t~:nip restano indissolubilmente to più singolare in quanto sullo sfondo
congiunti: ì>Eoc; come termine specifico sta sempre 1ta"t"1)p. Per quale ragione
per la facoltà creatrice, l'onnipotenza, dunque il grande complesso delle for-
la gloria ultraterrena; 'padre' comè pun- mule con 'padre' comporta il termine
to di partenza, centro e scopo della re- xupLoc; e non ut6c;? La risposta suona
denzione 383• L'unione dei due vocaboli così: xupioc; è la ptofessione di fede del-
porta alla loro reciproca influenza. In 2 la comunità: «il Signore nostro», men-
Cor. 1,3 la misericordia del Padre de- tre ul6c; concerne il rapporto di Gesù
termina l'interpretazione di -DE6c; come con Dio: «suo Figlio». xvpLoc; poi è an-
consolatore. In Eph. 1,17 l'espressione che strettamente connesso con la rap-
6 7ta't'i)p 't'i]<; 06~11c; ha preso da -DEoç la presentazione del Figlio dell'uomo fat-
sua qualificazione (~ col. 128 9 ). Men- ta da Daniele, la quale implica un'affini-
tre il giudaismo usava unire xvptoç tà con ut6c; 388 • Anche in Paolo resta
o OEC11to"t"1)<; con 1ta't'1)p 384 , in Paolo e sempre chiaro che Dio è padre nostro
nel cristianesimo primitivo constatiamo in quanto padre di. Gesù Cristo. La dif-
uno sdoppiamento e una ripartizione: ferenza rispetto a Giovanni (~ coli.
adesso è Gesù che viene chiamato xu- 1254-1268) è questa, che ivi il rappor-
ptoc; 385 ( ~ v, coli. 1468 ss.), e Dio è to del Padre col Figlio sta al centro co-
detto padre del xupLO<; 386• Con accurata me paradigma della rivelazione. In Pao-
avvedutezza si fissa come regola che lo la formula ò utòç -rov l}Eou che cor-
ut6c; abbia il suo posto non accanto a risponde al giovanneo ita"t"1)p/vt6c; è
7tcn1)p, ma accanto a ìtE6c; 387• Questo relativamente più rara 389 perché il sno
vale persino nel caso che nel testo si messaggio dispiega anzitutto ciò che al-
trovi, come in Gal. 4,6, un esplicito ri- la comunità è stato dato nel Padre e
ferimento di vtòç -rou ì}Eov a 'padre'. nel proprio xvptoc;. Eccezioni che si ac-
383 Cfr. ScHLATTER, Rom. 382; ScHLATTER, I8: xvptoç TC(t.\l'tOXprhwp; Rom. 9,29: xvpLO<;
Kor. 657. l:a.~a.wl>.Il xup~oç De6ç dei LXX non compare
384 Cfr. ls. 63,16; I Chron. 29,10; Ecclt1s 23, in Paolo; si trova raramente nella Lettera agli
r.4; Ffav. Ios., ani. 1,20; 5,39; cfr. lac. 3,9 ~ Ebrei, e meno ancora nell'Apocalisse.
n. 371; Herm., vis. 3,9,10. 387 Cfr. I Thess. 1,9 s.; Gal. 1,15 s. (aÒ"tOV di
385 In Paolo, xvp~oç applicato a Gesù. ricorre i>e6ç non nominato esplicitamente, ma cfr. i
225 volte (in alcune citazioni dell'A.T. è for- cxld. J-1: St' D nll; :!,.:?O; 4..i · r (.''.);·. 1.9; /{ ,>;:: .
se riferito a Dio), 22 volte nelle Pastorali. 1,1-4.9; 5,10; 8,3.29.31 s.; Eph. 4,13.
Col chiaro carattere di formula rca.-ti}p figura 388 ~ n. 289; LOHMEYER, op. cit. (~ n. 366)
accanto a xvpioç 27 (28) volte. Ma anche nei 166-169; Io., Kyrios Jems. Eine UnterSt1chung
rimanenti passi con mni}p il riferimento a z. Phil.2s-n: SAHeid I927/z8, 4 Abh. (1928)
Cristo è sempre fuor di dubbio. 68 s.
386 xupioc; per Dio si incontra di rado, cioè m uloç, detto di Cristo, si trova in Paolo 16
soltanto in citazioni dell'A.T.; dr. 2 Cor. 6, volte.
1293 (\',1011) na-rfip D 111 3b E-C (G. Schrcnk) (V,IOl2) 1294
rilievo alla sua trascendenza sovrana. nuncio apostolico il termine 'padre' im-
La subordinazione del Cristo al Padre plica sempre il dono dello stato salvifi-
è chiaramente affermata. Nell'uso del co, l'immediato accesso alla grazia, la
nome xuptoc; non si ha alcuna diteistica 1tpocra;ywyi) Etc; -c'Ì)v x<ipw (Eph. 2,18,
gesulatria (1v, coli. 423 ss.), anzi è pro- dr. Rom. 5,2). Questo bene che tutto
prio questo xuptoc; che rende possibile raccoglie in unità è innalzato al di so-
una vera fede in Dio come Padre. pra di ogni semplice soggettività. Non
si tralascia, è vero, di dar rilievo alla
Il Padre dona la xaptc;, integrata da
guida esercitata dallo Spirito che rende
<Ì:yci.'lt1) 1 E).,.EOc;, 7ta;p6;xÀ,l)a'tc;, EtplJ\11) ( 2
figli (Rom. 8,14), e questa azione gui-
Thess. 2,16 s.; 2 Cor. l,3; I Petr. r,3).
datrice arriva fino a dirigere il singolo
Poiché Dio è Padre nel xuptoc;, la xaptc;
( r Thess. 3,n); ma in I e 2 Thess. l,1
del donatore diventa lo stato di fatto
l'essere cosl al riparo, nel Pa.cl.re (È\J),
perennemente efficiente della redenzio-
non sul piano mistico, ma di fede, è af-
ne che porta al compimento. In Eph. l,
fermato per tutta quanta la ÈXXÀ.1)11Lcx.,
3 l'EùÀ.oyEt:v è infatti interpretato come
che, al dire di Iudae r, è costituita dagli
attuazione dell'intero disegno di salvez-
É\I i}EQ 1trl'tpt T]ya.1tl}~vot, «amati in
za; tutto ha il suo scopo eterno in que-
Dio Padre» 395•
sta confortatrice elargizione di grazia (2
Thess. 2,16). Già abbiamo riscontrato
d) Influssi dell'ambiente greco
che l'invocazione 'abba' (~ coll. 1282
ss.) trova la sua spiegazione non nel- a) La risposta cristiana alla fede in un
l'ambito dei sentimenti, ma in quello padre universale secondo l Cor. ed
della storia della salvezza. Cosl nell'an- Eph. 396 In r Cor. 8,4 ss. la credenza nel
395 Primi accenni della formula trinitaria ~ n. clesiologico e relativo all'economia della sai·
349 e IV, coli. 431 ss. Gli elementi per costi- vezza; è espressione dell'esperienza esistenzia·
tuire la triade sarebbero dati da '!tO.'fnP, xv- le della comunità. Si tratta perciò di una for-
p~oc;, '!t\IEUµa... Di regola, però, non c'è bisogno mula prettamente liturgica. La più netta im-
di riunire tutti e tre questi elementi. Cfr. spe- postazione trinitaria è quella di r Petr. 1,2
cialmente I Cor. 8,6, dove sono nominati solo (llEòc; '!tlt."!:lJP, TtvEuµa.., 'I11<rouc; XpL<T't6c;). An-
Dio il Padre e il Kyrios . In Paolo vi è comun· che qui tutto è direttamente in prospettiva
que tutta una serie di considerazioni in forma salvifica e alieno per cosl dire da qualsiasi for-
kerygmatica dove i)<oc; - raramente sotto l'a- malismo. Non mira mai a una investigazione
spetto di 'ltCX.'ti}p - , xupLO<; (o XpLO'"f:Oç, rara- sull'essenza intcrtrinitaria di Dio.
mente sotto l'aspetto di ui6c;) e 'ltVEUµa.. ricor- 396 Bibliografia: E. NoRDEN, Ag11ostos Theos
rono abbastanza vicini tra di loro. Ma non si (1913) 240-250.253.347 s.; ] . Wmss, Der I
tratta mai di intenzionali formulazionì triadi- K. 10 ( 1925) a 8,4 ss.; LIETZMANN, Rom. a 11,
che. L'unica formula triadica di Paolo si tro- 36; DIBELIUS, Gejbr. a Eph. 4,1 ss.; ID., Die
va in 2 Cor. 13,13 (xupLoc;, llE6c;, TtVtiiµcx.), do- Christia11isieru11g ei11er hell. Forme{: NJbchkl
ve 'ltcx."l:i}p non è nominato. Proprio nella suc- Alt 35 (1915) 224-236; PETERSON, op. cit. (~
cessione dei suoi elementi essa non presenta n. 364) 255 s.; H. ScHLIBR, Religionsgescbicht-
ir:teresse dottrinale, ma ha un orientamento ec- /iche Untermchrmgen w den Ignati11sbrieje11
1299 (v,1013) 1ta-c-/ip Dm 3 d rJ. (G. Schrenk) (v,1014) 1300
Padre è contrapposta al politeismo 391 • Et<; a.iJ"t'6\I mostra che l'unità di ~E6c; e
Se in quell'ambito la formula ò TCa·dw di 1ttx"t'1)p avvia a quella di creazione e
minw\I è largamente diffusa, qui Pao- di redenzione. La
frase finale sul xup~oç
lo usa questo -rà. mb1-.a. in guisa da indica però che tutto questo non può
emanciparlo dalla cosmologia greca e attuarsi senza di lui 398 • La rettifica del-
da improntarlo al concetto biblico di la credenza in un padre universale è
creazione (~ coll. 954 ss.). Ai iJEoÌ. ÀE- tanto più sintomatica in quanto qui
y6µtvoi, <{così detti dèi», si contrappo- vengono utilizzate formule stoico-pan-
ne dc; ikbc; ò 1ta."t'Tjp «un solo Dio e teistiche 399, ma in una visuale nuova che
Padre»; ai xupioi, «signori», Etc; xvpioç ne trasforma completamente il senso.
'I'l']aovc; Xpicr-.6c;, «un solo signore Ge- Nella Lettera agli Efesini, quando si
sù Cristo» (--? IV, coli. 4 r 5 ss.; v, col. dice "tb. 7ttx\l't'tx, oL mivnc; non si tratta
I4 77 ). Questa è la fede della comunità del rapporto di Dio col tutto 400, ma si
( &.À.À.'1}µi:\I e il duplice 1}µEi:ç del v. 6). vuol piuttosto collegare l'idea di comu-
E!c; e i7t6c; sono appaiati nell'acclamazio- nità con la paternità divina. L'afferma-
ne: <{Quanto a noi, non abbiamo che zione che la ÈxxÀ.'l']ala universale, dopo
un solo Dio, il Padre». -L'espressione i~ che fu abbattuto il 'recinto', in un solo
OU '\b. TCa\ITct, lo designa come princi- Spirito, per mezzo di Cristo, ha il "Ttpoa-
pio di tutta la creazione; l'altra lJµEtc; a.ywy1}, l'accesso, al Padre (2,18, cfr.
(1929); In., Christus tmd die Kirche im Eph. dare andie a questa lingua il suo messaggio.
(1930); E. KXSEMANN, Leib u11d Leib Christi Inoltre si serve, variando le preposizioni, del
( 1933) 137-186. formulario che non solo era stato molto in uso
397 Se anche con o-e~ oùO~v EtowÀ.o\I lv x6CTµ4>
per le definizioni elaborate dalla fisica e dalla
non si accenna espressamente a una divinizza- filosofia, ma era stato completamente immerso
zione del cosmo, lo sguardo viene comunque nella sensibilità religiosa del mondo pagano.
distolto dal vedere il cosmo popolato di idoli. Anche Oppian., Halieulica x,409 (200 d.C.) si è
Il «come vi sono molti dèi e molti signori» espresso con l'Elc; e J'tx riferendosi a Zeus Pa-
del v. 5 allude a demoni (cfr. I Cor. 10,20 s.) - dre. Cfr. la formula trimembre in M. Ant. 4,23
(~col. 952). Se Paolo in Rom.11,36 (~ ibi.d.)
cosl ad l.: J. WEISS, op. cit. e~ n. 396); w.
BouSSET, 1 tmd 2 K. in Schr.-N.T. II 1 ; LIETZ- ha fatto uso dì EX, &6:, Etc;, anche qui con
MANN, Kor.; H.D. WENDLAND, Die Brie/e on
1t6:.\l-ca, in I Cor. 8,6 scompone la terna, per-
die Korinther (N.T. Deutsch) - oppure a po- ché accanto al Padre vi è il xvpLoc;. Per·
tenze angeliche (P .W. ScHMillDEL, op. dt. [ ~ sino la variante oL'ov (codd. B ath Noet. in
n. 375) IIo), o forse al culto imperiale Epiph., haer. 57,5,1). è probabilmente una re-
(ScHLAT'l'ER, Kor. 253 s.). miniscenza. Cosl precisamente, ad es., Crisip-
po in Stob., ecl. I,31,14 (= v. Arnim n 312,
398 E{c; ~EÒ<; ò 1tr1.-r·~p (nei suoi due elementi)
23) parlando di Zeus dice: o~'av-tòv 11civ-ta;
ha con ciascuna delle proposizioni relati~e un 1
Philo, cher. 125 s.: OL ~ a proposito di Dio in-
rapporto distributivo e insieme unificante. teso come primo fattore. La variazione retori-
J9'.l Paolo utilizza il linguaggio della cultura dcl ca delle preposizioni interessa anche in modo
tempo sotto un duplice aspetto: prima di tut- particolare Eph. 4,6.
to in -rà. mxv-ca. Senza formalizzarsi davanti 400 Cfr. SCHLIER, Chrisl11s und die Kirche (ry
nlla logora conCe'lione panteistica, egli sa affi. n. 396) 55 n . I.
!JOI (\',1014) r.a'T·~p D Il! .3 cl a-~ (G. Schrcnk'
vv. u-17), è spiegata ai vv. 19 ss. con dall'armonica unità del cosmo ad affer-
l'immagine del padre di famiglia, che mare l'unità della fede in un Dio uni-
non è affatto gnostica: tale accesso ren- versale, qui è l'elc; lh:òç xa.t 7tG.'t'TJP che
de olxEi:ot -rov i)Eoii, «familiari di Dio». crea l'unità nuova del popolo dei salva-
Abbiamo qui un nuovo elemento della ti, tutti insieme congiunti. La parola
figura del mx.-r1}p secondo la concezione tipica della religiosità del tempo assu-
popolare (~ coll. 1254 s.): essere alla me un significato nuovo: ciò che tutto
pari con gli &ytot nei diritti domestici, abbraccia è l'universale comunità del
aver accesso al Padre in un solo Spiri- Cristo, perché essa ha un unico Padre.
to. In 4,1-6 l'unità della coml!nità vie- La fede nel Padre esige l'accentramen-
ne poi sviluppata sotto forma di para- to nell'dc; ì}Eòç 403 • E si tratta di una
clesi 4-0i. Dopo una enumerazione di be- ev6-rric; dinamica: «su tutti, per tutti, in
ni che costituiscono il patrimonio co- tutti».
mune, la frase al suo apice conclusivo
suona così: EL<; i)Eòç xa.t 1ta.-r1}p m:i.v- ~)Alcune eccezioni alla regola. Vi so-
'\WV, ò É7tt 'lt<iV•WV xa.t òtf.c mbrrwv no quattro espressioni per le quali biso-
xat Év 1tMW, «un solo Dio e Padre di gna riconoscere che le linee del concet-
tutti, che sta su tutti e per tutti e in to di padre che abbiamo constatato fi-
tutti». C'è qui una singolare mescolan- nora nel N.T. vengono oltrepassate,
za del patrimonio linguistico veterote- senza che per altro resti notevolmente
stamentario (Deut. 6,4; Mal. 2,rn) con mutato nella sua struttura fondamenta-
echi della formula di unità propria de- le il risultato raggiunto dalla nostra in-
gli Stoici 402 • È difficile che si tratti di dagine. Si tratta, per così dire, di feno-
un fenomeno puramente formale e sti- meni marginali nel quadro d'insieme.
listico; esso è certamente determinato In r Petr. 1,3 per ì}eòc; xct..t 'lta.-r'Ì}p
da un intento polemico desideroso di i:ov xvplou è usato il verbo à.vct..yewfiv,
segnare le distanze. Mentre là si passa 'rigenerare' 4<». Se lo si dovesse intende-
401 Per il concetto di Évo-rT)c;, gvwcnc; dr. Quod sic natura no11 pati11tt1r, 11t si11t u11i11s
ScHLlER, Ignatiushriefe e~ n. 396) cap. 6. bominis multi patres (ex 11110 e11i111 procrea-
4-02 Cfr. M. Ant. 7,9: x6c;µoc; ·n: yàp tlç ÈI; t11r ), .ergo deos eni111 11111ltos colere colllra na-
a:mXV'tW\I xat i)EÒ<; dc; faà 'ltav-rwv xo;t oùalo; turam est contraque pietatem. La satira di Lu-
µla. xat v6µoc; Etc;, ).6yoc; xow6c; 'ltav-rwv -r;wv cilio, /r. 9, sui molti patres (Nettuno, Libero,
VOEpWV l;,~W\I, xo;t UÀi)i)w1.. µ(a.. Saturno ecc.) a fianco di Giove, è qui citata
4-03 Considerazioni sul significato monoteistico (CSEL 19,280'4 ss.).
di ò 'Jta.-.;Tjp µ6voç, Elc; 1ta'ti]p in Iust., dial. 4M Per ;evv&.w ~ 11, coll.397 ss.; à.vayEvvtiw
68,4; Clem. Al., paed. 3,12,101,2 (GCS 12,291, ~ u, coli. 417 ss.; A. FRIDRICHSEN, Randbe-
9 ss.); paed. r,6,42,1 (GCS 12,n5,ro ss.); 111crk1111ge11 wr Kindbeitsgeschicbte bei Lucas:
strom. 7,10,58,4 (GCS 17,43,3). Sulla opposi- SymbOsl 6 (1928) 33; C.M. EnSMAN, Schop-
zione al politeismo mediante l'idea di padre fcrwille tmd Geb11rl Jac.I,18: ZNW 38 (1939)
dr. Lact., inst. 4,3,n ss. (CSEL 19,279,17 ss.): 13. 6.v~;evvav si trova nel N.T. solo qui. Do-
i303 (v,1015) nO."l'TJP Dm 3 d ~(G. Schrenk) (v,1015) 1304
re nel senso del generare vero e pro- &:rtEXVllCTEV 406 1)µ<iç )..éy~ à)..:niMa.ç,
prio, avremmo, con questo riferimento «per sua volontà egli ci generò con pa-
dell'idea di generazione a 7ta:t1)p, una rola di verità» (per il seguito con àmip-
eccezione all'uso neotestamentario. Ma x.Ti ~ I, col. l 291 ). Qui à1tOXVEL\I è in-
anche 'il rinascere' viene collegato in teso soteriologicamente, nel senso della
altri testi (~ n. 3 r r) almeno implicita- rinascita, non con valore cosmologico
mente al nome di Padre. La traduzione per l'intera creazione 401 (per ~ouÀ:riìM<;
più calzante appare: «Egli ha operato -> n, col. 310). La sentenza «ogni do-
in noi la rinascita» ·405 • nazione buona e ogni dono perfetto di-
Anche in Iac. r,r8 a una affermazio- scende (continuamente) dall'alto» 408 è
ne precedente sul 'ltrt:ti)p ( TWV <pw-rwv convalidata in Iac. 1,r7 chiamando «Pa-
~col. 1304) si riallaccia una frase che dre dei lumi» 409 il donatore. È da pre-
tratta della rigenerazione: ~ovÀ:riDe:i.<; sumere che qui si tratti di astri perso-
ve in epoca più tarda si presenta, è sempre Jk., Wrno1scH, Kath. Br., ad l.; ScHLATTER,
al passivo (dr. Iust., apol. 61,3_s.; dial. 138," Komm. ]ak. 136. In senso cosmologico inten·
3; Clem. Al., paed. 1,6,27,2 s. [GCS 12,106,8. dono invece F. SPITTA, Der Brief des ]ak1'bt1s
16]). Poiché yEwéi.v può essere usato neutra[. in: Zur Gesch. und Lit. des Urchr. u (1896)
mente per i due sessi, dal punto di vista pura- 45; EnsMAN, op. cit. (~ n. 404) 11 s.
mente linguistico nulla impedisce di tradurre: 408 Il testo che segue non si può chiarire senza
(<egli ci ha generato» (cosl H.v. SODEN, Die congetture. Frn i tentativi recenti: C. K6N-
Kath. Br., in: Hand-Commentar z. N.T. m 3 NECKE, Emendationen w St. des N.T. = BFfh
[1899] 129; KNOPF, Petr., WINDISCH, Kath. 12,1 (1908) 12 s.; HAUCK, ]k. 67 s., ad l. (se-
Br., ad/.; PRElJSCHEN·BAUER • s.v.). condo il cod. P 23); Drnums, ]k., ad/. si in-
Cosi H. GuNKEL in Schr. N .T. m ', ad I.
.WS
teressò soprattutto alle ultime parole: 'lto:po.À-
Anche i Padri greci lo hanno inteso in questo Ào;y'Ì] 'tpont)c; fi rbtoa-x!Ai:17µo:'toc;, «presso il
modo. quale non c'è variazione per rivolgimento né
oscuramento».
40tlPer rbtEXVYJUEV cfr. Corp. Herm. 1,9,12; -m 'Padre dei lumi' è riscontrabile finora solo
Philo, ebr. 30. A. MEYER, Dar Ratse/ des Jk. in apoc. Mos. 36.38 nella traduzione armena
(1930) 269 vide nella frase «per suo volere (A. CERIANI, Monumento sacra et profana v
egli generò» una etimologia del nome Ruben. 1 [1868] 23; cfr. R.H. CHARLEs-, The Apocry-
ScHLATTER, Komm. Jak. 138 rileva che qui è pha and Pse11depigrapha of the Old Testament
contenuta una frecciata contro il sinergismo II [1913] lJ s., ad I.). Questa fonte suscita pe-
giudaico. Anche nella sinagoga, in certe circo- rò dei dubbi a motivo di ritocchi cristiani ope-
stanze, l'operare divino è descritto per mezzo rati anche in altri punti. Il Testamento di A-
della funzione della madre, ad es. Tanh. Jmwt bramo nella recensione B VII 11 (ed. da M.R.
18,10. H. ScHAMMBERGER, Die Einheitlichkeit James: TSt n 2 [ 1892] u 1) ha TCet.'t1}p -tou
des ]k. im antignostischen Kampf (1936) 59 <pwT6c; per l'angelo della luce. 'Principe dei lu·
richiama l'attenzione sul principio androgino mi' in Dam. 5,17 s. (ed. S. ScHECHTl!R, Dorn-
nello gnosticismo. EoSMAN, op. cit. (~ n. 404) 111ents o/ ]ewish Sectaries 1 [1910] in R.H.
n-44 approfondisce questo suggerimento. Ivi CHARLES, op. cii. 7,19 [p. 811]) si riferisce pa-
ricca documentazione su a1toxvlw. Presente- rimenti a un arcangelo (cosl E. MEYl!R, Ge-
mente è passato in primo piano il dibattito meinde des Neuen Bundes im Lande Dama-
sull'origine gnostica. skus. Jiidische Schrift aus der Se/eukidenzeiJ:
407 Cosl anche J. MAYOR, The epistle o/ Saint SAB 1919 nr. 9 [1919] 36), non a Dio (cosl
James 1 (19rn) ad l.; DIBELIUS, Jk., HAUCK, DIBELIUS, }k. 96).
1305 (v,1015) 7tO':t1}p Dm 3 d ~ - na'Tp<{Joç l (G. Schrenk) (v,ro16) 1306
nifìcati 410• In Filone troviamo la stessa lo in r 2 ,9. Ai 't'ljc; aapxòc; 1}µwv 7ta"tÉ-
connessione di pensieri 411 • Con questa pE<; fa riscontro il «Padre degli spiri-
accezione di -rta-c1)p in riferimento al ti» 412 • Anche qui si tratta di una acce-
cosmo Giacomo indulge alla religione zione di 1tfX't'lJP relativa alla creazione,
ellenistica e appare sotto l'influenza del niente affatto improntata al tema prin-
-rta-cfip -cwv oÀ.wvi ma questa utilizza- cipale della lettera che è cristologica,
zione del patrimonio generale della cul- ma affine al pensiero greco. Il passo è
tura del tempo è solo aforistica ed oc- in contrasto con la riserva che si impo-
casionale. ne altrove il N.T. quando si tratta del
La Lettera agli Ebrei è molto parca soteriologico «Padre di Gesù Cristo».
nell'uso di 1tlX"tlJP anche nella cristolo-
gia. Oltre alla citazione da 2 Sam. 7,14 t 1t<X."tp<{joc;
in r ,5, intesa in senso messianico, 7ta- I. 1tlX'tp~oc; indica a) ciò che appar-
-c-fip si trova con riferimento a Dio so- tiene al padre o ciò che concerne il pa-
410 Gli astri del cielo negli scritti apocalittici: meri: ~EÒt; 'TWV 7tVEuµci.'TWV xat 7tci.1111ç. 17'1.P·
Hen. 41; 72; 73-75. La loro personificazione e xoç. Questa distinzione fa sl che l'angelologia
l'identificazione di angeli e stelle è tema fre- giudaica si impossessi del passo: 2 Mach. 3,24;
quente. I 'capi delle stelle' (Hen. 72,3; 75,1·; Preghiera di vendei/a di Reneia, Delos (circa
82,4; 18,13-16) sono gli angeli caduti. L'equi- IOO a.C.), DITT., Syll.3 X181,2: xup~ov 't"WV
valenza anche in Bar. syr. 51,ro. Cfr. HAUCK, 7tVEuµ&."Twv. Cfr. A. DEISSMANN, Die Rache-
]k. 66 n. 6. gebete von Rheneia: Philol ."6r (1902) 252-
411 In Giacomo il nesso logico dei concetti è 265; ID., L.O. • 3.51-362, specialfllente 355;
questo: anche se Dio è padre degli astri, si di- PREISENDANZ, Zaub. v 467. For11e anche I
stingue da ogni mutamento e oscuramento di Cfem.59,3 b pensa ad angeli. Però in Hebr.12,
questa sfera, per il fatto che, come elargitore 9 c'è una tarda eco del 'Signore degli spiriti'
del dono buono, perfetto, rimane immutabile. delle parabole di Hen. 37-71. Qui Dio figura
Queste idee si trovano fra loro connesse anche come signore di tutti gli esseri spirituali, i so-
in Filone: 1t!I'TTJP 'TOU x617µov (~ n. 6x) e vraterrestri e i terrestri. Considerando questi
&.yat>6ç associati: op. mund. 21; spec. leg. x, antecedenti della formula, va detto che la Let-
209; il tema del Dio immutabile e della crea- tera agli Ebrei motiva la superiorit+ del Padre
zione mutabile: Deus imm. 22; poster. C. 23. celeste sui padri terreni con l'asserire che quel-
27 s. 29 s.;.Jeg. ali. 2,33; cher. 19; e proprio co- lo, sia nella sfera terrestre che in quella celeste,
me incentivo alla fede (leg. all. 2,89). Inoltre è l'autore di tutti i ~Euµa:ta, mentre questi ci
si incontra ancora 7ta:n'Jp associato alla tratta· hanno trasmesso soltanto in modo mediato la
zione delle stelle (op. mrmd. 56 s.; som. l,73) 17&.p~ . Il mutamento di ilEoç in 'lt<t.<ti)p è ri-
e il motivo delle stelle connesso con I'immuta· chiesto dal contesto (1ta~l>Ela, vtol). Nell'ese·
bilità di Dio (posJer. C. 19). gesi contemporanea sostengono il riferimento
412 La formula è una elaborazione di Num. 16, agli spiriti umani SCHLATTER, Erl., ad /.;
22; 27,16:. «Dio degli spiriti di ogni carne», WINDISCH, Hbr., ad l.; H. STRATHMANN, Der
dr. Tg. ]. I a Num. 16,22; lub. 10,3. L'antro- Brief an die Hebriier (N.T. Deutsch) ad l.; il
pologia sinagogale pone Dio in immediato rap- riferimento agli angeli PREUSCHEN·BAUER, s.
porto di creazione con lo spirito: Nidda 31 a v.; ad ambedue come sopra R1GGENBACH,
(STRACK-BILLERBECK m 748). Tuttavia questa Komm. Hbr. 397; MtCHEL, Hebr.•, ad l. Per
concezione creazionistica è legata al traducia· l'ambito patristico dr. RIGGENBACH, Hbr. 397
nismo. I LXX traducono cosl il pa$SO dei Nu- n. 6r.
1307 (v,1016} 1.a-rp<7Joc; 1-3 (G. Schrcnk) (v,1017) 1308
dre: -.ɵEvoc; 1ta-.pwto\I, «possesso pa- ( ~qui sotto) con 1tct't'p@oc;. Così a pro-
terno» (Horn., Il. 20,391 ); µi}À.a ... 1ta- posito dei Farisei, ant. 13,408: X<X't"!Ì.
-tpwfo., «greggi paterni» (Horn., Od.12, 't"TJ\I 'ltct't"~av Ttcxpaooaw, «secondo
136); mx-.pwLa, «beni paterni» (Od.17, la tradizione dei padri». L'espressione
80 ); mrtpG}oc; olxoc;, «casa paterna» è usata sia per il giudaismo (ant . 9,256:
(Philo, spec. leg. l,129). Riferito a Dio: ò 7t<X't"p<{Jo<; xcxt etÀ.T)~wç ~E6c;, «il patrio
som. l ,256: El<; -.òv 7t<t:tpé;>ov ofaov É- e vero Dio», dr. ant. 2,278 e 4 Mach.
mxvEÀ.ìM:v, «far ritorno alla casa pater- 12 ,17 : -.òv 'ltll't'p@ov ilEo\I ), sia per gli
na», cioè a Dio, da un paese straniero idoli o dèi pagani in un senso più lato
(cfr. Io.8,35; J4,2). b)Ciò che proviene di quello indicato sopra ~ col. I 307
dal padre ed è ereditato da lui: LXX (ant. 18,198.328).
Prov. 27,10 : cplÀ.ov 'ltct't"pé;>ov <<l'amico
deJ. padre». Philo, leg. Gai.54: yÉvoc; 't6 3. Tuttavia, il vocabolo preferito da
't"E 'lta-.pé;>ov xat µ"T)'tp{ilov, «stirpe pater- Flavio Giuseppe, che risponde a una
na e materna». Flav. Ios., ant.7,382; 8, sua tendenza fondamentale, quella cioè
5 3: il trono, la sovranità trasmessa dal
di far comprendere il catattere speci-
padre. c) Zeus è chiamato 7ta-.pQoc; in fico del giudaismo nazionale, è 'lta't"pLo<;.
quanto tutore dei diritti paterni: Ari- Anche i LXX hanno questo 'lta't"pLoç in
2 Mach . 6 ,r ; 7 ,2: ot 'lta't"piot \loµoL, «le
stoph., nub. 1468; Plat., leg. 9,881 d ~
coli. I l 30 s. I 7ta't"pQoL ikol sono le di- patrie leggi», o in 4 Mach. 9,1: at 'lt<i-
vinità tutelari della famiglia, del popolo, -.ptot Èv'toÀ.al, «comandamenti patrii».
gli dèi nazionali: Soph., Phil.993. Cfr. i Ma è singolare che la versione dei LXX
patrii dii dei Romani (divinità protet-
presenti sempre in questi passi delle
trici della casa e dello stato, particolar- varianti con 'lta't"p(iloc;. Flavio Giuseppe,
mente i Penati). mentre usa 1ta"t"ptx6c; sì e no quattro
volte (~ col. 1325), e 'ltCX't"pi;.>oc; circa
2 . Nei LXX e in Flavio Giuseppe fi- 48 volte, usa invece 'lt!i°tptoc; circa 2 I 3
gura un uso speciale di 'lta't"p<{loc; che volte 1, parlando di legge, dì usi e co-
connota ciò che secondo la concezione stumi patrii, di tradizione, di carattere
israelitica deriva dagli avi. Così già in nazionale, di suolo palestinese, di lin-
mx.-.pQoc; 'tacpoc;, «sepolcro dei padri» gua (cfr. 2 Mach. 7,27), di mentalità
(2 Mach. 5,rn; al ph,irale in 2 Mach. 12, ecc.; ma soprattutto a proposito di v6-
39). Soprattutto a proposito della leg- µoc; (ant. 19,349) ed ~fil) (ant . 14,213)
ge: 3 Mach. 1,23; 4 Mach. 16,16: V7tÈp del giudaismo. In ant. 10,58 si incontra
-.o~ ncx'tp~ov v6µov, «per la legge dei anche 6 mhptoc; ~EO<; . Sebbene Giusep-
padri». Anche con 't"tfJ.a.l, Èop'tf1.l, «ono- pe usi questo 7't~'tpLo<; anche quando
ri, feste»: 2 Mach. 4,15; 6,6. Flavio par1a di altri popoli, tuttavia il termine
Giuseppe sostituisce - peraltro rara- resta sigla prevalente per tutto quanto
mente - in questa accezione ~&-.p~oc; riguarda il nazionalismo israelitico. :t: il
x6c;, 1t6.'t'ptoç cfr. ]. WACKERNAGEL, Ober eini- zioni ereditarie, nella prosa attica è preferito
ge lat. und gr. Ableitungen aus den Verwandt- 1ttt't'p~oc;. Cosl già Thrasymachus, /r.1 (DrnLS 6
scha/tswortern, in: Festgabe fiir A. Kaegi 11 324,1); Aristoph., ran. 1.533· Anche nel caso
( 1919) 40-54, speciahnente 49-52. Per 'ltCX.'tpii)oç particolare di '\loµoc; ed ~lhi : Xen., Hell. 2,3,1
e 1ta-tp4\ot ~Eol: H. BoLKESTEIN, Theophra- s.; !ambi., vit. Pyth . 176 (DIELS 6 1 469,16);
1/os' Charakter der Deisidai111onia als religions- Democr., Jr. 259 (ibid. IJ 198,2 s.).
1309 (v,1017) 1t<A:"tpQoç 3 - ita"t"p~cl: A :z (G. Schrenk) (V,IOI7) IJIO
termine ellenistico usato per indicare passi anche mhpa, che può significare
ciò che nel linguaggio ebraico significa non solo città o paese natio, patria, ma
«tramandato dai padri». Per tutto que- anche casa, stirpe, famiglia. Così Pind.,
sto Filone offre numerosi paralleli: Ei)l) Pyth. 8 138; Nem. 6,36 : stirpe, discen-
7ta'tpLcx, «costumi patri» (vit. Mos. 1, denza, progenie. Il nucleo del concetto
31; spec. leg. 4,150; ebr. 193 ecc.). è dovunque l'origine dallo stesso padre
e avo, sia che si tratti di un popolo, di
4 . In Act. 22,3 Paolo parla al popo- una stirpe, o di una casta e famiglia. È
lo della sua educazione xa:.-à àxpl~ELOC\I da notare che il vocabolo 'lt<X'tptli, per
la sua struttura linguistica, è un termi-
-tov TCOC-tp~ou v6µou, «secondo il rigore
ne collettivo e dunque concreto, mai
-della legge dei padri»(---). coli. 1307 s.). astratto.
In Act. 24,14 egli attesta dinanzi a Feli-
ce che serve 'tQ 1t<X'tp~cy i}eQ, «il dio 2. na:.-pta nei LXX
dei padri»(---). coll . 1307; 1308). Infine I LXX ne fanno ampio uso soprat-
tutto nel primo e secondo libro delle
in 28,17 ai Giudei viventi a Roma dice
Cronache. Il fatto che esso si trovi più
di non aver fatto niente che sia contra- frequentemente di quanto il testo ebrai-
rio alle usanze dei padri : -toi:ç EÌ}ECTL 'tote; co richieda (anche in Aquila, Simma-
'lt<X-i"pt{>oLc; 2 • Questo uso univoco del ter- co e Teodozione) dimostra che è qui
divenuto un vocabolo preferito. a) L'or-
mine negli Atti, per cui è preferito sem- ganizzazione della comunità ebraica in
pre il solenne 1ta:.-pQoc; al rtthptoc; al- tribù trae la sua origine dalla cellula di
trove (specialmente con v6µoc; ed Ei>ri) base della famiglia singola con a capo
il padre. La fusione di più famiglie (I
consueto, indica ovunque legge, Dio, co-
Chron. 2 3, II) sostituisce la «casa pa-
stumi, che risalgono ai padri di Israele. terna», nel senso di casata, il bét-'iib,
plurale bét-'iibot, o, in forma abbrevia-
ta, 'iibot (r Chron. 7,u) 1• Cfr. Io ste-
reotipo l 8 bét-'abotiim di Num. 1,2 ecc.
Questo termine tecnico 'casa paterna'
A. 1t<t.'tpui AL DI FUORI DEL N.T .
in quanto 'casata' è reso dai LXX con
i. Il significato del vocabolo ohoc; ita-tptlic; oppure mi.-tptW\I. La for-
mula l'bét-'abotiim è quasi senza ecce-
1t<x.'tpt6. indica già in Erodoto la pro- zione tradotta con xcx't'oi'.xouc; 7ta-tptwv
genie paterna. In particolare la genealo- a.v-twv, «secondo le loro casate pater-
gia paterna : 3,75; 2,143 . Ma in l,200 ne» (Num. 2,2.32_; 4,2 ; 2 Chron. 35,12
'lt<X'tpiai'. indica anche le tribù ( = c:pu- ecc.). b) Ma anche il raggruppamento
À.al). In questo senso si trova in altri pit1 'vasto e cospicuo (mispiiba) 2 nel
2 Parallelo Iust., dia/. 63,5; pe.r [ft-n mhpLa Diss. Ziirich (1951) 71 s. E. ScHWYZER, Gr.
in Flavio Giuseppe e Filone~ coli. 1308 s. Grammatik I =
Handbuch AW II 1,1 (1939)
469.
Tltt"tpi&. 1 Cfr. L. RosT, VorsJufen von Kirche rmd
]. WACKERNAGEL, Ober ei11ige fat. tmd gr. Ab- S)'nagoge im A.T. = BWANT 4 F. 24 H.
leitu11ge11 a11s den Vertvandtschaftswortem, in: ( 1938) 56-59.
Festgabe fiir A. Kacgi (1919) 57 s. M. SCHEL- 1 Nello stesso testo masoretico talvolta i si-
LER, Die Oxytoniertmg der gr. Subst. auf -ia., gnificati sono incerti. Ad es., bet-'iibot è usato
1ta:tp~ri A 2 - B 1 (G. Schrenk) (v,1018) 1312
quale le 'case paterne' (casate) vengono piipot), popoli, nazioni, stirpi delle gen-
riunite ai fini dell'organizzazione milita- ti. ·Già in Ier. 25,9; E:z. 20,32 (Teodo-
re ('ala/lm: numero teorico) non è chia- zione) si a1Iude alle nazioni pagane. Va
mato nei LXX solo oi]µoc; (Num . 2,34; ricordata, per la speranza escatologica
4,22 ), bensl talvolta anche 7ta.'tpLci., ol- che esprime, la promessa missionaria a
3
XOL 1ta.'t'pLà.c; (Ex.6,17.19) • Cosl tal- proposito delle 1ta<Ta.t a.t mt.'tpLa.t 'tWY
volta, nel caso in cui nel T.M. rnis- tiNw\I (kol-miJp'bot goj1m) in 4i 21(22),
piipot e 'abot si trovano assodati, nei 28 e tjJ 95 (96),7 con l'invito alle 'Jta.-
LXX può nascere confusione per la pre- 'tpta.t 't'WY twwv (misp' {Jot 'ammim) di
senza di un duplice 7tet."t'pial (I Chron. dare onore al xvpioc;, tanto più che que-
6,4). I capi delle 'case paterné', in e- sti versi, mutuati da 4' 28 (29),1 s., là
braico n•sr'1m, ra'stm, siir!m, son detti si riferiscono agli angeli (bené 'èlim,
per lo più ~t &pxoY"t'Eç ( aÒ"t'wY) xa."t'' oi'.- vlot t}Eou, «figli di Dio»). Questo Ps.95
xovc; 'ltrJ.'tpLWV, ad es. in Num. 17,17; di intronizzazione, che presenta influs-
qualche volta àpx11rol otxw\I 'lta."tpLwv, si del Deutero-Isaia, si è profondamen-
ad es. in Ex. 6,14; quasi altrettanto te impresso in Israele attraverso l'uso
spesso -ftyovµE\IOL 7ta."t'piwv, ad es. in 2 liturgico. Ciò è comprovato anche dal
Chron. 5,2 4 ; in Ex. 6,25: apxat 7ta.- suo uso in I Chron. 16,23-33, v. 28:
"t'puic;. Sporadicamente anche altre for- na.'tptat "twv Èwwv (misp'hOt 'am-
mule. Anche le classi in cui si suddi- mim). Questa ramificazione dell'uso di
vide il sacerdozio ebraico possono nel- 'lta.'tpL&. nei LXX è molto importante
le Cronache essere chiamate otxoL 'lta.- per Eph. 3,14s. (~ coll.1315ss.)5.
"t'pLwV (bh-'abot): r Chron. 24,4; 2
Chron. 31,17; 2 Ea-op.22,12 . Abbrevia- B.1Cct't'pta NEL NUOVO TESTAMENTO
zione 'abot (7ta."tpta.l). c) Mentre queste
accezioni (e la .cosa vale anche per i le- 1. Nel significato di casa paterna =
vi ti) rientrano nella cornice della clas- casata (~ col. 1310) si incontra 7ttx-
sificazione tribale ebraica, nei LXX ci
troviamo dinanzi anche a un altro uso 't'ptci. in LC.2,4. Giuseppe è u; otxov xa.t
del termine, di portata più vasta, che mx."tpL<iç ~avio (dr. Le. 1,27). In una
rnggiunge l'orizzonte dei popoli. Il vo- fonte utilizzata da Luca si trovava t~
cabolo ebraico mispaptl dai molteplici
ol:xov 'lta."tptéic;? In ogni modo la singo-
sensi indica nel T .M. anche le nazioni,
i popoli, e nei Salmi e in Geremia è re- lare espressione è spiegabile. 'Casa di
so con 7tO:'tptci.; cosi nel. senso di stirpi David' ha conservato il valore di 'casa
senza particolare differenziazione in t1' regnante' 6• Perciò sembrò opportuno
106 ( 107 ),4r. Particolarmente impor-.
tante· diventa la formula a.t 'ltO.'t'ptoct aggiungere, mediante mx:tptct con un
"t'WV tihiwv 'ti'jc; yflç (sempre per miS- xal esplicativo, che qui è in questione
in Ex. 12,J forse per indicare l'unità di regime 1ÌYEµOVEç, dr. 67. In ant. 7,365 s. anche le 24
domestico, in Ex. 6,14 il parentado. classi sacerdotali sono designate come 'lta.-tp~al.
5 In lust., dial. 73 si incontra, in citazioni ri-
3 Nel senso di parentado TCtx'tp~~ è usato an-
portate per esteso, la stessa considerazione di
che da Flav. Ios., ani. 11,68.BL Ibid. 6,51.62
mt'tpta appare accanto alla stirpe. IJi 95
e .I Chron. 16.
6 Cfr. 2 Sani. 3,6.10; .I Reg. 13,2; 14,8; 2 Reg.
4 Cfr. Flav. Ios., a11t. u,84: 'tO~c; 'Ì}yovµÉvoLc; 17121; Is. 7,2.13; 22,:.12; Ier. 21,12; Zach. 12,7
-twv TC«'tptwv; ant. 11 ,86: ol -çwv n«-tp~wv s. rn; Le. l ,69.
1313 lv,1018) m~:tp~&. Il 1-2 (G. Schrenk)
1 Anche in Zach. 12,12 miSpafJat è posto- in Dio, non si può presumere che nel testo 'lt«-
stato costrutto dinanzi a béJ-diiwld, perché qui •iiP e 'ltct'tpL&., data la loro configurazione les-
si tratta delta famiglia in senso proprio (dr, sicale, siano equivalenti.
ciò che segue). Secondo 1 Eulìp. 5,5 Salatici IO Calvino, Beza e altri padri della' Riforma,
discende genealogicamente bt 't'OV oixou -;ou utilizzando nel v. 14 il testo ampliato della
Aa.uilì. Diversamente Eccl11s 48,16: 1.épxwv Év Koiné hanno riferito ÈI; ou a Cristo e in 1tiiO'a
"~ otxr.i> Aav~6. 'lta'tp~&. hanno visto tota ecclesia (...+ n. 15).
8 Per Eph. 3,14 s. cfr. H. fRICK, Ideogramm, 11 Cosl EWALD, Gefbr., ad I. (seguendo v. HoF-
Mythologie und das \Ylort, in: Marburger MANN, op. cit. [ ~ n. 9) 130 s.); anche DIBE·
Theologische Studien 3 (1931) 16 ss. LlUS, Gefbr., ad l., PREUSCHEN-BAUER, s.v. An-
9 Sulle orme di J .C.K. HOFMANN (Die heili- che - VIII, col. 791. Resta incerto a quale no-
ge Schrift N.Ts. IV 1 (1870] 130 s.) anche me si alluda. v. HoFMANN, op, cit. ed EWALD,
EWALD, Gefbr., ad l., al quale fece .seguito Dr- Gefbr., ad I.: il nome particolare, col quale
IlELIUS, Gefbr., ad I. Per quanto vi sia qui una Dio denomina ogni 'lt«"tpla secondo la sua ori-
significativa testimonianza sulla paternità di gine.
na.'tp~li B 2 (G. Schrenk) (v,1020) 1316
12 V. HOFMANN (op. cii. [-i- n. 9] ed EWALD ccn quanto vi è intercalato. Che ogni 1ta1"pLti.
(Ge/br., ad l.) trovarono questa interpretazio- sia da considerare in ordine alla btx>..11ala, è
ne priva di senso solo perché la si credeva le- implicito nella preghiera di 3,15-19 e risp0nde
gata all'idea che ogni 'lt<L'tpc.cX. testimoniasse il al tema generale. Anche ogni 7ta.'t'pla. in cielo
rapporto del suo nome col Padre divino, ma ( cfr. 3,10) riceve attraverso l'lxx)..11crla il yvw-
queste;> non è detto. Si dovrà intendere che pLaDi'jvaL,
dietro tale espressione si cela il padre vero. 11 Se non precedesse e se in Col. ed Eph. le
n La Vulgata h11 patemitas. Ma 'lta'tpt&. non potenze angeliche non fossero considerate cosl
corrisponde al 'ltCl't"pOTTJ<; del greco tardo. Lu- esplicitamente, ci si potrebbe anche chiedere
tero ha tradotto paternilas liberamente: «il se qui non ci si trovi davanti a una semplice
quale è il vero padre di tutto ciò che si chia· 'locuzione polare'. Cfr. a questo riguardo W .
ma padre in cielo e in terra» («Das Newe HA VERS, Handbuch der erkliirenden Syntax ==
Testament Deutzsch» [1922]}. Indogermanische Bibliothek 1 1,20 (1931) §
H Per l'affinità di n&aa 11:a't'pta e Etc; miaa.; 128 y; -lo SCHWYZBR Il (1950) 704 B; D. TA-
-tà.; yt:vEa<; (stirpi, generazioni) in Eph. 3,15 BACHOVITZ, Études sur le grec de la basse épo·
(cfr. v. 21) vedi 1 E<rlìp. 5,37; Esth. 9,27. que == Skrifter Humanistiska Vetenskapsam-
15 Beza, annotationes (1594) p. 365: 7tiia« sta fundet, Uppsala 36,3 (1943) 37-39. Quindi 'in
qui per 3)..'J) (Iota familia in caelis et in terra); cielo e in terra' corrisponderebbe a 'dovun-
que', senza che occorra porsi rigorosamente il
anche A.T. RoBERTSON, A Grammar of the
problema se o come l'uno e l'altro debbano
Greek New Testament (1914) 772 lo ritiene
esattamente intendersi [DEBRUNNER].
possibile. Ma !IÀ.'I} 1ta.>pLa significherebbe <mna
intera 1t<L't'pLtb. Nei LXX viene puntualmente 18 CREMER-KOGE~ 851.
precisato: iS)..TJ Ti 'lta>pLa in 2 Bacr. 14,7 (con 19 Se gli angeli sono considerati come una en-
l'articolo), cfr. I Chron. 4,27: 'ltiiO'aL al TI«· tità familiare, diventa ovvio ammettere l'uso
't'pLat CXÙ'tWV. figurato del termine 1ta1"ptét nel senso di pro-
l6 Nella Lettera agli Efesini si ttatta sempre, genie per il fatto che nel giudais1J10 si parJa di
in definitiva, della lxxÀ.'l}ala; cfr. 3,10 e li categorie di angeli (rabb. kittot). Non è neces-
13 !7 (V,I020) 7.C.C'tpt«X B 2 (G. Schrenk) (v,1020) 1318
sario quindi che l'idea di una loro discendenza Geisterwelt im Glauben des Paulus (1909) 58
sia sviluppata sulla base di quella degli esseri con riserve, P. EWALD, <1Darum soll das Weih
terrestri. È ancora più interessante il confron- eille Macht auf dem Ha11pte haben 11111 der
to col concetto rabbinico di fiimiljii', 'servitù', Engel wille111> : NkZ Il (1900) 507-513 dçci·
superiore e inferiore, dove Israele fa riscontro samente contrario. Il richiamo a Hen. 6,1; 7,
al mondo degli angeli: Sa11h. 98 b. 99 b 2; 9,9; 10,9.15; 12,5; 39,1; 69,4; 71,1; 106,5;
(STRACK-BILLERBECK r 744); Ber.16 b (STRACK- l11b. 4,x.5 nel caso di un assenso a questa te-
BlLLERBECK m 594). Così già H. GRoTrns, si, non basterebbe a spiegare soddisfacente-
Annolaliones in Novum Tesla111et1t11m II l p. mente come il cristianesimo primitivo abbia
618 (ed. E.v. WINDHEIM II r [I756]); H.J. fatto sua la diversa concezione che si riflette
THACKERAY, The relatio11 o/ St. Paul to con- in Mc. 12,25; Mt. 22,30.
temporary Jewish thought (1900) 148 s.; H.
ÙDEBERG, The View o/ U11iverse in the Epistle 2il Così Lutero (cfr. EWALD, Ge/br. 165 n. 3)
10 the Ephesians, Lunds Universitets Arsskrift e con accento fortemente platonico HAUPT,
29,6 (r934) 20 (-+ vm, col. 792 n. 1). Se qui Ge/br. ln-113. Similmente W. LUEKEN, Der
Dio è pensato (Ab. 2,15; Sota 35 a in STRACK- Brief a11 die Epheser in: Schr. N.T. u , ad /.
BILLERBECK m 594) non come genitore, ma Anche E. PERCY, Die Probleme der Kolosser-
come capo di casa (ba'al habbajil), ciò dipende 1111d Epheserbriefe (1946) -+ VIU, col. 791 n.
l . P recedentemente si era espresso in senso
solo dal fatto che l'idea di padre nel giudai-
smo è configurata sulla base di un governo do- contrario DIBELIUS, op. cii. (-+ n. 19) 158.
mestico (-+ coli. 1201 ss.). H.J. HoLTZMANN, 21Cfr. E. LOHMEYER, Kyrios ]es11s; SAHeid
Kritik der Epheser- 1111d Kolosserbriefe (r872) i927/28 4 Abh. (1928) 6r.
301 s. ed O. EvERLING, Die paul. Angelologie
und Diimonofogie (1898) 105 vedono in Eph. 2! Cfr. Clem. Al., strom. 6,7,59,1 (GCS 17,
3,r5 l'idea gnostico-ellenistica dell'origine per 461,20): wç oùv htt -ròv 1to~ri-r1Jv 'tÒV Dt:òv
generazione tra gli angeli. M. DlllELIUS , Die 1tii.<1a avcx-rpÉXEL 1t<X'tp~a.
1319 (v,1020) mx-epLa Bi - &.mhwp A 1 (G. Schrenk) ( V,102 I) I 320
sto 23 • La differenza quindi è questa: {sec. Il d.C.); cfr. Epiph., haer. 55,7:
qui non si prescinde dal padre di Gesù utòv dwx.L n6pv11c;, «essere figlio di una
meretrice». d) Discendente da genitori
Cristo, come fa la credenza in un padre di condizioni disuguali. Eur., lofl 837:
universale 24 • Si può quindi parlare di in quanto figlio di una schiava <i.µ1}'twp,
una correzione di questo 6 1tet:ri}p -rwv àvapli}µl]'tot;. e) Il figlio pubblicamente
rifiutato dal padre (filius abdicatus ),
oÀ.wv. Non come padre primordiale nel
Plat., leg. 11 ,928 e; Soph., Oed. Col .
senso greco, ma come padre rivelatosi 1383 : àmi:twp Eµov, «rinnegato da me,
in Cristo, Dio ha un rapporto con ogni tuo padre». Non ci si può servire di
mt:tpLa (~ VIII, coli. 1448 s .). queste accezioni per Hebr. 7,3 . Ciò non
vale invece per f) origine non nobile,
sconosciuta, anonima, in certe circostan-
t tbteX't'Wp ze con l'assenza di particolari diritti.
Dio C. 76,9,4 : Severo, àmi.'t'wp per
A. àm.i:i:wp FUORI DEL N.T. l'addietro, trova con l'adozione nella
gem Marcia un 1tll.'t'TJp. Questa accezio-
Per la formazione del vocabolo cfr., ne di ' senza padre' è conosciuta anche
come paralleli, &7ta.Lc; (Flav. Ios., ant. dal giudaismo. Così in Jeb. b. 98 a (cfr.
l 8,I 3 7 .l 39) e &'t'EXVoc; (ant. r8,I 3 I).
Pesk. r. 23-24) ~si dice: 'jn 'b lgwj, cioè
à.mhwp accanto ad &.µ1rrwp ricorre in se il pagano passa al giudaismo, non ha
·E ur., Ion 109; Nonnus, Dionys. 41,53 . padre che conti secondo il diritto giu-
daico. Abbiamo qualcosa di simile quan-
1. In riferimento ad uomini
do in Midr. Esth. a 2,7 (93 b), a quel
n) Orfano. Per la condizione di orfa- punto in cui(~ col. 1319) nel T.M. E-
no vedi Lam. 5,3; Esth. 2,7: 'én lah ster appare semplicemente come orfana,
'iih wii'em 1• Per il termine cfr. Soph., si considera il termine 'orfano di padre'
Trach.'300, dr. Hdt. 4,154 (àµTj't'wp). nel senso di 'sconosciuto, ~enza nome' 5 ,
b) Trovatello = chi non conosce padre o quando in Midr. Lam. a 5,3 (69 b .
o maare. Eur., lon 109; cfr. Qid. 4,1- 78 a) il vocabolo è riferito all'innomina-
3 2 • c) 1 llegittimo ( crx6·noc;, spurius) spe- to liberatore.
cialmente nei papiri 3 • P . Hamb. 36,4
23 Cfr. Eph. 1,2.3-14 (v. 5!).17; 3,17 (dopo il M1cHEL, Hebr.' 160 n. 2 ; H.H. RoWLEY, Mel-
V. 15!); 4,4-6, cfr. 5,I.8.20; 6,23. chizedek and Zadok, Festschrift Hir A. Ber-
24 La fede vera e propria degli antichi in un tholet (1950) 461-472.
padre universale in Flav. los., ant. 4,262 è CO· I STRACK-BILLERBECK Ili 693.
sì formulata: 1ht :xa.L aò'tb<; 7ta.-c1)p -i-ov 7ta.v- 2 STRACK-BILLERBECK I I .
-i-òc; a\lfrpw-rtwv ylvouc; fo--.l. J Numerosi testi del sec. n e III in PRElSIGKE,
à:ita-rwp Wort. 159; In., Fachworter, s:v.; K. WESSELY,
\VETTSTEIN, LIDDELL-SCOTT, PREUSCHEN- Karanis und Soknopait1 Nesos, Denkschriften
BAUER, CREMER-KOGEL, s.v.; STRACK-BILLER- der kaiserlichen Akademie der Wissenschaften
BECK III 693 s.; IV 452-465 excursus: «Der in Wien 47>4 (1902) 30;]. NIETZOLD, Die Ehe
r 10. Psalm in der altrabbinischer Literaturn. in Jf.gypten wr ptolemiiischen t11Jd romischen
P. BILLERBECK, Psalmen in altrabbinischer Zeit (1903) 18 s.; J .H. MouLTON e G. MlLLJ-
GAN, L exical Notes /rom the Pap)•ri VII: Exp
Lit.: Nathanael 26 (1910) 21-29.33-35. Rm-
GENBACH, W1NDISCH (bibliografia 63), MICHEI., 7'h Series VI ( 1908) 89.
Hebr., ad. /.; -+ ME),,X~<TElltx VII, col1. 9 ss. 4 Citazione di K.G. KuHN.
Cfr. la bibliografia citata in questo art. e in 5 Cfr. STRACK-BILLERBECK J 50.
l321 (v,1021) !l.Tt!l."t"wp A 2-3 (G. Schrenk) (V ,1022) I 322
6 Cfr. inoltre Eur., Phoen. 666; Hes., theog. Il Per l'interpretazione mitologico-gnostica di
886 ss.; Plat., Critias 109 c-d. u2 b; lcg. ll, Hebr. 7,3 ~ VII, coli. 13 ss. n. 8. Si aggiunga
92od. che non va vedu ta nei Libri di Adamo una
7 Cfr. ]. KROLL, Die Lehre11 des Hcrm. Tris- leggendaria tradizione' concernente I'0:1t0:-rwp
megistos ( 19r4) io; R. RAABE, Die Apologie che possa aver influito sulla Lettera agli Ebrei.
des Aristides, aus dem Syr. iibersetzt: TIJ IX Secondo la redazione della saga che ci è per-
r ( 1893) 65; G. WonnERMIN, Religio11sge- venuta nella Caver11a del tesoro (22,4; 23,8.
schichtliche St11die11 (1896) 80 s. 85. 25) Melchiscdcc ha un padre, Malac, figlio di
8 STRACK-B!LLERBECK Il 542. Arfaxad (dr. C. BEZOLD, Die Schatzohle, syr.
9 G.N. BoNWETSCH, St11die11 wr Gcschicbte 11nd deutsch [1883]; II syr. Text mit arab.
der Theologie 1111d Kirche I I (1897) 28. Obers. (1888]). Attribuisce ancor maggiore
10 Cfr. F. THUREAU-DANGIN, Die mmerische11 importanza al problema genealogico il «Cristia-
11nd akkadischen Konigsimchrifte11: Vorder- no Libro d'Oriente di Adamo». Questo è il
asiatische Bibliothck i 1 (1907) 93. Inoltre titolo dato da A. DILLMANN alla sua traduzio-
WINDISCH, Hbr., ad /_ sulla scorta di P . Fili· ne del libro dall'etiopico (l'originale è arabo):
NE, Der Ap. Paulus (1927) 455. Jahrbi.icher der bibl. Wissenschaft 5 ( 18.5 3) 1-
1323 (V,1022) àr.a:twp B - TICX"tpix6c; 1 (G. Schccnk) (V,1023) 132.f
x44. Qui il padre di Melchisedec è Kenan più le genealogie di Matteo e di Luca (30,15 s.).
volte nominato (102 ecc.) È data particolare Del tutto corrispondente la traduzione di sy•
importanza alla sua genealogia (uo.116), che di Hebr. 7,J: cuius neque pater neque maler
è la stessa di Sem, il quale lo accompagna nel scrihunt111 in generationihus.
viaggio che egli fa portando il corpo di Ada- 12 Sul silenzio della Scrittura nella esegesi pa-
mo. Mclchisedec è nipote di Arfaxad e fratel- tristica si veda RtGGBNBACH, Komm. Hhr. 184
lo di l\fetuselah. Le genealogie· hanno un gran- · n. 2 . Esempi da Filone in C. _Sll!GFRIED, Philo
de posto nel libro (124 ss. 133 s.). Sicuramente von Alexandrien (1875) 179 s. sub 19.
qui la storia fu cristianizzata in senso ecclesia- i3 Sull'indizio genealogico d'una discendenza
le: Mekhiscdec offre le sacre specie della Co- sacerdotale cfr. RIGGENBACH, Komm. Hhr. x84
munione. Cfr. DILLMANN, op. cit. 139 n. 43 e i testi riportati da Filone e Flavio Giuseppe
Uguale motivo in Caverna del tewro 28,11 ss alla n. 3.
Non dà alcun apporto per 1'&.m~."'tWP il Mèkhi- 14 Cfr. CREMER-KOGEL 855.
sedec che scompare 'nel centro della terra:· 15 STRACK-BILLERBECK 111 693.
ma che poi si presenta accanto ad Abramo, ed •~ Riguacdo alla esitazione dei Padri della
è considerato morto dai suoi genitori perché chiesa nell'applicare a Cristo tutti e tre i ter-
Sem ritornando ha loro nascosto 1a sua esisten· mini e~ col. 1323) dr. W.M.L. DE \VETTE,
za (in due redazioni). Il motivo, provenient~ Kurzge/assles exegelisches Handhuch wm N.
dalla chiesa siriaca, della leggendaria mancan· T. u 5 3, rielaborato da W . MoELLER (1867) e
za di padre, è cosl richiamato nella Caverna RIGGENBACH, Komm. Hbr., ad l.; CREMER-
del tesoro: i suoi genitori non si trovano nel K&EJ. 854.
i325 (v,1023} mnpLxòc; r-3 (G. Schrcnk) (v,1023) 1326
delle caratteristiche del padre: Aristot., prio padre» 1• Lo stesso in Ditt ., Syll.1
eth. Nic. 9,12, p. u8o a 19: mt.:Tptx'Ì"J 456,18 (verso il 240 a.C.), dr. ibid.
7tp6cncx~tc;, «ordine paterno»; Thuc. 7, 456,ro.20 2 • Quando Cratinus, /r. u6
69,5: 'Tàc; mx:•pixàc; àpE'\ac;, le virtù (C.A.F. I 50) (sec. IV a.C.) parla di 'J'ta.-
di ciascuno dei padri, ai cui figli è ri- "t'pi.xot v6µot nel senso di regolamenti
volto il discorso; Polyh. 31,25,r (32, dei giochi, anche questi fanno parte di
11 ): 7tc.t'\pt.x-fi a.~pE<rtc;, «affezione pater- ciò che passa di padre in figlio. Nell'am-
na». c) Nei LXX si trova spesso unito a bito giudaico-ellenistico invece .1ta...pt-
olxlcx, olxoc;: la casa paterna, Gen. 50, x6ç non è mai usato per leggi, istituzio-
8; Ios. 6,25; 1 Chron. 12,29; Ecclus 42, ni, costumi dei padri o del popolo. In
10 ('Tà 7ta.-cpixa); 4 Mach. 18,7. d) Spe- tali casi si adopera piuttosto 'ltCX"t'pii)oc;
cialmente ci si vale del vocabolo nel- (~ coli. 1307 s.), e specialmente Ttci-
l'ambito dell'eredità: 't'Ò TCet.'TpLxov, l'e- "t'ptoc; (~coli. 1308 s.) 3 .
redità paterna, P. Par. 22,33 (163 a.C.),
TCct'\pi.xoì. xÀ:l')poi., «beni paterni», P. 2. Anche l'uso gnostico del vocabolo
Tebt. 2,382,J (sec. I a.C.). Così. un ter- in riferimento al padre per eccellenza
reno coltivabile viene assegnato dc; 't'Ò mostra che TCa'tptXÒ<; allude ptevalente-
rca:•pi.x6v, P. Tebt. 5,12 (sec. II a.C.); mente al padre, come del resto è ten-
o-vyypa.cpfi 1tet.'\pix1), il contratto risa- denza dello stesso uso generale greco.
lente al padre, Preisigke, Sammelbuch Cosl in Corp. Herm. 13,3 il rigenerato
4638,23 (sec. u a.C.). Flavio Giuseppe appartiene al 1tO..'\ptxòv yÉvoc;, alla 'stir-
usa costantemente 7tcx-cpi.x6c; per ciò che pe paterna'; in Iust., dia!. 61,1, unito a
passa al sovrano come eredità del pa- ~ouÀ:i]µa.'tt., indica la paterna volontà
dre naturale, ant. 10,225; Ap. 1,109. divina. Clemente Alessandrino usa as-
r 38.140. Molto spesso si trova con <pl- sai di frequente l'aggettivo per espri-
À.oc;, ~Évoc;, txi>p6c;, EXl>pa: cose anch'es- mere il rapporto del Logos rispetto al
se ereditate. La 7ta"pi.x-i} cpi.À.l!I. di P. Padre: strom. 7,2,5,6 (GCS 17,6,4);
Tebt. 159,7 (intorno al roo n.C.) - cfr. exc. Theod.7,1 (ibid.ro8,4); 12,1 (ibid.
Polyb.1 ,78,1: 7tcx-cpi.xl] <Tucr-r:a<nc; - può 1ro,25).
essere sia quella già ereditata dal padre
e trasmessa (ai figli), sia quella che pri- 3. Ma vi sono anche eccezioni in cui
mariamente s'inizia con lui; in ogni ca- è presente il senso di 'padri'. È vero che
so il padre ne è il mediatore, talvolta l'infrequente espressione olxo~ 7tc.t"t'pt-
come ultimo anello della catena. Vi so- xol al posto di TCCl."t'ptcic;, che si legge
no parecchie frasi che rimandano al pa- nei LXX, è ambigua (1 Chron. 7A; 7,7
dre in modo esplicito. In Plat., La.180 e [ codd. AB]; 26,6) - giacché la 'casa pa-
mnpi.xòc; cplÀoc; viene poi spiegato con terna' come casata risale a un singolo
un Ò <ròc; 1t<X.'tTJp; Ditt., Or.227,9 (verso padre -, ma nella traduzione di Lev.
il 246 a.C.): ita.pcx~ÉV"t'WV -l)µi:v -cc:iv 25,4r; Num. 36,8 si intende sicuramen-
"a"ptxwv cplÀ.wv, «essendoci stati pre- te 'padri', e qui un chiaro 'abotdw del
sentati gli amici paterni», è precisato T.M. (proprietà, retaggio dei padri) è
in 227,2 con un -coi.i rca:rp6c;, «del pro- reso proprio con 7tcx-cp~xoç.
4 Cosl, oltre ZAHN, Gal.61, anche PREUSCHEN- e specialmente quello di O. ScHMITZ in RGG 1
BAUER, s.v. Diversamente F. SIEFFERT, Gal., v l 573-l575· F. RESSE, Das Verstock1mgs-
in : Ktitisch·exegetischer Komm. iiber das N .T. problem im A.T., Beihefte zur ZAW 74 (1954).
VII' (1899); LIETZMANN, Gal.; 0EPKE, Gal., Per la interpretazione patristica di Rom. 9-II
ad I. Anche ScHLIER, Gal., ad I., il quale tut- cfr. K.H. ScHELKLE, Erwiihlung und Freiheit
tavia aggiunge che il «senso trito implica più im Romerbrief nach der Ausleg1111g der Viiter:
o meno il padre come mediatore». Theol Quart 131 (r951) i7-31.r89-207. ~
col. 1334·
1t0.XVVW X'tÀ.. 2 Cfr. ]. e W. GRIMM, Deu/sches W'orlerbuch
AVVERTENZA. Poiché K.L. ScHMIDT non poté XII l, s.v. 'verstocken', 'Verstocktheit', 'Ver-
per malattia approntare per la stampa l'arti- stockung'. I dizionari· tedeschi minori citano
colo da lui composto, lo ha fatto in sua vece qui in prima linea passi della Bibbia di Lute-
il figlio. ro. Sorprende che il verbo e il sostantivo man-
Bibliografia: K.L. ScHMIDT, Die Verstocktmg chino in F. KtuGE e A. GorzE, Etymologi-
· des Menschen d11rch Goti. Bine lexikologische sches Worterbuch der de11tschen Sprache"
und bibl.-theologische Studie: Theologische (1951). «Der Grosse Dudem> u (1953) s.v. ha
Zschr. I (1945) l-17. solo 'verstockt' e 'Verstocktheit', le concordan-
I Oltre alle teologie dell'A.T. e del N .T. e ol- ze della Bibbia dell'ed. Calwer (Bibelkonkor-
tre ai trattati di dogmatica cristiana, vedi l'art. dant tmd bibl. Handworterbuch ', ed. Calwer
'Verstockung' di R. KNOPF in. RGG 1 v 1663 s. [ i 92 2] ) solo 'verstocken'.
r329 (v,1024) 1taxvvw (K.L. e M.A. Schmidt) (v,1025) r330
tensivo verstocken, 'indurire', usato per cambia, come dimostra la stessa tradi-
lo più transitivamente, con i suoi deri- zione testuale, la quale scambia molte
vati - anche se già presente nel medio
alta tedesco (specialmente come agget- volte tali vocaboli come equivalenti.
tivo, verstockt, 'indurito') - è divenu- Così in Io. 12,40 si trova È7twpwcrEv,
to familiare ai tedeschi in sostanza at- «ha indurito», in rispondenza ais.6,ro,
traverso la traduzione della Bibbia, con dove però si trova È7taxuvìh1; il codice
i suoi sensi traslati e spirituali. Oltre sinaitico dal canto suo legge qui È-rt1)pw-
che nel pregnante senso teologico, esso C1EV (~coli. 1343 s.). In Act. 28,27 ac-
è usato anche nel linguaggio pedagogi- canto a bmxuv1h1 è tramandato un ÈBll.-
co e psicologico 3 • Si ha, dunque, nel te- puvi>l). Il Bll.puvw o Bo:pÉw, «appesanti-
desco (ver)stocken, anche se meno di- sco, aggravo», di Le. 21,34 (Lutero:
rettamente, lo stesso nesso fra accezio- beschweren) vuol esprimere forse il
ne fisiologica e psicologica, medica ed processo dell'indurimento (come è cer-
etica, che incontreremo negli equivalen- to per diversi passi veterotestamentari)
ti greci . per caratterizzare la condotta del fa-
raone (~ 11, coll. 120 s. e n. 2). Nei
Lutero traduce i suddetti vocaboli LXX e nel N .T. a indicare questo pro-
assieme ai loro derivati solo con ver- cesso dell'indurimento spirituale è im-
piegato tuttavia per lo più crxÀ.T)puvw,
stocken, 'indurire', o Verstockung, 'in- nei LXX di solito corrispondente a bzq
durimento', cosa che non si riscontra in al gal = esser solido, al pi'el = render
nessun'altra traduzione tedesca della solido, o a qsh al qal = esser rigido,
Bibbia (nemmeno nella traduzione in
hif'il = irrigidire; ma nei LXX esprime
questo processo anche ;w."'ti<rx;vw 6 usa-
nitre lingue si ha rispondenza con un to in senso transitivo e intransitivo in
sol termine) 4 : così 7tlX.XUVW di Mt.13, corrispondenza di bzq al qal o di 'ms ai
15 e Act. 28,27, 7twp6w di Io. 12,40; pi'el = consolidare. In Deut. 2,30 sono
accoppiati qih io forma hif'il = crxÀ.TJ-
Rom. u,7; 2 Cor. 3,14; anche Mc. 3,5 puvw (verhiirten, Lutero) e 'm~ al pi'el
(m.:ipwcnc;), <rxÀljpuvw di Aci. 19,9; = xa"'ti<rxvw (verstocken, Lutero); pa-
Rom. 9,r8; Hebr. 3,8.13.15; 4,7; inol- rimenti in 2 Chron. 36,13. In Os. 13,8
s•gor libbiim, chiusura del loro cuore, è
tre Rom. 2,5 (crxÀT)pO"'tlJç) 5• In questi
reso dai LXX con <ruyxÀEicrµòc; :x:apolac;
passi si tratta in prevalenza di citazioni ctÙ"'twv, mentre Lutero traduce: «ihr
dall'A.T. Questo uso di un solo termi- verstocktes HerZ», <di loro cuore indu-
ne tedesco in corrispondenza di diverse rito». Se in Rom. u,25 ed Eph. 4,18
TCwpwcric; non è stato tradotto da Lute-
radici greche trova la sua giustificazio- ro (come ha fatto invece, fra le altre, la
ne nel fatto che la cosa significata non Ziircher Bibel) ·con Verstockung (o
3 -7 n. 2. D'altra pane, ad es., si ha anche: coli. 1330 s. Per Mc. 3,5 (-7 col. 1332) in di-
'verstocktes Leder', 'verstockte Wasche'. verse edizioni del suo N.T. Lutero ha 'vcrstar-
4 Cfr. -7 K.L. ScHMIDT 2 s. 8. Lutero nel N.T. retcn' invece di 'verstockten'. Per Mc. 6,;P e
hn l 3 volte 'verstocken' (nei passi citati a -7 8,17 -7 col. 1337 e n. 2.
col. 1329), nell'A.T. più di 2;; volte; 9 volte 6 Nel N.T. questo verbo ricorre solo nell'acce-
'verharten' nell'A.T. -7 n. 5. zione intransitiva col significato di esser forte;
5 Casi particolari: Rom. n ,25 ed Eph. 4,18 ~ ~ IV, coli. 1215 s.
l_)}I (V,1025) n11.xuvw (K.L. e M.A. Schmidt) (v,1026) 1332
7 La Zurcher Bibel ha qui quasi sempre 'Ver- dicanti 'indurire' e del loro impiego, ad es.,
stocktheit' o 'Starrsinn'. nelle singole fonti del Pentateuco si trova in
8 In alcuni manoscritti dci LXX t(311.puvDl} in- HESSI!, op. cii. (-+- n. :r). Inoltre -+- n, coli ...
vece di lmxxuv&rj. jl11.puvw o (3txpÉw (in rap- 121 s., n. l .
porto a cuore, occhi, orecchi) sono molto fre- 9 -+- col. 1342. Cfr. LoHMEYER, Mk., ad I. Per
quenti per indicare il processo di indurimento. vixpwcr~ç cfr. Rom. 4,19 e ;i Cor. 4 ,10.
Una buona rassegna dei vari termini ebraici in- IO -)> K.L. SCHMIDT 16.
1333 (\', 1026) 1tr.tXVVW I {K.L. e M.A. Schmidt) (v,1026) 1334
Il ~ K.L. SCHMlDT 16. ~ òpll;w VIII, coli. 1267 ss.; ~ npoopll;w vm,
coli. n78 ss.; ~ 7tpO'tCih]µL, np6l)ecnç.
12 ~ n. r. Per la controversia sull'indurimen·
to cfr. R.H. GRiiTZMACHER, art. 'Terminismus 1ta.xuvw
und terministischer Streit', in RE i 19,524-527. 1 Per la derivazione del termine vedi WALDE·
13 ~ ~OUÀ.TJ li, coll. 318 s.; ~ 7tpoyLVWO'XW, PoK. n 15x; E. FRAENKEL, Griech. De11omi11a-
7tp6yvwcrL<; li, coll. 532 ss.; ~ Eu5oxÉw, EVlìo- liva (1906) 65.31.37; DEBR., Griech. lVortb. §
xla. III, coll.II07-II42, specialmente coll.u15· 226 (-vvw soprattutto); A. DEBRUNNER, Zu de11
1 n8; ~ DÉÀ.w, /)ÉÀ.Tjµa. IV, coli. 269-309, spe- komol1fmtische11 io·Priise11tie11 im Griech.: In·
cialmente coll. 282.289 ss.; ~ x1XÀ.Éw, xkijcrLi;, dogermanische Forschungen 21 (1907) 77. "l'Ò
XÀ1)'t6r; IV, col!. 1453-1478, specialmente coli. mixo.; ricorre ad es. in lob 15,i6 <~ n . 5).
1474 ss.; ~ ÉxÀÉyoµa.L, èxÀ.oy1J, lxì...Ex't6r; vr, 2 Cfr. PREISIGKE, \Vort , MouLTON-MILL.,
coli. 400-532, specialmente coli. 486 s. 530 s.; PREUSCHEN-BAUER ', s.v.
1335 (v,1026) mxxvvw l - 7twp6w l {K.L. e M.A. Schmidt) (v,1027) 1336
pingue e recalci trÒ» (citazione libera di popolo, a indurirlo, il testo dei LXX è
Deut. 32,15). più temperato in quanto prescinde da
una intimazione del genere da parte di
2 . In senso lìgurato 'ltaxuvw significa Dio e indica semplicemente questo in-
rendere impermeabile (propriamente al- durimento come un dato di fatto 4 (---7
l'acqua), insensibile, ottuso. Così due col. 1331). Nel contesto di un passo
nel quale si parla di caparbietà e di in-
volte nel N.T. (avendo per oggetto xap- durimento, il termine 7taxuvw viene u-
ola), Mt. 13,15: È1taxvvlh1 yò.p 'ii xap- sato da Aquila e Simmaco anche in I ob
ola i:ov À.aov "t'OU't'OU, «perché il cuore 15,27 5 • Nei LXX, ad eccezione di Is.
6,10, il verbo è usato in senso lettera-
di questo popolo si è fatto insensibile» le nei seguenti passi: Deut. 32,15 (~
(Vulg.: incrassatum est cor); parimenti 1026,33 ss.) per imn al qal (anche 'bh
Act. 28,27 3. In ambedue i passi viene al qal, essere grasso, pingue); ls. 34,6
per din in forma hotpa'el, diventare
citato Is. 6,10 con le sue precisazioni
pingue, grasso; Eccl. 12,5 per sbl in for-
sull'indurimento di Israele, al quale nes- ma hitpa'el, andare innanzi faticosamen-
sun richiamo alla penitenza fa pii1 im- te; l'espressione di 2 Ba.O'. 22,12: Èmi-
pressione ( ~ VIII, coli. l 5 50-15 5 2; xuvEv Èv vtcpÉÀ.cw; cHpoc;, era invisibi-
le ... , non ha alcuna rispondenza nell'e-
IX, coll. 133x.1339). braico. In Filone mixuvw non ricorre.
3. Questo uso veterotestamentario
corrisponde in Is. 6,10 alla forma hif'il t 1tWp0to) ( 1tl)pOW),
di imn, ingrassare (trans.): haimén leb- t 7tWpwcnç (1t1}pwcnc;)
hii'iim hazzeh. Mentre dunque nell'A.T.
il profeta è invitato da Dio, attraverso 1. Derivato da ò 1tWpoc;, il tufo
la sua parola, a ingrassare il cuore del (Poli. 7,123), che, come termine me-
non è intesa nella sua realtà. Cfr. ~ K.L. SCHMIDT, Prophet tmd Tempel (1948) 78-80.
1339(v,10i8) nwp6w 3 (K.L. e M.A. Schmidt)
1
s E1cHRODT, Theol. A.T. m (1950) 108: col.i 328 n. 1 ). Uguale problema si presenta an-
« ... Jahvé punisce i peccati attraverso la forza che nell'uso di 7taprioLo6wiL: da una parte Dio
distruttiva insita in essi, e cosl opera il giusto ha 'consegnato' gli uomini al peccato (Rom. 1 1
pareggio... Ripetutamente si sottolinea che Dio 24 ss.); dall'altra gli uomini hanno 'consegnato'
stesso ha decretato questo abbandono alla vio- se stessi al peccato (Eph. 4,19). Cfr. per que-
lenza propria del peccato, che quindi castiga sto uso del vocabolo, importante soprattutto
peccato con peccato, al quale poi segue certa- per 1' 'indurimento' di Giuda Iscariote, K.L.
mente la catastrofe». (A questo proposito sono ScHMIDT, Der Todespro-zess des Messias ]esus:
citati Ex. l0,20.27; r Sam. 2,25; Iud. 9 123 s.; Judaica I ( 194.5/46) 18-20. Per Rom. 9-11 cfr.
Detti. 2,30; los. n,20; 1Reg.12,15). Per l'in- ~coli. 1339 ss.
tero problema nell'A.T. cfr. HESSll, op. cii. e~
1341 (v,1029) 7twp6w 3-4 (K.L. e M.A. Schmidt) (v,1029) 1342
14) e in questo suo zelo nutrito di una sraele (-? coH. 1333 s.; 1340 s.), sì vuol
estrema speranza egli raccomanda alla dire che proprio i discepoli di Gesù
sua comunità di non indurirsi a sua vol- sono esposti al pericolo di ricadere
ta, di non vantarsi nei riguardi dell'an- nell'atteggiamento del popolo che di-
tico Israele, resistendo all'abisso dèlla sconosce e rifiuta il suo Messia (anche
grazia, «della ricchezza, della sapienza se qui non si vuol affatto alludere alla
e della scienza di Dio» (11,33). Rica- figura di Giuda Iscariota 7).
dendo dalla fede nelle opere, si rimet- 4. In quasi tutti i passi sopracitati
terebbero sul cammino di indurimento compare per 1twp6w la variante 'lt'l']pow:
paralizzare, ledere, mutilare, detto spe-
seguito da Israele (9,30-10,13; n,19- cialmente delle membra o degli organi
22). di senso, soprattutto accecare, anche in
Se l'indurimento è dunque operato senso traslato. Lo stesso si dica della
sostituzione di 1tWpWC1L<; con 11;-fipwcnç,
da Dio ed è nello stesso tempo autoin-
storpiamento, in particolare miopia, ce-
durimento degli increduli, si capisce co- cità 8. Il verbo si trova in Mc. 8 ,1 7 cod.
me l'asserzione di 2 Cor. 3,14: btwpw- D (tuttavia di prima mano appare scrit-
l)ll "t'à. voiJµa.-ra. a.v-r:wv, «le loro menti
to w su 'l']; Vulg.: callatum; invece in
alcuni manoscritti dell'Itala: obtusum o
si sono incallite», possa essere spiegata al plur.; sys: m' wr, accecato, invece
cosl da 4 A: ò 1'Eòç -i-ov atwvoç -r:ou-rou syP: qSì', rigido); in Io. I2,40 codd.
É"t'Uq>ÀWO'E\I -i-à. vo1}µa-ra. "t'W\I artlO'"t'W\I, swn e minuscoli (invece latt.: indura-
vit); Rom. 11,7 cod . C e altii (latt.:
«il dio di questo mondo (cioè il diavo- excaecati; syP: 't'wrw, furono accecati).
lo) accecò le menti degli increduli» 6• Mc. 6,52 e 2 Cor. 3,14 non himno va-
Quando in Mc. 6,52; 8,17 si parla del- rianti greche, tuttavia in ambedue i pas-
la xapola. rcrnwpwµÉvl) dei discepoli ed si il significato di m'}P6w è presupposto
in base alle traduzioni · antich~ (Mc. 6,
essi appaiono quindi sulla stessa linea 52: obcaecatum, Vulg.; cosl pure ' wjr
dei Giudei, l' 'indurimento' non deve sy'; 2 Cor. 3 ,r4 syP). 1t1}pc..1n<; si trova
essere inteso in senso improprio e ad- per Mc. 3,5 in alcuni minuscoli (lat.:
caecitate[ m]; il cod. D ha \IEXPW~EL
dolcito. E se nella testimonianza neote- [~col.i 332 n. 9] ; cfr. mjtwt sy'; inve-
stamentaria i cristiani non sono senz'al- ce qsjwt, rigidezza , sy"). Rom. 11,25
tro preservati dall'indurimento e anzi cd Eph. 4,18 non hanno varianti gre-
che, .ma anche qui il valore di 1t1}9w-
di fronte alla storia dell'antica alleanza
<nç è presupposto dalle traduzioni anti-
possono soltanto essere energicamente che (Rom. 1 r ,2 .5: caecitas lat.; anche
ammoniti a non fare come l'antico I- 'wjrwt, cecità, syP; Eph. 4,18: caecita-
tem lat.; così pure syP). 7tTJp6ç, paraliz- 2. Nel N.T . il termine compare sei
zato, mutilato, indebolito, è molto u- volte: a) detto di cose, in senso trasla-
suale in senso traslato per indicare la
cecità spirituale e l'incapacità di cono- to: o-xÀ.'l')poç Ècr'tLV b Myoç olhoç, «du-
scere. Così in 2 Clem. 1,6: 1t1Jpot <Svuç ro, (ingrato, insopportabile) è questo
'tTI Òtavolq.., ciechi di mente; dr. Phi- discorso» (1 o. 6,60 ) ; ?tEpL 1taV'tW\I "tWV
lo, omn. prob. lib. 5 5: òià. À.oyicrµou a:x.À"()pwv (var.: + Àoywv), «riguardo a
1tTJpwaw, «per la cecità della ragione».
M. Ant. 2,13>3 paragona questa it1}pw- tutte le parole aspre» (Iudae 15); i.11tò
<nç spirituale all'incapacità fisica di di- &.vEµwv crxÀ'l')pwv, «da venti furiosi (a-
stinguere il bianco dal nero. Comunque, spri, violenti)» (Iac.3,4). b) di persone:
in questo uso traslato il termine si av-
vicina al senso figurato di nwpoc...>, 1tw- o-cL crxÀ'f)pÒç Et <ivì)pwitoç, «che sei un
pwcrtç. Comprensibile è dunque l'incer- uomo duro (rigido, crudele, severo, sen-
tezza dei copisti e dei traduttori dei pas- za pietà)» (Mt. 25,24; il parallelo Le.
si scritturali che abbiamo esaminato. 19,21 legge a.uCTT'l')poç, 'scostante', 'au-
Si aggiunga che il 7twp-, che ha un
maggiore numero di testimonianze, co- stero' 2 ). La frase di Act. 26,14 con
me radice è un po' più raro, mentre il crxÀ.'r'JPOV eroi al neutro significa: «è dif-
7t'l')p-, che spesso lo sostituisce, è una ra- ficile per te»; diversi codici la tipetono
dice molto comune. Il cambiamento
riesce naturale soprattutto dove nel con- tal quale anche in Act. 9,4, ed è pre-
testo si parla di 'cecità', di 'non vede- supposta in alcune traduzioni antiche.
re'; ad es. Mc. 8,17 s.; Io. 12,40 (in pa-
rallelo con Èm~pwcrEv sta 'tE-rvcpÀ.wXE\I ); 3. Alcuni dei passi neotestamentari
Rom . 11,7 s. In tutti questi casi la pre- sopracitati mostrano chiarnmente la di-
senza di 1tTJp- nei manoscritti e nelle pendenza dai LXX e dagli altri scritti
traduzioni non rispecchia la forma ori- greco-giudaici 3 • Cosl Iudae 15 è una re-
ginaria del testo. Al massimo si può de- miniscenza di H en. gr. l ,9 4. I ac. 3A ri-
durre che la differenza di significato fra corda Js.27,8: "Q 7tVEvµa.·n (vento) 'tQ
le radici nwp- e 7tTJp- non era più sen- crxÀ.'f)p(i'>, b"rubo haqqasa. Come in Mt .
tita 9 • 25,24, si fa parola di eT:X.À.'l')poì: G..vl7pw-
7tOL in r Ba.cr. 25,3; Is. 19,4; cfr. Is. 48,
t CTXÀ.T]p6ç 4. Anche in questi passi si presuppone
r. L'aggettivo si deve far derivare la radice ebraica qih. Nei LXX crxÀ'l')-
dalla radice sqel-, asciugare, disseccare, p6c; figura più di 50 volte e corrisponde
dalla quale fra l'altro dipende 'schele- per lo più a tale correlativo ebraico.
tro', e significa: asciutto, arido, secco,
aspro, inflessibile 1• Si trova in Esiodo, 4 . Condividono questa prassi lingui-
in iscrizioni e papiri e anche in Filone. stica anche i Padri apostolici nell'am-
bito dei paralleli ellenistici 5 : À.lÌ)o~ che lo sovrastano (testo ebraico: moqsé
crxÀ"f}poi, «pietre dure» (Herm., sim.9, miiwet, lacci della morte, da jqJ, che i
6,8; 8,6; pci~ooc; crxÀl)pli, «bastone no- LXX hanno evidentemente confuso con
doso» (Herm., sim. 6,2,5); crxÀ"l)p&., qsh ). In I s. 4,6 il profeta promette a
«parole dure» (Herm., vis. 1 ,4,2 ), ac- Sion purificata riparo: a1tÒ O"XÀ."f}pO-t"f}-
canto a xaÀrn6c;; Barn. 9,5 in una cita- 'tOç xat UE'tOV (il testo ebraico legge di-
zione di Deut. 10,16 ha crxÀ"flpoxap- versamente). Js.28,27 contiene una mi-
òla 6 ; ~col. 1352. naccia del giudizio incombente: ou yàp
µE-rà CTXÀlJPO"t'l')'t"Oç :xai>alpE'ta~ -rò µE-
À.civi>~o\I (testo ebraico: bart1!, rullo
trebbiatore, da brf, aguzzare, fresare,
non compreso dai LXX 2 ).
I.Il deverbale 1, che nel N.T. compa-
4 . Filone conosce il vocabolo in un
re solo in Rom. 2 ,5: xa:-tà oÈ -.1}v crxÀ'C]-
significato più fisiologico. Così in op.
p6-t'l')-tci crou xat &.µE'tav6n'tov xapolav, mund. 62: il senso del tatto avverte
«con la tua durezza e il tuo cuore im- µaÀocx6•l)'t'txç oÈ xcd crxÀTJpO't"f}•occ;,
penitente», connota la durezza come at- «la morbidezza e la durezza». In senso
psicologico sacr. A.C. II6: OLà <TXÀ"f}-
tributo umano, usato qui a caratteriz- pb'tn-ra qJV<TEwc;, «a causa della durez-
zare i Giudei che si credono giusti e za, della incapacità delle disposizioni
non vogliono convertirsi (Lutero : «se- naturali». In spec. leg. I ,304 s. viene
sviluppato il concetto dell'indurimen-
condo il tuo cuore indurito e impeni-
to: gli uomini sono di cuore incircon-
tente»). ciso, come dice la Legge (Lev. 26,41) e
a causa della durezza del loro animo
2. Il vocabolo figura per la prima vol- ( Ò~à O"XÀ"f}pO"t"f}'t'IX "tp6'JtWV) si scuotono
ta in Antiphon Or., che parla della di dosso le redini, mettendosi a correre
<TXÀ.1]p6·n1c; -rou oalµovoc;, «durezza deJ con superbia e ribellione. A loro mira
demone» (3,J.4). Similmente in Plato- giustamente la Legge quando dice:
ne e Aristotele. «Circoncidete la durezza del vostro cuo-
re» ('JtEPL-tɵVECTl>E TTJV CTXÀ"l)poxap-
3. Nei LXX si trova quattro volte. olav) 3.
Mosè in Dettt.9,27 prega così : µ'Ì] Èm-
~Mo/nc; btt 'tTJV <r:XÀ.1]p6TT]'t"CX (qcst) TOV 5. Tra i Padri apostolici ricorre solo
À.aov 'tOV't'OU xat -.à &.crE~1Jµa-ra xat in Herm., mand. 5,2,6: -.ò 't"pU(j)EpÒv ...
'tà ckµap'tl}µa'ta au-rwv, <<non guarda- itvEvµa, µ'Ì] ~xov cruv1}i>E~ocv µE't"à: ito-
re alla durezza di questo popolo, alle VTJpou 'Jt'IJEvµoc't"oc;· Xl't.\OLXEiV µl]OÈ µE-rà:
loro empietà e ai !oro peccati». In 2 cntÀ1)p6-r1)"toc;, «lo spirito delicato che
Bacr. 22,6 David parla delle <rXÀTJpO'tTJ- non ha l'abitudine di abitare con uno
-rEc; »av&.'tov, «durezze della morte», spirito malvagfo né con durezza».
1 In CREMBR-KOGEL è nominato solo nell'indi- esseni: Manuale di. disciplina 4,n; 6,26; La
ce dei vocaboli. Alcune indicazioni in STRACK- guerra dei figli della luce x2,x7; parimenti 'wrp
BILLERBECK Il 683 S. q!h in Ma1111ale di disciplina 5,_p6 [KUI-!N].
2 Nel N .T . del Nestle questa frase è conside-
O'XÀTJPVVW
rata come un insieme di citazioni veterotesta-
mentarie e per ux'f..ripo'tp6:X'l'}Àoc; si rimanda a I FRAENKEL, op. cit. (~col. 1334 n . 1) 66 (36.
Ex. 33,3. 37.41); DBBRUNNER, op. cit. <~col. 13J4 n . r)
l C. L. W. GRIMM, Lexicon Graeco-Latin11m 81.84. DBBRUNNER, Griech. Wortb. § u6.
i11 Libros N.T. • {1903) s.v.: apud profanos 2
Viene perciò incluso nell'indice dei sinonimi
non legìttir. comparati in CREMER·KOOEL 1206.
1349 (v,1032) l1Ù1Jpvvw 2-3 (K.L. e M.A. Schmidt) (v,1032) 1350
Hebr.3,8 i cristiani vengono ammoniti: può esser taciuto: 4 Bacr. 17,14 dice de-
µ'Ì) crxÀ'l'}pUVl}'tE 'tàc; xapofo.c; uµwv wc; gli Israeliti (cioè delle 10 tribù): foxÀ.fi-
pvvav 'tÒ\I vw-i:ov a.u-cwv Ù7tÈp 'tÒV -vw-
Èv 'tc7> 1tctpa:mxpacrµQ, <<non indurite i -cov 'tW\/ 7t<t.'tÉpwv <t.U'tWV, «indurirono
vostri cuori come nell'esasperazione» la loro cervice ancor più che la cervice
(similmente 3,13), frase ripetuta in 3, dei loro padri», dr. Neem.9,16 s. 29 (lo
stesso concetto con 'tÒ\J 'tpax11À.ov ); così
15 e 4,7. In modo ancor più manifesto
anche Ier. 7,26; q,23; 19,15. Il fatto
dei passi neotestamentari con 1twp6w è argomento della predicazione profeti-
(-7 coll. 1337 ss.) quelli con dxÀl]puvw ca. In Is. 63,17 il prnfeta si lamenta
con Dio: 'tL ... ÈcrxÀ:fjpuvac; (qui il testo
ci mostrano come si trovino accostati
ebraico non ha il comune qsh, ma qslJ
e fusi indurimento ad opeta di Dio e in forma hif'il) i]µwv -rà.ç xapolaç 'tOV
indurimento ad opera dell'uomo, casti- µ'Ì) q>O~e'Lcri}o:l cn;, «perché hai indurito
go del peccato mediante il peccato, e i nostri cuori sì che narr-ti temono?».
In 2 Chron. 30,8 si fa a Israele questa
ammonimento ai cristiani affinché da raccomandazione: xa.t vuv µÌ) O"XÀ.lJpu-
parte loro non abbiano a indurirsi. \/l]'tE 'tàç xapola.c; ( cod. A: '"t'oùc; 'tpa.-
x1JÀ.ouc;) uµwv· OO'tE 86l;a-v xupl~ -c0
3. In Paolo e nelJa Lettera agli Ebrei i}E17>, «ed ora non indurite i vostri cuo-
si trovano citazioni dall'A.T. Rom. 9, ri, date gloria al Signore Iddio». In 2
18 potrebbe essere una reminiscenza di Chron. 36,13 è narrato l'indurimento di
Ex. 4,21; 9,12; 14,4.8.17 (!nq al pi'el); Sedecia; cfr. 1 Ecrop. 1,46 (48). Cfr.
7,3 (qsh in forma hif'il); 7,22; 8,r5; 9, Deut. ro,16 e anche lj; 94,8 .c itato in
35 (pzq al qal), dove si parla dell'indu- H ebr. 3,8 ( ~ col. l 349 ). Sull'induri-
rimento del faraone. Lo crxÀ11puv1::w di mento nei profeti~ coli. 1338 s.
Dio si attua assieme al suo ÈÀEE'Lv 3 e I LXX usano crxÀnpvvw anche al di
sta in opposizione a questo. In Hebr. 3, fuori dell'indurimento. Già una mitiga-
8 ecc. si fa allusione al tacconto dell'ac- zione di questa accezione pregnante
qua amara (Ex. 15,23; 17,7; Num. 20, compare in Ecclus 3 o, r 2, dove a propo-
2- 5 ). È citato letteralmente ~ 94,8 ( = sito dell'educazione del figlio si dice:
qsh in forma hif'il). Nei LXX o-xÀnpu- µ'firto'tE crxÀ.'l')puvlMç Ò.7tELl11Jun crot,
vw ricorre in questo senso circa trenta «perché, fatto caparbio, non ti disob-
volte. In prima linea sta lo vxÀ:r1pu- bedisca». Il vocabolo figura poi senza
vecrthu del faraone. Oltre ai passi cita- alcun rilievo del tema dell'indurimento
ti, dr. Ex. ro,r (kbd in forma hif'il; nei seguenti passi dei LXX: in Gcn. 49,
var.: É~apuva ~ col. r33r n. 8) 4• In 7 Giacobbe maledice i suoi figli Simone
Deut. 2,30 si parla dell'indurimento di e Levi perché la loro µfjv~ç ... fox'X:n-
Sehon re di Heshbon, che non vuol la- puvl)TJ, cioè la loro «ira ... si fece violen-
sciar passare Israele per il suo paese. ta» (qsh al qal). In Iud. 4,24 si parla
Ma anche l'indurimento di Israele non della «mano pesante» (xdp... crxÀ.TJpU-
3 ~ m, col. 416; inoltre ZAHN, Rom. 453-456; WEiss, Der Brie/ an die Romer' (r881) 459-
sulle antiche esegesi di O'XÀ.1JpV'llE~\I in Rom. 9, 461; 9 (1899) 415 s.
18 nella cornice della dottrina della predesti-
nazione danno notizie nel commento critico- 4 Per l'esegesi di Ex. 10,1 nel rabbinismo, a
cscgetico del N.T. ad l. H .A.W. MEYER, Der proposito della controversia con i min1m ( =
Drief a11d die Romer' (1859) 347-349 e B. cristiani?) cfr. STRACK-IlILLERBECK m 269.
1tElDw 1 a-b (R. Bultmann) (Vl,I) 1352
\IOµÉ\IT)) di Israele sui nemici. In 2 Bo:cr. mente Ji colpì la sventura». Filone non
19.44 la frase È<TXÀ.T)puvi}T) ò Àoyoc; ha usa il vocabolo.
lo stesso senso eh:! ux)..T]poc; Ècr"TW ò
À.oyoc;, «duro è il discorso» (~ col. 4. Alcuni passi dei Padri apostolici
1 344 ). 4 Bacr. 2, xo: ÈuxÀ:{]pwo:c; -tou seguono l'accezione biblica. In 1 Clem.
a.l't1}craui}cu, «hai chiesto una cosa dif- 5 1 ,3 è evidente il riferimento al caso di
ficile». 2 Chron. I0,4: É<rxÀ1}p.uvE\I 'tÒ\I indurimento di Num. 16,31 ss. 1 Clem.
suyÒ\I i)µG)\I, «egli ha reso duro il no- 5 1 ,5 allude all'indurimento del farao-
stro giogo». ~ 89,6: uxÀT)pv\ll>ElTJ xat ne. Infine rientra in questa linea Barn.
~T)pavih:l11, detto a proposito dell'erba 9,5: 'tÒ\I 'tPrLXTJÀ.O\I ùµwv où <rXÀT]pv-
secca (quindi uxÀTJP· = !;"l)p-). 1 Mach. \IE~'tE (~ col. 1345) che è citazione di
2 ,30: È<TxÀ"l)pvvt>11 ( var.: ÈnÀ.T)l>U\IDT)) Deut. 10,16.
È7t'au-.oùc, "t'<Ì xaxci, «sempre più dura- K.L. e M.A. ScHMIDT
verbo greco. Invece 1tÉ1totÌ}a, che espri- rom pere. Per i LXX il pericolo non è
me l'idea di fiducia, è relativamente fre- quindi costituito dalle immagini fallaci,
quente nell'A.T. greco (.....;. coli. 1363 dalle illusioni che i profeti suscitano
ss. ). Solo in quei libri in cui più manife- nel popolo, ma dalla seduzione eserci-
sta è l'influenza di lingua e di contenuto tata dalle loro parole. Comincia così a
dell'ellenismo e per i quali manca un delinearsi più nettamente il concetto di
originale ebraico, come i libri dei Mac- falso profeta.
cabei e di Tobia, incontriamo più spes- nElì}EL\I significa persuadere, indurr.:
so Jtdì}EL\I e Jtdì}Euì}at accanto a 1tÉ- in Iudithr2,11; 2Mach.4,34.45; 7,26;
JtotÌ}a. In 4 Mach. 1tÉ1totÌ}a manca del II,14; 4Mach. 16,24;,significa persua-
tutto, mentre le altre due forme ricor- dere con ragioni in 4 Mach . 2,6. In Sap.
rono ben 1 3 volte. Ciò significa che, r6,8 è usato con riferimento a Dio che
dove hanno tradotto, i LXX han sempre rende testimonianza a se stesso con pro-
trattato il testo con notevole libertà. Ad digi. Antioco IV cerca di indurre i Giu-
es., il T.M. di r Sam. 24,8 presenta il dei all'apostasia con le torture (4 Mach.
verbo .fr', che è raro e di difficile inter- 8,12; dr. invece 9,18} 3 •
pretazione in questo passo. In gene·
re .h' badd"barim si traduce «ridusse a e) Act. 18 14; 28,23; Ign ., Sm. 5,r;
mal partito con imprecazioni violente»
(cfr. il nostro modo di dire «strapazza- Diogn. 7A (opposto: P~iisE<rbat). In
re qualcuno»), cioè «li riprese aspra- questi passi il significato più naturale è
mente». I LXX leggono : E1tEt<TE\I àctvLO convincere (Act . r 8,4: «e cercava di
-roùç &vopa.ç mhoù Év Myotç, «Davi-
de riuscì a persuadere con le parole i convincere»), ed è difficile scorgerne un
.
SUOI UOmllll».
. . altro in Act. 19,8. In Mt . 27,20; Aci.
In I er. 2 9 ( 3 6 ),8 è espressa l'idea del- 14,19 1tElì}Ew significa indurre : in en-
lo stretto nesso tra persuasione e in-
ganno. Il T.M. ha nS' II all'hif'il = in- trambi i passi si è vicini all'accezione
gannare, che nei LXX è reso spesso di istigare; lo stesso va detto forse
con IÌ1tr.t.'t0.v (Gen. 3,13; 2 Par. 32,15; per Act. 19,26 e certamente per Herm.,
Js.36,14; j7,10; Ier.4,10 [due volte]};
sim. 8,6,5 1 mentre in Act. 26 128 signi-
ma nel nostro passo i LXX leggono JtEl-
l)EL\I ovvero &.va1tErnEw = persuadere, fica semplicemente ·indurre 4 , come pu-
indurre, ed eventualmente anche cor- re in mari. Polyc. 3,r; 4; 5,1; 8,3 . In-
3 La sezione b) è dovuta n G. BERTRAM. Osi 14 (1935] 49-52; In., Aci. 26,28 : Coniec-
~ Ad Aci. 26,28 i codd. SB al leggono Èv ò)..l- tanea Neotestamentica 3 [ 1938] 13-16), oppu-
YC/> µE nernEL<; Xpta•navòv 1tOtficrm (nei co<ld . re anche: «Sta a vedè re che mi convinci a fare
5l'E pl lectio facilior: yEvfoi)m). Questa va- il cristiano», come interpretano A. NAIRNE,
riante si può spiegare o come confusione di EN OAirn ME TIEI0En.:: XPll:TIANON
due modi di dire («Sta' a vedere che mi con- TIOIH:EAI, Acts 26,28: JThSt 2l (1920) 171
vinci a diventare cristiano! » e «per poco non s.; J.H. RoPES in : jACKSON-LAKE m 329; K.
mi fai cristiano» ), come suggerisco:io PREU- LAKE-J. CADBURY: ibidem IV 322-324; F.F.
SCHEN-BAuEa, oppure come brachilogia per BKUCE, The Acts of lhe Aposlles (1951), ad I.
f.v ò)..ly4J (xpov4J) µE r.ernnç ((mw-.òv) Xpt- In base alla grammatica Aci. 26,28 può esse-
o"tta.vòv 1tOLijcra.l (µE), «vuoi farmi intendere re interpretato: <!in questo momento tu mi
di avermi fatto cristiano in un batter d'oc- persuadi». Questa proposizione contiene due
chio» (come propone A. fRIDRICHSEN, Exege- momenti, uno temporale (presente) ed uno
liJChes :w m N.T. : 3. Aci. A posi. 26,28: Symb soggéttivo (l'aspetto dcl verbo): la grammati-
IJ.5.5 (VI,2) 7tElilw I c (R. Bultmann)
7ti::lcroµEv -ri)v xap6lav (variante: -r!Xc;; fare assegnamento, contare, ecc. (Horn.,
Od. 20,45; Hdt. 7,144 [-rc{) ih:t;>J), i-
xa.polcxc;) 1iµwv può comunque signi:6ca- noltre lasciarsi convincere o persuadere
re solo «noi rassicuriamo il nostro cuo1e (Soph., Phil. 624; Plat., Prof. 338 a) e
quindi anche credere (Hdt. 1,8; Plat., elusione della lettera di Antioco Epifa-
ap. 25 e) o consentire (Xenoph., an. 7,3, ne ai Giudei (2 Mach. 9,27). In 3 Mach.
39 ), nel senso di essere arrendevole, ub- 3 ,24 "t'EXµ"f)plotç 1tE1tEtO'µÉVOL significa
bidiente, e giunge ad esser sinonimo di «convinti con prove»; analogo è il sen-
ubbidire (Horn., Il. 1,79; Soph., Ant. so dell'aoristo usato in 4,19 (var.) con
67; Plat., ap.29 d : 1tElcroµa.t oÈ µ(iÀ.À.ov O"a.<pwç. m:lih:o-i}t'u = essere indotto, es-
"t'(il l)E@ tj vµìv, «ubbidirò piuttosto a) sere persuaso: 2 Mach-4,34; 10,20 (cor-
dio che a voi»). rompere); 3 Mach. 1 ,II; ubbidire: 4
Mach. 6,4; 8,17.26; 10,13; I2,4 .5; 15,
b) Come la forma attiva ( -> coll.x 3 5 2 rn; 18,1 (al re, alla madre, alla legge) 10•
ss. ), così anche il passivo 1tElilEat>m è ra-
ro nei LXX, quando si tratta di libri c)Hebr. 13,x8: ltEtMµEt>a. (variante:
tradotti dall'ebraico. In Esther 4>4 nrnoll)aµEv) = siamo convinti; il me-
TtElt>Euthlt traduce il verbo concettual-
mente neutro qbl, che significa prende- desimo valore ha 7tdt>oµa.i in Herm .,
re, ricevere, accogliere, anche in senso sim. 8,11,2; più debole forse in Act. 26,
traslato. In Esther 4.4 nel testo ebraico 26: À.a.vl)<ivEtv yà.p a;Ù-.Ò\I "t'OV"t'W\I où
il verbo è inteso in senso proprio: Mar-
docheo non accettò i vestiti fottigli por- nElt>oµm oMÉv, «non penso che ignori
tare da Ester, ma continuò ad indossare alcuna di queste cose». Particolarmente
il sacco; i LXX interpretano invece Ja il perfetto 7tÉ7tELO'µat significa sono con-
situazione in senso psicologico: Mardo-
cheo non si lascia persuadere da Ester a
vinto (Lc .20,6 ; Rom .8,38; 14,14 [o!oo:
deporre i segni di lutto. Prov. 26,25: xa.t 7tÉ1tncrµa.i]; 15 ,14; 2 Tim. 1_,5. 12;
non bisogna fidarsi (he'emin) del nemi- Hebr. 6,9; Ign., Tr. 3,2; Pol. 2,3; Po-
co; i LXX traducono con 7tELl)Eul>a.t, in-
lyc., ep. 9,2; Barn. I ,4).
troducendo così la nota dell'inganno.
Anche in Sap. 13,7 7tdl>Eal)a.t vuol met- L'aoristo passivo 7tEtO"t>fivat viene u-
tere in evidenza il momento dell'ingan- sato conformemente a quest'uso. Aci.
no, dell'illusione: i seguaci delle reli- 5,39: coloro che avevano ascoltato il
gioni della natura sono in un certo qual
senso capiti e scusati per essersi lascia- discorso di Gamaliele É7tELO"i>YJ<rav ...
ti ingannare dalla potenza e dalla bel- a.Ù•<°!>, «si lasciarono convincere da lui»,
lezza delle cose create. In Tob. 14,4, oppure «consentirono con lui». Tanto
invece, 1tÉ1muµat (codd. BA) è in pa-
rallelismo con mO'"t'EUW ( cod. S ). In que-
nEll>Eui>a.t quanto 7tELO'l)fiva.i significano
sto vaso il verbo esprime la fede reli- spesso lasciarsi persuadere, cedere, pie-
giosa: come mostra il contesto, si trat- garsi (alle parole, ai consigli, ccc.), con-
ta piuttosto della convinzione persona-
sentire (Act. 2x,14;_23,21; 27,II ; Ign.,
le (espressa con il medesimo termine
anche in 4 Mach .5,16), mentre m<r"t'EUW, Rom.7,2; Herm., mand. 12,3,3). In Le.
che va considerato come una variante 16,31 il verbo significa quasi 'ubbidi-
tendenziosa del cod. S, accentuerebbe te'; anzi, considerando che ouoÈ ... nwr-
appunto il momento della fede reli-
giosa . 1tÉ7tEtO"µat indica la convinzio- Mio-ov'tat corrisponde al precedente oùx
ne personale anche nella retorica con- aXOVOUO'tV, la traduzione migliore è «Se
11 Il testo del versetto non è sicuro. Secondo verità». Cfr. BLASS-DEBRUNNER § 488,1 b ap-.
la maggior parte dcì mss. bisogna leggere i:lç pendice e ~ v, col. 846 n. 6.
ùµ<iç ÉvÉxoljlev 6J.TJ1lelq. µii 1\"emecrltcu;, «chi Il Per l'idea di ubbidienza alla divinità nel
vi ha impedito di ubbidire alla verità?». Ma mondo greco ~ 1tE~ltapxéw n. I.
forse va preferita la lezione deì codd. FG latt : l.l Cfr. alcuni codd. minuscoli, che a Hebr.II,
'Tlç ùµ<iç ÉvÉxolj/Ev; àÀ.T)ftelq. µi) 7telltEcrDa~ 13 aggiungono xa.t m~allÉv·m; per indicare la
µT)5EvL 7tElltEailE, «chi vi ha impedito? Non fede nella promessa, che altrove in Hebr. I I
date retta a chi non vuol farvi ubbidire alla è chiamata 'ltLO"\Lç.
1telftw 3 a-b (R. Bultmann)
H Questa radice ricorre nel T.M. 183 volte in 12,10; Prov. u ,15; .Gett. 34,25), EtrrfJVTJ (lob
tutto; vanno poi aggiunti altri 10 passi di n,18?; I.r.14,30; Ez.38,8.11.14; 39,6.26), nt-
Ecclus. Nei LXX 81 volte blh è reso con 1\'É- 7toi~a: cd E(iri!vri come doppia traduzione
1\'0~~cx. (XCX.'l'IX1tÉ1to~{}cx. come ~~r. a Ez. 16,15) e (J>rov.3,23), 0..1tl<; ed dirlivTJ (Ez.J4,27), Tiav-
r volta con 1tE1tolih]cr~c; (4 Ba:cr. 18,19); inol- xla, 'iil7\JX0:.~E~V (Ez. 38,II) e fttxppE~V (Prov.
tre, abbiamo soprattutto f>..1tl~EW (48 volte), 31,11 ): in tutto altri 13 passi. Le restanti 8
H..1tlc; (30 volte), ~m).1tl~EW (2 volte), in tut- volte i LXX in parte traducono un altro voca-
to 80 volte. Negli altri casi i LXX traducono bolo e in parte riformulano il testo arbitraria-
con altri termini: &.vwjivxn (IEp. 30,26 [49, mente; 4 volte la traduzione manca del tutto.
31] ), aa<paÀ.E~IX, acrcpa:À.nc; (Lcv. 26,5; Del/I.
7tElf>w 3 b-c (R. Bultmann) ( \'I,6) 1366
darsi di qualcosa, mentre i LXX hanno 2,r8). Nel Salterio la fiducia in Dio co-
ÉÀ.1ti~Etv. Infine la radice 'zr sembra es- stituisce il tema di particolari 'canti di
ser tradotta 2 volte in Giobbe con 1tÉ- fiducia', che quanto alla -forma rappre-
1toti>a. In I ob 31,21 il testo ebraico è sentano una variazione delle 'lamenta-
reso fedelmente, mentre in 6,r3 i LXX zioni' 15 • Queste affermazioni di fiducia
si allontanano notevolmente dal T.M. I non hanno tanto forma di preghiera,
LXX inseriscono arbitrariamente il ver- quanto piuttosto un carattere legger-
bo 7tfood)a. e quindi il concetto di fidu- mente didascalico e sono molto frequen-
cia nei seguenti passi: lob 27,8; Is. 8. ti, specie per quanto riguarda il termi-
r4; 30,32; 32,19; cfr. anche le varianti ne chiave 1tÉ1toti>cc, nella poesia didasca-
a Is. 17,8 e lEp. 27 (50),38; tV 96,7. lica e sapienziale. I libri dei Salmi, di
Giobbe e dei Proverbi ne offrono ab-
Nei libri scritti in greco o trasmessi bondanti esempi, e l'aggiunta del cod.
soltanto in redazione greca la forma 1tÉ- s• a Ecclus 2,5 suona quasi una sintesi
1toti}a non è particolarmente frequente. di tutta l'esperienza religiosa : Èv v6croic;
Si ha l'impressione che il concetto sia 7.7.t 1tEvlq. bc'm'rt·~ itE'ltoti)wc; yElvou,
usato con una certa reticenza ( r 1 volte «tra le malattie e nella povertà abbi fi-
complessivamente in Iudith, Sap., Ec- ducia in lui» 16 .
clus, Dan., Bar.; ro volte in I -3 Mach.).
Complessivamente, dunque, i LXX c) L'uso di 1tÉ1toti)a nel N .T. si ha
leggono 7tÉ7toti}a 142 volte. Nelle tra-
duzioni greche più recenti il verbo vie- nei passi seguenti. Le. 1 I ,22 : un uomo
ne apparentemente a coprire una gam- forte fa assegnamento sulla propria ar-
ma di significati ancor più estesa; so- matura; i ricchi confidano nella propria
prattutto in Aquila e Simmaco H.7tlSEW
ricchezza (codd. Sf e D in aggiunta a
è sostituito in larga misura da 7tÉ'ltoti)a,
specie come traduzione di bf~: Così, Mc. ro,24); gli amici di Paolo sono rin-
particolarmente nel Salterio, le afferma- francati proprio dalla sua prigionia
:doni di fiducia si moltiplicano a misura (Phil. l, l 4 : TCETCoti>O'tE<; -toi:c; OECTµoi:c;
del prevalere di itbtod}a. Il vocabolo
non è venuto però ad assumere, per so- µou ); Paolo conta sulla fedeltà o sul
stanza e contenuto, una nuova accezio- giusto giudizio della comunità (2 Cor.
ne né negli apocrifi né nelle traduzioni · 2,3; Gal. 5,10; 2 Thess. 3,4), come pu-
bibliche successive ai LXX.
La fiducia in Dio è uno dei mo- re sull'obbedienza (ùitccxo1}) del suo a-
menti fondamentali della religiosità mico (Philm. 2I).
1; Cfr. H. GuNKEL, Ei11l. in tlie Ps. ( r933) 16 La sezione b) è dovuta a G. BERT RAM.
254-256.
'ltEll)w 3 e ( R. Bultmann J
TCE'ltodMvaL costruito con l'infinito in- 24; 2 Thess. 3,4, e forse anche in Phil.
dica la ferma convinzione in Rom. 2, r, r 4, se qui Év xupl~ non va riferito a
J 9: 7tÉTCodM.c; -.E crmu-ròv ÒOr}YÒV dva.~ •wv à.oEÀq>wv. La fiducia è cosl sotto-
•ucpÀ.wv x-.À.., «tu (giudeo) sei ferma- posta a una riserva particolare: non de-
mente convinto di poter far da guida ai riva da calcolo umano e pertanto non
ciechi, ecc.», e in 2 Cor. 10,7: Ei'. -.Le; TCÈ- si appoggia sulla sicurezza umana; per-
noL?)Ev (cod. B: òoxE!: 7tE'ltOL?)Évm) fo.u- ciò acquista la certezza propria della fe-
•Q XptU'tOU dvaL, «se qualcuno si sen- de. In sostanza non è diversa dalla fi-
te così sicuro di essere di Cristo». Ab- ducia in Dio, quale si esprime in Phil.
biamo la medesima accezione anche nel- r ,6: «Sono fermamente convinto che
le proposizioni introdotte con o-n. Phil. chi iniziò tra voi un'opera tanto grande
1,25: xa.t -.o\ho 7trnot?)wç oròa O'tt µE- la porterà anche a compimento, ecc.'»
vw x-.À.. 17 , «e con questa fiducia so che (7trnod)wç a1hò -.oi.i-ro o-rL ò Évap~à.µE
rimarrò ecc.»; 2,24: 1CÈ1tod)a. ÒÈ Èv xu- voç Év ùµt:v l!pyov (i:ya.Mv bn-.EÀÉO"EL
pl({.l 8-.t xa.t a.1hòc; •ax€wc; ÉÀEucroµaL, X'tÀ. ). Solo in questo passo e in 2 Cor.
«sono però fermamente convinto nel 1,9 ( ~ col. 13 71) Paolo menziona la fi-
Signore di poter venire io stesso quanto ducia in Dio 18 • È singolare e sintomati-
prima». co che anche nel resto del N.T. non si
Questi passi non hanno rilevanza teo- parli quasi mai della fiducia in Dio, che
logica per il termine 1CE1Cot?)Éva.t. Ma per invece costituisce e~ col. 1366) un mo-
i cristiani la fiducia in qualcuno o in tivo così caratteristico di tutto l'A.T. e
qualcosa subisce un mutamento caratte- particolarmente dei Salmi 19• La fiducia
ristico e peculiare quando è un TCE1tot?}€- come momento tipico della religiosità
vat Èv xupi<p, com'è espressamente det- (1tE1todUvai btt -.if.> ?)EQ, ovvero -.òv
to in Gal.5,10 (non nel cod. B); Phil.2, DEov) è menzionata soltanto come carat-
teristica di Gesù in Hebr. 2,13 (citazio- sì poco della fiducia in Dio per il sem-
ne di Is.8,17 [LXX] o 2 Bcx.0-.22,J). Tra plice fatto che in esso non si tratta,
gl'insulti rivoltigli sulla croce, vi è an- come nei Salmi, della sorte e delle dif·
che l'irrisione della fiducia da lui ripo- !ìcoltà del singolo orante che trovan-
sta in Dio (Mt. 27.43, in rispondenza a dosi in una situazione difficile pone
4'21,9)20. la propria fiducia in Dio, bensì della
miseria umana in generale e della sal-
1 Clem. 58,1 : nel richiamo alla ge-
nuina pietà cristiana i lettori sono esor- vezza escatologica. Ora, in riferimen-
tati ad obbedire «al nome santissimo e to a queste realtà la fiducia ha assunto
glorioso» di Dio, «per riposare fiducio-
forma di fede: quella fiducia in Dio che
si nel nome santissimo della maestà di-
vina» ( tva XCX.TCXO"Xì)\IWO"WµEV 1tE1todM- costituiva il tratto caratteristico del rap-
TE<; É1tL TÒ wcnO'tCX.TO\I 'tfjç µqcÙ.W<TU- porto con Dio è stata assorbita nella
VT}<; cx.1hou OVOµcx.), COn riferimento alla fede. Ma ciò vuol dire, allo stesso tem-
citazione precedente (57,7): o OÈ f.µou
àxovwv xcx.-.cx.<rxTJVW<TEL f.7t'f>, 1tLOL TCE- po, che la fiducia in Dio è ora intesa in
'ltOLi)wç, «ma colui che m'ascolta ripo- un senso radicale, che comporta per
serà fiducioso nella speranza» (Prov. 1, l'uomo l'assoluta rinuncia alla sicurezza
33). In I Clem . 60,1 Dio è invocato co-
me ( b) XPTJO"TÒç f.v -.otç 'ltE1tod)61:nv É1tL nelle proprie forze e viene a fondersi
r:1É, «benevolo verso coloro che confida- con l'ubbidienza in una unità libera da
no in te». In Herm., mand. 9,6 i cre- qualsiasi affermazione arbitraria della
denti che pregano con gran fede vengo-
no chiamati, come nei Salmi, 'ltE7tod)6- volontà umana. Il significato di 1tE1tOL-
TE<; É7tL -.òv xupLOV, «fiduciosi nel Si- l)Évcx.L quale radi"cale affidamento a Dio
gnore»; similmente in sim. 9 ,18,5 si è passato nel significato di 1tLr:1'tEVELV,
parla di ogni «anima che confida nel
tanto che il nuovo rapporto di fed~ con
Signore» (l)Juxl} 1tE7toi1'ulcx. È1tt -.òv xu-
PLOV ). Infine si veda Diogn. 1,1: il cri- Dio può esser descritto anche come il
stianesimo è definito in termini gene- rifiuto di un falso 1tE1tod)iva.L. Valore
rali come fiducia in Dio e adorazione esemplare ha per questo rispetto Phil.
( l>Ec{} 'TCE1tOt1>ÉVCX.L xat i)pTJO"XEUEL\I a.v- 3,3 s.: il nrnotl>Évcx.L Év <Japxl caratte-
'tO\I) 21 .
rizza la sicurezza giudaica che si ba-
È significativo che in tutti questi pas- sa sulle prerogative elencate nei vv.
si (meno Diogn. l ,1) si abbiano citazioni 4-6 . e che costituisce il contrario del-
o locuzioni dell'A.T. e non formulazioni la nlcr-.t<; Xp~O"'tou ( v. 9 ). Per allon-
originalmente cristiane. Il N.T. parla co- tanare dalle manifestazioni di fede una
2•l Nella tradizione parallela a 2 Bcx!l'.22,3, cioè 2: In Giustino {dio/. 8 2) 1tE1toti>Évat È'ltt ;(il
1
in \jl 17,3, l'espressione ebraica 'el;eseh-bb6 è i>EI{> costituisce la caratteristica del vero giu-
tradotta nei LXX con ÈÀ.mw bt'a.ui:6v. Anche deo. L'espressione appare in citazioni dell'A.
in ljJ 21,9 gol è tradotto nei LXX con 'Ì)À.m- T. in apol. 40,19 e dio/. 27,r.
O'EV; ~ III, col. :;r7.
mlfiw 3 e - TCE1tolfiTJcnç (R. Bultmann) -(vr,8) 1372
sicurezza di tal genere, Paolo si ser- Gal. 5,10; Philm. 21; 2 Thess. 3,4 (~
ve volentieri del verbo xa.uxilai)a.L ( ~ col. 1366).
v, coll. 298 ss.), e cosl nel v. 3 il xa.u- La 1tE7tolt}TJO'Lc; con cui Paolo vuole
x<l.G'i}a..L ÈV XpLcr-r0 è l'opposto del 1tE- recarsi a Corinto (2 Cor. 1,15) è la cer-
T.OLi>Éva.L Èv G'a..pxl. 2 Cor. 1 ,9 presenta tezza che la comunità capisca sempre
il medesimo uso linguistico: ...cx.1'.1-tot Èv più il suo comportamento (v. 14); la
ECX.U'tOic; 't'Ò a1tOXpLµCX. 't'OU i)a..va't'OU È<r- 7t'rnoli)ri11~c; del fratello da lui inviato n
XlJXU.µE'\I, ~vcx. µÌ') 'ltE1tOd~6·m; wµEv Ècp' Corinto ( 8 ,2 2) è la fiducia che la comu-
ECX.U'tOLc; aÀ.À. 'btt -rQ i)EQ -rQ ÈyElpoV't'L nità sia pronta e disposta a partecipare
'toùc; vExpouc;, <rnbbiamo ricevuto in noi alla colletta. In questi passi si tratta del-
stessi la sentenza capitale, affinché non la fiducia nutrita in un caso particolare;
avessimo fiducia in noi stessi, bensl nel la 1trnoli>'l')crLc; di Pbit. 3 .4 è invece
Dio che risuscita i morti» (pet altre quella fiducia che determina tutta quan-
indicazioni ~ 7trnolth111Lc; coli.i 372 s.): ta l'esistenza, quella fiducia che è confi-
Quest'uso linguistico si sente ancora denza dell'uomo in se stesso e nella sua
in Le. I 8,9, dove Gesù parla «ad al- sola forza e volontà, oppure la rinuncia
cuni che erano dentro di loro ferma- ad essa, l'abbandono e il rifiuto di que-
mente convinti di essere giusti» (7tp6c, sta per una radicale fìducia in Dio (~
·two.c; 'toÙc; 1tE1tOLM'to.c; Ècp'~au>oiç ~'t'L col. 1370). Le parole xo.l1tEP Èyw EXWV
dcrtv 8lxa.LoL). Esso traspare anche in 1tE1toli>riaw xat Èv crapxl, «sehhenc.: an-
Bam. 9,4, che tra le caratteristiche giu- ch'io possa confidare nella carne», si
daiche elenca la sicurezza che deriva dal- riallacciano alle precedenti oL. oùx Èv
la circoncisione ( 1tEPL't'oµ1J, tcp''i'j 1tE7tOl- o-cx.pxi 7tE1toLM't'Ec;, «noi che non confi-
i}a<rLV ). diamo nella carne», e descrivono la si-
curezza di sé caratteristica dell'atteggia-
t m1tolih)cnc; mento giudaico che Paolo ha rifiutato.
In 2 Cor. 3,4 s. s'intende invece l'atteg·
'ii:E'JtomriuLc;, fiducia, certezza, è un
termine della tarda grecità, rifiutato dal- giamento opposto, quella certezza che
l'atticista Frinico (ecl. 294); compare l'uomo trae unicamente da Dio prescin-
una volta nei LXX (4 Ba<r. 18,19 per dendo radicalmente da se stesso: 7tE7tOl-
bi!fii/;on) e una in 'Filone {viri. 226) 1•
i}TJ<rLv OÈ. 't'Ota.U't'TJV txoµEv &à. 't'OU Xpi-
Nel N.T. ricorre solo nel corpus pao- O''tou 7tpòc; 't'Ò\I i}E6v. oùx O't'L a<p'Èr.<V'tW\I
lino. In 2 Cor. 1,15; 8,22 il sostantivo bai.voi foµEv... aÀ.À. "IÌ txr.<V6't'l}c; 1Jµwv
è usato come 7tE1toLi)Éw.<L in 2 Cor. 2 .3; be 't'Ou i}Eou, ·«nutriamo una tale fìdu-
2 È improbabile che 1tpÒ<; -.òv ilEov dipenda È7tl, Èv, Etç, ma mai con 7tp6ç). 7tPÒ<; "t"Òv DEov
direttamente da 7tE'lto~ow. In tal caso m:- dipende piuttosto da tutta la proposizione e
'ltollh)cnç np6c; -.òv itE6\I equivarrebbe a 'ltE- fa riscontro a xo:'tÉvav·n itEov (2,17; 12,19) e
7toiDl\ICi:i t7tL "t"<i) itE!{j (cfr. 2 Cor. r,9; frequen- Èvwmov "tov DEov (4,2).
te nei LXX, dove 'ltE'ltoiDlwu è cdstruito con
1375 (Vt,9) rmD6c;-nutk1.px~w (R. Bultmann)
zioni in cui il testo di questo versetto è suadere) che passivo (venir persuaso) 1•
stato tramandato 1 si riducono pratica- Nel N .T. è usato solo in Gal. 5,8: ii
mente a due possibilità: Év 'itELDoi:ç cro- nwrµovi} oùx Èx -.où xaÀ.ouv-.oc; ùµàc;,
cplac; MyoLc; oppure Èv 7tEd)o[ croqilaç. che generalmente è tradotto: «questa
Nel primo caso («con suadenti paro- persuasione I questo consiglio non vie-
le di sapienza») Paolo userebbe l'agget- ne da Colui che vi chiama». In questo
tivo 1tELMç non attestato altrove, .ma caso 1tEt.aµovl) è usato nel significato di
formato correttamente 2 e non escluso 1tEti>w. Se però il v.7 va letto: aÀ.'r)iìElq;
dai Padri della chiesa. Nel secondo caso µ-i} 7tELiJEcri>cu µT}8E\IL 1tElì}EaiìE, «non
(«con la persuasione della sapienza») si date retta a chi non vuol farvi ubbidi- ·
avrebbe invece il sostantivo 7tELDw, d'u- re alla verità» (-7 coll. 1361 s. n. II),
so comune fin da Eschilo 3 , che indica il allora bisogna tradurre: «una tale arren-
dono o la capacità di persuadere gli al- devolezza / ubbidienza non viene da Co-
tri 4• Per l'interpretazione del passo è lui che vi chiama» 2 • 7tEtcrµovl) si rifareb-
del tutto irrilevante l'adozione dell'una be allora a 7tEliìEaDaL. Quest'uso è per-
o dell'altra lezione. In ogni caso Paolo fettamente conforme allo stile paolino.
vuol dire che la forza di persuasione II termine è usato in senso retorico
del1a sua predicazione non è frutto del- in Ign., Rom. 3,3: ou 1tELO'µwijç 'tÒ i!p-
la retorica della sapienza umana, ma de- yov, &.À.À.à µEyÉiìovc; Èa-.tv ò XpLO''tt.a:-
\ILCTµ6c;, «il cristianesimo non è questio-
riva «dalla dimostrazione di Spirito e ne di persuasione artificiosa, ma di ve·
di potenza» (Èv àTtoOElç,EL 'it\IEVµa.-.oc; ra grandezza» 3 • In Iust., apot. 53,1
xa.t OV\laµEwç). 1tEt.crµov1J significa convincimento: le
profezie ch'egli ha addotto bastano a
convincere chi ha udito e intelletto (dc;
t 1tELO'µovi} 1tELO'µovl}v -çoiç -.à <ÌXOUCT'tt.Xà xat VOE-
pà w-.a EXOUCTL\I ).
Vocabolo tardivo e piuttosto raro,
non attestato prima del N.T.; è deriva- t 1tEti>a.pxÉw
to da 1tdl}w o da m:li>oµa.L e significa 7tEt.VapxEi:v, ubbidire, è un verbo d'u-
persuasione tanto in senso attivo (per- so corrente in greco fin da Sofocle ed
Erodoto; è usato anche nei LXX e in Anche 'itELì)apxEi:v può indicare, co-
Filone. me~ 7tdì)E<r1'a.t (~ coll. 1361 s.), l'ub-
bidienza alla predicazione cristiana (Po-
Nel N.T. indica sia l'ubbidienza dovu- lyc., ep. 9,1 ). Il verbo è usato retorica-
ta ad uomini, sia quella dovuta a Dio. mente in Diog11. 7 ,2 : la luna e le stelle
ubbidiscono al Creatore 2 .
Ubbidienza agli uomini, ad es. in Tit.3,
1: \ni:oµlp.vncrxE aù-i;oùc:; àpxai:c:; È~ou
t CÌ1tE Lit1)c;
crla.tc:; Ù1tO't'a<T<TE<Tì>a.L, 1tELì><1.pXELV... , «ri-
Nel significato di disubbidiente a1tEL-
corda loro di essere sottomessi ai magi- ìhic; è attestato in greco fin da Tucidi-
strati, di ubbidire ... ». Più debole è la de 1 (più antica è l'accezione inattendi-
portata del verbo in Act. 2 7,2 I : EOEL bile, non degno di fede); nei LXX, pro-
prio come cbmilEi:v, indica il popolo ri-
µÈv ... 'ltELitapx-fi<n:lnac; µot µ1) &.vciyE- belle, che non ubbidisce a Dio 2 •
crì>a.L émò 'ti}c:; Kp1)'t''r)c;, «davvero, sareb-
be stato bene che ascoltaste il mio consi- L'uso dell'aggettivo nel N .T. rispon-
glio di non salpare da Creta». L\1bbi- de in parte a quello di CÌ7tELÌ)Ei:V e a7tEL-
dienza a Dio piena e assoluta è indicata t')na.. In Le. l,r7 con stile che ricorda
nella famosa affermazione di Act. 5,29: l'A.T. il compito del precursore del
rmì>a.pxEi:v oEi: ilE4J µaÀ.À.ov lì àvi}pw- Messia è così indicato: Èmcr'tpÉ\jlaL ...
1totc;, «si deve ubbidire a Dio piuttosto cX7tELì>Ei:c; Év cppO'VlJ<TEL OLxa.lw'V, «ricon-
che agli uomini » 1 • Il medesimo signifi- durre i ribelli alla prudenza dei giusti».
cato in Act. 5,32. Nell'elenco dei vizi di Tit. 3,3, dove è
J In Iust., dial. 120,5 gli tX1tELftEi:c, xat à11n6.- 9,7.23 s.; 2 Ecr8p. 19,29. Anche il mondo gre-
lktot sono i pagani che non credono. co parla di àrmi>E~'ll verso la divinità: Eur.,
4 Seguendo l'esempio dell'A.T., in lust., dial. Or. 31; Plat., leg. 5,741 d; DITT., Syll.1 736,
130,3 i Giudei sono detti yivoc; lfXflTla''t'O'll xat 40; altre indicazioni ~ 1mDapxlw n. r.
ttm~D~c, xat i:bncr'toV (cfr. 140,2). Barn. 12,4: 2 Così anche Barn. I2A ; Iust., apol. 35.3> 38,
àm~b-ij è una variante per à1mDovv-ca nella 1; 49,3; dial. 2414; 97,2; n4,2.
citazione di ls. 65,2.
3 Quest'uso linguistico ha evidentemente in-
s Cfr. Plat., ap. 29 a: ocrmDwv 't'TI µav-cElq.;
fluito anche sul modo di dire di I Petr. 3,20.
Phaed.61 ab: µl) ibmtijcrat, ovvero mDfoDa~
La disubbidienza della generazione del dilu-
-t<t"> lwitvlii>.
vio è evidentemente intesa come disubbidien-
rÌ'lmDlw za alla predicazione di Noè: la tradizione giu-
I Cfr. L. KOHLER, Theolog,ie des A .T. 3 (1953) daica ricordava questa predicazione, e ad essa
159 s. e ad es. ls. 3,8; 59,13; 63,10; 65,2; si riferisce anche 2 Petr. 2,5 (cfr. WINDJSCH,
Zach. 7,rr; Ex. 23,21; Lev. 26,15; Det1t. 1,26; Kath. Br., a 2 Pelr. 2,5).
IJ8I (Vl,II) 7tELVaw (L. Goppelt} (vr,12) 1382
SOMMARIO: z. mtvaw;
A. Il mondo greco-elle11is1ico: II. il significato della fame secondo l'A.T.;
1. l'uso linguistico di 1tEWaw (À.tµoc;); III. il giudaismo davanti al problema della
z. il problema della fame. fame dei poveri.
B. A.T. e giudaismo: · C. Il N.T.:
I. l'uso linguistico: r. i vangeli sinottici:
I. À.tµ6c;; a) 'beati gli affamati';
b) la fame di Gesù e dci suoi discepoli ; cibo nella locuzione À.tµQ ( à.7to )i)avEi:v,
c) Mt. 21,18 s. e 25,31-46; «morir di fame», che ricorre già in
2. l'epistolado paolino;
Horn., Od. 12,342, mentre riserva 7]
3. gli scritti giovannei.
TCEL'Va per la fame in senso normale!
l'appetito, il desiderio di ciko, che st
A. IL MONDO GRECO-ELLENISTICO manifesta a intervalli regolan. Confor-
me a quest'uso, in senso traslato À.1µ6c;
non esprime tanto il desiderio quanto
T. L'uso linl!,Uistico di TCEWcXru .(À.1µ6c;) I
la privazione o addirittura la mancanz:1
di qualcosa. Troviamo quest'accezione
a) 1tEL\law, essere affamato, avere fa-
già in Eur., El. 37r s.: doov ... À.1µ6v
me è usato in senso proprio fin da
' -c'Èv ci.vopòc; 1tÀOuCTlou <ppov{]µa.-n, yvw-
Omero (Il. 3,25 e passim: "\'
11.EWV 7tEL-
µT)v 'tE µEyaÀ.T)\I É.'V 'itÉVT'j"CL crwµa:n,
vù:wv ); in senso traslato significa desi~
«ho visto tante volte. .. la penuria nel-
de rare qualcosa violentemente (quasi 1'animo di un ricco, e una splendida
fosse necessario alla vita), con genitivo
mente in un corpo povero».
della cosa desiderata 2 , ad es. xp11µa-
Filone interpreta allegoricamente À.1-
"twv: Xenoph., sym. 4,36; Cyrop. 8,3,
µ6ç come bisogno (EVOELa), e in senso
39 (cfr. Vergil., Aen. 3,57: auri sacra
traslato lo usa quasi unicamente con
/ames) ; auµµci.xwv : Xenoph., Cyrop. 7,
questo significato; rer. div. her. 289:
5,50; ÈTCa.ivou: Xenoph., oec. 13,?;
na;i)wv EVOEW. xa.t À.1µ6ç, «l'assenza e
Plut., aud. 13 (II 44 c); suav. viv. Ep1c.
la mancanza di passioni»; ebr. r 48: VTJ-
I 8 (II I 100 b); "tf\<; Wpac; >tctM1tEp
a-cda.v ... xat ÀLµÒ\I (<ppovi}c1Ewc;); det.
om~pac;, «chi desidera la sua giovane
poi. ins. II6: 1tOÀ.À.à.... À.Lµòc; à.pE't'fic;:··
bellezza come un frutto maturo» (Plat.,
01Éq>i)npE, «la fame di virtù fa molte v~t
leg. 8,837 c); 'tOU Oct>tpucral 'tE xo:t. .. time». Invece 1) 7tEi:va (usato solo tn
à.TC01tÀTJcri>fjwi1, «(l'elemento che bra-
!>enso proprio) è il desiderio che domi-
ma) di piangere (sulla propria infelici-
na l'uomo (agric. 36, insieme con ~m
tà) finché è saziato» (Plat., resp. IO,
wµla.., mentre in agric. 38 À.LµOç è ,}a
606 a), cfr. (7) 'lt~lv11) µa.i>11µchwv, -.oii
penuria) o lo tormenta (congr . .165; v1t.
µavi>cX.vELV, «la fame di sapere» (Phileb.
Mos. 1,191). A questa concez10ne cor-
52 a); 1t'tW)(OL x.aì 7tE1\IW\l'tE<; &.yatt0v
rispondono le locuzioni ùn:ò -coli 1tEt-
lolwv, «pezzenti privi di beni propri» vwv-coç 1)owi'jc; (migr. Abr. 143); -.oùc;
(resp. 7,521 a).
oL\jJWv"tac; xat 'ltELVWnac; xaÀox~ya
itletc;, «coloro che hanno sete e fame
b) Invece di rare forme aggettiva- del bello e del buono» (/ug. 139).
li (nel N .T. solo 'ltp6cnmvoc;, Act. 10,
10), solitamente è usato il participio.
2. Il problema de/la fame
Rispetto al sostantivo ii m:i:va, b/i] 3
ÀLµéc; esprime una mancanza di cibo Nelle religioni antiche, soprattutto
ancor più acuta e grave: fame, carestia. nel momento iniziale, un motivo impor-
Platone 4 usa ÀLµéc; quasi esclusivamen- tante del culto divino è costituito sen-
te per indicare 1a mortale privazione di z'altro dall'esigenza di garantire una
5 CHANT. DE LA SAUSSAYE' I 69 S. 452.547 S. miei anni non s'è patita la fame e non si è
560 .55)-558.634.642; II 300-304.321.440. sofferta la sete» (BOLKESTEIN, op. cit. [ -7 n.
6 E. SELLIN, Gesch. des isr.-jiidischen Volkes 1 8] 10). Ma la realtà fu anche molto diversa:
1 (l935) 123 s .; M . Nol'H, Gesch. Israels dr. BOLKllSTEIN, op. cii. 447-450: i lavoratori
(1950) 122-124. Cfr. Ier. 44,15-18 e P. VoLz, che scioperano al tempo di Ramses III voglio·
Der Prophet ]eremia' (1928) xxvm s. no che il faraone sappia le loro difficoltà: «Fi-
7 CHANT. DE LA SAUSSAYF.' I 599; Il 359 S. no ad oggi abbiamo sofferto fame e sete; non
Nel mondo greco queste idee vengono espres- abbiamo vestiti. .. ditelo al faraone».
se soprattutto nel mito di Demetra; cfr. Horn., rn Nelle iscrizioni essi sono chiamati -coii -cÒ\I
hJmn. Ccr. 310 s. e la saga di Erisitone in Plov -cwv àvltpwnwv hcavopllwaa:11"\oç (DITT.,
Cali., hymn. 6,24-u5; Ovid., melam. 8,73 8- xowòv -cov àv!>pwnlvou
Or. 90,2) oppure ·-cÒ\I
878 [KLEINKNECHT]. Plou <rw-cjjpa (DITT. , Syl/.' 76018 s. ); dr.
~ H. BOLKESTEIN, Wohltatigkeil rmd Arme11- Apoc. 13,17.
pflege im vorchr. AllerltmJ ( 1939) 29·33.248- Il BoLKllSTEIN, op. cit. (..e; n. 8) 4r8-484.
12 Plat ., resp.4,437 d; Lys. 221 a; Gorg. 494 b.
286.349-379.391-400; cfr. anche R.v. POHL-
MANN, Gesch. der sozialcn Frage cmd des So- 496 c. 497 c.; Phileb. 54 e.
zialismus in der a11tìke11 \'(/elt' ( 1925). 13 Sen ., ad Lucili11m 95,51; dr. BoLKESTEIN,
9 Così, ad es., Amenemhet 1: «Ho dato ai po- op . .:il. (..e; n. 8) 470·474.
veri e ho mantenuto l'orfano... Durante i 1-: Cosl soprattutto i Cinici (Antistene, secon-
1tHv0:w A 2 - B (L. Goppelt)
cessità esteriori considerando sia l'in- in Filone sulla tradizione giudaica: an-
digenza sia la ricchezza come qualcosa che l'Alessandrino consiglia Éyxpa:tELct
di indifferente ( &oi<icpopov), che non e ÒÀ.vy6oELa, una temperanza controlla-
è di per sé né un bene né un male is; ta per la quale è nutrimento sufficiente
ad esse egli può sottrarsi, quando il pe- ciò che la natura stessa provvede ( virt.
so ne diver:iga insostenibile, mediante la 6), cioè il pane e l'acqua 21 • Tale sobrie-
EUÀ.oyoç èt;,aywy1J, «la ben medi.tata tà deve rendere l'uomo il pili possibi-
morte spontanea» 16 • Nel neopitagori- le indipendente dalla fame e dalla se·
smo e nel neoplatonismo si rafforzano te (vit. cont. 37; agric. 36-39), «gli or·
ancor pit1 la svalutazione e la repressio- ribili e duri dominatori» ( vit. Mos. r,
ne del corpo e delle sue esigenie 17 . Se- 191), e soprattutto far posto al molto,
condo Porfido ciascuno dovrebbe cer- più importante appagamento dell'ani-
care di essere così sobrio da preferire ma (spec. leg. 2,2or; dr. migr. Abr.
di astenersi da qualsiasi nutrimento 204). Allo stesso tempo, per la mag-
(abst . l,27; dr. 37 s.; 4,20). Il vero fi- giore influenza della concezione giudai-
n.e di questa filosofia recente non è tan- ca della vita, Filone chiama la fame «il
to la libertà della persona, quanto l'u- più insopportabile dei mali» (spec. leg.
nione con il divino, pensato sempre 2,201; cfr. Ios.156; poster. C. 142; vit.
più, secondo i moduli gnostico-dualisti- Mos. r,191 ), rifiuta l'f.yxpa:tEtct cinica
ci, come l'opposto della realtà corpo- che giungeva fino alla fame vera e pro·
rea. Effettivamente nell!i gnosi cristiana pria (det. pot. ins. 19; dr. però 34) e
appare l'idea che Gesù stesso non aves- loda il fatto che l'uomo caduto debba
se stima del cibo naturale 18 e non abbia difendersi dalla fame lavorando dura·
fatto alcuna promessa a coloro che era- mente (op . mund. r67 ). Quale esempio
no fisicamente affamati 19• A motivo del di vita sobria e contemplativa il filoso-
diffondersi della visione gnostica della fo propone al mondo ellenistico i Tera-
realtà, nei culti misterici le divinità del- peuti (vit. cont.) e, come Flavio Giusep ..
la vegetazione, la cui funzione in prece- pe (beli. 2,128-133.150-153), gli Esseni
denza era di placare la fame naturale, (omn. prob. lib. 75-91).
erano state già da tempo presentate in
funzione della fame della vita imperi- B. A.T. E GIUDAISMO
tura 20•
Fatte poche eccezioni insignificanti
Anche nel nostro caso gli elementi (Js. 44,12; cfr. I Cor. II,34 ~ col.
stoici, platonici e gnostici prevalgono 1394), l'A.T. non parla della fame quale
do Xenoph., sym. 4,34 ss.); l'idea è presente "' Valentino in Clem. Al., slrom. 3,7,59,3
anche nella Stoa, ad es. Sen., ad Lucilium 17, (GCS 15,223,12 ss.); cfr. W. BAUER, Das Lt•-
9; 18,6-11. bett ]es11 im Zeitalter der 111.lichc11 Apokry-
n Ad es., Sen., ad Lucilium 80,6; 123,1-6.16; phe11 (1909) 316 s.
cfr. M. POHLl'.NZ, Dic Stoa I (l948) ur-123. l1 Marcione espunse in Le. 6,21 i due viiv
(Tertull., Mare. 4,14); dr. Tertull., de anima
l~ Ad es., Sen., ad L11cilium 12,10; 17,9~ 51,9; 23 (CSEL 20,336).
70 ecc.; cfr. POHLENZ, op. cii. (~ n. 15) 156. 2'1 ~ vn, coli. 653 s.; cfr. R. BULTMANN, Daj
11 Cfr. H. StRATHMANN, Gesch. der /riih- Urcbr.· im Rahmen der antike11 Religionc11
christlichen Askese (1914) 292-343. A differen- (1949) 176 s.
za di questi sforzi ascetici, il digiuno non ser- 21 Cosl, in armonia con la diatriba stoico-cini-
ve a liberare l'uomo dalle necessità fisiologi- ca, in spec. leg. 1,173; vit. coni. 73; dr. nel.
che(~ vu, col. 974). Thom. 20.
;mvaw il 1 1 a-b (L. Goppelt) ( VI,15) 1390
21 In Palestina l'esito del raccolto dipende dal- alle catastrofi naturali. Alle due carestie che
le piogge invernali: deve piovere al tempo colpirono la Palestina in epoca neotestamen-
giusto e nella giusta misura. La scarsità di taria i dominatori stranieri fecero fronte, a
pioggia fa salire immediatamente il prezzo dci quanto ci racconta Flavio Giuseppe, acqui-
cereali (G. DALMAN, Arbeit tmd Sitte in Pa- stando derrate in Egitto; ani. 15,299 ss. (care-
liisli11a II ( 1932] 331-337 ). Date le condizioni stia· dcl 25-24 a.C.) e ani. 3,317 ss.; 20,49 ss.
climatiche della Palestina, è quanto mai ra- roo ss.; cfr. Aci. u,28 ss. (sotto Tiberio Ales-
ro che in un anno non piova affatto, impensa- sandro nel 46-49 d.C.).
bile addirittura che la siccità duri parecchi an~ 2 i Ps. 105,16 ss.; 1 Reg. 17 1-16, cfr. Le. 4,25;
1
ni consecutivi. Le carestie durate più anni di .z Reg. 4,38-44; 6,27; Ps.33 119; 107,4-9; Prou.
cui parla l'A.T. possono riferirsi al massimo a 10,3; lob 5,20.22; Neem . 9,15; Ps. Sai. 13,2;
periodi con scarse precipitazioni (DALMAN, op. 15,7.
cit. I r [1928] 195-199). Nella Palestina me- 21 Ier. 14,12 s.; (r5,2; 16,4;) 21,7.9; 24,10; 27,
ridionale non si poteva facilmente supplire, 8.r3; 29,17; 32,24.36; 34,17; 38,2; 42,17.22;
c0me si usava nell'antichità, con importazioni 44,13; solo «spada e fame»: I er. 5,12; u,22;
1391 (v1,15) 1tEWàw B 1 r b - 11 (L. GoppcltJ
guire, come alla morte, un nuovo m1- (Gen. 41,55; 2 Reg. 7,12) e inoltre, di-
zio. Non essendosi verificata questa verse volte, l'esaurimento, la spossatez-
svolta escatologica, Àtµ6c; continuò ad za dopo un'azione bellica (Iud. 8,4 s.; 2
essere usato con questo significato, in- Sam. 17,29; cfr. ls. _5,27) o un viaggio
i.ieme con la spada, la peste, ecc., per nel deserto (Deut. 25,18; Ps. ro7,4-9),
indicare una punizione storica che a- e in questo caso traduce spesso l'ebrai-
vrebbe dovuto portate al ravvedimento co 'ajef 26 ; ma nella maggior parte dei
(Deut. 32,23 s.; Lev. 26,23-26; test. casi significa la condizione, lo stato di
Iud.23; Ps. Sal.13,2 s.; Philo, vit. Mos. fame permanente per una crisi naziona-
1,IIo; praem. poen. 127; Ab. 5,8; Ab. le o sociale.
b. 5,to).
II. Il significato della fame secondo
In entrambe le suddette accezioni Àt- l'A.T.
µ6c; è menzionato, spesso nell'apocalit- L'interpretazione della fame come fe-
tica giudaica 25 e regolarmente in quella nomeno sociale o nazionale dipende
neotestamentaria, tra i segni della fine . dal giudizio di fondo che uno esprime
sull'esistenza storica 27 • Predicando il
In questo tipo di discorso l'accento ca- ravvedimento i profeti annunciano la fa-
de ora sull'aspetto del 'non-ancora' (Mt. me come punizione divina per coloro
24,7 par.: Àtµol = carestie come 'ini- che sono attaccati ai beni terreni. L'op-
pressione straniera (Is. 5,13; 8,21) por-
zio dei dolori', &.pxTi w&lvwv ), ora sul- terà nel paese una fame il cui significa-
l'attualità del giudizio incipiente: Apoc. to ultimo è espresso da Deut. 28,47
6,5 s. (immagine della carestia; cfr. Ez. s. : «Queste maledizioni verranno su di
te ... perché non avrai servito J ahvé, tuo
4,9-17); 6,8 (cfr. fa. 14,21 ---'> n. 24);
Dio, con gioia e letizia di cuore, nel-
18,8 (effetto soggettivo della carestia). l'abbondanza di ogni cosa. Servirai al-
c)Nell'A.T. Àtµ6c; significa soltanto lora i tuoi nemici, che Jahvé manderà
poche volte la privazione continua, do- contro di te, nella fame, nella sete, nel-
lorosa, avvilente del cibo necessario per la nudità e nella mancanza assoluta di
sopravvivere, la fame (ls. 5,13; 8,21; tutto» (cfr. Lam.5,10; Neem.5,3). Que-
Deut. 28,48; Lam. 5,10; Am. 8,r 1; dr. sta privazione continua di ciò che è più
Tob. 4,13; Ecclus 18,25). Generalmen- necessario alla vita esprime il rifiuto e
te i LXX descrivono questo stato di co- ]'abbandono da parte di Dio (ls. 8,21 ).
se con 'ltEtVéi.v. Cosl dalla fame di pane nasce un'altra
fame incomparabilmente peggiore, il
2. L'uso linguistico di 'ltEw<iw Àtµòc; •ov &.xoucrn.L Àoyov xuplou che
Am. 8,u annuncia come giudizio tre-
Certamente 'ltEtVciv indica anch'esso mendo: questa 'fame di ascoltar la pa-
in primo luogo l'effetto delJa carestia rola del Signore' non indica un aumen-
28 Cfr. A. WEISER, D<1s Bucb der r 2 kleù1e11 H Altri esempi "dell'uso lìgurato ncll'A.T.:
Propheten (ATD) (1949/Jo) ad /. Già per lEp. 38,25; Ecc/us 24,21; lob 18,12.
questa ragione la ÀLµÒc, µ~yci'>..T} .•• E<p'llÀTJV
-tnv otxou[!ÉVT}V (Aci. 11,28) non può aver si- 3
~ --> lt-rwxoç: cfr. A. RAHLFS, 'iini und
gnificato nelle fonti di Luca, come suppone 'iiniiw in den Psalme11 ( 1892); SELLIN, op. cii.
WENDT, Ag., ad I., l'acuto desiderio della pa- (--> n. 27) 284-295; H. BIRKELAND, Ani rmd
rola di Dio da parte dd mondo. Anche Filo· Anaw in dc11 Psalmen (1933); A. KuscHKE,
ne usa }..tµ6ç in questo senso (-7 col. 1384, Arm tmd reich im A.T.: ZA\Y/ 57 (1939) 3r·
particolarmente in del. poi. ins. n6). 57; A. WEISER, Die Ps. (ATD) 1 (1950) 55 s.
1J~5 (v1,1(,J 1mv&.w B 11-111 (L. Goppelt) (v1,17) 1396
3! Is. ,58,6 s. 9 s.; cfr. fa. i8,7.16; ls. 32,6 s.; Il' associazione con l'animosità, incomparabil-
lob 22,7; 24,4-II. Queste esortazioni trapas- mente più grave, degli avversari umani (-> 111,
sano insensibilmente nella- letteratura didasca- coli, 1309 ss.).
lica e toccano la massima espressione in Prov. 3-1Quando traducono ra'èb con 8lxr.tLoç (lob
25,21 (=Rom.12,20): <<Se il tuo nemico ha fa-
5,5), iLXX attestano che lo slittamento teolo-
me, dagli da mangiare ...» (cfr. Tob.1,17; 4,16;
gico-semantico è ormai avvenuto [BERTRAM].
Ecclus 4,2; test. l.rs.3.5.7; tesi. Zab.5-8; Hen.
slav. 9; 42,8; 63,r ~ col. 1398). Ma questi 3'itest. Ios. 1; le parole che in test. I ud. 2 5
passi invitano a praticare la beneficenza, che riecheggiano letteralmente le beatitudini sono
viene raccomandata anche fuori della Bibbia un'interpolazione cristiana.
(dr. BoLKESTEIN, op. cit. [ ~ n. 8] 6-8), e Jo Cfr. 1 Q p Hab 12,2-rn: gli appartenenti al-
non a sradicare l'ingiustizia che crea gli affa- la setta, che vengono di solito chiamati «gli
mati. uomini di verità che adempiono la legge}> ( 7,
32 In genere nell'escatologia giudaica la fame u; 8,1; 12,4s.), sono detti «i poverh> (12,3.
non è ricordata, a differenza della sete (-> u, 6.10); il loro avversario, il «sacerdote empio»,
col.z336), tra le pene dell'inferno (VOLZ, Esch. ha tradito la legge per bramosia di ricchezza
322 s.). (8,8-12; 9,5 s.; 12,10; dr. Hen. aeth. 94,7 s.;
33 La fame, come uno dei motivi <lctcrminan· 97,8 ss.). Affermazioni simili leggiamo in Dnm.
ti dell'esistenza dello 'ii11i, compare insieme 6,15 s.; 19,9 -> 1tÀOV<1LOç.
con la malattia (->IV, coli. 684 s.). in mutevo- Jl Cfr. MooRF. 11 156.
1mvaw B lii - e I !I { L. Goppclt)
rabbini la povertà non è in alcun modo ni di vita, in cui l'aiuto reciproco ga-
un'umiliazione salutare che porta a rantiva a ciascun membro un minimo
un'assoluta speranza in Dio, ma una di sussistenza che lo salvasse dalla fa.
sventura castigatrice o, nel migliore dei me"°. Il giudaismo legalistico di tutte
casi, purificatrice 38 • le tendenze fece fronte alla povertà,
Questo estinguersi della promessa ri- che dopo la catastrofe nazionale era di-
vai ta ai poveri affamati ( ~ n. 4 3) è un ventata una piaga generale, con un'ope-
sintomo del crescente distacco tra il ra assistenziale pubblica e privata quan-
messaggio del giudaismo e quello del- to mai diffusa e generosa. Questa azio-
1'A .T. Questo fatto è tanto più sorpren- ne cercò ad ogni modo di assicurare al-
dente in quanto le condizioni sociali la popolazione un minimo di sussisten-
fornivano una premessa maggiore, e za 41 , ma non invocò la promessa per
non già minore, di una predicazione di trasformare la povertà in benedizione.
tipo prnfetico. Poco prima che Gesù
apparisse sulla scena la politica di Ero- c. r-nv<l.w NEL N . T .
de il Grande aveva portato all'impove-
rimento di larghi strati della popolazio- r. I vangeli sinottici
ne, al quale faceva riscontro, con stri-
dente contrasto, la sempre crescente a) Secondo la tradizione comune a
ricchezza di una ristretta classe domi- Mt. 5,6 e Le. 6,2 I Gesù ha proclamato
nante 39 • Allo stesso tempo erano ap- beati gli affamati. La storia precedente
parsi gruppi religiosi di tendenze ora
più ascetiche (~ col. 1388) ora più del concetto (~ coll. 1394-1397) e la
legalistiche che volevano attuare in testimonianza globale dei sinòttici ci
base ai loro principi la vera comu- permettono di capire chi _fossero i
nità di Dio. Queste associazioni, pur destinatari di questa beatitudine, sen-
non essendo nate con finalità assisten-
ziali o sociali, di fatto erano venute a za bisogno della successiva aggiunta
formare delle vere e proprie comunio- esplicativa 42 che troviamo in Matteo 43 •
Gli 'affamati' sono quegli uomini che della propria giustizia 4s e cogliendo il
sono dolorosamente privi di quanto, e- cuore della promessa, intende l'aver fa-
steriormente e interiormente, è neces- me come un «aver fame e sete di giu-
sario per una vita secondo la volontà stizia» . Questa fame non indica lo sfor-
di Dio; non potendo aiutarsi da sé, zo per arriva1·e ad un comp'.)rtnmento
essi si rivolgono a Dio in virtù della giusto, ma il desiderio ardente 46 che la
sua promessa. Questi affamati, ed essi volontà divina sia fatta; esso nasce da
soltanto, trovano in Gesi1 l'aiuto di nn doloroso senso di privazione ( Mt. 6,
Dio. Non costituiscono un gruppo reli- 10.33 ~ u, coli. 1254 s.). La fame di
gioso o sociale già esistente 44 : la beatitu- giustizia, secondo la promessa divina,
dine, come in fondo era già promessa viene saziata in Gesù perché in lui vie-
nei salmi, è una parola salvifica che, nel ne il regno di Dio.
momento in cui viene pronunciata, crea Il Vangelo di Luca cc:1trnp:Jone alla
gli uomini a cui è rivolta. Gli affamati fame significazione di salvezza un'altra
che Gesù chiama b:!a ti non sono dei che è segno di dannazione: «Beati voi
mendicanti, ma i credenti che davanti che adesso avete fame, perché sarete sa-
alla propria debolezza cercano in Gesù ziati» ( 6,21 ); «guai a voi che adesso sie-
l'aiuto di Dio. te sazi, perché avrete fame» (6,.:.15). Le
Questo significato primario e più am- due forme di fame sono rappresentate
pio della beatitudine riceve in ciascuno nella parabola del ricco epulone. Il po-
dei due vangeli una nota e un'inflessio- vero, che in vita avrebb'! voluto saziar-
ne particolari. Il Vangelo di Matteo, te- si con i pezzetti di pan~ eh~ cad-::v:lll'.)
nendo evidentemente presente la pole- dalla tavola del ricco, nel s~no di A-
mica con il giudaismo che si gloriava bramo è liberato da ogni necessità
senta effettivamente un carattere precristiano, 30 (1932) 31-33; H. SAHLIN, Der Messias 1111</
ma non è nato in un gruppo giudaico precri- dar Gollesvolk (1945) 168-171.312-322.
stiano·, come suppone H. GuNKEL, Die Lieder 4 1 La beatitudine di Gesù non è diretta agli
in der Kindheilsgeschicbte Jesu bei L11kas in : 'ammé hà-'ilre! o ad una cerchia di 'a11iiw/111
Harnack-Festgabe (1921) 43-60; per Lc.1,46 s. esistente in seno a questi, come suppongono,
49-55. L'inno è nato piuttosto insieme con le ad es., DlBELIUs, ]k. 39-44; \Y/. SATTLER, Die
storie lucane dell'infanzia, essendo costruito Anawim im lei/alter ]es11 Christi-in: Festga-
tutto secondo il modulo delle analogie con le bc fiir A. ]Ulicher (1927) 1-15; STRACK-BtL-
nascite per una particolare grazia divina pre- LERBECK I 190; HAUCK, Lk., ad/. e W. GRUND-
senti nell'A.T., le quali pervadono tutte ' le MANN, op. cii. (~ n . 43) 8r. Cfr. invece R.
storie dell'infanzia di Gesù. Infatti si ispira MEYER, Der Am ha-Ares: Iudaica 3 (1947)
direttamente a I Sam. 2,1-10. Il Magnificat ri- 196.
prende la promessa dell'A.T. sotto l'effetto del 4> Alla beatitudine fa riscontro in Matteo il
nuovo intervento salvifico di Dio, in ultima giudizio sul fariseismo (Mt. 23) e in Luca
analisi sotto l'effetto dell'opera di Gesù. Cfr. quello su quanti sono sazi e soddisfatti.
G. ERDMANN, Dic Vorgeschichle des Lk.- 11m/ 4~ La menzione supplementare della sete sot-
Ml.- Ev. und Vergils 4. Ekloge = FRL N.F. tolinea l'ardore del desiderio.
1401 (v1,18) 7tEWaw e I a-b (L. Goppeltl
(cfr. Le. 13,28 s.), mentre il ricco è per la vera vita (Le. 15,21-24; Mt. 6,33
tormentato da un desiderio inestingui- par. Le. 12,31; Le. 22,35; Aet. 4,34).
bile, che non può avere nemmeno il Secondo l'introduzione alle parabole de-
sollievo di un piccolissimo refrigerio gli smarriti (Le. 15,1 s.), che in ogni ca-
(Le. 16,19-3 I). Certamente neppure Lu- so è ben appropriata, gli affamati ven-
ca pensa che la beatitudine di Gesù gono saziati e i ricchi rimandati a ma-
sia diretta a quegli affamati che aspira- ni vuote (Le. r,53} quando, nel rinno-
no appunto a quanto il ' ticco' ha (Le. varsi della parola di promessa, gli uo-
6,24; l2,15 -21)H; neanche Lazzaro mini cercano in Gesù l'aiuto di Dio. In
brama la sazietà dell'epulone, ma desi- questa prospettiva il maggiore rilievo
dererebbe avere soltanto i bocconi che dato alla necessità fisica di cibo nella
cadono dal suo tavolo (cfr. Le. 16,21 e beatitudine degli affamati sposta l'ac-
15,16; Mc. 7,28 par.) 48 • Ln sazietà sod- cento sull'adempimento ( ~ vu, coli.
disfatta del ricco (Le. 16,25; dr. 6.,24), 1483 s. ).
che non lascia spazio ad un senso di
vuoto, di manchevolezza che lo porte- b) L'essenza di questa fame che vie-
rebbe a cercare aiuto unicamente in ne caratterizzata e saziata dall'opera sal-
Dio, diventa una fame senza promessa, vifica di Gesù risalta in modo ancor
diventa perdizione (Le. 6,25). Luca, pit1 chiaro quando si considera la fame
acuendolo, riduce il significato più am- che Gesù e i suoi discepoli soffrono per
pio della fame all'aspetto del nutrimen- amore della loco missione. Secondo Mt.
to, che nel terzo Vangelo viene così ad 4,1 s. (par. Le. 4 ,r s.) la prima tentazio-
assumere un valore paradigmatico: dal- ne di Gesù prende le mosse dalla sua
la posizione che l'uomo assume verso famé ( ~ coll. 1447 s.) 49 • Gesù mostra
questo problema, ci dice l'evangelista, concretamente di credere quanto Israele,
si vede definitivamente se egli accette- secondo Deut. 8,3, avrebbe dovuto im-
rà i doni di Dio. Chi vuol vivere della parare nel deserto 50, e in Mt. 4'4 (par.
~razia di Dio riceve tutto il necessario Deut.8,3) non contrappone il nutrimen-
47 Questa sarebbe lo conseguenza dell'inter- dimcnto e una promessa che mostra l'inizio
pretazione 'ebionita' sostenuta, ad es., da JoH. della grazia, In fine dell'autosufficienza (cfr.
\X/mss, Die Ev. tles Mk. 11ml Lk.' (190!) 369 Le. 18,10-14). ·
S. 37 l S.
4Q La prima necessità che, secondo il Pater
11o:rter, contrasta l'affermazione dcl regno di
43 Questo passo di Luca mostra al vivo il con- Dìo sulla terra è In preoccupazione del pane
trasto tra le due esistenze; ma neanche esso quotidiano (Mt. 6,11 par.).
annuncia il capovolgimento delle condizioni sa De11t. 8,2 s. (LXX): µv11alhiv11 11fi.urxv "tTJV
terrene, come BuLTMANN, Trad. 221 e ]es11s b66v, i)v tjyayév rJ"E xvpLoc; b i>Eoc; aov Év -rii
( 1929) 90 s. pensa si debba assolut11mcnte in- Ep1)µ~. 011wc; liv ... éx11ELp<ian UE ... xat H.L-
tendere. li passo contiene un invito nl ravvc- µayxov1JCl'Év aE.
'ltm16:w e I b (L. Goppelt)
to del corpo a quello dell'anima e del- suo hanno lasciato ogni cosa (Mt. 19,
lo spirito 51 , bensl il cibo puramente ter- 27) e pertanto soffrono la fame anche
reno a quello che viene da Dio. Egli nel giorno di sabato 54 , da colui nel
sopporta la fame a cui è costretto senza quale la bontà e l'aiuto divino sono
cercare di procurarsi da sé il necessa- pt·esenti in misura incomparabilmente
rio per la vita. Ma come può allora giu- maggiore a quella del santuario di Nob .
stificare l'azione dei discepoli che, vio- Cosl tanto Matteo (cfr. 12,6 s.) quan-
lando il comandamento sabbatico, col- to, e ancor più chiaramente, Marco (2,
gono, per sfamarsi, delle spighe di gra- 27 s.) ci dicono che tutto è al servizio
no (Mt . 12,I-8 par.)? Nella discussione di chi è, a sua volta, al servizio di Dio
che nasce da questo fatto (Mt. I2,3 (1 Cor. 3,22 s.), quindi più che mai al
par.) Gesù fa appello alla Scrittura e servizio del Messia e dei suoi discepoli.
ricorda l'episodio di David (1 Sam. 21, Con loro si compie ciò che era prefigu-
2-7) che, «avendo fame», prese i pani rato con David e i suoi 55 • La fame die-
di presentazione i quali, secondo la leg- tro la quale s'intravede la fedele e ser-
ge (Lev. 24,9), potevano esser mangia- vizievole speranza ne11a salvezza di Dio
ti solo dai sacerdoti. La fame è quin- verrà saziata dalla grazia apparsa in Ge-
di (Ml. 12,I.3) una ragione sufficiente sù, insieme con l'altra miseria che atten-
per provvedere da soli alle proprie ne- de la salvezza divina. Sarà saziata anche
cessità, violando per giunta la legge ce- materialmente, perché ciò serva _come
rimoniale 52 ? Gesù non giustifica il fat- segno. Colui che ha permesso ai suoi
to che delle persone affamate abbiano di raccogliere e schiacciare tra le mani
provveduto di propria iniziativa a sa- le spighe in giorno di sabato, alle folle
zJarsi, bensì la libertà d'azione ch'egli che l'hanno seguito nel deserto dà, sen-
ha lasciato ai suoi e quella che nasce za esserne richiesto, non solo la paro-
dalla sequela 53 • Ciò che David ricevet- la ma anche il pane per quel giorno, af-
te neJla casa di Dio può più che mai finché ciò serva quale segno che chi vie-
essere concesso, a coloro che per amore ne a lui non mancherà di quanto è ne-
51 In questo senso Filone accosta il dono del- nità cristiana pone in bocca a Gesù la giusti-
la legge al dono della manna: decal. 16 s.; cfr. ficazione della propria posizione riguardo al
f11g. 139. sabato». Ma come sarebbe giunta ad inventa-
re una simile situazione quella comunità cri-
S! Così BuLTMANN, Trad. 14: «Difesa della stiana palestinese che era cosl osservante della
violazione del sabato a causa della fame me- legge (Aci. n,20 s.)? L'episodio riferito in
diante una prova scritturistica»; similmente si Qoh. r. x,8 non può provare l'esistenz9 <li
esprimono KLOSTERMANN, i\fk. a 2,25 e W.G. una comune prassi sabbatica liberale.
KOMMEL, ]esus und der iiidische Traditions-
5• Secondo Pea 8,7 di sabato doveva esser
gedanke; ZNW 33 (r934) 12r.
pronto un pasto anche per i viandanti.
5.1 Viceversa BULTMANN, Trad. 14: «La comu- 5; J. ScHNIEWIND, Mk. (NTD), ad I.
1tEW6:.w el b-c (L. Goppclt) (v1,20) 1406
cessario per vivere 56• Gesù, portatore esterna o la circostanza dell'azione sim-
del regno di Dio, dà tutto quanto ser- bolica 60 , ma può essere un particolare
originario della parabola. Allora signifi-
ve alla vita, nel senso voluto da Dio;
cherebbe che Gesù ha fame, come colo-
perciò il pane terreno ha il posto che ro che egli proclama beati (Mt.5,6), del
gli compete (Mt. 6 ,33 par. Le. I2.Jr) e frutto della giustizia (qui: d'Israele) e
annuncia la maledizione di coloro che
la fame di ciò che serve per vivere ri-
gli fanno inutilmente desiderare (cfr.
ceve il suo significato appropriato. Mt.25,4I ss.) la misericordia (Mt.9,13;
12,7 ).
c) La maledizione del fico (Mt. 2r,r8 Secondo Mt. 2JAO coloro che han-
s. par. Mc. n,12-14 . 20 s. 57 ) può essere no dato da mangiare agli affamati ri-
intesa soltanto o come un'azione para- cevono la ricompensa di grazia perché
bolica o, più verosimilmente, come una nei fratelli hanno usato misericordia a
parabola che soltanto col formarsi della Gesù stesso. In conformità con la di-
tradizione si è configurata come un rac- mensione universale della scena (Mt.25,
conto 58, forse di tipo eziologico (con 32: 1t&.v-ta. -tà. Ebv'f)), Gesù chiama fra-
un possibile riferimento ad una ben no- telli tutti coloro che hanno bisogno di
ta pianta di fico, disseccata, vicino a misericordia e non soltanto, come nel
Gerusalemme). Chi è solito aspettare caso eccezionale di Mt. I0,40 ss., i di-
p11zientemente da Dio il pane quotidia- scepoli che dividono con lui la via cru-
no non maledice un albero per avervi cis 61 • In senso analogo nella beatitudi-
cercato invano qualcosa da mangiare 59 • ne dichiara che tutti i miseri sono. coe-
Il significato del racconto, al quale for- redi del regno di Dio 62 • Gesù, umiliato
se Marco accenna collegando questo e- fino alla fame, accettò docilmente di
pisodio con In purificazione del tempio, condividere il destino degli affamati
può essere solo il seguente: Gesù an- (Mt . 4,1-4) e si mostrò misericordioso
nuncia il giudizio imminente su Israe- verso di loro (Mt. 12,7). Perciò poté
le e Gerusalemme (cfr. Os. 9,16; Mt. dare al vecchio comandamento della mi-
3,ro par.; Mt. 2l,4t.43), che assomi- sericordia 61 tutta l'assoluta obbligato-
gliano a un albero sterile (cfr. Mich. 7, rietà del comandamento nuovo. Come
1; Le. r 3 ,6-9 ). La fame di Gesù non nella beatitudine, così anche qui il rap-
rappresenta necessariamente l'occasione porto di fratellanza che Gesù stabilisce
5~ È questo il messaggio della moltiplicazione gine la leggenda presenta Gesù che, nella sua
dei pani riportata ben 6 volte; cfr. SCHLAT- qualità di Signore della natura, dichiara che
WR, Mt. 466 s. quanto non serve all'uomo non merita di vi-
57 Mc. n,22-25 par. sono logia indipendenti : vere.
(f.l Cfr. ZAHN, Mt., ad l.
BULTMANN, Trad. 24. 61 ·Così ZAHN, Mt. 415-417; DAUSCH, S)'t1opt_
5~ Così ScHNIEWIND, op. cit. (~ n. 55) ad l.;
179; KLOSTERMANN, Mt.; J. SCHNIEWIND, Mt.
particolarmente per Mt.21,18 s. cfr. ZAHN, Mt. (NTD) ad I.; H.v_ SODEN ~ r, coll.388 ss. Per
625 s.; ScHLATTER, Komm. Mt. 618; DAusciI, la storia dell'interpretazione cfr. \Y/. IlRANDT,
Synopt. ' 281 s.; per Mc. II,12-14.20 s. già D. Die geringsten Briider ; ]beh der Theologi-
F. STRAUSS, Lebe11 ]esu II ( 1864) § 8 x; Kw- schen Schule Bethel 8 (r937) 1-28.
STERMANN, Mk., ad I. Diversa interpretazio· 62 O . M1cHEL ~ vn, coli. 246 ss. e soprattut-
ne propongono Ji.iLICHER, G/. J. n 444-447; to SCHLATTER, Mt. 133 s. avanzano questa in·
HAucK, Mk.; LoHMEYER, Mk., ad I. terpretazione di Mt. j,3 ss.
S9 Contro LoHMEYER, Mk. a n,12 s.; in ori- 61 ~ n. 31 e BuLTMANN, Trad. 130 s.
1407 (v1,20) 1tEL'V6:W e I c. 2 (L. Goppclt) (Vl,21) 1408
tra sé e gli 'affamati' diviene per costo- clità, siamo percossi senza dimora e
ro reale soltanto nell'unione con lui. stanchi». La fame che l'Apostolo soffre
nonostante l'aiuto generoso delle comu-
2. L'epistolario paolino
nità è per lui un seg110 della continua
Nella concitata pericope di I Cor. 4, attesa della salvezza fìnale e dell'appar-
6-13 si vede come la beatitudine degli tenenza presente a Cristo, salvezza di
affamati si attui prima che 1a fede di- Dio. La vita che vive nella fame e nel-
venga visione 64 • Con pungente iro~ia la sete (ÈV ÀLµQ xat Ol"'é:L) prova ch'e-
Paolo descrive l'atteggiamento di una gli è servitore di Cristo ( 2Cor.1r,27) 66 •
parte della comunità come irreale an- Anche in Rom. 8,J5 Paolo menziona la
ticipazione della perfezione, del compi- fame e la nudità (Àiµ6c:;, yvµvo'tTJ<;) tra
mento finale; esso è frutto dell'errata i dolori ch'egli sopporta per Cristo; es-
interpretazione gnostica della redenzio- si non separano dal suo amore, ma ven-
ne 65 , e l'Apostolo vi contrappone la via gono sopportati da chi ama, e noi pos-
della fede che giunge alla perfezione siamo gloriarcene perché sono pegno
passando per la croce, come si riscontra della speranza (Rom. 5,3 ss.). Anche la
nella sua vita. mancanza delle cose più necessarie,
1 Cor. 4,8 .11: «Certo, voi siete or- quando ci ailligge, è espressione e at-
mai sazi, siete ormai ricchi, siete diven- tuazione del nostro morìre con Cristo
tati re senza di noi... Fino a questo mo- ed è pertanto pegno della nostra parte-
mento noi soffriamo fame, sete e nu- cipazione alla sua risurrezione, che già
61C'è una tale somiglianza con le beatitudini, Cor. 11>34); non pretende che tutti i membri
che è possibile che Paolo le abbia in mente ddla comunità abbiano lo stesso cibo, ma ri-
mentre scrive queste parole. chiede che tutto, soprattutto l'agape, sia fatto
65 A differenza della sazietà del mondo e del con amore, che è superiore ad «Ogni cono-
forisdsmo, la soddisfazione che viene rifiuta- scenza» (I Cor. 13,2) e accetta quale «nuovo
la qui non si basa sulla forza naturale, bensì
comandamento» persino l'obbligo di nutrire il
sulla redenzione in senso gnostico. La conce- nemico che ha fame (Rom. 12,20 = . Prov. 25 ,
21 ).
zione gnostica della salvezza scavaka la fede,
ed esorta a godere al presente della perfezione 60 Nel passo simile di acl. Thom. 145 la fame
finale spiritualizzata e autorizza ad usare a e la sete non sono più una conseguenza del
piacere delle cose corporali e· terrene che non servizio reso .n Cristo, bensì f'ndempimenur
hanno più né valore né potere ( 1 Cor. 4 ,10; stesso di tale servizio: «Vedi, dunque: ho
9,3-5; 2.Cor. 11,t9 s .). Non è un caso che, nel- compiuto la tua opera ed ho- eseguito il tuo
la celebrazione delle agapi comunitarie di que- ordine e sono diventato povero, bisognoso,
sre persone 'sazie e soddisfatte', akuni abbia- straniero, schiavo, odiato, prigioniero, affama-
no fame, mentre abri sono ubriachi ( 1 Cor. to, assestato, nudo e stanco... possano le mie
11,2 r ). Anche Ignazio rimprovera gli Gnostici preghiere ed i miei digiuni non essere invll-
di non aver misericordia per gli affamati (Sm. no». Cfr. 156: «Tu, povero, che sei stato bi-
6,2). Anche questo tipo di sazietà non cono- sognoso e hai digiunato quaranta giorni, sazi
sce misericordia. Paolo consente che ciascuno con i ruoi beni le anime assetate»; dr. anche
mangi :i casa tutto quello che vuole e può ( 1 149.
1tELvaw e 2-3 (L. Goppelt) (v1,22) 14rn
che dalla manna miracolosa (Io. 6,3 l s. testi gnostici 76; essa non esclude, anzi
49). In questo desiderio acuto e insop- include, la soddisfazione, concreta, po-
primibile si esprime l'istinto di soprav- tremmo dire fisiologica, promessa in
\'ivenia, che è pronto a servirsi di qual- Apoc. 7,16.
siasi dono per combattere la morte (Io. Anche in questo caso la medesima
6,26.30 s. ). Per questa ragione tale bra- formulazione assume nel Vangelo di
ma vien presentata al Figlio dell'uomo Giovanni tratti più ellenistici e nell'A-
che ha veramente in sé la vita, perché pocalisse tratti tipicamente vcterotestn-
viene dall'alto e dà lu propria carne mentari. In Apoc. 7,16 s. a «coloro che
(c;6.pç) alla morte (lo. 6,27.51.53 s. 62 vengono dalla grande tribolazione e
s.; 5,2I.26 s.). Stringersi a lui significa hanno lavato le loro vesti e le hanno
placare il desiderio di pane, perché Cri- rese candide col sangue dell'agnello»
sto lo soddisfa anche per quanto riguar- ( v. 15) viene promessa, con le parole di
da il suo particolare scopo ultimo. Is. 49,10, la liberazione da tutte le af-
«Non avrà più fame» sono parole che flizioni sopportate con il mondo e dal
significano la fine e la soddisfazione del mondo, incluse la fame e la sete: «Es-
desiderio incluso nel bisogno di pane. si non soffriranno più né fame né sete ...
Pur avendosi, in questa particolare ac- perché l'agnello ... li pascolerà e li gui-
cezione giovannea, un avvicinamento derà alle fonti dell'acqua di vita». Ciò
all'uso gnostico-ellenistico del concetto, che la beatitudine degli affamati e l'of-
la promessa ·ui Gesì1 non viene subli- ferta del pane di vita affermnno solen-
mata in senso dualistico 7~; il suo cen- nemente e promettono viene ricevuro
tro spirituale viene messo in risalto pii'.1 nella sua interezza corporale soltnn to
energicamente che in Matteo (~ coll. nel nuovo mondo (Apoc. 21,4 ss.). In-
1 399 s.) e il suo significato più profon- vece qui, nella 'tribolazione', si vive
do viene reso nuovamente compren- nella dolorosa ambiguità di cui Paolo è
sibile 15 . L'offerta contenuta nelle paro- testimone(~ coll. 1407 ss.).
le di To. 6, 3 5 è ben cliversu d:t analoghi L. GOPPELT
T.E°Lpa. X'tÀ..
M. KAHLER, art. 'Versuchung': RE' 20,582- dc Baccalauréat. Strasbourg (1943) (solo datti-
586; O. PIPER, art. 'Versuchung': RGG 2 v loscritto); Iv., Hssai d'une •/octri11e chrétie11-
1575 s.; CREMER-KOOEL 913-918; TRENCH § 11e de la Te11tatiot1 (1954). Per la bibliografia
50; BLASS-DEBRUNNER § ror s.v.; i lessici s. relativa alla sesta domanda del Pater noster
v.; F. KosTER, Die bibl. Lehre von der Ver- ~ n . 44; per la bibl. riguardante la tentazio-
suchung (1859); A. SoMMER, Der Begriff der ne di Gesù ~ n. 53.
Versuchung im A.T. u11d }11de11tum, Diss. I Per l'etimologia ed il significato del termine
Breslau, stampa parziale (1935); J.H. KoRN, vedi E. FRAENKEL, Gesch. d er griech. Nomi-
TIEIPA:EMOI:. Die Vers11chung des Cliiubi- na agentis auf -'t1)P, -'twp, -'tTJc; 11 (1912) 101
ge11 in der griech. Bibel = BWANT 4 F 20 H s. e ~ KoRN 18 n. r.
(1937); P. VALLOTTON, Ét11de ling11istiq11e s11r 2 Per la costruzione col genitivo vedi ScHWY-
lr concept de Te11/atio11 dam la Bible, Thèsc 7.F.R II 105.
nE~pa. A 1-6 {H. Seesemann)
cità dell'oracolo ovvero del dio a cui ap- "twoc; ÀaµBavEt\I, all'attivo = fare un
partiene l'oracolo in questione. Anche tentativo con qualcosa; Xenoph., Cy-
per i derivati che seguono si ha solo un rop. 6,I,54: tÀ6.µ~a\IE -.ov &.ywylou
uso profano. 1tELpav, «fece la prova del traino», ov-
2. 1tEtpci<;,w
3
significa anch'esso fare
vero, al passivo = procurarsi esperien-
za di qualcosa, fare esperienza; Diod. S.
una prova, provare qualcuno, mettere r2,24,4: -c'l)v i}vya-cé.pa !i'ltÉX'tWJE\I,
alla prova. Il verbo è usato in Horn., tva µ'Ì] 't'll<; i.J~pEw<; >..~Bn 'ltE~prx.v, «Uc-
Od. 9,281: wç q>cX'tO 'ltEtpci~w\I, «Cosl cise la figlia per evitarle di provare la
disse, mettendomi alla prova», ma poi
violenza» 4 •
ritorna soltanto in Apoll. Rhod. I,495:
'Opqieùç... xli}rx.pw 1tELp(').~E\I àotoi'jç. 5. Di 7t'Etprmµ6c; abbiamo tre sole at-
Cfr. Epict. 1,9,29: 'Poi:icpoç 1tEtpciè;,w\I testazioni nel greco profano; Diosc.,
µ'Ei.wi}Et ÀÉyEw ... , «Rufo, per mettermi mat. med., praef. 5: 't'oùc; È1tt 'tW\I r.a-
alla prova, era solito dire». Nell'ambito i}w\I 'ltEtprx.<Tµ.ouc;, «i tentativi ( = espe-
della grecità profana il termine è molto rimenti medici) sulle malattie»; Cira-
raro. nide 5 : xl\18uvot xcd 7tEtpacrµot E\I 'tE
3. Èx1tEtprl.sw manca nel greco profa- yft xai ~aÀ.ti.crCYn, «i rischi e i pericoli
no, dove incontriamo soltanto ÉX'ltEL- in terra e in mare» . Qui 1tEtpacrµ6c; è
pti.w al medio con l'aoristo passivo ~~E- sinonimo di xlvovvot (~ n. 35). Cfr.
1tEtpti.ihJ\I, provare, sperimentare; Eur., inoltre Sintipa 6 : Ù1tÒ TCELprx.crµwv 't'Oi'.i
Suppl. 1089 : x&.~E1tELpti.i)1J\I 'tÉX\IW\I; A- x6aµov CT't"E\loxwpovµEvot, «incalzati dai
ristoph., eq. 1234: xrx.l <Tou -.ocroi:J'to pericoli del cosmo».
7tpW't'O\I ÉX7tELpa.aoµrx.i, «ma prima vo-
glio sapere da te questo». 6. àTtEiprx.cr't'oc; manca del tutto nella
grecità profana, dove invece abbiamo
4. 1tEtprx., attestato sin da Pindaro, si- talora à:itElprx.-.oc;, ciò che non è prova-
gnifica la prova (proposta), il tentativo to, ciò che è sconosciuto, vale a dire ciò
(fatto), l'esperienza; Soph., El. 470 s.: con cui non si è fatto ancora alcun ten-
mxpCÌ\I ooxw µE 1tEi:pc:x.\I 'tl}VOE 'toÀ.µ.1}- tativo, alcuna prova; Demosth., or. 18,
0'Et\I E'tt, «mi sembrerà amara l'esperien- 249: oòo~v Ù7tEtpa.'tO\I -7jv, «non ci fu
za che sto per fare». Per il N.T. è impor- niente d'intentato»; Luc., Toxaris 3: b
tante solo la locuzione frequente 'ltEi:p6.\I II6v't'o<; &.7tElpa.-.oc; ~'tt 'tote; "EÀ.À.'l)OW
3 Per il rapporto tra 1mptiw e 1tELpoc!;w vedi tivo compiuto con intenti ostili, mentre in
Ptt. BUTTMANN, Ausfiihrliche griech. Sprach- Sox~µat;w manca il momento dell'ostilità. Ma
lehre II (1827) 208 s.v. e--+ KoRN 18 n . 1: «La i due verbi possono essere usati anche promi·
forma intensiva 1tE~pa!;w rafforza... in senso scuamente. ~ KoRN 11, nota.
soggettivo-volontaristico il significato partico- • Altri esempi in PAssow e PREUSCHEN-
lare già presente nella radice ... Uno che è 1tEL· BAUER, s.v.
p&.t;wv vuole 1tELpéiv, cioè... cerca con tutte le
5 Ed. F. DE MÉLY e e .E. Ru.El.LE, Les Lapi-
forze di fare qualche cosa». Ma il rapporto
tra nE~paw e 1tELpal;w non può essere definito daires des l'antiquité et du moye11 Oge 11: Le
in termini di differenza semantica, bensl pre· Lapidaires grecs (1898) 40,24.
cipuamente in base ai dialetti: 1tE~p&.w è at- ~ Ed. V. }ERNSTEnr e P. NIKITIN, Mémoires
tico, 7tELp&.l;w ionico e della koiné [DEBRUN· de l'Académie Impériale des Sciences de St.
NF.R] . Per il rapporto tra 7tnp&.t;nv e 6ox~µ&. Petersbourg, sm• Série, Classe <le Sdences hi-
l;ELV cfr. TRENCH e CREMER-KOGEL. Nella mag- storico-philologique, Tome Xl Nr. I (1912) p.
gior parte dei casi nE~p&.!;etv indica un tenta- 124,18.
7tE~pa A 6 - Il 1 a (H. Secscmann) ( VI,25) 1418
wv, «il Ponto era ancora sconosciuto ai Gen. 3,r-19, cede alla tentazione di vo-
Greci» 7• ler essere come Dio e così si rib::lla al
comandamento divino, lo viola e divie-
B. A.T. E TARDO GIUDAISMO
ne pertanto colpevole. Fin dalla rnduta
Come la grecità profana, così anche i primordiale l'obbedienza ch'egli deve a
LXX conoscono un uso puramente pro-
fano dei vocaboli -rceip&.oµat e 1tEtp6.- Dio è minacciata continuamente dalla
sw 8; ad es. I Ba.a. 17,39: David dice tentazione, o perché Dio lo mette 111la
a Saul: oò µ-?J ouvwµaL 'ltOpEvl}i}w.u Èv prova o perché l'avversario (Satana) è
-.ou-rotc;,on OU 'ltE'ltElpaµa.t, «non pos-
all'opera 9 . D'altrn patte nEtpaswv è u-
so presentarmi in queste armi, poiché
non sono pratico». Similmente, ad es., 3 sato anche quando sono gli uomini a
Ba<r. 10,1 ( = 2 Par. 9,1); Eccl. 7,23 e tentare Dio.
spesso nei libri dei Maccabei ( cfr. I
Mach. 12,10; 2 Mach. 10,12; 3 Mach. I,
25, ecc.).
1. La tentazio11i: dell'uomo
a)In Gen. 22,1 - 19 abbiamo l'esem-
Accanto a quest'uso profano ne ab- pio più noto di una tentazione dell'uo-
biamo uno squisitamente religioso. Il mo da parte di Dio. L'episodio comin-
verbo ebraico nsh (al pi' el), che i LXX cia così : xat ÉyÉvE-co µE-cà. -cò: piJµa-ra
w.iha. ò l}Eòc; É1tELWSEV -ròv Aj)pa:a:µ,
traducono con 'ltEtpasw, ha spesso una «ora, dopo queste cose, Dio tentò Abra-
chiara connotazione religiosa, che passa mo»(~ I, coll. 23-30) '°.Dio stesso m-
anche nella traduzione greca. In ml mo- terviene nella vita di Abramo e lo ten-
ta, mette cioè alla prova la sua fede e
do 'ltEtpCX.sw (e anche 'ltnpa.,,.µ6c; x-rÀ..) la sua ubbidienza. Abramo supera la
amplia notevolmente il suo significato tentazione eseguendo senza obiezioni
e quindi è anche molto più frequente l'ordine di Dio e recandosi con Isacco
all'altare dei sacrifici. Allora Dio gJi di-
che nel greco profano; quelfa di tenta- ce: vuv ... Eyvwv eh~ qioBil 't'Òv i7Eòv uou,
zione è infatti una delle idee bibliche «ora ... so che temi il tuo Dio» (v. 12).
fondamentali. Il Dio dell'A .T . è in pri- Nelle sezioni più antiche dell'A.T.
leggiamo più volte che Dio tenta l'in-
mo luogo un Dio esigente, che richiede
tero popolo d'Israele. Anche in questi
all'uomo timore riverenziale, fede e fi - casi il contenuto della tentazione è u-
ducia. Ma l'uomo, come mostra . già guale a quello della tentazione d' Abra-
7 Per altri possibili significati vedi i lessici tcntazìone non è altro che una formula rcli ·
s.v. giosa per indicare il conni tto di alettico <li be-
ne e male ... Di conseguenza, dove la crea-
S La forma attiva 7tEtpiiv manca nei LXX e
zione dcl mondo è concepita come atto etico,
nel N.T. Cfr. HELBING, Karnssyntax 143. Nei
è necessario e inevitabile che le sia associata,
LXX come nel N.T. la forma 7tELpa!;Ew è usa- in una forma otl in un'altra, l'idea della ten-
ta più spesso di 1mpiio-òaL. In Prov. 16,29
tazione». Cfr. anche ~ KoRN, passim.
abbiamo a7tO'ltELpéi<1i)aL = i11dt1rre, sedurre.
13 ~ KoRN 48·60; ivi altra bibl. Cfr. D.
9 Cfr. E. LoHMEYER, Kyrfos jesus : SAII LORCll, lsaak.r Op/crung in chr. Dc11/rmg
i9 27/28 Abh. -I (1928) 25 s.: «Cosl l'idea di (19.50).
nEipa. B 1 a-b (H. Set:scmann)
mo: Dio mette alla prova l'ubbidienza subordinato al piano salvifico che egli
del suo popolo. In Ex. 20,20 la promul- ha concepito per il popolo d'Israele 11 •
gazione della legge è considerata una Il 7tELpcx.crµ6c, del suo popolo è uno dei
di queste prove: eVEXEV yà.p 'tOU 'ltE~ mezzi per attuare tale disegno salvifico.
pa<TCX.t vµ(iç 1tCX.pE.yev1)ih1 ò iJe:òc; 1tpòc;
vµt1.c;, 01tWc; /lv yÉ'\ll}'tat. Ò q:i6~oç CX.Ù't"OU b) Una posizione particolare ha la
È'V vµiv, L\ICl. µ1} ckµcx.p'ta\/l}'t"E, «per que- storia del peccato originale (Gen. 3,I-
sto Dio è venuto a voi: per mettervi al- 1 9). Benché nel racconto manchino i
la prova, di modo che il suo timore fos- verbi nsh o 7tELpa~w, è innegabile che
se in voi affinché non pecchiate» ( cfr. si narra come il serpente abbia tentato
15,25 s.). Anche Ex. r6A parla di una e sedotto Eva 12• La differenza essenzia-
tentazione, cioè di una prova cui il po- le tra questo racconto e i passi esami-
polo vien sottoposto per stabilire «se nati in precedenza è che la tentazione
cammina nella mia legge o no» ( d rco- non proviene da Dio, ma dal serpente,
peu<roV't(XL -.4) v6µ~ 1..1.ou fi o\J). Deut. che è, si, una creatura di Dio, ma rap-
8,2 precisa così il carattere di questa presenta il suo avversario e mira a se-
prova: o1twç liv ... otcx.yvwui)fj -.b. Èv 'tTI parare da lui gli uomini (~ IX, coll.
xcx.pol~ aou, et q>vÀ.a~n 'tàc; tv'toÀ.&c; 42-47) 13 • Si presenta cosl un'idea nuo-
a.1hov iì ou, «per conoscere quello che va, che appartiene solitamente alla tra-
avevi in cuore, se osservavi i suoi co- dizione più recente: l'uomo vien posto
mandamenti o no». Questi passi chiari- dall'avversario di Dio nella situazione
scono ulteriormente il significato della di doversi decidere per Dio o contro di
tentazione d'Abramo: come Dio vuol lui. Nella tradizione più antica, invece,
vedere se Abramo ha il giusto timor di mancano tanto quest'idea quanto la fi-
Dio, cioè la giusta fede, cos) intende gura di Satana, ed è Dio che prova l'uo-
fare con tutto il popolo. Secondo !ud. mo e lo pone davanti a tale decisione.
2,22 Dio decide di non cacciare dalla
terra di Canaan quelle popolazioni pa- La figura di Satana (~ <Ta.'tcx.V!ic,)
gane che Giosuè vi aveva lasciate «per appare nell'introduzione del Libro di
mettere alla prova Israele per mezzo di Giobbe. Nel testo masoretico di questo
esse e vedere se osservano la via del Si- libro mancano i termini tecnici della
gnore e camminano in essa... o no» tentazione, ma qua e là essi sono pene-
( 'tou 1mprurcx.~ iv aù-.oi:ç 'tÒv I<rpa:l)À. trati nei LXX 14 ; lob 7,I : 7tO'tEpov oòxL
d <pvÀ.auaov'tm 'tTJV òoòv xuplou rco- 7tELpCX.'tlJp~6v È<T'tLV ò Ploc, &.vitpw7tov
pevEcritcn Èv cx.ùi:n... fi oiJ ). La conce- E7tL 'ti)c; yi)c;;, «forse che la vita del-
zione teologica che soggiace a questi ! 'uomo sulla terra non è una tentazio-
passi, particolarmente chiara in Iud. 2, ne?»; ro,17: È7t1]yayEc; OÈ È7t'ÈµÈ 7tEL-
22, è che Dio stesso guida continuamen- pa'ttJpLa, «ma hai inviato contro di me
te la storia e che ogni avvenimento è tentazioni» (cfr. r6,9; r9,12; 2 5 ,3 ).
11 H .W. HERTZBERG, Di<: JJiicher Josu11, Ricb- Il - KoRN 4-18: 'Die Machtigkcit der IIEI-
lt'r, Rutb (A.T. Deutsch) (19.5 3) i6o s. JTA'EMO.I:-Typologie im biblischen Sprachge-
ii Questa interpretazione si trova chiaramen- brauch'. Cfr. anche 7 0-76. Vedi lii 17 (18),30,
te espressa in vii. Ad. spec. v. 10: Adamo di- t!ove i LXX traducono È\I cot pucrlhiuoµa.~
ce ad Eva: «Come puoi lasciarti sedurre un'al- CÌ.7tÒ 1tE~pa."t"T}plou un testo ebraico che non è
tra volta <lal nostro avversario?». dcl tutto chiaro (ki-b'kii 'ìim~ g'diìd). Per l'in·
U Cfr_ anche: O. PROCKSCH. Tbenlogic 1frs A. terpretazione ciel testo ebraico vccli i com-
T . ( 1950) 49.3 s. mentari.
7tEtpa. B I b-ç (H. Sec~cmann)
Nei dialoghi viene affrontato tutto il flLf.Y, È-.olµao-ov -.l)v ljiux1Jv crov dç 7tEL-
problema della tentazione dell'uomo pmrµ6v, «figlio, se cominci a servire il
pio, e soprattutto il problema centrale Sign9re, prepara la tua anima alla pro-
del significato della sofferenza del giu· va»; in 33,r l'assicurazione: •Q <po~ou
sto 15• Il superamento della tentazione è µévty xvpLov oùx 1btav-r1)crEL xax6v,
espresso chiaramente nell'affermazione Ù.À.À.'tv TtEtpaaµ.<;> xa.t 'KciÀ.w È~EÀ.Et'tct.t,
di Giobbe: otoa o-.L Ttav-.a Svvaam, «chi teme il Signore non incontrerà ma-
&.ouva'tEi: oé CTOL oMév, «(Signore,) so le alcuno, ma nella tentazione Dio lo
che tutto puoi e nulla ti è impossibi- libererà». Bastano questi due esempi a
le» (42,2 ). Proprio questa totale sotto- mostrare il notevole cambiamento subi-
missione alla volontà di Dio, anche tra to dall'idea di tentazione. Anche se in
i morsi di una sofferenza inspiegabile, queste asserzioni generiche è difficile di-
costituisce l'essenza dell'ubbidienza ri- re con precisione che cosa s'intenda con
chiesta da Dio e anche il primo pas- 7tELpo:crµ6ç, pure non c'è dubbio che il
so nel superamento della tentazione. In concetto di tentazione si è notevolmen-
fondo, anche in queste parole di Giob- te avvicinato a]J'jdea squisitamente gre-
be è espressa la medesima idea che ab- ca di educazio!le (~IX, coll.105-r90) 17 .
biamo notato più sopra parlando della Dio si educa i propri eletti; cfr. Sap. 3,
tentazione di Abramo e di tutto il po- .5 s.: (olxatot)... bÀ.lya 7tct.tOEU~É\l'tEç
polo d'Israele da parte di Dio: chi è e- µEytiÀ.a EÙEPYE't1}thicro\l't'ct.L, iht ò i)c.òc;
sposto alla tentazione è tentato proprio ÉTtElpa.crEv aùi:oùç xat EUpc.v a.ù-roùç
nella sua prontezza a credere nell'onni- à.~louc; Èau-.ou· wc; XPUO"Ò\I Èv XWVEU't'l)·
potenza di Dio. Continuare nell'ubbi- pl~ E.ooxlµacrEv aù-rovc;, «(i giusti) do-
dienza e resistere alla tentazione signi- po essere stati castigati un poco· saran-
fica pertanto, in ogni caso, tener conto no largamente premiati, giacché Dio
di Dio. Il N.T. (Hebr. n,17-19) inter- li ha provati e trovati degni ·di sé. Li
preta in questa prospettiva l'ubbidien- ha provati come oro nel crogiuolo».
za d'Abramo quando, parlando del sa- (Cfr. Sap. r r ,9 e Ecclus 34,9 s. 13 ). Ma
crificio d'Isacco, dice appunto che il in quest'uso il concetto delJa tenta-
patriarca ubbidl «ritenendo che Dio è zione è privato di queIIa gravità che
capace di risuscitare i morti» ( v. 19 : Jo caratterizza nel resto dell'A.T., giac-
À.oyLcrliµc.voç ihL xat Èx vc.xpwv E.yEl- ché non abbiamo più in primo piano
PEW ovva•Òc; 6 i}E6c;). Dubitare di Dio l'idea che si possa cedere alla tentazio-
t: non tener conto di lui significa invece ne, fallire nella prova. In questa nuova
disubbidire e cedere alla tentazione. prospettiva va posta l'invocazione a
Dio: ooxlµa.cr6v µe, XVPLE, xat 7tElpa-
c) Negli scritti sapienziali dell' A.T. si O'O\I µe, 1tvpw11ov -roùç vEcppovc; µov,
parla molto della realtà della tentazio- «saggiami, Signo_re, e mettimi alla pro-
ne 16 • In Eccltts 2,r troviamo l'esortazio- va, esamina col fuoco le mie reni» (tf,
ne: -rÉxvov, Et 1tpo<TÉPX'l1 oouÀEVEt\I xu- 2 5 ,2) 19.
•~ ~ SOMMER 10-15 : qui viene trattato parti- col cod. S, È7tELpttuDTJ. ~ KoRN 27 s.
colarmente il rapporto tra la posizione tardo· 19 Per l'interpretazione del testo ebraico di
giudaica e la comprensione più anticn della Ps. 26 vedi i commentari ad {. e R. PREss,
1423 (v1,26) 1tELplt B x e-e (H. Seesemann)
Das Orda! im alten Israel u : ZAW N.F. rn Dio) mi trovò provato in dieci tentazioni». I
( 193 3) 246-248. rnbbini s'intrattengono anche sull'aspetto po-
20 Per il problema della tentazione d'IsAcco, sitivo delle tentazioni: dr. STRACK-BILLER·
non menzionntn nel Genesi, dr. ~ KoRN 50 s. DECK 1 135. Per il numero di dieci tentazioni
e STRACK-B!LI.F.RBECK lV 108. cfr. STRACK-BlLLERilECK III 411 . W. STAERK,
21 Cfr. il testo del trattato Pirqc Abot curn- Die sieben Sii11len der Welt und des Hauses
to da K. MARTI-G. BEER nell'edizione della der Weisheit : ZNW 35 ( 1936) 232 s., cita una
Mishnn di Gicss (1927) 119s. Cfr. inoltre la serie eristiana di IO coppie, da Adamo fino a
presentazione della figura di Abramo in Iub. Cristo, che erano destinate al mondo come
17 i: STRACK-Bll.LERDECK !Il 187.197. ~ KORN tenta/io (Ps.-Clem., hom. 3,61 [55]).
48-60. In /<'J/. Ios. 2.7 si kgge: «Egli (scii. 21 STRACK-BILLERBECK rv 470-480.
rre~pa B 1 e · 2 a (H. Seesemann)
tazione, perché vi si era esposto d:. so- afferma più volte che Dio è 'tentato'
lo. Ex. r. 3r (91c) tramanda una senten- dagli uomini. Ex. 17,r-7 racconta del
za che suona: «Non c'è alcun uomo che popolo che in Rafìdim mormora contro
Dio non abbia tentato». Mosè a causa della mancanza d'acqua.
f) Filone condivide pienamente la Mosè risponde: -tl ÀoL8opE~crì}É µot, xaì.
concezione sapienziale della tentazione 'tl 'JtEtpal;E'tE XUpLO\I;, «perché mi insul-
e pone in primo piano il concetto di tate e perché tentate il Signore?» (v. 2;
educazione. Egli è tanto preso dalla ~ II, coll. 573 s.). A ricordo di questo
a<TXTj<TLç Ò:pE-tfjc; 23 , l'educazione alla vir- episodio il luogo viene chiamato mas-
tù nella quale egli riconosce l'opera e s!i ::::: I1Etpaoµ6c; (cfr. Deut. 9,22).
l'intenzione di Dio, da non porsi nean- N um. r 4 riferisce le parole con cui Dio
che di sfuggita il problema della tenta· annuncia la punizione che infliggerà
zione 24 • Il termine 'JtEtpmrµ6c; manca al popolo che aveva mormorato contro
sia in Filone che in Flavio Giuseppe. di lui; il v. 22 dice: 8·n 'TtctV-tEc; oi
&v8pEc; ot òpwv-.Eç 'tlJV 06!;av µou xaì.
g) Nella letteratura essena, che ora .. ~ o"riµEL'a, & btolTjcra Èv Alyu'lt-t4J xaì.
conosciamo bene grazie ai reperti di Èv "TI Èp1}~ "aV'tlJ, xaì. È1tEipao-civ µE
Qumran, gli uomini vengono suddivisi -.oi:i'to 8Éxa.-tov xat oux Elrr-fixouo-civ
in 'figli della luce' e 'figli delle tenebre'. µou ,.ilç q>wv'i')c;, «poiché tutti gli uo-
La cosiddetta Regola della Comunità mini che hanno visto la mia gloria e i
presenta la situazione di lotta in cui si segni che ho compiuto in Egitto e in
trova il credente: gli spiriti del male questo deserto mi hanno tentato dieci
cercano costantemente di attirarlo dal- volte e non hanno dato ascolto al;a mia
la parte delle tenebre ed egli vive in voce» 26 • Cfr. inoltre ~ 77,q s ~ 40 s.;
una tentazione permanente. Dato che 94,8 s.; 105,14. Tentare Dio significa
queste idee sono estranee all'A.T . e al quindi non riconoscere la sua potenza e
tardo giudaismo, la loro radice va pro- non prendere sul serio la sua volontà
babilmente ricercata nel tardo parsismo. salvifica; tale tentazione si manifesta
Anche se nella Regola manca il termine nel mor morare contro di lui e le sue de-
'tentazione', la realtà espressa da que- cisioni, nel misconoscere la sua gloria,
sta parola vi è chiaramente rappresenta- nel non osservare i suoi segni e prodi-
ta 25 • gi. Tentare Dio significa di fatto sfidar-
lo ed è quindi espressione di increduli-
2. L'uomo tenta Dio tà, di dubbio e di disubbidienza 27 • Per-
a) Nell'A.T. e nel tardo giudaismo si ciò nella spiegazione del primo coman-
21 Cfr. W. VoLKER, Fortschritt u11d Vollen· 26 'Dieci volte' qui significa sicuramente 'mol-
dung bei Philo vo11 Alexa11drie11 = TU 49 ,1 te volte'.
(1938) 1,54-259. . 21 Sia~ KoRN 31-38 che~ SoMMER, passim,
24 In alcuni passi filoniani è accennata l'idea si sforzano in ogni modo di stabilire un nesso
della tentazione; ad es. in con/. ling. 130 si tra l'idea della tentazione dc:l'uomo da patte
parla dcl 7tEtpa:·d1c, ·tijç riStxlci:c, e il nome di Dio e della tentazione di Dio da parte del-
Gedeone è interpretato come 'ltEtpa-çi)ptov; in l'uomo. Korn lo fa servendosi del concetto
/ug. 149, con riferimento a Gen. 38,20·23, rrEi:- stesso di tentazione, Sommcr (come già ~
pct. e Soxqu.t.crla; vengono associate [BER· KAllLER) con il concetto di provocazione, di
TRAM] . sfida. Quest'ultima posizione sembra più chia-
2s Cfr. K.G. KuHN, 7tEtpacrµ6c,-àµa;p-.la-crrip!; ra. Non va però trascurato che le due serie
im N.T. u11d die damil zusamme11hii11gende11 di pensieri hanno più clementi diversi che
Vorste/J1111ge11: ZThK 49 (19)2) 2o<N2z. comuni.
qi7 (v1,27J 'ltE.Lprl B ;z a - e I (H. Seescmann)
10,13. È probabile che Paolo voglia, da duce alcuno a peccare. Iac. 1,14 è anco-
un lato, avvertire quei Corinzi che si ra più chiaro: causa della tentazione (e
sentono eccessivamente forti e sicuri di insieme del peccato) è la ÈmiJuµla di
sé di badare a non cadere, rendendoli ciascuno, l'istinto malvagio che si anni-
attenti ad un pericolo che essi non sem- da in ogni uomo (~IV, col. 6or). Non
brano prender troppo sul serio, e, dal- è però detto donde provenga questa
l'altro, rassicurare i deboli che non sa- Èmi>vµla.
ranno sottoposti ad una prova superio- Non del tutto consoni a tale afferma-
re alle loro forze 32 • zione sono alcuni versetti precedenti ( r,
2 s.), ove leggiamo: 1tfia"a:v xapfiv 1Jy1)-
b) Nel N.T. c'è soltanto un passo CTacrl>e ... , !ha\I 1tEtpa.CTµoi:c; 1tEpt1tÉCT1J'tf
che vieta espressamente di considerare 1totxlÀ.otc;..., «considerate motivo di
Dio causa prima e autore della tenta- piena allegrezza... se incorrete in mol-
zione: lac. 1,13, diretto contro certi teplici prove}>. Qui il vocabolo è u-
cristiani che correvano il rischio di sato in un'accezione affatto diversa.
prendere le tentazioni troppo alla leg- Un'espressione analoga si trova in 1
gera e tendevano persino a considerare Petr. 1,6, che è vicino a Iac. r,2s. an-
Dio responsabile dei loro peccati 3l, che per H contenuto: &.yaÀ.À.t.fia"ik .. Àu-
Giacomo si oppone ad una simile con- m1i>É'J'tEc; ~v 1totx0..oi.c; netprurµoi:c;, «e-
cezione con un'affermazione sulla natu- sultate ... pur essendo afflitti da svariate
ra di Dio che non ha uguali in tutta la prove». In entrambi i passi è chiaro che
Bibbia: Dio non può essere tentato a i 1tELpacrµol sono patimenti che si sof-
commettere il male 34 ed egli stesso non frono per la fede 35• Sia in Giacomo che
tenta alcuno, cioè, nel contesto, non in- nella I Petr_ le sofferenze sono moti-
J! KuHN, op. cit. (~ n. 25) 217 s.: «-- . duran- fluenza del pensiero greco.
te il continuo attacco di Satana Dio dà al cre- 35 Altrove nel N.T. il plur. 7tEtp1Xcrµol si ri-
dente anche la foria necessaria per resistere». scontra solo in Le. 22,28; Aci. 20,19; ed anche
Questa interpretazione di I Cor. 10,13 non in 2,9 come variante dei codd. ·s·
69 al sy'.
tiene però conto del contesto del versetto; Per Le. 22,28 --7 col!. 1449 s. In Aci. 20,19
inoltre è dubbio che l'espressione &.vDpwm- Paolo parla di 1mpa.oµol a cui egli fu esposto
voç 1tE~pcxcrµ6c; possa essere intesa cosl. nella sua attività missionaria. Qui il termine si
3J W1Nn1sc11, Kath. Br., ad I. avanza persino avvicina all'accezione di perìcolo, che è attesta-
l'ipotesi che i destinatari della Lettera di Gia- ta per il plurale(~ col. 1416). In quest'uso cli
como si richiamassero alla sesta domanda del 7tE~pa.oµ6c; il momento della tentazione non è
P11ter per sostenere la propria tesi. certo escluso, ma non può essere sempre in-
JI Qui &.nElpcxo--roç può essere soltanto un ag- cluso automaticamente. Cfr., nell'A.T., Deut.
gettivo verbale passivo; vedi Buss-DEBRUN- 7,19 e 29,2, dove si parla dei 7tE~pa.aµol che
NER § 182,3; WINDISCH, Kalh. Br.; DrnELIUS, hanno colpito il faraone (le piaghe)_ In Act
}k., ad I. Ivi altri esempi. Cfr. anche agr. 15,26 i codd. DE aggiungono : (i'A:v&pwno~c; 7ta-
21 : avi)p ao6XtllOc; &.7tECpa<T'tOC,. ~ KORN 32 pa.1Sdlwx6cr~ -ràc; lJiuxàc; cxù-rwv) ELc; 7tttV'tCX.
n. 2 scorge nelh1 sentenza di Giacomo un'in- 7tEtpacrµ6v; qui anche il sing. 1mpcx.aµ6c; si-
1433 (v1,29) nE~pa. e II I b-c (H. Seesemann) (v1,30) 143~
gnifica pericolo. In Sap. 3,5 s. (un passo for- >E. .. fou-coùç oox~µci~E>E (- coli. J 428 s.).
se noto a Giacomo e a Pietro) Dio è considera- .H Anche la Lettera agli Ebrei sottolinea la
to l'autore della sofferenza (----,) col. J422). La necessità della ùrcoµovn nelle tentazioni: tutti
prova a cui sono sottoposti i pii è un segno dcl i cristiani sono chiamati rcnpa!;6µEvoi (Hebr.
favore divino.~ SoMMER 13. 2.18). Hebr. I I elenca poi i pii dell'antico
ratto come esempi di questa ÙrroµoV'fi (e TCl-
~ ~ TC(J.lOEVW IX, coli. 105-190 passim, spcc.
o-.~r,), richiamando ( i2,2 s.) il modello di Ge·
B3 e e 3- ~ KORN 13 nota. sù che sopporta pazientemente, Hebr. 10,36
.17La facilità con cui i verbi /ìoxiµ.6.!;Ew e esorta i lettori : unoµovijç yÒ:p ~XE'tE xpdo.v,
rcnpci!;Ew possono essere scambiati si vede, lvo.... xoµlO"TJCTilE 'tTJ\I Ém1yyd.la.v ( ~ \111,
nel N.T., in 2 Cor. 13,5: fo.v-toùr, 1tELpci~E- col.63s.). Per Hcbr.11 ,17 e 37 ~ n . 57.
1435 (Vl,JO) ltELpr.t e Il I c-d (H. Seesemaon) (VI,JI) 1436
tazione si uova anche altrove nel N .T. pa.o-lH}'tE «>. Scopo del s.a.~oÀ.oc, (~ II,
Gesù fa presente (Mc. I 3,22 par.) che coll. 942-950) è di far cadere i cristiani;
negli ultimi tempi (prima del giorno tanto più è sottolineata, quindi, l'esor-
del giudizio divino) faranno la loro tazione alla fedeltà (Apoc. 2,10\ cfr.
comparsa 4'EU66xpt.O''tOt. e ~EVOO'ltpoq>ij Iac. 1,12) e alla certezza che il Signore
-rat «per sedurre, se possibile, anche gli sa proteggere i suoi: ot6E'll XVp•oc; EÒ<TE·
eletti» (7tpÒç -rò OC7t07tÀ.avd.v, d ouvcx.- BEi:ç Èx 1mpauµoù pveul}aL, «il Signore
-.6v, •oÙç ÈxÀ.Ex-rouç). Oltre a questi se- sa trarre i pii dalla tentazione» ( 2 P etr.
gni e miracoli tentatori in Mc. 13 par. 2,9).
viene profetizzata anche la tentazione
delle sofferenze escatologiche 39 • Ma il d) Fin dall'antichità 1a sesta doman-
termine 1tEtpaaµ6ç ricorre raramente in da del Padrenostro è stata oggetto di
simili nessi. Nella lettera alla chiesa di molte discussioni. Mentre tutti i mano-
Filadelfia vien promessa la salvezza Éx scritti leggono concordemet?te xcd. wfi
-rf}ç wpaç 'tOV 7tELpcx.crµo\i ·djç µEÀ.À.ou- dcrE\IÉyxnç 1)µéi.c; Elç 7tELpa.aµ6v , «e
CT"f}ç EPXEO'l}(Xl, bd -rfjç olxovµÉ'll"f}ç oÀ:l]ç, non c'indurre in tentazione» (Mt. 6,13 ;
TtE1.pclO'(.(.T, 'tOÙç Xa"t'OLXOV\l't'a<; Ènt "t'Tjc; Le. I IA), già Marciane leggeva xa.t µYj
y'ijc;, «dall'ora della tentazione che de- acpi}c; 1}µd.ç ELO'E'llEXl}ij\la.L Ei.c, 'KELpa.-
ve venire su tutto il mondo per mette- O'µov, «e non permettere che siamo in-
re alla provn quelli che abitano sulla dotti in tentazione» 41 • Per Marcione,
terra» (Apoc. 3 ,rn ). Qui 1tELpcx.crµ6c; non dunque, si chiede a Dio di proteggere il
indica tanto la tentazione individuale, credente daJla tentazione 42 . La sesta do-
quanto l'intera crisi escatologica, tutta manda non ha niente a che fare con Ps.
la tragedia· e afflizione della fine; ma 139,23, dove l'orante chiede che il suo
non è esclusa la tentazione cui sarà e- cuore sia messo alla prova, perché in tal
sposto il singolo, perché i credenti di caso dovrebbe dire proprio il contra-
Smirne vengono avvertiti (Apoc. 2,10) rio: «induci noi in tentazione» 43 • Non
che «il diavolo sta per cacciare alcuni di si tratta affatto di una prova; anzi, Ge-
voi in prigione», Llioù µEÀ.À.Et ~ocÀ.À.Ew o sù insegna ai suoi discepoli di invocare
01.a~oloc; È~ ùµwv Elc; <pvÀ.cx.xi]\I tva. 7tE•· Dio perché non ritiri da loro la proprin
31 Vedi E. STAUFFBlt, Theologie des N.T. • Iiano e di molti altri; cfr. Tertull., de oralio-
(1948) S 53: 'Die Volloffenbarung des An· ne 8: ne nos inducas in temptationem, id est,
cichristus'. 11e nos patiaris induci ab eo utique qui temp-
40 Ciò che segue (xa.t ~çE'tE ~),~lj/L'V T)µtp{;)v ia/; Lutero, nel Piccolo catechismo: «Perché
Séxa.) contiene un riferimento implicito a il diavolo, il mondo e la nostra carne non ci
Dan. 1,12.14. ingannino e seducano... ».
41 Vedi l'apparato critico del Nestle a Lc.IJ,4. 43 Vedi anche E. LOHMEYl!R, Das V ater-rmser'
u Questa è anche l'interpretazione di Tertul- (1947) 134-146.
1437 (vr.3r) TtEi:pet C 11 r d {H. Scescmann)
mano e li preservi dalla tentazione a cui rola di Gesù che mette in guardia da
le potenze avverse a Dio li espongono. coloro «che credono per un certo pe-
Tuttavia non è giusto, per spiegare la riodo, ma quando viene la tentazione si
domanda, pensare che Gesù aspettasse tirano indietro», 1tpÒç xaipòv 1tLO""'t'Evou-
l'imminente verificarsi della fine, così CTLV xat EV XC.Up<{) 1mpacrµoù acplcr-cav-
che la preghiera si debba intendere solo 'Ctl.L. Questa interpretazione della para-
come richiesta di esser preservati dalfa. bola è probabilmente secondaria 46 ; ma
44
o nella tribolazione escatologica • Ben- Luca, sostituendo ò~wyµ6ç e i}À.i:~ic;
ché sia certo che questa crisi final.e è ÒLà 'tOV ).,6yov con mipa.o-µoc; 47 , rivela
inclusa nell'orizzonte della preghiera, come intende il nostro termine: il 7tEL-
alle numerose esortazioni alla vigilanza stata sprecata». Qui ò 'ltE~pasw\I è Sa-
che troviamo in tutto il N.T. (~ m, tana, com'è spesso chiamato da Paolo
coll. 33 s.), con la differenza che l'esor- ( <Tct't'ctV~); la sua opera consiste ap-
tazione non è motivata con 1a vicinanza punto (I Cor. 7 ,5) nel TCELp&.se:L\I i cre-
della fine (come in Mc. 13,35-37 par.; r denti 49 • Si è cosl autorizzati a vedere
Thess.5,6; Apoc.3,2 s.; 16,15) 1 ma con l'opera di Satana anche in quegli altri
la debolezza e la vulnerabilità della car- passi dell'epistolario paolino in cui egli
ne (-7 utX:p~). Per il contenuto Mc. 14, non è espressamente menzionato come
38 è analogo a r Petr. 5 ,8: v1)tJia:tE, autore del '1tELpauµ6ç. Ma è necessario
YPrirop1JO"a.'tE' ò &.v'tlotxoc; ùµwv OLa- guardarsi da uno schematismo eccessi-
~o}.oc; wc; À.Éwv wpu6µEvoc; m:pma:tEt vo 50; ogni singolo passo va interpretato
SlJ'tW\I 't'Wa xa.'ta.mdv· !Ii 1b1'tl<T't1}'tE nel proprio contesto. Consideriamo il
O''tEpEot 'tTJ 'ltlO''t'EL, «siate sobri, veglia- difficile testo di Gal. 4,14 : xcx.L 'tÒ\I 1m-
te: il vostro avversario, il diavolo, va pMµÒv ùµWv E\I 'tTI CTctpxl µou oòx
in giro come un leone ruggente cercan- È~ovl)-Evi}CTa.'t'E. Forse Paolo si rallegra
do chi possa divorare; resistetegli stan- perché i Galati non hanno ceduto al
do fermi nella fede». Anche qui siamo tentatore che cercava di sfruttare per
molto vicini alla sesta domanda del Pa- le sue mire l'infermità dell'Apostolo 51 •
ter: la vigilanza consiste appunto nel Tale interpretazione è certamente pos-
pregare, dato che nella tentazione sia- sibile, ma non è assolutamente neces-
mo indifesi e inermi. saria, ·giacché il versetto può essere in-
terpretato del tutto naturalmente e cor-
e) La personificazione del tentatore rettamente in senso più generale: «Non
(ò 1mpa1;,w\I) è piuttosto rara nel N.T. avete ceduto alla tentazione di disprez-
Oltre che nella storia della tentazione zarmi a motivo della debolezza della
<li Gesù (Mt. 4,1-II; -7 coli. 1446 ss.) mia carne» 52 • Ancora più generico e
s'incontra solo in r Thess.3,5, ove Paolo sbiadito è il significato <li 7tELpaaµ6c; in
chiede notizie della fec..le dei Tessaloni- I Tim. 6,9, dove colui che corre dietro
cesi, µ1) 'TCwc; E'TtElpa.crEv ùµaç ò 1tELpcX:- alle ricchezze è ammonito a guardarsi
~w\I xa.t dc; xEvòv yÉ\l'f'}'ta.L b x67toc; dal 'ltELpacrµ6ç, dal laccio (1taylç,) e dal-
1Jµwv, «per timore che il tentatore vi le brame (hui}uµlat) a cui è esposto
avesse tentati e In nostr:l fatica fosse e può facilmente cedere. Non è certa-
mente innaturale pensare che Satana sia tentazione di Dio ritorna altre due vol-
l'autore della tentazione come della te (Act. 5,9; IJ,IO), sempre in bocca a
trappola e dei desideri smodati (-4 col. Pietro. La prima volta l'apostolo rim-
103 ); ma neanche qui lo si dice esplici- provera Saffira per aver tentato, insie-
tamente. me col marito, lo Spirito del Signore
mentendo a proposito del ricavato dal-
2. L'uomo tenta Dio la loro vendita; i due coniugi avevano
sfidato con il loro comportamento lo
Anche il N.T_, come l'Antico (-4 coll.
Spirito del Signme, che «investiga ogni
1425 ss.), sa che gli uomini tentano Dio.
cosa» (I Cor. 2 110 ), ad accorgersi del lo-
Due volte si fa riferimento all'A.T. (I
ro inganno. Il secondo passo si trova
Cor_ 10,9; Hebr. 3,8 s-). In I Cor. ro,9
nella discussione del cosiddetto cvnci-
Paolo ricorda (con un accenno a Il; 77,
lio di Gerusalemme. Prendendo la pa-
r 8) come gli Israeliti abbiano tentato
rola nell'assemblea, Pietro ammonisce
Dio nel deserto e Dio abbia risposto
a non imporre la legge ai cristiani ex-
mandando i serpenti (Num. 21,5 s.) e
gentili_ A suo giudizio una simile impo-
ammonisce poi i Corinzi a non incorre-
sizione costituirebbe una provocazione
re in una simile disubbidienza. Invece
di Dio il quale aveva mostrato, median-
di 'tentare' qui potremmo forse dire
te !a rivelazione fatta in casa di Corne-
provocare, sfidare Dio, e a questo signi-
lio e ben nota anche a Gerusalemme,
ficato si adatterebbe anche il v. 13. Il
che la libertà degli etnico-cristiani dalla
secondo passo è Hebr. 3,8 s. = o/ 94,8
legge non era contro la sua volontà.
s. (cfr. Ex. 17 1-7). Anche qui si tratta
1
51 Bibliografia: H. WILLRICH, Zur Vers11- rung (1921) 14-21; M. ALBERTZ, Die sy11opti-
ch11ng Jesu: ZNW 4 (1903) 349 s.; A. HAR- schcn Streitgespriiche (1921) 41-48.165; N .
NACK, Spriiche tmd Rede11 Jesti (1907) 32-37; FR EESE, Die Vers1(cb1mg Jesu nach Je11 Synpt.,
F. SPITTA, Zt1r Gesch. und Lit. des Urchr. m Diss. Halle (1922), dattiloscritto nella West-
2 (1907) 1-108; A. MEYER, Die evangelische11 deutsche Bibliothek Marburg; Io., Die V er-
Berichte iiber die Versuchung Jesu, in: Fest- rnchlichkeit ]Ùu: ThStKr 96/97 (1925) 313-
gabe H. Bliimner (1914) 434-468; D . V6LTER, 318; S. E!TREM - A. FRIDRJCHSEN, Die Ver-
Die Versucbtmg ]esu: Nieuw Theologisch Tijd- sucbung Chrisli (1924); CLEMEN 214-218; H.
schrift 6 (1917) 348-365; E. BtiKLEN, Zu der ]. VoGBLS, Die Versuch1mge11 ]esu: BZ 17
Versuchu11g ]esu: ZNW 18 (1917/18) 244- (1926} 238-255; S.HIRSCH, Ta11/e, Versuchtmg
248; P. KETTER, Die Versuchrmg ]es11 = Nt. tmd Verkliirung Jesu (1932); E. LoHMEYEK,
liche Abh. vr 3 (1918) con bibliografia com- Die Vers11ch1111g ]esu: ZSTh 14 ( 1937) 619·
pleta (pp. vn ss.); B. VroLET, Der Aufba11 650; E. FASCHER, Jesus rmd der S11tan (1949);
der V ersuchrmgsgeschichte, in: Harnack-Eh- R. ScHNACKENBURG, Der Sùm der Vermchrmg
i443 (v1,33i TIE~pa e Ili 1 (H. Sccscmann)
stenza che, durante la sua vita, Gesù fu Gesù fu esposto con la nostra 54 , ovvero,
tentato e, anche se ricorda questo fatto in altre parole, che anche per Gesù si
soprattutto quando vuole infondere for- dava la reale possibilità di una caduta
za e coraggio ai suoi lettori nelle ten- (-7 vm, coli. 531 s.). Ma la Lettera
tazioni e nelle lotte ch'essi devono af- agli Ebrei conosce anche la differenza
frontare, non c'è alcun dubbio che l'au- che corre tra Gesù e noi: anche nelle
tore considera la vita di Gesù come una tentazioni Gesù rimase xwptc; &.µa.p-
vita vissuta nella tentazione. Hebr. 2, 'tlcx.c;, e per questo si differenzia da tut-
2, I 8: t'J rJ> yà,p '1tfoO'Vi>E'V (J.U't'Òc; '7tEt- ti gli uomini. Queste due affermazioni
pa.~E{ç, OV'Va.'t'a.t Tote; '7tEtpa.~oµÉvotc; non sono facilmente conciliabili sul pia-
~oT)bi)crcx.t, «poiché ha sofferto egli stes- no logico, ma vogliono stabilire questa
so, essendo stato tentato, può soccor- doppia realtà: Gesù era in tutto uguale
rere quelli che sono tentati»; 4,15: où agli uomini che vengono tentati, e al-
ràp exoiu'll à.pxiEpta. µ1} ovv!iµE'llov lo stesso tempo è totalmente diverso da-
uvµ'7ta.ITTjcra.t 't'a.i:c; ~Evda.tc; 'i)µW'V, '1tE- gli uomini che, tentati, non rimangono
'7tEtpa.CTµÉvo\I oÈ xtt't'à ml.\l'ttt xa.t}'òµot6- xwptc; àµa.p'tlac; 55 • Come ha conosciu-
'tl)'ta. x;wptc; àµa.p't'la.c;, «non abbiamo to, donde ha tratto la nozione della
un sommo sacerdote che non possa sim- tentazione di Gesù l'autore della Let-
patizzare con noi nelle nostre infermi- tera? Considerando quanto scrive in
tà, ma uno che in ogni cosa è stato ten- Hebr. 5 ,7-9, dobbiamo pensare anzitut-
tato come noi, senza però peccare». co all'episodio del Getsemani. Nella lot-
Queste due affermazioni, e in partico- ta che ha preceduto Ja passione vera e
lare la seconda, ci fanno vedere che già propria, Gesù ha sentito il terrore del-
nel 1 sec. ci si era posti il problema del- la morte e poi, essendo figlio ( xa.lm:p
la possibilità che Gesti fosse tentato e w\I ui.6c;), ha appreso l'ubbidienza sof-
che l'autore del nostro scritto aveva ri- frendo. Ancora una volta abbiamo In
sposto affermativamente, altrimenti non conferma che il contenuto della tentll-
uvrebbe potuto chiamare la tentazione zione è l'invito subdolo a disubbidire n
un 1mpa~Ecri}a.i xa.i>'oµot6't''l}'ta., giac- Dio. In altre parole, la tentazione ha
ché questa espressione vuol sottolinea- posto al Signore la scelta tra l'accetta-
re l'uguaglianza della tentazione a cui zione e il rifiuto della volont~ divina~.
]esu bei den Synopl.: Theol Quart 132 (1952) s. FRRESE: ThStK (-+ n, 53) tenta di dimo-
297-326. Per la possibilità che Gesù venisse strare che Gesù non aveva alcuna lm~µla.
tentato secondo la Lettera agli Ebrei, cfr. K. (vedi lac. x,14); ma si tratta di una elucubra-
DoRNHAUSBR, Die Versuchungen Jesu nach zione che non può essere accettata.
dem Hb., in : Theol. Studien fiir M. Kiihler ss Vedi J. SCHNIEWIND, Mt. (NTD) a 4,1 ss.
( 1905) 6!}-86; WINDISCH, Hbr., excursus a 4, 56 J. ]EREMIAS, Hb. 5,7-10: ZNW 44 (1952/
r5; MICHl!L, Hebr.', excursm a .J,X;;. 53) ro7-111, propone d'intendere la preghiera
IH5 (v1,34} 'l\"ELpa e III l·.Z (H. Seesemann)
re se l'autore abbia in mente l'opposi- ne di Gesù (Mt. 4,r-rr par.), nella qua-
zione e le domande subdole dei nemici, le il tentatore (1tEtp6:(,wv) si presenta a
che costituiscono l'argomento di molti lui personalmente, è raccontata dai van-
dei racconti sinottici; ma è possibile geli subito dopo il battesimo e ptima
che egli conoscesse anche questa tradi- dell'inizio del ministero pubblico. Già
zione. I sinottici usano spesso, quando questa collocazione rivela il significato
riferiscono queste domande a traboc- programmatico del racconto: il 1iEtp6:-
chetto, il verbo (Éx)1mpa~w (Mc. 8,1 r (,wv (-7 coll.1439 ss .) cerca di distoglie-
par.; ro,2 par.; 12,15 par.; Mt. 22,35; re Gesù dalla missione che Dio gli ha
Le. ro,25; II,r6 [Io. 8,6]; cfr. anche confermato nel battesimo e di renderla
l'aggiunta a Le. 20,23 dei codd. AD: irrealizzabile. Egli pertanto mira in ogni
-rl 1.lE 7tELP<iSE't'E; ). Ma in questi casi modo a distoglierlo dalla sua ubbidien-
non si tratta di tentazioni nel senso che za a Dio -~8 • A questo riguardo non
di Gesù secondo Hebr. 5,7 come richiesta di ten der Chester Bcalty Papyri des N.T.: Co-
essere salvato «dalla morte (già avvenuta}» e niectanea Neotcstamentica I I (1947) 44 s. "In
non, come si sostiene generalmente, «dalla Hebr. u,r7 l'c~crnpio della fermezza di Abra-
morte (imminente}». Tale interpretazione è mo è ricordato con riferimento a Gen. 22 , 1 ss.
impossibile a causa di Hebr. 4,r5: le tentazio- (--.col. 1421).
ni di Gesù sono intese come avvenute xa-r<k 51 FASCHER, op. cit. (--. n. 53) presenta un'ot-
r;ét.v"ta. xcx~'òµoiO"t'rJ't'CX. rispetto a noi. tima panoramica -delle diverse interpretazioni
51 Hebr. n,37: i codd. SA e molti altri mss. della storia sinottica delle tentazioni di Gesù,
tra i pericoli superati dai personaggi della con particolare riguardo ai tentativi di elimi-
storia della salvezza considerano anche l'btEt· nare la figura del TCE~p&!;wv; dr. anche l'esau-
pét.oih]uo:v, che nel contesto significa che essi riente discussione critica in ScmtACKENBURG,
furono tentati, ma senza cadere; gli ostacoli e op. cit. (--. n. .n). K.H. RENGSTORF, Lk.
la sofferenza non li fiaccarono. Ma è difficile (NTD) a 4,1 ss., sostiene che le tentazioni
che lTCnpét.ulh)ucxv rappresenti la lezione ori- costituirono soltanto una prova a cui Gesù
ginale; vedi A. DEBRUNNER, Ober einige Lesar- venne esposto in ultima analisi da Dio stesso;
1447 (v1,34) 1tELprL e III 2 (H. Seesemann)
ma tale intcrpre1azione non spiega i racconli dazione; BéiKLEN, /oc. cii. e VIOLET, ioc. cii.
~ l'intervento personale di Satana. (""' n . .53) considerano invece originale la se-
~1 Non è possibile fissare con certezza l'origi- quenza lucana. Cfr. anche T.W. MANSON, The
ne della storia sinottica delle 1cntazioni: se- Sayings oJ ]esus (19,50) 43 s. Per i paralleli
condo l'ALBERTZ (""' n ..:n), essa è «Un rac- tratti dalla storia delle religioni (lotta tra es·
conto problematico unico» (44) che risale a seri divini per il dominio dcl mondo, tenta·
Ges.ì1 stesso (48); per il BuLTMANN, Trad. zione di Budda, ecc.) vedi CLEMEN e soprat-
271-275, c~sa rispecchia un'haggada scribale e tutto ElTREM, /oc. cii. (""' n. 53). Ma di qui
certe dispute rabbiniche; dr. anche KUHN, op. non viene alcun aiuto per intendere le tenta-
cii. (""' n. :i.5) :n1 s. e""' n. 68. zioni di Gesù; fRIDRICHSEN, /oc. cit. (""' n.
i.:i Per il problema letterario vedi le opere indi- .53) 27: «I paralleli che s'incontrano nella sto-
rntc alla ""' n . .53· Per quanto riguarda l'ordi- ria delle religioni... non sono atti a darci la
ne <lelle tentazioni, quasi tutti gli esegeti pre- chfave per interpretare il racconto di Mt. 4,r·
kriscono quello di Matteo per l'evidente gra-· I I ... ».
l449 (VI,35) r.ei:p~ C 111 2 (H. Seesemann) (vc,36) 1450
ra il Signore, tuo Dio, e servi lui solo» r-e:tpacrµoi:c; µou 62, ma sembra più natu-
(Deut.6,13 ), premettendo a questo net- rale intendere il plurale 7tE~pacrµol co-
to rifiuto le parole «va' via, Satana!» me 'pericoli, difficoltà, afflizione' 63 e
(u7ta)'E, au.'tav8.: Mt. 4,ro). Cosl cia- tradurre «ma voi siete queJ!i che avete
scuna risposta di Gesù conferma la sua perseverato con me nei miei travagli».
fedeltà a Dio: egli rimane legato a Dio Non è quindi opportuno partire da que-
e non abusa della propria qualità di fi- sto versetto per sostenere che secondo
glio e della propria autorità messiani- Luca tutta la vita di Gesù è stata un
ca 6t. susseguirsi di tentazioni; inoltre non si
I sinottici vedono una nuova, espres- vede bene come Gesù avrebbe potuto
sa tentazione di Gesù soltanto nell'ora affermare che i discepoli avevano resi-
del Getsemani; ma nonostante ciò dob- stito con lui proprio nelle 'tentazioni' bi.
biamo chiederci se almeno Luca, che Abbiamo già parlato (~ col. 1429)
conclude la storia della tentazior.e con delle domande e delle richieste sub-
le parole xa;L cruv'tEÀÉaa:c; 7taV'tcx. 7tEL- dole degli avversari; ma non possiamo
pa<rµ.òv O 0Laf3oÀ.oc; a1tÉCT'tY) cbt'a1hou considerarle tentazioni nel senso di M t.
axpL Xa:LpOU, «e il diavolo, avendo esau- 4,x-rr par., come del resto risulta chia-
rito ogni tentazione, si allontanò da lui ramente anche dal modo in cui i sinot-
fino ad un'occasione più propizia» (Lc .4, tici formulano l'intenzione insidiosi\
r 3 ), non abbia visto altre tentazioni del dei postulanti nella cosiddetta 'doman ·
diavolo durante la vita e il ministero da dei Farisei' (Mt . r2,r3-r7 par.):
pubblico di Gesù. A prima vista, in par- Mc. 12 ,I 3: i'.vo:: o::trròv aypEVCTWCTW À.6 .
ticolare Le. 22,28 sembra indurci a ri- ')'~. «per coglierlo in una parola (im·
spondere affermativamente. Gesù dice prudente)» 65 ; M1. 22,15 : om.. iç aù-r:òv
infatti ai suoi discepoli: ÙµEi:c; Ot Ècr-rE mx.ytÒEucrwow Èv À.oyl{J, «per farlo ca-
ot otcx.µEµEvYJXo'tEc; µE't'ɵou f.v -çoi:c; dere in trappola con una (determinata)
6' Cosl ScHNIEWIND, op. cii. <~ n . 55) ad l., si si riferisce unicamente ai discepoli <li Gesù.
che gi11stamente ricorda il parallelo della ten- 61 ~ n. 35. Cfr. anche il gran numero di ter-
tazione d'Israele nel deserto. Per la tipologia mini e concetti affini presenti nel N.T., che
Adamo-Cnsto nella storia della tentazione ~ sono connessi con -4. à:yw'J, àywvll'.,Eui>~L r,
I, coli. 379 ss. coll. 366-374; ~ OOXLJ..toc; 11, coli. 1414-1416;
6l H. CONZELMANN, Zur L11kaso11alyse: ZThK ~ i}).,~ljiiç IV, coli. 526-542; -4 ll'l\'OµÉ\IELV VII,
49 (1952) 29 pensa che già Le. 22,3 riprenda coli. 58-6$; - 'l\'6voc;, ecc.
4,13 e introduca pertanto il racconto della l>l Così -> Ko1<N 76-86. Anche PASCHER 37
passione, «quando Satana ì: nuovamente pre- r~ n. 53) vede troppe cose in Le. 22,28. Cfr.
sente»; ma anche questa supposizione non è inoltre G. BERTRAM, N .T . u11d historische Mc-
dl molto aiuto. Non è esatto nemmeno dite tbode (1928) 31-35; ID., Die En1wick/1mg :wr
che «ora il termine caratterizzante 'l\'ELpc:tuµ6c; si1tliche11 Personlichkcil im Urchristcntum
si moltiplica», giacché oltre che in 22,28 esso (193 1) 6-9.
ricorre solo in 22,40.46, e anche in questi ca- 6S Cosl PREUSCl!EN-BAUER, s.v. àypEl'.iw.
11ei:pa C 111 2 (H. Seesemann)
parola» 66 ; Le. 20,20: tva È7'LÀ.cl~tù'll-t<.tL Hebr.5,7 (---7 coll.1444 s.) mostra che
ei.1hoii Myov, «per coglierlo in fallo in la preghiera di Gesù nel Getsemani
una parola». In Mc. I2,15 e Mt. 22,18 (Mc. 14,32-42 par.) è stata interpretata
le prime parole della risposta di Gesù come una preghiera pronunciata nella
sono: -.l ~ 1tEipcisEn;, «perché mi ten- tentazione. Ma nel racconto evangeli-
tate?» Non c'è dubbio che qui 1tELp&.- co il termine 1tELpauµ6ç non è riferi-
SEW va interpretato nel senso delle suc- to a Gesù stesso, mentre le parole pro-
citate parole introduttive all'episodio, nunciate in quell'occasione mostrano
ed è del tutto fuor di luogo vedere nel- chiaramente che quell'ora costitul un'e-
le parole dei Farisei un attacco mime- splicita tentazione per i discepoli:
tizzato di Satana. Molto più appropria- yprryopEt"t'E xaì. 1tPOO'EUXEC1i}E, i:va µ'Ì)
to e naturale è, invece, scorgere una dç 1mpMµov, «vegliate e pre-
it)..-i>l}'tE
tentazione nelle parole di Pietro dopo gate per non incorrere in tentazione»
il primo annuncio della passione, per- (Mc. !4,38 par.; ---7 col. 1438). Anche
ché Gesù respinge l'apostolo con le me- la sofferenza mortale di Gesù in croce
desime parole con cui aveva respinto e il suo grido H...wt ÉÀwt Àcx:µb. craBcx:-
Satana nella tentazione (Mt.4,10): V1ta- xM.v~ (Mc. 15,34) fanno balenare per
YE 61t(<Tw µov, ur1.:r;avii, «via da me, Sa- un attimo l'orrore della tentazione 67 •
tana» (Mc. 8,33 par.). Le parole che se- Ma anche qui non compare il termine
guono sono ancor più chiare: ov cppo- 1tELpcx:crµ6ç. Certamente risponde alla vi-
VEL<; -.à 't'O\i -i>Eov, Q.).J..ò. 't'Ò. -r:wv civi}pw- sione globale dei sinottici che (nono-
1twv, «non hai il senso delle cose di stante Le. 4,13) il confronto di Gesli
Dio, ma di quelle degli uomini». La con il tentatore nel deserto significhi la
proposta di Pietro è pertanto conside- decisione definitiva del Cristo di accet-
rata come una tentazione a disubbidire tare e seguire la volontà divina. A que-
a Dio. Fatta questa eccezione, tra la sta doveva poi seguire, in obbedienza,
storia della tentazione e l'episodio del ogni altra decisione 68 •
Getsemani i sinot tid non ricordano e-
Il Vangelo di Giovanni non parla e-
spressamente alcun'altra tentazione di splicitamente di tentazioni di Gesù:
Gesù. non vi troviamo né la storia della ten-
tazione, né Ja frase di Pietro, né l'epi- xocrµov lipXW'J' xaL E\I EµoL ovx EXEL
sodio del Getsemani, né il grido finale oòliÉv, «viene il principe del mondo;
di Gesù in croce. Ma esso conserva del- ma non può nulla su di me». Anche
le parole di Gesù che ci mostrano co- l'ultima parola di Gesù morente tra·
me la tradizione delle tentazioni non mandata nel quarto Vangelo rientra nel-
gli fosse del tutto ignota. Cfr. Io. 12, lo stesso pensiero: "ti::'tÉÀ.EO''t'<X.t, «è com-
2 7: vuv Ti l}Juxi) µou -tE't'cipax't'at, xat piuto» (lo. 19,30). Gesù muore dopo
'tL EL1tW; 1ttX't'Ep, O'W0"6'11 µ€ tx -ti)c; wpac; aver vittoriosamente portato a termine
't<XV't'Tj<;, «ora l'anima mia è turbata e l'incarico affidatogli. In tutti questi ca-
che posso dire? Padre, salvami da que- si si tratta comunque soltanto di accen-
st'ora». Io. 14,30: ~PXE'tat yàp ò -tou ni oscuri.
H. SEESEMANN
7tÉVT}ç, TCeVLXPO<;
~ 1t'tWXOc;
che l'idea della tentazione sia espressa in for- DISSIN, Die at.liche Religion und die Armen;
ma pura in Le. 22,28 1 ove il plurale 1tE~p« Pr. Jahrb. 149 (1912) 193-231; S. MOWINCKEL,
oµol indicherebbe che tutta la vita di Gesù si Psalmemtudien I (1916) 113-117; II (192')
svolse sotto il segno della tentazione. 58-65; F. HAucK, Die Stellung des Urcbristen ..
tums Arbeit und Geld (1921); E. LoH-
%U
nlYl)ç MBYER, Saziale Fragen im Urchri1lentum
J.H. ScHMmT, Synonymik der griechischen (1921); M. WBBBR, Gesammelte Aufsatze zur
Sprache H (878) 6u-625; IV (r886) 388-393; Religionssoziologie m: Das antike Judentum
TR.ENcH 120-122; MouLTON-MILLIGAN 502; A. (19zr); A. CAussE, Les 'pauvres' d'Israel
RAHI.Fs, 'ànl rmd iiniiw in den Psalmen (1922); H. BRUPPACHl!R, Die Beurteilung der
(1892); W. NowACK, Die sozialen Probleme in Arm11t im A.T. (1924); STRACK-BILLl!RBECK 1
Israel und dere11 Bedeutung Jiir die religiOse 818-826; 11 643-647; IV indice, s.v. 'Armut'; J.
Entwickltlng dieses Volkes (1892); A.C. PA- LEWKOWITZ, art; 'Acmut', in: Jiid Lex I 477
Tl!RSON, art. 'Poor', in: EB III 3808-38n; R. s.; J. HEME.LRIJK, IIevla. en Il}.o\i'toç, Diss.
Krr'l'BL, art. 'Armengesetzgebung bei den Uuecht (1925); R. Pi:iHLMANlll, Geschichte der
Hebriiern', in: RE 2,60-63; E. S!!LLIN, Beitrii- soziale11 Frage und des Sozìalismus in der a11-
ge zur israelitischen und iiidische11 Religions- tiken Welt 1.11 1 (1925); E. SAcHSSE, 'Ani als
geschichte II (1897) 284-291; A. VAN lTERSON, Ehrenbezeichnung in i11schrif1licher Beleuch-
Armenzarg bii de joden in Palestina ( 100 v. - tung, in : Festschrift E. Sellin (1927) 10,-111 ;
200 n. Chr.), Diss. Leiden (1911); W .\Y/. BAU- M. LURJE, Studie11 wr Geschichte der wJrt-
1455 (v1,38) 1tÉVl']ç A (F. Hauck)
stot., pol. 6,1 (p. 1317b 40]; Arrian., Xenoph., resp. Ath. 1,19; l,10) 3 • D'al-
anabasis 2,3,2). Alla classe dei 1tÉV1')'tEç tra parte la X!l.ÀE7t1) 1tEvlu. può coinci-
appartengono quindi soprattutto gli o- dere con la povertà (Theogn. 182;
perai e i piccoli agricoltori che lavorano Pseud.-Xenoph., resp. Ath. l,13). Con
in proprio (Pseud.-Xenoph., resp. Ath. la legislazione di Solone i 1tÉV1')'tEç di-
1,2 s.; Aristoph., Pl. 51r.532 ss.). An- vengono la struttura portante della de-
che se il limite tra m:vl!X. e 1tÀOV'toç va- mocrazia, che è appunto il governo dei
tia naturalmente a seconda dell'epoca, 1tÉ\IT)'tEç (Plat., resp. B,557 a). Aristote-
della posizione e della persona, la di- te distingue due, o al massimo tre, clas-
stinzione concettuale tra 1tÉvriç, ~ si sociali: ai pochi 1tÀ.ouinoL fa riscon-
?t-rwxéc;, il povero costretto a mendica- tro la massa dei lavoratori manuali, i
re 2 e ÈVOEljc;, il bisognoso, l'indigente, 1tÉVY1'tEç, il Oljµo<;; talora tra i due
è netta. I nÉvri·m; non sono i poveri gruppi il filosofo pone i µÉCToL (Aristot.,
nel nostro senso, non sono oggetto del- pol.6,1[p. 1318a 31); 4,9 (p. 1295b
la beneficenza pubblica o privata (il ter- r-3; 1296a 25)). Dato che in Grecia
mine è usato del tutto diversamente in partecipano attivamente alla vita dello
tJi XII,9; cfr. 2 Cor.9,9). 1tÉvric; costitui- stato, i 1tÉVT)'tEç non sono considerati né
sce un opposto solo relativo di 1tÀ.ou- politicamente oppressi né giuridicamen-
1noc; (colui che ha mezzi limitati, di te discriminati (a differenza dell'A.T.,
fronte a chi ha grandi possibilità) e gli ~ coli. 1459 s.). Pertanto i Greci non
è contrapposto in senso pieno solo in possono pensare che i 1tÉVT)'tE<; abbiano
quanto il 1tÀov1noc; non ha bisogno di nella divinità un aiuto e un protettore
lavorare per vivere, ma può vivere di particolare (4' col. 1460) 4• L'antico
rendita (Aristoph., Pl. 528.532 ss.). Le mondo aristocratico vede nella ricchez-
due classi sociali sono piuttosto paralle- za, nei beni (oÀ.(3oc;), il fondamento di
le, confinanti, e in parte coincidono. una vita felice, della fortuna (o).(3Lo<;),
Anche il 1tÉvric;, infatti, può avere e nella necessità di lavorare una sven-
schiavi al suo servizio e, se le cose gli tura (Hom., Od. u,489; Theogn. 18!
vanno bene, l'operaio o l'artigiano può s. 525 s.; Eur., fr. 397 [T.G.F. 458):
diventare ricco (Aristot., poi. 3,3 [p. contrapposizione o'ì..(3LOL-1tÉVT)<;); anzi,
1278 a 24]; Plat., resp.5,465 c; Pseud.- pensa che le qualità più nobili (&.yu.-
5 Secondo Xenoph., sym. 4'34 s. 1tÀ.Ou-toç e verso uso linguistico dei singoli autori e tra-
1tE\IUt non abitano É\I otxei>. bensl Év 'tcti:ç ijiv- duttori : nei LXX lob ed Eccl. hanno solo nÉ-
xixiç. Cfr. Cyrop. 8,3,39 ss. VT)<;. I Proverbi preferiscono, ad ts., dal e riii;
6 Arcesilao, in Stob., ecl. 5,784,13-16; cfr. i LXX in Prov. cd Ecclus --+ 1t-.wx6ç, certa-
ibid. cap. 32 1tEvla.ç gmxwoç (5,780-788); mente perché nei due libri è fondamentale il
Hdt.7,102; Aristoph., Pl.468 s. 532-534.558 s. contrasto tra ricco e povero. Nei LXX 1tÉVl')ç
576. Secondo Plat., symp. 203 b.c "Epwç è fi- ricorre circa 75 volte, di cui una trentina come
glio di II6poç e m.v!a. sinonimo di 1t'twxoç. Per l'interpretazione di
7 --+ BOLKENSTEIN 186. 'ebj6n come l'uomo che nel bisogno implora
& Le differenze si spiegano in parte con il di· la grazia divina --+ H UMBERT 6.
'ltÉVTJç B (F. Hauck)
14,21 ecc.), ras ( = indigente, povero: lotta contro l'oppressione dei poveri
2Sam.12,1-4) sono in primo luogo con- (itÉv11c;: Am. ['ebjon] 2,6; 4,1; 5,12;
cetti sociali, che indicano chi è econo· 8,4; Is. ['ani] 10,2; Ier. ['ebjon] 20,
micamente debole rispetto ai benestan- 13; 22,16; Ez. ['ebjon] 16,49; 18,12;
ti. Lo 'ani o 'ebi6n è innanzi tutto colui 22,29). Tipica è in Israele la motivazio-
che non ha terreni propri e pertanto ne religiosa dei diritti sociali: Jahvé è
deve guadagnarsi il pane quotidiano la- Signore di tutto il popolo, e anche i mi-
vorando presso altri; in particolare è il nimi d'Israele sono sotto la sua prote-
hworatore a giornata (Deut. 24,14 s.; zione (con 7tÉV1jc;: 2 Sam. 12,1-4; Ier.
Lev. r9,9 s.; 23,22). A differenza dello 20,13 ; q, 9,13 .38; 21,27; 68,34; lob
'ebed, è un uomo libero che lavora per 34,28 ecc.). Nell'esilio e nel periodo
un salario (faklr). Il vero opposto di successivo 'povero', 'umile' divengono
'iiHr (ricco) non è 'ani (tale contrappo- concetti religiosi: 'iini w"'ebjon (~
sizione non è mai attestata) 9, bensl ràs 'lt't'WXÒc; xa.i 7tÉ.V'r)<;) diviene l'epiteto ti-
( 2 Sam. 12,1-4). Nei LXX si nota che pico dell'uomo pio, soprattutto nei sal-
7tÉV'l)c; o 7t't'wx6c; non corrispondono co- mi (q, 39,18; 69,6; 85,1; 108,22) 12 • Sia
stantemente e regolarmente a uno o al- in ebraico che in greco i due termini so-
l'altro dei termini ebraici che, a loro no usati frequentemente come sinonimi
volta, già si sovrappongono. In tal mo- nel parallelismus membrorum (Am. 8,
do si viene a perdere il netto contenuto 4; Ez. 16,49; r8,12; 22,29; Prov. 31,
semantico primitivo di 'ltÉVl]ç e 'lt't'W· 20; spec. lJi 9,19; n,6; 34,10; 36,14
x.6c; e i due significati si confondono ecc.). Quando il re escatologico, che è
completamente 10 . detto 'ani (Zach. 9,9, ~ 1tpa.uc;), stabi-
lirà il suo regno, esalterà gli umili (lf;
Dato che la questione della povertà 71,4.12 s.). L'A.T. ignora qualsiasi i-
nell'A.T. sarà trattata esaurientemente deale di povertà in senso materiale. In
sotto la voce ~ 'lt't'WX6c;, qui ci limitia- genere la ricchezza e la salute sono la
mo a una breve esposizione, per mo- ricompensa divina della pietà n, che i
strare l'uso di 1tÉVl)c;. Già la legislazio- ricchi manifestano tra l'altro benefican·
ne dell'A.T. (7tÉVl)c; : Libro del patto, do i poveri (Ps. 112,9; Giobbe; ~
in Ex. 23,6 ['ebj6n]; Deuteronomio: it-.wx6c;). Anche la sapienza dei Prover-
Deut. r5,II; 24,14 s. ['iìnt]; legge del- bi tratta spesso il tema del povero e del
la purità, in Lev. 14,21 [dal]) mira a ricco. La 1tEvla è considerata senza mez-
proteggere quanti sono socialmente de- zi termini come un male (Prov. 10,15;
boli 11 • I profeti sono i campioni della 31 ,7) di cui i Proverbi", a differenza
0
~ RAHLFS 74. Il sostantivo 'on1 significa BournsTRIN 5·8; J. F1CHTNl!ll, Altorientalische
sempre 'oppressione, sofferenza, miseria', e ciò W elsheit in ihrer isr.·iiidischen Auspriigung =
dimostra che 'iini non significa originariamente ZAW Beih. 62 (1933) 30 s.
'povero'. 'nh = 'occupare una posizione umi- 12 ~ RAHLl'S e~ KITTRL.
le'; pi'el: 'umiliare, trattar male'; assiro enu:
'piegare, opprimere'; arabo anin: 'prigioniero, IlCfr. Abramo e Giobbe. La povertà non è
schiavo'. Cfr. -+ LEWKOWITZ 477; -+ PATER- voluta da Dio, come osserva a ragione -+
SON 3808-38:n. BRUPPACHER 29-32. Deul. 15,n non fa che e-
io Cosl, ad es., ~ io6,41 legge: ~~oftltrJCTE\I 1tÉ· sporre realisticamente la situazione oggettiva e
Vl}'t'~ lx. 1t't'WXElac;, mentre Aq. ha ÒttEpE1tapEt motiva con questa il comandamento dell'amo-
1t't'WXÒ\I lx. 11ev!ixc;. re fraterno. Il testo originatio di Prov. 22,2
11 Anche altre legislazioni dell'antico Oriente non contiene il 'milssen' (dovere) che compa-
si occupano dei poveri . Per l'Egitto cfr. 4 re nella traduzione di Lutero.
TClVl')<; B · 'J'CEV~XpO<; (F. Hauck)
con &µop<poç); così anche BGU IV 1024 ta miserrimo». Uso traslato: Plat., resp.
VIII I2 (IV sec. a.C.): 1tE\ltXpà. xcd 9,578 a (\jiux1]); Philo, som. 2,213 (ti-
1tpEcr0u't'T}<;, Tl't'tç otà. -r'Ìjv <JwÉxov<Ja\I 1ta..tOEVcrla..).
lX.Ù'tft\I 1tf.'lll<J.\I 't'Q\/ Éav'tflç [ wy] a:tÉ-
pa[ v J 'ttjç awq:ipocruvT}c; fÌ'ltEO"'tÉP'rJ- Nei LXX è usato soltanto in Ex. 22,
[ Cif.V], «una donna anziana e poverissi- 24 ('ani) e Prov. 29,7 (dal).
ma che per il bisogno che la costringeva
tolse alla propria figlia ogni pudore». Nel N.T. 1tEvtxp6ç è attestato solo in
Ben diverso è Socrate (Stob., ecl. 3.{67, Le. 2 1 1 2: nel tempio Gesù vide «una
11 ): Blov itxov'ta TtEvtxpòv 1tapp1Jcrtli-
sEai>m; Philodemus, de oeconomia col. vedova particolarmente povera» (Mc.
16,2 s.: 1tEvtxp&t otal't'l)t, «tenor di vi- 12,42: 7t'tWXtJ) dare la sua offerta.
F. HAUCK t
t 1tÉvl}oc;, t m:vi}Éw
A. L'uso LINGUISTICO GRECO (ad es. Pind., Isthm. 7,37; 8,6; Hdt. 3,
14; Soph., Ant. 1249). In origine tanto
'ltEV\}Ei'll, usato in greco fin dai tempi 1tEVÌ}E~v che 1tÉvi>oc; indicano il cordo-
di Omero, significa tanto (uso assoluto, glio come stato d'animo, come senti-
intransitivo) far cordoglio, affliggersi, mento (dolore, pena, sofferenza), così
essere addolorato (Horn., Od. 18,174; che è difficile distinguere 1tE\IDEi:v da À.u-
Aesch., Pers. 545; Soph., Oed. Col. nEi:O'Da~ (~VI, coll. 843ss.) 1• Ma nella
1753) quanto (con l'accusativo, transi- maggior parte dei casi 1tEVDEi:\I dovreb-
tivo) piangere, lamentare (~ n. 4). A- be indicure un cordoglio che si manife-
nalogamente il sostantivo 'ltÉv\}oç, an- sta in qualche modo, ad es. con lacri-
ch'esso in uso già in Omero, significa me e lamenti, o che è per lo meno con-
cordoglio, afflizione, dolore; proprio co- nesso con simili manifestazioni 2• In
me il nostro 'dolore', 1tÉvi>oç può indi- particolare la locuzione «Osservare o in-
care anche l'evento o il fatto doloroso dire il lutto» ('ltÉvDoc; 1tOLEi:crìlaL [ Hdt.
2,1] o 'tLì}Éw.tL [Hdt. 2,46; dr. 6,21]) Zeus distribuiva tra gli dèi i diversi
indica che 1tÉvì}oc; può significare un pub- onori che gli uomini rendevano loro, e
blico annuncio o atto funebre 3 . I nostri che quindi Zeus, essendo stati già di-
termini vengono usati soprattutto quan- spensati gli altri onori, aveva assegna-
do il cordoglio riguarda persone mor- to a lui i lamenti funebri. Come tutti
te 4 , ma talora anche quando si è af- gli dèi rimangono attaccati a coloro che
flitti per altri motivi 5• li onorano, così anche il IIÉvl>oc;: quan-
Nella dottrina stoica il nÉvì}oc; è una to stolto è dunque farsi stare costanle-
delle passioni (miì}l)), una sottospecie mente vicino con i lamenti il cordoglio
del dolore (À.Un'Y]: Chrysipp., Jr. 394. stesso! 7 Secondo Luc., Demon.25, il ci-
413-414 [v. Arnim III 96,9; roo,8. nico Demonatte promette ad Erode, che
27 ], -7 vr, coli. 850 s.). Va da sé c:he il lamenta la morte del figlio, di evocargli
saggio deve esser libero dal 1tÉvì}oç l'ombra del defunto se potrà fare il no-
(Chrysipp., Jr. 571 [v. Arnim 151 ,18 me di tre persone che non abbiano an-
s.]; Epict., diss. 2,13,17; 4,1,52), giac- cora pianto un morto: l'impossibilità di
ché il TCE\lì}E!:v si fonda su una errata tale condizione dovrebbe dimostrare
idea del vero male (Epict., diss. 3,11,2; l'inscnsatezzza di prendere troppo al
cfr. r,u,3; 3,3,15) ed è anche la puni- tragico la morte di una persona.
zione di chi è à.TCalOEU'toç e non ubbi-
disce agli ordinamenti divini (Epict., B. 1tÉvl>oç E m::vl>Éw NEI LXX (E NEL
diss. 4A,32). Tra i temi ricorrenti della GIUDAISMO)
filosofia popolare c'è quello dell'inutili-
tà e dell'insensatezza del 1tÉvi)oc; per 1a Nei LXX 7tÉvl>oc; e mvitE'Lv vengono
morte di un familiare (-7 col. 6 2 9) 6 • usati frequentemente soprattutto per
In Plut., cons. ad Apoll. 19 (II trndurre i derivati dalla radice 'bl s. Sia
112 ab) un filosofo racconta alla regina il sostantivo che il verbo indicano sem-
Arsinoe, afflitta per la morte del figlio, pre il cordoglio, l'affiizione che si mani-
che il IlÉvìloc; non era presente quando festa in lacrime, lamenti e riti 9 , e preci-
3 I riti funebri che accompagnano o esprimo· un trattato 7tEpL TCÉvi>ovc;, imitato da C icero-
no il m:v&oc; sono ricordati, oltre che in Hdt. ne, Plutarco e Seneca, che polemizzava con
6,21, anche in Eur., Aie. 425-43r. la concezione stoica: vedi W. v. C11RJST-W.
4 Horn., Il. 19,225; Aesch., Pers. 296.579; SCHMID, Gesch. der griech. Lit. 11 1 = Hand-
Plut., co11s. ad Apol/. 19 s. (u IIJ e - u2 b); buch AW VII 2,1 6 (1920) 54.509. Teofrasto
Luc., De111011. 24 s .: in tutti questi passi 1tEV· compose uno scritto KaÀ.À.Lo-i>ÉvT)c; +ì nept
i)ELV è costruito con l'accusativo; in Epict., 7tÉvi>ovc;, di cui Cicerone (Tusc. 5,25) cita una
diss. 3,3,15, con È1tl e il dativo. 1tÉVl}oc; per in- frnse; vedi W.v. CllRIST-W. Sc11Mrn, op. cit.
dicare il cordoglio funebre : Rom., Il. 17,37; 61 s.; E. RmmE, Der J'.Yicch. Roman 1 (1914)
Hdt. 2,1.46; 6,21; Acsch., Pers. 322; Eur., 300 n. 3. .
Aie. 426; _Plut., co11s. ad Apoll. 19 (li 11 l f · 7 Una variante dcl racconto è riportata come
112 b); Luc., Demo11. 25. Gli Stoici definisco- favola di Esopo in Plut., co11solatio ad uxorem
no il 1tÉvl}oc; una Mmi tnt i}avci-rip (oppure 6 (u 609 e).
-rd.Eu-rii) cX:wp~: Chrysipp., fr. 413-414 (v. AR- 8 Nei LXX 7tE\li>Ei:v è costruito tanto con l'ac-
NIM m 100,8.27). L'equivalente latino è luc- cusa tivo quanto con E'ltL e il dativo o l'accusa-
t11s (Chrysipp., /r. 4I5 [v. ARNIM m 101,12)). tivo. In I Esdr. 9,2 È7tl c<'I genitivo (cod. A)
~ Per 1tEVfrELV: Soph., Oed. Col. 739 (-rà mi- è certamente un errore per unlp (cod. B). Cfr.
µa-ra}; Eur., Med. 268 (-.uxac;); per 7tÉvl}oc;: HELBING, Kasussy11tax 73 [BERTRAM).
Horn., Il. 11,658; 16,548; Aesch., Pers. 536; 9 Gen. 23,2 (x6\jlacr1>a~ xat 7tEviHiua~: tutta
Soph., Oed. Tyr. 1225. l'azione funebre rituale); Deut. 34,8 (a.t iJµÉ-
6 Crantore accademico (~ coL 628) scrisse pa~ 7tÉvi}ovc; xÀ.av1'µov Mwvufi); I er. 6,26
1tÉvitoc;, TCEvl>Éw B-C (R. Bultmann)
samente il lutto per la morte di qual- Is. 2.4,7 ss.; Bar. 4,34). 2. Nelle descri-
cuno. Tale lutto include anche il cordo- 7.ioni della sorte toccata a Israele o del
glio soggettivo (Gen. 37,34 s.; 2 Ba<r. giudizio divino che l'ha colpito (Ioel
19,2; Dan. 10,2; cfr. test. R. 1,10), che l,9 s.; Ier. J4,2; Lam. 2,8; I Mach.
trova espressione soprattutto secondo il l,25.27; 2,14.39 ecc.) 11 . Anche in
costume corrente, sia che si tratti di questo caso si dice che la natura par-
singoli individui (Gen. 23,2; Ier. 16,7; tecipa al lamento (loel l,rn; Is. 33,9;
Ecclus 38,17; cfr. los., bell. 2,1) che, frr. l2,4i 23,10 ecc.) e che la gioia si
in casi particolari, di tutto il popolo o muterà in lutto (Lam . 5,15; I Mach. 1,
di un gruppo (Deut. 34,8; 2 Ba<r. 19,3; 39 s.; 9'41 ). In alcuni casi in questo
Ier. 6,26; I Mach . 12,52) 10• Anche le cordoglio rientra anche quello per i pec-
sventure che colpiscono il popolo o Ge- cati del popolo ( l E<rop. 8,69; 9,2; 2
rusalemme o i nemici d'Israele come Ecrop. ro,6) 12 . 3. N egli oracoli di salvez-
giudizi divini sono occasione di lutto za: l'affiizione avrà fine (Is. 60,20), si
generale (Am . 8,ro [opposto di Èop- muterà in gioia (Is. 6 1,3 [cfr. Ecclus
"ta.l); Lam. 5,15 [opposto di xop6c;]; I 48,24]; 66,ro; lEp.38 [31],13 ; Bar.4,
Mach . 1,39 (opposto di fop-.a.l]; 9>4I 23; 5,1) 13 • Nel quadro apocalittico di 4
[opposto di yaµoc;], ecc. ~ qui sotto). Esdr. 9,38-10,50 viene dipinto il cordo-
In alcuni casi il 1tÉV~oc; ha una spe- glio di Sion e la sua trasformazione in
ciale impbrtanza. 1. Nei vaticini profe- gioia 14 •
tici di sventura. Su Israele ovvero su
Gerusalemme verrà il cordoglio (Am.
5,16; 9,5; Mich . r,8; Is. 3,26; Ier. 6, c. 1tÉ\lì)oc;
E m:vì)tw NEL PRIMO CRI-
26), l'affiizione colpirà i suoi nemici STIANESIMO
(ls. 16,3; 17,14; 19,8; Bar. 4,34). An-
che la natura parteciperà a questo cor- Anche nel N.T. 1tEV~Ei:v indica il cor-
doglio (Os. 4,3; Is. 16,8; 24,4.7; Ier. doglio .c he si esprime in lamenti e pian-
4,28 ecc.). In questo contesto appare
talora l'espressione <(il vostro giubilo to 15, e perciò più volte il verbo è as-
si trasformerà in lamento» (Am. 8,rn; sociato a xÀ.cxlnv 16• Lo stesso vale per
(X01tE'tÒ<; otx-.p6c; come epesegesi cli TCÉvitoc;); l)vr)'tà 1tEVDovv-.o~ xa.L -.à aM.va.-.a. eù6a.i·
Eccfas 38,17 (il 1tÉvitoc; che si distingue dalla µovlt:,ovToc; (migr. Abr. 74).
Àl'.l'lt'J) consiste di xÀ.a.v0µ6c; e xont-.6c;). Cfr. 12 Secondo una cattiva lezione, anche Eccltis
inoltre le combinazioni o i paralleli cli 1tEV- 51,19. Cfr. He11. aeth. 95,1 ss. Dcl resto~ VII,
i>t~v/1tfvltoc; con xÀc.dm1/xÀ.a.v0µ6c; (2 E<r8p. col. u44: µe-.&.voi.a.. Cordoglio di una perso·
18,9; Bar. 4,n .23), xpa.vriJ (Ier. 14,2; Esth. na per i propri peccati: Jesi. R. l,rn; test. S.
•b3), XOTCE<t6c; (Am. 5,16; Mich. l,8; Esth. 4,3) 4,2; per i peccati altrui: tesi. R. 3,15; tesi.
e i>pl}voc; (r Mach. 9,41). Riti funebri vengono los. 3,9.
menzionati, ad es., in Gen.37,34; 2 Ba.O'. 14,2; IJ Per questo aspetto cfr. anche Is. 35,10; 65,
Am. 8,10; Ier. 6,26; Dan. 10,2 s.;· test. R. 1,10. 16-19; lii 125,5 s.
10 los., ant. 17,206: i Giudei fatti uccidere da 14 Cfr. anche Hen. aeth. 96,3. Per esempi trat-
Erode -rijc; E[<; -.l> nEVDEfoi)m -tLµTi<; ( ! )... ti dalla letteratura rabbinica dr.' STRACK-BIL-
à.'ltEO..t~P'l)V"'CO. LERBECK J 195-19n lii 2.n : Ex. r. 15 (77 d).
11 Per la letteratura rabbinica v. STRACK-BIL- 15 Usato transitivamente solo in 2 Cor. 12,21.
LERBECK 1 195-197. Anche Filone riprende il 16 Con xÀ.a.(Ew: Le. 6,25; 23,28 (cod. D); Iac.
motivo, ma l'interpreta secondo il suo solito 4,9; Apoc. 18,1 I.15.19 (~xpa.l;ov xÀa.loV'tE<;
dualismo quando spiega il nome di Abele (fat- xa.t 'ltEv&ovv·rn;); Mc. 16,rn; lo stretto rap·
tu derivare da 'iibel) cosl : 5voµa. lì~ l<rn 'tà porto che lega i due verbi è messo in risalto
7tÉvl>oç, 7tEVl>ÉW e a (R. Bultmann)
7tÉvtJoc; li. I passi di Mt. 9,15 e Apoc. ì}oc; sembra inteso come giudizio di Dio
l 8 ,7 s. mostrano che nEvt>d\I ( TtÉvtJoc;) anche nella parola minacciosa diretta
indica in particolare il lamento funebre. agli aµ.cx.p't'WÀol in Iac. 4,9: ò yÉÀwç
In I Cor. 5,2 (xet.l oùxt µéi.À:X.ov È7tEV- ùµwv Elç 1tÉvi>oc; µEw.'t'pCX.7tTJ'tW xat +i
i}1)o-a:n;, «e non avete piuttosto fatto xapà. dç XCt.'t'TJcpEtav, «il vostro riso si
cordoglio?») 1tEVi)Ei:v non significa ne- muti in lamento e la vostra gioia in tri-
cessariamente il lamento di dolore fatto stezza». Analogamente anche le parole
ad alta voce; ma non indica neanche il precedenti ('t'aÀa:mwplJO'Ct."tE xcx.t 1tEV-
dolore silenzioso, bensì piuttosto il la- i>Ti<rct't'E xat xÀ.cx.vO'cx.'t'E, <{siate affiiui,
mento appassionato che porta ad un'a- fate cordoglio, piangete») andrebbero
zione conforme al dolore provato (l'.va dunque intese come vaticinio di giudi-
ci.pi)jj X't'À..). Lo stesso vale per 2 Cor. zio formulato, conformemente allo sti-
12 1 21. le profetico, in imperativi 19 . Ma, dato
Non si può certo dire che nel N.T. il contesto, non può trattarsi di questo,
nEvitEi:v ( 7tÉVtJoç) sia un termine teolo- giacché tale stile esige (cfr. specialmen-
gicamente significativo. È chiaro co- te il v. ro) che prima il nEvi)1Jucx.-i-E e
munque che non si parla del 7tE.vi)oç poi anche l'espressione · <{si muti in
(né della ÀU7t11) in senso stoico, come lutto» (dc; 'ltÉvi)oc; µna.-i-pct'ltTJ'tCiJ) ven-
di un affetto che vada combattuto e su- gano interpretati c.ome - esortazione al
perato ( ~ VI, col. 861 ). Una importan- lamento, e tale esortazione può essere
za particolare hanno solo due usi dei no- soltanto un invito a ravvedersi 20 . L'au-
stri termini. tore potrebbe quindi aver fatto uso,
a) Secondo Apoc. ~8 il lamento di nella sua esortazione, di una parola di
dolore è un aspetto del giudizio divino minaccia trasmessa dalla tradizione,
che colpirà 'Babilonia', la gran pecca- reinterpretandola per il proprio scopo
trice, e con essa tutto il mondo che ha immediato 21 • Il 7tEVtlE'i:v cli r Cor. 5 ,2
beneficiato della sua gloria, cosl che i non va invece considerato come lamen-
mercanti (r8,1r.15) e i naviganti (18, to di contrizione in senso proprio, ma
1 9) uniranno il loro lamento straziante a piuttosto come lamento di dolore per
quello di 'Babilonia' (18,7s.) 18 . Il 7tÉV- la vergogna recata alla comunità dal ca-
anche dal fatto che al 7tEvlh:i:v di Mt. 54 fa B ~ col. 1467; dr. particolarmente Is. 19,8.
riscontro in Le. 6,21 x>..a.lf:w. Il 7tEvbE~'ll usato 19 Cfr. ,,1 ; Hen. aeth. 94 ss.; DIBELIUS , ]k.
da Mt. 9,15 (codd. D pc it: VlJCT'tEOEw) ~ ~ 209 s.
sto del 'llTjCT'tEOEW di Mc. 2,19 potrebbe md1-
20 Non sembra possibile intendere l'esortazio·
care il lamento fittizio connesso col digiuno
ne come espressione «del cordoglio che l'uomo
rituale. pio prova per come vanno le cose nel mondo»
11 In Apoc. 21,4 1tlvboç è connesso con xpav-
(HAUCK, ]k., ad l. [203]).
yi), e in lac. 4,9 è l'opposto di yD..wç e signi·
fica il lamento ad alta voce. 21 Cfr. Drneuus, ]k. 209 s.
1'EV'C'l)XOCT'C1) (E. Lohse)
so d'incesto, essendo stato possibile che sinonimico con Je promesse degli altri
una cosa del genere avvenisse nel suo rnacarismi, così il 7tE\li}oi'.iv·m; sta in un
seno. Similmente in 2 Cor.12,21 il 7tEV- simile parallelismo con ' poveri' (m:w-
1M:\I di Paolo è il lamento per il pecca- xot [ -.Q 'ltVEvµa.·n)), 'miti' (1tpcxdç) e
to che macchia la comunità (~ col. 'affamati e assetati' (7tEWW\l"CE<; xcx.ì. ÒL-
1468). Il 7tEVi}Ei:\I di I Clem. 2,6 è il la- ~wvnç [ -.l)v otxa.wo-vvi)v J). Non è
mento per il peccato del prossimo (nel- quindi possibile interprf'tare il lamento
la comunità). di cui si fa qui parola unilateralmente
b) La beatitudine dei TCEvi}ouv'tEç come cordoglio per i peccati 23 • È d'altra
(Mt . 5,4) va interpretata sullo sfondo parte naturale che qui non si proclami-
delle concezioni escatologiche. Questa no beati coloro che fanno cordoglio in
beatitudine riprende il genere delle pro- senso generale, bensl coloro che scor-
messe profetiche 22 : come 1vxpa.xÀ.711}1)- gono Ja natura di questo eone doloro-
cro\l-rm, «saranno consolati», indica la so e non si lasciano sedurre come coloro
consolazione nella Bacrt'ì..Ela. 'tW\I oùpa- che se la ridono (ye:ÀWV'tEç: Le. 6,25).
\IW\I (~ coll. 654 ss.; 671 ss.), cosl il la- Il loro 7tEvi}d\I è segno di intima diffe-
mento a cui si riferisce la promessa è il renza da questo eone e di attesa della
lamento di coloro che soffrono per l'eo- BwnÀda. 't'W\I oùpa.vwv. Tuttavia nean-
ne presente, che è l'eone della sofferen- che questa interpretazione autorizza ad
za (~ VI, col. 859 : ÀU1t7]); e come il escludere dal m:vi}dv il lamento per i
nu.paxÀ"l')i}1)c;ov-.at sta in parallelismo peccati.
R. BULTMANN
t 1tE\l'tl)XOCJ\1)
166; 59,27; Andoc. 1,133; Hyperides, Settimane (Ex. 34,22; Deut. 16,10.16;
Jr. 106). Da ciò il nome di 7tE\l't'T)XOO'"t'O- 2 Par. 8,13 [LXX] = Éop"t'TJ t~òoµa
À.oyot. per indicare i funzionari dogana- Sc.N, dr. Nttm . 28,26).
li addetti alla riscossione dell'imposta
(Hyperides, Jr. 106). 7tE\l'tT)XOO''t1) come I. La festa delle Settimane nell'A.T.
termine tecnico del linguaggio fiscale è
attestato anche altrove in papiri e o~tra In una sezione che tratta del calen-
ka (ad es., in Egitto) 2• Tanto l'impor- dario festivo israelitico, Ex. 34,22 men-
tazione ed esportazione di merci, quan- ziona la festa delle Settimane, dicendo
to la conclusione di un affare che pre- soltanto che si tratta di una festa agri-
vedesse un trapasso di propri~tà erano cola celebrata quando si raccolgono le
soggette in molti luoghi ad un'imposta primizie della mietitura del grano. Ex.
del 2 % . L'imposta sull'esportazione era 2 3 ,x 6 conferma tale informazione defi-
a carico dèll'esportatore e quella sui nendo la festività (pag haqqa~lr) 'festa
contratti . di vendita stipulati nel paese delle primizie della mietitura del semi-
era a carico del compratore. Il paga- nato'. Per calcolare la data della festa
mento dell'imposta prescritta veniva at- Deut. 16,9 prescrive che si contino set-
testato con una ricevuta così formulata te settimane dal momento in cui la fal-
(P. Oxy. XII 1440): 7tpOO'~(tBÀ.T)XE) ce tocca le messi 3 • Passato questo in-
1tE\l'tT)XO( l'l )'t(1ÌV) 'tOU È\IEO' [ 'tW't'Oç] tervallo, si debbono portar~ festosa-
7tÉ(J.1t'tou E'touç 'Aòpi.a.vou [Ka.lcrapoç], mente i doni a Jahvé «nel luogo scelto
«ha pagato l'imposta del' 2 % per il cor- da Jahvé, tuo Dio, per farvi abitare il
rente anno, il quinto dell'imperatore suo nome» (Deut. I 6,II ). Riferendo la
Adriano». norma, il Deuteronomio non dà altri
particolari, perché il suo interesse ver-
B. LA FESTA DI PENTECOSTE NELL'A.T.
te esclusivamente sulla centralizzazione
E Ni;:L GIUDAISMO
del culto a Gerusalemme, che è affer-
mata senza mezzi termini. Dall'antica
Nella letteratura giudeo-ellenistica tradizione possiamo quindi dedurre sol-
(scii. 1}µÉpo:) indica spes-
7tE\/'tT)XOO''t1) tanto che l'antico Israele ha probabil-
so la festa di Pentecoste (Tob. 2,1; 2 mente ripreso dai Cananei la festa del-
Mach, 12,32; Philo, decal. 160; spec. le Settimane insieme con le altre festi-
leg. 2,176; Ios., ant. 3,252; 13,252; 14, vità agricole, portando però le offerte
337; n,254; bell. 1,253; 2,42; 6,299). a Jahvé, il Dio che aveva concesso al
L'A.T: non conosce ancora questa paro- proprio popolo il paese\ Soltanto la
la, ma parla di flag snbil' ot > festa delle legislazione sacerdotale contiene istrù-
2 Sulla questione dr. PREISIGKE, \Vari. 111 e grnno, che è l'unico di cui qui si tratti, si
246; Oslraka I 182.276-279.343; Il 43.150. può calcolare in linea di massima un periodo
801.806.10,6.ro76.1569; MITTllIS-WILCKEN r di circa due mesi>>. Per i. limiti di 50 (giorni,
J,190 s.; 1 2,343 s.; -;> RoscHER IIJ. anni, ecc.). che neWantichità sono stati d'uso
3 Il nome flag Jiibu'ot indica che tale prescri- limitato, v. ~ RoscllER 90-94.100.
zione è evidentemente antica. Cfr. ~ DALMAN 4 Nel suo acuto studio sulla Pentecoste israe-
462: «Non è escluso che il numero sette ab- litica --+ GRIMME ha tentato di seguire la fe-
bia avuto una parte nella fissazione del perio- sta risalendo nel tempo fino a giungere :i
do di sette settimane, in quanto la settimana un'antica festa orientale in onore delle Pleia-
lavorativa col suo giorno di riposo appare di, considerate come divinità. I legislatori d'I-
settuplicata nel periodo della mietitura; a cib sraele avrebbero poi dato alla festa un carat-
si aggiunge il fatto che per il raccolto di orzo tere monoteistico, trasformandola cosl in una
'!tEV'>lJXOCT"tTJ B Hr l (E. Lohse)
zioni più precise sulla festa delle Setti- altre grandi feste, come quella di Pa-
mane. Secondo Lev. 23,15 si devono squa e degli Azzimi o la festa delle Ca-
contare sette settimane intere mim- panne. Fuori del Pentateuco la festa
moborat hassabbat, cioè a partire dal delle Settimane è menzionata in tutto
giorno successivo al sabato. A tale in- l'A.T. una sola volta (2 Par. 8,13), e ciò
dicazione, che jn origine si riferiva a ci fa supporre che essa abbia avuto nel-
un sabato normale, il testo- fa seguire la vita d'Israele una parte minore del-
una precisazione: si contino sette setti- le altre feste dell'anno.
mane complete dal giorno in cui si of-
frono i mannelli ('omer hattenufd) e si
celebri poi la festa il cinquantesimo
II. La Pentecoste giudaica
giorno 5 • A Jahvé si offriranno allora l. La data della Pentecoste
come primizia due pani fatti con due
decimi di efa di fior di farina (Lev. 23, La data della P<mtecoste fu fissata
6 definitivamente soltanto nel tardo giu-
l 7) • Oltre ai pani, il sacrificio comple-
to include gli animali per l'olocausto daismo, quando se ne decise la celebra-
(sette agnelli di un anno, senza difetto; zione 50 giorni dopo la Pasqua. Nel
un giovenco; due montoni), un capro giudaismo non ci fu accordo unanime
quale sacrificio per il peccato e due a- circa la determinazione del «giorno do-
gnelli di un anno per il sacrificio di pro- po il sabato» di Lev. 23,15. I Boetusei
sperità (Lev.23,18 s.) 7 • Tutte queste of- (Sadducei) interpretavano le parole alla
ferte servono ad esprimere la gratitudi- lettera e iniziavano il computo dal pri-
ne dell'agricoltore verso Jahvé, che ha mo sabato (il nostro sabato) dopo il
fotto maturare le messi. Il giorno della primo giorno della Pasqua, così che la
festa è giorno di assoluto riposo (Lev. Pentecoste cadesse sempre di domeni-
23,21; Num. 28,26) e tutto il popolo ca 8 • Per i Farisei, invece, 1o Jabbat di
gioisce festeggiando il raccolto. Il signi- Lev. 23,15 avrebbe indicato il primo
ficato della festa delle Settimane non è giorno festivo della Pasqua, vale a dire
in alcun modo paragonabile a quello di il t 5 di Nisan 9; contavano quindi 7
festa dcl raccolto. Il Grimme sostiene la pro- tecostc sono lievitati . Mentre gli azzimi fan-
pria tesi ricorrendo a un'interpretazione spes- no pensare alla condizione di vita dei nomadi
so forzata di Lev. 23 e N11m. 28 (due testi nel deserto, i pani lievitati della Pentecoste
comunque relativamente recenti) e rendendo presuppongono una civiltn agricola sedentaria.
sbw'wt con 'Pleiadi'. Deve però ammettere 7 Il numero delle vittime è suddiviso diversa-
(70-75) che tale interpretazione non si adat- mente in Num. 28,27 ss.: per l'olocausto, 2 to·
ti\ a Det1I. I6,9 (e Ex. 23,16; 34,22): gli viene relli, un montone e 7 agnelli cli un anno; per
cosl a mancare proprio quell'aggancio con l'espiazione, un capro; inoltre l'olocausto e
l'antico Israele che proverebbe la sua ipotesi. le oblazioni di ogni giorno.
Pertanto non resta che mantenere l'opinione s Men. 10,3: «l Boetusei dicono: La mannel-
corrente e generale, cioè che in origine la Pen- la non viene tagliata alla fine del (primo)
tecoste è una pura e semplice festa del rac- giorno della festa (di Pasqua), (bensì solo al-
wlto. lo scadere dcl primo normale sabato succes-
5 Della questione tratta E. KuTSCH in una dis- sivo)». Hag. 2,4: i Boetusei dicono che «la
sertazione riguardante la festa delle Capanne, Pentecoste cade sempre il giorno dopo il S3·
cli prossima pubblicazione. Per le diverse opi- bato». Cfr. inoltre Men. 65 a; do::umcntazione
nioni circa il computo ·della data della festa in STRACK-BILLERBECK Il 598-600.
correnti nel tardo giudaismo -7 col. i478 . 9 S. Lev. 23,15 (407 a): R. José ben Jehudà
<• A differenza degli azzimi, i pani della Pen- (c. r8o} ritiene che fobbiit si debba intendere
1379 (vr,rn) <Ì1tE~~Tic;-à:;mitÉw (R. Bultmann) (v1,n) 1380
! In Iust., dia/. 120,5 gli <Ì1mDE~ç X(Xt aµE't<Ì- 9,7.23 s.; 2 E11op. 19,29. Anche il mondo gre-
i)e-to~ sono i pagani che non credono. co parla di à.1mDE~v verso 1a divinità: Eur.,
4 Seguendo l'esempio dell'A.T., in Iust., dial. Or. 3r; Plat., leg. 5,741 d; DITT., Syll.' 736,
r 3~>,3 i Giudei sono detti yÉvoc; liXPTJl1'tOV xat 40; altre indicazioni~ 1mDapx~w n. 1.
à1m&~c; xat li11~<r-tov (cfr. 140,2). Bart1. 12,4: 2
Così anche Barn. 12,4; Iust., apol. 35,3; 38,
àudnj è una variante per a7tE~ftoV\ITrt nella i ; 49,3; dia/. 24,4; .97,2; n4,2.
citazione di Is. 65,2. 3 Quest'uso linguistico ha evidentemente in-
s Cfr. Plat., ap. 29 a: a1m&wv -tli µa.v-tElq.;
fluito anche sul modo di dire di I Pelr. 3,20.
Phaed.61 ab: µ'Ì) !hm1)ljam, ovvero mftfolla~
La disubbidienza della generazione del dilu-
-rii> lvum1lltl. vio è. evidentemente intesa come disubbidien-
inmlMw za alla predicazione di Noè: la tradizione giu-
1 Cfr. L. KoHLER, Theologie des A.T.' (1953) daica ricordava questa predicazione, e ad essa
159 s. e ad es. Is. 3,8; 59,13; 63,10; 65,2; si riferisce anche 2 Petr. 2,5 (dr. WINDTSCH,
Zach. 7,11; Ex. 23 121; Lev. 26,15; Detti. r,26; Kath. Br., a 2 Pelr. 2,5).
138~ (Vl ,lI) mwtiw (L. Goppelt) (v1,12) r382
Un uso un po' particofore è quello di I t .'.! non solo quelli di origine pagana)
Clem. 59,1 dove si parla dell'eventuale vengono chiamati utot -.f]c; CÌ.'Ttui>Elcxc;,
disobbedienza ( à.1ti::dM\I) dei lettori alle «fìgli della disubbidienza» 2 • La terza
parole della letteta. delle donne vestite di nero, che in
Herm., sim. 9,15,3 rappresentano i vi-
"f- <Ì:rtflilEW. zi, si chiama 'A7tEli)E~!X..
&.m:likw., disubbidienza (derivato da R. ButTMANt-:
SOMMARIO: 2. 1tE~VttW;
A. Il mondo greco-ellenistico: II. il significato della fame secondo l'A.T.;
r. l'uso linguistico di 7tELvtiw {Àtµoç); III. il giudaismo davanti al problema della
2 . il problema della fame. fame dci poveri.
B. A .T. e giudaismo: C.ItN.T.:
I. l'uso linguistico: r. i vangeli sinottici:
r . Àtµoç; a) 'beati gli affamati';
b) la fame di Gesù e dei suoi discepoli; cibo nella locuzione ÀLµQ ( Ò'..7to )iJa.vEìv,
c) Mt. 21,18 s. e 25,31-46; «morir di fame», che ricorre già in
2 . l'epistolario paolino;
Horn., Od. 12,342, mentre riserva +i
3. gli scritti giovannei.
nE~va per la fame in senso normale,
l'appètito, il desiderio di cibo, che si
A. IL MONDO GRECO-ELLENISTICO manifesta a intervalli regolari. Confor-
me a quest'uso, in senso traslato ÀLµ6c;
non esprime tanto il desiderio quanto
r. L'uso linguistico di nEwaw .(ÀLµ6ç) 1
la privazione o addirittura la mancanza
di qualcosa. Troviamo quest'accezione
a) 'ltEtvaw, essere affamato, avere fa-
già in Eur., El. 371 s.: Eì:oov ... ÀLµ6v
, , ,
me è usato in senso proprio fin da "\
't 'É.v tivopòc; 'ltll.OV(JLOU q:>pOV'flµ<Y.'tL, yvw-
O~ero (Il. 3,25 e passim: ÀÉwv nEL- µT)V 'tE µEyciÀ"QV ÈV 'itÉV"Q'tL CTWµCt'tL,
vawv )· in senso traslato significa desi-
«ho visto tante volte ... la penuria nel-
del'are1 qualcosa violentemente (quasi
1'animo di un ricco, e una splendida
fosse necessario alla vita), con genitivo
mente in un corpo povero».
della cosa desiderata 2, ad es. XPTJµ6.- Filone interpreta allegoricamente À.L-
-rwv : Xenoph., sym. 4,36; Cyrop. 8,3,
µ6ç come bisogno {EVOELet), e in senso
39 (cfr. Vergil., Aen. 3,57: auri sacra traslato lo usa quasi unicamente con
/ames); uuµµ<ixwv: Xenoph., Cyrop. 7, questo significato; l'er. div. her. 289:
5,50; E'ltalvou: Xenoph., oec. q,~;
7ta.i7wv evoEw. xaì ÀLµ6c;, «l'assenza e
Plut., aud. 13 (n 44 c); suav. viv. Eptc_ la mancanza di passioni»; ebr. 148: \IT)-
I 8 ( [l I IOO b); 'tfjç Wpaç XaiM.7tEp
rnEla:v ... xa.t ÀLµÒv ( cppov1}crEwç); det.
o7twpac;, «chi desidera la sua giovane
pot. ins. II6: 'ltOÀÀèt. ... ÀLµòc; cXpE'ti)c;:··
bellezza come un frutto maturo» {Plat., 01.Éq>iÌELpE, «la fame di virtù fa molte v~t
le.g. 8,837 c); 't'OV Oaxpucral 't'E xaL. time». Invece Ti 7tEÌVa. (usato solo m
a'ltOTtÀ'r)CTtlfjvaL, «(l'elemento che bra-
~enso proprio) è il desiderio che domi-
ma) di piangere (sulla propria infelici- na l'uomo (agric. 36, insieme con Èm-
tà) fihché è saziato» {Plat., resp. 10, i)uµla, mentre in agric. 38 ÀLµoç è la
606 a), cfr. (1} nElvTJ) µallriwhwv, 'tov penuria) o lo tormenta (congr. r65; vit.
µa.viM:.VELV, «la fame di sapere» (Phileb.
Mos. 1,191). A questa concezione cor-
52 a); 1nwxot xaì. ttEtvwV't'E<; &.yai>wv
rispondono le locuzioni V'ltÒ 'tOV mL-
lolwv, «pezzenti privi di beni propri»
vwnoc; l}oovt;ç { migr. Abr. r 4 3); -toùc;
(resp. 7,521 a). oLo/Wv-ra.ç xa.t nnvwv-rac; xaÀ.oxét.ya.-
iJlac;, «coloro che hanno sete e fame
b) Invece di rare forme aggettiva- del bello e del buono» (/ug . r 39 ).
li {nel N.T. solo 7tpo<r7tEtvoc;, Act. ro,
r o), solitamente è usato il participio.
2. Il problema della fame
Rispetto al sostantivo fi TCE~va, O/Ti 3
À.Lµ6c; esprime una mancanza di cibo Nelle religioni antiche, soprattutto
ancor più acuta e grave: fame, carestia. nel momento iniziale, un motivo impor-
Platone 4 usa ÀLµ6c; quasi esdusivamen- tante del culto divino è costituito sen-
lc per indicare la mortale privazione di z'altro dall'esigenza di garantire una
5 CHANT. DE LA SAUSSAYE' I 69 S. 452.547 S. miei anni non s'è patita la fame e non si è
560.555-558.634.642; Il 300-304.32r.440. sofferta la sete» (BOLKESTEIN, op. cit. [ ~ n.
6 E. SELL!N, Gesch. des isr.-iiidischen Volkes 1 8] 10). Ma la realtà fu anche molto diversa:
1 (1935) 123 s.; M . Nom, Gesch. Israels cfr. BoLKESTElN, op. cii. 447-450: i. lavoratori
(1950) 122-124. Cfr. Ier. 44,15-18 e P. Votz, che scioperano al tempo di Ramses III voglio·
Der Prophet ] eremia' ( 1928) xxvm s. no che il faraone sappia le loro difficoltà: «fi-
1 C1-111NT. DE LA SAUS SAYE ' 1 599 ; n 359 s . no ad oggi abbiamo sofferto fame e sete; non
Nel mondo greco queste idee vengono espres- abbiamo vestiti... ditelo al faraone».
se soprattutto nel mito di Demetra; dr. Horn., ltl Nelle iscrizioni essi sono chiamati -.oli -.òv
hy11111. Cer. JIO s. e la saga di Erisitone in 13lov -.wv à.vilpw7twv E7tavopftwcrav-.oc; (DITT.,
Cali., hy11111. 6,24-115; Ovid ., metam. 8,738- Or. 90,2) oppure "TÒV xowòv -.oli 6.vilpw7tlvou
878 (KLEINKNECHT). P1ou crw-.-ljpo:. (DrTT., Syll. > 760,8 s.); cfr.
8 H. BOLKESTEIN, \V ohltiitigkeit und Ar111e11- Apoc. 13,17.
p/lege im vorchr. Altertm11 ( 1939) 29-33.248- Il BOLKESTEIN, op. cit. (~ n . 8) 418-484.
286.349-379.391-400; dr. anche R.v. POHJ.- Il Plat., resp.4,437 d; Lys. 2 2 1 a; Gorg. 494 b.
l\IANN, Gesch. t!er so:àale11 Froge rmd des So- 496 c. 497 c.; Pbileb. 54 e.
zialismus in der 1111tike11 \'(!elt 1 (1925). IJ Sen., ad L11ciliu111 9.J,51; dr. BoLKl!STEIN,
9 Così, ad es., Amencmhet 1 : «Ho dato ai po- op. àt. e~ n. 8) 470-474.
veri e ho mantenuto l'orfano... Durante i l·l Cosl soprattutto i Cinici (Antistene, secon-
1mvaw A i - B (L. Goppelt)
cessità esteriori considerando sia l'in- in Filone sulla tradizione giudaica: an-
digenza sia la ricchezza come qualcosa che l'Alessandrino consiglia lyx.p&.-.rnx.
di indifferente ( &.&t&.cpopov ), che non e oÀ.iy6&ew., una temperanza controlla-
è di per sé né un bene né un male 15 ; ta per la quale è nutrimento sufficiente
ad esse egli può sottrarsi, quando il pe- ciò che la natura stessa provvede ( virt.
so ne divenga insostenibile, mediante la 6), cioè il pane e l'acqua 21 • Tale sobrie-
EvÀ.oyoç Ét;,cqwy'I], «la ben meditata tà deve rendere l'uomo il più possibi-
morte spontanea» 16 • Nel neopitagori- le. indipen.dente dalla fame e dalla se-
smo e nel neoplatonismo si rafforzano te (vit. cont. 37; agric. 36-39), «gli or-
ancor più la svalutazione e la repressio- ribili e duri dominatoti» ( vit. Mos. r,
ne del corpo e delle sue esigenze 17 • Se- 19 r ), e soprattutto far posto al molto,
condo Porfirio ciascuno . dovrebbe cer- più importante appagamento dell'ani-
care di essere così sobrio da preferire ma (spec. leg. 2,201; cfr .. migr. Abr.
di astenersi da qualsiasi nutrimento 204). Allo stesso tempo, per la mag-
(abst. 1,27; cfr. 37 s. ; 4,20). II vero fi- giore influenza della concezione giudai-
11!'! di questa filosofia recente non è tan- ca della vita, Filone chiama la fame «il
to la libertà della persona, quanto l'u- più insopportabile dei mali» (spec. leg.
nione con il divino, pensato sempre 2,201; cfr. Ios.156; poster. C. 142; vit.
più, secondo i moduli gnostico-dualisti- Mos. r,191), rifiuta nyxpa-çi:ta. cinica
ci, come l'opposto della realtà corpo- che giungeva fino alla fame v.e ra e pro-
rea. Effettivamente nell~ gnosi cristiana pria (det. pot. ins. 19; cfr. però 34) e
appare l'idea che Gesù stesso non aves- loda il fatto che l'uomo caduto debba
se stima del cibo naturale 13 e non abbia difendersi dalla fame lavorando dura-
fatto alcuna promessa a coloro che era- mente (op. mund. 167). Quale esempio
no fisicamente affamati 19 • A motivo del cli vita sobria e contemplativa il filoso-
diffondersi della visione gnostica della fo propone al mondo ellenistico i Tera-
realtà, nei culti misterici le divinità del- peuti ( vit. cont.) e, come Flavio Giusep ..
la vegetazione, la cui funzione in prece- pe (beli. 2,128-133.150-153), gli Esseni
denza era di placare la fame naturale, (omn. prob. lib. 75-91).
erano state già da tempo presentate in
funzione della fame della vita imperi- B. A.T. E GIUDAISMO
tura 20•
Fatte poche eccezioni insignificanti
Anche nel nostro caso gli elementi (Js.44,12; cfr. rCor.11,34 ~col.
stoici, platonici e gnostici prevalgono 1394), l'A.T. non parla della fame quale
do Xenoph., sy111. 4,34 ss.); l'idea è presente 1·! Valentino in Clem. Al., strom. 3,7,59,3
anche. nella Stoa, ad es. Sen., ad Lucili11m 17, (GCS 15,223,12 ss.); dr. \Y/. BhUER, Das Le-
9; 18,6-u. be11 Jesu im Zeitalter der nt.lichen Apokry-
1-'Ad es., Sen., {I([ Lt1cili11m 80,6; 123,1-6.16; phe11 (1909) 316 s.
11 Marcione cspunse in Le. 6,2 1 i due viiv
cfr. M. PoHLENZ, Dir: Ston I (1948) 121-123.
{Tertull., Mnrc. •p4); cfr. Tertull., de anima
1~ Ad es., Sen., ad Lucilium 12,10; 17,9;- 5r,9;
23 (CSEL 20,336).
70 ecc.; cfr. POHLENZ, op. cii. (~ n. 15) 156. n ~ vn, coli. 653 s.; cfr. R. BuLTMANN, Das
17 Cfr. H. STRATHMhNN, Gesch. der friih- Urchr. im Rnhme11 der n11tiken Religio11c11
christiiche11 Askese (1914) 292-343. A differen- (1949) q6 s.
za di questi sforzi ascetici , il digiuno non ser- 21 Cosl, in armonia con la diatriba stoico-cini-
ve a liberare l'uomo dalle necessitÌt fisiologi - ca, in spec. leg. 1,173; vit. co1Jf. 73; cfr. net.
che (~ vn, col. 974). Tbom. :w .
mw&;w B 11 a-b {L. Goppelt)
21 In Palestina l'esito del raccolto dipende dal- alle catastrofi naturali. Alle due carestie che
le piogge invernali: deve piovere al tempo colpirono la Palestina in epoca neotestamen-
giusto e nella giusta misura. La scarsità di taria i dominatori stranieri fecero fronte, a
pioggia fa salire immediatamente il prezzo dci quanto ci racconta Flavio Giuseppe, acqui-
cereali (G. DALMAN, Arbeit tmd Sitte in Pa- stando derrate in Egitto: ant. 15,299 ss. (care-
liisti11a Il (1932) 331-337). Date le condizioni stia del 25-24 a.C.) e ani. 3,317 ss.; :W,49 ss.
climatiche della Palestina, è ·q uanto mai ra- lOo ss.; cfr. Aci. II,28 ss. (sotto Tiberio Ales-
ro che in un anno non piova affatto, impensa- sandro nel 46-49 d.C.).
bile addirittura che la siccità duri parecchi an- 21 Ps. 105,16 ss.; .r Reg. 17,1-16, cfr. Le. 4,25;
ni consecutivi. Le carestie durate più anni di .i Reg. 4,38-44; 6,27; Ps.33,19; 107,4-9; Prov.
cui parla l'A.T. possono riferìrsi al massimo a 10,3; lob 5,20.22; Neem. 9,15; Ps. Sal. r3 ,2;
periodi con scarse precipitazioni (DALMAN, op. 15,7.
cii. r r (1928) 195-199). Nella Palestina me- 21 Ier.14,12 s.; (15,2; 16,4;) 21,7.9; 24,10; 27,
riùionalc non si poteva facilmente supplire, 8.13; 29,17; 32,24.36; 34,17; 38,2; 42,17.22;
cC'me si usava nell'antichità, con importazioni 44,13; solo «Spada e fame»: Ier. 5,12; n,22;
r 391 (VI, 15) 7tELV<i.W BI 1 b - Il (L. Guppclc) (Vl,1511391
guire, come alla morte, un nuovo ìni- (Gen. 41,55; 2 Reg. 7,12) e inoltre, di-
zio. Non essendosi verificata questa verse volte, l'esaurimento, la spossatez-
svolta escatologica, ÀLµ6c, continuò ad za dopo un'azione bellica (lud. 8,4 s.; 2
c:ssere usato con questo significato, in- Sam. 17,29; cfr. Is . 5,27) o un viaggio
~ieme con la spada, la peste, ecc., per nel deserto (Deut. 25,18; Ps. 107,4-9),
indicare una punizione storica che a- e in questo caso traduce spesso l'ebrai-
vrebbe dovuto portare al ravvedimento co 'iijef 26 ; ma nella maggior parte dei
(Deut . 32,23 s.; Lev. 26,23-26; test . casi significa la condizione, lo stato di
Iud.23; Ps. Sal.13,2 s.; Philo, vit. Mos. fame permanente per una crisi naziona-
r,uo; praem. poen. 127; Ab. 5,8; Ab. le o sociale.
b. 5,10).
II. Il significato della fame secondo
In entrambe le suddette accezioni ÀL- l'A.T.
µ6ç è menzionato, spesso nell'apocalit- L'interpretazione della fame come fe-
tica giudaica 25 e regolarmente in quella nomeno sociale o nazionale dipende
neotestamentaria, tra i segni della fine. dal giudizio di fondo che uno esprime
sull'esistenza storica 27 • Predicando il
In questo tipo di discorso l'accento ca- ravvedimento i profeti annunciano la fa-
de ora sull'aspetto del 'non-ancora' ( Mt. me come punizione divina per coloro
24,7 par.: ÀLµol = carestie come 'ini- che sono attaccati ai beni terreni . L'op-
pressione straniera (l s. 5, 13; 8 ,21) por-
zio dei dolori', ci.pxiJ wolvwv ), ora sul- terà nel paese una fame il cui significa-
1'attualità del giudizio incipiente: Apoc. to ultimo è espresso da Deut. 28,47
6,5 s. (immagine della carestia; cfr. Ez. :;.: «Queste maledizioni verranno su di
te ... perché non avrai servito J ahvé, tuo
4,9-17); 6,8 (cfr. Ez. 14,21 ~ n. 2+);
Dio, con gioia e letizia di cuore, nel-
18,8 (effetto soggettivo della carestia). l'abbondanza di ogni cosa. Servirai al-
c) Nell'A.T. ÀLµ6ç significa soltanto lora i tuoi nemici, che Jahvé manderà
poche volte la privazione continua, do- contro di te, nella fame, nella sete, nel-
lorosa, avvilente del cibo necessario per la nudità e nella mancanza assoluta di
sopravvivere, la fame (Js. 5,13; 8,21; tutto» (cfr. Lam.5,10; Neem.5,3 ). Que-
Deut. 28,48; Lam. 5,10; Am. 8,11; cfr. sta privazione continua di ciò che è più
Tob. 4,13 ; Ecclus 18,25 ). Generalmen- necessario alla vita esprime il rifiuto e
te i LXX descrivono questo stato di co- l'abbandono da parte di Dio (ls. 8,21 }.
se con 'ltELvav. Così dalla fame di pane nasce un'altra
fame incomparabilmente peggiore, il
À.~µò.:;. 'tOU chouo-o:i Àoyov xuplou che
2. L'uso linguistico di 7tavciw
Am. 8,rr annuncia come giudizio tre-
Certamente 7tavciv indica anch'esso mendo: questa 'fame di ascoltar la pa-
in primo luogo l'effetto della carestia rola del Signore' non indica un au men-
2~ Cfr. A. WEISER, Dc1s Buch der 12 klei11e11 2•> Altri esempi dell'uso figurato nell'A .T .:
Prophcten (ATD) (1949/50) ad I. Già per l Ep. 38,25 ; Eccltts 24,21 ; lob 18, r 2.
questa ragione la ÀLµòc, µEy<iÀTJ ... eqi'OÀTJV
-.-ftv olxouµÉVTJV (Act . xr,28) non può aver si· 3q ~ 1t"t:WXOC,: dr. A . RAHLFS, 'iini unti
gnificato nelle fonti di Luca, come suppone 'iiniiw in d en Psalmen ( 1892); SELLIN, op . cit.
\XiENDT, Ag., ad l., l'acuto desiderio della pa- (-)o n. 2 7 ) 284-295; H . BIRKE LAND, Ani 1111d
rola di Dio da parte dél mondo. Anche Filo- Anaw ilt den Psalme11 ( 1933); A. Kus cHKF.,
ne usa ÀL!..tOC, in questo senso (~ col. 138.t, Arm 1111d reich im A.T.: ZAW 57 (1939 ) 31-
particolarmente in det. poi. ins. J 16). 57 ; A. W EISER, Die Pr. (ATD)' (r950) 55 s.
JJ95 (v1,16J nEtvà.w B II-Ili (L. Goppelt) · (VJ,17) 1396
rabbini la povertà non è in alcun modo ni di vita, in cui l'aiuto reciproco ga-
un'umiliazione salutare che porta a rantiva a ciascun membro un minimo
un'assoluta speranza in Dio, ma una di sussistenza che lo salvasse dallà fa.
sventura castigatrice o, nel migliore dei me'"'· Il giudaismo legalistico .,di 'tutte
casi, purificatrice 38 • le tendenze fece fronte alfa povértà,
Questo estinguersi della promessa ri- che dopo la catastrofe nazional~,~ro di-
volta ai poveri affamati(-+ n.43) è un ventata una niaga generai~ co11 'u n1opj!-
sintomo del crescente distacco tra il ra assistel1ZiJ1.e pubblica' ~rl\:àt~ 'qtian~
e
messaggio del giudaismo e quello del- to mai diffusa e gener-Osa. Questa azio-
l'A .T. Questo fatto è tanto più sorpren- ne cercò ad ogni modo di as!ìicu~~r~ al-
dente in quanto le condizioni sociali la popolazione un minim.o _dj §µs~ist.~~:·
fornivano una premessa maggiore, e za 41 , ma non invocò la'· pì:onie·ssii ·~[
non già minore, di una predicazione di trasformare la povertà in i1Jeriédizlblié.
tipo profetico. Poco prima che Gesù
apparisse sulla scena la politica di Ero- C. 7tEWrXW NEL N.T.
de il Grande _:iveva portato all'impove-
rimento di larghi strati della popolazio- r. I vangeli sinottici
ne, al quale faceva riscontro, con stri-
dente contrasto, la sempre crescente a} Secondo la trad,izfqn~· éf,'~~e a
. , -...::i1" .< . j:~fti~fl. (· ~;·-!.: ·'
ricchezza di una ristretta classe domi- Mt. 5,6 e Le. 6,21 Gesu ~~ .~~~:W:~N~
nante 39• Allo stesso tempo erano ap- beati gli affamati. La storia pri:;çed'ente
parsi gruppi religiosi di tendenze ora
più ascetiche (~ col. 1388) ora più del concetto (-... colL 1394~ ~:3'9;)" ~ )Jl
legalistiche che volevano attuare in testimonianz.~ globale dei sinottici ci
base ai loro principi la vera comu- permettono di capire chi fossero i
nità di Dio. Queste associazioni, pur destinatari di questa beatitudine, sen-
non essendo nate con finalità assisten-
ziali o sociali, di fatto erano venute a za bisogno della successiva aggiunta
formare delle vere e proprie comunio- esplicativa 42 che troviamo in Matteo 41 •
Gli 'affamati' sono quegli uomini che della propria giustizia 45 e cogliendo il
sono dolorosamente privi di quanto, e- cuore della promessa, intende l'avee fa-
steriormente e interiormente, è neces- me come un «aver fame e sete di giu-
sario per una vita secondo la volontà stizia». Questa fame non indicn lo sfor-
di Dio; non potendo aiutarsi da sé, zo per arrivare ad un comp:Jrtamento
essi si rivolgono a Dio in virtù della giusto, ma il desiderio ardente 46 che la
sua promessa. Questi affamati, ed essi volontà divina sia fatta; esso nasce da
soltanto, trovano in Gesti l'aiuto di un doloroso senso di privazione (Mt. 6,
Dio. Non costituiscono un gruppo reli- rn.3 3 ~ II, coli. 1254s.). La fame di
gioso o sociale già esistente 44 : la beatitu- giustizia, secondo la promessa divina,
dine, come in fondo era già promessa viene saziata in Gesù perché in lui vie-
nei salmi, è una parola salvifica che, nel ne il regno di Dio.
momento in cui viene pronunciata, crea Il Vangelo di Luca cc:Hrap;)one alla
gli uomini a cui è rivolta . Gli affamati fame significazione di salvezza un'altra
che Gesù chiama b ~ati non sono dei che è segno di dannazione: <( Beati voi
mendicanti, ma i credenti che davanti che adesso avete fame, perché sarete sa-
alla propria debolezza cercano in Gesù ziati» ( 6 ,2 r ); «guai a voi che adesso sie-
l'aiuto di Dio. te sazi, perché avrete fame» (6,~5). Le
Questo significato primario e più am- due forme di fame sono rappresentate
pio della beatitudine riceve in ciascuno nella parabola del ricco epulone. Il po ·
dei due vangeli una nota e un'infiessio- vero, che in vita avrebb~ voluto saziar-
i1e particolari. Il Vangelo di Matteo, te- si con i pezzetti di pan:! eh-: cad-::van::>
nendo evidentemente presente la pole- dalla tavola del ricco, nel se;no di A-
mica con il giudaismo che si gloriava bramo è liberato da ogni necessità
senta effettivamente un carattere precristiano, 30 (1932) 31·33; H_ SAHLIN, Der Messias 1md
ma non è nato in un gruppo giudaico precri- das Gottesvolk (1945) 168·171.312-322.
stiano, come suppone H. GuNKEL, Die Lieder H La beatitudine di Gesù non è diretta agli
i11 der Kiltdhcitsgeschicbte ]esu bei L11kas in : 'ammé bii-'are~ o ad una cerchia di 'ìinàw(m
Hatnai::k-Festgabe (r921) 43-60; per Lu,46 s. esistente in seno a questi, come suppongono,
49-55. L'inno è nato piuttosto insieme con le ad es., DIBELIUS, ]k. 39-44; W. SATTLER, Die
storie lucane dell'infanzia, essendo costruito Anawim im Zeitalter Jesu Christi in: Festga-
tutto secondo il modulo delle analogie con le be Hir A. Ji.i!icher (1927) r- 15; STRACK-B1L-
nascite per una particolare grazia divina pre- LERBECK 1 190.; HAUCK, Lk., ad I. e W. GRUND-
senti nell'A.T., le quali pervadono tutte ·1e MANN, op. cii. (~ n. 43) 8c. Cfr. invece R.
storie dell'infanzia di Gesù. Infatti si ispira MEYER, Der Am ha-Ares: Iudaica 3 ( 1947)
direttamente a 1 Sam. 2,1-ro. Il Magnificat ri- l96.
prende la promessa dell'A.T. sotto l'effetto del H Alla beatitudine fa risconcro in Matteo il
nuovo intervento salvifico di Dio, in ultima giudizio sul fariseismo (Mt. 23) e in Luca
analisi sotto l'effetto dell'opera di Gesti. Cfr. quello su quanci sono sazi e soddisfatti.
G. ERDMANN, Die Vorgeschichte des Lk.- und 4.J La menzione supplementare della sete sot-
Mt.· E v. und \!ergils 4. Ekloge = FRL N .F. tolinea l'ardore dcl desiderio.
l40l (VI,18) 'Tmv6:w e I a-b (L. Goppclt)
(cfr. Le. 13,28 s.), mentre il ricco è per la vera vita (Le. r5,2r-24; Mt. 6,33
tormentato da un desiderio inestingui- par. Le. 12,31; Le. 22,35; Aet. 4,34).
bile, che non può avere nemmeno il Secondo l'introduzione alle parabole de-
sollievo di un piccolissimo refrigerio gli smarriti (Le. 15,x s.), che in ogni ca-
(Le.16,19-31). Certamente neppure Lu- so è ben appropriata, gli affamati ven-
ca pensa che la beatitudine di Gesù gono saziati e i ricchi rimandati a ma-
sia diretta a quegli affamati che aspira- ni vuote (Le. x,53} quando, nel rinno-
no appunto a ·quanto il 'ricco' ha (Le. varsi della parola di promessa, gli uo-
6 1 24; l2,15-2r) 41 ; neanche Lazzaro mini cercano in Gesù l'aiuto di Dio. In
brama la sazietà dell'epulone, ma desi- questa prospettiva il maggiore rilievo
dererebbe avere soltanto i bocconi che dato alla necessità fisica di cibo nella
cadono dal suo tavolo (cfr. Le. 16 1 21 e beatitudine degli affamati sposta l'ac-
r5,16; Mc. 7,28 par.) 48 • La sazietà sod- cento sull'adempimento ( ~ VII, col!.
disfatta del ricco (Le. 16,25; dr. 6.,24), q83 s.).
che non lascia spazio ad un senso di
vuoto, di manchevolezza che lo porte- b) L'essenza di questa fame che vie-
repbe a cercare aiuto unicamente in ne caratterizzata e saziata dall'opera sal-
Dio, diventa una fame ·senza promessa, vifica di Gesù risalta in modo ancor
diventa perdizione (Le. 6 25). Luca,
1 più chiaro quando si considera la fame
acuendolo, riduce il signiGcato più am- che Gesù e i suoi discepoli soffrono per
pio della fame all'aspetto del nutrimen- amore della loro missione. Secondo Mt.
to, che nel terzo Vangelo viene così ad 4,1 s. (par. Le. 4 1 s.) la prima tentazio-
1
47 Questa sarebbe la conseguenza dell'inter- dimcnto e una promessa che mostra l'inizio
pretazione 'ebionita' sostenuta, ad es., da JoH. della grazia, la fine dell'autosufficienza (cfr.
\'{fE1ss , Die Ev. des Mk. 1111d Lk. ' (1901) 369 Le. 18,10-14).
4" La prima necessità che, secondo il Pater
s. }71 s.
11oster, contrnsta l'affermazione del regno di
48 Questo passo di Luca mostra al vivo il con- Dio sulla terra è la preoccupazione del pane
rrnsto tra le due esìstenze; ma neanche esso quotidiano (Mt. 6,II par.).
annuncia il capovolgimento delle condizioni 5•l Deut. 8,2 s. (LXX!: µvl]<rì)l)qn 1tCi.o-cr.v ~11v
terrene, come 3ULTMANN, Trad. zi1 e Jes11s o&6v, ijv lJ'YCt.YÉV <TE XVpLOt; OftEoc; <TOV ÈV ~TI
(192.9} 90 s. pensa si debba assolut11mente in- Èpl'Jµl(.l, o1twc; &v ... Èx1mpaun O'E ... xcr.t H.L-
tc·ndere. Il passo contiene un invito al ravve- ~tcr.yx6vTJO'Év trE .
TCEWclW eI b (L. Goppelt) (vr,20) I404
to del corpo a quello dell'anima e del- suo hanno lasciato ogni cosa (Mt. 19,
lo spirito 51, bensl il cibo puramente ter- 2 7) e pertanto soffrono la fame anche
reno a quello che viene da Dio. Egli nel giorno di sabato 54 , da colui nel
sopporta la fame a cui è costretto senza quale la bontà e l'aiuto divino sono
cercare di procurarsi da sé il necessa- presenti in misura incomparabilmente
rio per la vita. Ma come può allora giu- maggiore a quella del santuario di Nob.
stificare l'azione dei discepoli che, vio- Così tanto Matteo (cfr. 12,6 s.) quan-
lando il comandamento sabbatico, col- to, e ancor più chiaramente, Marco ( 2,
gono, per sfamarsi, delle spighe di gra- 27 s.) ci dicono che tutto è al servizio
no (Mt. 12,1-8 par.)? Nella discussione ·di chi è, a sua volta, al servizio di Dio
che nasce da questo fatto (Mt. 12,3 ( r Cor. 3 ,22 s. ), quindi più che mai al
par.) Gesù fa appello alla Scrittura e servizio del Messia e dei suoi discepoli.
ricorda l'episodio di David (I Sam. 21, Con loro si compie ciò che era prefigu-
2-7) che, «avendo fame», prese i pani rato con David e i suoi 55 • La fame die-
di presentazione i quali, secondo la leg- tro la quale s'intravede la fedele e ser-
ge (Lev. 24,9 ), potevano esser mangia- vizievole speranza nella salvezza di Dio
ti solo dai sacerdoti. La fame è quin- verrà saziata dalla grazia apparsa in Ge-
di (Mt. 12,r.3) una ragione sufficiente sù, insieme con l'altra miseria che atten-
per provvedere da soli alle proprie ne- de la salvezza divina. Sarà saziata anche
cessità, violando per giunta la legge ce- materialmente, perché ciò serva 5=ome
rimoniale 52 ? Gesù non giustifica il fat- segno. Colui che ha permesso ai suoi
to che delle persone affamate abbiano di raccogliere e schiacciare tra le mani
ptovveduto di propria iniziativa a sa- le spighe in giorno di sabato, alle folle
ziarsi, bensì la libertà d'azione ch'egli che l'hanno seguito nel deserto dà, sen-
ha lasciato ai suoi e quella che nasce za esserne richiesto, non solo la paro-
dalla sequela 53 • Ciò che David ricevet- la ma anche il pane per quel giorno, af-
te nella casa di Dio può più che mai finché ciò serva quale segno che chi vie-
essere concesso, a coloro che per amore ne a lui non mancherà di quanto è ne-
SI In questo senso Filone accost!I il dono del- nità crisriana pone in bocca a Gesù la giusti-
la legge al dono della manna: decal. 16 s.; cfr. ficazione della propria posizione riguardo al
ft1g. I39· sabato». Ma come sarebbe giunta ad inventa-
re una simile situazione quella comunità cri-
5
~ Così BuLTMANN, Trad. 14: «Difesa della stiana palestinese che era così osservante della
violazione dcl sabato a causa della fame me- legge (Act. 2r,20 s.)? L'episodio riferito in
diante una prova scritturistical>; similmente si Qoh. r. r ,8 non può provare l'esistenw di
esprimono KLosTERMANN, Mk. a 2,25 e W .G. una comune prassi sabbatica liberale.
Ki.iMMEL, ]esus tmd der iiidische Traditions-
S• Secondo Pea 8,7 di sabato doveva esser
geda11ke: ZNW 33 ( 1934) 121.
pronto un pasto anche per i viandanti.
53 Viceversa BULTMANN, Trad. r4: «La comu- 5> J. SCHNIEWIND, Mk. (NTD), ad I.
1tEW6.W e I b-c (L. Goppclt) (v1,20) 1406
~ È questo il messaggio della moltiplicazione gine la leggenda presenta Gesù che, nella sua
dei pani riportata ben 6 volte; cfr. SCHLAT- qualità di Signore della natura, dichiara che
TER, Mt. 466 s. quanto non serve all'uomo non merita di vi-
57 Mc. II,22-25 par. sono logia indipendenti: vere.
6!l Cfr. ZAHN, Mt ., ad I.
BULTMANN, Trad. 24. 61 Cosl ZAHN, Ml. 415-417; DAUSCH, Syt1op1.
5'! Così ScHNIEWIND, op. cit. (~ n. :;:;) ad l.;
179; KLOSTERMANN, Mt.; J. SCHNIEWlND, Mt.
particolarmente per Mt.21,18 s. dr. ZAHN, Mt . (NTD) ad l.; H.v. SoDEN ~ 1, coll.388 ss. Per
625 s.; ScHLATTER, Komm. Ml. 618; DAuscH, la storia dell'interpretazione cfr. \Y/. BRANDT,
Sy11opt.' 281 s.; per Mc. rr,12-14 .20 s. già D. Die geringsten Briider: ]beh der Theologi-
F. STRAUSS, Leben ]esu n (1864) § 8r; KLO- schen Schule Bcthel 8 (1937) r-28.
STERMANN, Mk., ad l. Diversa interpretazio- 62 O. MrcHEL ~ VII, coli. 246 ss. e soprattut-
ne propongono Ji.iLICHER, Gl. ]. n 444-447; to SCHLATTER, Mt. 133 s. avanzano questa in-
HAUCK, Mk.; LOHMEYER, Mk. , ad I. terpretazione di Mt. 5,3 ss.
S9 Contro LoHMEYER, Mk. a u,12 s.; in ori- 6l - n. 31 e BULTMANN, Trad. 130 s.
11-nv<iw C 1 c - 2 (L. Goppcltl ·
tra sé e gli 'affamati' diviene per costo- dità, siamo percossi senza dimora e
ro reale soltanto nell'unione con lui. stanchi» . La fame che l'Apostolo soffre
nonostante l'aiuto generoso delle comu-
2. L'epistolario paolino
nità · è per lui un segno della continua
Nella concitata pericope di 1 Cor. 4, attesa della salvezza finale e dell'appar-
6-13 si vede come la beatitudine degli tenenza presente a Cristo, salvezza di
affamati si attui prima che la fede di- Dio. La vita che vive nella fame e nel-
venga visione 64 • · Con pungente iroi;iia la sete (év À.Lµ<{) XCl.L OltVH) prova ch'e-
Paolo descrive l'atteggiam~nto di tina gli è servitore di Cristo (2 Cor.rr,27) 66 •
patte della còmunità come irreale an- Anche in Rom. 8,35 Paolo menziona la
ticipazione della perfezione, del compi- fame e la nudità (À.Lµoc,, yvµv6·n1c,) tra
mento finale; esso è frutto dell'errata i dolori ch'egli sopporta per Cristo; es-
interpretazione gnostica della redenzio- si non separano dal suo amore, ma ven-
ne 65 , e l'Apostolo vi contrappone la via gono sopportati da chi ama, e noi pos-
della fede che giunge alla perfezione siamo gloriarcene perché sono pegno
passando per la croce, come si riscontra della speranza (Rom. 5 ,3 ss. ). Anche la
nella sua vita. mancanza delle cose più necessarie,
I Cor. 4,8. II: «Certo, v01 siete or- quando ci affiigge, è espressione e at-
mai sazi, siete ormai ricchi, siete diven- tuazione del nostro morire con Cristo
tati re senza di noi ... Fino a questo mo- ed è pertanto pegno della nostra parte-
mento noi soffriamo fame, sete e nu- cipazione alla sua risurrezione, che già
61 C'è una tale somiglianza con le beatitudini, Cor. II,J.+I; non pretende che tutti i membri
che è possibile che Paolo le abbia in mente della comunità abbiano lo stesso cibo, ma ri-
mentre scrive queste parole. chiede che tutto, soprattutto l'agape, sia fatto
6' A differenza della sazietà dcl mondo e dcl con amore, che è superiore ad «Ogni cono-
fariseismo, la soddisfazione che viene rifiuta- scenza» ( r Cor. r 3,i) e accetta quale «nuovo
ta qui non si basa sulla forza naturale, bensl comandamento» persino l'obbligo d i nutrire il
sulla redenzione in senso gnostico. La conce- nemico che ha fame (Rom. r 2 ,20 = . Prov. 2 5,
21 ).
zione gnostica della salvezza scavalca la fed e,
ed esorta a godere al presente della perfezione 60 Nel passo simile di acl. Thom. '45 la fame
finale spiritualizzata e :lutorizza ad usare a e la sete non sono più una conseguenza del
piacere delle wse corporali e terrene che non servizio reso .a Cristo, bensì f'adempimentu-
hanno più né valore né potere ( l Cor. 4,10; stesso di tale servizio: «Vedi, dunque : ho
9,3-5; 2.Cor. u,19 s. ). Non è un caso che, nel- compiu10 la cua opera ed ho eseguito il tuo
h1 celebrazione delle agapi comunitarie di que· ordine e sono diventato povero , bisognoso,
ste persone 'sazie e soddisfatte', alcuni abbia- straniero. schiavo, odiato, prigioniero, affama·
no fame, mentre altri sono ubriachi (1 Cor. to, assèstato, nudo e stanco ... possano le mie
u,2 il. Anche Ignazio rimprovera gli Gnostici preghiere ed i miei digiuni non essere inva-
di non aver misericordia per gli affamati (Sm. no». Cfr. 156: «Tu, povero, che sci stato bi-
6,i). Anche questo tipo di sazie tà non cono- sognoso e hai digiunato quaranta giorni, sazi
sce misericordia. Paolo consente che ciascuno con i tuoi beni le anime assetate»; cfr. anche
mangi a casa tutto quello che l'uole e può (I I.f9·
1tEW!iw e 2-3 (L. Goppelt) (vr,22) I410
13 presenta una novità: la fame non è ne a me non avrà più fame e chi crede
considerata da Paolo un signum, ma in me non avrà più sete» . Chi crede in
una possibilità della sua esi'Stenza, che Gesù proverà personalmente quello
si alterna con la sazietà. L'Apostolo ch'era stato promesso dal profeta: «Non
non vanta un'indipendenza interiore avranno né fame né sete» (ov 'ltELWi-
dall'alternanza di sazietà e fame, simile <rovow ouoÈ o~~lJO'OVCTLV, Is. 49,ro) 70.
a quella che lo stoico raggiunge con Ma anche qui Giovanni non riprende
l'ascesi e lo gnostico con la redenzio- direttamente i concetti dell:A.T.: la fa-
ne 67 , bensì afferma di possedere la for- me che Gesù è pronto a saziare non è
za di assumerle, di accettarle entram- quella 71 ( r 5 A r ss.) vera e propria, ben-
be 68 • Nella prospettiva della croce e sl l'appetito, il desiderio ricorrente di
della risurrezione di Cristo Paolo con- pane nel suo significato più profondo 72
sidera e accetta sia la povertà che l'ab- col quale si manifesta, negli esseri de-
bondanza come parti e momenti omo- stinati alla morte, la brama di vita ;.1_
genei della vita ch'egli ha scelto. Così Questa brama non può esser soddisfat-
7tELViiv non indica neanche qui una vi- ta da doni materiali, non può esser pla-
cenda del destino, ma è espressione del- cata dal pane terreno (lo. 6,27) e nean-
che dalla manna miracolosa (Io. 6,31 s. testi gnostici 76 ; essa non esclude, anzi
49 ). In questo desiderio acuto e insop- include, la soddisfazione, concreta, po-
primibile si esprime l'istinto di soprav- tremmo dire fisiologica, promessa in
vivenza, che è pronto a servirsi di qual- Apoc. 7,r6.
siasi dono per combattere la morte (Io. Anche in questo caso la medesima
6,26.30 s.). Per questa ragione tale bra- formulazione assume nel Vangelo di
ma vien presentata al Figlio dell'uomo Giovanni tratti più ellenistici e nell' A-
che ha veramente in sé la vita, perché pocalisse tratti tipicamente veterotesta-
viene dall'a!to e dà la propria carne mentari. In Apoc. 7,r6 s. a «coloro che
(vap~) alla morte (lo . 6,27.5r.53 s. 62 vengono dalla grande tribolazione e
s.; 5,2r.26s.). Stringersi a lui significa hanno lavato le loto vesti e le hanno
placare il desiderio di pane, perché Cri- rese candide col sangue dell'agnello»
sto Io soddisfa anche per quanto riguar- (v. r5) viene promessa, con le parole di
da il suo particolare scopo ultimo. Is . 49,10, la liberazione da tutte le af-
«Non avrà più fame» sono parole che flizioni sopportate con il mondo e dal
significano la fine e la soddisfazione del mondo, incluse la fame e la sete: «Es-
desiderio incluso nel bisogno di pane. si non soffriranno più né fame né sete ...
Pur avendosi, in questa particolare ac- perché l'agnello ... li pascolerà e li gui-
cezione giovannea, un avvicinamento derà alle fonti dell'acqua di vita». Ciò
all'uso gnostico-ellenistico del concetto, che la beatirudine degli affamati e l'of-
!.t promessa <li Gesti non viene subli- ferta del pane di vita affermnno solen-
mata in senso dualistico 7~; il suo cen- nemente e promettono viene ricevuto
tro spirituale viene: messo in risalto pit1 nella sua interezza corporale soltanto
energicamente che in Matteo (---7 coll. nel nuovo mondo (Apoc. 2 J ,4 ss. ). J n-
1399 s.) e il suo significato più profon- vece qui, nella 'tribolazione', si vive
do viene reso nuovamente compren- nella dolorosa ambiguità di cui Paolo l.·
sibile 75 • L'offerta contenuta nelle p;uo- testimone(~ coli. 1407 ss .).
le di lo. 6, ~ 5 è hen cli\•ersn da nnaloghi L. GOPPELT
T.Etpa. X"tÀ.
M . KAHLER, art. 'Versuchung': RE 1 20,;;82- <le Baccalauréar. Strasbourg ( 1943} (solo datti-
586; O. PrrER, art. 'Versuchung' : RGG 1 v loscritto); Io., Essai d'une 4oclrine chrétien·
J 575 s.; CREMER-KOGEL 913·918; TRENCH § ne de la 'fentation ( 1954). Per la bibliografia
50; BLASS·DEBRUNNER § 101 s.v.; i lessici s. relativa alla sesra domanda <lcl Pater nosler
v.; F. KoSTER, Die bibl. Lebre vo11 der Ver· -+ n. 44; per la bibl. riguardante la tenrazio-
suchung {1859); A. SOMMER, Der Begri/j dcr ne di Gesù -+ n. B·
V crsuchung im A.T. u11d ]11de11t11111, Diss. 1 Per l'etimologia ed il significato <lei termine
Breslau, stampa parziale (r935); J.H. KORN, vedi E . FRAENKEL, Gescb. der griech. Nomi·
DEIPAl:MOl:. Die Versuch1111g des Cliiubi- na agelllis attf ·"t'T]P, -"twp, ·"t'T]ç u ( 1912) 101
gen in der griech. Bibel = BW ANT 4 F 20 H s. e-+ KoRN 18 n. I.
( i937); P. VALLOTTON, Étude linguirtique srtr 2 Per la costruzione col genitivo vedi ScHWY·
/,· co11cep1 de Te11tatio11 dam la Bible, Thèse ZF.R li 105.
r415 (v1,23) 1tEtpa A 1-6 (H. Seesemann)
3 Per il rapporto tra 1mp&.w e nEtp&.t;w vedi tivo compiuto con intenti ostili, mentre in
PH. BuTTMANN, Ausfuhrliche griech. Sprach- ooxtµa!;w manca il momento dell'ostilità. Mn
lchre II (x827) 208 s.v. e~ KORN r8 n. x: «La i due verbi possono essere usati anche promi·
forma intensiva mtp&.t;w rafforza... in senso scuamente. ~ KORN xx, nota.
soggettivo-volontaristico il significato partico- 4 Altri esempi in PAssow e PRF.USCHEN-
lare già presente nella radice ... Uno che è 7tEL· BAUER, s.v.
p&.!;wv vuole 7tEtpriv, cioè... cerca con tutte le
forze di fare qualche cosa». Ma il rapporto s Ed. F. DE MÉLY e e.E. RuELJ..E, Les Lapi-
tra nnp&.w e 7t€Lp&.!;w non può essere definito daires des l'antiquité et du moye11 oge Il : Le
in termini di differenza semantica, bensl pre- Lapidaires grecs ( 1898) 40,24.
cipuamente in base ai dialetti: 7tEtpttw è at- 6 Ed. V. JERNSTEDT e P. N1KJTIN, Mémoires
tico, 7t€tpal;w ionico e della koiné [DEnRUN- de l'Académie Impéria/e des Sciences de SI .
NF.R]. Per il rapporto tra 7tELpttl;Etv e lioxtµcX.- Petersbourg, 8' Série, Classe de Sciences hi-
0
•
SELV cfr. TRENCH e CREMER-KOGEL. Nella mag- storico-philologique, Tome Xl Nr. r (1912) p.
gior parte dei casi 7tELpcX~ELV indica un tenta- 124,18.
1tEtpa. A 6 - B I a (H. Secscmann)
wv, «il Ponto era ancora sconosciuto ai Gen. 3,1-19, cede alla tenta%ione di vo-
Greci» 7 • ler essere come Dio e così si ribdla al
comandamento divino, lo viola e divie-
B. A.T. E TARDO GIUDAISMO
ne pertanto colpevole. Fin dalla caduta
Come la grecità profana, così anche i primordiale l'obbedienza ch'egli deve a
LXX conoscono un uso puramente pro-
fano dei vocaboli 1tELpaoµa.L e 1tELpci- Dio è minacciata continuamente dalla
!;w 8; ad es . r B<m. 17,39: David dice tentazione, o perché Dio lo mette alh1
a Saul: ov
µi] ouvwµ.a.L 1tOpEVM}vm Èv prova o pe1·ché l';tvversario (Satana} è
-.ou-toLç, O'tL ou 1tE1tELpC1.µ.m, «non pos-
all'opera 9. D'altra parte 'ltELpa~wv è u-
so presentarmi in queste armi, poiché
non sono pratico». Similmente, ad es., 3 sato anche quando sono gli uomini a
Bar1.ro,r (= 2Par.9,r); Eccl.7,23e tentare Dio.
spesso nei libri dei Maccabei (dr. r
Mach. 12,ro; 2 Mach. ro,r2; 3 Mach. r,
25, ecc.) . r. La tentaziu11c: dell'uomo
a) In Ge11. 22,r-19 abbiamo l'esem-
Accanto a quest'uso profano ne ab- pio più noto di una tentazione dell'uo-
biamo uno squisitamente religioso. Il mo da parte di Dio. L'episodio comin-
verbo ebraico nsh (al pi'el), che i LXX cia così: xcx.t ÈyÈvE-r:o µnà -cà p'r)µoc-ca.
w;iha ò lkòc; ÈTIEtPIXSEV -còv A~pcw.µ ,
traducono con 7tELpasw, ha spesso una «ora, dopo queste cose, Dio tentò Abra-
chiara connotazione religiosa, che passa mo» (-4 I, coli. 2 3-30) 10 . Dio stesso in-
anche nella traduzione greca. In tal mo- terviene nella vita di Abramo e lo ten-
ta, mette cioè alla rrova la sua fede e
do m:Lpd:sw (e anche m:Lpcx.O"µoc; x-r À.) la sua ubbidienza. Abramo supera la
amplia notevolmente il suo significato tentazione eseguendo senza obiezioni
e quindi è anche molto più frequente l'ordine di Dio e recandosi con Isacco
all'altare dei sacrifici. Allora Dio gli di-
che nel greco profano ; quella di tenta-
ce: vuv ... EyVW\I O'tL cpoBn -CÒ'V i}EÒ'V CTOV,
zione è infatti una delle idee bibliche «ora ... so che temi il tuo Dio» (v. 12).
fondamentali. Il Dio dell'A.T. è in pri- Nelle sezioni più antiche dell'A.T.
leggiamo più volte che Dio tenta l'in-
mo luogo un Dio esigente, che richiede
tero popolo d'Israele. Anche in questi
all'uomo timore rivercn;r.ialc, fede e fi - casi il contenuto della tentazione è u-
ducia. Ma l'uomo, come mostra gii1 guale a quello della tentazione d'Abra-
1 Per altri possibili significati vecli i lessici lcntazionc mm è altro che una formula rdi ·
s.v. giosa per indicare il conflitto dialettico di be·
ne e male... Di conseguenza, <love la crea·
8 La forma attiva 1tEtpéiv manca nei LXX e
zionc del mondo è concepita come atto etico,
nel N.T. Cfr. HELBING, Kasussyntax r43. Nei
è necessario e inevitabile che le sia assodata,
LXX come nel N.T. la forma nnpa1;Ew è usa-
in una forma od in un'altra, l'idea della ten-
ta più spesso di 1tELpiiCTilc:u. In Prov. 16,29
tazione». Cfr. anche ~ KoRN, passim.
abbiamo a1t01tELpéÌ.<Tilct.L = indurre, sedurre.
w ~ KoRN 48·60; ivi altra bibl. Cfr. D.
9Cfr. E. LoHMEYER, KJ•rias ]esur: SAH LoRCll, Tsaah Opferung i11 chr. De11tu11g
1927/28 Abh. -I (1928 ) 27 s. : «Così l'idea di ( 19JO).
nE~pa B I a-b (H. Seesemann) (vc,25) 1420
mo: Dio mette alla prova l'ubbidienza subordinato al piano salvifico che egli
del suo popolo. In Ex. 20,20 la promul- ha concepito per il popolo d'Israele 11 •
gazione de11a legge è considerata una Il 'TCEtpa<1µ6c; del suo popolo è uno dei
di queste prove: EVEXEV yà.p "t'OU 1tEt.- mezzi per attuare tale disegno salvifico.
paua.1. uµac; 1tctpE')'EVf}i}T} Ò i}eòç 1tpÒç
vµfi<;, oitwc; liv yÉV'l)"t'CX.t o q>6~oc; rtÙ"t'OV b) Una posizione particolare ha la
ÉV uµi:V, ~\1(1. µ'Ì) àµap"t'aVT}'tE, «per que- storia del peccato originale (Gen. 3,r-
sto Dio è venuto a voi: per mettervi al- I9). Benché nel racconto manchino i
la prova, di modo che il suo timore fos- verbi nsh o 'TCEtpasw, è innegabile che
se in voi affinché non ·pecchiate» (cfr. si narra come il serpente abbia tentato
15,25 s.). Anche Ex. I6>4 parla di una e sedotto Eva 12 . La differenza essenzia-
tentazione, cioè di una prova cui il po- le tra questo racconto e i passi esami-
polo vien sottoposto per stabilire «se nati in precedenza è che la tentazione
cammina nella mia legge o no» (El ito- non proviene da Dio, ma dal serpente,
pEUO'OV'tctt "t'Q 'Voµl[.) 1.iou ii oiJ). Deut. che è, sì, una creatura di Dio, ma rap-
8,2 precisa così il carattere di questa presenta il suo avversario e mira a se-
prova: oitwc; 8.v ... &1.a.yvw<Ji}fi "t'à Év -rn parare da lui gli uomini ( ~ rx, coll.
Xctpolq.. <TOU, El q>UÀa;TJ 't'à.ç É\l'tOÀà.c, 42-47) 13 • Si presenta così un'idea nuo-
U.Ù't'OU ii ou, «per conosce.re quello che va, che appartiene solitamente alla tra-
avevi in cuore, se osservavi i suoi co- dizione più recente: l'uomo vien posto
mandamenti o no». Questi passi chiari- dall'avversario di Dio nella situazione
scono ulteriormente il significato della di doversi decidere per Dio o contro di
tentazione d'Abramo: come Dio vuol lui. Nella tradizione più antica, invece,
vedere se Abramo ha il giusto timor di mancano tanto quest'idea quanto la fi-
Dio, doè la giusta fede, così intende gura di Satana, ed è Dio che prova l'uo-
fare con tutto il popolo. Secondo lttd. mo e lo pone davanti a tale decisione.
2,22 Dio decide di non cacciare dalla
terra di Canaan quelle popolazioni pa- La figura di Satana (~ cra"t'avaç)
gane che Giosuè vi aveva lasciate «per appare nell'introduzione del Libro di
mettere alla prova Israele per mezzo di Giobbe. Nel testo masoretico di questo
esse e vedere se osservano la via del Si- libro mancano i termini tecnici del!rt
gnore e camminano in essa... o no» tentazione, ma qua e là essi sono pene-
( -.ou 7CE1.pcicra1. Èv whoLç 'tÒV I<Tpa.T}À. tra ti nei LXX 14 ; lob 7 ,r : 7t6"tepo\I oùxt
El q>uÀ.a<T<rov-ra1. 'tlJV ò&òv xuplou ito- 1tELpr1:t1)pL6v f.cr·nv o {3loc; &.vi}pc.:.mou
pEuEcri}u.1. Èv ahrii... fi ou ). La conce- È1tt 't"Ti.c; yTjc;;, «forse che la vita del-
zione teologica che soggiace a questi 1'uomo sulla terra non è una ten tazio-
passi, particolarmente chiara in lud. 2, ne? »; 10,rr b-fiya.yEc; OÈ trc'ÈµÈ nEL-
22, è che Dio stesso guida continuamen- pu.-r1)pi.a., «ma hai inviato contro di me
te la storia e che ogni avvenimento è tentazioni» (cfr. 16,9; 19,12; 25,3).
Il H.W. l-IERTZBERG, Uic Biicher ./orn,1, Ricb- 11 ~ KoRN ~-18 : 'Die Macluigkeit der IlEI-
ter, Ruth (A.T. Deutsch) ( 1953) 160 s. lIAl:MOl>Typologie im biblischcn Sprachgc·
'~ Qucst11 interpretazione si trova chiaramen- brauch'. Cfr. anche 70-76. Vedi \fl 17 ( 18),30,
te esprcssn in vii. Ad. spec. v. ro: Adamo di· dove i LXX traducono tv aot puaM}O'oµa•.
..:e ad Eva: «Come puoi lasciarti sedurre un'al· cinò 'ltELPCt'tlJPLoll un testo ebraico che non è
tra volta dal nostro an ·crsario?». cJel tutto chiaro (ki.b'kii 'iiru~ g'dtid). Per \'in·
n Cfr. anch..: O. PRoc1:sc11. Tbeologi.- ,/,.s 1\. tcrpretazionc dcl resto ebraico vedi i com·
T. (1950) 493 s. men tari .
1421 (v1,25) ~E~P<Z B I b·c (H. Seeoemann) (v1,26) 1422
Nei dialoghi viene affrontato tutto il pl~, È't'olµacrov -.i)v ~ux-fiv crou Elc; im-
problema della tentazione dell'uomo prurµ6v, «figlio, se cominci a servire il
pio, e soprattutto il problema centrale Signore, prepara la tua anima alla pro-
del significato della sofferenza del giu- va»; in 33,r l'assicurazione: -.Q cpo~ou
sto 15• Il superamento della tentazione è µÉv~ xuptO'V oùx 1bta.v-.1}crEt XIXXO'V,
espresso chiaramente nell'affermazione à)..)..'fv 1tELpa.crµ4) xa.t mX.À.w l~EÀ.EL"t'CXL,
di Giobbe: oloa O't'~ mi:v"ta ouvMm, «chi teme il Signore non incontrerà ma-
aÒIJ'Va't'Ei ÒÉ eroi oMÉv, «(Signore,) so le alcuno, ma nella tentazione Dio lo
che tutto puoi e nulla ti è impossibi- libererà». Bastano questi due esempi a
le» (42,2 ). Proprio questa totale sotto- mostrare il notevole cambiamento subi-
missione alla volontà di Dio, anche tra to dall'idea di tentazione. Anche se in
i morsi di una sofferenza inspiegabile, queste asserzioni generiche è difficile di-
costituisce l'essenza dell'ubbidienza ri- re con precisione che cosa s'intenda con
chiesta da Dio e anche il primo pas- 1tELpr.:crµ6c;, pure non c'è dubbio che il
so nel superamento della tentazione. In concetto di tentazione si è notevolmen-
fondo, anche in queste parole di Giob- te avvicinato all'idea squisitamente gre-
be è espressa la medesima idea che ab- ca di educazio!1e (~IX, coll.105-190) 17 •
biamo notato più sopra parlando della Dio si educa i propri eletti; cfr. Sap. 3,
tentazione di Abramo e di tutto il po- 5 s.: (olxa.LoL) ... ÒÀ.lya. 7ta.tOEutMV-rEc;
polo d'Israele da parte di Dio: chi è e· IJ.EYtÌ.À.a. EÙEPYE'tr)1'1}crov-.a.1, lht 6 ~Eòc;
sposto alla tentazione è tentato proprio È'ltElpcxcrEv a.v"t'oùc; xa.i EVPE'V a'hoùc;
nella sua prontezza a credere nell'onni- ciçlouc; Èaunù· wc; XPUO'ÒV lv )(WVEU't''l')-
potenza di Dio. Continuare nell'ubbi- pl~ ÈooxlµrurEv a.1hovc;, «(i giusti) do-
dienza e resistere alla tentazione signi- po essere stati castigati un poco saran-
fica pertanto, in ogni caso, tener conto no largamente premiati, giacché Dio
di Dio. Il N.T. (Hebr. u,r7-r9) inter- li ha provati e trovati degni di sé. Li
preta in questa prospettiva l'ubbidien- ha provati come oro nel crogiuolo».
za d'Abramo quando, parlando del sa- (Cfr. Sap. 1 I ,9 e Ecclus 34,9 s. 18 ). Ma
crificio d'Isacco, dice appunto che il in quest'uso il concetto della tenta-
patriarca ubbidl «ritenendo che Dio è zione è privato di quella gravità che
capace di risuscitare i morti» (v. 19: lo caratterizza nel resto delI'A.T., giac-
À.oyLcraµEVoc; o·n xa.t ÈX 'VEXpWV ÈyEl- ché non abbiamo più in primo piano
PEW 01Ncnòç ò i>Eoc;). Dubitare di Dio l'idea che si possa cedere alla tentazio-
e non tener conto di lui significa invece ne, fallire nella prova. In questa nuova
disubbidire e cedere alla tentazione. prospettiva va posta l'invocazione a
Dio: ooxlµa<rov µE, xuptE, xa.t m:lpr.c-
c) Negli scritti sapienziali dell' A.T. si a-6v µE, itUpWCiO'V 't"OÙ<; VEq:ipouc; µou,
parla molto della realtà della tentazio- «saggiami, Signore, e mettimi alla pro-
ne 16 • In Ecclus 2,r troviamo l'esortazio- va, esamina col fuoco le mie reni » ('1J
ne: "t'ÉXVO'V, EÌ 'ltpoCTÉp;(Tl OOUÀ.EUEW XU- 2 5 ,2) 19.
Das Orda{ im alte11 lsrat!l 11: ZA\V/ N.F. 10 Dio) mi trovò provato in dieci tentazioni». I
(1933) 2-16-248. r:ibbini s'intrattengono anche sull'aspetto po-
~o Per il problema della tentazione d'Isacco, sitivo delle tentazioni: dr. STRACK-BILLER·
non menzionata nel Genesi, cfr. ~ KORN 50 s. BECK I 135. Per il numero di dieci tentazioni
l' STRACK-811.1.ERBECK IV 108. cfr. STRACK-BtLLERDP.CK III 4IL W . STAERK,
~ 1 Cfr. il testo dd trattato PirqJ Ah6t curn- Dic sieben Sii11le11 dcr \\/'elt tmd des Hauses
w da K. MARTI-G. BEER nell'edizione della dcr \Veishcit : ZNW 35 (1936) 232 s., cita una
l\lishn;t di Gicss (1921) 119 s_ Cfr. inoltre la serie cristiana di IO coppie, <la Adamo fino a
presentazione della figura di Abrnmo in Iub. Cristo, che erano destinate al mondo come
17 e STRACK-Bll.LERBECK 111 181.197. ~ KoRN fenlafio (Ps.-Clcm., bom. 3,61 [ 55] ).
.18-60. In rcsr. los. 2.7 si kggc : «Egli (scii. n STRl\CK-BILLERBECK 1v 470-480.
1tE~Pet. B re - 2 a (H. Seesemann)
tazione, perché vi si era esposto da so- afferma più volte che Dio è 'tentato' ·
lo. Ex. r. 31 (9rc) tramanda una senten- dagli uomini. Ex. 17,1-7 racconta del
za che suona: «Non c'è alcun uomo che popolo che "in Rafìdim mormora contro
Dio non abbia tentato». Mosè a causa della mancanza d'acqua.
f) Filone condivide pienamente la Mosè risponde: -.l ÀotoopEicr~É µot, xcx.ì.
concezione sapienziale della tentazione 'tl 1tEtpa~E't"E XUptov;, «perché mi insul-
e pone in primo piano il concetto di tate e perché tentate il Signore?» (v. 2;
educazione. Egli è tanto preso dalla ~ II, coll. 573 s.). A ricordo di questo
a<TX.T)CTtc; !ÌpE'tfjc; 23 , l'educazione alla vir- episodio il luogo viene chiamato mas-
tù nella quale egli riconosce l'opera e sa = Iletpaoµ6c; (dr. Deut. 9,22).
l'intenzione di Dio, da non porsi nean- Num. 14 riferisce le parole con cui Dio
che di sfuggita il problema della tenta- annuncia la punizione che infliggerà
zione 24 • Il termine 'ltEtp(.(crµ6c; manca al popolo che aveva mormorato contro
sia in Filone che in Flavio Giuseppe. di lui; il v. 22 dice: O"tt miV'tEc; ot
<J.vopec; ot opWV"tE<; "t'lÌV ooça.v µov X(.(Ì.
g) Nella letteratura essena, che ora Tà CTT)µE'i"cx., Il È1tOL1)<Ta.- Èv Al')'Ù1t"t(f.) X(.(L
conosciamo bene grazie ai reperti di Èv -tii ÉplJf.l.(f.) >CX.U"tlJ, xa.ì. ÈitElprurO:v µE
Qumran, gli uomini vengono suddivisi •oih."o oÉXCX."tOV xa.t ovx El<rfixoucrocv
in 'figli della luce' e 'figli delle tenebre'. µov 'tfjç° <pwvfjc;, «poiché tutti gli uo-
La cosiddetta Regola della Comunità mini che hanno visto la mia gloria e i
presenta la situazione di lotta in cui si segni che ho compiuto in Egitto e in
trova il credente: gli spiriti del male questo deserto mi hanno tentato dieci
cercano costantemente di attirarlo dal- volte e non hanno dato ascolto aI;a mia
la parte delle tenebre ed egli vive in voce» 26 • Cfr. inoltre ~ 77,r7 s. 40 s.;
una tentazione permanente. Dato che 94,8 s.; 105,14. Tentare Dio significa
queste idee sono estranee all'A.T. e al quindi non riconoscere la sua potenza e
tardo giudaismo, la loro radice va pro- non prendere sul serio la sua volontà
babilmente ricercata nel tardo parsismo. salvifica; tale tentazione si manifesta
Anche se nella Regola manca il termine nel mormorare contro di lui e le sue de-
'tentazione', la realtà espressa da que- cisioni, nel misconoscere la sua gloria,
sta parola vi è chiaramente rappresenta- nel non osservare i suoi segni e prodi-
ta 25 • gi. Tentare Dio significa di fatto sfidar-
lo ed è quindi espressione di increduli-
2. L'uomo tenta Dio tà, di dubbio e di disubbidienza 27 . Per-
a) Nell'A.T. e nel tardo giudaismo si ciò nella spiegazione del primo coman-
21 Cft. W. VoLKER, Fortscbritt und .Volle11- 25 'Dieci volte' qui significa sicuramente 'mol-
d11ng bei Philo von Alexandrien == TU 49,r ti: volte'.
(1938) 154-259. 27 Sia~ KORN 31 .. 38 che~ SoMMER, passim,
24 In alcuni passi fìloniani è accennata l'idea si sforzano in ogni modo di stabilire un nesso
della tentazione; ad es. in co11f. ling. 130 si tra l'idea della tentazione dc:l'uomo da patte
parla del 'ltELP<l<TJc; Tijç cHiLxlo:c; e il nome di Dio e della tentazione di Dio da parte dcl.
Gedeone è interpretato come 1tELpa-ri]pLov; in l'uomo. Korn lo fa servendosi dcl concetto
/11g. 149, con riferimento a Gen. 38,20-23, 1tE~ stesso di tentazione, Sommer (come già ~
pa. e ooxLµa.crla. vengono associate [BER- Kii.HLER) con il concetto di provocazione, <li
TRAM J. sfida. Quest'ultima posizione sembra più chia·
2s Cfr. K.G. KuHN, 1tELpacrµ6c;-à.µap•la-crap!; ra. Non va però trascurato che le due serie
im N .T. und die damit wsammenbiingenden di pensieri hanno più elementi diversi che
Vorstclltmgen: ZThK 49 (1952) 200-22z. comuni.
1tEtpcx B2 a- e l (H. Seesemann)
ro,13. È probabile che Paolo voglia, da duce alcuno a peccare. Iac. l,14 è anco-
un lato, avvertire quei Corinzi che si ra più chiaro: causa della tentazione (e
sentono eccessivamente forti e sicuri di insieme del peccato) è la Èml>uµla. di
sé di badare a non cadere, rendendoli ciascuno, l'istinto malvagio che si anni-
attenti ad un pericolo che essi non sem- da in ogni uomo(~ IV, col. 601). Non
brano prender troppo sul serio, e, dal- è però detto donde r;>rovenga questa
l'altro, rassicurare i deboli che non sa- ÈmiJuµla.
ranno sottoposti ad una prova superio- Non del tutto consoni a tale afferma-
re alle loro forze 32• zione sono alcuni versetti precedenti ( r,
2 s.), ove leggiamo: 'ltMWJ xapii\I iir1i-
J~ KuHN, op. cit. (-4 n. i5) i17 s.: (< .. . duran- fluenza del pensiero greco.
te il continuo attacco di Satana Dio dà al cre- 35 Altrove nel N.T. il plur. 1tEtpacrµo( si ri-
dente anche la forza necessaria per resistere)). scontra solo in Le. ii,28; Act. io,19; ed anche
Questa interpretazione di r Cor. rn,r3 non iu 2,9 come variante dci codd. S* 69 al sy".
tiene però conto del contesto del versetto; Per Le. 22,28 ~ coli. i449 s. In Aci. io,19
inoltre è dubbio che l'espressione ò:.vbpwm- Paolo parla di 1tEtpo:uµol a cui egli fu esposto
voç 1tE~po;crµ6ç possa essere intesa cosl. nella sua atti\'itn missionaria. Qui il termine si
31 WIN01sc11, Katb. Br., ad I. avanza persino
avvicina all'accezione di pericolo, che è attesta-
l'ipotesi che i destinatari della Lettera di Gia- ta per il plurale e- col. qr6). In quest'uso di
como si richiamassero alla sesta domanda del 7\'Etpo:uµ6c; il momento della tentazione non è
P,1/er per sostenere la propria tesi. certo escluso, ma non può essere sempre in-
1
·' · Qui CÌ1tElpo:u-roç può essere soltanto un ag- cluso automaticamente. Cfr., nell'A.T., Det1/.
gettivo verbale passivo; vedi BLASS-D EBRUN- 7,19 e i9,i, dove si parla dei 7tE~po:uµol che
.\;[K § i82,3; WINDISCH, Kath. Br.; DIBELIUS, hanno colpito il faraone (le piaghe). In A ct
_Ii.: .. t1d l. Ivi altri esempi. Cfr. anche agr. 15,i6 i codd. DE aggiungono: (avl)pw1toLç mx.-
2 1: àvi)p 6:1ì6x~llO<; a:1tElpo:cr-.oc;. ~ KORN 3i po:oElìwx6o'L -ràc:; IJ!ux&.c:; a.u-r:wv) dc:; 1tav-ro:
n. i. scorge nclh1 sentenza di Giacomo un'in· 7tHpo:crµ6v: qui anche il sing. 1tE~pa.crµ6-; si-
r433 (v1,29) nei:pa C n r b-c (H. Seescmann) (v1,30) r43.f
gnifica pericolo. In Sap. 3,5 s. (un passo for- -rE ... fo.v-roùr, liox.tµat;E"tE ( ~ coli. 14.28 s.}.
se noto a Giacomo e a Pietro) Dio è considera- J~ Anche la Lettera agli Ebrei sottolinea la
to l'autore della sofferenza (~ col. 1422). La m.:cessità della ùnoµov1J nelle tentazioni: tu ttì
prova a cui sono sottoposti i pii è un segno elci i cristiani sono chiamati 1tELprxt;6µtvo~ (Hebr.
favore divino. -+ SoMMJ;R J 3. 2,18). Hcbr. 11 elenca poL i pii dell'antico
ratto come esempi di questa Ù1toµovii (e 1tl-
J., ~ nmliEUW 1x, coll. ro5-r90 passim, spec. O"<t~r,), richiamando ( 12,2 s.) il modello di Ge-
B3 e e 3. -+ KoRN 13 nota. sù che sopporta pazientemente. flebr . 10,36
.n La facilità con cui i verbi lioxLµ&.t;Ew e esorta i lettori: ùnoµovljç yèt.p ÌfXE"tE xpdrxv,
7tELpa1'.;EL\I possono essere scambiati si vede, ~va ... xoµla1JO'i)E -r'Ì)v ÉnrxyyEÀ.lav (~ v11,
nel N .T., in 2 Cor. 13.J: fov-.oùr, 1tELPUSE- col. 63 s.). Per Hcbr. 1 r ,17 e 37 ~ n. 57 ·
1435 (Vl,JO) TIEtpC1 e II I c-d (H. Scescmann)
tazione si trova anche altrove nel N.T. pao-i}ii't'E. 40. Scopo del s~a.~o>..oc; (~ II,
Gesù fa presente (Mc. 13,22 par.) che coll. 942-950) è di far cadere i cristiani;
negli ultimi tempi (prima del giorno tanto più è sottolineata, quindi, l'esor-
del giudizio divino) faranno la loro tazione alla fedeltà (Apoc. 2,10b; cfr.
comparsa t!iEvo6xptO"'tot e tlJEuooitpocpij· Iac. 1,12) e alla certezza che il Signore
TIX.L «per sedurre, se possibile, anche gli sa proteggere i suoi: otoEv xupLO<; EUCTE-
eletti» (1tpòc; -.ò àito1tÀ.GC'lla.'ll, d ouva- ~Etc; Éx 'ltEt.pacrµov {JuEcri>t:u, «il Signore
TO\I, -.oùc; ÉXÀEx-.ovc;). Oltre a questi se- sa trarre i pii dalla tentazione» (2 Petr.
gni e miracoli tentatori in Mc. 13 par. 2,9).
viene profetizzata anche la tentazione
delle sofferenze escatologiche 39 • Ma il d) Fin dall'antichità la sesta doman-
termine 1tEtpa11µ6c; ricorre raramente in da del Padrenostro è stata oggetto di
simili nessi. Nella lettera alla chiesa di molte discussioni. Mentre tutti i mano-
Filadelfia vien promessa la salvezza Éx scritti leggono concordemer;ite xat wfi
"tijç Wpaç 'tOV 1tELprwµou 't'ljc; µEÀ.À.ou- drrEvérxnc; i)µ<ic; EL<; 1tEt.pcx.crµ6v, «e
<T1)C, EPX.EO"i}a..L É1tt 'tl\c; otxouµÉVT)C, oÀT)ç, non c'indurre in tentazione» (Mt. 6,13;
1tELpcXCTaL 't'OUC, XIX.'t'OLXOU\l't<XC, È1tt •iic; Le. 1 I,4), già Marciane leggeva xcx.t µ1'J
yljc;, «dall'ora della tentazione che de- acp'iic; 1Jµac; ELO"EVEXi}ljvrxL dc; 7tELp("l.-
ve. venire su tutto il mondo per mette- O'IJ.OV, «e non permettere che siamo in-
re alla prova quelli che abitano sulla dotti in tentazione» 41 • Per Marciane,
terra» (Apoc. 3,ro ). Qui 1tEt.pacrµ6c; non dunque, si chiede a Dio di proteggere il
i ndicn tanto la tentazione individuale, credente dalla tentazione 42 • La sesta do-
quanto l'intera crisi escatologica, tutta manda non ha niente a che fare con Ps.
In tragedia· e afflizione della fine; ma i39 1 2,3, dove l'orante chiede che il suo
non è esclusi.l la tentazione cui sari'I e- cuore sia messo alla prova, perché in tal
~;posto il singolo, perché i credenti di caso dovrebbe dire proprio il contra-
Smirne vengono avvertiti (Apoc. 2,10) rio: «induci noi in tentazione» 43• Non
che «il diavolo sta per cacciare alcuni di si tratta affatto di una prova; anzi, Ge-
voi in prigione», iòou µÉÀ.À.Et. ~aÀ.À.Ew ò sù insegna ai suoi discepoli di invocare
Ùt.ci.BoÀ.oc; È~ uµwv Etc; <pUÀ.axiiv LV(X 1tEt- Dio perché non ritiri da loro la propri;1
31 Vedi E. STAUl'PER, Theologie des N.T.' liano e di molti altri; cfr. Tertull., de oratio-
( 1948) § 53: 'Die Volloffenbarung des An- 11e 8: ne nos inducas in temptatiouem, id est,
tichristus'. ne nos patiaris induci ab eo utique qui temp-
40 Ciò che segue (xa.t ~l;E'tE l))...~ljiw 1jµEpwv tat; Lutero, nel Piccolo catechismo: «Perché
~ÉXC1) contiene un riferimento implicito a il diavolo, il mondo e la nostra carne non ci
Da11. l,12.14. ingnnnino e seducano... ».
41 Vedi l'apparato critico del Nestle a Lc.n,4.
43 Vedi anche E. LoHMEYER, Das Vater-unser'
H Questa è anche l'interpretazione di Tertul- ( 1947) l 34-146.
1437 (VI,p) mi:prI e Il Id (H. Seesemann)
mano e li preservi dalla tentazione a cui rola di Gesù che mette in guardia dn
le potenze avverse a Dio li espongono. coloro «che credono per un certo pe-
Tuttavia non è giusto, per spiegare la riodo, ma quando viene la tentazione si
domanda, pensare che Gesù aspettasse tirano indietro», 1tpoç xaLpòv mO"'t'Euou-
l'imminente verificarsi della fine, così O"W xat Èv xatpQ 1mpacrµov à<plcr-.av-
che la preghiera si debba intendere solo -.at. Questa interpretazione della para-
come richiesta di esser preservati dalla bola è probabilmente secondaria 46 ; ma
o nella tribolazione escatologica 44 • Ben- Luca, sostituendo Otwyµ6c; e iH..i:tJitc;
ché sia certo che questa crisi .final~ è otà. -.òv À.oyov con 7tEtpacrµ6c; 41 , rivela
inclusa nell'orizzonte della preghiera, come intende il nostro termine: il 7tEL·
pure è più naturale riferire la domanda pcwµ6c; consiste nella persecuzione e
a qualsiasi crisi, afflizione o tribolazio- nell'oppressione a motivo della fede. 11
ne. Né va dimenticato che, secondo la terzo evangelista ha certamente inteso
predicazione di Gesù, ogni difficoltà, in questo senso anche la sesta domanda
ogni pericolo e ogni 'ltEtpacrµ6c; rappre- del Pater.
senta anche un'afflizione e una tentazio- Secondo Mc.14,38 par. (per Luca cfr.
ne escatologica (~ rv, coll. 354-356)'~5 • anche Le. 22,40 ), nel giardino del Get-
Anche Le. 8,13 va interpretato in ta- semani Gesù dice ai tre discepoli : yp.J-
le prospettiva. Nella spiegazione della yopEL'TE xat 7tpoa-EUXEcrt}E, ~va µ1} Ì:'À.-
parabola del seminatore, a differenza di llT)'t'E Elc; 'ltEtpacrµ6v· -cò µÈv 7tVEGµa
Mc. 4,17 e Mt. 13,21 ( yi;voµÉvT)c; ll}..l- 7tp6t}vµov, 1J oÈ <Tàpç à<Ti)Ev·iic;, «veglia-
\)JEwc; il &iwyµou otà -.òv Myov, «quan- te e pregate per non cadere in tentazio-
do viene tribolazione o persecuzione a ne, giacché lo spirito è pronto, ma I.1
causa dell'evangelo» ), Luca ha una pa- carne è debole» 4 ~ . Il versetto è affine
cesi, µ1) 7tW<; btflpct.O'E\I vµà.ç Ò 1mp6..- alle ricchezze è ammonito a guardarsi
SW\I xa.t Elç XEVÒv yÉVl]'ta.L ò x6n:oç dal 1mptJ.CT(J.oç, dal laccio (mxylc;) e dal-
i)µl7iv, «per timore che il tentntore vi le brame ( tmi}uµlm) a cui è esposto
;1vesse tentati e In nostr:t fotica fosse e può facilmente cedere. Non è certa-
mente innaturale pensare che Satana sia tentazione di Dio ritorna altre due vol-
l'autore della tentazione come della te (Act. 5,9; r5,10), sempre in bocca a
trappola e dei desideri smodati (~ col. Pietro. La prima volta l'apostolo rim-
103 ); ma neanche qui lo si dice esplici- provera Saffìra per aver tentato, insie-
tamente. me col marito, lo Spirito del Signore
mentendo a proposito del ricavato dal-
2. L'uomo tenta Dio la loro vendita; i due coniugi avevano
sfidato con il loro comportamento lo
Anche il N.T., come l'Antico(~ coll.
Spirito del Signore, che «investiga ogni
I425 ss.), sa che gli uomini tentano Dio.
cosa» (r Cor. 2,10), ad accorgersi del lo-
Due volte si fa riferimento all'A.T. ( r
ro inganno. Il secondo passo si trova
Cor. 10,9; Hebr. 3,8 s.). In r Cor. 10,9
nella discussione del cosiddetto cunci-
Paolo ricorda (con un accenno a 1}177,
lio di Gerusalemme. Prendendo la pa-
18) come gli Israeliti abbiano tentato
rola nell'assemblea, Pietro ammonisce
Dio nel deserto e Dio abbia risposto
a non imporre la legge ai cristiani ex-
mandando i serpenti (Num. 21,5 s.) e
gentili. A suo giudizio una simile impo-
ammonisce poi i Corinzi a non incorre-
sizione costituirebbe una provocazione
re in una simile disubbidienza. Invece
di Dio il quale aveva mostrato, median·
di 'tentare' qui potremmo forse dire
te la rivelazione fatta in casa di Corne-
provocare, sfidare Dio, e a questo signi-
lio e ben nota anche a Gerusalemme,
ficato si adatterebbe anche il v. r 3. Il
che la libertà degli etnico-cristiani dalla
secondo passo è Hebr. 3,8 s. = Il; 94,8
legge non era contro la sua volontà.
s. (cfr. Ex. 17,1-7). Anche qui si tratta
di un'esortazione: i destinatari dello
III. Le tentazioni di Gesù 53
scritto vengono ammoniti a non ignora·
re il <rlJµépov e a non opporsi a Dio, ma r. Tra Ie lettere del N.T. quella agli
a piegarsi nell'ubbidienza. L'idea della Ebrei sottolinea con particolare insi-
51 Bibliografia: H . Wu.LRICH, Zur Verm- rung ( 1921) 14-21; M. ALHERTZ, Die synopti-
chung fesu: ZNW 4 (1903) 349 s.; A. HAR· schen Streitgespriichc ( 1921) 41-48.165; N.
NACK, Spruche und Reden Jesu (1907) 32-37; FREESE, Die V ersuch11ng Jesu 11ach den Synpt.,
F. SPITTA, Zur Gesch. und Lit. des Urchr. ur Diss. Halle ( I922), dattiloscritto nella West-
2 ( 1907) r -108; A. MEYER, Die evangelischen dcutsche Bibliothek Marburg; In., Die V er·
Berichte iiber die Versuchung Jesu, in: Fest· suchlichkeit Jesu : ThStKr 96/97 (1925) 313·
gabe H. Bliimner (1914) 434-468; D. V6LTER, 318; S. E ITREM ·A. fRIDRICHSEN, Die Ver-
Die Versuchung Jesu : Nieuw Theologisch Tijd- suchrmg Christi (1924); CLEMEN 214-218; H.
schdft 6 (1917) 348-365; E. BòKLEN, Zu der J. VoGELS, Die Vcrsuchungen Jesu: BZ 17
V ersuchung Jesu: ZNW 18 (1917/18) 244. ( 1926) 238-255; S. HIRSCH, Tau/e, Versuchu11g
248; P. KETTER, Die Vermchung Jes11 =
Nt. tmd Verkliirung Jesu (1932); E. LoHMEYEk,
Iiche Abh. VI 3 (1918) con bibliografia com- Die Versuchtmg Jes11 : ZSTh J4 (1937) 619-
pleta (pp. VII ss . ); B. VIOLET, Der Aufbau 650; E. FASCHER, Jerns und der S11ta11 (1949);
der Versuchungsgeschichtc, in : Harnack-Eh· R. SCHNACKENBURG, Der Sinn der Versuchung
1.!43 (v1,33) r.e~pa e Jll I (H. Seesemann)
stenza che, durante la sua vita, Gesù fu Gesù fu esposto con la nostra 54, ovvero,
tentato e, anche se ricorda questo fatto in altre parole, che anche per Gesù si
soprattutto quando vuole infondere for- dava la reale possibilità di una caduta
za e coraggio ai suoi lettori nelle ten- (~ vm, coli. 53r s.). Ma la Lettera
tazioni e nelle lotte ch'essi devono af- agli Ebrei conosce anche la differenza
frontare, non c'è alcun dubbio che l'au- che corre tra Gesù e noi: anche nelle
tore considera la vita di Gesù come una tentazioni Gesù rimase xwpìc; à.µa.p-
vita vissuta nella tentazione. Hebr. 2, •lac;, e per questo si differenzia da tut-
2, I 8: ~V 4> yÒ:p 1tÉ1tO'\ltk\I aÒ't'Ò<; 1tEL· ti gli uomini. Queste due affermazioni
pwri>Elc;, ouva.'t'cit. 't'oi:c; 1tEtpa:~oµlvot~ non sono facilmente conciliabili sul pia-
~011iti)o-a.t, «poiché ha sofferto egli stes- no logico, ma vogliono stabilire questa
so, essendo stato tentato, può soccor- doppia realtà : Gesù era in tutto uguale
rere quelli che sono tentati»; 4,15: oò agli uomini che vengono tentati, e al-
yà.p ~xoi..ttv &pxi.Epfo. µ1) liuvaµEvov lo stesso tempo è totalmente diverso da-
o-uµ'lta.i}fjcr<u 't'aXc; Ml>EvElmc; 1)µWv, 'ltE- gli uomini che, tentati, non rimangono
1tELpa:crµlvov O~ XCX.'t'à. 'lta\l'tCl. xai)'òµOLO· xv)ptc; àµa.p't'lac; 55 • Come ha conosciu-
'tT)'t'(l xwptc; à.µap't'la.c;, <<non abbiamo to, donde ha tratto la nozione della
un sommo sacerdote che non possa sim- tentazione di Gesù l'autore della Let-
patizzare con noi nelle nostre infermi- tera? Considerando quanto scrive in
tà, ma uno che in ogni cosa è stato ten- Hebr. 5,7-9, dobbiamo pensare anzitut-
tato come noi, senza però peccare». co all'episodio del Getsemani. Nella lot-
Queste due affermazioni, e in partico- ta che ha preceduto la passione vera e
lare la seconda, ci fanno vedere che gi~ propria, Gesù ha sentito il terrore del-
nel I sec. ci si era posti il problema del- la morte e poi, essendo figlio (xa.lm:p
ln possibilità che Gesti fosse tentato e wv ul6c;), ha appreso l'ubbidienza sof-
che l'autore del nostro scritto aveva ri- frendo. Ancora una volta abbiamo In
sposto affermativamente, altrimenti non conferma che il contenuto della tenta-
avrebbe pocuto chiamare la tentazione zione è l'invito subdolo a disubbidire <\
un 1tELpcil'.,Eu~a.L xa.i)' ÒµOLO"tT)'ta., giac- Dio. In altre parole, la tentazione ha
ché questa espressione vuol sottolinea- posto al Signore la scelta tra l'accetta·
re l'uguaglianza della tentazione a cui zione e il rifiuto della volontà divina !\6 .
]esu bei den Synopt.: Theol Quart 132 (1952) 54 FREESE: ThStK (-7 n. 53) tenta di dimo·
297-3 26. Per la possibilità che Gesù venisse strare che Gesù non aveva alcuna buftuµlo:
tentato secondo la Lettera agli Ebrei, dr. K. (vedi Iac. 1,14); ma si tratta di una elucubra-
IloRNHAUSER, Die Vers11ch1111ge11 Jesu nach zione che non può essere accettata.
dem Hb ., in: Theol. Studien fiir M. Kiihler 55 Vedi J. SCHNIEWIND, Mt. (NTD) a 4,1 ss.
(1905) 69-86; W1Nnrscu, Hbr., excursus a 4, 56 J, JEREM1AS, Hb. 5,7-10: ZNW 44 (1952/
r 5; M1cHEL, Hebr. 1, excurrns a 4,15. 53) 107-u1, propone d'intendere la preghiera
1445 (v1,34) 1tei:pa. Cm (·2 (H. Secscmann)
di Gesù secondo Hebr. 5,7 come richiesta di te11 der Chester Bcatty Papyri des N.T.: Co-
essere salvato «dalla morte (già avvenuta)» e niectanea Ncotcstamentica 11 ( l947) 44 s. "In
non, come si sostiene generalmente, «dalla Hebr. u,17 l'esempio della fermezza di Abra-
morte (inuninentc)». Tale interpretazione è mo è ricordato con riferimento a Ge11. :n,1 ss.
impossibile a causa di Hebr_ 4,15 : le tentazio- e~ col. 14zr).
ni di Gesù sono intese come avvenute xa-r&. 53 FASCllER, op. cii. (ry n. 53) presenta un'ot-
·miv-ra. xo;l}'òµoL6't'Y)'ta. rispetto a noi. tima panoramica delle diverse interpretazioni
51 llebr_ 11,37: i codd. SA e molti altri mss. della storia sinottica delle tentazioni di Gesù ,
tra i pericoli superati dai personaggi della con panicolare riguardo ai tentativi di elimi.
storia della salvezza considerano anche l't'ltEL- nare la figura del rmpa!;wv; dr. anche l'esau·
p&.crih]crav, che nel contesto significa che essi riente discussione critica in SCHNACKENBURG,
furono tentati, ma senza cadere; gli ostacoli e op. cii. {~ n. 53). K.H. RENGSTORF, Lk.
1.1 sofferenza non li fiaccarono. Ma è difficile (NTD) a 4,I ss., sostiene che le tentazioni
che ~'ltELpaulh]cra.v rappresenti la lezione ori- costituirono soltanto una prova a cui Gesù
ginale; vedi A. DE8RUNNP.R, Ober einige Lesar· venne esposto in ultima analisi da Dio stesso;
1447 (v1,34) mipa. Cm 2 (H. Seesemann)
idee sono già contenute in nuce nella il Signore, tuo Dio». Sarebbe veramen-
breve notizia di Mc. 1,12 s.: ·~v ... 1tEL- te tentare Dio, ed agire pertanto con-
pa.t;6µEVO<; u7tò i:ou rra.-r:u:vii ( 4 n, colL tro la sua parola e il suo comandamen-
944-950) ed esposte con maggiore respi- to, pretendere il suo aiuto per scopi e-
ro in Mt. 4,1-11 e Le. 4,1-13 ro. In tre goistici, non conformi alla volontà di
assahi il 1tELpoc1;,wv (cosl Mt. 4,3; Luca Dio. La terza tentazione è la più am-
invece dice OLoc~oÀoç) cerca di indurre pia : il &tci~oÀ.oç (Mt. 4,8; Le. 4,6) vuo-
Gesù a disubbidire. Nella prima tenta- le palesemente indurre Gesù a rinuncia-
zione Satana mette alla prova la sua re all'ubbidienza a Dio e lo chiama a
potenza e cerca subdolamente di persua- mettersi al suo seguito. Anche questa
derlo ad abusarne per scopi non con- volta Gesù risponde con una parola del-
templati dal suo incarico divino (~col. )' A .T.: xupLO\I 'tÒ\I itEO\I O'OU 7tpOO'XU\llJ-
1440); Gesi:J lo controbatte citando O'EL<; xa.t mhQ µ6\1~ À.a.-r:pEvo-w;, «ado-
ma tale interpretazione non spiega i racconti dazione; Bi:iKLEN, /oc. cìt. e VIOLET, loc. cii.
e l'incervento personale di Satana. (-) n. 53) considerano invece originale la se-
~1 Non è possibile fissare con certezza l'origi- quenza lucana. Cfr. anche T.W. MANSON, The
ne della storia sinottica delle tentazioni: se- Sayings o/ Jesus (1950) 43 s. Per i paralleli
rnndo l'AumRTZ (--7 n. 53), essa è «un rac- tratti dalla storia delle religioni (lotta tra es-
conto problematico unico» (44) che risale :i seri divini per il dominio del mondo, tenta-
Gcsì1 stesso (48); per il BULTMANN, Trad. t:ione di Budda, ecc.) vedi CLEMEN e soprat-
271-275, essa rispecchia un'haggada seribale e tutto EITREM, /oc. cii. (--7 n. 53). Ma di qui
cèrte dispute rabbiniche; dr. anche Ku1m, op. non viene alcun aiuto per intendere le tenta-
cii. (--7 n. 25) 221 s. e-) n. 68. :1.ioni di Gesù; FRIDRICHSEN, loc. cii. (-) n.
~:i Per il problema letterario vedi le opere indi· 53) 27: «I parnlleli che s'incontrano nella sto-
t·:t1c nlla -) n. 53. Per quanto riguarda l'ordi- ri~ delle religioni ... non sono atti a darci la
ne delle tentazioni, quasi tutti gli esegeti pre- chiave per interpretare il racconto di Mt. 4,1-
foriscono quello di Matteo per l'evidente gra. · 1 I ... ».
1449 (v1,35) 'KELpct e III 2 (H. Seesemann)
ra il Signore, tuo Dio, e servi lui solo» 'ltELpacrµoi:c; µou 62, ma sembra più natu-
(Deut.6,r3), premettendo a questo net- rale intendere il plurale 7tELpMµol co-
to rifiuto le parole «va' via, Satana! 1> me 'pericoli, difficoltà, afflizione' 63 e
( iJ1to:.yE, <Jo:.'rn.vfi: Mt. 4,ro ). Cosl cia-trndurre «ma voi siete quelli che avete
scuna risposta di Gesù conferma la sua perseverato con me nei miei travagli».
fedeltà a Dio: egli rimane legato a Dio Non è quindi opportuno partire da que-
e non abusa della propria qualità di fi- sto versetto per sostenere che secondo
glio e della propria autorità messiani- Luca tutta la vita di Gesù è stata un
ca 61. susseguirsi di tentazioni; inoltre non si
I sinottici vedono una nuova, espres- vede bene come Gesù avrebbe potuto
sa tentazione di Gesù soltanto nell'ora affermare che i discepoli avevano resi-
del Getsemani; ma nonostante ciò dob- stito con lui proprio nelle 'tentazioni' 64 •
biamo chiederci se almeno Luca, che Abbiamo già parlato (~ col. 1429)
conclude la storia della tentazior,e con delle domande e delle richieste sub-
le parole xo:.t cruv'tEÀÉo"a:ç miv'ta 1tEL- dole degli avversari; ma non possiamo
pacrµòv o OLaSoÀ.oc; ti7tÉO"'t1'J a'lt'av-.ou considerarle tentazioni nel senso di Mt.
aXPL XrtLpou, «e il diavolo, avendo esau- 4,1-rr par., come del resto risulta chia-
rito ogni tentazione, si allontanò da lui ramente anche dal modo in cui i sinot-
fino ad un'occasione più propizia» (Lc.4, tici formulano l'intenzione insidiosa
r 3 ), non abbia visto altre tentazioni del dei postulanti nella cosiddetta 'doman·
diavolo durante la vita e il ministero da dei Farisei' (Mt. r2,ryr7 par.):
pubblico di Gesù. A prima vista, in par- Mc. 12,13 : ~va mhòv aypEVCTWCJLV }.6.
ticolare Le. 22 ,28 sembra indurci a ri- yc.y, «per coglierlo in una parola (im-
spondere affermativamente . Gesù dice prudente)» 65; Mt. 22,15 : 07t!J><; av-.òv
infatti ai suoi discepoli : ÙµEt<; oÉ È<l"tE 1ttX.yLÒEUCTWCTLV Èv À.éy(f>, «per farlo ca-
oi. OLaµEµEV'l'JXO'tE<; µE't'E.µou Èv "toi:ç dere in trappola con una (determinata)
61 Cosl SCHNTEWIND, op. cit. e~ n. 55) ad t., si si riferìscc unicamente ai d iscepoli di Gesù.
che gi11stamentc ricorda il parallelo della ten- 6l -4 n. 35- Cfr. anche il gran nume ro di ter-
tazione d'Israele nel deserto. Per la tipologia mini e concetti affini presenti nel N.T., che
Adamo-Cris to nella storia della tentazione ~ sono connessi con -4 tiywv, 6.ywvlt;Ecri>ct~ r,
I , coll. 379 ss. coli. 366-374; ~ .56XL!lOC, 11, coli. r414-14r6;
6l H. CONZELMANN, Z ur Lukasanalyse: ZThK ~ i}),~\jiL<;. IV, coli. 526-542; ~ UTCOµÉVEtv VII ,
49 (r952) 29 pensa che già Le. 22,3 riprenda coli. 58-66; ~ rc6voc,, ccc.
4,13 e introduca pertanto il racconto della 64 Così ~ KoRN 76-86. Anche FASCHER 37
passione, «quando Satana è nuovamente pre- (~ n. 53) vede troppe cose in Le. 22,28 . Cfr.
sente»; ma anche questa supposizione non è inoltre G . BERT RAM, N .T. tmd historischc M c-
di molto aiuto. Non è esatto nemmeno dire thodc (1928) 31-35; Iv., Die Entwicklung wr
che «ora il termine caratterizzante TCEtpacrµ6c;. rittlichen Persii11/ichkcit im Urchrìstentum
si moltiplica», giacché oltre che in n,28 esso (1931) 6-9.
ricorre solo in 22,40.46, e anche in questi ca- 65 Così PR EU SCHEN·BAUER, s.v. ciypEuw.
1451 (v1,36) 1tEi."pa. e Ili 2 (H. Seesernann) (vr,37) 1452
parola» 66 ; Le. 20,20: ~vcx. Ém.À.6:.~wv'tcn Hebr.5,7 (-7 coll.1444 s.} mostra che
cx.1hov Myou, «per coglierlo in fallo in la preghiera di Gesù nel Getsemani
una parola». In Mc. r2,r5 e Mt. 22,18 (Mc. r4,32-42 par.) è stata interpretata
le prime parole della risposta di Gesù come una preghiera pronunciata nella
sono: --cl µt 'ltEtpri~E'tE;, «perché mi ten- tentazione. Ma nel racconto evangeli-
tate?» Non c'è dubbio che qui 'ltELpci- co il termine 1tEtpaCTµ6ç non è riferi-
SEL\I va interpretato nel senso delle suc- to a Gesù stesso, mentre le parole pro-
citate parole introduttive all'episodio, nunciate in quell'occasione mostrano
ed è del tutto fuor di luogo vedere nel- chiaramente che quell'ora costitul un'e-
le parole dei Fatisei un attacco mime- splicita tentazione per i discepoli:
tizzato di Satana. Molto più appropria- yprryopEi'tE xat 7tpocrEÙ)(Ecrik, i'.vcx. µTj
to e naturale è, invece, scorgere una EMl')'tE dc; 1tELpcx.crµ6\I, «vegliate e pre-
tentazione nelle parole di Pietro dopo gate per non incorrere in tentazione}>
il primo annuncio della passione, per- (Mc. 14,38 par.; -7 col. r438}. Anche
ché Gesù respinge l'apostolo con le me- la sofferenza mortale di Gesù in croce
desime parole con cui aveva respinto e il suo grido ÉÀ.wt ÉÀ.wt À.cx.µà crcx.~ri.
Satana nella tentazione (Mt.4,ro ): U'lta- xlla'VL (Mc. 15,34} fanno balenare per
ye oitlcrw µov, CTa:tU\la, «via da me, Sa- un attimo l'orrore della tentazione 67 •
tana» (Mc. 8,33 par.). Le parole che se- Ma anche qui non compare il termine
guono sono ancor più chiare: où q>po- 1tELpcxcrµ6c;. Certamente risponde alla vi-
vd'c; 'tà 'tOU llEou, à,).).à 'tà 'tWV 6:vl)pw- sione globale dei sinottici che {nono-
7tWV, «non hai il senso delle cose di stante Le. 4,13) il confronto di Gesù
Dio, ma di quelle degli uomini». La con il tentatore nel deserto significhi la
proposta di Pietro è pertanto conside- decisione definitiva del Cristo di accet-
rata come una tentazione a disubbidire tare e seguire la volontà divina. A que-
a Dio. Fatta questa eccezione, tra la sta doveva poi seguire, in obbedienza,
storia della tentazione e l'episodio dcl ogni altra decisione 68 •
Getsemani i sinottid non ricordano e·
Il Vangelo di Giovanni non parla e-
spressamente alcun'altra tentazione di splicitamente di tentazioni di Gesù :
Gesù. non vi troviamo né la storìa della ten-
tazione, né la frase di Pietro, né l'epi- XOCTµOV apxwv· X('Li E.V ȵoi OÒX eXEL
sodio del Getsemani, né il grido finale oÒOÉ.'V, «viene il principe del mondo;
di Gesù in croce. Ma esso conserva del- ma non può nulla su di me». Anche
le parole di Gesù che ci mostrano co- l'ultima parola di Gesù morente tra-
me la tradizione delle tentazioni non mandata nel quarto Vangelo rientra nel-
gli fosse del tutto ignota. Cfr. Io. 12, lo stesso pensiero: 't'E't'ÉÀ,EO''t'at, «è com-
2 7: vvv 'ii tjlux;1] µou 't'E'tttp('LX-.('Lt, xcxt piuto» (Io. 19,30). Gesù muore dopo
't'l ei:n:w; ·mhep, crwcro'V µe tx 'ti}c; Wp('Lc; aver vittoriosamente portato a termine
't'CXV't'Tjc;, «ora l'anima mia è turbata e l'incarico affidatogli. In tutti questi ca-
che posso dire?_Padre, salvami da que- si si tratta comunque soltanto di accen-
st'ora». lo. 14,30: ~PXE'tat yb,p o 't'OV ni oscuri.
H. SEESBMANN
1tÉV'l1c;, 7tE.Vt.Xp6c;
--) TC't'wx;6c;
che l'idea della tentazione sia espressa in for- mss1N, Die at.liche Religion und die Armen:
ma pura in Le. 22,28, ove il plurale 1tELpo;. Pr. Jahrb. 149 (1912) 193-231; S. MOWINCKEL,
o-µol indicherebbe che tutta la vita di Gesù si Psalme11studie11 1 (1916) n3-n7; II (192,)
svolse sotto il segno della tentazione. 58-65; F. HAucK, Die Steliung des Urchristefl··
tums zu Arbeit u11d Geld (1921); E. LoH-
1tÉVJ'lt; M.&YER, Soziale Fragen im Urchristentum
J.H. ScHMIDT, Synonymik der griechischen (1921); M. WEBBR, Gesammelte Aufsiitr.e wr
Sprache II (878) 6n-625; IV (1886) 388-393; Religionssor.iologie m: Das antike Judentum
TRENCH 120--122; MouLToN-MrLLIGAN 502; A. (1921); A. C1.ussE, Les 'pauvres' d'Israel
RAHLFS, 'àni rmd iinàw in den Psalmcn ( 1922); H. BRUPPACHBR, Die Beurteilung der
(1892); W. NowACK, Die soziale11 Problemc in Armut im A.T. ( 1924); STRACK-BILLERBECK 1
Isracl tmd dere11 Bedeutrmg fiir die religiose 818-826; II 643-647; IV indice, s.v. 'Armut'; ] .
Entwickltmg dieses Volkes (1892); A.C. PA- LEWKOWITZ, art. 'Armut', in: Jiid Lex I 477
TERSON, art. 'Poor', in: EB III 3808-38xr; R. s.; J. HEMELRIJK, IIE\llo; C/1 rn.oii~oi;, Diss.
KITTEL, art. 'Armcngcsetzgebung bei den Utrecht (1925); R. PoHLMANN, Geschichte der
Hebraern', in: RE 2 160-63; E. SELLIN, Beilrii- sozialen Frage rmd dcs Sozialis11ms in der a11-
ge zur israelitische11 tmd ;iidischen Reiigions- tiken W'elt 1. ll 1 ( r925); E. SACHSSE, 'Ani als
geschichte II (1897) 284-291; A. VAN ITERSON, Ehre11ber.eichmmg in inschri/tlicher Bele11ch-
Arme11zorg bii de iode11 in Palestina ( roo v. - t11ng, in: Festschrift E. Sellin (1927) 105-1n;
200 n. Chr.), Diss. Lcidcn (1911); W.W . B1.u- M . LURJE, Studien zttr Geschichte der wirt-
1455 (vr,38) ttÉVlJç A (F. Hauck) (vr,38) 1456
stot., pol. 6,r [p. x3r7 b 40]; Arrian., Xenoph., resp. Ath. r,19; l,ro) 3. D'al-
anabasis 2a,2). Alla classe dei nÉvr)'tEç tra parte la XU..À.E1t'Ì) 1tE\lla può coinci-
appartengono quindi soprattutto gli o- dere con la povertà (Theogn. 182;
perai e i piccoli agricoltori che lavorano Pseud.-Xenoph., resp. Ath. 1,13). Con
in proprio (Pseud.-Xenoph., resp. Ath. la legislazione di Solone i 1tÉVll"'m; di-
1,2 s.; Aristoph., PI. 5rr.532 ss.). An- vengono la struttura portante della de-
che se il limite tra 7tEvlu.. e 1tÀ.où-roc; va- mocrazia, che è appunto il governo dei
ria naturalmente a seconda dell'epoca, 1tÉVll"'m; (Plat., resp. 8,557 a). Aristote-
della posizione e della persona, la di- te distingue due, o al massimo tre, clas-
stinzione concettuale tra 1tÉvnc;. ~ si sociali: ai pochi 1tÀ.OV<iLO~ fa riscon-
1t"Cwx6c;, il povero costretto a mendica- . tro la massa dei lavoratori manuali, i
re 2 e Èv~E1)c,, il bisognoso, l'indigente, TCÉV'l)"CE<;, il Ofjµoç; talora tra i due
è netta. I 7tÉ'llll't'Eç non sono i poveri gruppi il filosofo pone i µÉcroL (Aristot.,
nel nostro senso, non sono oggetto del- pol.6,r [p. 13r8a3r]; 4,9 [p. r295b
la beneficenza pubblica o privata (il ter- r-3; 1296 a 25] ). Dato che in Grecia
mine è usato del tutto diversamente in partecipano attivamente alla vita dello
tjJ 111,9; cfr. 2 Cor.9,9). 7tÉvnc; costitui- stato, i 1tÉV'l"J"t"EC::. non sono considerati né
sce un opposto solo relativo di 1tÀ.ou- politicamente oppressi né giuridicamen-
a-toc; {colui che ha mezzi limitati, di te discriminati (a differenza dell'A.T.,
fronte a chi ha grandi possibilità) e gli ~ coli. 1459 s.). Pertanto i Greci non
è contrapposto in senso pieno solo in possono pensare che i 1tÉ\11')"tEç abbiano
quanto il 1tÀ.oua-toc; non ha bisogno di nella divinità un aiuto e un protettore
lavorare per vivere, ma può vivere di particolare (~ col. r460) 4• L'antico
rendita (Aristoph., Pl. 528.532 ss.). Le mondo aristocratico vede nella ricchez-
due classi sociali sono piuttosto paralle- za, nei beni (oÀ.Boc;), il fondamento di
le, confinanti, e in parte coincidono. - una vita felice, della fortuna (o)..f)ioc;),
Anche il 1tÉVllC::., infatti, può avere e nella necessità di lavorare una sven-
schiavi al suo servizio e, se le cose gli tura (Horn., Od. II,489; Theogn. 181
vanno bene, l'operaio o l'artigiano può s. 525 s.; Eur., fr. 397 [T.G.F. 458):
diventare ricco (Aristot., poi. 3,3 [p. contrapposizione oÀ.Biot-1tÉV'r)<;); anzi,
x278 a 24]; Plat., resp.5,465 c; Pseud.- pensa che le qualità più nobili (IJ:yu..-
5 Secondo Xenoph., sym. 4 1 34 s. 1tÀ.Ou-coc; e verso uso linguistico dci singoli autori e tra-
1tE'Jla non abitano lv otx41 1 bensì l'J "t"tti:c; ljiv- duttori: nei LXX lob ed Ecci. hanno solo 7tÉ-
icrtXç. Cfr. Cyrop. 8,3,39 ss. \ll]t;. I Proverbi preferiscono, ad es., dal e riH;
6 Arcesilao, in Stob., ecl. 5,784,13-16; dr. i LXX in Prov. ed E.cclus ~ 1t'Twx6ç, certa-
ibid. cap. 32 1tEVlaç E1tawoc; (5 ,780-788 ); mente perché nei due libri è fondamentale il
Hdt.7 1102; Aristoph., Pl.468 s. 532-534.558 s. contrasto tra ricco e povero. Nei LXX 1tlvT]c;
576. Secondo Plat., symp. 203 b.c "Epwç è fi- ricorre circa 75 volte, di cui una trentina come
glio di II6poc; e Ile.via. sinonimo di 1t't'wx6ç. Per l'interpretazione di
7 ~ BOLKENSTEIN 186. 'eh;on come l'uomo che nel bisogno implora
& Le differenze si spiegano in parte con il di- la grazia divina ~ HUMBERT 6.
1459 (VI,J9) '1tÉV1]c; B (F. Hauck)
14,21 ecc.), ràs ( = jndigente, povero: lotta contro l'oppressione dei poveri
2Sam.12,1-4) sono in primo luogo con- (7tév11ç: Am. ['ebjon] 2,6; 4,1; 5,12;
cetti sociali, che indicano chi è econo- 8,4; Is. ['anl] lo,2; Ier. ['ebion] 20,
micamente debole rispetto ai benestan- i3; 22,16; Ez. ['ebjon] 16,49; 18,12;
ti. Lo 'iini o 'ebi6n è innanzi tutto colui 22,29). Tipica è in Israele la motivazio-
che non ha terreni propri e pertanto ne religiosa dei diritti sociali: Jahvé è
deve guadagnarsi il pane quotidiano la- Signore di tutto il popolo, e anche i mi-
vorando presso altri; in particolare è il nimi d'Israele sono sotto la sua prote-
lavoratore a giornata (Deut. 24,14 s.; zione (con 1tÉVl]c;: 2 Sam. 12,1-4; Ier.
Lev. 19,9 s.; 23,22). A differenza dello 20,13; tfJ 9,13.38; 21,27; 68,34; lob
'ebed, è un uomo libero che lavora per 34,28 ecc.). Nell'esilio e nel periodo
un salario (fakir). Il vero opposto di successivo 'povero', 'umile' divengono
'iHir (ricco) non è 'ani (tale contrappo- concetti religiosi: 'ani w•'ebjon (~
sizione non è mai attestata) 9, bensl ra'f 7t-twxòc; xcx.t 7tÉVl]c;) diviene l'epiteto ti·
(2 Sam. 12,1-4). Nei LXX si nota che pico dell'uomo pio, soprattutto nei sal-
7tÉvnc; o 'lt-twx6c; non corrispondono co- mi (tfJ 39,18; 69,6; 85,1; 108,22) 12• Sia
stantemente e regolarmente a uno o al- in ebraico che in greco i due termini so-
l'altro dei termini ebraici che, a loro no usati frequentemente come sinonimi
volta, già si sovrappongono. In tal mo- nel parallelismus membrorum (Am. 8,
do si viene a perdere il netto contenuto 4; Ez. 16,49; 18,12; 22,29; Prov. 31,
semantico primitivo di 'ltÉVTJç e 7t'tW· 20; spec. ~ 9,19; II,6; 34,10; 36,14
x6c; e i due significati si confondono ecc.). Quando il re escatologico, che è
completamente io. detto 'ant (Zach. 9,9, ~ 1tpcx.uc;), stabi-
lirà il suo regno, esalterà gli umili (4'
Dato che la questione della povertà 71,4.12 s.). L'A.T. ignora qualsiasi i·
nell'A .T. sarà trattata esaurientemente deale di povertà in senso materiale. In
sotto la voce ~ 'lt-twx6ç, qui ci limitia- genere la ricchezza e la salute sono la
mo a una breve esposizione, per mo- ricompensa divina della pietà 13 , che i
strare l'uso di 1tÉVt)c;. Già la legislazio- ricchi manifestano tra l'altro benefican-
ne dell'A.T. (nÉvl]c;: Libro del patto, do i poveri (Ps. II2,9; Giobbe; ~
in Ex. 23,6 ['ebjon]; Deuteronomio: 1t-twx6c;). Anche la sapienza dei Prover·
Dcut. 15,u; 24,14s. ['ànt]; legge del- bi tratta spesso il tema del povero e del
la purità, in Lev. 14,21 [dal]) mira a ricco. La '1tEvlcx. è considerata senza mez·
proteggere quanti sono socialmente de- zi termini come un male (Prov. ro,r5;
boli 11 • I profeti sono i campioni della 3 l ,7) di cui i Proverbi', a differenza
Q --+ RAHLFS 74. Il sostantivo 'oni significa BoLKESTBIN 5-8; J. F1CHTNER, A1torie11talische
sempre 'oppressione, sofferenza, miseria', e ciò '\7 eisheit i11 ihrer isr.-jiidischen Auspragung =
dimostra che 'ani non significa originariamente ZAW Beih. 62 (1933) 30 s.
'povero'. 'nh = 'occupare una posizione umi- 12 -+ RAHLFS e --+ KITTEL.
le'; pi'el: 'umiliare, trattar male'; assiro enu:
'piegare, opprimere'; arabo a11in: 'prigioniero, 13 Cfr. Abramo e Giobbe. La povertà non è
schiavo'. Cfr. --+ LEWKOWITZ 477; --+ PATBR- voluta da Dio, come osserva a ragione --+
SON 3808-38n. BRUPPACHBR 29-32. Deut. x_:;,II non fa che e·
io Cosi, ad es., lji 106,41 legge: ~~ofilhjc;Ev nÉ- sporre realisticamente la situazione oggetùva e
V'll'tt Ex 'lt'tWXElctc;, mentre
Aq. ha ÒnEpEnapet motiva con questa il comandamento dell'amo·
'lt"tWXÒ\I br. 'ltE\l(a.ç,. . re fraterno. Il testo originario di Prov. 2:2 12
11 Anche altre legislazioni
dell'antico Oriente non contiene il 'mi.isseo' (dovere) che compa-
si occupano dei poveri. Per l'Egitto cfr. --+ re nella traduzione di Lutero.
TCÉ\ll)ç B - TCEv~xp6ç (F. Hauck)
con &µopqioç); così anche BGU IV ro24 ta miserrimo». Uso traslato: Plat., resp.
VIII !2 (IV sec. a.C.): 1tE\ILXPà :x:at 9,578 a (wux1J); Philo, som. 2,213 (&.-
1tpEO'~U"t'1)ç, ii·nç OL<Ì •t"rJV r:JINÉxouua..v muowcrla.).
CX.V"t'1)V 1tE\ltltV "t'TJ\I fo.U"t'ijç ( i}uy ]a'tÉ-
pa( V] "t'fjç O'Wq>pOO'U\11)<; à.1tEO'"t'Ép1)- Nei LXX è usato soltanto in Ex. 22,
( r:JEV], <mna donna anziana e poverissi- 24 ('ant) e Prov. 29,7 (dal).
ma che per il bisogno che la costringeva
tolse alla propria figlia ogni pudore». Nel N.T. 7tEv~xp6c; è attestato solo in
Ben diverso è Socrate {Stob., ecl. 3,467, Le. 21,2 : nel tempio Gesù vide «una
r r): !3lov Exov'tO: .'ltEvtxpòv 1tltPP1JO'La-
sEo-i>at; Philodemus, de oeco.nomia col. vedova particolarmente povera» (Mc.
16,2 s.: 1tEVLXPriL otal't''r]L, «tenor di vi- 12,42: 7t"t'WX1J) dare la sua offerta.
F. HAUCK t
t TCÉ\li)oç, t 7t€\li)Éw
A. L'uso LINGUISTICO GRECO (ad es. Pind., Isthm. 7,37; 8,6; Hdt. 3,
14; Soph., Ant. 1249). In origine tanto
1wJi)E~v. usato in greco fin dai tempi 7tEvi}dv che nÉvi)oç indicano il cordo-
di Omero, significa tanto {uso assoluto, glio come stato d'animo, come senti-
intransitivo) far cordoglio, affliggersi, mento (dolore, pena, sofferenza), così
essere addolorato {Horn., Od. 18,174; che è difficile distinguere 1tEV!)Ei:v da À.u-
Aesch., Pers. 545; Soph., Oed. Col. 7tELO'i)a.L (~ VI, coll. 84 3 ss.) 1. Ma nella
1753) quanto (con l'accusativo, transi- maggior parte dei casi 'ltEvì}Ei:v dovreb-
tivo) piangere, lamentare (~ n. 4). A- be indicare un cordoglio che si manife-
nalogamente il sostantivo 'ltÉvltoç, an- sta in qualche modo, ad es. con lacri-
ch'esso in uso già in Omero, significa me e lamenti, o che è per lo meno con-
cordoglio, afflizione, dolore; proprio co- nesso con simili manifestazioni 2 • In
me il nostro 'dolore', 'ltÉvÌ}oç può indi- particolare la locuzione «osservare o in-
care anche l'evento o il fatto doloroso dire il lutto» (1tÉvì}oç 7tOLEtcri>a.t ( Hdt.
2,1] o -rttJÉva:t [Hdt. 2 146; cfr. 6,21]) Zeus distribuiva tra gli dèi i diversi
indica che 7tÉvtJoç può significare un pub- onori che gli uomini rendevano loro, e
blico annuncio o atto funebre 3 • I nostri che quindi Zeus, essendo stati già di-
termini vengono usati soprattutto quan- spensati gli altri onori, aveva assegna-
do il cordoglio riguarda persone mor- to a lui i lamenti funebri. Come tutti
te 4, ma talora anche quando si è af- gli dèi rimangono attaccati a coloro che
flitti per altri motivi 3 • li onorano, cosl anche il IIÉ\IÌ}o<;: quan-
Nella dottrina stoica il 7tÉvtJoç è una to stolto è dunque farsi stare costante-
delle passioni ( mHn ), una sottospecie mente vicino con i lamenti il cordoglio
del dolore (À.V7tiJ: Chrysipp., fr. 394. stesso! 7 Secondo Luc., Demon.25, il ci-
413.414 [ v. Arnim III 96,9; loo,8. nico Demonatte promette ad Erode, che
27 ], ~ vr, coli. 850 s.). Va da sé che il lamenta la morte del figlio, di evocargli
saggio deve esser libero dal 7tÉvl)oç l'ombra del defunto se potrà fare il no-
(Chrysipp., fr.571 [v. Arnim 151,18 me di tre persone che non abbiano an-
s.]; Epìct., diss. 2,13,17; 4,1,52), giac- cora pianto un morto : l'impossibilità di
ché il 'ltE\IÌ}E~V si fonda su una errata tale condizione dovrebbe dimostrare
idea del vero male (Epict., diss. 3,11,2; l 'inscnsatezzza <li prendere troppo al
cfr. r,II,J; 3,3,15) ed è anche la puni- tragico la morte di una persona.
zione di chi è rma:loEu'toç e non ubbi-
disce agli ordinamenti divini (Epict., B. 'ltÉvÌ}oç E mvl}Éw NET LXX (E NEL
diss. 4.4.3 2 ). Tra i temi ricorrenti della GIUDAISMO)
filosofia popolare c'è quello dell'inutili-
tà e dell'insensatezza del 7tÉvì)oç per la Nei LXX 7tÉvtJoi; e 7t€\11)Ei:v vengono
morte di un familiare (~ col. 629) 6 • usati frequentemente soprattutto per
In Plut., cons. ad Apoll. 19 (n tradurre i derivati dalla radice 'bl 8 . Sia
r 1 2 ab) un filosofo racconta alla regina il sostantivo che il verbo indicano sem-
Arsinoe, affiitta per la morte del figlio, pre il cordoglio, l'affiizione che si mani-
che il IlÉvtJoc; non era presente quando festa in lacrime. lamenti e riti 9 , e preci-
l I riti funebri che accompagnano o esprimo· un trattato nEpt 'ltÉvl)ovç, imitaco da Ciccro·
no il 1tÉvi)oc; sono ricordati, oltre che in Hdt. ne, Plutarco e Seneca, che polcrnizzaw con
6,zr, anche in Eur., Aie. 425-431. la concezione stoica : vedi W/. v. CllRIST-WI .
4 Horn., Il. 19,225; Aesch., Pers. 296.579; Sc11Mm, Gesch. der griech. Lìt. 11 1 == Hand-
Plut., cons. ad Apoll. 19 s. (u xrr e - n2 b); buch A W VII 2,1 6 (1920) 54.509. Tcofrasto
Luc., Demon. 24 s.: in tutti questi passi ?tE\I· compose uno scritto Ka.ì..À.~ai)tvl)ç i\ ncpl
i}e~v è costruito con l'accusativo; in Epict., 1tÉv/)ovc;, di cui Cicerone (Tusc. 5,25) cita una
diss. 3,3,15, con l1tl e il dativo. 11Évitoc; per in- frase; vedi W.v. CllRIST·W. Sc11M10, op. cit.
dicare il cordoglio funebre: Horn., Il. 17,37; 61 s.; E. RottDE, Der griech. Roma11 J (1914)
Hdt. 2,1.46; 6,21; Aesch., Pers. 322; Eur., 300 n. 3.
Aie. 426; Plut., cons. ad Apoll. r9 (11 1 II f · 7 Una variante dc::I racconto è riportata comt:
u2 b); Luc., Demo11. 25. Gli Stoici definisco- favola cli Esopo in Plut., conrnlatio ad uxorem
no il nlvi}oc; una À.V1tl) lnt i>a.vO:'t"~ (oppure 6 (Il 609 e).
-reì..eu'tij) à.wp(f.l: Chrysipp.,/r. 4:r3.414 (v. AR- B Nei LXX 7tEvl)E~v è costrui!O tanto con l'ac·
NIM III roo,8.27). L'equivalente latino è luc· cusativo quanto con È1tl e il dativo o l'accusa-
lus (Chrysipp., fr. 415 (V. ARNIM Ili I OI,l2]). tivo. In r Esdr. 9,2 É'ltl c0l genitivo (cod. A)
~ Per ?tEVitEi:v : Soph., Oed. Col. 739 (-rà. 'ltTJ- è certamente un errore per V1tÉp (co<l. B). Cfr.
µa.-ra.); Eur., Med. 268 ( 'tuxa.c;); per 11tvitoc;: HELDING, Kasussyntax 73 (Bf.RTRAM).
Horn., Il. u,658; r6s48; Aesch ., Pers. 536; 9 Ge11. 23,2 (xoljla:cr&a:~ xcx.t 1tEvilTjcrcu: tutta
Soph., Oed. Tyr. 1225. l'azione funebre rituale); Deul. 34,8 (o.t l)µÉ-
6 Crantore accademico (~ col. 628) scrisse pa~ nlvl>ovc; xì..a:vi)µov Mwuo-Tj); Ter. 6,26
1tÉvl)oç, nEvi>Éw B-C (R. Bultmann}
samente il lutto per la morte di qual- Is. 24,7 ss.; Bar. 4,34). 2. Nelle descri-
cuno. Tale lutto include anche il cordo- zioni della sorte toccata a Israele o del
glio soggettivo (Gen . 37,34 s.; 2 Bmr. giudizio divino che l'ha colpito (Ioel
r9,2; Dan. ro,2; cfr. test. R. 1,10), che 1,9 s.; Ier. 14,2; Lam. 2,8; I Mach.
trova espressione soprattutto secondo il 1,25.27; 2,14.39 ecc.) 11 . Anche in
costume corrente, sia che si tratti di questo caso si dice che la natura par-
singoli individui (Gen. 23,2; Ier. 16,7; tecipa al lamento (loel l,ro; Is. 33,9;
Ecclus 38,17; cfr. Ios., bell. 2,1) che, Irr. 12,4; 23,ro ecc.) e che la gioia si
in casi particolari, di tutto il popolo o muterà in lutto (Lam. 5,15; I Mach. r,
di un gruppo (Deut. 34,8; 2 Ba.o-. 19,3; 39 s.; 9,41). In alcuni casi in questo
I er. 6,26; I Mach. 12,52) 10• Anche le cordoglio rientra anche quello per i pec-
sventure che colpiscono il popolo o Ge- cati del popolo (rEo-op.8,69; 9,2; 2
rusalemme o i. nemici d'Israele come Eo-op. 10,6) 12 • 3. Negli oracoli di salvez-
giudizi divini sono occasione di lutto za: l'affiizione avrà fine (Is. 60,20), si
generale (Am. 8,ro [opposto di Éop- muterà in gioia (Is. 61,3 [cfr. Ecclus
"'t'C1.l); Lam. 5,15 [opposto di xopoc;J; I 48,24]; 66,ro; lEp. 38 [31],13; Bar.4,
13
Mach. 1,39 [opposto di Éop"'t'C1.t]; 9.4I 2 3; 5, l) . Nel quadro apocalittico di 4
[opposto di yaµoc;], ecc.---') qui sotto). Esdr. 9,38-10,50 viene dipinto il cordo-
In alcuni casi il 1tÉvi7oc; ha una spe- glio di Sion e la sua trasformazione in
ciale importanza. r. Nei vaticini profe- gioia 14 .
tici <li sventura. Su Israele ovvero su
Gerusalemme verrà il cordoglio (Am.
5,16; 9,5; Mich. r,8; Is. 3,26; Ier. 6, c. 1tÉvl>oç E 1tEVi)Éw NEL PRIMO CRI-
26). l'affiizione colpirà i suoi nemici STIANESIMO
(ls. r6 1 3; 17,q; 19,8; Bar. 4,34). An-
che la natura parteciperà n questo cor- Anche nel N.T. 1tEvi)dv indica il cor-
. doglio (Os. 4,3; Is. r6,8; 24,4.7; Ier. doglio che si esprime in lamenti e pian-
4,28 ecc.). In questo contesto appare
1·nlorn l'espressione «il vostro giubilo to 15, e perciò più volte il verbo è as-
si trasformerà in lamento» (Am. 8,ro; sociato a xÀ.<:1.tEW 16 . Lo stesso vale per
(xonE-rÒt; otx-rp6ç come epesegesi di nlvl)oç); l)vn-rà. 1tE\ll)oiiv't'oi; xat -rà. aM:va-ra EùOllL-
Ecclus 38,17 (il nÉvboç che si distingue dalla !.LOVa.;o\l"tOt; (migr. Abr. 74).
À.Vlt'l'J consiste di xÀ.a.vbµ6ç e xom:"t6t;). Cfr. 12 Secondo una cattiva lezione, anche Ecclus
inoltre le combinazioni o i paralleli di 71'EV- 51,19. Cfr. Hen . aeth. 95 1 1 ss. Del resto~ vn,
~E~\l /1tÉvi)oc; con xÀalELv/xÀ.a.v&µòç (2 EuBp. col. rr44 : µt-r&.vota. Cordoglio di una perso-
i8,9; Bar. 4,xr.23), xpavyii (Ier. 14,2; Esth. na per i propri peccati: test. R. r,10; test. S.
·f.3), X07tE"t6t; (Am. _5,x6; Mlch. x,8; Esth. 4,J) 4,2; per i peccati altrui; test. R. 3,15; tesi.
e apf)voç (I Mach. 9,41). Riti funebri vengono Jos. 3.9·
menzionati, ad es., in Ge11.37,34; 2 Baa-. 14,2; Il Per questo aspetto cfr. anche Is. 35,lO; 65,
Am. 8,xo; Ier. 6,26; Da11. 10,2 s.; test. R. 1,10. 16-19; ljl 125,5 s.
tn los., ani. 17,206: i Giudei fatti uccidere da 14 Cfr. anche Hen. aeth. 96,3. Per esempi trat-
Erode "ttl<; Etç -rò 7\'EVDE~crikn 'tLµf)ç ( !)... ti dalla letteratura rabbinica cfr.' STRACK-BIL-
cX1tEC1't'Ép'l'J\11:0. LERBECK I 195-197; llI 2:n: Ex. r. 15 (77 d).
11 Per la letteratura rabbinica v. STRACK-BIL- 15 Usato transitivamente solo in 2 Cor. r2,2r.
LERBECK I 195-197. Anche Filone riprende il t6 Con x)..alEw: Le. 6,25; 23,28 (cod. D); Iac.
motivo, ma l'interpreta secondo il suo solito ·h9; Apoc. 18 ,II .15 .r 9 (~xpa.!;ov xÀ.alov-rE~
dualismo quando spiega il nome di Abele (fat- xat nEvl}ouv-rtç); Mc. 16,xo; lo stretto rap-
w derivare da 'iibe/) cosl: ovoµll OÉ fo-rL 'tà. porto che lega i due verbi è messo in risalto
1tÉ\l&oc;, 1tEVl>Éw e a (R. Bultmann)
7tÉ\litoc; 17 • I passi di Mt. 9,r5 e Apoc. i}oç sembra inteso come giudizio di Dio
r8,7 s. mostrano che 'ltEvitdv (1tÉvi}oç) anche nella parola minacciosa diretta
indica in particolare il lamento funebre. agli àµap-rwÀol in Iac. 4 9: o yÉÀwc;
1
In I Cor. 5 1 2 (xa.t oùxt µiiÀ.À.ov É7tEV· ùµwv Elc; rcÉvi>oç µe'ta'tparti]-rw xa.t 1i
i}-i)O'a-rE;, «e non avete piuttosto fatto xa.pa_ dc; Xa.'t1)q>ELIX.\I, «il vostro riso si
cordoglio?») 'ltEVtM:v non significa ne- muti in lamento e la vostra gioia in tri-
cessariamente il lamento di dolore fatto stezza». Analogamente anche le parole
ad alta voce; ma non indica neanche il precedenti ('taÀ.at"Jtwp1)cra.'tE xat "JtEV-
dolore silenzioso, bensì piuttosto il la- it-i)cra.n xa.t xÀavcrcx.-rE, «siate afflitti,
mento appassionato che porta ad un'a- fate cordoglio, piangete») andrebbero
zione conforme al dolore provato (tva. dunque intese come vaticinio di giudi-
àp~ x-rÀ..). Lo stesso vale per 2 Cor. zio formulato, conformemente allo sti-
I2,2I. le profetico, in imperativi 19 . Ma, dato
Non si può certo dire che nel N.T. il contesto, non può trattarsi di questo,
'ltEVi}E~\I ( 7tÉvi}oç)
sia un termine teolo- giacché tale stile esige (cfr. specialmen-
gicamente significativo. È chiaro co- te il v. 10) che prima il 7tEvi)l)cra.-rE e
munque che non si parla del 7tÉvi}oç poi anche l'espressione ·«si muti in
(né della À.U7tTJ) in senso stoico, come lutto» ( Elç 7tÉ\li}oç µe:t"a-cpcx:1i:Yj'ttJJ) ven-
di un affetto che vada combattuto e su- gano interpretati c.ome ·esortazione al
perato (~ vr, col. 86 r ). Una importan- lamento, e tale esmtazione può essere
za particolare hanno solo due usi dei no- soltanto un invito a ravvedersi 20 • L'au-
stri termini . tore potrebbe quindi aver fatto uso,
a) Secondo Apoc. ~8 il lamento di nella sua esortazione, di una parola di
dolore è un aspetto del giudizio divino minaccia trasmessa dalla tradizione,
che colpirà 'Babilonia', la gran pecca- reinterpretandola per il proprio scopo
trice, e con essa tutto il mondo che ha immediato 21 • Il 7tE\li)E~v di r Cor. 5 ,2
beneficiato della sua gloria, cosi che i non va invece considerato come lamen-
mercanti (18,u.15) e i naviganti (r8, to di contrizione in senso proprio, ma
19) uniranno il loro lamento straziante a piuttosto come lamento cli dolore per
quello di 'Babilonia' ( 18,7 s.) 18 • Il 'ltÉ\1- la vergogna recata alla comunità dal ca-
so d'incesto, essendo stato possibile che sinonimico con le promesse degli altri
una cosa del genere avvenisse nel suo macarismi, così il 7tEvbouv't'E<; sta in un
seno. Similmente in 2 Cor. I 2,2 r il 7tEV- simile parallelismo con 'poveri' (1t't'W-
iMv di Paolo è il lamento per il pecca- xot ['t'@ 1t\1Euµct't'~]), 'miti' (npaEi:<;) e
to che macchia la comunità ( °"' col. 'affamati e assetati' (7tEwwv-.E<; xa.t OL-
1468). Il m:vlMv di r Clem. 2,6 è il la- ~WV't'E<; [ 't'lJV oLxruoo-v\11)V] ). Non è
mento per il peccato del prossimo (nel- quindi possibile interprt>tare il lamento
la comunità). di cui si fa qui parola unilateralmente
b) La beatitudine dei nevi}ouvTE<; come cordoglio per i peccati 23 • È d'altra
(Mt. 5,4) va interpretata sullo sfondo parte naturale che qui non si proclami-
delle concezioni escatologiche. Questa no beati coloro che fanno cordoglio in
beatitudine riprende il genere delle pro- senso generale, bensì coloro che scor-
messe profetiche 22 : come mxpa.x).:riihi- gono la natura di questo eone doloro-
O"OV't'a.L, «saranno consolati», indica la so e non si lasciano sedurre come coloro
consolazione nella ~a.O"LÀeLa. -.wv ovpa.- che se la ridono (yEÀ.w\1-.E<;: Le. 6,25).
VWV (-7 coli. 654 ss.; 671 ss.), cosl il la- Il loro 7tEviM\1 è segno di intima diffe-
mento a cui si riferisce la promessa è il renza da questo eone e di attesa della
lamento di coloro che soffrono per l'eo- SwnÀEt<X. 't"W\I ovpavwv. Tuttavia nean-
ne presente, che è l'eone della sofferen- che questa interpretazione autorizza ad
za (-7 vr, col. 859: Àun"l'}); e come il escludere dal 1tEvi}Ei:v il lamento per i
T:(J..pa.x À."l'}b-éio-ov-ra~ sta in parallelismo peccati .
R. BuLTMANN
l':EVLXPO<; -7 coli. 1462 ss.
J.. ,
I 7tE\l'tl) X OO"'t"r]
Jcw. Enc. rx (1905) 592-595; STRACK-Bll.- mentar zum N.T. 16 2 [ 1892] ); PREUSCHEN,
LERBECK n 597-602; J. IlhNZINGER, Hebriii- Apg.; WENDT, Apg.; R. KNOPF, Apg. (Schrif-
sche Archiiologie l (1927) 385 s.; G. DAL- tcn des N.T. l [ 19q J); ZAHN, Apg.; }ACK-
MAN, Arbeit 1111d Sitte in Paliistina I 2 ( r928) SON-LAKE I 4; STElNMANN, Apg.; BAUERN-
-l6r-468; J. ELBOGEN, Die Feier der dri:i FEIND, Apg.; H.W. BEYER (NTD' (1947]).
\Valtfahrts/esle im zweiten Tempel (1929) Per D: O. CASEL, Art. mtd Si1111 der iiltesten
[estratto dal 46. Bericht der Hochschule fi.ir christlichen Oster/eier: Jbch fiir Liturgic-
die Wissenschaft des Judentums) xo s.; E. wissenschaft 14 (1938) 1-78.
l3ROGELMANN, Pfi11gste11 in Altisrael: Mo- 1 ~ RoscHER 87 propone l'ipotesi che l'o-
nntsschrift fi.ir Gottesdienst und kirchliche rigine della parola 'itEV't"T]XOCT't"lJ come termine
Kunst 44 (1939) rr9-128; K.H. RENGSTORF, tecnico fiscale vada ricondotta a un periodo
Christliches tmd iiirlisches Pfings/est: ibidem in cui la principale misura di valore era co-
-l5 (1940) 75-78. stituita dal bestiame, che allora era di regola
Per C: E. v. DonscHOTz, Ostem 11nd Pfi11g- diviso in mandrie di 50 capi. L'imposta ern
ste11 (1903); K.L. SctlMTDT, Die Pfi11gster- quindi costituita da un capo di ciascuna man-
z?.hlu11g 11nd das Pfi11gstereig11is, Arbeit dria. Questo pro~edimento sarebbe stato poi
zur Religionsgescbichtc des Urcbriste11t11111s 1 applicato a tutte le merci importate cd espor-
2 (19r9); \V/. MICHAELIS, Tiiu/er, Jesus, Ur- tate. Tale ipotesi, di per sé molto verosimile,
gemeùtde, in Nt.liche Forschu11ge11 II 3 non può però essere sufficientemente docu-
fr928) r2.p29; CH. R. ERDMAN, The Mcmi- mentata.
TCEV't1]XOCT'tTJ A-BI (E. Lohse)
166; 59 127; Andoc. 1,133; Hyperides, Settimane (Ex. 34,22; Deut. 16 1 10.16;
fr. ro6). Da ciò il nome di 7tE\l't'T)XOO''t'O· 2 Par. 8,13 [LXX] = Èop·d1 ~Booµ&.
ÀbyoL per indicare i funzionari dogana- owv, cfr. Nttm. 28 ,26).
li addetti alla riscossione dell'imposta
(Hyperides, fr. ro6). 7tE\l't'1'}XOCT"t'1) come I. La festa delle Settimane netl'A .T.
termine tecnico del linguaggio fiscale è
attestato anche altrove in papiri e o~tra In una sezione che tratta del calen-
ka (ad es., in Egitto) 2 • Tanto l'impor- dario festivo israelitico, Ex. 34,22 men-
tazione ed esportazione di merci, quan- ziona la festa delle Settimane, dicendo
to la conclusione di un affare che pre- soltanto che si tratta di una festa agri-
vedesse un trapasso di proprietà erano cola celebrata quando si raccolgono le
soggette in molti luoghi ad un'imposta primizie della mietitura del grano. Ex.
del 2 % . L'imposta sull'esportazione era 23,16 conferma tale informazione defi-
:1 carico dèll'esportatore e quella sui nendo la festività (pag haqqa!lr) 'festa
contratti di vendita stipulati nel paese delle primizie della mietitura del semi-
era a carico del compratore. Il paga- nato'. Per calcolare la data della festa
mento dell'imposta prescritta veniva at- Deut. 16,9 prescrive che si contino set-
testato con una ricevuta così formulata te settimane dal momento in cui la fal-
(P. Oxy. xn 1440): npocr~(É~À.'l'}xE) ce tocca le messi 3 • Passato questo in-
1tE\l't'T)XO( cr)'t'( tiv) "t'OV É\IECT[ "t'W't'Oc;] tervallo, si debbono portare festosa-
nɵit"t'OV ~'t'ave; 'Aop~avov [Kizlcrapoç], mente i doni a Jahvé «nel luogo scelto
«ha pagato l'imposta del· 2 % per il cor- da Jahvé, tuo Dio, per farvi abitare il
rente anno, il quinto dell'imperatore suo nome» (Deut. 16,II). Riferendo la
Adriano». norma, il Deuteronomio non dà altri
particolari, perché il suo interesse ver-
Il. LA FESTA DI PENTECOSTE NELL'A.T.
te esclusivamente sulla centralizzazione
E NF.L GIUDAISMO
del culto a Gerusalemme, che è affer-
mata senza mezzi termini. Dall'antica
Nella letteratura giudeo-ellenistica tradizione possiamo quindi dedu rre sol-
(scil. i)µÉpa.) indica spes-
TIE\l't'T)XOCT"t'TJ tanto che l':mtico Israele ha probabil-
so la festa di Pentecoste (Tob. 2,1; 2 mente ripreso dai Cananei la festa del-
Mach. 12,32; Philo, decal. 160; spec. le Settimane insieme con le altre festi-
leg. 2,176; Ios., nnt . 3,252; 13,252; 14, vità agricole, portando però le offerte
~37; 17,254; bel!. 1,253; 2,42; 6,299). a .Jahvé, il Dio che aveva concesso al
L'A.T." non conosce ancora questa paro- proprio popolo il paese 4: Soltanto la
la, ma parla di {Jag silbù'ot, festa delle legislazione sacerdotale contiene istru-
2 Sulla questione cfr. P REISIGKE, \Y/ori. lll e grano, che è l'unico di cui qui si tratti, si
246; Ostraka I 182.276-279.343; II 43.150. può calcolare in linea di massima un periodo
Bor.806.1056.1076.1569; MITTEIS-\XFILCKEN 1 di circa due mesi». Per i. limiti di 50 (giorni,
1,190 s.; r 2,343 s.; ~ RosCHER 113. anni, ecc.), che nell'antichità sono stati d'uso
3 Il nome pag liibu'ot indica che tale prescri- limitato, V. ~ ROSCHER 90-94.100.
zione è evidentemente antica. Cfr. ~ DALMAN 4 Nel suo acuto studio sulla Pentecoste israe·
46:1.: «Non è escluso che il numero sette ab- litica ~ GRIMME ha tentato di seguire la fc.
bia avuto una parte nella fissazione del perio· sta risalendo nel tempo fino a giungere a
d0 di sette settimane, in quanto la settiman;t un'antica festa orientale in onore delle Pleia-
lavorativa col suo giorno di riposo appare di, considerate come divinità. I legislatori d'I-
settuplicata nel periodo della mietitura; a ciò sraele avrebbero poi dato alla festa un carat-
si aggiunge il fatto che per il raccolto di orzo tere monoteistico, trasformandoln così in una
'ltEV't'lJXOCT't'lJ B I-II I (E. Lohse)
zioni più precise sulla festa delle Setti- altre grandi feste, come quella di Pa-
mane. Secondo Lev. 23,15 si devono squa e degli Azzimi o la festa delle Ca-
contare sette settimane intere mim- panne. Fuori del Pentateuco la festa
moporat haHabbiit, cioè a partire dal delle Settimane è menzionata in tutto
giorno successivo al sabato. A tale in- l'A.T. una sola volta (2 Par. 8,I3), e ciò
dicazione, che in origine si riferiva a ci fa supporre che essa abbia avuto nel-
un sabato normale, il testo· fa seguite 1a vita d'Israele una parte minore del-
una precisazione: si contino sette setti- le altre feste dell'anno.
mane complete dal giorno in cui si of-
frono i mannelli ('omer hatt•nufii) e si
Il. La Pentecoste giudaica
celebri poi la festa il cinquantesimo
giorno 5 • A Jahvé si offriranno allora r. La data della Pentecoste
come primizia due pani fatti con due
decimi di efa di fior di farina ( Lev. 2 3, La data della Ptintecoste fu fissata
6 definitivamente soltanto nel tardo giu-
1 7) . Oltre ai pani, il sacrificio comple-
to include gli animali per l'olocausto daismo, quando se ne decise la celebra-
(sette agnelli di un anno, senza difetto; zione 50 giorni dopo la Pasqua. Nel
un giovenco; due montoni), un capro giudaismo non ci fu accordo unanime
quale sacrificio per il peccato e due a- circa la determinazione del «giorno do-
gnelli di un anno per il sacrificio di pro- po il sabato» di Lev. 23,15. I Boetusei
sperità (Lev.23,18 s.) 7• Tutte queste of- (Sadducei) interpretavano le parole alla
ferte servono ad esprimere la gratitudi- lettera e iniziavano il computo dal pri-
ne dell'agricoltore verso Jahvé, che ha mo sabato (il nostro sabato) dopo il
fatto maturare le messi. Il giorno della primo giorno della Pasqua, così che la
festa è giorno di assoluto riposo (Lev. Pentecoste cadesse sempre di domeni-
23,21; Num. 28,26) e tutto il popolo ca 8 • Per i Farisei, invece, lo 'Sabbiit di
gioisce festeggiando il raccolto. Il signi- Lev. 2 3 ,r 5 avrebbe indicato il primo
ficato della festa delle Settimane non è giorno festivo della Pasqua, vale a dire
in alcun modo paragonabile a quello di il r 5 di Nisan 9 ; contavano quindi 7
festa dcl raccolto. Il Grimme sostiene la pro- tecostc sono lievitati. Mentre gli azzimi fan-
pria tesi ricorrendo a un'interpretazione spes- no pensare alla condizione di vita dei nomadi
so forzata di Lev. 23 e N11111. 28 (due testi nel deserto, i pani lievitati della Pentecoste
comunque relativamente recenti) e rendendo presuppongono una civiltà agricola sedentaria.
sbw'wt con 'Pleiadi'. Deve però ammettere 7 Il numero delle vittime è suddiviso diversa-
(70-75) che tale interpretazione non si adat- mente in Num. 28,27 ss.: per l'olocausto, z to-
tn a Detti. 16,9 (e Ex. 23,16; 34,22): gli viene relli, un montone e 7 agnelli di un anno; per
rnsl a mancare proprio quell'aggancio con l'espiazione, un capro; inoltre l'olocausto e
l'antico Israele che proverebbe la sua ipotesi. le oblazioni di ogni giorno.
Pertanto non resta che mantenere l'opinione 8 Men. rna: «l Boctusei dicono: La mannel-
corrente e generale, cioè che in origine la Pen· h non viene tagliata alla fine del (primo)
tecostc è una pura e semplice festa del rac- giorno della festa (di Pasqua}, (bensì solo al-
colto. lo scadere dcl primo normale sabato succes-
5 Della questione tratta E. KuTSCH in una dis- sivo)». Hag. 2,4: i Boetusei dicono che «la
sertazione riguardante la festa delle Capanne, Pentecoste cade sempre il giorno dopo il s:i·
di prossima pubblicazione. Per le diverse opi- bato». Cfr. inoltre Men. 65a; do: umcntazionc
nioni circa il computo della data della festa in STRACK-BILLERDECK n 598·600.
correnti nel tardo giudaismo -7 col. 1478. 9 S. Lev. 23,15 (407 a): R. José ben Jchudà
'' A differenza degli azzimi, i pani della Pen· (c. r8o) ritiene che fobbiit si debba intendere
1tEV"t7JXOcr-r1j B u 1-2 (E. Lohse)
settimane complete a partire dal 16 di chiamata anche festa dcl raccolto {' afe-
Nisan, così che la Pentecoste cadeva e- ret), ovvero festa del raccolto della Pa-
sattamente il 50° giorno dopo il 16 di squa ('frt sl ps{J), essendo pertanto con-
Nisan 10 ; il giorno della settimana fissa- siderata come la conclusione solenne
to per 1a festa di Pentecoste dipendeva della Pasqua 14• Questo nome è già usa-
quindi dal giorno in cui s'era ini- to in Flavio Giuseppe 15 , nella Mishna 16
ziata la festa di Pasqua 11 • Sembra e nella Tosefta 17, e poi divenne la desi-
che il punto di vista farisaico sia pre- gnazione corrente della Pentecoste nel-
valso già prima del 70 d.C., giacché sia la letteratura rabbinica. Mentre le fe-
Filone che Flavio Giuseppe concordano ste di Pasqua e degli Azzimi e quella
nell'informarci che la Pentecoste. si ce- delle Capanne duravano più giorni, la
lebrava 50 giorni dopo la celebrazione Pentecoste durò sempre un solo giorno.
del primo giorno della Pasqua 12• Anche Solo nelJa diaspora durava due giorni,
Tg. O. a Lev.23,15 s. rende il testo del- perché si vdleva esserè certi che, nono-
l'A.T. seguendo l'interpretazione fari- stante l'incertezza nell'osservazione del-
raica: «Dovete contare per voi, a par- le fasi lunari e la difficoltà di far cono-
tire dal giorno successivo al primo gior- scere dappertutto i giorni fissati dal ca-
no della festa di Pasqua, ...devono pas- lendario religioso ufficiale, i Giudei di
sare 7 settimane complete; dovete con- Palestina e quelli della diaspora fossero
tare 5 o giorni fino al giorno successivo riuniti almeno per un giorno nella cele-
alla settima settimana» 13 • Dato quindi brazione della festa 18•
che la celebrazione della Pentecoste ve-
niva a dipendere, secondo il computo 2. La Pentecoste come festa del raccolto
suddetto, dal primo giorno della festa
di Pasqua e degli Azzimi, le due feste Come nell'A.T., così anche nel tardo
vennero associate più strettamente e nel giudaismo la Pentecoste conservò il ca·
tardo giudaismo la Pentecoste venne rattere di festa del raccolto. Il Libro
come il primo giorno della festa di Pasqua, pl'1. 1l'EV"t7JXOcr-ti} xa.,-apLi)µE~"ta.~ bnà. É~1ìo
giacché secondo Lcv. 23,16 il computo doveva p.&.a~v. Ios., a11t. 3,250-252; bell. 2>42 s.
includere soltanto 50 giorni interi. Se invece 13 Cosl anche Tg. ]. I a Lev.23,u.15; STRACK·
s'incominciava a contare soltanto dal giorno BILLERBECK II 600.
successivo al sabato .della creazione (cioè dalla H Midr. Cani. 7,2 (rz6a):STRACK-BILLERBECK
domenica), allora il numero dci giorni sareb-
11 598. L'espressione 'a!eret è usata nell'A.T.
be variato tra 51 e 56, a seconda che il pri-
soltanto per indicare il settimo giorno degli
mo giorno dcl periodo pasquale cadeva alla
Azzimi (Deut. 16,8) e l'ottavo giorno della
fine o al principio della settimana. Secondo
festa delle Capanne (Leu. 23,26; N11m. 29,35;
1\-le11. 65 b già R. Elicser ben Ircanos (c. 90)
2 Par. 7,9; Neem. 8,18); essa designava in o-
avrebbe fornito un'interpretazione simile. Cfr.
rigine il riposo dal lavoro, poi indicò il gior-
inoltre 5_. Deut. § 134 a r6,8 ( IOI b); Mek. Ex.
no di festa e più tardi anche l'ultimo giorno
12,15 (nb). Documentazione in STRACK-B11.-
festivo . Cfr. E. KuTSCH, Die \V11rzel ·~r im
I.ERBECK li 599 S.
Hl Pentecoste cadeva perciò il 5,6 o 7 Sivan,
l-Iebriiische11: VT 2 (1952) 57·69, spec. 65·67.
Jj Ios., a11t. 3,252: o:t 1'WV Éf31ìoµ&.owv i}µÉpa~
a seconda che i mesi di Nisan, Ijjar e Sivan
avessero 29 o 30 giorni. Cfr. R.H. 6 b; -tEcr<ra.p&.xov"ta. xa.t ÈwÉa., [ -.!j 'ileV"tTJXOCT"tft],
STRACK-BILLERDECK II 600. fìv 'Ef3pa.to~ &.crapM XCXÀ.OV(HV.
11 Cfr. Hag. 2,4. i1 Hag. 2,4.
17 T. Ar. 1,11 (543).
l.l Philo, spcc. leg. 2,162: Èop"ti) SÉ Ècr·nv Èv
EoP1'TI Ti µt1'Ò: "tlJV 1t(JW'Tl)V tuì)ùc; 1jµÉpa.v 1.i Documentazione m STRACK-Bll.LERBECK ll
(= r6 Nisan) ... 176: &.11ò yÒ:p lxElvl)c; 'J̵É- 6or.
1tEV'tl')XOrT'tlJ B Il 2-3 (E. Lohsc)
di Rut, la cui azione si svolge tutta du- no importante delle due altre feste di
rante la mietitura, veniva letto solenne- pellegrinaggio, Pasqua di Azzimi e fe-
mente a Pentecoste 19• Nel villaggio si sta delle Capanne. Anche se in numero
radunava il corteo dei pellegrini che vo- notevole i Giudei palestinesi 24 e della
levano recarsi a Gerusalemme per offri- diaspora 25 affluivano a Gerusalemme
re i doni del raccolto 20 • Quando si giun- per la P~ntecoste, formavano una mas-
geva nei pressi della città santa, i sa- sa di molto inferiore a quella registrata
cerdoti e i leviti uscivano incontro ai per le altre due grandi feste che dura-
pellegrini e li guidavano al tempio, do- vano un'intera settimana. I nomi 'ltE".V-
ve si entrava in processione, i cesti sul- 't'YJXO<T"t1} e 'a~eret ci rivelano che la
le spalle, tra canti di gioia. I leviti in- Pentecoste venne perdendo sempre più
tonavano gl'inni di lode; poi si conse- di significato proprio per divenire una
gnavano ai sacerdoti le primizie e si semplice appendice della Pasqua. Con il
pronunciava il ringraziamento solenne 16 di Nisan, il giorno del manipolo
al Dio d'Israele, ripetendo le parole di ('omer), in cui si offriva a Dio una mi-
Deut. 26,3-ro. I due pani della Pente- sura della primizia dell'orzo quale pri-
coste (Lev. 23,x7), la cui preparazione ma offerta del nuovo raccolto 2d, s'inizia-
è regolata neJla Mishna con grande pre- va il periodo della raccolta dei cereali e
cisione (Men. rr,r-2.4.9) 21 , venivano con il giorno di Pentecoste si conclu-
offerti quale primizia della nuova mie- deva il periodo festivo iniziato con la
titura 22 , «come ringraziamento per il Pasqua 27 •
passato, quando non soffrivamo né pe-
nuria né fame, ma anzi vivevamo nel- 3. La Pentecoste come festa della legge
l'abbondanza, e per il futuro, per il qua- sinaitica
le siamo provvisti di ogni bene e, pieni
di ogni speranza, possiamo vivere con A differenza delle altre due grandi
i doni di Dio» 23• Ma anche nel tardo feste, quella di Pasqua e degli Azzimi e
giudaismo la Pentecoste era molto me- quella delle Capanne, che già nell'A.T.
1q Per le letture sacre della Pentecoste dr. J. 20 Cfr. le descrizioni in Bik. 3,2-6.
ELBOG!lN, Der iildische Gottesdienst in seì11er 21 Cft. STRACK-BILLE.RBECK n 601 s.
geschichtliche11 Entwicklung2 (1924) 138; -+ n Philo, decal. 160. Ios.,a11t. 3,252 s. dice che
R ENGSTORF 77. Come lezione della torà per a Pentecoste vengono offerti a Dio pani lie-
la Pentecoste è indicata la pericope di Deut. vitati e i seguenti sacrifici: per l'olocausto, 3
16,9 ss. (Meg. 3,5); dal scc. II in poi anche vitelli, 2 n.0ntoni, I4 agnelli; per il sacrificio
Ex. 19,r ss. (T. Meg. 4,5 [225]; Meg. 3r a; di espiazione, 2 arieti. Evidentemente lo stori-
Meg. ;. 74b.27). Secondo il Talmud la lezione co somma il numero delle vittime prescritte
per il primo giorno della Pentecoste è Ex. 19, in Lev. 23 e Num. 28. -+ n. 7.
per il secondo Deut. 16. La pericope della 21 Philo, spec. /eg. 2,187.
promulgazione della legge prende più tardi il 2l Ios., a11t. 1,i..337; 17,254; bell. 1,25 3; 2>42 s.
posto di Deut. 16. La lettura dci profeti è 2; Act. z,r ss.
presa da Ez. 1 e Abac. 3. Cft. anche H. ST. J. 2·; Ios., ant. 3,250 s.
THACKERAY, The Septuagint and Jewish \Vor- 2·1 La Mishna non ha alcun trattato dedicato
ship ( 1921) 46-60 e A. GmLDING, Some ob - particolarmente alla Pentecoste, e le prescri-
scured Rubrics and Lectionary All11sio11s m zioni per l'osservanza di ques ta festa sono
-the Psaller: JThSt N.S. 3 (1952) 41-55, spec. sparse negli altri trattati, con brevi accenni.
48-55. I tentativi di ricostruire il lezionario Questa è un'altra indicazione della importan-
giudaico in uso nella sinagoga in epoca pre- za secondaria della Pentecoste rispetto alb
cristiana poggiano su basi malferme e valgo- festa di Pasqua e Azzimi e alla festa delle Ca-
no al massimo come ipotesi. panne.
1tEV'tTJXO<T-.'fi B Il 3 a (E. Lohse)
erano saldamente connesse con la tra· be e i loro figli (6,18 s.; 22,r ss.); ma
dizione dell'esodo e della peregrinazio- poi i figli d'Israele la dimenticarono,
ne nel deserto, la Pentecoste è rimasta finché Dio non la rinnovò sul monte ( 6,
una pura e semplice festa del raccolto. x9). A parte questo accenno alla legge
Solo in epoca cristiana il tardo giudai· sinaitica, che avrebbe contenuto il co-
smo collegò questa festa con gli eventi mandamento d'osse~vare la festa, la
dell'età mosaica e la Pentecoste fu cele- Pentecoste nei Giubilei appare sempre
brata in commemorazione della promul- come festa del ringraziamento e del rac·
gazione della legge sul Sinai. L'occasio· colto. Infatti, dopo la notizia che Dio
ne immediata di questo cambiamento pose l'arcobaleno tra le nuvole a segno
nel significato della festa fu la distrù- del patto eterno garante anche della
zione di Gerusalemme nel 70 d.C., che legge della semina e del raccolto (Ge11.
rese impossibili sia i · pellegrinaggi che 8,22; 9,14), viene la prescrizione di os-
l'offerta delle primizie nel tempio. Que- servare annualmente, in questo mese,
sta nuova comprensione della Penteco- la festa delle Settimane (6,16 s.). Nel
ste, attestata con sicurezza solo dal II cap. 22, poi, si narra come Isacco e I-
secolo d.C. in avanti, fu facilitata da smaele si siano recati da Abramo, or-
due precedenti. mai vecchio, per celebrare insieme col
a) Già nel Libro dei Giubilei trovia- padre la festa delle Settimane come fe-
mo i primi cenni di un collegamento sta delle primizie del raccolto (22,1):
della Pentecoste con la storia sacra d'I· offrirono le vittime dell'olocausto e del
sraele: quando fu la luna nuova del ter- sacrificio di prosperità, prepararono un
zo mese, Noè usd dall'arca e costrul un banchetto festoso, Rebecca cosse al for-
altare (6, l ). In riferimento al patto no focacce di cereali nuovi (22>4) e
concluso con lui da Dio vien detto ( 6, Abramo lodò Dio, creatore del cielo e
17): «Perciò nelle tavole celesti è scrit- della terra, che aveva dato all'uomo da
to e prescritto che essi (:rcil. i figli di mangiate e da bere. Nonostante fosse
Noè) celebrino una volta l'anno, in tempo di carestia, Giacobbe celebrò a
questo mese, la festa delle Settimane metà del terzo mese la festa delle pri-
per rinnovare ogni anno il patto». Co- mizie (44,r-4). Questo collegamento
me il patto con Noè, così anche il pat- della Pentecoste con la storia dei pa-
to di vino con Abramo fu concluso nel triarchi evidentemente intende accen-
terzo mese, «e Abramo rinnovò la fe- tuare l'importanza della festa 28, giacché
sta e l'ordinamento per sé in eterno» come i padri l'hanno esemplarmente ce-
(14,20}. Noè e i suoi figli osservaro- lebrata, così ol'a anche i figli e i nipoti
no coscienziosamente la festa, e così sono impegnati a dar prova cli non mi-
fecer0 anche Abramo, Isacco. Giacob- nor fedeltà 29 • I Giubilei mostrano l'av-
2
~ Cfr. ~ DALMA~ 467 : «Era naturale che ~i RAY, op. cii. e~ n. 19) 57. Per la storicizza-
cercasse di dare maggiore importanza alla fcsrn zione delle feste dell'A.T. cfr. M. NoTH, Die
seguendo l'esempio della Pasqua e della fcst.1 Vergegenwiirtig1111g des A.T. in der Verkii11-
delle Capanne». Questa m'.'?ggiorc importanza dig1111g: EvTh r2 (1952(53) 6-17, spec. 10 s.
della Pentecoste venne giustificata col riferi- 21 Come l'origine della Pentecoste è fatta ri-
mento al giuramento che Dio giurò ai padri salire fino ai tempi di Noè, così si narra an·
(24,10 e p«ssim) e al giuram'.!nto con cui i che che già Noè ricevette l'ordine e.li far ce-
padri s'impegnarono verso Dio (6,10 s. e pns· lebrare ai suoi figli il sacrificio quotidiano
sim). Evidentemente la 'fest:i delle Settimane'" all'alba (6,14). Cfr. anche le indicazioni par-
(~ag Iiibtl'ot) fu interpretata come 'festa dei ticolareggiate per In celebrazione della Pasqua
Giuramenti' ({Jag 1'bli'6t): 6,2 r. Cfr. THACKE- nel cap. ·19. intese n dare un'importnnz:i mo!-
'ltEV"t'TJXOCT"t'TJ B 11 3 a-b (E. Lohse)
vio di tale connessione della Penteco- nuovo significato della festa si afferma
ste con la storia d'Israele, un avvio che in seguito e diviene ge11erale, cosl che
poi, dopo il 70 d.C., avrebbe portato a le parole di R. Eleazar ben Pedat (c.
uno sviluppo ben più ampio. 270) riassumono quella che probabil-
mente era la convinzione comune del
b) Il riferimento della Pentecoste al giudaismo del sec. m: «Pentecoste è il
ricordo della promulgazione della legge giorno in cui ci fu data la torà» (Pes.
sul Sinai fu facilitato, dopo il 70 d.C., 68 b ). Da allora fino ad oggi la Pente-
anche dal fatto che già prima di quegli coste fu festeggiata nel giudaismo co-
eventi tragici la festa era considerata me commemorazione della promulgazio-
'a~eret, cioè conclusione solenne della ne della legge sul Sinai. Ma sia Filone
Pasqua. Dato che secondo Ex.19,1 gl'I- che Flavio Giuseppe iaon dicono assolu-
sraeliti raggiunsero il Sinai nel terzo tamente nulla su tale significato della
mese dell'esodo, fu possibile fissare in Pentecoste, cos} da farci pensare che es-
50 giorni il periodo intercorso tra l'e- si l'ignorassero ancora. Soltanto con la
sodo e la promulgazione della legge e catastrofe del 70 d.C. il giudaismo fuco-
celebrare quindi la Pentecoste come stretto a dare alla festa un nuo'.Vo signi-
commemorazione di questo evento. Tra ficato, e possiamo supporre che ci si
i rabbini la prima attestazione sicura sia richiamati a precedenti più antichi
dell'opinione che la legge fu consegna- (Giubilei) che proponevano anche per
ta il giorno di Pentecoste si ha nelle la Pentecoste un collegamento, simile a
parole di R. José ben Halafta (c. 150): quello già esistente per le altre feste
«Nel terzo mese (Sivan), il sesto gior- maggiori, con la storia d'Israele. È in-
no del mese, furono dati loro (scil. agli vece del tutto gratuito supporre che la
Israeliti) i dieci comandamenti: era un Pentecoste cristiana sia stata celebrata
sabato» 30• Dal sec. u in poi il racconto quale festa della nuova rivelazione iq
della consegna della legge (Ex. 19) co- contrapposizione alla festa giudaica del-
stituì la lettura della torà fissata dal le- )'antica rivelazione sinaitica 32 • Infatti
zionario per la Pentecoste 31 • Questo né il racconto della Pentecoste in Act.
to maggiore alla festa. Per la festa delle Set· der 'o/am rabbà contiene molto materiale dei
timane nei Giubilei cfr. anche CH. ALBECK, primi due secoli. -l> RENGSTORF 77.
Das Buch der Jubiliie11 rmd die Halacha, 47. 31 Documentazione in STRACK-BILLEBRECK Il
Bericht der Hochschule fiir die Wissenschaft 6or; per la questione-+ n. r9.
des Judentums (r930), spec. 1; ss. Albeck so- 31 L'opinione diversa di alcuni studiosi non
stiene che gia nei Giubilei «la festa delle Set· trova il conforto di una prova, ma è basata
timane è presentata come festa del patto e su pure illazioni e ipotesi. Ne abbiamo un
della legge» (ibidem 16); ma abbiamo visto esempio in -i- ELBOGEN r r: «Ai tempi di Ge-
sopra come ciò non sia esatto. Secondo il ca- sù la festa certamente era già nota come fe-
lendario dei Giubilei la festa delle Settimane sta della rivelazione, e l'effusione dello Spiri-
cade il 1; del terzo mese (lub. 44.c-5). Per to Santo nel racconto di Atti non è che il rin-
le questioni riguardanti questo rnlendario cfr. novamento dell'antica rivelazione nella nuovt1
A. }AUBERT, Le Cnlendrier des ]11bilés et de forma determinata dalla fede in Gesù Cristo».
111 secte de Qumra11. Ses origines bibliques: Al contrario -+ DALMAN 468 afferma giusta-
VT 3 (r953) 250-264. I rapporti intercorren- mente: «In epoca romana i Giudei non han·
ti tra i Giubilei e i testi di Qumran richiedono no osato mutare il contenuto della festa sen-
un'ulteriore analisi. za un diretto appiglio nella legge... Solo b
3~Seder 'olam rabbà ; : STRACK-BILLERBBCK n separazione clalln Palestina e dalla sua stagio·
6or. La tradizione è attendibile, poiché il Se - ne del raccolto ha condotto in seguito alla
1tEV<Y)XOO"'ti} 13 Il 3 b - e 2 (E. Lohse)
2 mostra alcun riferimento alla tradi- Pentecoste (Act. 20,16), vuol dite che
zione del Sinai, né la Pentecoste cri- l'Apostolo si aspettava d'incontrare in
stiana può esser fatta derivare diretta-
mente da quella giudaica 33 . città, per la festa, un numero partico-
larmente alto di fratelli.
C. 1tE\l'tTjXOl)"'t1) NEL N.T.
r. In I Cor.16,8 Paolo afferma di vo- Luca introduce il racconto della
2.
lere restare ad Efeso fino alla Penteco- prima Pentecoste cristiana con una for-
ste: sia in questo caso che in Act.20,16 mulazione che sembra quasi un titolo:
la data è indicata secondo il calendario xa.t f.v 't@ cruµ1tÀ.TJpoucrt}<X.L 'tlJ\I 1JµÉp<X.v
giudaico 34 . Non è possibìle dire se ad Trj<; TCE\l'tTjXOCT'tfjç (Act. 2, I). Questa e-
Efeso o a Corinto si celebrasse già allo- spressione, di pet sé poco chiara 36, va
ra una Pentecoste cristiana 35, ma è del spiegata in base a quella analoga di Le.
tutto possibile che all'inizio la comunità 9,51, dove l'evangelista dice: E'V .-Q
primitiva di Gerusalemme partecipasse vuµ.1tÀ.'f}pouo-i}a.L 'tÒ.<; 1JµÉpcxç 'tl)ç &.va.-
ancora alla Pentecoste giudaica. Se in- À.-fiµ.ljiewç a.l'.rcou, che significa «avvici-
fatti Luca scrive che Paolo si affrettò nandosi il momento dell'esaltazione
per giungere a Gerusalemme per la sua» (scii. di Gesù), ovvero «essendo
spiritualizzazione della festa. Questo muta- in cui fu possibile un racconto prelucano della
mento, quindi, non può ancora essere presup- Pentecoste, e nella quale quindi dobbiamo ri-
posto per il racconto di Act. 2». cercarla, è un'atmosfera impregnata della tra-
Jl Ingiustificati sono i tentativi di stabilire un dizione del Sinah>. A parte che è quanto miti
rapporto tra la prima Pentecoste cristiana e difficile ricostruire un eventuale racconto pre-
la tradizione del Sinai in base al racconto di lucano della Pentecoste, va affermato c:hia·
Act. 2. Spesso si fa riferimento alla presen- ramente che Aci. 2 non fa cenno alcuno alla
tazione filoniana degli eventi del Sinai (decnl. legge o alla sua consegna e che già per tale
32-49); ma il racconto di Filone non si rifn ragione la narrazione lucana non può essere
affatto alla festa di Pentecoste e si limita uni· interpretata partendo dalla Pentecoste giudai-
camente ad abbellire la narrazione veterote- ca. -)o RENGSTORF 78; -4 LoHSE 428-430.
stamentaria. Si tira anche in ballo il detto di 31 Va notato che questo non è l'unico rnso
R. Johanan (t 279): «Ogni parola che uscì in cui l'autore degli Atti precisa una data
dalla bocca dell'Onnipotente (sul Sinai) si di- in base al calendario delle feste giudaiche: dr.
vise in 70 lingue» (Shabb. 88 b ). Simili sono Act. 12,3 (éH;vµa.:) ; 20,6 (8.~vµa.); 27,9 (v11-
anche una baraita della scuola di R . Ishmael o"TELa.: = giorno del perdono).
(Shabb. 88 b) ed inoltre Ex. r. 5 (71 a); Tanh.
35 In base a I Cor. 5,6-8 possiamo però pre-
B smwt § 22 (7 a), Midr. Ps. 92 § 3 (202 a);
documentazione in STRACK-BILLERDECK 11 605. sumere che in questo periodo si celebrasse
già la Pasqua cristiana. -)o coli. 976 s.
Questi detti, c:he abbelliscono la storia della
_promulgazione della legge sul Sinai, non ri- 3,; Non è possibile tradurre «verso la fine
salgono ai tempi del N.T. né rappresentano del giorno della Pentecoste», giacché il v. 15
un parallelo vero e proprio di Act. 2. Cfr. 11 afferma esplicitamente che era soltanto la
pertinente giudizio di BILLERBECK ad Act. 2, terza ora del mattino. La lezione -.<lç i)µi·
6 in STRACK-BILLERBECK u 604. Pertanto una paç, che incontdamo in alcune traduzioni an·
simile opinione va assolutamente respinta an- tiche, si riferisce alle 7 settimane ed è sicu-
che quando viene espressa con grande cautela, ramente una correzione per agevolare la com-
come in BAUERNFEIND, Apg. 35: «L'atmosfera prensione del testo.
'JtE\1"1'7]XOO'"tll e 2 (E. Lohse) (vr,50) 1490
giunto ii momento promesso della sua cessivo sono sottolineati due aspetti:
esaltazione» 37• Dobbiamo quindi tra- a) in tal modo si attua il dono dello
durre Act. 2,1 così: «Essendo .giunto il Spirito Santo, che era stato promesso
giorno promesso della Pentecoste» 38 • per gli ultimi giorni (~ 7tVEvµcx.) 40 ; gli .
La storia della Pentecoste viene cosl in- eventi meravigliosi che accompagnano
sedta nel complesso della storia della la Pentecoste cristiana erano stati pre-
salvezza e pertanto dev'essere interpre- detti dal profeta 41 e il dono dello Spiri-
tata partendo dal tema che Luca si pro- to ha per effetto che quanti L'hanno ri-
pone all'inizio degli Atti ( r ,8 ): si adem- cevuto parlano in altre lingue: i)p~av
42
pie la promessa che Gesù aveva fatto ai 'tO À.cxÀ.dv È'tÉpatç yÀ.wrrO"CX.Lç (v. 4) .
37 Per l'idea che un periodo di tempo pre- 4~ Per Luca il parlare in lingue è effetto del
stabilito si è compiuto dr. nnche Lc.1,23.57; dono dello Spirito, come dimostra anche Aci.
2,6 .21.22. I0,44 : E'TtÉ'TtE<TEV i:Ò 1t\IEiJµa 1:Ò aytov É1t/,
J.\ A rigor di termini ci si sarebbe aspettati, mivw.ç i:oùç àxovov"ta:ç "tÒ\I Myov, e an·
tanto in Le. 9,51 quanto in Act. 2,1, il perfetto che il V. 46: f)xouov yàp avi:wv À.aJ...oV\l'tW\t
vuµm1tÀ.'l'JpW!Tl>1u. Il presente cruµitÀ.l]poi'i- y À.w11cra~ç xal µEyaÀ.•J\IO'l'tWV "tÒ'J i>EOV
cri}m significa 'essere prossimo al compimen- Cfr. anche Act. 19,6.
to', 'essere in corso di compimento', mentrc 4.I Il verbo aitoq>MyyE:;Ùa:~, che indica il
l'aoristo cru1.titÀ.l]pw1lijvm va tradotto con parlare di chi ha ricevuto il dono dello Spi-
'giungere a compimento' [DEBRUNN!iR) . Cfr. rito, è usato tanto nel v. 4 (per indicare il
~ ScHMrnT 8 s. parlare in lingue) quanto nel v. 14 (per indi-
3> Cfr. anche Le. i 4,47-49; Act. 1,4. care la predicazione di Pietro). I due fotli
40 La citazione di Gioele messa sulle labbr:o risalgono quindi al 1'l\1Evµtt llytov.
di Pietro ci fa chiaramente intendere quale 4 1 Nei vv. 9-u Lurn si è servito di un elen-
sia per Luca il significato dcl racconto delln rn di popoli tradizionale, inserendolo nel rac-
Pentecoste. Luca aggiunge alla citazione le conto della Pentecoste, senza curarsi che es-
parole tv i:ai:<; È11xa:ccw;' 1̵Épcw; (v. 17), a so contenesse, tra gli altri, nnche gli abitanti
sottolineare il carattere escatologico della della Giudea. (Per questa questione dr. E .
promessa che orn si sta compiendo. v. DonscHUTZ, Z11 der Volkerlistc Aci. 2,9·
41 Ioel 3,3 viene riferito (v. 19) agli evenri II: ZwTh 45 [1902] 407-410). A Luca inte-
meravigliosi verificatisi il giorno delln Pente- ressa soltanto stabilire il carattere universale
coste. dell'evento di Pentecoste, e l'elçnco delle na-
7tEv'trtY.OCi"T1i e 2 (E. Lohsc) (vt,51) 1492
nelJa città santa n. Di proposito, dun- sembra fare ancora capolino una tradi-
que, Luca fa sfociare la storia della zione più antica di manifestazioni di
Pentecoste in una descrizione della vita glossolalia(~ II, coli. 557 ss.); ma con
della prima comunità cristiana ( 2 ,42- la critica letteraria è impossibile identi-
47 ). La narrazione di Act.2,r-r3 è per- ficare una o più fonti scritte 47 di cui Lu-
tanto saldamente ancorata al disegno ca si sia potuto servire 48 , perché il rac-
dell'opera lucana, essendo connessa con conto è, dal punto di vista dello sti-
quanto precede dall'aspetto del compi- le, completamente e tipicamente lucano
mento della promessa (I ,8) e con quan- ed usa il tctmine y ì..wo«J<t. (che in ori-
to segue dalla d~scrizione della comu- gine significava il parlare in lingue) nel-
nità che vive della potenza dello Spi- l'accezione di OLaÀ.Ex~oc;, lingua 49 • Pos-
rito ~6 • siamo soltanto dire che è altamente pro-
Nei vv. 1-4 e 13 (cfr. 1 Cor. 14,23) babile che Luca si sia servito di una
zioni gli serve a questo scopo. È quindi er- leggenda del Sinai è avvenuta soltanto in C·
rato cercare di conformare l'elenco al conte- poca più tarda (-7 col. 1483), non è il caso di
sto mediante espunzioni. A.v. HARNACK, Bci- forvi ricorso per spiegare Act.2,r-13. Cfr. an-
triige t.tlT Eilll. i11 das N.T. m, Die Apg. che -7 AnLER 46-58.
(1908) 65 s., cancella 'Ioulìa.la.'11 (v. 9) e con- 4G Io. 20,19-23 mostra chiaramente che oltre
sidera Kpij't'Eç xcx.t "Apcx.~tç (v. rr) come al racconto lucano della Pentecoste circol;1-
una glossa. Con questo intervento sul testo vano nella chiesa primitiva anche altre tradi-
egli Ottiene 12 territori, uno per ogni aposto- zioni e concezioni del dono dello Spirito.
lo. Per ~ HOLTZMANN 330 i 16 nomi dei
47 Cfr. anche M. DIBELIUS, Aufsiilze :wr
pqpoli ricordano i 16 nipoti di Noè (Ge11.
Apostelgeschichte = FRL N.F. 42 (1951) 20;
10,1.2.6.21.22). Certamente Luca non ha pen-
-7 LOHSE 1p6 s.
sato a riferimenti del genere, ma ha voluto
soltanto dire che tutti i paesi e i popoli era· 4~ -> AnLER 19-46 offre un'ampia ed accura-
no rappresentati; dr. }ACKSON-LAKE I .p9: ta panoramica dei diversi tentativi di isolare
«In sostanza l'elenco è un modo retorico per le fonti del racconto lucano. In queste ana-
dire che erano rappresentate tutte le nazio · lisi i giudizi storici e letterati sulla narrar.io-
ni e tutti i popoli». Vale ancora la pena di ne si confondono tra loro (dr. ~ ScHMIDT
ricordare l'ipotesi di O. EissFELDT, Krctcr 23 s.). ~ ADLER 32-35 ha invece mostrato
tmd Araber: 'fhLZ 12 (1947) 207-2!2 : gli che tutta la pericope è segnata dall'uso lin-
ultimi due nomi dell'elenco Kpyt'tE<; xcx.t "A- guistico lucano. Nonostante ciò, ancora oggi
pa~Eç indicherebbero rispettivamente gli abi- alcuni esegeti credono di poter giungere, con
tanti del mare e quelli dcl deserto, giacchi! l'aiuto della critica letteraria, :id una forma
«questa coppia di nomi non aggiunge due più antica dcl racconto della Pentecoste. A
nuovi popoli alla lista precedente, ma li rias- mo' d'esempio ricordiamo il saggio di W.
sume tutti come popoli delle isole e del de- GRUNDMANN, Das Problem des hell. Christen-
serte., dell'ovest e dell'est». t11ms i11nerhalb der ]erusalcmer Urgcmei11dc:
45 Secondo Luca, Gioele aveva predetto an- ZNW 38 (1939) 49 n. IO.
che l'universalità del dono dello Spirito (\'. 4q Ai due significati più comuni di y}...wuua.,
I7): ÉXXEW ci.1tb 'tOU 1'tYEUµa-r6c; µov Ént 'itii- r. lingua (membro _del corpo), 2. linguaggio,
(f(X.\I cr&pxcx. ( = loel 3,1 ). Abbiamo visto so- parlata, se ne aggiunge, nel v. 3', un terzo: lùt-
pra (~ n. 33) che Luca non può aver ripreso gua <li f11oco = fiamma. Per tale accezione
dal giudaismo questo tratto della narrazio- dr. ~ Il, col. 549 e K.G. Kuim, Jes11s i11
ne. Dato che l'elaborazione rabbinica della Gethsemane: EvTh 12 (1952/53) :z69.
q93 (vr,51) 1tE\l't'l]XOO"tTJ e 2 - D (E. Lohse) (Vl,_p ) 1494
S<JIn base ai sinottici, secondo i quali Gesù venta il modello della missione mondiale gra-
sarebbe morto il venerdl 15 di Nisan, la pri· zie all'elenco dei popoli da cui provengono
ma Pentecoste dovrebbe essere avvenuta di sa- gli ascoltatori del messaggio evangelico, un
bato. Secondo la datazione giovannea, invece, quadro ideale preparato dall'ordine del Si·
Gesù è morto il venerdl 14 di Nisan, quindi la gnore risorto e sfociante nrlla prima descri-
Pentecoste sarebbe caduta di domenica. Questo zione della vita della comunità cristiana».
problema non ha alcuna importanza per Luca. 51 Per la cristianizzazione clel calendario fe-
Pìù tardi i cristiani contarono i 50 giorni stivo giudaico in Luca va ricordato soprat·
partendo dalla domenica di Pasqua, cosl che tutto, oltre Act. 2, il racconto dell'ultima ce-
la 7tE\l'tTJXOO''tTJ cadde sempre di domenirn. na di Gesù. Molto più degli altri due sinoL·
5L Cfr. ~ SCHMIDT 27.32. ~ E. V. DOB·
tici, Luca ne sottolinea il carattere pasquale,
scHiiTz 33-43 ha cercato di dimostrare che la facendo cosl risaltare l'adempimento della fe.
cristofania avv.enuta davanti a più di 500 stività veterotestamentaria nel quadro della
fratelli (r Cor. 15,6) e la Pentecoste sono lo storia della salvezza. Come nel giudaismo il
stesso identico avvenimento. Con lui concor- periodo festivo aperto dalla Pasqua termin.1
dano K. HoLL, Der Kirchenbcgrilf des Pt111· con la Pentecoste. così, secondo Luca, gli e·
lus i11 seinem V erhiiltllis w dem der Urge: venti iniiiatisi a Gerus:ilcmme c::in la Pasqua
mei11de in : Gcsammellc Aufsiilzc 11 ( 1928) giudaica si concludono i i gior:1J della Pen·
47 n. I e W. G1wNDMANN 1 op. cii. (-+ n. 48) tecoste.
49. A ragione JACKSON·LAKE I 5,121 contestn
5~ Non abbiamo modo di sapere se e come i
invece tale ipotesi, considcràndola gratuita 1.:
niente più che un'interessante possibilità: quartodecimani e altri gruppi s::ismatici a'J-
«Siffatte ipotesi poggiano tutte su prove trop- biano celebrato la O.EV<TJXO"J'<i) . Per la epis·
po fragili perché le si possa considerare più 111la npos10/om111 -+ n. 58.
che interessanti possibilità». ~;Tertull., bnpt. i9: ...Pc111ecosles, qui est
51 Cfr. DIBELIUS, op.cii.(~ n.47) 94: «La proprie dies fcstus. Sulla questione ~ CA-
storia della Pentecoste ( Act. 2,1-4J ), che pro· SEL 18 s. Anche per Tertulliano Pentecoste
priamente racconta il primo epis::idio di glo.;. significa non la festa, ma il periodo festivo
solalia estatico ncll:t com:1nit~ cristiana, cli· cli 50 giorni che s'inizia a Pasqua.
7tEVTT)XOC1"tlJ D (E. Lohse)
creta: durante questi 50 giorni, come Cristo è stato il primo a salire in cielo
anche di domenica, non si poteva osser- per offrire gli uomini in dono a Dio 60 •
vare il digiuno e si pregava in piedi, L'ultimo giorno della 1tEV't't}XOl1'tYJ,
non in ginocchio 56 • Durante queste set- che probabilmente fin dal principio eb-
timane si battezzavano i catecumeni 57 e be un rilievo tutto particolare essendo
lo sguardo dei credenti era rivolto al il giorno conclusivo dell'intero periodo
futuro: ci si aspettava che il Signore, festivo, venne ad assumere col tempo
che era asceso al cielo per il tempo del- un significato cd un'importanza sempre
la 1tEV't'l')XOl1't1), ritornasse in terra u- più autonomi 61 ; così il termine itEV'tt}·
gualmente in questo periodo dell'an- xocr-c-fi non indicò più il periodo festivo
no 58. Durante la 1tEV'tl}xocr-r1}, .le sette di 50 giorni, ma soltanto, come nel tar-
settimane di gioia e di pace, i cristiani do giudaismo e nel N.T., il giorno della
pensavano alla risurrezione futura 59 • Pentecoste. Questa festa cristiana si
Pertanto la 7tEV't1'}XO<r't1} venne talora staccò poi dalla Pasqua, ed ora è una
interpretata come un segno precorrito- festa autonoma dedicata al ricordo del-
re del regno dei cieli e la Pentecoste l'effusione dello Spirito 62 •
dell'A .T. fu spiegata tipologicamente: E.LoHSE
So Cosl gli acta Pauli (ed. C. ScHMlDT ( •936] («nel tempo tra Pasqua e Pentecoste»). L'at-
p. 1,30-32), un'opera della fine del u secolo, tesa della parusia, viva tra i quartodccirnani,
raccontano come i fratelli non abbiano pro· si riallaccia probabilmente nlla speranza giu-
nunciato né implorazioni né lamenti quando daica della venuta del Messia la notte di Pa-
Paolo fu incatenato e condannato ad bestias. squa; cfr. B. LOHSE, Das Passa/est der Q11ar-
Essendo proprio la 1tEV"tlJXOCT't'TJ, «essi non si tadeci111aner = BFTh 2. Reihe 54 (1953) 78-
misero in ginocchio, ma pregarono ritti, con 84. La concezione riflessa da Tertulliano se·
gioia». Altri esempi: Tertull., de corona 3; gna, con il suo collegamento al racconto degli
dc oratione 23 ; Ireneo in Pseud.-Iust., qttaest. Atti, uno sviluppo ulteriore dell'antica attesa
et resp. ad orth. n5; Pseud.-Hipp., ili psal- della parusia.
mos, /r. IX (Origene?) (GCS I 2,138,9 ss.); ;.i Bas., Spir. S. 66 (MPG 32,19i).
tcstamentum Domini nostri I esu Christi, ed.
J.E. RAHMANJ (1899) TI 12; Epiph., de fide 611 Hipp., /r. rv del libro su Eleana ed Ann~
22,5; Euseb., de solemnitate paschali 5 (MPG
(GCS r i,122,9 ss.).
24,700). 61 Cfr. Eus., vit. Co11St. 4,64.
'JtEpl
1 COL GENITIVO
A. m:pl r5. In Act: r5,2 (E-ra~a:v civaBalvELV
IIa.uÀ.ov xcd Bapva~éiv ... 7tpòc; -roùc;
r. Dal significato locale intorno, che circoO''toÀ.ovc; xat TCpe:O'Bv'tÉpouc; dc; '!E-
è raro anche in epoca classica ed appar- pouo-a.À.1]µ 7te:pt 'tou St]'t'l)µa..oc; 'tOV-
tiene quasi esclusivamente al linguaggio 'tOV) la brachilogia va forse risolta tra-
ducendo «stabilirono che Paolo e Barna-
poetico e~ però coll. 1505 ss.), si è svi- ba... si recassero a Gerusalemme dagli
luppato il significato traslato: circa, in- apostoli e dagli anziani p:.!r ottenere una
torno, riguardo, ecc. decisione intorno a questa questione»
(cfr. anche Act. 25,15 .24). In questo
a) Con verbi ed espressioni verbali 2• ambito rientra anche l'uso di m:pl con
a) Verbi di dire, insegnare, scrivere, u- verbi di disputa, un uso molto diffuso
dire, capire, pensare: di, intorno,. ecc.; anche nel greco classico. Nel N.T. tale
ad es., Act. 8,34; 1 lo. 2,27; 2 Cor. 9,1; uso è presente in Io. 19,24 : À.6:.xw~v
Le. 9,9; Act. 26,26; Mt. 22.42; Act. 25, 7tEpt a.Ù'tou, «giochiamocela a sorte» (la
16; Lc.4,37. f3) Verbi di chiedere, ricer- tunica di Gesù); cfr. anche Act. 18,15.
care, accusare, giudicare, punire, loda- y) Verbi esprimenti affetto 4 : di, per,
re: per, di, intorno, ecc.; ad es., Mt. 19, perché, ecc.: ad es., con i}auµ6:se:w (Le.
r7; 2,8; Act. 24,r3; Io. 8,26; 10,33 3; 2,rB), <TrcÀ.a.yxvlse:<Ti}aL (Mt. 9,36), 'ta-
Le. 3,r9; 19,37; Hebr. r r ,20; Act. 18, pa.xoc; E"('É\IE'\O (Act. r9,23). o) Verbi e-
'ltEpl
Buss-DEBRUNNER 1·1 §§ 228 s.; v. anche § 266, posi/o di, ccc. Nel greco moderno 7tEpl è scom-
l; A.T. RoBERTSON, A Grammar of the Greek parso dalla lingua viva. Vedi, al riguardo,
N .T. 1 (r919) 616-620.1379; P.F. REGARD, Con- ScHWYZER II 499-500. Nel N.T. nei verbi com-
tributions à l'étude des prépositio11s dans la posti mpl ha i seguenti significati: r. oltre; in
langue du N.T. (1918) _p7-544; C.F.D. Mou- senso traslato detto dell'eccesso o dell'alto gra-
1.E, An Idiom Book o/ N.T. Greek (1953) 62 do; ad es. 1tEpLÀElnw, 1tEplÀu7to<;, 1tEptov1noc;,
ss.; ]OHANNESSOHN, Priipos. 219-226; MAYSER cfr. 7tEptcrcr6c;; 2. /11tt'i11torno, attorno; ad es.
rr 2,445-456; P.T. STEVENS, ArisJotle and the 1tEptf3écÀÀw, 7tEpLlO"-rY)µL. Nel greco ellenistico
Koù1e (Notes 011 the Prepositions): Classica! 1tEpl è costruito quasi sempre col genitivo,
Quarterly 30 (1936) 204-217; ScHWYZER n mentre l'accusativo è meno comune e il dativo
499-505. Inoltre le opere sulle preposizioni in- quasi assente. Nei LXX abbiamo 1tEpl col dati-
dicate nelle bibliografie a OL<i. (~ II, coli. 907 vo tre volte: Prov. 1,9; 3,22; 6,21 (v. JOHAN-
s.) ed a '1tf1.pa e~ colt..469 s.). NF.SSOHN, Priipos. 223 s.); nel N.T. e nei Padri
1 Affine a 1w.pa ( ~ coli. 470 s. n. r ), 'ltEpl risa- apostolici tale costruzione è rara come nei pa-
le all'indoeuropeo '~per(i), che significava, stan- piri. Cfr. RADERMACHER 140 s.
2 In tale uso il costrutto preposizionale corri·
do alla sua probabile etimologia, superando,
penetrando, e anche eccedendo. Questo signi- sponde talora al genitivo del greco classico
ficato si è conservato in greco benché tanto in ( RADERMACHER 12 5 ). La differenza tra mpl 'rl-
questa lingua quanto in in<lo-iranico il signifi- voc; e 'itEpl ·n è questa: il genitivo è preferito
cato principale sia diventato tutto intorno; in coi verbi di dire e di pensare, mentre l'accusa-
greco poi questo significato è divenuto il tra- tivo indica l'oggetto di una attività (cfr. MAY-
slato in riguardo a. Già nel greco classico la SER II 2,370.456).
distinzione tra 1tEpl e à.µq>l, da entrambi i la- 3 Cfr. Io. ro,32 : fità nofov 11.u"twv epyov ~µÈ
ti, andò progressivamente sfumandosi. In età ÀLMsE'tE;
ellenistica \mÉp venne soppiantando in larga 4 Raro nel greco classico (BLASS-DEBRUNNER §
sprimenti preoccupazione: per, di, ecc.: profezie dell'A.T. che testimoniano che
ad es., Mt. 6,28; 22,r6. Gesù è il Cristo. Con questa locuzione
b) In costruzione libera dipendente s'indicano nei vangeli le notizie riguar-
da un verbo o da un sostantivo. a.) Con danti Gesù e negli Atti e nelle lettere il
significato causale collaterale: per, a con tenuto della ptedicazione apostolica:
motivo di, ecc.; 7tpouÉveyxE 7tEpÌ. -.ou -.o 1tEpL nu 'ITJcrov, <(ciò che si diceva
xcd}apLO"µou crov, «offri per la ( = in oc- cli Gesù» (Mc.5,27); similmente Lc.24,
casione della) tua purificazione)> (Mc. 1, 19; Act. 18,25; 23,11; 24,22; 28,31;
44; Lc.5,14). 0)Negli altri casi: per, ri- dr. l,3; 19,8 (variante).
guardo a, in considerazione di, ecc.; 'tOV Nel periodo ellenistico la distinzio-
2.
TIOvTjcrcu cx.trtoùc; XCX.'tà. 'tO E~i}LuµÉ'VO'.I
ne tra 7tEpL e Ù1tÉp per certi aspetti non
'tou v6µov 7tEpÌ. m'>'tou, «per fare ciò che
la legge prescriveva riguardo a lui)> (L!:. è più molto netta, e talora 7tEpl col ge-
2,27) 5 ; 7tEpì. 7tav'twv dixoµa.l <rE Evo- nitivo viene a significare per, a favore
oouO"t>a.L XC1.Ì. vyL<X.l'VEL'V, «mi auguro che di 9 •
tu prosperi in ogni rispetto e che goda
buona salute»(} Io. 2) 6. I Cor. 7,37: Così già in Eur., Ate. 178: r.t.'V'rJP ov
N;ouula. 7tEpì. -.oo lolov i>EÀ:1iwnoç, «è l>vncrxw 7tÉpL, «l'uomo per cui muoim>;
libero per quel che riguarda la propria Ditt., Syll.3 1170,30: m:pì. "COU"t'O'J -:-:a-
volontà» (cfr. Col. 4,ro); lo. 15,22: pExaÀ.Eua -.òv l)E6v, <(per questo invo-
r.po<paow ovx f:xou<TL'V TIEpì. 'tfjc; àµap- cai il dio»; P. Zenon (e<l. C. Edgar IV
•la.c; a.ù-.wv, «non hanno scuse per [ r931]) 59790,23: 8 ÒtÉypaljJE Ilpot-
(quel che riguarda) il loro pxcato}>. 'toç 1tEpl µov, «quanto Proito ha sbor-
c) All'inizio di un periodo -;;;2pl serve
sato a mio favore»; P. Ox}r. x I 2 ,4: 98
EuxoµaL "0 xvpllfl 1'E<{) 7tEpt "t"'iic, b'>..o-
ad indicare brevemente l'argomento o Y.À.'l'}plac, <rov, «prego il Signore Dio per
In persona di cui si parla in seguito : I.i tua salute»; cfr. ibidem vn 1070 ,8
riguardo a, per quanto ri.~ttarda, a pro- s.; xn 1494,6; P. Greci e Latini IV 340,
posito di, ecc. (r Cor. 7,r ; 16.r.12: dr. 5: "torç É\l'tVYXcX'VOVO"L 'itEpt Il'tOÀ.E-
8,r) 7• µa.lou, «coloro che si sono prodigati per
cl) "t"à T.Epl 'tL'VO<;, ciò che riguarda Tolomeo». Nei LXX, Gen. 20,7: 1tpou-
qualcuno. Ad es., Act. 23,15; Phil. 2,19 EU1;,E'tO.L iiEpt <rou, «pregherà per te»;
s. s Le. 22 ,3 7: "t'Ò 1tEpt Èp,.,0, «la m in vi- cfr. r Bacr. 7,5; 2 Mach . r,6; 15,14; !u-
t:rn; Le. 24,27: -.à 'KEpÌ. Èav'toù, «le co- d ith 8 ,3 r : ÒE1}1>TJ'tt mpt iJµwv, «prega
se che riguardavano lui stesso», cioè le per noi}>; cfr. Ecclus 21,1 io.
•~ Cfr. N.H. SNAlTH, I believe in ... (1949) 67- Ù7tÈp àµa.p-cLwv. Talora la tradizione del testo
69, è incline a srorgere nel secondo àµap-clo. è incerta tra 7tEpl ('tWV) aµc.tp'tLWV e Ù7tÈp
di 2 Cor.5,21 ( 't~V µ'Ì} yv6v-ca ciµa.p'tlc:tv V?tèp (-rwv) aµap'tL~V (cfr. Gal. 1,4; Hebr. 5,3). In
1)µwv ~µcwtlc:tv t7tol11uEv) il significato di 'sa· passi di significato affine troviamo ora l'un11
crificio e~piatorio', benché manchi la preposi- ·ora l'altra espressione (Gal. I,4 e 1 Cor. r5,3;
zione 7tEpl. Di parere contrario è invece B. AL- H ebr. 10,12.18).
LO, Sai111 Paul. Seconde Épilre aux Corinthiem 21 Cfr. Hebr. 5,1; 10,12: buula Ù7t~p &.µap-
(1937) ad l. 'tLW'\I.
19 Hebr. xo,8 : -l)bH.l]<T«c;; lji 39,7: U'tlJ<Tc.tç. u REI CKE, op. cii. (-? n. 17) 216 ; -? Mour.E
21 Cfr. invece Hebr.5,1 : \m~p &,vi}pw7twv e 63.
m~l Bi n - 3 b (E.H. RiesenfeldJ
21 Cfr. i costrutti col dativo nei LXX: Prav. 1, soltanto Marta e Maria e non terze persone,
9; 3,2.i; 6,2l (""'Il . l). secondo un uso linguistico ellenistico attesta-
to anche altrove : dr. Plut., Tib. Gracch. 2 {r
21KiiHNER - BLASS - GERTH lll 269-271;494;
825 a); ep. Ar. 51 e gli altri passi indicati in
MAYSER 11 1,18 s.; con lo stesso significato è
PREUSCHEN-BAUER •, s:v. 2 al>. Cfr. anche ""'
usato più comunemente ciµcpl con l'accusativo
STEVENS 215; BtAss-DEDRUNNER § 228 (ap-
e piì1 raramente µE-r6: _c ol genitivo; cfr. ""'
pendice); F. KREBS, Die Priipasitio11e11 bei Pa-
STEVENS 214 s. Per l'espressione ol 1tapci '>L-
l)'bius {1882) rn3 s.
voç ""' Ttapci col. 477.
In questa accezione è più frequente xa-r6:
it,
2> Cfr. Ign., Sm. 3,2; ev. Petr. IIA5· Mentre con l'accusativo.
i migliori mss. in Io. II,19 leggono 1tpbç -riJv
M6:pi>av xat Mrt.pL&.µ, alcuni altri (P" AC' 21 Come 7tEpl col genitivo.
r@) hanno la variante 1tpÒç -ràç 1tEpt Mcl.pllav 2~ Questo significato compare 8 volte nelle let-
xat MapLciµ, che difficilmente si può ritenere tere pastorali e solo una volta (Phil. 2 1 23) nel-
nutentica. Tale espressione indica comunque le restanti epistole paoline.
1507 (vr,56) ;qMvvLoc; r (H. Prciskcr) (VI ,57) I ,508
"t'à. m:pt ȵÉ, «le mie cose» o «la mia si- mx 30ÉmDuµlat, «e tutti gli altri deside-
tuazione» 29 ; Mc. 4,19: al m:pt -rà. Àot- ri» • E.H. RrnsENFELD
t m:pLOUO"LO<;
2'.I Cfr. 'tÒ 'ltEpl 'tWOc; ~ coll. 1499 s. Vedi CTtoç (~ ur, coli. 709-732 e 1tEP~oucnoç sono
anche ~ STEVENS 212 s. e MoULTON-MILLT- forme particolari. Non è invece chiara la forma
GAN, .r.v. dell'aggettivo composto mpL&)c1Loç, smisurata·
3'.I Un'espressione simile troviamo in Aristot., mente grande. P. CHANTRAINE, La 1ormatio11
rhet. 2,2, p. 1389 a 4; Heliodor., Aeth. l,23; des nom.r en grec ancien ( r933) 42 suppone
dr. WINEll 181. L'espressione preposizionale che la forma rappresenti un'imitazione di hw-
differi~ce poco dal semplice genitivo; vedi cnoc;, i11utile, mentre ScHWYZER n ,500 la asso-
KiiHNE°R-BLASS-GERTH III 494; MAYSEll II 2, da a 'ltEP!.-Yl"(VECTi)CJ;L e 1tEPL·ELW.(L [DEBRUN·
344; JoHANNESSOHN, Priipos. 225 s.; H. Wm- NER].
MANN, Beitriige wr Syntax Epikurs (1935)
2 L'accezione profana 'ltEp~ovcrtoc;, ricco, deriva
208. Vedi anche G. RuDBERG, Ad usum cir-
da 'ltEptoucrla., abbondanza, benessere, ricchez-
rnmscribentem praeposi1io1mm Graecarum 11d-
za, cd è d'uso frequente nella letteratura pro-
11otatio11es: Eranos 19 (1919) 178-180. fana. In Diod. S. 8,18,3 1tEptovcrtcX!;w significa
'ltEp~oùcnoç eccellere, distinguersi.
Premessa. In seguito alla morte di H. PREIS- 3 RElTZENSTEIN, Poim. 334, appendice r § 19;
KER il manoscritto di questo articolo è stato C.H. Doon, The Bible and the Greeks (1935)
preparato per la stampa da S. ScHULZ. r67 n. 2 .
PAPE, PREUSCHEN-BAUER, CREMER·KOGEL,
LIDDELL-Scon, s.v.; BLASS·DEBR. § 113, r. 4 In Filone incontriamo spesso 'ltEptoucrla =
• Si è soliti considerare mpLoucrla. come un eccesso, sovrabbo11danza; ad es., OLà 7tEptou-
chìaro derivato da 'ltEPLELVa.L (dr. à:'lt-ouala, crla.v à:ya&wv in spec. leg. 2,12; praem. poe1i.
t~- (~ m, col. 630 ss.), È1t·, µE't-, 7tCJ.P-, mpL-, 118 ecc. ed anche il verbo 7tEptoucrtcil;nv: spec.
cruv-, ed anche il semplice oiicr(a.). L'aggettivo leg. 1,24; 2,108. Flav. Ios., ani. 11,56 par·
mpLOVO'toç è molto raro e tardo. Gli aggettivi la di «ricchezze caduche» (1tEp~oucrlcxv ciq>·
in -oucrLoc; sono generalmente forme artificialì cxtpE't"Ì]V Ù'ltÒ 'tUX7Jç), e in bell. 4,584 di «fot·
costruite dai filosofi seriori sul sostantivo oii- ze preponderanti» ( 1tEp~oualcx liuv6:µEwç) .
crln., essentia. È questo il caso di à:v-, µE't-, 5 Cosl PREUSCHEN·BAUER; PREJSIGKE, \Vort.
òµo(L)-, 7t(J.V-, 1tOÀU-, 1tpo-, Ù1tEP·OVC1toç. bttOV- II 296.
nEp~ovcr~oc; 2-3 (H . Preiskcr)
11
2. Nei LXX 'ltEpLov<noc; è attestato 5 I4 , in una citazione dei LXX (Ex.19,
volte (Ex. 19,5; 23,22; Deut. 7,6; 14, 5; Deut. 14,2 ed fa:. 37 1 23). Mediante
2; 26,r8). L'espressione À.u.òc; 1tEpLou-
cnoc; rende l'ebraico 'am s"gullli 6, ovve- l'atto redentore di Gesù, Dio si crea il
ro il semplice s'gulla 1 . Se si osserva che popolo che rappresenta per lui un pos-
il verbo ebraico sgl significa ·accumula- sesso prezioso 12, una proprietà scelta Il,
re 8 e che due volte i LXX traducono s~
un bene eletto 14• In modo del tutto si-
gulld con 7tEpLoucnacrµ6c; (4' l 34 ( r 3 5],
4; Eccl.2 ,8) 9 , è lecito supporre che il si- mile all'A.T. e in perfetta coerenza con
gnificato fondamentale di s•gulld non sia la concezione tipica delle Pastorali, che
semplicemente 'possesso', 'proprietà', sottolineano particolarmente l'aspetto
ma ricca proprietà. Troviamo tale signi-
ficato soprattutto in Ex. 19,5 e Deut. etico-pratico delJa fede 15, l'autore fa no-
26,18. Di conseguenza l'espressione tare l'esigenza di una vìta zelante nelle
À.aòc; nEpLovcnoc; {~ Àaoc; v1, col!. IOJ buone opere o, per dirla con Tit. 2,12,
ss.) significa il popolo che è il te soro re-
l'esigenza di «vivere ... con moderazio-
gale di Dio iu. Essendo il gioiello, la per-
la di Dio, Israele ha l'obbligo di evitare ne, giustizia e pietà» . Il À.aò~ 1tEpiov-
quanto è pagano (Deut. 14,2) e di se- cnoc; poggia quindi sul fondamento del
guire i comandamenti e gli ordinamenti sacrificio escatologico' di Cristo Gesù, il
di Jahvé (Ex. 19,5; 23,22; Deut. 7,6-
II; 26,18). Salvatore (2,14), ed è orientato verso
l'epifania di Dio in Gesù Cristo alla fi-
3. Nel N.T. l'espressione À.aòc; 7tEPL- ne dei tempi. Questo popolo eletto, che
oucnoc; compare unicamente in Tit. 2, appartiene completamente a Dio, vive
16 Cfr. anche 1 Clem. 64. Anche qui l'espres- Cle111., ad l.) e pertanto può essere tradotta c:o·
sione riprende Ex. 19,5 (come nota KNOPI', me in Tit. 2,r4.
Col. 833, dopo la riga 5, va aggiunto: piente, vengono ad essere designate co-
me tali. Trattandosi spesso di