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-Ritiro sull’amare Dio-

Meditazione: il primo comandamento (Alfonso Torres)

La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. (Rm 5,5)
s. Paolo dice qui che è stato Dio stesso a communicarci questo amore
con cui ci ama, mediante una effusione, con abbondanza e generosità
effusiva.
La carità si è diffusa nei nostri cuori, si è versata con tutta abbondanza,
per mezzo dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è la fonte della carità, e a
Lui si appropria il nome di amore.
Se consideriamo queste parole di s. paolo alla luce della natura
dell’amore, esigono di noi che mettiamo tutta la nostra anima nel
accrescere il nostro amore.
Perché tutto amore, porta con sé l’esigenza di essere corrisposto,
ricambiato. Colui che ama, gode in quello che ama; ma il suo godimento
non è perfetto se non trova il dovuto ricambio nella persona a chi ama.
Questo, che si trova in tutto amore, lo porta ancora di più l’amore divino.
Perché l’amore con cui Dio ci ama, si ordina tutto al nostro maggiore
bene, e siccome il nostro maggior bene altro non è che amare Dio, per
forza l’amore di Dio desidera ardentemente che le nostre anime
corrispondano al suo amore.
La carità è un dono di Dio. E come è una virtù soprannaturale, è Dio
stesso chi la infonde nell’anima.
Ma secondo una dottrina di s. Tommaso d’Aquino, l’anima si rende più
capace di amare man mano che ama. E così, l’anima che ama
generosamente con la carità che Dio le infonde, per forza di questo
amore si dilata ogni volta di più e si fa capace di un amore più ardente,
più generoso, più fedele.
Mentre più si esercita nell’amore, più capace di amore si rende, e Dio va
riempiendo di amore alle anime che con la sua grazia, si dispongono in
questo modo.
In questo ritiro, allora cercheremo di fare alcune considerazioni riguardo
la carità, per spingerci ad essere più sforzati nel corrispondere alle grazie
della carità.
In primo luogo, consideriamo l’amore come il primo comandamento.
Nel libro del Deuteronomio viene scritto: «Amerai il Signore tuo Dio con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con
tutta la tua mente».
E questo quello che risponde nostro Signore in diverse occasioni quando
li domandano, come ereditare la vita eterna.
Di questo possiamo dedurre che:
-la prima cosa, per seguire le vie di Dio, sarà raggiungere questo amore
di Dio.
-secondo: tutte le anime sono chiamate a questo amore divino, perché il
precetto viene imposto a tutti.
-terzo: che tutte le anime possono aspirare a amare Dio con questo
amore descritto dal Deuteronomio.
Allora l’anima non può accontentarsi con un amore qualunque, ma con
un amore che risponda a queste parole del Deuteronomio, che sono le
parole con cui Dio ci chiede di amarlo. E questo amore esige una sorte di
consacrazione, « tutto il tuo cuore, tutta l’anima, tutta la forza, tutta la
mente».
E come fare questo in concreto? Fino a quale punto possiamo noi amare
Dio così?
S. Tommaso, nel trattato sulla carità nella somma teologica, si domanda
se si può amare Dio totalmente. E risponde con una distinzione:
questo avverbio totalmente può riferisi a Dio como oggetto del nostro
amore, come se ci domandassimo se possiamo amare tutto Dio, tutto ciò
che è Dio. E la risposta è di si, perché non possiamo escludere dell’amore
nessuna cosa che appartenga a Dio. E in questo senso, la carità deve
avere una ampiezza senza limiti.
Poi, possiamo applicare questo avverbio totalmente al nostro atto di
amore. E Tommaso dice che questo lo facciamo quando applichiamo
tutta la nostra capacità di amore in Dio, quando consacriamo il nostro
essere all’amore.
Per ultimo, questo totalmente può far riferimento al rapporto tra la nostra
capacità di amare e Dio, come il rapporto tra l’oggetto amato e l’atto di
amare. E in questo senso, non possiamo mai amare totalmente Dio.
Perché i nostri atti d’amore, come appartengono a noi, creature, saranno
limitati; invece Dio è infinito.
Mai possiamo amare Dio come Lui merita di essere amato.
Ma nel fondo di questa nostra impotenza, c’è un grande gioia.
1. Pensiamo alle delusioni che soffre il nostro cuore quando mette
l’amore nelle cose create, e dopo si rende conto che lo ha sperperato,
che quel amore è stato eccesivo, e che quelle cose non meritavano tanto
amore.
Nel caso dell’amore di Dio, mai avremo questa delusione, perché mai
potremo dire che l’abbiamo amato troppo.
Invece vedremo che abbaimo messo il nostro amore in un bene così
grande che per quanto possiamo amarlo, sempre meriterà di essere
amato molto di più, o che possiamo immergerci in questo modo di amare
senza trovare limiti.
E un amore così, certamente rende il cuore felice.
-Crescita del amore. Dopo di questo san Tommaso si domanda se
l’amore di Dio può crescere, e risponde brevemente, dicendo che nella
vita sulla terra, noi siamo in via, verso l’eternità; e in questo camino
possiamo avvicinarci sempre di più a Dio fino al momento della
possessione. E questo avvicinarsi si fa tramite gli affetti del cuore, e
questo vuol dire che sempre possiamo amare più Dio.
Però la carità può anche crescere senza limiti.
-Perché è Dio chi la infonde, e il suo potere non ha limiti.
-la nostra carità non è che una partecipazione dell’amore di Dio, e questa
partecipazione può crescere sempre di più, senza esaurirsi.
E da parte della nostra capacità, avevamo detto che nella misura in cui
l’amore cresce, si dilata anche la capacità di amare.
Perciò sant’Agostino e san Bernardo dicevano che la misura dell’amore di
Dio è amare senza misura; perché per sua natura, non c’è nessun limite
all’amore di Dio.
Quindi, quelle parole del Deuteronomio, non possono interpretarsi come
se l’anima arrivasi a un limite nella sua capacità di amare, perché
sempre si può amare di più.
Non è possibile un amore perfetto?
Però san Tommaso si domanda ancora: se le cose sono così, non è
possibile per noi amare Dio con un amore perfetto? Se non possiamo
amarlo con una amore che corrisponda il suo, e il nostro amore deve
sempre crescere…
E lui risponde facendo delle distinzione.
Una forma di amare con amore perfetto, sarebbe che amassimo Dio con
un atto di amore continuo, ininterrotto. E in questo senso, non possiamo
avere in questa vita l’amore perfetto. Perché questo atto continuo
d’amore è quello dei beati in celo. In questa terra, ci sono mille cose che
occupano il nostro cuore e distraggono la nostra mente.
In un altro senso si può intendere come amore perfetto che l’anima, una
volta che abbia adempiuto gli obblighi che Dio le ha chiesto, si dedichi la
maggior parte di tempo possibile al esercizio dell’amore, ha parlare di
amore con chi sappiamo ci ama. E questo amore perfetto è possibile.
Però è una vocazione speciale, perché ci sono anime che hanno ricevuto
un altra vocazione e devono limitare molto questo esercizio.
Però alla fine, san Tommaso dice che è possibile continuare l’essercizio
dell’amore nelle stesse occupazioni e lavori che si devono fare, e mette
l’esempio delle anime che vanno sempre con molta attenzione di non
fare nulla che possa offendere Dio.
Il padre Alfonso Torres, aggiunge che questa attenzione a non offendere
Dio, può portare qualcosa in più, che lui chiama un istinto, una decisione,
un desiderio di fare sempre quello che vediamo che piace di più a Dio.
E così l’amore mantiene l’anima in questo attegiamento di amore, che
tutto il tempo fa quello che compiace il Signore, per la forza dell’amore. E
a questo possiamo arrivare tutti, apostolici, contemplativi, laici.
E questo è come una virtualità dell’amore che influisce in tutto ciò che si
fa nella vita. Perché tutto viene fatto per compiacere Dio, e tutto si
sceglie perché è Dio che lo vuole.
E questo è la perfezione dell’amore.
Ma c'è qualcosa che il Signore può concedere, che permette di compiere
il primo comandamento amando Dio, con tutto il cuore e con tutta la
anima:
È un dono di Dio che Egli può concedere, e, che concede quando vuole,
ad alcune anime. Quel regalo speciale non è facile da spiegare, ma i santi
ne sono testimoni, e consiste nel vivere la vita presente come se davanti
agli occhi stessero sempre solo due cose; l'una, una realtà che è Dio, in
cui sono mese la mente e il cuore, e l'altra, tutto ciò che ci circonda, e
quest'ultimo semba un sogno, come un sogno che si deve soffrire.
Anche quando si ha da fare con le cose della vita presente, si vive in
modo misterioso, molto più in alto, molto più in Dio, esercitando l'amore
di Dio in un modo che è in qualche modo simile al modo in cui lo
esercitano i beati.
E come un vedere Dio in tutte le cose che si fanno, ma di un modo
diretto.
Secondo il p. Alfonso Torres, è questo ciò che descrive santa Teresa:
“E mi ha dato un modo di sognare nella vita, che quasi sempre mi
sembra di sognare quello che vedo: né gioia ne pena che sia molto, non li
vedo in me. Se alcune cose me ne danno un poco, passano così
brevemente che anche se dopo io volessi gioire con quello o dolermi, non
mi è possibile, ma come sarebbe a una persona discreta l’avere pena o
gloria per un sogno che ha sognato; perché la mia anima è stata
risvegliata dal Signore di quello che, non essendo io né mortificata né
morta per le cose del mondo, mi aveva fatto affezione, e non vuole la
Sua Maestà che torni a diventare cieca”.
Questo è dono del Signore, ma il modo di disporsi per ricevere questo
dono, se il Signore si degna di concederlo a noi, è di esercitare l'amore
nel modo in cui San Tommaso ci ha insegnato; cioè, mettere tutto il
nostro cuore nella ricerca dell'amore; non porre limiti o misure al nostro
amore e cercare di fare della nostra vita una continua occupazione
dell'amore, perché l'amore, almeno virtualmente, influenza ciò che
pensiamo, parliamo o facciamo.
Poniamo gli occhi su questi profondi insegnamenti divini che San
Tommaso ci ripete: guardiamo attraverso di loro la nostra vita.
Sicuramente troveremo un'abbondante questione di L'umiliazione; ma
questo possa risvegliare in noi il desiderio per iniziare ad essere ciò che
dovremmo essere; svegliare in noi il desiderio di progredire nell'amore
finche' noi possiamo davvero dire che amiamo il nostro Dio con tutto il
cuore, con tutta l'anima, con tutta la forza e con tutta la mente.

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