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In sintesi:
Innovazione radicale (breakyhrough): un prodotto, un processo, un servizio o un mercato
completamente nuovo e diverso da quelli esistenti.
Innovazione incrementale (sustaining) e continua: porta a migliorie a prodotti, processi e servizi
esistenti e ad estendere la gamma dell’offerta.
Paradigma tecnologico
Determina i confini generali di sviluppo di una tecnologia in un dato ambito e in un dato periodo.
All’interno di questi confini diverse possibili traiettorie.
Le rivoluzioni tecnologiche ridefiniscono il paradigma tecnologico.
Insieme di conoscenze, sia tacite sia codificate (nozioni scientifiche, procedure di ricerca e di
operazionalizzazione) connesse alla nascita e allo sviluppo di una determinata tecnologia.
Modello condiviso da una comunità di ingegneri, tecnici, scienziati che devono risolvere problemi
che emergono nel normale processo di una tecnologia.
Nella fase iniziale (preparadigmatica), diverse basi di conoscenza e principi scientifici competono
tra loro, e buona parte dei processi di scoperta e di innovazione procedono per prove ed errori,
seguendo una molteplicità di percorsi.
Quando un paradigma emerge, le basi di conoscenza si consolidano, gli obiettivi vengono
stabiliti, si forma una comunità di pratica, e le attività innovative diventano molto più
incrementali.
Le modalità con cui un paradigma si istituzionalizza, e l’emergere della Best Available Tecnology
(per date condizioni esistenti, in termini di minori costi o migliori prestazioni) dipendono da
numerosi fattori, anche estranei al contesto tecnologico.
Esempi:
Motore a combustione interna
Motore elettrico
A vapore
Si basano su principi scientifici differenti: utilizzano sistemi di propulsione molto diversi sia nelle
proprietà sia nel funzionamento, a cui possono corrispondere diversi problemi tecnologici
riguardanti le caratteristiche dell’automobile ( per es…, la grandezza l’aerodinamicità, le
dimensioni del serbatoio). Inoltre, quei 3 paradigmi tecnologici richiedono competenze
ingegneristiche diverse sia per la progettazione e la realizzazione dei vari modelli, sia per la loro
continua evoluzione.
Una traiettoria tecnologica definisce la direzione lungo la quale una tecnologia effettivamente
evolve. Più in particolare, in tale prospettiva assumono rilievo 3 aspetti del cambiamento
tecnologico: la località, la cumulatività e l’irreversibilità. L’attività innovativa generalmente si
focalizza su porzioni molto limitate dello spazio tecnologico (località) ed esplora nuove soluzioni
nelle vicinanze di quelle già esistenti e implementate (cumulatività).
Inoltre, poiché è costoso deviare dalla traiettoria esistente, revisioni radicali dalle soluzioni in auge
diventano relativamente rare e poco frequenti (irreversibilità).
Il concetto di traiettoria tecnologica presenta analogie con quello di innovazione incrementale,
poiché entrambi si riferiscono all’evoluzione normale di una tecnologia.
Disruptive technologies
Clayton Christensen ha delineato un terzo tipo di innovazione: disruptive (disgregante).
E’ un processo per cui imprese più piccole sono in grado di sfidare le imprese dominanti un certo
settore. Tali imprese tendono a concentrarsi su come migliorare i propri prodotti e servizi per i
clienti più esigenti ( e più redditizi), trascurando le esigenze dei segmenti più bassi o ignorando la
possibilità di creare nuovi mercati.
I nuovi entranti iniziano a soddisfare con successo i segmenti trascurati, fornendo le funzionalità
richieste da quei segmenti, spesso a un prezzo inferiore.
Le imprese dominanti, a caccia di una maggiore redditività nei segmenti più esigenti, non
rispondono in maniera adeguata a questo attacco. I nuovi entranti quindi evolvono per soddisfare
segmenti più elevati del mercato, offrendo le prestazioni che i clienti principali delle imprese
dominanti richiedono, pur mantenendo i vantaggi che hanno determinato il loro primo successo.
Quando i clienti tradizionali iniziano ad abbandonare le imprese dominanti avviene la
“disruption”.
I modelli di diffusione
I temi sulla diffusione presentati in precedenza possono essere suddivisi in quattro approcci teorici.
Secondo Stoneman (1987) esistono sostanzialmente tre approcci per l’analisi del fenomeno della
discussione:
1. i) modelli basati sull’informazione (detti anche modelli epidemici)
2. ii) modelli basati sulle differenze (detti anche modelli “soglia”)
iii) modelli di basati sulla teoria dei giochi
Infante (1992) ne aggiunge un quarto che si adatta molto bene alla diffusione delle tecnologie
dell’informazione:
iv) modelli basati sulle caratteristiche dei prodotti
1. Information-based models
La mancanza di informazioni e asimmetrie informative rappresentano di solito le cause per un processo
di diffusione non-istantaneo.
Ipotesi chiave:
1. Le informazioni sull'esistenza della tecnologia sono limitate.
2. La nuova tecnologia è superiore, nel senso che i prezzi da pagare per averla ed i benefici del suo uso
assicurano che l'impresa l'adotterà non appena ne verrà a conoscenza.
In ogni periodo di tempo la quota della popolazione che conosce la tecnologia è determinata dal
numero degli adottatori nel periodo precedente e dalla loro proporzione sul totale dei potenziali
adottatori (epidemic learning)
Poiché le informazioni provengono principalmente da chi ha già adottato la nuova tecnologia, il processo
di diffusione può essere assimilato alla diffusione di un virus, ecco perché si definiscono epidemici.
2. Differences-based models
In questo tipo di modelli si assume che tutti i potenziali adottatori conoscano la tecnologia ma
siano diversi tra loro per qualche tipo di caratteristica che gli impedisce di avere lo stesso
rendimento nell'adozione della tecnologia.
Ipotesi:
Esistono N adottatori potenziali che differiscono per una qualche caratteristica z che è
indipendente dall'uso della tecnologia ed è continuamente distribuita secondo la
distribuzione cumulativa F(z).
Tutti gli adottatori potenziali hanno informazione perfetta sull'esistenza e caratteristiche
della nuova tecnologia.
La nuova tecnologia è superiore, nel senso che i prezzi da pagare per averla ed i benefici
del suo uso assicurano che l'impresa l'adotterà non appena ne verrà a conoscenza.
In questa situazione fu necessario applicare i principi della divisione del lavoro, su cui si basava
l’innovazione fordista, in modo assai diverso
Agli inizi degli anni ’60 la Toyota aveva finito di mettere a punto i principi della produzione snella
(dimensioni più ridotte e produzione di un’ampia gamma di modelli), una decisione rischiosa, dal
risultato incerto.
Infatti, il successo finale della casa giapponese non era affatto scontato. Fu necessario risolvere
una serie infinita di problemi, ciascuno dei quali era, in fondo una scommessa.
La concorrenza estera,
adottato il sistema fordista, consigliò il governo giapponese l’adozione di una politica
protezionista, vietando in particolare gli investimenti diretti esteri in Giappone. Sotto l’ombrello
protezionista sorsero molte imprese. Alla metà degli anni ’50 fu formulato un progetto di fusione
di dodici aziende per competere con i colossi americani.
Dopo 3c