Dal 2020 al 2021 si vede una differenza sugli investimenti esteri: sono stati aggiunti valori
per l’anno 2020 e si può notare come il commercio estero abbia subito un calo degli
investimenti dovuto al periodo di pandemia che ha rallentato e bloccato il sistema economico.
I fattori di localizzazione dell’industria non sono universali, ci sono alcune industrie per cui
essi non valgono ma ne seguono altri specifici, ad esempio, questo è il caso delle industrie
high-tech.
INDUSTRIA HIGH-TECH
Spesso si parla di industria innovativa, in realtà qualsiasi industria può esserlo, basta che
sviluppi un nuovo prodotto che conquisti i mercati. L’industria high-tech è un'industria che
destina una gran quota dei suoi investimenti nella ricerca e nello sviluppo, impiega forza
lavoro qualificata (es. ingegneri, tecnici e ricercatori. è anche un’industria che fa investimenti
consistenti ed a redditività differita nel tempo, cioè spesso si rientra dell'investimento nel
corso del tempo e sono investimenti al alto rischio (può anche essere che non si rientri affatto
delle spese) e in senso stretto sono pochi i settori con queste caratteristiche (es. aerospaziale,
robotica, ideazione elettronica, informatica, farmaceutica, etc.), è un mix di vecchio e nuovo.
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I cluster ad alta tecnologia sono presenti sia nei paesi avanzati che in quelli di recente
industrializzazione. Il caso più noto che è lo specchio della Silicon Valley è il cluster di
Bangalore in India nato intorno all’industria dei software. Anche in Cina possiamo trovare
molti cluster dell’high-tech, questo ci fa capire che la Cina non è più un paese dove abbassare
i costi del lavoro ma è anche un paese che sta sviluppando una politica che rigurda
l’innovazione.
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INDUSTRIA ALTA TECNOLOGIA: FATTORI DI LOCALIZZAZIONE PRIMARI
I fattori di localizzazione primari dell’industria ad alta tecnologia sono:
Le startup sono tutte registrate nel registro delle imprese, dopo 5 anni, o diventano delle
piccole-medie imprese (e vanno ad inserirsi in un altro registro) oppure vengono chiuse.
Questo è un campo in cui c'è molto dinamismo poiché nascono, mutano ma muoiono anche
rapidamente e questo perché non trovano finanziamenti o non arrivano alla fase dello
sfruttamento commerciale.
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3. Gli effetti geografici dell’industrializzazione
Chiave di lettura: innovazione tecnologica, modi di produzione e geografia della
produzione. L’industria è uno dei settori più legato all’innovazione tecnologica, questa
innovazione cambia i modi di produrre e a sua volta cambia il modo in cui la produzione
varia la propria collocazione geografica.
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industriali). In questo caso i fattori di localizzazione diventano maggiormente elastici, le
distanze si abbreviano sempre più e avviene una prima convergenza spazio-temporale.
La quarta rivoluzione industriale è quella moderna, quella delle macchine intelligenti, dei
dispositivi interconnessi, dell’intelligenza artificiale, di una forte spinta verso l’automazione e
la robotizzazione. Questa rivoluzione viene anche chiamata ‘industria 4.0’.
Dalla rivoluzione industriale fino al fordismo non cambiano gli assetti del territorio poiché la
prima rivoluzione industriale ha messo in moto un processo di urbanizzazione, industria e
città progrediscono insieme. Questo è ancor più evidente con il fordismo e ci spiega lo
sviluppo delle città nel corso del ‘900. Con il passaggio dal fordismo al post-fordismo,
ovvero con la terza rivoluzione industriale, cambiano gli assetti territoriali, tutto diventa più
fluido e si spezza il nesso tra crescita dell’industria e crescita della città. Con la prima
rivoluzione industriale e il fordismo si vede la nascita delle città industriali, città in cui c’è
una forte componente del settore industriale nell’economia urbana.
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Con la rivoluzione industriale nasce anche la città fabbrica, città in cui si sviluppa un settore
industriale e tutta l’economia urbana gravita intorno a quel settore. Si parla anche di villaggi
operai, villaggi che nascono attorno ad una grande impresa e molto importante.
Schio – La Fabbrica Alta (1862)
Nella città fabbrica si trovava la fabbrica, il luogo di
lavoro, i quartieri residenziali, creati dall’imprenditore
stesso e le infrastrutture di carattere sociale, l’asilo
d’infanzia, le scuole elementari e un teatro. Nei quartieri
residenziali abitavano tutti coloro che lavoravano
all’interno della fabbrica, da qui si può notare una prima
differenziazione delle case operaie da quelle dei dirigenti,
etc.
Schio – Le infrastrutture
sociali: l’Asilo d’Infanzia →
← Schio – Le infrastrutture
sociali: le scuole elementari
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Il modello della città industriale è chiamato ‘modello del paternalismo industriale’ poiché
l’imprenditore non da solo il lavoro ma metta a disposizione tutta una serie di servizi per i
propri dipendenti.
Villaggio Leumann
(Torino): stampa d’epoca
Altro esempio di città
fabbrica.
Tutto il nord Italia presenta molti esempi di città fabbrica, ottimo strumento per capire come
era organizzata un’industria all’epoca della rivoluzione industriale. Oggi molti di questi
stabilimenti non mantengono la propria funzione originale ma vengono adibiti ad altre
funzioni, ad esempio, vengono utilizzati come musei della storia produttiva del territorio e
vanno ad alimentare il turismo industriale.
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In questa fase si sviluppano le agglomerazioni
urbano-industriali (es. asse della Ruhr,
Manufacturing Belt in America, etc.)
← Principali agglomerati urbano-industriali
precedenti al 1970.
Fonte: Grener, Dematteis, Lanza, 2011
Vediamo una popolazione sempre più in crescita fino agli anni ‘70, periodo di maggior
espansione, e poi un calo dovuto alle fasi successive del post-fordismo e della rivoluzione
industriale. La FIAT a Torino ha portato
un grande contributo per l’aumento della
popolazione poiché attirava molta forza
lavoro, era strutturata sul modello della
città fabbrica.
Anche Milano e Genova presentano un
grafico simile a quello della città di
Torino, con un aumento della popolazione
fino ai primi anni ‘70.
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Verona era una città industriale con una
base economica molto diversificata e con
un buon numero di servizi, anche qui
possiamo vedere un’impennata fino al
1971 e poi una caduta, in realtà meno
drammatica rispetto alle città
dell’industrializzazione fordista.
Cosa cambia negli anni ‘70 che porta ad un declino, come quello dei grafici precedenti?
La prima crisi energetica viene individuata nel 1973, da qui in poi il modello fordista andrà
sempre più verso il suo declino.
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Decentramento = Affidiamo la produzione di una componente ma anche di tutto il processo
produttivo ad un’altra impresa localizzata all’interno del territorio nazionale.
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paesi. Subito dopo i primi anni del 1970 le città vanno in declino per poi assestarsi, oggi dalle
città le grandi industrie sono scomparse lasciando spazio al settore terziario (i servizi).
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