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Prefazione di Alberto Brandi

Illustrazioni di Vinz Notaro


Quaderni dellEresia
1
Questa breve opera dedicata a colui che per primo mi pose in contat-
to con lo sciamanismo siberiano e centro asiatico, determinando come
pochi altri la mia Via e portandomi, anni dopo, al contatto con rlik Qan:
Romano Mastromattei
Sit tibi terra levis.
larcaelarco edizioni
via on. f. napolitano 26/28, 80035 nola (na)
tel. +390815129196 fax +390815126297
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ISBN 978-88-6201-334-5
progetto grahco e illustrazioni.
Vinz Notaro crea@larcaelarco.it
Tavole originali: copertina, pp. 6-7, 24, 32, 38
collaooratori grahci.
lederico Marahn, Anita Annunziata
Lopera qui presentata, ivi incluse prefazione e illustrazioni,
salvo dove diversamente specihcato, coperta da licenza.
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Quaderni dellEresia, 1
LA MESNIE HELLEQUIN
O DE LA FAMILIA DEL DEMONE ALICHINO
di Alessandro Vivaldi
Prefazione di Alberto Brandi
INDICE
RITO, TEATRO, MITO p. 9
La Mesnie Hellequin come parabola umana e iniziatica
(Prefazione di Alberto Brandi)
LA MESNIE HELLEQUIN p. 15
o de la familia del demone Alichino
(di Alessandro Vivaldi)
9
RITO, TEATRO, MITO
La Mesnie Hellequin come parabola umana e iniziatica
di Alberto Brandi
Nel tentativo di dehnire o, in qualche modo, di circoscrivere la portata polisemica di
unopera come La Mesnie Hellequin, il concetto del superamento del limite ci
che prooaoilmente identihca con maggior accuratezza il livello di proondit di questo
lavoro.
Il limite in questione identihcaoile a pi livelli. sul piano poetico, contenutistico e
concettuale, e, inhne, ad un livello proondo - pi propriamente esoterico - dell'opera.
La Mesnie Hellequin: opera teatrale dargomento umano, mitico, esoterico, e dunque
al contempo al di l dellumano. essa unopera teatrale a tema esoterico, o lo stesso
tema iniziatico a cavalcare il medium teatrale? I due mezzi vengono in questopera uni-
ti, illustrando in maniera limpida la funzione rituale e mitica del teatro, di cui Vivaldi
si riappropria, a mo di revanscismo nei confronti della secolarizzazione della teatralit.
Daltronde gi Pasolini aveva affermato: Il teatro comunque, in ogni caso, in ogni
tempo e in ogni luogo, un rito
1
, nonostante la tendenza di una nutrita fronda della
storiograha teatrale contemporanea che vede la completa emancipazione del teatro dal
sacro. Nelle parole di Claudio Bernardi: Molti studiosi limitano questo rapporto [del
teatro col rito, NdA] alle origini del teatro o a particolari periodi storici, come il me-
dioevo. Altri insistono invece sulla autonomia completa del teatro dal rito, mettendo
in evidenza la dura opposizione e la condanna degli spettacoli da parte delle autorit
religiose
2
.
Se, tra i suoi molteplici signihcati, La Mesnie Hellequin rappresenta un lavoro di riap-
propriazione della manifestazione del sacro nel mezzo teatrale, necessario introdurre
gli elementi cardine della teofania in questione.
Il fenomeno della masnada notturna e furibonda, la cosiddetta Caccia selvaggia,
comune a tutto il mondo eurasiatico
3
. In Europa era opinione diffusa, nel medioevo,
che a quanti si avventurassero - magari da soli, pi spesso nella notte o nella vampa
del meriggio - lungo le strade di campagna potesse capitare di assistere ad un prodigio
terribile quanto grandioso: il passaggio di una sterminata moltitudine di gente (uomini
e donne, a piedi [sic] e a cavallo) in cui spesso avveniva di riconoscere persone morte
di recente. Questo, in breve, il nucleo di una leggenda la cui eco rimbalza e riecheggia
in unampia messe di testimonianze diverse per natura, intento e tenore, rifratta in una
molteplicit di varianti []
4
.
Alla testa di questo esercito di spiriti (umani e preterumani) vi sempre una hgura
1 P. Pasolini, Manifesto per un nuovo teatro, in Nuovi argomenti, gennaio-marzo 1968.
2 Storia essenziale del teatro, a cura di C. Bernardi e C. Susa, Vita e Pensiero, Milano, 2005, p. 11.
3 Vi sono testimonianze attestanti enomeni ahni alla caccia selvaggia dall'India al Caucaso, ma in questa
sede ci limiteremo a rintracciare le origini della Mesnie Hellequin tra leggende, folclore e teatro. Chi
scrive sta attualmente lavorando ad un volume che si prehgge di arontare la questione della Caccia
selvaggia in maniera approfondita, in particolare ponendola in relazione a fenomeni di sciamanesimo e
stregoneria eurasiatica. Il volume uscir nel 2013 per i tipi della Atanr editrice.
4 S. M. Barillari, Introduzione a K. Meisen, La leggenda del cacciatore furioso e della caccia selvaggia,
Edizioni dellOrso, Alessandria, 2001, pp. 5-26, p. 5.
10
demonica maschile, dalle denominazioni pi svariate e talvolta, come nota la Barillari,
di imbarazzante omonimia
5
, tra le quali abbiamo Herlethingus, Herlewinus, Her-
lechinus, Herlequinus, Hennequin o Hellequin, e da una femminile, di volta in volta
attribuita a divinit notturne e silvane come Diana, Herodiana, Holda, Erodiade o
Perchta
6
.
La prima attestazione scritta hnora pervenuta della hgura di Hellequin nel'Historia
ecclesiastica di Orderico Vitale
7
, dove si narra di un prete, Walchelin, che la notte
del primo gennaio 1091 testimoni il passaggio di unarmata fantasma, composta da
soldati, a piedi e a cavallo, ma anche di donne ed uomini, membri del clero e di cre-
ature fantastiche; nel riconoscere tra i membri di questa processione visi familiari di
persone da tempo decedute, egli realizza di essere al cospetto della demonica familia
Herlechinus
8
.
Molteplici sono i riferimenti successivi, come ad esempio nel Roman de confession
(XIII secolo), dove si parla della caccia selvaggia come della compagnia di Hellequin
o delle diane o delle fate. Lo scritto di Orderico, e alcuni di quelli seguenti (tra tutti
la testimonianza di Elinando di Froidmont
9
), sono segno di una reinterpretazione in
chiave cristiana di un enomeno che risale all'antichit pi remota e hno al presente
[.] ne troviamo tracce nelle maniestazioni pi diverse del olclore
10
e dimostrano
che nel medioevo fosse opinione diffusa che Herlechinus o Hellequin fosse a capo di
un'orda notturna. La natura di questa hgura assai amoigua, e spesso stata messa
in relazione a Wodan-Odino che nel medioevo da antico dio nordico, decaduto nel
prototipo del diavolo
11
; secondo quanto riportato da Claude Lecouteux una delle
argomentazioni principali portate dagli studiosi a favore della tesi che vedrebbe Odino
come il condottiero della Caccia selvaggia il motivo della tempesta, che apre le porte
al mondo indoeuropeo. Nella maggior parte delle tradizioni post-medievali, il passaggio
della Caccia selvaggia era connesso alle condizioni atmoseriche - elemento vero anche
per quanto concerne fantasmi e decessi anormali
12
.
Qual dunque l'anello di congiunzione tra la hgura inernale del condottiero del erale
esercito degli spiriti e la sua traslazione nella sfera del teatro nella sua ovvia derivazione
di Arlecchino, hno a giungere al suo ruolo ne La Mesnie Hellequin?
Una recente ricerca di Sonia Maura Barillari ci di grande aiuto a tal proposito
13
. Una
5 Ivi, p. 14.
6 In tal guisa, Diana-Artemide, Signora degli Animali [] emerge nel ruolo di regina di un antico culto
estatico imperniato intorno ad una misteriosa societ notturna , cfr. E. Chiavarelli, Diana, Arlecchino
e gli spiriti volanti, Bulzoni, Roma, 2007, p. 27.
7 O. Vitale, Historia ecclesiasticae libri XII, VIII, 17. Lintero passo riportato, in latino e in traduzione
italiana, nel citato testo di Karl Meisen, pp. 73-89.
8 Ivi, p. 80.
9 E. de Froidmont, De cognitione sui, X, XI, XII, XIII, in K. Meisen cit., pp. 117-135.
10 Ivi, p. 37.
11 E. Chiavarelli, Diana, Arlecchino cit., p. 26.
12 C. Lecouteux, Phantom Armies of the Night. The Wild Hunt and the Ghostly Processions of the
Undead, Inner Traditions, Rochester, Vermont, 2011, p. 209: One of the principal arguments made by
scholars in favour of Odin as leader of the Wild Hunt is the motif of the storm. It opens the door to the
Indo-European world. In the majority of post-medieval traditions, the passage of the Wild Hunt was con-
nected to atmospheric conditions. This was also true for ghosts and abnormal deaths, traduzione nostra.
13 S. M. Barillari, l:||:a| -::|.: !| !a: i!| !i||i nai !::|i.i i||i :i-.':i .:i.i|:,
in Commedia dellarte. Annuario internazionale, Anno IV - 2011, Leo S. Olshki editore, Firenze, 2011,
pp. 3-16.
11
resa letteraria del demoniaco Hellequin appare per la prima volta nellInferno di Dante,
nella quinta delle Malebolge, quella dei barattieri, tra i canti XXI e XXII (terminando
poi nel XXIII), dove troviamo Dante e Virgilio alle prese con un turbolento manipolo
composto da dieci dmoni assegnati da Malacoda [] quale scorta per accompagnare
i due hno al solo passaggio (in realta` inesistente) che avreooe loro consentito di rag-
giungere la bolgia successiva. Di tale drappello, i cui membri hanno nomi allusivi a fat-
tezze grottesche e a inclinazioni minacciose, chiamato a far parte anche Alichino
14
;
non a caso, nota la Barillari, la bolgia dei barattieri la sola dove si registri uninvasiva
presenza di diavoli dalla hsionomia decisamente medievale', omologhi per aspetto e
comportamento a quelli che numerosissimi popolano la letteratura edihcante coeva e
vediamo immortalati nellornamentazione pittorica e plastica delle piccole chiese come
delle grandi cattedrali gotiche
15
.
Che lintroduzione di Alichino nella Commedia dantesca sia anticipatrice della pi
tarda hgura di Arlecchino, evidente dall'impronta marcatamente teatrale che Dante
attribuisce alle vicende che coinvolgono il diavolo Alichino: da un punto di vista sti-
listico, vi , lalto tasso di dialogicit che [] caratterizza la scansione compositiva
e il ritmo diegetico, esplicantesi in un incalzante scambio di battute
16
, unitamente
allaccurata scelta del linguaggio e della dimensione spaziale degli eventi. Lutilizzo
poi del termine drammaturgico di ludo
17
costituisce una precoce testimonianza della
predisposizione di questo essere demoniaco ampiamente attestato nel folclore europeo
a trasformarsi nella maschera che tutti noi conosciamo, esplicitando gi in pieno quella
duplice identit, comica e nel contempo inferica, propria dei tricksters di ogni tempo
e cultura
18
.
Per quanto riguarda lepifania letteraria dell Arlecchino teatrale, le fonti letterarie sono
oen pi solide che quelle che ci servireooero ad inquadrare precisamente il ruolo di
Hellequin come condottiero dellexercitus mortuorum, la cui geneaologia da attribuire
alle accurate ricerche di Siro Ferrone
19
, che ne rintraccia lorigine al 1584. In quellanno
Tristano Martinelli, comico mantovano, introduce un personaggio nuovo, che ricalca
credenze precedenti e che lo vede protagonista di notturne processioni composte da
torme di fantasmi, spettri, demoni [], apparizioni notturne e invernali, provenienti
dai ooschi e della proondit della terra, da un altrove indehnito
20
. Ritengo plausibile
lipotesi della Barillari, che vede lintroduzione dellArlecchino martinelliano agevolata
dallAlichino dellInferno dantesco; in entrambi i casi abbiamo personaggi ambigui, li-
minali, liberi dai vincoli dellordinario
21
e in Dante pare individuare e superare la linea
di conhne ra l'Arlecchino demnico e l'Arlecchino istrione, [.] cogliendo le potenzia-
lit drammaturgiche intrinseche in questa hgura dai connotati amoivalenti
22
.
14 Ivi, p.3.
15 Ivi.
16 Ivi, p. 5.
17 Inferno, XXII, 118: o tu che leggi, udirai nuovo ludo.
18 Ivi, pp. 5-6.
19 S. Ferrone, Arlecchino. Vita e avventure di Tristano Martinelli attore, Laterza, Roma-Bari, 2006.
20 Ivi, pp 75-76. Lo stesso passo stato riportato, per la prima volta, da S. M. Barillari nel suo articolo
citato in precedenza.
21 La nuova maschera introdotta dal Martinelli non era un primo zanni, parte teatrale il cui ruolo era tes-
sere intrighi tutto a vantaggio del suo padrone, ma un secondo zanni, ovvero parte intesa per personaggi
meno intelligenti per non dire idioti, improduttivi ai hni della trama [.] pi animali che esseri parlanti,
causa di rovinosi incidenti pi che di astute oee, cr. S.M. Barillari, Hellequin servo cit., p. 14.
22 Ivi, pp. 8-9.
12
LArlecchino teatrale porter per sempre con s il suo retaggio demonico e silvano,
tra tutti il oozzo sulla ronte, relitto ossile' delle corna che gli ornavano il capo nella
sua precedente esistenza demoniaca
23
.
Questa disamina storico-mitica necessaria per approfondire la portata e il contesto
del lavoro di Vivaldi, rendendo il lavoro di inquadramento generale pi agevole. L evi-
dente l'operazione a ritroso che l'autore compie, nel riportare al medium teatrale la h-
gura del condottiero della ferale schiera, questa volta non nella sua tarda veste di zanni,
ma nella sua primeva natura di signore notturno: unabile lavoro di restituzione della
hgura pi autentica di Hellequin, precisamente tramite il teatro che, paradossalmente,
ne aveva segnato la progressiva dimenticanza, consegnando alla maschera teatrale pi
prospera e durevole popolarit
24
.
Questaspetto dellopera non va sottovalutato: lHellequin presente nel lavoro di Ales-
sandro Vivaldi ha tutte le caratteristiche primigenie del suo corrispettivo altomedie-
vale, mantenendo intatta la sua natura dissolvente e rivoluzionaria. Da questo aspetto
nasce, a mio avviso, il concetto cardine di questo lavoro, ovvero il superamento del
limite che abbiamo menzionato allinizio del nostro intervento e che ci permette di ap-
plicare una triplice chiave di lettura a La Mesnie Hellequin, data dalla sovrapposizione
del livello ritualistico-teatrale, storico ed esoterico.
I principali protagonisti dell'opera - lrancesco Grana e lederico Piccolomini, uomini
darme duri ma vincolati al sacro giuramento dellonore del soldato, che nello spietato
contesto della Guerra dei trent'anni deooono conrontarsi con l'atroce realt del con-
uitto, inasprita dal anatismo religioso della Controriorma - sono emanazioni dell'an-
cestrale aspetto guerriero della Caccia selvaggia; aspetto che alcuni rintracciano come
elemento fondante del mito di Hellequin: Non c nessun dubbio che il nome di Hel-
lequin (o Herlequin o Helething), che compare prima in Normandia poi in Inghilterra,
sia di origine germanica e faccia riferimento allesercito (Heer) e allassemblea degli
uomini liberi (thing), degli unici che possono portare le armi
25
. In accordo con quanto
asserito da Schmitt, sebbene partendo da presupposti diversi, il germanista Marcello
Meli sostiene che il nome Hellequin derivi da *harjaleika (o gioco della schiera' o
gioco della oattaglia'), da cui sareooe poi derivato herlechinus, memoro del gioco della
schiera, o guerriero
26
.
Non casuale dunque la scelta di Francesco come personaggio centrale dellopera,
guerriero e uomo in conuitto con la natura sua e del suo mestiere d'arme, che riesce
per a valicare la propria condizione grazie allintervento sovversivo di Hellequin, che
in un momento critico dellopera infonde in lui la follia dionisiaca. In mezzo alleser-
cito ferale guidato dal dio, Francesco riconosce Federico, che gli rivolge parola, istigan-
dolo a scoprire la verit e a non rihutare il dono del dio, la conoscenza (v. la Sinossi a
La Mesnie Hellequin).
lrancesco rappresenta l'ipostasi, la personihcazione, dell'uomo che si rinnova e si eleva
attraverso la rimozione dei vincoli: questa dissoluzione alchemica trova il suo tramite
nell'irrompere del sacro - nel suo aspetto terrioile e eroce - nel quotidiano, sia esso
il uuire monotono della vita mondana o il momento di crisi, la scura notte dell'anima,
dello spirito elevato.
23 Ivi, p. 15.
24 Ivi, p. 6.
25 J-C. Schmitt, Spiriti e fantasmi nella societ medievale, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 136.
26 M. Meli, /'A|:..'| ':i|:, | Mi-.i, :i-.':i, :i-a:, :i-' .:-.| : |.ini :||: .a|.a:
medievali, Edizioni dellOrso, Alessandria, 2000, pp. 75-108, p. 85.
13
A mio avviso non si ancora insistito sul tema iniziatico della Caccia selvaggia, sulla
sua natura di rottura e rinnovamento. Eppure diversi studiosi si sono trovati concordi
nel rintracciare, nella processione della schiera furiosa, elementi relativi al passaggio tra
il mondo dellaldil e il mondo dei vivi, senza per cogliere laspetto di rivoluzione non
solo esteriore (il fragore che accompagna il fenomeno, la presenza di creature fantasti-
che, le anime dei morti) ma anche interiore.
La Barillari propone una lettura letterale dello scambio fra i mondi, parlando del tema
della ricchezza' inerente le maniestazioni della Caccia selvaggia. il legame istituito
fra le schiere fantasma e una dimensione oltremondana detentrice e custode degli
arcani movimenti della prosperit terena fa s che, per un verso, a tale prosperit si
possa attingere (per esempio traendone capi di bestiame, oppure doni)
27
, mentre
a mio avviso possibile rintracciare unulteriore dimensione, interna e iniziatica, delle
apparizioni di questa corte oscura. plausibile vedere in essa un irrompere dellignoto
e delloltremondano nella sfera del materiale, irrompere che poi foriero di trasmu-
tazioni e cambiamenti, elementi cardine del tema iniziatico: in questo senso perti-
nente linterpretazione di Hellequin come intermediario con il mondo dei morti, a
cui delegato il compito di presiedere il passaggio fra la dimensione terrena e quella
oltremondana
28
. Il ruolo di Hellequin come implacabile maestro trova in questopera
lapice nellepisodio a cavallo tra sogno e veglia descritto da Vivaldi nel Quadro I, Scene
I-III; qui, lirrompere delloscuro sire e della sua corte nellesistenza materiale provoca
una sospensione della moralit ordinaria e dei vincoli della ragione e dellintelletto: la
pausa nello spartito della realt, dove si compie il lavoro delliniziazione.
La Mesnie Hellequin: un lavoro di tragicit guerriera, iniziazione, ma anche parabola
umana di estreme passioni, che al contempo sono la condanna e il viatico demancipa-
zione delluomo. Il commento del Vivaldi nelle Note di poetica che seguono a questa
prefazione ha una pregnanza molto particolare alla luce di quanto abbiamo evidenziato:
[le] passioni sfrenate, impossibili da distruggere e sempre presenti nella compagine
umana, sono il fulcro dellopera, e ad esse, al loro sviluppo, al loro essere possibilit
di crescita, si rivolge il testo intero, che veemente vuole rispondere alla cecit di chi,
attraverso la morale, crede nel poter controllare luomo.
Francesco, per superare la terribile prova che la guerra, il tradimento e lassassinio
gli impongono, costretto ad ascoltare la voce di ci che al di l dellumano, deve
ahdare la sua salvazione alla unzione dissolvente dell'eros e del divino terrihco, co-
stretto a trasformarsi, non rigettando le suddette passioni, ma sublimandole in maniera
cosciente. L'incontro di lrancesco con la uria, la passione erotica e l'inuusso dell'ol-
tremondano non ha laspetto di un abbandono nichilista, ma in esso possiamo scorgere
le sembianze del guerriero morto e risorto a s stesso, un Odino incarnatosi nella sua
natura pi autentica.
Queste sono solo osservazioni particolari di un insieme assai pi complesso. Che sia il
lettore singolo, con le sue particolarit e predisposizioni, a scoprire nuove dimensioni
in questopera che unisce la storia, il mito e il rito a cavallo tra ci che passato, pre-
sente e, nota non trascurabile, immutabile.

27 S. M. Barillari, Introduzione a K. Meisen cit., p. 20.
28 Ivi, p. 22.
LA MESNIE HELLEQUIN
O DE LA FAMILIA DEL DEMONE ALICHINO
17
PERSONAGGI
Oberst Francesco Grana, Marchese di Carretto, Condottiero di Ventura, Coman-
dante dei Dragoni di Cosseria
Oberstleutnant Federico Piccolomini, cugino del Generale Ottavio, Uhciale di
Ventura, Vice Comandante dei Dragoni di Cosseria ed amico di Francesco
Oddo, Marchese di Palombara, medico, sapiente ed alchimista
Ligeia von Burckhardt, nobildonna di Magdeburg
Padre Juan Sarmiento de Valladares, domenicano, Magister Inquisitionis dellAssia
Alcuni Reiter, o Dragoni di Cosseria
Alcune serve di Ligeia
Le streghe
Lexercitus mortuorum
Hellequin
PERSONAGGI CITATI
Gustavo Adolfo Wasa, Re di Svezia e Comandante le truppe protestanti
Johann Tsearcles, Conte di Tilly, Comandante lesercito imperiale e la lega Cattolica
Gottfried Heinrich Zu Peppenheim, Comandante la cavalleria imperiale
Johannes Bureus, mistico ed accademico svedese, consigliere di Gustavo Adolo
e tutore della principessa Cristina
Massimiliano, Marchese di Palombara, hglio del Palomoara e poi amico della Re-
gina Cristina di Svezia
Cristina, principessa di Svezia, hglia di Gustavo Adolo Vasa
19
SINOSSI
Prologus.
Germania, Io3I. Durante la guerra dei trent'anni, la lioera citt dell'Impero Magdeourg
viene assediata, saccheggiata e messa a ferro e fuoco dalle truppe cattoliche guidate dal
Conte di Tilly. Allindomani della strage, uno dei tanti reparti mercenari cattolici, i Dra-
goni di Cosseria, si ritira dal campo, portandosi dietro i frutti perversi della battaglia.
Quadro I
Scena I. Dopo il ritiro, Francesco, Federico ed il Marchese di Palombara si chiedono
il perch di tanta inutile strage. Federico consola lamico e comandante Francesco, ri-
cordandogli i suoi doveri di soldato cattolico. Intanto, i soldati portano dal comandante
delle donne prese in prigionia, tra le quali Ligeia, dignitaria della citt. Non tollerando il
saccheggio e lo stupro, Francesco ordina a Federico lesecuzione dei colpevoli attraverso
la decimazione del reparto.
Scena II. Palombara, medico di campo, si prende cura di Ligeia e del suo seguito,
mentre Francesco vorrebbe levare il campo e rientrare in Italia. Non potendo muovere
i eriti, Palomoara prega lrancesco di ermare la marcia, tanto pi che vi sono oramai
giorni di cammino che separano la compagnia dalla citt di Magdeburg. Riluttante,
Francesco accetta di mantenere il campo nella foresta.
Scena III. In attesa degli amici, Federico si rivolge al cielo e sinterroga sulla natura
umana e sulle sorti del guerriero. Interviene Padre Juan, inquisitore inviato al seguito
della compagnia direttamente dal Papa, insinuando laccusa di eresia per aver accet-
tato nel campo delle donne di fede protestante, per giunta sospettate di stregoneria.
Federico minaccia e schiaffeggia il domenicano, costringendolo a ritrarsi. Avverte poi
Francesco di guardarsi bene dal dar troppa fede al prete.
Quadro II
Scena I. Francesco sogna di notte di essere nella foresta. Incontra delle streghe, che
lo accusano di aver commesso strage e di essere un assassino. Preso dai rimorsi di co-
scienza ed incapace di reagire, stordito si abbandona ad un amplesso con Ligeia.
Scena II. Risvegliatosi nella foresta, incapace di distinguere tra sogno e realt, Fran-
cesco viene raggiunto da Palombara, che gli rende noto lassassinio, durante la notte,
di Federico. Francesco sviene.
Scena III. Sconvolta dalla morte dellamico fraterno e dai rimorsi, la mente di Fran-
cesco presa completamente dal delirio. Tra sogno e realt, egli incontra Hellequin,
divinit regale dei morti, che infonde in lui la follia dionisiaca. In mezzo allesercito
ferale guidato dal dio, Francesco riconosce Federico, che gli rivolge parola, istigandolo
a scoprire la verit e a non rihutare il dono del dio, la conoscenza.
20
Quadro III
Scena I. Francesco si risveglia brevemente, raccontando di quanto visto al Palombara,
temendo di essere pazzo. Il medico alchimista lo rassicura, lasciandolo poi al proprio
riposo. Palombara si interroga sulla natura delle vicende che vanno parandosi davanti
ai suoi occhi, chiedendosi quale sia lo scopo di esse. Entra Ligeia, riavutasi dalle ferite,
che interroga il medico su ci che attanaglia la sua mente. Palomoara si conhda e Ligeia
lo rassicura, ricordandogli che il prezzo del conoscere la verit e lo spirito spesso il
doverne portare il peso.
Scena II. Francesco, risvegliatosi, si interroga davanti alle armi di Federico. Compare
la sua ombra, che lo incalza accusandolo di non essere stato abbastanza responsabile
e di non essere in grado di portare il peso della verit. Ancora sconvolto dagli eventi,
Francesco, nel rispondere alla propria ombra, reagisce sentendo comunque di aver agi-
to nel bene. Scomparsa lombra, entra Ligeia, che rincuora il cavaliere, rassicurandolo
sugli eventi ed affermando che solo pochi sono i privilegiati in grado di camminare sul
sentiero dellanima.
Scena III. Riavutosi grazie alle parole di Ligeia, Francesco riunisce la compagnia in as-
semblea, per trovare lassassino di Federico. In cuor suo egli sa che il colpevole Padre
Juan, e i sussurri al suo orecchio di Hellequin e del fantasma di Federico lo convincono
dehnitivamente. Preso dal duooio se agire in conormit a quanto richiesto dalla pro-
pria anima o in base alle convenzioni sociali e morali che vincolano la natura umana,
Francesco decide di uccidere il domenicano.
21
NOTE DI POETICA
La mesnie Hellequin unopera che nasce da molteplici approcci al teatro che,
per quanto eterodossi, sono comunque in congiunzione. Da una parte si voluto dare
allopera in s quel tono fortemente rituale che contraddistingueva la tragedia greca
originaria, derivante dai misteri di Eleusi, invero un approccio che servisse al pubblico
come contatto con la vicenda religiosa e mistica, volto a rifondare i valori costituenti la
societ e la polis. A ci si unisce il voler porre in essa la ricerca antropologica sulluso
delle maschere e sulla loro origine, in particolare quella di Arlecchino, legata al mito
della Caccia Selvaggia, anchessa dai forti connotati dionisiaci. Dallaltra, per laspetto
prettamente artistico, essa stata scritta avendo bene in mente gli approcci estremi
del teatro gotico inglese di inizio 800 e del teatro di Artaud, tentando di trarre da essi,
sul piano estetico, quei concetti che Schiller pose tanto nel suo teatro quanto nel suo
saggio sul sublime e sul patetico. La vicenda vuole risvegliare il senso tragico delleroe
cos come descritto, appunto, da Schiller: per quanto Francesco non possa opporsi alla
tragicit della Guerra Lterna, deve anzi svolgere il proprio ruolo in essa, egli maniesta
proprio grazie a tale terribile ineluttabilit la sua grandezza, trovando in tale tragedia
la possibilit di sublimare la propria anima e la propria conoscenza.
Lo scritto rutto di molteplici inuuenze che si tentato di porre nella carat-
terizzazione dei personaggi e delle vicende che essi interpretano attivamente: dallespe-
rienza del urore e della melanconia tipica delle hgure dei guerrieri sin dall'omerico
Achille ed il virgiliano Lnea, hno alla hgura iniziatica ed erotica di Ligeia, che incarna
in se l'archetipo della sacerdotessa iniziatrice e delle da|ini tantriche. Tali inuuenze non
sono state messe insieme solo per il piacere del pubblico: al contrario esse vorrebbero,
nellintenzione dellautore, suscitare la possibilit, tanto per il pubblico quanto per gli
attori, di scoprire una gamma di emozioni e passioni umane che vengono generalmente
rinchiuse e censurate nella parte pi proonda del se. Tali passioni srenate, impossioili
da distruggere e sempre presenti nella compagine umana, sono il fulcro dellopera, e
ad esse, al loro sviluppo, al loro essere possibilit di crescita, si rivolge il testo intero,
che veemente vuole rispondere alla cecit di chi, attraverso la morale, crede nel poter
controllare luomo costringendolo ai semplicistici schemi morali del bianco e del nero,
del bene e del male, del buono e del cattivo, del giorno e della notte.
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PROLOGUS
XX Maggio 1631. Dopo sei mesi di estenuanti combattimenti, lesercito imperiale
della lega cattolica, comandato dal maresciallo Tilly, conquista la citt protestante di
Magdeburg, SassoniaAnhalt, prima dellarrivo dei soccorsi da parte dellesercito del
Re di Svezia, Gustavo Adolfo. Qui ha inizio una scena di orrori per i quali la storia
non ha alcuna lingua e la poesia non ha penna. N innocente infanzia, n disar-
mata vecchiaia; n giovani, n distinzioni di sesso, di rango, n bellezza, potrebbero
disarmare la furia dei conquistatori cattolici. Mogli vengono stuprate senza sosta tra
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Nulla, nelloscurit, n profano n sacro, pu sfuggire alla rapacit della soldataglia
mercenaria cattolica. In ununica chiesa cinquantatre donne vengono trovate decapi-
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i valloni del generale Peppenheim ridono sguaiati nellaccoltellare i bambini ancora al
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vedr cosa posso fare; il soldato deve avere qualche ricompensa per il suo pericolo
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la resistenza degli abitanti, gli imperiali hanno incendiato la citt in punti diversi. Il
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Paura, tumulto in mezzo a nuvole di fumo, cumuli di cadaveri, lo scontro di spade,
|| .i.|. .i!:: !| :|:, :! |n|.| Ja--| !| -ia:. /'i.:-/:i |.:!|i.i : ||
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i.|.'| :| !| ::i|i, : -.i.i |!..i | .:::, . |':..:|: !| -|: !a: .'|:-:
e alcune case. (F. Schiller, Storia della guerra dei XXX anni)
Magdeburg. Citt della Vergine. Prima dello stupro cattolico, 30.000 anime. Mag-
deburg, citt della vergine sventrata dal pugno di ferro cattolico, dopo lassedio, 400
sopravvissuti.
La guerra dei trentanni. La guerra eterna. La peste. Il tumore nel cuore dEuropa.
Il tumore nel cuore dellUomo. Venti milioni di morti.
In nome deglinferi stessi.
La guerra nutre la guerra. La guerra partorisce la guerra. La guerra genera guerra.
La prima guerra fu generata dagli Uomini.
Incubo che offusca la mente degli Uomini. Il dogma. Incubo generato dalla mente degli
Uomini. Linferno in terra. Qui ed ora.
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QUADRO I
SCENA I
(Fuori le porte della Citt della Vergine)
Entra Padre Juan: Padre Juan Sarmiento de Valladares, domenicano, Magister In-
quisitionis dellAssia, araldo di Sua Santit Urbano VIII, custode della Fede! Io vigilo
ahnche il dogma perpetri su questa terra la giustizia del Cristo! Cavalieri di Dio, il
Cielo vi osserva! Bruciate gli eretici! Punite le cagne oastarde ahnche non generino
altri diavoli!
(soldati bruciano sui roghi le streghe)
Francesco: Ooerst lrancesco Grana, Marchese di Carretto, Condottiero di Ventura,
Comandante dei Dragoni di Cosseria! Ooerst lrancesco Grana, oenedetto da Sua San-
tit Urbano VIII, Cavaliere della Vera Fede!
Federico: Ooerstleutnant lederico Piccolomini, cugino del Generale Ottavio, Uhciale
di Ventura, Vice Comandante dei Dragoni di Cosseria! Guerriero impavido e melan-
conico, privo di timori e terrore di s stesso! Cavaliere senza fede se non nella Verit
della Guerra!
Palombara: Marchese di Palomoara, Medico e hlosoo, araldo della conoscenza, sal-
vatore di anime e di corpi, voce della coscienza, fedele amico di coloro che patiscono
alla guerra!
(tuoni e lampi, pioggia, urla, poi si placa ogni cosa)
Francesco: Che cosa abbiamo fatto? Una citt ridotta in cenere, glinferi evocati in
terra, stupro ed omicidio. Questa la cattolica fede e il suo accogliere gli uomini?
Federico: Ogni azione ha il suo prezzo, fratello mio. Questa la guerra. E noi siamo
soldati.
Palombara: La citt della Vergine non pi. Per cosa amici miei: Per quale ede: Per
quale verit?
Federico: Per la guerra.
(entrano i reiter trascinando Lady Von Buckhardt e le serve)
Reiter: Mio signore! Abbiamo preso queste luride cagne eretiche! Sua Signoria le riter-
r forse un bottino degno dellassalto sanguinoso dei giorni passati!
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Francesco: (inorridito) Chi ha dato lordine di saccheggio ai miei Reiter?
Federico: Quel bastardo del conte di Tilly, ha lasciato che le truppe si rifacessero degli
stenti dei giorni passati, nonostante lopposizione di Pepphenheim.
(Palombara esamina le donne)
Palombara: Sono state stuprate. Sanguinano ancora, Francesco.
Francesco: (adirato) I miei Reiter hanno il dovere di tenere il contegno degli Uomini!
Federico!
(Federico estrae la pistola e spara al petto del Reiter)
Francesco: Palomoara, le ahdo alle tue cure. lederico. DLCIMAZIONL!
(exeunt)
(Interludio: conto della decimazione e fuoco)
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SCENA II
(Il campo di Francesco, sulla strada per il rientro in Italia,
poche miglia da Magdeburg: in una tenda)
Francesco: Quali nuove, amico mio?
Palombara: Sono in ripresa, Comandante. La nobildonna presa da alte febbri, sem-
bra tenda al delirio, farnetica di incubi pagani. Le serve son meglio ridotte, seppur
provate dalle oese hsiche e spirituali suoite.
(Francesco si avvicina a Ligeia)
Ligeia: (in preda al delirio) Fuggi! Fuggi da questinferno! Egli perverr al Campo del
Destino! Lgli Morte! Lgli Giustizia dei Dannati! Lgli Perversione e Risata di Dio!
La lussuria dei colori vibrer sui nostri teschi, ci porter alla follia! Egli punir gli in-
ganni attraverso lunica maschera! Fuggi Francesco! Il Re della Ribellione qui!
Francesco: (inorridito, verso il Palombara) Come conosce il mio nome?
Palombara: Forse lo ha sentito mentre i soldati festeggiavano sul suo corpo. Pu
succedere.
Ligeia: (Sollevando il busto, urlando) Una freccia mira allalto dei cieli, le radici a
tridente neglinferi! La Ribellione della Lussuria, il Re sta per arrivare! Lesercito dei
morti!
Palombara: (tenendola ferma e calmandola) Va avanti cos da ore.
Francesco: Di cosa parla? Il re dei ribelli? Si riferisce forse al Re svedese?
Palombara: Voglia il cielo. Ma temo sia altro amico mio. Ella vede incubi. I morti
sembrano parlarle. E quel simbolo che menziona, la freccia col tridente neglinferi. Ri-
cordo qualcosa di simile mi accenn Johannes Bureus. Peccato sia nel campo avverso:
egli grande saggio ed avrebbe potuto aiutarci con questa sventurata, per estirpare
dalla sua anima e dal suo cuore i furori maligni che lattanagliano!
Francesco: La guerra tragedia che divide gli amici, pi che i nemici. Assurdit di ci
che si annida nella putrida natura umana.
Palombara: Come sei velato di melanconia, amico mio. Sapevo che la guerra avrebbe
camoiato l'introverso ma gioioso giovane che conoscevo nei uoridi giardini delle terre
mediterranee!
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Francesco: La guerra tragedia eterna che giace sopita in tutti noi. Quandella si
sveglia, ogni cosa della nostra anima sventra, ci riduce ad animali bramosi di morte, o
a codardi uggiaschi e suodoli, mentre solo pochi rimangono uomini di virt, pi orti
della guerra stessa. Ma pochi. Voglio allontanare noi tutti da quel luogo di perdizione
diabolica che la Citt della Vergine, Palombara.
Palombara: Troppi feriti e non ancora in grado di muoversi, mio Signore. Ancora
qualche notte qui, vi prego. Siamo abbastanza lontani da stare tranquilli.
Francesco: Va oene, amico mio. Mi hdo del tuo consiglio. Ti ahdo le sorti di queste
donne, prima ancora di quelle dei miei soldati. Buona notte.
(exeunt)
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SCENA III
(Federico, in attesa di Francesco, guarda melanconico il cielo)
Federico: Volge al color del sangue la luna. Volge alloscurit la volta del cielo. Il si-
lenzio minquieta dopo la battaglia. Al mio orecchio sussurrano le anime falciate della
guerra. Sussurrano urla dimpio furore e di tetro dolore. Disperata la natura umana,
in cerca di vana gloria e di squallido potere! Triste e trasudante sangue e disperazione,
la sorte di coloro ch'espiano tale natura! Lppur heri di ci che siamo, eppur heri di ci
chespiamo al posto di altri. Fieri scendiamo in battaglia, terribili le armi e i vessilli,
cercando la nostra amante, sperando che ci mieta la sua falce, sul campo del coraggio!
Quale assurda natura, quella di coloro che discendono da Marte! In cerca della dama
eterna dal nero mantello e dal chiaro teschio, per rimembrar noi stessi e rendere onore
alla nostra anima di guerrieri eterni! Soli e vagabondi, eppur membri di una confrater-
nita, uccidiamo da millenni noi stessi. Sempre gli stessi cadono, per espiare lumano
urore e l'ira divina. Quale oscura natura, dentro di noi, ci rende heri di cotanto oltrag-
gio verso lAmore? Quale assurdit appare, agli occhi dei cani umani, cotanto Amore
per la Dama Morte? Eppur nessun di noi cede. Eppur nessun di noi indietreggia. Eppur
nessun di noi mai cesser di condannare s stesso alla solitudine del duello.
(S-|i. A''i--i | -ai!, n--i |i :i)
Quanto sangue. Quanto sangue ancora per lavare le scorie della mia anima? Quante
eternit per purgare la mia ira? Quante vittime per sublimare il mio spirito?
(Lo sguardo ancora al cielo)
Migliaia di stelle per migliaia di cavalieri caduti. Stelle cadenti nel rosso cielo deglinferi
della guerra eterna. Anime che vagaoondano sulla terra, con la morte al hanco, aman-
dola, rincorrendola, shdandola, cercandola. Llla sempre vicina, come tenera amante,
come premurosa madre, come moglie fedele ci attende. Ed ella, oramai sento giungere
a me, e gi assaporo il suo tenero abbraccio.
(entra padre Juan)
Padre Juan: Quale malinconico sguardo il prode guerriero! Che sia forse preso dai
malehci inuussi dell'eresia:
Federico: Stai ben attento alle parole che proferisci e al veleno che inoculi, prete! Non
amo le insinuazioni, velate o meno che siano!
Padre Juan: Quale veemenza! Ricordatevi, cavaliere, con chi avete a che fare.
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Federico: (sarcastico) Oh, ben lo ricordo, prete.
Padre Juan: Mi dicono che leresia sia entrata in questo campo, una volta benedetto da
Sua Santit. Quale malehcio, dunque, ha otteneorato le menti dei purissimi guerrieri
del Cristo, hnanche a ar accogliere tra le loro oraccia delle luride rinnegate e streghe:
Quale perversione si cela dietro laccogliere queste cagne?
(Federico sospira, poi schiaffeggia linquisitore, che indietreggia)
Padre Juan: Maledetto! Sia maledetta la tua stirpe, Piccolomini! Come hai osato?
Federico: Non ho osato, ho messo in pratica quelli che erano i miei avvertimenti,
serpe. Come osi tu, strisciante chierico della peste, venire qui a proferire parole su
decisioni che non ti competono?
Padre Juan: La fede di mia competenza! Accogliere eretiche nel campo Eresia! Ne
risponderete ai tribunali ecclesiastici se non consegnerete al rogo quelle cagne! Tanto
tu, quanto il Comandante, ed anche quel medico pagano! State contravvenendo alla
legge del Soglio di Pietro, che legge di Dio!
Francesco: (estrae la bocca da fuoco, puntandola al volto dellinquisitore) lunica
legge in questa guerra la guerra stessa. L gli unici carnehci sono coloro che hanno
la mano armata, prete. Non shdare questa legge. Ritirati, o altro veroo si tramuter in
tuo sangue.
(Padre Juan, sdegnato ed intimorito, si ritira. Entrano Francesco e Palombara)
Francesco: Cosa succede, amico mio?
Federico: Nulla dimportante, un diverbio col prete sulletica religiosa
Palombara: (sorridendo): ah si, conosco i vostri diverbi sulletica religiosa, Piccolomini!
Francesco: In cosa consistono dunque, Federico?
Federico: la serpe ha da ridire circa laccoglienza riservata alle donne. Dice che
contraria allumile e caritatevole e cattolicissimo contegno che i cavalieri del Cristo
avrebbero da tenere.
Francesco: Egli vuole solo guardarci dalla corruzione, il suo mestiere, amico mio.
Federico: Mestiere alquanto inhmo, com' inhma la sua idea di corruzione. Guardati
piuttosto da lui, fratello mio. Ti porti una serpe in seno, il cui veleno fatto di sotter-
fugi tanto complessi da ingarbugliare anche la tua mente lucida e pacata.
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Palombara: Oh, non avete di che preoccuparvi, Piccolomini. mia convinzione che la
Saggezza della Vita vegli sulla mente del nostro Comandante.
Federico: Palombara, siamo nella guerra eterna. Lunica saggezza che perennemente
veglia sui nostri teschi quella della morte.
Palombara: E non forse la Morte parte anchessa della Vita?
Francesco: Non essere ansioso, Piccolomini. Lascia che le tue membra e i meandri
della tua mente, cos avvezzi alla guerra, si rilassino nel calore di una notte spesa tra
amici. Concediamoci un bicchiere di vino e un po di cibo, curandoci che la quiete della
notte affranchi le nostre anime dalla tristezza e dalle preoccupazioni.
(exeunt)
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33
QUADRO II
SCENA I IL SOGNO
(Nel bosco, di notte. Francesco barcolla avanzando alla cieca.
Si odono urla di ebbrezza)
Francesco: Dove sono dunque: Che posto mai questo: L orse un malehzio o mero
sogno?
Ligeia: (fuori scena) vagabondo negli oscuri mondi insiti nellanimo umano. Quegli
stessi mondi che rivelano, oltre la teneora, ci che siamo. Guardati dentro, guarda nel
buio, cavaliere.
Francesco: Dove sei, donna? Da dove giunge la tua voce? Io non vi vedo!
(entrano le streghe, in estasi, circondano Francesco)
Strega I: Chi sei tu, uomo? Assassino o Cavaliere?
Strega II: Quante anime hai ucciso in questi giorni, prode guerriero del bianco e lu-
cente Cristo?
Strega III: In nome di quale lurida, viscida, perversa compassione e virt hai com-
messo strage?
Strega IV: Francesco, nobile di stragi, di vergini sventrate e di bambini sgozzati!
Strega V: Assassino! Assassino!
Streghe: Assassino! Assassino!
Francesco: No! Io non sono un assassino! Io ho solo fatto il mio dovere!
Ligeia: Il tuo dovere? Quale il tuo dovere cavaliere? Uccidere?
(Francesco perde il senno e vede le anime dei morti.
Entra Ligeia, nuda, accompagnata dalle serve)
Ligeia: Vieni da me, cavaliere. Lascia che io ti mostri loscurit delluomo.
(Amplesso tra Ligeia e Francesco, le serve lascive intorno)
(exeunt)
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SCENA II IL RISVEGLIO
Francesco: (solo, nel bosco, barcollante) Cosa mi successo, dunque? Cosa ho visto,
questa notte? Ho forse sognato, o il demonio mi ha predato senza chio potessi cosa
alcuna?
(entra Palombara, crucciato)
Palombara: Francesco! Amico mio! Doveri dunque, oggi che il lutto ci colpisce?
Francesco: In nessun dove e forse ovunque, amico mio! Aiutami, stento a reggermi!
Di quale lutto andate parlando? Cosa ci avrebbe colpito? Che siano arrivate le truppe
di Gustavo!
Palombara: Amico mio, dunque nulla ancora sapete! E tocca a me darvi questo dolore!
FEDERICO! FEDERICO, vostro fratello in armi, trovato morto, ASSASSINATO!
(Francesco sgrana gli occhi, sussurra, e sviene)
Francesco: No!
(exeunt)
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SCENA III IL DELIRIO
(Risate inconsulte, urla, pianti, sussulti di piacere, le streghe invocano Hellequin,
le serve si contorcono dal piacere, Ligeia si masturba guardando Francesco
ed invocandolo: entra lo stendardo dellesercito ferale, nero, con una runa Trul
dipinta di bianco, entrano i morti ed i cavalieri neri, entra Hellequin)
Hellequin: Come scuro ma ridente arlecchino,
dalla risata sguaiata e perversa,
guardo con occhi folli ma saggi,
lesistenza di mille mediocri.
Ahlo lame ricurve e nere,
danzando leggiadro su disarmoniche note,
sembro e appaio come illusione,
ma sono realt e disvelo menzogna.
il gelo che porto puro disagio,
rosso, nero, bianco e giallo il contagio,
di risate sublimi dorrore e doltraggio,
col piacere di morte ricopro lumano vaneggio.
(|i.:-. : -!i|i., i|i || :|., .:|i., ::- l:||:a|,
che a lui quindi si rivolge)
Eccolo qui il povero pazzo,
il cavaliere privo di senno
da grande uomo tornato ragazzo
pronto a morire ad un mio piccolo cenno
Dove or dunque vaga, coniglio, il tuo delirio?
Che sia la tua mente pronta al martirio?
O forse affronta furente la tenebra oscura,
cercando del saggio la nota premura?
Lurido cane del mondo dei vivi
Esplora con me i mondi lascivi
Insieme ai morti parlanti davanti a te
Insegui la verit e ripeti con me:
(Hellequin con Francesco che si alza e danza, insieme)
Questa la notte e la caccia dei morti,
Alichino spietato ne guida le sorti,
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vestito festante di mille colori,
rivolta ed inizia i degni signori,
mostra nero ed irato altri mondi,
danzando estasiato coi morti giocondi.
Questo loscuro sentiero della follia,
attraverso lestasi ne percorro la via.
Questa la notte del sole che muore,
Alichino rosso e nero impera sul cuore,
occulto nel buio passa il guerriero,
per risorgere dalla teneora illuminato e hero,
guidato dal folle eremita nella foresta,
danzando perverso per una stagione di festa.
Questo loscuro sentiero della follia,
attraverso lestasi ne percorro la via.
(Francesco crolla, sorretto da Hellequin, da dietro, che sibila e ride sguaiato,
tenendolo per la gola; si avvicina il cadavere di Federico)
Federico: Oscura la vita, e luminosa la morte, fratello mio. Oltre le categorie tri-
stemente umane, giacciono mondi sconosciuti, dentro e fuori di noi: beati coloro che
li conosceranno in vita! Guarda i miei occhi. essi non pi mostrano scintille di vita,
eppure io sono libero, attraverso la morte, per un attimo, prima di pervenire ancora sul
campo della guerra, in un altro corpo, in un altro nome. Tu! Tu che hai questa fortuna,
tu non vilipendere la Verit! Tu guardati dentro! Tu guardati da coloro che proferisco-
no menzogna, che avvelenano la mente, che rendono ciechi perhno gli dei! Tu guardati
da costoro. in essi si annida il tradimento, perhno contro la stessa razza umana!
(Francesco sussulta, tenta di parlare, ma il verbo gli si spegne in gola. Federico si
i||.ii, n i -:i|:, l:||:a| i!i|i || . !| |i.:-. i .:i)
Hellequin: Dura la Verit, pia lillusione!
Quale coraggio necessita con il sapere la comunione!
Alzati e guarda, prode guerriero,
l'oscuro signore olle ma hero.
io ti dono un frammento deternit
tu non sprecarlo, non negare la verit!
(exeunt)
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QUADRO III
SCENA I
(|i.:-. -a| |:.., /i|:'ii i| -a ni.)
Palombara: ti risvegli inhne, amico mio. Come ti senti:
Francesco: Palombara, quali deliri ho visto? Ho parlato con Federico.
Palombara: Egli morto, mio Comandante.
Francesco: Io ho parlato con lui, Palombara. Nel sogno o nel delirio, io non so, ma
egli era lui. Vagava in testa ad una schiera di morti, accompagnati da un cavaliere
gigantesco, dai mille colori intrisi di sangue, dallelmo cornuto e dal naso perverso,
essi portavano innanzi uno stendardo nero come la pece, con un simbolo bianco, un
tridente verso il basso, una freccia verso lalto. Io io non so, amico mio.
Palombara: Lo stesso della dignitaria tedesca
Francesco: tu mi credi folle amico mio? Credi che io sia uscito di senno?
Palombara: (con gesti rassicuranti) no amico mio, io non lo credo. Esistono mondi
dove pochi uomini possono arrivare. In pochi hanno la fortuna e sono pronti al sacri-
hcio per iniziare tali esplorazioni dell'animo. Oh no, io non ti credo olle, al contrario,
ti credo savio pi di chiunque altro. Sar mia cura, col tuo permesso, scrivere al tutore
della principessa Cristina, mio caro amico come ti dissi, che di tali cose meglio esper-
to di me. Ora, riposa, mio comandante. (si allontana, Francesco si addormenta)
Palombara: (scrutando il vuoto, alla ricerca di s) quali mondi si celano dentro e
fuori di noi? Arduo il cammino del saggio, dellalchimista, arduo il trovare loro
ed il mercurio, capire la natura delle cose e perfezionare s stessi. Fortuna o sfortuna?
Sublimare lessere umano, visitare le interiora della terra, glinferi, per trovare la verit
occulta che giace nel profondo delle nostre anime. Ma quale sofferenza comporta tale
viaggio: Lssere iniziati alla notte dell'anima, ai suoi recessi pi neri e perversi. Cre-
scere, crescere nellanimo e nel cuore: per questo richiesto ad ognuno un calvario,
un distillato di sofferenza da affrontare completamente soli. Dio mio, dove ponesti
la nostra forza per affrontare tutto ci? Illusione dellesistenza: votata alla menzogna
l'umanit, rihuta lo spirito ed aonda nella materia, dove dovremmo trovare noi, po-
chi, la forza per riportarla al Vero? Avremo mai la forza per riportare lo spirito in terra?
Saturno mi stringe, come un assedio la tristezza mi attanaglia. Quali sacrihci richiedi,
o Soha, per arti scoprire, per arti amare, per giacere con quei pochi uomini saggi che
vanno estinguendosi, sotto il peso delle altrui menzogne? Non si spegne dentro di noi
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la hamma dell'anima ne la hamma del Vero, ma si estinguono le nostre vite. A che pro
dunque? Penso a Francesco delirante e a Federico morto, penso a Roma, a Massimiliano
mio hglio, e mi chiedo. che sia il nostro compito agire, ahnche si protragga ai posteri
la nostra ricerca del vero?
(entra Ligeia, scruta Palombara, lo avvicina)
Ligeia: sedetevi con me, amico mio che tanta cura avete proferito nei confronti miei e
del mio seguito. Parlate con me di ci che vi cruccia lanima.
Palombara: vi siete riavuta mia signora, e ne sono felice.
Ligeia: il mio corpo, ma le ferite dellanima sono dure a rimarginarsi. Purtutta-
via, esse sono il triouto da pagare con aonegazione ahnche la nostra vita continui,
nellimperscrutabile direzione scelta per noi dal fato in accordo con la nostra anima.
Palombara: sagge parole, mia signora. Esse mi giungono sorprendenti, al momento
giusto, e mi rincuorano.
Ligeia: cosa auiggeva lo spirito di un uomo tanto savio:
Palombara: non so. Il pensiero di un hglio lontano e la soerenza degli amici, credo.
Ligeia: Amico mio, la vita non chiede il nostro parere. Ci coinvolge in vicende a volte
terribili, a volte meravigliose. Essa sublime nella sua combinazione di dolore e gioia,
di sacrihcio e vittoria, di sconhtta e consolazione. Lssa ci aascina non perche sia oella,
ma semplicemente perch Vita. Rasserena la tua anima e chiediti se non qui che
vorresti essere ora. Qui dove cose terribili risvegliano gli animi dal torpore della vita
normale.
Palombara: Mia signora, donde viene tale forza danimo, dopo tutte le offese che il
vostro corpo e la vostra anima hanno subito?
Ligeia: un savio come voi dovrebbe saperlo: nella natura stessa della nostra anima
giace la forza della vita. Ogni vessazione, cos come ogni gioia, scuote il nostro cuore
ahnche esso oatta pi orte e ci renda pi vivi e pi consapevoli del mondo, della
natura, dello spirito. Sereni dobbiamo guardare agli di che incantano il mondo, sereni
dobbiamo passare attraverso lordalia di Eros e Thanathos, di Apollo e Dioniso, per
trovare inhne la nostra anima.
(exeunt)
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SCENA II
(Francesco in ginocchio davanti alle armi di Federico)
Francesco: Chi ha osato cotanto ardire, fratello mio? Chi vi ha assalito vilmente, pro-
de guerriero che mai perse la Shda: Ora io mi sento responsaoile della vostra morte,
ora io so di non aver saputo vegliare sui miei cari, ora io mi chiedo ove ci ha portato
tutto ci, se non alla perdita persino del nostro essere umani. Chi ha osato tanto, chi?
Vilt e menzogna mi hanno circuito, il tradimento si annidava nelle mie stesse hla, ed
io cieco ho permesso che tu venisti colpito! Funesto fu il tuo avvertimento! Dove sono
ora le armi e la gloria? Chi sono io? Lacrime di sangue sgorgano dai miei occhi in questi
giorni. Semora io non aooia pi la orza di orandire la spada.
(Appare lombra nera di Francesco, di fronte a lui)
Ombra: Chi sei tu, Cavaliere? Dovevi custodire la fede, i tuoi fratelli, i tuoi uomini.
Invece, tu hai ucciso e tu li hai messi a morte!
Francesco: Io non ho ucciso. Io non sono stato un carnehce.
Ombra: (ride) Guardati intorno, stolto! Tuo ratello morto, una nazione in rovina,
la morte si aggira funesta ed implacabile per la vecchia Europa. Il soglio di Pietro, lo
hai visto tu stesso, un altare eretto alla menzogna degli uomini: tutto ci in cui cre-
devi mera illusione costruita sui cadaveri degli innocenti. Ora, i Dmoni volteggiano
sul tuo cadavere e la tua anima strappata alla luce!
Francesco: (guarda inorridito le sue mani lorde di sangue) io ho evocato quei Dmo-
ni, io li ho chiamati in questa guerra eterna, essi sono il frutto del sangue sparso su
questa terra straziata.
Ombra: Perirai miseramente sotto il peso di te stesso, assassino e cavaliere, luce e
tenebra, divorato dagli avvoltoi sarai dimenticato, lurido cadavere partorito dallinsana
progenie degli uomini.
Francesco: Perir, se cos devessere. Ma io non sono un assassino. Ho visto la tragedia
scendere su questa terra, sulle vite degli uomini. Ma questa non mia responsabilit.
Inhma la vita umana se rihuta l'arontare le vicende che di ronte gli si parano. Io le
ho affrontate, io ho compiuto il mio dovere di cavaliere. Io espio mille vite attraverso
la sofferenza. Io cerco ora la verit.
Ombra: Chi sei Tu? Espiazione? Espia la colpa di ci che hai fatto, dellodio che porti
con te, e di ci che questo ha causato agli altri. Smetterai di combattere, hai gi smesso,
sei sconhtto, la tua purezza non pi, hai evocato la oestia che giaceva dentro di te,
eccomi qua, e tu hai perso. Ti ho gettato nel fango, le scorie della terra sono penetrate
nella tua anima, hanno corrotto ogni cosa, e nulla pi rimasto. Questa non la tua
strada, abbandona. Tu non puoi arrivare, non vi nulla per te, qui. Abbandona. Po-
tresti avere vita facile, tra le comodit della terra. Potresti avere ogni sorta di piacere,
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senza creare danno agli altri. Senza pesi sulle tue spalle oramai stanche e provate.
Abbandona!
Francesco: tu sei laltra faccia di me stesso. Io ho cominciato questa vita, io la porter a
termine, in un modo o nell'altro. Io non sono responsaoile della deuagrazione intrinseca
alla razza umana, eppure sono responsabile dellarrivare a ci che per la mia anima
vero. Questa guerra eterna, e continuer a purgare ehmere esistenze oen oltre la mia.
Ma non sar la mia stessa estinzione a trahggere la mia anima. Al contrario, lo sareooe
il non voler conoscere cosa vi oltre i nostri meri sensi. Io non smetter di camminare.
(lombra svanisce, Francesco si acciglia, entra Ligeia)
Ligeia: Accigliato, il guerriero parla con s stesso. Visionaria la sua anima vaga nei
recessi della sua stessa natura, aronta i suoi lati pi oscuri, tenta di sopravvivere agli
abissi che si celano dietro la vessazione di una vita di guerra. Solo le anime pure cono-
scono la soerenza del conuitto interiore, della gloria contro la menzogna, della verit
contro la sconhtta. Mio signore, voi v'accigliate su di un ato che voi stesso avete scritto.
Francesco: Chi siete voi, che con siffatta brutalit avete portato sconvolgimenti tanto
atroci nella mia misera vita? Chi vi ha mandato, cosa volete dalla mia anima che va
straziandosi?
Ligeia: Io non sono che una maschera in questo teatro. Una mera comparsa nella
commedia della vostra vita, Francesco. Voi ne siete il mastro burattinaio, e nulla accade
che la vostra anima non abbia intimamente, sebbene in modo occulto, cercato. Questa
la vostra vita. Un nascosto intrecciarsi di fato e volont, un cammino di cerca santa
indissolubilmente legato al dovere, alla guerra, allassassinio. Quandanche nulla vi ap-
parr vero, e tutto sar a voi permesso nella vostra purezza, allora capirete che dovrete
aooandonare i menzogneri legami degli uomini, ahnche lo spirito irrompa prepotente
nel vostro agire, e un altro passo sar inhne atto.
(exeunt)
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SCENA III
(Tutti sono riuniti in assemblea da Francesco, per trovare lassassino di Federico.
Ligeia e le donne a sinistra, Padre Juan e alcuni Reiter a destra,
Francesco e Palombara al centro)
Padre Juan: Questassemblea semplicemente futile. Tutti sappiamo che sono state
le eretiche ad assassinare il Piccolomini! Comandante, in nome dell'Uhzio che rap-
presento, vi chiedo di arrestarle e punirle come si conviene a delle cagne quali sono!
Palombara: Magister, questassemblea stata convocata per appurare la Verit, e
non semplicemente per punire senza logica alcuna. Tenetevi nei ranghi ed attendete le
decisioni del Comandante!
Padre Juan: Un processo dunque? A chi? Ovvia la colpa del caso. Ritengo offeso il
mio rango da siffatte procedure. Io sono un Magister Inquisitionis, nessuno pu inten-
tare accusa alcuna verso di me o processarmi in unassemblea come questa!
Francesco: Chi ha parlato di accusa nei vostri confronti, Magister?
Padre Juan: (interdetto) le eretiche vanno processate, non altri. Non capisco questo
riunire tutta la compagnia, e ritengo che sia solo necessario farle passare attraverso le
normali procedure del'Sant'Uhzio, e null'altro. L questo non mero parere, Coman-
dante. Vi avverto, tale materia di esclusivo patrocinio del clero.
Palombara: normali procedure, prete? Come Magdeburg?
Padre Juan: Magdeourg stata giustamente purihcata dall'eresia! L lo stesso avete il
dovere di fare qui e ora!
Francesco: Silenzio! A me e solo a me spetta la decisione circa lassassino del Piccolomini.
(Ogni personaggio si immobilizza, entrano in scena Hellequin ed il fantasma
!| |:!:|., .': -| i/ni.i i |i.:-.)
Federico: In cuor tuo, fratello mio, sai che stato lui.
Francesco: Si. Ma io non ne ho la certezza, non posso dimostrarlo, non posso accu-
sarlo. Esistono delle leggi, dei processi, il suo grado, i miei giuramenti, dei vincoli. Io
non posso.
Hellequin: Io ti ho donato un frammento di eternit, tu hai visto nellabisso oltre i
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sensi della menzogna umana. La vita stessa ti ha toccato, di quali vincoli parli, ora?
Nulla vero, tutto permesso a coloro la cui anima risorge nello spirito! Solo la tua
anima ha il giudizio assoluto sulle tue azioni. alla hne dei tempi ad essa dovrai render
conto, e a nullaltro tribunale!
(si rianimano gli astanti, svaniscono Hellequin e Federico)
Ligeia: Cane cattolico, tutti sappiamo la verit! Tu hai assassinato il Cavaliere!
(Padre Juan sbotta dira, urla di frustrazione)
Padre Juan: Uccidetela!
(Tutti rimangono immboli, Francesco punta il pugnale alla gola di Padre Juan)
Francesco: Siete inhne giunto alla morte. Gl'ineri vi attendono, alhere della menzogna.
Padre Juan: Voi non potete! Non avete lautorit per giudicarmi, io ho fatto ci che
doveva essere fatto, voi non potete uccidermi!
Francesco: nulla di ci vero, ogni cosa permessa. Lunica autorit che necessito
quella della mia anima.
(Francesco sgozza Padre Juan, che cade in terra esanime. Tutti gli astanti
si immobilizzano, luce solo su Francesco, che si volta al pubblico)
Francesco: Inhne la vicenda si chiude. La mia anima ha trovato vendetta. Cosa rimane
ora: Lssa conhda nella verit. Cosa giusto, cosa soagliato: Talvolta, le leggi cui ve-
niamo sottoposti non sono poi cos valide. Esse possono essere frutto tanto di giustizia,
quanto di inhmo giogo. Dove la menzogna: Dove la verit: Chi ha sanzionato che
la legge nel giusto? Chi ha deciso che luomo nel giusto? Seguiamo come cieche
pecore pastori di cui nulla ci detto, di cui nulla sappiamo. Dietro la cortina di fumo
di pompose cerimonie, di gradi e di titoli, cosa si nasconde: Conhdiamo in simooli che
ci stato insegnato ciecamente a venerare, quandanche essi nascondono bieca infamia
e perversi intenti. Eppure, di fronte alla morte, di fronte alla strage, ogni cosa cambia
la sua luce. Il bianco diventa nero, il nero diventa bianco, e luomo confuso. In quel
preciso istante, solo in quellistante, la grandezza del nostro libero arbitrio, della nostra
vera natura, percepibile: solo in quel brevissimo istante, tra la vita e la morte, una
visionaria voce ci indica lazione da intraprendere. Quella voce la nostra anima.
(|i.:-. |!|:.:|i, .a.. || i|. : 'a|, -| |::'|||i .:: || i|.|.
Ununica luce illumina Hellequin che si rivolge al pubblico)
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Hellequin: E tu? Tu, pecorella smarrita alla parrocchia dei ciechi, tenuta da bianchi
pastori, i cui porporati fratelli tengono le sorti di queste menzogne, dimmi Tu che
parte hai? Nel palcoscenico del mondo, quale maschera vai indossando, e di quali ma-
schere ti illudi? Uomini di potere, e uomini schiavi. Maschere di apparenza, e maschere
di essenza. Tu, da che parte stai? Tilludono che tutto sia bianco e nero. Ma prima
ancora di un unico dio, vi erano molteplici di. Molteplici di come molteplici colori.
Rosso, verde, giallo, blu, cosa ti fa credere di poter vedere solo il bianco e il nero? Tu,
astante, tu, lettore, tu, puoolico, inhne credi che esistano ouoni e cattivi: L'illusione
della morale il giogo dei potenti sulle anime dei dormienti! Vaghi ogni giorno, ti
assueai nella tua vita tranquilla, nutri con droghe il tuo spirito, ahnche esso non
aronti il travaglio dell'essere consapevoli. Giudichi gli assassini e i criminali, ma tu,
anche tu, sei responsabile di tutto questo! Il tuo dormire fa il gioco dei potenti, sei tu
che permetti le guerre, sei tu che permetti la fame, sei tu che, annegando la tua mente
nella stupidit e nella menzogna di ogni giorno, permetti che la razza umana perpetri
l'ingiustizia. Ti nutri di menzogne e disprezzi ci che vero, hnanche a perdere la tua
stessa anima. Sei ansioso di giudicare gli altri, in ogni secondo della tua esistenza, ma
dimmi: quando la natura distruttrice, ineffabile, incontenibile della tragedia toccher
anche la tua vita, allora, ne sarai allaltezza?
(:x:a. ni|:)
Ringraziamenti
La mesnie Hellequin unoperetta teatrale che vede la sua gestazione nel 2010 grazie
all'apporto - diretto o indiretto - di molteplici amici e colleghi, senza i quali non si
sarebbe mai giunti alla diffusione della stessa.
Mi preme quindi qui ringraziare coloro che si sono rivelati imprescindibili per gli studi
antropologici ed iniziatici che ne fondano le basi: Alberto Brandi, Tommie Eriksson,
sa Toyra, Thomas Karlsson. Ad essi non possono che aggiungersi gli Eretici del terzo
millennio e la cerchia che ha supportato questa pubblicazione gratuita: Tatiana Marti-
no, Anita Annunziata, lederico Marahn, Andrea Anselmo, Daniela Montella, Matteo
Pastori, Marco Conalonieri, Simone Migliorati, Andrea |acopo Sala, Steano Zizzari.
Nulla, ovviamente, sarebbe mai stato possibile senza il costante supporto della mia
famiglia: pap, mamma, Vania e mio nipote Lorenzo.
Inhne, due menzioni speciali cui tengo in particolar modo.
Al mio oraccio-destro-grahco, senza i cui sacrihci e le artistiche arti magiche, nulla del
progetto Eretici del terzo millennio sarebbe stato possibile: Vincenzo Calcabrina Notaro.
A colei che si prende cura dei colori sulla mia pelle, sopportando le intemperanze dei
miei simbolismi: Bianca Abigail Lee De Angelis.
A. V.
Finito di stampare il 12/12/12
presso le oFcine tipolitograFche de
larcaelarco s.r.l. in Nola (Na),
in tiratura di 11 esemplari
destinati al deposito legale e ai collaboratori.
Edizione fuori commercio.

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