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Piani di qualità: cosa sono,

come si redigono, quali


standard devono rispettare?
Cosa sono e come si sono evoluti i piani di qualità e i
relativi sistemi di gestione per la qualità nelle aziende.
Antonio Pedna propone un excursus dal primo standard ISO 9000
allo standard ISO 10005:2019, spiegando perché alle
organizzazioni conviene rispettarli.

A volte la qualità è considerata uno sgradevole contrattempo.


Un impiccio principalmente burocratico di cui ci si deve fare
carico per dare soddisfazione alle persone che sono lontane
dalla produzione, che in questo modo dimostrano di avere un
qualche potere all’interno dell’azienda.

Non è necessariamente così. La qualità è il miglior modo che


l’industria è riuscita a sviluppare, finora, per assicurarsi
di essere in grado di produrre con continuità beni o servizi
che siano vendibili sul mercato, perché riescono a soddisfare
i clienti. Il fatto di averlo trasformato, in parte o del
tutto, in un impiccio burocratico è solo la dimostrazione che
questo strumento è stato frainteso. E allora, per evitare alla
nostra organizzazione di continuare a sprecare tempo e denaro
per svolgere processi inutili, sarebbe meglio ricominciare da
capo, partendo con l’approfondimento delle conoscenze e delle
competenze delle persone nei ruoli chiave.

Come nascono i piani di qualità?


Dai primi concetti alla base dei
moderni sistemi di gestione al
primo standard per uso civile
I concetti alla base dei moderni sistemi di gestione per la
qualità nascono negli Stati Uniti negli anni Trenta del
Novecento, ma debbono il loro sviluppo alla Seconda guerra
mondiale, quando furono adottati per gestire la produzione
bellica. Il primo standard per uso civile è del 1987, quando
viene pubblicata la prima edizione dello standard ISO 9000
Quality management and quality assurance standards. Da allora
i contenuti degli standard sono stati revisionati più volte,
fino ad arrivare al recente High Level Structure, che è alla
base degli attuali sistemi di gestione. L’HLS richiede
un’analisi approfondita dell’organizzazione che decide di
implementare un sistema di gestione, in modo da poterlo
disegnare coerentemente con le sue peculiarità, incluso un
certo scetticismo sulla stessa reale utilità della qualità.

Cos’è un piano di qualità?


Un piano è un documento che descrive la strategia adottata per
raggiungere un obiettivo, ovvero come tutte le attività
vengono organizzate e coordinate per il fine che è stato dato.
Per scrivere un buon piano, occorre determinarne innanzitutto
lo scopo, ovvero l’obiettivo; è poi necessario individuare i
ruoli che saranno coinvolti per le operazioni, il
comportamento atteso e le risorse messe a loro disposizione.
Elementi fondamentali di un piano sono la dimensione temporale
– i piani hanno un inizio e una fine – e un sistema di
monitoraggio delle attività.

Perché si redigono i piani di


qualità?
Si è soliti redigere piani per gestire attività e processi per
i quali sono stati stabiliti particolari requisiti, in qualche
modo differenti da quelli seguiti normalmente
dall’organizzazione. Le attività possono essere eseguite in
contesti già organizzati con sistemi di gestione e possono
essere relative a specifici dipartimenti, per i quali viene
«ritagliata» una determinata porzione del SGQ, condividendone
in parte o totalmente gli obiettivi. Oppure possono riguardare
progetti speciali, magari cambiamenti previsti e pianificati
dall’organizzazione nei suoi stessi processi, e allora è
possibile che siano già stati definiti obiettivi specifici. In
ogni caso, la necessità di eseguire le attività secondo un
piano di qualità può essere prevista nei contratti di
fornitura o di appalto, assieme alla determinazione dei
requisiti che l’oggetto del contratto deve avere. Se così si
tratta, normalmente il piano di qualità deve essere sottoposto
al committente per la sua approvazione.

Lo standard ISO 10005:2019


Lo standard ISO 10005:2019, Gestione per la qualità – Linee
guida per i piani della qualità, fornisce strumenti per
redigere, riesaminare, accettare, applicare e sottoporre a
revisione, secondo il ciclo PDCA, i piani della qualità. È uno
standard volontario, non è obbligatorio che le aziende che
hanno adottato e certificato il loro SGQ secondo lo standard
ISO 9001:2015 lo adottino, e il fatto che esso viene seguito
non è certificabile da alcun ente. Rispetta i criteri
dell’High Level Structure e l’ultima revisione è stata
uniformata ai requisiti della revisione 2015 dello standard di
riferimento, ISO 9001. Fornisce comunque interessanti
considerazioni anche alle organizzazioni che non sono in
possesso di certificazioni per il loro SGQ.

Come si redigono i piani di


qualità?
La prima operazione che un’organizzazione deve svolgere per la
redazione di un piano della qualità è quella di definire i
ruoli e le responsabilità in relazione alla propria struttura.
Questo passo è quindi finalizzato a definire:

chi è responsabile per la redazione, quali sono le


risorse a sua disposizione, chi sarà responsabile e come
avverranno la verifica e l’approvazione finale;
quali sono le responsabilità delle parti rilevanti
interne, che possono essere coinvolte nel suo studio, e
le modalità di comunicazione da tenere;
quali sono le parti interessate esterne, incluso
eventualmente il committente, chi rappresenterà
l’organizzazione presso di loro, quali comunicazioni
sono rilevanti e come saranno trattate.

In questa fase è già consigliabile valutare il coinvolgimento


della squadra che si occuperà del progetto nella definizione
dei contenuti, così come è opportuno prendere in
considerazione la possibilità di eseguire più incontri con il
committente o il referente interno, allo scopo di arrivare ad
una definizione condivisa delle operazioni.

I requisiti legali, contrattuali e


volontari
Nella redazione del piano della qualità occorre prendere in
considerazione gli eventuali requisiti legali che regolano la
materia, i requisiti contrattuali nel caso l’obiettivo del
progetto sia stato definito per mezzo di un appalto, nonché i
requisiti volontari cui si decide di aderire, che devono per
questo essere chiaramente individuati. Contiene inoltre le
specifiche per la sua revisione, che naturalmente può
diventare necessaria nel momento in cui si verificano
modifiche ai suoi dati di input e tutte le volte in cui è
opportuno accettare suggerimenti che ne migliorino le
prestazioni. Per progetti realizzati per stralci o per fasi è
consuetudine elaborare o revisionare, e presentare il piano di
qualità, prima dell’avvio di ciascuna di esse.
Feedback e monitoriaggio
In un mondo perfetto, le organizzazioni dovrebbero avere un
sistema di feedback che trasferisce le esperienze fatte nei
piani di qualità dei singoli progetti o commesse, in modo che
ne possa giovare tutta l’organizzazione. Nella gestione di
progetti, però, ci si può facilmente trovare nella condizione
in cui numeroso personale, che ricopre magari anche posizioni
critiche, ha un deficit di competenze e conoscenze riguardo
queste attività, condizione che deve essere analizzata nel
piano stesso.

Questo può capitare perché il progetto è un unicum, magari con


specifiche particolari dettate dal cliente, che vanno ad
integrare i processi solitamente adottati in azienda. Può
capitare quando viene reclutato nuovo personale, che quindi
deve acquisire dimestichezza con i processi di un nuovo datore
di lavoro, oppure per una combinazione di questi. Una
opportunità che viene raramente colta è quella di utilizzare
le attività previste per il monitoraggio in funzione
maieutica, fornendo supervisione operativa alle operazioni,
definendo analisi periodiche e svolgendo audit i cui esiti
saranno poi esaminati con un dibattito critico e costruttivo.

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