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Kant chiama questa proba anche “proba a contingentia mundi”, secondo il nome che li ha
dato Leibniz. Così la formula lui nella Critica della Ragion Pura:
La proba prende per punto di partenza, continuia a spiegare Kant, la esperienza e perciò
non si sviluppa interamente a priori (cioè, a partire dei principi della conoscenza) come
Dopo esporre l’argomento, Kant lo accusa di aver «impegnato tutta la sua arte dialettica,
argomento travestito».
Secondo lui, l’argomento richiama a due testimoni, l’uno dalla esperienza, e l’altro è a
priori, ma in realtà, dice, c’è soltanto questo secondo, e perciò, questa prova è diversa di quella
Lui dirà che in realtà il cosidetto argomento cosmologico, usa della esperinza per fare
Però a sapere quali atributi abbia questo essere necesario, l’esperienza non serve, e perciò
l’argomento fa ricorso a concetti, per vedere quale, tra tutte le cose possibili, abbia in se le
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I. KANT, Critica della ragion pura, Adelhpi, Milano 1999, 628.
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P. Andrés F. Torres Mat. 23917
condizioni per una necessità assoluta. Quindi trova nel concetto di ens realissimum le
Quello che vede in questo Kant, è che del concetto di ens realissimum si vuole dederre la
assoluta necessità di questo ens. E questo è in realtà l’argomento ontologico, perché «la
fondata su meri concetti, che ha nella cosiddetta prova cosmologica tutta la forza
condurci al concetto della necessità assoluta, ma non per mostrarcela in una cosa
qualsiasi determinata2.
Perciò, Kant dice che questo argomento cosmologico inganna «promettendoci di condurci
per un sentiero nuovo laddove, dopo un piccolo giro, ci riconduce da capo all'antico, che noi
La critica di Kant si fonda, insomma, nel fatto che i concetti a priori non servono se non
applicati alla esperienza. Perciò, un rapporto tra concetti puri non ha senso, e il voler dedurre
la esistenza di un ente assolutamente necessario è soltanto una tendenza del nostro intelleto
Ma Dio, per Kant, è una meta-idea, l’ideale della ragion pura, che però è un presupposto e
una condizione trascendentale, ma non può essere afermata apoditticamente perché non
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I. KANT, Critica della ragion pura, Adelhpi, Milano 1999, 630.
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possono esser fatte circa le determinazioni interne di una cosa, ed è anche per questo
individuo fra tutte le cose possibili. Ma non soddisfa affatto alla questione circa la
sua propria esistenza, che era nondimeno ciò di cui propriamente si trattava3.
Soltanto, secondo Kant si può supporre la sua esistenza, ma mai affermarla senz’altro:
sufficienza come causa di tutti i possibili effetti, per agevolare alla ragione l'unità,
cui essa aspira, dei princìpi di spiegazione. Ma giungere fino al punto di dire: tale
Essere esiste necessariamente, questa non è più l'espressione discreta di una ipotesi
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I. KANT, Critica della ragion pura, Adelhpi, Milano 1999, 633.
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I. KANT, Critica della ragion pura, Adelhpi, Milano 1999, 634.
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