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SINTESI PRIMO PARZIALE ELI

Scopo dell’innovazione (l’innovazione consente di realizzare):


1) maggior volume di prodotto → i costi si riducono e aumenta la quantità pro-capite dei beni
già disponibili sul mercato;
2) prodotto qualitativamente superiore (nuovi beni/nuovi servizi).
Prima della parola innovazione si utilizzava il termine progresso tecnico ma progresso
tecnico=nuove macchine (economia classica). Meccanizzazione → maggiore divisione del lavoro →
crescita dei volumi e riduzione dei costi.
Adam Smith: il progresso tecnico è incorporato nei beni capitali (entra nell’impresa quando questa
compra un nuovo macchinario). Il prodotto sociale aumenta in ragione dell’incremento di produttività dei
lavoratori, che dipende dalla divisione del lavoro. LIMITE: dimensione del mercato: se ci si rivolge a un
mercato piccolo, esso non supporterà la divisione del lavoro; se ci si rivolge a un mercato grande , la
dimensione del lavoro è tale da sostenere una elevata quantità di produzione e quindi un aumento di
produttività. L’aumento della divisione del lavoro consente l’apprendimento per esperienza.

Ricardo: La produzione ha un fattore fisso: la terra. Terre meno produttive sono progressivamente messe a
coltura. Se si vuole aumentare il numero dei terreni coltivati è necessario l’utilizzo di strumenti
tecnologicamente più avanzati. La produttività marginale del capitale e del lavoro decresce (rendimenti
marginali decrescenti) con l’accumulazione fino ad arrivare al punto in cui nessun profitto viene generato. Il
saggio dei profitti dipende da condizioni tecniche e dal saggio salario (in relazione inversa) quindi i
rendimenti marginali sono decrescenti. Il processo di sviluppo per poter continuare ha bisogno del
progresso tecnologico. Introducendo nuovi macchinari con tecnologie più avanzati si ha un effetto di
sostituzione dell’occupazione per cui il bene per essere prodotto ha bisogno di un minor numero di
lavoratori. Inoltre, si ottiene una possibile riduzione dei costi di produzione e si può produrre di più. Questi
effetti vengono chiamanti labour-saving. Questa teoria dice che gli effetti labour-saving vengono
compensati da: ● forza lavoro necessaria per produrre le nuove macchine; ● aumento della domanda come
conseguenza della diminuzione dei prezzi dovuta al progresso tecnologico.

Marx: progresso tecnico=progresso sociale; da un lato viene studiato il settore specializzato di macchine e
dall’altro viene studiato il ruolo che i conflitti di classe hanno come stimolo (leva) del progresso tecnico.

Comportamento dell’impresa neoclassica: Il neoclassicismo propone di modellare e misurare i fenomeni


dell’economia con le scelte esatte estraendoli dal loro contesto storico sociale. L’impresa è intesa come
agente economico individuale che ha come obiettivo la massimizzazione del profitto; l’impresa-
imprenditore intesa come agente economico perfettamente razionale in quanto è dotato delle capacità
analitiche necessarie a risolvere problemi complessi (razionalità sostantiva) cioè in grado di compiere scelte
di natura ottimizzante. L’impresa, quindi, viene definita come centro di trasformazione tecnica cioè in
grado di trasformare input in output sulla base di una ben definita conoscenza tecnologica disponibile
(rappresentata dalla funzione di produzione).

Tecnologia dell’impresa: l’insieme di produzione è costituito dalla lista di tutti i piani di produzione che
vengono intesi come una combinazione di input e output che l’impresa è tecnicamente in grado di
realizzare. Quindi dipende dalle conoscenze tecniche che sono costanti → non c’è progresso tecnologico. La
funzione di produzione è definita dalla frontiera dell’insieme di produzione ed è costituita dalla massima
quantità di output che può essere ottenuta per ciascuna combinazione di input. In pratica la funzione di
produzione descrive l’insieme delle tecniche di produzione efficienti e combinazioni di input che
garantiscono il risultato più elevato di output data una certa tecnologia esistente. L’impresa è un punto
sulla funzione di produzione. Il progresso tecnologico è rappresentato da uno spostamento verso l’alto
della funzione di produzione → aumenta la produzione a parità di impiego dei fattori produttivi. Il
progresso tecnologico può essere: incorporato, cioè legato all’introduzione di nuovi beni capitali o capitale
umano più avanzato o, disincorporato cioè dipende dall’apprendimento (passare del tempo) o da una serie
di sviluppi esogeni come quelli scientifici.

Innovazione: L’innovazione è implicita nella funzione di produzione ed è un fattore esogeno che dipende da
un processo di scoperta scientifica, o da investimenti di ricerca e sviluppo motivati dalle prospettive di
profitto. La nuova conoscenza viene trasformata in nuovi prodotti tramite una sequenza fissa di fasi lineari.
La conoscenza tecnologica è un’informazione codificata che può essere pienamente trasmessa e acquisita
senza un processo di apprendimento specifico e costoso. Ogni impresa può realizzare l’innovazione come
processo tramite un modello lineare: Ricerca → Sviluppo → Produzione → Commercializzazione. Le diverse
fasi sono svolte in sequenza in una direzione univoca in cui le istituzioni fanno ricerca mentre le imprese
applicano la ricerca e la utilizzano nel processo produttivo. L’innovazione può essere determinata dai
cambiamenti di domanda e tecnologici che sono sempre lineari. Essi possono essere: ● demand pull cioè la
domanda è determinata dalla valutazione dei benefici attesi (si parte dall’esigenza degli utilizzatori → just-
in-time); ● technology push cioè il cambiamento tecnologico è determinato dai ritmi discontinui del
progresso scientifico (innovazione=risultato di nuove scoperte, tecnologie, ecc → no orientamento al
cliente).

Teoria marginalista: Generalizza la legge dei rendimenti decrescenti di Ricardo applicandola sia alla sfera
del consumo (principio di utilità marginale decrescente) che alla produzione in fattore capitale lavoro. I
rendimenti crescenti sono legati a esternalità mentre i singoli fattori hanno rendimenti decrescenti. Il loro
studio si basa su due teorie: ● teoria distributiva neoclassica: possibilità di individuare univocamente una
curva di domanda dei fattori decrescente rispetto al loro costo; ● teoria della produzione marginalista:
cambiamenti nei prezzi relativi dei fattori determinano spostamenti lungo la funzione di produzione verso
tecniche con maggior utilizzo del fattore più economico.

Marshall: Secondo Marshall ci sono 4 tipi di esternalità che sono: 1. pecuniarie: riduzione dei prezzi degli
input intermedi dovuta all’insediamento o all’incremento della produzione di un input intermedio in un
area circoscritta; 2. tecniche: input tendenzialmente gratuiti generati più o meno intenzionalmente da
imprese limitrofe sul territorio; 3. adozione: effetti positivi di informazione e apprendimento collettivo
relativi ai nuovi beni capitali e nuovi input intermedi, che ogni utilizzatore rende disponibile a favore dei
rimanenti potenziali utilizzatori. Non tutte le imprese posso permetterselo; 4. tecnologiche: l’aumento
complessivo della produttività a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie messe a punto in altre
imprese e incorporate in nuovi beni o servizi o procedure organizzative.

Kaldor: L’apprendimento è un prodotto di esperienza. Maggiore è il tasso di crescita dell’output e


dell’investimento, maggiore sarà la crescita della produttività dovuta ai processi di “learning by doing”. Per
Kaldor non ha senso distinguere tra movimenti lungo la funzione di produzione causati dall’accumulazione
del capitale e spostamenti dell’intera funzione di produzione causati dal progresso tecnologico perché:
l’accumulazione del capitale non è neutrale rispetto all’evoluzione della conoscenza tecnica.

Critica di Kaldor: la decisione di adottare una diversa tecnica di produzione (diverso rapporto capitale
lavoro) in corrispondenza di un determinato stato di conoscenza determina un processo di innovazione che
modifica lo stato della conoscenza stessa, cioè determina progresso tecnico. Progresso Tecnico <
Accumulazione del capitale. Esiste anche una relazione inversa: le innovazioni tecniche per aumentare la
produttività del lavoro richiedono l’impiego di una maggiore quantità di capitale per lavoratore.
Accumulazione del capitale < Progresso Tecnico → relazione bidirezionale.

Solow: Il problema è spiegare la crescita persistente della produttività del lavoro osservata mantenendo la
funzione di produzione a rendimenti costanti nei fattori presi congiuntamente e decrescente nei singoli
fattori. La risoluzione del problema sta che il progresso tecnologico è esogeno rispetto al modello → il
progresso tecnico ritarda lo stato stazionario (i risparmi sono pari al deprezzamento del capitale. In altre
parole il capitale e il prodotto crescono allo stesso tasso della popolazione e non più, più velocemente).

Teoria crescita endogena: Il modello di Solow non forniva alcuna informazione sull’origine della crescita del
progresso tecnologico. L’economia nel suo complesso può sperimentare rendimenti costanti o addirittura
crescenti. La condizione sufficiente a garantire una crescita persistente è stata individuata dal fatto che la
funzione di produzione aggregata mostra almeno rendimenti di scala costanti nei fattori che possono
essere accumulati e presi congiuntamente. NB la presenza di rendimenti di scala crescenti nella funzione di
produzione aggregata non è sufficiente a garantire la crescita endogena. Infatti, è necessario che la
dimensione delle esternalità sia tale da garantire che i rendimenti di scala nei fattori che possono essere
accumulati siano almeno costanti. I fattori che possono essere accumulati sono: il capitale K; altri fattori
che entrano come esternalità nella funzione di produzione aggregata (es servizi pubblici, infrastrutture);
qualche forma di conoscenza tecnologica come conoscenze incorporate nel capitale fisico attraverso il
learning by doing ed imitabili da altre imprese, capitale umano, stock di idee prodotte dall’attività R&S. In
questi casi si ha una funzione a livello individuale in K, L e una a livello aggregato nella forma Y=F(A,K,L) con
A intesa come conoscenze tecnologiche che entrano come esternalità → progresso tecnico come prodotto
del sistema economico.

Critica: stesse critiche della teoria neoclassica anche se i modelli di crescita endogena hanno il merito di
introdurre elementi dinamici nell’analisi statica che caratterizzava la teoria di crescita in ambito
neoclassico.

Modelli neoclassici R&S: In questi modelli: il progresso tecnologico dipende dall’attività innovativa delle
imprese e quindi è endogeno; la tecnologia è parzialmente appropriabile quindi non liberamente
accessibile; il processo innovativo è incerto e l’impresa non sopporta solamente il costo dell’innovazione
ma anche il rischio. I modelli neoclassici di R&S sottolineano l’importanza del comportamento strategico
dell’imprese che attraversano l’attività innovativa tentano di influenzare le azioni dei concorrenti al fine di
determinare la struttura del mercato (endogene al modello). Si tratta di modelli in cui oltre alla concorrenza
di prezzo esiste un'altra forma di concorrenza basata sullo sforzo innovativo. Le imprese con le loro
strategie sono in grado di: erigere barriere all'entrata, di aumentare la propria quota di mercato e indurre
le imprese rivali ad uscire dal mercato. La struttura del mercato è endogena al modello ed è influenzata
dagli investimenti in R&S.

Arrow: Analizza quali sono gli incentivi dell’impresa ad innovare in concorrenza perfetta e in monopolio. A
loro volta questi incentivi sono confrontati con quelli di un immaginario “pianificatore sociale” che abbia a
cuore il raggiungimento dell’ottimo sociale. Risultato= Il valore dell’innovazione è minimo per il minimo per
il monopolista e massimo per un pianificatore sociale, mentre l’impresa che opera in concorrenza si situa in
questi due estremi. Gli incentivi ad innovare in mercati relativamente concentrati, non sono sufficienti a
quanto sarebbe ottimale e quindi si assiste ad un sottoinvestimento in R&S. Per il monopolista il guadagno
atteso dell’innovazione è modesto (aumentano i profitti ma non muta la struttura del mercato). I mercati
concorrenziali hanno più probabilità di introdurre innovazioni ma inferiori all’ottimo sociale → fallimento
del mercato. Un importante implicazione di questo modello e il sorgere delle necessità dell’intervento
statale per incentivare la dinamica innovativa. La conoscenza tecnologica è caratterizzata da: non rivalità
del consumo; non escludibilità cioè non completa appropriabilità; indivisibilità cioè elevati costi fissi;
incertezza relativa ai costi ed ai risultati dell’innovazione. Le imprese hanno incentivi sub-ottimali a
produrre questo bene e sono incentivati a comportamenti di tipo free-riding. Tutto ciò ha portato al
fallimento del mercato. Data l’esistenza di fallimento di mercato vanno incoraggiate le attività orientate alla
produzione di conoscenza cioè: sussidi all’innovazione, sgravi fiscali, credito agevolato, commesse
pubbliche L’utilizzazione dei risultati va protetta con brevetti, diritti di proprietà.

In sintesi, ci sono due modelli neoclassici:


1) modello neoclassico semplice: tutti hanno accesso alla stessa tecnologia e producono nel modo più
efficiente possibile + innovazione esogena=spostamento verso l’alto della funzione di produzione;
2) modelli neoclassici di R&S: le imprese con gli investimenti in R&S possono influenzare la struttura di
mercato (concorrenza di prezzo e innovativa).

Schumpeter: È il primo economista che ha esaminato il ruolo dell’innovazione nelle moderne economie
industriali. Schumpeter considera l’innovazione come determinante principale del mutamento industriale e
dello sviluppo economico. Distingue tra: invenzione come acquisizione di conoscenze scientifiche e
tecnologiche non direttamente applicate alla produzione; innovazione come fare qualcosa di nuovo (o
diversa combinazione delle risorse). Dalla lettura dell’innovazione come casuale Schumpeter cambia visione
soffermandosi su 3 aspetti fondamentali: incertezza, velocità di movimento (prima degli altri → spirito
imprenditoriale) e inerzia, resistenza al nuovo. L’innovazione consiste in: introduzione di nuovi beni;
introduzione di nuovi metodi di produzione; creazione di nuove forme organizzative; apertura di nuovi
mercati; conquiste di nuove fonti di approvvigionamento. L’innovazione è possibile senza un’invenzione
corrispondente.

Ogni aspetto della vita sociale capitalistica è sottoposto ad una trasformazione continua a cui gli individui e
le istituzioni partecipano svolgendo funzioni distinte. C’è un legame tra individui e istituzioni → il
cambiamento è l’iniziativa individuale ma ha bisogno di un sostegno istituzionale perché al processo di
cambiamento produttivo partecipano individui e istituzioni, ciascuno con specifiche funzioni
(istituzioni=moneta, stato, credito). Nella teoria dello sviluppo economico, Schumpeter esaminò la struttura
industriale europea del fine XIX costituita da piccole imprese sottolineando: la presenza di imprenditori
nuovi con idee innovative, nuovi prodotti e processi; la consistente presenza di nuove imprese; la facilità di
entrata nell’industria.

MODELLO MARK 1: Schumpeter dimostra che in una situazione di equilibrio iniziale (economia
concorrenziale, assenza di profitti) l’esistenza di un imprenditore innovatore distrugge l’equilibrio
stazionario (distruzione creativa) Da questa rottura trae origine il processo di sviluppo. L’innovatore
imprenditore guadagna un profitto, definito come corrispettivo che spetta a chi crea ricchezza per la
collettività. Quando un imprenditore individua un innovazione e decide di adottarla, ha bisogno di risorse
che prende a prestito dal sistema creditizio in quanto in equilibrio non c’è risparmio. Inoltre, con le risorse
che ha a disposizione attua il progetto innovativo e guadagna un profitto perché induce a costi più bassi
rispetto ai suoi concorrenti. Gli altri imprenditori intravedendo la possibilità di un profitto introdurranno a
loro volta l’innovazione (imitazione) e quindi l’innovazione si diffonde e spariscono i profitti associati. In
sintesi: l’innovazione esogena rappresenta il fattore dinamico squilibrante dell’equilibrio statico. È un fatto
casuale che permette il passaggio da una fase di equilibrio di un sistema all’altro; il processo innovativo
genera profitto temporaneo ed induce imitazione (fase espansiva). L’espansione prosegue fino a quando
diminuiscono i prezzi e, quindi, i profitti ed il processo innovativo rallenta (fase di depressione). Quindi si
raggiunge un nuovo equilibrio statico (ciclo economico).

MODELLO MARK 2 (30 anni dopo): Schumpeter analizza l’industria americana della prima meta del XX
secolo. In esso viene evidenziato il ruolo delle grandi imprese e sottolinea: l’esistenza di elevate barriere
d’entrata; la formalizzazione del processo innovativo con la creazione di laboratori R&S; l’investimento di
grandi risorse finanziarie in progetti R&S di larga scala. L’innovazione viene prodotta nelle grandi imprese e
garantisce un profitto che le grandi imprese reinvestono in strutture di ricerca che permettono di
prolungare le condizioni di monopolio. Il fattore innovativo esogeno si traduce in una struttura stabile di
monopoli capaci di indirizzare il flusso di innovazione. Questo ci fa capire che, secondo gli studi di
Schumpeter coesistono: 1. mercati fortemente concentrati caratterizzati da: elevata capacità di
appropriazione della rendita derivata dall’innovazione, disponibilità di risorse necessarie da investire in R&S
e scarsi incentivi a innovare; 2. mercati concorrenziali caratterizzati da: elevati incentivi a innovare, scarse
risorse disponibili per investimenti in R&S, impossibilità ad appropriarsi interamente della rendita
dell’attività innovativa.

Innovazione in grappoli: I due modelli di Schumpeter possono essere collegati allo specifico studio del ciclo
dell’industria: all’inizio della storia dell’industria l’incertezza è molto elevata, le barriere d’entrate sono
basse e le nuove imprese sono i principali innovatori; quando l’impresa si sviluppa ed i cambiamenti
tecnologici seguono traiettorie ben definite le economie in scala , le curve d’apprendimento, le barriere
d’entrata e le risorse finanziarie diventano importanti. Le grandi imprese con potere monopolistico
dominano l’attività innovativa. La relazione tra struttura di mercato e tasso di innovazione non è
unidirezionale ma bidirezionale → STRUTTURA MERCATO ⬄TASSO INNOVAZIONE.

Schumpeter ritiene che le innovazioni non rimangono eventi isolati e non sono uniformi nel tempo ma
tendono al contrario ad ammassarsi, a sorgere “in grappoli” e concentrarsi in certi settori. La presenza di
grappoli di innovazione spiega la natura discontinua del cambiamento tecnologico e l’andamento ciclico del
sistema economico.

Durante il ciclo di vita dell’industria è possibile che si realizzino transazioni da Mark 1 a Mark 2 e viceversa.
Nel primo caso il processo di selezione conduce alla prevalenza di pochi grandi produttori mentre nel
secondo un settore stabile caratterizzato da imprese incumbent con potere monopolistico viene sconvolto
dall’apparizione di nuove imprese che utilizzano nuove tecnologie o si focalizzano su una nuova domanda.
La presenza in un settore di una struttura dell’attività innovativa di tipo Schumpeter Mark 1 o 2 può essere
collegata alla natura del regime tecnologico rilevante. Il regime tecnologico fornisce una descrizione
dell’ambiente tecnologico in cui operano le imprese e può essere definito come una particolare
combinazione di alcune fondamentali proprietà delle tecnologie: opportunità, appropriabilità,
cumulatività, caratteristiche delle conoscenze di base.

Approccio evolutivo all’impresa: tali approcci nascono con Darwin da cui trae il meccanismo di selezione
naturale: lotta per la sopravvivenza. Per gli evoluzionisti nel mercato si sviluppano tre processi chiave:
selezione, variazione e riproduzione (ereditarietà). Nella lotta per la sopravvivenza vengono selezionate le
specie con maggior capacità di adattamento all’ambiente. Nel mercato, le imprese competono (in modo
dinamico) per conquistare i consumatori. Il mercato distribuisce: premi (profitti o quote) o punizioni
(perdite o fallimenti). Il mercato è un meccanismo di selezione delle imprese perché plasma le opportunità
ed i vincoli alla crescita, alla profittabilità e alla probabilità di sopravvivenza delle imprese. L’efficienza
dinamica (capacità di innovare) è molto più importante dell’efficienza statica (allocativa). Un mercato in cui
tutte le imprese sono uguali è inconcepibile perché ogni impresa incorpora sia le conoscenze specifiche sia
il risultato della propria storia passata. Il processo di selezione non è ottimizzante in quanto non implica che
la selezione vada necessariamente dal peggio al meglio. Tramite il processo di selezione si decide quali
imprese, pratiche produttive, strutture organizzative, istituzioni ( … ) sono destinate a sopravvivere e a
trasmettere i propri geni. Nel mondo socioeconomico le mutazioni sono rappresentate dagli innumerevoli
cambiamenti ed innovazioni che le società contemporanee continuamente generano a livello tecnologico,
organizzativo e istituzionale. La tecnologia: per i neoclassici è esogena e accessibile a tutte le imprese e la
combinazione ottimale, dunque, la stessa per tutti, mentre, per gli evolutivi non è possibile definire un
sentiero ottimo ex-ante; inoltre, la tecnologia attuale dipende in modo determinante dalle condizioni di
partenza e dal suo sentiero di sviluppo passato. Le imprese non sono enti massimizzanti in quanto
reagiscono in risposta agli stimoli ambientali. I manager desiderano conseguire un livello di profitto
soddisfacente. Si tratta di un comportamento razionale. Per Nelson e Winter (1982, nascita approccio
evolutivo), quando il profitto è superiore della soglia minima, l’impresa inizia una nuova fase di ricerca di
nuove routine di successo. Un profitto soddisfacente, secondo loro, è quando si ha un profitto pari almeno
a quella della concorrenza.
Routines: Le routine sono delle caratteristiche dell’impresa che possono essere definite come il risultato
cumulativo dell’apprendimento dell’impresa che deve sopravvivere in un ambiente in continuo
cambiamento. Possono essere di diverso tipo: tecniche e procedure di produzione, politiche di
investimento, ricerca e sviluppo, pubblicità, strategie di impresa relative alla diversificazione del prodotto e
degli investimenti all’estero. In questo contesto le similitudini con la teoria evolutiva vengono fuori perché:
si tratta di trovare le caratteristiche persistenti che influiscono sulla sopravvivenza di un organismo che ne
determinano il comportamento; si tratta di caratteristiche ereditabili; si tratta di caratteristiche
selezionabili con l’ambiente esterno.

Da Schumpeter e i classici all’approccio evolutivo: Le imprese non sono tutte uguali perché ciascuna
incorpora distinte capacità nella soluzione dei problemi e tali capacità evolvono nel tempo e sono
parzialmente imitate da altre imprese. Ciò nonostante le imprese rimangono “portatrici” di specifici insiemi
di conoscenze e routines. Le imprese competono tra loro sia nel mercato del prodotto che in quello
finanziario. Le risultanti dinamiche nei profitti, nelle quote di mercato e nelle probabilità di sopravvivenza a
loro volta: trainano la diffusione (o contrazione) nel sistema economico di particolari tipi di conoscenza,
tecnica di produzione e comportamenti (processo di selezione), influenzano l’allocazione di risorse tra le
imprese stesse e pertanto la loro capacità futura di investire e fare ricerca. Pertanto, ci sono due processi
evolutivi che interagiscono: l’evoluzione delle tecnologie e quello delle imprese.

Apprendimento e conoscenza: L’apprendimento è l’acquisizione di conoscenza in vista di uno scopo


(=comportamento motivato e orientato). Mentre le informazioni sono un insieme di dati neutri, che non
dipendono da chi li possiede, la conoscenza è un insieme di informazioni associate ad uno scopo attraverso
un processo di interpretazione individuale. Per i neoclassici la conoscenza è un set di informazioni sempre
applicabili istantaneamente al processo produttivo, riutilizzabili e replicabili. La creazione di conoscenza
organizzativa è il risultato di interazione degli individui. Da una parte l’apprendimento viene conservato
nella struttura genetica (organizzazione dell’impresa) mentre dall’altra parte le conoscenze vengono
selezionate dalle condizioni ambientali

I tre motori dell’innovazione: i tre motori dell’innovazione sono: apprendimento, conoscenza e


competenze. La conoscenza nell’approccio evolutivo è diversa dall’informazione perché implica la
comprensione, l’elaborazione e l’assimilazione dell’informazione da parte del soggetto che la incontra e la
utilizza. Inoltre, implica che una parte della conoscenza può essere codificata, tacita, contestuale, firm
specific. L’apprendimento nell’approccio evolutivo consiste nell’assimilazione della conoscenza. Questo
processo implica la trasformazione della conoscenza in nuovi modelli di pensiero e di comportamento che,
di conseguenza, generano nuovi rappresentazioni dell’ambiente, del cambiamento agito e dell’innovazione.
Le competenze nell’approccio evolutivo non sono altro che l’effetto dell’apprendimento.

Gli elementi caratterizzanti dell’approccio evolutivo sono: a) dinamici: l’oggetto principale dell’analisi di
questi modelli è la dinamica dei sistemi economici e non tanto i punti di equilibrio (per questo motivo si
usano sistemi di equazioni alle differenze); b) incerti: dato il ruolo cruciale dell’incertezza di questi modelli
compariranno delle componenti stocastiche; c) non lineari: per tenere conto dei vari effetti dei feedback e
delle interazioni, le equazioni alle differenze spesso non saranno lineari.

Conoscenze e competenze nell’approccio evolutivo: la conoscenza come bene pubblico e quindi soggetto a
non rivalità, non escludibilità (non appropriabilità). La conoscenza è anche un bene privato. La capacità di
usare la conoscenza dipende da fattori firm-specific (abilità tacite, processi di apprendimento, routine
organizzative, lag temporali cioè le imprese incorporano i risultati della propria ricerca più velocemente di
altre). Le competenze scientifiche e tecnologiche di un’impresa sono fondamentali per utilizzare e
individuare conoscenze esterne. Il bene conoscenza è un bene pubblico ma non gratuito
Neoclassici VS evoluzionisti:

Teoria schumpeteriano-evolutiva:

Molta importante distinguere tra informazione, cioè insieme organizzato di dati, e conoscenza, cioè insieme
organizzato di informazioni. La conoscenza può essere tacita o codificata. Quella tacita è intesa come
accumulabile e trasmissibile attraverso l’esperienza e le interazioni, non è riproducibile e non si può
diffondere, ha un elevato costo di riproduzione, è unica perché non esiste un processo standard e neanche
un mercato di scambio. Nel momento in cui dalla conoscenza tacita all’interno dell’impresa ci si sposta
verso l’esternalizzazione, che può avvenire tramite l’investimento o cooperazione, si può arrivare ad una
situazione per la quale deve essere tradotta in conoscenza codificata capibile anche in un altro contesto.

L’apprendimento può essere deliberato, cioè legato all’esperienza che si fa nelle diverse attività e che viene
deciso dall’impresa, o non deliberato, cioè non perseguito intenzionalmente(learning by doing, learning by
using, learning by searching, learning by interacting, learning by monitoring). L’apprendimento è locale,
cumulativo, multidimensionale, cognitivo.

ATTENZIONE: Tra conoscenza, apprendimento e competenze vige una relazione circolare: 1)


l’apprendimento alimenta e modifica le conoscenze e le competenze; 2) le competenze e la conoscenza
influiscono sull’apprendimento e i concetti che sono stati introdotti in questa dinamica.

Le routine organizzative sono regole decisionali e procedure comportamentali di tipo meccanico e ripetitivo
(ciò che l’impresa sa e può fare). Esse sono legate al contesto e rappresentano la memoria dell’impresa. Ci
sono tre tipologie di routine (Nelson e Winter): a) procedure operative standard; b) routine legate a
politiche di investimento e crescita; c) routine di R&S che generano cambiamento.

Le competenze sono intese come strutture cognitive delle imprese “emergenti” dai processi di
apprendimento organizzativo. Le competenze hanno un ruolo nell’accompagnare e nel determinare le
potenzialità del cambiamento in quanto possono essere componenti essenziali dei processi decisionali e
comportamentali dell’imprese (esistenza dell’imprese); limiti ai processi decisionali e comportamento delle
imprese (confini verticali e orizzontali dell’impresa con ampiezza dei processi e dei prodotti); sono
fortemente specifiche e difficilmente imitabili (differenziazione persistente dell’impresa). A loro volta
possono essere influenzate da dimensione inerziale in cui le competenze esistenti consentono ma
vincolano anche lo sviluppo di nuove competenze (rigidità), dimensione contestuale in cui le competenze si
sviluppano in specifici contesti tecnologici produttivi e di domanda, dimensione organizzativa in cui le
competenze si riferiscono ed integrano i diversi livelli di analisi di una organizzazione. Il contesto della
domanda ha un duplice effetto sulle competenze delle imprese: 1) accrescimento delle competenze; 2)
congelamento delle competenze in cui la focalizzazione sulla domanda esistente come schermo rispetto ai
nuovi segnali domanda (implicazioni strategiche → superiorità delle nuove imprese nel cogliere nuovi
segnali di domanda rispetto alle imprese incombenti). La natura interrelata delle attività organizzate
dall’impresa richiede di integrare competenze complementari (quelle che caratterizzano un gruppo, un
team → modo in cui si lavora e si interagisce con gli altri), ossia di sviluppare: gerarchia tra le competenze,
capacità organizzativa, capacità di integrazione (=la capacità di integrazione dimostrata dall’impresa
produce un vantaggio competitivo).

A proposito di gerarchia: ci sono quattro livelli di competenze: 1) adattive; 2) strategiche (alta direzione); 3)
organizzative (management intermedio); 4) funzionali (unità operatrice).

Scelta della struttura organizzativa: Modello system-classifier di Marengo risolve il dilemma


decentramento-centralizzazione. Secondo Marengo l'organizzazione deve avere la capacità di elaborare
informazioni, conoscenza e sviluppare regole decisionali che co-evolvono mediante un processo di
adattamento e apprendimento. Il dilemma del decentramento-centralizzazione riguarda la centralizzazione
che può essere associata ad una conoscenza corrente e consolidata CENTRALIZZAZIONE => EFFICIENZA
STATICA => MINIMIZZAZIONE COSTI e la decentralizzazione che può essere coerente con momenti di
esplorazione e generazione di nuova conoscenza DECENTRAMENTO => EFFETTO DINAMICO =>
CAMBIAMENTI PRODOTTI/PROCESSI.

Costi di transizione: Sono l’insieme dei costi sostenuti dai soggetti protagonisti di uno scambio allo scopo di
definire, iniziare, controllare e completare una transazione. Essi sono la somma di tre elementi: costi d’uso
del mercato + costi di gestione + costo per l’interazione con la Pubblica Amministrazione. Ci sono sei forme
di costi di transazione: 1) costi di ricerca: sono l’insieme dei costi sostenuti da un’impresa per individuare e
reperire i fornitori e i clienti. Rientrano nei costi d’uso del mercato; 2) costi di negoziazione: sono l’insieme
dei costi sostenuti per la discussione e la definizione del contratto. Rientrano nei costi d’uso del mercato; 3)
costi di approvazione: sono l’insieme dei costi sostenuti per adempiere tutti gli obblighi con la pubblica
amministrazione. Rientrano nei costi di interazione con la P.a.; 4) costi di controllo: sono l’insieme dei costi
sostenuti per controllare, monitorare e rivedere i contratti siglati. Rientrano sia nei costi d’uso mercato che
nei costi di gestione; 5) costi di enforcement: sono l’insieme dei costi sostenuti per il rispetto del contratto.
Sono strettamente correlati ai costi di controllo; 6) costi di assicurazione: sono l’insieme dei costi sostenuti
per fronteggiare il rischio che alcune transazioni non vadano a buon fine (fallimento della transazione).

Confini dell’impresa: I confini dell’impresa possono essere: integrazione verticale (confini verticali 1=make
or buy) e quasi – integrazione verticale (confini verticali 2=compromesso tra make or buy)→ i confini
verticali hanno a che fare con le scelte di integrazione verticale, ossia con l’opportunità di realizzare le
combinazioni produttive tutte in un’impresa o suddividerle tra più imprese per poi coordinare i rapporti;
integrazione verticale e impresa innovativa hanno tre determinanti: complementarietà statiche (asset
complementari → valore aggiunto derivante dall’uso combinato di due fattori), coordinamento dinamico
(presenza di costi di transazione dinamici) e ciclo di vita dell’industria (evoluzione delle innovazioni e della
domanda di un settore e diverse fasi integrazione/disintegrazione=diminuita complementarietà degli assets
associata alla diffusione di nuove tecnologie). Confini orizzontali → hanno a che fare con la diversificazione
del prodotto, cioè con il come variare la scala produttiva dell’impresa e integrare nella stessa impresa
combinazioni produttive non verticalmente collegate che insistono su diversi processi terminali settoriali (la
diversificazione tecnologica rispetto alla diversificazione di prodotto è più ampia, avviene prima, è
relativamente più stabile, è più sensibile alla diversità delle imprese).
La tecnologia è un: mezzo per soddisfare uno scopo umano. Le nuove tecnologie derivano da: ●
avanzamenti delle scienza e della conoscenza; ● combinazione di tecnologie esistenti. L’evoluzione della
tecnologia: ● dipende da soddisfacimenti dei bisogno (demand pull); ● dipende da scoperte scientifiche e
tecnologiche (tecnology pull); ● si concretizza in attività economiche di mercato e in attività non di
mercato; ● richiede istituzioni e politiche che ne regolano lo sviluppo.

Il capitalismo si sviluppa con una successione di cicli, con espansioni e recessioni, guidati da: ● tecnologia
(paradigmi tecnologici); ● accumulazione di capitale (investimento e profitti); ● finanza (risorse investite,
fonti, rapporti con imprese. Tutto questo alimenta la natura ciclica dello sviluppo.

Paradigmi tecnologici: studiati da Freeman per proporre uno schema del cambiamento tecnologico come
possibile alternativa alla funzione di produzione. ogni tecnologia porta con se: nuovi prodotti, industrie,
assetti organizzativi, forme di finanziamento, assetti sociali. Le nuove tecnologie si scontrano con gli aspetti
precedenti, rallentando o favorendo il cambiamento strutturale. Crisi tecnologia=esaurimento di un
paradigma e relativa sostituzione di questo con un paradigma nuovo.

Che cosa determinano le crisi? a) per quanto riguarda la tecnologia, le crisi sono determinate da un
esaurimento di un paradigma e la sua sostituzione con un paradigma nuovo; b) per quanto riguarda
l’accumulazione, la crisi è determinata quando c’è una sovraccumulazione in cui i rendimenti di capitale
sono troppo bassi e si ha come risultato dei rendimenti marginali decrescenti (RMD). Esso può
accompagnarsi con un sottoconsumo con bassi salari e una domanda che non è in grado assorbire la
quantità di prodotto; c) per quanti riguarda la finanza, la crisi è determinata dal capitale che non deve
essere più investito nella produzione di merci, ma resta una forma liquida e viene investito direttamente in
attività finanziarie speculative. Le crisi distruggono una parte del capitale non più produttivo nella
recessione. Le crisi inoltre accentuano il processo di selezione e uscita delle imprese meno produttive
favorendo una riallocazione degli input più efficiente. Le crisi si risolvono ricreando le condizioni per lo
sviluppo della tecnologia e dell’accumulazione. La risoluzione delle crisi viene definita: ▪ dai rapporti sociali
▪ dalla domanda ▪ dalle politiche ▪ dal ruolo dello Stato ▪ dal quadro internazionale.

I vantaggi tecnologici erodono per la diffusione delle conoscenze, dell’apprendimento, dell’imitazione e i


miglioramenti dei concorrenti. Gli strumenti per appropriarsi dei benefici sono: ▪ segretezza
dell’informazione; ▪ brevetti; ▪ conoscenze incorporate in macchinari; ▪ primi sul mercato e innovazione
continuata; ▪ servizi complementari e post-vendita.

La conoscenza tacita è suddivisa in due tipologie: skill e capabilities. Gli skill si definiscono in ambito
cognitivo e in relazione all’apprendimento come le capacità di analisi, sintesi e valutazione messe in atto
per utilizzare, trasformare o incrementare le conoscenze disponibili o, a livello superiore, risolvere un
problema. Le capabilities: ▪ consistono nelle capacità di mettere in atto azioni appropriate per raggiungere
un determinato risultato; ▪ riguardano l’applicazione delle conoscenza (know-how) che non è
necessariamente una conseguenza del know-why. La dynamic capability sono le capacità di integrare e
riconfigurare le competenze in risposta del cambiamento nell’ambiente esterno.

L’importanza delle competenze definisce l’impresa come insieme di risorse produttive, umane, fisiche
finanziarie e intangibili: alcune acquistabili all’esterno, altre specifiche e interne all’impresa. Le competenze
sono legate al passato (inerzia) e sono alla base della persistente differenza nelle performance dell’imprese.
L’impresa per resistere a cambiamenti radicali di contesto dovrebbe combinare sfruttamento (delle
competenze core) ed esplorazione (di nuove competenze). La struttura organizzativa delle imprese deve
riflettere le competenze esistenti e saperle valorizzare, coordinare e integrare.

Apprendimento: Il saper fare è legato all’apprendimento che ha caratteristiche sia ripetitive che creative e
sono cumulativi. Inoltre, si procede per tentativi (by trial and error) e ha una dimensione intrinsecamente
sociale poiché richiede l’interazione tra individui. 21 La conoscenza a cui dà luogo l’apprendimento è
parzialmente tacita cioè personale, si trasmette per via informale e tramite l’interazione personale, senza
assumere una forma codificata.

L’apprendimento dell’organizzazione è separato da quello delle sue unità ma l’apprendimento


dell’organizzazione aumenta all’aumentare del numero dei suoi componenti che acquisiscono la nuova
conoscenza e la riconoscono come potenzialmente utile. Esiste una correlazione positiva tra esperienza
nella nuova produzione di un nuovo prodotto e riduzione del tempo e del costo di produzione per unità
(curva di apprendimento).

Assorbimento: La capacità di utilizzare efficacemente la conoscenza esterna all’impresa dipende dalla


capacità di assorbimento che è funzione del livello preesistente di conoscenza dell’impresa sia che si tratti
di conoscenza di carattere generale o funzionale alla soluzione di problemi specifici o allo sviluppo di nuovi
skills. La capacità di assorbimento non è solo la somma della capacità di assorbimento dei suoi membri; è
cumulativa e dipende non solo dalla capacità dell’impresa di interfacciarsi con l’ambiente esterno ma anche
dalla sua capacità di trasferire e distribuire la conoscenza all’interno dell’impresa; si riflette nel sistema di
comunicazione. Limite: uniformità del background o eccessiva divisione del lavoro.

La resistenza delle routine all’innovazione si verifica quando il cambiamento tecnologico mette in


discussione l’assetto organizzativo e le competenze attuali dell’impresa.

TIPOLOGIE DI INNOVAZIONE rispetto all’oggetto: ● di prodotto; ● di processo; ● organizzative; ● fonti di


approvvigionamento; ● nuovi mercati; L’innovazione del prodotto include la progettazione di nuovi
prodotti, servizi o la modificazione sostanziale delle caratteristiche tecniche funzionali di prodotti, servizi
esistenti, (derivanti ad esempio dalla modificazione di materiali, componenti o software contenuto nel
prodotto). Si distinguono in ● innovazioni per il mercato quando il prodotto o servizio viene offerto ai
clienti per la prima volta; ● innovazioni per il mercato servito che sono già presenti nei mercati contigui ma
non in quello servito dall’impresa; ● innovazioni per l’impresa già presenti nei mercati servito ma non
ancora adottate dell’impresa.

L’innovazione di processo consiste nell’introduzione di nuovi metodi di produzione che consentono di


realizzare un prodotto già esistente sul mercato impiegando, per ciascuna unità, quantità inferiori di un
input senza aumentare la quantità impiegata di altri input (fattori coinvolti=K e L).

Le innovazione organizzative comprendono ad esempio metodi alternativi di organizzare e gestire


l’impresa e l’applicazione di nuovi modelli di gestione dei sistemi informativi dell’impresa.

Le fonti di approvvigionamento riguardano l’acquisizione di nuovi input tra le risorse naturali (es l’accesso a
fonti energetiche alternative o a nuovi materiali.

I nuovi mercati riguardano la creazione di mercati in nuovi settori (es l’apertura del mercato della telefonial
mobile ne settore delle telecomunicazioni)

TIPOLOGIE DI INNOVAZIONE rispetto all’intensità del cambiamento: ● innovazioni incrementali ●


innovazioni radicali ● cambiamenti del sistema tecnologico. Le innovazioni incrementali si verificano di
continuo e sono il risultato di miglioramenti suggeriti da coloro che sono coinvolti direttamente nei processi
produttivi (learning by doing) o dagli utilizzatori (learning by using) Studi empirici hanno mostrato che le
innovazioni incrementali cumulate contribuiscono a migliore l’efficienza di tutti i fattori di produzione.

Le innovazioni radicali richiedono una combinazione di innovazioni prodotto, di processo e organizzative


che comportano un cambiamento strutturale. Esse non sono frequenti e non si distribuiscono
uniformemente nei settori industriali. Le innovazioni radicali posso creare cluster di innovazioni radicali
implicando un impatto economico elevato determinato dalla nascita di nuovi settori industriali.
I cambiamenti del settore tecnologico si hanno quando si registrano delle costellazioni di innovazioni tra
loro collegate che sono il risultato di una combinazione di innovazioni radicali e incrementali ma anche
organizzative e manageriali.

Il progresso tecnico procede normalmente come uniforme e come accumulazione di innumerevoli


perfezionamenti e modificazioni minori in cui le innovazioni radicali sono molto rare. I cambiamenti tecnici
di minore entità hanno avuto effetti cumulativi sulla riduzione dei costi superiori a quelli dei cambiamenti
tecnologici più radicali.

Fonti dirette dell’innovazione: sono quelle a cui si accede con l’espressa intenzione di ottenere, scambiare
e generare conoscenza, e quindi impiegando canali formali codificati (es. documenti, pubblicazioni in
qualunque formato). La modalità formale della conoscenza è indispensabile quando la ricerca è diretta a
sapere “cosa” (knowing-what=conoscenza dei fatti) o “perché” (knowing-why=conoscenza principi, modelli
cioè bagaglio scientifico).

Fonti indirette dell’innovazione: sono quelle che consentono l’apprendimento (learning) tramite
l’esperienza, le relazioni interpersonali, impiegando cioè canali informali per mobilitare la cosiddetta
conoscenza tacita. Queste forme di apprendimento rispondono all’obiettivo di sapere come (knowing
how=abilità a risolvere situazioni a diverso grado di complessità) o chi (knowing-who=chi sa le cose o come
farle).

Fonti interne ed esterne dell’innovazione: Le fonti interne sono le attività in R&S svolte nei laboratori
dell’impresa, impiegando personale specializzato a tempo pieno allo scopo di condurre un attività di ricerca
esplorativa alla frontiera della conoscenza dell’impresa, o attività di sviluppo di prototipi di nuovi prodotti,
nuovi processi e tecniche di produzione. Altre fonti di conoscenza interne all’impresa si trovano in diversi
segmenti della catena di valore, quali la progettazione, la logistica e il marketing. In questi casi si parla di
“R&S informale”.

Le imprese che non dispongono di R&S interne (specialmente le imprese piccole) traggono conoscenza da
fonti esterne, e in particolare da fornitori o committenti della loro produzione, che spesso sono imprese più
grandi di loro e dispongono di tecnologia più avanzata. Per lo più la conoscenza tecnologica è incorporata
(embodied) nei beni capitali e intermedi impiegati per la produzione o scorporata (disembodied) nei
brevetti a cui accedono tramite licenza. Anche l’acquisizione o l’importazione di prodotti o servizi ad alta
intensità di conoscenza (hi-tech) possono essere fonte di conoscenza utile a generare innovazioni o
imitazioni, tramite il cosiddetto reverse engineering (si cerca di capire come è stato fatto), o semplicemente
essere fonte di idee o di stimoli a competere con progetti altrettanto innovativi. Un'altra fonte esterna è il
trasferimento tecnologico che può avvenire in seguito ad accordi di cooperazione con altre imprese o centri
di ricerca per la sperimentazione presso l’impresa di innovazioni tecnologiche già testate o applicate in altri
contesti, o per la produzione congiunta o in sub-fornitura di prodotti che richiedono l’uso di macchine o di
processi nuovi per l’impresa ma non per i suoi partner. Il trasferimento tecnologico può avvenire, infatti,
anche nel caso di fusioni di altre imprese, o la cessione di quote di imprese che trasferiscono la loro
tecnologica incorporata nelle macchine o nelle attrezzature, e in questo modo inducono l’impresa acquisita
ad assorbire la conoscenza necessaria.

Man mano che aumenta la complessità delle conoscenze necessarie per innovare, la dipendenza da fonti
esterne aumenta. Al contempo, l’interazione con fonti esterne accresce l’innovatività delle imprese e dei
sistemi economici, perché più le imprese riescono ad apprendere interagendo con fonti esterne, maggiore
sarà la pressione sulle altre a seguire l’esempio.

Modello lineare STI: La sequenza poggia sulla separabilità dei tre segmenti e sulla loro attribuzione a
soggetti diversi, che agiscono in modo indipendente e parallelo. Ma questo accade raramente, esiste
piuttosto una interazione tra i tre componenti Scienza (ricerca base=accademia, scienziati,
comunità=conoscenza per se) → Tecnologia (R&S=laboratori R&S, ingegneri=conoscenza applicata) →
Innovazione (produzione e marketing=impresa, forza lavoro, mercato=prodotti, processi). Questo tipo di
modello è detto lineare perché prevede che si vada in un’unica direzione e non ammette interazioni o
feedback.

Modello a catena STI=esistenza di una serie di rapporti causa-effetto che non possono valere sempre. Le
innovazioni sono la risposta ai bisogni dei clienti (utilizzatori) e utilizzano conoscenze già note, e nel caso in
cui queste non bastino, decidono di investire in ricerca formale. Sono ammessi feedback dal mercato,
quindi non ci si limita a utilizzare la conoscenza all’interno del processo produttivo ma si beneficia del
sapere umano cioè delle conoscenze sviluppate anche all’esterno.

Indicatori pattern (modelli) innovativi: Gli indicatori per descrivere i pattern innovativi sono: ✔
concentrazione delle attività innovative (brevetti, HH (Herfindhal-Hirschman) index=misura della
concentrazione di mercato); ✔ dimensione delle imprese innovative; ✔ stabilità nella gerarchia degli
innovatori che da un idea della persistenza; ✔ entrata tecnologica cioè la quota di nuovi innovatori. Le
imprese all’interno di un settore/ambito tecnologico tendono a condividere: fonti di conoscenza, modi di
apprendimento, competenze, tipologie innovazioni, opportunità innovative, cumulatività dell’avanzamento
tecnologico.

Condizioni dei regimi tecnologici: ● condizioni di opportunità; ● condizioni di appropriabilità; ● condizioni


di cumulatività.

Condizioni di opportunità: Risultano dalla combinazione di alcune proprietà delle tecnologie. Le condizioni
d’opportunità riguardano da un lato la facilità di innovare dato un determinato livello di risorse investite e
dall’altro lato la potenzialità di sviluppo di quella tecnologia o di quel settore. Il livello può essere alto o
basso ed ha varietà di soluzioni tecnologiche: per le industrie nascenti si ha un design non ancora definito
mentre per le industrie mature si ha un paradigma tecnologico; ha delle pervasività ove le nuove
conoscenze sono applicabili a molti prodotti e mercati; ha fonti di conoscenza: scoperte scientifiche,
miglioramenti attrezzature, apprendimento interno all’impresa, fonti esterne di conoscenza (fornitori o
clienti).

Condizioni di appropriabilità: Servono a proteggere l’invenzione dall’imitazione e di conseguenza di


prolungare la fase in cui si riesce ad estrarre un profitto dall’introduzione di una innovazione. L’efficacia dei
diversi mezzi di appropriabilità differisce tra tecnologie e industrie. I mezzi di appropriabilità possono
essere: ✔ brevetto cioè lo sfruttamento esclusivo di una tecnologia per un periodo; ✔ segretezza cioè
mantenere l’informazione privata. I mezzi di appropriabilità possono avere i seguenti vantaggi: vantaggio
temporale in cui si deve arrivare prima dei concorrenti e si ha la possibilità di consolidare la posizione
(curva di apprendimento); vantaggi in termini di competenza in cui l’imitazione è difficile e costosa a causa
delle competenze specifiche dell’impresa; ✔ l’innovazione è continua e l’impresa è prima sul mercato ma
c’è il rischio di cannibalizzare le proprie rendite; ✔ si hanno servizi post vendita e asset complementari.
L’efficacia dei mezzi di appropriabilità riguarda l’innovazione di processo (segretezza, vantaggio temporale,
curva d’apprendimento), innovazione di prodotto (vantaggio temporale, apprendimento, servizio post-
vendita) e chimica e farmaceutica (brevetti).

Condizioni di cumulatività: Si privilegia la persistenza dell’innovazione all’interno dell’imprese. Trae


vantaggio a diversi livelli: ✔ livello tecnologico si sviluppa l’apprendimento cognitivo riguardante il
funzionamento di una tecnologia ✔ livello d’impresa si sviluppa la continuità dell’attività innovativa è
collegata alle competenze specifiche dell’impresa, alla sua organizzazione o alle sue strutture ✔ livello
settoriale si sviluppa in presenza di elevati spillover (bassa appropriabilità) ✔ livello locale si sviluppa
competenze e conoscenze di imprese localizzate in un’area specifica.
Conoscenza di base e regimi tecnologici: la conoscenza di base è una caratteristica su cui si basano le
attività innovative delle imprese e riguardano: ✔ natura della conoscenza: generica o specifica; tacita o
codificata; complessa in cui c’è integrazione di discipline ✔ trasmissione della conoscenza: tecnologia in
cambiamento attraverso i mezzi informali (conoscenza tacita) e in prossimità geografica; tecnologia
standardizzata tramite i mezzi formali (conoscenza codificata). I regimi tecnologici con alti livelli di
opportunità tecnologica hanno: alta turbolenza (entrata e uscita di imprese), instabilità nelle gerarchie,
bassa concentrazione dell’innovazione I regimi con alto grado di appropriabilità hanno alta concentrazione
e alta stabilità delle gerarchie. I regimi con alto livello di cumulabilità hanno: stabilità nelle gerarchie, bassa
entrata, selezione a favore delle imprese insediate.

Tassonomia di Pavitt: La tassonomia di Pavitt (proposta nel 1984, si basa sull’analisi d 2000 innovazioni in 4
macroaree (industrializzazione, vapore, elettricità, produzione di massa) nel Regno Unito dal 1945 fino ai
primi anni 80) è il principale strumento di analisi dei flussi tecnologici (e delle opportunità di innovazione)
attraverso il quale è stata costruita una classificazione dei settori in 4 gruppi, distinti sulla base della
principale fonte di innovazioni per le imprese che vi operano che sono: settori basati sulla scienza, ad alta
intensità di scala, fornitori specializzati e dominati dai fornitori di innovazione.

I settori basati sulla scienza hanno: come obiettivi di innovazione: l’introduzione di nuovi prodotti e
tecnologie; come fonti di conoscenza: gli investimenti in R&S e un collegamento stretto con università e
centri di ricerca; alte opportunità tecnologiche e appropriabilità; barriere all’entrata per l’apprendimento;
grandi imprese o piccole imprese specializzate e riguardano i settori elettronici e farmaceutici; le
innovazioni si sviluppano internamente e sono poi diffuse all’esterno. I settori ad alta intensità di scala
hanno: come obiettivi dell’innovazione: la riduzione di costi e creare nuovi processi; come fonti di
conoscenza: gli investimenti in R&S, la progettazione, l’esperienza e le fonti esterne (fornitori, macchinari);
medie opportunità tecnologiche e appropriabilità; barriere di entrata dovute ad elevati investimenti sunk;
imprese grandi o medie integrate verticalmente e riguardano settori di auto e beni di consumo durevoli; le
innovazioni restano nel settore. I settori di fornitori specializzati hanno: come obiettivi dell’innovazione:
prodotti su misura con migliori prestazioni che vengono utilizzati poi come processi; come fonti di
conoscenza: la progettazione interna, l’esperienza, fonti esterne (utilizzatori); medie opportunità
tecnologiche, alta appropriabilità (conoscenza tacita); medie barriere di entrata per esperienza; piccole
imprese specializzate che appartengo a settori di meccanica e macchinari; le innovazioni si diffondono nei
settori utilizzatori. I settori dominati dai fornitori di innovazione (settori tradizionali): come obiettivi
dell’innovazione: la riduzione di costi e introduzione nuovi processi; come fonti di conoscenza: esterne
(nuovi materiali, componenti e macchinari dai fornitori), esperienza; basse opportunità tecnologiche e di
appropriabilità; basse barriere d’entrata; piccole o medie imprese che appartengono ai settori alimentari,
tessile, abbigliamento ,calzature, settori non manifatturieri o le innovazioni restano nei settori o importanti
processi di learning by doing e learning by using. Questi 4 gruppi vengono sintetizzati da Pavitt in un
sistema di relazioni che vede quasi tutti i settori legati agli altri con dei flussi di conoscenze che sono più
forti per i settori dominati dai fornitori che ricevono prevalentemente conoscenza e i settori, invece,
fornitori specializzati che la cedono.

Paradigma tecnologico (Dosi): L’affermarsi di un nuovo paradigma tecnologico muta il quadro di


riferimento scientifico dell’impresa in seguito all’apparizione di innovazioni radicali. Una volta che c’è
questa apparizione radicale si determina un primo sentiero di sviluppo di questo nuovo paradigma
tecnologico che non è uniforme. Da un primo sentiero se ne dipartono una serie di altri sentieri. Il fatto di
intravedere le diverse direzioni di sviluppo che può prendere il nuovo paradigma tecnologico è un elemento
particolarmente importante e non sempre afferrabile da parte di ciascuna impresa. Ci si infila in una
traiettoria e non si riesce più a uscire. Non è detto che si sia imboccato la traiettoria più fruttifera per gli
sviluppi economici.
Innovazione e diffusione: In assenza di diffusione, l’ innovazione non avrebbe nessun impatto sulla società.
Se una nuova idea è palesemente migliore delle idee esistenti questa idea si diffonde anche se esistono casi
di fallimento. La diffusione, però, è lenta. Per entità (imprese, paesi) che sono in ritardo tecnologico, la
diffusione di innovazioni sviluppate altrove rappresenta una componente fondamentale di processo di
innovazione. C’è un elevata eterogeneità nei tassi di accettazione e nella velocità di diffusione tra le diverse
innovazioni e della stessa innovazione in contesti diversi. Essa ha 5 dimensioni: 1. vantaggio relativo
dell’innovazione rispetto allo stato precedente; 2. compatibilità con le routine organizzative, tecnologiche,
sociali dei potenziali adottatori; 3. complessità dell’innovazione cioè costi e investimenti complementari; 4.
sperimentabilità cioè la possibilità di testare l’innovazione prima di adottarla quindi incertezza; 5.
osservabilità cioè la capacità di valutare la funzionalità dell’innovazione dopo la sperimentazione. Nel
processo di diffusione, l’innovazione migliora l’esperienza di adozione e di uso in diversi contesti
imprenditoriali, quindi, c’è una dinamica in termini di costi e di propensione alla sua adozione. Anche le
tecnologie che verranno rimpiazzate vivono una fase di miglioramento a fronte della minaccia di essere
sostituite dalla tecnologia nuova (concorrenza tra diverse tecnologie). Esempio: la diffusione delle auto
elettriche ha introdotto miglioramenti di efficienza delle auto con motore a combustione interna. Il ruolo
del marketing serve a promuovere la diffusione di nuovi prodotti. Per i beni di consumo durevoli, modello
di Bass (1969), è molto importante nella fase iniziale avere dei mass media e successivamente la
comunicazione interpersonale. La politica tecnologica serve come necessità di incoraggiare la diffusione di
una innovazione che migliora il benessere di una collettività (attraverso, per esempio, la riduzione di una
esternalità negativa). Il ruolo della regolamentazione e dell’intervento pubblico serve per accelerare
l’innovazione; solo parte dei benefici totali viene percepita dai potenziali adottatori.

Modelli di diffusione: Sono rappresentate da curve a S (o sigmoidi) che presentano un andamento iniziale
crescente fino ad un punto massimo e poi decrescono progressivamente. In un sentiero di diffusione
simmetrico il punto di massima velocità di diffusione avviene a metà del percorso mentre in un sentiero di
diffusione asimmetrico questo punto viene raggiunto prima della meta quindi ci può essere una forma
diversa di questa curva a S. La caratteristiche di questi modelli di diffusione si basano: ▪ sulla scelta
individuale di adozione: decidere se adottare l’innovazione e quando adottarla (ritardare o posticipare); ▪
sull'analisi costi-benefici in condizioni di incertezza, incertezza che si riduce con il passare del tempo in base
ai benefici e ai costi. I benefici sono più o meno stabili nel tempo. Per quanto riguarda i costi si tratta si costi
sunk quindi irrecuperabili. Essi sono rilevanti ex ante nella scelta se adottare o meno la diffusione e
irrilevanti ex post perché non si possono recuperare. Proprio per la caratteristica dei costi sunk, una volta
che si adotta una nuova tecnologia raramente si decide di tornare a quella vecchia. Una volta affrontato il
costo irrecuperabile, la nuova tecnologia sarà comunque migliore della precedente. Quindi, non c’è
incentivo a rinunciare ai benefici aggiuntivi della nuova tecnologia anche se non enormi. Ci sono casi in cui il
potenziale adottatore rimanda l’adozione (attesa e valore di opzione) perché: ▪ rinuncia ai benefici
aggiuntivi derivanti dalla nuova tecnologia (valore di opzione) ▪ vuole mantenere aperta l’opzione di
adottare la tecnologia in futuro risparmiando, per il momento, i costi sunk ▪ vuole attendere che nuove
tecnologie, migliori sostitute, di quella da adottare, si renderanno disponibili a breve e quindi conviene
rimanda l’adozione.

L’adozione a S della diffusione di innovazioni è suddivisa in tre fasi: 1. bassa diffusione di pionieri 2.
accelerazione dell’adozione 3. rallentamento dell’adozione per saturazione. Ci sono due modelli che
studiano l’adozione a S : ▪ modello epidemico dove vengono messi a fuoco i flussi dell’informazione e una
certa omogeneità dei potenziali adottatori e apprendimento; ▪ modello a soglia dove vengono messi a
fuoco i comportamenti e l’eterogeneità dei potenziali adottatori.

Modelli epidemici: Hanno alla base le seguenti assunzioni: ▪ l’innovazione è superiore alle alternative
esistenti; ▪ i potenziali adattatori sono omogenei; ▪ prezzo dell’innovazione costante; ▪ l’offerta di input è
elastica; ▪ la profittabilità dell’innovazione è la stessa per tutti gli agenti. Siamo in un contesto che tende a
non essere molto coerente con l’approccio evolutivo. Il vincolo alla diffusione è dato sostanzialmente
dall’esistenza di asimmetrie informative tra i diversi adottatori. Per colmare queste carenze sull’esistenza e
sulle opportunità di nuove tecnologie si fa leva sulle dinamiche del contagio cioè aumentando l’esposizione
dei potenziali adottatori all’epidemia informativa.

I soggetti tendono a prendere decisioni simili anche se non dispongono della stessa informazione di
partenza perché gli adottatori che arrivano dopo (late adopter) imitano i comportamenti di quelli che sono
arrivati prima (early adopter). Questo comportamento è attivato da cascate informative (informational
cascades) che si generano quando i soggetti seguono i segnali relativi all’adozione manifestati dai
predecessori che possono essere favorevoli + o sfavorevoli -. I segnali informativi degli adottatori generano
esternalità positive ai non adattatori e si accumulano nel tempo, ma vengono seguiti nell’ordine in cui essi
arrivano: ++-- i soggetti adottano; --++ i soggetti non adottano. Se l’imitatore late adopter imita il early
adopter senza preoccuparsi di investire in esperienza diretta potrebbe trovarsi nella situazione in cui viene
intrappolato in una scelta inadeguata e che è irreversibile e quindi è intrappolato in scelta in cui i costi sono
irrecuperabili e non riesce a tornare indietro (lock in).

Modelli a soglia: assume che la popolazione dei potenziali adottatori sia eterogenea rispetto ad alcune
variabili strategiche. Per queste variabili è possibile individuare una soglia rispetto alla quale la popolazione
dei soggetti si differenzia. Si differenzia tra coloro che sono propensi ad adottare per primi e coloro che
sono propensi ad adottare dopo. Le caratteristiche specifiche X sono trattate come variabili esogene che
dipendono dallo scorrere del tempo e non dall’azione degli adottatori. Per ottenere un sentiero di
diffusione occorre che , con il passare del tempo, si modifichi qualcuna delle variabili esogene rispetto alla
soglia fissata. Le variabili X sono: ▪ le dimensioni dell’impresa; ▪ prezzo di innovazione; ▪ costo opportunità; ▪
costi del passaggio (switching costs); ▪ costi di ricerca delle informazioni (search costs). In una situazione
statica, perché si determini un sentiero di diffusione occorre che: 1. diminuisca la soglia critica S* (es
diminuzione del prezzo innovazione) in termini di dimensione di impresa 2. aumenti il numero delle
imprese con dimensione superiore alla soglia S*.

Rendimenti crescenti di adozione: Una tecnologia è caratterizzata da rendimenti crescenti di adozione se i


benefici goduti dal suo utilizzo aumentano all’aumentare del numero di soggetti che hanno già adottato la
tecnologia. Le fonti di questi rendimenti crescenti sono le esternalità di rete. (es. posta elettronica, social
network, auto e metano). Queste esternalità di rete possono essere: ▪ dirette in cui l’utilità/ produttività
cresce con il numero di acquirenti ▪ indirette in cui la dimensione della rete consente un miglioramento
delle performance dell’innovazione (es. community online per un supporto a un determinato software,
comunità di sviluppatori di componenti aggiuntivi). Un tipo di esternalità di rete sono i sistemi operativi
(linux, apple, windows) che possono avere comportamenti di apertura e condivisione di una soluzione
tecnologica.

Sistema innovativo: Il sistema, che consiste in organizzazioni e loro iterazioni, contribuisce a determinare il
comportamento innovativo delle imprese. L’efficacia e il successo dell’attività di innovazione dipendono dal
contesto istituzionale e delle infrastrutture economiche e sociali. In un sistema forte i singoli soggetti
(imprese, università ecc..) funzionano meglio (elemento di complementarità).

Sistema innovativo settoriale: Ogni sistema innovativo ha tre blocchi costituenti: ▪ conoscenza e regime
tecnologico ▪ attori e reti ▪ istituzioni. I vantaggi di tale approccio tendono ad avere una comprensione
migliore di : ▪ struttura confini settori/filiere; ▪ agenti e loro interazioni; ▪ i processi di apprendimento e
innovazione dei specifici settori; ▪ i tipi di trasformazioni settoriali; ▪ i fattori base delle differenti
performance di imprese e paesi nei diversi settori. Gli agenti del sistema settoriale sono: ▪ individui
(consumatori, imprenditori scienziati..) ▪ organizzazioni di imprese (utilizzatori, produttori, fornitori) ▪
organizzazioni non imprenditoriali (università, istituzioni finanziarie, agenzie organizzative, sindacati,
associazioni tecniche) ▪ sotto unità di organizzazioni più ampie (R&D production departments) ▪ gruppi di
organizzazioni (associazioni imprenditoriali). Gli agenti caratterizzati da specifici processi di apprendimento,
competenze, obiettivi, strutture organizzative e comportamenti interagiscono attraverso processi di
comunicazione, cooperazione, di scambio, di competizione e di comando. Le interazioni sono modellate
dalle attività che le diverse istituzioni mettono in atto: norme, regole, consuetudini pratiche consolidate,
leggi standard. I sistemi settoriali si evolvono, coevolvono e possono anche sorgere in nuovi sistemi
settoriali. Le imprese che operano in un sistema innovativo settoriale sono: le imprese farmaceutiche, le
imprese di telecomunicazioni, imprese che operano nel settore chimico e nei software, imprese che
costruiscono i macchinari.

Sistema innovativo nazionale: È l’insieme delle organizzazioni, istituzioni, infrastrutture: costituisce un


sistema. Mette in relazione le modalità del sistema innovativo con le caratteristiche istituzioni, culturali e
sociali della nazione. I casi di studio si sono basati sullo studio di due paesi: URSS e Giappone. Le
componenti del SNI sono: ▪innovazione; ▪ istituzioni cioè usi, costumi, regole, norme consolidate. Esse
hanno ruolo nella riduzione dell’incertezza e nella necessità di informazione e a contribuire
all’immagazzinamento e trasferimento della conoscenza; ▪ organizzazioni come università, banche, centri di
ricerca pubblici e privati.

Interazioni: Possono essere ● relazioni stabili cliente-fornitore (verticali) e orizzontali (convivenza con
atteggiamenti concorrenziali e collaborazione tecnologica;) ● ricerca scientifica e sistema educativo; ●
sistema finanziario → bank based (finanziamento principalmente tramite banche), stock-exchange (borsa),
venture capital (possibilità di ottenere finanziamenti, prevalentemente privati per lo sviluppo di progetti
innovativi particolarmente rischiosi e/o legati a settori in forte crescita); ● governo e politica tecnologica
industriale.

Misurazione performance sistema innovativo: ● R&S e personale di ricerca; ● brevetti registrati; ● indagini
sull’innovazione nelle imprese; ● bilancia dei pagamenti tecnologici e commercio di prodotti di alta
tecnologia; ● pubblicazioni scientifiche e citazioni; ● mobilità dei ricercatori. Senza una creazione di
database affidabili, affinati e armonizzati fra i diversi contesti settoriali è molto difficile effettuare delle
misure perché raccogliere e produrre dati scientifici è molto costoso.

I SNI si intrecciano con la globalizzazione in quanto le scelte di R&S e le scelte di localizzazione delle
multinazionali che svolgono attività innovative si intrecciano con diversi ambiti geografici quindi ci sono dei
flussi di spostamento, immigrazione, scelte localizzate che sono particolarmente arricchiti dalla
globalizzazione e sono stati oggetti di studio. C’è una forte attenzione fra i diversi campi dell’innovazione
con l’UE sia come produzione di dati della ricerca che come attenzione alla tematica e al dialogo delle
istituzioni che introducono regolamentazioni. Nel campo delle competenze digitali (riconoscimento di un
profilo coni sono due strumenti DiComp (individuo) e Entrecomp (imprese, definizione comune di
imprenditorialità ponte comune fra lavoro e educazione).
Luddismo: Il luddismo è un fenomeno che consiste nel tentativo di rifiuto della potenziale sostituzione del
lavoro con le macchine tessili. Nel 1811, i lavoratori del settore tessile tradizionale (telaio a mano) si
oppongono all’introduzione dei telai meccanici nell’industria tessile inglese. I lavoratori sentendosi
minacciati dalla meccanizzazione iniziano a distruggere i telai meccanici.

Nel 1930, Keynes, in un articolo intitolato “Economic possibilities for our grandchildren” (possibilità
economiche per i nostri nipoti), parla di disoccupazione tecnologica (=disoccupazione dovuta
all’avanzamento della tecnologia), affermando che la disoccupazione tecnologica rende i lavoratori
ridondanti solo nel breve periodo (fase di squilibrio transitoria).

Nell’approccio classico: ● per Adam Smith, l’adozione dell’innovazione tecnologica (macchinari) consente
una migliore divisione del lavoro. Questo migliora la produttività e di conseguenza a parità di domanda
(produzione) si ha un risparmio del lavoro; ● anche David Ricardo concorda con questo approccio ma
dedica una parte consistente della sua attività a studiare i potenziali riassorbimenti degli effetti negativi del
cambiamento tecnologico sulla domanda di lavoro. Non esclude una disoccupazione tecnologica che
tramite degli effetti di compensazione potrebbe essere temporanea; ● per Karl Marx la distruzione del
lavoro dovuta alla diffusione dell’automazione tende a essere più rapida dell’aumento del lavoro nel
settore che produce macchine. Una eccessiva accumulazione di capitale genera rendimenti marginali
decrescenti e una crisi di sovra-produzione. Nell’approccio neoclassico, innovazione=cambiamento nelle
tecniche produttive (funzione di produzione); l’approccio vede due teorie: crescita esogena (Solow) e nuove
teorie della crescita endogena. In entrambi i filoni di studio l’ipotesi è che si giunga ad un equilibrio nei
mercati, nei fattori produttivi e nei mercati finanziari. Gli studi fatti ci porta a dire che il cambiamento
tecnologico ha una forte componente di disequilibrio. L’ipotesi che si ritorni a un rapido equilibrio
dell’approccio neoclassico ù può essere messa in discussione dall’approccio di Schumpeter. Se la
disoccupazione tecnologica può portare ad escludere alcuni lavoratori dal sistema produttivo e la teoria
neoclassica (standard) comporta nell’immediato aggiustamenti dei salari al ribasso e ritorno al pieno
impiego, la disoccupazione può essere un fenomeno non permanente. Nell’approccio neo-schumpeteriano,
gli impatti occupazionali vengono analizzati e valutati in corrispondenza di nuovi paradigmi tecnologici. E
questi paradigmi, in particolare la tecnologia dell’informazione e comunicazione (ICT), portano ad una
alterazione e forti cambiamenti nel mercato del lavoro in cui: ● molte professioni vengono distrutte; ●
nuove professioni emergono; ● cambiano le competenze necessarie per le professioni che sopravvivono al
cambiamento. Gli effetti netti su quantità, qualità, remunerazione e localizzazione degli effetti
occupazionali dipendono da: a) contenuto tecnologico; b) velocità di adozione; c) competenze della forza
lavoro. Questo ci fa distinguere tra disoccupazione frizionale (temporanea) e disoccupazione tecnologica.

Innovazioni di processo e prodotto: L’innovazione di processo implica un risparmio dell’input lavoro e/o
capitale per produrre un determinato ammontare di output. Ci aspettiamo una riduzione dei costi di
produzione legata al fatto che c’è una minore necessità di lavoro, si risparmia l’input lavoro e questi minori
costi di produzione si riflettono in minori prezzi.

L’innovazione prodotto (prodotto nuovo o nettamente migliorato) può avvenire tramite: innovazione
incrementale, innovazione radicale o imitazione. Le innovazioni possono aprire nuovi mercati, quindi, c’è un
aumento di produzione nell’industria (o addirittura nella creazione di una nuova industria). Inoltre, c’è una
maggiore domanda di lavoro. Alcuni innovazioni possono sostituire prodotti già esistenti quindi ci sarà una
riduzione dell’assorbimento della domanda di lavoro in quei settori che erano impegnati nel prodotto
precedente . C’è un effetto ambiguo su produzione e domanda di lavoro → esempio: un nuovo prodotto è
un bene di investimento (macchinario) è: ● un innovazione prodotto per l’impresa che lo sviluppa ed ha un
impatto positivo sull’occupazione; ● innovazione di processo per l’impresa che acquista il macchinario che
ha un impatto negativo sull’occupazione. L’ effetto netto è ambiguo. Quando le imprese innovative
introducono congiuntamente innovazioni di prodotto e di processo (spesso lo fanno), i nuovi prodotti
necessitano di nuove linee di produzione rispetto alla gamma di prodotti già sul mercato. Questo
comporterà un effetto positivo determinato dal fatto che ci sarà domanda dei macchinari ma poi entrano in
gioco una serie di elementi che vanno studiati soprattutto a livello di strategia innovativa dell’impresa in
termini di competitività di prezzo e tecnologica.

Effetti a livello di impresa: Le imprese che fanno innovazione crescono più velocemente. Infatti,
l’innovazione di prodotto o di processo consente di migliorare la performance “relativa” dell’impresa
rispetto ai concorrenti aumentando le quote di mercato e questo produce la crescita di occupazione di
impresa che va a pari passo con l’innovazione. Vale anche la direzione di casualità inversa cioè le imprese in
rapida crescita hanno maggiori stimoli all’innovazione in quanto hanno un rafforzamento della posizione
competitiva dell’impresa innovativa.

Effetti a livello settoriale: Gli effetti a livello settoriale sono un insieme di: ● effetti diretti all’interno
dell’impresa: saranno positivi in presenza di un alta crescita della domanda, incerti o negativi in caso di
innovazione di processo; ● effetti indiretti cioè l’allocazione degli input tra imprese: legati alla
redistribuzione competitiva di produzione e occupazione e all’evoluzione della domanda generata
dall’innovazione; ● evoluzione della domanda. Effetti diretti: ● le imprese con innovazione prodotto
tenderanno ad aumentare l’occupazione dell’impresa; ● l’imprese con innovazioni di processo avranno una
riduzione dell’occupazione dell’impresa per unità di output. Effetti indiretti: ● l’innovazione di prodotto e di
processo consente un aumento delle quote di mercato a discapito delle imprese non innovative; ●
comporta una riallocazione degli input capitale e lavoro da imprese innovative e non innovative; ● se
l’impresa innovativa introduce innovazioni labour-saving, l’aumento di occupazione nell’impresa innovativa
tramite l’aumento delle quote di mercato sarà inferiore della riduzione dell’occupazione nell’impresa non
innovativa (che ha perso quote di mercato) ● la competizione dovuta all’innovazione di alcune imprese
determina l’uscita dal mercato delle imprese con peggiore performance ● ha un effetto composizione
anche in termini di intensità di lavoro per unità di output (labour share). Questo andamento può essere
misurato in termini di quote del lavoro, compensi sul lavoro aggiunto.

Effetti a livello macroeconomico: meccanismi di compensazione che si articolano in analisi di: ● riduzione
dei prezzi; ● nuove macchine; ● nuovi investimenti; ● riduzione dei salari; ● aumento dei redditi; ● nuovi
prodotti o nuove industrie.

Le innovazione di processo determinano una riduzione dei costi di produzione e, di conseguenza, una
riduzione dei prezzi. La riduzione dei prezzi influenza la quantità di domanda dei consumatori e la possibilità
di accedere ai nuovi mercati e quindi aumenta la quantità prodotta. I minori prezzi determinano un
aumento della quantità prodotta e quindi un movimento lungo la curva di domanda. L’innovazione di
processo riduce le necessità di ore lavorate per unità di output ma riduce i prezzi e quindi aumenta la
quantità prodotta. La rilevanza della compensazione dipende dall’elasticità della domanda .

L’innovazione determina una “domanda derivata” di nuove macchine necessarie a soddisfare l’aumento di
produzione o, in ogni caso, l’adozione delle nuove tecnologie incorporate nelle macchine. Questo genera
aumento della domanda di lavoro e dell’occupazione nel settore di produzione di macchinari. C’è una
possibile natura transitoria dell’aumento della domanda fino alla saturazione del mercato.

La riduzione dei costi, in contesti non perfettamente concorrenziali, garantisce extra profitti. Parte di questi
extra profitti possono essere reinvestiti nell’impresa, aumentando la domanda di lavoro. La scelta di
reinvestire dipende anche dalle prospettive di crescita della domanda. L’aumento della disoccupazione
tecnologica implica una riduzione del salario di riserva. Ci saranno persone disoccupate disposte a lavorare
per un salario minore percepito dai lavoratori impiegati e le imprese avranno incentivo ad assumere. Ci
sono dei limiti: ● il salario non è flessibile ma rigido; ● difficoltà di matching tra domanda e offerta; ● i
lavoratori disoccupati sono in genere diversi da quelli occupati. L’innovazione aumenta la ricchezza
prodotta (PIL) e conduce a un aumento dei redditi da lavoro e del redditi da capitale. L’aumento del reddito
aumenta la domanda aggregata e di conseguenza l’aumento della produzione dei beni nuovi.
Innovazione e qualità della forza lavoro: Perché si parla tanto di tecnologie di informazione e
comunicazione? Sostanzialmente perché è la fonte di flussi innovazione più importante e variegata. Un
primo effetto è l’influenza sulla produttività di lavoratori con skill particolari in cui il cambiamento
tecnologico migliora la produttività di lavoratori con particolari skills. Un secondo effetto però e dato dalle
tecnologie della comunicazione e informazione (ICT) che sostituiscono le attività routinarie in quanto: ● ICT
sono molto più precisi nel fare attività routinarie rispetto all’uomo; ● l’innovazione riduce continuamente il
costo di queste attività se fatte da macchine. Un terzo effetto è che l’ ICT consente di migliorare la
produttività dei lavoratori che si occupano di attività meno routinarie. Un ultimo effetto è che il
cambiamento tecnologico ha effetti sulla composizione della forza lavoro e sulle differenze salariali.

Caso statunitense: A partire dagli anni 70-80 si è osservato negli USA un aumento della disparità salariale
tra laureati e diplomati. Il differenziale salariale tra laureati e diplomati è passato da circa 45% negli anni 70
a circa 70% negli anni 2000. Con i due mandati di Ronald Reagan (1980-1988) la politica liberista
dell’amministrazione USA ha portato ad una perdita di potere dei sindacati che non è riuscita a rimarginare
tale differenziale. Lo sviluppo tecnologico dell’industria statunitense è andato nella direzione di una rapida
adozione di tecnologie di informazione e comunicazione (ICT). Le ICT sono complementari a lavoratori con
elevate competenze e sostitute di lavoratori con basse competenze.

Approccio delle attività (task): Un approccio utile allo studio degli impatti della tecnologia sul mercato del
lavoro riguarda l’analisi della produzione come combinazione di attività (task). I task possono essere portati
a termine da lavoratori e macchine e si distinguono in routinari e non routinari. I task routinari: ●
rispondono a regole codificate (o codificabili); ● richiedono una ripetizione metodica di un’azione; ● si può
programmare una macchina affinché si occupi dello svolgimento dell’attività (es: avvitare bulloni su una
catena di montaggio); ● possono essere manuali (es: assemblaggio) o cognitivi (es: calcolo, sensori). I task
non routinari sono attività che richiedono una reazione specifica ad ogni situazione: flessibilità, problem
solving, creatività, comunicazione complesse. Queste attività non possono essere facilmente fatte da
macchine. In questa categoria ci sono due tipi di attività: attività ad alte competenze (avvocati, ingegneri,
manager) e attività a basse competenze (autisti di camion, collaboratori domestici). Il cambiamento
tecnologico ● riduce il costo di far svolgere task routinari alle macchine (le macchine sostituiscono i
lavoratori routinari); ● rende routinarie delle attività che prima erano considerate non routinarie in quanto
si riesce a codificare le regole che le governano quindi nuovi lavoratori vanno a rischio di sostituzione grazie
all’automazione; ● aumenta la produttività dei lavoratori che svolgono attività non routinarie alte.

Le professioni stesse cambiano in termini di contenuto di attività routinarie e non routinarie. Esempi:
impiegati di banca → gli impiegati allo sportello nelle banche sono aumentati (+2% all’anno 2000, più della
media dell’occupazione). Questo perché: grazie agli ATM le banche hanno ridotto i costi e hanno potuto
aumentare il numero di filiali aumentando il numero di impiegati; le competenze necessarie per essere
impiegati di banca allo sportello sono cambiate perché sono cambiate le attività in termine di marketing e
attenzione al cliente.

Il cambiamento tecnologico aumenta la produttività delle professioni non routine alte e sostituisce le
professioni routine. Il cambiamento tecnologico contribuisce all’aumento della diseguaglianza nella
distribuzione dei redditi in due modi: a) aumento della quota del reddito totale distribuito ai detentori di
capitale a discapito del reddito di lavoro; b) riduzione dei salari per le professioni con salari più bassi ed
aumento dei salari per le professioni più alte. Il capitale è estremamente più concentrato del lavoro in
quanto poche persone detengono una quota molto rilevante di capitale.
Varietà: A livello di impresa, industria e sistema innovativo la varietà è intesa come misura in cui il
cambiamento tecnologico induce innovazioni nell’imprese; esso contribuisce a introdurre discontinuità e
quindi varietà nel sistema economico modificandolo qualitativamente; la varietà netta è l’introduzione di
nuovi prodotti, nuovi processi che possono sia sovrapporsi ai precedenti prodotti, processi e materiali, sia
soppiantarli cioè i vecchi prodotti, processi materiali spariscono facendo sopravvivere quelli nuovi; ● la
varietà netta dipende dall’equilibrio fra la varietà creativa e la varietà distruttiva; ● la varietà netta è il
risultato della selezione che avviene nel mercato in cui le imprese competono e determina le condizioni di
quel disequilibrio che , secondo Schumpeter, è alla base dello sviluppo economico. Gli elementi che
influiscono sulla varietà riguardano: ● aspettative tecnologiche, ● scaglionamento delle innovazioni nel
tempo, ● input complementari, ● infrastrutture, ● domande di mercato, ● capital stock vintage, ●
concentrazione e pluralismo industriale.

Aspettative tecnologiche e punti seguenti: Possono essere negative o positive. Le aspettative negative
riguardano la profittabilità di nuove tecnologie potenzialmente superiori per incertezza circa la successione
temporale e rilevanza dei perfezionamenti futuri della tecnologia emergente. Le aspettative positive,
invece, riguardano la futura disponibilità di innovazioni sostitutive che spiazzerebbero l’innovazione attuale
emergente; la possibilità di miglioramenti incrementali facilmente prevedibili e realizzabili sia nella
prestazione dei costi sia nelle performance della tecnologia.

Il passaggio dalla vecchia alla nuova tecnologia può avvenire in modo lineare se ci sono aspettative
convergenti circa i perfezionamenti su entrambi le tecnologie. Può verificarsi, però, che innovazioni
sostitutive subentrino prima dell’esaurimento del ciclo dell’innovazione originaria (es. rete telefonica fissa e
telefonia mobile). Questo comporta uno scavalcamento di fase che dipende dal differenziale nel costo di
produzione tra la vecchia e la nuova tecnologia (es. il costo di espandere la rete fissa e di installare, in
parallelo, quella di telefonia mobile è superiore al costo di investire solo sulla rete mobile).

Il fenomeno del lock in (rimanere legati alla tecnologia esistente) si verifica quando la tecnologia che è stata
introdotta per prima diventa dominate sul mercato, e viene selezionata dagli adattatori successivi anche se
nel frattempo si rende disponibile una tecnologia superiore. In questo caso, la selezione inefficiente è
giustificata dalle cosiddette economie di adozione, in base alle quali il vantaggio che si ottiene da una
determinata tecnologia aumenta all’aumentare del numero di coloro che la adottano.

L’adozione di una nuova tecnologia può dipendere dalla disponibilità di input complementari e dalla
presenza di infrastrutture di sostegno (es. beni e servizi innovativi su infrastruttura di rete). I costi associati
allo smantellamento e alla sostituzione delle infrastrutture connesse alla vecchia tecnologia influiscono
sulle decisioni di rimandare l’investimento alla nuova tecnologia. Es. tecnologia digitale di rete xDSL
(innesto a banda larga sulle linee telefoniche basate su cavi di rame (opera sull’infrastruttura esistente,
installata a supporto delle tecnologie analogiche di telecomunicazione, contro fibre ottiche).

maggiore è la domanda di mercato, maggiori saranno gli investimenti e l’innovazione. Finché le innovazioni
disruptive, incrementali o radicali, incontrano sul mercato una domanda esigua, l’impresa tende a rigettare
idee innovative non richieste privilegiando quelle che invece ne rafforzano la domanda.

Il capital stock vintage serve a spiegare la decisione di ritardare l’investimento in una nuova tecnologia a
partire dalla distinzione tra decisioni che portano a due casi differenti: 1) smantellare il capitale esistente e
sostituirlo con nuovo capitale; 2) ritardare la sostituzione. Il capitale esistente si misura, mediante il costo
opportunità del suo smantellamento, che è dato dalla differenza tra il ricavo di vendita nel mercato
dell’usato dei vecchi impianti e la spesa per smantellarli. Se questa differenza è positiva la sostituzione con
nuovi beni capitali diventa relativamente meno costosa perché il costo di investimento viene scontato dal
guadagno netto derivante dalla vendita del vecchio capitale. Questa condizione mette l’impresa che
sostituisce beni capitali in vantaggio rispetto all’impresa che installa il capitale ex novo. In presenza di costi
non recuperabili (sunk cost), il costo di smantellamento è tale che conviene persistere con il vecchio
impianto, poiché questo costo andrebbe ad aggiungersi a quello dell’investimento. Pertanto, la scelta di
ritardare l’investimento può essere la scelta ottimale se il vantaggio (risparmio attuale derivante dal
mantenimento del capitale esistente) supera lo svantaggio (la rinuncia del profitto che deriverebbe dal
nuovo investimento). Per Salter, la realizzazione di innovazioni tecnologiche è influenzata dalla
distribuzione per le classi di età dello stock capitale che condiziona il tasso di ricambio del capitale con beni
capitali tecnologicamente più avanzati.

Per quanto riguarda l’impatto dell’innovazione sulla struttura industriale, le variabili prese in
considerazione di volta in volta sono molteplici: ● economia di scala: i costi unitari medi diminuiscono
all’aumentare della scala di produzione. Le innovazioni, in particolare quelle di processo, tendono ad
aumentare le economie in scala e quindi di favorire una maggiore concentrazione industriale. Per le
innovazioni prodotto le evidenze sono miste; ● economia di scopo/varietà: la capacità di offrire una
molteplicità di prodotti diversificati con lo stesso marchio (integrazione orizzontale) consente il vantaggio
competitivo che deriva dal poter spostare fondi da un business forte ad un business debole (cross-
subszionation) all’interno dell’impresa e tende a consolidare l’impresa dominante e ad alzare la barriera
all’ingresso di nuove imprese con nuovi prodotti sullo stesso mercato. La diversificazione produttiva non si
traduce, tuttavia, necessariamente in maggiore integrazione orizzontale. La concorrenza delle imprese
innovative che sfidano sul mercato le imprese incumbent, infatti, si può riproporre anche all’interno della
stessa impresa quando prodotti nuovi competono con prodotti vecchi (cannibalizzazione). Si possono
determinare diseconomie di scopo/varietà dovute al conflitto per l’accesso alle risorse condivise delle aree
dell’impresa in competizione tra loro, quando l’impresa mantiene in vendita sia il vecchio che il nuovo
prodotto; ● spese in R&S: l’intensità della spesa e la sua rischiosità agiscono come una barriera all’ingresso
di nuove imprese nel mercato e quindi favoriscono la concentrazione industriale; ● ciclo di vita del
prodotto: nelle fasi iniziali (introduzione) l’innovazione è compatibile con un ambiente competitivo
pluralistico, mentre nelle fasi successive (crescita, maturità) le economie in scala e di ricerca agisce da
barriera, favorendo le imprese di maggiori dimensioni; ● rapidità del progresso tecnico: la velocità del
cambiamento tecnologico aumenta i costi delle imprese e quindi costituisce un incentivo alla
concentrazione industriale; ● de facto standard: il controllo di uno standard tecnico di cui l’impresa ha la
proprietà tende a favorire l’impresa incumbent e quindi a rafforzare la concentrazione industriale attorno
allo standard; ● inerzia organizzativa: l’impresa incumbent resiste al cambiamento per difendere la propria
organizzazione dal rischio di sfaldamento che deriverebbe dall’introduzione di innovazioni radicali e dalla
conseguente redistribuzione di potere entro i suoi confini, e tenta di ostacolare l’ingresso di imprese
innovatrici sul mercato.

Standard: Uno standard è il risultato di un accordo collettivo sulla scelta di una particolare soluzione. Uno
standard industriale è una serie di specificazioni tecniche alle quali si devono conformare gli elementi di
prodotti, processi, formati o procedure allo scopo di aumentare l’efficienza economica. Gli standard danno
luogo a economie di scale che fanno diminuire i costi medi e aumentare la scala di produzione. Poiché le
tecnologie sono composte da molteplici elementi che seguono traiettorie distinte, gli standard realizzano
diverse combinazioni allo scopo di facilitare un uso efficiente delle tecnologie. Gli standard possono avere
anche un impatto negativo sull’innovazione tecnologica, se inducono la persistenza di tecnologie vecchie e
inibiscono il passaggio a nuove tecnologie/standard (lock-in).

Le 4 aree di tassonomia delle funzioni degli standard sono: 1) qualità e affidabilità di un oggetto o di un
processo: lo standard deve avere livelli minimi di qualità (es. performance della durata del servizio, della
sicurezza dell’impatto ambientale); 2) informazione: valutazioni di carattere scientifico ed ingegneristico
basate su test e misurazioni standardizzate dei prodotti e dei lori attributi riducono i costi che peserebbero
sul venditore e sul consumatore per l’acquisizione o la contestazione di quelle stesse informazioni, che
farebbero aumentare i prezzi dei prodotti. Se misurazioni e test (che applicano determinati standard)
vengono fatti in tempo reale durante la produzione (invece che dopo le vendite ) si ottengono notevoli
guadagni di efficienza (es: sonde digitali per misurare conformità degli standard), misuratori di campi
elettromagnetici); 3) compatibilità/interoperabilità: fa riferimento alle proprietà che un prodotto deve
avere per funzionare con prodotti complementari; 4) riduzione di varietà (più diffuso): limita il prodotto
entro determinate caratteristiche (es. dimensione, qualità) e ne riduce la varietà, consentendo economie di
scala, tende a favorire la contrazione industriale (es. dimensione sacchetti di plastica, misure delle taglie dei
vestiti).

Gli standard dal punto di vista economico possono essere: ● di prodotto: relativi alla struttura di un
bene/servizio di cui si standardizzano uno o più attributi; ● non di prodotto (caratteristiche fuori catalogo):
relativi alla componente bene pubblico di quei beni/servizi che ne sono caratterizzati in larga parte. Poiché
sono neutrali sul piano della concorrenza richiamano scarso interesse economico da parte delle imprese, e
sono quindi materia di intervento delle autorità pubbliche (ad esempio metodi per la misurazione, in
genere vengono formalizzati con investimento congiunto di stato e imprese). Le imprese possono
standardizzare in due modi: senza competere (consentendo la modifica da parte dei concorrenti o offrendo
le tecnologie in licenza ai concorrenti) o competendo sul mercato finché uno standard emerge come quello
dominante e le imprese concorrenti saranno costrette ad adottarlo.

Diritti di appropriazione: I diritti di proprietà intellettuale (IPR) regolano la proprietà e lo scambio di beni
immateriali che rappresentano il frutto dell’attività creativa/inventiva nel settore artistico-letterario
(copyright) e settore industriale. Le tipologie di diritti sono: brevetti, copyright, diritti d’autore, marchi di
fabbrica e segreti industriali aggregabili in: ● idee (diritti di brevetti); ● espressioni artistiche (diritto di
autore e copyright); ● simboli (diritti dei marchi).

I diritti esclusivi di vendita: ● brevetti: forniscono un diritto esclusivo su un prodotto, un processo, una
sostanza o un design. Ciò che viene tutelato è l’invenzione non l’innovazione ● diritti di autore: forniscono
un diritto esclusivo di produzione, pubblicazione e vendita su opere artistiche, letterarie, musicali ● marchi
di fabbrica: forniscono un diritto esclusivo all’uso di parole, simboli o altre segni utilizzati per distinguere un
bene o un servizio di un’impresa da quelle di altre imprese. Si registrano tramite il Patent Office.

Gli incentivi alle innovazioni sono di vario tipo e: ● non tutto può essere brevettato (come le slot machine);
● talvolta i profitti dell’inventore sono inferiori ai benefici che la sua invenzione genera per la collettività
(es: Kodak); ● ci possono essere casi di pirateria cioè violazione del diritto di autore nel software; ● i costi
dell’imitazione < costi dello sviluppo dell’innovazione.

I brevetti ● comportano costi aggiuntivi per i potenziali imitatori e forniscono potere di mercato a chi li
detiene; ● possono avere carattere pre-emptive (brevetto inattivo) cioè non viene usato e il suo scopo è
quello di impedire ad altri di brevettare prodotti simili; ● incoraggiano la divulgazione, in quanto devono
contenere una descrizione scritta dell’invenzione in termini esaurienti, chiari, concisi e precisi tali da
consentire a qualsiasi persona esperta nel settore di realizzare e usare il prodotto o processo. Il segreto
industriale è uno strumento alternativo al brevetto che rende minima la divulgazione.

I diritti di copyright e quelli affini mirano a incoraggiare la creatività e sono protetti per un periodo minimo
di 50 anni dalla morte dell’autore. I diritti industriali sono dei segni distintivi (marchi di fabbrica, indicazioni
geografiche) per salvaguardare la concorrenza e proteggere i consumatori. La protezione può durare
indefinitamente finché il marchio continua ad essere distintivo. I diritti industriali sono anche brevetti,
design industriali, segreti industriali, per proteggere i risultati degli investimenti in nuova tecnologia e
stimolare l’innovazione e il trasferimento tecnologico mediante licenze, investimenti diretti all’estero e
joint venture. La protezione è a termine, nel caso dei brevetti normalmente dura 20 anni.

La domanda e l’assegnazione di un brevetto resta prerogativa nazionale, benché esista la possibilità di


adottare alcune procedure unificate per la sottomissione simultanea in più paesi e per la valutazione su
scale internazionale della richiesta presso organizzazioni internazionali In questi casi si parla di brevetti
“triadic”. Il brevetto dà al suo titolare: ● il diritto di escludere altri dal realizzare, usare o vendere
l’innovazione di cui ha brevettato la titolarità; ● il diritto monopolistico di sfruttare un’invenzione in cambio
di una rivelazione. In entrambi i casi il diritto di proprietà è valido in un determinato territorio e non è
definitivo ma è temporaneo. L’istituzione di questo diritto mira a contrastare la minaccia di concorrenza
sleale da parte di chi potrebbe trarre beneficio dall’accesso a idee, conoscenze, informazioni senza aver
partecipato ai costi della loro produzione. Nello stesso tempo, esso fornisce un incentivo a chi ha sviluppato
idee, conoscenze, informazioni a continuare a investire in innovazione, consentendogli di trarre guadagno
dallo sforzo compiuto. Questo, però viene definito equilibrio sub ottimale perché si determina con la
protezione di un monopolio temporaneo in quanto il detentore del brevetto potrà fissare un prezzo più alto
rispetto a quello corrispondente alla quantità ottima di soddisfazione della domanda di mercato (in quanto
è protetto da monopolio temporaneo). Quindi la quantità di domanda soddisfatta al prezzo di domanda di
monopolio sarà più bassa di quella ottimale.

Modello Frand: È alla base di una richiesta di una assegnazione di una giusta ed adeguata ricompensa ai
detentori di IPR, indifferentemente dal fatto che siano membri del ETSI (European Telecommunications
Standards Institute=definisce standard in ambito di telecomunicazioni) oppure no. Se viene individuato un
brevetto essenziale, ETSI farà una proposta basata sul modello FRAND al detentore del brevetto, che sia
membro di ETSI stesso oppure no. I detentori dei brevetti possono rifiutarsi di assegnare la licenza d’uso
fornendo, se sono membri di ETSI, le proprie motivazioni che verranno valutate da un organo giudicante
(tra cui Commissione Europea). Se non si raggiunge un accordo ETSI tenterà lo sviluppo di una tecnologia
alternativa oppure interromperà i lavori. ESEMPIO: crescita esponenziale dei brevetti avvenuta da 2G a 3G
telefonia mobile.

Cluster: Si intende la collocazione di imprese nello stesso spazio (co-location). Ad un livello intermedio di
complessità si situa il modello marshalliano di distretto industriale, nel quale imprese specializzate nella
stessa industria o tecnologia godono delle esternalità positive che derivano dalla collocazione nella stessa
area geografica (economia di agglomerazione) per la presenza di: ● un’infrastruttura di servizi che veicola i
collegamenti input-output tra fornitori e clienti; ● un bacino di lavoro specializzato a cui attingere; ● una
base di conoscenza che si accumula e si espande mediante l’interazione tra le parti.

Il rapporto tra imprese all’interno del cluster (insider) e imprese fuori dai cluster (outsider) non è costante
per la presenza di economie di agglomerazione e diseconomie di agglomerazione. Il percorso di sviluppo
della “massa industriale” di un cluster, pertanto, è descritto da una curva a “S” in cui si distinguono tre fasi,
in base ai vantaggi localizzativi: a) crescita ridotta, con information spillover volontari; b) crescita sostenuta
guidata dalle economie di aggregazione marshalliane; c) rallentamento, fino ad un punto di equilibrio in cui
le economie e diseconomie di agglomerazione si equivalgono e azzerano i vantaggi localizzativi di un
potenziale nuovo entrante. I vantaggi più significativi si determinano nelle fasi iniziali quando cioè si
generano le condizioni per cui, come sintetizza Swann,: ● le imprese localizzate in cluster forti spesso
crescono più rapidamente della media; ● i cluster forti attraggono un numero sproporzionato di nuove
imprese (strat up); ● nelle industrie high-tech la prossimità con istituzioni di ricerca di alto livello attira
l’insediamento di imprese; ● nei cluster forti si generano alti livelli di innovazione e di brevetti. Le
interazioni tra cluster nello stesso territorio possono essere di tipo : ● mutualistico; ● competitivo; ●
predatorio. Per quanto riguarda le relazioni di tipo manualistico sono sostenute da spillover tecnologici e di
conoscenza che rappresentano la leva principale dello sviluppo di un cluster. Tuttavia, queste relazioni
possono convivere con relazioni di tipo competitivo e/o essere sostituite da interazioni di tipo predatorio.
La geografia dei cluster, pertanto, è un risultato della competizione industriale, piuttosto che un suo
requisito.

Frammentazione produttiva: Jones e Kierzkowski (2001, 2005) impiegarono il termine “frammentazione” a


proposito della suddivisione di processi produttivi integrati verticalmente (integrazione della produzione
con altre aree aziendali ad es logistica) in segmenti separati. Questi frammenti entrano nel circuito del
commercio internazionale come intra-industry trade (commercio all’interno dell’industria) e ne
costituiscono ormai parte preponderante. La frammentazione produttiva richiede, in parallelo, la
produzione crescente di servizi, che devono ristabilire il collegamento tra le varie parti durante il percorso
di separazione e re-integrazione (ad esempio: servizio logistici, finanziari, servizi business). La
frammentazione, quindi, contribuisce ad alterare il modello di produzione manifatturiera, da una parte, e a
trasformare il commercio internazionale da commercio di beni (trade in goods) in commerci di attività
(trade in tasks) con una crescente quota di servizi contenuta nei beni stessi.

Globalizzazione vs internalizzazione: La globalizzazione economica segna il passaggio dall’integrazione


verticale di una “catena” entro un’unica impresa/holding e sull’installazione di impianti nei mercati
(offshoring) da parte della stessa impresa multinazionale MNC (internalizzazione produttiva ) ad un modello
basato sulla frammentazione produttiva e su una rete globale di fornitori specializzati a cui vengono
affidate (outsourcing) lavorazioni e realizzazione di prodotti e servizi intermedi lungo catene di valori
globali.

Value chains: È l’insieme delle attività necessarie per la realizzazione di un prodotto (bene o servizio) dalla
sua ideazione fino all’uso finale, lungo le fasi di ideazione, progettazione, acquisizione degli input
produttivi, produzione, marketing, distribuzione commerciale, assistenza postvendita. La catena del valore
non è necessariamente inclusa all’interno di un'unica organizzazione ma può coinvolgere diverse imprese in
uno spazio economico locale, regionale, nazionale o globale. Le catene di valore globali (GVC)
distribuiscono le attività sul mondo intero, sia mediante investimenti diretti all’estero (IDE) per la de-
localizzazione degli impianti o l’acquisizione di impianti locali in diversi paesi (offshoring), sia mediante
contratti di fornitura di input, servizi, task assegnati a partner esterni (outsourcing). Secondo la
categorizzazione di Baldwin e Venables (2010) vi sono: ● snakes value chains, che applicano il classico
modello della linea di assemblaggio in cui il prodotto o servizio segue un percorso di sviluppo sequenziale;
● spiders value chains, che includono anche l’assemblaggio finale di prodotti o servizi intermedi, forniti dai
supplier distribuiti globalmente, come nel caso dell’Iphone. La GVC si sviluppano particolarmente in certi
settori industriali, nei quali la componente “intangibile” dei servizi e la modularità dei prodotti è
relativamente alta. I soggetti coinvolti sono: ● le imprese multinazionali; ● le loro filiali; ● i fornitori.

Domestic vs foreign value added: Per evitare il problema del “doppio conteggio” (double counting) si
distingue tra: il valore creato nei diversi paesi in cui sono realizzate le fasi produttive (domestic value
added) e il valore che è importato da paesi terzi sottoforma di input intermedi (foreign value added).
Mentre entrambi entrano nel computo delle esportazioni totali lorde, solo il domestic value added (dva)
contribuisce ad aumentare il PIL del paese esportatore. Il foreign value added (fva) segnala il grado di
integrazione internazionale delle industrie locali e il grado di specializzazione verticale di un paese interno
delle GVC e cioè il suo ruolo nell’esecuzione di particolari attività (task). Seguendo il metodo della
decomposizione del valore aggiunto dell’esportazioni, l’indice di partecipazione alle GVC è calcolato come
percentuale delle esportazioni lorde e ha due componenti: a) il contenuto di import (fva) viene usato
nell’export di un paese; b) l’export di input intermedi (dva) sono impiegati nell’esportazione di paesi terzi.
Lo studio del valore aggiunto ci dice: ● sul versante manifatturiero, i paesi emergenti hanno catturato
quote crescenti di valore aggiunto, mentre l’insieme dei paesi OECD l’ha diminuita (ma gli USA l’hanno
rinforzata e Unione Europea l’ha mantenuta; ● oltre il 60% del valore aggiunto manifatturiero mondiale e
comunque generato nell’area OECD ● le economie OECD sono specializzate in prodotti industriali ad alta
intensità di tecnologia e a maggior valore aggiunto; ● le economie OECD catturano la quota maggiore del
valore aggiunto creato dalle GVC nel settore dei servizi, che è il settore trainante delle economie sviluppate;
● le economie emergenti traggono la quota maggiore di valore aggiunto dalla GVC manifatturiere NB. OCSE
significa Convenzione sull’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Network: È un insieme di punti (vertici o nodi) e di linee di interconnessione (link) organizzato con
l’obiettivo di trasmettere flussi di beni/servizi, come accade, ad esempio, nelle reti delle public utilities o
nelle reti di trasporto, o flussi di dati, suoni immagini, come accade nelle reti di telecomunicazione o lungo
la rete delle reti di Internet. Ogni punto può essere: ● un nodo iniziale da cui emesso il flusso ● un nodo
terminale che riceve il flusso ● un nodo intermediario che ha il ruolo di trasmissione, amplificazione o
coordinamento. Le reti sono di diverse tipologie: ● rete a stella che è centralizzata ● rete a cristallo o ad
alberi che è decentralizzata ● rete a ragnatela che è distribuita e ciascun punto o nodo sembra avere un
ruolo simile ed equilibrato. La probabilità di ciascun nodo di entrare in connessione con gli altri nodi va da 0
(nei network completamente regolari) a 1 (nei network completamente random) dove tutti i nodi hanno la
stessa probabilità di entrare in connessione tra loro e non si formano cluster (gruppi), cioè subnetworks.
Nei network in cui vige la proprietà small world si determinano molte connessioni locali e poche
connessioni a lunga distanza e c’è un alto coefficiente di clustering.

Scale-free network: Ci sono ampie variazioni nel numero di link per nodo. C’è un numero limitato con molti
link che coesiste con un numero molto ampio di nodi (hubs) con un numero limitato di link. Il network
cresce by preferential attachment: i nodi con il maggior numero di link ricevono un numero di nuove
connessioni superiore a quello che si dirige verso nodi con meno link. Questo modello presenta dunque
anche la proprietà small-world, benché non valga necessariamente il contrario, e cioè che gli small-world
network siano scale-free. Questo modello rappresenta tipicamente la gran parte dei network nel mondo
reale.

Industrie a rete: Le industrie a rete sono sistemi di erogazione di beni e servizi che avvengono tramite
un’infrastruttura a rete in cui a ciascun nodo corrisponde un installazione della catena di produzione,
trasformazione, distribuzione e che, a seconda delle modalità d’accesso degli utenti, può essere one-way
(dal centro a una frammentazione di utilizzatori) o two-ways (reti di trasporto, TLC). Esse presentano
quattro caratteristiche 1) economia di scala sul lato della produzione; 2) complementarietà, compatibilità e
standard; 3) effetti ed esternalità di rete; 4) switching costs (costi di trasferimento) e lock-in. Generalmente
gli utenti sono vincolati alla rete da contratti, programmi, opportunità che fanno aumentare gli eventuali
costi di passaggio ad un'altra rete di bene o servizi simili o alternativi.

Reti di imprese e imprese in rete: Con rete di imprese si intende una o più organizzazioni coinvolte in una
relazione a lungo termine basata su diverse forme di accordi. Esse realizzano strutture e processi produttivi,
condividono processi decisionali e si riconoscono in un modello di management comune. Gli accordi
possono essere di: ● natura commerciale, ● cooperazione, ● di subfornitura, ● di licenza e cessione know-
how, ● acquisto di componenti e materie prime.

L’impresa in rete, protagonista di reti a geometria variabile nello spazio e nel tempo, che perseguono i
vantaggi della divisione del lavoro dilatando i confini dell’organizzazione oltre il suo perimetro formale.
Questo tipo di impresa è l’insieme delle relazioni che un’impresa mantiene a monte e a valle, con i suoi
subfornitori e con imprese di servizi, sulla base di accordi che non implicano la costituzione di un’entità
organizzativa separata. Gli accordi, formali o informali, a durata variabile, sono diretti a realizzare la
cooperazione tra imprese o tra le loro unità, per implementare attività specifiche che fanno parte della
catena del valore.

Intervento pubblico: È motivato (in generale) se consente di migliorare il benessere rispetto alla situazione
in assenza di intervento pubblico. La conoscenza è un bene pubblico (impuro) in cui: ● parte della
conoscenza sviluppata da un’impresa potrà essere utilizzata da altre imprese per lo sviluppo di nuove
tecnologie; ● la non escludibilità della conoscenza implica un incentivo a comportamenti opportunistici
(free rider) e una fornitura sub-ottimale del bene. Quindi si rende necessario un intervento pubblico per: ●
fornire il bene pubblico (o parte del bene) in modo da essere un punto di base per la ricerca in centri di
ricerca pubblici e università; ● garantire forme di escludibilità (IPR) ● compensare i fornitori privati per la
mancata internalizzazione di tutti i benefici della conoscenza tramite sussidi agli investimenti in R&S. Nei
modelli di Patent race, il vincitore della competizione tecnologica si aggiudica il potere di monopolio
sull’innovazione e: ● gli sforzi innovativi dei concorrenti sono uno spreco di risorse; ● può essere efficiente
limitare la competizione tra imprese in progetti innovativi che richiedono rilevanti investimenti per evitare
una duplicazione degli sforzi (pickingwinners); ● rischio di identificare il vincitore sbagliato (e incentivo ad
attività di rent seeking). Per quanto riguarda il potere di mercato la relazione tra innovazione e struttura di
mercato è bi-direzionale e: ● la rendita temporanea garantita dall’innovazione può consolidare posizioni di
potere di mercato riducendo il benessere dei consumatori; ● c’è la necessità di bilanciare la premialità per il
successo innovativo con la garanzia di difesa del consumatore facendo entrare delle politiche antitrust.

Sistema brevettuale: Il sistema brevettuale limita la ‘non escludibilità’ della conoscenza. Ci possono essere
dei rischi quali: 1) duplicazione degli sforzi: la copertura del diritto di proprietà intellettuale a partire dalla
data della domanda di brevetto (e della conseguente pubblicazione) limita questo rischio; 2) proliferazione
di brevetti “civetta” in questo caso l’impresa innovatrice potrebbe cercare di ottenere molti brevetti
‘attorno’ all’innovazione principale con il fine di saturare il mercato ed evitare l’ingresso di altre imprese; 3)
potere di mercato in prodotti “modulari” per la quale se per produrre un bene serve un componente
fondamentale protetto da brevetto, l’impresa che detiene il brevetto ha un potere eccessivo
nell’imposizione del prezzo del componente si ha un blocco dello sviluppo di innovazione complementari;
oppure si ha la licenza obbligatoria per brevetti non attuati.

Strumenti dal lato dell’offerta: Ha come obiettivo quello di influenzare in maniera diretta gli incentivi delle
imprese riguardanti l’intensità e la direzione dell’attività di innovazione. Se il mercato fallisce nel fornire gli
incentivi adeguati, il settore pubblico dovrà prendersi carico di identificare questi incentivi. Possono esserci
cinque tipologie di strumenti: misure orizzontali; finanziamenti tematici, strategie di segnalazione; strategie
protezioniste; misure di finanziamento.

Misure orizzontali: Hanno come obiettivo quello di risolvere il fallimento di mercato che porta ad un sotto-
investimento in ricerca e sviluppo. I sussidi orizzontali sono destinati, potenzialmente, a tutte le imprese
operanti in qualsiasi settore e attive in qualsiasi tecnologia. Tutte le imprese che hanno i requisiti
riceveranno il sussidio in cui: ● i requisiti per l’accesso al sussidio è determinato una auto-selezione delle
imprese che, valutando costi e benefici, decidono di utilizzare il sussidio ● l’attribuzione è automatica e non
soggetta alla valutazione ex ante riguardo al progetto ed ex post (se non di tipo contabile) dell’uso del
sussidio. Affinché siano efficaci, le misure orizzontali devono far sì che il sussidio dia luogo a investimenti
addizionali. Per molte imprese il sussidio non fa altro che spiazzare o sostituirsi agli investimenti privati. La
domanda è l’impresa avrebbe investito in R&S anche in assenza del sussidio? Per evitare lo spiazzamento,
le misure orizzontali possono ● richiedere un co-finanziamento degli investimenti sussidiati; ● finanziare
solamente la parte eccedente gli investimenti medi passati dell’impresa. Nello specifico, le misure
orizzontali possono essere nella forma di: sussidi diretti o credito d’imposta. La raccolta di risorse pubbliche
per il finanziamento è abbastanza costosa per la società nel senso che genera un aumento della tassazione
distorsiva.

Finanziamento tematico: È basato sulla definizione ex ante dei temi di ricerca, innovazione e sviluppo
tecnologico che saranno oggetto di finanziamento pubblico. Le imprese dovranno proporre progetti
specifici che saranno valutati da agenzie pubbliche riguardo a: ● attinenza ai temi selezionati; ● qualità e
fattibilità della proposta. L’agenzia pubblica avrà anche il compito di valutare lo stato di avanzamento
dell’attuazione dei progetti approvati. Il governo avrà la responsabilità di individuare (e selezionare) i temi
in basi a criteri “politic” ● identificazione di tecnologie strategiche per lo sviluppo industriale di un paese
(es: banda ultra-larga, general purpose technologies); ● scelta di settori e tecnologie per le quali non esiste
una domanda di mercato ma che contribuiscono all’aumento del benessere come: tecnologie ambientali
tecnologie mediche. Queste operazioni possono anche portare dei risultati non soddisfacenti con il rischio
di “fallimento del governo”. La definizione dei temi potrebbe essere: ● troppo ampia in cui può esserci un
mancato raggiungimento degli obiettivi sociali; ● troppo ristretta in cui ci può essere la selezione di progetti
di bassa qualità aderenti al tema e in contemporanea l’eliminazione di progetti di più alta qualità e più
rischiosi; L’ampiezza dei temi è rilevante anche nella fase di valutazione dei progetti bisogna costituire un
comitato di valutazione e c’è il rischio che le imprese si specializzino nella cattura dei fondi pubblici La
selezione di progetti in determinati ambiti tecnologici può configurarsi, in un contesto internazionale, con la
fattispecie di “aiuto di stato” che distorce la concorrenza internazionale. Per evitare di incorrere nel rischio
di sanzioni, i programmi di finanziamento tematico dovrebbero focalizzarsi su progetti che sono in una fase
ancora lontana dallo sfruttamento commerciale del prodotto che sono chiamate precompetitive cioè che
non sono pronte per lo sfondo commerciale.

Misure di finanziamento: Il finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo è sub-ottimale a causa di


problemi di asimmetria informativa, di mancanza di garanzie reali e di elevato grado di incertezza. Uno
degli strumenti possibili per il finanziamento delle attività innovative è il mercato del venture capital
(=fondi investiti a lungo termine in imprese caratterizzate da elevato grado di rischio). Lo sviluppo di un
sistema di venture capital è complesso. Il finanziamento pubblico è necessario anche per quelle tecnologie
per le quali il mercato ha una valutazione inferiore rispetto al contributo totale al benessere. Esempi:
possono essere: ● le tecnologie ambientali migliorano il benessere delle generazioni correnti e future (che
ancora però non partecipano al mercato) ● alcuni farmaci servono alla cura di malattie prevalenti in paesi o
categorie di pazienti che non possono permettersi il pagamento integrale del prezzo del farmaco Il
sostegno pubblico al finanziamento di queste tecnologie può permettere di superare la resistenza degli
investitori privati.

Fornitura di beni complementari: L’attività di innovazione utilizza una serie di fattori produttivi la cui
offerta è generalmente limitata. Il finanziamento pubblico all’educazione secondaria e universitaria
contribuisce ad aumentare l’offerta di lavoratori qualificati che possano essere impiegati nelle attività di
ricerca e sviluppo. Il finanziamento dovrebbe essere “selettivo” (per tipo di corso di studio), privilegiando le
discipline più rilevanti cosa che è difficile da valutare ex ante. C’è però il rischio che le competenze
sviluppate siano poi impiegate in altri settori con minore impatto sulla produttività e sul benessere.

Misure dal lato della domanda: Nelle misure dal lato della domanda, l’intervento pubblico può considerare
misure che favoriscano l’adozione di innovazioni attraverso sussidi all’adozione e diffusione di informazione
Perché “accelerare” artificialmente’ l’adozione? Perché c’è: ● la presenza di benefici che vanno al di là dei
benefici privati dell’adottatore (es: tecnologie ambientali); ● l’accelerazione del processo di apprendimento
delle imprese consente una più rapida riduzione dei costi e un più rapido sviluppo delle innovazioni
incrementali e complementari; ● miglioramenti di produttività degli acquirenti in altri settori
dell’economia. In alcuni casi (esternalità di rete con rischio lock-in) potrebbe aver senso rallentare
artificialmente l’adozione (in attesa di miglioramenti delle tecnologie concorrenti). Nel caso di sussidi
all’adozione: ● si può prevedere un sussidio corrisposto ad ogni potenziale adottatore; ● adotteranno
anche coloro i quali hanno una valutazione privata inferiore al prezzo di mercato del bene. Nel caso di
diffusione di informazione: ● nei modelli di diffusione di tipo epidemico, il limite alla diffusione istantanea
era l’assenza di informazione; ● la presenza stessa di sussidi può fungere da meccanismo di diffusione
dell’informazione riguardante nuove tecnologie.
Cambiamento strutturale: I paesi sviluppati stanno sperimentando una progressiva riduzione
dell’importanza del settore industriale (inclusa la manifattura) che prosegue da diversi decenni.
L’innovazione è andata di pari passo con un forte aumento delle attività di servizio cioè di
accompagnamento sia nella gestione della produzione che nella fase post-vendita dei prodotti. I paesi
emergenti, invece, stanno seguendo un trend diverso da quelli sviluppati in quanto c’è una
deindustrializzazione prematura cioè “picco manifatturiero” che avviene a livelli più bassi di reddito pro-
capite.

Innovazione dei servizi: Il settore dei servizi è spesso visto come un settore “stagnante” perché: ● non si
crea innovazione tecnologica; ● ha limitate possibilità di aumenti di produttività. Ciò nonostante, la
produttività del lavoro nel settore dei servizi, seppur caratterizzata da una crescita relativamente lenta,
tende ad essere al di sopra della media della produttività dell’economia quindi l’innovazione nei servizi c’è,
ma è diversa rispetto all’innovazione nell’industria. Nelle innovazioni dei servizi si hanno miglioramenti di
efficienza.

In molti casi l’innovazione nei servizi consiste in un crescente contributo dell’utente nella fornitura dei
servizi. Il cliente diventa co-produttore in quanto produce il servizio con il fornitore (es: prenotazioni online
di viaggi, hotel, montaggio di mobili, separazione dei rifiuti). In pratica noi come beneficiari dei servizi
realizziamo una serie di operazioni in cui possiamo sia partecipare che lasciare dei feedback che
contribuiscono alla definizione di miglioramenti del servizio.

I servizi possono essere classificati in base alla trasformazione: ● trasformazione fisica soprattutto di beni
come servizi manutenzione, logistica ecc ..; ● trasformazione dell’informazione come call center, servizi
editoriali ecc … ; ● basati sulla conoscenza che sono servizi che offrono input ad alta intensità di conoscenza
per processi di business di altre organizzazione (es. servizi di ricerca); ● trasformazione delle persone come
i servizi estetici, sanitari. Una distinzione tra servizi embodied ed embedded. I servizi embodied sono quei
servizi che vengono sviluppati nel processo produttivo come il processo agricolo e manifatturiero (es.
fornitura, energia trasporti, telecomunicazioni, …). I servizi embedded sono quei servizi che vengono
erogati sul punto di vendita (es. servizi di riparazione) che poi seguono la vita del prodotto (servizi post-
vendita).

Innovazione nel settore pubblico: il settore pubblico (soggetti eterogenei=non si può pensare ad un ente
pubblico rappresentativo) interviene qualora un servizio nuovo o migliore operi una redistribuzione del
benessere. La creazione del valore si concretizza nell’uso del servizio migliorato o nuovo → la mera offerta
del servizio non è considerata innovazione. La (relativamente) ridotta importanza componente tecnologica
non consente di valutare l’innovazione nel settore pubblico attraverso l’input classico in attività di
innovazione o R&S. I soggetti (enti pubblici) passano in secondo piano rispetto agli oggetti (innovazioni)
quindi è difficile effettuare rilevazioni statistiche.

Foresight(=previsione): il concetto di previsione si riferisce a una serie di processi sistematici e mirati di


riflessione orientata al futuro tra attori (del sistema dell’innovazione) al fine di identificare le azioni da
intraprendere oggi per un futuro migliore domani. Per fare ciò, si individuano aree di ricerca strategiche e si
cerca di creare un pool di conoscenze e analisi per fomentare dibattiti e far sì che dall’interazione nascano
vere e proprie risorse condivisibili con gli altri.

Gli elementi essenziali dell’esercizio di previsione sono: 1) anticipazione e previsione degli sviluppi a lungo
termine; 2) interazione/dibattito; 3) social networks; 4) visioni strategiche condivise; 5) implicazioni per
decisioni e azioni attuali. Gli aspetti comuni degli esercizi di previsione riguardano la presenza di esperti,
gruppi, team, sponsor, rendicontazione, ecc.. (questioni oggettive); gli esercizi possono invece differire per:
tipo di metodo utilizzato, grado di partecipazione dei vari soggetti, budget e tempo disponibile, copertura
(su quali aree si decide di focalizzarsi), ecc.

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