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Molte imprese, a causa del timore di perdere il proprio vantaggio competitivo, si buttano a
capofitto nello sviluppo di nuovi prodotti e di nuovi servizi senza aver definito una precisa
strategia e senza avvalersi di adeguati sistemi di gestione di tali processi. In questo modo, le
imprese avviano più progetti di quanti effettivamente possono sostenerne oppure scelgono
progetti poco coerenti con gli obiettivi. Questa situazione si traduce in un fallimento per
l’impresa.
Tale definizione di innovazione, è stata fornita dalla Organization for Economic Co-operation
and Development, OECD, quando, nel 2005, si è venuta a creare la necessità di sviluppare un
approccio più relazionale alle attività di ricerca e innovazione che ha portato alla realizzazione
del Manuale di Oslo. La OECD è un’organizzazione sovranazionale, finalizzata allo sviluppo
economico e alla cooperazione di cui fanno parte una grande porzione di paesi europei e gli
Stati Uniti d’America.
Un’innovazione, inoltre, può implicare una modifica dei singoli componenti, della struttura
generale, ovvero l’architettura, entro la quale operano i singoli componenti, oppure di
entrambi. Sulla base di ciò, è possibile fare un’altra classificazione di innovazione (Henderson
and Clark, 1990).
Un’ulteriore definizione di innovazione è stata fornita da Peter Drucker, uno dei maggiori
studiosi di management e di innovazione.
Drucker afferma che un’impresa acquisisce valore nel momento in cui possiede la capacità di
anticipare e di investire nelle opportunità del domani, credendo nell’innovazione qualsiasi
essa sia: di prodotto, di processo, di marketing, organizzativa.
1.2.1 Il contributo di Schumpeter
Un contributo fondamentale è stato fornito da Joseph Schumpeter, il primo economista che ha
esaminato in modo ampio, sistematico e approfondito il ruolo dell’innovazione nelle moderne
economie industriali.
Schumpeter assiste ad una trasformazione epocale del mondo delle imprese, dove gli sviluppi
tecnologici vengono implementati nei prodotti. Egli comprende che non si può considerare
l’innovazione come qualcosa che avviene nelle imprese secondo lo schema neoclassico. La
sua ipotesi fondamentale è che la tecnologia nasce al di fuori delle imprese e, osservando che
l’innovazione accompagna le imprese che divengono sempre più grandi, considera
l’innovazione come la chiave di sviluppo dell’impresa, ossia che un’impresa possa svilupparsi
per effetto dell’innovazione e non per effetto di una combinazione di capitale e lavoro o come
riduzione dei costi. Inoltre, i cambiamenti nelle imprese sono condizionati dai grandi
cambiamenti tecnologici, tali innovazioni, dunque, entrano nelle imprese perché avvengono
cambiamenti tecnologici a livello globale che diventano fondamentali per le imprese. Il
cambiamento tecnologico determina anche lo sviluppo del sistema economico centrale, quindi
i cambiamenti tecnologici sono responsabili dello sviluppo economico di un paese.
Con l’innovazione si ha una distorsione del mercato, sconvolge la struttura del mercato.
L’innovazione schumpeteriana ha un potere distruttore: è una forza che distrugge le
precedenti strutture di mercato e le precedenti strutture delle imprese.
Ø Rispetto al tempo in cui essa si manifesta: le innovazioni non rimangono eventi isolati
e non sono distribuite in modo uniforme nel tempo, ma tendono a comparire in modo
discontinuo e “a grappoli”, poiché all’inizio solo alcune imprese avviano processi di
innovazione e in un secondo momento la maggior parte di esse seguono, facilitate
dall’azione delle prime. Questa è una delle principali cause delle fluttuazioni cicliche
(business cycles) che caratterizzano l’andamento dello sviluppo economico.
Innanzitutto, può nascere all’interno della mente di un individuo, come accade nel caso
dell’inventore solitario o degli utilizzatori di un determinato prodotto o di una determinata
tecnologia, i quali vanno alla ricerca di soluzioni innovative al fine di soddisfare i propri
bisogni, sostituendo, in un certo senso, l’impresa nella creazione e ideazione di determinate
caratteristiche del prodotto o nella creazione di un prodotto ex novo.
In secondo luogo, l’innovazione può essere generata dalle attività di ricerca condotte da enti
pubblici di ricerca, università, incubatori di imprese e fondazioni private. Le imprese
rappresentano una delle fonti di innovazione più significative, grazie alla disponibilità di
maggiori risorse rispetto al singolo individuo e alla capacità di utilizzare tali risorse
orientandole verso il raggiungimento delle strategie e degli obiettivi prefissati. Le imprese,
inoltre sono notevolmente propense a realizzare prodotti e offrire servizi attivi, al fine di
aumentare il proprio grado di differenziazione rispetto ai competitors.
Uno degli aspetti rilevanti della teoria della triple helix riguarda il rapporto fra il Sistema
Nazionale dell’Innovazione e la triple helix stessa. Nonostante gli attori che prendono parte ai
due sistemi siano gli stessi, il nuovo sistema si differenzia fortemente dal quella che è
l’interpretazione classica del Sistema Nazionale dell’Innovazione nell’economia della
conoscenza, poiché, mentre in quest’ultimo ciascuna istituzione opera secondo un unico asse,
che rappresenta la “funzione specifica”, nella triple helix ciascuna sfera opera lungo due assi,
un asse “x” in cui riveste il suo ruolo tradizionale e un asse “y” in cui assume nuovi ruoli.
Questa interpretazione del ruolo che le istituzioni giocano, le une rispetto alle altre, assume un
ruolo fondamentale poiché la tesi che ne sta alla base è che sia possibile, per ciascuna
istituzione, comprese le università, assumere ruoli multipli, senza che la funzione primaria sia
danneggiata, bensì con un effetto sinergico in cui l’assunzione di nuove responsabilità porta
beneficio nello svolgimento delle funzioni originali (Etzkowitz, 2000).
Le fonti di innovazione, dunque, fanno parte di un sistema altamente complesso, in cui ogni
singola innovazione può emergere da uno o più attori del sistema o piuttosto dai legami tra i
nodi del network (Schilling, 2009).
1. Ricerca di base: è la prima fase del processo di innovazione. È un’attività basata sulla
pura curiosità e volontà di aumentare la propria conoscenza senza alcun fine
applicativo o pratico. Tale ricerca tende a produrre un tipo di conoscenza più generale
e teorica.
5. Marketing: è l’ultima delle cinque fasi che portano alla creazione di una innovazione.
Tale innovazione, qui, viene commercializzata sul mercato dall’impresa, la quale
prende una serie di fondamentali decisioni riguardo il posizionamento all’interno del
mercato, le politiche di pricing, al fine di ottenere un profitto quanto più grande
possibile (Schilling, 2009).
È stato osservato che sia il tasso di miglioramento della performance di una tecnologia sia il
suo tasso di diffusione del mercato tendono a seguire l’andamento di una curva a S. I due
processi devono necessariamente essere considerati distinti e separati, nonostante esista una
certa correlazione tra le due curve, in quanto un miglioramento della performance può
riflettersi come un incentivo per la diffusione di una tecnologia, mentre un elevato tasso di
adozione può sollecitare le imprese ad investire per migliorare le proprie prestazioni
tecnologiche.
Mettendo in relazione l’incremento delle performance della tecnologia (asse delle ascisse) con
l’impegno (asse delle ordinate), misurato come il volume di investimenti, si registra un
andamento iniziale piuttosto lento, a cui segue una decisa accelerazione e infine un netto
rallentamento del miglioramento delle performance.
Nella prima fase, detta fase dei rendimenti decrescenti, il miglioramento della performance è
lento perché i principi della tecnologia non sono stati ancora del tutto compresi. Ci si trova
nella fase di exploration, in cui si esplorano, appunto, percorsi alternativi di miglioramento o
si ricercano altri fattori in grado di favorire il progresso tecnologico. L’exploration include la
ricerca, l’assunzione di rischi, la sperimentazione, la flessibilità, la scoperta e l’innovazione.
Talvolta, i sistemi adattivi che si impegnano nell'exploration escludendo l’exploitation
scoprono di subire i costi della sperimentazione senza ottenere benefici. Mostrano troppe
nuove idee non sviluppate e troppo poca competenza distintiva. Il punto di flesso che viene
successivamente raggiunto e detto disegno dominante: in realtà la prima fase, è costituita da n
rami che rappresentano gli n tentativi da parte dei competitors; solo uno, però, risulterà essere
la soluzione vincente che verrà lanciato sul mercato, a discapito delle altre, che avranno
generato solo dei costi e non dei ricavi.
Una volta raggiunto il punto di flesso, si giunge alla seconda fase, detta fase dei rendimenti
crescenti, in cui il miglioramento subisce una forte accelerazione, in termini di performance
tecnologica, a parità di impegno. Questa fase viene anche definita exploitation, in cui avviene
lo sviluppo della tecnologia lungo traiettorie tecnologiche note e l’impresa inizia ad avere dei
profitti. L’exploitation include la selezione, l’implementazione, l’esecuzione, la raffinatezza e
l’efficienza. I sistemi che si impegnano nell’exploitation escludendo l'exploration si trovano
intrappolati in equilibri stabili non ottimali. Di conseguenza, il mantenimento di un adeguato
equilibrio tra exploration e exploitation è un fattore primario per la sopravvivenza e la
prosperità del sistema. Negli studi sull'apprendimento organizzativo, il problema
dell'equilibrio nel trade-off tra exploration e exploitation si manifesta nelle distinzioni fatte tra
il perfezionamento di una tecnologia esistente e l'invenzione di una nuova. È evidente che
l'esplorazione di nuove alternative riduce la velocità con cui vengono migliorate le capacità di
quelle esistenti. È anche chiaro che i miglioramenti nella competenza nelle procedure esistenti
rendono meno attrattiva la sperimentazione con altre. Trovare un equilibrio appropriato è reso
particolarmente difficile dal fatto che gli stessi problemi si verificano ai livelli di un sistema
annidato, a livello individuale, a livello organizzativo e a livello di sistema sociale (March,
1991).
Ad un certo punto, però, la tecnologia non supera più il livello di performance raggiunto. Ci si
trova nella terza fase, detta fase di maturità, in cui il costo marginale di ciascun
miglioramento aumenta, mentre la curva tende ad appiattirsi.
Non sempre, però, le tecnologie raggiungono i propri limiti, perché già prima potrebbero
essere rimpiazzate dall’avvento di nuove tecnologie discontinue. Un’innovazione tecnologica
si dice discontinua quando risponde a una richiesta di mercato simile a quella già soddisfatta
da una tecnologia preesistente, basandosi su una base di conoscenze completamente nuova. In
una prima fase, una discontinuità tecnologica può avere delle performance inferiori rispetto
alla tecnologia esistente (Schilling, 2009).
La curva a S della diffusione di una tecnologia si basa sul differente tempo di adozione di tale
tecnologia da parte degli utilizzatori appartenenti alle diverse categorie del mercato. Gli
adottanti, coloro che adottano la tecnologia, si dividono in:
Ø Maggioranza ritardataria: anch’essa viene stimata pari al 34% degli utilizzatori. Gli
appartenenti a questa categoria hanno un atteggiamento scettico e riluttante nei
confronti dell’innovazione, in attesa che si attenui il grado di incertezza che
caratterizza una nuova tecnologia.
Ø Ritardatari: comprende la quota residua del mercato, pari al 16%. Sono coloro i quali
mostrano un elevatissimo grado di scetticismo verso la nuova tecnologia, si basano
sulle proprie esperienze passate piuttosto che sulle influenze dei opinion leader.
All’interno di questa categoria, gli utilizzatori adottano i prodotti solo quando hanno
l’assoluta certezza della sua utilità (Schilling, 2009).
Il principale motivo per cui molte imprese convergono verso un unico disegno dominante è la
presenza dei rendimenti crescenti associati alla diffusione di una determinata tecnologia.
Dunque, nel momento in cui cresce il numero degli adottanti, il valore della tecnologia
aumenta (Arthur, 1994). Un maggior numero di utilizzatori permette di acquisire una
conoscenza più approfondita della tecnologia, al fine di migliorare le sue performance e
applicazioni. Inoltre, questo porta ad una elevata diffusione della tecnologia, alla quale
verranno associati e sviluppati degli asset complementari.
Dal grafico si evince che all’aumentare del volume cumulato di produzione (x), il costo
unitario medio (y) diminuisce. L’equazione della curva di apprendimento è y=a x−b, in cui a
è il costo unitario medio di produzione della prima unità e b è il tasso di apprendimento. Posto
a costante, la funzione decresce se aumenta b. Per aumentare il tasso di apprendimento (b), è
necessario aumentare l’esperienza e la capacità di assorbimento. Questa necessità si traduce
concretamente nell’assumere e mantenere personale qualificato e investire in ricerca e
sviluppo. L’abbassamento dei costi, quindi, facilita il raggiungimento del disegno dominante.
Sulla base dell’esperienza, ovvero l’utilizzo della tecnologia in questione, e della capacità di
assorbimento, tanto più l’impresa investe in ricerca, ha personale formato e qualificato, tanto
più il tasso di apprendimento (b) sarà elevato e tanto più basso sarà il costo unitario medio (y).
Questo permette una migliore realizzazione della determinata soluzione a un costo più basso,
in modo tale da poterla rendere un disegno dominante.
Il costo unitario medio di produzione (a) può essere comune a più imprese, il tasso di
apprendimento (b), misurato dalla pendenza della curva, invece, è un fattore che caratterizza
fortemente ogni singola impresa, in quanto dipende dall’esperienza e dalla capacità
assorbitiva, e ogni singolo mercato. Talvolta il tasso di apprendimento di un’impresa viene
influenzato dai progetti di miglioramento del processo, dalle innovazioni o dal contatto con
clienti e fornitori (Dutton e Thomas, 1984).
Una conoscenza di base permette all’impresa di effettuare delle valutazioni più rapide ed
efficaci sul valore delle nuove tecnologie e dei nuovi metodi. Le imprese che sviluppano
tecnologie ed innovazioni, grazie agli effetti della capacità di assorbimento, ottengono una
posizione di leadership all’interno del mercato di riferimento, godendo di un notevole
vantaggio competitivo rispetto ai competitors. Diversamente, le imprese che non investono
nello sviluppo tecnologico oppure tendono a farlo in un secondo momento, sono destinate a
grandi difficoltà e a sostenere dei costi talvolta troppo elevati. In questo modo, il gap esistente
tra tali aziende e il leader nel mercato diventa incolmabile. (Schilling, 2009)
Il numero di utilizzatori di una determinata tecnologia prende il nome di base di clienti o base
di installazioni. Dunque, il numero di clienti che utilizzano un determinato prodotto o
tecnologia ne determina il valore, il quale non è legato al valore intrinseco del prodotto e alle
sue performance tecnologiche. Per avere una base di clienti maggiore è fondamentale entrare
per primi nel mercato, in modo tale da creare una massa di consumatori che abbia la capacità
di influenzare gli altri.
Spesso i prodotti che possiedono una larga base di clienti attirano un maggior numero di
produttori di beni complementari. Esiste una relazione tra le esternalità di rete: la disponibilità
di beni complementari condiziona la scelta dell’utilizzatore e viceversa, in quanto la presenza
di beni complementari, talvolta, influenza la dimensione della base di clienti. Dunque, viene
innescato un circolo virtuoso (Figura 7).
Figura 7 - Il circolo virtuoso delle esternalità di rete
Spesso il processo di diffusione di una tecnologia e la probabilità che essa si imponga come
disegno dominante, sono influenzati dalle decisioni dei governi.
D’altro canto, le altre imprese che sostengono tecnologie non dominanti, sono costrette ad
adattarsi allo standard del mercato, generando delle forti perdite del capitale investito,
dell’apprendimento e del brand equity assorbiti dallo sviluppo della precedente tecnologia. Le
imprese che non sono in grado di adeguarsi allo standard del modello dominante corrono il
rischio di essere escluse dal mercato.
Nasce un conflitto dagli effetti dirompenti, talvolta irreversibili, tra l’impresa che afferma il
suo disegno dominante e le imprese che sono costrette ad adattarsi ad esso. Lo scontro porta
alla creazione dei mercati winner-takes-all, in cui il vincitore si aggiudica tutta la posta in
palio.
Il termine "disruption" descrive un processo in base al quale una piccola impresa che dispone
di scarse risorse è in grado di sfidare con successo le aziende esistenti, le cosiddette
“incumbent”.
Questo avviene perché gli incumbent si concentrano esclusivamente sul miglioramento dei
propri prodotti e servizi per i clienti più esigenti, generalmente i più redditizi, non
soddisfacendo le esigenze di alcuni segmenti e ignorando le esigenze di altri.
I cosiddetti nuovi entranti nel mercato che adottano un approccio dirompente puntano al
soddisfacimento dei segmenti trascurati dagli incumbent, garantendo delle tecnologie migliori
e innovative, spesso a un prezzo inferiore. Gli incumbent, alla ricerca di una maggiore
redditività nei segmenti più esigenti, tendono a non rispondere con decisione. I nuovi entranti,
quindi, offrono ai clienti tradizionali, le prestazioni di cui questi hanno bisogno, garantendosi
un notevole vantaggio competitivo, che ne determina il successo iniziale. Nel momento in cui
i clienti tradizionali dell’incumbent tendono ad adottare le offerte dei nuovi entranti. Si è
verificata una disruption. Spesso, proprio le tecnologie dirompenti hanno accelerato il
fallimento delle aziende leader del mercato.
Le innovazioni dirompenti hanno origine in due tipi di mercati trascurati dagli incumbent:
nuovi mercati e punti di appoggio di fascia bassa. Le tecnologie dirompenti portano sul
mercato una proposta di valore molto diversa da quella disponibile in precedenza. In generale,
le tecnologie dirompenti hanno prestazioni inferiori ai prodotti consolidati nei mercati
principali, ma anche altre caratteristiche che pochi clienti marginali, e generalmente nuovi,
apprezzano (Christensen, 1997).
Le innovazioni dirompenti, dunque, non prendono piede tra i clienti tradizionali finché la
qualità non raggiunge i loro standard. La teoria oggetto di riflessione differenzia le
innovazioni dirompenti da quelle che vengono definite "innovazioni sostenitrici". Esse
rendono dei buoni prodotti migliori agli occhi dei clienti di un incumbent. Questi
miglioramenti possono essere progressi incrementali o importanti scoperte, ma tutti
consentono alle aziende di trarne notevole beneficio, vendendo più prodotti ai loro clienti più
redditizi.
Figura 8 - Modello di Disruptive Innovation (Christensen, 2015)
Il grafico (Figura 8) mette in contrasto le traiettorie delle prestazioni del prodotto (le linee
rosse mostrano come i prodotti o servizi migliorano nel tempo) con le traiettorie della
domanda dei clienti (le linee blu mostrano la disponibilità dei clienti a pagare per determinate
prestazioni). Poiché gli incumbent introducono prodotti o servizi di qualità superiore (linea
rossa superiore) per soddisfare la fascia alta del mercato, dove la redditività è più alta,
superano le esigenze dei clienti di fascia bassa e di molti clienti tradizionali. Ciò lascia
un'opportunità per i nuovi entranti, che trovano punti d'appoggio nei segmenti meno redditizi
trascurati dagli incumbent. I nuovi entranti che perseguono una traiettoria dirompente (linea
rossa inferiore) migliorano le prestazioni delle loro offerte e si spostano verso l'alto, dove la
redditività è maggiore, sfidando il dominio degli incumbent.
Le innovazioni dirompenti, d'altra parte, sono inizialmente considerate inferiori dalla maggior
parte dei clienti di un incumbent. Solitamente, questi sono restii a passare alla nuova offerta
solo perché ha un costo inferiore. Bensì, aspettano che la qualità di tale innovazione aumenti
abbastanza da soddisfarli e, una volta che ciò accade, adottano il nuovo prodotto, accettando il
suo prezzo più basso. In questa maniera la disruptive innovation è in grado di far calare in
prezzi all’interno di un mercato.
Quasi ogni innovazione, dirompente o meno, nasce come un esperimento su piccola scala. I
disrupter tendono a concentrarsi sulla creazione di un modello di business valido ed efficiente,
piuttosto che semplicemente sul prodotto. Laddove si registra un successo, il loro passaggio
dalla fascia marginale, ovvero la fascia del mercato più bassa o un nuovo mercato, alla
corrente principale erode prima la quota di mercato degli incumbent e poi la loro redditività.
Questo processo può richiedere tempo, talvolta decenni per la completa sostituzione, e gli
incumbent possono attrezzarsi per consolidare il proprio prodotto o servizio esistente.
Non tutte le innovazioni dirompenti hanno successo. Un errore comune è concentrarsi sui
risultati raggiunti, affermare che un'impresa è dirompente in virtù del suo successo. Ma il
successo non è insito nella definizione stessa: non tutti i percorsi dirompenti portano a un
trionfo e non tutti i nuovi arrivati trionfanti seguono un percorso dirompente. I fallimenti non
sono la prova delle carenze della teoria dell’innovazione dirompente; sono semplicemente
indicatori di confine per l'applicazione della teoria (Christensen, 2015).
Molte innovazioni, invece, sono di facile imitabilità, motivo per cui le imprese ricorrono a
strumenti e misure legali per proteggere il risultato del proprio processo innovativo. I
meccanismi di protezione previsti e adottati dalla maggior parte dei paesi sono:
Ø Marchi: strumenti finalizzati alla protezione di parole o simboli distintivi della fonte di
provenienza o della proprietà di un bene.
1.8.1 I brevetti
Nella maggior parte dei paesi, un inventore può richiedere la concessione di un brevetto per
proteggere la propria invenzione. Il brevetto serve a fornire il diritto esclusivo a chi ha
sviluppato una soluzione di commercializzarla secondo le normative vigenti. La gestione della
proprietà intellettuale è determinata da un codice legislativo che dipende dal paese specifico.
Dunque, un brevetto concede agli inventori il diritto di escludere altri dall'uso non autorizzato
dell'invenzione divulgata, per un periodo di tempo predeterminato. Per concedere un brevetto,
l'innovazione deve soddisfare i seguenti criteri:
Ø Novità: un’invenzione è considerata nuova se non è già compresa nello stato della
tecnica, ossia tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico prima della data del
deposito della domanda di brevetto mediante descrizione scritta od orale, una
utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo;
Ø Originalità: un’invenzione implica attività inventiva quando, per una persona esperta
del ramo, essa non risulti in modo evidente dallo stato della tecnica. Il requisito della
non ovvietà intende assicurare che i brevetti siano concessi solo a risultati oggetto di
un processo inventivo o creativo e non a processi che una persona, con ordinaria
abilità nel campo tecnologico relativo, potrebbe facilmente dedurre da quanto già
esiste;
Nel momento in cui i tre requisiti vengono soddisfatti, la soluzione è brevettabile. Laddove
venisse a mancare uno dei tre requisiti, non sarà possibile procedere alla brevettazione della
tecnologia.
Tutti i paesi possiedono un ufficio brevetti, ma esistono delle organizzazioni che si trovano al
di sopra di quelle nazionali. Una di queste è la World Intellectual Property Organization,
semplicemente WIPO, che serve a incoraggiare l’attività creativa e a promuovere la
protezione della proprietà intellettuale. Questo ente opera nel momento in cui si hanno delle
problematiche di tipo legislativo, in quanto non tutti i paesi hanno la stessa legislazione in
termini di tutela della proprietà intellettuale, talvolta tali problemi portano a una riduzione
dell’efficacia del brevetto.
I brevetti hanno una durata massima definita di 20 anni, ma essa può variare a seconda
dell’Ufficio Brevetti di riferimento. Questo è il tempo di equilibrio tra il beneficio pubblico e
privato. Il beneficio privato viene inteso come il profitto, questo esiste perché è una
remunerazione dell’investimento, garantisce per 20 anni rendite monopolistiche e
successivamente finisce perché si cerca di imitare quel prodotto. Se non esistesse un limite
verrebbero meno gli investimenti in innovazione. Colui che sviluppa una tecnologia
successiva si basa sempre su quella precedente, poiché se non si avesse a disposizione le
informazioni il progresso innovativo subirebbe dei forti rallentamenti. Per via degli alti costi
che un processo di ricerca e sviluppo comporta, all’inventore sono garantiti 20 anni di rendite
monopolistiche, affinché possa rientrare di tali costi.
1.8.1.2 Il valore di un brevetto
Una questione di fondamentale importanza è la scelta del driver per decidere in quali paesi
brevettare. Ciò che viene tutelato è il mercato finale, bisogna lavorare su quei mercati che
possono essere attrattive per la vendita o per lo sfruttamento commerciale di quella
tecnologia. La domanda del prodotto, dunque, è il primo criterio di scelta per avviare un
processo di brevettazione.
Il numero di citazioni non misura solo l’impatto tecnologico, ma anche quello commerciale.
Infatti, una volta che il brevetto viene reso pubblico, è già in grado di ricevere citazioni, anche
con il solo application number. Dunque, le citazioni sono uno strumento che permette di
misurare l’importanza economica di un brevetto ex-post.
La patent family indica il numero di paesi in cui il brevetto è tutelato. Gli studi di Putnam
(1996) hanno sostenuto che le informazioni sulla dimensione della famiglia sono
particolarmente adatte come indicatore del valore dei diritti di brevetto. Gli studi di Putnam
(1996) e Lanjouw et al. (1998) hanno dimostrato che la dimensione di una famiglia di
brevetti, misurata come il numero di giurisdizioni in cui è stata richiesta la concessione di un
brevetto, e la durata di sopravvivenza dei brevetti, ossia il tempo che intercorre tra la domanda
e il mancato rinnovo o la scadenza, sono strettamente correlati (Haroff, 2003).