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ANCORA QUALCHE NOTA SUI MADRIGALI DI PETRARCA ("RVF" 52, 54, 106, 121)

Author(s): Laura Paolino


Source: Italianistica: Rivista di letteratura italiana , MAGGIO/AGOSTO 2001, Vol. 30, No.
2 (MAGGIO/AGOSTO 2001), pp. 307-323
Published by: Accademia Editoriale

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/23937093

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ANCORA QUALCHE NOTA SUI MADRIGALI DI PETRARCA
(RVF 52, 54, 106, 121)

Riassunto

L'articolo ricostruisce le circostanze della composizione e dell'ingresso nella raccolta dei


quattro madrigali del Canzoniere petrarchesco. Riconosciuta l'origine sicuramente occa
sionale delle prime due poesie {RVF 52 e 54), scritte probabilmente in un contesto corti
giano e mondano, l'autrice esamina le strategie messe in atto da Petrarca per inserire que
ste composizioni, ispirate o destinate a donne diverse da Laura, tra le rime in vita della
Avignonese. Si scopre così che la ricontestualizzazione dei madrigali nel complesso della
poesia dedicata a Laura passò attraverso l'acquisizone, o il potenziamento, dei tratti più
tipicamente laurani da parte delle figure femminili prtagoniste di questi testi. I procedi
menti seguiti per ottenere l'identificazione di queste amate "extravaganti" con Laura si
rivelano allora assai diversificati, in quanto vanno dalla revisione dei testi (ocumentata
dalle varianti d'autore), al loro spostamento all'interno della raccolta, senza trascurare i
collegamenti intertestuali, ottenuti attraverso studiate riprese lessicali e situazioni con i
fragmenta che precedono e seguono ciascun madrigale.

Abstract

This article deals with the circumstances of the composition of the four Petrarchan
Canzoniere 's madrigals and of their entry into the collection. After recognizing the occa
sionai origin of the first two poems (RVF 52 and 54), that were probably written in cour
tly and wordly surroundings, the author tests out Petrarch's stratégies to put in Laura's
Canzoniere these poems, that he composed for other women. So, we learn that the poet
had to give some Laura's phisical and ethical features to the women protagonists of the
four poems, in order to insert them in his Canzoniere. Remakes of texts (proved by some
Petrarch's corrections), changes in the order of texts within the collection and words and
lyric situations taked from other Canzoniere's poems are some of the most important
means used by Petrarch to achieve his aim.

La fitta e complessa trama di relazioni intertestuali che i quattro madrigali


del Canzoniere intrattengono fra loro e con un certo numero di altri
Fragmenta è ormai nota da tempo agli specialisti di Petrarca, grazie, soprat
tutto, alle ricerche di Guido Capovilla e di Marco Santagata1. Malgrado ciò,
questo campo di studi si presenta ancora disponibile per altri sondaggi e
un'indagine condotta su questi testi, sulle loro vicende redazionali, docu
mentate o ricostruibili, sui tempi e sui modi del loro ingresso nei Rerum vul
garium fragmenta consente di mettere in luce i meccanismi di assetto testua
le delle quattro poesie nella macrostruttura del Canzoniere e, nel contempo,
di mostrare alcuni esempi delle raffinate strategie messe a punto da Petrarca
nella costruzione pluridecennale della sua raccolta poetica.
La nostra indagine deve necessariamente prender le mosse dall'ormai noto
luogo critico, rappresentato dall'incontro di Petrarca con Jacopo da Bologna,

1. Ai contributi dei due studiosi, che saranno citati nelle note di questo articolo, si devono almeno
aggiungere due lavori di Vincenzo Dolla: V. DOLLA, Imadrigali del «Canzoniere» (un'ipotesi di let
tura petrarchescaj, «Esperienze letterarie», I (197b), 3, pp. 74-88 e Id., Il "ciclo" dei Madrigali e
la struttura del «Canzoniere» petrarchesco, in ivi, IV (1979), 2, pp. 59-76.

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308 Laura Paolino

cioè con il maggiore esponente


nica profana, nota con il nom
secolo XIII in Francia, dal music
sta riforma, a cui è legata la gra
nell'Italia del Trecento soprattu
madrigalistica di Petrarca semb
almeno concentrare negli ann
soprattutto, nei primissimi ann
gera di Verona, uno dei centr
Com'è noto, proprio a Verona Pe
scrisse la musica del primo ma
versione musicale del testo fu t
ancora la memoria, dato che il
Liber saporecti (1415 circa) riev
a suo amante'4. La circostanza
testo, che, probabilmente, fu c
alcune sollecitazioni degli ambie
prima battuta, senza l'intenzion
primi anni Cinquanta, cominci
Quando e come questi cambiasse
Fragmenta non è concesso sape
do Petrarca decise di includere
a un ritocco del testo che inter
madrigale questi versi, che desc

posta a bagnar un leggiadretto ve


ch'a l'aura il vago et Diondo cape

suonavano in modo diverso, e

fixa a bagnar el suo candido velo


ch'ai sol e a l'aura el vago capei

Questa variante è riportata da u


della Biblioteca Nazionale di Pa

2. Su questo incontro e, in genere su Ja


Rinascimento, Torino, Einaudi 1984, pp
Letteratura italiana, diretta da A. Asor Ro
pp. 253-4) e la "voce" dedicata al musi
Gegenwart, Allgemeine Enzyklopädie d
In=und Auslandes herausgegeben von Fr
Verlag 1957, coli. 1619-25. Cfr. anche le
Della Seta rispettivamente in The New Gro
London, Macmillan Publishers Limited 1
della Musica e dei Musicisti, diretto da A
3. Sull'epoca di composizione del madrigale
petrarchesche, «Rivista italiana di mu
4. «Quive cantaro Non a suo amante/Ch
di quest'opera si deve ancora rimand
«Sollazzo». Contributi alla storia della n
Torino, Fratelli Bocca Editori 1922, p.

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 309
(senza l'indicazione dell'autore, come di consueto in questi codici) all'inter
no di una sezione di rime intonate da Jacopo da Bologna5. Poiché - ci assi
curano gli specialisti - la variante non è giustificata dalla struttura musica
le6 ed è difficilmente attribuibile ai copisti7, non c'è ragione di dubitare della
sua autenticità. I filologi si sono chiesti, allora, perché Petrarca procedesse a
questa revisione, che, in effetti, poco o niente apporta all'eleganza dell'e
spressione e sicuramente niente al concetto espresso nel testo. A un'attenta
analisi, però, risulta che il cambiamento introdotto dalla variante interessa
il versante simbolico-allusivo del madrigale. Aggiungendo, infatti, l'aggetti
vo «biondo» per indicare il colore dei capelli della «pastorella», Petrarca
conferiva alla protagonista del madrigale un tratto fisiognomico inconfondi
bilmente laurano, un tratto, cioè, che permetteva a quel testo, non scritto per
Laura, di entrare nel Canzoniere di Laura. L'identificazione della «pastorel
la» con la protagonista del Canzoniere era assicurata, però, dal passaggio
dalla lezione del codice parigino «al sol e a l'aura» (dove «l'aura», unita a
«sol», non poteva che designare l'elemento atmosferico) alla lezione, defini
tiva, «a l'aura», che giocava sull'equivoco dei significanti «l'aura»-«Laura».
Non credo sia necessario ricordare che questa annominatio rappresenta uno
dei calembour più ricorrenti e sfruttati nella poesia petrarchesca. A questa
celebre "isotopia" laurana (come è stata efficacemente definita) hanno dedi
cato importanti studi Gianfranco Contini e Cesare Segre8. Quello che, inve
ce, vale la pena di sottolineare è il fatto che l'allusione al nome della donna
dedicataria del componimento poetico o, per meglio dire, l'inclusione del suo
nome nel tessuto fonico del testo, era un espediente non estraneo alla madri
galistica trecentesca.
Uno degli esempi più celebri di madrigali con senhal è rappresentato dal
ciclo di testi cosiddetto "del perlaro". Si tratta di tre madrigali, intonati e pro
babilmente anche composti, rispettivamente, dai musicisti Maestro Piero [A
l'ombra d'un perlaro), Giovanni da Firenze (0 perlaro gentil, se dispogliato)
e Jacopo da Bologna (0 dolze apres'un belparlaro fiume). In tutti e tre i testi
il nome della dedicataria, un'altrimenti ignota Anna, è racchiuso nel v. 79:

5. Per questo manoscritto del secolo XV, noto anche come Codice Reina, cfr. E. Pellecrin,
Manuscrits de Pétrarque dans les Bibliothèques de France, Padova, Antenore I960, p. 339, n. 2
e J. WOLF, Geschichte der Mensural-Notation von 1250-1460, I, Leipzig, Breitkopf 1904, pp.
260-7.

6. Cfr. Poesie musicali del Trecento, a c. di G. Corsi, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua
1970, p. 57.
7. Di queste due circostanze non si dichiara del tutto persuaso Guido Capovilla, il quale, però, non
adduce alcun argomento a sostegno dei suoi dubbi: cfr. G. CAPOVILLA, / madrigali (LIL LIV, CTI,
CXXI), «Atti e Memorie dell'Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti», Classe di Scienze
morali, Lettere ed Arti, XCV (1982-83), pp. 449-84, poi nel fascicolo «Lectura Petrarce», III
(1983), pp. 5-40 (da cui si cita: p. 37).
8. Cfr. G. CONTINI, Préhistoire de l'«aura» de Pétrarque, in Varianti e altra linguistica. Una rac
colta di saggi (1938-1968), Torino, Einaudi 1970, pp. 190-9 (poi in trad. it., in II «Canzoniere» di
Francesco Petrarca. La critica contemporanea, a c. di G. Barbarisi e C. Berrà, Milano, LED
Edizioni Universitarie di Lettere-Economia-Diritto 1992, pp. 87-94) e C. SECRE, Le isotopie di
Laura, in Notizie dalla crisi. Dove va la critica letteraria?, Torino, Einaudi 1993, pp. 66-80.
9. I tre testi si leggono in Poesie musicali..., cit., pp. 3, 17 e 40. Sempre dedicato ad Anna è il testo
di Giovanni da Firenze Appress'un fiume chiaro, al cui v. 7 compare ancora una volta lo stesso
senhal: «ANNAmorar mi fe' '1 suo viso umano» (cfr. ivi, cit., pp. 11-2).

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310 Laura Paolino

Maestro Piero Giovanni da Firenze Jacopo da Bologna


1 A l'ombra d'un perlaro O perlait) gentil, se dispogliato 0 dolze apres'iui bel parlato fiu
2 su la rivera d'mi corrente fiume se' per l'inverno ch'ogni fiore asconde, speso lavi le man, le gam
3 donna m'accese col suo vago lume, nel tempo novo dolce innamorato de questa rea for d'ogni bo

4 Questa con gli atti accorti ritorneranno li fiori e le fronde. a cui de fedel cor tuto me
5 canta più dolce che non fa Serena Ma io dolente quanto più vo iimanzo, Ma s'ella ven più a ti, l'aq
b e chi la mira tra' fuor d'ogni pena. ne l'amor di costei più disavanzo. s'a danne pace alquanto no

7 A NAscer è del suo vis'el parecchio; Airi lasso a me!, non vuol più ANNAinoranni Airi lasso mi, 11011 voi vegni
8 nel cor mi luce come sole in specchio, la bianca mano che solea tocanni. ma tene '1 mio cor stretto so

Questi madrigali furono composti proprio a Verona, dove i tre music


trovavano al tempo di Mastino II della Scala (1308-1351): è molto p
le, quindi, che all'epoca in cui Petrarca fu ospite della corte scaligera
testi costituissero le novità musicali più eseguite e ascoltate del mome

Anche per il secondo madrigale petrarchesco, Perch'ai viso d'Amor


insegna (RVF 54), sembra documentabile un'origine occasionale,
anch'essa all'ambiente veronese. Secondo una testimonianza del filosofo ari
stotelico Agostino Nifo, riferita nel commento cinquecentesco di Silvano da
Venafro, di questo madrigale circolava, infatti, ancora nel secolo XVI, una
redazione autografa del poeta, che portava in testa la dedica a una gentil
donna veronese, una certa madonna Camilla Cane11.
Non esistono, invece, prove certe o indizi affidabili che consentano di
attribuire una datazione precisa agli altri due madrigali della raccolta, i
Fragmenta 106 e 121. Un terminus ante quem per la composizione di Nova
angeletta sovra Pale accorta (RVF 106) è rappresentato dal 1356-1358,
epoca a cui risale l'allestimento della redazione del Canzoniere detta
"Correggio", nella quale il componimento apparve per la prima volta. Di
scarso aiuto ai fini della datazione dell'altro madrigale, Or vedi. Amor; che
giovenetta donna (RVF 121), sono, del resto, le sue vicende redazionali note.
Il testo entrò nel Canzoniere quando questo era giunto alla cosiddetta reda
zione Malatesta (vale a dire tra il 1371 o 1372 e i primi del 1373) e fu ini
zialmente collocato tra i sonetti 242 e 243. Successivamente, nella forma
Queriniana (1373), fu spostato alla centoventunesima posizione, al posto
della ballata Donna mi vene spesso ne la mente, che Petrarca espunse dalla
raccolta. La stessa posizione conservò nell'ultima redazione del Canzoniere,
quando tra la fine del '73 e i primi mesi del '74 fu trascritto sulla rasura

10. Cfr. ivi, p. XXXV. Un altro esempio, ancor più elaborato, perché al senhcil della dama (Isabella
Fieschi, moglie di Luchino Visconti) si aggiunge il nome del signore, dislocato in acrostico (LVCHI
NUS), è rappresentato dal madrigale di Jacopo da Bologna Lo lume vostro, dolce mio signore («Una
donna vi regge, ch'è SÌ BELLA», v. 7): cfr. ivi, p. 37.
11. Cfr. Il Petrarcha col commento di M. Sylvano da Venapho, stampato nella inclita città di
Napole, per Antonio Yovino et Matthio Canzer, nel MDXXXIII, ad locum: «Che ciò fusse il vero [cioè
che il madrigale 54 sia stato scritto per una donna diversa da Laura], io n'ho testimonio di M.
Augustino Nipho di Sessa, qual in l'età nostra è stimato Principe di Philosophi, et in verità non è
chi neghi che fra tutti non si debba honorar come a primo et capo della setta Peripatetica. Da lui
intesi sendomo in un bellissimo luoco di caccia col Principe di Salerno, ch'egli havea veduto et letto
la presente Canzonetta scritta di man del P[etrarca], et vi era scritto sopra anchor di sua mano: A
Madonna Camilla Cane di Verona».

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 311
della ballata Donna mi vene, a c. 2òr dell'autografo dei Rerum vulgarium
fragmenta, il codice Vaticano latino 3195.
Difficile, dunque, stabilire se anche questi due testi siano stati componi
menti occasionali, e quindi originariamente estranei al ciclo laurano (come
sembrano credere alcuni12), oppure, come ritengo non si possa escludere, se
siano stati composti sin dall'inizio per entrare nel Canzoniere e consolidare,
così, la posizione del madrigale all'interno delle forme metriche attestate
dalla raccolta. A questo interrogativo si potrebbe cercare una risposta fuori
dal circuito dei Rerum vulgarium fragmenta. In altre parole, se esiste il ragio
nevole dubbio che Petrarca abbia composto alcuni madrigali appositamente
per la raccolta delle sue rime (quasi a sancire, almeno per quanto lo riguar
dava, la definitiva conquista alla lirica d'arte di un metro di origine popola
re e musicale), è altrettanto lecito domandarsi se, oltre ai quattro esemplari
racchiusi nel forziere dei Fragmenta, Petrarca abbia composto o no altri
madrigali. Con questo interrogativo arriviamo, inevitabilmente, sul limitare
della selva, ancora in buona parte inesplorata, delle rime estravaganti di
Petrarca, cioè dei testi che il poeta non volle includere nella sua raccolta. E
qui è prudente fermarsi. Ci basti soltanto, per appagare la nostra curiosità,
una considerazione di natura semplicemente numerica. Nell'imponente sil
loge delle "disperse" petrarchesche, messa insieme all'inizio del secolo scor
so da Angelo Solerti, che comprende, tra rime estravaganti sicuramente di
Petrarca, rime attribuite, a torto o a ragione, a Petrarca e rime d'altri auto
ri erroneamente date a Petrarca, la bella cifra di 263 componimenti, figura
un solo madrigale: Gli occhi mirar l'immensa tua beltate .

Gli occhi mirâr l'immensa tua beltate:


e '1 cor aspra ferita ne sostenne,
onde a ragion si duol del suo martire,
che d'altrui colpa certo '1 suo mal venne:
ma lor di sua ferita
prende tanta pietate,
che per lavar la piaga e per mostrare
che del suo male han dolorosa vita
piangon: e questo sol lor doglia aita.

Se dovessimo affidarci solo al nostro giudizio e volessimo ignorare, dunque, sia


la verifica filologica (pur necessaria per accertare l'attendibilità dell'attribu
zione), sia l'autorevolezza di Carducci, che incluse questo madrigale nella
sezione, dedicata a Petrarca, di una sua antologia poetica due-trecentesca14, e

12. Si vedano, per esempio, a proposito di RVF 10b, Gianfranco Contini e Domenico De Robertis:
mentre il primo parla, per questo componimento, di estraneità «all'affabulazione generale del
Canzoniere», l'altro dubita dell'originaria pertinenza del madrigale alla poesia laurana (cfr. G.
CONTINI, Letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni 1970, p. 594 e D. De ROBERTIS, Rerum
vulgarium fragmenta CIX (A Adelia Noferi), Firenze, Grafica Gioberti 1992, p. 7, poi ripubblica
to nel volume Memoriale petrarchesco, Roma, Bulzoni 1997, pp. 87-92: vedi a p. 92).
13. Cfr. Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite, per la prima volta raccolte a c. di
A. Solerti, ed. postuma con prefazione, introduzione e bibliografia, Firenze, Sansoni 1909 [ristam
pa facsimilare, Firenze, Le Lettere 1997], pp. 224-5.
14. Cantilene e Ballate, Strambotti e Madrigali dei secoliXIII e XIV, a c. di G. Carducci, Pisa, Nistri
1871, pp. 101-4.

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312 Laura Paolino

volessimo, d'altra parte, consi


trasmette Gli occhi mirâr (il M
ge oltre un'attribuzione inc
dovremmo esitare a togliere a
gliarcelo sarebbe almeno quell'
bolario dei Fragmenta e dei Triu
[...] / prende...» (w. 5-6), ai
enjambements (invero poco pe
8 e 8-9. Ammettiamo pure, tutt
Petrarca. Quello che interessa
ganti, solitamente generosa nell
madrigale, è molto probabile c
ne abbia composti molti. Inolt
pla al suo interno due settenari
contano due versi irrelati (ABC
ri di selezione, messi in atto dal
nel Canzoniere, furono soprattu
madrigalistica di Petrarca fu p
soprattutto, si svolse su un reg
scegliere i madrigali per la rac
di rigida uniformità e regolarit
composti di soli endecasillabi,
to, era riconoscibile il princip
stione della terza rima di Cec
sione ternaria (RVF 121)17. Un
gali metricamente affini tra lor
dal poeta nell'escludere catego
metrica del sonetto: è per quest
ad esempio, sonetti reinterza
Nova, né sonetti caudati, dei qu
tra le rime estravaganti18.
Ma come realizzò Petrarca la fu
ponimenti, due dei quali sicur
ca del Canzoniere?
Se prendiamo uno dei repertori più diffusi della madrigalistica trecente
sca, le Poesie musicali del Trecento di Giuseppe Corsi, e passiamo in rasse

15. Per il codice Magliabechiano, cfr. P. 0. KRISTELLER, Iter Italicum. A Findling List of
Uncatalogued or Incompletely Catalogued Humanistic Manuscripts of the Reinassance in Italian
and Other Libraries, I, London-Leiden, The Warburg Institute-E. J. Brill 1963, pp. 123-4 e ivi, II,
1967, pp. 509-10.
16. Cfr. Gli occhi mirar, w. 3 e 7. Nella lezione di Solerti (cfr. Rime disperse di Francesco Petrarca...,
cit., p. 224) i versi irrelati sarebbero addirittura tre, dato che al v. 6 l'editore stampa «pietade», anzi
ché «pietate» (come, con piccolo emendamento, abbiamo proposto di leggere nel testo qui riprodotto).
17. Cfr. F. PETRARCA, Canzoniere, ed. commentata a c. di M. Santagata, Milano, Mondadori 1996,
p. 288.
18. Cfr. Tal cavalier tutta una schiera atterra, Si come il padre del folte Fetonte, Per util, per dilet
to o per onore, Perché non caggi ne Poscure cave, in F. PETRARCA, Rime estravaganti, a c. di L.
Paolino, in Id., Trionfi, Rime estravaganti. Codice degli abbozzi, a c. di V. Pacca e L. Paolino, intro
duzione di M. Santagata, Milano, Mondadori 1996, pp. 674, 688, 708, 719.

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 313
gna i madrigali lì pubblicati, ci accorgiamo che il madrigale è un testo ben
più ricco e complesso, anche dal punto di vista del contenuto, di quanto fac
cia credere la definizione che di questo metro dà Pietro Bembo nelle Prose
della volgar lingua. Lo scrittore veneto, impegnato a cercare l'etimologia del
nome di questo metro, in alternativa alla spiegazione madrigale = mandria
lis (cioè "canto di pastori"), suggerisce quella di madrigale = materiale e
precisa che questo nome fu scelto

o perciò che da prima cose materiali e grosse si cantassero in quella maniera di rime, sciol
ta e materiale altresì; o pure perché così, più che in altro modo, pastorali amori e altri loro
boscarecci avenimenti ragionassero quelle genti, nella guisa che i Latini e i Greci ragiona
no nelle egloghe loro [...].
(Prose, II, XI)19

Dunque, per il precettore della lingua letteraria italiana il madrigale era un


metro fondamentalmente "rustico", sia nel contenuto (costituito da «cose
materiali e grosse», da «pastorali amori» e da «boscarecci avenimenti»), sia
nella forma, essendo la sua «maniera di rime, sciolta e materiale». Nel reper
torio di Corsi, invece, non mancano madrigali di carattere politico, madrigali
che celebrano eventi dinastici e vittorie militari, o che si prestano a interpreta
zioni morali e religiose20. Va detto, però, che per quanto significativi possano
essere questi testi, il carattere pur sempre distintivo del madrigale resta legato
alla sua funzione di testo di omaggio galante, spesso allusivamente (o anche
scopertamente) erotico. «Pastorali amori» e «boscarecci avenimenti» tra fre
sche rive, prati fioriti, selve e gelide acque di torrenti, vedono protagoniste, in
questi testi, giovani donne di non elevato rango sociale (anche pastorelle21), le
quali, quando non si mostrano al poeta, nascosto tra le fronde o intento a
pescare, discinte e scalze mentre prendono il bagno nelle acque di un fiume,
assumono, in omaggio a una fortunata metafora venatoria, le sembianze di
capriole, orse, cerve, colombe e pernici, cacciate dai cupidi amanti22.

19. Cfr. P. BEMBO, Prose e Rime, a c. di C. Dionisotti, Torino, UTET 1966-, p. 152. L'etimologia
mandrialis era stata proposta nel secolo XIV da Antonio da Tempo: «[...] notandum [est] quod
mandrialis est rithimus ille qui vulgariter appellantur inarigalis. Dicitur autem mandrialis a man
dra pecudum et pastorum, quia primo modum illuni rithimandi et cantandi habuimus ab ovium
pastoribus [...]» (A. DA TEMPO, Summa Artis Rithimici Vulgaris Dictaminis, ed. crit. a c. di R.
Andrews, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua 1977, p. 70).
20. Cfr. Jacopo da Bologna, Aquila altera, ferma in su la vetta, scritto per la prima discesa in Italia
dell'imperatore Carlo IV, nel 1354; Donato da Cascia, Sovran'uccello se'fra tutti gli altri, che cele
bra la seconda discesa dell'imperatore (1368); Jacopo da Bologna, 0 in Italia felice Liguria, che
canta la nascita, avvenuta nel 1346, dei gemelli Giovanni e Luchino Novello Visconti; Battolino da
Padova, Imperiai sedendo fra più stelle, che nell'ultimo quarto del secolo tesse l'encomio della libe
ralità dei Carraresi; e, ormai agli inizi del XV secolo, Paolo da Firenze, Godi, Firenze, po' che se'
sì grande, celebra, con le parole del vituperio dantesco (Inf. XXVI, 1-2), la conquista fiorentina di
Pisa del 1406 (cfr. Poesie musicali..., cit., pp. 29, 41, 121, 241, 269). Per i madrigali a contenuto
spirituale o morale si veda almeno Jacopo da Bologna, 0 cieco mondo, di lusinghe pieno e Prima
virtut'è constringe<r> la lengua, nonché Francesco Landini, Tu che l'opera altrui rito' giudicare
(cfr. ivi, pp. 39, 44, 134).
21. Cfr. Jacopo da Bologna, In su be' fiori, in su la verde fronda 3 «pastorella trovai, che cogliea
funghi»; Anonimo, «Nel mio bel orto una vechieta sagia / ad una pasturella facea scorta» (w. 1
2); Anonimo, Seguendo un me'sparver, che me menava 4 «E presso a me vidi una pasturella» (cfr.
ivi, pp. 34, 337, 339).
22. Si vedano soprattutto i madrigali di Giovanni e di Gherardello da Firenze (in ivi, pp. 16 e 61
6). Sarà appena il caso di ricordare che sia il motivo dell'incontro erotico con villane e pastorelle,

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314 Laura Paolino

I madrigali del Canzoniere,


metro aveva imposto questo g
femminili o perché, forse, fur
donne diverse da Laura (si pe
ticamente" estranei al ciclo de
che anche Dante nella Vita N
to componimenti scritti per
della «donna gentile», cioè di
morte della «gentilissima». Un
almeno giustificabile. Petrarc
dopo aver pianto la morte di
consigli, Amore? (RVF 268)
anch'essa però prematuramen
dunque, a che vedere con que
vivente, Petrarca aveva canta
Donna mi vene spesso ne la m
gali all'interno del Canzoniere
di Laura?
Abbiamo già visto l'espediente, variantistico, a cui ricorse Petrarca per
favorire, nel madrigale 52, l'identificazione di Laura con la «pastorella».
Credo, però, che per raggiungere questo effetto il poeta contasse molto di più
sulla memoria del lettore. Chiunque legga i Rerum vulgarium fragmenta in
maniera sequenziale, cioè nella sola maniera in cui il poeta autorizza a leg
gerli, arrivato a Non al suo amante, non può non ricordare quella scena di
caccia, contenuta nella canzone 23, nella quale Petrarca aveva assunto le
sembianze di Atteone e Laura quelle di Diana, sorpresa al bagno (RVF 23,
147-60):
I' seguì' tanto avanti il mio desire
ch'un dì cacciando sì com'io solea
mi mossi; et quella fera bella et cruda
in una fonte ignuda
si stava, quando '1 sol più forte ardea.
Io, perche d'altra vista non m'appago,
stetti a mirarla: ond'ella ebbe vergogna;
et per farne vendetta, o per celarse,
l'acqua nel viso co le man' mi sparse.
Vero dirò (forse e' parrà menzogna)
ch'i' sentì' trarmi de la propria imago,
et in un cervo solitario et vago
di selva in selva ratto mi trasformo:
et anchor de' miei can' fuggo lo stormo.

Lavacri femminili, metafora venatoria, metamorfosi animale, filigrana mito


logica: tutti gli ingredienti del madrigale sono già presenti di questo estratto

sia la metafora venatoria ricorrente nella produzione madrigalistica derivano da due altri impor
tanti generi di poesia antica, la cosiddetta "pastorella" provenzale (i cui temi furono ereditati da
una parte della ballatistica due-trecentesca) e la caccia.
23. Sui due componimenti cfr. R. BETTARINI, Lacrime e inchiostro nel «Canzoniere» di Petrarca,
Bologna, Clueb 1998, pp. 61-83 e i "cappelli" introduttivi ai due fragmenta nel commento di
Marco Santagata (cfr. PETRARCA, Canzoniere, ed. cit., ad loca).

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 315

della canzone24. Grazie, dunque, ai testi che precedevano il Fragmentum 52,


l'erotismo della situazione descritta in Non al suo amante (un erotismo, si
noti, immanente al testo, ma non esibito, dato che ad essere «ignuda» è
Diana e non la «pastorella») veniva riversato su Laura. Il legame tra il madri
gale e la canzone era alluso anche attraverso alcuni collegamenti di lessico,
come l'aggettivo «cruda», comune a Laura-Diana e alla «pastorella» (cfr.
23, 149 e 52, 4)25, oppure di espressioni, come «or quand'egli arde '1 cielo»
{RVF 52, 7), che riprende «quando '1 sol più forte ardea» {RVF 23, 151)2b.
La metafora venatoria sottesa al mito di Atteone conosce nel Canzoniere
tutta una serie di svolgimenti, che coinvolgono principalmente le sestine,
prima fra tutte la 30. In questo testo la descrizione dell'inseguimento dell'a
mata anticipa la situazione illustrata nel madrigale 54, dove il poeta è rap
presentato mentre segue le tracce di una «pellegrina». Il carattere mistico
religioso conferito al madrigale dalla qualifica di «pellegrina», attribuita alla
protagonista, e dalla presenza di un'«alta voce», che «di lontano» (v. 5)
richiama il poeta, proietta una luce simbolica su tutto l'armamentario natu
ralistico che caratterizza i contenuti tradizionali di questo metro: le «erbe
verdi» (v. 4) diventano, così, il simbolo dell'età giovanile, la «selva» (v. ò),
in cui l'innamorato poeta si inoltra, acquisisce connotazioni dantesche e lo
stesso si dica per il «viaggio» del v. 9, che viene interrotto dal poeta per tor
nare indietro «quasi a mezzo '1 giorno» (cioè, per dirla con Dante, «nel
mezzo del cammin di sua vita»). Completa il quadro la presenza protettrice
del «faggio» (v. 7), cioè della pianta consacrata dalla tradizione bucolica a
simbolo della vita solitaria, dedita alla meditazione e agli studi27. Ora,
abbiamo detto che la tematica morale e spirituale è attestata nella madriga
listica trecentesca. Nulla di strano, dunque, che Petrarca potesse, se non pro
prio scrivere, almeno dedicare un testo come questo a una gentildonna vero
nese28. Quello che piuttosto interessa è il fatto che proprio questa collisione
tra il registro del sacro e quello del profano consente a Petrarca di embrica

24. A titolo d'esempio si può confrontare la situazione descritta nel testo petrarchesco con quelle
del già citato madrigale 0 dolze apres'un bel parlato fiume di Jacopo da Bologna e dei madrigali
Donna già fui leggiadra innamorata e Nascoso el viso stava fra le fronde di Giovanni da Firenze;
Entrava Febo con lucenti razi di Jacopo da Bologna, Di riva in riva mi guidava Amore e Nel chia
ro fiume dilettoso e bello di Lorenzo Masini da Firenze, Gridavan li pastor per la campagna di
Vincenzo da Rimini (cfr. Poesie musicali..., cit., pp. 13, 15, 32, 73, 74-5, 82).
25. Ma si noti pure che i due testi hanno in comune la parola rima ignuda, di forte rilevanza tema
tica (RVF 123, 150 e 54, 2).
2ò. La notazione dell'ora meridiana, tradizionalmente considerata l'ora che concilia la più arden
te sensualità, è anche ad esordio del madrigale di Nicolò del Proposto, Quando gli raggi del sol più
possenti (cfr. Poesie musicali..., cit., p. 99).
27. Si noti che Petrarca inserisce quest'elemento simbolico all'interno di un sintagma («a l'ombra
d'un
d un bel
bel faggio»),
faggio»), per
per così dire, formulare della poesia madrigalistica: cfr. Maestro Piero, «A 1"
bra d'un perlaro» (v.1); Giovanni da Firenze, Per ridda andando ratto al terzo cerchio, 3 « ... sotto
un bel pero»; «Sedendo a l'ombra d'una bella mandorla» (v. 1); Donato da Cascia, Seguendo '/
canto d'un uccel selvaggio, 5 «sotto un bel pome ...». Per i riferimenti bibliografici relativi alla let
tura "allegorico"-religiosa del madrigale, rimandiamo al capitolo Pellegrine, pastorelle e villane, in
M. SaNTAGATA, Amate e amanti. Figure della lirica amorosa fra Dante e Petrarca, Bologna, il
Mulino 1999, pp. 173-93.
28. Sul carattere occasionale del testo non ha dubbi Marco Santagata: «E più probabile che egli
[Petrarca] abbia qui rivestito l'affabulazione di un episodio galante, estraneo al ciclo laurano di sug
gestioni che rinviano a tutt'altro clima culturale» (cfr. PETRARCA, Canzoniere, ed. cit., ad locutti).

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31b Laura Paolino

re al meglio questo testo nella


sostenere che proprio dall'inseri
esce chiarificata: il madrigale,
conto di una conversio vite, cioè
con successivo pentimento. All
non potrà non pensare il letto
sestina 80 (w. 16-18)

poi piacque a lui che mi produsse


chiamarme tanto indietro da li sc
ch'almen da lunge m'apparisse il

e poi alla sestina 142 (v. 20):

seguendo ove chiamar m'udia dal

Non meno istruttivo, però,


Cominciamo da «viaggio». Nel
senso che il termine ha in Pe
volte nel Canzoniere (RVF 3
11) ed è significativo notare,
comparso nel madrigale, il term
ste, proprio nella sestina pen
«faggio», poi, a prescindere dall
elenchi di nomi di piante (cfr. R
148, 5 «non edra, abete, pin, f
ma si veda anche RVF 50, 33 «
che esiste, per così dire, un l
Laura. Se questo legame si man
zione, potremmo dire madrig
do Laura

... pensosa, in atto humile e saggio,


s'assise, e seder femmi in una riva
la qual ombrava un bel lauro ed un faggio

(e si noti, a questo proposito, che «una funzione molto simile [a quella svol
ta dal faggio nel madrigale 54] è affidata nella sestina 142 al lauro»30: cfr.
w. 1-2, 11-12, e 12-13), la relazione di Laura con il faggio è già presente,
per certi versi, nella canzone 129 (w. 40-42)
I' Pò [tel. Laura] più volte (or chi fia che mi 1 creda?)
ne l'acqua chiara et sopra l'erba verde
veduto viva, et nel tronchon d'un faggio.

29. Si ricordi che simili collisioni di registro sono operate, ad esempio, in RVF 2 e Iti, a livello di
contenuto, oppure nelle sestine 80 e 142, che in una forma metrica consacrata a contenuti erotici
accolgono temi religioso-penitenziali.
30. Cfr. PETRARCA, Canzoniere, ed. cit., ad locum.

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 317
Tra i faggi 'laurani', però, un posto di tutto rilievo merita quello che ombreg
gia la fontana-Petrarca in RVF 23, 116-17 (anch'esso, si noti, collocato in
punta di verso come i faggi di RVF 54, 7 e 129, 42 e di TM II 18):

[...]
com'io sentì' me tutto venir meno,
et farmi una fontana a pie' d'un faggio.

Il mito sotteso a questa metamorfosi è, com'è noto, quello della ninfa Egeria,
piangente per la morte dello sposo, il re Numa Pompilio, e (come racconta
Ovidio, Met. XV 547-51), trasformata in fonte da Diana (circostanza, que
sta, che consente di riconoscere la presenza di Laura-Diana nella canzone
23, prima ancora che nella strofa dedicata al mito di Atteone, già in quella
riguardante il mito di Egeria). Ci possiamo chiedere, allora, se Petrarca,
dopo aver sapientemente costruito nel madrigale 52 la figura di Laura
Diana-pastorella, non abbia voluto suggerire, "piantando" proprio un faggio
nel madrigale Perché al viso d'Amor, anche l'identificazione della «pellegri
na» con la stessa Laura-Diana31.

La «Nova angeletta» che figura nell'esordio del terzo madrigale del


Canzoniere, il 106, sembra collocare il testo in una temperie decisamente
stilnovista, rivelandone, dunque, una matrice esclusivamente letteraria.
Lasciando da parte il fatto che anche nei madrigali musicali si possono
incontrare figure femminili angelicate32, ci sembra ben più interessante, ai
fini del nostro discorso, constatare che l'unica altra occorrenza di «angiolet
ta» nella poesia di Petrarca si trova nel sonetto 201 (v. 11) ed è riferita ine
quivocabilmente a Laura33. Se, dunque, diversamente da quanto era acca
duto alla «pastorella» del madrigale 52 o alla «pellegrina» del madrigale 54,
l'identificazione dell'«angeletta» del 106 con Laura scatta per il lettore non
immediatamente, grazie ai testi già letti, ma solo più tardi, dopo esser giun
to al sonetto 201, è indubbio, però, che qualche elemento per riconoscere
Laura nella figura di questa novella ammaliatrice Petrarca lo fornisce anche
prima di arrivare a Mia ventura et Amor. Persino a un lettore distratto, infat
ti, non possono sfuggire le analogie esistenti tra la situazione del poeta, sor
preso dall'«angeletta» «senza compagna et senza scorta» e quindi «preso»,
grazie ad «un laccio [...] / teso fra l'erba», e il racconto, affidato al sonetto
3, delle circostanze in cui il poeta si innamorò di Laura. Nel sonetto Era il
giorno ch'ai sol si scolorano, infatti, Petrarca, a cui il Venerdì di Pasqua

31. Ricordiamo che proprio a Laura si riferisce l'appellativo di «nobil pellegrina», inteso nel senso
di "anima di passaggio nella vita mortale" di Rìr 270, 96 (le altre occorrenze petrarchesche di
«pellegrina/o» hanno solo valore di aggettivo: RVF 50, 5; 213, 5; TF la 100; ma con lo stesso signi
ficato cfr. RVF 53, 1-3 «Spirto gentile, che quelle membra reggi / dentro le qua' peregrinando
alberga / un signor valoroso ...»).
32. Cfr. Niccolò del Proposto, Quando gli raggi del sol più possenti, 5 «con dolce canto già sesta
angioletta» (cfr. Poesie musicali..., cit., p. 99).
33. In parte diverso è il discorso sulle occorrenze di «angelo» (o meglio «angel») e «angeli» nei
Fragmenta-, al singolare è sempre riferito a Laura, direttamente (32ò, 3) o come suo termine di
paragone (152, 2; 352, 7), eccetto che in 341, 1; al plurale riguarda solo entità soprannaturali
(41, 14; 220, 9; 345, 13; 346, 1). Lo stesso vale per l'occorrenza unica di «angeli» nei Triumphi
(TE 58).

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318 Laura Paolino

«Tempo non [...] parea da far


conta che se ne andava «secur
to» (v. 9) e che perciò fu «pres

Con l'ultimo testo, Or vedi, Am


abbandona il modello del mad
trato, cioè, sul racconto di un
madrigale "allocutorio", conte
poeta ad Amore34. Conforme
bucolica del madrigale tradizio
co accenno al paesaggio naturale
i fiori et l'erba» (v. 5). Anche
solo tratto riconducibile al clich
dire il fatto di essere «scalza»
infatti, la «giovenetta donna» si
«spietata» verso l'amante e «sup
che Petrarca invoca su di lei la
toria, presente negli altri mad
te bellica, sottolineata dal lessic
«nemici» (v. 3), «armato» (v. 4
8), «vendetta» (v. 9).
Per quanto riguarda l'ident
occorre dire che essa non ha ma
quanto l'appellativo di «giovenet
maticamente. Il lettore dei Fr
gere l'opera dall'inizio), giunto a
Laura era stata rappresentata
1 ). Il lettore che, invece, prima
i Triumphi sa che nel terzo ca
annunciato la prima apparizio
giovinetta ebbi dallato» (v. 89)
madrigale, nella canzone 127,
divenuta «donna» («la bella gi
quasi al termine dell'opera, nel

34. Come esempio di questo tipo di ma


gna del musico Giovanni da Firenze, anc
musicali..., cit., p. 20).
35. Tra gli esempi, posteriori però ai tes
Lavandose le mane e '/ colto bello (v. 6
vidi la bella (w. 4-5 «Era descalza, cent
noti, a proposito dei meccanismi sfrutt
netta donna» con Laura (per i quali si v
gerire tale identificazione, dato che le a
13) non si riferiscono alla Avignonese. G
cepisce una «connotazione di sensualità
I madrigali..., cit., p. 75).
36. Il motivo della vendetta o della richi
in alcuni madrigali musicali: cfr. Niccol
«Adunque, Amor, deh fa' con l'arco tuo
cali..., cit., p. 98).

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 319
il fantasma di Laura, il lettore apprende, dalla stesse parole della donna, che
ella, «... giovene anchora, / vinse il mondo et sé stessa» (w. 49-50)37.
Questa sequenza circolare delle età del personaggio Laura (che da «gio
vene» [RVF 30], o «giovenetta» [RVF 121 e TC III], diventa «donna» matu
ra [RVF 127], per poi tornare, ma solo nel ricordo, «giovene» [RVF 359]) è
frutto di una fase di elaborazione del Canzoniere molto avanzata. Come
ricorderemo, infatti, il madrigale 121 era stato inizialmente collocato molti
testi più avanti nella raccolta, cioè tra i sonetti 242 e 243. In quella posizio
ne il madrigale non poteva sembrare un testo scritto per Laura e questo per
l'ovvia ragione che «la bella giovenetta», divenuta «donna» nella canzone
127, difficilmente avrebbe potuto "ringiovanire" nel madrigale, collocato
molti testi dopo la canzone. C'è da chiedersi, allora, se la traslazione del
madrigale all'interno della raccolta non obbedisse solo alla necessità di sosti
tuire la ballata Donna mi vene, ma anche all'opportunità di cancellare il
sospetto che Or vedi. Amor cantasse una donna diversa dalla bionda
Avignonese. Occorreva, dunque, mutare l'ordine dei testi, in modo che il
madrigale precedesse, anche di poco, la canzone 127. La collocazione nella
posizione attuale, al centoventunesimo posto della raccolta, si presentava
appropriata sotto molti punti di vista, non ultimo quello strettamente inter
testuale: la raffigurazione della «giovenetta» seduta «in mezzo i fiori et l'er
ba» anticipava infatti di pochi testi (con un effetto di amplificazione nella
memoria del lettore) la campestre revêrie della canzone Chiare, fresche et
dolci acque (RVF 12ò, 40-52):
Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra '1 suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
cn'oro forbito et perle
eran quel dì, a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l'onde;
qual, con un vago errore
girando, parea dir: Qui regna Amore.

La «giovenetta donna», che nel madrigale «sprezza» (v. 2) il regno d'Amore,


nella canzone si presenta, in virtù della sua stessa leggiadria, come il simbo
lo del potere di Cupido («Qui regna Amore»), Malgrado ciò, non ci sono
dubbi sul fatto che la protagonista del madrigale e quella della canzone
siano la stessa persona. Lo confermano, indirettamente, la presenza in
entrambi i testi del riferimento alle trecce e alla gonna38. Proprio la gonna,
infatti, si rivela un elemento distintivo dell'iconografia laurana. Delle sei

37. Sempre a Laura, infine, si riferisce il «lauro giovenetto» di RVF 323, 2b, immagine evocata
nella "canzone delle visioni".

38. Per la «gonna» cfr. RVF 126, 7-9 «herba et fior' che la gonna / leggiadra ricoverse / co l'ange
lico seno», dove si noti anche la presenza degli stessi elementi naturali, l'erba e i fiori, che descri
vono il paesaggio del madrigale.

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320 Laura Paolino

occorrenze complessive del term


significato metaforico di "cor
piano sempre l'abito di Laura
in un caso, in cui l'abito appar
Torniamo adesso al primo mad
alcune osservazioni relative agli
madrigale 52 è presente nel C
quanto ci risulta, esso non cam
E stato notato (prima da Do
appartiene la citazione)40 che
le "Laura" / "l'aura" [...] ha qu
(o nome segreto) comincerà ad
R.v.f. 79, 3». Abbiamo visto, p
effetto, in realtà, di una varian
to. Abbiamo detto, inoltre, che
stuale all'inserimento del madri
amante doveva sembrare un te
tramanda la lezione più antica
una modifica più estesa di que
solo, infatti, Petrarca mutò la l
da» in «ch'a l'aura il vago et b
verso precedente, il 5, che pa
«posta a bagnar un leggiadretto
non risultano comprensibili: fo
poranea, non dettata da alcuna
te notare, invece, è che Petra
tempo dopo, lavorando all'asse
Rammento brevemente l'uso
«leggiadretto». «Candido» com
quasi sempre in relazione dire
zioni riguardano «candida nev
miglia» [RVF 310, 4). Per il r
diretta, in quanto è usato per
dido seno»; 165, 1 «candido pi
(la già ricordata «candida gon
mediata, in quanto l'aggettivo
metafora di Laura {RVF 187, 5
246, 5 «candida rosa»; 325,
sostantivo che funge da termi
Quindi, in RVF 127, 71 le «can
dine per i colori del viso di La
da termine di paragone della p
lato / pura assai più che cand

39. Altre due occorrenze, al plurale, son


caso il significato generico di "costumi"
40. Cfr. DOLLA, Il "ciclo" dei Madriga
SaNTAGATA, Amate e amanti..., cit. (la

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 321
di TM la 10 è immagine della bianca bellezza del volto di Laura; infine, in
TMl 20 il «candido ermellino», effigiato nell'insegna sotto la quale il drap
pello di donne capeggiate da Laura celebra il suo trionfo su Amore, è stato
interpretato come simbolo dell'innocenza d'animo dell'amata e delle sue vir
tuose compagne41.
Con l'ermellino del Trionfo della Morte arriviamo alla quattordicesima delle
15 occorrenze dell'aggettivo «candido». La quindicesima ed ultima si trova
nel sonetto 199 ed è riferita, ancora una volta, a una parte dell'abito di
Laura, per l'esattezza a un guanto, perso dall'amata e devotamente raccol
to dal poeta (w. 9-11):

Candido leggiadretto et caro guanto,


che copria netto avorio et fresche rose,
chi vide al mondo mai sì dolci spoglie?

La circostanza per noi rilevante è che in quest'ultima occorrenza l'aggettivo


«candido» compare unito a «leggiadretto», cioè all'aggettivo che prese il
posto di «candido» nel madrigale 52. Ancor più rilevante è il fatto che, se
numerose sono le attestazioni dell'aggettivo «leggiadro» (contandole tutte,
tra maschile e femminile, singolare e plurale, si arriva a 37 nel Canzoniere e
a 9 nei Triumphi), quelle del suo diminutivo «leggiadretto» sono appena
quattro: due al femminile, singolare (RVF 127, 35: «leggiadretta scorza») e
plurale (RVF 246, 3: «viste leggiadrette») e due al maschile singolare. Queste
ultime sono rappresentate, appunto, dal «leggiadretto velo» del madrigale
52 e dal «Candido leggiadretto et caro guanto» del sonetto 199.
Grazie a una precedente redazione del sonetto, conservata nel codice
autografo degli abbozzi di Petrarca, il ms. Vaticano latino 3196 (c. 2v), sap
piamo che i versi 7-10 di O bella man,

diti schietti soavi, a tempo ignudi


consente or voi, per arrichirme, Amore.
Candido leggiadretto et caro guanto,
che copria netto avorio et fresche rose
[••■],

si presentavano nella forma seguente:

diti candidi schietti, a tempo ignudi


consente or voi, per arrichirme, Amore.
Biancho, soave, caro et dolce guanto,
che copria fresca neve et vive rose
[...].

L'aggettivo «candido» era dunque impiegato, nella primitiva redazione di


questo testo, per designare una parte del corpo di Laura, le dita della mano.

41. Si vedano i commenti di Vinicio Pacca (F. PETRARCA, Triumphi, a c. di V. Pacca, in Id., Trionfi,
Rime estravaganti, Codice degli abbozzi, cit., ad locum: dove si rimanda a una chiosa di II mare
amoroso, a c. di E. Vuolo, Roma, Istituto di Filologia moderna 1962, pp. 114-5) e di Marco Ariani
(cfr. F. PETRARCA, Triumphi, a c. di M. Ariani, Milano, Mursia 1988, p. 235: «Nei bestiari è emble
ma di onestà e di purezza nell'araldica cortese»).

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322 Laura Paolino

La correzione fu introdotta da P
fetto "monocromatico", gene
«Biancho [...] guanto». Tale cor
ra consueta in Petrarca, attrave
del testo: soppresso l'aggettiv
«guanto» e l'aggettivo «soave»
avvenne anche per il v. 10, do
tivo «fresca» fu riutilizzato per
Sappiamo (a raccontarcelo è u
man fu composto nel 1343, fu p
del 19 maggio 1368, quando P
zi42. Subito dopo, forse per "am
no della raccolta, Petrarca com
sonetti 200 e 201, cioè Non pu
ra et Amor m'avean sì adorno. M
inclusi nella raccolta (che allor
detta Pre-Malatesta, settembre-
Per esso, tuttavia, Petrarca las
3195 uno spazio bianco tra il s
bella man nei Rerum vulgarium
redazione Malatesta (1371/72-
Queriniana (1373) e tra la fine
stesso Petrarca nello spazio las
rezioni che abbiamo illustrato, i
causa del differimento dell'ingr
mo precedentemente ricordat
entrò il sonetto 199, comparv
Più o meno contemporanee, po
3195 di Or vedi, Amor sulla ras
spazio rimasto bianco tra il 198
Ô bella man e il madrigale 52
rando l'ingresso concomitante
madrigale 121. Non sembra az
dell'inclusione nei Fragmenta
gale e, ancor più, nel momento
terno della raccolta, Petrarca
questo metro. Lavorando, dun
199 e al madrigale 52, Petrarc
consapevolmente) per lasciare u

42. Si veda il ms. Vat. lat. 3196, c. 2r: «


dem su]rgo et occurrit hoc vetustissimu
latino 3196, a c. di L. Paolino, in Id., T
787). Per la storia redazionale del sone
Edizione e storia del codice Vaticano l
Ricciardi Editore 2000, pp. 134-5.
43. Si vedano anche i w. 11 e 13 -14, ch
tivamente, «beato me di si leggiadra sp
questo mi dispoglie».

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Sui madrigali di Petrarca (RVF 52, 54, 106, 121) 323
Non al suo amante nella lezione finale «Candido leggiadretto et caro guan
to» del sonetto 199. Il collegamento tra i due testi era del resto assicurato, a
livello del contenuto, dalla comune menzione del velo di Laura:

posta a bagnar un leggiadretto velo,


ch'a l'aura il vago et biondo capei chiuda
(RVF 52, 5-b)

Così avess'io del bel velo altrettanto!


(RVF 199, 12)

La circostanza di una rilettura petrarchesca dei madrigali in coincidenza con


la revisione del 199 e della composizione del 200 e del 201 sembra indiret
tamente confermata dal fatto che anche il secondo e il terzo sonetto del
guanto presentano, così come lo stesso 199, estese e significative tangenze di
lessico con i quattro madrigali. Tra questii contatti verbali è particolarmente
importante, per accertare la relazione esistente tra questi testi, la ripresa
dell'«angeletta» del madrigale 10b nel sonetto 201 («contra lo sforzo sol
d'un'angioletta», v. 11): il valore di questo contatto si deve alla circostanza,
già ricordata, che queste sono le due uniche attestazioni del termine nella poe
sia petrarchesca. Simili comunanze lessicali sono dovute quasi sempre a un'e
laborazione o revisione parallela dei testi nei quali si registrano. A provarlo è,
nel nostro caso, la circostanza che l'aggettivo «serico» di RVF 201, 2 («... bello
aurato et serico trapunto»), privo di altre attestazioni nel Canzoniere e nei
Triumphi, va messo, sì, in relazione con il «di seta» di RVF 10b, 5 («... un lac
cio che di seta ordiva»), ma anche con l'unica altra occorrenza del termine
«seta» nella poesia petrarchesca, cioè quella contenuta nella canzone 323,
testo elaborato, almeno in parte, nel 1368, come i sonetti 200 e 201, e come
questi entrato per la prima volta nella forma Malatesta: «Indi per alto mar
vidi una nave, / con le sarte di seta ...» (RVF 323, 13-14)44.

Laura Paolino

44. Escludo dal computo l'occorrenza di «seta» contenuta nell'estravagante «L'oro e le perle e
fioretti e l'erba / 've par natura adopre più che seta» (w. 1-2: cfr. F. PETRARCA, Rime, Trionfi
sie latine, a c. di E Neri-G. Martellotti-E. Bianchi-N. Sapegno, Milano-Napoli, Ricciardi 1951
òOO), dato che ritengo di aver sufficientemente provato l'apocrifia di questo sonetto (c
PAOLINO, In margine all'edizione delle «disperse», «Schifanoia», 15/lb (1995), pp. 49-50).

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