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DEL
NUOVO TESTAMENTO
VOL. V
PAIDEIA
Titolo originale dell'opera
Direttore
GERHARD K1TTEL, professore ordinario di N.T., Tiibingen
Collaboratori
OTTO BAuERNFEIND, professore straordinario di N.T., Tiibingen.
FRIEDRlCH BAUMGii.RTEL, professore ordinario di A.T., Gottingen.
JoHANNES BEIIM, professore ordinario di N.T., Bcrlin.
GEORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., Giessen.
HERMANN WoLFANG BEYER, professore ordinario di storia della chiesa, Leipzig.
FRIEDRICH BucHSEL, professore ordinario di N.T., Rostock.
RunoLF BuLTMANN, professore ordinario di N.T., Marburg.
GERHARD DELLING, parroco, Glauchau.
WERNER FOERSTER, professore straordinario di N.T., Miinster.
GERHARD FRIEDIUCH, parroco, Gross-Hcydekrug (Prussia orientale).
HEINRICH GREEVEN, docente di N.T., Grcifswald/Heidelberg.
WALTER GRUNDMANN, docente incaricato di N.T., Jena.
FRIEDRICH HAUCK, professore straordinario di N.T., Erlangen.
VOLKMAR HERNTRICH, docente di A.T., Bethel.
JoHANNES HERRMANN, professore ordinarlo di A.T., Miinster.
]OACHIM ]EREMIAS, professore ordinario di N.T., Gottiogen.
RunOLF MEYER, assistente, Leipzig.
WILHELM MrcHAELIS, professore ordinario di N.T., Bern.
OTTO M1cHEL, docente di N.T., Halle.
ALBRECH'I' OEPKE, professore str aordinario di N.T., Leipzig.
HERBER'I' PREISKER, professore ordinario di N.T., Breslau.
GoTTFRIED QuELL, professore ordinario di A.T., Rostock.
KARL HEINRICH RENGSTORF, Konventual-Studiendirektor, Loccum (Hannover).
HERM AN~ SAssE, professore straordinario di storia della chiesa, Erlangen.
HEINRICH ScHLIER, parroco, Elberfeld.
LoTHAR ScHMID, Maulbronn (Wiirttemberg).
KARL LUDWIG SCHMIDT, professore ordinario di N.T., Basel.
CARLSCHNEIDER, professore ordinario di N.T., Konigsberg.
JoHANNES ScHNEIDER, professore straordinario di N.T., Berlin/Breslau.
GoTTLOB SCHRENK, professore ordinario di N.T., Ziirich.
GusTAV ST.ii.HUN, docente di N.T., Leipzig.
HANS WrNoISCH, già professore ordinario di N.T., Halle.
INDICE DELLE VOCI
xaJ1.6ç
-7 &:yai}6c;, xa..x6c;, 7tOY'fJp6c;
xa.Mc;
Bibliografia ~ à,ya:Mç e xaxoc;. ]. JuTl-INER, Mv, cplì..ov fo-.l· -.ò o' où xa..Àòv où cpl)..ov ta-
Kalokagathia, in: Charisteria Alois Rzach zum .,;l; inoltre in Eur., Ba.88r : O'tL xa)..òv cplXov
achtzigsten G eburtstag dargebracht (1930) 99 ci.El; Philo, agric.99: 7tav-.t -.0 aocpi{l 1'Ò xa.-
ss.; W. JAEGER, Paideia I (1934); J. JEREMIAS, ÀÒv cpl'ì..ov, 8 xixt n6..v-.wc; ta-.t <rw.,;i)ptov.
Die Salbungsgescbichte Mk. r4, 3 -9: ZNW 35 2 F. SPECHT: Zeitschrift fiir v ergleichende
(1936) 7J·8z; SrnACK-BILLERilECK IV 536-610. Sprachforschung 62 (r 935) 258 n. 1.
l Il proverbio si trova in Theogn. 17: lh-.~ xa- J Altri pensano che xa)..6ç attenga al gotico
xix.Mç { w. urundmann)
-r6mv, è il luogo adatto, giusto, como- re dell'uomo: µl)OÈ\I aya.v iGa.tpQ 1ta\I·
do: xEi:o--frcu, -r1}v KÉpxupa.v È\I X(XÀ.Q -toO -.a 1tpOO"EO-'tL iGaÀa, «mai eccedere! A
Kopw-frLa.xou :x:6)~1tou, «Corcira è situata suo tempo ogni cosa è bella» (fr. 7 (II
(Xenoph., hist. Graec.6,2,9), mentre co- 3 l 5, 2 9, Diels] ). Questo significato si
in un punto felice del golfo di Corinto»; trova in Omero solo al neutro: où x.a.-
(Xenoph., hist. Graec.6,2,9), mentre co- ÀÒv ÙnÉpBLov EÙXE-tciacrDat, «bello non
me qualificativo d'un sottinteso XPO\ltp è vantarsi con tanta iattanza» (Horn.,
inclica il tempo giusto, opportuno: vuv Il. 17,19). Cfr. xaM\I -i-oi (Il. 9,615):
-yàp Èv xa.À@ qJpo\IEL\I, «ora puoi pren- è bello, conviene, sta bene. Con questo
dere una saggia delìberazione» (Soph., significato la locuzione xa.Mv ÈO"'tL\I ri-
E/.384). xa.Àà lEpci sono le vittime a cui corre frequentemente in tutti i tempi e
non manca nulla, in cui tutto è in ordi- nell'uso linguistico di tutta la Grecia.
ne e che perciò promettono fortuna (Xe- Per es.: o\h' ȵoì -.ou't' EO"'t"LV OU'tE eroi
noph., an. l,8,15); où yàp O-qJayLa. ylvE- xa.M\I ( Soph., P hil. r 3 04); x.a.À.év µoi
-i-a.~ xa.Àci, «i sacrifici non danno segni -i-ou.-o 7towvcru Da\IEL\/ (Soph., Ant. 72).
propizi» (Aesch., Sept. c. Theb.379). In In questo contesto xa.Àoc; si trova affian-
ordine e dunque fortunato è il signifi- cato a olxa.toc;, to-oç. Il suo opposto è sia
cato di xa.À6ç in una locuzione come ciEL alo-xpoc; che 7tOVl)p6c;.
xa.Mc; ·;ùouc; bi)" 01w.1 q>Evynç %a.xci, Per il pensiero gl'eco il concetto di
«è sempre una navigazione felice quando xa.Mc; è connesso con quello di -r&.çic;
sfuggi alle sventure» (Soph., Phil. 641 ). e di o-uµµE-rpla.. Dei pitagorici ci è con-
Quando una cosa o persona è sana, servata questa affermazione: -t'Ìjv µÈ\I
ordinata, idonea, la si può anche defini- -i-ci!;w iGa.i ..-i)v o-uµµE-tpla.v rX1toqicx.lvo-
re b) bella secondo la percezione sensi- µE\/ a.ù-i-o~c; xa.Àci, -rà. oÈ -rou.-wv Èvav-
bile. xa.Àòc; .•. oɵa.ç, bello di aspetto 'tL(l,, ' ' 'tE a-.a..,La.\I
'tT}V ' t' XCX.L\ 'tT}\/
\ acruµµE-
'
(Horn., Od.17,Jo7); ì.oÉq.. xa.Mc;,(Pind., -tpla.v alcrxp6., «dimostriamo loro che
Olymp. ro,rn3); xa.À.oL -rà uwµa."t"a l'ordine e la simmetria sono il bello, e
(Xenoph., mem.2,6,30). L'opposto è a.i- il loro contrario, cioè il disordine e l'a-
o-xp6c;: di)'... Ct.LO'")CLO\I Etooc; cX\/'tL 'tOU simmetria, il brutto» (1 368,28 ss.,Diels).
x.a.).ou n.a.Bov, «magari avessi assunto Democrito cosl definisce il xa.À.6\1: xa.-
un aspetto più brutto in posto di quello Mv lv ?tav-.t -.ò l:crov· unEppo:>.:ii oÈ xaì.
bello!» (Eur., Hel.263). In questo con- l::)..)..w]Jtc; oi.l µot. ooxÉEt, «il bello è la
testo xa.Mc; assume le accezioni di pia- proporzione in ogni cosa; tale non mi
cevole, affascinante, amabile. sembra l'eccesso e il difetto» (fr.ro2 [II
c) Se il termine viene applicato alPin- 81,1s. Diels]). Cosl inteso, esso si tro-
timo atteggiamento di un uomo, allora va, secondo la concezione dei pitagorici,
significa moralmente buono; per es.: nel mondo intero: -rò xciÀÀio--.ov xaì
xaÀ.Òc; yà.p oùµòc; elo-.oc; WO'"'tE Dauµci- apio-..-ov µi) Èv à.pxfi ei\laL, 8Là -.ò xa.t
O"ll.L «la mia vita è veramente tanto bel- 't'W\/ q>U'tW\I xat -i-wv scf>w\/ -.à.ç àpxàc;
la da essere ammirata!» (Soph.,El.393); aC-i-ta µÈv Elva.t, -.ò oÈ iGet.À.Ò\I xat -.É-
Èpyµci.-rwv cbt;-rlc; x.a.À.wv rurpEo-'to<;, <<ine- ÀEto\I Èv -.oi:c; b~ -tov-rwv, «il bene e il
stinguibile è lo splendore delle belle im- bello per eccellenza non sono in princi-
prese» (Pind., Isthm.3[4],60[43]). Di pio, considerando che i principi delle
Crizia si ricorda l'avvertimento riguar- piante e degli animali sono delle cause,
dante l'atteggiamento e il modo di vive- mentre il bello e il perfetto si trovano
hails (sano, guarito) e ali' antico sassone hél (intero, completo), ma su ciò si discute ancora.
9 lIII,540) xrtMc; (W. Grundmann) (III,541) IO
4 Cfr. JtiTHNER 99 s.
xaJ..òç (W. lìrundmann)
"t"OU o1)µou, «e quelli detti xaÀoÌ. x&:ya- 2. Ma è proprio Senofonte che mo-
i}ol avrebbero procurato loro non minor stra come il significato del termine si è
grattacapi del popolo» (8,48,6). Non di- spostato dal terreno politico-sociale a
versa è la situazione che si rispecchia nel- quello etico-spirituale, per cui in xcx.Mc;
le commedie politiche di Aristofane: "t"W\I xàya:Mc; si esprime l'ideale di vita gL·e-
7tOÀL'tW\I ot xaJ,ol "t"E x&.ya'Ì}ol (Ari- co. oec. 6,I2 ss. riferisce come Socrate,
stoph.,eq.227 ). Dai v. I86ss. risulta che a cui si deve far risalire la trasformazio-
i 'lW.ÀoÌ. xàycd)ol dovevano ricevere una ne del concetto, cercasse di determinare
elementare istruzione musicale e una ri- il contenuto del xaÀ.Òc; x&.yai}bç. Quan-
spettabile formazione del carattere. Cfr. do cerca uno che sia xaÀÒc; xà.yail6c;
specialmente ran. 727 ss: .-wv 7toÀvrwv egli precisa che il suo contrassegno non
i}' ouc; µÈV LcrµE\I EÙ)'E\/Et<; iW.t CTWQ>pOVa<; è la bellezza esteriore. Finalmente s'im-
avopac; ov-rac; xa.t OLxa.louc; xat xaÀovc; batte in un uomo, che nel suo ambien-
'TE x&:ya.Doùc; xaì. "t"pa<pÉV'tac; Èv mx.Àal- te è considerato xa.ÀÒc; x0.ya-ì}6c;: è il
CT'tpa.Lc; xaì. xopoi:c; xat µou<nxi'i 7tpocrE- compatriota Iscomaco, un agricoltore
ÀouµEv, -roi:c; oÈ xaÀ:xoi:c; xaì. !;évoLc; xaì. abile e accorto in tutto, un uomo che
7tupplcw; xaì. 'ltOVl)poi:c, x<ix 7tovnpwv dc; ha una famiglia ordinata e compie i suoi
a1u1.v-ca XPWµElra, «dei cittadini, trascu- doveri verso la polis. É chiaro, quindi,
riamo quelli che sappiamo essere uomi- che X(.(ÀÒc; x&.yaì16c; si può divenire gra-
ni bennati, saggi, giusti, xa.Àot x<iym'lol, zie a una giusta istruzione e formazio-
educati nelle palestre, nei cori, nell'arte ne. Ma, mentre il xaÀ.Òc; x<iyaltoc,, in cui
della musica, e usiamo invece per ogni s' imbatte Socrate, è definito cosl gra-
evenienza quelli di poco valore, stranie- zie all'abilità e alla posizione sodale con
ri, servi, malvagi genia di malvagi». Qui essa conseguita, per Socrate l'essenza
è del tutto chiaro che un determinato della xa.À.oxayaitla, che egli vuole inse-
privilegio qualitativo è stato subito attri- gnare agli uomini, sta nella OLXaLocrVVl)
buito al ceto socialmente elevato: un pri- (sym.3,4). Socrate, che non appartiene
vilegio qualitativo, che tuttavia compete al ceto dirigente politico e sociale, è de-
solo ai membri di quel determinato ceto finito come xCt.À.Òc; x&.yCt.iMc; con queste
sociale. Vengono a fondersi insieme una parole: olOa oè: xa.t l:wxpét-tT} onxvùv-
prerogativa di guida aristocratico-politi- -.a. -ro~c; auvoUO"L\I Èau-ròv xa.Àòv x&ya-
ca e una di valore, insita nel carattere i>ò\I ovi:cx. xat OLaÀEy6µevov xét)).1.cr-rcx.
e nella formazione culturale. In Seno- 1tEpt &.pe't'iic; xat -rwv iJJ,J..wv 6.vltpw1tl-
fonte in un primo tempo è ancora pre- vwv, «so che anche Socrate si mostra xa-
sente un chiaro significato politico-so- Mc; x&.yaitoc; a chi lo frequenta e ragio-
ciologico; per es., ò oè: @ripa.µÉvl)c; a\l- na meravigliosamente della virtù e de-
'C'ÉX07t't'E À.Éyw\I, oi:L ovx Etxòc; Et'l] lla- ~li altri pregi umani» (mem.1,2,17). In
va.'touv, Et "t"Lc; É"t"LJJ.tii:o Ù7tÒ -rou ST)µou, mem.1,1,16 si descrivono gli &.vltpwmvcx.
-roùc; oè: xaÀ.oùc; xà.ya.froùc; µ1']0È'V xa- che uno deve imparare se vuol essere xa-
XÒ\I dpyase-ro, «ma Teramene si oppo- ÀÒç x&.ya;1}6c;, e non 'TtOV'fJpoc;, che ne è il
neva, dicendo che non era giusto far mo- perfetto contrario e compie anche la sua
rire uno che era onorato dal oi)p.oc; e non trasformazione (~ '1tOVT)p6c;). Al disce-
aveva fatto alcun male ai xaÀ.ot x&.ya- polo che vuol divenire xaÀ.Òc; x&:yaltoc;
i}ol» (hist. Graec. 2,3,15 ). In Cyrop. 4, (mem.1,2,7) Socrate insegna che cosa è
~ ,2 3 (ovodc; &\I -twv xa).wv x&:yailwv «pio ed empio, bello e brutto, giusto e
E.xti>v òrpfrelri Ilepcrwv oùoa.µ11 'itE~òc; ltiN) ingiusto, che cosa la moderazione e la
l'espressione designa la classe privilegia- stoltezza, il valore e la viltà , che cos'è
ta anche tra gli stranieri. uno stato e uno statista, che cosa il do-
13 (m,541) xa.Àoç (W. Grundmann)
minio sugli uomini e la capacità di far uomini di stato» 1 (dr. resp. 3,425 d;
questo, e altre cose, la cui conoscenza, Gorg.518a-c). Il concetto, dunque, dal
a suo avviso, autorizzava gli uomini a piano etico e caratteriologico vien pie-
fregiarsi del nome di xrù.ot xà.1<X.i}ol»6• gato a designare l'aspetto politico. In
Col tempo la xcx.À.oxcx.yai}la dell'uomo Aristotele troviamo, oltre all'antica ac-
interiore si rispecchia nel comportamen- cezione politica del concetto (per es.,
to esterno: si ha più gioia alla vista de- pol. 2,9, p. I270 b 23 s., I27I a), esau-
gli uomini, òt.' W\I 'tà :x;aÀ.a 'tE xa:ya.M. rienti indagini sull'essenza di un xo:.À.Òc;
xr.d à.ya7CT}'t"èl 1Wn cpalVE't"m, fi 01' wv x&.1aiMc; (eth. m. 2,9, p. 1207 b 20 ss.;
-cà alcrxpa 'tE xat 1tovnpà. xat µ1.cr11-.ti, eth. Eud. 7,15, p. 1248 b 8 ss.)8, che per
«dai quali traspaiono nature oneste e lui consiste nella perfezione morale, in
amabili, che non di quelli dai quali tra- cui è inclusa la felicità: fo'·nv oi'.iv xcx.À.o-
spaiono nature turpi, malvagie, odiose» xaya.Dlcx. &.pE't'1] 't"ÉÀ.Etoc; (eth. Eud.7,15,
(mem. 3,rn,5 ). xaÀ.à. x&:yailà sono le p . 1249 a 16).
opere e le qualità dei xcx.À.ol x&.ycd)ol
(cfr. mem.1,2,23; 5,r). 3. La riflessione e Ja formulazione fì.
Cosl secondo Socrate il xa.À.Òc; x&.ycx.- losofìca del concetto si riflette nel mon-
i76c; è un uomo pio e giusto, saggio e do politico, come si può notare negli
intelligente, temperante ed esperto nel- oratori. Cosl Iseo considera i xa.À.ot x&.-
la sua professione, la cui condotta di vi- ya.itol, che compaiono come testimoni
ta è in ordine sotto tutti gli aspetti. davanti al tribunale, non solo come yvw-
Tutto il successivo pensiero greco ha pLµW"tCX't'ot., i più ragguardevoli, ma an-
sublto l'influenza di Socrate. La xaÀo- che come h~LEtXÉcr'tCX."tOL 't'W\I 'ltOÀ.t.'tW\I,
xcx.yai}la consiste nella ò1.xmocruv11 ed i più a modo tra i cittadini (},20). Da
è divenuta un momento della 1tat8da Isocrate la caratteristica essenziale del
(quando deve dir 1a sua opinione sulla xa.À.òc; xa1r.dMc; è descritta tosl: 't1]V oè
felicità del re persiano, il cui presuppo- otxatocruvl}v xaì. crwqipocruvn\I tot.a: xi:1}-
sto è la xcx.À.oxa.ya?lla., Socrate doman- µa."ta Twv xa.À.wv x&.yai>wv ov"tc.t, «pre-
da quale sia la sua 1tCX.t.Ol:'.ta e &xcuocru- gio specifico dei xaÀ.oì. x&.ya.i)ol sono la
vn, Plat., Gorg.47oe) e si pone nello giustizia e la saggezza» (3,43, cfr. 13,6;
stesso tempo come ideale di vita e idea- 12,183). In Demostene il xcù.òc; xà.ya.-
le educativo. Soltanto neJla xa.À.oxaya.- Mc; è «il politico ideale, che tien presen-
iJla è data la felicità: 't"ÒV µlv yàp xa- ti non i suoi interessi privati, né le sue
À.Òv xà.ya.1>òv &vopr1. xa:t yuva.i:xa: EÙ- inimicizie personali, ma soltanto il bene
011.lµova ET.val <Pnµi., rçòv Se &01.xov xa.ì. dello stato»9 (18,278). Anche per Eschi-
1t0\11)pÒ\I &itÀ.tov, «affermo che l'uomo ne, l'avversario di Demostene, 1a xaÀ.o-
e la donna giusti ed onesti sono felici, xa.ya?lla. è un concetto etico (I,30 s.).
invece ]'uomo ingiusto e malvagio è Da tutto ciò risulta l'influenza del pen-
sventurflto», (ibid. ). Negli scritti poli- siero filosofico sulla vita politica e un re-
tici di Platone risulta evidente che i ciproco rapporto tra vita e pensiero da
xa:À.ot x&yaitol «sono ~li uomini :fisica- una parte, come l'abbiam riconosciuto in
mente e spiritualmente formati, di un Socrate, e tra pensiero e vita dall'altra,
elevato tenore morale... gli unici veri come ci appare chiaro negli oratori 10•
10 Lo stesso effetto troviamo nelle iscrizioni, 11 In epoca romana xaMc; xàycd)6ç è divenu-
dove la xa'>.oxa.ya.i}la è segno di onore, per to un epiteto esornativo, e addirittura un tito-
es.: ...&.çCouc; fJ.V'tOÙç X<.t'tEO"XEU(J.X('J.\I 'tijç 'tE lo, per es.: &vopEç xa:>..ot x<iya-frot xat qilÀ.oL
tlìlaç xaÀoxayaDla.ç xaL i:1jc; 'tWV 'ltpoy6vwv r.apà, OTJµOV ?Ct1.À.OU Xctyai>ou X<.tL qil)..ou <JVµ·
Ò:pE'tT\ç, IG lX 2,uo8, riga r3; o
oliµoc; Mo- µaxou, IG 1x·2,89,16. Cfr. JtiTHNER u3.
<IXlwva Kvolµov &.pE-c1jc; ifvExe.v xat EÒ\lolaç 12Cfr. ancora, oltre i luoghi citati sotto ~
xat xaÀ.oxayo:iHaç xat cp~À.oooçlo:ç i:fjç Etc; &.yaMc;, C. RITTER, Platons Gedanken iiber
tavi:òv xat e.ÒcrEfMaç 'tTJ<; Eiç i:oùc; i>Eovc;, Iscr. Gott und das Verhiiltni> der W elt tmd der
di Pricne 108, p . 90, riga 326. Cfr. JiiTHNER Menschen zu ihm: AR.W 19 (1916-19), sul-
III S, l'idea dcl bene, 260 ss., 467 ss.
17 (III,543) xa.À.oç (W. Grundmann)
la fame che l'anima ha del xa..À.6v, nel- ilɵi.c; À.ÉyEw µa.xa..pLw-ta"tT}'V, «splendi-
l'aspirazione dell'anima ad una più ele- da era la bellezza a vedersi quando, uni-
ta a una coro beato, essi contemplarono
vata immagine dell'uomo, in quanto si una divina visione beatifica, avviando-
lascia attrarre al xa..À6v come a un'idea si a quella delle iniziazioni di cui è giu-
esemplare. Ciò trova la sua formulazio- sto dire che raggiunge la suprema bea-
titudine>>, (Phaedr. 250 b-c). La facoltà
ne classica nella preghiera di Socrate:
dell'uomo di percepire il xaÀ.6\1 nel
ool1y.é µOL XaÀ.@ yEvfoi}m 'tèl.VOOitEV, mondo del divenire, è l' €pwc;. "Epwç
«concedetemi di divenir bello nell'inti- o' ÈO"'tÌV Epwc; m:pÌ. "t'Ò XU..À.6\1 (symp.204
mo» (Phaedr.279 b-c) 13 e nell'enunciato b ). Nel famoso discorso di Diotima che
si legge nel Simposio, Socrate mostra co-
di Aristotele: 1tEpL7COLELO'i>at fo.u-.0 -.ò me l'uomo, attraverso l' Epwc; 14 , giunga
xct.À6v, «procacciarsi ciò che è bello» all'esperienza del xaÀ.év, un'esperienza
(eth. Nic. 9,8, p. u68 b 27). che consiste in un µatJ'l')µa e in un l-
OEL\I: ... à.pxoµE\10\/ CÌ1tÒ 't'W\IOE 'CWV xa-
Alcuni testi possono chiarire la cosa. ÀW'V hElvou €vExa "t'ou xa.À.ou <iEt bt-
Il xaÀ.6v si manifesta come forma del a.vtÈva.1., Wl11tEp È1tava(3a.O"µoi:c; xpwµE-
bene nel mondo del divenire, appunto vov, à.1tò Èvòc; È1tÌ Suo xat èmò ouoi:v
perché questo è plasmato secondo l'idea 1btt 1tav-ra "t'à xa.À.ù. crwµa.-i:a, xa..t à.1tò
eterna e invisibile del xa..Mv, che è la -rwv xa.À.wv l1wµrhwv È1tÌ -i:à xa.À.à.. Èm-
forma dell'essere eterno e del bene: El "t'f)Of.uµa..'t'a, xat (hò "TG.lv Èm-rriSrnµli-
µÈv ofi xa.À.6ç ÈCT't'L\I OOE o XOO"µoç o 't'E -i;wv E7tL
, I
-ra..I xru' \..a.
'
µa.·S\,J,
u, 1µa"t'<X., xa..1.' rt.1tO
> '
OT}µLOUpyòç ò.:yail6c;, ofjÀ.ov wç 1tpÒç 'CÒ ..G.iv µa.it'l'}1.uhwv Èn' ÈxE'Lvo -rò µaiJ'l')µa
à.toLOV E~À.rnEv ... ò µÈv yàp xaÀ.À.LO"'tOç 'tEÀ.EU'tfjO'aL, o ÈO'"'tW oùx (l).,}.ou 'Ì] aÙ-
'tW\I YE'YO'VO"t'WV, ò o' apLO''tOç 'tW\I a.l- 'tOU f.xElvou -rou xaÀ.ou iraiJT}µa, xat
'tLW'll. oihw o-ft YEYEV'r)µÉvoc; 1tpÒç 'tÒ rv0 aù-rò -tùrn-rwv, o ÈO''tL xaÀ.6v ...
À.6y<p xa..L q>pov1]0"EL 1tEpLÀ.T}1t'tÒV xat 'tl Ofj'ta.... oloµEita, Et "t'!p yÉVot"t'O ct.Ù"tÒ
xa:tà -.aù-i:à EXOV oEOT}µwupy'l')-tm, «se -tò xa..À.òv Ì.oE'Lv EÌÀ.txptvÉç, xa.1lap6v,
questo mondo è bello e il suo artefice liµELX't'O\I, <iÀÀ.à µl] Ù\la1tÀ.EW\I O'apxwv
è buono, non vi è dubbio che aveva lo 'tE àvitpwnlvwv xat xpwµa..-wv xa.t lil-
sguardo rivolto a ciò che è sempiterno... À.11c; 7toÀ.À.fjç q>À.ua.plac; lNl}-tf]c;, &À.-
l'uno infatti è il più bello tra gli esseri À.' aùi:ò -tò ilE'Lov xa.À.òv Suva.ti:o µovo-
generati, l'altro è la migliore tra le cau- noÈc; X<l.'tLOEL\I; «prendere inizio da que-
se. Così tutto ciò che è generato è stato ste cose belle e procedere in ogni istan-
creato secondo quel modello, che solo te verso queJla bellezza assoluta, come
la ragione e l'intelligenza possono co- per i gradini ascendenti di una scala,
gliere e che è alla stessa guisa» (Tim.29 dalle sembianze di uno solo alle sem-
a; cfr. 3obc). L'uomo è in grado di per- bianze di due, dalle sembianze di due
cepire il xaÀ.6v, perché lo ha contempla- a tutte ]e sembianze corporee informa-
to nella sua purezza in uno stadio pre- te di bellezza, poi da queste belle sem-
cedente la sua incarnazione: xliÀ)..oc; oÈ bianze corporee alla bellezza delle azio-
..6-r' ljv loei:\/ À.aµ1tpév, O'tE O"Ù\I f.Ùoa.l- ni e dalla bellezza delle azioni alla bel-
µovi. xop@ µaxaplav 3\fl1.\/ 'tf. xa.t iMav ... lezza delle cognizioni, e finalmente dal-
ELOo\I "t'E xat heÀ.ouv'to 't'WV "tEÀ.E'tW\I iìv la bellezza delle cognizioni giungere a
quella cognizione suprema, che non è qualche suo simulacro) ogni atteggia-
cognizione di null'altro che della bel- mento e ogni tipo di canto si può con-
lezza stessa; e l'uomo allora, giunto al siderare bello» ( [ trad. E. Turolla] leg.
termine, conosce il bello nella sua pro- 655 b).
pria essenza ... e allora che cosa credia-
mo che potrebbe avvenire, se a qualcu- Col problema del xa.Mv tocchiamo il
no fosse concesso di vedere la stessa centro e insieme il punto più alto della
bellezza in sé, schietta, pura, immista, filosofia platonica e del pensiero greco,
non oppressa né da corpi umani, né da anzi di tutto il pensiero umano: il xa.-
colori, né da ogni altra vanità mortale,
ma potesse contemplare la stessa unica 'ì..ov, che in quanto idea eterna appartie-
e semplice bellezza divina?» (symp.2u ne alla sfera del divino, è ciò che, come
cde). Da questa conoscenza e da questa forma del bene, abbraccia in una unità
visione del xaÀÒv, a cui conduce l' f-
pwç al di là dell'amore umano, viene ideale divinità, mondo, uomo, e conferi-
all'uomo virtù e immortalità: tip' olét.•. sce all'esistenza umana, vissuta nell'arte
ÒpW'll't't i!) òprt"tÒ'll 't'Ò xa.À.Ov, -rlx-trn1 oùx e nella virtù, significato, comunione, e-
ELOWÀ<X. apE't''ijç, a-rE OVX Ei.OWÀOU fCj)r.t.'TC- ternità.
'tOµÉ'llCV, à.ÀÀ.IÌ <ÌÀT)i)f}, &'t'E 't'OU (Ù.1')-
Ì)ouç ecpct7t't'oµÉvcv· -.Ex6'Y-.t oÈ à.pi;..Tjv 2. Aristotele distingue, nel xaÀ6v,
rH.l)ilfi xat 1'pEi,!JIXµ.É\/4> u7tétPXEL ì>Eo<pi.- tra 'tÒ fiou, il bello naturale, che si sud-
À.E~ YEVÉ<Tila.t, xa.t EL7tEp 't'l!) a.u.l!) àv- divide nel xa.À.Ò\I È.v 't'oi<; 't'ij<; q>Ua'EWç
1'pc:.m wv; 0:1)a.va't'4> xa.t €xElv(f>, <<non Epyotç fi È.v 't'oiç 't'Tjç 't'~X'lllJç (part. an.
credi dunque che chi ha lo sguardo ri- I ,1, p. 63 9 b 20), e "tÒ xa1J' aÙ't'Ò a.tpE-
volto a contemplare la bellezza con quel 't'oV, il bello morale (reth.1,7, p. l364b
metodo col quale essa è visibile, non dia 27 s.). In ogni caso il bello riceve la sua
alla luce fantasmi di virtù, ma delle ve- più precisa determinazione dalla 't'ét~tç
re realtà, perché non a fantasmi egli si xat CTVµµe't'plcx. xa.t "tÒ WptcrµJvov, che
trova unito, ma alla verità? E a questo egli considera come i µÉytcr'ta Et8t'l -eov
uomo, che dà alla luce e sa nutrire la xaÀ.ou (metaph.12,3, p. 1078a 36s.). Il
vera virtù, non è concesso di godere del- xcl.À6v è distinto dall' O:yail6'J: 'tÒ &ya-
l'amicizia di Dio? A lui, più che ad ogni ilò'Y xal 't'Ò xcx.À.òv ~'t'Epov ('t'Ò µÈv yàp
altro uomo, è concesso di divenire im- cl:Et ~V 7tpa~EL, 't'Ò OÈ xaMv xat lv 'tOtç
mortale» (symp.212 a). Un tale uomo è tbttvlJ'tOt<;), «il bene è distinto dal bel-
xcx.À.Òç x&yail6ç. perché è valente nella lo (il primo infatti sta sempre nell'ope-
virtù, per cui, sforzandosi di raggiunge- rare, il bello invece anche in ciò che è
re il bello, a null'altro si rivolge se non immoto)» (metaph.12,3, p . Io78 a ~r s.),
al xcx.Ào'J e all' O:yat>6v (dr. resp. ~,40I distinzione, questa, che viene dal rigetto
e). Il xrtÀ6v è pure l'oggetto dell'arte. <lella dottrina platonica delle idee (~
In essa il bello si concretizza nel modo àyr.d}'6c,). Questa distinzione diviene più
seguente: 'tÙ µÈ'J &.pE'tiiç ÈX6JJ.EVa. t!Ju- chiara là dove dice: 'tÒ µÈv yàp a'Uµq>t-
xliç 'ÌÌ a'Wµa.'toç, EhE et.Ò'tijç EhE "tL'JÒç nov a.Ù't'{il &. yalt6v fo-rt, 'tÒ o! xaÀÒv
dxovoç crVµ7tet.'V'tCX. crx1}µa-t6. 'tE xat cmÀ.wc;., «l'utile infatti è bene per il sin-
µfl...I) xo.À.6:, «in quanto è aderente a golo, il bello è simpliciter bene» (reth.
qualche virtù spirituale o fisica (sia che 2,r3, p . l389b 37s.). Il xci.À.6v per lui
si tratti della virtù vera e propria, sia di è il bene puro e semplice 15 • Più diffusa-
15 Un confronto con le definizioni di Aristotele addotte nell'articolo à:ycxMc; mostra la comune
2I (m,544) xa.Mç (\VI. Grundmann) (m,544) 22
mente parla del xcx.Mv come -rò xcx.11' ct.ù- peranza, scienza; in queste infatti, a lo-
-cò cx.tpE-rov, appetibile per se stesso. Il ro avviso, trovano compimento le belle
xccÀ.év è il -rÉÀ.oc; -i-ijc; à.pE-cfjc; (eth. Nic. azioni... e 'tÒ xct.À6v è detto unicamente
3,10, p. n55 b 12). Esso si realizza nel- ciò che rende degni di lode coloro che
la 1W.À.oxa:ya.i}la., la &.pE'tT) -rÉÀ.E~oc; (eth. son forniti d'un tal bene; d'altra parte
Eud.7,r5, p. r249a r6). La xa.À.oxaya.- esso consiste anche nell'esser natural-
t}la. viene cosl determinata e delimitata: mente atti al proprio lavoro, ed ancora
xcx.À.òc; oÈ x&.ya.i}òc; -i-@ -twv &:ya.i)wv 'tÒ: in ciò che adorna, come quando diciamo
xcx.Àà. u1t6.pxm1 a.ù-c@ ot.' a.u't&., xcx.L -réiJ che il sapiente è xaÀ.òc; xaL ò:yaiMc;«
1tpa.:x.-i-txòc; dvm -.wv xaÀ.wv xcx.t aù-.wv (7,roo). Il xcx.Mv è un'entità decisamen-
EVEX!l.. xcx.À.Ò: o' fo-.tv cx.i 'tE &.pE't'CX.L xcx.L te etica 16• E se talvolta si sente dire che
-i-à. Epycx. 'tà IÌ.1tÒ -rf)c; à.pE-rf)c;... ò o' ot6- q>UCTEL 't"OU'tO (scil.: 't'Ò xcx.Àév) cx.ÌpE'tOV
µEvoç 'tÒ:ç àpE-.ò:ç EXELV oE~v Evexa. -rwv ÈO"'t'L xa.L Ù1tÒ -rwv à.Myw'll 1'.;,ci,lwv, «per
€x-ròç &.ycx.ilwv xa.-r:ò: 'tÒ o-vµ~Ejhpcòç natura il xa.Mv è appetibile anche dagli
xa.Àà '1tpa-r-rEt, «l'uomo bello e buono animali irragionevoli» (Sext.Emp., math.
è tale in quanto possiede per se stesse le rr,99), si esprime però anche l'idea con-
cose belle e perché è capace di produr- traria: où yàp cpucrEt, µai)'l)crEt oÈ ot xa-
re cose belle per amore di esse ... ; chi in- À.ot xà.ycx.i)ot ylvo'll'tm, «non per natu-
vece ritiene che occorra possedere le vir- ra, ma per istruzione si diventa xa.À.oL
tù per amore di beni esteriori, solo acci- x&.ya.froi» (Clem. Al., strom. I, 6, 34,
dentalmente compie belle azioni» (eth. 1 ) . In questa considerazione etica il con-
Eud.7,r5, p. r248b 34ss. r249a qs.), cetto assume il significato di capace, abi-
La visione platonica non si può raggiun- le, ordinato, regolare, legittimo e divie-
gere, una volta che l'idea del bene è sta- ne la misura della vita: oùoÈ ò '1tÀ.Ei:O"'ta
ta distrutta . Si ritorna, invece, alla con- xd7a.p4J01Jircx.ç, tì p't)-i-opeuCTa.ç, fi xv~iop
cezione preplatonica, mentre prende ri- v1Jo-a.c;, à.À.À' o xcx.À.wc; È'ltCXLVEhcx.t. Tò
salto l'aspetto morale del xcx.À6v. yàp XCX.À.Ò\I OUX ÈV µTJXEL XPO\IOU i}E'tÉoV,
La Stoa prosegue sulla via aristoteli- &,)...).' è.v cipE-cn xat -i-fi xmpl4J crvµµE-
ca. Diogene Laerzio riassume cosl le -rplq: -toiho yàp Ei.l8cx.1µov xat i}Eoq>LÀ.È<;
concezioni stoiche: xcx.ÀÒv oÈ ÀÉyovcn Etvcx.i. VE\loµtcri:cx.t ... Mhpov yò:p 'tOU '3l-
rçÒ -rÉÀnov &.yaMv... fi -rò -i:E"J..iolwc; o-Vµ- ov -rò xaMv, où -rò i:ou xpovou µ71xoc;,
µE-rpov. ELOTJ OÈ EÌ:Vcx.t -rou xcx.À.ou 'tÉ't- «celebrato è non colui che molto ha suo·
-ccx.pcx., OLXCX.L0\1 aVOpELoV, x6crµtOV, Èm-
1
nato la cetra, a lungo ha fatto l'oratore o
O"'t'T)µOVLX6V' ÉV y&p 'tOtO"OE 'tÒ:ç xaÀàc; guidato navi, ma colui che ha fatto be-
1tpri.~w; <1\JV't'EÀEfoì}ct.t. . . . Àf.yE~<X.L OÈ ne queste cose. Infatti il xrxÀ.6v non con-
-rò xaÀ.Òv µovaxwc; µÈv 'tÒ È.1tmVE'toùc; siste nella lunghezza del tempo, ma nel-
1tCLPEx6µEVO\I -roùc; itxov'tr.tc; &.ycx.Mv t- la virtù e nella _tempestiva moderazione:
1w.lvov &~1ov· É-tÉpwc; oÈ 't'Ò EU ?tE©VxÉ- questo si considera beato e caro agli
vcx.L 1tpÒc; -cò LOt.0\1 itpyov. aÀ.À.wc; OÈ -cò dèi ... Misura della vita, infatti, è non
Èmxocrµ,ouv, 8-cav ÀÉywµEv µ6vov 't'ÒV la lunghezza del tempo, ma il xcx.Mv»
O"Oq>ÒV àyaMv xat xa.Mv dwu, «bello (Plut., cons. ad Apoll.17; II IIrabd).
dicono il bene perfetto ... o perfettamen-
te moderato. E del bello quattro dicono 3. Il carattere religioso, che il xcù.6v
essere le forme: giustizia, fmtezza , tem- aveva nella dottrina platonica delle idee,
determinazione dci concetti di &.yallbv e di XII- 16 Nella Stoa ayc.dMv e xu.Mv sono assoluta-
Àov, sicché non si può attribuire un valore as· mente sinonimi; cft. v. ARNIM III 9-rr .
soluto alle distinzioni qui riportate.
xa.À.6<; (W. Grundmann) (nr,545) 24
ritorna nella tarda :filosofia ellenistica. gli esseri mortali, convertendosi ali' in-
Filone da una parte accoglie i motivi corruttibile» (poster. C. 135), &.StriO""t'a-
stoici17, dall'altra, per l'influenza sia del- 'tOc; nept 'l'OU ileou µv1}µTt xa.t 1) xa'tci-
l'A.T. che dell'ellenismo religioso e di x)..110-1.c; 'tfjc; &.7t' aù-çov o-uµµaxlac;, «il
Platone, dà al xa).6-v un significato reli- ricordo incessante di Dio e l'invocazio-
gioso. Ad esso nella visione si contrap- ne della sua alleanza» nella battaglia
pone il divino: -.ò &:yÉV1]'tO\I xai ll'Ei:ov continua della vita. Ciò vien definito
òpfi..v ... -.ò 1tpGhov &:ya:Dòv xa.t xa.À.òv 'tou µEyÉi>ouç xal. nÀ:fji>ovc; 't'WV xa.À.wv
xai euoatµov xat µax<iptov ... -tò xpE~'t àpx,Ì] xat -rÉÀ.oc;, «principio e fine della
'tO\I µÈ.v &:yailou, xriÀ.À.1.ov OÈ. xa.À.ou ..., grandezza e del numero delle cose bel-
«contemplare l'ingenerato e divino, la le» (migr.Abr.56). Chi in tal modo aspi-
prima bontà, bellezza, felicità, beatitu- ra al xa.À.6v e lo realizza nell'azione mo-
dine, migliore della bontà, più bella del- rale, è nel novero dei figli di Dio (spec.
la bellezza» (leg.Gai. 5). Il divino è sem- leg. 1,318).
plicemente il xaÀ.bv: ouolv ytip Ècr't t
-twv xaÀ.wv, 8 µ-l} -i}Eou 't'E xa.L ~efov, 4. La conclusione dello sviluppo del
<mon esiste nulla di bello che non ven- pensiero greco-ellenistico si ha in Plo-
ga da Dio e non sia divino» (sacr. A. tino. Nelle Enneadi egli discorre 'ltEpt
C. 63). Il mondo è legato a questo 'tou xaÀ.ov (1,6) e sulla fine dell'antichi-
divino xa.Mv: ò ileòc; ... 't'Ò tot0v µE- tà rinnova la concezione platonica. Plo-
-.a.oeowxwc; limxcn 't'oi:c; f.v µÉpet 't'i]c; tino parte dal bello della percezione sen-
't'OU xa.À.ou 'ltTjyfjc;, Éa.V'tOU" 'tà. yà.p ÈV sibile: 'tÒ xaMv ÈO''tl. µÈY ÈV o\jJEL 1tÀ.Et-
xbo-µ<E> x<JJ..à, oUTto't 1 8.v ÉyeyÉV1]'tO 't'Ot· O"t'O\I, ECT'tL ~>'f.\I &.xoai:ç xa."t'ti 'tE Mywv
ai:i'ta, µ1} 7tpòc; &.px.É-çvnov 'tÒ 7tpòc; &.- crvvilfow; xat È.v µov<nxi) à'lta.<TTJ · xa.t
À:i)1>e1.av xa.Mv 'tÒ &:yÉv1]'tO\I xat µaxa- yà.p µÉÀ.1) xat pvi}µol dcn xaÀ.ol· Ea"tt
pwv xat &cpilap'tov &.netxovto-ilÉv't'a, OÈ xcd 1tpofoucr1. 7tpÒc; 't'Ò &vw à:.?tò 'ti)c;
«Dio... concede agli esseri particolari la alcri71}crewc; xa.l È.7tt't'l')oeuµa.-ta xa.À.à.
loro propria sostanza, attingendo alla xat 1tpti!;etc; xat E~Etc; xat Èmo-'t'1)µal 'TE
sorgente della bellezza, che è lui stesso. xat 't'O -r:wv &.pE'tWV xtiÀ.À.oc;, «la bellez-
Infatti, le cose che nel mondo sono bel- za, nel suo più alto grado, è nell'ambito
le non sarebbero mai state tali, se non della vista; è anche nell'udito - e segue
fossero state riprodotte secondo l'arche- gli accostamenti delle parole - è poi an-
tipo, la bellezza vera, l'increato, beato, che nella musica, e in ogni specie di mu-
incorruttibile» (cher.86). La via che con- sica persino; e, infatti, canti e ritmi so-
duce al bello è triplice: ... 't'ÒV µlv Èx no belli. Inoltre, al di là e al di sopra
&8ao-xaÀ.lw;, "t'Ò\I o'h q>UCTEwc;, "t'ÒV O'E~ della sensazione, troveremo bellezza nei
&.crx1}crewc; Èqnɵevov 'l'Oli xa.Àov, «han- costumi, nelle azioni, negli atteggiamen-
no teso al bello ]'uno (Abramo) median- ti, nella scienza: v'è, poi, anche la bel-
te lo studio, l'altro (Isacco) mediante la lezza della virtù» ([trad. V. Cilento] 1,
natura, il terzo (Giacobbe) mediante l'e- 6 ,1 ). Cercando.di vedere in che cosa si
sercizio» (Abr. 52). Ad esso è necessario radichi la bellezza sensibile, egli critica
à.'ltOO"'tpÉq.>EO"i}at 'tà. ll'vl)'ta, ÈmO"'t'pÉq.>ELV l'estetica e l'etica corrente, che la fan-
1tpÒc; 't'ÒV aq>~ap'tO\I, «che si rivolgano no consistere nella crvµµE-rpla., e rag-
17 Elementi stoici troviamo nel predominante me "t'É)..Etov liyai>òv... -r:ò 'J<rt.Mv, poster. C. 95;
valore morale del concetto, nel pieno valore si- St' Èav-rò alpE-r6v, som. 2,20; nell'affermazione
nonimico di esso con à-ya.Mç (spec. leg. 2,73; ò CT1CEpµa-c~xòç xat yEW'l')'ttxòç "t'WV xaÀwv
migr. Abr. 86), in espressioni di tipo stoico co- Myoc:; 6pi>6<;, leg. all. 3,150.
25 (m,545) xa.Mç (W. Grundmann) (m,545) 26
giunge l'idea del bello intesa come il contemplato tale vista beata» (x, 6,7 ).
verace essere: ... 't"à. OV"ta. +i xaÀÀov1} Questa visione, dunque, è fonte della più
Ecr't"W, «la bellezza è la vera realtà» ( x, alta felicità, ed è il fine della vita. Ciò è
6,6). Perciò, quando si chiede 7twc; oÈ possibile perché il bello è in pari tempo il
xcx.À.èc. xàxdvcx. xcx.t "t<X.U'tcx., «come sian bene, e il bene è contemporaneamente il
belle quelle cose e queste» (scil.: il su- bello, come il male è anche il brutto (x,
pemo e il terrestre), dà questa rispo- 6,6). Come la raggiunge l'uomo? A con-
sta: µE'tOXTI EtÒouc; cpaµÈv 't<X.U'ta. miv dizione che abbia la bellezza dell'anima:
µÈv yàp 'tÒ &µopcpov 7CEcpuxòc; µopcp~v ov yàp &v 7CW1tO'tE EnìEv òcpitaÀ.µoc; f}À.L-
xa.t dooc; OÉXE<rltm. rl.µotpov ov À.oyou 0\1 l}ÀLOELO'Ì)ç µ1) yEyEV'rJµÉvoç, ouoÈ -.ò
xaL Etoouc; cx.lcrxpòv xaL il~w ltdov À.6- xa.ÀÒv &v tOOL l}Jux7J µT) xa.À'Ìj yEvoµÉ-
you, «queste - affermiamo - sono belle \11}. )'EVfoi>w oi) 7CpW'tO\I ltEOEtOi)c; Teti<;
per la partecipazione ali' idea. Infatti, xat xaÀ.òc; 'lttiç, El µÉÀÀ.Et ltEacra.o-fro:.t
tutto ciò che, pur essendo nato a rice- 't&.yal>Ov 'tE xa.L xaÀ.6v, «come l'occhio
ver forma e idea, resta, invece, senza for- non riuscirebbe mai a vedere il sole, se
ma: ecco ciò che merita l'attributo di non divenisse solare, così l'anima non
brutto e di estraneo alla ragione divina» può contemplare la bellezza se non di-
([trad. V. Cilento] 1,6,2). «La bellezza viene, essa stessa, bella. Suvvia! Diven-
delle cose di questo mondo disvela dun- ga, anzitutto, ciascuno deiforme e bello,
que la magnificenza, la potenza e il be- se intende contemplare e Dio e il Bello»
ne del mondo spirituale, così che un le- ([trad. V. Cilento] 1,6,9). Solo con la
game imperituro esiste tra tutte le cose, purificazione è possibile conseguire un'a-
tra lo spirituale e il sensibile» (4,8,6) 18. nima bella, e la purificazione si ottiene
La vera bellezza, pertanto, appartiene nelle virtù della disciplina - per cui l'uo-
al mondo superno, essa è bellezza tra- mo non cerca il contatto con i .piaceri del
scendente, che riverbera i suoi effetti corpo -, del coraggio - che rende intre-
nel bello del mondo (5,8,8). La visione pido di fronte alla morte intesa come se-
di essa è l'esperienza più grande che parazione dell'anima dal corpo -, della
l'uomo possa avere: -tl oi'}-.o:. ol6µElta, grandezza d'animo - che è la capacità di
EL -ttc; tX.UTÒ -.ò xcx.À.òv itE@To aÙ"CÒ E.cp' È- far a meno delle cose terrestri - , e della
cwTou X<X.it<X.pOV, µ1} CT<X.pXWV, µ7} CTWµ<X.- sapienza - che distoglie l'anin1a dalle co-
't"O<; civ<i'TCÀEWV, µ7} ÉV yT}, µ'i) ÈV ovpa- se basse per rivolgerla a quelle superio-
n
v{(,l, tv' xa.ltcx.p6v; «immaginate, poi, se ri (x,6,6). Così ancora una volta nella
uno contempli la Bellezza in sé e per sé riflessione sul xa.À.6v in Plotino si risve-
e nella sua purezza: non quella che è glia lo spirito greco in tutta la sua gran-
gravata di carni e di corpo, ma quella dezza .
che, per essere del tutto pura, non è
sulla terra e non è neppure nel cielo?» 5. Nella letteratura ermetica il xa.-
([trad. V. Cilento] 1,6,7). Questa espe- Mv, che compare come il bello accanto
rienza è la &.plo--.'l') 'Ì}Éa., «la più nobile vi· all' &.yrx.Mv, appartiene al mondo di
sione», e Plotino dice che ne; ò µÈv -.u- Dio: Ti o~ -çou 'Ì}EOu ovo-ltX. "t'lc; ÈCT't"Lv ;
xwv µa.xaptoc; ot{JLV µa.xct.pLCX.\I 'tEltE<X.µÉ~ 'tÒ &.ya.-ì}òv xa.t -.ò xcx.À.Ov, «e qual è l'es-
voç, «beato è colui che, raggiuntala, ha senza di Dio? La bontà e la bellezza»
1s Cfr. F. BrLLICSICH, Das Problem der Theo- enn. 2,!).17: «Questo ha la sua esistenza dal
dizee im philosophiscben Denken des Abend- primo. Se ora questo, che è qui, non è bello,
landes, in Philosoph. Abh. der osterreichischen non lo è neppure quello di là. Dunque questo
Leo-Gesellschaft (1936) 7os., inoltre Plot., che è qui è bello secondo que1lo cli là».
27 (m,545) xa.Mç (W. Grundmann)
19 La connessione ;(aMç xat &:ya.Mç penetra l'uno all'altro stanno xaMç e à.yaMç in Tob.
negli scritti apocrifi, ma senza altro significa- 12,7s.
to, cfr. Tob.5,14; 2 Mach.15,12. Giustapposti
xa.Mc; (W. Grundmann)
À6v ricorrono in un contesto morale (v. :1.aÀ.Ò\I Èvwmov xuplou (Mal. 2,17); xcx.-
sotto 2), sono traduzione di tob, buo- ì.bv ... Eva.v..n xuplou (Num.24,1 ); 'ltOL-
no, termine che denota la volontà di e:i:v 't'Ò apECT'tÒV (ciò che piace) xcx.L -rò
Dio. Infine xaÀ.6v, nell'accezione este- xa,À.òv iva,v-rlov x.uplou (Deut.6,r8; 12,
tica, si può dire che non ricorre, soprat- 28 ecc.); -rò xcx.À.Òv xat 'tÒ EÙìlÈc; (retto)
tutto perché l'arte figurativa ha ben È.vwmo\I xuplou (2 Par.r4,r). E ancora
scarsa importanza nella religiosità bibli- in questo senso è usato negli scritti pro-
ca. In un solo passo è possibile scorge- fetici, come nella lapidaria espressione
re un riflesso del concetto greco di bel- di Amos: ÈX~1}-ri)crcx.-re. -rò xa}..òv xat
lezza, cioè nel racconto sacerdotale del- µ'Ì') -rò 1tOVl}p6v, o'ltwc; ~1}cr11-re. ... µEµL-
la creazione. Il giudizio conclusivo in <r-l}xa.µEv -rà. 'ltOVl)pCÌ xat 'IÌYCX.1tlJXf/.µEV
Gen. I ,3 I: waiiar' 'elohim ,et-kol-'aser -rà. xaÀ.a, «cercate il bene, non il male,
'afa wehinneh-tob me'od, che riassume onde possiate vivere... abbiamo preso
i giudizi di r,4.ro.r2.18.2r.25, è cosl in odio il male e amato il bene» (5,14
tradotto dai LXX: xct.L EloEv ò il'Eòc; 't'à. s.). Si veda anche la parola di Michea:
mx.v-ra., ocra: È'J-çOL1)C1EV, xat LOOÌJ xa..À.à. e.l CÌVl}yyÉÀ.'l') O"OL, rlvl>pW'ltE, -rl xcx.À.òv;
À.lav. Lo stesso si può dire di altri pas- -~ •l xvpioc; Ex~1}-.EL 1tapà. cro\i &,)...)..' fi
si, nei quali, come in Gen.1, il contesto -;où 'ltOLEtv xplµa.. ... «ti fu annunciato, o
suggerisce di tradurre tob con «ben riu- uomo, che cosa è bene? o che cosa ri-
scito». Il traduttore col suo xcx.À.éc; in- cerca da te Iddio, se non la pratica del-
troduce il concetto della bellezza del la giustizia... ?» (6,8); l'invito di Isaia:
mondo, che si riflette poi nella lettera- µal>E-rE xcx.À.ov 'ltOLe.'ì:v, «apprendete a fa-
tura sapienziale: xa..À.à -rà. f3À.rnoµé'.Vtt, re il bene» ( r ,17 ). Anche la letteratura
«bello è quel che si vede» (Sap.r3,7)2D. sapienziale usa il termine con questo
2. Nella maggior parte dei casi xf/.- significato: 7tpovoov xcx.À.à. Èvwmov xu-
plou xat &.v&pw7twv, «abbi cura del be-
Mc;, xa).6v assume, nell'ambito dell'eti-
ne innanzi a Dio e agli uomini» (Prov.
ca veterotestamentaria e giudaica, il si-
3>4).
gnificato di moralmente br•ono, ed è al-
lora usato come sinonimo di &.ycxl>6c;, in 3. Nella profe~sione di fede hOdu z•;-
21 hwh kt. tob, «celebrate Jahvé, poich'egli
un senso molto vicino a tob • È que- è buono» 22, accanto ad &.:yaMv emerge
sta l'accezione del termine in frasi come anche xcxÀbv: · e.ÙÀ.6youv dc; oùpcx.vòv éht.
'bJ Altri esempi in IJ,5: h yàp µEyH>ovc; xai l'opera di Jahvé nella storia e nella natura si-
xa">.>..ovlic; wn<rµa-tlù\I Ù\lcù.6ywç ò yE\IE<Ttoup- gnifica insieme 'eccellente' e 'utile'. Il concetto
y6c; o.ò-.wv itEwpEi:-tai.; Ecclus 43, 9. u. 18: deriva qui il suo significato dalla superiore sa-
xa>..>..oc; oùpa\IOV... rn~ -r6~ov xat EVÀ.OYTJO"OV pienza di Jahvé, in quanto fondamentalmente
-tòv 1tOti]<raV-ttt ttÙ't"Ò <rqi68pa. wprxi:o\I ... x6.">.- presuppone l'idea di ordine.
Àoc; >..wx6i:T}'toc; (xtovoc;). Tanto in Eccl.3,u 21 --+ &.ya.Mc; 1, col. 40.
quanto in Ecclus 39,16 xa.Mc; in rapporto al- 22 Cfr. --+ à.yaMc; I, coll. 39 s.
31 (m,547) xa'X.oc; (W. Grunclmann) (m,547) 32
xaMv (r Mach.4,24). Nello stile paral- plicemente quali alberi e frutti siano
lelistico traduce anche na'im, amabile, buoni e quali cattivi, ma si deve consi-
gradevole; <}J l 34,3: alvEi:-.e: 't'ÒV xuptov,
15-.i àyai1òç xuptoç· ljlrD.. wu: 't'ii} 6v6µa- derare l'invito agli uomini affinché par-
"tL aÒ't'oU, o-rt xaMv. tecipino, con la µE"tci\loLa., al regno di
Dio e quindi siano un buon albero con
E. xaÀ.éç NEL N.T. buoni frutti.
In questa prospettiva sono da consi-
I. I sinottici. Il Battista annunzia:
derare pure le espressioni che si leggo-
flo'fJ o~ 1) &çlv'f) 7tpÒç -.1}v pl'f,av -twv
no nelle parabole. Il xa.À.Òv O"rtÉpµa., che
oÉvopwv xe:L-.at· rtiiv ovv Uvopov µ1}
l'uomo semina sul suo campo, è la pa-
7t0LOVV xa.p7tÒV xaÀÒv ÈxX07t'tS:'t('l.L xa.L
rola della regalità di Dio (Mt.13,24.27.
dc; 'JtVP ~aÀÀ.E't'at, «già la scure è alla
37.38) 26 ; i xa.Àot, che sono presi nella
radice della pianta; perciò ogni pianta
rete e raccolti nelle ceste, sono coloro
che non fa buon frutto vien tagliata e
che con la µE"tavow, sono pervenuti al
gettata nel fuoco» (Mt.3,ro; Lc.3,9) 23 •
regno di Dio. Nel kerygma sinottico
L'immagine dell'albero e del frutto è usa-
l'aggettivo xaÀ.éç è dunque orientato al-
ta anche da Gesù: rtéi.v oÉvopov àya.i7òv
la parola del regno di Dio.
xa.p7toùç xa.À.ovç 7tOtEL (Mt.7,17 ss., cfr.
Mt.12,33). Che cosa sono i xa.'ì.oi xap- 2. È questa la prospettiva in cui van-
11;ol? Il Lohmeyer nel suo studio su Mt. no studiati in modo particolare i xctÀ.à
3,10 24 ha fatto un'osservazione decisiva: f:pya. nella parola di Gesù. I xa.Àà EP-
«Sono 'buoni' solo quei frutti che cre- ya a tui invita Gesù, per es. in Mt.5,16
scono e maturano su questo terreno del- ( OU't'Wç À.a.µ'1;ci"tW "tÒ <pwç uµwv Eµ7tpo-
la divina penitenza; solo dall'uomo essi cri>e:\I 'tWV à.vi)pw7tWV 07tW<; tOWCTLV u-
J
possono maturare, poiché per lui que- µwv "tCL xa.À.à f:pya. xa.t Soç&.crwow -ròv
sta penitenza è divenuta, con il battesi- mx:tÉpa. vµwv "t'Ò\I ÈV "tOLç oÒpa.voiç, «la
mo, norma e forza divina della sua cre- vostra luce innanzi agli uomini splenda
scita, e per lui si è avuta una 'conver- in modo che vedano le vostre buone
sione' in questo senso» 25 • Questo prin- opere e diano gloria al Padre vostro che
cipio offre il punto di vista decisivo an- è nei cieli»), o le opere che egli enume-
che per i logia di Gesù. In queste im- ra nel discorso escatologico - dar da
magini non si tratta di accertare sem- mangiare agli ·affamati, da bere agli as-
21 Cfr. SCHLATTER, Mt. 76: haiu 'ostn pérot jii- 25 o.e. 396.
fln, Ta11h. t~wt 6 (BuBJrn p. 5oa). Quella del- 26 Se nella spiegazione della parabola il xcx.Mv
0"1tÉpµcx. del v. 38 è inteso come vlot -tijç ~acn
l'albero che 'fa frutto' è antica espressione e-
)-.dac;, vi si connettono insieme l'effetto con la
braica: Ier.17,8; E:t.ech.17,23. causa, il frutto col seme. Nella parabola del
24 E. LoHMEYBR, Von Baum Frucht; ZsystTh seminatore ciò che viene seminato è il )..6yoç
9 (1931-32) 377 ss. -tfjç ~a.cn'X.Elaç (v.19).
33 (m,547) xa.11.oc:; l w. 1.:rrunomannJ
setati, accogliere gli ospm, vestire gli ne)» 29 • Queste parole si oppongono al-
ignudi, visitare gli ammalati e i carce- l'abuso e al pensiero di una ricompensa
illimitata, che guasrnva l'idea di benefi-
rati (Mt.25,35-45) - coi-rispondono alle cenza, riducendo questa a un esercizio
opere di carità (ma'as1m fobim), che esteriore. I rabbini hanno molto medi-
hanno grande importanza nel giudaismo tato per scoprire di quale specie sia la
in quanto opere di misericordia 21 • ricompensa delle opere buone, e hanno
atteso questa ricompensa in ampia mi-
Già i profeti si sono occupati del sura, sia nel mondo presente sia in quel-
problema delle opere buone. In ls. 58, lo futuro. «Chi fa opere di carità conse-
6 -7 sono menzionate come tali la libe- gue possessi sulla tena e i suoi nemici
razione dei prigionieri, il dar da man- cadono davanti a lui, egli resta preser-
giare agli affamati, l'ospitalità ai senza vato dal castigo e trova rifugio nella
tetto e il vestire gli ignudi. Per il giu- protezione di Dio. Le opere di carità
daismo seriore si possono paragonare pongono l'istinto malvagio in potere
Tob.1,17 s. con test. los. r. Il tardo giu- dell'uomo; espiano i peccati, intercedo-
daismo distingue le elemosine regolate no per l'uomo davanti a Dio, fondano
dalla legge dalle opere buone: T. Pea 4, la pace tra Dio e Israele, salvano dalla
19: «Beneficenza e opere di carità han- morte, preservano dai dolori del Mes-
no la stessa importanza dell'adempi- sia e rendono colui che vi si dedica
mento di tutti i comandamenti nella to- uguale, agli occhi di Dio, a un salvato-
rà, solo che la beneficenza concerne i re di Israele» 36•
vivi, l'opera di carità i vivi e i morti; Le opere di carità, infine, si fondano
la beneficenza è fatta ai poveri, l'opera sul modello divino: « ... Ci si deve re-
di carità ai poveri e ai ricchi, la benelì- golare secondo il tipo e il modo di agi-
cenza è fatta col denaro, l'opera di ca- re di Dio. Come egli ha vestito gli ignu-
rità con la propria persona e col dena- di - come sta scritto: 'Jabvé-Elohim
ro» 23 • Sulla valutazione delle elemosine fece per Adamo e la sua donna vesti di
e delle opere di carità i rabbini così si pelli e li vestì', Gen. 3,21 - cosl vesti
sono pronunciati: «Chi compie benefi- anche tu gli ignudi. Dio ha visitato gli
cenza, questi è uno che riempie il mon- ammalati, come è scritto: 'Jahvé appar-
do intero dell'amore (di Dic.), poiché ve a lui (ad Abramo subito dopo la cir-
sta scritto: 'Chi ama la beneficenza e la concisione, cosl più volte Gen.r-48 a 18,
giustizia riempie il mondo intero del- r) presso i terebinti di Mamre', Gen.18,
1' amore di Jahvé' (così Ps. 33, 5, come r, cosl anche tu visita gli ammalati.
viene inteso in questa interpretazione Dio ha consolato gli afflitti, come è
rabbinica)» (b. Sukkà 49 b).Nello stesso scritto: 'Dopo la morte di Abramo Dio
passo si dice: «Le elemosine hanno la pronunciò la consolazione su Isacco' (co-
loro ricompensa secondo la misura del- sì Gen.25,rr, nell'interpretazione dell'e-
l'amore contenuto in esse, come sta segeta), così anche tu consola gli afflitti.
scritto: 'Se vi seminate elemosine, mie- Dio ha sepolto i morti, come è detto:
terete secondo la misura dell'amore' 'Dio seppelB (Mosè) nella valle', Deut.
(Os.10,12, secondo questa interpretazio- 34,6, cosi anche tu seppellisci i morti»
27Cfr. in STRACK -BILLERBECK i passi riguar- geschicbte Mk.r4,J·9, in: ZNW 35 (1936) 77ss.
danti la beneficenza privata (1v 536-558) e Je 2S STRACK-IlILLERBECK IV 537.
opere di carità (Iv 559-610) dell'antico giudai- 29 STRACK-BILLERllECK IV 540.543.
smo; inoltre JoACH. ]EREMIAS, Die Salbungs- 30 STRACK-BIJ.LERBECK IV 562.
Jta.11.oç \ w. urnnamannJ
(b. Sotà I3 a)31 • Già qui è enumerata una norme della legge. Il punto decisivo per
serie di opere di carità altamente stima-
Gesù è la realtà del regno di Dio, in cui
te: il vestire gli ignudi, a cui si aggiun-
ge il dar da mangiare e da bere ai bi- esse si trovano incorporate come vere
sognosi 32 , visi tare gli ammalati 33 - que- opere di carità sciolte da ogni formali-
sto è messo in particolare rilievo, cfr.
b. Ned. 39 b Bar.: non vi è per questo smo. C'è uno che intende seguire Gesù,
nessuna misura nel dar la ricompensa 34 ma vuol prima seppellire suo padre, e
- accompagnal'e e seppellire i morti 35 e dunque compiere un'eccellente opera di
consolare gli affiitti, cioè i superstiti 36.
Come opere buone sono considerate carità. Ma Gesù gli risponde pronto e
inoltre l'ospitalità 37, soprattutto accanto senza equivoci: «Lascia i morti seppel-
alla visita agli ammalati 38 , l'educazione lire i loro morti; tu vieni e annuncia il
degli orfani, la liberazione degli Israe-
liti prigionieri, l'appoggio agli scribi, la regno di Dio» (Mt.8,2r s.). Questa è
garanzia dei prestiti a chi si trova in dif- per i giudei una richiesta inaudita, che
ficile situazione, il fornire la dote alle colpisce al cuore la pietà giudaica e ta-
spose povere, il partecipare alle nozze 39 •
glia alla radice il concetto della ricom-
Gesù approva e raccomanda espressa- pensa, quale è enunciato a proposito di
mente le opere di carità. Ai farisei e agli chi accompagna i morti alla sepoltura.
scribi ribatte con la citazione dei pro- Caratteristica è perciò la scelta delle
feti, che è nello stesso tempo la giusti- opere di carità nel discorso escatologico
ficazione del suo invio: «È la miseri- (Mt.25,35 s.): sono tutte opere di ef-
cordia che io desidero, non il sacrificio» fettivo amore e misericordia per l'uo-
(Mt.9,r3; 12,7). Perciò il Cristo si ri- mo vivo, che si inseriscono nell'opera-
volge ai peccatori e agli ammalati. Egli re della regalità di Dio. Ad esse Mt. r8,
si presenta compiendo opere di carità, 5 (Mc.9,37; Lc.9,48) aggiunge l'atto di
e la sua è un'opera di amore per gli uo- chi accoglie i fanciulli. Ma tanto Mt.25,
mini, fatta da Dio. Senza dubbio le ope- 35 ss. quanto Mt.I8,5 apportano una
re di carità sono sottratte alle rigide considerazione del tutto nuova e deci-
31 STRACK-BlLLERBcCK IV 561. Anche l'esercizio mondo la ricompensa (gli 'interessi' del 'capita-
delle opere di carità è fondato sul modello di le' guadagnato), mentre la remunerazione prin-
Abramo, Mosé, Daniele, nonché sui due co- cipale (il 'capitale' stesso) resta a disposizione
mandamenti: Ex.18,20 e Mich.6,8. Cfr. STRAcK- per il mondo futuro.
BILLERBECK IV 560-56:i.
32 STRACK-BILLERBECK IV 566-568; Tob. l,17; 36 STRACK-BILLERBECK IV 59z.607.
4,16; test. Ios.1; STRACK-BILLERDECK IV 6 e 12. 37 STRACK-BILLERBECK IV 565-572.
siva, là dove si afferma: «Ciò che avete ùµwv eµ7tpo0'1kv -cwv &.vfipw7twv, o1twc;
fatto ad uno tra questi miei fratelli più i:OwO'~v ùµwv -cà. xaÀ& epya xat 00!;6.-
piccoli, lo avete fatto a me» (Mt.25,40; crw<nv 't'ÒV 7ta't'Épa. vµwv -.òv lv 't'OL<;
cfr. Mt.I8,5; inoltre Mc.9,4I; Mt.I0,40- oupcxvoi:c; (Mt.5,16). I xaÀ.& itpycx non
42; -70Éxoµa.1.II, coli. 874ss.). Gesù,che rientrano nella concezione della ricom-
nel N.T. è più volte indicato come l'«in- pensa, ma - in quanto sono fatti per la
tercessore presso il Padre» (I Io. 2 ,1; fede nel Padre - hanno lo scopo di su-
Rom.8,34) e si presenta egli stesso co- scitare la lode e quindi la fede nel Pa-
me intercessore (Lc.13,8; 22,_32; cfr. le dre. Fino a quale punto l'idea di ricom-
opere di carità in T.Pea4,2I) - e biso- pensa resti fuori prospettiva, risulta
gna pensare in particolare alla potente dall'insegnamento di Lc.q,I2-I4, che
visione della preghiera sacerdotale (Io. esorta ad invitare a tavola i poveri, gli
I7} - nell'atto di presentarsi a Dio in storpi, i paralitici, i ciechi e non gli ami-
nostro favore ci invita ad intercedere ci e parenti ricchi, «affinché essi non ti
noi pure gli uni per gli altri. Gesù ha invitino a loro volta e ti contraccam-
insegnato ai suoi a riconoscere che in- bino ... poiché essi (cioè i poveri) non
tetcede per loro in modo tale, che non hanno di che contraccambiarti, ma ti
possono più considerare il loro prnssi- sarà dato il contraccambio n.ella risur-
mo, se non ravvisando in esso il Kyrios. rezione dei giusti». La ricompensa per
Pettanto ciò che gli uomini fanno l'uno i «benedetti dal Padre» è l' «eredità
all'altro, sia di bene che di male, o ciò del regno di Dio, preparato fin dai-
che trascurano di fare, lo fanno o tra- la fondazione del mondo» (Mt.25,34,
scurano di farlo al Cristo, che viene ap- cfr. v. 4r): qui non si accetta più nes-
punto in aiuto agli uomini, quando ne sun particolare schema di ricompensa,
hanno bisogno, e vuole che la sua ope- come dimostra la parabola dei lavora-
ra di redenzione sia proseguita per mez- tori nella vigna 40 • Il paradigma di que-
zo loro. In questo consiste il problema sta misericordia come Dio la vuole, cioè
che decide dell'essere cristiano e insie- intesa quale intimo impulso che non
me prospetta il giudizio. Dio vuole l'o- cerca la ricompensa, è delineato da Ge-
pera di carità, e vuole che a questa si sù nella parabola del buon samaritano41
accenda la fede per trasformarsi in lo- (Lc.10,30 ss.). Sono questi gli uomini
de di Dio: ou-cwc; À.cxµ\jJ&:tw 't'Ò qiwc; che appartengono al regno di Dio, poi-
ché µaxcX.ptot ol ÈÀ.E-l}µovEc;, O't't aÙ't'ot che i discepoli volevano fare col denaro
ÈÀ.E1']lJ-l}crov-w.t, «beati sono i misericor- ricavato da un'eventuale vendita del-
diosi, giacché otterranno misericordia» l'unguento ( I4A·5 ); ben presto, infatti,
(Mt.5,7). quell'opera non sarà più possibile, men-
Un particolare interesse presenta l'e- tre l'elemosina può sempre esser fatta.
pisodio della donna che unge Gesù (Mc. Inoltre le parole di Gesù mostrano che
14,3 ss.) 42; il Maestro dice: &q>E'tE aù- l'opera buona è quella di dar sepoltura
'ti)v· 'tL ah-ti'\ x67t"ouc; rcapÉXE'tE; xcx.Àòv ai morti, compiuta in anticipo su lui,
Ìi'.pyov ·qpyaa'a:to EV tµol. rcaV'tO'tE yèt.p che sta per subire una morte da malfat-
'toùç 11:i:wxoùc; EJCE'tE [J.EiJ' Écx.ui:w\I, xu.t tore e rischia di venir gettato senza un-
ow.v iJÉÀ.7J'tE MvacriJE a.ù-coi:c; di 1totfi- zione nella fossa dei malfattori.
a-cu, 鵃 òè où 1tavi:o't'E EJCE't'E. o t'.crx;Ev
3. In Giovanni troviamo xaMç in
E1tOL7JO'Ev· 11;poÉÀa.~Ev µupla-at 'tÒ a-wµri.
un contesto assai significativo, cioè nel-
µou dc; -tòv Èvi:aqna..uµ6v. &.µl}v oÈ M-
yw ùµi:v, o?tov f.àv xripux;fin -tò Eùa.y-
l'allegoria del buon pastore: Èyw dµt o
'ltotµl}v o x.o..Mç (Io.10,rr .14). Questa
yÉÀtov EÌ.c; OÀ.OV 'tÒV XOO'µOV 1 XCX.L OÈ7COl-
espressione non ha nulla a che fare con
7JCTEV av't'fJ Àcx.À.riiJl)uE-.m Elç µvl)µ6a-u-
la romanticheria del « buon pastore ».
vov <X.Ù'tfjc;, «lasciatela; perché darle
Gesù vuol dire che egli aspira ad es-
noia? ha fatto su di me una buona azio-
sere il pastore unico incomparabile. ò
ne. Sempre avete i poveri con voi, e
1.otµl}\I oxo..À.6ç è il vero pastore, colui
quando lo vogliate potete far loro del che realmente ha il diritto di chiamarsi
bene; invece non sempre avete me. Ha tale. Nel contesto presente dobbiamo
fatto quel che poteva: ha anticipato l'un- anzitutto pensare che il suo diritto è
zione del mio corpo per la sepoltura. In affermato contro le pretese del suo am-
verità vi dico che per tutto il mondo, biente, contro i molti dèi-pastori del-
dovunque sarà predicata la buona novel- l'ellenismo 43, e contro i condottieri po-
la, anche quello che costei ha fatto sarà polari, che pretendevano di essere pa-
detto a suo ricordo» (Mc .I4,6 ss. par.). stori e si spacciavano come tali 44 • Egli
Queste parole vogliono dimostrare che ha il diritto d'attribuirsi questa preroga-
la donna ha compiuto un'opera di cari- tiva, poiché ha impegnato la sua vita
tà (xa.ÀÒV epyov i]pyaa-a:to E\I ȵol), la per il gregge: · o 'ltotµ'Ì]v o xaÀ.òç 't"TJV
quale è più importante delle elemosine, ~uxl}-v mhoO -çlfi11crw v1tÈP 'tWV 1tpo~a-
43 Questi dèi-pastori sono Attis, Anubis, Dio· no1µ1)v, del v. r6, una parola che va al di là
niso, Ermes ecc., ~ "ltotµ7)v. Mi sembra che dei limiti di Israele.
questa espressione divenga più chiara per la 44 Cfr. Ezech.34, specialmente 1 ss.
4r (m,550) xuMç (W. Grundmann)
-.wv, «il buon pastore pone in gioco la :x.at O'tL <rÌJèf.vòpw1toc; wv 1tOLEL<; <rmu-
sua anima per le pecore». Egli vince 'tÒ\I 'tÒV ilEoV, <man per un'opera buo-
45 Cfr. Philo, agric.i.9: q>a:uÀoc; µèv yàp &v ò xuÀÒc; 7tOLµl}v, il pastore, cui si deve lode, per-
6..yEÀapx11c; ou..oc; xaÀEi:'Ta~ X'T'lJvo-.p6cpoc;, 6..- c_hé secondo il giudizio umano la croce è infa-
ycd>òc, oÈ xa;l 0'1touoai:oc; 6'JoµasE'Ta.L 'ltOLµ-i}v; mia. Ma essa, per chi è veramente pastore, è
inoltre Themist. I 9 d - xo b: nolµVLO'J ÈxE'Lvo xuÀ6v». xaÀ.oç=lodevole, non è che la conse-
E!.lxoÀ.ov 'Tci:c; MxoLc;, 11-reii, 6 1tOLµi)v 0:.1tEXi}&.- guenza della legittimità, Plut., cons. ad Apoll.
"ot-ro •.• X<X.XÒc; ~OUXOÀoç ... a.ÌJ'TÒç OÈ ~O"t«.L I7 (n III d): µÉ't'pov ... "'COV ~lou -rò xuì.6v.
µLoilw-tòc; av-.t ~oux6Àou... o oÈ àya;l}òc; VO-
47 xo:.Àoc l!pya non sono qui le opere di miseri-
µEÒç 710À.Àà µÈv 6vlva.'Tm Éx 'TOU !ipyou. Altri
passi in BAUER, Joh., nd l. cordia, ma, secondo la nostra interpretazione,
le opere di Dio, in quanto pongono l'uomo nel-
46 ScHLATTER, Joh.i.37: «Poiché lo sguardo è h comunione con Dio. È questo il senso dei
volto alla fine di Gesù, egli chiama se stesso il O'T]µE~lt.
43 (m,551) xaÀo<; (W. Grundmann) (m,552) 44
(Gal.6,9; cfr. Rom.12,17, dove xaMv sostantivo (-çò XtX.À.ov, xaÀ.a, 1w.. À.6v
indica anche ciò che è degno di lode). Èo"n), nelle Pastorali, invece, ricorra 20
D'altra parte Paolo usa l'espressione volte come aggettivo, specialmente rife-
xaMv écr-n seguita dall'infinito nel sen- rito a epya (quattro volte in Tit.)» 49 •
so di «è giusto, bene, lodevole, apprez- Vediamo dunque come si presentano le
zabile»; questo specialmente in I Cor. cose. Si parla di xaÀà. Epya in I Tim.
7,1.8.26 in rapporto alla continenza ma- 5,xo.25; 6,18; Tit.2,7.14; 3,8.14; di
trimoniale e alla verginità 43 , mentre in xaÀ.Ò\I è:pyov in ITim.3,1. I xrùà è:pya
Gal.4,I8 è detto dello zelo per il bene hanno lo stesso senso dato loro da Cri-
e in Rom.14,21 della rinuncia a certi ci- sto (Tit.2,14), cioè sono le opere di mi-
bi per amore del fratello. Con valore di sericordia, che già conosciamo. Esse con-
aggettivo xaMç in Rom.7,I6 è riferito cernono una condotta di vita informata
alla legge (-7 àyal1bc;) e in I Cor. 5 ,6 al- dall'amore per la fede nel Cristo (spe-
le vanterie dei Corìnti. In Paolo, dun- cialmente I Tim.5,ro s.). La Lettera a
que, il termine non ha un significato ri- Tito cosl si esprime a proposito dei xa.-
gido. Egli esorta le sue comunità a com- À.Ù. ltpya: ... ~\lu. q>povTl~wow xa.À.Gl\I
piere le opere buone, cioè di carità (-7 Epywv 1tpoLcrTa.O"ì)a.b oL 1tEmO">tEUXO't'Eç
coll. 31-42), a provvedere alle necessi- lJE{i)" Taihci E:cr-rw xa.ÀÙ. xaL wcpÉÀ.tµa
tà di chi ha bisogno (Rom.12,20) e alla ,..oì:ç ti.vi}pw1totç, «si premurino di ec-
ospitalità (Rom.12,13; I Cor.16,n). La cellere nelle buone opere coloro che
esortazione a queste opere è pressante hanno fede in Dio. Queste sono bel-
nell'epoca apostolica, specie da parte di
le e utili agli uomini» (3,8). Vien co-
Giacomo (cfr. Iac.1,27 e 2,15.16; cfr.
mandato e considerato come xaÀ.Ò\I il
inoltre I Petr.4,9; Hebr.13,2 s.; J Io.5 pregare per tutti gli uomini, per lo sta-
ss.). Tuttavia in questi passi non ricorre
to e per le autorità e per una vita di-
l'espressione xaÀÙ. epya.
gnitosa. Questa esortazione si chiude
5. Un cenno particolare meritano a con le parole: TOUTO xalòv xat Ò:"Jto-
questo proposito le lettere Pastorali. ÒEXTO\I ivwmov Tou uwT'ijpoç 1}µwv
Nella sua introduzione lo Jiilicher affer- lJi;:où, «questo è buono e gradito innan-
ma: «Non può essere un caso, per esem- zi a Dio, salvatore nostro» (I Tim.2a).
pio, che xaÀ.bç s'incontri 24 volte nel- Qui, come nei LXX, il senso particolare
le sole Pastorali e appena 16 volte nel- di w.Mv è definito dalla volontà di
le dieci lettere di Paolo, e che, men- Dio. Al concetto di xaMç, vengono inol-
tre Paolo lo usa quasi unicamente come tre . collegate delle immagini tratte dal-
la vita militare: àywvlsov 't"Ò\I xaJ...ò-v «buon capitale per l'avvenire», che uno
àyww:1• ..-Tjç 1.lcr-.ewç, «combatti la buo- si procura con le opere buone (6,19),
na battaglia della fede» (I Tim.6, 12); della xa.M1 1w.pa.iHp<.TJ ( deposit() ), che
O'UYXO.'.lto1tcif>T)CiOV Wt; xa),òç O'"'tpO'.'tLW- il destinatario deUa lettera ha ricevuto
'tT)t; XpLcr-.ou 'IY)crou, «prendi la tua por- con l'evangelo (2 Tim.1,14). Come con-
zione di patimenti, come un valoroso clusione si afferma che 7tii.V x-.lo-µa .z>E-
soldato di Cristo Gesù» (2 Tim.2,3), e oO è xa).6·.;, «ogni creatura di Dio è
'i:Cl.U'>TJV -.i)v mx.payyù.la.v 7ta.pa.-rllk- buona» (I Tim ...j.,4). Donde viene que-
µcxl O"oL ...i:va. O"-cpcx·n:uu ... -.-~v xcxÀ:rrJ sto uso del termine in un'accezione così
cr-rpaulav ... , «questa prescrizione ti af- differente rispetto ad altri passi del N.
fido ... affinché combatta ... la buona bat- T. e specialmente alle lettere comuni-
taglia» (r Tim.1,18 s.). Parlando di se tarie di Paolo? L'unica spiegazione pos-
stesso, lo scrittore confessa di aver sibile è che il vocabolo, eccetto che nel-
«combattuto l'onorata battaglia»: -.òv la locuzione xaÀà. Epya, ispirata al giu-
xa.Mv àyw-va 1}ywvL<1µm, 2 Tim.4,7). daismo e proveniente dal giudaismo el-
Al destinatario viene ricordata la xaÀ:r1 lenistico, sia stato mutuato dal linguag-
oµoÀoyla, «la bella confessione» che gio popolare, impregnato dei concetti
egli ha prestato davanti a molti testi- dell'etica stoica 50 • Il suo significato cor-
moni, ed è questo un concetto che vie- risponde, allora, a ciò che dice Plutar-
ne subito applicato a Cristo: -i-ou µa.p- co, quando afferma che xaÀ.éc; vuol dire
't"up1}crav-.oç btì Ilov-tlou IlLÀthou 't"lJ'Y 'buono, bravo, ordinato, giusto'; questa
xa}:qv éµoÀ'.::ylav, «il quale rese da- accezione il termine riceve nell'evange-
vanti a Pilato la bella confessione» (r lo, quale esso viene inteso nella secon-
Tim. 6, 12 s.). L' A. T. è il xa.J•• òç v6- da generazione. La seguente osservazio-
µoç (x Tim.1,8); si parla della xa.À'lÌ ne coglie bene il nocciolo della questio-
µa.pi:upla, che deve possedere chi aspi- ne: « .. .il fatto può essere ben spiegato
ra all'ufficio di episcopo ( 3,7 ), del Ba.D'- in quanto il riferimento alla manifesta-
~LÒ~ x.aÀoc,, dell' «onorevole posizione» zione esteriore e alla riprova della con-
che i diaconi si procurano mediante il dotta cristiana. s'impone tanto più im-
loro xaÀwç ÒLaxo\IEt\I (3,r3), del xa.- pedosamente, guanto più si è passati
À.Òç OLaxovoç, come è il destinatario, se oÌtre lo stadio iniziale e si considera la
istruisce esattamente la comunità, della posizione del cristianesimo nel mon-
xcxÀT) ÙLownw.Àla che è l'evangelo (4, do» 51. In questa situazione si presenta-
6 ), del iW.À.Òç ilE!.LÉÀLO<; dç 'tÒ µÉÀÀ.O\I, va il problema sia della retta dottrina
In questa linea rientra, infine, l'uso ELXE.V eHioç oùoè x.<X.À.Àoc;, «non ha appa-
linguistico delle Lettere Cattoliche e di
quella agli Ebrei: xa.>..oì. olx.ovoµoL, 1 renza né bcll'aspetto. L'abbiam veduto:
Petr+ro; xa.À.Òv ovoµa. 't'Ò È7tLXÀ'rji}f.\I non aveva apparenza né bellezza»; v. 3:
È(p'uµflc;, Iac.2,7; x.a.Àft ri.va.rnpoqr/i, 3, &,)..)..b. -tò E.looc; aù-tou &·np.ov, «l'aspetto
13, cfr. I Petr. 2,12; xa.À:Ì] auvi;lO-ricnç,
di lui è spregevole».
I-lebr.13,18. Senza che ricorra il con-
cetto, le opere buone, nel senso di ope-
In 53,2 b il T.M. ha: welo' mar' eh we-
re di carità, costituiscono l'oggetto del-
nef;medehu, «e senza apparenza, per po-
le pressanti esortazioni specialmente di
tercene compiacete». Il T.M., dunque,
Giacomo; cfr. Iac.1,27; 2,r5 .16 e cfr.
non parla di 'bellezza' come tale; questo
anche I Petr.4,9; Hebr.r ·3,,2 s. e 3 lo.5.
concetto è stato introdotto invece dai
In conc1usione, nella letteratura bi- LXX in armonia col senso dd passo. Nel
blica il termine non è pervenuto ad una testo di Aquila in questo passo è rima-
sto un solo vocabolo, ota.7tpÉ.7teta., 'ma-
sua propria caratteristica significazione. gnificenza', corrispondente a hdr del T.
Il suo uso coincide con l'uso linguistico M. e a o6ça. dei LXX. Aquila traduce an-
solito. Ma ciò che gli conferisce valore che altrove l'ebraico hdr con ÒLa.7tpÉ.7tE.La.,
p. es., in ljJ 44,+ Simmaco presenta una
è il suo accostamento a termini e a con-
traduzione più aderente al T.M.: oùx
cezioni di contenuto specificamente neo- Elòoç a.ù-rcf> oùOÈ &çlwµa., i'.va. i;ì'.owµév
testamental'i. a.ù-r6v, oÙÒÈ l}ewpla, i:va Èm~vµ1]crwµi;v
W. GRUNDMANN o.h-rbv, çouòevwµÉ.voc; xaL ÈÀaxtcr't'oc;
&.vopwv, «non ha bell'aspetto né pregio,
così che lo stiamo a mirare, né è ogget-
49 ( m,553) xaÀ.6<; (G. Bettrnmj (m,554) 50
52 K. F. EuLER, Dic Verkiindigtmg vom lei- 54 J. H. KoRN, Peirasmos, die typische Darstcl·
denden Gottesk11echt aus ]es. 53 in der grie- lung der Versucbrmg des Gliiubigen in der gric·
cbischen Bibel (1934) 13 ss. chischeJJ Bibel ( 1937: apparso in BWANT).
55 -7 dxwv m , coli. 179 ss.; -7 µopcp{i.
53 Phil.2,5 ss.; 2 Cor.5,21 ; Rom.8 ,3; Gal.3,13;
H ebr.4,15.
xtx.Mc; (G. Bertram)
to figlio di Giuseppe il falegname, ap- yàp Eyvwcra.v, oùx &v -tòv XU{MV 't"i}c;
parso ... brutto». Tuttavia Giustino non oo!;'r}c; ÈO''t"c.<:upwcra.v, la sapienza di Dio
affetma tutto ciò considerando esclusi- nel mistero «nessuno dei principi di que-
vamente l'aspetto e l'onore umano, ma sto eone la conobbe; se infatti l'avesse-
vuol significare la rinuncia del Cristo ro conosciuta, non avrebbero crocifisso
alla magnificenza divina, che propria- il signore della gloria» 56•
mente gli compete. Cosl le espressioni
di Is.53 vengono a significare la prima c} L'imptonta mitologica, che traspa-
appadzione del Cristo nell'umiltà, che re anche nell'espressione paolina, ha un
non è altro se non la controfigura del- forte rilievo negli acta Thomae 45 (II 2
la sua seconda futura apparizione nella p. r62, r7 ss.), dove il diavolo nemico
gloria. Secondo apol.52a, la prima ap- dice: où yàp iloetµev a.ù't6v· 1)1ta-i;11a-ev
pal'izionc di Cristo è quella di un uomo Of. i]µac; -rii µopcpij a.ù't"oO -.fj ou<Tetoe-
diffamato e destinato alla sofle1·enza. Se- <r't"a't"n xa.l. 't"TI 1tE'Ylq. aÙ't"ov xal. 'tU Èv-
condo dial.14,8, Cristo era senza ono-
odq.., «non lo conoscevamo: ci ingannò
con la sua forma abbietta, con la sua mi-
re, senza bellezza e votato alla sofferen-
seria e indigenza»57 • Qui si parla espres-
za. Tali o analoghe considerazioni tro-
samente della bruttezza di Cristo, appar-
viamo anche in dial.48,3; 49,2; lI0,2; so in forma brutta, nella miseria e nel-
121,3. Giustino ritiene che la parusia
l'indigenza per trarre in inganno i de-
nell'umiltà non sia testimoniata soltan- moni. Anche qui dunque il contrasto
to in Is.53 e Ps.22, ma dall' A. T. nel non è con la bellezza umana, ma con la
suo insieme (dial.85 1 1 ). È evidente che magnificenza divina. Lo stesso contrasto
in tutte queste affermazioni si pensa al- troviamo anche in act. Petr. Vere. 24 (1
1'onore e alla forma del Cristo, più che p. 72 ), dove Pietro oppone a Simon Ma-
al suo aspetto. Sul suo aspetto in ogni go e ad altri il passo di Is.53,2 58 • È in
caso vi è il passo di dial.36,6: ot Èv où- questo senso che la predicazione cristia-
pu..v(il lipx.ov-.eç ~wpwv 1h~o7] xa.t li:n- nn fa uso dei concetti di µtxp6-criç e di
f.lov -rò dooc; xa.t &oo!;ov itxov't"tx. rJ..ò-r6'Y, i;o:m:lvwcrtç del Signore (cosl si espri-
«i principi celesti vedevano che egli ave- me Eusebio, hist. eccl.1,13,20, riferen-
va un aspetto brutto, spregevole e di- clo la predicazione di Taddeo davanti ad
messo». A causa de!Paspetto poco appa- Abgar di Edessa). Un deprezzamento ge-
riscente e deforme le potenze celesti non nerale de1la natura umana è quello che
hanno riconosciuto il Cristo; di qui la s'intravede negli enunciati dei Libri Si-
loro domanda piena di meraviglia, dopo billini che riguardano l'incarnazione di
1a sua ascensione: «Chi è questo re della Cristo. Secondo 8,256 s., Cristo venne
.~loria?» (Ps.24,rn). La supposizione che wc; ~po't"Òç dç x-rlcrw.. . oi.x-rpòç t'lµop-
le potenze intermedie non abbiano rico- <poc;, «nel mondo come mortale... mise-
nosciuto il Cristo, corrisponde alla con- ro, spregevole, abbietto» e al v. 458 si
cezione paolina di I Cor. 2 ,8: f)'Y (?kou rlice: oùpa.vMkv 5è µoÀwv BPo't"bl'Y ÈvE-
ao<plav Èv µu0'-t1)pt({.>) oòSdc; -rwv &.p- ovO"a:-to u,op<p1}\Ì, «venuto dal cielo rive-
XO\l't"WV 't"ov a.lwvoc; -tou'tou EyvwxEV' El stl una forma mortale» 59 •
56 G. BERTRAM, Die Leidensgeschichte Jesu 58 K.F.EuLER, o.e. 134 ss. : Der hassliche Chri-
und der Christuskult (I922) 20.58. stus.
57 J. KROU., Gott tmd Holle. Der Mythus vom 59J. GEFFCKllN, Komposition und Entstehtmgs-
Descensuskampfe (1932) 3r.43.58 s. (ivi 11ltro zeit der Oracula Sibyllina = TU n 8;r (1902)
materiale e indicazioni bibliografiche). 44: i vv. 456-479 satebbero <mn bel brano di
53 \lll,554) xcx.A.ò<; (G. Jjcrtram) (m,555) 54
"5 Cfr. anche t)I 103,1; x44,5; ovoµa. xa)..6v : sulla misura di bellezza che Jahvé ha concesso
t)i 134,3 var. in Ar 1Jov, cfr. r Mach.4,24; Irte. al mondo. Cosl afferma b. Qid.49 b: «Dieci mi-
2 ,7 e Philo, Abr.156: <pW<;, 13 xa.t -cwv OV'tWV sure di bellezza sono discese sul mondo: nove
Ècnt x&.U.tO''tOV xu.t 'ltPW"t'OV ÈV tEpa.i:c; ~lfJÀ.otc; le ha ricevute Gerusalemme, una sola tutto il
wvoµa<Tih1 xa.Mv. All'Ecclesìastico si associa- mondo (restante)» [R. MEYER].
no anche alcuni rabbini nell'esaltare la bellez- 66 Diversamente Aquila: Éx l:LWV 'te:'te:À.e:<TµÉ-
za della creazione. Cosl troviamo in b. Jomà Vl]c; xét.À.À.Ei ò ~~òc; É1mp6.vl}, dove la bellezza
54 b una spiegazione di Ps. 50,2, secondo la è riferita a Sion.
quale la bellezza del cosmo ha conosciuto la
67 Simbolo del nome ineffabile ihwh.
sua pienezza a cominciare da Gerusalemme. In
questo contesto rientra pure la speculazione 68 Altri esempi in LBISEGANG 427 ss.
57 (m,556) xa.Mc; (G. Bemam)
zione, in I Clem.49,1 ss. il discorso, ri- ~Jpa..to'tl)'tl crou xcd 'tQ xaÀÀ.Et crou,
ferendosi alla redenzione e alla salvezza, «cingi Jg spada ... pe1' la tua avvenenza e
concerne la magnificenza del vincolo del-
1'amore divino: -rò µEyr.Ù.ELO\I 'tllS xcù.- bellezza» (v. 4).
À.o\lijc; a.ù..ou ( OECTµòc; 'tfjc; &.y6:1t1}c; 'tOV
Non diversamente si esprimono gli
i}EOu ),
altri traduttorf'0 • Aquila, v. 3: x6.ÀÀEL
Non ha torto chi ha scorto delle ana- txaÀÀ.twi)l}c; a7tò utwv a.vapw7twv, «sei
logie a quest'idea della. belle~za .spiri- stato fatto bello più dei figli degli uo-
tuale in quei passi del S11npos10 d1 Pla-
mini»; v. 4 . ... Émoo~61:'1)'tL aou xr.d ota-
tone in cui si parla dell'Eros. (197 ce):
"it!JE1tEL~ crou, «per la tua celebrità e ma-
"Epwc; 1tPW'tOç cx.Ù'tÒ<; &v xaÀ.À.tO''tO<;
gnificenza». Simmaco, v. 3: x6:À.À.Et xa.-
x.a.t &ptcr'toc; ... cruµmhrrwv 't"E ikwv x.at
À.Òc; f.t 1tapà "t'OÙc; vtoùc; 'tWV civfrpW1tWV,
àvfrp<l.>1tWV xocrµoc:;, 'i)yEµW\I xaÀÀ.tCT't'Oç 71
V. 4 : 1tEplibu (rivestiti) wç µaxa.tpciV
x.a.t &ptcr-.oc;, «Eros è anzitutto p~r sua
o·ou. . . 'tÒ\I E1taLV6v (lode) crou xa.t -tò
natura bellissimo e perfetto... ordinato-
ci~lwµci. (pregio) crou. La 'quinta', v. 3:
re degli dèi e degli uomini tutti, duce
69 xaÀ.ÀEL wpatwi)T)c; 1tapà -roùc; utoùc; 'tW\I
bellissimo e perfetto» • Va da sé che
àvitpwnwv. Allos, v. 4: ... 1) 86~a. crou
questo concetto spirituale de~a b~llez~a
rende impossibile raffigurare rl Cnsto m x.a:t ·r, EÙr.pÉ'itrni (decoro) <rou. Il Ps-45
riceve un'interpretazione messianica non
fattezze deformi.
soltanto nel cristianesimo primitivo 72 ,
b) Solo col diffondersi di questa con- ma anche nel giudaismo rabbinico 73 •
cezione diviene più chiara l'interpreta- Oltre ai salmi, l'autore di uno scritto
74
des Alte11 Orienls (1916) 317.332, e l'indice Padri della Chiesa, a cominciare da Ippolito e
dei temi s. v. «Schonhcit». Lo Jeremias con- Origene. Cfr. W. RnmEL, Die Auslegung des
sidera in questo contesto la bellezza come un Hohenliedes in der iiidischen Gemeinde tmd
tema riguardante Tammuz. in del' griechischen Kirche 1898.
76 __..,. o6l';a. Cfr. G. KITTEL, Die Religiomge- 7& Cfr. anche R.A.LIPSIUs,Die apokryphenApo.
schichte und das Urchriste11ttmt ( 1932) 82 ss. Il stelgeschichten tmd Apostellege11den 1 (1883),
vocabolo nell'A.T. greco significa soprattutto l i ( 1884, 1887), I 269.464 S. )42.55x.554; Il 2,
«la maestà divina e lo splendore della divina III S.
magnificenza». 79 W. BoussET, Hauptprobleme der Gnosis
11 Cfr. il commento di Ippolito al Cantico dei (1907} 252 ss. Nell'inno si tratta in complesso
Cantici (ed. G.N.BoNwETSCH=TU 11 8,2(1903] della figura del redentore gnostico. Il ragazzo
51), e W. BAUER, o. c. 313. L'interpretazione bello va in ogni caso concepito come un sosia
messianica del Cantico, per il giudaismo, è con- del redentore.
fermata dal Targum ed è stata poi ripresa dai 80 Cfr. anche act. Ptr. Vere. 5 (I p. 51,5 ).
61 (m,557) xa:À.oç (G. Bertram)
81 Qui sembra doversi accennare soprattutto 83 J.E. WEis-LmBEllSDORF, Christus- rmd Apo-
alla dottrina gnostica del redentore multifor- stelbilder, Ein/luss der Apokryphen auf die
me. Cfr. act. Tho111.48 (Il 2 p. l64,r5); act. Ar- iiltesten Kunsttypen (1902). Al contrario KON·
che/ai 59,3, in: GCS xv1 e inoltre W. Bous- STLE, o.e. 594 s.
SET, Manichiiisches in den Thomasaktetz: ZNW
84 C. M. KAUFMANN, Handbuch der christl.
18 ( 1918), 14 ss. Origene ha dato un fonda-
mento biblico alla dottrina e se ne è servito
Archiiologie (1922) 322, che rinvia alla tradi-
zione letteraria, la quale volentieri descriveva
come argomento teologico nella disputa contro
la bella immagine allegorica richiamandosi agli
Celso, cfr. MIURA-STANGE, o.e. 752 ss.
evangeli (Io.10; 21,15ss.; Mt.15,24; Lc.15,4
81 F. X. Kuus, Geschichte der cbristlichen s.); cfr. il Pastore di Erma e Clemente.
Kunst I (1896) 176s.; Idem, RE der cbristl.
us KONSTLE, o.e. 402.
Altertiimer u (1886) 15 ss.; K. KitNSTLE, Iko-
nographie der christl. Krmst I (1928) 593 ss. R6 KAUFMANN, o.e. 322.
xa)..Ur;:-;:w (A. Oepke)
pita dalla devozione popolare cristiana un canto di autore ignoto, diffuso prima
di tutti i tempi. Lo dimostra la tradi- del 1695: «Bellissimo Signore Gesù ...
zione della figura di Cristo, che ha su- Tutta la bellezza del cielo e della terra
blto molteplici mutamenti e gli influssi sono radunate in te solo ... ». E nel sec.
più diversi, ma che neppure l'immagine XVII Johann Scheffier canta parimenti:
gotica della passione ha potuto mutare «lo voglìo amarti... o bellezza sovra-
nei suoi tratti essenziali 87 • Ciò si mani- na ... » 88 • Anche qui, come già nel N.T.,
festa ip forma popolare anche nei canti l'immagine di Gesù terreno e quella del
popolari della Chiesa. Così si esprime Cristo risorto e glorioso si incontrano.
G.BERTRAM
xcx.ÀU7t't'W, xaÀuµµet,
, ' , ''
Ct,Vet,XCX.~U~'t'W,XCJ,'t'Ct,Xet,A\J~'t'W,
87 Cfr. N. MiitI.ER, o.e. 63 ss.; H. PREuss, Das Calipso era originariamente una dea sotterra-
Bild Christi im \Vandel der Zeiten (193:i). nea, accanto a Hekabe o Hecate. Cosl secondo
88 Il testo è in parte modificato nei nuovi libri H. Gi.iNTERT, Kalypso, Bedeutu11gsgeschichtli-
di canti. Invece di 'Schonheit' J' edizione di che Untcrsuchungen auf dem Gehiet der indo-
Brandeburgo ha 'Heiland' ( 1904), quella di gcrma11ischc11 Spracbe11 (1919). Gravi obiezioni
Hess (1924) 'Liebe'. Altro materiale in G. contro il metodo e la ricerca isolata del Giin-
BRDCK, Evangelische Liedcrkonkordanz (19:i6) tert sono state avanzate <la W. PoRZIG, Indo-
327s. germanische Forschungcn: Anzeiger 42 (1924)
i:6 ss.
xaÀV1t"t'W
2 Molti esempi in GiiNTERT, o.e. 31 ss. Affi-
1 La base indogermanica è *kelu, formazione
ne è anche Anth. Fai. 7,604 a proposito <li una
della radice *kei, lat. celo, antico alto-tedesco
fanciulla morta: µoi'pa ... cn: xa),l'.m-rEL.
helan, da cui Hei, alto-tedesco recente 'Hohlc'
e 'Holle'. Come Hcl e Nehnlennia, cosl anche 3 Nii.GELI 27.
xaÀ.V1t't'W (A. Oepke}
(Aristot., hist.an.2,13, p. 505 a 6---? sot- Nel N.T. xaÀ.U'lti:W si trova parimen-
to; Plut., Paus., Ael. Arist., pap.) 4• ti usato r. in senso proprio; Mt.8,24:
Il termine è usato r. in senso pro-
prio: Horn., Il. rn,29: Menelao avvol- wo-i:E i:ò 1tÀ.o'i:ov xaÀU1t'tEO"Dcx." Ù7tÒ 'tWV
se (xciÀ.utjJEv) le ampie spalle in una va- xuµét.i:wv, «così che la barca veniva ri-
riopinta pelle di pantera; Aristot., hist. coperta dalle onde»; Lc.23,30, dove for-
an. 2,13, p. 505 a 6: xcx.À.u7t-roµE\lcx. xcx.- se traspare il senso di seppellire (cita-
Àvµµa-i-" [ f)pciyxw., branchie]; Flav.
Ios., ant. 13,208: la neve che copre le zione di Os.ro,8 [LXX]: ap~ov-tcx.t ÀÉ·
strade (-rà.ç òooùç xcx.Mqio:ircx.). Il signi- YEL\I --coC:ç opEO"L\I. 7tÉO"cx.-.E Ècp' 1]µaç, xcx.t
ficato fondamentale traspare anche là do- i:oiç ~ouvoiç· xcx.M~cx.'té 'Ì)µ<ic;, «inco-
ve non si adatta il senso di seppellire, ma
vi è tuttavia un riferimento alla morte. minceranno a dire ai monti: cadeteci
Horn., ll.5,553: -rD..oç l>avci-roi.o xciÀu- addosso! e ai colli: copriteci!»; Lc.8,16,
\)JEv; 13,425: gpE~Evvl) (oscura) vux-i-t nella parabola della luce: oòoEtc; Mx-
xcx.À.u\jlcx.1., uccidere. Invece Horn., Il. 5,
vov &lJiciç xcx.ÀU1t'tEL <1.Ù'tÒV O"XEUEt, <<nes-
2 3 : irciwirE oÈ. wx·d xaMqiaç, detto
dell'intervento salvatore di Efesto. Par- suno prende una lampada e la nascon-
ticolarmente frequente è xcx.À.V-rt't'W nei de in un vaso».
LXX, in senso puramente neutro in Ex.
27,2; r Bcx.ir.19,13, ecc.; in Ex.14,28 si 2. In senso figurato; Mt.ro,26: oùoÈv
presenta invece il senso secondario di yap ÈO"'tL\I XEXCX.Àuµµé.vov o oux &.1tOXCX.·
seppellire. Un valore numinoso assume
quando designa la nube di Jahvé che À.ucpiH1cre:'t'cx.L, xc:d xpun't'Ò\I o où yvw-
avvolgeva il monte Sinai o la tenda del- irlt1}cre:-ra", «nulla vi è di nascosto, che
la rivelazione (Ex.24, 1 5 s.; Num.9, 1) non sarà svelato, né di occulto che non
s.). Secondo ep. Ar. 87 i sacerdoti da-
vanti all'altare degli olocausti stanno sarà conosciuto», è un'affermazione ge-
avvolti in una veste di lino lunga fino nerale5, che nel contesto in cui si tro-
al malleolo, e ciò conferisce alla loro va vuol porre in risalto che Dio porte-
figura umana un aspetto che suscita un
rà a compimento e renderà valido l'an-
timore numinoso.
nuncio del suo regno, nonostante l' ap-
2. In senso figurato. Talvolta nella
parente inconsistenza e le ostilità.
grecità profana, ir~yfl xcx.À.U7t't'ELV, Eur.,
Hipp. 712, spesso nell' A. T. ( = ksh, 2 Cor.4,3: El oÈ xixt ~CT't'W xExaÀ.vµ-
pi'el), ~ 31,5: Tqv à.voµlctv µou oòx.
bcliÀ.utlJcx., «io non ho occultato la mia µé.\lov 't'Ò e:ùayyé.À.1.ov i)µwv, Év i:oC:c; ò.-
prevaricazione»; invece in~ 84,3: btri- 7toÀ.À.uµé.vo"c; fo"-rtv XEKctÀuµµÉvov, «se
Àu~cx.ç 7tciO"aç -i-&ç &.µap-çlac; cx.ò-twv, pure il nostro evangelo è nascosto, lo è
«tu copristi, nascondesti tutti i loro pec-
cati» (sinonimo: &.<pfjxaç). Su test.L. rn, per quanti vanno in rovina». Gli avver-
3 ---? col. 69, n. 1r. sari rinfacciano a Paolo che il suo van-
4 ANz, Subsidia 271 s. «Nulla è filato cosl fine, che alla fine non ven·
5 I paralleli rabbinici (STRACK- BILLBRDECK 1 gn al sole».
578) si orientano verso il nostro proverbio:
xo:.M7t-tw (A. Oepke) (m,560) 68
gelo è velato, cioè che al messaggio man- carità copre una gran quantità di pec-
ca la forza cli penetrazione della genui- cati».
na rivelazione divina (cfr. 3,r2 ss.), e
Entrambi i passi si richiamano a Prov.
che il predicatore stesso non possiede la ro,12: we'al kol-p"Si/tm t"kasseh 'ahabiì,
semplice franchezza del vero messaggio l'amore fonda la pace (i LX.X traduco·
di Dio (3,r ss.; 4,2). Paolo ammette no secondo una diversa lezione (lo' po-
fim? o in modo inesatto: rcav-tac; of.
ironicamente quanto viene affermato,
"t'OÙc; µii q>LÀ.OVELXOUV't(.(c; xa.À.urc-tEL <pL-
ma solo per ritorcere subito l'argomen- Àlu..) 6. I Petr.4,8 ritorna alla lettera in
to. Sì, il suo vangelo è velato, ma lo è I Clem.49,5; 2 Clem.16,4, ed è citato
come parola del Signore in Didasc.2,:; 7 •
per gli increduli, che sono sulla via del-
Ancora non sono chiari i rapporti let·
la perdizione. Il dio di questo eone, Sa- terari 8, ma non si andrà errati a sup-
tana, ha accecato le loro menti, cosl porre che il detto avesse un certo sa-
pore proverbiale. Ne è una prova an-
che non vedono lo splendore del vange- che l'interpretazione costante negli scrit-
lo che rivela la magnificenza di Cristo. tori cristiani. Nella letteratura rabbini-
Il concetto si ricollega a -7 xclÀ.vµµa, ca Prov.ro,r2 è citato raramente e vie-
ne riferito ora all'amore di Dio, ora al-
3,r5 s. e a -7 àvaxExo.À.vµµÉv~ npocrw-
la preghiera di Mosè, ora alla torà (5,
.,.~, 3, I8. 19: amore=torà) 9 •
lac. 5, 20: chi aiuta un peccatore a I Padri in generale pensano che l'a-
convertirsi crwcre:L ~vx'Ì}v av-.ou h. l>a- more ripara i peccati di chi lo pratica1°.
v6::tou xat xaÀ.\'.njJEL 7tÀ.1}Doç &:µap·nwv Questa interpretazione si addice pure
«salverà l'anima sua dalla morte e co- . ai due passi neotestamentari. Essi non
prirà una gran quantità di peccati». I vanno intesi né nel senso di I Cor. I 3,
Petr.4,8: ày6.7tl]V Éx"t'e:vlj itxov·m;, OTL 7, né come affermazione del perdono di-
&.y1bt1) xa.À.v'lt-te:L 7tÀ:ijl>oç à.µap·nwv, vino per il prossimo, ma nel senso che
abbiate <rnna carità assidua, poiché la il vero amore si assicura il perdono di-
6 Vi è stata forse un'influenza di Ezech. 28.r7: MEYER, Das Riitsel des Jkbriefes (1930) 75 ss.;
ot.à. 'lt).;ijl}oc; àµctp'ttWV O'OU È7tl Ti)V yijv tppL· A. JuLICHER·E. FASCHER,Einleitung in das N.
1}16. ue, Ecclus 5,6: -.ò 'ltÀ'i)Doc; -tWV aµap-riwv T! {r931) 213). Dnmuus, ]k. 29 s. e HAucx,
µou tl;i).aue·m.L, e ljJ 84,3: éx&.).uljlaç 7t&.O"aç
Jk., pensano ad una comune utilizzazione di
Tàç &.µap-rlaç aù-.wv.
una tradizione più antica. KNOPF, a 2 Clem.16,
7 A. REscH, Agraphd ( = TU 11 r5,3/4 [1906] 4, ritiene improbabile ogni riferimento a Prov.
310 s.). 10,12. Il termine potrebbe esser derivato da
vino 11 • Questa concezione positiva, che me il sudario posto sul viso del morto,
possiamo quasi in tendere come una giu- il gesto vuol essere una difesa contro
gli influssi perniciosi del cadavere sul
stificazione per mezzo delle opere, men-
mondo circostante 2, talvolta invece vuol
tre altrove prevalgono formulazioni ne- essere a protezione di chi porta il velo
gative (Mt.I8,35; 6,x5, cfr. tuttavia v. contro le potenze demoniache. Ciò av-
14, Mc.II, 25), ha inserito nelle con- viene soprattutto nelle iniziazioni ai mi-
steri. Poiché i riti dei misteri presenta-
cezioni neotestamentarie un elemento no analogie con quelli relativi alla cele-
estraneo, ma esprime pure la persuasio- brazione del matrimonio, può essere che
ne generale del N.T., secondo cui la li- l'atto di velare la sposa (~ sotto) vo-
glia esprimere qualcosa di simile. An-
bera grazia di Dio ha abolito l'idea di
tico e pieno di significato è anche il mo-
merito, ma non la norma originaria del- tivo della fecondità. Nei riti babilonesi
la punizione e della ricompensa. di Istar il coprire con veli (da sposa?)
significa la vita, togliere il velo invece
significa la morte 3 • Al gesto di velare
t xriÀ.uµµa. la sposa si richiama un' immagine di
Eschilo nel responso rivelatore di Ag.
1. Il sostantivo, come il verbo, è di II78: o XP'r}CTµÒç ouxh' bG XCt.À.uµµa-
uso prevalentemente poetico nella lin- 'tW\I fo-ca.L oEoopxwc; vEoyaµov vuµq>'r}c;
gua più antica. Delle sue diverse acce- OLXT]'V, «il responso dell'oracolo non ve-
zioni1 ha importanza teologica solo quel- drà più, come una sposa impalmata di
la di copricapo, velo. Il coprirsi il capo fresco, attraverso un velo (ma sarà dato
è un segno di lutto e di tristezza (dr. liberamente)». Qui la notizia, ancora
Soph., Ai. 246: xapa. xa.Mµµmn xpu- in parte velata, appare come uno stadio
ljlaµs:vov ), che risale presumibilmente a iniziale, la completa definitiva manife-
concezioni animistiche. Il coprirsi il ca- stazione come il culmine della rivelazio-
po o anche il corpo è un uso magico- ne. Nella linea di una numinosa inac-
religioso diffuso tra tutti i popoli, sia cessibilità si pone la famosa iscrizione
pure con diversi significati. Talvolta, co- dell'immagine 'velata' di Iside-Atena di
Sais (Plut., Is. et Os. 9 [II 354c] ): Èyw a Jahvé o parlava in suo nome al po-
dµt mi\I -.ò yqo'Vòc; xat ov xat èaoµE- polo.
vo\I xa.t 'tÒ\I ȵÒv 1tÉ1tÀo\I oùòelc; 1tW wri-
'tÒ<; &:rtExaÀuljJE\I. Cfr. anche Prod., in Partendo da un inquadramento storico-
Tim.21 e (ed. E.Diehl [1903] p.98,17): religioso, qualcuno tenta di ricostruire la
'tà. OV't<X. xa.t 't<Ì ÈaoµEwx. xat -.èt. yqov6- forma originaria del racconto e sostie-
'tct. Èyw Elµt· "t'Ò\I ȵov XL'tW'YIX. oùòdc;a- ne che Mosè, quando parlava al popo-
1tExcX.ÀutJ!Ev. Qui tuttavia, secondo il sen- lo nel nome di Jahvé, avrebbe portato
so originario, si tratta ben più che di un piuttosto una maschera, i terafìm. In
indiscreto sollevamento del velo che co- epoca successiva questo fatto avrebbe
priva il volto della dea, vale a ~e - co- suscitato scandalo, ma la leggenda non
me risulta dall'accenno alle vesti - della sarebbe stata ripudiata del tutto 5 • In
violazione della sua verginità (cfr. il se- questo caso si dovrebbe supporre che
guito in Proclo, l.c.: ov Èyw xap1tòv E'tE- nel testo non si siano avute solo profon-
xov, fi'X.toc; ÈyÉ\IE"o ). Infine il velo del de trasposizioni, ma anche una modifì-
volto può anche riferirsi alla maschera. cazione intenzionale. Ma è probabile
La maschera della divinità, in quanto che i terafim debbano esser lasciati del
misteriosamente indica che il dio è pre- tutto da parte, poiché l'enigmatico ter-
sente in maniera tangibile e insieme si mine non designa presumibilmente una
nasconde, manifesta e la vicinanza e la maschera cultuale, ma è un epiteto in-
lontananza del nume 4• L'applicazione giurioso ('i putrescenti') riferito agli
· della maschera è la promessa che chi la idoli domestici di legno intagliato 6 • Il
porta disporrà di forze divine, e pone racconto ha avuto origine in un perio-
soprattutto il sacerdote in grado di pro- do in cui nella religione jahvistica le
nunciare oracoli nel nome della divini- maschere cultuali non entravano affatto.
tà. Qui, dunque, il volto coperto non È probabile che il motivo del xcX.Àuµ-
serve a velare la divinità, quanto piut· µa sia stato introdotto solo più tardi.
tosto a svelarla. Come lo possediamo oggi, il racconto
non consente di stabilire con certezza
2. È controverso se e come il racconto
se - all'infuori dell' apparizione divina
di Ex.34,33-35 possa essere inquadrato in momenti particolari - il popolo deb-
nelle prospettive storico-religiose che ba esser protetto dalla gloria di Jahvé,
abbiamo descritto. La pericope, apparte- che provoca la morte anche col suo ri-
flesso, oppure se si voglia impedire che
nente al documento sacerdotale, affer- lo spettatore profani la gloria di Jahvé
ma che Mosè a causa dello splendore col suo sguardo. La prima ipotesi è quel-
soprannaturale del suo volto, già ricor- la più antica. Ma l'una possibilità in ef-
fetto non esclude l'altra. La gloria di
dato al v. 29 s., era solito coprirsi con Dio può essere contempla fa solo in quan-
un velo (masweh, LXX: x&.À.uµµa), che to Dio stesso ne concede la visione. Il
toglieva soltanto quando stava davanti racconto è un'efficace dimo~trazione del-
4 Cosl soprattutto nella religione dionisiaca. s H. GRESSMANN a Ex.34,29 in: Die Schriftcn
Cfr. W. F. OTTO, Dio11ysos, Mytbos u11d K11l- des A.T. hsgg. v. H. GuNKEL I 2 (1914) 76 s.
t11s, Frankfurtet Studien zur Religion und Kul- 6 I. Low: WZKM IO (1896) 136, e MGWJ
la distanza che intercorre tra Dio e l'uo- no d'oggi lo stesso velo (nel senso
mo e, insieme, della possibilità di supe- dell'identità allegorica di tipo e antiti-
rarla, dal momento che Dio ha voluto
rivelarsi. po) perniste nella lettura dell' A.T., in
cui Mosè in certo qual modo è tuttora
3. Paolo in 2 Cor.3,7-18 si serve del
all'opera come rivelatore (v. 15: +rvi:x.a
racconto dell'Esodo per illustrare, in una
av &.vcxyww<TXl}"t'm. Movcr1)c;). Questa
specie di midrash, la superiorità della
applicazione sorprende, perché la o6~a.
predicazione apostolica rispetto a quel-
che Israele doveva vedere non è quella
la dell'A.T. x<iÀuµµrL è usato nel v. 13
del Dio dell'A.T., che si rispecchiava
in senso proprio per indicare il copri-
sul volto di Mosé, ma è quella di Gesù
capo di Mosè. L'uso allegorico si svol-
Cristo. Ma poiché Paolo non pone in
ge in due direzioni. a) Paolo introduce
dubbio l'identità del Dio salvatore del-
di sua iniziativa l'idea che il velo dove-
l'Antico e del N .T., anche nella parola
va nascondere allo sguardo del popolo
dell'antico patto rettamente intesa bi-
il lento scomparire dello splendore (v.
sogna vedere la gloria di Cristo (v. 18:
13). Per l'Apostolo questa circostanza
06~a. xuplou, riferita a Cristo). Ma ora
mostra che la gloria del ministero vete-
l'otestamentario è caduca (cfr. v, 7: 't"f]\I l'idea del velo steso su Mosè 7 rischia
XW't'apyouµÉVTJV). Poiché, tuttavia, a
di divenir pericolosa per lo scopo del-
questo ministero era conferita una glo- 1'allegoria. Perciò al v. 15 Paolo piega
l'ia tale, che gli Israeliti non potevano quest'ultima in un nuovo senso e dice
mirare il volto splendente di Mosè (v. che il velo è steso piuttosto sul cuore
7 ), se ne conclude che la gloria dell'im- del giudaismo indurito. Ciò può giusti-
perituro ministero neotestamentario de- ficarsi considerando che in ogni caso il
v'essere ancora più grande (vv. 8-n ). velo si interpone tra la gloria di Jahvé
Perciò il ministro del N.T. può avere la e gli occhi degli Israeliti, impedendo lo-
massima fiducia, non avendo nulla da ro la visione. Le cose cambieranno quan-
nascondere (vv. 12 s.). b) Con un brusco do Israele si convertirà. Anche questo
passaggio (v. 14 a) l'Apostolo viene poi è ricavato dalla lettura del testo vete-
a parlare dell'indurimento della gene- rotestamentario (cfr. Ex. 34, 34 a}, che
razione del deserto, di cui non si fa subisce una triplice trasformazione. 1.
cenno nella pericope del x&.Àuµµa EtO'mopE:UE"t'O, inteso nel suo significato
ma che altrove è spesso testimoniata proprio ed esterno e detto di Mosè che
nella torà, e lo applica al giudaismo entrava nella tenda del convegno, è in-
incredulo del suo tempo. Fino al gior- teso in senso interiore e riferito alla
conversione (forse nei LXX c'era É:rtÉ- b) Con oggetto interno, rimuovere
O"'t'pEtJ;Ev ); 2. riferisce al popolo incre- (un velo); ~À.Ecpapwv µT) àva.xa'ì..ucp-
frÉV'tW\I (Aristot., de sensu et sensili 5,
dulo la dichiarazione riguardante Mosè p. 444 b 2 5), «senza che le palpebre sia-
(che secondo quanto precede è anche il no sollevate»; test.Iud.q,5 (a proposito
rivelatore di Cristo!); 3. traspone dal della fornicazione con Tamar): àvExci-
passato al futuro l'intera frase. Cosl si 'ì..utjJa x6:.À.uµµa. àxa.frapcrlaç ulwv µou.
perviene ad un significato nuovo: se Nel N.T. il vocabolo si trova soltan-
Israele si converte, il velo sarà tolto 8 to in 2 Cor.3,q.r8. Nel v. 14 ricorre
~ &.va.xa.À.U'Jt't'W. Sul fatto della con- il senso b): &xpt 'tfjç c;1]µEpov 1}µÉpo:ç
versione cfr. Rom.10 12 ss.; r1,25 ss.; 2 't'Ò mhò x<l.'ì..uµµa. bd 'tU &.vayVWCTEL
Cor.4,3. 'tfjç 1ta.Àaifu; ÒLa.fr1pt'J)c; µÉVEL, µT) &.va.-
xa.Àum;oµE\10\1, on ÈV XpLO"'téi) X(/.'trl.p-
t &.va.xa.ÀU7t't'W yE'i:'ta.L, «fino al giorno d'oggi lo stesso
Frequente a cominciare da Euripide; velo è rimasto, non rimosso, perché in
più tardi anche nella prosa. Scoprire. a) (e per) Cristo (soltanto) esso è elimina-
Riferito a cosa o a persona, svelare in to» 1• V. 18: ·(jµEi:ç 1C<l.vi:Ec; &.vo.xExa.-
senso proprio (P. Oxy. x 1297,9), di-
sfare un pacco; Ditt., Syll.' n69,62 (so- 'ì..uµµÉvct) 7tpOO"C:.m~ 'tTJV OO~rl.\I XUptOU
gno salutare di una donna ad Epidau- XiJ.'t'O'lt'Cpts6µE\IOL 'tTJ\I a.Ù't'Ìj\I Ei.x6va. µe:-
ro ): lObxEt a.Ù'téiL [ 'tÙ.V] V'J)OÙV (grem- 't'ctµopq>OVµEfra., «noi tutti col viso sco-
bo materno) ò ilEòc; &.yxa.À.utjla.t, per pro-
curarle la benedizione della maternità
perto, guardando come in uno specchio
(sec. IV a.C.); ljJ 17,16 (nell' apparizio- la magnificenza del Signore (~ xa.i:-
ne di Jahvé nella bufera): à.vExa.Mq:iih1 0'7t'tplsw m, coli. 994 ss.), ci trasformia-
'tlÌ. DEµO..ta. 'tfjc; otxouµiv'J)c;. Filone af- mo nella stessa immagine» (la stessa
ferma allegoricamente che la virtù si ve-
la ( ~yxa.ÀmJla.µlv'J) 't'Ò 7tp60"W'JtO\I) come forma?). Qui abbiamo il significato a)
Tamar (Gen.38,14 s.) sul crocevia, dove proprio, ma con un'applicazione figura-
indiscreti viandanti, togliendole il velo
ta. L'espressione sta in contrasto col v.
( &.va.xa.M\jJa.v'tE<;), mettono in mostra e
contemplano la sua verginale bellezza I 3 e soprattutto col v. r5. Il vocativo
(congr. 124). In senso traslato: 't't 'ltpéc; esprime in maniera breve ed incisiva la
't't\IO. (Polyb. 4,8 5 ,6), rivelare qualcosa
immediatezza e l'assolutezza della rivela-
a qualcuno; 't'Wa, scoprire il carattere
di qualcuno, Philochorus, fr. 20 (FHG zione neotestamentaria e la comunione
I 387); vovv &.vi}ptlmwv (lob 33,16). con Dio.
xr.t"taxa:À.t11rttù
G. DELLING, Paulus' Stellung zu Frau u11d Ehe
.·-
2 L'uso di mettersi un velo durante il sacrifi-
(1931} 96-109; A. ]EREMIAS, Der Schleier vo11 cio era praticato presso i Romani (ad eccezio-
Sttmer bis beute(= AO 31,1-2 [1931]}; R. DE ne del sacrificio a Honos, Plut., quaest. Rom.
VAux, Sttr le Voile des Femmes dans l'Orient r3 [II 266 s. 267a]), non lo era invece presso
A11cien : Rev. Bibl. NS xuv (1935) 395 ss. i Greci. In entrambi i casi non esisteva una di·
t Ampia raccolta di materiale con bibliografìa stinzìone dei sessi. Paolo, dunque, non ha pen·
in DELLING, l.c. sato a queste usanze sacrificali.
xa:•a.xa.M1t-.w (A. Oepkc)
SOMMARIO:
3. La donna col velo nella storia del-
A. L'idea di rivelazio11e nella storia generate
la Chiesa. Da quanto abbiamo detto si delle religioni.
comprende che gli ordini dell'Apostolo B. 'Rivelazione' in Grecia e ne/l'ellenismo:
i.la religione popolare;
incontrarono opposizione non solo in 2.critica degli increduli e dei credenti;
Corinto, ma anche altrove, e non sem- 3. il ricorso alla storia;
pre vennero messi in atto. Delle oranti 4. la razionalizzazione dell'idea di rivelazione;
5. mistica e gnosi;
nelle catacombe solo una parte porta il 6. l'uso dei vocaboli.
velo. Maria e altre sante donne spesso C. Rivelazione nell'A.T.:
l . il fondamento storico-religioso;
vengono rappresentate senza. Ancora 2 . la rivelazione del Dio vivente;
Tertulliano dovette scrivere un opusco- 3. limite della rivelazione;
nifestazione del divino. Ma nel corso uomini, ma è nascosta. Ciò è già noto
dell'indagine, proprio per cogliere quan- al primitivo. D'altra parte, con un dio
che restasse assolutamente e per sempre
to è veramente essenziale, si renderà nascosto, non sarebbe possibile instau-
necessaria una rigorosa delimitazione. rare un rapporto, e tanto meno una co-
Questa progressiva definizione è un ri- munione. Ogni religione perciò vive di
sultato a cui lo studio tende in ragione rivelazione, nel senso più ampio del ter-
mine. Ma la questione è di sapere fino
dell'oggetto. a che punto l'essere nascosto è inteso
come un elemento essenziale. In gene·
A. L'IDEA DI RIVELAZIONE NELLA STORIA rale, l'uomo si attiene all'idea che il ma-
GENERALE DELLE RELIGIONI nifestarsi rientri nell'essenza della divi-
nità. Tutto sta a scoprire un metodo
Lo stadio più recente della scienza approprfato per indurla a ciò e per co-
religiosa è caratterizzato da un ritorno stringervela, se è il caso.
all'oggettività. La presunta ricerca sgom- Cosl l'uomo primitivo sperimenta la
bra di preconcetti, ma che in realtà era rivelazione in oggetti 'sacri', carichi di
forza (feticci, alberi, animali), o anche
di tendenza illuministica, si soffermava in persone (medici, capi). L'esigenza in-
a considerare il fenomeno in senso sog- sopprimibile di decifrare ciò che tra-
gettivo e lo giudicava quindi più o me- scende il sensibile, di esplorare la vo-
no come un'illusione. Oggi gli studiosi lontà degli dèi e soprattutto di squar-
ciare il velo del futul'O, conduce a im-
non trascurano il fenomeno, ma lo ve- piegare sempre nuovi metodi per con-
dono sullo sfondo di un dato oggettivo, seguire la rivelazione. Questi non sono
che ognuno interpreterà secondo la sua ripartiti in maniera uniforme, ma per
propria religione (dunque, se è cristia- lo più non sono nemmeno limitati ad
un ambito ristretto. Dappertutto i so-
no, a partire dal cristianesimo) ma che gni sono considerati come annunci o
si scorge operante anche in altre religio- manifestazioni di un'altra realtà. Molto
ni, sebbene in forma alterata 1• diffuso è anche l'oracolo delle sorti. I
Germani, ad es., lo praticavano serven-
Tutte le religioni si occupano in qual- dosi di schegge di legno immerse nel
che modo di manifestazioni del divino 2, sangue delle vittime. I nordici si stabili-
che consistono nella rimozione di ciò scono là dove affiorano i sostegni del
che è occulto. La divinità non è diretta- tetto della loggia paterna. I Germani at-
mente accessibile, come le cose e gli tribuiscono in genere alle donne delle
doti mantiche. In Oriente fiorisce l'arte religioni del libro, sia pure in gradi di-
di ricavare una rivelazione dall'osserva- versi, e lo sono tanto più, quanto più
zione delle stelle, un'arte che caratteriz- la rivelazione ha perduto il suo specifi-
za soprattutto la religione astrale babi- co carattere.
lonese. A Roma erano in gran voga au-
spici ed aruspici. La critica illuministica B. 'RIVELAZIONE' NELLA GRECITÀ
a queste usanze si è fatta sentire talvol- E NELL'ELLENISMO
ta assai per tempo, ma non è mai diven-
tata una norma. r . La religione popolare
Le esperienze, dapprima isolate, dan-
no poi luogo a istituzioni (luoghi di cul- NeHa pietà la religione romana sot-
to e di oracoli, riti, sacerdozio). Con ciò tolinea soprattutto la regolarità, perciò
la rivelazione da una parte viene di-
stinta pii1 nettamente dalla non rivela- si foggia in particolare degli dèi prepo-
zione e pertanto elevata, dall'altra vie- sti ad una funzione, pur senza esclude-
ne esposta al pericolo di un irrigidimen- re rivelazioni straordinarie (auspici, aru-
to tradizionale. Un contrappeso è costi- spici, profezie di sventure). Il greco,
tuito dall'apparizione spontanea di indi-
vidui non legati alle istituzioni e dotati invece, si incontra con gli dèi soprat-
di facoltà estatico-profetiche, che si ser- tutto in casi straordinari.
vono della parola quale mezzo primo di
rivelazione. Cosl la rivelazione riceve Egli avverte il numinoso 3 nelle tem-
un contenuto concreto, che va al di là peste e nei temporali, nelle malattie e
della semplice benevolenza ed ostilità nelle epidemie, nei segreti della madre-
delle potenze superiori. Ma neppure qui terra. Per esplorare le potenze del de-
si esclude che essa possa radicarsi o ir- stino si serve dei mezzi noti anche al-
rigidirsi in istituzioni. La parola pro- trove. A Delfi si sono conservate tracce
fetica vien detta rivelazione, anzitutto dell'uso delle sorti. Le 'ossa di Dioniso',
allo scopo di controllarne l'adempimen- di cui riferisce la tradizione delfica, so-
to, che forse si avrà solo in un secondo no probabilmente le antiche sorti ora-
tempo, e ancor più perché la rivelazio- colari 4 • Se la vittima sacrificale tremava
ne venga codificata. Tipici sono, a Ro- in tutto il corpo quando le si versava
ma, i Libri Sibillini. Dobbiamo poi ri- sopra la libagione, ciò veniva conside-
cordare la 6gura, storicamente impor- rato, ancora al tempo di Plutarco, come
tante, dell'intermediario deUa rivelazio- un segno difficilmente trascurabile del
ne o del fondatore di una religione. Al- favore degli dèi (def. orac. 46 [II 435
l'infuori della Bibbia, esso si ha in Za- e]). Non di rado si dava importanza ai
ratustra e, in forma molto marcata sep- sogni. Soprattutto il sogno salutare du-
pure non originale e piuttosto distorta, rante l'incubazione è il modo in cui A-
in Mani e Maometto. L'intermediario è sclepio dà la sua rivelazione ( ~ IV coll.
particolarmente interessato alla codifica- 708 ss.). Nell'ellenismo l'interpretazione
zione. Le grandi religioni rivelate sono dei sogni venne talmente in auge, che
3 I Dioscuri, protettori dei naviganti (Act.28, Zeus Mcilichios si rappresenta volentieri co-
rr), su un rilievo dedicato ai 'grandi dèi' di me un serpente (ibid. 23.24). Su Apollo come
Larissa in Tessaglia (intorno al 200 a.C., Lou- dio della peste ~ r, col. 1062.
vre, HAAS, Lfgr. IJ/14, scafo fig. 4) appaiono
a cavallo nel mezzo della tempesta, sull'altare. 4 ~ ur, coli. 331 s., n. I4.
a'ltOXUÀ.V'ltTW (A. Oepke) (IU,568) 90
s S. LAUKAMM, Das Sittenbild des Artemidor mattino nel tempio di Asclepfo il canto dei
von Ephesus: Angelos 3 (1930) 32ss. ( = theol. fanciulli come una rivelazione.
Diss. Leipzig [1928]). 7 E. PFEIFFBR, St11dien z111n antiken Sternglau·
6 Plutarco ( Is. et Os. r4 [n 356 e]) ne dà una ben (l:TOI.XEIA, Studien zur Geschichte des
derivazione etiologica: Iside deve a fanciulli la antike11 \Vcltbildes und der griechiscben Wis-
notizia che la bara di Osiride andava alla deri- senschaft, hsgg. F. BoLL, Heft II 1916); F.
va. ÈX 'tOU'tOV 'tÙ. m.ulìapta. µa\l'ttXTJV OUV<X· BoLL, Sphaira ( r903 ); IDEM, Sternglaube tmd
µw EXELV otEO"Ì}at -roùc; Atyu1t"tlouc; xat µaÀ.t- Stemdeutu11g1 (1926).
f1Ta -rai:c; -rov-.wv 61t-rEvEoi>at (contemplare, s Del loro gran numero dà un'idea solo l'enu-
ottenere la rivelazione) XÀTJ1ì6<n (grida) na:L· merazione di quelli beotici in Plut., de/. orac.
~6v-.wv Èv lEpoi:c; xat q>ilEyyoµÉvwv lS -rt lJ.'J 5 (II 4u e ss.).
'tVXWOW. Ancor oggi in Grecia certi fanciulli, i
9 4 III, col. 331.
cui genitori sono ancora in vita, fungono come
oracoli di amore (A. 0EPKE= ARW 31 [1934] 10 Quanto segue è in parte dovuto ai suggeri-
47 ss.). Ael. Arist. (1 452 s., DINDORF) ode al menti di H. KLEINKNECHT.
9l (lll,568) &.1toxa.Mni;w (A. Oepke)
ste due possibilità si è verificata. È pro- preghiera; ma questo non ha nulla a che
prio della natura del dio, per lo meno fare con la rivelazione. La religione gre-
di manifestarsi. Talvolta si rasenta il ca conosce delle 'rivelazioni', ma non è
concetto di un progresso graduale, co- una religione rivelata.
me nel fr. I 8 (r 61,10 s., Diels) di Se-
2. Critica degli increduli e dei credenti
nofane:
Gli antichi non tengono un atteg-
oil-toL àn'àp;ci'iç 1ta.vw. l>Eot VV'l}'t"Oi:ç'ùn~
[oEL~a.v, / giamento acritico verso le '1·ivelazioni'.
à.)..).à XP6Vl!> l;'l)-covv-.Eç È<pwplcncovow Il mito in generale non è considerato
[ èiµm1av. come storicamente attendibile, e quan-
«questi dèi non tutto dal principio rive- to vi è in esso di indecente viene eli-
larono ai mortali, ma sono i mortali stes- minato o modificato mediante l'allego-
si che, col volgere del tempo, ricercan-
do trovano il meglio». ria. I prodigi vengono contestati, per
Ma non si può parlare ovviamente di quanto riguarda sia la loro realtà sia il
una rivelazione come fatto unico e cen- loro significato.
trale. Il greco non conosce 'fatti salvi- Nella critica ai miracoli e ai prodigi
fici'. Il dio in genere non si manifesta. si distinsero in modo particolare gli epi-
Dà certi avvertimenti per la vita pra- curei, che non negavano l'esistenza de-
gli dèi ma il loro rapporto con gli uo-
tica che la ragione umana deve decifra-
mini. Invece i platonici, i pitagorici e
re, cosa che può fare solo se è esente da gli stoici tennero ben ferma la creden-
ogni hybris. Eraclito nel fr. 93 (1 96,12 za negli annunzi e nei segni meraviglio-
Diels), parlando del signore dell'ora- si. Epitteto sottolinea, inoltre, che bi-
sogna lasciarsi guidare dal senso del do-
colo di Delio, dice: èiu..-e ).JyeL oihe vere (diss. 2,7; 1,1; 3,1,37; 4,4,5). La
xpÒ'Jt'tEt, fi)..).a CT'l'}µa.lvet. Il dio non si critica più interessante è quella creden-
esprime apertamente, e nemmeno na- te di Plutarco, perché essa anticipa in
qualche modo le controversie che sor-
sconde, ma 'accenna'. Il greco conosce
geranno più tardi sull'ispirazione della
troppo bene il suo Apollo, e proprio Bibbia. L'occasione per determinare con
per questo non sa quali disposizioni ab- maggior precisione il procedimento ri-
bia riguardo a lui. La divinità è lunati- velatorio gli si presenta quando si chie-
de perché la Pizia non risponda più in
ca, come il destino. Una volontà mora- versì. Non bisogna credere, risponde,
le inviolabile non esiste come norma né che Apollo stesso un tempo compones-
per gli dèi né per gli uomini, anche se se i versi, o che ora sussurri alla Pizia
gli oracoli, come se parlasse attraverso
i principi morali più elementari, come una maschera. Come il corpo adopera
l'osservanza del giuramento e~ opxoç), ogni sorta di strumenti, cosl l'anima usa
sono posti in relazione con la divinità. il corpo come suo strumento. Ma essa
Al vertice della religione greca, anche stessa è strumento del dio. Ora, lo stru-
mento deve seguire chi lo adopera, ma
la xa.Àoxa.ycdHa diviene oggetto della questa imitazione resta pur sempre im-
anoxa..À.l.11t-i:w (A. Oepke) (111,570) 94
perfetta. L'idea non si manifesta mai voli periodi, si può dire storica.
nella sua purezza intelligibile, ma sol-
tanto commischiata con le proprietà Un'incarnazione mitica dell'idea sono
particolari del suo organo (Pyth.or.20 s. le figure di Triptolemo, il missionario
[n 404bc] ). Il dio non prescinde dal- del culto eleusino, e di Orfeo, sotto il
la particolare struttura degli uomini ispi- cui nome si raccoglie una letteratura
rati (ibid. 2r [II 404 s.]; di parere dia- apocalittica, della quale già gli antichi
metralmente opposto è Filone--,} III, coli. non ponevano in dubbio il carattere
334 s.). Egli si adatta persino al gusto pseudocpigrafico 12 • Il tipo assume una
del tempo e alle necessità umane dei forma storica sia nel sovrano e nello
suoi servitori (ibid. 24 (I1406 b ss.]; 26 statista eminente (-7 xvpwç, CTW'tlJP ), sia
[n 407 dss.]). Nulla è più insulso del- in chi sa esser veramente una grande
l'opinione che il dio stesso entri fisica- guida sul piano spirituale, come un poe-
mente nel corpo dei ventriloqui e se ne ta (-7 III, coli. 332 s.), un medico, un
serva come di strumenti privi di volon- dotto o un filosofo. Il medico siracusa-
tà (de/. orac. 9 [II 414 e]). Piuttosto le no Menecrate (sec. IV a.C.) pretendeva
esalazioni, che salgono dalla terra in con- di essere Zeus e si circondava di un se-
dizioni diversissime per tempo e luogo, guito di guariti, che si chiamavano con
eccitano in vario grado la facoltà man- i nomi degli dèi salutari. Empedocle (c.
tica di cui l'anima è sempre dotata (ibid. 494-434) vive e scompare alla vista dei
40 ss. [II 432 e ss.] ). Come intermedia- suoi come un dio, senza lasciare una
ri delle rivelazioni compaiono anche i scuola. Pitagora invece è così profonda-
demoni (ibid. 38 [II 431 b]). Ma, pur mente ricordato come una figura 'divi-
tenendo conto di ciò che naturalmente na', che né la persecuzione né il marti-
la condiziona, la Pizia merita piena :fidu- rio (500 a.C.) possono alla lunga oppri-
cia (Pyth. or. 29 [II 408 s.]): Ti 't'ijc; mere la sua comunità, che prende nuo-
IIuillo:c; 01ciÀEx-roc;... où 7t01oucra xa.µ- vo slancio 400 anni dopo la morte del
1tlJ\I (stortura) ... oùo' &:.µcp1~0Àlav (in- maestro. Da essa proviene, nel sec. r d.
certezza), éJ),.)..} EùilEia. 1tpÒc; 't'TJ\I rJ.À1}- C., un'altra figura di rivelatore, Apollo-
i}EtCX.\I oucra., 1tpÒc; og 1tLCT't'L\I Èmcrcpo:À1}c; nio di Tiana, di cui Filostrato scrisse la
xat ù1m'.!iluvoc; (coscienzioso), oùoiva vita nel sec. ur, in formale contrapposi-
xail' aù·djc; EÀ.Ej'XO\I axpt \IU\I 1tapo:OÈ- zione ai vangeli e agli Atti degli apostoli
OWXE\I, cristiani. Ancota nel IV sec. Giamblico
3. Il ricorso alla storia celebra Pitagora come un dèmone beni-
gno, sicché l'influenza diretta di questo
L'idea greca di rivelazione si accosta uomo eccezionale si prolunga per un in-
tero millennio. Anche Socrate (t 399),
in certo qual modo alla storia nella dot· col suo dèmone, fu a lungo considerato
trina del ilE~oc; &vilpw1toç 11 , che trae ori- dai suoi devoti seguaci come un divino
gine da concezioni magiche dell'incar- rivelatore, e il suo interprete Platone
nazione e dell'ispirazione. Solo, qui i (427-347) fu ben presto avvolta nel ve-
lo di pie leggende. Lo stesso Epicuro
portatori della rivelazione hanno un'im- (t 270), avverso ad ogni rivelazione,
portanza che, essendosi estesa per note- con una sorprendente contraddizione
11 H. WrnmscH, Paulus 1111d Christus (l934) 12 Orph. (A.BEL), Orph. fr. (KERN),
24ss.
&.noxci.M11;-rw (A. Ocpke)
fonda una comunità secondo un model- questa unità razionale sia chiamata con
lo religioso, perché festeggi il suo com- Eraclito e la Stoa -> Àéyoc;, o ~ volic;
pleanno con un banchetto commemora-
tivo; essa sussisteva ancora nel sec. IV con Anassagora, o lofo. con Platone(~
d.C. Un profeta entusiasta trovò Epicu- III, colL 12 1 ss. ). Il punto sta qui: che
ro nel poeta Lucrezio. Stranamente, in il cosmo è inteso come una manifesta-
questo caso, la negazione della rivelazio-
zione dello spirito pensante, anche se
ne diviene 'rivelazione' essa stessa.
non sempre di uno spirito pensante.
4 . La razionalizzazione dell'idea di
Quando nello spirito greco s'innesta la
rivelazione
religiosità dell'Oriente, come avviene in
Fin dalle origini la filosofia greca pre- Posidonio, non è più necessario un ul-
senta una spiccata tendenza a dare del teriore impulso per produrre quella con-
cosmo una spiegazione puramente cau- vergenza, che ha trovato più tardi la sua
sale e immanente. Quando alcuni, do- forma grave di conseguenze nel concet-
po aver espressamente negato l'esisten- to della rivelazione 'naturale'.
za di un creatore, riconducono il mondo
ad un'unica materia, come Talete, Anas- Cicerone (Tusc.r,68 ss.) si domanda
come l'anima possa esistere senza il cor-
simandro, Anassimene ed Eraclito, o po, e risponde con ragioni che presu-
quando, come in Empedocle, Anassa- mibilmente ha tratto da Posidonio 14 :
gora, Leucippo e Democrito, esso è de- «Se noi consideriamo la forma e lo
rivato dalla 'casuale' mescolanza di ele- splendore del cielo; la velocità, inaffer-
rabile dai nostri sensi, della sua rotazio-
menti o atomi, allora non pare che ci ne; il mutamento del giorno e della not-
possa essere un qualche posto per una te; il quadruplice cambiamento delle sta-
rivelazione. Ma proprio qui avviene una gioni, così adatto al maturare dei frutti
delle svolte più decisive della storia del- e alla giusta natura dei corpi; il sole,
che ordina e dirige tutte queste situazio-
lo spirito umano, cioè la proiezione del ni; la luna ...; i pianeti ... ; il cielo stel-
pensiero nella natura, l'equiparazione lato di notte; il globo terrestre emer-
del pensiero individuale alla ragione gente dal mare, fissato al centro dell'u-
niverso ed abitabile in due zone con-
cosmica 13 • Nonostante tutto, il mondo
trapposte ... ; la folla degli animali, che
ha un significato, e il pensiero lo co- in parte servono per il nutrimento e per
glie. Essere e pensiero si richiamano coltivare i campi, in parte per viaggiare
l'un l'altro, e nella loro essenza più pro- e per vestire il corpo; infine l'uomo
stesso, che contempla il cielo ed onora
fonda sono una sola cosa. Non ha mol- gli dèi, e la terra e il mare, che sono al
ta importanza, per il nostro scopo, se servizio dell'uomo: se consideriamo tut-
to questo e innumerevoli altre cose, pos- cio. Così Plutarco, che crede nei miste-
siamo dubitare che a questa grandiosa ri. La linea divisoria non corre dunque
costruzione del mondo presieda un crea-
tra il dio e l'uomo in genere, ma tra la
tore, nel caso che, come vuole Platone,
esso sia stato creato nel tempo, o un divinità e i non consacrati o, in altre
reggitore, nel caso che, come afferma parole, tra gli iniziati e i non iniziati.
Aristotele, esso esistesse fin da princi-
pio? Lo stesso rapporto intercorre pure Per il miste la divinità non è più na-
con lo spirito umano: tu non lo vedi, scosta, anche se solo a poco a poco ma-
allo stesso modo che non vedi Dio; ma nifesta i suoi segreti. Per il non miste,
come riconosci Dio dalle sue opere, co- invece, è nascosta solo perché egli non è
sl dalla forza della memoria, dalla fa- ancora consacrato; dunque non gli è es-
coltà inventiva, dalla velocità di movi- senzialmente occulta. La mistica si fon-
mento e da tutta la magnificenza delle da sul presupposto, espresso o sottinte-
sue doti devi riconoscere la divina for- so, che l'uomo dispone del divino. Essa
za dello spirito». Pur essendo nascosta affonda le sue radici nella magia. Il mi-
ai sensi, la divinità può essere afferrata to, sciogliendosi dagli abissi della ma-
dalla ragione, dal N ouc:;. A ciò non è gia sacrale, vuole illustrare la collegan-
necessaria una particolare rivelazione, za dell'uomo col divino e metterla a
ma è sufficiente la rivelazione 'natura- frutto per rendere piena e migliore la
le', che si può sempre cogliere in ogni vita. Ciò è fondamentalmente possibile
luogo e in ogni tempo. in ogni tempo e in ogni luogo con la di-
vinizzazione, purché si applichino for-
5. Mistica e gnosi. mule e metodi efficaci. Una rigorosa
unicità contraddice all'essenza della mi-
A prima vista sembra che nella mi- stica, che non ammette un legame ob-
stica le cose siano sostanzialmente di- bligato con determinati 'fatti salvifici',
verse. Qui il mistero della divinità, che con un determinato complesso, storico
per sua natura è occulta, pare da un o cultuale, di rivelazioni. Tutte le reli-
gioni misteriche si riconoscono fonda-
lato pienamente riconosciuto e dall' al- mentalmente l'una nell'altra, ed è que-
tro efficacemente svelato caso per caso. sta la prova migliore che qui non si trat-
Istruttiva è l'interpretazione che Plut., ta di una vera religione rivelata.
Is. et Os. 9 (n 354 b-d), dà della prete- La mistica attua in parte un forte
sa iscrizione della 'immagine velata di processo di spiritualizzazione, in cui l'a-
Sais' (~ coll. 70 s. ). Nel primitivo si- zione sacramentale risulta secondaria,
gnificato fondamentale di quella iscri- potendo anzi mancare. La contempla-
zione sopravvive, come nei fondamenti zione della divinità non è più il punto
della religione egiziana in genere, qual- culminante del culto, ma si compie in
cosa della genuina sensazione che la di- visione. Mediante le purificazioni e la
vinità sia distaccata. Che cosa ne vie- contemplazione - fatte talvolta con stra-
ne? Una teologia esoterica dei sacerdoti, ni mezzi, come mostra la cosiddetta Li-
in cui i re, qualora provengano dalla ca- turgia di Mitra - l'uomo si eleva alla
sta dei guerrieri, sono consacrati d'uflì- contemplazione della divinità. La visio-
a:r.:oxaM·wtw (A. Oepke)
ne può anche svolgersi per via puramen- Anche qui si può parlare di 'tivela-
te interiore, teoretica e speculativa più zione' solo con qualche riserva; in ogni
che sensitiva. La mistica allora presen- caso, essa non ha lo stesso significato che
ta un legame con la gnosi e forse anche ha nella Bibbia. Nulla si dice di Dio che
con la filosofi.a. Ora più che prima la si manifesta o con un atto unico e suffi-
parola diviene veicolo di 'rivelazione' 15• ciente si offre alla collettività. Il dono
della 'scienza' a chi trasmette la rivela-
Il triplice legame che abbiam menzio-
nato si manifesta con particolare eviden- zione è poco più di un travestimento let-
za nella sublime religiosità degli scritti terario. Si tratta, in verità, di una filoso-
ermetici. Questa si basa su un sapere fia religiosa egiziano-ellenistica". Oggetto
esoterico (-7 yvwcm; n, coli. 470 ss.),
del sapere è la ragione del mondo, che
trasmesso efficacemente in scritti apo-
calittici da Ermes Trismegisto, presta- per chi non è gnostico è occulta di fat-
nome di Tot o Tat, dio egiziano della to ma non per natura, e viene concepi-
scrittura e della sapienza, a certi semi- ta ora come personale, ora come im-
dei profeti e rivelatori, tra i quali, ac-
canto ad Asclepio (lmhotep ), strana- personale. Quando la sua conoscenza si
mente ricompare Tat, ora in veste di accende, è possibile trasmetteda, ma
figlio di Ermes (cfr. il dialogo della ri- non attraverso un meccanico apprendi-
velazione fra i due, Corp. Herm. 13). I
mento mnemonico, non senza un certo
termini tecnici designanti il dono e l'ac-
coglienza della rivelazione sono 7tapa- processo interiore, come la penitenza e
oio6vcu (Corp. Herm. 13,1 ecc.) e (1ta.· la rinascita; tuttavia la si apprende pur
pa.)Àa,.µ~4\IEL\I (ibid. 1, 26 b. 30 ), OLba- sempre come un 'sapere', e non come un
cnm\I {passivo, ibid. r, 27), µo.vM.vEw
( 13 ,r ), talora anche il nostro &.7toxo.- 'annunzio' attuale, un evangelo.
ÀU1t'tEL'V (-7 col. ro r ). Dio si rivela e
6. L'uso dei vocaboli
vuol essere conosciuto (yvwcr1>jj'Vat
PouÀE'ttxt). La parola della dvelazione Il greco, avvertendo il bisogno di
aiuta a rinascere. Il Myoç 'tf}<; 7taÀiy-
)'E\IEO"la.ç. dev'essere accolto in religioso esprimere un concetto analogo a quello
silenzio. Esso poi spinge alle Àoytxa.ì di 'rivelazione', lo fece scegliendo altri
1>uoùx.t della riconoscenza e non lo si de- termini (-7 coll. 90 s.). I nostri voca-
ve mai profanare comunicandolo al vol-
boli sono rari, e fuori della Bibbia il lo-
go; dev'essere invece tenuto nascosto,
anche se spinge a rendere la testimo- ro impiego teologico appartiene ad un'e-
nianza (x1Jpucrcmv), che culmina nell'in- poca tarda.
vito a penitenza: µE'to.vol}crwtE! A tale
altezza si spinge la conclusione del Poi- &.7toxa.À.U7t'tEW ( =svelare) si trova in
mandres (r,27). Questa religione mi- senso proprio in Hdt.r,n9 ('tTJV XE<pa-
stico-filosofica giunge a perfezione nel Àl}v), in senso traslato in Luc.,Icarome-
tardo neoplatonismo -7 III, coll. 3 3 5. nipp. 2r (cose vergognose), in P. Masp.
295 II 8 (bizantino: fatti); entrambi i ma senza rivelare nulla dei loro arcani»
significati ricorrono a breve distanza (Rhet. Gt"aec. ed. E. Ch. Walz [ r832
l'uno dall'altro in Plat., Prot. 352 a (-tà ss.] VIII p. l23,r9 ss.). Tuttavia si può
O"-i;i}i}TJ, -i;ooE -tf}c; otavola:c;). Al medio anche pensare a un chiarimento saluta-
significa presentarsi apertamente espri- re. Iambl., vit. Pyth. xo3, dice quanto
mendo la propria opinione (Diels, Do- giusti e veraci siano i simboli dei pita-
xographi Graeci 298a9). Una significa- gorici; &.7to:X:aÀucpì7E.i:11cu xat -i;o\i a.tvty-
zione teologica assume il verbo in Corp. µa-i;woouc; è)..wìJEpwllEi:crm -.1'.ntou.
Herm. r 3 ,r, un testo di difficile intelli- Il sostantivo &.1toxci.)..u~tc; si trova
genza e forse corrotto, in cui si tratta usato in senso proprio a proposito della
del O"wllfiva.1 e del dono del Àbyoç -tfic; testa scoperta tPhilodemus Philosophus
'ltO.ÀLj'j'E.\IEO'la:c;: où:x: tÌ.'JtEXciÀrnjiaç (si- [e.i.rea Iro-28 a.C.], vitia 22, p . 38,15
nonimo di alwyµa-i;(i)OWç xaL ou 't'TJ- ed C. Jensen [r911]), dell'atto di de-
À.auywc; ~q>pa<raç), e ancora in Iambl., nudare il corpo ( = yuµvwcr1c;, Plut.,
myst. 3,q (ed. Parthey 142,9), in un Cato Maior 20 [u 348 e]), di una sor-
contesto che, magnificando superstizio- gente nascosta che erompe (Plut., Aem.
samente i più insulsi metodi della man- 14 [I 262 b]). In senso traslato si ha
tica, dice della divinità: -.à 1ta<r11c; yvw- à.7toxci.À.u\jitc; (miglior lezione: à.va.x<i-
crewc; 'ltpoÉxov-ta vo-l)µa-ta &.7toxaÀ.u'1t- À.u\jitc;) èt.µap-tlac;, scoperta di un errore
'tEt. Di una trasmissione illecita dei mi- (= vouÌ7É't''J)CTtc;: Plut., adulai. 32 [II
steri da parte di uomini si pada invece 70 s.] ). Secondo Sinesio (morto avanti il
ibid.6,7 (248,u), dove si dichiara che 415 d.C.) <Ì.'ltoxaÀ.u\jitc; è termine speci-
i demoni tremano quando un uomo mi- fico degli indovini (ep. 54, R. Hercher,
naccia di svelare i segreti del cosmo ('tà Epistolographi Graeci [1873] 662). In-
XpU7t'tà -i;f}c; "lcrLO()ç ÈXq>ctVE~V, 6, 5 ). fatti esso compare spesso in testi astro-
Tutto resta intatto e in ordine, È'lté'.LO'Ì} logici ed alchimistici tardivi. Ca tal. Cod.
-.à ÈV 'A~uocp &:n;6pp'J)W. (i segreti di Astr. Graec. vn 4, p. I64,r8: 6vElpw\I
Abido, dove secondo la dottrina egizia- cb•oxaMtt>E~c;, ibid. p. I45,26; ibid. VIII
na dev'essere stata sepolta la testa di p. 99, 7: 't'Ì}V 'tW\I µuO''t'T)ptW\I tX7tOX<i.-
Osiride) ouoÉ1toi:e &.7toxaÀ.U'lt-.E'tr..tL ( 6, À.u\jJLV, lo svelare affari segreti, in un
7 ). È caratteristico che tali minacce pro- contesto cultuale, Berthelot 2 r 9 § 1;
ferite da un uomo siano prese sul serio con un senso più marcatamente gnosti-
dai demoni. L'atto di un uomo che à.- co, ibid.n2 § 6: tX'ltOXciÀ.u\j;Lc; XEXpuµ-
'ltOXO.ÀU'lt't'E.L qualche mistero ad un al- µÉvwv pi]crEwv elc; q>cx.vepov ywoµÉvwv.
tro è considerato in genere come ese- Entrambi questi termini mancano nella
crando. Si veda Collection des anciens terminologia mistica di Filone.
Alchimistes Grecs, ed. M. Berthelot - C. Quanto abbiamo detto mostra con
E. Ruelle, Texte(r888) p. 296 § 14: looù tutta chiarezza che i termini à.1toxaÀ.u1t-
'tÒ µu<r-ç1}ptov 't'WV <ptÀ.o<réq:iwv, xat '1tEpt 'tEL\I e à'ltox&..À.u\jJtç non hanno alcun
r..tÙ'tOU Èt;,wpxLO'r..tV vµi:v ot 'Ittx.'tÉpEç 1)µWv senso dogm_atico e che il loro uso teo-
'tOU µ1) à'ltoxaMtfiat r..tÙ't'Ò xat Ù'Qµo- logico è originariamente estraneo al gre-
O"LE.ucrat, «ecco l'arcano dei filosofi, e i co, ma è stato importato dall'Oriente.
nostri padri vi scongiurarono di non ri- Dati gli influssi giudaici nei papiri ma-
velarlo e pubblicarlo» . Ancora Sopatro, gici e le tracce difficilmente contestabili
retore del sec. v d.C., scrive: aù-i;à -tà di reminiscenze veterotestamentarie nel-
µucr-.-f)pta. 0L(t..'tU7tWO'EL<; xat ÈpEiç, OÙOÈV la mistica di Ermes, ci si chiede se l'u-
&.7toxaÀ.U7t't'WV oµoiwc; 't'WV µucr't'tXWV, so tecnico extrabiblico dei nostri voca-
«anche dei misteri tratterai e parlerai, boli non sia, direttamente o indiretta-
103 (m,573) 6:7toxa).un't"w (A. Oepke) (m,574) 104
Ciò non significa, però, che questo che ad essi ha destinata. Ma, giustamen-
Dio si ponga sullo stesso piano dell'uo- te inteso, il governo di Jahvé nella sto-
mo e del suo popolo con una rivelazio- ria è un elemento costitutivo del patto
ne continua e concreta 19 • Essendo vera- con Israele.
mente Dio, egli è piuttosto il 'Dio na- La religione d'Israele si evolve nella
scosto' ('el mistatter, Is.45,15), il Dio storia e per questo è caratterizzata dal-
del mistero, che si manifesta solamente la determinazione storica. Essenziale per
quando lo vuole (~ xplirt"t"W ). Ma per la concezione biblica non è ciò che esiste
questo si raggiunge la rivelazione nel in ogni tempo, ma ciò che si verifica.
suo senso rigido. Questa rivelazione si La storia, cioè ciò che accade, è opera
compie soprattutto in tre direzioni: Jah- di Jahvé.
vé si rivela come signore della storia,
Non solo egli guida con mano pos-
come il santo che dà la grazia, come crea- sente la storia del suo popolo, ma an-
tore del mondo. che quella di tutti i popoli. Lui fa sor-
gere e tramontare i regni, annienta i su-
a) Jahvé si rivela come signore della perbi disegni dei re (Is.7 ,r-9; 8, r -4).
storia. Il fotto fondamentale per la re- Gli imperi devono eseguire i suoi co-
ligione dell'A.T. è e resta la liberazione mandi. Egli chiama, e come tafani e api
giungono a sciami gli eserciti, per ese-
di Israele dalla 'schiavitù' d'Egitto. Al guire contro Israele il giudizio tante
faraone recalcitrante e alla sua potenza volte minacciato (Is.7,r8 s.). Ma quando
Jahvé rivelò in modo possente la sua la verga si erge contro chi l'impugna e
il bastone contro chi se ne serve per
magnificenza («sappiano che io sono colpire, quando la scure si rivolta con-
Jahvé», Ex. 14, 18). Con quest'azione tro colui che con essa taglia, e la sega
possente egli prese Israele tra tutti i si vanta contro chi la tira, allora essi
vengono tutti spezzati, e quanti ne so-
popoli e lo trasse a sé in modo incom- no sta.ti colpiti resteranno meravigliati
parabile (Ex.19, 4 ss.). Anche i profeti (ro,5 ss. r2 ss.). Sulle mura di Gerusa-
tornano di continuo su questo evento lemme s'infrange la potenza degli Assi-
ri, quando Jahvé lo vuole (ro,28ss.). «A
basilare (Am.2,10; Os.u,1 ecc.; Ier.7, guisa di uccelli che aleggiano», egli pro-
22; 32, 20; cfr. Deut. 4, 34, ecc.). Ma teggerà le schiere di Gerusalemme (3r,
Israele non si illuda e non faccia di ciò 5 ). Chiama Ciro per nome, affinché ese-
guisca il suo comando e riconduca Israe-
un titolo di merito (Am.9,7). Davanti
le nella terra dei padri (Is.45,1 ss.). I
a Jahvé i popoli son tutti uguali. Egli li popoli vedono e restano pieni di mera-
domina tutti e tutti conduce nella sede viglia (52,10.15; 60,3.5, ecc.). Tutto il
19 W. IlAUDISSIN, 'Gott schatJen' in der at.li- estraneo della visione di Dio all'idea fonda-
chen Religio11 = ARW r8 (r9r5) x73ss. dimo· mentale della sublimità di Dio>>, nel quale ha
stra che la religione veterotestamentaria ha eliminato invece il significato ad essa sostan-
«adattato il concetto ad essa originariamente zialmente estraneo (233).
a.7toxo:.7'.U1t'"t'W (A. Oepke)
mondo deve rendere omaggio a J ahvé nima alla sua santa volontà morale, è
(Ps.98). disposto ad annientare gli strumenti che
Questo basta a mostrare quale sia, si è scelti e a distruggere interamente il
secondo l'A.T., l'essenza della rivelazio- popolo che si è scelto (2 Sam.12,7 ss.;
ne. Essa non è comunicazione di un sa- r Reg.I7,1; 18,1 ss.; 21,r7ss.; Am.2,6
pere soprannaturale e neppure un risve- ss.; 4,1 ss.; 5,2I ss.; 8,4ss.; Os.6,6; Is.
glio di sentimenti numinosi. Certo, può 1,10-17; 3,x6ss.; 5,8ss. ecc.; Mich.2,x
dare anche un sapere, ed è necessaria- ss.; 6,8; ler.7,3 ss., ecc.).
mente accompagnata da sentimenti nu- Jahvé, in quanto è il santo, è geloso
minosi (Ex.19,16; Is.6,5, ecc.). Ma non del suo onore (Ex.20,5; Is.42,8). La re-
in questo consiste la rivelazione; essa è, ligione dell'A.T. non parte da un'idea
propriamente, un'azione di J ahvé, che astratta del bene, alla quale anche Dio
manifesta il mistero essenziale della sua sarebbe commisurato. Buona è la vo-
natura, ed offre se stesso alla comunità. lontà di Jahvé. Ma non sempre l'uomo
Ma questa comunità ha come caratteri- riesce a percepire cbinramente questa
stica peculiare di poggiare su fondamen- sua natunl. Talvolta le sue direttive mi-
ti morali. nacciano di assumere tratti che si direb-
bero al di sotto della morale (2 Sam.22,
b) Jahvé si rivela come il santo, co-
27 [ =Ps.x8,27 ]; Ex.20,5 cfr. con Ier.
lui che dà la grazia: come il santo in
31, 29 s.; Ezech.IB, 2 ss.). Posto anche
senso morale! Ciò risulta chiaramente
che qui si potesse parlare di giusta rap-
nel decalogo, dove i principi elementari
presaglfa, si dovrebbe però subito no-
di ogni moralità appaiono come esigen-
tare che proprio la vendetta di Dio non
ze di Jahvé. La stessa cosa si può scor- sempre appare moralmente giusta. So-
gere attraverso la storia successiva. Il
no note le strette nelle quali la pietà
popolo corre sempre il rischio di sna-
dell'A.T. è stata ridotta da questa espe-
turare in senso naturalistico e rituale la
rienza (cfr. Ps.37; 73; il libro di Giob-
conoscenza di Dio accordata ai suoi ca- be, ecc.). La fede lotta sempre per pas-
pi. Ma con inesorabile coerenza Natan, sare dal Dio nascosto al Dio rivelato!
Elia, Amos ed Osea, Isaia, Michea e Jahvé è colui che dà la grazia, usa
Geremia fanno valere la santa volontà misericordia e perdona i peccati (Ex. 34,
di Dio. Quello che J ahvé esige non è il 6 s.; Ps.32,5; 103,8 ss., ecc.). Cosl lari-
culto, né da solo né unitamente ad una velazione orale, aggiungendosi continua-
esigua misura di azione morale. Egli mente a quella delle opere, spiega l'agi-
esige semplicemente obbedienza. Il cul- re di Jahvé, che mira alla grazia passan-
to senza l'obbedienza gli fa orrore. Piut- do attraverso il giudizio. Questa testi-
tosto che abdicare in misura anche mi- monianza segna il vertice della rivelazio-
a:r.oxoJ..{nt't'W (A. Oepke)
ne e tocca quasi il livello del N.T. (!s. pi analoghi (cfr. soprattutto Ps.r8,8ss.;
40, l ss.; 53; 61, l ss., ecc.). Ma tutto 19,1-7; 29; 96,10 ss.; 97,1 ss.; 98,7 ss.;
ciò si svolge necessariamente sullo sfon- ro4; J48; Is.40,12 ss. 22 ss.; 42,5; 45,
do della potenza del Creatore, che su- 12.18; 48,13; Am.5,8; 9,5 s.; lob 9,5
pera l'universo. ss.; 38; 39).
c) Jahvé si rivela come creatore e La teologia greca della natura, con-
conservatore del mondo. La professione siderata sotto questo aspetto, potrebbe
che Jahvé ha fatto il cielo e la terra (Is. apparire analoga; ma i suoi fondamenti
37 ,r6) non è il punto di partenza della sono del tutto diversi. Il greco mira a
fede di Israele. Jahvé non è uno di que- far proprio il mondo per via teoretica,
gli dèi sbiaditi, posti alle origini 20, di e a questo scopo l'io assume una dimen-
cui parla la storia delle religioni, ma è sione cosmica (--7 coli. 95 s.). Il fede-
soprattutto colui che con la sua poten- le dell'A.T. invece, anche là dove esal-
za opera nel presente. Ma il riconosci- ta la rivelazione di Dio nella creazione
mento che anche l'origine del mondo e il dominio dell'uomo sulla terra, re-
sta nella sua volontà e nella sua parola sta consapevole che questa supremazia
s'impone per intima necessità e con cre- è un dono di Dio e che il Creatore è in-
scente chiarezza. Le cosmogonie dei po- finitamente distante dalla creatura. Per
poli circostanti, Fenici e Babilonesi, non cogli~re la differenza tra i due atteggia-
sono applicabili ad Israele nella loro menti, basta fare un confronto tra il fa-
forma mitologica. Soltanto dopo un lun- moso coro dell'Antigone di Sofocle
go e profondo prncesso di purificazio- (332 ss.): 'TtOÀÀIÌ 't'IÌ ÒEL"Và. XOUOÈ'J Ù;v-
ne esse posson fornire la materia al rac- Ì}pW'1tOI> OEWO'tEpov rtÉÀ.EL, e il Ps.8! Se-
conto biblico della creazione, il cui te- condo la concezione greca l'uomo mani-
ma non è la lotta della divinità con il festa Dio; nella Bibbia, invece, è Dio
caos, ma la sussistenza del mondo, per che si rivela all'uomo. Dimostrazione di
la parola di J ahvé e per la sua onnipo- Dio e lode dell'uomo da una parte; lode
tente volontà. Lo stretto rapporto di di Dio dall'altra!
questa concezione col dominio univer-
sale etico-storico di Jahvé è posto in 3 . Delimitazione della rivelazione
chiara evidenza nel Ps.33. La gloria di
Jahvé nella creazione costituisce pure Il concetto greco di rivelazione si
un tema inesauribile della poesia e della muove tra due estremi che ne segnano
profezia, che spesso lo trattano con sco- il Hmite: l'elemento misterico e la com-
21 lj.ieuoo1tpocp1J'trtç in LXX '!Ep. 6,13; 33 (26), 7 ss.; 34,9; 35,1 (ebraico: nebf1m).
IIJ (lll,577) Ò:.7toxaM7t-.w (A. Oepke)
ta, il concetto ricorre in forma tanto de- per la profezia autentica non si escludo-
terminata, che si può far credito alla no affatto altri possibili modi di riceve-
ipotesi che si tratti di un fenomeno con- re la parola a seconda delle circostanze
nesso con elementi istituzionali22• Si può (Js.6; Am1-9; Ez.r ss.; Zach.r, 7-6, 8,
pensare che questi siano in primo luo- ecc.). Lo stesso A.T. lascia intendere che
go, anche se non esclusivamente, i pro- la comunicazione diretta della rivelazio-
feti cultuali, che avevano l'obbligo per ne resta un ideale, che in ogni caso si
cosl dire professionale di intercedere e ebbe soltanto in Mosè (Ex.33,rr; Num.
di predire la salute in cambio di denaro23 • 12,6 ss.; Deut.34,ro). Assai significativa
Già nell' A. T. si ebbero seriè contro- è la veemenza con cui la parola auten-
tica rapisce il profeta, non appena egli
versie sull'autenticità della rivelazione e l'avverte e l'accoglie (Am.3,8; ls.5,9;
sulla sua distinzione da quella falsa Ier.20,9; 23,29); ma anche questa, in
(cfr. anche Deut.r8,2r). certa misura, resta equivoca (Ier.20,7).
A questo proposito si applicano i cri- c) La realizzazione, o meno, della pro-
teri seguenti: fezia (I Sam.3,r9; I Reg.8,56; Deut.r8,
22; Ier.28,9; «All'avverarsi della paro-
a) La personalità di chi presenta la la si riconosce il profeta mandato vera-
rivelazione e la motivazione addotta. I mente da Jahvé»; ciò è particolarmente
falsi profeti gridano «salvezza!», quan- frequente rel Deuteroisaia: 4r, 2r ss.;
do han qualcosa da metter sotto i denti, 42,9; 44,7 ss.; 44,26; 45,2r; 46,10; 48,
ma a chi non mette loro nulla in boc- r5 s.; 55,rn s.). Ma alle parole non di
ca dichiarano guerra (Mich.3,5; cfr. v. rado adempiute si contrappongono, an-
r r ). Il vero profeta è indipendente (Am . che nei messaggeri riconosciuti, quelle
7,14); ma questo criterio non sempre che non trovano compimento. Contro
si può applicare, come mostra il raccon- Mich.3,12 talvolta ha ragione Is.29,5 s.
to di Eliseo che trova alloggio presso la Gli stessi profeti fanno intendere che
donna di Sunam (2 Reg. 4, 8 ss.; cfr. I la parola di J ahvé non è un decreto ir-
Reg.r7,7 ss.). revocabile, in quanto le sue disposizio-
ni si adattano con una certa elasticità
b) Il modo in cui vien ricevuta la ri-
alla situazione del momento (Is.28,23
velazione. «Il profeta che ha un sogno,
ss.).
racconti un sogno; ma chi ha la mia pa-
rola, riferisca fedelmente la mia paro- d) Il segno infallibile è il contenuto
la» (ler.23,28; cfr. v. 32). Questa squa- dell'annunzio. I falsi profeti gridano:
lifica dell'oracolo avuto in sogno - e, «salute!», il vero uomo di Dio è un
si può aggiungere, ogni situazione esta- messaggero del giudizio (1 Reg.22,5 ss.;
tico-visionaria (ls.8,r9) - è molto signi- Mich.3,5; Ier.28). Ma può anche avve-
ficativa. Alla tecnica della rivelazione si nire, in certi casi, che i falsi profeti an-
contrappone, come fattore decisivo, la nunzino la sventura, e i veri profeti la
comunicazione della parola. Ma anche salvezza (Mich.3,5; Ier.29,xr; Am.9,u
22 VoN RAD, I.e. Cfr. S. MOWINCKBL, Kultpro- ne di questa profezia cultuale, in opposizione
pbetie und prophetische Psalmen = Psalmen- ai 'profeti di sciagura' già noti, non riesce del
ftudien 111 (1923). tutto convincente. STABRK, o.e. 92, ritiene i vv.
2l L'idea di von Rad, secondo cui Deut. 18, 21 s. come un «ornamento legato a condizioni
18-22 sarebbe stato formulnto in considerazio· storico-temporali» e perciò non essenziale.
tt1toxaMTt-rw (A. Oepke)
ss.; O.i-.I4,5 ss. 24 ; Is1,I-9; 9,I-6; quasi poggiandosi su questa sua manifestazio-
tutto il Deuteroisaia, ecc.). La differenza ne. Spesso non taggiungono la coscien-
fondamentale è questa: i falsi profeti lu-
singano gli ascoltatori, in quanto il loro za della loro missione se non a prez:w
egoismo carnale non mostra loro altre di gravi scosse che, per quanto sappia-
vie, mentre l'autentico portatore della mo, raggiungono l'acme in Geremia (20,
rivelazione sa di esser legato inesorabil-
7-18). Ma la certezza, cosl scossa, vie-
mente alla santa volontà di Jahvé, an-
che se ciò significa lo sfacelo sia per lui ne ristabilita. La rivelazione finisce per
che per il popolo. esser vittoriosa.
La legittimità dell'annunzio, dunque, 4. Rivelazione ed escatologia
deriva dal suo orientamento morale (Ier.
23,2I s.). Ma ciò non va frainteso in La nota caratteristica della rivelazio-
senso moralistico. Non è che l'uomo ne veterotestamentaria si manifesta per
possa aggiungere alla rivelazione una lo più in rifetimento al futuro. L'idea
idea già formata del bene, e quindi de- greca della rivelazione, proprio nella sua
cidere come un giudice sulla qualità di forma più elevata, riguarda ciò che co-
essa. È invece lui che viene sottoposto pre tutto l'arco del tempo, anche se si
al giudizio, lui l'oggetto di cui si deci- cela dietro l'essere empirico. Nell'A.T.,
de e si dispone. La vera rivelazione di invece, la fede nella rivelazione s1 ri-
Dio chiama in giudizio senza pietà l'uo- volge a ciò che deve avvenire.
mo decaduto e peccatore, ma attraver- Fin dall'antichità essa si riconnette,
so il giudizio Io conduce alla grazia e specialmente in Oriente, all'attesa popo-
alla salvezza. Questo è il contenuto del- lare di un prossimo tempo di salvezza.
la profezia. «Essa non può essere con- Quest' attesa assume un carattere pre-
tro la verità del Dio vivente; altrimen- valentemente trascendente soprattutto
ti ne resta frantumata» 25 • È chiaro che quando si ispira alla descrizione utopi-
anche qui non si tratta di applicare un stica delle origini 26• I profeti respingo-
infallibile criterio razionale di verità. no nettamente il permanente ottimismo
Dio si dà a conoscere ai suoi inviati co- naturale di questa attesa. Il popolo so-
me colui che è santo e concede la gra- gna il «giorno di Jahvé», ma Amos ve-
zia, rivelandosi tanto nel loro intimo de giungere questo giorno come giorno
quanto nel corso della storia. Essi poi di tenebre e di terrore (5,r8 ss.). Que-
trovano il coraggio di riconoscerlo ap- sta inesorabile negazione non impecH-
24 Il dubbio sLùl'autenticità delle conclusioni modo l'effetto di queste idee in Occidente. Cfr.
dei libri profetici con le loro promesse si può E. NoRDEN, Die Geburt des Kindes (1924).
considerare oggi come superato. Queste connessioni, però, non hanno grande
25 STAERK, o.e. 86. importanza per il concetto ellenistico di rive·
26 La IV egloga di Virgilio illustra nel miglior !azione.
n7 (m,579) IÌ'ltoxet.Àfrr.:-rw (A. Ocpke) (m,579) u8
sce tuttavia, a lui e ad altri profeti, di con indicazione dell'oggetto che vien
coronare le minacce di giudizio con l'an- comunicato. à.Jto:x;aÀ.u1C'tEW (solo qui =
higgid} 'tovc; À.Oyouc; -co1hovi:; (fos.2,20).
nunzio di un ultimo, grande tempo di Il termine assume una significazione
salvezza (Am.9,II ss.; Os.2,16 ss.; Mich. teologica quando il soggetto è Jahvé;
4,1 ss.). (istruttivo è Is. 52,10: biifap jhwh 'et-
È soprattutto Isaia che, nel descri- :6oa' qodUJ l"ené kol-haggoim, LXX:
,J, >
vere questo tempo, ama servirsi anche
' \ I
tl..1tOXl1./\.\J'j'f:'.L xuptoc;
I
't'O\) 1-1PClXLOV<X u.u-
\ {) I
21 Cosi ancora nel giudaismo moderno. Carat- stano per ogni dove nelle occupazioni della vi-
teristico è quanto dice M. WIENER, Zur Ge- ta, ma che viene considera.ta come un sapere,
schichte des Offenbarrmgsbcgrilfs, in Judaica, che in qualche modo scorre dalla sorgente del-
Festschrift filr H. Cohen ( 19r2) 1: una cono- 1' ispirazione proveniente immediatamente da
scenza «che deve Ja sua origine non alle forze Dio». In un senso del tutto analogo anche ].
'naturali' dello spirito umano, che si manife- HANEL: ZSTh 4 (1926/27) 91.
Ò'..'ltoxo:M'lt-.w (A. Oepke) (111,581) 122
creazioni sembrano aver ben poco a che all'esilio non era rimasta insensibile agli
fare con l'autentica profezia, che mani- influssi dello spirito del paganesimo 30•
festa l'azione di Dio nella storia e in- Quanto al tardo giudaismo della diaspo-
culca la sua volontà morale. Ma esse ra, in continuo contatto con l'ellenismo,
intendono rafforzare la comunità, in si- era comprensibile che tentasse di com-
tuazioni gravi e difficili, nella fedeltà al binare, a scopo apologetico e in parte
Dio vivente. Il quarto Libro di Esdra, anche polemico, la fede biblica in Dio
che in alcuni passi ricorda Paolo pur con la teologia ellenistica della natura.
senza attingere le altezze del N.T., mo-
Filone e la Sapienza sono i principali
stra in maniera commovente con quale rappresentanti di questa 'teologia natu-
serietà venissero dibattuti i più alti pro- rale'. Meditando sulla bellezza e sull'o-
blemi. Il primo sorgere del concetto di rientamento finalistico del mondo, l'uo-
mo deve riconoscere 1'esistenn1 di un
storia universale, se si prescinde da al-
creatore. «Infatti, venendo es-.;i in que-
cuni cenni presenti nel pensiero babi- sto mondo, come dei visitatori in una
lonese e persiano, si ha negli autori apo- città ben ordinata, ... furono presi da
calittici giudaici, fi.n dal tempo di Da- meraviglia e stupore e, considerando
ciò che loro si presentava, stimarono
niele29. In un periodo in cui il pensie-
che tante bellezze e un ordine cosl emi-
ro giudaico minaccia di soffocare nelle nente non potevano essere sorti per se
strettoie sciovinìste e la rivelazione si stessi, ma soltanto ad opera di un archi-
smarrisce nei meandri di una casistica tetto del mondo, e che necessariamente
doveva esistere una provvidenza; è in-
intellettualistica, le apocalissi, pur sen- fatti · una legge generale della natura
za eliminare tutti i contrasti, dànno al (v6µoc; q>VcrEwc;) che l'essere creatore si
pensiero un~apertura cosmica e, in un interessi di ciò che ha fatto» (Philo,
praem. poen. 41 s.). Sap.13,3 ss. spiega
certo senso, tengono desta l'intelligen-
come segue la stoltezza del culto degli
za al carattere attivo della manifestazio- idoli: «Quando quelli, deliziati dalla
ne che Dio dà di sé. bellezza di alcuni [fenomeni naturali],
supposero in essi degli dèi, avrebbero
3. La 'rivelazione naturale' dovuto sapere quanto migliore di essi
è il [loro] Signore ... Ma, se furono col-
Mentre il giudaismo palestinese ac- piti dalla loro potenza ed energia, par-
centuava unilateralmente la trascenden- tendo da essi avrebbero dovuto giun-
za di Dio, il giudaismo ellenistico pro- gere a considerare quanto più potente è
colui che li ha disposti. Poiché dalla
pendeva piuttosto verso l'immanenza. grandezza e bellezza della creatura si
Già la letteratura sapienziale anteriore può comparativamente intuire j} loro
29
J. BEHM, GoJt 1111d die Geschichte: Das Ge- 30 A . ERMAN ha scoperto che in Prov. 22,17-
schichtsbild der Olfenbarung Johannir (r925); 23,u si ha un brano della dottrina sapienziale
IDEM, Johannesapk. tmd Gescbichtsphiloso· egiziana di Amenemope, tradotto ed elaborato
phie: ZSTh 2 (1924-25) 323 ss. (OLZ 27 [r924] 241 ss.).
125 (111,582) a:rcoxa:Ì.Uit'CW (A. Ocpke) (m,582) 126
velazione presente e già realizzata. Ciò Dio, ma, come tutto ciò che è divino
non vale non solo per la cosa in sé, ma in questo eone, lo è per ora in forma
nemmeno per quanto riguarda l'uso dei ancora nascosta. Egli è il celeste figlio
vocaboli. La particolare dinamica della dell'uomo, che verrà sulle nubi del cie-
intelligenza neotestamentaria della rive- lo (Mc. 8,38; 14,62 ecc.) 31 • Il verbo
lazione si avverte nel reciproco rappor- Ù1toxo:.À.u1t-.EL\I, quando ha come ogget-
to tra storia ed escatologia. to Gesù, signifìca perciò che egli stesso
verrà ri~elato, apparirà nella parusia
I. La rivelazione nei sinottici (Lc.17,30). Allora alla condizione dina-
scondimento, mantenuta finora, suben-
La testimonianza della parola e del-
tra la doxa messianica. Ma questa futu-
l'azione del Battista (Mt.3,2 par.), so-
ra doxa già traluce in quel nascondimen-
prattutto l'annunzio con cui Gesù com-
to. Solo, per vederla occorrono occhi il-
parve (Mc.1,15 par.), significano che ora
luminati, che Dio concede a chi vuole
Dio non si tiene più nascosto come ha
e a chi può. Pietro riconosce in Gesù
fatto finora, ma renderà manifesto il
l'unto e il figlio di Dio; ma non la car-
suo regno e arrecherà il tempo promes-
ne e il sangue gli hanno rivelato ciò,
so della salvezza. Val la pena di prepa- bensì il Padre di Gesù nel ciclo (Mt.16,
rarvisi. La religiosità del N.T. è perciò r 7 ). Vuol dire che la capacità di ricono-
fin dagli inizi rivolta alla rivelazione, scerlo non gli è venuta per via raziona-
intesa come azione di Dio, e da essa di- le o per intermediario umano, ma per
pendente. Nel corso dell'opera di Gesù una speciale illuminazione dall'alto. La
diviene sempre più chiaro che egli non · rivelazione, dunque, non è intesa nel
annunzia semplicemente il prossimo re- senso di una rigida constatazione sto-
gno di Dio, ma lo è lui stesso in perso- rica ò escatologica. Si deve dire, piut-
na(---)> n, coll. 200 ss.), perché, in quan- tosto, che ·il riconoscimento di una rive-
to realtà escatologica, il regno di Dio lazione presente è esso stesso un atto
è già presente in lui. Egli ha il potere di rivelazione.
di rivelare il Padre a chi vuole (Mt.II, La scienza umana non costituisce un
27 par.); è la rivelazione incarnata di privilegio che agevoli tale conoscenza
JILa nota tesi di W. WREDE, Das Messiasge- Ma storicamente risulta che Gesù si conside-
heimnis in dm Evangclien (1901 ), secondo cui rava il Messia e, d'altra parte, tenne dapprima
la teologia della comunità si serve del 'segreto nascosta la sua messianità in attesa di svelarla
messianico' per coprire la mancanza dell'affer- e allo scopo di evitare che venisse fraintesa per
mazione messianica del Gesù terreno, è esage- amore del sensazionale. In questo ha ragione
rata, pur rifacendosi ad osservazioni esatte. A. ScHWEITZER, Geschichte der Leben- ]esu-
Mc. ha forse accentuato il motivo del segreto, Forschung4 (1926) 39oss. Cfr. R. Ono, Reich
spinto dalla sua predilezione per il numinoso. Gottes tmd Mensche11soh11 ( 1934) 127 ss.
cbtoxcx.M7t~w (A. Oepke)
operata da Dio, anzi, è piuttosto un im- nunciazione di una rigida teoria, sia nel-
pedimento. Persino a colui che tra tutti le parabole che nelle azioni di Gesù. Né
i nati da donna sembrava il meglio di- un sistematico esoterismo né il gusto
sposto a ricevere la novità, Giovanni Bat- scontroso del paradosso rientrano nel
tista, Gesù deve rivolgere un sommesso modo di fare di Gesù. Egli parla per es-
rimprovero: «Beato chi non si scanda- sere compreso; non per nascondere Dio,
lizza in me» (Mt.rr,6par.). L'azione so- ma per rivelarlo in tutta la sua severità
vrana di Dio, che forse Gesù conobbe e in tutto il suo amore. Egli compie la
dapprima non senza dolore nel suo ca- tivelazione profetica portandola al suo
rattere paradossale, ma che poi accettò fine.
sottomettendovisi con un atto di adora- Non esiste nei sinottici il problema
zione, si manifesta nel rifiutare ai dotti di una rivelazione o di una teologia 'na-
e agli esperti, cioè ai campioni della turale'. Gesù riconosce nel mondo l'a-
pietà rabbinico-farisaica, Ja conoscenza zione del Padre suo celeste (Mt. 6 ,26 ss. ),
della salvezza; questa resta loro chiusa e con la sua esigenza morale si rivolge
e nascosta, mentre vien donata con la direttamente alla volontà degli ascolta-
rivelazione agli umili (Mt.rr,25 par.), tori e, come non impartisce nuovi am-
cioè a quegli 'amme ha' are~ (populus maestramenti teorici o casuistici sul be-
terrae) che sono oggetto del loro disprez- ne, così non fonda nemmeno una nuova
zo. Indubbiamente la divisione operata etica su basi dogmatico - sot~riologiche.
dalla rivelazione divina si mostra anche «Egli non ammise mai che l' ignoran-
nel popolo. Non si può escludere che za circa il bene sia sincera» 33 • Talvolta
Gesù, in un momento di amarezza, ab- riassume, semplificando in maniera qua-
bia applicato al popolo insensibile il si razionalistica, il contenuto della 'leg-
passo di Js.6,9.ro (Mc.4,rr s. par.; Mt., ge e dei profeti' (Mc.12,28 ss.). E ben
secondo il testo migliore, ha attenuato forti risuonano in lui talvolta gli ac-
in O"tL il duro ì:vo.., ma il significato è centi di un 'discorso sapienziale' (Lc.14,
identico, in quanto il passo profetico è 7 ss.) 34 • Le sue parabole sono cos trui-
citato al completo) 32 • Ma questa parola te in modo da esser comprese partendo
non deve essere interpretata come l' e- da premesse umane generali e spesso
32 Cfr. J. KoGEL, Der Zweck der Gleiclmisse parere di E. NoRDEN, Agnostos Theos (1913)
Jesu im Rahmen seiner Verkii11dig1mg =BFfh 277 ss., sembra fondarsi sulla dipendenza diret·
19,6 (r9r6). ta del logio11. Quanto abbia contribuito la co·
33 ScHLATTER, Gescb. d. Cbr. 177. mWJità alla formulazione di quest'ultimo, non
34 Cfr. Mt.n,r9. Spesso, a cominciare da D.F. è cosa da trattarsi qui. La mistica di Ermete
Strauss, si è accennato alla consonanza del lo· non è originale rispetto al logion; piuttosto,
gion di Mt.11,25 con Ecclus, specialmente cap. come questo, cosl anch'essa dipende da modi
51 e 24. La somiglianza, nonostante il diverso di dire orientali.
lJl lIII,jtl4J Cl.1tOXCX./l.Ult'tW llt. vepKe)
lS E. LOHMBYER, Galiliia und Jerusalem (1936); W. BousSET, Kyrios Christosl (1926) ecc.
tenta di mostrare, in una costruzione ingegno· 37La dimostrazione tentata da B . W. BACON,
sa ma non convincente, che la fede nel Cristo· The Gospel of tbe Hellenìsts (1933) 8r ss., per
Messia è 'gerosolimitana', mentre quella nel Fi- mostrare il carattere gnostico - battesimale del
glio dell'uomo ancora nascosto, che si rivela, cristianesimo ellenistico nel suo complesso, non
sarebbe 'galilaica'. è convincente. Soprattutto sono completamen·
36 W. HmTMULLER: ZNW 13 (1912) 32oss.; te fuori questione i Mandei (-Hl, coli. 62 s.).
à:r.oxcx.ÀV1t'tW (A. Oepke)
1,7.13)38. Il genitivo viene determinato do gli idolatri, irretiti come sono nelle
come genitivo oggettivo dalla costruzio- concupiscenze del loro cuore, all'impu-
ne parallela &:7toxciì.utlnc; -r:wv utwv -r:ou rità di vizi ignominiosi. Paolo non sta
ÌÌEou di Rom.8,19. L'uso di cpa\IEpoùai)w. a pensare se ciò sia avvenuto da secoli.
in Col.3,4 illumina questi due passi. Il Per lui il mondo finora stava ancora
Cristo glorioso e nascosto ancora presso sotto l' a\IOXTJ di Dio (Rom.3,26). Ma
Dio, nella parusia sarà manifestato nella ora l'ira prorompe al giudizio finale.
sua gloria, e i credenti insieme con lui. Nello stesso tempo si rivela la giustizia
Così si può anche parlare dell'&.:n:oxù:.Àu- con cui i credenti possono presentarsi
t)JLc; della o6ça. di Cristo o dei credenti, e a Dio e al giudice da lui costituito, Ge-
di quella della loro O"W't"r}pla. (I Petr. 4, sù Cristo (Rom.r,16 s.). Questa contem-
13; 1,5; 5,1; Rom. 8,18). Prima, però, poraneità non è casuale: anche la mani-
avverrà la manifestazione del giusto giu- festazione di questa giustizia è un av-
dizio di Dio ( &.7toxcD.u4nc; otxa.toxpLcrlac; venimento escatologico. Collera e gra-
-.ou tJEov, Rom.2,5 ). Il giorno del giudi- zia, presentandosi l'una accanto all'altra,
zio apparirà nel fuoco ( Év 1tupt &.7toxa.- o meglio succedendosi l'una ali' altra,
À.UTC't'E't'at, I Cor.3 113) e così porrà alla esprimono la totalità della l"ivelazione
prova 1' opera di ciascuno. Persino del- finale.
l'infernale avversario del Messia, l'Anti- Per i credenti l'elemento decisivo è
cristo, si dice che verrà scoperto (2 Thess. la grazia. Essa mette in atto un mistero
2,3.6.8). Anche questo è un avvenimen- che era nascosto dall'eternità e che ora
to escatologico, sebbene si verifichi an- è stato svelato (Rom.r6,25 s.). In linea
cora entro la storia, come estrema indi- di principio venne svelato ai messagge-
cazione terrena della fine. L'intero dram- ri che ricevettero la chiamata, come Pao-
ma escatologico è, per cosl dire, già lo (Eph.3,3 .5 ). Paolo ha ricevuto il suo
pronto ed aspetta soltanto che sia sol- vangelo per un atto di Dio che gli ha
levato il sipario. E ciò avviene di già manifestato il. figlio suo risorto (~ III,
in misura sempre crescente. L'ira di Dio coll. 563 s.) o, ciò che fa lo stesso, con
è svelata (Rom.1,18) non, o per lo me- un gesto di Cristo che si è rivelato
no non soltanto, mediante la predica- ( à'1toxci}.u4nc; 'IT}crou Xpicr-.ou, gen. sog-
zione 39, ma per l'azione di Dio 'dall'al- gettivo: Gal.r,12.16). Ciò non signifi-
to del cielo'. Egli è tremendo nel ven- ca che il contenuto oggettivo del mes-
dicare il suo onore ofleso, abbandonan- saggio cristiano gli fosse fino allora ciel
tutto estraneo, come se Paolo volesse può essere 'appreso'. L'uomo 'psichico'
dire che tutto ciò che egli ha da dire non comprende questo nucleo essenzia-
su Gesù gli è stato comunicato median- le, e lo rifiuta (I Cor.2,I4). Invece i cte-
te una diretta rivelazione estatica 40 • No, denti confessano che i)µi:v à.1tEXaÀ.u\jJEv
Dio con la rivelazione lo ha reso certo oi}-Eòç OLÒ'.. "t"OU '1t\IEUµa.'toç (r Cor.2,10).
della risurrezione di Gesù crocifisso, e In questo contesto la coscienza della ri-
per questo la sua posizione nei riguardi velazione raggiunge nell'Apostolo una
di ciò che egli sapeva già di Gesù venne altezza vertiginosa, in cui si palesano le
di colpo modificata. Da 'conoscenza fal- profondità del misteto della vita divi-
lace' che era, essa si è trasformata in na (v. I I s.). In Paolo si è voluto ritro-
conoscenza salvifica, ed ora la missione vare l'autocoscienza dell'uomo 'pneu-
di Paolo è appunto quella di diffonderla. matico' ellenista 41 • Ma anche quelle af-
Anche il grido dell'araldo divino(~ fermazioni che ptesentano un tono più
x:{jpuyµa.) è un evento escatologico. fortemente mistico si dimostrano, con-
La guida divina della storia mirava a siderate nel contesto della lettera (I Cor.
far sì che fosse rivelata la fede, in quan~ 2,6ss., dr. con r,r8ss.: la parola della
to principio di salvezza {Gal.3,23), eri- croce!), come orientate alla manifesta-
velata dall'azione divina e dalla predi- zione storica che Dio fa di sé e ad.essa si
cazione divino-umana (I Thess.2 ,13: M- riferiscono 42 • In quale misura Paolo sen-
yov axofjc; 1tCXp' 1Jµwv 'tOV 1)-Eou). Come ta gli eventi salvifici, propri e· peculiari
il messaggio, cosl anche la sua efficacia del cristianesimo, come base della rive-
e il suo accoglimento rientrano nella ri- lazione, è dimostrato da quanto egli di-
velazione. La trasmissione non avviene ce in Rom.8, dove, dopo aver commisu-
seguendo semplicemente una via natu- rato tutte le altezze e profondità della
ralistico-psicologica. Può ben darsi, og- esperienza 'pneumatica', da ultimo tor-
gettivamente, un rçcxprt.81.86\lat e un 1w.- na a dire che ogni cosa poggia sulla
pa.Àa.µBcivELV (I Cor.15,1 ss.), un 8toii- morte e risurrezione di Cristo (8,31 ss.;
crxEt.\I e Ot.OaO"XE<Ti}a.t. O µa.\IÌJa.\IEL\I O 7ta.- cfr. anche Rom.5,6ss.; Gal.2,20).
prt.OL00CTi>et.L (Rom.6,17; 16,17; Col.2,7; Per quanto ne sappiamo, Paolo non
Eph.4, 20 ), ma questi verbi designano ha applicato il c~ncetto della &.7tox&.lu-
sempre uno scambio teale, e non una \jJLc; .alla vita terrena di Gesù. Egli piut-
semplice formulazione didattica. Ma in tosto, come già i sinottici (4 coll. 127
ultima analisi, quanto è essenziale non s.), considera la vita terrena di Gesù
~o Contro questa opinione, che è assai diffusa, 41 RmnENSTEIN, Hell. Myst. 333 ss.
cfr. JoH. WEiss, r Cor.; BAcHMANN, Ko111111e11- 4Z In opposiziòne a Reitzenstein, ripreso da K.
tar a r Cor. n ,23 ; 15,3; A. 0EPKE, Galaterbrief DEISSNER, Paultts tmd die Mystik seiner Zeìf
(1937), spede 3x s, (r92r), 21 ss.
I39 (IU,588) à.1tOXctÀ.UJt't<.ù (A. Oepke)
vettero perché non servivano se stessi, to, quel significato preciso, che gli ha
ma i credenti dell'ultimo tempo, ai qua- conferito più tardi, intendendo 'rivela-
li quelle cose sono annunziate, come fat- zione' in senso specifico, la dogmatica
ti ormai compiuti, dai predicatori del ecclesiastica 46 • Diverso è il caso di ~
vangelo con quello stesso Spirito Santo, Èmq>aVELcx., À.éyoç (-cou ikou ). Quest'ul-
inviato ora dal cielo definitivamente. timo designa nel N.T. il messaggio cen-
Cosl l'intera storia della salvezza ve- trale di Gesù Cristo, se non addirittu-
tero- e neotestamentaria segna l'aurora ra, come in Giovanni (~ col. 147),
della manifestazione che si compirà nel- la sua stessa persona. Soltanto in due
la parusia del Cristo. Tuttavia non si passi (Lc.2 ,29; 3,2) la 'parola di Dio' è
può sempre attribuire ai nostri voca- rivolta ad un uomo; in entrambi i casi
boli un senso strettamente 'escatologi- concerne il periodo precristiano 47, e tut-
co'. L'uso 'mistico' di questi termini t'e due le volte il termine tecnico usato
va anch'esso <li pari passo con quello non è Àhyoc;, ma pfjµcx.. Nel N.T. il pro-
'escatologico' (-7 col. I I 9 ). Paolo sa di cesso di trasformazione dei nostri voca-
a'ltoxcx.À.UtjJELç (:x:uplou) 2 Cor.12,r.7, di boli non è ancora giunto al termine.
tipo estatico-visionario, che non hanno Anche in seguito la loro evoluzione non
importanza diretta per la storia della è stata affatto lineare, ed è prebabile
salvezza. È in seguito ad una IÌ.1to:x:aÀ.u· che fìn dalla metà del sec. II d.C. nel
il;iç, che dobbiamo immaginare in ana- messaggio cristiano si sia insinuato, non
logia con Act. 16, 9 s., che egli venne senza l'influsso di idee pagane circa la
al conciliò apostolico di Gerusalemme ispirazione (~ col. 92 ), una concezio-
(Gal.2,2). Egli suppone che anche altri ne intellettualistica, che poi venne ap-
membri della comunità ricevessero rive- plicata al canone e combinata col con-
lazioni dirette, che considera sullo stes- cetto biblico di à.1toxaÀvil;Lc;.
so piano della yvwcnç, della 7tpoq>TJ'telcx. Ma è pure assai significativo come nel
e della oiocx.xii, contrapponendole a1la N.T. l'uso più ampio del termine abbia
glossolalia (I Cor.14,6.26.30). L'Apo- già compenetrato quello più ristretto,
stolo promette ed augura ai suoi lettori Yenendone a sua volta influenzato. Si
di crescere nella conoscenza per una tratta appunto, nei passi citati, di rive-
speciale rivelazione (Phil.3,15; Eph.1, lazioni del Signore risorto al suo apo-
l 7 ). Risulta chiaro qui che il concetto tolo, di cui intendono legittimare l'a-
di &:1to:x:6:.ÀutJnç nel N.T. non ha ancora, postolato, di rivelazioni che gli dànno
o per lo meno non presenta dappertut- istruzioni per la sua vita e missione
apostolica, che mirano a promuovere l'e- zione, ma che inoltre, in qualche caso,
dificazione della comunità e non avreb- compiono cpu<tEL, «per natura», quanto
bero nessuna giustificazione, se venisse- è richiesto dalla legge, per cui mostrano
ro declassate a semplice sensazione o a di portare, scritta nel cuore, l'opera
una percezione confusa e disordinata. stessa della legge (Rom.2,14 ss.). Contro
Tutto ciò che nella comunità appare co- i tentativi di trarre da ciò delle dedu-
me rivelazione dev'essere commisurato zioni 48 va tenuto presente che tali as-
a Cristo, all'amore, all'edificazione della serzioni si trovano in contesti missiona-
comunità. ri e possono dunque riguardare solo dei
b) Per Paolo il problema della rive- veri pagani 49 • Nello stesso senso può
lazione 'naturale' richiede un esame ac- essere considerata la testimonianza di
curato. Non si può negare che l'Apo- Act. I4, 15 - 17; 17, 22 ss. 50 Inoltre, co-
stolo ripeta più volte che Dio si è ma- me è stato spesso dimostrato 51 , la ter-
nifestato cbtò XTL<TEW<; x6<tp.ou, «dalla minologia paolina dipende, e per via di
creazione del mondo», anche a tutti co- diretta derivazione letteraria, dalla teo-
loro che non hanno ricevuto la sua spe- logia naturale giudaica e quindi, alme-
ciale rivelazione biblica. Anche senza di no indirettamente, anche daUa teologia
questa si dà un ''(Vw1-r:òv ,;ou 1kou, un greca della natura 52 • D'altro lato Paolo
yL'VWO'XEW ,;òv !k6v (Rom.1,19ss.). Si nega che i pagani conoscano Dio (1 Cor.
hanno dei pagani che non solo hanno 1,21; Gal.4,8; I Thess.4,5) e adempia-
una qualche conoscenza della volontà no la legge (Rom.r,32; Gab,15). La
di Dio tmr senza una speciale rivela- contraddizione logica che da qui nasce
non può dunque opporre Paolo agli stoltezza e debolezza divina (I Cor. r,
Atti degli Apostoli, quasi che questi si 21 ). Fintanto che sussiste potenzialmen-
pongano in prospettiva puramente ra- te un resto della diretta conoscenza di
zionalistica, mentre l'Apostolo avrebbe Dio, esso costituisce la più terribile ac-
un interesse cristocentrico53 ; essa invece cusa contro gli apostati: e.le, 't'Ò Eivr.tL a.ù-
è insita, secondo la concezione paolina, -toùç a'\lar.oÀ.oyfi,;ouç (Rom. r,20 ). Essa
nella realtà stessa. L'antinomia non si non discolpa neppure la conoscenza mo-
può risolvere neppure ritenendo i giu- rale dei pagani (r,32), anzi aggrava la
dizi positivi come un'occasionale con- posizione di coloro che ritengono di ave-
cessione che Paolo «nonostante la sua re un'incondizionata superiorità per il
teoria religiosa, fa al sano intelletto semplice possesso della torà (Rom. 2,
umano», mentre la sua vera opinione 12ss.).
sarebbe da scorgere negli apprezzamen- Tutte queste affermazioni di Paolo
ti negativi 54• Paolo, piuttosto, distin- non vanno oltre la concezione della Bib-
gue ciò che Dio ha dato all'uomo da bia in genere, secondo cui il Dio viven-
ciò che l'uomo ne ha fatto. La costante te non resta mai del tutto privo di qual-
testimonianza che Dio offre di sé nel che testimonianza, (~ col. II 1) e an-
mondo e nel cuore dell'uomo - anche che fuori della rivelazione della sal-
al di là della sfera della rivelazione sal- vezza è possibile una decisione morale,
vifica - è un dato di fatto. Se l'uomo la quale in qualche caso può essere an-
avesse acconsentito come si deve a que- che positiva (altrimenti non sarebbe
sta divina manifestazione, il mondo una decisione). Tali asserzioni l'Aposto-
avrebbe potuto «nella sapienza di Dio lo non fa né per un disegno di teologia
conoscere Dio mediante la sapienza» (I fondamentale né in senso apologetico;
Cor. I,2I). Tale diretta e lineare cono- ne fa invece un uso esclusivamente mis-
scenza ·di Dio avrebbe corrisposto all'o- · sionario o, più esattamente, polemico.
riginario piano divino. Ma l'umanità ha La loro connessione sistematica con la
reso vana questa intenzione con la sua rivelazione pon solo lo lascia del tutto
ribellione. Perciò non solo essa si è la- indifferente, ma gli appare in se stessa
sciata sfuggire la conoscenza di Dio che pericolosa. Il suo giudizio sulla teologia
in sé le era accessibile, ma Dio stesso 'naturale' è espresso in I Cor.2,14. So-
le si è sottratto con decisione di giudice. lo quando il pensiero naturale è passato
La sua rivelazione ora avviene secondo attraverso il giudizio della croce, si può
una linea spezzata, è il paradosso della tentare una sintesi all'insegna della <ro-
53 Si veda in OEPKE, o.e. 179 ss., la dimostra- 54 Cosl A. BONHOFFER, Epiktet rmd das N.T.
;:ionc del carattere cristocentrico degli Atti. (RVV IO [l9II]) 152.
147 (m,591) rL1tOXa.ÀV1t"tW (A. Oepke)
<pla (cfr. I Cor.r,21 con 2,6ss.). Prima ecc.). In Giovanni il concetto di logos
di ciò siamo ben lontani da una tale ha, sl, uno spiccato riferimento cosmico
possibilità. Paolo parla sempre, anche (Io.1,3), ma poiché il logos, a differen-
in Rom.I, fondandosi sulla conoscenza za dell'ellenismo, è inteso come rigoro·
del Dio della rivelazione, che non ha samente personale, l'essere nella sua to-
bisogno di un sostegno razionale. A ciò talità è a lui, quale divina persona inter-
che i pagani sanno o potrebbero sapere mediaria, strettamente subordinato. E
di Dio, egli applica il termine cpa.vEpouv con l'affermazione, inaudita per la sen-
(Rom.1,19), ma non mai i nostri voca- sibilità ellenistica, ò À.6yos cràp~ tyÉVE"tO
boli. Dall'alto del cielo l'ira di Dio vie- (1 ,14), a Gesù, mediatore storico della
ne rivelata e resa manifesta e nel van- salvezza, viene attribuita anche la digni-
gelo è annunciata la giustizia di Dio per tà di mediatore cosmico personale.
la salvezza di quanti credono. Paolo non Ciò porta non ad una teologia 'na-
conosce un'altra rivelazione, che faccia turale' ma, al contrario al pieno univer-
perno intorno all'uomo, oltre che a Dio; salismo della rivelazione, ma in modo
e non ne vuol sapere. tale che, nella persona di Gesù, pos-
sono trovar piena soddisfazione le legit-
4 . La rivelazione negli scritti giovannei
time aspirazioni del pensiero ellenisti-
a) Vangelo e lettere. La teologia gio- co. In questa luce si può comprende-
vannea non usa i nostri vocaboli (~ re l'ulteriore procedimento dell'evange-
col. 156). Tuttavia essa è in sommo lista. Con fine intelligenza egli fa eco
grado una teologia della rivelazione; a tutti gli aneliti religiosi del suo am-
ma lo è in un senso alquanto diverso. biente, sia alle esigenze della fede giu-
Applicando a Gesù il concetto di logos, daica nel Messia, sia a quelle della gno-
Giovanni dà alla pretesa del cristianesi- si e della mistica (luce, vita, amicizia,
mo, che si presenta come 1·ivelazione as- salvezza, grazia, unione pneumatica con
soluta, l'espressione più comprensiva 55• Dio, ecc.) e mostra come essi abbiano
La designazione di Gesù come logos non compimento nell' «Unigenito dal Padre»
vuol collegare la rivelazione al pensiero (1,14). Soprattutto il c. 6 fa vedere in
e all'essere naturale, ma al contrario uni- modo istruttivo come egli superi giu-
re nella rivelazione in Cristo tutta quan- daismo ed ellenismo nella sintesi cristia-
ta la creazione. Più che al significato na. Il discorso sul pane di vita a prima
ellenistico di 'ragione' l'evangelista pen- vista sembra seguire unicamente il ma-
sa alla 'parola' biblica (cfr. Gen. r, 3, terialismo sacramentale ellenistico (spe-
55Io.1,i.r4; I Io.r,r. Quanto segue presuppo- con premesse puramente bibliche, ma si deb-
ne che l'uso tecnico della designazione del lo- ba piuttosto tener presente il suo rapporto con
gos in Giovanni non si spieghi esclusivamente l'ellenismo. Per ulteriori particolari ~ )..byoc;.
<btoxaÀ.U1t'tW (A. Oepke)
za deHa rivelazione storica. Egli non quello che è il senso più profondo del-
cerca nuovi lumi, ma vede l'unico sole la testimonianza che, secondo i sinotti-
rifrangersi in una miriade di goccioline, ci (Lc.4,21; A!t.12,6), Gesù ha dato di
né vuole far vibrare nuovi suoni, ma se stesso. In Gesù Cristo riluce la real-
dare completa risonanza all'unico suo- tà del Dio vivente in questo mondo del
no che Dio ha prodotto: il suono, in- peccato e della morte (fo.3,14ss.): una
nanzi e soprattutto, dell'amore. Dati i realtà discriminante che in questo senso
presupposti del vangelo, è pienamente si presenta già adesso in atto di giudi-
comprensibile che l'accento cada in ogni care e, soprattutto, di recar salvezza e
cosa sul presente. L'escatologia non è, beatitudine. La fede nel logos fatto
come spesso è stato a!fermato 56, elimi- carne è la vittoria che ha vinto il mon-
nata, piegata o anche semplicemente do (I Io.5,4, cfr. Io.16,33).
conservata secondo la tradizione. Ma b) L'Apocalisse. La rivelazione di
essa non domina più l'intelligenza del- Giovanni si designa essa stessa come
la rivelazione. Se in Paolo il possesso à:7toxaÀ.ulj.ILc; 'l'l')crov Xpi.O'-.ou. Qui il
dipendeva ancora dalla speranza, in Gio- quadro è del tutto diverso. Non man-
vanni, viceversa, lo sperare dipende dal- cano enigmatiche concordanze tra l'A-
l'avere 57 • Perciò si sposta anche il cen- pocalisse e gli altri scritti giovannei.
tro di gravità della cristologia. Preesi- Una çli queste è l'apparire della desi-
stenza e postesistenza vengono contrap- gnazione di logos in Apoc. 19, 13. Ma
pesate l'una con l'altra (cfr. l, l s. con l'Apocalisse non rivela altrettanto inte·
l 7 ,5 ). La storia precristiana della sal- resse per il sicuro 'possesso', che nella
56 Cfr. G. STAHLIN, Zum Problcm der johan- sione e l'andamento del pensiero sembrino por-
neischen Eschatologie: ZNW 33 (1934) 225 ss. tare in questa direzione Lo scrittore ha presen-
51 H. E. WEBER delucida questa duplicità per te il logos fatto carne. Il pensiero procede 'a
Giovanni, o.e. 167 ss. ---+ E){W III, coll. 1346 s. spirale'. Ma la pericope r,r-4 è abbastanza chia-
sa 1,9-13 e 16-18 non si possono riferire al Cri- ra.
sto preesistente, sebbene n prima vista l'espres-
151 (m,593) à:1toxaMrnw (A. Oepke) (m,594) 152
59 Il tentativo di B. W. BACON, The Gospel of mente collegati, i quali però risalirebbero en-
the Hellenists (1933) 21 ss., di intendere l'Apo- trambi all'efesino Giovanni (Studien xum vier-
calisse come un'opera pseudepigrafica di una ten Evangelium [1936] 156 ss.).
donna, la figlia efesina dell"evangelista' Filip-
po, non raccoglietà molte 11desioni. E. HIRSCH oo C. SCHNEIDER, Die Erlebnisechtheit der Apo-
spezza l'Apocalisse in due libri solo meccanica· kalypse des ]ohannes (1930).
153 (m,594) Ò:1toxcù,vr.-rw (A. Ocpke)
Act.r,8; 2,39 e Lc.2,J2 (dr. Is.42,6 e stinguere dai frutti, cioè dagli effetti che
49,6; nell'espressione àr.oxcD..u~Lc, Hl- producono, sia nella vita personale che
\IWV il genitivo può essere possessivo: in quella comunitaria (Mt. 7, 15 ss.) 61 •
«rivelazione per i pagani», o, forse me- Un giudizio esatto presuppone la ma-
glio, oggettivo, in analogia con Ù.7toXCY..- turità etico-cristiana di colui che giudi-
A.V7t'tELV ,..ò w-çlov, 'toùc, òcpfraÀµovc; 'tL- ca. Paolo annovera il 'discernimento de-
voc, ~ coll. II7 s.; per l'oggetto dr. 2 gli spiriti' fra i carismi che lo Spirito
Cor.3,14ss.). produce nella comunità (I Cor.r2,ro),
Anche nel N.T. si presenta il proble- ma a una comunità di recente fondazio-
ma dell'accertamento della rivelazione ne fa dovere di distinguere tra vera e
vera rispetto a quella falsa. Gli scritti falsa profezia (I Thess.5,20-22). Rispet-
del N .T. sono unanimi nel considerare to all'A.T. le cose si sono semplificate,
miracoli e segni come una possibile in- in quanto un preciso criterio del discer-
dicazione di una rivelazione autentica nimento degli spiriti è dato nella per-
(Mt.n,5 s.; !2,28; Io .5,36; 20,31; Act. sona di Gesù. Se uno nell'estasi, e dun-
2,43; Rom.15,18s.; I Cor.2,4; I Thess. que in genere con un moto sincero,
1,5 ), ma non come contrassegni infalli- esclama: «Anatema sia Gesù!», questi
bili per se stessi. Vi sono anche mira- non parla nello Spirito Santo. . Ma chi
coli demoniaci. I falsi profeti e i falsi esclama: «Gesù è il Signore!», questi
messia dell'ultimo tempo, e lo stesso parla nello Spirito Santo ( I eor. I2 ,3 ) 62 .
Anticristo, ne compiranno per sedurre, D'altra parte la fede e la sua professio·
se possibile, anche gli eletti (Mc.r3,22 ne sono genuine solo quando sono uni-
s.; 2 Thess.2,9s.). Satana può travestir- te alla carità (I Cor.13,1 ss.). Un qua-
si in angelo di luce (2 Cor.n,14). Per- dro analogo è offerto dagli scritti gio-
sino l'apparizione di un angelo dal cielo vannei. È necessario che gli spiriti sia-
non offrirebbe un'assoluta garanzia che no messi alla prova, e il contrassegno
il messaggio da lui annunziato sia una che li distingue è la confessione che il
rivelazione autentica (Gal.1,8). E nei logos si è fatto carne (I Io.4,1 ss.). Il
riguardi dei miracoli di Dio, una fede Paracleto opera.n te nella comunità ha
che volesse appoggiarsi soltanto su di come caratteristica quella di glorificare
essi, non sarebbe una fede autentica il Cristo (Io.16,13 ss.). Tutto ciò, dun-
nella salvezza, ma incredulità e im!Jeni- que, che si vuole far valere come rivela-
tenza (Mt.12,39 par.; Io.4,48; 20,29). zione dev'essere legittimato dalla con-
Vera e falsa rivelazione si possono di- nessione con la persona di Gesù. D'al-
61 Cfr. ScHLATTER, Mt., ad l.. i Kor., ad l, bisogna forse pensare ad una di-
62 Nonostante il diverso parere di BAcHMANN, stinzione all'interno della comunità,
<hoxo:Mlt"tW (A. Oepkc)
tra parte, senza la verifica della carità, sebbene non sempre nel suo significato
la confessione di Dio e di Cristo non è centrale (come appare anche in Mt.10,
26, e in Le. 2,35 che parla del giudizio
genuina (I Io.4,8, ecc.; cfr. Io. 13,35). che discopre i pensieri del cuore). A
I due criteri, rettamente intesi, non si prima vista cpavEpouv e &:rcoxaÀ.u1t'tELV
escludono l'un l'altro, ma si completa- sembrano sinonimi (cfr. per es., Eph.3,
no a vicenda. Il criterio della vita fa sì 5: CÌ.1tEXaÀ.uq>il1), con Col.1,26: Ècpa.vE-
pwìh1; ma nel primo passo il verbo ac-
che il riconoscimento di Cristo non di- centua il precedente yvwpL~ELV, in I
venti un falso irrigidimento dogmatico, Petr.1,n s., poi, l'accentuazione va da
mentre la professione di fede in Cristo C'Y)Àouv a à1toxaÀ.U1t'tELV). In entrambi
preserva il criterio della vita da un ap- i termini prevale in egual misura l'uso
passivo. Esiste tuttavia una distinzione,
piattimento moralistico. come risulta dalla ripartizione dei voca-
boli. Nei sinottici, fatta eccezione per
6.1 vocaboli nel N.T. la :finale non autentica di Mc., q>avepouv
Ad indicare le manifestazioni divine si trova solo in Mc.4,22, mentre nei pa-
il N.T. si serve soprattutto di quattro ralleli di Mt. e Le. è sostituito da CÌ.TCo-
radici verbali: V yVw: yvwplsm1 (~II, xaÀ.U1t'tE1.v; non ricorre in Gal., Phil.,
col. 539), ·,/fYfJÀ.: o'l')À.ouv (~ II, coll. Thess., lac. e 2 Petr.; è invece frequen-
895 ss.), V <pav: (jl<J.VEpouv e~ ɵq>rx.vl- te in Io. e I lo., 2 Cor., Col. e nelle
sew, in fine ct7tOX<J.À.U7t'tEtV e ct1tox6:À.u- Pastorali. Viceversa à1toxaÀu1ti:Etv s'in-
~L<;. Questi sinonimi formano cioè una contra frequentemente nei sinottici, nel-
climax ascendente, press'a poco come i la maggior parte delle lettere di Paolo
nostri 'comunicare', 'informare', 'svela- e nella I Petr., mentre non ricorre mai
re' e 'rivelare'. A commisurarne la solen- in Io. (12,38 è una citazione), I-3 Io. e
nità ci possiamo servire della frequen- Col. Anche a voler considerare la pos-
za con cui sono usati in senso profano. sibilità di fenomeni casuali, come è giu-
yvwplSELV in senso profano è notevol- sto nella statistica filologica, il risultato
mente più raro che non in senso religio- è lo stesso. à'Itoxa.À.u1t'tE!.V è origina-
so, sebbene sia ancora relativamente fre- riamente un termine giudaico proto-
quente. Per OTJÀ.ouv, I Cor.1,n e Col. cristiano, mentre cpcx.vEpouv, per quan-
l,8 (forse anche Hebr.12,27) sono gli to neutro, ha una colorazione gnosti-
unici passi in cui il termine ha un'acce- ca. Questi due termini, a differenza
zione umano-profana. cpavEpouv è assai di yvwpl~Ew e di SriÀ.ouv, che s'indi·
più frequente ed è usato solo in senso rizzano piuttosto all'intelletto, chiama-
religioso. Talvolta l'uso profano traspa- no in causa l'interiorità intuitiva, ma
re ancora in espressioni più generali, presentano tra di loro una considerevo-
che però designano ugualmente ogget- le differenza. Per la gnosi l'oggetto del-
ti religiosi e non presuppongono un la visione è principalmente un aspetto
soggetto umano (Mc.4,22; 2 Cor.2, 14; di questo mondo, accessibile alla cono-
Apoc.3,18). Il verbo ȵqm:vi~ELV, di ra- scenza, non però ad ogni conoscenza,
dice affine, sotto l'aspetto statistico pre- ma solo a quella di coloro che sono
senta un quadro sostanzialmente diver- stati eletti e preparati. A questi sol-
so, ma non ha gran peso, in quanto è tanto è accordata la rivelazione. Per
un termine raro e incolore. Invece à:rto- l'apocalittica, invece, l'oggetto della vi-
xaÀ.V1C'tEW è esclusivamente religioso, sione è assolutamente ultraterreno, ed
157 (III,595) &.7toxaÀllrc•toJ {A. Ocpke)
è inaccessibile all'uomo. Esso viene 'sve- alla conoscenza; essa manifesta Dio che,
lato' solo per un particolare atto della nella sua santità e con la sua grazia, si
volontà divina. Nel primo caso è posto
in evidenza l'aspetto ultrasensibile, nel rivolge all'umanità perduta nel peccato
secondo l'aspetto sovrumano, inteso non e nella morte, con un atteggiamento
in senso mistico, ma radicale. In una che ha avuto la sua preparazione nella
certa misura, la gnosi si può oitrepas-
sare, anche se ha origine dal <p(l\IEpouv; storia veterotestamentaria della salvez-
invece al di là dell' a'ltOXaÀ.VIJ!Lc; non è za, si attua nella venuta di Gesù Cristo,
possibile spingersi. Quest'ultimo termi- nella sua morte e risurrezione, prepara
ne, perciò, rende per lo più il concetto
rigoroso della rivelazione, quale si ha la parusia del Cristo risorto e glorioso.
nella Bibbia. L'altro termine è stato ac- Secondariamente la rivelazione è anche
colto nel patrimonio linguistico neote- l'annuncio che diffonde questo contenu-
stamentario, almeno in parte, per esi-
to e l'efficace predicazione di essa agli
genze e necessità missionarie. Era ne-
cessario dire che nel cristianesimo tro- ascoltatori. Ma ciò non significa che la
vano compimento anche le esigenze di rivelazione diventi tale solo per il fatto
una gnosi legittima. Ma si trattava sol- che è accolta come rivelazione. Ciò vale
tanto di una certa rimozione della pàti-
na giudaica, senza che ciò comportasse per il singolo; ma fin dal suo primo ap-
la rinuncia al carattere sostanzialmente parire la rivelazione esige di essere
misterioso di ciò che è oggetto di rive- ascoltata per amore di Dio, e si crea
lazione. Va detto, piuttosto, che nel N.
T. il contenuto di &.1toxcxÀvr;;i:nv inve- essa stessa con la sua divina forza l'or-
ste più o meno i sinonimi. gano che sappia accoglierla, se in questo
non trova impedimenti colpevoli. Per
7. Ricapitolazione teologica
dirla in breve, nel N.T. la rivelazione
Il tentativo di una ricapitolazione significa la presentazione che il Padre
teologica può essere intrapreso soltanto di Gesù Cristo fa di sé alla comunità.
con l'intento di semplificare e sistema-
re. Anche nel N.T. la rivelazione non
f . NELLA STORIA DELLA CHIESA
designa la comunicazione di conoscen-
ze, ma il disvelamento attuale di un Anche dopo l'epoca apostolica e nel
fatto in sé nascosto o, per dirla in lin- cattolicesimo antico i nostri vocaboli si
guaggio teologico, la manifestazione del- presentano con relativa frequenza. Es-
la trascendenza nell'immanenza. Non è si scino preferiti soprattutto da Erma.
possibile esprimere e rendere in una for- Ma quelle presentate in quest'opera so-
mula ciò che si vuol significare: crisi no in generale visioni (Herm. vis. 5, ti-
del finito nell'infinito, o qualcosa di si- tolo = opacnc;) o la loro interpretazione
mile. Ma la rivelazione in senso stretto - mancando la quale la rivelazione non
è data in un determinato contenuto, sarebbe completa (ÒÀo-tEÀ.1}ç, vis.3,10,9)
che in seguito diviene accessibile anche - senza preciso riferimento al significa-
159 (m,596) ci"Jtoxa.M'lti:W (A. Oepke) (IIl,)96) 160
to centrale della rivelazione neotesta· e:ùpe:i:v xat µa.~e:i:-v, «rivelarono con para-
mentaria. Persino la designazione di bole e simboli, di modo che la maggior
apocalittici sarebbe eccessiva per questi parte delle cose non possono essere com-
sinceri ma languidi sfoghi di un'anima prese da tutti, nascondendo in essi la ve·
dagli orizzonti limitati 63• Anche Giusti· rità, affinché coloro che cercano di sco-
no, quando si serve di questi vocaboli, prirla e apprenderla avessero a faticare»
pensa soprattutto a singole istruzioni, dial. 90,2). Ma, pur con questa presen-
come quelle avute in sogno da Giuseppe tazione fortemente unilaterale, non vie-
o dai saggi dell'Oriente (dial.78;i.+7). ne affatto abbandonata la concezione
Volentieri egli cita Mt.n,27 con la no- intellettualistica dell'idea di rivelazione.
ta ttasposizione, attestata anche da Ire- Ignazio si avvicina alla concezione neo-
neo, della seconda e terza proposizione testamentaria, quando usa il verbo per
ed altre deviazioni dal testo usuale(apal. indicare un più profondo progresso nel-
63,3.r3;dial.roo,r[ro6,r]). Senza dub- la conoscenza della divina «economia in
bio a1tOXCt.À.U7t'tEL\I si presenta qui nel relazione all'uomo nuovo Gesù Cristo»
suo significato centrale, e perciò la con- (E ph.20,1 ). Più ancora la cosa vale per
cezione intellettualistica vi prende un ri- Diogn. 8, II: É7tEt oÈ à.m:xci.À.vtJiE otà.
salto ancor maggiore. Gesù &.7ta.yyÉÀ.À.EL -.ou à.ya.nTJ't'OV 1tatoòç xat Écpa..vÉpwcrE.
Ocra OEL yvwcri}fjva.L, xa.L à7tOCT't'ÉÀ.À.E'taL -.& Èç à.pxfjç 'li'totµa.crµÉva, 7t&.vi}' &µa
µTjVVCTW\I ocra. a:yyÉÀ.À.E'taL, «annuncia 7tapÉO"XE.V 1Jµi:v, xat µE'taCTXE.LV 't'WV t.Ù·
ciò che occorre conoscere, ed è inviato EPYE.CTLW\I aÙ'tOU xaL loEi:v xcx.i vofjcra.L,
per manifestare quanto viene annuncia- & "t'lç &v 1tW1tO"t'E 1tpocre:06xricrEv 'Ì)µwv;
to» (apol.63,5 ). <Ì.7tExaÀ.vljJe:v 1)µi:v mi.v· «ma quando, mediante il Figlio diletto,
't'C(. ocra xa.t à."Jtò 't'W\I ypa.q.iwv OLà. 'tfjç ebbe svelato e manifestato ciò che ave-
xapL'toç a.Ù"t"OU ve:voi}xa.µe:v, «ci rivelò va preparato dall'origine, tutto, a un
tutto quanto abbiamo compreso per tempo, ci offrl: di partecipare ai suoi
grazia sua dalle Scritture (dia!. 100,2). benefici e di vedere e comprendere; e
I profeti rivelarono tutto quanto ave- chi di noi poteva mai aspettarselo?».
vano da dire in parabole, per render- Secondo Origene 64 c' è à."Jtox1H.vwtc;
ne più difficile l'intelligenza (mipa.~o «él-ta.v Ò vouç e;w yl\IE"t'O:.L 't"WV y1)tVWV
À.a.i:ç XaÌ 'tV7tOLç a7tEXaÀ.v4Ja.v, wç µ1) xat à.1toi}fj'tat 7tiicrav 7tpaçtv uapxtx1)v
pq.olwç "t"tX 7tÀ.EtCT'tct. Ù7tÒ 7t&.V'tW\I \101)· ovvaµE!. itEOV», «quando la mente esce
itfjvm, xpU7t'tOV'tEç 'tlJV ÈV a.Ù'tOtç à.À.11· dalle cose terrene e depone ogni con·
itEL<X.V, wç xat 7tOVÉcr<XL 'tOÙç S1J"t"OU\l'taç dotta carnale per virtù di Dio». In ogni
caso egli pensa che si possa designare co- chiara ed acuta consapevolezza, e il dog-
sì anche la conoscenza delle cose future. ma, in fondo, non vuol esprimere altro.
Va però notato che qui non si tratta di Certo essa è consapevole della rottura
una definizione generale della rivelazio- intervenuta nella creazione, che soltanto
ne, ma di una annotazione esegetica a razione salvifica di Dio in Cristo poteva
I Cor.I4,6. Nel complesso la chiesa an- sanare, forse più consapevole dell'esege-
tica ha tenuto presente tutto ciò: teologi ta moderno, che s'infervora per l' 'elle-
come Ireneo e Atanasio ne hanno una nizzazione dell'evangelo' 65 •
A.OEPKE
t Xaµl}ÀOç
65 Cfr. E. BRUNNER, Der Mittler (1927) 219ss. sandro all'oasi di Ammone vengono usati dei
cammelli (Quintus Curtius Rufus, historìae
xaµ'f)Àoç
Alexandri 4,7,r2 ed. E. HEDICKE [1919]). Non
I M. EBERT, Realiexikon der V orgeschichte VI
sappiamo quando il cammello sia stato cono-
(1926) 196: «Il cammello è la prima cavalca-
tura importante e segue storicamente l' asi- sciuto in Palestina e Siria, tuttavia G. Schurna-
no, che però non ha mai avuto importanza cher parla di denti e ossa di cammello rinve-
nella guerra»; 197: «L'Egitto ha invece per nuti negli scavi di Megiddo (forse nel sec, :xx
lunghi secoli, .fino all'epoca romana, opposto a.C.). Cfr. G. ScHMACHBR, Tell el-Mutesellim
una notevole resistenza al passaggio dei drome-
dari nel continente africano. Solo dopo la ca- I Bd. Fundbericht (1908) 15.158.
duta dell'impero romano sentiamo parlare nel 2 Più morbida è una tessitura di peli di cam-
Nordafrica di nomadi con cammelli e delle loro mello e lana di pecora (Kil.9,1); sulle diverse
devastazioni». Invece nella spedizione di Ales- stoffe di lana Gen. r. 20 a 3,21.
x6:µ'J]Àoç (0. Michel)
inculcata dalla Bibbia ( cfr. invece la dif- cammello passare per la cruna di un
ferenza tra x~-rwv e tµ6.-ci.ov in Mt. 5, ago, che a un ricco entrare nel regno
40 ). Chi sa e crede, ravvisa nell' abito di Dio» (Mt.r9,24; Mc.10,25; Lc.18,
esteriormente umile e rozzo il contras- 25). Come più oltre fo Mt. 23, 24, il
segno del profeta (il 'mantello di pelo', cammello è considerato come l'animale
Zach. 13,4; Is. 20, 2); per il re Acazia più grosso della regione palestinese; an-
Elia è riconoscibile dall'abito di pelo e che il Talmud, in una locuzione prover-
dalla cintura di cuoio (2 Reg.1,8). Gio- biale, parla dell'elefante che passa per
vanni ha forse voluto manifestarsi al la cruna di un ago (Ber.55b; B.M.38b).
credente come un nuovo Elia? 3 Giovan- L'immagine, tipicamente orientale, vuo-
ni porta un abito da eremita e mangia le indicare qualcosa di assolutamente
cibo del deserto, appare solo nel deser- impossibile, contrapponendo due termi-
to (a differenza di Gesù) e nel deserto ni opposti: «L'ingresso nel regno di Dio
fa venire la gente. L'antico motivo pro- è del tutto impossibile per i ricchi» 5 •
fetico del deserto è fatto chiaramente Questa regola nel regno di Dio corri-
rivivere: alla fine dei tempi Dio parlerà sponde alla prima beatitudine (Mt.5 ,3;
col suo popolo nel deserto, come all'ini- Lc.6,20) e solo un miracolo di Dio può
zio (Os.2,16) 4•
scavalcarla (Mc.10,27 ). Voler sostituire
Facendo seguito al colloquio col
2. x6.µl]À.O\I con x6.µi.À.ov (gomena) o in-
giovane che non vuol rinunciare ai suoi tendere impropriamente &à -.pl)µrx.-.oc;
beni e non è adatto a seguirlo (Mt.19, prx.cplooç, (per una cruna d'ago), è erra-
16-22), Gesù nel discorso ai discepoli to. Il testo non parla né di gomena né
( oi.Sacrx~À.irx.) si serve di una similitu- di una porta stretta nel muro del vil-
dine paradossale: «È più facile a un laggio 6.
3 Cfr. tuttavia Io. r, 21; Mc. 9, 13; Mt. rr, 14. lo determina direttamente (Jo.r,23) a compa-
ZAHN, Mt.132, ritiene che nemmeno 10.1,21 sia rire nel deserto? Che egli assomigli agli anti-
in contraddizione con questa idea; «infatti in chi profeti già lo mostra la sua estraneità al
Io.1,31 Giovanni si attribuisce la missione che, mondo, il costume e il nutrimento della stcp·
secondo l'opinione delle scuole giudaiche, spet- pa».
ta ad Elia ... e Jo.3,28 richiama necessariamente
Mal.3,1.23. Quella che Giovanni non accetta è 5 Sc11LATTER, Mt. ad l. Ci troviamo dunque di
soltanto l'opinione della sua personale identità fronte ad una regola analoga ali' àouva~ov di
con Elia. Cfr. Mt.r6,q». ffobr.6,4. Esistono delle forze e degli impedi-
4 ~III, coll. 895 s. Per quanto riguarda il rap· menti che paralizzano e distruggono la fede.
porto di Giovanni e Gesù con la tradizione
profetica del deserto, vedasi O. MICHEL, Pro· 6 Cfr. ScHNIEWlND, o.e. r31 : «Tanto 'cammei·
phet und Miirtyrer=BFI'h 37,2 (1932) 65.66. lo' quanto 'cruna' sono intesi in senso del tut-
Ora anche J. ScHNIEWIND, Das Evangelium to letterale». Sull'elefante di Ber.55 b : R. She-
nach Mk., N. T. Deutsch x (1933) 43: «Gio- muel b. Nahman (circa 260) ha detto che R.
vanni sa forse che la parola di chi lo chiama Jonatan (circa 220) ha affermato: «(Dio) fa
xtlµlt"fW (H. Schlier) (m,599) 166
3. In un'invettiva profetica Gesù chia- un panno ciò che beve, perché le sue
ma gli scribi e i farisei guide cieche, che labbra non tocchino un insetto morto,
filtrano le loro bevande per eliminare ma dimentica la giustizia, la misericor-
un moscerino, e inghiottono invece un dia, la fedeltà (23,23) e si rende persi-
cammello (Mt.23,24). Ancora una volta, no colpevole di rapina (apncx.yi]) e di
la similitudine contrappone ciò che è dissolutezza (axpmrla, 2 3 ,25 ). Egli ha
piccolissimo e ciò che è grossissimo. perduto il criterio per distinguere il
L' ansiosa cautela della pietà fal'isaica, grande e il piccolo nella legge: e in que-
accoppiata a una noncuranza incoscien- sta perdita si manifesta il giudizio di
te, costituisce una vera e propria con- Dio sulla pietà farisaica.
traddizione: il fariseo filtra prima con 0.MICHEL
(~ yow, 1tp00'XU\IÉW)
Nel N. T. xaµ1t'tw ricorre solo in u- (Rom.14,u; Pbil.2,10).
nione con y6vv (yo\la:m.) ed è usato in
senso transitivo, con vbvu (yo\lct:•cx.) co- xaµ1t'tEL\I y6w ( yo\l<X.'rct.) è il gesto
me oggetto (Rom. II, 4; Eph. 3, 14), e di completa sottomissione interiore nel-
intransitivo, con y6vv come soggetto l'adorazione di colui, di fronte al quale
vedere ngli uomini (nel sogno) solo i pensieri suddetti si leggeva solo x&:µT)À.ov (vedi i Padri
del suo cuore»; cfr. Dan.2,29. Rabba (t 352) della Chiesa), poi si rimase incerti. Uno scho-
ha detto: Tu lo puoi riconoscere da questo, lion pseudoorigenistico (Ev. Mt., ed. MATnIAEI
che a nessun uomo (nel sogno) si fa vedere una [1788] 300; cfr. ZAHN, Mt., ad/.) afferma: <{Al-
palma d'oro o un elefante, che passi attraver- cuni intendono per x&.µriXoc; nel nostro passo
so la cruna d'ago. B. M. 38 b (Rab. Sheshet, -rò axoLvlo\I tjc; IJ.TJxa\lfic;, altri l'animale, e il
c. 260, a Rab. Amram): Tu sei ben da Pumbe- primo senso sarebbe quello giusto» (anche
ditha, dove si fa passare un elefante per la Teofilatto, Eutimio). Secondo Herklotz la
cruna di un ago. Sulla cruna dell'ago: Midr. Bibbia armena ha sempre tradotto x&µ11Xoc;
C11nt. 5,2: «Aprimi, sorella mia»; R. Jose (c. con malh = 'fune, corda'. Anche nel Corano,
350) ha detto: Dio disse agli Israeliti: Fatemi Sura 7, si legge la minaccia: «Essi non devo-
un'apertura della penitenza grande quanto una no entrare nel paradiso prima che un cammel-
cruna, ed io vi aprirò delle porte in cui pos· lo passi per la cruna di un ago». Per l' ese-
sono entrare vetture e carri (anche Pesk.163 b). gesi di Mt.19,24 cfr. G. Aicmm, Kame/ und
Altri esempi in STRACK-BILLERBBCK I 828. x&:- Nade/Ohr (1908); E. RosTAN, Les Paradoxes de
µLÀ.O\I invece di xaµ'Y)À.O\I ('YJ in epoca postcri- Jésus (1908) II ss.; R.LEHMANN-K.L.SCHMIDT,
stiana veniva pronunciata i) si trova in alcuni Zum Gleich11is vom Kamel tmd Nade/Ohr u11d
manoscritti e traduzioni di Mt.19,24; Mc.10, Verwandtes: ThBl I I (1932) 336-340; E.B6K-
25; Lc.18,25, ed è attestato altrove solo in uno LBN: DeutschPfarrerbl 37 (1933), 162-165. Cfr.
scholion alle Vespe di Aristofane (1035) e nel- anche ZAHN, Mt.598-599, e PRBUSCHBN-BAUBR1
la Suida s.v. Fin verso il 400 d.C. nei passi 667.
xaµ1t't'W (H. Schlier) (m,600) r68
t XcXµ'Jt'tW
1 Si confronti anche I Cle111.57,1: 'YµE~<; oi:iv Ù1'0~0C"(1'}'t"E "\o~; 1'pE<1~U't'ÉpOL<; xcd 7CatOEuìh1·
xa't'aPolT]v .. .q:; <T't'UCTEW<; 1t0LTJCTUV't'l:'.ç
ol 't''DV 't't Etc; µE~ocvoLa.v, x0:1.1.!JJav-m; ~à y6va.~a. ~Tic;
Y.apSlaç ùµwv. µ6.1)1:'.'t'E uito'tacrcreaila.t...
169 (m,600) xa.vwv (H. W. Beyer) (111,600) 170
non sostando mai; Eur., Hec.rr50: tsw ha..p,tjJ' Èyw. Come formula indicante il
..• x&.µ~o:<; y6w. Anche senza y6w (y6- gesto della preghiera xaµ1t-tEL\1 y6w
va.-.a.), x6.µ7t't'Et.V significa 'posare', 'ri- (y6va-.a) non sembra attestato.
posarsi': Soph., Oed. Col. 84 s.: EÙn
vuv !topa<; 'ltpw-twv Èq>' vµwv 't'fj!TOE yijç H.SCHLIER
-;- xavwv
SOMMARIO: bracci del candelliere3 • Ma nei LXX qiineh
A. xa;vwv fuori dcl N.T. non è mai tradotto con xa.\IW\I, bensl con
B. xa.vwv nel N.T. xaÀ.aµoç, X<l.À.aµL\10<; 1 1ti)XU<; e altri ter-
C. xa.vwv nella chiesa cristiana. mini greci. Nei LXX xa;vwv compare
solo tre volte: in Iudith x3,6 indica i
A. %(1,\lt:N FUORI DEL N. T.
pali del letto; in Mich. 7 A si ha un et·
rore di traduzione indecifrabile; invece
l. xa.vwv è derivato da xavlj, come in 4 Mach.7,2r si parla, e qui è mani-
xa\lt}ç, x&.vva, termini indicanti un tet- festa l'influenza greca, di chi 'ltpòc; éSÀ.ov
to o copertura di canna intrecciata, e xci.- -.òv -.fjc; <ptÀocroq>la.ç x.av6w1, cptÀ.ocrocpEi:.
va., Xa\IEO\I, Xa\IEtO\I, che designano una Aquila pone xavwv nel significato let-
cesta di canna intrecciata. :>ea\ll) è mu- terale di cordicella di misura (lob 38,J)
tuato dal semitico1, il cui significato fon- invece dello CT7ta.p-rlov dei LXX e dello
damentale è 'canna'. La radice si ritrova axotvlov µhpou di Simmaco. In Ps.r9,
nell'assiro, nell'ebraico, nell'aramaico, 5 Aquila traduce letteralmente l'ebraico
nel siriaco, nell'arabo e nel neoebraico 2• qawwiim con ò xavwv a.ù-r:wv (come
Nell'ebraico qaneh indica la canna, la anche Lutero: 'il loro filo'), mentre i
canna aromatica, il calmo, il gambo dei LXX in ~ r 8,,5 hanno forse letto - in·
cereali, e anche, come già nell'assiro, la vece di qawwiim, 'la loro cordicella di
pertica come unità di misura, la stadia, il misura' - qolam, 'la loro voce' e han
regolo e infine il giogo della bilancia e i reso il termine con ò q>t}6yyoc; rJ,Ò~W\I
xavwv
PRBUSCHEN·BAUER' 669; CREMER·KOGI!.L 579 t H. LEWY, Die semitischen Fremdworter im
ss.; MouLT.- MILL. 32os.; RE1 VI 682ss., IX Griechischen (189_5) 133 (cfr. anche 99). Il
742 ss., 769 ss.; Smc., Thes. II 37 ss.; C. A. B01sAcQ, 406 s ., vuol derivare il tema x!lwix.,
CREDNBR, Zur Geschichte des Kanons (1847) 1 attraverso il babilonese-assiro katmt1, dal su-
ss.; F. CH. BAUER, Bemerkungen iiber dic Be- mero-accadico gin. Il PRELLWITZ, Etym. Wort.
deutrmg des Wortcs Kix.vwv: ZwTh r (1858) 207, accenna inoltre al fenicio kaneh. Cfr. an-
J 4 r ss.; C. A. CREDNBR, Geschichte des 11t.li- che Tu. BENFEY, Griechisches Wurzcllexiko11
cbe11 Kanon (1860) 98 ss.; B. F. WESTCOTT, A (1842) II 156s. Se anche la forma xavwv de-
generai smvey of the history of the Cano11 of rivi dal semitico, o non sia invece una forma-
tbc New Testame11t 6 (1889) _504ss.: App. A; zione greca da xcY.VTJ, non si può dire con cer-
TH. ZAllN, Grundriss der Geschichte des nt.li-
tezza, cfr. ZAHN o.e., r n. 1 .
chen Ka1101JS2 (1904) r ss. Sulla formazione del 2 GI!.SENIUs-BUHL s.v.; LEVY, Wort., s.v.; LE-
canone nel giudaismo ~ &:rc6xpucpo.; (~ xpu'lt- vv, Chald. Wol'I., s.v.
-r•ù ). 3 Esempi in GnsENIUS-BUHL.
17! (111,600) xa:vwv (H. W. Beyer) (m,601) 172
(cfr. Rom. ro, 18) 4 • Filone usa spesso estendendosi alle più diverse sfere del-
xa.vwv nel significato di regola, prescri- o
la vita wnana. Cosl xo:.vwv designa la
zione, legge, appena distinto da v6µoc; 5 •
Flavio Giuseppe usa insieme crxo'TC6ç e norma, che da una parte è la forma per-
xavwv, 'modelJo' e 'norma' (ant.Io,49). fetta e quindi il fine a cui si aspira, dal-
l'altra la misura infallibile per giudicare
2. Nella grecità profana il significato
le cose, il Xpt-r1}piov. Il termine esprime
fondamentale semitico di canna è anda-
dunque qualcosa che è essenziale e ca-
to subito perduto a favore del senso
ratteristico per l'uomo greco. Il greco
figurato, secondo cui xcx.vwv indica un
aspira al perfetto, a ciò che è commisu-
bastone diritto.
rato in sé, a ciò che è armonico, all'idea-
a) xcx.vwv può essere usato in parti- le. Questo è per lui il criterio per giu-
colare per indicare i legni che servono dicare i fenomeni empirici. Ciò che cor-
a tendere l'orlo dello scudo o, in tessi-
tura, la spola o anche, come nell'ebrai- risponde al canone consegue la misura
co, designare il giogo della bilancia. massima desiderabile della perfezione.
Ma il termine presenta il suo signi- c) È noto che nell'arte figurativa il
ficato più generale quando designa la Dorifora di Policleto ha assunto il va-
stadia o la squadra, e quindi indica so- lore di canone, in quanto forma perfet-
ta della figura umana nella proporzione
prattutto uno strumento di architettura. delle parti (Plin., nat.hist.34,8s5). Lo
stesso Policleto deve aver chiamato cosl
xa.v6vt... xc.c.t -r6pv4> (uno strumento il Dorifora e scritto un libro sul •cano-
per tracciare cerchi) xpfi-rcx.t. (scil.: 1i ne' (Gal., de placitis Hippocratis et Pla-
't'EX:'t'ovi.x1) -rÉx;vn) xaì. 01.a.fHrt"D (com- tonis 5,3 [ed. Kiihn v 449]). Cfr. an-
passo) xa.ì. cr't'a?}µn (regolo) xrxl -ci.vi. che Eur., Hec.602: xav6vt -çou xcx.À.ou
7tpocraywyl(fl XExoµtjJEUµÉVCfl (una spe- µcx.t>wv (oppure µe't'pwv).
cie di vite artificiale), Plat., Phileb. 56
d) Nella musica il monocordo, secon-
b-c; WO''ltEP yàp iv 't'fj 't'EX't'O\lt.XTI, o-ca.v
do cui vengono determinati tutti gli al-
€.lo~vm ~ouÀ.wp,d}a. 't'Ò 6pl>òv xa.t 't'Ò µ1},
tri rapporti tonali, è detto xcx.vwv µov-
-ròv xa\IOWJ, 7tpocrcpÉpoµEv, <{} 81.a.yty\IW-
O'tx6c;: Nicomachus Gerasenus (ed. R.
O'XE-ça;i., Aeschin. 3, r 99. -ròv xa;v6va 7tpo- Hoche [ 1866] ), introductio arithmeti-
O'ct')'ELV = mettere la squadra, è un' e- ca 2,27,r.
spressione frequente, per es., Luc., hi-
storia quomodo conscribenda sit 5; cfr. e) 1 grammatici alessandrini parlava-
anche Epict., diss.2,II,20. no di un canone degli scrittori, il cui
greco era considerato esemplare: Quint.,
b) Ben presto questo modo di dire, inst. orat.ro,1,54.59.
accanto al suo originario significato te- f) Il concetto di canone è stato tra-
cnico, assume pure un uso traslato, sposto anche nell'ambito della morale.
4 Cfr. F. WuTZ, Die Transskriptionen von der BUHL, s.v. Simmaco ha iixoi;.
Septuaginta bis zu-Hieroizyinus ,;B\Y/AN'f)~F s Vedasi LEisEGANG, s.v.
9 (1933) 205 . Di diverso parere è GnsENIUS-
173 (UI,601) xttvwv (H. W. Bcycr) (m,602) 174
Ciò non fa nessuna meraviglia, data la ca, specialmente ad opera degli epicu-
stretta affinità della bellezza estetica e rei. Epicuro stesso ha scritto un libro
di quella etica nella concezione dei Gre- (perduto) 1tEpL XpL't''Y')plou fi xavwv 6.
ci. La legge è detta xa\lwv, in quanto Egli chiama 'canonica' la logica e la me-
forza obbllgante, mentre sono chiamati todica. Per lui il pensiero ha il compi-
;w.vb\IEC, determinati ideali to di fissare non solo il fondamento del-
la conoscenza (xavw\I) del vero e del
Demosth., or.18,296: ... 't'Ì)\I o' ÈÀ.EU-
itEpia..v xa.t 't'Ò µ'r]OÉ\I' EXELV OECT1t6't'T}\I falso, ma pure quanto bisogna deside-
aÙ't'W\I, {). 'tOtC, npo-rÉpOLC, "EÀÀ'r]CTL\I opo!. rare e quanto bisogna evitare. Anche
-r:wv ò:yaitw'll i'jcrn.v xct.ì. xav6vEc,, «la li- Epitteto si serve in modo analogo del
bertà e il non aver padroni - per gli an-
concetto di canone. Egli pure annovera
tichl Greci termini e regole dei beni -»;
Plut. (o Pseud.-Plut.), cons. adApoll. 4 fra i xav6ve:ç i criteri logici, per mezzo
(II 103 a): -.t)ç q>pov-ficrEwç xa.t 'tw\I èf.À.- dei quali si giudica la verità di un'as-
À.wv Ò:pE-rwv xav6VEc,. Luc., Hermot.76 serzione e il valore pratico delle cose 7 •
dice che occorre un xavwv xat yvw-
µwv (indicatore di direzione) per giudi- L'inizio di ogni filosofia consiste nella
care della vita morale. Crisippo (fr. in ricerca del canone, della regola per la
L. Spengel, LUVe>:ywy1) 't'EX\IW\I sive Ar- conoscenza del vero, in opposizione al-
tium Scriptores [1828] 177A17) dice:
o \16µ.oc, 1tav-rw\I Èo''t'Ì. SacrLÀEÙ<; itEtW'll la semplice apparenza (diss. 2, II, 13).
'tE xat IÌ.vi>'pW1tL\ICJN 7Cpayµchwv. Oe:i: «Filosofare non è altro che ricercare e
OÈ IXV't'Ò\I 1tp0CT'ta:t1'}\I EL\lat 'T:W'J xa.À.wv stabilire delle regole» ( 2 ,1 r ,24 ). Questi
xat -cwv o:tcrxpwv ..• xat xa.,;à. -tou't'o criteri sono dati all'uomo direttamente
xavbva "CE e:'LvaL Stxalwv xat ciolxwv,
«la legge è regina di tutte le azioni divi- dalla natura (I,28,28), ma debbono es-
ne e umane; essa deve sovrintendere al- sere estesi e resi applicabili dalla rifles-
le azioni oneste e a quelle turpi... perciò sione filosofica (2,20,2I). Tali xavbvec;
essa è norma delle cose giuste e delle sono poi le regole fondamentali per il
ingiuste». Era ovvio che il concetto di
canone venisse trasferito anche all'uomo retto uso della libera volontà.
in quanto essere morale, che nella vita si
adegua alla legge della perfezione. Cosl h) Infine in un senso del tutto for-
Plutarco (aud. poet. 8 [II 25e]) chiama male il termine xa\16VE<; è usato per de-
giusti e saggi coloro che i poeti cantano notare le liste, le tabelle, sia in matema-
come xav6vEç àpE'tllC, cbt6:c111ç xat òp- tica e astronomia, sia nelle scienze stori-
il6"t''Y')'t'Oç. Cfr. anche Aristot., eth. Nic.
3,6, p. rn3 a 33; Epict., diss.3,4,5. che. XPOVLxoi xav6vE<; sono le tavole
cronologiche in cui vengono fissati de-
g) Una particolare accezione il termi-
terminati eventi storici 8•
ne xavwv ha ricevuto nella filosofia gre-
2. Non altrettanto ben definito è il ci si deve chiedere dove Dio abbia asse-
senso del termine .in 2Cor.ro,13-16, do- gnato a Paolo un tale spazio da delimi-
ve è usato tre volte in un contesto lin- tarsi sulla carta. Lo Heinrici 16 e il Win-
guisticamente difficile u. Paolo dilende disch 17 pensano che egli sia stato desi-
la sua autorità apostolica su Corinto gnato come ci.1t60-"t"0Àoç dç 'tek EWT) sul-
contro coloro che, giunti tardi nella co- la via di Damasco e che poi ciò sia sta-
munità già fiorente, muniti di una let- to riconosciuto a Gerusalemme. Ma è
tera di raccomandazione redatta forse assolutamente impossibile che Paolo ab-
dalla comunità di Gerusalemme, voleva- bia tratto da ciò un diritto su tutto il
no inserirsi tra i dirigenti_per esautora- mondo pagano, sicché gli sarebbe stato
re Paolo. Questi dichiara che la loro assegnato, come spazio spettantegli per
pretesa è presuntuosa e fuori misura, principio, il mondo fuori della Palesti-
mentre egli stesso commisura il suo di- na. Una tale divisione spaziale non era
ritto xa...-cX. ..-ò µé-.pov ..-ou xa.v6voc; 12 oi'.i possibile, per il semplice fatto che an-
Èp,épt.crE\I 'iJµ~v o ikòc; µé't'pov, Èq>txfoba.1 che la 'ltEp~'t'oµ1} era sparsa quasi do-
&xpi. xa.t vµwv. Egli possiede dunque vunque nel mondo 18 • In 2 Cor.10,13 ss.
un canone, una misura, un criterio per Paolo non si richiama ad un diritto cli
la sua azione e il diritto apostolico che venire a Corinto solo come missiona-
vi è connesso, diritto che non si è dato rio, ma al fatto che ciò gli è stato con-
da se stesso, ma ha ricevuto da Dio. In cesso 19• Anche il diritto di estendere
che cosa consiste questo canone? Che ulteriormente il suo lavoro gli viene so-
cosa esso designi, è accennato in Ècp1xé- lo quando, essendosi rafforzata la fede
o-ì}a.1. étxp1 xa.t uµwv, dipendente da dei Corinzi, è provato che la sua opera
ȵ~pt.crEv µhpov. La possibilità di spin- missionaria ha avuto successo.
gersi fino a Corinto e di fondarvi la co-
munità: ecco quello che gli fornisce il La misura data a Paolo da Dio non
criterio di cui ha bisogno. Perciò, rife- è dunque una delimitazione spaziale, la
rendosi al significato di 'corda per misu-
sola in cui egli dovrebbe lavorare, ma
rare' si è spiegato :x:a.vwv come uno spa-
zio delimitato da Dio13, come l'ambito è la sorte che gli è toccata e insieme fa
assegnato14 a Paolo, la «delimitazione del xaptc; a lui donata (Gal.2,9; Rom.15,15
suo campo di lavoro, una specie di linea
tracciata sulla carta geografica» 15 . Se si ss.), la benedizione che Dio ha posto
parte da una tale concezione geografica, sulla sua attività missionaria 20 •
Dio ba dato all'Apostolo la sua mis- singoli aspetti della vita ecclesiale. La
sione, lo ha condotto fino a Corinto, sua base sta nella storia stessa della
quando ancora nessun altro discepolo di
Cristo pensava a questa possibilità, ha chiesa. Ben presto è sorta la controver-
reso fruttuosa la sua predicazione. Que- sia su ciò che è genuinamente cristiano
sto è 't'Ò µhpov -cov xcx.v6voc; per Paolo. ed ecclesiale. La chiesa è sempre stata
Se il suo lavoro a Corinto si è risolto
in un rafforzamento interiore della co- portata a fissare delle norme sia per la
munità, allora il canone dato all'Aposto- dottrina o la vita, sia per ciò che dove·
lo diviene un'indicazione per lui. Il suo va ritenersi come scritto sacro, sia per
compito è la missione, non la cura della il culto. Si avvertl quindi il bisogno di
vita della comunità, che ormai fiorisce
da sé. Quando a Corinto trovò che la un termine che indicasse in maniera in-
fede della comunità si era 'accresciuta', controvertibile ciò che per la chiesa ave-
si avvide che non vi era più posto per va valore ed era obbligatorio. A tale
lui in Oriente; allora si volge alla Spa·
gna. L'Apostolo vuol visitare Roma so· scopo sembrarono adatti i termini xrx.-
lo nel corso del suo viaggio. Il vangelo vwv e xavov~xoç, che nel passaggio dal-
vi è infatti già conosciuto, sicché egli si 1'0riente all'Occidente trapassarono fa.
glorierebbe É\I &.À.À.o-çpl~ xa.v6\lt (2 Cor.
cilmente anche nel latino 21 • Proprio per
10,16), se volesse arrogarsi un qualche
merito per questa comunità, come fan· la chiesa romana essi acquistarono un
no i suoi avversari per quanto concerne significato decisivo.
Corinto da lui evangelizzata. Paolo ha
trovato in Is.52,15b la legge che sta nel Tra i Padri apostolici Xl'X.\IW'll si trova
xa.vwv a lui imposto. In Rom. 15 ,20 s. solo nella I Clem., dove una volta in-
spiega: «Cercavo il mio onore nel non dica «la magnifica e sublime regola del-
evangelizzare là dove il Cristo era già la tradizione» (7 ,2), secondo 1a quale il
conosciuto, per non edificare su basi cristiano deve vivere, tenendo presente
altrui». ciò che è buono, accetto e gradito al
Creatore. Qui dunque il termine è in-
C. XCX.\IW\I NELLA CHIESA CRISTIANA teso in senso puramente etico, come an·
che in I Clem.I,3. Invece in 41,1 indi·
r. In un solo passo (Gal.6,16) il ter- ca la misura del servizio liturgico asse-
mine Xl'X.\IW'll appare nel N.T. col signi- gnato nella comunità a ciascun ministro.
ficato di norma della vera cristianità. Nei primi tre secoli ò xavwv, al sin-
Ma nella storia della chiesa il termine golare, serve in generale a determinare
è stato usato nelle accezioni più varie ciò che per il cristianesimo è legge in-
per indicare il criterio normativo della terna, norma obbligante; invece non è
chiesa, sia in rapporto all'insieme della quasi mai usato al plurale.
fede cristiana, sia nell'applicazione a Una funzione importante ha avuto
qui è un momento secondario» (WINDISCH, 2 zio assegnato; infatti xavwv non significa af-
Kor. 310). MouLT-MILL. 320 hanno ragione fatto questo.
quando dicono che non esiste uno stretto pa- 21 Cosl dice già Cic., fam.I6,r7: tu qui xavwv
rallelo con 2 Cor.10,r3, dove si parla di spa· esse meorum scriptorum sales.
xavwv (H. W. Beyer)
xa.vwv nella Chiesa antica in tre espres- lichet· 22 che «il canone è la norma alla
sioni: a) ò xavwv 'tfjc; èù:qiMac;, b) ò quale nella chiesa tutto si adegua; ca-
xavwv 't'fjç 1tLCT't'EW<;, c) Ò XIXVWV 't'rJ<; nonizzare significa riconoscere come par-
ÉXXÀ.'l'}CTLW; O ÈXXÀ.TJCTW.CT"tLXÒc; X<X\IW\I. te essenziale di questa norma. Verso il
400 il cristiano pronunzia la parola 'ca·
ò xa.vwv -.fjc; !Ì.ÀTJiMa.c; è la verità
vincolante, quale è annunciata dalla nonico', con la stessa risonanza che av·
chiesa e nella forma che ha avuto nel. vertiamo noi quando diciamo divino,
la sua predicazione. Perciò Iren.1,9,4 s. sacro, infallibile, incondizionatamente
può accostare i concetti Ti Ù1tÒ 'tfj<; Éx-
normativo». I greci, al posto o accanto
XÀ.T]crla.c; X1)PUT'tOµiVTj à.À.1}i>EL(X. e 'tÒ
'tfjç «ÌÀ.'l)iMac; crwµO;i:~ov a quello di xa.- al concetto di xa.vovLsoµEvoc;, usano
vwv 't''ijc; IÌ.À:riiMac;. Vicina a questi con- spesso l'altro di hxJ.:ricrLas6µEvoc; che
cetti è la formula xavwv 't'fjc; 1ttn't'Ewc;, significa 'appartenente alla chiesa', o 'ri-
corrispondente al latino regula fidei. Il
concetto di %avwv 't'fjc; ÈxxÀ.'r)<rlac;, che conosciuto dalla chiesa'.
include le due formule prima citate, è 2. Dal sec.però, a quest'uso ge-
IV,
visto alla luce della chiesa considerata
come soggetto. Secondo Eus., hist. ecc!. nerale del termine si aggiunge un altro
6,13,3, Clemente Alessandrino ha scrit- significato complementare, per cui de-
to un'opera m:pt 't'OU hxÀ.T]cnctcr'ttxou terminate cose vengono designate al-
xa.v6voc;. Questo canone ecclesiastico
abbraccia sia la professione di fede bat-
t' interno della Chiesa come xa\IWV o
tesimale considerata come regula veri· xavovLx6c;.
tatis (Iren.r,9,4), sia la dottrina vigente
della chiesa in tutto il suo complesso r. Il fatto più significativo è che dal-
(Clem.Al., strom.7,r5,90,2), nonché ]a la metà del sec. IV la raccolta degli scrit-
regolare esecuzione degH atti ecclesiasti- ti sacri, di quelli dell'A.T. ricevuti dal-
ci. Per il sec. III, dunque, la regola della la sinagoga 23 e di quelli del N.T. sostan-
fede è il canone della chiesa, e questo zialmente riuniti circa dal 200, venne
molto prima che con questo termine si designata semplicemente come 'il cano-
designasse la S. Scrittura. Naturalmente ne'. Il concilio di Laodicea in Frigia (cir-
si pensava che il contenuto della regola ca 3 60) stabilisce nel can. 59: O'tL où
fosse biblico. Cosl Clemente Alessandri- oEl: lou.ù't'Lxoùc; \fJaÀ.µoùç À.ÉyEoita.L Év
no (strom.6,15,125) poteva indicare co· 'tTI ~xxJ.:ncrl~ oùO~ &.xa.v6vtcr't'ct (3L(3À.la.,
me canone della chiesa la concordanza &,)..),.b,. µ6\la. 't'CÌ xavovtx!Ì. i:ijc; xa.wijc;
(1) cruµq>wvla.) del1a legge e dei profeti xcd 'lta)..atiic; ou:dHpt'l}c;, «ndl'assemblea
con il patto stabilito dal Signore nella non si debbono recitare salmi privati o
incarnazione. libri non canonici, ma soltanto i libri
canonici del Nuovo e Antico Testamen-
Riassumendo, si può dire con lo Jii- to» 24 • Atanasio, subito dopo il 350, di-
ce del Pastore di Erma che non è b<. vincolante, veniva indicato come xavw\I
-rou :xavévoç 25 • Anfìlochio di Iconio al- -cf}<; ÉXXÀ.1)crla.c; 30•
la fine del sec. rv, conclude il catalogo 3. Da ciò si è sviluppato l'ampio con-
degli scritti sacri, redatto in versi giam- cetto dello ius canonicum 31 . Le decisio-
bici: ou-.oc; ò:lJiwòfo-ça-çoc; Xct\IW\I &v ni sinodali sono state radunate :6n dal
Ei'.-1] -çGJv ile:o"Jtve:ucri;wv ypa.cpwv, «questo sec. V nelle raccolte canoniche32• Dall'i-
sarebbe il canone verace delle Scritture nizio del sec. IX il termine venne pure
ispirate da Dim>26 • Il termine xavwv non trasferito alle decretali papali, che già
ha ricevuto questa accezione per influen- da lungo tempo volevano esser conside-
za dei grammatici alessandrini, che par- rate alla stregua delle prime33• Nel me-
lavano di un canone di scrittori della dioevo, poi, ogni disposizione ecclesia-
grecità paradigmatica. Per la diffusione stica venne chiamata canone, mentre vé-
di quest'uso linguistico non fu decisiva µoç e lex designavano il diritto secola-
nemmeno l'equiparazione di xavwv con re34. La silloge Concordantia discordan-
xai:a,À.oyoc; 27 , sebbene anche allora il ti11m canonum fu composta tra il n39
termine potesse venir usato secondo una e il n42 dal monaco camaldolese Gra-
accezione formale. Determinante fu in- ziano, e costituisce la base del diritto
vece il concetto di norma, implicito nel canonico vigente nella chiesa romana.
termine, il suo contenuto oggettivo co- Da allora 'canonico' è il termine indi-
me xa.vwv -ciic; à.À.1}i}e:lac; nel senso cri- cante ogni prescrizione del diritto eccle-
stiano 28. I latini hanno poi equiparato siastico (per es. 'età canonica' dei sa-
canon e biblia. cerdoti, ecc.).
2. Più antico di quest'uso linguistico 4. Il significato formale xa.vwv =xa.-
è il nome di xavéve:<; dato alle decisio- -caÀ.oyoç spiega come nel can. 16 del
ni di un concilio, come è avvenuto fin Sinodo di Nicea si parli, a proposito
da quello di Nicea del 325 29• Ciò era dei ministri della chiesa, di 'ltpEcrBu"tEpot
una logica conseguenza, in quanto di fj ot&.xoVOL ÌÌ oÀwç È.V -r<'i) X!l.\IOVL sl;e-
solito çiò che per la chiesa aveva valore 35
'ta.S6µEVOL • A dimostrazione dell'avve-
JtiLICHER (~nota 22) 555· 33Graziano, a Dist. III c. 2 (Corpus iuris ca-
29 Cosl dice il can. 2 del concilio di Costanti-
nonici, Ed. Lipsiensis secunda I [1876] 4):
nopoli (38x), facendo riferimento nlle decisioni
Porro canonmn nlii sunt decreta pontific11111,
a/ii statuta co11ciliorn111.
di Nicea e al diritto da allora vigente di xm16-
vEc;; LAUcHERT (-H.24) 84. Socrates, historia 34 Graziano, Dist. m aA § l (o.e. 4): Ecclesia-
ecclesiastica l,x3,n (r95 R . HussEY [1853]): stica comtitutio nomine C(monis censetur. Cfr.
To'tE oÈ ot ÈV "tTI crov6841 È1tlO'XO'J'COL xa.t i},)..)..a RE3 x 1 ss. Cosl anche C. D. Du CANGE (ed.
•Wct ÈyypcbJictv-rec;, lì. xctv6vo.c; bvoµ&.!;Ew ELW- G. A. L. I-IBNSCHEL), Glossarlum Mediae et In-
l)a.ow, ... aVEXWP1'}7av. Cfr. Sozomenos, histo- fimae Latinitatis s.v.
ria ecclesiastica l,23,1 (r 97 R. HussBY [1860]). 35 LAUCHERT ( 4 n. 24) 4r. Parimenti can. 17 e
18 .5 (m,606) XUTI'l)À.Euw (H. Windisch)
19. Cfr. anche Antiochia (341) can. 2 . 6. II 39 Cfr. Du CANGE (~n. 34) s.v. canonicus . .
(LAUCHERT 44 ss.). 40 Epistularum 9,12 (MPL 77, 956).
36 Cfr. N. MilNCHBN, Ober das erste Konzil 41 Nel culto greco ò xa.vwv è un sistema di
von Arles: Zschr. fiir Philosophie un<l katholi- canti innid detti «tJoa.l; dr. Sophocles, Lex., s.v.
sche Theologie 26 (1838) 64ss. Attestazioni dell'uso di xavwv a indicare canti
37 xuvov~xol è usato per la prima volta in Cyr., cultuali nell'antica chiesa orientale in Suic.,
procatechesis 4 (MPG .33 1 34oa). Il can. l.5 di Thes. s.v. xavwv ad IV.
Laodicea, per es., riguardo al culto usa l'espres- X<X.1C'rjÀEUW
sione: 'tW\I X<t.\10\ltXWV iJ!a.À.'tWV (LAUCHERT HEINRICI, 2 Kor_ • ( r900) 107 s.; WINDISCH, 2
dere, trafficare in modo truffaldino, con cando merce e misura». Secondo Filo-
inganno, con usura, con guadagno ille- strato (vit. Ap. l,I,3, verso la fine), Eu-
cito, o falsificare la cosa, la merce; xa- frate combatté Apollonia di Tiana: È-
-ii1)Àtx6c; corrisponde a 'truffaldino' 1• TCELO'Ìj mivl>' Ù7tÈp x;p1)µ1i"t'wv auTov
7'pcii:i:ov'ta. É1tÉX07t"t'EV oihoc; xat ci1t'ij-
Sul piano spirituale Xtx.7t1)ÀEVELV di-
)'E 't'ou x;pl)µa.i;lsecri}a.l 'tE xaì -.Tjv rro-
viene un motto usato dai filosofi nella cpla.v Xri.1t'!)À.EUELV, «gli rimproverava di
polemica contro i falsi sofisti, i falsi fi- fare ogni cosa per danaro e cercava di
losofi, che insegnano a pagamento. distoglierlo dal trafficare e dal far com-
mercio della sapienza»: anche Apollo-
Flato, Prot. 3 l 3 cd: iip' oi'.iv... ò O'O- nio venne considerato un sofista abile
cpi.cr"t'Tjc; -.uyx;civet wv €µ7top6ç ·ne; iì xci- negli affari. Aristides 46,144 {II 193,1
7t'l)Àoc; "t'WV à:ywylµwv, Ò:q>' wv \jlvx;'Ìj ss. G. Dindorf [ 1829] ): à,).)..à xa.t 'ti}V
l:wxpa:touc; Ei:'tE XP'ÌJ O'O<plo.\I EhE <ptÀ.o-
'tpÉq:a:i:a.1.; ... oihw xa.t oi ,.à, µa;l>1)µa.-
i:a. 7tEpta"(OV't'E<; xa.-.CJ. i:èJ.c; 7t6ÀEt<; xa.t CTOq:>L<X.\I ÀÉyEtV, i) xal 't'L U.)..)..,o, xa.t "t'OU-
7tWÀOUV"t'Eç xcà xa.1t1)ÀEVO\l'tE<; -te{) &.d ... U.yaµa.i, ,;o µ'ÌJ xa'lt1)°MvEw µl)o' È7tL
Éml>uµo\hrn, «e non ti sembra ... che il 'tote; f3ouÀoµÉvoi.c; WVELO"l)at 1tOLELV fou-
sofista sia un mercante, all'ingrosso op- 't6\I, «nella sapienza o amore della sa-
pure al minuto, degli elementi attivi con pienza (o come altrimenti dir si voglia)
cui l'anima si nutre? ... Alla stessa guisa, di Socrate ammiro anche questo, che egli
questa gente porta in giro di città in non trafficò né basò la considerazione di
città cognizioni svariate; le vendono e se stesso su coloro che erano disposti a
ne fanno mercato con quanti desiderano comprare».
averle» (trad. E. Turolla). In Soph. 231 2. L'mo linguistico nei LXX
d, il cro<ptcr'ti}c; viene definito I) come e in Filone
vÉwv xa;t 7tÀowlwv Eµµtcri}oc; ilTJpeui:T]c;,
«cacciatore prezzolato di giovani e di xet.7t1)À.EVEL'V manca nei LXX; vi ricor-
ricchi»; 2) come Eµ7top6c; 'tL<; 7tEpt "t'Ò:. re invece due volte Xa'ltl}À.Oc; in un'acce-
"t"ijç tliux;Yjç µai)i}µa.'ta., «strano commer- zione caratteristica: Is.r,22: 'tO &.pyv-
ciante all'ingrosso di cognizioni in rap- piov ùµw\I a86xiµov . oi. xcbtl)Àol crou
porto con l' attività spirituale dell' uo- µl<ryoucrt "t'ov oìvov uoa.'t't, «il vostro
mo»; 3) come 7tEpt a.Ù't'tÌ. 'ta.iha. x&.7t1J· argento è spregevole, i tuoi commer-
Àoç, «commerciante al minuto di queste cianti mischiano il vino con l'acqua»;
cognizioni»; 4) come a.Ò't07tWÀ1)c; TCEpt Ecclus 26,29: µ6À.tc; È~EÀEi:"t'm EµTCopoc;
'tcl µatl-fiµa-ta., «venditore di cognizio- &7tò TCÀ.1)µµeÀ.Elctc; xat ou 8txcttwl>l)cre~
ni scientifiche da lui stesso prodotte». 't'a.t xcbt1)Àoç &7t~ àµctp't'la.c;, «è diffici-
In Luc., Hermot. 59, la filosofia è dra- le che un negoziante vada libero da tra-
sticamente paragonata al vino: 8'tL xa.t scorsi e che un commerciante vada as-
oi. <ptÀ6crocpot &.7to8loov"t'at 't'Ò. µa.tll)µa.- solto da peccato». Ogni xa1t't)Àoc; è so-
't'a. wcrTCEp o~ xa1t1)À.ot, xEpacraµevol yE spettato di essere un adulteratore di
oi. 7tOÀÀot xcxì ooÀwcra.vnç (cfr. 2 Cor. merci, un peccatore e fraudolento; il
4,2) xat xaxoµE..-pov\ITEt;, «anche i filo- termine ha assunto in via secondaria una
sofi vendono le dottrine come i mercan- accezione negativa, esattamente come
~ 'tEÀ.w\lric; •
2
tucoli, per lo più annacquando e falsifì-
I Cfr. le perifrasi degli antichi lessicografi in 2 Contro la classe dci mercanti si scaglia anche
WETTSTEIN, I.e. l'A.T., come risulta soprattutto dall'oracolo
XCX.1tlJÀEUW (H. Windisch) (m,608) r90
In Filone si trova soltanto xet./Jt1}À.da., riscono in nulla dai sogni?»; vit. Mos.2,
'commercio al minuto', in un contesto 212: oùx. o1t'Ep µd}ooe:uoucrtv ol ÀoyotHi-
in cui si descrive la condotta degli es- pa.t XCCÌ. O"Oq>tO"'tl.d 1tL7tpa<TXO\l-CEc; Wc; IJ.À-
seni, omn. prob. lib. 78: ɵ1topla.ç yàp ÀO 'tt 't"WV W\llwv È1t' àyopéiç o6yµet.."t'CC
fi xa.1t1JÀ.Ela.ç fi vavxÀT)plcr.ç où8' ovap xaì. À6youc;, <<non ciò che usano fare, in-
l'.o-acn, "t'àç stç 1tÀ.Eovd;la:v àcpopµà.ç gannando, i cacciatori di parole e sofisti,
à.1toOto'ltoµTCouµsvot, <<non conoscono che vendono opinioni e parole come, al
affatto il commercio all'ingrosso o al mercato, qualsiasi altra merce»; cfr. an-
minuto, rifuggendo da ogni incentivo che spec. leg. 4,51. È importante tener
all'avidità». Invece egli descrive più presente che questo alessandrino con-
volte, con sinonimi, la sofistica o 1a temporaneo di Paolo conosce la tradi-
pseudoprofezia come un commercio avi- zione platonica e la inserisce nella sua
do di denaro e truffaldino, gig. 39: filosofia e nelle sue nozioni teologico -
Ttwç yàp oùx Évapyi) xcd 1tpooT)À.cx. filosofiche.
't"à. 6vdol') 't"WV À.Ey6V"t'WV µÈv e:i'IJet.L
crocpwv (cfr. Rom. r, 22), 1tWÀovnwv 3. XCX.7tT)À.Eue:w nel N. T.
ÒÈ <rocpla.v xat É'ltEvwvt~ov"t"wv, wo-7te:p Nel N.T. solo Paolo usa, e una sola
cpa.o-L "t'OÙ<; Év à.yop~ 't'à. wvta. 7tpOxT)pv-r-
't'O'll't"et.ç, "t'O't"È µÈv µtxpou )..l)µµa.•o<;, volta, il termine in un contesto che ri-
-.o-rè oÈ 1i8foi; xa.t e:ù7ta.pa.ywyov M- corda Platone, 2 Cor.2,17: ov yap Ècr-
yov, "t'O"t'È OÈ à~e:~a.lou ÉÀ.7tlooç à..1tÒ µT)- µe:v W<; ot 1tOÀÀ.oÌ. 3 X<X.7t1JÀ.EUO\l"t'Ec; 'tÒV
OEVÒ<; 1)p"t'1JµÉvT)<; èxupou, fo·n 8' ou À.6yov 'tOV 1kou, à..À.À.' wc; ÈS dÀ.tXpLVEL-
xat Ù"Ttocrxfoe:wv, at StaqiÉpoucrw òve:t-
pcX.-rwv oùoÉv, «non è forse chiaro ed cx.ç, à.À.À' wc; tx 1)-e:ou XCt..'tÉVCt..\l'tL i)e:o\j ÉV
evidente il disonore di coloro che si di- Xptcr't'@ À.a.Àouµe:'Y, <moi non siamo di
cono sapienti ma che liquidano e vendo- quei numerosi (banditori della parola),
no la sapienza, come si dice che faccia-
no certuni al mercato, che vendono la che trafficano la parola di Dio, ma con
loro mercanzia all'incanto, ora per un schiettezza (sincerità, disinteresse, obiet-
magro profitto, ora per una parola dol- tività), come da Dio (autorizzati e ispira-
ce e seducente, ora per una speranza in-
certa, senza alcun fondamento serio, tal- ti), alla presenza di Dio, in Cristo, noi
volta anche per promesse che non diffe. parliamo». È una specie di proclamazio-
contro Tiro in Js.23,1 ss. I LXX traducono s!Jr r6). Teodozione in Soph.r,II ha µe'tcx.~6)..oi;,
con µe'ta.~6)..oi;. L'annientamento dei mercan- mentre il T.M. e i LXX vi lasciano il nome del
ti rientra nell'aspettativa dell'ultimo tempo, popolo; Canaan. Sembra che i mercanti stra-
Zach.14,21: «E nessun mercante (ke11a'on1) vi nieri praticassero anche il cambio e il commer-
sarà più in quel giorno nella casa del Signore cio delle vittime per i sacrifici nel tempio. Se
degli eserciti». I LXX traducono alla lettera questa situazione, come è possibile, è durata
con Xa.va.vafoi;, ma Gerolamo, che dice di se- fino all'epoca di Gesù, si comprende bene la
guire Aquila, pone mercator. Nello stesso sen- scena della purificazione del tempio. Gesù a-
so Sopb.r,n; «Urla dalla porta dei pesci... poi- dempie anche qui un segno del tempo della
ché è distrutto tutto il popolo dei mercanti». salvezza, indicato in Zach.r4,21. Cfr. K. MARTI,
Si tratta invero dei mercanti stranieri fenici· in KAUTZSCH, ad l., nonché JOACH. }BREMIAS,
cananei, che abitavano in Gerusalemme presso ]erusalem :mr Zeit ]esu 1 (r923) pp. 22.54 s.
la porta dei pesci, i quali 'istigavano i giudei a (BBRTRAM].
violare il precetto del sabato (Neb.ro,32; r3, 3 Variante della koiné: Àot1tol.
191 (m,608) X<X.7tl)À.EUtd (H. Windisch} (m,608) r92
fi greci nella lotta contro la sofistica. sarebbe da porre in relazione col falso
È probabile che egli conoscesse l'origi- vangelo dei giudaizzanti (2 Cor.II,4).
ne della locuzione, poiché spesso do- Qui, dunque, in Paolo convergono la
vette imbattersi, nell'ambiente greco, regola stabilita dallo stesso Gesù per il
negli epigoni dei sofisti, e al suo tempo lavoro dei missionari (Mt.rn,ro; Lc.ro,
non di rado i filosofi erano scaduti a 7 ), e il principio, posto dai migliori filo-
va Socrate: rinuncia a farsi mantenere voli 9• xa.1tl)ÀEvm1 -çÒv Àéyov 'tou il'eou
dalle comunità e rimprovera quei mis- è perciò una drastica espressione, usata
sionari che si fanno pagare per l'annun· per denotare un mostruoso abuso, com-
cio della parola. Una delle ragioni per messo a danno della parola sacra. Ad es-
cui fa questo è, certamente, l'avidità, so perciò Paolo contrappone subito l'at-
già flagellata da Platone, di cui si mac- teggiamento giusto, il suo atteggiamento
chiavano i predicatori ambulanti della di disinteresse, di adesione alla vera pa-
filosofia sofistica, con i quali si può es· rola di Dio, di coscienza della respon-
sere incontrato di frequente, venendo sabilità che ha verso Dio e di adesione
anche confuso con essi da critici male- a Cristo.
H.WINDISCH
xa.pola. xa.pOLOY'VWCT'tT)c;,
crxÀ'r}poxa.pola.
9 DoB., Th.rn6s.
xa.p8la. MouLT. -M1LL. 3;1.1; LEvY, Wort. n 463 s.;
Su A: LBVY, Chald. Wort. 1 399 s.; E.BATCH, Essays
MANDELKERN, s.v.; GESENIUs-BuHL, s.v.; CH. in Biblical Greek (1889) 94 ss.; A. SCHLATTBR,
A.BRIGGS, A Study of the Use of lèb and lebiib Herz 11nd Gehirn im 1. ]hdt: Studien zur sy-
in the Old Testament: Semitic Studies in Me· stematischen Theologie; Th. v. Haering... dar·
mocy of A. Kohut (1897); P. JouoN, Locutions gebracht (1918) 86ss.; ScHLATTER, Theol. d.
hébralques avec la préposition 'al devant leb, ]11dt. 205,
lebiib: Biblica :; (1924) 49ss.; H. KoRNFELD, 1 libb/J in Ezech.16,30, secondo E. KoNIG, He-
Herz tmd Gehirn in altbiblischer Auffassung: briiisches und aram. "\V orterbt1ch Ztl!JJ A. T.
Jbch fur jiidische Geschichte und Literatur 12 (1910), «dal punto cli vista storico-linguistico
(1909) 81 ss. è inoppugnabile come tarda forma femminile
SuB-D: cli lb»; ma, dato che non compare mai altrove,
PASSOW I 1585; LIDDELL-SCOT'I' 877; CREMER· è piuttosto da attribuirsi a corruzione testu~le
KoGEL 581 ss.; PREUSCHEN • BAUER 3 670 ss.; (cfr. C. H. CoRNILL, Das Buch des Propheten
xa.plila (F. Baumglirtel)
par. qcse piinzm), 'abbtre leb (Is.46,12); ra Plat., symp. 215 d: ii xapola. 1tl}8~
l'ostinazione è scrtrut leb (p. es. Deut. (parimenti Aristoph., nub. 1391; Plut.,
29,I8), mcginnat léb (Lam.3,65). Il CUO· aud.poet.10 [n 30 a]); P. Lond. r 46,
re del peccatore (il peccato è scritto 'al 157 (Preisendanz, Zaub. v 156 s.): ovo-
lt'ìalJ libbiim, Is. I7, l) è 'incirconciso': µ0. µot xcx.pola. 1tEpLESWO'µÉVT) ocpw.
'orlat lébiib (p. es. Deut.xo, 16), 'at'le
2. In senso traslato, prevalentemen-
leb (ler.9,25 ). La circoncisione del cuore
(mwl, per es. Deut.10,I6) si consegue te in poesia, di rado in prosa, il cuore
nella conversione del cuore: swb (Ioel dell'uomo, sede della vita psichico-spi-
2, I2), heS'ib 'el-lèb, nel «ritorno del cuo- rituale. a) Sede dei sentimenti e delle
re» (I Reg. 8,47), leb niJbar, in «un passioni: dell'ira (Hom.,1/.9,646: à)..J..cX.
cuore contrito» (Ps.51,19). waiiak leb, µoL oloavE'tat xpcx.olTJ x6À~; Eur., Aie.
«la coscienza lo rimorse», lett., batté (p. 837: w7COÀ.À.èt. 'tÀ.M<1. :x;a.pola.), del co-
es. I Sam.24 16); miksol lèb, «inciampo, raggio o del timore (Horn., Jl.21,547:
scrupolo di coscienza (ISam.25,31). Év µÉv ot xpcx.oln 1'6..pO"oç ~ci:Àe; r ,225:
L'uomo pio è puro di cuore: bar-lébiib xuvòc; oµµrx.'t' EXWV, xa.plil'r}V o' H.6..-
(Ps.24,4), 'oheb rMr-leb, «ama la mon- Cj)OLO), della gioia o della tristezza (Od.4,
dezza di cuore» (Prov.22,I I; cfr. joser 548: xpa.Ol'r} xa.L ~µòc; &.y1)vwp; I 7,
lebiib, Deut.9,5; tom-lébiib, Gen.20,5; 48 9: t.v µèv xpa.oln µey(X. 1tÉvfroç lit~Ev;
jifrat lébab, I Reg.3 16; léb tiihOr, Ps.5I, Epict., diss.I ,27,21 : 't'Ò\I oè 1tpɵO\l'ta.
I2 ), egli dice tutta la verità, 'et-kol lib-
xa.t 'tctpa.O'croµEvov xcd PrIY\IUµ.t'VO'V e-
bo (Iud.16,I7). L'empio ha un cuore O'WfrEv 't'Ì)V xa.polav), dell'amore (Saffo
'perverso': 'iqqese-léb (Prov.u,20),pan. 2,5 s. [Diehl I 429]: 'tO µoL µàv xa.p·
pe leb (lob 36 113), parla con doppiezza, ola\/ ÈV CT't1}ilEC1W É1t't6ett!T,\I; Aristoph.,
belèb wiileb (Ps.I2,3). nub.86: Èx 'tijc; xa.pola.c; µ' ov"twc; <pt-
3. Senso traslato: bcteb-jam, in mez- À.Et'ç; Theocr., idyll.29,4: ovx 8Àccc; q>L-
zo al mare, passim. À.ÉELV µ' Éi>ÉÀ.l}crt}' a'TCÒ xa.polaç; M.Ant.
I LXX rendono bene le sfumature in- 2,3: &:1tò :x;(X.pola.ç Euxaptcnoc; "to'i:ç t>e-
dicate. Accanto a xa.pola. o O''tfii}oc; gli ot'c;). b) Sede delle facoltà intellettuali,
equivalenti più frequenti sono OLa\/oLa., Horn., Il.21,441: &voov xpa.ol'r}v EXEc;;
iliux1J, ivod1ç cppYJVW'V, vouç. Pind., Olymp.I 3,I6 ss.: 'TCOÀÀÒ. o'Èv xcx.p-
olcx.Lc; &.\/OpW\I tf3ctÀ.O\I WpaL ... apxa.ta. CTO-
F. BAUMGARTEL cplcrµa;i)' ... ; Corp.Herm.7 ,I: &.vcx.~ÀÉ\jla.v
"tEc; 'tote; 't'i}c; xu.pola.ç òcpi}cx.À.µotc; (cfr.
B. xa.polcc 5 TRA I GRECI 4' II); 7 ,2: aq:iopW\l't'Eç 'tTI xcx.pol~ Etc;
't'Ò\I ( oihwc;) òpa.i)fjwt.L 'Ì}ÉÀ.o\l'tct, où ycX.p
Il termine indica principalmente: ÈO"'tL\I ... òpa."tòç òcpi}aÀµot'ç, &:ÀÀÒ. v0
I. in senso proprio, il cuore fisiologi- xa.t xa.pol~. e) Sede del volere e delle
co, organo centrale del corpo umano o decisioni, Hom., Il.10,244: 1tpocppwv
animale, per es., Horn., Il.10,94: xpa.- xpcx.ol'r} xa.t i}uµòç &.y'l)vwp; Soph., Ant.
olTJ OÉ µot ~~w O''tT}frEWV Éxfrp$0'XEt; 13, lro5: xa.pola.c; o' È!;,lC1'-.aµ(X.L 'tÒ op&v.
442: o6pu o'É\I :x;pa.oln É7tE1tlJ"(EL; Aesch., Nella terminologia filosofica Platone
Eum.86I: xa.polccv à.ÀEX't6pwv; P. Leid. si mostra poco propenso ad attribuire a
v xrn 24 (Preisendanz, Zaub. XII 438): xa.pola le funzioni psichiche; dr. symp.
xapola Upaxoc;; Gal. passim; clr. anco- 218 a: OEO'r}yµkvoc; 'tE Ù1tÒ &.ÀyEL\IO't't-
s Sulla modificazione della forma linguistica Bl"t) ecc.) cfr. PAssow e LrnDF.LL-ScoTT, I.e.;
nei dialetti e nella lingua poetica (xa.p5l11, xpcx- WALDE-POK. I 423.
201 (m,611) xapfila. (J. Behm) ( m,612) 202
pov xat 't'Ò &,),,,YEt.\IO't'IX't'O\/ W\/ a\/ 't'L<; 01)· luogo intorno al cuore, ed è stato defi·
xih:lri - rç'l)v xa.polav yàp [ fi \)JuxTiv] nito in precedenza, allorché trattammo
fi éh1. oEi: aù-tò òvoµacra.t 1tÀ:'C}yEli; 'tE delle sensazioni; sicché due sono i sensi
xa.t Ot)Xtktç Ù1tÒ 'tWV È\/ cpLÀ.O<roq>lit )..6. che manifestamente dipendono dal cuo-
ywv, «quanto dolore, e nel punto più re: il tatto e il gusto»; ibid.656b 22 ss.:
delicato ... già, si capisce, nel cuore, o EXEL 8' Èv 't'4) Eµitpocri}Ev rçÒv ÈyxÉ<pcx.À.ov
nell'animo, o chiamalo come vuoi quel ,.&,vrça. -.à. itxov-ca. -covrço -tò µopLov. otà
punto dove sono stato battuto e morso -rò i:'.µ1tpo<ri}ev Elvcx.i È:<p' o al<rM:ve:rçai,
dai discorsi filosofici» [ trad. E. Turol- rçi)v 8' ai:O'fr1)CTW a1tÒ -rf}ç xa.pòlcx.c;, -ca.u-
la]; t'esp.6,492 e: È\/ o'Ì) 't'0 'tOtou-.~ 't'ÒV 'tT)\I 8' EL\IC<L Èv -çoi:ç E[.mpocr1ìEv, xat 't'Ò
vfov, 't'Ò À.Ey6µEvov, -çlva. otn xapolav alcrMveCTilat OLà. 't'W'll Évcx.lµwv ylvE<rfrai
t<rXEt.v; «in quei momenti, come dovrà µoplwv, <pÀ.Epwv o' c.!Vct.L XE\IÒV 't'Ò om-
battere, diciamo, il cuore del giovane?»; c:rfrc.v xu-coç, «nella zona anteriore con-
Tim. Locr. mo a: 'tW 8' ò:.Myw µÉpc.oç tengono il cerebro tutte quelle parti cui
't'Ò µÈv wµoe:i8Èç 1tt::pL 'ttX\/ xapolcx.v, -.ò quest'organo è dato, poiché ciò a cui ten-
o' Èm1ìvµa't'LXÒ\/ 1tEpL 't'Ò 'Ìj'ltap, «quanto de il senso sta nella zona anteriore; ma
alla pal·te irrazionale, quella irascibile il senso proviene dal cuore, che si trova
sta intorno al cuore, quella concupisci- nella zona anteriore, e sentire è passi·
bile intorno al fegato» . Ma il significato bile soltanto mediante gli organi in cui
fondamentale fisiologico è mantenuto, scorre sangue; la cavità posteriore inve-
dr. Tim .65 c: -.à. cpÀ.Éf31.a., ot6v 1tEP 80- ce è priva di vene»; ibid. 3 ,4, p. 666 a I I
xlµ1.a. rçfjç y À.W't''tl)<; 'tE't'aµÉvcx. È.1tl 't'Ì]V ss. (dopo alcune discussioni sulla fisiolo-
xcx.pofo.v, «le piccole vene (sono quasi gia del cuore): E't'L 8' at xLYJicrnc; -.wv ii·
opportuni strumenti di saggio della lin- 8Éwv xcx.i 'tWV À.V1t1)pwv xa.L oÀ.wc; mX.-
gua) in direzione del cuore». Per Ari- CTl)<; cx.lai}ljc:rEw<; ÈV'tEUi7EV cl.p Xoµev CX.L
stotele il cuore è anzitutto il centro del- cpa.lvov'taL xat 1tpòc; 't'ct.UT1JV 7tEpalvou-
la circolazione sanguigna e quindi il O'at, «il moto delle cose piacevoli e spia-
centro della vita fisica (p. es. de somno cevoli, insomma d'ogni sensazione, ma-
et vigilia 3, p. 456 b, cfr. 458 a; mot.an. nifestamente di qui proviene e qui ter-
xo, p. 703 a); perciò, partendo dalla fisio- mina».
logia dei sensi, giunge a porre le sensa- Nella Stoa xcxpolcx. diviene per cosl
zioni nelle vicinanze della xct.pola.; cfr. de dire l'organo centrale della vita spiritua-
sensu et sensili 2, p. 439 a r s.: xat otà le, la sede della ragione, dalla quale
't'OU't'O 1tpÒc; -tj} xapolq. 'tÒ a.to1}1}'t'1}pto\I promanano il sentire, il volere e il pen-
6
a1hwv, rçijç 't'E yc.ucrc.wc; xa.L 'tfic; <kcpiic;, sare; cfr. Crisippo (secondo v. Arnim
«e per questo l'organo della sensazione, II 245,34 ss): 'tOU'tOL<; '1t<UJ't. CTVµq>WVWc;
cioè del gusto e del tatto, si trova accan- xa.t 'tollvoµa 't'o\h' foxrixc.v 1i x.apolo:.
to al cuore»; part.an.2,Io,p.656a 28ss.: xa't'ci 't'L\let. xpci'tl)O'W x.at xvpElcx.'11, &.itò
àpx1J 't'W\/ alcrihlCTEW\/ ÈCT'tW 6 m:pt 't1)V 'tOU Èv aù-cii EtVat 'tÒ XVpLEUOV xat xpa-
xapolav 't'oitoç, oiwptcr't'a:L 1tp6't'Epov Èv 'tOVV 't'Tj<; \fivxijc; µépoç, wc; 8.v x.pa.-tla
-.or:<; itEpt a.lo1}1)0'ewi;· xo.t OLO'tL cx.t µÈv À.e:yoµkvri, «in rispondenza a tutto ciò, il
Mo <pavEpwc; i)p-criµÉvct.t ?tpòc; -rT}v xcx.p- cuore ha anche il suo nome (xa.pola.) a
olcx.v EtO'lV, 1) 't'E 'tWV à.'lt'tWV xat 1) 't'WV motivo di una certa forza e padronanza,
xuµwv, «principio delle sensazioni è il perché nel cuore risiede la parte domi-
6 Zenone e Cleante pongono nel cuore soltan- cp6~ouc; xaì. 'tÙ<; Mtta.c; xat tt&:vD' oo-a. -.o~a.v
to gli affetti; vedasi v. ARNIM I 51,28s.: 'toÙc; 'tlJ. Till~'f'Jxa.-.à 'tTJV xa.plìla.v cruv(<nauik.t~ .
203 (m,612) xapola (J. Behm) (m,612)204
nante e prevalente dell'anima, sicché po- Ervat ...ò xuptw-i-o::tov -.-ijç t!Juxiiç, Èv <{)
trebbe chiamarsi xpa.-.la..»; ibid.246,1 s.: at cpa..nacrlcu xa..t at òpµat ylvov't'a..t
opµwµev xa.•à. -.oih·o rc;Ò µÉpoc; xat <rvy- xa.t oi>E'\I o Myoç &.vanɵTCE't'(l..L' 01tEP
xa:i;o:,..nilɵeila. "tOU"t~ xcxt alc; -cou-.o crvv- dvm É.v xa.polq., « ... che la parte diret-
·n:lvn "tà. a..lcr1>'1)"tlJpta. miv-.a., «in con- trice dell'anima è quella che propriamen-
formità di questo organo ci muoviamo, te domina, e che in essa hanno origine
ad esso consentiamo, ad esso tende tut- le immaginazioni e gli appetiti e da essa
ta la nostra facoltà sensoria»; cfr. ibid. proviene la ragione: ed essa risiede nel
246,13 s.: Xpucrm11:oc; oÈ i;ov \jJuxi.xou cuore». Ma nel complesso questa consi-
1t\IEUµa."toc; 1tÀTJP'll <pa.crtv Et\lat "tl}\I XOL· derazione si fa quando si tratta di indi-
À.la.\J W.U-i-l)V (scii.: "ti}V àpLO''tEpà.v 'tlls viduare quale sia nel corpo la sede della
xapolac;) «Crisippo dice che dello spiri- vita spirituale 8, senza che ciò comporti
to psichico è piena la cavità sinistra del un vero e proprio trasferimento del con-
cuore»; ibid.244,18 ss.; 248,33 ss.; 247, cetto di xapSla.. nell'ambito dello spirito
26 ss. 34 ss.; 249,5 ss .; 236,15.25.26ss., (si veda v. Arnim II 248,33 ss.: xai>'fiv
specialmente 34 s. : È'll "tTI xa.polq. "tÒ À.o- E't't q>opà.v xa.t 't'è<. 't'Ot<l.V't'tt. ÀÉ.yi::-.at
ytcr·nxov ùmipXEL\I, «nel cuore ha sede 1ta\l't'a· «i)\fJ6:µev O'OU -cfjç xa.pO(a.ç» Wr1-
la ragione» 7 • Parimenti si esprime Dio- 7tEp -.11c; tfJuxf\c;... 't'TJ 8È xapolQ. xa..ilc'l-
gene di Babilonia, discepolo di Crisip- 'ltEp /lv 't'TJ \fJUXTI XPWµEila, «lo stesso
po, ibid. III 216, 16 s.: o 1tPW'tO\I "tpo- modo di pensare ci spinge ad usare frasi
cpljc; xat 1t'11Euµa."toç 6:puE'tetL, È:v 'tOU't~ come questa: 'ti ho toccato il cuore', in-
Ù7tapxai. 't"O 1)yeµovtx6v, o oÈ 1tpW'tO\I tendendo l'anima ... parliamo appunto
-.pocpijç xa.L mEl'iµa:toc; &.pue't'a.L, ii xap- del cuore come se fosse l'anima»; cfr.
Sla., <dn ciò che per primo riceve nutri- ibid.249,5 ss.; 247,26 ss. 36 ss.), e pre-
mento e respiro sta la forza dominante, cisamente non in rapporto a una deter-
ma ciò che per primo riceve nutrimento minata collocazione del processo del pen-
e respiro è il cuore»; ibid. r. 9 s.; 1i ota- siero nella xa;p8la.
vota &pa oux Ecr't't\I é.v "t'ft xecpcùn, &À.-
).,' Èv "t'o~c; xa:tw"t'Épw 't'01totc;, µaÀ.tcr't'6:. 3 . Riferito alla natura: l'intimo, il
7twç 1tEpL 't''Ì'}v xap8lav, «l'intelletto non midollo delle piante, il seme dell'albero,
ha sede nel capo, ma più in basso, so- per es., Theophr., historia plantarum I,
prattutto intorno al cuore}>. Per altri 2 ,6: xa;À.oucn oÉ "t'LVEç 't'OU't'o xo:.pola.v,
stoici vedasi v. Arnim III 228,4 s. : oi. ot 8' ÈV"t'EptW\lyt'V' !tvtot 8F. 't'Ò Èv"t"Òc; 'ti)ç
l:"t'wi:xot 7tav-.ec; f.v oÀ.11 "t'TI xa.p8lq. 1ì µ.1J't'pu;c:; aihfjç xa.p8lo:.v, ot o~ µueÀ.é>v,
't'é;} TtEpt -i-'Ì)v xa.p5lav TCveùµa't't (scil.: «questo da alcuni è detto cuore, da al-
dvm 't'Ò 1}yEµovtx6v ), «gli stoici tutti ri- tri midollo; la parte interna della matri-
tengono che la parte direttrice dell'ani- ce stessa da alcuni è detta cuore, da altri
ma abbia sede in tutto il cuore o nel midolla»: P.Leid.v xm 24 (Preisendanz,
soffio che sta attorno al cuore»; Diog.L. Zaub. XII 438): àp-.eµta'la..c:; (artemisia)
7,IJ9 (ibid. righe 1 ss.) : 1)yep.ovtxòv 8è xa.p8la, P. Leid. W vr 50 s. (Preisen-
7 Per quanto io ne sappia, funzioni religiose (ed. ]. MARTIN [1934]); Plut., de placitis phi-
vengono attribuite a xap5la, in testi ellenisti- losophorum 4.5 (II 899 a/b); Claudius Ptole-
ci, soltanto nel papiro magico di Berlino 5025 maeus, de iudicandi facultate et animi princi-
(PREISENDANZ, Zaub. 1 21 ) : fo"'t<1.L 't'L ~v&Eov
patu 26 ss. p. XIVs. ed. F. HANow, in Programm
des Gymnasiums Ki.istrin [ 1870] ). Sulla dottri-
tv 't'TI uii xap5lq. 4 n, col. 348.
na stoica dell"iiyt:µovtx6\I vedasi J. Sc HNRIDER,
Cfr. ancora Lucr., de rerum natura 3,136 ss. IlvEvµa 1]yEµovLx6v: ZNW 34 (1935) 64 ss.
205 (m,612) xapl>la (J. Behm) (m,613) 206
danz, Zaub. xm 262 s.): À.a.f3wv [3&.i:v 0À.11ç -tfiç xapolt:X.c; ùµwv; test. Ios. ro,
(ramo di palma) x'X.wpocv xai ·t'ijç xap- 5: Elxov 'tÒV cp6~o\I -tou t}Eov f.v -ti'i xap-
8lac, xpa't1\0"o:ç O"Xl!J'o\I dc; ovo. olq. µou; test. S. 5, 2: à..yaMvrx.'tE i:àc;
xapola.ç ùµWv Èvwm.ov xuplou; test. D.
C. LXX, GIUDAISMO ELLENISTICO 5 ,Il: È1tli<T'tpÉ\)JEt xap8lac, ci1tELil'Etc; npòç
E RABBINICO xvptov; test S.4,5 (dr. test. R.4,1 ecc.):
Èv cbi:À.6-rl)•t xapolaç; test. R. 6,ro: Èv
r. Nei LXX xo.pola è il vero e pro- 't'<l1tEL\IWCTEt xapolrx.ç vµwv; test. lss. 3,
prio equivalente dell'ebraico leb o lebab 1: È\I EùM-c-Ti'tt ?tap8laç; test.N.3,1: Èv
(più di rado tradotti con 8La\loLa. e ~u xrx.i}o.p6T'l)'tt xapolo:ç; test. Ios. 4,6: xv-
xli, solo eccezionalmente q>pÉVEç, vouc; e ptoc;... EÙÒouL. 'tote; Èv xa:i)'apq, xap-
<r-tfiltoc;). Solo in pochi passi xap8la sta 8lfl, ... aùT(i> 1tpo1npxo(1évotc;; 17 ,3 : 'tÉp-
per qereb (ljJ 5,rn; 61,5; 93,19; Prov. 7tE-trx.t... ò 1>Eòc;... bei 1tpOrx.tpÉo-Et xo.p-
14,33; 26,24), per me'lm (Lam. 2,II ljJ olrx.ç à:yaiHjc;; test. S. 4,7: ciya.m')<ra't'E
39,9B), per ruìip (Ez. 13,3), per ~eten 6to.cnoc; -tÒ\I IÌÒEÀ.q>Ò'll av-tou É'V -à:yai1ii
(Prov.22,18; Abac.3,16 var.) o per i5ref xapolfl,; test. G. 5 13: (il giusto e l'umi-
(2 Ila.p.30,8, cod. B). Nel testo sicuro le)... oùx ùr.' li.À.Àou xa-raywwcrx6µEvoc;
dei LXX xa.96la non corrisponde mai a &:À.À.' u1tò -.fic; lolac, xa.pola.c;; test. G. 6,
ne/e1 (solo Deut. 12,20, cod.A; i1' 93, 7: aq>E<; aÒ't'~ IÌ:'ltÒ xapolac;; test. S. 2,
19, cod. S; -130,2 cod. A). La ricchezza 4: +i yàp xapola. µou 7}v ux'X.11pci; test.
di accezioni dei termini ebraici corri- I ud.20,5: ȵ1tmuptO"'tat ò àµap'tWÀ.Òç
spondenti si riscontra anche in xapola b<. -tf]ç lolac; xripolo.c;; test. Zab. 2, 5:
nei LXX. Cosl xapola è prima di tutto È~6µ~Et +i x.apola µou; test. los. 15.3:
anche il principio e l'organo della vita +, xapSla µou haxri; test. D. 4,7: IJ'U-
personale, il punto in cui si raccoglie wx.lpov-tat à.U.1]À.otç i'.va 'tCCPcI~WCTL 't'TJV
l'essere e l'agire dell'uomo in quanto xrx.pola.v; test. los. 7 ,2: 7tovov xapola.c;
personalità spirituale (cfr. Prov. 4,23: Èyw 1H.yw; test.L.6,2: cruvE-t1)pouv -toùç
'itaO"TI q>UÀ.ax'fi 't'lJpEt O"TJ\I xu.p8la\I' Éx. Myouc; 'toÒ'tovc; E\I -tii xa.polq. µou; 8,
y<Xp 'tOV't'W\I ~~OOOL ~wljc;, «Con ogni 19: l;:xpvtl;a.•. -tou-to Èv -çfj xap8lrt- µou;
cautela custodisci il tuo cuore, poiché di test.D.r,4: tv xapolrt- µou ÈtJɵ11v; Hen.
là fluisce la vita»; cfr. ~ 21,27}. Perciò gr. 14,2: 'llai]O"c:u. xapoiq.; ep. Ar 17: È7tE-
esso è anche la sorgente e la sede della xaÀ.ouµ11v 'tÒV xuptEUO\l'tcc xa.'t~ xap-
vita religioso-morale (Deut.6,5; I Brx.cr. olav, ecc.; cfr. 4 Esdr.3,r: «i miei pen-
12,20.24; '!Ep.39,40; Prov.7,3; 3,5; sieri mi salivano al cuore» (vedasi ls.
Ioel 2 r2 ecc.). ;ut.pola spesso si scam- 65,17 ecc.); 3,30: «poiché si atterrl il
bia c~n ~ux-/i, otci'llota, 1tVEUµrx., vouc; mio cuore ( =io); 3 ,2 I : Adamo porta-
ed altri termini, ma conserva sempre, va in sé <mn cuore malvagio», per que-
an-c he nei riguardi di questi sinonimi, il sto peccò (cfr. 4,30); parimenti i suoi
riferimento alla totalità e unità della vi- discendenti hanno .il cuore malvagio,
ta interiore, che si manifesta e si espri- che li ha tutti Quanti «sviati dalla vita e
me nella molteplicità delle funzioni psi- li ha condotti alla distruzione e sul cam-
chiche e spirituali, ~ t!Jux1J. mino della morte» (3,20.26; 7,48).
2. Il giudaismo ellenistico, quando si Anche Filone, riferendosi direttamen-
muove nell'orbita di concetti veterote- te all'A.T .. parJa di &::rtEpl'tµ-q-i-ot 't'YJV
stamentari, parla di xapola. nello stesso xa.pola.v, <<incirconcisi di cuore» (spec.
senso dei · LXX; dr. per es. test. L. r3, leg.1,304, dr. Lev.26,41) e, con la leg-
l : (jlO~EtO"frE XVptOV 'tÒV iJEÒV ÙµG°N èt, ge, vuole 't'à. olxmcc ... Évw!M.'llat... 'tTI
207 (IU,6l3) xa.pola. (J. Behm) (IIJ,6l4) 208
xa.pol~ (spec.leg.4,r37; cfr. Deut.6,6). con cui si chiede se lo i)yEµovtx6\I sia nel
Più volte si riporta a Deut.30,r4: Ecr't'W cuore o nel cervello, mostra la sua co-
c:rou tyyùc; 't'Ò pijµa. crcpbopa. . . f.v "tTI noscenza dell'antropologia dei filosofi
x.a.pol~ c:rou, «la parola ti sta assai vici- ellenisti (~ col. 2 o 2) 10. Sebbene, pre-
na... nel tuo cuore» (post. C. 85; virt. sentandosi l'occasione, stabilisca l'ugua-
r83; mut. nom.237 s.; som.2,r80; omn. glianza tra xapolcx. e 1}yEµov1.x6v (spec.
prob. lib.68; praem. poen.79 s.). Ma non leg. I,305 ~ col. 2I5), egli lascia tut·
conosce l'idea biblica che fa di xa.pola tavia aperto il problema (spec.leg.1,2q;
la sede della vita interiore; perciò pren- som.1,32; poster.C.r37; det.pot.ins.90),
de il termine come espressione impro· anche in riferimento alla torà sacrificale,
prfa e intende xa.pola. come semplice che non dà prescrizioni sull'offerta del
simbolo della ot.civot.a. o delle ~ouÀ.a.l cervello o del cuore, che dovrebbero
(~ouÀ.Euµa."ta). In mut. nom.r24 il no- tuttavia venir santificati in modo parti-
me Caleb è spiegato con 7tfin'ct. xa.pola, colare, se, anche secondo la volontà del
ma nell'interpretazione allegorica com- legislatore, si dovesse realmente suppor-
pare ~ux1i al posto di xa.pola., perché in re in uno dei due la presenza dello i)yE-
Filone di solito questo termine ha un µovtxov (sacr. A. C.136; cfr. spec. leg. l,
significato puramente fisiologico. Egli 213 ss.). Una volta, nell'interpretazione
annovera la x a po la., che pone negli dell'albero della vita, menziona l'opinio-
<r"t1]lh1 (leg. all. r,68; cfr. anche l'imma- ne secondo cui lo 1ryEµO\ILXO\I sarebbe il
gine in vit.Mos.r,r89), fra le sette parti cuote (leg. alt. r,59): -ti)v xapolav ~u
interne del corpo, le viscere (op. mund. Àov Elpfjcri)a.t SWfiç, È7tEt01} al'ttfi 'tE
rr8; leg. all.1,I2), e spiega la sua im- 'COU silv ÈO'-tt xcx.t "t'Ì)v µÉO"rJ\I -tou <rw-
portanza come centro della circolazio- µwt'oç xwpa\I EÀCX.XEV, wc; av xa-t' av-
ne sanguigna (spec.leg.r,216.2r8) . Me- 'tOÙç 1jyeµovLxòv u'ltapxoucrrx., « [altri di-
dici e naturalisti gli han detto che il cono che] il cuore è stato chiamato aì-
cuore è il primo a formarsi9 e l'ultimo bero della vita perché esso è la causa
a perire: ooxd -cou oÀou crwµa't'ot; 1tpo- della vita, e ha avuto una posizione cen-
7tÀci't''t'E0'1lat ii xa.pola, frEµeÀlou 'tpo- trale perché, secondo loro, è la parte di-
TIO\I tì wç È\I Vl)L -cpomc;, Ècp' TI olxooo- rettrice». Un'altra volta fa proprio uno
µEt't'at "tÒ &À.Ào crwµa - 7tapò xaL µe-cà strano argomento a favore della circon-
-c1Jv -cEÀEu-cnv it-c1. ȵ7tnoav cpacr1." a.u- cisione: la circoncisione sarebbe prati-
-c'fiv wc; xrx.L 7tpW't'l'JV ytvoµÉ\/'l}V :imt cata per rendere l'organo sessuale simi-
urnÉp<1.\I cpi}ELpoµÉVl]\I, «si ritiene che, di le al cuore, l'organo interno più prezio-
tutto il corpo, primo ad essere formato so, che genera il pensiero, spec.leg. r,6:
sia il cuore, a mo' di fondamento o co- -t1)v 1tpòc; xapola.v 0µ01.6-tl]'t'a -rov 1tEpt-
me la chiglia nella nave, e che sul cuore 't'µl)i}Év't'oç µÉpovç · 1tpÒc; yàp yÉ\IEOW
venga composto tutto il resto del corpo. &.µcpw 1t<1.pECTXEUUO''t'<1.t, 't'Ò µÈv ~yxtip
Perciò dicono che esso batte anche dopo Ot.0\1 1t\1Evµa vonµci't'W\1 1 'tÒ oÈ yòvtµo\I
la morte, come quello che per primo na- opyrx.vov S~lù\I. Ma Filone, coerentemen-
sce e per ultimo muore» (leg . all. 2,6). te alla sua critica religiosa della ragione,
Se qui si tradisce l' influsso del pen- resta dell'opinione che non è possibile
siero greco nel modo in cui Filone in- fissare nel corpo dell'uomo il luogo del-
tende il termine xcipola, la frequenza lo 1}yEµO\ILX.6v e che il cuore, l'organo
9 Dottrina stoica, cfr. v. ARNIM JI 214,1 ss., 10 Vedasi J. SCHNEIDER, I.e. (~ n . 8) 66 ss.
6 ss. l2 ss.
209 ( m,614) xapola (J. Behm) (m,6r4) 210
corporeo, a cui soltanto egli pensa, non «tutti gli arroganti sono detti un orro-
può essere la sede della vita superiore. re». «Fintanto che il giudeo parlava del
Flavio Giuseppe parla di x cx.po la cuore, avvertiva la vita interiore, con
esclusivamente come dell'organo fisico tutto il suo volere, sentire e pensare,
dell'uomo o degli animali, allo stesso come unità» 16•
modo dei greci; per es., ant. 5, x93:
nÀ:f}~o:ç o' 1'1.Ù't'ÒV ... Etc; "t"Ì}'\I XO:pOlCX.V, «a- D. :>Ga.pola. NEL NUOVO TESTAMENTO
vendolo colpito al cuore»; 7,241: 't'Ot;Eu-
crcx:c; xa't'& 't'ijç xo:polcx:c; à1tÉX't'EWEv, «lo L'uso neotestamentario del termine
uccise con un colpo al cuore»; 9,II8:
si riconnette a quello dcli' A.T., disco-
't'OU ~ÉÀ.ouç otà 't'fjç xo:polac; ÈVEX?}f.v-
't'Oç, cfr. I 9,346: Ota.xapOLO\I foXE\I òou- standosi chiaramente dal senso greco e
\IT)\I. Anche l'accenno ad intendere il ter- concentrandosi ancor più dei LXX sul
mine in senso traslato in EÙxa;polwc; ani- cuore inteso come organo principale del-
mosamente, coraggiosamente 11 (ant. 12,
3 73: <T<poopcx. Ev:>Gapolwc; bt' a.ù't'òv [scii.: la vita psichica e spirituale e quindi an-
't'ÒV H..É<pa.\l't'a) Òpµ1)<Tcx:c;; bell. 7,358: che come la parte dell'uomo in cui Dio
cpÉpEt\I EÙ:>Ga.polwc; [ scil.: 't'ÒV .fitiva"t'ov) ), si manifesta.
corrisponde all'uso linguistico greco 12 e
non ha analogia con quello dei LXX. Do- l. Un accenno al cuore come organo
ve nell'A.T. si parla del cuore, Flavio
centrale del corpo e sede della forza fì.
Giuseppe usa Ot6.vo1.o: o ljlux1J.
sica vitale troviamo, oltre che in Le. 21,
3. Il giudaismo rabbinico usa leb, le- 34, solamente nelle espressioni di fog.
biib (arnm. libba') nella linea veterotesta-
mentaria; cfr. p. es., Ber. 2,1 : kwn lbw, gia poetica di Act.14,17: ~µm'ltÀ.WV't'po
«egli pensa a ciò», «è consapevole di cp'ijc; .•• -.àç xcx:p&lcx:c; ùµwv, «riempiendo
ciò» 13 ; S. Deut.33 a 6,6: tn hdbrjm h'lh di cibo... i vostri cuori»; e Iac. 5 ,5:
'l lbbk; S. Deut.24 a l,27 (p. 34 Kittel):
(proverbio) «quello che tu hai nel cuore tfrpÉtV<t't'E 't'Ò:ç :>Ga.poia.c; uµwv, «avete
contro il tuo amico, è la stessa cosa che nutrito i vostri cuori» (cfr. I Reg.21,7;
esili ha nel suo cuore contro di te»; Midr. ljJ 101,5; l03,r5).
Qoh. a l,16 14 : il cuore come centro del-
la vita; Ab. 2,9: «Qual è la buona via 2.In vario modo il N.T. intende il
sulla quale l'uomo deve tenersi? ... Un cuore come il centro della vita interio-
cuore buono .... Qual è la via cattiva, re, dove trovano sede e origine tutte le
dalla quale l'uomo deve star lontano?
... Un cuore malvagio»15 ; S. Deut.41 a II , forze e funzioni psichiche e spirituali .
13 (p. 95, Kittel): «C'è un culto (di Dio)
nel cuore? ... Questo è la preghiera»; M. a) Nel cuore stanno i sentimenti e
Ex. 20, 2l: kl gbhj lbb qrwjm tw'bh, gli affetti, le cupidigie e le passioni.
11 Cfr. anche Flav. Ios., Ap.2,85: nisi cor asini to della decisione cosciente e volontaria di os-
ipse potius habuisset et impridentiam canis. servare il comandamento [KUHN].
12Vedasi per es., Eur., Hec. 549; Dion. Hal., 14 STRACK-BILLERBECK I 721.
ant. Rom. 5,8,6. 1s STRACK-BILLERBECK u x4.
13 Frequente nel pensiero rabbinico a proposi- 16 ScHLATTER, Theol. d. Judt. 21.
xa.p5i.a (J. Behm)
Gioia: Act.2,26 (cfr. ~ I5,9); 1o.I6, ponetevi dunque»; cfr. Act. 5>4 (cfr. Ag.
22 (cfr. Is.66,14); Act.I4,I7; dolore e 2,15; Mal.2,2; Dan.1,8 Teodozione) 19;
pena: Io. 16,6; 14,x.27 (cfr. ~ 54,5; Io.13, 2 20; Apoc. 17, 17 (cfr. 2 Esdr.17,
r42,4; Lam.2,u; lob 37,I); Rom.9,2; 5); Act.5,3; Col.4,8; Eph.6,22.
2 Cor.2,4; Act.2,37 {dr. ljJ 108,16); 7,
54; 21,13; Lc.4,18 S? (cfr. Is. 61,1; ljJ In 'Xa.polcc perciò si riassume tutta la
33,I9); amore: 2 Cor.7,3; 6,u;Phil.1, natura interiore dell'uomo, in opposi-
7 17 ; desiderio e brama : Rom.rn,1; Le. zione alla sua esteriorità, al 7tp6<rwitov, r
24,32 {dr. ljJ 72,2I; 38,4) 18 ; di Dio:
Thess.2,17; 2 Cor.5,12 (cfr. l BC'J.<r.16,7),
Act. I 3,2 2: &vopa. xa:tà. -.1}v xa.pola.v
µou (cfr. I Bcx.CT,13,I4); cupidigia: Rom. alla bocca e alle labbra, Mc.7,6 par. (Is.
I,24; Iac.3,14; Mt.5,28; 6,21 par. 29,13); Mt.I5,r8; Rom.10,8 ss. (Deut.
b) Il cuore è la sede dell'intelletto, 30,14); 2 Cor.6,n; Rom.2,29: m:pt.'t0-
la sorgente dei pensieri e della rifles- µ1) 'Xa.pòlixc; 21 , in contrasto con È.'11 'tctl
sione. q>CC.'llEp@ È.V crapxi 7tEpt.'toµ1}, v. 28; Act.
7,51 (cfr. 'fap;9,25; Ez-44,7.9; Lev.26,
Mc.7,21 par.; Mt.12,34 par.; l3,I5b;
41 ). Act.4,32; 'Xctpòla. ... µla (cfr. 2 Par.
Io. l2,40b e Act. 28,27b (Is. 6,rn); Le.
1,51 (cfr. I Par.29,18); 24,38 (cfr. Dan. 30,12). Il cuore, la parte più interna,
2,29, Teodozione); 2,35; 9,47; Act.8, rappresenta l'io, la persona, Col.2,2; I
' '(). E'ltL'tTJ\I
22; H ebr.4,12; A et .7,23: CC.VEpTJ ' \ •
Jo.3,19s.; I Petr. 3,4: o xpuit-tòc; -tijc;
xccpola'll a.Ò'tou, «gli entrò nel cuore}>,
nella mente, vedasi I Cor.2,9 (cfr. 'lEp. x.C1.pòlcx.c; rivi)pw7toc;.
3,16; 51,21; Is.65,16; 4Ba.<r.I2,5); Le. Perifrasi con xa.pola talvolta equival-
2, 19. JI (cfr. Dan.7, 28, Teodozione);
gono al semplice pronome personale o
Mt.9,4 (cfr. Dan.1,8); Mc.u,23; À.É- riflessivo; per es., Mc.2,6: È.V 'tate; x.et.p-
YEL'll Èv "TI xa.polq. aihou == pensare,Mt. ola.t.c; a.Ù'tWV==v. 8: ÈV EC'J.\J'totc;; cfr. Io.
24,48 par.; Rom.10,6; Apoc.IB,7 (cfr. 16,22; Col.4,8; Iac.5,5 u.
Is.47,8; 1J113,1; Deut.8,17; 9,4; l Bw.r.
27,1); Rom.1,21; Lc.24,25. d) Il cuore è soprattutto il vero cen-
c) Il cuore è. la sede della volontà, la tro dell'uomo, a cui Dio si volge; qui è
sorgente delle decisioni. là radice della vita religiosa, che deter-
mina l'atteggiamento morale.
2 Cor.9,7; Act.u,23; I Cor.4,5 (cfr.
Ecclus 37,13) I Cor.7,J7; Lc.21,14: i}É- Lc.16,15 (cfr. l Ba.<r.16,7; I Par.28,
-rE OV\I É\I -ca.te; xa.polcctc; uµwv' «Cosl pro- 9); Rom.8,27; I Thess.2,4 (cfr. 'b:p.II,
17 Similmente Ovid., tristia 5,4,23s.: te tamen 20 Cfr. ZAHN, ]oh. ; BAUBR, ]oh. ad I.
... in toto pectorc semper habet. 21 Cfr. Od. Sal. rr,1 s. (HnNNECKE 447 ): «Il mio
18 Cfr. P. Lond. I I2IA72 (PREJSENDANZ, cuore fu circonciso... L'Altissimo mi circoncise
Zaub. vn 472): xmoµlvri\I 'rii'-' lfiux1i'-' xat col ·suo santo Spirito»; dr. Deut.30,6; 10,16;
-i;'ÌJ'-' xaplila'J. '!Ep. 4.4; 39,39; Ezech.II,19s.; 36,26.
19 Stessa locuzione in Lc.1,66 (cfr. r Baa.21, u Cfr. tuttavia WINER (SCHMlEDEL) § 22,18b.
13; 2 Bo:a.13,20) col senso di 'prendersi a cuo· Nei LXX il riflessivo sta per l'ebraico leb in
re', 'conservare nella memoria'. Ex.4,14; lfi 35,i; Esth.6,6, ecc.
213 (llI,615) (rn,616) 214
xap7t6c;
Nella grecità profana a) in senso pro- una cosa, sia in bene che in male, M.
prio: frutto\ specialmente degli alberi, Ant.9,42,n: itptil;i;wç; Flav. Ios., ant.
del campo, Horn., Il. 6,142: àpovp7]c;, 20,48: 'tfjç evcrE~Ela.ç; Philo, fug.176:
anche il frutto come seme; in senso fi- Èmcr-r1}µ1)c;. Iscr. di Priene n2,14: µ6-
gurato è detto dei piccoli degli animali: VTJ µEylo--touc; àJtoolowaw 1) àpE-tii xap-
Xenoph., Cyrop.1,1,2. b) In senso _ge- 1toùc; xaì. xapt-tac;. Con valore prover-
nerico: frutto, provento, risultato, gua- biale Gregorius Cyprius = Corpus Pa-
dagno; detto specialmente dell'effetto di roemiographorum Graecorum (ed. v.
e guardi attraverso i sensi. Cuore, fegato e reni t Cfr. xa.pl>la ).d}l'll'l), Ez.n,19s. 36,26 ('JEp.
sono spiegati davanti a te come il sole». 39,39s.).
X<lp7tOç
ax)..7Jpoxaplìla.
I Per l'etimologia cfr. carpere, il ted. Herbst
CREMER-KéiGEL 588; PREUSCHBN-BAuERl s. v.; (cfr. PRELLWITZ, Bo1sACQ, s.v.).
MouLT. - M1LL. 578 (s. v. ax)..71po'tp&.xTJ)..oç);
BL.-DEllR. § I20,{.
217 (m,617) x~p7t6ç (F. Hauck) (m,618) 218
2 M. Ant.9,ro,1: q>ÉpEL xcqntòv xat èivt>pwltoç come il teh6m (cioè l'oceano) non può esser
o
xat i>Eòç x~t x6crµoç; 6,30,4: Xtt()'JCÒç -rijç seminato e non porta frutto, cosl gli empi non
É7tLYElou ~wiiç; 4,23,2: niiv µoL xapit6ç, B hanno opere buone e non portano frutto
w
cpépouow al crat t:lpcu, rpvo-Lç' h. cro\i nav- (STRACK·BILLERBECK l 466).
'ftt, Èv o-ot 1tttv·m., Elç crè 1t0;V'tCY... Epict., diss.
5 T. Pea 1,2-4 (18): Il merito ha un capitale e
4,8,36.
anche degli interessi (pjrwt); per il peccato,
J Cfr. RmTZENSTEIN, Jr. Eri. 138 ss.
invece, le cose stanno diversamente: un pec-
4 Gen. r. 30 a 6,9. Che cosa sono i frutti del cato, che porta frutto (=ha come conseguenza
giusto, pjrwtjw 1l fdiq? L'osservanza dei co- altri peccati), ha - oltre al capitale (la punizio-
mandamenti e le opere buone. In Tanh. 'mwr ne nel mondo futuro - anche dei frutti (cioè
r73 a al Ps.36,7: «La tua giustizia è come la interessi = punizione sulla terra); un peccato
montagna di Dio, ma i tuoi giudizi sono un invece che non porta frutto, non ha frutti
·grande tehDm», il midrash dà questa spiegazio- (ma vien punito soltanto nel mondo futuro)
ne: Come le montagne (cioè la terraferma) pos- (STRACK-BILLERBECK I 638). Passo parallelo, b.
sono essere seminate e portar frutti, cosl anche Qid. 40 a (Sl'RACK. BILLERBECK I 466); cfr.
i giusti portano frutti (cioè le opere buone); e STRACK-BILLERBECK IV. Indice s.v. 'Kapital'.
219 (m,618) èixo.pnoc; (F. Hauck) (m,618) 220
frutti. Ciò che si esige come elemento lazione col lavoro apostolico: i successi
determinante è che l'uomo porti buoni del missionario sono i suoi frutti (Rom.
frutti (Mt.21,43). Gli atti pii dell'uomo r,r3; Phil.r,22); l'apostolo è paragona-
sono la prova della sincerità della sua to al yEwpy6c;, che può aver parte al
µé,..tX,\lo~a; (Mt.3,B par.). Gli atti dell'uo- frutto che ha ottenuto col suo lavoro (2
mo, in quanto ne sono i frutti, sono ad- Tim.2,6; I Cor.9,7); la colletta a favore
dirittura il segno di riconoscimento (Èm- dei cristiani di Gerusalemme è un f rut-
')''llWa'EcrfrE) della sua interiorità nasco- to delle comunità paoline(Rom.r5,28)7 •
sta (Mt.7,r6 s.). Come il valore di un Paolo augura ai Filippesi una ricompen-
albero si valuta in base a ciò che dà, sa di benedizione (xa.prtbv; cfr. sopra:
co~l il senso religioso che l'uomo dimo- xa.p7t6c; = conseguenze delle azioni) per
stra nel suo agire diviene la misura de- l'aiuto dato a lui (Phil.4,17 ). Analoga-
cisiva per H giudizio di Dio (Mt.3,10; mente in Hebr.r2,II la giustizia è la
7,19). A chi non reca frutto si minaccia conseguenza (xa.p7t6c;) della benedizione,
la riprovazione (Lc.13,6). che la divina 7tmOEla. opera in coloro
ai quali giunge. Secondo Iac.3,18 Dio
Quale sia la potenza che fa germo-
riçompensa con la giustizia coloro che
gliare il frutto, nelle espressioni sinot-
agiscono con la saggezza superna 8 •
tiche non traspare, mentre è chiaramen-
Nel vangelo di Giovanni Cristo vien
te indicata da Giovanni nella comunio-
paragonato al grano di frumento la cui
ne col Cristo (lo.r5,2 ss.), e da Paolo
morte è il presupposto necessario di una
nello Spirito Santo (Gal.5,22; Eph.5,9).
ricca messe di frutti (Io.12,24) 9.
La santificazione della vita è dunque il
frutto di cui il cristiano fa esperienza in
se stesso come soggetto spiriruale (Rom.
't &xap7toc;
6, 22). Viceversa, l'uomo precristiano a) in senso proprio: sterile; nei LXX
sottostà alla potenza del peccato e ne soltanto in Ier.2,6: yij; Herm., sim.2,
3: detto dell'olmo che non prciducefrut-
porta il frutto corrispondente (Rom. 6,
6
to commestibile; Flav. Ios., ant. 2,2.r3:
20 s.) • di Sara; Epict., diss.1,17,9: l;ulov. Nel
xa.prt6c; è posto poi variamente in re- N. T.: Iudae 12: OÉvopa.. b) in senso
6 ab. R. Nat. 16 (6a) in STRACK-BILLERBECK IV (1930) 263; ep. Ar. 232; Herm., sim.9,19,2.
474.
7 o'<ppa.yl~ew -ròv xa.p7tov, il sacco dei cereali 9 Per l'immagine cfr. I Cor. 15,36ss.; Epict.,
viene sigillato, DEISSMANN, N.B. 65 s.; BGU I p . diss.4,8,36; un rapporto con i misteri eleusini
250,21 : o-cpp&yE~aov -rl> <TEL'tapLov; M.-J. LA- (spiga) in ogni caso è da escludere. In essi an-
GRANGB, Epitre aux Romains, Etudes Bibliques che il motivo del portar frutto non è centrale,
13 (1922) a Rom.15,28: sigillare= portare alla CLEMEN 280; G. ANRICH, Das anlike Myste-
conclusione. LmTZMANN, Rom.123. rienwesen in seinem EinP11s:r auf da:r Chri:rten·
8 A.MEYBR, Das Ratsel des Jk:::::ZNWBeih.10 Jum (1894) x46 n. 1.
121 (m,618) ~<tp'tEpÉw ('W. Grundmann) (111,619) 222
I · I
xap"t'EpEW, 1tpo<rxccp"t'EpEw,
1tpoo-xccp-c-Épt}O'~c;
xap7toq>opfo.>
1 Il medio, eccetto BMI- 918, è attestato solo co, io semino in voi la mia legge, e deve in voi
qui. Per il concetto cfr. 4 Esdr.3,20; 9,31: ec- portare frutti cli giustizia.
223 (rn,6r9) xa.p'tEpÉw (W. Grundmann) (m,620) 224
µ'Lv xap't'EpEiv où Moi.ov, Eur., Iph.Aul. al timore del re, alla fuga di Mosè do-
1370; ... crwµa.'t6c; -re xaL ~vxi)c; xaxw- po l'uccisione dell'egiziano o alla libe-
crw;... xa.p-rEpTjcrovaw, Philo, agric. l 5 2.
Il vocabolo è anche termine dell'etica razione del popolo. Il fondamento del-
greca, dove è usato per esprimere il giu- la perseveranza, che ha come presuppo-
sto atteggiamento del saggio. sto la fede, è indicato nelle parole 'tÒV
Nei LXX xap"t'EpE'i:v è traduzione di a6prx.-.o\I wc; òpwv. La fede, che rende
/_Jiizaq all'hif'il, tener fermo (lob 2, 9:
'odkii mapazlq betummateka, µSxpi. -rl- possibile la perseveranza, afferra l'Invi-
\loc; xap"t'epi}crnc;, dove xap't'EpEt\I signi- sibile e lo avverte come qualcosa di vi-
fica perseverare, tollerare), e di pifa, ge- sibile, reale e presente. La presentazio-
mere, gridare: Èxa.p-rÉpT)O"a wc; 'Ì) -tlx- ne della fede come qualcosa che si vol-
'toucret. (ls.42,14), dove il gemito di una
partoriente si tramuta in tenace perse- ge verso Dio ( Eu'tt\I oÈ. 7tl0"-ttc;... 'ltpa.y-
veranza. In Ecclus 2,2 xap·d.pTJO"O\I sta µa-rw\I n.Eyxoc; ov PÀ.rnoµSvw\I ... 1Ct-
come ammonimento in una serie di al- O''t'EUO"O'..I. yàp oEt -ròv TCpoo-EpxoµE\lo\I
tre esortazioni da tener presenti nel ser-
vizio di Dio. Spesso il vocabolo ritorna, ['t'(i>] ~Eii> lht fo-rt\I, «la fede è... un
come termine dell'etica greca, in 4 Mach. esser convinti di realtà invisibili... chi
(9,9.28; lO,I.IIj 13,n; 14,9), in conte- s'accosta a Dio deve credere che egli è»,
sti martirologid, ed allora assume il si-
Hebr.rr,I.6) viene qui illustrata con un
gnificato univoco di soffrire. Per il si-
gnificato di insistere, perseverare, dr. 2 esempio. «Quel che dà alla fede la sua
Mach.7,17. In Ecclus l2,r5 sta per jit- peculiarità è l'essere invisibile di Dio,
kalkiil (da kul), tenersi, reggersi 1• non la grazia divina, come in Paolo» 3 •
Nel N.T. xapupEt\I ricorre soltanto La concezione del N.T. ha questo di es-
in Hebr.rr,27, nel capitolo sulla fede: senziale: una fede nell'invisibile, ma
'ItlO"'t'EI. Xet.'t'ÉÀ.t'ItE\I Ai:yU1t't'O\I, µi} q>O~T) pur reale esistenza di Dio, posseduta
iMc; -.òv wµÒ\I -çou f3a.cr1.À.Éwc; · 't'Ò\I y~p dall'uomo e tale che lo rende capace di
6:6pa.'!O\I wc; ÒpW\I Éxap't'ÉpT]O"E\I, «nella agire anche nelle situazioni più difficili
fede {Mosè) lasciò l'Egitto, non temen- - una fede come è attestata ad es. nel-
do l'ira del re; perseverò, infatti, come 1'A.T. -, sta accanto alla fede nel Dio che
se vedesse l'Invisibile» 2 • La fede è il in Gesù Cristo si rivela e si dona a noi;
presupposto e la ragione che rende pos- anzi, la fede dell'A.T. è addirittura il
sibile resistere in una situazione peri- presupposto di quella specificamente
colosa. Non si può accertare con sicu- neotestamentaria 4•
rezza se l'uscita dall'Egitto sia dovuta
XCl.P"tEpÉw
PAPE, PAssow, s.v.; WINDlSCH, Hebr. a rr,27. 2 G. H. WHITACKBR: ExpT 27 (19r5-r6) 186,
1 In Simmaco il verbo compare in Mich.7,r8 propone di tradurre, riferendosi ad un passo di
Plutarco: rivolgere gli occhi a...
per IJr.q (LXX crvvÉ:xm1), in Zach.12,5, dove
Aquila legge 'mf al pi'el, mentre i LXX presup- 3 WINDISCH, Hebr. a rr,27.
pongono mf' [BERTRAM]. 4 Similmente Rom.3,27 e 4,16-21.
225 (rn,620) 7tpocrxa.p"tEpÉw (W. Grundmnnn) (m,621) 226
1tpocrxcwn:pÉw
E. SCHURER, SAB ( 1897) 214 s.; MouLT.-MILL. 1 Cfr. STRACK-BILLERBECK II 237 s.
s.v.
229 (m,622) r.pocrxap-.ÉpTJO'~ç (W. Grundmann) (m,622) 230
2 Cfr. Tanh. t1{1 9 a: ... affinché essi restassero I Imcriptiones Antiqtiae Orae Septentrionalis
in Babcl, nella loro dottrina, da quel giorno Ponti Euxini Graecae et Latinae, ed. BASILIUS
fino ad oggi. LATYSCHEV l i (Petropoli 1890).
x r1.:t1X.~ oÀ:/1
1 ScHLATTER, Mt.444; ScHLATTER, ]oh.325 tra- preparato ognuno per ciò che era previsto per
duce: prima della seminagione dell'umanità. lui. Lo stesso concetto si ha quando, in luogo
Ma l'irrum!gine è estranea alla Bibbia. Il paral- di 'a partire da', si dice 'prima', Tanh. wir'
lelo con wtl~EW chiarisce che l'immagine è de- 48 a: Questa parte era destinata a loro prima
rivata dalla posa delle fondamenta. che fosse creato il mondo. Tanb. 111swr' 26 a;
2 mitte!1illat beriiilito Jet 'oliim ( = a7t' àpxijç Prima che Dio creasse l'uomo, det~·rminò per
X't"lo-ewç), Pesk.21,q5 a; Midr. Esth.1,1 (82 a). lui tutti i castighi (STRACK-BILLBRBECK I 982).
Dall'inizio della creazione del mondo Dio ha 3 Cfr. b.Niddà 3ia: Suo padre dà il seme bian-
233 (m,623) xa.w.oix&.!;w (G .Schrenk)
co.. ., sua madre dà il seme rosso .. ., il Santo, secondo Ja quale nell'organismo della donna si
sia benedetto, dà lo spirito, l'anima... ; ibid. secerne il 'seme rosso' (sangue) in corrispon·
31 b: R. Ami (circa 280): Se il seme della don· denza all'emissione maschile ('seme bianco')
na viene per primo, nasce un fanciullo, ma se [KmIN].
viene per primo il seme dell'uomo, nasce una
xr1.:moix&.~w
fanciulla, come è detto in .Lev.12,2 ... Si tratta
di una primitiva concezione dell'atto sessuale, 1 Per i papiri cfr. PRBISIGKE, ìY/ort., s.v.
xa"taolx11 (G. Schrenk)
ìmm. I I 2: f.v 01xo:CT't'l)pl~ xcxmxotxa- prova 6 • D'altra parte qui per contrasto
criYÉv'ta<;, detto delle condanne in giudi- viene convalidato il senso forense di
zio; plant. 17 5: Él; E:pi)µou xa't'ao1xa-
crl1Év'toc;, a proposito della condanna in otxm6w (-+II, coll. 1301 ss.). In Le. 6,
, y
contumacia 2 • Cfr. Luc., de calumnia 8; l'
37: '.Xll.L! µ1)' '.XCX.'t'IJ.OLXll.')E't'E, xat\ ov' µl]\
Sap. Il, rn: 7tOV1)pta xa't'ao1xo:soµÉv11 . :xo:-.0:01xrurìlfj-cE, «non giudicate, e non
Nei papiri il passivo xa"t'ao1xét.soµa.1 si-
gnifìca perdere il processo 3 • sarete giudicati» (-+ coll. 234 s.) invece
che &xatovv l'opposto di xa:mo1.xétsw
3. Al medio si usa quando gli accu-
è à.7toÀ.UeLv, assolvere. In Iac.5,6 xa-ce-
satori ottengono o provocano la con-
danna dell'avversario a loro favore, vin- ÒtxMa.'t'e è rivolto ai ricchi dal cuore
cono il processo contro qualcuno (·n- duro che, abusando del diritto, hanno
v6c;), Demosth., or.47,I8: ȵou à.Slxwc; condannato i poveri giusti.
xo:-ceo1xticro:"t'o 4 • Perciò o xo:-co:o1xacra-
µEvoc; è il querelante: Plat., leg.9,857 a.
Nei LXX è traduzione di rS' all'hif'il, ~ t XCX."t'CXOLXT)
1
I < I
XCX.'tCX.V'taW, umiv't'aW,
' ,
U7t(1.V'tt) cn.c;
2 w
Altri particolari in PREISIGKE, ort. e Fach- 3 Il textus receptus ha Blx11v, sulla base di
worter, s.v.; P. M . MEYER, Jurist. Pap. (1920) Act.25,3 (correzione).
71 col. II 32, nota e p . 2j8.
xa-rav't'aw (0. Miche!)
XCl't'IX.V't'~W
I «Paolo non 'decide' l'ultimo fine, come opi· surrezione per il giudizio)». G. HEINZELMANN,
nano alcuni. Soltanto con tremore e timore sl in N. T. Deutsch II2 (1935) 528.
può sperare la risurrezione nella gloria di Cri- 2 Unità e unicità, unità e assolutezza, unità e
sto (solo di questa qui si parla, non della ri· perfezione in Eph. e Hebr. sono connesse l'una
xa.-rtx.v'tci.W (O. Michel)
con l'altra in una stretta concatenazione logica. scenza egli dona un'incrollabile verità, alla fe.
La teologia della EVO'TTJ<; (Eph. 4,4-5) e del- de dona un intimo amore, il tutto mediante lo
1' icp<bto:!; (Hebr. 9, 12) rientrano dunque nel Spirito, nel quale egli abita in noi» (cfr. 3,
N.T. 16·17).
3 G. CHR. A. v. HARLBSS, Commefl/ar iiber s PREUSCHEN-BAUEll.1, s.v.: «Non è l'uomo che
den Brief Pauli an die Ephesier ( 1858), 380: raggiunge qualcosa, bensl qualcosa che raggiun-
«L' &:.vl)p -rtÀELOç, la comunità considerata co- ge l'uomo». Cfr., nel diritto ereditario, la pro-
me un tutto pervenuto alla maturità, è il com· prietà che tocca agli uomini: 13GU IV xx69,ZI.
pito, alla cui realizzazione hanno fino ad oggi Vedi anche P. Oxy. I 75,5; II 248,n; 274,19,
lavorato tutti i maestri umani, ed anche Calvi- come pure 2 Sam. 3, 29 LXX: xa'tav-r-ncr&.-rw-
no ha ragione, quando osserva: hic admonet, crav ~'ltt XE<pO:ÀTJV 'Iwà.~ X'1.t È7tt 1t&.\l'ta 'tÒV
mum ministerii non esse temporalem, sed per- olxov -coli 7tl'1.-rpòç aù-coii. Similmente .2 Mach.
petuum, quam diu in munda versamur». 6,14 ( cod. A): µÉxpt 'tov xawNtl}cra.v-roç aò-
" HARLESS, op.cii. 379 : «11 frutto della fede e 'tovç 7tpÒç Éx7tÀl'}pwow àµap'ttG'>v xoì.&.crm.
della conoscenza è quella :u_nità nella quale Cri- lob 29, 13 (Simm.): EÒÀoylo: arcoÀÀuµÉvou
sto abita nei nostri cuori indiviso. Alla cono- É7t' ÉµÈ xa.-ci)v'ta. ljJ 31,6 (Aq.); Ez.7,12 (Aq.)
Ù1ta.v-tciw (0. Michcl) (m,628) 244
t xrx:tcx.vvcrcrw, t xcx.'t'civuçLç
Il termine appare nel N.T. in un so- esprime forti emozioni di diversa spe-
lo passo, che è poi una citazione del- cie, che menomano la libera volontà del
soggetto: tenore (Gen.34,7), contrizio-
1'A.T. (Rom.u,8; cfr. Is.29,ro e Deut. ne (Ecclus 14,1), l'ammutolire (~ 29,
29,3). Anche il verbo corrispondente, 13), una passione assurda (Sus.10 [LXX
parimenti un hapax legomenon, si ap- e Teodoz.] ). Fuori dei LXX xa-taw~L<;
poggia a un termine dei salmi (Act.2, appare solo nella letteratura cristiana 1•
Il verbo semplice \IUG'crw, pungere, for-
37; dr. lfJ 108,16). Paolo trova nelle zare, suggerisce per Xet'ta.\lucrcrw 2 il si-
parole di Isaia una conferma della sua gnificato di perforare, abbattere perfo-
affermazione, secondo cui l'ostinazione rando. Tuttavia è difficile ammettere che
si tratti di un neologismo dei LXX; il
di tanti giudei, come pure l'elezione di termine vi ricorre solo in senso trasla-
Israele, è opera di Dio. Quanto all'e- to, senza che appaia in un passo l'imma-
spressione -itvevµa:. ìW:'tavuf;Ewç, il con- gine di qualcosa che è perforato. Sem-
testo permette solo la traduzione spirito bra piuttosto che anche il senso trasla-
to abbia già avuto una sua storia, cosl
di stordimento, che è anche il senso del che i traduttori dei LXX avessero per-
passo di Isaia. duto il ricordo del senso originario del
termine.
Altrove nei LXX xrna.\IUCTCT~crilcx.t. H.GREEVEN
~ &.vaTta:.ùw, &:v&.mx.ucw;,
' ,
Emx.vamww
uccidere (Hom., Il.i6, 618). Inteso in passivo, che invece nei LXX s'incontra.
questo senso XO:"t'U1to:vav è per lo più no di rado (Ex.16,13; lob 21,34).
un'ingerenza dall'esterno che mi reca
dolore. Tuttavia il termine, riferito e- Nel N. T. incontriamo il termine fil
gualmente a persone, può avere il sen- Act. I 4, I 8 : µ6 À.Lc; :x.a-tÉ7tct.V<ra.v -toùc; o-
so completamente diverso di c) mettere XÀouc; 'tOU µi) MEw av-coi:c;, «a stento
uno in uno stato tale che cessa di sof-
distolsero la folla dall'offrir loro un sa-
frire (per es., da parte dei suoi nemici,
Ex.33,14; Deut.3,20, pur senza nomi- crificio»; (significato b). In Hebr. 4 ven-
nare l'origine del danno), procurare quie- gono poste a confronto due caratteri-
te, mettere in istato di quiete. L'uso po- stiche affermazioni dell' A. T.: Giosuè
sitivo di un termine, che originariamen-
ebbe l'incarico di portare al riposo il
te era piuttosto negativo, non va inte-
so come indice di una concezione pas- popolo nella terra promessa (:x.a-cÉ1taU-
siva e quietistica deila vita, ma deriva cro.v [senso c], v. 8); Dio riposò (:x.wtÉ·
dalla consapevolezza che il destino del- TCO:UCTEV [senso d], v. 4) il settimo gior-
l'uomo, per essere conforme al suo fine,
no. A ben pensare, questa bivalenza del-
è contrassegnato da un intervento su-
periore, da un inesorabile oùx btd)uµ:fi- le espressioni bibliche mostra che anche
O'Etc;, non concupisces. Cosl non è un qui l'A.T. supera se stesso e che oggi
puro caso che un simile uso del termi- ancora sussiste la promessa. Un reale
ne sia conosciuto, in sostanza, solo dai compimento dell' incarico conferito a
LXX, nei quali generalmente il sogget-
to di xa-ra1ta.VE~\I è Dio o un suo mini- Giosuè si sarebbe verificato - come di-
stro, e che il riposo di cui si tratta sia mostra pure (v. 7) il Ps.95,7 ss. - in ma-
quello che si consegue nella terra pro- niera diversa da quella che dice 1a sto-
messa (Deut.3 ,20; Ios.r,13, ecc.). d) Di ria. Poiché Dio lo vuole, questo com-
conseguenza il transitivo far cessare e
l'intransitivo cessare in certo qual mo- pimento deve portare e porterà (v. ro)
do sono assai vicini, e in questo senso un xa-ta:mx.vELV, che corrisponde al xa-
viene usato lo stesso modo del verbo 1, -ro:1ta:Uét\I di Dio stesso (cfr. I Cor.15,
sia in costruzione participiale ( Gen.49, 28). «Oggi» (Hebr. 3, 7. 15) i µi"t'oxoL
33 : xa.-i-imwcnv Ém"t'cXtrirwv) sia asso-
lutamente (Gen.8,22: i)époc; xa:t fo;p où (partecipi) -i-oli XptCT"t'OU ( 3 ,14) sono chia-
xa."t'o:mx.ua-ouaw ). Spesso allora signifi- mati ad essere pronti per questo riposo
ca - e qui riprende il senso c) - ripo- (~ xa.-rci1tct.U<nc;). L'uso caratteristico
sare (Ex.20,II: :X.ct."tÉ1Cttu<reV "tU -ijµÉpct che i LXX fanno del termine è il mezzo
-tT\· E.f306µ11, dr. Gen.2, 2 ). All'infuori
dei LXX il termine nel senso intransi- linguistico più adeguato a rappresenta-
tivo assai raramente 2 è usato all'attivo, re questo passaggio dall'A.T. agli scopi
mentre è più frequente al medio e al ultimi di Dio tramite l' 'oggi' del N.T.
A. xa.-ra.7tÉ'ta.<rµa. FUORI DEL N.T. devano le porte che davano sulla corte)
o anche ~i]À.ov, mutuato dal latino ve-
I. Il termine xa."t'a7tt·muµix - che si-
lum. Tuttavia il termine sembra essere
gnifica propriamente 'ciò che è disteso
verso il basso' - è poco attestato fino- stato tecnico nel mondo greco per desi-
ra fuori della letteratura biblica. Il vo- gnare una specie di velo in uso nel tem-
cabolo usuale per dire coperta o corti- pio, accanto a 7ta.pa.7tÉ'tet..O"µct, come si ri-
na è 7tapa.7tÉ'tmrµa. o a.ùÀa.la. (da a.u- scontra già nel 346/ 5 in un inventario
À1}, originariamente le 'tende' che chiu- del tempio di Era a Samo 1• Nella vita
xoc't'tx.1téi:auµa:
PREUSCHEN-BAUERl 691 s.; WILKE·GRIMM 233 Ka't'OC1tÉ't"aaµa, in: Kvptoç, Vierteljahrschr. fiir
s.; TH. ZAHN, Der terrisse11e Tempelvorhang: Kirchen- und Geistesgeschichte Osteuropas I
NkZ 13 (1902) 729-756; H. LAIBLE: ibid. 3.5 (1936) Heft l; H. WENSCHKEWITZ, Die Spiri·
(1924) 287-314; ID. in STRACK-BXLLERBECK m tualisierung der Kultushegriffe T empel, Priester
733-736; P. F:IIIBIG, Der terrissene Tempelvor- und Opfer im N.T.: "Ayyd..oç 4 (1932) 70-230.
hang ; N eues Sachs. Kirchenbl. 40 (1933) 227- 1 DEISSMANN, L.O. 80, seguendo O. HOFF-
236; C. ScHNEIDER, Studie11 zum Ursprung li-
turgischer Eintelheilen ··astlicher Liturgie11 I: MANN, Die griechiscbe11 Dialekte III (1898) 72.
251 (m,630) xa;-tctnÉ'tet.CTµtt (C. Schneider) (m,631) 252
tunza per il culto, non solo perché co- della morte di Gesù si lacerò -.ò XO:'t'0:-
priva il Santo dei Santi e poteva essere 1tÉ"t'o:<rµo: "t'ov vaov (Mt.27,51; Mc.15,
attraversato solo dal sommo sacerdote 38; Lc.23,45). Con ogni verosimiglian-
nel giorno dell'espiazione 14, ma perché za gli evangelisti pensavano al velo da-
in questo stesso giorno esso veniva a- vanti al Santo dei Santi, non avendo il
sperso col sangue della vittima 15• La velo esterno grande importanza 19• Gli
leggenda talmudica del velo sanguinan- evangelisti vogliono dire che la mort~
te 16 ne mostra la connessione con con- di Gesù apre l'ingresso al Santo dei
cezioni magiche. La stessa tradizione Santi.
narra che esso fu portato in processio" Secondo un frammento del Vangelo
ne nel trionfo di Tito; ma nel rilievo dei Nazarei tuttavia, in seguito al ter-
dell'arco di Tito non lo si riconosce. remoto, invece non si lacerò il velo, ma
si aprl una grossa crepa nell' architra-
4. Non è verosimile che le sinagoghe ve del tempio (superliminare templi in-
avessero copiato il velo del tempio, poi- finitae magnitudinis fractum esse atque
ché la supellettile del santuario si pote- divisum) 20 • E. Nestle 21 suppone uno
va rappresentare, ma non copiare. Ma scambio tra piiroket = velum, e kaptor
non è sicuro fin dove arrivasse questo di- =capitello; ma questo è inverosimile22 •
vieto e quanto fosse antica17 • Ben presto, La notizia si ricollega forse a una storia,
tuttavia, nelle sinagoghe furono usati dei nota anche a Flavio Giuseppe, Tacito e
veli, soprattutto davanti allo scrigno al Talmud, secondo cui lo stesso tempio
della torà ( wjhwn = velum, oggi prau- aveva dato segni di avvertimento della
ches) 18. sua distruzione 23 • In questo senso anche
la chiesa antica aveva interpretato i pas-
B. Xa'tamhrurµ~ NEL N. T. si citati 24•
I. Il N.T. riferisce che al momento 2. In tre passi la Lettera agli Ebrei
(6,r9; 9,3; ro,20), riferendosi sempre Cor.5,16 - essa è come il velo che sta
al velo interno 25 • Anche il santuario ce- tra il Santo dei Santi e la comunità, ma
leste, che in tutto è ben più prezioso dall'altra rappresenta l'unica via possi-
del tempio terreno, ha il suo velo; ma bile per giungere al Santo dei Santi 26 •
Cristo, il vero sommo sacerdote, lo at-
Riferendosi a questo passo la chiesa
traversa non soltanto per sua volontà, orientale ha inserito nella liturgia il xa.-
ma come 7tpoopoµo~, precursore ( 6 ,20) 't'a7tÉ't'acrµa, il quale, anche dopo esse-
dei suoi. In ro,20 questo velo, attra- re stato rimosso dal posto che occupava
tra le colonne del ciborio sull'altare o
verso il quale Cristo è passato e che
nell'arco trionfale e sostituito dalla !Ja-
noi attraversiamo con lui, è identificato rete figurata, ancor oggi esiste nei veli
con la carne di Cristo. Nel pesante sim- posti alle tre porte dell'iconostasi, e
serve spesso per annunciare un muta-
bolismo di questo passo traspare il du-
mento di scenari_
plice significato dell'esistenza terrena di C. SCHNEIDER
>)I'
xa'ta1tlvw ~ 7tlvw
I
xa't'ap't'~~w, xa't'a.p't'L<TLc;, xa-ra.p-n-
xa-.anln-rw ~ 7tt7t't'W crµ6c; ~I, coll. 1265 ss.
xa-.apa, xa-i-aptioµm ~I, coli. n97 xa't'aO'Xi)'llOW ~ crxf}voc;
ss. Xct't'GtCTXO'JtÉW, Xct't'lXO'X01COç-7 O'X01tÉW
xa:'tcxpyÉw ~ I, coll. 1207 ss. X<t.'t'<t.CT't'ÉÀ.À.W, X<t.'t'O'.CT't'OÀ.1} ~ CT'tÉÀ.À.W
Xet."CCXO'"t'p'l')\!Ltll.ù
4,42. Diversamente Chrys., hom. in Mt. 88,2 PREUSCHEN-BAUER1 697; WILKE-GRIMM 235;
(MPG 58,826). Thcs. Steph. 4,1254.
25 "CÒ ÈcrC:l"CEPO\I "COV XCt.''CC1..7tE'taCTµC1..'tOç (Lev. 1 Pscud.-Ign., ad Antiochenos 11, è solo una
r6,2.r2) o "CÒ OEU'tEpov xr1:tC1..7tÉ'ta:uµa.. libera citazione di I Tim.5,n.
1.6 Cfr. WENSCHKl!.WITZ, o.e. 207 s. 2 Suida, s.v.; Phryn., ecl.357, p. 475; Athcn. 3,
21 F. E. BRIGH'f MANN - C. E. Litt1r-
HAMMOND, IOI (p. 127d).
gies Eastern and Western I (1896) 59os.; RE1 3 Palladas in Anth. Pal. 7, 686, 6; Lycophron,
Il 226 s. s.v. 'Bilderwand'; ScHNEIDER, l.c. Alcxa11dra 438 (ed. C. v. HOLZINGER, r895).
;.57 (nr,632) xa.-.a.qipovÉw (C. Schneider)
I 8 ,3. I primi commentari cnsuam in- accolta nella classe ufficiale delle xnpa~
terpretano I Tim.5,11 con &.xxta-iìw(nv (vedove) e addetta a un vero e propl"io
(esser vano) o con iìpu;tTl.ù\l"t(U ( Dpu-
ljlwv-rat) 4. Etimologicamente questo vo- servizio della comunità 7, temendo che
cabolo può accostarsi al latino strenuus, le più giovani finiscano col rimaritatsi
'assiduo, alacre, prode'. La terminazione e quindi non si dimostrino più fedeli
in -taw è quella dei verbi indicanti ma-
lattie 5. all'ufficio assunto né al Cristo. L'affer-
mazione non è frutto di considerazioni
Il genitivo "t"OV XptO'Tou può ritener- dogmatiche o etiche, e nerruneno espres-
si retto dal ptefisso xwta, sicché il sen-
sione di un atteggiamento ascetico; si
so di r Tim.5,n è: divengono lussurio-
tratta semplicemente di una prescrizio-
se contro Cristo, o ardono di desiderio ne dettata dall'esperienza nella comuni-
sensuale in opposizione a Cristo 6 • tà, come dimostra il tenore dei versetti
L'autore della I Tim. esige che nes-
precedenti e seguenti.
suna vedova al di sotto dei 60 anni sia
C. SCHNEIDER
I I
XC't't'ct.q>pO\IEW, XC't.'t'ct.q>pOV'l')"t'T)<;
'ltEpt.q>pO\IEW
anche voler dire essere intelligente, sag- con lo stesso significato di xa.'ta.<ppo\IÉW
gio 3. Nei LXX appare nell'accezione di di I Tim.4,12. Qui tuttavia non si dice
disprezzare (4 Mach.6,9: 'ti'jc; &:vciyx1]c;;
7,I6: "t'W\I ~a.crci\IW\I; I4,I: 't'W'V ri)..y1]- che la giovinezza di Tito sia il pretesto
o6\IW\I ). particolare dell' altezzoso disprezzo da
Nel N. T. si trova solo in Tit.2,I5, parte degli altri.
C. SCHNEIDER
Si trova in Horn., Il.9,457, dove Ade tomba e protettori del riposo del sepol-
è detto ZEùc; xa."t'a.xl>6vtoc;; il termine cro, una moglie, che fa erigere il sepol-
(derivato da xa-rà xl>ov6c;, chi è sotter- cro al marito defunto, prega gli dèi sot-
ra, in opposizione a !'ltt.)cMvtoc; = !1tL terranei che abbiano cura dell'anima del
xllovì. wv) significa sotterraneo ed è si- morto: 1tEpt OV ofoµaL 'tOÙç, X<.t'tCl.Xl>O-
nonimo del più frequente xMvtoc; 1• È VLoVç l>Eoùc; 'tTJV ~vxiiv dç, -.ove; tvat-
un attributo degli esseri divini che han- 0E~<; xa'ta"t'à.çm, «per questo prego gli
no sede nel mondo sotterraneo. Cosl dèi sotterranei di voler annoverare l'ani-
Apollonio Rodio (4,I412 s.) distingue ma tra i beati» (IG XIV 1660 ). Altre nu-
tra le divinità femminili le oùpcivta.t merose iscrizioni, in cui i xa"t'a;xl>6vtor.
1lEal dalle xa"t'axll6vtat e dalle olo'lt6- DEol sono menzionati come dèi dei mor-
Àot vuµcpa.t (ninfe che vivono in luoghi ti, si possono vedere in IG III 2,1424;
solitari). I 1lEoÌ. xa.-raxt>6v1.01. sono men- Ditt., Or. I 382,I. L'espressione bEoÌ.
zionati in numerose iscrizioni tombali xa:mx1>6vtot corrisponde al latino di
qualche volta anche col loro proprio no~ manes. Di oa.lµovEç, XCX.'t'a.xl>6vLot parla
me, p. es. IG III 2,I42 3: mxpa.olòwµi. Hierocl., carm. aur. 1, p. 419, mentre in
"t'otc; xa;-ra;xl>ovlotc; i)'Eoi:c; -tou-to -rò -i)pt{l- Audollent, Def. Tab. 74,1 vengono men-
ov cpuÀcicrcmv, IIÀ.OU'tW\IL xa;ì. a1)µl)"t'pt zionati gli liyyEÀoi. XC1.'ta.x1>6v1.01..
xa.t I1EpO"~cp6vn :x.a.L 'EptvvuO"tv xat mi- Nel N.T. xcx.'ta.xt>6vLOc; ricorre inPhil.
O"LV -roi:c; xa;-ra;xl>ovlotc; l>Eoi:c;, «affido agli
dèi sotterranei il compito di custodire 2,10: i:vcx. Èv "t'0 òv6µa;'tr. 'I11uov miv
questo eroo, a J:'1utone e a Demetra e y6\IV xaµo/n É1tO\Jpa.vlwv xa.t ÈmyELW\I
a Persefone e alle Erinni e a tutti gli
dèi sotteranei». Se qui gli dèi sotterra- xa;t xa;"tcx.xDovlwv, xa.t 7t®a y À.wuua.
nei sono invocati come custodi della tçoµoÀ.oyi}O""rrmr., «affinché nel nome di
mosthenis encomium 8; Pseud.-Plat., Ax.372 a; culto dei beot xa."ta.xMv101, dr. E. ROHDB, Psy-
Plut., Thes. i,4 (I l c); Pericl. 31 (r 169 a); P. che 11• (1925) II9ss.
Oxy. I 71 II col. 16. l Originariamente significava solo 'appartenen-
3 Pseud.-Plat., Ax.365 b. Il sostantivo '1tEpLcpp6-
te alla terra', 'che sta in rapporto con la terra'
VTJC1Lç non si trova nel N .T. (opposto di oòp&.vLoç), ma ben presto, a quan-
xa:ta.xMvLoc; to sembra, xM\JLO<; fu usato come sinonimo di
LmDELL-ScoTT; PREUSCHN-BAUBR, s.v.; per il xa.-ea.xMvLO~ [DBBRUNNER].
xa.-.epy6.!;oµa~ (G. Bertram)
Gesù si pieghi ogni ginocchio degli (es- gico di Phil.2,6 ss.) intendesse designare
seri) celesti, terrestri e sotterranei, e con xa-.axiMvLoL, tanto più che la tri-
ogni lingua faccia professione di fede». plice categoria di esseri non ha valore
Gli esseri celesti, terrestri e sotterranei di classifica, ma di riassunto. Quanto po-
rappresentano l'insieme di tutte le crea- co simili formule si prestino a una rigo-
ture spirituali, come in lgn., Tr.9 1 1, do- rosa analisi logica, è dimostrato da Apoc.
ve della morte in croce di Cristo si di- 5,13 1 dove le creature razionali (ÀÉyov-
ce che è avvenuta ~Àrn6v-.wv 't'W\I Èrcou- ·ra.c;!) e quelle inanimate ( 't'èx. È:v a.Ù't'o~c;
pavlwv xai bwyelwv xaL Ù1toxl}o'Vlw'V, mx.v't'a) si confondono. In ogni caso, vo-
«sotto gli sguardi delle creature celesti, ler fare una classificazione degli esseri
terrestri e sotterranee», e in Apoc. 5 ,13, nominati in 2,10 s. e considerare i xa-
dove, invece dcli' insieme degli esseri -.axM\ILOL solo come i morti che riposa-
spirituali, compare il concetto di tutte le no sotto terra 3 , non solo è falso, ma è
creature: 7tii'V x-rlcrµa 8 È'V 't@ oùpav0 anche indice di un'errata intelligenza del
xat È7tL -rfjc:; yf)c; xat vn;oxa'tw ·djc:; yfic; linguaggio liturgico e poetico di Phil.2,
xa.t È7tL -.f}c; ila.Àrio-cr'r}c; 2, xu.L -r;(;. Èv a,V- 6 ss. Al contrario, l'uso greco del termi-
-coi:c; 7td:'V-.a., 1)xourra ÀÉyov-.ac; (segue la ne si riferisce sempre o a ì>eol o a oal-
dossologia). Non è più possibile stabilire p.OVE<;.
chi Paolo (o l'autore del carme cristolo- H.SASSE
t Filone (plani. 50) interpreta questo passo, e stante che MouLT.-MILL. rinvii a P . Petr. II 4
quindi 'tÒ Ktt'tE~pya<tacn, in rapporto alla crea- (2), 8.
zione del mondo. 3 Cfr. Aquila in\(1 27,3; 91,8 .10 (pc/alé 'iiwen);
2 Quest'ultima ipotesi è più probabile, nono- ~pyov m, coli. 854 ss.
-...?
xoc'ti)yopoc; (F. Biichsel)
'
:x;a't"l1YOPOç, Xa't"T)YWP,
,
, ,
xcx:i;'T) yopEw, xa't'r}YOpt.a
Cosl la Suida spiega il termine con 7tpO- to sul contenuto della fede. Egli può
-rpÉ1toµaL o 7ta.pmvÉw 2• Il sostantivo già fare ciò riferendosi al giudaismo pre-
Xct.TTJX7JCTLç è stato usato talvolta nella
Stoa: Diog. L. 7,89; cfr. anche Gal., de cristiano, poiché il vero giudeo è x.a.-
placitis Hippocratis et Platonis 5,290, "t'flxovµEvoç È'x. 't"ou v6µou (Rom.2,18).
33 (ed. Kiihn v p. 463); Cic., Att.15,!2. Paolo stesso, nell'adunanza, preferisce
Il verbo XCX."t7JXÉW nel significato di im-
partire un'istruzione è spesso attestato dire cinque parole comprensibili, l'.w1..
dopo l'epoca del N. T., p. es., Pseud. - xa.L fl).J,ouc; XO:•TJXTJO-W, anziché miglia-
Luc., asin. 48, dove :>W."t'l')XE~V indica ia parlando in lingue (I Cor. 14,19 ), tan-
l'ammaestramento di un asino ad ogni to grande è la stima che ha del XCX.'t"I)·
genere di giochi di destrezza.
XE~v. Egli sa infatti che la fede viene
2. Nel N.T. XO:."t7JXÉW ricorre in en- dalla predicazione. In Gal.6,6 il XCX."t1}-
trambe le accezioni indicate. In genera- x;wv, che impartisce l'insegnamento del-
le a) dar notizia di qualcosa, e al passi- la dottrina cristiana, viene contrapposto
vo ricevere notizie. Cosl in Act. 21,21 al XO:'t"'flXOVµEvoc;, che riceve questo in-
Giacomo riferisce a Paolo che tra i giu- segnamento; con ciò l'Apostolo fonda
deo-cristiani di Gerusalemme si ha no- da una parte il diritto del maestro a
tizia (xa:n1x1ilti10-a.v 7tEpt uo\i) che egli ricevere il proprio sostentamento, e dal-
insegna a tutti i giudei della diaspora a l'altra la legittimità e la necessità che
staccarsi da Mosè: se però si associa al- nella chiesa vi sia un corpo di insegnan-
lo scioglimento di un voto di nazireato, ti professionali 4• I xa't"T}XOUV-tEç di Gal.
tutti potranno riconoscere che tale no- 6,6 corrispondono ai OLOacrxaÀ.oL di I
tizia è falsa (21,24: 8"tL wv xa-t1iX7JV· Cor.12,28 e di Eph.4,rr. Paolo dunque
't'ct.L 1tEpt O'ou ovoÉv EO'"tLV ). Si tratta, si serve, accanto al più comune ototi-
certo, di una notizia che non è priva di O'XELV, anche di un vocabolo poco usato
qualche fondamento, ma è diffusa a bel- e in genere evitato nel linguaggio reli-
la posta da avversari di Paolo, mossi gioso del giudaismo, per farne un ter-
dalle loro idee teologiche; ma essa ri- mine tecnico indicante l'insegnamento
guarda degli eventi storici, non una cristiano, forse allo scopo di mettere in
dottrina trasmessa mediante un insegna- rilievo lo speciale carattere dell' istru-
mento 3. zione basata sul vangelo. In tal modo,
b) Paolo usa XCX.'t'7JXÉW esclusivamen- ad assumere il signifìcato esclusivo di
te nel significato di dare un insegnamen- insegnamento cristiano, come si riflette
ancor oggi nel concetto di catechesi, è Xl}µÉvoç 'tij'V òoòv 'tOU xuplou 7 (in qual
proprio una parola non logorata dall'u- modo, non sappiamo) e che egli stesso
so. Specialmente l'insegnamento imparti- insegnava (ÈolowrxE'V) &.xpt~wc; 'tà 'itEpt
to prima del battesimo veniva designato 't'OU 'h1crou 8• Se il contenuto dell' inse-
con xa:t'l}XÉW, e catecumeno era detto gnamento di Gesù era stato la volontà
colui che si preparava a riceverlo. Que- di Dio con le sue esigenze e la sua pro-
sto significato di XC1."t'1}XEL'\I è già chiara- messa, l'insegnamento del cristianesimo
mente presente in 2 Clem.17,1; in Ter- primitivo attesta in qual modo questa
tulliano5, poi, i catecumeni costituiscono volontà divina si è compiutamente ma-
ormai una categoria ben definita. Model- nifestata in Cristo. Certo è tuttavia che
lo del maestro e della sua grande im- nella chiesa antica non c'è stata una spe-
portanza nell'insegnamento religioso non ciale classe docente, :in quanto il compi-
fu il o~ocio'xC1.Àoc; della filosofia greca, to dell'insegnamento è stato sempre at-
quale si ha ad es. in Epitteto (-,>II, coli. tribuito agli episcopi e agli altri ministri9•
n32 s.), ma il--7 pC1.~f3l del giudaismo6 •
c) È incerto se in Lc.I,4, nella dedi-
Eppure Paolo sceglie un termine estra- ca del Vangelo a Teofilo, dove si preci-
neo al giudaismo, perché il titolo di sa lo scopo del libro (i'.'\lcx. Èmyv<;iç 'itEpt
rabbi era stato attribuito a Gesù, che w'\I xC1.'tlJx1Jl}l]i; Myw'\I -rii'V 00rcpaÀEta.v)
il verbo xa.'tl}XEtV vada inteso in senso
era stato l'unico vero e incomparabile generico oppure specifico. Nel primo ca-
maestro (-Hl, coli. u39 ss.). Cosl anche so si dovrebbe tradurre: «affinché tu
nella cristianità primitiva l'insegnamen- riconosca l'attendibilità delle narrazioni
di cui hai avuto notizia»; nel secondo,
to costituiva una parte fondamentale
invece: «affinché tu raggiunga una vali-
non solo del lavoro missionario, ma del- da certezza riguardo alle dottrine in cui
la stessa vita della comunità (~II, coli. sei stato istruito» ID. A seconda della ri-
1u7 ss.). Act.18,25 riassume in una for- sposta che si dà al problema, si può ve-
dere in Teofilo o un non cristiano che
mula il contenuto di questa dottrina, ha già udito parlare di Gesù, m~ a cui
quando dice che Apollo era stato XCX.'t'r)- solo il Vangelo di Luca fornisce un
s praescr. haer. 41; de corona 2; Marc.5,7. For- gnerebbe l'insegnamento impartito regolarmen-
se Tertulliano si rHà alla terminologia marcio- te ai credenti.
nita. 9 Cosl già in Did.r5,r.
6 ScHiiRllR n 372 ss. 491 ss. ~ II, coll. 1142 s 10 La prima interpretazione è stata sostenuta
ultimamente dal VOGEL, I.e., mentre il MEYER,
7 La diversa lezione del cod. D: 8c; "liv xa:t'l)-
Ursprung I 7, propugna con altrettanta deci-
X'l}µÉvoç lv 'tTI 1ta:tpiSt -i;Òv Myov, nonostan-
sione la :seconda. Quest'ultimo autore tuttavia
te la sua concordanza con Gal. 6,6, non rag-
parte dal falso presupposto che xa.Tl)xlw nel
giunge la profondità che la formula ha negli
altri codici.
N.T. significhi :sempre 'istruzione nella religio-
ne' (~ n. 3). Seguono il Vogel, fra gli altri,
8 Sembra che qui vi sia già una distinzione tra ZAHN, Einl. II 359s. 384, e Lk. adl., nonché
xa:t'l)XEtV, che indicherebbe l'istruzione inizia- KLOSTERMANN, Lk. ad l., mentre PREUSCHEN -
le nella fede cristiana, e O~lìaO'XEt\1 1 che desi- 3
BAUER 705 c9ndivide l'opinione di E. Meyer.
xoc-.w (F. Biicbsel)
quadro compiuto e chiaro dell'appari- nire da un esame del contenuto. Allora
zione del Cristo, oppure un cristiano già sembra più probabile che qui Myo~ non
«istruito nella dottrina del Signore». significhi 'dottrine', ma 'racfonti', noti-
Linguisticamente sono possibili entram- zie, storie, di cui Teofilo ebbe notizia e
be queste interpretazioni, e l'autore cli della cui verità deve ora eccertarsi; quin-
Luca e degli Atti le ha certo ben pre- di Xct't'TJXE~\I va inteso nel suo significa-
senti. La risposta, dunque, può solo ve- to più generale.
H.W.BEYER
, ,
XO'.."'t"W, XCX:'t'W"t"EPW
X<X"t'W"t'Epo<;
xa:\'W X'\À.
• Cfr. anche laggiunta_dei codd. D <I> ecc. a 2 Questo capoverso è di R. MEYER.
tendere :xa-rw't"Epa µÉpl) 'tfjç yi]ç 3. At- egli sia 'disceso', morendo, tra i morti,
tualmente questo passo è per lo più in- in accordo con tutta la predicazione cri-
terpretato alla luce del mito gnostico stiana (cfr. r Cor. 15,3-4: Éi:arpl), «fu
del redentore celeste, che discende dal- sepolto»).
la sua eccelsa dimora 4 • I xcx:tW't'Epa µE.- Quasi tutti gli e~egeti ammettono
P1'J 't"Tjç J'fi<; rappresentano o l'Ade in che 'ta :xa.'t'W'tEpa µEPT) 'tfjç yfjç può
cui egli penetra vittorioso, o la terra do- significare: a) le parti inferiori, cioè la
terra, e in tal caso il genitivo yfjç è un
ve perviene con l'incarnazione 5• Que- genit. appositivo 9 ; b) le parti più inter-
sta seconda interpretazione oggi è la più ne della terra, e allora yfjç è genit. par-
diffusa 6• :xa,;a~alve~\I può essere un titivo10. Si dovrebbe riconoscere che que-
st'ultima spiegazione è la più semplice,
termine tecnico indicante la discesa nel poiché un genit. appositivo di µÉpT) in-
mondo sotterraneo 7, ma luso molte- dica in modo del tutto naturale la to-
xa'tW"rEpoc;
HAUPT, EwALD, DrnELJUs, Gefbr., a Eph. 4, 5 ~Il, coll. 436 s. (SASSE).
7-ro. 6 DIBELIUS, Gefbr.; PREUSCHEN - BAUER s. v.
1 BL.-DEDR. 6 § 62. xoc'tW-tEpoc;; ScHNEIDBR l.c., RENDTORFF, in N.
2 BL.-DEBR.6 § 60.
T. Deutsch II; EwALD, Gefbr.; E. HAUPl' ha
aperto la via a questa interpretazione.
3 Una esposizione esauriente, che ancor oggi 7 ~ II, col. 26.
può considerarsi la migliore, delle concezioni
qui considerate, corredata di dati storici, si ha 3 Si noti: non dalla morte, ma dai morti, che
talità a cui appartengono le parti, spe- Lettera agli Efesini, ha il suo fonda-
cialmente quando questa totalità non mento nella morte (1,20; 2,~6; 5,2.25),
è stata prima nominata.
in quanto questa è in rapporto con la
Ma vi è un'altra considerazione ese- risurrezione (1,20-23; 2,5), non sempli-
geticamente più probante. A xa.-çÉBTI cemente nella sua discesa sulla terra o
EÌ.<; -.à. xa-cw-.Epa. µÉpT) -.fjç yfjç corri- nel suo ingresso negli inferi 12• «Trasse
sponde infatti ò &.vaBàc; ùnEpavw 11:&.v- prigioniera la prigionia» non significa
-.wv ..-wv ovpu.vwv, «salì al di sopra di che l'ingresso vittorioso di Cristo negli
tutti i cieli»; quindi XU.'t"É~T} X't" À.. signi- inferi fosse una liberazione dalla morte
fica «discese sotto la terra», e non «sul- (di questo non si fa parola nella Lette-
la terra». La conferma si ha subito do- ra agli Efesini), ma solo che tutti gli
po, quando ne viene precisato lo sco- spiriti, che fino allora dominavano sugli
po: tva. 1tÀ.'l)pWO'll -cà. 1tav-ça.. Dunque uomini e li tenevano incatenati nel pec-
xa...-ÉB11 A·tÀ. e ò ù.va~à.<; x..-À.. segna- cato, come è detto diffusamente in 2,1-7,
no gli estremi del suo viaggio, e fra essi furono sottoposti al Cristo risorto ( l ,20)
sta il tutto, che egli porta a compimen- ed elevato alla destra di Dio. Non si può
to. Questi due estremi non sono il luo- dunque dire che, in Eph.4,9 ci sia un
go più alto dei cieli, alla destra di Dio richiamo all'idea di un vittorioso viag-
( l ,20) e la te~ra, ma la dimora presso gio agli inferi di un essere divino.
Dio e i più profondi recessi della terra, Il motivo per cui in 4,7-.I l l'ascesa
il luogo sotterraneo dei morti 11 • ;ux..-ÉBll al cielo e la discesa sotto terra sono
x..-À., dunque, significa che egli con la presentate come condizione perché i do-
morte penetrò nel regno dei morti; ciò ni di Cristo possano esser distribuiti,
non si identifica con la sua esaltazione, risulta dal v. q, al quale sono da ac-
ma questa ha luogo solo dopo il tempo costare 6,12 e r,20-23: i doni di Cri-
trascorso nel sepolcro tra i morti (I sto ci rendono idonei alla lotta contro
Cor.15,4). Soltanto dopo aver dimorato la seduzione operata da quei maestri
tra i morti Cristo ascese alla destra di (v. 14) che fanno da schermo agli spi-
Dio, sopra tutti i cieli, sovrano di tutti riti maligni (6,12). I doni di Cristo han-
gli spiriti, capo supremo della comuni- no perciò la peculiarità (il µl-.pov del v.
tà, colui che tutto riempie (1,20-23). La 7) di comunicare la sua superiorità su
salvezza apportata da Ctisto, secondo la questi spiriti; Cristo è superiore in
Il È innegabile che per i destinatari della Let- te di Cristo con la strana perifrasi x11:tÉf3'fl ...
tera agli Efesini -rèt Tt6.:v-ccx. e la profondità yijç. Questa perifrasi va messa in relazione con
raggiunta da Cristo non comprendeva soltant~ <i.va.f3&ç dc; ul{loç, espressione de!} salmo citata
la terra, ma anche il sotterraneo mondo dei per la connessione di ci.va.~&~ x-rÀ.. con ~ow
morti. XE\I 86µcx.-ra. X'tÀ..
12 Non deve far specie che si parli della mor-
xcx.\iµa. (J. Schneider)
quanto ha percorso ogni cosa, le più al- egli possiede in quanto tutto riempie (I,
te regioni del cielo come le più profon- 23}, avendo con la sua morte ed esalta-
de viscere della terra, e tutto egli ha zione percorso ogni ~osa, dal luogo dei
riempito (1,20-23), mentre gli spiriti si morti fino alla destra di Dio (I ,20 ). Sol-
limitano ad abitare nell'aria {2,2) 13 o in tanto Cristo possiede una dimensione
qualche altra sfera, e in ogni caso sono cosmica, e l'audace ed appassionata con-
subordinati a lui, che è esaltato alla de- cezione paolina della croce 14 vuol dire
stra di Dio. Grazie a questi doni di Cri- che alla base di ciò sta la sua morte e
sto i cristiani giungono infine, nella chie- la sua glorificazione nella risurrezione
sa, alla pienezza di Cristo (4, 13), che dai morti.
F.BilcHSEL
13 In 2,2 il diavolo è detto dominatore del- µa è da vedere soprattutto la vampa del vento
l'aria, per mostrate che il suo dominio non infocato (xmiuwv)». Cfr. anche Ecclus 43,:z ss.,
giunge alle regioni più elevate raggiunte da dove si parla dell'ardore (xauµa.) irresistibile
Cristo (1,23, cfr. •po), nelle quali i cristiani del sole che tutto consuma. Il pensiero della
sono inne1zati con lui (2,6). salvezza dall'ardore è già stato inserito dai LXX
14 I Cor.1,17; 2,:z; Gal.6,14. in Prov.10,5 (cfr. anche Is.4,6; Ier.17,8).
xauµa.
1 Cosl noussET, Apok.287: «In oùOÈ itiiv xa.U..
xaiicnc; (J. Schneider)
calore del sole ricorre nel medico Di.filo 'ta.t). Qui traspare l'idea, diffusa anche
di Sifno (c. 300 a.C.), citato in Athen. in altre religioni, della conflagrazione del
3,2 (p. 73 a): x.a.ucrwvoc; wpa.; LXX Gen. 1
3I,40 (cod. A); Ecclus r8,I6. Nel N.T.: mondo •
2 Cosl \YI. M1cHAELIS, Das N.T. II (r 935) 402. 1 Cfr. DIBELIUS, Post. (13) 40. JoACH. ] ERE-
MIAS, in N.T. Deutsch III (1935) 19. WOHLBN·
xa.ucrooµm BERG, Past. 146: «Essi vivono in peccati che
I Cfr. R. REITZENSTEIN, Weltuntergansvorstel- contaminano come un marchio la loro coscien-
lungen, eine Studie zur vergleicbenden Reti- za».
xcx.uxa.oµa:L uc .ou1rmann1
I I I
xcx.uxa.oµcx.i.., xa.uxYJµa., xcwxYJcrLç,
> 1 I
i::yxa.uxa.oµcx.i.., xa.-ra.xavxa.oµa.1.
1 Vedasi PAULY-W. II 3 (1929), 2520 ss. s. v. 7 Plut., Pericl.26 (1166d); Ad., var. hist. 2,9.
L"t'L')'µa:'tlaç (HuG) e LmTzMANN, Gal. a Gal. Secondo Hdt.7,233, Serse aveva fatto marcare
6,17. Ivi ulteriore bibliogr. i Tebani con l'insegna regale.
3 Aristoph., av.760; Acschin., fals.leg.79; Luc., 8 Suet., Coes.4,27.
Tim.I]; cfr. anche Clem. Al., paed.3,10. 9 Vedasi in particolare PAULY-W., I.e.
4 Cfr. Diog. L. 4,46. 10 3 Mach.2,29.
5 Plat., Tim.26c; Luc., cataplus 24. 11 Per es., Prud. ro,1080; Pontius, vita C. Cy-
6 Plat., leg.9,854c1. prio11i 7 (HARTEL CSEL m 3, xcvn).
xa.uxaoµa.L {K J:Su!tmann)
(fr. 26 [Diehl r, 338] ), Pindaro ed Ero- l' à:À.rx.~w\I (il cui tipo è poi il miles glo-
doto, si rivela parola attica d'uso cor- riosus di Plauto) 4• Plutarco ha scritto
rente per l'impiego che ne fanno i co- un intero trattato Ilept -coli Éau-còv È1tat-
mici1. Omero usa in suo luogo EUXEcritat, \IEL\I <ivrntq>Mvwç (qua quis ratione se
i tragici aùxE'ì\1, e questo usano anche ipse sine invidia laudet, 2, 539 ss.)5. La
gli oratori, che evitano xa.uxiicrilat (so- esortazione È'ltt pwµn µ1) xauxw, «non
lo Licurgo, secondo la Suida, lo ha usa- vantarti della forza», figura fra le ùrco-
to una volta, Lyc.,fr. 8r). Negli antichi i>fjxat del saggio Sosiade (Stob. ecl. 3,
filosofi manca, fatta eccezione per l'im- 127,9), come pure, fra altre massime
piego occasionale che ne fa Aristotele parenetiche, nel Delphicorum praecepto-
in pol. 5,10 p. 1311 b4. La Stoa non lo rum titulus Miletopolitanus (Ditt., Syll. 3
usa; lo usa invece Philodem. Philos., de 1268,23).
vitiis ro (ed. C. Jensen [ r 9 II] col. 2 o
p. 35,22s.), in cui si trova anche xaù- B . A.T., LXX E GIUDAISMO
x11cnç (op. cit. col. 15 p. 27,21), e cosi
pure Epict., fr. 93 (Usener p. r30, Diog. 1. I LXX usano xctuxtiO'i>ai per tra-
L. 10,7 ); xaux'r)µa ricorre raramente in durre diversi verbi che hanno il senso
Pindaro (come anche xaux1)) 2• di gloriarsi ed esultare; per es. per hll
Il significato di xauxiicrit«t è vantar- in forma hitpa'el(rnvolte), 'lz(2volte),
si, e per lo più nel senso deteriore di rnn e p'r (ognuno una volta). Figura
essere boriosi, far mostra di sé, che è senza equivalente ebraico (a prescinde-
proprio anche a xaux11µa e xaux11crtc;. re dai passi in Ecclus nei quali manca
Anche se può esservi un modo legitti- l'ebraico) in Dan.5,r.6; 3Mach.2,r7.
mo di manifestare la propria :fierezza, 'Eyx.auxii111lat ricorre 4 volte (q, 51 ,3;
l'eccessivo parlare della propria fama 96,7, per hll in forma hitpa'el; W73,4,
rappresenta per la sensibilità greca una per s'g; \).! 105,47, per Jbb in forma hit-
offesa alla~ a.i.owc; ed è un tratto carat- pa'el); xa't'axauxfuri>at tre volte (per
teristico dell'&.vEÀEui>epoç3• L'esortazione hll informahitpa'el in 'lt:p.27,38; Zach.
a guardarsi dalla vanagloria o lo scher- 10,12 [T.M. erroneamente hlk]; per 'lz.
no di essa è tema frequente nei filosofi in 'IEp. 27, I I). XltUX1)µa compare per
popolari e nei satirici; per lo più però t"hillil (6 volte) e altrove, xauX'J)O'L<; per
non viene usato il termine xauxtiO'Da.t, ti/' eret ( 9 volte).
ma ÉmX.WEL\I Éa.U"t'O\I o tH.asovEVE<Ti>at.
Teofrasto (char.23) fa la descrizionedel- Spesso nell'A.T. massime a carattere
xa.uxiicrlhxL x-rÀ.
R. AsTING, Kauchesis ( 1925); P. GRNTHS: NkZ 2 Testimoni:mie in AsTING, op. cit. In Plut.,
38 (1927) 501-521; HELlllNG, Kasussyntax 260 Ages. 31 (I 613 d) non si trova xa.uxTJµtt (cosi
s.; A. FRIDRICHSEN: SymbOsl vm (1929) 81; PREUSCHEN-BAUER, s.v.), ma t:dlx'l']µr.t.
R. STJnGER, Die Dialektik der paulinischen J L'esempio di Aiace illustra, in Soph., Ai.758
Exislenz (1931) rno-ro3. ss., come la divinità abbatta il borioso traco-
I Testimonianze in ASTlNG, op.cii. Nella lin- tante che fida solo nella propria lancia e non
gua corrente posteriore è attestato da Teocrito in Dio; dr. ibid. 127 ss. e il frammento recen-
e dai papiri (v. Asl'ING, op.cit. e PREUSCHEN- temente ritrovato della Niobe di Sofocle, col
BAUER). I probabili termini affini non depon- monito a guardarsi dal ~pa.crucr-coµEi:v (0.SCHA-
gono a favore dell'accezione urlare, gridare DEWALD: SAfI24 [1933/34] 3).
(WALDE-PoK. I, 529). Vi è probabilmente un 4 O. RIBDECK, Alazon (1882)
stolto ed empio (Ps.52,3; 74Ai 94,3); sono i momenti della :fiducia, della gioia
in esso si manifesta, infatti, la presun- e della gratitudine; e l'aspetto parados-
zione dell'uomo che vuol fondarsi su se sale sta nel totale astrarre da sé di chi
stesso e non dipendere da Dio, che si si vanta, sl che il suo vantarsi è un atto
basa su quanto sa fare da sé e che può di adesione a Dio.
dominare. Perciò vantarsi (hthll) può 2. Il giudaismo ha mantenuto tale
essere sinonimo di confidare (bfb, Ps. concezione, come appare già dai LXX,
49,7) 6• Invece Dio solo è potente, e in- che opportunamente scelgono il verbo
xa.vx.aui1lk1. per cogliere quanto si espri-
nanzi a lui deve ammutolire ogni vante- me nei diversi verbi ebraici e talora sot-
ria umana (Iud1, 2; I Sam.2, 2 s.; cfr. tolineano questo valore, anche a· costo
Ier.50,n; Ez.24,25). Al gloriarsi che è di dare una traduzione che non cor-
fiducia in se stessi, viene paradossalmen- risponde esattamente al testo ebraico
('Iep.12,13; Prov.rr,7; cosl .anche Ec-
te contrapposto l'unico legittimo glo- clus rr,4). Si parla del gloriarsi degli
riarsi, che consiste nel piegarsi di fron- empi in senso antico in 3 Mach.2, 17;
te a Dio (!er.9,22 s.), che è il vanto di taluni passi dell'Ecclesiastico parlano del
gloriarsi nel senso inteso dall'antica sa-
Israele (Deut.10,2r) e opera a favore di
pienza dei Proverbi (30,2; 3I,ro; 38,
Israele per la sua gloria (Deut.26,19; 25; 48,4). Ma l'Ecclesiastico parla so-
Ier.13,n; Soph.3,19 s.). Cosl gli uomi- prattutto di quel gloriarsi che è fondato
ni pii o la comunità cultuale si vantano in Dio e nelle sue opere (17,9; 50,20).
Dello splendore di Dio è in certo modo
delle opere compiute da Dio in loro aiu- partecipe il sommo sacerdote, nella ma-
to (Ps.5,12; 32,n; 89,r7s.; I Par.I6, gnificenza dei suoi paramenti cultuali
27 s.; 29, n; Deut.33, 29; Ier.q, 14). (45,12; 50,n) 1 • Ma l'Ecclesiastico tra-
Vantarsi (e quindi anche il xcx.vxti.o-i}at sferisce anche tale concetto dalla sfera
cultuale ed esca.tologica a quella della
dei LXX) acquista dunque senso cultua- pietà fondata sulla legge, rilevando che
le, come gli altri verbi indicanti gioire il timor di Dio è la vera gloria ( r ,r r;
ed esultare, coi quali spesso è collegato 9,16; ro,22) e coniando la massima che
6 Cfr. per es. Ps. 97,7, gloriarsi degli idoli; Is. 1 I LXX traducono qui con xauxTJwx. hod e
42,q, fidare in essi. ti/' erel.
xauxcioµa~ (R. Bultmann)
8 STRACK-BILLERBECK IU, II5 ss. The old rabbinic doctrine of God (1927) 185
9 STRACK-BILLERDECK III, 187. ss.; W. WicHMANN, Die Leidenstheologie im
Cor.9,16)
m STRACK- BILLERBECK 111, 4 01 (a ;i Spiitiudentum (BWANT 5,3 [1930]).
47 (a
11 STRACK - BrLLERllECK n, 101 ss .; III, 14 Il Leisegang non registra xocvxifoi)aL ccc.;
Rom.x,22), 298 (a Rom.12,16), 768 (a I Petr. Xet.UX'lJCTt~ si trova in congr. ro7.
5,5). 15 q>~Àc.tv-rloc in spec.leg.1,333; o~T)01.<; in cher.
1Z STRACK-BILLERDECK I, 192 ss., 197 (a Mt.5, 57; vit. Mos. 1,286; à.Àa~ovela in spec. leg. 4,
4 e),568. L'umiltà, suprema delle virtù, STRACK- 170; virt.161.
BILLERBECK I, 789 s. (a Mt. 18, l J e), C. G.
MoNTEFIORE, Rabbinic Literature and Gospel 16 cher.71 ; sacr.A.C.32; posler.C.52; Ios. 143.
Dio 19, e, ingrato 20, non rendergli ono- pwµn µl]'t'e i;oi:c; 7ta.pa.1tÀ:l')crlotc;, f.cp' otç
re 21 . La vanagloria è il contrario della Elwilwnv ol XEVOt cppEVWV È'Jtc.tlpE<1fr.a.t,
EÙcrÉ~Eta. 22 ; è una &.-aEo't"'Y)c; 23 ; nella va- creµvuvili)c;, «solo Dio sia tuo vanto e
nagloria appare evidente che l'uomo massima gloria, e non vantarti della ric-
vuol essere pari a Dio 24 • L'uomo buo- chezza, della gloria, della potenza, della
no non pecca di vanagloria 25 ; vuole ser- bellezza fisica o di altre cose simili, dì
vire solo Dio 26, perché conosce se stes- cui vanno alteri coloro che non hanno
so2;, la sua &:crMvna. 28 , e sa di essere senno» (spec. leg. r .3 II).
solo poivere e cenere 29 • Riconosce in
Dio il signore deJla vita e della morte w C. N.T. E CRISTIANESIMO PRIMITIVO
e sa di aver ricevuto l'anima e tutti i
beni solo come un prestito dal Creato-
re 31 • In tale atteggiamento di reverente
r. Paolo
umiltà egli ottiene la grazia di Dio 32 e a) L'atteggiamento ctistiano rispetto
la vera gloria 33 ; poiché gli umili sono
apprezzati da Dio 34, che è il loro unico al vantarsi. È da rilevare che nel N.T.
vanto: fo't'w 01] ... µ6voç ikòç a.vxl]µa xa.vxifo'ila.t (xa.ux11µa, xaux11cnc;) vie-
o-ou (secondo Deut.10,21; i LXX han- ne usato quasi esclusivamente da Paolo,
no xa.ux1JµCX ! ) xa.t fJ.Éytcr't'o\I xÀ.Éoç, xat
µ1)'t'' É'RL 7tÀ.OV'tC.) µ-fii:E 86l;n µ1]i:E T]yE- e molto di frequente 35 • Proprio Paolo,
1..1.ovlq. µ1]'tE CTWµ<t.'tO<; EÙµopq>tq_ µ1]'t'E infatti, ha chiarito l'atteggiamento giu-
19 sacr.A.C.52-58; spec.leg.1,344; virt.163.165. a-.D. .ÀouuL xaì. µi) xaux1)uEL xcxt oHio-eL q>U·
uwµÉvoLc;.
20 sacr.A.C.54.58; virt.165.
33 poster. C. r36.
21 spec.leg.1,195 s. 3
~ vit.Mos.2,240 s.: gli aÀa~ovEc; debbono im-
22 praem.poen.12; cfr. leg.all.3,137. parare O"'rL o\hw 't"Cl.7tEr.voì. xa.t a-ruxei:c; El\la.t
23 leg.all.1A9; 3,33. ooxoliv-.ec; ovx Èv È~ouOEvl}µÉvoLc; xaì. 6.cpa:vÉ-
24 virt. 172; /eg. all.1,49: q>iÀ.O:.IJ't"Ot; oÈ :x:c.d lJ.- O'L 't"OC't"'t"O\l"t'c.tt m~pÙ. -ci;> ftE(!).
ikoc; ò vovc; OLOµEvoc; t!Toc; Elwx.L ftE4) xai 'ltOL- 35 La differenza dell'uso transitivo e intransi-
EL\I !ìoxwv f.v -r@ 7t&.uxrn1 Èt;E-.o:.~oµEvoc;, «l'in- tivo di XttUX.iO"ftlXL non influisce sull'atteggia-
telligenz-a egoista e atea pensa di essere uguale mento indicato dal verbo. Infatti, anche là ove
a Dio ed è provato invece che essa è passiva xcx.uxcicrl)a:L è costruito transitivamente con lo
mentre crede di essere attiva». accus. (per es. 2 Cor.7,14; 9,2; n,30), colui che
25 vit.Mos.2,96. In tal senso viene interpretata si vanta, vanta pur sempre se stesso. L'oggetto
la circoncisione in spec.leg.1,ro-12 e l'infermi- di tale vantarsi è introdotto, secondo il mo-
tà di Giacobbe in praem.poen.47. dello dei LXX, da É'ltl (Rom. 5,2), oppure (pe1
lo più) da Év (BL.-Dmm.• § 196). Cosl si deve
26 spec.leg.41131.
intendere Èv per es. ·anche in Rom.5,3; I Cor.
V migr. Abr. 136-138; spec. leg. l,10; ~ YLVW- 3,:.n; . 2 Cor.10,15; 12 19; in Rom.15,I?; I Cor
o-xw II, col. 497. 15,31; in Phil.1,26 (diversamente in 3a!) la
28 spec.leg.1 ,2y3; virt.165. preposizione lv indica invece la sfera entro cui
29 sacr.A.C.55 s.; som.1,211 s.; :rpec.leg.1,264 s. ci si vanta. Là ove si trova Ò1tÉp col genit., il
2 93·
xaux&o-ltm. è da intendere come un 'parlare di'
311 som.2,296 s.
(per es. 2 Cor.7114, ove viene espresso coeren-
temente al dat. colui al quale il discorso è indi-
31 rer.div.her.106; congr.130; mut.nom.221. rizzato, mentre in I Cor.1,29 si trova Èvwmov;
32 spec. leg. x,265; co11gr.ro7: 0.Ewc; ... EÒ»ùç BL.-DEnR.6 §§ 187,4; 231,1). XCX:UX'!')O"Lc; defini·
ylvE'tCX.L (Dio) -.oi:c; fou-rovc; xo:.xoucn xat <ru- sce il vantarsi come azione; xaùx1JµIX è quan
xavxlioµa~ (R. Bultmann)
to vien detto a gloria (2 Cor.9,3), oppure l'og· rotto. Intendo la frase ipotetica del v. 2 come
getto di cui ci si vanta, di cui si è fieri. Però del tipo irreale; quindi à.).).' o\J 7tpÒç i'E6'11 è
in Paolo xa..vx11µa indica quasi esclusivamente negazione tanto più forte.
la possibilità della xa:vx1101.ç, la possibilità di
vantarsi (Rom.4,2; I Cor.9,16; 2 Cor. r ,x4; Phil.
37 Phil.3,3 s. mostra come xa.uxii<TDa.L e 1tE'1tot.-
1,26). Tuttavia la diHerenza fra xa.UX'T}<TL<; e fiÉ'lllU siano addirittura sinonimi. Allo stesso
xa;vx'J')µa: non è molto netta (cfr. Rom.3,27 con modo il 1tE7tot.i'Évai. ~et.v't'<{) XpLO"tOu E!vai. e il
4,2), e xa.ux11µa: può designare l'atto del van· xa.vxiiuì)m nEpt TI]c; È~ouuia;c; di 2 Cor.10,7
tarsi (2 Cor.5,12), cosl come xaux'J')rrLç; può es· s. dicono in sostanza la stessa cosa, così come
sere la possibilità di vantarsi (2 Cor.x,12). il xrxvxii<WaL del v. 8 corrisponde alla '1tE7tol-
36 Il testo e la interpretazione di Rom.4,r s. aiiui.c; del v. 2. Parimenti si corrispondono la
non sono sicuri nei particolari; certo è comun- xa:vx11utç; di 2 Cor.1,12 e la 1tEnolDYJ<Ttç di 3,4.
que che si nega che Abramo abbia un xav)C'J)· 38 Dio ha dimostrato tale verità scegliendo i
µa: che lo certifichi agli occhi di Dio. Ritengo membri della comunità di Corinto, I Cor.1,26-
che il testo del v. r sia irreparabilmente cor- 29; in proposito -+ nota 34.
xocvx.&.oµaL (R. Bultmann) (m,650) 302)
anche per chi è nella fede si può apri- e giunge ad affermare paradossalmente
re una nuova possibilità di vantarsi di che il credente si. gloria proprio delle
sé, per esempio per l'opera svolta nella sue angustie e dei suoi dolori: xo:uxw-
diffusione della fede (Gal.6,13); mentre µEllct. Èv -.ate, 1})...ltjle<n\I (Rom. 5.3), il
l'efficacia della sua opera non dipende che trova illustrazione sia in 2 Cor-4,7·
da lui, ma solo dalla gm:ia di Dio (I n, sia nell'elenco delle avversità di 2
Cor.15,ro; 3,5 ss.). Ognuno di noi ha Cor.11,23-29, che riguarda il 'gloriarsi':
ricevuto tutto da Dio: 'tl of. EXEL<; o EL xavxéicrDa.t oE'i:, -cci. -cf]ç O:r:ri}EvElct.c,
oux n..a!3Eç; d OÈ. xo:t eÀ.o:!3Eç, -.l X.<t.U- µou ?ca.uxilcroµa.t, «Se occorre vantarsi,
xfir:ra.t wc, µ1] À.aBw\I; ( r C01·.4,7 ). Ma mi vanterò della mia debolezza» 2 Cor.
poiché abbiamo ricevuto ogni cosa in I.I ,30 ). Ma non lo fa perché il gloriarsi
dono da Dio, siamo anche sottratti alla sia da intendere solo in forma negativa,
sfera della dipendenza umana, degli ob- ossia nel patire, che ha il carattere di
blighi di riconoscenza verso gli uomini: opera ascetica 41 ; i dolori, infatti, non
wcr-r:E µ11odç x.a.uxaO"llw È\I &.vllpw1totç · hanno senso per se stessi, ma perché
7tctV"t"<t. yàp ùµwv Ea-·n\I (r Cor.3,21), dietro di essi si intravvede la òuva.µi.ç
ma solo ad una condizione: vµetç ÒÈ di Dio, che giunge a pienezza nella 6:-
Xptcr-r:ou, XptCT't"ÒC, of. llEOU (v. 23). Non al>ÉvELct. (2Cor.12,9), si avverte la SW'lÌ
su ciò che appare (È\1 7tpocrw1t({}), ma so- "t"oiJ 'Iricrou, che grazie ad essi simani-
lo su ciò che non appare (Èv xapolq.) si festa (2 Cor.4,rn s.). Perciò chi si gloria
fonda la nostra gloria (2 Cor.5,12) 39 . prescinde da se stesso anche nel senso
Già l'A.T. aveva espresso il parados- che guarda al futuro, perché nel pre-
so che l'uomo può a buon diritto glo- sente non possiede nulla. Il x.a.ux«crllat
riarsi solo se ignora se stesso ed esalta Èv "tai:c; i)')..llj;Ecrtv è dunque al tempo
l'opera di Dio. Paolo sviluppa radical- stesso un x.cwxiiaDm bt' èÀ.1tlot 'tfjc; S6-
mente il pensiero 40 e lo accentua, nella l;'l')c, -r:ou i}eov (Rom.5,2). Tale guardare
linea delle massime rabbiniche (~ col. al futuro è però ben diverso da quello
295) ma di gran lunga superandole, del pio giudeo; perché i dolori per Pao-
3'>II xcx.vxaui>m Év 1tpocrwm!l di 2 Cor. 5,12 perché offende la dignità e rende &.vEÀEMEpoc;,
corrisponde al xavxaui)at xcx:rà. a'&pxa di 11, ossia riduce l'individuo alle dipendenze altrui
r8, come pure al 1tE1toti>Évai È\I uapx( di Phil. ( cosl il WINDISCH, 2 Kor., ad II,16), ma perché
3,4 (-7 nota .37). Il x<nà. u6:pxa dì 2 Cor.u,18 offende l'onore di Dio e riduce l'uomo alle di-
si contrappone nl X<l."t'CL xl'.ipiov di Il ,17, il qua- pendenze della uap!;.
le dunque corrisponde all' Èv xrx.p8lq. di 5,12; 41 Un vantarsi fond.ato sulle opere ascetiche
dr. Phil.3,3: É\I Xp~a'"t'i{) 'ITJ<Tou. Per la con- sarebbe escluso esplicitamente per Paolo, an·
trapposizione r.p6crw7tov-xcx:p8loc cfr. I Bcx.a'.16, che se in r Cor.13,3 ·la lezione lva xaux1\<Tw-
7; Rom.2,28 s. µrx.t fosse originatia, il che del resto appare im·
40Il vantarsi da sé, quindi, in Paolo non vie- probabile; dr. i commenti e la bibliografia ci·
ne rigettato, come per i Greci (-7 col. 291), tata' in PREUSCHEN-BAUER.
xauxaoµat (R. Bultmann) (m,65r) 304
lo non hanno il senso negativo di mez- sua xaux1JcrL<; 43, Paolo si affretta ad ag-
zi d'espiazione e di castigo (~ col. giungere che l'ha in Cristo: fjv EXW Év
296), ma un senso positivo, giacché in Xpto--tcf> 'IT)uov "t0 xuplcp -fiµwv. E per-
essi sin d'ora la OUVCX.µL«; di Dio e la ciò tale xavx1Jcr~ç è rigorosamente con-
escatologica ~wl] "tou 'lT)CTou si rivelano tenuta entro i limiti che Dio ha posto
efficaci per colui stesso che soffre ( 2 alla sua attività (2 Cor.ro,r3). È chia-
Cor. 4,16), come per coloro per il cui ro che in tale xauxiicr~a.~ non si mani-
bene quei dolori vengono sofferti ( 2 festa la fiducia di Paolo nelle sue stesse
Cor-4,12). forze, perché non trae motivo di gloria
b) Il vanto apostolico. Non sono in dal confronto dei suoi successi con quel-
contrasto con tale preciso rifiuto del li di altri; non è quindi, la sua, la glo-
gloriarsi quei passi in cui Paolo si van- ria dell'ambizioso che vuol mostrare di
ta della sua attività. Là ove vanta una saper fare più degli altri (2 Cor.10,12-
comunità come fidata e sicura rispetto r6). Così come Paolo rifiuta di enco-
ad altre (2 Cor.7,4.14; 8,24; 9,2 s.),egli miare se stesso (cruvtcr"taVEl.\I fo.v-tbv, 2
non si vanta di sé, ma semplicemente Cor.3,1; 5,I2; 10,18) e pensa che la sua
esprime in tal modo la sua fiducia in 'raccomandazione' stia nell' opera che
quella comunità 42, e la fede naturalmen- Cristo compie per mezzD" suo (2 Cor.3,
te non esclude tale fiducia reciproca, ma 2 s.), nella lode di Dio (2 Cor.ro,r8),
anzi la esige. Non si tratta, certo, della come può raccomandare se stesso solo
fiducia in sé dell'uomo autosuflìdente, manifestando la 'verità' (2 Cor.4,2), o,
e il xavxii'1i}at in cui si esprime non paradossalmente, in virtù della grandez-
è affatto in contrasto col xa.vxfuri}cx.~ èv za delle sue sofferenze, che costituisco-
Xptcr"tG'> 'lrio-ou. Al contrario, Paolo sa no la perfezione del suo ministero (2
che la xa.uxricrtc; ispiratagli dalla sua Cor.6,4-Io); cosl egli respinge quel xav-
attività apostolica si fonda solo su ciò xiicrì>a.1. degli avversari che trae la pro-
che Cristo opera per mezzo suo (Rom. pria forza dal confronto con altri, e dice
15,17s.; 1 Cor.15,10). Egli non acqui- di 'misurarsi' solo su se stesso, e quindi
sta la grazia di Dio in virtù dei suoi col metro che Dio gli ha dato (2 Cor.ro,
successi missionari, ma viceversa! Per- r2 s.). Non è una contraddizione44 , ma
ciò, parlando una volta con foga della appunto il pensiero, tipicamente paolino,
42 Cfr. 2 Cor.2,3: 1tE1tOtt>wc; btL 'lta\l't'a:ç, uµiic;, !ore di un genit. oggettivo, come dimostra il
lhL 1i Eµi) xa:pà 'lta\l"tWV ùµWv È<nw, inoltre successivo ftv ~xw ... ; il senso è dunque: «per
2 Cor.x,r:;; 8,22: -nmodhi<m 'ltOÀ.À:ii -tii Etc; la gloria che per voi ho (acquisito)».
ùµac;. 44 Cosl il LIETZMANN, Kor., a 2 Cor.10,12. In
43 rCor.15,3x; il possessivo ùµE't'Épo:v nella lo- questo v. a mio parere deve essere soppresso,
cuzione v1} 'tijv ùµE't'Épa:v .XO:UX'l'JOW ha il va- come vogliono i codd. DG e l' Arnbst, l' oò
305 (m,651) xa.uxaoµcx.L (R. Bultmann)
che sta alla base di tutta l'esposizione Ma ciò significa, come appare dal con-
della seconda Lettera ai Corinti - da 2, testo, al tempo stesso autocritica; e se
14 a 7 ,4 - secondo cui il criterio del giu- ancora vi sono ragioni di xa.vx'r)µo., il
dizio sull'Apostolo è implicito nell'inca- gloriarsi si trasformerà allora in ringra-
rico ch'egli ha ricevuto, nel suo ministe- ziamento 45 •
ro. Il 'misurarsi' su se stesso è dunque Il rapporto già esistente nell' A. T.
il confronto dell'opera svolta con il com- fia il gloriarni, da un lato, e la grati-
pito assegnato da Dio. Questo a sua tudine e l' esultanza dall' altro (~ col.
volta trova Ja sua misura nella OUVCX.µLç 2 94) fa anche comprendere come spesso
uuvL<i<nv, 1]µEi:ç 5É. L' àÀÀÒ!. a.Ù'tol può essere detto che vi era il dovere della riconoscenza
riferito solo a Paolo. Egli s'è appena rifiutato per ciò che Dio aveva fatto di lui. Poiché de-
di paragonarsì con altri; il misurarsi su se stes- ve attendersi che questo gli venga imputato co-
si non può dunque essere proprio degli avver- me autoelogio, egli comincia al v. x2 col tema
sari, ma solo di Paolo stesso. della XCX.VX7JCHç.
46 In 2 Cor.1,14 O'tL è da intendere, col LrnTz-
45 2 Cor.1,12 mostra che anche tale riconoscen- MANN, Kor., contro il WINDISCH, 2 Kor., come
za può essere fraintesa. Nel v. I I Paolo aveva 'che', e non come 'perché'.
307 (m,652) xavxcioµaL (R. Bultmann)
47 Il paradosso è tanto più evidente, se Paolo cursus honomm, come suppone A. FRIDRICH-
ripete volutamente lo stile dell'encomio, del SEN: SymbOsl VII (1928) 25 ss.
x!l.uxa.oµm lK. nu11mannJ \111,C>.53! 310
e questo non da voi, di Dio è il dono; ria, si dichiara che il legittimo xa.ux.ti-
non da opere, affinché nessuno si van- cri1a.L sta appunto in quell' ÉÙ.V O XUpLoc;
ti»; 2 Thess.1,4 riprende il motivo del- i>E À.1Jcrn.
1'Apostolo che si vanta della sua comu-
Anche nella letteratura successiva
nità ( WO"'tE av-roùc; l]µIX.c; ÈV uµiv Èyxa.v-
vien ripetuto l'ammonimento a guar-
x.arr1hx.~. «per modo che noi stessi ci darsi dalla vanagloria e ad essere umili.
gloriamo di voi»). In Hebr. 3,6 si espri- In I Clem.13,1 l'esortazione 't<J.1tEWO-
me in forma cristiana il gloriarsi vete- cppov1irrwµev ovv è motivata con la cita-
zione di ler.9,22 s., e in 21,5 si pada
rotestamentario della fiducia in Dio: Eà.v di &vl}pw'lto~ &cppovEc; xc:d CÌ.VOTJ't'OL · xat
'ti)V 7ta.pp'Y}<rla.v xat -rò xrx.ux1)µrx. 'tf]c; È7tmpoµEvo1 xaL èyxa.ux.wµevo~ ÈV à..À.<J.-
ÈÀ.7tlooc; µÉxp~ 'tÉÀ.ouc; ~E~ala.v xa.'t&.- sovElq. 'tOU À.oyou aÌJ"tW\I, «uomini stol·
ti ed insipienti, superbi e vanagloriosi
crx.wµEv, «se manterremo la franchezza e
nella boria del loro parlare». Cosl nel-
il vanto della speranza sino alla fine» 48 • 1' elenco dei vizi di Herm. mand. 8, 3
In Iac.1,9 s. si trova, riguardo al vantar- ìUJ.UX,T}ctLc; figura accanto a vo/T)À.oqipo-
si, un paradosso che già era noto all'A. O"UV1) e U1CEp1Jcpa.vla (orgoglio e traco-
tanza). Ignazio in Eph.18,1 riprenden·
T.: xaux.O.o-i}w oÈ ò ci:oEÀ.cpòc; ò 't!l.1tELVÒc; do la frase di Paolo in I Cor.1,20, chie-
ÉV 'tc'i'.i U~EL aÒ't'OV, «il fratello umile si de: rcov xaux1)cr1c; "tW\I À.qoµÉvwv cru·
vanti nella sua esaltazione» (ossia per- \IE't'WV; «dov'è il vanto dei sedicenti sa-
ché Dio gli ha concesso o gli concederà pienti?». Anche in Tr-4,I egli segue
Paolo (2Cor.rn,r2s.): 1tOÀ.À.à. q>povw
la sua grazia), ò OÈ 1CÀou<rtoc; Èv "tTI -ra.- ÈV i>E@, CÌ.À.À.' ȵtX.U't'ÒV µE'tpW, t\l<J. µ7)
7tEWWO"EL cx.U-rov, e il fratello «ricco nel- Èv xaux.iirrEi. à1toÀ.wµa.i., «molta sapien-
la sua umiltà» (in quanto si umilia e za possiedo in Dio, ma misuro me stes-
so, per non perdermi nella vanagloria»,
quindi si gloria solo di Dio) 49 • La se-
e in Poi. 5,2 ammonisce: et "tLc; 8uva'tm
conda parte della frase è chiarita da 4, Èv &.yvdq. µÉVE!.V, dc; ·nµ'Ì}\I 'ti]c; crapxòc;
(13-)16: in quanto il vantarsi delle pro- -.ou xuplou Èv tixauxnoi.q. µE\IÉ.'tw · È.à.\I
prie bravate, con una vanteria malvagia
x1wx.1]rr'l']-ra.i., Ò.1twÀ.E"to, «chi può perse-
verare nella castità, vi perseveri ad ono-
(VU\I o~ xu.ux.1ia'i}E ÈV -raie; &À.a.sovElmc; re della carne del Signore, senza vantar-
vµWv· TCfida xa.UX,1)CT!,c; '\'Ota.U't''T) 'ltO\IT}- sene, ché, se si vanterà, è perduto». Nel-
pa É<T"L'LV) viene contrapposto alla dedi- lo stesso senso gli act.Thom.86 dicono di
zione e alla fiducia in Dio· derivanti dal-
o
Gesù: 1i È 7tp~6't1)c; xaux.11µa a.1hou
tO-"tt\I. E in Iust., dial.101,r Gesù viene
la consapevolezza che la vita è preca- così caratterizzato: où 'tTI au't'OU ~ouÀii
48 Il termine 'lta.ppl)aict connesso con xavx'l')· cultuale che ha, accanto a XctUXT)µct, anche in
µ!l., che come 7trnolih")crn; indica in Paolo l'au- 1Clem.34,5 ; act. A11dr. 1 (--"> col. 311).
tocoscienza apostolka (2 Cor.3,12--"> nota 37) o 49 Il pensiero è già giudaico-veterotestamenta-
la fiducia nella comunità {2 Cor.7,4--'> hota 42), rio, e nella frase non bisogna vedere un'esor-
nella Lettera agli Ebrei ·indica la situazione tazione ironica ('il ricco si vanti pure della sua
della comunità innanzi a Dio (--"> 7tCX.pP1Jcrlcx.) e rovina [imminente]'), come ritiene il DIBELIUS,
acquista quindi, come XctVX'l')µcx., quel valore Jk., ad l.
3u (m,653) xa.-.r1:xcwxtioµa.L (R. Bultmann) (m,654) 312
50 Il verbo e i sostantivi ricorrono ancora al- 2 Se xa-.&: Tijç à:).11bElaç non dipende solo da
cune volte, ma il loro uso non presenta parti- \jJEU8Ecri)f, ma anche da xa-.axavxii.crbE (xa'ta
colare interesse: xauxocai}ai in Ign., Pbld.6, in tal caso sarebbe stato ripreso), allora si trat-
ta di un'endiadi: «Non vantatevi falsamente, a
3; Pseud.-Paulus, ad Cor.15 (KIT 12 [1905)
dispetto della verità», oppure; «Non mentite,
17); Iust., dìal.86,2; Tat., or. Graec.17,r; xav-
da boriosi, contro la verità». In fondo però il
x11µa in Iust., apal.41,2; Tat., or. Graec. 2,Ij disprezzo cli chi si vanta non si rivolge alt' à·
xaoxncrLç in Iust., dial.r41,3. )...i)DELa ma, come rivela il contesto (vv. 13-18),
Èyxa.vxocoµaL ai fratelli meno dotati di 'sapienza'. Ciò risul-
I Cfr. LIDDELL-SCOTT. terebbe tanto più chiaro se si intendesse xa'ta-
xavxoccr/}f in senso assoluto (come in Rom.II,
xa-.axa.uxaop.aL 18) e si facesse dipendere xa-.à. •ii<; àì.:ql>Ela.ç
i SAB 1932, 355 . solo da IJm'.loEai}E.
313 (m,6_54) xEtµo;t (F. Biichsel) (m,655) 314
- ) f I ' f
X€i.µcu' a.va.-' O'UVCJ.VCJ.-' CJ.V"t'L-'
> I ' I I I
CJ.7CO-, E.ltl.-, %CJ.'t'CJ.-, 7CCJ.pCJ.-,
I f
7CEPL-, 7Cpo:>m.µa..1.
poggiava al lato sinistro, per poter man- dito, conservato, mentre in Hebr. 9,27
giare con la mano destra libera. Nella significa spetta all'uomo, è destino, cioè,
festa di Pasqua lo stare sdraiati doveva è stabilito per lui dall'ordinamento divi-
significare che gli Israeliti fin dalla loro no, al quale egli è sottoposto 2 • In Col.
partenza dall'Egitto sono uomini liberi 1,5; 2 Tim.4,8; Hebr. 9,27 il termine
e non più schiavi: ciò era necessario per esprime la certezza, fondata sulla volon-
la regolare celebrazione della festa (Mc. tà divina, del futuro dell'uomo; i beni
14,18 par.). e le necessità di tale avvenire sono già
presenti, perciò non sono più mutabili.
i· &.nlxnµa.i
Il termine significa giacere dirimpet- t È1tLXEtµa.t
to, poi essere opposto, essere nemico 1, Giacere sopra, essere stato posto so-
e solo in questa seconda accezione ricor- pra; in senso ideale essere decretato, ed
anche incalzare, opprimere; al passivo si-
re nel N.T. (Gal.5,17; I Tim.1,10); al- gnifica avere su di sé, avere addosso.
trove lo troviamo sempre al participio
Nel N.T. ricorre nel senso di star so-
ò &.'V't"LxElµE'Voc;, il nemico 2 , l'avversario
vrapposto, star sopra (fo.rr,38; 21,9),
(Le. 13, 17; 21,15; I Cor. 16,9; Phil. 1,
poi affollarsi attorno, opprimere (Act.
28; 2 Thess.2,4; I Tim.5,14) 3 .
27 ,20, detto della tempesta; Lc.5,1; 23,
23, della folla), e infine essere imposto,
t à.1t6XELµa.L detto di prescrizioni legali (Hebr.9,rn)
Fondamentalmente significa giacere o e della costrizione (I Cor.9,16).
essere stato posto in disparte; poi essere
conservato in modo da poterne far conto
e spettare per f atalilà a qu_alcuno, infine
anche essere disprezzato, respinto, rifiu-
talo 1• Essere infermo, languire, giacere, spe-
Nel N.T. si trova in Lc.19,20; Col.1, cie dei malati, dei dormienti, dei ban-
5; 2 Tim.4,8 nel senso di esser custo- chettanti; indica il rilassarsi della per-
Ò.V't'lXEtµat
PREUSCHEN-BAUER, s.v.; NXGELI 39. STER, Zur Wendtmg: 'A11:6XEt't'a.l µot ò 't'iji;
otxatocro~ç 1ntqicx.\loç: ZNW 15(1914)94-96.
I PAPE, PASSOW, s.v.
2 Ò.'V't'LXElµEvoç ha già questa accezione nei I PAPE, PJ\SSOW, s.v.
LXX e in P. Par-45,6: ME\ltl>11µov Ò.\l't'txdµE- 2 Epigr. Graec. 416,6: wc, Et8wç, lS't'L 1taat ~po
vov 1)µtv. 't'o'i:c, -tò ilavE'i:v àitOXEt't'm; 4 Mach.8,n: IÌ1to-
l>a.vE'i:'V à1tOXEL't'aL.
3 Qui 6 Ò.'V-ttxdµEvoç forse non indica Satana,
già nominato al v. 15, ma è detto in senso ge- t1tlXEtµat
nerico. PAPE, PAssow, PREUSCHEN-BAuER, s.v.
à1t6XELµctt xa't'c'lXELµa;L
PREUSCHEN-BAUER, s.v.; NXGELI 55; F. PFI- PAPE, PASSOW, PREUSCHRN-BAUER, s.v.
xÉ)..Eucrµa. (L. Schmid)
sona. Nel N.T. è spesso usato per i ma- sivo: avere intorno, detto di abiti.
lati (Mc.I,30; 2,4 [Lc.5,25]; Io.5,3.6; Nel N. T. : essere attaccato attorno
Act.9,33; 28,8), ed anche per quelli che (Mc.9,42; Le. 17,2); al passivo inAct.
sono a tavola (Mc.2,I5 [Lc.5,29]; I4, 28, 20 : ho attorno questa catena. In
3; r Cor.8,rn). senso figurato in H ebr. 12 ,1; al passivo
in H ebr. 5 ,2: egli è soggetto a debolezza
(cfr. 7 ,28 Vulgata: circumdatus est in-
Giacere o essere stato posto accanto, firmitate ).
stare davanti ad uno (in segno di distin-
zione), ed anche essere vicino. Nel N.T. t 7tp0XELµO:L
si trova soltanto in Rom.7,18.21: esser Star davanti a qualcosa o a qualcuno
pronto, esser disponibile, essere in po- e anche essere stato posto~ messo pub-
blicamente in mostra, in viSta, detto del-
tere di qualcuno (per indicare la poten-
l'oggetto di una deliberazione.
za e la impotenza dell'uomo).
Nel N. T significa stare davanti agli
Cfr. P. Greci e Latini 542,12 (sec. III occhi (Iudae 7) o, col dativo della per-
a.C.) ɵot oum.ù 'lto:pcixwto:t xépµo:, «non
dispongo ancora di denaro». sona, essere presente per qualettno (2
Cor.8,12; Hebr.12,2); in Hebr.12,1 in-
t 'ltEplxEtµat dica l'esser stato proposto, assegnato, e
Stare attorno, cingere; anche al pas- in Hebr.6,18 ]'esser stato promesso.
F.BikHSEL
1tC1.paXELµaL 1tp6xEtµa.L
PAPE, PASSOW, PREUSCHEN-BAUBR, s.v. PAPE, PASSOW, PREUSCHEN-BAUER, s.v.
'ltEplXELµ<ZL
PAPE, PASSOW, PREUSCHEN-BAUBR, S.V.
xÉÀ.wuµa (L. Schmid) llll,tJ.57} 320
cezione più debole significa invito, inti- reste); cfr. anche Eur., Hec.929, dove
mazione (ma spesso il suo significato xO.. wcrµa, insieme con xÉÀaooc; (928 ),
non si distingue quasi da quello di or- ha probabilmente il significato di ~ot],
dine): Hdt. 7,16. b) Appello, chiama- xpauyi}.
ta, ingiunzione, segnale, senza che ne
sia indicato l'oggetto, in quanto esso è Riassumendo, il significato del termi-
già evidente all'interessato (anche qui ne si estende dall'ordine chiaramente
non sempre si può distinguere tra or- determinato nel suo contenuto, al bre-
dine e ingiunzione); Hdt. 4, 141: É'rca-
ve grido imperioso e fino al grido inar-
xoucrcxc; 't'Q 1tPW'ttp XEÀe:ucrµcx.-n. Riferi-
to ad animali, come cavalli e cani, il ter- ticolato.
mine indica l'incitamento; Plat., Phaedr. Anche Flavio Giuseppe e Filone co-
2 5 3 d: il cavallo disciplinato si lascia
noscono tutte queste accezioni del ter-
guidare xe:Àe:ucrµai:L µ6vov xcx.t My~
(non ha bisogno della frusta); detto dei mine (LXX~ col. 319).
cani: Xenoph., Cyr.6,20. II termine xÉ-
ÀEV<rµa indica pure il grido del xe:Àe:u- Flavio Giuseppe: a) comando, ordine
<ri:i}c; che sulla nave segna il ritmo ai re- di Erode (ant.17,199); invito a prender
matori1; Aesch., Pers.397: E1tCXLO'a:v iD..- parte ad una congiura (ant.17,140); b)
µ'T)v ~puxtov (il mare profondo) h. xe:- irruzione su comando (ant.19,1ro) 2 ; c)
Àe:uµai:oc;; Eur.,lph.Taur.1405. Si trat- v·ido di guerra ( ÈyxÈÀ.e:uO'µa xai xpau-
ta qui di un termine tecnico, trapassa- y1}: bell.2,549). Filone, praem. poen.
to nel latino celeusma, celeustes. Una n7: la forma imperiosa di Dio; Abr.
locuzione fissa è (W0'1te:p, xaiM.1te:p) Èl; o n6: l'obbedienza di un equipaggio alla
&.q:i' Èvòc; xe:Àe:uo-µai:oc;, equivalente a autorità del xu(1e:pvl}i:TJ<; quale immagi-
(come) ad un comando, di colpo, nello ne di un'ordinata comunità domestica.
stesso tempo, tutti in una volta, come A poco a poco xÈÀe:ucrµa. sembra es-
un solo uomo; per es., Thuc. 2, 92, l;
Diod. S. 3,15,5; Sophron in Athen. 3,33 sere stato soppiantato nell'uso comune
(p. 87 a). L'unica volta che xÉÀe:uO'µa. da xÉÀe:ucnc; (e ÈyxÉÀEu<nc;).
compare nei LXX ha questo senso: Prov.
30,27 (24,62). c) Infine il termine può xÈÀe:ucnc; s'incontra per la prima vol-
anche significare in generale chiasso, ta in Plut., aud. poet. I r (II 32 c) e si
schiamazzo, con accentuazione del tono trova,, con xÉÀrncrµcx, anche in Plotino
imperioso; Aesch., Coeph.751: xat wx- (enn.4,8,2, dove ricorrono entrambi i
't'L1tÀciyxi:wv 6pl}lwv xe:À.wµ(hwv (alte, termini), ma è soprattutto frequente
squillanti grida notturne del piccolo O- nelle iscrizioni e nei papiri. Mentre qui
xfl...Euaµa.
1 Cfr. Suida, s. v. XEÀ.EU<ì't'f)ç: ol xeÀEU<ì't'Gl.L la nave della Chiesa cfr. F.J. DtiLGBR, Sol Sa-
x<.d)' Éxa<T't'lJV vix.uv 't'Ò Èvli6uLµov (il ritmo) lutis= Liturgiegeschichtliche Forschungen 4/_5,
1
TOLç ÈpÉ't'mç ÈvÉoouav. In casi particolari in- (r925) 277 ss.; specie 280 s. [BBRTRAM].
vece della voce umana si usa qualche altro mez- 2 In questo e nel passo successivo Flavio Giu-
20; per es., Xenoph., hist. Graec.5,-1,8: )..ll>wv seppe usa tyxtÀE\Jaµa. Il composto si trova
't'E '1J6tp1i> 'tWV XEÀEU<ì'tWV ctV'tL qiwvijç xpwµÉ- anche nello Pseud.-Xenoph., Cyn.6,24. In ant.
vwv, «i capi dei rematori si servivano del ru- 19, no accanto a ÉyxÉÀEuuµct ricorre ancora
more di pietre, invece che della voce». Per la 7tapaxe)..wuµ6ç. Lo scrittore usa anche &w.-
immagine di Cristo timoniere e XEÀ.EUO''t'f)ç sul- XEÀEvuµ6ç (ant.3,53).
321 (m,657) xÉÀ.waµa. (L. Schmid) (m,658) 322
xÉÀ.Eucrµa sembra essere attestato una chiara e precisa degli avvenimenti de-
sola volta (Preisigke, Sammelbuch 4279, scritti, concernenti la parusia. I proble-
3: XEÀ.Eu<rµa.ow, iscl'izione egiziana su
mi che si presentano sono vari. Anzitut-
pietra, intorno al 90 d.C.), Liddell-Scott
e Preisigke adducono numerosi docu- to: la preposizione Èv probabilmente
menti per xO..eucrL<; ed ÈyxÉÀ.Ev<n<;. Sem- non va intesa in senso temporale o stru-
bra trattarsi di un termine tecnico bu-
rocratico indicante l'ordine ufficiale, il mentale, come se il xÉÀwo-µa. fosse il
decreto, la decisione, tanto dell'infimo momento decisivo del xa't'a~alvEw,ma
funzionario di provincia quanto dell'im· vuole esprimere le circostanze concomi-
peratore; l'editto 3 imperiale viene desi-
tanti del xa.'t'a~a.l\IEW. Chi dà il segnale?
gnato aggiungendo ~Ei:oc; o tEpoc; (Prei-
sigke, Sammelbuch 4284,8; P . Masp.32, Dio, o Cristo, o l'arcangelo? Quest'ulti-
23, ecc.). Il termine viene pure usato ma possibilità è legata a un altro pro-
per indicare 1' ordine di una divinità, blema: i tre membri introdotti dall' Èv
Ditt.,Or.589: xa.['t']<Ì XÉÀEUO"t('V] ~EOV
(segue il nome del dio) ... Eùxapt.O''t'W\I indicano tre avvenimenti equivalenti,
àvéìhpca. (iscrizione votiva, Siria) 4 , oppure xÉÀ.wo-µu esprime qualcosa di
Nel N.T. incontriamo il termine sola- generico, che viene specificato dalla cpw-
mente in I Thess.4,16, dove significa co- vl) àpxayyÉÀov e dalla crciÀ.myl; DEov?
mando: O't't. a.Ù't'Ò<; ò xupt.oc; È\I xÙEUO-µtX.- In questo caso avremmo due avvenimen-
't't., ÈV <pWVfj àpxa.yyÉÀ.ov XCl.Ì ÈV O'/f.À.· ti: il xÉÀEVCTµa. dato mediante la voce
myyt. i>Eou xa:mfj1)CTE't'a.t. &:1t' oùpa.vov, dell'arcangelo e con la tromba di Dio
xa.t oi. VEXpot Èv Xpt.O''t'~ àvao-'t'1jO"o\l't'Cl.t. (senza che si dica chi la suona). A favore
'ltPW't'O\I ..., « ...il Signore stesso scende- di questa interpretazione potrebbe stare
rà dal cielo con comando, grido d'arcan- la mancanza di una determinazione ge-
gelo e tromba di Dio, e prima risorge- netivale di xÉÀ.EVCTµa. e l'inserzione del
ranno i morti in Cristo... ». Per quanto xa.l tra il secondo e il terzo membro.
sia facile stabilire qui il semplice signifi- Una risposta sicura non si può dare a
cato del termint:, è difficile farsi un'idea nessuna di queste questioni 5 • In simi-
3 Cfr. o6yµa., Lc.2,r. Entrambi i termini sem- o IX (op.cii., p. 239 in alto), non è esegetica-
brano accostati insieme in DtTT., Or.455,3: [ ... mente utile. Ivi Michele (in una redazione) è,
Xtt'\'à o6yµtt "CL x]a.t xÉÀEV<rW, Asia, sec. I tra l'altro, cosl salutato da Maria: xa.i:pE, M!.-
a. C.). xa.iJ).. Ò:PXL<r'tpCh'l)yE, 'tOU àylou 1tVet1µa-.oç
4 Altre formazioni, accanto a xÉÀ.Evuµa, xé- -tÒ ldì..EVµa. (c. 3, op. cit., p. 240); del resto
ÀEV<rLç e composti, sono XE).Evuµ6ç con i com- già prima gli angeli avevano salutato Maria
posti e XEÀ.EVUµocrovri (ionico}. --+ nota 2. (c. 2, p. 240) secondo uno schema trinitario:
5 Anche l'indicazione - suggerita da REITZEN- XttLpE, 'tOU à:ylou 1tVEVµtt'toç 'tÒ XÉÀ.EVO'µa. (in
STEIN, Poim.5 n. 3 - di un passo dell' 'A1toxa- tre delle quattro redazioni). Interessante per
ÀU1jJLç 'tijç ù11:epuylttç 0EO't0XOU 'ltEpt -rijç xo- il nostro contesto è anche il saluto di Maria a
Descensus Mariae (H. PERNOT, De-
)...claewç = Michele (c. 3, p. 240): xa.i:pE, Mtxa.'D"J. àp)CL-
scente de la Vierge .wx eiifers; Revue des Étu- cr-.p6'.'\''l)'YE, ò J.lÉÀ.Àwv attÀ.1tl1;Ew xat t~u'ltvl
des Gtecques xm [1900] 233 ss.) del sec. VIII sew '\"OÙç Ò;'Jt' a(wvoç '.l(E:;(Otµ'l)µtvouç.
323 (m,658) XÉÀEUCTµ.a (L. ~chmid) {Ill,6.59) 324
li descrizioni entrano tratti tradizionali ter d'occhio» (r Cor. 15,52), per cui si
delle concezioni e della letteratura apo- esclude qualsiasi successione vera e pro-
calittica, che servono a delineare l' 'at- pria: quando il tempo sarà compiuto,
mosfera' in cui si produrrà la fine, più allora avverrà la parusia del Signore, al
che a descrivere gli eventi nei partico- comando, alla voce dell'arcangelo e al
lari. Lo sforzo per distinguere i singoli suono della tromba, e nello stesso istan-
membri della frase va considerato co- te anche i morti risorgeranno.
me un tentativo su un oggetto inadatto.
A questa interpretazione non osta la
Un' ultima questione è la seguente: a successione, nei vv. 16. 17, dei due av-
che servono il xÉÀ.wcrµa., la cpwv1} e la verbi 1tpw-.ov ed E1tEt.'t'tx, il cui signifi-
crO.À:JtL')'!;? Ad annunciare in generale la cato è piuttosto qualitativo che crono-
logico: i 1teptÀ.EL1toµevot non sono per
fine, la parusia? Poiché nel nostro passo
nulla favoriti rispetto ai xot.µT)ttÉv-çe~
si parla tosto della risurrezione dei mor- (v. l 5 ). Se gli avverbi 1tpW'to\I - E1tEt'ta
ti, e siccome anche altrove troviamo sembrano introdurre una distinzione
l'immagine dei morti che vengono 'chia- temporale tra due atti successivi, l'av-
verbio &µa., 'insieme' (v. 17) in ultima
mati' fuori dalle tombe (10.5,28)6 , si può analisi li caratterizza come un atto uni-
J:ispondere che xÉf..EUcrµa., cpwvl) e <1'aÀ- co. Parimenti xa.'t'a.(3cclvew da una par-
1tL'Yi:; sono il segnale della risurrezione te e à.pmxyijva.1. ai.ç &.épa. dall'altra mi-
rano all'unico fine dell' à.Ttci\l'tT)<Tt.i; 't'OU
dei morti. Anche qui, dunque, gli avve- xup(ou. Il fine ultimo di tutti gli eventi
nimenti non si possono distinguere net- nella parusia è 1trbJ'tO'tE o-ùv xupl~ d-
tamente, ma xÉÀ.w<1'µcc, cpwv'ij e craÀ- vm dei credenti (v. 17; cfr. Phil.r,23).
Tutto il resto non ha un significato a
my!; sono da considerare o come il se- parte, ma è semplicemente un mezzo
gnale della risurrezione dei morti, o co- in vista di un fine, o solo un accessorio
me concomitante contrassegno ed an- esornativo, che può cambiare. Ricono-
nunzio della fine in genere 7 • Tutto anzi scere tutto ciò è essenziale per una
retta comprensione dell' escatologia di
avviene ~v pmij ocpilccÀ.µov, «in un bat- Paolo.
LoTHAR ScHMID
I I I I:' Ì::
XEvoç, XEVOW, XEVOuosoç,
XE\IObo~lrx.
KE\16c;
1 Un bel parallelo a I Cor.r,17 ss. troviamo nel hanno parole vuote di dimostrazioni (efficaci).
Corp. Herm.16,2: "EÀ.À.7JVEc;... Myouç ~xoucn Eia stessa filosofia degli Elleni non è che suo-
KE\loùc; &.7tooEl!;EW\I [ EVEPY7J'tLxouçJ. xcx.t ocv-.'rJ no di parole. Noi invece non ci serviamo di
ECT-rLv {i)) 'E).).1)\IW\I cpLÀOO'ocploc, )..6ywv lj/6- discorsi, ma delle voci grandissime delle ope-
rpoc;. 'l')µErç oè oò Myocç xpwµEl>cx., à).}-.à. cptù- re». Il testo è incerto in più punti, ma il senso
va.rç µE[ yl]u-.cx.tç -.wv ~pywv, <(gli Elleni... è chiaro.
327 (m,659) XE\16c; {A. Oepke) ( m,660) 328
discorso che non giova). Frequenti so- 2. La maggior parte dei passi del N.
no espressioni come dc; xEv6v, invano T. - eccetto una citazione quasi inte-
(P. Petr. II 37 1 1 b, 12, sec. III a. C.);
ramente paolina - presenta fondamen-
Flav. Ios., ant.19,96; Is.29,8; Ier.6,29;
18,15 (la.Haw'), o oLa xevf]ç (Aristotele, talmente l'accezione 2 b), sia pure con
probl.5,881 a 39 [con pl1t-cew]; Iob2, diverse sfumature. Non è tanto l'uso
3; 6,5)--7 col. 329.
linguistico per se stesso che è cristia-
no, quanto il contenuto concettuale del
B. xevoç NEL N.T.
termine. Ali' uso generale si accosta-
r. Troviamo il significato r) in Mc.
no, più di tutti, i passi seguenti: Iac.
12,3; Lc.20,10.n (Ès)a,1tÉO"-cEtÀ.c:t.v xe-
4,5; Eph.5,6: µ'l']oetç ùµéiç &:n:a.-cchw
v6-v, e con un senso più profondo in Le.
(seduca) XEvoiç Myotç, e Cob ,8: av-
I, 53: 7tEL\IWV't'c:t.<; È'VÉ1tÀ.'l']CTE'V &:ya:ìlwv
}.,a,ywywv otà. 't''ijç cptÀ.ocrocplcxç xaL XE-
xa;t 7tÀ.ov-coùv·m.ç ÈSet.7tÉCT't'EtÀ.e.v xevouç,
vijc; &:mi-.'l']ç. Qui non si esce dall'am-
esurientes implevit bonis et divites di-
bito religioso-morale. Invece si avverte
misit inanes. Il pensiel'O del Magnificat
il senso di una carenza di efficacia ( ac-
è veterotestamentario-giudaico 2 (dr. I
canto ad Act.4,25 := Ps.2,1) in I Cor.15,
Sam.2,7 s.; Ecclus gr. 10,14; lob 12,17 t I t , ) .f~
IO: 'l'] xaptç ... OV XE\l'l'] E"(E\IT)u11; 15,
ss.; 20,6 ss.; Ps.107,9; 34,n; Ps. Sal.
2,31; rn,6 --7-r.-.wx6ç, inoltre l' inter-
18: o x61toc;oùx fo-.w XEV6ç, nonché
pretazione giudaica della diffusissima nelle locuzioni con Etç xEv6v: 2 Cor.6,1
immagine della 'ruota della vita') 3 , ma (oÉsa,crl}m); Gal.2,2 ('t'pÉxw); Phil.2,16
(E:òpa.µov, Èxo7tlMa.); r Thess. 3,5 (µi)
è anche cristiano, in parte spiritualizza-
to (cfr. Mt.5,3 ss.; Lc.6,20 ss.; I Cor. 1,
o
... dç XEVÒ\I yÉVT)'t(X;L X01t0<; 1Jµwv ).
26; 2 Cor.6,10; Iac.2,5).
In tutti questi passi è presente una for-
Il significato 2a) ricorre in Iac. 2,20, te coscienza e uno spiccato senso di re-
dove è usato in una sfumatura più gre- sponsabilità riguardo alla grandezza del
ca che giudaica. È difficile negare che dono di Dio, della grazia divina, insie-
l'apostrofe w&vi)'pw7tE xe.vÉ sia linguisti- me alla consapevolezza dei compiti che
camente paragonabile al paxa di Mt. 5, essa comporta; ma vi traspare pure una
4
2 2 , ma neppure si può mettere in dub-
grande .fiducia nella potenza della gra-
bio il suo senso piuttosto intellettuale zia divina, che garantisce sempre il suc-
' cesso. xev6ç e où xEv6ç non sono ter-
cioè greco.
2
W. SATI'LER, Die Anawim im Zeitalter Je- LBRilllCK, KLOSTERMANN, ScHLATTER, Mt., ad l.
ru, Festgabe fiir A. Jiilicher (1927) r-r5. L'e~uivalenza proposta dallo ZAHN, appoggian-
3 KlTTEL, Probleme q1 ss.; WrnmscH, Kath. dosi al Crisostomo, cli rliqii' = 'schiavo garzo.
Br.; DrnELrus, ]k. a 3,6. ~ -.pox6c;. ne', è meno valida. '
4 p(LXa= réqii' 'minchione'. Cfr. STRACK- Bn.-
329 (m,660) xEv6w (A. Oepkc) (m,661) 330
XEVOW
RE1 X 246 ss., XXIII 752 s.; RGG1 III 725-727; stt1s? (1916) 208 ss. e ThStK.r 100 (1927/28)
HAUPT, EWALD, DrnELIUS, Gefbr.; LoHMEYER, l-102; A. JtiLICHER: ZNW 17 (1916) 1 ss.; E.
Phil. a Phil.215ss.; Teologia del N.T. di HoLTZ- LoHMRYER, Kyrios Jest1s, SAH 13 {1927/28);
MANN 112 (19II) 96, FEINE6 (1934) 179 s ., WEI· K.BARTH, Philipperbrief (1928) 54ss.; W.FOER·
NEL4 (1928) 313, 318; SCHLATTER, Theol.d.Ap. STER: ZNW 29 (1930) II5-I28; E. BARNIKOL,
340 ss.; W. BEYSCHLAG, Christologie des N.T. Phil. 2, der marcionistisehe Ursprung des My-
(r866) 235; O. MICHEL: ZNW 28 (I929) 324- thossatzes Phil.2,6-7 {1932), vuol provare che
333 ; I. A. DoRNER, Ges. Sehriften (1883) x88 la pericope della kenosi è interpolata; ma la
ss.; E. W. WBIFFENBACH, Zur Auslegung der dimostrazione è insufficiente.
Stelle Phil. 2,5-II (x884); TH. ZAHN: ZWL 6
( r 885) 243-266; O.BENSOW,Die Lehre von der I LoHMEYER, o.e. 29 fa riferimento alla cosmo·
Kenose (r903), spec. 174 ss.; J. KOGl:!L, Chri· gonia iranica; esatto è invece DrnBLJUS, Ge·
stus der Herr, BFfh 12,2 (1908); W. WARREN: fangenschaftsbrie/é', ad l.
JThSt 12 (x9u) 461 ss.; H. SCHUMACHER, 2 LOOFS, I.e., con molta erudizione h:t addotto
Christus in seiJJer Priiexistenz und Kenose nach dei documenti patristici a favore di questa an-
Phil.2,5-8 (1914/21); W. W. JXGER: Herm. 50 tica concezione dogmatica e ha cercato di di·
(191;;) 537 ss.; F. LooFS, Wer war ]esus Chri- mostrare che essa è esegeticamente esatta.
333 lUl,OOOlJ pu,oo;z J 3 34
vata di quel carattere di scandalo che Epicuro: p. 78, 7, dove equivale a xe:-
pur le conferisce efficacia, forza e virtù vi} o6l;cx., dr. p. 74,16; p. 78,2.5 ecc.;
inoltre Philodem. philos., ed Sudhaus
divina, non perda il suo contenuto di ( I892) I p. 332,q s.; Diod. S.17 ,rn7,
norma vivificante e non diventi vana e dove si parla dell'indiano Karanos che
insignificante (cfr. r,r8 ss.) 3• si getta nel fuoco; Polyb. ro,3>,6; Phi-
lo, mut. nom.96; leg. Gai.n4; Sap.14,
t xe:v6ooJ:;oc; 14. b) Millanteria, futile ambizione, Vett.
Val. 358,31; Polyb. 3 181,9 (sinonimo:
Chi sa o cerca di procurarsi una sti- 't'ùcpoc;); 4Mach.2,15 (sinonimo: aÀ.(J.-
ma ingiustificata (xe:v'Ì} oosa.), spaccone, sovEla, ecc.); 8,19.
millantatore, ambizioso, Polyb. 27,6,12;
Epict., diss.3,24,43: sinonimo tl)..o;swv;
lui., or.6,180 e; Vett. Val.7 ,2 p. 271,2: Nel N. T. manca l'accezione a), che
XE\1600SO<; XÀ.'r)pO'\IOµlix., leredità lucci- invece ricorre più volte nei Padri apo-
cante; Did. 3,5: µ'l")oè: q>LÀ.cipyvpoc; µ'l')-
oÈ Xé\looosoc;. stolici. Ign., Mg.II: -r:à &y;wr"tpcx. •t"i'}c;
XE'\looo;la~, Pamo dell'illusione; Herm.,
Paolo ammonisce, in Gal.5 1 26, a non
sim. 8 ,9,3: 7te:d>Oµe:vot -r:ai:'c; xE-voòoslcx.tc;
farsi millantatori: µ'Ì) ywwµe:b« xe:-v6-
't'W'\I ÈtNwv. Troviamo il senso b) in Phil.
ool;ot.
2,3: µ'l')OÈ.'V XrJ."t 1 Èpdhfa.v µ'l}oÈ XrL't'CÌ.
t XE\IOOosfo. XEvooo!;lcx.v, cfr. Ign., Phdl.1 11; IClem.
a) Illusione, termine prediletto da 35,5; Herm., mand.8,5.
A. 0EPKE
t XÉV'tpO'V
A. XÉ\l't'pO'V FÙORI DEL N.T. x. Nella natura: aculeo di animali,
Fondamentalmeqte indica . tutto ciò pungiglione; assai frequente in Aristote-
le, negli scritti di zoologia, per es. part.
che punge; il verbo corrispondente più
an. 4,6, p. 682 b 33 s., dr. Plut., fort.,
in uso è XE\l"tÉW (nel N.T. solo Éxxe:v- 3 (n 98 d). Specificamente indica il pun-
'tÉW [->III, coll. 3r5ss.], Io.19,37 e giglione delle api (Aristot., gen. an. 3.
Apoc. l ,7) 1. In particolare: rn, p. 759b4, dr. hist.an. 5,21 p. 553
b4) o delle vespe (histor. an.9,41, p. so del termine in Soph., Oed. Tyr.1318:
628 b4, naturalmente anche in Aristoph. xÉv'tpwv ... -cwvo' oì'.cr"t'pl)µa. (furore), n
vesp. 225,407,420 ecc.). È detto anche meno che non s'intenda xÉv-.pa. come
dello scorpione ( part.an-4,6, p. 683 a I2) equivalente di 7tEp6vm (fibbie), con le
e designa pure gli aculei del porcospino quali Edipo si cavò gli occhi (1268 ss.).
e gli sproni dei galli, ecc. (testi in Lid- Punta della lancia, Polyb. 6,22,4.
dell-Scott). 3. xÉv,;pov è usato largamente in sen-
2. Come strumento umano, a) spero- so traslato, applicato alla vita psichica
ne, frusta (staffile con punte), pungolo dell'uomo. L'uso figurato può esser de-
(bastone di legno con punta metallica), rivato sia dall'idea della frusta, sia da
con cui si incitano cavalli, buoi e altri quella del pungolo o del pungiglione
animali da trasporto e da tiro. Già in velenoso. Rientrano chiaramente in que-
Omero, Il.23,387: &\IEU xÉ'n:po~o -fifov- sta accezione figurata i seguenti due pas-
·m; (detto dei cavalli nella corsa dei coc- si: OVEtOoç ... E't'Vlf!Ev olxa.v OL<j>pYjÀ.chou
chi), dr. 430: xÉv'tpcy È.mcr7tÉpxwv (tut- p.Ecrè>À.a.~EL XÉV'tp~ V7CÒ <ppÉva.c;, «Un bia-
t'e due le volte= µacr·nl;). Frequente in simo ... colpì sotto il cuore, come colpo
Euripide: É7tijyE xÉv-tpov Elç XEi:pa.ç À<t.- di frusta pungente d'auriga impugnata
0wv 1tWÀ.OLt;, Hipp .n94 s., cfr. Iph.Aul. nel mezzo», Aesch., Eum.155 ss.; (Peri-
220; Herc. fur. 882 e 949. Lo troviamo cle) µ6voc; -i-wv pri-.6pwv 't'Ò xÉnpov Èy-
anche nei prosatori: Plat.,Phaedr.253 e: xa."tÉÀ.L7tE "tOtç &.xpowµÉvotc;, «unico tra
µO:cr.. ~y~ µE-i-à. xÉnpwv µ6yLç U7tElxwv, gli oratori lasciò il pungiglione negli
cfr. 254 a2 ; Xenoph., Cyrop.7,1,29; Phi- ascoltatori», i ~fjµo~ di Eupoli (Schol.
lostr., imagines (ed. O. Benndorf - C. Aristoph., Ach. 530, ed F. Dilbner
Schenkl (1893] 2,23,1.Rilerito ai buoi: [1842]). In modo analogo Platone fa
Plut., Mar.27 (r 421 b).Succedeva spes- dire a Socrate: WrT7tEp µÉÀ.t"t"tCX. "tÒ xÉv-
so che il bue si rivoltasse contro il pun- 't'pov Èyxa.i:a.À.mwv, «come ape lascian-
golo; di qui il detto metaforico: 7tpÒç do confitto il pungiglione» (Phaed.91c).
xÉv-.pa. À.a.x-.lsew, «recalcitrare contro In altri passi la derivazione dall'una o
lo sprone» (-7coll. 339 s.). b) Lo staf- dall'altra idea non è chiara. È anche pos-
file venne usato anche per gli uomini sibile che le due idee si incontrino, in
come strumento di punizione e di sup- quanto l'aculeo presenta due aspetti es-
plizio; Hdt.3,130: µO:cr-i-iyaç 'TE xaì. xÉv- senziali, che evocano l'uno l' .immagine
-cpa, dr. scholia Aristoph., nub-450 (ed. del dolore e l'altro quella dell'incita-
F.Dilbner [1842] e Suida,s.v. xé.v-.pov). mento. Si distinguono allora nell'uso
c) ruferito ad oggetti, ago, chiodo, ar- traslato due direzioni, a seconda che
pione; Paus. IO, 16, l: 1tEp6va.Lc; (arpio- si accentua la sensazione di dolore o
ni) fi xÉV't'pOL<;. Cfr. anche la ricevuta, l'effetto stimolante del pungolo o del-
evidentemente di un commerciante in 1' aculeo velenoso: a) dolore, tormen-
metalli, trovata a Faiji1m, del tempo di to, pena, sia del corpo che dello spirito;
Antonino,BGU II l89nr. 544, righe r2- h) stimolo, impulso, bramosia, tanto in
r 3: xÉv [-.] pou O"L01]pou xlti't'TJV µlav buono quanto in cattivo senso. Spesso
-.a.À.6:vTWV ovo 3. Forse questo è il sen- questi due significati s'intrecciano tra di
2 Frequente è la connessione xÉv't'pa. xa.t µ&.- dò che è detto nell'immediato contesto: ÀE7tl·
O''t'Lyeç,per es. Plat., leg. 6,777 a. oa.<; (lamine) O'tO'l]piiç, 'Ì')À.ou XttÀ.xoii, ft).ou
3
Di quale tipo di ago, c:hiodo o pungolo si CTLÒ1Jpou, 7tEpovwv xaÀxwv, ecc.
tratti, si può solo congetturare sulla base cli
337 (IH,663) xÉv-.pov (L. Schmid)
loro: il dolore rende l'uomo inquieto, vente sia il significato a) (Plat., Phaedr.
lo sprona fino a portarlo alla disperazio- 251 e: XÉV'tPW\I 't'E xrxt wol\IWV EÀ'r)~E.\I),
ne; d'altra parte l'incitamento col xÉv- sia il significato b) (Plat., resp.9,573 a:
-rpov si associa per lo più all'idea di do- 'Jt6itou xÉv-i:pov; cfr. 573 e: i xÉv-rpcx. del:
lore; la sofferenza sorge specialmente le bnit uµla..t, soprattutto dell' ltpwc;) 5 .
quando lo stimolo è rivolto a un fine Plutarco parla del fascino che diffonde-
obiettivamente assurdo o soggettiva- va l'apparizione di Cleopatra (Anton.27
mente non desiderato; la bl'amosia di [I 92 7 e]); in senso più generale si di-
qu~lcosa di irraggiungibile è assai do- ce xÉv'tpov 'tL iJuµou (Plut., de Cleome-
lorosa. ne l [I 805 b], dr. Ael. Arist., or. 28,
Nei tragici. Significato a): Aesch., 104 [Keil]). Il termine denota pure
Pl'Om. 597: ih:oO'\J'tO'V .•. v6rJoV ... , a l'effetto stimolante della musica (Plut.,
µa.patVEL µç xplourJa. xivtpOLO'L q>ot-ra.- inst. Loc. 14 [II 238 a], cfr. de Lycurgo
Àfotcn, «inviata da Dio... una malat- 21 [r 53 a]), o anche la potenza della
tia ... , che mi distrugge ungendomi con parola, con parecchie differenziazioni
tormenti che fanno smarrire» (cfr. 692). (Eupolis Schol. Aristoph. Ach. 530 ~
Significato b) Aesch., Eum.427: 1tOV yàp col. 336; Plat., Phaed. 91 c, ~ ibid. 6 ;
't'OO"OV'tO XÉV-rpOV wc; µ'r)'tpOX't'O\IELV; cfr. Ael. Arist., or. 28,115, Keil: xÉv-cpwv
Soph., Phil. rn39: -rt xÉv-rpov itEi:ov ... -rwv Àbywv ). In particolare il termine
' - Eur., H ere. Iur.20 s.: "Hpac; U1CO
Eµou; " è riferito alla lingua: Eur., Herc. fur.
xÉv-rpoL<; Sa.µa.critdc;. Si parla volentieri 12 8 8: y À.wcrcrnc; mxpoi:c; xÉv-rpo1m.; .cfr.
dei xÉv-rpcx. ltpw•oc;, per es. Eur., Hipp. Aesch.,/r.169 (T.G.F.): xÉvi:nµct yÀwc;-
39, cfr. l 301 ss.: -rfjc; ... EXitlcr-rTJc; itEwv crnc;, CTY.Op'ltLO\J ~ÉÀoç À.Éyw, 7«puntura di
(Afrodite) ... OTJxite:i:cra.. xÉnpoL<; 4, dove lingua, dardo di scorpione» •
i due significati di dolore e di stimolo 4. Poiché chi dispone di un XÉ'll-i:po\I
si compenetrano, assumendo uno spic- possiede la forza, il termine nella sfera
cato risalto. È interessante osservare nei umana può essere unito con l'idea di
passi citati la concezione che luomo potere sovrano. Ma poiché di solito è
greco si fa della vita umana, sottoposta solo chi possiede un potere non basato
all'azione benefica o funesta degli dèi. su una superiorità interiore a impugna-
Anche tra i prosatori è attestato so- re il XÉ\li:po\I, e lo fa per assicurarsi il
4 Cfr. la rappresentazione del dio dell'amore <mno che urge sulla città, per volere di D:o,
con la freccia. come sopra un destriero generoso e forte, ma
s Esempi non letterari in PRBISRNDANZ, Zaub. un po' incline alla pigrizia per la sua stessa
IV 2908 ss.: li!;ov "r'Ì)\I 8~iva... cptÀ.é't'l]'tt xat grandezza, e perciò bisognoso di esser tenuto
EÙvTI, ot1np1p E>..cwvoµÉvY}v, xtv-.pot<n ~talotç desto da un qualche tafano».
V1t 1 &.v&:yX'lJ (incantagione di amore). D'altra 7 Si parla di xév-.pov anche in rapporto nll'oc·
parte il termine esprime anche la nostalgia per chio: ofov òcpl}rùiiéi> xÉv-.pov... ÉvDe~crcr., Phi-
un defunto (iscrizione tombale, Bisanzio, sec. lostr., imagines 2,x,2, e perfino: 1tOÀÀ.à... cr.Ò·
III-IV d. C.): criiç yluxEpl)ç IJ!uxTjç xÉv-.pov 'tOU (se il.: oµµoc-.oç) 'itpÒc, 'tbV OCÒÀÒV "t"à 'XÉV-
linaucr-.ov Ext<>V (Epigr. Graec. 534, 8, cft. -rpoc, 1 ,21,2. Infine XÉV'tpov può essere riferito
MouLT.-MILL., s.v.). 11nche allo specchio: xoc-.òn-rp4J EoLXuicr.v 1tOC-
6 Cfr. il noto passo di Plat., ap.3oe, dove So· pauxécrl)w -.i)v yvwµ'l')V ai)6).,~ xal. O''tLÀ'ltVi;>
crate si presenta come npocrxElµEvov TO n6Àet xcr.t cixpL~E~ -.b xÉV'tpov, «presenta il pensiero
v1tò -.ou l)Eou, wcr1tEp Ln1tti> µt:yaÀ~ µèv xat simile ad uno specchio terso e lucente e preci-
)'EWClttp, Ù1tÒ µeyÉDouç SÈ vwfrE?""t"Éptp xat OEO· so quanto al xÉvTpov», Luc., quomodo historìa
~lÉV~ È-yElrm1Dat ùnò µuwn6ç -.tvoc;, come conscribenda sit 51.
XÉ\1-tpov (L, Sclunid)
8 Cfr. Ael. Arist., or. 28,138 (KEIL). L'esegesi 8i) -toih·o f}etoç Ècr·n v6µoc;, X<Xt 'ltEli>eCTbal rE
di Eliano non coglie il punto esatto: &,).,).,oc; olç &v t1Mct-t-tn xat µi) [3ial;E(1f)ai µn8t, ~
o' av 'TOU'TO 'TÒ XÉV'tpOV El<; "t"OÙ<; À6you<; ElUEV- cpl)o1.v Ti 7tapoLµla., "Jtpò<; xÉv'tpet ì..ax-tlsEtv ·
E"(XttµEVO<; oùx /lv 't"Ocroiho crwqipocNYl)<; El<r· à.'ltetpal'tT)'TOV y6.p Éa''TL -cò À.Ey6µE'\/O\I i;uyòv
-f)Ylyxa-co (ibid. 139). -tii.; à.vayx11.;, «bisogna dunque onorare colui
9 Per l'illustrazione cfr. I Reg.12,u .14. da cui siamo stati generati, poiché questa è
legge divina, ed obbedire a coloro ai quali tu
io Poco prima (88) si legge: XPlJ oÈ 'ltpòc; lkòv
sei prossimo e non usar violenza né, come dice
OÒX Épl~EW.
il proverbio, recalcitrare contro il pungolo;
Il Testi latini in A. 0'fTo, Die Sprichwiirter... inesorabile è infatti il giogo della necessità, del
der Romer (1890) 331 s. P assi di Libanio in E . qu:ile abbiamo parlato». Per meglio compren-
SALZMANN, Sprichworter tmd sprichwiirtliche dere il proverbio dr. anche la forma che esso
Redensarten bei Libanit1s, Diss. Tiibingen assume in Ael. Arist. 45.53 (DINDORP): 7tpÒç
(1910) 75. JHS 8 (1887) 261 adduce il seguen- v6µov xaì. -rau·m à.'Jl>pC:mwv &µa xa.t l>EWV
te testo epigrafico: À.ax-rll;EL<; 1tpÒc; xÉ'J-r:pa, ~aCTLÀ.ta µ&.xeO"Dm, con riferimento a Pinda-
-r;po[cra]'J-cla xuµa-ca µox1>E'i:t; (citato secondo ro; inoltre schol. Pifld. Pyth. 2,I7J a (ed. A.
ZAHN, Ag. u 801 n. 23). Cfr. inoltre Iul., or. B. DRACHMANN [1903ss.]) e schol.Aesch.Prom.
8,246b: XpTJ OÈ xa:Ì. OV ')'EyovaµEv "t"Ll.l!iV, È'JtEI.- 323 (ed. G . DINDORFF m [1851]).
341 (m,664) xÉv-epov (L. Schmid) {m,665) 342
generale il compasso a punta. Poi trapas- vallo e la briglia per l'asino, così per la
sa a connotare non più la punta del com- gente stolta (ci vuole) la verga»; Ecclus
passo, ma il punto in cui si fissa un'a- 3 8 ,2 5: 't't O'OtpL<fìli}crE't'('J.(. ò xpa.'t'W\I &.p6-
sta del compasso, mentre l'altra descri- 'tp0V xa.1. xcx.uxwµEvoç è.v oopcx.'t'L xÉv-
ve il cerchio, cosicché XÉ\l't'pov equivale 't'pou, B6a.ç È.À.cx.uvwv..•; «come può di-
a centro (lat. centrum) del cerchio, e venir sapiente chi guida l'aratro e siglo-
quindi di qualunque superficie o corpo, ria del pungolo, spingendo i buoi...?»;
e persino dell'universo, per es., Aristot., qui 86pu XÉV't'pov ha un tono ironico e
an.pr. l,24, p. 4rb 15; meteor. 2,5, p. simboleggia il dominio (cfr. sopra al n .
362 b 1; probl. 15,4, p. 9n a 5; Plut., 4). In 4Mach.14,19 significa il pungi-
de placitis philosophorum 3 prooem. (n glione delle api: µÉÀ.LO'O'a1.... È1tcx.µvvov-
892 e); Epict., diss. 1, 29, 53; per altri 't'CX.L 'tOÙç 1tp0(TLOV't'aç xa.L xa.ìla1tEP CTL-
passi tratti dalla letteratura matematica, oi)p~ 't'éi> XÉ\l't'p(>.) 1tÀ:i}O"O'O\JCfL\I, «le api
nonché per l'impiego di questo termine
si difendono e colpiscono usando come
in astronomia 12 vedasi Liddell-Scott. In arma il pungiglione>>. Due volte il ter-
senso traslato il nostro termine ricorre,
nei Moralia di Plutarco, nella locuzione mine ricorre in Osea in senso traslato,
fissa : ( wç, xa.1>cbtEp) XÉ\l't'p~ xa.L OLM''ti]- 5,I2: xa.t hw... w<; xÉv't'pov (ebr. ra-
µa.'t'L TIEpLypa<pew i:L, «descrivere qual- qab, tarlo) 't'(i> otxcv 'Iou8a.. Il significa-
cosa con centro e raggio» (de garrulitate to di xÉvi:pov si ricava chiaramente dal
21[II513c]; de cupiditate divitiarum 4 v. 13, dove se ne descrive l'effetto: xcr.L
[II524f], ecc.). L'origine della locuzio- d8ev ... 'Iouoa.ç i:'Ì}v òovvT}v cx.ù-rov; xÉv-
ne risulta chiaramente da quaest. Plat. 'tpov è il mezzo con cui Jahvé punisce
5,2 (II 1003 e): Ò XUxÀ.oç ypa<pE'ta.L XÉV- scuotendo e provocando dolore. Si veda
't'p~ xaJ, otwr't'i]µa.'t'L (distanza, raggio). 13,14 : fa XE1.pòç ~oou pvcroµa.L aù"t'oùç ...
Cfr. anche de Romulo I I (I 23 d): WO'- 7tOU 't'Ò xÉv't'pov <fOU (ebr. qòfeb, rovina,
'ltEP XUXÀ.OV XÉ\l't'pl!) 'l'tEpLÉ"(pa.l}ICX.V 't'i)V epidemia), (i.oT}; "At8T}i; è una potenza
1t6À.w n. personificata, che ha un xÉv't'pov come
Il termine ricorre anche nei LXX, in simbolo della sua tirannia e se ne è ser-
Filone e Flavio Giuseppe. vita contro gli uomini per farli soffrire.
Cinque volte Io troviamo nei LXX; È significativo che in questi tre casi il
in due casi significa pungolo: Prov. 26, testo ebraico non presenti mai un ter-
j: w<f7tEP µacr't'L~ L1t'lt~ xat xÉv-tpov mine che corrisponda esattamente a XÉ'V-
(cbr. meteg) ov~. OU't'W<; paf38o<; EWEt "t'pov, cosa che si verifica solo nel passo
"itapav6µcv, «come la frusta per il ca- d1. ECCl . I2,II: '\' - W<;
11.0j'OL O'O(j)W\/ ' 't'ct.' f.IfJOU-
'
12 Possiamo aggiungere qui anche il passo ci- dcll' oggetto contemplato). Si potrebbero ad-
tato in A. SouTER, Greek Metrica! I nscriptions durre ancora due usi particolati del termine,
/rom Phrygia VI riga •P Class. Rev. II [1897] ma si tratta di accezionì molto marginali: Sofo-
p. 136a, con osservazioni a p. 137a). Interes- cle (/r. 734, T.G.F.) ha pcx.X"t1]plotc; (battenti)
sante è Anche l'uso del termine nel senso tem- xÉv'tpot<rt\I, dove il termine sta per xwr.cx.L='=
porale di mome11to, istante, Stob.1,165,1: xlv- remi; qui evidentemente all'immagine comune
-tpou µov1) . di «battere il mate coi remi» si è aggiunta
13 Anche nel linguaggio mistico troviamo l'im- quella poetica: «i remi si infilano nel male»_
magine del cerchio, e quindi anche il termine Sotades, in Plut., lib.educ.14 (II n a), si serve
xév-epov nel senso di centro;_Plot., em1.6,9,10: del termine xév"tpov come di un eufemismo
E\I fo'tw ì:JtntEP xlv-tp~ xlv"tpov cruva~ttc; per 7tO<Tlh) (penis): dc; oùx oul11v "tpvµa.À.~TJV
(detto dell'unità del soggetto contemplante e -tÒ XÉV"tpOV WftEtc;.
343 (m,665) xÉv't'pO'V (L. Schmid) (m,666) 344
X€.V-tpa, (pungoli per buoi, ebr. dorbo- di Damasco, gli disse anche queste pa-
not). Filone (som. 2, 294) rappresenta role: O'X.À.1]pOV O'OL 'itpÒc; XÉV't'pa À.ax."tl..
Dio come l'auriga che mette le briglie al
1;,Ew, «è duro per te recalcitrare contro
mondo, serrandole con forza, e con la
frusta (µM"tt.çL xa:t xÉv't'pOLc;) gli ram- il pungolo» 14, pronunciate, come nota
menta Ja sua OE<11tO't"t.X1} Éçoucrla., che il espressamente Paolo stesso, in ebraico:
mondo rischia di scordare. In due passi "tTI 'Ef3pat81. 8La.À.ÉMW. Ora ci si do-
troviamo l'accezione di centro; conf.ling.
5: la terra come centro dell'universo; manda se questa locuzione che, come
156: xÉnpov equivalente a centro del abbiam visto sopra (-+coll. 339 s.), è un
cerchio. Negli altri passi il termine com- proverbio comune in greco (e in latino),
pare nel senso traslato che abbiamo in-
dicato sopra, al nr. 3; det. pot. ins. 46: abbia avuto una equivalente o in ebrai-
iioovi]c; 11 À.V1tt')c; il "twoc; lfJ..J..ov mi.- co o in aramaico. L'A.T. parla di sebet
iJouc; ·x Énpotc;; con gr. 7 4: XÉ\l't'poi.c; <pL- hanno gef, «verga dell'aguzzino», Is.
À.ocroqilac;; leg. Gai. 169: mischiare agli
scherzi una punta malvagia ( xÉv't'pov 9, 3 (LXX: 1i pap8oc; "tWV Ò:.TCIXl."tOU\1-
U1tOXCX.XO"l)iJEc;). "t'WV); anche i Giudei conoscono il pun-
Flavio Giuseppe parla del xÉv't'pov golo dei buoi (mardell, massiisii') mu-
della passione in ant.7,169: 't'4)••• i!pW't'I.
Xa.LoµEvoc; xat "tOL<; 't'OU nai}ouc; XÉV- nito di aculeo (dorbiin, aram. ziqqe-
't'pOL<; µuwml;,6µEvoc; (Ammon contro tii') 15 ; inoltre il passo di
Eccl.12,n, do-
Tamar), e del xÉV"tpov come stimolo in ve le parole dei saggi sono dette dorbo-
bell.2,38 5: à:.1toa--ra<1Ewc; xÉv't'pov; bell.
3,440: xÉv'tpov hépwv ... crnµqiopwv. not= PovXEV"t'Pa (-+coll. .343 s.),ha dato
Il termine si legge anche nei Salmi occasione ai rabbini di fare una rifles-
di Salomone; Dio risveglia l'uomo dal sione esegetica su questo termine 16; ma
sonno del peccato: i!vuçÉv µE wc; xÉv-
proprio il proverbio 1tpÒc; xÉV'tpa. À.a.x-
"tPOV t1t1tou ht -riiv ypt')y6priaw a.ù"tou
( 16,4). 'tll;,Ew, comune ai greci e ai romani, non
s'incontra mai nel giudaismo 17• È chia-
B. xÉV"tpov NEL N.T. ro allora che l'ammonizione che Cristo
rivolse a Paolo a non tentare di opporsi
Nel N.T. xÉnpov ricorre in tre
I.
al suo volere, perché gli sarebbe stato
passi. Secondo Act. 26, I4, Paolo nel-
l'autodifesa davanti ad Agrippa narra inutile e dannoso, ha assunto la forma
che, quando Cristo gli apparve sulla via di un proverbio greco cortente, adatto
L4 -4 Àctx-cl~E~V nel N.T. ricorre solo qui. Il 11 In ogni caso si potrebbe rimandare a una
codice E e una parte dei testi latini e siriaci frase quale quella di Mal.3,8; LXX, EL (vat.:
µ1rn) 1t-cEpviEi: (ebr. qb' o 'qb) lJ.'Vl>pw1toç DE-
aggiungono la frase anche nel racconto del c.
6'V. Mu I) 'lt'ttp'Vl~Eiv qui sembra da tradursi
9, dopo il v. 4 o 5 e anche (ma in minor nu-
semplicemente con 'abbindolare'; 2) non vi ri-
mero) in quello del c. 22, dopo il v. 7. corre affatto l'immagine del XÉY'tpov. Cfr. an-
15 STRACK-BILLERBECK II 769 s. cora ljJ 40,rn con lo.13,18. Del resto nei LXX
16 lbid. il verbo )...tJ,x-cl!;.EL'V manca del tutto.
345 (m,666) xÉV't'pov (L. Schmid)
18 Interessante è la discussione del problema greci e in particolare del suo ultimo dramma,
nella dissertazione critico-filologica di Hager e le Baccanti». V. anche F. SMBND: Angelos I
Kapp, Leipzig I7J8 [HA.NsE] . (r925) 34 ss., specialmente 41 ss. Lo SMEND
1 Cfr. w. NESTLE: Philol. 59 NF 13 (1900) discute soprattutto sul plurale XÉv-rpa.. Cfr. H.
9
46 ss.: A11klange an Euripides in der Ag. Il WINDISCH: ZNW 31 (1932) 9 ss.; a p. 14 con-
NESTLE, o.c.57, conclude con questa tesi: si ve- clude: «La 'parola di Gesù' è un proverbio
de come sia possibile che Luca «non abbia po- greco, con tutta probabilità una citazione da
tuto, qui e altrove, sottrarsi a certe remini- Euripide».
scenze di analoghi avvenimenti registrati nella 20 Sulla questione dcl plurale dr. W. G . KiiM-
letteratura greca profana e-che anch'egli abbia MBL, Rom. 7 tmd die Bekehrtmg des Paulus
sublto l'influenza del più letto di tutti i tragici (I929) I55 ss., il quale conclude che «possiamo
347 (m,667) xÉv'tpov (L. Schmid) (m,667) 348
stabilire solo questo: che l'autore degli Atti si 22 Sarebbe possibile, per se stessa, anche l'im-
è servito di un proverbio greco, ovviamente magine dello scheletro con la lancia abbassata
molto citato» (p. I56/7). A. Oll.PKE, Probleme o con la freccia mortifera (dr. la nostra raffi-
der vorchristl. Zeit des Pa11lus: ThStKr rn5 gurazione della morte sotto le sembianze di un
[ I933] 387 ss., lascia aperta la questione: «L'e·
falciatore). Ma è difficile che questa immagine
spressione xpòc; xÉv'tpa. Àax'tlsw.r è tratta o
direttamente da Euripide o dal patrimonio po- sia ricavata da XÉV"Cpov, e in generale sembra
polare dell'ellenismo». (p. 402 n. 3). che essa ricorra solo più tardi; cfr. la raffigu-
21 Cfr. fra gli altri SELLIN, in Secbergfestschrift razione della morte con la lancia (spezzata) nel-
l'evangeliario di Uta, del principio del sec. x1;
I (1929) 307 ss. Anche la questione del rappor-
to con i LXX non è rilevante. I LXX leggono:
W. MOLSDORF, Christliche Symbolik der mit-
7tov 1i olx'l) O"ou, U&.w.t:tE; 7tou --cò xÉ\l't'(JO'V O"ou, telalterlìchen Kunsf (I926) 24I. Raffigurazio·
~o'l); (-;.col. 342). Le discordanze con i LXX ne della morte con la freccia, ibid. 243 [BER-
('Vi:xoc; invece di olx'I') e M.'VQ."CE invece di Q.8'1)) TRAM].
si spiegano facilmente col contesto in cui Paolo 23Dunque, non: ciò che rende dolorosa la
inserisce la citazione. morte.
349 (m,667) xilpaç (W. Foerster) (m,668) 350
re trionfante: o morte, dov'è il tuo acu- fi.vì}pwTCO'V (v. 5b). Col v. 7 incomincia
leo? Siano rese grazie a Dio, che ci con- la fantastica descrizione di questi esseri
orribili, di cui al V. IO si dice che EXOV-
cede la vittoria per mezzo del Signore <TL\I oùpà.c:; (code) òµolac; a-xop7tloLc; (e-
nostro Gesù Cristo! (v. 57) 24 • spressione abbreviata per òµola.c; oùpCY.i:c:;
crxop1tlwv) xat XÉ\l"tpa (s'intende nel-
3. Il terzo passo in cui ricorre xÉv- la oùpcX.), cioè hanno una coda puntuta
"t'pov è Apoc.9,ro, nella visione che se- . come gli scorpioni. Proprio questa è pe-
gue al suono della tromba del quinto
angelo, in una descrizione che richiama
ricolosa: xaL Èv ·mtc; oùpa.i:c; a.ù-çwv n
È~ovcrla aù-r:wv cioLxi)crm "t'oùc; civfrpw-
da vicino quella di Gioele. Dall'abisso 1touc; ( ro h). Si tratta dunque di favolo-
salgono delle ò:xploEc; (cavallette): xCY.t si esseri demoniaci creati dalla fanta-
Èo6ih1 CY.Ò"t'oi:c; Èl;ovcrlCY. wc; EXOVO'LV È~ov sia orientale 25, mezzo cavallette e mez·
crlCY.'V ol crxop1tlo1. -çtic; yijc; (v. 3 ). Esse zo scorpioni, che hanno come arma pe-
hanno il potere di tormentare gli uo- ricolosa il xÉv-çpov, il pungiglione vele-
mini che non portano sulla fronte il si- noso, la parte dello scorpione che incu-
gillo di Dio; xCY.t ò ~o.<rt"lWrµòc; aù-çwv te paura all'orientale.
wc; (31wavt<rµòc; crxop7tlou, B"t'et.'V 7tCY.LO'll
LOTHAR SCHMID
t xÉpcx.c;
A. IL CORNO FUORI DEL N.T. si dice che ELXEV XÉpet.~(J.. evo, mentre in
Apoc.9,13 si parla, con linguaggio ve-
È un termine corrente in tutta la gre- terotestamentario (Ex. 27, 2 ecc.), dei
cità 1• Il corno di un animale. In Apoc. corni dell'altare 2, dei suoi angoli supe-
13,II di un animale simile all'agnello riori a forma di corno.
24 Sul rapporto tra legge, peccato, morte, co. ScHLATTER, Das A.T. in der johanneische11 Apo-
me si presenta nel v. 56, vedasi l'esposizione kalypse, BFI'h 16 6 (1912) 88-90; L. BRUN,
1
più ampia in Rom.7,7 ss. Sulla lode del v. 57 Vie romischen Kaiser in der Apk.: ZNW 26
c&. Rom.8,1 ss. (1927) !28-151; W. Foll.RSTBR, Die Bilder in
25 Cfr. per es. il favoloso µap·tLxopaç, anima- Apk. r2 f. und Il f.: ThStKr rn4 (1932) 279
le indiano descritto da Ctesia in Aristot., hist. ss., specialmente 29i.-300; STRACK-BILLERBECK
an.2,1, p. 501 a 2.5 ss., del quale alla fine si di- I 9 S. 70; II IIO S.
ce (30 ss.): 't'IÌ'll lit x~pxov (coda) òµolcx.v 't'O I Sull'affinità di x~pa-;/cortm con qeren vedasi
'tOV oxo{Yltlov -tou ì(Ep<Talov, !v ti x~v-tpov F. DBLITZSCH, Slt1dien iiber ù1dogerma11isch-
~XE~V xal 'tÙ<; à.1toqiv«lìat; (escrescenze) Ò:.'lta· semitiscbe w·urzelverwandtschaft (Diss. Lcip-
xov-tl!;EW (scagliare) (scil.: q>acrlv). zig 1873) 88 s.; H. MoLLER, Vergleichendes
x~pai;
indogermaniscb-semitisches worterbuch (19n)
121.142; H. BAUER P. LEANDER, Historische
I. ScHEFTBLOWITz, Das Hornermotiv in den
Grammatik der hebraischen Sprache des A.T.
Religionen, ARW 15 (1912) 451-487; S. A. (1922) I2..
Coox, The Religion of Ancient Palestine in the
Light of Archaeology (i!"iJo) 29 ss.; commen- 2 Originariamente erano veri corni, SCHl!FTE-
tari a Lc.1,69; Apoc.5,6; 12,3; r3,r; 17,12. A. LOWITZ 473; P. VoLZ, Die biblischen AJtertii-
351 (m,668) xÉpaç (W. Foerster)
Nella storia delle religioni il corno è fauci e gli artigli raffigurano sempre la
molto diffuso: esso rappresenta e desi- violenza (Jvlich. 4, r 3: -i-èx. xÉpaT<i crov
gna la potenza e la forza degli dèi 3 ; ma l}l]croµm crtòl)pii xcxì. "t'à.ç ònÀ.aç a-ou
può anche essere un mezzo apotropaico M1croµcx.t :xa.À.xliç), xÉpcx.ç designa sem-
e un segno della forza e del valore del- plicemente, anche senza riferimento al-
l'uomo 4. Sembra invece che il termine l'immagine originaria delle corna degli
xÉpcxç non sia usato in greco per designa- animali (specie del toro), la potenza e
re la forza fisica; in Omero ricorre una la forza fisica; Ecclus 49,5: i re di Giu-
volta per esprimere la fissità degli oc- da eowxetv yÒ'..p 'tÒ xÉpaç cx.1hwv É.'tÉpotç
chi 5• Nelle espressioni proverbiali è xaì. 't'7)V o6ça.v a.Ùi:W'\J Ei>VEL èÙ.À.o't'pl41.
simbolo del coraggio 6, mentre Aristo- Soprattutto frequente è nell' A.T. l' e-
tele lo annovera tra le armi di difesa, spressione «sollevare o distruggere un
insieme al pungiglione, agli speroni e corno». La metafora originaria traspare
alle zanne 7 • In nessuna parte del Libro ancora in lob r 6, r 5: we' i5laltt be'iifiir
dei sogni di Artemidoro risulta che le qarni (LXX: 'tÒ ÒÈ a-Mvoç µou Èv YU
corna fossero connesse con la forza 8 . fo~fo-!)11). Dio è colui che solleva o spez-
Nell'A.T. invece il corno (qeren) non za il corno, e quando a un uomo si at-
soltanto esprime la potenza fisica nella tribuisce l'atto di vlj;ovv xÉpw;, si indi-
simbologia profetica (3 BM.22,n), né ca una manifestazione di superbia ('1s
solo appare nelle visioni come l'imma- 74,5.6). In simili locuzioni incontriamo
gine della potenza che ha disperso Israe- dodici volte il verbo ( à.v )vlj;ouv e due
le 9 (Zach.2,r-4), ma è l'espressione di- volte E7t<J.LpEW e (È~)&.va't'ÉÀ.À.ELV; men-
retta della potenza. In questa accezione tre l'atteggiamento opposto è designato
(come anche nell'altro suo significato di tre volte con il verbo cruyxÀ.fi.v e una
corno dell'altare) dai LXX è sempre tra- ciascuno con rJ"IN't'pl~Ew, a-uyxoTt"tEW,
dotto con xÉpex<; (fino a lob 16,15, ve- xa'tayvu\lat. Invece non troviamo mai
dasi più sotto); Deut. 33, 17: xÉpcx-.a xÉpa.ç ÈyElpF.W. Ciascuna di queste lo-
µovoxÉpw-.oç -i-à, xÉpa:t'a aÙ't'OU, la sua cuzioni esprime sempre un conseguimen-
forza è come quella di un unicorno. In to o una perdita di potenza.
2 Bcxcr. 2 2 a = ljJ I7,3 vengono riferite a L'uso simbolico del corno persiste
Dio le espressioni parallele VTtEpa.crm- ancora nel tardo giudaismo. Nella vi-
CT'tTJç µov, >tÉpaç CTW'tl)plaç µou e av- sione delle :fiere in Hen. aeth. 90, 9 la
't~À:i}µTt'tWp µou. L'uso figurato può es- crescita delle corna negli agnelli signi-
sere avvertito in ogni tempo; ljJ 21,22: fica la capacità di difesa, mentre in 90,
crwa-év µE EX a-'t'6µa.i:oç À.Éov'toç xa.t 37 (39) il Messia appare come un toro
cbtò %Epthwv µovoxEpWTC..N 't'i}V 'tctTtd- (o bufalo) bianco con corna grosse (e
'Vwcrlv µov. Mentre però le zanne, le nere), un tratto che accenna alla sua po-
mer (1925) 25; divers:tmcnte K.GALLING, Bibl. xÉpct.'tct EXEW' È1tt "tW\I a\lopElaç Ù7t6À.tjljiW
Reallcxikon (1934 ss.) 17 ss. Raffigurazione in ÈXÒV"tWV.
CooK, o.e. Pl. IV 2; GALLING 19. 7 pari. an. 3,1, p. 661 b 31.
3 ScHEFI'ELOWITZ, passim. 8 In oneirocr. I 39 s'interpretano le corna in so-
4 Sc1-IEFTELOWITZ 465. gno come simbolo di morte violenta, se a por-
5 Od.19,2u. tarle sono degli si!lct ~lctw.., ma anche perché
6 Diogenianus Paroemiographus 7 ,89, in Paroe- di solito si macellano animali con le corna.
miographi Graeci, ed. E. L. LEUTSCH - F. G. 9 Vi traspare anche l'immagine dell'animale
SCHNEIDEWIN I ( 1839 ): 'ltpÒ 'tOV'tOU <TE !'i>µ'l')\I che cozza da ogni parte.
xipo;c; (W. Foerster) (m,670) 354
tenza e insieme alla sua dignità regale 10• che apporta salvezza. Sebbene i rabbini
In Bar. syr.66,2, di Giosia si dice che parlino del 'corno del Messia', tuttavia
sollevò il corno dei santi ed elevò i giu-
tsi e onorò tutti i sapienti. Queste me- l'espressione 'corno della salvezza' non
desime concezioni si ritrovano pure nei ha un'immediata attinenza col Messia;
rabbini 11 • In patticolare l'immagine de) ma la precisazione aggiunta da Luca:
corno ricorre spesso nelle preghiere con «nella casa di David, tuo servo», mostra
mi si domanda la fine della schiavitù di
Israele, come, per es., nella quindicesi- che Zaccaria, quando disse: «la potenza
ma domanda della Shemoné ezré (reda- della salvezza», pensava al Messia. Il
zione babilonese): ...qarno tiirum btsu- contenuto di questo passo non va oltre
'iitekii biiruk 'atta ìhwh ma~mlal; qeren
j"itJ'a, «il corno di lui innalzerai nella la forma veterotestamentaria della spe-
tua salvezza, benedetto sei tu, Jahvé, ranza.
che fai fiorire il corno di salvezza». Si
veda ancora la preghiera Abinu malké- 2. Un posto particolare l'immagine
nu, ecc. 12• Oltre al verbo rwm è usato del corno occupa nella simbologia del-
~ml; all'hif'il. Quest'ultimo per lo meno
dice in un modo più evidente del primo 1'Apocalisse. Le due corna dell' 'altra be-
che non si tratta del rafforzamento di stia' (Apoc. 13, rr), che è simile a un
una potenza già esistente, ma della crea- agnello, debbono indicare una stessa co-
zione di una potenza che ancora non sa, e alludono perciò alle parole di Ge-
esiste.
sù sui profeti travestiti da pecore. È in-
B. IL CORNO NEL N.T.
vece assai dubbio che le due corna pos-
sano richiamare le due corna dell'arie-
In questo senso solo in Le. I,69
1.
te di Dan. 8,3 13 • Del resto qui l'imma-
incontriamo l'espressione: fiyetpEV xÉ- gine del corno ha valore allegorico, da-
pa;c; O'W't1)ptaç i}µ~v È.V otxt{.l aavUì to che non ha un nesso organico con le
'TCCX.toòç aù-rov. Da notare che il verbo bestie che lo portano e che sono sol-
ÈyElpELV nei LXX non compare mai uni- tanto espressione del simbolo: l'agnel-
to con xÉpaç (neppure in Ex.29,21; tJi lo ha sette corna (5,6), il drago e la be-
131,17). Èydpm1 è riferito a Dio in stia ne hanno dieci (I2,3; 13,1; 17,31.
quanto guida la storia, fa sorgere qual- 12.16). Le sette corna dell'agnello, con-
che cosa e crea eventi. xÉpaç O'Wt"r)plcxc; giungendo il simbolismo del numero
è tratto da 2 Ba0'.22,3 = tJi 17,3 e desi- sette (--+ È7t"t&.) con quello del corno,
gna una potenza salvifica, soccorrevole, esprimono la pienezza della potenza di-
10 Per se stesse le coma non significano la di- to, tanto che il Tg. O. a Deul. 33, 17 ha reso
gnità regale, come ritiene R.H.CHARLES, comm. qeren con tuqpii'. Vedasi W.GRUNDMANN, Der
a Apoc.5,6 in ICC. Begriff dcr Kraft in dcr 11l.liche11 Gedanken-
1l Mek. Ex. z5,14; STRACK-BILLERBECK n lIO welt (1932) 72 n. 23.
fine; ivi altre indicazioni. Il corno come im- 12 STRACK-BILLERBECK l 10; Il III.
magine della potenza venne sempre meno usa- B Cosl BoussET, Apok. a lJ,II.
xÉpa.ç (W. Foerster)
vina. Dieci corna ha sia il 'gran drago' seguendo l'interpretazione storico -con-
che 'la bestia'; ma di quest'ultima sono temporanea, non è difficile riferire le
menzionate prima le dieci corna e poi le dieci corna dell'Apocalisse a principi del
sette teste, e su ognuna delle corna sta tempo, che secondo i più sarebbero sa-
un diadema, che adorna pure le teste trapi partici, con l'aiuto dei quali Ne-
del gran drago. È difficile che queste rone ritornerà e si vendicherà di Roma
differenze, per quanto lievi, non abbia- distruggendola. Secondo un'altra opi-
no un loro significato, ma non è possi- nione, fondamentalmente uguale, nelle
bile accertarne con sicurezza il senso. dieci corna accanto alle sette teste sa-
L'autore stesso dell'Apocalisse riferisce rebbe da vedere uoa seconda serie di
invece le dieci corna a dieci re (I 7, 12 imperatori romani, a cominciare da Ce-
ss.), il cui arrivo è imminente: insieme sare 18 • Si è pure pensato a potenze de-
con la bestia riceveranno la potestà re- moniache19. Ma queste sono rappresen-
gale 'per un'ora', e daranno alla bestia tate simbolicamente da bestie 20 • Ma an-
Ja loro potenza per distruggere insieme che il riferimento a satrapi partici o a
'Babilonia' e combattere contro l'agnel- un'altra serie di imperatori romani, è
lo. Col numero dieci l'Apocalisse si ri- certamente erroneo, poiché le corna non
chiama a Dan. 7 ,7, mentre riferendo le hanno la funzione di distruggere Babilo-
corna ai re si rifà a Dan.7,24 e 8,20 ss. nia, ma di porre la loro potenza a dispo-
Un riferimento delle dieci corna, o di sizione della bestia per la battaglia estre·
alcune di esse, a determinati re del sec. ma contro l' 'agnello'. Che c'entrano qui
III d.C. si trova una volta nella lettera- i satrapi partici? Per determinare il si-
tura rabbinica 14 e nell'Apocalisse di Elia gnificato allegorico delle dieci corna va
ebraica 15, mentre l'Apocalisse di Esdra tenuto presente che le corna, in quanto
siriaca 16 presenta la dinastia degli Oma- rappresentano dieci re, s'identificano
jadi col simbolo del drago che ha dodici coi 're di tutta la terra' (Apoc.16, 14.
corna sulla testa e nove sulla coda. An- 16), radunati ad Armageddon, dagli spi-
che in Barn.4,4 s. vi è un richiamo alla l'iti usciti dal gran drago e dalla bestia,
profezia danielica delle dieci corna, ma per la lotta contro Cristo. Le dieci cor-
la sua interpretazione è molto incerta 17• na stanno dunque a indicare che tutti
Cosl, se nella 'bestia' si vuole scorgere i monarchi dell' 'ultimo tempo' si met-
la raffigurazione di Nerone redivivo, tono a disposizione dell'Anticristo, in·
sieme con i loro sudditi (cfr. Apoc.I9, nella guerra del 66-70 d. C., né, per
I7 ss.), per l'ultima battaglia contro Cri- quanto ne sappiamo, in quella del 132-
135 le Io corna sono state riferite ad
sto. L'Apocalisse, raffigurando il gran
imperatori romani, quantunque il giu-
drago con dieci corna, rappresenta al daismo tenesse per certo che le quat-
tempo stesso Satana, nella cornice del- tro bestie di Dan. 7 alludessero a Roma.
l'ultimo tempo, come colui che istighe- Il quarto Libro di Esdra ha sostituito
con un'aquila dalle molte ali la bestia
rà la potenza di tutta l'umanità a com- con dieci corna, in quanto questa non
battere contro Cristo. Le altre spiega- poteva venir utilizzata per una simbolo-
zioni non rendono conto del fatto che gia storico-contemporanea. L'esegesi rab-
binica giunta sino a noi, mentre riferi-
anche Satana patta il simbolo delle die-
sce le ultime delle dieci corna a perso-
ci corna. naggi del sec. III d. C. (4 col. 35 5 ), è
invece impacciata e incerta nell' inter-
Va ancora osservato, per quanto ri- pretazione dell'insieme delle dieci cor-
guarda la nostra interpretazione, che né na 21.
W.FOERSTER
t xÉpooç, t XEpÒIXtVW
ÈTCELOci\1 ·rn; xcx.?lEUOWV µ7)0' ova.p µ1)0È\I sparte, l'altro, quando viene un guada-
op(i., llcx.vµruno\I XÉpooç l);v E~TJ Ò ilavcx.- gno o un danno, s'infiacchisce e si ab-
'toç, «e se non vi è nessuna percezione, batte, l'altro, per non poche altre cose
ma è come un sonno, dopoché uno dor- siffatte»; {v. Arnim III 123,28 ss.); E-
mendo non vede nulla, neppure un so- pict., diss. 3, 26, 25: aÀ.À.Ù. O'XEUO<; µÈ\I
gno, un meraviglioso vantaggio sarebbe OÀ.éXÀ.'T)pov xa.t xp1JcrLµov f:;w ÈppLµµÉ-
la morte»; Soph., Ant.464: TCWç oo' où- \10\1 7tac; 'tLç Eùpwv àvcx.tpTJO"E'ta.L xat
xt X(.(-tlla:vwv xÉpooç <pÉpEL; «in che mo- XÉpooç TJYTJO"E't'IX.L, O"É o' ovSdç, Ù.ÀÀ.à.
do costui non porta un vantaggio moren- 7tiic; s'T)µla.v, «ma ognuno che trovi del-
do?»; Em., Med.145: ,;l oÉ µoL sf)v E'tL la suppellettile in ottimo stato e ancora
xÉpooç; «che mi giova vivere ancora?; servibile che sia stata gettata via, la
Aesch., Prom.7475s.: -rl oi)i;' ȵot s'l)v raccoglierà e la stimerà un guadagno;
xÉpooç... xpE'i:crcrov yàp EluaTCa.~ i)avE'i:v te invece nessuno stimerà (tale), ma
tl -ràç ami.aa.c:; i)µÉpw; 7tci.O"xm1 xa- ognuno (ti riterrà) un danno». Talvolta
xwç, «che mi giova dunque vivere ... è tuttavia s 'T)µla {s7JµLoi:io-llm), in con-
meglio infatti morire per una volta che trapposto a xÉpooç, significa castigo,
soffrire crudelmente tutti quanti i gior- senza che per questo il senso di xépooc;
ni»; Flav. Ios., ant.15,158: xÉpooc; o'd venga modificato; Eur., Med-45 3: 7t'ON
iN'iJO"XOLE\I È.V O"Vµ<popcl. -rÒ Si)\I 7tOtoUµE- xÉpooc; i)yoi:i s'flµLovµÉvl} cpvyn, «consi-
\IOL, «un vantaggio se morissero, poiché dera un gran vantaggio l'essere punita
considerano la vita come una sciagura». con l'esilio»; Aristot., eth. Nic. 5,7, p.
L'opposto di xÉpooç è ~ sriµlcx., non 1132 a 12.
nel senso stretto di castigo, punizione, '.llEpoalVELV, avere un guadagno, un
ma nell'accezione generale di svantag- -vantaggio, un utile, usato assolutamente
gio, danno. Soph., fr. 738, T .G.F.: STl- o con l'indicazione di ciò che apporta
µlo:.v À.cx.f3E'i:\I &µEL\16\1 ÈO''tLV 1ì XÉpooc; l'utile, e da cui si ricava un vantaggio.
xa.x6v, «ricever danno è miglior cosa di Hdt 8,5; Aristoph., av. 1591; P. Oxy.
un guadagno cattivo»; Plat., leg. 8,835 XII 1477,ro; Flav.Ios., ant.5,135; Hdt.
b: o\JO' au ... µÉya i;'fi 7t'OÀ.EL xÉpooç ·è'j 4, 152: µÉytcna h cpopi;lwv XEpoal-
S'flµlav &v q>Épo1., «né ancora ... porte- VELV, «trarre grandissimo guadagno dal-
rebbe alla città gran vantaggio o dan- le merci»; Soph., Ant. 3 r 2: È~ lhrx.vi;oç;
no»; Xenoph., Cyrop.2,2,12: µ1]-i;E bti Xenoph., mem. 2, 9, 4: à7tò 7tav-r6~;
-r<';> Éaui;wv xÉpoEt, µ1]-t' È1tL STJµlrt 'tW\I Soph., Trach. 2 3 l: XP1lO"-tà. xEpoalvm1
, , , ' ' , r:i. t' -
a.xouo-avi;wv, p/t}'t E1tL' (l"\
p11.IX.1-1ll µT)oEµL~, E1tTJ; Plat. , resp.343 b: ò SÈ 7COÀÀ.à '.llEp-
«né a proprio vantaggio, né a danno Sa.lvEt; Flav. Ios., bell. 2,590: rcoÀÀ.à
degli ascoltatori, né per svantaggio di m"J.pà. -rwv ?tÀ.oualwv ÉxÉpoavEv. Cfr.
sorta»; Isoc. 3, 50: µ1) -cò µÈv Àa.BE'i:v Aristot., eth. Nic. 5,7, p. n32, 13: -rò
xÉpSoç EÌ\ICX!. voµlSE'tE, 'tÒ o' àva.À.waa.1. µÈv yàp TCÀ.Éov EXEL\I iì i;à. foui;ov, xe:p-
~rir..1.lav, «non considerate che sia utile Sa.lvELV À.ÉyE't<X.L" -ro o' EÀll.'t'tO\I 'tW\I E:ç
il prendere e dannoso lo spendere»; àpxfic;, ~"f]µtoucritcx.L, «l'aver di più del
Gal., de Hippocratis et Platonis decretis suo è detto 'guadagnare', l'aver meno
4,6 (ed. J. v. Miiller [1874] p. 376): che all'inizio 'perdere'». Un'accezione
ò µÈv OELµwv ÈmywoµÉvwv &.cpi.o--raw.L, più generale di xEpoa,lvELv, pure fre-
ò oÈ xÉpoouç fi sTJµlaç cpepoµÉvl}ç f.çE- quente, è quella di conseguire, guada-
Mth1 xaL ÉvÉowxEv, ò SÈ xait' E"tEprx. i;ot- gnare qualcosa, raggiungere qualcosa.
a\hcx. oùx oÀ.lya., «l'uno, quando so- Pind., Isthm.5,27: À6yov (fama) Èx.Ép-
praggiungono i terrori, se ne sta in di- oa.va.v; Flav. Ios., bell.5,74: 'Pwµa.foL
:x:Épooç (H. Schlicr)
... xEpoTjcrouaw rbicx.tµw-çl (senza spar- pare un danno assoluto anche la vita im-
ger sangue) -.1)\1 1tOÀLV; 2,324: xEpOTJ- postata sulla fiducia nei valori genealo-
crw,1 o:ù,.oùc; -i:l)v 1tCX.'tplocx. xcx.t µl]oÈv
1tct.ì}Ei:V 1tÀ.Éov, «essi avrebbero guada- gici, nella legge e nelle opere.
gnato la patria ed evitato ogni ulteriore In un passo del N.T. xEpoalve:w ha
molestia». Da qui si perviene, in deter- il senso commerciale di conseguire un
minati contesti, al senso di risparmiarsi
guadagno coi traffici (Iac.4,13), in un al-
qualche cosa; Philemo (ed. T. Kock, in
C. A. F. 92, 10): µEyaÀ.a. xa.xri; Flav. tro quello di risparmiarsi qualcosa (Act.
Ios.,ant.2a1 : -.6 ye: µ'Ì) µta.vì}fjva.L -cà.c; 2/ ,2! ); in un altro ancora significa gua-
xe:tpcx.c; a.ù't'wv; Diog.L. 7,14: µÉpoc; -cfjc; dagnare qualcosa ( &U.a nÉ\l't'E -.6.)..av-
É\IOXÀ.TJCTEWç.
Nei LXX manca tanto xÉpooc; quanto -.a.., Mt.25,16 [17.20.22] ed anche Xp1.-
xEpoa.lve:w. Quando Simmaco usa xÉp- n6v, Phil.3 ,8). Ma per lo più XEpocx.l-
ooc; (xe:pòcx.lvw in lob 22,3), i LXX ri- \IELV appare come un «autentico termine
corrono, ad es. in Gen.37,26 (be!a') a
del linguaggio missionario» 3 . Così in r
xP11crtµov (cosl anche Teodozione), in
~ 29 , IO (be1a') a wq>ÉÀ.Eta. (cfr. Teodo- Cor.9,19 ss. il verbo assume il senso par-
zione in lob 22,3), in Eccl.4,9 (sostan- ticolate di 'rendere cristiano' e si alterna
tivo per siikiir) a µtcrMc; &.ya.Mc;. con cr~se:LV (9,22). Cfr. I Petr.3,1: ~va.
Nel N.T. in Tit.1,II si parla dell' cx.l- xat El'. -cwEc; à.1tEt1loucr1.v 'r(i.> Mycy, 01.à.
crxpòv xÉpooc;, vergognoso tornaconto, -i:ijc; 'tW'\I yu\l<J.LXW'\I àva.O''t'pOq>fjc; &vw
per amor del quale alcuni membri del- Myou xspol]fr1}crov't'at, «affinché, anche
la comunità insegnano quel che non si se alcuni disobbediscono alla parola,
deve. In Phil.1,21 Paolo afferma che, senza parole siano guadagnati grazie al-
poiché per lui Cristo solo è la vita, la condotta delle mogli». In Mt.18,15
il morire, nel quale questa vita si rea- quello da guadagnare è il fratello erran-
lizza nella visione, non è altro che un te, che forse la parola d' un altro può
guadagno, un vantaggio. Per amore di ricondurre sulla retta via. È invece con-
Cristo, che è la sua vita, tutte le pre- troverso il significato concreto di xe:p-
rogative storiche e naturali, che gra- oa.lve:w in Mt.16,26, dove è contrappo-
zie all'elezione divina caratterizzano il sto a sr)µtwì}ijvcx.t 4 : -tl yàp wcpsÀr)thi-
giudeo, specialmente la sua superiori- O'E't<l.t &vì}pwnoç, F.à.v -ròv x6crµov oÀ.ov
tà morale e la sua irreprensibilità, an- XEp01JO'n, 't1}V OÈ ~ux1}v <1.V't'OU s11µ1.w-
ziché xÉpOTJ, vantaggi, come le riteneva i)ii; «che vantaggio ne avrà uno guada-
per l'innanzi, si sono rivelate perdite, gnando tutto il mondo, se poi rovina
sTJµla. (Phil.3,7) 2 • Di fronte alla premi- l' anima sua? ». Guadagnare il mondo
nenza della conoscenza di Cristo gli ap- può significare il dominio su di esso,
inteso come la sfera dei beni naturali ma interpretazione, non solo in consi-
e delle possibilità terrene; oppure per derazione dei paralleli rabbinici 6 , nei
x6crp.oç ('oliim) s'intendono gli uomini, quali a xEpO<.t.LVEW corrisponde hiStak-
considerati come il fine dell'azione mis- ker e a S'l']µLwi}flvm 'ibbèd, ma anche in
sionaria 5• Più probabile sembra la pri- forza del contesto (v. 25).
H. SCHLIER
non indica soltanto ciò che è più alto, corpo e la sede delle percezioni più no-
la sommità, ciò che sta alla fine o all'i- bili e più necessarie agli uomini». Quan·
nizio, ma denota pure l'elemento pre- do la funzione determinante si congiun-
minente, superiore e determinante. So- ge con quella di punto d'inizio o di par-
prattutto in quanto testa dell'uomo, xE- tenza, XE<po..À:fi prende facilmente il si-
cpa:)vi) non è solo un membro (Xenoph., gnificato di &:px1}. Ne abbiamo esempi
Cyrop. 8,8,3), ma anche il primo e il nei testi dei LXX e della gnosi (~ coll.
privilegiato tra tutti, quello che con- 369; 378).
diziona le altre membra. Filone, ripor-
tando delle riflessioni popolari, in op. In terzo luogo, nell'uso profano XE-
mund., dopo aver enumerato le altre <po..À.1}, designa tutto l'uomo, la perso-
sette parti del corpo (II 8 ), afferma: "t'Ò na, come è evidente in certe frasi di
'ÌjyEµO"VLXW"m-.ov È.V ~~~ XE<pa:À:f}, «la maledizione; Aristoph., Ach.833: È<; xe-
testa è nell'animale l'elemento direttivo <po..À.Tjv 'tpa1tot-t' ȵol, «mi si rivolga in
per eccellenza» ( u9; cfr. spec. leg. 3, testa»; nub.40: É<; -r'Ì]v XE<pa.À.Tjv &7ta.v-
184, ecc.). XE<pa:À:fi è "t'Ò 'Ì)yEµO\ltXW"t'a:- "t'CX. -t'Ì)\I crliv "t'pÉ\fJE't'O..t, «tutto ricadrà
't'O\I, perché -.ò T)yEµovtx6v sta f.v "t'TI sulla tua testa»; cfr. pax 1063; Pl.526;
XE<pa:À.fi, come affermano alcuni stoici (v. Plat., Euthyd.283 e: d µTj &:ypotx6-ce-
Arnim III 217,19). Cosl Cornut., theol. pov -ijv EL1tEtv, el1to\I &-v· I:ol. etc; xe<pa-
Graec.20, riguardo alla tradizione che À:i)v, «se non fosse un parlar troppo
fa Atena (1) 'tOU Atòc; cru\IECTt<;) nata dal- rozzo, direi: 'Ti (cada) in testa'»; De-
la testa di Zeus, osserva: 'tiixa: µÈ\I -.w-v mosth., or.18,290: CX. crol. xat ..-otç crotç
àpxa:lwv U1toÀ.a:06v'tW\I -rò 'i}yEµovr.xòv ot iJEOL 'tpÉ~EL<X.'V Etc; XEq>a:À.1)v, «e que-
'tfjc; tfJuxfiç 1)µwv f.v'ta:ufr' Elvat, ••. ,..a,_ ste cose gli dèi le facciano cadere in te-
X<t. o' É7tEL -.ou µÈ\I &.vì}pw7tou "t'Ò &.vw- sta a te e ai tuoi»; 18,294 ecc. Nella
't'ci°tw µÉpoc; 't'OU crwµa:'toc; 1} XE<pU.À.1} XEq>aÀ.1} si concentra la vita dell'uomo,
Ècr't'L, -coli OÈ xocrµou ò u.li}1)p, 01tOV 't"Ò sicché il termine designa la vita stessa;
1]yEµOVLXÒV a.ù-rou ÉCT"t'L xa.t ii Tijç <ppo- Horn., Il.17,242; ɵi} xtcpo..À:fi 1tEp~6El
VlJG'EW<; oùcrla: xopvcp1) oÈ -lkwv, xa-rà. &a., «ho gran timore per il mio capo»
"t'òv Eùpt7tloriv, ò 1tEpt xì}6v' fxwv cpa.Ev- (=la mia vita); dr. 4,162; Hom., Od.
vòç alM}p, «forse perché gli antichi ave- 2,237 dice: <rcpckç yrtp mx.pÌ}ɵEVOL XE-
vano supposto che ivi si trovi l'elemen- cpa.À.&.c;, a cui corrisponde \}Jvxà.ç 1t<Ip-
to direttivo della nostra anima ... forse iMµEvor. (J,74). Hdt.8,65: <ho~cxÀ.ÉE~<;
perché nell'uomo la testa è la parte più -t1}v ?CEq>a.À.1]v, «perderai la testa~>. In-
elevata del corpo, così come nel cosmo fine XEq>a)..1) indica l'uomo stesso. Horn. ,
lo è l'etere, dove è il suo elemento di- Il. rr, 55 1tOÀ.À.rì.ç lcpì}lµouc; (valorosi)
rettivo e l'essenza del pensiero; e la ci- XEq>ct.À.&:<;; r8, 82: tcrov èµ'fi XEq>cx.).:fi
ma degli dèi è, secondo il detto di Eu- ( = non meno che io stesso); Hdt. 9,
ripide, l'etere splendente intorno alla 99: 7tE\l"t'CXXOO"LCX.<; XE<pa.À.<X~ 't'W'V EÉp·
terra». Galeno (de remediis I prooem., l;Ew TçOÀ.Eµ.lwv; Horn., Il.8,28I: q>lÀ.TJ
ed. Ki.ihn XIV, p. 31~) presenta invece XEcpa:)..1); 23,94: 1)i>El'l} (diletto) XEq>ct.·
una diversa teoria. di tipo fisiologico: ).1]; Pind., Olymp. 7,67: Èfi. xecpo..À.fi.;
o.uni yàp ( scil.: fr XEcoa:)..1}) xatliim:p Plat., Phaedr.264 a: cplÀTJ xeq>a:À.1]; Eur.,
"t'Lç àxp61toÀ.lc; fo'·n 'tau <rwµa'toç xcd Rhes.226; "A1toÀ.À.ov, w ola XEq>r.tÀ.&:;
-rGh1 -rtµtW"t"<hwv xai &.wx.yxat.o't'&.'t'W'V Demosth., or.21,u7: 1) µtapà. xa.t &:-
àvì}pW1tOL~ alcrì}fi<rEWV olxT)-r1}ptOV. «es- va~o'Ì)ç cxih'I) xEq>a:À.1}, «quella persona
sa infatti (la testa) è come l'acropoli del abominevole e vergognosa»; 18 1153;
mpa>.:f1 (H. Schlier)
µe\lov. Il cod. B evita in 10,18; II,8.9 "t'O'V CT1t0UOCX,to\I EÌ'.'tE &\lopa d-i:E Àa6v,
il termine xeq>aÀ1], sostituendolo ogni 't'OÙç of. aÀ.Àouc; élmX.\l't"ac; OLo\l µÉpT) CTW-
volta con &pxwv. In 11,II anche il cod. µtx.'t'Oç t!JuxouµEVC1. 'tate; È\I XE<paÀTI xa.t
B porta XEcp cù1i, sia pure nella con- Ù'ltEpclVW OV'VclµECTL'V, «infatti, come nel-
nessione elc; xEcpaÀ.1}v xa.t dc; àpX'rJì"6\l. l'animale la testa è la parte prima e mi-
Cfr. 3 Bacr.20,12: xat ÈxcX.lìt<rav -.òv gliore , e la coda la parte estrema e più
NaBou~m f.v &:pxn -rou À.aou, dove il vile, non essendo una parte che comple-
cod. A legge: f.v xecpaÀ.n i:ou Àaou; 2 ta il numero delle membra, ma un mez-
Bacr.22>44: xat pucrn µe (mi libererai) zo per scacciare gli insetti, allo stesso
J Cfr. più tardi const. Ap.2,14,12 (8,47,34): il vescovo è XE<paJ1:fi, e non deve oùpii 'ltpoO"ÉXELV.
371 (m,675) XE<pakr1 (H. Schlier) (m,675) 372
modo dicono che il capo del genere mostrano che abbiamo a che fare con
umano sarà un uomo o un popolo ec- tradizioni antiche.
cellente, mentre tutti gli altri saranno
come membra del corpo animate dalle Già nella mitologia indiana il cosmo
potenze che stanno nella testa e in alto» è inteso come il corpo gigantesco del
(proem.poen.125). In test.Zab. 9 la te- Dio altissimo 5• Anche nella cosmologia
sta dell'uomo è immagine dell'unità di iranica si ha la stessa concezione. Qui
Israele voluta da Dio: «Non scindetevi ci dobbiamo limitare ad un rinvio ge-
in due teste, poiché tutto ciò che il Si- nerico. Per il nostro assunto è invece
gnore ha fatto ha un unico capo. Egli importante notare che anche nel fram-
ha dato due spalle, due mani, due pie- mento orfico 168 (Kern 201 s.) compa-
di, ma tutte le membra obbediscono a re l'idea dell'eterno dio cosmico dell'u-
un solo capo». Anche questo paragone
non oltrepassa la concezione dei LXX.
niverso: ZEÙç ?tpw"t'oç yÉ.VE"t'o, Zeùç u-
<T't"O:"t'oç cipy~xÉ.pa.vvoç, ZEùç :impa.À.1},
Lo stesso si può dire per altre locuzio- Zeùc; µÉ<T<Ta., àtòç o' ÈX 1Ca\l't"IX. 't"É'tUX-
ni, per lo più tarde e relativamente ra- 'tlX.~ ••• ZEÙç f3a.cnÀEuç, ZEÙc; O'..Ù"t'Òç a:miv-
re, come capo del sacerdozio di Hen. "t'WV &.pxi.yévdH.oc;, «Zeus fu primo,
slav., appendice 3,37; Grotta del Teso- Zeus sommo signore del fulmine, Zèus
ro 2,22: «0 Adamo, ecco, io ti ho fat- il capo, Zeus il mezzo, da Zeus ogni co-
to re, sacerdote e profeta e signore e sa è fatta ... Zeus re, Zeus stesso è la
capo e guida di tutti gli esseri creati»; prima progenie di ogni cosa}>. L'eone
3,1: «Capo dell'ordine inferiore»; Hen. che qui è chiamato Zeus abbraccia nel
hebr.5,6 (Odeberg p. r6): «Il capo di suo capo e nel suo corpo l'universo, che
tutti gli idolatri del mondo»; 45,2 (0- poi da lui si genera.
deberg p . 142): «Il capo di ogni gene- Questa concezione si ritrova implici-
s
razione», ecc. II termine ro' XE<po:À:ii ta anche nel frammento orfico r 67 e
ha qui un senso traslato molto sfuma- nello scritto greco Ifapt 'EBooµaowv c.
to. Cfr. il titolo di ro's hakkeneset dato 6 § r (ed. W. H. Roscher [1913]). Ne
nll' cipx1cruvciywyoç, Sota 7, 7 s.; Joma ritroviamo le tracce nell'oracolo di Se-
7,1; T.Meg.4,21, ecc. rapide al re Nicocreone di Cipro (Ma-
4. Il termine XEq>O:À:ii ha una parti· crob., sat. r ,20,r 7 ):
colare importanza nei circoli ellenistici Elµt i>e6c; 't'O~OO"lìe µa.i>E~'V, ol6v x' Éyw E!1tw •
oòp&.v~oc; x6aµoc; xeq>aÀ.i), ya;cr-ri)p Bè M,}.aa-
e gnostici influenzati dalle speculazioni [ aa.,
sul redentore-eone e sul redentore-uo- yai:a lìÉ 1m r::61ìEc; E!.<rC, -tà B' o!la;'t'' ~'V aUMpL
(XEL"1"0.~,
mo primigenio 4 • Spesso fonti che pre- <$µµa; 't'E -t'l)À.aorèc; À.aµ'ltpòv qi&:oç ÌJEÀ.lo~o,
sentano queste concezioni sono piutto- «la natura della mia divinità è quella
sto recenti; ma altre fonti precristiane che sto per farti conoscere: mia testa
4 Cfr. per quanto segue R. RtnTZENSTEIN e H. (1933) 59-97 1 137 ss. Per indicazioni bibliogra-
H. ScHAEDER, Studien zum antiken Synkretis- fiche più particolareggiate vedasi ScHLIBR, o.e.
11111s aus Iran und Griechenland (1926); H.
ScHLIER, Religionsgeschicbtliche Untcrsucbun- s Per es. Rgveda 10,90, dove il cielo è conce-
gcn zu den lgnaliusbrie/en (1929) 88 ss.; fo., pito come xEcpa).i), il sole come occhi, i punti
Christus rmd die Kirche im Epheserbrie/(1930) cardinali come le orecchie, l'atmosfera come il
37-60; E. Ki\SEMhNN, Leib uttd Leib Christi corpo e la terra come i piedi.
373 (111,675) XEq>rtÀ:i} (H. Schlier) (111,676) 374
6 A. DIRTRICH, Abraxas (1891) 195; REITZEN- con la concezione dell'eone. In ogni càso con
STRIN (~ n. 4) 99 s. La citazione nel testo è questa ipotesi si potrebbero spiegare talune
fatta seoondo Preisendanz; nel Rcitzcnstein e stranezze del testo (ScoTT n 249). In Stob.,
nel Dietrich vi sono parecchie varianti. excerpt. 24 (ScoTT I 500 s.), la yij, che sta nel
7 Cfr. anche Corp. Herm:io,IOb. n, dove sem- mezzo dell'universo, è WO''ltEp OC\lftpw1toç 'ltpòç
brano mischiarsi motivi platonici (Ti111.44d ss.) ouprt\IÒ\I rn.
foovcrcx..
xEq>a.À:fi (H. Schlier)
8 Nella traduzione di Procopio, § II?, in R. una patte sono le lettere di· tutta la serie, e
REITZENSTEIN, Die Vorgeschichte der christli- dall'altra sono quelle che racchiudono e fonda-
chen Tau/e (1929) n8. no l'alfabeto ~ 1, coli. 5 ss.
9 Analogo è il rapporto della XECjlfJ.À:fi con il
IO II testo si trova in RElTZENSTElN e~ n. 4)
resto del IJ'WµfJ. nella mistica delle lettere di
r61-r73.
Marco in Hipp., ref.6,44. La xEcpa.kfi dell'aÌl:i)-
ìlEtfJ. è formata dall'- a e dall' w, le altre sue 11 Diversamente G.BoRNKAMM,Mythus und Le-
membra da altre due lettere, rispettivamente gende in den apokryphen Thomasakten (r933)
dell'inizio e della fine dell'alfabeto. fJ. e w da 105 s.
377 (m,677) ;mpo:À.1) (H. Schlier)
nio, del quale essa è il corpo. In Ephr., scritti mandaici troviamo 1' interpreta-
hymn.55 II (ed. Assemani, Roma [ 1732 zione di questa formula in connessione
ss.J 558A) 12 la x6pri (Ahamot-Sophia) col mito dell'uomo primigenio redento-
usa le parole del Ps.22,2: «Mio Dio e re. Quando Adamo, 'il capo della stir-
mio capo, mi hai lasciata sola?». Anche pe', s'innalza, lo seguono l' «intera sua
nelle Odi di Salomone è presente il con- stirpe» e le «anime buone» (L. I 2,16 s.
cetto di XE<pe<.À..1}, del mito dell'uomo pri- [p.435s.]; 12,19s. [p. 437]), e quan-
migenio redentore, sia pure in modo do Manda d'Haije, che è 'il capo degli
non chiaro, poiché l'interesse delle Odi esperti', 'il capo dei credenti', percorre
è volto piuttosto al rapporto tra i re- 1a via «dal luogo della tenebra al luogo
denti e il redentore. Nell'Ode 17 ,14 ss. della luce», i credenti lo seguono (Gin-
si afferma: «Essi ricevettero la mia be- za L. III 10,86 ss. [p. 522 ss.]). Lo stes-
nedizione ed ebbero la vita, si schiera- so si dica di Hibil (Ginza R. I 257 [p.
rono con me e furono redenti, poiché 256 s.] ). Il capo chiama a sé le sue mem-
divennero le mie membra ed io il loro bra e con esse diviene un uomo celeste;
capo. Sia lode a te, nostro capo, Cri- questo concetto non è qui espresso in
sto». Nell'unità delle membra radunan- questa forma, ma è implicito nel con-
tisi e del capo (che redime) si costitui- testo. In Iren., haer.1,5,3, troviamo un
sce l'uomo nuovo. Di questo 'capo', di riscontro alla definizione del redentore
Cristo redentore, parla pure l' oscuro o dell'uomo primigenio come XEcpcx.À.1},
passo di 23,14: «Il capo discese fino al quando si afferma che Ahamoth voleva
piede, fino ai piedi (al piede) corse la trasformare il demiurgo in XE<pcx.À.Ì)\I
ruota» 13 • Cfr. il v. r8 «Allora apparve... µÈv xo:t àpx1Jv 't"ij<; t5lac, ofola..ç, xv-
un capo, che venne rivelato, il figlio del- pwv oÈ. 1:fj<; oÀ.lJ<; r.pa..yµa."t"E~a.c;. Cfr.
la verità che viene dal Padre», e il v. Hipp., re/. 7,23a (200, 25 s.), dove il
24, l: «La colomba ( =la saggezza) vo- grande Archon è detto l] XE<prJ.À.Ì) "t"OU
lò sul capo del nostro Signore, il Mes- x6crµov. Cfr. 7,27,9 (207,r4ss.); ro,
sia, perché egli era il suo capo». Non q,6 (275,16).
molto diversa da questa è la concezio-
ne presente negli scritti mandaici, che Da tutto ciò risulta il senso .formale
contengono, ad es., antiche tradizioni del termine XE<pa.À1}: in primo luogo
gnostiche. Certo, qui manca «il concre-
to contesto d'immagini» del mito XEcpa..- XE<paÀ.1) nell'uso gnostico è assai vicino
À.1)-crwµa... Ma ciò significa solo che la ad àpx1}; secondariamente in xEcpa..Àn è
caratteristica formale dell'uomo primi- insito un riferimento all'essere di colo-
genio redentore {Adamo, Hibil, Manda
d'Haije), come 'capo della stirpe' o 'ca- ro che da essa sono determinati.
po dell'epoca' {Lidzbarski, Ginza R. I 26,
[p. 27 J; II l, 49 [p. 45] ecc.) non è B. XEcpaÀ..1} NEI, N.T.
stata concepita nel contesto del mito
XE<pcx.À:l}-O"wµcx., né in dipendenza della r. Nel N.T. si parla spesso della XE-
concezione conica, ma presenta un lin- cpa..À.1} di uomini, di animali ed anche di
guaggio giudaico 14 • D'altra parte, negli esseri demoniaci, senza che in simili fra-
12 R. A. LIPSIUS, Die apokryphen Apostelgc- -co~c; 1tMi.v aui:ljc; Eµq>alvn.
schichten und Apostellegenden I (1883) 305. 14 Cosl si possono tener presenti i dubbi di E .
13 Cfr. act. Thom. 6 (u 1 p. 105,6s.}: l:'yxwtaL KiisEMANN (~ n . 4) p. 74·
ol: 'tO:V't'l]t; -cfi xEqio:À:[ì à).1)amc, xccpà..v oÈ
379 (m,677) XEq>aÀ:i} (H. Schlier)
15 Per Gesù come xEqiaÀ.1} ywvlac; ~ àxpo- 16 -,) tlxw\I III, coli. 179 ss. Cfr. H. WILLMS,
ì'W\ILaioc; II, coli. 736 ss. EIK!l.N I: Philon von Alexandreia (1935) 48s.
XEqio:À.1) (H. Schlier)
stico a lui ben noto, che, per un certo gico assume il termine XE<pa.À.-fi nelle
aspetto, si ricollega anche ai LXX. La Lettere agli Efesini e ai Colossesi, quan-
:>mpa.À:r) denota chi sta sopra all'altro do si parla di Cristo e della Chiesa, cioè
in quanto ne fonda l'essere. Paolo po- nei passi seguenti: Eph . 1,22 s.; 4,15 s.;
teva anche dire cipx-IJ; ma KEq>a.).:f] de- 5,23; Col.1,18; 2,10; 2,19.
signa meglio il rapporto con ·persone. a) Da questi testi rileviamo che XE·
Si spiega cosl anche il contesto. Pao- rpa)..fi è anzitutto riferito a Cristo, il Si-
lo presuppone una diversità tra l'uomo gnore glorioso, che rappresenta il capo
e la donna risalente alla creazione, per del suo corpo, la chiesa. Cristo è il ca-
cui la donna nel suo essere richiama po del suo corpo, della chiesa, in quan-
l'uomo come suo fondamento (in dupli- to la crescita del corpo prende le mosse
ce senso). L'Apostolo trova che questa da questo capo e ad esso tende (Eph.4,
diversità è espressa nel velo che copre 15 s.; Col.2,19), di modo che corpo e
la XE<.pa.À.1} della donna 17 , nel fatto che capo formano l' civiJp ·dÀ.Etoç o il xai-
questa non sta a capo scoperto davanti vòc; li:v&pw7toç (Eph.4,13; 2,15). È già
a Dio e a Cristo, la cui presenza nel cul- chiaro da questo schema che qui non
to è indicata con l'accenno agli angeli 18 • viene trasferito a Cristo e alla chiesa il
Se le donne della comunità dotate di rapporto naturale del corpo umano, ma
carismi (poiché si tratta di queste, con-
vi è un richiamo all'idea del_ mito gno-
trariamente a quelle di cui si parla in
stico del redentore, quale l'abbiamo esa-
I Cor. I4'33 ss.) nel servizio divino pre-
minato nella trasformazione subita dal-
gano o profetizzano a capo scoperto, co-
la concezione dell'eone. Definendo in
me gli uomini, si finisce per ledere i fon-
damenti della creazione. Cosl facendo questa luce Cristo come capo della chie-
esse disonorerebbero il loro 'capo' (in- sa, si mette in evidenza l'unità tra Cri-
teso in doppio senso). Anzi, la necessi- sto e la chiesa. Egli è la "'<.paM1, che
tà di velarsi è indicata anche - e ciò è nella chiesa ha il suo corpo, e quindi la
lasciato al giudizio degli stessi Corinti sua presenza terreno-corporea. E la chie-
- dalla natura, come pure dal costume sa è il awµa, che ha in Cristo il suo ca-
(cpucn.c;), che considera onorifico per la poi la sua presenza in Cristo è quindi
donna avere una lunga chioma, che a di natura celeste. Il capo non può sta-
lei è stata data come un velo. re senza il corpo e fuori del corpo, cos}
3. Un fondamentale significato teolo- come il corpo non può stare senza il
17Su ti;ouulcx. in rr,ro ~ él;ouulo: III, coll. 18 Cosl, a mio parere, sono da intendere gli
662ss. Per tutto il testo dr. BACHMANN, Kom- (}:yyEÀ.o~di II,10, e non come custodi dell'or-
menlar, ad l.; G. DELLING, Paulus' Stellung :m èline, né tanto meno come potenze nemiche.
Frau tmd Ehe (1931) 96-rn5.
xE<pa.J...1) tt. :>chllcrJ \lll,0110} 304
19 La lvwcnc; di Dio non permette che le mcm· bra si separino dal capo, dice Ign., Tr.u,2.
305 \Ul,!JllOJ avaxt<pa}..m6oµm (H. Schlier) (m,681) 386
6.vmmpoc).oc~6oµm
2 E. FRAENKEL, Griech. Denominativa (1906)
1 MouLT.-MILL. .r.v.; EwALn, Gefbr., ad l. 135·
\ u.a.,uo .l I _jUU
ooxtµticra.cra., o\hwc; -tò 7tɵ7t"tO\I ~t.~Àl7 'tà 1tav-.a. f.v 't@ Xpta't@ consiste evi-
ov -tou v6µou àwx:x:Ecpa.À.alwcrlç Ècr-t t. dentemente nel oto6vat rJ.U"tÒV xecpa.À.1}v
"twv 'ltpò a.ui:ov ypcxcpÉ'V"tW'V i:Ecrcr<ipwv,
«come infatti il tatto toccando gli og- U7tÈp '7tiiv"ta. 'tij ÉxxÀ.'l'}crlq. (I, 22). Il
getti percepiti dagli altri sensi li com- compendio di tutte le cose si avvera
pendia e li riafferma, giudicando se l'og- perché tutto viene subordinato al capo,
getto è duro o caldo o viscido, cosl il
e questa subordinazione di ogni cosa si
quinto libro della legge è una ripetizio-
ne riassuntiva dei quattro scritti prima di realizza nella associazione del capo al-
esso». const. Ap.1:,r,4: À.ÉyEt. yàp Èv "t@ la chiesa. Quando la chiesa riceve il suo
Eùa.yyEÀ.l<p, àva.xi;:cpa.À.a.1.ouµE'Voç x a t capo, ogni cosa riceve il suo xe<ptiÀ.atov,
a"t"()plswv xa.t 'itÀ.'r)pwv "t1}v oExtiÀ.oyov
"tOV N6µou, on ÈV 't'@ N6µ<p yÉypcx:Tt- la sua somma conclusiva, globale, che
't'CX:L ... , «dice infatti nell'evangelo, rica- si ripete (nel capo!). Nel capo, in Cri-
pitolando e rafforzando e completando sto, l'universo è nuovamente ricapito-
il decalogo della legge, che nella legge
lato come nella sua somma 4 • Certo è
è scritto ... ».
che &.va.xEcpaÀatoucr»at deriva da xE-
Tra tutte le possibili accezioni è dif-
cpaÀ.ato\I e non da xecpcx:À.1}. Ma è pro-
ficile stabilire quale sia il significato di
babile che sia stata la designazione di
àva.xEq>cx:À.moucr»m in Eph.r,10. La dif-
Cristo come XEq>rJ.À.1] a indurre l'autore
ficoltà è sottolineata anche dai diversi
della Lettera agli Efesini a scegliere
modi in cui il verbo è reso dalle anti-
questo termine che, pur essendo piutto-
che traduzioni e dai commentari. Per-
sto raro, per le sue molteplici accezioni
ciò soltanto il contesto della Lettera
rispondeva bene al suo intento.
agli Efesini può suggerire l'esatto sen-
H. ScHLIER
so del termine. L' &.va.xEcpaÀ.moucri}cu
4 La 'novità' e quindi la portata escatologica o tiniani, quando adducono Eph.x,rn come pro-
- detto formalmente - il senso qualitativo di va della loro tesi: :Lw-d'jpa. i:òv b<. '!t&.v-rwv
&.vtxxE<pctÀr.uouoi>cu non è avvertito dai valen- ov-ra. -rò ·miv EtvtxL. Cfr. Iren., haer.r,3,4.
391 ( III,682) xi]pvl; (G. Friedrich) (m,683) 392
tro ~. Ciò nonostante eseguono spesso gli attendenti dei principi, in quanto so-
lavori comuni come i servi: macellano no addetti al loro servizio personale 11 •
il manzo e preparano il pasto insieme L'ufficio dell'araldo è rimasto anche
alle ancelle (ll.18>558), versano il vino dopo Omero; ora però gli araldi non
e servono gli ospiti (Od.1,143 ss.; 17, sono più al servizio dei re, ma dello
334). Se il re esce, l'araldo barda il de- stato. Gli antichi hanno spiegato di fre-
striero (ll.24,281 s.) e guida il cocchio quente che cosa si intende per araldo.
del suo signore (Il.24,149; cfr. Soph., Esichio, s.v., lo definisce èiyyEÀ.oc;, ota-
Oed. Tyr. 802). Quando Achille torna xovoc;, 1tpECi~EU't'TJ<;. Non diversamente
dalla battaglia gli araldi gli preparano si esprime Poll., onom.4,94: 'téqa o'&v
l'acqua per il bagno (Il. 23,39). Tutto 't'Lç 't'oÙc_, x1)puxac_, xcxt ÈpµT)VÉac_, xat
ciò rientra nelle loro incombenze. Spes- <11tovoocp6pouc; xa:t ÈXEXELpocp6pouc; xcd.
so sono incaricati di effettuare commis- àyyfaouc_, òvoµacrELEW, «gli araldi si po-
sioni comuni 7, per cui talvolta vengo- trebbero forse chiamare interpreti, an-
no anche detti 1lEpa1tov·m; 8; ma non sa- nunziatoti di pace e nunzi di tregua e
rebbe esatto equipararli a semplici ser- messaggeri». Con ciò è descritta solo
vi 9 • Come abbiamo visto più sopra, es- in parte la funzione dell' araldo, della
si non sono schiavi, ma uomini liberi: cui attività Poli., onom. 4,91 dice: 't'Ò
Évoot;6't'epot 1lEpa1t6v-cwv, ot :x:i]pu:x:Ec_,. oè XT)puxwv yÉvoc; LEpòv µÈv 1'Epµou,
~r.tcrtÀ.txot µEv yàp èivopEc_, xaì. ilei:ov XCX't'EXTJPV't''t'E o' i}cruxl(J,.V E\I 't &.ywcn
yÉvoc_, ot xT}puxEc_,, «gli araldi hanno una XO:t L€poupylcxtc; xcJ:t Cr1t0\IOÒ:c_, 7CEpt1)y-
dignità superiore ai servitori; gli araldi yEÀ.À.E xo:ì. ÉXEXEtplcx:v È7CTJ')'YEÀ.ÀE xcx.ì.
sono infatti uomini di stirpe regale e 't'OÙc; &.yw\ILO"'t'Ò:<; &.vEXTJpU't''t'EV, (da stir-
divina» (Eustat. Thessal., comm. in Od. pe degli araldi era sacra a Ermes, impo-
r , ro9, § r397,56). Col loro signore neva la calma nelle gare e nelle cerimo-
stanno quasi in rapporti di amicizia: ne nie sacre, annunziava la tregtia e notifi-
sono gli accompagnatori, i camerati e cava l'armistizio e proclamava il nome
i compagni 10• Li si potrebbe chiamare dei partecipanti alle gare». Sia Poli.,
9, 689; nE1tvuµÉva. dlìwc;, Od. 4,696. 7n; 22, puliscono la tavola, l'apparecchiano e distribui-
361; 24,442; 1tE1tVUµÉva. µi)oECC. Ellìwc;, Il. 7, scono la carne. Più importante è il passo di
278; Od.2,38; 1tUXLvà. <ppEoi µ-f]BE' ~xov·m;, Il. Od.r8,423 :
24,282.674. "t'OtOW oÈ XPT}"tljpcc. XEp&.O'<Ut.'tO MoÙÀtoc; fipwç
6 xijpu~ AovÀLXtEvç; 1tepci.1twv 5'-?}v 'Aµq>w6-
ll.7,277; 18,505; 23,567; Od.2,38.
7
[µoLo.
Od.8,256 ss. 399; 16,328 ss.; l8,29I. Per e- Qui l'araldo è detto appunto ì>Eptbtwv. Ma la
sempio, fan venire il cantore alla corte del sua qualificazione come fipwc; mostra che i}E-
principe (Od.8,47.62) e lo servono (Od.1,153; p&.7twv non può indicare un semplice servo, ma
8,69.107.471). Ettore dà l'allarme alla città me- significa piuttosto éompagno, camerata. Infatti
diante l'araldo (Il.8,517). In Il.4,192 l'araldo è anche Achille chiama Patroclo -0Ep&.7twV (Il.16,
inviato a cercare un medico; in Il.12,351 in- 244) e Agamennone denomina i capi dell'eser-
voca rinforzi. cito greco l>Ep&.7tcV"t'E<; "APl]oc; (Il.r9,78).
B Di Euribate e di Taltibio si dice in Il.1,321: 10 L'araldo di Ulisse è detto hrt.'tpoc;, Od. 19,
't't!l ol ~O"CC.V x-fipuxE xcc.~ O'tPl'JPW 1tEp&.1tov-.E; 247 s.:
cfr. inoltre Od.18,423 s. EùpuBkt'T)<; o' l>voµ' EaXE' "t'lEV BÉ µLV ~~oxov
9 In Od.1,109 vengono tuttavia contrapposti [li.'ì..À.wv
araldi e servi, senza che i rispettivi lavori si wv t't'&.pwv 'OBuaEl'ic;, O't'L ot q>pEalv &p-.trt i)!in.
distinguano sostanzialmente. Gli araldi mesco- 11 Quando Ulisse getta la veste, il suo araldQ
lano nelle brocche il vino con acqua; i servi la raccoglie subito (Il.2,18J).
\ UJ.JVO'fJ _j~U
onom.B,103, che Aeschin. schol. ad or. Magn.89,76), xfjpu!; >Wv µuo-i:wv (Xe-
1,20 12, dividono gli araldi in quattro noph., hist. Graec.2,4,20 ), ò 'twv lEpwv
classi: gli araldi dei misteri, degli ago· xijpu!; (Ditt., Syll.J 845), :x:ijpuç i:ov 'A-
ni, dei cortei e delle merci sul mercato. 'TtoÀ.Àwvoc; (Ditt., Syll.' 773, 5 ), xfjpv!;
Tuttavia questa distinzione in quattro -.ou l>Eou (Ditt., Syll.' 72 8 B 7), tEpoxi]-
classi non comprende ancora tutte le pvs "twv lEpÉwv ~a.x6pwv ua.w-.'T)poc,
specie di araldi; da quanto si è detto è 'AuxÀ.'J]'TtLW (GDI I 255,21) 15•
però chiaro che esiste una differenza tra A prima vista si direbbe che in se-
i diversi araldi. Perciò spesso a xfjpul; guito l'araldo abbia perduto completa-
viene aggiunta una designazione più mente la dignità che aveva nel periodo
precisa, un aggettivo, come O'J)µoowc, monarchico. Orn aspirano a questo ufli-
(Ael., var. hist. 2,15) e xow6c, (Dio C. cio, per guadagnarsi qualcosa, persone
46,14), o anche un genitivo, per indi- povere e d'infima condizione16• Pare che
care l'istituzione presso la quale presta siano state ammesse persino persone
servizio l'araldo indicato: :x.fjpul; -rfjc, senza diritto di cittadinanza 17• Ciò spie-
1tOÀEWC, (per es. GDI I 311,46) 13, xi)- ga come ormai l'araldo non goda più di
pul; i:'ijc, ~ouÀfjç (IG XII 8,53,17), :x.1)- una particolare considerazione: non è
pul; -rfjc, ~ou).:ijc, xcd -rou o1}µou (IG n/ altro che un funzionario delle autorità
1
III 678 ,8 ), xfjpul; apxov'tOC, (Ditt., Syll.3 (Plat., polit.290 b). Poll., onom.6,128,
7n A 15), xi'}puç ~ouÀfjc; 't"lic; N; 'ApEl- lo annovera tra i ~loL, Écp' olç fi.v -CL<;
ou mi.you (Ditt., Syll.3 728 ecc.), :x.fjpu!; ÒvEL5LO"ikl'l'), e lo chiama lenone, oste,
'Aµcptx"Cu6vwv (GDI II 2520,7), wi'jpul; mercantucolo e con altri simili epiteti.
i:wv À.oytcr't'WV (Aeschin., or.3,23), x'ij- Non diverso è il giudizio di Teofrasto18 •
pul; 't'WV EVOExa. (Demosth., or.25 156) 14, Ma è probabile che la considerazione uf.
ÌEpo:x.fjpu!; 'tWV LEpoµva.µ6vwv (Di tt., fidale dell'araldo fosse migliore e che
Syll.3 445), xfipu!; -cwv O'\JvÉopwv (IG solo nell'opinione volgare egli fosse sca·
VII 190,35 ), xfjpul; 'tOU µouO"LXOU (Inscr. duto cosl in basso 19• Secondo Aeschin.,
12 AeschitJ. schol.I,20 (ed.F.SCHULTZ[186)]): ·mcµ1)pLov, 0;).J..à xa.t Mxo).lac; "tfjc; Elc; 'tÒ
xnpuxwv tcr"ttv lv 'A&Jiva.tc; ylvri "tÉO'O'a.pa., 'ltpa.yµ.«'t"EVECT6a.L.
1tpW-rov -rò i:wv 1ta.vocyvwv -rwv lv 'toi:c; µu- 17 Questo si deduce da D1TT., Syll.' 1861 do·
crTYJplo~c;, ot dow à1tò Ki)puxoc; -rov 'Epµo\i ve ad Eucle viene attribuita la 'ltp60'o8oç. Que-
xcxt Ila.vop6o-ou "ti)c; Klxp01toc;, 6t:u'tepov 'tÒ sto diritto civile veniva conferito a meteci. L'a-
'tWV 1tEpt 'tOÙc; àywvcxc;, -rphov -rò "tWV 'ltEpt raldo Eucle non godeva dunque dei diritti ci-
'tÒ:<; noµ'lt&.c;, 'té"tap-tov -rò 'tW'll 'ltEpt "t«Ìc; &:yo- vili. Cfr. A. KtRCHHOFF: Hermes r (1866) 20.
pà.c; xat -.oc Ù>VLa. 18 In char.6 parla dell' tt1tOYE\IO'Y)µlvoc; (un uo-
13 Numerose prove su quanto esposto sono ad- mo disperato, moralmente perduto): oEwòc; 6È
dotte dall'Ohler (~nota bibliogr.) 351 ss. Pur- xat 1tavooxEVO'a.L xal 'ltopvo~ocrxficntL xa.t 'tE-
troppo vi si trovano molte sviste ed errori di )..wvijo-a.L xat µ110Eµlav a.lcrxpocv Épyacrla.v oc·
stampa, sicché non si può fare assegnamento 1tOOOXtµacraL, àì..)..à X'l')pV't'tELV, µa.yELpEVEW,
su tutte le indicazioni. XU~EUEW.
14 In Demosth., or.25,56 non troviamo il so- 19 Eur., Tro.424:
stantivo, ma il verbo: ~xi)pu't-rov ol ~\IOEXa. ... "tl 'ltO't"' ~XOVCTL "toilvoµa.
15 Sui diversi araldi delle singole associazioni xfipvxEc;; ~V &:rclx,ih1µa. 1t0C'YXOWO\I ~po'toi:c;
di culto cfr. 0HLRR, o.e. 357 e PoLAND e~ ot 'ltEpt 't"vpcivvovc; xat 'lt6À.Etc; Ò'TtT]pÉ't"a.L.
nota bibliogr.). Cfr., per es., in DITT., Syll.' )7. Eur., Or.89):
4oss. l'araldo della «gilda dei cantori eleusini». 'tÒ yàp yévoc; 'tOLOU'tov· l1tt 't~v EÒ'tox.fi
16 In Demosth., or.44,4, si parla di XlJPV"r"rELV. 1tT]OW0'1 1ht x'fipvxEc;" OOE o' aù-rot:c; q>O..o~,
>OV'fO o' tcr1tv oò µ6vov 41toplac; àv»pi.rnlvY)c; Se; 11..v OUVT]'tllL 1t6)..Eoc; ~v ... àpxafow TI·
397 (rn,684) xilpul; (G. Friedricli)
or. l ,20, non doveva esser rimproverato zione e fa parte, con lo O'"tp<X"tTJYOc; e il
di &.:nµla. Se teniamo presente (Ditt., (3acrtÀEvc;, delle magistrature più eleva-
2
Syll.' 145,13) che all'araldo si impone te (IG u/rn 3616,5 s.). L'araldo non è
un giuramento, non è possibile conside- di povera condizione, ma una persona
rarlo come un urc11p~"tTJ<;, ma dev'essere di grosso censo, tanto che è in grado
annoverato tra i funzionari. Anche in di elargire grandi donativi 22 • Perciò non
epoca storica, e non solo in Omero, l'a- è un impiegato subalterno, ma è il pre-
raldo viene impiegato in missioni di- sidente dell'Areopago 23 e responsabile
plomatiche (~ col. 404), per le quali dell'esecuzione dei suoi deliberati (Ditt.,
3
non si sceglievano certo persone di scar- Syll. 796 B 15 ss.).
sissima stima. Sembra pure che si sia-
no proposti dei x1)pu:im; come giudici. 2 . Qualità richieste in un araldo
Secondo una disposizione del diritto ate-
niese non si possono scegliere come giu- Se uno vuol divenire araldo, deve
dici araldi di origine straniera 20 • Gli avere una dote del tutto esteriore: una
araldi appartengono agli àtcn-tot (IG bella voce.
n/m' 1773,57 ecc.), mentre nell'Iscri-
zione di Priene l n,194 il xfjpu~ -rfjc; -.le; x:i]puç µ1} I:-re\1-ropEt.oc;; (Aristot.,
7tOÀEwç appartiene agli ottimati della pol.7 ,4, p. 1326 b 6). Un araldo senza vo-
città. Sappiamo di onori attribuiti a de- ce stentorea non serve. Questa condi-
gli araldi per i loro meriti 21 • Essi rice- zione è richiesta in quanto è in rapporto
vono la 7tpOEopla (Ditt., Syll. 3 915, 6), col compito che egli deve assolvere. In
hanno un posto distinto in teatro (IG Omero l'araldo convoca l'assemblea 24 e
2
n/In 5043), vengono incoronati. È im- chiama i combattenti alla battaglia (Il.
portante conoscere a quali autorità ser- 2>437 ss. Nella stessa assemblea l'aral-
ve l'araldo. La sua dignità dipende dal- do è responsabile della calma e dell'o-
la stima che circonda i suoi superiori dine 25 • Nei procedimenti giudiziari de-
e dalla natura del suo incarico. xfjput; ve quetare il popolo, quando l'eccitazio·
non è semplicemente un epiteto ingiu- ne è eccessiva e i presenti prendono ru-
rioso, come potrebbe sembrare da quan- morosamente partito per l'uno o per
to abbiamo detto più sopra, ma può es- l'altro (Il.!8,503). Naturalmente l'aral-
sere anche un titolo onorifico. In epoca do è in grado di far ciò solo se, come
romana l'araldo dell'Areopago è una dice Omero, è À.tyucp?}oyyoc; (dall'alta
personalità circondata di alta considera- voce) 26, 1}Ep6cpwvo<; (che grida forte, Il.
18,505), xa.À:rrtwp (ll.24,577), àu-ru- possedeva una voce adatta allo scopo.
~ow't1]<; (Il. 24,70 r ), 1)mha (che grida Lo si può paragonare al banditore, che
forte, Il.7,384), ~E@ ÉvaÀ.iy:x:~oc; a.ùò+rv vediamo ancor oggi percorrere i villag-
(simile nella voce a un dio, Il.19,250). gi col campanello in mano e leggere ad
Anche in epoca successiva l'araldo dove- alta voce, in modo intelligibile a tutti,
va principalmente avere una voce forte, le disposizioni del governo. Anche l'a-
robusta e armoniosa27 • Presso i Lacede- rnldo sulla piazza del mercato, accompa-
moni l'ufficio dell'araldo era ereditario gnato da un lungo codazzo di ragazzi
e si trasmetteva di padre in figlio, an- (Aristot., rhet.3,8, p. 1408 b 24 s.), ren-
che se il figlio non aveva proprio una de noti avvisi pubblici e privati 32 • Se le
gran voce u. Altrimenti, chi aspirava ad autorità o un cittadino privato vogliono
essere araldo doveva sottoporsi a una vendere qualcosa, lo comunicano all'a-
prova di voce 29 , dato che anche in epo- raldo, e questi provvede a farlo cono-
ca seriore i suoi compiti erano in parte scere agli altri. Egli sta sulla piazza
gli stessi che già aveva in Omero 3(). Era (Pseud.-Luc., asin.35) e grida (Luc., vit.
suo compito comunicare al pubblico le auct.2): 'tO\I &p~<T"t'O\I Blov 1tWÀ.w, "t'OV
disposizioni e le notificazioni dell'auto- <TEµVO't'O."t'OV, -rlc; W'll1)CTE'ta:~; «Vendo }a
rità 31, cosa che poteva eseguire solo se vita migliore, la più venerabile; chi la
27 Poll., onom.4,94: -.ò oè qii>Éyµa. aù-r:wv µi- a procedere alla votazione. Si tratta qui del 't'Ò
yrz, aop6v (forte), ùo/JJMv, np6µ71xeç, È1tl!J.'TJ· Èx 't'oli voµou x1Jpvyµa. (Aeschin., or. l,79).
1m;, craq>Éç, à.p-r:lcr-coµov (chiaro), OlJ\IE)CÉç, 011')- Aristot., o.e. 68A: 1i "t'E"t'PU1t'l}µÉV'l') -roi} 7tpO-r;E-
vexÉç (persistente), à1wcao1}\I (ampiamente} pov ÀÉyov-.oç, 'ÌJ oÈ 'ltÀ'i)PT}ç 'tOU ÌlCT'tEPO\I À.É-
cptkyy6µevov, ci'ltvEucr"t'l. yoV"toç. In Aristoph., vesp. 752 ss., 1' araldo
28 Hdt. 6,60: ol XlJPUXEç ... ÈxoÉXOV'\aL "t'OCç chiede -rlç aljlii<picr-roç; tivicr-.!Xcri)w.
r.a:rpwlaç "t'É)Cvaç .•. où xcx.-cà. Àaµnpocpwvl'l)v 31 Nel P. Hamb.29,6 ss., ad es., il prefetto ren-
Èm"t'tf>éµevot &"J..J..oi crcpfo.ç ncx.pa.xÀ'l)loucrt de noto per mezw dell'araldo che la non com-
(escludono), à.ÀÀoc Xa'tà. "t'à. 7ta'tpta È7tL'tEÀÉ· parizione dell'accusato davanti al tribunale pro-
OUCTL. vocherebbe la sentenza in contumacia. In epo-
29 Demosth., or.19,338: ÀoylsEcrl)' o-n OE~. xii- ca più tarda si preferl rendere noto qualche
puxa. µtv 8.v òox~µiisTJ·t" Ev<pwvov crxonti:v. cosa mediante affissioni. Dione Cassio (60,13,5)
30 Nell'assemblea popolare è responsabile del loda Claudio per aver annunciato i giochi non
mantenimento dell'ordine. A un cenno del pre- per mezzo di araldi, ma mediante affissioni. Se
sidente apre la discussione e invita a parlare: qualcuno ... è stato assassinato dì nascosto e
-rlç àyopEVELV ~ovÀE"t'a.L; Demosth., or.18,r9r; non si può rintracciare il colpevole, l'araldo
Aristoph., Acharn.45. Cfr. Aeschin., or. 3,4: proclama sulla piazza del mercato il giudizio
"t'lc, Ò:yopEUEW ~OVÀE't'aL "t'WV Ìntèp 1tEV'tTJXO\I· sull'ignoto assassino: a lui è interdetto qual-
"t<l. e-t71 yEyov6-r:wv xal. 1taÀW Èv µÉpEt 't'WV siasi accesso a un tempio e gli è proibito il
ri).."J...wv 'Afu]valwv; Se la seduta dev'essere soggiorno nel paese. Se riconosciuto e preso,
chiusa, l'araldo la conclude con queste parole: deve morire (Plat., leg.9,874a).
oL yà.p npu-r:avn<; Moucrt "t'Ì]V ÈxxÀ'l')crla.v (Ari- 32 Luc., Char.2, e Dernosth., or.25s6: la fuga
stoph., Acharn.173). Analoghe funzioni eserci-
di uno schiavo viene 'scrunpane1lata'. In DrTT.,
ta nei procedimenti giudiziari. Annuncia l'esi-
to, quando la corte giudicante è stata sorteggia- Syll.3 47, 19 ss., si dispone che chi voglia da
ta (Aristot., res publica Atheniensium, ed. H. Naupatto ritornare nella Locride deve farlo an-
0PPRRMANN [1928) 64,3; 66,r). Nei processi,
nunciare da un araldo, sia al mercato di Nau-
prima che i giudici procedano alla votazione, patto che a quello di Locri. Aeschin., Sept. c.
chiede ad alta voce se qualcuno abbia even- Theb. 1005:
tualmente da obiettare contro false testimo- ooxouv-r:a. xat 06!;,a.v-r' à'lta.yyÉÀ.Ì..Etv µE XP'Ìl
nianze. Se nessuno si fa avanti, invita i giudici òi]µou 7tpo~ovÀioc; -roLcroE Kaoµelccç 7t6ÀEwc;.
401 ( m,686) xi]pul; (G. Friedrich)
33 Poll., onom. lO,r8: 1tpéicnc; •.• ù1tl;i xi}puxL ciano i vincitori, vengono chiamati r.poqiij'tm.
yE\ioµÉVl]. Demosth., or.51,22: \mò x1}puxoc; 37 Aesch., Sept. c. Theb. 1043: a.upw uE µi) '1tE-
1tWÀEtV. Cft. DrTTl!NDERG, Syll.3 251 m 20 ss. p1cnrà xnpucroav éµol. Soph., Trach. 319: l'a-
Dio C. 46,14,1. Il xijpul; viene direttamente de- raldo assicura UL"rii .._oùµòv ~pyov ftvu-eov. In
signato come venditore, imbonitore. Eur., St1ppl.626, viene chiamato 1t1Y.pEpy1i'Tric;
34 Aesch., Eum. 566: ì..Oywv.
xi)pvcrcrE, xijpul;, xa.t G"tpa:t'Ò\I xa.-mpya.i>oiJ 38 Eur., H eracl. 292 :
il -e' oi'.iv ottX'topoc; TupCTTJ\ltx1} niicrt yàp oihoc; x1}pul;t v6µoc;
cr6:.).myl;, {3po'telou 1tVEuµa:t'oc; 1tÀT)pouµÉvn. 8tc; -{6ua. 'ltupyoilv "tWV yLy\lol.LÉvwv.
39 Aesch., Suppt: 931: xa.t -yàp 1tpÉ1m xiJpu·
3S Mqlte liste di questo genere si trovano in
IG vn ad es., 3197. x' à.mzyyÉÀ.ÀELV "topwc; ha.u,.u.. Cfr. Plat.,
36 Poll., onom. 4 ,92: leg. 12,941 a. Aeschin., or.3,189: oEi: yàp 'TÒV
xi}puxu. àlfievoEi:v, g"tll.V -r'Ì}v &.vlipPTJO'l.V (pro-
'Y{3>..a.l{() x1)pux1 ,.68' 'Apxlq. EuxÀÉoc; ult7> clamazione) €v "t<t'i »Ea-cpcp 'ltOLi\'taL 1tpòc; "toùc;
W;a.L èiya).µ' i::iJcppwv <l>oi:P' t1t' &:1tT)µocru11ll "EÀ.À.'l)vrx.c;.
8c; -rpl.c; txapu!;i::·J -.òv 'Oì..uµ1tlq. a.iJ'tòc; àywva. 40 Perciò troviamo in questo contesto verbi co-
oili>' tmò uaÀ?tlyywv o\l"t' à.va.oElyµa.-r' EXW'V. me 'ltrx.paxaÀEi:v e XEÀEVELV, Thuc. 4,30,5 ecc.
In Bacchyl. 9(10),25 ss. i xi)puxec;, che annun- -7 X'r)PVCTCTELV.
xfjput; (G. Friedrich)
406). In generale si può dire che l'am- dini del suo signore.
basciatore agisce con più autonomia e
3. Significato religioso dell'araldo
ha poteri superiori dell'araldo. Che l'a-
raldo intraprenda qualcosa per suo pro- a) Intangibilità dell'araldo nelle mis-
prio impulso, senza un ordine espresso, sioni diplomatiche.
è fuori dell'ordinario 41 • Solitamente egli Non esiste, per i Greci, una netta di-
rende nota in poche parole una comuni- stinzione tra religione e politica: en-
cazione, pone domande o porta delle ri- trambe sono strettamente legate l'una
sposte. Talvolta ha da consegnare sol- all'altra, e ciò spiega come anche all'a-
tanto una lettera (Diod. S. 14, 47, r ). raldo politico sia attribuita un' impor-
Egli è tenuto ad osservare esattamente tanza religiosa. Quando un x.i)pu~ va in
le istruzioni di chi lo invia (Eur., Suppi. un paese straniero, sta non solo sotto
3 8 5 ). Buon araldo è colui che non si in- la protezione del suo popolo, che si fa
vischia in lunghe trattative, ma ritorna garante per lui se gli avviene qualche
subito, appena compiuta l' ambasceria cosa 4z, ma anche sotto la speciale tute-
(Eur., Suppi. 459, dr. 388). Rarissima- la della divinità.
mente è autorizzato a prendere una de- Omero chiama gli araldi t'X.yyéÀ.Ot
cisione di propria iniziativa. Egli è sol- At6c; u1. I,334; 7,274), otlq>1.À.ot ui. 8,
tanto un organo esecutivo. Poiché non 5r7), lt€to~ (Il.4,I92; rn,315). Essi so--
no considerati sacri e inviolabili. Un de-
dev'essere che la bocca del suo signore, litto contro di essi è tÌ.<TÉ~wx. 43 ed ha
l'araldo non deve falsare il messaggio come conseguenza la collera degli dèi.
affidatogli con aggiunte personali, ma è Ad essi non si può applicare la vecchia
massima: quale è il messaggio, tale è la
tenuto a riportarlo cosl come gli è sta-
ricompensa(~ III, col. ro64). Si può es-
to comunicato (Plat., leg. 12 1941 a). Nel- sere in collera con i loro mandanti uma-
l'assemblea popolare e nelle udienze del ni, ma essi non si possono punire. Sono
tribunale è il megafono del presidente, intangibili, perché stanno sotto la riro-
tezione della divinità. Anche quando
e dovunque appare deve sempre atte- portano notizie infauste, vanno accolti
nersi esattamente alle parole e agli or- amichevolmente 44•
41 Thuc. 4,68,3: t;wÉ'ltEO'E yàp xcxl. -rbv "tW\l dere due volte all'anno una razzia contro Me.
'A&7]\lalwv x1)pvxa. àqi' Èttv-roi:i yvwµnç X'l'J- gara.
pvt;a~ "tbv ~ouM~vov Uvm Mqttpfo..iv µt:'fà.
43 Demosth., or.12,4: dr. Suida s.v. X'l'JPVXEtO\I:
'ADTivalwv lhjCT6µEvov -rà IS7tì..a.
oùx t~fjv av'toùç &.otxE~v.
~ 2 Plut., Pericl. 30 (I 168 c ss.): quando i Me-
44 Persino Achille, pur essendo adirato, li ri-
garesi uccisero un araldo degli Ateniesi, questi
spetta: Il.1,334:
decisero di non inviare mai più un araldo a
Megara e stabilirono che fra essi e i Megaresi xalpE'tE, XYJpUXEç, ~Lbç IJ.yye).oL 1j8è Xal
regnasse un'irrimediabile inimicizia. Ogni me- [à.v6pwv,
garese venne ritenuto un proscritto e i coman- ào-CTov h'· oli "tl µot Uµµeç t?tttl·nor. à).)."A-
danti ateniesi dovevano obbligarsi a intrapren- [ ya.µtµvwv,
405 (m,688) x'ijpu!; (G. Friedrich) (111,688) 406
Se uno, spinto dalla passione, s'è la- di colpire l'araldo». Quantunque l'aral-
sciato andare a misfatti contro Ji loro ~5 , do sia in torto e il re agisca per ordine
deve placare la collera degli dèi. Quan- di Zeus (v. 238) nel difendere la santi-
do il re persiano inviò degli araldi agli tà dell'altare, tuttavia non si può 'toc-
Spartani, per domandare sottomisstone, care' un araldo. Poiché gode di questa
questi li gettarono in un pozzo; ma, poi- protezione degli dèi, l'araldo accampa·
ché temevano la collera di Tu1tibb, il gna gli ambasciatori 47 , in quanto li as-
protettore degli araldi, due '>P•tr;-ani si sicura contro ogni sopraffazione. In si-
consegnarono spontaneamente :'l re per- tuazioni particolarmente pericolose, pri-
siano per espiare la morte e il delitto ma degli ambasciatori viene inviato un
(Hdt. 7,r3r-r36). Una violaz~one dell'a- araldo che ottenga loro una scorta si-
raldo è un sacrilegio contro Dio; l<r-.Éov cura 48 • Un araldo può osare di an-
oÈ on &cruÀ.oL Éç -.o 'ltavnÀÈ<; 1j<rrxv ot dar nel campo nemico anche in pie-
x1)puxec; ola 1}i::fov yÉvoc; voµ1.~6p.E\IOL ... na guerra. Lo si riconosce dal bastone
xat Tio-av µÉo'oL i}Elou -cE yÉvouç xat &:v- e dalla corona, che sono le insegne del-
llpw1tlvou xat oùx ijv i}i::µt-.òv xaxou- la sua consacrazione alla divinità. di cui
O"itrxL a.ù-tovç, «bisogna sapere che gli egli gode la particolare tutela 49 • È l'a-
araldi erano assolutamente inviolabili, raldo ad iniziare le trattative per l'ar-
essendo considerati come una progenie mistizio e la sepoltura dei morti (Xe-
divina ... ed erano una classe intermedia noph., hist. Graec.4,3,21, ecc.). L'affer-
tra gli dèi e gli uomini, e non era con- mazione della Suida (s. v.): xTipu!; È'V
sentito far loro del male» (Eustath. 'itoÀɵ~. 'ltpÉo'~uç tv i::lp1}vn, non con-
Thessal., comm. in Il.r,32r, § rro,14). tiene tutta la verità, ma sottolinea quan-
Perciò l'araldo può recarsi in territorio to vi è di esatto nella distinzione tra xfi-
nemico senza che gli capiti nulla 46, e pu!; e 1tpÉO"f3uc;. Il xf)puç crea le premes·
può parlare apertamente, senza alcun se per le trattative del 1tpÉo'f3uc; o inter-
timore. Istruttivo a questo proposito rompe le relazioni diplomatiche, dichia-
è Eur., Heracl. 49. 27r. 648: l'araldo rando la guerra alla città o al popolo
vuole ottenere con la forza ciò che (per es., Thuc.1,29,1, ecc.). In entram-
non gli è riuscito di raggiungere con le bi i casi questi incarichi pericolosi ven-
trattative; si rivolge al signore del pae- gono affidati a lui, perché come araldo
se in atto quasi di minaccia; quando è intangibile.
giunge al punto di violare persino la
santità dell'altare, il re gli si vuole op- b) Partecipazione dell'araldo al culto.
porre; ma il coro, pieno d'orrore, grida
al suo principe: µi) 1tpoc; Di::wv x1}puxa Poiché per i Greci religione e politi-
-coÀ.µ1Jrrnc; Devi::i:v, «per gli dèi, non osar ca sono in strettissima correlazione, le
Il O'cpwi: 'ltpotEL BpLO'lJLooç Etvrn:i xouPTJc;. 48 Demosth., or.19,163: O'tE yàp 'tlJV 'ltpo-té-
(cfr. 1,391). pa.v 1bq1poµE\I 7tpEO'PElc.tv 'rlJV 1tEPL -cl]ç Elpli·
45 Secondo Paus. 9,25,4, Eracle mutilò gli in- vl}c;, xl)pux'vµEi:'ç 7tpoa.nE<r-tElÀ.cx:tE, ocr-cLç Yiµ~v
viati, tagliando loro il naso. 0"7tElO'e.i;a~; cfr. Polyb.4,72,3 : 'ltɵljla.v-teç oi'iv
46 Poli., onom.8,139: lfovÀoL o' -?jO'GtV xa.t €l;1jv x-fipuxa. 7tpÒc; -ròv Po:uLMa xat À.a.P6v-tEç <ruy-
l'J.1hoic; 'ltav-.a.xocTE àoEwc; Uva.t. XWfJ'lìµct 7tEpt 'ltfJEUPEla.ç.
47 Demosth., or.18,165; Aeschin., or. 2, r3; 3, 49 Xenoph., hist. Graec.4,7,3: ~'ltEµlj!a.v Clcr'ltsp
62.63. P.<!t motivi di difesa personale gli UO· Etw&E<Ta.v tcr'tE<jla..vwµévouç Mo x1)puxa.c; l'.i'lto·
mirl inviati all'adirato Achille (Il.9,170) sono <pÉpO\l'tCXç C17C0\100;ç •
.1ccompagnati da due araldi.
407 (m,688) xfjpul; (G. Friedrich)
istituzioni statuali ricevono una consa- vece inganna il popolo e lo stato 52, d1i
crazione religiosa. Nell'assemblea popo- parla scientemente a danno dello stato,
lare, nella seduta del consiglio, nella si lascia corrompere 53, rompe giuramen-
ti, modi.fica decisioni popolari e leggi,
mobilitazione dell'esercito, è l'araldo a trasmette al nemico segreti di stato,
offrire il sacrificio e a dire la preghiera. tratta coi persiani 54, chi falsi.fica misu-
Lo stesso araldo, che deve provvedere re e monete o pensa di introdurre la ti-
alla calma e all'ordine, esercita anche rannide {Aristoph., Thesm.331 ss.), co-
stui sia maledetto 55 • Ai pasti nel prita-
questa funzione cultuale. Possiamo dire neo l'araldo recita la preghiera 56; sap·
perciò che l'araldo politico riveste pu- piamo inoltre che prima della partenza
re un'impottanza sacrale. della flotta egli prega per la buona riu-
scita dell'impresa 57•
All'inizio dell'assemblea popolare, do-
Gli araldi prendono parte alla prepa-
po l'offerta del sacrificio purificatorio, il
xfjput; invita i presenti a un religioso razione ed esecuzione dei grandi sacri-
silenzio so, affinché egli possa pronuncia- fici.
re la solenne pteghiera di apertura, in
cui implora bene per la città e maledice Il xf)pu~ prepara tutto l'occorrente.
tutti i traditori del popolo. Gli dèi be- Nel mistero di Andania è corresponsa-
nedicano chi consiglia il bene si. Chi in- bile, nella celebrazione del sacrificio,
dell' esatta esecuzione delle cerimonie il sacrificio uno di essi, alla presenza del
(Ditt., 5)0ll. 3 736,II5). Insieme al sacer- sacerdote, vende le pelli delle vittime
dote sceglie la vittima (IG XII 5, 647, (IG IX 2,IIIOA). Anche nei sacrifici l'a-
q), la macella, la scortica e la divide raldo recita la preghiera: comanda un
(Athen.14,79 [p. 660 a-c]), sicché viene devoto silenzio w e prega per la salute,
direttamente chiamato µ6::yELpoc;, macel- il benessere e la pace della città 61 • In
laio (Athen.10,26 [p. 425 e]). Un'esatta un'iscrizione si legge che, alla notizia
descrizione di ciò che l'araldo deve fare della proclamazione della maggiore età
nei sacrifici è in Ditt., Syll. 3 1025 (da dell'erede al trono, una città, durante
Cos; 4° o 5° sec. a.C.) 58• Si tratta di la celebrazione dei sacrifici, fa pregare
una festa in onore di Zeus Polieus. Do- lo LEpoxi)pu~ per la crw-cT)plcx. del figlio
po aver scelto la vittima con una solen- del sovrano 62 •
ne azione ed aver offerto i sacrifici pre-
In tutti questi casi l'araldo è colui
liminari, [ x<'ipu~ o] È xapu<rcrhw Èop-c<i-
s[Ev Zl]vòc; Il]o(À.Li}]o[c;] ÈVL<XV'tLIX che parla alla divinità a nome della co-
wpai:rx. Èo[p'ta\I J' «l'araldo inviti a ce- munità radunata, e in questa sua veste
lebrare regolarmente l'annuale festa di presenta al dio i voti e le preghiere de-
Zeus Polieus». Soltanto allora incomin-
cia la festa vera e propria (Ditt., Syll. 3 gli uomini in formule fisse e ben note 63 •
1025, 35 ss.). I x1}puxEc; scelgono fra Nel culto greco egli è il À.E1:toupy6~ che
di loro un crcx.qm'.>ç. È ovvio che ad recita le grandi preghiere di intercessio-
essi è attribuita una parte del banchet-
to sacrificale; in particolare è loro ri- ne. E a questo ufficio viene eletto per
servata la lingua delle vittime 59 , Dopo la sua voce forte, armoniosa e facile a
58 Cfr. M. P. NILSSON, Griechische Feste von xat 'tÒV Xa"t' ÉVLCW'tÒV <iEt -rovlìE 'tOU µ1)VÒc;
religioser Bedeutrmg (1906) r7 ss. Év -.Tjt cbtolìEoELy[µÉ]Vl}L lEpéi1 'l)µlpaL 1tÀ.1)-
59 Atistoph., Pl. nrn: Ti yÀ.&h-ra -.i;j x1}puxL ìluoÒO"i]ç à:yoptic; O'U(J.7t0CpOV'tWV ÈV fon7jcr[ tv]
-rou-.wv -rlµVE'fctL. Cfr. lo scliolion relativo (ed. Ému1}µoLc; xat 0&.cpvric; cr-.Ecp&.votc; 'ltoÀ.Eµap-
F. DiinNER (1842]), e P. STENGEL, Opferbriiu- xwv, o1xov6µw[ v, ypa.µ] µa'téwc; ~ouì..ljc;,
cbe der Griecbe11 (1910). v'tpOC't'l'Jj'OV L7t7tapxwv, O''t'E<pctVY]q>opou, av[ '\L-
ro Ael. Arist., or. sacr.4,17 ss. (KEIL), dr.Horn., ypoc]cpÉwc; EÙ<p1)µlav xa-ravyElÀ.av-.a 'ltpÒ -rov
Jl.9,r71 ss. j3ouÀ.EUTI)plou µETà[ 'tWV 7ta.l]owv XCX.'tEVXÌ}V
xa.t '1tap&.xÀ.1)0'LV 'ltctV't'Òc; 't'OU '1tÀ.1}l}ovc; 'ltOL-
61 Vogliamo riportare alla lettera due esempi ;
Ei:cr[ltm 't1}v] oE· 'ltapaxaÀ.w 7t&.v-.ac; 'Toùc; xa.-
DITT., Syll.3 589,20 ss.: Év -rwL à.vaoElxvu~m
-roLxovv-.ac; 7t6),w xat xwp[av -rÌ}v Ma]yvJi-
>Òv w.iipov xa-.wxfoìlw ò LEpoxljput; µE-rà
'tWV É'ltt xaÀ.oi:c; 'Icrt-rT)ploLc; xa-.à òuvaµw
-.oii LÉpEw xat ·djc; lEpElac; xat -.ou u·mpav1)-
otxov XEX[ap1uµÉV1}V ilu]ulav O'VV'tEÀ.EtV 'Ap-
q>opou xat 't'Wµ 1tallìwv xat "tWV 1tapltÉvwv
'tÉ!J.LOL AEUXO<ppUT]Vi)L -r7jLoE -CU T)µÉ[pctL, Eti-
xat -rwµ 7to"Mµ&.pxwv xat -rwv lmt&.px.wv xat
XECTl>E oÈ] xat M&.yvT]CTtv m'.i'toi:c; 'tE OL06VctL
-rwv oi.xov6µwv xat "tou ypr.qJ.1.1.a-.Éwc; -ri)c;
xat yuvaLt;tv ùy[l]EL[av xat '1tÀ.ou-rov "Ap]
~ouÀ.ljc; xat -roii civ·nypa<pÉwc; xat -roii u-rpa-
't'Eµtv AEUxocppU1)VlJV, xat ")'EVEà.v rçi}v -rE ù-
't1)yov Ù7tÉP -.E uw-.riplac; -.ijc; 'tE 1t6À.Ewc; xat
n&.[px.oucrav crwL!;EOi)m] xat EÙ-ruxEi:v xat
't"iic; x.wpaç xat 'twµ 7toÀ.t-cwv xat yuvmxwv
"tÌ}V È'lwyovÌ}v µa.xapi.av [ ylvEul}aL].
xat "tÉXVW\I xat 'tWV iJ.À.À.WV '\'WV Xa'tOLXOUV-
'tWV Ìt\I 'tE Ti}L 7t6ÀEL xat 't7jL )(.Wpat Ù7tÉp 'tE 62 American Journal of Archaeology 2• Ser. 18
dpi}vric; xat 7tÀ.oo-.ou xat ul-.ou cpoptiç xat -.wv (1914) 323,u : ')((/,,'\'EUXà.c; 7\0LEi:~m 01à. 'fWV
aÀ.À.WV xapm7Jv 'JtaV'tWV xat 'tWV X't1)VWV, tEpox1)puxwv vnÈp ·tl'jc; <rW'tTJplac; aù-.ov.
D1TT., Syll.3 695,37 ss., nella festa di Artemi- 61 Aeschin., or.x,23 4 n. 50; Athen. 4,32 (p.
de Leucofrienc: '\ÒV oè Ì.Epoxi}puxa [ -ròv] vvv r49e)-+ n. 56; Thuc.6,32 ~ n. 57.
xijpv~ (G. Friedrich)
64
~ col. 398. trimonio sacro. Demosth., 01.59,78: ~ouÀoµm
6~ Per es., DITT., Sy/l.3 633,xo:; ss.: ot (btoOEl.- li' ò~v xcxt 'tÒ\I it:poxiJpvx11 xa.À.to-ocL, 8c; Ù1tl]-
xa~v·m; bpxt0'6-.'t'WO'<l\I µE't'à 'tOU ttpox1Jpuxoc; pF:tllL Ti) "tOV (3a<nÀ.éwc; yuvoc~xl, IS'ta.v È~op
't'OÙ<; 7tPEO'~EU't<Ì<; 'tOÙC:, 1\xo[v}tac; 'ltapà 'Hpa- xo~ "t&c; yEp<X~p?tc; Èv xa.votc; 1tpòc; "ti;> ~wµit),
XÀ.EW'tW\I xat Elc; 'Hp&.xÀ.ELrL\I 1t<lpayEv6µt\IOL 'ltptv d1t't'EO'i}ac. "tWV ÌEpÙ>'ll.
'tÒ\I l)ijµov. Nel culto di Dioniso lo hierokeryx «> Cfr.Hom., Il.3,116.24~p68.274; D1TT., Syll. 3
sostiene la sposa del basìleus nel giuramento 633,20 ss.
delle quattordici nobili matrone prima del ma-
xlipu!; (G. Friedrich)
viene inviato dagli dèi agli uomini. 1tttpctlìtlìo- µu<r-rfipta t!;opxii xaL MyeLç 'ol'.x1Jµ6. icri:w
-.at lìÈ. xal xTjpul; ilEwv xo:t o~a.yyÉÀÀEw aù- xal lv 'E}.EuO'i:vL, llìou xat tvM8e: .... lxEi: x-lj-
-ròv ~cpo:O'a.\I -.à. 1tap' ÉxElvwv -rok, à.vi}pW1toLç, put;· xciyw xi)puxa. xtt-tctu-ri}O'w. ÉxE~ lì~oou
xfjpul; µlv, hmlì-ij lìtà. q>wvTic; yEywvou 7tapL- x.oc;· xà:yw o~lìoi:ix.ov. ÉxE~ lì~.lìEc;· xat MlrilìE.
O'"tii, -rà. xa-rò.. "tÒ\I )..6yov O"ljµaw6µEvtt -rtt~ç at <plù\lat al a.Ùi:ttl. "tÒ.. YLVOµEVC1. T( Ota;cpÉpEL
cixoc:ii:c;, lX.yyeÀoç lìé, Èmt -rò ~ovÀEUµa -.wv 'tali-ra txelvwv';
ilEwv )'LVWO'XOµE\I Éx. 'fWV ÉvodfoµÉVW\I i)µ~v 73 disr. 1,29,46 s.: wc; µap-cuc; Ù1tÒ -.ou t)eou
xu-rà. -rc'lv Àoyov Éwotwv. Caratteristico del- XEXÀ1]µÉvoç. ·~px.ou uù xat µo:pTUP'IJO'OV µOL"
l'araldo è che egli annuncia a voce alta il mes- uù yò..p &!;toc; e! 7tpoa.xj}ijvat µap-ruç u7t' f.-
saggio che gli è stato affidato. µou'. ~ µapi:upEt\I e dirr.3,22,23: EtlìÉvat lìEi:,
70 Epict., din.3,r,37: ci)..).,'/lv µSv x6pal; xpa.u- lhL &yyeÀoc; oc'ltc'l -tov ftEoV cbito--ra.À.-.m xa.i
ya~wv O"ljµa.lv11 <rol 't't, ovx. 6 x6pa.1; lo--rLv o 7tpc'lc; -roùc; ocvl>pW'ltO\Jc; nept IY.yal}wv xaL Xtt-
O"ljµa.lvwv, IJ.).,)..' 6 i>Eòc; lit' aò-.ov. liv lìÈ. lìL' à.v- xwv Ò'ltolìtll;wv a.ù'toi:ç...
x7)pu!; (G. Fticdrich)
pu!; 't'OU lJEoU percorre i paesi esponen- saggio loro affidato. L 'analogia tra gli
dosi a tutte le difficoltà. Senza conosce- uni e gli altri è tale, che a Tessalonica
re né famiglia né casa né patria 75 , col si crede che Paolo sia uno dei predica-
solo zaino e bastone, va predicando la tori ambulanti, cinico od epicureo, e ap-
sobrietà a conforto dei deboli e ad am- punto contro ciò egli protesta (I Thess.
monimento dei ricchi, preoccupato della 2,3 ss.). Lo stoico si dichiara èi:yyEÀ.oc:;
salute delle anime. Sulle strade e nelle "a.t X(l.'t'clO"X07tO<; xa.t xfjpu!; 't'W'\I ~éWV
piazze istruisce gli uomini sul bene e (diss. 3,22,69), attribuendosi tre quali-
•ml male, rimprovera le colpe e invita tà, delle quali quella che meglio lo di-
all'emulazione. Osa anche porsi in con- stingue dal missionario cristiano è quel-
correnza con il culto dell'imperatore: la la di xa•aO"xoJtoc;. Lo stoico fa consi-
pace proclamata dal :filosofo è qualcosa stere 1a sua missione nell' osservare e
di più elevato di quella che può garan- sorvegliare gli uomini, per poi riferire
tire l'imperatore 76 • ad essi il messaggio divino. Il missio-
Più volte fu osservata un'affinità di narro cristiano, mvece, non e un xa-ça.-
• • • • ' • I
14 diss.3,1,36 s.: -ta.G-t!X µot 'Enlx:n1-coc; oòx yaÀlJv b Ka'icrap 1)µ~v ooxEi: napÉXELV, 8-t, oUx
Erpl}XE'\I' 1tME'll yàp ÉxEl'lll{J; ~1.1.à i>EÒ<:, -clc; Eì.cn.V OÙXÉ't'L 1t6À.EµOL OVlìÈ µtixat OÌJOÈ À.lJCT't'/i-
no-t' EvµE\llic; l>L' ÉxElvov... iiyE ouv -t4'> i)E(!> pLa µEyaÀa oMè 1tE,P!X'tLx&., Il.,).).' ~l;EU'tL\I
1tEtcri}wµtv, tva. µl) i>tox61.w-.oL wµEv. n&.011 i:lpq. ÒOEUEW... µ1} 'tL ouv xat à1tò 1tU-
75 diss.3,22'46 ss.: lliov ànfo-ca.ÀxEv ùµ~v ò i>Eòc; pe-cov l>Uva-tm 1)µ~v Elp'/i\l'I)v 1trt.PMXE~v, µ1)
'tÒv !Ml;ov-ca ìfpy~ ~·n Évl>ÉXE-tet.L. toE-rÉ µE, -CL xaL a1tÒ vauaylov...; ou OU\IGt't'aL. à.1tò 1tÉV-
tXOLX6c; ElµL, è.i.1tOÀL<;, cbmiµwv, iJ.lìoVÀoc;· Xr:l.- i>ovc;; ov OV\1(1,-CGtL. Ò:.1tÒ cpl>6vov; oò ouva.-ra:t.
µa.L xoiµwµa.L ' oò yvvlJ, où naiola, oò 1tPet.L· à1t' ovoEvòc; à.1t1.wc; -rou-rwv. ò ot À.oyoc; ò -cwv
-cwploLov, fi)..).à yi'j µ6vov xa.t oòpavòc; xa.t q>LÀ.00'6cpwv Ùm<TX'llE~T!XL xai &.itò 'tOU'tWV d-
~v 'tpt~wvapLov. 4,8,31 : toou Èyw ùµi:v nap&.- rrll\11)\1 1tGtPÉXELV... -taU-C'Jl\I -c'J'i\I Elrrit\l'I)v 'ttc;
OELyµa Ù1tÒ 'tou i>Eov à1tÉcr-caÀµm µ'/i't'E x'tij- ~xwv [oòxt] XEX1JpvyµÉv1Jv oùx ùnò 'tou Kal-
crw ~xwv µ-fiu otxov µi}-cE yuvaixa µ:iytE uapoc; (1tMEv yà.p a.ù-réi} -ra&r11v xl)pu!;cx.L;)
'tÉxva aÀ.À~ µ'I)o' Ù1t60'-rpwµa µl]OÈ XL'tW\l<l. lù1.' V1tÒ 'tOU f>EOV XEXTJpUyµÉ'lllJV li~à 'tOU 1.6-
µl]oè crxeuoc;. you oùx àpxe~-caL.
76 diss. 3,13,9 ss.: bpa:tE yap, 8'tt drrit\l'I)v µE- 77 WENDLAND, H ell. Kult 93. --+ 1, col. xo94.
xijpv!; (G. Friedrich)
1.i Cfr. inoltre Flav. Ios., bell.2,624: Giusepp:.! !;toç -ti{l nOÀEµapxcp napaO''tUç, Et npÒç 'lt6ÀE·
8Là. X1JPUX(J)\I à.nEtÀ.TJ<Ul.ç, e 3,92: ò :x:i'jpu!; /)É- µ6v Elow E'toLµoL.
x'rjpvr; (G. Fr1edrkh)
gli altri tre passi citati - che l'araldo di degli studiosi era d'accotdo nel ritene-
stampo greco non trova posto nella con- re krz un imprestito 79 • Solo per quan-
cezione della Bibbia. In Ecclus 2.0,15 to riguardava Ja sua Ol'igine si era ancora
xfjpuç è usato in un paragone; l' &qipwv incerti. In generale si pensava che ve-
dà poco, ma fa molto effetto: à:voO;e1. nisse dalla Grecia, e la diversità dei pa-
-co cr-r6µa: aÙTOU wç x'ijpul;, «aprirà la reri si riduceva a questo, che gli uni
bocca come un araldo» (4 coli. 399 ss.; consideravano come primario krwz =
e --7 coli. 401 ss.). Negli altri tre passi xljpus, perché le parole straniere mu-
si parla dell'araldo in una corte fuori di tuate dal greco si riferivano per lo più
Israele. In Gen.41,43 il faraone fa sa- a persone o a cose, sicché da krwz si fa-
lire Giuseppe sul secondo cocchio xaL ceva derivare il verbo kr:r., mentre gli
ÈxTjpul;ev Eµ'ltpocri)ev a.Ù'tOU xfjpul;. In altri consideravano primitivo il verbo
Dan.3,4 l'araldo di Nabuccodonosor or- krz e la formazione krwz come derivata.
dina al popolo di adorare la statua. In H. H. Schaeder 80 ha reso super.flue
4 Mach.6A l'araldo di Antioco vuole in- tutte queste considerazioni. A suo pa-
durre Eleazar a mangiare carne di por- rere krz è termine mutuato dall'iranico,
co. La concezione dell'araldo è origina- a sua volta modellato sull'antico-persia-
riamente estranea alla Bibbia, come è no *xrausa. Nel medio persiano ci è ri-
dimostrato dalla mancanza di un termi- masto xros, xroh, e nel neo-persiano xu-
ne appropriato. In Dan . 3, 4 troviamo ros, xuroh, che signi6ca grido, gridare.
l'aramaico kiirozii', di cui vedremo l'ori- Nella lingua persiana il termine designa
gine nel paragrafo seguente. principalmente il gallo, che al mattino
chiama i credenti ad essere desti 81 •
3. I rabbini
b) Significato del krwz. Il termine
a) Origine del termine krz. Al con- krwz: r ) indica in genere il banditore
trario di Filone e dei LXX, nella lette- che percorre la città per dar . notizia di
ratura rabbinica l'araldo ricorre di fre- qualcosa 82• 2) Gli araldi prestavano ser-
quente. L'araldo è detto krwz, il verbo vizio nei tribunali ed avevano il compi-
annunziare krz (4 coll. 439 ss.), pro- to di comunicare al popolo le decisioni
clamare 'krzh o 'kr:r.th e hkrzh (--7 col. del consiglio 83 • 3) Nel tempio si trova-
475 ). Per l'addietro la maggior parte vano degli addetti che dovevano sve-
con X1)pU<TO"ELY, poiché già un'iscrizione aramai- 5,1; Tg. O. Ex.36,6, ecc.
ca abbastanza antica presenta questa radice». 83 Sanh.6,1 (cfr. STRACK-BILLERBECK 1 1023,5 b:
421 (m,694) xijpv~ (G. Friedrich)
b. Sa11h.43 a): Si conduce un condannato all'e. conoscenza delle decisioni dell'Unico· santo e le
secuzione. L'araldo (krwz) Io precede al luogo annunzia ... e l'araldo le affida ad Elia ed Elia
dell'esecuzione e grida: N. N., figlio di N. N., sta come araldo sul monte Horeb», a cui rin-
vien condotto alla lapidazione, per aver com- via H. OnEBERG, He11. hebr.xo,3 (II p. 28), non
messo questo e questo delitto. Chiunque possa può essere utilizzato per l'uso rabbinico di krz
apportare qualcosa in suo favore, parli. fl chiarimento del XTJPVO'CTEL'll neotestamentario,
84 b. Jomà 2ob: Che cosa era solito dire il ban- poiché lo Jalkut R'ttbeni è una raccolta di in·
ditore Gebini (il più noto di tutti, a motivo terpretazioni cabalistiche del Pentateuco dovu-
della sua voce, che compare più volte nei testi ta a R. ben Hoschke Kohen, rabbino di Praga
rabbinici: Tamid 3,8; Sheq.:;,x)? Recatevi, o (t r673) [K. G. KuH111].
sacerdoti, al vostro ministero, voi, o Leviti, al S5 Cfr. Sib.1,128: Nfa, 8éµac; M.pcrvvov èòv
vostro palco e voi, Israeliti, alla vostra tutela À!l.OLO'l "tE 'ltiil1t x-itpv!;ov µE 'TU'VO L«\I, 01tt.I<;
(una delegazione del popolo, che doveva essere o-wi>w11w ii.1taV'TEc;.
presente alla offerta del sacrificio quotidiano)!
La sua voce si udiva fino a tre parasanghe di 87 I Clem.5,6: Paolo; xi]pu!; rev6µE'llO<; ~'Il 'tE
distanza. 'TTI civet-roÀij xa:t ÈV -.ij Mcm. Herm., sim.9,
15,4: à.7t6cr-.oÀoi xa:t Sto&o-xri),ot 'TOV x'T)puy-
85 Dcut. r.II a 3r,14: l'angelo preposto al com-
µa'toc;. Herm., sim.9,16,5 e 9 ,2:;,2: à1t60''TOÀ.OL
pito di banditore (bkrzh) col nome di Acresiel
x.at &MuxocÀ.ot ol xT)pv~cx.vi:ec;.
('krzj'l). He11. hebr. Io,3: <(L'araldo andò in
ogni ciclo e disse ...» Beth ba-Midras'h (ed. A. ss Qui il genit. non indica colui che dà l'inca·
]ELLINEK) 3 (1855) 88, riga 7 dal basso: «L'a-
rico all'araldo (-7 coll. 395 s.), ma il contenu-
raldo esce dall'araboth raqia' (il cielo più alto), to del messaggio. Noè è il predicatore della
fa conoscere e dice nella casa superiore celeste giustizia nel x6uµoc; ò:o-ef3wv (Gen.6).
del giudizio: ...». Il passo di Jalk11t R'ube11i II s9 1 Clem. 7,6: NwE tx1]pv!;E'll µe"T6:'11ota.v. 1
66 b: «Gallisur sta dietro la tenda e ottiene la Clem.9,4: Nwe mCT'TÒ<; eùpEIMc; && -.l]c; À.Et.-
K'l]pVo"o-w (G. Friedrich)
-tovpylru; mhov 7tr1.À.r.yyEvEalav x6aµl{J Éx1]- µ1J Ù.noo--taì..watv; xaM:7tEp ytypa.n'tr1.L" wç.
pu!;Ev. Wpr1.~0L Ot 1t08E<; 'tWV EÙa.yyEÀL~OµlVW\I aya·
90 In Hdt.1,21 cbt6a-.oÀ.oç e xijpv~ sono usati M.
come sinonimi: ~1tEµ7tE xi)puxa Etç. Mlì..1J'tO\I ...
ò µtv 8Ti a1t60''t'OÌ..oç È<; 't'Ì)\I MlÌ..1J'tOV '1)v... t X1Jpucraw
91 Vedi Rom. 10,15: 1tW<; o~ X'l')pUl;W(1L\J èb.v I KiliINER-BLASS· GERTH § 328.
XTJPVCTCTW l\.J· l'neancn}
n. 3), ma anche negli altri scrittori il O'Et'V prendeil significato di offrire, pro-
verbo ricorre assai meno del sostantivo. mettere6, disporre, ordinare, comandat'e1 ,
domandare 8• Quando si presentano del-
Raramente troviamo x11pucrcrEL\/ usato le merci, xi)pucrcrEw va tradotto con
in senso assoluto col significato di 'es- mettere all'asta, mettere in vendita 9•
sere araldo', 'esercitare la funzione di Ma XiJpUO'O'ELV - insieme a tutti i suoi
araldo' 2• Di solito ricorre in senso tran- composti (Poli., onom. 4,93): &.vcc.x'I'}..
sitivo, e designa l' attività dell' araldo (>UT"çEL'\I, c:btOX'TJPU'°C'tELV, OL<X.XiJPU't"t'EL\/ J
nell'esercizio del suo ufficio, e siccome Èmxnpu-.-re:w, &.v,,.e:mxTJpih-.Ew, xa:t<X.-
l' attività dell' araldo è varia (-7 coli. XIJPV't-ce:w, 'lt(>OX.'l")pu-c-.EW, 1tpOO"X1)pU't-
394 s.), anche il verbo X'l")pUCTO'EL'\I pre- 'tEL'V, Ù'ltOXl)pU"t"tEL\I - non è l'unico
senta diverse accezioni. Tuttavia, in re- termine usato per designare la notifi-
lazione alla qualità principale che si t'i- cazione o l'avviso dato per mezzo del-
chiede all'araldo, di possedere cioè una 1' araldo 10 • L'ufficio dell'araldo è e-
buona voce (-7 coll. 3 98 ss. ), il signifi- spresso da tutta una serie di altri verbi
cato fondamentale di Wf)pucrcn::w resta e locuzioni, come x1)puyµa 7'0LE~'V
quello di gridare con voce forte, procla- (Hdt. 3, 52); x'l")puyµa·n onÀ.ouv (Xe-
mare ad alta voce, bandire, notificare. noph., Ag.x,33); &.yopEUEW (Hdt.6,97);
1
In Omero X'f)pUO'O"EW ha spesso il sen- &.vayopEUEW (Ditt., Syll. 305, 33); &.-
so di -7 X<X.À.EL'V e significa chiamare v&:.pp11aw (Aeschin., or.3,x89) e &.vcc.y6-
qualcuno a qualcosa 3 • Sinonimo di xa- pwaw 1toLEL\I (Demosth., or. r 8, I20 );
À.E~\I è anche in Ditt., Or. 2x8, 26: in- -7 &.yyÉÀ.À.e:tv (Pind., Pyth. I,32) -7
1
vitare qualcuno a qualcosa4, e in Eur., &.va.yy{ÀÀ.Et'\I (Ditt., Syll. 282, 25 ss.);
1
Hec. 146: invocare, implorare qualcu- &.va:yyEÀ.lav 'ltote:i:v (Ditt., Syll. 656,
no 5 • Il più delle volte però la persona 3 x); &.1ta.yyÉÀ.À.nv (Aesch., Suppl.931 );
che fa da oggetto non è in accus. ma in ÈTcetyyÉÀ.À.EL'\I e 1tEpta.yyÉÀ.À.l!L\/ (Poll.,
dat., mentre ciò che si proclama è e- onom.4,91 ); aoav (Horn., Il.2,97); xp&.-
spresso all'accus. o da una proposizione t'.,Ew (Epict., diss. r, 16, I I s., ecc.) Dal
secondaria (-7 coll. 444 ss.). A seconda confronto con questi sinonimi si può
delia cosa resa nota dall'araldo, x11pucr- concludere che, rispetto a x'flpu~, il ver-
2 Horn., Il.I7, 323 s.: IIEplqicx.v·n fotxwc; x:ii- pa:vloa:c; -roùc; i)' ù'ltò yala:v.
pux' 1H1t1J'tl5n, 8c; o~ mxpà. 'ltct."tpt yÉpov'tt x71- 6 Thuc. 4,J8; n6; Eur., Phoen. 47.
pulJ'O'wv yiJpa:O'xE, cfr. Demosth., or. 44, 4, e 7 Soph., Ant.3i.447, cfr. 449; Plut., apophth.
Theophr., charact. 6. Lac. Agesilaos 72 (II 214 a).
3 Horn., Jl.2,443: gli Achei 7tOÀEµ6voE; Horn., 8 Demosth., or.43,5; Hdt.i,r34.
Od.2,7: à.yopiJvoE; cfr. Hom., 11-2,50 s. : 9 Hdt. I, r94; Plut., apophth. Sebastos I {u
a.Ò"t<Ì.p 6 X1]pUXEO'O'L ÀLyvqiMyyoLO't xÉÀEIJO'EV 207 a) ÉxTJPV't'tE -r:U. 11:0:"tptiJcx. xaì É7tlr.pa:O'XEV;
X1JpUO'O'ELV à.yopiJvoe x&.p'l'l xoµ6wv-raç Ptolemaeus, de vowm diffcrentiis (Hermes n
[ •Axa:Lou.;. [ 1887] 397,io): X'l'lPVt;a:t µÈV xat à7tOX'l'lPU·
Horn., Jl.9,rn: l;ct.t ÀÉyouO"tv l7tt "tOU x'fipuxct. &.7tool0oul}al
... X1JPVXEO'O'L Àtyucpl}6yyotlJ"L XEÀEVl.ùV -rt; Flav. Ios., ant.r9,145: 'tWV X'11P1Jcrcr6v-r:wv
"tà. 1tWÀovµeva:.
XÀ1)011v Elç à.yo(lliv XLXÀ1)0'XEW livopa;
10 Poli., onom.8,138: a7tÒ o~ XTJpUXWV X'l'lPU·
[EXO:O''tOV.
t;a:t lpEi:c; xat à1tOX'TJpul;a:t xct.ì Èmx71pul;m xa:t
4 DITT., Or.2r8,26 tv -toi.'c; &.yw[(n) Elç 1t[po]- 1tPOX'l'lPV!;a:t, à.va:x1]pu!;a:L, rlvmtE~V xa:t rlva:-
Eoplrt.v [x1]pV]O'O'EO'i}at; IG vu I90,35, ecc. yopEUO'O:t, ÉmxT)puxEuO'aO'ì}a.L, OLO:XT)puxeucr~
5 Eur., Hec.i46 : x1)pVO'O'E i>Eoùc; "tOU<; 't' oò- O'ì}a:t, ÈxE)çELpict.V ò;?tct.r"(ED.O:t,
X'r}puucrw (G. Friedrich)
Il Soph., Ai. I240: a:ywwic; XTJPVCT<TEW; Lys. U·tE<plXVOV't'GtL apE"t'Tj<; ~VE>ta xa.t &.vopa.yixi)l-
I9,64: lvlX'Y)UE\I ... ùlun -d}v 7t0">.W X'l'}PUXt}i)- ac;; P. Oxy. xv 1827: x11pu-t-.e<Ti)a.L 't' YJL oE
\llXi xixt O:Ù't'Ò\I <T--rEcpixvwf}ljwu; Aeschin., or. [ 1C}OÀEL 'tO\I 't'OU'tWV [ O"'t' Jecpa.vov.
3,246: XTJpVCT<TE--ral --r~c; lv -tc'i> Ddt-tp!tl, lh~
X'l]pvo-crw (G. Friedrkh)
YE't"l]µa:tW\I { ·rn) 8wp1)µa.'ta. (V. 214). ÀELOL È.yÉ\10\l't'O avi}pw1tOL, 't"ÒV '\IOV\I OE-
e) Corp. Herm. 1,27 ss. Il profeta dà saµE\IOL . OO'OL OÈ i]µa.p"tO\I 't'OU x·qpu1-
inizio al suo annunzio basandosi sulla µix.-roc;, OV"tOL ot -ròv µÈ'V ot À.oyLxòv
rivelazione: xcx1 ilpyµa.t. XT}PVO"O'Etv 'tote; EX,O\l"tEc;, 't'Ò\I OÈ \IOU'\I µi} 7tpOO"EtÀ.'rj(j>O-
à.vi)pw1totc; ..ò ·dic; E.ÙO'E.'3f:lc,1;c; xa.t yvw- 't'E<;, «ed ho incominciato ad annuncia-
O'Ewc; xét.ÀÀ.oc;. «W Àa.ol, &vòpEc; Y'l'JYE- re agli uomini la bellezza della pietà e
\IE.Lç, otµi1tn xa:t U1tY4> Èau'toùc; ÈxoE- della conoscenza: 'O popoli, uomini na-
owx.6'tEc; [XC/;t) 'l"TI &:yvwa-lct 'l"OV ileov, ti dalla terra, dediti alla crapula e al
VlJ\j;(.t;"tE, 1tO:UO"W1ilE of. xpcx.L1ta.ÀWV'tE<; sonno e all'ignoranza di Dio, siate so-
[ x.cx.t J 17ElyoµevoL u1t\14> &.My({.>... Tl bri, cessate di gozzovigliare e di istupi-
ÉCX.\J't'OU<;, w&vopE.c; [ Y'l'JYE\IELc;]' EÌç iM;- dirvi in un sonno irrazionale ... Perché,
va:tO\I h:oEowxa.'tE, EXOV"CEç E~ouo-la.v o uomini terreni, vi siete dati in preda
•Tic; à.i}avatTlac; µE'tlX.ÀIX.~ELV; µE'tl't.V01j- alla morte, pur avendo il potete di par-
O"Cl.'rE, ot O'IJ\IOOEVO'O.\l'tE<; 'tTI 7tÀ6:vn xu.L tecipare all'immortalità? Ravvedetevi,
O"Uj'XOL\IW\11iO"a.V't'E.ç 'tTI ò:.yvolii. CÌ.1tCX.À- voi che procedete nell'errore e vi siete
À.ayl]'tE 'tOU O'XO't'[EL\I ]ou( e;, &tjlacrlk accompagnati alla stoltezza. Liberatevi
'tOU) cpw'toç· µE'ta.À.6:~E"tE 'tfjc; à.i}a.va.- dalla tenebra e accostatevi alla luce;
O"Lrt.ç, xa'trt.À.Elljlr1.v"tE.<; 'tlJV q>i)opav». partecipate all'immortalità, abbandonan-
xai ot ~v et.Ù'tWV xcx:tc>:<pÀuapl]11av-.Eç do la corruzione'. E gli uni, dicendo pa-
a7tÉO""t1JO'a.v, 't'TI 'tOV 17avci'tOU òoQ Èa.u- role ingiuriose, se ne andarono, essen-
-çoùc; ÈxOEOWXO't'Ec;. OL oÈ 1tapExaÀ.ouv dosi abbandonati al cammino della mor-
oLoaxi)fivC/;L, Éau-çoùc; 1tpò 'Jtoòwv µou te; gli altri invece invocavano di essere
pltJ!aV"tE<;. Èyw OÈ a\IC<:O""tTJO'O.ç O.Ù't'OÙç ammaestrati, gettandosi ai miei piedi. E
xa.i)ooT}yòc; Èyev6µ'l)v 'tou yÈvouc;, 'toùc; io, fottili alzare, divenni la guida del
À.6youc; OLOMxwv, 7twc; xat 'tL\IL 'tP01ttp genere (umano), insegnando come e in
awi)l}11ov-cat. xa.t fo7tELpa. È'V a.Ò'totc; qual modo saranno salvati. E seminai in
't'oÙc; "t'ijc; O"O<plac; Myouc;. 4'4: ooùc; x1}- essi le parole della sapienza». 4,4: «In-
puxa., xat ÈxÉÀEVO'Ev a.ù"tQ :x;-r1puçai viato un araldo, gli ordinò di predicare
'ta.Lç "tW\I avi)pw'ltwV xa.polrt.tç "to.8e ' queste cose ai cuori degli uomini: 'Im-
«~ci7t't!.<TO\I O'ECW"ClJ\I 1i OUVIX.µÉV'Y) EÌc; mergiti, tu che lo puoi, in questo calice,
..ou'tov 'tÒ'\I xpa.'ti'jpa, yvwpl~oucrct btt sapendo perché sei stata creata, tu che
'tL 'j'E'j'O\laç XCX.L 1) 1tLO"'tEUOUO'CX. i5"tL a\IE- hai fede di ritornare da colui che ha in-
À.EUO"U 7tpÒc; 'tÒ\I Xl'J.'t'IX.7tɵljla.v'ta. 'tÒ\I viato il calice, tu che conosci perché
xpa.'tfjpa ii 1vwplsoucr1X. È'itt 'tl yi10- sei stata creata'. Quanti adunque udiro-
v~». oO'oL µtv ouv O"Uvnxa.v "tOV x11- no l'annuncio e si immersero in questo
puyµa-.oc; xat È~aTC'tlua.v'to 'tov vo6c;, lavacro della mente, questi ebbero par-
ou'tot µe-rfoxov 'tf}c; yvw11Ewc; xix.t 't'É.- te alla conoscenza e divennero uomini
XYJpùcrcrw ll.,j. l'nednchJ
perfetti, avendo ricevuto l'intelletto; vere il vouc; (dr. Rom.12,2). Non tutti
quanti invece non intesero l'annuncio, seguono l'invito del predicatore. Alcuni
questi, pur avendo la ragione, non han- gli riservano parole ingiuriose (3 Io.10;
no però conseguito l'intelletto». Act.17,32; 2,12), se ne vanno e si dan-
La terminologia di questa predicazio- no alla morte; altri invece gli si getta-
ne coincide con quella del messaggio no ai piedi (Act. r 6,29) e vogliono ascol-
neotestamentario. Non vi è parola, qua- tare ancora, ed egli insegna loro come
si, di cui non si possa trovare un paral- salvarsi (Act.17,34). In questo contesto
lelo nel N.T. Il profeta riceve l'incari- leggiamo ancora i verbi 7tLCT't'EUELV e à.-
co di predicare (Rom. 10, r5); semina µcx.p"t'civELV, e anch'essi ci ricordano il
't'oÙç À.6yovç (Mc-4,I4.r5: -i;Òv Myo'J) linguaggio del N.T.
e istruisce gli uomini sul modo di sal- Ma, nonostante tutto, il mondo del
varsi; essi sono irretiti nell'errore (Iac. N.T. è del tutto diverso. Le parole pos-
5, 20; 2 Petr. 2, r8), dediti al sonno sono essere le stesse e le frasi dell'aral-
(Rom.13,II; Mt.25,5) e all'ubriachez- do possono avere un tenore biblico;
za (Lc.21,34; Rom.13,13) e barcollano ma non è alle parole che bisogna bada-
nella crapula (Lc.21,34). Ai crvyXOL\IW- re, bensl al loro significato. Le parole
v1)o-av't'Eç (Eph.5,u; Apoc.18,4) all' i- sono come recipienti, ma è colui che
gnoranza (I Petr.1, 14; Eph.4, 18), che parla a riempirli. Nella mistica di Her-
non conoscono Dio (I Cor.15,34) e si mes l'uomo non deve venir liberato
abbandonano alla morte (Rom.6,r6; l , dal peccato - qui nulla à.µcx.p·nX.vnv ha
32), egli grida: Siate sobri (I Cor. 15, del concetto biblico, e si contrappone a
34: hvl}ljicx.n ... àyvwcrla.v yàp ikou <rv\ll'l')µL, capisco - ma dalla servitù del
.. ~vEç itxoucnv; I Thess.5,6.8; I Petr. 5, corpo terreno. Il kerygma è un invito
8)! Abbandonate il passato (2 Petr.1,4: alla divinizzazione. La O"W-tl]pla. non
~va oLà. 't'OV't'WV yÉ.vricri}e l}daç xoww- viene all'uomo mediante la proclama-
vot cpUCTEWç, Ù7tocpuy6\l't'Ec; i;fjç È.V -çiiJ zione di un evento in cui Dio si è in-
x6crµ~ Èv È7tLi}vµlq; cpì}opéic;), voi avete serito nella storia, ma per mezzo di un
la È~ouo-lcx. (fo.1,12) di raggiungere la atto sacramentale. Col battesimo si rag-
immortalità (dr. 2 Petr. 1 ,4: l}Ela. cpu- giunge la yvwcrtç, si riceve il vouç, si
(TLç); ~ µE'ta.vo1}CTa.-i;e, ~ Ba7t·nCTov, diviene 'tÉÀELoç. La predicazione non è
~ &.7ta.À.À.ayri-.e 't'OV crx6-iovc;. Dalle te- un fatto, un'azione di Dio, ma un in-
nebre devono venire alla luce (Act.26, segnamento sul da farsi (7twc; xat 't't\IL
18; Eph.5,8; I Petr.2,9). La predicazio- -.p67t~ ). Essa mostra la via (xcx.i>ooriy6c;)
ne ha come scopo la ~ O"W't1]pla., la ~ per la quale dall'errore si giunge alla
rvwcnc;. Gli uomini devono divenire conoscenza. Il predicatore della missio-
~ÉÀ.noL (I Cor.14,20; Mt.JA8) e rice- ne ermetica si presenta con l'esortazio-
433 lIII,091S) XT)pucruw (G. Friedrich) (m,699) 434
ne: µE'tet.\IOEL'tE; manca però quello che ),ei:v, Èm- e Èyx1ÙEL\I, (3oii.\I e &.\lcx.Bo-
è il presupposto della penitenza neote- éi.v, ecc. In quattro passi 12 appare come
traduzione di rw', strepitare, giubila-
stamentaria: la vicinanza del regno di re13. In Ex.36,6 e in 2 Par.36,22 X1JpUC1-
Dio (Mt. 3, 2). Non vi è perciò nessun C1Et.\I sta per he'eb2r qol, lett. 'trasmet-
(36:.1t'tLG"µet. µE"ta\lola.c; Etc; &cpEG"L\I àµa.p- tere la voce'. In Ion.3,7 è traduzione
't"LW\I (Mc.I,4), cosicché egli può solo in-
di z'q, in 2 Par.24,9 corrisponde a nà-
tan qol, mentre in Dan. 5 ,29 (Teodozio-
coraggiare i suoi ascoltatori: à:rta)...)...&,- ne) rende kr:t.. e in Ier.20,8 (Simmaco)
i'1J'tE, toglietevi dalle tenebre. Il cristia- dbr.
no sa che Cristo «ha liberato - ... &.m~À Dato che il fondamento linguistico
À(H;u - coloro che per paura della mor- non è unitario, neppure il significato di
te durante tutto il loro vivere erano X'l)pucnrEL\I è nettamente circoscritto. La
partecipi della schiavitù» (Hebr.2,15 ). varietà delle traduzioni mostra che nel-
Egli viene dalle tenebre alla luce, perché l 'A.T. x11pucrcnw non è un termine ben
conosce colui che è la luce del mondo e definito per designare una certa predi-
ha detto {Io.8,12): «Chi mi segue non cazione o annunzio.
camminerà nelle tenebre, ma avrà la lu-
Esso è usato per designare l'attività
ce della vita». Il contenuto della predi- dell'araldo che precede il cocchio della
cazione, nonostante le analogie esterio- corte regale, per annunziarne al popolo
ri, è completamente diverso, e lo stesso l'arrivo (-7col.439). In Gen.4I,43 que-
sta distinzione è concessa a Giuseppe,
verbo xripucnrew ha un senso differen-
e in Esth.6,9 .II a Mardocheo14 • In que-
te dal N .T. sto senso è da intendere x11pucrcrew in
Dan.5,29 (Teodoz.). Dopo che ha spie-
B. X1]pUG"G"W NELL'A. T. gato a Baldassare la scritta misteriosa,
bt1}pvl;ev '!tept aù-.ou Elvm aÙ"tÒ\I &p-
Nell'A.T. greco incontriamo il termi- xov-.a -.pl"to\I Èv -ri} Ba.crtÀ.ElQ., Daniele
ne X1]pVC1<TEL\I 33 volte. Esso non ha un viene proclamato come la terza autori-
correlato stabile in ebraico, ma corri- tà del regno. In Dan.3,4 l'araldo rende
sponde a numerosi verbi e ad espres- nota ai funzionari radunati la volontà
sioni composte, che indicano un grida- del sovrano che impone loro di adorare
re ad alta voce. r8 volte, dunque più la statua. Leggiamo di frequente x:r1-
della metà, ha come equivalente ebraico puCTCTEW a proposito di ordini e dispo-
qr', gridare, chiamare, che in greco vie- sizioni. Ora è il re (2 Par.24,9; 4 BM.
ne tradotto, in altri passi, anche con xa- ro,20 ), ora un'altra persona investita di
12 Os.5,8; Ioel 2,1; Soph.3,14; Zach.9,9. assoluto. Il T.M. dice che cosa grida l'araldo:
13 rw' è tradotto in greco variamente; Ios. 6, 'abrek. Quale sia il significato del termine, non
16: xpo:l~tLv; I Sam.4,5: à.vax1Ja!'.;Ew; Esdr.3, si può dire con certezza. Cfr. GnsENIUs-BUHL,
13: xpavyoc!'.;Ew; Ios.6,rn: ~oéi.v e à:va~oéi.v; s.v. e H . HoLZINGER, in KAuTzscH, ad l. In
Iud. 15,14; Ps.81,2: ò.)..a)..ai;eLv; Ps.41,12: Esth.6,9.xx il contenuto dell'annuncio è ripor-
~mxa.lpwv; Num. 10,9: a11µalvew; Is. 44,23: tato in discorso diretto. I LXX aggiungono ÀÉ-
actÀ.Ttl!;EL'll, ecc. y(l}'ll: così si deve fare a tutti coloro che il re
H In Ge11.4x,43 XTJPV<T<TEL\I è usato in senso vuole onorare.
435 (m,699) XTJpucrcrw (G. Friedrich)
15 In luogo di X.1JPUCTO'EW possono naturalmen- deve avere parte importante nel patrimonio lin-
te aversi anche altri verbi; per es., ler. 36,9 guistico della Bibbia. Ma ci inganniamo. Una
(43,9) È~Exx)..l)CTtct~EW Vl}CTTElav; Lam. 1,21: concordanza della Bibbia di Lutero offre tutta
xa)..ei:v xmp6v, ecc. una serie di passi, in cui ricorre il termine 'pre-
16 2 Par.36,22: Ciro 'ltafYliyyELÀEv XTJpG!;at Èv dicare'. Ma se si studia il termine si osserva
'ltctcrn tjj ~cxutÀElq. a1hou Èv ypanT0 Mywv. 1) che Lutero spesso ha tradotto con 'predi-
Il T. M. distingue tra he'eb1r qol e l'avviso care' la radice qr', che i LXX rendono più
scritto: wegam bemiktiib /emor. esattamente con tmxa)..E~crl)aL (per es. Gen-4,
11 Cfr. Iust., dial.89,2: ai ypa<pa.t x'T)pucrcrou-
26; 12,8; l3A: Ps.105 [104], r, ecc.); 2) che
O'tv che Cristo deve soffrire; inoltre 88,8. Lutero spesso pone 'predicare' per l}zh, verbo
che indica la visione dei profeti (Ez.13,8.9.r6.
18 La distinzione tra l'annuncio profetico e ciò
23; 22,28); 3) che nell'A.T. la predicazione è
che noi inteQdiamo per predicazione risulta attribuita proprio ai falsi profeti (ler. 14,14.
chiara, ed es., in Is.58,1: &.va~6TJCTO'll àv l.oxu~ 15; 20,6; 23,16). All'infuori dei passi citati in
xat µ'l'J q>El01J, wç craÀ.myya u1.jJwcrov TTJY questi tre punti, è relativamente piccolo il nu-
cpwv1]v O'oV xat <iv&.yyEt"-ov -te{) ).ac{) µou -rèJ. mero dei passi che nel testo di Lutero trattano
àµap-.1Jµa't'a a.ù't'wv xa.L -r!l) otxi!J Ia.xwa Tàç effettivamente della predicazione. Vi è, natu-
avoµlaç a.ù-cwv. Di solito si ha un'idea errata ralmente, una serie di altri testi che si posso-
dell'uso del termine 'predicare' nell'A.T. Ram- no tradurre con 'predicare', ma che Lutero ha
mentiamo che, nella Bibbia di Lutero, Abra- reso con altri termini.
mo ha predicato (per es., Gen.r2,8; 13,4, ecc.); 19 Cfr. Is.53 ,x; Flav. Ios., bell.6,288, in un
conosciamo i profeti come predicatori, e ne altro contesto, dice che il popolo -twv -tov i>eov
concludiamo che anche il termine 'predicare' xripvyµO:-çwv 'ltapi}xouO'a.v.
xnpvcrcrw (G. Fricdrich)
ciò che annunzia. Proclama la libertà, Signore (ne'um jhwh) è questa: fobu
e i prigionieri sono liberati; annunzia 'adai bekol lcbabkem, «tornate a me con
la vista, e i ciechi vedono. La sua pa- tutto il vostro cuore» (Ioel 2,12). Di-
rola è efficace, poiché egli è inviato da versamente va inteso XT)pUO'O'"EL\I in Ioel
Dio e lo spirito di Dio è su di lui. La 4,9, dove vengono inviati dei messi per
sua parola è parola di Dio, che non si invitare i pagani alla guerra santa con-
limita a comandare, ma realizza. Secon- tro Gerusalemme. Anche in Soph.3,14
do il N .T. il profeta che ha annunziato e Zach.9,9 l'equivalente ebraico di xri-
questa parola è Gesù, quando ha detto: pv<TO'El.V è rw', ed è alla luce di questo
«Oggi questa scrittura è adempiuta1> che in tali passi il verbo greco va in-
{Lc.4,21). teso 20 come l'esplosione di gioia della
Il passo di Js.61,r presenta una pro- comunità liberata: xai:pE a-cpbopa, M-
spettiva escatologica. In Os. 5 ,8 :>t1')pvcr- ycx:tEp ::ELwv, xl)pVO'O"E, Mya•ep le:pov-
O'ELV è traduzione di rw', far chiasso, cra.À:r1µ, EÌJcppalvou xcx.t xcx.>ta.'t~p1tou ÈS
dar l'allarme per l'avvicinarsi del nemi- oÀ.T)ç •fic; xapolaç o-ov, «giubila gran-
co. In loel 2,1 tali allarmi si richiedo- demente, figlia di Sion, esulta, figlia di
no poiché il giorno di Jahvé è ormai Gerusalemme, fa' festa e rallegrati con
imminente: O"tl.À7ttO"cx:tE o-6:)..myyi. ÈV tutto il tuo cuore» (Soph.3,14). Il ca-
:ELwv, x1')pv~a•E Èv opaL &:ylcv µou xat stigo è revocato; Dio, il re d'Israele, è
uuyxui'>l)..wcrav ?tav-.ec; ol. xa't'o1.xouv- in mezzo ad essa (Soph.3,15); il suo re-
-rec; ·t"Ì}V yi}v, OL6't'1. itlipeO''t'tV 1Jµipa gno di pace ha avuto inizio (Zach.9,9).
xuplou, o•i. Éyyvc;, 1)µ1pa uxo't'ouc; xat Se consideriamo nel complesso i dati
yv6cpou, «date fiato alla tromba in Sion, su XT)pucro-ew nell'A.T., dobbiamo con-
proclamate un bando sul santo mio cludere che questo verbo non ha quella
monte e tremino tutti gli abitanti del posizione di rilievo che presenta nel
paese, poiché il giorno del Signore vie- Nuovo. Dall'enumerazione dei passi più
ne, è dappresso, giorno di tenebra e di importanti risulta evidente l'analogia e
caligine». Qui xripuucmv designa il gri- la diversità dell'uso di x:l')puCTO'EtV nel-
do d'allarme che tutti scuote, ed annun- 1'Antico e nel N.T. L'invito alla peni-
zia la vicinanza del giorno di Dio. In tenza rivolto dal predicatore, l'annunzio
vista di questa situazione la parola del del giorno di Dio, la parola che porta
2D I LXX traducono talvolta rw' con àÀ.ctÀ.ll- moltitudine per l'elezione dcl re (I Sam. ro,24).
~EW come, per es., in Iud.15,14: all'avvicinar- Questo grido di giubilo risuonerà anche quan-
si del nemico l'esercito lancia il grido di guer- do Dio libererà Israele (ls.44,23). Tutta lana-
ra, che dà animo ai soldati e mette in fuga tura fa coro nel canto di gioia. In Ps.81,2 H
l'avversario. Ma rw' è -anche espressione di verbo indica l'esaltazione di Dio per i suoi
gioia per la vittoria (Ier: 50, 15 = 'IEp. 27,15 miracoli.
[xa'taxpo"t'ÉW] e Ps.108,10) o di giubilo della
439 (111,700) X.TJpuo-<rw (G. Friedrich) (m,701) 440
a compimento, la proclamazione del so- radunata. «Rabbi ordinò ... al suo amorà
vrano: tutto questo ha la sua piena si- (portavoce): rendi noto alla comunità
(krz): se uno vuol recitare la preghie-
gnificazione nel x.11puCTCTEtv del N. T., ra della sera fintanto che è ancora gior-
mentre invece vi manca completamente no, questa preghiera è valida» (i. Ber.
il senso di X'l'}pUCTO'EL\I quale ricorre in 7 c 5 I) 24 . Qui il termine krz ha il sen-
so di 'predicare'. b. A.Z. 19 b: «R. A-
Soph.3,q e Zach.9,9.
lessandro grida (makrlz): Chi desidera
vivere? chi desidera vivere? Allora si
c. krz NEI RABBINI raccolse intorno a lui il mondo intero e
disse ('mr): Dacci la vita. Ed egli disse
Il verbo krz aggiunge poco di nuovo a loro ('mr): 'Ps.34,13.14: Chi è l'uo-
a quanto, trattando del termine krwz, mo che brama la vita, ecc.? Preserva
abbiamo detto a proposito delle varie la tua lingua dal male, ecc., tienti lon-
specie di araldi. Si tratta di un termine tano dal male e fa' il bene, ecc. Forse
tecnico, che indica l'atto con cui un qualcuno dice: lo ho preservato la mia
araldo chiede di far largo al passaggio lingua dal male e le mie labbra dal di-
di importanti personalità (~col. 434)21 • scorso ingannatore; ora mi voglio dare
È inoltre un termine importante nel lin- al sonno, cosi è detto: Tienti lontano
guaggio giudiziario. Secondo il diritto dal male e fa' il bene, e capire la legge
giudaico, il rinvenimento di certi ogget- è una cosa buona; dice infatti Prov.4,
ti dev' essere reso noto pubblicamente 2: Vi diedi un buon insegnamento, non
(B.M.2,1 ss.). Essi vengono 'scampanel- trascurate la mia istruzione'». Abbiamo
lati'. Quando un'interpretazione giuri- riportato per esteso questa predica, per
dica viene proclamata, acquista valore mostrare con un esempio la differenza
di legge 22• che la distingue dalla predicazione del
Naturalmente, l'uso del termine krz N.T. Qui la predicazione concerne la
non è limitato all'ambito profano, ma legge e la morale e si rivolge a uomi-
viene applicato anche alla sfera sacrale. ni come i giudei di Rom.2,2r (~ coll.
I rabbini rendono pubbliche le loro de- 447 s.). krz può anche designare la rive-
cisioni dottrinali e i loro pareri riguar- lazione di Dio data con una voce cele-
danti il culto per mezzo di un araldo 23 • ste 25 ; anzi di Dio stesso si dice che pro-
Nel culto della sinagoga il predicatore clama 26 • Nella lingua rabbinica krz è
aveva spesso uno speciale portavoce, un termine molto in voga; per questo
che gridava le sue parole alla comunità sono numerosi i passi in cui lo incon-
n Per es., Pesikt. r. 199b; Midr. Ps. a 18,41; Jahvé a Mosè: Ecco, io ho chiamato (qiirii'ti)
Midr. Ps. a 7 8; cfr. W. BACHl!.R, Die exegeti-
1 espressamente Besaleel.
sche Terminologie der iiidischen Traditionslit. 29 Sulla ragione per cui Lutero non ha tradot-
li (1905) 89s. to con 'predicare' K1JpUO'O'EW in Mc.1>45; 5,20;
28 h . Ber.55 a in STRACK-BILLERBECK m 1 (in- 7,36; Le. 8,39, vedasi 4 col. 456. In Mc. 13,
dicazione di K. G. KuHN): R. Johanan ha det- 10 rende K'TJPUCTO"EW "t'Ò EÙa:yyH.LOv con 'an·
to: Tre cose Dio proclama apertamente in per- nundarc', mentre in Mc.r4,9; r6,15 e in altri
sona (makr1z), e queste sono: carestia, abbon- passi e~ coli. 444s.) ricorre a 'predicare'. In
danza e un buon amministratore. Carestia in Lc.4,19 e Apoc.5,2 la traduzione 'predicare'
2 Reg.8,r: Jahvé ha proclamato (qiirii') la ca· non è possibile. La Vulgata ha per X'T)pua-uew
restia. Abbondanza in fa:. 36, 29: Io chiamo generalmente praedicare, da cui proviene il
(qàrii't1) il frumento e lo ·faccio abbondare. nostro termine predicare.
Un buon amministratore in foqr,I s.: Disse 30 Volutamente tralasciamo &cx.q>TJµil;EW.
443 (m,702) X'l)pUO'O'W (G. Friedrich)
nere, con voce squillante ed armoniosa logica dei singoli vocaboli. Non è tanto
e con belle parole, un'istrl12ione o una il xi)pvyµa. quel che veramente impor-
esortazione o anche un sermone edifi- ta -, come se il cristianesimo avesse re-
cante; il verbo indica l'annunzio di un cato qualcosa di decisamente nuovo, co-
evento(~ coll. 461 ss.), e significa pro- me una nuova dottrina, una nuova con-
priamente proclamare. Si spiega allora cezione di Dio, un nuovo culto o qual-
perché esso non ricorre, insieme a ~ che altra cosa -; piuttosto l'elemento
Eucx.yyÉÀtov e a ~ i;:uayy~J.••lsEcr17at (dr. decisivo è l' azione, l'annunzio stesso,
anche ~ xaÀELV ), negli scritti giovan- in quanto esso proclama ciò che hanno
nei, ad eccezione di Apoc.5,2. Giovanni atteso i profeti dell'A.T. Con l'annun·
preferisce~ µap-.vpEL'V. Nella sua pro- zio si compie l'avvento della potenza di
spettiva escatologica 31 µap-wpELV è più Dio. Ciò che veramente è nuovo è pro-
llppropriato ad indicare la testimonian- prio 1' annunzio, per mezzo del quale
za di «quel che fu fìn da principio, che viene la BacrLÀEla 'tOV i>Eov.
abbiamo veduto con i nostri occhi, che
2. L'uso linguistico di X'r}pucrcrw
abbiamo contemplato e che le nostre
Solitamente XTjpucrCTE'L'V è usato all'at-
mani hanno toccato» (I Io. 1,r; cfr. Io. tivo. Troviamo la costrl12ione passiva
3,n; 15,27), che non l'annunzio dram- in Mt.24,r4 e par. Mc.13,ro; Mt.26,r3
matico dell'araldo, che realizza ciò che e par. Mc.14,9; Lc.12,3; 24>{7; I Cor.
notifica. Il contenuto della Lettera di 15,12; 2 Cor.1,19; Col.r,23; I Tim. 3,
r6. Di regola il contenuto del messag-
Giacomo e di quella agli Ebrei rende ra- gio è indicato con un sostantivo in ac-
gione del motivo per cui non vi è usato cusativo. L'oggetto che si annuncia è:
XTjpucrcrw.1. Questo verbo, invece, ricor- Mc.1,45 (in senso del tutto generico)
7tOÀ.À.6:; Act.r5,21: au-r:6v, cioè Mosè;
re 9 volte in Mt., 14 in Mc., 9 in Le. e 8 Gal.5,n: 1tEpL-.oµ1rv; 2 Cor.n,4: lf)..
negli Atti (dove si legge altre quattro À.ov '!Tjcrovv; inoltre Act. ro, 37: 'tÒ
volte in diversi manoscritti, specie nel Ba7t-.LCTµa.; Mc.1,4epar.Lc.3,3: B6.1t't'L-
crµa. µE'tU\lOta.ç d<; a<pECT!.'V aµC<.p'tLW'V;
cod.D: Act.1,2; 16,14; 17,15 e 19,14); Lc.24,47: µE't&.'VoLtx.'V El<; &cpEO''L'V <Xµap-
lo troviamo poi 17 volte in Paolo, più -.twv; Lc.4,18: &q>ECTL\I xaL &:.v&.BÀ.EIJiw;
2 volte nelle Lettere Pastorali, e infine Lc.4,19: È.VL<?.U'tÒ'V xuplou OEx-r6v; Act.
9,20; 19,13 (cfr. 19,14, cod.D): 'tÒ'V
una volta sola nella I Petr. e nell'Apo- 'lTjcrouv; Act.B,5; Phil.1,15; dr. I Cor.
calisse. Complessivamente nel N. T. il 1, 24 e I Cor. 15, 12 (inoltre I Tim. 3,
verbo ricorre 61 ( 65) volte. Confron- 16): 'tÒ'V Xptcr't6v; I Cor.1,23: XpLCT'l"Ò'V
Ècr-.a.upwµÉvov; 2 Cor.1,19; 2 Cor-4,5:
tando questi dati statistici con quelli di
Xptcr'tÒ'V 'I'l")croùv; Act. 20,2 5: T1}v ~a
~ xfjpv~ e di ~ xi)pvyµa., ci possia- crtÀ.Elav; Lc.B,1; Lc.9,2; Act.28,31:
mo già fare un'idea dell'importanza teo- -.l]v ~acrtÀ.Ela.v -.ov Ì)Eou; Mc. 13, 10;
31 G. STAHLIN, Zum Problem der ;oh. Escha· tologie: ZNW 33 (1934) 225 ss.
X1JpÙqo-w (G. Friedrich)
Ji Sulla costruzione X1JPUO'O'EW Èv e XT)pUO"O"EL\I 35 In Lc.3.3 El.; 'ltiio-o.v -.l]v 7tEplxwpov -.ov
Et<; ~ capoverso seguente. 'Iopoà.vou non va co1legato con xnpucro-ELV, co·
33 Non ha importanza decidere se in Mt.4,23 me vuole Zahn, Lk., ma con t),ftav.
e 9,35 Èv -.a'Lc; O'\/\laywyat<; si riferisce ancbe 36 Nonostante 1a proposta di HAUCK, Lk., xa-
a XY)pucro-m1, o se il X'l'JPU<T<TELV e il DEp<X.1tEU· -.à n6}..w xat xwµ'l']'ll (Lc.8,1) è da collegare
Et.V ebbero luogo durante il viaggio attraverso con BLoOEUELV e non con X1JpUO"O"tLV.
la Galilea. J7 Cosl l'interpretazione comune. Ma si vedA
34 Cfr. BL.-DEBR. § 205. DAuscH, Sy11opt.
X'l'lpucrcrw (G. Friedrich)
cope letta in precedenza. Più tardi lmd cede do dì Gesù. Cfr. anche 88,2: µÉxptç oo 1tPOE-
sempre più il passo a dis, indagare (Esdr.7,10) . )..;/j).ui)EY 'Iwci.wl)ç xi)pu!; cxùi:oo 'tfjç 'itcx.pov·
La predica nella sinagoga perciò si chiama drS', crla.c:,.
XTJpucrcrw (G. Friedrich)
come i profeti, scuote gli uomini dal cati. Il battesimo a cui chiama (Act. 10,
sonno e richiama la loro attenzione su 37) è il sigillo posto su coloro che aspet-
ciò che dovrà avvenire(--). coll. 437 ss.). tano il regno di Dio, è l'anticipazione
Come un araldo, grida a gran voce, af- del perdono messianico: '1tpOXTJpV<i<ie!.\I
finché quanti vogliono lo possano in- Sli7t't'LCTµa µe't'avolrxç (Act.I3,24).
tendere: «Fate penitenza!», e questo c) Gesù Cristo.
invito a penitenza è da lui motivato Gesù terreno. Gesù dice che il pre-
con la vicinanza del regno dei cieli (Mt. dicare (Mc.1,38) è la sua missione sul-
3,1). Giovanni non è un predicatore la terra; per proclamare il messaggio
della legge, che esorta gli uomini a di- egli è venuto dal Padre tra gli uomini.
venir migliori. La sua predicazione pe- Per questo egli è stato inviato (Lc.4,r8 .
nitenziale è al tempo stesso una profe- 19. 43. 44). Nel Vangelo di Giovanni
zia. Egli va al di là della propria perso- Gesù è la Parola stessa, il Verbo, men-
na e indica colui che viene, una figura tre nei sinottici è l'araldo che annunzia
futura, il Messia (Mc. l ,7 ). In Giovan- la parola. Sembra essere al livello del
ni rivive l'antica profezia, di cui l'aspi- Battista; dopo che questi è stato messo
razione più grande e la più alta speran- in carcere, ne assume l'attività e predi-
za furono la remissione dei peccati, il ca anch'egli nello stesso modo: «Fate
regno di Dio, la venuta del Messia. An- penitenza, perché il regno dei cieli è
che la parola del Battista era una paro- vicino» (Mt.4,q; cfr. Mc.r ,14s.). Non
la della promessa, ma era accompagna- dice, dunque, nulla di nuovo, ma ripe-
ta dalla certezza del suo adempimento te ciò che Giovanni ha predicato. Tut-
ormai prossimo; è in questa certezza tavia qualcosa di nuovo c'è. Gesù non
dell'imminenza del tempo messianico parla più, come profeta, di colui che
che egli annunzia la remissione dei pec- deve venire 45, ma annunzia il compi-
45E. v. DonscHtlTz, Matthiius als Rabbi u11d Il Battista predica la penitenza, il giudizio, la
Katechet: ZNW 27 (1928) 338 ss., non è d'av- sciagura, la fuga dal mondo; Gesù invece la
viso che Gesù abbia fatto propria la predica- fede, il riconoscimento del mondo, il vangelo.
zione del Battista. È vero che in Mt.3,2 e 4,17 Diremo che una differenza tra Giovanni e Ge-
la predicazione del Battista e la prima di Ge- sù esiste di certo, ma non quale la presenta
sù hanno lo stesso tenore; ma ciò si spiega in il Dobschiitz. Anche la predicazione del regno
quanto Ml. ama la consonanza e spesso usa di Dio è annuncio del giudizio. L'uno e l'altro
volentieri una formula che trova in forma ste. non si escludono. Inoltre Gesù non esorta sol-
reotipata. È vero che nei due passi di Mt. le pa- tanto in Mt.4,17 alla penitenza, ma anche al-
role concordano, ma esse non costituirebbero trove (~ µE'tct.'llOÉW), e il Battista non è solo
una tradizione sicura, bensl modi di dire del- un cupo predicatore di sciagure, ma anche
l'evangelista. Secondo il Dobschiitz l'annuncio evangelista (Lc.3,18). Siamo perciò d'accordo
del regno dei cieli non fa parte originariamen· con W . MICHAELIS, Tiiufer, ]esus, Urgemein-
te della predicazione dcl Battista. Solo Gesù de, in Neutcstamentliche Forschungen II 3
ha annunciato la vicinanza del regno cli Dio. (1928) II: «Tanto bene questo tema si inse·
X'YJPVCT<lW l 1J. l't1ear1cnJ
mento dell'attesa e della promessa. Non dicazione. Agli uni essa avrà apportato
proclama che qualcosa avverrà, ma il la salvezza, agli altri il defìnitivo ripu-
suo annunzio è già un evento: ciò che dio, in quanto ogni predicazione impli-
vien proclamato diviene realtà nel mo- ca una separazione ed è perciò praelu-
mento stesso in cui è reso noto. Egli dium iudicii unìversalis (Bengel, a I
proclama, come un araldo, l'anno del Petr.3,19).
Signore, il tempo messianico (Lc.4,r 8
L'esegesi di I Petr.3,19 pone cinque
ss.). L'anno del giubileo incomincia nel quesiti: r) chi sono i 7tVEuµ<X't"Ct.? 2)
momento in cui viene notificato da- che significa q>uÀ.o:x1}? 3) quando av-
gli araldi col suono delle trombe in tut- venne l'azione espressa dal participio
7toprn~dç? 4) chi è il predicatore? 5)
to il paese; allora si aprono le porte
qual è il contenuto della predicazione?
delle prigioni e i debiti vengono con-
r. Chi sono i 7tVEuµcx:ra;? Il v. 20
donati. La predicazione di Gesù è quel-
rende impossibile l'interpretazione di
lo squillo di tromba, a cui segue la rea- Calvino, che i 'TC\IEuµo.'t'a fossero i giu-
lizzazione della parola annunciata, poi- sti dell'antico patto, in particolare i con-
ché la parola di Dio è forza creatrice, temporanei di Noè. La maggior parte 46
degli interpreti moderni vede in essi gli
che dà ciò che annuncia. angeli decaduti, di cui si parla in Gen.
Gesù morto. Tra il venerdì santo e 6, e ci si richiama a Hen. aeth. IO - 15.
la Pasqua Gesù ha portato alla genera- Ma secondo Iub. 5 (cfr. Hen. aeth. IO)
zione peccatrice di Noè il messaggio il giudizio degli angeli e dei loro :6-
gli è già avvenuto nei giorni di Noè,
della redenzione. Agli increduli prima quando questi costruiva l'arca, cosicché
del diluvio fu negata ogni partecipazio- per essi allora non vi era più salvezza.
ne alla salvezza messianica. Essendo Disubbidienti contro la paziente longa-
nimità di Dio erano gli uomini allora
stati gravemente disobbedienti, essi so- viventi. Secondo Preuschen-Bauer1 rI26
no tenuti in un duro carcere. Quando (dr. Knopf, Petr., ad l.) i mie.uµa:'t"a
Gesù discende a predicare loro l'evan- possono anche essere le anime dei de-
gelo, si manifesta come il vincitore in- funti. Noi propendiamo per quest'ulti-
ma interpretazione.
contrastato di tutte le potenze e pote-
2. Che significa cpuÀ.axTi? Per Calvi-
stà. La sua parola ha potere anche neI
no la q>uÀaxl} è il luogo d'osservazione
regno della morte (I Petr.3,19 s.). Nul- in cui stanno i pii per scorgere 1a salvez-
la ci è detto sui risultati di questa pre- za, o anche, se si traduce <puÀ.mr:zi con
risce piuttosto nell'immagine, che ci facciamo Pt.3,r9 f (x890) 22 ss.; H. GUNKEL, Zum re-
per altra via della predicazione del Battista, ligionsgeschichtlichen Verstandnis des N. T.
che possiamo supporre che quel modo di dire (I903) 72 s.; In., in Schr. z. N.T., ad l.; W.
BoussET: ZNW I9 (19I9/20) 50 ss.; R. RErT-
risalga al Battista e sia stato poi ripreso da
Zl!NSTEIN, Das mandiiische Buch des Herr11
Gesù». der Grosse (1919) 30; KNOCK, Pt., e F.HAucK,
46 F. SPITTA, Christì Predigt 011 die Geister r in N.T. Deutsch, ad l.
453 tu1,706) xripv1111w (G. Friedrich)
'carcere', la legge che circonda come un sposta alle precedenti questioni: il pre-
carcere i credenti. Anche S.Agostino (ep. dicatore è il Cristo morto e tuttavia an-
164,16) dà a cpuÀ.a.x:11 un senso spiri- cora vivente.
tuale: animae, quae tunc (all'epoca di
Noè) erant in carne atque ignorantiae te- 5. Qual è il contenuto della predica-
nebris velut carcere claudebantur (MPL zione? Il contenuto del kerygma non è
33, p. 715). Chi ritiene che i 1tVEuµa.i;a indicato, ma dev'essere lo stesso che
siano delle creature angeliche, cerca la viene annunciato altrove nel N.T. Se
cpvÀ.ax1] nelle viscere della terra, secon- Gesù discese tra i defunti, con l'annun-
do Iudae 6; 2 Petr. 2,4; Iub. 5; Hen. zio della sua vittoria non voleva accre-
aeth. IO. Secondo K. Gschwind 47 il sog- scere i tormenti dei dannati, ma il suo
giorno degli spiriti non è nel mondo Wf)pucr<TEL\I riguardava l'evangelo. A fa-
sotterraneo ma nei cieli che si sovrasta- vore di questa interpretazione sta l'in-
no l'un l'altro. È probabile che q>vÀ.a.- tera pericope, dal v. 18 in poi, che trat-
x1J indichi uno speciale carcere nell'Ade. ta della vittoria sulla morte, della risur-
rezione e dell'ascensione di Gesù.
3. Quando avvenne l'azione espressa
da 1tOpEul>dc;? S. Agostino, Calvino, lo Il Cristo glorioso. Anche dopo la sua
Spitta, il Wohlenberg suppongono che esaltazione Cristo parla agli uomini. Egli
la predicazione sia avvenuta al tempo è presente nella parola dei suoi mes-
di Noè. Il Wohlenberg poi dice che È'V
q:iuÀ.cx.xn indica la situazione nella qua- saggeri, cosicché la predicazione è ad
le i contemporanei di Noè si trovavano un tempo parola divina e parola uma-
al tempo in cui fu scritta la lettera di na, allo stesso modo che Gesù è insie-
Pietro. Ma è una spiegazione artificio-
sa. Inoltre 1topw1Mc; sembra essere in me vero uomo e vero Dio. Perciò la ve-
opposizione temporale con &:1tEtiH1<Ta.- ra predicazione non è soltanto un di-
<Tlv 1tO'tE. Secondo lo Gschwind la pre- scorso su Cristo, ma un discorso del
dicazione ha luogo nel momeno dell'a-
scensione di Cristo (cfr. r Tim. 3 1 16; Cristo stesso, stando alla parola da lui
Phil.2,rn; Eph.1,20 s.). Data la sua po- rivolta ai discepoli: «Chi ascolta voi,
sizione tra il v. 18 (morte), il v. 21 (ri- ascolta me» (Lc.10,16). Ma questo di-
surrezione) e il v. 22 (ascensione), non
resta che attenersi alla successione cro- scorso resta un mistero, cosl come an-
nologica della professione di fede: «Di che Gesù nella sua vita terrena è rima-
sceso all'inferno, al terzo giorno risu- sto nascosto a molti come Figlio di Dio.
scitò dai morti».
Solo il credente ascolta la chiamata di
4. Chi è il predicatore? Se si ritiene Dio nella parola degli uomini e adora
la predicazione come rivolta ai contem-
poranei di Noè nei giorni in cui costrui- Dio. «Come invocheranno colui nel qua-
va l'arca, il predicatore è il Cristo pree- le non han creduto? e come crederanno
sistente, che si è servito di Noè (cosl in uno, di cui non han sentito parlare?
Agostino e il Wohlenberg) o di Enoc
(cosl lo Spitta) come del suo portavo- come ne sentiranno parlare, senza chi
ce. Per noi la soluzione risulta dalla ri- lo annunzi?» (Rom.10,14). Cristo stes-
so è colui che dà l'annunzio nella paro- zione di Dio, e ciò avviene quando egli
la umana; lui si ascolta nella predicazio- parla.
ne , si crede in lui e lo si invoca. Che cl) I miracolati. È un luogo comune
sia questo il significato del passo, risul- dell'aretalogia che i miracolati vadano
ta chiaro dal v. I7: «Adunque, la fede lodando e annunciando la potenza e i
viene dal sentir parlare, e il sentir par- miracoli del dio. Anche nei racconti del-
lare si ha pe1' mezzo della parola di Cri- le guarigioni del N.T. i miracolati nar-
sto». Cristo è il predicatore, e la pre- rano ciò che è loro avvenuto, nonostan-
dicazione è la parola di Dio, e la parola te l'espresso ordine di Gesù di non 'dir-
di Dio significa presenza di Dio. Per- lo' a nessuno (Mc.1, 44 par. Mt.8,4 e
ciò predicando a Corinto Paolo può di- Lc.5,I4 e Mc.7,36) 48 • Questa divulga-
re che Dio è fedele testimone che la pa- zione dei miracoli di Gesù non è una
rola annunciata ai fedeli non è ora 'sl' predicazione neotestamentaria, quantun-
ora 'no', poiché «il figlio di Dio, Gesù que in questo contesto ricorra il tetmi-
Cristo, annunziato a voi per mezzo no- ne XT)puo-crav 49 ; infatti non solo ciò av-
stro ... non era ora 'sl' ora 'no'» (2 Cor. viene senza alcun incarico da parte di
I,I8 s.). Paolo osa porre in strettissi- Gesù (----7 col. 467 ), ma addirittura con-
ma relazione la sua parola e Gesù Cri- tl"o la sua volontà! Perciò non si può
sto. Mediante la sua predicazione il Fi- fare un paragone con la predicazione
glio di Dio è stato presene nell'azione, dei discepoli inviati in missione; si trat-
sicché i Corinti sanno che «in lui si è ta piuttosto di fatti analoghi a quelli in
verificato il 'sl'». Poiché nella predica- cui i demoni chiamano Gesù per nome
zione parla Dio stesso, una trasmissio- e lo fanno conoscere ai circostanti 50 • In
ne del messaggio neotestamentario, per MC.I,44 s. sono strettamente associati
il solo fatto di essere oggettivamente il divieto di parlarne e l'ordine di mo-
corretta, non è lungi dall'essere un an- strarsi ai sacerdoti elç µa.p ..vpi.ov a.ù-
nunzio. Dalla comunicazione della paro- 't'Oi:<;. Fra testimone e araldo corre que-
la neotestamentaria deve risultare un'a- sta differenza 51 : l'araldo percorre il pae-
48 Cfr. inoltre Mt.9,30; Mt.l2,r6; Mc.5,43 e Mc.3 ,n; Mt.8,29; Lc.4,41: ò vlòç "t'ov i>Eoii;
par. Lc.8,56; Mc.8,26. Sui motivi che indusse- Mc.5,7 e par. Lc.8,28: ò vlòç 't'OV i>Eov "t'OV
ro Gesù al divieto, vedasi la raccolta di cita-
;doni prese dalla letteratura meno recente in
utjila-cov; cfr. anche Act.I6,17 e 19,15. A ct.I6,
W. WREDE, Das Messiasgeheimnis in dett E 17: oi'.i-tot ol &vi>pW7tOt 8ovÀot 't'OU i>EOU "t'OV
vangelien (1901) 254 ss. u\jJlO'"t'OU Elcrlv, ohtVE<; 'lU/."t'<t"("(ÉÌ...ÀoUrYt\I uµrv
49 Lutero perciò non rende ?Gl)pÙCTCTELV con
òSòv O"W"t'l)plaç. I demoni, naturalmente, non
'predkare', ma traduce Mc. 1,45 con :. «dis~e vogliono predicare, ma cercano di affermarsi
molte cose su ciò», e Mc.7,36 con «essi lo dif- pronunciando il nome. Cfr. O. BAUERNFEIND,
fusero». Die Worte dcr Damo11en im Mk.-Ev. (1927).
50 Mc.1,24 e par. Lc.4,34: ò &yto<; -rou i)Eoii; 51 Ciò non esclude che µap"t'VpEi:V e ?G1')pUC1<1EW
X'flpucnrw (G. Friedrich)
se per render noto quanto ha da dire, costretto a cedere; ma lascia come pre-
in modo che tutti lo sentano; il posto dicatore l'indemoniato guarito, del qua-
del testimone, invece, è nel processo 52• le non accoglie la domanda di poterlo
Egli viene citato a deporre, per la sua seguire. Quello gira come un araldo per
personale conoscenza delle cose, a favo- la Decapoli, annunciando ciò che Ge-
re dell'uno e contro l'altro. Il miraco- sù gli ha fatto 54 •
lato deve comparire come testimone e) Discepoli e apostoli. I discepoli
nella controversia deponendo per Cristo inviati a predicare annunciano al popo-
contro i sacerdoti, ma egli va ed agisce lo lo stesso messaggio di Gesù e del
come araldo 53, oltrepassando il còmpito Battista: la penitenza (Mc.6,12) e la vi-
affidatogli. Diverso è invece il comando cinanza del regno di Dio (Mt .10,7). Ma
dato da Gesù in Mc.5,19 s. e par. Lc.8, la loro predicazione differisce da quella
39. Gesù di solito proibisce che si parli del Battista, essendo accompagnata dal-
di lui, perché non cerca l'ammirazione, la guarigione di ammalati. Ciò avviene
ma la fede. Egli impone il silenzio quan- perché il regno di Dio è più vicino di
do le sue opere per molti sono non una quanto non fosse con Giovanni: tanto
rivelazione del mistero del Messia, ma vicino, che è presente. Gesù stesso non
soltanto qualcosa di spettacolare, che ha rivelato pubblicamente il suo nome
può facilmente distoglierli da ciò che di Cristo, e solo ai discepoli fidati ma-
veramente conta. In Mc.5,20 non c'era nifesta il mistero. E i discepoli devono
da temere il pericolo di una falsa valu- rendere noto pubblicamente senza timo-
tazione del miracolo. I presenti non si re quanto hanno udito, affinché ognu-
rnllegrano di quanto è avvenuto, ma no 1' intenda (Mt.ro,27) 55 ; il vangelo,
pregano Gesù di andarsene, e Gesù è infatti, non vuol essere una dottrina
possano essere sinonimi; cfr.Lc.:i4,47s.; I Cor. sto predicatore che non prende con sé, è il vin-
15,14 s. citore delle poteme demoniache, anche se de-
52 Cfr. ScnLt.TTER, Mt., a 8,4. ve abbandonate il paese. Cfr. su ciò K. BoRN-
HAUSER, Dar Wirken der Chrirtur durch Ta-
53 La costruzione non esclude che X.'flpUcrcreL\I
in Mc.1,45 si riferisca a Gesù. Stando al mo-
ten tmd Worte (r924)' 84, e BAUERNFEIND (-4
n. 50) 44s.
dello di analoghi racconti, tuttavia, nel v. 45
55 È dubbio se col proverbio modificato di Le.
si parla del miracolato. Cfr. KwsTERMANN,
12,3 si sia voluto alludere all'usanza giudaica,
Mk., adl.
secondo cui nel culto della sinagoga il predica-
5t Anche questo miracolato va al di là di quan- tore non parlava direttamente all'adunanza, ma
to Gesù gli ha imposto. Egli deve rim1:yyfJ.,- si serviva di un portavoce speciale, che aveva
À.EW (Mc.5,r9), OLTJYE~crl}m (Lc.8,39) la mira- il compito di annunciate alla folla le parole che
colosa guarigione a casa, ai suoi. Gesù si sa- gli venivano sussurrate all'orecchio (-4 coli.
rebbe accontentato di questo. Egli invece dif- 439 s.), o se si sia pensato a certe dottrine se-
fonde la notìzia in tutta la regione. Lutero tra· grete, che il maestro sussurrava all'orecchio dei
duce il K'J')pucrcrew in Mc.5·;iW con 'proclamare', soli discepoli più fedeli (STRl\CK-BILLERDECK
in Lc.8,39 con 'annunciare'. Gesù, grazie a que- I 579 ).
459 (m,708) X.l}pucnrw (G. Friedrich)
esoterica o una faccenda da conventi- che sanno avvincere gli uomini con la
cola, ma una rivelazione aperta a tutti. potenza della parola; essi sono degli
Dai testi il messaggio deve risonare sul- araldi e nient'altro (I Cor.1,22 s.; 2,4).
le strade. I discepoli lo devono annun- Ciò che conferisce valore ed efficacia al-
ziare con coraggio sempre - a tempo e la predicazione non è né la loro irrepren-
anche fuori tempo (2 Tim.4,2) - senza sibilità morale né la loro fede in Cristo,
riguardo a uomini e a condizioni. Quan- ché in tal caso la parola di Dio dipen-
do tutto il mondo ha udito la parola di derebbe dagli uomini. Anche una predi-
Cristo, allora la missione assegnata dal cazione svolta per motivi ignobili (Phil.
Risorto è compiuta, e la fìne è prossi- I ,I 5) può condurre gli uomini a Cristo,
crea ciò che viene annunciato. Perciò (Act. 9, 20; 19, 13; ~ 'IT]crou<;). Ma
predicare non è una comunicazione di quando si predica Gesù non si dà un
fatti, ma un evento. Quanto viene pro- puro insegnamento storico sulle sue pa-
clamato si verifica. La remissione dei role e sui suoi fatti. Tutti i racconti
peccati è sempre un giudizio che dichia- su Gesù, per quanto edificanti, sono
ra il peccatore per quel che è; ma in es- vuoti (rCor.15,14), restano delle storie
so al credente è concessa remissione dei antiche, verificatesi un tempo, ma più
peccati. La parola degli apostoli, che re- o meno prive di valore per il presente,
ca l'annuncio del 'giudice dei vivi e dei se non vengono intese sulla base della
morti', rivela pure, insieme con i pro- fede nel Cristo risorto. La realtà della
feti, «che tutti coloro che credono in risurrezione costituisce la pienezza del
lui ricevono la remissione dei peccati» kerygma del cristianesimo primitivo.
(Act.10,42). Nella medesima parola so- Questo non è un fatto di cui si possa
no contenuti giudizio e grazia. La pro- aver conoscenza come di un qualsiasi
clamazione del messaggio salvifico ope- altro fatto storico, ma è un evento che
ra una distinzione e una separazione, deve sempre esser proclamato; non è
risultando per uno di salvezza e per un dogma umano da insegnare agli al-
l'altro di giudizio. Per uno il Cristo an- tri, ma storia salvifica, che va annun-
nunziato è crx&.vòa.À.ov e µwplcc., per ciata, e la predicazione della storia del-
l'altro MvaµLç l'leou e crorpla -0Eou (I la salvezza diviene l'evento della sal-
Cor.1, 23 s.). Alla ~cxcnÀ.da appartiene vezza. Non il contenuto di quanto vie-
il f3cxcrLÀ.Euc;, e non si può parlare di re- ne annunciato è ciò che· opera; ma è
gno senza nominare pure il re: XVpLoç Dio che agisce per mezzo di questa pa-
XpLcr-.6c;. Nella predicazione Gesù è rola. Il messaggio non perde la sua im-
proclamato Messia (Act.8,5) e Figlio di portanza, ma deve venir proclamato di
Dio (Act.9,20). E quando si parla del continuo, non solo davanti al mondo,
Cristo crocifisso (I Cor. l ,2 3) o risorto ma anche davanti alla comunità (2 Tim.
(I Cor.15,12), si intende sempre il Cri- 4,2). Esso è ouva.µLç l'lEOV (I Cor.r,24).
sto totale, divenuto, per la morte e la La predicazione neotestamentaria non
risurrezione, Signore e come tale an- ammette contaminazioni (Gal. 5 ,II). Il
nunziato (2 Cor.4,5 ). Il Cristo terreno suo radicalismo suscita scandalo e op-
e il Cristo glorioso non si possono se- posizione e procura ai predicatori per-
parare. Quello che viene predicato non secuzioni e pericoli.
è il mito del dio che muore e risorge, Su X1)pVCTO'Et.v "tÒ EÙa:yyÉÀ.Lo\I ~
e neppure un'idea atemporale, ma un tÒa.yyÉÀLO\I.
evento concreto e irripetibile, la vi- Nel N.T. x11pucrO"EW e €Òa.yyEÀ.lSEO'-
ta di Gesù, la sua apparizione storica -Oa.~
vengono usati spesso come sinoni-
X7]pvcruw (G. Friedrkh)
mi(~ III, col. rn45, n. 90), oppure xn- povO"a..À11µ cpwvi}v Eùo:yyùi.soµÉvou, o"tt.
pva'CTEL\I viene anche unito a EÙa.:yyéÀ.L- o
1}ÀÉrJ<TEV ÌÌEÒç Icrpc.tTJÀ. i.v 'tTI Émcr:x:o-
ov (~ col. 445). Si tratta di un acco- 1tTI aii-rwv, «diffondete in Gerusalemme
stamento casuale, oppure questo colle- la voce del buon messaggero: Dio ha
gamento si può esservare anche altrove visitato Israele e ne ha avuto miseri-
e si può spiegare con la storia della lin- cordia».
gua? In greco eùciyyEÀoc; e xfipv!; han-
no qualcosa in comune, ma solo in su- 6. Gli ascoltatori
perficie. L'araldo appare come un mes-
saggero di vittoria, con il capo ornato La predicazione non si rivolge tanto
d'una corona di alloro: Ael. Arist. I, all'intelligenza di chi ascolta, ma mira
285,5 (Dindorf): xfipus 7tct.p~ i;wv 8T}- piuttosto alla fede degli ascoltatori (I
~alw\I t0c; È7t' EÒayyEÀloLc; ÈO"'tEcpavw-
Cor.2,4 s.). Gesù non apporta una nuo-
µÉvoç. Herodian., hist.8,6,18: x1)puxEc;
oacpvl)cpopot. Cfr. Xenoph., hist. Graec. va dottrina che miri all'intelletto, ma
4,7,3; Aesch., Ag.493. Talvolta l'araldo un messaggio che esige la fede. Il con-
porta anche la notizia della vittoria sui tenuto della predicazione è insopporta-
nemici (Aesch., Ag. 577). Quando l'a-
raldo porta una buona notizia è salu- bile per il sentimento razziale di ogni
tato gioiosamente, Soph., Trach. 227: uomo, perché concerne un crocifisso.
xalprn1 OÈ 'tÒ\I x1)puxa 7tpOU\l\IÉm..i, Ciò non soddisfa né la curiosità di cono-
XPO\ltp 1tOÀ.À.<iJ cpavév-.a, xa.p'tÒ\I E~ 'tL
xa.t cpépnç, «do il benvenuto all'araldo, scere propria dei Greci, né l'esigenza
che ricompare dopo gran tempo, se tu di certezza religiosa propria dei Giudei
porti una notizia gioiosa». Egli cerca (I Cor.r,2I s.). Solo il credente, per il
di riferire quanto più rapidamente è
possibile, perché sa che ricompensa e quale tutto è dato con la parola, aderi-
ringraziamento avrà solo se giunge per sce a questo verbo. Nel N.T. la predi-
primo (Soph., Trach .189 ss.) -)-III, col. cazione è cosl importante proprio per-
rn64. Per il valore sinonimico dei verbi, ché nella Bibbia non si tratta di contem-
cfr. Luc., tyrannicida 9: ~a.ppEiv 1\8n
1tpOX1')pV't'tW\I a:itct.O"L :x:aL 't'Ì}\I H.rnik- plare Dio e neppure di agire, ma solo
pla\I EÙa.yyEÀts6µEvoc;. EÙct.yyÉÀ.LO\I è il della fede, la quale sorge dalla parola
messaggio di vittoria proveniente dal ascoltata, una fede che si contenta del-
campo di battaglia, ma può anche esse-
re la notizia della vittoria nei giochi la semplice parola. Il credente accoglie
(-~ m, col. rn63 ). Il x1)puyµo: è la pro- la predicazione nonostante la sua stol-
clamazione del vincitore fatta sull'arena. tezza, e questo per l'uomo è la salvez-
Per E.tm:yyéÀt.ov e x1)pvyµo: nel culto za. Perciò udire la predicazione non è
dell'imperatore, cfr. IG n/m2 rn77. In
I s. 6 I, I X1)pVO"O"ELV è da considerare co- soltanto ascoltarla, ma significa pure ob-
me più concreto di EÒayyd.l1;E<rbo:t. In bedire, e questo atto di obbedienza non
Cant. r. 2, I3 il termine krz. va inteso è opera dell'uomo, ma un effetto della
nella linea della terminologia esegetica
parola di Dio. La fede richiesta all'uo-
{~col. 44r). È importante per noi che
venga citata la parola __del mebassér. In mo per mezzo della parola, è pure un
Ps. Sal.n,1 leggiamo: xripusa..-rz f.v fa- dono della parola (Rom.rn,8). Poiché
X"f)pucrcrw (G. Friedrich)
la fede viene d;1!Ja predicazione, fede ste solo perché il Risorto lo ha conferi-
ed annuncio hanno lo stesso contenuto to ai discepoli: TCa.p1}yyELÀ.EV 1]µi:v x:f}-
(I Cor.15,14). puscx.~ -r0 À.a.0 (Act.ro,42). Cristo ri-
sorto, che è il Signore del mondo, orn
7. Missione e predicazione
invia i discepoli non più al solo popolo
7tw<; oÈ XT)puswow i.à..v µi) &.7toCT't'O- cl' Israele, come ha fatto Ja prima vol-
À.wow; (Rom. rn,15 ). Questa proposi-
ta, ma, oltre che ad esso (Act.10,42),
zione è molto importante per compren- a tutte le nazioni. La missione deve
dere l'ufficio della predicazione. L'ac- prender le mosse da Gerusalemme (Le.
costameno di ò:.r-ocr't'ÉÀ.À.Ew e 'Y.T)pucrcrEw
24, 4 7) ed estendersi a tutto il mon-
• non è casuale anche in altri passi del
do. Tutti i popoli, senza distinzione,
N.T. ro, ma ha un fondamento concre-
devono ascoltare il messaggio (Col.I,
to. Senza il conferimento di un incari-
23; Mc.13,10; 16,15.20). L' à:itocr-tÉÀ.-
co e l'invio in missione non vi sono
À.EtV non si può separare dal XT)pvcr-
predicatori, e senza predicatori non vi
<TEW, ma nel Y.'!JPUCT<TEtV stesso è già im-
è annuncio. II vero annuncio non av-
plicito in certo modo il momento del-
viene mediante la Scrittura, ma per
la missione apostolica (~ col. 402 ).
mezzo dell'interpretazione di questa
L'invio d~ una parte pone dei limiti
(Le. 4,21 ). Dio manda agli uomini non
all'araldo, ma dall'altra ne accresce il
libri, ma messaggeri, e istituisce l'uf-
potere: cofoi che lo invia gli consegna
ficio della predicazione scegliendosi" de-
gli uomini pel' questo ministero (~ il contenuto del messaggio e gli confe-
col. 477 ). Non ogni cristiano è chia- risce l'autorità. I discepoli non annun-
mato a predicare; solo la ristretta cer- ziano dò che hanno escogitato o vien
chia dei discepoli ebbe questo incarico loro in. mente, ma quello che hann.o udi-
durante la vita di Gesù (Mt.10,7 par. to da un altro e che hanno l'incarico di
Le. 9,2; Mc. 3,I4). Il loro compito di dire (Mt:10-,.27). Un predicatore non è
predicatori è dapprima di durata limi- uo reporter .che riferisce le _sue espe-
tata 61 • Con la risurrezione di Gesù l'in- rienze, ma un_delegato di una più al-
carico viene rinnovato (Mc. l 6 ,r 5 ). Sen- ta autorità, di cui ad alta ,voce e chia-
za la risurrezione non ci sarebbe il mi- ramente deve manifestare la volontà.
nistero della predicazione, .ma esso esi- Senza vocazione e missione 62 la predica-
60 Mc.3,14; Lc.4,18.43 s.; 9,2. xfipu!; xat cbt6- studiqsi theologiae, qui rudimenta miflisterii
cr-roÀ.oc;: I Tim.2,7; 2 Ti111.1,1i.: Cfr. Ja finale pommt, vicariasque praestant operas, postea in
breve di Mc. Inoltre ~m'tay1), Tit.1,3; XEÌ..Ev- scf;oltpn reversuri.
ELV, Act.1,2, cod. D e l'imperativo di Mt.10,7; 62 In questa prospettiva risulta strano che nel
Mc.x6,15. quarto Vangelo, il quale parla tanto spesso del-
61 BENGRL, a Mt.10,7: Hic erant discipt1li, ttt la missione di Gesù, non ricorra 'X.T)pucrcrEL\I.
x11puo-aw (G. Prìedrich)
6l Dcl Battista non si dice m11i che ha inse- 'l'JCTav xttl lS::nx. f:ol8a1;a.v. Qui è evidente che
gnoto. x11pvCTO'EL\I e 8~oào-xnv possono essere usati
64 In Mc.3,14 s. i discepoli vengono inviati x11- come sinonimi.
ptH10'€LV xcx.L gXEL'.I È~ouo-lcx.v ÈX~Ò..ÀÀ.€W "t'à 65 È noto che Lutero traduce qui o~l:lfLO"XEW
8aL~i6VLCX.- Quando essi ritornano, in Mc.6,30, con «egli predicava . vigorosàmcnte ...».
è detto: à.1tTJYY€LÀav aò"t'<;i 'ltÒ..V"t'a OO'CX. É7tol-
471 (m,713) x1Jpvyµrx. (G. Friedrich)
gono perché la possente parola ha pro- vanto dei suoi miracoli (Mc.5,43; 8,26),
clamato il regno di Dio, in cui tutto è e rifiuta di addurli a prova della sua
sano ed integro. La cosa più importan- missione 69 • I guariti devono tacere, per-
te, perciò, non è il miracolo, ma il mes- ché quelli non sono documenti della
saggio che opera il miracolo. I segni ac- sua potenza, di cui egli vada in giro a
compagnano la parola e servono solo a dar spettacolo. Quando in Mc.I,32 ss.,
confermare l'annuncio (Mc.16,20, cfr. Gesù ha guarito molti malati e i disce-
Hebr.2,3 s.; Act.4,29 s.; 14,3) 66 • I mi- poli vogliono raccoglierne la fama di
racoli, in quanto O"'f)µEia., sono il ver- taumaturgo, il Maestro non accondi-
bum visibile, come i sacramenti. Come scende al loro pensiero. Egli non è ve-
senza la parola non vi è sacramento, co- nuto per compiere miracoli, ma per pre-
sì pure non vi è miracolo senza il pre- dicare (v. 38; cfr. Lc.4,18). Ciò che so-
dicatore dell'azione di Dio. Per questo prattutto importa è l'annuncio. I mira-
la folla nel N.T. non si stupisce soltan- coli non hanno un valore proprio; stan-
to per i miracoli, come avviene nei rac- no solo a significare che con l'annuncio
conti taumaturgici dell'ellenismo, ma della parola è giunto il regno di Dio
anche per la dottrina, per la parola che (Mt.n,5).
viene annunciata 67 • Solo per colui che
crede e che nella parola vede già l'azio-
t x1}puyp.cx.
ne, i miracoli sono la prova della real-
A. x1)puyµcx. FUORI DEL N.T.
tà di quanto viene annunciato. Ma a
coloro i quali alla predicazione che invi- I. Autori greci. Il sostantivo x1}puy-
ta alla fede rispondono con la richiesta µa è formazione analoga a vocaboli co-
me 7Cptiyµcx., ÒE~yµa o ~ouÀ:riµa, otte-
di un segno, il segno è negato (I Cor. r, nuta con l'aggiunta del suffisso -µa al
22 ss.). Il miracolo non è un evento che tema x'f)pux- 1• Il termine presenta due
costringa a credere chi vi assiste, ma ma- accezioni: da una parte indica il risul-
tato del X'fJpU<rO'ELV e significa quindi
nifesta la stessa bivalenza della predica-
ciò che viene annunciato per mezzo del-
zione cristiana 68 • Gesù non mena gran l'araldo; dall'altra denota il proclamare
66 Mc.6,12 s.: Èx1)pul;ow ..• xrx.t orx.tµ6\lt!X. 1tOÀ.- 67 Cfr. E. PETERSON, EU: 0E0l: (1926) 213.
À.CÌ. Èl;É~rt.À.ft.o\I xat 'ÌjÀ.EL<pO\I... xctt ÈOEp!btEUO\I. 68 Mt.7,22; 9.34; Mc.3,22 e par. Mt.12,24 e
Scacciare i demoni, ungere e guarire sono al- Lc.n,15; Mc.9,38 e par. Lc.9,49; Mt.12,27 e
l'imperfetto, mentre annunciare è all'aoristo. par. Le. 11, 19; Mt. 24,24 e par. Mc. r3,22; 2
«Cosl sembra che la predicazione sia il mo- Thess.2,9; Apoc.13,13.
mento principale del lavoro missionario degli 69 Mt.4,3 ss.; Mt.27,40; Mc.8,II s. e par. Mt.
apostoli, mentre gli altti tre momenti della lo· 12,38 ss.; Mt.16,r; Lc.n,16.
ro attività presentano piuttosto il carattere di x1)puyµa.
fenomeni concomitanti» {WoHLENBERG, Mk., I DEBRUNNER, Griechische 1Vortbildungslehre,
ad l.). § 310 e 311; KuHNER-BLASS-GERTH §. 329,30.
473 (III,714) x.fipuyµa (G. Friedrich)
s D1TT., Syll! 741, 20 ss.: xi]puyµa. 1tot1jam, 11 Philo, spcc. leg.4,4: con xowé;> XT}puyµa-.~
o'ltwç M.v 'tLç ì;wv[i:ac; à:Jy1h-o XaLpTJJ.L(o]va nel 7° anno lo schiavo veniva dichiarato libern.
..• )..arH n 1.'a)..av htt 1.'EO'CT!Xpaxo\l't'a.; Demo· 12 Philo, vit. Mos.1,9: i genitori non osserva-
sthenes, or.34,36: xi)pvyµa; yàp not'l]CTO:µÉvou no 't&. 't'OV -çvpocwou X1Jpuyµrx't'a, secondo
IlapELo-ttSov tv Bocm6p~, M.v 't'tç ~ou)..'l]-.aL cui tutti i fanciulli maschi dovevano venir sop·
'AIYi)wi~E Etc; i:ò 'A't'ttXÒ\I è1.m6ptov CTL'tT}')'E~'V, pressi. Philo, con/. ling. 197: yp&.\jluvi;6ç 'tE
à.i;E)..ij i;òv uhov èl;ayEtv; Hdt. 3,52. xat ~E~rxtwcrav-.oç i:ò xfipvyµa, Dio redige
6 Aeschin., or.1,79: lmipw't'tt v~ i:ò Èx i;ou e conferma il decreto, secondo cui quelli che
vbµov xfipuyµa.; 3,4: 1mTlYT}'tat fj!v 'tÒ xoc)..... sono fuggiti davanti alla follia possono ritor-
ì..tcri;ov xoct o-wcppovfo-i:a.i:ov x'l'Jpvyµa. i:G>v È'V nare.
475 (m,715) xi)puyµa (G. Frìedrich)
dama passasse per tutto Israele... che cere gli ascoltatori con belle e sapienti
facesseto la pasqua»; r 'Ecròp.9,3: xa.i parole, perché allora solo dì parole sa-
ÉyÉVE'tO x1)pv1µa. ÉV o):(l "tTI louòa.l~
xa.i IEpucraÀ:f]fJ. 1cficrL -roic; Èx -t'(jc; a.tx- rebbe fatta, mentt·e invece è una po-
µuÀ.wcrlac; (prigionia) cruw1,x-/}fjva.L (che tenza spirituale, e dunque efficace. Nel-
si radunassero) dc; IEpucraÀ11µ; Prov.9, la finale breve di Mc. il contenuto del
3: cbtfo't"ELÀ.EV 't'OÙc; Éa.U'tfjc; òouÀou<;
x1)puyµa. è così determinato: '"tÒ LEpèv
cruyxa.À.oucro: µE't'à.. ù4JriA.oG x:r}Pvyµo:-
't'OS btL xpa-.f]pcx. À.Eyouo-a... , «inviò i xat &qi~o:p-cov x1ipvyµa -.fjc; alwvlou
propri servi ad invitare, con un grande <rW'tTJplac;. Il santo e incorruttibile ke-
proclama, al banchetto, dicendo ... ». rygma è, per così dire, una dottrina che
4. Nei rabbini hkrzh è termine giu- tratta della salvezza eterna. Ciò non
diziario indicante la proclamazione nel esclude che il messaggio concernente la
tribunale (b. Sanh.26b); in particolare
è un termine tecnico che denota l'avvi- salvezza, e quindi il suo annuncio, sia
so per la licitazione di un terreno (b. anche creatore della salvezza. In ogni
Ket. xoob, ecc.). caso il passo di 1 Cor. r ,21 va cosl in-
terpretato: la stoltezza del messaggio
B. -.ò x:Yjpuyµa NEL N.T.
concernente il crocifisso salva il creden-
In Mt.12,41 e par. Lc.n,32, x1')puy- te 15• In 1 Cor. I 5 ,14 il contenuto del
è reso esattamente con cohortatio,
1.1.a. kerygma è la risurrezione di Gesù dai
exhortatio, pracdicatio 13, La predicazio- morti. Anche in Rom.16,25 il messag-
ne di Giona induce i Niniviti a peni- gio è visto in rapporto ad un contenu-
tenza 14• In I Cor.2,4 x.Tjpuyp.a denota to ben determinato. Il vangelo di Pao-
l'atto dcli' annunciare: H parlare. La lo coincide con ciò che Gesù ha predi-
predicazione cristiana non vuol convin- cato durante la sua vita . terrena 16•
B Così J.Scnpm°SNER, Novma lexico11 graeco· videtur, una presentazione non dotta e non ar-
lnti1111111 in N.1'. (1819), s.v. tistica. Cosl lo ScHLEUSNER (-+ n. 13), s.v. Ci
14 Flav. Ios., ant. 9, :z14: Giona cr-caDEL<; dç sarebbe tuttavia da pensare se anche in I Cor.
E7tTtXOO'J hi)puvcrEv w<; µE-e' ò)..lyov 11&.)..LV 1,21 x1)puyµa non possa significare l'atto del-
cZ1tof3rùoucn 't'Ì]V apxi)v ·tijç •AtYlar; xat 't'au- l'annuncio: a Dio piacque salvare gli uomini
·m 011)..wcraç ùn-fo-cpEljJE; z Clett1.7,7: 'Iwvéi.r; mediante qualcosa di stolto, mediante la pre-
NLVEVl'ta~ç xa-cacr-.poqn'Jv Éxi)pu!;Ev, 01. 81: pE- dicazione. A causa del contesto (v. 18: ò À6·
w .voi)o-av-cE<; É1tt -coi:c; Ù.µap"ti}J-UCO"LV aU'tWV yoç o -rou cr"t"a.vpoù .•.. IJ.Wpia: tcnlv, e v. 23:
È!;LÀacra.no -còv DEòv 1.xE-cEucrav'te<; xat ~Àa 1')µEi:ç xl]puo·croµEv Xpicr"t"Òv fo-caupwµévov ...
f3ov crw-c'r)plcx.v; Iust., dial. rn7,2: 'tOU 'Iwvfi ElhlEcrw µwpl11.v) anche per x·~puyµa del v.
XT)pUt,CX.V'.t"Oc; aiJ-cot<; µE"t"IÌ. "t"Ò Éxf3pacrVf}VaL (es- 21 ci si aspetta una precisazione contenutistica.
sere gettato sulla spiaggia) av-còv -.1) -cpfrn 16 L'espressione -.ò xi)puyµa 'I11crov Xptcr-cov
-h1J.épq. à.TCò .."t"ijc; xo~)..lar; 'tau àopoi:i txMor;, comporta diverse questioni esegetiche, a cui
O'tL IJ.E't4 -rpEi:r; 1J!J.Épcx.<; rcaµttÀTJDEÌ ù:n:oÀouv- non si può dare senz'altro una risposta. Anche
-rm. . alT)l11ettendo che x'i}puyµa. sia da intendere CO·
1s xi)puyµa qui non è solo modus tradendi re- me contenuto della predicazione e non come
ligionem christiannm, qui, quia omni eruditio- atto dell'annuncio, resta da comprendere come
11is et subtilitatis specie caret, plerisque st11lius va inteso il genitivo. 'I11crov Xptcr-ro\i è geniti-
x1)puyµa (G. Friedrich)
In Tit.I,3 w~puyµcx. denota l' actus araldo' (~ col. 425) manca nel N. T.,
praedicandi. Con la predicazione divie- pur essendovene i presupposti oggettivi
ne manifesto il Myo~, che porta agli (~ coll. 467 ss.). Ma l'accento è posto
uomini la vita eterna promessa. Dio po- più sull'atto che non sul ministero del-
trebbe far conoscere la sua parola agli l'annuncio17. Nella successiva evoluzione
uomini anche in altro modo; ma gli uo- della comunità cristiana, quando pren-
mini non lo sopporterebbero. In tal de maggior rilievo il ministero, trovia-
caso Dio non sarebbe il <1W'tTJP che dà mo la carica di predicatore18 • Questo si-
la vita; il suo annunzio sarebbe si- gnificato di x1)puyµ.a ricorre anche in
nonimo di morte. Per questo Dio si 2 Tim.4,17. Paolo in 2 Tim.4,5 rivolge
sceglie degli uomini come suoi predi- a Timoteo questa esortazione: -rl}v òi.cx.-
catori. Per mezzo loro la parola si fa xo\lla.v G'OV 1tÀ.T)pocp6pl)Uov, «adempi fe-
carne, allo stesso modo che il Figlio delmente il tuo ministero» e parlando
suo si accosta ai peccatori in forma u- di se stesso afferma: «Ho compiuto la
mana. Il x1)puyµa è il modo in cui il mia carriera, ho conservato la nl<1'tL<;>>
Logos divino viene a noi, e proprio que- (la fede, oppure la fedeltà)». Infatti in
sto xi]puyµa è affidato all'apostolo Pao- 2 Tim.4,17 è detto: o xupwc;... i\IEÒtJ-
lo. La relativa o tma''t'Eu~riv hw xcx.- wiµ.wa-Év µe, i'.va òl ȵov -i-ò x1)puy-
't'' tm·m:y'l'}v, «che mi è stato affidato µcx. 1tÀ.T)po<popni}i), cioè che Dio gli ha
secondo il comando», indica che l'actus dato la forza di compiere pienamente il
praedicandi diviene il munus praeconis, suo ministero di predicatore, anche nel-
il ministero apostolico della predicazio- l'ora del pericolo e dell'abbandono. Al-
ne affidato a Paolo, di cui egli ha rice- la presenza dei giudici e degli ascolta-
vuto l'incarico. Il significato di x11pucr- tori, di fronte al tribunale, egli non sta-
CTE.t\I nel senso di 'esercitare l'ufficio di va come un accusato, ma si presentava
come araldo di Dio. Cosl per mezzo suo ne tecnico per la vendita all'asta. Filo-
tutti i popoli hanno udito il messaggio; ne, che preferisce 7tpOXTJpU't't'EW al ver-
bo semplice, scrive (gig.39): ol Év &.-
i rappresentanti delle nazioni, che altri-
yopéf 'tCÌ. WVLCl. 7tpOXTJPU't't'O\l"tEc;; Philo,
menti non avrebbero saputo nulla di agric.n: 't'<J.ih' ou\I +i \jlvx'i)ç ÈTCa:yyEÀ.-
Cristo, hanno avuto l'occasione di udi- À.oµÉ\11) yewpyLx"Ì) 7tpox1)pv't'1:EL. Qui
re la predicazione. In tal modo Paolo rcpoxT]pU't"tEL\I può venir tradotto con
'promettere'. In questo contesto è im-
ha compiuto fedelmente il suo mini- portante anche il passo di Flav. Ios.,
stero. ant. rn,79: oÙ'toc; ò 1tpocp1}"t1)c; xo:t -i;à
µÉÀ.À.o\lw. -i;fi TCoÀ.EL Setvà 7tpoi::x1)pul;E.\I
t 7tpox1)pucnrw È\I yp6:µµacn xo:i:aÀ.mwv (parla di Ge-
l'emia, che predisse alla città la sciagu-
I termini composti col prefisso 'ltpo
ra imminente).
possono avere in greco una duplice ac-
cezione. Originariamente il senso di 7tpo
è fuori, avanti, via, come in 7tpot'l')µ~ o Nel N.T. incontriamo 1tpOX1JpUO'O'ELV
7tpoolowµ~ 1 • Perciò 7tpox1)pucnn:w signi- solo in Act.I3,24, mentre in Act.3,20
ficherebbe annunciare al di fuori, in il termine è una falsa lezione del textus
pubblico, in modo da essere udito da
molti. Ma questo antico significato di receptus, per 7tpoxi::ipl<;;e111lm. In Act.
7tpo già nel greco più antico è soppian- 13, 24: 7tpox.T)pul;o:noç 'Iwcl.vvov 'ltpò
tato dall'accezione temporale, per cui TCpoo-wTCou 't'ijc; d116oov mhou ~&.7t'tL-
'ltpo vale prima. Stando ai documenti a 11µa. µE't'O:Volac; 'ltO:V'tL 1:<{} À.cx.@ 'IO'pcx-
noi noti, 7tpOx1)puO'crew ben di rado si-
gnifica annunziare qualcosa anticipata- T]À., «avendo Giovanni predicato prima
mente. Esso, per lo più, o corrisponde del suo avvento il battesimo di peni-
all'antico significato, oppure segue l'uso tenza a tutto il popolo d'Israele», non
ellenistico che al termine semplice pre-
ferisce i composti, sicché ha lo stesso fa meraviglia che 1tpOXTJpVCTO'E1V presen-
significato di xT)pucr<Tew; Soph., El. ti in senso di 'preannunciare', ricorren-
683: O't' iicrfre't' &.vopòç opfrlwv X1)pvy- do in un'accezione rara nel N.T. La pre-
µci'twv Op6µo\I 'ltpOXT)pV~Cl.V'tOç, «appe-
dicazione di Gesù e degli apostoli non
na dalla chiara voce dell'araldo udl che
veniva bandita la gara della corsa»; in riguarda avvenimenti che debbono an-
Soph., Ant.46I indica l'atto di notifì- cora accadere; l'annuncio è piuttosto
care un decreto; cfr. Luc., tyrannicida l'evento stesso. Il messaggio neotesta-
9. Frequente è l'uso di 7tpoxl)pucrcrrn1,
analogamente a X1JpV<TO'E~V, nel senso mentario non annuncia che qualcosa
di mettere in vendita, vendere all'asta. avverrà; esso non è una promessa, ma
Poll., onom.8,rn3: ol 8È xa't' &.yopÒ'..\I è attuazione e compimento. Perciò 7tpo-
'tÒ'.. wvt<J. Ttpo (var. èmo-) XTJPV't"tovnc;; x11pucr11wi1 è bene appropriato al Bat-
Preisigke, Sammelbuch 4512,7 s.: 7tpo-
"tEi}Èv'twv dc; 1Cpc°i.O'LV xa.t 7tPOXl)pvxi>é\l- tista, l'ultimo dei profeti (-> coli. 448
'tf1\I. Il sostantivo 7tpox1)pvl;tc; è termi- s.); tuttavia neppur qui esso ha il si-
~poX'Y)pV<TO'W
I Cfr. J. WACKERNAGEL, Vorlesungen iiber Syn- tax 111 {r928) 237 ss. [DEBRUNNBR].
xwÉw (J. Schneider)
SWµEV XtXL XWOUµEÌ}o. XctL Èa'µÉV, «in concezione comune alle affermazioni
lui abbiamo la vita, il movimento e l'es- stoiche è questa: il mondo è pieno del-
la divinità, che come ragione e anima
sere». Nel discorso di Atene Paolo si
del mondo lo compenetra in ogni dove;
riconnette al senso panteistico di Dio essa mantiene il mondo con la forza del-
proprio dei Greci, per cercare di apri- la vita divina e del divino movimento 7 •
re ad essi la via verso la piena fede cri- Le concezioni della Stoa risalgono a
Platone, che nel Timeo (37 c) parlando
stiana. Perciò questo passo non va con- dell'anima del mondo dice: wc; OÈ X!.-
siderato come una enunciazione teologi- \11}i7Èv a,(rcò xa.t ~wv È\lo1}CTE\I -twv à~
ca di Paolo; secondo i suoi principi, olwv iJEW\I j'E'(O'VÒC:, f1yaÀ.µa, O ')'é\l\l'fi·
era.e; '1trt-t1)p, «dopo che il padre che lo
egli poteva dire soltanto (in un sen- ha generato lo percepì in movimento e
so dinamico) che tutti gli uomini vivo- pieno di vita, divenuto ormai oggetto
no, si muovono e sono per opera di di diletto degli dei eterni». Ogni movi-
Dio 3 • L'affermazione di Paolo va dun- mento presuppone un primo motore che
muove .se stesso. Questo è l'anima, che
que considerata solamente come uno esiste fin dall'inizio del mondo e che
spunto, riconosciuto nel mondo greco, Platone nel Fedro (245 c) dice à.px1J x~
della predicazione missionaria, e non v1)crEwc;. Da essa deriva dunql,le ogni
movimento. Platone (leg.10,896 ss.) ha
come una personale convinzione teolo- sviluppato con maggiore precisione la
gica dell'Apostolo. idea dell'anima del mondo. Di anime
del mondo ve ne sono due, e nel cosmo
Paolo si serve di termini e di conce- agiscono in contrasto l'una con l'altra.
zioni stoiche 4• Non è possibile decidere Il corso regolare e costante di tutti i
se sia stato lui stesso, oppure l'autore movimenti nel cielo e sulla terra, nel-
degli Atti a foggiare la triade ~wµE\I, l'intero corso cosmico, ha la sua ragione
xwouµd)a, foµÉv. Nella letteratura a neU' àplcr-r'r) l!iux'l'J. Infine nell'immagi-
noi nota troviamo sempre connessi =sol- ne del mondo, quale è delineata nelle
tanto due di questi termini: movimt!n· Leggi, «il concetto dell'anima del mon-
to ed essere 5, vita e movimento 6 • La do si fonde con le anime degli astti a
J Questo concetto è ben sviluppato fa D . A. s Stob., ecl.1,106,8: (Crisippo) xat xarccì. µÈv
FR0v1G, Das Aratoszitat der Areopagrede des 'tÒV xp6vov XtvEi:crltal 'tE EXCXO''ta xat Elvat.
Paulus: Symb. Osl. 15/16 (1936), 44 ss.; spe- 6 Plut., tranq. a11.20 (11477d): ola \love; ilEi:oc;
cie 51 ss. A p. 53 si dice: «Se tuttavia queste atoih]-.à. VO'l]'tWY µi.µ1}µa'ta, q>TJCTLY ò DM·
asserzioni sono accolte nel discorso dell'Areo-
'tWV, rµcpV'tOV à:px'l'Jv t;w1)ç ~XOV'\ct xat XWYJ-
pago, ciò dev'essere avvenuto per un adatta- CTEW<; ~q>'l]VEV ... Corp. Herm. n, 17 e: 'tov-to
mento allo stoicismo da parte di Paolo-qlii de-
yàp wcmEp t;wl) xa.t W0'1tEP xl'll'r)aic; fo-'tL 'tOU
scritto come il missionario perspicace, che co-
nosce i presupposti spirituali dei suoi ascolta-
ih:ou, XLVELV 'tà. 1't6.V"tct xat ~Cù01tOLELV.
tori e ad essi si riconnette». · 7 Cfr. a questo riguardo Sext. Emp., math.9,
formare un' unità mistica» 8 • Cosl Pla- spostare, allontanare (I-ldt. 9, 74); al
tone definisce l'anima del mondo: tlJu- medio, andare da un posto ad un al-
X'I']'V 'tCW'tO'V
> l t\ t l I t
O'V Xa.t. 't1)\I 1tpW't'I]'V "(E\IE- tro (Hdt. 9,51); al passivo, esser rimos-
O'L'\I xa.t xivnaw -rwv -.E O'V't'W'V xat yE- so dal posto: Hdt. 1,51; Plat., leg. rn,
yo\16... wv xa.t ÈcroµÉvwv xa.t mi'V't'W\/ aù 894 a: µE't'a~ci)..)..ov •.. xat µe-ra.xLvou-
-.wv Èva.vi:lwv 'tou-roLc;, E'JtEtO'li yE à.vE- µsvov yly'VE't'a.1. ·miv; Aristot., gen.corr.
<pav'I) µE'rnBo}.:ijc; 'tE xa.t xwijuEwc; &.mz- I,2, p. 315 b I4. b) In senso traslato:
cr'I]c; a.i'tla &mx<Tt'V, «l'anima è lo stesso cambiare, mutare, per es., "ti}v 7tOÀL"td-
che la prima origine e il primo movi- a.v, Aristot., eth.Nic.7,n, p. n52a30:
mento degli esseri che sono, furono e pfi,ov yàp Elloc; µE't<XXLvijO'aL <pUO'Ewc;;
saranno, e di tutti quelli che sono a Theophr., bist. plant. 4, II, 5: Ti 'toµ'Ì)
questi contrari, dato che essa si è ma- µE'tEXtvn~Tl- Frequente nelle iscrizioni.
nifestata come la causa di ogni mutazio- Cfr. oltre a IG v I I390,I86 (Anda-
ne e movimento di tutti gli esseri» (leg. nia): µ'Ì} µE"ta.X!.'VOU'V"tE<; É'TCL Xa"ta)..[v]-
rn,896 a) 9. crEL 'tW\/ µucr'tl')ptwv µ['I]]~Èv "tW\I xa-
Filone, che nella concezione della xl- -.o
-tà 01.étypa.µµa, Ditt., Syll. 1 736,186;
'llTJO'tc; segue gli stoici, sostiene che Dio, 1238,4; r239,u/r3.25.
immobile per se stesso 10, è il demiurgo Nei LXX: rimuovere la pietra di con-
che tutto ha posto in movimento (cher. fine (op1.a. µi::-.a.xLVEi:v), Deut. 19, 14;
!28: 'tEXVl't'I]c; ... ùcp' ou 1ta\l'ta XL'VE~ Prov.23,rn (Simmaco); volgere in fuga,
-.ctt) 11 • Caratteristica è in Filone questa Deut.32,20; al passivo, essere messo in
connessione di elementi panteistici con fuga, Is.22,3 (Teodozione: µi::-rex1.v1Jthi-
la concezione trascendente di Dio. Ne <ru.v; LXX: '1tEq>evyctaw). In Is.54,10 è
abbiamo un esempio in sacr. A. C. 68, detto dei colli che vengono rimossi (où-
dove si dice che Dio è 'tO'VLXTI XPWµE- oÈ of. ~OU\/OL CTOU f.lE'tCX.X!.\lr}ih'JcroV'ta.L).
'Voc; 'tU xtviJcrEL, cioè «usa un movimen-
to che implica una tensione». È chiaro Nel N.T. è usato solo in senso trasla-
che qui Filone ha presente la concezione to, in Coi. 1, 23: µ1) µE"tttXL\/ovµi::voL
stoica di Dio come pneuma che si esten- ri.'1to "t'ijc; H.1tlooc; 1 'tou Eòa.yyd.lou. I
de a tutte le cose e compenetra con di-
Colossesi vengono esortati a persevera-
versa tensione ('t'O'Voc;) tutti i corpi 12•
re incrollabilmente nella fede e a non
t µE'taXL'VÉW lasciarsi distogliere dalla speranza che
Termine non molto frequente: a) ri- essi devono al messaggio di salvezza 2 •
muovere dal posto, cambiar di posto, J. ScHNEIDER
8 Cosl J. STENZEL, Oher zwei Begriffe der pla- to dalla sapienza di Dio, permane in continuo
lonischen Mystik: ~wov und xlYrJ~ (Beilage movimento.
z. Jahresbericht d. Joh. · Gymn. zu Breslau, 12 Su ciò cfr. L. CoHN, Die W erke Philos m
1914} 17. (1919) 242, nota 2.
9 Per tutto questo brano cfr. F. ÙBRRWEG, Phi- µ€'tCX:X!.VlW
losophie d. Altert11ms 112 (1926) 321 s. e U. v. I La speranza comporta una paziente attesa.
WrLAMOWITZ· MoELLENDORF, Plato n (1920) Cfr. ad 1. ~ tin~ m, col. J48.
317 ss. 2 Cosl anche ~ eòrt:yylÀ.to\I III, col. 1091 :
10 Cfr. poster. C. 29. «Mediante il messaggio i cristiani sono resi
11 Vedi anche leg. alleg.1,6: ciò che vien crea- partecipi fin d'ora della speranza».
xì..&.ooç (J. Schneider) (m,720) 488
i" xAciòoç
It tallo, germoglio; ramo su un albe- sono stati innestati nell'ulivo buono
ro o pianta, Cosl nel N. T.: Mt.r3,32; (la comunità di salvezza di Dio), sono
24,32; Mc. r3,28; Le. 13, 19; xÀ.ci.8ouc;
1tOLELV, far n1mi (Mc. 4, 32); :ù6.8ovç i cristiani provenienti dal paganesimo.
X01t't~W, tagliai' rami (Mt.21,8) 1 • Rami Paolo, dunque, mette in evidenza la
di olivo: Hdt. 7, r 9 ('t'ijç H.o:l'T}c; i;oùç stretta e organica connessione che sus-
:x;À.aòouç); Aesch., Eum. 43 (Exov-.' È-
siste tra la comunità salvifica dell'A.T.
Àa.la.c; ìl' ùi)nyÉ'V'\l'l'JTOV .xÀ.ci.8ov )2. In sen-
so traslato è detto delle braccia, che e quella del Nuovo 5•
(come rami) si" dipartono dalle spalle
(Emped., fr. 29, r [i 238, DielsJ: ov Per il pensiero giudaico l'idea della
:yàp CÌ1tÒ vw'toLO òUo xÀ.aòot àtcrcrov'taL, comunità .di salvezza era strettamente
oscillano, pendono). Nei papiri indie.a legata alla discendenza .fisica e razziale
ancora la _tavola, l'asse (P. Oxy. XIV
1738,4, ecc.). da Abramo, per cui era del tutto ovvia
Più volte troviamo :x;À.ci.8oç riferito, l'equivalenza del popolo della salvezza
in senso fìgurato 1 all'uomo 3 • Una toc- col popolo di · Israele. Paolo distrugge
cante testimonianza di pietoso ricordo
questa equiparazione dichiarando che
leggiamo sulla . tomba di una fanciulla:
®E O OWpa, XÀ.aooç ÈÀ.Érf..c;, "t'aXV _1tWç la promessa fatta ad Abramo per la sua
ȵa.pci.vìll)ç; «Teodora, ramo d'ulivo, fede va riferita 'al seme' (Gal. 3, r6),
come fosti così pre~to consunta?»; Ec- cioè a Cristo. Perciò gli eredi della pro·
cltts 23,25: i figli dell'adultera sono det-
ti xÀ.aoot a.ù-tf}c;, e in Ecclus 40, r 5 si messa ad Abramo sono gli uomini che
dice che i rampolli degli empi non met- hanno la fede, i quali appartengono a
teranno molti xÀ;aooi., cioè figli. Cristo e sono 'uno' in lui (Gal. 3,28).
In Rom.u,16-21 Paolo parla in sen- Paolo, dunque, non identifica più la co-
so allegorico de1la radice e dei rami del- munità della salvezza con l' 'Icrpa.'Ì}À.
l'ulivo 4• La radice è il popolo della pro- xa.-.à. crapxa, ma con l' 'Icrpa.TjÀ. xa.i;à
messa, Israele, mentre i rami, che dal- 1t\IEUµo:. Egli mantiene cosl la conti-
l'ulivo selvatico, cioè dai popoli pagani, nuità della comunità di salvezza, ma la
struttura di questa è per lui completa- Cristo - non gli appartengono più, per
mente mutata. Ora alla comunità dei innestarvene dei nuovi, che in origine
salvati da Dio appartengono solo quei erano in un organismo del tutto diver-
giudei che credono come Abramo 6• Ma so. Paolo, dunque, tien ben ferma l'idea
nella prospettiva di Cristo credere vuol e la realtà della comunità di salvezza di
dire riconoscere Gesù come messia ed af- Dio, ma dichiara che il suo carattere e
fermare che il suo sacrificio è un'azione la sua struttura sono stati completamen-
divina salvifica, pienamente valida per te mutati per opera di Cristo 7 .
gli uomini. Chi non fa ciò, non ha più
Ignazio chiama i cristiani xÀ.lX.ooL
diritto di appartenere alla comunità di -i-ou CT"t'<wpo\i (T1'. II, 2) volendo espri-
salvezza di Dio. Ma ora, dopo che Cri- mere l'intimo legame dei cristiani col
sto ha posto termine al tempo della leg- Cristo crocifisso (e risorto) 8 • Abbiamo
ge e ha adempiuto la promessa fatta ad
qui un
motivo caro ali' arte paleocri-
stiana e medioèvale 9 • · ·
Abramo, per appartenere alla divina co- In questo contesto è pure da ricorda-
munità di salvezza si richiede soltanto re l'allegoria del salice in Herm., sim.
la fede nel Cristo e nell'opera salvatrice 8,r ss. Dal salice, che simboleggia la
legge di Dio, cioè il Figlio di Dio (8;3,
di Dio in Cristo; perciò i pagani che 2), vengono tagliati òei t!'lmt e dati al
credono in Cristo vengono incorporati popolo di Dio raccolto all'ombra del-
nella comunità di salvezza di Dio come l'albero. I rami vengono poi ripresi e
piantati. L'allegoria vuole soprattutto
membri di pieno diritto. Il legame del
illustrare la prova dei rami trapiantati,
sangue è sostituito dal legame della fe- cioè, fuor di metafora, la prova dei cd-
de. Tutto ciò è espresso nell'immagine stiani caduti in peccato 10•
dell'ulivo: l'ulivo continua a sussistere, . Infine va accennato a un parallelo in
Giustino che, in dial.rro,4, riporta l'al-
ma Dio_ taglia via dall'albero quei rami legoria della vite e dei tralci che sempre
che - nella situazione determinata da spuntano.
J. ScHNEIDER
6 Cfr. su ciò LIETZMANN, a Rom.n,16b: ira- rustica 5,9,16 [REssJ; W. M. RAMSAY:. Exp.
mi sono la totalità di Israele; le radici rappre- Vl (1905) 16 ss. 1J2 ss.; S. LINDRR: Paliist.
II
sentano gli antenati dcl popolo, i patriarchi; Jbch. 26 (1930) 4o ss. Ma è dubbio che Paolo
i giudei credenti sono i rami rimasti sull'albe- conoscesse questÒ procedimento. DEISSMANN,
ro, in contrapposto a quelli 'tagliati via'. L.0:235, pensa che egli con questa immagine
volesse dimostrare precisamente qualche cosa
7 La similitudine non si accorda con quanto di innaturale. ·
avviene in natura. Infatti, il pollone buono s Gfr. su ciò J. ScHNEIDER, Die Pa.rsionsmy-
viene innestato in quello sélvatko, non vice- stik de.r Pa11lt1s (1929) 128 s. Cfr. anche L. v.
versa. Cfr. LrnTZMANN, Rom., a n,16b. Vi è SYBEL, Zr1 $uÀov l;w'i)ç: ZNW 20 (1921) 9.3
tuttavia un metodo, usato ancor oggi per rin: ss.; inoltre DEISSMANN, Pa11l11s1 (192~) 157 s.
giovanire un olivo vecchio, ~onsistente nell'in-
9 Cfr. DEISSMANN, l.c.
nesto di un ramo giovane di ·olivo selvatico. Ne
troviamo una descrizione in Columella, de re 10 Cfr. DtBELlUS, Hcrm.586 ss,
49r {UI,721) xÀa.lw (K. H. Rengstorf)
xÀIJ.lw
1 Iud.9,7, cod.B (cod. A: xaÀÉw); 15,18, cod.
per lui un buon segno (sjmn jph), se muore
B; 16,28, cod. B (cod. A: tutt'e due le volte, piangendo (mtwk hbkj), è un cattivo segno
~oaw) per qr' (ancora -+ col. 494). '!Ep. 41 (sjmn r') per lui (b. Ket. 103 b Bar.). Il riso
(34), 5 ha x).afoµa~ per srp; il testo sembra del morente mostra appunto che nulla egli ha
voler eliminare un'antica usanza di sepoltura, fatto o tralasciato, per cui abbia di che te-
avvertita più tardi come pagana e derivata dal- mere il giudizio divino. Forse qui vi è l'in-
l'uso di bruciare erbe aromatiche (cfr. .2 Par. fluenza di una concezione greca (~ II, roll.
16,14; 21,19). 385 s., oltre a coll. 388 s.).
2 ~ u, coll. 379 ss.
4 All'incirca nel senso inteso da Plutarco; lin-
J Qui va ricordata anche - e ciò va aggiunto gqisticamente tuttavia non è affatto biblico:
a yEMw - una regola tannaitica che stabili- yt).wc; hrx~poc; tlJ3pewv (q11aest. conv. I.4 [11
sçl!; S~ uno muore ridendo (mtwk hH;wq), è 622bJ).
493 (m,722) xì-.o:.Cw (K. H. Rengstorf)
vere e potere attendere da lui ogni co- me è appunto il suo XÀ.Cli.et\I che induce
sa. Nel 'pianto' l'uomo riconosce di Dio a modificare Ja propria decisione.
Va osservato che Ezechia non doman-
fronte a Dio la sua propria insufficien- da che gli venga prolungata Ja vita, ma
za sotto ogni aspetto e vede che non vi implora, per cosl dire, esclusivamente
si può sottrarre, sia che si tratti della la giustizia di Dio; per il resto sì abban-
vita e della sua durata, o di mezzi e ca- dona alla sua volontà, e perciò piange.
Questo atteggiamento è proprio l'oppo-
pacità umane, come pure del rapporto sto di quello in cui l'uomo si pone a
con Dio o della vita morale. Cosl nel contrattare con Dio. Una situazione
'pianto' Dio viene riconosciuto come analoga si rispecchia in 2 Reg.22,19 s.
dove, dopo il preannuncio della sciagu-
Dio, e gli viene reso quanto gli spetta ra per il popolo, la città e il tempio,
(dr. Lc.7,29 accanto a I?,I5; I8,n). per essersi allontanati da Dio disobbe-
Ciò assicura ai xÀ.alovTeç per l'avveni- dendo alla sua volontà, al re Giosia si
promette, invece, che riposerà in pace,
re, quando Dio si manilesterà come ta-
avendo egli, dopo la lettura del ritrova-
le, la sua clemenza e la sua comunione, to libro della legge divina ( 2 Reg.22,8
mentre, viceversa, a coloro i quali ora ss.), 'pianto' davanti a Dio (ExÀ.a.ucra.ç
non si danno pensiero di Dio, questi, È'JWmov ɵoi:i, v. 19); tale pianto è
accolto da Dio come segno di umilia-
rivelandosi, farà conoscere la loro per- zione. Questo ci riporta al v. l 1, nel
dizione e cagionerà ·un xÀ.alnv tanto quale non si parla di lacrime, ma solo
maggiore, quanto più essi si sono sen- del gesto di stracciarsi le vesti in segno
titi. sicuri sulla terra (cfr. specialmente di afilizione (cfr. anche 2 'Eo-op. 18, 9
ss.; Tob.3,1). Soprattutto sono da ri-
lac.5,r ss.; Lc.I6,r9 ss.; 18,14). Il com- cordare i tre passi menzionati nella -7
pleto rivolgimento di tutti i valori, tan- n. 1, dove XÀ.Clli::w nel cod. B rende tre
to sicuro quant'è .vero che Dio esiste e volte l'ebraico qr', lett. 'gridare'. In
Iud.9,7, cod. B, la presenza di xÀ.alrn1
che fa venire il suo giorno (cfr. Le. 1, è ancora umanamente comprensibile
51 ss.) 5, non lascerà che si dubiti dove nella situazione in cui si trova Iotam,
è 1a vera e dove la falsa sicurezza. sebbene le sue lacrime siano piuttosto
di collera che di lamento. Invece in Iud.
Questo uso di xÀ.alew è già corren- 15,18; 16,28 (cod. B) il termine descri-
te nell'A.T. 6 • Quando Ezechia, amma- ve unicamente il grido d'aiuto rivolto
1ato a morte, riceve da Isaia ]'annuncio a Dio in una situazione in cui lui solo
della sua morte prossima, b:À.rwcrev può soccorrere (il cod. A ha tutt'e due
xÀ.avi}µcfi µeyaX~ (wajjebk bek'ì giidr3l, le volte, con maggiore aderenza al con-
2 Reg.20,~; Is.38,3), e per questo Dio testo, ~B6ricri::v ). Ancor più chiaro è Os.
gli concede un altro po' di vita ( 2 Reg. 12,5; gui, infatti, si dice che Giacobbe
20,5 s.; Js.38,5). Anche se qui le lacri- fin} per prevalere sull'angelo nel com-
me son dovute all'angoscia mortale del battimento notturno (Gen. 32, 22 ss.),
re, il racconto fa ben comprendere co- perché pianse (bkh, xÀ.ttli::w) e implo-
biblico e biblico di :JGÀ.tttELV risulta dun- za di questi termini esprime tutta la lo-
que evidente quando si consideri an- ro forza . Gli uomini, a cui essi si riferi-
che l'uso figurato del termine: nella
Bibbia significa il riconoscimento e l'af- scono, godono di una manifestazione
fermazione della dipendenza da Dio; di Dio 22 , che comporta riconoscimen-
nella grecità, invece, è solo un efficace to e sottomissione; ma ne avranno sof-
termine descrittivo per indicare la ne-
cessità di sopportare una penosa situa- ferenza, perché conosceranno ciò che
zione, in cui forse ci si è cacciati da sé. han fatto quando non aderirono alla sua
La ragione di ciò è che fuori della Bib- volontà, rifiutando la comunione con lui
bia i xÀ.alov·m; non hanno, nella loro (cfr. Lc.13,23 ss., specie il v. 28).
desolazione, rapporto con un Dio che
volga verso la salvezza, secondo un pia- Anche la parola di Gesù alle pie don-
no eterno, i destini degli uomini. ne che piangono su di lui, nella tradi-
Se consideriamo l'uso linguistico di zione propria del terzo Vangelo (Le.2 3,
xÀ.ttLEt\I nel N.T., vediamo che la sua 28), acquista tutto il suo significato so-
importanza teologica è rilevante negli lo se si tien presente l'uso di xÀ.et.lEw
annunci di sventure per gli uomini, in che abbiamo lumeggiato. Dicendo che
quanto esso provoca il risveglio della le donne bc6m:ovto :x:at Èfip1}\louv ( 2 3,
conoscenza di Dio, e fa intravvedere le 2 7 ), l'evangelista vuol descrivere la
conseguenze della loro perdurante em- grandezza del loro dolore e insieme
pietà nel futuro, quando saranno per il senso dell'irrevocabilità dell'angoscia
sempre separati da Dio. Perciò in que- mortale di Gesù (-> n. 20 a x6'TC"tECT-
sti contesti xÀ.alEL\I è sempre accompa- -frccL). Esse piangono perché non com-
gnato da altri termini che esprimono prendono come Dio possa permettere
prnpriamente l' afilizione, specialmente quanto vedono in Gesù. Ma Gesù non
'TCEVilELV (Lc.6,25; lac.4,9; Apoc.x8,II. vuole che piangano su di lui a causa
15.19) 17, oltre a frpl)VELV (Jo.16,20) 18 , della sua sorte. Non lui dà motivo al
'tttÀ.ttmwpE~v (lac. 4, 9) 19, oÀoÀ.VSELV xÀ.alew, lo danno piuttosto loro stesse
(Iac.5,x), x67t'mri}m (Apoc.18,9) 20, À.v- seguendolo. Il cammino verso la croce
1tELO'i}aL(lo.x6,20)21. Solo la compresen- dà compimento al piano di Dio 23 ed è
17 Su Apoc.18,n ss. cfr. Ez.27,30 ss. ne.vltEt\I tavia x)..a.(EL\I si riferisce al pianto su una mor-
accanto a x>-.a.lm1 anche in 2 'Ect8p.18,9. ta, mentre x6rt'tEcrDaL riguarda il compianto
13 Cfr. Tob.10,4.7 (cod. S). Su Io.16,24 ~ n.
solito a farsi per un morto.
24; il passo si può richiamare qui solo con
21 Cfr. Tob.7,6.
precisi limiti.
19 Cfr. anche Iac. 5,I, dove compare 'Ta),.aL-
22 Lc.6,25 pone in primo piano la ~a.O"LÀe.la.
1tWpla. -rou i>Eou, mentre in Jac._5,3 sono le fox.a.-.ocL
° Cfr. 'IEp.41,5. Lc.8,52 presenta l'uno accan-
2 1Jµ~pocL
e in Apoc.18,1 il giorno del giudizio
t.o all'altro entrambi i termini (cosl anche Flav: di Dio a essere messi in evidenza.
Ios., a11t.13,J99; ScHLA'fTER, Lk.90); qui tut- 23 Cfr. su ciò Lc.17,1 s.
x>..avl)µ6c; (K. H. Rengstorf)
la sua gloria 1~. Se dunque le donne di In Ier.3,21 esso è presente nel richia-
Gerusalemme piangono su di lui, non mo a penitenza: q:iw"Vi) Èx XE~À.Éwv Ti-
xoucrfrn xÀa.ufrµou xa.L OETjCTEWç ULW'V
fanno che riconoscere la responsabilità 'fopo:fiÀ., o-rt i)olxT)o-a.v f.v 'ta.i:c; éooi:c:;
del loro popolo nel metterlo in croce; aiJ'T:Wv, «s'è intesa una voce di lamento
esse infatti facendo cordoglio su di lui e di preghiera dei figli d'Israele, poiché
attestano di non capire quel che sta av- nelle loro vie han commesso l'ingiusti-
zia». Se qui in xÀ.a.ui)µéc; si può avver-
venendo 25 • Poiché saranno i loro :figli a tire l'inizio della conversione, in '!Ep.
doverne sopportare le conseguenze, Ge- 38, 9 il xÀ.a.ufrµéç ottiene risposta e
sù le esorta a piangere su di essi. Così compimento neJla 1t<X.paxÀ:r1crtç ad ope-
ancorn una volta Gesù chiama a peni- ra di Dio. In 2 Mach.13,12 si descrive
l'atteggiamento del popolo che invoca
tenza, come già aveva fatto quando, al da Dio assistenza e aiuto pregando per
momento di entrare come re, alla vista tre giorni µe-rà xÀ.avfrµou xa.t VT}O"'t"E~
della città era scoppiato in pianto, per- wv xat 7tp01t'tWO"EWç. In questo come
ché essa vedeva in lui un nemico, men- in altri casi 2 xÀ.a.vfrµéc; denota la pron-
ta adesione alla volontà di Dio, nella
tre era l'unico che poteva darle una pa- certezza che egli vuole ciò che giova i:;l-
ce duratura (Lc.19,41 s.). la salute dei suoi.
4 Cfr. L. COHN-1. H m NllMANN, Schrifte11 der iii· ziamento, che aveva luogo immediatamente
disch-hellenistischen Literatur 4 (1923) 30 n. 3. prima, dr. b. Ber. 46 a, 47 a; ;. Ber.IO a, I2 a.
5
Cfr. b. Ber.39 n b, 47 a. Ma la conclusione che x)...ti,y significhi in Paolo
l'offerta del sacrificio, nel senso di sacrificare,
6 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 687, II 619 s., IV
consacrare benedicendo (K. G. GOETZ, Die heu-
70, 621 ss.; G. BnnR (~nota bibliogr.) 96; E. tige Abendmablsfrage ... [-7 nota bibliogr.]
,D.GOLDSCHMIDT, Die Pessach-Haggada (1936) 186 ss.; In., Das Abe11dmahl ei11e Diatheke
27,70. Jesu.. .? [ ~ nota bibliogr,] 14), va oltre l'uso
7 Vedi ZAHN, Mt. a 26,26; DALMAN I xz5 s. linguistico di paras.
'Frazione del pane' può anche significare la di- s In Mc.6,41 e Lc.9,16 xa~a.x)..éiv è sinonimo
visione dcl pane unita alla preghiera di ringra- di xÀ.éiv, dr. fa.19,12; lob 5,4 (Simmaco).
xMw (J. Belun)
9 Cfr. Theophylact., a Act. 27, 35 (MPG r25, /regit et dedit lacobo imto et dixit ci: frater
836 d): XÀ.WµEV 't'bv lip'tov btL 'tb µE'ta<TXELV mi, comede pancm tuum, quia rcsurrexit filius
-tpoipfjc;, e ]EREMIAS, Abendmahlsworte 47 n. hominis a dormientibus (Hier., vir. ili. 2), e
5· per la 1ta.p&.8oaic; di una cena di Gesù con i
10 Vedi anche S. KRAUSs, Talmudische Ar- discepoli in carcere, narrata da Epifanio (fram-
chiiologie I (r9ro) ro4s., III (r912) 5r. Inesat- mento di una lettera edita da K. HoLL, Ge-
to R. OTTo (-7 nota bibliogr.) 264. sammelte Au/siitze zur Kirchengeschichte 2
li Cfr. STRACK-BILLERJIECK I 687, IV 625 ss.
[r928] 206 righe r9 ss.): ~x),aO"EV &p-cov \(IL-
lòv xa.L cn>VEYEOO"<.t:to µE't' a.<n:wv lv Tli q>IJ-
12 A proposito dell'espressione tyvwo-DiJ au- Àa.xij.
'toi:c; b 't'TI xl&.cm 't'OV lip'tOIJ, dr. per la lin- 14 L'idea, spesso ricorrente, che la frazione del
gua BL.-DEBR. § 220, 2 e Io.x3,35, per il fatto
pane nella cena sia un simbolo dell'uccisione
in sé -7 n. 7; -7 m, col. n73; STRACK-BILLER-
del corpo di Gesù, è un theologt1menon del
DECK IV 74; A. SEl!BERG, Das Abendmahl ("°'
tutto estraneo al N.T. Lo troviamo una sola
nota bibl.) 107. Diversamente, ma senza un
volta nei codd. 5ll Gd, che aggiungono xÀwµe-
sufficiente e sicuro fondamento, ]OACH. ]ERll- vov a 'tÒ crwµa. 'tÒ ÙltÈp ùµw\I in I Cor. I I,24
MIAS, Jesus als Weltvol/ender (1930) 78 e A· (riferire 't'Ò vnÈp ùµwv xlwµEvov a -cou-.o
bendmahlsworte 47 n. 4. [scii.: pane] come vuole GonTZ, Die heutige
13 Parimenti per l'apparizione del Risorto a Abendmahls/rage... ["°'nota bibl.] I55 s., 187
Giacomo, che aveva giurato di non mangiare s. e Das Abe11dmahl eine Diatheke Jesu...?
più pane dall'ultima cena con Gesù fino alla [ -7 nota bibl.] r6 ss., per dimostrate in tal
risurrezione, quale è nm:~ata nel Vangelo se- modo l'autenticità di xlwµEvov, è far violen-
condo gli Ebrei: tt1lit pa11em et benedixit, ac za alla lingua e alla tradizione del testo).
5II (IIl,729) xMw (J. Behm)
15 La sezione in prima persona plurale di Act. tacombe dì Priscilla a Roma; dr. J. W1LPERT,
20,5 ss. si colloca nello stesso quadro di x Cor. Fractio panis (1895) e Die Malcreien der Ka-
16 }EREMIAS, Abendmahlsworte 47 s., conside-
takomben Roms (1903) 285 ss., nonché le spie-
ra la locuzione 'frazione del pane' in Le. come gazioni di SCHERMANN (~ n. bibliogr.) 178 e di
un'allusione velata, per nascondere ai non cri- H. LncLERQ, art. Agape, in Dictionnaire d'ar-
stiani 1' arcano della cena cultuale cristiana. chéologie chrétiellile I 797 s. Ma i banchetti
per i morti (sul modello dei parentalia roma-
Contro questa opinione sta il significato non
ni?) si svolgevano nella forma di una cena ce-
cultuale di xÀ.iiv e di xÀ.a<rL<; 'TOV ltp"t'ou in lebrativa; dr DRF.WS, RE3 v 571 s. Di qui non
Lc.i4,30.35; Act.i7a5, per non dire quanto si può in nessun modo concludere ad un rap·
sia inverosimile che Luca, pagano convertito, porto originario tra la cena e i banchetti per i
si sia ponito servire di un'espressione giudeo- morti precristiani; cfr. contro LECLERCQ, o. c.
palestinese. 775 ss., K. VOLKER e~ nota bibliogr.) 48 s.
17 Che qui la frazione del pane abbia luogo in 18 Vedasi a questo proposito R. A. LIPSIUS,
banchetti per i morti, ha qualche analogia con Die apokrypben Apostclgescbichten 1 (1883)
la rappresentazione della fractio panis delle ca- 338 ss.
xMw (] . Behm}
(ofiti) 19• Ma ben presto prevalse per la so di Act. 2, 42. 46, dove si parla della
celebrazione della cena il termine -7 eu- quotidiana comunione di mensa dei pri-
xcxpicr'tla. (cfr. Did.9,r; Ign., Eph.13,r,
Phld.4, Sm.8,r; Iust., apol. 66,I ecc.), mi cristiani in Gerusalemme (-7 coli.
che è un termine tecnico venuto in uso 5ros.), non ba nulla a che fare con la
più tardi nella chiesa greca. Successiva- celebrazione liturgica della cena, tanto
mente nelle liturgie la frazione del pane
più se si considera che la comunità pri-
si è perfezionata in un rito indipendente
accompagnato da preghiere, che poi di- mitiva celebrava ogni anno, alla sera del
venne anche simbolo della morte vio- 14 di Nisan, la cena come Pasqua cri-
lenta di Gesù 20 • stiana 22 •
b) I racconti della cena 23 conservati
C.LA CENA
NEL CRISTIANESIMO PRIMITIVO
nella tradizione si dividono in tre tipi:
Paolo, Marco (Matteo) e Luca. Il testo
r. Le fonti di Paolo è quello più antico, e in I Cor.
a) Oltre al racconto della cena tra- 11,23 viene espressamente indicato co-
mandatoci in diverse redazioni (I Cor. me una tradizione ormai fissata, risalen-
rr,23-25; Mc.14,22-25; Mt.26,26-29; te indirettamente a Gesù 24 • Questo te-
Lc.22,15-20), vanno tenuti presenti que- sto, come pure quello di Marco, che nei
sti altri passi del N. T.: I Cor. IO. rr; tratti fondamentali coincide con Paolo,
16,2ob. 22 b; Act.20,7.rr; Io.6, specie può essere riportato ad un'antichissima
i vv. 51 ss. (-7coll.531-544) 21 , nonché forma aramaica originaria, derivante dal-
alcuni paragrafi. della Didaché, di Igna- la tradizione della comunità primitiva
zio e di Giustino -7 coll. 544 ss.). Il pas- sul racconto della passione 15• A questa
19 Cfr. anche F. ] . DoLGER, IX0Yl:: II (1922) (1928) 54; ZAHN, Ag. a 2,42.46. Cosl ancora in
536 ss. e indice, s.v. xÀa<rai -.ò'J &p-.ov; ID., Afraatc, dr. P. ScHWEN, A/rahat, seine Perso11
Antike und Christe11tum l (1929) 29 s. tmd sein Verstii11dnis des Christentums (1907)
20 Cfr. il materiale in SCHERMANN (-'> n. bibl.} to6.
:c82 s. cfr. 33 ss.) e CABROL (-'> nota bibliogr.) 2l Per la loro valutazione vedasi soprattutto
2ro5 ss., e inoltre B. STEPHANIDES, Biti t1ber- KtosTERMANN, Mk., Mt. e Lk., ad l.; LIETZ-
1est der alten Agapen in den griechischen Kir- MANN (-'> n. bibliogr.) 2r3 ss.; M. DrnELIUS,
che: ZKG 3, Folge 3 (r933) 6rn ss. Die Formgeschichte des Evangeliums'- (1933)
21 Prescindiamo qui da passi quali I Cor. 12, 207 ss.; OTTO (-'> n. bibliogr.) 223 ss.; }ERE-
13; I Petr.2,3 (-7 II, col. 427); Hebr.r3,10 e~ MJAS, Abendmahlsworte 42 ss.
iv, col.630); Apoc.3,20 (-'>II,coll.826s.); Io. 2l ~ li, coll. II85; n88 ss.; dr. }ERBMIAS,
r5,r SS. (-'> I, col. 926); 21,9 ss.; I fo. 5,6 ( ~ Abe11dmahlsworte 72 ss.
I,col. 468), che sono stati posti erroneamente 1s Il racconto della cena non deriva da una
in rapporto con la cena o che hanno con essa leggenda cultuale etiologica, ma s'inserisce nel
una relazione dubbia. contesto della storia della passione, come risul-
22 Cfr. Tu. ZAHN, Forschungen zur Geschichte ta, tra l'altro, dalle indicazioni cronologiche di
des fll.lichen Ka11011s 4 (1891) 283 ss.; Io., Ein- r Cor.n,23.25; cfr. J. FINEGAN, Die Oberliefe-
leitung in das N.T. 3 u (1907) 463 s. 473.518 ss. rung der Leidem- zmd Au/erstehungsgeschichte
532; ID., Gr1111driss der ··nt.liche11 Theologie ]ew ( 1934) 67 s.
515 (m,730} xf..O:w (J. Belun}
forma originaria risale quanto hanno in une e alle altre una disposizione simme-
comune Paolo e Marco: r. la cornice trica, adeguando la formula pronuncia-
narrativa: Gesù prese il pane, pregò, lo ta sul calice a Ex.24,8. Le aggiunte più
spezzò e disse una parola di spiegazio- o meno cospicue al racconto originario,
ne; prese un calice, pregò e pronunciò che troviamo in Paolo, Marco e Mat-
una parola di spiegazione; 2. la formu- teo "19, non offuscano la tradizione, ma
la di spiegazione delle parole pronun- sono in parte testimonianze importanti
ciate sul pane e sul calice, e probabil- delle concezioni e delle usanze che già
mente 3. una parola di contenuto esca- nel primo periodo apostolico sono con-
tologico, di cui troviamo un cenno in nesse con la cena; soltanto, bisogna ve-
Mc.14,25 e in I Cor.rr,26. Mentre il te- dere se interpretano in modo autentico
nore della parola esplicativa sul pane l'istituzione di Gesù.
coincide nei due testi («questo è il Il testo genuino di Luca (Lc.22,15-
mio corpo»), l'esplicazione pronunciata 19 a, cod. D, it) 30 si distingue in manie-
sul calice nella forma di Marco («que- ra sorprendente dal racconto originario
sto è il mio sangue dell'economia [di tramandato da Paolo e Marco in quanto,
Dio]», diverge fortemente da quella di se da un lato si presenta abbreviato, dal-
Paolo («questo calice è la nuova eco- l'altro aggiunge un ampliamento. Luca
nomia [di Dio] in forza del mio san- infatti interrompe il racconto della ce-
gue») 26 • A favore del carattere origina- na con le parole «questo è il mio cor-
rio della forma paolina 27 è decisiva la po», ma prima del gesto sul pane ag-
sua indipendenza, che non ha nulla di giunge una pericope in cui si parla del-
artificioso, per cui le parole relative al 1'ultima Pasqua di Gesù con i discepo-
calice si distaccano da quelle relative al li (vv. lJ.q) in una prospettiva esca-
pane, mentre nella forma adottata da tologica di compimento del regno di Dio
Marco 23 si palesa l'intento di dare alle (vv. 16.18). In entrambi i casi Luca si
26 ~ 1, coli. 468; n, col. 1090. -IMV'tW\I aù'twv; il pane e il calice sono di-
27 Così pure KATTENBUSCH, RE1 xn 670; M. stribuiti ai discepoli: À.a~E'tE ( qi&:yE'tE); tutti
DIBELIUS (~ n. 23) 208; HUBER (-7 n. bi- devono bere dal calice; alle parole sul calice si
bliogr.) 49 s.; cfr. J. BEHM, Der Begriff BLttDi)- ftggiunge : -tò lxxuw6µEvov ùn~p noì..'A.wv ('t'Ò
n Ept no)..)J.iN Èxxuw6µEvov EL<; &<pEaw à.µap-
X'l) im N.T. (r912) 60 e la bibliogr. ivi citata
'ttwv ). Alle parole sul p ane P aolo aggiunge:
alla n. 2. Anche ] EREMIAS, Abendmahl.sworte -rò U1tÈp ùµWv, mentre ripete due volte il co-
59 s. 64, dona la preferenza alla forma di M ar- mando -tou-to noLd't"E ( + 6craxL<; Èav nlVTJTE,
co, considerata in generale come la più antica, alle p arole sul calice} EL<; Tl)v tµTjv à.vaµ\ITjaw.
ma senza solide ragioni.
30 Sul problema di critica testuale cfr. la bi-
28 Ancora pit1 energica la forma abbreviata in
bliografia alla n . 23. Non vedo perché si deb -
Iust., apol.66,3: -coli-c6 fo·n -cb ttlµ&. µou. bano espungere come non originari i vv. 17 e
29 Mc. (Mt.); si indica la circostanza con lu- 19• (come fa per es. K.L.SCHMIDT, RGG2 i,8).
xl&.w (J. Behm) (m,732) 518
discosta a bella posta dal suo archetipo, gnilicativa celebrazione, che Gesù ha
Mal'co. Il processo di istituzione della solennizzato col gruppo degli intimi.
cena viene da lui accennato quel tanto
2. L'ultima cena di Gesù
che basti, perché chi lo conosce si av- con i discepoli
veda di che cosa si tratta, mentre un
a) Con ogni verosimiglianza storica
lettore pagano non sa penetrare nelle
l'ultima cena è stata un banchetto pa-
pieghe riposte del vangelo 31 • D'altra
squale. Certi tratti decisivi dell'antichis-
parte, Luca espone in tratti concreti la
sima presentazione non si possono spie-
celebrazione della Pasqua, a cui Mar-
gare se non presupponendo che la ce-
co fa invece solo qualche accenno. Co-
na si sia svolta secondo le forme esterio-
me spesso nella sua opera storica, nei
ri del banchetto pasquale. Le obiezioni
vv. 15-18 il terzo evangelista offre una
in contrario hanno troppo poco peso per
antica tradizione 32 indipendente, deriva-
poter mettere in dubbio lo sfondo pa-
ta da fonti cristiane giudeo-palestinesi,
che completa il racconto di Marco. Que- squale del pasto preso da Gesù con i
sta tradizione degna di fede conferma suoi 34•
che Gesù nell'ultima cena, prima delle b) Stando alle fonti rabbiniche, in pri-
parole eucaristiche, ha fatto l'afferma- mo luogo Pes.10, nonché agli elementi
zione escatologica di Mc.r4,25 33• In tal del rito giudaico quali risultano anche
modo abbiamo un quadro più chiaro di dal N.T., il banchetto pasquale al tem-
quanto è avvenuto in quest'ultima si- po di Gesù avveniva sostanzialmente
31 Cfr. ZAHN, Lk., ad I.; ScHLATTER, Theol. d. (~ n. bibliogr.) 49.71.79 ss.; HuPFELD (~ n.
Ap. 520; ]EREMIAS, Abendtnahlsworte 45 ss. bibliogr.) 54 ss. Che l'ultima cena di Gesù sia
32 Cfr. BULTMANN, Trad. 286.300.302; SCHLAT-
stata una cena del Jabbath-kidduf (come pen-
TER, Lk. 420 s. (dr. 137); ]ERBMIAS, Abe11d- sano F. SPITTA, Zur Geschichte und Literatur
111ahlsworte 61 ss.; anche W. BussMANN, Sy- des Urchriste11tums I [1893) 247; DRBWS, RE1
noptische St11die11 1 (1925) 191 s. v 563; G. H. Box, The Jewish AntecedenJs o/
the Eucharist: JThSt 3 [1902) 357 ss., più re-
33 Secondo fa valida dimostrazione di ]ERE- centemente LIETZMANN, o.e. 202 ss., cfr. anche
MIAS, Abendmahlsworte 62 s. 0'1'TO [ ~ n. bibliogr.] 240 s. e BOCHSEL [ ~
34 Non è qui il caso di ripetere Ja prova, che n. bibliogr.] 56), è un'ipotesi insostenibile, e
si può trovare specialmente nelle ricerche di tale è pure la supposizione che si tratti di una
ME.RX (~ n. bibliogr.) n 2,416 ss.; D. CHWOL- cena fraterna, J;aburli (cosi anche LIETZMANN,
SON, Das letzte Passahmahl Christi ( 1908); o.e. 228; OTTO, o.e. 235 ss.). Cfr. la dimostra-
DALMAN I 80 ss. 98 ss. II 8 ss.; STRACK-BILLER- 2ione in }EREMIAS, Abe1id111ahlsworte 18 ss.
JJECK xv 41 ss. n 812 ss.; ]EREMIAS, Abend- La cena di Gesù non ha alcun ·rapporto ·nem-
mahlsworte 5 ss. Per gli argomenti in contra- meno col banchetto in comune degli esseni
rio, che questi studi hanno invalidato, dr. (cfr. specialmente Flav. Ios., bell. 2,129-x33;
WELI..HAUSEN, Mk., 108 ss.; Io., Einleitung (~ inoltre BoussBT-GRESSM. 460 s.; W. BAUER,
n. bibliogr.) 130 ss.; IlEER. (~ n. bibliogr.) 92 art. Esse11er, in PAULY-W. Suppl. IV [1924)
ss.; LmTZMANN (~ n. bibl.) 2n s.; HunER 424 ecc.).
xMw (]. Behm) (m,732) 520
in questo modo 35• Preparato ed alle- dr. Deut. I6,J) 41 e delle erbe amare
stito regolarmente per almeno 10 per- («perché gli Egiziani hanno reso amara
sone, ci si mette a tavola per il ban- la vita dei nostri padri in Egitto»). I
chetto, che a Gerusalemme deve aver commensali che festeggiano la Pasqua
luogo la sera del I4 Nisan 36• Il padre devono avere ben presenti i miracoli
di famiglia apre la cerimonia con due operati da Dio nel condurre gli Ebrei
benedizioni, una della festa 37 e l'altra dalla schiavitù alla libertà. «In ogni
del vino: «Sii lodato, Jahvé nostro Dio, epoca l'uomo ha il dovere di conside-
re del mondo, che hai creato il frutto rarsi come uscito dall'Egitto». «Perciò
della vite!» 38 • Subito dopo si beve il noi dobbiamo magnificare, lodare, glori-
primo calice. Imbanditi i cibi (pane az- ficare, innalzare, esaltare colui ... che ci
zimo, erbe amare, passata di frutta e ha liberati ed ha liberato dall'Egitto i
agnello pasquale arrostito) 39, il figlio nostri padri e ci ha fatto pervenire a
domanda in che cosa questa notte - questa notte». E lo sguardo spazia oltre
con le sue usanze particolari - dilierisca l'esperienza salvifica vissuta nella storia
da tutte le altre 40 • Il padre risponde fa- e al presente, per spingersi, pieno di no-
cendo il racconto della liberazione dal- stalgia escatologica, nella salute futura:
l'Egitto, un racconto che comprende la «Cosl Jahvé, nostro Dio e Dio dei no-
spiegazione della Pasqua {«perché Dio stri padri, donaci di godere le feste a
è passato per le case dei nostri padri in noi concesse in pace, lieto della costru-
Egitto»), del pane azzimo («perché essi zione della tua città e giubilante per il
sono stati liberati» cosl in fretta, che la tuo servizio ... , e noi ti ringrazieremo
pasta non ebbe il tempo di fermentare, con un nuovo canto per il nostro riscat-
35 Cfr. MERX (--> n. bibliogr.) n 2,4.16 ss.; Bl!.ER va alla festa (vedi sopra).
(--> n. bibliogc.) 60 ss.; STRACK-J3ILLBRBECK lV
J~ Pes.ro,3.
56 ss.; JEREMIAS, Abendmahlsworte 40. Per le
preghiere cfr. anche E. v. n. GoLTz, Tischge- 40 Pes.10,4.
bete tmd Abendmahlsgebetc, TU n 14,2 b 41 Un'altra antica interpretazione, che si richia-
(1905) 5ss. ma all'espressione di Deut.16,3: «pane dell'af-
36 Pcs. ro,r. flizione», è in Flav. Ios., ant. 2,316 s. (cfr. S.
Deut. 130 a 16,3; vedi }EREMIAS, Abendmahls-
37 L'esatto tenore della benedizione della Pa-
worte 23 n. 5) e nella formula dcl siddtlT ieme-
squa non è tramandato. Una redazione valida
nita: <{Ecco il pane dell'afHizionc, che mangia-
per tutte le festività ne dà STRACK-BILLBRIIECK
rono i nostri padri usciti dalla terra d'Egitto.
rv 62, secondo b. Ber. 49 a. Chiunque ha fame, venga e mangi; chiunque
38 Pes. ro,3. Sul tenore della benedizione cfr. ha il dovere di celebbrare la P asqua, venga e
Ber.6,r; b. Pes. 103 a. La successione delle be· lo compia!» (vedi DALMAN I 127 s.). Sull'inter-
nedizioni era uno dei punti di divergenza tra pretazione degli elementi della cena come par-
le scuole di Shammai e di Hillel, cfr. Pes.10,2 te .fissa del rituale pasquale, cfr. ]ERllMIAS, A-
(vedasi STRACK-BlLLERBECK IV 61). Gli sham- bet1dmahlsworte 22 ss.
maiti facevano precedere la benedizione rel~ti-
xì..6:.w (J. Behrn)
to» 42 • Dopo il canto della prima parte vi si accenna), bevono il vino (r Cor. II,
dcll'hallel, comprendente i Ps.u3-u8, 25; Mc. 14,23.25; Le. 22,17), secondo
si beve il secondo calice. A questo pun- quanto il rituale della pasqua ptescrive
to il padre di famiglia prende il pane az- persino ai poveri 48 ; 2. le parole esplica-
zimo e pronuncia su di esso la benedi- tive concernenti la storia della salvezza
zione: «Lodato sii tu, Jahvé nostro Dio, sono collegate agli elementi dcl convito
re del mondo, che fai germogliare il pa- (I Cor. l1,24s.; Mc. 14,22ss.) 49 ; 3. dal
ne dalla terra!» 43 ; quindi spezza il pa- convito, l'attenzione si porta sulla pro-
ne e lo porge ai commensali, che lo man- spettiva escatologica del regno di Dio
giano con l'erba amara e la passata di (Mc.14,25; Lc.22,16.18); 4. il convito è
frutta. È qui che incomincia il pasto espressamente designato come banchet-
vero e proprio, la manducazione dell'a- to pasquale (Lc.22,15 ), e il rito descritto
gnello, che dev'essere consumato non al v. 17 appare come un rito pasquale.
oltre la mezzanotte 44 • Terminato il pa- Di ciò abbiamo conferma nei seguenti
sto, il padre pronuncia la benedizione tratti dei racconti neotestamentari e del-
sul terzo calice, la preghiera di ringra- la solida cornice narrativa in cui sono
ziamento 45 , da cui il calice riceve il no- inseriti: r. l'ultima cena ha luogo nel
me di kos sel beriika, «calice di benedi- la notte (I Cor.n,23; Mc. 14,17 par.),
zione» 46 • Segue la seconda parte del- circostanza che non si verifica nei pasti
1'hallel e il quarto calice 47 • usuali, ma solo nella Pasqua 50 ; 2. Ge-
e) La tradizione sulla cena (~ coll. sù fa la cena a Gerusalemme, che è pie-
5 14 ss.) nei suoi tratti più antichi pa- na di pellegrini venuti per la festività
lesa il carattere pasquale del convito, in pasquale (Mc.14,13 par.), mentre nelle
quanto I. Gesù e i discepoli, contraria- sere precedenti ha sempre lasciato la cit-
mente a quanto avviene nei pasti gior- tà; l'agnello pasquale infatti può esser
nalieri {inMt.u,r9 probabilmente non mangiato solo in Gerusalemme 51 ; 3.
42 Pes.w,4-6. Sui pensieri escatologici in occa- ta questo nome; esso vien dato in generale al
sione della Pasqua dr. anche DALMAN rr 9 s. calice sul quale si pronuncia il lungo ringra-
Per l'espressione della speranza di redenzione ziamento dopo un convito festivo. Cfr. DAL-
celebrata nella Pasqua, cfr. ancora le antiche MAN I 138; STRACK-BILLERDECK IV 628.
parole della liturgia pasquale giudaica: «Que- 47 Pes.10,7. È incerto se già al tempo di Gesù
sto anno, qui; l'anno prossimo nella terra di fosse in uso questo quarto calice.
Israele; quest'anno come servi, il prossimo an- 48 Pes.10,1 . Cfr. JEREMIAS, Abendmahlsworte
no come liberi» (DALMAN 1 166, secondo Seder 21 S.
Rab Amra11 Gaon I 38). 49 Cfr. ]EREMIAS, Abendmahlsworte 22 s.
43 Cfr. Ber.6,1. 50 Jub.49,12 ecc. Cfr. 0BPKE e~ n. bibliogr.}
44 Pes.rn,9. 58; JBREMIAS, AbendmahlsworJe 16 s.
4S Pes.rn,7. . .. s1 Cfr. DALMAN r 99; ]EREMIAS1 Abe11d111ahls-
46 Non è solo il terzo calice pasquale che por- wortc 14 ss,
xM1.w (J. Behm)
discepoli (Lc.22,15 s.): di gioia per la in sua assenza, ma anche che essi di
celebrazione comune della grande festi- nuovo siano un giorno uniti con lui nel
vità, di presentimento della morte, di convito perfetto 57•
tristezza per il commiato e di lieta cer- e) A lui, al Maestro che si accommia-
tezza per il prossimo compimento. È ta e di cui ormai i discepoli dovranno
l'ultima Pasqua che Gesù celebra in me- fare a meno quando celebreranno insie-
moria delle imprese salvifiche di Dio h Pasqua, si rivolgono le parole espli-
nella storia; nel banchetto divino del- cative che Gesù pronuncia sul pane e
l'ultimo tempo, che porta il compimen- sul vino del terzo calice: questo è il mio
to della salvezza(~ II, coll. 825 ss.; III corpo; questo calice è la nuova eco-
coll. 991 s.), il convito pasquale si rin- nomia divina in virtù del mio sangue.
noverà per lui in forma perfetta. Quan- Abbiamo qui due espressioni immagino-
to quest'idea escatologica sia radicata in se, secondo lo stile delle parabole di
Gesù, lo mostra la sua ripetizione nella Gesù 58• Ma queste parnle differiscono
seconda parola sulla Pasqua, parallela a] dalle parabole, in quanto accompagnano
v. 16, in Lc.22,18 par., che prende lo l'azione della distribuzione del pane e
spunto dal calice del vino e segna anco- del vino ai discepoli. E i discepoli non
ta una volta la linea divisoria che per si limitano ad ascoltare le parole né a
Gesù è tracciata tra l'oggi e il futuro, contemplare un gesto simbolico di Ge-
tra l'attuale celebrazione della liberazio- sù, ma mangiano il pane e bevono il vi-
ne e quella che si avrà in avvenire. Egli no che egli porge loro mentre spiega
non berrà più il vino della festa, né più quel che fa 59• Le parole e l'nione di Ge-
mangerà la Pasqua, mentre i discepoli sù e dei discepoli sono in stretto rappor-
lo faranno ancora. Gesù vuole e sa che to e formano un tutto inscindibile. Nel
anche in futuro essi si raccoglieranno corso della sera di Pasqua le parole sul
nella comunione della mensa. Nelle pa- pane e sul calice non sono pronunciate
rnle di Gesù sulla Pasqua si presuppo- in stretta successione, ma tra le une e le
ne pure ovviamente che i discepoli non altre si ha tutto lo svolgimento del ban-
solo ripetano questa comunione ànche chetto. Anche nella forma sono origina-
riamente diverse e indipendenti, e per- ~are nemmeno nel tempo che intercorre
ciò vanno prese e intese ognuna per se tra il convito di quaggiù e il convito fu-
stessa. turo: questo è il conforto che lascia ai
Se Gesù pronunciò le parole sul pane discepoli in vista del commiato; il pane
all'incirca nella forma seguente: dén è garanzia della sua presenza personale.
[hz/'] guji61.1, più che la mancanza del- La parola ptonunciata più avanti, sul
la copula (normale in aramaico) è im- terzo calice 64 , pone il calice in relazio-
portante notare il termine probabilmen- ne con la nuova òw.-01pcri. Esso rappre-
te usato da Gesù, guf, che non significa senta la nuova economia, fondata sul
soltanto corpo, ma anche persona 6 t (gu- sangue di Gesù. Il suo sangue che sa-
/6 =io stesso -......? crwµa). rà versato, la sua morte violenta (--» I,
È difficile che con l'espressione figu- coli. 465 s.; 468 s.), fa sl che il calice
rata Gesù abbia parlato del suo corpo; divenga il perno della nuova economia.
tra il pane e il corpo di Gesù non è per- Ogni volta che i discepoli bevono il ca-
cepibile il tertium comparationis 62 • Di- lice, in cui il vino è il sangue di Gesù,
verso è il giudizio da darsi se Gesù ha sono annessi alla nuova economia divi-
detto: questo (il pane) sono io stesso 63 . na, posta in atto dalla morte di Gesù.
Ogni volta che i discepoli ripetono il Il calice con il vino garantisce loro che
convito in sua assenza, egli sarà pur il loro maestro, che va a morte, è pre-
sempre in mezzo a loro, presente col sente con la pienezza della salute che
suo corpo; il pane è il pegno della sua morendo ha realizzato (-7 II, coll. rn90
personale presenza in comunione con lo- s.).
ro; mentre essi mangiano il pane che Ge- In reciproca indipendenza le due pa-
sù porge loro, egli è realmente presente role esplicative che celebrano la memo-
al loro convito. La loro intima unione ria dell'azione salvifica di Dio hanno lo
conviviale con lui non è destinata a ces- stesso contenuto nuovo, volgendosi dal
ro Cfr.
DALMAN 1 129 ss. di secondaria importanza (~ col. 508).
61 Cfr. DALMAN 1 n9 ss.; LEVY, Cbald. Wort.; li1 Cosl F . KATTENBUSCH, RE1 xrr 670; In.,
LEVY, \Y/ort.; DALMAN, Wort., s.v. guf; cfr. Der Quellort der Kirchenidee, in Festgabe fiir
anche STRACK-BILLERBECK III 366 s.; 1 827 a A. v. Harnack (I921) 169 s.; In., Die Vor-
Mt.19,23 nr. 2. zugsstelle des Petrus und der Cbarakter der
62 L'usuale riferimento del pane spezzato alla Urgemeinde, in Festgabe ftir K. Miillcr (1922)
morte violenta di Gesù non fa al caso. La pa- 347; R. SEEilERG, Abendmahl e~ n. bibliogr.)
rola, infatti, non è pronunciata al momento di 306; TR. ScHMIDT, Der Leib Christi (1919) 38;
spezzare il pane, ma quando questo si porge ]. ScHNIEWIND, Das Evangelitlm nach Markus,
perché sia mangiato. Il fatto che il pane sia N. T. Deutsch 12 (1935) a I4,22; cfr. anche
spezzato non è un elemento essenziale, cd è BucttSRL (~ n. bibliogr.) 57; H. SEESEMANN,
difficile pensare che lo spezzare il pane poss11 Der Begrifl xoww\lla im N.T. (I 933 ) 38.
contribuire a chiarite un nuovo importante <>* Tentativo di retroversione in aramaico in
concetto, trattandosi di un'azione abituale e DALMAN I 147. Cfr. la Peshitta: hn' ks' 'iJwhi
xMw(J. Behm) (m,736) 530
essa mostra che anche per gli antichi 5rns.). Da come il racconto dell'ultima
cristiani la presenza di Gesù si esprime cena ci è tramandato da Paolo e dai si-
nel dono della cena. Nella cena si atten- nottici risulta tuttavia che già da tem-
de e si invoca l' avvento del Signore. po i primi cristiani tenevano la cena se-
Poiché si esperimenta la sua effettiva condo l'istitm:ione di Gesù. Né il nome
presenza, si ha un pegno della comunio- di frazione del pane(---? coll. 509; 5rn
ne con lui, nonostante la separazione, e s.), che designa la cena in comune sen-
un'anticipazione della unione finale con za specificare se in essa si mangiasse
lui nella gloria. Il significato dell'istitu- solo o anche si bevesse, né le tracce
zione di Gesù vive qui nella sua forza isolate, a partire dal 1° secolo, di una
originaria. commemorazione della cena senza vino~
ci consentono di dire che la comunione
4. La cena in Paolo 68
col pane fosse la forma originaria della
a) Sulla cena nella comunità primiti- cena nel cristianesimo primitivo 70 • La
va, e in genere nel cristianesimo delle libertà concessa circa l'uso del pane e
origini prima di Paolo, non abbiamo del vino come elementi connessi con la
notizie dirette. La quotidiana riunione istituzione, dimostra che, se è vero che
conviviale dei cristiani di Gerusalemme, la celebrazione è completa già nell'atto
di cui parla Act.2,42.46, non è in rap- di mangiare il pane, questo principio è
porto con l'istituzione di Gesù (~ coli. stato, tuttavia, applicato falsamente.
Gesù durante la cena: ~M)È xcd xowwVl)aov Kor.324 s.; SCHLATTER, Lk.422) e l'accenno al
i]µi:v. fatto che tutti bevono, in Mc.14,23; Mt.26,27
68 Cfr. oltre :ii commenti a I Cor. xo e II, le (cfr. KLOSTERMANN, Mk.; HAUCK, Mk., ad l.).
teologie dcl N.T. e le sintesi di storia del cri- Celebrazioni della cena con pane e acqua in·
stianesimo primitivo di R. Sm:rnnRG, Abend- vece di vino si hanno, per es., in act. Pt. Vere.
mahl (-7 n. bibliogr.) 313 ss.; E. v. DOI!SCHUTZ, 2; act. Thom. 121; Cyprian., ep. 63 (CSEL n
tere della celebrazione, ha unito ad essa zione memoriale (I Cor. II, 24 s.), ma
anche nuovi pensieri, che si possono .ri- non come gli antichi banchetti comme-
durre a quattro. morativi dei morti 76, destinati a tener
73 Cfr. H. SEJ.!SEMANN, Der Begriff xowwvlcx 'carne e sangue', che Paolo avrebbe modificato,
im N.T. (I933) 34 ss. sostituendo il termine 'carne', che non rientra-
va nella sua antropologia, con quello di'corpo'
74 Su xa"ta.yyf>-.)..E~\I ~I, col. 191; KASEMANN
(--H. 68) 178. (KXsEMANN, o.e. 176; cfr. GOBTZ, Abendmahls-
frage ... [4 n. bibliogr.] 265 ss., ecc.).
15 ~ 1, coli. 46i s., ~ ('Tttpl;, 4 a-wµa.. Non è
affatto necessario pensare a una primitiva 'for- 7~ Come fa, per es., LIETZMANN, Kor. ad I. Ve-
mula' cristiana, analoga alla formula giudaica di però n. I7.
537 (111,739) xMw (J. Behm)
T1 Per il materiale tratto dalla storia della re- -)o nlvw, 71'6µa., n61nc;, no't1)piov, -)o -rp6.1tE!';a.,
ligione vedi ~ n, coli. 827 ss.; III, coli. 680 s.; -)o 'tpWyw, ecc.
I, col. 473; n, coli. 342.348; IV, coli. 172 s., do-
ve, è pure indicata Ja bibliografia; inoltre F. 78 ~I, col. 473; li, coli. 827 ss.; m, coli. 680
PFISTER, art. Kultus,jn PAULY-W. XI (1922) s., ecc.; cfr. pure E. REUTERSKIOLD, Die E11t-
2r71 ss. Vedasi ancora ~ xowwvla., ~ o{\loç, stehung der Spcisesakramente (1912) !26 ss.
539 (m,740) xMw (J. Behrn)
79 -+ I, coli. ro17. 1311; u, coll. i415 s.; nr, 81 Cfr., oltre i commentari e le teologie del N.
coll.. 1353 s. T., R. SEEBERG, Abendmahl 3r9 ss.; ID., Dog-
BO Cfr. H. HEITMilLLER, Tau/e und Abend- mengeschichte 168 s.; In., Dogmatik 451 s.;
mahl bei Paulus (1903) 50 s.; W.BouSSET (Die HEITMULLER 77 ss.; WETTER (~ n. 68) 145
Schriften des N. T. 2 3 [1917 ]) ad l.; H. \'Q'JN- ss.; VotK.ER 84 ss.; F. DucHSEL, ]ohannes und
DISCH, Paulus rmd Christus (1934) 225 ecc. der hellenistische Synkretismus (1928) 49 ss.;
Diversamente ScHtATTER, Kor.328 s. HUBER 92 ss.; SCHWEITZER, Mystik 3.52 ss.
xMw (J. Belun)
Gesù, che nella lavanda dei piedi offre giudaico e cristiano primitivo (-7 1, coli.
l' esempio dello spirito della primiera 4 6 r ss. ), l'uomo si presenta costituito
agape cristiana - dice qualcosa sulla ce- da -7 a&.p!; e cxIµa. Se anche Cristo è
na ricollegandosi al racconto della mol- costituito da carne e sangue, allora si
tiplicazione dei pani (c. 6) 82 • Il discor- può dire che nella cena è presente la sua
so sul pane di vita, che Gesù dà a chi carne e il suo sangue. E questi elemen-
crede (vv.32-58), culmina nella tesi pa- ti della persona di Cristo si presentano
dossale che il pane che egli darà è la nel pane e nel vino quali elementi del-
sua carne per la vita del mondo (v. 5 r ). la cena. Giovanni concorda con Paolo
Solo mangiando la sua carne e bevendo (~ col. 5 3 6) e come lui segue una in-
il suo sangue si consegue la vita eterna. terpretazione antropologica delle paro-
La sua carne è veramente cibo, come il le istitutive, quale era accolta in origi-
sangue è veramente bevanda. Chi ne ne; ma Giovanni va oltre Paolo, intro-
mangia la carne e beve il sangue entra ducendo nella terminologia della cena
in comunione con lui. Chi mangia lui il concetto di cr6:.p!; invece che di -7
ottiene la stessa vita divina che egli ha crwµa.
dal Padre (vv. 53-58). Ma il paradosso Il dono della cena è la -7 ~w1). La
è tolto dall'antitesi: «È lo spirito che carne e il sangue di Cristo danno la vi-
vivilica; la carne non giova a nulla» (v. ta eterna. Essi sono veramente cibo e
63). Quantunque le forti affermazioni bevanda, e devono venir consumate (Cri-
polemiche di Cafarnao 83 concernenti un sto vuole essere mangiato, v. 57: 6 -.pw·
reale mangiare (~ 'tpwyw) e bere la yw'\I µe). Chi mangia la sua carne e be·
carne e il sangue di Cristo abbiano da- ve il suo sangue entra in intima comu-
to origine all'accusa di antropofagia, non nione con lui e partecipa della vita di-
vi può essere dubbio su ciò che Gio- vina che egli ha in sé. Ma ciò non signi-
vanni pensa della cena. fica che sia la consumazione materiale
b) Cristo è personalmente presente ad operare l'unione con Cristo e il pie-
nella cena, quando si consuma il pane no conseguimento della vita (fi crà.pl;
e il vino. Secondo il modo di pensare oux wq>EÀEL ouoÉ'\I, v. 63 "). L'azione vi-
82 Jo.2r,12 s. (2,r ss.) non è in rapporto con x (1900); ZAHN, ]oh.'-• 350 n. 57; BAUER, ]oh.3,
la cena; cosl pure Lc.24,30 e i racconti sinot- excursus dopo 6,59.
tici della moltiplicazione dei pani non sono 83 Si può trascurare di chiedersi se siano rivol-
«anticipazioni delle successive cene comunita- te contro l'accusa di un convito tiesteo (~II,
rie» (HUPFELDT [ ~ n. bibliogr.] 58 ecc.). Og-
col. 828; FEINE [ ~ n. bibliogr.] 386 n. 1) o
gigiorno non si nega quasi più che Io.6 abbia
un riferimento alla cena; cfr. tuttavia H. OnE- contro la gnosi docetistica (cfr. J. BEHM, Die
IlERG, The fourtb gospel (1929) 2;;9 ss.; sulla ìohanneische Christologie als Abscbluss der
storia dell'esegesi cfr. V. ScHMITT, Dìe Ver- Christologie des N.T.: Nk7. 41 [1930] ;;83s.
heissung der Eucharistie (Io.6) bei den Vatern 597 ss.).
54.3 (m,741) xMw (]. Behm) (m,742) 544
vifìcante è tutta spirituale: il Cristo spi- morte salvifica di Gesù, traspate dal
rituale vivente si comunica nella cena e passo 6,5Ic. L'idea della comunione con
con la sua comunione dona la vita e la Cristo {6,56) si ricollega a un'antichis-
salvezza. Il Cristo glorioso, che è lo sima concezione del rito dell'istituzione.
stesso Gesù fatto di carne e sangue, è E la concezione realistica di Giovanni,
spiritualmente presente ed operante. Per ugualmente lontana sia dal simbolismo
ogni azione del Cristo giovanneo - sia sia dal sacramentalismo magico, è con-
egli incarnato (v. 63 l>) oppure glorioso forme allo spirito genuino del cristiane-
e in atto di donarsi nel pane e nel vino simo primitivo: ciò che procura il dono
della cena - vale l' affermazione 't'Ò ~ della salute non è l'atto dei commensa-
84
1t'\IEVµ6. È<f't' L'\/ "t'Ò SW07tOLOV\I {V, 63 a) • li, che mangiano e bevono, ma la pre-
Nella cena si rinnova continuamente la senza efficace del Cristo spirituale. Ma
verità fondamentale della concezione in Giovanni è più forte che in Paolo il
giovannea della salvezza: b ~ À.oyoç pericolo che l'unità storica e trascenden-
o-àpt; È.yÉ'llE't'O (I ,14 ). te di Cristo si scinda nella duplicità de-
La concezione giovannea della pre- gli elementi - carne e sangue -, che
senza spirituale del Cristo vivente, a vanno consumati sotto forma di pane e
cui conduce il duro discorso sul mangia- di vino, e che ciascuno di essi abbia per
re la carne e bere il sangue di Cristo, se stesso, in quanto elemento materiale,
sta completamente sulla linea delle idee una portata salvifica. Nell'aver piegato
di Gesù sulla cena. La colleganza delle in senso antropologico le idee riguardan-
parole illustranti il significato della ce- ti la cena, come ha fatto Giovanni (pur
na col miracolo della moltiplicazione senza cadete in conseguenze fatali), sta
dei pani, come pure il tema di Io. 6 l'origine di gravi errati nella storia del-
(Gesù, pane di vita), si basano manife- l'eucaristia.
stamente su un ripensamento dell'isti-
6. La cena nel periodo postapostolico 85
tuzione cli Gesù, in cui la promessa fon-
damentale della sua presenza era in a) Le preghiere e le disposizioni del-
la Didaché 86 per la celebrazione dell'eu-
stretta relazione con il pane. Che la ce- caristia (9,I.5), che ha luogo di domeni-
na contenga un riferimento anche alla ca (I 4,I) nel corso di un convito comu-
84 Poiché la parola e il sacramento sono mezzi 158 ss. 197 ss. 225 ss. 287 ss. ecc.; HEITMiiL-
sostanzialmente affini dell' azione di Cristo, LER 76 ss.; KNoPl', Did., e BAUER, lg11,, ai pas-
Giovanni ritiene necessaria alla salvezza anche si relativi; LIETZMANN, Messe tmd Herremnahl
la partecipazione alla cena (v. 53). 230 ss. 256 ss.; VoLKER 99 ss.
85 Cfr. le storie dei dogmi (HARNACK r4 [1909] 86 Per i problemi di storia della liturgia cfr.
231 ss. 291.462 ss.; SBRllERG 13 [r922] r69 ss. LrnTZMANN o.e. 230 ss.; VoLKER, o. c. 99 ss. ;
J0.5 ss. 354 ecc.; LOOFS' [r906] ror.r45 s. 2r2 HUPFELD 7.3 ss.
s.); inoltre GoETZ, Abendmahls/rage.._. 149 ss.
545 (m,742) xMw (J. Behm)
mortalità e di antidoto contro la morte Cor.ro,r7): µla ... aàp; 'l'Oli xuplou 1)-
si richiama ad effetti di ordine naturale µwv 'I11crou XpLcri:ou xat E\/ 'lto•1lt:nov
procurati dal pane eucaristico 83 • Anche dc; ltvwcrLv "'t"OV ai'.µa:~oc; mhou (una so-
se queste espressioni traducono formu- la ... carne del Signore nostro Gesù Cri-
le liturgiche e non sono state foggiate sto e un solo calice, per essere una sola
da Ignazio 89, per il modo pneumatico cosa mediante il suo sangue), E\/ WO"LCL·
in cui egli intende la carne e il sangue <T•l}ptov (cfr. Eph.5,2; Tr.7 ,2; Mg.7,2
di Cristo ci si può riferire a Tr.8,r (fe- ~ rv, coli. 655 s., n. 41). L'unità della
de= c;àpç 't"OU xuplou; carità = rii:µa. chiesa si rispecchia nel culto che, come
'I't}CTOU XptCT"'tou), dove vediamo l'inizio nella Didaché, è un sacrificio, un sacri-
di quel processo di materializzazione ficio di preghiera (cfr. Sm.7,1; Eph.13,1
dell'idea della cena, che poi sarà porta- ~ IV, coli. 655 s.); perciò spetta al ve-
to avanti da Iust. ap.66,2 (la carne e il scovo dirigerlo, secondo la concezione
sangue di Cristo sono la t:ùx,a.ptCT't'f)i)t:i-- ignaziana della chiesa (Sm.8,I s.).
aa. i:pocp1}, il; 7jç a.tµa. xaL a-iipxt:c; xa- c) La Didaché e Ignazio concepisco-
-rà µe-ra.~oÀ:i]v -rpécpov'ta.~ 'hµwv, «l'ali- no la cena in modo da non varcare il
mento sul quale fu pronunciata l'azione limite della credenza magica e della mi-
di grazia, dal quale, per trasformazione stica cultuale ellenistica 91 ; tale limite è
traggono nutrimento il nostro sangue e invece superato dagli Atti apocrifi, che
le nostre carni» )90• Ignazio (Phld.4) par- trasformano l'eucaristia in un mistero
la della forza unificatriée che l'eucaristia gnostico. Cfr. act. Io.109; act. Thom .27.
92
ha per quelli che vi partecipano (dr. I 49 s. r2r.r33.r58 •
J.BEHM
xÀ.a.uil"µ6ç ~ coli. 499 ss.
(~ Mpa, 1tUÀ:r1)
SOMMARIO:
a) la chiave di Davide;
A. Vari impieghi dell'immagine della chiave.nel b) le chiavi del regno di Dio.
N.T.: B. Il potere delle chiavi:
r. le chiavi del cido; r. Mt.16,r9;
2. la delega del potete di legare e sciogliere
2. le chiavi del mondo sotterraneo;
gli Apostoli; -
3. la chiave della conoscenza; 3. l'esercizio del potere di legare nella
4. l'uso escatologico dell'immagine della cristianità più antica;
chiave : 4. il potere di sciogliere.
B8Cfr. BAUEK, Jgn.219; REITZENSTEIN, Hell. rie del dogma, GoETZ, Abe11dmablsfrage... 29 )
Myst. 83.393-400; RICHARDSON, o. c. 102 s. n. s.; VoLKER, o.e. 141 ss.
IOI.
91 Lo stesso si dica per mart. Pol. 14,2. Cfr.
89 LIRTZMANN, o.e. 257, le considera come unn
LrnTzMANN, o.e. 257.
citazione dalla liturgia antiochena.
<JOSulla spiegazione del passo cfr., oltre le sto· 92 Vedasi L. FENDT (-+ n. 69) 44ss. 5oss. 59ss.
XÀElç (J. Jeremias)
Nel N.T. non si parla mai delle chia- chiave celeste è un attributo di Giano 5,
vi in senso corrente 1
, ma sempre in e nella religione di Mitra essa è attri-
buita a Aion-Kronos 6; infine, secondo
senso trascendente o metaforico. un autore neoplatonico, essa è tenuta
da Elios 7 •
A. VARIIMPIEGHI DELL'IMMAGINE Nel tardo giudaismo solo di rado tro-
DELLA CHIAVE NEL N.T. viamo la chiave del cielo come segno di-
stintivo; in Bar. gr. I r l'arcangelo Mi-
r. Le chiavi del cielo chele è detto ò xÀ.noouxoc; -t'ijc; Ba;cn-
ÀElac; 'tW\/ oupa;vwv, custode della chia-
In genere gli antichi ritenevano che ve del regno dei cieli 8 ; in Hen. hebr.18,
il cielo fosse chiuso da porte (-7 ?}upa. IV, 18 l'arcangelo Anafi.el Jahvé è indicato
coli. 614 ss.) e che certe divinità o an- come «custode delle chiavi dei palazzi
geli potessero disporre delle chiavi ce- e
del settimo cielo»; in 48 3 si afferma
lesti. In Babilonia Shamash tiene nella che Dio ha consegnato le chiavi di tut-
sinistra la chiave del cielo 2 ; in Grecia, te le camere del tesoro celeste a Enoc-
secondo una concezione che risale fino Metatron. Dio stesso, secondo Pirqé R.
al sec. VII a.C. 3 , la stessa mansione è Eliezer 34, tiene «in mano la chiave del-
assegnata a Dike 4, mentre in Italia la le stanze delle anime» 9• Ancora delle
porte celesti, ma di quelle del cielo in- 2. Le chiavi del mondo sotterraneo
feriore, si parla quando si dice che Dio
ha riservato a se stesso la chiave della L'antichità credeva che anche il mon-
pioggia 10, consegnandola solo momen- do sotterraneo, come il cielo, fosse chiu-
taneamente ad Elia 11 • so da porte (--+ 7tUÀ:ri) 12 ; chi possiede
A questa celeste chiave della pioggia le chiavi di queste porte ha potere sul
si riferisce Luca, quando scrive che «ai mondo infero.
giorni di Elia il cielo fu chiuso» (Lc.4,
Per i Babilonesi Nedu è il 'primo cu-
25 ). Il verbo passivo è qui, come spes- stode del mondo sotterraneo', che sor-
so nei vangeli, una perifrasi per indi- veglia il chiavistello che ne chiude la
care Dio, sicché si potrebbe anche tra- porta 13 • Per i Greci le chiavi dell'Ade
sono tenute da Pluto 14, Eaco 15, Perse-
durre: «Dio chiuse il cielo». La chiave fone 16 e Selene-Ecate 17; nella religione
celeste è nelle sue mani; quando elatgi- di Mitra la mansione è affidata a Kro-
sce al mondo il dono della pioggia, lo nos 18• Una funzione importante ha, spe-
cialmentè nella letteratura magica 19, lo
fa per sua bontà, e quando la nega eser- scongiuro di quelle divinità che possie-
cita il suo giudizio. Tuttavia Dio può dono le chiavi dell'Ade, fra le quali
affidare la chiave della pioggia ai suoi compare Anubis 20• I misteri di Iside-
messaggeri: i due testimoni dell' èra Osiride considerano Iside come la regi-
na degli inferum claustra 21 . Solo spora-
finale (--+ IV, coll. 96 ss.) «hanno il po- dicamente si parla delle chiavi del mon-
tere di chiudere il cielo, perché non ca- do sotterraneo nel tardo giudaismo, co-
da pioggia nei giorni della loro profe- me p. es. in Hen. slav. 42 , ree. B: «E io
vidi i custodi 22 della chiave (al singola-
zia» (Apoc.n,6). re!) dell'Ade che stavano di fronte al-
('case del tesoro'), in cui sono custodite le nni- 35; Paus. 5,20,3.
mc dci giusti defunti, si trovano, secondo Qoh. 1s KoHLER 223 .
r. 3,21, nel mondo celeste, cioè nel settimo cie- 16Ibid.
lo (secondo b. Hag. 12 b).
11Ibid.; .KRoLL (~ n. bibliogr.) 476 s.
rn b. Taan. 2 a (par. in STR.AcK-BILLERDECK 1
18 F. CUMONT ( ~ Il. 6) I 84.
437.523.737; III 3 s.).
19 Nel papiro magico di Parigi (PREISENDANZ,
Il b. Sanh. 113 a. Secondo Henoch slav. sono
esseri celesti che amministrano la chiave dei Zaub. IV 2290 ss.), ad es., l'incantatore dice mi-
tuoni e dei fulmini (40,9), le chiavi delle ca- naccioso a Selene-Ekate:
mere del tesoro della neve e dei serbatoi del &xoucrov...
ghiaccio e dei venti glaciali (v. xo) e le chiavi "tÒ crél,v'òa.Mv crou txpuljlcx. xat xÀ.Ei:Oa. xpa.-.G.i
dei venti (v. u). i}vod;a -.cx.p"ta:pouxou XÀ.E~itpa (le serrature)
12 KOHLl!.R, o.e. 222 ss.; DELL ( ~ n. bibliogr.) [KEpp~pou
27 ss. 20 KéiHLl!.R 223.
13 A. ScHOLLMl!YER, Sumcrisch - babylonische 21 Apul., met.II,2!.
Hymnen und Gebete an Samaf, in Studien zur 22 Cfr. LXX Iob 38,q: 1tuì..wpot ltoou (la le-
Geschichte und Kultur des Altertums, hsgg. E. zione Ia'ìire del testo ebraico è letta dai LXX
DRERUP-H. GRIMME- J. P. KIRSCH, 1. Erg.-Bd come Io'aré); b. Hag. 15 b: «il portinaio della
(1912) 130 s.; DBLL 28, Geenna (intermedia)», cioè del mondo dei
14 Hom., Jl.8,367; Plut., Is. et Os. (n 364 s.) morti.
553 (m,745) XÀE(.ç (J. Jeremias)
le porte come grossi serpenti» 23 • Secon- gli spiriti sono le chiavi della morte e
do una tradizione rabbinica spesso cita- dell'Ade, che Cristo risorto tiene in ma-
ta, Dio stesso tiene nelle mani la «chia-
ve dell'animazione dei morti»24 ; ma non no (Apoc. l, 18). Nell'espressione 't"Ò:c;
è certo, per quanto sia verosimile 25 , XÀEi:c; 't"OV i}a.\/a't"OU xai 't"OV ~oov i ge-
che si tratti della chiave del mondo dei nitivi non sono oggettivi («chiavi che
morti. Quel che è certo è che le chiavi
aprono la morte e il mondo dei mor-
delle 40 mila porte dell'inferno dell'èra
finale si trovano nelle mani di Dio 26 • ti» )29, ma possessivi («chiavi possedute
dalla morte e dall'Ade», qui personifi-
Nell'Apocalisse si menziona la chiave
cati! )30; infatti il N.T. non conosce un
del pozzo dell'abisso (-H, coli. 27 ss.),
significato spaziale di 11&.va-.oç,, nel sen-
cioè del carcere degli spiriti, immaginato
so di regno dei morti.. Quando compaio-
come un pozzo (Apoc.9,I; 20,1). Essa è
no insieme, iM.va'toc; e ~OTJ<; sono sem-
nelle mani di Dio 27 o di un angelo za.
pre31 personi6.cati32 • Perciò in Apoc.1,18
Prima della fine Dio farà aprire l'abis-
si parla delle chiavi che stanno in mano
so e ne scatenerà sulla terra il terribile
alla morte e all'Ade, i signori del regno
flagello delle locuste demoniache (Apoc.
dei morti. Ma se la morte e l'Ade sono
9,1 ss.) . Ma dopo la parusia Dio farà concepiti come persone, è evidente che
di nuovo aprire l'abisso, e un angelo vi il possesso delle loro chiavi presuppone
dnchiuderà Satana per un tempo di mil- una precedente lotta di Cristo contro
le anni, dopo averlo incatenato (Apoc. di essi: con la discesa agli inferi Cristo
20,1-3). ha vinto la morte e l'Ade, come dimo-
Diverse dalla chiave del carcere de- stra la sua risurrezione (I ,I 8a) 13 . La
23 In Sib.2,227 s. sono descritte la porta mas- modo per indicare il nome di_Dio e~ col.
siccia e le serrature dell'ingresso dcll' Ade; .55I). Cfr. Preghiera d , uomo 3, dove si dice di
cfr. ancora un'apocalisse anonima edita da G. Dio; O :x)..ElO"a;ç 'tTJV a~IJO"O"O\I.
STEINDORFF, TU NF 2,3 a (1899) 6,18-20. 28 Apoc.20,x. Cfr. 9,1: in questo passo la stel-
24 b. Taan. 2 a par. la è i.tnmaginata come personificata (secondo E.
25 Cfr. a questo proposito la var. 'chiave dei
B. ALLo, St. Jean, L'Apocalypse3 [1933) ad l.,
sepolcri' data da Tanh. wjr' 35 (ed. S. BuBER la stella di Apoc. 9, 1 indicherebbe Abaddon
[~ r, coll. 13 s.]).
p. ro6) e Midr. Ps. 78 § 5; dr. Tg. Qob. 9,10,
29 Cosl HADORN, Apk.; ALLo (~ n. 28); J.
dove bjt qbwrt' sta per Jc'al dcl testo.
BEHM, N. T. Deutsch, ad l.
26 Midrash alfabetico di R. Aqibà: «In quel-
30 W. BoussET, Die Offe11barung des ]ob.6
l'ora il Santo, sia benedetto, prende le -chiavi
del géhim10111 e le consegna a Michele e a Ga- (1906), ad l.; ID., Kyrios Christos'- (1921) 30;
briele davanti agli occhi di tutti i giusti e di- KROLL (4n. bibliogr.) X0-477·
ce loro: Andate e aprite le porte del géhin- 31 KROLL IO.
nom! ... Subito Michele e Gabriele vanno ed 32Testi del N.T.: Apoc.6,8; 20,13 s.; I Cor.
aprono le 40 mila porte del géhinnom» (A. r5,55, var. Sulla personificazione di i>&.va;-toç,
}ELLINEK, Beth ha-midraf 3 [ 1855] 28,9); par. dr. PREUSCHEN-BAUER3 585 s., di ~O"l)t;, ibid.
Nuova Pesiktà (ibid. 6 [ 1877] 63,23). 27.
27 Apoc.9,1: ·V.i6!h11 qualora il passivo sia un J3 BoussET1 K~OLL (4 n. )o); LQHMEYER1
555 (m,746) xÀ.Elc; (J. Jeremias)
morte, allora, non incute più terrore al- viene evidente che, <lesjgnando Gesù ri-
la comunità cristiana, perché Cristo, che sorto come il Signore del regno dei mor-
possiede le chiavi della morte e dell'A- ti, gli si attribuisce una qualità divina.
de 34, ha ora il potere di aprire le porte
3 . La chiave della conoscenza
del regno dei morti e di chiamare i mor-
Luca riferisce la minaccia di Gesù
ti alla risurrezione.
contro gli scribi: cuat uµtv "COtç VOµL-
Genuinamente protocristiana è la dot- Xotç, o..~ fipa't'E -.i]v xÀ.Ei:oa ..iii; yvw-
trina più antica sulla discesa agli in-
cre:wc; a.u-.oì oùx Elo-1)À.t7a.-.E xa.t 't'oùç
feri che, riferendosi alle Scritture (Ps.
16,8-rr = Act.2,25-28, cfr. 13 1 35), ri- e:lcrtpxoµÉ.vouc; ÈxwÀ:JO"«.'t'E, «guai a voi,
guarda unicamente il destino di Cristo dottori della legge, che avete portato
nel tempo intermedio tra la morte e la via la chiave della scienza; voi non sie-
risurrezionel5. Soltanto in I Petr.3,I9s.;
4,6, dove si spiega il fine del viaggio te entrati e agli altri avete impedito di
agl'inferi (la predicazione agli spiriti in entrarvi!» (rr,52) 39 •
carcere, 3,I 9), si possono scorgere 36 in-
flussi del mito della discesa nell'Ade 37 , Nella locuzione di Luca il gemuvo
che ritroviamo poi in Apoc.1,18, dove -tf}ç yvwcrEwc; può essere appositivo op-
si dà una nuova interpretazione della pure oggettivo. a) Nel primo caso («voi
discesa all'Ade (la lotta vittoriosa con- avete portato via la chiave, cioè la cono-
tro il signore del regno dei morti). scenza, per entrare nel regno di Dio») 40 ,
si ha l'immagine della porta che intro-
Se si considera che per il tardo giu- duce nel regno di Dio, che è il bene
daismo38 la chiave del ritorno dei morti sommo, mentre la conoscenza è unica-
mente la chiave che ne permette l'in-
alla vita è una delle tre che Dio tiene gresso. Poiché l' 'ingresso nel regno di
in mano e non affida mai a nessuno, di- Dio' è un'immagine specificamente pa-
tlpok., ad l.; W. STAERK, Soter I (1933) l28. JS Anche Rom. ro,7 si può ricordare a questo
Dei chiavistelli della terra (intesa come mondo proposito.
sotterraneo) parla anche Jon.2,7: xa:-d~'Y}\I t:lc; 36 Recentemente F. HAUCK (N. T. Deutsch) a
yljv, -ijc; ot µoxÀol a.ù-.ijc; x&:toxo~ a.l<lNLo~. I Petr. 3119.
Anche l'immagine di Is.45,2 è presa dalla lotta 37 Cfr. specialmente KROLL; altra bibliografia
di Dio con l'Ade, e l'interpretazione messianica in WINDISCH, Petr., a I Petr. 3, 20, e PREU-
deve intendere il passo in modo corrisponden- SCHEN-BAURR3 rr26.
te: µox)..oùc; <TL01Jpovc; <Tvyx)..a<Tw. Questa con- 33 b. Taan. 2 a par.
cezione si ripresenta anche in lob (LXX) 26,13, 39 Cfr. il frammento di vangelo apocrifo di P.
sebbene qui si parli delle porte del cielo: XÀ.Ei:-
Oxy. IV 655,41: [ 't1J\I x)..eil.ìa.] 't'Y}c; [ yvwcrewc;
itptL oÈ oùprt.\IOU OÈ OEl.ìolxaow (1.Ìrc6v. In ogni
E]xpu~[(l.'t'E' rl..IJ'tOT. oux] W11]À[i>rJ.'tE XttL 't'0-
caso qui si patia di potenze contrarie a Dio.
1.c;J EL<TEP[XOµEVOT.c; ou]:x: a.v[Ewl;ct'tE].
Cfr. v. 6: yuµ\lbc; ò /t&nc; !vwmov a.ù'toii, xa.t
oux. fo't'L'll 'l\Ept~6).mov 'tTI Ù7tWÀElq. [BER- 40 Cosl Ps.-Clem., hom.3,18: 't'TJ\I xÀEi:oa. 'tljc;
TRAM]. ~a.aùEla.c;... ·l'rnc; fo·'ttv yvwrnc;, il µ6V1J 'tTJ\I
3t Plurale, perché il mondo sotterraneo ha mol- 1tu)..1Jv 'tijc; ~wfjc; ò:vo'Ll;(/.,L 5ùva.'tm; 18, 15:
te porte. Cfr. Mt.16 118 ~ nù).."1], anche~ n. 1tap' 1'1.Ù'toi:c; (scil. croqiol) yàp fi x).,Elc; 'tfjc;
26. ~IX<TT.).Ela.c; 't'W\I OÙpCl.\IW\I ò:ntxEL'tO, 'tO\J'tÉ·
Y.AE!.<; u. J eremrns}
<T'tL\I 1i ')'VWCTL<; -rwv à.7topp1r~wv. Ps. Clem., Cfr. Lc.24,32.45: 0La.volym1 'tà.ç yprxq>~ (Act.
recogn.2,30 (MPG r): Gesù combatte gli scri- r7,3, senza oggetto).
bi e i farisei, quod clavem scientiae quam a 43 Questa immagine ricorre in Corp. Herm. 7,
Moyse traditam msceperu11t, occultarent, per
2 a: ~1'J'tlJO'U'tE XE~pa:ywy6v, -.òv 0811yiicrov-ra
quam possit ianua regni coelesti:r aperiri ( 2,46). uµUç É1tL 'tà.ç Ti'jç '}'VWO'EWç Wpct.ç, lS7tOIJ ~cr-rt
41 ~ 111, coll. 942 ss.; IV, coll. 6i7 ss. -.ò ),.aµ'ltpòv cpwç. Interpol. in lgn., Phld. 9,1,
42 b. Shabb. 3r ab: «RabbÀ bar Humà (intor- a proposito di Cristo: ii Wpa. -.ijç yv<llcrEwç,
no al 300) ha detto: Chi possiede la conoscen- ianua scientiae et agnitionis.
za della torà, ma non ha il timor di Dio, asso- 44 Cosl già Ps. Clem., bom., e recogn. ~ n.
miglia al tesoriere, a cui sono state consegnate
40. 45 ~ n . 42.
le chiavi delle (stanze) interne, ma non le chia-
vi di quelle esterne. Come potrà egli entrare?» 46 La lez. Éxpvljicr:rE dei codd. D (®) r57 it. sy•c
Conoscere la torà è dunque lo stesso che pos- arm. Tat. P. Oxy. (~ n. 39), invece di i]pa:tE,
sedere le chiavi. Analogamente S. Deut. § 321 è una spiegazione oggettivamente esatta, che
a 32,25, a proposito delle decisioni dottrinali ritroviamo anche in Ps. Clero., hom. (~n. 47),
dello scriba: «Una volta che ha aperto, nessu- e recogn. (~ n. 40 e 47 ).
no chiude» (vale a dire, le sue decisioni hanno
validità assoluta). La dottrina degli scribi è 47 Ps. Clem., hom.18,15 (~ n. 40): i saggi pos·
dunque l'esercizio della potestà delle chiavi! sedevano la yvw01.ç -.Glv &:7top{rij-rwv, ma 18,
559 (m,747) XÀ.Et<; (]. Jeremias)
16: &:JtÉxpu(3a.v 1'ÌlV y\IWCTLV 1'1]c; (30.11tÀ.efr1.c; ... l'espressione «la chiave della casa di Davìd»
wc; &.7tÉxpuljta.v a.ÌrtoL "t'CÌ<; òlìoùc; ò:nò "t'W\I i)e• con «la chiave del santuario e la signoria sul-
ì...Ov-cwv, o\hw xa.t à.7t' aò..wv àtcExpu'3'11 "t'à la casa di David»; S. Deut. § 321a32,25 ap-
à.7t6pP7J"t'!X (per punizione, cfr. Mt.11,25). Ps. plica Js.22,22 alle decisioni dottrinali degli scri-
Clcm., recogn. 1,54, a proposito degli scribi e bi ~ n. 42.; b. Sanh.44 b dice, in appoggio a
dei farisei: velut clavem regni coelorum ver- Is.22,22 che Gabriele è detto Siggaron, «per-
bum veritatis tenentes ex Moysis traditione su- ché, quando chiude (la porta della grazia) swgr,
sceptum, occultarunt auribus populi. Sull'eso- nessuno (la) può aprire».
terismo dei rabbini ~ n, coli. 601 s., inoltre
49 Cosl anche Tg. Is.22,22 ~ n. 48.
JoACH. }BRl!MIAS, ]crusalem zur Zeit Jesu n
B (1929) 106 ss.; In., Die Abendmahlsworte so Cfr. Lc.1,69: t\I otx~ ~oculo.
]esu (1935) 51 s. 51 ~IV, col. 618 e ibid. n. 70.
48 Contro W. BoussET (~n. 30) e HADORN, 52 Sul Bar. gr. II ~col. 561; 550 e n. 54· È
a Apoc.3,7, come pure W. STAERK, Soter I importante, tuttavia, che la locuzione xÀ.tlEW
(1933) u8. Is .22,22 è citato assai raramente "t'1)v ~a.11LÀ.Ela.v -cwv oùpavwv sia documentata
nella lett~ratura rabbinica. ll Tg., ad l., rende in Mt. 23,13.
xÀEl<; (J. Jeremias)
chiavi della porta del cielo (~ coll. 549 po di potere è quello delle chiavi, con-
s.) 53, tanto più se si tien presente che ferito a Pietro?
l'arcangelo Michele è detto ò xÀ.Etoou-
B. IL POTERE DELLE CHIAVI
xoc, (custode delle chiavi) 'tfjC, ~acrtÀ.El
aç 't'WV oÙprJ.vwv (Bar. gr. I I), per indi- r. Mt.I6,19
carne con una perifrasi il potere che ha Per comprendere quale sia il pote-
nel mondo celeste. Ma contro questa in- . re conferito a Pietro con la consegna
terpretazione sta la grave obiezione che delle 'chiavi del regno di Dio', si devo·
essa, in contrasto con l'uso linguistico no fare quattro considerazioni.
dei vangeli, come appare altrove, fa co- a) Per l'aspetto linguistico, bisogna
incidere la ~mnÀ.Ela ..-wv oùpu.vwv con osservare anzitutto che 1Wt.16,I7-19 ha
il mondo celeste, e che la locuzione uno spiccato carattere semitico, sia per
di Bar. gr. 1 r risente probabilmente di i vocaboli 56 che per lo stile (triplice
un influsso cristiano 54, e non è applica- struttura di tre righe, ognuna costruita
bile quindi all'esegesi di Mt.16,19. Se secondo lo schema : prima riga : tema;
ci si attiene all'uso linguistico dei van- seconda e terza riga: parallelismo anti-
geli, si deve rinunciare all'idea della por- tetico) 57 e per il ritmo (3x3, con l'arsi
ta celeste, e intendere la ~acnÀ.Ela 'tW\I sulla quarta sillaba, nella retroversione
oùpavwv, di cui Pietro riceve le chiavi, aramaica) 58 • Ciò è importante per giu·
come il regno escatologico di Dio 55. In dicare dell'autenticità (~Iv, coli. I537
concreto, le 'chiavi del regno di Dio' ss.) e per l'esegesi dei singoli elementi.
non hanno un significato diverso dalla Così, ad es., non si può trascurare che
'chiave di David' (~coll.559s.): tan· al greco owcrw (Mt.16,r9) corrisponde
to in Mt.16,19 quanto in Apoc.3,7 Ge· in aramaico l'impe1·fetto 'ihab o 'itten 59,
sù è colui che ne dispone. Ma quale ti- che qui ha una connotazione volontari-
5l KOHLER e~ n. bibliogr.) 214 ss.; DELL e~ -.wv oòpa.vwv implica un'immagine concreta,
n. bibliogr.) 37 s. bisogna pensare in qualche modo alle poi-te
54 W. LUEKEN, Michael (1898) 125. L'editore della futura città di Dio.
dell'Apocalisse di Bnruc greca, M.R.JAMES (in 56 JoAcH. }EREMIAS, Golgotha 69 n. :;. In mo-
TSt 5,1 [ 1897 ]), la ritiene addirittura un'apo- do particolare per il v. r9 dr.: +i ~acnÀEla
calisse cristiana del sec. II (p. LXXI). Ciò è dif- -.wv oùpa.vwv (sia In perifrasi del nome di Dio
ficile a sostenersi in tale forma, in quanto Bar. che il plurale ot oùpavol sono tratti semitici);
gr. sembra derivata da uno scritto giudaico; È\/ -roi:c; oùpa.voi:c; (plurale); SEi:'\/ e À\IEW ~ n,
tuttavia è certo che la materia ha subito una col. 894 e qui sotto.
rielaborazione cristiana. La constatazione del
57 J .LEIPOLDT, Vom Jesusbildc der Gegc11wart!
KoHLER (~ n. bibliogr.), che il concetto di
'chiave del regno dei cieli' non trova ancora (r925) II.
una documentazione nella letteratura giudaica ss C.F.BuRNEY, The PoeJry o/ our Lord (r925)
(2r8), è valida ancor oggi. rr7.
55 Se la locuzione -tàc; xÀEi:Oa<; i:ijç ~acn)..Elac; 59 Cfr. le traduzioni siriache (syc ppal: 'cttel).
xÀ.Elç (J. Jeremias)
stica ('voglio dare') 60 • La consegna del- una quarta, quella del nutrimento 65 o
le chiavi è perciò considerata non come della messe 66 • Si parla ancora della chia-
ve della pioggia che sarà in mano al fu-
un atto futuro, ma presente. turo Elia (Apoc.rr,6); delle chiavi di
b) In secondo luogo, nell'uso lingui- un re 67 , di un tesoriere 68 e delle chia-
vi che sono in possesso dei sacerdoti, in
stico della Bibbia e del tardo giudaismo quanto amministratori del santuario 69 •
la consegna delle chiavi non è l'atto con In Bar. gr. 1 r l'arcangelo Michele è det-
cui si attribuisce la mansione di por- to «custode della chiave del regno ce-
leste» (-7 col. 561 ), non perché è por-
tinaio 61 • tinaio, ma perché è un arcangelo.
Numerosi documenti ci fanno certi La consegna delle chiavi significa dun-
che la consegna delle chiavi nel linguag-
gio biblico e tardo-giudaico significa il que il conferimento del potere. Il pos-
conferimento dei poteri, la cui insegna sessore delle chiavi può, da un canto,
è per l'appunto il possesso delle chia- disporre di qualcosa (ad es., dispone del-
vi 62 • Cosl Eliacim viene eletto maggior-
domo reale mediante la consegna della la dispensa o della camera del tesoro,
chiave del palazzo (ls. 22, 22 cfr. 15). cfr. Mt.13,52) e, dall'altro, permettere
Quando di Gesù si dice che possiede le e negare l'ingresso (cfr. Apoc.3,7).
chiavi della morte e dell'Ade (Apoc. l ,
18) e la chiave di David (3,7), non si c) Un po' più innanzi ci porta Mt.23,
vuol dire che egli sorveglia la porta, ma 13, che è un passo importante per l'ese-
lo si designa come Signore del mondo gesi di Mt.16,19, in quanto è l'unico nel
dei morti e del palazzo di Dio. Nello
stesso senso si parla delle tre chiavi che N.T. che presuppone l'immagine, altro-
si trovano nelle mani di Dio: quella ve non attestata, delle 'chiavi del regno
de1la pioggia, quella delle partorienti di Dio' (-7 n. 52). Dal passo di Mt.23,
( =la chiave che apre il seno materno )63
e quella del ritorno dei morti alla vitaM, r 3 si comprende che gli scribi del tempo
a cui nella Palestina se ne aggiungeva di Gesù pretendevano di avere il potere
delle chiavi del regno di Dio (---? ancora spiegato da l9bc con una nuova imma-
n. 42), e lo esercitavano annunciando, gine: la potestà delle chiavi consiste nel
con la predicazione, l'insegnamento e il potere di legare e di sciogliere.
giudizio, la volontà di Dio depositata
Per quanto riguarda l'aspetto lingui-
nella Serittura ( ~ col. 556) e aprendo stico di Mt.16, 19bc (o Èè;,'Y ò-/io-nc; È7tL
cosl alla comunità l'accesso al regno di ·-tfjç yfjc; ifo''t'<X.L odieµÉYO'\I É'll 't'Ot<; oÙpCJ.·
Dio, cioè guidandola spiritualmente. votc;, xat o f.à.v Mo-ne; È'ltt -tilc; yijc; Ecr-
-ra:.1 ÀEÀuµÉvov Èv "t'otc; oùpavoi:c;) va os-
Gesù rimprovexa loro di non aver adem- servato che: I. vi ricorre una doppia pe-
piuto il loro compito e di chiudere, in- rifrasi del nome di Dio mediante l'uso
71
vece che aprire, agli uomini l'accesso al del passivo e di shemajjii, cieli ; 2. jehe
'asir e jehè sherè sono futuri anteriori.
regno di Dio. Come Signore della comu ·
Bisogna dunque tradurre: «ciò che tu
nità messianica della salvezza, Cristo avrai legato sulla terra, Dio lo ricono-
conferisce perciò a Pietro le chiavi del scerà (nell'ultimo giudizio) come lega-
to, e ciò che tu avrai sciolto sulla terra,
regno di Dio, cioè gli dà il potere di
Dio Io riconoscerà (nell'ultimo giudizio)
annunciare il regno. come sciolto».
Nella letteratura rabbinica 'legare' e
In Mt.16,19 vi è dunque una punta 'sciogliere' si riferiscono quasi esclusiva-
polemica. Si spiega in tal modo il sor- mente alie decisioni dottrinali della ha-
prendente risultato che una funzione laka (~II, coll. 894 ss.): lo scriba lega
esercitata da Pietro nel presente venga quando dichiara proibito, scioglie quan-
designata come 'potere delle chiavi sul do dichiara permesso. Ma quest'uso spe-
regno di Dio': è evidente che Gesù si cifico di concetti opposti, fondato sul
rifà ad una locuzione fissa 70 . carattere giuridico della letteratura rab-
binica, non può farci trascurare il suo
d) Infine va ricordato che i tre ver- originario 72 riferimento al potere del
setti di Mt.16,17-19 hanno una stmt- giudice di far arrestare e rilasciare 73 , di
74
tura tale, che ognuno di essi presenta infli~gere e revocare il bando ; in sen-
so figurato, il potere di eseguire e so-
un tema spiegato mediante un paralle- spendere (mediante intercessione) il giu-
lismo antitetico. Il v. l9 a è dunque dizio di Dio 73 • Il senso di Mt.16,19 dif-
10 Non si può dunque trarre ]n conclusione parte del regno di Dio, se persevereranno fino
che in Mt.I6,r8 s. ÉxxÀ:l')crla. e (311.cr~À.Ela. -r:wv 111la .fine (Mt.13,13) (H. WINDISCH: ZNW 27
ovpa.vwv siario equivalenti (contro H .J.HoLTZ- ( I 928) I86).
M ANN, Die ' Sy11op1.', Handkomm. zum N. T. 71 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 74r.
[19or ] 259; .WELLHAUSEN, Mt. 85; M EYER,
72 ScHLATIRR, Mt.5xr .
Ursprtmg I IX 2 n. r ; KLOSTERMANN, Mt. ad l.;
73 Documenti in ScHLATTER, Mt.510s.
anche ]EREMIAS [ ~ n. bibliogt.] 72 deve es-
sere qui rettificato), ~ IV, coll. r546 s. È tut- 74 b. M. Q. I6a e le Tosafot di epoca seriore
tavia esatto che _Mt. 16, r8 s. suggerisce uno a M en.34b (STRACK-BILLBRllECK I 739).
stretto legame tra ÈxxÀ.'T]crlcx. e ~CX.O'LÌ.Ela. -cwv 75 Deut. r. 2 a 3, 23 («Implorai pure in quel
oòpcx.vwv, in quanto l' Éx XÌ.7JO'La è la premes- tempo Jahvé»): «A che cosa possiamo parago-
sa della ~etO'Lì.Ela. (BULTMANN, Trad. I 47 n. 1), nare ciò? Ad un eparca, che si trovava nel suo
perché i suoi membri hanno la promessa di far territorio e dava disposizioni senza tener con-
xÀdç (]. Jeremias)
ficilmente si può restringere al solo po- gare e di sciogliete non era considerato
tere dottrinale, come dimostra il mo- nel periodo apostolico una prerogativa
do in cui già la cristianità più antica in-
terpretava il legare e lo sciogliere (~ particolare di Pietm 73, ma piuttosto, se-
coli. 596 ss.). Contro l'interpretazione condo Io.20,23, era esteso agli undici
restrittiva vale ancor più il testo di Mt. Apostoli. Più difficile è precisare nel con-
ro,13 ss., dove i discepoli ricevono da
testo di Mt.18,18 a chi spetti il potere
Gesù il potere di recar la pace a quanti
li accolgono, e di consegnare al giudi- di legare e di sciogliere.
zio di Dio quelli che li respingono.
Il precedente v. 17 sembra far sup-
Cosl anche in Mt.16,x9 il potere di porre che il potere di sciogliere e di le-
legare e di sciogliere è da intendere co- gare sia conferito alla comunità. Ma è
difficile che sia questa l'opinione dell'e-
me un potere giudiziario 76, come il po-
vangelista. Infatti, 1 . l'intero discorso
tere di pronunciare il giudizio sugli in- di Mt.18 è rivolto ai µa:.ihyta:.l {18,1),
fedeli e di aggiudicare la remissione ai termine con cui in genere l'evangelista
credenti. designa i Dodici 79 ; 2. in Mt.18,12ss. si
riportano le istruzioni di Gesù ai µa.-
Concludendo possiamo dire : la po-
ihrml nella loro qualità di pastori del
testà delle chiavi è il potere di ammi- gregge di Gesù, e i vv. 15-18 sembra-
nistrare la parola del giudizio e della no esserne una continuazione diretta:
grazia. oltre all'amore premuroso, il compito
di guida esige pure l'esercizio della di-
2. L'estensione del potere sciplina; 3- in Tit.3,ro (dove si prescri-
di legare e sciogliere agli Apostoli ve un provvedimento disciplinare ana-
logo a quello di Mt.18,15-17, ~ coll.
Il passo di .Mt.18,18 è certo da porre 569 s.) il rappresentante legittimo degli
in relazione con Mt.16,19, e forse an- Apostoli non è la comunità, ma colui
che con lo.20,23, che presenta un'ana- che esegue la scomunica.
loga, duplice struttura antitetica n. I Si dovrebbe perciò supporre che an-
due passi mostrano che il potere di le- che in Mt.18,18 - come in fo.20,23 -
to del re, il quale poi le eseguiva (cioè, le rico· gregge, deve sciogliere (a loro) tutti i legami
nasceva). Egli mandava libero (pwdh) chi vo· dei loro ceppi».
leva, e chi voleva faceva arrestare (!.Jwbs). Co- 76 --+ n, col. 895, dove tuttavia l'interpretazio-
sl anche Mosé. Fintanto che era nella sua cir- ne della potestà di legare e sciogliere è troppo
coscrizione, faceva arrestare chi voleva, poiché strettamente collegata al bando dalla comunità.
sta scritto (Nt11n.r6,33): 'Essi (Kore e i suoi n Solo con una trasposizione. Mt. dà la pre-
seguaci) sprofondarono vivi con tutto ciò che cedenza alla potestà cli legare (0E~v-Mm1), Io.
avevano', e mandava liberi chi voleva, poiché al potere di remissione (a<pLÉVctt-xpct'tE~v).
sta scritto (Deut. 33,6): 'Ruben viva e non
73 Senza sostanziale importanza è il fatto che si
muoia'» (A questo passo rimanda ScHLATTER,
Mt. 5n ). Cfr. ancora Dan. 13,9 s. (detto del parla soltanto della delega ad altri della pote-
direttore di campo ~ m, col. 783): «Abbia stà cli legare e sciogliere (non del potere delle
pietà di loro come un padre per i suoi figli ... chiavi).
e... tutte le loro ... colpe. Come un pastore del 79 BuLTMANN, Trad.369.381.
ùElc; (J. Jeremias)
siano gli Apostoli a ricevere il potere di Mt.18,17. Questo procedimento non mi-
legare e sciogliere. rava soltanto ad impedire decisioni af-
frettate, ma soprattutto doveva garanti-
3. L'esercizio del potere di legare
nella cristianità più antica re che non venisse tralasciato alcun mez-
zo per riportare sulla retta via il fratel-
Secondo l'attuale contesto di Mt.18,
lo sviato 82 •
18 la potestà di legare è stata intesa nel-
le comunità di Palestina e Siria come il L'esclusione avveniva nelle forme più
potere di escludere dalla comunità. Pri- diverse: maledizione (Act.8,20 s.), ana-
ma dell'esclusione si esperivano tre ten- tema (Gal.1,8-9; I Cor.16,22) 8l, conse-
gna a Satana (I Cor.5a-5; I Tim. 1,20
tativi di correzione, di cui non esiste ~ II, coli. u8r ss.). Essa aveva luogo
nella sinagoga un'esatta analogia 80 : ri- per gravi mancanze morali (I Cor. 5, 1
prensione a tu per tu (~ ur, coli. 3 9I ss.; Mt.18,15; Act.8,18 ss.) o quando si
ss.), in presenza di testimoni, davanti falsificava il vangelo (Gal. 1,8-9; Tit.3,
9s.)s4_
alla comunità; se anche la riprensione
pubblica risultava inutile, allora aveva In Jo.20,23 h il potere di legare {«se
luogo l'esclusione (Mt. 18, 15-17). Un ad uno voi riterrete [i peccati] 85, Dio P.6
procedimento analogo è prescritto an- li ha [loro] ritenuti [scil.: per il giudi-
che in Tit.3,10: «L'eretico, dopo una zio finale]») - si confrontino le parole
o due ammonizioni, espellilo» (~ 1ta- di Gesù risorto in Lc.24,47 e nella chiu-
81
pa1/'tÉoµaL, I, col. 5 26 ) : qui si dovrà sa non autentica di Mc. 16,16 b - sem-
ritenere che l' espulsione sia decretata bra da porre in relazione con l'annuncio
in un'assemblea comunitaria, come in del giudizio al mondo incredulo.
87 Io.20,23 è l'unico passo nel IV Vangelo in nel nostro passo, cfr. P. JouoN, L'fivangile de
cui si parla di aq>iÉYIXt 'tÙç àµrxp-.(aç. Notre-Seignct1r ]ésus-Christ (Verbum Salutis
88 Cosl il cod. B, aq>lEV't<Xt K 0 pm. il perfet- V) (1930) 593·
to à.cpÉwv-.at (A. D . al) è forse per analogia 90 ~n.86.
lore, Aesch., Prom. 8 (i;Ò 1tUp); Eur., diss.r,9,15; b. colui che agisce di nasco-
Rhes. 502 (a:yaÀ.µa); Hdt., 5,84; Xe- sto, con astuzia, Soph., Ai.rr35: XÀ.É7t-
noph., an.7,6,41 (xp-fiµa.-.a, qui = sot- -r11c; yàp a.ui;ov '1;'l']q>01tOtÒc; 'l)ÙpÉi)'l]ç, «tu
trarre), animali (P.Oxy. I 139,19) o uo- fosti trovato come uno che rubò i voti
mini; in quest'ultimo caso è meglio tra- altrimenti destinati a lui» ( = un giu-
durre il verbo con 'rapire', Pind., Pyth. dice bugiardo).
4.445 (M-l}oELav). Oggetto di :x:À.É1ti:w
possono essere ancora: luoghi (Xenoph., Nei LXX xÀ.É7t't"ELV indica uno dei
an.4,6,11,=occuparc con astuzia, senza peccati capitali, insieme a uccidere, com-
farsi notare) o situazioni (Aristot., re- mettere adulterio e giurare il falso (Ier.
thorica ad Alexandrum 36 p . 1440 b 21, 7,9). Perciò il comandamento où xÀ.É-
= procurarsi carpendo ). ljiEtc; ha valore assoluto: Ex.20,14; Deut.
5,19; cfr. Lev.19,11 (al plurale); Is.I,
b) Più in generale il verbo significa 23; dr.Philo,decal.135; 138; qr. Pos-
truffare, ingannare (con adulazione), af- sono venir rubati oggetti di valore, co-
fascinare, Horn., Il. l,132 (v6~); Hes., me argento e oro (Gen.44,5.8; Ex.22,6
theog. 6r3; Aesch., Coeph. 854 (othot s.), animali (Gen.30,33; Ex.21,37; dr.
cppÉv' àv :x:À.ÉtVEtEV ... ); Soph., Ant. 681; Philo, spec. leg.4,12), uomini (Gen.40,
1218; Aeschin., or. 3,35 (xÀ.É7t'tOV"t'E<; r5; Ex.21,r7; Deut.24,7 ecc.; dr. Phi-
-rijv à,:x;poa<nv = sedurre l'orecchio); lo, spec. leg. 4,13), il bottino di guerra
Sext. Emp., math., ed Bekker 39 (-rà.ç votato al Signore (Ios.7,rr), idoli (Gen.
i:wv 1h:wµÉvwv oljlw; dei prestigiatori). 31,19.30.32) o le parole autentiche di
Dio, in quanto vengono usurpate dai fal-
c) tenere nascosto, custodire, occulta-
si profeti (Ier. 23,30). XÀ.É7t"t'EW è un
re, nascondere, Pind., Olymp. 6,60 (i}E.-
delitto che postula una pena corrispon-
oi:o y6vov); Aeschin.,or.3,142 (i:ot:c;bv6-
dente (Ex.22,2 [21a7J ss.; Deut.24,7;
µmrw xÀ.É'l'C1:W\I xcd µE.'t"a<JlÉpwv i;à dr. Ecclus 5,14; 20,25; Zach. 5,3 s_}I;
7tpriyµa.i;a).
è un peccato contro Dio (Ex. 20, 14;
d) Fare qualcosa di nascosto, furtiva- Deut.5,19). Anche quando si commette
mente, Soph., Ai. 189 (u7to~a.À.Mµevot per necessità e sotto la spinta della po-
xÀÉni;oucn µMouc;); Platone oppone vertà, il furto è sempre un disonorare
questa azione clandestina al f3trise<rl>aL: Dio (Prov.30,9 [24,32]; cfr. 6,30). Fi-
leg.n,933 e (xÀ.É'l'C't"W\I ii Bia<'.,oµE\loc;); lone (leg.all.3,32 s.) considera come un
resp.3,413 b. furto l'attribuire allo spirito dell'uomo
ciò che è invece opera di Dio; inoltre
Corrispondentemente xÀ.É'lt't''l)ç signi- annovera tra i ladri anche i tiranni vio-
fica a. il ladro, Aesch., Prom.496 ('t'ÒV lenti (decal.136). In Tob.1,I8 xÀ.É'lt'tEL'll
1tUpÒ<; xÀ.É'lt"t'l]V); Eur., Iph. Taur.ro26; significa fare qualcosa di nascosto. Men-
P. Greci e Latini 393,18 (sec. III d.C.); tre nei LXX, come altrove, i participi
Plat., resp.1,344 b, dove se ne mette in xÀ.É7t't'WV o xÀ.ÉlJia.c; si riferiscono ad un
evidenza l' &.otxei:v; 351 c, dove il ter- caso concreto di furto o concernono l'a-
mine compare unito a À.1]CT'tal; Epict., zione del rubare (Prov. 6,30; Ex. 22, 7
. XÀ.É'lt'fW X'tÀ. grave, cioè con la morte, viene punito chi ra-
1 Cfr. A. }IRKU, Das weltliche Recht im A.T. pisce un compatriota (Deut.24,7), o chi com-
(1927), H. SCHMOKBL, Das angewa11dte Rechi mette un furto di beni consacrati a Dio (Ios.
im A.T. (Diss. Breslau 1930). Con la pena più 7,1.25).
57 5 ! m,754) XÀÉ1t't!.l (H. Preisker)
[8]; cfr. Plat., leg.u,933e; Xenoph., in quanto esso è la volontà di Dio 2 (Mc.
oec. 20,15; Eur., Rhes.502], x)..fo-.11c;
10,19; Mt.19,18; Lc.18,20; Rom.13,9;
invece designa una categoria di persone
(Deut .24,n lob 24,14; Os. 7,1; Ioel 2, cfr. Rom.2,21). Ciò che la promulgazio-
9, ecc.). L'azione di Dio non viene mai ne della legge non ha reso possibile, cioè
paragonata al comportamento del ladro. la vittoria sulla concupiscenza malvagia,
Soltanto una volta, in Abd. 1,5, xÀ1bt-
.. Y)c; non costituisce il termine di para-
diviene ora attuabile per il credente che
gone, ma vuol significare come Jahvé, possiede lo Spirito. Perciò il ladro non
quando decreta lo sterminio, sopprima solo non dovrà più rubare, ma dovrà la-
ogni cosa ancor più radicalmente di
vorare con le proprie mani per poter da-
quando decreta lo sterminio, sopprima
le torme di cavallette, che irrompono co- re un aiuto al bisognoso (Eph. 4, 28 ).
me un castigo, sono paragonate a ladri :x.ÀÉ1t-ret\I viene cosl condannato come
che entrano per la finestra. L'agire del una egoistica e spietata perturbazione
ladro presenta le seguenti caratteristi-
che: approfitta della notte (lob 24,14; della società, che si deve sanare lavo-
'IEp. 30,3 [49,9]; Philo, spec. leg.4,10), rando e operando nel nuovo sentimento
penetra con la violenza (lob 24,16),per dell'amore 3• Anche in Io. 12,6 il XÀ.É1t-
aperture insolite, come finestre (loel 2, 't'I}<; è indicato come traditore della so-
9; dr. Os.7,1), è un egoista brntale
('IEp.3oa (49,9]). Quella del ladro è cietà. Per questo in I Petr.4,15 è anno-
dunque un'azione essenzialmente segre- verato insieme agli omicidi, ai maldicen-
ta (cfr. Philo, spec.leg.1,127) e violenta. ti e ai malfattori, allo stesso modo che
Per il N.T. la condizione di cristiano in I Cor.6,ro. In Mt.27,64 i giudei te-
è un modo di essere spiritualmente nuo- mono che i discepoli possano >tÀ.É'lt'\éL\I
vo, che si estrinseca nell'amore. Questo il cadavere di Gesù; poi vanno dicen-
nuovo essere abbraccia tutto l'uomo, do (28,13) che cosl è stato.
con tutte le sue possibilità e doveri, Spesso nel N.T. XÀ.É'lt't'I}c; (xÀÉ'lt-.ml)
con i suoi obblighi quotidiani e le sue viene usato in similitudini o in locuzio-
più evidenti esigenze morali. Così nel- ni paraboliche per significare l'irrompe-
l'amore si riassumono e trovano compi- re del tempo messianico. Come il padro-
mento tutti i comandamenti. In questa ne di casa sta all'erta per impedire al la-
incondizionata accettazione di tutte le dro di entrare in casa, cosl i discepoli
prescrizioni del decalogo è inclusa an- devono prepararsi, vigilando, alla venu-
che la validità del comando: ou xÀ.l\jmc;, ta del Signore (Mt. 24,43 = Le. 12,39).
2 ~ m, coli. 588 ss.; H. PREISKER, Geist tmd samente Eph. 4,28; qui non vengono posti a
Leben, Das Telos -Ethos des Urchristentums confronto due individui - uno che dà in ele-
( 1933) 51 ss. mosina del suo onesto guadagno e l'altro del
3 Lev. r. 3 a 2,1; Midr. Qoh. a 4,6: «Migliore è provento del furto - ma è sempre dal medesi-
chi va e lavora e dà in elemosina del suo, che mo ladro che si esige quella grande conversio-
non colui che va e rapina ed estorce e dà in ne che di un individuo perturbatore fa un
elemosina ciò che appartiene ad altri». Diver- membro positivo e utile alla società.
577 (111,755) xÀÉ7t't't.J (H. Preisker)
4 lìtopvtnrw come in Job 24,16 (biitar), Ex.22, rebbe pure «completamente distrutta l'armonia
r (ma!Jteret). col v. 2» (A.STEINMANN, Thess.-Briefe2 [1921]).
DrnELIUs, Thess. ad l., accenna ancora alla sto·
5 Il discorso parabolico resta cosl unitario nel ria dell'immagine, che parla a favore dell'in-
suo svolgersi. La lezione dei codd. AB bo (wç terpretazione sopra data.
XÀÉ1t't'aç) spiega il contesto in un senso del 6 16,15 va collocato dopo 3,3 n (LOHMEYER,
tutto diverso: come ai ladri sorpresi dalla lu- Apok. ad 1. ).
ce del giorno, cosl avviene a quanti, ancora in- 7 In 3,3 non si può leggere È7tt al (S ~ vgcl).
creduli, stanno per cosl dire nelle tenebre del- Perciò nel paragone non si trova l'idea della
la vita; il giorno del Signore li sorprende, co- potenza distruttiva. In 16,15 l'immagine del-
me la luce del giorno sorprende i ladri (G. !' 'andare nudo' è un'espressione tecnica fìssn ,
FOERS'l'ER: ZNW I7 [19r6] 169 ss.). Ma i equivalente a 'venir condannati nel giudizio',
concetti decisivi non hanno nulla a che fare con sicché non è possibile, come vuole il FOERSTER,
gli increduli, bc1,1sl riguardano i credenti nel l.c., dedurne che in questa immagine sia im·
Cristo; perciò al v. 4 l'unica lezione plausihile plicita l'idea di violenza.
è w~ xM1t-tTJç (codd. S D F G ). Altrimenti sa- B ScHLATTER, ]oh. ad l.
579 (Ill,755) xÀ.fjµa (J. Behm)
za, a 'ladri e predoni' (ro, 1) 9. Il tet'- periorità e la libertà della primitiva fe-
tium comparationis sta qui nel concetto de cristiana nel XUpLoç, che non rifugge
della violenza egoistica. dal servirsi di simili paragoni, in con-
L'uso frequente del paragone del la- trasto con l'ansietà e l'incertezza della
dro per indicare la venuta improvvisa fede giudaica, la quale non osa servirsi
del giorno messianico o del Messia, o di questa immagine per significare l'av-
per mettere in guardia contro una fal- vicinarsi imprevisto del 'giorno di Jah-
sa concezione dell'ufficio pastorale nel- vé', ma ricorre ad altri paragoni 10 • An-
la comunità mostra: a) che l'importan- che in queste piccolezze si può avverti..
te per la parabola non è l'aspetto mo- re la 'libertà dei figli di Dio', in quan-
rale dei termini in confronto, come av- to, secondo l'ardita affermazione dell'A-
viene altrove, ma è decisivo sempre un postolo, «tutto vi appartiene» (I Cor.
solo momento del paragone; b) inoltre 3,21 ).
vien messa in risalto la grandezza, la su- H.PREISKER
Ramoscello, ramo giovane, che viene Theoph., historia plantarum 2,5,5; id.,
reciso per essere trapiantato, piantone de causis plantarum 3,14,6; Num. 13,
(Xenoph., oec. 19, 8: ò f3J.acr't'òc; 't'oli 23; 'Ii:p.31,32; Ez.17,6s.; 19,n; qi79,
xÀi)µa:toc; [ cfr. 9] ); in generale ramo I2; Polyb.29,27,5; Flav. Ios., ant.2,64.
(Aristot., hist.an.5,18, p.55ob 8s.;Ez. 67; ibid.12,75; P. Flor.148,9: O'uÀM-
15,2; 17,23; Mal.3,19; Ioel 1,7),inpar- ~a't'E. oÈ xÀ:iiµa.-ta Srif3a.~xà xa.t À.E.U·
ticolare viticcio della vite, tralcio: p. es. x<i (cfr. 14) 2; Io.15,2+5.6 3; vedasi an-
Plat., resp. 1,353 a: à.µ1tfÀov xÀ:ijµa.; cora Poll., onom.1,237: lòlw<; oÈ xa.-
9 Cfr. ep. ler.57: xÀ.m't'wv... >.:ncr-twv; I Esdr. BOCHSEL, Das Evangelium nach ]ob. (N. T.
4,23: À:OO''t'EUELY xaL xM1't't'E~v; I Esdr. 4,24: Deutsch 41 [I937]) a lo.I5,1 ss.
xM1t·mv xaL ocpm~;~EW.
t Come xÀ.aooi; (Mc.4,32 par.; Mt.21,8; Mc.
10 b. Sanh. 97a: Quando R. Zeirn (c. il 300)
13,28 par., ecc.), è formazione da xÀ.aw (~
coli. 505 ss.); vedi WALDE·PoK. I 437.
trovava i rabbini occupati in questa questio·
ne ( = la venuta del Messia), diceva loro: Vi 2 Cfr. M. ScHNl!BEL, Die Landwirtschaft im
prego, non spingetevi tanto lontano; infatti io hellenistischen Agypten I: Miinchener Beitriige
ho imparato che tre cose vengono inattese, cioè zur Papyrusforschung usw. 7 (r92J) 248.
il Messia, una scoperta e \JilO scorpione. · l Ahche nell'agraphon, testimoniato da Papiu,
della miracolosa fecondità della vite nel regno
x):ljµr1.. di Dio (conservato in latino da Iren., haer. 5,
LIDDl!LL-SCOTT; CRl!MER·KOGEL; PREUSCHEN· 33,3 s.) si sarà parlato dl xì..l)µu,-çoc (lnt. pal-
BAUER', s. v.; ZAHN, Job.; BAUER, ]oh.; F. mites).
x).:(jµa (J. Behm)
À.EL'-tm ò i:fj:; 6:µ1tÉÀ.ou (scil.: x).6.ooç) sù con i suoi discepoli. Come i tralci,
xÀ.fjµa. In senso traslato, Aeschin. 3, per portar frutto, devono rimanere at-
166: aµ1tEÀ.oupyovcrl 'tWEç 't'Ì]\I 1tOÀ.L'V,
... -r:à xÀ.1)µrx:ta -çà, 'tOU o'l]µou Ù'ltO'tÉ't-
taccati alla vite, che apporta loro il suc-
µ1)'1:CtL. co, cosl i discepoli devono rimanere in
Nei LXX xÀ:i'jµa corrisponde a :tmo· comunione con Gesù, che dà loro quel-
rll (Num. 13,23; Ez. 15,2), a diiltt (Ez.
la forza vitale che li mette in grado di
r7,6s. 23; 19,n), a qii#r (Ps.80,12),
a siirig (loelr,7), a 'iiniip (Mal. 3,19), assolvere la missione loro assegnata (vv.
a neftsa (ler. 48,32). Questi termini e- 4 s.). E come i tralci, a seconda del lo-
braici indicano sia il ramo che il vitic- ro frutto, vengono rimandati o recisi
cio e nei pochi passi in cui ricorrono
sono tradotti .dai LXX quasi sempre con dal viticultore 5, cosl i discepoli, a se-
xÀ:i'jµa. Solo per 'iinap ('iinép, 'anap) conda della vitalità della loro comunio-
vi è una grande diversità nella tra<lu- ne con Gesù (vv. 12 s.), sono s'ottoposti
zione, spiegabile in parte per l'accosta-
mento di sinonimi. xÀ.&.ooç, insieme ad una severa disciplina o al giudizio
con xÀ:i]µa, traduce specialmente-diiltt. sterminatore di Dio, che di tutto dispo-
Anche nell'A.T. xÀ..fjµa sta nel senso ne (vv. 2.6). Nuova ed originale rispet-
di viticcio, vite, nell'immagine della vi-
gna, riferita al popolo d'Israele (loel to ai suoi vari paralleli orientali (~ I ,
l,7; Nah.2,3; Ez.17,6 ss.); concerne in- coll. 927 s) è, nell'allegoria giovannea
vece i popoli stranieri in Mal.3,19 4• della vite, l'interpretazione del rappor-
Io.15,1 ss. (-H, coll. 925 ss) si serve to organico tra la vite e i tralci, visti
dell'immagine della vite e dei tralci per nella loro natura di membri strettamen-
illustrare, in analogia al loro naturale te e intimamente legati alla vite.
rapporto, l'intima e vitale unione di Ge- ]. BEHM
(Keil): Zeus &.µa. oÈ 'tTI 'ltOt1}<iEt ... Otfr 26,52ss.; 33,53ss.; Iòs.r8,r ss.; Et.47,
6
pEt ... EX(.(<T't'ct xa.t XÀ.1}pouc; à.'ltÉ\IEµEV 1 22; 48,29 ecc.) , quanto nell'as·segna-
'J'COLW\I µÈ\I sQa 'tà 'ltpE'ltO\l't'ct E:xcitnotc; zione del servizio nel tempio (r Par.25,
-to'ltoic; 'tac; 'tE y1y\loµÉvccc; olx-l}cmc; 't'E 8s.; 26,13 s.; 2 'Ea-op.20,35, cfr. 21,r);
XIXL À.1j~ELç 't'OL<; YEWl}i>Et<TLV IÌ.'ltOOL- inoltre in Lev. 16, 8 - ro è affidata alla
oovc;, «insieme alla creazione ..·. distri- sorte la destinazione dei due capri. Tal-
buiva ... ogni cosa e assegnava le parti, volta con 1' immagine .-del sorteggio si
facendo gli animali adatti -a ciascun luo- rappresentava il destino fissato da Dio
go e ripartendo le dimore esistenti e (Is.34,17; 'Eai>.ro,3g·h).
le sorti agli esseri generati», dove an- xÀiipoc; ha poi il significato corrente
che Mjçtç mostra come si passi facil- di lotto fondiario; r 'Ea'op. 4,56: il re
mente da 'sorte' a 'parte sorteggiata' e «dispose I' assegnazione di lotti e ap-
da qui a 'parte assegnata'. Tuttavia provvigionamenti per tutti coloro che
nella grecità profana xÀ.fjpoc; presenta presidiavano la ·eittà»; Num.16,14: it-
sempre in questi contesti un'accezione owxac; 'I̵i:v XÀfjpov &:ypov xa.Ì IÌ.µ1tE-
spaziale 5 . À.Gl\laç, «ci assegnasti un fotto di terra
e vigne».
2. xÀ:jjpoc; e il suo rapporto Nei LXX incontriamo xÀ.fipoc; 129
con xÀ.'l]pO\loµla. nei LXX volte; in 62 di esse è traduzione di go-
Nei LXX, come traduzione di goriil, riil, in 49 di nal;ala e r 1 volte corri-
xÀ.fjpoc; indica la sorte, p. es. !on. r,7: sponde a vocaboli della radice jrs, due
Bli.À.wµEv xÀ.1]pouc;. Il verbo in espres- volte rende ptìr, che- ha lo stesso signi-
sioni simili è per lo più BciU.EtV, e an- ficato di goriil, e altrettante vocaboli
che è:µBa'ì..À.EtV (Ios. 18, 10 ), Éx<pÉprn1 derivati da ~lq; infine una volta .corri-
(los. 18, 6. 8), mentre per indicare una sponde a !;ebel e una ·a qurbiin. Vice-
decisione lasciata alla sorte troviamo versa goriil, oltre che con xÀ:ijpoc;, è
locuzioni come è.sfiÀ1>Ev ò xÀ.fjpoc; (Ios. tradotto due volte cori XÀl)povoµla. (lfi
18, n), o E'ltE<TE\I o xÀ.fjpoc; btl 't'LVCC x5,5; Is.17,14) e quattro volte in Ios.
(fon.1,7). In particolare il gettar la sor- con 8ptov, dove .si tratta del 'lotto', la
te è un atto del vincitore nella distri- parte di territorio spettante alle trìbù.
buzione del bottino (Ioel 4,3; Abd. r, Per illustrare il èoncetto 'di xÀ.fjpoc;
n; Nah.3,10; Ecclus 37,8 e t1' 21,19: nei LXX è necessario spiegare oltre al
otEµe:plcrixv-.o ,.à, iµa'ttii µou Eccu-.oic; rapporto di xÀ.iipoc; con xÀ.'l]po\loµla.,
xixt É'ltt 'tÒV tµa'tt<rµov µou i:'.~a.À.ov anche il fatto eh~ il termine può corri-
xÀfipov, «SÌ son divisi i miei panni è spondere a nal;lrl4. Pur avendo inizial-
sulla mia veste han gettato la sorte»). mente un senso diverso - xÀ'l)povoµlrt.
xM)!:ioc; designa anche la sorte con cui significa 'eredita' - nei LXX xÀ.fjpo~ e
in Israele si lasciava che si manifestas- xÀ:rwovoµla. si equivalgono nei passi nei
se la volontà di Dio, tanto nella ripar- quali si descrive in qual modo gli Israe-
tizione del territorio di Canaan (Nùm. liti prendevano possesso della terra di
Canaan, assegnata loro da Dio come riconoscere quali idee particolari tra-
possesso particolare. Cosl los. r7,4: ò duttori e lettori abbiano annesso a x)dj-
frEòc; è'llE-.ElÀr1.:ro... oouva.L fiµiv x)..T)po- poç e a xÀi)povoµla. nei contesti citati.
voµlav È:v µÉcr({l 'twv &.oùcpwv 1)µwv. Tuttavia va notato che i due termini
xa.i Éò6~1} UV't'a.'ì:c;..• xM'jpoc; ÉV 't'OLt; à- non sono usati in un senso del tutto
OE)..cpoic; -rou 'lta"Cpoc; ain:wv (tutt'e due identico. Si può dire che l'intero teni-
le volte niitan napiila). In altre locuzio- torio di Canaan ìto-'t'<X~ uµiv dc; XÀi)pO-
ni press'a poco equivalenti x}:ijpoc; si \loµla:v (Num.34,2), ma si cercherebbe
scambia con XÀ'l')povoµlC1: la terra sarà invano una simile locuzione con :x:Ài]-
data agli Israeliti È'll xÀ:i)plt), Ex. 6, 8 poc;; d'altra parte si parla di xM'jpot al
(moràsa) e agli Israeliti vien detto: ò- plurale (Num.32,19; 34,r4s., nel testo
µiv ... OÉOWXG. 't'i}V yt}v <1.ÌJ"'rWV É\I XÀ1}- ebraico napala, al singolare; Os.5,7 [pè-
plt). xa.t Xt1'mXÀ'l}povoµl)crE'tE -çl}v yt}v leq]; Ier.12,13; Gen.48,6; Ios.19,r
a.v't'WV É..V xli)p~ (Num.33,53s.); ma in cod.B), ma non si trova mai xl11po\lo·
Ios.12,6 si dice: xrx.t "EOWXE'll a.Ò"tlJ\I µla.t, al plurale. In tutti questi casi si
Mwvcrijc; É\1 XÀ1}povoµl~ Pou~riv (cfr. può pensare a xMjpoc; nel senso di 'lot-
Deut.2,9 con Ios.24>4, cod.A; Mal. l, to fondiario'; dunque xÀ:ijpoç designa
3). XÀ'r)povoµEiv xÀi]pov è detto in una porzione di territorio assegnata da
Num.18, 24; ma in un versetto prece- Dio, mentre XÀi)povoµl~ vuol sottoli-
dente, nello stesso contesto troviamo neare che questa parte è data come sal-
xÀ.'l')povoµei:v xÀ.1Jpovoµla.v 7. xMjpoc; e do, permanente 'possesso ereditario'.
xÀ'r)povoµla. indicano entrambi il terri- Cosl in Num.36,3 si può parlare di un
torio assegnato a Israele, a una tribù, xÀ.fipoc; -n)c; xÀ11povoµlixc; 1)µwv: il pos-
a una famiglia, a un singolo fadividuo: sesso ereditario consiste in un xÀ:i)poç.,
Giosuè vien sepolto 1tpòc; '\'oi:c; òplotc; esso è una 'parte di possesso eredita-
i:oti x).1)pov a.v'tov, 'l1Jcr. 24,31 (T. M. rio'; ma non troviamo, viceversa, xÀ'l')-
[Ios.24,30] napiita) e tre tribù e mez- povoµla. "t'Ou xÀ1]pou. Incontriamo inve-
za non vogliono tornare nei loro terri- ce le ~spressioni xMjpot xcx:maxfoEwc;
tori fwc; iJ.v xa.'t'aµEpI.cri>wcm1 ot ulot (Num.35, 2: patrimoni delle tribù) e
la'pct'l)À. ~XM''t'oc; dc; -ri)v XÀ.'l')povoµlav xa.i:&.axecr~ XÀ.i)povoµlixc; (Num. 27, 7
mh·ou (Num. 32, 18). Il Signore è il [ cfr.E.~.46,16]: possesso ereditario), ma
xÀ.'ijpoc; dei leviti (Deut.10,9; r8,2) ed non XÀ'l')povoµla. xa."t'C1<rXÉcrEwc; ('eredi-
è pure la. loro XÀ.1']povoµ.ltx (Num. 18, tà del possesso', si potrebbe dire). Più
20 ); d'altra parte i xttp'ltwµa:ra :>Guplou <:llificile è dire quale idea traduttori e
sono il x).'ijpoc; dei leviti (Deut. 18,1) o lettori collegassero all' espres~ione che
I~ foro x!..i)povoµla (Ecclus 45,20). Una presenta la ter.ra come· data ÉV xÀ.fip~.
locuzione fissa è quella di Deut.18,1 : Si può pensare alla forma, particolar-
ov... µEptc; oò6È xM)poc;, mentre in Gen. mente diffusa in ·Egitto, del 'feudo' =
31,14; 3 Brur. 12,16.24 t e 2 Par. l0,16 xÀ.fipoc;; ma l'idea che .fa terra è .una
troviamo iuplç xa.t xÀ11povoµla, dove proprietà esclusiva di Dio appare solo
il testo ebraico porta sempre ~è/eq e più tardi e non spiegherebbe le locuzio-
napata. Non mancano neppure indizi ni parallele con xÀ:npovoµla.. Un~ fun-
che xÀ.'l)povoµla ha assunto significati zione importante ha il concetto di pos-
di xÀ.i]poc; originariamente estranei ad sesso ereditario, non in quanto .è . ere-
esso (coll. 635 ss.). Non è perciò facile ditato, ma in quanto è ereditariamen-
tore! ·
xÀ;ijpoç (\V/. Foerster)
9 Testimonianze in STRACK-BILLBRBECK u '96 lo, spec. /eg. 4,15r: EÒ'tuxlct:v ... &,)..)..' oòx lipE-
s., a Act.1,26. 't"TJV ò xMjpoc; ɵqi11..lvEL; rer. div. her. 179: la
10 Flav. Ios., ani. 6,61 xÀnpovç ~ciÀE't"E, am- sorte è ~o'l'}Àoç x11..i &,,.faµa.p-toc; -roµEuc;.
pliando quanto è riferito in l. Bi;t<r.10,20s. Phi-
593 (m,760) xÀiipoç (\VI. Foerster) (m,761) 594
28.31); essi poi procedono ad un altro in quanto è membro del popolo e della
sorteggio, in base al quale la terra di sua storia, e lo afferma con la sua fe-
Canaan non viene assegnata a Canaan, deltà alla torà. Aver parte in Mosè si-
ma a Sem. Questa trasformazione del gnifica aver parte a tutte le benedizio-
racconto veterotestamentario mira allo ni connesse con lui. Negli altri · testi
scopo evidente di rappresentare plasti- pseudoepigrafici i rapporti linguistici
camente come Canaan sia stata conces- non permettono di riconoscere con al-
sa da Dio a Israele in possesso legitti- trettanta sicurezza di che cosa si tratti.
mo, poiché Dio parla per mezzo della Ma in Enoc etiopico troviamo varie
sorte. Non c'è dubbio che l'accento ca- volte il termine 'sorte' corrispondente
de sull'aspetto negativo: la Palestina, a xÀ.fjpoc; nel senso escatologico, nella
non appartiene al camita Canaan. Se- linea iniziata con Dan.12,13 (Teodoz.).
nonché questo midrash compromette il Nel v. 48,7 («il Figlio dell'uomo serba
carattere incomparabile del possesso de- la sorte dei giusti») 'sorte' indica un
gli Israeliti, riducendolo ad essere solo bene positivo, cioè la 'parte' dei giu-
un caso speciale della comune storia dei sti, che consiste nella vita eterna (37,
popoli. Anche in Flavio Giuseppe in- 4); similmente 58, 5: i santi devono
contriamo xÀ.fjpoc; nel senso di 'parte', cercare in cielo i segreti della giustizia,
nell'accezione propria dei LXX, quando la 'sorte della fede'. Qui può facilmen-
racconta che Filippo viene a Roma xÀ:/i- te inserirsi una rappresentazione spa-
pou 'tWÒc; &.çtw~fivrx1., per ottenere una ziale, come per es. in 39,8: qui deside-
parte (dell'eredità) (bell.2,83). ravo abitare... qui già prima è stata la
mia parte di eredità 11 • ·
Tra gli pseudoepigrafì, I Testamenti I passi pseudoepigrafici devono pure
dei XII Patriarchi usano xÀ.fjpoc; nel sostituire i documenti rabbinici man-
senso generale di 'parte'; test. L. 8,12 canti e all'inizio dell'èra cristiana atte-
a:: i discendenti di Levi saranno ripar- stano, col N.T., un uso di xÀ.fjpoç, di
titi in tre àpxa.l: xrxt ò 1tpw'toc; xÀ:ij- cui non è possibile - né in goriil né in
poç (la prima parte) ilcna.t µÉyr.x.c;; test. pur - trovare un esatto parallelo nella
Zab. r, 3: éS'tE È.V 'trxi:ç 1to1.xlÀ.m.c; prx~- letteratura rabbinica 12• Nei rabbini il
001.c; EtXE\I (dxov) 'tÒv xÀ:ijpov, «quan- concetto che ad ogni uomo è assegnata
do ricevette la sua parte con le verghe la sua 'parte', la sua 'sorte', viene e-
variopinte»; test.D.7 ,3: un giorno i Da- spresso col termine peleq ~ µEplc;, µÉ-
niti CÌ.ÀÀ.o'tpiwihia-ov't<.X.I. yfjc; xÀ.1)pov poç. In b.Shab. u8b si ha una serie di
mhwv, «saranno privati della terra che massime di R. José (inizio del sec. II d.
è loro parte». Importante è Ass.Mos.2, C.) che cominciano tutte con ih' plqi mn-.
2 (Mosè a Giosuè): stabilibis eis (agli Queste massime si riferiscono alla remu-
Israeliti) sortem in me: l'Israelita ha nerazione nell' al. di là, come mostrano
parte (sors = xÀ.fjpoc; = peleq) in Mosè, chiaramente due di esse 13 • Alla base sta
11 Similmente Hen. aeth. 7x,16 {con 'abitazio- = b. Ber. r6b: R. Johanam (o Eleazar) prega-
ne'); 99,14 (con 'misura'); Hen. slav. 9; 55,2; va: Sia tua volontà, o Dio, di far venire nel-
tuttavia si può pensare anche a~ XÀ'l"JPO\loµLa. la nostra 'parte' amore, amicizia, pace, Jtskn
(D 2) senza alcuna rappresentazione spaziale; bpwriinw 'hbh ...
Pseud.-Philo, antiquitates 23,13 (P. RmsSLER, 13 Egli si augura, fra l'altro, una parte fra CO·
Altiiidisches Schrifttmn ausserh. der Bibel, loro che muoiono in certe circostanze. Tradu-
1928, 783). zione in STRACK-BILLERBECK III 625, a Col. 1,
12 Una vaga affinità si ha forse in ;. Ber. 7d 65 12.
x)..f)poç (W. Foerster)
l'idea che, come ogni uomo riceve la vano». In conf. ling.177 xÀ:ijpoc; ha il
sua 'parte' individuale, così la 'parte' senso traslato di 'parte di vita': le ani-
di quanti agiscono allo stesso modo può me mcorporee -.ov a.xT)pCl:tov xm EV-
• • \ ' I \ '
essere considerata come uguale; perciò òa.lµova xÀ:ijpov È~ &.pxl)c; À.axovcrcx.1. 14,
R. José si augura che la sua sia una «fin dal principio avendo avuto in sorte
delle parti di diversi tipi di credenti. la parte pura e felice». Talvolta x):ijpoc;
Similmente nella Shemoné esré, recen- equivale quasi a 'dono' (decal. x I2;
sione babilonese, la I3" domanda suo- congr. 108). Su questa base si sviluppa
na: Jjtn plqnw 'mhm. Una voce del cie- un uso linguistico religioso particolare
lo, riferendosi a persone come R. Aki- a Filone, secondo cui il credente è xÀ.1)-
bà, dice: plqm bpjim, «la loro sorte è poc; di Dio, ·e viceversa Dio è il xÀ:ijpoc;
nella vita» (b. Ber.6r b, verso la fine), e del credente. Ciò si può veder molto
R. Eleazar prega ( ibid. r 6 b): tsjm plqnw bene in plant. 47-72, dove Filone, com-
bgn 'dn, «poni la nostra parte nel giardi- mentando Ex.15,17 (opoc; xÀT)povoµlu.c;
no di Eden». L'uso di mb#h mostra co- crov ), dà a xÀ.T)povoµla lo stesso senso
me non si è molto lontano da concezio- di xÀfjpoc; (in plant. 48 e 50 in parallelo
ni spaziali (Strack-Billerbeck 11 266 C). con x-.fjµa. e olxoc;). La parabola del re
4. xÀ:r)poç in Filone (ibid. 55 ss.), a cui appartengono tutti i
beni dei suoi sudditi e che tuttavia pos-
Filone è significativo, poiché, sebbe- siede uno speciale patrimonio 'reale',
mostra chiaramente che anche qui Filo-
ne si discosti chiaramente quanto al
ne intende xÀ.fjpoc; nel senso di 'parte at-
contenuto dalla linea veterotestamenta- tribuita', possesso. Assieme al mondo,
ria che conduce al N.T., tuttavia sotto il i}lmroc; dei credenti è per Dio la parte
l'aspetto linguistico resta sul terreno che egli xÀ.T)povoµ.Ei: (possiede). Succes-
sivamente Filone fa notare che, vicever-
ddl'A.T.
sa, anche Dio è detto il xÀ.ijpoc; dei Le-
Le diverse accezioni del nostro ter- viti, e ne dà un'esegesi allegorica, rile-
mine, inteso come 'sorte' (mut. nom. vando che, come l'arte è il xÀ.fjpoç del-
r 5 I), parte ereditaria (leg. Gai. r4 3) e l'artista (71 ), così anche qui si ha qual-
lotto fondiario (spec. leg.2,168) nonché cosa di simile: non si tratta di un "(1it-
possesso ereditario (vit.Mos.r,304),non vov x"t'1}µa (possesso terreno), ma di un
offrono nulla di particolare; vi è solo òÀ.uµmov àyw'Vt<Tµa, «conquista cele-
da osservare che Filone, in contrasto ste», che wrpEÀ.f:'i: -.ove; lxo\1-.aç, «giova
con l'Antico e il N .T., si mostra scet- a chi la possiede». «L'Ente» è xÀfipoc;
tico nei riguardi della sorte, che chia- wc; W<pEÀ.tµÙ)'t'rl.'t'O\I xa.t µeylO''t'W\I 't'Otc;
ma 7tpéi-yµa; à.(3É(3a.Lov, «cosa incerta» ikpa.7teuew ti!;i.ouow &.ya.~wv a.hi.ov,
(mut. nom. r51, e passim~ nota 10). «come il bene più utile, causa dei più
Il nesso con l'uso linguistico dell'A.T. grandi beni per coloro che vogliono ser-
('parte attribuita') risulta in op. mund. virlo» (72). Filone (leg. ali. 2, 52) può
64: uoa.'toc; xcx.t cHpoc; 'tà. 7tpocr1]xov·m fare l'accostamento seguente: ylve"t'at.
~WV sc{luN yÉVT) xa.ltchtEp 'tf.Và. xÀ:'ijpOV oiì -.ou µlv qnÀ.oTCa.Douç xÀi'jpoç ...li mi-
olxEiov Ù.nELAT)~o6-.wv, «avendo l'acqua i}oç, "tou Sè ( qnÀoitfou) "tou AEuL xÀ:ij-
e l'aria ricevuto come lotto appropria- poç o1'e6ç, «la passione è dunque la par-
to le specie animali che loro conveni- te che tocca all'amico delle passioni, e
14 Il nesso di xM'jpoç con ÀttYXU\IEW è abba- stanza frequente (cher.;5l; det. pot. ins. I40).
xÀ.ijpoç (W. Foerstcr)
Dio è la parte che tocca a Levi, (l'ami- Ma xÀ.i)poç nel N .T. designa in par-
co di Dio)»; in som. l, 159 può dire: ticolare la patte attribuita a qualcuno;
o
iva -i-òv a.ù-i-òv -i-e xoO"µoc; &.mxc; xat ò
<j>LÀ.Upé'.'t'Oç EXTI xÀ:jjpov, «affinché l'uni- si tratta dunque, come nell'A.T., non
verso intero e colui che ama la virtù di qualcosa che sia stata conseguita, ma
abbiano la stessa 'parte'». Infine vedia- di una concessione, di qualcosa dato da
mo Filone indicare la nobiltà come xÀ:jj-
Dio. Act. I ,17: Giuda EÀ.<X.XE\I -tòv xÀ.1)-
poç dell'anima (virt. 189; det. pot. ins.
I40 ); è chiaro, dunque, che si tratta di po'll TJ)<; OLCJ.XO'lltcx.<; 'tU.UTr}c;, «ottenne
una 'partecipazione' spirituale, che non in sorte questo ministero»; esso è stato
rinnega un fondamento naturale; come assegnato, e i due termini xÀ.i}poc; e
per ~ xÀ.1)p6w, le due accezioni sono
interscambiabili. À.o:yxavEw sottolineano l'autonomia as-
soluta della volontà divina.
5. x)1:i}poc; nel N.T.
Se i Giudei avevano soprattutto in-
Nel N. T. xÀ.fjpoc; significa anzitutto teresse a sapere se avessero 'parte con
la sorte, e compare una sola volta nel Mosè' (Ass. Mos. 2,2 --? col. 593), nel
racconto della passione(Mc.r5,24par.): N. T. è fondamentale che uno abbia
ciò che nel linguaggio poetico dell'A.T. 'parte' alla 'parola' o alla grazia di Dio:
esprime una condizione di completa oùx fo-i-w cro1. µeptc; oùof. xÀ.f)poc; f..v -t~
soggezione e impotenza (col. 585), di- À.6Y<v -tou-i-<v (Act.8,21) 15 • Come ~eleq
viene qui segno e parte dell'impotenza nei rabbini, cosl in due passi del N.T.
di . Cristo nella sua umiliazione. D' al- e in parecchi dei Padri apostolici xÀ.i}-
tronde, poco dopo il sorteggio è un poc; denota la 'parte' escatologica asse-
mezzo solenne per la ricerca della vo- gnata all'uomo: ( &:1tocr""CÉÀ.À.w O'E) à.voi:-
lontà di Dio: la comunità primitiva si l;a.L Òq>ìlcx.Àµoùc; a.ù-r:wv ••• 'tOU À.a.~Ei:\I
serve di questo mezzo, santificato dal a.u-.;oùc;... xMjpov èv 'tol:c; TjyLaO"µÉ'lloLç
culto del tempio, per scegliere il succes- 'ltlcneL -i-n dc; ɵÉ, «ti invio ad aprir lo-
sore di Giuda (Act. 1 ,26 ). Nessuna trac- ro gli occhi ... affinché ottengano per la
cia troviamo in Palestina dello scettici- fede in me ... l'eredità tra i santi» (Act.
smo fìloniano nei riguardi della sorte. 26,I 8 ); EÙXO.Pl.CT-r:oùv-i-Eç 't'~ 7t<X.'t'pt -i-@
Linguisticamente xÀ.fjpo'll ~6.À.À.EL'll txa.vwcra.'11-.r. ùµii<; ELç -t'ÌJv µioploa 'toù
(Mc.15,24) è conforme all'uso greco ed xÀ.1)pov -.;wv à.ylwv Èv -i-@ <pw-r:l, «con
ebraico, mentreAct. r,26: E7tEO"E'll ò xÀ.'ij- gioia ringraziando il Padre, che vi ha.
po<; È1tL Mcd)»lcx.v, corrisponde a !on. resi atti ad aver parte nell'eredità dei
1,7. santi nella luce»(Col.r,12)16 • Tutt'e due
JS Poiché il termine è stilizzato alla maniera se- bondante della Lettera ai Colossesi, nella quale
mitica, xJ.:ijpoc;, usato con µeplc; ( =(Jeleq), de· iuplc; e xJ.:ijpoc; hanno lo stesso significato
ve corrispondere a goriil o a pur. (LOHMEYER, Kol., od/.), non però nell'accezio-
16 Questo passo mostra bene lo stile sovrab- ne di 'eredità', (cosl LoHMEYER, ad l., e PREU-
xÀ:Tjpoc; (W. Foerster)
le volte 'tra' i santi è data 'parte' ai cre- affinché io abbia quella sorte di cui mi
denti. Il N .T. parla con salda certezza sarà fatta grazia». Qui x).:l'jpoc; si può
di ciò che per i rabbini è solo desiderio tradurre con 'sorte' e Ignazio fa perciò
e preghiera. pensare al suo martirio 17, quindi il pas-
Ignazio e Policarpo completano i pas- so della lettera ad Trallianos potreb-
si del N.T. e ne interpretano il senso. be significare che il martirio deve di-
Policarpo (12,2) scrive: deus ... det vo- mostrare la sua ooxtµo't''r)ç, cioè che
bis sortem et partem inter sanctos suos, egli ha dato buona prova. Ma ciò che
collegandosi strettamente alle indicazio- Ignazio vuol 'raggiungere' è sempre
ni del N. T. Ignazio parla del xÀ:ijpoc; Dio; perciò il xÀ:ijpoç, che egli vuol
in quattro passi. Il più chiaro è Eph. 'raggiungere' (Phld.5,r) non è il marti-
I r ,2 : desidera prender parte alla pre- rio, ma la parte che gli è preparata do-
ghiera degli Efesini, tva Èv xÀ1JP4> 'E- po di esso. Ignazio vuol ottenere sen-
cpEcrlwv EÙpEfrw 't'W'V Xptcr'tLl'l.vwv, o'L za impedimenti questa parte, poiché
Xl'l.L 'tote; Ò.1tOO"'tOÀot.c; 'JtU\l't'O't'E CTU'VllCTCl.\I questa è un'occasione unica per conse-
Èv ouvaµEL 'lr)O'OU Xptcr't'OU: vorrebbe guire Dio (frEov Èmi:uxei:v, Rom. 2 1 r).
partecipare alla sorte eterna degli Efe- Anche il passo di Tr.I2,3 ammette que-
sini fedeli agli Apostoli. Negli altri tre sta interpretazione.
passi Ignazio parla del suo xÀfipoc;. Tr. Nei passi citati xÀ.i'}poc; indica il do-
r2,3: ho bisogno del vostro amore, Etc; no celeste assegnato da Dio, in comu-
-rò xa:to:l;twfri]vl'l.l µe 't'OV xÀTjpou, où nione con tutti i 'santificati', a ciascun
TCEptXELµCXL È1tf.'t'UXEL'V, t'VCX. µi) &.06x1.µoc; credente da lui chiamato. Questo dono
EÙpEtTw, «per esser fatto degno di otte- non è tanto una 'sorte', quanto un be-
nere quella sorte a cui aspiro, affinché ne presente che Dio assegna a ciascu-
non sia trovato inetto». Rom.I,2: 1J µkv no, concedendogli di partecipare a ciò
yà.p àpx-lJ Eùo1.xov6µ1)-r6c; Ècr't'w, M.v1tEP che è preparato per la comunità.
xapt.-roç èm't'UXW Elç 't'Ò 't'ÒV xMjp6v
Controverso è il passo r Petr.5,2 s.:
µou à.'VEµ7to8la-rwc; ci.1toÀ.a~EL'll, «perché 1tOLµa'VCX't'E 't'Ò È'V ùµi:v 7tolµvtO'V 'tOV
il principio è ben disposto, se però io i}gou, µi) &.vrx.yxau..wc;, &.).).li houcrl-
consegua grazia per ricevere senza im- wc; . . . µ1)Ò' wc; Xll.'t'!l.X\JPLEUO'V'l:Eç 't'WV
pedimento la mia sorte»; Phld. 5, I: Ti xÀ:l)pwv &.ÀÀa i:v'ltot yw6µevo1. 't'ov
1totµvlou, «pascete il gregge di Dio che
1tpOO"EUXii ùµwv dc; frEo\I µE CÌ.1tl'l.p't'lO'EL, da voi dipende, governandolo non for-
tva. f.v {[> xÀTJP4> 1}lé1}ihw Èmi:uxw. «la zatamente, ma di buona voglia... e non
vostra preghiera a Dio mi perfezionerà, come dominatori della 1 parte' (del Si-
SCHBN, Apostg. a 26,18), ma in quella di 'par- risce 1tpocrq>uywv x-.ì.. a 1)'ì..E1]th)v, facilitando
te', (ABBOT, in ICC, ad l. ). cosl la sua concezione.
17 Cfr. BAUER, lgn., a Phld.5,1. Il Bauer rife-
xÀ'l)p6w (W. Foerster)
gnore), ma facendovi modelli del greg- tavano la sorte». Al medio significa an-
ge». È erroneo ritenere, col Wohlen- che ottenere mediante sorteggio (Eur.,
berg, ad l., che i xÀ.i'jpot siano contri- Tro. 29: a.lxµaÀwTlowv .•. oECT7t6-rcx.ç
buti ed elargizioni per la comunità e i xÀT)pouµévwv, «delle prigioniere che ot-
presbiteri, poiché i contributi per i Le- tengono in sorte i loro padroni»), e an-
viti non sono mai chiamati xÀi'jpoç o che avere qualche cosa, senza un vero
xÀfjpot, ma sono il loro xÀ.fjpoc;, la lo- sorteggio (Ael., nat. an . .5,31: il serpen-
ro 'parte' della terra di Canaan. Nep- te -r'Ì}v xa.pola.v :>m<.À1]pw-ra.~ È7tL -cn
pure si può intendere xÀi'jpoç come cpcipuyyL [gola], dove xExÀ1]pwca~ ha
proprio possesso, con cui uno può fare il senso di EXEL). Infine XÀ.1Jp6w può si-
ciò che vuole, a differenza del gregge gnificare determinare, attribuire; Thuc.
che gli è affidato 18• Anche qui xÀ:i]poç 6,42: -rplcx, µÉpi) velµa\ITec; gv Èxrur-r~
è da intendere come 'parte' assegnata ÈxÀ.1}pwcrav, «divisolo in tre parti, ne
a ciascun presbitero 19• assegnarono una a ciascuno». Anche al
passivo, Eur., Hec.100: ÉXÀ1Jpw1}11v xaL
7tpOO'E'trXXi1'l'JV.
t XÀT)p6w Nei LXX xÀ1)p6w sta in contesto
Attribuire a qualcuno qualcosa per chiaro solo in l Bacr.14,41 (xkcipoih·a.1
sorteggio; Aristot., pol.4,9, I 294 b 7 ss.: Iwva.i}a.v xa.t I:a.ouÀ.) con valore passi-
ooxEi: 011µoxpa:nxov µÈv E!vm -rò xÀ:n.- vo: essere designato dalla sorte (ebr.
pw"tàç elvai. -càç &.pxciç, -rò o' atpE-càç nilkad); in Ios. 17,11 il contesto, sia
6Àtyapx1x6v, «sembra essere democra- ebraico che greco, è incerto 1 •
tico che le magistrature siano sorteggia- Al passo citato di Eliano si ricollega
te, mentre è proprio dell'oligarchia che l'uso linguistico di Filone, nel quale
siano scelte». Il verbo si dice anche del- xÀ.T)p6w si riferisce sempre all'ordine
la sorte, Eur., !on 416: ove; ÉxÀ.1)pw- distributivo della natura e al mondo
CTEv 7tliÀoç, «quelli che determinò la morale. Il sole xExÀ.l)pwTat -rl}v iJµé-
sorte»: al medio, estrarre a sorte, Lys. pa.v (op.mtmd.57); in sacr.A.C.104 par-
6,4: Èà.V ... n.iJn xÀ:npwuoµEvoç 'tW'V la dell' aÀ.oyov 01tEP a.t al<riJ1)0'Etç XE·
ÈWÉa cXPXO\l't'WV xat À.cixu ~<X.<11.ÀEuç, xÀ.1JpwvTaL, «l'elemento irrazionale che
«se ... si presentasse candidato per esse- è toccato ai sensi»; in fug. 126 della &.-
re estratto a sorte tra i nove arconti e µelvwv yevEci, iìv tipE't'at xexÀ.l)pwv-
la sorte lo designasse re». Al passivo, "t'm; in det.pot.ins. 145 della bwna.crla
esser designato mediante la sorte; all'at- e àpxiJ cpucrLx1}, che i genitori hanno ri-
tivo e al medio sorteggiare, gettar la cevuto come loro 'attribuzione' (xexMi-
sorte; Aesch., Sept. c. Theb. 55: xÀ'l'J- pwV't'aL) sui figli; in Deus imm . .34 per-
pouµÉvouç n.emov, «li lasciai che get- sino del Creatore si dice che è &wo~a.v
xa.t 8ta.v6riow... xÀ.T)pwaciµevoç xcd i:ò dva.t X"t' À.. va considerato come com-
XPWµEVO<;, «ha ricevuto ed usa pensie- plemento del verbo principale . .XÀ.T)p6w
ro e intelletto».
Due volte incontriamo XÀ.T)pow nei non denota un atto pretemporale, ma è
Padri ·apostolici; in mart. Polyc.6,2, do- la 'determinazione' che riguarda gli uo·
ve si fa menzione dell'irenarca Erode, mini nella loro esistenza e al tempo
Ò XEXÀT)pwµévoc; 't'Ò rt.U't'Ò ovoµa. '.Hpw-
stesso indica il fine loro 'assegnato' nel-
811, e in Diogn.5, 4: i cristiani abitano
in città greche e barbariche, wc; EXCX.<J'- la vocazione. Perciò il termine presenta
"t'Ot; lxÀTJpWì7TJ. Non si può affermare un'affinità di contenuto con ÈxÀ.7}ll1)µEv;
con certezza fino a qual punto vi sia qui ma nel xÀ.i'jpoc; è implicita l'idea che la
un consapevole riferimento all'autore
del xÀ'T]pouv, ma questo pensiero è pre- 'chiamata' assegna qualcosa a quanti so-
sente, almeno implicitamente, nell' e- no stati chiamati, cioè - in questo ca-
spressione. Esso invece appare esplicito so - un fine a11a loro vita.
negli Atti apocrifi degli Apostoli; act.
Phil.94: agli Apostoli è assegnato, 'de-
terminato', il campo di lavoro; ibid. I42, t rtpo<rxÀT)p6w
si dice che a Mariamne la morte ÉxÀ:ri- Assegnare mediante la sorte, e an-
pwl>ri (Lipsius - Bonnet n 2 p. 78 ,5 ); che, semplicemente, assegnare; Flav.
in act. Thom .24 il verbo è usato in for- fos., bell.z,567: 1tpOO'XEXÀ:i)pW't'O O' <X.Ù-
ma passiva personale: (la preghiera mi- 't'{i> Auooa. xa.t 'I6"Jt1t1) xa.t 'Aµµa.ouc;.
ra a questo) i'.vcx: ... xÀT)pwl>w &çtoc; yt.- Si dice volentieri di cose che il destino
vicril"a.t 't'W\I òcpilÉV'tWV µot. Naturalmen- ha così ordinato o che sono tali una
te, vi sono anche le accezioni che si ri- volta per tutte; Luc., amores 3: 't'OUT~
feriscono all'uso della sorte (Flav. Ios., -.0 Bl~ 1i 'tUX1J 7tpocrExÀ1)pwO"É <TE, «la
ant.6,62; mart.Andr. I,2 [Lipsius-Bon- fortuna ti ha assegnato a questa vita»;
net II I p. 46,I8] ). Cfr. Ps. Clem., re- Plut., quaest. conv. 9,3 (rr 738 d): 1i ...
cogn.9,35: uxorem ... sortitus est. ÈwEà.c; 8"'11tou Tate; Movcratc; ... 1tpOO"XE-
Nel N. T. xÀT)p6w ricorre una sola xÀ 1)pw't'a.t; Philo, leg. Gai. 279: Erode
Agrippa I dice di se stesso: EWEL oì-1
volta, in Eph.I,II: Év aihw, Év ii> xa.t
'tOtOU't~ 7tpOO'XEXÀ1)pWµÉvoc; xat 1tl't.'tpl-
ÉKÀT]pwl>T)µEv 1tpoopto-lMv·m; xa:tà 1tp6- 8t xc:d. tEp4}, «essendo stato assegnato
1>t.atv 't'OU 't'Ò. miv'ta. ÈvEpyoiJvi:oç xa:tà. a un tale popolo e patria e tempio». Si
't'Ì)V BouÀ.'Ì)v 't'OU 'Ì}EÀ1)µa.'t'oc; a.Ò't'OU, dc; dice anche dell'istruzione che uno ha
'ricevuto'; P. Par.63 vm 18 (164 a.C.):
't'ò Etvm. 1Jµac; dc; Erta.wov 86s'llc; a.ù- 1tct.t8Tirt ( ! ) 1tpoaxEx)..'llpwµévov. Al me-
't'oiJ, «in lui, nel quale anche noi abbia- dio e al passivo significa unirsi, aderi-
mo avuto la nostra sorte, predestinati re; Ditt., Or.257,5 (109 a.C.): l;t.Àeu-
secondo il proposito di colui che tutto xei:c; . . . 't'~ 1ta.-.pt 1)µwv 'TtpocrxÀ'T)pw-
i}f.vi:ac;, «i Seleucesi... essendosi uniti a
opera secondo il consiglio della propria
nostro padre»; Philo, leg. Gai.68: -r:wv
volontà, sì che noi fossimo a lode del- µÈv 'tOV't~ 't'WV Sè hdv~ 1tpoaxÀ1)pou-
la sua gloria» 2 • Col Cremer-Kogel Etc; µÉvwv, É!; wv "t'a.pcx::x.a.t ɵcpuÀtol 't'E xcx.t
LXX hanno forse letto me/a'k!J invece di m•ll'1- 2 La lezione ÈxÀ-/ifhiµE\I dei codd. AD G it è
kJ e inteso il termine nel senso di 'ricevere'. certamente unn lectio /acìlior.
0Mx'ì.:r1poc; <\'<f. Foerster)
«uno strumento sano e utile, quand' è lattie, ma nel senso che non presenti
gettato via, chiunque lo trovi lo raccat- qualche menomazione fisica; Ditt., Syll.'
terà e lo riterrà un guadagno»), della roo9,ro; 1012,9; Flav.Ios., ant.14,366.
casa (P. Lond.935 ,7: òMxÀ1)poc; ob~la.). Anche la vittima destinata al sacrificio
Nei LXX è detto delle pietre ancora 'in- deve rispondere alle stesse condizioni;
tere', cioè grezze (Deut.27,6; Ios. 9,2 b; Flav.Ios., ant.8 ,rr8 (non così nei LXX) .
.r Mach. 4,47), della vigna (Ez. 15,5). In Plat., Phaedr. 250 c, ÒÀ.6XÀ1]poc; in-
Riferito al tempo: E"t'EO'f.V ouo oùx oÀ.o- dica uno stato di integrità delle anime
x).1)poic;, «in due anni non completi» prima della discesa nel mondo.
(IG 14,1386); anche nei LXX (Lev.23, Inoltre il termine indica un concet-
15; Deut.16,9). Mentre alla qualità po- to in cui si riscontrano tutte le note co-
sitiva indicata con uy1.1)c; fa contrasto stitutive; Ditt., Or.519,14: ofjµoc; òM-
la condizione di àcri}evl)c; o 'Jocrwv, ÒÀ.6· xÀ1Jpoc;, un popolo nel vero senso della
x).."l)poc; riferito agli uomini ne indica la parola, un 'vero' popolo; così troviamo
integrità fisica e il suo contrario è 1tE1t1)- anche oÀ.6xÀ1)poc; 1t1]pwcr1.ç (mutilazio-
pwµtvoc;: Plut., quaest., conv.2,3 (n 636 ne, paralisi), Democr., fr.296 (II 121,8,
s.), cfr.Epict., diss.3,26,7: uù o'éMxÀ:ri- Diels). In questa più larga accezione lo
poc; &vfrpw7toç XEtpa.c; itxwv xa.L 1t6oac;, troviamo usato anche nei LXX; Sap.15,
«tu, uomo integro con mani e piedi». 3: "t'Ò yb.p E1tl<r-rw,--Dal <1E. oÀ.6xÀ:11poc;
Pur essendo affini, ùyL1'1c; e ÒÀ.6xÀ1)poc; otxaiocruv1) (Vg.: nosse te consummata
in certi casi differiscono chiaramente, e itlstitia est); parimenti 4 Mach. 15, r7:
si capisce che, se ùyi-i)c; può anche rife- wµ6v1) yu\la.L 't'TJ'J EÙ<TÉ~ELct.'\I ÒÀ.6XÀ.TJ-
rirsi all'anima, oÀ.6xÀ.1]poc; invece concer- po'J &:1toxui]cracra., «o donna unica, che
ne il corpo; Luc., Macrobii 2: dc; µa.- hai generato la vera pietà». Anche qui,
xpòv yi'jpac; à<p1.xfoi1ai Èv ùyiawoucrn come sempre, oÀ.6xÀ1)poc; indica qualco-
"t'TI lf;vxn xaL é'ì.oxÀ.fip~ i:Q a-~µct."t't., sa di completo in tutta la sua accezione.
«giungere ad una tarda vecchiaia con l'a- In Filone oÀ.6xÀ:qpoç sta spesso ac-
nima sana e il corpo integro»; Litur. canto a 1tct.\l"tEÀ.i]c;; entrambi i termini
Mithr.q,4 s.: (à.q>tÉV"t'ec;) ȵoL. ùyin- sono attribuiti a Dio, alla virtù, al be-
rJ.'J xa.ì uwµa.'toç ÒÀo?GÀ1)plav &.xoi'jc; 'tE. ne ed anche al mondo. Tuttavia l'uso
xa.t òpa<rewc; EU"to'Jla.v, «(concedendo) a più frequente di oÀ.6xÀ.1Jpoc; non è ca-
me la sanità e l'integrità fisica, insieme a suale, denotando esso il mondo divino
finezza di udito e acutezza di vista»; cfr. in quanto è del tutto staccato dal male
Plut., stoic. rep. 30 (II 1047 e): µalve- del mondo sensibile. oÀ.6xÀ.1)poc; è l'uo-
cri1at "t'oùc; "t'ÒV 11:À.0D't'ov xat -rl}v ùyi- mo che fin dall'inizio possiede e mani-
Etet.v xat -rl}v à.'1tovlav xat 'tTJV ÒÀ.oXÀ.1)- festa in modo 'naturale' la perfezione;
plav 't'OV crwµa.'t'oc; ÈV µ"t]OEVt 1tOLOUµÉ- Filone (Abr.47) definisce il -rÉÀ.Etoc;, il
\IOV<;, «sono pazzi coloro che considera- µE"t'a."tEitEtµÉvoç e l' ÉÀ.1tl~wv nel modo
no come un nulla la ricchezza, la sa- seguente: ò µèv yàp -rÉÀ.E.toç ÒÀ.6XÀ'I]-
lute, l'agiatezza e l'integrità fisica». Nei poc; Èl; &.pxfic;, ò o~ µE"tani>etµÉvoc; 1}µl-
LXX è riferito agli animali: Zach. 11, Epyoc;, 't'OV 0lou 'tÒV µlv 7tpO'tEpO\I XP6-
r6, contrapposto a CTU'J't'E't'ptµµÉvoc;. VO\/ à.vafrdc; xaxlq,, 'tÒ\I o' VO""tEPO'\I ape-
Perché uno possa assumere l'ufficio sa- 'tfi ... ò o' ÉÀ:n:lswv ... ÈÀ.Àml)c;, Éq>tɵ~
cerdotale si richiede che sia ÒÀ.6XÀ1]· voc; µÈV à.d "tOÙ X<lÀOV, µ1}7tW O' Éq>tXÉ-
poç, non nel senso che non abbia ma- Q"Ì}aL -rou'tou OEOUV'l']µÉvoc;, «il perfetto
TRENCH, s.v.
ÒÀoxÀ1Jpla. ( W. Foerster)
infatti è integro fin dall'inizio, colui in- i)e:òc, 'tf\<; e:Lpi)vric;, dove e:lp1)V'l1 indica
vece che si è spostato è incompiuto, la salvezza spirituale e fisica, che solo
avendo dedicato il primo tempo della
vita al male e quello successivo alla vir- da Dio può venire(~ m, coll. 226 s.).
tù ..., mentre colui che spera ... è man- Di fronte a questo Dio nessuno è anche
chevole, sempre bramoso del bello, non solo i}µt'te:À.-fic,, ma anche un uomo in-
avendolo ancora potuto conseguire». franto nell'anima e nel corpo può esse-
Nel N.T. il termine ricorre soltanto re da Dio ricomposto in unità, creato
in due passi. I T hess. 5,2 3 : oÀ.6xÀ.'l'JPOV di nuovo e conservato in tale stato.
vµWv 'tÒ 'ltVEUµet. xa.i 'Ì) \jluxl} xcx.i 'TÒ lac. r A: ii ÒÈ ùrcoµovi) f:pyov 'TEÀEtov
o-Giµet. àµEµ'ltTWC, ÉV 't'U 1ta.poucrlQ'. 'tOU ÈXÉ't'W, ~VIX. tj't'E -r0..ELOL XCt.L ÒÀ.éXÀ.TjpOL,
xuplou 1)µwv Tqcrou Xpio-..-ov 't'l]p'l'}l)e:l'l], Èv µriòe:vì, À.e:m6µEvoL, «la costanza poi
«tutto l'essere vostro, lo spirito, l'ani- abbia un'opera perfetta, affinché siate
ma e il corpo, sia conservato irreprensi- perfetti, completi, senza che nulla vi
bilmente nella venuta del Signore no- manchi». Anche qui oMxÀ.l)poc; contie-
stro Gesù Cristo». In 't'TJpril)e:l"Cl Év ... , ne implicito un riferimento all'estensio-
come spesso avviene in greco, è impli- ne, e in Iac.3,I ss. si rende chiaro per-
cito, insieme al movimento verso il fi- ché Giacomo abbia usato questo con-
ne, la condizione di chi si trova nello cetto singolare: divenire uomini com-
stesso fine. Il predicativo OÀ.OXÀ.'l'JPOV, pleti, capaci di compiere l'opera più dif-
riferito a tutti e tre i sostantivi, espri- ficile, quella di frenare la lingua, è il
me l'idea che i Tessalonicesi, ognuno fine delle 'molteplici tentazioni', ed è
nella sua interezza, devono mantenersi anche il fine a cui Dio vuol guidare i
alieni dal male in ogni senso. Dal mo- lettori.
mento che è nominato anche il crwµet.,
non si può escludere che Paolo inten-
t ÒÀ.OXÀ.l)plet.
da dire che i Tessalonicesi potrebbero
vedere la prossima parusia (I Thess-4, Completezza, integrità, incolumità;
15: 1}µe:~c; oi. ~wv-.e:c, oi m:ptÀ.Et'ltoµe:- Plut., stoic. rep.17 (II rn41 f): lo stoico
vot), senza essere sfiorati per lo meno ci separa 't'OV 1;1}v xet.L -tT}c; ùytdet.c; xat
-rfjc, à.-itovlac; xet.l. -rfjc; 't'WV a.lrrill)TTJ-
dalla morte fisica; ma si dovrà pure plwv ÒÀ.oxÀ.l)plac,, «dalla vita, dalla sa-
pensare che anche rispetto al suo corpo lute, dall'assenza di dolore e dall'inte-
l'uomo deve compiere un'opera, la qua- grità dei sensi»; cfr. ibid. 30 (rn47 e);
le nel giorno del giudizio potrà reggere comm. not. I I (II rn63 f). Nei LXX ri-
corre solo in Is.r,6 (Aquila e codd.LC).
oppure no (come in I Cor. 5 ,5 si può
vedere in rapporto a un caso ~articola Nel N.T. troviamo il termine in Act.
re). Nel v. 23 Paolo aspetta che il suo 3,16, a denotare la perfetta integrità fi-
augurio sia portato a . compimento dal sica restituita al paralitico.
6IJ p11,766J xA:rwovoµoc; ( w ..Foerster)
Qui xÀ:qpov6µovc, significa che gli Ate- altri vivono ancora». Tanto meno si
niesi dovranno accettare il risultato del- richiede un testamento; Luc., dialogi
le loro azioni, senza essersi proposti que- mortuorum r r ,3: in vita non ho mai
sto risultato come fine del loro agire; le pregato che egli muoia, WC, XÀ'Y)povoµT)-
loro azioni lasciano, per così dire, un'e- cratµL -i-fjc:; f3a.xT'Y)plac:; a.Ù"tou, «per po-
redità, a cui essi non hanno pensato. ter ereditare la sua verga»; neppure
Plutarco, Cicero 41,3 (1 881 f), designa è necessaria la morte, come mostra il
come xÀ:qpov6µoc; l'effettivo possessore passo citato di Diane C.; elemento es-
e amministratore di beni avuti in depo- senziale è l'effettivo trapasso della pro-
sito fiduciario: ~l]v oùcrlav aÙ"tfjc; ò KL- prietà _ad un altro. Ma il termine può
xÉpwv É.\/ rtlcr"tEL xÀ.·fJpov6µoc:; à.1toÀ.wp- anche essere usato in senso traslato; Po-
ildc:; ompuÀ.a."t't'EV, «i suoi beni erano lyb. 15,22,3; r8,55,8: -ri)v È1t' &.criif3Elq.
custoditi da Cicerone, che era stato fal· oo;cx.\/, o cpfiµ'Y]V, XÀ.T)pO\IOµEL\I, Ciò che
to con fiducia suo erede». collega quest'uso linguistico con il con-
crvyxÀ:qpo'V6µoç, il coerede, è usato cetto di eredità in senso proprio, è il
sempre in senso proprio. Oltre ai due fatto che un corrispondente modo di
documenti addotti dal Deissmann, L.O. agire porta a conseguire la o6;a.; ma si
7r s., basti qui citare un'iscrizione trat- tratta di un conseguimento involonta-
ta dall'antica Capitolia, dove si legge rio, che non può essere considerato, al-
che un M. "AppLoc, l:a.~Etvoc, &.oEÀ.<pòc; lo stesso modo di un'eredità, come un
xa.t Oì.IYXÀ.'T]pov6µoc;, ha eretto un olxoc; risultato e un fine diretto e voluto del-
e un li:ycù.µa h oLa.~l]x'Y)c; 'A\/"tW\/EL- l'azione.
\/ou Oùri.À.EVToc; 'Apoa.lou {età di Com- XCX:raXÀ.T)pO\loµÉw ~ C
modo) 1. XÀ.'Y)povoµl<t, la porzione da eredita-
XÀ'Y)povoµÉw, essere erede, ereditare re o ereditata, l'eredità. Ma può anche
qualche cosa (con genit. o accusat.), indicare semplicemente il possesso; A-
ereditare da qualcuno (genit. e più ristot., eth. Nic.8,14, p. II53 b 33: le
spesso accusat.); il termine è usato an- 'l'jOo\l<tl non sono le stesse per tutti, ma
che in rapporto a cose ideali, Isocr. r, ElÀ.-IJ<pa.crw tjv -rou 6v6µa.-toc; XÀ.'Y)povo-
2: 1tpÉ'ltEL yàp Toùc; mx.Loac; .wù·m:p -tfic; µl<tv ai O'Wµa."tLxaL 1)ooval, «ricevono
oùaia.c; oihw xa.t "tfjc; q>LÀ.ltxç "t"fjç 1tCI..· l'eredità del nome i piaceri corporali».
-.pr.xi}c; xÀ.T)pPVOµEtV, «conviene infatti È importante notare che il diritto to·
che i figli ereditino non solo il patrimo- mano riconosceva un'ampia libertà te-
nio, ma anche le amicizie del padre».
Non è necessario che vi sia un rapporto stamentaria, per cui il figlio non era
di parentela; Dio C. 45,47: -.wv µiv é- senz'altro l'erede; al contrario, nel di.
~lvou (s~o padre) XPi}µ(hW\/ oux éxÀ'Yj- ritto greco, egiziano ed ellenistico 2, co·
pov6µ'Y)CTEV, aÀ.À.wv OÈ oi) xa.L 1ttiVU
1tOÀ.Àouc:;, -roùc:; µiv ..., -toùc; oÈ xa.L \/\iv me pure in quello giudaico 3, il figlio o
hL SW'V"ta.ç, «non ereditò beni del pa- i figli erano eredi eo ipso. Inoltre è da
dre, ma di altri assai, di cui alcuni ... , tener presente che nei papiri il termi-
ne di Dio. Così nel Genef>i, nei docu- mosaiche all'inizio fu autonomo. (Au-
menti J e E (inoltre dr. 13,14-17; 15, tonomo è pure il discorso finale del li-
18; 24,7; 26,3-5). Perciò già per Gia- bro dell'alleanza, quale lo possediamo
cobbe la terra di Canaan è detta «la ora [Ex.23,20 fino a 33, doc.JE],
terra di tuo padre» (3 I ,3 doc. J), e per nonché Ex.12,25 e forse in Ex.20,12).
Giuseppe e i suoi fratelli «la terra dei Del resto, nella redazione attuale della
vostri Padri» (48,21, doc.E), e Giu- storia antecedente l'ingresso in Palesti-
seppe, rivolto ai suoi fratelli, la chiama na, i due filoni della storia dei patriar-
«la terra, che Dio ha giurato ad Abra- chi e di Mosè sono legati tra di loto dai
mo, Isacco e Giacobbe», poiché la pro- racconti di Giuseppe e da ciò che se-
messa fatta ad Abramo è stata ripetuta gue, cosicché nell'Esodo il ricordo del-
a Isacco e a Giacobbe. A tutto ciò cor- la promessa ai padri è cosl strettamen-
rfr.pondono perfettamente le affermazio- te collegato alla nuova promessa fatta a
ni del documento sacerdotale (con dif- Mosè per il popolo, che quest'ultima
ferenze di scarso rilievo per il nostro finisce per restare in ombra rispetto al-
scopo): 17,8; 28,4; 35,12; 48,4. In la prima (dr. p. es., Ex.13,5, doc. JE5 ;
tutti questi passi non vengono usati né 32,13, doc.JE5; 6, 8, doc.P). Il Ca-
naflala, né n~l 6. naan è la terra che Jahvé, con un giu-
ramento ai padri, si è impegnato a da-
3. La promessa del possesso di Ca- re a questi loro discendenti in posses-
naan nei racconti di Mosè. Apparendo so ereditario (npl, Ex.32, 13), in pro-
a Mosè per chiamarlo, Jahvé gli dice: prietà (moriisa, Ex.6,8); ma la genera-
«Ho visto la sofferenza del mio popo- zione di Mosè non la potrà vedere per
lo. Perciò sono disceso, per ... condurlo la sua incredulità (Num.14,23, doc.J
via da questa terra e guidarlo in un pae- E), e nel Pentateuco, quando Dio mo-
se dove scorrono latte e miele» (Ex.3, stra a Mosè, appena prima della mor-
8, doc.J; similmente Ex. 3,17, doc.J). te, «l'intero paese» dall'alto del Nebo,
Similmente, la promessa del possesso le ultime parole che gli dice sono:
della Palestina per Israele segna l'ini- <~ Questa è la terra che io ho giurato ad
zio delle tradizioni di quanto Jahvé fa Abramo, Isacco e Giacobbe con que-
a Mosè e al popolo del suo tempo. Qui ste parole: La darò ai tuoi discendenti.
non si parla della promessa ad Abramo Io te l'ho fatta vedere coi tuoi occhi,
e ai patriarchi dopo di lui, e questo è ma tu non vi entrerai» (Deut. 34, 4,
un sintomo che l'avvio delle tradizioni doc. JE).
6 In Gen.48,6 ricorre nel doc. P, ma vi si tro- usato nel doc. E per leredità paterna dcllr
va per anticipazione, alla foce del possesso ere- figlie.
ditario di una delle r2 tribù. In Gen.;31,r4 è
XÀ-l)p6voµoc; (J. Herrmann) (111,770) 620
ci il materiale è molto più scarso. Nel smetterla per sempre in eredità ai figli
Libro dei Giudici l'antichissimo verset- (nbl all'hif'il, I Par.28,B).
to r ,3 presenta una concezione diffe-
rente: alla singola tribù è affidato il 8. La terra di Canaan e il popolo di
compito di conquistare il proprio 'lot- Israele quale naf;ald di J ahvé. In una
to', che gli è stato assegnato prima del- preghiera (2 Par.20, 1 r) il re Giosafat
la conquista. Invece il redattore deute- parla di Canaan come del «tuo posse-
ronomistico del Libro dei Giudici ri- dimento (lrussa), che tu ci hai dato in
prende l'esposizione di Ios. 24,28 con possesso». Similmente in un passo tar-
Iud, 2, 6. Anche secondo 1' antico rac- divo del Libro di Giosuè (Ios. 22,r9,
conto della spedizione dei Daniti (I ud. doc. P5 ) la Cisgiordania è detta «il pae-
17-r8) ogni tribù riceve la naf;ala che se, la 'af;uzzd di Jahvé». Già in epoca
le è stata assegnata, sebbene il passo antica il paese viene talvolta indicato
di 18,r sembri in contrasto con quanto come «la nabala di Jahvé», cosl nei li-
è detto in Ios.19, 40 ss. Nell'altra ap- bri di Samuele sia in una fonte antica
pendice del Libro dei Giudici ( 19-2 r) (2Sam.2r,3) sia in una più recente (r
il territorio delle tribù viene talvolta Sam.26, 19). In I Reg.8, 36 leggiamo:
designato come «tutta la regione della «la tua terra, che tu hai dato come na-
napalJ di Israele» (20,6). Nei Libri di f;ala al tuo popolo». Nell'inno di Ex.
Samuele viene ricordato l'esodo dall'E- 15 il suolo montuoso della Palestina è
gitto e l'ingresso del popolo in Palesti- detto «il monte della tua nablila» (Ex.
na (r Sam.12,8). Nei Libri dei Re, nel- 15,17).
la preghiera deuteronomistica per la Più sovente che la terra di Israele,
consacrazione del tempio, Salomone par- è il popolo di Israele ad essere designa-
la di Canaan come della terra che Dio to come proprietà, parte, porzione, na-
ha dato quale na~ala al suo popolo ( r f;ata di Jahvé. Secondo Ex.19,5 (doc. J
Reg.8,36; cfr. 34.48; dr. ancora I Reg. E•), Israele dev'essere fra tutti i popoli
9, 7; 14, r5; 2 Reg. 2r, 8; nessuno di la proprietà (segulla) di Jahvé, il Signore
questi passi è anteriore al Deuterono- di tutta la terra. A questo passo si ri-
mio). Anche la grande preghiera di E- chiama il Deuteronomio con la promessa
sdra (Neem.9) esprime la stessa conce- che fra tutti i popoli Israele apparterrà
zione e la stessa fede (Neem.9,8.15.23. a J ahvé, il signore del mondo, come sua
35.36). Pure David, nei Paralipomeni, proprietà, 'am segulla (Deut1,6; 14,2;
si mantiene in questa stessa tradizione 26,18; cfr. anche Deut.4, 20 ['am na-
ammonendo il popolo ad osservare i co- balJ]; 9,26.29 [«il tuo popolo e la tua
mandamenti di Jahvé, affinché possa napalifo]; I Reg.8,51.53; 2Reg. 21,14
mantene,i;e il possesso della terra e tra- [ deuteronomistico] ). Nei Libri di Sa-
XÀ.'r)p6voµoc; (J. Herrmann)
muele Israele viene designato come la parole del patto cosl che egli potesse
nal;ala di Jahvé o di Dio, sia in una mantenere la promessa giurata ai padri
fonte recente (2 Sam.14,16), che in una e dargli «il paese ove scorre latte e mie-
antica (I Sam.10,1 ) o ancora più remo- le», come tuttora lo posseggono (II .4·
ta (2 Sam.20,19). Nel cosiddetto canti- 5) e lo possederanno per tutta l'eterni-
co di Mosè di Deut.32 la decisione di tà, se faranno la volontà di Jahvé ( 7,
Jahvé, che vuol far di Israele la sua na- 7, cfr. 2 5 ,5 ). Ma essi han fatto deJla
pèila, è fatta risalire alla remota antichi- 'sua terra' e della 'sua napèila' un'abo-
tà, allorquando Dio determinò i confini 1dnazione ( 2 ,7 ); perciò Jahvé ha ab-
dei popoli e ad ognuno diede la sua bandonato la sua casa, ha scacciato la
nal;ala (Deut.32,8.9). sua nafièila, ha consegnato il prediletto
dell'anima sua nelle mani dei suoi ne-
9. napald e npl negli scritti profeti- mici, cosl che una moltitudine di pasto-
ci. Assai scarso è il materiale traman- ri ha devastato la sua vigna (12,7-10)8 •
datoci dai profeti del secolo vm. Nul- Anche per Ezechiele il Canaan è il
la troviamo in Isaia e in Osea. Amos paese che già Abramo aveva ottenuto
ricorda una volta che J ahvé ha stermi- in possesso (Ez. 3 3 ,24 ), la na~èila della
nato gli Amorrei davanti agli Israeliti casa d'Israele (35,t5). Jahvé lo chiama
e ha fatto salire questi dalla terra d'E- «la mia tetra» (38,r6), l'ha promessa
gitto e li ha lasciati vagare per quaran- con giuramento ai padri di Israele (20,
t'anni nel deserto, onde potessero pren- 5.6.42), l'ha data al suo servo Giacob-
der possesso della terra degli Amorrei be (37,25; 28,25; dr. anche 20,r5.28.
(Am.2,9.10) 7• In Michea Jahvé designa 42). Il popolo ricondotto dall'esilio de-
la terra di Israele come l;eleq 'amml, ve nuovamente popolarla, possederla e
«la parte toccata al mio popolo» (2,4). abitarla per sempre come napala (36,
Questo è tutto. Completamente diverso 12; 37,25). All'avvenire del popolo do-
si presenta il quadro in Geremia, con- po l'esilio mira Ez. 40 - 48. Come un
temporaneo della riforma deuteronomi- tempo, all'epoca di Giosuè, le dodici
stica. Una terra amabile, la più delizio- tribù si devono ripartire di nuovo il
sa napaliJ fra i popoli, Jahvé volle dare paese (npl, all'hitpa'el), cosicché ciascu-
ad Israele (3,19). Al popolo del tempo no riceva in sorte la sua nal;ala (47,13.
di Mosè Jahvé, dopo averlo tratto fuOl'i r4; 48,29; 45,r). Nulla dev'essere mo-
dall'Egitto, comandò di obbedire alle dificato in questa ripartizione, come ri-
7 Am. 9, x5 è assai controverso, almeno per 8 Cfr. anche Ier.r7,4. Ulteriore materiale in
quanto concerne l'autenticità ed attribuzione passi secondari: 3,r 8; ro,16 = 51,19; 12,14.15:
ad Amos. r6,x4 .r5.18; 32,21.22; 35,x5; 50,1r.
XÀ.TJp6vo1ioç (J. Herrmann)
sulta chiaramente in Ez. 46, I6-18; il r o. na/Jala e n~l nei Salmi. Nel Sal-
principe non può né prender nulla del- terio troviamo non di rado naflala, in
la nal;al!ì del popolo né sottrarre qual- quei passi dove il salmista ricorda le
cosa della sua propria napala in via de- tradizioni del tempo dei Patriarchi, di
finitiva 9 • Mosè e cli Giosuè. Volentieri ci si edi-
Anche secondo il Deuteroisaia Jahvé fica guardando con riconoscenza alle ge-
ricostruirà il paese nel giorno della sal- sta divine di quei giorni. Jahvé, in cui
vezza e distribuirà nuovamente come si ·confida, si ricorda eternamente del
nal;ala le n"l;alt>t devastate (nl;l, all'hi- patto concluso con Abramo, Isacco e
f'il, Is.49, 8); anche qui Jahvé chiama Giacobbe con le parole: A te darò la
il Canaan sua napala (Is.47,6). Nel Tri- terra di Canaan come naflala assegnata
toisaia il paese o il popolo è designato a voi (Ps.105,9-n). Fortunato è il po-
come napala di Jahvé (Is.63,17). Il fu- polo che Jahvé si è scelto quale naf.Jala
turo popolo di Gerusalemme, costitui- (.33,12), o ~gulla (135,4). Si può do-
to dai giusti, possiederà per sempre il mandare a Dio che si ricordi della sua
paese ( 60,21) w. Secondo Zaccaria, Jah- comunità, che si è acquistato (qnb) al
vé prenderà Giuda come sua porzione tempo di Mosè e che ha riscattato (g'l)
(l;eleq) in napala (2,16) e lascerà in re- per farne la tribù della sua napala (74,
taggio tutta la Giudea al resto del suo 2 ). Fu allora che Giuda divenne il suo
popolo (npl, ali' hif'il, 8,12). Secondo santuario e Israele il suo dominio ( l 14,
una glossa di Sofonia ( 2,9) il resto di x.2). Con la sua mano Jahvé ha scac-
Israele prenderà anche Moab e Amman ciato i pagani dalla Palestina ed ha fat-
come nal;ala. Gioele chiama Israele po- to entrare nel paese i padri d'Israele
polo di Jahvé, e la Palestina terra di (44,2-4). Egli ha scelto (47,5) e ha da-
Jahvé (1,6; 2,17.18.26.27; 4,3.16). An- to (135,12; I36,21.22) al suo popolo
che in un passo postesilico del Libro di come naflala (78 ,5.5) la terra dei re ca-
Isaia, Jahvé chiama Israele «mia naf.Ja- nanei, «la napald dei pagani» (rn,6).
la» (Is.19,25). Ma quando gli divennero infedeli, li la-
Cosl le idee connesse con nal;ald co- sciò in balla dei loro nemici ed arse di
prono tutto il tempo della letteratura collera contro la sua napala (78 ,62 a
profetica, quantunque nei profeti del proposifo delle vicende narrate in I
sec. vm ricorrano di rado. Esse però Sam.4); ma poi scelse David come suo
sono ben vive in Geremia e in Eze- servo e lo trasse dal suo gregge perché
chiele.
9 Qui non occorre chiedersi in quale misura e mostrano in modo significativo la sopravvi-
queste precisazioni derivino da Ezechiele; in venza delle antiche concezioni.
ogni caso, esse risalgono al periodo dell'esilio 10 58,14 e 57,13 sono 11ggiunte seriori.
x).11pov6µoi:; (J. Henmann)
pascolasse Israele, la sua nabala (78, dere ', in arabo •donare, attribuire in
70.71). proprietà', e nell'arabo meridionale 'in-
Come si vede dai passi citati, spesso vestire, dare in feudo'. In ogni caso dal
nel Salterio il popolo è indicato come materiale veterotestamentario si può
la napala di Jahvé (cosl ancora in 2 8 ,9; trarre, riassumendo, quanto segue.
94,5.14; rn6,5.40); tuttavia sappiamo
a) nabala e nbl indicano che si rice-
pure che in fondo tutte le nazioni ap-
ve qualcosa come assegnata e che so-
partengono a J ahvé come napala, e tal-
lo a motivo di questa attribuzione se
volta su ciò si basa l'invocazione che
ne viene in possesso_ Questi termini
Jahvé giudichi la terra (82, 8). Una so-
esprimono bene la fede profondamente
la volta (79,1) il paese è detto nabala rndicata nella religione dell'A.T., secon-
di Jahvé, il paese il quale è del pari
do cui Israele ha ricevuto la Palestina
napald di Israele (37,18; 47,5; 69,37;
perché Dio gliel'ha assegnata e il pos-
105,u; 135,12; 136,21.22), sia per il
sesso del paese potè avvenire solo sul-
passato più remoto, sia per il tempo
la base di questa assegnazione. Israele,
finale (37,18; 69,37), in quanto costi-
dunque, possiede il suo paese unica-
tuisce l'oggetto della speranza escatolo-
mente per disposizione divina.
gica. In un momento di accesa religio-
sità un salinista chiama Jahvé sua na- b) In nabala e nl;l è ben presente
[Jald~ a lui attribuita con il sorteggio
l'idea di ripartizione. Ciò significa che
della misurazione (16,5.6); un altro sal- il paese, dopo la conquista, è stato ri-
mista tardivo riconosce che J ahvé si partito fra le tribù mediante la sorte
rende testimonianza nei suoi comanda- sacra, e che allo stesso modo le stirpi
menti (II9,1II). Ciò dimostra quanto e poi le singole famiglie hanno ottenu-
sia viva l'antica idea della na/;Jala. to la loro por·zione di terra. Secondo
questa concezione la porzione di terra
Il. Riepilogo. Nella prècedente espo- delle tribù, delle stirpi e delle famiglie
sizione per lo più si è lasciato provvi- è determinata dalla decisione divina.
soriamente di tradurre na{Jala; nbl in- e) È evidente che in origine il termi-
vece è stato reso con locuzioni formate ne napata indicava quasi esclusivamente
da verbi correnti e da napala, per non il possesso terriero, la proprietà fon-
compromettere la difficile definizione diaria. Questo possesso, determinato
del concetto. Non molto si ricava dal per disposizione divina, deve restare
confronto con termini corrispondenti di un possesso permanente e perpetuo
altre lingue semitiche. Nel dizionario della famiglia, ecc. Quanto grande sia
del Gesenius -Buhl, s. v., si rimanda a stato in Israele l'interesse a far sì che
n~l del neoebraico, che significa 'passe- il possesso fondiario della famiglia ri-
631 (m,774) x:>.:rwov6µoc; (]. Herrmann)
manesse intatto, oltre che dal materia- doc. J E s). Ma dopo che essi hanno ri-
le addotto sopra, risulta con particola- cevuto la terra in virtù delle promesse
re evidenza anche dal decalogo di Ex. ai padri, questa dev'essere loro posses-
20: il decimo comandamento mira a so ereditario per tutte le generazioni;
garamire questo fatto 11 • Lo sforzo di e poiché il contenuto della promessa
assicurare la proprietà perpetua del suo- divina è una realtà nel momento stes-
lo al suo possessore ha dato poi origi- so in cui viene pronunciata, nell'attc;
ne a una delle più singolari leggi sociali stesso in cui ricevono la terra questa
di Israele, la legge del giubileo (Lev. può esser considerata come nal;ala, cioè
2 5 ). Isaia grida la sua maledizione con- come eredità, anche guardando al passa-
tro i ricchi che spogliano i contadini del to. Che anche altrove napala indichi la
loro fondo (ls.5,8) 12, e il suo contem- proprietà fondiaria ereditata e poi in ge-
poraneo Michea contro coloro che «de- nerale il possesso ereditario, risulta da
siderano i campi e li rubano e porta- alcuni altri passi. Nell'antico racconto di
no via le case e gli uomini, e fanno so- I Reg.21 Nabot ricusa di cedere la sua
perclùerie all'uomo e alla sua casa, al- vigna al re con le parole: <cMi guardi
l'uomo e alla sua na{Jala» (Mich.2,2) 13 • Jahvé dal dare a te la nal;alti dei miei
padri» ( I Reg. 2 I, 3 ). Il verbo nl;l, al
d) Diviene allora evidente che na~ìi qal, nel passo non meno antico di Iuà.
la e n{Jl sono termini particolarmente n ,2 significa 'ereditare', mentre all'lù-
adatti a designare il possesso fondiario f'il, nella legislazione deuteronomistica
ricevuto in eredità dai padri. Per quan- (Deut.21,16) ha il senso di 'determina-
to riguarda i concetti riassunti sotto a) re la parte ereditaria (ai propri figh)';
e b) si può essere incerti su ciò che si qui non si tratta semplicemente del pos-
intende per possesso ereditario, in quan- sesso fondiario, ma di tutto ciò che ap-
to, se Israele possiede la terra, non la partiene al testatore. Si veda pure Prov.
possiede per averla ereditata dai pa- I3,22 · Il verbo npl, all'hitpa'el, viene
triarchi o dalla generazione mosaica. anche usato in Lev.25 ,46, senza riferi-
Né gli uni né l'altra, infatti, ne sono mento a un possesso fondiario . La na-
stati proprietari, ma hanno avuto solo l;ala è la porzione ereditaria dei figli
la promessa che essa sarebbe toccata ai (Prov.17,2) e anche delle figlie (Iob42,
loro discendenti. Questi ora la ricevo- 15), e può comprendere case ed averi,
no non in forza di un diritto ereditario, ma indica soprattutto la proprietà fon-
ma in virtù della fedeltà di Dio alla diaria che passa ai figli (e in casi par-
promessa data (cosl per es., Ex.32,13, ticolari anche alle fìglie, Num.27,r-II;
11 J. HERRMANN (-7 nota bibliogr.) 69-82. I (1930) 92; HERRMANN, o.e. 78.
12 Notizie più precise in O. PROCKSCH, Jesaja 13 HERRMANN, o.e. 73.
XÀTJpovoµoc; (]. Herrmann)
36,2 ss.; cfr. anche Ruth 4,5 ss.). Come sono specialmente i concetti religiosi
l'idea dell'eredità si colleghi con il pos- connessi con napala in un passo come
sesso della Palestina da parte di Israe- quello del Ps.16,5.6: nella beatitudine
le, può risultare evidente per naf.Jalil in che gli viene dalla certezza della fede,
Ier.3,19, per nl;l, all'hif'il, in I Par.28, il credente osa affermare che Dio, che
8; ma un accurato esame esegetico do- tiene il suo peleq, è ciò che gli è stato
vrà accertare che anche in questi due assegnato come goriil; per questo le
passi non è assolutamente necessario funi mensorie son cadute per lui in un
tradurre i termini con 'eredità' e 'la- luogo ameno, e deliziosa è per lui que-
sciare in eredità'. Pare che il concetto sta na{Jata 14•
proprio di eredità resti in ombra, men- Dovrebbe ormai essere chiara l'im-
tre emergono gli altri concetti che nel- portanza assunta per la religione del-
1' ambito che ci riguarda vanno connes- l'A.T. dalle concezioni e dalla fede le-
si con nf?l e naf.Jala. gate a naf,Jala; chi ne sa cogliere l'im-
portanza, potrà comprendere il loro in-
e) Da quanto si è detto sotto a)- c)
flusso imperituro non solo sul giudai-
si spiega pure come la Palestina venga
smo, ma anche sul cristianesimo.
detta naf.Jalil di J ahvé, e come anche
Israele sia designato allo stesso modo. J. HERRMANN
napala è la porzione che Jahvé riserva
a se stesso e che è destinata ad appar- C. IL GRUPPO XÀ.T)pO\IOj.l.Oç NEI LXX
tenergli in perpetuo. Per il fedele israe-
Il gruppo dei termini greci, di cui
lita, che poteva considerare il suo po-
abbiamo parlato nelle coll. 6n ss., nel-
polo e la·l sua terra come nahala propria
•
1' uso linguistico biblico subisce degli
di Jahvé, era possibile che in ciò rien-
ampliamenti dovuti anzitutto alla diver-
trassero tutti i sentimenti di amore, fe-
sa accezione degli equivalenti ebraici,
deltà e provvidenza, che anche altrove
ma specialmente al fatto che essi diven-
sono connessi con la «naf,Jalil dei padri».
gono espressione di una particolare con-
f) Infine, nap<'ila, come l;>eleq e go- cezione religiosa.
ra!, indica la 'sorte' assegnata da Dio
all'uomo, cioè il 'destino', il 'fato' (lob 1. Aspetto linguistico
20,29; 27,13; 31,2). In xÀripo\loµoc; si può vedere come il
Vivi e ricchi di molteplici rapporti termine greco sia stato influenzato dal-
14 Si può menzionare qui anche I' argomento 26; :i6,62; Deut.10,9; 18,2; Ios.r3,r4.33), seb·
addotto per escludere, a differenza delle altre bene questa formula avesse un suo fondamen-
tribù, i Leviti dal possesso fondiario (npl), che to reale, come mostrano Ios.18,7 e ancor più
cioè la loro napiila è Jahvé (Num.18,20.21.24. chiaramente Deut. 18,x.
XÀ.tjpov6µoc;. (W. Foerster)
l' ampio significato dell' equivalente e- 9,6; I Mach.2,57. Il termine anche al-
braico. In particolare va notato che rrove è usato a designare 1a presa ai
questo termine non compare nei LXX possesso viotenta; Gen. 24, 60: i con-
nelle concezioni religiose di cui dovre- giunti, benedicendo .Kebecca che parte,
mo parlare in seguito. In 2 Ba.cr. 14,7; le ±anno questo augurio: il tuo seme
Ecctt1s 23,22 esso significa erede; inve- xA.1)pO\IOµricra"tW "tà<; 'JtOÀ.ELc; 'tW\I Ù-gE-
ce in lud. 18,7 (cod. B) e Mich. 1,15 15 \ICX.\/"tLW\I (degli avversari); ana.logaroen·
corrisponde sempre all'ebraico ;ores, il te Gen.22,r7; Iud.3,13; 4 Jfa.cr.17,24;
possessore. Is.14,21; 17,14 (traduzione .di bzz, 'de-
Nei LXX manca cruyxÀ.1)pov6µoc;. predare'!); Hz.7,24 (cod.B); 35,10; I
Mach.1,32; 2,10. Detto di un possesso
xÀ:r1povoµfo.i significa ereditare qual-
permanente, significa serbare, avere;
cosa, J'ob.14,13: ÈXÀ.7Jpo\16µ1)0'E\I -ç'i}v
I ud. I I ,24: ouxi. ocra. XCX.'t'EXÀ.ripovoµT}-
oùcrlcx.v o:;v-.wv; ironicamente il senso di
crf.'IJ O'ot. Xaµwc; ò ì>e6c; uou, cx.ù"t'lk xÀ.T}-
'ereditare' si trova in Ecclus lo,n: un
povoµ1JcreLc;; (cod.A); forse anche ljJ n8,
uomo morendo xÀ.1JpovoµT]cret. Épm.-ça•.•
ux, Ez.y3,25s. (cod.A) e rPar.28,8,
xa.i crxwÀ.'t]xa.c;, <<. •• rettili... e vermi». dove Davide ammonisce: «Osservate i
L'oggetto 1b sta in genit. (ls.63,18) o in
comandamenti di Dio, tvcx. xÀ.'f)povoµ'l)-
accus.: ereditare da qualcuno o eredi-
crri-.E "tTJ\I yljv -t'Ì)v à.ya.1Hrv».
tare qualche cosa, Gen. 15,3 s.; Num.
27,u; Tob.3,15; 6,12 (cod. S); 14,13. Xtx.'tlXXÀ.'l}povoµÉw. Abbastanza fre-
Usato assolutamente, vale essere erede quente nei LXX, spesso come variante
(lud.n,2). In senso causativo significa di XÀT)povoµtw e xcx.-ça.xÀT)po8o-i-Éw. Il
dare in possesso (col dat.), Num.34,17; significato è vicino a quello del verbo
2 'EcrSp. 9, 12 (codd. A V); col doppio semplice; tuttavia nel composto è più
accus.: lasciar qualcosa in possesso a frequente l'accezione causativa. Prende-
qualcuno, Ios. 17, 14 (niitan napal«); re possesso; detto dell'occupazione ter-
Iud.u,24B; Prov.13,22; Ecclus 46,1 ritoriale degli Israeliti come della con-
(cod. B). Tenere in possesso, Ez.33,25 quista violenta dei popoli (Abac.1 16);
(cod. A); r Par. 28, 8. Ali' uso classico oggetto dell'azione possono essere i po-
(ereditare una fama, ecc.) si ricollega la poli o gli dèi (Deut.12,2.29). Detto del-
letteratura sapienziale, quando parla di la sapienza conseguita dall'uomo (Ec-
ciò che il saggio o l'empio erediteranno: clus 4,16); di un nome eterno (Ecclus
M~av O'ocpot XÀ.'f)povoµi)crouuw (npl), 15,6). Il soggetto è Dio in lfi 81,8. Par-
Prov.3,35; similmente u,29; Ecclus 4, ticolarmente frequente è il senso causa-
13 ecc. tivo di ripartire l'eredità, lasciare in ere-
In 3 Ba0'.20,15-19 xÀ.'I)povoµEi:v (ifi- dità a qualcuno (Deut.21,r6; I Par.28,
raS) oltrepassa l'accezione greca, essen· 8), il possesso della terra (Ez. 46,18);
do riferito ad Acab, quando, alla morte lasciar che qualcuno prenda possesso di
di Nabot, si appropria la sua vigna; in qualcosa, col doppio accus. o con l'ac-
Is. 34 1 17 è detto di animali selvatici cus. semplice: Zach.2 16; Ecclus 36,10;
1
15Sebbene l'ultimo passo non sia chiaro nd 16 Sulla costruzione vedasi l'ampia esposizio-
concetto del traduttore. In Ier.13,25 il cod. ne di HHLBING, Kasussynlax, 138-14r.
S legge xJ.:qpov6µo<;, che non ha senso.
XÀ1)pov6µoç (W. Foerster)
concede ai poveri, I Bao-.2,8. Al passivo volte con ibi;oÀ.À.uvm., 4 volte con bc-
personale s1gntl::!ca mi è aato qualcosa (36.ÀÀELV, 13 con É.l;alpw,1, 3 volte ri-
m possesso: Deut.19,I4; Ecclus 24,8. spettivamente con ÈX"tpl~ELV, nrx.pet.À.aµ-
{j6.VELV, èsoÀ.Ei}peul:'.LV, 2 volte cias~uno
Anche in :X.Ìv1]povoµl1X. si osserva ii
con Xt'X.'t®XELV, xupmJELV, 7t"tWXEUELV,
superamento dell'accezione grec~ c?mu~
una volta rispettivamente con IXyxtcr-
ne •1 • A prescindere dai conce~tl di cu~
'tEVELV, bLQOVaL, É:x.~L<iSELV, ÉXS1)'tEtV,
diremo più sotto, oltre al s1gmhc~to d1
Xa"taXUptEUELY, xa:tOLXEt'Y, x..-i'jcrtç, À.aµ-
eredità lGen.31,14; lob 42,15) ricorre
(3<ivEW, npovoµEUELV, 1t't'WXLSEL'll, 7tEpL-
quello di possesso, per es., Mich. 2,2:
rçd}Éva.L, ÒÀ.Ei>pEVELV, ÉçÉÀXEL'll, È;ava.-
òi.1jp1Caçov èivopa, xa.i. ..-òv olxov a.ù"tou,
À.LCTXE!.v. In modo analogo npl è reso 4
IJ.v6p1X. xrx.1. 't'Ì)V :x.ì..11povoµla.v et.Ù"t'ou;
volte ciascuno con µeplçEL\I e xa..-a.µ.g-
Lam.5,2: XÀ1]povoµla 1}µWv µ.g'tl:'.1np6.-
pLSEL'll, 2 volte ciascuno con XÀ.1]po~o
q>1) aÀÀ.O"t'ploLç, oL OLX.Ol. 1}µw\I SÉ\IOLç;
..-ei:v, xa..-ÉXELV, X"télcri)at, una volta cia-
Hccl.7,Ii (éod. B): ckya.iH1 crocplrx. µE..-à scuno con otÉpxe<WaL, ȵ(3a.-.evetv, H;-
xÀ.1}povoµlet.ç· vedi specialmente Ecclus
oÀ.EfrpEVELV, Ùtaµepl~ELV (oltre a Ios.r,6).
9,6; 22,23; ;3,24. In Tob.6.,13_in~~a Su un totale i 163 casi, XÀ.l)povoµla
il 'possesso' della donna; di fancmlli m
sta I43 volte per napala, :r6 volte ren-
tjJ 126,3; della sapienza in Ecclus 24,
de termini della radice ;aras, 2 volte
20. In x).7}povoµla riappare quella me~
ciascuno corrisponde a goriil, gebul e
scolanza di significati con xÀ:rjpoc; cu1
abbiamo accennato sopra e~ col. 587),
'ahuzza, una volta sta per /,Jeleq. Vice-
v~rsa nabala, oltre che col gruppo xÀ.11-
in quanto il termine può anche signifi-
povoµlrx.,· è reso con Xet."tciCTXECTLc; (5 vol-
care parte, porzione: Is.17,14 (pat. µ.g-
te), xa'taXÀ1]povoµÉw (un~ o due vol-
plç) come traduzione di goriil~- I 5 ,5 b s.
te), xÀ1)pooocrla (2 volte), X'tfjµet. (2
(par. crxoLvlov) nafiala e goriil. An~he
volte), µ.gplc; (3-4 volte), e una volta
in Ecclus 24,7 ci si aspetterebbe ~mt ciascuno con otalpecnç, EYKÀ1]poç (t:u-
totso xì..tjpoc;. Ps. Sal.14,5 (par. µt:pLç).
:x.À.11poc;), xÀ.11pouxla, µeplsetv, ofacoc;,
2. Aspetto semantico 't07tO<;.
11 LrnDELL-ScOTT, s. v., cita per l'accezione property, possession solo testi dei LXX.
xÀ:r)povbµoc, (W. Foerster)
re solamente là dove si tratta del pos- 'VOµ-ijcra.L 'tTJ\I yfjv, i)v EOWXEV xvpLO<; ò
sesso della tribù e della famiglia dopo -i)Eò<; fiµwv;, «fino a quando trascurere-
la conquista, ma anche perché già nella te di prendere possesso del paese che
storia dei patriarchi i LXX fanno largo il Signore Dio nostro vi ha dato?»; cfr.
uso di x)..1JpovoµE~v, per lo più come anche, per es., Ex.23,30; Num.14,24,
traduzione di ;aras; per es., Gen.I5,7: dove xÀ.11povoµEiv designa l'effettiva
Èyw ò -l)Eòc; ò Èl;a.yaywv crE be x.wpaç presa di possesso del paese. Altrettanto
Xa.À.oo.lwv Wa'"tE SoGvo.l c:roi. ..-l}v yijv chiaro è l'uso del verbo per indicare la
"t"a.u-r'l'}v xÀ1)povoµijcra.t (jaras), «io so- presa di possesso fatta con la forza in
no il Dio che ti trassi dalla regione dei contesti dove non si parla della conqui-
Caldei, per darti questa terra, affinché sta (--7 coll. 635 s., spede 3 Brur.20,15-
tu la possedessi»; Deut. 30,5: dcr&.l;EL 19), specialmente dove non vi è né jii-
<TE :x.uptoc; ò i)E6c; crou Elç "tTJ\I yf}v, ftv ras né naf;al, che giustifichi la scelta di
ÈxÀ.1)pov6µ1)<To.v ot rca:t~pEç crou, :x.a.t xÀ.11povoµÉw; in Gen.47 ,27 si parla del
x)•ripovoµ1Ja-nc; aU"tlJV, «il signore Dio soggiorno di Israele a Goshen: È:x.À.1)-
tuo ti introdurrà nella terra che i tuoi po'V6µ11cra.v È1t' mhijc; ( = 'iil,Jaz al ni-
padri possedettero, e tu la possederai». f'al); dr. anche ·lud.1,18 (liikad) e 2
La presa di possesso del paese è espres- Ecrop. 19,25; in Zach. 9.4 xÀ.'l)povoµE'Lv
sa con xÀ.11povoµEiv (cfr. Gen. 28,4; è detto di Dio. Anche i molti altri ver-
Deut.1,8; ro,11). Se in Num.34,2 si af- bi greci, oltre a xÀ.1)povoµE'LV, che tra-
ferma: uµEiç ELCTr.opEUEO"i>E dc; ..-l}v yijv ducono ;tiras e nii{Jal e indicano la con-
Xa.va.a.v· a.\h11 itu..-a.t uµiv dc; :x.À.1Jpo- quista violenta, la cacciata e lo stermi-
\loµla.v, il futuro E<T"tCXt non significa che nio, mostrano che xÀ.1)povoµE1v, usato
in xÀ:l]povoµlcx. vada inclusa l'idea che parallelamente a quelli, deve indicare la
Israele, in forza della divina promessa, presa di possesso come tale; infatti i
ha un diritto sul paese già prima di verbi usati al posto di xÀ.'l}povoµe'Lv ri-
prenderne concreto possesso, anche se corrono anche in quei contesti in cui si
l'idea in sé è esatta. Ciò che piuttosto parla della conquista degli Israeliti, per
costituisce il tratto comune, sia nel ver- es., Num.32,39; 33,52.53; Ios.15,63;
bo xÀ.1)povoµe1v che nel sostantivo :x.À.11· I6,ro; 23,5 (&:itoÀÀ.vva.t); Num.21,32
povoµla., e ciò che caratterizza I 'uso di (bcf3aÀ.ÀELV); Io:r. l, II (XO."tO.<TXEtV);
questi termini non solo nel contesto Iud.1,21 ss. (Èl;o.lpEw). Con questi è da
teologico di cui si parla, ma anche al paragonare xÀ.'l')povoµELV con oggetto
di fuori di esso, è il momento del pos- personale, ad es. in Deut.9,1; n,23;
sesso permanente. Ciò risulta chiaro per fod:1,19° (cod.A). L'espressione natan
il verbo nella domanda di Giosuè (I os. liirefot, per es., in Deut.21,r è tradotta
18,3): f:wc; "tlvoç ÈXÀvi}1)crEcri}E xÀ..l)po- con oto6va.L xÀ1)po\loµ:ijcra.t, in Lev.20,
XA.T}po\IOµoç { w. .l'ocrsterJ \lll,779J l>42.
24 con ò186va1 Èv x-ç1)CTEt, «date in pro- poi, in una particolare circostanza, in-
prietà». Per quanto riguarda il sostanti- giustamente i nostri nemici se ne im-
vo, già il confronto del suo uso con padronirono. Ma noi, cogliendo l'occa-
quello di xÀ.fjpoç (~ coll. 585 ss.) ha sione favorevole, rivendichiamo l'eredi-
messo in evidenza che decisivo è il mo- tà dei nostri padri». Le stesse indicazio-
mento del possesso permanente. La sto- ni si desumono dal fatto che nei passi
ria delle figlie di Salfaad (Num. 27, 8) discussi, tra l'altro ricorre cinque volte
mostra non solo che xÀ:rwovoµla. può XtX.'t~<TXEO"tc;: Num.32,32; 33,54 (2 vol-
designare l'eredità, il possesso ereditario, te); 36,3; Ez.36,12.
ma anche che questo concetto è usato Quanto abbiamo detto no!1 chiarisce
nell'A.T. Di ciò si è già parlato sotto perché sia stato scelto questo gruppo di
il punto B. Ma non è questo il signifi- termini, dal momento che il concetto di
cato prevalente, come risulta chiaro se eredità, essenziale nel greco, regredisce
si considera che il sostantivo è pure notevolmente. La ragione è forse da ri-
usato per indicare ciò che è posseduto cercare nelle suggestioni provenienti dal-
da popoli stranieri, Ez.2 5 .4: 1t<X.pa.ol8w- l'ebraico, in quanto il momento dell'ere-
µ1 vµéiç -çotç utotç KeoEµ Elç XÀ.'l')povo- dità è presente sia in jaraJ che in nii~al
µlav (moriisa), dr. ibid. v. ro e Mich. (sia pure alquanto più sfumato nel pri-
r ,q. Anche quando non si poté più mo termine). Tuttavia è necessario por-
parlare cli una successione ereditaria re in evidenza un altro aspetto, che
nella maggior patte del territorio di Ca- vale indubbiamente anche per l'equiva-
naan, questo continuò ad essere XÀ:ll- lente ebraico: il T.M. non designa mai
povoµla Icrpa.T)À., e il fine politico-reli- la conquista territoriale degli Israeliti
gioso dei Maccabei fu quello di ricon- con q n b, 'acquistare', cosl come nei
quistare il paese nell'estensione in cui LXX il paese non viene indicato come
Dio l'aveva dato ad Israele in duratu· X'tfjCTLç né viene usato il verbo x.-.ao--
ro possesso; cosl Simone dice ad Ate- i>a.t per indicarne la conquista. Sia qnb
nobio in I Mach. I 5 ,3 3 s.: OV"t'E yfiv &.À.- che X"t«ii<rì}at indicano che l'oggetto
À.o'tpla.v dÀ.1]<paµEv OV'tE ri.À.À.o'tplwv cambia proprietario per una sorta di
XEXpa.'tT)XaµEv, à..À.À.à. -.f}ç XÀ.T)povoµl- compravendita che può essere reversibi-
a.ç "t'WV m~"t'Épwv TJ(.lWV, U7tÒ oE. lxl>pwv le. x-ri'icri}m determina, sl, un possesso,
'Ì}µwv &.xpt"t'Wç ~\I 't'!.\IL xa.tp4) XCt.'\'EXpet.- ma non tale che sia per sua natura per-
-.1)ìhr l]µei:c; oÈ xaLpòv EXOV"tEç &.vu· manente. Al contrario, quegli eventi del-
xoµEl}a -.fjç >tÀ.T)povoµla.c; 'i'W\I 1tU"tt- la storia di Israele e degli altri popoli,
pwv 1}µwv, «noi non abbiam conqui- che i LXX designano con xÀ.'l')povoµEi:v,
stato territorio altrui, né riteniamo be- non sono reversibili. Solo con la violen-
ni d'altri, ma l'eredità dei nostri padri, za un popolo può essere di nuovo allon-
X/l.1Jpovoµoç (W. !'oerster)
tanato dal territorio che esso È:xÀ.71pov6- D. IL GRUPPO XÀl)pov6µoç, NEL TARDO
GIUDAISMO
µ1}<TEv. Questo tipo di conquista produ-
ce un diritto permanente. E questo fatto Aspetto linguistico. Nella Mishna
l.
trova la sua espressione sia nell'applica- npt e ;rs, in rapporto agli interessi giu-
ridici . della ìvl.tshna, signiticano spesso
zione di tale diritto alla tribù e alla fa- 'ereditare' e 'essere erede'. Un'intluen-
miglia, sia nella legislazione dell'anno za ulteriore nel senso di una tenden-
giubilare. 'Ereditare' è affine a questo za più marcata verso il trascendente, se-
tipo di acquisto, in quanto anch'esso de- condo le concezioni più evolute, è eser-
citata dall'uso linguistico religioso del-
nota un evento che non può essere ar- l'A.T. Gli pseudepigrafi si possono trat-
bitrariamente invertito. tare insieme col giudaismo rabbinico.
Se questo è l' ele·mento decisivo di Ivi, come nei LXX, x.ÀT)povoµE~\I è usa-
to anche per la conquista violenta (test.
xÀ:qpovoµei:v e xÀ.71povoµla., è chiaro XII N. 5,8); in test. lob 18 (ed. M. R.
che i LXX hanno conservato il momen- James, TSt v I [1897] ro4ss.) il ter-
to essenziale dell'ebraico na{Jala. Fino a mine nella parabola signifìca prendere
possesso (dr. anche 4Esdr.7,6 ss.).
che punto i LXX si siano ricollegati ad
2. Aspetto semantico. Anche nel tar-
uno speciale uso linguistico, forse egi-
do giudaismo XÀ.'f)povoµEi:v designa la
ziano - peraltro non più documentabi- conquista degli Israeliti, e :x:À.'1)povoµltx
le -, non è possibile accertare; può an- (n/;Jlh) la terra promessa; ma l'espres-
che essere che risentano l'influenza di sione va oltre la conquista passata e,
un certo aspetto dell'uso linguistico gre- come in \jJ 36,9, assume un senso esca-
tologico. La comunità del nuovo patto,
co (~col. 613). in Damasco, che vive nell'attesa escato-
Dall'accezione di questi termini, qua- logica, 'indica le sue origini con le pa-
role wifmp m;Jr'I wm'hrwn frs m!'t
le è stata finora illustrata, si può sen- t;rws 't 'r~w, «fece germogliare da I-
z'altro comprendere che xÀ.'l')povoµEi:v sraele e da Aronne una radice di pian-
e XÀ.l)povoµlct potevano inserirsi nell'ul- tagione per ereditare la sua terra» (Da-
masc. 1, 7 s.); cfr. Hen. aeth. 5, 7: gli
teriore uso linguistico religioso dell'A.
eletti ... erediteranno la terra. In parti-
T. Non solo è significativo, ma è anche colare è da çonsiderare il Libro dei G,iu-
possibile designare Israele e Canaan co- bilei, che, come midrash sulla Genesi,
me XÀ.T)povoµlct di Dio, nonché usare parafrasa le promesse dei padri: in 22,
14 con la benedizione di Abramo e Gia-
questo termine in contesti escatologici, cobbe si augura che questi erediti la
perché si tratta di un possesso duratu- terra intera, come già Abramo ha ere-
ro, che non ha il suo fondamento in un ditato Canaan «per sempre» (22, 27;
r 7 ,3: la terra). La benedizione di Abra-
negozio pur sempre reversibile, ma pog- mo a Giacobbe viene confermata in vi-
gia sul dono di Dio. sione, in 32,19: «Darò al tuo seme la
XÀ.7]pov6µoi; (W. Foerster)
terra intera, che (sta) sotto il cielo, e do- dano al mondo intero, ma a sua volta
mineranno su tutti i popoli, come essi mette in forse la concezione specifica-
vogliono, e dopo possederanno tutta la mente veterotestamentaria cli XA.1)povo-
terra e l'erediteranno per l'eternità» (cfr. µe~v: se il mondo è stato creato per
25,17); analogamente Ps.Sal.I2,6: ocn- Israele, esso è fin dall'inizio possesso di
01 :x;uplou :x;À'T)povoµ1)cra10-a.v È.7ta:yyE~ Israele, è X.'l''ijµa., non xÀ:l]povoµicx.. La
À.lac;; xuplou. Nell'Apocalisse di Sidrac risposta è data in due parabole, nella
(ed. M.R.James, TSt II 3 [1893]) Ada- seconda delle quali è usato XÀ.'T)povo-
mo è xÀ:r)pov6µoc;; oùpa.vou xa.t yfjç. µla.: Israele è paragonabile a un uomo
Con questa attesa che si compiano, co- a cui è data una città come 'parte ere-
sì amplificate, le promesse fatte ad A- ditaria', ma che può raggiungere la sua
bramo concordano le testimonianze rab- 'eredità' soltanto percorrendo uno stret-
biniche, delle quali Leqah T ob r ,72n a to sentiero, tra fuoco e acqua; il sentie-
Gen. 28, 14 18 nota espressamente che ro stretto è questo eone, creato per
Gen. 28, 14 si compirà nei giorni del Israele, ma giudicato per la caduta di
Messia19• Le promesse ai padri relative Adamo (?,II s.). Perciò il Quarto di
all'eredità del paese, anche nella loro e- Esdra pone del tutto fuori di questo
stensione e nel loro ampliamento escato- eone il compimento della promessa di
logico a tutto il mondo, restano riferite ereditare la terra; vi è inoltre, del tut-
a questa terra, come pure le locuzioni n~l to isolato, un adempimento delle pro-
'rf, «ereditare la terra» (Qid.1,ro), e jrs messe, limitato - secondo 9,8 - all'a-
'rf (Sanh. u,1 =ls.60,21, cfr. Num.r. I I rea della Palestina e ristretto nel tempo
a Num.6,26b, dove la salvezza [slwm] a 400 anni ( 7 ,28 ), conseguibile soltanto
vien descritta col Ps.37,11). La stessa da coloro che sperimenteranno la venu-
conquista israelitica è presentata minac- ta di questo tempo.
ciosamente come evento salvifico dal Cosl, accanto ali' 'eredità di questa
midrash dei Giubilei, secondo il quale terra', compare l'eredità della vita eter-
il Canaan è attribuito in sorte agli Israe- na, ed è in quest'ultimo senso che l'uso
liti (8,ro ss.; 9,1 ss.; ro,28 ss.). La stes- linguistico del termine si consolida (Ps.
sa cosa troviamo nella pericope teologi- Sal.14,10; Hen. aeth.40,9; Sib., Jr. 3 21l;
camente significativa di 4Esdr.6,55 ss., test.lob 18, ~col. 644). Si veda inoltre
dove Esdra domanda: «li primo mondo l'espressione 'ereditare l'eone futuro' (4
è stato creato per Israele (mentre i po- Esdr. 7,96 21 ; Bar. syr. 44,13; Hen. slav.
poli sono considerati come nullità); ma 50, 2; 66, 6) o la gloria di Dio 22 • Nei
perché le nazioni distruggono Israele e rabbini si ha sia ;rs che nl}l (aram. jrt
Israele non ha preso possesso di questo e l}sn) senza apprezzabile differenza; co-
mondo?» (lat.: haereditatem possiderc me oggetto si ha sia h'wlm hb', «il mon-
= XÀTJpovoµE~V ). Tale quesito mostra do avvenire» (o. pii [vita] h'wlm hb',
pure come le promesse ai padri si esten- gn 'dn, «giardino di delizie»), sia gihn-
wm (Ab. r,5; test. lob. 43) 23 • Nei rab-. eredità eterna (cfr. Ps.Sal.x4,9; r5,ro).
bini non si ha mai un riferimento a Dio La letteratura pseudepigrafica permette
come padre, ·né ad Israele come figlio; dunque di riconoscere chiaramente -
e nemmeno altrove è espresso il momen- e già lo dimostra l'intero modulo dei
to dell'eredità: nel Quarto di Esdra viaggi celesti - che l'eredità è immagi-
(6,55 ss., v.58) il popolo di Israele è nata in senso spaziale; a ciò corrispon-
detto figlio primogenito di Dio e in ri- de anche la descrizione concreta dei tor-
ferimento a ciò è usata la parabola del- menti infernali e delle beatitudini.
l'erede (7,9); ma se per questo libro Ja Che Israele sia possesso di Dio, è un
connessione tra .figliolanza ed eredità concetto che non può mancare nel tar-
fosse stata veramente vitale, non ci si do giudaismo. Tuttavia nei rabbini non
dovrebbe aspettare un'introduzione del- ricorre un'espressione che corrisponda
la parabola che parlasse di un re che ave- a XÀ1)po\loµla.. Nella diciottesima pre-
va lasciato al figlio una città come parte ghiera della recensione palestinese del-
cli eredità, un'introduzione che ricordas- le Shemoné Esré Ujm flwmk 'l j!r'l 'mk
se l'avvio di molte parabole rabbiniche? w'l 'jrk w'l n!Jltk, «poni la tua pace so-
x)..11po'.loµla e nl;lh = l'eredità. In pra Israele popolo tuo e sopra la tua
Ab. 2, 12 lrussd, l'eredità che tocca a città e sopra la tua eredità»), n~lh è,
chi non ha fatto nulla per averla, è po- con popolo e città, anche il paese di Ca-
sta in contrasto con la conoscenza del- naan, come in Ps.Sal.7,2; 9,1; 17,23; e
la torà, che bisogna conseguire. Altro- test. B. 9,2 (cod. A) con xÀ..T]povoµla. in-
ve nei rabbini nplh e jrfh hanno fre- tende il tempio. Questo termine però
quentemente il senso giuridico di eredi- ricorre anche in Jub.1,19.21; 16,18; 22,
tà (cfr. anche Ps. Sal.15,r1). Negli pseu- 9 s. 15. 29; 33, 20; 4 Esdr. 8,16; apoc.
depigrafi è documentato luso del so- Abr.20, dove ha, come nell'A.T., il si-
stantivo a denotare l'eredità celeste (4 gnificato di conforto e impegno. Cosl
Esdr.7,9.17; Hen. aeth.39,8; 7r,16; 99, in lub. 22, 29 Abramo prega per Gia-
14; Hen.slav. 9; 55,2; Ps. Sai. 14,9 s.). cobbe: «Che tu lo santifichi come po-
Accertare quale termine in questi testi polo della tua eredità»; Ps. Sal. 14, 5:
corrisponderebbe a 'parte di eredità', se 1i µEptç xa.t XÀl]pO\loµla. 't"OU ikou ~CT'tt\I
xÀ:jjpoç o XÀ.l]povoµla, non è possibile. Icrpa.'Y)À.. Poiché xÀ.'Y)povoµla., in quanto
Nei primi due passi di Enoc etiopico possesso conseguito in un determinato
'parte cli eredità' sta in parallelo con momento, può esprimere il concetto di
'abita?:ione'; si potrebbe pensare, per- elezione, mentte nel giudaismo rabbini-
ciò, a un'interpretazione trascendente co prevale il concetto cli merito, che dà
della promessa di ereditare la terra, nel al termine la sua particolare sfumatura,
qual caso si avrebbe xÀ:T)povoµla.; ma non c>è da meravigliarsi che n~lh non si
in Hen.aeth.99,14 l'espressione si trova trovi in questo senso nei rabbini.
accanto a 'misura', sicché qui si dovreb- Israele ha ricevuto la torà come il
be pensare piuttosto a xÀ:ijpo~. Come irJ possesso più prezioso; perciò in Da-
ha per oggetto anche la gehenna, cosl masc. l,16 essa è detta nhlh, e in asc.
Hen. slav. 10, 6 dice che il luogo del- Is. x,r3 Isaia si presenta èome haeredi-
l'inferno sta preparato agli empi come tatis Dilecti haeres, cioè (come i profe-
n Un comodo prospetto dei documenti in cilitato l'ulteriore uso del termine nel tardo
VoLZ, Esch.34r. In questi contesti xÀ:r1povo- giudaismo. «Ereditare i due mondi», per es.,
µE~V contiene un elemento spaziale, che ha fa- in b. Ber.51 a (verso la fine).
XÀ.TJPO'Voµoç (W. Foerster)
24 Si può qui citare ancora l'Apocalisse di Si- 26Non l'atto di ereditare, come vuole ZAHN,
drac (ed. M. R. JAMBS, TSt n 3 [ 1893] 130 Gal. ad l., poiché in seguito esso è oggetto di
ss.) 6, secondo cui Adamo fu fatto XÀ.'Y)povo- xExap~u-çaL.
µoi; del cielo e della terra. 21 In questi ultimi tre passi l'uso di XÀ.'r)povo-
25 Mt. nel passo parallelo ha tva.. <1XW, invece µla. si avvicina a quello di xì-..fjpoi;; cfr. A.et.
di ~'Va. XÀ'rJPO'Voµ1)<1w. 26,18 e Col.1,12, --)' col. 598 .
xÀ.1Jpov6p.oc; (W. Foerstcr)
Figlio si dice come prima cosa che Dio si possa far valere giuridicamente, non
«l'ha stabilito erede di tutte le cose» tanto perché la figliolanza non si esau-
(ov ~l>l)XéV [scii. i>E6<;] xÀ'f)pov6µov risce nell'esser venuto dal Padre, quan-
'Ji:ti'V'tWV) 28 • L'essere erede si fonda sul- to perché essa ha il suo compimento in
la figliolanza, secondo la concezione ge- questo: il Figlio fa ciò che vede esser
nerale greca ed ellenistico-orientale (-? fatto dal Padre 29 • Da quanto abbiamo
col. 614). Nella parabola dei vignaioli detto risulta, Clunque, che XÀ.1Jpov6µo~
malvagi essere erede non significa esser è un concetto escatologico.
già entrati nell'eredità, ma esserne in Questo ci porta al secondo punto:
attesa; il figlio non viene ancora come l'eredità è il regno di Dio. Solo Mt. lo
padrone della vigna, col potere di chi ha espressamente formulato nella pa-
già ne è entrato in possesso; i vignaioli l'abola dei vignaioli malvagi ( 21,43) ed
possono ancora pensare, sia pure stole ha visto quindi il regno di Dio operan-
tamente, di poter impunemente uccidere te in tutta la storia di Israele, coglien-
il figlio, Soltanto Cristo risorto è 'entra- do in ciò il senso della parabola. Men-
to' nell'eredità, Mt. 28,18: t86lh1 µ01. tre il giudaismo non parlava dell'eredi-
7r.M<1. ÈsovcrltX. Èv oùptX.v@ xrx.~ Èitt yi'jc;, tà del regno di Dio - difatti il giovane
«ogni potere è stato dato a me in cielo ricco, come i rabbini, domanda soltan-
e sulla terra». Il paragone di Paolo in t t I "
to: "tt 'JtOLTJCTlù, l:VtX. ~lùT]\I U.LW\ILO\I :XJ\.1)-
ti )' \ J
Gal.4,1 s. si potrebbe applicare alla vita po\IOµi}O'W; «che debbo fare per conse-
terrena di Gesù: 6 xÀ:r}Pov6µoc; ... oùoÈv guir la_vita eterna?» (Mc.ro,r7) -, nel
OLtX.q>ÉpEL oouÀ.ou xuptoc; 'Jté<.V"t"W\I (i)v, N.T. xÀ.1JpovoµEi:'V ~riv (3mn)...EltX.'V i>Eou
«l'erede ... non differisce in nulla da un è divenuto una locuzione fissa (-7- col.
servo, pur essendo padrone di tutto» 649 ). Quando Gesù, nella sua umiltà ter-
(cfr. Phil.2,7: µopcprrv 8ovÀ.ou À.a:~~v. rena, si definisce come vlò<; xa:L XÀ.TJpO-
«avendo assunto la figura di schiavo»). vbµoc;, il concetto di ~egno di Dio e di
Giovanni ha dato un forte rilievo al xv- eredità viene liberato da tutte le limi-
ptoç 1taV"tW\I (f)v; perciò non usa XÀ.'f)- tazioni e costrizioni terrene: il regno,
povbµoc;. In tutti gli scritti giovannei l'eredità, è il nuovo mondo, in cui solo
(eccetto Apoc. 21, 7) si evita l'intero Dio domina sovrano.
gruppo di termini, in quanto la vita ter- Se Cristo come figlio è l'erede, i suoi,
rena di Gesù e dei suoi è vista nella lu- in quanto partecipi della figliolanza, so-
ce del compimento ultratemporale. Es- no <rvyxÀ.1Jpov6µot. Mentre, dunque,
sere erede non include un diritto che nel tardo giudaismo quella dell'eredità
28 Con WINDISCH, Hebr., e RIGGENBACH, Hebr., 29 F. BuCHSBL, Theologie des N.T. (1935) 61
ad I., bisogna pensare all'esaltazione. ss., lo mette in forte rilievo.
XÀ.'J'}pov6µoc; (W. Foerster)
non figura fra le accezìoni dei termini povoµEi:v, come pure i genitivi dipen-
nabal e jiiras, nel N.T. essa riprende il denti da x.ÀT]povoµla., indicano il con-
suo pieno valore, sia pure in una signi- tenuto dell'eredità: crw-t1)pla. (Hebr.1,
ficativa sfumatura: eredi sono i 'figli', 14), ò6l;a. (Rom.8,17, da intendersi se-
ma questa figliolanza non si fonda né condo cX.7toM-.pw<nç 't'OV O"wµa.'toç fi-
sulla discendenza fisica, né sul fatto che µwv, che viene subito dopo; Eph.1,18;
la vita naturale ha sempre origine dalla Mc.16,14 cod. W), xapt.ç (I Petr.3,7),
potenza creatrice di Dio, né sulla di- EÒÀoyla. (I Petr.3,9), in compendio, la
scendenza da Abramo, bensì sulla chia- vita eterna (Tit.3 ,7) 31 • Ciò significa che
mata e sul dono di Diò: i 'figli del re- anche qui le concezioni spaziali passa-
gno' vengono esclusi, e molti vengono no in secondo piano. È vero che in Mt.
chiamati dall'oriente e dall' occidente 5,5 si afferma: µa.xap1.01. ot 7tpa.Ei:ç, o'tt
(Mt.8,rr s.). Cade quindi la designazio- <X.U'tOÌ X.À.1]povoµ1Jcrovrnv 'ti)V 'YtlV, «bea-
ne di Israele, della Palestina, del tem- ti i miti, perché erediteranno la terra»;
pio e della torà, quale XÀ.1Jpovoµla i)Eov. ma qui la terra non è l'eredità stessa 32,
Ciò significa che o-àp~ xa.i cdµa Bacr~ e neppure una parte o una zona nelle
Ài:.lav itEOV XÀ.T]pOVOµijO-CU, OÙ OUV<X:mL, regioni celesti, ma è la sovranità di Dio,
«la carne e il sangue non può ereditare che dona agli uomini l'inimmaginabile
il regno di Dio» (I Cor.15,50); essere ricchezza della sua vita; non per que-
figlio ed erede ha il suo fondamento in sto, tuttavia è tlll' entità astratta, ma
una nuova creazione o, con un'altra racchiude in sé, come vita perenne da
immagine, nella vtoitécrla:. Potendo es- Dio, missione, ministero, sovranità (cfr.
sere considerata come futura (Rom. 8, Mt.25,21; Lc.19,17). Paolo e l'Apoca-
2 3), 1a XÀ.T)povoµla. dei cristiani è, in lisse parlano coscientemente di dominio
senso ancor più esclusivo, un bene del- sovrano; Rom.5,17: !v ~wn ~a.0-1.Àtu
la speranza 30• Gli oggetti uniti a xÀ.71- O'ovCYL"V, cfr. rCor.4,8: xwptç 1Jµwv È-
30 F. J. A. HoRT, The first Epistle o/ St. Peter 32 DALMAN, \Yforte ]. 1 ro3, vorrebbe interpre-
(1898) a 1,4, mette in dubbio se in XÀ.1)povo- tate questo passo in senso figurato, poiché in
µ(a.. vi sia proprio una sfumatura cscatologi· Sanh. ro(n). 1, l'affermazione che tutto Israe-
ca; analogamente E. DB WrTT BuRTON, Gal. le ha parte al mondo futuro è dimostrata con
(ICC) a 3,29; ZAHN, Gal. a 3,29 ('[ 1907] 190 Is: 60,21 («prenderanno per sempre possesso
in alto) e EWALD, Gefbr. a Eph-:»5· Per quan· del paese»); anche in Qid.1,rn «ereditare la
to concerne i passi della Lettera ai Galati, que- terral> sarebbe un'espressione escatologica. Ma
sto giudizio ha una certa giustificazione, nia la questione è appunto di sapere se 'oliim hab-
non lo si può generalizzate. bii' sia inteso dai rabbini in senso trascenden-
te, sl che Is.60,21 sia da interpretare necessa-
31 In questo passo è sostanzialmente indiffe- riamente in senso figurato; cfr. STRACK-BILLER-
rente il riferimento di ~w-ljc;; riferito a XCf.- IlECK IV 817. CREMBR-KOGEL 607; ZAHN, Mt.
-c' ÉÀ.7tllìa.., spiegherebbe soltanto il XÀ.1Jpov6- e ScHLATTER, Mt. a 5,5 negr.no che si possa
µo~ J'EV'J'}l>Wµt\I, interpretare in senso figurato.
xÀ.1)pov61..lOç {W. Foerster)
~cx.(nÀ.é:uO"ct."t'E" xcx.t oq>EÀ.6v yE È~aat.À.Eu li per voi». Questo passo, insieme con
crcx."t'E, tva. xct.t 1]µEtc;. uµi:v cruµBacnÀEv- quello dell'Apocalisse, potrebbe far cre-
awµEv, «senza di noi siete divenuti re! dere a una concezione spaziale dell'ere-
Cosl foste davvero arrivati al regno, af- dità, raliorzata da quei testi in cui xÀ.T]-
finché anche noi regnassimo con voi!»; povoµla. è usata in senso analogo a xÀ.ij-
similmente Apoc.5,10; 20>4; 22,5, dr. poc; (-? col. 647); tuttavia l'elemento
1,9: cruyxoLvwvòc;. Év "tft .•• Bcx.(nÀd~, decisivo è la mancanza dell'idea di par-
«compartecipe ... nel regno». In Apoc. ti spazialmente differenziate del delo 33 •
21, 2 ss. il veggente vede scendere dal Infine, va ancora accennato che non a
cielo la nuova Gerusalemme, che si di- caso manca l'espressione, usuale tra i
spiega come 1} CT:X.TJV'ÌJ -.ov 'Ì}Eou µE"tà rabbini : 'ereditare' la geenna. nii/;Jal
"tWV civ~pw7twv, «la tenda di Dio tra (iiiras) nei rabbini equivale a 'ricevere',
gli uomini» (v. 3), cosicché gli uomini mentre nel N.T. ereditare ha il suo fon-
sararmo popoli di Dio, e Dio sarà con damento nel rapporto di figliolanza con
loro. Non c'è più né morte né dolo- Dio.
re, tutto è nuovo. Poi dice: ò \lt.XW\I Questa concezione neotestamentaria,
xÀT]povoµ'J)oa "t'CX.ihcx. xat lfo-oµaL ct.Ò"t'{i> specialmente come si presenta in Paolo
i}Eòc; xat mhòc;. EIJ"''W.L µoL uì6c;., «chi vin- e nella Lettera agli Ebrei, getta luce sul-
ce erediterà queste cose, e io sarò Dio 1'A.T.
per lui e lui sarà per me un figlio» (v. La Lettera ai Galati (eRom .4, che si
7); si rivela allora che cosa è la Bmn- riferisce alla stessa questione) assume
À.Ela "t'OV 'Ì}EoU: è ~w'J), O"W"t'TJPLIX e EÙ· una p.osizione di contrasto a una tesi
À.oylct., in breve, è ciò che l' 'eredità' giudeo-cristiana, che possiamo ricostrui-
racchiude in sé. Alla luce di questo pas- re come segue. Ad Abramo e al suo
so dell'Apocalisse diviene chiaro anche CT'ltÉpµcx. sono state fatte delle promesse
il passo apparentemente materiale di I (per es., Gen.13,15: 7tfio'a.v "t'Ì)V yij\I,
Petr.1,3 s.: 'Ì}Eòc;.... &:va.yEWTJCTm; 1Jµ&ç fiv c;Ù Òp~<;, crot ÒWO"W CX.Ù"t'Ìl\I xcx.t "t'i{l
EÌ.<; ÈÀ.1tLOcx. ~wcra:v... dc; xÀ.T]povoµlav cr7tÉpµarçl crou Ewç -tov cx.i.wvo<;, «tutta
acpì}cx.p't'O\I ... 't'E"tT]pT]µl\IT]\I ÉV OUpOCVOL<; la terra che tu vedi la darò a te e alla
dc; 1)µfic;, «Dio... il quale ci ha rigene- tua discendenza per sempre»). Queste
rati ad una speranza vivente ... ad una promesse si compiranno nel tempo mes-
eredità incorruttibile... riservata nei de- sianico. A chi vanno riferite? Vale a di-
JJ J. WErss, Die Offenbarung des ]ohannes terra promessa o l'immagine del possesso del-
( 1904) distingue due aspetti nell'idea del-
102, la terra (x),:qpo\loµti:v 'tTJ\I rfiv), nel secondo
la sovranità di Dio, a seconda che sia concepi- caso si avvertirebbe l'idea di D aniele della so-
ta in senso più locale o più astratto. Nel pri- vranità universale. In realtà la ~ct<TLÀ.ELr.t si ri·
mo caso avremmo il tipo dell'ingresso nella connette appunto a XÀ.'l'}povoµEi:V.
XÀ.'r)pov6µoc; (W. Foerster)
re: chi è questo crnÉpµa 'A~paaµ? o, legge, e questo perché l'ha enunciata
per usare le stesse parole di Paolo: chi Iddio. A ciò Dio non aggiunge nulla.
sono gli utot 'A~pa:aµ o i xÀT)pov6µoL cosl come un uomo non aggiunge nulla
della promessa 34 ? I giudaizzanti rispon- a un testamento valido 36• Ma la parte
dono: sono i discendenti naturali di A- di eredità spettante ad Abramo e alla
bramo, in quanto osservano la legge sua discendenza non si può conseguire
mosaica, e quegli uomini di altri popoli Èx v6µou, ma è data È~ Èmx.yyùlcx.c;;
che assumendo la legge si sono incorpo- dunque la qualifica di 'erede' non può
rati nella fìgliolanza di Abramo 35 • In essere ottenuta mediante I' osservanza
tal modo si compie anche la promessa della legge. 2) Ciò che rese Abramo de-
fatta ad Abramo in Gen. I 2 ,3: È.\IEUÀ.O· stinatario della promessa fu la 1tLCT'tLç,
y'J]it1)crov·ta.L Èv crot 'ltéicrat at c:puÀ.a.L di conseguenza ot È.x 1ttcr-ri::wç sono an-
-r'ijç yfiç, «in te saranno benedette tut- che uì.ot 'A(3pcx.aµ (Gal.3,7). 3) Chi ap-
te le tribù della terra». È questa la tesi partiene al Messia, per ciò stesso rien-
che Paolo in Gal.3,18 defìnisce 1i xÀ:r1- tra nello CT7tÉpµa 'A(3pcx.ciµ, poiché lo
povoµla È.x v6µou, «l'eredità dalla leg- o..itÉpµe<. a cui è stata fatta la promessa
ge», dove XÀT)povoµlo; è la 'parte di era, come indica il singolare, non una
eredità' attribuita ad Abramo e alla molteplicità di osservanti della legge,
sua discendenza, il compimento della ma uno: Cristo (Gal.3,16.19). 4) Qui è
promessa nel tempo messianico. Diver- da considerare il paragone di Gal.4,r-7,
si sono gli argomenti con cui Paolo con- che forma oggetto di controversia tra
testa questa tesi. r) La promessa fatta gli esegeti. La similitudine parla di un
ad Abramo e alla sua discendenza co- padre che per testamento ha posto il
me un testamento è in vigore molto figlio minorenne sotto un tutore e un
tempo prima della promulgazione della amministratore, fino al tempo da lui
34 Cfr. Philo, rer.div.her. la cui soprascritta è: 36 Il diritto ellenistico non conosceva una de-
IlEpt -tov -tlc; ò 'tW'\I l>elwv fo-.tv xÀ:r}Pov6µoc;; correnza unica per la maggiore età; perciò nei
35 L'importanza che aveva per i giudaizzanti la papiri troviamo abbastanza spesso delle clau-
questione della discendenza da Abramo, com- sole sulla decorrenza della maggiore età (O.
portava comunque nei confronti del giudai- EGER: ZNW 18 (r9r7-18) ro7 s.). Paolo non
smo uno spostamento di accento, Per i rabbi- può pensare al divieto, presente nei papiri, di
ni il proselito non veniva incorporato nella fare aggiunte al testamento, poiché non si trat-
figliolanza di Abramo, in quanto il suo rappor- ta di un uso generale. L'impossibilità di un'ag-
to con Dio era determinato unicamente dalla giunta risulta dal valore di legge che ha il te·
legge; egli quindi non può dire «i nostri pa- stamento nel caso contemplato da Paolo. Fuor
dri», Bik.r,4 (STRACK·BILLERBECK I rr9 nr. 4; di metafora, egli vuol dire che ciò che Dio ha
cfr. ancbe i passi seriori di Nt1111.r. 8 in STRACK· pronunciato è divenuto con ciò stesso 'valido'.
BILU!.RBECK, ibid.). I giudaizzanti erano dispo- Non occorre perciò, come vuole lo HALMEL
sti a considerare i proseliti come pienamente (~ nota bibl.), ritenere Éppéllri<ra.v del v. r6
inseriti nella discendenza da Abramo, ma solo come un termine giuridico romano (dicere =
alla condizione che osservassero la legge. impegnarsi, a differenza di promittere).
x:Ì..l)pov6µoç (W. Focrster) (m,785) 660
37 Non è qui il caso di addurre il diritto ro- si trova nei papiri; il BURTON (-+ nota bibl.)
mano, con ]a distinzione tra il t11tor e il c11ra- 214 a Gal.4,2, rimanda al duplice incarico di
tor, in quanto tale norma è valida per i citta- Lisia, che nel r e 2 Mach. doveva aver cura
dini romani, non per i Galati. Paolo si riferi- ('tpÉq>EW) del giovane Antioco come btl-tporco;
sce 11 una specie di diritto comune non scritto e doveva essere t1tt 'tWV itptxyµ&.-tw-.i; I Mach.
(Emm [-+ n. 36] 4 s.; l<RELLER [-+ nota bi- 3,32 s.; 2 Macb.10,11.; n,1; 13,2; 14,2.
bliogr. ] 201 s. [diritto misto greco-egiziano]). 38 L'estensione dell'eredità al mondo è robb!·
La distinzione tra É1tL'tp01tO<; e otxov6µoc; non nica ~ col. 644 e STRACK-BILLBRBRCK, ad l.
xì.ripov6µoç (W. Foerster)
terotestamentaria. 9 ,I 5: 01rì. -roiho 01ix- fine», e per questo c~si hanno la pro-
iHpt'fJC:. xmvi]ç µecrl-.'fJc; fo-rlv, 1::1-rcwç ... messa giurata da Dio. Cosl anche con i
't'Ì]V É7ta:yyeÀ.la.v ).<i~WCTLV ot XEXÀ.1)µÉ- padri, specialmente con Abramo, Dio
VOL •ne; a.lwvlou xÀ"flpovoµlac; 39 , «per ha incominciato con un giuramento e
questo egli è mediatore di un nuovo pat- una promessa, e Abramo, con 1tLO"'ttc; e
to, affinché... i chiamati ricevano la pro- µa.xpo1luµla., ha conseguito ciò che è
messa d'un retaggio eterno». In Hebr. stato promesso, cioè la nascita di Isac-
6,r 7 i xÀ"t)po\16µ01 -ri]ç É7tixyyEÀ.lac;, i co; cosl ai lettori è riservata la promes-
cristiani, sono eredi, nel duplice senso sa, affinché ricevano con pazienza e per-
che hanno ricevuto le promesse e rice- severanza ciò che è stato promesso.
veranno ciò che è stato promesso 40 • Ma L'ulteriore sviluppo, al c. II, dell'esem-
per il resto !?ella Lettera agli Ebrei pio dei padri sposta poi il pensiero. In
XÀ'f)po\loµei:v si avvicina assai al sem- u,8 Abramo non ha ricevuto proprio
plice 'ricevere', conforme all'uso rabbi- quanto è stato promesso, perciò in tut-
nico di nal;al e ;araf. Noè per la sua ta la vita e fino alla morte è un esem-
fede divenne -çfjc; xa.-rà '1tLt1-rtv 81xa10- pio per i lettori; Abramo deve ricevere
t1UVTJ<; xÀ1)pov6µoc; (rr, 7) 41 , «erede la terra in xÀ'l")povoµla., in duraturo
della giustizia secondo la fede»; quan- possesso 41 , e questa promessa vale an-
to ai padri, vien detto ai lettori che che per Isacco e Giacobbe, che sono
devono divenirne imitatori: µ1µrrra.L. 11uyxÀ.'flpov6µot -i;ftc; È1tayytÀ.lac; 't"lic;
't'WV otri. '1tLt1'tEwc; xa.t µa.xpo1luµla.c; etÙ't'ijc:;, «coeredi della stessa promessa»
xÀ7]pOVO!J.OU\l'tW\I -rrì.c:; iia.yyeÀlac; ( 6' ( v . 9 ). Essi non hanno conseguito ciò
I2), «imitatori... di quelli che per la fe- che è stato promesso, -.Ct.c; È1trt.yyeÀ.la.c;
de e la persevetanza divengono eredi (v. 13) 44 • In tal modo nella Lettera agli
delle promesse». Nel contesto, ciò non Ebrei viene espressamente prospettata,
può significare che essi ricevono la pro- sulla scorta della storia dell' A. T., la
messa 42 , poiché lo scopo dell'autore è tensione a cui porta il carattere ancora
quello di spronare i lettori alla 'ltÀ'l")po- incompiuto dell'eredità e la sua deter-
<popla -rfjç ÈÀ1tl8oc; axp1 TÉÀ.ouc; ( 6,u ), minazione escatologica.
alla «pienezza della speranza sino alla In Hebr.!2,17 è chiaramente esptes-
A. xotÀla FUORI DEL N.T. Tim. 85 e; Aristot., part. an. 2,3, p. 650
a, 13 s.) e 1i x&.'tw xotÀ.la (Hippocr., de
l. Propriamente cavità, usato preva- ulceribus 3 [ vr, 404, Littré]; Plat., Tim.
lentemente in relazione al corpo umano 73 a, 85 e; Aristot., part. an., l. c.; Plut.,
(o di animali). a) Cavità del corpo, so- qt1aest. conv. 7,1 [II, 698 b] e passim;
prattutto Hippocr., de articulis . 46 (4, Galeno --+sopra). Antici giudizi di va-
196, Littré); P. Magici di Parigi (Prei- lore sulla xo1.À.la si hanno ad es. in Plut.,
sendanz, Zaub. 1v, 3141 ss.): ~aÀE OÈ èv carn.es.2,1 {n,996e): Alyl'.nt'ttO!. i:wv VE-
'tTI xotÀl~ aù-.ou (cioè: dell'immagine xpwv 't'lJV xotÀla.v ÈçEÀ.éV-tec;, xat 7tpÒ<;
magica) xapòla.v µa:y\/'r)'tl'Vl]\/ (di cala- 'tÒV f)Àtov &..wmxll;O\/'tE<; èxBaÀ.ÀOVCTt'V,
mita). xa.t i::lc; 'ltL't'tUXLO\/ iE.pa.-r1.x6v ( ta- wç aÌ:'cla.v amiV't'WV WV O &vil'pw7toç
voletta ieratica) ypaq>E -.à. 6v6µo:'ta -.au- fiµap-rev, «gli Egiziani strappano i vi-
w , xal evll'ec; aò't'ou dc; 'ti)V xotÀlav. sceri ai morti, li lacerano e li espongono
Tra le cavità del corpo a volte si fa di- al sole considerandoli causa di tutti j
stinzione tra liVW XOLÀLa =petto e xa- peccati commessi dall'uomo» (cfr. la di-
'tW xo1.À.la = ventre; Gal., comm. in scussione che segue), e anche in Plut. ,
Hippocr.Acut.4,94 (xv, 896, Kiihn). Spe- sept. sap. conv. 16 (II, 159 e); Diog. L.
cialmente b) (cavità del) ventre, (basso) 6, 69 (di Diogene): <(di)e i)v», EÀ.Eyé,
ventre, Hdt. 2,87: 'tOU VExpov 'ti)\/ xotr «Xat 't'ÌjV XOLÀla.v 1tapa't'ptlf,iciµE\/O\I 't'OU
Mriv, cfr. 40. 85 . 92; Hippocr., aphori- À.tµou 1t'a.ucracr1l"at», «magari fosse pos-
smi 6,14 (Iv,566, Littré); Wilcken, Ptol. sibile liberarsi della fame stropicciando-
I, 8r. n, 16: 1tE.CTOv'ta É1tl xotÀ.iav; P. si il ventre! ». Raramente c) il ventre,
Magd. 33,4; P. Par. 18 b, l 3i viscere, come sede degli organi genitali, e preci-
precisamente stomaco, Aristot., hist. an. samente utero, Hippocr., mul.1a8 (vin,
l ,2 , p. 489 a, 2, e intestino, Aristoph., 94, Littré); Epict., diss.3,22,74: Éx 'tfj<;
eq. 280: XEVfl i:i] XOLÀ.l~; vesp. 794: XOtÀ.lac; E:!;EÀ.Mna.; 2' I 6' 44: Èv ~oòç
&..À.EX'tpuévoç (gallo) µ' Eq>a.O'XE xo1.À.iav xo1.Àl~. d) Di altre cavità del corpo u-
EXELV; Thuc. 2,49,6: Émxa:t1.6v'toc; 'tOV mano, quali il cranio, i ventricoli, ecc.
votri}µa-toç É<; 'ti}\/ xotÀ.lav. Si fa anche Plut., de placitis philosophorum 4,5 (II,
distinzione tra 1i èl:vw xotÀ.la (Plat., 899 a): la sede dello 1}yEµo\/tx6v è, se-
XOLÀ(a
PASSOW I r766; P REUSCHEN-BAUER 3, 726; LIDDELL-Scon·, 966 ss.; MOULT.-MILL, 349.
XoLÀta. (). Behm)
condo Erofìlo, Èv 't"TI 'tOU Èyxecpcx.À.ou xoi- la traduzione di befen con ;w.p8la in
Àlcy., secondo Diogene Èv Tf) &.p-t1)ptcx.x'[j Prov.22 ,18 ).
x.oiÀlrz., ·dic; xapolac;, ii-tic; fcnL 1t'\/Euµa- In Filone xoLÀ.la è uno dei sette µÉ-
·nx1}. e) Di cavità nella terra, Aristot., ).."f) D'wµa'tO<; (leg. all. r, 12), e designa
meteor. 1,13, p. 350 b, 22 ss.: où oi:.i: va· sempre l'apparato dirigente {cfr. spec.
µl~i:.iv ovrçw ylvi:.crilat -tà.c; &.pxà.c; ..wv leg. I,2I7; 4,107). Egli segue i filosofi
1tO'ta;µGrv wc; Éi; acpwpt<TµÉVW\.I XOLÀLWV, greci, precisamente Platone e Posidonio,
«quanto all'origine dei fiumi, non si de- quando pensa che l'anima concupiscibile
ve pensare che derivino da cavità defini- ha sede 7tEpt -çÒ ij't"pov (addome) xat 'ti}v
te»; e passim; squarci nelle nubi, ibid.2 1 xoiÀ.lav (leg.all.3,u5; cfr. in spec.leg. I,
9, p. 369 b, I s.: 1tltV"t'OOCX.1tOL o' ot o/6- 148 l'immagine platonica della mangia-
(j)Ot... ylvov't"at ... oiò:. -tò:.c; µt;'to:i;u xoi- toia dell'animale [Plat., Tim .7oe]: xoL-
Àlw;, «si producono vari tuoni attraver- Àlcx.v ÒÈ cp&.'t\.11)\.1 &.Myou l>pEµµa.'to<; (ani-
so le cavità intermedie»; ecc. male irragionevole), hd}vµlaç, dvo:t
cruµBÉBTJxEv; migr.Abr.66: 'tÒ oÈ Èmilv-
2. Nei LXX xoiÀ.la appare come equi-
µlac; dooç Èv xoLÀlq.; quaest. in Gen.
valente di beten (Num., Deut., Iud.; per 4 1 191: terrenis nimirum cupiditatibus,
lo più anch~ Prov., Is.) 1 o di me'zm, quae circa ventrem voluptates sunt), e
più raramente di qereb (solo in Gen., in Gen.3,14; LeV.II,42; 9,14; l,9, ecc.,
Ex., Lev.), di rel;em (soltanto lob) o di ravvisa delle idee greche sulla bassezza
kiires (solo Ier.5I,34) nei significati in- e sul poco valore del cot'po (leg. all. 3.
dicati sotto r. b) (ad es. Gen.4I,21; !on. r38-159; migr. Abr. 65 s.; spec. leg. 1,
2,I s.; IEp. 28,34; fa:.3,3; 2 Ilo:p.2I,15) 206).
e c) (spesso: utero, Gen.25,24; Deut. Flavio Giuseppe 3 usa xotÀla. soltan-
28 1 4. II; lob I, 2I; 3, n; Ruth l, II, to per indicare l'addome malato, ant.x9,
ecc.; organo genitale maschile, ad es. ~ o'
346: &ilpou\.I aù't@ (Agrippa) -tfj<; XOL-
I 3 I ,II: Èx xap'ltOU -ti}<; XOLÀ.lo:c; crov;
).la;ç 'ltpOO"Éq>UO"EV lf.).')'1]µa; 3 ,2 73 : 'tlJV
2Bao-.7,12; I6,u; Eccfos23,6: xot- XOLÀ.lav uoÉpou (idropisia) '.l'-IJ.'t'CX.ÀaB6v-
).lw; !Spi:.~tc;). Inoltre in senso traslato (cfr. Num.5,27).
'tOç
indica la parte più interna (il mondo sot-
terraneo, Ion . 2a [ v. 4: ~aì11] xo:pola.c; 3. Nella letteratura rabbinica 4 gli e-
ìla.À.WT<T1J<; ~coli. 199; 213] ), soprat- quivalenti ebraico ed aramaico conser-
tutto l'interno nascosto dell'uomo, i luo- vano il triplice significato veterotesta-
ghi dei suoi pensieri e sentimenti, cfr. mentario: a) ventre, specialmente gli
lob 15,35; Prov. 20,30 .27; 18,20; Iob organi della digestione, ad es. S. Deut.
2
30,27; Lam. l,20; Ios. I6,u; lfJ 39,9 ; 40 su l r, r2 (p. 88, Kittel}, del cibo:
Ecclus 19,12; 51,21, sinonimo e termi- jrd btwk m'jw, «scende tra le sue visce-
ne alternativo di xo:pola.~col.205 (cfr. re»; b. Httl. 93 a; rjs m'j', «inizio de-
Lam.1,20 e le varianti testuali in lfi 39, gli intestini»; T.Maas.2,6: 'nj 'ml' krj-
9 e Abac.3,16 [T.M. beten] come pure sj, «io mi sazio» (senza significato di-
1 In Ps., lob, Eccl. per be{en si trova sempre anche W. BRANDT: ZNW 14 (1913) ro5, n. r.
y~crTfip [G. BERTRAM). J ScHLATTER, Komm. Lk., 162; In., Komm.
2 Nel test~ ebraico dei primi quattro passi si Joh., 88.
ha be{en, tradotto dai LXX in Prov.26,22 con 4 Cfr. LEVY, \Y/ort. r, 212 ss.; II, 4ro ss.; 111,
<TltM.-yxvoc (in Prov.r8,8 i LXX e il T.M. dif- 184 s.; LEVY, Chald. \Y/ort. r, 389 s.; 11, 56 s.;
feriscono). Nell'archetipo degli altri quattro ScHLATTER, Komm.Mt.485s. 573; In., Komm.
passi si trova me'1m. Per be/etJ = XOtÌl.la v. Lk., 302.359.
;mÀla (J. Behm)
ne ha più bisogno, una volta cessate vono al Signore nostro Gesù Cristo, ma
le condizioni dell'esistenza terrena (cfr. al loro ventre», e di Phil.3,19: wv o
ICor.15,50, cfr. 35ss.; 2Cor.5,1; i}Eòc; 1J x.oiÀla. Se qui Paolo, contraria-
Rom. 8,21 ss.; 14, 17). Però ventre e mente a ICor.6,13, usa xot.Àla:. nel sen-
corpo non sono. la stessa cosa. Il corpo so più lato che gli danno i Greci11, allo-
(--') crwµtt.) appartiene al Signore risor- ra si tratta di sensualità sfrenata, sia es-
to e vivente; perciò non dev'essere da- sa crapula oppure dissolutezza sessua-
to in preda alla lussuria {vv. 13 bs.). Il le 12• Ma in ambedue i passi il contesto
giudizio sulla x.01.Àla in Paolo non è fa pensare piuttosto ai giudaizzanti che
dato, come nel mondo greco, in quanto ai libertini 13 ; perciò l'antica opinione,
essa è il luogo della sensualità (---.,)- col. secondo la quale Paolo intende accen-
666, dr. col. 664), bensl in quanto è nare alle leggi sui cibi e schernisce ru-
una creatura che vien meno {cfr. Mt.22, demente i giudaizzanti con il loro dio-
30), soltanto in questo contesto desti- ventre 14, è ancora la più attendibile 15 •
nata a scomparire, ma non perché esso
sia in sé e per sé peccaminoso. È dif- 3. Nel significato più profondo, pro-
ficile giudicare a che cosa si riferiscano prio dei LXX, xoiÀla designa l'interno,
le espressioni polemico- sarcastiche di il cuore 16 (---.,)- col. 66 5 ), senza sfumatu-
Rom.16,18: ot yà.p -rot.ou"t'ot. -.Q x.upl({.) ra spregiativa, nelle parole di Io. 7 ,3 8:
iJµw" Xp1.cr-t~ où oovÀt:uovcr1.\I &J.,)...à Ò 7ttCi'teVW\I et<; ȵÉ, xcdh~c; . a1tE\I iJ
"t'TI Èav"tw\I xot.Àlq., «Castoro non ser- ypacpi], 7to-raµot Èx -.fjc; xotÀla.c; ctÙ"toU
n Cfr. le parole xotÀwoalµwv (Eupolis, fr. per coloro i quali disprezzano il martirio, la
172 [C.A.F. I, p. 306]; Ael., fr, 109; Athen., guida suprema delle loro azioni non è la volon-
3,52 [p. 97 c]: xot.ì.t6omµov U.vl>pwm:), xoL- tà di Dio, bensl la vita del corpo.
ì.t.6oouÀoc; e xo1.À1.o).,ti'tpT]ç (le ultime due sol- 16 In questo senso, a partire da Chris., ad l.
tanto in scrittori ecclesiastici tardivi); inoltre (MPG 59, p. 283): xot}..lav ÈY'tCX.Vi>cx. 'tÌ)\I xcx.p-
i sinonimi in WETTS'l'.EIN e LmtMEYER, Phil., olav 'Jll)O'l (con richiamo a 4' 39,9), interpre-
a 3,r9. tano i più. L'interpretazione cli ZAHN, ]oh.,
12 Cfr. Drnimus, Gefbr. a Phil.3,r9; KiiHL, ad l., «corpo di carne», «corpo nella sua con-
Rom., ScHLATTER, Rom. a l6,r8. dizione attuale e terrena», si basa sull'errata
intelligenza dei passi determinanti dei LXX.
Il Cft. EwALD, Phil., ad l.; P. FRINE, Die Ab-
Dato che la frase è ·citazione cli parole altrui,
fassung des Phil. in Ephesus: BFTh 20, 4
non stupisce che sia stata evitata la parola
(1916) 26 ss.; K. BARTH, Erkliirung des Phil. ',
xupolu, generalmente usata da Io. L'origine
1933, ad l. Di altro avviso sono DrnELIUS,
veterotestamentaria di questo significato di
Gefbr.,~ MICHAELIS, Phil., a 3,19.
x.otÀla. rende superflui i tentativi di spiegare
14 Thed. Mops. (MPG 66, p. 875 e 926), Am- fa parola come traduzione - giusta o sbagliat:i
brosiaster {MPL 17, p. 417, cfr. n8), Pelagio - dall'arnmaico, come fanno STRACK-BILLER-
(p. 124. 409 s.; A. SouTnR : ThSt Ix, 1/2, BECK 11, 492; C. F. BuRNEY, The Aramaic Ori-
[ 1922/26] ). gin of the Fourth Gospel (1922) 109 ss.; cfr.
15 Non rientra affatto nella semantica di XO(r Io., The Aramaic Equivale11t of. I.:x. 'ti'jc; xot-
)..la la spiegazione di LOHMEYER, Phil., a 3,:r:9: ).lcx.c; in]. ?>:J8: JThSt 24 (1923} 79 s.
XoLvoc:; (F. Hauck)
pEvo-ovow uoa"t'oç C:wv"t'oç, «chi crede in sia il passo veterotestamentario che l'E-
me, come dice la Scrittura, :fiumi d'ac- vangelista aveva in mente (ls. 58, rr;
qua viva scorreranno dal suo intimo», Zach.14,8; Ez-47,r ss.; Ecclus 24,3oss.,
(~ m, coll. I473 s.). Al credente, cui ecc.), l'idea è, in sostanza, questa: se
Gesù ha calmato la sete, è promesso uno è stato toccato decisamente da Ge-
che il suo intimo ristorato diventerà sù nell'intimo più riposto della sua vi-
a sua volta una fonte operante di refri- ta personale, proprio di qui fluirà una
gerio e che ciò che egli ha ricevuto da forza salvifica in misura sovrabbondan-
Gesù si comunicherà ad altri uomini te (dr. v. 39; inoltre Mt.5,13 ss., ecc.)18•
con pienezza fecondatrice 17• Quale che
}.BEHM
I I I
xowoç, xowwvoç, xowwvEw,
' cruyxo1.vwvoç,
xowwv1.a., ,
I I
cruyxot.VWVEW, XOl.\IWVt.xoç,
xo1.v6w
SOMMARIO:
C. Il singolo e la comunità. Teorie e forme
A. xoLv6c:; nel greco profano. comunitarie.
B. xow6c:; nell'A.T. e nel giudaiJmo. D. xowoc:; nel N.T.
11 La tesi, secondo la quale av~ou va riferito DERG, The Fourth Gospel I (:r929) 284 s., i
a Gesù e l'affennazione va intesa come descri- quali giustamente rimandano all'interpretazio-
zione degli effetti salvifici emananti dal corpo ne di Akiba di Prov.5,15s. in S.Deut.48 su xx,
del Redentore (come, d'accordo con Pseud. 22 (p. 124, KITTEL): «Guarda, è detto: 'Bevi
Cypr., de rebaptismate 14, e de montibus Sina acqua dalla tua cisterna' : al principio la cister-
e/ Sion 9, CSEL 3,3 [:r87I] p. 87 e 115, affer- na non può dare da sé una goccia d'acqua, ma
mano J. GRlLL, Untermchungen iiber die E111- soltanto ciò che si trova in essa. Cosl anche il
stchtmg des 4. Ev. I [1902] p. 16; }OACH. }E- discepolo del sapiente, che al principio non ha
REMXAS, Golgotha und der heilige Felsen: An- impnrato niente; perciò in lui non c'è nulla, se
geles 2 [:r926] 121 s.; H. BoRNHAUSER, Suk· non ciò che ha imparato. 'E ciò che fluisce dal-
kà [:r935] 35 ss.; BAUER, ]oh., ad l. [con pa· la tua sorgente': egli somiglia alla sorgente.
rnlleli storico-religiosi], cfr. anche E. HIRSCH, Che è della sorgente? Da essa fluisce acqua vi-
Studien zum vierten Ev. [1936] 70) contrasta va in tutte le direzioni; cosl da lui proven-
decisamente con il testo quale è, ma è in linea gono allievi e discepoli. Ed è detto appunto:
con il concetto giovanneo dell'identità degli 'Fuori si estendono le tue sorgenti, i tuoi ri-
effetti in Gesù e nei suoi (cfr. 14,12). voli d'acqua sulle piazze'». Cfr. anche STRACK-
18 V. SCHLATTER, Komm. ]oh., ad l. e H. ODE· BrLLERBECK n, 493.
xow6ç (F. Hauck)
A. xow6c; NEL GRECO PROFANO ot EÌow È.v 't'Q xowlf> 'tWV 'Pwµa.lwv,
Polyb. 7, 9, 14); di associazioni, come
Comune 1; 1. detto di cose: a) ordi- quelle di culto (:LW't''f)pLa.CT't'iiV 'ACJ"xÀa.-
nario, comune, opposto di l:oLoç; usato 7tLct.CJ''t'aV ... 'Epµa.Lcr-réiv Ma.-.pòç ®Ewv
specialmente per esprimere un rapporto xoLVév [a Rodi], Ditt., Syll. 1 ur4,5 s.),
giuridico, ad es. di possesso in comune, oppure di corporazioni ('tÒ xoLvòv 'tW'V
1-Ies., op.723: Èx xw.iov; P. Eleph. 2, CTLOl)poxaÀ.xé:wv, dr. Act.19,24.38)5 ; -r:a
ro: -.à. v7tapxov-.a. i!cr'tw xowa. 7ta'V- xoLVà xp1Jµa.'t'a. sono il danaro pubblico
'tWv 't'WV vtwv, «le sostanze siano pos-
(Xenoph., hist. Graec. 6, 5, 34), xowòv
sesso comune di tutti i figli»; di posses· o6yµa. è una decisione pubblica (Polyb.
so comune degli sposi, P. Amh. 78,u: 25,8,4). c) Detto di ciò che è ordinario,
xoLvà. Ù7tapxov't'a.; di possesso comuni- di poco valore; xpuo-6v (P.Oxy. X, 1273,
tario in parti uguali, P.Strass.29,37: XOL- 6); xa.ÀÒV yàp 1i cpLÀ.la. xa.L àCJ''t'EtoV, 1)
ès
vwc; tcrou 2 • La filosofia parla di idee e ÒÈ i}òovl] xoLvòv xa.t !LvEÀ.Euì>i;pov, «co-
fenomeni comuni a tutti gli uomini (xo~ sa bella e gentile è l'amicizia, cosa vol-
va.ì, i!woLct.~, xoLvòç À.6yoc;, ecc.)3 • Mentre gare e servile il piacere» (Plut., amat. 4
nel motto corrente xowà 'tà rplÀwv4 non [2,751 b]).
è implicita alcuna teoria né alcuna legge
(perché esso è soltanto un modo d'espri- 2. Detto di uomini, significa parteci-
mere la mentalità ed il comportamento pante, socio (Soph., Oed. Tyr.240); per
dei veri amici), la comunione dei beni il significato di socievole cfr. Plut., An-
come problema di giusto ordine sociale ton.33 (r,930 d); xowwc; xo:t rptÀ.Lxwc;
acquista la massima importanza nella fi- E7tpa.'t't'OV, Isoc.4,1 .5 r.
losofia e nell'ordinamento dello stato (~
coll. 678 ss.). b) Detto di ciò che ap- B. Xotv6c; NELL'A.T. E NEL GIUDAISMO
partiene a tutti, che è comune; 'tÒ xoL-
'Jév, parlando dello stato (Thuc.1,90,5: l. Ordinario, comune; si trova nei
xow6ç
J.H.ScHMlDT,Synonimik III (r879)467; PREI- 1 Si incontra a partire da Esiodo; etimologi-
SIGKE, Wort. 11 812 ss.; PAULY-W., Suppi. xv camente affine a rròv, !;uv, cum; WALDE-Pox.
(1924) 914-941; xx (1922) 1053 ss.; HAsTINGS, I, 458.
D.B. 1, 460 ss.; A. CARR, The Fellowship (xoi.-
2 Altre citazioni in PRE1s1GKE, Wort., s. v.;
vwvla.) o/ Actr 2 1 42 ... : Exp. 81h Ser., v (1913)
PAULY-W . XI (1922) 1078 ss.; Suppi. IV (1924)
458ss.; C.A.Scon: Exp T 35 (1923-r924) 567;
914 ss.
\VI. S. Woon, Fellowship (xowwvl(t.): Exp. 8th
Ser., I (1921) 31 ss.; E . P. GROENEWALD, KOI- 3 Ad es. Epict., di.rs. 3,6,8 (vouç); F. UBBER-
N!lNIA (Gemeenschap) bij Paulus, Delft r932; WEG - K. PRAECHTER, Die Philosophie de.r Al-
J. Y. CAMP.BELL, xowwvla. and its cognates in tcrt11111s 11(1920) 418.
the NT: JBL 51 (1932) 352-380; H. SEESE· 4 Ad es. Gregorius Cyprius 2,54; Apostolius
MANN, Der Begrifj xowwvla. im NT (1933); S. 9,88 (in LnoTsctt-ScHNEIDEWIN, Corpus Pa-
KRAuss, Griechische rmd lateinische Leh11- roemiographorum Graecomm II [ 1851] 76.
worter ìm Talmud l i (1899) 532, su XOL\IW· 481).
V((t.; HELBING, Kamssyntax, 136.252; A. BoN-
5 P. Oxy. l,84,3 s.: "tWV xaÀ.xoxoÀ.À.7J"tWV, 85,
1-lOFFER, Epictet tmd das NT = RVV 10(1911)
5r ss. 3.6 s.; P. J. T. ENDENBURG, Koinoonia col. 2,3 s.; sinonimo ii uuvoooç. Documentazio-
en Gemeenschap van Zaken bij Grieken in de11 ne in M. SAN NrcoLò, Aegyptisches Vereins-
klassieke11 Tijd (1937). Altra bibliografia nel wesen (1913) I, 48.50; F. PoLAND, Geschichte
corso dell'articolo. des griechischen Vereiflswesens (1909) 163 ss.
xoLv6c; (F. Hauck)
LXX soltanto alcune volte in Prov., ad viene usato anche beber (che si alterna
es. 1,14, detto della cassa comune di un col sinonimo pabura): peber 'ir in una
gruppo (T.M. 'ef?iid) (dr. in Io.12,6 la città è l'associazione che organizza l'e-
cassa comune dei discepoli), r 5 ,2 3 ( sen- sercizio delle opere assistenziali. Cosl,
za T.M.), nel senso di comunità (politi- da una parte si può procedere alla ripar-
ca), pubblico; in 21,9 e 25,4 è detto tizione egualitaria degli oneri di queste
della casa comune (EV o~x~ xowQ e ol- opere, che le rende sopportabili ai sin-
xlq. xoLv'fi), tutt'e due le volte per bet goli, e, d'altra parte, se ne garantisce la
piiber. distribuzione uguale e giusta nei con-
Frequente nei deuteroc., ad es. Sap.7, fronti di tutti i beneficiari (v. le cita-
3 (à.iJp), 2 Mach.8 ,29 (:xoLVlJV l:XE't'Elav zioni relative in Strack - Billerbeck IV,
'ItOLT)craµEvot), 9,21 ( -.fi.c; xowi]c; miv- 607 ss.).
't'WV à.crcpcx.À.El«<;), Tob.9,6 (wpfrpwcrcx.v
2. Profano, accessibile e permesso a
xowwc;) e passim; in Flavio Giuseppe,
tutti. In questo significato xow6t; corri-
per es. Ap.2,196 (crw·t"l')plcx. xo1.v1}), ant.
sponde all'ebraico pol, 'restituito all'u-
4,137: "t'b.c; "t'poqi&c; ùµi:v towt:po?touc;
so generale', dalla radice ~ll, che in for-
dvm xat -.cX. 7tO"t'Ò. µ1] xoLvà. -.oi:c; &À.-
ma pi'el significa liberare, trasferire al-
ÀcLç. Giuseppe, nell'esaltare l'ideale del-
l'uso abituale. L'opposto è ciò che è san-
la comunione dei beni nell'ambito giu-
to, consacrato e perciò sottratto all'uso
daico, lo attribuisce agli Esseni, Filone
generale (~ ay~oc;). I LXX tuttavia
a questi ed ai Terapeuti (~ coll. 689
rendono sempre !;al con (3l(311Àoc; (~ II,
s.). La comunità giudaica nei LXX è
col. 237), ad es. Lev.ro,ro.
chiamata cruvaywy1} oppure È:xxÀ:r1crla.
Anche nella letteratura rabbinica pol
Giuseppe comprende, alla greca, auto-
indica il profano, in contrapposizione a
rità e popolo sotto il nome di 't'Ò xow6v
cose sante, consacrate a Dio; cosl lo si
("t'WV 'IEpocroÀ.uµt"t'WV )6, che corrisponde
incontra spesso nel senso di giorno di
a l;br hihwdjm di certe monete, dove il
lavoro, in contrapposizione al sabato;
primo membro sembra da leggersi l;e-
anche pol mo'ed (adunanza) indica i
ber e da intendersi come detto di tutta
giorni lavorativi che stanno tra il primo
la comunità popolare 7•
giorno di una festa e l'ultimo (una set-
Analogamente all'uso greco profano timana dopo). pol è anche lo spazio pro-
di "t'Ò xot v6v, detto di associazioni o fano, in contrapposizione agli edifici sa-
corporazioni, nella letteratura rabbinica cri del tempio, come pure il denaro pro-
6 vit.65.72.190.254 ecc.; ScHiiRER uM, 246. tertiimer (1922) n2, sulla locale comunità giu-
7 ScHORl!R I3' 4, 269, n. 25; inoltre, l'iscrizione daica come xowÒ'V 't'W\I lv 't'4) 't'Eµl\IEL (scil. cli
di Leontopoli, in S. KRAuss, Synagogale AI- Leontopoli) xa.'t'OLXOV\l't'W\I 'Iovlìa.lwv.
xow6c; (F. Hauck)
fano, contrapposto a quello della secon- anche agli uomini: 't'tÌ iki:a, ... EL<; CÌ.\I·
da decima, che come tale poteva essere tJpW7tOV<; XOL\loÙc; (non giudei) ÈXcpÉpELV.
usato solo per ben determinati scopi sa- Filone non usa xow6c; nel significato di
cri. In particolare f;ol, al plurale f.Jullln, profano. Questo significato sembra ab-
indica i cibi profani, che tutti possono bia avuto origine nell'ambito giudaico.
mangiare, a differenza di quei cereali Per lo meno, non se ne hanno esempi
o frutti che, per essere dovuti ai sacer- nel greco profano extra-giudaico.
doti (primizia della pasta, spettanze dei
sacerdoti, ecc.), sono 'santi' e per con- C. IL SINGOLO E LA COMUNITÀ.
TEORIE E FORME COMUNITARIE IO
seguenza possono essere mangiati sol-
tanto dai sacerdoti o dai loro congiun- r. I Greci che, ~ontrariamente all'O-
ti 8 • Come termine tecnico, infine, sta riente, hanno scoperto l'individuo (toi-
ad indicare gli animali macellati per u- oc;), la sua vita ed il suo diritto, hanno
so profano, in contrapposizione agli ani- avuto forte il senso del dovere del sin-
mali sacrificali. Minute istruzioni per golo verso la comunità. Il singolo vive
la macellazione di tali f.Julltn sono nel- della comunità e per la comuaità. Il
1'omonimo trattato della Mishna. Inve- distacco dell'individuo da essa turba la
ce l;ol non è mai detto di uomini 9 • vita in comune. Questa legge è operan-
Soltanto nei deuteroc. invece che con te in tutto il reale, vale nel x6oµoc; e
(3É(31)Àoc; flol è reso con xow6c; nel si- nella natura, in relazione agli uomini e
gnificato di profano; ad es. I Mach. r, agli dèi e nel rapporto con lo stato. Se
47: WEL\I vwx. xcd X'tTJ'll'r) xowcX:; r,62: l'individuo non vuol soccombere, deve
q>tx:yEL\I xowcX:. Similmente in Flav. Ios., restate fermamente unito al xow6v. An·
ant. rr, 346: al'tla. xoLvocpa:ylac; (cfr. che se su questa strada si arriva a teo-
Gal.2,12 ss.); 3,r81: f3t~11Àov xttì. XOL- rie e forme comunitarie, comuniste in
v6v •twa -c61to\I; 12,320 (profanazione una certa misura, bisogna però dire che
del tempio); r3,4: xoL\IÒ<; f3loc; (di Giu- esse sono essenzialmente diverse dal co-
dei apostati). Quantunque in generale munismo d'oggi, che è determinato dal
xow6ç,, come pol, sia detto solo di que- pensiero economico.
ste cose, ep. Ar. 315 applica la parola All'inizio dell'evoluzione sodale, pres-
B Per documentazione v. LEVY, Wort., s.v.; an- I 402; R. PoHLMANN, Geschichte der tmtiken
che STRACK, Einl. 56. Kommunismus und So:dalismus 1 (1893), u
(r901); Handworterbuch der StaaJswissens-
9 A. MERX, Die 4 kanoniichen Evangelien II
scha/t, di CoNRAD-Lrucrs-ELSTBR- LOE.NING VII3
2 (1905) 67.
(19II) 604 ss.; F. HAUCK, Die Stellung des
10 Cfr. W. NRSTLE · E • .ZeLLRR, Grundriss der Urchriste11tums zu Arbeit und Geld (192r) 38
Geschichte der griechischen Philosophie7 ( 1923) ss.
xow6c; (F. Hauck) (m,793) 680
11 Hom., Il.6,243 ss.; Od.3,4rz ss. rjv, i'.BLov liè oòliEtc; ovoÈ.v ÈxÉx-tl)'tO. xo:t El µèv
12 Od. 14,208 ss. 1)pÉO'XE'tO 'tTI XOLVtùYl~, ÉXpfi't'o "toi:c; xowoi:c;
13 Diod. S. ;>,9,4 s.: ot µÈv ÉyEwpyouv -.àc; vfi- xa-.à. 't'Ò oLxm6-.a.:-.ov, Et oÈ µfi, àTioÀa~wv
<rouc; XOWcl<; TCOLfj<Ta.:V'tE<;, OÌ. OÈ 'JtpÒc; 'tOÙ<; ÀlJ- 6.v -t1)v Èa..v-.ov oòr:r(a..v xo:t TCÀECova, 1ljc; EtCTE-
O''tÙ<; àve't&.'t'tOV'to· xa.:1. Tàc; oòCTlac; BI: xotr Yl)V6XEL Etc; -.ò xoLv6v, ocnl)À.ÀaT•E-.o, 168.
VCÌ.c; TCOL'l'}C1aµEVOL xa.:1. ?;WV'tE<; XU..'tcl O'UCJ'O','tL<X., Gli scrittori più antichi che parlano di Pitago-
BLE'tÉÀ.rcrav bel ·two:c; xp6vouc; XOLVWVLXW<; ~L ra sono Epicuro (in Diog. L. ro,6 [n] e Ti-
OÙV'tE<;. PoHLMANN, o.e. I, 46 ss. meo di Tauromenio (ibid. 8,8 [10]). F. W. A.
14 POHLMANN, o.e. I, 58 ss. Plat., leg. 1,633 a. MuLLACH, Fragmenla Philosophorum Graeco-
15 Polyb.6,45.48; PoHLMANN 1, 126 s. rum I (1860) 408 ss. ·i.e notizie di Giamblico,
16 !ambi., vit. Pyth. (ed. M. TH. KrnssLING J Filostrato e Porfirio - nella misura in cui non
[1815]) 5,29; 6.30.32; 16,69; la situazione sono un abbellimento posteriore - risalgono a
originaria: xowà. yà.p 'ltii.O'L 'lttXV't'a xal. -tCY..Ò'tÒ. Timeo, cfr. E. RoHDE: Rhein. Mus. 26 (1871)
681 (UI,793) xow6ç (F. Hauck) (m,793)682
guenza Pitagora avrebbe dato alla ri- proprietà privata sia la fonte d'ogni ma-
stretta cerchia dei suoi discepoli un or- le, perché porta inevitabilmente all'ap-
dinamento di vita totalmente comuni- petito di guadagno, egoistico e perciò
tario. Essi si separano dai loro parenti, perturbatore dello spirito comunitario
mettono a disposizione della comunità (1tÀ.eovE!;lcx.). Le due classi superiori
le loro sostanze ( ovofa..ç xowtiç), alle dello stato, i custodi ( cpvÀ.cx.xeç) e i sol-
quali personalmente rinunciano, e rea- dati, debbono rinunciare alla proprietà
lizzano in tal modo nella vita comuni- privata, per essere liberi dalla necessità
taria del loro ordine (xoL\lof)louç) l'idea- e dalJa sollecitudine del guadagno. Essi
le sociale voluto da Dio 17• Eraclito lega prendono i pasti in comune, apprestati
strettamente l'individuo alla comunità, con derrate tratte dai magazzini di sta-
ammonendolo a stare alla norma comu- to e a spese di questo 18• Avendo in co-
ne, g7tE<Til"aL -.0 XOL\léi'> (fr. 2, [I 77,12, mune le donne e i bambini, i custodi,
Diels]; dr. fr. 89 [1, 95,10 Diels)), ed sciolti dal matrimonio privato e dall'am-
il dio delfico dà questo comando: xoL- ministrazione familiare, saranno più le-
vòç ylvou (Ditt., Syll.'1268, I, 19). gati alla grande comunità dello stato 19 •
In Atene, a partire da Socrate il mo- Cosl nello stato comanderanno non gli
vimento etico di riforma s'industria a asociali (8ucrxoLVWVT)-toi.), ma coloro che
cercare la giusta teoria d'una vita felice sono veramente sociali ( cp1.À.07toÀ.L8Eç,
comunitaria e statuale. Platone (-7 coll. resp. 6,503 a, dr. 486 b). La gioventù
697 s.; 700), che subisce l'influenza del dev'essere educata fin da principio nel-
Tjmeo pitagorico, tratteggia nella 7tOÀ.L- le idee comunitarie. Chiamato da Dio-
-cda l'esemplare e il pro.totipo dello sta- nigi a Siracusa come consigliere e legi-
to perfetto, mosso in gran parte dall'in- slatore, Platone ha una grave delusione.
teresse etico di superare il naturale e- Egli constata che non è possibile nella
goismo dei responsabili dello stato e di realtà della vita un totale equilibrio tra
farne dei servitori totalmente dediti al principio sociale e individuale; soltanto
bene comune. Platone giudica che la «dèi e figli di dèi» potrebbero sopporta-
554 ss.; 27 (1872) 33 ss.; W. BERTERMANN, De µi]lìÈv 't"OLOV'tov ... 416 e: xotvfi ~fiv. PoHL-
Jamblichi vitae Pith. fontibus, Diss., Kèinigs- MANN, o.e. I, 184 s. 269 ss.; E. SALIN, Platon
berg (1913) 75 ss.; J. s. LEVY, La Légende de und die griechische Utopie (r92r) 14 ss.
Pythagore (1927) 3oss. 19 Plat., resp.4,42r.424 a. 45r.452.464 a. d. : i
17 Iambl., ~it.Pyth., 5,29; 19,92. Secondo Ti· commerci legali scompariranno oLCÌ 'tÒ µ111ìÈv
meo la frase xowcì TCÌ qilì,wv Elvct.L x<Zt cptÀ.l- (sci/. aÒ-coÙc;) [OLOV ÈxTTjai)aL 1tÀ.lJV -CÒ CTWµct.,
<ZV tcrli-tT)'t"a. risale a Pitagora (Diog. L . 8, 8 ...&: lì' /1)..)..(1. xowa. 457 e: -cà.c; -yuvai:xaç -cwv
[ ro] ). àvlìpwv 't"OU'tlùV 1t&.V't'W\I 'lta<Ta;ç EtVC<L xowa<;,
18 Plat., l"esp.3,416 cl : oùala.<v XE'.K.-cTJµÉvov µT)- t0lq. oÈ µT}8EvL µi]ÒEµla.v OV\IOL)(E~\I X<Zt -coÙ<;
lìEµla.v µT)lìÉva. i.lìfo..v,-·llv µ,1] 7Ciiua. à:v&.yx·11· 7tc:t'i:lìa.c; 1.1v xowouc:;.
~1tEL't"<t. otx11crw xa.t -cc:tµLG~O\I µ:·qlìEvt E{\lc:t~
683 (m,793) xowoc; (F. Hauck)
re una totale comunione di beni, di don- 1' interesse individuale e quello comu-
ne e .figli (leg.5,739 d). Allora abbozza, ne 21 • Una parte del territorio e della
nelle Leggi, un ordinamento statuale terra deve essere di proprietà comune,
che viene secondo dopo quello ottimo. per trarne i mezzi con cui mantenere i
Qui il principio sociale è limitato dalla sissizi (2,9, p . 1271 a, 28 ss.); per il re-
considerazione di ciò che è praticamen- sto deve esistere tra i cittadini la massi-
te possibile.· Sembra prudente porre la ma eguaglianza di beni possibile. A nes-
amministrazione dello stato nelle mani suno deve mancare il minimo per la sus-
di coloro che per i loro titoli di pro- sistenza 22 • Ma l'armonia sociale (c;uµ-
prietà sono personalmente interessati al cpwvlct.) dello stato vieta la concentra-
benessere economico della collettività. zione eccessiva (2,5, p . 1263 b, 35). In
Perciò l'agricoltura· dev'essere la base opposizione a Platone, egli afferma che
dello stato. Ogni fondo e tutto il suolo la comunione delle donne e dei beni
vanno considerati come un bene comu- porta ad un'eccessiva limitazione del-
ne. Ai singoli si assegnano a sorte parti l'individuo; i suoi svantaggi superano
uguali, inalienabili, delle quali hanno di gran lunga gli eventuali vantaggi (2,
l'uso 20• Non devono esserci né proleta- 2, p. 1261 a, ro ss.). L'esperienza inse-
ri senza terra, né grandi proprietari ter- gna che il possesso in comune provoca
rieri. I contadini devono fornire alla incuria e dissensi di ogni genere (2,5,
popolazione artigiana, contro pagamen- p. 1263 a, 21 s.). Perciò bisogna mante-
to, una parte determinata dei prodotti nere la proprietà privata, ma si deve ar-
(8,849 b). Anche dei beni mobili il sin- rivare a moderare il concetto sul piano
golo può disporre solo limitatamente morale. Essa deve diventare un bene co-
(u,92j a). Con il controllo del commer- mune rendendosi disponibile a tutti 23 •
cio dev' essere frenata il più possibile Cosl, grazie alla virtù, i cittadini devo-
l'avidità dei privati (849 b). no giunge~e a mettere in pratica il mot-
In confronto a Platone, Aristotele è to xowà. -i-CX. cplÀwv (2,5, p. 1263 a, 29
di gran lunga più tealista e individuali- s. ). La comunione e l'unità non va im-
sta. Nel suo disegno d'uno stato ideale posta per legge, ma dev'essere persegui-
egli propugna il giusto equilibrio fra ta con l'educazione 24 •
20 leg.5,740 a: liE~<tÒ\I M..xov-ca <t'liv ">.ij~w 1295 b, 27 ss.; 2,2, p. 1263 b, 22 ss.
'ttx.U'tl)V voµl~Ew µ!v xowiiv a.Ù'tlJV <tijç 'lt6- 2l 2,5, p. 1263 a, 26 s.: liEi: y&.p 7tWç µb; Etva.i
ÀEwç auµmwqç X'tÀ., 741 b; PRARCHTER (~ XOWttc;, o)..wc; li' t/5locc;...; 38 S. : 13ÉÀ'tLOV E!Va.L
nota 3) 318 s. µè.v istaç <tò:c; x-ri)crEtc;, 'ti) 8è. xP'llcrn 7totEi:v
21 Aristot., poi. 2, 2, p. 1260 b, 37 ss.; PèiHL- xow&.c;. 5, p. 1263 b.
MANN, 581 ss.; SALIN (~ n. 18) 163 ss. 24 2,2,p. I263b, 36 s.: litò: -.1}v 'ltrti8Ela.v xot-
22 2,9, p. 1271 a, 26 ss.; 4,9, p. 1295a, 25 ss.; vfiv xoct µla.v 7tOLEi:v.
xow6c; (F. Hauck)
Anche la poesia s'impadronl del pro- taria nella lontana terra di Meropea 25 ,
blema. Già Esiodo (op.109 ss.) descri- Ecateo nella città delle Chimere 26, e
ve lo splendore dell'età dell'oro, quan- Giambulo nel remoto e rigoglioso stato
do sotto la sovranità di Kronos la terra .del sole 27 ; Euemero nel Registro sacro
donava spontaneamente ai suoi figli ine- descrive l'ideale ordinamento sociale e-
sauribili ricchezze e regnavano univer- sistente nell'isola di Panchea, dove tut-
sali l'eguaglianza e la fratellanza. Ro- to, ad eccezione della casa e dell'oro, è
manticamente viene spostata all'indie- comune: i singoli producono per la co-
tro, all'età primigenia, la desiderata rea- munità, i frutti devono essere consegna-
lizzazione della vita comunitaria. Nel ti agli uffi.ziali sacerdotali, che ne rego-
Crizia, anche Platone fa una descrizio- lano la distribuzione; il commercio e il
ne romanzesca della pratica attuazione denaro sono superflui 211 •
del suo stato ideale. In una supposta La teoria del posse'sso comune come
Atene originaria non c'è proprietà pri- espressione del giusto ordine sociale ri-
vata, né oro od argento, ma in piena vive poi, sia pure con diverse sfumatu-
comunione di vita il popolo vive felice re, nelle scuole cinica, stoica e neopita-
con il frutto del lavoro di tutti. Ad es- gorica. Mentre Platone lo aveva propo-
sa è contrapposta l'immagine del colos- sto dal punto di vista dell'ordinamento
sale stato di Atlantide, dove tutto è te- statuale, esso ora viene giustificato a
so all'aumento della ricchezza e dei go- partire dalla natura. In quest'ordine di
dimenti. Qui la malvagia 1tÀ.e:ove:~la. di- idee prima vengono i cinici 29 , che con-
strugge ogni senso del comune (<pt.À.lct ducono un'aspra critica sociale. La di-
xow1), Critias 121 a), tutto portando al- vina c:pucn.c; si contrappone al v6µoc; u-
la rovina. Aristofane, negli Uccelli e nel- mano 30• La giustizia di Dio ha creato
le Ecclesiazuse, mette in ridicolo l'idea- tutte le cose per tutti, perciò ha voluto
le comullista, in particolare l'idea di l'uso comune dei doni della natura. Il
mettere in comune le donne (Eccl.589 cinico, che è un 'amico di Dio', ne de-
ss.; 608 ss.; 690 ss.). Teopompo trasfe- duce che tra amici tutto è comune (Cra-
risce la realizzazione della vita comuni- tes, p. 208,2). La terra e il mare sono la
25Philippica 8, /r. 76 (F. H. G. 1, p. 289 s.; stolographi Graeci, ed. R. HERCHER [r873])
PoHLMANN, o.e. n, 47 ss. p. 208 ss.; Diog., ibid., p. 235 ss. Questa lette·
s.
u In Diod. 2,47 ; PoHLMANN u, 53 ss. PAu- ratura epistolare pseudo-epìgrafìca è del 1° se-
LY-W., VU (r912) 2752.2755 s.
colo d.C., ma ripete in sostanza le idee dell'an-
tico cinismo; PRABCHTER, o.e., 528 . PAULY-W.,
27 In Diod. S. 2,55-60; POHLMANN II, 70 ss. s. v. Antistbenes xo (I [r894] 2.538 ss.; ibid.,
23 In Diod. S. 5.45· P6HLMANN u , 55 ss. s.v. Diogenes 44 (v [r90.:;] 765 ss.).
29 PRAECHTBR (-+nota.~) 159 ss. 432 ss.; Mut- 30 Diog., in Diog. L. 6,4(29).6{38).6(72).u(79).
LACH (-+nota 16) II, 259-395; Cratere, in Epi- 6.(33).
xo~v6c; (F. Hauck)
bisaccia dalla quale il cinico trae il suo fruire di tutti i doni della natura (Sen.,
nutrimento (Diog., p. 241, 26). Perciò ep.90,36). Solo l'avidità degli uomini
egli non chiede come un mendicante, ma ha ridotto ogni cosa in proprietà di
esige una restituzione (Diog.,p.238,10), qualche privato, sottraendola così a tut-
perché l'ordine che sancisce la proprietà ti gli altri (Sen., ep.90,38). In quanto
è ingiusto. La proprietà è un furto per- figli dello stesso mo, tutti gli uomini
petuo ai danni della comunità. I cinici sono fratelli (Epict.,diss.1,13,2ss-), per-
gettano cosl le basi del diritto naturale. ciò devono trattarsi con sentimenti fra-
Anche il matrimonio dev'essere abolito; terni, per realizzare il più possibile 'l'età
donne e bambini siano in comune31 • Più dell'oro', che è andata perduta per sem-
tardi il cinismo ritirerà queste astratte pre (Sen., ep.90,39). La Stoa, che ac-
richieste estreme e in loro vece abboz- cetta la realtà concreta, non insegna per-
zerà un programma sodale positivo, in- ciò una comunione di beni nel tempo
teso ad offrire alla parte più povera del- pi·esente, ma raccomanda il senso della
la popolazione cittadina migliori con- fraternità. Per conseguenza non respin-
dizioni di vita, con la ripartizione di ter- ge, come il cinismo, il possesso del de-
re non coltivate 32 • naro, ma ne permette l'uso. Essere uti-
La Stoa, fondata da Zenone che ri- li a tutti è legge di natura 35 •
sentiva del pensiero cinico, passa dalla Nella scuola neo-pitagorica36, che sor-
critica a una visione unitaria positiva. ge nel 1 sec. a_C,, Filostrato, nella ro-
L'universo ben ordinato è il prototipo manzesca Vita di Apollonia di Tiana,
dello stato ideale e della vita civile. Il l'innova l'ideale pitagorico d'un ordina-
mondo è lo stato di tutti 33• Lo stato di mento della vita come comunione to-
natura ordinario, in cui esisteva un con- tale. Anche qui la comunità dei beni è
sortium tra gli uomini, è l'ideale 34, poi- sempre fondata sulla natura, nella qua-
ché a quel tempo tutti potevano usu- le si attua il godimento comune di tutti
31 Diog. L. 6,6 (?z): yaµov 1i110Éva; voµl~wv 34 (11, IOJO b): 1i XOL\l'Ì] <pucnç; VON ARNIM III,
(da leggere così, secondo PRAECHTER 168, in- p. 4,8 s.; m, p. 80,35: nessun altro principio
vece che µT]lìÈv 6vo~ui~wv ). di giustizia fJ -.1}'11 Éx 'tOU 6.~òc; xat 'tTJV Éx
32 Dio Chrys., or.7; similmente Demonatte, che -.ilç xoLvij:; q>UCTEW<;. Sul diritto naturale nel-
rinuncia alla comunione delle donne e dei bam- la Stoa, dr. p_ BARTH , Dic Stoa 3' 4 (1922)
bini; PRAECHTER, 51os. 136 ss.
33 M. Ant. 4>4: -.ò voepòv T]µ~'V :itow6v, xal. 34 Sen., ep. 90,3. Luc., Saturt1alia; la festa dei
b ).6yoc; ... xow6ç· ... ò v6µo; xow6ç· ei. 'tou- Saturnali rinnova ogni anno l'originaria egua-
-ro, TCOÀ.~-ral tcrµE'V' ei. 'tOV'tO, 7COÀ.t'tEUµ<l'tOç glianza e comunione di beni.
'tLVOç (Phil.3,w) µE-.ÉXOµE'V' d -rOUTO, ò xM- 35 Scn., ad Galliot1em de vita beala, n ss.;
µo; wo'a\IEL TCOÀ.ic; iu-.lv. 'tl'loç ycìp fJ.).).ou HwcK ("' n . xo) 50 ss.
!j)TJCTEL 'tLç -.6 Twv ii.vòpwrcwv r.iiv ·révoç xct- 36 PnAECHTER, o.e., 513 ss.; Mu1.LACH (--7 n.
vou TCOÀ.L-.Evµa'tOc; µETÉXELv; Plut., Stoic. rep. 16) 1, 388 ss.; HAUCK (--7 n. ro) 41 ss.
xoLVoç (F. Hnuck)
i doni. La terra è la madre comune (I, L'ordine, che in questo modo pratica-
I 5 ), gli animali sono i maestri degli uo- va una totale comunione di consumo e
mini (4,3 ). Soltanto per l'ingiustizia de- di produzione, durò almeno due secoli.
gli uomini si giunge all' ordinamento È possibile che le idee e gli ordinamen-
proprietario. La comunione dei beni è ti che gli sono caratteristici risentano
il vero diritto naturale. Nella libertà in- anche dell'influenza del movimento pi-
teriore dal possesso, che riesce a con- tagorico 38 •
quistare, il pitagorico, non possedendo La comunità dei Terapeuti, descritta
nulla, fa suoi tutti i beni (3,I5; cfr. 2 da Filone, conduceva una vita comu-
Cor.6,rn). nitaria, praticava l'isolamento monasti-
co, particolarmente allo scopo di atten-
Mentre nel mondo greco, a parte
2.
dere alla pia meditazione della Scrit-
le comunità dei pitagorici, la questione
del possesso comune resta un problema tura 39•
teorico, in Palestina invece s'arriva, sia
D . %0t\IO<; NEL NUOVO TESTAMENTO
pure in cerchie ristrette, alla costituzio-
ne di associazioni comunistiche. Giu- I. Comune; Tit.I,4 ('itLO''"n<;); Ittdae
37 Flav. Ios., bell.2,122 s.: xct-.ctcppo'lllJ"t'ctL oÈ 'tW ctùi:oi'.ç, &.7toÀ.aUEL lìè oùOÈ'V b 7tÀ.OUO"toc;
'ltÀou'tou xctt l>ctvµ&:cnov aùi:orç -.ò xowwv~· 'tWV otxElwv µEL~6vwç i\ ò µl)o' Ò't'tOU'\I ?CEX-
x6v, ... -.wv 8' Éxàcr·n!l x-rl)µai:wv ~vaµEµ1y :t'C]µÉvoc;. Philo, omn.prob.lib.75-91 (~col.709,
µÉvwv µl!X.v wcr'l'l'ep àoEÀcporc; l17tctuw oùcrl!X.v ;n. 46); PAULY.-W., Suppl. IV (1924) 386 ss.
etvm. 139; npLv o~ -rfiç -xowr}c; &•l Mfta.L 'tpo~ ·3s ScuiiRER u', 659s.; LEVY (~ n. 16) 264ss.
1
cp-ijç ... ant. 18,20: -.c1L xr>1JµC1..-.6. 'tE xow&; ~u· 39 vit. cont. 32.40.
xoLv6ç (F. Hauck)
40 Le parole di Gesù hanno in Le. una forma 31 (1920) 275 ss.; E. TROLTSCH, Die Sozial/eh·
sostanzialmente più dura che in Mt. Probabil- re11 der christlichen Kirchen und Gmppen,
mente in Mt. si manifestano già certe attenua- (1912) ( = Ges. Schr. n 49 s.; E. v. DoBSCHUTZ,
zioni più recenti. D'altra parte, può darsi che Probleme des apostolischen Zeitalters (1904)
le stesse parole siano state rese più dure da 39 ss.; F. MEFFERT, Der «Kommunismus» Je-
Le., le cui tradizioni provengono forse dagli su rmd der Kirchenvfiter ( 1922); O. ScHtLLING,
ambienti dei giudeo-cristiani poveri della Pale· Naturrecht rmd Staat nach der Lehre der alten
stina. Sembra anche che l' ellenista Luca sia Kirche (1914); K. KAuTSKY, Urspmng des
stato influenzato da un certo ideale di negazio- Christe11t11ms12 (1922) 347 ss.; EB I, 877; REJ
ne della proprietà, cfr. HAUCK, Lk, 205 s. x, 657 ss.; RGG2 m, n59 s.
41 Una certa esitazione nell'invito alla collet-
43 Il versetto di Is.52,1, a cui ci si richiama,
ta (I Cor.16,1 ss.; 2 Cor.8,9; Rom. 15,26: XOL-
ha à1tEpl'tµ1)'tOç.
\IWvla.v -rwoc 1tOL1)owritctL) e le istruzioni mi-
nuziose sul modo in cui effettuarla (I Cor.16, 44 Vg: pollutum; codd. cl syP: communem; co-
2) mostrano quanto fosse naturale per le comu· dici r z: ìmm11ndum.
nità paoline la conservazione della proprietà. 45 Cfr. A. MER..X, Die 4 kanonischen Evange-
42 ]. WEiss, Urchristentum (1917) 49 ss.; J. licn nach ihrem altesten bekat111ten Text, u, 2,
DEHM, Kommunismus imd Urchristent11111: NkZ (1905) 66 s.; però~ coli. 677 s. ep. Ar. 31.:;.
xowwv6c; (F. Hauck)
xowwv6c; X'\').,.
1 Soltanto nell'uso linguistico giudaico e cri- SEESEMANN, Der Begriff XOL\IW\lla. im N. T.
stiano sembra che si possa "'trovare il genitivo (1933) 19 (cit. SEBSEMANN).
della persona, per es., Prov.28,24; Is.x,23; H.
xowwvoç (F. Hauck)
costui né del fuoco, né del lume, né del- mente, comunanza, !ambi., vit. Pyth.30,
la bevanda, né del cibo»; Philo, spec.leg. r68 c~xow6c; n. 16), in senso giuridi-
2,ro7 (con µt:Taoioo\lm). La rarità di co, contratto di società BGU 586, rr,
questa seconda accezione si spiega con- comunanza di possesso, possesso comu-
siderando che in questo senso è più usa- ne, P .Lond.3rr,12: -r[pE<poµEva xoL]-
to il verbo µE't"et.OLOovaL. Quest'ultimo vwv[ la] (cfr. Preisigke, s.v. xowwvla.);
tuttavia non rende, ad es., il concetto di b) col genitivo oggettivo della cosa di
render compagno, far socio; cfr. Sextus cui si partecipa, Plat., soph. 250 b : 1)
Pythagoreus, sententiarum 266 (ed. A. 't"fic; oùcrlru; :x.oww\llet.; Tim. 87 e: 't'WV
Elter, Index Lect. Hib. r89r/'92): 't"pO- 1tovwv; c) col genitivo soggettivo della
cpfjç mx.vi:t XOL\IW\IEL. pel'sona o della cosa che partecipa, men-
tre il ricevente è espresso col dativo o
xoLvwvÉw viene costruito: a) assolu- mediante preposizione (Elc;, µE"tci., 1tp6c;)3
tamente; Arist. pol. r ,2, p. I2 53 a 2 7 s.: ò Aristoph., T hesm. 140: Ttç... xaT61tTpo~
OÈ µ1} ouvaµEvoc; XOLVW'VEL\I; b) col ge- (specchio per le donne) x<.d sl<pouc; (ar-
nitivo della cosa; Isocr.7,3 r: mx.'t"plooc;; ma per gli uomini) xowwvla (dr. 2 Reg.
c) col dativo della persona (Eur., He- 6, 14); d) col genitivo oggettivo della
racl. 299 S.: oç OÈ \IL~t'r]i}dc; 1toÌ}~ XCf.XOt<; persona di cui si è partecipe, Plat., soph.
Éxowwv'l)crt:v, si mise in società), o del- 264 e: 't"fjc; 't'OU CTO(j)LCT't"OU xowwvlac,
la cosa (Epict., diss.4,6,30: Epyov E:py~ (non genit. sogg., contro Cremer-Kogel).
où xoLVWVEt); d) col dativo della perso- In Plat., resp. 5,466 c: Ti 't"W'll ruva1.xwv
na e il genitivo della cosa; Polyb.3,2,3: xoLVW\lla Toi:c; &.vop&crtv, significa «la
xoLvwvEt\I Kapx.11oovl0Lc; 't"W\I mhwv ÈÀ.- comune partecipazione degli uomini alle
1tlowv; e) con le preposizioni t:lç, 1tp6c;, donne)> (cfr. la costruzione di xotvw-
b;2, vÉw ).
9 Plat., Gorg.507e. 508a: L'uomo che vive se- à.ppYJX.TliJ -rwL q>LÀ.laç oEuµ4J dc; µlav xoww-
condo In lmihJµla, come i ladroni, non è caro vla.v xat apµo\lla.v UV\IÉO"I}CTEV; cfr. w. W.JAE-
né agli uomini né a Dio, xoL\IW\IE~\I yà.p ò:ou- GER, Nemesios vo11 Emesa (1914) n3. Analoga
V!l't"Oc;· IS't"<iJ BÉ µ7] gvL xowwvla, <pLÀ.la. oùx av influenza stoica anche in Filone, migr. Ahr.
EL1}. <paut o' ol crocpol ... xat oùpavòv xat yl)v 178.
x.a.L ìlEoùç xat ò:vf>pwTCouç -r-fiv xowwvlav U\J· 13 Plat., symp. 188 b; Ael. Arist., or. 45, 27
\IÉ)(EL\I xat <ptÀ.iav xcxL xocrµtÒ't"TJTfl. xat uw- (KmL); v. ARNIM m, p. 83,5.8.
xowwvoç (ì'. ttauck) (III,800) 700
della misteriosa forza divina (mana) av- no :invitati alla tavola degli dèi come
viene tramite l'atto di mangiare e di be- commensali (xoi:vwv6ç) 18 • Negli ~Eo!;É
re 14• Questa concezione di un'unione w·1., i lectisternia dei Romani, gli dèi
immediata con la divinità persiste anco- prendono materialmente parte al ban-
ra nei culti di epoca seriore (Dioniso, chetto comune, con le loro immagini 19 •
ecc.), almeno come concetto di fondo 15• Oltre all'unione mediante il cibo e la
Nella religione popolare politeistica, poi, bevanda nel banchetto sacro, vi è pure
la commestione sacrificale diviene una l'unione sessuale con la divinità 20 • La
comunione della divinità con gli uomini. filosofia greca {Platone) sublima il con-
In Omero i sacrifici sono banchetti fe. cetto della comunanza divina, elevando-
stosi, a cui prendono parte gli dèi 16• la oltre l'esperienza cultuale e conside-
Uomo e dio divengono compagni di pa- randola come la comunanza più alta e
sto e di tavola 17• Né ciò vale soltanto beatificante 21 • Il pensiero stoico conce-
per l'ingenuo tempo antico. Anche nel pisce l'universo come un organismo vi-
periodo ellenistico gli dèi sono consi- vente, da cui discende il concetto della
derati come gli organizzatori e direttori xowwvla reciproca degli uomini tra di
del banchetto sacrificale. Gli uomini so- loro e con la divinità LI.. In Epitteto xot-
14 PAULY-W. XI (1922) 2171 s .,art. Kr1ltus; P . 523; Ael. Arist., or. 8 (193 s., DINDORF); xat
STENGEL, Opferbriiuche der Griechen (19ro) wcrLwv µ6vf{.l 't'OU't'~ DEii) oLaq>Ep6v'twc; xo1.-
73 s.; O. GRUPPE, Griechische Mythologie und vwvoi.i01.v l.tvDpv.moL TÌ)v à:.xpL~Tj xoLvwv(av,
Rel. -Geschichte (1906) 730 ss.; E. REUTER- xcx;À.ouv-rÉç 'tE ~cp' Ècr-rlav xat 1tpo~u-raµ€\IOL
SKIOLD, Die Entstehtmg der Speisesakramen- ota'tuµova (ospite di tavola) aÒ'tÒV xcx.L È<T't'Ltt-
te (1912). -copa (ospitante) ... 1tO:PCX.7tÀ.lJCT~a. llè xcx.t xa.-tò:
JS REUTERSKIOLD (-7> n. 14) 126 ss.; ERE m 'tÒ: fi.)..)..u. 1tpÒc; CX.V'tÒV XOLVWV(CX. 0µ6-ctµoc;. G.
(1910) 764ss. (Co111m1mion with Deity); RoH- ANRICH, Das antike Mysterienwesen (1894) 37;
DE II 9 ' 10 I I SS. ERE III 766 s.; SEESEMANN 54; LIETZMANN,
16 Horn., Od.3,51 ss. 436; 8,76; Il.1,67.423 ss.; exc11rsus a I Cor.ro,20; G. P. WnTTER: ZNW
14 (1913) 202 ss.
9,535; Paus. 4,27,1 s.; P. STENGEL, Griechische
Kultusaltertumer' (1920) 97. 19 P. STENGEL (-7> n. 16) 124; E. HUllER, Das
Trankopfer im Kulte der Viilker (1929) 228 ss.
17 Demosth.; or.19,280: xpcx:t1)pwv xowwvoùc;,
211 Cfr. ERE nr 763 s. (Communion with Dei-
7tE1tOl'l']oilt (scil.: "tovç fjpwtM;); Eur., El.637 :
~i)Ev y'lowc; O'E om'tl XOLVWVÒV xcxJ..ti:. Il pas- ty ); F. ]. DOLGER, Ichthys n (1922) 378 n . 6:
so mostra che xowwv6ç è fin dall'antichità una Servius Grammaticus, Commentarius in Vergi-
designazione dei commensali di un banchetto lii Aen. 1,79 (ed. G. TmLo-H. HAGENl [1881]):
sacrificale. DITT., Syll.3 no6,6 s.: É1tL[µ]EÀÉ· «Tu das ept1lis acet1mbere divum» hoc est, tu
crDwv [lì]è av't'wv 't'[ot 't'W]V LEpwv xoww- me deum facis. Duplici enim ratione divinos
\IEU\l't'Eç. Plat., symp. 188 b: lhL -rolwv xaì. at honores meremur: dearum coniugio et convi-
ihlcrlm 1tttO'aL xaì. olç µc.tV'tLXTJ E1tLO''ta't'ti: - vio deorum. Unde et in bucolicis: «t1ec deus
't'CX.u"ta o' É<T'ttv 1) rtEpL Dtouc; n xaL à.vDpW- hunc mensa, dea 11ec dignata cubili est» [BER-
rtovç npòc; dÀ.À.'l'JÀ.ovç xowwvlcx; ... TRAM].
18 P. Oxy. I no (II sec. d.C.): 'Epw't'~ crE Xa1r 21 Plat., symp.188 b -7> n. 17. Invece la filoso·
plJµlùV omtvfjCTaL Elç XÀ.ElVT)V 'tOU xvplou 1:cx.- fin di Epicuro nega ogni comunione con il dio.
pa1tLOOc; lv "ti{} :l:ocpoc'J'tdti> ocvpLov. P. Oxy. m 22 Epict., diss.1,9,5 : xowwvE~'\I -.rti ilE<(), rife-
701 (m,800) XOLVUJV6ç (F. Hauck) (m,801) 70:>.
rito agli uomini in quanto esseri ragionevoli. Myst.245 ss. unione nmorosa col dio; [Epòc; y&.-
2,19,27: -riic; 'ltpòc; .,;òv !J..la. xowwvla.ç. M. µoç.
Ant.u,8,4: xoLvwvla. !J..Léc;. Cic., leg. 1,7,23: 25 xo~vwvLx6c;: 3 volte nell'A.T., 3 volte negli
Lege quoque consociati homines cum diis pu- apocrifi; XOLVUJVÉW 5 volte nell'A.T., 7 volte
/andi stJmus... Univerws hic mtJndus una ci- negli apocrifi; xowwvla 1 volta nell' A.T., I
vitas communis deorum atque hominum existi- volta negli apocrifi.
manda {sit) ; nat. deor.2,62; Dio Chrys., or.36, 26 L EVY, Chald. Wort., s.v.; SEEsE.MANN 29s. Al
23; V. ARNIM III 82,8. giudeo, per es., non è permessa una partecipa-
21 Epict., diss. 1 , 19: xowwvoi:c; "tOLoui:oLç; x, zione (Jl1ttiifut, :>1.owwvla) ad un'impresa pa-
12,16; 22,10.13; 2,14,8; 3,1,21 rivolgendosi 11 gana (b.Sanh.63 b par.: 'swr l'dm Sj'sh 'fwtpwt
Socrate : xotvwv6c; µou {il xa.l O'\J)'"yevi)c;. A. '111 h'kw"m, ST.RRNDIBNE.R).
BONHÒFFRR, Epictetus und das N. T. (19n) 21 La locuzione dei LXX: tvcr~.,;ovv'tm Év a.V-
5r ss. i:<!) fa derivare l'ebraico ;ikrti da krh III, 'dare
24 Corp. Herm. 10,22 b (Stob., ecl. 1,303,15). un pasto', invece che da krh II, 'trattare, ne-
ANRrCH {4 n. 18) 37; RmTZBNSTEIN, Hell. goziare'.
703 (m,801) xowwvoç ('r. Hauck) (m,802) 704
34Etimologicamente b•r1t in ogni caso dipen- 38 S. N11m.130 a 19,22 (KUBN, o.e. 5or}.
de da brh, mangiare; tuttavia cfr. --+ iìLa1'i}x'r) 39 STRACK-BILLERBECK I 460 sotto a.
xowwv6c; (F. Hauck)
degli btiberim (~ <I>apina.fo<;), che si Per quei talmtdzm che per età e forma-
impegnavano personalmente a versare zione potevano essere f?akiimtm, ma per
l'esatta decima dei loro proventi, ad os- un qualsiasi motivo non eran giunti al-
servare esattamente le prescrizioni di l'ordinazione, rimase acquisito il termi-
purità e soprattutto ad attenersi stret- ne hiibèr, 'collega', usato rigorosamente
tamente alla legge giudaica 4<1. Incerti co~e titolo speciale 41 •
com'erano se gli altri connazionali fos- Anche haburJ, società, associazione,
sero egualmente fedeli alla legge, questi è anzituttÒ un termine generale (vedasi
osservanti correvano di continuo il ri- sopra, piiber a), ma non di rado assume
schio di contaminarsi con essi e di ca- un'accezione religiosa o quasi. In parti-
dere quindi in peccato. In tal modo gli colare, una pìibura si forma alla mensa
hiiberim si vedono costretti ad una ri- in comune. I commensali che si riuni-
gorosa separazione dal 'popolo della scono per mangiare l'agnello pasquale
terra', 'amme hii'iire~ (Io. 7,49). L' a~ - devono essere almeno 10 persone, se-
pEO'L<;, o setta, rigorosamente delimitata condo Ex.12,4 - si chiamano bené pa-
dei farisei deriva dal movimento dei bura, figli della confraternita (b. Pes.89
fedeli della legge all'epoca maccabaica. ab). Dopo ]'esilio invale l'uso di racco-
Quest'uso tecnico di hiiber si trova in gliersi in casa con gli amici, il venerdl
nuce in Ps.n9,63: il pio è hiiber dico- pomeriggio, per un comune banchetto
loro che vivono col timor di Dio e ne in preparazione al sabato (cfr. Act.2,46,
osservano esattamente i comandamenti; xa:t' ofocov) 42• Anche questi gruppi rac-
vale a dire, egli non è J;abér degli altri colti a mensa son detti htiburéì. Trovia-
connazionali, dei 'senza Dio' in Israele. mo qui certi precedent( dei conviti se-
d) Con il consolidamento dello stato micultuali cristiani (cena, agape), in cui
di rabbino (~ paaf3l) si manifesta, a la comunità primitiva, xÀ.wv·m; xa-r'ot-
partire dalla seconda metà del 1° (o 2°) xov lfp-cov (Act.2,46), viveva e celebra-
secolo, l'altro uso tecnico, indipendente va in. comunione la sua fede 43 •
da c), per cui i rabbini si conoscevano
e si designavano tra loro col termine di 4. Caratteristico è l'uso linguistico di
baberim. Con l'organizzazione del rab- Filone, che è un giudeo ellenista. Contra-
binato si crea anche una scala di 'gradi riamente ai LXX, Filone usa xoLVwvla.,
accademici'. I talm1d1m sono gli aspi- xoLVwvÉw, xoLVwv6ç per designare la
ranti all'ufficio. I migliori di essi ven- partecipazione e la comunione religiosa
gono inseriti, con l'ordinazione, nell'uf. che si stabilisce tra il devoto e Dio 44 •
fido e nella dignità di rabbi (piikiim). La distanza da Dio, che la teologia
40 Demai 2.J: Chi accetta di essere uno piibér, o/ the Christian L;turgy (I925) I67 ss.; I. EL-
non può vendere frutta fresca e frutta secca a DOGEN, Der jiidische Goltesdìenst3 (193r) ro7.
un 'am hiloref, né compra da lui frutta fresca,
43 Non si può di.mostrare che Ja comunità pri-
e neppure si trattiene presso un 'am hiloref
come ospite, né accoglie uno di essi nelle sue mitiva sia stata direttamente chiamata babar8
vesti presso di sé come ospite. Altri particola- iesfìli', xowwvla. 'I71aou, come suppone C. A.
ri in KIDIN, o.e. 423 n. 23; SCHLA'ITBR, Gesch. ScoTT: ExpT 35 [1923/24] 567. SEESBMANN
lsr. 138; STRACK-BILLERBBCK II .:;oo ss.; SCHii- 90.
RER4 4.52·454 (identità di 'fariseo' e piiber). 44 vit. Mos.1,1.:;8: ouxt xa.L µElt;o\loç 'tijç npòi;
41 ScHihIBR n' 468 ss.; Jew. Enc. VI 121 ss.; 'tÒ\I 1t<t.'tépa. 'tW\I ISM.>v xa.t 'ltO~t)'ti)'.I xoww-
EJ V l2I ss. \llai; à.nH.a.v9'E 1tportpl}O'EtJ.>ç -rijç a.v'ti)ç ii~t.W-
42 W.O.E.OnsTBRLEY, The ]ewish Backgro11nd 0Elç;
709 (Ill,803) xowwv6c, (F. Hauck)
israelitica mantiene, si trasforma in lui anche come una vera e propria società
in un rapporto di vicinanza analogo a (soci) 49 • È detto poi d'una natura, o di
quello della grecità. Cosl Filone parla
ddla stretta comunione che si istituisce un carattere, che si è ricevuto, o si de-
tra il devoto e Dio nel culto, specie nel ve acquisire, insieme. In Hebr.2,14 è
convito sacrificale 45 • È certo che queste quindi riferito a tutti gli uomini, che so-
affermazioni di Filone, che contrastano no partecipi della comune natura mor-
con le locuzioni veterotestamentarie, so-
no dovute alle corrispondenti asserzioni tale ( 't'Ò. 7Catola XEXOWWV'l}XEV atµrx.'tOç
riscontrabili nell'ellenismo. Anche la vi- xat crapxéc;). In quanto ne divenne par-
ta comunitaria idealizzata degli Esseni tecipe (qui µE'tÉCTXEV è usato come si-
(~ col. 689 ), che attuava una perfetta
comunanza dei beni, vien descritta da nonimo di xowwvÉw ), anche Cristo si
Filone come xowwvlrx. 46• Flavio Giu- inserì pienamente nella comunità uma-
seppe usa xotvwvla per designare la co- na di carne e di sangue, per vincere
munanza di vita e di relazioni col pros-
proprio in tal modo la morte. Sempre
simo, che tanta importanza aveva per
un giudeo 47 (dr. Gab,II-14). su questa linea, in 2 Petr.IA la reden-
In Filone troviamo xowwvÉw e xot- zione è concepita come liberazione dal-
vwvlrx. anche nel significato, raro nel la caducità terrena naturale, perché pos-
greco profano, di far partecipare, far
parte 48 • siamo partecipare della natura divina
(ih:lac; xotvwvot cpucrEwç) 50 • In Rom.II,
D. XOWWV- NEL NUOVO TESTAMENTO r 7 la locuzione cruyxowwv6ç (-.fjç pl·
x. xowwv-=esser partecipi di qualco- s11c; -.fjc; m6'tl}'toç ~fjç ÉÀ.alac;) esprime
sa insieme con altri. a) In Lc.5,ro xot- l'intima partecipazione del ramo irme-
vwvoi ~<il :Elµwvt, si riferisce alla comu- stato all'intera vita del nobile olivo. Si
nanza di lavoro (compagni di lavoro), eviti con ogni cura di partecipare ai pec-
che in concreto si può forse intendere cati altrui (ITim.5,22; 2Io.n ~col.
45 spec. leg.r,221: Se; (scii. Dio) EÒepyhT)c, xat 47 Ap. 1 ,35: 'tTJV 1tpÒc, Q.)..)..6cpuÀ.ov xowwv(a.v
qnM8wpoc, wv xowwvòv à:n:~cp11\IE 'tou f3wµou ÙcpOpWµE\IOL; bell.7,264: 'tTJ\I 1tpòc; ò:.vl>pW1tOUc;
xcxt bµo'tp&.1te~ov -tò <11.1µn601.0v 'tWV 'tYJV ihJ. Tiµepb°tl)-ca xcxt xowwv(cx.v oòx É't'i)PlJ<1EV.
ulav btL'tE)..ov\l'tlù'V. 1,13r: i sacerdoti xoww- 48 spec. leg. 2 , 107, accanto a µE-t<X.8t&6vcxt;
vot 'tW\I xa't' sùxapt.cn(a\I Ò:.7tOVEµoµÉvwv yl- virt. 84, xowwvla accanto a XPlJU't6-rric;; 80,
yvov-rm i>s4'>. accanto a qnÀcx.vDpwnla. 4 xowwvtx6c,.
46 omtl. prob. lib. 84: 'tOV 8~ CjlLÀ.Cl.'Vl>pW'ltOU 4~ Cfr. v. 7, ~'t'ox;oc;. La pesca in alto mare si
(8slyµcx-ta 'ltcxpéxov-raL) silvow.v, tu6't'l'}'tCX., praticava in collaborazione, con diversi pesca-
't1}V 'ltrJ.\l'tÒc; À.6you xpEh-row.t XOL\IW\llfLV ••• tori che da diverse barche si aiutavano a vi-
85: ovosvòc, obdcx 'ti.e; fo-cw tola, i)v oùxt cenda; G. DALMAN, Orte und W'ege ]esu'
11'&\l'ttù\I Etvcx.L xowl}v auµ~É~1)XEV ... 86: 'tct.- (1924) 145; F. M. WILLAM, Das Leben ]est1
µei:ov ~v it&.\1%)\1 xa.t 8a1t&.va1. ( xowoct), xat im Lnnd und Volk Israe/3 (1934) 154 s.
xowat µ~v Éainj'tE<;, xowat 8~ -rpocpat <1UO'ul- so Cfr. Philo, decal.104: -rwv... i>Elac; xat µa-
'tLtt. 'ltE1tOL'f)µlvwv ... oòx nita cpu)..a't'tO\JOW' xcxplo:c; xal Eò8ixlµovoc; cpvuewç µe'tEIJ'X'JlX6-
à.)..),.' ftç µÉUO\I 'ltPO'tLJ>l\l'tEç XOL'VYJ\I 'tOic; É&É· 'tWV; leg.all.1,38: ci\l'tLÀcx~foDocL Deou cpva'Ec.1c;;
)..ouot xpfjaitctL... na.pcxuxw1H;ouow wcpé)..mr.v. cfr. Abr. rn7.
xowwv6ç (F. Hauck)
702; Prov. 28,24; Is. l,23), poiché ciò lo (rn, coll.571 ss.), sia dall'immagine in
implica un'ineluttabile comunanza coi lui frequente dei fedeli come membra
malfattod nella colpa e nella condanna del corpo di Cristo (I Cor. I2,l2 ss.). I
(Mt.23,30, cfr. 27,25). La partecipazio- composti con r5uv (cfr. Rom. 8,17 : cruµ-
ne dei buoni alla santità ha carattere 7ta<TXELv-cruvoo~a.O"t>ljv r.u) tipicamente
esclusivo (2 Cor.6,I4: -.le; xotvwvla. cpw- paolini, chiariscono il contenuto di tale
..t 1tpòc; O"xoi:oc;;); costringe a una scel- comunanza con Cristo sotto il profilo del
ta: in quanto figli della luce, i cristia- presente e del futuro (-+coll. 715 ss.).
ni non possono esser partecipi del pec- Ma poiché non si tratta d'un annulla-
cato (Eph.5,II: µl] <ruyx.owwvE~i:E -çoic; mento mistico in Cristo, la comunione
€pyoLc; -.aie; ò:xap"JtoLc; 't"OU O"XO"tOU<;). con Cristo avviene mediante la fede,
Quindi il popolo di Dio deve abbando- che significa unione di vita con lui. Sif-
nare 'Babilonia', per non essere parte- fatta comunanza col Figlio è, per sua
cipe dei suoi peccati, e di conseguenza stessa natura, bene salvifico presente
anche della sua condanna (Apoc.18,4) . del cristiano, ma attende dal futuro la
b) Nel N.T. le parole a radice XOL- sua piena attuazione (r Thess.4,17: O'ÌN
vwv- ricorrono con maggior frequenza xupl~ ). Così come parla di partecipa-
in Paolo, in cui acquistano anche con- zione al Cristo, Paolo parla anche di
tenuto religioso più immediato. Paolo partecipazione ali' evangelo (r Cor. 9,
usa xowwvia. per esprimere la parteci- 2 3) 52 o alla fede. Giacché in apertura
pazione del fedele al Cristo e ai beni di lettera Paolo ringrazia generalmente
cristiani, e la comunanza dei fedeli fra per la· fede manifestata dai destinatari,
loro 51 • Secondo I Cor.1,9 i cristiani so- il ringraziamento É7tL i:u xoLvwviq. u-
no chiamati alla comunione col Figlio µwv ELc; 'tÒ EucxyyÉÀ.Lov &.1tò 'ti]c; 1tpW-
(Èx.À1]th)'tE dc; XOLVW\lttl.\I 'tOU utou, co- 'tl}c; 1JµÉpa.c; axpL -.ou vuv (Phil.I,5, co-
struzione d) ~ col. 696). Vengono in- struzione c. -+ col. 696) si riferisce cer-
nalzati a compagni di Cristo. Entrano to al profondo, imperturbato ( a"JtÒ ...
in una comunanza mistica col Cristo vu\I) attaccamento dei Filippesi al mes-
glorioso. La descrizione di tale rapporto saggio salvifico di Cristo ( -7 III, col.
col Cristo si differenzia un poco sia dal- 1091) 53• Cosl pure in Philm.61} xoww-
1' È.V XpLCT't"i;>, tanto significativo per Pao- vla. 't'i]c; 7tl<r-rEwc; crou, «la tua intima u-
s1 D'una immediata xowwvla fteou Paolo non è probabilmente da intendere t\la O"Vyxowll>-
osa parlare. Essa è mediata nel N.T. da Cristo, vbç a.ù-.ou [sdl.: -çoli iùa.yyE).lou] ytvwµm).
e nell'A.T., per es., dall'altare (I Cor.10,18). Joa. Wmss 1 Kor. 246; LmTZMANN, Kor 44;
nione alla fede}> costru~ione b. ~ col. care Dio .. L'altare rappresenta la presen-
696)54 intende certo dar rilievo alla vi- za di Dio e la garantisce 57 • E s'intende
vezza della fede di Filemone, che avrà che anche i partecipanti alle cene cul-
i suoi effetti benefici anche sulla com- tuali pagane divengono, ai suoi occhi,
prensione. xowwvoL 't'WV Òa:tµovlwv (v. 20). Ana-
c) Quanto mai significativo è poi l'u- logamente, nella cena i partecipanti di-
so paolino di xoLVwvla. per designare la vengono compagni di Cristo. Dalla con-
comunanza che nasce dalla cena eucari- creta connessione che ne nasce, deri-
stica (~ v, coll.5 r 3 ss. ). Il nostro parte- va per il cristiano la conseguenza na-
cipare al Cristo, percepibile fondamen- turale ch'egli non deve partecipare a ce-
talmente e pienamente nella fede, si at- ne cultuali di altre divinità ( v. 21 ). In
tua e si sperimenta in forma eccelsa nel accordo con siffatto carattere della cena,
sacramento (cfr. r Cor.ro,r6 ss. 55 , dove Paolo spiega la comunanza con la per-
peraltro non vi è una sistemazione dog- sona del Cristo nella duplice forma di
matica). Paolo pone anzitutto la cena una xowwvla: col corpo e col sangue di
sullo stesso piano delle cene sacrificali Cristo (v. 16, costruzione b. ~ col.
giudaiche e pagane. In base alla fede 696). Pane e vino comportano per Pao-
diffusa nell'antichità, è quindi cosa ov- lo la presenza di Cristo, cosl come l'al-
via per lui che i partecipanti alla cena tare giudaico garantisce la presenza di
cultuale divengano compagni della di- Dio. Nutrirsi di quel pane e di quel vi-
vinità 56• Così i commensali delle cene no significa unirsi con il Cristo celeste
sacrificali giudaiche divengono xoww- (esserne partecipi). Il Cristo in gloria
vot 'tOU tfucrLaO"'t'YJplou (v. r8), ove i)u. s'identifica, per Paolo, col Cristo terre-
O"LIXCT'tlJptov è termine velato per indi- no, che possedeva carne e sangue 53 • In
ben 6 [1885] 185 ss.; fo., Binl. in das N.T. 11 S6 ~Note 14.4:;.
[1906] 380), intende xowwvloc anche qui co-
57 Testimonianze in H. GRESSMANN, 'H xoi-
me generosità dci Filippcsi, da loto dimostrata
vc»vla 't'WV 6mµovlwv: ZNW 20 (192r) 22·t
con i doni fatti a Paolo. Similmente DIBELIUS,
ss.; BoussET-GRESSMANN 308 ss.; W.REICHEL,
Phil.53. Ober vorhel!enische Gotterkulte (1897) 40 ss.
54 SEESEMANN 79 ss. Il Lohmeycr intende in-
58 Il problema ~e si debba pensare al corpo
vece itl<T"t'EWç come genitivo auctoris: la co- del Gesù terreno o glorificato, si risolve per
munione con tutti i fedeli concessa a Filone Paolo nel senso ch'egli li identifica, SEESEMANN
per la sua fede. 35 ss.; T. ScHMJnT, Der Leib Christi (1919)
55H . LIETZMANN, Messe und Hcrrenniahl 20 ss.; 106 ss. Sia il greco crwµa, che il corri-
(1926) 223 ss.; W. HEITMULLUR, Tau/e und spondente aramaico guf significano non solo
Abendmahl bei Pattlus (1903) 27; K.G.GoETZ, corpo, ma anche persona, cfr. G. DALMAN, Je-
Das Abendmahl, eine Diatheke Jesu oder sein sus-Jeschua (r922) 130 s. Paolo nomina il san-
letttes Gleich11is? (1920); A. ScHWEITZER, Die gue accanto al awµa., probabilmente, perché
Mystik des Apostels Paultls (1930) 260 ss.; K. gli veniva suggerito dalle parole tradizionali
L. ScHMIDT, Abendmahl, in RGG2 1, 12 ss. della cena. E. VON Dol)SCHUTZ: ThStKr 78
715 (111,806) xowwv6c; (F. Hauck)
tal caso xoww'Vlrx. esprime un'unione pe:t.\I (Col. 2,12; 3,I; Eph. 2,6), 11usw-
profonda. Questo è l'aspetto della cele- 01to~e:i:v (Col. 2,I3; Eph. 2,5), crvv~ol;&.
brazione che più importa a Paolo. S'in- ~e:w (Rom.8,q ), cruyxÀ.l]povoµi::i:v (Rom.
tende che siffatta concreta comunione .8,17), uvµSwnÀ.e:ue:w (2 Tim.2,12). Ta-
col Cristo in gloria implica per Paolo li verbi sono spesso accoppiati e con-
anche il bene, da lui acquisito con la trapposti fra loro (Rom. 6,4 ss.; 8,17).
sua morte, della remissione dei peccati. La comunione col Cristo si manifesta
In quale modo, poi, nella cena cultuale appunto in ciò, che l' esperienza della
si attui tale comunione, Paolo non di- partecipazione ad una fase della sua vi-
ce, né per la cena coi demoni, né per ta, spede alla fase dell'umiliazione e
quella con Cristo. A lui non importa della sofferenza, dà la certezza di giun-
tanto il modo, quanto piuttosto il fatto gere un giorno ad essere partecipi an-
di tale intima unione 59• Nella frase in- che dell'altra fase, quella della gloria ro.
cidentale del v. r 7 Paolo aggiunge che La comunione mistica di vita con Cri-
- proprio come nelle cene sacrificali - sto, in cui Paolo si trova per tutta la
anche nella cena del Signore si pervie- sua vita e in ogni suo operare, è da
ne ad una comunione dei convenuti fra lui avvertita in special modo come mi-
loro, che non si attua a parte, ma nella stica comunione nel dolore (Phil.3,10:
comunione simultanea col Cristo, cosl xo~\IW\lta\I 1ttx.l>l]µci-twv a.ù-ço\i) 61 • Non
come Cristo è rappresentato da quel so- si tratta soltanto di rivivere la passio-
lo pane. ne di Cristo, e neppure di un mero ade-
d) La comunione col Cristo, secondo guarsi personale ad essa; né, ancor me-
Paolo, è tale che il cristiano partecipa no, si tratta di una retrospettiva dog-
anche delle singole fasi della sua vita. matica sulla passione di Cristo; piutto-
Si perviene quindi ad un cru~i)v (Rom. sto, in virtù della sua mistica comunio-
6,8; 2 Cor.7,3), cruµ1tacrxrn1 (Rom. 8, ne col Cristo, i dolori stessi dell'Apo-
17), CTU<T't«upouerì>m (Rom.6,6; Gal.2, stolo sono una parte reale del dolore
19), CTV\ICX.1to~a;vi::i:v (2 Cor. 7,3), cruv- complessivo imposto al Cristo (Col.I,
Ì><i1t'tE!.V (Rom.6,4; Col.2,12), awi::yEl- 24). Partecipando realmente alla pas-
(1905} 11 ss., intende xowwvCa. -rov crwµa.-roc; una concezione altrettanto realistica, è del tut-
xa.t a.tµa.-roc; Xptcr-tou come una <~società del to dubbio.
corpo e del sangue di Cristo», che aveva origi- rio Si può certo supporre che Paolo qui sia in
ne dal comune mangiare e bere. Il v. 17, tut- certa misura influenzato da immagini e affer·
tavia, risulterebbe una ripetizione. mazioni analoghe dei culti ellenistici contem-
59 Il fatto è concepito, da parte pagana, mol- poranei (come quello di Osiride); cfr. per es.
to realisticamente come un penetrare della di- J. LEIPOLDT, Sterbende tmd au/erstehende
vinità in colui che partecipa al culto e si ciba Gotter (1923); J. ScHNBIDBR, Die Passionsmy-
della vittima sacrificale (p. es. Profirio, in Eus., stik des Pa11lus (1929) 75 ss.
praep. ev. 4, 23). Ma che anche Paolo avesse 61 ScHNEIDER, op. dt. 31 ss.; 48 ss.
xo~vwvòc; (l'. liauck)
sione di Cristo, Paolo spera di parteci- de una bene accetta diminuzione della
pare parimenti alla sua gloria (Phil. 3, quantità di dolore imposta alla totalità
r o: cruµµopcp~~6µevoç -e~ il'a.vci't~ a.u- (Col.r,24). E cosl pure, in 2 Cor.1,5.7,
'tov, et 7twç xa.-ca.v'ti)crw x'tÀ..; Rom.8, dalla partecipazione dei Corinzi ai suoi
17: Etm:p crvµ-micrxoµEv, tva. xcd. cru\/- patimenti in Cristo, Paolo deduce che
oo~wri)wµev). Il medesimo pensiero è essi saranno anche partecipi della divi-
ripreso dall'autore della prima Lettera na consolazione a lui concessa ( lht wç
di Pietro (4,13: xa.il'ò xowwvei:'tE 'totç XOL\/WVOl ÈO''tE 't'W\/ 'lta.ìJriµchwv o\hwc;
'tOV XpLO"'tOV 1tail'1Jµa.crL\/ xa.lpE'tE, tva. xa.t -cfiç mipa.xÀ.i}aEwç). Anche in que-
iW.L x-cÀ., communicantes Christi pas- sto caso egli postula l'adempiersi della
sionibus, gaudete, etc.). Esso ricorre, al- legge della comunione.
meno implicito, anche in I Petr.5,r. e) Contrassegno del cristiano è inol-
L'Apostolo, che sempre nella sua vi- tre il suo essere partecipe dello Spirito.
ta e nella sua opera - egli stesso sof- Tuttavia nella formula triadica di 2 Cor.
frendo - ha reso testimonianza ai do- 4 1)• x.c.r.pLç
I 3 ,I 3: i.
'tOU- xuptou
, 'I"t')CTOU- X pt.-
lori di Cristo (µcip,.uç 'tWV 'tOV XpLCT· CT'tOV xa.t ii ciyci1t1) 't'OV il'EOV xa.t Ti X.O!.·
-cov nail''l}µci't'WV ), ha per ciò stesso sin vwvla. -cou à:ylou 7t\/Euµa-coc;, il terzo
d'ora la certezza d'essere partecipe an- membro non si trova coi primi due in
che della sua gloria imminente (ò xa.t rapporto di pieno parallelismo,·in quan-
-ci}c; µf:)),oucr11ç ànoxa.ÀUn't'ECTil'aL 86- to lo Spirito non si aggiunge a Dio e a
t;TJç xoLvwv6ç) 62 • La comunanza di d<>- Cristo in condizioni di perfetta parità;
lore col Cristo non rimane, secondo ma piuttosto nello Spirito è Cristo che
Paolo, circoscritta al singolo fedele, ma entra nei fedeli . La locuzione xor.vw~la.
si amplia in una mistica comunanza di -cov &:ylou 1tVEuµa.-coc; non allude, come
dolore di tutta la comunità dei fedeli i primi due membri, a una persona e
fra loro e col Cristo. La comunità, in al suo dono: il genitivo ha, in questo
quanto corpo di Cristo, deve soffrire caso, un evidente valore oggettivo (v.
una certa parte dei dolori del Cristo. costruzione b. ~ col. 696) e indica la
Per quanto lo riguarda, nei dolori che pat·tecipazione allo Spirito63 • Allo stesso
personalmente deve soffrire Paolo ve- modo, in Phil. 2,1 con xowwvlo; 7t\IEU-
62 Analogamente WoHLENBERG, Pt. 144. L'in- ste parole una testimonianza su Pietro come
terpretazione dcl passo non è sicura, non fosse confessor (µocp't'U<;) che sin d'ora è partecipe
che per l'incertezza relativa alle circostanze della gloria (xowwv6<;) certo va troppo oltre
della sua stesura. Pensare ad una semplice te- (cosl A. VON HARNACK, Die Chronologie der
stimonianza oculare della passione di Gesù (a altchristl. Literatur I [r897] 451 s.).
sfavore depone già il tono elevato in 't'OU Xpt- 63 SEESI!MANN 56 ss. H. WINDISCH, 2 Kor.,
O"t'oii) certo è troppo poco; e ravvisare in que· excursus a 13,13; O. SCHMITz, Die Christus-
xowwv6c; (F. Hauck) (m,808) 720
e quelli che furono indirettamente loro gione del dare e del ricevere (dc, À.éyov
compagni, si allude certo all' atteggia- oocrEwc, xa.t À:ljµt}iewc,) 71 • Fra l'Aposto-
mento di partecipazione e all'attivo soc- lo e la comunità vi è un rapporto scam-
corso nei confronti di quanti soffrono68 • bievole. La comunità partecipa dei do-
g) Nella prima Lettera di Giovanni ni spirituali dell'Apostolo, e a sua vol-
xoww\llo:. è il termine usato di prefe- ta lo rende partecipe dei propri beni
renza per indicare la comunione religio- materiali. La stessa reciprocità esige
sa in cui vive il cristiano. Anche qui la Paolo in Gal.6,6. Chi vien catechizzato,
parola ha il valore di comunanza pro- colui che riceve nell'insegnamento i pre-
fonda, religiosamente fondata 69 • Essere ziosi beni spirituali, deve rendere l'in-
cristiani significa vivere in comunione segnante partecipe dei propri beni ma-
con Dio, che è comunione col Padre e teriali (cfr. I Cor.9,rI) 72 • Paolo usa poi
col Figlio {r,3.6) 70 , e si manifesta nel- xoLvwvla. specie a proposito della col-
la comunanza fraterna dei fedeli ( r ,3. letta, che per lui non ha affatto carat-
7 ). La comunione del fedele con Dio tere meramente economico (cfr. il ter-
(Cristo) consiste nel reciproco rimane- mine À.oydcx. in I Cor.16,r.2), ma è e-
re l'uno nell'altro (-7 µÉ\IELV 3,24; 4, spressione efficace dell'unione esistente
r 3 ), che ha inizio nella vita terrena, per fra la comunità d'origine giudeo-cristia-
proseguire e giungere a suprema pie- na e le comunità cristiane di missione,
nezza nell'aldilà (3,2). di provenienza pagana. In tal modo la
colletta acquista per lui significato reli-
2. xo~\lwv- = render qualcuno partecipe gioso. La comunanza Év XpLO""t@, esi-
di qualcosa
L'accezione di rendere partecipi, mol- stente fra queste due parti della cristia-
to più rara nel greco profano, ricorre nità (Gal.2,9), assume una forma concre-
più volte nel N. T., specie in Paolo. ta nella raccolta di denaro per la comuni-
Chiarissima è la reciprocità di xoww- tà madre. L'astratto xoLvwvlo:. acquista
vÉw in Phil.{,15, ove Paolo loda la co- perciò per Paolo, in Rom.r5,26, diret-
munità perché ha dato prova di comu- tamente il valore concreto di colletta73 ,
nanza con lui ( Éxoww\ll]O"É µo~) in ra- mentre in 2 Cor.9,r3, in a'JtÀ.6-C'l)"tL 't'fjç
xowwvlac; elc; a.ù't'oùc; iw.t Etc; ~ci\l't'~, Cristo, e quindi anche degli altri fedeli,
il termine ha probabilmente il significa- rappresentati dai primi apostoli 76• In
to attivo e astratto di rendere parteci- Act.2,42 xowwvla. non indica probabil-
pi con generosità e prontezza (costru- mente la 'comunità' in senso concreto,
zione c. ~ col. 696) 74 • Anche nell'al- l' associazione dei cristiani 71 , che, pur
tro passo di 2 Cor.8,4 xotvwvla. è usa- non essendosi ancora staccata in forma
to a proposito d'una colletta. Posto ac- giuridica e cultuale dalla comunità giu-
canto al termine elevato xaptc; («ci chie- daica, pure già rappresenta un ambito
sero la grazia»), è difficile che xowur di comunanza di vita particolare; ed è
vla. abbia solo il senso sbiadito di 'con- anche difficile che voglia dire 'comu-
tributo', ma avrà anche qui quello reli- nanza di beni' (cfr. v. 44: Elxov &'Jtct.\1-
gioso di comunanza ed unione nel ser- 't'ct. xotva); ma in senso più astratto e
vizio verso i santi 15• Anche qui ha im- spirituale indica la comunione della so-
portanza per l'Apostolo non tanto la lidarietà fraterna, che si manifesta e si
raccolta di denaro, quanto l'unione dei esercita nella vita comunitaria 78 •
cristiani, che si esprime nella colletta.
Anche in Hebr.I3,r6 xowwvla., accan- t XOLVWVLXO<;
to ad EÙ'Jtotta., ha il valore chiaramente a) Appartenente o destinato alla co-
attivo di generosità nel comunicare ad munanza. Aristot., eth.Eud.7,rn p. 1242
a 25: XOl.VW\ILXÒ\I livilpW1tO<; s@ov; po/.
altri. 3,r3 p. 1283 a 38: XOl.\IW\11.XTJV ... àpE't'1)v
dva.t ..._'t'TJ\I Otxa.1.oa'Vv'r)v; Epict. diss.
3. xowwvl<t usato in senso assoluto 3,I3,5 (accanto a cptÀ.cD..À.'t}Àoc;); Philo,
comunanza det. pot. ins. 72 (Otxatoa'Vv'I'}). b) Colui
che volentieri rende altri partecipi (~
In Gal.2,9 (i!owxa.v OE~tò:c; xotvw'lll- XOL\IW\IÉc.ù col. 695, ~ XOL\IW\lltx. col.
ac;) la stretta di mano è espressione del- 696). Polyb. 2 ,44,1: xowwvtx'i} Ti cptÀ.t-
la piena comunanza nata dalla comune x'i} 01.ILDEo-1.i;; r8,48,7: XOWW\ILXWt; XPTJ·
O"Dct.1. 't'Otc; EÙ't'vx-IJµa.aw; Luc., Tim. 56:
fede in Cristo. In tal modo Paolo vie- &.YÌ)p 'tW\I O\l't'WV xowwvtx6c;. Questo
ne riconosciuto come vero xowwv6ç di senso generico è presupposto di genero-
giunta di "t'WOC tradisce l'uso improprio del so- aggiunge xotvwvla come specificazione ('os-
stantivo. Contro la derivazione di xowwvlo., sia'), cfr. Act. 1,25.
nel senso di colletta, da t~stJmet iiid (Le11.6,2
76 LIETZMANN, Gal.i3.
[ebr. 5,2I]; STRACK-BJLLERBE.CK m, 316), cfr.
SEBSEMANN 29 s. 71 C.A.SCOTT: ExpT 3.5 (1923/1924) 567; dr.
74 SE.ESEMANN 26 ss.: bontà generosa; Epict., S1mSEMANN 90 s.
gnom. Stob. 43: XP'J1<T"t'6TIJ"t'L xowwvlrxc; À.o.µ-
7tpvvm1 cpi)..oxb.À.ou &µo. xoct cpi)..ocv~ptlmou n Cfr. analogamente, per la vita comunitaria
dei pitagorei, Iambl., vii. Pyth. 30, 167 s. ~
(Stob., ecl. 3,uo,3 ).
xow6c;, n. 16.
1:i xapic; accanto a xowwv(a:: o si tratta di en-
diadi ('grazia della partecipazione'), oppure xo.t xowwv~x6c; ~ xow6c;
725 (m,8ro) xoxxo<; (O. Michd) ( m,8 n) 726
sità. Philo, omn. prob. lib. r3: q>Mvoc; bcoivwrrac; µw.pocpa.ylq;, «né profanasti
E~W i>Elov xopou LO""tO'."teti, l}ELO"t<X..'t'OV OÈ con cibi impuri un ventre che aveva po-
xat XOWWVL:XW't'O'."tOV crocpla, «l'invidia sto soltanto per la pietà e la purezza»,
è esclusa dal coro divino; cosa quanto col valore di profanare in senso cultua-
mai divina e generosa è invece la sapien- le, togliere la possibilità della comunan-
za»; in Flav. Ios., bell.2,r22, a propo- za con Dio (4 xow6ç, col. 676).
sito della vita comunitaria degli Esseni:
xa:mcppov'l]"taÌ. OÈ 7tÀ.01hov xaì. ita.u- Allo stesso modo nel N.T.
µa<nov CX.Ù'tOL<; 't'Ò XOLVWVLX6v, «Spregia- r . Nel senso veterotestamentario del-
tori della ricchezza, è ammirevole pres· l'idea concreta di santità, in Act .2 1 ,28:
so di loro la comunanza [di beni]»;
profanare il tempio, introducendovi de-
Philo, congr.7r.
I LXX non hanno xowwvLxoç,. gli incirconcisi. In Hebr.9,13, usato nel
caso d'impurità rituale (dr. 4Mach. 7,
Nel N.T. il termine compare solo in
6), che viene eliminata coi mezzi di lu-
r Tim.6,rB (accanto a EÙµe't'ciOo"to<;, ge-
strazione dell'A.T. In entrambi i casi il
neroso) nel senso indicato sotto b) li-
termine è contrapposto a -7 &yLoç.
berale.
2 . Nel senso neotestamentario dell'i-
t XOLVOW dea di santità spirituale e personale, in
Rendere comune, comunicare, atte· Mt.15,n.18.20 parr.: non l'impurità
stato a partire da Eschilo; Aristot., poi. materiale (del cibo o delle mani) rende
2,5 p. I263 b 40 ss.: 't'a 7tEpt '"C'à.<; :XTTJ- inetti alla comunanza con Dio, ma solo
crw; Év AaxEÒa.iµovL xa.ì. KpTJ'tll 't'oi:c;
<iVCTO'L't'totc; ò voµoi}É"tl}c; Èxolvw(rev, «a il peccato personale.
Sparta e a Creta il legislatore mediante
le sissizie rese comuni le cose riguardan- 3 . Dichiarare impuro, profano in Act.
ti i possedimenti patrimonialh>. 10,15; n ,9. Anche il termine opposto
Manca nei LXX, che per profanare ~ xa:ìto:.pisELV può avere lo stesso senso
usano ~ BEB11louv; negli apocrifi solo
dichiarativo.
in 4 Mach.7,6 S: oùoÈ 'tTJV ìlEocrÉBEta.v
xct!. :xrxita.ptcrµÒ\I xwpTjcra.o-rx\I "(CX.O"'t'Ép(J. F.HAUCK
'
xoxxoç, '
xoxxwoc;
grano di senapa è il più piccolo di tut- za universale. L'uomo che sparge la se-
ti i semi; ricorre spesso nelle prescri- mente, il campo che la riceve (Mt. à-
zioni rabbiniche per la purificazione co-
me {Jardat («grande come un grano di yp6c;, Le. xlj7toc;) sono elementi fissi del-
senapa», <<non più d'un grano di se- la parabola; in essi si cela il misterioso
napa») 1 • richiamo a Gesù stesso e alla sua pre-
La parabola (miisal) del grano di se- dicazione nel mondo. L'immagine del-
napa (Mt.13,31-32; Lc.13,19; Mc.4,31- l'albero, sotto il quale tutti gli uccelli
3 2) si trova in Matteo e in Luca insie- del cielo costruiscono i loro nidi, è pro·
me con quella del lievito, e in Marco fetico-veterotestamentaria (Ez. 17 ,22 s.;
con quella della semente che cresce da 31,6; Dan.4,9.18) e allude ad un regno
sé; rappresenta il granellino della predi- che comprende tutti i popoli. In Le.
cazione di Gesù contrapposto al valore 17,6, dopo un'immagine paradossale di
universale del regno di Dio. Nel grano Gesù, il grano di senapa è contrapposto
di senapa della parola di Dio è impli- al sicomoro (cru:x:ciµwoc;): il grano di se-
cito lo stesso regno celeste, che abbrac- napa è piccolo, non appariscente, de-
cia tutti i popoli e tutti gli uomini; l'e- bole, visto dal di fuori, mentre il sico-
vento della predicazione di Gesù, insi- moro (Siqmo) ha forti radici ed è sal-
gnificante, non appariscente, reca in sé damente piantato nella terra 2 • Analoga
il mistero dell'azione di Dio, d'ampiez- è l'immagine della fede che sposta le
x6xxoc;
' hardiil è considerato l'infimo limite della con- una goccia di sangue grande quanto un grano
t~azione sessuale; cosl Ber. bab.3r a: «R. di senapa; cosl L&VY, \Vort. n, ro7; BACH&R,
Seerà ha detto: le giudee sono severe con se Pnl. Atn. m, 722; STRACK-BILL&RBECK 1, 669.
stesse, perché anche se vedono una goccia di Tuttavia le testimonianze di Ps. 19,6 e Gen.
sangue della grandezza d'un grano di senapa, r8,u farebbero pensare che il tertium compa-
se ne stanno chiuse per i sette giorni della pu- ratio11is non sia la piccolezza, bensl l'impurità
rificazione» (v. invece l'uso primitivo in Lev. deJla goccia di sangue grande quanto un gra-
15,28). Inoltre in j. Ber. 8 d : «Se una donna no di senapa. Cfr. anche Midr. Ps. 19,6 (§ n)
vede una goccia (di sangue) grande come un =Jalkut Shimoni II § 673: «Come Io sposo
grano di senapa, sta chiusa e attende i sette entra puro (nell'alcova) e ne esce impuro, cosl
giorni della purificazione». Per il flusso nel- il sole sorge puro e tramonta impuro». La ra-
l'uomo viene applicato il criterio di Niddà 5, gione di ciò è che esso è contaminato dalla vi-
2: «Flussi (sessuali) contaminano, per piccoli sta delle cattive opere umane.
che siano, anche se piccoli come un grano di
senapa, e persino più piccoli». Difficoltà pro- 2 Cfr. STRACK-BILLBRllECK II 234: «Si ritene-
cura Lev. r. 31 a 24,2, verso la fine: «R. Ho- va che le radici del sicomoro (Jiqmfi) fossero
shaja ben Shimlai di Cesarea ha detto in no- particolarmente for ti, e che l'albero potesse
me di Izhak ben Seera: Ja ruota del sole non stare nella terra 600 anni. Lo sradicare un ce-
tramonta mai senza essere diventata come una dro stando a cavallo fu posto da Bar-kokbà,
goccia di sangue della grandezza d'un grano di per consiglio degli scribi, come contrassegno
senapa». L'interpretazione consueta del detto della validità bellica dei suoi uomini». Cfr.
è che il sole prima di tramontare appare come ier.Der.r4 a r. 27: «R. I-lanina ben Jaqqa ha
729 (m,8u) xòxxor; {b. Miche!) (III,8I2) 730
detto iu nome del R. Jehuda (t 229): le radici 4 Cfr. Sanh. bah. 90 b (STRACK-BILLERBECK II
del frumento sprofondano nella terra 50 brac- 55l): «La regina Cleopatra (congettura BA-
cia; le radici del fico, che sono delicate (tene- CHER, Tam1aìten n, 68 n. 2: 'Il patriarca dei
re), penetrano in una roccia». In Gen. r. 13 a Samaritani') interrogò il R. Meir {intorno al
2,5 alla fine, si trova la frase che le radici del 150) e disse: «So che i defunti torneranno a
sicomoro e del carrubo giungono fino al fon- vivere, perché nel Ps.72,16 si dice: 'Essi spun-
do estremo. Altre testimonianze in STRACK - teranno dalla città come l'erba dalla terra'. Ma
BILLERBECK II 234. quando risorgeranno, risorgeranno nudi o col
loro vestiti? Quello le risponde: lo vediamo,
3 Cfr. J. ScHNIEWIND, NT Deutsch l, 141, a in base all'argomentazione dal più facile al più
Mc.u,23: «Il detto ha carattere di similitudi- difficile, nel grano di frumento. Se il grano di
ne: la fede è in grado di sollevare pesi come frumento ([Ji!(a), che scende nudo nella terra
montagne; perché la fede è la 'fiduciosa di- (alla lettera: vien seppellito), ne rispunta in
sperazione' (Lutero) per tutto ciò che è uma- chissà quanti rivestimenti, tanto più vale per
no, è l'affidarsi al Dio che creò le montagne i giusti, che ve11gono seppelliti nei loro vesti·
(Ps.65,7; 90,2) e che è di eternità in eternità, ti, che nei loro vestiti anche risorgano». La
prima che le montagne fossero». similitudine del grano di frumento che cade
731 (m,812) x6xxwoc; (O. Miche!) (m,8r3) 732
il Signore to-
·MpLO-'tpa xa't'ci.XÀ.L't'O:.••• , generale e dell'imperatore fuori d'Ita-
glierà via «il bisso, il giacinto, lo scar- lia 3 • Si tratta d'un manto fermato sulla
latto, il bisso intessuto d'oro e (i tessu-
ti color) giacinto e le tovaglie» (3 ,2 3 ); spalla sinistra, distintivo del guerriero.
Ier.4,30 ta questo rimprovero a Geru- Secondo Mc. l 5 ,I 7 vien fatta indossare
salemme: xaì. crù 't'l 1totljcrE1c;, f:.àv 7tEpL- a Gesù una veste purpurea (Èvotoucr-
!1ci.Àn x6xxwov xat xocrµl)crn x6a-µ~
xpucréi) xaL f.à.v f.yxplcrn cr-i-l~L -.oùç òcp- xouCTLV 7topcpvpa.-v) per farne un messia
ito:.Àµouc; o-ou, «e tu che farai? ti vesti- da scherno, secondo Mt.27,28 un man-
rai di scarlatto, ti adornerai d'oro, ti tello scarlatto (xÀ.aµuoa xoxxlv11v 'ltE·
spalmerai con antimonio gli occhi?». È p~É1t11xav cx.u-.t;>) 4• In Matteo si tratta
chiaro che scarlatto e porpora (bisso) so-
no i colori di vesti particolarmente pre- evidentemente di un mantello da solda-
ziose e compaiono nella predicazione to, in luogo del vero manto regale o
profetica come segni di empio lusso e imperiale. Il re della mitezza e della
piacere mondano.
pace (Mt.21 ,5) è rivestito del costume
Sullo sfondo cultuale del color rosso
può informare Jomà 6,6 e 6,8. Al mo- bellico del soldato romano, perché se
mento in cui il capro espiatorio vien ne sono fraintesi e misconosciuti gli in-
cacciato via, si divide una striscia rossa, tenti. «Secondo l'idea dei soldati, per
una parte è legata alla roccia, un'altra
parte fra le corna del capro. Non appe- diventare re dei Giudei Gesù dovrebbe
na il capro raggiungeva il deserto, la condurre le sue schiere contro le coorti
striscia diventava bianca, proprio secon- romane» (Schlatter, Komm. Mt. 778).
do la parola: «Anche se i vostri peccati
sono tossi come scarlatto, diventeranno 2. Nella descrizione del sacrificio cruen-
bianchi come la neve» (Js.1,18) 2• to offerto nella stipulazione del patto
Nel N.T. :x.6xx1voç si ricollega r. nel- veterotestamentario, la Lettera agli E-
la passione di Gesù, prima che altro al brei aggiunge altri riti espiatori tratti
costume romano. Il rosso è il colore da un altro contesto: acqua, lana scar-
della guerra. Il mantello rosso (paluda- latta e issopo (Hebr.9,19; cfr. Lev.14,
mentum, xÀa.µuc;) è contrassegno del 4.6.49.5r.52; Num. 19,6). L'enumera-
z Secondo Jomà 6,8, si legava prima un nastro più nella mano destra del sommo sacerdote, e
cremisi alla porta del tempio: una tradizione ciò valse come cattivo presagio. J. MB.INHOLD,
che pone ancor più in rilievo l'origine cultuale Traktat Joma (Mislina di Giessen II 5 [1913])
di tale rito espiatorio. Durante il governo di 64-65. Per l'intera questione dello sfondo cul-
Simeone il Giusto, il capro perdette la vita e tuale dell'immagine profetica, dr. R. PREss:
il nastro il suo colore. In seguito ciò non av- lAW NF 10 (1933) 227-255. Per l'esegesi di
venne regolarmente, e il popolo ne divenne in- [)eut.21,6-9; Lev.14,6; Num.19,6.
quieto. Perciò si tagliava il nastro in due par- 4 E. WuNDERLJCH, Die Bedeutung der rolcn
ti, se ne assicurava una alla roccia e l'altra alle Farbe im Kultus der Griechen und Romer=
corna del capro. Quarant'anni prima della se- RVV 20 ( 1925-26) 74 ss.
conda distruzione di Gerusalemme, sembra che • Della lezione lµ6.i:Lov 'ltopcpupouv xat XÀIX-
il nastro rosso non diventasse più bianco e Ja µVlìa. xox.xlvriv (codd. D it sy5 Orig) pensiamo
sorte per il capro del Signore non giungesse di poter non tener conto (Mt.27,28).
735 (m,814) xoxx~voç (0. Michel) (m,815) 736
zione di Hebr.9,I9 pone in luce la com- scarlatto si addicono alle azioni di que-
plessità delle prescrizioni veterotesta- sta donna: dissolutezza, seduzione me-
mentarie e dei riti espiatori precristiani. diante il vino della lussuria, bestemmie,
immagini abbominevoli, uccisione. dei
Secondo il Crisostomo la lana rossa
serve ad arrestare il liquido; tuttavia santi e testimoni di Gesù (17,1-6). Qui
essa poteva avere un significato partico- il color rosso è simbolo comprensivo de-
lare anche per l'espiazione (~ n. 2) 5. gli orrori demoniaci, sia del lusso empio
Barnaba ravvisa coerentemente, nel ca-
sia, anche, della potenza ostile a Dio
pro espiatorio che viene scacciato (Lev.
16,7-ro), il richiamo a Gesù Cristo: co- in genere. L'esercito del Messia indos-
me il capro porta sul capo lana scarlat- sa lino bianco e cavalca su bianchi ca-
ta, cosl Cristo indossa il mantello scar- valli (19,n-14). Anche il Messia è a-
latto ('tOV 7tOÒ1JpTJ 'tÒV xéx.xwov 7 ,9 );
come la lana vien posta fra le spine ( 7, sperso di sangue («intriso di sangue»,
8.n ), cosl la comunità deve subire fati- 19,13, dr. Js.63,r ), ma con queste pa-
che e disagio ( 7,II). Nel capro maledet- role Giovanni vorrà far riferimento al
to è prefigurato Gesù sofferente 6• sangue purificante ed espiatore dell' a-
3. Porpora e scarlatto alludono, nel- gnello (7,14; 1,5). Simbolo della fede
l'Apocalisse, allo splendore profano del- è il lavare, il diventar bianchi nel san-
Ja potenza demoniaca di Ba.f3vÀ.wv. La gue dell'agnello (7,l 4). Al rosso delle
donna siede su una bestia scarlatta (il11- coperture e delle vesti della bestia e
plo'V x6xxwov, I 7,3 ) ed è anch'essa ve- della donna si contrappone efficacemen-
stita di porpora e scarlatto (7tEp~f3E{3À:ri te il bianco del cavaliere divino e della
µlvn 7topq>vpouv xat x6xx~vov, 17,4) 7 . comunità celeste: ancora una volta, dal-
L'autore dà peso alla corrispondenza di le immagini apocalittiche traspare il pen-
colore fra la bestia e la donna; eviden- siero cultuale. Che citando lo scarlatto
temente egli distingue anche fra rosso demoniaco l'autore apocalittico si rifac-
fuoco (7tupp6<;, 6, 4; 12, 3) e scarlatto cia all'antica predicazione profetica pe-
(x6xx~voç, 17, 3. 4; 18, 12. I6), mentre nitenziale contro l'empia opulenza, risul-
scarlatto e porpora stanno insieme (7tOp· ta da 17,4; 18,12.16 : «Ahi, ahi! gran-
qivpouc;, Io.19,2.5; Apoc.17,4; 18,16; de città, avvolta in lino, in porpora e
7tOpq>upa., Apoc.18,12). Solo porpora e in scarlatto, adorna di monili d'oro e
5 RrGGENBACH, Komm. Hebr.1• 1 278 n. 57. non si riferisce alla pelle, ma alla gualdrappa
6 della bestia; è segno del lusso e della distin-
Secondo Barn.7,8, colui che deve portar via
zione, è anche il colore dei trionfatori romani,
il capro gli toglie la lana e la mette su un ce-
delle bandiere dei cavalieri romani, e infìne il
spuglio detto rovo di more, di cui usiamo man· colore dei guerrieri e degli eroi in genere». Il
giare i frutti quando 1i troviamo sul campo; colore bianco, invece, è da interpretare come
perché solo le bacche del rovo sono tanto dolci. lo splendore (66~ct) del cielo e la vittoria sul
7 LOHMEYER, Jlpok.138': «li colore scarlatto male.
737 (m,815) xoMi;w (Joh. Schneider) (111,815) 738
xo)..6;~w
t A questo riguardo vedi anche B. ÙLSSON,
Papyrusbriefe aus der frt1hesten Romerzeit
739 (IJI,815) MÀal;w (Joh. Scbneider) (UI,816) 740
vine è assai diffusa nel mondo antico. tanto con una pubblica confessione del-
Da iscrizioni espiatorie pagane risulta la sua colpa, e solo cosl ottiene la libe-
che xoÀ.a~e:t'V e x6À.a.cnc; erano termini razione dalla malattia e dalla sventura.
costanti del diritto sacrale 2 • La ricerca della giustiziza insita nella
punizione divina affiora nella problema-
Molto istruttive sono le iscrizioni e- tica della teodicea.
spiatorie del periodo imperiale romano,
provenienti da monumenti della Frigia A chi chiedeva come si possa conci-
e della Lidia e pubblicate dallo Stein- liare la fede in Dio con l'esistenza del
leitner 3. Esempi caratteristici: nr. 3,9: male nel mondo Crìsippo, nella sua ope-
oì}e:òc;... Éx6ÀruTEV "t'ÒV 'EpµoyÉV'l')'\I xa.t ra Ile:pi ì}ewv (in Plut., Stoic. rep. 35 [n
è;'l')µla.c; a.v'tQ Éno'l')cre:v; 6,n: xo).[ rx.]- 1050 e]), rispondeva che le calamità
c:riMv"t'oc; oùv -.oO :Ex6U.ou Ù1tÒ -rwv i>e:- vanno intese come punizione e rivalsa
wv le; ilrx."Vli-.ov Myov; 9,15: éxoÀrun:- di Dio. Anche Plutarco ha espresso il
"t'o xa.t otÉq>ì}e:tpe: 't'oùç ém(3ouÀe:vc:ra.v-ra.ç suo parere in merito nei capp. 9 e r l
cx.ù'totc; o ìle6c;; 12, 2 : ÈxoÀa<rìl'r} 'Aµ- dell'opera de iis qui sera a numine pu-
µtà.c; ot7tò M'l')'tpòc; <PtÀe:tooc; le; .. ove; niuntur (II 533 f; .5.55 d).
µrur'toùc; ot' &.µap·tlav Myov Àcx.À1)Àa.- Un prezioso contributo a questo pun-
uo:.; 22,5: xoÀa.ìlforx. È1tÒ 'tou .fre:ou; 23, to del problema è venuto da Filone, se-
4: xoÀruriMc; v7tò 'tOi.i ih;ov; 26,4: xo- condo il quale la forza punitrice di Dio
:>..a..frtv ~7tÒ 't'Ò ih:oO; 27, 2: ['Acr:x.À.}r1- va intesa come una delle fondamentali
mao11c; 'A't'"t'a[Àov t]e:pòc; xoÀrur[iMc; forze dell'Essere. In rer. div. ber. 166
\m Jò 'tOO Émq> [ rx.ve:<r'T Ja'tou ìle:ou ['A- egli distingue due forze dell'Ente: la
n6À] Àwvoc; Aa.p[µ11vou 4• forza benefica (X<X.ptO"'tLX'Ì] ouvaµtç), me-
diante la quale Dio ha creato il mondo
Tra i peccati puniti dalla divinità - da Filone è chiamata 'Dio' -, e la
vengono menzionati in queste iscrizioni forza punitrice (xoÀM"t'tX'Ì) OUV~µtç),
quelli contro la divinità stessa, che im- in virtù della quale Dio domina e go-
verna il creato - questa forza è da lui
plicano quindi una trasgressione della chiamata 'Signore'-. Similmente anche
sacra legge del culto5 • La divinità colpi- in spec. leg.1,307; Abr.129; leg. Gai.6 6 •
sce il peccatore con malattie e infermi- Cfr. sacr.A.C. 131, dove Filone parla
anche della forza legislativa (\loµol}e'tt-
tà, o punisce lui e i suoi congiunti ad-
x'Ì) ouvaµtc;). Questa forza ha una du-
dirittura con la morte. Il peccatore può plice funzione: premiare i giusti e pu-
riacquistare il favore della divinità sol- nire i peccatori 7 • Tuttavia Filone pen-
2 Cfr. BCH 25 (1901} 422, nota 1. 6 Cfr. L. CoHN, Die Werke Philos 1(1909)19,
3 STBINLEITNER IO SS.
dove si richiamano le due massime proprietìl
di Dio, la bontà e la potenza.
4 Inoltre 10,7: b ilEòc; txoJ...a<TE'to; 14,6: xcr 1 Cfr. f11g.65: x6Àa.~ àµctp't"l)µO:.-tw'V; spec.
Àa.ai}Elc;; 15,6: x[0Àa]1nai}E; :r9,2: xoÀrur- leg.x,55: xoJ..<icrE~ a<TE~wv; leg. Gai.7; praem.
i>efocx.; 29,4: ~xoÀ<i~v; 3x,6: xo).a.Dlc;; in poen. 67 .•.• 'tà~ ,-çpO'tEbEluocc; -coi:ç -r.o\11)poi'.c;
33,2 il peccatore prega Ò1tÈp -cov xo}..[cx.ai}]É\I· xoÀocUEtc;. Spetta al sovrano anche la normale
'tot; (3o6ç (era stato punito nei suoi beni). punizione del peccatore (vit. Mos.1,154; xoÀoc-
5 Cfr. STEINLEITNER 92. <TEL àµa.p'tCX.'VO'V'tW'V ).
741 (m,816) xoÀ.a.<rLc; (Joh. Schneider) (m,817) 742
sa che in Dio la misericordia è più an- no al giorno in cui sarà presa per essi
tica del castigo (Deus imm. 76) e che la decisione definitiva.
Dio preferisce far valere il perdono
piuttosto che la punizione (spec. leg. 2, Analoghe concezioni s' intravedono
l 96: 't'OU cruyy'llWµl)\/ npò xoÀ.tXCTEW<; in certi passi dell'Apocalisse di Pietro
òpl~o'll-roç). Il castigo si applica a colo- (~ col. 743). Negli inferi stanno an-
ro che non sono più accessibili alla ra- geli punitori (ol XOÀ.a~O'\l'tEç a:yyEÀ.ot,
gione (agric. 40), sicché esso, che po- 2 l b) e uomini che vengono puniti per
trebbe apparire come la peggiore sven- colpe commesse sulla terra (ol xoÀ.rx.s6·
tura, va considerato invece come il mag- µE'llO~ ÈxEL, 21 a). Della punizione· che
gior beneficio che si possa fare a chi è ha luogo nel giudizio finale si parla in
stolto. È questo un concetto stoico. 2 Clem. I 7,7: xoÀ.6.çov"trx.t. oEwa.i:c; ~cx
Già Platone, Gorg.476a ss., aveva so- cra'llotç 'ltVpL ÙCT~ÉO-'t~, «SOUO puniti con
stenuto che, come chi punisce giusta- terribili tormenti da fuoco inestinguibi-
mente fa il bene, così chi subisce una le»; della punizione dei cristiani ad ope-
punizione esperimenta il bene in quan- ra dei pagani o delle autorità pagane in
to viene liberato dagli errori della sua Diogn.2,8; 5,16: xoÀ.rx.s6µE'llOI. xrx.lpou-
anima. Al termine del Gorgia, Platone, <11.\/ wc; ~WO'ltOLOUµEYOt, «puniti, gioisco·
elaborando liberamente un mito desun- no come se nascessero alla vita»; 6,9; 7,
to da concezioni orfiche, descrive il giu- 8; 10,7; mart. Polyc.2'4: èi.ÀÀ.rx.Lc; 1tOt.-
dizio che ha luogo nell'Ade. Ivi i mal- xlÀw'll ~CX<Ta'\IW'\I lofaLç XOÀ.ct.soµE'\101. 1
vagi vengono puniti (Èà:v oÉ 't'Lç xct:ta «tormentati con altri supplizi di vario
"tL xa:xòç yly'lll)"tCXL, XOÀ.ClCT"tÉOc; È<T"tl genere».
[527 b]).
tx6Àmnç
Nel N.T. il verbo xoÀ.a~EL'V
si legge
in due passi: Act.4,21 8 e 2 Petr. 2, 9. Punizione, castigo. Attestato a parti-
Valore teologico ha soltanto in 2 Petr. re da Ippocrate e Platone; frequente in
2,9, dove si parla del castigo divino: Diod. S. (1,77,9; 4,44,3); Plut. (ser.
num. pun.9.II [n553f; 555d]); Ael.
otoEv xvpLoc;... àolxouç oF. dç 'Ì}(l€pel'll (var. hist.7,15); Filone (leg. Gai.7; vit.
xplcrEwç xoÀa.~oµÉ'llouc; 'tl)pEi:'ll, «il Si- Mos. 1,96, ecc.). Nei LXX ricorre anzitut-
gnore sa ... mantenere gli empi sotto il to in Ezechiele nella Sapienza1, inoltre in
2 Mach. 4,J8: xuplou "t'Ì}V &.~la.v a.ù-r<l)
castigo per il giorno del giudizio». La
x6Àcxcrw &.1too6v..oc;, «il Signore ha ripa-
locuzione dc; 'Ì}µÉpa.'11 xplcrEwc; accenna gato lui (scil.Andronico) con la meritata
al tempo intercorrente tra la morte e punizione». Vedi anche 4Mach.8,9: oEt.-
v«L xoÀ.<i.O"EL<;, «gravi pene» precedenti
il giudizio finale. Questo tempo riserva
l'esecuzione capitale. A proposito dei
agli empi continui castighi; in questa martiri in mart.Polyc.2,4 si legge: ot Etç
terribile condizione essi permangono fì- 'ta lJT]pla. xpi.i}É'\l'tE<; Ù7tɵE!.'llr.t\I SE!.'\lcXç
xoÀ.aa-etc;, «condannati alle fiere soppor- rà dalla pena eterna, se non ubbidiamo
tarono terribili tormenti». Il termine è ai precetti di Cristo. Similmente in I
usato spesso da Flavio Giuseppe, per Clem.n,1: Dio pone i riottosi in pe-
es. a proposito della punizione di Caino na e tormento (Ei<; x.6À.rxmv xat rx.lxL<T-
in ant.1,60. µ6v); Diogn.9,2: punizione e morte so-
no il compenso dell'ingiustizia; Herm.,
Nel N.T. ricorre soltanto due volte. sim.9,18,1: chi non conosce Dio e fa il
Nel discorso sul giudizio ·finale che Ge- male, riceve una punizione per la sua
malvagità (EXE~ x.6À.Ml'J ''CWct 't"ijc; 'T'CO-
sù rivolge ai discepoli (Mt. 25,31-46),
VY)plrx.c; rx.ÙTOV) 4• In ep. Ar.208 si legge
al v. 46 si dice che coloro che sono ve- la massima: «La vita umana è fatta di
nuti meno ai loro doveri morali &:rce- dolori e di pene».
).eva'o\ITCU El.e; x6Àa:<Tw a.ìwvLov 2, «an- In Rom.5,3 Ignazio si dichiara dispo-
dranno al supplizio eterno». sto a sopportare tra l'altro le xcxxcxt xo-
Àa<Tw; 'tOV &a.S6).ov, pur di giungere
a Cristo.
x6À.a:O'Lc; a.ì.G.wioc; si legge già in test.
R. 5,5. In apoc. Ptr.2r l'inferno è det-
to 't01toc; xoÀ.®Ewc;. Nel greco moder- Più rilevante è il significato teologi-
no per indicare l'inferno si dice sem- o
co di I Jo.4,18: q>6~oc; x.6À.CXO'~\I ~XEl.,
plicemente x6Àwnc; 3 . «il timore ha in sé la sua punizione» 5,
a.lwvtoc; x6À.ML<; si legge inoltre in cioè un uomo che vive nel terrore (di
mart. Polyc.2,3: 'tfiv a:twvwv x6À.Mw
èl;a:yopa~Ecr-&ai., «riscattarsi dal suppli-
Dio), è già punito da questo terrore; la
zio eterno»; 2 Clem.6,7: nulla ci salve- sua punizione sta nel terrore stesso di
2 Cfr. Flav. los., bell. 2,163, dove Giuseppe TRR, Eri., ad l. («II pensiero del giorno del giu-
enuncia come insegnamento rabbinico: -.àç oè dizio suscita timore»); F .HAUCK, N.T. Deutsch,
(l}lux.àç) -cwv cpo;ulwv 1Wìl(f) -nµ.wplq. xoM- ad l. («II ti.more sottostà al costante pensiero
~Ecrl>a~ (citato in SCHLATTl!.R, Komm. Mt. 728). della punizione imminente»). Similmente, an-
Un interessante parallelo a Mt.25,46 si trova che se non altrettanto chiaramente, W. M1-
in P . Oxy. v 840, 6 (framm. di un vangelo CHAl!.LIS, Das N.T. n (x935} 442 (di timore
non canonico): 01. xo;xovpyo~ -rwv &.v(l}pw7t)- ha [costantemente presente1 la punizione»).
wv ... xoÀ.aow Ùr.oµivov<nv xaL 1tOÀ.[}.]Ì)v Una posizione intermedia viene assunta da.DE
~a<TOC\10\1, WETTB, Erkl. d. Ev. und der Ep. Joh. 5 (t863)
397: «Cosl nel timore è implicita la.stessa pu-
3 Già nell'uso bizantino x6À.a<TLc; equivale a nizione che si manifesterà nel giorno del giu-
"(ÉEvva.. Vedi SoPHOCLES, Lex., s.tJ. x6ÀIW"Lç dizio». A questa interpretazione s'accosta an-
(Apophthegmata Ze11011.6; lsid.6; Macarius 38). che F. BucHsEi:., Die Johannesbriefe {x933)
4 In Diogn.2,8 s. il termine ha senso ironico: 75: «La punizione con il tormento che l'ac-
fiutare l'odore che emana dalle vittime è una compagna non è soltanto futura, ma è già per-
pena per i pagani. cepita appunto nel timore». Per la locuzione
x6À.MLv EX.EL\/ cfr. Herm., sim.9,r8,r (--. so-
s La maggior parte degli esegeti pensa alla pu- pra). Per il rapporto di x6ì.ocow o xoÀ&.!;Ew
nizione nel giudizio futuro e nella futura dan- con qi6~oc; sono istruttivi i capp. 9 e I I di
nazione. Cosl per es. H.J.HoLTZMANN, Hand- Plut., ser.m1111. pun. (II 553f; n 555d}. Anche
komm. :rum N. T. 1v1 (1893) 259 s.; SCHLAT- in Filone x6"ì..aai.ç è spesso collegato a cp6~oç.
(xoJ.a.xla. (Joh. Schneider) (m,818) 746
Dio. È un concetto che si riallaccia a bero da ogni timore, perché chi ama
quanto si legge in Jo.3,18: chi non cre- veramente (Dio) non può aver terrore
de è già condannato. Il contrario del ti- di lui 6 •
more è l'amore. L'amore perfetto è li- }OH. SCHNEIDER
xo)..o:.xEvw (da x6)..cxç), adulare, atte- (Rom.4,2; 5,2; Pol.2,2) col significato
stato a partire da Aristofane 1 • Nei LXX di rivolgere un discorso invitante, ade-
ricorre soltanto tre volte ( r Ecrop. 4 ,3 r; scare con parole. Ricorre anche negli a-
lob r9, 17 2; Sap. 14, 17), mentre è ab- pologeti: Iust., apol.2,3; Tat., or.Graec.
bastanza frequente in Filone (per es., 2,1.
leg.Gai.n6; det.pot.ins.21; spec.leg.x,
Da xoÀa.xe.uw viene xoÀa.xe.la. 4, l' a-
60). In migr. Abr. III Filone descrive
la natura dell'adulatore: gli adulatori dula:done, attestato a partire da Demo-
affliggono notte e giorno gli uomini a crito. Nei papiri significa anche l'imbro-
cui rivolgono le loro adulazioni; blan- glio mediante parole lusinghiere (P.
discono le loro orecchie; approvano tut- Lond. v 1727,24 e passim) 5 • Nei LXX
to ciò che questi dicono; «intonano an- il termine non ricorre, mentre si trova
che interminabili discorsi e tiritere; con spesso in Filone (per es., sobr. 57; leg.
la bocca augurano felicità, ma col cuo- alleg.3,182: vo<Yor; yàp q:it'Alw; 'ÌJ xo}.a.-
re maledicono le loro vittime». L'adula-
xe.la., «l'adulazione è degenerazione del-
l'amicizia»); in sacr. A. C.22 compare in
tore è perciò un ipocrita 3 •
un catalogo di vizi, tra le «amiche del-
Nel N. T. il termine manca. Nell' e- la voluttà». In Abr. 126 Filone spiega
tà post-apostolica si trova in Ignazio che gli uomini temono l'adulazione ipo-
Valgano due esempi: a) il timore induce l'uo- 2 In Iob 19,17 il testo dei LXX non corrispon-
mo ad accattivarsi il favore della potenza so- de al T.M. In questo si legge: wt(Jannot1 lib-
vrana di Dio, per stornare la punizione (Abr. 11~ bitn1, «io sono nauseante per i miei fra-
129; similmente agric.40); b) la punizione in- telli carnali»; nei LXX invece: npo<rExa.M>u-
cute timore: ofo<; yàp lµ1tOLOV<1L\I a.Ì XOÀ.tt- µ'l]v Sè xoÀttxe.uwv vtoù~ 1ta.À.Àa.xl~wv µ01>,
<1EL<; (spec. leg.4,6). - «chiamai i figli delle mie concubine e rivolsi
6 Testi rabbinici in R. SANDER, Furcht und
loro parole. d'adulazione».
Liebe im rabb. ]t1de11tum :::: BWANT IV 16 3 Cfr. anche P. Greci e Latini .586,4.
(1935), indice, s.v. «Ziichtigung».
4 Quanto alla grafia del termine, vedi BL.-DE-
nRUNNER § 23. Nel {>eriodo protoellenistico EL
xoÀa.xEla.
ed i vengono spesso confusi, Cfr. anche MA.Y-
l I passi che attestano l'uso del termine nel SER I 87 S.
greco classico sono citati da LIDDELL - ScoTT
971, s.v. s Altri esempi in P.tO~ISIGKBt Wort.1 s.v,
747 (nr,818) xoÀ.aq>ll;w (K. L. Schmidt)
Termine abbastanza raro, che com- una certa frequenza, il sostantivo xoÀ.a.-
pare alcune volte nel N.T. e in autori cpoc;, schiaffo, ceffone, da cui è regolar-
cristiani dei primi tempi, ma altrove è mente derivato xoÀ.a.cpl~w. schiaffeggia-
appena attestato. In una lettera pagana re, menare un ceffone 1• Pur non ricor-
d'età romana si legge: El OÉ ·ne; ... &:11- rendo spesso, i vocaboli x6À.a<poc; e xo-
't'tÀ.Éyst, Cl'V Oq>t.lÀ.Etc; C1.U't'OÙ<; XOÀCX.cpl~Et À.acpl~w devono esser stati d'uso fre-
[ V) (Preisigke, Sammelb. m 6263,22- quente, poiché assai presto il sostantivo
2,ù Similmente in test. los. 7,5 (var.): (e più tardi anche il verbo) è passato
:x.o).aqilcrn -..à. ·'t'Éx\la crou. Non si tro- al latino e da questo ad alcune lingue
va nei LXX, dove compare invece, con romanze 2• Probabilmente x6À.a<poc; era
6 A questo riguardo cfr. le belle precisazioni TuÀ.wv, xoct [va. tiq>EÀfoTEPOV EtTCw, 5t.à. -tov
di MouLT.-MILL., s.v., circa la natura dell'a- yp6'Ji>ou (6 ypo~oç = 6 xovou>..oi;, il pugno
dulazione nella retorica antica. Sull'opera IlEpt chiuso) xovou).ll'.;,Ew. Il PAPB e il PAssow ac-
xoÀ.axElaç dell'epicureo Filodemp vedi la no· canto a x6À.a.qioç e xoÀocq>lsw registrano anche
ta di W. CRONERT, Neues iiber Epikur und xoÀ.aq>1<1µ1X, xoÀ.aqi1aµ6c;, xoÀ.aq110"T1x6~, ma
einige Herkulanensische Rollen: Rhein. Mus. con la vaga indicazione: NT e KS ( = scrittori
NF 56 {190I) 623. xoÀ.ocxEla compare anche ecclesiastici). Non molto più in là vanno Lm-
in antichi cataloghi di vizi. Cfr.A.Vé>GTLB, Die Dl!.LL..ScoTT. Vari passi di scrittori ecclesiastici
Tuge11d- 1111d Lasterkataloge im N.T. (1936) nel Thes. Steph. Poco in E. A. SoPHOCLES,
20!. Greek Lexicon o/ the Roman and Byzantine
Periods (1888), nulla in C. DU CANGI!., Glossa-
xoÀ.mpl~w rit1m ad Scriptores Mediae et Infimae Graeci-
t Thes. Steph., s. v. a proposito di Mt.26,67 tatis r ( 1688).
riferisce la seguente pedante definizione, trat-
ta da Teofilatto: xoÀ.aq>l~nv t1rcL -tò 01cl. XElr 2 Vedi Thes. ling. Lat., s.v. Cfr. anche l'Itala
pwv TCÀ.TjT'iEW auyxocµn-toµlvwv TW\I octx- e la Vulgata nei passi neotestamentari non an-
749 {m,8r9) xoÀ.a.<pl!;w (K. L . Schmidt) (m,820) 750
caro, pur di strappare l'amato Apostolo il fatto che egli, nel descrivere la sua
alla grave malattia. Più importante e infermità, sembra accennare a frequen-
più illuminante è la frase Èo61}ri µoi ti attacchi del male, ciò che mal s'accor-
<rx61oi}I 'tTI aa.pxl, che si legge in 2 Cor. da col quadro generale della sua vita e
I 2 ,7, dove si parla anche delle percos- della sua attività. Per questo alcuni e-
se dell'angelo di Satana. Certo, ~ ax6- sperti di medicina 13 sono propensi a
).oi}I, palo, spino, pruno, potrebbe be- pensare ad una malattia solo nelle ma-
nissimo valere come indicazione gene- nifestazioni affine alla epilessia e che a
rica d'una sofferenza tormentosa; ma è una diagnosi più esatta risulta essere
più probabile ch'esso abbia un signifi- isterismo, forse in una forma partico-
cato pregnante e indichi una infermità larmente grave. Nel caso di Paolo la
accompagnata da dolori lancinanti, una diagnosi è confermata dalla presenza di
infermità che poteva dirsi cronica per una innegabile dinamicità, congiunta a
gli attacchi che non cessavano di ripe- una contrastante e del pari evidente
tersi. I particolari dei dolori lancinanti tendenza alla depressione, come avvie-
e delle percosse dell'angelo di Satana ne appunto nei casi di isterismo (o an-
valgono soprattutto a indicare l'epiles- che di neurastenia). Intervengono dolo-
sia 12 • La tesi d'una infermità agli occhi re, stanchezza, prostrazione, a cui s'ac-
potrebbe conciliarsi con questa inter- compagnano visioni e audizioni congiun-
pretazione nel senso che certi attacchi te a dialoghi con persone evocate dalla
epilettici sono seguiti da cecità passeg- allucinazione, e ciò in piena lucidità in-
gera o da indebolimento della vista (ciò tellettuale. Quindi, durante uno di que-
che si adatterebbe ad Act.9,9.18 meglio sti attacchi Paolo avrebbe veramente
che a Gal.4,13-15). Medici d'ogni tem- scorto l'angelo di Satana, senza tuttavia
po attestano che anche un uomo dina- provare lo spossamento che interviene
mico e lucido come Paolo può essere nei casi di epilessia. Comunque, anchè
epilettico. e a questo proposito si fan- l'isterismo, come l'epilessia, va accom-
no i nomi di grandi personaggi storici. pagnato da alterazioni fisiche e psichi-
come Federico il Grande e Napoleone I. che, da crampi muscolari, da passegge-
Resta però da chiedersi se e in qual mi- ro offuscamento della coscienza, sicché
sura costoro fossero realmente epiletti- anche listerico, come l'epilettico, fa
ci. Nel caso di Paolo, poi, si stenta an- l'impressione d'un uomo posseduto dal
cor più ad accettare questa diagnosi pe1· demonio 14• Accanto a un tale isterismo
xoÀÀciw, 7tpocrxoÀÀaw
t xoÀ.À.aw
sti anteriori e posteriori al N.T., signi-
Nel N.T. compare soltanto al medio fica incollare insieme, congiungere, col-
o al passivo. L'attivo, che si trova in te- legare. xoÀ.À.ticrtJa.t signilica aderire a.
l., formula a riguardo di un uomo il quale, se- considerazione le spiegazioni preferite in pas-
condo Eus., hist. eccl.5,28,I2, aveva aderito ad sato: assalti interiori o provenienti da avver-
una comunità eretica e poi, durante la notte, sari esterni, rimorsi di coscienza e altri stati
si era sentito fustigare da un angelo; e a ri- d'animo (dr. PREUSCHEN-BAuER>, s. v.). Cfr.
guardo di S. Gerolamo, il quale nelle sue let- anche A. PORCELLINI, Totius Latinilatis Lexi-
tere (:u,30, CSEL 54 [1910]) dice d'aver fat- con n' (1861), s.v.: Dicunt quidam Apostolum
to la stessa esperienza quando si era dato con saepe dolore capilis esse vexatum. Melius au-
eccessivo zelo alla lettura di Cicerone e di altri lem pulo ila accipi, ut colapbizatus in illis
scrittori pagani. passio11ib11s intelligatur, quas enumeravil ipse
16 UnA lucida informazione in proposito, se-
dicens: ler virgis caems sum, semel /apidaltls
srm1, etc. (2 Cor.II,25). Stimult1m ergo carnis
condo W1NDISCH 2 Kor., ad l., ci è fornita nel appellai lribulatio11em carnis; et angelum Sa-
saggio Der Pfahl im Fteisch u11d die Fausthie- ta11ae illum, quo, quasi immissore, tanta illa
be Satans bei Paulus : Evang. Kirchenzeitung, paterelur, ostendit. W eidenauer in Lex. Bibl.
1913, nr. 9 e IO dal parroco UHLE-WETTLER ad h. l. httec habet: 'Ingeniose aulem et vere-
sulla base d'una esperienza personale. ctmde Apostolus haec libidinis irritamento co-
17 Cfr. la rassegna di WINDISCH, 2 Kor., ad l., laphos appellavit, qui delrimeflli nihil, doloris
e F. FENNER, I.e. non parum, p11doris vero plurimum sibi alfer-
18 Vedi W. K. L. CLARKE: ExpT 39 (1927-28) rent'.
757 (m,822) xoì.Mw (K. L. Schmidt) (m,822)758
I. Lc.Io,II: -ròv xov1.op-còv -còv xoÀ.- to anche dal textus receptus di Mt. l 9 ,5
À:T}i>Év-ca T]µi:v, «la polvere che ci si è at- (~ 1tpocrxoÀ.À.ciw ). Nel senso di sposar-
taccata». In senso traslato questo aderi- si ricorre .in P. Lond.1731,16 (sec. vr d.
re corrisponde a toccare, ad es. in Apoc. C.) : xoÀ.À.<i.:ri>a.~ É-tÉpcp &.vòpl 4 • Signifi-
l 8, 5: ÈxoÀ.À:fjih}<ra.v (var.: i)xoÀ.ou1}T). cato sessuale ba anche in rCor.6,16: ò
ua.v) a.v-cf)c; (scii. Bcx.~uÀ.wvoc; -tf'}ç µE· XOÀ.À.WµE\10<; "tÙ TCOP\ITI L:v crwµèt. ÈCT"tW.
j'cXÀ.1}c;) cxi &.µcxp·da.i UXPL -cov oupa.vov; «chi s'unisce a una meretrice forma un
cfr. !Ep.28,9: t)yyicrev Etc; oùpa.vòv 't'Ò solo corpo». Il valore sessuale di xoÀ.-
xplµa. a.u-cfjç 1• Quando ha il significato À.W:rfra.~, come pure del suo corrispon-
di aderire strettamente a, xoÀ.À.aoµa.t si dente dbq 5 che ricorre in Gen.2,24; 34,
costruisce col dativo della cosa e talvol- 3 (wajidbaq nafso bedlna, «l'animo di
ta della persona 2• In Act. 8,29 Filippo lui s'attaccò a Dina>>, LXX: xa.t 1tpocrÉ-
segue dappresso la carrozza dell'eunuco CfXf.\I -tli o/uxli Aw~); r Reg.n ,2 (da-
etiopico; .in Rom.12 ,9 si ammoniscono baq selomoh tc'ahaba, = ÈXoÀ.À.7)1}T) LrL·
i cristiani ad aderire saldamente al be- À.wµ.wv -cov &.ya::1tfi<rm), non è origina-
ne; in Lc.15,15 il figliol prodigo si 'at- rio ma derivato, come, ad es., nel termi-
tacca' ad un altro; in Act. _5,13; 9,26; ne 'copula', ora usato specialmente per
ro,28 si avverte il significato di rappor- indicare l'amplesso matrimoniale.
to stretto con qualcuno; in Act. 17,34 Gen. 2,24 ha influito ampiamente e
tale rapporto si concretizza nella condi- singolarmente sulla halaka (Sanh. b. 58
zione del discepolato. Cfr. 2 Ba<r. 20,2 ; b ): «Se un discendente di Noè s'unisce
.alla moglie contro natura, è passibile di
r Mach. 3 ,2; 6,21 3 •
pena, perché in Gen. 2, 24 sta scritto
'aderirà', ma non contro natura. Rabà
2. Di qui si comprende come xoÀ.- (morto nel 352) ha detto : 'Esiste qual-
>..a<Tilm abbia potuto indicare anche il cosa per cui un israelita non sia punibi-
le e sia invece punibile un non-israelita
rapporto intimo, cioè il rapporto sessua- (come pensa R. H aninà)?' Anzi Rabà
le; cosl, ad es., in Mt.19,5: xoÀ.À."rJil11- ha detto: 'Se un discendente di Noè si
<TE"Cat -cli -yvva.txt a.v-cov, che è citazio- unisce contro natura alla moglie di un
ne di Gen.2,24. Qui i LXX hanno -n:po- altro, non è punibile'. Perché? Sta scrit-
to: 'Alla propria donna (aderirà). e non
&xoÀ.À.T)ihi<TE't'aL, riportato, secondo la alla donna altrui; e 'aderirà', ma non
miglior tradizione, in Eph.5,31 e assun- contro natura» 6 •
xoì.Mw
I LoHMEYER, Apok., ad!.: «Abbiamo qui una 3 PREU S CHEN-BllUER1, !.V.
chiara reminiscenza di Ier.28,9; perciò xo)..)..fir 4 PREISIGKR,
<Tl>m equivale semplicemente a 'estendersi fino Wort., s.v.
a', 'giungere fino a'». · ·· 5 G ESE.Ntus-Bun L, s.v.
2 Cfr. B L.-DEBR. § 193,3. 6 S TRACK-BILLERBECK I 803 a Mt.19,5.
759 (m,822) XOÀ.o~ow (G. Ddling)
t xoÀ.oS6w
Mutilare. Attestato a partire dal co- membro o della persona mutilata. Nei
mico Araro (inizio del sec. IV a.C.), fr. LXX si trova soltanto in 2 Ba.o-. 4,12:
3, C.A.F. 11, p. 2r6; poi in Aristotele, xoÀ.oaovcrL 'tàc; XE'i:pcxc; a.ù't'wv 2•
ecc. 1• Si dice per lo più di membra del
corpo, ed è usato con l'accusativo del Nel N.T. 3 ricorre soltanto nell' 'apo-
't'~ xvpl{f), che viene cosl commentato: oòx sete (troppo) corto', detto, ad es., del giaci-
chtfo''t'T} CimcrltE\I r.tÒTOU, xat É<JJUÀ.r.t!;E\I 't'à.<; É\I· glio: fr 28, 20 _(Simmaco, Teodozione), della
't'OÀ.àç r.tÒTou; parimenti Ecclus 2,3: xo).J...1). mano di Dio: Is.59,1 (Aquila, Simmaco); ma
&rjTL CXÒT~ xcxt µ1) rbtocnfiç; cfr. anche t!J 62, è usato soprattutto in senso traslato, a propo-
9. sito della tJ.luxli o del 7t\IEUµa: Iud.16,16 (A-
?tpouxoU.aw quila); Iob 21,4 (Aquila, Simmaco); Zach.xr,
8 (Aquila): 'essere pusillanimi' [BERTRAM].
1 Vedi H. ScHLIER, Christus und die Kirche
im Epheserbrief (1930) 60-75: Die himmlfrche 3 Forse per influsso dell'ebraico, cfr. STRACK-
Syi:ygie. BrLLERBECK e ScHLATTBR, Komm. Mt. a 24,
xoÀ.of36w 22.
calisse sinottica' (in Mc. e Mt.): Dio ha 'apocalisse' di Mc. e Mt. Già nel testo
già 4 (Mc.I3,20; in Mt.24,22 risalta me- che precede Mc.I3,20 si parla soltanto
delle afflizioni materiali alle quali i cri-
no che l'abbreviazione è da Dio già de- stiani devono possibilmente sottrarsi. I
cisa) mutilato (cioè abbreviato rispetto falsi messia cercano di traviarli (Mc.13,
al corso naturale, normale, quindi ri- 22 par.), ma nei riguardi degli ÉXÀ.Ex-tol
spetto all'intenzione e alla potenza dei evidentemente non hanno esito (cfr.
specialmente Mt.24,24); questi perseve-
persecutori) la durata dell'aillizione in rano (forse con l'assistenza del 'lt\lf:vµa.
Giudea 5 , perché altrimenti anche coloro [Mc.13,II par.], in contrapposizione ai
che con la loro fedeltà dimostrano di ?toÀ.Àol [Aft.24,12]) sino alla parusia,
essere gli eletti e sono da Dio preserva- quindi giungono vivi all'assembramento
.finale (Mc. l 3 ,2 7), il quale secondo Mc.
ti fino a quel momento, non potrebbero l3,I4 è anche l'assembramento degli
evitare la rovina corporale. scampati. La spiegazione offerta in -:)
II, col. 295, nota 12, è forse conciliabi-
Questa interpretazione si basa non
le con quanto abbiamo detto.
soltanto sulla locuzione nfurcx. <Trip~ (Mc.
13,20 par.), ma soprattutto sull'intera G.DELLING
t x6À:1toc;
a) Seno, grembo: Horn., Il. 14, 219 It.18,140.398, parla del x6À:7toc; del ma-
(seno); Pind., Olymp. 6, 3I; Callim., re (x6À1toc; di Teti); Epigr. Graec.237,3
hymn.4,214 (grembo materno); è anche del xoÀ1toc; degli inferi. b) La piega del-
termine medico: Philo, spec. leg. l, 7. la veste usata come tasca (Hdt.6,I25),
Nei conviti indica il posto dell' ospite che serve a nascondere (Luc., Hermot.
d'onore (Plin., ep.4,22,4); conseguente- 37 ); quindi in senso traslato Theocr.,
mente può essere espressione d'un rap- idyll.I6,16, a proposito dello spilorcio
porto affettuoso: Plut., Cato Minor 33 dice: tmò x6À1tou (var. -~) XE~pa.c; EXW\I.
(1 775 e). Il xoÀ?toc; della madre terra e) In genere ogni gibbosità o cavità;
è il sepolcro (Epigr. Graec.56,I). Horn., ad es. insenatura di mare (Pind., Pyth.
4, 49; Ditt., Syll.' 92, I9), fondovalle pio era collocato «nel seno del mondo»,
(Pind., Olymp.9,I3I); in senso medico bpjqw si 'wlm (Ekà r. a 3,64 par.) 4 •
equivale anche a fistola. Chi abbandona la patria (la Palestina),
abbandona il seno della madre (j.M.Q.
Nei LXX xoÀTCoc; è principalmente 81 c riga 46) 5 • pjq designa l'atto matri-
traduzione di {J;q 1, a) come espressione moniale in T. Jeb.9,4. b) Rigonfiatura,
d'unione coniugale: Deut.13,7; 28,54; piega della veste (Shab.rn,3; Jomà 7,r).
in Ecclus 9,1 indica l'appartenenza del- c) Con significato generico: ramaglia (b.
la moglie al marito; in Gen. r6,5; 2 B.Q. 81 a), nastro (n9 b), basamento,
Brur. I2, 8 2 la consegna al marito; in
zoccolo dell'altare (Ez.4 3 ,r 3 = f sad).
Deut.28,56 il marito in quanto appar-
tenente alla moglie; in Num.II,I2j 3 r.Nel N. T. x6À1to<; ricorre a) nel
Ba.<r.3,20; r7,I9; Ruth 4,16; Is-49,22 senso di seno, grembo; Io. 13,23: 1jv
(~o~en) la cura premurosa per un figlio,
in 2 Baa-.12,3 per un agnello. b) Rigon- &.vaxelµEvoc; dc; Èx 'tW\I µr.t.frl')'tW'll o.ò-
fiatura, piega della veste: Ex.4,6 s.; 4' -cou è:v 'tQ x6À:m~ -cou 'l'Y]<rov, durante
73,u; 128,7 (Ps.129,7: l;o~en); Prov. il convito il discepolo occupava il posto
16,33; I7,23; 6,27. Come luogo dove d'onore in sinu Iesu (~&.v&.xELµaL, coll.
si versa la vendetta: Is.65,6 s.; lEp.39,
18; 4' 78,12. c) Con significato generi- 314). Lo stesso motivo, a proposito
co, cavità del carro (3 Ba.cr.22,35), pro- dell'appartenenza alla comunità cristia-
fondità dell'altare (Ez.43,13: x6ÀTCwµa, na, si ritrova in un agraphon di Gesù:
diversamente nei vv. 14.r7). d) xoÀTCo<;
come sede dei reni e quindi delle sen- éà:v Tj'tE µE't' è:µov <TV\IT}yµÉVOL È'll 'ti;>
sazioni: lob 19, 27; 4' 34, r3; 88, 5I; x6À.m~ µou xaL µii 1tOL'ij'tE 't'ètç É'll'tO-
Eccl.7,9. À~c; µou, Ò.1to~aÀ.W uµiic;, «Se siete COll
Nella letteratura rabbinica a %6À:rtoc; me raccolti nel mio seno e non mettete
corrispondono Mq, ~b (Iob.3I,33), ara- in pratica i miei precetti, vi scaccerò».
maico b;q' f;wb', 'wb' 3 con i seguenti In ambito extra-conviviale, come espres-
signifìc!lti: a) seno, grembo: in b.M.Q.
sione di comunione intima, in Io. I ,I 8:
24 a, un morticino di non ancora trenta
giorni viene portato alla tomba dalla o Clv dc; 'tÒ\I x6À:nov 'tOU 1tai:p6c; 6• b}
madre che Io stringe al seno. Il tem- Rigonfiatura, piega della veste; Lc.6,38:
1 In Prov.r9,24; 26,15 x6>.1toc; sta per fallal;at ; pone di leggere soltanto 'dm; il cod. di Oxford
in Prov.30,4 per hofen. (dr. Buber, nota 79): Mqw Il 'brhm. Da que-
2 In STRACK-BILLERBECK II 160 è inteso erro- sta rara lezione e dall'esegesi di Rashi a Qid.b.
neamente per «contraccambiare in buon sen- 72 b, HELLER (~nota bibliogr.) 148, conclu-
SO». de che 'giacere nel seno di Abramo' «equiva-
3 leva originariamente a 'essere circonciso'». ~
Talvolta parafrasato negli scritti targumici;
n. IO.
ad es. Tg. O. Deut.13,7: 'ittat qeiàmiik = 'e1et
héqka. 5 'J:iiw 11 'wtw h'jS hnil; Mq 'mw w[Jibq !iiq
4 lbid. a proposito della circoncisione mjlh t1kr;h.
lnt[w]nh b(Jiqw 11 'dm; idem in Tanh. Bu- 6 Cfr. il parallelo formale in ]eb. b. 77 a: Ro-
ber tl § ro (20 a). Pes. r. 12 (5r b): mjlh 1nt- boamo sedeva nel seno di David: hih r[Jb'm
wnh bl;iq; cfr. ibid. 13 (53 b). Pesk. Buber 25 iwsb bf?iqw Jl dwd (dr. STRACK-BILLERBBCK
b : b~jqw 11 'dm hr'swn; il Buber (n. 79) pro- n 363 ); analoga rappresentazione in Clem. Al.,
xo>..'ltoc; lK. meyen \111,025} 700
µÉ-cpov xaÀ.Òv ... owcrouaw Elc; 'tÒV x6À- L' assunzione nel seno d'Abramo si
7tov ùµwv. e) Insenatura, baia; Act.27, trova nella leggenda del martirio della
madre e dei suoi sette :figli in Ekà r. (ed.
39: x6À7tO\I ... EXOV'ta alyLaÀbv (spiag- Buber [I889]) I p.43 a. La madre dice
gia). al figlio più giovane: «E tu sarai porta-
to nel seno del nostro padre Abramo»
2. Importante nel quadro storico re- (w'th nitn btwk Mqw sl 'brhm 'binw)9 ;
ligioso è Lc.r6,22 s.: ÈyÉ.'VE'tO oÈ cbto- Pes. r. 43 (r8o b): «E vuoi tu che tutti
i tuoi fratelli nel mondo futuro giaccia-
fraVEt\I 'tÒV 'lt'tWXÒ\I xat &.7tEVEXlJil'VaL
no [senza di te] nel seno di Abramo?»
w)-.òv ... Etc; 'tÒ\I xoÀ1to\I 'A~paciµ- ci1tÉ-
(mh 'th mbqs sjhjw kl 'hjk ntwnjm b~j
i)avEv oÈ xat ò TCÀouo-wc; xat b-ciq>TJ. qw sl 'brhm l'tid lb'). In Qid.b. 72 a/b,
xat Év 'téi) fton ... òpfi. 'A~paൠchò µa-
in una visione attribuita al patriarca Je-
h uda I morente, a proposito di un altro
xp6ìkv xat A&.sapov Èv 'toic; xoÀTCotc; 7 rabbi leggiamo: «Oggi egli sta nel seno
mhou, «e accadde che il povero morl e di Abramo» (hjwm jwsb bb;qw Il 'br-
fu portato ... nel seno di Abramo; morl hm ). Il motivo del xoÌ..'ItO<; rientra in un
più vasto ciclo di leggende, che il giu-
anche il ricco e fu sepolto. E nell'Ade ... daismo probabilmente si è limitato a far
vede Abramo da lontano e Lazzaro nel sue, nelle quali si parlava dell'operato
seno di lui». Il passo fa anzitutto pen- di Abramo nell'aldilà. Oltre al motivo
sare al convito dei beati, nel quale Laz- del convito o del riposo nel seno di A-
bramo, deriva dalla leggenda un altro
zaro occupa il posto d'onore; ma non si motivo, quello del giudice dei morti
può escludere senz'altro che i vv. 22 s. (dr. Plat., resp. rn,614 b), attestato in
indichino l'intima comunione di Abra- Erub. b. 19 a; Gen. r. 48 a r8,1 b; peral-
tro la forma in cui ci è conservato non
mo con Lazzaro senza riferimento al ci consente più di cogliere il rapporto
convito dei beati. Nel giudaismo rabbi- che lo legava al motivo del x6À.7toc; 10•
nico ricorrono ambedue queste conce- Benché il motivo del xoÀ'Ito~ ben con-
zioni 8 • venisse alle iscrizioni sepolcrali; i Giu-
paed.2,10,105,1, dove si dice che Lazzaro &:v~ 9 Manca nelle edizioni correnti, ed anche in
DaJ,).E\I Èv x6Àm:oic; 'tOV ?tC1..'tp6c;. STR.ACK - BILLERBECK; del testo Git. b. 57 ( =
7 Per il plurale vedi BL.·DEBR.6 § 141,5. Seder Elijahu r. 28 [153]) ed anche Ekà r. a
1, 16 presuppongono soltanto l'accoglimento
8 Per il convito futuro vedi per es. Ex. r. 2 5 a
16A: Jahvé sederà per cosi dire a capotavola, dei martiri da parte di Abramo, senza il mo-
i patriarchi e i giusti ai suoi piedi: kbikl misb tivo del x6litot;;.
lm'lh mn h'bwt w'bwt wkl h[diqim btwkw. 10 Non è facile accettare l'ipotesi, peraltro bril-
Cfr. Mt.8,n. Senza riferimento al convito, ad lante, che il giacere nel senso di Abramo risal-
es., 4 Mach. 13,17: o~-cw yà.p ltavb'llT~ Tjµiic; ga a un rito di patrinato compiuto da Abramo
(i sette fratelli Maccabei) A~pw·1.µ xat Iaaa..x all'ingresso nell'Ade (cos} HELLBR, l. c.). Sol-
xat Ia..xw~ vrcolìÉ~O\l'tm. MIESBS (~ nota bi- tanto più tardi si riscontra un rinvio del mo-
bliogr.) 1019 cita un'edizione di Flavio Giu- tivo del x6À1to<; al rito di patrinato. Se anche
seppe che davanti a UTCo!ìt~O\ITm legge: El<; il servizio di portinaio espletato da Abramo
Tovc; x6litovç aù-cwv (non notato dal RAHLFS), viene messo in rapporto con la circoncisione,
che è probabilmente una interpolazione cri- è solo per un'assimilazione haggadica d'un mo-
stiana. tivo estraneo al pensiero giudaico, come avvie-
x6À:1toç (R. Meycr) (m,826) 768
dei usano in esse formule generiche, per 'foxw~. I testi epigrafici di questo te-
es. È'llD'cioe x'i:'te 'Iaxw~. µe-tà -twv òcrl- nore giungono fino al sec. xn, ciò che
wv 1i x [ u] µT)O'Lç [a. ]V"t'( L}ov 11, spesso attesta la popolarità del 'motivo'. La
µE't'Ò: 't'W\I otxÉw'll. Anche i cristiani nel- ragione del persistente influsso di Le.
le messe funebri e nelle iscrizioni sepol- r6,22 s. in Egitto sta nel fatto che il
crali usano la formula generica µe:.-çà. passo sembrava conferma re la concezio-
't'W\I otxo.lw\I &.vci'lt('WO'O\I 'tÒ\I oovMv ne egiziana, secondo cui il seno di Abra-
crou, oppure "t''Ì'j\I oouÀ1}\I <rou 12• Vice- mo è un luogo d'amabile frescura, e il
versa, in una preghiera funebre che leg- v. 24 ci informa che Lazzaro dispone di
giamo in const. Ap. 8,4r,2, compaiono i acqua fresca, mentre il ricco epulone
giusti «che riposano nel seno di Abra- spasima di sete nell'arsura dell'Ade. Eb-
mo, Isacco, Giacobbe». Questa formu- bene, l'idea del refrigerium, del ristoro
la più recente, che probabilmente deri- dei morti nell'aldilà, è fin dall'antichità
va da Mt.8,n, nella sua oscurità ha un cosl radicata nella religione egiziana 14 ,
parallelo in Semahot 8 (p. 7 b, riga 26): che perfino in Roma certi seguaci delle
«Con due passi ti troverai nel seno dei divinità egizie fanno scrivere sul loro
giusti» (bf;jqm sl ~djqim). La formula sepolcro: «Osiride ti offra acqua fre-
di const.Ap.8,4I ricorre sovente in iscri- sca» 15• Siamo quindi indotti a pensare
zioni sepolcrali saidiche 13 o greche di che il motivo del x6À.1to<; fosse tanto
età cristiana, rinvenute in Nubia e in diffuso in Egitto proprio perché esso
Egitto; cfr. ad es. Preisigke, Sammel- rinnovava in forma cristiana l'antica pe-
buch 2034: o ìlE6ç ... &.vci'lta.uO"ov 't'ÌlV culiare concezione.
WUX'~\I "t'oiç oouÀotç (sic!) 0'0\J 'TCLO'"t'Ò:
(sic!) Èv x6À7totç 'A~pà.µ xa.t 'IO"ètx xa.t R.MEYER
ne col tardo rinvio del motivo del x6À.1toç a &.voc'ltO'.UEO'i}a.~ ... Una sapida rappresentazione
un atto di pntrinato. del seno di Abramo come luogo dei beati si
ha nel duomo di Bamberg, sulla porta princi-
11 N. MtiLLER-N.A. BEES, Die Insehriften der pale (del 1240 circa); cfr. Athmtis 8 (1936)
iiid. Katakombe am Mo11teverde zu Rom (r919) 736 [J. LEIPOLDT].
nr.62.
Il Il richiamo alle iscrizioni sepolcrali copte è
di ]. LEIPOLDT.
12 Ibid.,p. 65. La comprensione del motivo del
x6À.1toç era in parte già perduta intorno al 14 Si può quindi supporre che He11. aet.22,2.9;
200, come risulta da Tertullian., Mare. 4, 34 ;. Hag.77 d, righe 55 ss. ecc., risultino anche
(CSEL 47 p. 537): tmde apparet sapienti eui- da influssi egiziani; dr. F. CuMONT, Die orien-
que, qui aliquando Elysios audierit, esse ali- tal. Religionen im rom. Heidentum (1910) 276,
quam loealem determi11atio11em, quae sinus die- nota 90.
ta sii Abrabae, ad recipicndas animas filior11111
eius, etiam ex nationibus. Al contrario in Ori- 1s .6.ol11 uoi ò "Ocnp~ç -tò l)Juxpòv uowp (Cu-
gene, eomm. in Le. 77 a r6,23: 3-tE ouvct:t6v MONT, ibid.).
èu-n µuplouc; ~v -téi) x6À.m~ -tou 'Appcxൠliµa;
xovtuw (Joh. :>clmeH1cr)
t XOVLciW
Deriva da xovla., polvere, o anche calzante chiama il sommo sacerdote A-
polvere di calce. Il termine è attestato nania "t'OLXf. xExovtaµ,ÉVE, «parete im-
in opere letterarie a partire da Aristo-
biancata>>, per qualificarne la natura mal-
tele 1, e significa intonacare, spalmare di
calce. Cosl spesso in fatture sacre; per vagia accuratamente dissimulata. Analo-
es., C. Michel, Recueil d' lnscriptions gamente, in Mt.23,27 Gesù chiama gli
Grecques (1900) 594,95 ss. (Delo): "t''tÌV scribi e i farisei "t'aq:iot xExovLaµÉVOL 3 ,
ituµÉÀ.T)V "t'OU {3wµou 'tOU ÈV 'tfjt VTJO"Wt
xovLacra.v-rt IDLÀ.oxpa'tEt, «a Filocrate «sepolcri imbiancati», a motivo della
per avere intonacato il bracere dell'alta- loro ipocrisia. L'immagine usata da Ge-
re nell'isola». Cfr. anche Ditt., Syll. 3 sù risulta patticolarmente suggestiva, se
695,87 ss.: 'tOLç ... XCX.'tWTXrnacra.<nV
[xa.}dt. 8uva.µiv {3wµoùc; 7tpò "t'WV 17u-
si considera che in Palestina le tombe,
pwv xat xovtaaa.aw, «a coloro che ... in primavera, per motivi cultuali veni-
secondo la loro possibilità hanno alle- vano spalmate con calce, sl da consen-
stito altari davanti alle porte e li ha·n-
tire ai farisei di tenersi lontani da esse
no intonacati». Nei LXX cfr. Deut.27,
2.4 (a proposito della imbiancatura del come da luoghi impuri. La mordente
cippo commemorativo della legge) e ironia di Gesù sta anche nel rilevare che
Prov.2I,9 (un detto della sapienza po- i farisei sono essi stessi proprio ciò che
polare): xpe:'ìcro-ov olxe:'Lv È7tt ywvlrxc; ù-
7tet.l1Ìpov 'ÌÌ ÈV XEXOVLet.µ~\lotc; µE'ta àòt- con tanto affanno cercano di evitare 4•
xlaç xat Èv ol:x~ xowG">, «meglio abita- In questo modo vengon dette due cose:
re a ciel sereno che vivere con iniquità r. i farisei sono diversi da come appaio-
in case intonacate e immonde» 2• no esternamente; 2. essi sono impuri;
In Act.23,3 Paolo con una immagine il rapporto con i 'puri' rende impuri.
JoH. SCHNEIDER
xowS:w
I Vedi le precisazioni in LIDDELL-SCOTT, s.v. 3,4 si chiede: «Come va l'imbiancatura della
casa?», e «Come va l'imbiancatura del sepol-
2 La seconda metà della frase è creazione au- cro?». RENGSTORF (p. 35, nota 24) ricorda che
tonoma dei LXX, senza rispondenza nel T.M. dopo la caduta di Gerusalemme il dolore per
la distruzione del tempio impedl di curare la
3 Il passivo ha un parallelo nel greco extra- imbiancatura delle case. Circa l'imbiancatura
biblico, in CIG l I6:i5, I6 : ÉmO"xE[u)auftfi- delle tombe vedi, oltre RENGSTORI', o.e., p. 35,
vm X(ll xovt[a]»Tjva[t]. nota 25, anche E. L. RAPP a M .Q. I,2, Mishnà
di Giessen). Tale imbiancatura non era pre-
4 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 936 s. Vedi anche scritta dalln legge, ma costituiva una efficace
K. H. RENGSTORF, 11 T. Jeb. 3,4 (Rabb. Texte salvaguardia contro il pericolo di contatti con
34 s., specialmente le note 24 e 25 ). In T. Jeb. le tombe, che rendevano impuri.
x67toç (F. Hauck) (m,827)772
t x6rcoc;, t xorci.<iw
Nel greco profano xo'ltoc; significa a) causa nel lavoro 7 • L'altro sinonimo, xci-
il colpo 1, la stanchezza che spossa 2; b) µa:toc;, accenna piuttosto alla stanchez-
lo sforzo, la fatica che causa tale spos- za in sé, quella stanchezza che va con-
satezza 3 • In prosa è termine proprio per giunta al lavoro spossante o anche scru-
indicare la stanchezza fisica prodotta dal poloso 8.
lavoro, dallo sforzo, dall'a~sura, ecc. Si-
nonimo di x67toç, che indica il lavoro Corrispondentemente xomtiv signifi-
pesante, è 1tOVoc; che meglio esprime il ca a) stancare, spossare; Flav. Ics., bell.
lavoro forzato, intenso, per es. del com- 6,142: o\h' El:xov o!h' ÉXo7tlwv, «né ce-
battente in guerra 4, lo sforzo del servo devano né erano spossati (nella batta-
e dell'operaio 5, ed è particolarmente at- glia)»; b) stancarsi, affaticarsi, detto di
to a connotare il duro cimento dell'e· sforzi fisici o anche spirituali; per es.,
roe 6 • Rispetto a x61toç, anche µ6x17oc; in iscrizioni sepolcrali a proposito della
presenta un'accezione diversa, signifì- grave fatica sostenuta durante tutta una
cando la fatica fisica o psichica che è la vita: µE-cà. 't'Ò 1toÀ.Àà. xom<iO'ct.L 9; in
sorte di chi vive in questo mondo, sen- senso spirituale è usato da Philo, mut.
za che ne sia espressamente indicata la nom.254; cher.41: xomwO'ct. È.1tl 't'TJ <ruv-
x67tot; x-r>...
A.voNHAltNACK: ZNW 27 (r928) I ss.; TRENCH canto a &.ypU7t\IE~V; I,7 ,30: oò 'JtO\ITJCTOµEv où-
352 s.; D&SSMANN, L.0.' 265 s.; H . T. KulST: o' à.ypu7t\IOUµt:\I ~~Epya.1;6µEVOL... HARNACK ( ~
Biblical Review r6 (r932) 245-249. nota bibliogr.) 4, suppone che proprio per que-
1 Per l'etimologia di x67tot; e x67t"t'W, dr. il
sto Paolo abbia forse intenzionalmente evitato
lituano kap6ti (zappare), l'antico slavo kopati d'usare il profano n6voc;. Nel N.T. 7t6voç ricor-
(scavare); BOISACQ 492; WALDE-POK. I 559 ss. re soltanto quattro volte (Co/.4,13; Apoc.r6,
IO s.; 2I,4: nella nuova Gerusalemme non vi
Pare quindi che x61tot; indicasse specialmente
il duro lavoro di sterro. saranno o!ht nlv»oi; ol>"t'E xpcxuy"'1 o!he n6-
2 Hippocr., aphorirmi 2,5; Plat., resp. 7,537 b
voç). In rispondenza all'uso profano, x Clem.),
4 indica con n6voç la fatica e la sofferenza de-
(accanto a ihtVoL); Flav. los., ant.r,336; 2,257; gli apostoli.
3,25; 8,244. P. Masp.32,50 (accanto a crxuÀ.-
µ6ç, angheria, fatica del viaggio). 7 Eur., Phoen.784 : 'ltoMµoxDoc; "AP'l]ç; lob
3 Aesch., Suppl.209; usato con un gioco cli pa· 2,9: wfii:VEt; xal 'lt6Vot, oi)ç Elt; 'tÒ XEVÒ'll ÉXO·
role in una frase proverbiale da Macarius Pa- 7tLCXO'a. µE-.<Ì. µ6xDw\I. Venti volte in Ecci. (r,
roim.iographus 5, 22 (LEUTSCH - SCHNEIDEWIN, 3; 2,rn.n.r8.r9.20.2r, ecc.); nel N.T. tre vol-
Corpus Paroemiographorum Graecorum Il te, sempre accanto a x6'1tot; (2 Cor. n, 27; x
[185r] P.· r8o): xlrnoc; x6'1tov MEL; test. Iss. Thess.2,9; 2 Thess.3,8).
3,5: BLà -rou x6'1tou ò Ìi7tvoç µoL 'ltEpLeyivE-to; 8 Theofr., fr. 7,r3: -cii> BÈ f3paxlovt xo7ttcxpt:>-
He11.7,3; n,1.
-tEpov (più faticoso) 8Là. xtvfi.:; pl'lt-rEL\I i\ ll-
4 'lt6voc; µ&.xtJc; in Horn., Il.!6,,568; 6,77; r7,
Dov fi (}.).)..o -tt ~apo.:;, BL6'tt cr1tacrµa.-rw1ìfo-
718; sinonimo cli n6).Eµoc; in u,348.36r. -cepov xcxL xaµcx'tWB~cr-rEpov (più spossante).
5 In Pseud.-Plat., Ax.368 a/b, è usato a pro-
In Horn., Od.9,r26 è detto del lavoro di chi
posito del ~&.v1Xucroç: novouµlvwv lx wx-.òc; costruisce navi.
Elç 'llUX"t'a.
6 Specialmente di Eracle. Per conseguenza 1t6- 9 Vedi DEISSMANN, L.0.' 265, n. r; inoltre la
voc; è termine preferito dagli stoici, per es. iscrizione sepolcrale CIG 9552 (Roma): -relc;
Epict., diss.r,2,r5; 2,r,ro.r3 s.; come in Paolo [ =~a-rt<;] µoL nol)..à txo'ltlcx<TEV; cfr. Rom.
cosl in Epitteto, il verbo è usato volentieri ac· I6,6.
773 (m,827) x67toc; (F. Hauck) (m,828) 774
EXEl~ 't"fjc; à.crK1)crEwc;, « [Lia] che s'affa- mo, ora tanto tribolato, sarà definitiva-
tica nella pratica continua del bene». mente liberato dalla fatica e dalla spos-
Nei LXX Kom<i\I rende specialmente satezza (Js.33,24: l;lh).
jg' e significa a) stancare, spossare, per Nel N.T. x67toc; e xo'1tla<.ù hanno i se-
es. nel travaglio del combattimento (2
Bao-.23,ro), oppure indica la spossatez- . guenti significati:
za fisica e psichica di chi sospira e ge-
me nell' affiizione (t}i 6,7); b) stancarsi I. stancare, in senso proprio (lo.4,6:
(ancora in rispondenza a ig'), per es. Èx 'tfjç ooomopla.c,)11 ;
in senso traslato
nel lavoro dei campi (! os. 24, r 3 ), nel è detto della comunità dei confessori
costruire {t}I I2 6,r ), nel travagliarsi per che ha sofferto senza stancarsi (Apoc. 2,
la ricchezza {Iob 20, r 8; Ecclus 3 r, 3),
nell'estenuante prodigarsi del Servo di 3, accanto a~ Ù"JtoµÉ\lw);
Jahvé per il suo popolo (Is. 49, 4). Il
sostantivo x67toc; nei LXX rende per lo 2. stancarsi, affaticarsi, in senso pro-
più 'iimiil, fatica 10• Spesso ricorre accan- prio (Mt.6,28 par.; Lc.5,5; Eph.4,28:
to a '1to\loc; (t}i 9,28; Ier.20,r8; Abac. 1, xoma't"w Èpya~OµE\loç 't"ct.tc; tolaLç XEP-
3). L'A.T. è incline al pessimismo; la
vita vi compare di solito gravata dal la- crl\I; 2 Tim. 2,6: -rÒ\I xomw\1-ra. yEwp-
voro sfibrante e dalla fatica (tfJ 8 9 ,ro ). y6v ); in senso traslato ed escatologico
L'uomo è nato all'affanno, come l'uccel- in Mt.11,28 s.: a coloro che s'affaticano
lo al volo (lob 5 ,7 ). Cosl nell'A .T. x6- sotto il peso della legge giudaica Gesù
'1toc; diviene termine specifico per indi-
care il senso religioso della sofferenza. apporta, con l'era della salvezza, il suo
Esso designa l'affanno del vivere e del riposo ristoratore12• La locuzione x61touc;
patire, al quale l'uomo, e particolarmen- 'ltO:PÉXEW 13 ha il significato generale di
te il giusto, non può sottrarsi in questo
mondo e dal quale è salvato per opera procurar fatica, molestia (Mc.14,6 par.;
di Dio (\jl 24,r8, accanto a 't"a?tEl\IW<TLc;; Le. II,7; 18,5; Gal.6,17). In Apoc.2,2
87,16; 106,12; lob u ,16). Corrispon- (accanto a Ù1toµov1) e a ~pya.) e 14,13
dentemente XOTCOc; e xomaw giungono ( a\lll.'lta.l}O'OV"ç'm Ex 'tWV X07tW\I a.Ù'tW\I ),
a connotare un importante concetto che
sta in antitesi con la speranza escatolcr x6'1toç si trova in un contesto escatolo-
gica. Fatica del presente e riposo risto- gico ed esprime il senso religioso della
ratore dell'era della salvezza ( ~ a\l&.- sofferenza, per il quale la fatica terre-
7tct.UCTLç) si contrappongono. Nell'era del-
na dischiude la speranza d'un riposo ce-
la salvezza non vi sarà più alcuna vana
fatica (Is.65,23). Come Dio non cono- leste. Anche in questo caso l'attuazione
sce stanchezza (Is. 40,28 ss.), cosl l'uo- della salvezza pone un termine alla mi-
10 Nei profeti minori traduce 'iiwen (avversità, -maw, cfr. LmnELL-ScoTT); cfr. Is.40,31.
sciagura, miseria): Mich.2,1; Abac.3,7; Zach. 12 JoACH. JEREMIAs, ]esus als Weltvollender,
ro,2; in Os.I2,4 indica 1a fatica di Giacobbe BF.Th 33A (1930) 73-
che combatte (T.M. 'iln). 13 D EISsMANN, Bibelstudien 262 ss.; P. Tebt.
11 Cfr. Flav. Ios., ant.2,321: Ù7tl> -ri'iç oooiito- 21,10.
plaç XEX07twµÉvoi, da xo7t6w (xo7t6oµoci=xo-
775 (m,828) xo7toc; (F. Hauck)
Thess.1,3: x6r.ov "t''~c; &.y6.7t'J]c;, «fatica negli Atti degli Apostoli (20,35). Vice-
dell'amore»). Probabilmente già in r versa va scomparendo nel sec. n (Barn.
Thess.5,12, quando si parla di "t'Ouc; xo- 19,xo). Probabilmente si avvertl che un
mwv"t'cx.c; ÈV Òµi:V (accanto a 1tpO~O-"t'aµE termine come xomci.v, indicante il lavo-
VOL), si pensa ai ministri della comuni- . ro pesante, non era più applicabile al-
tà, anche se non sembra escluso un im- l'accresciuta posizione onorifica di cui
pegno volontario 15 • godevano i ministri della comunità 16 • I
Questo uso prettamente paolino si ri- Clem. 5 A parla ancora dei 7t6vot degli
scontra anche nelle lettere Pastorali (I eroi e martiri cristiani.
Tim.4,10; 5,17), in Giovanni (4,38) e F.HAUCK
, , ' ,
X01tE't'O<;, X01t'tW, CL1tOX01t'tW,
, I ' I ' I
EYXO'TCT), EYX01t't'W, EXX01t't'W
4. annuncio profetico del xont"t'6c;; II. IJ lamento funebre nella vita, nella morte
.5· X01tt"t'6c; nelle profezie della salute. e al ritorno del Cristo:
D. Il lamento funebre nel giudaismo: l. Gesù e il XOTIE"t6c; durante la sua vita;
TINGS, D.B. m 4.53 ss. (T.NrcoL, MouRNlNG), tums I e II (1896) s.v. Trauer, Kaddisch; M .
nei due articoli altra bibliografia; K. F. KR1L, GUTTMANN, mpt~ tlmwd, Clavis Talmudis l
Handbuch der biblischen Archaologie Ii (1859) (1906) s.v. 'bl; S. KRAUSS, Talm11dische Ar-
101 ss.; W. NovAcK, Hebraische Archiiologie chaologie n (r9II) .54 ss.; STRACK-BILLERBHCK
1 (r894) r92 ss.; ]. IlENZIGER, Hbr. Archao/o- I 521 ss.; IV .578 ss.
gie3 (1927) I33 ss.; A. BERTHOLET, Kulturge- 1 Cfr. per es. Ier.22,18 con Is.32,12, nonché
schichte Israels (1919) = AHistory of Hebrew
sotto C.
Civilflation (1926); H.]. ELHORST, Die israe·
2 Cfr. per es., Aug., confessiones 3,II, dove il
litiJchen Trauerriten: ZAW Beih. 27 (r914)
IIJ ss.; W. BAUMGARTNER, Die Klagegedichte verbo si riferisce urùcamente al piangere, con
des Jeremia: ZAW Beih. 32 (19r7); H. }AH- un gioco di parole nel 111ort11os piango riferito
NOW, Das hebr. Leichenlied ìm Rahmen der alle campane.
Viilkerdichtung: ZAW Beih. 36 (1923); P. 3 Soltanto una volta (Aesch., Coeph. 423) si
HEINISCH, Die Totenklage im A. T. ( == Bibl. trova in una figura etimologica l'attivo: x611-
Zeitfragen xm 9/10 [1931]; nel seguito del- "t'EW xoµµ6v. Altrove il medio anche in figura
l'art. verrà citato cosl : HBINISCH, Totenklàge); etimologica, per es., LXX Gen.50,10; Zach.12,
!D., Die Trauergebriit1che bei den Israeliten IO.
( :::: Bibl. Zeitfragen xm 7/8 [1931]): in se- 4 L'attivo, nel significato originario di tagliare,
=
guito HEINISCH, Trat1ergebrauche. staccare, si trova solo nel passo di Mc.II,8 par.
Per D : 5 Forme secondarie equivalenti sono xoµµ6c;
J. lIAMllURGER, Realencyclopadie des Juden- (Bion, ed. U. v. W1LAMOWlTZ - M6LLRNDORF,
xo11:E~oc; (G. Stahlin)
Queste relazioni linguistiche mostrano umam rntesi a placare gli spiriti mali-
che l'atto di percuotersi, comunque fos- gni che si aggiravano in particolare in-
se compiuto, era una componente, sep- torno alla casa del defunto, o ad appa-
pure non caratteristica, del lamento fu- gare la brama di sangue del morto o,
nebre. In effetti, là dove la morte en- ancora, a proteggere il morto stesso dai
tra in una casa, si vedono donne «do- demoni 9 • Specie in epoche più tarde,
lenti percuotersi il petto, pallide, coi ca- questo si potrà spiegare come espressio-
pelli sciolti», non solo al confine tra ne del bisogno di mostrare crudamente
Oriente e Occidente (a cui si riferisco- il dolore e di renderlo palese sul pro-
no queste parole del Siegesfest di Schil- prio corpo. In particolare, è ben diffi-
ler), ma nell'una e nell'altra zona; in cile che il percuotersi il petto10, le guan-
Oriente, poi, lo spettacolo è comune an- ce 11 o il capo 12 derivi da tali sacrifici,'
cora ai nostri giorni. sebbene anche in questo caso non si deb·
Gli uomini si percuotono principal- ha scartare completamente l'idea di sub-·
mente per esprimere due forti senti- strati cultuali. Anche qui, infatti, può
menti, il pentimento (~n. 128) e il do- essersi fatta sentire l'antica credenza se-
lore. Il dolore s'aggiunge al dolore! condo cui «per l'anima, invisibile ma
Quello dell'anima è cosl soverchiante, !Jresente, del defunto, le testimonianze
che l'uomo non si avvede del dolore fi- più care sono le manifestazioni più vio-
sico; e ferendosi - cosa che nel penti- lente del dolore causato dalla sua scom-
mento e ne1la sofferenza rappresenta so- parsa» 13 •
vente un motivo secondario - egli atte- 2. Ciò che vale per xo7tE"t'oc; in senso
sta che il suo dolore è genuino. Per stretto vale anche per xo1tE"t'6c; in senso
questo in numerose civiltà vediamo gen- lato, per il lamento funebre in genera-
te che si graffia le guance 6 e il petto7 , le. Per lo più esso è ben lungi dall'es-
che si lacera in diversi punti del corpo 8 sere una silenziosa affiizionc; spesso, an-
e si infligge altre lesioni. Forse certi po- zi, mostra vari tratti di esagerata vio-
poli ritenevano necessario veder scorre- lenza. Si può cioè ben dire, sia pure ge-
re il sangue. Ma ciò non deve far cre- neralizzando, che più si procede verso
dere che all'origine di usanze siffatte si Oriente e più alti diventano i lamenti,
trovi sempre un sacrificio di sangue so- più incontrollate e incessanti le grida
stituitosi, forse, a precedenti sacrifici di dolore, più lunghe le nenie 14• Gli an-
in Bucolici Graeci [1905] l,97; ~ anche n. v. ibid.); 47,5 (Filistei; LXX 29,5: x61jmç
'trt.L,
3), e x6?toc;, (Aesch., Suppi. 209; Eur., Tro. in diverso contesto e significato ~ n. 56), an-
794: x67tot:; CT'\Épvwv). xoµµ6c; già nel periodo che B. MErSsNnR, Babylonien und Assyrien I
classico si allontana dal suo originario signifi· (1920) 425.
caro concreto per assumere l'accezione di can- 9 Cfr. HEINISCH, Trauergebriiuche 60-66.
10 Per es., Is.32,12; Lc.23,48; Luc., de luctu
to doloroso, divenendo un sinonimo di i)pfi-
\IOt; (dr. Aristot., poet.12, p. l4J2 b, 18.24). 12.
6 Cfr. Nonnus, Dìonys.24,182 ecc.; cfr. S1TTL 11 Per es., LXX Ez. 6,9; 20,43; cfr. P. KAHLE,
(~nota bibliogr.) 68. Die Totenklage im heutigen Agypten, in Eu-
7 Horn., Il. 19,284 s.; cfr. per es., A.0.B. n. charisterion fiir H. Gunkel I (1923) 346 ss.
665 (Byblos); Statius, Thebais (ed. A. KLOTZ 12 Cfr. Il.22,33 ( 4 n. 25), forse anche Ier.2,
[ 1908]) 6,178; HEINISCH, Tra11ergebriiuche 58. 37; dr. Lc.23,48 D; -+ n. 105.
8 Cfr. Ier.16,6; 41,5 (LXX 48,5: X07t'T6~voL 13 RoHnE'· 10 r 222 s.
~e I. 1); 48,37 (Moab; LXX 31,37: x61Jiov· 14 Sulla violenza del xo7te'T6c; orientale, e spe·
xom-roc; (G. Stiihlin)
tichi popoli d'Oriente, e in parte anche to era in casa, ma anche durante le so-
quelli odierni, mostrano nelle usanze di ste del corteo funebre essi si accascia-
lutto sorprendenti caratteri comuni. In vano a lamentarsi 20• Inoltre, almeno per
Egitto, il giorno della morte è 'giorno la Palestina, la Siria odierna e soprat-
del grido di angoscia' 15, di cui erano tutto per l'Egitto antico e moderno, è
protagoniste le donne della famiglia e attestata una danza funebre eseguita da
le prè.6.che, appositamente pagate. Un donne in lutto, che (in Egitto) si batto-
lamento ininterrotto e selvaggio si al- no le guance al ritmo dei tamburi 11 .
ternava ai canti funebri; ma tra i canti
e le singole strofe risuonavano grida di 4. L'origine del lamento funebre do-
lamento, come 'Maledetta la disgrazia!', vrà esser ricercata analogamente a quel-
'O dolce padre, mio signore!' e simili 16. la del xo7tE-r6<; vero e proprio. «La la-
Analoga e ancora più pomposa era mentazione violenta ha già attinenza al
la forma del lamento funebre in Babilo- culto dell'anima dipartita>>, dice il Roh-
nia; sappiamo infatti di numerosi pia- de 22• Forse sono da vedere in questa lu-
gnoni ingaggiati personalmente, che en- ce quei dipinti egiziani nei quali trovia-
travano in azione nei casi di lutto 17 • An- mo cosl spesso raffigurati atteggiamenti
che le usanze dei popoli tra la Babilonia di cordoglio 23. Ma in alcuni popoli il
e l'Egitto, i Siri, gli Arabi e gli Israe- lamento funebre può aver avuto un'ori-
liti 18 , corrispondevano sostanzialmente gine addirittura opposta. Come le sva-
a quelle dei due popoli dominanti. l'iate forme di autolesioni, cosl anche
gli strepiti, insieme coi rumori di ogni
3. Il comportamento abituale del xo- genere (cfr. Mc.5,38s.) che si hanno tal-
in senso stretto come in senso
7tE't'6t;, volta nel lamento funebre intendono
lato, era quello caratteristico del lutto: impaurire gli spiriti maligni, che minac-
i piagnoni sedevano per terra 19 - nella ciano in modo particolare la casa del de-
polvere, perché da questa l'uomo è trat- funto è, forse, anche lo spirito di colui
to e a questa ritorna - e si battevano che è appena spirato 24• Quest~ spiega-
petto e guance; e non solo finché il mor- zione, tuttavia, non vale. là dove i la-
mentì sono espressione diretta dell'amo- l'Oriente ellenizzate più tardi. Ed è si-
re di chi fa cordoglio, come per es. nel gnificativo che l'Oriente offra, oggi co-
caso dei lamenti funebri in Egitto (-7 me allora, l'esempio della pratica più
n. 1 6) e, più ancora in Israele, manife- completa di questo costume; Elettra
stamente suggeriti dal dolore dei con- (Aesch., Coeph.418 ss.) paragona il suo
giunti, dal desiderio di onorare il defun- xoµµ6ç (-4 n. 3 e 5) al lamento fune-
to e di muovere a compassione i pre- bre persiano, per render più al vivo la
senti (-7 BI. 4). forza del suo dolore (dr. anche Aesch.,
Pers.683).
B. IL LAMENTO FUNEBRE
NEL MONDO GRECO-ROMANO 2. È quindi facile comprendere come
Solone reputasse necessario (""'"7 IV, col.
I. Il lamento funebre popolare 544) intervenire contro quelle aberrazio-
ni degli usi funebri che per il sentimen-
r. Le due forme di X07tE"t6ç - il per- to greco erano esagerate (Plut., Solon 2 r
cuotersi il corpo e il lamento - sono [I 90 C] : aµuxàç X01t"tOµÉVW\I à.q>E~ÀEV
già attestate nei primissimi tempi della «aboll l'usanza di lacerarsi durante i la-
civiltà greca. Omero desctive l'usanza menti funebri») 27 • Le sue norme legi-
del vero e proprio X01tE"t6ç non solo slative furono imitate anche in diverse
presso i Troiani (Il. 22,}3: [Priamo] leggi regionali, tra l'altro anche nelle
XEcpa.À.1}\1 25 0 O YE x6tjia..-to XEpcrtv Ù~o
1
leggi delle xn Tavole. Ciononostante,
<1' à.v1X<1)COµEV0c;, «il capo con le mani il x61t"tEcrfro:t hct -tEW'YJXé"tt rimase in
percosse, levandole in alto»), ma anche pratica dappertutto, come è attestato in
presso i Greci (Jl.19,284s.: Briseide 26 particolare da numernse immagini su
alla vista di Patroclo morto )CEpcrt o' &- vasi. Il gesto si osserva in due momenti
µuO"CTE\I O'"t1)frm, «si lacerò il petto con della cerimonia funebre: all'esposizione
le mani»). Si può supporre che queste ( rcp6i)Eo-Lç) della salma nella casa e alla
violente usanze di lutto, come altre ana- sepoltura 28 • A Roma le usanze funebri
loghe riscontrabili in certi culti, abbia- ebbero uno sviluppo sempre maggiore
no la 101"0 patria in Oriente, dove si è - nonostante i tentativi di limitazione
sempre inclini a manifestare clamorosa- delle leggi delle xu Tavole e di Silla
mente i propri sentimenti (~ n. 14). - in quanto in tutte le classi sociali i
Ad ogni modo, nell'ambito della civiltà congiunti del defunto annettevano gran-
greca la forma più appassionata di xo- de importanza alla magnificenza e allo
1tE"t6c; sembra praticata nelle zone del- splendore della sepoltura; per poter so-
25 Uominì che battono il capo - tosato in se- riodo greco da noi· conosciuto.
gno di lutto (dr. SXTTL ["'nota bibl.] 66; 21 Cfr. anche ibid. iz (I 84 d): Solone limitò
HEINISCH, Trauergebrauche 42 ss.) - sono fre- nelle cerimonie funebri -.ò O"XÀ.TJpÒv xat -.ò
quentemente raffigurati anche su vasi attici, f3apf3ap~xòv i{> CruVELXO\l'rO 'Jt(JO't'E(JO\I al 'ltÀEtO'·
ecc. (cfr. RoHDE I 221 n. 2 e SITTL, l.c.; O. -rm yvva:i:xE<; (cfr. ROHDE 225 n. 3).
BENNDORP, Griechische u11d sicilische Vasen- u Cfr. RoHOE 224 s.; J. MuLLER (4 nota bi-
bilder [1868 ss.] 6 [in RoHDE]). bliogr.) 214; BLUMMER (n. bibl.) 486. Tuttavia
26 È difficile supporre che il lutto di Briseide in diversi luoghi, come a Delli, Geo e altro-
si riferisca solo, come vuole il SlTTL, 656 , alla ve, era proibito fare il lamento funebre fuori
sua propria sventura; storicamente inaccetta- della casa; in particolare il corteo dalla casa
bile è anche la sua pretesa che le manifestazio- alla tomba doveva muoversi in profondo silen-
ni violente non si avessero nel più antico pe- zio (ROHDE 22 5 ).
xonEi:6c; (G. Stahlin)
stenere le spese, non ultime quelle per il solo lamento funebre, ma anche il
i numerosi piagnoni (4 BI. 4), si forma- lutto in generale. Forse già in Aesch.,
rono le famose corporazioni per la se- Pers.683 (1t6À.tçcr-rÉvEt xéxon-tm) il ver-
poltura, che si accollavano gli oneri per bo è da intendere in senso generale; co-
le esequie dei membri col pagamento di sl pure in Plat., resp. 10,619c (xlm'tea"-
regolari contributi '19. Una descrizione fial TE xuL òoupecrficx.t 't'Ì'}V atpEO"~v ); Eu-
del XO'R"E't"O<; in epoca romana, con tutti polis, fr.347=C.A.F. I p. 349 (oc1oç o' ò
i tratti essenziali, si trova in Luc., de f3puyµòc; xcx.t xone-i;òç i'll TTI CT'tÉYU );
luctu I2: oiµwycx.i 8È È1tL -toù-rotc; xrxt Anth. Pal. x1 135,1: µl]xÉ-tL, J-t'r}XÉ'tt,
XWXU't"O<; yu\latXWV xc<.t 1t<Xptl. 1tii\l't"WV M&pxe, i;ò 7tmolo'll, ò.U.' ÈµÈ x67t,..ou,
òaxpua: xcx.t O"i;Épvrx TV7t't"oµi::vcx. xrxt ecc. Nel periodo neotestamentario ed
c11tapa:"t"tOµÉ\11] x6µ'r} xat <pOL\lt<TO"OµE- anche più tardi (cfr. Plut., Sol. 21 [ ~
\l<X!. 1tapsw.l, xa.t 1tov xrxt fo1)1Jc; xrx.,;a.p- coli. 782]; Libanius, ed. J. J. Reiske IV
PTJY'llVT<:tt xat x6w; btL "TI XEq>rxÀ:ft [ 1797] p. 149 >4 ss.) x6n-toµa:i, e xo7tE-
mh"tE't"at, «e ancora lamenti e gemito 'toç vengono usati in senso del tutto ge-
di donne; tutte versano lacrime e si bat- nerale. Cfr. anche schol. ad Aristoph.
tono il petto, si strappano le chiome, Lys. 397 (ed. G. Dindorf [1823] II p.
s'insanguinano le guance, e in qualche 103): xo7t'tEO"t)m. ot xecpa:À.-i}v xepcrlv,
parte si stracciano anche le vesti e si co- o-.L È\l'tEÀ.Giç ÀÉyE'tat, X01t'tEc11)at XCX.'tà.
spargono il capo di polvere». µ6va.ç Ò.'t'EÀ.wc;. xa.i X07t"tEo1>txt 'tÒ 'TtEV-
Ancor meno efficace di quella dello ìM:v. oilév XO'TtE'toç, 'tÒ 7tÉVì}oc;, Ò t)pfjvoç.
stato, fu l'opposizione della filosofia po- Hesych.: X07tE't6c; fipfjvoc; µE'tà. lfJ6q>ov
polare eJlenistica, che avvertl sempre XELPW\I.
con chiarezza il carattere orientale del
xo1tE"t6c; e ne rigettava l'usanza come A questo cambiamento di senso cor-
esecrabile, insieme con gli esagerati can- risponde anche un mutamento nella co-
ti funebri e le grida lamentose 30• Ma struzione del verbo. In origine, come il
per il sentimento popolare il x07tE"t6c; parallelo "tnt'tEW31, con l'accusativo del-
in senso proprio era diventato da trop- la parte del corpo colpita (dr. Horn., Il.
po tempo un elemento essenziale delle 22,33; schol. ad Aristoph. Lys.397 (-7
usanze funerarie - come dimostra lo sopra); anche ev. Petr.8,28: x67t'tEo1>ai
stesso mutamento di senso di x67t..oµcu ""Cà. O"-dj~) 32; poi troviamo x67t"tOµm
- perché lo si potesse sopprimere con usato in senso assoluto (Aesch., Pers.
la forza o con la ragione. 683; Plat., Phaed. 60 a; Mt.n,17; 24,
3 o) o con l'accusativo della persona com-
3. Come abbiamo già rilevato all'ini- pianta (Aristoph., Lys.396; Anth.Pal.x1,
zio(~ coli. 780 ss.),il XO'ltE-toc;, in quan- 135,1; Lc.8,52 33 ; dr. anche Luc., Syr.
to elemento principale del lamento fu- dea 6: µv1)µ11v [scil. di Adone] 't'U7t-
nebre, designava già per sineddoche non 't'O\l"at) o (ad imitazione .tlell' ebraico)
con btl e l'ace. (per es., Apoc. r,7; ~ In Grecia le lamentatrici appaiono
n. 126) o anche con É7tL e il dativo già in Omero, nei canti funebri per Pa-
(Zach.12,rn, var.; Apoc.18,9, var.). troclo (Il.19,284) e per Ettore (24,722:
É7ti ÒÈ cr-.Evtixov't'o yuvafocEç). Anche le
4. Una questione da trattare a parte immagini vascolari della Grecia antica
è quella della partecipazione di uomini testimoniano questa usanza in epoca an-
e donne al X01tE"C'6ç. Come altri costumi teriore, come vediamo nell'immagine de-
religiosi originari dell'Oriente (i miste- scritta dal Rohde ('-'0 224), in cui uno
ri traci, ad esempio), cosl anche il xo- stuolo di donne si battono il capo la-
'ltE"C'oc; ha questo di caratteristico, che a mentandosi e seguono il carro funebre
compierlo sono soprattutto le donne; dietro una schiera di uomini. È dubbio
già nei tempi antichi, a quanto sembra, se già in tempi cosl remoti ci fossero in
si trattava di donne prezzolate (alla pa- Grecia delle préfìche pagate, oltre a un
ri dei piagnoni, che talvolta si aggiun- gruppo di cantori (---7 Ù"pr)vÉw IV, col.
gevano ad esse). In Egitto schiere di 544); tuttavia un'eco delle usanze popo-
préfìche accompagnano il defunto alla lari si può cogliere nei poeti e negli arti-
tomba e intonano i canti funebri, inter- sti quando, per es., in Omero (Od.24 1 60
rotti da grida lamentose 34 • In Babilonia s.) appaiono come préfìche le nove Mu-
il lamento dei 'cantori funebri' 35 è di- se, e nei rilievi sepolcrali le figure di si-
venuto proverbiale 36 ; persino nella 'di- rene, «che con una mano si trappano i
scesa di Ishtar agli inferi' essi fanno il capelli e con l'altra si battono il petto»41 •
lamento su Tammuz 37• Usanze simili Solone {---7 col. 786) volle limitare
esistevano in Siria, in Palestina, e in alle sole donne, e alle parenti prossime,
qualche altro luogo 38 • Queste donne il diritto di fare il lamento funebre. Ma
hanno soprattutto il compito: 1. di e- anche in A tene sembra che fosse per-
sprimere il dolore dei familiari in for- messo a un corteo di uomini e donne
ma più perfetta e soprattutto più fasto- carii di intonare le melodie del loro pae-
sa di quanto non sappiano fare i paren- se, e anche questo sta a testimoniare
ti; 2. fare con i loro canti l' elogio 39 che pure nel xom::-.6ç l'Oriente fu pre-
del morto; 3 . di risvegliare negli ascol- so a modello 42 • A sua volta Platone
tatori, oltre alla venerazione per il de- (resp.ro,605d) attesta l'esistenza di xo7t-
funto, anche la compassione per i con- 't6µévot anche per l'epica e la tragedia.
giunti e la partecipazione al lamento (si Veramente Socrate non volle udire nep-
spiega cosl la frequente introduzione di pure il lamento della propria moglie;
espressioni come: «piangete, lamentate- per suo desiderio ÈxEivriv à.?ti}y6v 'tL-
vi, affliggetevi» e simili); 4. di lenire il vEc; 'tWV -.ov Kpl-cwvoc; ~owcrtiv 'tE xat
dolore dei familiari con vari pensieri xo1t"C'OµÉV1JV, «alcuni dei servi di Crito-
consolatori 40 • ne la condussero via mentre gridava e si
34 Cfr. A. O.B. fig. 195 s., ecc. (~ col. 783). ecc., in cui sopravvive l'antichissimo cerimo-
35 MEISSNER (~ n. 8) I 424.427. niale del lamento funebre.
39 Cfr. ibid. 31 ss.
36 A.O.T. 275; tavola 2, righe 39 ss.
37 Cfr. A.O.T. 210; MEISSNER II 67 e 95; ~ 40 Per questi motivi consolatori vedi ibid. 36
col. 792. ss.
3
~
Per la Siria cfr. A.O.B. 665; per l'insieme 41 SITTL 75.
HEINISCH, Totenklage 10 s., che tocca anche 42 Cfr. Plat., leg. 7,800 e e i relativi scholia
le usanze moderne in Arabia, Egitto, Corsica, (in RoHDE- 225 n. 1); ~col. 785 s.
xo1tE"t6.; (G. Stahlin)
batteva» (Phaed.60 a). Ma in genere du- un lamento funebre rituale per Tam-
rante i lamenti funebri le donne stanno muz, cioè per una di quelle divinità o-
in primo piano, e non solo nell'età clas- rientali a cui era dedicato un gran nu-
sica, bensì anche nel periodo ellenistico- mero di nenie funebri religiose 46• Oltre
romano, quando gli influssi orientali si a innumerevoli caratteristiche particola-
rinnovano. Plut., Fab.Max.17 (I 184 d), ri, il suo culto aveva in comune con
parla di >t07CE"tOL yuv:z.txEfo~; Luc., de quelli di Adone in Siria, di Attis in Fri-
luctu r2, di xwxurçòc; yuva.~xwv; Stazio gia ed anche di Osiride in Egitto un
(Thebais 6,178 ~ n. 7) descrive delle tratto particolare, cioè il lamento del-
donne che si lamentano «senza alcun ri- la dea sul dio: di Ishtar su Tammuz, di
guardo per i capelli e il petto», e nel fa- Astarte su Adone, di Cibele su Attis 47 ,
moso rilievo sepolcrale degli Attali 43 so- di Iside su Osiride 48; come queste dee
no raffigurate soprattutto delle donne dei culti antichissimi si affliggevano per
con i capelli sciolti, che si battono il pet- gli dèi loro amanti, cosl i loro fedeli nel-
to 44. Ma sia in Occidente che in Orien- le solennità annuali consacrate alla com-
te, e qui proprio nelle regioni ellenizza- memorazione del dio morente, ne ripe-
te, non vi è una netta differenza tra don- tono l'atteggiamento, con tutti i gesti
ne e uomini che partecipano alla cerimo- pittoreschi con cui l'Oriente è solito ab-
nia funebre; le une e gli altri si percuo- bandonarsi al lutto 49 •
tono il petto, si strappano i capelli, si 2. I riti corrispondenti giungono in
graffiano a sangue le guance, ecc. 45 • So- Grecia per influsso dell' Oriente, e in
prattutto, sia in Oriente che in Occiden- parte sono presi direttamente di là. Nel-
te esiste un personale remunerato, com- le religioni misterioso.fiche della Grecia
posto sia di donne che di uomini. il mito è sempre quello della morte e
della risurrezione della divinità. Nel nu-
II. Il lamento funebre nel culto
cleo centrale di questo mito rientrano
l. Oltre che nei lamenti funebri pri- sempre i lamenti per il dio perito in
vati, che in origine si richiamano forse modo spaventoso - per Persèfone e Dio-
a qualche culto, il :X:07CE't'6ç più violento niso, e per le divinità ellenizzate Ado-
si trova, in Oriente e in Grecia, come ne e Osiride - e, quando il mito segna
una cerimonia oropriamente religiosa, a] la grande svolta verso la vita, vi rien-
cui centro era la morte e ]a risurrezione tra il giubilo per la salvezza del dio. Il
di una divinità. mito si esprime nel rito. Il lamento fu-
Un passo de1l'A.T. (Ez.8,14) parla di nebre e il giubilo per la vittoria accom-
43 Cfr. BLOMMER 486 n. 4; SITTL 70. 48 Cfr. per es., «quel compianto che è dive-
44 Cfr. ancora Dio. Hai., ant. Rom.n,31,3 (qui
nuto il paradigma di tutti i lamenti funebri»,
tuttavia non si tratta del compianto per un in A. ERMAN, Die Religion der ii.gypter (1934)
morto) e~ coll. 799; 810 s.; 820. 73.
49 Di una fonnà del tutto particolare di com-
45 Cfr. SITTL 67.
pianto cultuale evidentemente proprio dell'&
ol6 Cfr. gli esempi in A. UNGNAD, Die Religion
gitto, parla Luc., de sacrificiis 15, che tratta
der Babylonier und Assyrer (1921) 231 ss. e del 1tt'JDoc; e del X01tE't6c; per le vittime sacri-
A.O.T. 27oss., qui specialmente il secondo can· ficali: ut lìÈ ~ulu~ xut mx.p' ~xd\lotc; ut o.:ò-
to che è evidentemente posto in bocca ad lsh- "Cai, n )..1}v o-rt 1tEvfrov<n 'tÒ tEPE~ov xo..t x61t-
tar; vedi anche fRAZER (~nota bibl.) I 9 s. e 'tO\l..-cx.L 7tEpur-r&.'J'tEc; ~lì"l'J 7tEqlO\IEUµt'JoV, oi lìÈ
la bibliografia citata ibid. rn n. I . xul. ita:1t'tOUITL µ6vov Ò..1tOUcp&!;aV'tEc;.
47 Cfr. FRAZER e~ nota bibL) I 272.
793 (m,834) XO'ltE-roç (G. Stiihlin) {m,835) 794
pagnano gli atti principali del dramma suono del flauto (~n. 96). Il primo at-
cultuale, ripetuto ogni anno, come ac- to di questo dramma «in cui si geme, ci
cenna anche Girolamo (inEz.8,14; MPL si percuote il petto, ci si ferisce» si, vie·
25 p. 83 a): ...interfectionem et resur- ne di solito designato, nel suo insieme,
rcctionem Adonidis planctu et gaudio col termine tecnico X01t'toµa..t (oppure
prosequens. Alla fine i misti esplodeva- 'tU7t-roµat), come, ad es., in Aristoph.,
no in manifestazioni di giubilo sfrenate Lys. 396 (x61t-rEcrU""'Aowvw) e Luc., Syr.
e selvagge; ma egualmente sfrenato e dea 6 (~ i}pl}VÉ<iJ IV, col. 545), due pas-
selvaggio era stato, in precedenza, il la- si che si riferiscono al culto di Adone ;2 •
mento per il dio morto 50• Gesti estatici, In senso lato rientra in questo tipo
in cui si esprimeva e si sfogava tutta la anche il lamento funebre per l'eroe di-
passionalità dell'Oriente, accompagnava- vino Achille, che, a quanto narra Pau·
no dapprima i iJpf)vot, e poi i od}upaµ- sania ( 6,2 3 ,3 ), veniva eseguito ogni an-
~Ot, la cui eco si riverberava nei due at- no accanto al suo cenotafio in Elide: ai.
ti principali dei misteri: al ~ i)pljvoç yuvai:xEc; at 'HÀ.El:a..t aÀ.ÀG.. 'ti:'. 't"OV 'A-
corrispondeva soprattutto il X07tE't"6c; nel XtÀÀ.ÉW<; òpwow Éc; "tt!J,'ÌJV xa..t x6m;ecr-
significato originario, al giubilo eccitan- ilat 'lloµlè;,oucrL'll a..ù-r:6'11, «le donne di E-
te dei flauti co1'l'ispondeva la danza. lide, oltre alle solite manifestazioni in
Questa rispondenza delle azioni cultuali onore di Achille, sogliono compiere in
si ha ancora, forse, nell'inno che è ve- suo onore una cerimonia funebre».
nuto a trovarsi in act. Io.95 e che sem-
bra essere di origine gnostica: a.ÙÀ:ij(n.ti. C. IL LAMENTO FUNEBRE NELL'A.T.
1)€)..w· òpx1Jcracri1e 7ta\l"tEç ... i>pl)'llf)<Tat
i>ÉÀw· x6o/acti}E 1tOW't"Eç, «voglio suona- I. Il lamento funebre popolare
re il flauto: danzate tutti... voglio pian-
gere: battetevi tutti». È un verso in due r. Dati linguistici. L'esatto corrispon-
membri, che si richiama evidentemente dente del greco x67t'toµat (in senso pro-
alle parole di Gesù in Mt. II, 17 par., prio) è l'ebraico spd, che in siriaco ha
ed è inserito in un inno di commiato di già il significato di battere, e che nella
Cristo; ma la vera origine di questi re- locuzione spd 'l f djm ritroviamo anche
sponsorii è da ricercare in tutt'altra di- nell' A.T. (ls.32,I2), dove di solito è
rezione, cioè nei misteri di Attis con le già usato nel senso figurato di lamen-
loro grida di lamento e di giubilo, forse tarsi, essere in lutto 53• Al contrario, a
accompagnati, gli uni e gli altri, dal- xo1t'toµm e XO'l't"E'toç 54 presi in senso la-
la danza orgiastica (~ col. 784) e dal to e nella loro accezione generale corri-
spondono in ebraico i termini indicanti sca una delle espressioni correnti indi-
specificamente il lamento funebre, so- canti il lamento e il lutto, appare dal
prattutto i verbi 'bl (per es., Is. 3,26; fatto che esso ricorre anche per altri
Ier.4,28; loel l,9; specie in forma hit- verbi ebraici non propriamente sinoni-
pa'el: Gen.37,34; 2 Sam.13,37; 19,2; mi, segnatamente per alcuni che ai tra-
2 Par.35,24; Is.66,10); 'nh (Is.3,26) e duttori richiamano, forse, gesti di cor-
spd (in senso generale, per es., Gen.23, doglio meno comruù, come gdd all'hit-
2; r Sam.25,r; 2 Sam.11,26; I Reg.14, po'el 56 , farsi dei tagli (in segno di lutto,
13.18; Zach.12,12), nonché i sostantivi lEp.48,5 [41,5J; ~col. 781) e il cor-
'ebel (Gen.27,41; 50,u; 2 Sam.u,27; rispondente sostantivo g"dudiì (IEp. 31,
Am.5,16; Ez. 24,17), b"klt (Gen. 50,4) e 37 [48,37] ), plS all'hitpa'el, voltolarsi
misped (per es., Am.5,16 s.; Mich.1,8; nella potvere (IEp.32,34 [25a4]) e 'sp
in Gen.50,ro troviamo la figura etimo- al nifal, che indica l'atto di raccogliere
logica spd mspd). le ossa (ler.8,2). È sorprendente come
Nei LXX x67t-roµa.i e X01\E'tO<; ren- proprio in simili casi si palesi ancora di
dono per lo più spd e mspd. tanto in tanto l'accezione originaria di
Nella maggior parte di questi casi gli x61t't'oµm, come in IEp. 3r,37 (48,37:
equivalenti greci ed ebraici, esattamen- xa.ì. 1tMa.1. XEtpec; xélJiwt'a.t); dr. anche
te corrispondenti l'uno all'altro, sono Ez.6,9 (x6ljlovi;a.1. 11:p6crw1ta. a.ù-i;wv ); 20,
termini generali che designano il lutto, 43 (x61fmrDE 'tà. 'Itp6crw1ta. ùµWv), in cui
specialmente là dove x6n'toµm è in nes- i gesti di afilizione servono ad esprimere
si formali o in rapporto di parallelismo metaforicamente il ribrezzo verso se
con xÀa.lw (2 Ba.o-. 1,12; IEp. 41,5; Ez. stessi. Parimenti, là dove accanto a XO'It-
24,16.23), &.'ì..a.À.&.sw (Jer.4,8; IEp. 32, 'toµa.i vengono menzionati atti concreti
34), nEvi}éw (Ier.16,5; I Mach. 9, 20); di afflizione, come radersi i capelli (ls.
ilp'l}VÉW (Mieh. I ,8; IoelI ,13 ), tM.'1t'tW 22,12; Ier. r6,6) o la barba (IEp.48,5
(1 Brur.13,29 s.; Ier.8,2; 16,4), e X01CE- [4r,5]), lacerare gli abiti (ibid.), vestir-
't6ç con xÀ.a.vi)µ6ç (ls. 22, 12) Ioel 2, si di sacco (ls.22,12; IEp.30,19 [49,3];
12), 1CÉvi}oç (Am.5,16; Mich.1,8; Ier.6, Ioel l,r3), graffiarsi (Ier.16,6), ecc., si
26; Esth.4,3), 1tp'ijvoç (ler. 9,9) o con può ancora supporre una certa figura-
tutti e tre (Ecclus 38,16 s.), con y6oi (3 zione del vero e proprio X01tE't'6ç.
Mach.4,3) e simili. Lo stesso dicasi per I termini tecnici per eseguire un
i casi in cui xonErç6ç sta in contrapposi- lamento funebre, oltre alla figura etimo-
zione con espressioni di gioia (ad es., logica x6n'toµa.t xom:-.6v, a cui nel T.
ljJ 29,12), e quando si tratta della figu- M. corrisponde spd mspd (Gen. 50, ro;
ra etimologica X01t'toµa.t xonErçov (Gen. cfr. Zach. 12,ro) e più tardi hspid hspd
50,ro; 1 Mach.2,70; Zach.I2,10; ~ n . (AZb 18 a; bMQ 21 b), sono le locuzio-
3). ni X01tE'tÒV 1tOtovµa.t, o 7COtW (Ier.6,26;
Fino a qual punto il verbo 55 costitui- Mich. r,8; Ag. 8,2), xom'tÒV À.a.µ~tivw
ni greche della Bibbia per ciascuno dei corri· 56 IEp.29,5 (47,5) presenta l'attivo xé'lt'tc.>, ma
spendenti vocaboli ebraici (~sopra); i LXX esso è connesso con !Utxa:~pa: (v. 6) e assume
infatti scelgono di solito xé'lt-toµa~ e xorcn6c; perciò un senso diverso. Invece in Ier. x6,6
come equivalenti delle voci derivate dalla radi- itgdd è tradotto correttamente con tv'toµllia.ç
ce spd (anche in senso lato) (~ col. 794). 1'to~ei:v, evidentemente perché subito dopo vi è
55 Il sostnntivo XOTCE-t6ç si trova una volta so· spd, altrettanto correttamente tradotto con
la, in Ier. 9,9, per beki e n•hi; altrove per xbn-toµrx.L.
mspd.
xom:-.éç. (G. Stiihlin)
57 A ciò forse accenna Eccl.12,5; cfr. H. MEN· che era caduto da più di tre mesi).
GE nella sua traduzione della Bibbia, ad l.; 59 Cfr. la festa annuale in memoria di Achille
HEINISCH, Totenklage 12.
in Elide (Paus. 6,23,3; ~col. 794).
58 Cfr. anche Jer.22,10: µT) xÀafr:r:E -.òv 'tE·
Wrjx6-ra µ'1'}5~ i>Pl}\IEhE airr:6v (scii. Giosia, 60 Cfr. UNGNAD (~ n. 46) 236.
799 (111,837) X01tE't6c; (G. Stiihlin) (m,837) 800
ta poi a una nota tipica dell'antica vita cantori e le prime cantatrici» (delle la-
israelitica: il lutto del popolo per la mor- mentazioni). Ma anche qui non manca-
te di persone di una certa importanza, no gli uomini, come si apptende dall'ul-
special.mente per i capi, di cui l'A.T. ci timo passo citato e come si può conclu-
dà più vo1te notizia: Deut.34,8 (Mosè), dere dal genere maschile in Am. 5,I6
I Sam. 25, l (Samuele), 2 Sam. 3, 31 ss. ( EtòO'tE<; lJpijvov) e Eccl. I2 ,5 (oi. :>eO'lt't'O-
(Abner), x Reg.q,18.13 (Abia, tiglio di µEVot, i piagnoni che stavano sulla stra-
Geroboamo I), 2 Par. 35,24 s. (Giosia), da, intorno alla casa del morente, per
I Mach.2,70; 9,20; 12,52 (i capi Macca- essere ingaggiati al sopraggiungere della
bei); cfr. anche Gen. 50,J (lutto degli morte).
Egizi per Giacobbe).
Come presso gli altri popoli, cosl an- 4 . Il X07tE'tO<;, sia spontaneo sia pro-
che in Israele nei lamenti funebri sono fessionale, si esprimeva principalmente
in evidenza le donne 61 ; ora fanno la lo- con lamenti senza forma fissa, i quali
ro apparizione veri e propri cori fem- tuttavia furono gli antecedenti dei i>pjj-
minili, ora tutte le donne di una città vot, dalla forma ben definita; cfr. Am.
o di una regione vengono esortate a far 5,16: Év 7ta<:ra.ic; ò8o!:c; p'f)i>1}crt't'at' oùal,
lamento (dr. specialmente Iud.II,40; oùal (hO-hO); Lam.1,r; 2,1; 4,1: 'ékd.
2 Sam.1,24; Nah.2,8; Is.32,12; fap.30, In seguito, a queste semplici esclamazio-
19 [49,J]; Ez.32,16; anche Zach. 12, ni si aggiunge un'apostrofe al defunto,
12-14). Ciò non esclude, tuttavia, che come in 3 Bacr.13,30: xat bc6!Jia.v'to a.u-
pure gli uomini facciano lutto, anche in -r6v· oùat &.oEÀcpÉ; I2,24 m: xa.t 't'Ò 7tlXL·
gruppi abbastanza numerosi (2 Sam. l , ~I '.I.
oaptov xo'l'ov'ta.t· , •
oua.t I
xuptE; I er. 22,
12; Zach.12,12 ss.). r8 : où µ'Ì) x6!Jiwv't'at aù't6v· w&.8EÀ-
63
Tuttavia, come altrove in Oriente e:: cpÉ, oÙOÈ µ'Ì) xÀa.Vo-ov't'a.L aù't6v· otµµot
in Occidente, spesso si aveva coscienza xuptE; !Ep.4I,5 ( 34,5]: XÀ.a.VO'OV'tf'1.t xa.t
che il lamento funebre dei 'profani' era G'È xa.t 'w aowv' ( = o~µµot xup~e) x6-
insufficiente; per questo si ingaggiavano tjJona.l G'E 64 . Grida analoghe ricorreva-
piagnoni di mestiete62 - con le donne di no anche nel giudaismo successivo al N.
nuovo in evidenza, cfr. Ier.9,16 (a.t <Fo- T. 65 , ma esse fecero la loro apparizione
<pa.l ha qui il senso pregnante di 'esper- soprattutto come esordio del i>pljvoç,
te nella lamentazione', cfr. v. 19; per che ne è derivato, e come esclamazioni
ilpT)voi:h:ra.t -7 IV, col. 547 ); 2 Par. 35 ,25: stereotipe - w a.owv 66, oh, oh!, male-
oi. &pxov't'E<; xa.t a.t &pxovcra.t, «i primi detta la disgrazia! e cosl via - che alter-
61 Cfr. HEINISCH, Totcnklage 7 s.; 4 i}piJVÉù> fanciullo invece poteva essere apostrofato col
IV, col. 548. titolo di 'signore' (3 Brx.<T.12,24 m); lo stesso
62 Cfr. HmNISCH, Totenklage 8 s.; ~ i}fY11vÉw uso stereotipo degli appellativi di sposo, spo-
1v, col 547. sa, fratello, padre, ecc., ad indicare le diverse
63 Il T.M. elenca qui quattro grida di com-
età, si trova nella letteratura rabbinica; cfr.
pianto particolarmente frequenti, mentre i LXX Semahoth (--)col. 808) 3,7 s.; inoltre cap. u.
le riducono a due. 6S Cfr. STRACK-BILLERBECK I 523,1; IV 582.
64 Questi passi mostrano che il X07CE-t6ç con- 583 b.
sisteva appunto in queste invocazioni, come M Cfr. il ritornello su Adone: at&.!;w 'tÒ'll "A-
pure che queste invocazioni assumevano carat- owvLV' cbtWÀ.E'tO xaÀ.Òç "AoW\ILC), in Bion,
tere prettamente tormale se uno straniero (3 'AòwvLooc; fm'taq>Loç (Bucolici Graeci ed. U.
Ba<T.13,30) o persino un re (Ier.22,18) erano v. WILAMOWITZ-MOELLENDORF (1905] I22SS.).
chiamati con l'appellntivo di 'fratello', e se un
801 (rn,837) xom:.. 6<; (G. Stahlin) (rn,838) 802
67 Cfr. HEINISCH, Totc11klage 7. E~odc, dr. Flav. Ios., ani. 15,60) e quelle pu-
68 Cfr. HEINISCH, Tote11klage 18. r:imente convenzionali (cfr. anche HEINISCH,
69 Anche il X01tE't6ç rituale assume talvolta Trauergebriiuche 92 a 2 Sam. x, 11 s . e 3,31).
questa forma; si veda quello per Tarnmuz in Sulla frequente mancanza di un'intima parte-
Babilonia; dr. UNGNAD (°' n . 46) 236 s. cipazione delle folle e dei conoscenti, e spe-
cialmente dei piagnoni professionali, anche il
10 HEINISCH, Totenklage 5.25.39 s . 51.
N.T. ci dà un esempio significativo in Mt.9,24
11 Ihid. 4L par. (cfr. anche Io.n,46 con i vv. 19 e 31); --)
72Come nell'antichità pagana, vi sono anche col. 816.
qui le lamentazioni ipocrite (come quella su
XO~E~oç({;,Stahlin)
cime per il campo (cfr. ler.8,2; r6+6 polari si trovano inseriti nel lamento
s.; Ez.24,22 s.). La maledizione di non profetico, come in Ier.9,20 s. ed Ez.27,
essere seppellito e compianto vien pre-
32 h-34. Ma per il contenuto e l'inten-
detta da Geremia (22,r8) al re Joachim
per la sua disobbedienza e da Giobbe zione il xorce't'oç profetico è qualcosa di
(27, 15) ai figli dell'empio; Ier. 22,19 assolutamente diverso. I lamenti tendo-
spiega pure che cosa significhi questo no a consolare e calmare, i profeti, in-
morire senza lamento né tomba: è un
essere ridotti alla condizione di anima- vece, a scuotere; i primi vogliono muo-
le; un uomo siffatto sarà sepolto come vere a compassione, gli altri a penti-
un asino. Questa sarà pure la sorte di mento; i primi intendono interpretare
tutti gli empi membri della famiglia di
i sentimenti degli ascoltatori verso un
Geroboamo I. Solo al giovane Abia
spetterà l'onore del xo'ltE't'oç, «poiché defunto, i secondi manifestare il giudi-
in lui si è trovato ancora qualcosa di zio di Dio sugli ascoltatori, come se i
buono di fronte al Signore» (I Reg.14, morti fossero essi stessi. Il xo7te't'6ç dei
r 3 .18); lo stesso avviene per Sedecia
(!Ep.4r ,5 [ 34,5] ). profeti di fatto partecipa del doppio ca-
rattere dell'uffizio profetico: essi parla-
II. Il lamento funebre dei profeti no a nome di Dio e annunciano il futu-
<~ i>pl)VÉW IV, coli. 548 s.)
ro. Generalmente il lamento profetico
l. Come nel inondo greco-romano, co- non tratta d'una morte già avvenuta,
sì anche nel mondo veterotestamentario ma di una futura 73 , che è la rovina del
si trova una forma specificamente reli- popolo e dei popoli. Ma essenzialmente
giosa di lamento funebre, d'un genere essl piangono non tanto sulla disgrazia
però del tutto diverso dal xo'ltE't'6<; cul- esteriore, quanto sulla ribellione a Dio
tuale greco-romano. A volte il lamento in quanto è destino di morte in Israele
funebre è uno dei compiti che i profeti e fra le genti. Proprio per questo il xo-
adempiono con atti pubblici e mettono 1te't'6<; trova posto nel 'tÉÀoç di tutta
anche in forma scritta per i contempo· l'opera profetica, che non si ferma alla
ranci ed i posteri. morte e alla corruzione, ma intende te-
Quanto alla forma, essi si adeguano nere in vita, o riportare alla vita, il po·
al lamento funebre popolare, si servono polo (cfr. Am.5,r4); anzi, il xo7te't'6ç
dei motivi e delle espressioni tipiche profetico sottintende la certezza del fu-
dei canti di lamentazione usuali in quei turo rinnovamento 74, allo stesso modo
luoghi e ne imitano il ritmo (q9nr1) e la che più tardi il lamento funebre cristia-
monotonia (cfr. ad es. Ez.32,19-32). A no presupporrà l'idea della risurrezione.
volte anche semplici canti funebri po-
73 Non cosl i treni, che pi11ngono un destino vigna non è ancora disseccata; si può sperare
di morte già compiuto. che possa essere ancora piantata su un terreno
74 Cfr. la speranza che si cela in Ez.19,13: la fertile.
xom:..6c; (G. Stahlin)
2.Il modello del compianto funebre 14) e il prato fiorito di primavera (ls.
profetico è il lamento di Amos (5 ,r s.) 40,6 s.), la madre Gerusalemme (Lam.
sulla vergine Israele. L'immagine della l,3) e la vergine Israele (Am .5,2), la su-
vergine intende risvegliare negli ascol- perba leonessa con i due cuccioli (Ez.
tatori la più profonda commiserazione; 19,1-9), il coccodrillo nel Nilo (Ez.32 ,
infatti il popolo usava piangere una ver- 2-rn) e il magnifico quadro del vascello
gine più ancora che una giovane madre mercantile di Tiro (Ez.27)!
con bambini in tenera età; una vergine
3. Un elemento accessorio, tipico del
non ha ancora realizzato compiutamen-
X01tf.'t6<; profetico, è talvolta costituito,
te il senso della sua vita, esattamente
nel contesto dei doveri del profeta, dal-
come Israele! Amos parla al perfetto
la rinuncia al lamento funebre. A Eze-
profetico (diversamente da Am.8,rn) e
chiele è interdetto esplicitamente il xo-
la sua visione diventava storia (Ier. 9,
7tf.'t6<; sulla moglie (24,16), affinché in
9 e passim). Abbiamo ancora il lamen-
tal modo sia messa in luce la maledizio-
to di Miche.a (r,8 T.M.) 75 su Samaria,
ne che è stata decisa per Gerusalemme
e quello di Geremia (9,r8) su Gerusa-
e il suo santuario (v. 21); fra gli espii·
lemme, i canti di lamentazione, così
citi divieti fatti a Geremia c'è anche
immaginosi, di Ezechiele sulla casa re-
quello di partecipare a qualunque ceri-
gale di Giuda (c. r 9) e su Tiro e il suo
monia funebre (Ier.16,5).
principe (c. 27 e 28,n-19); dello stes·
Quest'azione simbolica vuol indicare
so profeta abbiamo l'inno funebl'e, pie-
quella situazione (-7 coll. 802 s.), nel-
no d'atroce sarcasmo, sul Fataone (c.
la quale in tutto il paese è sospeso ogni
32); in Js.14 vi è i'ironica lamentazio-
lamento funebre, perché la maledizione
ne per la mol'te del re di Babilonia. An-
di Dio è su di esso, in un tempo in cui
che quello che Dio ingiunge di predica-
la morte miete uno spaventoso raccol-
re ai profeti e poeti del Deuteroisaia
to ma nessun morto è pianto e sepolto.
(40,6 s.) è in sostanza un canto lamen-
I profeti preannunciano questa senten·
tatorio, e come tale l'ha inteso anche
za di condanna anche con parole che ac-
Johannes Brahms, e l'ha messo in mu-
compagnano ·e completano quel com-
sica con congeniale grandezza. Alcuni di
portamento simbolico (cfr. Ier.16,4 ss.;
questi canti profetici sono, per bellezza
8,2; Ez.24,22 ss.).
di immagini, autentiche poesie; con qua-
le plasticità essi rendono evidenti agli 4. D'altro canto, dell'annuncio pro-
ascoltatori la vigna feconda (Ez.l 9, ro- fetico del giudizio fa parte anche il mol-
75Nei LXX la stessa Samaria è presentata co· ( ~ l>pl)\IÉW IV, col. _548).
me una donna che Jamenta il proprio destino
X01tE't'6ç (G. Stiihlin) (m,841) 808
teplice annuncio d 'nn xo7te-roç (o I 'in- invita gli Ammoniti a piangere per la
vito ad esso), nel quale il lamento fu- partenza del dio Milkom.
nebre profetico è confermato e ripetu-
5. Ma all'annuncio della disgrazia se-
to dalla realtà storica. Per mezzo dei
gue la promessa della salvezza. Dio un
profeti Dio chiama alla penitenza e al-
giorno toglierà il :xo1te-réç e muterà il
la conversione, che dev'essere ed è ac-
lutto in dolcezza, la conuizione in una
compagnata dal pianto dei propri pec-
danza gioiosa (l}J 29,r2; cfr. ls.16,20)71•
cati 76, in particolare di quello dell'ido-
Però anche alla promessa salvifica dei
latria (loel 2,I2; anche Ez.6 19; 20,43,
profeti si può accompagnare la predi-
LXX). Mediante i profeti Dio annuncia
cazione del lamento funebre in una for-
spaventose sentenze di condaruia, e con
ma particolare, cioè quella del xom'toç
quest'annuncio incita egli stesso a pian-
per il Messia (dr. Zach. r2, 10 ss.) 78 ;
gere sulla miseria apportata a Sian da-
ma questa è una tristezza che opera la
gli eserciti da lui mandati (Ios.22,!2;
vita (dr. 2 Cor.7,10).
Ier. 4,8; 6,26), sulla rovina di Moab
(IEp 3r,37 [48,37s.]), sui segni premo-
nitori del giorno del Signore (Ioel 1,15) D. IL LAMENTO FUNEBRE
NEL GIUDAISMO
e su quello stesso giorno (Am.5,16 s.).
1. Fonti e linguaggio. Sui costumi fu.
In questa forma, a volte, si trova anche
nerari nel giudaismo ci informano, ol-
l'annuncio profetico di morte orrenda- tre. allo stesso N.T. {~ coli. 8r4 ss.),
mente unito con lo scherno e l'ironia; molti trattati della Mishnà, del Talmud
sotto la comica immagine del montone e della Toseftà, specialmente il trattato
Moed qatan, e inoltre il trattato Ebel
piangente, in fap. 32,34 (25,34) viene rabbati o Semahot ( = Sem.), uno dei
annunciata con un sogghigno ai popoli trattati minori del Talmud 79 • Il termi-
della terra una catastrofe universale; ne rabbinico corrispondente in senso
ancora più chiaro è l'iroso sarcasmo proprio al x61t't'EO"l)C1.t 80 è tPP 81 nelle
forme pi'el e hitpa'el (M. Q. 3,8.9; T.
con cui il profeta, in lEp. 30,r9 (49,3), M.Q.2,17), che significa battersi il pet-
76 Cfr. test. R. I,IO: 1tEvDW\I È7tt 'tTI aµa.p't'l~ altra bibliografia. In ciò che segue, sostanziali
µov. contril;mti son dovuti a R. MEYER.
11 Cfr. l'opposto in Am.8,ro: xat µE't'aO'-rpÉ· 80 Derivato dalla radice del termine tecnico ve·
ljJw 't'àç fop-.àc; òµwv Elc; 1tÉvl>oc; xat 7t&.O'ac; terotestamcntarìo spd si trova nei rabbini bes·
-rò:c; t;>o~ òµWv Elc; i>pijvov. ped, sia nel significato generico di 'lamento'
78 Cfr. ~ col. 827; sull'interpretazione rab· (dr. mispèd nell'A.T., ~col. 795) sia in quel-
binica di Zach.12,II dr.b.M.Q.28b (in STRACK· lo particolare di 'orazione funebre'(cfr.STRACK-
BILLERBECK IV, 605, con la nota I). BILLl!RllECK IV 582, nota r, ~ i>pl]véw IV, col.
79 Cfr. Der T almudtraktat Ebel Rabbati oder
551).
Semachot, ed. M. KLOTZ (Diss., Konigsberg 81 Cfr. il sir. ta/ab = 'colpire con i pugni' (GE·
r890); inoltre STRACK, Eifll., 73; A. MARMoR- SENIUS-BUHL, s.v. !PP I; dr. BERTHOLl!T, 139
STEIN, Ebel Rabbati, in EJ VI, 147-149, con con la nota 16).
xom.'t'6ç (G. Stiihlin)
&SCfr. STRACK-BILLERBECK I 522 g h; ~ i>PTJ· clere alcun 'momento di respiro', cosl che non
vtw rv, col. 551. fosse possibile interrompere i lamenti.
86 Con questa prescrizione va confrontata la S7 In T. Kelim B.B. 2,8 (STRACK-BILLERBECK I
disposizione, esattamente corrispondente ma di .522g) si pensa appunto a congiunte; l'espres-
validità generale, del trattamento del cadavere sione 'i loro morti' si può usare se si tratta di
dei Labiadi di Delfo (BCH 19 [1895] p. n,31 esse, e non di lamentatrici assoldate.
ss.), secondo la quale la bara non poteva esse- &8 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV ,584 c.
re poggiata a terra neppure alle svolte della 89 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV ,583 B; 586 ss.
strada. Evidentemente, nell'uno e nell'altro ca- (r-x); 4 -ltprrvfo.> IV, col. .5.51.
so il motivo è lo stesso: non si voleva conce·
xo'itE'tbi; (G. Stiihlin)
beck IV 599 r) infatti dice: «Se muore manze dei popoli circostanti, non era
un dottore, sono {in lutto per lui) tutti interamente permeato della credenza
i suoi parenti», e non c'era limitazione che Dio è al di sopra di ogni cosa viva
del numero dei partecipanti ai funerali e morta, soprattutto perché la fede nel-
dei rabbini (b.Ket.17 b, bar.; Strack-Bil- la risurrezione e in un'altra esistenza in
lerbeck 581 a, fine; cfr. Ned.9,10, fine; realtà non aveva completamente com-
Strack-Billerbeck 590 o). penetrato tutta la vita religiosa; in que-
sto senso, solo nel N.T. si prepara un
Viceversa, per i condannati a morte mutamento decisivo.
non era permessa alcuna lamentazione
pubblica (Sanh.6,6; b.Sanh.47 a; Strack-
Billerbeck 1 1049; II 686). E. IL LAMENTO FUNEBRE NEL N.T.
senziale che esiste tra racconti di ri- pvBei:<Tlk; Mc.), i suonatori di flauto 96
surrezione di morti dei sinottici e quel- e le préfìche. Fotse, a queste ultime,
prima che ad altri, si riferisce il verbo
li di Giovanni, troviamo nella casa di ciÀctÀ.asm1 di Mc. 97, ed anche x67t'"C"o·
Giairo - se possiamo usare per que- µctt di Le. 98 (!ixÀ.cttO\I oÈ 1t<iv-ti::ç xa.t
st'epoca la terminologia dell'età amo- EX01t"t"O\l'l"O aò-t1iv) 99 • Ma dei 1t&.v.-Ec; in
ogni caso fanno parte anche i condolen-
rea (~ coll. 809 s.; ~ nota s4) - la
ti; quanto fosse superficiale in essi, co-
prima parte del lamento funebre, la me nelle donne pagate, il piangere ed
'antna; nel racconto della risurrezione il lamentarsi 100, lo prova la facilità con
di Lazzaro, troviamo la seconda parte, cui si poteva passare dal lutto alla risa-
ta di scherno (Le. 8,53 par.); la stessa
la abela. vacuità convenzionale del 'lutto' risul-
a) Quando Gesù arrivò alla casa di ta dalla facilità con la quale i giudei,
Giairo, la :figlioletta di quest'ultimo era che dopo la morte di Lazzaro s'erano
morta da un'ora appena, ma il lamento recati a piangere dalle sue sorelle, pas-
funebre era già in pieno corso (Mc.5, sano alla derisione e all'odio (dr. Io.II,
37.46!)101.
38; Mt.9,23; Lc.8,52); vuol dire che
esso incominciava subito dopo la mor- b) In casa di Maria e Marta abbiamo
te 95; oltre ai familiari, poi, è chiaro che la seconda parte del lutto, che veniva
vi erano già i conoscenti, venuti in gran dopo la sepoltura. Gesù giunge quattro
numero a fare le condoglianze (<Sx>..oc, giorni dopo i funerali (Io. II, 17.39),
fropv~ouµn1oç, Mt.; cfr. 1'6puBoç; 'l"l 1'0- cioè dopo i tre giorni di lutto rigoroso
95 Cfr., nell'A.T., specialmente Ecci. 12,5 (~ sica gioiosa, in occasione di banchetti, nozze
nota 57; ~col. 800); HAUCK, Lk.118, a 8,52. ecc. (cfr. I Reg.1,40; Is.5,12; Apoc.18,22; T .
96 A quanto pare, per molti popoli il flauto era M.Q. 2,17) e nel c.ulto del tempio (cfr. Sukka
lo strumento che meglio rispondeva all'atmo- 5,1; STRACK-BILLERDECK II 806). ~ col. 793.
sfera dolente del funerale. Già in Oriente, 97 Cosl, ad es., PRBUSCHEN-BAUBR, s.v.; J. F.
presso i Babilonesi, esistevano 'canti di lamen- ScHLEUSNER, Nov11m Lexicon Graeco-Latinum
tazione per !lauto', cioè preghiere recitate con in N.T., t (1819), s.v., ad l. : de praeficis, nae-
l'accompagnamento del flauto (cfr. HBINISCH, nias cantantibus, usurpatur.
Totenklage, 19); in Occidente, presso i Roma- 98 Cfr. ZAHN, ad l.
ni, il flauto veniva suonato per ricchi e poveri 99 Sulla costruzione con l'accusativo cfr. - ol-
durante l'esposizione della salma (cfr. BLUM- tre ai passi riportati ~ coll, 788 s. - LXX Gen.
NER [ ~ nota bibliogr.] 491 ). Che anche in
23,2; 50,ro; l'. Btx.u.25,1; 3 Btx.cr.13,3os.; Mich.
Israele il flauto fosse lo strwnento del lutto, l,II; Ier.r6,6, ecc.; probabilmente anche Le.
è attestato da Geremia («lamento alto come 23,27; vedi BuTTMANN, § 131.4; BL.-DEDR. §
suono di flauto», 48,36 [!Ep.31,36]); anche in 148,2; PREUSCHBN-BAUER, s.v. Cfr. inoltre la
età seriore il suono del flauto preludeva ai corrispondente costruzione di -f}P'f)vÉr» (ad es.
canti funebri (Fl.Ios., beli., 3>437; ~ l>pt}Vfo> Ez.32,16; Lc.23,27). x}.alw (ad es. I Mach.9,
IV, col. 550) ed accompagnava il fomento fino
20; Mt.2,18) e simili.
ed oltre la sepoltura (dr. fo proposito le osser-
vazioni dei rabbini in Ket.4A; Sem.14; Shab. 100 xÀ.avl>µ6i:; e xortE't6c; vanno insieme, in
23,4; B.M. 6,1 [STRACK-BILLBRBECK I 521 a]; quanto si completano a vicenda; cfr., oltre ai
T.M.Q., 2,17 [STRACK-BILLBRDECK II, 522d]). passi riportati - > col. 795, Apoc. 18,9 e ev.
La particolare attitudine, riconosciuta al flau- Petr.12s2.54, e come parallelo ~ l>pt}v~w IV,
to, ad esprimere il dolore, non impediva che col. 553; cfr. inoltre Lc.7,32 con Mt.n,17.
esso venisse abitualmente usato anche per mu- 101 ~ nota 72.
xom"t6t; (G. Stahlin) (III,844) 818
(-7 col. 8 IO), ma a metà del periodo supposto che un cantore - nel gioco e
di cordoglio ufficiale; infatti, i primi nella realtà 103 - intoni il tlpl)voç e gli
sette giorni dopo la sepoltura, la parte altri attacchino il X07tE"t'6c;: Èilp1)v1)<ra-
principale dell'intero periodo di lutto µEV xaL oux Èxo~acrìk. Evidentemente,
(-7 coli. 797 s.; 8ro), erano in gran qui si deve pensare al :x:o7tE-.6c; nel sen-
parte occupati dalle visite di condo- so originario 104, cioè al movimento del-
glianza, che «dal cerimoniale funebre le mani, che potrebbe avere accompa-
veterogiudaico erano limitate ai primi gnato ritmicamente il i)pi)voç (senza che
sette giorni di lutto» 102• Però non si questo, nel gioco dei fanciulli, fosse
parla di xo7tE'tO<; dei 'consolatori' (-7 un vero e proprio canto di lamentazio-
7tapaµvi>éoµa~, Io.n,19.31), che Gesù ne). Si può pensare che nel XO'l\E'toç,
trova a Betania; ciò significa che il ve- anche ai tempi neotestamentari, ci si
ro e proprio xom:'t6ç - e anche il tlpfj- battesse non soltanto il petto, ma an-
voc; in senso stretto - non era tra le che la fronte 105 - com'è implicito nella
mansioni dei 'consolatori', mentre in- aggiunta del cod. D a Lc.2 3 ,48: 'tU'Tt-
vece lo era il pianto. TOVTEç -r:à O"-c1]il1} xat -i;à µÉ-.wmx..
Un'immagine delle cerimonie fu-
2.
3. a) Quello che qui è descritto co-
nebri si può trovare nel gioco del fune- me un gioco, Gesù lo esperimentò di ll
rale fatto dai fanciulli, ai quali Gesù a poco, mentre andava alla morte. Il
paragona la generazione perversa del X07'EToç e il i>pfjvoç si facevano insie-
suo tempo (Mt.n,16 s. = Lc.7,31 s.-7 me dai Giudei (e non solo da essi -->
IV, col. 557). Il loro gioco - o, piutto- nota 86) principalmente nel viaggio alla
sto, l'assenza d'un gioco in comune - sepoltura, e precisamente quando i por-
lascia vedere lo stretto rapporto tra xo- tatori si fermavano e posavano la bara
m:-.6c; e i>pi)voc; (-7 IV, coli. 552 s.) nel per darsi il cambio ms. In una singolare
lamento funebre giudaico. prolessi, questo genere di accompagna-
Le parole di rimprovero d'una delle mento toccò a Gesù già sulla via del
parti (Mt.u,17 par.) si basano sul pre- Golgota, da parte delle donne di Geru-
102 STRACK-BILurnDECK IV 592; cfr. i passi ci- dove il contrapposto è ancora 6pxfoµtn.
tati ibid. 596 g, particolarmente ;. M. Q., 82 b, 105 Lri stessa usanza è attestata anche dai LXX
righe 32 ss.; b.M.Q. 23 a, bar., come pure le con la traduzione di Ez.6,9; 20,43: x6rt'tEO'i>ocL
altre minute prescrizioni per la consolazione "tCÌ. rtp611wmx. Alquanto differenti sembra sia-
di coloro che sono in lutto, ibid. 592-607. · no state le usanze funebri dell'antichità greca,
103 Ve n'erano presso i Greci - cfr. i t>plivwv in cui uomini e donne si battevano il capo con
iH;a;pxoL del mondo omerico (Il., 24, 721) -, il palmo delle m~ni; dr. Horn., Il., 22,33 (-+
presso i Romani - cfr. praefica (se almeno il nota I2) e-> nota 25 . In Israele pare che pri-
nome significa, 'colei che presiede, che precede ma e durante l'esilio abbia fatto la sua appari-
col canto' [del lamento funebre] - , presso gli zione, come gesto di lutto, oltre al battersi il
Israeliti - cfr. ot lip)to"V"tE<; xa;t oct lipxoucrnL, petto (e la fronte), anche il battersi le coscie;
2 Chron.35,2'5 (~ coll. 799 s.) -, e ancora al
dr. Ier. 3I,Io; Ez. 21,17, e RE' xx, 85; BER-
tempo del N.T. THOLET, I39 (ed. inglese 191).
1114 Cfr. KLOSTERMANN, Mt., ad l.; 1>P11'11~w. 106 Cfr.STRACK-BtLLERBECK I 521.522c; 1v 582.
IV, col. 552, n. 28; analogamente in Eccl. 3,4, 583 a; -> col. 8n.
xoTIE-.6c; (G. Stiihlin)
107 Imitando chiaramente questo passo (-.v7t- 10'1 Questa precisazione è indubbiamente stra-
-.ov-.Eç -.à. <n1Jih)!), cv. Petr. 8,28 dice che o na (cfr. KwsTERMANN, Mk, ad l.), e proprio
ì..cxbc; ~:mxc; rorru~E~ xal x6Tt-.erm "t'Ò: a"tfi- questo può aver indotto il redattore dell' ev.
~. XT).., Petr. a dare la sua diversa versione.
108 Cfr. HEINISCH, Totenklage, 82.
82I (m,845) xo1tE'toc; (G. Stiihlin)
daismo contemporaneo attesta chiara- giudei 113 • Ma anche in questo caso de-
mente la presenza degli uomini (~ col. vono essere per lo meno fedeli clande-
812). stini 114, che fanno il 'grande lamento',
Di uomini, nel lamento funebre, se cioè una cerimonia funebre pubblica 115
ne trovano già nell'antichità remota. per il primo martire di Cristo ll 6, e in
Priamo (Horn., Il., 22, 33), Abramo tal modo ripetono per lui quello che le
(Gen.23,2) e Davide (2 Sam.1,12, ecc.). donne di Gerusalemme - coscientemen-
I itp-iivwv E!;,apxot, in Il., 24,721; gli tl- te o meno (--7 col. ~19) - han fatto
06.-Ec; -i)ptj\IOV, in Am.5,16, attestano la per Gesù: con il XOTtE-r:oç pubblico pren-
partecipazione volontaria e rimunerata dono posizione contro la sua condanna
di uomini al lamento funebre, tanto nel ufficiale. Le due comunità, cristiana e
mondo greco quanto in quello israelìti- giudaica, erano divise soltanto dalla
co. Altre testimonianze abbiamo, per i professione di fede nel Cristo Gesù;
Greci e i Romani specialmente nelle molte usanze passarono dal giudaismo
rappresentazioni figurate 110 , per gli I- al cristianesimo, e tra queste va anno-
sraeliti, invece, nelle tracce singolari di verato senza dubbio il xom;-r:6ç. Per il
un canto alterno m, tra uomini e don- N.T. basta ricordare ancora Act.9,39.
ne, nel lamento funebre (cfr. 2 Chron.
~'i ,2 5 [ ~ coll. 799 s.] e specialmente
5. Il xoTtE1:6ç, quale era compiuto
Zach.12,ro-14 112 : x6o/E't'Ut ... (jlVÀ:i} xcx- prima di Cristo, aveva perduto signifi-
i}' Éav-ri]v xc.d ai. yvvatxEc; aù-r:wv xo:-
cato e giustificazione nell'eone cristiano,
i}' fo.u-rtiç, x-r:À. ). Un XO'ltt-r6c; proprio animato dalla certezza della risurrezio-
del mondo biblico e praticato dagli uo- ne, dalla gioia di morire, dalla vittoria
mini si trova nei profeti (~ coll. 803 sulla morte; ma la difficoltà con cui sem-
ss.), là dove essi stessi intonano il la- pre la vita si adegua alla fede si verifica
mento funebre, sia per lugubre scherzo anche ne1l'ostinata sopravvivenza delle
sia in occasione di una vera morte (ad usanze funerarie precristiane e sostan-
es. 2 Chron.35,25 ). zialmente non cristiane. A ciò contribul
soprattutto l'influenza delle usanze fu-
b) In Act. 8 ,2 ci si può chiedere se nerarie ellenistico-romane, simili a quel-
gli &vopEç tùlapdç non siano affatto le giudaiche; anzi, si deve affermare che
110 Ad es. i vasi greci di Prothesis (cfr. RHo- Lrus: ThR 3 [I931] 234); che --+ EÒÀ.o.~Tic;
DE9·'0 221, nota 2; anche n4; jJ rilievo roma- non debba essere necessariamente riferito ai
no degli Aterì {cfr. BLi.iMNEl [--+nota biblio- giudei è provato dall'uso di EÙÀr.t~Elr.t. in Hebr.
grafica] 486, nota 4, ccc.; inoltre--+ coli. 79os. 12,28.
lll Più tardi venne inteso come 'canto alterna- 114 Cosl pensa O . ZèicKLER, ad l. (STRACK-ZOK-
to' l'ebraico q1na (--+ t}P1]vÉw 1v, col. 550). KLER, Kurzgefasste1 Komm. B. n [1886] 187).
112 Cfr. O .PRoCKSCH, Die klei11en prophetischen us L'espressione X07tE'tÒc; µtya.c; si trova già
Schriften (Erlauterungen z. A. T., 62 [19z9]) nei LXX: Gen.50,10; I Mach.2,70; 9,20; dr.
n4; HEINISCH, Totenklage, 18. anche Esth.4,3: xpcwy'Ì} xal. X01tE'tÒc; xcxt ?tÈV-
113 A favore si pronuncia ZAHN, Ag, 267 [81, froc; µÉya.; I Mach.12,52: xa.t ÈnÉvlh}crEv 'lt/iç
nota 5]. Veramente si deve ammettere che Le. fopct1JÀ. 1tÉ'V~oc; µtyu; inoltre l'equivalente
usa di preferenza EÒÀ.a~iic; parlando di giudei hspd gdwl in b.A.Z., 18a; b.M.Q. 21b, bar.;
(cfr. Act.2,5; 22,I2; Lc.2,25), mentre i cristia- STRACK-BILLBRBECK II 687 su Act.8,2. In tut-
ni cli regola sono chiamati µaih)w.l (Act.6,1 s.; ti questi casi si tratta di cerimonie funebri pub-
9,1 e passim). Ma la collocazione del passo tra bliche.
il v. l e il v. 3 non prova nulla (cfr. M. Drnri- 116 Su questa espressione --+ coli. 796 s.
xo'ltE't'oc; (G. Stiihlin)
111 SITTL e~ nota bibliogr.) 78. vangelium III (NGG 1908) 150 s.; inoltre G.
118 ZAHN, Mt., a rr,16ss. STAHLIN, Zum Problem der johann. Eschato·
119 Cfr. E. ScHWARTZ, Aporien im vierten E- logie: ZNW 34 (1934) 238, nota 7.
xo'lte-réç (G. Stiihlin)
to, fino ad 'uccidere' pur di non guarire un villaggio della Galilea; saccone e
violando il riposo (Mc.3,4epassim); nel guarisce anche di sabato e partecipa
digiuno deve comportarsi almeno come tranquillamente alla gioia dei festini
i farisei (sotto la domanda relativa ai di- (Io. 2, r ss.; Mc. z, 15). Probabilmente,
scepoli in Mc. 2,18 par. si avverte un proprio in questo 'mangiare e bere' si
rimprovero a lui stesso). Proprio questa esprime al meglio come egli faccia esat-
pretesa ha in mente Gesù quando, in tamente il contrario di ciò che voleva-
Mt.rr,17 par., dice con un'immagine tra- no i l>pT}\IOV\l"t'Eç; ciò appare pure nelle
sparente che gli uomini di questa gene- sue prescrizioni sul digiuno (Mt. 6,16-
razione (v. 16) esigono da lui un atteg- 18), che erano tutto l'opposto di ciò
giamento funereo, che corrisponda al lo- che quelli avrebbero voluto.
ro; infatti il digiuno eta, in Israele co- La risposta alla sua 'gioia di vivere'
me altrove, un'antica usanza funebre ( cfr. è il loro rintocco di morte, con il qua-
I Sam.31,13: un digiuno di sette gior- le, pur non volendolo, evocano un la-
ni [ ~ coll. 797 s.]; 2 Sam.1,12; 3,35, mento funebre (-7 col. 831 su Apoc.
ecc.). Ma i farisei non vogliono saperne r,7; Zach.12,ro ss.). In fondo, essi so-
neppure del comportamento opposto no i colpevoli, che hanno demeritato la
del Precursore; per lo meno, non vor- 'vita'; Dio, invece, e i suoi messaggeri
rebbero che questi fosse proprio la ne- sono i giustificati (cfr. Lc.7,29.35 par.).
gazione d'un <l.\li}pw1toç É\J µa.À.axo'{ç
i.µa"tlotc; 'Ì)µcptEO"µivoc;, di un hominem 2. Il X01tE'toc; sul Cristo morente.
mollibus vestimentis indutum (Lc.7,25 Ma prima che si giunga a questo scam-
par.), vestito cioè in una foggia che era bio del lamento e a questa giustificazio-
un rimprovero vivente alla loro condot- ne, Gesù stesso deve passare attraverso
ta. Invece di seguire Giovanni nella se- il xo1tE't6c;, perché questo, come si com-
rietà della penitenza e di «fare frutti pie prima che egli vinca la morte nella
degni di penitenza» (Le. 3,8 par.), essi vita di altri, così precede anche la sua
preferiscono ò:.ya.À.À.ta.Mjvixt 1tpÒc; èl:!pa.\I, decisiva vittoria pasquale (-7 coll. 8 r 8
«sollazzarsi per breve tempo» (lo.5,35). s.). Si ha cosi lo straziante lamento
Ma, allo stesso modo del Battista, sul Messia morente, che nelia sua anti-
Gesù non fa loro il piacere di presen- cipazione poté passare inavvertito ai più
tarsi diversamente da come esige la vo- (Le. 23,27), ma dopo la morte e a sé-
lontà di Dio. Egli non è venuto come guito della confessione del centurione -
giudice, ma come salvatore (lo.3,17; specialmente come è ricordata da Mc.
12,47); non è apparso improvvisamente (15,39) e da Mt.(27,54)- fu senza dub-
e in modo straordinario, ma ha inco- bio elevato coscientemente da molti (Le.
minciato in via del tutto ordinaria, in 23,48).
XO'JtE-réc; (G. Stahlin)
J;>;() Cosl PROCKSCH intitola(-? nota u2) la pe- pastore (u,15-17); cfr. PROCKSCH, o.e., 108.
ricope n,4-13,9. 122 Cfr. l'analoga relazione tra ~pljvoc; e profe-
121 Mi sembra più verosimile questo riferimen- zia di salvezza in Mt.2,17 e Io.r6,20 (-7 t>pTJ-
to di 13,7-9, che non il riferimento al cattivo vtw IV, coli. 553 ss.).
X01tE~oç(<3.Stalùin)
l2J Cfr. Mc.r,rr; 9,7; 12,6 ecc.; ~ àya:miw gemere, dr. 2 Sam.3,31 s.; Esth.4,3; l er.6,26;
I, coll. 126 ss. (col. 127: «L' aya:Jt'r)"tÒç ut6c; 49,3 (30,19 LXX); Ez. 27, 31 ecc., ed anche
è il martire supremo, che viene nel momento PREUSCHEN-BAUE R, s.v.
culminante della storia umana per condannnre 125 ~ coli. 806 s.; i>pTJv~w IV, coll. 549· 555.
il 'mondo' con la sua morte e porre i fonda- L'antica versione latina (vae nobis) e l'antica
menti d'un nuovo ordine di tutte le cose»). versione siriaca di Lc.23,48 recano una inte-
124 Su questa locuzione in certo modo zeug- grazione del testo secondo cui gli abitanti di
matica, che ha il suo fondamento nella consue· Gerusalemme hanno obbedito a questa ingiun·
tudine di digiunare e, nel contempo, di andar zione. Cfr. ev. Petr.7,25; 8,28.
vestiti di sacco, spargersi il capo di cenere e
xonE"toc;(G. Stahlin)
(~ col. 807 ). Nella cosiddetta apoca- nella quale sarà effettivamente rivelato
lisse sinottica e nell'Apocalisse di Gio- a tutti inoppugnabilmente chi è Cristo
vanni il xom:"t'6c; escatologico si colloca e che cosa significa averlo respinto. Qui,
nella stessa circostanza, cioè all'avvento come già nella profezia veterotestamen-
della parusia. In Mt.24,30 si legge che taria (-7 col. 828), il XO'JtE"t'oc; è uno
quando in cielo comparirà il segno del sfogo del rimorso; ma il tardivo dolore
Figlio dell'uomo (segno che annuncia degli uccisori di Cristo provoca un
l'imminenza della sua venuta), allora pianto più straziante per la propria sor-
xotJioV"tCXL 1tiiO'aL ai cpVÀ<.d "t'fi<; 'Yfi<;. te, per il giudizio che già incombe 128 e
Del tutto simile è il testo di Apoc. x,7 sul quale il segno apparso in cielo non
(dove Zach.12,xoss. è congiunto con lascia ormai alcun dubbio. È un ricono-
Dan. 7 ,I 3 ): ioou epx;f.'t(U µE"t'cl "t'W\I \IE- scimento che implica un'afflizione mor-
cpEÀW\I ••• xat xb\jlov-tm È1t' a.ù-.òv 126 1téi- tale, perché è ormai tardivo. Il chiaro-
aa.L a.t cpvÀ.cxt 'tfic; yljc;. Vedere e com- re, che ancora traluceva dal XO'iCE"t'oç
piangere sono un atto solo, come viene del Deuterozaccaria, ora è del tutto
chiaramente suggerito dalla rima (otlJov- spento. Il X07té"t'O<; escatologico è un
"t'CXL 127 - xb\}Jov-.a.i) presente in entrambi lamento funebre nel significato più pre-
i passi. gnante, un significato eternamente vali-
do; il lamento funebre del mondo su
Sono le stesse parole che si leggono
se stesso nell'afflizione estrema e dispe-
in Zach.12,10 ss., ma hanno un signifi-
rata.
cato nuovo: in Zaccaria (v. 12) 1J yij
indica la terra di Giuda e 1tMIXL a.l b) In Apoc.18,9 l'annuncio profetico
cpuÀ.a.l (precisate con la limitazione a.t del X01tE't'6c; escatologico assume una
V7tOÀ.EÀEiµµÉvai del v. I4) le tribù di forma particolare, quella cioè di una
Israele; nel N. T. entrambi i concetti predizione ironica del lamento fune-
hanno assunto un carattere universale, bre su Babilonia. L'idea deriva da Is.
rispondente al carattere della parusia, r4,4 ss., le parole da Ez;.26,r6; 27130
126 Per la costruzione con È'ltl e l' accusativo 24,30; Zach.12,12, dove è usato in senso asso-
(~ col. 789) cfr., oltre Zach. 12,rn e Apoc. luto -, come assai spesso avviene nel X07tE-t6c;
18,9, anche 2 Bau.11,26 (testo di Origene e profetico (ed anche in Apoc.18,9), XO'lt"toµaL
Luciano); 1,12; BL.-D EnR. § 233,2; inoltre i non indica soltanto il lamento funebre, ma,
costrutti paralleli xì.a.lw È7tl (ace.), Lc.19,41; almeno implicitamente, anche il proprio torto
23,28 ecc.; 7tE\lltÉC.J E'ltl (ace.), Apoc.18,u; 2 e la propria sorte. Appunto il battersi il pet·
Ba.u.x3,37 e passim; i>P'llvlw fol (ace.), 2 Chr. to, come vari usuali modi di esprimere il do·
35,25; Lam.1,1 ecc. lore (andar vestiti di sacco, spargersi il capo
di cenere, digiunare, ecc.) può esprimere esdu·
~.21 In Apoc.1,7 ~\jJO\J't'C1.L è solo variante di
O\jiE"tCU.
sivamente la propria coscienza di peccatore;
d r. X07tE't6c; in Ioel 2 ,12; x6n"toµa.~ in Barn.
128 In questo caso - e particolarmente in Mt. 7,5; 't'V7t't'W "tÒ: O'"tlJ!h} in Lc. r8,13 ecc.
xonE-ro.; (G. Stlihlin)
ss.: XC1L XÀ.C11JCTOUCJ'L'\I XC1L x6o/o'll't(1~ Èn' nacia l'avversione a Dio, la 'paganità'
avi:'Ì)'ll oì. ~MLÀ.Ei:c; i:ijc; yijc;. Come in nel significato specifico del termine. La
Isaia il re di Babilonia rappresentava storia delle costumanze funebri, spe-
i nemici di Dio sulla terra, cosl nel N. cialmente nel mondo biblico, ne è un
T. la sua città rimane simbolo della em- chiaro esempio. Se pagani sono coloro
pietà, anche se il suo baluardo e il suo che non hanno speranza, è naturale che
centro si sono spostati verso occiden- ciò si manifesti nel modo più chiaro in
te. «Babilonia è destinata alla rovina» presenza della motte, nella disperazione
è un 't'Oltoc; dell'escatologia dell'Antico che coglie il pagano di fronte a questo
e del N.T.; in rispondenza al suo signi- elementarissimo evento della vita, ed è
ficato universale, tutto il mondo into- significativo che questa direi essenziale
nerà il lamento funebre su Babilonia: caratteristica dell'umanità si manifesti
ma solo il mondo, non il popolo di Dio, nel lamento funebre del mondo biblico
che invece ne godrà (v. 20). ed extrabiblico. Ma è altrettanto sinto-
matico e significativo che nell'uno e
Peraltro(~ nota 128) nemmeno qui
xo7tE't6c; è un puro lamento funebre, nell'altro trapeli del pari la coscienza
poiché nel x67ti:EO'itaL dei re e nel tri- che qui c'è qualcosa che non dovrebbe
plice x).a.t'.EL'Il xa.t m:'llilet'Il ( vv. u .r .5. esserci, anche se nel lamento funebre la
r 9) dei trafficanti e degli uomini di ma-
lotta contro il senso pagano assume di-
re risuona anche il lamento che essi
fanno per se stessi, al vedersi grave- versi aspetti. Infine va notato che né
mente danneggiati dalla morte di quel- nel mondo biblico né in quello extrabi-
la che era stata per essi buona cliente blico questa lotta consegue il suo fine,
e patrona.
se prima non viene superata dall'inti-
4. Ricapitolazione. mo, o meglio dall'alto, quella lontanan-
Nella Bibbia è concordemente atte- za da Dio che caratterizza l'uomo cadu-
stato che la morte, giunta sulla terra to in preda alla morte. Gli stati greci
per effetto del peccato, appartiene al e la legge romana non sono riusciti ad
mondo avverso a Dio. Dalle prime alle imporre le loro proibizioni; anche certi
ultime pagine la Sacra Scrittura attesta filosofi ellenistici e certi rabbini si sono
che la morte non può essere dove è affannati più o meno invano per porre
Dio, fonte della vita, e che dove sta la un freno al lutto e al pianto, e fino ad-
morte ivi è in qualche modo lontanan- dentro ai secoli dell'èra cristiana sono
za da Dio, separazione da questa fonte percepibili le voci del lamento funebre
(Gen.3,r9; 4,8 ss.; Apoc. 2r,4). Perciò precristiano e non-cristiano e quelle di
intorno alla morte aleggia per natura chi vi si opponeva.
un senso di lontananza da Dio; ivi si Solo in un luogo avviene il totale
abbarbica con particolare facilità e te- superamento del X07tE't'Òc;: sulla croce,
<Ì.7tOXÒ7t"tW (G. Stiihlin)
appunto perché qui la lontananza del- rami d'albero (Horn., Od. 23, 195; 9,
l'uomo da Dio si muta in vicinanza. Ne 325 ); membra del corpo (Hdt. 6, 9r.
n4; Plut., C. Iulius Caesar r6 [1 715
consegue che la croce è anche il punto
b]; Dion. Hai., ant.Rom.3,58; ~coli.
di partenza di un profondo mutamento 836 s.); b) fendere, tagliare, ad es. funi
nelle costumanze funebri. La fede, dap- (Horn., Il. 16,474); cavi, gomene (Horn.,
prima timida poi intrepida, germoglia- Od.ro,127; Xenoph., hist. Graec. l, 6,
21; Ag.27,32: à.7tÉXo~a.\I ... ,;à axoi.vla
ta dall'evento pasquale diviene la base 'tfjc; crx&.qnic;); e) abbattere, interrompe-
dell'atteggiamento che il discepolo di re, ad es. ponti (Plut., Nicias 26 [I 540
Cristo assume di fronte alla morte ( 1 c]; d) abbattere, sgominare, specialmen-
te nemici (Xenoph., an.3,4,39).
Cor.15). Da allora il vero compianto
cristiano sul 'dormiente' è del tutto di- 2. Con valore simbolico: IÌ.1tox6~..-o
&.noxmw
NXGELI 78 s.; A. B1scHOFF, Exegetische Rand-
mente LIDDELL-ScoTT, s.v.
bemerkungen: ZNW 9 (1908) 169 s.; ZAHN, 2 Cfr. anche l'uso cli &.1tox61t'tEW a proposito
Gal.2 258, nota 82; A. 0EPKE, Der Brief des di vittime, per es. in Horn., Od.JA49 (i ten·
Paultis 011 die Galater (1937) 95 s. dirù del collo).
1 Su altri usi nel greco profano cfr. special-
837 (m,852) ànox(nt't'W (G. Stahlin)
(xE<p<Y.À.'ÌJv••• à7tò ÒEtpl]ç x6~Ev); II,261 menti subiti da una donna incinta; Lev.
(xd.pl)); dr. Aesch., Suppt.841 (&:1toxo· 24,20 in genere per lesioni corporali di
mi xpa:t6c;); e anche lo.18,20.26: à7tÉ- varia natura; Deut.19,21 per falsi testi-
xoljJe.Y ... 't'ò w-tciptov [w't'lov] (10: 't'ò moni, che dovranno subire lo stesso
òEçtov). male che intendevano procurare ad al-
h) A proposito di amputazioni, pei- tri con la loro falsa testimonianza.
es, Archlgene in Oribasius, medicinatia Evidentemente anche queste disposi-
(ed. Bussemaker-Daremberg IV (1862]) zioni presuppongono la consuetudine di
47,13,2; cfr. § 3 ((.bto:>Go1ti)). amputazioni punitive. Tale almeno è il
trattamento che in 2 Sam.4,12 subisco-
c) Come punizione, inflitta anzitutto no certi assassini dopo esser stati giu-
a prigionieri di guerra, per effetto del- stiziati. Ma in Mt.24,51 e Lc.12,46 an-
l'atrocità della battaglia, ad es. Iud.r,6 che Gesù col termine OLXO't'Oµdv sem-
s. (amputazione del pollice e dell' allu- bra accennare alla consuetudine legale
ce). Di simile tenore è l'annuncio di Ez. di punire certi malfattori con l'amputa-
23,25 a Gerusalemme. («Ti taglieranno zione di membra 5 • Sul problema di tali
naso e orecchi», ma con implicito il mo- punizioni negli scritti rabbinici ~ bc-
tivo: in punizione del tuo 'adulterio' x67t't'W col. 85 5. Anche Flavio Giusep-
contro Jahvé (agli adulteri infatti veni- pe ricorda un fatto del genere in vit.
vano tagliati naso e orecchi; cfr. Diod. l 4 7: "C'Ì)\I È'tÉpa.v "tW\I )(EtpWV a1tOX6-
S. r,78). Alquanto diversamente proce- ~m XEÀ.Eucra.~, «comandando di tagliar-
de Odissea nel punire l' infedeltà del gli una mano».
capraio Melanzio, Rom., Od.22,477):
)(Etptic; 't'' 1)oè 7tOOru:, X0'1t't'O'll, «gli ta- La prescl'izione dell'amputazione di
gliarono mani e piedi» («dove s'avver- membra come pena è palesemente pre-
te ancora la presenza dell' à:n:ò del v.
supposta anche nella direttiva da Gesù
4 75 ») 3• Affine è il comando che si leg-
ge in Deut.25,II s.: alla donna che in impartita in Mc.9,43.45, la quale va in-
una rissa, per soccorrere il marito, af- tesa non tanto come un invito ad am-
. ferra i genitali dell'avversario, sarà moz- putarsi la mano o il piede per evitare
zata la mano. Secondo il Dillmann 4,
questo è l'uni~o caso in cui la legge ve- altre tentazioni o traviamenti (in par-
terotestamentaria prescrive come pena ticolare l'atto di cavarsi l'occhio destro
la mutilazione di una persona. Ma si non può evidentemente avere questo
può rinviare anche al veterotestamen-
fine), quanto come un'autopunizione 6
tario ius talionis (cfr. Mt.5,38) che si
legge, in forma quasi identica, in tre applicata all'organo colpevole e avente
diversi contesti: Ex.21,23 s. per feri- il duplice effetto .di indebolire in esso
J Cfr. K. F . AM11rs-C. HENTZE, in appendice s.v. 'mutilation' (nell'art. Crimes and Punish·
a Horn., Od.3 (1879) ad l. ments).
6 Di un «eroico valore che a tutto rinuncia,
4 A. DrLLMANN, N11m., Detlt., Ios., in Kurz- richiesto da Gesù in questa battaglia» parla
gefasstes exeget. Handbuch zum A.T. (1886), ScHLATTER, Komm. Mt.178 s.; ma la sua obie·
ad l.
;clone al concetto dell'autopunizione non pare
s In Egitto, ad es., ai rapinatori venivano ta- del tutto valida.
gliate le mani ecc.; cfr. HASTINGS, D.B. 1 525,
&.7toxénnw (G. Stiihlin)
la capacità di peccare 7, e, soprattutto, d'uno stato cli fatto esistente non sol-
cli anticipare la pena futura e cli storna- tanto tra i Babilonesi (cfr. Is.39,7), ma
anche tra gli israeliti (cfr. I Sam.8,15;
re quindi la punizione eterna ( cfr. la 3 Baa-.22,9; 4 Ba<r.8,6; 9,32; 24,12.15;
triplicazione: i)... {3).'l}tnjva.1. t:1.c; "t'Ì)V cosl pure lEp.36,2 [ 29,2 J) ,; dall'altro
yéswcx.v); -7 Èxx6n-tw roll. 854 ss. a esclude per principio gli ~:n:oxtxoµµivo~
dalla comunità di Jahvé: Deut. 23,2:
proposito di Mt.5,30; 18,8. oùx EÌ.o'EÀ.EUCTE"t'<X.!, i)}..aola~ X<X.L cbtOXE-
7 Cfr. G. STXHLIN, Skandalon (I930) 267.269 semplice valore di titolo; cfr. specialmente 2
(dove non era ancora chiaramente riconosciu- Reg.25,19=1Ep.52,25.
to il soggiacente concetto dell'autopunizione). l~ L'esegesi rabbinica riteneva che in questo
s Cfr. A. D. NoGK, Eunuchs in Ancient Reli- passo fossero inclusi anche uomini ( cfr. STRACK-
gion: ARW 23 (1925) 23 ss. BILLBRBI!CK I 807 ).
9 In alcuni di questi passi, però, non è chiaro
o
se si tratti di eunuchi, se il termine abbia li Vedi anche come viene evitato il termine
&::1tox61t-tW (G. Stiihlin)
elude anche gli EÙvouxot. Nel libro di cedere che in questo caso l'Apostolo
Geremia (IEp.48,16 [41,16]) si legge non ha fatto lo schifiltoso nella scelta
che Johanan portò con sé verso l'Egitto
anche gli eunuchi, considerati dunque dei termini e che anzi nella più forte
come una patte della comunità del po- espressione della parlata comune ha in-
polo, e in Is. 56,3-5 all'eunuco fedele travisto la locuzione più atta alla for.
ali' alleanza è riservato addirittura un
mulazione del suo pensiero 14, si dovrà
posto d'onore nella comunità (una pro-
fezia che può considerarsi adempiuta in peraltro ammettere che l'effetto decisi-
Act.8,27). vo dell'argomentazione paolina va per-
Gesù non prende posizione circa il duto, se questa drastica espressione vie-
problema della presenza degli eunuchi ne intesa nel senso di segregarsi. E so-
nella comunità, nemmeno in Mt.19,12; prattutto va perduto il senso di XCl.l,
qui infatti egli intende probabilmente che evidentemente accenna a una gra-
parlare della rinuncia alla vita sessuale dazione ascendente rispetto a ciò che
(~ m, coli. II87 s.). Anche Paolo de- precede. Ma questa gradazione poggia
ve aver inteso cosl il logion (e cosl fu sull'antitesi di 7tEptTɵvecrì>a.t (vv. 2 ss.;
inteso più tardi, per es., da Clero. Al., cfr. v. rr ) e <Ì.1tox6rt-cEcrì)a.t, come già il
strom. 3,59,4) e tale fu la pratica che Crisostomo aveva inteso e spiegato ren-
egli ne attuò (I Cor.7,7); altrimenti non dendo Ò'..7tOX01t'tE<Tì)Cf.t con 1tEptX01t'tÉO"-
si capirebbe come in Gal. 5,12 potesse ì)wC1cx\I e contrapponendolo a rtEpt-cEµ-
esprimersi con sl crudo scherno 12• vfoì)wcro:v 15. L' &.nox6rt'tEt\I sarebbe at-
In Gal. 5, l 2 Paolo esprime palese- tuazione radicale del 7tEpt-.€µve:w, ma
mente un netto rifiuto della evirazione: tale che l'esagerato zelo legalistico si ri-
"Oq>EÀ.ov xa.t &:rtox6'1;ov·tm ot &.va.<r-i;a.- solverebbe in una violazione della legge
'tOV\l'tEç uµélç. Che cosa augura in. que- espressamente sancita in Deut. 23,2. È
sto passo a quei perturbatori delle chie- proprio questo che Paolo vuol far no-
se della Galazia? Si è cercato di dimo- tare: i suoi avversari si trovano in con-
strare che &.7tox6rt-coT-ia.i. è qui usato nel flitto con la volontà di Dio. Probabilmen-
senso traslato di separarsi, come già te nella frase paolina, in considerazione
avevano inteso Erasmo e i riformatori. appunto di Deut. 23, 2, è implicito il
Non sarebbe concepibile in Paolo Una concetto dell'autoscomunica: con l'auto-
maledizione espressa con tanta spregiu- cvirazione per lo meno ribadiscono da
dicata brutalità 13• Ma se si deve con- se stessi una situazione di fatto: essi
di impedimento (per es., Vett. Val. 1,1 ne; chi vi ha intralciato?>»''. La stessa
[p. 2,7]: Èyxo1tat 't'W\I TCpMCToµÉ\IW\I; immagine costituisce lo sfondo di I
Diog.L.4,50: OL1}CTL<; .7tpoxoTCf)ç Èyxomi, Thess.2,r8; Rom.r5,22 .
«la presunzione è un intralcio del pro-
gresso») e impedire, trattenere2 (per es., r. L'idea dell'impedimento religioso
Polyb.23,1,12) dall'usanza militare di nel N.T. Gli impedimenti che nel N.T.
tagliare le strade per fermare il nemi- vengono designati con €yxon1), É:yx61t-
co inseguitore; l'accezione basilare è
perciò quella di sbarrare la strada 3 • On- -cw appartengono in ogni caso (per Act.
d'è che in origine ÈyxoTC1) designava 24'4 ~ n. l) all'ambito religioso (a dif-
una remora soltanto passeggera (a dif- ferenza di quanto avviene per xwÀ.uw).
ferenza di~ 1tp6crxoµµa), come si può
riconoscere ancora dall'uso neotesta· Ciò risulta evidente non appena ci si
mentario (dr. Rom. 15, 22: ÈVEXO'lt't'O· domandi che cosa venga impedito. È di
µ1}\I 't'à TCoÀÀ.Ù. ••. W\IL oè...). Più tardi volta in volta, il peregrinare dell'Aposto-
però tale distinzione fìnl con l'anneb-
lo per il mondo (Rom.15,22; rThess.
biarsi ( cfr. M. Ant. II ,1: in taluni casi
ci..EÀ:Ì}c:; ylVE't'O:l. 1) /)').,1} TCpli.~Lç ÈÙ.\I 't'L 2, l 8 ), la diffusione dell'evangelo stesso
Èyx61Jin, «tutta l'azione resta incompiu- (I Cor.9,12), il cammino (la 'corsa') dei
ta, se qualcosa l'interrompe»; Papyrus cristiani nell'obbedienza della fede ver-
Ptolémai:ques du Musée d'Alexandrie,
ed. G. Botti 4,3 =Bulletin de la Sodé- so la verità (Gal. 5,7) 6 , l'ascesa delle
té Archéologique d'Alexandrie2 [!899] preghiere a Dio (r Petr.3,7).
65 : 1)µtv Èyx6'1ti:w; xaÀ,à xaL È\I 't'oi:c:;
À.otTCoi:c:; npòc:; 't'Ò µ'l') xlvEcrl)a.t ... 't'Ò XP1i· 2. Ma il problema capitale è di sape-
criµov}. Anche nel N.T. prevale l'idea re da chi o da che cosa siano provocati
di un impedimento definitivo 4 , e tale
idea si inserisce nell'immagine della questi impedimenti? Nel N.T. si trova-
corsa nell'arena (~ &:ywv I, coll. 361 no due risposte:
SS., ul)Mw, I coll. 449 ss.; BPaBEtov II, a) Da Satana. rThess.2,18: Èvéxo'1iE\I
coll. 325 ss.; cnécpa.\loç, O''t'cX8tov, 't'pÉ·
xw); dr. spec. Gal. 5,7: È-cpÉXE't'E xa.- 1Jµ(U; ò 'fa't'avac,. È Satana che tenta
Àwç· i:lc:; uµ(iç È\IÉXO\fJEV; «correvate be- di impedite non soltanto l'attività mis-
sionaria, ma anche le gioie personali del- sentati come strumenti del diavolo (dr.
1'Apostolo (nel caso particolare, quella per es. ICor.2,Bh; Io.13,27; 8,44).
di rivedere i suoi figli spirituali) 7• Una Anche se non è esplicitamente men-
affermazione siffatta deve certo evere zionato, è pur sempre lo stesso tyx67t-
un motivo specifico, perché si trova so- "tWV che sta dietro i falsi maestri giu-
lo in questo passo (Chrys., hom. in I daizzanti, i quali hanno fermato i Ga-
Thess., adl. [MPG62]); cfr. 2 Cor.1,15 lati mentre 'correvano' cosl bene nella
ss.; Rom.1,13 e specialmente Act. 16,6 fede (Gal.J,7) ' 0 ; è lui, infatti, l'avver-
s.: xwÀ.ultév-.Ec; (impediti) Ù7tÒ 't'OU èl.- sario -.ou xa.À.ou·noi; ùµlic; (v. 8 ), lui
ylou 1tVEuµa'toc; ( ! )... oòx Eicto-Ev (per- che mescola il lievito (~vµri) corruttore
mise) aò-coùc; -.ò 1t\1Euµrx. 'l'l")crou. È dub- (v.9; dr. ICor.5,6 col v. 5; ~m,coll.
bio che Paolo potesse attribuire a Sata- 1560 ss.) nella nuova pasta (\lfov cpu-
na certi fenomeni naturali 8 , come una paµa.) di Dio.
tempesta di mare; infatti, sebbene egli b) Per quella paradossale oscillazio-
giunga a chiamarlo b 1'lEòc; -rou alw'lloc; ne, onde nel N.T. l'origine del male vie-
't'OU"tou, «la signoria di Satana su que- ne riportata ora al demonio ora al cuo-
sta terra si esercita in primo luogo su- re dell'uomo (~ 7tOV'l")poç), in qualche
gli uomini» e~ Ot~~oÀ.oc; II, coll.945), caso gli uomini vengon considerati gli
non sulla creazione materiale. Piuttosto unici autori dell' Èyxo1t-rELV, il quale
si potrebbe pensare a una malattia, op- nel N.T. è rivolto in ogni caso contro il
pure - col Ramsay 9 - a un divieto da bene (~ col. 846) e rappresenta solo
parte delle autorità di Tessalonica, nel un aspetto particolare del male. Paolo
quale Paolo avrebbe ravvisato un'astu- stesso potrebbe divenire un É"(X01t'fW\I
zia raffinata di Satana: Satanas egit per del suo proprio lavoro missionario (I
homines malos (Bengel, a I Thess.2,18). Cor. 9, r 2 ), qualora sfruttasse la sua
In tal caso ci si potrebbe anche richia- Èt;,oucrla. apostolica in senso contrario al-
mare alla vicinanza del v. 16, dove l'A- la coscienza. In tal caso la Èyxom] nei
postolo muove ai Giudei il rimprovero riguardi dell'evangelo di Cristo sorge-
di essere stati loro ad impedirgli ( xw- rebbe da questi fatti : l) potrebbe sem-
À.u6\l'tW\I iJµric;) di parlare ai gentili brare che l'Apostolo esercitasse il suo
('toic; ~WEO'Lv ÀaÀ:ijO"m ~va uw1'lwcrLv); ministero per guadagnarsi da vivere; 2)
cfr. l'analogo rimprovero di Gesù in Le. il timore di dover dare un contributo
n, 52 par. I Giudei sono spesso pre- materiale potrebbe trattenere i più indi-
7 Cfr. Drnnuus, Thess. r2; ID., Die Geister- 9 Paul11s in der Apostelgeschichte.
welt i111 Glauben des Pls. (r909) 56. 10 Cfr. l'analogo rimprovero mosso a Diotrefe
8 Cosl WoHLENBERG, Thess., ad l. in 3 Io. rn: -.oùç Pou>..oµl\louç xwME~.
ÈxXO'lt'tW (G. Stiihlin)
genti dall'entrare nella comunità 11 • Sa- può determinare una perturbazione 13, o
rebbe, in definitiva, l'attaccamento al addfrittura una interruzione, dei rap-
denaro (Mt.6,24 ! ) a costituire una f.y- porti fra queste persone e Dio, proprio
xo7t1) per la 7tpoxo7t"ÌJ i:ou Euayyd,lov come può darsi il caso inverso. Che il
(Phil.I,12). Ma la preoccupazione mag- peccato possa impedire alle preghiere 14
giore dell'Apostolo è questa: ~\IO: µ1) cli giungere a Dio, è la maledizione gra-
i:wa. f.yxo7t'Ì}v 12 òwµE\I i:0 Eua.yyEÀ.lc.v vante sull'umanità sin dai giorni di Cai-
-rou Xpt.cr-rov. Il pensiero della ~ 7tpo- no, che soltanto Cristo ha effettivamen-
X07tTJ i:ou EÙa.yyEÀ.lov basta a confinare te dissolto.
in secondo piano qualsiasi preoccupa- Il 'correre' dell'evangelo e dell'Apo-
zione dell'Apostolo circa i propri dirit- stolo, il camminare dei cristiani e l'a-
ti, desideri e sofferenze. scesa delle preghiere a Dio, sono mossi
dallo Spirito Santo e perciò qualunque
Se in questo caso il peccato intralcia
impedimento frapposto ad essi appar-
l'opera di Dio nel mondo, secondo r
tiene al novero di quelle cose che per
Petr.3,7 (dç i:ò µ1} Èyx67ti:EcrD(u -càç
nessun motivo devono accadere (~
7tpocrwx~ç ùµW\I) esso potrebbe distur-
<rx<i.vòa.À.o\I).
bare e impedire il rapporto dei singoli
cristiani con Dio. Non è soltanto la pre-
ghiera in comune dei coniugi, pur così
importante, che l'autore ha in vista; cer- Lo stesso radicalismo che del N.T.
to, anch'essa diverrebbe impossibile rappresenta la nota fondamentale di ~
qualora l'uomo non onorasse nella don- IÌ7tox61t't"W, dà pure la sua impronta a
na la persona pari a lui nella grazia, an- Èxxo1t't"W. L'uso dei due verbi offre le
che se fisicamente più debole. Ma l'A- maggiori analogie proprio nei casi in
postolo vuol dire propriamente questo: cui si tratta di una decisione radicale,
la distorsione del rapporto più impor- quale viene richiesta nel N.T. (~ coli.
tante e più intimo tra persone umane 85I s.; 854 ss.).
1 Nei logia di Gesù in questa accezione si tro· 4 Mach.3 13 (presso KAuTSCH, Pseudepigr. 155
va usato ~!;a:tpE~\I (Mt.5,29; 18,9) oppure b- n. i) su Èxxon'tEW=atnputare, in contrasto con
a&.ÀÀEW (Mc.9A7). ~ol')l>Ei:v =curare.
2 Vedi però l'osservazione di A. D E rSSMANN a
Èxx67t-cw (G. Stahlin) (m,858) 854
5,30; 18,8), ricorre il logion che invita de ciechi, ecc. (oppure si può anche in-
a recidere la mano (del piede si fa cen- tendere: prima della preghiera del mat-
tino qualsiasi altra azione, pur cosl fu-
no soltanto in r 8,8 ). In esso hxo7t't'C,,>, tile, è peccaminosa). b. Niddà I3 b e b.
che in questo caso è sinonimo di ---7 Sanh. 58 b; Strack-Billerbeck I 302: R.
CÌ1toX67t'tW (-7 coli. 835 ss.), raffigura Huna (t 297; Strack, Einl. r39) ha det-
to: taglia la mano (che si è levata con-
plasticamente la serietà della risoluzio-
tro il prossimo) come sta scritto: la ma-
ne che Gesù esige perentoriamente da- no che si è alzata sia recisa (lob 38,15).
gli uomini. R. Huna fece (effettivamente) tagliar la
mano (a un tale che era solito battere
a) Per il passo fondamentale dell'A. altre persone) 7 • In b. Pes. 57 b la reci-
T. in cui il taglio della mano è sancito sione della mano viene comandata sen-
come punizione, ossia Deut.25,12, cfr. za alcun riguardo al genere della colpa,
Ù1tox6m:w ---7 col. 837 s. Lo stesso prin- ossia come punizione per un delitto di
cipio, che cioè la punizione debba ca- lesa maestà.
dere sulla parte del corpo che ha com-
messo il peccato, è stato mantenuto dai b) In guisa esteriormente analoga
rabbini. b. Niddà 13 b 4 : R. Tarfon (fine Gesù ordina di recidere quella parte del
del I sec., inizio del n d.C.) ha detto: corpo che irretisce l'uomo nel peccato
la mano con la quale l'uomo afferra le
(---7 crxrt.\IOa.À.l~w ), sia che si tratti di
(proprie)vergogne dev'essere tagliataal-
l'altezza dell'ombelico. b. Shab. ro8 b~: una tentazione o di una mancanza ses-
R.Muna (intorno al r8o d.C.; cfr.Strack- suale, sia di qualcosa che minaccia di
Billerbeck I 303 n. r) afferma: la mano incrinare la disposizione religiosa del-
posta (prima dell'abluzione o prima del-
la preghiera mattutina? )6 sull'occhio, ... l'uomo 8• Le parole di Gesù hanno in
sul naso... sulla bocca ecc. dev'essere comune con le affermazioni dei rabbini
tagliata. Rashi commenta: sarebbe me- la stretta relazione tra il peccato e la
glio per lui che fosse tagliata, giacché
uno spirito maligno riposa sulla mano punizione. Mentre però nei rabbini si
che non viene lavata la mattina e ren- tratta di una punizione giuridica 9, o
soltanto di una imprecazione 10, appare discorso della montagna 12• Proprio in
invece evidente çhe Gesù afferma la ne- questo logion si può chiaramente rico-
cessità di punite rigorosamente se stes- noscere anche lo sfondo escatologico:
si {---? èmoxo'lt'tW, coll. 836 ss. a Mc. 9, la punizione radi;ale che si infligge a
43.45). Che l'imperativo ìbrnolfJov <1..U- se stessi, sacrificando la propria mano
'tTJ\I xa.t PaÀe ci'ltò crou vada inteso al- o il proprio piede, ha come ultimo sco-
la lettera 11 , risulta assai probabile quan- po quello di estirpare il pericolo della
do si ponga mente allo spirito di quel geenna. È meglio perdere questa vita,
radicalismo teocentrico e insieme esca- o qualche parte vitale del corpo, se que-
tologico del quale sono pervase le pa- sta è la condizione per acquistare la vi-
role di Gesù, e in particolar modo il ta eterna (Mt.r6,26).
G. STAHLIN
°
1 Cfr. B1scHOFF, op.cit.46 s., e il racconto del
2 (1928) 477 1~. rn. Anche un'interpretazion::
modo in cui si attuò un'imprecazione siffatta come quella di H. HUBER, Die Bergpredigt,
in b. Taan. 21 a; STRACK- BILLEP.BECK I 779 s . . [ 1932] p. 91: «Vivi come se non avessi né oc-
Questi passi dimostrano che affcrmnzioni co- chio né mano, qualora essi ti inducano in pec-
me quelle surriferite difficilmente si pos5ono e.Ho») non è abbastan2a consona all'assolutez-
considerare come semplici applicozioni di un ;m, posta in risalto dallo stesso autore, dell'cti·
modo di dire comune (cfr. BORNHAUSBR, op. ca radicale di Gesù (tutt'altra cosa è il 'come
cit. 91). se' di I Coq,29·31).
Il Di altro avviso è il IlORNHAUSER, op.cit. 92; 12 Cfr. H . WINDISCH, Der Sinn der Bergpredigt
dr. G. DALMAN, Arbeit 11. Sii/e in Paliistina I (1929) 65ss. 69ss.
859 (m,860) Y.Op~éi.v (K. H. Rcngstorf) (m,861) 860
no di sé a Dio. Ciò vien posto in rilie- <ravp6<;), in cui è raccolto tutto ciò che
vo da Flavio Giuseppe, che aggiunge il viene offerto come xop{3fi:v o ne è il ri-
termine owpov a chiarimento della pa- scatto 3. Peraltro, un uso corrisponden-
rola straniera per i 1"1,ttori non giudaici. te di qorbàna' non s'è potuto sinora ac-
S'egli ritiene necessario accogliere xop- certare 4 •
(3iiv nel suo testo, sebbene il termine
sia incomprensibile ai lettori, è eviden- 2) qorban nell'A.T. e nel tardo giu-
te che esso aveva carattere tecnico, per daismo. a) Nell'A.T. qorban (come deri-
cui in certe condizioni esso era indispen- vato di qrb / hiqrib, offrire qualcosa,
sabile perché il voto risultasse valido. A
detto in particolar modo del sacrifìcio
ciò corrisponde quanto Flavio Giuseppe
aggiunge in Ap. r, 166 s., a proposito [Lev.r,r3 e passim]) indica ciò che vie-
di xop(3iiv. Ad attestare la veridicità ne offerto, specialmente alla divinità o
di quanto dice circa l'importanza e la al santuario, il sacrificio. Il senso gene·
notorietà del suo popolo sin dall' anti-
chità, egli rimanda fra l'altro a una no- rale è ancora evidente in Num. 7'3 ss.,
tizia di Teofrasto 1, nell'opera perduta anche se è già chiaramente avvertibi-
Ilépt \16µwv, secondo cui le leggi proibi- le il passaggio del termine all'uso del
vano ai Tirii di avvalersi di formule linguaggio sacrilicale. Forse aveva carat-
straniere per i giuramenti; una di tali
formule era :x.op(3U.v che, tradotta dall'e- tere religioso sin dagli inizi; in tal caso
braico, equivaleva a owpov ~EOV. J1 ca· esso conterrebbe una reminiscenza di
rattere tecnico del termine è accentuato un'epoca in cui ogni rapporto fra uomo
ancora dal fatto che esso è definito ~p
e uomo, che non fosse scontro bellico,
xoc;, giuramento. Era dunque usato in-
dubbiamente per indicare il dono a Dio si attuava in forme religiose (cfr. hiqr2b
degli oggetti a lui votati. A ciò contri- per indicare l'offerta di un dono come
buisce anche l'uso del termine nella for- segno di soggezione in Iud. 3, 17s., e
ma che possiede nella torà, che è il fon- l'offerta del cibo a un ospite illustre in
damento di ogni culto giudaico. Il ter-
mine xop~wvti<; designa invece, in bell. Iud. 5 ,2 5 ). In ogni caso anche questo
2,r75 2, il tesoro del tempio (tEpòc; ih-1- termine 5 attesta l'origine del culto sa-
xop~iiv X't'À.
PR.-BAUER3, s. v., DALMAN, Gr. 174 n. 3; H. 3 K. KoHLER, probabilmente riferendosi a Ml.
OORT, De verbintenissen met «Korban»: ThT 27,6, non esclude neppure la possibilità che
37 (1903) 289-314; J. H. A. HART, Korban ; xop~~véiç indicasse la cassetta delle elemosine
JQR 19 (1907) 615-650; H. LAIBLE, Korban: (Jew.Enc. I 436; VII 561). Anche per questo
AELKZ 54 (192I) 597-599. 613 s.; STRACK-- significato mancano. testimonianre.
B1LLERBECK 1, 7n ss.; C. G. MoNTEFIORE, Thc 4 Molto raramente qorbiinii' ricorre con valore
SynopJic Gospels' 1 (1927) 148- 152; Comm. cli 'dono' (b.Hul. 8 a; forse anche b.Zeb. n6 b;
ad l. Per Filone --) 8pxoç e col. 865. inoltre Tg. Os.12,2 [T.M.: Jemen; LXX: ~Àrn
l Teofrasto di Ereso nell'isola di Lesbo (ca. ov; probabilmente interpretazione teologica del
372-287 a.C.), discepolo di Aristotele. testo base], che riferisce di un tributo [-+
2 ME-.à. 8È 't'a:li-.a 't'C1..pa.xTiv È't'É.pC1..v hlvEL (Pi- sopra con nota 5]).
lato) 't'Òv lepòv ih)ua.vpov, xaÀ.E~w.L li È xop~w s Un buon parallelo potrebbe essete offerto da
viiç, Etç xa-.a:ywy-ijv òli6.'t'wv tl;a\la.À.l<Txwv. mi11~a, che designa il dono, in certe condizioni
861 (m,861) xop{3éiv (K. H. Rengstorf) (m,862) 862
indispensabile (cfr. Gen.32,14; 33 110), e quin- tre anche hi.JO'la. (Lev.2,1). Sono tutti passi del-
di può indicare anche il tributo alla potenza la Esapla conservati. Swpov, che nei LXX vie-
politica dominante (Iud.3,r5; Os.10,6) e il sa- ne riservato, in Lev. e Num., per qorbiin (e
crificio alla divinità (Ge11.4,3;1 Sam.2,17; 26, le!;em), viene usato dalle altre traduzioni an-
19). Il linguaggio sacerdotale ha poi limitato la che per 'ola (Lev.1,9, Aquila e Simmaco) e
parola al sacrificio incruento (Lev.2,1 ss.). La min{Jt1 (Lev.6,2r [T.M.: 14]; Num.16,15, A-
Bibbia greca distingue, a seconda del contesto, quila e Simmaco) [BERTRAM] .
la 111i11pa in Swpt'I. (Gen.32,14; 33,ro; Iud.3,r>)
1 Cfr. KAssovsKY n, 1593 ss. s.v. qorba11. Cfr.
o anche l;EVLt'I. (Os.10 16) - in entrambi i casi al
per es. la locuzione frequente qorba11 fum'a
plurale - e in itucrlct. (Ge11.4,3; I Sam.2,17; 26,
(Na:drz,2; 3,5 e passim) per il sacrificio che il
19; Lev.2,1 ecc.). nazìreo deve offrire, se il tempo del suo voto è
6 I LXX, che per qorbiin hanno sempre owpov, stato interrotto da una imprevista impurità
non ne lasciano trasparire tràccia. Le altre tra- (cfr. Num.6,10). La locuzione è rabbinica. qor-
duzioni sembrano aver avuto di regola 7tpocrcpo· biin nell'accezione consueta, accanto a quella
pa (Lev.1,2; 2,r; Num.5,15). È attestato inol- specifica, per es. in Ned.2,5.
863 (m,862) xop0éiv (K. H. Rengstort)
maico qondma' 8, qinumii': b.Ned.10 b), b"'in la'àbor 'al hammi~wot, Ned.2,2;
e inoltre anche qoniifJ e qonils. Tali for- dr. b.Ned.16b-17a)H.
me secondarie 9 sono intenzionali alte- Dai testi rabbinici emerge con chia-
razioni della parola originaria, che per rezza che il voto mediante qorbiin, qo-
il suo frequente uso nella torà rientra nam ecc. non mira all'effettiva donazio-
nella lingua sacra, e viene quindi evi- ne di determinati oggetti a Dio, ma sem-
tata anche quando si vorrebbe farne plicemente a sottrarli al diritto di di-
uso 10• Il principio di cui in tal caso sporne da parte di certe persone. Ciò
ci si avvaleva era il seguente: tutte le risulta in modo inequivocabile da Ned.
perifrasi di voti (nediirem) sono come 1,3: «[Uno dice: questo e questo sia]
voti (kinediirtm, Ned.1,1). Perciò sono come l'agnello 12, come le rimesse 13, co-
egualmente considerati qorbiin i nomi me il legno, come i fuochi 14, come l'al-
dei singoli tipi di sacrificio che vengano tare, come il tempio, come Gerusalem-
usati in suo luogo nel fare il voto (Ned. me, [infine:] se egli ha fatto il voto 15
1,4). Per il resto, qorbiin, qoniim ecc. per uno di coloro che servono l'altare 16,
vengono nettamente distinti, in quanto è questo un voto fatto mediante qor-
formule votive ( nediirtm ), dalle formule ban, anche s'egli non ha pronunciato la
di giuramento Wbu'ot). Là ove si trat- parola qorban». Premessa essenziale nel-
ta della trasgressione di una mifwa, di- la frase è che tutti gli oggetti e le per-
sposizione della torà, come delle norme sone nominati siano qados/ liyLor;, ossia
per ]a celebrazione della festa dei Ta- proprietà di Dio, e in quanto tali sot-
bernacoli (Lev.23,33 ss.), solo un neder, tratti a qualsiasi altro servizio o uso. Di
voto, ha conseguenze (e come tale è da qui, il pronunciare qorbiin su qualche
intendersi l'esclamazione qorbiin), men- cosa significa sottrarlo, come tutto ciò
tre una sebu'a, giuramento, non porta che è qiidos/IJ.:ytoç, ad ogni possibilità
conseguenze, «perché non si giura di di uso profano. In rapporto con la for-
trasgredire i comandamenti» (Se' en ni1- mula del qorbàn non si va oltre siffatta
17 Cfr. al proposito b.Ned.28 b; Ned.5,6. in cui gli effetti di un qorbii11 del figlio, causa
18 Cfr. per es. Ne1/.3,II: qoniim se'én1 nehe11eh di separazione fra padre e figlio, non si poteva-
lib11é noap. In luogo di libné si potrebbe tro- no più eliminare neppure con le migliori inten-
vare anche mibb"né; cfr. per es. 3,u; inoltre: zioni di quest'ultimo.
[ qoniim J se'ént 1tehe11eh miiiifrii'el. Qui del re- 20 Cfr. soltanto i casi considerati in Ned.9,r s.
sto, come mostra l'uso di 'én, qorbiin hn ormai e il fatto riferito in 9,4, relativo al voto (per
valore meramente asseverativo. qorbiin) pronunciato dal marito nei confronti
19 V. per intero questo importante passo, col della moglie senza previa riflessione.
resoconto d'un fotto del genere a Bet-Horon
21V. i passi in STRACK-BILLERBECK I 715. Cfr.
(non lontano da Gerusalemme), in STRACK-Bnr
inoltre Hag.r,8.
LERBECK I 716. È un passo particolarmente
istruttivo, perché ne emerge che si davano casi 22 Soprattutto fra studiosi ebrei e cristiani.
xop~iiv (K. H. Rcngstorf) (m,864) 868
lo da una delle due grandi scuole esi- prio dipendente; perché questo è ciò
stenti 23 , oppure se le possibilità di alle- che (la Scrittura) dice (cfr. Mich.7,2);
taluno imbroglia il suo servo con J;>e-
viamento indicate oggi nella letteratura rem» (Vam.16,9 ss.; ed. L. Rost 28, r.
rabbinica siano entrate in uso in certi 13-15) 2 ' . E vero che qui non ricorre né
casi solo dopo Gesù 24 • Le fonti rabbi- qorbiin, né una parola corrispondente .u;
ma il senso è assicurato da jiddor ...
niche non bastano per decidere della lammizbèal;, lett, «ammucchiare sull'al-
questione. La più antica autorità citata tare», come pure da ;"qaddès ... ma'a-
al proposito dovrebbe essere un R. Sa- kiil, «dichiarar sacro il cibo». Nell'un
doq, che già intorno al 70 d.C. godeva caso e nell'altro un rabbino dell'epoca
successiva avrebbe parlato di voto me-
di grande prestigio (Ned. 9,r, sempre diante qorbiin. Nella parte che segue,
che il passo si riferisca a lui, e non al all'inizio della riga 17 si trova ancora
nipote omonimo). Bisognerà quindi te- qds e all'inizio della riga 18 hnwdr, che
pure conducono nello stesso ambito di
ner conto di Mt.15,J ss. in più larga mi- pensiero. Nel primo dei tre casi qui
sura di quanto sembri giusto a taluni proibiti non meno che nel secondo, sem-
studiosi. bra sancito il principio che solo cose
offerte spontaneamente e con gioia sono
Sembra che anche il Documento Da- degne dell'altare di Dio. Si consideri,
masceno contenesse una parte riguar- peraltro, che la comunità la cui voce ci
dante il voto mediante qorbiin. Il testo tramanda questo documento si è sepa·
è purtroppo assai corrotto: 'l mspf rata dal tempio e dal suo culto (cfr. 4,
h[ndb]wt: 'l jdwr 'js lmzbl; m'wm 12 ss.), anche se al fatto non va attribui-
'nws I wgm [hkJhn;m 'l iq!Jw m't ifr'l to valore fondamentale (cfr. u,19 ss.).
[ ... w'l] ;qds '# 't m'kl [p'Jl[w kli hw' Del resto, gli studiosi non ci sanno dire
;fr 'mr 'is 't '[b]dw [#wd]w l;rm 25, con sicurezza se i passi riguardanti il cul-
«e riguardo al diritto sui voti: non si to del tempio siano davvero da riferire
deve votare all'altare cosa di cui si è ad esso, oppure debbano essere riferiti
entrati in possesso con la violenza, e in senso traslato alla sinagoga e al suo
un sacerdote non deve togliere a un culto, e il documento non tenga quindi
israelita [con la violenza? 26, e non] si alcun conto del sussistere del tempio e
deve dichiarare sacro il cibo del pro- del suo culto 29 • Ciò significa che per la
23 La scuola di Shammai, che a differenza dei STAERX, Die iìidiscbe Gemeinde des Neuen
discepoli di Hillel in genere prendeva decisio- Bundes in Damaskus, BFTh 27,3(1922)84 (da
ni severe (cfr. lliRT 616). L'indirizzo di Hillel GINSBERG).
si affermò tuttavia in quasi tutti i campi. V. 26 Cosl SEGAL, STAER.K.
anche MoNTEFIORE r49, che rimanda a Deut.
n Per le integrazioni v. l'apparato in RosT.
23,22ss. e a Num.30,2s .
24 Cosl il LAIBLE 6x3, il quale è incline a rav- 28 Ma [Jerem qui sembra inteso volutamente
visare addirittura, in tale prassi più tarda, unn non come 'rete', bensl come formula di consa-
influenza della predicazione di Gesù. Cfr., pur crazione e maledizione (4 àvttbEJ.w. I, col.
nel suo atteggiamento riservato, anche STRACK- 954), ossia nel senso pratico che, come for-
BILLERBECK I 7x5 n. I. mula votiva, possiede anche qorblin.
25 Cfr. Mich.7,2 e inoltre Deut. 23,25 s. nella 29Cosl G. HoLSCHER, Zur Frage nach Alter
esegesi rabbinica della B:M. 7,2ss., con W . und Herkun/t der sog. Damaskusschri/t: ZNW
xop~éiv (K. H. Rengstorf)
terza delle proibizioni sopra riportate re- di essere considerato sacro e degno del
sta dubbio se j"qaddes si riferisca a una tempio 33 • Non si conoscono paralleli
vera offerta al tempio 30, o miri solo a de- rabbinici per quest'uso del termine.
fraudare il lavoratore del suo compen-
so 31 • Nel primo caso, nel comportamen- b) xopBO.v ricorre soltanto in Mc1,
to riprovato avremmo ancora una fase ro ss., in una disputa di Gesù con gli
anteriore al voto per qorbiin del tardo
scribi e i farisei: Mwucrijç yà.p EL1tE'll •
giudaismo, nel secondo, invece, quel vo-
to stesso. Ed è impossibile stabilirlo -rlµa 't"ÒV 1tCX.'t"Épa crou xal. 'tTJ'll µT}'t"Epa
fondatamente, prima che sia fatta luce uou, xal · o xaxoÀ.oywv mx.-.Épa. tì µ1]-
sulla datazione del documento. Accer- 't"Épa llaWi't°4>· 'tEÀEU'tci'tW. VµEtç OÈ Àé-
tato dovrebbe rimanere comunque il
yt"TE · f.à.v eL1tTI &vl1pw7toc; 1:4} 1trJ.1:pt tl
rapporto delle frasi riportate con l'usan-
za del qorbiin 32 • -rn µT}'tpt • xop~O.v, o É<T'tt'\I owpov, o
3. qorbiin nel Nuovo Testamento. f.à.v é!; ɵou wcpEÀT}i7i'}c;, OUXÉ'tt àcpLE"t'E
a) In Mt.27,6 gli CÌPXLEpdc; sosten- aù-.òv ouoÈv 7twijcrm -.4} 1ta.'tpt tì -.fi
gono che le monete d'oro (Mt.26,15), µT}'t'pl, àxupouv-.Ec; "t'ÒV Myov -rou i7Eov
prezzo del tradimento di Giuda, che "t'fi 7tapao6crn ùµwv n 1ta.pEowxa't"E,
questi aveva gettato nel tempio prima «Mosè ha detto: 'Onora il padre e la
di impiccarsi (Mt.27,5),non possono es- madre', e 'Chi maledice il padre o la
sere messe nel xop~avO.c;: ovx E~E<J'tLV madre sia messo a morte'. Voi invece
j3aÀ.Eiv m'.J'tà EL<; -.òv xop~avéiv, É1tEt dite: 'Se uno dice al padre o alla ma-
'tLµ'Ì) aXµa:t6c; É<Y'l:L'll. Il termine xopj3a- dre: 'Sia qorbiin - cioè dono - ciò che
vac; indica qui il tesoro del tempio, co- ti sarebbe dovuto da me', non permet-
me fa Flav. Ios., bell. 2, 175 (-7 coll. tete che faccia più nulla per il padre o
859 s.). la madre, e cosl annullate la parola di
Dio per la tradizione introdotta da voi».
Il problema discusso dagli &:pXtEpE'Lc;
nasce in quanto il denaro è stato getta- Marco chiarisce per i lettori greci la
to nel tempio, e quindi s'intende dona- parola xop{3éiv, allo stesso modo di Fla-
to ad esso. Forse già proveniva dal te- vio Giuseppe(~ coli. 857 ss.). Matteo
soro del tempio, ed era quindi ovvio ri- (15,3 ss.) evita addirittura la parola
mettervelo. Gli O:pXLEpEic; rigettano tut- straniera e la sostituisce senz'altro con
tavia tale possibilità, perché il denaro è owpov 34, nel senso di qorban, sacrificio.
contaminato dal sangue, e non può quin- L'uso di owpov in Matteo è costante. A
28 (1929) 21 ss., specie 23 ss. Una rassegna dei 32 Lo STAERK e il RosT, nd !., rimandano infat-
tentativi cli datazione ibid.21 ss., inoltre in L. ti a Mc.7,9ss.
RosT: Kl.T. 167 (1933) 4· 33 Cfr. ScHLATTER, Komm. Mt. ad l. Cfr. anche
30 berem = 'rete' in Mich.7,2, viene inteso nel· il precetto sopra riportato ( ~ col. 867 ss.) del
=
le formule votive come berem tabù; cfr. Documento di Damasco sulla promessa di og-
STAERK 84 ad l. Lo stesso gioco di parole in getti estorti.
Ned.2,5, ma in senso inverso. 34 owpov, trascritto doron, per qorban è en-
patte 2, II, OWpO\I equivale sempre a spensione di tutti i diritti che di nor-
qorbiin (5,23 s.; 8,4; 23,18 s.). Nel pa- ma un padre può avanzare nei confronti
rallelo a Mt. 8,4, Marco e Luca hanno
evitato la parola, probabilmente perché del figlio e ha il suo corrispondente, per
per i loro lettori 8wpo\I non era proprio forma e contenuto, nella locuzione rab-
consueto nel senso di 'sacrificio'. Oltre binica qonam 'Se'attli nehenétfi lt, <<...
a -cà. 8wpa. in 21,1 (per qorbiinot, indi- che tu non ti giovi di me» (Ned.8,7;
pendentemente da Marco), Luca usa -rà.
8wpa. in 21 ,4 (ancora senza dipendere --7 coli. 865 s.). Il voto che impedisce
dalla sua fonte) in un'accezione vicina qualsiasi uso include, oltre il manteni-
a quella di ycxsoq>vÀ.a.xE~O\I o di xop~a. mento, anche tutte le normali presta-
vac; in Flav. Ios., bell.2,175, e in Mt.
27,6. Anche nella Lettera agli Ebrei (5, zioni del ·figlìo al padre: aiuto per l'a-
r; 8.J s.; 9,9; II,4) 8wpo\I corrisponde dempimento dei doveri religiosi, assi-
a qorbiin. In Flav. Ios., bell.2,409, vi è stenza nella malattia, ecc. 35• In un caso
lo stesso accostamento di 8wpa. e 1N-
siffatto sono proibiti persino rapporti
<Tlm, sacrifici incruenti e cruenti (~ n.
5), che figura tre volte in Hebr. (5,1; 8, d'affari (cfr. Ned-4,6). Da tale atteggia-
3; 9,9). Compaiono dunque in Flavio mento fondamentale dei rabbini, che
Giuseppe locuzioni palestinesi. subordinano il diritto dell'uomo al di-
Le parole di Gesù presuppongono che ritto di Dio - né potrebbero altrimenti,
un caso come quello a cui fa allusione dato che concepiscono il rapporto di
sia di competenza degli scribi, e che Dio con gli uomini secondo categorie
questi decidano che ci si deve attenere giuridiche 36 - , viene come conseguenza
alla promessa fatta per amor di Dio e che quanto Dio esige in base a un voto
che gli interessati ne devono subire le è da anteporre persino a quanto esige
conseguenze. Ma la situazione prospet- nei confronti del padre. Num. 30, 2 s.
tata è possibile solo se il figlio si pente forniva inoltre a tale principio un irre-
della sua dura promessa, il che fa anco- futabile fondamento scritturale 37• Che
ra una volta pensare ch'essa sia da in- in Matteo Gesù, rigettando il compor-
tendere come fatta senza riflettere, in tamento dei rabbini in casi del genere,
un momento - si ponga - di collera: aggiunga il richiamo ad Is. 29,13 (in
un caso ben noto dai testi rabbinici (~ Marco la citazione precede, il che in so-
coll. 866 s.). La frase provoca la so- stanza non altera nulla) e che nella pa-
per lo più usato nel senso di 'dono'; dr. i les- Contro Mc. 7,12, Montefiore obietta che pro-
sici s.v. prio lo scioglimento dei voti, non già il loro
mantenimento, era opera della tradizione rab-
35 Cfr. i passi in STRACK-BILLERllECK 1, 714.
binica, e ravvisa quindi nel versetto un'oppo-
36 Cfr., per questo e per le conseguenze teolo- sizione alla Scrittura, che non vorrebbe fosse
giche che ne derivano, R. SANDER, Furcht u11d di Gesù («speriamo che 9-13 non sia autenti-
Liebe im paliistinische11 ]udentum (i935) 67 ss. co!» 152).
37 Cfr. S.N11m.153 a 30,3, e MoNTEFIORE 149·
873 (m,866) xop~éiv (K. H. Rengstorf) (m,866) 874
rola profetica ravvisi il giudizio stesso proprio perché chi l'ha data è il Buo-
di Dio sul culto dei rabbini e di coloro no per eccellenza (Mc. ro,18 par.) essa
che ne seguono la guida, appare com- conduce, mediante la santificazione, alla
prensibile solo se qorban indica davve- bontà. Così considerata, la polemica di
ro che quanto è reclamato dal padre Gesù contro il voto per qorbiin del fi-
venga dato a Dio o al tempio, come in glio riguardq al padre, che trovava l'ap-
un'opera pia 38• Ma la citazione della poggio dei rabbini, s'inserisce senza dif-
parola scritturale mostra anzitutto che ficoltà nella sua lotta contro gli scribi
qui Gesù non intende tanto rivolgersi del tempo, per quanto riguarda sia il
contro una certa pratica rabbinica, quan- suo stesso atteggiamento, sia l'atteggia-
to piuttosto porre in evidenza come i mento dei rabbini da lui respinto 39•
suoi avversari, nella loro preoccupazio-
4. La Chiesa antica ha accolto il ter-
ne di compiere la lettera, non riescano mine solo nel senso che viene presup-
poi ad osservare la legge divina. Essi di- posto in Le. 21>4 (-7 col. 871), sebbe-
menticano che Dio non ha dato la leg- ne qui non si trovi né xopf3iiv né %op-
f3a.viiç, ma -çà, òwpa.; cfr. per es. const.
ge per se stesso, ma per amore degli uo- Ap.2,36,8 : EL<; 'tÒV xopf3m1iiv () ouva-
mini, perché scordano che in lui giusti- <ra.L f36.À.Àwv, xowwvE~ 'tot<; sÉvotç ~v
zia e bontà sono una cosa sola; quindi 1ì ouo 1ì 'REV't'E Àm't'&., «mettendo nel
non si deve pensare che la sua bontà xopf3a.vliç ciò che puoi, raccogli per gli
ospiti uno o due o cinque spiccioli» 40 •
si manifesti quando i suoi diritti sono Nel senso di cassetta delle offerte o delle
stati rispettati. La polemica di Gesù in elemosine figura poi ancora, latinizzato
questa disputa non si appunta, dunque, in corban, in Cipriano, de opere et elee-
mosynis r5 (CSEL 3,1): locuples et di-
contro la validità della Scrittura, che ri- ves dominicum celebrare te credis, quae
mane intatta, ma contro un tipo di in- corban omnino non respicis41 • Da tale u-
terpretazione che si aggrappa alla lette- so paleoecclesiale della parola, poi scom-
parso 42, traspare la concezione dell'ele-
ra e non perviene quindi a cogliere la
mosina come di un sacrificio offerto a
Scrittura come un insieme unitario, che Dio, concezione che la chiesa antica ela-
muove da un'unica volontà divina e mi- borò sotto l'influenza del giudaismo.
ra all'unico fine c:Jella santificazione; ma K. H. RENGSTORF
38 Diversamente che nel giudaismo rabbinico, tentazioni (Mt.4,r ss., specie v. 8 ss.).
quale ci è noto dalle fonti tannaitiche, ove 40 Allusione a Mc.12,42.
qorbiin è divenuto semplicemente formula pre-
41 La frase è coniata sotto l'influenza di Apoc.
clusiva (~coll.864s.), ma forse nello stesso sen-
so del documento di Damasco (-7 coli. 867 ss.). 3,17 ss.
39 Si confronti ad es. l'interpretazione della 42 Tale senso non è deducibile direttamente da
legge in Mt.5,21 ss., ed anche la storia delle quello originario {contro K. KoHLER, -7 n. 3).
xoO'µÉW (H. Sasse)
xocrµÉw, x6crµoc;,
x6crµ1.oc;, xocrµt.x6c;
xocrµÉw
LmnELL-ScoTT 984; PREUscHEN·BAUBR' 737 s. 2 Vedi RYSSBL, in KAUTZSCH, Apkr. 11. Pse11-
1 Cfr. x6aµoc; -)o coll. 879 ss. e l'uso di 8tttXO· depigr., ad l.
aµE~V, 8tax6oµ11cn.c; ~ col. 883.
:x6oµoç (H. Sasse)
44 [par. Lc.n,25]) o del tempio (Le. 7. il mondo nel senso di terra, ecumene,
umanità.
2 l ,5 [).,rno1ç xaÀ,oi:c; xat &.vait1)µrun\I
B. x6oµoç nei LXX; il conce/lo di cosmo
ux6aµ:r1"ta1, cfr. 2 Mach.9,16 e l'uso nel giudaismo.
linguistico ellenistico-pagano, Ditt.Syll.? C. xbcrµoçnel N.T.:
725,2s.; 1100,21 s.; 1050,6], dr.Apoc. l. in generale: ornamento;
2. mondo 1: universo, creato;
21,19), o di tombe, Mt.23,29: xoaµd- 3. mondo II: dimora degli uomini, teatro
'tE 'tà µvl]µeia 't"W\I 01xalwv [dr. xoa- della storia, ecumene, terra;
4. mondo m: umanità, creazione decaduta,
µei:v 't&:<po\I, Soph., Ant.396 e Xenoph., teatro della storia della salvezza.
mem. 2,2,13], o ancora, in senso tra-
slato, Tit.2,10: i:va 't'Ì}\I 01òacr:xcùla.v A. USO EXTRABIBLICO
'tTJV 'tou crw't'ijpoç 1)µwv ~Eou xocrµwow
Del tutto incerta è l'etimologia di
Év 'ltWnv, «affinché onorino in ogni cosa x6crµoç, che a partire dall'epoca omeri-
la dottrina di Dio, nostro salvatore» 3 . ca è parte integrante del patrimonio lin-
guistico greco 1• Nel suo significato ori-
xfoµoç
ginario l'idea di disporre, produrre, co-
SOMMARIO:
struire (in Hdt.3,22 è parallelo di un du-
plice 1tOlT)cr1c;) si abbina a quella di ordi-
A. Uso extrabiblico:
r. l'opera d'arte; ne (dr. Heracl., fr. 124 [I, 102, r s.,
2. l'ordine fra gli uomini; Diels: wa1tép o-&pµa dxi} xexuµÉvov b
3. l'ordine in generale;
4. l'omamento; xaÀÀ,1a..-oç [ ò] x6o-µoç, «l' ordine più
5. il mondo 1: formazione e significato splendido del mondo è simile a un muc-
del concetto greco di cosmo;
chio di oggetti rovesciati alla rinfusa»]).
6. il mondo II: Dio e il cosmo nel pensiero
greco; Ne derivano i seguenti significati.
3 Circa l'uso linguistico della letteratura proto- LOwE, Kosmos u. Aion (1935); E .v.ScHRENCK,
cristiana extracanonica, conforme nell'essenzia· Der Kosmosbegrif! bei Johannes mit Beriick·
le con quello dei LXX e del N.T., vedi PREU- sichtigung des vorjohan11eischen Gebrauchs von
SCHEN-BAUER. x6crµoç: Mitteilungen und Nachrichten filr die
evang. Kirche in Russland 51 (NF 28) (1895)
xocrµoç 1 ss.; F. BYTOMSKr, Die ge11etische E11twick-
CxEMER-KOGEL 619 ss.; PREUSCHEN-BAUER 3 lzmg des Begriffes KOl:MOl: in Jer Heiligen
739; LIDDELL-SCOTT 985; W. }AEGER, Paideia I Schrift: Jahrbuch· fiir Philosophie und speku-
(1934) 219 ss.; K. RErNHARDT, Parmenides und latjve Theologie xxv (19n) 18oss., 389 ss.;
die Geschichte der griechischen Philosophie Class. Rev. 3 (1889) 131 a.; 418 b.; 5 (1891)
(1916) 174 s.; ID., Kosmos tmd Sympathie 416 a.
(1926) 44 ss.; O. GIGON, Untersuchtmgen zu 1 Bibliogr. più antica in L. MEYER, Kosmos:
Heraklit. (1935) 52 ss.; O. GIL11ERT, Griecbi- Zeitschr. fiir vergleich. Sprachforschung 6
sche Religiomphilosophie (19n) passim, spe· (1857) 161 ss. {a cura dr A. Kuirn); K. BRUG-
cialmente 90 ss., 100 n. x, n6 n. 1, 207, 358; MANN, Indogerm. Forschu11ge11 28 (19n) 358
G. KITTEL, Die Religiomgeschichte tmd das ss, e le note di P. KRETSCHMER: Glotta 5
Urchriste11tum (1932) 88 ss.; C. H. Donn, The (1914) 309. Bibliogl'. più recente in WALDE -
Bible and the Greeks (1935), indice p. 253; R. PoK. 1, 403; 474.
879 (m,868) x6aµoç (H. Sasse) (m,869) 880
l . Ciò che viene artisticamente co- hanno parafrasato con xa.-.à -r&.;w, xa-
struito con singole parti, l'oggetto for- ..-cX. ..-ò OÉ.o\I, xcx...-cX. 'tÒ 1tpÉ1to\/) in Rom.,
Il. 2,214; l0,472; Od. 8,179, ecc.; e-
mato con arte. spressioni simili si ritrovano presso cer-
A proposito del cavallo di Troia, t1t- ti poeti (Pindaro, Eschilo) e prosatori
1tOU x6crµov, <da bella struttura del ca- (ad es. Hdt.2,52; 8,86; 9,59). Sovente
vallo»: Rom., Od. 8,492; x6crµov ȵWv x6crµoç con il significato di ordine vie-
È7;; Éwv, «la struttura del mio dire»: ne usato accanto e quale sinonimo di
Parm., fr.8,52 (1, 158,10, Diels), cfr.De- ..-&.çtç (ad es. Hdt. 9,59; Aristot., me-
mocr., fr 21 (n, 67,5, Diels); in paral- taph. I,J, p. 984 b, 16 s.; cael. 3, 2, p.
lelo con 1tOl'l')crLc; (Hdq,22). 301 a, 10); accanto a EV"t'a.~la. (pol.6,8,
p. 1321 b, 7).
Quando gli elementi che devono
2.
4. Il concetto di bellezza, sempre le-
essere ordinati in un tutto sono uomini,
gato al termine x6crµoç, inseparabile
x6crµoc; viene a designare l'ordine esi-
com'è dal concetto di ordine, affiora in
stente fra uomini.
modo particolare nel significato di or-
Horn., Od.13,76 s., a proposito del- namento (soprattutto femminile).
1' ordine in cui siedono i rematori; Il.
12,225, a proposito dell'ordine di bat- Horn., Il.14,187; Res., op.76; Rdt.
taglia. Da termine tecnico militare, xocr- 5 ,92 'l"}; ywo:.LxE'Loc; x6crµoc;, Plat., resp.
µoc; è poi diventato termine tecnico po- 2,373 b; anche in senso traslato, come
litico per indicare 1' ordinamento o la il latino decus, decoro, onore: yvvm,
costituzione statale, che lega fra loro i yuvat~t x6crµov 1i crty'ÌJ cpÉpEt, Soph.,
cittadini della polis, ad es. in Plat.: -ròv Ai.293. Citiamo qui soltanto alcune del-
xot.VÒ\I -riic; 1tOÀ.Ewc; x6trµov u<i>swv xat le innumerevoli testimonianze ellenisti-
X"t'WµEvoc;, «conserva e acquisisce il co- co -orientali di quest'uso di x611µoç:
mune ordinamento della polis» (leg. 8, Ditt., Or.383,73.13i.135.223 (Antioco
846 d); t\I' tfrv TtoÀ.EW\I x6trµoi. 'tE xcx.t di Commagene); 90,40; 423,5; 514,3;
O€trµOL cpù.lac; cruvaywyol, «aflìnché di- 525,13; 531,13; 595,6 (ornamentazione
venissero ordinamenti delle città e vin- di edifici e templi, ornamento di abiti,
coli comportanti amicizia» (Prot.322c); di cerimonie del culto, ecc.); P. Oxy.
cosl pure Thuc. 3,77; 8,48.67.72; Ari- VI, 899,12; xu, 1467,n; P. Flor. 384,
stotele, pol.5,7, p. 1307 b, 6. È termine 8.78 (v sec. d.C.); P. Lond. 198,10 2•
tecnico del diritto per qualificare lo sta-
to spartano (Rdt.1,65) ed è titolo buro- 5. Il mondo 1: formazione e signifi-
cratico in Creta (Ditt., Syll.3 712,57; 524, cato del concetto greco di cosmo.
i; Aristot., pol.2,10, p. 1272 a, 6).
Tutti i significati precedenti riecheg-
3. Con particolare frequenza xotrµoç giano in quello di mondo (ordine co-
ha n significato generale di ordine. smico, universo, anche cielo), facendo
Ad es. la formula xa-rcX. x6crµo\I, in cosl di x6crµoc; uno dei concetti più im-
buon ordine, come si addice {i glossari portanti della filosofia greca, di alto va-
lore non soltanto per la storia generale troveremmo la più antica testimonian-
del pensiero, ma anche per la storia re- za che documenti la designazione del
ligiosa dell'antichità. mondo come x6o-µoc; . Non è possibile
a) Con il significato di mondo, xé<T- affermare con certezza più di questo:
µoc; fa parte, ancora per Platone ( Gorg. xbo-µoc; deve il suo nuovo significato al-
507 e), del linguaggio dei crocpol. Lo la filosofia ionica del vr sec. Di fatto il
conferma Senofonte, definendo il termi-
concetto di cosmo, che allora si va for-
ne un'espressione tecnica dei O"Ocpt<T·rn.l
( mem. r, r ,II). Secondo una tradizione mando, si riscontra già in Anassiman-
documentabile a partire da circa il roo dro, fr. 9 (1, r5,26 ss., Diels): È~ wv oÈ
d. C. ma risalente forse a Teofrasto, 1) yévEcrlc; ÈO"·n -toi'.c; ou<n, xol -.Tiv cpfro-
Pitagora sarebbe stato il primo a usare
il termine per indicare l'universo: IIu· pàv Elc; 't<l.V't"<l. yl\IEO"~aL XCX.'tÒ:. '!Ò XPE-
ilayopcx;c; 1tpw-.oc; wvéµacrE 't1)V 'tWV o- wv· 0106vm. yàp aÙ'tà. olx'f}\I xa.t 'tLO"W
À.WV 7tEp1ox1Jv x6<Tµov, Éx -.iic; Év aù-tc{l à.À.À.1}Ào1c; 'tijc; à.01xlet.c; XCt.'tÒ:. 'tlJV 'tOV
-ta~Ewc; (Plut., de placitis philosopho-
xp6vou -rci~Lv, «da dove ogni vivente
rum 2, r [u,886b] e Stob., ecl.1,186,
14) 3 • Diog. L. 8, r, 25 (48} menziona ha origine, là sarà pure la sua fine, se-
una tradizione secondo la quale Pitago- condo il suo destino; infatti ciascuno
ra sarebbe stato il primo a chiamare il deve, attraverso la pena e il pentimen-
cielo xécrµoc;. Qui però, secondo la sug-
gestiva supposizione di O. Gigon 4, ou- to, saldare all'altro il proprio debito,
6
pa.v6c; forse rappresenta soltanto una secondo il verdetto del tempo» • Vi è,
trascrizione imprecisa di 'tTJV -rwv oÀwv cioè, un ordine delle cose che corrispon-
1tEptox1Jv della citazione precedente. de all'ordine giuridico che regola i rap-
Il valore storico di tutta questa tra- porti umani. Le singole realtà sono an-
dizione non è più controllabile. Qualo- ch'esse, fra loro, in un contrasto che
ra il fr. 2 (I, 26,18 ss., Diels) di Anassi- viene risolto dal verdetto (-rciO'<TELV) del
mene fosse da considerare autentico 5, tempo. Ma come nella vita dell'uomo la
nella frase OLo\I 'Ì} WUXtJ 1) 1]µ,E-rÉpa Ò:'IÌP ALXT) (~ II, coll. 1202 ss.}, intesa come
OUO'ct. o-uyxpu:tei: Tjµlic;, xai oÀO\I 'tÒV giustizia immanente, accorda le esigen-
x6o-µov 1tVEUµct. xai &.Tip 'ltEptÉXEt, «CO- ze contrastanti, cosl Anassimandro ve-
me la nostra ariima è aria e tiene in tal de «questo accordo eterno attuarsi non
modo unito l'essere nostro, cosl il fia- soltanto nella vita dell'uomo, ma nel
to e l'aria avvolgono il mondo intero», mondo intero, per tutti gli esseri» 7• Ciò
che tiene uniti i singoli esseri e li ordi- Non ci è più possibile precisare quan-
na in un tutto è dunque una norma do si è verificato questo spostamento
di significato. Chi considera autentico
universale immanente, che ovviamente il fr. 2 di Anassimene, citato sopra, è
non può essere confusa con il concetto costretto a far risalire il concetto spa-
moderno di legge naturale. «Essa fa sl ziale di cosmo agli inizi della filosofia
milesia. Chi invece nega, come K. Rein-
che il mondo si presenti come un 'ko-
hardt (~ n. 5 ), l' autenticità di quel
smos' di dimensioni immense; in lin- frammento, propenderà a limitare al
guaggio moderno, come una comunità concetto di ordine universale il signifi-
giuridicamente ordinata di tutte le co- cato di x6o-p.oc; negli scritti dei pensa-
tori del VI e della prima metà del v se-
se» 8 • colo. Ma quand' anche - com' è stato
Si può forse trovare, ancora in cam- supposto - si dovesse scendere fino al-
po mitologico, una preparazione a que- l'epoca della guerra peloponnesiaca per
sto concetto di ordine universale delle trovare x6crµoc; usato con il significato
cose, in Hes., theog.73 s., dove si narra spaziale di universitas rerum 10 men-
che Zeus dopo la sua vittoria Et.i Sè Exa- tre in tutti i documenti anteri~ri an-
u-.a afra.vchotc; o~ha~EV òµWç xa.L É- drebbe naturalmente letto con il signi-
ficato di ordine universale (di fatto, l'i-
7tÉcppaOE -rtµac;, «agli Immortali egual-
mente ripartl ogni cosa e assegnò gli dea di ordine universale domina anco-
onori». ra a lungo il concetto di cosmo), anche
in questo caso rimarrebbe il fatto che
b) Possiamo frarre le seguenti dedu- il concetto di universo spaziale ha già
zioni circa l'origine del concetto greco avuto grande importanza nel pensiero
dei filosofi antichi. Essi parlano del tut-
di cosmo. Il x6crµoç - talvolta si trova to come essenza e insieme di ciò che è,
pure, con questo sigruficato, &axoaµoc; 9 in espressioni come -rà. o'\l"t'a (ad es. A-
- è anzitutto l'ordine che fa sl che la naximandr., fr. 9 [r, 15, 23, Diels]),
'lt'av-ra (ad es. Xenophan., fr. 25 [I, 63,
somma dei singoli elementi costituisca
2, Diels]), -r& '1tUV'ta, &7tana (ad es.
un tutto, cioè il sistema universale, l'or- Heracl., fr. 90 [I, 95,12 s., Dielsl). Se
dine universale. Solo in un secondo tem- è vero che, secondo de placitis philoso-
po x6aµoc; acquista pure il significato phorum 2, r, 6 11 , Melisso e Diogene
d'Apollonia insegnavano che -rò µÈV
del tutto tenuto insieme da quell'ordi- 'TtUV lbmpov, -ròv ÒÈ x6aµov -rtemp&.v-
ne, cioè il mondo in senso spaziale, il 1Tm, «il tutto è infinito, il cosmo invece
sistema universale nel senso di universo. è finito» 12, rimane naturalmente incerto
8 }AEGER 219.
namento di leggi, la costituzione di uno stato,
ecc. Cfr. Anaxag., fr. 12 (1, 405,2 ss., DmLs):
9 Parm., fr. 8,60 (1, 159,_:>, Dr&LS), poi in Leu-
01tOfo. ~µEÀ.ÀE\I foEoitCX.~ xctl Ò7tOLCX -ijv ... xcx.t
cippo (/r.'1 [n, 9,37 s., DrnLs]) e in Democri-
èSO'cx 'llVV lO'-tL xat ònota ~cr-ta:L, 'JtliV-rcx lìmc6-
to (fr. 5 [II, 58,15 ss., DlELS]) quale titolo dei
0'µi]rn: \IOU<;; Aristot., cael.I,IO p . 280 a 21,
loro scritti µé-ya.<; liuixocrµoc; e µixpòc; lìihxoO'-
µoç.. In Democr., fr. 5 si trova pure, con il me- 10 FR. BuBCHELRR, Kl. Schrìfleti I (1915) 63I.
desimo significato, 5Lax6crµt)<TL<; che viene usa- 11 H. DrnLs, Doxograph; Graecr {1929) 328.
to da Platone e da altri per designare un ordi- 12 Nel medesimo passo viene riferito, a propo-
x6crµoç (H. Sasse) (m,871) 886
se il termine x6crµoç non sia stato inter- stizia, per cui il tutto è chiamato 'co-
polato dalla tradizione posteriore nelle smo', [ordine], e non 'acosmia' [disor-
affermazioni di questo pensatore della
seconda metà del v sec. Tuttavia la real- dine] e dissolutezza» (Gorg.507e-508a).
tà, il concetto di cosmo spaziale, si ri- Questo x6crµoc;, «manifestazione dell'i-
trova in loro, e sappiamo da fonte at- dea nello spazio e nel tempo, immagine
tendibile 13 che il problema da essi po-
sensibile e mutevole dell'eterno» 16, de-
sto circa l'infinità del mondo e il suo
rapporto con lo spazio ha già interessa- v'essete definito come un awµet. (Phileb.
to la filosofia naturalistica. 29 e; Tim.32 c), un corpo animato, un
c) In Platone il significato spaziale essere razionale: oei: 'Hyew 't6voe i:òv
di x6crµoc;, e quindi l'identificazione di x6crµov sé;>o'J eµ~vxov E\IVOU\I 'tE 'tTI
questo con l'universo, si sono ormai pie- &J.'l)t7d~ otà. 'ttJV 'tOV iTEoV ')'EVÉcrlJat
namente affermati, anche se non scom- 7tp6vo~av, «bisogna dire che questo co-
pare l'antico significato di 'ordine uni- smo è veramente un animale animato e
versale'. Per Platone il cosmo è l'uni- intelligente, generato dalla provviden-
verso, che egli altrimenti chiama 't'Ò O.. za di Dio» (Tim.3ob) 11• Platone offre
Àov 14 o "tÒ rc/Zv 15, nel quale i singoli ele- un compendio della sua riflessione sul-
menti e i singoli esseri, cielo e terra, di- }'universo ( mpL i;ou 7tavi:6c;) nella .chiu-
vinità e uomini sono ricondotti all'uni- sa del Timeo (92 c): Wl)'t!Ì. yà.p xat
tà mediante un ordine universale: q>aat étlJétva'ta sé;>a Àa~wv xat cruµ7tÀ.1Jpw-
o' oi crocpoL. xat ovpu.vòv xat yfiv xat i}etç OOE ò x6<Tµoc; o\hw, s~ov Òpcx.'tÒV
t>eoùç xai &.vitpwTtovc; 't'Ì}v xoi.vwvlav -rà. òpa..-ò:. 'JCEptÉxov, dxwv 't'où \loT)-.ou
crvvÉXEW xat <ptÀlav xcd xocrµ.to'tT)"ta ih:òç ala-i7l]•6c;, µ€yi.cr-.oc; xat &ptcr-.oc;
xa.L crw<ppocruv.T)v xat otxmo't'l}'ta, xat x<iU.tcr-r6c; -.e xat 'tEÀ.Ew't'a'toç yÉyo-
'tÒ oÀov 'tOU't'O Otà. 't'CdJ'ta, x6crµov xa- vev, dc; oupet.\IÒç OOE µo'VOYEVYJ<; wv,
Àoucrtv ... oùx &.xocrµ.lav oùò€ &.xoÀwrl- «formato e riempito di esseri viventi
av, «i sapienti dicono che... cielo, ter- mortali e immortali, questo cosmo è di-
ra, dèi, uomini sono uniti in comunio- venuto un essere vivente visibile, che
ne, amicizia, armonia, temperanza, giu- abbraccia tutto il visibile, immagine di
sito degli stoici, che essi distinguono fra -rb 69 e,. 92 b; Crat.412 d .
Ttéi.v e -rò o:>.ov: TtOCV µlv yàp E!vm crùv -rii> 15 E. ZELLER, Die Philosophie der Griechen n,
XEV/i> -r/i> àTtElp~, oÌ..OV oè. XWptç 'tOV XE\IOU 1' -(1922) 789; cfr. Tim.29, dove si afferma che
't'ÒV x6aµov. Il cosmo è dunque circondato l' elxwv di oSE & x6crµoç è -rò aCStov. Il mon-
dallo spazio vuoto infinito; e l'uno e l'altro co. do è creato in base all'idea dell'essere vivente
stituiscono insieme il tutto. ~ n. 18. più perfetto. Cfr. quanto si dice in ~ alGiv I,
B De placitis philosophorum 2,3, in H. DrnLs, coli. 352 s., a proposito dei concetti di tempo
Doxographi Graecfl (1929) 327. e di eternità in Platone.
H Ad es. Phileb.28 d; Gorg.508 a. 17 Cfr. Antipatro, in Diog. L.7,70 (139): o x6-
15 Ad es. polit.270 b, 272 e; Tim.28 c, 30 b, aµoç s<!iov [µ!Jiuxov xa:t Àoy~xbv.
x6crµoç (H. Sasse) (m,872) 888
ciò che può essere raggiunto dalla sola le stelle, e soprattutto i pianeti, possono
ragione, divinità avvertibile dai sensi, essere chiamati x6crµoL {lambl., myst. 8,
6; Corp. Herm. xr, 7), un uso linguisti-
il mondo più grande e migliore, il più co che in de placitis 2,13,15 viene fat-
bello, il più perfetto, questo mondo to risalire ai Pitagorici (H. Diels, Doxo-
2
unico e unigenito». graphi Graeci [1929] 343; dr.H.Diels,
op.cit.476,8 [Theophr., physicarum opi-
Analizzeremo più avanti (~coli. 895 nionum, fr. 2]; 559, 17 [Hipp. philos.
ss.) il contenuto teologico di queste 6,1] ). Dal confluire dei due significati
parole. Da un punto di vista lessicale di mondo e di cielo (in senso spaziale)
colpisce lo scambio fra x6aµoc; e o\;prx,- derivò l'incertezza della distinzione ter-
véç, usati come sinonimi. Mentre ~ minologica fra oùpav6c; e x6crµoc;, come
oùprx,v6c; in questo caso (e probabilmen- Platone attesta per tutta la sua epòca,
te già nei più antichi filosofi naturali- (Tim.28 b: 6 01) 'lt(M; oùpavòc; - iì x6cr-
sti, ~ partire da Anassimandro) 18, ha il µoç Ti xaL &À.Ào o't~ 'itO-tÈ òvoµas6µE-
signtficato di spazio universale, di uni- voc; µét.À.ta-r' rì.'J oÉxot-to, -rou~" i)µi:v w-
verso, in altri passi x6crµoç viene addi- voµacritw, «l'intero edificio celeste, o
rittura a significare cielo, ad es. nell'af- universo, o, se piaccia chiamarlo con al-
fermazione sull'anima che si muove at- tro nome, per noi tutti sono confacenti».
traverso gli spazi del mondo, del cielo:
d) L'identificazione di x6crµoç e ou-
cpuxi) ... miv'trx, oè. oùpci,vòv 1tEpmoÀEi:...
µE't'Ewpo'ltopEt -tE xrx,i mi\1-tet, -tÒ\I xé<T- prx,v6c; si riscontra pure in Aristotele:
µo\I O!.OtXEL, dr. µE'tEÀi)Et\I Etç 't'ÒV aÉ- in cael. 3,2 p. 301a17 e 19, au<T-ti]<Trx.t
\ICX.0\1 x6crµov (detto dell'anima dopo la -.òv oùpav6v è sinonimo di <TU\IÉO''t'l)XEV
morte), Ditt., Or.56,48. In Pseud.-Plat., ò x6<Tµoi:;; cfr. pure la giustapposizione
epin.987b, xécrµoç designa la sfera delle di x6crµoi:; e di oùprx,voc; in cael. l ,10 p.
stelle fisse; in Diog.L.7,70(138), la vol- 280 a 21: 'Ì'I ot'tOU ~À.ou C'UO'-ta.crlç Ècr-r~
ta celeste: rLÙ't'ÌJV oÈ 'tÌl\I Otax6crµ'r)cr!.'\I x6aµoi:; xal. oùpa.v6c;, «il coordinamento
O:cr-tÉpwv x6crµov E{'Jrx,t À.Éyoucrtv (Posi- del tutto è mondo e cielo» 19• Tutto lo
donio? ). Pure Isocrate attesta che x6cr- scritto IlEpl. ovpa\IOU presuppone - anzi
µoc; può significare cielo, quando (4,179) in l ,9 s. viene affermato espressamente
parla della terra intiera che giace sotto il - che oùpav6c; non significhi soltanto
cielo, divisa in due parti, l'Asia e 1'Afri- cielo in senso stretto, cioè la sfera dei
ca: 'ti)c;... yi}c; &:n;ét.crl}<; -tT}c; urcò 't'ii) x6cr- corpi celesti, bensl l'universo· tale si-
µ~ XEtµÉ\ll}ç olxa 'tE'tµ'r)µÉVJ'lç. Anche gnificato trova un' accentuazio'ne parti-
quanto dice, ad es., Euripide, quando blema della origine del mondo (ii 't'OU
proclama beato (oÀ.Ptoç) lo scienziato Y.6crµou yÉVEO'L<;, Plat., Tim. 27 a, 29 e;
che osserva l'ordine universale, mai sog-
dr. la soprascritta della Genesi nei LXX:
getto ad· invecchiamento, della natura
immortale: &..-lktva:tou xai}opwv <pucn:wç yÉvEaLç xécrµou) e quello della sua du-
x6aµov ày1)pwv (T.G.F. 910). rata.
4. Quale quarta caratteristica menzio- Possiamo fare astrazione dalle specu-
niamo il singolare rapporto fra l'uomo lazioni cosmogoniche di Esiodo e di al-
e il cosmo. tri poeti e :filosofi dei primordi, per i
quali concezione del mondo e mitolo-
Sia che Anassimandro concepisca l'or- gia si confondono: quelle speculazioni
dine universale come ordine giuridico, non hanno ancora nulla di propriamen-
o che al contrario la Stoa deduca dall'or- te greco.
dine universale le norme dell'ordina-
mento sociale u., sia che Eraclito veda la b) Eraclito rifiuta ogni dottrina co-
storia umana e la storia universale rette smogonica, anche quando è concepita in
dal Logos, o che nel citato frammento termini scientifici, ad es. da parte dei
di Anassimene il mondo sia assimilato
all'uomo, sempre ritroviamo l'idea che suoi predecessori immediati, nel fr. 30
vi è un profondo nesso d'essenza fra il (r, 84, I ss., Diels): x6crµov -r6voE, '"t'ÒV
cosmo dell'universo, il cosmo della so- <t.U't'Ò'V à:miv-rwv, o\he. '"t'tç ì}Ewv ou't'E
cietà umana e il cosmo dell' uomo. Su cX'VllpW'ltW\I É1tOl'l'}O'E\I, à.À.).' Tiv à.EL ·xcx.L
tale certezza si fonda - in base al prin-
cipio gnoseologico greco che '"t'Ò oµotO\I fo'"t'w xcx.L Eo-'"t'cu ?tup à.dswov, a'lt'"t'oµe-
É><. '"t'OU oµolov Xc:t'"t'CX.À.a.µB&..\le<rì}m. 'JtÉ<pu- vcv µi't'pel. :u1:L Ù..'ltOO'~EWUµE\10\1 iJ.É'"t'pa;,
XE\I, «per natura il simile prende dal si- «quest'ordine universale, il medesimo
mile» - la possibilità per l'uomo, µt-
xpòç x6aµoc; 71
, di conoscere il mondo. per tutti gli esseri - in quanto non vi
è nulla che non rientri nel x60"µoç -
6. x6<rµoc;=mondo II: Dio e il cosmo
non è stato creato da alcun dio né da
nel pensiero greco
alcun uomo - cioè da nessuno - ma è
a) Fra i dibattiti cosmologici che han- sempre stato e sempre sarà, fuoco pe-
no agitato la filosofia a partire dal vr rennemente vivo che secondo misura
sec., hanno rilevanza teologica il pro- fiammeggia e secondo misura si spe-
26 Cfr. pure il parallelo fra mrmdus e urbs in romischen Heidentum1 ( 1931 ) 157 e 296 n. 41,
Cic., nat. deor.2,62. La dottrina dell'uomo qua- fa risalire la dottrina dd microcosmo e dcllu
le microcosmo è stata sviluppata nelle sue con- simpatia all'astrologia dei 'caldei'.
seguenze soprattutto dalla Stoa, specie da Po- v In primo luogo Democr., fr. 34 (n 72,7.12,
sidonio con un approfondimento scientifico DIELS); poi A.ristot., phys.8,z p. 2_5 2b 26; Gal.,
particolare: quest'ultimo considera l'uomo co- de usu partium corporis h11ma11i 3,10 (111, 2.p,
me il 'vincolo' che tiene unito il x60'µoç. Cfr. KtiHN); Nechepso, fr. 25 (ed. E . Rmss: Philol.
W. JXGI?.R, Nemesios von Emesa {1914) 96 ss., Suppi. 6 [1891-93] 325 ss.) (Firm. Mat., math.
e K.REINHARDT Kosmos und Sympathie (1926). 3, prooem. 3 s.); Phot., biblìotheca 249 (MPG
F. CuMONT, Die orientalischen Religionen im 103 p. 1584 d).
xocrµoc; (H. Sasse)
gne» 28, cioè a intervalli determinati. Vi xcx.t 1tCX.1:Épcx. -rou8t'. 'tOV 7tCX.\l"t'Oç
'l')'tl)V
è dunque un unico cosmo, eterno, senza (28c, dr. oyt:w1]crcx.ç 7tcx.i:1]p 37 c). Que-
principio e senza fine. Vi è, sl, un pe- sti ha formato il mondo conforme al-
riodico 'fiammeggiare' e 'spegnersi', ma 1' idea dell'essere perfetto, nel vuoto,
avviene all'interno dell'unico, perenne «matrice di ogni divenire» (Tim.49 a),
ordine universale. che costituisce al tempo stesso una sor-
Le speculazioni mitologiche e filoso- ta di materia plasmabile 29 •
fiche contro le quali Eraclito polemizza La distinzione fra la divinità creatri-
non devono però far pensare a una fe- ce e la creatura, che non è divina, di-
de nella creazione. Infatti il concetto di stinzione che caratterizza la fede nella
creazione in senso proprio {~ X"t'lsw) creazione, è assente in questo sistema.
è ignoto al pensiero greco, che conosce Il demiurgo, a rigar di termini, non è
soltanto il concetto del divenire ( yÉvE- pienamente dio, né il cosmo è un:t crea-
cnç) del mondo - a partire da una so- tura. lligorosamente parlando, in Plato·
stanza originaria oppure dall' èi:Jmpov ne (Tim.28 ss.) si ha la creazione di un
- e l'idea che un 'architetto' divino (8l)- dio per opera di un altro. Alla domanda
µ1oupy6c;, <1lpx11."Éxi:wv) ha ordinato e se il x6crµoc;, secondo la dottrina plato-
plasmato il dato primordiale informe, nica, è una manifestazione della divini-
facendone un x6crµoc;. tà, si dà una duplice risposta: 1) il x6cr-
c) In questo senso Platone, forse va- r.toc; è la prova dell'esistenza della divi-
lendosi di tradizioni di origine orienta- nità: Platone è il padre della prova co-
smologica della divinità, poi ulterior-
le, descrive in Tim.28 ss. la 'formazione' mente elaborata da Aristotele e dalla
- diremmo noi - del cosmo ad opera di Stoa 30; 2) il x6crµoç stesso è dio: pro-
un dio (DE6c;, ad es. 30 a), che egli de- prio CllSO, essere splendido, com'è de-
scritto nella conclusione del Timeo, è
signa come 81)µ1ovpybç (ad es. 28 a, 29 ~EÒ<; alcrih}-r6ç. Platone non avverte al-
a), come cruv1cnac; (29 d) e chiama Ttot- cuna contraddizione fra queste due ri-
2a Sull'interpretazione vedi O. G1GON, Unter- i>EÒ\I 'tÒv tjc; 'tOLa.UTYJ~ xw1)crEwc; xat EÒ'ta-
suchungen w Heraklit (1935) 51 ss. çlac; ahto\I, cioè alla convinzione che vi è un
29 Vedi F. UEnERWEG-K. PRAECH1'ER, Grrmdriss Dio, il quale è la causa del moto e dell'ordine
der Geschichte der Philosophie Iu (1926) 310. del cosmo; cfr. /r. 17 p. 1477 a 7 (in Philo,
w Plat., leg. 10,886 a, menziona queste prove aet. mtmd. 10). Sulle prove cli Dio in Aristo·
dell'esistenza degli dèi: 'ltpwuv µtv yij xat tele, e&. W. JAEGBR, Aristate/es (x923) 161 ss.
l\ì..toc; li.<n:prz 'tE xat 'tÙ cn'iµ1ta\l'tet., xat 'ttÌ. Quale esempio della d.iroostrazione di Dio da·
'tW\I wpGiv lhet.XE?COcrµ'l)µlva. xcxM7>c; oihwc;, ti\ dalla Stoa, citiamo Crisippo, secondo Cic.,
~vLau'to~ 'tE xat µT)OÌV otELÀ:ru.iµlva· xat lht nat. deor.2,6: atqui_res caelestes omnesque eae,
'ltav't~ "Eft.À.'l)vic; 'tE xal. ~ocp~apot voµlt;.ou- quarum est ardo sempiternus, ab homine con-
m:v dvat i)i::ouc;. Cfr. 12, 966 e, dove i movi- fici non possrmt; est igitur id, quo il/a confi-
menti dei corpi celesti vengono considerati la ciunt11r, homine melius. Id a11tem quid potius
prova che VOV<; ÈO"'tt\I 'tb 'lt!X\I OLfZXEXOCTµ'l}XWc;. dixeris quam deum? Ancora, sulla Stoa, H.
Dall'ordine del mondo si risale all'ordinatore. Drnts, Doxographr (1929) 292 s.; voN ARNIM
Secondo Aristot., fr. 12 p. 1476 a 8 ss. (in Sext. II p. 299,xo. Sulle conseguenze di quest'idea
Emp., math.9,20-22 p. 395, BEKKRR), l'osser- nel giudaismo ellenistico e nel cristianesimo
vazione delle stelle porta alla fede Elvo.l 'tt'llOC primitivo, v. LrnTzMANN, Rom. a r,20.
xouµoç \.1:"1. <:>asse J
sposte, perché per lui vi è una gradua- è tempo accanto o al di fuori del tem-
lità del divino e il gradino più basso po del mondo; poiché tempo vi è sol-
può essere costituito dal cosmo, divi- tanto dove è movimento - egli non co-
nità avvertibile ai sensi. Pure, la con- nosce, come invece Platone, un 'ltpÌv
traddizione sussiste, altrettanto eviden- yEvfofra.L -ròv x.6uµov (cael.3,2 p. 300 b
te quanto quella - già deplorata da Ari- 17). Per Aristotele la divinità non è
stotele 31 - che vi è fra l'affermazione artefice del mondo, ma puro vovc; che
che il x6o-µoc; è apparso nel tempo e concepisce se stesso, pura forma senza
quella secondo cui esso è imperituro. materia, quindi np&hov x.tvouv, «primo
motore», non però in senso temporale.
La dottrina platonica della yÉvEO'tç Come vi è sempre stato il movimento,
'tOV x6uµou appare quindi come il vano cosl sempre l'oggetto mosso. La divini-
tentativo di accordare l'idea della crea- tà di Aristotele «muove senza plasma-
re e senza agire, restando immota: è il
zione, che presuppone sempre la creatio
bene, il :fine che ha in sé il proprio sen-
ex nihilo e il limite invalicabile fra la so, ma a cui tutto tende, secondo l' at-
divinità e la creatura, con l'idea greca trazione che lega l'amato all'amante» 32•
del cosmo divino per natura e quindi Nella sua essenza e nel suo rapporto con
il mondo, questa divinità è esattamente
eterno. l'opposto del Dio della Bibbia: è dio
a) Aristotele ha coscienza (cael.1,ro- io quanto non è creatore, non opera:
12 p. 279 b ss.) di essere il primo - in
&.wiyx:q E!va.l -.wa. &.t8tov oùG'la.v &.x.l-
Vl)..-ov, «è necessariamente una sostan-
contrasto pure con filosofi come Eracli- za eterna ed immota» (metaph. n,6 p.
to, che conoscevano un mondo in per- 1071 b 4); muove il mondo non per-
petuo .rinnovamento (un'idea che sarà ché lo ama, ma perché ne è amato, og-
getto del suo Epwc;: XL\IEt OÈ wc; Épwµe-
poi ripresa dalla Stoa) - a insegnare.che
'VOV, xwouµEVO\I OÈ -r?i.),.,),.,a, Xt'\IEt, (me-
il mondo è senza principio e senza fine: taph.n;j p. 1072 b 3). Secondo Aristo-
i) :.. -rov x6cr~~ou 't&:l;tc; &.t&oc; (cael.2, tele, Dio non sarebbe più dio se amas-
14 p. 296 a 33 ); à:yÉVTJ"tOV xa.i ìicpi}a.p- se gli uomini 33•
-rov Eq>TJ -ròv x6crµov E!vm (/r.17 p.1477 e) La Stoa risolve in modo ancora di-
a 10, cfr. fr. 18 p. 1477a 25) e il proble- verso il problema dio-mondo. Essa CO·
ma se l' oupa.voc; (l'universo) sia à.:yÉV'l')- nosce un divenire ( ylvEcrlTa,L OÈ "tÒV x6-
"tO<; 'Ì) "(E'VT)TÒ<; x.a.i &cpilct.pTO<; '.Ì) q>'Ì}a.p- crµov, o"ta.\I Éx 'ltupòc; fi OÒG'LU. -rpa.'ltii
TO<; (cael.1,10 p. 279 b 4ss.). 8t' &.époc; EÌ<; ùyp6T'l]T(1., «il cosmo è sog-
getto al divenire, ~llorché la sostanza da
Poiché secondo Aristotele il tempo fuoco si si muta in aria e poi in acqua»
del mòndo si identifica con l'eternità -
come al di fuori del mondo, per quanto Diog. L.7,142) e un passare del x.6crµoc;;
finito, non vi è spazio, cosl pure non vi ma si tratta dell'idea dell'eterno ritor-
31 cacl.I,ro p. 280 a 28 ss. Id., nel perduto IlE- 32 UBDERWF.G-PRARCHTER (~ n. 29) 383.
pt cp~)..ocroq>Caç 3, cfr. JAEGER (4 n. 30) 320;
141. n ~ l)Eoç iv, coli. 344 ss.
x6aµoç (H. Sasse)
no, immessa nella filosofia greca dall'a- sullo stesso piano dio e il mondo: voe-
strologia 01:ientale 34 • p6c; ~cr'tw o %ocrµoç. voepòc; oÈ (;)v xat
i}Eòc; xa.DÉO"'t''flXé\11 «il cosmo è fornito
La yÉ\IECTt.c; 'tOU x6crµov non costitui- d'intelletto e, come tale, è dio» (Sext.
scé per gli stoici un vero principio del Emp., math. 9, 95; v. Amim II p. 303,
mondo, ma splo l'inizio di un nuovo 34); ouO"lav oÈ t}EOU Z1)vi.N µÉv cp11crt
periodo cosmico, rinnovamento di ciò 'tòv oÀov x6crµov xcd -.òv oupav6v, «Ze-
che già esisteva (~ fL'ltoxrx:tcXCT'ta.crt.c; I, none dice che tutto il cosmo e il cielo
colL1040 ss.; ~ ·'lta.Ài.yyE'VECTla. 11, coll. sono essenza di Dio» (Diog. L. 7, 73
453 ss.), Allo stesso modo la distruzio- [ 148] ). Questo panteismo della Stoa
ne del mondo n~l fuoco (ÉX'ltupwcn.ç} non antica rappresenta il culmine dell'apo-
significa una vera fine, ma soltanto il teosi del cosmo presso i Greci, anche
presupposto della nuova restaurazione se non va dimenticato che, accanto alla
( &.7toxa.'tacr'toortc; 'tou 7tlJ..V't'oc;). La dot- Stoa, il sistema epicureo negava recisa-
trina _d i un dio creatore che plasma il mente che il xécrµoc; fosse di origine di-
x6crµoç, in senso pia tonico, non trova po- vina e quindi guidato dalla divina 1tp6-
sto in questo sistema, come pure la con- voia.
cezione ari!!totelica che nega l'azione del- Nell'ambito della stessa scuola stoica
la divinità per il mondo e nel mondo. comincia, con Posidonio, un processo
Dio e il mondo vengono concepiti come che si può seguire negli scritti filosofici
un tutto, in senso panteistico: la divinità di Cicerone, ma soprattutto in quelli di
è l'anima del mondo, che;; pervade ogni Filone e nello scritto IlEpt x6crµov al-
cosa in forma di etere, di soffio (miev- l'incirca contemporaneo di Paolo 37 : il
µa.), di fuoco $pirituale 35 ; è la ragione panteismo puro - verosimilmente per
che regge il cosmo. La sua 7tp6\lota. si influsso di un risveglio religioso che
identifica con la legge del fato (etµap- muoveva da oriente verso occidente -
µtvT)), che domina il mondo 36, Sicché cede a una nuova fede in una potenza
non soltanto si_-pµò dire .~t ••. xa.t ~4\o'J divina ·trascendente, senza che per que-
6 x6crµoc; xa.t À.oy1.xò\I xa:t ~µ\f;uxov xat sto venga meno la fede nella divinitas
voEp6v, «il cosmo è un essere vivente, mundi (Cic., nat.deor.2,1,). In Posido-
fornito di ragione, d'anima e d'intellet- nio si collegano cosl in modo estrema-
to» (Crisippo, secondo Diog. L. 7, 70 mente significativo il pensiero stoico e
[ 142 .-143] j V. Arnim II p. 191,34 ss. ), quello del Timeo platonico sul x:6cr-
ma talvolta si .può addirittura mettere µoi; 38.
34 Nemesius,- de natura .hominum 38 (VON Ali.- l5 Cfr. le citaz. s.v. hE6ç ~ IV, coll. 346 ss.
NIM II p. 190,10): oi lìè :E-.w~xol <pOC01.'\I à:Tto-
36 Cfr. la definizione d1 Crisippo (VON A.RNIM
xa'6LC1'tOCµÉvou~ -.oùç it">-.&.V'l)-.aç dç -.ò aò-.ò
u p. 264,18): eiµ«pµlV'I) ~a-ttv O- 't'ov x6oµov
O"Y}µtL<lv ... ~v»a -rl}v &.px~v txau-coç ~v, IS-.E -cò ).6yoç.
'ltpW'tOV Ò x6oµoç <TVVlO''t'l'), Èv ~'ta.i:c; xp6vwv
m:pL6ooLc; ~X1tUj)Wcrt.V xa.t cpl)opà.\I 'T:WV av'tWV 37 ::::: Pseud. • Aristot., mund.; cfr. la citazione
&.7tEpya!;EaDm· xoct mH..w t~ Ò1tapxijç Etç -tò ~col. 890.
OCV'TÒ 'T:ÒV. x6aµov a7toxabl<T-ta.crl)a;L... foEai>a.L '8 Circa il concetto di x6oµoç in Posidonio, v.
yà.p 7t&.À.tv Iwxp&:tn xat ID.oc'twva. xat lxa.- W.}AF.GER, Ncmesios von Emesa (1914) 96 ss.;
'1-tov -twv &.v»p<lmwv ..• xat 1tfi.uttv 1t6Àw xttL K. REtNHARDT, Kosmos umi Sympathie (1926).
xwµ'l'}v xat &.p:yòv òµo4wç à.'ltoxafHcr-i-<1.0"l>w. • Di particolare importanza è l'inserimento del-
ylvEcrl)aL oè -.l}v OC'J\'OXa'taO"'ta.a'L\I 'tOU na.v-ròc; l'uomo nell'ordine cosmico. L'influsso esercita-
OÙX li.1t0'.~, à.).)..à. 1toÀMxLç. to da Posidonio in campo filosofico e religioso
901 (111,876) xòuµo.; l-H.. ::iasse)
è rivelato con particolare chiare7.za da Pseud.- storico, cfr. H . LlETZMANN, Geschichte der Al·
Aristot., 111und.5 f p. 396 ss. Circa il contesto ten Kircbe 1 (1932) 180 ss.
903 (m,877) x6<Tµoç (H. Sasse) (m,877)904
pensiero di Filone sui rapporti fra la inizio. Egli si allontana però dalla co-
divinità e il mondo è determinato dal- smologia biblica quando afferma, con
lo sforzo di conciliare la dottrina della Platone, l' à.q>ita.pcrla 't'oli :x:6crµou (cfr.
trascendenza di Dio, che aveva acqui- aet.mund.): infatti la dottrina veterote-
stato rilievo sempre maggiore a partire stamentaria, secondo cui la creazione è
da Platone e Aristotele e che allora era l'inizio del mondo, voluto da Dio, pre-
rappresentata soprattutto dai neopita- suppone che vi sia pure una fine del
gorici, con la dottrina stoica della 7tp6- mondo (~ alwv r, coll. 545 ss.) Malgra-
vota. divina che guida il mondo e con do i suoi sforzi per mantenersi fedele
la fede biblica nel Dio creatore. E qui alla verità biblica, Filone si trova quin-
gioca positivamente la sua dottrina del di più vicino al Timeo che alla Genesi.
~ À.6yoç. Il Logos è il mediatore fra Ciò che egli descrive non è l'autentica
Dio e il mondo, è l' ELXW\I i>Eou, ot' où creazione del mondo per opera del Dio
<ruµmu; Ò XO<rµoç ÈO'l']µtOUpyEi:'t"O (spec. onnipotente, che con la sua parola chia-
leg.r,8r [cfr. conf. ling. 97; Deus imm. ma all'esistenza ciò che non è, bensl è
5 7] ). Per mezzo di lui, in lui stesso il la formazione di un cosmo per opera di
Dio trascendente della filosofia è il crea- uno spirito superiore, che rielabora una
tore e il signore del mondo, come inse- materia preesistente. Questo 'dato' è
gna l'A.T.: o -rov x6<rµou 7ta.-c1]p (ad -tò '1ta.i>TJ't'Ò\I &\jJuxov xat &.xlv'l']TO\I è.!;
es., vit.Mos.2,r34), 7ta.-ci)p xat i}yEµwv fau-rov (op. mund. 9). La creazione è
-cov x6crµou (decal.90), rtO.'t"Épa. µÈv 'tÒ\I quindi, come in Sap.rr,r7, un x-rlsEw
yEvv1]cra.vTa. [ -còv] x6crµov (det.pot.ins. 't"Ò'V x6aµov tl; &.µ6prpou uÀ'f)<;, «creare
54), YEWT]'ti)V xa.t '7ta't'Épa. xa.t CTW"tii· il mondo da materia informe», ma non
pa. >oli >E x6<rµou xa.t •wv é.v x6crµcp ovx Èl; 8V't'wv, come in 2 Mach.7,28; né
i>E6v (spec. leg.2,r98), Dio è 01]µtoup- vale a cambiare le cose l'uso di 't'~ µii
y6c;, 7tOt'TJ'tlJc;, xocrµo1tot6c;, -cExvl-c1]c;, ov-ça per 't"Ò mx.i>'f)'t'6\I (ad es., op.mund:
àpXt-CÉX'ttù\11 XU~EpV1]'t1)<;, 1)yEµÙlV, ~a. 81 ), poiché per Filone 't'Ò µii ov non è
<HÀ.EVç, come suonano tutte le espres- affatto il nulla assoluto, bensì la mate-
sioni in cui si parla del rapporto posi- ria informe. Sulla cosmologia di Filone,
tivo fra Dio e il mondo, tramite il Lo- come su altri punti della sua dottrina,
gos. Si osservi che, come in Platone, so- oltre alla tradizione veterotestamenta~
no usate indifferentemente le immagini ria e giudaica e a quella della filosofia
del padre e dell'artista. La netta distin- greca, influiscono pure altre tradizioni}
zione fra YEWU.'J e 1tOtEi:v è stata avver- lo dimostra il prolungamento, al di là
tita, anche nella chiesa, soltanto al tem- del Timeo, dell'idea che Dio è il padre
po della controversia ariana. del cosmo. In ebr. 30 viene insegnato
Filone sviluppa la dottrina della crea- che il x6crµoc; è generato da Dio e dal~
zione del mondo in De opificio mun- l' Èm<r-.1)µ11: fi oÈ '7tapa.OE~aµÉv1] ·di
di 39, attenendosi fedelmente al Timeo 'tou 1>Eou <11tÉpµa.-ra. ... 'tÒV µ6vov xat à-
di Platone e in voluto contrasto con la yrx.rt'f)-rÒ\I a.i0"1'n-còv utòv à1tEXV1]CTE, 't"0\1-
dottrina aristotelica del mondo senza ÒE "tÒ\I x6crµov, «essa ricevette il seme
l? In merito al problema del rapporto fra op. act. mund. non rappresenti soltanto unn specie
mu11d. e aet. mtmd., cfr. E. ZELLER, Philoso- di 1avoro scolastico su una tesi filosofica, come
phic dcr Griechen III 2• (1923) 437, e R. LO- pensa K. RETNHARDT, Posido11itts (1921) 212 s.,
WE, Kosmos tmd Aion (1935) .55 s. Anche am- non potrebbe trattarsi, comunque, che di uno
mettendo che Filone abbia effettivamente inse- stadio passeggero del suo pensiero.
gnato l'eternità senza origine del mondo, e che
905 (m,877) x6o-µo<; (H. Sasse)
di Dio e... generò l'unico amato figlio solo l'assenza di tutto ciò che in que-
sensibile, questo mondo»; dr. Deus imm. sto è imperfetto, soggetto a finire, cat-
3 l, dove il x6crµoc; è pure definito utòç tivo, ma anche la perfetta unità in cui
fre:ou (dr.pure il µovoye:v1)c; di Plat., Tim. abbiamo individuato una delle caratteri-
92 c). Sembrano risultare qui influssi stiche del concetto greco di cosmo: ucpl-
cosmogonici orientali, quali riscontria- 0CJ"t'CJ.'tr.t.L j'OU\I Èx 't'OU x6aµov "t'OU &.À.l]·
mo più tardi nel Corpus Hermeticum 40• ilwou Èxdvou xa.t Èvòc; x6aµoc; oihoc;
oòx dc; <i).:-r1i}wc;, «da quel mondo vero
g) La storia del concetto di x6CTµoc;
e uno riceve l'esistenza questo mondo
nella filosofia antica si conclude con il che non è veramente uno» (enn.3,2,2).
neoplatonismo. L'ultima parola è quel- Il genuino carattere greco de1Ia conce-
la di Plotino, con la dottrina dei due zione plotiniana risulta da come egli
cerca di evitare le conseguenze di que-
mondi, il x6crµoc; Èxe:i:voc;, mondo intel- sto dualismo. Sebbene il x6a-µoc; oihoc;
legibile, e il x6crµoc; ou-çoc;, mondo visi- non sia il mondo vero, sebbene la ma-
bile. Lo sdoppiamento platonico del teria non sia soltanto i:ò µ,1) ov, ma an-
zi "t'Ò 7tpw't'ov xo.:x.bv (enn.1,8,3 ss.), Plo-
x6crµoc;, che già Aristotele aveva crrt1-
tino sa lodare con entusiasmo anche la
cato in riferimento alla dottrina delle bellezza del mondo visibile (enn.3,2,3
idee del maestro (metaph. l,9 p. 990 a ss. I I ss.). La sua bellezza consiste nel
34 ss., ecc.) e che abbiamo ritrovato fatto che esso è l'immagine, o più pre-
cisamente lo specchio, del xbaµoc; VO'l]-
nella distinzione filoniana di x6<rµ.oc; -t6c;. Cosl Plotino, in uno scritto contro
vol]"t'oc; e x6crµoc; a.lcrih1"t'6c;, si fa qui gli gnostici cristiani, 1·espinge decisa-
compiuto. mente la loro valutazione pessimistica
del mondo: Ilpòc; 't'OÙç xcx.xòv. -.òv Ol}-
Con espressioni toccanti Plotino (enn. µ~oupyòv "t'ov x6aµou xa.t i:òv x6crµov
5, r ,4) loda la bellezza del xoO'µoc; \lol]- xa.xòv i::tvm Myov-.a.ç (enn. 2 ,9, titolo).
"t'oc;. Se già si loda questo mondo em- Ma naturalmente il rifiuto, che il pen-
pirico (x6crµov a.lcrirl]"t'ÒV "t'ovoe:) per la satore platonico oppone a una concezio-
sua grandezza, per la sua bellezza, per ne che nega l'eternità e la divinità del
l'ordine con cui si muove eternamente,
x6crµoc;, è volto precisamente contro la
valutazione che la fede cristiana dà del
quanto maggior meraviglia si deve pro-
x6aµoc; oihoc; 41 •
vare di fronte a quell'altro xo<rµoc;, &.p-
xhu1toc; di questo e <Ì.À.1)ik11w"t'Epoc; di
esso! Plotino non si stanca di lodare la h) La storia quasi millenaria del con-
be1lezza, l'armonia, la beatitudine del cetto di x6crµoc;, dai filosofi de11a scuola
x6a-µoc; VOl]'toc; (ad es. nello scritto Ile:- di Mileto agli ulÙmi neoplatonici, non
pl '\OU \IO'l')-.OV xaÀ.À.ouc;, enn. 5 ,8 ). Fra
i pregi che il mondo intelligibile ha nei si è ·svolta, naturalmente, soltanto nel-
confronti di quello empirico, vi è non l'ambito ristretto della filosofia. Dal
40 ~ col. 908; cfr. REITZENSTEIN, Paim.4r. stiker, ABB r843, 299 ss. (invecchiato); C.
ScHMIDT, Plotins Stellung zum Gnosticismm
41 A. NEANDER, Ober die welthistorische Be- tmd kirchlichen Christentttm, TU n 5,4(19or);
deutung des 9. Buchs in der n . Enneade des H. F. MilLLER, Plotinos iiber die Vorsehtmg:
Plotinos oder seines Buchs gegen die Gno- Philol.72 (r913) 338 ss.
x6oµoç (H. Sasse)
momento in cui il pensiero platonico e negli scritti del Corp. Herm. 42, dove
quello stoico hanno cominciato a influi- (8,5; 10,14) il x6a-µoc; viene chiamato
figlio di Dio. La concezione della co-
re sulla concezione del mondo e sulla smologia platonica e stoica, secondo cui
religiosità di cerchie più vaste, il ter- il x6crµoç è un essere animato, imma-
mine x6crµoç penetra pure nel linguag- gine della divinità e del quale l'uomo
è a sua volta immagine, viene ridotta
gio religioso e cultuale. Avremo ancora
a forme grossolane e assurde (per es.
da esporre lo svolgersi di questo pro- Corp. Herm. ro, n). In tal mcxl.o vie-
cesso nell'ambito del giudaismo elleni- ne accettata la concezlone più antica,
stico (-7 coll. 909 ss.); per ciò che ri- assai diffusa e forse di origine indo-a-
riana, del x6CJµoç come corpo di una (o
guarda il paganesimo ellenistico-roma- della) divinità, le cui singole parti si
no basteranno pochi cenni. identificavano con le parti del mondo
o con i suoi elementi fondamentali 43 •
Il concetto di x6a-µoç aveva vinto i
Ritroviamo poi il x6aµoc; inserito in
miti naturali, i quali avevano deter-
una scala graduale dell'essere, giustap-
minato la concezione della grecità anti-
posto ad altri concetti (ad es. Corp.
ca (Esiodo, Orfismo); tuttavia le anti-
Herm. II ,2: ò ilEòc; "t'Òv cx.lwvcx. '1tOtEt, ò
che speculazioni teogoniche e cosmogo-
niche non sono mai scomparse del tut-
cdwv OÈ "t'ÒV xooµov' ò x6aµoç OÈ "t'ÒV
to. Quando le religioni orientali s'inne-
xp6vov, ò xpovoc; oè -t!}v yÉveow, «Dio
fa l'eone, l'eone fa il cosmo, il cosmo
starono nel mondo ellenistico - romano,
fa il tempo, il tempo fa il divenire»).
si aggiunsero ancora. le speculazioni sul-
Indubbiamente il contenuto, inscindibi-
la natura e i miti cosmogonici babilo-
le dal termine x6a-µoç, ha però evitato
nesi, fenici, egiziani, persiani. La :fiori-
che il gioco mitologico fosse spinto co-
tura della gnosi rivela quanto gli spiriti
sl avanti com'è avvenuto, invece, per
fossero dominati da queste speculazio-
cx.lwv~
ni, in realtà già superate da tempo dalla
scienza greca. La gnosi si appropria pu- 7. Il mondo nel senso di terra, ecu-
re il .termine x6crµoc;, cosi ricco di con- mene, umanità.
tenuto e dai significati cosl molteplici,
e lo immette nel linguaggio della mito- Se il significato di x6a-µoç può limi-
logia naturale sincretista. In questo qua- tarsi al concetto di cielo o anche di cor-
dro x6a-µoc; conserva il significato di po celeste, il termine può però essere
universo, ma l'universo diviene un'idea usato pure per designare la terra quale
mitologica, quindi oggetto di specula- parte integrante dell'universo; ad es.
zioni fantastiche, Già nell'affermazione Stob., ecl. 1,405,1: o tn1.xil6vtoc; x6cr-
filoniana che il x6oµoi; è .figlio di Dio µoç, distinto dal cielo, oppure Iambl.,
abbiamo constatato argomentazioni sin- vita Pyth. 27, 123: ò &vw x6crµoc;, in
golari di questo tipo. Esse si ritrovano opposizione agli inferi. A sua volta il
concetto di terra può fondersi con quel- nati a determinare la storia ultetiore del
lo di abitanti della terra, sl che nella pensiero sia nel loro contrasto che nel-
koiné tardiva x60"µoc; può significare
l'ecumene, la terra con i suoi abitanti, la loro interdipendenza.
l'umanità; ad es. Ditt., Or. 458, 40:
-i'jpt;ev OÈ 't'~ x6aµ~ 'tW\/ ot' CJ.Ù'tÒ\/ · EÙ- Nei LXX x6crµoc; viene usato:
ayyyé'ì..l[ wv 1i yevÉi>À.toc:;J 't'ou l>eov, a) per tradurre ~iibii.', esercito (del
cioè di Augusto; Ditt., Syll. 1 814,31: ò cielo), Gen.2,1; Deut.4,19; 17,3; Is.24,
-tou 1t<X.Vi:òc; x60"µou xup~oc; (Nerone), 21; 40,26 (13,ro); nelle espressioni co-
cfr. Inscriptiones Graecae ad res Roma- sì formate, come ò x6aµoc; -.ou oùpa.\lov
nas pertinentes (ed. R. Cagnativ [1908] ecc., per i lettori dei LXX confluivano
nr. 982 [Samo]). x60"µoc; può anche si- in x6crµoc; vad significati: ordine ~
gnifìcare la totalità degli esseri esistenti coli. 879 s. (A l-3), ornamento, mondo,
nel mondo, come risulta da una defini- cielo, stelle.
zione del cosmo attribuita a Crisippo da b) con il significato di ornamento,
Stob., ecl.1,184,8: crUCT't''l']µ<t ff, oùpa- per tradurre vari termini ebraici che
vou xa.t yijc; xa.t 't'W\/ Év -rou't'o~c; <pu- hanno tale significato o ai quali esso vie-
CTEW\/' tì 't'Ò Èx itEW\/ xa.t &.vì}pw7CWV <TU- ne attribuito: Ex. 33,5.6; 2 Ba.cr. 1,24;
O"'>'l']µa., «il complesso di cielo e terra e Ier. 2,32; 4,30; Ez.7,20; 16,n; 23.40
degli esseri in essi compresi; oppure il per 'adl; Prov.20,29 per tif'eret; Is. 3,
complesso di dèi e uomini»; cfr. Epict., 24 per ma'aieh; Is.61,10 per k"lt; Prov.
diss. 1,9,4. Spesso il significato di uma- 29,17 per ma'tidanntm; 2 Ba.0".1,24 per
nità si attenua e il termine finisce per si- 'eden; Nah.2,10 per t•kuna; Is.3,18 per
gni.fìcare il mondo, tutti, la gente; P. altri termini.
Oxy. x, 1298,8 (Iv sec. d.C.): 1tMa.t. aL c) con il significato di ornamento (an-
ÀÉO"X<X.!. -rov x60"µ0u, «le chiacchiere del- che traslato), senza che sia documenta-
la gente»; P. Lond. 1727,15 (vr secolo bile la corrispondenza con un termine
d.C.). ebraico particolare, ovvero in part_i scrit-
te originariamente in greco: Ts. 49,18;
B. x6crµoc; NEI LXX. Prov. 28,17; Iudith 1,14; 10,4; 12,15
IL CONCETTO DI COSMO ( 1t<X.V'tl -rii} x6crµ~ -r4> yuvmxEl~ ).; Ec-
NEL GIUDAISMO clus 6,30; 21,21; 22,17; 26,16; 32( 35),
5; 43,9 44 ; 50,19 (x6crµoç xuplou, detto
La storia del termine x60"µ0c; non
1. del servizio dell'altare-'* col. 880 A 4);
presenta momento più decisivo di quel- r Mach.1,22; 2,n; 2 Mach .2,2; 5,3.
lo in cui esso fu accolto nel vocabolario 4. Poiché l'ebraico veterotestamen-
dei LXX: da quel momento, infatti, al tario non ha un. termine per designare
concetto filosofico se ne affianca uno bi- l'universo, ma trascrive piuttòsto il con-
blico, che poi avrà uno sviluppo auto- cetto di cosmò con l'espressipne 'i cieli
nomo nel N.T. In tal modo la storia del e la terra', talvolta anche cù~ 'il tutto'
termine cosmo è divenuta quella della (kol, oppure hakkol, ad es. Ps.8,7; Is.
contrapposizione di due concetti desti- 44,24; Eccl. 3,1 ), i traduttori non ave-
44x6uµoç. va inteso in questo caso come 'or- dine cosmologico: xa>.)..oç oÒpCl\IOU o6~Cl lfo-
namento'; ma il contesto suggerisce idee di or- 't'pwv, x6oµor; qiw'tlswv ~\I ùl}ilu'toLc; xvp(ou.
9II (m,880) x6crµoc:; (H. Sasse) (m,881) 912
vano una ragione immediata di valersi spetto» (Sap.1I,22, cfr. Is.40,15); 7tpu-
del termine x6crµoc:; per indicare il mon- 't'avw; x6CTµou 1ÌEouc;, «dèi che reggono
l'universo» (Sap. r3, 2); V1tÉpµ.a.xoc; o
do. Solo la tarda traduzione di Simma- x6CTµoç ÈCT'tÌV Oi..xa.lwv, «il mondo ( =
co ha reso una volta 'erq con x6crµoc;, la natura) lotta a favore dei giusti» (Sap.
anziché con yfj (lob. 38,4)45 • Il termi- 16,17, cfr. 5,20, dov'è detto, a proposi-
to del x6crµoc;, che nella battaglia esca-
ne ricorre invece con frequenza negli
tologica esso lotta dalla parte di Dio
scritti composti originariamente in gre- contro gli sviati); 'tÒV OÀ.OV XOCTµoV (2
co: gli autori giudeo-ellenistici, in par- Mach.8 ,18 ); È.7tt yàp 7too-i)pouc; è.vouµa.-
ticolare quelli influenzati dalla :filosofia 'toç -1)v oÀ.oc; o x6crµoç, «sulla sua lunga
stola era (raffigurato) l'intero universo»
greca, hanno preferito x6crµoc; (-? col. (Sap.IB,24, riferito a Mosè) 48 •
9or per Filone) e hanno immesso il ter- x6,,.µoc; significa mondo terrestre, ter-
mine anche nel loro linguaggio religio- 1·a in Sap. 9, 3: «affinché l'uomo regni
sulle creature» xat 01.É1t1} 't'ÒV x6crµov
so - teologico per indicare il mondo in Èv oCTtO't"TJ't'~, «e domini l'universo inte-
senso spaziale, sostituendo l'antica e- ro in santità»; 't'OV 't"E't~µT]µÉvou xa.'t'a
spressione 'i cieli e la terra'. 'tÒV O"Uµ7t«V'ta x6CTµov tepou, «tempio
onorato nell'universo intero» (2 Mach.
Il processo narrato in Gen.r,1 ·ss. vie- 3 ,I2 ). Venire nel mondo, Elç 't'ÒV x6CT-
ne ora chiamato yÉ.VE<nç x6crµov 46, cfr. µov, è detto della morte (Sap.2,24), del
i1tolw; 't'ÒV x6crµov, Sap.9,9; la tua ma- culto degli idoli (14,14), di tutti i vi-
no onnipotente x't'lcra<T« 't'ÒV xéoµov ~ç venti (Sap.7,6, cod. S: µla oè
"Jt<Xv't'W\I
&.µopq>ov uÀ.T)ç, n,17 (-?col. 904). Dio EÌ:croooc; dç 'tÒV x6crµov [codd. AB: f3l-
è quindi chiamato creatore, signore ov]; µE"taÀ.aµ~&.VE.1.\1 -cov x6crµov, «par-
e re del mondo: o 't'OU x6crµov wdcr- tecipare dell'universo» (4 Mach.16,18);
't'r)c;, 2 Mach.7,23; 13,14; 4Mach.5,25 ~7to<T"t'"Epovµev Éau't'oùç 't'OV yÀ.uxÉoc;
(cfr. Sap. 13, 3 S2 Ò y&.p 'tOU x6crµov x6<Tµou, «sottrarci al dolce mondo» (4
s
[ codd. AB I: xaÀ.À.ovc;] "(E\IEO"l.apxric; Mach.8,23); in questo passo, come nel
EX't't<rEv aù'ta); 'tÒV µÉ.y«v 'tou x6CTµou precedente, x6crµoc; sta in parallelo con
8uv<icr'tY)V, 2Mach.2,15; ò 't'ov x6CTµov ~loç.
!3aaÙE.uc;, 2 Mach. 7,9. Ecco altri docu- Infine x6crµoç viene usato per indica-
menti dell'uso di x6crµoc; con il signifi- re l'umanità, il mondo degli uomini:
cato di universo: dotvat uUCT't'MW x6rr- npw't'61tÀ.a<ri;o\I 7ta'tÉpa xfoµou, «il pri-
µov, «conoscere il sistema dell'univer- mo uomo creato, padre dell' umanità»
so» (Sap.7,17) 47 ; wc; poWÌ} Èx 7tÀ.M't"ly- (Sap. ro,1, detto di Adamo); 1i ÈÀ:ntc;
ywv OÀ.oç Ò XOCTµoc; ÈWX.V't"lOV (jOV, «CO- 't'OU x6CTµOU ÉTCt CJ)CEOlaç XIX.'t'IZ(j)U"(OVO"a,
me un granello di polvere dalla bilan- «la speranza del mondo rifugiata nel-
cia, cosl è l'intero unive~so al tuo co- !' arca» (Sap. 14, 6); "JtÀ:i'j'froç oÈ <roq>w\I
45 Anziché nou Tjç ~v -e@ itEµi;À.~ouv µi; ..:1}v quale crvvtO't&:~ in Platone ~ col. 895.
yijv (LXX) Sitnmaco traduce: µ1) auµmwr\c;
lh1µ~ovpyouv..:~ -c<i} f>et;'> -c~\I x6crµov; 48 Secondo il Midrash, cfr. K. SrnGFRIED, Philo
46 Cosl suona la soprascritta del Genesi nel von Alexandria als Ar1sleger des A.T. (1875)
cod. A. In Olrl'tlJPLOL al "'(EVÉO"Etç "TOU x6crµou 188 s. 223.227. Filone dice che l'abito del som-
(Sap.1,14) yEvfoetc; significa 'creature'. mo sacerdote è 1bmx6"V~oµo:. xa.L µlµl]µix 'tOV
47 Cfr. la definizione dell'artefice del mondo x6oµou (vit. Mos.2,117.133; spec leg.1,84.96).
913 (m,881) x6crµoc; (H. Sasse) (m,881) 914
49 Cfr. in proposito, e su ciò che segue, DAL- MAN, Worte ]. 1, 140 ss.; --+ col. 932.
9.15 (III,881) -x6uµo.; (H. Sasse) (m,882) 916
formule come melek 'iilemii' (Tg. Zach. mo uomo, era stata tratta mikkol hii'6-
17,17), melek hii'oliim (Seder Rab. Am- liim, «da futto il mondo» (b. Sanh. 38a).
ram I, l b} 50 , 'élah 'iilemii' (Tg. O. Gen. Lo stesso afferma il suo contemporaneo,
21,33; Tg.Is.40,28; 42,5), sebbene que- poco di lui più anziano, R. José di Ga-
ste designazioni di Dio rientrino in ori- lilea 52 : «tutto ciò che il Santo, sia be-
gine fra le forme d'eternità(~ aÌw\I, 11 nedetto; ha creato nel suo mondo, l'ha
coll. 541 ss.). creato [anche] nell'uomo (kl mb sbr'
hqb"h b'wlmw br' b'dm, cfr. · Ab. R.
Il significato spaziale di 'olmii' si può Nat. 31) 53 . Num r. 14 a 7,78 (Wilna
documentare alla fine del 1 sec. d.C. a 1887, 62 d) parla dei quattro elementi,
partire dal Libro 4° di Esdra e da Baruc dai quali Dio ha creato l' 'olam.
siriaco (~ a.lwv, 11 col. 549). A que-
st'epoca il concetto greco di cosmo ha c. xéoµoç NEL NUOVO TESTAMENTO
conquistato anche il giudaismo di lin-
r. In generale. xoaµoç=ornamento
gua aramaica, al punto che questo si ve-
de costretto a usare, per designare l'uni- Nel N.T. x6o-µoç non ha mai il signi-
verso, un termine particolare al posto ficato di ordine e una volta sola, in I
delle antiche parafrasi con cui veniva Petr. 3.3> quello di ornamento (femmi-
designato il mondo. Alcuni esempi mo- nile): ò E~wì}Ev ȵ'ltÀox1jç 'tPLXWV xat
streranno quanto il nuovo significato di 7tEptDÉO"Ewç XPVO"LWV fi ÈVOUO'°Ewc; tµa:tl-
'6liim si sia consolidato e quanto vi sia wv x6aµoç, «l'ornamento esteriore che
evidente l'influsso dell'ellenismo. consiste nell'intrecciare i capelli, nel
mettersi addosso gioielli d'oro e nell'in-
In Tanh. pqwdj § 3 (Horeh [1924],
172 b) si legge: «La [costruzione del- dossare vesti sontuose». A parte questo
la] tenda del patto ha tale valore, da passo, tale significato di xéaµoç, nel N.
affiancarsi per importanza alla [ creazio- T., è reso soltanto dai derivati ~ xo<r-
ne del] mondo intero o a quella del-
µÉw e~ xfoµtoç; in tutti gli al~ri pas-
l'uomo, che è un piccolo mondo (hmskn
sqwl kngd kl h'wlm wkngd #jrt h'dm si x6<rµoç significa, in un senso o nel-
shw' 'wlm q!n). La dottrina dell'uomo l'altro, mondo. Tali passi si ripartisco-
quale microcosmo tradisce l'influsso gre- no in modo assai irregolare. Più della
co; essa peraltro ricorre non di rado;
cosi ad es. R. Meir (ca. lJO d.C.)51 dice metà sono negli scritti giovannei (78
che la polvere, da cui fu formato il pri- volte nel vangelo, 22 in I Io., 1 in :i
.SO DALMAN, W orte]. 142. nel cristianesimo siriaco, ad es. nella rappre-
sentazione della creazione cli Adamo, Caverna
51 BACHER, T01maiten II, 65.
del tesoro siriaca 2,7 ss.: Dio prese «dalla ter-
52 BACHER, Tannaiten Iz, 365; dr. Pal., Am. ra intera un granello di polvere, da tutte le ac-
l,413, n, 3• que una gocciolina d'acqua, da tutta l'aria cli
53 Rudolf Meyer, il quale ha richiamato l'at- sopra un lieve soffio cli vento e da tutto il fuo-
tenzione (per iscritto] sui passi sopra citati nei co wta scintilla di calore ardente... Poi Dio
quali si parla del microcosmo, fa notare che creò Adamo» (P.RrnssLER,Altjiidisches Schri/t-
pensieri analoghi sono passati dal giudaismo tum ausserhalb der Bibel (1928) 944).
917 ( m ,882) x6aµoç (H. Sasse)
gnuno in Hebr., Iac., 2 Petr., 2 vòlte in fidato (appartengono) tutte le cose, al-
I Petr., r volta negli Atti). A questi da-
l'infido non si dà nemmeno uno spiccio-
lo» (solo nei LXX); Ditt., Sytl.3 850,10:
ti statistici corrisponde l'importanza di -ròv x6crµov -rwv spywv, «l'insieme dei
x6uµoc; per la teologia dei rispettivi lavori»; mart. Polyc. 17,2: -.ou Ttct\lTÒç
scritti neotestamentari. In genere anche x6o-µou 'twv o-~soµÉ\lùN, «tutti coloro
che sono salvati». Tuttavia Hen. aeth.
qui l'uso linguistico protocristiano cor- 48, 7 ed altri esempi consimili attesta-
risponde a quello del giudaismo elleni- no il significato di 'mondo dell' ingiu-
stico. Non d è più possibile appurare stizia', cioè mondo ingiusto, malvagio,
per l'espressione xbaµoc; -ct]s à8Lxlu.c;;
in qual misura un 'olma' con significato
il termine <rmÀov<ra. ricorda ai lettori
spaziale, sulle labbra di Gesù o nel lin- della lettera anche l'espressione l!O"m-
guaggio della comunità cristiana più an- Àov ÈIX.V't'Ò\I 't'TJPEL\I à'ltò 'tOV x611µou
tica di lingua aramaica, abbia costituito «mantenersi immacolato dal mondo»
(r,27). Così x6crµoç va considerato co-
una preparazione per quello che sarà il me predicato di y Àwcrrra. xcd)lo--ra-rrzL,
concetto posteriore di x6o-µoc; 54 • Gesù che segue, e il passo va tradotto, come
deve aver espresso il concetto di mon- propone M. Dibelius, nel modo seguen-
te: «fra tutte le nostre membra la lin-
do valendosi della formula veterotesta-
gua si pone come il mondo . malvagio,
mentaria 'i cieli e la terra' (~ yfj II, essa che contamina tutto il corpo» 56.
coll. 431 ss.). Tuttavia x6crµoc; pot~ebbe
2. xb<:rµos = mondo. r: universo, in-
essere la traduzione dell'aramaico 'ate.
sieme del creato.
mii' in certi passi dei sinottici, in parti-
colare di Mt., in cui ricorre 7 volte. a) Con il significato di mondo, uni-
Se poi sia lecito individuare nel N.T. verso, xécrµoc; viene usato quale sinoni-
anche l'altro significato, quello di tota- mo dell'espressione veterotestamentaria
lità, somma, insieme, dipende da come 'i cieli e la terra'(-)- yfj): ò ~Eòc; ò rcoi.-
si spiega il difficile passo di Iac. 3 ,6: Ti TJ<Tctc; -ròv x6crµov xai 1t'a\l·m. -.à Év
o
'Y )..{))ry(F(J. nup, x6o-µoc; -.f}c; &.8txlu.c;, 1i auT~, ou-çoc; oupa.\lou xm Y'rlS u'ltap-
, - '?" :Il - ' - ' ,
y Àw<T<r<J. x<d>lu-.a.Tat E\I -.o~c; µÉÀ.E:o1:11 xwv x.uptoc;, «lddio che ha fatto il mon-
i)µwv, T) cr1ttÀoucra oÀ.ov -.ò 11wµa. do e quanto è in esso, egli che è sign~
re del cielo e della terra» (Act.r7,24). y1)v xat -r:à È\I a.V"tll xat "t1ÌV 1>&.À.a.cr-
Il termine qui designa l'universo, costi- crav xa.L "tà Év a.ù-.f} (Apoc.ro,6 [cfr.
tuito dai cieli e dalla terra, nel quale 14,7 e Neem. 9,6] ). La descrizione del
si trova la totalità delle creature (miv- concetto di mondo mediante l'elencazio-
"t'a 't'CÌ. ÉV au-ré{)). Al termine è sempre ne delle parti che lo costituiscono, qua-
legata l'idea di spazio, come quella di le troviamo ancora nel N.T., come pu-
tempo è sempre legata ad~ a.lwv, usa- re la distinzione fra il cosmo e il suo
to anch'esso per designare il mondo. contenuto, costituisce quindi una trac-
x6oµoç significa il massimo spazio che cia della più antica concezione veterote-
possa essere concepito, nella proposizio- stamentaria dcl mondo, ancora incapa-
ne: oùò' aÙ't'Òv oT:µaL -tòv x.6crµov xw- ce di rappresentarselo come una unità,
PTJ<TEW •tx ... ~L~À.la., «il mondo intero, un tutto 58• Il concetto di x6crµoç quale
penso, non conterrebbe i libri...» (lo. insieme di tutto il creato, mondo spa-
21,25; dr. Herm., sim.9,2,1, ove si par- ziale con tutto il suo contenuto è giun-
la di una roccia cosl grande rfxr'tE Oùvo:<r- to ormai a piena maturazione in affer-
l>a.t oÀ.ov 'tÒ\I "6crµov xwpf}O'a!., «Che a- mazioni sulla creazione e sulla parteci-
vrebbe potuto racchiudere in sé il mon- pazione del Logos a quest'ultima, come
do intero»57• L'uso iperbolico di x6crµoç in Io.r,ro: ò x6crµoç ot' a.u.-ov ÈyÉvE•o,
per designare uno spazio immensamen- cfr. r, 3 : 1tav...a. ot' rx.ùTou ÈyÉvETo. In
te grande mostra come il concetto di queste proposizioni x6<rµoç viene usato
spazio si possa, fino a un certo punto, come sinonimo intercambiabile di [ -r:à.]
sganciare dall'idea deJle cose che riem- r.av•a, e ciò corrisponde all'uso lingui-
piono lo spazio stesso. La distinzione stico corrente sia neotestamentario (ad
fra il x60'µoç e 1tav•a. ,.èt, f.v a.ù't'é{) ri- es. I Cor.B,6; 15,27 s.; Phil.3,21; Col.
sale alla descrizione veterotestamenta- r,16 s.; 1,20; Eph.1,ro; Hebr.1,2 s.; 2,
ria del concetto di mondo, mantenutasi 8; 2,ro; I Petr.4,7) sia giudaico (ad es.
pure nel N.T. Su -ròv x6crµov x.cd 'lta\1- É'ltolnc; 't'Ò\I x60'µov, Sap.9,9, dr. ò TCOL·
't'a. 't'èt. Év a.ÌJ't'@ (Act.q,24), dr. le e- 1}craç 't'à. 1t<iv-ta Èv À.6Y<Y crov, 9, r ),
spressioni sinonime 't'Ò\I oupavòv xat analogo all' uso di ?taV't'<X. per indicare
"ti)v yi}v xat 't''Ì]v 1taÀ.a<rcrav xat "tlÌ l'universo nel linguaggio della filosofia
Év auToi:ç (Act.4,24; l4,r 5 [Ex.20, n; ellenistica 59 e all'uso di kol, tutto, ne-
similmente Il; 145 16, cfr. pure~ 23,r]) gli strati più recenti dell'A.T. "° x60'µoç
e 't'Òv oùpavòv xa.t "tà. Èv aÌJ'té{) xat •1Ì" va letto come mondo, inteso quale in-
57 Vedi DrnBLIUS, Herm., ad l.; cfr. la visione 59 Cfr. le citazioni ~ coli. 884 s.; 885; inol-
di Dan.2,35 (Teodoz.): la pietra che hc).:fipw- tre, ad es., l'inno a Zeus di Cleante, in Stob.,
cri;v 'J'Céiua.v -.1)v yfiv. ecl.1,25,3 = VON ARNlM I p. 121 s.
58 ~ yi} II, coli. 431 ss. 60 A partire da Is.44,24; altri esempi in Icr.
xooµoç \n. ;>asse} \ 111,005} 922
sieme del creato, anche in I Cor. 3,22, xilc; X'tLO"EWç, Mc. 13, 19, cfr. Ù1tÒ "tOU
dove 7tct\li:a. ùµwv ÈO"TW viene cosl spie- cx.lwvoç, loel2 ,2 e à<p' ov YEYÉV'l'J't'aL Et).
gato: ehE IIauÀoc; Ehe 'A-rr.oÀÀ.wç, Ei'.i:E voç È"Jti -rfic; yfjc;, Dan. 12, r [Teod.J );
Kricpét.c;, et·n: x6aµoç EÌ'.'tE sw!J Et"C'E ·M.- Ù1tÒ X"tlCTEWt; XOCTµou, «dalla creazione
\la"C'oc;, EÌ'.'té È\IEO"TWTO:. EhE µÉÀ.À.ovi:a.. del mondo» (Rom. l,20). L'espressione
corrente è &.7tò xa."to:.~o):ijc; 62 x6crµou,
Altri esempi dalla letteratura post-ca-
nonica: Herm., mand.12,4,2: EX't'tCTé -ròv «dalla fondazione del mondo» (Le. n,
xocrµov E\IEXa. "'COV &.vfrpw'ltou; vis. 2 ,4,1: 50; Hebr.4,3; 9,26); id. Barn.5,5, dove
OtÒ:. "'CO:.UT'l)V (sci!. i:i)v ÈxXÀ.T)O'"lcx.v) ò x60'"- signifìca «alla (o subito dopo la) fonda-
µoc; xo:.-r'l)pi:l<Tfr'Y}; Diogn. 10,2: ò yàp
iteÒç -roÙc; civf}pW"JtOUC, 1}y6.1t'r)O"E, &' oi)c; zione del mondo», mentre in passi co-
È1tol'l)crE -ròv x6crµov. La domanda alla me Mt.25,34; Apoc.13,8; 17,8 il signi-
quale queste frasi rispondono (perché ficato di &.7tò xa"ta.~oÀijc; xéo'µov si av-
Dio ha creato il cosmo?) ha vivamente vicina a quello di 7tpÒ xa'to:.~oÀ.ijç x6cr-
interessato e preoccupato il giudaismo61 •
Tale problema, invece, non viene affron- µov, «prima della fondazione del mon-
tato nel N. T. e riacquista importanza do» (Io.17,24 [ =7tpÒ -;o\i -r;Òv x6crµov
soltanto nella letteratura protocristiana dvat, 17,5]); Eph.1,4; I Petr.1,20,con
extracanonica.
dferitnento alla preesistenza.
b) Come tutto ciò che è creato, cosl Il cosmo, insieme del creato, è per
il x6crµoç ha una durata limitata. Il essenza transitorio. È il luogo della q>Do-
tempo del cosmo, delimitato dalla crea- pci, corruzione (2 Petr. 1, 4); perciò 6
zione e dalla fine, è detto -,)o o:.lwv, o x6crµoç "Jtap&.yE't'ct.i, passa (I 1o. 2,17);
alw\I "tOU x6crµov "tOU"tOV (Eph. 2, 2). 7tapayei -rò crxijµa. (apparenza) 'tOV x6cr-
Mentre la fine del mondo viene indicata µou -.ov-rov (I C01·. 7,31 ). Poiché l'atte-
con un'espressione come cruv't'ÉÀ.Eta_-rou sa escatologica è rivolta a un mondo
alwvoç (ad es. Mt.13,40 -,)o cx.lwv I, col. eterno, imperituro, a paragone con es-
547), che designa la fine del tempo, le so il x6aµoç si presenta come x6crµoç
formule indicanti l'inizio del mondo par- oihoc; 63 , di cui è giunta l'ora della fine.
lano appunto di inizio, di creazione o di Paolo si avvale dell'espressione x6crµoç
fondazione del x6crµoç, inteso in senso ou-to<; accanto all'altra a.lwv oi'.i-toc; (I
spaziale: ci7t' à.pxflç x6o-µov, «dal princi- Cor.3,19; 5,10; 7;31; cfr. Eph.2,2), con
pio del mondo» (Mt.24,21, par.: à.7t' à.p- lo stesso significato, come dimostra l'in-
ro,r6; Ps.8,7; ro3,r9;, Eccl11s 36,r. S. 12, 3 2 , 2, &:n-ò XO'.'t"O'.~oÀ.ijc; significa comin-
61 Ad es. Bar. syr. 14, 18: il mondo è stato ciando dal principio, fin dalle origini. Il sem-
creato in funzione dell'uomo. Altri passi che plice !Ì'ltÒ XOC'1:ct~oÀ:ljc; per significare a1tb XO'.·
danno risposte diverse a questo problema sono 't"CX.~oÀf)c; x6crµou si trova nel N.T. in Mt.13,
abbondantemente citati da STR.ACK-BILLBRBECK 35 (ljJ 77,2).
I, 732. 63 Cfr. al riguardo il concetto di x6crµoc; ou-coç
62 ~xoc't"a~o}.:{J. In Polyb.r ,36,8; 24,8,9; Diod. in Plotino~ col. 905.
923 (m,885) x6crµot; (H. ~asse)
64 In Jo.12,25 lv i:i;> x6aµ(fl i:ou'trp e eiç !;w· zioni di Dio, quandq gli si attribuiva una di-
i}v a.lwvLov si contrappongono. E non è un mensione spaziale; v. altri particolari ~ a.twv
caso che nell'espressione ~nuovi cieli e nuova 1, coll. 549 ss. In Gen.r. 3 a l,J (~ 1, col. 55x)
terra» (Apoc.21,1; .2 Petr.3,13) il blnomio oU. si partii di una successione di più creazioni del
pcx.vòc; xa.t ri1 non sia sostituito da xocrµoc;; mondo. b. AZ 3 b parla di 18.ooo mondi esi-
~ yij 111 col. 432. stenti contemporaneamente; ma bisogna pen-
sare a settori del mondo, che tutti insieme co·
65Lo spunto per tali speculazioni era offerto stituiscono l'universo. Midr. Ps. 18 § 15 su 18,
dal plurale 'oliim1m, soprattutto nelle designa- I I parla di molti mondi ('olomot harbeh).
xoaµo<; l tl. :>asse) (m,886) 926
'.IEc;, in passi come Hebr.r,2; n,3, ha 'olam è estremamente frequente nel giu-
un significato spaziale e va tradotto daismo palestinese 67 •
mondi, spazi cosmici, nel quadro neo-
testamentario questi sono gli spazi (le
sfere celesti) dell'unico cosmo. L'unico Soltanto gli scritti extracanonid, se-
esempio di plurale di x6crµoç nel senso guendo su questo come su altri punti
di mondo, nella letteratura protocristia- la sinagoga ellenistica, compiono la tra-
na, è I Clem.20,8: wxEa'.lòc;... xat ot µE- sformazione degli appellativi in Dio. In
-.' aui:Ò\I x6crµot. «l'oceano e le parti del r Clem. r 9 ,2 si chiama Dio ..-òv ita't'Épa
mondo (della terra) al di là di esso». xaL X't'lCT•t"l'}\I rçoiJ cruµ'lta'ol"t'Oc; x6aµov;
Anche qui, dunque, non si parla di una in Barn.21,5 o i:ov 1tavi:òc; x6uµov xv-
pluralità di mondi. In 2 Petr.2,5 e 3,6 ptEuwv, mentre in 5 ,5 Cristo è chiamato
x6uµoç designa l'umanità(~ col. 936). 1taV-çÒc; 'tOU x6crµov xuptoc;.
66Analoga è l'espressione ò x-.l<Taç -.òv x6c;- 67 Ad es. in Taan.3,8 Onia interpella Dio CO·
µov di Herm., vir, r,34; dr. ~X'tLO"E 'tÒV xo· me ribb6t1tJ Iel 'Oliim. Il cotrispondente greco
oµov mand. 12,4,2. sarebbe: xup~E 'tOU xoaµou (-) coll. 912; 915).
927 (m,886) x6aµoc; (H. Sasse)
prima la tripartizione, risalente anch'es- 4,3; Col. 2,8.20), gli elementi (o gli spi-
sa all'A.T., con aggiunta del mare o del riti elementari) del mondo (~ CT'tOLXE~
mondo sottenaneo 68 • o\I ), rimandano a una folla di rappre-
sentazioni cosmologiche particolari, le
Pure il cielo, sulla base del modello
veterotestamentario (ad es. Neem. 9,6; quali per gli autori neotestamentari si
cfr. anche il plurale ebraico sama;im) e ricollegavano al concetto di x6aµoç. Su
secondo le concezioni cosmologiche tar- di esse si può dire, attenendosi all' es-
dogiudaiche e orientali in genere, è con-
cepito come un sistema di spazi cosmici. senziale, quanto segue.
In passi come Hebr. 1 , 2; 1 r ,3 anche cd- 1 . Queste rappresentazioni cosmologi-
wvEc;, con significato spaziale, dev'esse- che non divengono mai oggetto di pre-
re stato usato ad indicare queste sfere dicazione nella Bibbia, come invece in
cosmiche ·e celesti. Di cielo quale spazio
cosmico che si distende sopra la terra e altre religioni e nella stessa apocalittica
nel quale le stelle seguono ininterrotta- giudaica (Enoc etiopico, Enoc slavo, 4
mente i loro corsi regolari, si parla in di Esdra, Baruc siriaco, ecc.) 70 • Nel N.
I Clem. 60, r, dove è detto, nella pre-
ghiera liturgica: crù 't'Ì)\I &.~vwJ.ov -i-ov T., anche quando vengono più o meno
x6oµou cn'Jcr't'cccrL\I (l'eterno, cioè l' im- diffusamente presentate o accennate, co-
mutabile ordinamento del cielo) ... Ècpu.- me nella descrizione dell'evento escato-
'VEpo1tolT)cra.ç; crU, XVp~E, 'tÌ')V olxouµÉ-
logico, non rientrano in una vera dot-
\11)\1 EX't'Lcru.c;. È controverso se tale si-
gnificato si debba riscontrare pure in trina cosmologica.
Phil. 2, r5 e se si debba tradurre cpal- 2. Non vi sono idee cosmologiche
VEvi}E Wç q>W<T't'ijpEç È\I XOO"µ~ con «ri-
splendete come stelle nello spazio cosmi- che caratterizzino il N.T. Questo condi-
co», oppure se il passo vada accostato vide piuttosto con l'ambiente circostan-
a Mt.5,14 (/). te tutte le concezioni sulla struttura e
d} Tanto le affermazioni neotesta- sulla forma visibile del mondo. I vari
mentarie relative al cielo e alle stelle, elementi delle rappresentazioni cosmo-
quanto gli accenni alle potenze che reg- logiche che affiorano negli scritti neote-
gono il x6crµoç, o ancora un'espressio- stamentari possono quindi essere spie-
ne come 't'à O"TOLXE~a -i-ov x6crµou (Gal. gati soltanto grazie all'ausilio delle no-
68 Cfr. Phil. 2,10; ~ xa;-ra.xMv~oc;. Sul proble- K.G.KUlIN, Sì/ré Num. iibers. tmd erkl.(1933)
ma della tripartizione ~ II, col. 432. Negli ss. 554 n. n8.
scritti rabbinici troviamo che la bipartizione
© Vedi LoHMEYRR, Phil., ad l.
veterotestamentaria diviene tripartizione, me-
diante l'aggiunta dell'aria ('wjr=Ò.i)p): S.Num. n F.CUMONT, Die orie11talischen Religione11 im
§ 134 a Deut.3,24 («Qual dio vi è mai in cie- romischen Heidentum (trad. ted. di A. Burck-
lo o in terra?»): al di fuori di questi due vi hardt-Brandenberg1, 1931) 147, parla - con un
è dunque (forse ancora un Dio)? (Risposta: istruttivo accenno al cristianesimo - del nesso
No, secondo Deut. 4, 39); nemmeno nell'aria indissolubile che lega la préd.icaz.ione religiosa
(oci)p] (vi è un Dio, all'infuori di Jahvé). Vedi alle teorie cosmologiche nel culto di Mitra.
x6o-µoç (H. Sasse) (m,888) 930
stre conoscenze relative a quelle conce- stolica: la cosmologia non è parte del
zioni. Se quindi si analizza il contenuto messaggio evangelico. Il x6crµoc; è og-
cosmologico o filosofico-naturale di cer- getto della predicazione e quindi della
ti passi neotestamentari, non vale più il teologia cristiana (Paolo, Giovanni) so-
principio secondo cui la Scrittura sareb- lo per il fatto che è in rapporto con
be sui ipsius interpres. Dio, il quale ne è il creatore, il signore,
3. Anche quando ogni parnla e ogni il giudice e il redentore.
passo del N.T. che abbiano un conte-
.3. xbcrµoc,=mondo II: dimora degli
nuto cosmologico fossero spiegati alla
uomini, teatro della storia, ecumene,
luce delle nostre conoscenze circa le
terra.
concezioni ellenistico-orientali della na-
a) Quando il mondo viene considera-
tura - scopo, questo, che l'indagine sto-
to come il teatro della vita umana, e
rica deve perseguire - sarebbe impossi-
della storia terrena, il significato di xé<r-
bile ricondurre tutte le varie rappresen-
µoc; può ridursi a quello di ecumene,
tazioni a una visione unitaria definibile
terra.
come concezione cosmologica del N.T.
Infatti, anche se alcune idee sono co- In questo il N.T. segue l'uso lingui-
muni a tutti gli scritti neotestamentari, stico ellenistico e giudaico, di cui sono
esempio caratteristico due passi già ci-
vi sono tali evidenti differenze fra i vari tati, nei quali troviamo l'espressione 'il
strati del N.T. (ad es. fra le proposizio- mondo intero': Ditt., Syll.' 814,3I, do-
ni cosmologiche di Mc.I3, di r Cor.I5, ve Nerone è chiamato ò -rou 'lt<IV-ròc; xé<r-
µov xuptoc; 71 (cfr. Ditt., Or. 458,40), e
dell'Apocalisse, del Vangelo di Giovan- l'affermazione di 2 Mach.3,12, secondo
ni), che rendono impossibile tracciare la quale il tempio di Gerusalemme de-
un quadro delle idee comuni. v'essere onorato Xct:i:tÌ. 't'ÒV cruµ·ml.\l'tl'X
xéaµov.
4. La chiesa in formazione, sia nel-
l'atto di staccarsi (già iniziato nel N.T.: Cosl va letto x6crµoc; in passi come
Lettere Pastorali, 2 Petr., r Io., Iudae) Mt .4,8: nM-a.c; i:àç ~M"LÀ.Elac; -toO xo<r-
dalla gnosi e dai suoi interessi cosmolo- (J.ou, «tutti i regni del mondo» (Lc.4,5:
gici, sia nella chiusura del canone, che -.t]ç olxouµÉv71ç); Le. I2,30: "t'a\ha yàp
da quello deriva (esclusione degli scritti miv-ra -r« EWTJ -tou x6aµou (in Mt.6,
apocalittici, salvo l'Apocalisse), ha con- 32 sòlo -.à EWlJ) Ém!;'r}'t'OUO"LV, «i po-
fermato la scelta della predicazione apo- poli del mondo» = 'ummot hii'oliim12 • In
71 -7 col. 909; in Bam. 5,5 Cristo è chiamato BILLERBECK II, 191, ove viene pure citata una
mX.\l'tÒç 'tOV XOO"µou XUpLo<;; -7 col. 926. quantità di passi, fra i quali un documento che
pare assai antico, h.B.B. ro b (Johanan b. Zak-
72 «Una delie designazioni rabbiniche più fre- kai, verso l' 80 d .C.); v. anche STRACK - BrL-
quenti dell'umanità non-israelitica», STRACK - LERllECK r, 204; DALMAN, Worte J. I 144 s.
931 (m,888) x6crµoç (H. Sesse) (m,888) 932
t~;·
riferimento a Mt.4 ,8, è qui al suo posto do»; I Petr. 5 ,9: 'tTI f.v 'téi) x6uµ~ uµwv
pure l'espressione XEp8et.l'llELV 'tÒ'\I x6cr- à.8EÀ.q.i6-c1]'tL, «ai vostri fratelli nel mon-
µov éSÀ.o\I, «guadagnare il mondo inte- do».
ro», ossia impossessarsi di tutto ciò di b) x6crµoç ha il medesimo significato,
cui gli uomini possono disporre 73 {Mc. sebbene affiori già fortemente quello di
8,36;. Mt. 16,26; Le. 9,25); con questa umanità, in certe frasi che esprimono
espressione va confrontata l'affermazio- il venire nel mondo, l'essere nel mon-
ne sul guadagnare tutto questo 'oliim 14 , do, il fatto che una persona o un og-
attribuita a Shimon b. Shetah, verso il ge tto se ne va dal mondo: frasi che
90 a.C. (i.B.M. 8 c 26). Nella promessa hanno in parte paralleli o modelli pun-
fatta ad Abramo, che avrebbe possedu- tuali nell'uso linguistico rabbinico.
to il mondo (XÀTJpovbµov o.\n:òv dvet.t Nel Talmud si dice 'venire nel mon-
xoO'µou, Rom.4,13), il significato passa do' (ebr. bo' te'olàm, aram. 'atii' be'ate.
da quello di ecumene a quello di popoli ma') a proposito di determinate perso-
ne (ad es. Abramo, Isacco, Giacobbe,
del mondo (secondo Gen.18,18; 22,18). S. Deut. § 312 su 32,9), o dell'uomo in
xoO'µoç significa ecumene pure in Mc. genere (bà'e ha'olàm, «coloro che ven-
I6, I 5 : 'ltOpEUilÉ'll'tEt; Etç 'tÒ'\I XOCTµO'\I ti- gono nel mondo», cioè gli uomini, Pesk.
172 b; «tutti coloro che vengono nel
mX.\l"t'Ct., a cui va accostato, per il con-
mondo», M. Ex. r8, 12 [ 67a]) 75, come
tenuto, Act. 1,8 e l' afEetrnazione di I pure a proposito di avvenimenti (ad es.
Clem. 5 ,7 su Paolo 8tXatOO'U\ll]'\I ototi- Tg. Ecci. 3,14: «la punizione viene nel
~~ <SÀ.o\I 't'Ò'll x6<Tµov, xet.t É1tt 't'Ò -eÉp- mondo» ) e di cose (ad es. b. Jeb.92 b:
«qualcosa che non è venuto al mondo»
µa. 'tfiç ovO'Ewç ÉÀ.i}wv ... , «dopo avet in- [ba' ze•otam] , cioè che non esiste) 76•
segnato la giustizia a tutto il mondo ed Espressioni corrispondenti, con il signi-
esser giunto ai confini dell'Occidente»; ficato di 'andarsene dal mondo' (=mo-
rire) sono: 'abar min 'iilema' (Tg. · J. 1
Rom. l ,8: ii 1tlcr·nç ùµGw xa't'a:yyÉÀ.À.E-
Gen. 15,2); 'llzal min ·az~ma' (Tg. ]. n
'tet.t È'll ISÀ.<v 't'<';> x6uµ4); Mt.26,13: XIJpu- Gen.15,2; Tg. Eccl. 1,4); tptr mn h'w·
xl}fi 't'ò Eua.yyéÀ.1.ov 't'ou-to tv oÀC{l 't'éi) lm, 'staccarsi dal mondo', S.' Num. 140
x6uµ~ (altrimenti in Mc. J4,9 ~ col.
su 27,18, ecc. 71• L'uso rabbinico trova
paralleli nel giudaismo ellenistico, co-
935); Herm., sim.9,17,1 s.: ow8exa. cpu- me provano Sap.2,24; 14,14; 7,6 (Sim-
À.o.l... a.t xa.-toi.xoucrm BÀov 'tÒ'V x6crµov, maco),
«dodici tribù che vivono in tutto il mon- Nel N.T. il soggetto dell'(Elc;)ÉPXEO'-
ìlm etc; 't'.ÒV XO<rµov è 'ogni uomo' (fo. Cfr. &.7ta.À.Àti<Tcrecr~a.t "t"OV x6crµou,
r,9 [cfr. 16,21: ÈyEwl)ìll'] elc; 'tÒ\I %OG"- staccarsi dal mondo (I Clem.5 ,7 ); espres-
sioni simili in Ign .. Rom.2,2; 3,2.
µov], a meno che ÈpxoµEvov qui non
vada riferito a -tò qiwç), Cristo o il Lo- In tali espressioni x6crµoc;, senza al-
gos, considerati come la luce (fo.3,r9; cuna accentuazione particolare, designa
I2,46; forse r,9), il figlio di Dio, (Io. la scena sulla quale si svolge la vita
n,27, cfr. l'autotestimonianza Io.9,39; umana. Espressioni indicanti che un uo-
r6,28; r8a7), il profeta (Io. 6,q), il mo è nato Elc; 'tÒV x6aµov, o che non
Cristo(fo.r1,27, Gesù Cristo (rTim . r, portiamo nulla Etc; -.ov x6crµo\I (I Tim.
r5), il Cristo che parla nell'A.T. (Hebr. 6,7, dr. Philo, spec. leg.1,294), o la de-
rn,5), il peccato e la morte (Rom.5,12 scrizione della morte come di un uscire
s. [cfr. Sap. 2,24, b.Jeb.63 a e Tg. Eccl. Èx 't'OV x6aµou, non hanno alcun con-
3,14, dov'è detto che la punizione vie- tenuto cosmologico né teologico. x6<r-
ne nel mondo: b~'al"mii' o ie'olam]), fal- µoc; acquista un valore particolare solo
si profeti (I Io.4,1 ), seduttori (7tÀIÌ.vo~, quando il venire nel mondo, l'essere nel
2Io.7). mondo è riferito a Cristo, o comunque
'Nel mondo' (Èv -ti;> x6crµ~) era il quando si tratti di realtà rilevanti per
Logos (Io. l,rn), è Cristo, secondo la la storia della salvezza: in questi casi il
testimonianza ch'egli rende a se stesso termine, non designando più semplice-
(lo.9,5), egli non è più, dopo la sua an- mente l'abitazione degli uomini e la sce-
data al Padre (fo.17,u), sono i disce- na della storia terrena, bensi quella del-
poli (fo.13,1; 17,rr), i cristiani (I Io.4, l'azione redentrice di Dio, acquista un
17, cfr. ICor.5,ro), vivono i cristiani significato nuovo, proprio al N.T., sen-
z~ alcun parallelo né nella grecità né nel
(2 Cor.1,12) e vi conducono la loro esi-
stenza naturale (r Io.3,17), è lo spirito giudaismo.
dell'anticristo (r Jo.4,J}; nel mondo (Èv 4. x611µ0<; = mondo 111: umanità,
x6~) sono molte specie di favelle (yÉ-
creazione decaduta, teatro della storia
\IT] cpwvwv, r Cor. 14,rn), non vi è al-
della salvezza.
cun idolo (ouoÈv eKowÀ.ov, I Cor.8,4).
'Andarsene dal mondo' (Éx 'tou x6cr- a) Come l'universo diventa l'ecume-
µov É~EÀ.lM\I) dovrebbero i cristiani, se ne, non appena si considera il mondo
volessero evitare ogni rapporto con gli come teatro della vita umana, cosl il
impuri (rCor.5,ro); Gesù se ne va da concetto di ecumene può ridursi a quel-
questo mondo ( Èx 'tOu x6irµov 'tOU'tOU) lo della umanità che abita la terra. Ab-
al Padre (Io.13,1). biamo già trovato nella koiné 13 e nei
LXX 79 questo significato di x60'µoc;. Pu- giungere al mondo intero, vuol dire che
re l'ebraico 'olam e il corrispettivo ara- essa concerne tutti gli abitanti della
maico 'olmii' hanno sublto, per influsso terra.
del concetto ellenistico di x6crµoc;, que-
Anche Herm., sim.8a,2: v6µoc; 1'Eou
sta trasformazione di significato, come Ècr·t'L'J
82
o &ofrErc; Elc; 1))..ov .. òv xbcr-
risulta dal frequente uso rabbinico di 1..1. o 'V • ò &È v6µoc; oi'.i"t"oç, vlòc; frEov Ècr't't
79 Sap.ro,r; 14,6; 4 Mach.17,14; ~ coll. 912 s. torà al mondo intero (kol-hii'oliim), cioè a tut·
sn Altri passi in STRACK-BILLHRllECK II 548. ti, STRACK-BILLERBECK II 548.
a1 Midrarh Cant. r, 3: iifrii'el 'ora J•'oliim;
BI DITT., Or.458,40; -)o col. 909. ScHLATTER, Komm. Mt. 148; STRACK -BILLER·
82 Cfr. il detto di R. Akiba, Sanh. b. IOl b, se- BECK I 237, ivi pure altri esempi anche a pro-
condo il quale Ezechia avrebbe insegnato 1a posito di lo.8,12.
937 (m,890) x6crµoc; (H. Sasse)
84Stob., ecl. 1,184,8 -+ col. 909; cfr. anche 4 es Ad es. Midrash Prov. n,8; S. D eut.3II a
Mach.17,14 -+col. 913. 32,8; 326 a 32,36.
939 (m,891) x611µoc; (H. Sassc)
(Tanh. nlJ 13 a) 86• Ma la sovranità del mentaria, non sono i soli elementi che
peccato dipende dalla potenza dei demo· rivelano l'incertezza nel valutare il mon-
ni (ad es. Iub.ro,8) e di Satana, il quale
con la seduzione al peccato ha introdot· do. Anche quando queste due concezio·
to nel mondo anche la morte (Sap. 2, ni hanno perso entrambe la loro attua-
24). lità, quell'incertezza permane, come ri-
Se si tenta di ricondurre in un qua- sulta dagli enunciati talmudici sull' af-
dro unitario le cliverse affermazioni giu· fiancarsi, nel mondo, del bene e del
daiche sul mondo in epoca neotesta· male 87 •
mentaria, si conclude che il giudaismo Le cose stanno in tutt'altro modo nel
non è in grado di portare a una visione N.T. A chi osserva l'uso che vi si fa del
unitaria del mondo. Che il mondo sia termine xocrµoc; risulta che nella chiesa
creazione di Dio e che sia sottoposto al primitiva appare un concetto di mondo
giudizio e abbia bisogno della redenzio· completamente nuovo e unitario. Na-
ne, sono due linee costanti di pensiero turalmente anche qui troviamo un uso
che non raggiungono mai l'unità di una linguistico diversificato. I sinottici, so-
sintesi. Si affrontano quindi, come due prattutto Matteo, usano di rado xocr·
concezioni inconciliabili, l'ottimistica a· µoc;, e soltanto con i significati che ab.
pertura al mondo, propria degli Ales- biamo già visto e che corrispondono al·
sandrini e il profondo pessimismo del· 1' uso giudaico di 'olam. Paolo e Gio-
l'apocalittica: sono due concezioni tali, vanni, invece, pur mantenendo innega-
che si può passare dall'una all'altra, ma bili differenze nell'uso di x6o-µoc;, pre-
non conciliarle. Entrambe poggiano su sentano il nuovo concetto cli mondo,
un fondamento biblico: la prima sulla caratteristico del N.T. Il xoaµoc;, con-
fede nella creazione, la seconda sull'idea siderato come il teatro nel quale si svol·
del giuclizio; entrambe hanno accolto e· ge la storia della salvezza, il luogo del-
lementi estranei, per giungere ad esse- la rivelazione di Cristo, si presenta in
re una concezione del mondo: la pri- una luce completamente nuova. Con
ma, la gioia di fronte al mondo pro- l'annuncio dell'Apostolo 1]µt'Lc; 'tEl>e&.-
pria dell'ellenismo; la seconda, il duali- µtl>a xaì. µapi:upouµtv oi:t ò 7t<X.'tlJP
smo persiano. Ma queste due visioni à:TCé:cr-.a)..xev 'tÒ\I utòv crw't'i'jpa -.ou xéo--
diametralmente opposte, fra le quali µou, «noi abbiamo visto e rendiamo te-
oscilla il giudaismo nell'epoca neotesta- stimonianza che il Padre ha inviato il
!!6 «Il mondo attuale viene raffigurato nella let- e della falsità; un mondo nel quale bene e ma-
teratura rabbinica come un eone nel quale do- le, salvezza e perdizione stanno fianco a fian-
mina lo ié!et hlira', l'impulso malvagio, la pas- co ... », STRACK-BILLERBECK IV 847.
sione umana. Perciò questo mondo è il mon-
do del peccato e dell'impurità, della menzogna lrl STRACK-BILLERBECK IV 847.
Figlio quale salvatore del mondo» (r Io. vien fatta risalire da Paolo al peccato,
4,14), comincia quella visione del mon- che, mediante il primo uomo, è venuto
do propria della chiesa, che incontra co- dc; "t'Ò\I x6uµo\I e ha portato la morte
stantemente la contraddizione al di fucr (Rom.5,12). Poiché tutti gli uomini so-
ri, là dove si conosce un falso CJ'W"t''Ì]p no divenuti peccatori, ?téic; ò x6CTµoç,
"t'OV x6CTµou 88 o non se ne conosce al- 'l'umanità intera' è divenuta colpevole
cuno. II modo di concepire il x6oµoç dinanzi a Dio (Rom.3,r9) e soggetta al
dipende costantemente dal fatto che si giudizio, che è quindi un giudizio sul
conosca o meno il CTW"t''Ì]p "COU xfo'µou x6crµoç (xplvew -rÒ\I x6aµov, Rom.3,6;
(Jo.4,42; I Jo.4,14). I Cor. 6 ,2; ibid. xpi.VE'tctt ò x6crµoc;) e
ss Riguardo a O'W't1ÌP TOU x6crµov quale titolo BER, Untersuchungen zur Geschichte des Kai-
imperiale (soprattutto per Adriano, ad esem- sers Hadrianus [r907] 225 s., 229) ~ O'Wi:i)p.
pio CIG 4334; 4335; 4336; 4337, cfr. W. WE- 8'I Lc.12,30, cfr.STRACK-BILLERBECK li I9I ad l.
943 (111,892) xouµoc; (H. Sasse) (111,893) 944
y6:1tr}ç av'tou (Col.1,13, cfr. Gal.r,4). (Rom. 12,2; I Cor. 7,31) - è còmpito
Perciò l' è::x::x: À. ricrlci. non fa parte del dei credenti &crmÀ.ov fo.u-r:òv -t'l"}PE~v &.-
mondo. Certo, gli &ytot vivono nel x6cr- 1tÒ -.ou x6crµov, «conservarsi incontami-
µoç (r Cor.5,10; Phil.2,15) e non pos- nati dal mondo». La cptÀ.la -rou xéaµou
sono Èx 't'ou x6crµou È.~EÀ;iMv. Essi ono- è l!xitpa -.ou ileou, secondo lac.4,4. Chi
rano pieni di gratitudine il Creatore del vuol essere amico del x6aµoc;, diviene
xécrµoç (Act. 17, 24) e ricevono i suoi nemico di Dio. La medesima incompa-
doni (ad es., Act. 14,15 ss.); nell'interim tibilità che vi è fra Cristo .e il x6crµoc;,
di questo tempo del mondo ubbidisco- sussiste pure fra l' ÉXXÀ.'l']O'la e il x6<1-
no agli ordinamenti istituiti da Dio (cfr. µoc;; eppure il mondo ha bisogno della
ìkou ota-.ay1}, Dei ordinatio, Rom.13, chiesa, come ha bisogno di Cristo.
2 ), mediante i quali Dio conserva la sua
Essi non contengono neppure un pen- ~owxEV, non per giudicare il mondo, ma
siero, relativamente al x6crµoc;, che non per salvarlo (3,16 s.; 12,47). Cristo vie-
si ritrovi almeno implicitamente nella ne come l'Agnello di Dio, ai'.pwv 'tTJV
dottrina di Paolo; ma ciò che in lui ri- à.µap-rla.\J -roi:i x6crµov ( r ,29; cfr. I Io.
corre soltanto in forma fremmentaria, 2,2, dove Gesù è definito O..a.o-µòc; (pro-
in accenni, appare qui sviluppato, e la pitiatio) 'ltEpÌ 't'WV àµap't'LWV 1)µwv, où
terminologia ha raggiunto uno stadio 'ltEPL -.wv 'ÌjµE't'Épc.N oE. µ6vov !Ì.À.À.à. xa.t
di maggiore nettezza e saldezza. Inoltre 'ltEpL oÀ.OV 't"OV x6crµov), come CTW't1)p
il concetto di x6crµoc; si trova al centro 'tOV xfoµou (4,42; I Io.4,14), come S,w-
del pensiero teologico in una misura Tiv o~ooùc; "t'Q XOClµI{) ( 6,3 3, dr. 5 I), co-
che non si riscontra in nessun altro me q>Wç 't'OU x6crµou (8,12; 9,5, cfr. 3,
scritto o gruppo di scritti del N.T. Il 19; 12,46; r,9). Ma il mondo non lo
x6crµoc; è il teatro nel quale si svolge il conosce (r,10), e in tal modo non co-
dramma della redenzione, riferito dal- nosce neppure Dio (17,25). Apparente-
l'evangelo. Tutti i significati che x6cr- mente ò x6CTµoc;, tutto il mondo, lo se-
µoc; può assumere confluiscono nel lin- gue (12,19); in realtà però il mondo
guaggio del quarto evangelista. Non il non crede in lui, anzi lo odia (7, 7;
prologo soltanto concepisce il x6crµoc; r 5, l 8 ). Perciò la sua missione Elç 't'ÒV
come universo; anzi, s'intende l'univer- x6crµov anziché la. salvezza significa
so e non soltanto l'umanità anche là do- il giudizio del mondo. Questo comin-
ve Cristo è designato come -rò q>wc; 'tOV cia con la morte di Cristo, che è giu-
xéa·µou (Io.8,u; 9,5, cfr. 3,19; 12,46; dizio sull' apxwv 'tOV x6a-µou 't'OV't'OU
r,9) e quando Gesù stesso o l'evange- (12,31; 16,rr, cfr. r4ao: ò -tou x6a--
lista parlano del suo venire o del suo µou &px.wv ). Già la menzione di questo
essere stato mandato Ei.c; 'l'Ò'V x6crµo\J &pxwv che non appartiene al mondo
(3,l7i rn136; 11,27; 12,46 s.; 16,28; degli uomini vieta che in questi passi
17,18; 18,37; I Io.4,9). Egli non è, co- si limiti il significato di x6oµoc; a 'uma-
me gli uomini, Éx -rou x6aµou 'tOV'tou nità' 92 • Ma in quanto in Io., parlando
(8,23); neppure la sua ~cxcnÀEta. Io è del x6qioc;, si dice che esso non cono-
(18,36). Egli non è, come gli uomini, sce il Figlio di Dio né Dio, che esso
È.x -rwv x1i-tw, bensl Éx -rwv &vw (8,23). non crede, che esso odia, il x6oµoc; vie-
Il Padre manda il Figlio per amore del ne inteso in un certo senso in modo
mondo: o\.hwc; 1yya'lt1)crev o t)Eòc; 'tòv personale, come il grande antagonista
xbaµov, c'fJCT'tE i:òv utòv 'tÒV µo\loyEvij del redentore nella storia della salvezza.
92Difficile è sapere chi intendano i rabbini gelisten [1902] 121) o «quel principe degli an-
parlando del Jar ha'oliim, se il diavolo (A. geli che sovrintende alla vita naturale di tutta
ScHLATTER, Sprache und Heimat des 4. Evan- la creazione» (STRACK-DILLERBE.CK II 552).
x6crµoi; (H. Sasse)
È, in qualche modo, una possente per- ciò che in 1,2r s. vien detto dei figli di
sonalità collettiva, rappresentata dal- Dio, i quali ÈX -DEov ÈyEwl)ilrio:a.v (dr.
1' &pxwv i;ov x6crµou 't'oui;ou. Cristo e il yEwY)frl)vai. è:x 't'Ou 1tVEuµa...oc,, 3, 6;
x6CTµoc; appaiono antagonisti nella fra- a:vwfrEv jEWY)i)fjva.1., 3' 3· 7 ). Rimane
se: où xa.-Owç ò x6CTµoc; olow<nv f.yw presso di loro e dev'essere in loro -tò
olowµt. ùµ~v ( 14,27), o nella testimo- 1tV-EDµa: i;fjc; &:.)..,rii}ela.ç, o 6 xfoµoç où
nianza di I Io.4,4: µel~wv foi;Lv ò È\I ouva:-çm À.a.(3E~V, O'tt ov frEWpei: a.Ù"tÒ où-
ùµi:\I fi ò È\I 't'@ :x.6<rµ~. Nell'espressio. OÈ ")'WWO:XEL ( q,17 ). In loro il xocrµoc;
ne 6 Èv 't'@ x6crµ~ si deve intendere il -7 deve riconoscere e imparare a credere
1tOV"r]p6c; - se 7tov11p6c; può essere consi- che il Padre ha mandato il Figlio e che
derato maschile, secondo r Io. 5, 18 93 - li ama (r7,2r.23). Contro di loro si ri-
del quale è detto: ò xéo'µoc; oÀ.oc; Èv 't'@ volgerà l'odio del x6o:µoç, come si è ri-
7tOV1]p@xEi:-cm (r Io.5,19). Come coloro volto contro Cristo {15,18 s.; 17,!4; I
che credono in Cristo sono È.\I Xpt<r-c@, Io.3,r 3 ). Ma malgrado ogni tribolazio-
cosl il cosmo incredulo è Èv -.Q 1tOVlJp@, ne (i}}.L~i.c,) che essi incontreranno (16,
e come Cristo è f.v uµi:v, cosl l' &pxw\I 3 3) per il fatto che sono ancora f.v -t4>
't'OV x6crµou 't'OU'tOU, ò 1t0Vl)p6c;, il mali- x6crµcp {17,u, dr. 15) e che Cristo li
gno, è Èv -.ii) x6crµ~, come del resto an- manda dc; -.òv x6crµov ( 17,1 8), anch' es-
che del pneuma dell' -7 &:.v-.lxptcr't'oc; è si vinceranno il mondo: o't't 7tfiv 't'Ò yE-
detto che è già nel mondo ( vuv Èv -e@ "(EWY)µÉvov Èx "C'OV i}eou vi.x~ 't'ÒV x6cr-
xfoµ~ fo·-.tv i)ori, I Io. 4,3 ). La storia µov, omne quod natmn est ex Deo vin-
della salvezza diviene cosl una lotta fra cit mundum. Anzi, questa vittoria è già
Cristo e il xocrµoc;, o il 1t0Vl')p6c; che si- riportata: a.ih'l'} ÉO:-ttv ii vlxTJ 1} vtxil-
gnoreggia il x6crµoc;. In 16a3 si parla uu.ua. 't'Òv x6crµov, Ti 7tlcri;1.c; l]µwv {r
della vittoria di Cristo in questa lotta: Io.5,4). Chiunque crede che Gesù Cri-
ÈyW \IEVlX'r]Xa: -CÒ\I x60"µ.o\I. sto è il Figlio di Dio, è un ·wxwv 't'ÒV
Come per Paolo gli &ytot, coloro che x6crµov (I Io.5,5): credere in Cristo ed
appartengono alr ÈxxÀ.T)crla., non appar- esser nati da Dio sono infatti la mede-
tengono al x6crµoc;, cosl anche per Gio- sima cosa. Perciò colpro che credono in
vanni i credenti non sono È'x. 't'OV x6cr- Cristo sono ÈV 't'@ xocrµcp ( I7' I I ' dr.
µou (15,19; 17,14.16), sebbene Cristo r3,1; I lo.4,r7: Èv -rii> x6aµ~ 't'Olh~),
li abbia scelti Èx -toi:i x6crµov (I 5 ,19 ), e come Cristo durante la sua esistenza ter-
il Padre glieli abbia dati È'x. i;ou x6crµou rena è stato nel mondo (9, 5 ), ma non
(17,6). Anche se fisicamente essi sono appartengono più al mondo, non sono
f.x -tou x6o:µou, tuttavia vale per loro più lx 't'OU x6crµov. Come per Paolo e
per Giacomo, anche per la dottrina gio- partire da Sofocle e da Aristofane nel
vannea la chiesa non appartiene al mon- linguaggio poetico, corrente anche nel-
la prosa, a partire da Platone, Senofon-
do, sebbene questo sia il luogo in cui la te, Lisia, x6crµtoç designa la natura di
chiesa si trova. Alla messa in guardia una persona che sa autodisciplinarsi e
di fronte alla qnÀ.la. 'tOV x6crµou, all' «a- che quindi può esigere la qualifica di
micizia per il mondo» (Iac.4,4), corri- uomo veramente morale e corretto. Nel
concetto della xocrµto't'T]ç si trova l'ide-
sponde il duro divieto: µi} &:ya.rca-tE a di ordinato, formato, proporzionato,
-ròv x6crµov µ110È -rà É.\I 't'@ x6crµ~· Èci.\I equilibrato, propria dell'ideale di vita
-rtc; &.ya.itfi. 't'Òv x6crµov, oùx Ecr't't'\I Ti greco. In origine difficile termine :filo-
sofico, x6crµtoç è divenuto nel corso del
&.y1bt'!} 't'ou rca.'t'pòc; Èv a.Ù't@. A prima tempo un termine ' sociale' senza gran
vista ciò pare contraddire il comanda- rilievo. È riconoscibile il suo significato
mento dell'amore del prossimo, come filosofico in Plat., resp.6,5ooc/d: ih:l~
pure la constatazione (Io.3,16) che Dio 01] xa.t XOO'µlcv o YE cptMcrocpoç oµtÀ.W\I
x6crµt6c; 'tE xa.I. iM:oc; Etc; 't'Ò ouva'tÒ\I
ama il x6crµoc;. Ma il x6crµoc; del quale &.\lilpw1t~ ylyvE"tat, «il filosofo, prati-
si parla in I Io.2,15 ss. è il mondo che cando il divino, diviene egli stesso di-
ha respinto Cristo e sul quale è già sta- vino e morale, per quanto la cosa è pos-
sibile a un uomo». Fra le caratteristiche
to pronunciato il giudizio. Nel mondo
:fisiognomiche, i xocrµlov CTT]µEi:a:., di cui
dominano l' É.m1tuµla 'ti]c; crapx6c;, l' É.- si parla in Aristot., physiognomica 3 p.
m17uµla. 'tWV òcpfra.ÀµWv, l' à.Àa.sovela. 807 b 33 ss., in contrapposizione agli
't'OU f3lou). L'avvertimento di I Io.2,15 &.\latoouç cr11µEta, vi è in primo luogo
il fatto di essere Èv 't'a.i:ç xw'f}crecrt ~pa.
non dice dunque altro, se non ciò che ouç, «armonioso e moderato nei propri
Paolo afferma in Rom.12,2: µ'Ì} CTUO-X'fJ- movimenti» (in opposizione a 6~vc;).
µo::i:lsecrile -t{il a.lwvt 't'oui;~, <<non uni- Cosl di Crisotemide che si precipita di
corsa per la gioia (Soph., E!.872) vien
formatevi a questo secolo». Pure il mo-
detto: 't'Ò x6crµtov µEileto-a, «abbando-
do in cui Paolo e Giovanni fondano nando l'atteggiamento conveniente». La
l'ammonimento a guardarsi dal mondo virtù della xocrµtén1c; (sostantivo che
è lo stesso. Al itapayEt yàp -tò CT)çijµ11, si trova a partire da Platone, Aristotele,
Isocrate, Demostene) vien descritta co-
-rov x6crµou -rou't'ou (I Cor.7,31) di Pao- me l'opposto dell' ò:xoÀ.acrla., sfrenatez-
lo corrisponde la frase di I Io.2,17: ò za (Plat., Gorg. 507 e/ 508 a; Aristot.,
x6crµoc; 1ta.pa:ye'ta1. xa.t Ti É.m1"uµla. a.ò- eth. Nic.2,8 p. 1!09 a x6), ovvero acco-
standola ad altre virtù simili, soprattut-
't'ov· ò oÈ itotwv 't'ò ilÉÀ.11µa. -rou lteou
to alla crwcppocrtl\IT], della quale la xocr-
µÉVEt. Etc; -tòv a.lwva.. Si esprime qui non µto"t'T)<; figura spesso come una conse-
la negazione o il disprezzo del mondo, guenza e una compagna. Cfr. l'accosta-
bensl la fede che ha vinto il mondo. mento di 11wcppo<TUV"t} e xocrµLo't'T)ç in
Aristoph., Pl. 563 s.; xocrµté"ti)"ta xcd
crwcppocrvv11v xa.I. Stxa.to't'T]'t'a. in Plat.,
t x6crµtoc; Gorg. 508 a; x6crµ1.oc; xa.t crwcppwv in
Nel greco pro/ano. Riscontrabile a Lys.2r,r9; dr. Plat., leg. 7,802 e; Luc.,
xouµix6c; (H. Sasse) (rn,897) 954
bis accusatus Il; Inscr. Magn. I62, 6; ov mxpa(3oÀ.wv (Eccl. 12 ,9) ('tÒ) xé<rµto\I
Pseud. -Plat., def.412 d: xoo-µ1.6..-l)c; u- è forma diminutiva di x6crµoc;, con il
1mçtç èxouo-la 7tpÒc; 'tÒ q>o.vh1 f)EÀ"ttcr- significato di ornamento.
'tO\I' i::u-.a.çla 7tepl. xlvTJO-tv O'Wµo.'t'oc;, e
Aristot., de virtutibus et vitiis 4 p. 1250 Nel N.T. x6crµLOc; viene usato a pro-
b r 1 : 7tapé.7te'tat òè "tfj c:rwcppocruvn EU- posito di una persona in I Tim.3,2: OE~
-.a;la, xocrµt6-rT)c;, alSwc;, auÀ.af3i::1.a. Al oòv 'tÒV È7tlcrxorcov ... elvm ... VT)cpctÀ.tov,
concetto di xocrµto•'l']c; è sempre legata
<rwcppova, xo<rµtov, «l'episcopo ... deve
l'idea del dominio sul corpo, sui suoi
moti e sui suoi impulsi; cfr. la contrap- essere sobrio, assennato, costumato» 2 •
posizione fra at Èpw·nxa.l 'tE xat -rvpav- Il termine ha lo stesso significato in r
VLxat Èmi)uµlm e at (3acrtÀtxal 'ti:'. xat Tim.2,9, dove si tratta della condotta
xo<rµtat (Plat., resp.9,587 ab); È.yxpa.-
'tEi:c; au-.wv xat x6crµtot. ov-rEc; (Plat., delle persone 3 : le donne devono Év xa.-
Phaedr.256 b), e ancora la definizione di 'tM-toÀ:fj xocrµlcp, µE'tà ai.oouc; xat <rw-
xécrµLoc; a proposito di un paziente tran- cppocri.Jv'l']c; xooµe~v ÉCl..v't'tiç, «adornarsi
quillo (Hippocrat., acut.65 ). Siccome la
d'abito convenevole, con verecondia e
xoo-µL6'tT)c; è prevalentemente, anche se
non esclusivamente, una virtù delle don- modestia». La lezione xocrµlwc; anziché
ne nobili (cfr. Aristot., pol.3,4 p. 1277 xooµl~ (attestata dai codd. DGH 33,
b 23; Epict., ench.40; Philo, spec. leg.
Orig.) è secondaria. La virtù che in
1,102; 3,51, qui addirittura equivalente
a castità, come <rwcppoo-uvT) di una don- questi passi viene richiesta al vescovo
na, Flav. Ios., ant. 18, 66), nella lingua e alle donne cristiane non ha nulla di
popolare posteriore xécrµLoç diviene un specificamente cristiano, ma è piuttosto
epiteto particolarmente usato per le don-
ne, ad es., 1J xocrµtw't'a"t"() au-.ou wya- quella xocrµt6't1]<; che troviamo già nel-
"t'1)p, P. Masp. 6 II 7 (v1 sec. d.C.); 't'Ì)\I la grecità classica, e in seguito nell'eti-
ȵ'IÌV xocrµ( tw'tli't'l']\I) ÉÀEuilé.pav yuvai:- ca popolare ellenistica, accanto ad ai.-
xcx., P. Greci e Latini 97,r. owc; e a crwcppocruv11 4•
xécrµtoc;, derivato da x6oµoc; con il
significato di ordine e quindi pure di
ornamento, significa ancora capace di
dominarsi, disciplinato, morale, onore-
vole. I significati secondari 1 che il ter- Nel greco profano. L'aggettivo xocrµL-
mine può assumere non hanno alcuna x6ç, derivato da xécrµoç nel significato
rilevanza per quel che concerne il N.T. di mondo, si ritrova da Aristotele e
Nei LXX manca l'aggettivo x6aµtoc;. significa appartenente al mondo, con-
Nella traduzione inesatta di tiqqén me- cernente il mondo, cosmico. Aristote-
siiltm, «compose proverbi», con x6o-µt- le (phys.2,4 p. 196a 25) parla della
x6crµLoç
Vl')V, Plat., resp.8,56od. Per questi significati
PAPE, LIDDELL-SCOTT s.v.
secondari v. LIDDELL-SCOTT.
1 Ad es. significa modestus, moderatus, tenni-
2 Cfr. d.vlìpa. x6crµiov, DITT., Or.485,3.
ni con cui è tradotto in latino, modesto, detto
J Cfr. x60'µLoç. &.va.cr.,;poqy{J, Inscr.Magn.179,4.
anche di cose: xocrµlr.r.<; obd1creLc;, 'abitazioni
modeste', Plat., Critias n2 e; xocrµloc\I ooc'lta- 4 Vedi Drnnuus, Past. a 1 Tim.2,9; 3,2.
955 (m,897) xocrµLx6ç (H. Sasse)
causa prima -rouòe -rou oùpcxvou xa.l. 9,r la tenda del patto viene chiamata
'tW\I xocrµixwv mX.v-çwv, «di questo cie- "t'Ò &yioY xocrµix6v, «il santuario terre-
lo (mondo) e di tutto ciò che fa parte
dell'universo». Filone (aet. mund. 53) stre», a differenza dalla "t'EÀ.Et.O"t'Épa O"XT)-
spiega il tempo (xp6voc;) come otacn11- Y'Ì) où XELp01tol11..oc;, "t'OO-.'fo·m1 où 'tCXU-
µa. ... xocrµtxfjc; xwl)crewc;, «intervallo "t''(jc; 'tfjç x-çlo-ewc;, «tenda più perfetta,
(sezione) del movimento dell'universo». non fatta da mano d'uomo, cioè non
Plutarco (cons. adApoll.34 [II, u9 s.])
giustappone 't1}V 'tW\I oÀ.w\I 7tp6voicxv di questa creazione» (9,II) 2 • Le xocr-
xcxL 'tTJV XO<TµLXTJ'V Otti't°cxl;,LV, «la prov- µixcxt Émi}uµlcxt, «concupiscenze mon-
videnza che tutto regge e l'ordine uni- dane», che i credenti secondo Tit.2,12
versale». Luciano (de parasito r r) parla
dello studioso, il quale indaga 7tEpÌ CTX1J- devono rinnegare insieme all' MÉPncx,
µa'tO<; yfjc; xcxL x6crµwv àTtetpia.c; xa.l. per vivere nell'eone presente CTWq>po\lwç
µeylitouc; fiÀlov, e dice che où µ6vov xat oixalwc; xat EÙcrePwc;, si identifica-
Év &.\ll7pw'1tl\la.tc; &.U..à xcxl. Év xocrµi- no con ciò che in I Io.2,16 vien chia-
xa'Lc; ÈCT't'tv Évox}.iJaww, cioè che non
soltanto gli uomini ma anche l'universo mato 1i Èm-Ouµlcx 'tf)c; cra.pxòc; xat Ti
gli creano difficoltà. Il termine appare ÉTtLl}uµlcx "t'wv 6cpl}cx}..µwv xa.t 1} à).cxso-
pure nel linguaggio tecnico degli astro- vela "t'Ou ~lou, e di cui è detto che è
logi, ad es. xooimcà xÉv,.pa (Vett. Val.
2,q [p. 79,26]). presente Èv 'téi) x6crµcp e che non è ÈX
xocrµixéc; è entrato nell'ebraico rab- 'tOV 1ta-rp6c; bensl Éx "t'OV x6crµov .
binico come imprestito straniero nella
forma qozmlqon, ovvero qosm1qon. In Nella letteratura postcanonica si tro-
j.Ber. r 3 d righe 7 ss., lo si trova con il vano le espressioni xoaµtxat Émwµla.1.
significato di relativo al mondo intero; (2 Clem. 17,3), -rà XOCTµLX!Ì. "t'fifrta. wc;
il 'vento di Elia' (r Reg.19,n) vi viene à).M"t'pLa -l}yé'i:o-i}cu xal. µ'Ì] Émwµe~v
detto qosmiqon; cfr. i paralleli di Gen. cx.Ù'tWV, «considerare non nostre queste
r. 24 a J,I; Midr. Eccl. a 1,6 1. cose terrene e non desiderarle» ( .5 ,6 );
"t'WV XOCTµtXW\I XCX.'tEcpp6YOV\I ~<X0"6:.vwv,
L'uso linguistico del cristianesimo otà µiéic; wpaç "t''l)'V cxid>viov x6À.rurt\I
primitivo designa con xocrµix6c; qualco- É~ayopas6µe\loi, «s.Prezzarono le soffe-
sa che appartiene a questo mondo ter- renze terrene, affrancandosi in un'ora
dalla punizione eterna», è detto dei mar-
reno, riecheggiando l'idea della transi-
tiri di Smirne (mart.Polyc. 2,3). Nel pas-
torietà del x6crµoc; o quella della sua so della Didaché (II, rr ), di difficile in-
ostilità verso Dio. Nel N.T., in Hebr. terpretazione e molto dibattuto 3 , 1tOLW\I
xocrµLx6c;
LIDDELL-SCO'l"I'; PRE.USCHEN-BAURR, s.v. drqj" (Git.h. 68a; cfr. gli altri esempi citati da
1 Cfr. STRACK-BILLERllBCK Ili 667. STRACK-BlLLERBECK n 267 ). Al tempio terreno
2 Questa distinzione riposa sull'idea, corrente in Gerusalemme corrisponde il bit hmqdJ sl
fra i rabbini, che tutte le istituzioni e gli usi re· m'lh, Cant.r. a4,4 (ed. Wilna [I92r ] fol. 25 e
ligiosi si ritrovano in cielo cosl come sulla ter- riga 4 dal basso) [K. G. KUHN].
ra (.-+ii:vw 1, col. 1009 ss.). All'accademia rabbi- 3 A. HARNACK, Lehre der zwolf Apostel (1884)
nica terrestre (mtjbt' d' r") fa riscontro la mtjht' 44 ss.; E. HENNECKE, Handhuch :w dcn 11e11te-
xpiX!;w (W. Grundm11nn)
xoo-µoxp&:twp ~ xp&."t'oç
t xpcisw} t <ivcxxp<isw
t xpa.uyl}, t xpa.ur<isw
xp&.~w corrisponde al nostro 'grac- Ios.6,16: Efate.v 'l'l)<TOvc;... XEXpat;CX.'t'E (a
chiare', ed è una delle parole onomato· proposito della presa di Gerico) 2 • b)
peiche composte da kr +vocale+ guttu- richiedere con grida: xÉxpayé:V ȵ~aòac;
rale, esprimenti suoni striduli, rauchi, (Aristoph., vesp. 103); ÈxÉxpa.l;Ev OÈ ò
aspri. È composto ad imitazione del À.aòç 'ltpÒç <l>a:pctw 1te.pt lip"t'WV (Gen.41,
gracchiare dei corvi 1• xp<isw sigrtlttca: 55, cfr. Ex.5,8} 3•
a) gridare con voce alta e aspra, strilla- xp&.sw ricorre per lo più nelle forme
o'
re: cTÌJ aù xÉxpu,yac; xàvttµuxl}l~u (o del perfetto xixpi:x.yi:x., che ha valore di
iivctµuxl}l~Et, mugghiare) (Aesch., Prom. presente, e in quelle del piuccheperfetto
743 [ vat.]); 1tolou xÉxptt:yttc; &.vopòc; con signfficato di imperfetto. Si trova
wo' Ù1tÉpcpova; (Soph., Ai. 1239); Kti- il futuro xExpal;oµa:~, per es. in Ari-
"t'wv ... ÈOVCTXÉPttL\IE xat hExpti.yEL (Po- stoph., eq.487. Il presente è raro 4 (cfr.,
lyb. 31,2,5 [var.]). Indica il raglio del- ad es., Aristoph., eq.287; Aristot., hist.
l'asino in lob 6,5, le grida della parto- an.9,r, p. 609 b 24; Ex.32,17; Iud.18,
riente in Is. 26,17, il grido di guerta: 22) 5 •
àva.xprisw (per lo più all'aoristo se" cantesimi, i quali hanno una strettissi-
condo ò:.vExpa.yov), gettare un grido: ma affinità con gli scongiuri, vengono
Ò:xoucrctVTE<; o' oL CT"tpO.."tLW"t'ctL Ù.VExpa.- emesse grida; cfr. Lucanus, Pharsalia
1
yov (Xenoph., an.6,4,22); ... &.va.xpa.yÉ- (ed. C. Hosius , 1913) 6,688 ss.: lavo-
"t'W 1\iiç ò À.a.òc, &µa;, &.va.xpa.ywnwv ce della maga è come il latrato del ca-
fl.irrwv ... (los.6,5). ne, l'urlo del lupo, il lamento del gufo,
il sibilo del serpente... tot rerum vo:x
xprwyl), grido; grida: xpcwy'Ì]v Elìl)-
una fuit. Anche il dèmone grida; ò oÈ
xa.c; (Eur., Or. I 5 09 ); . .. CTE xpa.vyiJv à1tEÀ.1]À.a.'t'o ò oalµwv, &.vaxpcx.ywv EU-
CTTfjcrw. (ibid. 1529); Xenoph., Cyrop.3, À.cx.~Ei:crD'a.~ µÈv 'toùc; 1'Eoui;, alcrxuvEcrìtm
1,4; Demosth., 01-.54,5. oÈ xcd a.ù-.6v, «il dèmone, scacciato, ur-
xpa.vy6.sw (da xpa.uy1]) significa, co- lava che si venerassero pure gli dè.i, ma
me xpal'.;w, gridare, per es.: ... xuwv che si avesse rispetto anche di lui» (Da-
E:xElv11 xpauy6.souo-cx.... (Plat., resp. 10, macius, vita Isidori [ed.A.Westermann,
6CJ7 b). I862]) 55 s.
L'uomo antico, sia greco che romano,
A. L 1USO DEICONCETTI ha sempre avvertito che questo tipo di
AL DI FUORI DEL N. T. grida rappresentava un elemento disdi-
cevole agli dèi, qualcosa di barbaro; cfr.
I. Nel mondo greco ed ellenistico ad es. Iuv., sat.13,u2 s., dove si scher-
xp6.sw e &.vcx.xpasw presentano un si- nisce un uomo che prega, gridando a
gnificato religioso collegato a credenze Giove più forte di Stentore e di Ares
demonologiche. In Luc., Ner. 9, dopo ferito da Diomede: tu miser exclamas ...
un sacrificio cruento, un mago chiama audis Iuppiter haec. Apollonio di Tiana
ad alta voce gli dèi inferi: ò oÈ: µayoc, ... pensa che il vero parlare dell'uomo con
OUXÉ't' 'lJpEµa.lq_ "t'Ù <j)OVij, 1taµµÉyE~EC, Dio non è il Àéyoc; ... o xrl:tà. <pwv1}v,
OÉ, WC, OL6C, "tE '1)v, Ò:.Va.xpa.j'WV ocx.lµo- bensì Otb. oÈ: crtyfjc; xa1'apéi<; xa.t 'tWV
\lat; "tE òµou 1tav"tac; È1tEBod:to xcx.t IIoL- 7tEpÌ CX.U'tOU xa.1'cx.pwv ÉWOLWV 1'pt)<i:>U:U-
vàc, xa.t 'Eptvucx.c; xa.i wy.,lav 'Ex&.-r-r1v oµEV aiJ"t6v, «lo onoriamo in puro silen-
xat É1tawiiv IlEpO"Eq>6vEta.v, 1tapaµn- zio e in pure meditazioni su di lui» (Por-
yvùc; &µa. xa.L Ba.pBaptxci -r1.va xcx.t ll.- phyr., abst.2,34) 6•
cr11µ<1. òv6µa."t'a. xa.t 1toÀ.vcrVÀ.À.aBcx., «ma Nella grecità e nell'ellenismo si ritro-
il mago... con voce non più pacata, ma vano questi verbi anche per significare
gridando quanto più forte poteva chia- un annuncio, una proclamazione. Lo ie-
mava tutti i demoni e le Pene e le Erin- mfante proclama i grandi misteri eleu-
ni ed Ecate notturna e Proserpina tre- sini: ... Bo~ xat xhprx.yE À.Éywv (Hipp.,
menda e inseriva espressioni strane e ref.5,8). Cfr. in merito P. Oxy. IV, 7r7,
nomi incomprensibili e polisillabi». Al- 9. I 3: EYW ' '
OU\I
'Y
E OW\I :x;rx,~\ ,,E:Xpa.,.ov
~f3' y ...
l'urlato scongiuro sono intramezzate pa- Bowv xcx.t xp&.swv o"tt 'tou"to ecr-r1.v, ov-
role inarticolate, lunghe e misteriose; vero Plut., Cato Minor 58 (I, 787d): oùx
cfr. anche Hipp., ref.4,28,3: µÉyrx. xixt e•
IJ7tEµELVEV oe K'U."t'WV, (J,(1,(1,(J,
•'\'\' µa.p"tupo- '
Ò:.1t'l)XÈ<; xÉxpa.yE xrx.t 'ltficnv Ò:.CTU\IE't'O\I, µEVOç xat XExpaywc; ÈV 't'éi> <iUVEOpl~...
«con grida alte e stridule e a tutti in-
comprensibili». Anche nel corso di in- 2. La versione greca dell' A.T. usa
6 Cfr. H. ScHMIDT, Veteres philosophi quomo- 66 s.; cfr. O. CASEL, De philosophorum Grae-
do iudicaverint de precibus, RVV 4,1 (1907) corum silentio mystico, RVV 16,2 (19r9).
ll.flU.SW \ w, vcunumaun I
questi termini, e soprattutto xp&.~w, per ÈV "t0 XExpayÉVct.t µE 7tpÒç a.Ù"tO\I ( tV 4 ,4;
lo più per tradurre ~a'aq, za'aq e qiira', r6,6; 21,25; 30,23). A causa di questa
quest'ultimo particolarmente frequente certezza la forma dell'invocazione è:
nei Salmi, quando si parla dell'invoca- EW<ixoucrov, xuptE, "tfjc; qiwvi]c; µou, -ijc;
re e del gridare a Dio, in una qualsiasi ÉXÉxpa!;,ct. (!JJ 26,7). E in questa forma
situazione di distretta del popolo o del si esprime l'emozione d'una certezza
singolo. Dio esaudisce tale grido nella che può giungere fino alla lotta per ot-
sua grazia, che salva l'oppresso: Èà.v oì tenere l'esaudimento divino: 1tpÒc; crÉ,
xaxlq. xa.xw<r'Y)"tE mhoùc; xat xexp&.- xupLE, ÈxÉxpa!;,a, o i7E6c; µou, µ1'J 1tct.pct.-
!;rNtEc; xa"taBo1JO"wcn -n;p6c; µE, àxon rr1.w11;1)<Jnc; &.7t'ȵou (o/ 27, r ). L'uomo
El<ra.xoucroµm. "tfjc; q>wvfi.c; aÌJ"twv, «se ha di fronte Dio come interlocutore vi-
li maltratterete e quelli gridando m'in- vente e libern, ed è invitato a ricordar-
vocheranno, per certo ascolterò la loro si che egli esaudisce e risponde. È un
voce» (Ex.22,22, a proposito delle ve- mondo completamente diverso da quel-
dove e degli orfani oppressi). xat ÈxÉ- lo dell'uso greco- ellenistico di questi
xpa.l;a.v OL \JLOL fopa'Y)À. 'ltpÒc; xupto\I. concetti. Qui non v'è traccia di forza-
XClL lJYEtpEV xuptoç O'W"tfjpa "tlf> lcrpa:!}À. tura magica, che cancelli e superi la
xat Ecrwcre.v o:Ù"touc; (Iud.3,9; cfr. 3,15; frontiera fra Dio e l'uomo. Pure l'espe-
4,3; 6,6.7; ro,12; o/ 2r,6: 11;pòc; O"È ÈxÉ- rienza è quindi duplice, l'una è dura
xpal;a.v xat fowDlJO"a.v; o/ 33,7.18; ro6, (xExp&.!;oµm 'ÌJµÉpac; xat oùx Et<rrx.xou-
\ > I t \
6 . I 3. l 9 .2 8 : X<J.1, EXExpa..,,a.v 1tpoc; xupLO'J crn, tfJ 21,3), l'altra gioiosa (iyw oÈ 1tpÒç
I
iv "té;> i}).lBE<Jilat a.1houc; (nella loro tri- 'tÒ'V i}Eòv ÈxÉxpa.!;o.., Xct.L ò xuptoc; EL0"1)-
bolazione), xat ix "tWV àva.yxwv a.ÌJ"twv XO\JO'É'V µou, ~ 54,17 ).
È!;,i)yayEV au"touc; ... esperienza della È poi necessario fare una menzione
storia del popolo). Dio, tuttavia, può particolare del canto angelico di lode
anche rifiutarsi di esaudire: xExpà!;ov· nella visione di Isaia: xa.t hÉxpa.yov
't'at. 7tpÒc; xuptov xr.d oùx dcraxouO"E"tm E"tEpoc; 7tpòc; "tÒV E-tEpov xa.t EÀ.eyov ·
au-rwv (Mich.3,4; cfr. Zahc.7,13 e Ier. "kytoc; cX.''(LOç •.. xa:t È1t1jpi)Tf 'tÒ ÙTIÉpilu-
II, rr ). Dio rifiuta di esaudire il popolo pO\I (fu sollevata l'architrave) tl.'JtO 'tfjç
divenuto incredulo ed empio. qiwvi)ç, 1}c; ÈxÉxpa:yov (ls.6,3.4), come
Valore particolare ha l'invocazione e pure dell'affermazione del Deuteroisaia
il grido dell'orante nei Salmi. Colui che sul silenzioso presentarsi del Servo di
prega si rivolge a Dio nelle diverse si- D 10: . Q\)' XEXpa..,,E"t(/.t
't •('• a.V'l']O'Et,
OUOE ' ' «non
tuazioni della vita: cpwvn µou 1tpòc; xu- griderà, né leverà la voce» (Is. 42,2).
ptov ÈxÉxpa.!;ct. (tV 3,5; cfr. r7,7; 87,2. Geremia viene così invitato da Dio:
ro.14). Questa preghiera è detta nella xÉxpa.!;ov 1tp6ç µE, xa.t &:rtoxptl71)aoµa.l
certezza che XUptoc; EÌO'ct.XOUO'E'ta.t µou rro~ xat IÌ.1trqye.À.w rrot µEy!iÀo.. xa.t
xpasw (W. Grundmann)
LO"Xup&., dopo di che gli viene annuncia- blico ispirato da Dio. In tal modo lo
ta la liberazione da Babilonia, la venuta spirito, in quanto ispiratore, ha operato
negli eroi della storia primitiva e nei
del Messia e il nuovo patto (lEp.40,3 ss. profeti. M. Ex. a 14,31 (p. lLf,14, Ra-
[Ier.33,3 ss.]). bin): <<. .. infatti come ricompensa della
(loro) fede lo spirito santo riposava su
3. Nel giudaismo i termini xp6.sw e di loro ed essi cantavano un canto ... » 7 •
àva:x:p&.sw si presentano in forme sva- Viene però prolungata anche la linea ve-
riate. Filone non li usa, ma basta un terotestamentaria, e precisamente nell'a-
testo a mostrare come egli si trovi per- pocalittica, ad es. Hen. 71 ,II: «Gridai
fettamente nella linea ellenistica: ÈxE- a voce alta, con lo spirito della forza ... »8 .
xp&:yEO"ct.V Èv 1Jµ~v rx.t &À.oyo1. Òpµal, M-
vevano gridato in noi gli istinti irrazio-
B. L 1USO DEICONCETTI
nali» (ebr.98 ). Per designare la predica-
NELL'AMBITO DEL N.T.
zione, la proclamazione, il vocabolo è
applicato soprattutto ai profeti: ò itpo- r. Nel N.T. questi concetti hanno il
q>1)'t'l]c; 'IEpEµlac; oux 1}0"uxasEv, à.À.À.à. loro significato nel contesto della storia
bmip&..yE~ xct.l Èx1}pu"t''t'E ..., «il profeta
di Cristo. Gli indemoniati che egli gua-
Geremia non se ne stava inoperoso, ma
gridava e proclamava» (Flav. Ios., ant. risce levano grida, o stridori inarticola-
10,n7). Tale uso ricorre pure nel giu- ti, o semplicemente alte grida (Mt. 5 ,5;
daismo rabbinico: «Isaia gridò (~wwM 9,26; Lc.9,39), o ancora gridano un'e-
innanzi a Dio» (Tanh. twldwt r9 [69b.,
Buber] ); «il profeta Geremia gridò di- splicita affermazione, proclamando di
cendo ...» (Tanh. w#' 14 [77b.Buber]). conoscere chi egli è e che cosa vuole:
Tale collegamento è divenuto nel giu- Mc. 1,23 : xaL àvÉxpa~E\I ÀÉywv· 't't 'Ì}µ,i:v
daismo rabbinico una formula di cita-
xr.d <rol, 'f'f)(iOU Na.~ct.pl}vÉ; 7}).i)Ec; Ù.1to-
zione, con la quale vengono introdotti
passi della Scrittura in appoggio alle ).fom i]µéic;. otS&.. <TE "t'lc; EL, b &yioc;
concezioni espresse e sostenute dai rab- "tou i}gou, «levò un alto grido dicendo:
bini. Tale formula di citazione riecheg- che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno?
gia ancora un poco il significato di an-
nunciare, proclamare. Alla luce di que- Sei venuto a rovinarci. So chi sei: il
sta formula va inteso un uso linguistico Santo di Dio». Mc. 3,n: i!xpa.so\I M-
come quello che troviamo, ad es., in M. yo\l"t'et o"t'1. (TÙ Et ò uiòc; 'tOV i}Eou. Mc.
Ex. a 15, 2 (p. 126, II, Rabin): wrwp
hqds ~wwpt w'wmrt, «lo spirito santo 5,7 xcxt xp&ç~ qiwvn µqriln ÀÉyEt"
grida e parla». In tutto questo contesto "tl ȵoL Xct.Ì. <rol, 'Il]O"OV utÈ. "t'OV i}Eov
tale forma serve a introdurre testi scrit- 't'OV vtl;lO''t'OV; opxlsw <TE (ti scongiuro)
turali che si riferiscono al popolo e lo
"t'Ò\I i>Eòv, µ1) µe ~w:ravlOì}c; (cfr. Mt.
esaltano come l'eletto. Lo spirito santo
che grida o che annuncia è il testo bi- 8,29; Lc.4,33; 8,28) 9• In quelle parole
7 Cfr. pure Cani. r. r,6 a 1,1, dove si dice che del giudaismo rabbinico è del Km-rn.
lo spirito santo riposò su Salomone e per mez·
zo suo compose i tre libri dei Proverbi, del 9 Lq,41: é!;i}p)(.E'tO Sè xa.t omµ6vi.a. cbtò 7tOX·
Qohelet e del Caotico dei Cantici. Àwv, xpa.uy&:~ov"t'a. xat Myo\l"t'a. 3"t'L où Et ò
8 In questo corpo minore la parte che tratta utòi; '{'ou 1>Eou.
xp&.!;w (W. Grundmann)
D"EV, «levando una gran voce Gesù dis- preda è impresa che esige un impegno
se: Padre, nelle tue mani consegno lo estremo.
spirito mio. E detto questo spirò» 13• Il
Nel quarto vangelo il verbo xp&.sEw
passo di Isaia relativo al Servo di Jah-
è usato in quattro passi ed esprime di
vé (Is. 42,2; ~ col. 962) viene appli-
volta in volta un annuncio proclamato
cato da Mt. alla vita di Cristo, sia pure
di fronte a svariate contraddizioni e op-
con un tenore un po' diverso da come
posizioni. La traduzione migliore è gri-
ci è tramandato nei LXX: oòx ÈplcrEL
dare, nel senso di annunciare procla-
oòoÈ xpauycicret, «non altercherà né gti-
mando: 'Iw<ivvl)c; µcr.p-tupEI: 7tEpt a1hou
derà» (Mt.12,I9}. \ I "\ I 'T 7
;]:. t\
xat :XEXpayev 11.Eywv· OU't'Oc; IJV ov E~-
2.Nei passi, nei quali i sinottici han- o
r.ov· o"Jtlcrw µou ÈpxoµEvoc; EIJ.~pocriUv
no xpttSEtv e tivaxp&.sEtv, il Vangelo di µou yÉyovEv, OTL np6h6c; µou Tjv, «Gio-
Giovanni usa il verbo xpauytisELV. In vanni rende testimonianza di lui e gri-
fo.12,13 si parla del grido di esultanza da: È di costui che io dicevo: colui
che accoglie Gesù all'ingresso in Geru- che viene dopo di me è da più di me,
Y >
sa1emme: Expauya~ov· t I
wcnx.vvo:. I
... ; I8, perché era prima di me» (1,I5). Dopo
40: lxpavyM"av oùv 7t&.À.w À.Éyov-m;· una discussione sulla sua identità exptl-
µ1} 't'oihov, Ò.À.À.à "tOV Bapa~B<iv; I9, ~EV o
ouv È.v -tG ÌEpQ otoéto-xwv 'l1J<rovc;
6: ÈxpauyM"av À.Éyw-m;· cr-cavpwo-ov. :Xflt À.Éywv· xà.µè Ot0(1..'t"E :xflt 0~0(1..TE "JtO-
Vedi pure al v. I2, a proposito del tu- ~EV Elµl · XflÌ a1t' ɵmJTOV oùx ÉÀ.i]À.u-
multo contro Pilato: Èxpauym1av ÀÉ- ~a, &X>..' Ecr't"tv à.Àt]i}wòc; o 1tɵ~ac; µe,
yov-rEç; f.àv 't'o\i-cov. tiTCoÀ.vcrnc;, oux El: ov ùµel:c; oùx otoa.'t'E, « ... conoscete me
cplÀ.oc; 't'Oli Kalcrapoc;; al v. I 5 : È.xpav- e sapete donde sono; non son venuto
yao-av OUV ÉXEi:vot · àpov apov, O"'trt.U- da me, ma verace è colui che mi ha
pWO"OV rLU'tOV, ... tolte, tolte, crucifige mandato, quello che voi non conosce-
eum. Il verbo viene riferito a Gesù stes- te» ( 7,28 ). Èv oè 't'TI è.irxa'tn 1]µÉpq. 't'TI
so nella scena della risutrezione di Laz- µEy&.>-.n Ti'\c; fop·dic; ElCT't'lJXEL ò 'I110-ovc;
zaro: cpwvft µey<i'ì..11 èxpauyao-Ev· Aa- xo.t lbcpa~EV Ì..Éywv· Mv -tLc; ~hi!ni, Èp-
SflPE, OEupo f:çw (II .4 3). Il termine è xfoi}w ( TCpoc; µt}, xat mvÉ-tw o
mu-
assai forte e, rafforzato da cpwvn µEy&.- 't'Euwv Elc; 鵃 • xaM>c; EtnEv 1i ypf1<p1} ·
ko, vuole esprimere la grandezza del 1t0Ttlµol. È.X 'ti'jc; XOLÀ.lm; CX.Ù"t'OU pEUO"O\J·
miracolo: strappare alla morte la sun aw voa'toc; SW\l't"Oc;, «nell'ultimo giorno,
13 Al xpii!;a:ç <pwv[i µEya).n di Mt.27,50 (46: to, come il primo, una parola d'Dn salmo, che
&.v.:~6'r]crEv ...
cpwvfi µEya)..n) corrisponde il si trovn in quella forma soltanto in Mt. e in
cpuJvficraç qiwvu µeyaÀ.11 .•. e!'ltEv' 1ta-rep... , in Mc. In questo passo Mc. ha: Ò:cpElç q>wV'Ì)v
cui viene sviluppato il xpa!;,a:ç. Secondo Le. µEyaÀ.71v È!;,É1tVWCTEV (Mc.15,37). Al posto del
anche il secondo grido, riferito da Mt., è sta· primo grido Le. riporta altre due parole.
xp&.!'.,w (W. Grundmann)
il più solenne della festa, Gesù, stando µ-lJ cr"t'1Jo-nç av-coLç 'ta.u-criv 't'TJ\I &.µa.p·
ritto, gridò: Chi ha sete venga [a me], 'tt<l.\I. xa.t -COV"t'O d1tWV ÈxOLµ1)itT} (7,
60; v. anche Lc.23,46 [cfr. v. 34] ). Qui
e beva chi crede in me; come dice la xpri.sELV significa invocare Dio. Si grida
S\rittura, dal seno di lui scorreranno per fare intendere in mezzo a un tumul-
fiumi d'acqua viva» (7,J7.38)14 • 'l'T}crouç to il proprio messaggio (Act. I4, 14);
OE Expa.ç,Ev xa.i Et'ltEV' ò mcr·m'.iwv dc; xp!isEw, chiamare ad alta voce, v·idare,
è usato per indicare una parola decisi-
ÉµÈ OV m<T'tEUEL El<; ȵl à,)..).à, dç 't'Ò\I va, detta in un'ora decisiva (in 23,6; 24,
7tɵtjJa.v't<i µ~, xr.d ò ilEwpwv ȵl ilEw· 2 l, xpri.sEw significa gridare, come in
14 La nostra interpunzione di questo passo, di- acqua viva, perciò egli può gridare: Se uno ha
versa da quella del testo del Nestle, presuppo· sete, venga. Questo è pure il solo modo per
ne che il senso del Jogion sia il seguente: «Se dare espressione al carattere ritmico del logion,
uno ha sete, venga (a me, manca in alcuni mss. il quale è strettamente apparentato a Io+ Sul
antichi); e beva, chi crede in me; come dice la rapporto fra il logion e l'ultimo giorno della
Scrittura, fiumi d'acqua viva scorreranno dal festa, v. i commentari.
suo corpo». Allora la parola scritturale non è 15 Cfr. pure Rom. 9, 27; 'Hcra.tac, 8è xpiil;EL
una promessa per colui che beve, come l'inten- V1tÈp 'tou 'IcrprJ:{]ì... Il messaggio profetico ac-
de l'esegesi ecclesiastica tradizionale con la sua quista, attraverso il termine xpal;EW, un carat-
inlerpunzione, ma piuttosto la parola della tere analogo. Paolo ne fa lo stesso uso che ab-
Scritturn ha il valore di una promessa messia- biamo prima verificato nel giudaismo.
nica ed esprime il fondamento, la ragione del-
l'appello del Salvatore. Siccome, come dice la 16In Act..n,23 xpauy6'.~Ew significa un gtidìo
Scrittura, dal suo corpo scaturiscono fiumi di tumultuoso.
xp&.~w ( W. Grundmann)
µa. vtofrE<rlaç, èv cfi xpcisoµEv · 'A~B& soggetto è il pronome Ì)µEtç, è solo ap-
ò 7tl'J:t-fip, «avete ricevuto lo spirito di parente, poiché secondo Rom. 8,15 noi
(1}µEtç) possiamo pregare cosl solo gra-
adozione, nel quale gridiamo: Abbà, zie allo Spirito, e secondo Gal. 4, 6 lo
padre»), e Gal. 4, 6 (éhL oÉ ÈO-'t'E vi.ol, Spirito è mandato Elç -ràç XCl.polaç ii-
È~a.1tÉCT'tELÀE\I o frEÒç 't'Ò 1tVEUµa. 'tOU ut- µwv. Soggetto della preghiera: Abbà,
Padre nostro, è dunque l'uomo afferra-
OU IXÙ't'OU Etç 'tàç x11pola.ç Ì]µwv, xpii-
to dallo Spirito.
sov· 'ABBfi. ò TCCt.:t1)p' «il segno che sie-
Ma, in questo contesto, che significa-
te figli è questo: che Dio ha mandato
lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuo- to ha xpci~oµEv o il participio xpéi~ov?
È da respingere l'idea che si tratti di
ri, ed egli grida: Abbà, padre! ».
un grido estatico, simile alla glossolalia.
I due passi si trovano a conclusione In nessun passo risulta che la vita pro-
di un corso di idee simile, più ampio in pria all'uomo sia messa da parte, in ta-
Rom. ( cap. 3-8 ), assai più breve in Gal.; le preghiera; si parla, anzi, dello Spiri-
nei due casi la linea del pensiero, spes-
so difficile e di ardua comprensione, to fo.viato Etç -.à.ç xapoltl.c;, o della ri-
vuole mostrare che l'opera di Cristo ha cezione (À.a.µ{3civELv) dello Spirito di
il suo fine nell'adozione divina, e che adozione, di figliolanza, che si contrap-
tale adozione è una nuova vita operata
dallo Spirito. L'adozione si esplica nel- pone allo spirito di schiavitù. E in Rom.
la preghiera: Abbà, padre nostro. G. 8,15, inoltre, segue subito l'affermazio-
Kittel (--?- ci~Béi. I, col. l 8) ha notato che ne interpretativa escludente qualsiasi
«l'uso della parola nella chiesa primiti-
concezione estatica: questo Spirito at-
va si riallaccia alla definizione di Dio da-
ta da Gesù e indica l'adesione al nuovo testa al nostro spirito - cioè alla vita
rapporto fra Dio e l'uomo predicato e personale dell'uomo - la :figliolanza di-
vissuto da Cristo. Il confronto con l'uso vina. Si presenta quindi naturale, per il
giudaico dello stesso termine mostra co-
me il concetto cristiano del rapporto di xpcisEw di Rom. 8,15, quel significato
figlio fra l'uomo e Dio sia infinitamente di invocazione a Dio, che abbiamo ri-
più intimo di tutte le concezioni giudai- scontrato nei Salmi e anche nel N. T.,
che in merito, anzi si presenti rispetto
ad esso come qualcosa di assolutamente invocazione alla quale l'uomo è portato
nuovo» 17• Tale rapporto con Dio, ap- dallo Spirito che opera la divina adozio-
punto la figliolanza, è un ~ 1t\/Euµa:n ne. Nell'invocazione è anche presente
li:yEG'l)a.t, un «esser guidati dallo Spiri-
to» (Rom.8,14), come Gesù è figlio di (Èv cfi xpci~oµE\I, soprattutto secondo
Dio XrJ.'tÒ'.. nveuµa. (Rom. r ,4 ). Di conse- Gal.4,6, dove xpcH~El.\I può pure avere
guenza l'invocazione «Abbà, padre no- il significato di 'proclamare, annuncia-
stro» viene dallo Spirito. La differenza
re') una rivelazione del nome (~ ovo-
fra Gal.4,6, dove il 7C\1Euµa. è il sogget-
to della preghiera, e Rom. 8,15, dove µa.) 18 e della natura di Dio, attuata dal-
lo Spirito. La rivelazione si attua in pri- loro che sono mossi dallo Spirito. Il di-
mo luogo in colui e per mezzo di colui scorso dei servi è invece la preghiera
che è portatore dello Spirito, Gesù Cri- mormorata, come prescriveva il costu-
sto. È probabile che con 'A~~ii ò 1tCL- me giudaicm> 2(). La preghiera mossa dal-
't'~P venga citato l'inizio del Pater no- lo Spirito ( «Ahbà, padre») e l'adozione
ster, la preghiera insegnata da Cristo 19• divina operata dallo Spirito sono una
E si può pensare che Paolo segua for- sola realtà.
malmente l'uso rabbinico, di cui abbia-
5 Il sostantivo xpa.uyl) ricorre come
mo parlato, nel quale la formula è rwf? grido di gioia (Le. I ,42: Elisabetta che
~wwf?t=7t\1Euµa.. xpiiì;ov, con un conte- saluta Maria; Mt.25,6: il grido di sa-
nuto ovviamente mutato, in modo che luto allo sposo), come chiasso e tumul-
to (Act. 23,9, dopo la spiegazione di
lo Spirito non è visto nel contesto del Paolo; Eph.4,31, come un modo di fa-
dogma tardo-giudaico dell'ispirazione, re che il cristiano deve evitare) e come
ma come realtà creatrice di vita: qui si grido di spavento (Apoc. 2 r .4, cosa che
sarà eliminata nel regno eterno di Dio;
fonda il nuovo modo di pregare. «Nel-
Hebr. 5, 7, la preghiera di Gesù nella
l'invocazione si esprime la certezza e la passione).
gioia con la quale si rivolgono a Dio co- W. GRUNDMANN
XpctO''ltEOOV
te moUe del palato). In Ez.8,3 Aquila blu-giacinto e bianca 3, per farsi valere
e Teodozione hanno :x:pci0"1tEOov 'tfjç :x:o- come zelanti nella preghiera e nell'os-
pucpfjç (mentre Simmaco ha µaJ.Mc;,
calvizie); nei LXX si trova semplice- servanza dei comandamenti.
mente: àvfÀ,a.~Év µe Ti)ç xopucpi'jç 1.iou, Nel racconto della guarigione della
mi afferrò per il capo (ebr. b"tltit ro'Sl). donna afflitta da flusso di sangue, l'orlo
Nella letteratura biblica, oltre all'orlo della veste di Gesù ha grande impor-
di un abito, designa soprattutto le nap- tanza. Toccando il xpaCT7tEOO\I 'tOU Lµa-
pe che gli ebrei portavano ai quattro 't"tou (Mt. 9,20; Le. 8,44)4, la donna si
angoli del mantello, a costante memoria aspetta di ricevere la potenza risanatri-
dei comandamenti (Num.I5,38 s.; Deut. ce di Gesù 5• Benché le idee della don-
22,12). xp®1teoov=##t 2. In Mt.23,5 na si avvicinino a una concezione ma-
Gesù sferza la pietà dei farisei, pratica- gica, Gesù riconosce la fede della ma-
ta in modo esteriore, per darne spetta- lata e le annuncia la guarigione.
colo: essi allungano al massimo le nap-
pe con le cosiddette filatterie, di lana ]OH. SCHNEIDER
pi più diversi della letteratura greca 1 . 1Jp6vovc; (Soph., Ant. x73). Nei casi in
In primo luogo significa a) forza, vigo- cui xp6:.-.oc; va considerato termine po-
re, quale qualità naturale; ad es. la for- litico, designa quasi sempre la potenza
za fisica della quale dispone un uomo superiore legittima, legale, che quindi
(Horn., ll.7,142), ovvero la durezza che determina una preminenza, la potenza
costituisce la forza del ferro (Horn., Od. decisiva (in senso giuridico, politico e
9.393 ). Frequente è l 'espressione avver- fisico). Si riallacciano al significato po-
biale xa.-ra xpthoc;, vigorosamente, con litico di xpchoc; anche le espressioni
insistenza, con forza, spede in riferi- composte che designano le diverse for-
mento a verbi del linguaggio militare, me di costituzioni e i vari tipi di rap-
ad es. atpE~\/ xu:'t'Ct. xp6:."t'oc;, prendere porto di forze politiche: &.pt<r'toxpa-i-la
d'assalto (Ditt., 01'. 90,26 [n sec. a.C.]; (a partire da Erodoto), O'Y)(J.oxpo:.'tlo:. (Se-
P. Tebt. 27,83 [II sec. a.C.]; Ditt., Or. nofonte), 7tÀ.ovwxpa."t'la (Senofonte);
654,3 [rsec.a.C.]). su frEoxpa.-rla.-'> coll. 988 ss. xp6:.-roc; non
Indica inoltre b) la potenza che qual- costituisce in modo preminente un ter-
cuno possiede o si conquista, o che gli mine tecnico del culto imperiale (inve-
viene conferita; la potenza degli dèi: ce in test. Sal.4,ro e 6,2 si trova come
-.ou (scil.diZeus) yap xp6:."t'oc; fo-i-t µiyt- titolo: -.ò o-òv xpchoc;, la tua maestà re-
CT"t'ov (Horn., Il.2,n8); ÈÀfrÉ µot frEa gale).
lJEwv, xpchoc; itxovcra. µEyt<r"t'O\/ (invo- Accompagnato al genitivo, xp6:.-.oc; ac-
cazione a Iside, P. Leid. U col. 2 a 17 quista il significato c) di potenza, forza,
[ n sec. a.C.] ); la potenza che gli dèi capacità di disporre di qualcosa (Hdt.
concedono agli uomini, specialmente ai 3,69 ); "t'Ò xp<hoc; ELXE -.fjc; cr-.pa.-.~fjc;,
sovrani: &.v1J'wv oEowxcww a.Ù"t'wt ot ik- Hdt.9,42; xpa"t'oc; itxm1 Éa.v-i-ov, Plat.,
ot ùylEta.v, vlx'lw, xpa"t'oc; xat -r&).)..,' &.- polit.273 a.
ya1Ja miv-.a (Stele di Rosetta, Ditt., Infine si riscontra pure il significato
Or.90,35 [II sec. a.C.]); vylEta.v, [v]l- d) superiorità, vittoria, ad es. Horn., Il.
X1')\I, xpchoc;, cril'Évoc;, xvptEla.v -.wv [ v ]- 1,509; 6,387.
7tÒ -ròv oùpavòv xwpw[ v J (P. Leid. G. Come termine giuridico (come ~
I4 [ISec. a.C.]); titolo regale egiziano: xprt."t'fo.> e xp~"t'1')0'tç) xp6:."t'oç non è cor-
e{> ò "H).toc; EOWXE\I -rò xpchoc; (Mitteis- rente, e lo stesso dicasi dell'idea di po-
Wilcken r, rn9,rns. [III sec. a.C.J). tenza 2 e delle narrazioni di guarigioni
Con questo significato è applicato so- presso gli antichi. Esseri divini o demo-
prattutto alla potenza politica: IÌPX1i niaci non vengono qualificati con il ter-
xa.t xpchoc; "t'Upa,wtx6v (Soph., Oed. mine xpchoc;; l'uso del vocabolo pre-
Col. 373); Elc; xp6:.-roc; 'Pwµ1}c; (Ditt., valentemente al singolare - vi riecheg-
Syll. 1 n25,5 [r sec. a. C.]). Con que- gia il significato primario comparativo
st'ultimo senso ricorre anche al plura- di essere superiore - si sarebbe inoltre
le, che altrimenti è raro: xp&.-r11 xa.t opposto alla personificazione di una plu-
trovano pure xpa-.mé't'T\<;. xpa:t'alwµa, xpa- z Cfr. ]. RoHR, Der okkulte Kraftbegriff im
't'alw<n<;, xp6.'t'1)CTL<;, xpai:uvw {Simmaco: xpa:- Altert11111 (Philol. Suppl-Band XVII I [ 1923]
i:Ep6c;). Etimologia: xpai:- e xu.p't'- corrispon- 20). Nei papiri magici si trovano soprattutto
dono a uno stadio primitivo krt- della forma ouva:µtc; (Preisendanz, Za11b. I 2n; IV xo24s.
fondamentale kret- {in xpEli:i:wv); cfr. in tede- 2448 s. 2998), laxuc; (n 182), criMvoc; (1v 948.
sco hart, forte (WALDE-POK. I 354) [DBl3RUN- 964); dr. tcrxùv xa:t M~paoc; xa:t ouvaµw (xv
NER].
1665 s.).
I Cfr. LIDDELL-SCOTT, s.v.
xp1hoc; (W. Michaelis)
ralità di potenze. Menzioniamo ancora l 6), e la forza di Dio può essere allora
il fatto che non si trovano in misura con- operante nell'uomo, anche nel debole
siderevole esempi dell'uso di xpc!t.-.oç in (cfr. Iudith 9,11: où yàp È\I 1'À:{j?}ei -.ò
acclamazioni, che potrebbero costituire xp&.-.oc; crou, «la tua forza non risiede
un grado preparatorio al suo uso nelle nella moltitudine»). Perciò nei LXX
dossologie cristiane 3• Dio può essere invocato dal credente
come -rò xp&.-.oç µou (tjl 58,rn).
2. Nei LXX hpa-.oç ricorre 50 volte xpchoç è accostato a i.crxvc;: lob i2,
(in testi che solo per un quinto si tro- r6; Is-40,26; Dan.4,30; i1,1 (cfr. pure
vano anche nel canone ebraico) 4. Desi- lo scambio tra i due termini nelle va-
gna in primo luogo la forza e il vigore rianti di lob 9,19 e nelle versioni dei
naturale, propria ad es. della mano del- LXX e di Teodozione in Dan. 4,30 ).
l'uomo (Deut.8,r7) o dell'uomo nel suo xpa't"oç è avvicinato pure a ov\lo..µtç, ad
insieme (lob 2 r ,2 3), come pure di archi
es. Iudith 5,23; 9,14 (dr. ludith 9,8,
(tjl 75A) e di cavalli (ludith 6,3), e an- dove Lo-xuc;, 8Uva.µt<; e xprhoc; appaio-
che del mare in tempesta (~ 88, rn). no l'uno accanto all'altro, anche se in
L'espressione xo:"tÒ.. xp&.-.oc; si trova in rapporti diversi). Il plurale si riscon-
Iud.4,3, e in una variante di Ios.22,21 tra soltanto in ~ 75,4 6 • Anche il signifi-
(come errata trascrizione di xo:t -.ò xpa- cato di vittoria ricorre talvolta: 4 Mach.
-.oc;, che attesta quanto fosse corrente 6,34. Non troviamo invece xp~•oc; in
questa locuzione avverbiale); cfr. pure vere e proprie acclamazioni o dossolo-
~-.ò.. xprhouç in Gen. 49,24; 2 Mach.
gie, mentre sono molti i passi in cui
12, 28. Nella grande maggioranza dei
appare nel corpo di una preghiera.
passi si tratta però della potenza di Dio,
ad es. 2E11Sp.8,22; Iob9,19 (cod. B); 3. In Filone il termine, benché assai
12,16; tjJ 61 ,13, frequente nel 2 e 3 dei meno frequente di ou\laµ~ç e ancor me-
Maccabei 5• In Iudith 9,14 Dio può es- no frequente di i.crxuc; (e sempre al sin-
sere chiamato freòc; na1111c; ou\laµewc; golare), ha il significato di forza, ro-
xaL xp&.'t'ouc; (dr. -cÒ\I 'lt<i.\I xpa't'oç E- bustezza; ad es. poster. C. 28: 'tà xt-
xo\l't'a, 3 Mach.1,27). Di fronte alla po- vou~va. xpa't'Et 'tOU È<T-.W'tO<; È'1t~XE't'al
tenza di Dio l'uomo comprende chi è -re xa.t tcr't'a-ra.t, «ciò che è in movi-
lui e chi è Dio {dr. Sap.u,21; Ecclus mento viene trattenuto dalla forza di
l 8 ,5 ), per cui vale il principio: EloÉva~ ciò che sta fermo, e condotto al ripo-
crou -.ò xp&.'t'oc; plsa à1}a\lo:crlac;, «cono- so»; cfr. ancora Deus imm. 85; migr.
scere la tua forza è la radice dell'immor- Abr. 26; det. pot. ins. lJ4; praem. poen.
talità» (Sap.15,J; cfr. 15,2 e 12,17, var.). 39. Non manca neppure l'espressione
Naturalmente, l'uomo può invocare in avverbiale xa-.à xpa"t"oç (leg. all. 3,r8 ),
proprio favore il xpa't"oç, di Dio (l}J 85, ma per lo più viene usato a\lb. Xp<hoc;
3 Gli esempi riportati da E. P ETl\RSON, EIE ta alla dimostrazione della potenza di Dio al
EIEO:t (1926) 168 s. attestano inoltre il signi- momento dell'esodo dall'Egitto. Cfr. - col.
ficato di potere politico 997·
4 Fra gli equivalenti spicca 'oz. Cfr. la statisti- 6 Originato forse dal plurale riS/é, che nel
c::i in W. GRUNDMANN, Der Begriff der Kra/t cod. B, alla fine del versetto, viene tradotto
in der neutestamentlichen Gedanke11welt (1932) con "t"Ò'. x.tpa.'ttX, in un'aggiunta che sembra vo-
125, la quale tuttavia tiene conto soltanto dei ler essere una correzione (xprhT) è una prescri-
sostantivi. zione?).
s In 3 Mach.2,6 xp&'toc; viene riferito una voi-
xp1X:toc; (W. Michaelis)
(ad es. poster C. 37 ). In molti altri pas- l'uomo a temerlo e anche ad avere in
si il termine ha invece il significato di lui una sicura fiducia: oùx à.yvow o-ov
potenza, anzi di predominio, superiori- '<Ò U1tEpfjtiÀ.À.O\I :X:()U"t'Oç, Éda--.a.µa.t 't"O
tà (spec. leg. 3, 184), di vittoria (con/. <iJOBEPÒ\I -.fjc; ouvmr-cElaç, OEOLWc; xaL
ling. 34; cher. 74), e, con il genitivo, si- 't'pɵwv èv-.uyxci.vw xa.t 7t6.À.w i)a.ppw,
gnifica potere su qualcosa (Deus imm. (rer.div.her.24). La potenza di Dio ri-
26; op. mund.56 : ·djc; µÈv 1}µÉpac; -.ò flette il fatto che egli è il Signore (dr.
:x:pci.-çoc; ò 7tCX.-.rJP à.vEoloov -.G'l 1})..l!{}) e spec. leg. 1,307).
79; spec.leg.4,177; cher.63. Filone par- Filone accosta xpchoc; a ouvaµtc; (po-
la in modo particolare del :x:p&.-roc; di ster. C. 9; plani. 46), a 8uvCY.O-'t'ela. (leg.
Dio, sovente valendosi dell'espressione all.3,73 rer. div. her.24), a to-xuc; (som.
(usata pure con altro significato, cfr. 2,90), a èçovcrla. (spec. leg.1,294) e a
sobr. 5 7) :x:p&...oc; ('t"r}ç) cipxfjc;, «poten- 'i}yEµovla. (poster. C. I 2 9; spec.leg.3 ,11 I
za sovrana, potenza del suo dominio» [cfr. leg. all.3,73]).
(ad es. gig.47, op. mund. 45) e in nove Anche altrove nel giudaismo greco si
passi nella forma xpa"'toc; (-çou) 17Eou. parla della potenza di Dio valendosi del
Inoltre sottolinea volentieri il carattere termine :x:p&.-.oc;. In apoc.Mos.23, Ada-
unico e sovrano della potenza di Dio, mo dice a Dio nel paradiso: a.toÉ~v
per mezzo di epiteti: essa è &.vl:x:ri-i-ov (ho avuto paura) "CÒ xpti't"oc; O'"oV, oÉ0'"7to-
(som.2,141; gig.47 ), aÙ'tE~oua-to\I (plant. "'tCI... Giuseppe Flavio designa la potenza
46), &.:x:cx.ilcx.lpE'tO\I (som.2,290), qioBEPO'.I di Dio con :x;pci-.oc;, oltre che con ouva-
(som.2,266; gig.47 ); si può quindi par- , I ,t I 8
µLe;, LlTX\Jc; e E-,OUCTLO'.. .
lare dello strapotere della potenza divi-
na: 1tpòc; -càc; U1tEp~oÀ.àc; -rou xp&.-covc; 4. Nel N.T. non troviamo neppure
aù-.ou (spec.leg. l,294). Tutto è sogget- un passo nel quale si dica che l'uomo
to alla potenza di Dio: -.ò Erp' ibacn
xp&.-roc; (plant.58). Filone rifiuta espres- abbia o possa ottenere xpci'toc; (cfr. pe-
samente la concezione stoica, secondo rò l'uso di ~ xpcx.-.m6w ).
la quale la 1)8ov1} (cfr. -7 IV, coll. 36 s.) In un passo xpa-roc; viene riferito al
ha potere su tutto (op. mund. 160). È
invece Dio che ha potere su tutte le diavolo, in Hebr.2,14, dov'è detto che
cose: 'tW\I oÀ.wv "t'Ò xpchoc; (spec.leg. I, Cristo è divenuto uomo iva. OLIÌ "tOU
307 ); egli ha riservato solo a sé tale ~avci.-rov xcx.-capy~a-n i:òv -cò xpa.-coc;
potere: oii'twc; oùv a.ù-cà a-uviMc; 't'Ò
µèv xpa:•oc; à.1t6..v-cwv èLvfjwEv fo.v-i-Q; itx;ov-ca. -cou ilawhov, ""tov-c' itO"i:Lv -ròv
perciò noi uomini abbiamo fo.u""tovc; xa.i OLti~oÀ.ov, «per annientare con la mor-
oa-cx. "JtEpL 'J̵ac; soltanto come un pre- te colui che della morte detiene il po-
stito di Dio (XPfia"LV ìtxoµEv) e la no- tere, cioè il diavolo». È questo il solo
stra potenza non è altro che potenza
prestata, derivata (cher. II 3) 7• La co- passo del N.T. in cui il termine è co-
noscenza della potenza di Dio spinge struito con il genitivo, che invece è
7 Riguardo a XPTi11t<; = prestito, utilizzazione, Ap.2,165. Cfr. ScHLATTnR, Jos.44; In., Theo-
cfr. PREISIGKE, Wort. s.v. e P. M. MRYER, ]11- logie dcs Jt1det1tt1ms, 28: «xp&:roc; è termine
ristische Papyri (1920) s.v. esclusivamente greco e non ha alcun parallelo
gerosolimitano». Cfr. ~ n. 10: xa.-çÒ". xp1X:toc;
8 Ad es. atJt.10,263 -rò 'ltav-rwv xp6:.-ro<; ~xwv; in Giuseppe Flavio.
xp&.:t-oc; (W. Michaclis)
9 Sullo sfondo sta il nesso fra morte e peccato, mss. posteriori, mo: t ra ~ he si ritrova in xa..-èt
cfr. RtGGENBACH, Komm. Hbr. 56. Non si può xp&:coç la nota espre ~ sionc avverbiale. Cfr. pu-
istituire un parallelo diretto con la concezione re WENDT, Ag.276.
giudaica dell'angelo della morte (cfr. STRACK- 11 ZAHN, Lk.106 n. 49, rimanda all'espressio-
llILLllRBECK 111 683; I 144 ss.). ne 'aia gebftra di I Reg. ! 6,27; 22,46 (i LXX
10 Le espres3ioni, precedute dall'articolo, clte henno Buvet.u·nla. e ouvaa-çEi:m); preferibile è
troviamo in Eph.r,19; Col.x,II, qui non pos· tuttavia il rinvio a q, 117,!5: od;Lcì. xvplov E-
sono essere addotte a paragone (contro il pa- i.ol710"E\I ouva.µw di KLOS'l lUMANN, 19 s., e
rere di ZAHN, Ag.685 s.). ScHLATrER, Lk. 619, ScHLATTER, Lk.170. Cfr. pur:: 4 II, coll. 327
fa notare che in Gius. Flnv. xcnèt xp6.-roç è ss.
«una formula frequente». Anche la trascrizio- 12 Cfr. HAUPT, Gefbr.41; GmJNDMANN, op.cit.
ne- con 6 'Myoç -rou ;wplov, che troviamo nei 109 n. 2 e4 Il,coll. 1546 s.; rv, coll. u25.
xpO....oc; (W. Michaelis)
Anche in Eph.6,ro si usa xpcX.""toç ·d'jc; re (scii. Mosè) non miro ad alcuna di
lcrxuoç 13, in questo caso riferito al Si- queste forme di governo, sicché si po-
trebbe dire, forzando il termine, che
gnore Cristo: Èvovvcx.µoucrDe: Èv x.upl~ egli, avendo attribuito a Dio il potere e
xat Év ...Q xpci""t"e:L ...ile; lcrxvoc; mhov 14 • la forza, abbia istituito una teocrazia».
In Col. 1, u troviamo xa't"à ""t"Ò xpcX.i:oc; Giuseppe non si serve dunque dei con-
cetti di tÌ:pLO''rOXpa;rçla ( oÀtya.pxla. ), Oe:-
'tfjç 06!;T)ç ahtou: la gloria divina ope-
µo:x;pa;-cla;, ma parafrasa queste espres-
ra con potenza nella vita dei credenti 15 • sioni con altri vocaboli; è però chiaro
xpa't"oç ricorre inoltre in alcune dos- n
che termine 1}eo"pa.i:la, creato da lui,
sologie 16 : in assoluto in r Petr. 5, n; deve avere un'analogia, evidente anche
per i lettori, con vocaboli politici di for-
unito a i:Lµ1] e qualificato come alwvtov mazione simile, come àpt!r""toxpa-cla., ÒTJ-
in r Tim. 6,16; unito a 86!;a in r Petr. µoxparçla, 7tAOU'toxpa-cla (cfr. ~ col.
4,n; Apoc.1,6; 5,13 (riferito qui, oltre 978 ). Si può notare -a ragione - che
Giuseppe ha espresso i dati biblici in
che a Dio, all'Agnello), a f:!;ou<Tla in modo insufficiente e poco felice, quan-
I udae 2 5. Viene cosl indicata la poten- do, senza riserve, «ha messo sul mede-
za sovrana di Dio, che otterrà pure la simo piano la 1}e:oxpa;i:la e forme di co-
stituzione statale quali la monarchia,
vittoria finale 17• l' aristocrazia ecc., mentre il concetto
5. A mo' di appendice accenniamo della teocrazia mosaica avanza pretese
al termine 1koxpa'tla, che, pur non ri- più vaste e profonde; anzi, il suo centro
correndo nel N.T., presenta tuttavia pro- di gravità non si colloca in un contesto
blemi che lo toccano. Dobbiamo a Fla- puramente politico, sl che nel corso del
vio Gius. il conio di questa parola; in tempo ha potuto essere associato, senza
Ap.2,164 s. egli scrive: ...ot µÈ.v y&p µo- che il suo principio ne fosse scalfito, a
vet.pxlatc;, ol oÈ. 'tCX.ic; b)...l ywv OU\IWJ'tel-
costituzioni dviii diverse» 18 • Si deve
l'xtç, &'J..)..,ot OÈ. -.o'tç TCÀ.1)1Je:a'LV È1tÉ'"t'pE-
d'altra parte sottolineare che Giuseppe
~CX\I ""tlJV t!!;oucrla.v 't"W\I 1tOÀ.t.""te:uµ<hwv.
intende appunto fare un'affermazione
Ò o' 'i)µÉ-ce:poç voµo1lfrr1c; e:lc; µÈ\/ 'tOU- sulle forme costituzionali, confrontando
-.wv OÙOO'tLOU\I à.'ltELOE\I, wc; o' èl.v 'tLc;
la iJe:o:x;pa.-.la con altre forme, e ponen-
EL1tOt. ~tacraµe:voc; -còv Myov fte:oxpa- dola quindi sullo stesso piano.
i:lav Ò:1tÉOe:t!;e: -.ò 7COÀ.L'tEUµa. fte:c;> 't'Ì]\I Ne deriva che non sarà in ogni caso
cipx'ÌJv xat 'tÒ xp<hoc; &.vaildç, «il po- possibile affermare senz'altro che Giu-
tere politico fu da alcuni attribuito a seppe abbia voluto sostituire fo ikoxpa-
una persona sola, da altri a pochi, da al- i:la al concetto di ~aaù.i::la. -cou ~e:ou.
tri alle moltitudini. Il nostro legislato- Questa tesi, che è stata in particolare
13 Cfr. ~
col. 980 e n. 17. 17 xp1hoc; appare in dossologie pure negli scrit-
ti dei Padri apostolici: I Cle111.64; 65,z; mart.
H Cfr. ~ u, coll. 1545 s.; IV, col. 1217. Polyc.20,z, inoltre nell'espressione xp&...oc; -i;f)ç
JS Cfr. -> n, coll. 1546 s. e GRUNDMANN, op. taxuoc; di I Clem.27,5, collegato a o6~ct (e solo
cit. 21, n. 20. in questo caso riferito a Cristo, in tutti gli al-
16 Cfr. -+ n, coll. 1.529 s .; IV, col. 980. Una tri casi riferito a Dio) 2 Clem.17,5; inoltre I
dossologia può essere presupposta pure in r Clem.33,3; 61,r.
Tim.6,16 (contro l'opinione di WonLENBnRG, IS K. v. 0RELLI, art. Israel, Geschichte bibli-
Past.n5). sche, in RE3 IX (r901) 466.
xpu-.oi;(W. Michaelis)
19 SCHLATTBR, Jos.12. T. =
Neutestamentliche Forschungen, 2 Reihe,
20 ScHLATTER, Tbeologie des Jude11tt1ms 26; 4. Heft (1929) 26, n. r.
cfr. K. L. SCHMlDT ~ n, coli. 166 s. 24 Cosl intendo la trattazione di v. RAD. ~ II,
21 ScHLATTER, Tbeologie des Judentums 48. coll. 137 ss.
22 K. L. SCHMIDT ~ II, col. 167. 25 Cfr. W. ElcHRODT, Gottes ewiges Rcich und
21 G. GLOEGE, Rcich Gottes und Kirchc im N. seine W irklicbkeit in der Geschichte mrcb
xpài:oc; (W. Michaelis)
tare il concetto di teocrazia alla «fissa- ha usato .fi'Eoxpa:da. soltanto nei passi
zione istituzionale di una sovranità spi- che abbiamo citato, e non ha quindi at-
rituale» 26 ed essere quindi guardinghi tribuito grande importanza a questa sua
nell'utilizzarlo. Ha senz' altro ragione creazione terminologica. In realtà il ter-
il Gloege, quando mette in guardia di mine, almeno in un primo tempo, non si
fronte a «una confusione fra il regno è affermato33• La vera storia del termine,
di Dio e la teocrazia giudaica»27; la mes- libera dalla problematica cui abbiamo
sa in guardia era tivolta in particolare sopra accennato, comincia soltanto nel-
a A. v. Gall 28, ma tale confusione può le lingue nelle quali si è immesso qua-
essere riscontrata frequentemente 29 • Le le vocabolo straniero 34 ; e si noti che
più forti riserve vanno poi avanzate nei fenomeni teocratici possono apparire an-
confronti dell'uso che M. Buber fa del che sotto diversa terminologia.
concetto di teocrazia 30•
Il termine lte:oxpix-rla fu coniato da Nel N.T. il termine ltEoxpa'tla. non
Giuseppe in piena libertà, come avviene ricorre, e non vi è traccia neppure del-
oggi quando, senza alcun aggancio col
passato, si usano termini come 'nomo- la realtà che esso designa. Da ciò risul-
crazia' 31 o 'pneumatocrazia' 32• Giuseppe ta evidente che la [3M"LÀ.Ela -rou -i}eou
non può essere intesa, da qualsiasi pro- -.wv xpa-çouvi:wv Etval <pe«nv, Aristot.,
spettiva, come una teocrazia in senso pol.I,6 p. 1255 a 6 s.; -.àç cppÉvaç "tW\I
&.vtlpwrtwv otà. -.ou A.apuyyoç xpa'tw
istituzionale; ma l'elemento teocratico
xat ov-çwç ò:.vmpw, test. Sal. 10, 3; al
è rimasto estraneo pure al concetto che passivo: urtò -.wv 1)òovwv, Plat., leg.r,
il cristianesimo primitivo ha avuto di 633 e. E ancora : afferrare, conseguire,
chiesa 35• Solo assai tardi, per la prima soprattutto con la forza (ad es., l}p6-
vouç, Soph., Oed. Col.1381); arrestare,
volta con Origene, si è giunti a una imprigionare (Polyb. 8, I8, 8); tenere,
comprensione, anzi a un fraintendimen- mantenere (P. Tebt. 61 b, 229 [II sec.
to teocratico della ~cunÀ.clu.. 36• Non è a.C.) ). Come termine tecnico giuridico
significa aver diritto di uso: ot xpa-rovv-
stata ancora scritta una storia generale 't'e:ç "t'W\I tEpwv; (p. Tebt.5,73; II sec. a.
del concetto di teocrazia, il quale, come C.); aver diritto di possesso, soprattut-
pare, ha perso del valore teologico che, to nell'espressione xpa.-rEi:V xat >tuptE.u-
e:w (cfr. Moult.-Mill. s.v.; Preisigke,
in vista di situazioni veterotestamenta-
Wort. s.v.; anche il sostantivo xpai:1)-
rie, generazioni anteriori avevano con- <1tç), cosl pure sequestrare, incarcerare
servato. (cfr. P. M. Meyer, ]ut"istische Papyri
[1920] s.v.); al passivo essere impegna-
to, ipotecato (cfr. Preisigke, Fachwor-
ter). Rara e tardiva è l'espressione ave-
re, tenere in mano (Diosc. 3, 93 ); xp&.-
r. Il verbo xpa:t"Éw (derivazione da 't'EL "t'TI ri.pt<l't'e:pQ. <10\J -.ò ùa.x-.uÀ.tO\I
~ xpa"t'oc;) è largamente documentato (Preisendanz, Zattb. v 451 s. [Iv sec.
a partire da Omero, e significa essere d.C.J).
forte, possedere potenza. Può essere u-
sato assolutamente, ad es. ot xpu..-rouv- 2. Nei LXX xpa"t'Éw ricorre in circa
"t'Eç (Aesch., Choeph. 267; Soph., Oed. 170 passi (assai sovente rende hitzaq
Tyr.530). Quando significa aver potere al hif'il); in essi è documentata la mag-
su qualcosa, esser signore di qualcosa, gior parte dei significati che troviamo al
il complemento sta soprattutto al geni- di fuori della Bibbia {con totale man-
tivo (a.Ù"t'ou, Soph., Ai. r 099; 1)8ovwv xa.L canza, però, di quelli giuridici): essere
btdh.iµtwv, Plat., Symp.r96 c); cfr .. nei forte, bcpa'T1)0'tu; xat l}òuvruri)riç (Ier.
praecepta Delphica, Ditt., Syll. J !268, 20,7 ); Ti oè à..À.1}il'e:ta. µÉVEt xat L<lXUEt
I, 5: 1)8ovijç xpa"!Et, I, 2: wµov xpcJ.- e:lç "t'Ò\I cdwva. xat sn xaL xpa"t'Ei: d.ç
't'EL, 11, 9: òcpi)a.À.µov xpa-.n, Orph. -ròv alwva -rou alwvoç (r Eo"òp. 4a8);
(Abel) 55,5. Assai frequente, con sva- aver potere su qualcosa, Eo'il'. r, 1 s.;
riate costruzioni, è il significato di ave- Prov. r6, 32; regnare, governare, fre-
re il sopravvento, vincere, conquistare, quente in 4 Mach. nel quadrn delia di-
ad es. "t'Ò'.. :v.a.-.& 1tÒÀ.Eµov :v.pai:oup.Eva scussione del tema EÌ -.wv md)wv À.o- o
35 Riguardo al pericolo di una 'escrescenza teo· altchristlichen und 111ittelalterlicbc11 Theologie:
ctatica' nella comunità primitiva, dr. K. L. ThBl 6 ( r927) r25 ss. e R.FRICK, Die Geschich-
ScHMIDT, Die Kirche des Urchristentums2 te des Reich-Gottes-Geda11kens in der a/te11
(1932) 304.306, n. I (e~ m , col. 15II); inol- Kirche bis :w Origenes tmd AtJgustin = Beih.
tre GLOECE, op.cii. 380 n. ZNW 6 (1928) I03. Ma anche qui manca il
36 Cfr. W. VoLLRATH, Das Reich Gottes in der termine.
xpa:rÉw (W. Michaelis}
yL<rµÒç xpa.-.Ei:, «Se la ragione signoreggi significati che il verbo xpa."tÉW può ave-
le passioni», x ,5; impadronirsi, ad es. re. Prevale il significato di affertare,
-.fjç cipxfic;, del regno, I Mach.ro,52;
2 Mach. 4, 27; afferrare, !ud. 8, 12; ljJ
trattenere, tener stretto. Nei sinottici
136,9; Ò XpO:'tWV <XÙ'tf}c; wç Ò ÒpM<:ro- xpa."tÉW serve spesso a designare i ten-
µEvoç (chi afferra) crxop7tlou, Ecclus 26, tativi di impadronirsi di Gesù, da par-
7; ixp6:-.11cra.v o:.ù-.òv ol &.:ìvÀ.6q>uÀ.ot,
te ·dei suoi avversari, e di mettergli le
!ud. 16,21 cod.B (È11iX.a(30V'tO rt.Ù'tOÙ,
cod. A); tener stretto, ÉXp<h11cra a.Ù'tÒV mani addosso (ad es. Mc.12,12; 14,1);
xo:.t oùx &.qil]crw a.Ù'tov, Canf.3,4. Spes- è usato nello stesso senso a proposito
so appare l'espressione, che si ritrova
dell'arresto del· Battista (Mc.6 ,r 7 = Mt.
nel N.T. ma non è documentabile al di
fuori della Bibbia, xpa.:tEi:v 'tf}ç x,np6ç: 14,3) e del tentativo di catturare il gio-
Gen. 19,16; Is.42,6; hpa·t"ncra:c; -.'i)c; vanetto nell'orto di Getsemani (Mc.14,
XEtpòç 'tfjç ÒE~Léic; µov, ljJ 72,2 3; 't''l')c; 5 r ). Anche quar:ido la famiglia di Gesù
ÒE~téiç, Is.41,13; 45,1 (cfr. pure 'tÒV
vw..vlav -ròv xpa.'touv-.a. T"i}v XEi:pa. a.v- tenta di impadronirsi di lui, viene usato
'tou, Iud.16,26 cod. B e l Bcxcr.15,27). questo termine (Mc. 3 ,21 ), e il medesi-
In Filone l'arco dei significati è as- mo significato si ritrova in Act.24,6 e
sai più xistretto. Regnare; ad es., &&-
xla. xpa.'tEi:, leg. alt. r, 73. roo; lha.v 8è in Apoc.20,2 1• Nei racconti di guarigio-
bni}uµlcx. xpa.'tlJO'TI, rer.div.her.269; al ni, poi, si dice spesso xpcx"tEi:v 't'i)c; X,fL-
passivo, essere dominato, ad es. vvv O'tE p6c; 2 (Mc. r ,31 [=Mt.8,15: i]tjla."'Co];
~wµEv xpa.'touµd}a. µiiÀÀ.o'V fi &pxoµE\I,
Mc. 5,41 = Mt. 9,25 = Lc.8,54; Mc. 9,
cher. rr5; xpa.'t'r)ildc; Èmiluµl~, decal.
149; essere signore di, ad es ., µ110' av- 27) 3 • Nel 3° evangelo xpa.-.Éw appare
-.ou xpa.'tEi:v txavòc; wv, poster. C. 42; raramente (~ nota r ); si trova in 24,
vincere, sconfiggere, ebr. 105 (attivo e r6 nell'espressione: ot oÈ òq>DaÀ..µot av-
passivo, cher.75); avere il sopravvento,
leg. all. 3,92. -rwv hpct'tOVV'tO 'tOÙ µ1) È1ttj'VWVll.1 Ct.ÌJ-
Pure negli scritti di Flavio Giuseppe, -.6v, i loro occhi erano come bendati,
si trova, fra l'altro, xpa.'tEi:\I 'tfjç oe~Lfic;, incapaci di riconoscerlo (il contrario è
bell.1,352; ant.14,480.
Ò~1)\lolxi711crcx.v, 24,31 ) 4 • Negli Atti xpa-
3. Nel N.T. manca tutta una serie di -.Éw si trova ancora in questi passi: 2,
xpoc-dw
I È discutibile se xpoc-iÉw debba essere defi· -;> XElp.
nito 'termine prediletto' di Mc., come a.ffenna 3 Riguardo alla sintassi, in questi casi e in ge-
HAUCK, Mk., come pure l'idea che Le. lo 'evi·
n-:rale, cfr. BL.-DEBR.5 IO.i § 170,2 e 6300 ag-
ti' per quanto possibile (KLOSTERMANN, Lk.
giunta al § 170, a Mt.28,9, e inoltre ZAHN,
193, a .io,19; BL. - DEnR. 6 300, aggiunta al §
Mt.7.io. Sulla costruzione nei papiri cfr. MAY·
qo}; pare piuttosto che Le. subisca l'influsso
SER Il .i,.ir6.
di espressioni veterotestamentarie; cfr.ScHLAT-
TER, Lk.no.139 (vedi anche i paralleli in Giu- 4 Cfr. HAucK, Lk. .i93; ScHLATTER, Lk.458;
seppe Flavio, ibid.135.140). STRACK-BILLERDECK n .i71 ss. e BL. -DEDR. •
2Cfr. WOHLENBERG, M.k.167; F. F ENNER, Die .i27 § 400,4. L'uso in Apoc.7,1 non ha lega·
Krankheit im N.T. = UNT 18 (1930) 90 e me immediato con questo.
xpa.-ca.~6c; (W. Michaelis)
5 Forse il passo non significa che il paralitico caso si avverte l'opposizione ad àcpl1Jµt. (cfr.
trattenne Pietro e Giovanni, sl che non pote- ---+ col. 993).
vano allontanarsi (cosl PREUSCHEN. BAUl!R,
10Cfr. WoHLENBERG, Mk.246, contro HAucK,
s.v.), ma piuttosto che non si staccava dal lo-
ro fianco. Mk.109. Erra chi, come A. PALLIS, Not es on
6 Cfr. BL.-Dl!DR.5 102 § 170,2. Traspare forse
St. Mark and St. Matthew (1 932) 29, introdu-
ce un ov, suggerendo il significato di 'com-
il significato di conseguire il potere su q11al- prendere'.
cosa.
7 WoHLENBERG, Th. 1 6 2 rinvia giustamente a 11 Cfr. ZAHN, ]oh.680 n. 54 s.; ScHLATTER, ]oh.
r Tim. 6,20: cpù)..ix!;ov. In Mc. 7,8 gioca pure 360 e---+ I, col. 1358; v, col. .570, n . 85.
il contrasto con oc<pl'l'Jµt. 12 Sull' uso del vocabolo nei Padri apostolici
8 RIGGENBACH, Komm. Hhr. 175, n. 7r. Per il cfr. PirauscHRN-BAUER, s.v.
genitivo cfr. BL.-DEBR.5 102 § 170,2.
? Cfr. E WALD, Gefbr.401; LOHMl'.YllR, Kol.125
xpaTixt6i;
n. 2 s.; HAUPT, Gefbr. 108. Anche in questo I Per la derivazione cfr. Bo1SACQ 5101 n. r .
xpa;-rm6ç. (W. Michaclis)
di dure punizioni che Dio impartisce e xat yl'Veo17e i;:i~ èivopa.~) 4, com'è com·
alle quali l'uomo non può né deve sot- provato dall'accostamento dei due ver-
trarsi (cfr. lob 30,21) 4. bi. Pure nell'espressione di Eph.3,16:
2 Cfr. W . GRUNDMANN, Der BegriD der Kra/t in i xpa-.uvw è più frequente nelle altre versioni,
der 11eutestamentliche11 Gedankenwelt ( r932) soprattutto in Simmaco: tli 26,14; 30,25; 63,
q.rro n. 2; K. GALLING, Die Erwahlungstra- 6; Is.35,3. Si noti che nei LXX xp(h·tat6w ap-
ditionen Israels ( 1928) 7 n. 3 e~ n, col. 1492, pare solo nei libri storici, da Giosuè a Giudit-
n. 34. 3 Cfr. LEISEGANG, s.v. ta, in Giobbe, nei Salmi, nelle Lamentazioni,
4 La proposìz. btl corrispondente a U7tO, in Ez. in Dàniele e nel 1 dei Maccabei; manca dun-
3, 14: XEtp xupfov ÈyÉVE'tO Èrc' ȵt xpa-rrwx. que nel Pentateuco, nei profeti e nella mag·
(cfr. x E<rop.8,60), si -riferisce invece, appWlto, . gior parte degli agiografi; solo nelle tradu-
al sostegno di Dio, Nei Padri apostolici ricorre iioni tardive pare diffondersi maggiormenti.::
in tre passi, sempre riferito a Dio: Herm. vis. [BERTRAM].
1,3,4; con xdp in I Clem.28,2; 60,3. 3 Cfr. ZAH~, Lk.120; 1Baa-. 30,6, cui rinvia
ScHLATTER, Lk.181, non è un parallelo vero e
xpa-cmow proprio.
I Cfr. L1DDELL·SGOTT, s.v. 4 Cfr. SCHLATTER, Kor.456; NXGELI 64.
xocrµoxpa'Twp (W. Michaelis)
òuvciµE1 xpa-.mwi>i)vaL OLà -.oG 1t\IEÙ- poco verosimile è l'ipotesi che xocrµo-
µa't'oc; o:.1hov E.le; 't'O\I EO"W èh1i}pw7tov, si Xp(i't'wp, quale titolo imperiale, sia più
antico del III secolo d.C. 3. Solo in epo-
ha un'eco di 2Bao-.22,33: o wxupòc; ca tardiva si può documentare nel mon-
o
(cioè Dio) itpC1.'t"C'1.LW\I µe ouv<iµti.; ma do greco l'uso del termine xocrµoxpa-
si trova peraltro nel contesto di conce- 't'Wp quale designazione di dèi (negli in-
ni orfici) 4 ; tuttavia è in questa direzio-
zioni neotestamentarie relative all'effica-
ne che va cercata la radice storico-reli-
cia della potenza divina nel credente 5 . giosa del concetto 5 • Il termine si tro-
va pure nei papiri magici (Preisendanz,
Zaub. III, 135; IV, l66.r599.2r98 s.; v,
t xoO"µoxp&.-.wp 400; xm, 6r9; xvrrb1 [cfr. IV, 1966:
Termine raro, di cui rimane una do- oÉCT1tO'tCX. x6crµou] ); in genere viene co-
5 Cfr. ~II, coll. 1548 s.; v, coll. 426 s. Nei Pa- 7tp&.x-'Twp ecc., a.ù•oxp1hwp per mhoxptt'Ti)ç)
clri apostolici mancano sia xpa:ra16w che xpo:- [DliBRUNNER).
'TVYW. 1 Cfr. i numerosi testi citati da CUMONT, op.
cit.
xocrµoxp1hwp
2 Contro l'opinione del CuMONT, 318 n. 2 .
Cfr. LmPELL - ScoTT, s.v.; M. Dll!RLIUS, Die Cfr. pure l'obiezione di E. l'RTERSON, EU:
Geisterwelt im Glauben des Paulus (1909) 163 0EOE (1926) 173 n. 1.
s. 230; F. CuMoNT e L. CANET, Mithra 011 Sa· 3 Cfr. E. PETERSON, op.cit. 173 n. 1, sui passi
rapis KOl:MOKPAT!lP, Académie des In- dello Pseudo-Callistene. Il documento più anti-
scriptions et Belles-Lettres. Comptes rendus co sinora trovato è un'iscrizione egiziana del-
des séances de l'année 1918 (1919) 313-328; J. l'anno 216, che designa Caracalla come xoaµo·
ScHMIDT, Der Eph. des Apostels Paultts (BSt xpihwp (APF 2 [1902] 449, nr. 83). Un docu-
22, 3/4 [1928]) l45i H.SCHLIER, Miichte und mento dai papiri in PREISIGKE, Wort.
Gewalten im Neuen Testament (ThBl 9 [1930]
4 Cfr. PREUSCHRN-BAUER, s.v., e l'iscrizione,
289 ss.). Su -xp&:twp cfr. E. FRARNKEL, Ge-
t rattata da CuMONT, op.cit.; El<; ZEùc; Ml-cpa.c;
schichte der griechischen Nomina agentis r
(in origine Eapa:1tL<;) xoaµoxp1.h'wp <ivElXTJTO<;,.
(1910) 15 n. 5; ibid. 128 s.; anche H. FRISK,
5 Cfr. CuMONT, op.cit. 321, note I e 4.
Zttr indoiranischen tmd griechischen Nominal-
bildung (Gèiteborgs Kungl. Vetenskaps- och 6 Cfr. S. KRAuss, Griechische und lateinische
Vittenhets - s~mhfilles Handlinger. 5. fèiljden, Lchnwiirter i11 Talmud, Midrasch tmd Targmn
Ser. A, voi. 4 nr. 4 [1934] 67 ss.). Probabil- II (1899) 502; STRACK-BILLERBECK I 149; Il
mente -xp&:rwp è trasformazione di -xpa'Ti)ç 552 (qui Satana è designato come l'angelo del-
(derivato da xpa:roc; come EÒY&vTJ<; da y~voc;, la morte). Pure nella versione siriaca il vocabo-
ccc.), inserito nel gruppo cli vocaboli sacrali e lo si trova come imprestito; dr. CUMONT 324
giuridico-statali terminanti in -•c.>p ( friJ-'TCùP, n. x.
'lta.v-roxpa'twp ( W. Michaelts)
nati pure i xoo-µoxpa:t'opEc; 'tOV o-xhouc; -roxpci-.Etpcx.) fuori della Bibbia è docu-
'tCU'tOU. In quest'elencazione non si trat- mentato quale attributo, sia pur non fre-
quente, di divinità (ad es. Epigr. Graec.
ta di gruppi fra lorn distinti, bensl di 815,n [Herm,es]; CIG 2569,1 2 [Her-
definizioni, più o meno sinonime, del- mes Eriunios]; IG v, 2, 472 [Iside]).
le forze d'urto del diavolo, con le quali Più correnti erano evidentemente espres-
i credenti hanno da lottare 7 • Queste sioni come ..:\.tL -réi> 1tcivi:wv xpa.-cou\l'tL
xixL M1)'tpL µEyaÀ.11 Tli mi\l'tW\I xpa'tOV-
forze vengono chiamate dominatrici del CiU (Ditt., Syll.' n38,2 ss [II sec. a.C.J ).
mondo, con l'intento di dimostrare la Invece il termine è assai frequente nei
serietà della situazione evocando la gran- LXX, quale equivalente di tbii'òt inte-
so come nome di Dio (cfr. Sheb. 4,13)
dezza impressionante del loro raggio· di o di Jaddaj, e quest'uso continua pure
azione e l'ampiezza dei loro disegni 8 • nel tardo giudaismo 1.
Il termine non ricorre negli scritti In Filone il termine ricorre soltanto
dei Padri apostolici, ma si trova in act. in sacr.A.C. 63 e in gig.64 (Filone pre-
Io.23 (quale definizione di Satana) e in ferisce 1tCX.\lt}yEµW\I ); Giuseppe non lo
act. Phil. 144· Se in test. Sal. 8, 2 gli usa affatto 2• I papiri magici lo conosco-
cnotXELtx. sono rappresentati come xo- no, verosimilmente per influsso giudai-
crµoxpci'topEc; 'tOU crx6'touc;, e in 18, 2 co {Preisendanz, Zaub. rv, 968.1375) 3•
come xoo-µoxpa'tOpEc; 'tOU O'XO'tOUc; 'tOU Lo si ritrova pure nelle iscrizioni dei
alwvoc; -covTou, in tale espressione si 'timorati del Dio Altissimo' (cn:~6µe.\lot
sente sicuramente l'influsso di Eph. 6, i>EÒ\I ihJitO"'t'O\I) di Gorgippia; ivi si leg-
12 (cfr. la variante in ~ ). ge, ad es., i>e.éi> ùtJ;lO"'t'<p ita\l't'Oxpci-.op•,
Il mandaico 'signori del mondo' (ad EVÀ.OYTJ'téi>: formula introduttiva di con-
es. Lidzbarski, Liturg. 79,5) non è un sacrazione 4 • Che il termine ricorresse
equivalente. in preghiere giudaiche, è provato da
const.Ap.7,33,2; 38,1 e da ep.Ar. 185 5 ;
t 1tCX.\l'tOXpci-cwp in quest'ultimo passo è scritto: 1tÀ:ripw-
am CJ'E, ~MLÀ.Eu, miv-.wv "t'W\I àycx.llwv
'1tCX.\l'toxpci'twp, onnipotente, sovrano wv EX't't<TE\I 8 ncx.v-.oxpchwp 1k6ç, «l'on-
universale (come pure il femminile itcx.\1- nipotente Iddio ti arricchisca, o re, di
tutti i beni che egli ha creato». Questo in Apoc. r,8; 4,8; II ,I7; 15,3; 16,7;
uso liturgico ha manifestamente influito 19,6; 21,22 si trova l'espressione xu-
sull'Apocalisse. Tuttavia il concetto ha
pure un carattere filoso.fico, poiché pa- pioç ò 1kòç ò 7ta\l'toxpa:twp, e in 16,
lesa una data concezione del mondo e l4i 19,15 o ~EÒç ò 1ttl.V't0Xpchwp 9•
nella letteratura patristica viene ad e- Non si deve però pensare che il voca-
sprimere la pretesa unìversalistica avan-
bolo designi l'attività creatrice di Diow,
zata dal cristianesimo. L'uso scaturisce
anche da un forte pathos religioso, che bensl la sua infinita superiorità, per la
in parte ha un fondamento escatologico6• quale egli ha potere su tutto e su tutti11.
In 2 Cor.6,IB: À.ÉyEt xupioc; 'jt(J.V'tO- Questa definizione è più statica che di-
xpa.'twp, il termine ricorre a conclusio- namica e ha quindi un legame tenue
ne di una serie di citazioni veterotesta- con il concetto dogmatico dell'onnipo-
mentarie 7 . Inoltre - come eco dell'uso tenza di Dio, in quanto questo è usual-
dei LXX ( sl da rendere difficile il pen- mente legato all'idea della universale at-
sare che si abbia qui il segno di un mu- tività divina 12•
tamento nel pensiero protocristiano) 8 - W. MrcHAELIS
n (1923) 274. In corrispondenza al 'lta.v-.o- 1Vcltlage [1936] 177). Pure <mnnipotente» (E.
xp&-twp dei LXX si trova, già nella letteratura V. DoBSCHUTZ, Das Apostolicum in biblisch-
postbiblica più antica, la formula ribbon hii'o- theologischer Bedeutung = Aus der Welt der
liimlm, fino ad oggi corrente per parafrasare Religion, Biblische Reihe, Heft 8 [1932] 19),
il nome di Dio, e passata pure nell'Islam; cfr. non risponde al senso di questa designazione.
M. LIDZBARSKI, Ephemeris fiir semitische Epi- Un buon paralldo è invece indicato da P. FEI-
graphik 1 (1902) 258. NE, Die Gestalt des apostolischen Glaubens-
bekenntnisses in der Zeit des Neuen Testa-
6 G. BERTRAM in: F. RosEN - G. BERTRAM, ments (1925) 93, in I Tim.6,15: ò µa.xapLoc;
Juden tmd Phonizier. Dar antike ]udentum als xa.L µ6voc; Suvau-.TJc;.
Missionsreligion und die Entstehung der iiidi-
schen Diaspora (1929) 507.144. Gli ultimi cin- 11 Il significato di «colui che ha potere su tut-
que periodi e le note 4-6 sono del BBRTRAM. to» è tuttavia estraneo; esso farebbe piuttosto
pensare a -+ xooµoxpa-cwp.
1 Cfr. WINDISCH, 2 Kor.217.
12 Il carattere convenzionale che 1ta.v-coxp&:twp
8Contro LoHMEYER, Apok. 11 . Cfr. HADORN, ha nel N . T. rende difficile individuarvi un
Apok.30.72.232; ZAHN, Apok.178. significato specificamente neotestamentario. Ta-
9 Il termine ricorre spesso nei Padri aposto· le osservazione, e il numero ridotto dei passi
lici (in locuzioni diverse), cfr. PREUSCHEN - in cui il termine ricorre, rendono probabile
BAUBR, s.v. Nei papiri cristiani è documentato
che esso sia stato accolto nel Simbolo a causa
frequentemente a partire dal IV sec.; cfr. PRRI- dell'uso nell'A.T. più che nel Nuovo. Del re-
SIGKE, Wort. 1u, 403, s.v.; MouLT.-MILL., s.v. sto il fatto che in seguito si sia avvertita la
necessità di aggiungere «Creatore del cielo e
IO Errata è la traduzione «onnifaciente» ( cfr. della terra» comprova che 'lta.v-roxp(hwp non
H.FRICK, DeJJt:~chland innerhalb der religiOsen esprime di per sé la potenza creatrice di Dio.
xpEµ6.wuµ~ {G. Bertram)
t xpe:p.a\Jvuµi. (xpe:µciw),
t xpɵaµa.i., Exxpɵcx.µm.
bus praecipitavit in [lumen. L'uso era rare anche a costo della vita (come in-
noto e talvolta praticato pure in Gali- tende una lettura comparativa), cosl co-
lea, come prova Flav. Ios., ant. I4,450
(cfr. pure Ap. r ,307 ), dove si descrive me nel logion successivo, a proposito
come vengono appesantiti con il piom- degli scandali, è in gioco la salvezza e-
bo coloro che devono essere affogati. Ap- terna a costo di sacrificare un membro.
pare qui, forse, anche un riferimento
Colui che sprezza i piccoli che credono
mitico al ~uiW;;w.i: wc; 'tou 1J)...lou &:ytX.-
vetx'touv-.oc; È7tÌ. 'tTJ 'toui:w'Y l;,wn, «co- in Gesù può ottenere la salvezza soltan-
me se il sole fosse adirato per la loro vi- to a patto che la sua esistenza terrena
ta» (Ap.r,306) 5 • sia annientata.
Nella tradizione evangelica il logion Anche la tradizione rabbinica parla del-
è una parola rivelatrice dell'ira di Dio. la salvezza da acquistare a prezzo della
vita. In Sanh.8,7 leggiamo: Ecco quelli
Nessun giudice umano può accertare, che è lecito salvare a prezzo della loro
in base al diritto umano, la mancanza vita: chi insegue il proprio prossimo
di cui è qui questione, o infliggere la per ucciderlo, un uomo e la sua ragaz-
za 10• Secondo R. Shimon b. Johai vi si
pena corrispondente 6 . Se si debba tra- aggiunge chi adora gl'idoli, e secondo
durre in termini comparativi 7 il o-uµ- R. Eleazar b. R. Shimon chi profana il
cpÉpE~ e le espressioni parallele di Mc. sabato 11 • Pure Paolo, secondo I Cor. 5,
5, conosce la salvezza a prezzo della vi-
e di Le. (meglio sarebbe per lui subire ta. E anche presso i rabbini affiora, in
questo annientamento temporale piut- contesto simile, il problema se si tratti
tosto che la dannazione eterna) o legge- di una condanna giudiziaria ovvero di
uno scongiuro 12 • Quest'ultimo è senz'al-
re in termini positivi (gli compete 8 di
tro il caso per Paolo, e cosl pure stan-
subire la perdizione eterna [le profon- no le cose nel logion di Gesù: egli si
dità del mare rapptesentano il regno del- serve dell'immagine dell'affogato per in-
dicare l' 'essere sommerso' dell'uomo
l'Ade]) 9 , è problema che può rimanere
peccatore nelle acque profonde dell<l
aperto. Si tratta comunque, probabil- morte, «affinché lo spirito sia salvato
mente, della salvezza eterna da assicu- nel giorno del giudizio del Signore».
modo di dire, egli sostituisce in questo quanti gli stanno attorno. Anche questo
passo l'espressione È~E7tÀ:l1cnrov'to (Mt. piccolo tratto definisce un'immagine più
22,33; Mc.n,18) 40, che è tipica per de- 'umana' di Gesù.
scrivere 1' effetto che Gesù opera su G.BERTRAM
I , r I
xp1.vw, xp1.0'1.c;, xp1.µa, xpL't'"ll<;,
I I ) I
xpi:.'t"Y)p1.ov, xpt't'1.xoc;, avmtp1.vw,
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ò1.cbcp1.a1.c;, &.01.cixpvtoc;,
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XC'l.'t'Cl.X.pt.µa, XC'l.'t'Cl.Xpt.(Jl.ç,
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C'l.XC'l.'t'Cl.Xpl.'t'Oç,
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C'l.U't'OXC'l.'t"Cl.Xpt.'t'O<;, 'Jtpoxp1.µa,
cruyxplvw
i È assai improbabile, anche se non del tutto 583, a 19,28, rendono assai probabile che in
escluso, che i LXX in questo passo come in al- questo passo xpl'VELV significhi 'giudicare' e
tri consimili diano a xplvEw soltanto il signi- non 'governare'; tuttavia lo Zahn ha fatto no-
ficato di giudicare, non quello di governare. taté giustamente che per degli Israeliti non po·
teva essere un ·vantaggio giudicare, e in larga
3 Ottimo sguardo d'insieme sull'uso del N.T., misura condannare, altri Israeliti. Anche in
con numerosi paralleli relativi all'uso ellenisti- Apoc.20,4 l'attività di coloro che siedono sui
co in P.R.E USCHEN·BAUER. Il vocabolo è relati- troni ed esercitano il xplµct consiste nel ~o:
va~e~te frequente negli scritti lucani, in Pao. <nÀEUEW, cioè nel governare.
lo e nel Vangelo di Giovanni. s Circa il significato di 'governare', per spt,
dr. pure il titolo dei capi in Cartagine: s11fe-
4 I paralleli rabbinici citati da ScHLATTER, Mt. tes, Liv.28,37,2; 30,7,5 ecc.
xpl'llw (V. Herntrich)
B. IL CONCETTO DI mispiif 1
NELL A.T. paiono unicamente condizioni caratte-
rizzate solo dall'esercizio del potere 8 •
r. La radice spt 6 Forse il rapporto intercorrente fra il
giudicare e il governare risulta con la
La radice 1P! ha, nell'A.T., il doppio massima chiarezza in I Sam.8, dove il
significato di a) governare, dominare; popolo vuole liberarsi dall'ingiusta giu-
b) giudicare. In passi come Gen.r6,5, dicatura dei figli di Samuele, pregando
nei quali l'aggiunta di Mn, fra, rende questi di insediare un re; al v. 20 leg-
indiscutibile il senso giuridico della ra- giamo espressamente: «Il nostro re de-
dice sp/, si può vedere come ciò che im- ve giudicarci». Il compito di render
porta non è tanto il fatto che sia presa giustizia è quindi un aspetto dell'ufficio
una decisione, quanto piuttosto che ven- regale. Ecco qui, dunque, l'unità este-
ga eliminato il turbamento del rappor- riore delle due attività espresse dalla
to, introdotto dal danno operato da una radice Jpt: tale unità risiede nell'ufficio
delle due parti in causa. Pure in ls.2,4; di colui che governa e che ha principal-
Mich.4,3 l'accento non cade sul 'deci- mente il compito di rendere giustizia
dere', in senso distributivo - malgrado con le sue decisioni. Ma non è difficile
la preposizione bén - ma sullo stato di neppure vedere come questi due signi-
siilom, pace, determinato grazie a spf. ficati si unifichino nella volontà di un
Troviamo tuttavia certi passi nei quali soggetto il quale, nelle decisioni di go-
appare il significato di 'decidere' in sen- verno ovvero giuridiche, si afferma di
so distributivo (ad es. I Sam.24,13). fronte a un oggetto, istituendo in tal
Di fronte a questa duplice possibilità modo una data situazione, cioè ristabi-
di significato, ci si chiede se l'ufficio di lendo un rapporto giuridico turbato, ov·
governare includa pure quello di rende- vero instaurando durevolmente un cam-
re giustizia, ovvero se l'ufficio cli giudi- po di potere. Is.2,4 ; Mich.4,3 rivelano
ce sia al tempo stesso compito cli go- come questi due significati si fondono.
verno 7 • In Ex.2,r4 leggiamo: mi iàmka Un ·confronto con altre lingue semi-
/•'zs sar Wesofef 'alénu, «Chi ti ha posto tiche non offre risultati rilevanti. In as-
quale principe e giudice su di noi?». siro si trova sapatu (con la lettera tau)
Dal fatto che Mosè si attribuisce l'uffi- nel significato cli 'giudicare' e sip/u (con
cio di 'iJ sar, consegue che egli intende la lettera tet) in quello di 'tribunale pe-
pure giudicare il popolo. Con ogni evi- nale'. Si noti che il termine sapitu ri-
denza, amministrare la giustizia viene corre pure nel senso cli 'capo di una se-
considerato come una parte dell'eserci- zione' 9, cosi che si ha, per questa radi-
zio della sovranità. Le cose si presen- ce, un duplice significato, analogamen-
tano in modo analogo in 2 Sam. 15, 4: te a quanto si riscontra in ebraico.
Assalonne può conseguire lo scopo cli Per lo più ricorre il sostantivo forma-
giudicare Israele soltanto sforzandosi to col prefisso m: mispiif. Lo troviamo
di ottenere la carica regale. È per que- nei signilicati principali dei nomi della
sto che incontriamo spesso il sostantivo forma miqtal, indicanti una condizione
so/e/, giudice, in elenchi nei quali ap- o un'azione esprimenti l'attività conte-
nuta nella radice verbale. Se questo è gione della tribù, nella quale Dio è vi-
il significato più generale, è dato desu- sto al tempo stesso come fondamento e
mere i tre possibili significati di questi
sostantivi. x. Si può verificare il passag- come contraente del diritto. Il suo giu-
gio a un significato più concreto, soprat- dicare consiste nel fatto che egli veglia
tutto se il nome designa lo strumento sulla relazione comunitaria all'interno
che serve all'esercizio della relativa at-
della tribù e interviene in favore di que-
tività. 2. Una serie di vocaboli - oltre
che alla situazione che rispecchia l'atti- st'ultima nei suoi scontri militari. Il suo
vità espressa nel verbo - si riferisce pu- mispiit è dunque riferito alla comunità
re, o anche in modo esclusivo, all'ogget- della quale egli è Dio. Si noti il dupli-
to di questa attività. 3. Una terza serie
ha, accanto al primo significato, anche ce significato di spf: in quanto sovrano
il valore di designazione del luogo nel della tribù, il dio della religione tribale
quale avviene l'attività espressa dal ver- è al tempo stesso il giudice. La sua so-
bo 10•
vranità si realizza nell'atto di giudicare,
miSpiif designa quindi il giudicare, e in esso si riconosce che egli è il Signo-
cioè il render giustizia, sia nel significa- re. L'idea della sovranità non è intesa
to concreto di sentenza, decisione, sia in termini etici. Tuttavia si può parla-
in quello più astratto di causa giudizia- re di giudizio, sia a proposito di un uo-
ria, processo penale. Ben determinato ap- mo che a proposito di Dio, soltanto se
pare il significato di costume giuridico, vi ha qualche risonanza l'idea della giu-
norma o rivendicazione giuridica. Tut- stizia. È chiaro che in tal modo può
tavia, accanto a queste correnti varia- presentarsi una tensione fra la potenza
zioni di significato possiamo notare, nel- di Dio, che si manifesta nel suo regna-
l'A.T., una singolare evoluzione seman- re, e la giustizia di Dio presupposta dal
tica di questo termine, che non acquista suo giudicare. Sicché già nella duplici-
soltanto il senso di religione o di verità, tà di significato di spt viene in luce il
ma persino quello di grazia e di salvez- problema che si presenta là dove con-
za. Ritorneremo su questa trasformazio- cetti giuridici sono diventati termini
ne, che ha la sua radice nella partico- teologici.
larità del rapporto veterotestamentario
I corpi di leggi dell'A.T., nei quali
con Dio. appare con particolare chia;ez:a che I.a
relazione con Dio è concepita rn termi-
2. Dio, datore e custode del mispiit ni giuridici, nella loro forma attuale
hanno avuto tutti origine in un'epoca,
nella quale le tribù erano ormai dive-
Dio è giudice e~ olx'r)): ecco un'an-
nute un popolo. Eppure anche in essi
tica concezione, comune a tutti i popoli si rispecchia la relazione caratteristic.a
semiti; essa potrebbe risalire alla reli- della religione tribale. Secondo la testi-
Poiché i rapporti comunitari, all' in- paf nell' A.T. va definito e delimitato
terno del popolo di Dio, sono regolati rispetto al concetto romano del dirit-
to, ma anche al concetto astratto di un
dalla rivelazione della volontà di Jahvé
ethos, di una virtù o di un diritto idea-
nell'atto della stipulazione del patto, li. II mispii! è piuttosto un concetto di
Jahvé si afferma come il custode del relazione - proprio come il concetto di
mispiif in quanto interviene a favore del tdaqa - il quale regola le relazioni al-
l'interno di una data comunità e può
suo popolo di fronte a minacce belliche quindi essere compreso soltanto se si
dall'esterno. È significativo che le vit- considera il suo valore in questa comu-
torie di Israele siano defìnite ~idq6t nità. L'idea del giudice, che regola le
relazioni comwiitarie nell'ambito della
jhwh (lett.: giudizi diJahvé); sono dun- sua tribù fondandosi sulla sua qualità di
que manifestazioni delle decisioni con sovrano; l'idea di Dio, che stipulando il
cui Jahvé giudica. In quanto giudice, patto si è vincolato al suo popolo come
sovrano e come giudice rivelandogli la
J2hvé è l'ausilio del suo popolo (dr.
sua volontà, e che ora veglia sull'osser-
Iud. n,27; 2 Sam. 18,31; Deut. 33,21). vanza di questa volontà rivelata nell'am-
In Gen.18,25, dalla domanda di Abra- bito del popolo, cosl come sul manteni-
mo: «Il giudice di tutta la terra non mento della promessa fatta all'atto della
stipulazione del patto: queste idee sono
farà mispiip » comprendiamo come que- in contrasto con quella del giudice che
sto tipo di fede in Dio sia teso in a- pronuncia una sentenza secondo una da-
vanti: la comunità che sa di essere as- ta norma giuridica, in base a una giusti-
zia distributiva. Sono quindi errate le va-
solutamente soggetta alla sovranità e lutazioni dei racconti veterotestamenta-
quindi al giudizio del suo Dio, acquista ri date sulla base del concetto di giusti-
1a fiducia che il mispiif sperimentato nel- zia distributiva, la quale procede secon-
do una norma immutabile di assoluta
la propria storia ha altrettanto valore moralità; tali valutazioni non colgono il
nella storia universale 13• senso di quanto viene attestato dall'A.
T., poiché non si considera che le sen-
3. miSpiit quale concetto di relazione tenze di Jahvé tendono a un determi-
nato scopo nella sfera del popolo di Dio
Se abbiamo individuato nella religio- e della sua storia. La sua giustizia, che
ne tribale l'origine dell'uso teologico di si esercita in questo giudizio, non è una
concetti giuridici, e se abbiamo notato giustizia distributiva, bensl una giusti-
il valore fondamentale che la stipulazio- zia salutifera. Solo tenendo conto di
ne del patto ha avuto per lo sviluppo questo comprenderemo nel suo vero va-
di questa serie di idee in Israele, è dun- lore la grandiosa costruzione storica del-
que chiaro che il mispii{ di J ahvé non la cerchia deuteronomistica.
è la norma astratta, assoluta di una da- Che mispii{ costituisca all'origine non
ta moralità, né un principio giuridico una norma oggettiva, ma un concetto
in base· al quale vengono pronunciate di relazione, risulta dal fatto che non si
sentenze sulla terra. Il concetto di mis- parla soltanto del mispiif di J ahvé, ma
anche del mispat (o dei mispiifim) di ampia quanto al suo contenuto, del mis-
altre divinità.Ad es. in I Reg.18,28 leg- pilf è la seguente: «Sarò il vostro Dio
giamo che i sacerdoti di Baal si fanno
delle incisioni con spade e lan<;e, fino a e voi sarete il mio popolo». Esplicazio-
far sprizzare il sangue, e questo «secon- ne di questo mispiif sono, secondo la
do il loro giudizio» (kemispii/iim), cioè testimonianza degli scritti canonici del-
secondo il mispii/ vigente fra i sacerdo- 1'A.T., i mispà#m raccolti nei corpi di
ti di Baal. È evidente che con questo
mispiif si intende il modo in cui i sacer- leggi, che enunciano nei particolari la
doti di Baal trattano con il loro dio o rivelazione della volontà di Jahvé avve-
si sforzano di influire su di lui. È chia- nuta alla stipulazione del patto, e che
ro che il mispii/ dei vari Baal si con-
trappone al mispil/ di J ahvé, cioè al mo- rappresentano una norma vincolante per
do in cui Jahvé viene adorato. Analo- il popolo. Sulla proclamazione della vo-
gamente si riferisce che le popolazioni lontà di Jahvé - cioè sul suo miJpiif -
impiantate in Samaria dal re d'Assiria
non conoscono il mispiif della divinità riposa quindi sia l'obbligo di tutto il
del luogo. Dal contesto risulta che esse popolo e di ogni singolo membro, sia
non sanno in qual modo Jahvé viene il diritto del singolo (ad es. del povero),
adorato. Dopo aver ricevuto un inse-
ma anche del popolo.
gnamento sul mispiif del Dio di quella
terra, essi adorano Jahvé, ma al tempo Poiché quando nell' A.T. si parla di
stesso anche i loro dèi, secondo il mis- mispiif e di miipiifzm si ha alla base que-
piif dei popoli, di mezzo ai quali erano
sta relazione, non si tratta della norma
stati tolti (2Reg.r7,24-28.33) 14• Il fat-
to che vi sia un mispiif degli altri popo- vincolante di un'etica generale. Pure, al-
li accanto a quello del popolo di Dio, meno nel fatto che il rapporto comunita-
pone il problema dei rapporti fra Jahvé rio del patto (hertt) trova il suo fonda-
e i miJpii#m dei popoli. In Gen.18,25
affiora già l'orientamento della risposta mento in Dio quale giudice, si riscontra
a questo problema, poi accennata da già una colorazione etica, poiché, come
Ezechiele e quindi affrontata in modo abbiamo visto, l'attività del giudice è in-
particolare dal Deuteroisaia.
concepibile senza una certa misura di
4. Carattere etico e religioso giustizia. È quindi anche chiaro che il
del concetto di mispat concetto trova una concretizzazione eti-
Sovrano e giudice, Jahvé si è appro- ca non soltanto nella predicazione pro-
priato il suo popolo nell'atto della sti- fetica. Ciò non risulta solo dal fatto che
pulazione del patto. Se il concetto di mispiif e ~ediiqa (giustizia) appaiono
miJpiif si riferisce a questo rapporto de- sempre accostati, sl da permettere che
finito dal patto (her1t), si potrebbe dire questi due termini fossero considerati
che la definizione più generale, e più largamente sinonimi, malgrado la loro
14 Iud.18,7: kemfJpa! sidlin1m significa indub· dei Sidoni. È però possibile che l'espressione
biamente in primo luogo la condotta profana includa pure i loro usi religiosi.
xp~\IW l v. tterntrtch)
diversità all'origine 15 ; oltre a ciò mispiif Deut.10,18 è detto che Jahvé è un Dio
si definisce, quanto al contenuto, come che fa mispiif agli orfani e alle vedove
(cfr. 24,I7; 27,19).
la capacità di distinguere, in modo radi-
cale ed effettivo, fra bene e male. Esattamente nella medesima linea va
l'esigenza, espressa dai profeti, di ado-
In I Reg. 3,9 Salomone prega Jahvé perarsi a favore degli orfani e delle ve-
in questi termini: «Da' al tuo servo un dove in giudizio (Is.I,17; ro,2, cfr. Am.
cuore capace di giudicare il tuo popolo, 5,II.I5; 8,4ss.; Ier.5,28; 21,12; 22,
che sappia distinguere fra il bene e il I5; Ez. 22,29). In Am. 5,12 il povero
male; chi infatti può giudicare questo viene evidentemente considerato come
tuo popolo cosl numeroso?» . Nella ri- il giusto, !addiq; anche se egli non è
sposta di Jahvé, al v . rr, si legge: «Hai mc-talmente giusto, è tuttavia nel giu-
chiesto intelligenza, per discernere (lett.: sto di fronte al suo oppressore. Jahvé
udire) mispà!»: vuol dire che il con- rende giustizia (mispii!) a tutti gli op-
cetto di mispàf condensa la capacità di pressi (Ps.103,6; I40,I3}: questa è una
discernere fra bene e male. La medesi- convinzione di fede, che in ultima ana .
ma concretizzazione etica si può verifi- lisi poggia sul rapporto fondato sull'ele-
care nell'uso teologicamente qualificato zione e istituito fra Jahvé e il suo popo-
del concetto di mispà! in Mich. 3,I s.: lo e ciascun membro di questo popolo.
«Non spetta a voi conoscere hammispàf, Tutte le vie di J ahvé sono mispii! e il suo
voi che odiate il bene e amate il ma- diritto non è obliquo ma retto, come ri-
le?». Qui mispà! viene usato in evi- sulta dal fatto che egli innalza gli umili
dente parallelismo con la giusta scelta e abbassa coloro che sono in alto.. In Is.
fra il bene e il male, e al v. 9 hamta'a- 5 ,I 5 s. viene attestato: «L'uomo è umi-
btm miSpàf ( [voi] che aborrite il giu- lfato, i grandi sono abbassati e abbassa-
dizio) corrisponde all'espressione son'e ti sono gli sguardi alteri; ma Jahvé de-
tob ([quelli] che odiano il bene) del v. gli eserciti è esaltato nel mispà! e l'Id-
2, Nella stessa direzione è orientato Is. dìo santo si santifica nella giustizia» 16•
I,I7: «Imparate a fare il bene, cercate In questo caso, come in ls. 3,13-I5, si
il mispii!» (cfr. Am.5,I5), e un accento tratta anche di una contrapposizione eti-
etico si trova pure in passi come Am. ca, Ma l'efficacia del mispiif in rettitudi-
5,7 e 6,I2, nei quali si parla della tra- ne ha una portata più ampia: vi è sog-
sformazione del mispii! in 'assenzio' o getto tutto ciò che si oppone fisicamen-
in 'veleno'. Anche se il significato è più te o moralmente al volere di Jahvé (cfr.
ampio, le formulazioni ironiche conten- Is.2). Ad es. io Ez.34,I6 non troviamo
gono purtuttavia una valutazione posi- alcuna motivazione etica per l'operare
tiva del mispiif. Si può individuare una di Jahvé: «Fascerò la (pecora) ferita,
qualificazione etica anche nei casi nei fortificherò la malata, ma distruggerò la
quali il concetto di miJpiif viene messo grassa e la forte; io le pascerò con giu-
in relazione con i poveri e i miseri. In dizio» (bcmiJpii.f).
15 PRocKSCH e~ nota bibl.) 454, vede la dif- due concetti sono usati in senso teologico.
ferenza nel fatto che mi'1p1if è un concetto giu- 16 Sebbene i vv. IJ e r6, al loro posto attua-
ridico, mentre ~ediiqii, in senso rigoroso, ap- le, spezzino il contesto, è possibile che siano
partiene alla sfera morale. Ma questa distin- di Isaia; concordano di fatto con la raffigura-
zione non è possibile, non foss'altro perché i zione del giudizio data al cap. 2.
xplvw (V. Herntrich)
In realtà il concetto di mispa{ non è sui ribelli; infatti il mispà!. resta va-
in primo luogo di carattere etico, bensì lido soltanto se i superbi vengono ab-
bassati e gli umili ottengono giustizia.
religioso, come risulta senza possibilità Questi pensieri hanno una formulazio-
di equivoco in Os.6,5b.6: «E il mio ne teologica in ler.9,22.23 : l'uomo de-
giudizio (m ispa!) emerse come la luce: ve gloriarsi solo di conoscere Jahvé; ma
conoscere J ahvé significa sapere che egli
poiché io amo la pietà (pesed) e non i fa miJpa{, l;esed e ~edaqa sulla terra.
sacrifici, e la conoscenza di Dio anziché Certo, qui non risulta con la medesima
gli olocausti» 17• chiarezza di Os.12,7 e Mich .6,8 che ta-
le conoscenza implica per l'uomo l'ob-
È apparso 'come la luce' che la giu- bligazione di fare a sua volta mispil{,
stizia di Jahvé consiste in ciò che è det- pesed e ldaq{/, ma questo è il senso
to nel v. 6, attraverso la rivelazione del- della conclusione del v. 23 (cfr. Ier.22,
la sua volontà, in quanto, nella sua qua- 15) 19 • In ogni caso l'accostamento di
lità di giudice, punisce il suo popolo ri- miJpa{, pesed e ~edaqa sottolinea l'am-
belle. Il mispa{ di Jahvé consiste dun- pia portata religiosa del concetto di
que in questo: che l'uomo faccia mis- mispaf.
pa{; ma fare mispa{ significa per l'uo-
mo praticare pesed e conoscere J ahvé Solo se teniamo conto di questo ap·
- ovvero, come si legge in Ier.5,1, fare profondimento del concetto di mispil!
mispa{ e ricercare la verità. In modo possiamo comprendere la predicazione
analogo il carattere religioso del mispa{
del giudizio in bocca ai profeti. Già nei
risulta in Mich.3,8: quando il profeta
afferma di essere ripieno «di forza, di casi in cui la rivelazione della volontà
miJpa{ e di coraggio per annunciare a di Dio viene essenzialmente identificata
Giacobbe il suo misfatto e a Israele il nei mi.fpa{im formulati, la straordinaria
suo peccato», dei tre concetti gebura,
mispa{, koap, soltanto mispaf contiene serietà dell'obbligazione che vi è rac-
la determinazione dalla quale si può de- chiusa trova espressione nel fatto che
sumere la capacità di predicare intorno l'osservanza o meno viene sottoposta
al peccato, mentre koab e gebt2ra ne so-
no semplici presupposti formali 111• Ana- alla benedizione o alla maledizione di
logamente mispat è usato in Soph.3,5 : Dio, lasciando cosl trasparire la possi-
dinanzi alla perdizione religiosa e mo- bilità e le conseguenze di una rottura
rale degli abitanti di Gerusalemme il del patto proprio in quella letteratura
profeta attesta: «Jahvé è giusto in mez-
zo ad essa; egli non commette iniquità; deuteronomistica, ad es., nella quale è
ogni mattina mette in luce il suo mis- chiaro che si considera assolutamente
pat, e non manca mai.. .». Poiché il po- possibile adempiere i mispii#m. Sicché
polo non osserva il mispa{, quando Jah-
vé attua la giustizia avviene il giudizio l' estensione del concetto di miSpa{ da
parte dei profeti, che supera tutti i limiti re (~ BacnÀ.Eu<;) del cielo e della ter-
verificabili dei mispa#m, porta in real- ra, che suscita tutte le potenze contro
tà a mettere in discussione i rapporti il popolo eletto 21 • Il giudizio deve dun-
fra Dio e il suo popolo. Se in un pri- que significare l'abolizione del patto,
mo tempo il giorno del giudizio di Jah- quando nell'esistenza del popolo di Dio
vé era stato considerato un giorno di pare non sussistere più alcun punto di
vittoria sui nemici d'Israele, quest'idea aggancio per il ristabilimento di esso.
(com'è presupposta in Am. r e 2) si tra- Se cionondimeno il patto sussiste, se
sforma: il giorno di Jahvé sarà anzitut- ne può parlare soltanto sotto forma di
to un giorno di giudizio su Israele ( cfr. una stipulazione completamente nuova;
Os.4,I ss.; Is. r,2.r8ss.; Mich. r,2-4; ma la possibilità di tale nuova creazio-
Soph. 3, 8; Ioel 4, 2; Mal. 3, 2). Il giu- ne non può trovarsi se non nella l;esed
dizio su Israele sta al centro del giudi- (misericordia) e nella 'emet (giustizia)
zio su tutte le nazioni. Questa messa di Jahvé, che rimangono costanti. Ab-
in evidenza di Israele, nel giudizio, è biamo visto che la natura di Jahvé è
conseguenza della sua elezione solo in definita dall'accostamento dei concetti
quanto Israele è particolarmente puni- di mispiif, l;esed e ~·daqa; in tal modo
to (Am .3,I ss.; Is.5,1 ss.). Questa con- ci si viene a domandare se, avendo il
seguenza dell'elezione d'Israele appate mispilt di Jahvé abolito il patto, una
già nei giudizi punitivi attuatisi nel cor- nuova stipulazione di questo, fondata
so della storia del popolo di Dio, ma la sulla l;esed, sarebbe in contrasto con il
sentenza viene ulteriormente aggravata, mispilf e la ~·daqa di Jahvé, ovvero se
nel senso che solo un 'resto' del popo·· questi due concetti appaiono rivestiti di
lo di Dio sarà salvato; infine anche que· un significato tale da accostarli stretta-
st'idea, ancora espressa in categorie ra- mente al concetto di l;esed, dato che
zionali, viene respinta in quanto il 're- l'attività che essi esprimono tende al
22
sto' viene ironicamente definito come medesimo scopo •
un'entità ormai inesistente (Am. 3,12 )20 • 5. Il mutamento
Appunto nel giudizio sul popolo del del significato di mispii~
patto il giudice appare come signore e Un passo come Is.30,18 ss. ci insegna
20 n indubbio che questo è il significato del r ss.; 5,9 ss.; 8,5 ss.; 29,2 ss.; Mich.3,n; Ier.
logion, anche se 1a chiusa è guasta. E. SELLIN, 4,5 ss.; 7,30 ss.; 9,9 ss.; Ez.5,7 ss.; 7,1 ss.
Das Zwolfpropbetenbuch'· 3 (1929), nel com- 22 Si noti al riguardo che pure il vocabolo [Je·
mento non coglie il vero punto di compara- sed indica un'azione impostata secondo un con-
zione dell'immagine. cetto giuridico. Resta comunque il fatto che
21 Am.9,2; dr. ad es. Am.5,3.16 ss.; 7,r ss.; 8, fra [Jesed e mispii! sussiste una profonda diffe.
8 ss.; Os.5,12 ss.; 9,6; w,14, 13,8.14 ss.; ls.3, renza.
xplvw (V. Herntrich)
che mispii! può acquistare persino il si- bassamento di coloro che sono in alto
gnificato di grazia e di misericordia: ma anche l'innalzamento degli umili, il
«Perciò Jahvé aspetta di farvi grazia, poi concetto di mispii! non può avere nulla
si leverà per avere compassione di voi; di temibile per coloro che sono oppres-
poiché Jahvé è un Dio del mispii!, beati si e poveri; il povero e l'oppresso spe-
tutti quelli che sperano in lui! Sl, o po- rimentano il giudizio come salvezza e
polo di Sion ... egli certo ti farà grazia}>23 • come aiuto.
Per comprendere questo mutamento di
significato, è essenziale notare che la sal- Si spiega cosl il passo di Ez. 34,16,
ove si afferma che J ahvé pasce le sue
vezza, effetto del mispiif di Jahvé, è an- pecore b"mispiif: ciò significa distruzio-
nunciata al popolo che è divenuto un ne per i forti, mentre per coloro che so-
resto, come un palo solitario in cima a no abbattuti e deboli significa lenimen-
to e forza. È però essenziale, in primo
un monte. Il mispii! di Jahvé è dunque
luogo, che ciò vien detto con riguardo
riferito a un popolo oppresso. Ma il al popolo d'Israele: infatti con l'esilio
'giudicare' cosl riferito ai miseri e agli Israele prende il posto del povero, del
oppressi lo si poteva notare fin dal prin- ferito e dell'oppresso. Esso spera perciò
che il suo giudice, che lo ha punito, gli
cipio, poiché è costitutivo della sua re- faccia ora mispiif, difesa e salvezza del
altà: il giudice procura giustizia a colo- debole, poiché mispii! è il diritto spet-
ro che hanno perso ogni diritto 24 • Que- tante al povero e al sofferente. Jahvé ri-
conosce questo diritto quando, in Deut.
st'idea acquista però un singolare pro- 32,4, è affermato: «Tutte le sue vie so-
lungamento: in Deut.Io,I8 il concetto no mispaf». Questo esercizio della giu-
di miJpii! viene usato in modo quali- stizia da parte di Jahvé non è però av-
vertito, da parte del sofferente, soltanto
fìcatamente teologico, nel riferimento
come espressione della giustizia; dr. v.
particolare agli orfani e alle vedove; fa- 36: «Poiché Jahvé farà giustizia al suo
re il giudizio ('aia miSpii!) corrisponde popolo e avrà compassione dei suoi ser-
ad amare ('iihab, v. I9). Naturalmente vi» (dr. Deut.rn,18; Is.30,18 ss.). Quan-
to più fortemente viene sottolineato che
Jahvé non fa giustizia agli indifesi e ai l'esercizio della giustizia da parte di
miseri solo a causa della sua giustizia, Jahvé rappresenta salvezza e aiuto {ad
ma anche a causa del suo amore e della es. Ps.76,10; 82,3 s.), tanto più eviden-
te risulta il mutare di contenuto del
sua misericordia. Poiché il giudizio di concetto di mispiif dal senso di diritto
Dio che crea giustizia rappresenta l'ab- a quello di 'salvezza'. Soprattutto nei
23 Il senso di questo detto e il valore che ha convinzione non è stata condivisa, se non dal
nel contesto sono controversi. O. PROCKSCH, profeta stesso, comunque da colui che ha ac-
Komm. (1930), ad loc., ha come presupposto costato il v. 18 e il v. 19.
dcl suo commento la convinzione che l'azione
salvifica non può essere fondata sul fatto che 24 Cfr. Ex. 23,6; Deut. 24,17; 27,19; Ps.25,9;
Jahvé è un dio del miJpaf. Ma appunto questa 146,7; lob 36,6; Is.10,2; Ier.5,28.
xplvw (V. Herntrich)
casi in cui mispti! include l'operare di una messa in discussione di tali concet-
Jahvé, che significa per gli uomini il ti. La sovranità di Jahvé, che si fonda
perdono dei peccati (Ps.25,6 ss.; 103,6
ss.), vediamo che questo giudizio di]ah- sulla sua onnipotenza, resiste a qual-
vé, portatore di salvezza, non è tanto siasi oggettivazione mediante l'uso cli
l'opera della sua giustizia quanto della termini giuridici. Il poeta del Libro di
sua misericordia e della sua grazia 25 •
Giobbe si chiede se il giudizio di J ahvé
Certo, pare che in tal modo mispti! sia secondo giustizia, e risponde che del
venga svuotato di ogni contenuto giuri- mispat di J ahvé non si può parlare in
dico. Il perdono dei peccati si trova in- quanto l'uomo procede da esso, ma che
fatti in tensione con l'idea del diritto l'esercizio del diritto da parte di Jahvé
quale è formulata, ad es., nella dottrina esige che ci si inchini ad esso con fidu-
della retribuzione individuale (cfr. Ez. cia, come a una realtà che non può es-
r 8) e pare porre in questione il valore sere afferrata e padroneggiata neppure
fondamentale dell'affermazione secondo col pensiero. In modo analogo il Deu-
cui l'osservanza dei mispiiflm di Jahvé ha teroisaia attesta l'onnipotenza di Jahvé,
come corrispettivo il benessere del po- il quale ha misericordia del suo popolo
polo e del singolo. Tuttavia, ad es. dal- e giudica le nazioni, Is.40,14: «Chi ha
la preghiera di Salomone (I Reg.8), pos- egli consultato perché gli desse istru-
siamo desumere che non si tratta di due zione e lo ammaestrasse sul sentiero del
linee differenti e distinte, quando l'uo- giudizio (be'orap mispii!.)»? Ma per spie-
mo pio dell'A.T. ripone fiducia sia nel- gare la grazia fatta al popolo di Dio e
la giustizia che nella grazia di Jahvé. al singolo credente non basta accenna-
re all'onnipotenza di Jahvé. Israele è il
Mentre ai vv. 58.59 il benessere del
popolo è messo in rapporto con l'osser- popolo di Dio perché di lui ha speri-
vanza dei mispii#m di ]ahvé (cfr. v. 6I), mentato più che l'onnipotenza: il patto,
ai vv. 49.50 alla preghiera: «Fa' loro manifestato nella rivelazione del mifpii!
mi'fpiit» segue l'altra: «Perdona loro i
peccati che hanno commesso contro di di Jahvé è la prova dell'opera misericor-
te, e tutta l'empietà che hanno commes- diosa e salvifica che Jahvé compie a fa-
so contro di te, e fa' loro ... trovare mi- vore del suo popolo. Qui si ha la con-
sericordia». Qui dunque (e non soltan-
to perché si domanda il mispii!) è visi- fluenza di diritto e di grazia. È nella
bile il collegamento fra il mispiit ( = stipulazione del patto, cioè nell'atto di-
perdono) e la misericordia. vino di grazia che il mi'fpii! di Israele
Già abbiamo accennato che, in linea ha il suo fondamento, poiché Jahvé ri-
di principio, l'uso qualifìcatamente teo- mane fedele al suo patto. Questa con-
logico di concetti giuridici rappresenta seguenza del suo agire misericordioso
xplvw (V. Herntrich)
può essere appunto definita miSpii/ di popolo vi sono dei giusti non toglie vali-
Jahvé (Deut.32,4; Ps.ro5,5-9; Ps.1n), dità all'affermazione che innanzi a Dio
e soltanto sulla base di questa esperien- nessun vivente è giusto. Se Ja distin-
za dell'agire divino, che salva e fa gra- zione fra faddlqzm e r"sii'lm all'interno
zia, il popolo di Dio diventa il testimo- del popolo portò, soprattuto dall'esilio
ne di Jahvé, signore e giudice del mon- in poi, a una individualizzazione della
do. idea di giudizio - quale si esplica nella
Tuttavia il popolo eletto è giudicato dottrina del contrappasso individuale e
da Jahvé a causa del suo peccato. Que- nell'idea del giudizio purificatore -, an-
sto fatto non è annullato neppure quan- che questa forma di attesa escatologica fu
do Israele in esilio si considera come il messa in questione dalla coscienza della
debole e il ferito che è nel suo diritto colpevolezza universale dell'uomo. Quan-
di fronte all'oppressore: anche il popo- to più evidente apparve il peccato del
lo che sta tutto dalla parte dei poveri popolo, anche dopo il giudizio manife-
e degli oppressi, ha coscienza di essere statosi nell'esilio, tanto più la speranza
un popolo assolutamente peccatore. I escatologica doveva prescindere dalla si-
suoi peccati stanno come un muro se- tuazione del popolo e dell'uomo e pog-
paratorio fra esso e il suo Dio: «Per- giare sull'azione salvifica di Jahvé: solo
ciò il miJpiiç è lungi da noi e non giun- la sua grazia e la sua fedeltà potevano
ge sino a noi la giustizia (fediiq~); noi realizzare l'instaurazione del regno di
aspettiamo la luce, ed ecco le tenebre ... Dio. Il suo mispiif si manifestò non solo
aspettiamo il mispiif, ed esso non vie- nel mantenimento del patto di grazia,
ne... Poiché le nostre trasgressioni si so- ma anche nella remissione dei peccati,
no moltiplicate innanzi a te e i nostri attraverso il giudizio o il perdono. Ma
peccati testimoniano contro di noi; s}, neppure perseguendo questi pensieri la
le nostre trasgressioni ci sono presenti, predicazione escatologica poteva fermar-
e le nostre iniquità noi conosciamo» si a considerare il giudizio quale annul-
(ls.59,9 ss.). Ciò è detto del popolo, al- lamento radicale del peccato. Geremia
l'interno del quale il profeta fa chiara- deve annunciare il 'nuovo' patto (capp.
mente distinzione fra giusti (faddiq1m) 30.3 1), e della venuta del regno di Dio
e malvagi (r"sii'tm). Ma come nella spi- si può parlare solo perché Jahvé in per-
ritualità dei salmi l'accenno all'innocen- sona darà al suo popolo mispiif e ~"dii
za o alla pietà del credente che prega qd. Insieme con la fedeltà ('emuna},
non esclude l'invocazione della salvez- con la compassione (rapamim), la mise-
za e della grazia u., cosl il fatto che nel ricordia (pesed) e la conoscenza di Jah-
III,
xplvw (V. Herntrich) (IlI,932) rn50
vé (da'at jhwh), la giustizia e il giudi- giudizio sugli empi costituisce l' altra
zio (~edeq e mispaf) costituiscono i do- faccia dell'azione salvifica di Dio, defi-
ni nuziali di Jahvé al suo popolo all'at- nita come mi'fpii.! (v. 28). Tuttavia la
to del nuovo fidanzamento, che d'ora successione logica o causale di giudizio
in poi durerà in eterno (Os.2,2r.22)27. e di redenzione, determinata dall'idea
Se il regno avvenire sarà duraturo solo del giudizio purificatore, doveva essere
perché J ahvé pone in Sion una nuova abbandonata, quando la grazia salvifica
pietra angolare, egli stesso prenderà il di Jahvé rimaneva il solo fondamento
mispiif per livello e la scdiiqa per piom- del dischiudersi del tempo della salvez-
bino (Is.28,17). mispiif e ~·daqa sono za 28• In tal modo proprio nel momento
i mezzi con i quali il Messia stabilirà il in cui apparentemente la qualificazione
veniente regno di pace (Is.9,6). Lo spi- giuridica di mispiif è venuta a trovarsi
rito di Jahvé riposerà sul re escatologi- del tutto in ombra, risulta la tensione
co da lui suscitato, e questo perché egli creata dal fatto che per principio nei
giudicherà i poveri con giustizia (b"~e concetti di b~rit, mispiif e ldaqa si com-
deq, Is.u,1-5); Ezechiele poi promet- penetrano i significati di 'grazia' e di
te che il popolo osserverà i mispii.{tm 'didtto'.
di Jahvé, perché il Signore porrà nel-
l'intimo loro il suo spirito e farà sl che
6_mispà~ sulle nazioni
essi osservino i comandamenti (Ez.36,
27; cfr. 37,24). Pure secondo la testi- Se l'atto di giudicare non è che uno
monianza di Geremia il regno venturo dei lati dell'ufficio sovrano, l'ambito del
consisterà in questo: che il re messiani- regno di Dio è al tempo stesso la sfera
co eserciterà mispii.f e {diiqéJ; l'azione nella quale si esercita l'azione giudizia-
di Jahvé si rivelerà cosl come la giusti- ria divina. In questi termini si pone il
zia del popolo (Ier.23,5.6). Anche in rapporto fra mispii.f e le nazioni. Que-
Is.1,27 l'opera di Jahvé è definita mis- sto rapporto risulta in particolare nella
piif e ~·daqfi, rappresentando per Sion predicazione di Ezechiele, il quale in 5,
e per i suoi convertiti la redenzione. Si 6 ss. non soltanto accosta i mispii{im
noti però che anche in questo caso il dei pagani a quelli di Jahvé, ma ammet-
te pure apertamente che i mispèi#m dei renze vengono superate. Il fatto che
pagani dipendono in qualche modo da viene loro portato il mispiif significa
Jahvé. Cosl pure in 20,25 egli fa risa- salvezza per le nazioni, misericordia per
lire a Jahvé i falsi mispii#m, che non gli oppressi; esso è la rivelazione della
giovano alla vita degli Israeliti. Se qui volontà piena di grazia di Jahvé, la qua-
sembra già affermarsi l'idea che tutti i le un tempo ha stabilito il patto con
mispii#m vanno fatti risalire a Jahvé, Israele. Se il mispiif è portato alle na-
in Is.40,q il termine mispiif viene usa- zioni, vuol dire che il patto si estende
to per esprimere l'opera di Jahvé che al mondo 31 • Con valore simile il termi-
abbraccia il mondo intero. Il giudizio ne è usato in Is.51,4; tuttavia in que-
di Jahvé sulle nazioni, che è parte co- sto caso il compito che in 42,1-4 era
stitutiva dell'escatologia veterotestamen- affidato al Servo viene attuato da Jah-
taria, è il lato negativo di questa sovra- vé in persona: egli farà brillare il suo
nità universale 29 • mispiif come luce delle nazioni. Certo,
Tuttavia il termine mispii! viene usa- al v. 5 viene pure detto che il suo brac-
to anche quando si deve parlare dei rap- cio giudicherà le nazioni; ma le espres-
porti positivi fra J ahvé e le altre nazio- sioni 'luce', 'salvezza', 'aiuto' provano
ni; cosl anche in questi passi appare il che si parla di un giudizio salvifìco. Il
mutamento di significato di mispii!. Nel significato ampio e comprensivo di miS-
primo dei canti del Servo di Jahvé (ls. Pii! risulta soprattutto dal fatto che il
42, I -4) fra i compiti del Servo vien profeta usa il termine in assoluto: mis-
menzionato quello di portare il mispiif Pii! è divenuto la definizione compendia-
ai popoli 30, compito al quale egli è pre- ria della rivelazione di Jahvé, che co-
parato, perché Jahvé ha posto su di lui stituisce il fondamento del rapporto di
il suo Spirito. Il mispiif risale dunque a Jahvé sia con il popolo eletto sia con
J ahvé in persona. Il fatto che vien por- le nazioni. V. HERNTRICH
tato alle nazioni è messo in particolare
rilievo, perché fino a quel momento es- C. L'IDEA DI GIUDIZIO NELLA GRECITÀ
so era stato dato soltanto a Israele. At-
traverso questo compito, che il Servo Là dove vengono adorate, le divini-
adempirà fedelmente (le' emet), le cliffo- tà sono in genere custodi del diritto e
29 Cfr. Am. .r,3-2, 16; Is. x,2; ler. .r,.r4 ss.; 25, 31 Il significato singolare di miJpa! si esprime
15 ss.; Micb..r,2 ss.; Soph.3,8 ss.; Ioel 4,2 ss.; in questo passo appunto in quanto il concetto
Mal.3,2 ss. da un lato è usato assolutamente, mentre dal·
30 In questo passo si può accostare I' uso di l'altro si parla di «estendere il mi!piif ai po-
miJpof al vocabolo arabo diti, che significa di- poli», rendendo rosi evidente la caratterizza·
ritto e religione. zione storica di miJPii!.
xplvw (F. Biichsel)
della morale, quindi sono in qualche vano che Zeus, il più divino delle divi-
modo giudici degli uomini. La cosa va- nità greche, fungesse da giudice e faces·
le anche per la fede popolare greca 32 : a se prevalere il diritto. Questa convinzio-
partire da quale epoca, non possiamo ne si afferma nella classe colta, viene e-
dirlo, a causa dell'impossibilità di veri- spressa sovente con nobile serietà e
ficare l'evoluzione storica. Naturalmen- mantenuta malgrado esperienze contra-
te, tale concezione non dominava la re- stanti 35 • Dike, la giustizia, è figlia di
ligione ellenica. Ne11' epoca più antica Zeus e ne condivide il trono 36•
le divinità si presentavano troppo ac- I Greci attendevano il giudizio divi-
centuatamente come uomini dalle capa- no in questa vita. Poteva forse eserci-
cità potenziate, animate da passioni u- tarsi soltanto, o ancora, sui figli e sui
mane; e questo non soltanto nella poe- nipoti del colpevole 37, ma la sua sfera
sia. Prima della fioritura e della pie- era questa vita. Non si sperava in un
na maturità ellenica si è veramente pen- giudizio universale avvenire lB. Nell' e-
sato che gli dèi o 'il divino' fossero in- poca più antica pare sconosciuta la fede
vidiosi, non concedessero all'uomo una in un giudizio dopo la morte. La triste
felicità troppo grande e puntassero su sorte delle ombre negli inferi non è una
qualche manifestazione della sua auto- punizione attribuita da un giudice di-
coscienza per abbatterlo 33 ; si poteva vino, bensì sorte comune di tutti gli
placare la loro collera con offerte espia- uomini. Già il racconto del viaggio di
torie esteriori, quali i sacrifici e i doni Odissea nell'Ade 39 presenta alcuni noti
d'incenso, accattivandosene nuovamen- esempi di empietà umana e di giustizia
te il favore (---7 t).M-xoµm rv, coll. 980 punitiva divina, che possono essere os-
ss.; 988 s.); in ultima analisi, non era- servati nel mondo degli inferi 40, I mi-
no che esecutori di un destino, le cui steri eleusini assicurano gli iniziati che
decisioni non rispondevano a criteri di negli inferi avranno la precedenza sugli
giustizia 34• Tuttavia i migliori greci so- altri 41 • Ma gli orfici sono i primi ad an-
no andati oltre tali concezioni e le han- nunciare un giudizio che si tiene nel
no coscientemente combattute. Pensa- mondo degli inferi nei confronti di tut-
ti gli uomini e che decide della loro sor- no tale fede. Platone ne fece parte co-
te in quel mondo 42, annuncio che è in stitutiva della tradizione filosofica 48 ; in
relazione con la dottrina della natura essa si esprimeva la profonda serietà
umana dell'anima e del suo vagare at- morale della sua concezione della vita,
traverso varie esistenze terrene 43 • Tale ed è in base ad essa che Platone ha com-
giudizio infernale non è un compenso battuto la dissoluzione sofistica 49 • Tale
definitivo, ma assegnazione di uno sta- fede, quindi, dimostrò pure una forza
to rn termedio, dopo un'esistenza terre- generatrice di ulteriori sviluppi 50 •
na e prima della prossima 44 • Partendo Via via che si affermava, l'illumini-
da questa dottrina, ha conseguito un'in- smo distrusse pure la fede nel giudizio
fluenza sempre maggiore la fede in un divino. Si irrideva a Zeus, le cui folgo-
giudizio delle anime nell'aldilà 45 • Uomi- ri non colpivano gli spergiuri, bensl le
ni nei quali la vita ellenica giunse a pie- vette dei monti. Si affermava che la dot-
na maturazione e che furono punti di trina degli dèi che tutto vedono e odo-
riferimento per l'epoca susseguente, co- no e che puniscono l'ingiustizia non era
me Pindaro 46 o Eschilo 47 , condivideva- che invenzione di scaltri statisti 51 • L'an-
42 In Hom., Od.rx,568 ss., Minosse non è an- da una nuova esistenza, Poiché i giudici dei
cora il giudice che stabilisce la sorte dei nuovi morti sono contrapposti a «questi pretesi giu-
venuti, come Platone spiega in Gorg. 526 d, dici», essi sono giudici di ciò che l'uomo ha
bensl l'arbitro dei morti, poiché essi lo inter- fatto in vita (contra il parere del RoHDn I 310
rogano sulla loro situazione giuridica. n. x). In Gorg. 523 a· 527 a, Platone sostiene
43 Cfr. W. STETTNER, Die Seelenwa11derzmg con assoluta convinzione che alla morte segue
bei Griechen und Romern (x934); K. HOPF, il giudizio (523 a, 524 a); cosl pure in re:rp.xo,
Seele11wandertmgsvorstellu11get1 (Diss. Leipzig 6x,j. b- 6x5 d e in Axiochus 371 a - 372 a. Nei
x934). tre passi l'idea è presentata con un rivestimen-
44 ROHDR II 129; KERN II x62. to diverso ed è tratta intenzionalmente dalla
tradizione greca, da quella armena e da quella
45 Sugli orfici (a partire dal 600 ca. a.C.) dr.
persiana, sl che i suoi elementi rappresentativi,
KERN u x47-x73. Che l'orfismo abbia avuto
anche per Platone, hanno solo valore mitico.
origine in Oriente, fuori della Grecia, è cosa Platone non avrebbe però usato tali miti, se
che si può solo supporre. In ogni caso la vita non avesse creduto a un giudizio dopo la morte.
spirituale ellenica le è largamente debitrice di
49 La tagliente polemica del Gorgia contro i
arricchimento e di approfondimento.
sofisti deriva dalla convinzione che alla morte
46 Romm'·' 0 n 204-222. Soprattutto Pind., 0 - segue il giudizio. Anche se il mito può servire
lymp. 2,57-60. U. v. WILAMOWITZ- MoELLEN- all'abbellimento artistico del dialogo, la fede
DORFF (Pindaros [x922] 243) individua in O- che vi si esprime è convinzione personale di
lymp.2,57-60 la fede di Terone, cui il canto è Platone, che ovviamente è alle prese con il ca·
dedicato, non quella di Pindaro; mn la cosa è rattere inafferrabile dell'aldilà.
discutibile, anche se nel passo troviamo poe· 50 È significativo che nessuno di coloro che
sia, non dottrina. vengono menzionati si mostri turbato dal ti·
47 Suppi. 220 ss.; Eum.269 ss.; RoHoE II 232. more di non poter reggere al giudizio finale.
4S In apol.40 c ss., Platone riporta l' idea del L'autocoscienza etica personale è intatta.
giudizio sui morti, ma con la riserva che la SI Crizia, nel Sisifo (fragm.25 [n, 320, 14 ss.,
morte è forse la fine assoluta e non è seguita DmLs)).
xpl'Vc.> (F. Biichscl)
tica cred{:nza nel destino ritornava, sot- se sull'uomo e da una sfortuna partico-
to nuove forme. Ma l'illuminismo non lare era pronto a dedurre l'esistenza di
ha accantonato la credenza nel giudizio una precisa colpa in colui che ne era
degli dèi e nel giudizio dopo la morte. colpito. Naturalmente questo conto non
Questa si è mantenuta, sia tra il popo- tornava e imprigionava la fede in pro-
lo 52 che tra i filosofi colti 53 : è parte blemi assai complessi. La forma pi-Ò si-
dell'eredità lasciataci dall'antichità 54• cura della fede nel giudizio di Dio era
quindi l'attesa di un futuro giudizio sul
D. L'IDEA DI GIUDIZIO NEL GIUDAISMO mondo, attesa che appare assai presto
in Israele. Essa si rivolgeva contro i
Fra i più saldi articoli di fede giudai-
peccatori nella comunità giudaica e con-
ci vi era quello di Dio che giudica, che
tro i pagani che asservivano gli ebrei.
non lascia semplicemente che il male
L'ebreo guardava quindi con speranza
accada, senza intervenire contro di es-
e con gioia al giudizio finale, che dove-
so; che mantiene in vigore la sua legge
va portare ad Israele la redenzione. Tut-
santa con le prescrizioni e i divieti, me-
tavia l'attesa del giudizio poteva rivol-
diante punizioni e compensi, e la fa va-
gersi pure contro qualunque ebreo: nes-
lere in modo inesistibile proprio con-
suno sapeva, infatti, se Dio lo conside-
tro coloro che lo spregiano. Tale fede,
rava giusto o peccatore.
le cui radici affondano nell'epoca più
antica della religione israelitica, era in- Particolarmente arduo appariva que-
separabile dalla legge ed era stata tra- sto problema ai farisei, poiché essi cre-
smessa unitamente a questa. L'ebreo devano in una risurrezione dei morti, la
sperimentava il giudizio di Dio in ogni quale poneva gli uomini dinanzi al giu-
tipo di sfortuna o di salvezza che venis- dizio di Dio, anche se esso non li aveva
colpiti in vita 55 • Perciò la pietà farisai- lo che ciascuno affronta subito dopo
ca divenne uno sforzo instancabile per morte, troviamo documentata la più lar-
reggere al giudizio di Dio, ovvero per •ga varietà di opinioni 58 • Qui non pos-
acquistarsi meriti che in esso potessero 'siamo illustrarla, e ancor meno possia-
controbilanciare i peccati (~ (btoSlow- mo documentare il problema dell'origi-
µL, µLcrì)6c:;). Tuttavia il fariseo non rag- ne storico-religiosa di tali opinioni 59 •
giungeva la certezza di poter resistere
di fronte al giudizio di Dio; oscillava E. L'IDEA DI GIUDIZIO NEL N,.T.
fra un'orgogliosa fiducia nelle proprie
1.Nella predicazione del Battista l'at-
buone opere, che lo rendeva cieco alla
tesa del giudizio è ulteriormente accen-
propria peccaminosità 56, e un timore,
tuata: il giudizio finale di Dio, o del
dinanzi all'ira di Dio, che raggiungeva
suo Cristo, acquista validità attuale im-
toni di disperazione, anche se 'si espri-
mediata per ciascuno (Mt.3,ro); nessu-
meva raramente 57• Il suo culto era tut-
no è al riparo da esso (Mt.3,7-9). Vi è
to un adoperarsi intorno a un proble-
una sola possibilità di salvezza: con-
ma insoluto e in ultima analisi insolu-
vertirsi, umiliarsi nella confessione del
bile, sì che il suo essere si irrigidiva; a
peccato, nel battesimo, e portare frutti
ben vedere, nella sua pietà egli non ave-
degni del ravvedimento. Allora il bat-
va la forza che sosteneva la sua vita, ma
tesimo opera il perdono; allora il Cri-
la ferita ulcerata di cui soffriva. Certo,
sto giudice diviene il salvatore.
egli cercava il perdono e contava su di
esso; ma non poteva esserne sicuro. Nel 2. Nella predicazione di Gesù secon-
Messia vedeva l'esecutore del giudizio do i sinottici l'idea del giudizio è cen-
divino, ma non un aiuto contro j} pro- trale. I.:appello al ravvedimento è tan·
prio peccato (Ps. Sal. I 7 .I 8 ). to più urgente in quanto il giudizio di
Circa le modalità del giudizio di Dio, Dio incombe su ogni uomo. Gesù con-
e in particolare circa il rapporto fra il sidera quindi suo compito insistere in-
giudizio universale escatologico e quel- stancabilmente sulla serietà di questo
55 Fra i sadducei la fede nel giudizio divino lamenti sulla peccaminosità umana in 4 Esdr.
era assai indebolita: Ios., beli. 2,164; a11t. r3, 3-4.7-8. ~ ~À:rtlc; m, col. 532.
173. Essi respingevano un giudizio dopo la 53 Cfr. VoLz, op.cit., 256-309.
morte. 59 Le concezioni di Giuseppe relative al giu-
ss Cfr. Lc.18,9-14. dizio di Dio e al giudizio finale, sono quelle fa.
57 Cfr. il racconto sconvolgente della fine di risaiche, anche se rivestite di forme ellenisti-
Johanan b. Zakkai, il quale muore nell'inquie- che; dr. ScHLATTER, Theologie des ]udenlums
to timore del giudizio di Dio, senza essere 38-45. 259-263. Filone crede al giudizio di Dio,
giunto alla certezza della propria salvezza, Ber. ma nella sua escatologia l'aspetto nazionale e
b. 28 b ecc. (A. ScHLATTER, ]ochanan ben Zak- quello cosmico cedono il passo a quello indi-
kai, BFTh 3.4 [r899] 72 ss.) e gli angosciati viduale; cfr. VoLz e~ nota bibliogr.) 59-62.
1061 (m,936 J xpLVw ll' . .oucnscJJ
giudizio e inculcare il timore del giudi- fa differenza sostanziale che esso sia at-
ce 60, ad es. nel sermone sul monte (Mt . tuato da Dio (Mt.10,}2 s.) o da Gesù
5,22. 26.29 s.; 7,1 s. 21-23.24-27), nel (Mt.7,22 s.; 16,27; 25,31-46; 26,64) 63 •
discorso ai discepoli (Mt.I0,28.33), nel- Né fa alcuna differenza sostanziale che i
le parabole del regno (Mt.I3,30.47-50), giudicati siano pagani o ebrei (Mt. 2 5,
nelle parabole della parusia (Mt.24,50. 32). Vi è redenzione, nel giudizio, solo
5I; 25,u s. 30.41-46), nella discussio- grazie al perdono di Dio, non attraver-
ne con il popolo (Mt.II,20-24; 12,41 s.; so prestazioni umane. Ma il credente
21,40 s.; 22, 7; 23,38) e con i farisei può essere sicuro di questo perdono.
(Mt.12,32; 23,13-15). Per lui non esi- Esso è integralmente grazia, un assolu-
stono meriti che mettano l'uomo al si- to miracolo. Ma Gesù lo promette al-
curo di fronte al giudizio di Dio (Le. 1' uomo (Mc. 2, 9), prescindendo total-
17,7-rn) e neppure meriti vicari di al- mente dalla gravità del suo peccato (Le.
tri, dei 'padri' o di altri santi. Il fatto 7,J6-50; Mt. 18,2I-35; 21,31 s.). Egli
che Dio è Signore e che l'uomo è ob- prnmette ai discepoli che li riconoscerà
bligato verso di lui viene preso con se- innanzi al giudice divino e in tal modo
rietà radicale, sl che tutti i mezzi u- li garantirà da ogni condanna (Mt.10,
mani per difendersi di fronte al giudi- 3 2 ). Per loro il giudizio finale diventa
zio di Dio vengono meno. La norma quindi la redenzione, che essi attendo-
del giudizio divino è nota: è la legge, no con impazienza, tanto più che, essen-
cioè il comandamento dell'amore 61 • Cir- do discepoli, soffrono perseruzioni (Le.
ca la modalità del giudizio Gesù non 21,28, dr. 18,6-8). La venuta del regno
ba fornito maggiori particolari 62 ; non di Dio, cioè il giudizio finale, è oggetto
ro A ciò corrisponde il fatto che Gesù ricono- sponsabilità morale, anche senza che occorra
sce espressamente la validità della legge (del raffigurare e tanto meno concepire come, quan-
comandamento d'amore di Dio), Mt. 5,q ss. do e dove esso si attui, sl che una disquisizio-
Né l'uno né l'altro di questi tratti può essere ne sull'impossibilità di raffigurarsi un giudizio
eliminato dall'immagine che i sinottici danno o sul carattere mitico di ogni raffigurazione del
di Gesù senza deformarla radicalmente. eiudizio escatologico (anche di quella di Mt.
61 Non, quindi, una somtnA di divieti e coman-
25 131-46) è del tutto irrilevante. Sull'idea del
fuoco del giudizio, ecc. - idea che ha la sua
damenti di ogni tipo. In ultima analisi è deci-
origine neil'A.T . e che prosegue nel N.T. -
sivo il rapporto dell'uomo con Gesù (Mt.rn,
-+ 'ltiip.
32-33 ), ma soltanto perché Gesù annuncia il
comandamento dell'amore nella sua assoluta
purezza e ne incarna l'adempimento, sl che ol Sempre, infatti, è la parola di Gesù a deci-
ogni atto di amore a favore di un bisognoso è dere sulla sorte dell'uomo, sia che si veda in
fatto a lui stesso: Mt.25AO. Cfr. KXHLBR e~ lui il giudice, o il suo consigliere. «Nulla e
nota bibliogr.) 572,23 ss. nessuno, nel mondo degli uomini, giunge alla
62 Gesù considera il giudizio di Dio come una propria fine senza che il suo destino si decida
realtà della coscienza, cioè come una realtà che di fronte alla persona di Cristo» (KAHLER, :no,
s'impone a colui che è cosciente della sua re- 45 ss.).
xplvw (F. Bilchsel)
della loro preghiera quotidiana (Mt. 6, nel giudizio finale. In quanto è la parola
.I O). Il perdono, con il quale Gesù eleva di colui che attua il giudizio eternamen-
l'uomo oltre il giudizio e il timore di te valido, essa fa cadere la decisione sul-
esso, è possibile soltanto se si è inse- l'uomo, non soltanto per l'oggi, ma per
riti nella comunione personale con lui, l'eternità. Se fosse soltanto di un ulti-
non è un possesso assicurato. Perciò de- mo profeta prima del giudizio finale,
ve essere richiesto ogni giorno (Mt.6, questa sarebbe una parola di Dio tem-
12) e deve manifestarsi nella miseri- poranea, bisognosa di essere conferma-
cordia verso gli altri (Mt.6,14; 18,21- ta dal giudice nell'ultimo giudizio, co-
35 ). Nella predicazione di Gesù riceve- me la parola del Battista aveva bisogno
re il perdono di Dio e concedere il per- di esser confermata da Gesù, giudice
dono al fratello sono due elementi in- del giudizio finale, ed effettivamente lo
scindibili. Altrimenti il giudizio di Dio fu (Mt.n,7-19). Ma se non avesse ot-
riappare in tutta la sua forza. Ciò non tenuto tale conferma, cioè fino a che
significa però che il perdono di Dio rea- degli uomini la odono e la leggono in
lizzato da Gesù sia temporaneo, condi- questa vita, certo essa non sarebbe la pa-
zionato, in prova. La mancanza di mi- rola di Dio che decide dell' eternità di
i;ericordia, a causa della quale l'uomo lo chi l'intende. Se si elimina la messianità
perde, è infatti assolutamente insensa- di Gesù, si toglie alle sue parole la loro
ta e ingiustificata e intimamente impos- vera attualità e quindi la loro forza crea-
sibile a chi sia stato davvero afferrato trice de1la storia 64 •
dal perdono di Dio. Quando Gesù ren- La predicazione di Gesù assume l'idea
de testimonianza a se stesso con l' e- del giudizio nella sua profondità estre-
spressione «Sono io!» (Mc.14,62) allo- ma. Di fronte alla sua concezione del
ra si compie la predicazione del giudi- giudizio, quella giudaica manca di vera
~io. Per gli ascoltatori questa predica- forza di penetrazione, poiché manca del-
zione acquista un'insuperabile forza e- l'estrema chiarezza, soprattutto perché
spressiva e capacità d'appello, perché il il giudeo lascia all'uomo la speranza di
predicatore è al tempo stesso il giudice bilanciare i suoi peccati con i suoi me-
64 Il sermone st1l monte riferito da Mt. rivela detto in Mt.24135. Se si toglie alla parola di
l'importanza del predicatore, mostrandolo, alla Gesù il suo carattere messianico, diventano in·
luce della parabola conclusiva (7,22 s.), come il comprensibili i risultati della sua opera di pre·
giltdice escatologico. Solo perché egli è presen· dicazione, la sua morte e la fede che la comu-
.te, la sua critica al fariseismo e le sue beatitu· nità ha in lui. Cfr. BuLTM.ANN, Jesus (1926)
clini acquistano tutto il loro peso eccezionale: 29 s.; rn., Erforschtmg der synoptischen Evan-
qui non c'è uno che dice la parola di Dio, se- gelien (1925) 34; rn., Gla11ben 11nd VersteheJJ
condo quanto afferma :r Cor.13,10-12; qui par- (1933) 203.
la uno, a proposito del quale vale quanto è
xplYw (F. Biichsel) (m,938) 1066
riti, sl che egli non ha bisogno di pre- te fa parte della totalità della sua ope-
sentarsi a Dio in una situazione radical- ra, mediante la quale egli superò il giu-
mente debitoria, non è orientato in mo- daismo donando all'uomo la pace con il
do radicale ed esclusivo verso la grazia. suo creatore e giudice. Non se ne può
D'altro lato, però, Gesù dona una li- togliere nulla.
berazione reale dal giudizio di Dio, poi- La comprensione della predicazione
ché egli porta dal cielo in terra il per- e della persona di Gesù è rigorosamen-
dono divino (Mc.2,10). La maestà dcl te legata alla comprensione della con-
giudizio e del perdono si afferma in cezione che egli ebbe del giudizio. Se
lui senza riserve, mentre nel giudaismo il giudizio di Dio, attestato da Gesù,
l'uomo fa sempre ricorso alle sue opere, non esiste, allora Gesù con la sua pre-
cercando di farsi valere in qualche mo- dicazione può avere, sl, un significato
innanzi a Dio, e perciò non giunge mai storico, cioè un significato che va pro-
ad essere libero da giudizio. II proble- gressivamente riducendosi, ma non si-
ma, insoluto e insolubile nel giudaismo, gnifica nulla quanto al rapporto dell'uo-
qui viene invece risolto, e la pietà di- mo con Dio. Inversamente, se questo
viene veramente la forza portante della giudizio di Dio esiste, la vita umana è
vita. Per i giudei il perdono di Ges\1 disperata e insopportabile senza la pa-
era del tutto incomprensibile: essi non rola di Gesù che afferma: «l tuoi pecca-
potevano che respingere come bestem- ti ti sono rimessi» 66 •
mia la liberazione dal giudizio di Dio,
donata da lui (Mc.2,7), e quindi ucci- 3. La predicazione di Paolo è tutta
derlo 65 • La sua morte divenne cosl la dominata dall'attesa del giorno dell'ira
condizione perché i suoi ottenessero la e del giusto giudizio di Dio, che ren-
liberazione dal giudizio di Dio (~ M- derà a ciascuno secondo le sue opere
-.pov ). Ciò non è stato affermato dalla (Rom.2 1 1-II ). In questo caso le opere
comunità soltanto in un secondo tempo, sono la condotta personale dell'uomo
ma, per chiunque prende la sua opera quale si presenta in concreto, non gli
cosl com'è stata, è parte della realtà sto- aspetti esteriori che, indipendentemen-
rica del suo perdono. Anche la sua mor- te da quella, possano pretendere a qual-
6> Cosl la comunione con Dio che Gesù me- 23,43; 16,23, il verificarsi di un giudizio sul
dJava ai suoi discepoli non era affatto di tipo singolo immediatamente dopo la sua morte, o
giudaico. Essa era, certo, la risposta a un pro- se egli abbia atteso il giudizio soltanto nel qua-
blema giudaico, ma non risposta tale da scardi- dro della risurrezione universale e della sua
nare totalmente il giudaismo. parusia, è irrilevante per colui che ne accetta
la predicazione come viene presentata (~ <i-·
66 Chiedersi se Gesù abbia insegnato, in Le. O'l']c;, -;) yfr.wa., ~ 'ltap&:OELo-oc;).
xplvw (F. Biichsel)
che validità; il giudice infatti è colui giacché sono giustificati. Ma egli basa
che conosce ogni cosa, che penetra in- questa certezza, in modo rigoroso, non
teramente l'uomo con il suo sguardo. sul rinnovamento etico, legato alla giu-
Tutti gli uomini senza eccezione, anche stificazione, bensl unicamente su Cristo
i cristiani, devono comparire di fronte (Rom.5,9.rn; 8,33.34). Perciò può at-
al giudizio di Dio (2 Cor.5,10). È impos- tendere salvezza anche per coloro la cui
sibile affermare che questa idea del giu- vita non regge nel giudizio finale (I Cor.
dizio sia valida solo in funzione pole- 3,15) 68 •
mica antigiudaica e possa essere intesa
soltanto in termini dialettici 67, dato che 4. Nelle epistole e nel vangelo di
essa è fatta valere pure nei confronti Giovanni l'attesa del giorno del giudi-
dei cristiani (2 Cor. 5, rn). Al contra- zio (r Io.4,17), nel quale tutti i morti
rio, essa ha un valore assiomatico (cfr. risuscitano (Io. 5, 28 s.), costituisce il
Rom.3,6). Come Paolo conosce l'ira di presupposto costante. Non soltanto i
Dio come una realtà già ora manifesta giudei, ma anche i discepoli di Gesù a
(Rom.1,18 ss.), cosl per lui già a parti- causa di lui vengono minacciati dal giu-
re dal peccato di Adamo la condanna dizio (fo.I5,6). Il giudizio, in tutta la
(xa.-çaxptµa.} di Dio incombe sull'uma- sua portata, è rimesso nelle mani del
nità {Rom.5,16.18.19). Ora la bontà e Figlio (5,22.27). Naturalmente questi,
la pazienza di Dio concede ali' uomo nella sua vita storica, è venuto a salva-
tempo per ravvedersi (Rom.2'4). La de- re, non a giudicare (3,17; 8,15; 12,47);
cisione ultima ha ancora da venire. Il ma egli non può evitare di giudicare ( 8,
problema della giustificazione è quindi 16}; nell'ultimo giorno sarà la sua pa-
il problema centrale della vita umana, rola a giudicare (12,48). Il giudizio è
e viene risolto dalla grazia riconciliatri- già in atto sugli increduli (3,18.19). Pa-
ce di Dio <~ XfX.'"C«À.ÀMcrw, n..a.aTij- rallelamente, anche dei credenti si può
piov }. Paolo è certo che nel giudizio fi- dire che non vengono in giudizio, che
nale i credenti (Rom.8,31-39) e persino sono già passati dalla motte alla vita
gl' incestuosi (I Cor. 5 ,5} saranno salvi, (lo.5,24, cfr. I fo.3,14}. Perciò essi han-
67 A. RITSCHL, Rcchtfertigung tmd Versoh- cazione mediante la fede; senza la prima, la se·
11ung n (r900) 319. conda perderebbe la sua serietà e la sua pro-
68 La dottrina di un giudizio in base alle ope- fondità. Naturalmente, l'idea della giustifica-
re non sl contrappone quindi alla dottrina del- zione senza le opere abolisce l'idea del giudizio
la giustificazione mediante la fede; essa non è in base alle opere: ma lo fa includendolo fu
nemmeno un residuo d1 teologia giudaica, an- sé come elemento perennemente valido, non
cora presente in Paolo. La dottrina del giudi- escludendolo quasi fosse menzogna o errore.
zio in base alle opere è il presupposto durevo- Cfr. F. BiicHSBL, Theologie des Neue11 Testa-
le e sempre valido della dottrina della giustifi· me11ts (1935) 122 ss.
xpl\lw (F. Biichsel)
no fiducia nel giorno del giudizio (I Io. 3,3.16). Il suo Cristo è per tutti, in mo-
4,I7, cfr. 2,28; 3,21). Allo stesso mo· do assoluto, il giudice. Risulta anche in
<lo, il giudizio sul mondo si è già at- questo libro il valore centrale che l'idea
tuato (I2,3r). Il suo principe, il diavo· del giudizio ha nel N .T.
lo, è già giudicato (X2,3r; I6,n) nel·
l'ora in cui il Figlio di Dio ha deciso 6. Nella r Petr. si invita con insisten-
di sacrificarsi per la gloria del Padre e za al timore di Dio quale giudice (2,r7;
Dio ne ha proclamato la glorificazione r ,17) e si sottolinea che il giudizio co-
(I2, 27- 3r). L'elemento caratteristico mincia dalla casa di Dio, cioè dalla co-
della concezione giovannea del giudizio, munità (4,17). La Lettera agli Ebrei met-
anche a paragone con la predicazione te bene in guardia dal rischio di pren-
paolina, è dato da questa singolare at- dere alla leggera il giudizio di Dio ( r o,
tualizzazione del giudizio nei suoi due 2 6-31), che si rivolge appunto contro il
69 In tal modo, però, l'elemento temporale non suo ambiente. L'idea del giudizio finale trova,
è svalutato, anzi è elevato al suo valore più al- in questo contesto, il suo esatto parallelo nel-
to. La predicazione e l'opera di Gesù e la po. l'idea della risurrezione. Chi ha già ora la vi-
sizione che l'uomo assume di fronte a lui, cioè t11, ha però ancora bisogno di una risurrezio-
ciò che si verifica nel tempo, decidono dell'e- ne avvenire (.5,24-29; 6,40.44.54), poiché la
ternità dell'uomo. Non è giusto valutare il di- morte ha annullato ogni distinzione fra lui e
scorso «sul giudizio nell'ultimo giorno, _5,28. gli altri. Né l'una né l'altra sono adattamento
29; 12,48» come «adattamento alla mentalità alla mentalità popolare. Con quest'idea si im-
popolare» (BAUl!.R, ]oh., a 3,18). Siccome al mette nel quadro giovanneo un elemento dcl
mondo non appare (I Io.3,2) che l'incredulo è tutto estraneo. L'idea del giudizio finale e del-
già giudicato e che il credente è già passato la risurrezione nell'ultimo giorno, comune al
alla vita, è necessario un giudizio finale, che protocristianesimo, rappresenta, anzi, il terre-
renda palese questa distinzione. Giudizio e 110 dal quale sono sorte le singolari concezioni
possesso della vita riguardano non soltanto giovannee di un giudizio finale e di una risur-
Dio e l'individuo, ma anche l'individuo e il rezione già avvenuti.
xplvw (F. Biichsel)
degli altri, né sì auspica una cieca ri- passione, come spesso avviene nei miti
nuncia a pronunciare un giudizio retto del giudizio; esso è invece la conseguen-
e serio sugli uomini con i quali si ha da za intimamente necessaria del peccato
vivere; ma viene richiesto in modo ri- dell'uomo. Ogni azione umana è una
goroso che tale giudizio sia subordina- semenza; il giudizio di Dio è la messe
to alla certezza che il giudizio di Dio ad essa rispondente, inevitabile e natura-
coglie pure colui che giudica, sl che le (Gal.6,7.8). Il giudizio di Dio appor-
ogni arroganza, ogni mancanza di mi- ta il necessario compenso della condot-
sericordia, ogni cecità nei confronti del- ta umana (Rom.r,27). L'uomo reca di-
le proprie mancanze venga evitata e nanzi al trono del giudice divino ciò che
siano invece garantite la prontezza a egli ha fatto (2 Cor.5,ro). Una relazio-
perdonare e l'intercessione. L'insistente ne organica collega l'azione dell'uomo
estensione, da parte di Gesù, del coman- con le sue conseguenze nel giudizio di
damento deil' amore, in questo campo Dio. Se questa relazione è istituita dal-
ebbe conseguenze di vasta portata. Es- l'azione di Dio, non per questo diviene
sa fece sl che la disciplina penitenziale casuale o arbitraria: il Dio del N.T. è
con pene corporali, esercitata dalla si- infatti, appunto nel suo giudicare, il
nagoga con durezza spietata (2 Cor.u, santo e il giusto, il cui procedere supe-
24), e in genere l'asprezza, lo spregio ra senz' altro la comprensione umana,
e il senso di superiorità con cui i farisei rna rimane sempre degno di adorazio-
trattavano coloro che ai loro occhi era- ne (Rom.n,33-36). Anche l'ira con cui
no peccatori, non avessero seguito nel- egli giudica è santa, non è mera passio-
la chiesa, sl che la disciplina ecclesiasti- ne (~ 6py1) ). La volontà di Dio per gli
ca poté essere esercitata in modo preva- uomini - detto in termini semplicemen-
lente, se non esclusivo, con mezzi peda- te etici: l'ordine etico - è un ordine
gogici e pastorali. Proprio l'assoluta se- non semplicemente del dover essere, ma
rietà attribuita nel vangelo al giudizio dell'essere. Dio non è, infatti, soltanto
portò a questo superamento di un puro <dl legislatore morale», ma è al tempo
legalismo nella pietà e nell'etica della stesso il creatore e il sovrano del mon-
comunità cristiana. do, senza il quale nulla si verifica nel-
la vita del mondo come in quella del-
8. Una critica illuministica si oppone l'uomo (Mt.ro,29-31); senza di lui non
oggi alla concezione neotestamentaria vi è nella vita umana né salvezza né ro-
del giudizio, considerandola mitica e a- vina (Rom.1,r8-32). Ciò che egli esige
morale. A tale critica occorre anzitutto dall'uomo non è altro se non ciò che ha
obiettare che nel N.T. il giudizio non voluto creando l'uomo e che costituisce
è un atto arbitrario di Dio, mosso da il fondamento della sua esistenza. I
xplvw (F. Bikhsel)
xpl<nç
t Altri esempi in LmnELL-ScoTT, s.v. xuplcv, l'idea che soggiace a 2 Pelr.2,n è la
2 In Iudae 9: Mtxa'JÌÌI.... oùx h6)..µ'l')uEv xpl- seguente: il testimone, che mette in luce la
utv btEVEYXELV ~Àauqniµ!aç, e in 2 Petr.2,u: colpa dinanzi al giudice, provoca la condanna
liyyeÀ.oi... où q>épouaw xrx:t' aù-rwv itapà. xu- del colpevole, cfr. Mt.I2,27.4r ~ xpt-c1Jç n. 4.
pl!(l ~Mcrqniµov xplatv, xpl<TLc; è il giudizio A questa spiegazione si adattano perfettamen-
quale condanna. Michele o gli angeli non osa- te pure i verbi t1tE\IE')'XEtv, cpÉpeW, i quali in
no applicare la sentenza di condanna al diavolo Io.18,29 e Act.25,18 sono usati a proposito di
o alle o6!;at; naturalmente ciò avverrebbe oral- imputazioni, in 2 Petr.2,n a proposito di te-
mente, ma non per questo xpl<TLç va tradotto stimoni. xplcrL<;; ~Àa<Tcpl)µlac; è gen. di qualità,
con 'sentenza'. .Aln:!eno se si considera il 1tapà. cfr. BÀ.acrcp11µov xplaw.
xplµ('L (F. Biichsel)
xplµcc. 950).
1 Cfr. BL.-DEBR. § 13; 109,3. 4 A ciò corrisponde 'tÒ xpl1.1.oc 'ti\ç 1t6pv'T)ç,
2 Questi due significati non sempre si possono Apoc.17,r, l'unico caso nel N.T. in cui xpl1m
nettamente distinguere. si trovi con il gen. dell'oggetto; tale genitivo
3 liLocf3oÀ.oç, in questo caso, è l'uomo bestem- non ha nulla a che vedere con quello dei LXX
miatore (dr. V. 7), non il diavolo (~ II, col. (~ n. 7).
xpvnic; (F. Biichsel) (m,944) 1080
tutte queste espressioni Jl;plµa significa "t'à. xplµa"t'ci µou xp~voùcrtv (Ez.44,24),
sentenza penale (--+ a) 5 • In I Cor. 6,7: -.à ~paxfo. "t'W\I xptµa:twv xpwovcn.v
xplµcx."t'a.. ex1m: µi;J)' ÈUU'tW'V, il termine a.vnl (Ex. r 8,22 ), xplvwv xrx.t ÈXSTJ't'W'\I
xplµcx. vuol dire processo; non vi sono xplµa (Is.I6,5), xptvE'i: 1) crova:ywyi) ...
altri passi che documentino tale signifì- XCX'tÒ: 't'à xplµcx.'t'ct. 't'UV't'<X. (Num.35,24).
cato 6, ma esso si desume da b).Il signi- I LXX non offrono quindi un parallelo
ficato del vocabolo in Apoc.IS,20: expt.- perfetto ad Apoc.rS,20.
\/E\I ò ikòç "t'Ò xplµa. vµwv Èl; CX.Ò't'f}ç,
5 Nella sostanza, in queste espressioni xplµa oLXctO''tTJV. Non vi è differenza sostanziale fra
ha, a nostro modo di vedere, il significato di questi due vocaboli; si può solo dire che il se-
pena; alla lettera significa però la sentenza, che condo è meno frequentP.. A. ScHLATTER, W'ie
naturalmente comporta la pena. Lo stesso va· sprach Josephus von Gott? (BFTh 14,1 [1910]
le per lc.24,20: 7tctpé8wxa.v c.&tbv... Elc; xplµa. 56) cerca di accertare in Giuseppe una diffe-
l}a.va:tov. renza di sjgnificato: xpL"t'TJ<; fa pensare «alla
6 In Ex.18,22 xplµrx:m se non ha proprio que- decisione giuridicamente valida, normativa per
sto significato, vi si avvicina assai. la condotta ulteriore», mentre OL'XCX.CT't'TJ<; fa
7 Ex.23,6; lob 13,18; 19,7; 31,13; 32,9 ecr. pensare alla vigilanza sul diritto vigente, me-
diante sentenza ed esecuzione della pena; ma
XpL·d1c; si tratta dì una distinzione non convincente né
CREMER-KOGEL, PREUSCllEN-BAURR, s.v.
fondata.
1 Nel greco attico puro e nello ionico xpL-i:1); 2 xpt-.i)c; -.fjç cioLY.ia.ç è gen. di qualità, BL.-
significa soltanto colui che valuta, l'arbitro di DEBR. § 165 (cfr. o µaµwvfu; i:ijç ciotxlaç,
un combattimento, non il giudice penale, il Lc.16,9=ò ltoLxoc; µaµwvfu;, Lc.16,11), cioè
quale è invece designato con OLXCXO''t'1]c;, che una costruzione semitizzante.
da Eschilo e Sofocle in poi è sinonimo dì 3 Pure ota.'ì...oytoµWv 7tOVlJPWV è un genit. di
XpL'dJc;: E. FRAENKRL, Geschichte der griechi- qualità: un giudice guidato da malvagi pen·
schen nomina agentis... II = Untersuchungen wr sieri.
indogerma11iscbe11 Sprach- und Kulturwisscn- 4 L'espressione è giudaica; il testimone 'giu-
schaft 4 (1912) 32 s. Nel N. T. lìtxa.cr-.1)c; si dica' l'accusato, quando questi viene convinto
trova solo in Act.7,27.35 con riferimento a Ex. della sua ingiustizia sulla base di questa testi-
2,14 (LXX). In Lc.12,14 va letto xpL't'TJ'll, non monianza. Cfr. xa.'t'cx.xpwoiiaw in Mt.12,41, e
xpvrl]pLov, xwrnc6c; (F. Buchsel)
soltanto in Luca e in Paolo, per lo più tri cristiani egli è perfino il servo di un
a proposito di persone trascinate in giu- Signore straniero. Secondo questo cri-
clizio (Lc.23,q; Act.4,9; 12,I9; 24,8; terio Paolo si è comportato con le sue
28,I8; 25,26 [&.vaxptcnç]); a proposi- chiese e con gli apostoli. Per le sue chie-
to di un'indagine quasi giudiziaria, cui se, finché vi era in esse la vita di Cristo,
gli orgogliosi di Corinto assoggettano egli non ha voluto essere un'autorità,
l'apostolo Paolo: I Cor.4,3, (jn contra- ma un aiuto per la loro letizia (2 Cor.
sto, in 4,4, con l'autentico &.vcx.xplvetv r,24). Non era affatto il tipo del padro-
del xuptoç); 9 ,3; accanto ad D..tyxew I I ne, che «con tutte le sue forze cerca
Cor. 14,24. In senso più generale: inda- di costringere gli altri a ricevere come
gare, ricercare (I Cor.rn,25.27); Act.I7, norma i propri pensieri» 3 • Egli voleva
II, detto della ricerca scritturale dei che ciascuno vivesse secondo coscienza
Giudei in Berea; I Cor.2,14.15, per de- (Rom.I4 s.); ma quando le sue comuni-
signare la capacità di giudizio e la su- tà vivevano una vita puramente 'car-
periorità del 1tVEVµa:nx6c;, con una sfu- nale' (I Cor. .3, 3), le ha riprese senza
matura del significato di indagine giuri- mezzi termini (2 Cor. 12,I 9-13,rn). Un
dica, la quale costituisce pure una valu- rapporto comunitario sorge, per Paolo,
tazione a proposito di quanto accenna- solo sul fondamento di Cristo, cioè dal
to in 4,3; 9,3. L'audacia perfino singo- comune vincolo con lui, non immedia-
lare di quest'affermazione è fondata e tamente dal vincolo dei credenti fra di
spiegata al v. 16: il 'pneumatico' è co- loro. La comunità non è una democrazia
sl legato a Cristo, che il suo pensiero è 'pneumatica', bensl un organismo 'pneu-
il pensiero di Cristo. È quindi falso ob- matico'•. La sua unità è costituita dal-
biettare che tale autocoscienza di 'pnw- l'amore, non dalla costrizione.
matico' distruggerebbe il contesto cQ-
munitario, qualora ciascuno pretendes~ &:1eoxpl\lw, t Ù\1-ta:itoxpl'lloµa,t
se di avere un simile diritto. Questo L'uso di Ù'1toxpl\IW è molteplice. Al-
•pneumatico' cosl legato a Cristo è i' attivo significa: a) mettere da parte,
separare (ad es. le secrezioni corporali),
membro del corpo di Cristo (I Cor.12, o ancora, con significato secondario,
1~27 ), cioè si trova nel contesto vitale consacrare; b) Ù'ltoxpl'Voµai. al passivo
della comunità. Naturalmente egli è signifìca isolarsi, inclinare verso; e) d-
soggetto soltanto al Signore (Rom. 14, 'Ttoxpl\lw all'attivo significa condannare,
respingere; d) àTCoxpl\Joµa.i., al medio,
4), non a una decisione di maggioran- giustificarsi; e) à'ltoxplvoµai., al medio,
za o anche a uno degli altri. Per gli al- rispondere, a partire da Erodoto, il qua-
J REITZENSTEIN, Hcll. Myst. 378. 4 F. BiiCHSBL, Der Geisl Gottes im Neucn Te-
stament (1926) 352.
chtoxplvw (P. Bi.ichsel) (m,947) 1086
&.7toxplvw X'tÀ.
I vocabolari, s.v.; DALMAN,\Y/orte J. 19,20. 2 GESENIUS-BUHL, s.v.
1 L IDDELL-SCOTT, PAPE, PASSOW, s.v. 3 BL.-DEBR. § 78; PREUSCHRN-B AUER, s.v.
(bt6xpLµa. (F. Biichsel)
bile è che si trattasse di una grave malattia, 'correttamente', che è indispensabile all'inter-
dato che le fonti non ci dicono che egli sia sta- pretazione del Weiss, non si trova nel termine
to in carcere ad Efeso. otaxplvew ma costituisce un'opzione.
<Ì:1t6XpLO'L<; 5 Sul collegamento fra o~axplvew e à.và. µÉCTOV
cfr. fa;.34,q.20; OLa.xpww a\IOC l.1ÉC10V 1tpo(3fi-
1 Cfr. i vocabolari, soprattutto PREUSCHEN -
"t'OU xat 1tpo(3&.-rou (1tpo (3&;-rou luxupov xat
BAUER, s.v.
7tpo~&i:ou àcri>i::vou<;). Il singolare &.oi::).cpou,
otuxplvw dopo avà µfoov, malgrado il parere contrario
PASSOW, PAPE, PREUSCHEN - BAUER, s. v.; di P. ScHMIEDEL, Hand-Kommentar wm N.T.
ScHLATTER, ]l;Jt. a 21,21; HAUCK, W111101scH, II, r: Die Briefe on die Thessaloniker rmd Ko·
DrnELIUS, a Iac.1,6; 2,4; Jon. WEiss, BACH- rinther [1893]), ad l. e di }OH. WErss, ad l.,
MANN, LIETZMANN, a I Cor.6,5; II,29; KJ.(OPF, non può essere eliminato congetturalmente. La
WoHLENBBRG, WINDISCH, a Iudac 22. scorrettezza sintattica va cosl spiegata: il dop·
pio, .corretto &.vèt. µÉC1ov aoE).<poV xa.t aoE}.qiov
1 Cfr. PAPB, PASSOW, s.v.
(cfr. Ez.34,17.20) è parso troppo prolisso. È si-
2 Cfr. HATCH-REDP., s.v. gnificativo che iri. Ecclus 25,18: àvà µÉcrov 'tW'J
3 Bisogna comunque leggere l'attivo ow.xpl- 1t).lJO-LoV, vi sia una variante avà µÉC1o\I "t'OU
w1..v-r:a, non il medio oLaxpw&.µEvov. Vi è un 1tMJC1Lo\I CJ.U't'OU (dr. RYSSEL, in KAUTZSCH,
indubbio accostamento a I0,20, ma ancora più Apkr. 1, 360 ad loc. e 248): un singolare non
stretto è quello con I5,9· collettivo, dopo &.và µ_Écrov, appariva occasio-
4 Cosl va inteso, insieme a Bachmann e a Lietz- nalmente, ma veniva avvertito come scorretto.
mann, contro l'interpretazione di Joh. Weiss. : 6 Xenoph., hist. Graec.5,2,IO; Ditt., Syll.' 545,
<mon valuta correttamente». La precisazione 18; Or.43,4.II; ep.Ar.no.
otaxp~vw (l•. J:Stichsel}
e valutare una situazione, Mt.16,3: 'tÒ ha qui la sua origine e nemmeno ne rap-
1t'p6a-w1tov "COU oùpa.vou, ovvero una per- presenta un caso particolare. Nel N.T. il
sona, I Cor. l l, 3 l: È1w't0Ùç bLExplvo-
µEv 7; senza oggetto in ICor.14,29 8• Il dubbio è un fenomeno specificamente re-
medio Sta.xpl'Voµa.r. (con l'aoristo passi- ligioso. Secondo Mc. 11,23; Mt. 2 1 ,21 ,
vo) significa lottare 9 in I udae 9: 't0 l'uomo ha la promessa di Dio, e ad essa
8w:~6).~ ota.xpw6µEvoç; Act. II ,2: bLE-
xplvov'to ?tpòç aÙ'tÒV (Pietro) ot f.x '1tE- si attiene quando, mosso dalla fede, si ri-
wroµijc;, ovvero dubitare; ma questo si- volge a lui (o alla montagna), ma al tem-
gnificato non è attestato prima del N. po stesso considera impossibile, o per lo
T. (dr. Mc.11,23; Mt.21,21; Iac.1,6; meno incerto «che ciò che egli dice, av-
2,4; Rom.4,20; 14,23; Act.10,20) 10•
venga». Egli è interiormente diviso, si
2.L'atteggiamento espresso dal N.T. fida e non si fida. Per Gesù un atteggia-
con OtaxplvE<ritat, dubitare, si manife- mento di questo genere è l'opposto della
sta nella preghiera e nell'azione, non fede, come mostrano pure Mc. 9,14-29
nella riflessione razionale, e la cosa è si- par. (dr. vv. 19.23) e Mc.4,40 par. Iac.
gnificativa. In otaxplvE<ritcX.t non è in r,6 descrive plasticamente l'orante ota-
gioco una dottrina umana, ma la parola xpw6µEvoc;: egli non si attiene saldamen-
di Dio. L'epoca neotestamentaria co- te alla promessa di Dio, ma oscilla senza
nosceva uno scetticismo scientifico e u- appiglio come l'onda del mare; è «dop-
na paralisi di ogni sicurezza e decisio- pio d'anima» e incerto in tutta la sua
ne, bloccata da motivi personali. Ma condotta (v. 8). L'aggettivo Sl!Jluxoc; ne
il 01.aXptVEcriJaL neotestamentario non esprime molto bene l'intima divisione.
7 La lezione preferita da Joh. Weiss, bcp!vo- fetica, non la comunità. Non è lecito inserire
µev, è attestata in modo insufficiente e distrug- qui l'idea della comunità sovrana, in senso de-
ge l'aggancio del v. 31 al v. 29. Non deve stu- mocratico.
pire il mutamento di significat.o nell'accosta- 9 Tale significato è largamente documentato
mento del medesimo termine nei vv. 29 e 31; pure all'infuori del N.T., soprattutto in Poli-
la cosa è naturale in collegamenti cosl elastici. bio; dr. PAPE, PAssow, s.v.
Al v. 31 Paolo richiede il giudizio su se stessi m In ludae 22, oon Wohlenbetg, Knopf e Win-
in generale, al v. 29 invece soltanto la capaci- disch, contro il Nestle, è da preferirsi il testo
tà di distinguere il corpo sacramentale del Si- tripartito (cfr. l'ampia discussione in Knopf e
gnore dal semplice pane. La traduzione del Wohlenberg): oi>c; ~V n.tyxe-cE OLa.XpWoµÉ-
Lietzmann ('saggiare'), con richiamo al Boxtµa.- \IOIJ(,, oOc; lit a$~-c& lx mJpòc; aprc&:l;ov-c&c;,
~hw del v. 28, cosl come l'interpretazione del oOc; lit fM:éi't& bi cp6~<p x-cl. Nel primo mem-
Bachmann (distinguere), lasciano perdere la ne- bro lM:éin - al posto di t),éyxE-cE - rappre-
cessaria uguaglianza di signifìcati fra i verbi senta un'assimilazione al terzo. Nel terzo mem-
della prima e della seconda parte della frase bro è meglio leggere H..Eii.-ce, piuttosto che tx-
e il v. 31. ~aM't& (Windisch) o f>..acra'tE (Wohlenberg).
B Non si pensa tanto a ciò che i profeti hanno Qui Sr.a.xpwoµtvovc; può significare: x. giudi-
detto, quanto agli spiriti dei profeti (12,10). I cati (Vu.lg.: arguite iudicatos), 2. se lottano, 3.
soggetti sono i carismatici menzionati in 12, se dubitano. Il terzo significato è quello che si
10, o i profeti che non parlano con parola pro- adatta meglio; il primo è impossibile.
o~cx.xpww \l'. nucnsc11
luogo santo uno che in cuor suo dubiti. ritorna pure il suo giudizio negativo sul
Colui che dubita nella preghiera, è ne- dubbio.
mico di se stesso, e nemmeno gli angeli
si accordano con lui. Abbiate dunque 4. Da un punto di vista storico, ota-
sempre un cuore solo nel Signore, affin- xplvE<Ti}aL, nel senso di dubitare, è in-
ché conosciate ogni cosa (il testo sahidi- novazione del cristianesimo di lingua
co differisce un poco). Se questa parola greca. Il greco usa, per esprimere l'atto
fosse giudaica, precristiana, il comanda- del dubitare, oto..·t&.sw, &.µqncr~1J-tÉw,
mento di Mc.n,23 (Mt.21,21) e di Iac. &.µqnBaÀÀw. Di questi termini, nel N .
e, 6 andrebbe desunto dal giudaismo. T. troviamo solo ÒLcr-cO.~w in passi di
Nel testo pubblicato dallo Steindorff si Mt. senza parallelo in Mc. o in Le. ( 14,
deve in ogni caso tener conto di inter- 31; 28,17) 13 • Il N. T., per esprimere il
polazioni cristiane. Probabilmente tutto dubbio, usa ancora un altro termine,
questo testo è cristiano, il che non esclu- otaÀ.oytcrµ6ç. otcx.xpl\loµcx.t, nel senso
de che vi siano stati pure dei Secreta di dubitare, manca negli scritti dei Pa-
Eliae prophetae giudaici (cfr. Schiirer dri apostolici, mentre si trova nel pro-
m', 361 ss.}. tovangelo di Giacomo (II, 2) e in Ps.
L'attenzione per il dubbio, nel N.T., Clem., Hom. I, 20; 2, 40. Il termine
si è dunque affermato in misura as-
è palesemente la controfaccia della pro-
sai limitata e non ha retto alla con-
messa incondizionata ricevuta dalla fe. correnza di &cr-casw. L'equivalente ara-
de. L'una e l'altra vengono da Gesù e maico di otax.plw:cri7m., dubitare, è evi-
derivano dalla pienezza della comunio- dentemente plg, in forme passive o ri-
flessive . Per la verità, esse non signifi-
ne con Dio, che egli aveva e di cui era cano mai 'dubitare', ma in Dan. 2,4r
il latore. Poiché da parte dell'uomo al- malka peliga è il regno non unito, di-
la comunione con Dio non occorre altro viso (LXX, otµw{)c;; Teodozione, OLTI-
Pl)µkvl))" e peltg designa chi è di parere
che la fede, il dubbio già la spezza, es- mutevole, o anche una tradizione incer-
sendo questo il peccato che esclude dal- ta (cfr. Tg.J. II a Gen.49,1; B.M. bah.
1' aiuto di Dio. Con la grazia divina si 5 a; j. Kil.32 a righe 18 ss.) 14• palgiJ si-
gnifica la metà e la condotta incoerente;
approfondisce e si fa di un'immediatez-
pelUgta' è il contrasto; pilleg làson si-
za assoluta l'esigenza con cui egli si ri- gnifica rendere la lingua doppia 15• L'e-
volge ali' uomo. Poiché nella comunità spressione <du dici questo con bocca di-
di Gesù, soprattutto secondo Paolo e an- visa» (b"falgut pumiik) è il contrario di
parlare «a bocca intera» (bekol pumàk).
che secondo Giacomo ( ! ), ritorna l'ap- (j. Pes.32 e riga 44) 16• La scissione, che
prezzamento di Gesù relativo alla fede, nel giudaismo veniva considerata nella
lingua o nella bocca o nell'opinione del- In ogni caso oiaxplvoµa.t, a quel che
la maggioranza degli uomini, viene ri- ci è dato sapere della storia di questo
scontrata da Gesù nel comportamento
dell'uomo dinanzi alla promessa di Dio. vocabolo, attesta come anche nella lin-
Per lui, dunque, p"/Zg e palgu acqui- gua si manifesti la forza plasmatrice del-
stano un significato nuovo. Con questo l'evangelo.
nuovo significato plg è stato reso con
otaxplvoµcn, quando la predicazione
di Gesù venne tradotta dall' aramai- t 8t1hptcnç
co in greco. L' equivalente ebraico è
~lq, che al participio qal passivo e al Come ota.xplvs:w, così anche ot&.xpi-
nif'al significa avere un pensiero divi- crtç ricorre con significati molteplici e
so, pieno di contrasti e, detto di savi anche divergenti: scissione, distinzione,
che sono in disaccordo fra loro, avere contrasto, valutazione, spiegazione'. Nei
idee divergenti 17 • Che l'equivalente ara- LXX si trova una volta sola, in lob 37,
maico sia plg, è attestato dalla versione 16, con significato oscuro.
siriaca di Mt.2 I ,2I: wcla.' tetpalgun, «e
Nel N.T. significa per lo più distin-
non sarete divisi» 18• La nostra traduzio-
ne di 8taxplw:crì1m con «dubitare» (te- zione, discernimento, in I Cor.12,ro è
desco zweifeln, derivato da zwei, 'due', il discernimento degli spiriti nei profeti,
come il latino dubito da duo e il greco in Hebr.5,14 del bene e del male; il sen-
oia"•asw da òlc;) sposta un poco l'im-
so di Rom. I4,I: µ1} Elç Ota.xplcrw; Òta.-
magine; in Òta.xplvEo"frat ciò che conta
è la scissione più che la duplicità. For- À.oyicrµwv non è chiaro, a causa dell'e-
se è stata la coscienza di questo fatto, nigmatica concisione della frase. L'affa-
nella traduzione di massime di Gesù re-
canti il vocabolo plg, a far preferire scinante spiegazione dello Zahn, che in-
8ta.xplvoµa.t a 8tcr"tcH~w 19 • terpreta «non per dispute su opinioni»,
fìcano: «Lo dici con tutta la tua bocca?» (è a tazione di questo passo, mancata dalla maggior
te che risale veramente questa opinione?) e: parte delle traduzioni; cfr. I-IAUCK, ad loc., n.
«la divisione della tua bocca» (l'opinione che 97. Pure per il cristiano egiziano, che .interpo-
hai espresso deriva da un altro). È però diffi- lò o compose l'Apocalisse di Elia(~ col.1094
cile trarre questa derivazione dal significato di s.) il cuore unanime è l'opposto del dubbio, e
plgw; del resto tale significato non si adatta il dubbio è quindi una lacerazione del cuore.
bene al contesto. Meglio è tradurre: «con tut-
19 Non è possibile provare (Dan. 2,41!) che
ta la tua bocca» (con piena convinzione; a
già prima di Gesù plg venisse tradotto con
proposito dell'esattezza di un'opinione), e «con
oiaxplvoµa;L, ma ·1a cosa è possibile. Non si
fa divisione della tua bocca» (con esitazione,
deve petÒ pensare che plg e OLCl.XpLVOµaL desi-
con riserve; contro l'esattezza di un'opinione).
gnassero un atteggiamento diviso innanzi alla
Cfr. LEVY IV s.v. pa/egti.
promessa di Dio, cioè l'opposto della semplice
11 LEVY, 1Y/ort. n, s.v.; Sa11h.110 a: Chiunque accettazione di tale promessa nella fede.
111}/q contro il suo maestro, è come se nf?lq
contro Dio. Cfr. pure il passo con leb /Jiiliìq, lìLttXpLcnç
citato da ScHLATTER, a Mt.21,u. PAPE; PREUSCHEN- BAUER; B. WEiss; Erklii-
18 Cfr. SCHLATTER, ad loc. La medesima forma rrmg des Romcrbrie/es "(1899); ZAHN, a Rom.
etpa'al di plg si ritrova nella versione siriaca 14,I.
di Iac.2,4; in essa si ha cosi la retta interpre- I Documentazione in PAPE, ecc.
&:IM.xpvtoc; (F. Biichsel) (III,952) llOO
è contraddetta dal fatto che al posto del definisce autentici, nei capp. I-24 3 • Fi-
genitivo ÒLcx.ÀoytO'µWV ci si aspetterebbe lone (op. mund. 38: dc; p.lriv &.81.axpt.-
"tOV xriì. &µop<pov cpvcnv) se ne serve per
'ltEpl con il genitivo, o qualcosa di simi- designare una natura indistinta e infor-
le. Il meglio è tradurre ÒtaxptG'Lç con me; in det.pot.ins.n 8: à..ywya.L ouo crq>6-
valutazione 2 • Il debole dev'essere accol- opa. à&axpt"t'OL xat 0'1tO\JOfjC, lf~t.O.t., de-
signa due metodi concordanti fra loro ...
to come fratello cristiano, quale egli si
In spec. leg.3,57 dice: wv àot.axpl"tovc;
presenta, senza esprimere un giudizio ElVat Xrt.t CÌ. '\/ E7tLG'"t a"t'O\JC, 't<Ì.C, òxf'.la.c;
sulle idee che stanno alla base del suo O'VµaÉa'l'}XE, «i loro (sci/. degli animali)
atteggiamento, poiché queste riguardano accoppiamenti sono istintivi (inspiegati)
e inconsci». Il termine è dunque preso
soltanto Dio e lui (cfr. v. 22) 3. in senso passivo. In test. Zab. 7,2 leg-
giamo: &.oirixpl"t'wc; miv-.a.c; CT7tÀ.cxyxvt-
s6µEvoi. ÈÀ.Efi"t'E., esortazione ad aver pie-
t &.01&.xpt"t'o<; tà di tutti non «senza riflessione», ma
«senza distinzione».
Lo si riscontra a partire da Ippocra-
Ct
te 356 a.C.), anche quale avverbio. È Nel N.T. CÌ.ÒLcixpt."t'OC, si trova, accan-
di uso largo e quindi multiforme 1• Fon-
to ad &.w7t6xpr."t'oc;, solo in Iac. 3,r7,
damentalmente presenta i significati pas-
sivi di indistinguibile, indefinibile, non quale predicato della sapienza data dal-
chiaro, indistinto, e quelli attivi di chi l'alto, e la traduzione migliore è: senza
non fa distinzione, imparziale, unanime, esitazione4 e senza ipocrisia. Non si può
senza distinzioni 2•
Nei LXX il termine appare solo in pensare a un significato passivo, nem-
Prov. 2 5, I: cx.i 'Itrtt6Etm. (mx.poi.µla.t) meno a quello di 'senza scissione', quin-
l:cxÀ.wµwv"t'oç a.i à&axpt"t'ot, dove pro- di 'sicuramente', secondo l'esortazione
babilmente indica i proverbi di 'discu-
tibile' appartenenza a Salomone, a diffe- e la richiesta di 3,9 ss. 5 • Non si adatta-
renza di quelli che lo stesso Salomone no neppure i significati 6 di 'imparzial-
J oLaxptcrtc; non significa 'dubbio' .(come l'in- le, nelle quali non vi è esitazione», non con-
tendono CREMER-KOGEL). vince.
4 eosl pure il Windisch, il quale per altro la-
&.5LaxpL'toc; scia sussistere anche l'altro significato: <<non
PAssow-eRoNERT; PREUSCHEN-BllUER; MouLT.- rivolto a una divisione partitica». Il significa-
MILL., r.v.; DrnELIUs; HAucK; WINDISCH, a to «senza dubitate» può essere desunto solo
Iac.3,17; J.
B. LIGHTFOOT, The Aportolic Fa- da quello corrispond~nte di o~axplw:crl>m, che
thers (1885) p. 39 n. 5, a Ign., Eph.3,2;
II, 1 però è garantito per Iac.; cfr. 1,6; 2,4.
TH. ZAHN, lg11atius von Antiochien (:r873) 429 s J.H.RoPBS, in I.e.e., e con lui pure HAucK,
O . I. op.cii.
I Cfr. la ricca documentazione in PAssow- 6 Basandosi sull'uso di Ignazio, e pur ricono-
eRoNERT. scendo «il carattere incerto del linguaggio igna-
2 P. Oxy. r.v 715,J6: xa'tc.tXEXW[puca] à&a- ziano», il Dibelius opta qui per il significato
x[pl-twc;], <(ho inserito alla leggera» (senza di 'semplice, univoco', che egli fa derivare da
esame oggettivo), dr. U. WrLCKEN: APF 4 'imparziale'.
IIOl (rn,952) ~yxplvw, xoc-cocxplvw (F. Bi.ichsel)
mente' né 'con semplicità'7• Fra i Padri pide in poi, anche nelle iscrizioni; non
apostolici solo Ignazio usa &.ot6:.xwroc;. si trova nei LXX.
Il termine esprime la certezza e la riso- Nel N.T. appare solo in 2 Cor.ro,I2:
luzione proprie della fede, come pure inserire, contare, calcolare in una serie
la :fidatezza di Gesù Cristo, e va tradotto o in tm atteggiamento o in una comuni-
'senza esitazioni', 'incrollabile' 8 • In Eph. tà; cfr. Plat., resp. 6>486 d: bu)..1J<1µ0-
3,2 Gesù Cristo è detto 't'Ò &.ot6:.xpt't'OV va.... t1Jvx1Jv Èv 'ta.i:ç txa.vwc; q:itÀ.oc:roq:>ot<;
i]µwv ~ijv, «la nostra vita incrollabile»; µ-f)TCo'tE Èyxplvw~v, «non dovremo in-
in Magn.15,r si legge &.otibtpt.'tov 'lt\IEV- cludere un'anima che facilmente dimen-
µa, «uno spirito incrollabile»; in Trall. tica tra quelle atte alla filosofia>»; CIG
I,I ot<X.vota.v... &.ot6:.xpt·tov f.v V'l'tOµovfj, II, 2715 a rr: Èyxplvnv dc; 't'oùc; Ècp1}-
«un animo incrollabilmente paziente»; (3ovç.
nel saluto iniziale di Rom: 'ltE'ltÀ:ripwµ.€-
votc; xapt-coc; l}Eou àotaxpl-twc;, «incrol- xa.'t'axplvw,
labilmente ripieni della grazia di Dio»; t
xa."t6.xptµa,
in quello di Philad.: &.ya.}..}..iwµ€v11 f.v
t
xa"taxptcnc;
. 't'ci) -miltn 't'ou xvplov b.otaxpli:wc;, «in- xa't'a.x.plvw, condannare 1, detto sia
crollabile nella sua allegrezza per la pas- del giudice divino che di quello wnano
sione del Signore» 9• (Mt.I2,4r.42, par.; Lc.rr,3r.32), e an-
che di testimoni(~ xpti:i)c; n. 4). Men-
tre nel xa."ta.xplVé'.LV ad opera di un tri-
t Èy:x.plvw bunale umano la condanna è nettamen-
Frequente nel greco attico, da Euri- te distinta dalla sua esecuzione 2, tale
distinzione è invece insignificante quan- (v. 4). L'ubbidienza del Figlio fino alla
do si tratta del giudizio divino; anzi, in morte sulla croce di Phil.2,8 non può
questo caso le due cose possono essere comunque essere esclusa da questo xa.-
viste come un tutto, cfr. Mc.r6,r6; I 'tÉXpL"VEV TÌ)V àµap-.la..v É"V 'tTI O'a.pxl 5.
Cor.rr,32; 2 Petr.2,6: 1t6À.ELç l:oooµc..N Ma Paolo, dopo avere spesso trattato
xrx.i I'oµépprx.ç 't'E(jlpWa'C1.ç XCX."truT't'poq>l) nella Lettera ai Romani dell'opera sal-
xa"t"ÉXpL"VE\/, dove "t"Eq>pwa-rx.ç (avendole vifica compiuta da Dio nel Figlio, qui
incenerite) mostra che xrx."t"ÉXpWE."V signi- non menziona alcun particolare. Il xa.-
fica verdetto di condanna ed esecuzio- 't"ÉXpL"VE\I ha valore assoluto, illimitato,
ne della pena al tempo stesso. ma diviene operante solo in coloro che
Per comprendere il passo molto di- sono iv Xpia--.c;> (v. 1), cioè nei creden-
battuto 3 di Rom. 8,3: xa:dxpwe:v -.i)v ti. Esso si identifica con la riconciliazio-
aµrx.p-.lav È"V 't"ij a'a.pxl, la cosa miglio- ne, che ha valore universale, ma si rea-
re è spiegarlo in base a '1ÌÀ.Evi>Épw11Év 11e:, lizza nel fatto che l'uomo diviene nuo-
«ti liberò» (v. 2) e a ovoÈv &pa. vuv xa- va creatura (2 Cor.5,17), che non vive
-.axpiµrx. 't'oi:ç iv XpL<T't"c7> 'I11a-ov, «nes- più per sé ma è dominata dall'amore
suna condanna ... per quelli che sono in di Cristo (2 Cor. 5,q-15 ). Rappresenta.
Cristo Gesù». Secondo quanto precede, l'eliminazione del peccato, quale inimi-
dunque, nel testo di Rom.8,3 l'atto di cizia fra Dio e l'uomo (Rom.8,7), inimi-
pronunciare la condanna e la sua ese- cizia che la legge non era in grado di
cuzione fanno tutt'uno 4 • Non è possi- sopprimere. Qui colpa e potenza del
bile individuare un fatto storico nel qua- peccato non possono essere distinte più
le questa condanna sia pronunciata e di quanto non lo possano nella riconci-
attuata. Paolo pensa evidentemente a liazione(~ xai:a.À.À.cX<fa'W I, coll.683 ss.).
tutto ciò che Dio ha fatto e fa per mez- La legge condannava i peccatori in mo-
zo del Figlio, dall'incarnazione fino alla do tale che l'uomo era perduto. Soltan-
comunicazione dello Spirito ai credenti to in Cristo Dio ha potuto condannare
6 Chi non vuol leggere Rom.8,3 alla luce del- 4; Papyrus Erzherzog Rainer 1, ed. C. WESSE-
la dottrina paolina della riconciliazione (cioè LY (r895) I,I,5 ss.; 188, 14 s.; MITTEIS-WIL-
di ciò che la predicazione della parola della CKEN I 2,28,12. In Ecclus 43,ro non si deve
croce per mezzo di Paolo ha operato in lui leggere xcx.'Ta:icptµ<t, bensl xai:èt xplµoc (con
stesso, quale riconciliazione con Dio), non ha Swete e Rahlfs). Il DEISSMANN, N.B. (r897)
altra scelta che quella di finire in uno sterile 92 s., ha fatto notare il significato che appare
scetticismo esegetico, oppure di constatare con nel Papyrus Erzherzog Rainer (v.s.) r ,15 ss. :
A. JijLICHER, Die Schrj/ten dcs Nctten Testa- «obbligazione giuridicamente vigente, basata
ments (r908) II, 275, <<Un'idea raggiungibile su di una norma fondamentale».
soltanto dalla fantasia, con un aggancio mito-
logico»; in tal caso, è indifferente stabilire con &.xa.-.cixwroc; x't')..
quali mezzi rappresentativi la fantasia pensi di DIDELIUS, a Tit.3,n .
poter raggiungere l'idea del fantasioso Paolo.
7tp6xp~µcx.
7 Il primo documento in cui trovìamo tale vo-
1 polit.298 e.
cabolo è Dion. Hal., a11t. Rom. 6,6r (epoca di
Augusto); poi ci sono i papiri: P .Oxy. II 298, 2 Questo verbo al perf. pass. si trova pure in
O"Uyxplvw (F. Biichsel)
Nel N.T. compare una volta sola in e il termine stesso si trova solo in I Cor.
ITim.5,2x. A partire dal II sec. d.C. è 2,13; 2 Cor. ro,12. uuyxplvw è l'oppo-
presente nei papiri come termine tecni- sto di ota.xplvw, 'separare, distinguere';
co giuridico 3• Corrisponde al lat. prae- esso presenta un'ampia gamma di signi-
iudicium, pregiudizio, cioè «Una senten- ficati: a) collegare, unire; b) confron-
za pregiudiziale, precedente, che può o tare; c) misurare, valutare; d) interpre-
deve servire da norma per un verdetto tc1re 1. In 2 Cor.10,12 cruyxpi:vet.L signi-
successivo, che abbia un altro oggetto, fica confrontare, con questa sfumatura,
o anche il medesimo» 4. In I T im.5 ,21 che ciò che va confrontato è in qualche
non può essere stato usato in senso modo equivalente 2• Paolo rifiuta, ironi-
strettamente giuridico, ma solo generi- camente, anche solo il confronto con i
camente morale, come anche per noi il boriosi pseudo-apostoli corinzi (II ,13)
termine 'pregiudizio' è passato da un e rimprovera loro di confrontarsi e di
rigoroso significato giuridico a un più misurarsi solo con se stessi, sl che, na-
ampio e generico senso morale. 1tp6xpi.- turalmente, non prendono coscienza del-
µa. significa in questo caso il pregiudi- la loro miseria. Le parole sconnesse
zio, l'opinione preconcetta, precostitui- 1t\IE:Uj.Ux:nxotç TtVEVµa:nxèt uuyxplvov-
ta, in favore di un accusato o di un ac- 'm; di I Cor.2,13 sono di incerto signi-
cusatore, tale da ostacolare il giudice ficato. Esse devono svolgere in qual-
nel giusto esercizio della disciplina ec- che modo l'idea che Paolo, con ter-
clesiastica (dr. il successivo ammoni- mini insegnatigli dallo Spirito, annun-
mento contro la 'ltp6xÀtO"L~,, preferenza). cia le rivelazioni che dallo Spirito ha ri-
cevuto. Rifacendosi al significato di col-
t uuyxplvw legare, qualcuno interpreta cosl: «col-
Frequente nel greco non biblico a legando contenuti creati dallo Spirito
partire da Epicarmo; cosl pure nei LXX,
insieme ai derivati cn)yxpi.µa. e uùyxptr con una forma creata dallo Spirito», ma
cnc;. il tentativo persuade poco, poiché 'col-
Nel N.T. non compaiono i derivati, legare' è troppo sbiadito. Altri, richia-
Ign., Sm.6,1; Mg. r,2, ove significa 'avere pre- bucb II (1918), s.-v., con citazione di Quint.,
minenza'. inst. orat. 5,2,r.
3 Cfr. P.REISIGKE, Wort., s.v., ove vengono ci· C7\lyxplvw
tati: P. Flor. 68,13; r6 s. (II sec. d.C.): xwptç
P.APE; PAssow; P.REUSCHEN- BAUER, s.v., e i
npoxplµa-çoç; Sammelbuch 6000 u, x9 (VI sec.
commentari di LIBTZMANN, JoH. WEtss, BACH·
d.C.): 'lta1>ei" 1tp6xp~µa; P. Masp. 6 u 71 (VI
MANN, SCHLATTl!R a 1 Cor.2,x3.
sec. d.C.): -rrçoxplµa,-oç µi') y~yvoµlvov; MIT·
TEIS·WILCKEN II 2,88, col. II 30 (II sec. d.C.): t Documentazione in PAPE e-+ o. 4.
idxP~ 'ltpoxplµa,-o~.
2 Cfr. CIG 5002: ò mi,-t)p TWV lEptwv... ~
4 K. E. GEORGHS, Lateinisches Handworter· oòSErc; Twv lEpÉwv cruyxplve~a.i..
no9 (m,955) xpouw (G. Bertram)
t xpouw
xpourn.1 significa colpire, battere, nei ficati di xpouELv vengono resi con com-
contesti più diversi e con conseguenti posti, come &.va.xpounv (battere stru-
molteplici significati. Nel greco biblico menti musicali; Philo, mut. nom. r39:
il vocabolo ticorre soltanto per indicare xpoUE!.V 'tÒ qiwvijç opya.vov) 1, Èyxpou-
il bussare alta porta, con o senza 'ti}V WJ, xa.'ta.xpouEt\I per tq', piantare (chio-
1'upcx:v. Nel greco profano questa espres- di, pioli); pure Èm-, 1ta.pa.-, 7tpoç-, <rvy-
sione si trova, ad es., in Plat., symp. xpouEw appaiono con vari significati. Il
2r2 e; Prot.310 a; 314 d; gli atticisti verbo semplice si trova solo tre volte
preferiscono invece XOTC'tEW 'tl]v Mpa.v. nei LXX: Iud.19,22 e Cant.5,2 per dpq2
Nel greco dell'A.T. tutti gli altri signi- al qal e allo hitpa'el con 'al, infine, sen-
caso, in Gen.33,13, a proposito di una solleci- gnare il picchiare alla porta della misericordia,
tazione troppo violenta dcl bestiame. nella preghiera (Meg. b. 12 b) e anche in rela-
3 A proposito dell'abintdine di picchiare alla zione allo studio (Pesikl 176 a). Altre citazio-
porta, nel giudaismo, cfr. STRACK-BlLLERilECK a ni in S'l'RACK-BILLERnECK 1 458, a Mt.7,7. Kw-
Mt.7,7 (1 4~8) e a Apoq,20 (III 798). S1'ERMANN, Mt., a 7,7, cita il Qolasta, p. 67
(ed. J. EUTING [1867]): «A colui che sta in-
4 La cosa migliore è considerare i logia isola-
nanzi alla porta chiusa, tu aprirai la porta
tamente; il contesto è opera redazionale. Non chiusa».
sussiste dunque alcuna dipendenza dalla para·
bola dell'amico che prega, che Luca fa imme. 6 BULTMANN, Trad. 109.
diatamente precedere, e dalla quale lo ZAHN, 7 G. BBRTRAM, Bergpredigt und Kultur: Zeit·
Lk., ad Joc., vorrebbe derivare il logion sul schrift fiir den evangelischen Religionsunter-
bussare aUa porta. richt 43 (1932) 333 ss.
5 I rabbini si servono dell'immagine per desi- 8 4 n. 3. Cfr. pure Ecclus 21,22 .23 e V. RYs-
xpouw (G. Bertram)
che, come nelle cose terrene 9 , cosl an- dato con sdegno la porta aperta 14 , di ri-
che nella condotta in rapporto a Dio parare al proprio errore, ora che essa è
l'uomo sia animato da una sicura aspet- stata chiusa. Al momento giusto è man-
tativa. Essa è dunque elemento costitu- cata loro la fede e la fiducia di sentirsi
tivo e centrale della predicazione della dire «avanti!», dopo aver bussato. Non
salvezza, che indirizza verso la venuta hanno avuto fiducia in colui del quale è
del regno e comunica fiducia e speran- detto che è ò à.\lolyw\I xat oùodc; xÀ.El-
15
za. O"Et, xa.t xì..dw\I xet.L oùodc; &.'VolyH •
setto di transizione scritto da Luca 11 • Signore che batte alla porta. Il fogion
La frase non è neppure in dipendenza lucano fa parte dell'ampio contesto de-
dall' oùx tcr-xuaoutn'V del v. 24 12• Con- gli insegnamenti e delle parab~le rela-
cretamente, il logion significa la sepa- tive alla vigilanza (~ Èydpn'V ). Si acco-
razione fra coloro che partecipano al sta in modo particolate a Mt.25,1-13, e
banchetto nella casa del Signore (nel re- ci si è domandati se in questo logion e
gno di Dio, dr. Lc.22,30; q,1 ss. par.) in Lc.13,25 si trovino gli elementi da
e coloro che ne sono esclusi 13• L'imma- cui è stata tratta quella. parabola, ovve-
gine del bussare qui non si richiama alla ro se qui non si abbiano che i resti di
norma di buona educazione, ma è il ten- quella parabola 16• Le. ha comunque rac-
tativo, da parte di coloro che han guar- colto in 12,35-59 dei detti escatologici,
e 12,36 contiene, sotto forma cli simi- gion, per influsso della mistica nuziale
litudine, un ammonimento alla vigilan- del Cantico 21 e delle immagini neotesta-
mentarie dello sposo (fra le quali è pu-
za 17• Il signore che ritorna dal banchet- re Lc.I2,36), è stato letto non tanto co-
to ( ytiµoc; non è necessariamente la fe- me espressione dell' ansiosa attesa di
sta nuziale), per influsso delle immagi- Cristo da parte della comunità, quanto
piuttosto quale esaudimento della no-
ni dello sposo messianico, viene _inteso
stalgia del singolo per la comunione con
come il Cristo che ritorna, che la co- Cristo 22• Nella tradizione delle Catene
munità si attende appunto cli veder tor- leggiamo ad es.: "t'i)V Wpl'l..\I -r'ijç X<X.p-
nare dal suo gioioso banchetto celeste18 • olac; XpOUW Xl'J..L "t'OLç CtVOLYOU()L'll È'JtL
-rn eau"tWV <TW"tT)pl~ cruvwcppa.lvoµm ...
Non ha quindi importanza chiedersi se ò &.yaì)òc; xat 1tpQ.oc; xpoV<raç -.l)v M-
questa sia una parola detta dal Gesù pa.v xat µ1) 'tU;(W\I àvol!;Ewc; lfatELO"LV
terreno, oppure una rivelazione concessa &.~oq>'r)"tl, «batto alla porta del cuore e
gioisco per la sua salvezza con chi mi
dal Cristo glorificato. La storia della apre... Colui che è buono e mite, quan-
tradizione evangelica rivela che la co- do batte e non gli viene aperto, se ne
munità primitiva non ha fatto al riguar- va senza strepitare». Poi si cita Cant.5,2
(vedi sopra). Anche intendendo cosl le
do distinzioni nette; ed è comprensibi-
cose, resta la possibilità di lasciar passa-
le 19• Il logion non è però sorto in un'e- re il momento buono, Cant. 5 ,6: tjvod;a
poca in cui la tensione escatologica an- Èyw "t@ àoE)..cpio@ µou, &.oEÀcpt86c; µou
dava ormai perdendosi; anzi, spira vi- 1ta:pl}À.i)'Ev, «io ho aperto al mio dilet-
to, ma il mio diletto è passato oltre»,
rile prontezza e impeto rattenuto 20 • o, come dice la Catena: xa.L i::i µh1 a-
In Apoc.3,20 parla il Cristo glorifi- vol!;Et. ·ne; aò-r@, d<TEPXE"t'at., EÌ. oÈ µ1},
mxpÉp;(E"t'at., «e se qualcuno gli aprirà,
cato. Pure questo detto rientra fra le egli entrerà, se no, passerà oltre». L'at-
esortazioni e gli avvertimenti della pre- tesa venuta del Signore, quindi, significa
dicazione protocristiana, che devono pure il giudizio, e la visione mistica e
quella escatologica s'intrecciano: cfr.
senza dubbio la loro impronta all'atte-
I ac.:.; ,9: looù 6 xpr.TÌ)c; 1tpò -rwv ilupwv
sa del prossimo ritorno cli Cristo che EO"'t'TJXEV. Ma questo lato non è messo
verrà a giudicare, ma esprimono inoltre in evidenza in Apoc.3,20, come non lo
la serietà delJa condotta cristiana. è al v. r9 l'aspetto dell' EÀÉYX:Et.\I xat
1tat.OEUEt.V, «riprendere ed educare» 21•
Già nella chiesa antica questo lo- Si può piuttosto pensare alla storia del-
la comunità di Laodicea, che qui viene non avesse parlato, alla cui potta non
apostrofata. Si è cosl voluto leggere avesse bussato, chiedendo se volevano
questa parola come immagine della ri- accettare la torà». Nel N.T., però, non
conciliazione del Signore adirato con il si tratta di insegnamento, di dottrina,
vescovo di Laodicea, servo pentito 24 • ma della potenza di vita che scaturisce
Ma qui non si tratta dell'esperienza inesauribile dalla comunione con Cristo
di un singolo, dell'accesso a lui dell'o- sperimentata in modo sempre rinnova-
pera emendatrice del Signore 25 e del to. Il detto si pone dunque al di là del
conseguente ristabilirm:nto della comu- contrasto fra escatologia e mistica: an-
nione; questa parola attesta piuttosto nuncia l' atemporale venire di Cristo,
l'amore attivo del Signore, come si ri- che è e attuale e escatologico n. È al
vela nella diffusione del vangelo. Con tempo stesso avvertimento grave, scon-
significato analogo la medesima imma- volgente e messaggio di grazia che af-
gine si trova in S.Deut.33,2 § 343 (142 ferra e rende beati. Risveglia il singolo
b), riferita alla rivelazione del Dio del- e crea la comunità. È annuncio globale
l'A.T. 26 : «Non c'era una sola, fra le di Cristo.
nazioni, alla quale non fosse andato e G . BERTRAM
t xpU'l't't'W, t anoxpU'l't't'W,
I I I
t xpun't'oc;, t xpuq>afoc;,
t xpvq>fi, t xpun't''r),
t àn6xpucpoc;
SOMMAJUO: 7. Dio non occulta la sua sapienza
alla sua comwùtà e ai suoi strumenti;
A. Uso e significato letterale. 8. può tuttavia tornare a occultarsi
B. Significato teologico: come giudice;
I. Nella grecità e nell'ellenismo: 9. l'uomo pio nasconde in sé la parola di Dio;
r. la religione popolare; 10. d'altra parte, non deve tenerla nascosta.
2. mistica, gnosi, filosofia. III. Il giudaismo:
II. Antico Testamento: I. il giudaismo palestinese;
di una correzione dolorosa da parte del Signcr 25 B. Wmss, Das Neue Tes.tamem, edizione
11
re. G. BERTRAM, Der Begrifl der Erziehung in tascabile • (1902), ad Zoe.
der griechischen Bibel, in: Imago Dei, Fest-
schrift fiìr G. K.riiger (1932) 38 s. 26 Cfr. STRACK-BILLRRBECK III 39, a Rom.r,20.
24 ZAHN, Apk., ad Zoe. 21 LOHMEYER, Apk., ad loc.
XpV'lt'tW (A. Oepkc)
µÉ·m., wc; UCT'tEpO\I 'Ì)a\16\l't"O<; dcropii\I in me» (Soph., Phil. 1111 s.). Tuttavia
1tapf)\I, «con certi occhi vigili al sorgere il termine può anche avere un valore po-
degli astri, con altri chiusi al loro tra- sitivo. Era apre le sue stanze XÀ.l]aiL
monto». Forse questo è il punto di par- xpvn-ru· -rT)v ò' où i)'Eò<; l:i.'J..À.oc; &.vQyi::\I,
tenza per spiegare il significato di rbto- «con una chiave segreta: nessun altro
xpun't'm1, sparire dalla vista; per es. nume le apriva» (Horn., Jl.14,168).
Plat., Prot.338 a: q.>EuyELV EL<; 't'Ò 1tfÀ.a- Il sostantivo -tò xpu7t-r6v è raro nel-
yoc;... &.1toxpu\jJa\l'm yi)\I. la letteratura extra-biblica. A volte ha
un signilicato neutro; Thuc. 5, 68, 2 ri-
xpvn't'6<;, coperto, nascosto. In senso ferisce che il segreto che caratterizza la
proprio: xpv7tTÌ] otwpvl;, cunicolo sot- organizzazione statale spartana (-rii<; 7tO-
terraneo (Hdt.3,146), OX-E't'Òc; xpu1t-.6c;, À.t'tdac; 't'Ò :x.pv7t-ro\l) non permette di
canale coperto (Ditt., Sylt.' 973,,5 ), xpu1t- avere dati numerici p1·ecisi circa i com-
-rot xa.pxlvot, cancri profondi (Hippocr., battenti. Altre volte ha un significa-
aphorìsmi 6,38[1v .572, Littré] )_ In sen- to specifico; Preisendanz, Zaub. LVII
so traslato, segreto. ''PV7t't'1} era chia- 13, da una formula di scongiuro rivolta
mato il servizio segreto che gli Atenie- a una non meglio precisata div.inità :
si mantenevano negli stati _sottoposti, àmiyyEÀÀ.E -çÒ. xpu1t-çà. (i segreti) -rfiç
e xpv1t-rol si chiamavano coloro ai qua- µupLw\lvµou iìe<i<; "lcrLooc;. Finalmente
li questo servizio era affidato (Anecd. può avere un significato peggiorativo;
Graec. p. 273,33 ss., s.v. xpu7t't1): à:px1J Flav. Ios., bell.5,402: 't'à. xpur.:-tà. -çwv
-rtc; Ù7tÒ 'tW\I 'Aitl]va.lwv 1tEµ7toµÉvl] Elç aµa.p't'J]µa't'clw, gli orrori dei peccati.
-i-oùc; ÒTCl]x6ovç, ~vrx. xpucprx. €m-reÀ.Écrw- Che espressioni come Èv xpV'lt'tQ non
O'L -.à. it;w ywoµeva. · oLà. -rov't'o yà.p risultino attestate nel greco extra-bibli-
xpV7t'tOL ÉXÀ.1}-ì)l]cro:v). Nello stato di co (salvo test.Iud. 12,,5), può_essere un
Platone (leg. 6, 763 b) i xpu7t-rol so- caso. Ma mancano anche nei LXX. In-
no gli agenti in borghese, una specie vece ~ É\l aTCoxpVq>C{l, col. I 128. Il so-
di guardie campestri. A Sparta la xpu1t- stantivo -.ò xpvTC-r6'V, 4 Bacr. 21,7, var.
-relo: deve aver avuto il compito di (Orig., cod.B, al.: "t'Ò yÀ.U7t'tÒ\l -rou aÀ-
pugnalare gli iloti che erano di trop- <Touc; [l'immagine di pietra del bosco sa-
po. Il termine indica al tempo stesso cro] É.\l -.~ otx({l), -rà. xpu'lt"t'a, Deut. 29,
un tipo di istruzione militare, durante 28, Ecclus 1,30; 3,22; 4 118; Is. 22,9;
la quale il giovane, privo di tutto, do- 29,10; IEp. 30,4; Sus. 42 (Teod.). Nel
veva nutrirsi con la caccia, la preda e il N.T. "t'Ò xpv'lt't'OV, Lc.8,17; -i-Il xpvrc-r<i,
furto (Plat., Zeg.1,633 b). Spesso xpuTC-
, I . •
Rom.2,16; I Cor.4,,5; 14,25; 2 Cor-4 12;
't'O<; assume, come XEXpvµµi::voc;, un si- É.\l -.<$ xpurc't@, Mt. 6,4.6; per il v. r8
gnificato peggiorativo secondario; xpV7t- ~ xpuqio:t'oç; Io.7,4.IO; 18,20; Rom.2,
-rÒV 1tal'toc; (BGU r 3161 28, 1v sec. d.C.) 29. Per Lc.II,33 ~ xp{nt't''J] coli. 1I24.
è un vizio di uno schiavo taciuto al mo- xpvqia.t'oc; è aggettivo raro, derivato
mento della vendita, e per il quale il da xpuq>a., sinonimo del precedente; at-
venditore è tenuto a rispondere per sci testato da Pind., Isthm.1,67 in poi; in
mesi. Il termine si trova spesso nei tra- senso proprio si legge in Plat., Tim.77 e
gici con il significato di malizioso. Fi- con valore anatomico: ÒXE-çoÙç xpucpal-
1urtete si lamenta che una mente mali- ouç, canali nascosti; in senso traslato in
gna gli sottrae freccia e arco: àÀ.À.a µoL Plat., Soph.219 e: 't"Ò oÈ xpuqiai:ov a.v-
MX07t0: xpU1t't"a ..... E7t'Tj COÀ.Epii<; U1tÉO\J -cl'\c; 7tfi\I l}EpEU't"Lx6v, «quella parte del-
cppEvoi;, «ma parole insospette e mali- la caccia che si fa tutta di nascosto».
gne d'una mente astuta si insinuarono Come aggettivo sostantivato non sem-
xpU7t'tW (A. Oepke)
J Non vi sono motivi sufficienti per eliminare, come dativo in ·n, sembra provato dalla locu-
per congettura, il 't4) davanti a tv xpuqiocl<!), zione tv xpucpij frequente nei LXX (t!J 138,15;
come fa Wellhausen, Mt., ad loc. Anche in Mt. Is. 29,r5; 45,19; 48,16; anche test. Ios. 4,2;
6,6 il 't~ corrispondente è attestato a grande test.D.12,3). Per il periodo del N.T., comun-
maggioranza. Manc11 solo in D, Sy• e, alcuni lat. que stiano le cose dal punto di vista della sto-
e nei minuscoli del gruppo Lake. ria della lingua, la grafia xpuqrn dovrebbe quin-
4 Sulla questione se la grafia sia con o senza di essere la più adatta. Cosl anche l'ostrakon
iota sottoscritto, cfr. BJ ..J)ebr. S 26. Che per APF 6 (1920) 220 n. 8,2 s. (III sec. a.C.}: a-
lo meno in tempi tardivi il termine non sia 1t60''tELÀOV 'tOtç 07tOyEypa.µµlvotç 'tà<; 'JtE'ta.-
stato interpretato come strumentale in -t} ma ).,la.ç {fogli) xpu(jlij~ xa.i µT)hE~ç a.(uDa.vfoftw.
xpurc-rw (A. Oepke)
aver riferito la tradizione locale che ser- (Eur., Rhes. 970 ss.)
viva come fondamento di una festa d'un
«giacerà nascosto negli antri dell'atlSen-
eroe fanciullo (cfr. 2,3,6 ss.), anche nel-
tifera terra, uomo e dèmone, mirando la
la forma che le aveva dato Eumelo nei luce, come il sacerdote di Bacco che abi-
suoi Korinthiaka. Secondo questa tradi- ta sulla roccia del Pangea, sacro nume
zione, i Corinz1 non avrebbero lapidato oer i veggenti». xpU7t't'6c; in questo caso
i figli di Medea, né avrebbero espiato
ha un significato che si avvicina a quello
questa colpa col sacrificio dei loro figli di trasferito fra gli dèi. Per motivi affini
fino al momento in cui quest'uso crude- ---+ xa.ikuow rv, coll. r303 s.; r3r6 ss.
le sarebbe stato sostituito da un sacri-
ficio annuale di animali; sarebbe stata, Il momento numinoso, tuttavia, non
invece, Medea stessa a portare i suoi fi-
gli nel tempio di Era nella speranza di deve essere sopravvalutato.
s F. PFrSTER in PAuLv-W. x1 (1922) 2141 s.v. s.; 5,2 (1912} 570; H.GONTERT, Kalypso (1919)
Kultus; RoHDE 1, M 0136; F. PFrsTER, Der Reli- 28 ss. [segnalazione di G. BERTRAM].
quie11kult im Altertum: RVV 5,1 (1909) 313
"PU1t-tw (A. Oepke)
Senofonte, di solito cosi timorato, ar- che vengono anche ingannati. Anch'es-
riva a dire che la naturale cupidigia è un si sono sottoposti al potere impersonale
servizio agli dèi, un V1tTJPE't'ELV 't'oi:c; del fato, e non sanno quello che ha sta·
?>Eotc;, se induce a investire il denaro. bilito. La bilancia d'oro che è in mano
Facendosi degli amici con il mammona a Zeus non dipende dalla sua volontà e
superfluo, il saggio la cotregge (Xenoph., conoscenza (Horn., Il. 22,208 ss.}. Pro-
Cyrop.8,2,22; cfr. Lc.I6,9). Le tenden- priamente parlando, il solo onnisciente
ze morali si toccano, ma solo esterior- è il tempo. Soph., /r.280 (T.G.F.): 'ltpòc;
mente. La posizione religiosa di fondo 't'a.i.ha. xpu1t't'E [.l,1)0Èv· wc; 6 miv?}' òpwv
è nei due casi profondamente diversa. xcd 7tél.V"t' àxovwv mi.v't'' àva1t't'ucro-e~
xp6voç, «a ciò non nascondere nuJla: il
La divinità greca non è mai stata una tempo svela ogni cosa, come chi tutto
realtà che dispone dell'uomo, nemmeno vede e tutto ode».
nel senso che questo non potesse na- Non è un caso che in epoca antica i
sconderle nulla. Si presume, sl, teorica- termini che fanno parte di questa fami-
mente, l'onniscienza degli dèi, anche so- glia di vocaboli appaiano di rado in un
lo ai fini del giuramento, ma praticamen- contesto religioso.
te essa non viene riconosciuta 6 •
Il greco ha, più dell'orientale, rap-
Cfr. da un lato Od. 4,379.468: l}Eoi porti di confidenza con i suoi dèi. La
oÉ 't'E 7ta.'IJ't'(J, LO"CW'tV, dall'altro i nume- loro figura viene sempre più spogliata
rosi esempi in Omero (Il. I8, 185 s.: dell'aureola di terrore in cui ancora la
Iride viene da Achille, mandata da Era, avvolgeva il tempo antico 7, e messa sul-
ouo' OtOE Kpovlo11c; ùtlJlsuyoc;, OUOÉ 't'L<; lo stesso piano di uomini più o meno
lf>...).oc; ài}cx.v<hwv, oi: "OÀ.vµ7tov &:y6.v- idealizzati 8 • Inoltre, la consuetudine di
vL<pov &.µcpwɵov't'<x.t, «non lo sa il figlio rappresentarli plasticamente, soprattut-
di Crono, né alcun altro degli immorta- to in sembianze non destinate al culto,
li che dimorano sull'Olimpo coperto di dovette anche favorire, oltre ad esser-
neve»; 1, 540 ss, ecc.). Per un'età più ne testimonianza, questo processo di as-
recente si veda Paus. 8,42,2; 9, 3, I. similazione. Da temuta che era, la divi-
Questi esempi mostrano che gli dèi so- nità diventa socievole 9 , e infine inerme
no ali' oscuro di quello che avviene, e e indifesa, oggetto degli scherni osceni
6 L'opinione corrente e ln ·protesta d'uno spi- (1899) r8; L. RADERMACHER: Feslschr. Th.
rito superiore si· riflettono in Xenoph., mem. r, Gomperz dargebracht (1902) 200 ss.; WBIN-
r,19: ÈmµEÀ.Ei:~aL i>eoùç Èv6µtl;ev (ò l:wxpci- REICH, AH 147; E. WILLIGER, Hagios, RVV
'tT)ç) ù.vi>pW7twv oùx ov xp67tov oi. 7tOÀ.À.ot vo- 19,1 (1922) 5 s.
~llt;;oua'tv' oiho~ µÈv yà.p ofov-tat -.oùç -frEoÙç 8 Non c'è forse ope.ra d'arte più significativa
,-èt µÈV doÉVa.L, 't"à. o'oiJx E[oÉVaL" LWXp6:'t'llt; a questo riguardo dell'Apollo Sauroctono di
oÈ 7tUV1"a µÈv i)yci-to i>EoÙç ElOÉvriL, -r6: 1'E Prassitele (verso il 350 a.C.), copia romana al
À.Ey6µeva. xa.t 1tprt.'t'1"6µEva. xaL -rà.. 01.rl] ~ov· Louvre (riproduzione HAAs, fase. 13/14 Rumpf
À.Ev6µEva.. Un parallelo da un discorso politico (1928) 61.
si trova io Dion. Hal., ant. rom.10,ro: ÈnEt o~ 9 Caratteristico è un altorilievo votivo atenie-
T, 'tOV omµO'JloV 1tp6vota. .. 't'à. XEY.puµµÉva se trovato nella cosiddetta rovina persiana del·
~OVÀ.EUµ<t.'tU xo:t -rà.ç avoulovç ÈmXEtpi)cmç l'Acropoli e che proviene dall'alto v sec. a.C.:
-twv i>eoi:ç Èxi>pwv Elç cpwç areL... Atena fa visita a un artigiano al suo banco di
7 E. v. DonscHu1·z, Christusbilder :::: TU II 3 lavoro e gli porge la mano piena di benevolen-
xpun-tw (A. Oepke)
dei iliaci 10• Qui non ci sono più profon- a Roma per i Baccanali (Liv. 39,8 ss.).
dità occulte. Ma finché il numinoso si Soprattutto l'Egitto, con la sua singo-
conserva nella religiosità greca, la sua lare lingua e scrittura e con la religio-
espressione caratteristica non è xpv7t- ne antichissima, custodita da una casta
't'OV, ma µ.ucr't'np~ov. Questo significa che sacerdotale, era considerato dall'uomo
il divino è accessibile, se non a tutti, antico, un po' come l'India di oggi, il
agli iniziati, come OELxvuµ.Evov. paese delle cose misteriose. L'inno a
Iside di Andros (1 sec. a.C.) 11 mette in
2. Mistica, gnosi, filosofia bocca a Iside queste parole:
OEL<prlÀ.Éw o' 'Epµ<ivoç cin6xpV(j>a. cruµ(3oÀ.a
Fra la religione popolare da una par- (oÉÀ.'tW\I
te e la mistica, la gnosi e la filosofia dal- EUpoµf.va; ypaqillìecrcr~ xa-tÉsvcm, -ca~cn xcipasa
<ppLxaMov µucr'tmç lepòv Myov· ~crix. 'tE
l'altra non si possono stabilire confini rsrxµoç
rigidi. Ma intesa come schema, questa chpcx.nÒV E<; XOL\IÒ.V X<X.-CEi}1iX<X'tO, 1t<hl't!X .
[ (3aiklcxç
divisione è giustificata.
È~ <ppEVÒ<; V<pcivacrcx. OLaXp~OO\I,
a) I misteri greci in senso stretto non «ho trovato i segni nascosti delle tavo-
pongono uno speciale accento sul con- le dell'astuto Ermes e li ho trasctitti
cetto di occulto. In pratica, con il mol- con stili, con i quali ho mostrato la sa-
cra dottrina che ispira ai misti un sa-
tiplicarsi degli iniziati, una certa atte- cro orrore; e tutto ciò che il popolo ha
nuazione era assolutamente inevitabile. deposto sul cammino comune, l'ho in-
I misteri eleusini, per es., si avvicinano tessuto dal profondo del cuore» . Il pas-
so dell'iscrizione di Cuma, su c;ui si fon-
alle associazioni cultuali private che non dano queste parole, dice : È'ita.toEM'l)v
hanno carattere misterico ed hanno per- Ù1t [ ò] 'EpµoiJ ;ui.t ypciµµ.o.:·rn. EÙpov µE-
sino rapporti con il culto di stato. Le 't'à 'EpµoiJ 't'a -rt. LEpà. ;w.t ,.à. o'Y}µoovi.
( ypaµµa.'t'a.), ~va. µ1) lv -..oi'ç a.ù't"oi'ç
cose stanno diversamente dove si prati-
miv't'a. ypciq>'Y}'r<t.L, «fui istruito da Er-
cano misteri estranei al paese e alla mes e con lui scoprii la scrittura, sacra
popolazione. e demotica, affinché non nella medesima
scrittura sia scritto tutto» (Peek, o. c.
Se la giustapposizione del dio nasco- I22,3 ab). L'invenzione.dei geroglifici è
sto e rivelato nei misteri di Dioniso qui presentata dunque come ·opera co-
possa esser vista in questa prospettiva, mune di Ermes-Tot e di Iside, e la di-
è controverso(~ III, coll. 328 s.). Che stinzione fra scrittura ieratica e demoti-
il carattere segreto dei misteri di Bac- ca come rispondente al proposito di una
co fosse preso terribilmente sul sedo, variazione, o forse anche a un sen.so di
risulta dal destino che la leggenda asse- riservatezza intorno a certe cose. Questa
gna a Penteo e dal processo celebrato opinione è più vicina a un autentico sen-
za (foto Alinari 24,605); inoltre un rilievo di 10 Esempio di vaso .fliacico in HAAs, loc.cit. 66.
terracotta più volte riprodotto, del periodo im- li Der Isishymnus von Andros und verwa11dte
periale romano: Athena come maestra di co- Texte erkliirt von W. PEEK (I930) p. 15, righe
struzioni navali, British Museurn, diapositiva rn ss. Per In traduzione e il commento ibid.
Seemann 84,094. pp. 3r ss.
xpult-rw (A. Oepke)
tire egiziano. Il redattore ellenistico mo- la segretezza non è essenziale alla divi-
difica la tradizione, presentando la gran- nità: la linea di demarcazione corre fra
de dea che penetra nei segreti del dio an- misti e non-misti.
cor più grande. Vediamo qui l'impiego
tecnico di <Ì1t6xpvcpoc; (~ col. I I 3 8) nel- b) Nella gnosi si può già, in un cer-
]a gnosi al suo sorgere. Plutarco riferi- to senso, far rientrare l'orfismo.
sce (Is. et Os. 9 [II 354b ss.]) che, quan-
do un re egizio proveniva dalla casta Sommamente caratteristico è un inno
dei guerrieri, veniva immediatamente a Zeus tramandatoci da Porfirio e Sto-
accolto fra i sacerdoti; questi lo «met- beo ( Orph. fr. n. I 68 [Kern] ). Dopo
tevano al corrente della loro filosofia, aver descritto 'Zeus' come un corpo uni-
nascosta in grandissima parte dietro a versale che abbraccia tutto l'essere, dal
miti e parole sacrali, che sono un rifles- sole fìno al Tartaro, il poema termina
so oscuro della verità e hanno un signi- con queste parole (rr. 31 s.):
ficato enigmatico» (µe:'t'E~XE -.fjç cp1.À.o-
o-ocplac; Èmxe:xpuµp.é.vric; ..à. 7toÀ.À.à. µu- mx.v-ra. o'à.1toxpuljiac; aùDtc; q>6:oc; ~e; 1to)..uyTJDÉç
i}otc; xat Myotc; àµuopà.c; ȵ<pacre:Lç 't'i)c; µÉ)..)..Ev rÌ..ltÒ xpaolnç ltpoq>Épnv mi)..L, ltfoxe)..a
ri.:>..n1>'d<Xç xat OLct<j)MELc; exoucrw). Sim- (pÉstùV,
boli di questa verità occulta sarebbero
le sfingi, poste davanti ai templi, wc; at- «dopo aver nascosto ogni cosa, volle di
\ILyµa"t'WOl} crocpfo.v 't'ijç i}rnÀ.oylac; aò- cuore riportare tutto alla luce lieta, fa-
-cwv ~xouC1'7}c;. Manetone interpreta il cendo cose meravigliose». Qui il signi-
nome egiziano di Zeus, Amman, come fìcato di CÌ.1toxp{nt"t'W si avvicina a quel-
espressione del mistero ('tÒ xe:xpuµué.- lo prima indicato di seppellire, far spa-
vov ... xaì -.i]v xpvlf;w unò "t'aU-cTJc; 8T1- rire; la reviviscenza compare come se-
À.oucri)a1 'ti}ç cpwvijc;). Ecateo di Abde- condo atto. Evidentemente si allude
ra, invece, considerava questo nome co- all'eterna polarità di morte e nascita
me un'invocazione, con h quale gli egi- (~III, èol. 329). La divinità intesa co-
zi avrebbero voluto spingere l'iddio al- me corpo cosmico è, sl, completamente
tissimo a rivelarsi (-.òv 7tpG'.>'tov ik6v, Sv rivelata nel tutto, ma al tempo stesso vi
't'Q 7t(l\l'tÌ "t'Ò\I aÙ'tÒV \IOUlSOU(n\I, wc; sta anche nascosta. Infatti la teoria del-
àcpavii x<XÌ xe:xpuµµÉvo\I 8v't'a 'ltpocrxa- la pancorporalità della divinità è una
À.ouJ..1.f:VOt xat 'ltapaxtx.À.ouv..u , ȵcptx.vi} dottrina esoterica. Ma appunto per que-
ye:vÉcritm. xa.t 8ijÀ.ov a.v't'oi:c; 'Aµouv ÀÉ- sto, anche in questo caso non si tratta
yovaw) 12 . Particolarmente severo era il di occultezza essenziale alla divinità. Che
segreto dei misteri di Iside. Pausania nulla sia nascosto a Dio, vien proclama-
(ro,~2,18) narra di un romano, che ave-
to con tutta la fotza possibile (o.e. rr.
va ottenuto col denaro di entrare nel 17 ss.):
tempio di Iside e che. avendo riferito \IOUç lit ot a\jiEUo'Ì)ç amn)..-{J~Oç lJ.q>fiL't'Ot; C1.LM]p,
ciò che aveva visto, fu punito con la w~ OTJ 1ta\l't"lt. XÀ.UEL B xa.t cpplisE't"G(L' oÙBÉ 'tic;
morte dalla dea. Ancora Apuleio (met. [fo·-nv
1 I) mostra una notevole riservatezza auli'Ì) oùo' lvoltTJ oùBÈ X't"U1toç ou8È µ!v !Scrua.,
quando parla di questo argomento. Ma 1' )..i)lkL ALÒc; oùtt<; Ù7tEpµEvfoç Kpovlwvoc;,
12 Per testo e commento dr. l'edizione di G. qui come intransitivo o addirittura come passi-
PARTHEY (1850). vo. Si può paragonare l'uso intransitivo di tl.-
13 Come indica il contesto, xÀ.VE1\I è usato xoVEW nei tragici. LIDDELL-SCOTT, s.v.
xpv1t'tW (A. Oepke)
«egli ha un'intelligenza infallibile, re- to presso gli Egiziani. Non c'è tempio,
gale, cioè l'etere che non viene mai me- infatti - egli dice - nel quale davanti
no, che ode ogni cosa e al quale ogni all'entrata, l'organo, (normalmente) na-
cosa è riferita; non vi è alcun suono, scosto, non stia nudo, eretto dal basso
né voce, né accento, né parola, che ri- in su, coronato di tutti i frutti della ge-
manga occulta alle orecchie del poten- nerazione». Il discorso, che secondo la
tissimo fìglio di Cronos». Nonostante supposizione del Reitzenstein sarebbe
il rivestimento antropomorfico, le pre- stato tenuto ad Alessandria, in questo
messe sono totalmente panteistiche. Per- punto, come il seguito mostra, fa riferi-
ciò questa dichiarazione non va sostan- mento ad erme falliche 15• Il membrum
zialmente oltre quelle riportate sopra erectum, in quanto origine di ogni vi-
(~ col. n32). La concezione più per- ta, può essere paragonato alla divinità
sonale di Socrate (~ col. I I 31 nota 6) come causa causarum, e l'aperta esposi-
resta in Grecia relativamente isolata. zione del membro altrimenti tenuto na-
scosto, praticata non solo in Egitto,
Se già nell'orfismo concorrono delle simboleggia pertanto, secondo l'opinio-
influenze del lontano Oriente, questo av- ne dell'autore, la rivelazione del divino.
viene pienamente nella gnosi vera e Nel suo insieme, la gnosi predilige
la sapienza occulta, esoterica. Ciò risul-
propria.
ta particolarmente chiaro dai documen-
Stranamente frammiste, influenze o- ti della gnosi decadente, i libri magici e
rientali, egiziane e greche si trovano gli scritti degli astrologi. Il P. Leid. v
nella Predica dei Naasseni riferita da introduce la trasmissione di una formu-
Ippolito 14 : oi.cX. "t'OU"t'O q>'f}OW à:.xlvl]- la magica, indicata come grande UfOr,
"t'OV Etvai. "t'o 1t&,V"t'a. xwouv· µÉvEi. yàp con le parole: EXE E\I &.1toxpuq>c.p wc; µE·
o ÉO""tt 1tOLOUV "t'èt 1t6'.V't'IX xat oò8Èv "t'WV ya..À.oµuO"~l)pi.o\I, xpu(3e, xpu(3E, «tieni se-
ywoµÉvwv ylverm. "t'OU"t'O ELva.l cpYJO"L greto come gran mistero, nascondi, na-
't'Ò à:.ya:frév... xa.t "t'Oih' EL\la.t 't'Ò µÉya. scondi!» (Preisendanz, Zaub. XII 321 s.).
xat xpuq>LO\I "t'W\I oÀ.WV xa.t él:y\IWO"'t'O\I Il termine à?t6xpucpo.:; è l'espressione
µuu"t'{]ptov "t'Ò 1ta.pèt 't'oi:ç Atyu1t"t'LOL<; tecnica indicante i libri o le iscrizioni
xExaÀuµµÉvov xc.d &.vmcncaÀ.uµµÉvov. segrete, che hanno uno speciale valore
oùOdç yap, qi11crlv, È'.u-cw vaòç Év <I> rcpò (Preisendanz, Zaub. IV I II 5: cr-ç-fi À, 'l1
't'ijç elu68ou oùx Ea--c'l'lXE yuµvòv "t'Ò XE· à:.TI6xpuq>oç; ibid. XIII 343 s.: MoUcrÉwç
xpuµµÉVO\I Y.a:rwi}EV &vw (3ÀÉ1tOV xa.l lEpèt f3lf3Ào.:; &.1t6xpucpoç ÈmxaÀouµÉv1}
7t6'.v"t'aç -roù.:; xap1toù.:; "t'Wv ywoµivwv òyo6n ii à.yla; ibid. 731: MoiiO"Éwç à-
cne:cpavouµgvov, «perciò - dice l'autore 1toxpucpoç 11'; i bid. rn 5 9: Mo\.icrÉwç &:.1t6·
naasseno - l'essere che tutto muove. è xpucpoç l:EÀ.'l')\/La.x.l)). Nonostante il no-
egli stesso immobile. Pur producendo me di Mosè, questà sapienza occulta non
tutte le cose egli rimane ciò che è e è giudaica, né per l'origine né per la so-
non diventa nessuna delle cose prodotte. stanza, ma pagana. Per custodire il mi-
Questo - dice - è il Bene ... Questo è il stero di questi libri, li si scriveva anche
grande mistero, nascosto e sconosciuto con un alfabeto segreto, come il 'critto-
dell'universo, mistero velato e discoper- gramma' (Preisendanz, Zaub. LVII) 16•
17 Il significato che danno normalmente i vo- que sembra succedere - o che si tratti di un
cabolari per 8vcrO"Uve(lh1-toc; con cattiva coscien- errore di scrittura, bisogna cercare un'altra so-
za conviene male al contesto. Se non si accet- luzione. Forse si pensa aUa capacità occulta di
ta l'ipotesi che siano state elencate proprietà annullare la coscienza?
completamente contraddittorie - il che comun·
xpu7t'tW (A. Oepke)
18 Cft. L. v. SCHROEDER, Pythaf.,oras und die In- propriamente teologico. Anzitutto tecnico è
dcr (1884); R . REITZENSTEIN, Flato und Zara- Corp.Herm. XIII 16: olh:v 'tOV'tO (il valore del-
thustra, Vortriige der Bibliothck ì\7 arburg la rinascita) ov6i06:CTXE'tctL, à_)..)..b.. XpU1t'tE'taL
1924/25 (1927) 2 0SS. É\I atrii. Questa frase però secondo lo Scott
19 ~ coll. 95 ss. Cfr. anche la descrizione di E.
è stata aggiunta da una mano posteriore. I
NoRDEN, Agnostos Theos (1913) 83 ss. xpu1t't'ot ÀoyoL come formula magica di Dio al
momento della creazione del mondo (ihid. voi.
20 Su questo collegamento cfr. A. 0EPKE, Karl I p. 468,r, cfr. 464,20) sono soltanto un'eco
Barth u11d dic Mystik (1928) 10 e la bibliogra- innocua di un modo di parlare popolare. ÈxÉ-
fia ivi citata. xpU7t'tO (ibid. vol. 1, p. 462, 7) è probabilmen-
21 Cfr. i vocaboli e gli indici a Porfirio e te spurio.
Giamblico, e gli indici di J. KROLL, Die Lchren 22 Queste espressioni ritornano continuamen-
des Hermes Trismegistos (1914), NoRDEN Zoe. te già dal tempo di Platone. Il contrapposto
cit.; REITZENS'fmN, Poim., e Hell, Myst.; in platonico però era VOTJ'tOc:;. Dio non può esse-
lamb., myst. II, 4 (75,12 Parthey) 'tÒ\I oùpa.\IÒ\I re compreso dai sensi, ma dal Nus sl, quin-
Ù7toxpU7t'tEL\I significa oscurare il cielo. Ibid. I, di non è senz'altro nascosto. ayvwcr..-oc:; stesso
6 ( 19,17 ): la schiatta degli eroi accoglie in sé compare solo una volta nella K6PTJ x6uµou di
il meglio che viene dall'alto e che in certa mi- Ermete Trismegisto, a proposito di Dio prima
sura è nascosto nel suo intemo ( avwltEv ~<p1J· della creazione; itE0 'ti{J g'tL à.yvwcr't~ (forse
cr·n1x6'ta xaL olov Ò:7toxpu1n6µEva. dç 'tÒ fow spurio, Corp. Herm. voi. I p. 458,3 s.) (KROLL
'tÒ'.. ~EÀ:tlova 7tapa:oEx6µEvov ). Qui l'uso si av- [ ~ nota 21] ). vou xpEluuwv dice lo Pseudo-
vicina a quello di Mt. 13, 33 par., ma non è Archita (NORDEN [ ~ nota l9] 84).
xpVlt't"W (A. Oepke)
24 Cfr. anche lEp.39 (3:.i),17.27. I LXX hanno letto senza dubbio ;ikkiile' invece di iippiilc'.
xpun't'w (A. Oepke)
27 Ebraico: Perché Jahvé ha versato su voi OIJWV't'Eç 't'à XPUTC't'U, Questa traduzione è lin-
uno spirito di sonno profondo e i vostri occhi guisticamente errata, ma riproduce la concezio-
(i profeti) ha chiuso, e i vostri capi (i veggen- ne dell'A.T. in generale.
ti) ha coperto. Le parole fra parentesi sono 28 Ebraico: 'él mistatter. I LXX (O'Ù ycllp d
senza dubbio delle glosse. LXX: lhi TIE'!';6·nxEv ~E6c;, xat oux 'f\Snµtv) leggevano forse cosl.
vµ~ xvptoi; 1tVEUµa:n Xct.'tct.VU!;Ewi; xoct xaµ- H. GRESSMANN, Der Messias, FRL 26 (1929)
µu(m -roui; oq>ftaf..µoùi; OCU'tWV xat 'tWV TipO- 63.339 modifica seguendo Ehrlich mistattér in
CJll}'tWV aÒ'tWV xa.t 'tWV «px6v"tW'll <1.U'tW'll, ol maslir: un Dio protettore.
xpu1t-rw (A. Oepke)
8. Jahvé si riserva sempre il diritto sto, cerca rifugio presso il Dio rivelato.
di disporre della sua rivelazione. Può, Questi accenti non si sono mai sentiti
fuori della Bibbia.
quando lo voglia, tornare a nascondersi
per il giudizio. Anche al pio credente 9. Poiché la parola di Dio è il tesoro
non sempre sono risparmiate queste e- più grande, il primo compito dell'uomo
sperienze. pio è di nascondere questo tesoro den-
tro di sé. Qualcosa di simile si richiede
Talvolta Dio nasconde persino ai suoi anche nella mistica di Ermes, ma con
profeti le proprie intenzioni (2 Reg. 4, espressioni diverse.
27). Man mano che cresce l'incapacità
di accoglierlo, Dio finisce necessariamen- Giobbe (23,12) confessa: Non mi so-
te per nascondersi, e questo si risolve no scostato dai suoi precetti, Èv SF. xoÀ-
in un giudizio di sventura (Is.29,ro, an- 1tfP µov Expvl!Ja p1}µa't'a. aù<tou, «nel
che nel testo originale, ~ n. 27, e per mio seno ha occultato le sue parole».
la sostanza Is.6,9 ss., 28,n; 51,17; 57, Analogamente il salmista: É'V '\TI xap-
17, ecc.). Is.8,16 («Custodisci la rivela- ol~ µou itxpu~a 't'Ò:. Myt&. O'OU, 01tW<;
zione, suggella finsegnamento fra i miei a\I µ1) à.µap'tW 0'01 ( 4J II8 1 II ). Il savio
discepoli»), va considerato sia in questo premette al suo insegnamento la frase:
gruppo di testi, sia al punto 9. Gli pseu- ui.É, Éà.'V OE~ciµE\loç p'i)crL'V ȵf1<; È'V"toÀlj<;
depigrafi potevano richiamarsi a questo xputJllJç 1tet.pò:. <TEaV'té;J, ùmx.XOUO'E'"Cat O'O-
ordine di Jahvé solo con un'apparenza cplaç -.ò ovç crou, «:figlio, se accoglierai
di diritto. Vere e proprie tendenze eso- la parola del mio precetto e la nascon-
teriche sono estranee a questa parola. derai in te, il tuo orecchio ascolterà la
Anche il credente conosce per dolorosa sapienza» (Prov. 2,1 ). Con ciò si può
esperienza Dio che nasconde il suo vol- confrontare il dialogo d' apertura del
to o storna da lui l'orecchio. Prega che Poimandres. Il dio chiede: <tl BouÀ.Et
ciò non avvenga, e la sua preghiera vien àxovcrat xat ì>Ecicrcw1la1, xaì. \lol]craç
sempre esaudita; ma egli sa che questa µcd}EL'V xaì. yvw\lat; «che cosa vuoi udi-
è una grazia immeritata, liberamente re e vedere e col pensiero apprendere e
concessa (lob .3,23 [ebr.]; 13,24; .341 conoscere?»; e il cercatore di sapienza
29; Lam.J,56). Nei Salmi i LXX rendo- risponde: µa.l>EL\I ì)f)..w 't'à. 0\1-ta. xa.ì.
no l'idea dell'occultare con altri voca- voijo-m 't1}\I 'tOU't'W\I cpuow, xat y\IG'>\lat
boli, specialmente con !Ì?tocr'tpÉcpEW = 'tÒ\I l>Eo\I, «voglio essere istruito sugli
str all'hif'il, cfr. 4' 9,32; 21,25; 43,25; esseri, comprendere la loro natura, co-
50,rx; 68,18; 88,47; 101,3; 142,7. noscere Dio». E Dio: EXE \li;> créi) ocra
Jahvé può occultarsi sempre più, fino ì)É),Etç µal>Er\I, XtX"(W O"E otS&.çw, «custo-
a rendere la cosa insopportabile. Allora disci nel tuo intelletto tutto ciò che vuoi
conduce i suoi nelle tenebre (Lam.3,6), apprendere, e io ti istruirò» (Corp.Herm.
diventa per loro un orso in agguato, un 1 1 ss.). L'interesse si orienta variamen-
leone in luoghi tenebrosi (ÀÉW\I É'V xpu- te a seconda dei generi letterari: nei
cp<:1.l0Lç, 3,ro ~ col. XI46). Ma la gra- Salmi esso va alla torà in quanto parola
zia di Jahvé non è esaurita, anzi la sua di Dio storicamente rivelata; nella lette-
misericordia si rinnova ogni mattina. ratura sapienziale si indirizza verso una
Perciò il credente rimanga tranquillo: saggezza pratica con un fondamento re-
forse c'è ancora speranza (3,22. 28 s.). ligioso; nella mistica ermetica verso una
Cosl l'orante, partendo dal Dio nasco- gnosi cosmica.
xp\nt-rw (A. Oepke)
ibid. ). Altre contrapposizioni sono basse- letizia l'intemperanza, nel dso il duolo,
ter ... bfrhsja oppure bstr ... baggaluj. nel coniugio la dissolutezza». Seguono
Una colpa segreta è punita pubblica- altre contrapposizioni: vita e morte,
mente, una santificazione segreta del no- onore e vergogna, giorno e notte. Filo-
me di Jahvé viene anche pubblicamen- ne condivide in parte la dottrina della
te riconosciuta {Strack-Billerbeck u natura essenziahnente occulta di Dio.
486). Nel III sec. d.C. si discuteva se Parla di Dio come ci.xa.'t"aÀ.1")1t't"o<;, inaf-
in periodo di persecuzione fosse lecito ferrabile, e àbpa-.oç, invisibile (poster.
salvare la propria vita adorando gli ido- C. 15 ). Ma in questi contesti non usa i
li anche se questo avveniva non solo di nostri vocaboli. Accentua l'onniscienza
nascosto ma pubblicamente. La rispo- di Dio in un modo che è insieme vete-
sta era negativa (b. Sanh. 74 a, Strack- rotestamentario e sensibile, in parte, · a
Billerbeck I 414). suggestioni panteistiche: &vfrpw7toç o'&v
il 't'L 'tWV j'EvoµÉvwv xpv7t't'EO"bm ouv11-
2. Il giudaismo ellenistico frEl1) bEbv; 'ltou; 't'òv ècpìk.tx6-.cx. 7t6.v-;;'fi,
'tòv &xp1. rcEpa-twv cmo~À.É7tov-ta, -tòv
Il giudaismo ellenistico lascia perce- r.mÀ.1)pwx6-.a. 't'Ò 7t&v, ov -.wv oV•WV
pire, nell'uso dei nostri vocaboli, nei ouoÈ 'tÒ ~PctXU't"Ct..'tOV EpY)µov; xat 'tL
mt.paool;ov, El µT)oEvt -rwv yEvoµÉvwv
casi ove ha un'importanza teologica, èqnx-ròv XPV1t't'E0"1Ja;r, 't'O ov; «l'uomo o
delle influenze mistiche. qualcuna delle cose soggette al divenire
come potrebbero nascondersi a Dio?
Cosl già nei Testamenti dei xn Pa- Egli è colui che sempre previene, che
triarchi : Ruben morente vuol dire ai vede fino al termine, che ha riempito
suoi fratelli e figli quali cose segrete ogni cosa, del quale nemmeno la pili
egli porta nel suo cuore (Ocra EXW Èv piccola delle cose esistenti è priva. E
-tfJ xapolQ. µou :x:pu1m$:., test. R. r ,4). È qual meraviglia se a nessuna delle cose
probabile che il passo alluda a rivela- soggette al divenire è possibile nascon-
zioni segrete, come fa pensare test. L. dersi all'Ente?» (det. pot. ins. 153). La
8,19, dove Levi, dopo aver riferito le terminologia della disciplina dell'arcano
visioni che gli rivelarono il sacerdozio serve a caratterizzare la conoscenza mi-
della sua tribù, aggiunge: xcx.t itxpu\jla stica, che il filosofo introduce nella sua
xC1..l j'f. -.ou-to Èv -.nxapol~ µov, xa.t interpretazione dell' A.T.; fug. 179: ot
ovx. àvt1yyE1,À.a a,in:6 ·rnn 6:v1Tpwit~ ci.À.À"l')yopla.<; xa.l q>Ul'J"EWç -tfj<; xpV7t't"f.-
É1tL -tfiç yfjç, «nascosi ciò nel mio cuo- O'Dat q>r,)..ovcniç &.µu'T}-.ot, «gli inesperti
re e non lo comunicai ad alcuno sulla dell'allegoria e della disposizione a na-
terra». xpvTt'tEO"itar, compare inoltre in scondersi». sacr. A.C.60: xExpucptJat OE~
contesti a prima vista parenetici, ma in -.òv l.EpÒ'V 7tEpL -cou è.tyw1i-.ou xat 'tW\I
modci da tradire chiaramente l'influen- òvvaµt.wv au-.ou µu<T't'1JV Myov, È1td
za d'una ontologia mistica, della coinci- i>Elwv 'ltapcx.xa-caD1}x'l')v òpylwv où 7tct\l-
dentia oppositorum. test. A.5,1: ouo El- T6ç È<r-i:t qiuÀ.al;et.1,, «la parola santa, che
utv f.v 7tfi.aw, gv xo:'t'Éva:1l't"L -rou f.v6ç, ci inizia ai misteri dell'Essere increato
:x:at !!v Ò7tÒ f.vò<; xÉXpU1t-to:1.· €.v -rl] x't1}- e delle sue potenze, deve essere tenuta
<rEt 1j 7tÀ.EOVEl;ltX, f.v 'tTI EÒq>pOO'UVTI TJ nascosta, poiché non è di tutti custodire
µH}1), Év 't'0 yÉÀ.w-t1. -.ò '1tÉvil'oc;, €.v -.0 il deposito dei misteri divini»; ibid. 62:
y<i.µ~ i) à.c;w-rla, «due in ogni cosa, l'u- (essi non propalarono la grazia cui ave-
> '\ "\ > '
no di fronte all'altro, l'uno nascosto dal- vano avuto parte ) , CJ./\.tva I '
f.V aTto:x:pu-
l'altro: nel possesso la cupidigia, nella cpotç... éi>'E<ret.upla-ct\l't"O. Tutto il contesto
xpurci;w (A. Oepke) (m,973) n6o
33 Figure molto evidenti sono offerte dal trat- BILLERBECK I 388, IV 536 ss. SCHLATTER, Mt.
tato ;.Pea, tradotto da J. J. RABE (x78r). a 6,2 pensa che le trombe possano anche es-
34 Abbondante materiale rabbinico in STRACK- sere prese letteralmente.
(xpu1t'tW (A. Oepke) (m,975) rr66
sizione in Mt. è quella che di fatto è più con- da l'!.D e dai testi latino e siriaco è senza dub-
vincente. Il pensiero scorre tuttavia in modo bio da preferire al più diffuso o\l1tw.
sopportabile in Mc.4,:u e Lc.8,16; invece in
Lc.ll,33 con la sua continuazione che si ap- 40 e e ~ hanno ancora rafforzato il parados-
poggia alla parola ÀVX\IOç appare estremamen- so con aggiunte.
te forzato. Per Mt.5,I4 dr. l'agraphon P. Oxy. 41 Che Gesù prenda ancora la parola è sor-
1, r recto 15 ss.: ÀÉyEL Tr1crooç, TI6ÀL<; otxooo- prendente dopo i vv. 36 ss. E . HIRSCH, Stu-
µT]µÉVTJ E1t' rh:pov opouç V\jn}ÀOU XaL ÈCT't''ll- dietJ zum vierten Evangelium (1936) 27.98 con-
PL'Yµi.\IT) oihe necrei:v Mva.-.a.L oìJ"t"E xpufl-ii\la.L. sidera i vv. 44-50 come un brano che si è spo·
Qui manca l'accento imperativo. stato dal cap. 8, «che ha ricevuto qui l'ultima
JS K. BoRNHAUSER, Das Johannesevangelium parola ad vocem 'giudizio'». B. W. BACON, The
eine Missionschrift fiir Israel (1928) r21 s. non Gospel of the Hellenists (1933) p. 280 lo con-
elabora a sufficienza questa tendenza. Nella ve- sidera un'aggiunta del redattore ecclesiastico.
nuta notturna scopre (p. 26 s.) delle tendenze Il confronto delle due analisi in generale non
esoteriche. dà molto affidamento quanto alla bontà del
39 In 7,8 la lezione più difficile oùx, attestata procedimento.
XPV'lt"!W (A. Oepke)
4Z Una conoscenza soprannaturale, specialmen- mini, conosco persino i pensieri muti degli uo-
te la lettura del pensiero, è, secondo la conce- mini»; ibid.7,22 : Apollonio anticipa a Damide
zione degli antichi, un segno caratteristico dei ciò che questi sta per dire; G. P. WETTER, Der
itr'i:o~ livftpw'lto~: Eutìfr.qne in Platone (Eu- Sohn Gottes ( 1916) 69 s.; H. WrNDISCH, Pau-
typhr. 3 e); Apollonio di Tiana in Philostr. vit. lus und Christ11s (1934) 27 s.; 54.
Ap. 1,19: «lo conosco tutte le lingue degli uo-
xptnt'TW (A. Oepke)
ai beni escatologici della salvezza, che zioni dei profeti, dei salmi e della let-
sono occulti (--7 à.1toxa.À.u1t't'W, coli. r r 6 teratura sapienziale (--7 col. l 149 ), a
ss.; r27 ss.; r32 s.; 133 ss.). Il mistero quelle dell'Apostolo che parlano della
che era occulto da eoni e da generazioni, sapienza occulta di Dio.
ora è rivelato ai santi di Dio (Col. I, Ma si deve dire che la concezione
26; dr. Eph. 3,9). In Cristo sussistono paolina è soprattutto cristiana 43 • La co-
tutti i tesori occulti della sapienza e noscenza pneumatica della sapienza oc-
della conoscenza (Col. 2,3; dr. Is. 45, culta dipende totalmente dal piano sal-
3; Prov. 2,3 s.). Perciò i portatori del vi.fico di Dio, realizzato storicamente in
vangelo, anche se la loro predicazione Cristo, e ha questo come oggetto (dr.
è scandalo e pazzia per l'uomo 'natu- I Cor.2,6 ss. con 1,18,24; Col.1,26 con
43 REITZENSTEIN, H ell. Myst. 333 ss., non tie- aspetti e quindi interpreta Paolo unilateral-
ne sufficientemente conto di questi due ultimi mente in senso ellenistico. ~ col. 138.
II73 (III,978) xptm-cw (A. Ocpke)
dei pagani ("tW\I 'EÀ.À.l)vwv) scese una elaborazione dei singoli scritti, da va-
volta a Sketi, venne nella mia cella e lutarsi con criteri puramente letterari.
vi pernottò. E quando vide come vi- In seguito singoli libri o raccolte acqui-
vevano i monaci, mi disse: Vivendo in stano, forse a motivo del loro impiego
questo modo, non vedete nulla presso nel culto, un valore superiore. Cosi ha
il vostro Dio? Io gli risposi: No. Allo- inizio la valutazione notmativa delle
ra il sacerdote mi disse: Quando noi Scritture. Infine, come conseguenza di
serviamo cosl a lungo il nostro Dio, un'evoluzione interna e della contrap-
egli non ci nasconde nulla, anzi ci svela posizione con il mondo circostante, si
i suoi segreti ( ouo~v xpv1t"teL &.cp' -YJµwv, opera una scelta degli scritti religiosi
fÌÀ.À.à à.1toxa.À.V7t-i-EL i)µi:v -.à µucr..1}pia. esistenti. Nasce cosl il canone e, in con-
mhov). Voi, invece, vi date tanto da trapposizione ad esso, la letteratura apo-
fare, con veglie notturne, silenzio, eser- crifa 47 •
cizi ascetici, e tu dici: non vediamo
nulla? Certamente, se non vedete nul- 2. Preistoria del canone
la, è perché avete nei vostri cuori cat- L'A.T. è chiamato abitualmente «Leg-
tivi pensieri che vi separano dal vostro
Dio; per questo i suoi segreti non di- ge, Profeti e Scritti» 48, denominazione
ventano manifesti a voi. Io andai e ri- che rievoca il formarsi del canone per
ferii agli anziani le parole del sacerdote. parti separate.
Ed essi si meravigliarono e dissero: È
veramente così: infatti i pensieri impu- a) La Legge (-7 v6µoc;). Verso il 300
ri separano Dio dall'uomo» . a.C. la Torà era completa 49 • Come com-
A.OEPKE plesso unitario, dal tempio, dov'era usa-
ta nel giorno dell'espiazione (Jomà 7 ,r
C. APPENDICE: CANONICO E APOCRIFO 46 e par.), essa passò nel culto sinagogale.
A questo si riferiscono le prescrizioni
I. Canonico e apocrifo nel giudaismo per la lettura pubblica 50, la suddivisio-
ne in pericopi per la lettura continuata51
r. Il concetto di canone e l'ordine canonico dei libri fissato dai
rabbini ('""""7 sotto, 4 d).Ben presto la To-
Nel giudaismo si può parlare di ca- rà ebbe un posto centrale nel culto52 • Di
questa legge, che aveva per fondamento
none, come documento chiuso della ri- un'ispirazione divina ma poteva sempre
velazione, di valore normativo, a parti- esser sostituita da una nuova redazione,
re dal principio del sec. n d.C. gli epigoni tardivi fecero un codice di
valore normativo, accanto al quale tro-
Prima del canone, c'è la raccolta e la vavano posto soltanto i commentari 53 •
co è Iub.; dr. E1SSFELDT 661 ss. feta ancora ai tempi del N.T., -,> col. 118i.
S6 Hè>LSCHER, (-,>nota bibliogr.) 20, nota 7.
5~ 2 Mach. 2,13 presuppone il ricordo che la
raccolt11 dei profeti si è formata insieme da S7 Il testo deve suonare: wgm 'zkir 't 'jwb
libri storici e profetici. [hnbj' ?]. Invece di 'zkjr il fr. B (STRACK) legge
hi.kir secondo fa:. 14, 14. 20; dr. SMEND, Die
ss Cfr. HbLSCHBR 21, ErssFELDT 621 ss.; che Weisheit d. Jesus Sirach (1906/1907) ad !oc.
il libro cli Daniele non sia stato accolto fra i e RYsSEL in KAUTZSCH, Apkr.466.
profeti, costituirebbe una prova che il canone 58 Va osservato peraltro che al suo tempo eta
dei «profeti» era già chiuso ai tempi di Sirach già nata in Palestina la letteratura profetica
solamente se potesse venir dimostrato che la pseudepigrafo -,>col. n84.
disposizione rabbinica risale fino al 200 a.C. o
59 ELBOGEN (-,>nota 52) 176.
che i rabbini nell'ordinare il canone hanno se-
guito un procedimento di carattere letterario. ro b.Git.60 a: sfr 'ptrt'.
Sul fatto che Daniele fosse contato come pro- 61 Per es. è proibito, secondo Meg.4,ro di fare
xpu1t't'W (R. Meyer)
la lettura pubblica di Ez.r (-+sotto, 4c). cioè che al momento del rifacimento del tem-
62 Secondo la leggenda, citato già da Simone pio per opera di Giuda Maccabeo, le pietre
b. Schctah: j . Ber. u b; chiaramente contrarin dell' altare sconsacrato furono rimosse, e che
Sap.2,1 ss. -+sotto, 4c. per il loro futuro impiego si aspetterà che sor-
6l Ho1SCHER (-+nota bibliogr.) 23; MooRE I ga un profeta il quale possa dare le relative
239. istruzioni, viene interpretato abitualmente co-
64 Proprio come Filone pensa anche l'autore, me un segno dell'assenza di profezia nd Giu-
presumibilmente sadduceo, di I Mach., natu· daismo dell'epoca. Questa interpretazione non
ralmente in base ad altri presupposti. Qui si è completamente esatta: bisognerebbe partire,
legge infatti, in 4,44-46: xat E.~ouÀtUO'l'l\l't'O nell'interpretazione, dal fatto che l'autore con-
'lttPL i;ou lhi<r~a<T't'T)plov 't'fjç oÀoxau't'WO'EWç sidera perfettamente possibile che sorga un
-.ou (k~T)ÀwµÉvov, -.l a:u't'é!> rco~Ticrwuw· xa:t profeta ai suoi tempi (2 Mach. 10,1 ss. inoltre
~TIE<TEV a:1hoi:ç ~ou)..·(] à:yafrii xa:i>EÀE'i:v aòi;ò, non contiene affatto il motivo del profeta!). r
µi)7to-re yÉv11-.a:• cx.u't'oic; tlc; ovEtooc; o't't ȵla- Mach. condivide la posizione religiosa di fon-
vav -.ù. ~ihiT) a:u't'6· xa.ì. xcd)EV...ov i;ò 1N<rtau- do del Siracide e di suo nipote. Non deve stu-
-r1Jpto\I xat a'ltrnE\l't'O 'tOUç )...ll)ouç ÈV 't'fi'> opEL pire che in un'epoca in cui la neo-profezia ap-
i:ov otxou Èv i;6m~i Em'tT)OE~ µÉXPL -rou na.- pare già in forma pseudepigrafica, si possano
pa:yEVT)fri)vai rcpoqrft-rTJV i;ou à:r:oxpd)fj\la~ 1tEpt ancora avere dci pensieri di quel genere; le sin-
aùi:wv. L'episodio riferito in questo passo, gole concezioni non si sono infatti alternate,
xp\nt't'W (R. Meyer)
Per gli scrittori del N. T. la com- Legge, i Profeti e i dodici profeti mi-
pletezza della Scrittura è padficamen- nori 75• Fra le menzioni di singoli libri
te accettata. L'ex-fariseo Paolo parla dell'A.T. ha particolare importanza, per
della 'Scrittura', yp<1,cpfi, e lo stesso la stol'ia del canone, il passo di Mt.24,
fanno pure Giovanni, gli Atti, la Let- r 5, che mette Daniele fra i Profeti, co-
teta di Giacomo e le due di Pietro)65, me fa Flavio Giuseppe{~ sotto, 4 d).
usando il termine nel senso del rab-
binico ktwb 66 e di mqr' 67 = aram. b) Gli apocrifi. Che all'epoca del N.
qr' 68 • I sinottici, Paolo, gli Atti e Gio- T. la separazione delle Scritture canoni-
vanni usano altresì il plurale ypaqw.l che da quelle extracanoniche non fosse
(--+ nota 65), equivalente del rabbinico ancora netta, è provato dalla considera-
ktbj hqds (--+ nota 66). Paolo e Gio- zione di cui godevano gli scritti che in
vanni indicano l'insieme della Scritture seguito sarebbern stati dichiarati non ca-
anche con v6µoç 69 (rabb. twrh) 70• I si- nonici. La teoria di Filone sulla Scrittu-
nottici e Paolo usano anche, nello stes- ra mostra che per lui, e anche per tutta
so senso, ò v6µo<; xat ol 'ltpoqrij-i-aL 71 , la comunità alessandrina, non vi è di-
corrispondente a twrh wnbj' jm, espres· stinzione tra i vari libri di edificazione.
sione rata dei rabbini 72, che più spesso Per lui i Proverbi e l'Ecclesiastico sono
usano twrh wqblh, 'legge e tradizione' da porsi sullo stesso piano.
(--+ nota 72 ). Le. 24, 44 cita l'insieme Anche gli scrittori cristiani del r e del
della Scrittura con una formula che evo- n sec. non conoscono un canone ben
ca la tripartizione di questa alla maniera delimitato. Paolo, ad es., in I Cor. 2,9
del canone rabbinico73 . Ma è dubbio che cita un detto apocrifo, forse dell'Apo-
il passo sì riferisca effettivamente al ca- calisse di Elia; Le. I I >49 cita un apo-
none rabbinico, così come non si può cdfo perduto; Iudae 14 dà a Enoc il
usru:e Mt. 2 3 ,3 5 per dire che all'epoca del- titolo di profeta; 2 Tim.3,8 presuppo-
la composizione del primo vangelo il li- ne la conoscenza d'un l'acconto relati-
bro delle Cronache si tl'ovasse già alla fi- vo a Ianne e !ambre, e lo usa a scopo
ne del canone74 • Quanto alle raccolte par- diadattico (--? rv, coll. 663 ss.) 76 •
ziali di scritti biblici, il N.T. ricorda la Anche nel giudaismo palestinese i li-
ma sono esistite a lungo l'una accanto all'altra. 67 BACHER, op.cii. I , 117 ss.
La teoria rabbinica dell'assenza di profezia nel 68 BACHER,op.cit. II ( r 905) 195 s.
tempo presente, come vedremo meglio più
69 Hfum, op.cit. 277.
avanti(~ sotto,4a) si è imposta solo più tar-
di, in età post-apostolica. Anche il fariseo Fla· 70 BACHER, op.cit. I, 197·
vio Giuseppe parla ancora liberamente di pro- 71 HfuIN, op.cit. 277; cfr. anche A ct. 13,15.
fezia, mentre i rabbini del periodo posteriore
evitano questo concetto (-i>nota 79). Stabilire 72 STRACK-BILLERDECK IV 416.
l' esistenza di una corrente di pensiero che 73 Cfr. 2Mach.2, 13 (-?nota 54); KwsTER-
mantiene la possibilità che sorgano ancora dei MANN, Lk. 241.
profeti, è importante per il concetto neotesta-
mentario di ~ 1tpocp1yt'l}ç.
74 Cfr. KLOSTERMANN, Mt. 189 s. Sembra che
Flavio Giuseppe considerasse Ester come l'ul-
65 E. HiliIN, Die mcssian. W'eissagu11gen dcs timo libro della raccolta dei profeti, ~ nota
isr-iiM. Volkes II: Dic at.licben Zitate 11. Re- Bo.
miniszenzen im N. T. (1900) 276, ~ anche
ypaq>l) n, coll. 627 ss. 75 Hfum (~nota 65) 277.
66 W. BACHER, Die exegetische Terminologie 76 Altri dettagli in Hih-IN 270 s.; HoLsCHER 66
d. iiid. Traditionslit. I (1899) 9oss. ss.; --+ n, col. 641 s.; inoltre -? v, coli. n99 ss.
xpV1t'tW (R. Meyer)
77 Per salvare la pretesa severità del canone (4 nota bibliogr.) .56 s. Sulla valutazione che
palestinese, qualcuno dice che Giuseppe era i nuovi profeti davano di se stessi cfr. 4 Esdr.
un alessandrino (per es. BUHL ~ nota biblio- 14,45 ss.
grafica) 44.
78 Tuttavia nel I sec. si ha una certa tensione 79 La delimitazione dogmatica si esplica, per
riguardo a questa letteratura; essa è fondata es., nel giudizio di Ircano I. Secondo Flavio
sull' opposizione fra tradizionalismo e nuova Giuseppe, bell.1,68, egli possiede il dono del-
profezia, non su un contrasto relativo alla con- 1.i. profezia (7tpOQJTJ'tEla.). All'opposto j.Sota 24
cezione del mondo. Diversamente HoLSCHER b, r. 27 par., parla soltanto di una bt qwl.
xpU1t'tW (R. Meycr)
s5 Per es. ]ad.3,5: kl ktbi hqd1 tn!m'in 'l 56 a}: f>zqjhw hmlk gnz spr rpw'wt=il re Eze-
hjdim; anche gli agiografi ricevono in modo chia ... sottrasse nl pubblico un libro (magi-
speciale il nome di 'sacra scrittura', per es. T. co?) di medicine (dr. j.Sonh.18 d). Il derivato
Shab.13,x. g,entza - che è una formazione astratta - signi-
M gnz (in generale) significa i . raccogliere = fica il raccogl~ere, il custodire, l'occultare; don-
ih]cra..vplsm1; per es. b.B.B. I I a~ 1v, col.5u; de b.Pes.uB b : bjt gnjzh =camera del tesoro,
2. custodire, per es. b.Pes.119 a; quindi 'il te- e l'espressione che si trova per es. in Sbab.I6,
soro' è detto gnz, gnz'; per es. b. Rag. r2 b: r: f'wn gnjzh. Cfr. LEVY, Wort. 1 346 s.; M .
gnzj ~jjm, b.Pes.119 a: bit gnziw Il qrl; ~ 'ca· }ASTROW, Dictio11ary... 11 (1926) 258 s. Tenta-
mera del tesoro'; 3. occultare, sottrarre all'uso tivi di presentare il termine gnwz, che si leg-
pubblico; per es. b. ]oma 52 b: mfognz '1w11 ge in Ab. R. Nat. I (I b), come archetipo di
ngt1z 'mw !11!nwt hmn; Pes.4,9 (Bnr. da b.Pes. à:1t6xpuqio.;, si trovano, per es., in ZAHN, Kan.
xp\nt-rw (R. Meyer)
9ICfr. S. De11t. § 294 a 25,14. Per il nome del der rabb. Anthropologie =BWANT IV 2 2 ( 1937)
shammaita, v. R. MEYER, Hellenistisches in 137, nota 1.
u93 (m,895) xpu'Tl:"CW (R. Meyer)
portava il nome di Salomone, e passava decisiva non solo sul giudaismo, ma an·
quindi per un'opera del periodo classi- che sul cristianesimo. Per valutare fino
co. Cosl Johanan ben Sakkai (verso il a qual punto Akiba si impegnasse a fa-
70 d.C.) lo cita, sebbene condivida l'o- vore del Cantico si possono leggere le
pinione dei rabbini 92 • Secondo Jad. 3,5, dichiarazioni iperboliche che fece in
la scuola di Shammai negava l'autorità proposito, dicendo che su di esso non
canonica dell'Ecclesiaste. La discussione era mai stato avanzato alcun dubbio e
intorno a questo libro venne decisa uffi- che era più santo degli altri agiografi
cialmente dal tribunale di Jabne (Jamnia) (Jad.3,5).
verso il roo d.C. (ibid.). Echi di questa Ester. I dubbi contro Ester erano di
polemica si hanno nel corso di tutto il tipo diverso. D'accordo sull'insospetta-
sec. n 93 ; ma essi non ebbero conseguen- bilità dogmatica del libro, che, unico
ze per l'effettiva validità del libro. Se- fra gli agiografi, aveva da tempo trova-
condo i rabbini, si rinfacciavano a que- to impiego nel culto (b. Meg1 a), i dub-
sto contraddizioni interne (b. Shabb.30 bi dei rabbini erano di natura politica.
b); secondo l'asserzione di alcuni Amo- Cosi Giosuè ben Hanania (verso il 90
rei posteriori lo si accusò di antinomi- d.C.) si oppose al riconoscimento ca·
smo 94• nonico di Ester (ibid. }. Tuttavia le sue
Proverbi . Secondo i rabbini vi fu obiezioni urtarono contro la radice pro-
qualche tentativo di dichiarare profano fonda che il libro aveva messo nella
anche il libro dei Proverbi, in quanto coscienza religiosa del popolo. Eleazar
vi si noterebbero delle contraddizioni da Modeim replicò a Giosuè ben Ha-
interne (b. Shabb. 30 b). Ma anche in nania, e Eliezer ben Hyrkanos, contem-
questo caso la tradizione si impose. poraneo di Giosuè, come pure Akiba e
Il Cantico dei cantici fu, con l'Eccle- altri, considerano il libro come ispirato
siaste, il libro più contestato, oggetto e quindi canonico (ibid. ). Dubbi occa-
di dibattito esso pure nel sinedrio di sionali, in seguito, non pregiudicarono
Jabne (Jad.3,5). Anche di questa oppo- il riconoscimento della canonicità di
sizione si hanno tracce ancora nel sec. Ester.
II. Sembra che al Cantico si rimprove-
rasse anzitutto un carattere mondano, e d) Il canone e le scritture apocrife
non a torto, visto che era usato in que- Gli attacchi ad alcuni libri ricono-
sto senso. Forse fu anche adoperato per sciuti sacri dalla tradizione non ne ar·
speculazioni mistiche 95. Per salvare il restarono il processo di canonizzazione.
Cantico, Akiba (t 135 d .C.) ne proibl Accanto alle teorie dell'epoca profetica
l'uso nei banchetti, e affermò che quan- e della santità delle Scritture, comparve
ti lo consideravano come una compo- quella dell'ambito del canone.
sizione mondana non sarebbero stati Il numero canonico. Flavio Giusep-
ammessi all'eone futuro (T. Sanh. 12, pe, Ap. r ,3 8, riferisce una teoria rabbi-
10 ). Cosl pure ne impose l'interpreta- nica risalente al 60 circa d.C.: 5 sono i
zione allegorica, identificando l'amico libri del Pentateuco, 13 i profeti: Gio-
con Jahvé, l'amata con Israele e il co- suè, Giudici ( + Ruth), Samuele, Re, I-
ro delle donne con le nazioni. Questa saia, Geremia (+Lamentazioni), Eze-
interpretazione ha avuto un'influenza chiele, il libro dei 12 profeti minori,
92 BACHER, T anna'ìten 12
41 s. 94 Pesk. 8 (68 b) par.
93 HoLSCHER (-7 nota bibliogr.) 31 s. 95 HOLSCHER 53·
xpun-.w (R. Meyer)
Giobbe, Daniele, Ester (~ nota 80), razione dei LXX. Nella disposizione ca-
Esdra e Cronache; vengono poi 4 «Can- nonica si esprimono al tempo stesso il
ti di lode a Dio e regole per gli uomi- grado di santità delle singole collezioni
ni», cioè i Salmi, i Proverbi, l'Ecclesia- e il loro grado di ispirazione 99 •
ste e il Cantico dei Cantici. Questa è I libri esclusi. Il canone completato
una classificazione scolastica nota anche ad opera dei rabbini non fu minacciato
ai Padri della Chiesa 96 • Presso i rabbini dagli scritti eretici, ma dai libri esclusi
si è imposto il numero (certo più anti- a motivo delle teorie rabbiniche, che
co) di 24 libri, ottenuto considerando pur erano in sé ortodossi. In una situa-
Rut e le Lamentazioni come opere in- zione come questa, c'era il rischio, e lo
dipendenti. Questa cifra ha offerto lo dveia b. Sanh. lOO b (~ col. II 8 6),
spunto per molte allegorie. La più anti- che invece di limitarsi al loro uso pro-
ca testimonianza in merito, 4 Esdr. 14, fano, si facesse di questi scritti uno stu-
18 ss., è più o meno del tempo del si- dio religioso. In questo contesto si de-
nodo di Jabne 97 • ve interpretare Sanh. II, r: fra coloro
L'ordine canonico. Strettamente col- che non hanno parte al mondo avveni-
legato alla .fissazione del canone è il ri- re, Akiba conta anche quelli che leg-
ordinamento delle Scritture. Contraria- gono i «libri che stanno al di fuori»:
mente ai LXX, ci si ricollegò all'idea, 'p hqwr' bsprjm hpj~wnjm . I sprjm
già espressa dal nipote del Siracide, che f>#wnjm devono essere i libri non ca-
vi fossero tre categorie di scritti. La rac- nonici 100 • Analogamente in Num. r. 18,
colta della Torà rimase immutata. Fra i a r6,35 la norma legale non accolta nel
Profeti ne furono scelti otto, destinati corpo della Mishna è chiamata una
ad appartenere, in seguito, alla seconda «Mishna che sta al di fuori» (mfnh
collezione: Giosuè, Giudici, Samuele, hj~wnh ). Il termine più usato per indicare
Re, Geremia, Ezechiele, Isaia e i do- la stessa cosa, 'baraita' (biiriiitii'), è sem-
dici minori. I rimanenti sette scritti plicemente l'equivalente aramaico. Spes-
furono allegati, con gli altri quattro so ha mosso a scandalo Akiba, con la
libri, alla collezione degli agiografi (b. sua severità sulla lettura di scritti non
B.B. I4 b) (Rut, Salmi, Giobbe, Prover- canonici. Tuttavia la sua affermazione
bi, Ecclesiaste, Cantico, Lamentazioni, va vista nel contesto della situazione.
Daniele, Ester, Esdra, Cronache). Akiba, come minaccia la morte eterna
I motivi di questi spostamenti ci a chi fa un uso mondano del Cantico
sfuggono 98 • Forse ha influito su di essi (--+ coll. n93 s.), cosl vieta lo studio
la frequenza dell'uso nella sinagoga. religioso degli scritti extra-canonici. Ma
Talvolta si trova nella letteratura rab- non si tratta che di un divieto generico.
binica anche la suddivisione in due par- Akiba intende tracciare una netta sepa-
ti: tora w•qabbald, che ricorda la nume- razione fra letteratura sacra e profana ,
96 HOLSCHHR (-+nota bibliogr.) 26. wlo nel primo periodo gaonita le 5 Megillot
97 Sui numeri canonici dr. HoLSCHBR 25 ss. incominciano ad essere usate nelle festività.
93 Fatta eccezione per i Salmi, alcuni 'scritti' Ma la stessa disposizione degli scritti ci fa
certi che esse non vennero riunite per questa
vengono adoperati solo raramente nel culto, al-
ragione.
tri invece mai. Essi servono solo per l'insegna-
mento. HoLSCHER 29, è d'avviso che Ruth e w Cfr. T.Meg.4,20.
Lamentazioni siano stati aggregati agli agiogra- 100 Diversamente HoLSCHRR 42 ss., che però
fi allo scopo di riunire le 5 Megillot. Tuttavia non riesce convincente.
xpv'lt>tw (A. Oepkc)
101 sprj mjnjn: RABBJNOVICZ (-?nota 84) IX un SCHi.iRE.R n• 369, nota 14; EJ II n67.
p. 303; STRACK-BILLERBECK IV 408.
102 Cfr. EJ II n65. too Cfr. 4 Esdr.13,r ss.
103 Cfr. inoltre Num . r. 15 a n,16 par.; meno 101Philonis ]udaei AJexa11drini Libri Antiqui-
'chiaramente Pesikt. r. 3 (9 a); Nmn. r. 14 a 7, tatum (Basel l .52?); traduz. in P. RrnssLER
48. Altiiid. Schrifttum ausserhalb der Bibel (1928)
101 Cfr. MoNTBFJORB (-7 nota 84) 682 ss. 735 ss.
XpU'lt'tW (A. Oepke)
108 Maggiori notizie in \Xl'INDISCH, Kath.Br., a 100 Cfr. WINDISCH, Hebr., ad l.; SCHiiRER m•
Iudae 9; ScHiiRER m ' 294 ss., spec. 3ox ss. 2 386 ss.; HENNECKB 303 ss. Per i testimoni pa-
Petr.2 omette le due citazioni, forse per avver- tristici sulI'Asc. Is. -+e II 3 b.
sione agli apocrifi.
xpvrt"tW (A. Oepke)
secretorum profert, sicut dicit alicubi: entrò; e gioiranno in eterno del regno
'quod oculus non vidit nec auris audi- del loro Signore, amen». La questione
vit'; in nullo enim regulari libro hoc se Paolo citi un apocrifo, si precisa
positum invenitur, nisi in secretis Eliae dunque in quest'altra: l'Apocalisse di
prophetae. E ancora ibid., series 28 a Elia è giudaica e pre-paolina? Che sia
Mt.23,37 (51,5 ss.): si autem aspiciat et giudaica è probabile, giacché in an-
quod ad Corinthios prima positum est: tiche liste dei libri canonici 111 è men-
(come prima, ma con la lezione quae ), zionata fra gli pseudepigrafì giudaici.
numquid poterit haec omnia aliquis ab- Ma ciò non significa ancora che sia an-
dicare? (cfr. ancora secretum Esaiae, teriore a Paolo e che Paolo dipenda da
t .50,28 )llO. H.1er., comm. m
z'b'd . I s.17, a essa. Si potrebbe anche pensare che nel-
64, 4 {MPL 24, p. 622 b ss.) non può 1'Apocalisse di Elia una mano cristiana
negare che queste parole si trovino nel- abbia fattò un'interpolazione in base a
1'Apocalisse di Elia e nell'Ascensione di I Cor.2,9 (come si è visto a proposito
Isaia, ma considera questi, che chiama dell'Ascensione di Isaia). Inoltre sia
apocryphorum deliramenta, come secon- Paolo che l' Apocalisse di Elia potreb-
dari rispetto a I Cor. 2 ,9, che per lui è bero risalire a una tradizione più anti-
una parafrasi di Is. 64,3 s. (dr. anche ca, senza dipendere l'una dall'altra. Che
ep. 57,9 [MPL 22 p. 575 s.]; praefatio ci sia qualcosa in comune con Is.64,3,
in Pent. [MPL 22, p. 150]). Il tenore appare probabile dall'esegesi rabbinica
del passo in questione dell'Apocalisse di questo passo, che nel testo originale
di Elia ci è forse tramandato da Cle- suona cosl: «Ma non s'è inteso per l'e-
mente Alessandrino nella citazione ori- ternità, non s'è sentito, e un occhio non
ginale di prot.10,94'4: 8ilev 1) ypacp'ij ha veduto un Dio all'infuori di te, che
Eix&.wc; EÙa.yye)..l~E't'«L 't'Ot<; 1t€mO"'t'E!J- agisca a favore di chi spera in lui»,
x6aw· 'ot oÈ &ytot xuplou x)..'l)povoµ-i)- LXX: &:rcò 'toli alGi\ioc; oùx 'Ì]xoVO'aµev
<rouaw 't1)V o6!;av 't'OU ilEOU xat 'tTJV ou- ouoÈ oi 6q:ii}a.À.µot Tjµwv dSov i>Eòv 'ItÀl}v
vaµw éx.\nov'. '1tolav, wµaxaptE., 66!;.a.v; 0-0U '.lC.a.t .. ~ !:pya. crov, & 'ItOL1]crE1.c; 't'Otc;
EÌ1t~ µot. i]v 6q:iila.)..µòc; oòx doev oùoè Ù'ltoµÉvoucrtv E)..Eov. L'interpretazione
oùc; ~XOUO"EV, oÙoÈ E1tt xa.pola.v avilpw- rabbinica di questo passo, che vien da-
1tOU àvÉ~'l} · xa.t xap1}o-ovTm ~'lti 't'TI ta ancora nel periodo tannaitico, inten-
~ruri.Àelq. -;oli xuplou a.Ù't'W'll Elc; 'tOÙc; de 'elohzm come vocativo, e di Dio fa
a.lwwxc;, &µ1)v, «per cui giustamente la il soggetto di ;a'aieh, oppure vocalizza
scrittura annuncia ai credenti: 'i santi quest'ultimo verbo come una forma ni-
del Signore erediteranno la gloria di Dio f'al, ottenendone il senso seguente: nes-
e la sua potenza'. Quale gloria, o beato? sun occhio ha veduto, o Dio, tranne te,
[La domanda è probabilmente rivolta quel che (Dio) prepara per chi spera in
all'angelo interprete]. Dimmelo! [Ri- lui 112• Questa interpretazione può ben
sposta]: 'Quella che occhio non vide, essere stata nota già a Paolo, giacché
orecchio non udl, in cuore d'uomo non circolava come una SJ?ecie di prover-
110 Nel commento alle epistole ai Corinti, scrit- llZ Ricorre per 1a prima volta sotto il nome di
to senza dubbio prima che si conoscesse I'Apo- R. Shimon ben Halafta (verso il 190, Qoh. r.
calisse di Elia (CRAMBR, Cat. v p. 42,12 ss.), 1,8). La tradizione anonima di S.Num.135 a 27,
Origene farebbe risalire la citazione a Is.52, 12 (Deut.3,26) (p. 558 dell'ed. cli K.G.KUHN)
15 o a rin libro deil'A.T. andato perduto du- indica forse un'epoca ancora più antica. STRACK-
rante l'esilio. BILLERBBCK III 327 ss.
111 Riprodotto da ScHiiRBR m' 357 ss.
xptnm.ù (A. Oepke)
bio 113 ; inoltre fu adottata anche dall' A- supporre che il detto sia stato interpola-
pocalisse di Elia e continuò a diffonder- to nell'Assunzione di Mosé, o che sia sta-
si non senza l'aiuto di I Cor.2,9. Ado- to combinato con un detto giudaico sul-
perare questo detto come 'indizio' di la ber2'a padiisil, creazione nuova, poi
una gnosi precristiana ti-I è pertanto erro- erroneamente attribuito a un apocrifo
neo. Si può solo affermare correttamen- di Mosè. Potrebbe trattarsi di una for-
te che esso è stato accolto soprattutto mulazione paolina originale, come sug-
in circoli gnostici, e la cosa si spiega gerirebbe la forma dei paralleli di Gal.
col suo contenuto misterioso. A partire 5,6 e I Cor.7,r9, che è assai diversa no·
da questa constatazione si spiega anche nostante la coincidenza del contenuto.
il suo impiego nei resti di manoscritti I Cor.9,rn: ot' T)µfo; yàp Eypricp'l"J,
manichei di Turfan115 : « ... affinché io vi O'i:L oq>ElÀEL èit' EÀ.7tlOL b &.pO't'PLW\I &.po·
liberi dalla morte e dall'annientamento, 'tpLéiV, xcà b 4À.oW\I èit' ÈÀ.1tLOL -rou µE·
io vi darò quel che non avete veduto -réxEw, «per noi è stato scritto che chi
con l'occhio, udito con le orecchie, af- ara deve arare nella speranza, e chi treb-
ferrato con la mano». Che Paolo abbia bia nella speranza di aver la sua por-
voluto citare di proposito un apocrifo zione». Nemmeno questo testo è una ci-
come Scrittura, dopo tutto non può tazione di un apocrifo sconosciuto, ma
esser dimostrato rigorosamente. Forse uno sviluppo esegetico di stile rabbinico
l'Apostolo può aver pensato di citare (dr. anche I Cor. 15, 45), mediante il
una parola della Scrittura per via della quale Paolo trasferisce anzitutto la ci-
reminiscenza di Is.64,3 116 • tazione del v. 9 (Deut.25,4) dagli ani-
Gal.6,15: ov-cE yàp 7n:pL't'07t1} 't'l È<r- mali agli uomini, per poi app1icarla al
't'L\I Ov"rE
!( f.l. ,
a.xpOtJUO''t'W.,
' • ' ' \ xa.t\11]
a,,.,,,.,,a, \ '
X'l'L- campo spirituale 117 •
(TLç,«non è nulla né la circoncisione né Eph.5,q: eyEtpE, ò xa::lkuowv, xat
il prepuzio, ma una nuova creatura». &.vri.cr-ra Éx -rw\I vExpwv, xat É.itiq>aucTEL
Questo testo, secondo l'elenco delle cita- ero~ ò XpLcr-roç, «svegliati, o tu che dor-
zioni di Eutalio {MPG 85, p. 72I b, cfr. mi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illu-
Georgius Syncellus, ed. G. Dindorf I minerà» 118 • Questo testo, secondo Epi-
[r829] p.48,6ss., Photius, question'es fanio119, si sarebbe trovato in Elia (un'a-
ad Ampbilochium r5r [183], MPG pocalisse di Elia?), secondo Ippolito 120
lOl p. 813 c), si sarebbe trovato in un in Isaia ( 60,I? ), secondo Eutalio 121 in
MwUa-Éwc; &.7t6xpuq>o\I. Le notizie non so- un apocrifo di Geremia. Tali notizie, già
no molto antiche e si potrebbe anche per il loro carattere contraddittorio, non
meritano fiducia. Assai pm probabil- ed Aronne per virtù del principe della
mente si ttatta di un brano di un antico luce, Belial suscitò Ianne e suo fratello
inno cristiano, citato come parole di con i suoi malvagi propositi, quando
Dio a causa del suo carattere profeti- Israele fu liberato la prima volta». La
co122. La strofa è in tre stichi, con omeo- leggenda ha una larghissima diffusione,
teleuto 123 • Se era stata scritta già prima, non solo nella letteratura giudaica 127 e
Clemente Alessandrino (prot.9,84,2) po- cristiana 123, ma anche in autori pagani
trebbe avercene conservato la continua- (Plin, nat. hist.30,1,u; Apul., apologia
zione: o-cfjc; à.vao-,;a<rEwc; f}ltoc;, b 'ltpò 90 [ed. R. Helm, I905], Numenius, in
«twcrq:i6pou YEWW(.l,EVOç»' ò swrrv xo.pt- Eus., praep. ev. 9,8). Data la diversità
<raµEvoc; à.x,;fo1.ov lola.Lc;, «sole della ri- dei nomi, è improbabile che tutte que-
surrezione, 'generato prima della stella ste tradizioni risalgano a un solo libro
129
mattutina', che con i suoi raggi dona vi- «SU Ianne e !ambre» • Un libro siffat-
ta». Ma questa potrebbe anche essere to è menzionato da Origene (~IV, col.
una continuazione poetica dello stesso 666), dall' Ambrosiaster (a 2 Tim. 3, 8
Clemente, fatta - occorre dire - con [MPL r7, p.521]: Exemplum hoc de
buon gusto. Seppure il contenuto del det- apocryphis est; Iannes enim et Mam-
to è specificamente cristiano, esso sem- bres fratres erant magi, segue la leg-
bra costruito con reminiscenze iraniche o genda), dal Decretum Gelasii (~ IV,
greche 124 • In senso lato, è il mondo dei col. 666). Un frammento è forse conser-
~lBì..01.o &.:n:6xpuq>ot che penetra qui nel vato in un trattato latino con traduzio-
N.T. Un inno cristiano, non un apocri- ne anglosassone, in un ms. del sec. XI 130•
fo, è riportato anche in I Tim.3,I6. An- Non si può dire se l'autore della 2 Tim .
che in questo caso è difficile negare una abbia attinto, o meno, da questo libro.
certa dimestichezza con le tradizioni Ad ogni modo si può escludere che ab-
apocrifo.apocalittiche 125• bia fatto una citazione.
2 Tim. 3,8 ricorda i maghi egiziani · Iac-4,5: i) ooxEi:'t'E. O't'L xEvwc; 1} ypa-
Ianne e !ambre, che si opposero a Mo- q>TJ À.ÉyEL • '1tpÒç q>i>Ovov Èmitoì)'ei: 'tÒ
sè. I loro nomi non compaiono nell'A. 'lt'\IEUµa. O xa.-c$xtc1E\I ÈV l)µi:v; «pensa·
T. (Ex.7,8 ss.}, ma vengono da una tra- te che invano la Scrittura dica: fino alla
dizione apocrifa, la cui più antica atte- gelosia (Dio) brama lo spirito che ha fat-
stazione si ha in Dam. vv. r8-19 11.0: to abitare in noi?». La citazione è di
«Un tempo, quando comparvero Mosè provenienza ignota. L'ipotesi che sia
m DrnELIUS, Ge/br., ad loc. Non occorre pen- '\EM-rijç q>wcri:popoc; à.o-'ti)p. CLEMEN 306 s.
sare a un errore di memoria. 125 Una certa affinità nello stile rivela O.
Sal.19,ro s. DIBELIUS, Past., a I Tim.3,16.
123 E. PETERSON, E!ç 0E6ç (1926) 132.
126 Una certa affinità nello stile rivela O. Sai.
124Cfr. il frammento manicheo 7 (riprodotto 19,10 s. DrnELius, Past., a r Ti111.3,16.
da REITZENSTEIN, Hell. Myst. 58): «Scrollati 12; Testi in ScHiiRER m' 403; STRACK-BILLER-
di dosso l'ubriachezza nella quale sei addor- DECK m 660 ss.; DIBELIUS, Past. a 2 Tim.3,8
mentato, svegliati, e guarda me!»; act. Thom. ~IV, coll. 663 ss.
no: &.va11't71fu. xa.t à.v6.vnljiov ~~ Ìi1tVou, xa.t 1u; Documentazione in ScHiiRER m' 404; Dr-
'tW\I tmcr-toÀLµa.lwv /i'IJµii'twv rlxovcrov, xa.I. BELIUS, /.c.
ùrcoµvi]o-lhJ'tt vtòc; ~a.cnMwv ù1t&.pxwv (111,
129 ScHt.iRE.R 11r1 403, ammettendo questo con-
coli. 27 s.), e anche Aristoph., ran. 340 ss.:
~YELPE' <pÀoyÉa.c; Àaµ1t&.o~ E\/ XEPOÌ yàp 'D · clude per un'origine precristiana del libro.
XELc; 'tLv&o-crwv, / "Ia..xx'w "Ia.xxt, I wx-rÉpou rn Maggiori dettagli in ScHiiRER m• 405.
xpV'lt'TW (A. Oepke) (III,99I) I2XO
tratta dal Libro di Eldad e Modad 131 scorreranno dal seno di lui» (del Reden-
(---? e II 3 a) è insostenibile. Se si legge tore). Si tratterebbe, si pensa, di un
1tVEuµ' o e xa"t'c{lxLa" Èv, si ottiene un detto d'ignota origine apocrifa, usato
esametro, che potrebbe esser tratto da come Scrittura 134 • Grammaticalmente,
un poema didascalico giudeo-ellenisti- però, il pronome a. v-. oi.i si riallaccia
co 132, e che l'autore può aver conside- meglio a ò 'JtL!T"t'EUWV Ei4 鵃 135 (dr. 6,
rato come parola della Scrittura. I rab- 39). Il pensiero che dai discepoli emana
bini talvolta citano come torà, sia in· una benedizione analoga a quella che
tenzionalroente che per errore, certi am· emana dal Signore stesso, è cosl fre-
pliamenti esegetici di parole della torà133 • quente nel pensiero giovanneo, che non
Un altro passo dibattuto è Io1,38: sorprende di trovarla anche in questo
ò mcr-m'.iwv dc; ȵÉ, xa.~wc; El':m:v Ti contesto (cfr. Io.4,14 con 4,36; 15,16;
ypa.cpl], 'JtO"t'<X.µot Èx "t'fjç XOLÀla.c; a.Ù"t'OU 17,18; 20,21, ecc.). XOLÀla è probabil-
pEUCTOVO"LV UO<X."t'oc; ~WV'tOC,, «Chi crede mente la traduzione dell'ebr. guf, che
in me, come dice la Scrittura, fiumi alla lettera significa cavità, e in parti-
d'acqua viva usciranno dal seno di lui». colare la cavità addominale, quindi il
Come hanno osservato già il Crisosto- corpo e infuie, in senso ampio, la per-
mo e Ishodad, nell' A. T. non si tro- sonalità. Éx -djç xoi.À.lo:ç a.ù-.oiJ, dun-
va una parola che corrisponda esatta- que, non vuol dire altro che 'da lui' 136•
mente a questa. Il Crisostomo conclu- Nulla vieta, quindi, di prendere la cita·
deva che l'espressione xa.iJwc; d'ltEV 1i zione come una parafrasi (~ sopra) di
ypwp1] si riferisce solo a o mo"i:Evwv Elç passi veterotestamentari, come Is. 58,
鵃 (Cramer, Cat. II p. 269,n). Ma in I I : fo"o wc; xf)'ltoç µEMwv xa.L wc; 'JtT]•
questo caso la citazione sarebbe estre- y'ÌJ fiv µ1) È~ÉÀtitE\I \jowp, xo:t -.à. ocr"tti.
mamente generica: non direbbe niente O"OU wc; Po't&.\IT] &.\IO:"t'EÀ.Et, «sarai come
e non avrebbe ragion d'essere. L'accen- un giardino ricco d' acqua, come una
to è posto invece sulle ultime parole, fonte a cui l'acqua non vien meno, e le
ed è qui, senza dubbio, che sta la 'ci- tue ossa fioriranno come erba»; oppure
tazione'. Poiché il contesto parla solo Ecclus 24 ,30 ss.: x&.yw wc; OLWpvç &.1tò
di Cristo come di colui che provvede 1tO"t'O:µOU X.O:Ì. W<; Ùopa.ywyÒç Èçfj').i)'ov
l'acqua, si potrebbe riferire a lui il det- EL<; 'lta.p&.&ncrov· el7ta. Ilo·nw µou "tÒV
to tramandato, modificando cos1 il signi· Xi)'ltOV X"tÀ., «ed io qual canale deriva-
:ficato del passo: «Chi crede in me (spe- to da un fiume e come acquedotto mi
rimenterà che avviene questo), come ha immisi in un giardino; dissi: Irrigherò
detto la Scrittura: fiumi d'acqua viva il mio orto», ecc. (cfr. ancora, per es.,
131 F. SFITTA, Der Brie/ des ]ak. (zur Gesch. Il Nilo sgorga dalla coscia di Osiride. Ermete
u. Lìt. des Urchr. n [x896h 121 ss. Psicopompo, o una divinità analoga, abbever.i
le anime alla fonte di acqua viva (ROHDE 390).
132 WJNDISCH Katb.Br., ad /oc.
Anche i Mandei conoscono il redentore che di-
133 Documentazione in STRACK·BILLERBllCK III spensa l'acqua della vita. Ma tutte queste ana-
297, a Rom.I2,I4; 608 a Eph.5,14. logie sono remote, al confronto di quelle tratte
dall'A.T.
134 BAUER, ]oh., ad loc. Si possono far valere
analogie di ogni genere nel campo della storia 135 ZAHN, ]oh., e altri.
delle religioni. I Babilonesi amano raffigurarsi
le divinità .fluviali come portatrici dell'acqmi 136 Documentazione in STRACK-BILLERBl'.CK 11
della vita, anche rappresentando I' acqua che 492; per es. «commettere un delitto begtì/iit1,
fluisce dalla spalla o dal corpo della divinità. = per la propria persona».
xpvrc'\"W (A. Oepke) (III,992) I2I2
Is.43,20; 44,3; 55,I; Ez. 47,r ss.; Ioel Le. I I '49 potrebbe essere una citazio·
2,23; 4,18; Zach. 13,I; I4,8; Cant. 4, ne di uno scritto, a noi sconosciuto, del-
I 5 ). Sul modo in cui il pensiero è e- la letteratura sapienziale ebraica o elle-
spresso possono avere influito i raccon- nistica. Ma si potrebbe pensai-e anche
ti del miracolo della sorgente (Ex.I7,6: a una spiegazione diversa, qualora il
xat ÈçEÀ.EVCTE"t'O'.~ È!; 11.u-rijc; [ mimmen- passo intendesse svelare il senso del go-
nu] uowp; Num. 20, II: xa.L Èçij}.1}Ev verno divino del mondo (1) crocpla.. -rou
uowp noÀu ). Anche in questo caso non 1}gou =Dio nella sua sapienza): potreb-
si può dimostrare che un apocrifo sta- be trattarsi di un riferimento a parole
to citato come Sacra Scrittura. anteriori di Gesù, o - piuttosto - a pas-
In Mt.27,9 c'è un errore di memoria si dell'A.T. come Ier.7 ,25 s. 140•
dell'evangelista 137, che aveva in mente Come si vede, gli esempi addotti co-
il passo di Zach.u,13, ma l'ha confuso me citazioni di apocrifi. nel N.T., se esa-
con Jer.18,3 e 32,9 (LXX: 39,9) leg- minati attentamente, diminuiscono, an-
gendo erroneamente 'el-hajio!er (per il che se non possono essere negati in
vasaio) invece di 'el-hii' D!iir (nella ca- blocco.
mera del tesoro) di Zach.n,I3. Non vi 3. Gli apocrifi nei Padri
è quindi motivo per postulare l'esisten-
za di un apocrifo di Geremia 138, né per a) I Padri apostolici. Non si possono
supporre che queste parole siano state considerare citazioni dagli apocrifi passi
cancellate, per caso o di proposito, dal come I Clem.8,3 141 ; 26,2 142 ; 2 Clem.13,
144
Libro di Geremia 139• 2
143
; Barn.7,4 .8 145 ; II,9 146• Si tratta
137 Come già suppone Aug. de consensu evan- Questa citazione contraddice, specialmente ver-
gelistarum 3,7,29 s. (CSEL 43 p. 304 ss.), ma so la fine, le istruzioni dell'A.T., per· avvici-
col correttivo che tutti i profeti concordano narsi a una malevola leggenda, da Flavio Giu-
tra di loro. La lezione marginale Zr.t.xa.plou, seppe, Ap.2,95, attribuita ad Apione, secondo
che si trova anche nel cod. 22 della Bibbia cui i Giudei avrebbero consumato ogni anno
siriaca riveduta, come anche l'eliminazione del le interiora di un greco ucciso, accompagnando
nome nei codd. t'I> 33 157 ab syr, sono scappa- l'atto con un giuramento di inimicizia contro
toie artefatte. i Greci. In concreto l'autore ha presenti le di-
138 I Nazarei, secondo Hier., comm. in Matth. sposizioni dell' A. T. relative al giorno della
27,9 (MPL 28, 213). Cfr. ZAHN, Kan. II 696 espiazione (Lev. 16,7 ss.) e alfa vittima espia-
6. 806. toria (Lev. 6, 19); sul suo modo di esprimer-
m Eus., dem. ev.10,4,13; Orig., comm. series si possono inoltre aver influito i testi di Ex.
117, ad loc. (GCS 38 p. 249,20 ss.), lascia inve- 29,32 s.; 12,8 s.; Num. 29, 7- n. È possibile,
ce la scelta fra un error scripturae e una se- inoltre, che Barnaba abbia attinto alla tradi-
creta Hieremiae scriptura. Ctr. KwsTERMANN, zione orale del giudaismo. Che il capro del
Mt., ad loc. . giorno dell'espiazione, quando questo cadeva
140 K.LosTERMANN, Lk., ad loc.
la vigilia di un sabato, contro le prescrizioni
di Lev.16,27 venisse mangiato crudo dai 'Ba-
141 Cfr. Is.x,16 ss. bilonesi' (probabilmente, una designazione di-
142 Cfr. lii 27,7; 87,11. spregiativa di sacerdoti alessandrini), è riferi-
143 Cfr. Is.52,>; lgn., Tr.8,2; Pol.io,3. to in b.Men.99 b/rno a. Cfr. WINDISCH, Bam.,
144 Tl oùv ÀÉyEL tv -r<';> 7tpoqri}'t''[J; Ka.t qirirt-
ad loc. Questo è un esempio istruttivo dell'ori·
gine d'una 'citazione apocrifa'.
"TW<TC1.v bi: 't'OV 't'pàyov 't'OV 1tPO<Tq>Époµl\lo\I 't'TI
\ITJO''t'E(q. imèp 7tr.t.<Twv 't'Wv ò:µap't'LW\I, rçpo<TÉ- 145 Come fonte nell'A.T. si possono considera·
XE'tE &.xpL~wç· Ka.t q>a.yÉ't'waa.v ot lepe'Lc; µ6- re Lev.16,21; 14,4; Num.19,6. Del resto, an-
vol 7t6:\l't'Ec; '\"Ò ~V•EPO\I li'!tÀV'tO\I µE't'ti ~l;ovç. che qui Barnaba sembra attingere ~li 'Iovl>C<i:-
1213 (m,992) Xptnnw (A. Oepke)
piuttosto, in questi casi, di parafrasi ine- O'uµ~aÀ.E"t'E ÈCW'toÙc; ~UÀ.4), À.a{3E't'E &µ-
satte, fatte a memoria, di parole o pen- 'JtEÀ.OV • 1tpW'tO\I µÈ\I cpu À À.o poe:i:' El't'a.
sieri deU'A.T., come rivelano certe re- ~À.(X.<i't'Òç ')'L\IE"t'<X.t, Eha <pUÀ.Àov, Eha
miniscenze. Cosl si comprendono le for- &vfroc;, xa.t (-) µE'tà. 't'O:.frm oµcpa~, fl.
mule introduttive. La presenza di un a- i:a. cri:a.cpuÀ.1} 'l'tctpe:<r't'l'}xui:a. ( + olhwc;
pocrifo si può supporre dove la formula xaì. oÀctoc; µou àxa-ra.o-'taa"la.c; xa.ì.
yÉypa:7t'ta.t (o altra analoga) introduce l>Mo/e:tc; ECT)CE\I, E'1tEt'ta. Ò:.7to),.1}tjJE-rat -rà
una citazione originale per forma e con- ò:.ya.iM.), «la Scrittura ... , dove dice (dice
tenuto, che non ha riscontro nell'A.T., infatti una parola profetica): Infelici co-
come in I Clem.17,6; mH.i:v À.ÉyEL' 'E- loro che sono incerti, dubbiosi nell'ani-
yw oÉ E̵1 &....µtç ò::itò xMpru;, «e dice ma (nel cuore) e dicono: Queste cose
ancora: Io sono come vapore che esce le udimmo (+già) al tempo dei nostri
da una pentola» 147, e 46,2: yÉypa.'Jt't'cx.t padri, ed ecco siamo diventati vecchi e
yap· XOÀ.À.MtJE 't'OL<; a:ylo1ç, &n OL xoÀ- non si sono ancora avverate (abbiamo
).WµEVOt aU'tOL<; ay1a.cri11}0-ov'tm. 143, «sta- aspettato giorno per giorno e non abbia-
te uniti ai santi, perché, chi aderisce ad mo visto nulla). O stolti, paragonatevi a
essi diverrà santo». Lo stesso si dica un albero, prendete come esempio la vi-
quando la medesima citazione ritorna te: prima perde le foglie, poi nasce il
ripetutamente, immutata o con picco- germoglio, nascono le foglie, i fiori, poi
lissime varianti, come in I Clem. 23, il grappolo e :finalmente l'uva matura
3 s. = 2 Clem. rr, 2 ss. 149 : ••• i} ypa- ( + cosl anche il mio popolo ha sublto
<p-fi ..., 01tOU À.ÉyEt (À.É"(EL yù.p xat ò 1tp0- devastazioni e afBizioni, ma poi avrà il
cprrnxòç Àéyoç)· TaÀ.alm.ùpol Eto-w ot bene».
òlt!>uxot, ot 011na~ov·m; 't'TI t!>uxn (xap- Anche più sicuramente si può parla-
òlq..), ot ÀÉyov·m;· Ta.v·m ( miÀ.a.t)+ re di citazioni di apocrifi giudaici nei
1)xoucraµz\I xa.t È1tL 't'W\I 'lta-rÉpw\I fi- seguenti casi: Barn. 4, 3: -tò 'tiÀ.e:to\I
µw\I, xctt ì.ooù 'YE"'fTJpchctµzv xa.t ovoÈ\I O'Xa\IOCx.ÀO\I i')yytXEV, nept ov yÉypa'lt-
o
i)µi:\I -rou'twv cruv{3É{3T]XE\I ( 'f̵Ei:ç È 1)- "((1.t, wç
'E\IW)C ÀlyEL, «già è prossimo
µÉpa.\I H; i]µipru; 7tpoO'OEXOµE\lot oò8èv il traviamento estremo, di cui parla la
"t'OU't'W\I Èwpaxa.µE\I ). ,,..!2 (-) a\16l}'t'Ot, Scrittura, come dice Enoc». L'autore
xijc;, &.yp&:qiou 7tapa:S6crEwr; {Eus., hist. ecci. 4, targumica, di I Chr.29,15 e, quasi alla lettera,
22,B, da Egesippo). Cfr. Jomà. 6,4 s., dove si anche qui i riferimenti all'A.T. possono essere
racconta che i 'Babilonesi' (~ nota r44) tira· nella traduzione siriaca della I C/em. Egli
vano il pelo al capro. Cfr. inoltre ]omà 6, 6: è incline ad ammettere che «una versione gre-
«Egli divideva una striscia di lana; una metà ca delle Cronache fatta in stile di targum» sa-
la legava alle rocce (dalle quali poi precipitava rebbe la fonte comune, con in più un errore
il capro), l'altra metà la legava al capro, fra le di memoria dell'autore della lettera. Quindi
corna». Bam.7,8 dice che la striscia di lana anche qui i riferimenti all'A.T. possono essere
sarebbe stata legata a un cespuglio di rovi. For- sufficienti per spiegare i testi.
se si tratta di una variante della traduzione 14S La provenienza, secondo KNOPF, Cl., ad
(~a:xla, ~&.xor:;, confuso con ~&.xtr;, giogo mon- loc., è incerta.
tano, ebr. sela' o ftJr). WINDISCH, Barn., ad Ioc.
149 KNOPF, Cl., ad loc., pensa ad un libro apo-
146 Cfr. Ez. 20,6. crifo di argomento anticotestamentario, presu-
147 Forse da un libro di Mosè, come potrebbe mibilmente di origine giudaica. La citazione è
essere l' Ass11m;io11e di Mosè; KNOPF, Cl., ad data secondo la I Clem. Le differenze presen·
loc. Ma R. HARRIS: JBL 29 (1910) 19oss., tate dalla 2 Clem. sono in parentesi. Quando
ha dimostrato che la stessa espressione si trova comprendono più parole, l'inizio è indicato con
nella traduzione siriaca, a forma di perifrasi il segno +.
xpÙn't'W (A. Oepke)
"\ I I <I t, f Ì Ì
sembra pensare a una profezia di Enoc CTE't'a.L; Jl,fj'EL xupLoc;· O'"C'a\I <,U/1.0\1 X/I.L-
(quale, ad es., Hen. aeth. 99,1 ss.; l OO, illi xa.l à.vo.cr-rij, xat o't'a.V h suÀou
150
l ss.) sulle afflizioni degli ultimi tem- cx.lµcx. o--r6:.su, «e quando saranno com-
pi, che considera come Scrittura. piute queste cose? Dice il Signore: quan-
Barn.16,5, frammezzo a detti profeti- do un legno sarà piegato e risorgerà, e
ci e preceduta dalla formula À.ÉyEL ·i'1 quando da un legno stillerà sangue». II
ypmpl), riferisce una parola che ricor- detto è un centone formato con 4 Esdr.
da, pur senza una coincidenza letterale, 4,33 (quo et quando haec?) e 5,5 (et de
Hen.aeth.89,56.66: xc.d f:cr-rru bt'foxa- ligno sanguis stillabit); dr.Pseud.-Hier.,
.,;wv .,;wv 1]µepwv, xa.t -ita.pa.owcrEt xv- comm. in Mc.15,33 (MPL 30, p. 639 c):
ptoç 't'à. -itp6Pa.-rcx. 'tljç voµf)ç xa.t -rnv hic stillavit sanguis de ligno; Greg.Nyss.,
µcl.vopav xa.t -ròv -itvpyov a{J"T:wv Elç testimonia adversus Iudaeos 7 (MPG
xa.'ta.q>1>opav, «e avverrà negli estremi 46, p. 213 d) coincide con la lettera Bar-
giorni, e il Signore consegnerà alla rovi- naba, con la sola sostituzione di 1t6'tE
na i greggi del pascolo e l'ovile e la loro con 't'O'tE. Originariamente il detto è
torre».Il successivo versetto 16,6 sem- riferito a un prodigio terrificante degli
bra scritto sotto l'influenza di Hen.aeth. ultimi tempi; il riferimento alla croce
91,13 (oltre che di Dan.9,24 ss.). di Cristo è secondario. Le parole O'tO.\I
Barn. 6,13: À.tyEL OÈ xupLoç. 'Hioù su>..ov x>..d}fj xcx.L &.\la.cr't'i'i non ricorrono
'ltOLW 't'CÌ ECTXU't<X. wç 't'Cl 'l't'pW"t'ct., è un nel testo attuale del IV di Esdra. Un pa-
detto apocrifo di origine ignota; passi rallelo di contenuto si trova in lob 14,7:
come 4 Esdr. 6,6 non entrano in que- Ecr'tL\I yà.p OÉVOpql ÈÀ:1tlç· ÉÒ.V xà.p ÉXX0-
stione, potendo trattarsi di una compo- 1tjl, E"t'L É'lta.v1>1}crEL, xa.t ò p~oa.µvoç a.ù-
sizione libera di Barnaba sulla base di -rou où µ1} ÉxÀ.l'Jt11, «vi è una speranza
passi biblici come Is.43, 18 s.; 46, ro; per l' albero; se vien tagliato, torna a
Dan.u,29 (LXX, Teodoz.); Lam. 5,21; fiorire e il suo ramo non vien menm> 152 •
Ez.36,u; Mt.19,30; 20,16; Apoc. 21,4 Herm. vis. 2, 3, 4, dopo un avverti-
s. Ma è anche possibile che il detto fos- mento a Massimo prosegue: Éyyvc; xv-
se in circolazione già da lungo tempo, e pLoc; 't'OL<; É'ltt11't'pEq>OµÉVOLç, Wç yÈypa'lt-
che si trovasse in qualche apocalisse. Ap- 't'(X.l, ÈV -ç(i> 'EÀ.oào xai Mw86'.:t' 't'OLc;
parentati con questo, ma forse anche 'ltpO(f>T}'tEUCTClCTLV EV tj'j Épi}µ<V "t'(i> Àcc.(i>,
dipendenti da Barnaba, sono i passi di «il Signore è vicino a coloro che si con-
Didasc.26 (p. 136), di Didascalia aposto- vertono, come sta scritto nel libro di El-
lica latina III (ed. E. Hauler [ 1900] p. dad e Modat, che profetarono al popolo
75,30 s.), e di Hipp., comm. in Dan. 4, nel deserto». Del libro menzionato, che
151
37..5 • qui si riferisce al racconto di Num. II ,
Barn. 12,r, dopo una citazione che ti· 26 ss., non si hanno altre citazioni (~
corda Ez. 47,1 ss., riferisce come dette coli. 1208 s.),ma dalla sticometria di Ni-
da un aÀ.À.oc; 'l't'poq>i}'tT}C:, le parole se- ceforo risulta che constava di 400 stichi.
guenti: xa.t 'l't'6'tE 't'<J.V'ta CTUV't'EÀECTih11- Esso è ricordato ancora nella cosiddetta
150 Il riferimento a He11. aeth.89,6r-64; 90,r7 dell'autore. Il rHer.imento a Daniele (9,27; I2,
s. non vale, perché qui si parla di segni del rr ) sarebbe più appropriato, come si vede nel-
giudizio, non del 'tÉÌ..Etov <Txavlia).ov. Le pa- la traduzione latina, la quale si appoggia a D a-
role wc; 'Evwx ).ÉyEt sembrano una precisazio- niele, forse per non ricorrere a scritti apocrifi.
ne di 7tEpL ou yÉypct7t'tctL. A. D. LoMAN: ThT
18 (1884) 192, le tiene per una glossa; WIN-
1s1 W1NDisCH, Bam., ad loc.
DISCH Barn., ad loc. per un' aggiunta tardiva 1s2 WINDISCH, Barn., a 12,1 .
1217 (III, 993) xpÙ'lt'tW (A. Oepke) (m,994) 1218
(per es. prot. 6, 70; 2, e spesso al- gli apocrifi per spiegare e confermare
trove, ma accanto a citazioni profane); gli scritti del N.T.: Haec omnia dixi-
l'Apocalisse di Sofonia1ro (strom. 5,u,77, mus... non ign01·antes quoniam multa
2, in rispondenza alla polemica di Plato- secretorum ficta sunt ab impiis .. . et
ne contro i doni votivi costosi: &.p' oùx utuntur quidem quibusdam fictis Y py-
oµota. i:o:.iha 'tOtC, V1tÒ I:ocpovla; À.EXtM- thiani, aliis autem qui sunt Basilidis,
cn i:ou 1tpoqr{ji:ov; «xa.t &.vÉÀ.a.{3f.v µE oportet ergo caute considerare, ut nec
'Jt\lt.uµa. xat &.vf,veyxÉ\I µe dc; ovpa.vov omnia secreta quae feruntt1r in nomine
1tɵ1t-cov xa.ì. È~kwpouv àyyÉÀ.ouç xa.- sanctorum suscipiamus propter Iudae"
À.ovµÉvouc; xuplovc;, xa.ì. -tò ot6..o'r)µa. a.ù- os, qui forte ad destructionem veritatis
-cwv È1tLXdµevov ÈV 'Jt\lt.Uµct.'tL ciyl~ xa.t scripturarum nostrarum quaedam finxe-
rjv bc6..cr-i:ou av-cwv o l)'p6voc, È1t'ttx.1tÀ.a.- runt confirmantes dogmata falsa, nec
CftWV cpw'tÒC, i}À.lou &.va.'tÉÀ.À.ovi:oc;, ot- omnia abiciamus quae pertinent ad de-
xouv'ta.ç ÈV va.otc; <TW't1]plaç xa.Ì. uµ- monstrationem scripturarum nostrarum.
\IOUV'ta.c; i}c.òv &pp'r)'tO\I \hjJLO"'tOV»' «Cose magni ergo viri est audire et adimplere
simili non sono state dette dal profeta quod dictum est: «omnia probate, quod
Sofonia? 'E uno spirito mi prese e mi bonum est tenete». Tamen propter eos,
levò al quinto cielo e vidi angeli chiama- qui non possunt quasi trapezitae inter
ti signori e il loro diadema era collocato verba discernere utrum vera habeantur
nello Spirito Santo e il trono di ciascu- an falsa, ... nemo uti debet ad confirma-
no di essi era sette volte (più splenden- tionem dogmatum libris, qui sunt extra
te del)la luce del sole nascente. Ed essi canonizatas scripturas. Qui di seguito in-
nbitavano in templi di salvezza e loda- dichiamo gli scritti che, più o meno, Ori-
vano Dio ineffabile, altissimo'». Cita, gene conosce e stima: mart. Is. (ep. ad
infine, 4 Esdr. 5,35 (strom. 3,r6,roo,3: Africanum [col. 1200] 9; comm. in
"Ea-opaç o npoq>l}'tTJc; Myet); q,rS-22. Mt. ro,18 a 13,57 [GCS 40, p. 24,6
37-47 (strom.r,22,r49,3 ('tàc; 'lta.Àa.tàc; ss.]: d OÉ 'tt<; ·oò 7tpocrle-ta.t 't'Ìj\I t<r't'o·
a.Mtc; à.va.véOUµt.voc; .'ltPOE<JYQ'tEUO"E ypa- pla:v, oià. 'tÒ Èv 'ti;> &.1toXpUq>Cf> 'Hcra.tq.
cp6..c;, <(profetò rinnovando le vecchie <X.V't' Ìj\I q>ÉpE~ttt, 7tL<T'tEVO"a't'W 't'Otç É\I
seri tture» ). 'tTI 7tpòc; 'Ef1pcx.lovc; ... yEypa.µµÉvot.c;,
«ché, se qualcuno non accetta questa
Pari inclinazione all'uso degli apocri- narrazione perché è riferita nell'apocrifo
fi mostra Origene, anche se non rifiuta di Isaia, presti fede a ciò che sta scritto
un atteggiamento critico. Spesso infatti nell'epistola agli Ebrei» [ ~ col. r 202],
fa notare che molte cose sarebbero fal- comm. series 28 a Mt. 23,27 [GCS
sate dagli apocrifi, ma solo per sottoli- 38, p. 50], dopo aver menzionato certi
neare con maggior vigore che per que- libri secretiores qui apud Iudaeos ferun-
sto non li si deve rigettare in blocco, tur: fertur ergo in sqipturis non mani-
anzi occorre esaminarli criticamente ca- / estis serratum esse Esaiam et Zacha-
so per caso. In comm. series 28 in Mt. riam occisum, ec:_c.) 161 ; un libro di Ian-
23,37 ss. (GCS 38, p. 5r,8 ss.), vuol di- ne e !ambre(~ coll. 1207 s.) Hen.aeth.
mostrare che è difficile far a meno de- (e forse slav.) in Cels.5,54: t.v ·mie; ÈX-
x)..'l1CTlo:.Lç oÌJ 7CUW cpÉpE-ccu wç iMo:. -r;à, sandrina, ma incontrava generale disap·
È'ltLyEypaµµÉva 'tou 'Evwx !31.!3)..lo:. 162; provazione (tractatus 3,58 s. 68, ed. G.
Ass. Mos. (princ. 3, 2, 1: in ascensione Schepss, CSEL 18 [ 1889]). Scritti co-
Moysi, cuius libelli meminit in epistola me gli apocrifi di Mosè, Adamo, Isaia
sua apostolus I udas, Michahel archange- vennero considerati unicamente quali
lus cum diabolo disputans, ecc.); Baruc strumenti di perdizione e nemici della
[greco?] (princ.2,3,6); i Testamenti dei verità (const. Ap.6,16).
xn Patriarchi (hom. in Ios.15,6: sed et
in aliquo quodam libello, qui appellatur 4. Preservazione, elaborazione,
testamentum duodecim patriarcharum, canonizzazione cristiana
quamvis non habeatur in canone, talem di apocrifi giudaici
tamen quendam invenimus sensum, quod
per singulos peccantes singttli Satanae Gerolamo, nella prefazione al com-
intelligi debeant, dr. test. R. 2 s., fre- mento di Daniele, ci informa che già
quenti reminiscenze nel Commento a da tempo i Giudei mettevano in ridi-
lo.); la Preghiera di Giuseppe (comm. colo i cristiani, perché leggevano gli
in Io.2,31,188: EÌ. OÉ. "nç 'ltpocrlE't'et.!. xa.t apocrifi. La preservazione della maggior
-rwv m'l.p' 'E!3pa.i.oLç cpEpoµÉvwv &:noxpu- parte di questi scritti è perciò da attri-
cpwv -ri)v ÈmypmpoµÉV'r)\I 'Iwcnìcp 7tpo- buire ai cristiani, non ai Giudei. Ne so-
crEvxl)v; su questo scritto egli fonda per- no una testimonianza le numerose tra-
sino il o6yµo:. [~col. 1220] del privi- duzioni nelle lingue più varie 165• Per-
legio di certe anime preesistenti, ibid. ché questi scritti fossero più acces~ibili
192: ovx EÙxa:i-acppov'r)'tov ypa.cpT)v) •oJ. ai cristiani, talvolta vennero assoggetta-
Ricorda inoltre l'Apocalisse di Abramo ti a revisioni non insignificanti, come
(hom. in Lc.35 aA [GCS 35, p. 207]: appare in particolare nel Martirio di
legimus - si tamen cui placet huiusce- Isaia (oggi contenuto nell'Ascensione di
modi scripturam recipere - iustitiae et Isaia), nei Sibillini (libro 1.2.3.4.12.
iniquitatis angelos super Abrahae salute 13?), in Baruc greco (cap. 4), nei Te-
et interitu disceptantes) 164, e infine l'A- stamenti dei XII Patriarchi1f6 e nella Vi-
pocalisse di Elia (~ coli. 1203 s.). ta di Adamo 167• Alcuni apocrifi sono
Da Origene in poi, la stima per gli passati n,el canone di chiese barbari-
apocrifi nella chiesa andò rapidamente che 168, oppure, benché fossero elencati
scemando. Verso il 380 Priscilliano ten- come apocrifi 169, hanno :figurato a lun-
tava ancora di mantenere la linea ales- go nelle Bibbie dell'Occidente. Il IV di
162 SCHtiRER ur• 285. Origene pone questa li: 167 Sulla questione della rielaborazione cristia-
mitazione piuttosto per motivi tattici. na in generale, dr. la bibliografia menzionata
163 Maggiori dettagli in ScHORER n:t 359 s. nella nota 165. Secondo A. MEYER, Das Riitsc/
des Jakobusbrie/es (1930), Ja Lettera di Giaco-
\M Cfr. SCHtiRBR m 4 336 ss.; HARNACK e~· no- mo sarebbe uno pseudepigrafo giudaico sui pa-
ta 156) I 857 s. triarchi, rielaborato da mano cristiana.
165 Latino, greco, siriaco, arabo, copto, etio-
pico, slavo antico. Per i particolari si veda l6S Cosl Enoc e i Giubilei nel canone della
'ScHi.IBBR, particolarmente 111' 268 ss., l'intro- chiesa abissina, Baruc siriaco e il lV di Esdra
duzione in KAUTZSCH, Pseudepigr. e HARNACK in un codice milanese della Peshitto.
(~nota 156) I 852 ss., II r,560 ss. 169 Ne sono prova la sticometria di Niceforo,
166 Ultimamente negato, ma a torto, da E. l'elenco canonico del cocl. Coislinianus, spesso
LoHMRYBR, Kyrios Jesus: SAHeid. 1927/28 4 aggiunto alle Quaestiones di Atanasio, la Sy-
(1928) 69. nopsis Athanasii. Cfr. ScHURER m 1 357 ss. Più
l223 (III,995) xpu1t't'W (A. Oepke)
Esdra si trova ancora nella Bibbia di gelo degli Egiziani, il Vangelo di Pie-
Zurigo (protestante) del 1524 ss. tro, i frammenti di vangeli e di leggen-
de gnostici, come pure vari agrapha,
5. 'Apocrifi' cristiani quali i logia di Ossirinco. In questo
Già nei primi secoli il cristianesimo, quadro vanno anche inseriti i frammen-
oltre agli scritti canonici, ha prodotto ti evangelici pubblicati
173
nel 1935 e sco-
una letteratura molto varia che, più o perti poco prima • Gli atti di apostoli
meno giustamente, si prese a chiamare post-canonici sono tutti apocrifi (anche
apocrifa. In quanto si tratta di una ter- per gli Atti di Paolo), opera di un pre-
minologia puramente pratica e senza sbitero della chiesa, a cui però l'attivi-
sottolineature sostanziali, possiamo non tà di scrittore costò la perdita dell'uffi.
occuparcene ulteriormente 170• Sono ne- cio. Il giudizio di apocrifi vale114ancor
cessari, però, alcuni brevi cenni sugli più per gli altri atti di apostoli , che
evangeli, sugli atti di apostoli, sulle epi- contengono dottrine gnostiche in for-
stole e le apocalissi apocrife in senso ma romanzata. Lettere attribuite a per-
stretto. Non ci riguardano, invece, le sonaggi apostolici lii trovano già nel N.
citazioni di parole del Signore nei Padri T. (probabilmente la Lettera di Giuda 175
apostolici e negli apologisti, in genere e sicuramente la seconda di Pietro) •
di tipo sinottico, ma che non possono Ma queste hanno una tendenza piuttosto
essere attribuite con sicurezza a un van- antiapocrifa. Non propriamente apocri-
gelo determinato 171 • Trarre da queste fe sono anche la Lettera ai Laodicesi
parole la conclusione che devono essere ché è un'arida compilazione, e la corri~
esistiti dei vangeli apocrifi a noi scono- spondenza di Paolo coi Corinti, conser-
sciuti, sarebbe metodologicamente erra- vata in armeno nel commentario cli E-
to. Si tratta piuttosto, come nel caso di frem, e derivante
176
probabilmente dagli
parole dal colore veterotestamentario Atti di Paolo • La cosiddetta Epistola
(~coli. 1212 s.), di riproduzioni inesat- degli Apostoli, nonostante la tendenza
te. Fra i vangeli giudeo-cristiani - sep- in parte ecclesiastica, può essere classi-
pure è giusto pensare che ve ne fossero ficata come apocrifa a motivo delle pre-
molti - merita certamente la qualifica sunte rivelazioni escatologiche cli Cristo
di apocrifo il Vangelo degli Ebrei. Veri risorto. Apocalissi apocrife sono quella
apocrifi. sono il Protovangelo di Gia- di Pietro, con influenza di idee or.fiche
como, il Vangelo di Tommaso172, il Van- e H Pastore di Erma, che presenta ris~
completo ZAHN, Kan. II 289 ss. !;e~ç IfauÀ.ou, Acta Pauli. Nach dem Papyrus
110 ~ coll. II98 s. La raccolta di Hennecke è der Hamburger Staats- und Universitiitsbiblio-
fondata su quest'uso del termine. thek... hsgg. C. ScHMmT (1936).
111 Cfr. l'indice dei passi nelle edizioni dei testi. 174 Su questo e sulle altre lettere del N.T. la
m Fragments of an unknown Gospel and other cui autenticità è discussa, cfr. i manuali di in-
early Christian Papyri, ed. H. InRIS BELL and troduzione al N.T.
T. c. SKEAT (1935). 175 Cfr. ZAHN, Kan. II 592 ss. Questi e gli altri
nanze ermetiche (~ anche coll. I2r8; vera invece fra gli scritti eretici (hom.
1219 s.). in Le. r ). Gli atti apocrifi di apostoli
La posizione della chiesa nei riguardi non sono mai stati riconosciuti, e meno
di questi scritti non è sempre stata coe- ancora la varia letteratura segreta degli
rente. Il Pastore di Erma, per es., è gnostici e degli altri eretici. Anche gli
spesso citato dagli alessandrini come apocrifi cristiani riconosciuti in un pri·
un'autorità, talvolta assieme a parole mo tempo, furono in seguito esclusi dal
di profeti o del Signore (per es. Clem. canone. La loro esclusione fu ancora più
AL, strom.6,15,131,2; 2,I2,55,3; Ori- radicale che non quella degli apocrifi
gene, comm. in Io.r,17,103; 32,16,187 giudaici.
ss.). Anche Tertulliano, prima di pas-
sare al montanismo, lo accettava; in se- 6. Il concetto di 'apocrifo'
guito lo avversò decisamente come a- Secondo la concezione comune, &:1t6-
pocrifo (pud. ro: sed cederem tibi, si xpvcpoc; sarebbe per sua natura la qua-
scriptura Pastoris, quae sola moechos lifica di un libro escluso dalla lettura
amat, divino instrumento meruisset in- pubblica nel culto, ma concesso o ad-
cidi, si non ab omni concilio ecclesia- dirittura raccomandato ai membri ma-
rum, etiam vestrarum, inter apocrypha turi della chiesa, per la lettura privata.
et falsa iudicaretur). Secondo il Canone Questo uso linguistico non si sarebbe
di Muratori (73 ss., ed. H. Lietzmann, comunque sviluppato su terreno cristia-
Kl. T. r 2 [ 1908]), esso si deve leggere, no, ma in stretta connessione col giu-
ma non in pubblico. Tale canone rico- daismo. à1t6xpvcpoc, sarebbe semplice-
nosce come canonica, accanto all'Apo- mente la traduzione dell'ebraico gii-
calisse di Giovanni, anche quella di Pie- nilz 177• Ma questa derivazione non è
tro, ma con l'aggiunta: quam quidam convincente, alla luce stessa del giudai-
ex 11ostris legi in ecclesia nolunt. Cle- smo (~ coll. n88 ss.). Infatti nei rari
mente Alessandrino sembra riconoscere casi in cui giinaz, nella letteratura giudai-
senza esitazione il Vangelo degli Egi- ca, non indica l'eliminazione di esem-
ziani come autentica testimonianza di plari della Scrittura che non erano più
parole del Siwiore e volerlo solo pro- in condizione di essere adoperati, ma
teggere dalla falsa interpretazione degli si riferisce a interi scritti in quanto tali,
encratiti (strom. 3,5,45,3; 3,9,63,1 ss. significa la loro esclusione non solo dal-
ecc.; exc. Theod. 21,2; 67,2 ss.). Orige- la letture pubblica, ma da qualsiasi for-
ne, per solito assai moderato, lo anno- ma di studio. ganaz è come mettere nel-
nascosta, falso. Però non li divide abbastanza 171 Orig., ep. ad African. (~col. r200) 9: W\I
chiaramente, inoltre sostiene la deriva2ione dal ·uva. cr$t;t'ta.~ i.v à:n:oxpucpoiç ... tv ovoEvt -i;wv
giudaismo. HoLSCHER (--> nota bibliografico) cpa.vepw\I ~t~À.lw\I yeypaµ.µt\la. ... ~" 'tLVL IÌ7to·
59 ss., 69 ss., pensa di battere una strada nuo- xpuqi~ -cou"t'o qiépe-cw.. Comm. in Mt.10,18 a
va, ma mantiene il collegamento con gnz e in· Mt.13,57: (Gesù in Mt.23,35 ha reso testimo·
troduce elementi estranei quando opina che le nianza) yp«cpu où cpepoµévn µ!v lv "t'orç xoL·
scritture sacre dei cristiani sarebbero tutte, dal vo~ xat oe8riµeuµÉvotç ~LBÀ.lotç, etxòç 8' g'tL
punto di vista di quei di fuori, ~(j3ì.oL tbt6- lv ànoxpuq>otc; qiepoµtvn. Comm. series 28 a
xpucpoi. Questo è falso alla luce della storia ec- Mt.23,37-39 : ex libris secretioribus:::.in scrip-
clesiastica, dal momento che nel cristianesimo turis no11 mani/estis. Ibid., series 46, a Mt.24,
la disciplina dell'arcano riguarda solo il bat- 23 - 28: secretas et non vulgatas scripturas.
tesimo e la cena, ma non. gli scritti e la predi- Ibid., series n7 a Mt.27,3-ro: non in publicis
cazione; inoltre oscura il significato originario scriptrlris, sed in libro secreto {GCS 38, p.250).
e specifico del termine presso i Padri.
xpvn'fw (A. Oepke)
17s Clero.Al., slrom.1,15,69,6: ZwpoWr-.p'r}V oÈ rasseso apocrife le apocalissi, visto che non
-.òv Ma:yov -.òv IltpO"T}v o TivDay6pa.c; ls'fi- ~appiamo se Eusebio citi Egesippo alla lettera
)..wuEv, {xaì.} ~l~)..ouç 1btoxpucpouç -rcivopò:; e se questi seguisse l'uso linguistico giudaico
't'OUOE ol -.Tjv IlpoBlxov µE'fLÒ\l't'Eç atpE01..V u.:u- (contro ZAHN, Kan. I r35 s.). Dato che la let-
xoiicn. XEX'fijoi)a.i., teratura rabbinica sostanzialmente tace riguar-
do agli apocrifi, non si può trarre da essa alcu-
179 Quando C. ScHMIDT: TU 20,4 a (1901),
na argomentazione contraria, ma neppure pro-
opina che Clemente abbia letto senza dubbio
va alcuna. L'unico passo che merita attenta
queste parole in un'apocalisse {giudaica?),
considerazione è 4 Esdr.r4,45 ss.: «Ma quando
prende à:1t6xpvcpoç in un senso troppo ristret-
i 40 giorni furono compiuti, l'Altissimo mi
to. npoq>'l')'t'Eia. à.yla. (slrom. 3,4,29,3) è inteso parlò cosl: i 24 libri che hai scritto per primi
naturalmente nel senso dei maestri d'eresia,
pubblicali, perché li leggano i degni e gli in-
quindi va messo fra virgolette. ·
degni; gli altri 70, invece, trattienili e conse-
IBDEus., hist.eccl.4,22,9 (a proposito di Egesip- gnali soltanto ai savi del tuo popolo (conser-
po): xc.d1tEpt i:wv ÀEyoµ~vwv 8è &:1coxpvcpwv vabis, 11t tradas eos sapientibus de populo tuo).
BtaÀaµ~&.vwv, t1tL "twv a.òi:ou xp6vwv 'ltp6ç Infatti in essi scorre la fonte della sapienza, la
't:L\IWV alpE't'LXW\I à.vu:rcE1tÀ&.!T&r.tL 'f!.\IOC 't'OV- sorgente dell'intelligenza, il fiume della scien-
't'W\I laTopEi:, non prova che i Giudei conside- za». La sottintesa equivalenza di conservare
xpv'lt't"W (A. Oepke)
à:1t6pprrra, a giudizio invece dei Padri zione del popolo giudaico nella storia
ortodossi, obscura o v61Ja. Il termine della salvezza era garanzia dell'autenti-
dapprincipio non designa scritti usati cità della profezia, almeno finché i li-
dalla chiesa cattolica. bri non fossero stati falsificati dai Giu-
La situazione cambia quando anche dei delle generazioni successive. Questa
le apocalissi giudaiche, altamente ap- concezione poteva essere sostenuta tan-
prezzate nella chiesa e in parte quasi to più facilmente, in quanto il giudai-
canonizzate, finirono per essere com- smo stesso allora aveva già separato e
prese nella categoria dei ~l(3Àoi &:rc6- respinto i suoi apocrifi. È invitante se-
xpvcpoi. È dubbio se la sinagoga abbia guire il caso parallelo della canonizza-
usato questo termine per indicarle. Se zione e riduzione dei LXX (--7coll. II99
l'ha fatto, l'ha fatto richiamandosi al- ss.). àrc6xpvcpoc;, riferito in modo spe-
l'uso generale che l'intende nel senso di ciale ai libri segreti dei Giudei, torna a
'gnostico', non al significato tecnico di prendere provvisoriamente una sfuma-
ganaz181 • Quest'uso di cbtoxpvcpoç si può tura di approvazione.
stabilire con sicurezza solo a partire da Ma il contraccolpc non si fa atten-
Origene (-7 coll. r 2 x2 ss. ); ma egli lo dere. Già Origene nelle prove scritturi-
adopera con tanta naturalezza, da non stich~ non osava servirsi degli apocrifi
poterne essere ritenuto l'inventore 182 • con la stessa libertà del suo grande mae-
La chiesa potrebbe aver avuto piacere stro (-7 coll. 12I9 ss.); eppure anche in
di avere i suoi 'libri segreti' da opporre questa stima condizionata degli apocrifi
ai 'libri segreti' degli gnostici, ed è si- è abbastanza isolato. Nel periodo suc-
gnificativo che li abbia presi in prestito cessivo questa stima viene del tutto di-
esclusivamente dalla sinagoga. La posi- sapprovata, alla pari di tutta la teologia
e giinaz (HOLSGHER [nota bibliogr.] 64) ri- 181 L'ipotesi che Origene abbia usato il termi-
posa però su un debole fondamento (-7 nota ne 'apocrifo' sotto l'impressione dei ragiona-
86). Nel testo siriaco (Translatio Syra Peschitto menti di Giulio Africano (-? col. 1200) <1se-
Vet. Test. ex cod. Ambr. photolithographice condo l'esempio giudaico» (HoLSCHER 70),non
ed. A. M. CERIANI II 4 [ 1883]) a cot1servare è esatta neppure cronologicamente. Infatti Ori-
corrisponde netar, a /radere Jelam af, ma non gene adopera l'espressione nel senso posterio-
c'è mai g'naz. Con questo passo si può dunque re già nel libro secondo del commento a Io.,
dimostrare solamente quel che nessuno mette composto presumibilmente poco dopo il 220
in dubbio, cioè che il giudaismo ha avuto il (2,3I,188, GCS, cfr: Introduzione LXXVIIl s.).
senso della letteratura esoterica, ma non che La corrispondenza con Giulio Africano non è
il significato tecnico di gnz sia in relazione con anteriore al 240 (TU 34,3 [1909] 65).
la soppressione della letteratura segreta o, in
altre parole, che la chiesa dipenda, a distanza 182 I testi sono facilmente accessibili in ZAHN,1
di secoli, dalla sinagoga sia per la sostanza, sia Kan. II 289 ss., e E. PREUSCHEN, Analecta II
per l'uso dell'espressione. Quando i Mandei (1910) 27 ss. La data è, sostanzialmente più
chiamano Ginza -a loro libro s!lc:ro, il signifi- . alta di quella dèi manoscritti esistenti, ma è
cato di gnz corrisponde esauamente al signifi- difficile da precisare. È da supporre che le liste
cato gnostico di &.1t6xpucpoc;: letteratura esote- non siano sorte tutte insieme, ma siano state •
rica segreta. Voler interpretare su questa base completate gradualmente. Per il Decreto Ge-
il significato tecnico del tenn!ne nella sinago- lasiano ciò viene universalmente riconosciuto.
ga, sarebbe tuttavia eccessivo. Esso si può In esso si consente di studiare le opere di Ce-
comprendere, senza ricorrere alla terminologia cilio Cipriano, mentre quelle di Tascio Cipria-
gnostica, rifacendosi a1·- sìgn.ificato fondamen- no sono designate come apocrife!
tale di depositare (-7 nota 86).
xpun~w (A. Oepke)
origeniana. Altre cause concorrono a lo più nell'ordine dei LXX. I libri con-
questo risultato, soprattutto il consoli- tenuti solo nei LXX in parte sono sem-
darsi dell'idea di canone che, malgrado plicemente elencati con gli altri, in
Eusebio, si estende sempre più dall'Oc- quanto attestati a sufficienza, in parte
cidente amante dell'ordine all'Oriente. sono aggiunti in quanto, pur non es-
Anche l'ostilità della sinagoga verso gli sendo canonici, non si possono ripu-
apocrifi ebbe, a lungo andare, qualche diare (oO'cc. E!;w "tWV !;' 183, ocra.L &.v-.1.ÀÉ-
effetto. L'atteggiamento della chiesa ver- yoV"ta:t xcc.t ovx ÈXXÀ"f]O'Lci~OV"t('J.t 184, où
so gli apocrifi segue quello giudaico, con xa.vovL~6µEvcc. µiv, &.va:ywwO'xoµEva. oÈ
un distacco che va dai due ai tre secoli. µ6vov "toic; X!X.'t'''lXOUµÉVOL<;, «quelli non
Verso il 400 ci.'lt6xpvq>oc; riprende il si- compresi nel numero di sessanta», «quel-
gnificato negativo, e questo si impone li contestati e non ammessi nelle assem-
anche nei confronti degli apocrifi giudai- blee», «quelli non accolti nel canone e
ci. Cosi Agostino (Faust. 11, 2) scrive: letti soltanto ai catecumeni» 185 • Paralle-
de his qui appellantur apocryphi, - non lamente si forma anche un gruppo di
quod habendi sint in aliqua auctoritate antilegomena del N.T.: lApocalisse di
secreta, sed quia nulla testificationis lu- Giovanni e quella di Pietro, Barnaba, il
ce declarati de nescio quo secreto, nescio Vangelo degli Ebrei, oltre agli Atti di
quorum praesumtione prolati sunt. Si- Pietro, di Giovanni e: di Tommaso, al
milmente Girolamo~ 989,20 ss. Vangelo di Tommaso, alla Didaché e al-
Con l'esclusione degli apocrifi, il ter- le due lettere di Clemente. Il terzo grup-
mine rimane disponibile per designare po è costituito da un elenco di apo-
le parti dei LXX non contenute nel crifi. Da questa sistemazione risulta chia-
canone ebraico. Ma da principio, per ro che non si tratta di una lista di scrit-
evidenti motivi, si è molto esitanti. So- ti esclusi dalla lettura nel culto ma buo·
lo nel protestantesimo la nuova termi- ni e utili per la lettura privata dei cri-
nologia si è veramente imposta (-7 col. stiani maturi, bensl piuttosto di un indi-
II99). ce di libri proibiti. A questa definizione
Quest'uso linguistico, chiaro nel com- corrispondono le parafrasi e i sinonimi
plesso anche se non sempre coerente del concetto di 'apocrifo': v6tl11 xa.t &.-
nei particolari, sul finire della chiesa an- '1to~À:t}"tCX. .•• 0:'1toxpucpiic; µéi.ÀÀov ~ àv11-
tica si riflette in modo istruttivo negli yvwO'EW<; ti>c; à.À7Jl}wc; iH;i.cx. 186, «spur1 e
elenchi dei libri canonici. Prendiamo, non ammessi... meritevoli invero d'esse-
ad es., l'elenco del codice Coisliniano o re nascosti più che d'esser letti»; libri
Barocciano, la Sinossi di Atanasio, la apocryphi, qui nullatenus a nobis recipi
sticometria di Niceforo e il Decreto Ge- debent m ... Haec et bis similia, quae...
lasiano, nelle sezioni che ci interessano. haeretici haereticorumque discipuli sive
Tutti questi testi elencano, o di segui- schismatici docuemnt vel conscripserunt,
to o interrotti dal secondo gruppo, gli quorum nomina minime retinemus, non
scritti canonici dell' A.T. e del N.T., i solum repudiata, verum ab omni Roma-
primi secondo il canone ebraico, ma per na catholica ecclesia eliminata atque
183 Codice Barocdano: ZAHN, Kan. II 291. l86 Sinossi di Atanasio, p. 202: ZAHN, Kan. II
184 Sticometria di Niceforo 34: ZAHN, Kan. II 317.
2 99·
185 Sinossi di Atanasio, p. 128: ZAHN, Kan. n 187Decreto Gelasiano, PREUSCHEN ( 4 nota
3x6. 182) 58,31 s.
12.33 (m,999) xpù7t'tW l.8.. Uepke) (III,999) n34
t X't"LSW, t X't"LO'L<;
t X'tLO'µr.l, t X't"LO''t"l]<;
X'tL~W X't'À.
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I2J7 (lII,IOOO) xi:a;w (W. Foerster) (m,rnoo) 1238
2 SEELIGER (-7_ nota bibliogr.) 462-464; BER- 6 Cfr. le speculazioni indiane in ScHARDAU (-7
THOLBT-LP.H. 1 106 s.; Hes., theog. u6; SEELI- nota bibliogr.) 75 ss.; ibid. 79 : «Il non-essere
GER 438.462. non è un nulla assoluto ... ma ... la sostanza me-
3 SEELIGER, op_cit.432. 'Nun' presso gli Egizi: tafisica ... in uno stato determinato, non cristal-
A. ERMAN, Die Religion der Aegypter (r934) lizzato».
61.90. 7Nel brahmanismo, Prajapati, il creatore del
4 Cosl per es. Eudemo; Aristoph., av. 695 . Se- mondo, è indicato come una gemma d'oro,
condo Damascio anche gli orfici. L'antic:hità di BHRTHOLET-LEH. l i 59.
queste rappresentazioni orfiche è discussa; SEE-
8 Cosl i Giapponesi, E . LEHMANN, TexJb11ch
LIGER 433.436.465.
wr Religiomgeschichte ( r 912) 29; gli Egizi,
s Già di Esiodo IlERTHOLET-LEH. u 356 dice: LUXAS e~ nota bibliogr.) 47 i gli Indiani, BER-
«l nomi mitologici di Esiodo non sono che un THOLET-LEH. I 107; forse anche gli orfici, ibid. -
rivestimento trasparente della prima filosofia II 37r; altro materiale in SnELIGER 479-482.
della natura». Un'entità del tutto astratta è an-
che il tempo, che nell'Iran e anche in Grecia 9 Em1111a elis (brani tradotti in A.UNGNAD, Die
è messo sovente al principio, SEELIGER 474- Religion der Babylonier tmd Assyrer [1921)
479; HoNIGSWALD (-7 nota bibliogr.) I6 (Ur- 27 ss.) tavola i ; Hes., theog. 126 ss.; SEELI-
zeit und Urra11m in Aegypten). GER 439 A*.
1239 (m,1001) x-tll:'.,w (W. Focrster) (m,1001} 1240
10 Rigveda ro,129,4: brama; ibid. 3: tapas == piedi del gigante Ymir (ibid. n 593). Per i Ve-
concupiscenza(?), cfr. ScHARBAU, op.cii. 86 s.; da cfr.SCHARBAU no s. Lo Scharbau dice (no)
Eros in Hes., theo.120, e negli orfici; cfr. SEE- con ragione a proposito cli speculazioni analo·
LIGER, 482-485. TI6l>oc, presso i Fenici (Dama- ghe: «Qui si tenta di guardare i fatti che av-
scius, de principiis [ed. C. A. RuELLE, 1889] vengo1w all'estremo limite interno della divi-
125 1" [p. 323]). Altri esempi in SEELIGER 485. nità, di vedere in qual modo la creazione na·
u ScHARBAu 10. sca nel divino mediante polarizzazione spiritua-
le, tensione e azione, e cli trasformare in con-
12 Apzu e Tiamat, cielo (Zeus) e terra (SEBLI-
cezioni queste idee (visioni}»; ibid. pp. no s.:
GER 431; 434; 435; 439; 466); Oceano e Teti «Dal. pensiero primitivo al pensiero filosofico
(Horn., Il. I4,201; verso orfico in Plat., Crat. elevato spesso non c'è che un passo!». Ma la
402 b c; SEELIGER 432; 435; 458; 463); Aria e immagine primitiva può anche mettere in lu-
Caos nella cosmogonia dei Fenici (Eus., praep. ce l'insufficienza del pensiero filosofico!
cv. r, 10,1); in Epimenide 'Aiip e Nv~ (SEBLI-
GER 465 s.; 471 s.; altri esempi in SBELIGER 1s SCHAllBAU 90: «Al principio» significa qui
438 ss.}. Una presentazione più marcatamente [nella letteratura vedica) lo stato della realtà
filosofica in Ferecide: AU}1Jp e XDovl'I}, accanto prima del principio di questo mondo».
a Xpovoi;, GRUPPE (~nota bibliogr.} 427 s. 16 Per la Grecia dr. IV, col. 330.
to 20 • Così l'uomo è legato alle potenze alla Stoa, per la quale il 1tWTXO\I, la ma-
dell'ordine, e non è per caso che in que- teria, e il 'ltOLOU\I, il principio guida ( =
sto si parla di un fine della vita umana, Zeus= fuoco primordiale = 1tpo\lotcx. = d-
che sta in rapporto con gli dèi 21 • Que- µcx.pµkvi)) in fondo coincidono 27 • Per la
sti miti dicono che l'uomo è un elemen- Stoa il mondo è un grande ciclo che si
to della natura e tuttavia non si esau- ripete; inserirsi in questo ciclo, esegui-
1-isce in essa, che il fine e il senso della re bene la parte assegnata dalla natura,
sua vita non sta in essa; l'uomo non è da Zeus o dalla provvidenza, è il com-
debitore della sua esistenza ad essa sol- pito che l'uomo riceve dalla sua posi-
tanto. Quelli che lo hanno formato han- zione nel cosmo, dal suo modo di essere
no dei diritti su di lui, sono i suoi 'si- conforme alla natura: oµoÀ.oyouµkvw;
gnori' (~ xuptoc;). Ma in quanto O'l'}- 'tfi cpv<1EL sfiv. Come il mondo è diret-
µtoupyol che formano l'uomo, essi stes- to dalla ragione, cosl l'uomo deve se-
si sono secondari rispetto alle potenze guire la ragione; come il mondo è un
del caos, così che non da loro l'uomo tutto armonico, cosl l'uomo deve tende-
dipende in definitiva, poiché non sono re ali' armonia, alla CÌ.'t'a.pcx.çlcx.. Come i
essi ad assegnargli il fine ultimo. Ras- demiurghi sono insieme indipendenti e
segnato o no, l'uomo deve venire a pat- dipendenti dal caos, cosl la Stoa conce-
ti con il fato, e in particolare con il de- pisce la 1tp6votcx. come materiale. Eppu-
stino di morte 22 • re proprio lo stoico può parlare di Zeus
Sotto questo profilo la coordinazio- e celebrarlo come essere del tutto per-
ne di materia e modellatore passa in se- sonale 28 • Questa incoerenza ha un pa-
condo piano rispetto alla lotta del de- rallelo: il corso del mondo si svolge
miurgo con le potenze caotiche; ma vi secondo necessità, e dopo una Èx1tupw-
è un'altra concezione, nella quale le due cnç torna a ripetersi il medesimo corso
realtà più o meno coincidono. Tale con- di eventi. Il ciclo del mondo ha senso
cezione è sviluppata presso gli indiani23 solo in quanto è svolgimento 29 • Da do-
e ancor più nella filosofia greca, dagli ve viene allora il pathos etico, per es.,
ilozoisti 24 per i quali la materia primor- di Epitteto, e come può l'uomo svolger
diale è anche il principio di ogni vita. male la sua parte nel dramma del mon-
Questa idea è fatta propria dagli elea- do;> A queste domande il sistema non
ti 25 , da Empedode 26 e poi giù giù fino può dare una risposta, e la duplice in-
20 Enuma elif, tavola 6; orfici. fondamento di ciò che accade nel mondo; nel-
21 Enuma elif, tavola 6, riga 8 {UNGNAD [ ~ l'amore e nell'odio hanno una parte gli impulsi
n. 9] 47); un altro frammento babilonese ibid. naturali (~ coll. 1238 s.).
57, in alto. !7 Quando Diog. L. 7,68 (1 34) dice degli stoici
22 Questa è la dottrina dell'epopea babilonese che OOXE~ o' 11.ÙTO~ ò.pxac; e:lva.t 'tW\I IH.W\I
di Gilgamesh. avo, 'tÒ 1t0LOU\I xal 'tÒ m~axov • 'tÒ µ~v OU\I
2.1 BERTHOLET-LEH. Il 70 s. I47.157. 1tlLcrxov Elw~~ '"iv /i1toto\I oòaf.a.v, '"iv <lìvr1v,
24 Heracl., /r. 30: x6aµo\I "t6\loE, -cÒ\I a.ò'tòv 'l'Ò o~ 'ItOLOUV 'tÒ\I iv a.Ò'tTI ì..6yov, 'tÒ\I f>E6\I,
&.'lta\l'tW\I, o<hE 'tLç -ltEW\I o{hE &.v-»pW'ltW\I mostra soltanto che il monismo stoico non può
l'ItolT)O'EV, &,).,'>,,•"liv &.Et xa.t fo-tw xa.t ~<T't<.t.l evitare di essere in contraddizione con se
7tUP à.El1;wov (1 841 ss., DIELS). stesso.
25 $&voq>ILV1Jc; ••• dc; -còv ISÀ.o\I oòpa.vòv à..'Ito- 23 Per es. nell'IMo a Zeus di Cleante (v. AR-
f3)..éljiac; 'tÒ ~" &l\/Ct.l <prJ<T~ "tÒ\I -ltE6\I (Aristot., NIM I p . 121 s., nr. 537).
111etaph. 1,5 p . 986 b 21 ss.). 29 Non a caso Epitteto usa spesso l'immagine
26 I quattro elementi, 1' amore e l'odio come della scena teatrale.
t243 (m,roo2) x-.lsw (W. Foerster)
fìcato della parola pronunziata, bensl il sa senz' ordine», ma il dio ritiene che
suo potere magico, che è da tenere ben l'ordine ( i:ci~ic;) sia migliore dell' à.i:a.-
distinto dal significato; la magia opera ~la, perciò modella la materia 39• Ma al-
grazie a una forza che può essere distin- trove si adoperano volentieri formule e
ta da colui che la pratica. Intendere la immagini emanatistiche 40, secondo una
creazione come atto magico vuol dire concezione che il neoplatonismo svilup-
vedervi in azione una forza misteriosa pa in maniera coerente. Per Plotino il
distinta dal creatore, che è l'esatto coi1- dio supremo, che si può comprendere
trario di un creatore 'personale'. solo per via di negazione, ha in sé la sca-
Tutte queste concezioni vogliono sot- la degli esseri secondo una necessità di
tolineare un atto di volontà personale, natura, e li fa uscire da sé, ma non per
ma non riescono a darcene l'immagine, via di emanazione, perché ciò sarebbe
perché la sola creazione non basta a for- una diminuzione di sostanza41 • Il risulta-
nire l'idea di Dio come persona. Perciò to è da un lato la lode della bellezza del
il carattere personale di queste divinità cosmo, dello splendore dell'armonia di-
non risalta appieno, poiché in esse non vina; dall'altro un estraniarsi dalle cose
si esprime l'elemento personale decisi- terrene e dalla materia per tendere asce-
vo, quello dell'azione nella storia. Lo ticamente verso il tutto e uno. Come
stesso avviene anche in Grecia. La ri- possa dall'uno venire il molteplice e da
flessione filosofica fa di Zeus un'entità ciò che è assolutamente buono derivare
astratta, già con Anassagora con il suo il male; come dall'essere superiore possa
\love; che regge il tutto 37• Vi è poi l'idea sgorgare la materia, non è chiaro, per
del bene o quella dell'essere assoluto, quanto lunga si possa immaginare la
cui il mondo deve la sua esistenza. Nel successione e numerosi i gradi di ema-
Timeo di Platone, veramente, un 01]- nazione. Di conseguenza il fine della vi-
µtovpybc; svolge una parte non molto ta per l'uomo può trovarsi solo nell'im-
chiara, come una specie di mediatore personale; egli diventa un fascio di par-
fra il mondo delle idee e quello delle ti diverse destinato a sciogliersi di nuo-
apparenze 38 ; Diogene Laerzio attribui- vo.
sce a Platone questa dottrina: Mo ... &.p- La gnosi ha mcxlifi.cato variamente
xac;, ilEÒ\I xat u}:l'j\I, 0\1 xa.t \IOU\I 7tpO- queste concezioni. Una posizione parti-
<TayopEVéL, xat a.h10\I, «due.. . principi, colare è quella dello zoroastrismo, che
materia e dio, che egli chiama anche in- ammette due entità primitive, una del
telletto e causa». La materia è &.crxr1µt:X.- bene e l'altra del male, contrapposte in
"t'tcr-cov xi:x.t èi?mpoc;, (hax"t'wc; Xt\louµÉ- una lotta nella quale l'uomo è chiamato
\11], «quanto mai informe e infinita, mos- a prender posizione 42 • Più tardi l'inte-
ra creazione è suddivisa fra queste due che nei LXX (3 Bo;<r.8,53 a} comincia co-
potenze. Analogamente il primo trattato sl: "HÀ.tov é:yvwpt<rev Èv oùpa.vi;> xu-
del Corpus Hermeticum risolve l' enig-
ma del mondo postulando l'esistenza di ptoç, dove é:yvwptO'EV sembra rendere
due potenze prime ma non contempora- un ebraico hèbtn, letto per errore inve-
nee. Cosl fa pure il manicheismo. ce dell'originale hektn46• In questo caso
l'ebraico voleva dire che Iddio ha 'fis-
B. LA FEDE DELL'A.T.
RIGUARDO ALLA CREAZIONE
sato' il sole nel cielo.
Gli altri enunciati ci portano vicino
r. Evoluzione della fede nella creazione all'esilio 47 • In Geremia le affermazioni
Nell' A.T. non sono molti gli enun- relative alla creazione si fanno più chia-
ciati pre-esilici sulla creazione. Anche re; Ier. 5,22-24 parla di Jahvé che ha
se da essi e da vari altri indizi si può posto al mare le dune quale frontiera
desumere l'alta antichità della credenza eterna; in Ier. 27,5 Dio dice: «lo ho
israelitica che il mondo è stato creato creato la terra, gli uomini e gli animali
da Dio 43, rimane fermo che i profeti che sono su tutta la terra con la mia
pre-esilici hanno fatto poco uso di que- gran potenza e col mio braccio steso, e
sto pensiero. Accanto al racconto della la dò (la terra) a chi voglio»; Ier.31,35-
formazione dell'uomo da1la terra nel do- 3 6 ( 3 7) parla del decreto eterno di Jah-
cumento J (Gen.2Abss.; 6,6s.; cfr. 7, vé che il sole risplenda di giorno 48• Fi-
4) 44 e alla fonte sacerdotale di Gen.r,r nalmente in Ez. 28,13 ricorre il verbo
ss. 45, alla chiusa difficilmente databile br', riferito al re di Tiro in un brano
di Gen. I4 (vv. 19. 22, benedizione e recante forti allusioni mitologiche.
giuramento nel nome del «Dio altissi- I passi sono scarsi perché l' A. T. è
mo creatore del cielo e della terra», 'el una testimonianza resa innanzitutto al
'eljon qonèh samajim wa'are!), va men- Dio signore della storia, al Dio d'Abra-
zionata specialmente la parola di Salo- mo, di Isacco e di Giacobbe, al Dio che
mone nella consacrazione del tempio, trasse Israele fuori dall'Egitto, attraver-
questo vasto territorio, nel quale (sono) molti Wissenschaft ro (1934) 172-178.
paesi• (F. H. WEISSBACH, Die keilinschriften
46 Cfr. O. ElSSFELDT, in KAUTZSCH, a r Reg.
der Achiimenidm [19n] 85.87.99, ecc.). 8,12; HANEL (4 nota bibliogr.) 2II.
43 EtOIRODT (4 nota bibliogr.) II 47.
44 Forse anche Gen. 2,4b (b';om 'ìi.Mt ihwh 47 STROTHMANN (4 nota bibliogr.) 200 s., ritie·
'elohim 'eres w•samaim) è accenno dello Jahvi- ne ancora come più antichi i passi di I Sam.2,
sta a una narrazione del 'fare' cielo e terra, F. 8 ss.; ls. X7,7; Nah. rA; Ab. 3,6 ss.; gli ultimi
M. Tu. BoHL, in A.tliche Studien fiir R. Kittel passi menzionati sarebbero un'eco del mito del·
(1913) 59· la lotta contro il caos. Ma l'epoca della mag-
gior parte dei testi è incerta.
45 G. voN RAD, Die Priesterschrift im Hexa·
teuch (1934) II-18; L. RosT, Der Scbopfungs- 48 Cfr. Ier. 38,16. Ier. 10,11 s. 16; 32,17 sono
bericht der Priesterschrift: Christentum u. senza dubbio spurii.
1249 (m,roo4) x'tl!;w (W. Foerster) (m,roo5) 1250
so il Mar Rosso e il Giordano, fìno nel- esprimere riconoscenza alla divinità che
la terra promessa, e che dirigeva le guer- ha determinato degli eventi, ma per di-
re <li Israele. Nell' A. T. non si proce- re che Dio ha fatto e plasmato le cose
de dalla creazione alla storia, ma vice- «da lungo tempo» (ls. 22, II, analoga-
versa. L'A.T. non afferma: il creatore è mente 2 Reg.19,25=Is.37,26). La paci-
Jahvé (cioè il Dio d'Israele), ma: Jah- fica superiorità di J ahvé su tutti i fat-
vé è il creatore. Il contenuto del nome tori della storia è espressa con l'imma·
jhwh è determinato primariamente dal- gine dell'argilla e del vasaio (Jer.18,1-
la sua rivelazione nella storia 49 • Nelle 6) 52 • Agire nella storia è agire nel tem-
narrazioni dei patriarchi Dio non si fa po e nello spazio; entro questi si muo-
conoscere come colui che ha creato i ve la natura, sicché il signore della sto·
cieli e la terra, ma come il Dio dei pa- ria è signore anche della natura. Anche
dri 50• Ma questa rivelazione nella sto- nella natura le cose non sono che ogget-
ria fu sin da principio tale, che conte- ti dell'azione di Jahvé: la terra trema e
neva in germe anche le successive affer- i monti sono scossi al solo suo apparire
mazioni sulla creazione 51 : fìn da princi- (I ud. 5 ,4 s.; Abac.3 i3 ss. ecc.); significa-
pio J ahvé è colui che solo opera nella tivo è il modo in cui in Am.9,2-4 le e-
storia, nessun altro gli sta accanto: an- stremità del cosmo - terra, cielo, regno
zi, egli è una persona che capisce per dei morti, cima del Carmelo, fondo del
volontà cosciente (in contrasto con gli mare - risultano accessibili a Jahvé e
impulsi delle potenze cosmogoniche del- poste al suo servizio.
la storia delle religioni) e in vista di un Con 1' idea dell'assetto della natura
fìne preciso. Jahvé rende noto in anti- ad opera di Jahvé {Gen. 8, 22, doc. J),
cipo quel che farà (motivo, questo, che il pensiero della creazione risulta più
sarà largamente usato dal Deuteroisaia maturo; Ier.5,22-24 (cfr. 14,22) volen-
nella polemica contro gli idoli). Questo do invitare a temere Iddio, prima di ri-
non è detto soltanto come nelle iscri- cordare l'invio della pioggia a suo tem-
zioni degli Achemcnidi (~ n. 42), per po e la garanzia del tempo fissato per
49 EicHRODT (-+nota bibliogr.) r 10: «In Israe· ha creato ciclo e terra» (nell'apparizione divina
le, invece, la conoscenza del Dio del patto e del a Giacobbe).
suo atto redentore creò la capacità di capire e
di descrivere l'avvenimento storico dapprima 51 EICHRODT I, IIJ s.: «l più efficaci presup-
nel quadro del destino del popolo, poi anche posti della sottomissione di tutta la vita della
nel quadro della storia del mondo, come effet- natura al potente governo dell'unico Signore
to dell'unica volontà divina, e persino di uti- divino, contenute nell' antica fede israelitica
lizzare per lo sviluppo di questo pensiero il nel Dio del patto...».
mito della natura». 52 Forse già prima Js.29,16; ma l'autenticità
50 Cfr. invece Iub.32,18: «lo sono il Dio, che del passo è discussa.
1251 (m,1005) X'tll;w (W. Foerster) (m,1006) 1252
la mietitura, rammenta che Dio ha 'de- ['sh, jfr] ). Nel Deuteroisaia questa ter-
limitato' (Sjm) il mare con la barriera minologia è costante: 43,7.r5.2r; 44,2.
eterna delle dune; analogamente, la pre- 2r.24; 45,II; 49,5. Un altro verbo usa-
ghiera di Salomone per la consacrazio- to per dire che Jahvé opera dei fatti
ne del tempio si richiamava all'opera di storici è br', divenuto poi termine tec-
Dio che ha fissato il sole 53 • Anche in nico indicante l'attività creatrice di Dio:
Ier.27,5 la prima chiara e completa af- Ex.34,ro (doc. J?): «compirò portenti
fermazione della creazione è espressa in quali mai furono fatti su tutta la terra
questi termini: «Io ho fatto la terra, e fra tutti i popoli»; 'e'eieh niflii' ot
l'uomo e gli animali, che sono sulla su- ,aJer lo' -nibr' u b•kol-hii' iiref ub•kol--
perficie della terra, con la mia grande haggolm; Num.16,30 (doc.JE): w•'im
forza e col mio braccio spiegato e la dò ber1'a jibrii' jhwh upii!tfi ha'adiima ,et-
a chi voglio» ('iinoki 'iisitz 'et-hii'iire~ 'et- pt/J, «se il Signore farà qualcosa di por-
hii'iidiim w'"et-habbehemil 'afrr 'al-pene tentoso cosl che la terra apra la sua boc-
ha'are! bekopi haggiidol ubitro't hanne- ca ... ». Questi testi alludono a fatti sto-
fuja anetattlhiz la'aser jiiiar b"'éniij) 54 • rici di carattere straordinario. Nel Deu-
Qui l'assoluta sovranità di Dio sulla sto- teroisaia e nel docum. P, col termine br'
ria è riportata al fatto che egli è il crea- e la nozione dell'atto creativo onnipo-
tore. Tra la p0tenza che si manifesta tente mediante la parola, la fede vetero-
nella storia e quella manifestata nell'at- testamentaria nella creazione giunge a
to creativo corre nell'A.T. uno stretto piena chiarezza.
rapporto: infatti dar fot1na alla storia è
anche un'attività creativa, che viene e- 2. Terminologia e raffigurazioni
spressa con le stesse parole usate per della creazione nel/' A .T.
dire che Dio ha modellato e creato il Sono da considerare anzitutto i ter-
mondo e l'uomo. Cosl l'agire divino nel- mini indicanti propriamente la creazio-
ne (br', p'l, 'sh, j~r, qnh), quindi le
la storia è descritto con i ·verbi 'sh, j~r espressioni figurate che dipendono dal-
(Is. 22, II; 29, r6 s.; Ier. 18, II) e p'l l'antica concezione del mondo (nfh, jsd,
(Abac.1,5). Del popolo di Israele si di- kwn, skk [tessere, Ps.139,13], hwl;d
[Ps.90,2 ]); finalmente le allusioni ai
ce che è 'formato', cioè storicamente
miti della creazione.
condotto a diventare non un popolo qnh 55 riferito alla creazione; Gen. 14,
qualsiasi, ma popolo di Dio (Is. 2 7, l 1 I9. 22: 'e/ 'e/ijon qonéh sàma;im Wii'-
iire-F (LXX ambedue le volte EX't't1n:v); sembra più antico, altrove è usato poe-
Ps.r39,r3: 'atta qiinltii kiliotiij «tu hai ticamente. Anche i LXX non hanno an-
composto le mie viscere» (subito dopo cora inteso qnh nel senso di 'creare',
parla di ' tessere ' nel seno materno; perché per i traduttori del Genesi ~"t'l
LXX: qnh=x't'cX.oµm); Prov.8,22, paro- sw non ha lo stesso signilìcato che nel-
le della Sapienza: jhwh qiinani rèsit dar- le altre parti dell'A.T., ~col. I307.
ko, Vg.: Domint1s possedit me in initio . #r è l'azione del vasaio, che forma e
vìarum suarum; LXX: X"tlsw; Deut.32, modella vasi e statue. Corrisponde dun-
6 (del periodo intorno all'esilio): halo'- que al greco 1tÀ.aO"<TWJ, e con questo è
hU' 'iibtkii qiinekii ha' 'iiS"ka waj"konne- solitamente tradotto dai LXX 57 , L'idea
kii, <<non è egli il padre tuo, che ti ha di 'modellare' soggiace sicuramente a
compaginato, che t'ha fatto e rassoda- Gen.2,7.8.I9; già in Ier.1,5, dove si di-
to?» (i LXX rendono i tre verbi con X't'ci- ce che l'uomo è 'formato' nel seno ma-
oµm, 1tOtEw, x't'lsw). Il Gesenius-Buhl terno, non è che un'immagine dell'attivi-
indica per questi passi il significato di tà invisibile e onnipotente di Dio. L'im-
'fondare, creare'; ma da essi non si pos- magine concreta resta sempre più in
sono separare quelli che applicano la ombra, ed è vano chiedersi in quale mi-
parola al rapporto di Dio con Israele; sura possa ancora essere concepita lette-
si veda per es. Deut. 32,6 e Ex. r 5,r6 ralmente. Con certezza si può solo dire
(cantico al Mar Rosso, più recente di J. che nessun altro passo, con #r nel sen-
E) : ja'abor 'am-zu qiinttii, finché «sia so di creare, è preesilico. In Is.45,7 ha
passato il popolo che hai fatto tuo» per oggetto la luce, ed è usato con br'
(LXX: xd.oµm); Ps.74,2 : z"kor 'adiite- - come avviene anche in Is.45,I8; Am.
kii qanztii qedem gii'alta Jebet naf.Jaliite- 4,13; Is.43,1 - oppure con ·sh
(Is.27 1
kii, «ricordati della tua comunità, che u; 44,2; 45,18). Il Deuteroisaia indica
hai fatto tua sin dai tempi antichi, del- volentieri come oggetto di #r il popolo
la stirpe tua propria che hai riscattato» d'Israele, che Dio si è formato (43,1.
(LXX: x't'&.oµat); Is. n , I I (tardivo): 21; 44,2.21.24; 45,9.u; 49,5). Nell'e-
in quel giorno Jahvé stenderà per la se- sprimere il rapporto della creatura col
conda volta la sua mano, liqnot 'et-s"'iir creatore, l' immagine è caratteristica,
'ammo, «per far suo il resto del suo po- perché sottolinea la diversità, la supe-
polo» (LXX: s11Àouv); Ps18,54: il mon- riorità e la saggezza di colui che fa; egli
te del tempio è har-zeh qiintii fmino, supera l'opera sua, come il vasaio, che
«il monte che la sua destra si procurò». pur non è creatore in senso proprio, è
(LXX: X"taoµat). Si dovrà ammettere superiore all'argilla; l'immagine, dun-
dappertutto il significato di 'procurar- que, esprime l'assoluta dipendenza del-
si', 'acquistare' 56: Dio 'si è acquistato', l'uomo da Dio (cfr. Is.29,I 6 s.; Jer.18,1
'si è procurato' il cielo e la terra; la for- ss.). In secondo luogo - e questo vale
mazione del popolo d'Israele e quella specialmente per il Deuteroisaia - que-
di cielo e terra vengono indicate con le sta immagine viene a dire che la creatu-
stesse espressioni. Il termine in Gen.14 ra deve a Dio non solo l'essere stata
der A.T. {r936) 68; EtCHRODT (~ nota bibl.) to della terra); Is.43,2l : 7tEPL7tOLE~crl>a1. (detto
n 50; BURNEY {~ nota bibliogr.) r 66. del popolo d'Israele); I s.22,n; 46,n : x-.lsw;
56 K OHLBR (~ nota bibliogt.) 6B s.: «faticosa,
Is.37,26: CTU\1-.a-.'tw (detto degli eventi); I s.
travagliata azione, con la quale Dio si rende 45,7: xcx.-.cx.CTXEVOCSW (detto della luce); Am.4,
padrone delle cose». 13: cr-.Epe6w (detto delle montagne, LXX:
57 Diversamente I s.45,18: xcx.~a.8tlxwµi. (det- {3po'>l-.1}'v); Is.29,16 e 45,II : 7t01.Éw.
1255 {m,1007) x~li;w (W. Foerster) (III,1007) 1256
creata, ma anche l'essere stata creata co- sistenza i rettili e gli uccelli, è seguito
sl com'è, la sua figura concreta. (nel v. 21) dalle parole: wajjibrii.' 'elo-
p'l e il sostantivo po'al è detto una hlm 'et-hattannznltn, «e Dio creò i mo-
sola volta (lob 36,3: po'oli) del crea- stri». Questa espressione appartiene a
tore; altrove si riferisce ali' attività di una tradizione più antica; perciò un
Dio nella storia. tempo br' deve aver avuto un significa-
to concreto, affine a #r 59 • Il frequente
'sh è il verbo che indica il 'creare' in parlar delle mani (o delle dita) con cui
senso più generale, ed è anche quello Dio ha creato (per es. Ps.8,4; lob 12,9)
usato con maggior frequenza in questo deve ugualmente essere preso in senso
senso dall'A.T., esattamente come 'J'OL- figurato. Il Deuteroisaia, che sicuramen-
Éw nei LXX. Quando il doc. J in Gen.
te pensava che il mondo è stato creato
3, r torna a narrare la 'formazione' de-
da un comando di Dio, in 45,18 associa
gli animali dei campi - già riferita in 2, strettamente br', #r, 'sh, e ktmén (,j>.
19 con le parole: waiii1er jhwh 'elobim
min-hii'adiimft kol-{Ja;;at hassadeh, «il br' nel doc. P ricorre in Gen.1,r.2r.
Signore Iddio plasmò dal suolo ogni vi- 27 (2 volte); 2,3.4; 5,r.2 (2 volte); 6,7
vente del campo» - dice: kol-pajjat has- ( doc. J ma probabilmente proveniente
sadeh 'aser
'aia jhwh, «ogni vivente da P)61 ; in Deut.4,32; 20 volte nel Deu-
del campo che il Signore aveva fatto». teroisaia; 6 volte nei Salmi; inoltre in
Qui 'sh è usato senza dubbio nel senso Am.4,13 (non autentico)62 ; Is.4,5 (non
di #r, indica cioè il 'fare' qualcosa con autentico; i LXX leggono b' invece di
una materia preesistente. Quando, d'al- br'); Ier. 31,22; Ez. 21,35; 28, 13. 15;
tra parte, il doc. P in Gen.r,6 dice: «E Mal. 2,10; Eccl. 12,1; infine Ex. 34,10;
Dio disse: vi sia una distesa», e ag- Num.16,30. Naturalmente anche br' in
giunge (v. 7): wa;;a'as 'elohim 'et-hiira- origine aveva anche un significato con-
qlli', «e Dio fece il firmamento», que- creto; ma non è più possibile stabilirlo
ste ultime parole indicano uno stadio con sicurezza 63 • Il termine è adoperato
più antico del racconto, che presenta esclusivamente per il creare divino; nei
Dio nell'atto di fare direttamente uno passi che la critica delle fonti presenta
strato e di separare le acque 58• Ma il come i più antichi (Ex.34,10 64 e Num.
redattore che unl i vv. 6 e 7 (come an- 16,30 [JEJ) si riferisce a un meravi-
che Gen.r,14 s. con l,16 s. e il v. 24 glioso e potente agire di Dio nella sto-
col 2 5) non avvertl alcuna differenza fra ria. Lo stesso avviene in Ier.31,22 e tal-
il 'chiamare' all'essere e il 'fare'. Ciò volta anche altrove (Is.45,7,8; 48,7; 65,
vale anche per br; infatti l'ordine di 18). Pertanto br' è parallelo agli altri
Gen.1,20, con cui sono chiamati all'e- verbi indicanti l'atto del creare. Limi-
sa RosT e~ n. 45); VON RAD e~ n. 45) I2 ss. tero-Isaia, e 9,5 s. non è una conclusione di 9,
59 Cosl pure 1,26.27.
r-4, che non ne ha bisogno; l'onnipotenza di
Jahvé è sufficientemente attestata in 9,2-4.
1iO Si può inoltre rimandare a passi come Gen. 63 Maggiori dettagli in BOHL (-7 n. 44) 42 s.
2,8 s., secondo i quali Jahvé «piantò» un giar- Per br' dr. le Teologie dell'A.T. di DILLMANN
dino; cfr. Gen.3,21. 286 s.; H . Sa-mLTZ1 (1896) 449; SMEND 348,
6t Cosl anche BOHL (~ n. 44) 47. n . l ; SELLIN 37; faCHRODT Il ,5I; KoHLER 69;
62 BOHL 48-49, difende l'autenticità delle dos- inoltre HANEL e~ nota bibliogr.) 249.
sologie in onore del creatore in Am.4,13; 5,8 64 La divisione delle fonti non è sicurR, cfr.
s.;_ 9,5 s. Ma lo slancio poetico ricorda il Deu- BoHL 47 s.
1257 (m,1007) x:t'l~w (W. Foerster)
65 Accanto a miital} kii' ohel. 11•sakkot11 «io sono stata intessuta», a propo-
66 Questi due passi non sembrano di Geremia. sito della Sapienza; cfr. B. GEMSER, Spriiche
67 Cfr. STROTHMANN, op.cit. 53.
Salomos (1937), ad loc.
68 Un chiaro cenno di espressione figurata si <nCfr. il materiale in H . GUNKEL, Schopfu11g
avrebbe, se in Prov. 8,23 si potesse leggere und Chaoi' (192r), e STROTHMANN.
i259 (ur,1008) x:i:lsw (W. Foerster) ( m,1009) 1260
una battaglia contro una o più potenze 3. La fede dell'A.T. nella creazione
caotiche personificate. Nell'A.T. si tro-
vano esempi d'ogni genere di questo a) Tutto ciò che l'A.T. dice riguardo
modo di porsi di fronte al mondo, dai al creatore ha questo di caratteristico:
chiari accenni al mito contenuti nei no-
che da sé non ci dà l'immagine di Dio,
mi mitologici di Rahab e Leviathan, fi-
no alle allusioni velate, come là dove si ma si riferisce a Jahvé, un Dio già ben
presenta Jahvé che 'sgrida' il mare. La configurato che si rivela negli eventi
sola cosa che manca è il mito vero e storici. La rivelazione fondamentale non
proprio. Le allusioni sono sempre in sti-
le elevato, specialmente nei Salmi, nel è costituita dalla creazione, ma dall'a-
Deuteroisaia e in Giobbe. Questo basta gire storico, che ha avuto inizio coi pa- .
a chiarire già la portata di tali espres- dri 11.
sioni. Va anche notato che in un mede-
simo scritto questo mito è usato in sta- b) La fede anticotestamentaria trova
di diversi: lob 9,r3 parla degli aiutanti
di Rahab che devono curvarsi davanti la sua espressione tipica nel racconto
a Dio; lob 38,8, invece, dice solo che del doc. P in Gen. r, che presenta la
Dio ha chiuso con porte il mare quan- creazione in atto. Mediante la parola di
d'esso traboccava. Ambedue i passi si
riferiscono alla creazione, concepita co- Dio il creato sorge dal nulla. Tutto ciò
me lotta col caos. Un ultimo accenno a che nell' A. T. è apparentato alle raffigu-
questo mito si trova in Ps. 33 ,7 ss. ac- razioni mitologiche e alle espressioni
canto alla creazione mediante la parola.
immaginose che presentano Dio come
La pleroforia del linguaggio mitologico,
usato insieme alla creazione mediante colui che modella gli esseri, e che quin-
Ja parola, è ancor più evidente nel Deu- di sarebbe in contrasto con la fede che
teroisaia. E se si osserva il modo in cui
si esprime nel primo racconto della
il mito è adoperato, risulta che :in tutti
gli accenni e le allusioni i mostri mito- creazione, non inceppa lo sviluppo del-
logici non sono che l'oggetto costante la particolare fede anticotestamentaria,
di un'azione divina, presentata nel mo- perché le potenze ostili del caos e tut-
do più chiaro in Ps.89,u: Tu hai fiac-
cato Rahab come un ferito a morte. La to ciò che viene 'formato' non sono che
forza del caos primitivo di fronte a Jah- oggetti dell'agire divino(~ col. 1250).
vé è impotente, come un ferito a mor- Il racconto di Gen. r è riassunto nel
te che riceve il colpo di grazia. Le allu-
sioni mitologiche sono usate per parla- Ps. 33,9 con queste parole: hu' 'iimar
re di Dio, non delle potenze del caos 70• wajjeht hU' -.fiwwa wajia'amod, «lui par-
70 Un'antica allusione mitologica sembra pre- zione della fecondità del caos si ha là dove si
sente anche dove è detto che le stelle del mat- dice che i monti «nascono» (Ps.90,2; lob 38,
tino facevano concento quando Dio poneva le 28 ss.).
fondamenta della terra (lob 38, 6 s.); perciò 71 VoN RAn (~ nota bibliogr.) r38 ss. lo pone
qui non si concepisce la creazione in maniera in chiara evidenza. Cfr. G. VON RAD, in: A.
espressamente diversa da Gen.r, come preten- ALT, J. BEGRICH, G. voN RAD, Fiihrung zum
dono B. DuHM (~ nota bihl.) 26 e STADE- Christentum durch das A.T. (1934) 57; EICH·
BERTHOLBT (~ nota bibl.) II 130. Una men- RODT ~n . 49.51.
1261 (m,1009) wtll;w (W. Foerster) (m,1010) 1262
la e (tutto) è, lui comanda e (tutto) esi- questa concezione della creazione sia
ste». Questa frase contiene una illogi- inorganica. La creazione, come la vede
cità, che risulta ancor più chiara quan- l'A.T., è costituzione dell'organico, ed
do Paolo dice: (xa.'tÉ\IO:.'V't~ ••• i)gou) è quindi un atto personale, un'azione 74
xctÀ.OV\l'"tOç •IÌ µ'Ìj èhrta wc; O\ITrh, «(da- alla quale non si può applicare la cate-
vanti... a Dio), che chiama le cose che goria dell'organico e dell'inorganico, che
non sono, come se fossero» . Non si può del resto (in certa misura) non si ap-
chiamare se non quel che già esiste 72 • plica nemmeno alle azioni volitive del-
Dio invece chiama ciò che non esiste l'uomo. La creazione non appare nep-
ancora, gli impartisce un ordine, e in pure come causa ultima, come neppu-
obbedienza a quest'ordine la creazione re agli atti di volontà umani si può
perviene all'essere. Per eliminare l'as- applicare la categoria della causalità.
soluta incomprensibilità di quest' affer- Sicché il concetto di creazione nel-
mazione non si può ricorrere al mez- 1'A.T. ha senso, rigorosamente parlan-
zuccio di prendere ciò che non esiste do, solo in Dio. Appare dunque chiaro
(µ1) O'V"t'O:.) come se in qualche modo esi- perché bara· designa soltanto un agire
stesse già 73. Questa concezione antico- divino ('"""7 col. 1256). Come creatore,
testamentaria supera anche la concezio- Dio è il Signore, ~ xupi.oc;, e tale è
ne, attestata altrove, della creazione co- il suo rapporto con tutte le cose crea-
me processo magico. Infatti qui non è te. La creazione è un atto di potenza
pronunziata una parola magica, che ol- assoluta. Solo qui il creatore è una vo-
tre ad avere un significato sia anche ca- lontà completamente personale e libera
rica di potenza (--7 coll. r244 s.), ma da ogni limitazione della sua potenza.
è il comando che, cosl come sta, risulta Nell'ambito della vita terrena, fra pa-
parola creatrice. Né si può obiettare che dre e figlio sussiste una continuità or-
n ScHARBAU (-+ nota bìbl.) 137: «L'idea di vento di un creatore, si può pensare che fini-
una intimazione implica l'esistenza di potenze scano per dire che l'aver caricato una volta
che servono, ubbidiscono ed eseguono la vo- l'orologio ciel mondo in un'epoca lontanissima
lontà del creatore}>. non stabilisce una relazione soddisfacente fra
73 V. il tentativo in ScHAR1lAU, op.cit., 17-28. Dio e il mondo. Ma io non vedo una via d'u-
74 Cfr. HONIGSWALD (~ nota bibl.) r8 s. Per scita da questa difficiltà». Anche se le scienze
mostrare come la scienza della natura non sia naturali dovessero arrivare alle stesse conclu-
strettamente condizionata da principi dogmati- sioni, per la stabilità del mondo e la validità
ci può setvire una parola di A. S. EDDINGTON, dello 'leggi di natura', a cui giunge Eddington
Die Naturwissenschaft auf neuen Bah11en per il principio del mondo, esse non possono
(1935) 55 s.: «Filosoficamente, l'idea di un da sole pervenire alla predicazione biblica del-
improvviso inizio del presente ordine di natu- la creazione e della provvidenza come atto per-
ra mi ripugna, e cosl dev'essere per la maggior sonale, perché non dispongono cli categorie per-
parte degli uomini. Perfino quelli che vedreb- sonali. Al più, possono far posto a tale affer-
bero con soddisfazione una prova dell'inter- mazione.
I263 (m,1010) X'tli;w (W. Foerster) (ur,1010) I264
ganica: il figlio può diventare come il di avere una nozione della creazione di-
padre. Fra creatore e creatura, invece, versa da quella di Gen.1 (-7 n. 70); ma
non vi è continuità organica, ma la crea- con la loro lode queste stelle mattutine
tura è e rimane fondamentalmente di- tributano un · riconoscimento alla mae-
versa dal creatore, e il tempo non può stà e alla superiorità di Dio e lo lodano
sopprimere o anche solo ridurre questa (anche se non è detto espressamente)
differenza 75 • L'A.T. ha una marcata sen- in quanto è anche loro creatore. Quan-
sibilità per questo divario fra creatore do dWique il Deuteroisaia associa la te-
e creatura: Ex.33,23 dice che Mosè può stimonianza a Dio creatore con il di-
vedere Iddio solo di spalle, «ma la mia scorso sulla gloria che Dio tiene per sé
faccia non può esser vista» (upiinaj lo' e non dà a nessun altro (Is. 42,8; 45,
jérii'u); Elia, quando sa che Dio passa, 2 3 ), esprime un'idea che ha un suo in-
75 Questo è anche il fondamento del divieto mana dall'idea di creazione, concepita in for-
delle immagini nell'A.T. (~ III, coll. 141 ss.). ma monoteistica e sperimentata, proprio nel suo
76 EicHRODT r 221: «L'eco gioiosa di Gen. 1 aspetto assolutamente vincolante, come supre-
in molti salmi rivela l'effetto liberatore che pro- ma nobilitazione)>.
1265 (rn,1010) X"Ctl;w IW. Foerster) (m,ron) n66
77 Ps.29; cfr. EicnRODT 11 79. MANN 81 s.); ciò risulta da Ps.ro4,14 : ma~miìi~
pa[lr labb'hemfi, «produce grano per i giu-
78 EicHRODT II 8os.; Ier.8,7; 31,35ss.
menti». Voglio dire che non basta un eccezio-
79 Anche il comando tndsé' hii'iire~, «germo· nale richiamo alle forze materne della terra,
gli la terrm>, di Ge11.1,u, o to!e' hii'iire[, poiché questa continuamente produce le pian-
«produca la terra», di Gen.1,24 non fa appello te per ordine di Dio.
soltanto al vigore matctno della terra (STROTH· 80 Contro HANEL (~ nota bibl.) 249. Per
1267 (lII,ron) x'tl!;w (W. Foerster) (IIl,IOI2) 1268
terra» (siimajim wa'are1) sono la desi- mento del dominio di Dio sulla storia,
gnazione del 'cosmo'. Ma Gen. 1 ,1 è mes- (ler.27,5); da esso deriva il dovere del-
so come soprascritta al resoconto della la :fiducia in Dio, il diritto divino alla
creazione e quindi regge anche il v. 2. fiducia e alla riconoscenza (Is.r7,7; 22,
.L'espressione «in principio» (b 8 rè's1t) va II; 40,26ss.; 43,I; 44,2; Os.8,14;
accostata all'affermazione del Deutero- Deut. 32,6.15; Ps. 103,22) e il dovere
isaia, quando dice che Dio è il primo e dell'ubbidienza (Ps. u9,73). Il Trito-
l'ultimo (44,6; 48,r2). Va notato che in isaia rivendica appunto alle creature,
quest'ultimo passo l'affermazione è stret- proprio perché tali, una specie di diritto
tamente connessa al ricordo che cielo e alla compassione (Is.64,7). Nel Deute-
terra sono stati creati dalla parola di roisaia il creatore stesso invita le sue
Dio. Al principio Dio 'è già', la crea- creature ad aver fiducia, e il profeta si
tura invece 'è fatta'; quella che princi- studia di richiamare Israele alla fede e
pia, quindi, è la creatura, che prima alla confidenza, rammentando che Dio
non c'era. Conforme al suo stile prati- è il creatore e cercando cosl di scuotere
co, l'A.T. non descrive la creazione dal il popolo che, ridotto in uno stato di
nulla in una proposizione dottrinale, prostrazione, mette in dubbio la po-
ma (per quanto è dato vedere) si limita tenza divina. Per lo stesso motivo l'o-
a parlare di Dio in modo tale che egli rante menziona volentieri la potenza
non appare vincolato né influenzato da creatrice e, nella distretta in cui prega,
situazioni preesistenti. il ricordo di tale potenza gli ridona -fi.
Quanto più chiaro si fa il pensiero ducia di essere salvato (2 Reg. 19, 15;
della creazione, tanto più si allargano i Neh. 9,6). Dall'atto creatore si ricava
pensieri che gli sono collegati o che ne che la creatura non può sottrarsi al crea-
derivano. Oltre all'onnipotenza, la crea- tore e non gli si può nascondere (Ps.33,
zione attesta la sapienza e l'onniscienza 15i 94,9; 139) e che la creatura è co-
di Dio (Ier.10,12 = 51,15; Ps.104,24; me argilla nelle mani di colui che l'ha
lob 28,24-26; Prov.3,19; 8,27). In par- fatta (ler. r8, l ss. [ 19,II]; Is. 29, 16;
ticolare, poi, l'atto creativo di Dio fon- 45,9). Il fatto d'aver creato cielo e ter-
da il suo diritto sopra la creatura; il cie- ra distingue il Dio d'Israele dagli idoli
lo e la terra gli appartengono perché lui (Ier. 10,12-16 [cfr. 14,22]; 5I,I5-19;
li ha creati (Ps. 24,1 s.; 89,12; 95,5; Ps.96,5; u5,3 s.; Ion.1,9}. Questi pen-
Eoi}.4,17 b.c). L'atto creativo è il fonda- sieri non sono una precisazione di una
Ge11.1 cfr., oltre ai commentari, anche K. Bun- 449); A. BBRTHOLET: JBL 53 (1934) 237-240;
nn: ZAW 35 (1915) 6.5-97 (b'ré's1t in Ge11.:z,1 G. voN RAD ("' n. 45) u ss.
è una premesso; cfr. anche SCHULTz [~n. 63]
it'tl!;w (W. Foerster) (m,1013) 1270
idea generica di Dio, arricchita della no- ce, ad es., che Geremia è stato 'santifi-
ta di creatore; stanno invece a dire che cato' ad esser profeta fin dal seno ma-
il creatore è Jahvé, il dio d'Israele, e terno ( l ,5 ); qualcosa di simile il Deu-
non un altro. Essendo creatore egli è teroisaia dice di Israele, che è stato for-
anche, per necessaria conseguenza, il mato per essere 'servo', per portare la
Dio unico (per es. Is.44,24: nel bene luce ai pagani (42,I.6; 44,2I; 49,5 s.).
e nel male, Israele s'incontra con que- Ancora il Deuteroisaia, avendo fede nel
st'unico Dio che «forma la luce e crea creatore, passa da questa fede a professa-
[br'] le tenebre, fa la salvezza [.Salom] re che questo mondo deve avere uno sco-
e produce la sciagura»; Is.45,7). Così po; dice infatti (45,18) che Dio ha for-
l'annunzio del creatore sfocia in quello mato la terra perché fosse abitata. Pu-
del Dio signore della storia, nel quale si re i due racconti della creazione dico-
trovava già come in germe. no, sia pure in termini diversi, che Dio
Questa fede nel creatore dal quale ha assegnato un compito all'uomo sul-
tutto proviene, sia il bene (Salom, lett.: la terra. Nel salmo della creazione (Ps.
pace) che il male (ra'), davanti al quale 104,19-23) lo spettacolo dell'uomo che
le creature sono come argilla in mano può lavorare la terra offre un motivo
al vasaio, contiene infine il riconosci- per lodare Iddio; cfr. Prov.31,10 ss. Ma
mento che le opere e le azioni di Dio è difficile che tutto ciò rappresenti il
sono 'rette'. In lob 34,12 s. Elihu, per fine ultimo della creazione. Questo è in-
mostrare che l'onnipotente non distorce vece indicato in Is. 43,21: «Il popolo
il diritto, domanda: «Chi ha affidato la che mi sono formato narrerà la mia lo-
terra al suo governo, e il mondo chi de», e analogamente nella professione
Io ha fondato?». Analogamente nel Ps. di Is.4 5 ,24: «In Jahvé si trova giusti-
33,4 s. 6 ss. la stabilità delle leggi della zia e forza»: (bjhwh U ~edaqot wa'oz).
natura è un richiamo alla duratura fe-
deltà di Dio. d) A questo punto dobbiamo consi-
Ma la formula che abbraccia tutto, derare il problema della condizione del
la creazione e la storia, è quella del mondo, della 'creazione decaduta'. Di-
Deuteroisaia, in 44,6; 48,I2: 'an1 ri'son ciamo subito che, a questo riguardo, i
wa'ant 'a[Jaron tlmibbal'adaj 'en 'elohtm, due racconti della creazione divergono.
«io sono il primo e l'ultimo, e all'in- Per il doc. J il fine assegnato agli uomi-
fuori di me non vi è altro Dio». Con ni è la coltivazione del giardino dell'E-
queste parole rimane fermo che anche den, ma dopo la caduta l'uomo è cac-
il fine del mondo e dell'uomo sono ce- ciato dal paradiso. L'oscura parola ri-
lati in Dio. Poche volte il fine ultimo è volta al serpente può mirare al lonta-
indicato in maniera comprensiva. Si di- no futuro; dopo il diluvio e l'oscura
1271 (m,1013) x-i;l!;w (W. Foerster} (III,1014) 1272
sentenza contro le cure e i pensie- ginaria, delineata in Gen .r ,30; non bi-
ri del cuore umano, si dichiara che sogna neppure dimenticare che in Gen.
quel castigo non si ripeterà mai più sul- 9,2 si parla degli animali che hanno
la terra. Anche la storia dei patriarchi, paura dell'uomo (in contrasto con Gen.
dalla partenza dalla Mesopotamia all'in- 1), e che Js.66,22 dice apertamente che
gresso nella terra di Canaan, dev'essere Dio creerà un nuovo cielo e una nuova
stata in qualche rapporto con la crea- terra. Ma se l'espressione più chiara del-
zione; ma questo rapporto è difficilmen- la 'creazione decaduta' è l'abolizione del.
te identificabile. Il doc. P non ha il rac- la morte, il libro di Giobbe lascia vede-
conto del paradiso e della caduta; in re quanto lontano fosse questo pensie·
esso la stessa funzione è assegnata al ro.
diluvio: «Questa catastrofe è l'esatto La legislazione sui cibi non ha nulla
corrispondente negativo della vicenda a che fare con una concezione dualisti-
della creazione in Gen.r. Quel che il è ca del mondo. Nemmeno la carne suina
edificato e diviso, qui crolla caotica- è, nell'A.T-, un'espressione della crea·
mente» 81 • zione decaduta. D'altro canto, la lode
Perciò la benedizione delle creature della creazione nell'A.T. (che in Gen.
(Gen.1,28) dev'essere rinnovata in Gen. I ,3 I è detta 'buona assai' (!ab me' od];
9,1 ss., non senza un accenno alla mu- cfr. Eccl. 3 ,II) è cos) chiara appunto
tata situazione (Gen. 9, 2. 3. 6.). Anche perché non riguarda la creazione in sé,
qui non si parla del fine ultimo della ma il creatore quale si manifesta nelle
storia. Che la storia che comincia con opere. ·una piatta esaltazione della na-
i patriardù abbia un senso, emerge dal- tura in sé è del tutto assente; invece
la promessa ad Abramo: «In te saran- si guarda al creatore per dare alla crea-
no benedette tutte le generazioni sulla zione e all'uomo il giusto posto.
terra»; lo stesso pensiero si avverte in
Ex.19,5 s. Ma i germi contenuti nei due e) Anche la concezione anticotesta-
racconti della creazione, da cui dovreb- mentaria dell'uomo è deternùnata dalla
be svilupparsi l'idea di una creazione fede nella creazione. Tale fede, che è
decaduta, nell'A.T non si sono sviluppa- essenzialmente un concepire il creatore
ti appieno. È vero che in Is. 11 si dice che come persona che si contrappone alla
la situazione accennata in Gen. 9,1 ss. creatura, si estende anche all'uomo. Nei
vien cambiata; le parole di Is.II ,7c («il due racconti della creazione l'uomo fi-
leone mangerà lo strame come il bue») gura a parte nel concerto degli esseri
alludono al ritorno alla condizione ori- creati, grazie al suo rapporto con Dio.
1273 (ur,1014) x-cll;w (W. Foerster) (111,1014) 1274
Nel doc. J uomini e bestie sono, gli uni .. si dice che ciascun uomo è fatto «ad
e le altre, un' 'anima vivente' (nefei immagine di Dio» (b"telem 'elohzm).
/.Jajja, Gen.2,7.19); ma solo dell'uomo I termini ~elem e demt1t (immagine e
si dice espressamente che quest'anima somiglianza) non si riferiscono alla fi-
viene dal soffio di Dio, e lui dà un no- gura fisica dell'uomo, né nel doc, P
me alle bestie ma non trova fra di esse né altrove (-7III, coll. 164-171). Quel-
'un ausiliare pari suo' ('ezer k"negdo). lo che dà all'espressione il suo pieno
Quel che il doc. J dice con l'immagine significato è il termine •elohlm, alla cui
dell'uomo che dà il nome agli animali, immagine l'uomo è creato. Comunque
nel documento sacerdotale è reso con sia stabilito il rapporto dell'uomo con
l'espressione «dominare sulla terra e su Dio, qualunque sia l' elemento che lo
tutto il mondo animale». Ed è ancora manifesta, ciò che importa è ricordare
il doc. P a coniare l'espressione di ine- che siffatte espressioni pongono in rap-
sauribile profondità «Dio creò l'uomo porto con questo Dio creatore, del qua-
a sua immagine, a immagine di Dio» le parla il racconto cui appartiene Gen.
(b"falmo, b·~elem 'elohtm). Diciamo su- r ,26 s. 82 • Come il creatore si contrap-
bito che questa somiglianza con Dio pone alla natura come volontà persona-
non va perduta con la caduta, giacché le e cosciente, cosl anche l'uomo, pur
il doc. P non ha il racconto del peccato. essendo parte della natura e ad essa
Lo stesso documento in Gen. 5 ,3 dice congiunto, non emerge da essa, ma le
che Adamo «generò (un figlio) a sua so- sta contrapposto. Nell' A.T. l'uomo sa
miglianza, conforme alla sua immagine» di star di fronte a un Dio personale, e
(wa;;oled bidmuto k"falmo); ma ciò non proprio per questo è costituito egli stes-
significa che l'uomo si sia allontanato so come persona; Dio ha creato l'uomo
ancor più da Dio e abbia ulteriormente come un tutto, perciò egli è una unità di
deturpato la propria somiglianza con corpo e anima; Dio crea con un atto,
lui. Infatti anche a proposito delle pian- perciò anche l'uomo è chiamato all'a-
te il doc. P sottolinea che devono far se- zione; Dio creatore è uno, e anche la
me secondo la loro specie e che, se l'uo- umanità è una di fronte a lui 83 •
mo e gli animali possono riprodursi, ciò Proprio perché non è concepito co-
è dovuto alla benedizione divina. Ciò me una semplice parte della natura, l'uo-
significa che neppure dopo il diluvio si mo ci si presenta come qualcosa di di-
ha uno scadimento. In Gen. 9,6, poi, verso da un enigma. Se persino un ani-
82 Oltre alla bibliografia citata alla voce -'> lische volken (tesi) Utrecht, 1937, 85 ss. 130.
Elxwv e ss., V. EicHRODT II 60-64; KèiHLER (-7 83 Le conseguenze sodali di quest'ultima af-
nota bibl.) 133; TH. C. VRrnZEN, Onder:1.oek fermazione sono tratte in Prov. 1715; lob 31,
naar de paradijsvoorstelling bij de oude semie- 13-15.
1275 (III,1015) X"tlt;w (W. Foerster)
male conosce il suo signore, quanto più de alla volontà divina (Ez. 36, 26 ss.).
dovrebbe conoscerlo l'uomo (Is. 1,3)! Certo, la portata che queste affermazio-
Gli aspetti 'innaturali' di questa situa- ni sul cuore umano hanno nel momen-
zione si esprimono in forma drastica to in cui sono pronunciate, non dev'es-
in Gen.6,6. Il peccato nell'A.T. non è sere sopravvalutata. Alle piante, agli a-
mai qualcosa che viene dalla natura, nimali e agli uomini il doc. P attribui-
viceversa è sempre una presa di posi- sce la facoltà di riprodursi dando per
zione personale e, in fondo, un gran- scontato fìn dal principio che devono
de mistero 84, che ha la sua sede nel morire, e ciò non solo al momento del-
'cuore', che è qualcosa di 'caparbio e la creazione: la stessa benedizione alle
perverso' (ler.r7,9). Il doc.J dichiara creature ricorre anche dopo il diluvio,
che ciò che il pensiero del cuore uma- sia pure accennando a una situazione
no va architettando non è che male, fin mutata; tuttavia non dice che i disegni
dalla giovinezza (Gen. 6,5, cfr. 8, 21). del cuore siano malvagi. Quest'idea non
Adoperandosi per ricondurre il cuore c'è neppure nel Ps.8 85 ,
del popolo all'obbedienza, i profeti per-
vengono allo stesso risultato, ma non C. LA DOTTRINA DELLA CREAZIONE
NEL TARDO GIUDAISMO
in forma di proposizione dottrinale già
definita, bensì al termine di una trava- r. Terminologia
gliata esperienza (ler.5,4 s.). Il suggel- Accanto a br' 86 e 'sh ~, che più fre-
lo di questa esperienza è la promessa quentemente esprimono il creare divino,
di un cuor nuovo (Ez.36,26 ss., cfr. ler. presso i rabbini si trovano ancora p'l 88
e spesso j~r 89 , quest'ultimo detto anche
3I>33 ss.; Ps.5r,I2). In questo contesto della terra (4Esdr.3,4) e di Adamo (3,
il fine ultimo dell'operare divino nel po- 5 ). qnh si trova, per es., nella prima
polo d'Israele è indicato cosl: in quel delle :r8 benedizioni (qwnh 1mjm w'-
r~) 90 • Usuale per la creazione del mon-
giorno Dio sarà loro Dio e la condizio- do è anche l'immagine della costruzio-
ne del mondo sarà quella che corrispon- ne di un palazzo o di una città 91 • L'an-
8i Cfr. per es. ls.5,1-7. do, STRACK-BILLERBHCK 111 246. '1h nel senso
&5 La tensione che in questo modo si crea nel- di 'creare', in contrasto con ntn e #m (fare
di qualcuno qualcosa) ricorre in Gcn. r. 39 a
le affermazioni dell'A.T. è presentata da KoH-
12,2 (p_ 44 h, Wilna), 'ofeh (il creatore), in
LER (~nota bibl.) u9, in modo forse troppo
drastico, fino ad apparire un contrasto irridu-
Dam.2,21 (SCHECHTER).
cibile. 88 Tanh. b1lp 2 (p.54, BUBI!R); MARMORSTRIN
(~ n. 86) 95, R. Eleazar b. R . José ha-Gelili.
86 A. MARMORSTEIN, T he old rabbinic Doctri-
nc of God 1 (1927) 74·76. br' in Gen.1 come 89 Sulla bocca dei Tannaiti e degli Amerei,
'chiamare alla vita', distinto da '1h, 'appronta- MiJtMORSTE.IN 86 S.
re', in Hag.jer.2,77 d 5 ss.; STRACK-BILLERBECK 90 Analogamente Hag.2,1; altri esempi inMAR-
III 245, in basso. MORSTEIN 98.
~ Cfr.per es. m'fh br'l;t::;:la totalità del mon· 91 M.Ex. a 15,11 (STRACK-BILLERBECK I 733);
1277 (m,1015) Mll;w (W. Foerster) (m,1016) 1278
tic a immagine del 'distendere' i cieli si (Sap.13,I) e x-.laµa (test. Abr. [ree. B]
trova, per es., in Gen. r.I,3 a l ,1 (mtf:J, 13 ; ep. Ar.17; Sib.4,16).
p . l b, Wilna). Una menzione speciale
richiede il sostantivo beri'a, o berijja x;-tlo-Lc;, la creazione (Ps. Sal. 8,7: rx.1to
(plur. beri;iot)<JJ., che significa l'atto di x't"lcrEwc; oùpavou xa.t yi]c;; Sib.8,439 ;
creare e il creato, la creatura, razionale Ass. Mos. I,2.17 ; I 2,4; Flavio Giusep-
o irrazionale, animata o inanimata 93 ; ma pe, bell.6,437). Altrove x-.laLc; è, come
con particolare frequenza indica gli uo- per lo più nei LXX (-4 col. 1308), de-
mini: al singolare berijja 'apat =un UO· signazione del creato, della creazione in
mo 94; plur., gli uomini (Ab.I,12: [hwj] genere (ep. Ar. I36. l39i test. R. 2,3.9;
'whb 't hbrjwt wmqrbn ltwrh, Hillel). L.4,I; N.2,3; cfr. Hen. aeth.18,x; 36,4;
Un'epigrafe delle catacombe di Monte- 75,1; 82,7; 84,2; 93,10; 4Esdr.; Ass.
verde a Roma suona: 'aniiia f;atunna Mos.r,r3; rn,r ; apoc. Esdr. 7,5). Non
debrJI' kol-beri;a 95 • Nei rabbini non si cosl in Flavio Giuseppe 98 • Il titolo di
trova brjh=ii X"t'lO'Lç come designazio- 'creatore' è dato spesso a Dio negli apo-
ne collettiva di tutto quanto è creato, crifi e negli pseudepigrafi 99 • Dal mo-
della creazione 96 come ricorre, invece, mento che in ebraico il participio bare'
probabilmente in Dam.4,2I (Schechter): doveva prendere il posto del sostantivo,
iswd hbr;'h zkr wnqbh br' 'wtm, «al- non sorprende che o x-tl0'1X4 venga so-
l'inizio della creazione, li creò maschio vente usato accanto a x"t'l<T't'1}ç, che era
e femmina»; in base al contesto, br;'h sentito come più greco. Cosl Flavio
indica la creazione in generale. Lo stes- Giuseppe non adopera mai il sostanti-
so senso ha in 4Esdr.7,75 ; Bar. syr. 32, vo in riferimento a Dio 100, mentre ab-
6; Ass. Mos.10,r e nel N.T. o
bastanza spesso ha X't'lCT<X4 (ant.4,3I4;
Negli pseudepigrafi si trova, accanto bell.3,354.356.369 .379 ; 5,377). Invece
a x-tlsm1 e a 1tOtEi'll (usati insieme, per non chiama Dio Ol)µtovpy1)<rac; &.vfrpW-
es., in apoc. Sedr. [ ed. M . R . James, T 7tLV~ xat i)Eict, ma 01)µtovpyÒV a\/itpw--
St 2.J, 1893 ] 8 e in test. Abr. [ree. B] 1tl'llW'll x~t frElwv (ant. l,I55.272): OTJ.·
12 ), 7tÀ.acr<.rw (e il sostantivo 7tÀ.&:O'µ~). µLovpy6c; rientra nella terminologia gre-
riferito alla formazione dell'uomo (e ca. Questo termine o i suoi derivati si
corrispondente a #r) in apoc. Sedr.3 17. trovano inoltre in test. N.3,4; test. lob
13; Sib.3,24s.; 8,44oss.); lo stesso ter- {ed. M. R. James, TSt 5,1 [1897]) 39;
mine, seguendo Gen. 2 , 7, usa Flavio apoc. Esdr. (ed. C. Tischendorf, Apoca-
Giuseppe a proposito della formazione lypses Apocryphae [1866]) p. 32, (a
dell'uomo97; si trovano ancora "t'EX'lll'n)c; metà).
2. Dio, creatore del mondo dello scrittore 100 ; ma, alla pari di tutto
il contesto, cosl anche questo accenno
Nel tardo giudaismo, come presso i alla formazione del mondo vuol sottoli-
rabbini e negli pseudepigrafi, si dice neare l'onnipotenza di Dio. Quattro
chiaramente che Dio solo 'creò', e che
versetti più avanti si legge: '"CÒ yò:p µe-
lo fece con la sua parola; cioè che chia-
y&.À.wç l<rxuew <rot 7t&.pEcr-rw 1t6.v-to-rE,
mò il mondo dal nulla all'esistenza, e
xcd xpci-tet ppo,xlo\16~ o'ov "t'lç !Ì.\l'tt<r-tit-
perciò ne è il signore e il re, e ne ha
<TE.'t~t; o"t't wc; pon'ÌJ Éx nÀ.mr-rlyywv
determinato il principio e il fine nella
OÀ.oc; Ò x6crµoç ÈVU.\l'tLO\I <iOU, «la tua
sua onniscienza e onnipotenza. Questa
grande potenza, infatti, è sempre con
fede nel creatore separa il giudaismo dai te, e alla forza del tuo braccio chi po-
«popoli» (ep. Ar.139) 101 • ttà resistere? Poiché innanzi a te tutto
Certo la creazione dal nulla non sem- il mondo è come un granello sulla bi-
pre è pensata con chiarezza. Non si lancia» (Sap.n,21 ss.). Speculazioni no-
può accertare che cosa pensassero i LXX tevoli sulla creazione dal non-essere e
quando resero Gen. l ,2 con 1i OÈ yij dall'invisibile si trovano in Hen. slav.
1j\I à.6pa.-.oc; xa:t &.xa:-.a:crxeua.cr"t'oc;: ave- 24,2 ss. Ma in Bar. syr. 14,17; 21,4
vano essi presente il pensiero greco di ss. e 48,2 ss. è formulata chiaramente
una forma d'esistenza di ciò che 'è im- la creazione dal nulla. Lo stesso signi-
perfetto', oppme - nonostante il v. 8 ficato ha Sib.3,20 ss., quando parla di
- hanno visto in Gen. l ,l la creazione Dio che crea la «potente· madre Teti»,
del caos? Negli apocrifi dell'A.T. due nonché la notte: infatti Teti e Nu~ nel-
affermazioni si fronteggiano: in Sap. rr, la cosmogonia greca erano principi del
17 della mano onnipotente di Dio si caos. Il passo dei Libri Sibillini afferma
dice che «ha creato il mondo dalla ma- dunque, in consapevole polemica con
teria informe» (~"t'l<racra. "t'Ò\I x6a-µov ~~ le speculazioni greche, che Dio ha crea-
&.µépq>ou ij),,'lJ.c;); in 2 Mach.7,28, inve- to anche il caos. Lo stesso può dirsi di
ce, si afferma che Dio ha creato dal Hen. aeth. 69, 16, dove si legge che i
nulla ( oòx È~ onwv 102 È'Jtol'l')<TE.\I a.{rrcX. cieli sono .fissati dal giuramento di Dio
[cioè 't'Ò\I oùpa.vò\I xa:L -r'Ì)v yij'll xa.t -tà già prima che il mondo· fosse creato:
È\I aò-roi:c; 1tli\l't'a] ò ~E.6c;). Il passo del- se dunque anche · il luogo della dimora
la Sapienza mostra che l'idea della crea- di Dio è creato, non si può pensare a
zione dal nulla è estranea al pensiero qualcosa che esista fin dal principio 164 •
101 La potenza della fede in Dio creatore del samente l'immagine di un'attività manuale co-
mondo e guida della storia ha indotto gli au- me termine di paragone per l'agire di Dio nel-
tori della letteratura magica, nella ricerca di la creazione dell'uomo; in ili 88,48 dall'accen-
rappresentazioni d'un Dio potente, a servirsi no alla labilità dell'uomo, che si trova nel testo
di espressioni dell'A.T. ebraico, è tratta una domanda equivalente a
too Sulla posizione della negazione cfr. BL. - una deprecazione: µ1) yètp µcx.'talwc; ~MtO'a<;
DBnR.6 § 433,3. oux ~t; C$v't!.1>'J, equivale a ~; 1taY'taç 'tOÙç vloùç 'tW\/ &.vt>pwnwv; a ili 92 i
oùx Clv'twv; le conclusioni tratte da ScHARDAU, LXX aggiungono l'intestnzione Elç 'tnv 1)µépa'\I
op.cit.25, sono quindi dubbie. '\"OU 1tpoCTa~~a'tOU, 8'\"E XCX.'t4>XtCT'tet.t Ti r'i}·
aivoc; ~5-ijc; 't(il 8.avLlì. Il salmo celebra Dio
103 CoUARD (~ n?ta bibliogr.) 74 s.; diversa- che c<;>n la creazione ha preso possesso della
mente FREY (~ nota bibliogr.) 36-39. sua sovranità. 1 Eulìp.6,12 trasforma il «Dio
IG4 Meritano di essere ricordate alcune modifi- del cielo e della terrm> del testo ebraico (Erdr.
cazioni dei LXX rispetto al T.M. In Is.54,16 5,u) in xvp~oc; ò X'tlO'aç -.bv oùpavbv xaL
aggiungendo una negazione si respinge espres- 1:i)V yijv. L'ampliamento è dovuto probabil-
1281 (m, rn17) x-rlsw (W. Foerster)
Anche negli scritti rabbinici alcuni problemi come inutili, e quindi danno-
passi sembrano contrari alla creazione si: basta l'affermazione che Dio ha crea-
dal nulla. Resh Laqish 105 fa dire a Dio to iJ mondo e tutto ciò che è in esso.
che, se Israele non accettasse la Torà, Quanto estranea fosse ai rabbini l'idea
farebbe tornare il mondo nel caos: 'ni d'una preesistenza della materia, risul-
mbz;r... lthw wbhw. Il Weber cita 106 t i1 dalla speculazione sulle cose preesi-
ancora alcune speculazioni, nelle quali stenti, che in parte sono state veramen-
si attribuisce alle creature una certa au- te create, come il trono di Dio e la To-
tonomia, e persino la possibilità di di- rà, in parte sono solo emerse nel pensie-
subbidire a Dio. Ma questi ragionamen- ro di Dio. Non solo è significativo che
ti nei rabbini sono giochi di esegesi, manchi fra queste cose una materia pri-
senza portata dogmatica, e il Weber ma, per es. il caos; il fatto che anche
travisa la nozione rabbinica dell'anima- il trono di Dio sia compreso fra le co-
zione dei corpi cosmici (~ (ur't1}p). se create, sia pure prima del mondo,
Maggiore importanza riveste l'interpre- rivela che i rabbini ponevano fra Dio e
tazione di Gen.1,1 in Iub.2,2; 4 Esdr. tutto quello che può essere anche solo
6,38 ss. e Flav. Ios., ant.1,27, che l'in- pensato, la stessa distinzione che c'è fra
terpretano come la creazione del primo creatore e creatura. Nello stesso modo
giorno, cioè come la creazione del caos, bisogna concepire anche il nome di Dio
menzionato nel v. 2. Con quest'inter- (qdmwnw s[ 'wlm) 1W.
pretazione coincide un dibattito fra un Della creazione mediante la parola si
'filosofo' e R. Gamaliel 107 • Il filosofo parla negli apocrifi (!udith I6,q; Sap.
dice che il Dio dei Giudei è, certo, un 9,1; u,25; Bar.3,33) e negli pseudepi-
grande artista (~ajjar), ma che dispo- grafi (Iub. I2, 4; 4 Esdr. 3, 4; 6, 38 ss.;
neva di buoni materiali, delle tenebre Bar. syr.14,17; 21,4 ss.; 48,2 ss.; 56,4;
(psk), del caos (bhw, thw), dell'abisso Sib.3,2.0), come negli scritti rabbinici.
(thwmwt), dell'acqua (mim) e dello spi- Per questi ultimi rimandiamo al nome
rito (rwh ). Gamaliele dimostra che di tannaitico di Dio: «colui che parlò, e il
ciascuno di essi è narrata la creazione mondo fu» (mi fmr whih h'wlm) 110, a
(br;'h) nelle Scritture. D'altro canto, passi mishnici come Ber.6,2 (Shkl nh;h
già nel periodo mishnico, speculazioni bdbrw, «colui dalla cui parola tutto fu
che cercano di risalire al di là della fatto») e Ab.5,1. Mek.Ex. a 15,17 111 di-
creazione, oppure di rappresentarsi in ce che Dio, quando creò, lo fece solo
anticipo i tempi del compimento, o si con la parola, e il senso di Ps.33,6 è re-
chiedono che cosa ci sia al di sopra dei so cosl da uno degli amorei: «Non con
cieli o al di sotto della terra, sono re- fatica né con pena il Santo - sia bene-
spinte con decisione 108• Questo vuol di- detto! - creò il mondo; o non l'ha egli
re che i rabbini consideravano questi posto con una par?la, e i cieli splendi-
mente al fatto che nel contesto si tratta del- Gen.1:2 crea qualche difficoltà. Gen. r. 1 a 1,r
l'opposizione al politeismo. (p. 1 d, Wilna) riferisce che R. Huna, in nome
IOS Shab. b. 88 a; Cani. r. a 7,1 (altro tradente}. di Bar Qappara, disse; se Gen.1,2 non fosse
106 200-203.
scritto, non si direbbe che la terra è stata crea-
tn da thw wbhw.
101 Gen. r. x a 1,1 (p. 2 a, Wilna).
110 STRACK-BILLBRilECK II 3rn; MARMORSTEIN
108 Hag. 2,1; Gen. r. 1 a 1,x (p. 2b, Wilna).
89 e 7, n. 1.
1<» MARMORSTEIN (~ n. 86) 97 s. Per amor di
completezza ricordiamo che anche ai rabbini 111 STRACK-BILLERilECK III 67I.
x-.l~w (W. Foerster) {m,10r8) 1284
damente furono fatti?» (l' b'ml wl' bj- da djn (=governo del mondo)? E si ri-
gj'h br' hqdws brwk hwh 't 'wlmw 'l' sponde che non cessa mai di giudicare
bdbr hSm wkbr smim n'sw} 112 • Identico il mondo ('jn hdjn b!l mlpnjw l'wlm).
è il pensiero dì Flavio Giuseppe 113 : 't«.V· D'altro lato, i maestri discutono se nel-
"°' (luce, cielo, terra ecc.) itEòç È7tol11- la benedizione sul pane debba dirsi
où )CEpO"L\I où 1t6vo~c; o\S ~WW\I 0"1)\1•
0"t:.\I mw!;', (colui che ha tratto il pane dal-
Epy«<toµÉ\IW\I É7tlOE1)t1élc;, &.).)..,' t:xÙ"tOU la terra), oppure hmwd, che secondo
t>EÀ.T]cra.v-toc; xcx.À.wc; 1jv Eùilùç yEyovb- i maestri ha il medesimo significato, ma
'ta.114, «Dio non creò con le mani o con secondo il tannaita R. Nehemia va inte-
fatica, né con l'ausilio di collaboratori: so come presente (anche se questa opi-
per un atto della sua volontà le cose eb- nione non si è imposta) 119• Queste sono
bero vita immediata e perfetta». Come distinzioni casuistiche; ma più tardi si
nell'A.T., cosl anche nei tempi successi- incontra un detto (Ekà r. a 3, 23) dal
vi non si fa una distinzione sostanziale quale appare che il problema ha qualche
fra creazione e conservazione (provvi- importanza per la fede: se Dio «torna
denza); dr. Ecclus 42,15-43,33. Spesso, a fare» ogni mattina, vuol dire che egli
con intento parenetico, si accenna alla risusciterà i morti o che redimerà I-
natura che osserva fedelmente l'ordine sraele. Similmente R. Iohanan.(Taan.b.
primordiale di Dio: Ecclus 16,26 ss.; or. 2 a) dice che Dio non affida a nessun al-
Man.2 ss. (Dio ha legato il mare); Ps. tro le tre chiavi (~ xÀ.Elc;, coli. 550 s.)
Sal. 18,ro; test.N.3,4; Hen.aeth.2,1 "S; della pioggia, della nascita e della risur-
5,3 ss.; 69,16 ss.; 83,n; 101,6-8; nel rezione dei morti. Ciò suppone che Dio
contesto dei passi citati per ultimi viene è all'opera in ogni atto della vita, e la-
ricordato che Dio trattiene la pioggia, e scia pure vedere come nel giudaismo
Bar.syr. 48,2 ss. applica i termini della dell'epoca potesse introdursi ogni spe-
creazione ('chiamare', 'ubbidire'~ ecc.), cie di potenze angeliche fra Dio e la
al corso del tempo. Hen.aeth.5,2 non di- natura 120•
ce che le cose accadono come Dio ha or-
dinato, ma conie ordina; ibid.84,3: tu Il significato della fede in Dio crea-
hai creato tutte le cose e le governi 115• tore per la pietà del tardo giudaismo
Nei rabbini si dice che Iddio rinno- appare chiaro dal posto che essa occu-
va ogni mattina le opere della creazio- pa nell'insieme. È notevole come spesso
ne 116 ; un nome rabbinico di Dio è si pensi a Dio creatore proprio nella
«colui che conserva i secoli» (Jwmr preghiera; in questo sono d'accordo gli
'wlmjm) 117 • Non c'è da stupire che si apocrifì (Ea-&. 4,17 e; Iudith 9,5 s. 12;
trovino due detti rabbinici opposti. In 13,18; 16,14; 3 Mach. 2.,3; or. Man. 2
Mek.Ex. a 31,17 118 ci si chiede: Dio ss.; aa.v. 4, 3 7 ), gli pseudepigrafi (Ps.
riposa (lett.: tira il fiato) da 'bwdh o Sol. 18,10 ss.; Hen. aeth. 81,3; 84,2
112 Gen. r. 3a 1,3 (cfr. anche il testo ad loc., 115 Cfr.Sap.n,25; ep. Ar. 16.132.157.
ed. THEODOR p. 19 riga 6); par. ua 2.4 e al- 116 Preghiera ifJ~er 'or (ed. W. STABRK, KIT
trove. Altri esempi della creazione mediante la 58 [1910] 4) al principio.
parola in STRACK-BILLERBECK III 671; II 304s.
m Ap. 2,192. 117 MARMORSTE.IN 103. 118 BACHBR,
ss.; Iub.25,1 r; Bar. syr. 2I,4 ss.) Flavio 7 d, r. 61, dichiara: «Noi siamo creati
Giuseppe (ant.1,272; 7,380) e i rabbi- per fare la tua volontà» 121 • Con partico-
ni ( 18 benedizioni, qaddish ). Si pensa lare decisione si rileva che in quanto
al creatore esprimendo lode e ricono- creatore Dio si distingue dagli idoli
scenza, preghiera e pianto: segno che (.ia..v. 4,37; B'r)À.. 5; ep. Ar. .136; 139;
la fede nel creatore è indispensabile per Iub. 12,4.19; Flavio Giuseppe, ant. 1,
la viva pietà del tardo giudaismo. Nella I 5 5 ). In questo quadro la creazione
distretta e nella persecuzione scatenata è la dimostrazione concreta che Dio
da nemici soverchianti si invoca colui è vivente, in contrasto con la mancanza
che contro ogni apparenza è pur sem- di vita degli idoli. Secondo la leg-
pre onnipotente, perché è il creatore, e genda (lub.12) Abramo può conoscere
quando il tempo della distretta strappa il creatore partendo da se stesso. Que-
la preghiera che venga la fine del mon- sta, che è una novità rispetto all'A.T.,
do, l'orante si appella con particolare è frutto dell'accento posto sulla condot-
calore all'onnipotenza del creatore (Bar. ta religiosa dell'uomo. Ciò non toglie
syr. 21, 4 ss.): anche per il giudaismo che anche nelle I 8 benedizioni il punto
non c'è dubbio che il creatore stabili- di partenza di ogni professione di fede e
sce il fine della creazione perché è il si- di ogni preghiera sia non il creatore, ma
gnore della storia (Hen. aeth. 39,rr; 4 il Dio dei padri. Spesso il IV di Esdra
Esdr. 6, x ss., spec. 6, 6). Sotto il suo (5,33; 8,8 ss. 45.47; II,46; dr. Apoc.
sguardo onnisciente l'orante esamina se Sidrach [ed. M. R. James, St.2 ,3, 1893]
stesso (Eoi}. 4, 17c·d); l'esperienza del 1 3) rammenta che pure il creatore ama
soccorso ricevuto scioglie la lingua alla la sua creatura e proprio perché essa è
lode di Dio, che col suo intervento soc- tale deve risparmiarla. Analogamente
corritore ha fornito una nuova dimo- Flavio Giuseppe si richiama al fatto che
strazione della sua onnipotenza creatri- Dio è il creatore, e più particolarmente
ce (Iudith 16,14). 'creatore dei Giudei', e quindi si vendi-
Ma in modo speciale il pensiero del- ca contro quelli che fan loro qualche
la creazione è addotto per dare un fon- torto 122• Anche questo pensiero rappre-
damento all'ubbidienza (ludith 16,14; senta un punto più evoluto rispetto al-
4 Mach.u,5; Hen. aeth. 5,2 ss.; Dam.2, l'A.T.; di esso si trovano già tracce nei
21 [Schechter] ). In ab. R. Nat.16,5 il LXX (-7 III, coli. 835 ss.).
comandamento: «Amerai il tuo prossi- Nelle lotte che a partire dal perio-
mo come te stesso» è presentato insie- do siriaco spesso minacciarono alla ra-
me al «gran giuramento»: «lo sono dice l'esistenza del popolo giudaico, la
Dio, che ti ha creato». La menzione del fede in un Dio creatore che sta di fron-
creatore è un richiamo a colui che ha te e al di sopra di tutte le creature -
il potere di esigere l'ubbidienza. Flavio Dio vivente, personale, onnipotente e
Giuseppe motiva il divieto biblico del onnisciente - costituì un aiuto decisi-
suicidio con un riferimento a Dio, crea- vo·~. Perciò anche gli scritti apocalit-
tore dell'uomo (bell.3,369 .379), e j.Ber. tici, che affrontano il problema dell'io-
m Cfr. anche Ecciu:; 39119; Sap.n,25; EIJ'it. 132 4 Esdr.6,55.59; 7,n; Iub. 16,26; Gen. r. r a
4,17c; Hen. aeth. 9,5. 1,1, tradizione in nome di R. Shemuel b. R.
12..5 Per es. Gen. r. 1 a l,I. lzhaq.
126 Ge11. r. ra 1,r: R. Benaja: h'wlm wmlw'w 133 Gen. r.1 a x,1 (R. Berekia).
l' nbr' 'r bzkwt htwrb. 134 Bar. syr.15,7; ]ama b. 38b, R. Eleazar (tan-
121 R. Eleaza.r (tannaita), Ned. b. 3a: 'jlml' naitico): 'pjlw bibi/ ~diq 'pd 'wlm nbr'.
twrh l' ntqiimw Imj111 w'rf. 135 Sbab. b. 88a.
128 Alcuni mss. leggono plebem. 136 Ex. r. 40, l a 3r, 1 s., R. T:mhuma b. Abba
129 Ab. 1,2. (amoreo tardivo).
BO L'attestazione rabbinica più antica è in 137 Di fronte all'abbondanza di testi sopra ac-
Gen. r. r2 a 2,4 (R. Joshua b. Qorha, verso il cennati, la pretesa del tannaita R. Shimeon b.
150): bhbr'm di Gen.2,4 sarebbe uguale n b'- Johai, che la Torà sia stata creata a motivo di
=
brhm (le stesse lettere!) bzkwtw Sl 'brhm Israele, non può avere alcun peso, tanto più
(bzkwt non: per merito, ma: a motivo di .. .,~ che è formata su uno schema che nello
n. 126: bt.kwt htwrh ). stesso passo (Qoh. r. a lA) si usa per spiegare
131 Bar.syr. 2r,24; Ex. r. 15 a 12,17. Eccl.i,4. Anche l'idea che il mondo sia stato
1289 (m,1020) x-.lr,w (W. Foerster) (m,ro20) 1290
ss.; ma anche qui questo eone, con la nella pienezza della loro misura, al pec-
sua temporalità, appare creato affinché cato del primo uomo si sono corrotte, né
l'uomo riconosca il suo tempo, conti la più torneranno alla loro 'norma' (tiqq-
sua vita e rifletta sui suoi peccati. Que- un) finché venga il figlio dell' avvio
I J
sto passo rivela una frattura nel mondo, (ben-pere-F) 139 • Per i rabbini tuttavia, la
sulla quale sorvolano le altre afferma- creazione è 'guasta' in quanto è malata,
zioni. più che totalmente alterata. Cosl non
Ci si chiede, allora, come in questo c'è da stupire che al tempo della sal-
insieme di pensieri possa trovar posto vezza sia applicato il termine di 'guari-
la caduta. Le sei o sette cose preesisten- gione' 140 •
ti (Torà, trono di Dio, i padri, Israele, Più sistematico, anche se non del tut-
il santuario terreno, il nome del Mes- to uniforme, è su questo punto il pen-
sia, la penitenza) accompagnano, per co- siero degli pseudepigrafì. Il massimo
sì dire, la storia del mondo da quando che i rabbini possono dire circa la di-
vien progettato fìno a quando trova il versità di questo mondo rispetto a quel-
suo compimento nel regno messianico. lo a venire, è che all'eone futuro si ap-
La volontà di Dio si realizza già in que- plica il versetto di Is. 64, 3: «ciò che
sto mondo, su di questo egli dimora; nessun occhio ha veduto... » 141 • Questo
ma c'è ancora l'asservimento a Roma, mondo non può fornire neppure le im-
al quale il Messia dovrà por termine, magini per rappresentare quello futu-
e questo è fondato sul peccato d'I- ro. Nel rv di Esdra e in Baruc siriaco i
sraele. Se tutto Israele si avvale della due eoni stanno contrapposti; l' eone
possibilità di ravvedersi, prevista sin presente è condannatÒ alla rovina, per-
dal principio, allora il tempo della sal- ché ad esso inerisce il rapporto con il
vezza può venire. In questa concezione peccato; esso è «la sede del mal seme»
del tutto lineare della storia, non è pra- e non è in grado di reggere le promes-
ticamente più possibile parlare di una se che sono date all'eone nuovo 142• Nel
creazione decaduta. Quel che principal- nuovo eone, secondo Bar. syr. 30, 3 e
mente è andato perduto con la caduta, Hen. slav. 65,7, verrà meno persino il
è lo splendore del volto dell'uomo, la tempo, il quale con l' eone presente è
lunghezza della vita, la grandezza della cosl intimamente connesso, che la sua
figura; nella creazione, poi, s'è perduta fine significa l'inizio di una forma d'es-
la fecondità della terra e degli alberi e sere del tutto diversa. Una creazione
la chiarezza dei luminari celesti 138 • R . decaduta negli pseudepigrafì può ben
Shemuel conia a questo riguardo l' e- apparire, in quanto essi assegnano an-
spressione 'diventare corrotto' ('tqlql): che a Satana e ai demoni un posto più
benché tutte le cose siano state create importante che non i rabbini 143 • In essi
creato a motivo dell'uomo in genere (4 Esdr. 139 Ge11. r. 12 a 2,4: R. Shemuel, ven;o il 260.
8,44; Bar. syr. 14, 18; Qoh. r. a l,4, Joshua b.
140 A.tnoreo, Gen. r. rna 2,1; Is.30,26 (Jahvé
Qorha [ tannaita]), non può mutare la conclu-
guarirà la piaga della sua percossa) vien riferi-
sione sopra menzionata. Gli uomini sono ap-
to al mondo: mhs tnktw SI 'wlm irp'; Gen. r.
punto quelli che debbono osservare la legge, e,
20 a 3,15: l'tjr f!;• hkl mtrp'j11. Altri testi in
secondo la concezione delineata sopra, la Torn
STRACK-BILLERBECK m 247-255.
non va distinta da quelli che l'osservano, sic-
ché talvolta si può anche dire - a differenza 141 STllACK-BILLERBECK IV 828, in basso.
di quanto si fa solitamente - che la Torà è 142 4 Esdr. 4,27 .29. Dopo la caduta cli Adamo
stata creata a motivo d'Israele. la creazione è stata giudicata, ibid. 7,n.
13S STRACK-BILLERHECK III 247. 143 ~II, coli. 771 ss.; 934 ss.
I29I (III,1020) x-.l1:;;w (W. J:ioerster) {III,1021) 1292
141 4Esdr.7,75 (6,16); Bar. syr.32,6 (40,3); 44, 147 Gen. r. 8,na l,27; Pcsikt. 34a, STRACK·BII...
12; _57,2; Iub.r,29; 4,26; 19,25; Hen. aeth.45, LERBECK III 681. .
4 ss.; 72,r; 9r,16; Apoc. Abr. 17; Sib. (3,82); 148 Gen. r.8,1a l,26; MooRB I 452.
5~273, dr. test. L. 4,1; 4 Esdr. 13,26 .
149 Ab.3,14 (R. Aqiba}; cfr. Ecclus 17,1 ss.
145 Altri dati in CouARD {~nota bibliogr.) 75
s.; sull'insieme dr. W. FoBRSTER, Die Erlo- ISIJ T. Sanh.8,4; STRACK·BILLBRBECK n 744.
sungshoffnung der Spiitiudentums: Morgen-
151S. Lev. qdws;m 4,na 19,18; BACHBR, Tan-
Iand, Heft 28 (1936) 24-37.
naiten 1 1 420 nota 1 ; Ned. ;. 4r c. a metà;
146 Ab. R. Nat.37; STRACK-BILLBRllECK 246. MooRE I 446 e nota 5.
1293 llll,1021) X.'tu,w l w. roersrer} llll, 1022} 1.294
ziale nella vita dell'uomo 152 • Ciò risul- Diverso, per certi aspetti, è l'atteg-
ta chiaro dalla dottrina dell' 'impulso giamento degli pseudepigrafi. Il IV di
malvagio'. Questa risale ai tempi del- Esdra comincia con l'affermazione che
l'Ecclesiastico; cfr. 15,14: 'elohtm mib- Dio creò Adamo in corpo e anima, ma
beré'1lt biiril hii'iidiim waiiitteno bc;ad Adamo trasgredl l'unico comandamento
ji~ro, «Dio dapprincipio creò l'uomo e dato da Dio, e questi gli decretò la mor-
lo affidò al suo consiglio» (LXX: xaì te. La causa prima della caduta di Ada-
a<pijxe\l ctÒTÒ\l É\l XHPÌ ow.~ouÀlov aù- mo è il cuore cattivo (3,21); che Dio lo
"t"OV ). Dello stimolo buono e cattivo par- abbia creato, non è detto fino a 4,30:
la già la Mishna (Ber. 9,5 ). La miglior «Un granello di seme cattivo fu semi-
spiegazione è offerta da Gen.r. 9 a r ,31: nato al principio nel cuore di Adamo»;
le parole «ed ecco: era assai buono» si ma ciò non equivale a dire che l'impul-
riferiscono allo stimolo cattivo; se que- so malvagio fu creazione di Dio. La do-
sto non ci fosse, nessun uomo costrui- manda del I V di Esdra, che è anche un
rebbe una casa, si sposerebbe, genere- lamento, è questa: perché Dio non ha
rebbe figli, svolgerebbe un commercio. impedito la trasgressione? (3 ,8), perché
Sono le inclinazioni ovvie e naturali non ha rimosso il cuore cattivo? Perciò
dell'uomo, che richiedono di essere do- una modifica del cuore degli abitanti
minate e, se non lo sono, conducono al della terra è attesa per gli ultimi tempi
peccato e vogliono predominare. (Lo ( 6,26), quando il male sarà cancellato
stimolo buono potrebbe forse identifi- e la corruzione superata (6,27 s., cfr. 8,
carsi con la voce della coscienza). Cosl, 53 ). In genere, al problema dell 'orìgine
esiste uno stimolo cattivo che induce al- del peccato gli pseudepigrafì attribuisco-
l'adorazione degli idoli, proprio come ne no un'importanza maggiore dei rabbini.
esiste un altro che spinge all'incontinen- Non solo il fallo di Adamo torna inces-
za o all'opposizione ai comandamenti di santemente al pensiero come un tormen-
Dio. Decisivo è, secondo i rabbini, che toso avvenimento 15·'5, ma anche il rac-
Dio ha creato l'impulso malvagio 153, ma conto di Gen.6,1 ss. è ampiamente svi-
con esso, il suo opposto, cioè la legge 154 • luppato, e nella descrizione del giudizio
Così sì mantiene quel che abbiamo già contro gli angeli decaduti trova chiara
osservato nella concezione rabbinica, cioè espressione il sentimento del peso che
la linearità e l'assenza di fratture nella dalla caduta deriva all'anima. La caduta
visione totale del mondo. La creazione degli angeli è descritta in lub.5. Gli an-
come si presenta ora non è altro, in so- geli vengono legati nelle profondità del-
stanza, che creazione di Dio; dalle po- la terra e i loro figli distrutti; quindi Dio
tenze del male è solo turbata, ma non fa (J ,12) «per tutte le sue creature una
essenzialmente mutata. Alquanto in con- nuova e retta natura, che essi secondo la
trasto con questa conclusione sta tut- loro intera natura non pecchino più in
tavia l'attesa che Dio un giorno sgomi- eterno e siano giusti». Ciò non significa,
ni l'impulso cattivo sotto gli occhi dei in base a quanto segue, l'impossibilità
pii. di peccare, ma la possibilità di non pec-
153 S. Deut.32 a 6,5; Gen. r.14,4 a 2,7. 1ss Anche per R. Johanan b . Z11kkai il riferi-
mento consolatorio ad Adamo significa un tor-
154 In S. Deut.45 a n ,19: Dio dice a Israele: mento (Ab. R. N. q, STRACK-BILLBRBBCK IV
bnj br'tj lkm #r hr' br'tj lkm twrh tblj11; Moo- 6 04).
l.295 (Ill,10.2.2) x.-tlì'.;w (W. Foerster) (III,10.22) 1296
care. Gli angeli decaduti erano senza concezione lineare del mondo e dell'uo-
dubbio considerati come esseri dotati di mo, tuttavia anch' essi parlano di un
potere superiore, e si pensava che la rinnovamento dell'uomo e di una nuo-
natura degli uomini fosse stata modifi- va creazione. L'uomo è nuovo, è una
cata insieme con essi. Si può dunque nuova creazione, quando si rinnova il
parlare d'una umanità decaduta; ma un suo rnpporto con Dio. Ciò vale anzitut-
nuovo atto creativo di Dio ne annulla to per i proseliti, che con la conversio-
le conseguenze. Ma ancora una vol- ne diventano come un bimbo appena
ta (10,1 ss.) l'umanità è assalita da de- nato 157, immagine che ricorda da vicino
moni immondi dotati di potenza straor- la creazione; Cant.r. l a I,3: Se uno
dinaria, che cominciano a sedurla. Su porta un uomo sotto le ali della sektna,
preghiera di Noè anche questi spiriti gli viene imputato come se lo avesse
devono essere legati; ma per interces- creato ( br' ), formato U!r ), intessuto
sione di Mastema la decima parte di es- (rqm). Come una creazione è conside-
si rimane libera. La potenza di Satana rata specialmente l'istituzione del segno
e dei demoni è dunque limitata, e forse della circoncisione: grazie ad essa Abra-
tutta questa speculazione vuol prepara- mo divenne una nuova creatura (Gen.
re il terreno per dire che d'ora innan- r. 39 a r2,2) 158, e R. Berekia chiarisce
zi solo una piccola parte dell'umanità - espressamente che il termine corretto
Abramo e la sua progenie - potrà libe- non è ntn (dare) o Sjm (porre), ma 'sh
rarsi dalla potenza seduttrice dei demo- (fare). Lo stesso vale per ogni rinnova-
ni. Anch'essa, tuttavia, troverà la stra- mento del rapporto tra Dio e l'uomo
da della piena conversione solo più tar- mediante il pentimento e il perdono;
di, dopo aver ricevuto molti colpi dal pentimento e perdono sono indissocia-
destino (23,23-26); allora sarà comple- bili a questo riguardo. Il perdono di
tamente 'sanata', e Satana e il male non Dio sta pronto per quelli che si ravve·
saranno più 156 . Una parte dell'umanità dono 159• L'opera di Dio e quella del-
troverà dunque la via del bene solo at- l'uomo si incontrano su un solo piano.
traverso un cammino speciale e trava- Il termine di creazione non va preso
gliato, e la guarigione finale della cadu- qui in senso proprio; esso rivela, tutta-
ta viene da Dio. Questa risposta del Li- via, che l'annunzio anticotestamentario
bro dei Giubilei al problema dell'uma- del perdono non è rimasto del tutto
nità decaduta si avvicina, pur tra mol- vuoto.
te differenze, a quella del rv di Esdra, Anche se non si possono disconosce-
per il quale i giusti sono sl, in numero re certi spunti di una partizione duali-
dolorosamente esiguo, ma pure esistono, stica dell'uomo, nel giudaismo tardivo,
e perciò sono tanto più preziosi (4 Esdr. non vi è un dualismo vero e proprio,
7,45-61). un'ostilità nei confronti del corpo (Sanh .
Benché presso i rabbini prevalga una b. 9r ab) 1 "°.
156 La stessa attesa in Hen. aeth. 91,14 ss.; 92, IS9 S. Deut.3oa 3,29; Ex.r.15,6a 12,rs.; R.H.;.
5; rno,5; ro7,r. 59c r. 60 s.; altri documenti in STRACK-BIL-
IS7 R. Jose {verso il 150) Jeb. b. 48a; Jeb. b. LERBECK II 422c. Ex.4,I2, dove Dio dà a Mosè
22a (verso la fine). Cfr. K. H. RENGSTORF, la capaciti\ di parlare, viene interpretato da
commento a Jeb.n,2a (Mishna di Giessen, Tanh. smwt § 18 a Ex. 4,I2 {p. 5 b, BUllER)
1929) 138-139. con le parole: 'n; 'wsh 'wtk brjh ~dJh.
1ss STRACK-BILLERBECK II 421 (con ulteriori
riferimenti). 160 Cft. anche R. MEYJ!R (--?nota bibliogr.).
1297 (ur,1022) x-tl~w (W. Foerster)
161 Plat., Tim. (~ col. 1245), e poi fino al mid. 2,22: persone rivestite di autorità).
neo-platonismo, sempre più di frequente. 163 Plut., ser. num. pun. 9 (Il 554 b) (accanto a
162 Plat., Ion 53x e: 1tEpL òµù.twv 1tPÒç à.').).:1')- 'tEX't'dVEO"frcxL come termine verbale).
À.ovi; à.'.l&pw'ltwv à.yc.d}wv -tE xat xcixwv xat
lStw'twv xc.d O'l'}µtoupywv (profani - competen- 164 Plut., praec. ger. reip. 13 (n 807c).
ti). Dopo aver originariamente designato l'atti- 16S Plut., superst. 12 (Il 17ra).
vità pubblica, Sl]µtoupy6ç (o1}µtovpyÉw) di-
venta anche un termine sacrale (per es. CIG
166 bellone an pace clariores f 11erint Athe11ie11-
4415 b: sacerdote) e politico (ò 011µtovpywv e ses 5 (n 348b).
ò CT-tpci't1'}"(WV, contrapposti agli 'altri', Arte- 167 suav. viv. Epic. 18 (II 1099).
1299 (m,1023) x-.l~w (W. Foerster) (m,1023) 1300
trìce d'amicizia di dèi e di uomini» 168• oùodç EÌ.l<pui)ç vfo; iì 'tòv €.v Ill<ru ltw.-
Nello stesso senso Plutarco chiama la cr&.µEvo<; .6.la. ')'EVÉ<rfla.L <l>E1.0la.ç È1tEW-
natuta 01)µtoupy6ç di malattie 169• µ'r}O"E.\I iì 't'Ì)\I "Hpa.v 't'Ìj'V èv "ApyEL Ilo-
.6.1)µtoupy6<; più tardi fu limitato a de- À.ÙXÀ.Evroç, ovo' 'Ava.xpÉWV fi <l>LÀ'l'}'tiiç,
signare il lavoratore manuale, socialmen- 11 'ApxlÀ.oxo<; 1)0-l}Etç akcwv 't"oi:ç 1tOL1)-
te meno stimato. Lo attestano numerosi µacrL v. Ou 1èc.p &.va.yxa.fov, El 't"Éprm
passi. Aristotele dice 170 : 7tap' È\1lot<; où -.ò f:pyov w<; xa.plEv, lll;tov cr7touoijc; d-
µE'tEL)COV ot 01)µtoupyot 'tÒ naÀ.a.tÒV ap- va.t 'tÒV dpya.crµÉvov 176, «nessun giovane
X,W'V, 'ltpLv oijµov yEvfoì}at 'tÒ'V foxa- di nobile ingegno, avendo ammirato la
-.ov. -.à. IJ.Èv ovv itpya 'tWV cipxoµévwv statua di Zeus in Pisa o di Era in Argo,
o\hwc; où oE'ì: -.òv &.yal>òv ovoÈ i;Òv 'ltO- desiderò di divenire un Fidia o un Po-
À.t'ttXÒv oÙoÈ -.òv 1tOÀL'tTJ.'V 'tÒV &:ya.Dòv licleto, né di divenire un Anacreonte o
µavM. \IELV, El µ1) TI;O'tE xpda.ç xci.pi.V un Filita o un Archiloco, se gli sono pia-
aù-.{i> 7tpÒ<; aÙ't"ÒV, «presso certi popoli ciute le loro opere. Non necessariamen-
i oT}µtoupyol anticamente, prima di di- te, infatti, se un'opera piace perché è
venire l'infimo demo, non partecipava- bella, merita attenzione chi l'ha fatta» .
no al governo. Quindi il nobile, l'esper- Se dunque la religione e la fìlosofia
to di politica e il buon cittadino non de- greca indicano con O'r}µtoupy6ç la po-
vono apprendere le arti dei governati, tenza che forma il mondo, lo fanno per-
se non per stretta necessità». Platone m ché il 01)µtoupyòç 't"OV x60'µou ha 'pro-
divide i cittadini in yn.Jpyol e 01)µwup- dotto' il mondo con il materiale preesi-
yol, 7tponoÀ.Eµou\l't"E<; e lip)CO'V'tE<;. Plu- stente, come il OT}µtoupy6<; della vita
tarco parla 172 di una costituzione di Te- d'ogni giorno 'produce' le sue opere
seo, in cui i OT}µwupyol, stando all'ul- con le sue materie prime. L'essenzia-
timo posto, hanno solo il privilegio di le per i Greci è il trasferimento del
essere i più numerosi. Anche altrove il mondo dalla &:ta.l;lu. al x6oµo<;. An-
disprezzo dei Greci per il O'r}µi.ovpy6ç si cora una volta Plutarco -ci dice la sua
esprime in modo evidente m. Lo stesso opinione: BH.'tt.OV ovv IlÀ.<hwvt 7tELlJO-
atteggiamento si ritrova in Ecclus 38. µSvov<; 'tÒ'V µiv x6crµov u1tÒ ì}Eov yEyo-
24 ss. Esso vale anche per l'opera d'ar- vÉ\lfl.L À.ÉyEIN xat ~OEl.V. ò µÈV yàp x&-.À.-
te: Aristodemo174, per es., ammirava sen- À.LO''çO<;, -rwv yc.yov6'twV, b oè &pLO"'to<;
za dubbio Policleto per l'abilità nella 'tWV a.l'tt6hr i;1)v oÈ oùO'la.v xa.ì iJÀ.'r)V
scultura (civopi.avi;onotla), ma Plutarco èl; 1jç yÉyovev, où yE\loµÉV1)'V, IJ.).}..b.
ci dice che cosa significhi questo, quando V1toxetµi'V1)'V &EL 't"@ 811µtoupy@, dc;
distingue 175 l'ammirazione per le opere ot1iìtEcW xaL 't&!;tv aùi;iiç, xat '7tpòç
e il disprezzo per quelli che le realizza- ct.Ù't"Ò'V tt;oµolw<rl.V wc; OUV<t."t"Ò\I -Tiv ȵ-
no. Tale disprezzo era riservato non 1tapa.uxc.i:v. Ov yà.p h. -.ou µ1) ov't"oc; Ti
solo ai suonatori di flauto e ai prepara- y~\IE<T'-<;, aÀ.À.' ÈX 'tOU µ1} xa.À..wc; µ·() -
tori di unguenti, ma - sempre secondo o' lxavw<; EXO'V'tOc;, wç olxla<; xat tµa.-
Plutarco - colpiva anche gli 'artisti': 'tlou xrxt àvopi.av'toc; 177, «miglior cosa è
dunque, seguendo Platone, dire e cele- r7 (II 814 b); Col. 33 (n lI26 f) (riedi-
brare il cosmo formato da Dio. L'uno in- ficare). Usato anche a proposito dell'ere-
fatti è il più bello degli effetti, l'altro la zione o fondazione di santuari, templi,
migliore delle cause. E la sostanza e ma- teatri, terme, sepolcri; della fondazione
teria da cui il cosmo è derivato pensare di feste e giuochi. In questi casi il verbo
che non sia stata creata, ma soggetta significa, a differenza di OT]µtovpyb:.ò,
sempre all'azione del demiurgo- per ri- non.l'effettiva costruzione o edificazione
ceverne la disposizione e l'ordinamento materiale, ma la decisione di erigere,
e fornendo, per quanto era possibile, la fondare o costruire, alla quale fa segui-
sua attitudine a farsi simile a lui. Infatti to l'esecuzione materiale, il O'r]µtovp-
non si ha divenire di ciò che non è, ma YEtV. Certo x'tlsw può indicare anche
di ciò che non è perfetto ed adeguato». quest'ultimo aspetto, il fare, l'eseguire,
Muovendo da una concezione analoga, specialmente nei tragici; Soph.,, Tracb.
anche la gnosi cristiana chiama 01}µLoup- 898: X'tl<Tm il suicidio; Aesch., Cboepb.
y6ç il plasmatore del mondo in contra- 48 3 s.: ou-rw yàp liv <TOL Oat't~<; E\1\10-
sto con la tradizione biblica. Ma pro- µoL ~po-cwv x-ttsolo.'t', «saranno istitui-
prio per questo i LXX evitano il termi- ti banchetti che agli uomini impone
ne, appunto perché il Di o dell' A.T. non l'usanza». «'tp01t1]\I x'tlcrcx.t corrisponde,
è soltanto colui che dà forma al mondo. nello stile di Eschilo, a 'tpo1t1}v 'ltote:Lv
Il verbo 01)µtovpyEiV è usato in mo- (1tOtEi:<Tfro.1. ), corrente in prosa» 181 • Em-
do analogo per indicare il lavoro ma- pedocle dice che gli artisti 'creano' {x'tl-
nuale: il 'tEX'tW\I 'fa' (o'r]µtovpyei:v) il soV'tE) alberi, uomini e bestie 182• Ma
fuso 178 o il 1t'r]oaÀ.1.ov 179 . quest'uso - secondo ogni apparenza non
In Omero x'tlsw 180 significa rendere proprio popolare - si è attenuato nel
abitabile una contrada, edificarla e po- corso del tempo, mentre invece si è svi-
polarla (effetto sollecitato); Od.n,263: luppato l'altro, per cui x~lsw significa
Anfione e Zeto oi: 'ltPW'tOt 01}~1}<; Eooç inventare, indica cioè l'atto fondamen-
fa'tt<To:.\I È1t'tO:.'ltvÀ.01.o; Hdt. l,149: oi tale della mente m, e fondare, per es.
AloÀ.fo; xwpnv µÈv E'tV)CO\I x'tl<ro:.v·n:ç una scuola filosofica.
àµdvw 'Iwvwv. Significa pure edificare, All'epoca neotestamentaria l'intero
fondare una città (effetto ottenuto), gruppo indica prevalentemente l'atto di
Horn., It.20,216: Dardano x-ci<T<TE oÈ 'fondare' città, case, giochi, sette; come
àapoo:.vl'r]v; Hdt. l,168: évilo:.0-ca. Ex'tt- anche di inventare ed edificare su un
<ra.v n6À.w "AB011po:.. Frequente è que- terreno. Significa dunque l'idea e la vo-
sto significato all'epoca del N.T., per es. lontà grazie alla quale sorge qualcosa,
in Plut., Tbes.2 (Il d); 20 (19 a); 26 {I e in primo luogo una città. Ciò risulta
12 d); Romulus 9 (122 d); 12 (1 24 a); anche dall' elenco dei derivati 184 : €.y-
Camillus 20(1I39b); Nicias 5(1526 x'tlsw edificarvi dentro delle città; Èi.i-
b); Pomp. 39 (1639 e); praec.ger.reip. x'tlµE\IO<; ben costrutto, ben disposto
189 ScHARDAU (~ nota bibliogr.) 22 . u)..71 come µ1)'t'7JP (ebr.61); creare dal nulla si-
190 In Filone X"tli;EW è meno frequente di 071- gnifica creare da ciò che è ancora senza qualità
µLoupyE~'ll. Questo è in relazione col fatto che (spec. leg.4,187: "tà. yà.p µi) l5v"ta txocÀ.E<rEv
in lui la tradizione giudaica della fondazione dc; "tÒ Eiva~ ..O:!;iv ti; &."tcx;!;lcx;c; xcd ~!; tbolwv
d'una città come immagine del creare divino 1tOt6"t'f}"ta.c;..• tpy<1.0'tiµEvoç. Sulla dottrina del-
si incontra con l'idea greca del demiurgo. Que- la creazione in Filone, dr. ]. HoROVITZ, U11ter-
st'ultima ha influenzato il suo pensiero più an- suchu11ge11 ìiber Philom und Plato11s Lehre von
co•a che il suo linguaggio. Perciò nei suoi scrit· der Weltscbopftmg (1900); E. BRÉHIER, Les
ti vi è una serie di pensieri e di immagini non ldées Philosopbiques et Religieuses de Pbilon
biblici, noti dalla storia delle religioni: crea- d'Alexa11drie (x907) 78-82; STADE-BERTHOLBT
zione mediante il pensiero (op. mu11d. 24: la (""-"? nota bibl.) II 489; BousSBT-GRESSMANN
VOTJ"tiJ 7tOÀ.tc; non è altro che "tOU apxt't'tX"t0- 441 s.; PRABCHTER (""-"? n. 37) 575; FREY (""-"?
'110<; À.oyLaµ6c;); Dio come aX"tLoc; e 7tCY;"tTJp; la nota bibliogr.) 39-45 (---? IV, col. 352).
t307 (m,1026) xi;lsw (W. Foerstcr) (m,ro26) 1308
anche come x-tlsw manchi nei due rac- tendendo il T. M., invece di q'inim =
conti della creazione. Siccome il Penta- 'Ì}pljvoc;, lamento, legge qznjiin; perciò
teuco fu tradotto per primo, e le altre traduce: xaì yqpaµµÉvov l)v È1t' au-
parti dell'A.T. seguirono a distanza sen- 'tOV X'tL<TL<; xat à.v't'l{3À.1]0'Lç xat Ecr'tO.L.
sibile, vuol dire che l'equivalenza br' = Il libro che il pmfeta deve inghiottire
x-tlì;w, anzi l'impronta teologica di que- avrebbe dunque contenuto una esposi-
sto termine greco, sono state create so- zione della creazione e di quel che le.
lo dopo che la traduzione del Pentateu- sta di fronte (à:v-tl{3À.1JCTLç è un hapax
co era stata completata. Infatti Lev.x6, legomenon) e che avverrà (E<T't'C'J.t); si
x6: -rfi <TXTJ\ITI -rou µttp-tuplou 't'TI bt-ttcr- tratta, pertanto, di un'apocalisse, come
µ1h1n è.v cx.ù-toi:c; (Skn), e Ex. 9,x8: xti- ce n'eran tante nel giudaismo ellenisti-
À.a.sav ..• 1yrn; 't'OLO.U't'r) ou yÉyO\Jf..V ÈV co. In Ecclus r,14 vi è cruyx-rl~EW, che
Alyl'.nt-r~ àcp' Tic; -ijµipo.c; EX't'L<T-tat ( = è nn hapax legomenon (come &.vax-rl-
jsd), X'\" lé;;w equivale propriamente a ~wi1 del ~ 50,12 [Aquila]): (..LE't'à. mO"-
'fondare' ed 'edificare', ma nel significa- -rwv Èv µ1}'t'pq. crvvEx-cla1)'l'J ahtoi:ç (sog-
to di fabbricare. Perciò non sorprende getto cpo(3Ei:O'?)aL 'tÒV XUf)l.0\J ): il timore
quando in Gen.x4,x9.22 wdsw è tradu- del Signore nei credenti fu creato insie-
zione di qnh, e in Deut.32,6 (cod.A) il me con loro nel seno materno. Forse,
participio kwnn è reso con X'\"LSW (var. il testo ebraico aveva i~r (cfr. Hatch-
1tÀ.lXO"O'w). La conclusione è che X'\"lsw Redpath III I 92) in analogia a I er. l ,5;
per i traduttori del Pentateuco non ave- cfr. anche Ecclus 49,6 (testo ebraico) 191 .
va ancora il contenuto pieno che avrà x 't' l cr 1. e;, fondazione di una città,
più tardi; significa un fare materiale e Thuc. 6, 5, 3: E't'E<TLv Èyyu-ra-ra ?tÉv-rE
concreto, come in Ag. 2, 9. In I Ea-op. xa;t 'tpt&.xov-.a xat Èxa-rÒ\I µt't'à. :Eupct-
4,53 x't'lsw non si riferisce alla fon- xou<rwv x•lcrtv, «135 anni dopo la fon-
dazione della città da parte del sovra- dazione di Siracusa». In poesia equi-
no, ma alla costruzione o ricostruzio- vale anche a ?tpli!;tç, il fare 192 • Que-
ne, ad opera degli abitanti; cfr. fap. sto significato verbale è il solo presente
39, x5 (codd. B*S*); E't'L X't'tO"ih10'o\l-ta.t in Plutarco. Invece manca nei LXX, do-
ò:ypot xcx.L olxlo.t xat &.µ1tEÀ.WVEc;. ve X'tlO'tç significa la singola cosa crea-
Nei traduttori dell'Esapla X't'tì;w è ta 193 • Tob.8,5.15; Iudith 9,-12; · ~ xo3,
evidentemente usato terminologicamen- 24 [var.]; xo4,21 [var.]; Prov. 1,13
te e rende regolarmente br'. Cosi lo tro- [cod. AJ; 10,15 [cod. S], dove proba-
viamo in Gen.1,1 (Aquila); x,27 (Aqui- bilmente si deve leggere X'tfjO'tç); Ecclus
la, Simmaco, Teodozione); gli stessi tra- 43,25 ( = gbwrwt); X'tLO'L<;, al singolare,
duttori lo usano inoltre 7 volte nel Deu- indica poi la totalità delle cose create,
teroisaia (40,26; 41,20; 43,7; 54, 16; la creazione; Ittdith I6,14: croL 8ouÀ.EU-
57,19; 65,17.x8). In~ 50,12 Aquila in- O'U'tW 7tficra, 1i X'\"l<Ttç O'o\J; ~ 73 ,18 (cod.
dica con &v6:.x-ttO"O\l la (nuova) creazio- B); Sap.2,6; x6,24; 19,6; Ecclus 16,17
ne del cuore (LXX: xap8i.av xa?)apà.v (qui non è più possibile vedere co-
x-tlO"O\J È.v È.µol). Simmaco usa x-rlcr-t'T)c; me i LXX leggano l'ebraico}; 49,16
in Is. 43,x5 per il participio di br. In (= tp'rt?); 3 Mach.2,2 .7; 6,2.
Ez.2,IO Aquila presenta in maniera nuo- x'tlcrµ<"k, quel che è fondato, detto di
va il contenuto del rotolo, poiché, frain- città, case, ecc.; Strabo 7 ,5 ,5; Traguricm
'IO'crÉwv X'tlO'µa., fondazione degli Issei. zione di Dio; cfr. 2 Sam.22,32: mt-'el
I LXX lo usano solo negli apocrifi. ( 6 mibbal' ade jhwh timi sur mibbal' adé
volte) per la singola creatura. Solo in 'elohenu, «chi è Dio, alÌ'infuori di Jah-
Ecclus 38,34 (gli artigiani x'tlcrµa. atw- vé, e chi è una roccia, se non il nostro
voç O''t1}plcrournv) X'tl<rµa indica qual- Dio?»,= 2Bmr.22,32: 'tlçlaxupòc;
cosa di creato, che però in questo caso 7tÀ.i]v xuplou; xa.t · 't"L<; x'tlO''t1J<; fo'tCt.L
è un 'regolamento'; infatti l'Ecclesiasti- 'ltÀ.i)v 'tou i}Eou l]µwv; qui si vede co-
co dice spesso che Dio ha 'creato' (x'tl- me per i LXX l'essere creatore sia lo
SELV) qualcosa: la )'EWpyla. (7,15), il vi- stesso che tivelarsi potente e come di-
no (31,27), il medico (38,i.12) e i mez- stingua Dio dagli idoli.
:ti di guarigione (38,4); in una parola,
ha creato tutto quel che serve agli uo- E. LA CREAZIONE NEL N.T.
mini, e tutte queste cose create le so-
l. Terminologia
stiene (o, secondo il cod. B, le custodi-
sce) il 01)µtoupy6ç. Questo pensiero è Nel N.T. il concetto di 'creare' è per
espresso frequentemente in Egitto (ed lo più espresso con x'tl~nv e i suoi de-
è anche ripreso, a modo suo, dal giu- rivati; notevolmente più rari sono ~
daismo ellenistico), quando si dice che 'itOiÉw e 7tOlT}µa, mentre 1tol11crtç e 1tOL1')..
gli dèi, particolatmente Iside, hanno 'ti]c; non hanno mai questo senso. Se-
'inventato' la civiltà (~rn,col. 865). guono poi 'ltÀ.cio-crw e 7tÀa<Tµa., mentre
x-.lcrTrJc;, il fondatore, nel periodo el- una sola volta ricorre il sostantivo ~ri
lenistico (ma dr. già Hdt.5,46: O'uy- µtovpy6ç (Hebr.11,rn, con 'tEX\IL't1)t;).
X'ttO''t'1J<;) 194 è usato spesso come titolo xa."t"a.O'xeu&.sw si trova una volta, in
onorifico; per es. Plut., Camillus r (I Hebr.3,4, in un gioco di parole; ltEµE-
129 b), 31 (r 144 e); Mar.27 (I 421 d): Àt6w solo in Hebr. 1, 10, in una cita-
Camillo è il secondo X'tLCT'tl]t; di Roma, zione.
Mario il terzo. Alla volontà, alla perso- x-.l~w e derivati designano solo il
nalità del X'tLO''t1Jt; una città è debitrice, creare divino. x'tlsw, creare; X't"W't1J~,
se non di tutta la sua esistenza, almeno il creatore, solo in r Petr.4,19; come l'e-
dell'elemento che l'ha decisa. Il sovra- braico e le parti più antiche dei LXX,
no ellenistico è X'ttO''t1']<; della festa che cosl il N.T. al sostantivo preferisce un
istituisce con la sua volontà e potenza; participio (Rom.1,25; Col.3 1 10; Eph.3,
da questo si vede ancora una volta la 9; cfr. Lc.n ,40; Act.4,24; 17,24; Rom.
differenza rispetto a Oi]µtoupy6c; (~ 9 ,20; H ebr.3 ,2) o una proposizione re-
col. 1304). lativa (Apoc.10,6; cfr. Act.14,15).
Come X'tLO'L<; e x-.l<Tµa., così anche xi;lcrµa., la creatura, cioè la singola
x'tla''t1jç non ha un equivalente fisso nel cosa creata (r Tim.4,4; Iac.1,18; Apoc.
testo ebraico. Il participio bore', infatti, 5,13; 8,9).
conserva la sua natura verbale. Ciò si- X'ttO'~<;, a) il creare, come atto (Rom.
gnifica che l'A.T. non dà a Dio il titolo 1,20); b) la creatura (Rom.8 ,39; 2 Cor.
di creatore, ma parla della sua azione 5,17; Gal.6,15 [?]; Col.1,15; Hebr.4,
creatrice. I LXX, invece, fanno di x-tl- 13; I Petr.2,13 e~ coli. 1328 ss.); c) la
O''t'l'J.<; (che ricorre 8 volte, di cui 7 ne- creazione, cioè il complesso delle cose
gli apocrifi.) un attributo e una designa- create (Hebr.9,n : où 'ta.U'tl]ç -cf)ç X"t"l-
194 Cfr. E. FRAENKRI, Gesch. der Griech. No- cfr. FRAENKEL 11 (1912) 246, Indice [DEBRUN-
mina agentis I (x9ro) 44,161,180,222. Più an- NER].
tico sembra x-.l<nwp (e X'tl-.wp, 'abitatore');
lJII (III,I027) x-cll;,w (W. Poerster) (m,rn28) 1312
O'Ewc;; Apoc.3,14). Qui rientrano anche l,r; 2,I3 s.; 3,8 e la frequente espres-
passi come Mc.ro,6; r3,r9; 2 Petr.3,4: sione à.n;ò o n;pÒ xa-ça.~oÀ.'ijç x6crµov 198 ;
à.1t' à.pxiic; x-tl<rEwc; 195 • Nei vari conte-
sti, il termine designa preferibilmente Mt.13,35; 25,34; Lc.u,50; Io.17,24;
l'umanità, come analogamente, spesso Bph.1,4; Hebr.4,3; 9,26; I Petr.1,20;
nei rabbini ~col. 1277 (Mc. l 6 ,I 5; Col. Apoc.13,8; 17,8; cfr. anche I Cor. n,9.
r,23), o la natura (Rom.r,25; 8,19-22:
natura animata e inanimata) 196• Que- Secondo queste espressioni la crea-
st'uso linguistico, che compare anche zione è l'inizio dell'esistenza del mon-
nei LXX, costituisce un grosso enigma, do, cosl che non è da pensare a una
perché non ha paralleli né in greco né
materia preesistente. È quanto dice
tra i rabbini 197•
Paolo in Rom.4,17 : (~Eov) xa.À.ovv"t'oç
2. Dio creatore del mondo
't!Ì. µ-i} O\l'ta. wc; OV'tCX. ( ~ col. 1261 ).
Che Dio abbia creato il mondo, cioè Questo passo e quello di 2 Cor.4,6: o
il cielo e la terra e quanto è in essi, nel ~Eòc; ò d'1twv· bG crx6-çouc; <pwc; Àaµ-
N.T. è detto in una serie di affermazio- t!JEi., «il Dio che ha detto: dalle tenebre
ni, il cui scopo però non è in genere di risplenda la luce», si riferiscono alla
precisare in qual modo la creazione è av- creazione mediante la parola. Cosl la
venuta. Quali siano quindi le concezioni creazione dal nulla mediante la parola
che affiorano da quelle affermazioni, va costituisce il fondamento, più o meno
desunto dai testi. Occorre anzitutto ri- esplicito, delle affermazioni neotesta-
cordare il frequente riferimento agli mentarie.
inizi del mondo; cfr. Mc.rn,6: cbtò OÈ
=
&:pxfic; X"t'l<TEwc; ( Mt.19'4: o x-rl<rac; Oggetto della creazione è «il tutto»,
&.7t' à.pxiic;, secondo la dicitura proba- 't'à. 1tUV'ta. (Eph. 3,9; Col.1,16; Apoc.
bilmente da adottare); dr. Mt. 19, 8: 4,u); di questo tutto altrove si men-
&.7t' &.px'ijc; e Rom. r ,20: &.7tò x-rlcrEwc; zionano le parti; cfr. Apoc. ro,6: (8c;
x6crµov, inoltre Mc. 13, 19: &.7t' à.p)ci]c; ~X't'LCfE\I) 'tÒ\I OUp!t.VÒV xr.d 't'IÌ. EV mhQ
x-rlcrEwc; fiv ibt"ttctEv ò ih:6c; (par. Mt. xat 't''Ì)\I y'ijv xcx.t 'tCÌ €v cx.ù'ti) xat 't'ÌjV
24,21: cbt' &.px'ijc; x6<Tµov); 2 Petr.3,4: D&.Àwrcra.v xat 't<Ì È.V a.ù-tjj; v. anche
a1t' &.pxi]c; X"tlO'EWç, cfr. Apoc.3,14: 1J Act-4,24 e 14,15: 'tÒV oòpavòv xcd -ri}v
ripx·h "tijc; x-rlO'EWç "t'OU i)eou; Hebr. 1, yfjv xat -ç1Jv i>aÀa<TO'CX.\I xa.t nav'ta. 'tlX
IO = t!J 101 26; O'ÌJ ?U.t"t, &.pxàç ... 'r'Ì)V È.V a.Ù"t'oi'.ç (cfr. Apoc. 5,13 ); in sintesi
1
yijv Èl7EµEÀ.lwcra.ç, e Io. 8,44: &.vl"pw- Act.17 ,24 dice: 'tÒv x6crµov xcx.L 'lt<iV"t'O.
7tox-r6voç &:1t'&.pxfjc;; 2 Thess.2,13; I Io. 'tà f.v mhQ. Questi elementi sono ac-
195 Secondo GurnROD (~nota bìbliogr.) 12 s. 197 Per i rabbini ~ col. 1277.
=11ci11s creationir. 198 Sul significato di XCX.'tCX~oÀ:fj in questo conte-
196 GUTBROD x5-r8 in questo caso limita X'tl· sto v. PREUSCHEN-BAUER 3 s.v., contro SCHLAT·
O'L.; all'umanità, ma a torto. TER, Komm. Mt. a 13.35·
1313 (III,1028) X"tl!;w (W. Foerster)
costati in altra maniera in Col.1,16: -.a (~ xvpwç), è Signore del cielo e della
'l'tav.,;cx. ev -i-oi:ç oupm.1oi:ç xcx.t bct "t"i)ç terra; Mt.r 1,25 s.: esoµoÀ.oyouµa.l crot,
yi)<;, 'tÒ. opcx.-.a. X<X.L -.a. à6pcx.'tCX., EL'te I I - t -.. \ -..
1tO:'t"Ep, XVPLE 'tO\) oupavou Xat 't"T)c; ì"t)ç, -
ltp6vot, Eì'.-.e xuptht}'t"E<;, EL'°tE &.pxc.d, d- O't"L ibtpuljJa.c; "t"CX.U'ta. tì.'ltò o-oqiwv xaL o-v-
"t"E et;ouO"Lcx.L. vi::-.wv, xrx.1. Ò:'ltex<iÀ.vo/<X.c; mhò: VTJ'ltlotc;·
È chiaro che non vi è qui posto per wx.l, o 'ltCX."t"lJp, O't"L oihwc; Euooxlcx. ÉyÉ.-
una emanazione e uoa preesistenza della \IE't"O ltµ'l'tpoo-itÉv <rou, «ti rendo lode, o
materia; bisogna però osservare espres- Padre, Signore del cielo e della terra,
samente che oupcx.voç è anche il cielo, nel poiché hai nascosto queste cose ai sag-
senso che la parola ha nella tel'za do- gi e agli scaltri e le hai rivelate ai sem-
manda del Padre nostro. Questa doman- plici; sì, o Padre, questo è stato il tuo
da mostra pure che anche nel N.T. la beneplacito». Così la giustapposizione
creazione stabilisce un incontro fra crea- di creatore e creatura, presente nella
tore e creatura: nel cielo si fa la volon- proclamazione del creatore, fa della crea-
tà del creatore. In Apoc.4,8-n i quat- tura un essere volente. La creatura, in-
tro esseri viventi adorano il creatore e fatti, è tale perché voluta, e l'esser vo-
gli cantano un inno di lode, di onore luto implica l'esser voluto per un fi-
e di ringraziamento; lo adorano come il ne, chiamato al volere: il volere in
tre volte santo, cioè distinto da tutte le vista del quale la creatura è stata crea-
creature; i 24 anziani poi, con una tra- ta 199• Cosl Paolo, nelle affermazfoni con-
sparente azione simbolica, depongono clusive di Rom.Ir,36, non può fare a
le loro corone davanti al trono di Dio, meno di presentare in una prospettiva
confessando così di averle da Dio, e si unica il punto di partenza e il fine del-
uniscono al canto di lode degli esseri la creazione e, facendo propria la dosso-
viventi proclamando giusto ( &l;toç) che logia degli esseri creati Etc; cx.1h6v, escla-
Dio riceva lode, onore e potenza, per- ma: E~ o:u"t"ou xa.t ot' a.u-.ou xa.t dc; a.v-
ché è il creatore. Anche questi assisten- 'tÒ\I 't~ 1tti'll't"ct..• WÌ't@ 1) oot;cx. Etc; 't"OÙç
ti al trono non sono nulla in sé e per alwva.c;· &.µ1)v, «da lui, per opera di lui
sé: la loro esistenza attinge significato e per lui sono tutte le cose; a lui la glo-
pieno nell' adorazione e nella lode di ria nei secoli. Amen» (cfr. I Cor. 8,6).
Dio. Questa è un'azione personale, det~ Allo stesso modo, per Paolo il fine del-
tata dalla volontà, un 'dire' distinto la storia è segnato dal giorno in cui
da un 'essere' di carattere naturale. Per- anche il Figlio sarà 'sottoposto' al Pa-
ciò anche il Figlio dice il suo 'sl' alla EU- dre. Tale sottomissione è un rapporto
ooxlcx. del Padre, che, in quanto creatore personale, non un evento; questo signifi-
ca la chiusa del versetto di I Cor. 15, bini 2!lt stupisce che non si parli di una
28: èhav of. ù1wta.yi) C1.Òi;@ i;à mX.v'trt, fiamma che divora. L'immagine, dun·
i;6u xat a.Ò't'Òç ò ui.òc; Ù7to-ca:y1)0"E'tar. que, dice «il messaggio, che abbiamo
i:Q V'ltO'tciça.vi:t aui;éi) i;à 'lta'\l'trt, tva. udito da lui..., che Dio è luce e in lui
ii ò i>Eòc; 1tavi:a. Èv 7téfow, «e quando non vi è tenebra». Le pietre preziose si-
tutto sarà sottoposto a lui, allora anche gnificano questo con chiarezza maggiore,
il Figlio sarà sottoposto a colui che gli per es., dello splendore divorante del
ha assoggettato ogni cosa, affinché Dio sole: una pietra è preziosa solo quan-
sia tutto in tutte le cose». do la sua chiarezza e la sua luce sono
Un'importante testimonianza di Dio senza difetti e senza ombre. Dunque il
creatore è l'Apocalisse. I capp. 4 e 5 so- Dio creatore contemplato in 4,I 1 è pre·
no posti intenzionalmente all'inizio del. sentato come colui sulla cui gloria non
l'Apocalisse vera e propria: prima della sta la minima ombra. Al tempo stesso,
contemplazione e della rappresentazione questa visione mostra che lui è i>unico
allusiva delle vicende storiche sta la vi· ad essere sufficientemente caratterizzato
sione della gloria di Dio. Sul corso della dal predicato oxo:.fr1)µEvoc; 202 , e precisa-
storia troneggia, eternamente impertur· mente come l'unico signore e re, dal
babile e luminoso, «colui che siede sul quale tutto ha l'essere e l'essenza. Lo
tronm>. Anche se dal trono escono «lam· mostra, poi, circondato non solo da rap-
pi e voci e tuoni» (4,5), la descrizione presentanti della natura animata (séi)a.),
vera e propria del trono è piena di mae· ma anche da anziani; questi sono coloro
stosa tranquillità. «Colui che siede sul che colui che è sul trono ha ritenuto de·
trono», che il veggente non osa chiama· gni di partecipare al governo del mon-
re col suo proprio nome, appare come do; e vi partecipano come 'anziani', cioè
oµoioc; òp&.cm. Àl1lct.i l<Xcrmor. xa.t O'«{>" paragonabili a uomini, come 'persone'
Ot({), «simile, a vedersi, a una pietra di dotate di coscienza e di libertà 203 • Dio
diaspro e di sardio» {v. 3 ). Anche in con· crea l'essere personale. Davanti al suo
fronto con gli pseudepigrafì 200 e i rab- trono ardono sette lampade, cioè sette
200 Per es. Hen. aeth. 14,20 ss.: Il suo vestito reva tutto intorno a lui, ed ecco, una luce in-
era più splendente del sole e più bianco della descrivibile circondava una schiera ardente.
neve pura. Nessuno degli angeli poteva entra-
re in questa casa e contemplare il suo volto, a
201P.R.El. 4 : Le bestie non conoscono i luo-
motivo della gloria e della maestà. Nessuna ghi della gloria, stanno n in timore e spavento.
carne poteva guardarlo. Fuoco fiammeggiante 202 Chi siede, è Dio, Hag. b. 15 a; Hen. hebr.
era tutt'intorno a lui; un gran fuoco si esten- z6,3; ~ III, coli. 659 s., n. 63.
deva davanti a lui e nessuno (degli angeli) gli
si avvicinava. Apoc. Abr. 18 (verso la fine): 20J Ciò dev'essere visto sullo sfondo del tra·
(Il trono) era coperto di fuoco, e fuoco scor- scendentalismo giudaico dell'epoca.
1317 (m,rn29) X't'lt;w (W. Foerster) (III,1030) 1318
quali è 'questa creazione', che compi'en- zione non suona come una tesi più o
de anche potenze celesti, ma non gli an- meno ovvia od elusiva, ma come un
geli. Tutto quel che comprendono la accenno a un fatto degno di nota, e al
teosofia, l'antroposofìa, ecc., anche nel tempo stesso come il primo avviso del-
dominio dei fatti sovrasensibili, appar- la «libertà della gloria dei figli di Dio»
tiene in ogni caso alla sfera di 'questa (EÀ.EUitEpla "tfjc; oé!;T)ç "t'W\I -.É:l<.\IW\I "tOU
creazione', perché accessibile ai mezzi i)'Eou). L'idea è dunque la seguente:
dello spazio e del tempo (a differen- 'Questa creazione' è tutto quel che a
za di quel che opera 'lo Spirito di Dio'). causa dell'uomo è stato sottoposto alla
D'altra parte, nemmeno Satana appar- transitorietà, a cominciare dall'uomo
tiene a 'questa creazione'. stesso! Allora è meglio non parlare di
In Rom.8,I 9 s. 'questa creazione' è creazione decaduta, ma di una creazio-
concepita con la medesima estensione. ne che è stata sottoposta alla transito-
Qui X"tL<J'tc; va riferito 2!l5 all'insieme del- rietà. Anche in questa prospettiva Sa-
la creazione, poiché precisamente que- tana non fa parte di 'questa creazione'.
sta è sottoposto alla corruzione (cpìtopci) Si possono chiarire ulteriormente le
e alla vanità (µa:tm6"t1)c;). Infatti le parole ottL -tÒ\I ÙTCo-rti!;a..v't'a? La tran-
piante e gli animali, da un punto di vi- sitorietà alla quale la creazione è stata
sta naturale, hanno senso soltanto in sottoposta a causa di Adamo, è connes-
quanto producono frutti, che a loro vol- sa con la categoria del tempo. Il tempo,
ta possano riprodursi; questo è un por- però, è la dissociazione di causa ed ef-
tento inspiegabile (Gen. 1 ,I2) e al tempo fetto206. Così rimane spazio per la «sop-
stesso una gigantesca corsa a vuoto: portazione di Dio» (àvoxTi -rou lJEou) e
una µcx."tat6"tT)c;; e accanto alla vanità per il ravvedimento. Ma la Ù'VOX'Ìl 'tOU
c'è la q>~op&., la morte, inseparabile dal- iléou, garantendo la figura di questo
la temporalità. La X"tLO"t<; è sottoposta mondo e anche la possibilità dello scan-
alla µa:t'ato"tTJc; e alla cpitopcl., otà. "tòv dalo, può indurre a chiedersi: dov'è ora
ùno"ta!;,cx.v"t'a, «a motivo di colui che il tuo Dio? Ciò significa che questa
l'ha sottomessa». Qualcuno non accetta creazione è carica di un fascino tentato-
che queste parole si riferiscano ad Ada- re (se non avessimo bisogno del denaro
mo, poiché trova strano che una cosa per la nostra_esistenza, non ci sarebbe
che non ha colpa venga punita a causa un 'mammona dell'iniquità'). Questa
d'un colpevole. Eppure proprio in que- creazione è sotto il dominio del 'dio di
sta opinione, e solo in essa, la proposi- questo mondo'. Vista in questa luce,
l'espressione &à.. -i-òv ÙTto-r&.l;av-ra po- partono dalla rivelazione di Dio nella
trebbe assumere un significato partico- natura (Act.14,17; Rom.1,19 s.) e giun-
lare. Quello che si legge in Rom.n,32, gono al riconoscimento del peccato del-
a conclusione della prima parte della l'umanità (Rom.1,20}1JJ1.
Lettera: cruvÉXÀ.c.Lcrc.v ycip ò itc.òc; -i-oùc; In Apoc. 5 Giovanni vede l'angelo
7t&.\J-i-ac; dc; &.7tc.litc.Lav tva -i-oùc; 7ta\J-i-~ che nel cielo, sulla terra e fin nel mon-
{À.c.11crn, «Dio ha racchiuso tutti nella do sotterraneo grida e chiede chi è de-
disobbedienza, per usar misericordia a gno di aprire il libro con i sette sigilli.
tutti», forse non è detto solo dell'uma- Questo libro contiene i voleri divini ri-
nità e del modo in cui è stata guidata guardo al mondo. Ma questi voleri so-
nel corso della storia, ma anche del qua- no sigillati; c'è un'interdizione sul crea-
dro offerto da 'questa creazione': essa to, e nessuna forza, né umana né ange-
- oltre a sedurre l'uomo, in quanto è lica, è in grado di superarla. La vittoria
x6crµoc; - deve pure convincerlo come conseguita dall'agnello con la morte (al-
peccatore inescusabile; per questo es- lusione alla vittoria su Satana) vuol di-
sa pure fa conoscere Dio come Dio, e.i.e; re che questa creazione è sotto il potere
-rò dwx.1, mhoùc; &va1toÀ.oy1}-rouc;, «per di Satana, e che l'agnello l'ha liberata.
modo che non abbiamo alcuna scusan- Ora i sigilli possono venire aperti, il
te» (Rom. 1 ,20 ). Su questa creazione, contenuto del libro può essere 'veduto',
dunque bisogna costantemente pronun- e ciò scatena il giubilo di tutto il creato
ziare un doppio giudizio: da un lato è . (miv x-i-lcrµcx.) nel cielo e sulla terra, del-
il luogo della rivelazione della gloria di le creature animate e inanimate' 208 • L'a-
Dio (anche per il N.T. «i cieli nanano pertura del libro, infatti, significa «un
la gloria di Dio»); dall'altro, la figura nuovo cielo e una nuova terra» (Apoc.
di questa creazione è erti.pi;, in senso 21,1; 2 Petr.3,13). Cosl un giorno sarà
paolino. L'uomo può conoscere Dio nel- tolta la µa't«L6't'r)<; che pesa su tutta la
la natura soltanto 'in Cristo'. Solo in creazione, e saranno abolite tutte le leg-
lui la conoscenza di Dio ricavata dalla gi date con lo spazio e con il tempo
natura può ricevere la sua norma e (Afc.12,25 par.; I Cor.15,26.42 ss.).
giungere alla chiarezza e alla certezza. So- Da quanto si· è detto appare chiaro
lo il Figlio può dire: «Guardate i gigli che la creazione avviene É\J Xp~cr-i-(i>, con
dei campi...» (Mt.6,28), e gli apostoli, tutte le 'potenze' che governano il crea-
in armonia con l'annunzio di Cristo, to (I Cor.8,6; Col.1,16; Hebr.1,2.10;
210 Dover trascorrere un'eternità su questa ter- scoperta avvenisse entro cento o entro milioni
ra sarebbe un tormento, perché scomparirebbe di anni.
ogni incentivo. Sarebbe la stessa cosa se una 211 Contro ZAHN, Rom., ad loc.
X'tLC.,W l w . .roerster}
un unico uomo nuovo»; Eph.4,24: È\1- ria. Ma è pure chiaro che esso non può
ovuwri}aL "tÒ\J Xtl.L\JÒ\I lf.\JfrpW'ltO\J 't'Ò\J Xa- e non deve rimanere senza influenza sul-
't'à i}Eòv :x.-rL<riÌE\J"t'a. Èv otxaiocruvn. «ri- la condotta dell'uomo (Rom.6,I ss.).
verstirvi dell'uomo nuovo, che è creato Dal momento che nella persona e
secondo Dio nella giustizia»; Col.3,ro: nell'opera di Cristo il n'VEUµa (Mt.I2,
lvouuciµEvoi "t'Òv \JÉoV "t'ÒV àvaxawou- 28) 212 entra in questo mondo, il mon-
µEvo\J dc; É7tlyvwcrw xa"t'' tlx6va. -ro\l do nuovo si afferma nella sua scia 213•
xi;lo-a.v"toc; cdrcòv, «rivestiti dell'uomo Dovunque l'azione di Dio diventa ope·
nuovo, che si rinnova per la conoscenza rante per la salvezza degli uomini, Dio
a immagine di colui che l'ha creato». opera come creatore: creazione (x-rl-
Cfr. Iac. I,I8: ~ouÀ.'l"tfretc; à7tEXU1J<TEV ~eLv) è anche l'unificazione dell'umani-
1Jµ<ic; My~ àÀ:rifrElaç, etc; -rò i::tva.t 1)- tà divisa in unico <<nuovo mondo» (Eph.
µac; àmxpx1Jv "tL\la. 'i;W\I C1.V'tOU X"tLO"µci- 2 ,15 ). Il fine è la creazione nuova, con-
"tWV, «di sua volontà ci generò con la trapposta all'insieme di 'questa creazio·
parola di verità, per modo che fossimo ne'. La piena rivelazione della nuova
come primizia delle sue creature». Dio creazione, in cui il riordinamento del-
crea sempre mediante il suo Spirito e la l'uomo e del mondo si attua visibilmen-
sua parola; ma questa nuova creatura te, giunge solo quando Cristo si mani-
· ha la sua esistenza nello Spirito, la vita festa (Col.3,4), quando questo cielo e
nuova è ora «nascosta con Cristo in questa terra passano, e appaiono cieli
Dio» (Col.3,3). L'esistenza dell'uomo è nuovi e una tetra nuova, e la morte e
nuova grazie al nuovo rapporto con Dio; la transitorietà non sono più. Allora
è il trovarsi di fronte a Dio che deter- Cristo si manifesterà come «spirito vi-
mina il suo essere. Questo rapporto è vificante» ( nveuµa ~wo7toto\lv) in tutto
diventato nuovo per mezzo di Cristo. il mondo e rivelerà la gloriosa libertà
Quel che è decisivo nella nuova crea- dei figli di Dio (Rom. 8 ,21) nei corpi
tura, non è, dunque, un cambiamento mortali di quanti gli appartengono e in
della condotta morale dell'uomo, bensl tutta la X"t't<TLc;.
il dire di si (cioè il credere) a un nuovo Una difficoltà particolare si ha in I
rapporto con Dio. Questo nuovo rap- Petr.2,13: Ù'lto"tàyl')"tE 1tciO"lJ &.vfrpw1tl-
\ll] X't'l<rEL oià. "t'ÒV XUpLOV. Per lo più
porto è legato a Cristo, mediante il qua- si propone di tradurre X"tiO"t.<; con 'ordi-
le è entrato nella storia, è divenuto sto- namento 214, intendendo l'ordinamento
m Nella formula di Mt. l'espressione ~V 1tVEV· 213Una relazione fra i miracoli di Gesù e la
µa:n DEou è interpretazione teologica ddl'e- nuova creazione è presa in considerazione da
spressione figurata conservata in Le. : ~v Br:x.x· ScHLATTER, Gesch. d. Chr. 242.
-i;uÀcp fiEou. 2H Per es. PRnuscHEN-BAUERl, s.v.
xuf}ÉpVTJCTt<; (H. W. Beyer) (m,1035) 1330
dello stato, rappresentato dai Ba.cnÀEtc; Così, 2,13 è una soprasctitta di tutto il
e dagli 1}yeµ6vEç della collettività. Ma brano 2,13-3,9. È dunque sbagliato in-
finora non si è potuto documentare terpretate x 't lo- ~e; come ordinamento
quest'uso del termine né con esempi del- statale o come legge. Si tratta, piutto-
la grecità profana, né con testi dei LXX sto, di uomini. Come parallelo termi-
o del giudaismo rabbinico. Il solo re- nologico di x-tlcrL<; in questo passo c'è
moto parallelo è x-clo-µ,a. in Eccltts 38, il rabbinico b•rf li (4 coli. 1276 ss.),
34. Ma qui si tratta dell'ordinamento che poteva indicare l'uomo singolo, sen-
della civiltà, i cui fondamenti materiali za pericolo di malinteso. Qui è aggiun-
sono conservati dai lavoratori, e non to CÌ.\l~pwm\loc; per assicurare la chiarez-
dell'ordinamento dello stato. Il nostro za dell'espressione nell'ambito della lin-
passo va interpretato in base agli usi del gua greca. La 2 Petr., dunque, esorta le
termine a noi noti, senza dimenticare il comunità a sottomettersi ad ogni cate-
contesto, che ha un'importanza decisiva. goria di uomini, e precisa esortando i
Già il fatto che r.éic; sia senza articolo liberi a sottomettersi ali' autorità, gli
( micw. &.viJpwnlv'l) x-.lcnc; = ogni specie schiavi ai padroni, le donne ai mariti;
di ~-.l<nc; umana), allarga la cerchia dei questi, poi, abbiano riguardo per le lo-
riferimenti. Inoltre, non si può negare ro mogli, e tutti si sottomettano gli uni
che la parola-chiave urco-.ét<rcre<ri7at (sot- ~gli altri in umiltà. Essere -.anEw6q>po-
tomettersi) nel contesto remoto è ripre- \IEc; (3,8) vuol dire subordinarsi agli al-
sa coscientemente più volte (2,r8; 3,1); tri, come fa, ad es., chi benedice il ne-
si tenga inoltre presente che ciò che mico che insulta; cfr. l'uso di una for-
in 3,7 è detto agli uomini in riguar" mula esattamente corrispondente nella
do alle loro mogli e, in sintesi, in 3, espressione di Phil.2,3: -cn 'tCJ.1'ELVo<ppo-
8 s. si dice a tutti, è un'esortazione a 0"1.Jvn aÀÀ:riÀ.ovc; 1)youµEVOL Ù'ltEPÉXOV-
prestarsi un servizio vicendevole, in 't a.e; È<:w-cwv.
una specie di subordinazione volontaria. W.FOERSTER
xu~ÉpVTJCTt<;
MouLT.-MrLL. 363; bibliografia sul problema volta questi arruola soltanto il xupi;:pv1rtTJc;, e
della struttura della chiesa e sulla direzione · il xupEpv1rn1ç arruola il resto della ciurma,
della comunità ~ è1tluxo1toç III, coll. 756 ss. Plut., praec. ger. reip. 13 (n 807b). Il xuPEf>-
I Va notato, a questo riguardo, che XU~Epvi] viJ-."fJc; è quindi \IEW<; GtPXLX6t; (Plat., resp. 6,
't'l'J<; qui non è soltanto il timoniere che deve 488 d; ~ sotto). Cfr. l' àì.:ril>wòç xuPEpv·l)-
eseguire determinati ordini, bensl il capitano 'TTJ<; (ibid.), che designa ugualmente colui che
responsabile davanti .al proprietario della nave ha la responsabilità della guida della nave, il
(va:vxÀ:TJpot;), che fa anche lui il viaggio. Tal- capitano. Cfr. Class. Rev. x6 (1902) 386 s.
I 331 (III,1035) xu~Ép'llT}<Ttc; (H. W. Beycr) [UI,1035) 1332
àv-ci.À:nµ~w; e yivn -7 y À.uYJ<Jwv, an- direzione. Dio concede una grazia, quan-
che le xuBwv1Jo-etc;. Queste possono es- do dona i carismi che rendono atti a gui-
sere soltanto doni particolari che rendo- dare. Certo, si resta sorpresi nel vedere
no un cristiano capace di servire la sua che nel v. 29 («Sono, forse, tutti aposto-
comunità come timoniere, come buona li? tutti profeti? ... Hanno forse tutti il
guida del suo ordinamento e pertanto dono delle guarigioni» ecc.) non si chie-
della sua vita 2• Quale fosse, al tempo de se tutti abbiamo il dono delle &.nt·
di Paolo, l'ambito di quest'attività di- À:i}µ~w; e delle xu~EpV1]0"etc;. Ma l'as-
rettiva, non sappiamo. Certo, essa era senza di questa domanda si spiega age-
in via di sviluppo. Siccome l'importan- volmente, giacché in caso di necessità
za del timoniere appare in luce più ogni membro della chiesa deve assumer-
chiara quando infuria la tempesta, è si il ministero della diaconia e dell'am-
probabile che il ministero del governo ministrazione 3. Perciò questi uffici pos-
della comunità si sia particolarmente sono anche esser conferiti mediante ele-
sviluppato proprio nelle difficoltà inter- zione comunitaria, a differenza di quelli
ne ed esterne. L'annuncio della parola menzionati nel v. 29. Ma ciò non signi-
non sembra esser stato uno dei suoi fica che anche per il corretto esercizio
compiti originari. Per predicare ci sono di questi ministeri non occorra il ca-
gli apostoli, i profeti e i dottori. Ma risma divino 4•
questi, allora, non possono essere i de-
tentori del vero e proprio xciptO"µct xu- 4. La raffigurazione della chic.sa co-
me una barca e di Cristo come timonie-
Bepv1)aewc;, giacché questo nell'elenco re è assai antica 5 ( cfr. Tertull., de ido-
viene dopo. L'accostamento di &.v-ct- lolatria 24 [CSEL 20, p. 58]; bapt. 8
À:{jµlfieic; e xu~epvtJo-rn; sta a provare [CSEL 20, p . 208] ). Ippolito (de An-
tichristo 59 [GCS, ed. H. Achelis I 2
che i detentori di questi carismi sono
p. 39]), commentando Is.I8,1s., dice:
gli btlo'Xo'ltof. (~III, coll. 774ss.) e i «Il mare è il mondo, in cui la chiesa è
OtCbtO\IOt (-7 II, coJJ. 972 SS.), menziona- sbattuta dalla tempesta , come una nave
ti per la prima volta in Phil. r, r o i 'ltpoi:- sull'oceano; ma non affonda perché ha
con sé Cristo, l'esperto timoniere». An-
<T'tctµevoi di Rom.r2,8 . Nessuna società che su un sarcofago di Spoleto egli è
può sussistere senza ordinamenti e senza raffigurato mentre tiene il timone con
la sinistra e ha la destra stesa in atto sti una via ... la speranza del mondo, ri-
di comando 6 • Siffatti documenti sono fugiatasi in un'arca ... guidata dalla tua
frequenti nella letteratura e nell'arte 7 • mano ... ». Qui Dio è anche immaginato
L'immagine non deriva solo dal N. come pilota della nave. Così nelle Pseu-
T. Nel racconto della tempesta sedata doclementine 14 (ed. A . R. M. Dressel
i discepoli stanno su una barca, e Ge- [1853], p. 20) troviamo: «Dio sia per
sù è, sl, colui che ha potere sul vento voi signore di questa nave, e il timonie-
e sulle onde, ma non è il timoniere. È re sia paragonato a Cristo». Un po' alla
evidente che alcune concezioni dell' A. volta l'immagine si venne sviluppando e
T. hanno concorso a coniare l'immagi- in essa trovarono posto anche il vesco-
ne. Già in Tertulliano l'immagine della vo e il clero. In questo simbolismo, Cri-
chiesa non è la barca dei pescatori sul sto come timoniere è colui che guida la
lago di G enezaret, ma l'arca di Noè. chiesa in tutti i frangenti e che salva
Essa è una delle rappresentazioni più nelle tempeste della vita i credenti in
popolari della pittura cristiana antica 8, pericolo. Il mare del peccato ingoia l'uo-
e quella che vien celebrata è la sua sal- mo, come uno che viaggia in barca sul
vezza ad opera di Dio. Sap.14,3 ss.: 1) mare (Prov.23,34). Ma Cristo guida la
oÈ <rii, 1t6.:tep, OLaxu~Ep\lq. 1tpovoLa, O"t't barca della vita dal mare del tempo al
eowxcu; xal f.v V'aÀrurun 6oòv .. . 1J H,- porto dell'eternità. Cfr. Andrea Grifìo:
1ttç 'tOU 'XOCTµO\J É1tl <1XE0laç Xa."t'a.cpu- «Guida tu stesso la tua barca e dirigine
youo-a... "t'TIun xuBEPVT}iki:O"a. XEtpl, «la il corso», e Johann Daniel Falk: «Co-
tua provvidenza, o padre, guida {il noc- me le onde si agitano con rabbiosa dis-
chiero), poiché anche nel mare tu apri- sennatezza».
H. w. BEYER
t xuµ~cx.À.o\I
Questo termine, che nel N.T. ricorre Xuµf3a.À.a. corrispondono i mc#ftàiitn I
soltanto in I Cor.13,1, deriva da xuµ- (dove ~ll significa tintinnare, suonare,
~T), xuµ(3oç (specialmente nel senso di risuonare). Così nel p1·imo e secondo
'recipiente cavo, scodella, bacinella') e libro delle Cronache, in Esdra e Nee-
designa una bacinella metallica, che, mia. In I Chr.13,8 ed altrove si ha una
battuta contro un'altra, rende un suono serie di strumenti musicali: Èv \j;a.À-i-~
squillante. Un tale oggetto veniva usa- ooi:'ç xa.t È'V XLVUpa.Lc; xa.t È'V vaf3Àa.Lç,
to specialmente nel culto. In testi me- È\I "t'Uµ1tcivoiç xat È\I xuµBciÀoiç xat Èv
no antichi xuµf3rx.Àa. trova spesso accan- uciÀ.mysw. Cfr. r Mach.4,54; 13,51;
to a 't'Ùµ7ta.\la.. Iudith 16,1 {tutti senza il corrispettivo
L'uso ebraico si deduce da un gran ebraico). In Ps.150,5 (cfr. anche Sim-
numero di passi dei LXX, nei quali ai maco): al\IEL"t'E a.ù-.òv Èv xuµ~ocÀ.otç eù-
rio defini il grammatico Apione cymba- cante 12• In questo contesto trova la sua
lum mundi. Analogamente, Tertulliano collocazione, in contrasto con l' &:y<htTJ,
in de palio 4 (MPL 2 p. 1098 a) così pre- il contegno tanto caro ai Corinti, e in
senta il filosofo nella sua problematici- particolare la glossolalia.
tà: Digne quidem, ut bacchantibus in-
dumentis aliquid subtinniret, cymbalo Ad ogni modo, questi riferimenti
incessi! 10• Nella sua vanità il filosofo conferiscono alla denominazione xuµBa-
non è dunque altro che un baccante in- Àov aÀ.ctÀcisov una espressività singo-
vasato 11 • Il filosofare mondano non è
lare 13• K. L. SCHMIDT
che tintinnio sonoro, insensato e vano,
che s'accompagna all'agitarsi del bac-
xuvcip1ov ~ xvwv
xupioc;
In generale. La bibliogr. fino al 1924 in W. men t11td Gotlesvontellung bei den -SemiJen:
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Dn1ssMANN L.0. 298-310; LIF.TZMANN, Rom. SuC:
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TEL, ]abvé, RE 1 vm ( 1900) 529 ss.; H. SCHMO·
SuB: KEL, ]ahwe und die Fremdvolker (1934); C.
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\17ar ]esus ]ude? (1923) 24 ss., specialmente el; 1: L'a11cie11 Jahvisme (1931); K. G. KUHN,
27 s. 38.42 s.; F. DOPPLER, in Opuscula Philo- jw, jhw, jhwh, in Orientalist. Studien, E. Litt-
loga 1 (1926) 42-47; O. EissFELnT, Gottema- mann·Festschr. (r935) 25 ss.
1343 (m,rn39) xuptoç (W. Foerster) (m,ro40) 1344
Il termine 'Signore' nella nostra lin- diritto che trascende tutto ciò cbe è so-
gua è l'espressione più comune di una lo naturale e utilitario. Questo diritto
situazione inerente esclusivamente al- innalza al concetto etico di proprietà il
l'àmbito personale dell'esistenza; in tale stmplice possesso temporaneo, all'auto-
situazione, che è parte essenziale della rità del sovrano la momentanea supre-
persona, viene esercitata un'autorità su- mazia del forte, alla superiorità dei ge-
gli uomini e sulle cose. Nel campo pura- nitori sui figli la sottomissione forzata,
mente umano l'uomo può essere sogget- ulla dignità dell'ubbidienza richiesta e
to ('signore') di tale autorità oppure og- della responsabilità accollata il potere
getto ('servo'); nel suo rapporto con -sociale del padrone sui 'sudditi'. Sembra
Dio ne è oggetto. Nel concetto di signo- che .fin dalle ori1dni, quali son lasciate
re bisogna unire in unità organica due intendere dall'uso linguistico, abbia pre-
aspetti: l'esercizio del potere in quanto so corpo la coscienza dell'unità propria
tale e il modo personale di tale eserci- dei due aspetti. Possiamo constatare co-
zio, che, al di là della diretta costrizione me, per comprenderla, si siano fatti i più
esteriore, tocca la sfera etico-giuridi- svariati tentativi, senza che, in tutta la
ca. L'esercizio del potere in quanto storia della cultura e della religione, si
tale si incontra anche fuori dell'ambito sia giunti a una piena comprensione del-
umano, come espressione di un ordine la compenetrazione organica dei due a·
funzionale (cosl, ad es., tra gli animali spetti. Per giungere a questo è neces-
il più forte è il capo). Tra gli uomini sario che l'uomo riconosca in Dio il
il momento decisivo nell'esercizio del creatore che, nella sua potenza assolu-
potere è costituito dal fatto che esso, ta, lo 'pone', cioè lo crea; cosl facendo
nella sua impostazione di fondo, non va egli è anche autorità assoluta, sottomet-
legittimato da un qualsivoglia princi- tersi alla quale, nell'ambito della rivela·
pio utilitaristico, ma da un'istanza di zione biblica, non significa servitù ma
libertà. In essa, a una umanità che ri- "t'ÒV xvptW"t'Epov 't'oli 'OouCTO"Éwc; EL<; O"o-
getta da sé la sottomissione al suo crea- cpl~ Myov, «essendo egli più forte di
Ulisse nei ragionamenti di saggezza».
tore, se ne contrappone un'altra a cui Inoltre bisogna -richiamare Isthm. 5 ,5 3:
viene richiesta ubbidienza con l'autori- o
ZEvc; 1t6.V"t'WV xupto<;, «Zeus, signore
tà dell'amore servizievole e misericor- dell'universo», dr. Plut., de/. orac. 29
(II 426 a): se ci sono molti mondi, è
dioso di Dio. I rapporti col Signore ven-
necessità che vi siano anche molti Zeus
gono cosl del tutto rinnovati. e non uno solo, oloc; o 1tct.p' 1]µt'v xu-
ptoc; àmiv...wv xctt 1t1X."t''ÌJp È1tovoµas6-
A. IL SIGNIFICATO DEL TERMINE XUpLO<; J-LEVoc;, «tale da essere chiamato da noi
uomini: 'signore dell'universo e pa-
6 xoptoc; è aggettivo sostantivato, da dre'» 2• In generale xuptoc; non conno-
xuptoc;, che, a sua volta, deriva dal so- ta il possesso di forza fisica . Il più vi-
stantivo 'tÒ xvpoc;. Alla sua base si trova cino a Plutarco è Aristide (6[1,322b]):
una radice indogermanica keu/kii, che tre atteggiamenti animano l'uomo in-
significa 'ingrossare' (dr. xuÉw, ityxuoc;, nanzi al divino: ~fiÀ.oc;, qib~oc;, 't'Lµ1} ...
ityxuµwv, xuµct), quindi 'essere forti'; Èx1tÀ.1}'t't'Ecrl}rtL oÈ xa.t SdiLÉva.t xa.'t'~ 'tÒ
per xop-toc; bisogna considerarel'antico %Upt0\I xat OUVa:tOV, «Zelo, timore, ono-
indiano siira, 'forte, intrepido, eroe''. 't'Ò re... ma essere colpiti e temere secon-
xvpoc; (a partire da Eschilo) significa do la forza e la potenza (per la forza e la
autorità, potere (Aesch., Suppl. 391: potenza)». Qui il termine designa piut-
oòx itxouow xupoç ou8Èv aµqit O"OU «non I tosto la forza che può comandare. De-
hanno alcun potere su te») e anche mosth., or.50,60 sulla madre morente:
decisione, sanzione (Soph., El. 918 s.: OÙXÉ't't 'tW\I l:l\l't'W\I xupla oucra., («che
Ti oÈ \IU\I i<Twc; "lt'OÀ.Àwv V'ltap!;Et xupoc; ormai non aveva più potere sulle cose
'Ì}µÉpr.t xrtÀwv, «questo giorno forse sa- presenti»); 8,69 : una concezione nella
rà fondamento decisivo di molti beni». quale 1tÀEt6vwv 1} 't'UX'I') xupla yl\IE'ttxL
r. Di qui viene l'aggettivo xuptoc;, iì ol. Àoytoµol, «è più vasto il potere
potente, e specialmente che ha potere le- della fortuna che quello della logica»;
gale, giusto, valido, autorizzato, compe- I 8 ,I 94: où ... 'ttjc; 'tUX1}c; xuptoc; -i'}v à:À.-
J
tente, legittimo, e anche importante, )..: È')çel\11] -twv 'lttivi:wv, «non lui domi-
decisivo, fondamentale. Come aggetti- vana sulla fortuna, ma questa su tutti»;
vo, xuptoc; è in uso dal periodo classico ibid. 321: -rov-tov yàp ii <pucnc; xvpl'11,
a quello neotestamentario; manca inve- -tou 5uvmri1at 5È xat LCTXUEW E'tEpct,
ce nel N.T. e nella letteratura tardo-giu- «infatti, ciò dipende dal carattere, men-
daica; questo, perché il termine ebraico tre il poter agire e l'esser forti dipende
e an1maico equivalente al sostantivo b da altri fattoti». Spesso si incontra l'e-
xvpto<; non ha alcun aggettivo corri- spressione XVptoc; "{EV6µEvoc;, a proposi-
spondente. to dell'occupazione, in guerra, di una
a) Potente. Pind., Olymp.1,104: SUvrt- città; Plut., quaest. conv.6,8,2 (n 694c).
µLv xuptW"t'Epov, «più elevato in poten- xuptoc; indica anche il possesso, ad es. di
za»; dr. fr .260 (ed. W. Christ.[ 1896]) -denaro; Demosth., or.21,98; 27,55 s.
a proposito di Palamede: O\l'ta µÈv aÙ· ecc.; Plut., fort. 1 (II 97 e). Inoltre de-
signa il potere che l'uomo ha di disporre Detto di per:;one, con in:Gnito o partici-
cli se stesso; Plat., ep. 7 ,324 b: El M.-.- pio, significa autorizzato, abilitato, com-
't'O\I ȵIX.V't'OU yEvolµT}V XUpt.oc;, «sé più petente a; Demosth.," or.59,4: xuptov
in fretta fossi diventato padrone cli me o' 1)youµevoc; OEt\I 'tÒ\I ofiµov e7:vai. 1tEpt
stesso». Aristot., eth.Nic. 3,6 p. rn3 b "t'WV a.v'tou o 't.t 8.v Poul11-ra.t 1tpéX.~ai.,
32: xvpLoc; 't'OV µ:i) µ.Ei}ucrD'ijva.L; Plut., «titenen:do che bisogna che il popolo sia
quaest. conv. 8,9,2 (II 731 e): a.ò't'oxpa.- autorizzato a fare ciò che vuole nelle
't'Èc; SÈ -ti \jlvxii xa.t xupLO\I, «l'anima è cose che. lo riguardano»; Eur., Suppl.
indipendente e padrona», apophth.praef. n89 s.: oihoç xuptoc,, 't'Upa.woc; wv,
(II 172 d): -.wv µÈv À6ywv ~q>i) XVptoc; '1ta<T1)C, VTCÈp yijc; àa.va.i:owv opxwµo-
au't'òc; dva.t, 't'wv SÈ 1tp&.çewv •t"t)v 'tu- 't'ELV, «costui, essendo re, può giura-
X'l'JV, «dei discorsi diceva cli essere pa- re per la terra tutta dei Danai». Col
drone lui, ma delle azioni la fortuna». participio in P.. Eleph.1,r5 s. (contrat-
In genere xuptoc; è l'elemento decisivo; to di matrimonio, 3rr/ro a. C.): xU..
Plat., resp. 4'429 b: che una città sia ptot. SÈ fo-rwcrri.v 'Hpa.xÀElo11c; xat à'TJ-
coraggiosa o vile, cUpende dai suoi sol- µ'TJ'tpla... 'tW; c;uyypa.cpàç a.Ò'tot ~àc;
dati; gli altri OV ... XVPLOL /J.v efav fi -.ola.V a.v-çwv cpuÀacrcrov·tec;, «Eraclide e De-
a.v't1)v e7:va.i. il 'tola.v, cioè non possono metria siano responsabili n.d mantenere
fare che sia cosl o cosl. questi loro patti»; Polyb.6,37,8 : xvpi.oc,
Il Scclµwv di un uomo in Dio Chrys., o' ÈCT'tL xa.t Sl]µtW\I o XLÀlcx.pxoc; xat t-
or. 2 5 ,r, è indicato come 'tÒ xpa.'tOV\I vexup&.~wv, «il chiliarca può infliggere
Èxcia"tov e si risponde affermativamente pene e prendere in pegno». Con l'infini-
alla domanda se esso sia qualcosa cli in- to in Andoc.4,9: 't'OU<; 81.x~'tcXC, à.1to-
terne> o di esterno all'uomo che lo guidi }.fom µlv xvplovc; Elva.i, «i giudici han-
e lo signoreggi (~~wikv ov &pxov 'tE xa.l no autorità di far perire». Seguito dal
xvpto\I 't'OV &vfrpW1tOV ); si spiega cosl genitivo significa avent~ autorità su
come re, comandanti, condottieri sia- qualcuno o quf!lcosa; Antiph., or.3,1,1
no divenuti per i sudditi dei buoni o (ed. L. Gernet [ 192 3] ): Ù7tÒ. .. 'tW\I \jn}-
cattivi 'demoni'; essere xuptoc; significa cpicraµ.ivw\l, ot xvpi.ot 1tMi)<; i:i}c; 'ltOÀ.t-
quindi esercitare un potente influsso. 'tELac; Elalv, «dai decreti che regolano
Chl è xuptoc; non . esercita certo un po- tutta la ·v ita della città», Isoc. r.9. 34:
tere diretto, brutale, esterno; 1~ sua for- 't''l')v µ11i:Éprx. xa:t 't'Ì}v à.oEÀq>-l)v 't'W\I a.ù-
za può agire in modo inafferrabile e pur 't'ou xupl~... 1ta.'tÉO"'ti)Q'E, «costinù la
inevitabile, come quella del destino. Per- madt:e e la sorella padrone dei suoi be-
tanto xup~oc; è la parola esatta pér dire ni»; Plat., leg. n,929 d: quando il pa-
valido, cioè avente valore di legge. Cfr. dre, atnl;llalato o impazzito, otxocpi>oPii ...
Andoc. x,87: o/ficptaµcx. oè µ'r)oÈv µ1)-rE wç W\I 'tWV ClÙ't'OV xuptoc;, «manda in ro-
aouMj~ µ1)-te o1)µov v6µov xvptW"t'Epov vina la sua casa... essendo padrone dei
Elvat., «nessun decreto né della bulé né suoi beni», la legge, cioè, gli dà potere
del popolo è più valido d'una legge». di fare quel che vuole del suo patrimo-
Detto delle leggi che sono in vigore, il nio. Il v6µoc; è xuptoç ~CW'LÀ.Euc; (Plat.,
termine significa legale, valido; Demo- ep.8,354 c); l'opposto è 'tUpa..woc;. P .
sth., or.24,x prospetta l'ipotesi che la Eleph.2,4 s. (285/4 a.C., testamento):
legge prevalga: XUptoc; Et ')'E\li)CTE't'tx.L. M.v 8É 'tt 1trtO"Xll Krùll<na.. .6.1.ovucrlou
Spesso nei papiri è detto di contratti, ~W\l'tOC,, xvpto\I El\lat. .6.tO\IVO'LOV 'tW\I
accordi, firme; ad es. P. Oxy. II 26r, u'lta.px6v'tWV, «Se Callista muore mentre
x7 s.: xupla. Ti cruyypa.q>Tjt (errore del è vivo Dionisio, disponga delle sostanze
copista; leggi: cruyypa.cpfi) (55 d.C.). Dionisio».
1349 (m,rn4r) "'xvpLoc; (W. Foerster) (m,rn42) 1350
l Non è qui il caso di considerare altri usi del-. sap. conv_ 12 (n,r55 d): la migliore casa è quel·
l'aggettivo, come xup(a ~xxÀ:r1a-la., xuptoç 't6- ln tv cI> 'TOLOU"t'6c;·to-'tw Ò 8tcm6·n1c; ot' cx.ih6\I,
Yoc;, xuptOV ovoµcx. ecc.; cfr. LIDDELL-SCOTT e, ofoc; ~~w otà. i:òv v6µov. Per il periodo classi·
ad es., l'indice dei termini di Aristotele. co cfr. G. BusoLT, Griech. Staatskunde, indice
4 xvptoç è anche il capofamiglia: P. Oxy. II cli F. JANDEBEUR (1926), S.fJ. xuptot;.
288,J6 (r sec. d.C.), D'altra parte, anche Plu-
tarco chiama 8Ea"it6i:11ç il capo della casa: sept_ s fr. 269 (n,u5,8 s., DmLs).
1351 (m,1042) xvp~oc; ( W. Foerster} (m,1042) 1352
'tOÙc; 'tot<; xuplo~c;. «pretendono i mede- so che non scompare mai del tutto, nem-
simi diritti dei loro padroni»); signore meno nella koiné): Dione Crisostomo
della casa (Demosth., or.47,60 [~nota nei discorsi de servitute (or.r4e15) usa
4] ). Si trova col signi.6.cato di colui 'che sempre OE0'7to't1}<; per indicare il padro-
c'è per qualche cosa, che ha un incarico ne dello schiavo. Caratteristico dell'uso
per cose determinate e ora le ha sotto fatto da lui e dalla lingua attica è or.
di sé'; cfr. anche Antiph., or.2,4,7 (ed. 14,22: Odisseo come mendicante ovl5Èv
L. Gernet [1923]) a proposito di uno 7j-r'tO\I ~rmtÀEÙç l)v xaL -rt]c; olxlac; xu-
schiavo che non veniva torturato: oòoÈ\I pr.oc;, «era tuttavia re e padrone della
ila.uµa.o-'tÒ\I g1ta..1Jev u1tÒ 't"W\I xuplwv; casa».
cfr. Plat., Crito 44 a: <pa.<rl yÉ 't"O Ò'Ì) ot Anche Luciano usa OE<T1tO't1}<; nel sen-
°t'OV'tW\I xuptot. so che ha xupr.oc; nella koiné. In dial.
Il secondo significato in cui comincia mar.7,2 Zefiro dice di lo: -i)µwv EO'"ta.t
a fissarsi xuptoc; è quello di 'tutore lega- ofoitor.v<X., O'V't"t\l(X. &v -i]µW\I ÈitÉÀU ÈXr
le di una donna, di una fanciulla': lsae- 1tɵljlat, «sarà nostra signora, chiunque
us 6,32; Demosth., or.46,15 e passim di noi tu voglia inviare». Gli antiatticisti
(per i papiri,v.APF 3 (1906] 409s.; 5 (anecd. Graec. r p. ro2,20): xupia..v ou
[1913] 472 e particolarmente4 [1908] <pa.O'r. OEL'V ÀÉyEW, &.À.À.à. XEX't1}µÉ\11}\I .
78-91 ). 't'Ò\I oÈ XEX't1}µÉ'VO\I µ1} ÀÉyE<rita.i &.v-.L
Entrambi i significati del sostantivo -rou oE<T7t6"Tou. La'tupr.xoi:c; (?) XEX't'IJ·
conducono ali' aggettivo nel significato µÉvov ÀÉyEr., <l>r.À.1]µwv xupia.v, «dicono
di 'autorizzato'. Il concetto giuridico è che non bisogna dire xuplet. ma XEX't1)-
chiaramente incluso in P. Hibeh 34,3 µÉ\l'Y} e che XEX't1)µÉ\loc; non si deve usa-
(243-242 a.C.), recante una proposta 1ì re per oea-7tbu1c;; nei Satirici (?) dice
'tÒ Ù7tosuyto\I a1toÒouva.t 'ti;> xuptfY, «O XEX'l'1)µÉvoc;, Filemone xupict»; quest'ul-
di rendere la bestia al legittimo proprie- timo termine è dunque un'eccezione. Nei
tario», oppure di pagarne il prezzo. Ari- frammenti dei comici attici si trova 5 6
stofane, Pl.6 s., mostra come in Atene volte -oEO''itO't'Y}c;, II volte OÉ0'7towa.; 7 ;
verso il 400 il valore giuridico fosse pre- mentre s'incontra xvpt.oc; come sostanti·
valente nel termine, quando descrive a vo soprattutto in contesti in cui non
tinte fosche la sorte di uno schiavo (al si adatta oE0"1tO'tT)ç, oppure in un con-
v. 2 il suo signore viene chiamato ÒE- testo che attenua le differenze tra ag-
0"1t6't'Y}<;): 'l'oil o-wµa.'t"oc; yàp oòx UJ, "Tòv gettivo e sostantivo. Filemone 8 : ȵov
XU(>LO\I XflO.'TEt\I Ò oalµW\I, lf.),,),,(J. 'fÒ\I yap ÈO''t"t xvpt.oc; µÈ\I El<; a\IT]p, 't'OU'tW\I
Èw\l'Y}µÉvov, «la sorte non consente al le- OÈ xctt <roil µuplw\I -.' &ÀJ.. wv v6µoc;,
gittimo proprietario (cioè allo schiavo «perché signore di me, è un semplice
stesso} di disporre del suo corpo, ma so- uomo, di costoro, di te e di migliaia
lo a colui che lo ha comprato»; se al po- d'altri è signora la legge»; qui xvpt.oc; è
sto di Èwv11µÉvov ci fosse oE<T7té't1}v ap- colui che ha voce in capitolo; OEO"'itO't1)c;
parirebbe chiara la distinzione tra xu- non sarebbe altrettanto chiaro; Alexis,
ptoc; e OE0"7t0..1)<; 6 • Nell'attico xupr.oç trae f~. 262 9 : quando ti sposi, où8È O"Ctu't'OV
dall'aggettivo il significato limitativo in- xupt.0\1 ~SEO'°t'W EL\ICl..t, «non puoi più es-
dicante il potere legale di disporre (sen- sere signore nemmeno di te stesso»; (~
coll. r346 s.); anche fr. r49 10: oùx àpxL- trovato la libertà, è ormai padrone di se
-.Éx-.wv xvp1.oc; -tijc; 1}5ovijc; µ6voc; xa.- stesso per il futuro», mostra il soprad-
iUcr't"l'}X', «il godimento artistico non di- detto uso linguistico.
pende soltanto dall'artista». In che rapporto stiano più tardi xu-
xvptoc; indica il proprietario solo in pLoc; e OECT1tO"t''r)c; è chiarito da Manuel
Critone (C.A.F. III 354, fr. 3 ): µeyciÀ.ov Moschopulos (verso il I300 d.C.), Syllo-
xvp1.ov ~a.1).av"t'lov ... -itot110"a.c;. In Me- ge V ocum Atticarum 12 s.v. OECT1t6"t't)c;:
nandro è usato come sostantivo per in- OE0'1tO't'r}<; À.ÉyE't'a.t. 1tpÒc; oouÀ.ov, X.UpT.Oç
dicare il tutore (epit.89), il padrone del- oÈ 1tpòc; ÈÀ.eui}epov, «lìECT-ithric; si dice in
lo schiavo (peric.r86) e in Sam.287 E- rapporto a chi è schiavo, xuptoc; in rap-
ros (ò -tfjc; ȵfjc; vuv xvptoc; yvwµt)c; porto a chi è libero»; S.V. 5ÉCT1tOL\ltx.: OÉ-
"Epwc;) 11 • W. Schmid, Der Atticismus CT'JtOL\l<X. À.ÉyE"t'tx.t. où µ6vov Ti Ba.CTtÀ.lc;,
in seinen Hauptvertretern (I887-I897) àÀÀ.à. xat 'li "t'OU otxov OE0'1to"t'tc;, iìv
nell'indice riporta xup1.oc; solo come ag- lotow"t'txwc; xuplav q>aµiv, «5Écr1towct è
gettivo. Eustazio di Tessalonica ( Opu- non soltanto la regina, ma anche la pa-
scula, ed. Th.L.F. Tafel [ r832] p. 40 r. drona di casa, comunemente chiamata
90) dice: OitOV ye 1) eòyev'Ì)c; ti't'-ttx1} xupla». Pertanto nell'atticismo xvptoç
yÀ.wCT<ra.. "t'ÒV xup1.ov È1tt civ5pòc; 't'L~t)crLv, ha un ambito di applicazione molto ri-
~ yvvcx.i:xa. ò v6µoc; O'uvé~rn~E, «dove la stretto. L'estensione dell'uso linguistico,
nobile lingua attica usa xuptoc; per un che notiamo anche nel N.T., appartiene
uomo al quale la legge ha unito una don- alla koiné, alla quale va ascritto in par-
na»; Dion. Hai., ant. Rom.2,27,2; 't''Ì)V ticolare il più frequente uso del sostan-
ÈÀ.Ev~Epla.v EÒpaµevoc; a.u-.ou 't'Ò À.omòv tivo 13 •
i]5Tj XUp1.6c; ÈCT"t'L\I, «(lo schiavo) che ha Ne1la koiné OECT1tO"t''I'}<; e xup1oc; sono
usati spesso l'uno accanto all'altro. xu- stra anche Plutarco in Lucull. 18 {1
ptoc; e il proprietario di beni e di schia- 503 a), quando presenta una prigionie-
vi. Nel patto tra Mileto ed Eraclea 14 i ra di guerra che rimpiange la sua bel-
proprietari (legitttmi) di schiavi fuggia- lezza Wc; 8Ecr1t6't1)\I... ri.'ll't' &.v8pÒc; ctÙ-
schi vengono chiamati xuptot. Tuttavia tjj .. : 7tPOSEvTjo-a.cra.v, «perché le ha pro-
permane evidente una distinzione tra i curato un padrone in:vece cli un mari-
due termini. Epitteto usa. xuptoc; e 8E- to». Da Filippo, padre di Alessandro, il
CT7t6't'1'}c; spesso indistintamente, pet in- termine viene corretto {Plut., apophth.,
dicare il padrone dello !>chiavo; per es., Philipp. 4 [II I77 d]): µ<ikÀov 1toÀ.Ùv
diss.4,1,rr6. Ma per spiegare il suo con- XPOVO\I È-i}fl.•Et\I XP1JCT't6c; il OEl11tO'tT}ç
cetto di libertà preferisce xuptoc;, poiché oÀlyov X(X.À.Et0"1)1u, «preferiva essere
questo termine ha un'applicazione più chiamato buono a lungo, che padrone
vasta; diss.4;1,59: xuptoc; 7tlX.c; oc; 8.v És- per poco tempo». Il corrispondente è
oucrla.v ~xn -rwv v7t' a.1'.i't'ov -ttvoc; -i}EÀo- -tupo..vvoc; (Phoc:29 [1 754 e]) e X't1]µa
µé\lwv 7tpòc; 'tÒ 7tEpt7tOtfjcrm "ta.v-ra. fiv (Plut., praec.coniug.33 [II 142 e]): xpr.t-
Ò.q>EÀ.Écrì)a.t, «xuptoc; è chiunque abbia 'tEtV oè. -OEt 't'ÒV- &vopa -tiic; yuva.txòc;
potere su qualcuna delle cose che egli OÙX wc; 0ECT1tO't1)\I x-t1}µa-roc;, <ÌÀ.À.' wc;
vuole; sia per procurargliela sia per to· \f.IUXTJV CTWµO'..'t'Oç, «UD marito deve do~
gliergliela»; i ricchi sono oi -tòv xvptov minare sulla moglie non come un padro-
-tÒ\I µÉyav EXO\l't'Ec; xa.t 7tpòc; -rò ÈxEl\lou ne su una cosa, ma come l'anima domi-
veuµa. xa.t xlv'l'}µa swv·m;, «coloro che na il corpo». Ma xuptoç è chi ha la
hanno un signore potente e che vivono È~ouafa, il potere. L'aspetto della legit-
ai suoi cenni e alle sue mosse» (4, 1, timità, insita nel termine, appare talvol-
145). Pur nell'uso scambievole (diss. 4, ta con chiarezza; Plut., Aratus 9 (1 1031
1,12 s.), la distinzione fra i due termini b), a proposito degli esiliati: xa'teÀ.it6v-
è sempre evidente. Il senatore chiede 't'Eç OÈ ol 1tÀ.EtCT't'Ot 1tÉ\11)'t'Eç wv xvptOL
chi potrebbbe costringerlo Et µ'Ì) Ò mXV· 1tp6't'Epov i'jcrrx.v ÈTCEÀ.aµ~civov-to, «la
't'W\I xuptoc; Ka.icrap, «Se non Cesare pa- maggior parte, ritornando poveri, riven-
drone dell'universo»; e Epitteto ribat- dicavano i beni dei quali prirna erano pa-
te: ovxovv ~va. µev 8Ea-n6't'r)V a-rx.u-cov droni». I xvp~ot -ti}c; òÀ.x&8oc; sono
xcd '!" rx.v-c6c; wµoÀ.6y'r)crtu;, «dunque, coloro che sulla nave hanno autorità:
tu stesso hai ammesso d'avere un pa- Plut., Mar. 37 (I 427 a); .Arato dice a
drone». Filippo il Macedone (Arat.50 [1 1050
Il senato!e chiama xup~oc; l'imi>era· e]): «Se tu inizi con fiducia- (1ttCT't't<;) e
tore in quanto ha potere e diritto di con bel garbo (xapLc;) -rwv µl'V 1)yeµwv,
disporre su tutto, mentre in base al con- 'tWV OÈ xvpioc; 1)51) xa~éCT't1)XCX:ç, «sei
cetto di libertà di Epitteto egli è uno già capo deg1i uni (scil. dei çretesi) e
schi~vo avendo su di sé il proprio 8é- signore degli altri ( scil. dei Pelopon-
cr7t6't1)c;. Facilmente, quindi, in 8E0"7t6- nesiaci )». Poco prima aveva dato la
't'1]c; si ha un senso di durezza, come mo- spiegazione di entrambi i concetti: «Seb-
lJ.)..)..oç x6pLo<; revncrE-ra.b... Cfr. anche or.23, te:. or.5,1·7; 6,25; 15,27; 18,296; 19,69; 20,16
69 (l'accusatore, anche quando ha ragione, non [ =-rupuwo.; 20,15) e in alcuni dei passi citati
diventa x6pioç -ro\i ò:Mv-ç~·. ò.)..)..' txElvou µtv sopra. Essere xvp1.oç significa detenere i più al-
ot v6µoL XVPLOL XOÀ.fXO'OCL xat ort; 'ltpOO''thax- ti poteri dello stato, G.BusoLT, Griech. Staats-
'tm ·w.iha). Demostene usa OE0'1tO'tllt; come kunde 1 (1920) 304 con la nota 4.
sostantivo che denota la posizione del sovrano 14 DITT., Syll.J 633,95. Altri documenti in PREI-
rispetto ai sudditi e alle città e regioni sogget- SIGKB, Wort.,s.v.
1357 (m,1043) xvpioc; (W. Foerster)
bene tu, Filippo, non abbia conquistato tanto più xupi.oç soppianta OECT1tO°tT}ç;
alcuna piazzaforte, miv't'Eç Éxouulwc; O"OL quanto più entra in contatto cop. la Jin.
'JtOLOUCTL 't'Ò 'ltp00"'t(1.a"lT6µgvov «tutti fan-
no di buon grado quanto vien loro co- gua scritta e si avvicina all'inizio del-
mandato»; qui xuptoc, è colui alla cui au- l'età ellenista, tanto più in xup1.oc; si
torità si ubbidisce. Cfr. Plut., apopth., avverte il momento autoritativo e giu-
Lac. Pausanias Plist'onactis 1 (n 2.30 s.):
"t'oùc; v6µovc; ..• "t'WV &.vopwv, où 't'oùc; liv- ridico. L'interessante passo di Luc., Ni-
opcu, 't'WV v6µwv xuplouç Etvm OEL, «le grinus 26, può fare da conclusione: il
leggi devono signoreggiare gli uomini, filosofo disprezza i beni terreni dimo-
non gli uomini le leggi». In apopht., A-
strando, O"t'L "t'OU't'WV µÈv q>UaEL ovoe\16c;
gathocles 2 (II 176 e), XVptoc; indica il
padrone dello schiavo. Gli dèi, infine, foµEV xuptoL, v6µcv OÈ xat Otaoox;i) 't'i]V
sono chiamati xuptot in quanto possono x.pf\CTL\I <XU't'WV EÌc; à.6pt.l'Y't'OV 1Ctx.paÀaµ-
disporre di un settore del mondo; lat. ~a\IO\l'ç'Ec; 6).1.yox;p6vL01. oEu1t6'tat voµ1.-
viv.6(11113oa): "t'ÒV oÈ "t'fjç Évav'tlcx.ç
xupLov µolpm; ... "AtOYJV òvoµii~ou<TLV, s6µdrrx, «che per natura non siamo pa-
«il padrone della parte opposta chiama- droni di nessuna di queste cose, ma per
no Ade»; def. orac. 29 (11 426 a [ ~ legge ~ .Per eredità ricevendo l'uso di
coli. 1346]; quaest. conv. 5, 3, 1, 4 (II
675 s.): Poseidone e Dioniso 't'ijc; ùyp(ic, esse per un tempo indeterminato, ne
X~t yo\llµou XUpLOL OOXOUO"!.\I <Ì.px,ijç EÌ- siamo considerati i padroni· per breve
\l<XL, «sono reputati i signori del princi- durata». Qui xupi.oc; e OEcT1tO°t'rJC, non
pio dell'umidità e della fecondità». Con
possono venir scambiati.
xuptoc; l'inferiore si rivolge volentieri al
superiore, per sottolineare l'autorità e
la legittimità della sua posizione. Perciò, Non chiunque può disporre di qual-
a Rodi, Cassio viene salutato come ~a cosa o di qualcuno viene chiamato xu-
cnÀ.EÙ<; xtd XUfM<;, e la risposta taglien- ptoc;. In genere vien chiamato così il
te e' questa: Ou"tE 1! (l '\ \
µl'Xl'YL11.EVç "
OU"tE . ,
xupi.oc;, possessore (legittimo) (anche dello schia-
'tOU OE xuplou xat BrxcnÀÉwc; cpo\IEÙç x~t vo), a prescindere da speciali locuzioni
xoÀwr-cT)c;, «non re né signore, ma uc- giuridiche. In particolare, gli ufficiali
cisore e persecutore del signore e del statali in quanto tali non vengono chia-
re» (Plut., Brutus 30 [r 998 b]), men- mati xupLOL. Tuttavia si afferma a pòco
tre Bruto stesso dice ( 22 [I 994 e]): oi a poco l'uso di rivolgersi al superiore
oì 1tp6yovo1.••. i)µWv oMÈ 1tp~ouç OEl'Y1to· con l'appellativo XUpt.E ("upi.a} e desi-
"tac; V1t~~LVOV, «i nostri antenati non gnarlo come "upioc;, spesso aggiungendo
tolleravano nemmeno padroni modera- - quando si tratti di ·pubblici ufficiali -
ti». l'indicazione dell'ufficio. Le lettere dello
stratega Apollonio, al principio del n
sec. d.C., dimostrano che nòn solo i suoi
xuptoc; è colui che può disporre di
dipendenti e i suoi schiavi, ma anche gli
qualcosa e di qualcuno, OE0"1t6>t'l)c; chi abitanti del villaggio lo chiamavano xu·
possiede qualcosa o qualcuno. Ciò mo· ptE (P. Giess.61,17 [r19 d.C.], mentre
stra fino a che punto i due termini si un ricco armatore (vauxÀ.T)poç) alterna
cplÀ-ta'tE e xup~E (P. Giess.II,I2.20
differenziano. Quanto più la lingua è [ r r 8 d,C.]} e la sua famiglia (con una
popolare e più vicina al tempo del N. T., sola eccezione, v. sotto) non lo chiama
1359 (m,1044) xòpioc; (W. Foerster) (111,1045) 1360
mai cosl. Da parte sua Apollonio si ri- g1tuma; ma già nel 266 d.C. si trova
volge al suo superiore chiamandolo 1)ye- l'appellativo oÉ0'1to-ta.1}yEµù.>v (P. Tebt.
µwv xvptE (P. Giess.4114.9.13). 326,3), e nella lettera sopra citata (P.
È possibile seguire questo uso lin- Oxy. 1 123) il padre chiama il figlio oÉ-
guistico :fino al 1 sec. d.C. In passi di cr1to-tli. µou, e parla della oÉ<11toL\ltt µou
Epitteto xvptE è usato per alti funzio- µ1rt1Jp ùµWv (r. 22). Anche fra i titoli
nari (diss.4,1,57), filosofi celebri (diss. imperiali xuptoc; cede sempre più a OE-
3,23,n.19), il medico (2,15,15; 3,10, CT1t6"t1]c;.
I 5) e l'indovino ( µliv'rn;, 2 ,7 ,3 ); il ci-
nico è apostrofato xuptE a:yyEÀ.f: xcx.L Per sintetizzare l'intero processo se-
xcx.'t'ritTx07tE (3,22,38); in ench. 40 di- mantico, diremo che xupt.oc; - origina-
ce che le donne che abbiano compiu-
to 14 anni dai loro mariti vengano riamente la persona delegata, autoriz-
chiamate xuplat. Secondo Dio C. 61,20, zata a disporre - non metteva in luce
1, Nerone quando suonava il liuto si ri- l'aspetto dispotico, rilevabile facilmen-
volgeva agli spettatori chiamandoli xu-
ptol µOU. Di XUptoç 1)yEµWV parla già, te in OECT1tO'tl]c;, e proprio perciò ve-
nel 45 d.C., il P . Oxy. II 283,18; simil- niva usato dagli schiavi come garbata
mente P. Oxy. I 37 II 8 (49 d.C.): •ck adulazione nei confronti del padrone15 ;
Ù1tÒ "tOU xuplov i)yEµbvoc; xpdMv't'cx., e
cosl nella lingua parlata OE<T'ltO't'1)c; fu a
nel 71/72 d.C . (P. Tebt. 302,1r.20) per
l' 1]yEµWv è attestata l'espressione: O"ov poco a poco messo da parte. Per il me-
't'E 'tOU xuplou ypalJicx.v-toc;. Una testimo- desimo motivo, giacché OE<T1tO'tl]c; sot-
nianza, che pare sia isolata, risale al I tolineava con forza il carattere diretto
sec. a.C. (BGU 1819, 2 [60/59 a.C.J):
'tr'i) xupl~ tT't'pa:t11y<;>. Se già nel r sec. e illimitato del 'possesso', agli inizi del-
d.C. (BGU 665 II 18) un figlio si rivol- l'età bizantina questo termine ricomin-
ge al padre con xuptÉ µou, come fa pro- ciò ad essere preferito.
babilmente Ermeo col fratello e strate-
ga Apollonio (P. Giess.85,16, inizio del Pertanto all' inizio del periodo elle-
n sec. d.C.), questo appellativo può es- nistico xvptoc; usato come sostantivo era
sere ancora espressione di una certa su- ancora relativamente raro e aveva il si-
bordinazione; ma che dire, se anche il
gnificato ristretto di 'signore legittimo,
padre :finisce per rivolgersi al figlio con
xuptE? (cfr. P. Oxy. 1 123,1: xvpl~ proprietario, procuratore'. Più tardi dèi
µou VL<{} a1.ovvtToilÉtù'VL ò '1tCX.TIJP xctlpEW, e sovrani vengono chiam·ati xuptot.; ma
r. 24: xupt.E vti [III-IV sec. d.C.J ). Per tale uso linguistico non può essersi svi-
altre notizie cfr. DOlger ~ xupla, nota
bibliogr.). luppato nell'ellenismo. Né Filippo il
Ancor prima dell'inizio dell'era co- Macedone, né Alessandro Magno o uno
stantiniana OE0'1t6TI}c; comincia a sop- dei primi diadochi possiamo provare che
piantare xuptoc; in ogni campo. In P.
Oxy. I 67,ro (338 d. C.) viene usato venissero chiamati x.vp1..01.., e neppure
OECT7to't'lcx. per indicare la proprietà le- qualche divinità di quel tempo. Infatti
1s In due lettere conservateci da Flavio Giu- padrona Ti ȵ"Ì) xupla; Giuseppe invece (ìbid.
seppe, ant.17,137.139, la schiava chiama la sua 138) la chiama òécrnowa..
xùpLoç (W. Foerster} (m,1045) 1362
il famoso passo del peana che gli Ate- cui l 'uomo deve riconoscere autorità, sa-
niesi, nel 306 a.C., cantarono a Deme- pendo che deve sottomettersi ad essa in
trio Poliorcete 16 : 7tpW'tO\I µb1 ELPTJVll\I quanto è superiore. Se manca l'aspetto
1tOl7)C10V, cp0vt"r.(/tE, xupLoç yàp EÌ <lU, della legittimità, alla religio succede la
dev'essere tradotto: «giacché tu lo paura degli spiriti, dai quali l'uomo cer-
puoi, ne ha il potere» (-7 col. 1346). ca in ogni modo di difendersi e contro
La prima testimonianza di xupLoc; at- i quali lotta. Se manca l'aspetto della
tribuito a un dio è nei LXX; ma, dopo potenza, la divinità è solo un'idea. En-
quanto s'è visto, non è possibile con- trambi gli aspetti - potenza e diritto
cludere che la versione greca si riallac- concepiti come un tutt'uno - sono con-
ci a un uso linguistico già consolidato17. nessi nella persona che li detiene. Infat-
La più antica testimonianza dell'evolver- ti il diritto e il suo corrispettivo, la re-
si dell'uso linguistico ellenistico è il sponsabilità, sono categorie applicabili
trattato, di cui ci informa Polibio 18, tra solo fra persone. Neppure nel concetto
Filippo VI di Macedonia e Annibale: di Dio della religione greca è del tutto
É<p' ~'t' Etvm. O'cp~oµÉvovc; ... xvplovc; assente l'elemento della potenza perso-
Kapx7Joovlovc; xat 'Awlf3a.v 'tÒV CT'tpa- nale e legittima, che si esprime nel con-
't'rJY6v. Una successiva testimonianza è cetto di 'signore'. Nel greco classico, e
costituita dalla traduzione in greco del sporadicamente anche più tardi, viene
titolo di faraone, mediante le locuzioni riferito agli dèi il termine ÒEC17tO't7)<;
XUpLoç ~rx.'11.À.ELWV 19 e xvptoc; 'tpt.axov- (oÉCT1towa), che indica il rapporto degli
't'IXE't'l')plowv 20 • dèi con la natura e con gli uomini. Tut-
tavia nell'umanità in genere, nell'ambi-
B. DÈI E SIGNORI COME xuptot. to sia politico che religioso, greci e 'bar-
In nessuna religione può mancare, bari' si distinguono proprio in quanto
nel concetto di Dio, l'elemento della po- i primi per tendenza fondamentale non
tenza legittima, cioè quella potenza a considerano né gli dèi come signori, né
16 Athen.6,63 (p. 253 e): l'intero passo, con nel contesto delle osservazioni linguistiche.
questioni connesse, in FoERSTER (- nota bi- 18 7, 9, J: . Cfr. U. KAHRSTEDT in: NGG 1923
bliogr.) no. Certo il passo è variamente inte- (1924) 99 s.: è semitico l'uso di dare agli abi-
so; dr. BAUDlSSIN (-nota bibliogr.) II, 288; tanti di una città il titolo di 'signori' di essa.
ma il significato aggettivale mi sembra risulta- È ellenistica la"scelta proprio di xupioç.
re anche dal contesto; cosl intende anche W.
19 APF r (1901) 48os. = DEtSSMANN, L.0.4
SCHUBART, Die religiose Haltung des friihen
300, n. 2 . (Tolomeo IV Filopatore, 221 - 205
Hellenismus (1937) 19.
a.C.): DITT., Or.9or. 1=CIG 4697 (196a.C.).
17 Di per sé il silenzio delle fonti non ha un 20 DITT., Or.90 r. 2 (- n. 19). Sulle due ulti-
valore assolutamente decisivo (tuttavia 4 me osservazioni dr. BAUDISSIN (-4 nota bibl.)
col. 1370); esso acquista però maggior peso u 288, note 2 e 3.
xupLOt; (W. Foerster)
21 Plat., ep.6,323 d: 'tÒ\I -.wv m'tv-rwv DsÒ\I si corrispondono. xUpLot; vuol forse sottolinea·
1)ysµ6wx. 'tW\I TE av-rw'V xat "tW\I µs).).6\l"tW\I, re la posizione del 'padre' come capofamigl~a?
-rou "tE 1Jyeµ6vo<; xat at-rlou 1tlXTÉpa xuptoV ~ n. 4.
orientali ed egiziane di Dio, si nota che dèi l'uomo non ha per principio alcuna
in Grecia gli dèi non vengono propria- responsabilità personale, e neppure essi
mente chiamati XUptoL del loto settore; affrontano l'uomo colpendolo personal-
l'esser signori non li caratterizza in sen- mente. Una preghiera rivolta ad essi, .in
so proprio, mentre in Babilonia e in E- fondo, non ha senso, cosl come non ha
gitto attingono la loro denominazione senso che Zeus sembri signore anche del
dalle realtà di cui sono signòri: «Ammi- destino. Ma ciò mostra soltanto the an-
riamo le gesta di Marduk, signore degli che qui si mette in luce un altro ele-
dèi, tutti gli dèi, tutte le dee, Anu, En- mento, che cioè un concetto· di Dio se-
lil, signore dell'oceano, Ea che signoreg- condo cui gli dèi sono solo le forme fon-
gia» 21.. Ciò dipende dalla struttura fon- damentali della realtà, è destinato a ve-
damentale del concetto greco -di Dio; nir meno.
infatti per i Greci gli dèi non sono al- La concezione degli dèi signori è in-
tro, in sostanza, che «le forme fonda- timamente connessa con l'opinione cor-
mentali della realtà» (~ IV, col. 327). rente sui rapporti di signoria nell'ambi-
Essi pertantò -non si contrappongono al to dell'intera realtà. Se gli" dèi costitui-
mondo e all'uomo in modo propriamen- scono il senso del reale, bisogna trova-
te personale, come creatori o ordinatori, re tale senso anche in tutti gli altri set-
e neppure sono signori di quella realtà tori della realtà. Politicamente ne· con-
che compendia tutte le realtà, cioè del segue la democrazia, in cui ognuno con-
destino. Spesso, piuttosto, questo si po- tribuisce a cogliere il senso del reale. Il
ne in modo autonomo accanto agli dèi greco, 'servendo' le leggi (II, coll. 1420
(~ IV, coll. 333 s.). Giacché uomfoi e s.), si sottomette liberamente al dovere
dèi «traggono il respiro da una sola ma- che egli con la .sua propria ragion~ ha
dre» (~ IV, col. 333) e sono organica- riconosciuto come tale e che in parte ha
mente connessi come parti di una sola contribuito a formare e ad afferm'are.
realtà, il loro mutuo rapporto non può Ciò che i cittadini decidono non è solo
venir circoscritto con la coppia di con- gfosto; esso, anzi, li trascende, come
cetti xuptoc;/òouÀ.oc;23• Di fronte a questi mostrano i passi succitati di Andocide
24E. R. GooDENOUGH, The Politica/ Philoso- in UNGNAD (-> n. 22) 220: «Mi va come se
phy of Hellenistic Ki11gship : Yale Classica! io non temessi il mio dio, la mia dea! Mi son
Studies r (1928) ,55·102. venuti addosso dolore e malattia, rovina e
25 Cfr. i salmi penitenziali babilonesi, ad es. sfacelo».
xupioç (W. Foerster)
I3) non è anteriore al I sec. a.e. 26 • Per npoc; Ka.[ lO"a.poc, XIX~XOVO'~] ì}vcrlac;
la prima volta esso ricorre in Egitto, ri- xat cr?tovMc;, J?. Oxy. vm u43,4: w-
ferito~ Iside: CIG 4897 a (99-90 a.C.): crlac, xa.t ct1to\loàc, Ù1tÈp -i-ou i>Eou xat
n
'tÒ 7tpoO'xuvT}µt:t ... 7tctpèt. -e [ xvplct "!0'1.-
xvplov Aù-.oxpci:tapoc; (1 d.C.); Erode
01.] . Pure del 1 secolo a.C. sono i testi il Grande, in Ditt., Or. 415, viene chia-
riportati in 4898.4899.4904.49I7.4930 mato: ~aO"tÀ.E.Ùç 'Hpw811c; xupLoc;, cosi
b. 493I; Ditt., Or.I86,8 s. Già nell'8I pure Agrippa I e II, xuptoc; (3mTLÀ.E.Ù<;
a.C. si incontra la formula 7tpoO"xvvi}O"o.ç 'Ayplmtcx.c; (Ditt., Or. 418: 423; 426)
'tTJV xvplav ilEèt.v "'Iaw (CIG 4936 d ad- e BacrtÀEÙc; µÉya.c, •Ayplrma.ç xvptoc;
denda); tutto da File. Già nel 1 sec. a.C. (Ditt., Or. 425; Hondius [ ~ n. 26] VII
è detto del Dio Socnopeo (Sek.nebtynis): [ 1934] 970 B). Nell'alto Egitto la regi-
wc; i)i)..EL ol:EXVE~"t"U ( 'Vt<;] oxuptoc; itEoc;
na Candace viene chiamata Ti xvpla. Ba-
(P.Tebt.284,5 s.). Da Gize viene la de- (]"LÀ.tO'cra (13 a.e., Mitteis-Wilcken 1,2,
dica di un edificio 'ti;> ilE<;> xo.t xvplcy 4). Uno O'i:panry6c; tolemaico, in BGU
l:ox'VO'ltr.t.lcp (Ditt., Or.655; 24 a.C.). Del 1819,2, viene chiamato: oxvpt.oc; O''tpct-
tempo di Augusto o di Tiberio è l'iscri- 't'T))'O<; ( 60/59 a.C.) e ibid. l 838,1: o
zione siriaca con la formula ilEòc; Kpo'Voç l>e:6w.'toc; xa.t xvptoc; O"-.pa'tT}"(OC, (5 l I
xupi.oc; (Ditt., Or.606). 50 a.C.).
· Per conseguenza xupi.oç in Egitto per
Riferito a sovrani in Egitto, tra il ·64 la durata di una generazione è applicato
e il 50 a.e. si trova spesso xupi.oc; ~a. a dèi, sovrani e alti funzionati. Giacché
crtÀEU<; (BGU 1767,1; 1768,9; 1816, dei secoli precedenti abbiamo un nume-
3. Ditt., Or.186,8); a partire dal 52 a. ro non indifferente di documenti greci
C. si parla di feste -roi'.c; xuplotc; ì}Eoi'.c; di ogni sorta provenienti dall'Egitto,
µ.Eyl<ri:oLc;, come son detti Tolomeo nei quali xuptoc; non è usato in tale sen·
xm e i suoi coreggenti in SAB ( 1902) so, non si deve presumere che la fram-
1096; similmente in erG 4717 r. 25 mentarietà delle nostre fonti ci dia una
e r. 29: ì}uELV i:oi:c; xvploi.c; ilEoi:c; (45- immagine sostanzialmente falsa del mo-
37 a.e.), che il Baudissin però (nota bi- mento storico in cui sorge xuptoc; in ta-
bliogr. II 285) riferisce agli dèi; in BGU li contesti, o che nuove scoperte possa-
1834,6 s. lo scrivano si denomina 'primo no mutare notevolmente tal quadro.
custode dei calzari' i:wv ilEWV xo.t xvpl- Riguardo alla Siria le cose potrebbe-
W'V ~l'J.O't.À.Éwv (51/50 a. C.), cfr. BGU ro essere profondamente diverse, giac-
1764,8 (01.à. 't'Ì)\I i:uxri\I -cou DEov xat ché mancano iscrizioni sacrali greche del
xvplov ~aO't.ÀÉwc;). Inoltre in Egitto, m e u sec. a.C. (Bauclissin [~nota bi-
nel 12 a. e ., Augusto vien chiamato bliogr.] II, 258); effettivamente neppure
itEòc; xa.t xvpi.oç Krt'i'.O"rtp Aù-coxpci'twp in Siria prima del I sec. a.e. il greco xu-
(BGU u97, l, r5, iscrizione in parte ptoç fu probabilmente applicato a dèi e
integrata); BGU 1200,xo ss.: Etç -i-àc;] sovrani. Il più antico documento al ri-
U7t~p -i-ov i}e [ ou] xat xvplov Aù-coxpci- guardo è la succitata iscrizione, ripor-
u. Due iscrizioni tracie, una con (xup)~ ~Ll, invece che 111P); esse provengono dal III sec.
l'altra con (xu)pC~ 'Aux)...T)mQ secondo J. J. d.C. Deve dirsi decisamente insicuro il com-
HONDIUS, Supplementum Epigraphicum Grae- plemento di una iscrizione proveniente da Su·
cum 111 (1929) nr. 510 e 5n sarebbero del III sa e compilata verso il 200 a. C. (ibid. vn
sec. a.C. Ma, come si deduce dalla Revue des [ r934] nr. r8): [à<pL€pwa-Ev xup!q. 'Ap'ttµ~Si
études anciennes 26 (1924) 32 e ibid. note r (?) NJa.va.!q..
e 2, si tratta di qn errore, o di un refuso {111•
xùpioç (W. Foerster)
tata in Ditt., Or.606, in cui oltre a Cro- (r. 142) e spesso xuplet. col genitivo
no anche la casa imperiale viene chia- dell'ambito di cui è sovrana. Similmen-
mata Ù1tÈp. -.'ijç xwv xupiwv I:E(1curi:w\I te (r. 210 s. e 265 s.) Horus ed Ermes.
O'W't1)plccç (r. 1 s.). Questa circostanza è Cosl Plutarco parla di Osiride (col.
da intendere nel senso che proprio a 1364) e nell'inno ad Iside di Cirene 28
partire. dal I sec. a.C. cominciò a farsi Isid!'! si chiama quattro volte x.uplet., col
sentire l'influsso dell'Oriente, che tra- genitivo. di un sostantivo. Delle 119
sfuse anche in forma greca l'immagine volte .che riscontro xup1.oc; in Egitto, 95
orientale del signore. volte c'è la frase -.ò 7Cpocrxv'Y71µ&. i:woç
È singolare il fatto che quasi subito 7tOLELV 'itCtpà -rii> xupl~· ('t'TI x.uplq.) se-
si incontra xvptoç in stretto rapporto guita dal nome della divinità o frasi
coi sostantivi 1}E6ç, ~CCO't.À.Evç, cr't'pax71- simili che si riferiscono ad un 7tpocrx.u-
y6i; (senza la congiunzione Xt:l.l). Que- 'Y1)µcc.
st'uso non può indicare un inizio; anzi, In Siria si incontra x.up1.oc; una volta
denota una conclusione. E poiché non rispettivamente per Balmarkos, 'Oct.ou,
può costituire la conclusione di un uso Eco, Giove Elio.Politano, . Marnas; duè
linguistico greco, deve essere il riflesso volte per Atargati, Dioniso, Crono, Ne-
di un uso egiziano-siriaco già da lungo mesi; quattro volte per Artemide, cin-
tempo in voga. Là il corrispondente di que per Ifa-rplç, sette per Atena, dodici
xuptoç è stato congiunto senza copula per Zeus. In Arabia siha un'attestazione
al termine 'dio' o 're' (~col. 1380). per Ameros e Atena. Certe divinità si-
b) Per illustrare la diffusione locale riache ricevono fuori della Siria il titolo
dell'uso di xupioç detto di.dèi, è neces- di x.up1.oç (xuplcx.): una volta Atena (Al-
sario iniziare .dall'Egitto. Ricevono que- lat) ed Elio in. Spagna.
sto appellativo una volta Ammone, A- In Asia Minore s'incontra x.up1.oc;
nubi, Apollo, Asclepio, i Dioscuri, Ho- (xupla.) una volta per Asclepio, Ermes,
rogebtio, Prioto, -Rodosterno, Srupti- Serapide, Tiamos, Zeus; due volte per
chis; due volte Socnopeo; tre volte Elio, Iside, Sabazio e Apollo, tre per
Pan; quattro Bes, nove Mandulis, sedici Nemesi, quattro per Ilcx.-.plc;, tredici per
Ermes, 38 volte Serapide e Iside n. Al Artemide. In Italia l'Artemide Efesia
di fuori dell'Egitto troviamo con cer- è chiamata una volta xupla., inoltre in
tezza dèi egiziani chiamati xuptoç: Se- d~e ampie iscrizioni provenienti dall'I-
rapide una ·voltadn Asia Minore, due a talia è chiamata xuplt:l. "Api:Eµ.tç (senza
Creta; una in Italia; Elio una volta in 'Eq>EO'let.). .
Spagna; Iside due volte in Asia Mino- Si incontra pure qµattro volte in Si-
re, una volta a Roma. Inoltre, secondo ria XVpLOç (xupla.) senza nome di divi-
P. Oxy. xr, 1380, xupEla. è il nome.uffi- nità, e una volta Ja frase: i}Ew ovpa.-vlw
ciale di Iside in Heracliu Pelagos (r. 61 1ta.xpww 't'W xuplw 29 ; inoltre in Egitto
s.); viene: invocata anche xupla .,.Icn si .ha spesso l'espressione: ò x.upLoç ·1}E6ç;
21 Le cifre date qui e in seguito non hanno BGU, HoNDIUS (-+ nota 26) ecc.
alcuna pretesa di completezza; ma il materia· 28.W. PEEK, Der Isishymnus von Andros u11d
le da cui sono tratte è cosl ampio che diffidi· verwandte Texte (,1930) i22 ss.
mente si potrebbe provare che siano false le 29 Si .osservino le cifre date per la Tracia, de>-
conclusioni che ne. traiamo. Alla base. del con· ve vengono chiamati XUpLO<;: I volta Artemi-
teggio c'è l'elenco del DRBXLER J~ nota bibl.), de, Dioniso, i Dioscuri, Elio, Eracle, Plutone,
cornpletnto col materiale del P. Amh., P. Fay., 2 volte Sabazio,. 3 volte Apollo ed Era, 4 vol·
P. Giess., P. Hiheh, P. Oxy. 1-xvu, P. Tebt. te Asclepio, 5 volto Zeus, 6 volte "Hpwt; e le
1373 (m,1049) xùp1oç (W. Foerster) (m, ro50) 1374
Ninfe, r volta un xvpLoç i>E6c; senza nome. Co- riache (nr. 1826-2677) per Zeus xvpLoc; s' in-
me unico documento dalla Grecia stessa si tro- contra 6 volte, però 5 volte è chiamato sol-
va una volta Ilct't'pl<; xuploc. Sull'esempio del tanto ZEÙç, r volta i>tbc, Zeù.;; x volta ricorre
BAUDISSIN {-+ nota bibli9gr.) II 270, n. 2, i ZEùç KEpa,vvLoc;, x volta Zeùc, <ltliL<r'toç, 5 yolte
documenti gnostici non sono considerati, e nep- ZEÙc, <llJILu'Toç xa:t l?tiJxooç, 5 volte ha altri
pµre la letteratura magica in cui confluirono nppellativi. Certo Atena vi viene chiamata 5
molti elementi antichi, ma in cui pure s'incro- volte xuplct 'Afu')va. e solo una volta llEà. 'A-
ciano gli influssi più svariati. Neppure xùp~o; i)-rivii e· 2 volte 'Ai)-rivii. In totale ci sono 20
nei testi astrologici, analizzati da E. PETERSON passi con xùpioc,, contro 106 diverse denomi-
(Byzantioisch-Neugriech. Jahrbiicher 5 [1926/ nazioni cli una divinità.
27) 224), ci fa fare passi avanti, come si vede
31 BAUDISSIN, ibid. II 271 ss.
dal corso dell'indagine.
30 Potrebbe mostrarlo una prova scelta a caso. 3? Cfr. i dati precedenti.
Nella parte della voluminosa opera di Ptt. li!
33 BMI 578 c; 580. 582 a. 58611. 587 b. 588. 588
BAs-W. H. WADDINGTON, Inscriptions grecques
b:590.; HONDIUS (-+ n. 26) iv ~1930) 535,9 $.
et latines recueillies en Grèce et en Asie Mi~
neure III (1870) che raccoglie le iscrizioni si- 34 BGU 423,6 ss. {n sec. d.C.).
1375 (m,1050) xvp~oc; (W. Foerster) (m,1051) 1376
mes35 e NɵEcrtc;36 e, con formule legger- xuptoc;, dice: Aovxtoc;... m:µqiìMç vrcò
mente variate, per i Dioscuri 37 • In una ·d]ç xupla.c; 'A-.apya't1)c; 45 ; xcx.-r' Èm-.a.-
preghiera di implorazione Serapide vien yiJv xupla.c; 'Ap"tɵtooc; 46; È:mxÉxpt'trt.l
chiamato xupLE LcX.pa.m 38 ' e il medesi- µ01. µiJ XCX.'trt.~ilvcx.1. EWç "ti]c; XE, xcx.t wc;
mo vocativo si ha nelle domande agli i}ÉÀ.Et o l:EX\IE~"tuvtc; ò xuptoc; ìtEòç xa.-
oracoli39 e nell'invocazione di vendetta 'ta.~1)croµa.t H.euDÉpwc; 47 •
rivolta ad Elio 40 • Un rapporto persona-
le con un Dio innominato si ha anche xup1.oc; viene quindi usato comune-
nell'iscrizione xcx.i}cx.pµoi:c; xè ilu<rla.t<; mente soprattutto come espressione di
É[ -rlµ'Y]O'a. 'tÒV x]Vptov tvcx. µu ( = µot) un rapporto personale dell'uomo con la
'tÒ Èµòv a-w [µa. u<i>s] Et ( :::::: cr<i>~ot) 41 e
anche nel celebre invito alla xÀEl\11) "tOV divinità, che si estrinseca nella suppli-
xuplou I:ap6::mooc; 42 e all' èyxa.'tox'lia-a.c; ca, nel ringraziamento e nel voto; è in
-t~ xupl~ I:a.pcimot 43 • In Siria xùptoc; qualità di oouÀos che la persona si ri-
come nome di un dio si trova spesso
nella dedica di statue votive, in cui il volge al dio come proprio signore, chia-
donatore esprime il suo rapporto perso- mandolo xvpioç. Ma in tutto questo in-
nale con questa divinità. Viceversa xv- sieme di idee non si deve trascurare
ptoc; viene usato solo raramente in quei l'aspetto che gli dèi hanno sulla natura
contesti dai quali non risalta immedia-
tamente un rapporto personale con la o su una parte di essa. Non sarà un
divinità 44 • Tuttavia, accanto a passi il caso se, a proposito di Iside e di Sera-
cui contesto non è del tutto chiaro, c'è pide, che più di tutti vengono chiamati
ancora un gruppo di iscrizioni con, xv-
ptoc;, in cui l'autore, quasi agendo per xvpioc; (xupla.), risalta con la massima
ordine della divinità, che egli chiama energia anche l'idea della sovranità sul-
35 P. Giess. 85,6 s.: 'TOtoi'.i,.6 a'ot µ6v~ EÒJCrl· JHS 5 (1884) 253 nr. 4; HoNmus (-7 nota
4-0
pto"tw 'ltapà. -i:i;J xuplcp 'Epµ'{j (Traiano/Adria· 26) VI (1932) 803.
no).
41 JHS 8 (1887) 388 nr. 17.
36 HoNDIUS ( 4 n. 26) vn (1934) 804: -tji xv-
pl~ NEµfo1.... à;vlDT)xa EÒ)CaptU'TWV (1-11 sec. 42 P. Oxy. I no; m _523; xn x484; x1v 1755
d.C.). (I-II/IH1I sec. d.C.).
n L. HEuzEY-H. DAUMET, Mission Archéolo- 43 CIG 3163 '(Smirne).
gique de Macédoine (z876}407 nr. I8,5 (DRHX- 44 Per es., Ln BAs - WADDINGTON (-7 nota 30)
LER [nota bibliogr.] z760): 1tct]p~ ['\']o~c; xu- I879: lDEµ[EÀ.tWDTj] ... be 't'WV 't'OU xuplov
p[ io~ atOO'XOU ]po~c; ɵv{T)O"& ]'r) ~W'\'1JP~X[ oc;). atòc; (1tp0a'Olìwv); HoNDIU s (4 nota 26) lI
38 XUptE l:à;pa.'ltL, oòc; vElX'r)\11 l'aggiunta non è {1925} 830,3 ss.: f{>xoooµi)fhicra.v ... Èx -rwv ,.ou
sicura. V. il passo in DREXLBR (~ nota bibl.) xuplov At6c;, cosl pure ibid.832 (III e IV sec.
1763; CIG 4710 (Licopoli): xuptE Iaptx.'lt~, d.C.). In tutto conto I3 passi nei quali non è
oòc; ctÙ't~ 't'Ì]\I 'lCrl.'TE~OVolc.t\I X<t:rà. 't'WV ÉJC- evidente un rapporto personale dì chi parla
~pWV c.t.Ò'TOU (iscriz. sepolcrale}; CIG 4712 b : con la divinità denominata xvptoc;.
&,,m).a~ou, XVptE l:apa.m ...; ci si rivolge ad
45 LE BAs-WADDINGTON (-7 nota 30) 1890.
un dio sconosciuto: xvptE, ~oiii)Et 't'Ò\I oovMv
crov Bap~... H. BOHLIG, Die Geisteskultur von 46 HONDIUS (4 nota 26) lII (1929) 691 (Miti-
Tarsos... {r9I3} 55, nota 8. lene).
39 P. Oxy. VIII n48,1 {I sec. d.C.): xup~É µov 47 P. Tebt. ~84,2 ss. (t sec. a.C.) Cfr. anche
l:&.pa.m "HXtE EÙépytha.; P. Fay. I38 (I-II sec. le iscrizioni dei Nabatei, con 'limi mr'n': Rev.
d.C., Dioscuri). Bibl. 42 {1933) 415 nr. 5·
1377 (m,1051) xvpLOt; (W. Foerster)
la natura e sul destino. Per Iside dr. 1375), e per l'area semitica, dal frequen-
ad es. P. Oxy. I I 1380,121 ss., l'inno te uso di 'bd nei nomi teofori di perso-
na. Non è possibile dedurre dal titolo
di Cirene (-+nota 28) e Apul., met.11, di signore unito ai nomi di dèi, l'aspet-
5; per Serapide, le aretalogie di Serapi- to dell'appartenenza personale senza CO·
de 48• L'aspetto della potenza in xvpLoi; gliere anche l'aspetto dell'autorità per-
sonale che il fedele ricooosce al suo
domina infine negli scritti ermetici 49 •
dio e a cui corrisponde la sottomissio-
Così in base al greco si raggiunge un ne della propria volontà. Non è nep-
risultato simile a quello delle minuzio- pure possibile separare l' aspetto del-
se analisi del Baudissin. x.vpLoc; non cor- la potenza da quello della grandezza, co-
risponde al semitico b'l, ma al fenicio- me afferma in un caso il Baudissin 52 •
cananeo 'dwn (femm. rbt) e all'aramai- Siccome tutti i nomi teofori semitici di
co mr'. Queste parole sono spesso pre- persona, formati senza l'elemento 'ser-
poste come epiteti al nome di un dio ( co- vo', affermano qualcosa che la divini-
me appunto l'ellenistico xvpLoç) e pre- tà ha compiuto o vuol compiere per
cisamente unite di solito ad un suffisso la salvezza del suo fedele, oppure rico-
personale indicante colui che venera la noscono una proprietà sulla quale si
divinità, mentre, corrispondentemente, fonda la certezza o la speranza dell'in-
col greco xuptoc;, riferito al dio, si trova teressameno della divinità per il fede-
il genitivo di un pronome personale 50• le 53, si vede come in essi sia sempre
Il riferimento personale, che si esprime inclusa la certezza che la divinità ha la
in tale suffisso o nel pronome personale, potenza di agire così verso il suo ser·
è assente presso i Greci e i Romani 51 • vo. Non è essenziale sapere se il suo
Ciò si connette alla suddetta distinzio- ambito di potenza sia probabilmente li-
ne globale tra religiosità orientale e gre- mitato a ciò da cui dipende lo sviluppo
ca. Che il corrispondente del concetto vitale del gruppo oppure di un singo-
di signore sia 'servo', in greco oou- lo membro di esso 54, giacché anche per
Àoc;, risulta da alcune iscrizioni ( ~ col. il periodo del N.T. è importante notare
xupt.oc;66 unito al gen1t1vo indicante e che Ò i>Eòç xcx.L xuptoc, è riferito anche
l'ambito della sovranità, e xupt.oc; ag- a capi religiosi 67 • Nell'ambito semitico
giunto come epiteto al nome del dio è attestata la formula 'dwn mlkm appli-
con un suffisso personale per lo più cata ai Tolomei 68 •
scomparso nella trasposizione in greco, Al suo posto nell'epoca imperiale, in-
anche se chiaramente distinti, non de- vece che in formule solenni e dettaglia-
vono essere separati. te, xuptoç si incontra come breve com-
d) Abbiamo già riscontrato le più an- pendio della posizione dell'imperatore
tiche attestazioni di xuptoc; riferito ai so- in frasi non rilevanti, e soprattutto nel-
vrani. Del tutto fuori considerazione de- le date.
ve rimanere il titolo egiziano compen- Il documento più antico è P. Oxy. I
diato nella frase xuptoç ~tX.crtÀELW'V e 37,5 s.: s (E-touc,) Tt~eplou KÀ.o:.uolov
XUptO<; 'tpLtX.XO\l't"(WtT)plOW'V (~ col. Ka.lo-cx.poç ..-ov xuplov, e un ostrakon
contemporaneo{/). Su Nerone P. Oxy. 11
1361), che è un'espressione coniata se- 246 offre un documento interessante: il
condo un uso linguistico allotrio e sen- modesto agricoltore data il suo rappor-
tita dai Greci come impropria. I docu- to secondo l'anno NÉpwvoc, KÀ.(WOlou
Kcx.lcrnpoç :fa~CX.O''t'OU r(pµa.VLXOU Av-co-
menti riferiti (~ coll. 1369 s.) per fra- xp6:-ropoç, e usa la medesima formula
si come xuptoc; DEoc;, xupt.oc; ~a.crtÀEV<;, nel giurare la sua dichiarazione (r. I I s.
xupt.oç Ka.i:cra.p e i}Eoc; xcd xuptoc; ~cx. 24 s.). Però i tre ufficiali che fatino da
testimoni mettono la data secondo l'an-
CTLÀ.Euç ecc. terminano al più tardi sot- no NÉpwvoc; -rou xvplov, NÉpwvoc; Ka.l-
to Tiberio (Ditt.Or.606: Ù1tÈp ['t]ij[c;] aa:poç -cov xvplou (r. 30.33.36). Questo
't'W\I XVptW\I I:E( ~CX.a''t"W\I] CTW't"'l')plcx.c; modo di datare comincia negli ostraka
propriamente con Nerone, e da allora
risale al tempo di Augusto o di Tibe- s'impone sempre più 70• Nei lunghi tito-
rio). Queste locuzioni attestate in O- li ufficiali dell'imperatore si incontra
riente sono la trasposizione di un uso sporadicamente xupt.OC, già sotto Nero-
linguistico indigeno e hanno il loro pa- ne; P. Lond. 280,6: -cou xvplou Népw-
voc; KÀ.a.volov Ka.l<Ta.poc, l:Ef3cxa..-~u rEp-
rallelo nel fatto che anche lo <T'fPCX.'t1J· µa.vixou Aù-coxpchopoc;, dr. Ditt., Syll.l
y6c; viene chia.mato così (~col. 1370) 8 I4 ,55: Elc; -tÒ\I -rou xuplou l:Ef3cx.cnou
66 Testimonianze particolarmente numerose Per Elenco: Per Nerone 8 volte la formula lun-
Iside, --+ coll. 1371 s. ga, 15 volte NÉpwv ò xupioc;, per Vespasiano 3
67
volte solo il nome, 1 volta la formula lunga, 8
BGU u97 1 1 (v - IV sec. a.C.); 1201, l volte OÒEO"lta<ncivòc; (Kai:<rap) ò xvpto<;, Do-
(li sec. d.C.). miziano: 8 volte solo il nome, 4-5 volte 6.0µ1.-
68 BARTHGBN (--+ n. 60) 4r. ·mx.vòi; ò xvptoc;, 3 volte Aoµt't'La.\IÒ<; Katcrap
ò XVPLO<;, Nerva: 3 volte Ntpouai; (ò) xvpioc;,
69 DEISSMANN, L.0.' 301. Traiano: x volta Tpcucx.v6ç. e Tpa.trJ.vòç "ApLO'-
70 DmssMANN, L.O.' 301; P. VIERECK, Griech. 'toç, 17 volte Tpcx.im1òc; Ka~<rap ò xvpLoc; e
tmd griech-demotische Ostraka der Universitiits- altrettante Tpaia.vò<; ò xupioc;, I volta Tpa.tcl.-
und Landesbibliothek zu Strassburg I (1923) vòç "Apta-.oç Kai<rap li xvpLo<;.
xùp~o.; (W. Foerster)
71Testimonianze soprattutto in Siria: LE 13As- 880,8 (Pizos, 202 d.C.); P. Giess 3,u (Adria-
WADDINGTON (~ n. 30) 2640 (115 d.C., Dur- no); 7,21 s. (4 sopra); P. Tebt. 286,10 e mo-
hah); 2r86 (r78 d.C., Djenln); 248r (7.or'a); nete e acclamazioni, ~ n. 76.
F. LUKAS, Repertorium der griech. Inschr. aus
Gerasa: Mitteilungen und Nachrkhten des 72 Testi in FoERSTER (~ nota bibliogr.) IIJ,
Deutschen Palastina.Vereins 7 (19or) 68 nr. 54
n. 3.
(Adriano); ibid.73 nr. 71; inoltre DITT., Syll.3 73 Caes. (Augusto) 53.
x.up~oc; (W. Foerstcr)
fatto che, sotto un manto velatamente dote dell'imperatore non si chiama mai
costituzionale, in effetti si riusciva a far LEpEÙç 't'OU xvplou 74 • Lo stesso accade
accettare la monarchia assoluta, i cui ti- con la formula di giuramento all'impe-
tolari io Oriente sono sempre stati chia- ratore 75 , con le iscrizioni numismatiche
mati 'signori'. Già la scena verificatasi e soprattutto con le acclamazioni 76• xu-
setto Augusto, della quale ci parla Sve- pt.oç manca sulle are domestiche priva-
tonio, mostra come il termine fosse nel- te di Adriano a Mileto, che una volta
l'aria anche a Roma. L'esposizione che dovevano sorgere «in ogni casa priva-
abbiamo fatto del sorgere del termine ta a Mileto» 77 • Il termine xupLoc; rife-
XVpLOç come espressione abbreviata per rito all'imperatore non ha nulla a che
indicare l'imperatore, mostra come tale vedere C011 XUpLoç usato come appellati-
parola, lentamente ma con sicurezza, si vo di Dio, di cui abbiamo parlato sopra.
sia imposta, senza urtare la resistenza La difficoltà è un'altra. Se l'impera-
ufficiale della maggior parte degli impe- tore non è XVpLO<; in quanto dio, puÒ
ratori; e indica insieme come in tali lo- essere dio proprio in quanto xupt.oç.
cuzioni non venisse proferita con enfasi.
Nell'epigramma su Augusto
All'inizio il termine xvptoc;, come pure
KalO'Clpt 'ltOVToµll>ov·n xat ò::rtElpwv
l'aggettivo xvpta.x6ç, per sé non ha nul- [xpr.t'tÉo\l'tL
la a che fare col culto dell'imperatore. Za.vl, -r4' ~x Zavòc; itaTpoc;, 'E).wl)epl~
Non c'è alcun passo in cui xupLOç riferi- l>EO'TCOTq. Eùpw7tac; TE xaì. 'AcrlBoc;, aO-TPtt'
[cX'lttXO"~
to agli imperatori romani indichi per se 'E)..Ml>oc;, [oc;J uwT(-i)]p ZEùc;
stesso l'imperatore come dio. Il sacer- [6.v[t}t-[EL])..[e] µtyac;,
74 FoERSTER, ibid.103. Per l'eccezione ivi men- damazioni, che ricorrono anche altrove: Suet.,
zionata alla nota 1 cfr. LE BAs-WADDINGTON Caes. (Domiziano) 31: domino et dominae fe-
(--4 n. 30) n. ~606: E'ltl-cpo1tov [EE~]a<r-co[ii liciter; Dio.C. 72,20,2 (Commodo): xat XVpLOç
-coii xupiou) (Palmira, 263 d.C.). El: xat 'ltpw-coc; EL xa.t 'ltttVTWv EÙ-cuxfo·Ta:toc;.
15 FOERSTER, II4 s. vixéic; v~xi)crEtc;. (h'aiwvoc;, 'Aµa!;o\ILE, vtxii.c;;
76 x.upLoc; nelle monete è raro, e non pare an- P. Oxy. I 4I,3.n.20.30 (III-IV sec. d.C.); cfr.
teriore al II scr. d.C. Ha raccolto i passi B. E. PErnRsoN, Ere; ~Eoc; (1926), indice s.v. Ak-
PicK: Journal International d'Archéologie Nu- klamatio11 e xvpLoc;. Per lo più nelle acclama-
mismatique I (I898) 45I-463. W. WRUCK, Die zioni imperiali XVpLoc; è il titolo di chl riceve
Syrische Provit1:dalprag1mg von Augustus bis l'acclamazione e aèquista un'enfasi religiosa,
Traian (1931) non offre alcun documento· per come 'l'r]croiiç in Phil.2,10 (nd caso che qui si
xupLoc;, mentre P. L. STRACK, Untersuchungen tratti di un'acclamazione). Al x.uptoc; del passo
zur romischen Reichspriigung des 2 . Jahdts I di Phil. corrisponde, nelle acclamazioni impe-
(1931), 11 (1933), ne cita uno per dominus. Ad riali, una formula come Etc; aiwv~ e altre. Do-
Alessandria nel 2° anno di Adriano appare su ve invece x.vptoc; è un appellativo di vera ac-
monete la scritta TPAIANO:E IEBA:ETO:E clamazione, come nel passo di Dione Cassio,
IIAT KY, e nel 10° anno di Gallieno una si- viene proferito 'con enfasi' e riceve facilmente
mile con t.EKAETHPil: KYPIOY, ]. VoGT, un accento religioso (-7 col. 1376 s.).
Die alexa11dri11ischen Miinzen II (1924) 40.I55. 11 TH. WIEGAND, Mi/et I 7 ( 1924) 350 ss., nr.
Per lo più le monete presentano x.vpLoc; in ac- 290-297.
xvp1oç; (W. Foerster) (Ill,I0,55) I388
«a Cesare, signore del mare e domina- vo; e son venuto a te, mio dio, per ado-
tore dei continenti, Zeus figlio di Zeus, rarti, come Mitra, e sarò ciò che tu vor-
Liberatore, signore dell'Europa e del- rai decretare, poiché tu sei per me Fato
l'Asia, astro di tutta la Grecia, appar- e Fortuna» 81 • Anche se qui non c'è la
so quale grande Zeus salvatore» (CIG parola xuptoc,, chi per uno è Moi:pa. xctt
492 3 ), tutti i predicati sono in ugual Tux11, è pure il suo signore. Un chiaro
misura attinti come a un'atmosfera re- rapporto tra dominus e l'essere divino
ligiosa: come Zeus domina tutte le co- appare in Tac., ann.2,87 (ed. K. Nipper-
11
se, cosl Augusto è 7tO\l't'OµÉòwv e à:rtEi- dey -G. Andresen 1 [1915]), dove si
pwv xpa:tÉwv, e come Elios irradia luce legge che Tiberio acerbe ... increpuit eos,
su tutte le parti del mondo, cosl Augu- qui divinas occupationes ipsumque do-
sto è signore del mondo allora conosciu- minum dixerant. Ma in un altro passo
to. Ancora più esplicita è la divinità dominus è applicato con enfasi all'impe-
dominatrice dell'universo, che un'iscri- ratore, e per sua iniziativa, ed è quando
zione attribuisce a Nerone: o 't'OU 7tav- Domiziano non solo accetta in teatro
TÒc; x6trµou xvptoc; NÉpwv 78 ; a Pergamo l'acclamazione domino et dominae feli-
Adriano è detto (7tav-.wv à\l&pw7t )w\I citer 82, ma fa porre all'inizio di lettere
OE<i7t6't'T)ç, Ba<rtÀEtit; oÈ ('t'W\I 't'i}c; yf)c; uffitiali la formula: dominus et deus no-
xw)pwv 79; e ad Antonino Pio si fa di- ster hoc fieri iubet83 • Forse in ciò era già
re: Éyw µiv 't'OU x6crµou xuptoc;, Ò ÒÈ stato preceduto da Caligola 84 ; di Aure-
vòµoc; fraÀaO"<rT)c; 80• Quale spirito infor- liano abbiamo alcune monete, sia pure
mi queste espressioni risulta dall'omag- provenienti da zecche di provincia, che
gio reso da Tiridate a Nerone, quando recano la scritta: dominus et deus (na-
a Napoli lo saluta come OE0"7tb't°1)c; e gli tus)85. È incerto se nella formula di Do-
fa atto di adorazione (proskjnesis), e a miziano i Greci abbiano tradotto domi-
Roma pronuncia solennemente: €y w, nus con xuptoc;, o non piuttosto con OE:
oÉ<i1tO't'a, 'Apo-axou µlv fayovoç Oùo- <r7tÒ't"T}c;86• Molte volte si trova dominus
À.ouyct.i:crov oÈ xai Ilcx,xopou 't'W\I ~run et deus in Stazio e Marziale t:r. Abbiamo
À.Éwv lioEÀq>6ç, cròc; oÈ oovMc; dµt. xaì. una poesia di Marziale, in cui egli si esi-
Tj )..i>Ov 't'E 7tpòc; O'È i:òv ~µòv i>Eov, 1tpo- me ormai dalla consuetudine di chiama-
O'xw1)crwv <iE wc; xaì. 't'Ò\I Mlfrpav, XIX.Ì. re Domiziano dominus et deus 88. Qui
fooµcx.t "tOU"tO o "tL llv O"Ù t7ttx'M:xrnc;. non si ha un'endiadi (g\I otà OUOt\1) 89,
crù ylip µot Moipa. xa.t Tux11, «io, o si- tuttavia i due titoli sono strettamen-
gnore, pr0genie di Arsace e fratello dei te interdipendenti. Proprio perché do-
re Vologeso e Pacoro, sono tuo schia- minus sta ad indicare la posizione del
signore nei confronti dei sudditi 90, il rex regum et imperator omnium gen-
portatore di questo titolo si chiama an- tium 93 ; ma l'uso di rex e imperator ac-
che deus. Né l'uno né l'altro dei due po-
teva mancare. Quali idee concori·essero canto a domnus indica che non si tratta-
in quest'usanza, può dirlo il grande pre- va d'una signoria politica, bensì della
decessore di Domiziano, Cesare, il qua- pretesa religiosa dello stato, rifiutando
le, ad un aruspice che gli aveva annun-
la quale i cristiani dovevano pur dim0-
ciato un presagio nefasto, replicò: futu-
ra laetiora, cum vellet 91 • È la stessa idea strare la loro fedeltà a Dio e allo stato.
che Tiridate esprime nei confronti di Del tutto opposta era la posizione dei
Nerone: la parola dominus, pronunciata Sicari, che respingevano l'imperatore
con questo tono, vincola l'uomo come
può vincolarlo un dio; se egli si lascia come tale, come loro capo, e si rifiu-
vincolare a questo modo, deve rimet- tavano di chiamarlo OE<T'JtO't'1}<; 94 • Per
tere al dio il suo vincolo; e chi lega in i martiri cristiani il contrasto era tra
tal modo deve collocarsi al posto della
divinità o del destino. una religione e un' altra, per i Sicari
- come si evince da Mt.22,2I - tra una
Tuttavia è lecito dubitare che l' ap- politica e un'altra. Dato che questi ul-
pellativo di xupLoç, sia sempre stato da- timi erano esentati dal prender parte al
to all'imperatore con questo tono. L'uso culto dell'imperatore, qui non era in
crescente di xupLoç,, che abbiamo visto causa la 'signoria' religiosa. Il conte-
sopra, si può spiegare solo se in genera- nuto del titolo di xupLoç, applicato al-
le il termine non venne usato con que- l'imperatore poteva differire nettamen-
sto significato. Giustamente, perciò, Ter- te a seconda del contesto e dell' atteg-
tulliano distingue tra dominus e domi- giamento interiore di chi usava il termi-
nus: dicam piane imperatorem domi- ne: in uno degli Atti dei martiri paga-
num, sed more communi, sed quando ni (P.Oxy. I 33) un condannato, Appia-
non cogor, ut dominum dei vice dicam92 • no, che chiama l'imperatore 't'Vpa.vvoç,
Non stupisce che, negli Atti dei marti- avendo ancora una preghiera da fargli,
ri cristiani l'opposizione alla pretesa as- si rivolge a lui con il titolo xupLE Ka.L-
soluta dello stato romano, implicante o:ap (III 1 ); d'altro canto, in bocca a
l'esigenza di un vincolo idolatrico, si Tiridate(~ col. 1387) il vocativo oÉcr'Jto-
esprima anche contrapponendo al dom- 'ta esprime già ti.itta la devozione reli-
nus noster imperator il domnus me.us, giosa, che egli poi dimostra e dichiara
95 R.CAGNAT, Inscriptiones Graecae ad res Ro- .ma il secondo era quello normale, dal quale a
manas pertinentes III {1906) no6. volte si poteva salire al primo.
96 B dunque come dice il Priimm {~nota bi· 'fl Cfr. Gen.49,23; Ex.21 e 22 {II volte); !ud.
bliogr.) 134: il titolo quasi religioso di xupioç. 19,22 s.; Is.1,3; lob 31,39.
era applicato agli imperatori con ambedue i 98 Cfr. B. WE1ss, Der Gebrat1ch des Artikels
significati, quello 'pieno' e quello 'atrofizzato', bei den Gottesn.: ThSt.Kr 84 {19rr) pp. 319 ss.
1393 (1II,l057) xupLoç (G. Quell) (m,rn58) I 394
come libera trascrizione di jbwh, xup1.oç greche (quelle che Origene sembra in-
vuole anche essere, in certo qual modo, dicare con la parola &.v"nypcx.qial), nel-
una spiegazione del termine di base, e le quali aowva1. doveva leggersi come
per sapere se si debba o no intenderlo nome di Dio 100 • Ma si tratta di un'ipo-
neJla sua natura singolare, potrebbe ser- tesi malferma, così che (a parità di in-
vire l'uso o meno dell'articolo. Pmtrop- certezza) se ne può formulare anche
po, a questo riguardo la tradizione non un'altra: i traduttori greci, partendo
ci offre una chiara idea delle cose; pos- dalla nozione dell'essenza del Dio vete-
siamo tuttavia aiutarci col caso analogo rotestamentario corrente nel giudaismo
di i1E6c;. Dato che davanti a l'}E6<; i LXX ellenistico e ricorrendo all'uso afferma-
usano l'articolo con una certa metodica to di xuptoç come epiteto della divini-
regolarità 99, se ne potrebbe forse de- tà, avrebbero liberamente trascritto con
durre qualcosa di simile, in origine, an- xuptoç il nome di Dio. Però si hanno
che per xuptoç, per lo meno in alcuni motivi sufficienti per supporre che 'ado-
traduttori. Ad ogni modo, in xùpi.o<; sen- niii come qeré sia invalso soltanto per
za articolo il carattere di nome proprio influenza del testo greco 101 ; sembra inol-
della parola ebraica di base è conservato tre che come ketib (scrittura) sia entra-
più chiaramente che non nella forma de- tn nella Bibbia ebraica solo relativamen-
terminativa OXUpt.o<;, che, come EÙEpy1)- te tardi, per cui, specialmente nei libri
'tEI:; o crw-.1)p, è semplicemente un ap- profetici, soltanto con riserva la si può
pellativo onorifico. considerare un'espressione propria degli
L'accordo dei traduttori nell'uso del autori 102 •
titolo onorifico 'signore' o 'il signore',
come corrispondente a jhwh, di certo Pertanto ogni giudizio sull'uso più o
non si può spiegare interamente con la meno giusto di xup1.oc; come designazio-
supposizione che essi abbiano utilizza- ne veterotestamentaria di Dio· non di-
to un testo omogeneo. Ciò si dica in
particolare se tale testo viene identifica- penderà dal fatto che corrisponda a 'a-
to nella lettura (qere) con 'tidoniij, che è don oppure a 'adona;, ma piuttosto dal-
normale nella stesura masoretica defini- la ricerca dei motivi e del significato che
tiva. Bisognerebbe allora supporre che
già molto tempo prima del cristianesi- suggeriscono l'uso di jhwh nell' arche-
mo si avesse una primitiva forma di tipo.
questa tradizione orale in trascrizioni
99 -+ IV, col. 387; BAUDJSSIN (-+nota bibl.) I tot I testi sui quali E. STAUFFER (-+ IV, coll.
è limitato
441 S. XUpLOç senza articolo di regola 389 s., nota 121 basa i suoi dubbi circa questa
alla designazione di Dio, e come tale si trova teoria quasi non toccano i problemi del testo
più spesso al nominativo che nei casi obliqui; biblico, oltre ad essere un pesante fattore d'in-
in questi l'articolo può essere stato suggerito certezza.
dall'ebr. /e o 'et; cosl pensa A. DEBRUNNER, 10? Giungono a questo risultato le vaste ricer-
Zur Obcrsetzungstechnik der LXX, Festschr. che di BAUDISSIN, Kyrios (-+ nota bibliogr.),
K. Marti ( =Beih. ZAW 41) (1925) 69 ss. Cfr. specialmente n 305. Dalla forma 8fo1toi:cx. xu-
BAUDISSIN, o.e., I 17 ss. pLE, per 'Odona; jhwh del T.M., il Baudissin
conclude (r, 523) che il traduttore ignorava
100 È questa l'opinione di F.Wurz, Die Tra11s- sia l'espressione masoretica adona; elohim, sia
kriptionc11 von der LXX bis w Hieronymus, il termine 'adoniii usato come equivalente di
(1925/1933) 145 s. ihwh.
139.5 (m,1058) xupLo.; (G. Quel!)
.un La forma del lamento Mi' 'adon ha un'ana- § 61 i a. (p. 469). La parola non appartiene al
logia nel lamento fenicio di Adonis a.La.~ A8w- fondo comune delle lingue semitiche, ma si
\IL\I, cfr. W. W. GRAF BAUDISSIN, Adonis und trova solo presso Israeliti e Fenici. Anche da
Esmtm (19II} 91. questa scoperta si potrebbe dedurre un indizio
lo.J ba'all si trova solo in Os.2,18. di imprestito.
105 Tipico è 'adon1m qaJeh, «Un duro signore» 108 Cfr. ad es. 'dnì b'l!mm, «mio signore Baal-
di Js.19,4. samem» (Umm-el- 'Awfunid, Corpr1s Inscrip-
106 GnsENJUs K., § 124 i. tio11un1 Semiticarum, ed. E. RENAN 1, 1 [1881]
101 H. BAUER-P. LBANDER, Historische Gram- 7, .riga 7); M. LIDZBARSKJ, Altsemitische Tex-
matik der hebr. Sprache... 1 (1922) § 2 h. 29 t. te [ 1907] 22). Altro materiale in BAUDISSIN,
'iidon sarebbe allora un 'singolare secondario' : Adonis (~nota 103) 66.
1397 (m,1058) xup~oç (G. Quell)
109 Sul passaggio del vocativo alla funzione di trova solo nel Libro di Isaia, dove appare due
altri casi, BAUDISSIN, Kyrios II, 35 ss., con- volte in formule di a1,1dizionc (1,24; 19,4) e
fronta il titolo di rabbi, il siriaco mrj e anche tre volte in libere introduzioni a parole di mi-
l'accadico belti. naccia (3,1; 10,16.33).
110 La tabella in BAUDISSIN, Kyrios, 60, enu- 11s La tradizione è. incerta, dr. la Bibl. He-
mera 55 casi, oltre a 31 per 'adcmiij jhwh. l;:iraica del Kr'ITEL', a proposito dei passi citati
Ili Cfr. A GEIGER, Urschri/t und VbersettutJ- nella nota n4.
gen der BibcP (1928) 262. 116 Si potrebbe intendere cosl anche bii'adon
112 BAUDISSIN, o.e., II 27, ritiene che 'adonbu2 di Mal.3,1, nonostante i dubbi di BAuDISSIN,
sia una imitazione di 'adcmàj. Kyrios n 305.
m Cfr. BunER (-7 nota bibliogr.) 24. 117 La Biblia Hebraica del KiTTEL' su questi
114 Il gruppo completo ba'adon jhwh fcba'ot si passi nota che circa 100 mss. hanno jhwh.
1399 (m,ro59) xupioc; (G. Quell) (I11,I060) 1400
mere bene nella mente del lettore, at- tendenza missionaria, perché il proseli-
traverso la scelta di una parola che ri- tismo attivo giudaico non era ancora in-
sponde all'atteggiamento riverente del cominciato quando furono terminati i
profeta, l'idea espressa nell'inno dei Se- LXX, ed era invece già terminato quan-
rafini. Allo stesso modo va intesa la for- do la lettura fu definitivamente fissata
mula, particolarmente frequente nel Li· nella Masora. Tuttavia da molti passi
bro di Ezechiele ( 212 volte secondo il dei LXX si può giudicare quale sia sta-
computo del Baudissin), 'adonai ihwh o ta l'influenza missionaria.
jhwh 'ìidona;, che sembra un'interpre-
tazione del nome come espressione del-
la maestà divina, e mostra chiaro lo Quale impulso propagandistico si tro-
spostamento dell'accento dal nome al va, ad esempio, alla fine del salmo 134
titolo. Pertanto, l'uso del ketib 'adonaj (135), quando, dopo la casa d'Israele,
sembra aver dato l'avvio allo sviluppo
d'Aronne e di Levi, anche i cpo~OVIJ.€VOt
della tecnica della tradizione, che nella
lettura corrispondente portò alla totale "t'ÒV xuptov vengono incitati a lodare il
esclusione della pronuncia del nome di Signore di tutte le cose! Non v'è dub-
Dio. È possibile che una forte sollecita- bio che quest'ampliamento della desi-
zione io questo senso sia venuta anche
dall'uso (riscontrabile nelle saghe su So- gnazione di Dio, che teologicamente vie-
doma in Gen. 18 s. e senza dubbio uti- ne dai profeti, abbia avuto una gran
lizzato didatticamente dalla Masora) 118, parte nella diffusione del messaggio del-
della formula di cortesia «miei signori»,
rivolta ai visitatori di Abramo e Lot, 1' A.T. Esso costituiva, sl, un allenta-
fra i quali si trovava, come il lettore mento del legame del messaggio con la
apprenderà dal contesto, «il giudice di storia, ma non una separazione da essa.
tutta la terra» ( 18,25 ), che «era sceso»
(18,21).
Se per Israele attenuava la sua dinami-
La graduale ma radicale sostituzione ca numinosa, rinunciava però nel punto
del nome divino con 'adona; ha senz'al- decisivo al carattere nazionale del cano-
tro il valore d'un' esegesi della Sacra ne e ne interpretava cosl il significato
Scrittura. Insieme all'uso di xùptoç da
più profondo. Il Dio, del quale il cano-
parte dei LXX essa ha costituito un fat-
to storico-religioso d'enorme portata. ne dà testimonianza, è chiamato 'Signo-
Non è più possibile ricostruire con as- re', perché in questa parola appare co-
soluta certezza in base a quali conside- me l' esclusivo detentore del dominio
razioni tale sostituzione è stata avviata
e portata a termine (-7 coll. 1419 s.) sul cosmo e su tutti gli uomini, come
Non si può neppure risolvere appieno il creatore del mondo e colui che dispo-
il problema (-7 coll. 1437 s.) se il pri- ne della morte e della vita. Il concetto
mo impulso sia venuto dai LXX o dai
testi ebraici. È difficile che il motivo di 'Signore' assomma in sé tutte le af-
principale vada cercato in un'esplicita fermazioni di fede dell' A.T. Esso è il
118L'apostrofe ai tre personaggi (18,3) è pun- il motivo mitico dei tre uomini è lasciato ca·
tuata come designazione di Dio, perché Dio dere del tutto, e si tratta di Jahvé soltanto
dev'essere fra di loro. Agli altri due Lot si ri- (r9,18).
volge con la formula profana (r9,2). Alla fine
r401 (m,1060) XVflLOC, (G. Quell) (m,1061) 1402
tentativo ben riuscito d'esprimere ciò quantunque nel canone appaiano molto
che Dio è, di dire che per gli uomini il meno di sovente, possòno essere adope-
sacro significa l'intervento d'una volon- rati propl'io come sinonimi di Jahvé, e
tà personalizzata; e d'esprimerlo all'in- lo stesso 'adonaj sostituisce il nome di
circa con la stessa pregnanza ed impe- Jahvé. Essi hanno preso il significato del
gno che sono la caratteristica peculiare nome personale, sono concetti d' espe-
del linguaggio che usa il nome di Jahvé. rienze esprimenti una figura univoca.
3. Il nome Jahvé Perciò, per la comprensione delle tradi-
come termine d'esperienza zioni ci si deve orientare verso frasi co-
La fede veterotestamentaria in Dio è me «il Signore è Dio» (r Reg.18,39; cfr.
fondata sull'esperienza storica e s'è svi- Ios. 24,15) o «Signore è il suo nome»
luppata in costante contatto con la sto- (Ex. 15,3), se si vuol mantenere il lin-
ria. La più chiara espressione di questo guaggio biblico nel suo chiaro indirizzo
fatto si trova nell'uso del nome Jahvé verso la figura di Jahvé. Infatti nel testo
allorché si parla della divinità e la si in- primitivo non si dice mai che 'Dio' o 'Si-
voca. gnore' sia un nome: solo Jahvé ricorre
Questo nome, come ogni nome di come nome avente un'accentuazione del
dèi, indica un'esperienza, e in quanto tutto particolare. «Jahvé è il suo nome»,
tale s'è andato gradualmente differen- oppure: «Jahvé degli eserciti( jhwh !eba-
ziando, per il tipo concreto, individuale 'ot) è il suo nome», sono espressioni
del suo contenuto, da 'èl, ,eloah, 'elo- inniche d'uso frequente 119• Esse prova-
htm, che richiamano categorie astratte no innanzi e soprattutto che la designa-
(-+ 1}~6<; IV, coll. 364 ss.), come pure zione personale di Dio era adoperata,
dal titolo onorifico 'adon. Esso sta ad con una profonda coscienza della sua
indicare una persona divina ben deter- portata, come professione d'un'esperien-
minata e non una qualsiasi; dà ai con- za ben precisa del divino. Il Dio chia-
cetti di Dio e di Signore un contenuto mato per nome è, per coloro che lo ri-
numinoso tanto forte, da finir per atro- conoscono come per altri, una figura
fizzarne del tutto la funzione generica; nettamente delineata, il numen praesens
'Dio', cosl, non è più un appellativo in persona. 'Chiamare Jahvé per nome'
dalle molteplici attribuzioni, e 'Signore' · (qiirii' be'fem jhwh, Is. 65,1, ecc.) vuol
vuol dire il Signore di tutte le cose. Per dire accettare e tenersi pronti all'incon-
conseguenza, quei sostantivi generici, tro con questa figura 120 • Soltanto chi
121 Questo potrebbe essére il significato delle 122 GRBTHER, o.e., 18; dr. 159 ss.
parole quasi intraducibili we'at11l-hfJ in Ps.102,
123 Cfr. zeqer come sinonimo di Jem ad es. in
28: «tu lo sei» con l'accento sul singolare 'tu'.
h(J' ha solo funzione fonetica, come in 'ifoi-h/2', Ex.3,15 e l'espressione cultuale «richiamare al-
la memoria il nome», Ex.23,13.
Is.41,4 e parsim; cfr. lob 3,19. Se ne deduce
che tutti questi passi non servono ai fini del- 124 R. Ono, Das Ge/iJhl des Oherweltlichen
l'etimologia di jhwh. (1923)269.
xupLoç (G. Quell)
pulso all'azione politica e norma impe- che nel momento critico dell'emigrazio-
gnativa della vita - a dare frutti visi- ne delle schiere di Mosè dall'Egitto ave-
bili. Certamente la storia della fonda- va mostrato la sua eccelsa sovranità but·
zione mosaica è avvolta nella saga del- tando in mare cavalli e cavalieri del ne-
Ja teofania ricevuta da Mosè, non del mico (Ex.15,21) 129• Con Mosè ha ini-
tutto priva di tratti leggendari. In se- zio la tradizione d'un culto comune cli
guito a quella rivelazione, Mosè diven- Jahvé 130• Le tribù abbandonano l'Egit-
ne il fondatore del rapporto di fedeltà to per celebrare una festa in suo onore
giurato nell'alleanza (-7 II, coli. 1037 ss.) nel deserto(Ex.3,u[EJ; 4,23[]],ecc.).
tra una lega di tribù d'Israele e il Dio Inoltre, a partire da quell'epoca com-
Jahvé che comanda e protegge. Il patri- paiono nomi propri teofori che sono
monio religioso di queste tribù, che pri- una professione di fede in Jahvé; il pri-
ma sembra comprendesse più di un es- mo di essi probabilmente è f hOsua'
sere divino t2ll, ognuno con il suo LEpoc; (Giosuè), se almeno si ritiene che joke-
À.6yoc;, d'ora innanzi fu strettamente con- bed, il nome della madre di Mosè (Ex.
centrato sulla realtà concretamente Egu- 6,20 P), non sia jahvistico o non risal-
rata eh' era stata scorta da Mosè. Per ga a una traclizione autentica m. Ades-
conseguenza, da quel momento un pen- so incominciano anche le 'guerre di Jah·
siero prima latente dominò tutte le e- vé' (Num. 21,14; I Sam. 18,17), nelle
spressioni vitali del 'popolo di Jahvé' quali i gruppi formanti la confederazio-
(Iud. 5 ,II): la fiducia nella potenza e ne, sotto la guida del loro Dio, vanno
nella volontà di guida d'un Dio non ripetutamente, anche se non sempre con
sottomesso ad alcun legame natmale, successo, all'assalto degli staterelli ca-
CASPARI: Zeitschrift fiir Semitistik 3 ( i924) in1portanza. Inoltre tale ipotesi presuppone
194 ss. che la rivelazione cli Jahvé sia avvenuta dopo
12ll Cfr. A. ALT, Der Goti der Wiiter (1929) l'uscita dall'Egitto, e su questo fatto non sap-
3 ss.; K. ELLIGER: ThBl 9 (1930) 97 ss.; C. piamo nulla, Infine, la supposizione topografi-
STEUERNAGEL in: Festschr. G. Beer (1935) 62 ca dev'essere esatta.
130 Essa costituisce il fondamento della tesi che
ss.
129 O. ErssFRLDT, Baal Zaphon ... (1932) 66 la forma comunitaria delle tribù di Jahvé ab-
ss., è assai cauto nell'ammettere che l'aiuto ri- bia rappresentato un'analogia dell' anfizionia
cevuto possa essere stato attribuito «prima al degli antichi Greci; cfr. A. ALT, RGG', m
dio di questa terra» e soltanto più tardi a Jah- (1929) 438 s. La più ampia giustificazione di
vé. Questa ipotesi è possibile soltanto se si mi- questa tesi si ha in M. Nom, Das System der
sconosce interamente l'attualità di Ex. 15. Il zwOlf Stiimme lsraels ( 1930) 61 ss.
'cantico di Mosé' celebra qualcosa che è avve- 131 Il nome manca in Ex.2,1, dove dovrebbe
nuto ad una svolta decisiva per l'avvenire di esserci. Si può pensare che P l'abbia preso da
Israele e che è stato annoverato nel deposito un altro contesto ed attribuito alla madre cli
inalienabile dei motivi innici; cfr. A. W!!.ISBR, Mosè. Cfr. però M. No-ru, Die israelitische11
Glar1he r1nd Geschichte im A.T. (1931) 3 s. Personennamen (r928) III e H.BAUER: ZAW
Una saga trasposta non può acquistare tanta NF 10 (1933) 92 s.
xup~oi; (G. Quell)
nanei: «Sorgi, Jahvé, siano dispersi i tore della religione, oppure egli l'ha
tuoi nemici; fuggano dalla tua faccia tratta da una uadizione preesistente?
quelli che ti odiano» (Num. 10,35 ): que- Nessuno è in grado di dirlo con certe.z-
sto grido di battaglia risuona quando si za. Se si risponde negativamente alla
muove il vessillo di Jahvé 132, probabil- prima domanda bisogna trovare una
mente l'arca santa, simbolo della pre- qualche spiegazione verosimile per l'al-
senza del Dio a cui si presta culto. La tra, e finora non lo si è fatto in manie-
vittoria è vittoria di Jahvé, la sconfitta ra convincente.
è segno dell'ira di Dio. «Chi degli dèi
Recentemente, a motivo di certi testi
è come te, Jahvé! Celebtato come il Ter- provenienti da Rash Shamra (una loca-
ribile, operatore di prodigi!» (Ex. r 5, lità sulla costa siriaca) e certamente an-
r r ). Dal momento in cui conobbe il no· teriori a Mosè (dal xv al XIII secolo), è
stato riproposto il problema d'uno Jah-
me di Jahvé, Israele diede inizio alla vé extra e preisraelitico, problema al
religione intesa come professione di fe- quale già prima era stata prestata at-
de, pugnace ed esclusiva, in Dio con- tenzione 133 a causa di certe prove offer-
te da nomi propri di persona accadici 134•
dottiero, come obbbedienza attiva alla
In essi si parla d'una divinità ;w, nome
sua volontà (cfr. anche Ios.24,16 ss.). che ha un'indiscutibile consonanza con
la forma del nome jhwh, presente come
5. Vol'igine del nome di Dio componente di certi nomi propri e, in
Da dove proviene il nome di questo alcune iscrizioni, anche da solo; né è fa-
cile dimostrare che si tratti d' uri puro
Dio potente? La tradizione, in Ex.3, ri- caso storico-linguistico 135, anche se, a
sponde: dalla bocca stessa di Dio, e co- prima vista, ciò potrebbe· apparire vero-
sl facendo intende chiarire quanto sia simile. Un aggancio si potrebbe suppor-
re anche con la religione egiziana, in
inspiegabile l'evento in cui il divino si
particolare con Amon-Re, il 're degli
configura come linguaggio umano. Ma dèi', che risiedeva a Tebe 136, ammesso
questa forma è stata creata dal fonda- che valga la pena seguire le tracce di una
132 Anche Ex.17,15 : jhwh nissl. Forse, però, BAUER e~ n. 131) 92 ss. Sull'intera questione
si tratta anche di un trono; cfr. il ketib ksih O. E1ssFELDT: ZDMG NF 13 (1934) 173 ss.;
nel v. 16. A. JIRKU: ibid.14 (1935) 372ss.; R. DussAUD,
ll3 Cfr. la raccolta del materiale in J. HmIN,
Les textes de Ras Schamra et l'Ancien Test11-
Die biblische tmd die babilonische Gottesidee, me11t (1937).
(1913) 230 ss.; G. R. DRIVER, The Original m È questa l'opinione di BAUER, ad I.
Form of the Name 'Yahweh': ZAW, NS 5
(1928) 7 ss.; R. KrTTEL (~ n. 126) I, 452 ss. !Jb K. SETHE, Amun tmd die acht Urgotter von
È raro che elementi teofori bene accertati si Hermopolir (AAB [1929] nr. 4) suppone come
identifichino con Jahvé; tali casi finora non ri- possibile una prefigurazione egiziana dell'idea
salgono oltre il periodo dei profeti. Sul nome, di Jahvé basandosi su espressioni che mettono
molto significativo, di Ja'u-bi'di cfr. NOTH e~ Jahvé in rapporto con rt1a!J (pp. II9 s.), fra cui
n. r31) no. egli annovera lo stesso nome di Jahvé e~ n.
13-1 Cfr. 1a comunicazione provvisoria su ;w in l 54). Però queste espressioni dovrebbero esse-
xupto~ (G. Quell) (m,rn65) r412
tradizione di dèi che potrebbe aver of- che cerca e trova sull'Oreb la vicinan-
ferto qualche idea alla tradizione di J ah- za di Jahvé (I Reg. 19, 8 ss.). Se, per
vé o spiegare l'origine del nome. Ma ipo- concludere, Jahvé fosse stato veramente
tesi del genere non portano ad alcun ri- un dio dei nomadi che si accampavano
sultato sicuro 137 • in quei luoghi, la storia del suo nome
Lo stesso si dica della cosiddetta ipo- emergerebbe dal passato senza storia di
tesi dei Cheniti 138, che ha una certa im- quelle tribù 140•
portanza in quanto offre la soluzione
relativamente più concreta. Basandosi Tuttavia è del tutto impossibile sta-
sulla notizia della parentela tra Mosè e bilire qualcosa di sicuro, che sia suffi-
Jetro, il sacerdote dei Madianiti (Ex. ciente per trarre delle conclusioni defi-
3,r ss.; in 2,18 è detto Hobab), e sulla
nitive, ~ non vale il tentare di colmare
collaborazione da lui prestata nell'orga-
nizzare i capi delle tribù d'Israele (Ex. la lacuna con delle supposizioni sulla
r 8,I ss.), si suppone che Jahvé fosse il parte avuta da Mosé nel dar forma a1
dio della tribù nomade dei Cheniti con i nome di Dio 141 • Si può soltanto accet-
quali, secondo Iud.r,16 (dr.anche 4,n),
Mosè era imparentato. Israele avrebbe tare come possibile l'ipotesi che il dio
preso il nome di Jahvé attraverso una co- Jahvé fosse un dio locale, come ce n'e-
munione cultuale con i Cheniti. Questa rano molti; per cui Mosè, nel fondare
tesi trova un appoggio nelle tradizioni
che parlano della dimora di Jahvé sul per Israele la religione di Jahvé, ne a-
monte Sinai (J) od Oreb (E). Là si por- vrebbe operato una riforma, dando un
tano i gruppi guidati da Mosè, dopo contenuto nuovo a una forma antichis-
l'uscita dall'Egitto (Ex. 19,3 s.), là è il
sima di epiclesi.
suo 't"ɵevoc;, la sua 'terra santa' (Ex.3,
5 J); di là Jahvé muove con il popolo
alla guerra per la conqu.ista di Canaan
6. Forma e significato
(bii.' misslna;, Deut.3J,2). Meno esatto
è il Cantico di Debora (lud.5,4), quan-
Jet nome di Jahvé
do dice che Jahvé uscl da Seir, venendo In queste condizioni sarebbe impor-
dalle campagne di Edom l)'), per guida- tante conoscere il significato letterale
re la battaglia. Secondo .questi testi Jah-
vé dimora nei territori confinanti a sud del nome di Jahvé, perché da esso -
con Canaan. Anche di Elia si racconta anche se non sempre ciò fosse stato pre-
sente alla mente di chi lo pronunciava o ne di segni precari quali quelli indicanti
142
l'udiva - si potrebbero trarre conclusio- ;od, wiiw e he •
Questo complesso consonantico non
ni importanti sulla radice e sull'origina- consente né una lettura sicura né una
ria coloritura dell'idea di Dio, che ave- interpretazione univoca, giacché anche
va preso forma nel nome. Già riguardo nella Masora le vocali del tetragramma
si presentano come un'aggiunta estra-
alla forma la tradizione presenta delle
nea alla parola. Accanto alla forma più
difficoltà che impediscono, forse anche frequente fhowiih si ha Ja lezione jeha-
volutamente, di leggere con sicurezza il wih, in unione con ,adonàj, posto prima
nome come veniva esattamente pronun- o dopo il tetragramma. In antichi ed
importanti manoscritti con la vocalizza-
ciato. zione di Tiberiade, quale ad esempio il
Codex B 19 a Leningradensis (cod. L),
a) Il complesso delle consonanti non
è tramandato in modo uniforme. Il co- sul quale si basa la terza redazione del-
siddetto tetragramma, jhwh, presente la 143 Biblia Hebraica di R. Kittel e P. Kah-
le , appare regolarmente f hwiih (sen-
nel canone 5321 volte, s'alterna con il 144
digramma, jàh, che appare 25 volte, e za holem) , mentre testi con puntua-
142 Iscrizione di Mda, riga 18; cfr. M. Lmz- 144 ]. FISCHER: Bibl. 15 (1934) 50 ss., accerta
BARSKI, Handhuch der nordsemitischen Epi· in una fonte scolastica la puntuazione ;•hwah
graphik (1898) 415 e 286. In scrittura quadra- (senza holem e con patah); i mss. ignorano
ta c'è ihwh anche nd papiro premasoretico di dd tut~o un qames. Cfr. Werden und W esen
Nash, nel testo del Decalogo; v. il facsimile des A.T. ( =ZAW Beih. 66 [ 1936] 198 ss.
in N. P1mrns, Die iilteste Ahschrift der xehn 145 P. KAHLE, Der masoretische Text des A.T.
Gehole (1905); J. GoETTSllERGER, Einleitung nach der Oberliefertmg der babylonischen J11·
in dar A.T. (1928), tavola III. den (1902) II.
141 Cfr. A. HARKAVY - H. L. STRACK, Catalog 146 Quando il tetragramma appare fuori del ca-
der hehriiischen Bihelhandschriften der Kaiser- none, ad es. nel Targum, si presuppone valido
lichen Oeffentlichen Bihliotek ili St. Peters- l'ordine masoretico.
burg (1875) 263 ss.; P. KAHLE, Masoreten des 147 GEIGER(~ n, III) 264; BoussET-GRESSM.
Weslens I (1927) 66s. 309, nota 2.
1415 (m,1066) xvpioç (G. Quell)
1-18 Quaestio IJ in Ex. 7 (MPG 80, p. 244 ab). 152 E. KoNIG, Hebr. tmd aram. Worterbuch
149 strom. 5,6,34 (II, p. 348}: -cò -ce:-cp&:ypaµ- :wm A.T. (1910) 76 s., s.v. hwh, tenta una com-
µov l5voµa 'tÒ µvCT'ttx6v, 8 'ltEpLÉxe:wi:o ol~ µ6- binazione forzata comparando i latini cecidi/
voLç TÒ alìVTO\I ~&crt.µOV 'ÌjV' À~"'(ET(l~ oÈ 'Ill· e accidit. Il significato di 'divenire, essere' sa-
OVE. rebbe una concezione metafisica, spiritualizza-
150 Il nome accadico di persona, un tempo
ta, di 'cadere'. Sembra difficile atnllletterlo.
frainteso, jawi-ilu, o jawi-Dag,1111 (TH. BAUER, 153 Affine è haww4 (anche hOwa), 'crollo'; nei
Die Ostkananiier [1928] .56.61.63.74), in cui Salmi detto spesso del fatto che provoca un
iawi non è nome ma verbo, attesta eflicacemen· crollo, quindi per analogia la malvagità.
te la possibilità linguistica. All'antica spiega- 154 La derivazione dall'arabo hwj, 'soffiare', ha
zione ritorna ora H. BAUER (~ n. 13I) 93. una certa importanza per le ipotesi del SETHB
rn È meglio tralasciar di chiedersi se qui si (~ n. 136); peccato che essa non sia «indub-
abbia un qal o un hif'il. Tutti i tentativi d'in- biamente giusta» (o.e., p. 120) e manchi inve-
terpretazione causativa appaiono artificiosi e ce di qualsiasi momento cogente, come anche
pertanto falliti. tutte le altre spiegazioni.
xvp~oç (G. Quell)
elusioni, dobbiamo dire che neppure y) Il rapporto delle forme brevi con
l'altra possibilità, quella d'interpretare quella lunga pone un problema insolu-
ihwh partendo dalle sue forme brevi, bile. A sostegno dell'idea che la forma
in cui meno chiara è la radice hwh, non breve sia un'interiezione che si trova
risulta convincente. La forma breve a anche nell'arabo 161 un 'grido di Dio' 162
sé stante, che nel testo biblico _si tro- si può addurre il 'fatto che certi nomi
va soprattutto nella formula liturgica propri derivano da un motivo pratico,
hall"lu-ia~ è jah 155 • Nei papiri di Elefan- cioè dalla possibilità di chiamare una per-
tina il nome di Dio è jhw, che in qual- sona 163 . Ma questa considerazione non
che caso, per una scrittura arbitraria o serve all'interpretazione, giacché jiih, co-
trascurata, diventa jhh 156 • Come finale di me pure il tetragramma, è nome appli-
nomi teofori di persona (iirmejiihU, ecc.} cato alla persona divina. Ora, il rivol-
la Masora lo pronuncia iahu, al princi- gersi ad una persona con un vuoto suo-
pio di tali nomi j"h6 {ad es. ;ch6niitiin) no non dice niente e non fa un nome,
o, con elisione, jo (ad es. jo{Jiiniin) 157 • A neppure se lo si completa con hu', 'egli'.
questo si aggiunge la trascrizione 'Io..- Questo pronome personale non mette a
w158, di cui si hanno numerose testimo- contatto con un interlocutore 164 • Inol-
nianze, anche precristiane 159, per quan- tre, in questo caso bisognerebbe pen-
to molti di questi testi non si possano sare che la forma lunga, il tetragramma,
addurre a sostegno del nome biblico di sia sorta da qualche processo erudito 165 ;
Dio; infatti già Ireneo (haer.1,30,5) e ma contro questa ipotesi stanno non so-
Origene (Cels.6,32) ricordano che Iao lo l'attestazione antica di jhwh, (~ n.
(o Iaoth) o 'faw era usato dagli gno- 142) ma anche le forme con -jamal} che
stici, evidentemente per imprestito, co- risalgono alla forma lunga e ricorrono
me nome di un dio o demone. Perciò nei nomi accadici di persona jahvistici 166 •
jhw può esser stato pronunciato tanto Merita una certa attenzione la p6ssibili-
liihii quanto liihO 160• tà che le forme brevi e quella lunga ori-
155 Trascritto 'lei in Orig., Celsus,6,32 (var.), 161 DRIVER (4 n. I33) 24.
secondo Gerolamo (Breviarium in Psalmos a 162 È l'opinione di F. RosENZWEIG, Der Ewige,
Ps.I46 [MPL 26, p. I253 b] anche in Teodo- (r929) 108.
zione. 163 Cfr. BUBER (-7 nota bibliogr.) 236. R.OTTo
156 E. SACHAU, Aramiiische Papyrus rmd Ostra- (-7 n. 124) 210, pensa, riferendosi ai nebiim,
ka aus einer jiid. Militiirkolo11ie zu Elepha11ti- ad U1' «grido di derviscio».
ne (1911) 9 s. 277. 164 Il nome Jehu fa supporre che hfì' non sia
157 Analoghi sono i dati epigrafici, cfr. Lmz- contenuto nel nome Jahvé, cfr. TH. BAUER (-7
BARSKI (-7 142) 286, n. 150) 3r.
158 Rimane oscuro 'IC1.1) (Orig., comm. in Ps., 16.'i Cosl pensa anche Kur-1N <~nota bibliogr.),
ed. C. H. E. LOMMATZSCH xr [ 184I] 396). che ritiene Jahvé uno sviluppo verbale d'un
'A~O: di Theodoret., comm. i11 Ex., interrogatio plurale ·nominale.
15 (MPG 80, p. 244 b) è la forma 'ehjeh di 166 Vedi 1' elenco in DRIVER (4 n. 133) 13;
Ex.3,14. inoltre O. ErssFELDT: ZAW, NF I2 (1935)
159 Diod. S. I, 94,2. 65 ss., che suffraga l'interpretazione di -jama
160 Anche S. Girolamo (-7 n. 155) a Ps. 8 (p. come jhwh con jhbjh, presente in nomi giudeo-
838 a) cita laho in una frase molto istruttiva: babilonesi del VII secolo d.C. ( = jhwh!) ed ac-
Nomen domini apud Hebraeos quatuor litte- coglie (p. 74) la supposizione d'un'usanza, man-
rarum est, jod, be, vau, be, quod proprie dei tenutasi viva molto più a lungo di quanto non
vocabulum sonat: et legi potest laho, et He- sia stato ammesso finora, di pronunciare il no-
braei èippYJ'tO\I, id est, ineffabile opi11at1tt1r. me Jahvé con tutta naturalezza.
xuptoi; (G. Quell) (111,1068) 1420
ginariamente non fossero affatto la stes- può dire sarcasticamente, ma con asso-
sa parola, data la difficoltà di spiegare il luta serietà, di chicchessia (r Sam. 25,
loro rapporto167• Ma neppure questa pro-
spettiva apre una strada sicura. 25 ). Nel nome di Dio, dunque, è anche
implicita l'essenza di Dio. Il nome è al
7. Le cause del riserbo verso il nome tempo stesso la quintessenza della sua
Da quanto abbiamo esposto risulta persona ed il supporto della sua poten-
l'assoluta impossibilità di dire con cer- za; pronunciandolo si dà una forma con-
tezza che cosa significhi jhwh. Tutti i creta a tutto ciò che di Dio si può per-
tentativi di spiegazione etimologica, che cepire. Senza contare che in esso è visi-
vorrebbero anche chiarire il contenuto bile ed operante ciò che è specificamen-
religioso della parola e sono influenzati te divino, cioè il sacro e il meraviglioso
da determinate teorie, stanno .sotto il (pil'l, lud. 13,18). Il nome di Dio è
segno de1l'ambiguità. A questo riguar- dunque una potenza numinosa, è nik-
do la maggior difficoltà è rappresen- bad, 'glorioso' e nora', 'terribile' (Deut.
tata da quello steccato che la tradizio- 28,58), come lo stesso Dio 169•
ne biblica ha eretto intorno al nome di b) Però anche a questo modo il no-
Dio, avendo presenti i pericoli insiti nel me vien visto unilateralmente, e certo
fatto che la divinità abbia un nome pro- nel Dio d'Israele non è riconoscibile
prio. Ciò fu dovuto in parte ad un sen- solo la forza dinamica e terrificante.
so di tabù, in parte - e ciò non va tra- Indubbiamente, bisogna tener ben con-
scurato - ad una conoscenza più matu- to anche del fatto che la stragrande
ra de1l'essenza della divinità. maggioranza degli autori·biblici, nel mo-
a) A un sentimento ingenuo un no- mento in cui mettevano sulla carta il
me di divinità provoca come un senso tetragramma, devono avere avuto nel-
di timore, che in una certa misura ap- l'orecchio, e sentito, una lingua che osa-
pare comprensibile a motivo del signi- va pronunciare senza reticenz.a il nom~,
ficato che, sempre e in specie per gli cosl com'era. In ogni caso lo facevano
antichi, acquista l'attribuzione d'un no- gli oranti, che iniziavano con la parola
me. Il nome riconduce la persona di co- ihwh al vocativo, come 1' espressione
lui che lo porta ad una formula maneg- più personale della fiducia e della spe-
gevole, ne abbraccia l'essenza168 • «Dim- ranza 170• Nel nome si sentiva fortemen-
mi come si chiama e ti dirò chi è», si te l'elemento positivo, il momento del-
167 Cfr. SCHLEIFF (~ n. 137) 699; H. GRIM- 20. Cfr. ~nche R. HIRZBL, Der Name (ASG
ME: BZ x7 (1926) 29 ss. 36,2 [1918]).
16S Cfr. J. PBnERSEN, Israel (r926) 245 ss.
169 Perché il nome è temuto, si ha ritegno,di 170 Cfr. Ps. 27,4: la vicinanza di Jahvé è deli-
pronunciarlo: Am.6,10 dr. Soph.1,7; Abac.2, zia.
1421 (m,1068) xupioi; (G. Quell)
111 Cfr. ·BoussET-GRESSM., 307 s.; B. }Acon, 175 Cfr. H.GUNKEL, Einleitung in die Psalmen,
Im Namen Gottes (1903) 164 ss. (1933) 447 ss.
172 BAUDISSIN, Kyrios e~ nota bibliogr.) li,
116 Trattata da P. VoLz e W. RuDOLPH, Der
174 ss.
Elohist als Erziihler - ei11 I rrweg der Penta.
173 Per altre considerazioni in merito dr. GEI-
te11chkritik? (1933), dr. specialmente r9.82 ss.
GER(~ n. III) 264 SS.
m Inoltre Ios.24,r9; Lev.10,3. 177 Diversamente BAUDISSIN, Kyrios, II, 171.
xup~oc; (G. Quell)
trebbe pensare che in E la presenza del manda che cosa dovrà dire per riferire
nome Jahvé sia di origine redazionale, il nome di colui che gli parla, Dio ri-
mentre l'autore in tutta la sua opera
avrebbe usato 'elohim 178, sponde: «lo sono colui che sono. E dis-
se: Ecco che cosa dirai ai figli d'Israele:
Quali che siano stati i motivi di que-
'lo sono' mi ha mandato da voi». Que-
sto suo modo di procedere, egli ha in-
ste parole enigmatiche intendono o spie-
dicato inequivocabilmente che l'indivi-
gare il nome ihwh con una perifrasi al-
dualità divina non si può delimitare in
litterante del suo significato oppure,
confronto ad altre individualità ricor-
con una certa concessione alla forma del
rendo al nome come si fa di solito, per-
nome, evitare esplicitamente di pronun-
ché la natura divina è posseduta non da
ciarlo e mostrate che il suo uso è pro-
molti, ma da un solo essere 179•
blematico.
8. Il nome di Jahvé
nel racconto della rivelazione di Jahvé b) La prima cosa che viene alla men-
a Mosè in Ex.3,r4 te è di considerare la frase che riporta
a) Questo voluto riserbo verso il no- la risposta di Dio come un tentativo
me di Jahvé nel documento elohista si audace di spiegare, in maniera spiritua-
può rilevare in modo particolare pro- le elevata, come avviene di regola, il si-
prio nel passo in cui è costretto a par- gnificato letterale del nome jhwh, di
lare del nome, cioè nella descrizione cui non si parla in nessun'altra parte. In
della rivelazione di Jahvé a Mosè, in tal caso la frase andrebbe considerata
Ex. 3 iro. Che il nucleo centrale di que- in modo analogo al tentativo di spie-
sta storia fosse proprio la comunicazio- gare f;Jawwa con pajjim (Gen. 3,20), o
ne del nome divino, ce lo dice (a parte 'abràhàm con hiimon (Gen. 17,5); essa
il v. 1 5, in cui si può vedere facilmen- cioè, sarebbe un dispone approssimati-
te un'aggiunta redazionale) 181 il raccon- vo e in piena libertà d'una data imma-
to sacerdotale dello stesso avvenimen- gine, procedimento caro ai narratori per
to, in Ex.6,2 s. Però le parole che si ri- richiamare l'attenzione degli ascoltatori
feriscono a questo nucleo centrale, in sul significato simbolico del nome. Il
Ex.3,14, non contengono il tetragram- fatto che la saga biblica riporti un nu-
ma. Invece, alle parole di Mosè, che do- mero non piccolo di tali etimologie, ca-
182 Su ja'aqob dr. Gen.27,36 con :z5,26 e gli 186 Infatti il pronome relativo 'afer qui è am-
accenni satirici a Sedom e Seir in 25,25, e quel- biguo ed è poco verosimile che •aser 'ehjeh sia
li astiosi a Moab e Ammon in Gen.19,37 s. da intendere con valore statico, come un par-
1113 Cfr. Job 3,16: ZO' 'ehjeh, «io non esisto»;
ticipio '6wv. Infatti in ebraico, dove veramen-
Gen.r,2 (?); 2,18. te in una proposizione relativa si intende dare
ad un verbo una funzione participiale, è nor-
184 Cfr. BUBER (~nota bibliogr.) 85. «lo co-
male che il verbo stesso vada al participio; dr.
mando» costituisce una perifrasi esplicativa (J.
'afer jo!eb (Derlf. 1,4) o 'aier m•baqJim (ler.
HEMPEL, Gott und Memch im A.T.' = BWANT
38,16) ecc. In ebraico non esiste un participio
m Serie 2• [ r936) 69).
185 Potrebbe essere derivato per necessità da
che corrisponda al greco wv.
'ehieh 'afrr jihjeh, cfr. P. HAUPT: OLZ 12
(1909) 2n ss.; W. F. ALBRIGHT: JUL 43 (1924) 187 In Is.38,n iiih jiih è vocativo della forma
37oss. breve, in ripetizione litanica.
xupLoc; (G. Quell)
possibile infatti, quando la forma 'ehjeh tica sulla rivelazione del nome divino
o una analoga sono messe in bocca a nel punto più importante della rivela-
Dio 188, interpretarle come un'eco di Ex. zione storico-salvifica, potesse sollevare
3,I4; 4. il genere letterario della rive- delle opposizioni. Sarebbe come se gli
lazione è la fonna meno adatta e del altri dèi, di cui parla Ios.24, fossero
tutto inconsueta per le etimologie. «Le stati riconosciuti come dèi dei padri.
etimologie non vengono rivelate» 189 • Perciò un redattore, seguendo anche
delle tendenze elohistiche, può aver tol-
d) Ma allora la questione si pone nei to il nome dalla risposta di Dio, perché
seguenti termini: o le parole 'ehjeh 'a- proprio in questo punto e in un oracolo
ser 'ehjeh (sono colui che sono) e la divino tutto l'insieme di domande che
accompagnano il nome aveva fatto
forma 'ehjeh da sola risultano da una
un'impressione penosa 192• La violenza
manipolazione del testo originario, cioè della correzione certamente viene ma-
sono ciò che più tardi si chiamò corre- gistralmente compensata con la utilizza-
zione dei sofer1m tiqqun sorrlm 190 (al- zione dell'espressione, già apparsa nel
v. 12, 'ehjeh 'immak, «io sono accanto
lora non sono che un rifiuto di rispon- a te», ricapitolata con le parole: «sono
dere alla domanda sul nome di Dio), op- colui che sono». Quasi inavvertitamen-
pure con esse l'autore intende dire che te il verbo hjh viene elevato alla funzio-
ne esistenziale e nel mistero dell'essen-
Dio non accetta la domanda. za divina viene indicato il senso più pro-
fondo di ogni invocazione. L'autore del-
cx;) Nel primo caso si dovrebbe pen-
la correzione non si cura oltre del con-
sare che il testo attuale sia nato press'a
testo.
poco cosl: il narratore, astenendosi da
qualsiasi riflessione e seguendo la tra- B) Se è diflicile accettare l'ipotesi di
dizione di cui disponeva, aveva raccon- un'antica correzione redazionale, ancor
tato come Dio, a legittimazione di se più arduo sarebbe sostenere che nel te-
stesso, avesse pronunciato il suo nome. sto il narratore stesso presenti Dio che
Ma, legittimandosi in questa forma, egli respinge la domanda a lui rivolta. Tale
legittimava anche in modo inequivoca- rigetto sarebbe espresso nella forma cli
bile il presupposto politeistico di tutto un'innocua tautologia: «lo sono io». In
il racconto, e più precisamente il fatto, mancanza d'altro si potrebbe accettare
già problematico di per sé 191 , che i figli questa ipotesi 193 ; infatti anche l'angelo
d'Israele potessero dubitare quale delle che lotta con Giacobbe sul fìume Jab-
divinità che potevano esser considerate boc, si rifìuta di dirgli il proprio nome:
come Dio dei padri (cfr. Ios. 24,14 s.), «Perché mi domandi qual è il mio no-
fosse il mandante di Mosè. È facile im- me?» (Gen.32,30). L'angelo di Dio, in-
maginare, in questo contesto, che una contrando i genitori di Sansone, dà la
affermazione cosl accentuatamente mi- stessa risposta e ne fodica questo moti-
188 Cfr. ad es. Os.1,9; Ez.14,n; 34,24, ecc. Gen.49,10, dove è possibile che vi fosse un no-
189 H.GuNKBL, Genesir (1922) xxn. me del Messia, che per qualche motivo appat'-
ve consigliabile nascondere.
190 Su questo concetto cfr. E. EHRENTRBU, Un-
tersuchungen uber Jie Massora (1925) 8 s. 193 E. Vie Israeliten .. . ( 1906) 6; H.
MEYER,
191 Cfr. ALT e~ n. 128) 12 ss. GRESSMANN, Mose tltld seine Zeit (1913) 3J
192 Un caso analogo potrebbe essere Jiloh, in s.; L. KoHLBR, Theologie des A .T . (1936) 234.
xvpLO<; (G. Qucll) (m,ro72) 1430
19'1 BuBER (-7 nota bibliogr.) 237 s.; GRETHBR -7 nota bibliogr.) 22.
r431 (u1,ro72) xupioç (G. Quell) (m,1073) r432
sin dall'inizio e poi in seguito, sia sul ne (ls. 1, 29 s.), attiravano le donne.
piano razionale che su quello sentimen- <<Quante sono le tue città, tanti sono i
tale (1v, col. 381 }. Certo, ciò avviene tuoi dèi», poteva affermare Geremia (2,
di regola sotto forma di rifiuto degli 28). Nei libri profetici, quasi ad ogni
dèi stranieri; ma si trovano attestazioni pagina si può leggere che il senso della
anche positive di un pensiero mitico. fede jahvista è posto in discussione e
In terra straniera non si possono can- la sua unità minacciata.
tare cantici di Jahvé (Ps. 137,4), si è b) Tuttavia non v'è soltanto da ri-
costretti a servire altre divinità (I Sam. scontrare la tendenza a deviare verso
26,19 ); a Damasco il signore è Rimmon miti stranieri, ma addirittura una defi-
(2 Reg.5,18), in Moab Camos (lud.n, cienza di sensibilità per il numinoso. In
24; 2 Reg.3,27). La terra straniera è im- tempi tranquilli e in quegli strati della
pura (Am.7,17; Os.9,3 s.). Ma la prova popolazione che godevano di maggior
più sicura della vitalità, nella comunità sicurezza di vita, Jahvé riceveva un ri-
di Jahvé, di un pensiero mitico è data conoscimento in certo modo ufficiale e
dal fatto che la rivalità degli altri dèi oggettivo, che trovava sostegno nella
non ha cessato, di generazione in gene- concezione mitica. La divisione politica
razione, dal porre continuamente in cri- del popolo di Jahvé generò, specie nel-
si l'ubbidienza della fede. La narrazione lo stato settentrionale, una recettività
di I Reg.18,17 ss. lo pone in evidenza nei confronti dei miti stranieri, che fa
con l'ordalia provocata da Elia a dimo- pensare a un disorientamento e a una
strazione della competenza del suo Dio ottusità fatali in fatto di religione. Da
sui fedeli della zona del Carmelo 195• An- un imperio di Jahvé esteso sull'intera
che in questo caso, come quasi sem- sfera vitale non ci si sentiva né si vo-
pre, la crisi era stata suscitata da uno leva essere toccati. «Hanno sacrifica-
sviluppo politico, in cui sembravano to ai Baalim e immolato agli idoli»
trovare espressione spostamenti d'auto- (Os.n,2). «Non dal cuore» gridano a
rità fra gli dèi. Divinità nazionali di po- Jahvé (Os.7,14), incapaci come sono di
tenze straniere, «l'intero esercito cele- soddisfarne le richieste (Ier.6,10). I sa-
ste» (2 Reg. 21,3), trovarono talora il crifici di fanciulli al tempo di Manasse
loro posto ufficiale accanto a J ahvé 196 ; e di Achab appaiono come atti dispera-
Ishtar, la 'regina del cielo' (Ier.7,18), ti di gente totalmente smarrita. D'altro
Adonis, il Baal siriaco della vegetazio- canto, v'era una diffusa sazietà, di cui i
195A. ALT, Das Gottesurteil auf dem Karmel, 196 In Et.8,10 ss. vi è probabilmente allusione
Beer-Festschr. (r935) r ss., spiega l'evento CO· a culti egiziani. A partire da Salomone appare
me un atto di sovranità politica compiuto dal nel culto ufficiale qualche tratto di sincretismo;
Dio nazionale d'Israele contro i Fenici. cfr. R. KITTEL (~ n. 126) u, 192 s.
1433 (m,1073) xupLoç (G. Quell) (III,I074) r434
profeti possono parlare solo con collera la storia delle religioni può confermare
e nausea. Si schernisce il Santo d'Israe- che l'atteggiamento d'indifferenza di uo-
le, ci si allontana da lui (JS.I,4), perché mini astuti e sicuri di sé s'appoggia per
non è più possibile far appello alla vo- solito su concezioni mitiche di Dio: un
lontà dell'uomo, che si lascia guidare Dio limitato è un signore circoscritto.
solo dai bisogni istintivi della vita, tan- Era fondamentale per la religione jahvi-
to che il culto per le divinità simboli- stica che la figura di Jahvé, non esente
che sembra a lui molto più consono. da taluni elementi mitici, non fosse una
Nel piacere indisturbato del benessere divinità particolare con un preciso set-
borghese, essi «giacevano sulla feccia» tore di sua competenza, ma estendesse
(Soph.1,12) come vino non curato (Ier. la sua autorità incondizionata su ogni
48,n), privi d'ogni timor di Dio: «Jah- campo della vita. «Rivolgetevi a me, e
vé non fa né bene né male», ossia il vivrete!» (Am.5,4): cosi egli unisce e-
suo intervento è quanto mai dubbio. sigenza e promessa, e le forme mitiche
«Egli non chiede conto» (Ps. 10,4; cfr. di cui si riveste il pensiero che lo ri-
Ier.5,12). Che significa 'opera di Jah- guarda perdono la dimensione umana
vé'? (ls.5,12). Solo scherno si dimostra per diventare grandiosi mezzi esptessivi
per questo tema: «Ch'egli si affretti ad di una volontà universale.
agire, sl che possiamo assistere alla de- e) Jahvé non è quindi mai, per i suoi
cisione del Santo d'Israele!» (Is.5,19). seguaci, un concetto astratto, un'idea
II borghese sazio cerca in tal modo di effimera, ma si presenta ad essi e ad
gettare il ridicolo sul profeta toccato da essi si impone come una potenza con-
Dio, lo definisce insensato (Os.9,7; Ier. cretamente avvertibile. Essi non pensa-
29,26); il timor di Dio è per lui solo no di sognare, quando la sua mano li
un precetto insegnato e studiato da uo- afferra; Geremia ha parole molto dure
mini (Is. 29,13), non è un'esperienza. per tal genere di presunte rivelazioni
Persino certi narratori delle storie pa- (Ier.23,28). Essi vedono Jahvé, eppure
triarcali non poterono fare a meno di non sanno dire che aspetto egli abbia.
attribuire a Giacobbe, messo alle stret- L'immagine vista dal loro sguardo inte-
te, la leggerezza di confermare la sua riore non ha nulla d.ell'ingenuità d'una
menzogna ricorrendo al nome di Jahvé, figurazione mitica; essa s'impone e co-
dietro lll quale egli cautamente si trin- stringe. Particolarmente istruttiva è la
cera («Jahvé, il tuo Dio», Gen.27,20). descrizione della teofania in Ezechiele.
Certo, tali deviazioni non si spiega· Vi è prima la descrizione di un'imma-
no soltanto con una mentalità mitica, gine singolare, che consiste in una con-
per la quale Dio rappresenta un'autori- gerie di animali, ruote e ali battenti, e
tà mutevole, e quindi priva di forza. Ma solo al termine si osa alludere, con ter-
1435 (III,1074) xup1oc; (G. Quell)
m1ru quanto mai cauti, ali' essenziale: le della rivelazione. La forza di volontà
appariva là qualcosa che si presentava dei profeti nasce, non meno dell'ardore
come un'immagine della maestà di Jah- glorificante o lamentoso dei poeti, dal
vé. Il profeta quasi si spaventa d'aver contatto con la volontà personale di
detto che la figura assisa su ciò che sem- Jahvé. Ciò spiega come, nella testimo-
brava un trono aveva sembianze uma- nianza resa a lui, l'idea della grandezza
ne, quindi ripete il tutto, come correg- e della potenza divina s'imponga con
gendosi, riferendolo al kabod. Il kabod, forza a chiunque ne segua le manifesta-
la piena potenza regale, viene a sosti- zioni quali sono tramandate, sl che sin
tuire la persona, l'essere umano (Et.. dai documenti più modesti e frammen-
I) 197, tari sull'origine della fede in Jahvé na-
A partire da passi di questo genere, sce da sé il problema della realtà, e non
non ha molto senso attribuire un valo- v'è lettore che si possa sottrarre al giu-
re decisivo agli elementi umano-mitici dizio esistenziale sulla persona divina e
spesso ricorrenti nella raffigurazione di sul suo volere.
Jahvé, se miriamo ad accertare ciò che d) Anche i grandi tentativi poetici di
vuol dire la fede. Può aver solo valore ravvisare il divino imperio di Jahvé nel-
d'un paragone dire che Jahvé ha una le dimensioni, proiettate all'infinito, del
bocca o un cuore, che le sue labbra so- tempo (Ps.90) e dello spazio (Ps.139),
no piene di collera e il suo braccio è pur conducendo sino ai limiti del pen-
steso come quello di un gigante. La ne~ sabile il concetto di persona, non rinun-
cessità della raffigurazione artistica ha ciano tuttavia alla certezza rivelata del
indotto, specie nella letteratura religio- carattere divino di tale persona, e quin-
sa, all'uso di forme siffatte, che sembra- di non abbandonano la linea della reli-
no essere le uniche possibili per rappre- gione biblica. Gli elementi speculativi
sentare i motivi della virile imposizione eccezionali cli tali riflessioni 193 non so-
della volontà nell'esperienza di Dio. L'a- no né rassegnati né quietistici, ma na-
spra immediatezza dell'esperienza per- scono dal senso di responsabilità del-
sonale si esprime in esse senza alcun ri- l'uomo cui Dio si è rivolto, sentimento
guardo ad eventuali interpretazioni che che minaccia di esasperarsi in un timo-
potrebbero distrarre dall'evento centra- re meramente numinoso. Se il poeta cer-
197 Anche l'autore apocalittico di Dan.7, che 198 Ps.90,4: mille anni sono come un giorno;
parla dell' «Antico di giorni» e dei suoi capelli Ps.139,5: <{davanti e di dietro tu mi stringi»;
bianchi, fa un semplice accenno, certo non sup. per entrambi i motivi vi sono paralleli indiani,
ponendo di avvalersi, parlando di età di Dio, cfr. H. GUNKEL, Die Psalmen (1926) 397.590;
d'un concetto d'nutorità legato al tempo. H. HoMMEL, Das religfonsgeschichtliche Pro-
blem des 139. Ps.: ZAW NF 6 (1929) IIOSS.
1437 (m,rn75) xupLoc; (G. Quell)
199 J.Hiì.NEL, Die Religion der Heiligkeit (1931) HAAS, disp.9/10 LEIPOLDT(1926)nr. 81; molto
l,317 ss. ingrandita in J. HEMPBL, Die althebriiische
Lit... (1930) xn. È dubbio se questa fosse una
200 Che si pensi alla figura fisica, è provato da riifliguraz.ione di Jahu, divinità locale di una re-
5,3. ~ 111, col. 166 ss. Una moneta d'argento gione pagana, oppure di un dio pagano, divi-
probabilmente proveniente da Gaza, del v (?) nità locale di una regione israelitica; cfr. H .
sec. a.C., con la leggenda ihw mostra un uomo GRESSMANN: ZAW NF 2 (1925) x6s.; Lm-
barbuto assiso su un carro alato. Riprodotta in POLDT, op.cii. Xl.
xvpLoc; (G. Quell) (m,1077) 1440
le, si deduce non tanto dal seguito, do- porta il nome di 'Dio combatte' e a lui
ve si dice che Dio li creò uomo e don- è dedito, il possesso ereditario, il fon-
na - dal momento che uomo e donna damento di vita, la felicità. Per inten-
sono entrambi 'uomo' 201 - quanto piut- dere come la fedeltà fra Dio e popolo,
tosto dall'insieme del racconto, del qua- il loro reciproco f?esed, non sia punto
le, una volta fatta questa restrizione, si concepito in modo teorico, è importan-
può ben dire che «demitizza al massi- te vedere con quale forza venga av-
mm»202 l'argomento. vertita, in quella potente figura divina,
f) La medesima osservazione trova l'urgenza del sentimento. Nel Decalogo,
conferma anche di fronte alle scarse te- e anche altrove, Jahvé è definito 'él
stimonianze, in qualche modo accessi- qannii', 'Dio geloso' (Ex. 20, 5 e pas-
bili, sull'età più antica della religione sim)203. Se si può addirittura dire che
jahvista. L'immagine divina spiccata- questo è il suo 'nome' (Ex.34,14), una
mente virile, che emerge dalla tradizio- perifrasi che allude al mistero della sua
ne mosaica, ha determinato la religio- persona, l'importanza di tale concetto
sità basilare veterotestamentaria non so- per la conoscenza di Jahvé è posta in
lo come ubbidienza e fedeltà, ma anche rilievo dalla tradizione stessa. In effet-
come amore; e non già perché il mito ti non se ne può ignorare la portata per
ne fosse particolarmente suggestivo, ma l'intera fede biblica di Jahvé. Alla let-
perché in esso l' ignota dinamica del tera2G4, esso significa solo che Jahvé vuo·
Santo si trasponeva in una volontà del le essere amato da coloro che ama, che
Dio condottiero che s'indirizzava a certi la fedeltà a lui dev'essere incondiziona-
fini impegnando l 'uomo all'ubbidienza ta, perché reciproca. Non v'è modo più
e alla fedeltà. Jahvé, il 'battagliero' (Ex. forte per parlare del rapporto persona-
I 5 ,3 ), non è un Dio amante della guer- le di Dio con l'uomo; questo rapporto
ra; non combatte per amore della bat- nasce dal sentimento, e solo parzialmen-
taglia, ma per far trionfare il suo de- te consiste nel carattere negativo di mi-
creto, per dare a questo popolo, che naccia. È un'intima sfera vitale del Dio
201 Diversamente il KOHLER (-4n. 193) 133. di minaccia, il suo contenuto essenziale, l'idea
dell'amore, già di per sé velata, diviene tal-
202G. VON RAD, Die Priesterschrift im Hexa-
mente secondaria da essere avvertita a stento.
teuch (1934) 168.
21» Dunque senza «interpretazioni fantasiose»
2ll3 Il pensiero appare tanto spontaneo, che (KoHLBR [-? n. 193] JO), come sembrano es·
spicca nettamente dal contesto in cui si trova servi là ove si considera la gelosia di J ahvé co-
nel Decalogo. Appartiene alla parte antica del- me radicata nella santità (ibid. 34). In tal caso
l'annunzio di Jahvé, come è stato giustamente fa santità dovrebbe essere concepita come un
osservato da H.ScHMIDT in: Eucharisterion fiir sentimento, il che certo non può stare. No, la
H . Gunkel [1923] 86 ss.). Nell'uso che se ne gelosia è radicata nel sentimento, ossia nell'a·
fa nel Deuteronomio come motivo parenetico more.
r441 (m,1077) xupioc; (G. Quell) (m,1077) 1442
205 Cfr. ka'am in Ps.8:;,5 e passim, e il verbo 201 Anche la collera sta ad indicare l'azione po-
hik'im. tente del Santo in una forma che ne presuppo-
ne una sensibilità di tipo personale. La collera
206 Ex.20,5 s.; Deut.5,9 s. non sono frutto di nell'A.T. non è mai considerata, come avviene
riflessione teologica, e devono quindi subire altrove (cfr. OTTO [-)on. 124] 123), essenziale
una correzione, a sua volta insoddisfacente, me- alla divinità, ma -descrive una certa reazione
diante integrazioni esplicative («che mi ama- della sua sensibilità. In Gen.31,42 pal/ad ii~/;Jiiq
no», «che mi odiano»). non è Jahvé, ma un Baal di Betsabea.
1443 (m,1077) XÙPLO<; (G. Quell)
200 Agli sforzi di dimostrare la provenienza del 20'J Jahvé è il Dio d'Israele: e quindi si rivol-
Decalogo da Mosè è stato opportunamente ob- ge, collettivamente, a Israele. Tale deduzione
biettato (ultimamente da L. KoHLRR: ThR NF risulterebbe più agevole se emergesse con la
I (1929) 161 ss.) ch'essi non possono approda- stessa facilità anche dal seguito; ma viene e-
re ad alcun risultato evidente, e non è possibi- sclusa, viste le frasi che regolano la condotta
le giungere 11 una conclusione probabile. I due verso altri membri dello stesso popolo (rèà').
testi sono corpi a sé, donde emerge che sono Se non si vuol supporre un uso linguistico o-
comunque anteriori a qualsiasi delle grandi scillante (cosa peraltro possibile), si potrebbe
fonti narrative dell'Esateuco, ove si trovano in- pensare che fin dalla prima frase ci si rivolga
seriti e in cui occupano una posizione impor- direttamente a chi appartiene al popolo ed è
tante ·entro fa storia della nascita della comu- addetto al culto.
nità.
1445 (m,1078) xvpLoc; (G. Quell)
egual forza nella volontà e nel senti- possono fare o non fare dò che voglio-
mento, l'uomo riceve un ammaestra- no, ma devono render conto allo stesso
mento che ha validità assoluta, che at- divino gigante, la cui voce di tuono egli
tribuisce alla sua vita un senso, una mi- aveva sentito provenire da Sion (Am.r,
sura e un fine, ed esige un'ubbidienza 2; cfr. 9,12).
che non si esaurisce nel coltivare un
elegiaco senso creaturale, ma si dimo- ro. La professione di fede in ]ahvé
stra nell'opera concreta, spede prestata di Deut.6,4
a favore degli altri, nell'adempimento Il concetto di 'monoteismo' ricorren-
di un preciso dovere di fedeltà. «Fac- te negli studi storico-religiosi si può ap-
ciamo e ascoltiamo» (Ex.24,7 ); ecco la plicare alla religione veterotestamenta-
risposta del popolo raccolto sul monte ria solo se inteso come valutazione tea·
di Dio quando riceve la legge. La con- retica del suo apporto complessivo ai
vinzione che la rivelazione del divino fini della conoscenza religiosa. Ma alla
impegna l'uomo, e non già sotto l'a- fede jahvista in sé è ignota ogni esigen.,
spetto teoretico o di principio, ma sem- za speculativa 210• Ciò vale anche per
pre all'azione più concreta, per la qua- l'inizio del cosiddetto Jema' di Deut.6,
le essa fornisce nonne semplici e gravi, 4, che potrebbe esser considerato un'af-
questo si deve ritenere il più vivo con- fermazione a carattere speculativo, se
tenuto che 1' intero A. T. comunica ai dall'espressione e dal contesto stesso
suoi lettori. L'esigenza etica ha mani- non risultasse che neppure in questo ca-
festato la validità universale dell'espe- so si mira a stimolare o a giustificare
rienza compiuta dalla comunità jahvisti- una forma di pensiero, ma ad attivare,
ca col suo Dio. «Ti è stato indicato, uo- mediante una dichiarazione emoziona-
mo, quello che è ben fatto e che Jahvé le sul loro Dio, la volontà dei suoi se-
esige da te: praticare la giustizia, ama- guaci. L'amore di Jahvé si manifesta
re la fedeltà e seguire la via insieme col qui per mantener vivo l'amore della co-
tuo Dio in umiltà» (Mich. 6,8). L'uso munità per lui. La vasta applicazione
collettivo del termine 'uomo' è sugge- cultuale e teologica che hanno trovato
rito spontaneamente al profeta dalla di- le quattro brevi parole jhwh •elohenfJ
namica della sua missione, cosl come jhwh 'epad, rende legittima una ricer-
già ad Amos le parole di minaccia pro- ca particolare sul loro discusso signi-
nu.nciate contro Damasco e gli altri stra- ficato.
nieri (Am .r ,3 ss.) scaturiscono dalla con- Le parole, sottolineate da una formu-
vinzione improvvisa che i popoli non la parenetica, «ascolta, Israele», usata
210 Un'eccezione si trova forse nell'&desiaste; d.r. l'oscura parola sull' 'unico pastore' (12,11).
X.UpLoc; l l:T. l,!Uell) (III,1080) 1448
solo nel Deuteronomio (Deut.5,r; 9,1; enfatico dato al nome, al quale viene in
20,3; 27,9), si presentano, proprio per tal modo attribuito H valore di un no-
questo, come citazione di una formula me comune. «Jahvé è unico» significa
preesistente. Potrebbero avere valore che in 'Jahvé' tutto ciò ch'egli è, è pre-
ionico, giacché presentano la brevità sente in modo esauriente ed esclusivo212 •
pregnante dei motivi innici, che non è La seconda frase ha dunque valore ana-
consueta al Deuteronomio. La loro dif- litico, non sintetico; rafforzando il sen-
ficoltà vien dal fatto che possono arti- so della prima richiamerebbe, per es.,
colarsi o in due frasi o in una sola. Is. 45,6: 'ani jhwh w0 'én-'od, «Jahvé
Grammaticalmente, l'ipotesi di due fra- sono io, e nessuno più», e potrebbe es-
si nominali è la più agevole. La prima sere parafrasata così: nessuno è quel
- «Jahvé è il nostro Dio» - è una spe- che è Jahvé, ossia nessuno è Dio. Si ve-
cie di professione fondamentale di fede dano, al riguardo, frasi come Deut. 4,
del popolo di Dio, di tipo monolatrico 35: jhwh hU' ha'elohtm 'en-'od miW-
come l'inizio del Decalogo. Segue poi baddo, «Jahvé è Dio, e nessuno (loè) al
una seconda frase, forse essa pure con di fuori di lui» (cfr. anche Deut.7,9).
valore innico, ma dal tono molto più Contro tale interpretazione potrebbe
dottrinario: «Jahvé è unico». Se la si stare la combinazione delle due frasi.
intende analogamente alla costruzione Se ci chiediamo perché alla frase di sen-
del tutto simile di Gen-41,25 (~alom so più ampio si accompagni l'altra di
par' oh 'epad hU', «il sogno del faraone senso più ristretto, possiamo risponde-
è unico», ossia si tratta di un unico so- re solo col richiamo alla possibile ten-
gno, non di due), viene a dire che Jah- denza innica dell'insieme. Ma nell'ipo-
vé è una persona unica, non più di una. tesi che la seconda frase non rafforzi la
Ma questo sarebbe un senso banale e prima si cade nella piattezza che jhwh
del tutto ovvio (possibile soltanto se si 'ef;àd sia davvero un'indicazione nume-
pone l'accento su 'epad) ed equivarreb- rica, cosa che non diviene più soppor-
be a un'indicazione numerica priva di tabile nemmeno se si ravvisi in ciò una
senso 211 • Ma il contenuto sorprendente, polemica contro un polijahvismo miran-
e quindi efficace, di tale accentuazione te a trasferire nella fede jahvista il po-
matematica sta senza dubbio nel rilievo limorfismo di Baal 213 •
211 L'autore di Zach.14,9 ha evidentemente let- 213 Qualcosa del genere v'è stato di certo (cfr.
to e inteso cosl, Ne viene il senso dubbio del- Gen.16,13; 12,7; 18,1 ss.; 28, la triade divina
la frase, nella quale egli vuol dire cosa ben di- nel tempio di Jeb), ma senza dubbio non ha
versa da quella che in effetti dice. alcun rapporto con questa frase; del resto una
212 Analoga è una locuzione come quella di idea di natura tanto dottrinale non poteva tro-
lob 12,2: 'atlem-'iim, voi siete il genere uma- vare adeguata espressione in due parole.
no in forma totale ed esclusiva.
1449 (m,1080) xuptoc, (W. Foerster) (m,ro8r) 1450
accanto a un nome proprio non sta be- I. La scelta della parola xuptoç nei LXX
ne, bisogna allora ricorrere a locuzioni
Resta da esaminare in questa sede il
perifrastiche, come «Jahvé è il nostro motivo che può avere indotto i LXX ·a
Dio, Jahvé in quanto unico». In tal mo- scegliere proprio la parola xuptoç. Se-
do il principio monolatrico è mantenu- condo il Baudissin 21s l' 'iidon vetero·
testamentario indica propriamente il
to saldo, ma a prezzo della chiarezza
'superiore', ben distinto da colui che ha
espressiva. potere su qualcuno o qualcosa. Tale su-
Dalla ricerca, quindi, risulta che non periorità può bensì concretarsi nell' e-
sercizio di un potere ma va tenuta ben
è possibile determinare con soddisfacen- separata da esso. Quando è riferito a
te esattezza logica il contenuto di que- Dio, 'iidon designa l'essere superiore,
ste parole. Questo fatto, insieme con lo che proprio in tale sua qualità appartie-
ne a colui che parla (Baudissin II 249 ).
slancio ritmico della lingua e con l'evi-
Analogo sarebbe il signifìcato di XU(Mc;
dente gravità dell'oggetto trattato, ren- nei LXX. Ma su questo tJunto l'argo-
dono queste parole una testimonianza mentazione del Baudissin non è convin-
cente. Quando egli afferma, a sostegno
unica nel suo genere del vigore tratte-
della sua tesi, che nell'A.T. il vocativo
nuto, eppure inquietante, della fede jah- 'adon2 è usato anche dall'uomo libero
vista. Esse sembrano trovarsi a un limi- per manifestare alla persona cui si rivol-
te. La dinamica attivante della religione ge il suo rispetto e la sua volontà di en-
trare in rapporto con essa (Baudissin II
popolare si avvale di un mezzo espres- 246), misconosce che la stessa persona
sivo che non è più adeguato ad essa: la quale usa la forma allocutiva 'adon2
214 Cos} o
i LXX: xuptoi; i>EÒC, 'Ì]µW\I xuptoc, Elc, dello Jema', diversa da quella dei LXX (I Cor.
~O"·tw. Sull'antica formula cristiana Elc; bE6c, è 8,4 ss.? Iac.2,19), non offrisse questo testo; dr.
probabile che Deut.6A non abbia esercitato al- E. PETERSON, Erç tk6t; ( 1926) 293 ss.
cuna influenza, a meno che una forma greca 21s (-7 nota bibliogr.) n: 241-257.
I45I (m,1081) X.VPf.O<; (W. Foerster) (m,108r) 1452
si definisce 'servo' e che questa parola, tro verso la scelta di xupLoc;, con ciò che
anche quando non va intesa in senso essa comporta, può spiegarsi con l'esse·
stretto, indica pur sempre la dipenden- re Dio il creatore; chi ha creato l'uni-
za di chi parla da colui al quale si rivol- verso e l'uomo è il loro legittimo signo-
ge, si riferisce cioè a uno stato di sotto- re. Il Baudissin si risolve per la prima
missione. Il fatto che per indicare la ge- interpretazione adducendo a sostegno di
b1ra propria della regina non si trovi essa, come argomento capitale (oltre a
usato xvplo: come altrove, bensl ricor- quello testé accennato), il fatto che xu-
rano espressioni che designano inequi- pLoc; corrisponde talvolta a elohim con
1
mare continuamente l'ascoltatore al po- dove XVpLoc;, o xvpLO<; (più raro), x.uptE
tere assoluto che Dio ha su ogni cosa. da una parte, i>eoc;, ò ik6c; (più frequen-
«In un caso (nell'uso pagano) il titolo è te), o ile:6ç (vocativo) dall'altra, più o
aggiunto al nome e il nome distingue meno si bilanciano. Nella Assumptio
chi lo porta da numerosi altri dèi e uo- Mosis, che è di poco posteriore, dominus
mini che possono portare, o aver porta- prevale nettamente rispetto a deus, e
to, il titolo ... Nell'altro caso (nei LXX) così anche nei Testamenti dei XII Pa-
il titolo è messo al posto del nome, si- triarchi, seppure non nella stessa misu-
gnificando che chi lo porta è 'sovrano' ra, mentre il IV di Esdra per designare
in senso assoluto. Un vero parallelo a Dio usa abitualmente altissimus e tal-
questo non si ha nel greco, né preceden- volta f ortis, una volta anche excelsus.
te né contemporaneo» 216• In questo libro dominus ricorre soltan-
to al vocativo in riferimento a Dio e
2. 'Signore' negli pseudepigrafi (talvolta col possessivo meus) agli ange-
li. In Baruc siriaco si ha quasi sempre
Il Baudissin ha addotto vari argo- I' 'Onnipotente'; frequente è pure l' 'Al-
menti contro l'opinione, assai diffusa, tissimo', otto volte si trova 'il Signore',
che l'uso di 'ìldona; in corrispondenza una volta 'il Signore sublime', sei volte
del tetragramma sia più antico dei LXX. 'Dio' (oppure 'Dio onnipotente'), una
Secondo il Baudissin, l'origine di questa volta 'Eccelso'. Come forma allocutiva
forma artificiosa andrebbe collocata nel si trova però, una sola volta, 'Onnipo-
I sec. avanti o dopo Cristo. Tuttavia tente', sette volte rispettivamente 'Si-
l'uso del tetragramma (eccezion fatta gnore mio Dio', 'Signore', due volte, in-
per la lettura dei testi sacri) fino al I fine, 'mio Signore'. Un quadro assai va-
sec. d.C. forse non era sempre e rigoro- rio presenta Enoc etiopico. In quello
samente evitato, soprattutto se si tien che si può considerare il nudoo più an-
conto dell'invocazione che ricorre nelle tico, ossia nella visione degli animali
preghiere del IV di Esdra: dominator do- (capp. 83-90) 'Signore delle pecore' ri-
mine (Baudissin II r89 ss.). I dati lessi- corre come designazione allegorica di
cali sono questi (~ anche IV, coll. 393- Dio; talvolta però si trova anche il sem-
398 ): Aquila e Simmaco ne11a loro tra- plice 'Signore' (83,2; 89,I4.IJ.I6.18.
duzione lasciano inalterato il tetragram- 54; 90,17.2r.34; come forma allocutiva
ma in lettere ebraiche; adonili del T.M. in 84,6 'mio Signore'). In un caso si
al vocativo è reso, da Aquila in un caso trova 'Dio' ( 84,r ). Nella serie delle pa-
e abbastanza spesso da Simmaco, con BÉ- rabole, la designazione abituale di Dio
O"ltO"l'a, altrove con xupto<;, che Teodo- è 'Signore degli spiriti'; più rare sono
zione usa in corrispondenza tanto di altre più semplici, come 'Signore', 'no-
;hwh quanto di 'adona;. Il masoretico stro Signore', 'Signore del mondo', 'Si-
'adonai ihwh è reso variamente da queste gnore dei re', l' 'Altissimo' 217 ; ancor
traduzioni (Baudissini n 98 ss.). Gli apo- più raro è 'Dio' (55,3; 6r,ro; 67,r).
crifi tranne il primo, il terzo e il quarto Nelle altre parti di quest'opera compila-
libro dei Maccabei, usano con mag- toria 'Dio' e 'Signore' quasi si pareggia-
giore o minore frequenza xVptoc;, e no; si trovano poi talune circonlocuzio-
cosl pure fanno i Salmi di Salomone, ni soprattutto l' 'Altissimo' (II volte),
216 DoDD (~nota bibliogr.) IL rn; 68,4. Nostro Signore: 63,8. Signore dd
m Signore: 39,9.13; 41,2; 62,1; 65,6; 67,3. mondo: 58,4. Signore dei re: 63,4. Signore
14.5.5 (III,1082) xup~oç (\V/. Foerster)
'il Grande', 'il Santo', e 'Signore', varia- alcun modo i motivi che possono aver
mente specificate: Signore del cielo, del determinato la scelta proprio di xupioç.
mondo, della creazione, della gloria, del E sarà anche difficile raggiungere una
giudizio, della giustizia; inoltre il 'Dio piena sicurezza circa l'antichità di 'adò-
della gloria', 'il re del mondo', 'il re del- na;, tanto più che l'uso di 'Signore' negli
la gloria'. Nel Libro dei Giubilei, in.fi- pseudepigrafì presenta ancora notevoli
ne, si ha una netta e straordinaria pre- differenze da un caso all'altro. D'altron-
valenza del semplice 'Dio' (accanto a lo- de l'ampio uso di molteplici sinonimi e
cuzioni come 'il Dio altissimo', 'il Dio circonlocuzioni in riferimento a Dio,
di Abramo', 'il nostro Dio', ecc.). Il quale si trova per esempio in Enoc etio-
semplice 'Signore' si trova quasi esclu- pico, denota una forte riluttanza a desi-
sivamente 218 come forma allocutiva; gnare Dio nel modo più semplice. Ad
negli altri casi si trova 'Signore' in lo- ogni modo tanto Giuseppe 219 quan-
cuzioni come 'Dio il Signore', 'il Signo- to il fondo dei sinottici e l'evangelo
re nostro Dio' (quest'ultima sulla bocca giovanneo mostrano che jhwh e 'adònaj
dell'angelo della rivelazione), ecc. Il Do- erano scomparsi dall'uso corrente. Dai
cumento Damasceno usa per lo più 'él, termini sostitutivi impiegati negli pseu-
una volta 'et;on, tre volte hajja[Jld. Nel- depigrafì risulta chiaramente a quali a-
le citazioni dall'A.T. jhwh è tralasciato, spetti dell'idea di Dio gli autori di quei
oppure sostituito con 'el. È proibito il testi dessero un'importanza particolare.
giuramento con le lettere alef e dalet e Nelle cerchie giudaiche aperte all'elleni-
con alef e lamed ('llijm) 15,1 (Schech- smo dalle quali provengono gli autori
ter). della Lettera di Aristea, del terzo e
Questi dati lessicali ammettono an- quarto Libro dei Maccabei e dei Libri
che una spiegazione diversa da quella Sibillini 220, l'uso di xupLoc; era evitato
proposta dal Baudissin. Si può cioè pen- non per scrupolo religioso, ma perché la
sare che gli autori dei libri apocrifi, vo- parola, non accompagnata dal nome del-
lendo comporre scritture 'sante', usasse· la divinità, risultava incomprensibile al-
ro nella grafia il tetragramma alla ma- l'ellenismo. Filone trovava nella sua Bib-
niera veterotestamentaria, ma, leggendo bia, ossia nel testo dei LXX, 1>E6<; e xu-
l'A.T., pronunziassero 'adonaj. In tal {M<; come termini principali per indica-
caso non vi sarebbe alcuna difficoltà ad re la divinità. Egli ha visto allegorica-
ammettere che i LXX, col loro xup~oc;, mente in xupto<; un richiamo alla (3<.l<Tt-
si rifacessero all'uso già invalso di so- ÀtxTi ouva.µtc;, e in ih:6c; un'allusione al-
stituire 'adonaj al tetragramma (~ IV, la xa.ptcr·nxl} Ou\lafJ.L<; 221 •
coll. 393-398). Tutto ciò non infirma in
della gloria: 40,3; 63,2. L'Altissimo: 46,7; 60, 'tOC XVpLE ... "t'W'J 1ta'J"t'W'J oè: lìtxoclwc; µO'JOV xat
I; 62,7. 1tpW"t'OV fj"('Y]µOCL XUptO'J) e per una citazione
21s Eccezioni: l'introduzione (var.); 27,27; 49, della Scrittura (ant.r3,68). Frequente invece è
22. l'uso di oEart6"t'1}<; e del vocativo lìÉo'1tO"t'a in
riferimento a Dio; A. ScHLA.TTBR, Wie .rprach
219 Flav. Gius. usa sovente l'aggettivo xvptoc;
Jos. von Goti, BFTh 14,r (19ro) 8-n; In.,
(Ap.2,19.146; 2,177.200), chiama i Romani oi
xvptoL 'JV'J 'PwµafoL -rijç olxouµÉ'JT}c; (Ap. 2 1
T heol. d. Judt. 2 5 s.
41), e non ignora che XVpLoc; corrisponde all'e- 220 Considerazioni analoghe si posson fare per
braico 'dwn (ant. 5,121), Evita però l'uso di gli scrittori giudeoellenisti A.rtapan ecc.
xupLoç in riferimento a Dio, eccezion fatta per 221 som. x,r63. Altri passi si trovano nel FoER-
una preghiera, in ant.20,90 (invocazione 0Éa1to- STBR (~nota bibliogt.) II9 n. 3 ~ n. 222.
1457 (m,1083) xup~oç (\V/. Foerster)
222 Vedi per questo A. MARMORSTElN, Philo fettivamente Signore di tutte le tue creature.
attd the 11ames o/ God: JQR NS 22 (1931/32) 2.ll DALMAN, Wortc ]. 267 con esempi. Vedi
295-306 con bibliografia. inoltre, per questo e per ciò che segue, ScHLAT-
22l Ber.;.9 b, DALMAN, Worte]. 399. TE.R, Jo. a 5,3.
224 DALMAN, ibid. 232 SACHAU (-> n. 156) nr. 1,15; Qoh. r. a 3,2;
m Lev. r. 3,5 a 2,1; DALMAN, ibid. in basso= altre testimonianze in ·MARMORSTE.IN, op. cit.
ScHLATTER, Mt. a 15,22. 93 s. 94_n . 45; ScHLATTER, Mt. a n,25.
226 Ibid. m Gen. r. 99 a 49,27; MARMORSTEIN 94 n. 46;
ScHLATTER, Mt. a Ù,25 .
m Ex. r. 5,14 a 5,2; MARMORSTEIN (~ nota
234 ScHLATTER, Mt. a 7,21 .
bibliogr.) 63.
228 Esempi in MARMORSTEIN 62 s. 235 MARMORSTEIN 93 n . 44·
230R. Aha (MARMORSTEIN, ibid.): Tu sei de- 238 Taan. b. 25 b verso la fine; Git. h. 23 b.
gno di esser chiamato Signore, perché sei ef- 2.l~ DALMAN, ìVorte ]. 275.
1459 (m,1084) xvpLoç (W. Foerster)
2-10 DALMAN, W orte ]. 266 s.; STRACK-BILLBR- a Rab: l' sbiq mr Mi lkl brjh, quando questi si
BECK II 2J a Mc.rn,JI. annoverò tra i moderati.
241 Esempi in STRACK-BILLBRBECK III 671 s.; a.u; Il re Giosafat avrebbe salutato ogni dotto
MARMORSTEIN, op.cii. 98 s . con le parole: 'bi 'bi rbj rbj mr; mrj (Mak. b.
m b'l ht'nh ( = aram. mr' dt'jnt') Ber.j. 5 e r. 24 a; DALMAN, Worte ]. 268, in alto).
16; SCHLATTER, Mt.256, a metà. 247 La tensione drammatica tra il presente e
de e potente nella tua grandezza, Si- sabetta può ben chiamare Maria la «ma-
gnore di tutta la creazione del cielo, re dre del mio Signore» (Lc.r,43). L'idea
dei re e Dio di tutto il mondo! La tua di una superiorità che esige un ricono-
potenza, la tua regalità e la tua grandez- scimento è implicita in xuptoc; quando
za permangono per tutta l'eternità, eco- r Petr.3,6 ricorda che Sara chiama xv-
sì pure la tua sovranità su tutte le ge- ptoc; Abramo (allusione a Gen. 18,2,
nerazioni; tutti i cieli sono il tuo trono LXX) e nella citazione di Ps.110 che si
per l'eternità e tutta la terra è lo sga- trova in Mc.12,36 s. par.; Act.2,34. Pe-
bello dei tuoi piedi per sempre. Perché sto parla di Nerone come del xuptoc;
tu hai creato ogni cosa e la reggi» 250• (Act.25,26 - ? col. 1382). In un'acce-
Codesto legame con l'idea della creazio- zione più rigorosa, accompagnata da una
ne dà alla 'signoria' di Dio la sua giu- nota di disprezzo per il possesso legit-
stificazione ultima e inevitabile e con- timo ma non effettivo (piuttosto vicina
ferisce all'obbligazione morale un carat- all'aggettivo xvpt.oc;) xupt.oc; ritorna in
tere assoluto; 4 Esd. 8,60: le creature Gal.4,1: Écp' Oo-ov xp6\lo\I ò XÀTjpov6µo~
non hanno reso onore al nome di colui v7)m6c; fo·nv, OVOÈ\I 01.0:q>Epet oouÀou
che le ha fatte e hanno mostrato ingra- XUpt.oc; 1ta\l't'W\I WV, «finché l'erede è un
titudine verso colui che pure ha dato infante, non differisce in nulla da un
loro la vita . Perciò ora il mio giudizio servo, pur essendo padrone di tutto».
si avvicina rapidamente (Ber.;. 7 dr. Tolte poche eccezioni (Mt.18,25; 24,
6I)2.51• 45! Lc.12,37.42; 14,23; cfr. Io.13,13
Invece l'elezione di Israele ha scarso s.), nei Vangeli e negli Atti questo xv-
risalto come fonte di obbligazione mo- ptoç è sempre accompagnato da uri ge-
rale; sostanzialmente il motivo dell'ele- nitivo, sia di un sostantivo, sia di un
zione viene ricompreso nell'idea che Dio pronome personale (anche per oggetti
è il creatore di Israele (v. Bar. 78,3; 79, inanimati: Lc.20,13.15), il che è un se-
2; 82,2). gno della perdurante efficacia dell'uso
palestinese(~ col. 1459). Appunto per-
E. xuptoc; NEL N.T. ciò un genitivo corrispondente manca
affatto nelle lettere (Eph.6,5.9; Col.3,
l .L'uso profano 22; 4,1; r Petr.3,6, inoltre Act.25,26).
Nel N.T. xuptoc; designa il signore e In area palestinese a questo xvpi.oc; può
proprietario di una vigna (Mc.12,9 par.), corrispondere tanto rbwn, rb, quanto
di un asino (Lc.19,33), di un cane (Mt. mr' (~col. 1460 ).
15,27), il signore dell'amministratore Come forma allocutiva XUptE è fre-
(cioè di un uomo libero) (Lc.16,3.5.8?) quente. Non soltanto lo usano gli schia-
e il padrone dello schiavo (spesso nel- vi per rivolgersi al loro padrone (nei
le parabole, ed anche in Act.16,16.19; Vangeli gli schiavi non si esprimono di-
Eph.6,5.9; Col. 3,22; 4,1); inoltre colui versamente), ma anche il vignaiolo par-
che può disporre di qualcosa: del rac- lando al padrone della vigna (Lc.13,8),
colto (Mt.9,38 par.) 252, del sabato (Mc. i Giudei a Pilato (Mt.27,63), il figlio al
2,28 par.). Secondo la cortesia orientale padre (Mt.21,29, ciò che è pur sempre
(per fermarci all'aspetto linguistico) EH- singolare) 253, Maria al giardiniere sco·
lSO Cfr. ibid.9A s.: ITÌJ il xupLOç "CW\I xup(wv ... 2.52 Cfr. ScHLATIER, Mt. a 9,38.
O'Ù yàp È'Ttol'f)O'ac; -tà. ?t&.vi:a. 253Aft.2I,29. L'altro figlio non usa forma allo-
251 STRACK-BILLERBECK IV 478 bb. cutiva di sorta. Il contrasto tra le parole e le
xupioc; (W. Foerster)
azioni del figlio che obbedisce solo verbalmen- strofe era un'esplicita protesta di sottomissio·
te risulta ancor più stridente quando si pensi ne al padre (~coli. 1358 s.).
che sulla bocca di un figlio l'uso di quell'apo- 254 Cfr. BLASS-DEBRUNNER § 147,3.
6
xupLoç (W. Foerster) (m,rn86) 1466
Nella patte fondamentale dei sinotti- 25; 12,24; 13,48.49; 15,35 .36; 19,10.
ci (Mc. e Q) la designazione di Dio me- 20) 257 • Inoltre x.uptoc; indica sicuramen-
diante ( ò) xuptoc; è esclusa tranne che in te Dio anche in r Cor.10,9; I Tim .6,15
Mc.5,19 (caratteristico di Mc.), dove (xupLoc; -.wv x.upLwov-.wv); 2 Tim.1,18;
Gesù al geraseno (pagano) liberato dal Hebr.7,21; 8,2; Iac.1,7; 3,9 (xup1oc; xcd.
demonio dice: &.m:x:yyEtÀ.ov aù"toi:c; otTa 1tCX."t''l)p); 5,ua; 2 Petr.3,8; Iudae 5 e
ò xhpt6c; <roL 1tE1tOL'l'}XEV, e in Mc. 13,20: nell'Apocalisse, che nel suo stile solenne
El µ1) f.xoMfjwtTEv x.vpwc; -.b.c; 1]µÉpac; ricorre spesso al veterotestamentario xu-
(Mt. e Le. presentaoo altra formulazio- pt.oc; 6 i}E6c, (con l'aggiunta di o 1tCX.VTO·
ne o altro testo). Nei Vangeli Dio è det- xprhwp): 1,8; 4,8; II,r7; 16,7; 18,8;
to x.vptoc; anche nelle parti di Mt. e di 19,6; 21,22; 22,5. Non hanno paralleli
Le. che trattano di Gesù fanciullo (in le formule di Apoc. 4,II: ò xuptoc, xat
Mt. 255 anche in quelle che trattano di oi}Eòc, -fiµwv; r l, l 5 (-.oli xvplou -fiµwv)
Gesù risorto) nonché nei due passi, ca- e 22,6: ox.uptoç Ò i}eòc; "tWV 1tVEUµa:tW\I.
l'atteristici di Luca, Lc.5,17; 20,37. Ciò
dimostra che nella primitiva comunità (ò) x.uptoc;, quindi, tanto nell'area pa-
palestinese non si usava 'adoniìjsu.. La lestinese quanto nella comunità che ave-
singolare frequenza di x.vptoc; nella sto- va nei LXX la sua Bibbia non era pa1·ti-
ria dell'infanzia di Le. dipende dall'uso
cosciente della lingua biblica e attesta colarmente usato come designazione di
un'aderenza non tanto all'uso linguistico Dio, tranne i casi in cui tale uso avesse
corrente di Palestina quanto a quello dei un fondamento biblico. Nondimeno il
LXX. Conseguentemente non va posta
contenuto della parola X.UpLoc; poteva
alcuna sostanziale differenza tra x.uptoc;
con l'articolo e xuptoc; senza articolo. sempre essere attualizzato in tutta la
L'inRusso dei LXX si scorge anche in sua pienezza. Ciò avviene anche in talu-
certe locuzioni stereotipe: XELp x.vplov ni passi particolarmente densi di signi-
(Lc.1,66; Act.u,21; 13,n); èX.yyEÀ.oc;
x.uplou (Mt.1,20.24; 2,13.19; 28,2; Le. ficato. Anzitutto e in primo luogo in Mt.
1,11; 2,9; Act. 5,19; 8,26; 12,7.23); rr,25 (che ritorna quasi letteralmente
ovoµa. xuplou (Iac.5,10.14); 7t\JEuµa. x.u- in Lc.10,21 ): È!;oµoÀ.oyouµal crot, mi-
plou (Act.5,9; 8,39), e nell'espressione
"t'Ep, XUpLE 'tOV oupcx.vou X.<XL 't'l'}C, yl)c;,
I - ' - \ - -
À.ÉyEL x.uptoc;, che in Rom .12,19; 2 Cor.
6,17; Apoc.1,8 integra la formula di ci- o-.L itxpuo/ctc; -.cx.u-.a. à.1tò <rocpwv xa.t <ru-
tazione e in Hebr.8,8.9.rn sostituisce il VE't'WV, x.cx.t Ò:.1tEX.ciÀulf/ac, <XU"t'Ù. Vl)'ltlOtC,'
<Jll)crtv xupt.oc; dei LXX. In questi passi val, ò 1ta-r;'l)p, 1hL o\hwc; eù8oxlct ~yÉ
X.UpLOC, è sempre senza articolo; con l'ar-
ticolo ricorre invece costantemente nella VE't'o gµ1tpo<ri}Év crou, ·«ti rendo grazie, o
locuzione ò À.6yoc; -.oli xuplou (Act.8, · Padre, Signore del cielo e della terra,
m Mt. l,20.22.24; 2,13.15.19; 28,2; Le. 1,6.9. Atti, soltanto b Myoç "tOU ilEov, e perciò b
rr .15.17.25.28.38.45 .58.66; 2,9. 15.22.23.24.26. À.6yoç "tOU xvplov andrà equiparato ad essa.
39· Forse non è possibile stabilire se anche in I
256 Non vedo quindi come possa reggere l'os- Thess.r,8; 2 Thess.3,1 b Myoç "tOU xvplov va-
servazione dello ScHLATTER, Io. 42, secondo da inteso come parola di Dio, e per il contenu-
cui il palestinese xupLoç senza articolo equi· to non ha molta importanza. In questo caso
varrebbe a 'ad oniii, e con l'articolo mr' =Gesù. l'espressione risente anzitutto l'influsso dell'u-
257 Un'espressione parallela e stabile è, negli so linguistico dei LXX.
xupioi:; (W. Foerster)
~ Nella parte che precede sono stati quindi sarebbe potuto sostituire, sero:a modificare il
posti in risalto i passi nei quali xvp1oc;, appli- pensiero, per es. con i>e6c;.
~ato a Dio, ha un rilievo particolare e lo si
xupLoc; (W. Foerster) (m,1088) 1470
vtl.i}eµct 'hjCTOuç e xupto<; 'lT)CTOuc;. Il terminato come risulta dal duplice 'tÒ)
senso della prima formula è ciò che gli non può essere che quello di xupt.oc;.
Atti chiamano ~À.wrcp11µei:v: l'abbando- Esso quindi è stato 'dato' a Gesù come
nare cioè Gesù, come empio, al giudi- risposta divina (8t6) alla passione e mor-
zio di Dio, per riguardo a Dio stesso. Si te sofferta per obbedienza. Nel nome
tratta, insomma, di una presa di po- che 'Gesù' in figura di servo ha assunto,
sizione schiettamente religiosa contro ossia davanti al Gesù 'storico' che è sta-
qualcosa. Un termine corrispondente di to glorificato, tutto il mondo si inginoc-
senso contrario manca; dovrebbe essete chia. Cosl anche l'Apocalisse (5,12) a
qualcosa come EÙÀ.oy11-.6c; = biirlìk, che proposito dell'agnello sgozzato (à.pvlov
però nel N.T. è riservato a Dio. Quindi wc; Ècrcpa:yµivov) afferma che esso è 'de-
xupt.oc; '!110-ouc; non è esattamente sim- gno' di prendere il libro che contiene in
metrico a &.vtl.ikµa 'll]G"ouc;, giacché &.- sé la soluzione della storia del mondo,
vaiJEµa. può esser predicato di molte di ricevere la ouvaµt.c;, la oo;a. e la EV·
persone e cose, mentre con xupt.oc; ciò À.oyla 259• Il nome di xupto<; presuppone
non può essere. L'esclamazione implica quindi in chi lo potta un grado pari a
un'adesione religiosa a Gesù 'a motivo quello di Dio: l'atto di piegare il ginoc-
di Dio'; ma tale adesione è possibile e chio e quello di invocate il XUpLoc; .'J'l)-
legittima unicamente nei confranti di crou<; XptCT'toc; sono tra loro connessi, e
uno solo. se anche nel passo della Lettera ai Filip-
Più complesso risulta il senso di xu- pesi Is.45,23 s. non è propriamente ci-
pi.oc; nel passo ben noto e inesauribile tato, e d'altra parte la tçoµoÀ.6yl]crtc; di
di Phil.2,6-II (v.9 ss.): 81.ò xa.L ò l)Eòc; Isaia nei LXX (ed anche nel T .M.) è ta-
ctù-;òv u7tepu4JwG"E\I xa.L ÈXaplur1.:i:o a.u- le che xuptoc; 'Iricrouc; Xpt.CT"toc; non può
't@ 'tÒ ovoµa. -cò Ù7tÈp 1tii\I O\IOµct, L\la. rifarsi ad essa, è un fatto però che al-
ÈV 't<l) òv6µa'tt. 'll]G"OU miv y6w xaµ- 1' ɵol (scil.: x&.µqiEL 'JtU.\I ybvv, «ogni
\}Jn btouprx.vlwv xrx.t ~myElwv xat xa.- ginocchio si piegherà»), pronunziato dal-
'tctxi1ovlwv, xa.t 'Jtrum y À.wuua. È:~oµo la bocca di Dio nel testo di Paolo si è
À.oy1]<1'r}'ta.t lht. xupt.oç 'll]O"ouc; Xpt.cr-;òc; sostituito Év òv6µr.t'tt 'I11croO. Ma se Ge-
Ek ool;ct\I tJEOV 7t!X.'t'p6c;, «propter quod sù viene solennemente riconosciuto CO·
et Deus exaltavit illum et dedit illi no- me xuptoc;, ciò avviene per la gloria di
men... ut in nomine lesti omne genu Dio. Il nome di xuptoc; esprime quindi
fl.ectatur. :. e ogni lingua faccia, a gloria lo stato del Cristo glorioso. Se la prepo-
di Dio Padre, questa professione: Gesù sizione ÙTC:Ép in Ù7tEpuil;wO'EV 'sopraesal-
Cristo è Signore!». Il 'nome' (ben de- tò'' si riferisca a Èv µopq>1j i)eov umX.p-
259 Apoc.5,12. Citiamo nel testo soltanto i vo- caboli più significativi.
1471 (111,1088) xopLoc:; (W. Foerster) (III,ro88) 1472
xwv, «sussistendo in forma di Dio», op- di; cosl in Hebr.2,6 ss. alla citazione di
pure significhi soltanto 'al di là di o- Ps.8,5 ss. segue la prova (v. 8) che quel-
gni misura', è questione che non voglia- le parole non possono riferirsi all'uomo
mo qui afErontare. Osserviamo poi che, in generale, bensl a Gesù il quale, a mo-
quand'anche si volesse considerare xu- tivo della sua passione e morte, è coro-
pwc; 'I711Yovc; nel nostro passo come una nato di o6set. e di "t'Lµ'Q: e ciò basta per
acclamazione, l'interpretazione che ab- richiamare la signoria di Gesù, senza che
biamo proposto non risulterebbe punto l'autore debba esplicitamente affermare
scalfita nella sostanza 260 • che in lui si è compiuta la parola miv-
Che Gesù sia il xuptoc; in quanto ri- "t'ct ll7tÉ-ta.sm; Ù7tOXcX.'t'W 't'WV 1t00W\I a,u-
sorto, è un motivo che corre per tutto "t'OU, «tutto hai messo sotto i suoi pie-
il N.T. Non senza ragione quindi la di». Lo stesso legame tra la resurrezio-
'bocca' che professa Gesù come Signore ne e la signoria di Gesù balza eviden-
e il 'cuore' col quale crediamo che Dio te da queste parole pronunziate dal ri-
l'ha resuscitato dai morti sono diretta- sorto stesso: Èo6ih1 µoL 7tfi.cret. Èl;ouaio;
mente accostati in Rom.10,9. In Act. ÈV oupct\I~ xa.i È'TCÌ, yi)ç, data est mibi
2 ,3 6 Pietro cosl conclude il discorso di omnis potestas in coefo et in terra: xU-
Pentecoste: èurcpa.À.wc; oùv ywwcrxhw pioc; è chi possiede la È!;oua-la (~ III,
7tiic; olxoc; 'IO'pa:1ìÀ. O't"l. XCtL xuptO\I rLU- col. 648). Ma soprattutto è indicativo,
'tÒ\I xa.t xptcr-çòv E'7tol'J)CTEV ò 1Je6c;, 't'OV- a questo proposito, il richiamo a Ps.
-cov 't'òv '11)crouv ov ùµEi:c; Écr't'o.vpwcra.'t'e, no, J. L'idea del 'sedere alla destra
«saldamente riconosca... tutta la casa di Dio' si fonda soltanto su questo pas-
d'Israele che Dio lo ha fatto Signore e so del salmo e non è attestata altrove.
Cristo, questo Gesù che voi avete mes- Ma nel salmo lo stare alla destra di Dio
so in croce». Quanto più si ammette è connesso con l'essere signore, nella
l'intervento di Luca nella redazione del fattispecie signore di David. Ora Pietro
passo, tanto più chiaro risulta il nesso in Act.2,36, con un semplice oùv, 'dun-
che egli istituisce fra la resurrezione e que', trae da questo verso del salmo le
la xupt6't1)<; di Gesù. Inoltre, anche conseguenze riguardanti Gesù. Sedere
quando la parola xvptoç non assume un alla destra di Dio significa partecipare
risalto particolare, il legame tra la pas- al suo governo 261 e quindi assumere una
sione di Gesù, la sua resurrezione e il dignità divina CQffie già il sedere alla
I
262 loH. WBiss, I Cor.270. 263'Cosmico', nel senso però che comprende
anche l'uomo.
1475 (III,1089) xupto<; (W. Foerster)
1.64Cfr. STEAD, BuRToN, DoBsCHi.iTz (dr. nota 265 Per la parte che segue dr. le tabelle in
bìbl.); inoltre H. E. WtrnRR: NkZ 31 (1920) FoERSTER (~nota bibliogr.) 237 ss.
:.?54-258.
1477 (m,1090) xvp~oç (W. Foerster)
(2 Cor.3,17); al 'Signore' Paolo rivolge esiste e i cristiani sono tali. Appa1'e qui
la preghiera di esser liberato dalle soffe- ancora una volta chiaramente che xu- n
renze (2 Cor.12,8). Una sintesi di tutto ptoc; è colui attraverso il quale si com-
ciò che abbiam detto sinora si trova in pie l'intervento salvifico di Dio nella
I Cor.8,5 s.: EtrtEp dat\I À.ey6µe\loi lJEoL storia.
EhE Èv oùpa\I@ i::t-çi:: Értt yijç, wcrtcEp Non che, si badi, l'uso di Xpt<n6c; e
ELO"L\I ~Eot 'ltOÀ)..ot xa.t xupioi rtoÀÀol, di xuptoc; si ripartisca secondo uno sche-
&,)..).,' 'J̵'i:\I Elç ì>eòç ò 'lta:tfip, tl; ov -.à ma rigido u 7 _ Etc; XpLO''tÒ\I à.µap't'ci-
miv-.a xaL 'Ì}µEtç ELç cxò-t6\I, xat Etç \IE't'E (non: dc; 'tÒ\I xvpLO\I), dice Paolo
xupioc; 'I110-ouc; Xptcr't6ç, 8i' ov -r:à 1tav- in I Cor.8,12, volendo far comprende-
'ta xat 'Ì}µi::i:c; 8i' aù't'ou. Molti son chia- re ai Corinti che essi col loro compor-
mati dèi in cielo e in terra (l'Apostolo tamento dissennato peccano contro co-
pensa anche alla divinizzazione dei so- lui che è morto per loro e per i fratelli.
vrani). In effetti, egli ·aggiunge, vi sono Analogo è il caso di Rom.14,18: 6... Év
molte divinità - più di quante ne cono- 'tOU't<p Oo\JÀ.Evwv 't@ XptO''!@. Invece in
scano coloro che parlano degli dèi in I Cor.n,26 si legge: -tòv M.va-tov -r:ou
coppiamenti dei due termini. Anche qui 'tÒ V7t'EP~XO\I 't'ijc; }'\IWO'EW<; Xpt<T'tOU 'IT)-
si dovrà tener conto di certe oscillazio- O'OU -cou xuplou µou, «penso che tutto
ni dell'uso. Il fatto che dei 27 passi del- sia un danno, a motivo della prevalen-
l'epistolario paolino nei quali ricorre b za della conoscenza di Cristo Gesù, Si-
xuptoc; (l}µwv) 'I'l'}crouç, senza Xptcr't'oc;, gnore mio»: si tratta di un vincolo
dieci si trovino nelle lettere ai Tessalo- personale. Bisogna però specificare chia-
rncesi e che dei l 8 casi rimanenti nel ramente che non è un vincolo quale può
N.T. 14 ricorrano negli Atti, può dipen- sussistere anche tra un cattivo schiavo
dere dalla 'giovinezza' della comunità di e il suo padrone e fra uno schiavo qual-
Tessalonica e dal carattere missionario siasi e il più f eroee dei padroni che lo
degli Atti(~ IV, coll. 919 ss.). L'espres- disprezza intimamente. Lo 'Ì)µwv di ò
sione ò xvptoç (l}µWv) 'IT)crovç (XpMT'toc;) xupto<; 'Ì)µWv 'l'l)crouc; Xptcr-.6c; non indi-
è attestata accanto al semplice ('h1crouc;) ca un semplice legame tra persone. «lo
XpLO'"t"6c; oppure xuptoc;. Se in Gal.6,14 non vi ho mai conosciuti», risponde il
si legge: xa.uxacri>at... É.\I "t"i;> CT"C"etupi;> Signore ai 'molti' di Mt.7,23. Paolo può
-.ov xuplou l}µw\I 'IT)crov Xptcr-cou, nu- parlare di Xptcr-.òc; 'l'IJcrouç oxupt6ç µou
merosi sono j passi nei quali alla parola (cfr. Apoc.II,8), proprio perché è abi-
cr-ca.up6c;, 'croce', è associato soltanto litato a chiamare Gesù suo Signore e
Xptcr-.6c; (p. es., Eph.3,u; Rom.),1; 6, perché si tratta del Signore che è per
23; 8,39; I Cor.1),57; 1 Thess.5,9); lui e lo 'ritiene fedele' (1 Tim. 1,2).
per converso, in certe locuzioni dove so- Il 'nostro', che si trova usato in tut-
litamente si ha il semplice 6 xuptoc;, è ti gli altri casi, si riferisce al comples-
dato ritrovare la formula più ampia so della cristianità, non a una comu-
(Rom.15,30; 16,18; I Cor.1,7.8.10; 2 nità singola. In proposito è significa-
Cor.1,14; 1 Thess.2,15.19; 3,13; 4,2; tivo che non si trovi mai un'espressio-
,5,23; 2 Thess.2,1; I Tim.6,14). Non è ne come 'vostro Signore Gesù Cristo'.
difficile avvertire nella formulazione più Tutto ciò che la cristianità è o ha in
ampia del nome di Gesù una certa en- proprio le deriva dall'essere 'sua' e dal-
fasi e solennità, soprattutto nelle espres- l'essere egli 'il suo Signore'. Ond'è che
sioni di saluto che aprono e chiudono talvolta nel 'nostro' si affaccia anche un
le lettere e nei passi-chiave (Rom.5 ,1; altro concetto, quello del vincolo comu-
8,39; I Cor.15,57; Rom.15,30). Ma xu- nitario fra le chiese, che pone ad esse
ptoç assume ancora un altro aspetto, certi obblighi (Rom. 15ao: 1itx.pa.xaÀ.w
quando ad esso è aggiunto un pronome OÈ vµlic; OL~ 'tOU xuplou 1Jµwv 'll)O'OV
personale, come -~µwv. Il senso gene- XpLO'"C"OU ... <TV\la:ywvlcra.critcx.l µot È\1 'tctL<;
rale di quest'uso risulta chiaro da Phil. 1tpocrwxcx.l:c; v1tÈP ȵou [cfr. i Cor.1,
3 ,8: 1)yovµat 7t'av-ça ~TJµlav dwx.i, Stà. IO]), che è un fattore di unione (I Cor.
xup~oc; (W. Foerster)
1 ,2: crì;v 'ltaaw 't'oi:ç Èmxex.ÀouµÉvotc; noi ad opera di quelli che l'hanno in-
"t'O ovoµa i:ou xuplou 1)µ.Wv 'l'r)O'OU Xpt- tesa». Un detto extra-evangelico del Si-
cri:ov ), ma anche di separazione (Rom. gnore è annoverato da Paolo fra i Myot
l 6 ,18: ot yà.p 'tOLOV'1:0L i:<;> xupl({J i)µWv "tOU xuplou 'l1)0'ou (Act.20,35; mentre
2687,13.19; rn,r.39.41; n,39; 13,15; 17,5.6; Uf}4,1; 6,23; u,2; 20,2.13 prescindendo da
18,6; 19,8; 22,61 (2 volte); è tralasciato in 16, 20,18.20.25; 21,12 ossia da passi che si riferi-
8 e 24,34. scono al Gesù risorto.
xupioç (W. Foerstet)
gersi a Gesù. In Mc. soltanto la donna usava soprattutto per rivolgersi ai dot-
Siro.fenicia dice xuptE (7,28), mentre i tori della legge. Il meno comune pa.~
discepoli. j farisei e il popolo usano ot-
owxa.À.é 2w. Mt., nel materiale che ha ~ou\ll è più vicino alla forma allocutiva
in comune con Mc., ha mantenuto mrj, sebbene Giovanni non faccia alcu-
otoauxa.À.E solo in bocca dei farisei, di na distinzione semantica tra esso e rbi,
Giuda Iscariota e di personaggi inno·
minati, mentre negli altri casi lo ha so· mentre Luca lo rende con xupLE. È ben
stituito con XUptE; per lui quindi il VO· difficile .fidarsi della tradizione di Mar-
cativo 01.o&:crxa.ÀE comporta un certo ti· co, fino a concludere che Gesù non sia
serbo nei confronti di Gesù. Le., quan.
mai stato apostrofato con mrj. Infatti
do attinge a Marco, o conserva 01.oa-
oxaÀ.E o lo sostituisce con Èmcr"t'6::rn.; in Lc.6,46; Mt.7,21 s.; 25,II la gemi-
nei testi del suo evaogelo che non pro· nazione di xupLE è certo semitica; per-
vengono da Marco xvptE è frequente, ché, dunque, non dovrebbe esser semiti-
soprattutto sulla bocca dei discepoli.
Giovanni usa prevalentemente xvpi&. co anche il vocabolo? Si aggiunga che
Sia Mc. che Io. ci hanno conservato, in in Jo.13,13 Gesù si riferisce esplicita-
qualche caso, la forma allocutiva origi-
n!lria pcx.Bf3l (Mc.9,5; xr,21; 14>45 [ =
mente alle due forme allocutive ò Stoa-
Mt.26,49]; Io.1,38.49; 3,2; 4,31; 6, O"xa.À.oç, ò xuptoç, e che in sé il vocati·
25; 9,2; ll,8 [in lo.3,26 la parola è ri- vo mri anche in riferimento a un dot-
volta al Battista]), pa..f3Bouvl (Mc.10, tore della legge non è impossibile271, an-
51; Jo.20,16). Entrambe le forme sono
tradotte esplicitamente da lo. con 01.0&:- che se meno frequente di rbj. Che mrj
crxa.À.E. Le. sempre e Mt. nella maggior non compaia in Mt.23,7 ss. fra i titoli
parte dei casi rendono il vocabolo stra- che Gesù vieta ai discepoli di usare fra
niero con xuptE (cosi Mt.; in Le., p. es.,
loro, si spiega in quanto i titoli proibiti
18,41 sta per pa.~Bou\ll) e bttcr"t'a:i:a.. In
un testo che non ha riscontro altrove sono quelli dei rabbini, ai quali mrj di-
(Mt.26,25) Giuda si rivolge a Gesù con chiaratamente non apparteneva.
paSf3l. Per quanto concerne il senso del
vocabolo, dovremo considerare Mc. e OLoMxcx.Àoç è anche la parola con la
Io. come i suoi più antichi e migliori quale viene indicato, da Gesù stesso e
interpreti. Anche la traduzione tentata da altri, il rapporto fra lui e i discepoli.
in guisa autonoma da Le. (é:mO""t'U"m)
mostra che tra rbj e mr; si avvertiva Da Gesù stesso: Mc.q,qpar.; Mt.IO,
una differenza. 24 par.; (23,8 ); cfr. Io.13,14; da altri:
Secondo Marco, quindi, Gesù fu apo- soltanto in Mc. 5,35 par.; poi in Mt. 9,
strofato una sola volta da una pagana n; 17,24; Io.3,2; II,28. È accettato,
con xòptE, in tutti gli altri casi con {>aB- quindi, che in parecchi casi Gesù, du-
Bl (beninteso, quando si usò nei suoi rante la sua esistenza terrena, non fu apo-
confronti una forma allocutiva). Que· strofato con 'Signore' e nemmeno si
st'ultimo è un titolo onorifico che si parlò di lui come del 'Signore'.
210 Notizie più precise in FoERSTER, o.e. 2r6 ss. 271 Ket. Ì· 28 cl r. 43; DALMAN, Worte ]. 267.
xup~oç (W. Foerster)
Eppure proprio negli evangeli sta la mati i rapporti fra i discepoli e Gesù,
radice dell'uso, invalso più tardi, di de- viene ravvivato e sigillato dalla resurre-
signare con xuptoc; il Gesù storico. Cosi zione. Nella luce della Pasqua, le para-
il term.iQe OW'7tocru'Voi., riferito ai forni· bole nelle quali si adombrano con l'im-
ilari di Gesù in Eus., hist.eccl.r,7.14, magine del padrone e dei suoi schiavi o
nella sua formulazione si rifà all'uso pa- domestici le relazioni fra Gesù e i di.
lestinese. Non si tratta qui di una tra· scepoli, acquistano il loro significato più
sposizione (~-raSrunc; eì.c; <i.ÀÀo yÉvoc;), profondo; ora i discepoli sono i servi-
ma dell'accentuazione di un uso già at· tori che attendono il loro Signore. E
testato.negli evangeli. Il fatto che il Ge- poiché i discepoli sapevano che Gesù
sù storico appaia come xuptoc; soltanto sedeva alla destra di Dio, i loro rappor-
nei racconti evangelici tardivi, ossia nei ti con lui furono sottratti a ogni analo-
testi esclusivi di Luca e in Giovanni, si gia umana e posti su una base pretta·
spiega in quanto la materia degli evan- mente religiosa, ossia sulla fede. Inoltre
geli deve la sua elaborazione a finalità l'applicazione del titolo di 'Signore' a
missionarie 272 • Gesù è radicato nel richiamo, fatto da
Ad ogni modo, questo uso di xuptoc; Gesù stesso in due occasioni (Mc.12,35
dev'essere rigorosamente distinto da ss. par. e 14,62 par.) a Ps. no 273 • Ab-
quello che si incontra nelle lettere del biamo già visto quanto sia stato pro.
N.T. Forse dai discorsi degli Atti si può fondo l'influsso di questo salmo sul N.
inferire che il nome 'Signore' non fu T. (col. 1472). Chi è 'Signore di Da.
applicato subito al Cristo glorificato (te· vid' è per ciò stesso Signore di Israe-
stimonianze contrarie possono essere le e quindi, secondo la fede della cri-
Act.2,36 e 10,36; mentre secondo 3,20 stianità primitiva, Signore del nuovo
in un primo tempo si usò soprattutto Israele. Forse la comunità palestinese
il titolo di Messia). Ma è importante e- non ha oltrepassato i limiti di que-
saminare non tanto l'origine, quanto st'uso: 'Signore' in questo primissimo
l'addentellato dell'uso di xòptoc; quale linguaggio cristiano è sempre accompa-
si trova . nella sua forma più chiarà in gnato da un genitivo o da un suffisso
Paolo. Il dato fondamentale è la ·resur- personale: 'nostro Signore' è il nome di-
rezione di Gesù. Senza di essa i disce. Gesù. Di ciò si ha una conferma anche
poli avrebbero potuto esprimere il loro dall'espressione aramaic·a che è attestata
rapporto con Gesù dicendo che egli era, due volte nella comunità primitiva, in
non che egli è il loro Signore. Il lega- 1 Cor. 16,22 e Did. ro,6: µapava.~a..
me personalissimo al quale sono infor· L'interpretazione di questa formula è
27.l FoERSTER, op.cit., 213 ss. 273 Cosl anche MBYER, Ursprung III 218, n. r.
xvpLoç (W. Foerster)
controversa, come pure è incerto se es- dal comportamento che gli schiavi de-
sa vada trascritta maran 'lita' oppure vono tenere nei confronti dei loro pa-
marana' ta' 274 • È certo, comunque, il droni; Col.3,22: ot oovÀ.oL, Ù1tctXOVE:n:
riferimento a 'nostro Signore', ossia Xct.'t'à 7Cci\l't'tX. 'i"Otç, XtX.'t'à. crapxa. XUpLOLç,
a Gesù. Non v'è alcun motivo per ne- µlj È.\I Òq>tta°À.µoOOVÀ.LU..L<; wc; àvi>pwmi-
gare l'origine palestinese della formula, pEO"XOL, &,À,)...' ÉV <hÀ.6'tl)'l"L xa..pola.ç, cpo-
giacché tale è la provenienza di tutte le ~OUµé\IOL 't'Ò\I XUPLO\I. o Èà,\I 'JCOl.fj't'E, È.X
parole aramaiche conservate negli evan- tVUXfic; ÈpyàSEO"i>E Wc; 't~ XVptcy xa.t OÒX
geli, e inoltre il mantenere in un testo &.\li}pw7toL<~,, Elo6't'Ec; O't'L &.7tò xvplou èmo-
greco il vocabolo straniero aveva senso À.Tjµ\fJEO"i>E 'tlJ\I CÌ\l'tU..1t600CTL\I 'tfjç XÀ.1)-
solo se esso proveniva dalla comunità pOVOµL(X<;, «servi, obbedite in tutto ai
primitiva e non da una chiesa di Siria padroni carnali, non in un servizio este-
che parlasse aramaico. Nelle chiese di riore, quasi per piacere agli uomini, ma
lingua greca il pronome personale 1}µw\I, con cuore schietto, per timor del Signo-
corrispondente al suffisso personale, è re. Quel che fate, fatelo di buon animo,
caduto in disuso (lo stesso fenomeno si come (si fa) per il Signore, non per gli
nota anche nell'uso di xupLoc; in riferi- uomini, sapendo che dal Signore riceve-
mento agli dèi pagani~ col. 1379). rete la ricompensa dell'eredità». L'ob-
Cosl xupioc;, usato assolutamente, po- bedienza al padrone che qui viene rac-
té esprimere la sovranità universale di comandata rifugge anche dalla ocpl>aÀ.-
Gesù, contenere cioè l'idea che «il Pa- µooouÀ.la, dalla parvenza esteriore del
dre ha commesso al Figlio ogni giudi- servizio, ed è quindi fedeltà assoluta.
zio» (Io .5 ,22) e che a lui è stata data Ma questa fedeltà è possibile solo in
ogni ÈçovO"lct in cielo e in terra (Mt.28, quanto per gli schiavi cristiani il servi-
18). Appunto perché tale era il senso zio al padrone è un servizio al Signore
del vocabolo, si poterono riferire a Ge- e quindi un atto religioso; per questo
sù tutti i passi dei LXX, che trattano essi, liberi affatto da ogni subordinazio-
del xupLoc;: in Gesù, infatti, Dio agisce ne umana ma legati al Cristo, possono
nel modo che l'A.T. attribuisce al xu- servire con piena fedeltà i loro padroni.
pLoc;. E cosl, in uno dei molteplici casi di
rapporto gerarchico, si riflette la solu-
4. I XU(JLOL di questo mondo zione radicale di tutto il problema con-
I rapporti gerarchici che vigono in nesso con la parola 'Signore', problema
questo mondo assumono nel N.T. un del quale i popoli, ciascuno a modo suo,
nuovo aspetto. Ciò risulta ben chiaro han tentato di venire a capo.
m Vedi PETERSON (~ n. 76) 130 s.; FABRI- cms (4 nota bibliogr.) e i commenti.
xvpla. (W. Foerster)
xuplct
Cfr. i commenti a 2 Io. re le introduzioni, spe- ss.; G. LoESCHCKE, ]iidisches ti. Hcidnisches
cialmente ZAHN, Einl. II 593 s. Altre testimo- im christlichen Kult (1910) l ss.; J. Wmss,
nianze in P1muscHEN-B1\UER3, s.v.; F. J. Dék- Das Urchristentum (1917) 502, n. l; Dmss-
GER: Antike und Christcntum 5 (1936) 2n-217. MANN, L.O 304-309; S. V. Mc CASLAND, The
1 Cosi Tu. ZAHN, Einl. Il 593 s. Resurrectio11 of Iesus (1932) lII-129.
XUPLCl.XOç
1 Cfr. PRE1s1GKE, Wort., s.v.
TH. ZAHN, Ge-schichte des Sonntags (1878) 23 2 Esempi ibidem.
xupHtxbc, (W. Focrster)
a.ÙTÒ oùx fo't'LV xupLaxòv 8Ei:7tvov q:>a.- Gesù è risorto il primo giorno della set-
')'Ei:v, e in Apoc. l, 10: ÈyEv6µ:11v tv 'lt'\IEU· timana (1o.20,r.I9.26), mentre la men-
µa:n Èv -ti} xup1axii l}µÉp~. L'uso del- zione della xuptax.i} 1}µÉpa; in Apoc. l,
1'aggettivo in questa accezione è sorto in ro non dice nulla sull'importanza di
area greca, giacché nelle lingue semiti- questo giorno per la riunione della co-
che manca un aggettivo corrispondente. munità. L'uso di sospendere il lavoro
xupiaxov OEfavov corrisponde a 't'panE- nel giorno del Signore non poteva certa·
sa xuplou di I Cor.rn,21; xupiaxi) TJµÉ- mente sorgere in una comunità giudeo-
pa al doppione xupiaxl] xuplou di Did. cristiana, per la quale giorno di riposo
14,I. In luogo dell'aggettivo potrebbe era il sabato, e nemmeno in una comu-
anche trovarsi il genitivo 't'OU xvplou. nità etnico-cristiana, che annoverava tra
Eppure la scelta dell'aggettivo, connes- i suoi membri anche schiavi ed era inse-
so appunto con xupioc:;, non stupisce poi- rita in molteplici guise nella vita quoti-
ché si tratta dell'unico aggettivo indi- diana dei pagani. Il giorno del Signore,
cante l'appartenenza di una cosa al Cri- quindi, si distingueva soltanto per la
sto che la lingua greca abbia tratto da riunione dei fedeli. Ancora: in I Cor.
una delle designazioni abituali del Cri- 16,2 Paolo prescrive di contribuire in
sto stesso: XPta''t'ta.v6c;, infatti, si riferi- questo giorno {senza usare l'espressione
sce a persone mentre crw't'i}pioc:; era in- specifica) alla colletta per la chiesa di
valso in accezione diversa da 'apparte- Gerusalemme. Non è certo se ciò sia
nente al a'W't'TJp'. E perché proprio i duè dovuto alla coincidenza col pagamento
sostantivi OE~miov ed T]µÉpct. vengono dei salari, come propende a credere il
specificati con l'aggettivo xup1ct.x6ç an- Deissman 3 ; forse è meglio pensare che
ziché con 't'OÙ xuplou? Perché si tratta, Paolo scelga proprio il giorno in cui,
in questi casi, di un rapporto indiretto riunendosi la comunità in assemblea,
col Signore. Basta confrontare queste e- era naturale pensare ai bisogni della co-
spressioni con À.6yoc:; 't'OV xuplou, 7ta.pou- munità stessa. Peraltro non v'è alcuna
CJ'ta. 't'OV xvplov, ecc. prova che le comunità paoline si riunis-
Il giorno del Signore prende il suo sero ogni 'giorno del Signore' e soltan-
significato dalla resurrezione di Cristo. to in quello. Eppure il primo giorno
La xuptax'Ì) T)µÉpa. divenne ben presto della settimana aveva già nel giudaismo
il giorno destinato alla riunione delle un risalto tutto particolare, giacché con
comunità (Act.20,7; Did.14,1: xcx.'t'èl esso era cominciata la creazione del
xuptaxl)v oe xuplou cruvaxi}l~'t'Ec:;). Il mondo 4• Per la cristianità la risurre-
Vangelo di Giovanni pone in risalto che zione di Gesù Cristo è l'inizio di una
nuova èra. Anche la pratica del digiu- bertinismo disprezzano a ragion veduta.
no nel quarto e sesto giorno della setti- La tendenza a sostituire gli astratti ai
mana (Did.8,1) è connessa con la vita di concreti si nota nel giudaismo proprio
Gesù; si tratta, infatti, del giorno in cui nelle designazioni di Dio; mrwt' d'lm'
si divisò di mandare Gesù a morte (Mc. è attestato nell'uso rabbinico (~ col.
q,r) e in cui fu crocifisso. 1458) e basterà ricordare sk;n'. Anche
nell'area greca si nota una tendenza ana-
t xvpLO'tT)c; loga: P. Oxy. II 237 V 6 (x86 d.C.):
Il potere e la condizione di chi è si- ypcicpELV '1U TJ)'Eµovl~; cfr. anche 'eter-
gnore. Nel N.T. indica anzitutto i mem- na maestà'.
bri-di una classe di angeli; Col.1,16: È'V
a.ù-t~ Èx-tloi)TJ ,;b, 1tci'V-ta. È\I ,;ol:c; oùpa- -i- XUPLEUW
vci:c; xa.t È1tt ,;fjç yfjc;... EÌ:'tE ~po'VOL EhE
xupLO'tTJ'tEç ei:i:E &.pxa.t ei:-tE f.soucrla.L, Essere o diventare xvpLoc;; originaria-
« ... dominazioni, principati, potestà»; mente: comportarsi come xuptoc;; Xe·
noph., mem.3,5,II : àyW'VLSOµEVOL 1tpòc;
Eph. 1,20 s.: xa1"lo-ac; È'V oEl;Lq, ctV"tOV "t'OÙc; xuptEUO'V'ttX<; 'tljc; 'tE 'Ao-la,ç TCUCT1)c;
È'V "tOL°c; È1toupa:vloLç V1tEpa'Vw 1tcX<TTJ<; x-rÀ., «lottando contro quanti spadro-
àpxijc; xctt É~OVO"Lctç xa.t OUVrXµEW<; xctt neggiavano su tutta l'Asia», detto dei
signori politici; Polyb.2,u,14 : Éxvpl-
x.upt6't'l')'toç xa.t mx.'V't'Òç òv6µa"toç ••. EUCT«'V OÈ xixt ÀEµ~wv EÌ:XOO'L impadro-
Queste potenze sono indicate sempre al nirsi. Con l'inf., Aeschin. r ,35: xuptEVÉ·
plurale (Hen. slav. 20,r, Hen. aeth. 61, 't'WO"CPJ ot 1tpOE0pOL µéxpi 1tE'V'tTJXO\l'tlX
opc~-xµw'V ÈyypatpEW I siano autot'izt.ati.
10; Caverna del tesoro 1 1,3; test. Sal. Detto del diritto del locatore di dispor-
D 8,6). Per una trattazione in proposito re del raccolto del paese, di cui ha anti-
---:)- III, coll. 657-662. Controversa è l'in- cipato il valore, fino al pagamento del-
l'interesse: P. Tebt.105,47 (sec. na.C.).
terpretazione di I udae 8, dove è detto
Quindi equivale a essere xupLoç, con la
a proposito dei falsi maestri: ucipxct connotazione giuridica presentè in xv-
µÈ.v µta:.lvouow, xupto't'l)'tct ÙÈ &.~E-tov ptoc;.
aw, 86~ac; OÈ ~Àa.O'cp'l)µouow, in paral- Nei LXX è frequente, specialmente
come traduzione di msl, e designa tanto
lelo con 2 P etr.2,10: xupto'tT)'t'O<; xct'ta.- la signoria e l'occupazione straniera e
cppo'VOU\l"taç. L'uso del singolare vieta violenta (p. es. I Mach.ro ,76), quanto
di pensare agli angeli 2 • xuptÒ'tTJ<; desi- quella del re scelto spontaneamente
(Giud.9,2); frequentemente nella Lette-
gna qui la maestà di Dio, e quindi Dio ra di Aristea è detto di Dio ( r6.x7 .18.
stesso, che i falsi maestri nel loro li- 45. 269}. Cfr. H en.aeth.22,14.
xvpi6't'l)c;
--+ II, coll. 1394 s.; 111, coli. 657 ss. 2 Veramente il cod. S in fodae 8 ha il plurale,
1 Presso P. R:rESSLER, Altjiidisches Schrif ttum il quale però è contraddetto dal parallelo con
ausserhalb der Bibel (1928) 942. 2 Petr.
1495 (m,1097) xvpLEV<.ù (W. Foerster)
Nel N.T., in Lc.22,25, nella formula me uno che si trova sotto una signoria,
indipendente di un logion sinottico (ot sia essa per la rovina che per la salute.
BrunÀEtc; -.wv Èwwv ,wptEvoucrw a.ù- In 2 Cor. r ,24 Paolo si trova nella ne-
-rwv, xa.t ol È!;ovcrt<X.C'.,ovi:EC, a.ù-.wv EÙ· cessità di impedire una cattiva interpre-
EpyÉ-i:m xa.Àouv-.m, «i re delle genti le tazione di quanto ha appena detto, quan-
signoreggiano e quelli che hanno potere do ha affermato che, se non è più ve-
su di esse son chiamati benefattori»), nuto a Corinto, lo ha fatto per rispar-
sembra che si pensi al potere in se stes- miare quei fedeli. Ciò egli fa dicendo:
so - senza alludere al suo abuso - e al- OÙX. (),;i. XUpLEUO(M'.\I vµwv 'ti')<; 1tLCT'tEWç,
la reputazione connessa con quello. Sem- 0,)..).,à cruvwyol ÈO"µE\I -.fjc; xcxpac; vµwv.
pre nel N.T. il termine è detto delle 'tTI yècp 1tLO"'tEL ÈC"'ti}Xct.'tE, «non perché
xupow, rx.xupow,
f 'I
1tpoxupow
I
t xvpéw
Significati fondamentali: a) dar forza, decisioni (IG VII 303,45: 'tÒ tji1)q.iicrµa
stabilire, render validi atti giuridici del- 'tÒ xupwì>È.v 1tEpt TOUTW'V [ siinilmente
la più varia natura, per es. leggi (An- Ch.Michel, Recueil d'Inscriptions Grec-
doc. l ,85: 'toÙç xupwì>év-raç [scil. v6- ques [1900] 478,6: xupwi}Év-roc; Tou5e
µouç], cfr. 84 e Demosth., or.20,93), -.ou o/r]cplaµ[a.To]c;; ep.Arist.26: oihw
xa:raxup1Euw
N.T. (1919) 31 ss.; NAGELI 29; ZAHN, Gal.;
I Un testo in PREISIGKE, s.v. LmTZMANN, Gal.; E. DE Wrl"l' BuRTON, A Cri-
ticai a11d Exegetical Comme11lary to the Epi·
xup6w x-cì.. rtle to the Galatians (1921) (ICC); M. J. LA·
MouLT.-MILL. 366.20; PREUSCHRN-BAUER' 764 GRANGE, S. Pat1l, Epitre aux Galater (1926);
s. 55.1181; PREISIGKE, Wiirt.855 s. 50 s.; PREI- A. 0EPKE, Gal. (1937): a 3,15 .17; BAcHMANN,
s1GCKE, Fachworter n5; LIDDELL-SCOTT ro14. Kor.; LIETZMANN, Kor.; WINDISCH, 2 Kor.;
59.q87; O. &ER, Rechtsworter u. Rechtshil· SCHLATTER, Kor.: a 2 Kor.2,8; ZAHN, Mt., a
der in den pa11li11ischen Biiefen: ZNW 18 15,6; HAUCK, Mk. e J. ScHNIEWIND, Das Ev.
(1917/18) 88ss.; In., Rechtgeschichtliches zum nach Mk. (NT Deutsch 1 2 , 1935), a 7,13.
xup6w (J. Behm)
ooxi}èv [scil. -.ò itp6a-.a:yµcx.J bmtupw- 'tov 7tpòc; 'Pwµ&.louç l:.xi;:xupw'to 't'Ò\I 'tp6-
'to l:.v i)µÉpatc; bm:X.), condizioni di pace 1tO\I 'to\hov, «circa la guerra contro i
{Polyb.1,17,1: 'tOU o1)µou ... xupw<rav- Romani si era deliberato cosl»; 5 ,4 9 ,6:
'toç 'tCxç... Ota.Maw;), patti (Gen.23,20; Éxupwtln 'tÒ 8Laf3ovÀ.tov; Dan.6,10; Fla-
Lev.25,30 [ebr. qum] 1, Polyb.5,56,1: vio Giuseppe, ant.2,18: 't<X.V't"1)\I XlJPW·
'tOUTW\I [scil. -.wv <ruvi}nxwv J... xupw- O'ct\J'tEç "t''lÌV ~ouÀ.'lf.i (cfr. 9,76); IG vu
tl'Év'twv; P. Petr. II 13,18 b 15: [ m:pi.] 4133,3 s.: 'thµa.t :x:a.i. Sw[p]mt XEXV·
ÒÈ. 'tOU xupwili}vC'lL 'tà. epya), testamenti pwµÉ'llct.1.; Preisigke, Sammelbuch 7457,
(Gal.3,15; cfr. la clausola frequente} 1J 24 s.: 't"rxç OLà. -.ov 1tpOXELµÉvov o6yµa.-
otafr1p'TJ xupla, «il testamento è vali- 't'Oç XExupwµÉvaç dx6vac; ouo.
do», P. Oxy. m491,12; 493,12; 494 , e) Il medio: far valere, raggiungere
30; Preisigke, Sammelbuch 5294,15 l'intento; Plat., Gorg.451 b: xa.t a.u't'l']
ecc.). Aggiudicare nelle vendite all'asta. (scil. 7J À.oytO''t't.xi) 'tÉX\11)) t<r'ttv 'tW'V
Uso libero in 4 Mach.7,9: 'tÌ}V EÙ\lo- My~ -.ò miv xupwµÉvwv; 451 c: xa.L
µlc.GV i)µwv oià. "t'W\I Ù'ltoµovwv El.e; 06- a.ìht} (scil. Ti àcri:povoµlcx.) My~ xupou·
ça:v txupwO'cx.ç, «attraverso le nostre 't<X.t. 't'tÌ. miv'ta.; cfr. soprattutto 451 d,
sofferenze hai reso atta la nostra legge dove xupouµÉvw'.I è un parallelismo con
a darci gloria»; Flav. los., ant.10,254: oia.TCpct.'t'"toµÉ'llWV, che ha un indubbio
xupw<rm1 't"nv 7tpoalpe:aw a.Ù't'w\I; bell. valore mediale.
4 ,3 62: 8. o'Ì) 1t6.V'tct. xa.-rà. -.wv à.O'e~wv
Éxvpw<7E\I ò tle6c;; Mitteis-Willcken I 2, Gal.3,15 presenta un esempio giuri-
nr. 122, 5 s.: u7t60Etl;6v µot xa[i.] xu- dico: &.vì}pw'ltou xe:xupwµÉVTJ\I ota.i)1}x'l)V
pwcr[ 6v] µoi 'tOU'tO 'tÒ ypcx:rt-.6v (scil.
(~ II, coli. 1078 ss.) oùOdç ~ &.DE't"~~
l'interrogazione dell'oracolo e la pre-
ghiera). i) È7tLOt.a'tà.0'<7E't'<X.L, «un testamento u-
b) Stabilire, deliberare; Hdt. 6, 86 a: mano giuridicamente valido nessuno lo
't<XU'ta... ùµ~v &.va.(3a.1À.oµai xupWo'ew mette da parte né vi passa sopra»; qui
Elc; "t'É'tap'tO\I µ'ijva. &.7tò 't"OUOE, «Stabili-
sco per la discussione il quarto mese da xup6w è usato in senso tecnico-giuridi-
oggi»; 6,126: ~vtoL 'tWV <7-.pa't'l'}ywv co. L'esempio non si attaglia appieno
oùo! xupwili}vc.Gt ~µevov 'tÒ 7tpoxe:lµEvov alla promessa divina (~III, coll.686s.),
7tpiiyµa, «alcuni dei comandanti non come si vede dal v. 17, dove la .pro-
aspettavano neppure che venisse decisa
la questione»; Thuc. 8,69,r: Ti bxÀ.'l'}- e
messa detta 01cx.i>1ix'l1 7tpoxexvpwµiV1)
<rla. oùSE.vòc; &.'V'te:m6'J-toc; &µa xupWo'a.- (~ col. 1504) Ù'ltÒ 'tOU ikou, «testa1
cra. 'tCX.U't<X. 01iMth1, «giacché nessuno a- mento reso valido in precedenza da
veva detto qualcosa in contrario, l'as-
semblea, dopo aver deliberato all'unani- Dio» (--7 II, coll. 1078 ss.).
mità, venne sciolta»; Polyb.1,n,3: xu- 2 Cor. 2 ,8: 7tapa.xaÀ.w ùµ&ç, xvpW<Ta.~
pwiMv'toç OÈ 'tOV o6yµa-.oc; Ù1tÒ 'tOU 01)- dc; a.u'tòv à.yamw, «vi esorto ad usar-
µov (dr. 1; 4,26,1 s.); 6,13,9: 't'à. crcpwv
gli carità» 2, mette insieme i due concet-
-np&.yµa.'t"a 0-XEOÒ\I 7ta\l'tet. 'tT)'ll O"UyXÀ.1]•
-rov xupou'J; 7 ,5 ,5: 'tà. µà'll 't"OV 7tOÀéµou ti eterogenei di &.yam1 {~ 1, coll. 135!
. .
1 Cfr. Simmaco in Ez. x3,6: xupwac.tt Myov 2 PRBUSCHEN-BAUERl 765 discute la possibili!
(-.ou xuplou), dove il T.M. ha qfJm nl pi'el, i ti\ che qui l'attivo significhi far valere, come
LXX à:vct<T'ti'jO'tx.L, Teodozione o--rijcro:t [G. il medio in Plat., Gorg.45Lb-d (1098.37 ss. );
BERTRAM]. ma contro tale valore sta l'uso dell'attivo ~ il
1501 (m,1099) xupow (J. Behm) (m,1099) 1502
ss.) e xupov\I, cioè il concetto etico di f3ouÀ.wµai. Èm"t"EÀ.e!:v ... xa.t à.xvpoi:iv
fondo dell'evangelo paolino e il termine i:[ 1]'V oi.a~1Jx11v J Tu.ui:11v; Preisigke,
Sammelbuch 5676,9: ò... 'Ì)yEµwv ... &.-
giuridico dell'incipiente diritto canoni- xvpwcrac;... TlJV oò oEo\l"t"W<; yi::'Voµivriv
co, offrendo non a caso un efficace ossi- v'lto [ 1J1ixTJ Jv.
moro3. Nel caso in cui chi ha commesso Più raramente il verbo ricorre nel
senso generico di t•endere inefficace, pri-
l'inguistizia (l' àoixi)<Taç, 7 ,12; cfr. 2 ,5) var di forza, far.fallire; p. es. Diod.S.4,
sia stato punito dalla chiesa (2,6) e ora 34.4= à.xupOV\l't'E<;... 't''Ì}\I owpEcX.'V; Flav.
faccia degna penitenza del suo fallo (2, Ios., ant. l 8,304: µT)oa.µwç, àxvpovv
a.ùToxpchopoç, &.vopòc; Èvi:o)..ciç; 4 Mach.
7 ), la comunità è chiamata ancora a
2,1.3.r8; 5,18; 7,14; 17,2.
prendere una decisione, e Paolo deside-
ra che questa sia improntata a carità: il Anche nel N.T. àxup6w conserva una
diritto sia abolito dal diritto, e quello connotazione giuridica. Mc.7,13 (Mt.15,
che ne suggerisce e corona l'ultima de- 6): i Giudei, col loro anteporre i doveri
cisione sia l'amore. cultuali al compimento del precetto di-
vino del Dt:calogo 2, rendono irrita la
t &.xup6w parola di Dio per amore di una precisa-
zione umana di dubbio valore: àxv-
Rendere invalido, irrito. Termine tec- poV\ITEç (cfr. v. 9: ~ à.frETEt"t"E) 'tO\I ~
nico giuridico; p. es., Dinarch. l,63:
' • 't'O• .t.J..
(WToç ' -
'+''Jq>Loµa. a.xvpotç; u-~
l ..t.Wop. 6, Àoyo\I "t"OU frEov 'tTJ 7tapa.o6(rn, ùµWv TI
31 1 ; Ditt., Syll.' 742,3os.: 1}xvpwcr!1a.t 1ta.pEOWXa't'E (~ II, coll. I I 8 5· ss. ).
-ràç x[ a.h' a.ù-rwv Èxypa.cpàç xa.t oq>Et- In Gal.3,17 Paolo si serve dell'ana-
}.:i'Jµ[ a:rcx.]; Dion. Hai., ant. Rom. 2,
72,5: Elp1}VT)\I... YE"fE\ll)µÉ\ITJ'll. .. &.xv- logia del testamento giuridicamente va-
pouv; BGU u67,26: xa.-rà T'ÌJ[v] Tixv- lido, che non può più esser messo da
pw[µÉvl)v] (scil.O"UYXWPlJCft\I) (cfr.1053 parte (v. 15 ~ col. 1500), per dichia-
II 14); Flav. Ios., ant. 20, 183: È7nO""'CO·
À.'Ì)v à.xvpoucra.'V 't''lÌV 'Iovoolwv 1tpòç rare che la volontà di Dio, manifestata
mh·ùoç L<T01to)..tTEla.v; Plut., de Lycur- nella promessa ad Abramo e alla sua di-
go 9 (I 44 d): àxupW<Taç 7téiv v6µt<Tµa. scendenza non si può infrangere ( vv.
xpv<ro\iv xa.t &.pyvpo\iv; P. Oxy. 111491, 16.18, cfr. vv. 6 ss., ~II, coll.1078 ss.}:
3: Èq>' 0\1 µ.È'V 7tepletµi, xp6vov tXEt\I
µ[E) 't''Ì}V 't'W\I tolwv Èt;ov(<TL]rt.'V ÈàV o la legge, su~ntrata assai più tardi, non
contesto di 2 Cor.2,5 ss., nd quale Paolo tiene haf'el; il 1 Eulip. ha una duplice traduzione:
accuratamente conto del cliritto della comuni- 1tapoc~et.lVEW xocL àxvpouv. Con à.xup6c.> Aqui-
tà autonoma a decidere in piena libertà. la traduce prr e pwr, 'violare (un patto)', 'to·
3 Sull'evangelo e il diritto in Paolo, cfr. J. vinare (un progetto)' (Num.30,13 [due volte);
BEHM, Religion 11. Recht im N.T. (Rektorats- De11t.31,20; lob 5,12; lj.r 32,10; u8,r:z6 [ "t'ÒV
rede, Gottingen 1931) 6 ss. 12 s. voµo\I]; Ir.24,5). Questi due verbi dai LXX
sono resi per lo più con otoc<1XE/i4~w [G. BER-
axup6c.> TRAM].
1 Cfr. 2 Eulip.6,u: à."A."A.6.uaEw = fn' in forma 2 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 7 17 .
1503 (m,1099) x6pw'V (0. Michel) (III,IIOO) 1504
xuwv,
I
xuvapi.ov
'
ne, perché assomigliano a cani (Ex. r. (Mt.7,1-5 ), ma non deve neppure cre-
9,2 a 7,9; Strack-Billerbeck I, 724). dere di poter superare da sé ogni osta-
R. Aqiba chiama i suoi cani Rufus e
Rufina, perché i pagani nel loro modo colo. «Gesù dice che vi sono barriere
di vivere assomigliano ai cani (Tanh. insuperabili, che nessun ardore missio-
trwmh p. 107 b [Warschau]; Strack- nario può infrangere» 5 . Il contenuto di
Billerbeck 1, 7 2 5 ). Si manifesta disprez-
zo per un uomo definendolo cane o dan- Mt.7,6 è un avvertimento concluso in
do a un cane il suo nome. se stesso, che nella duplice metafora
(xuvec;, xoi:po~) parla dell'evangelo stes-
2. La superiorità d'Israele rispetto ai
so in forma indiretta e allusiva. Il lo-
pagani consiste nel possesso della Torà.
gion di Gesù esprime la reverenza di
Che la Torà, in quanto mistero divino,
fronte alla parola divina, e perciò si di-
non debba essere manifestata ai popoli,
stingue dalla dignità della saggezza u-
viene esplicitamente prescritto in Midr.
mana 6.
Cant.2,7 (ms!rin=µVa''ti]ptov) e in bab.
Ket.1rr a (sia pure non come halacha). La prima immagine: µ1) ow-té'. -.ò &-
La sublimità della Torà esige eh' essa ytov -roi:c; X.Va'L\I ha intonazione cultuale
e si riconnette a una nota prescrizio-
non venga comunicata a tutti. Da Ps. ne giudaica del culto. Secondo Ex.29,
147,20 R. Aromi deduce: «Non si tra- 33; Lev.2,3; 22,10-16; Num.r8,8-r9,-.ò
smette la Torà ad un katfi ( = goj)» &:ytov1 è la 'carne dei sacrifici' (non già
(hab.Hag.13a). L'inferiorità del pagane-
= q"da'Sii', orecchina); a proposito del-
la carne sacrificale v'era il detto, più
simo consiste dunque nell'essere escluso volte attestato: «Non si riscatta ciò che
dalla Torà. In Mt.7,6 Gesù supera l'an- è sacro, per farlo mangiare ai cani»
(bab.Bek.15 a Bar. a Deut.12,15; Tem.
tica limitazione rabbinica e descrive la
6,5; cfr. bab.Tem.130 b [o 30 b]; bah.
sublimità dell'evangelo in modo nuovo. Tem. II7 a Bar.; bah. Shebu. I I b [in
Certo il discepolo non deve giudicare forma interrogativa] e bah. Pes. 29 a
s ScHLATTER, Ko111111. Mt. 243. esempio animali che il proprietario con un vo-
to ha destioato al sacrificio, oppure la primo-
6 BuLTMANN, Trad.107 annovera Mt.7,6 fra i genitura del bestiame. Di un tale animale, in
meshalim profani, che solo nella tradizione di- quanto è -.ò li.:ytov, il proprietario non può fa.
vennero logia del Signore, e ricorda LIDZBAR· re alcun uso. Se l'animale muore prima di es-
sKr ,Gim:a R vn, 217 (p. u8): «Le parole del sere sacrificato, o prima che ne venga pagato
snggio agli stolti sono come perle per una scro- il 'riscatto', il proprietario non può trarre al-
fa». cun utile neppure dalla sua carogna, e dunque
non lo può usare neppure come nutrimento
1 -.ò a:yrnv indica, nell'uso dei LXX, e cosl pu- dei cani, ma lo deve seppellire. Al proprieta-
re qode! (q •diislm) nell'uso dei rabbini: a} ani- rio non è consentito neanche di pagare tardi-
mali destinati al sacrificio (anche la carne del vamente il 'riscatto' per la bestia morta, per
sacrificio), b) animali in genere consacrati a poterne utilizzare liberamente la carogna. Cfr.
Dio, ossia che devono essere consegnati ai sa- K. G. KuHN, S. Num. bearb. und crklart ( 1933
cerdoti o in natura o <(in riscatto» (mediante ss.) 386 n. 28, anche STRACK-BILLERDECK I, 447
un corrispondente valore in denaro), quindi ad a Mt.7,6.
1509 (m,no2) XVW\I (o. Miche!) (m,uo2) 1510
[per cui il principio non è universal- ria più profonda che si possa dare: il
mente riconosciuto]). Sovente 'cani' e povero deve persino tollerare il contat-
'porci' vengono accostati come bestie
impure (2 Petr.2,22; Horat. ep. l,2,23 to di queste bestie impure 8 • Sembra
ss.; bah. Shabb.155 b; P. Oxy. v, 840, quindi che nella sua miseria e nel suo
33 ); essi non alludono a particolari clas· morire Lazzaro sia vittima di una con-
si di uomini, bensl a uomini di tutti i
ceti che oppongono resistenza all'evan- danna divina; tanto più meraviglioso è
gelo (cfr. il nostro termine 'cinico'). poi il mutamento dopo la morte.
La sublimità dell'evangelo deve pre~ 3. L'avvertimento di Paolo in Phil.
servare il discepolo dallo sbagliare nel 3,2 ha intonazione polemica. La parola
diffondere la novella; egli non deve de- di Gesù in Mt.7,6 è un'immagine e pa-
cidere a chi comunicare l'annunzio e- ragona gli uomini che si oppongono al-
vangelico e a chi rifiutarlo, ma deve ri- l'evangelo a note bestie impure; in Pao-
conoscere i limiti del proprio servizio. lo certi avversari giudaici o giudaistici
La fede è frutto dello Spirito Santo, non vengono definiti 'cani' (xvvEç). Intende
s'arresta di fronte ad alcun limite, men- egli usare l'arma giudaica contro coloro
tre il nostro servizio umano rimane pic- stessi che la portano? Come in Mt. 7 ,6,
colo e limitato. La forma cultuale di egli non pensa però all'ignoranza dell'e-
questo detto di Gesù suggeri di porlo vangelo, bensì al disprezzo di esso, non
in rapporto col culto della Chiesa; in solo all'esclusione dalla salvezza, ma
tal senso viene limitata in Did. 9,5 la anche alla distruzione della comunità.
partecipazione all'Eucarestia: «Ma nes-. L' Apostolo conosceva l' immagine di
suno mangi o beva della vostra Eucare- Mt. 7 ,6 e l'ha applicata alla sua situa-
stia, se non quanti sono battezzati nel zione? Oppure egli vuole caratterizza-
nome del Signore. Poiché il Signore ha re i modi cattivi e importuni dei suoi
detto: 'Non date ai cani ciò che è san- avversari? In forma analoga il Salmista
to'». si lagna dei suoi nemici: «Ogni sera es-
Nella parabola del ricco epulone e si ritornano, ringhiano come ca11i, per-
del povero Lazzaro (Lc.16,19 ss.) si nar- corrono la città. Ecco, essi si sfogano
ra che sopraggiunsero i cani a leccare le con la bocca, spade sono sulle loro lab-
piaghe del misero ( r 6 ,2 I). Il particola- bra» (Ps.59,7 s. 15) 9• Con quan.t a effi-
re non intende porre in rilievo la com- cacia vengano usati motivi veterotesta-
passione degli animali, contrapposta al- mentari nella polemica protocristiana,
l'insensibilità degli uomini, ma la mise- risulta dal richiamo, in 2 Petr. 2,22, a
Prov.26, 11, come pure dall'accostamen- i diversi momenti che provocano la pa-
to di 'cane' e 'porco' in un proverbio rola ingiuriosa degli Apostoli. Certo
( napo~µ.la ). Il cristiano che ricade nel- Gesù solo in un'immagine paragona cer-
l'errore e nel peccato si copre nuova- ti uomini a bestie impure (Mt.7,6), ep-
mente della sozzura che nel battesimo pure Phil.3,2 e Apoc. 22, x;; suonano co-
aveva deposto, diviene dunque lo 'stol- me un'interpretazione apostolica della
to' ( il.cppwv) descritto dal proverbio 10 • misteriosa parola di Gesù. In ogni ca-
L 'impuri1à descritta oel proverbio (mx.- so l'ingiuria neotestamentaria si diffe.
pcLµ.i.a:) diviene un'immagine per le col- renzia chiaramente dall'uso linguistico
pe di cui ci si macchia nel mondo e per tardo-giudaico.
la corruzione del peccato.
Il passo di lgn. Eph. 7,1 cosutmscc
Ma l'ingiuria xvvE<; si conservò poi un documento particolare della confu-
nell'annuncio della Chiesa, come dimo- tazione postapostolica degli eretici. Cer-
stra la chiusa dell'Apocalisse (22,15}. ti aspetti della precedente parola ingiu-
riosa sono contenuti anche in questa
Chi lava i suoi abiti, può entrare nella immagine, ma i colori sono accentuati:
città celeste (22,14), ma i cani, i fattuc- «Sono cani furiosi, che mordono subdo-
chieri, i lussuriosi, gli omicidi , gli idola- lamente; dovete guardarvene come da
inguaribili». La comunità deve sottrarsi
tri, tutti coloro che amano la menwgna
al loro attacco, perché costituisce per
e la operano, ne sono esclusi. Il termine essa una minaccia. L'eresia viene de-
xV<..iv ( x uvE<;) è anche in questo caso in- scritta non come una deviazione intel-
lettuale dalla verità della Chiesa, bensl
fluenzato dall' A. T. e dalla tradizione
come l'irrompere di una potenza demo-
che da esso procede, ma allude anche niaca che s'impadronisce del pensiero,
qui all'uomo che si oppone alla volontà della volon tà, dell'azione. La Chiesa è
di Dio e resta chiuso nell'ambito demo- memore dcl limite che in Mt.7,6 le era
stato indicato e parla di un solo medico
niaco e nella menzogna 11 • La formula che può intervenire: Gesù Cristo, il
conclusiva 1téù; q>LÀ.wv xai 1tOLWV \jitoooi; Signore stesso (lgn. Eph.7, 2).
caratterizza tutto il passo. Non si tratta
in particolare né di Giudei né di pagani, t XVVap~O\I
ma degli uomini che cadono vittima del- Plat. Euthyd. 298 d; Xenoph. Cyrop.
la menzogna e su di essa edificano. Resi- 8,4,20; Epict. diss.4, 1,u1; inoltre an-
che xvvUi~ov in Euthyd. 298 d ; Philo
stenza opposta ali' annunzio e induri-
spec. leg.4,91; forme diminutive di xU-
mento contro la grazia divina, adesione wv: cane domestico, non cane da strad:t
al male e ricaduta nel male sono forse o da oortile.
10 Cfr. al proposito WETTSTEI N e $TRACK-B11.- 177 : «Un termine diffuso del disprezzo giudai-
LEl\BECK lii, 773 . co per gli ahri popoli•.
11 Non dcl tuuo chiaro in BoussET, Apok.
l ) l ) \_U.A1 J. l V)J \IJ.1 1 1JVj/ 1)1-1-
Nel N.T. xvvapwv ricorre solo nella lo, Act.) e limita l'opera svolta da Ges'
immagine di GesL1 in Mt.15,26; lvfr.7, come in lo.12,20-26 3 . In questo sens
27. È dubbio che G csì1 segua l'uso giu- anche llfr.7 ,27 interpreta la parola del
daico <li definire col termine xvwv gli Signore: prima ( 7tpw-.ov) devono saziar-
eterodossi (dr. l'immagine di Mt.7 ,6); ~i i figli della casa! La risposta della
la sua parola in Mt.15,26; Mc.7,27 po- donna pagana in Mt. r5,27; Mc. 7,28
ne a confronto, nc.ll'immagine, i diversi mos tra ch'ella, ubbidiente al volere di
diritti dei figli e dei cagnolini domesti· Dio, riconosce il privilegio d'Israele; e
ci 1• La scelta della forma diminutiva soltanto si appella alla bontà generosa
xvv<ipwv mostrn che Gesù pensa a pic- di Gesù che supera ogni limi te. La fede
coli cani che vengono tollerati nelle abi- della donna pagana si assoggetta senza
tazioni 2• La metafora di Gesù riconosce condizioni alla signoria messianica di
la distinzione voluta da Dio fra G iudei Cristo e proprio per tale sua incondizio-
e pagani, affermando in tal modo il pri- natezza riceve il riconoscimento e la
vilegio storico d'Israele (Deu.t. ls., Pao- promessa di Gesù. O. MrcHEL
xvvaptov
I Cfr. ZAHN, Mt. ad I. scacchiera; cfr. anche bab.Shab.1n b; STRACK·
2 bab.Ket.6r b: una donna che gioca con ca- BILLF.RBECK I, 722.726 .
gnolini (aram. : g1irialéi' q"tann'iiìlii') o rnn una 3 Cfr. SotLA ITER, Ko111m.M1.~90.