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MODULO 1
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INDICE
1) CARATTERI DELLA TECNOLOGIA E DELLA DINAMICA TECNOLOGICA
2) LE FASI DELLA DINAMICA TECNOLOGICA: INVENZIONE ED INNOVAZIONE
3) LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI O CICLI LUNGHI DELL’ECONOMIA
4) INNOVAZIONI DI PRODOTTO E DI PROCESSO
5) VALUTAZIONE TECNOLOGICA O “TECNOLOGY ASSESSMENT”
6) LA SCIENTIFIZZAZIONE DELLA TECNOLOGIA
7) EFFETTI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO NEL SISTEMA PRODUTTIVO
8) FUNZIONE DI PRODUZIONE
9) LA TECNOLOGIA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE
10) LA SOSTITUIBILITA’ TECNOLOGICA
11) TIPI DI TECNOLOGIE
12) DECENTRAMENTO” COME CARATTERISTICA DOMINANTE DELLE “TECNOLOGIE
APPROPRIATE”
13) LE TECNOLOGIE NELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE
14) LA VALUTAZIONE DELLE QUALITA’ INTRINSECHE DI UNA TECNOLOGIA
15) AFFIDABILITA’ DEL PROCESSO
16) UNIFORMITA’ DELLE SPECIFICHE DEL PRODOTTO (process. Capability)
17) POTENZIALITA’ REALE DELLE ATTREZZATURE
18) FLESSIBILITA’ DELL’IMPIANTO
19) INDICE SINTETICO DI QUALITA’ DEL PROCESSO
20) TECNOLOGIA AD EFFETTI DI SCALA
21) SQUILIBRI TRA FASI DI PRODUZIONE
22) MIX DI PRODOTTI
23) DIMENSIONE D’IMPRESA E RENDIMENTI DI SCALA
24) LA FUNZIONE DEL COSTO MEDIO DI LUNGO PERIODO (CURVA DI PROGRAMMAZIONE)
25) INTERAZIONI TRA DINAMICA TECNOLOGICA E MODIFICAZIONE DELLA DIMENSIONE
26) DINAMICA TECNOLOGICA E DIMENSIONE
27) APPROPRIATEZZA DELLE TECNOLOGIE
28) INTENSITA’ E TIPO DI LAVORO
29) USO RAZIONALE DELLE RISORSE NATURALI
30) DECENTRAMENTO
31) PLURALISMO TECNOLOGICO
32) CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO E DI UNA TECNOLOGIA
33) CICLO DI VITA DI UNA TECNOLOGIA E LIMITE DI CONVENIENZA UTILIZZATIVA
34) IL PROCESSO INNOVATIVO
35) RICERCA, SVILUPPO, COMPETITIVITA’
36) PARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI (PST)
37) LA NATURA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
38) TIPI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA
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39) MODELLO NELLA INNOVAZIONE DI PRODOTTO E DI PROCESSO
40) PENETRAZIONE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
41) CONSEGUENZE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
42) L’IMPRESA E L’INNOVAZIONE CONTINUA
43) POLITICHE DEI PROCESSI D’INNOVAZIONE E D’IMPRESA IN ITALIA
44) INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEI SERVIZI
45) IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA
46) PRINCIPALI FORME DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO.
47) Forme di pagamento nel trasferimento di tecnologie:
48) SERVIZI CONNESSI AI TRASFERIMENTI DI TECNOLOGIA
49) I FATTORI DI SUCCESSO PER IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
50) FORMALIZZAZIONE DEGLI ACCORDI DI TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
51) PROGRESSO TECNOLOGICO E NASCITA DELLA GRANDE INDUSTRIA
52) L’AZIENDA INDUSTRIALE
LO STABILIMENTO INDUSTRIALE
PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE
AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
53) ASPETTI STORICI
54) IL SIGNIFICATO ATTUALE DELL’AUTOMAZIONE
55) ASPETTI TECNICI DELL’AUTOMAZIONE
56) AUTOMAZIONE DEL CONTROLLO DI PROCESSO
57) AUTOMAZIONE DEL CONTROLLO DI PROCESSO
58) L’AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE PER PARTI
59) AUTOMAZIONE RIGIDA, PROGRAMMABILE E FLESSIBILE
60) AUTOMAZIONE FLESSIBILE: PRINCIPALI APPARATI
61) LE MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO (MU/NC)
62) EVOLUZIONE
63) I ROBOTS INDUSTRIALI
64) SISTEMI DI MOVIMENTAZIONE E MAGAZZINAGGIO
65) I SISTEMI FLESSIBILI DI PRODUZIONE
66) TECNOLOGIE CON L’AUSILIO DEL CALCOLATORE
67) AREA DI PROGETTAZIONE ED INGEGNERIZZAZIONE (AREA CAD: COMPUTER AIDED
DESIGNE)
68) PIANIFICAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE (AREA CAPP: COMPUTER AIDED
PROCESS PLANNING)
69) GESTIONE AUTOMATIZZATA DEI SISTEMI DI PRODUZIONE (AREA CAM: COMPUTER
AIDED MANUFACTURING)
70) AREA DEI SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLA PRODUZIONE (MP E CS:
MANUFACTURING PLANNING AND CONTROL SYSTEMS)
71) L’INTEGRAZIONE SUPERIORE C.I.M.
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72) GESTIONE DELLA PRODUZIONE
73) TECNICHE DI GESTIONE DELLA PRODUZIONE
74) IL “LEAD TIME”
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75) CARATTERI DELLA TECNOLOGIA E DELLA DINAMICA
TECNOLOGICA
PREMESSA
La storia dell’uomo è la storia di una “civiltà strumentale” legata cioè alla disponibilità di
tecnologie sempre più efficaci applicate agli strumenti di lavoro.
Il livello della tecnologia determina il consumo dei fattori di produzione (lavoro, capitale,
materiali); migliorare la tecnologia significa rendere la produzione più efficiente.
La parola “tecnologia” deriva da téchné (arte, mestiere, capacità pratica) e logos (parola,
discorso).
Per tecnica si intende quel complesso di regole da seguire nel praticare un’arte, un
mestiere (tecnica del disegno, tecnica navale, etc.) oppure un procedimento di lavorazione che
implica un uso pratico di strumenti, apparecchiature (tecnica di lavorazione del ferro, del vetro,
etc.).
Nel pensiero greco “téchné” indicava l’insieme di conoscenze dei metodi richiesti per la
produzione di un oggetto o per il raggiungimento di un fine e si contrapponeva a “Episténe”
(scienza): la tecnica si interessava dell’utilità, la scienza della verità e come tale culturalmente
superiore.
Con Aristotele il significato di “tecnica” subisce una modificazione nel senso che adesso
è riferibile qualsiasi attività creativa che si contrappone alla natura e cerca di trasformarla o di
limitarla. Il significato aristotelico può affermarsi essere all’origine del concetto di tecnica quale
è oggi generalmente accettato. Quindi le tecniche sono metodi per fabbricare nuovi strumenti e
creare nuovi prodotti con tali strumenti; la capacità di costruire tali artefatti è una caratteristica
peculiare del genere umano.
Tornando al termine “tecnologia” il suo vero significato appare difficile da definire in ogni
lingua. E’ qualcosa di intermedio tra scienza e tecnica equivalente a “scienza applicata” che è il
significato che in atto è dato in Italia mentre in inglese il termine “tecnology” è qualcosa di
ancora più complesso.
Si può tuttavia affermare che per “tecnologia” deve intendersi quella parte della scienza che si
occupa dei procedimenti tecnici e dei macchinari attraverso i quali le materie prime si
trasformano in prodotti lavorati (raffinazione del petrolio, costruzione di navi, auto,
fabbricazione del cemento, materie plastiche etc.)
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La diffusione dei processi produttivi basati sulle conoscenze scientifiche piuttosto che
sulla invenzione empirica o sulla ingegnosità artigiana fa sempre diffondere l’uso del termine
“tecnologia” come nuovo sinonimo di “tecnica”.
I confini tra sviluppo della “scienza” e sviluppo della “tecnologia” divengono sempre
più labili tanto che si assiste al nascere di discipline scientifico-tecnologiche dove la barriera tra
aspetti scientifici e tecnologici è impercettibile o inesistente.
Solo a titolo esemplificativo la scienza dei materiali ha generato la tecnologia dei materiali e lo
sviluppo di loro classi strutturali nuove (leghe speciali, ceramici, tecnopolimeri, compositi, etc)
così come, viceversa, la tecnologia dei materiali ha stimolato la ricerca di base nel settore.
La biologia molecolare e la genetica hanno prodotto le biotecnologie che, a loro volta, stimolano
nuova ricerca. Si genera in definitiva quel meccanismo di “feed and feedback” o di spirale
scientifico-tecnologica tipica dell’attuale periodo.
In sintesi, correntemente per tecnologia deve intendersi un sistema complesso di
informazioni e di elementi conoscitivi necessari, ad esempio, per produrre un determinato
prodotto a partire dai materiali di base. Questo insieme di conoscenze può estendersi ad un
intero processo produttivo: dalla ricerca alla vendita dei prodotti, dall’organizzazione della
produzione al marketing, etc. La tecnologia è il modo di operare, il funzionamento complessivo
del processo produttivo che coinvolge le persone non meno delle cose; la tecnologia quindi, non
è un’entità singola ma la combinazione di molti elementi: le macchine, i materiali, le persone,
l’organizzazione del lavoro.
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LE FASI DELLA DINAMICA TECNOLOGICA: INVENZIONE ED INNOVAZIONE
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Nel modello di sviluppo di Schumpeter l’invenzione e l’innovazione erano considerate
variabili esogene mentre altri autori (schmookler, es.) hanno messo in evidenza una loro
presunta natura endogena.
In effetti il rapporto tra invenzione ed innovazione e tra entrambe ed il progresso
economico in un settore, si è presentato storicamente in forme troppo diversificate per poter
accettare generalizzazioni come quelle di Schumpeter o altri.
Importanti eventi della storia economica e ricerche quantitative su singoli settori (o
periodi) hanno evidenziato che invenzioni ed innovazioni sono spesso il risultato di un unico
processo mosso da particolari condizioni economiche. Se ad esempio si considera il periodo
della rivoluzione industriale inglese nel settore tessile si nota come l’aumento della domanda di
tessuti ha determinato un aumento di quella di tessitori che spingeva gli imprenditori (per la
scarsa elasticità dell’offerta) ad inventare nuove macchine. A sua volta aumentando la
produzione di tessuti si generava un aumento della domanda di filati dando luogo ad analogo
processo nello specifico settore; si innescavano in conseguenza processi di botta e risposta
promossi da un’unica figura economica l’imprenditore volto a massimizzare il rendimento del
capitale investito.
In linea generale vi sono due tendenze in tema di invenzioni: quelle dovuti ad inventori
indipendenti e quelle messe a punto nelle imprese, operanti in vari settori, che hanno creato
centri stabili di ricerca e sviluppo (o altro) per disporre di sorgenti interne di innovazioni e che
poi, nel tempo, si sono integrate, anche per le politiche di R e S, integrate tra loro.
Le motivazioni alle innovazioni conducono a ragioni di tipo economico e non (militari
ed intellettuali).
Tra gli impulsi dovuti a fattori economici bisogna evidenziarne almeno tre (Sylos Latini)
di ordine diverso:
- espansione del mercato;
- riduzione dei coefficienti di produzione (costi);
- variazioni dei prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione.
Dal punto di vista dell’azienda nel suo insieme, la motivazione all’innovazione sta nel fatto che
un nuovo prodotto offre un monopolio temporaneo che consente di accrescere le vendite e di
incrementare i margini di profitto al pari di un nuovo processo.
In buona sostanza l’invenzione per divenire innovazione deve portare un vantaggio
economico, altrimenti rimane inefficace. Si possono citare al riguardo una moltitudine di esempi
(zucchero da barbabietola o da canna in Europa; processi di sostituzione e/o integrazione delle
fonti energetiche, etc.).
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Numerosi poi sono gli esempi di spinte militari alle innovazioni (es. benzina di sintesi e gomma
sintetica, etc.) che da sempre si sono dimostrate prevalenti rispetto alle altre in ogni epoca (es.
settore aeronautico, ricerca spaziale, energia nucleare etc. )
Le spinte intellettuali, ossia solamente scientifiche o di ricerca di base, producono innovazioni in
tempi per lo più lunghi (v. tab.1) riscontrandosi solo di rado una concatenazione casuale tra
ricerca di base e sua applicazione collegata (es. fissione nucleare).
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LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI O CICLI LUNGHI DELL’ECONOMIA
Schumpeter già nel 1912, vede l’innovazione tecnologia come il fenomeno centrale dello
sviluppo economico; in effetti ogni fase storica è caratterizzata da un numero ristretto di
innovazioni tecnologiche essenziali per lo sviluppo economico e sociale. Da due secoli circa
(dall’inizio quindi dello sviluppo industriale moderno), si sono susseguiti periodi di durata di
50-60 anni, caratterizzati da una, due o al massimo tre grandi invenzioni.
Questi periodi vengono definiti “onde lunghe di Koundrat’ev” (economista russo che li
teorizzò intorno al 1920) o “grandi cicli economici di Koundrat’ev. Ogni ciclo è caratterizzato
da una trasformazione fondamentale nella struttura economica e sociale della società”
rappresentando una vera e propria rivoluzione tecnologica-industriale.
Le “rivoluzioni industriali” dell’epoca moderna sono quattro e sono caratterizzate dalla
progressiva sostituzione di forme di energia, di materie prime, di processi produttivi e di
organizzazioni del lavoro.
1°) 1787-1842 -> macchina a vapore per usi fissi -> industria tessile e meccanica -> forma
di energia – carbone – nascita della fabbrica moderna in una economia che era agraria,
artigiana e manifatturiera.
2°) 1843-1897 -> macchina a vapore per usi mobili -> ferrovie, navi, forma di energia –
carbone – Organizzazioni sindacali, società per azioni, grandi complessi industriali e
sistema credito.
3°) 1898-1956 – elettricità, motore a scoppio, industria chimica, industria aeronautica ,
forma di energia, petrolio, elettricità, carbone sostituito a partire dagli anni ’40. Grandi
complessi finanziari e industriali e dei sindacati, intervento pubblico nell’economia ->
industria di stato (IRI, ENI, EFIM) etc.
4°) 1956 ad oggi -> elettronica (innovazione trainante) e trasporti, sistema di innovazioni
in continua espansione, fase di transizione tesa verso una crescita sempre più orientata al
settore dei servizi.
Accanto ai “cicli lunghi” ci sono “cicli brevi” 6-9 anni in cui si hanno industrie trainanti che
sviluppano ed impongono le innovazioni, industrie trainate che si sviluppano e crescono (~ 10
anni) per l’effetto di piccole innovazioni prodotte dalle grandi innovazioni (motore a scoppio ->
accessori).
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Da un punto di vista scientifico sono le grandi invenzioni che contano perché producono le
grandi innovazioni (imprese trainanti) ma per lo sviluppo economico a breve e medio termine è
l'insieme delle piccole innovazioni (imprese trainate) ad avere importanza; crescita produttiva,
cicli economici e innovazioni tecnologiche sono tre aspetti di un unico processo.
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INNOVAZIONI DI PRODOTTO E DI PROCESSO
INNOVAZIONE DI PROCESSO:
Consiste in un cambiamento nei sistemi produttivi o in una diversa utilizzazione di quelli
esistenti (es. acciaio, chimica di base, solvay al posto del Leblance per Na2Co3 più puro).
Questo tipo di innovazione risulta importante nel caso di produzioni standardizzate dove
l’obiettivo è la riduzione dei costi o il miglioramento della qualità dei prodotti.
INNOVAZIONE DI PRODOTTO:
Comporta cambiamenti nel prodotto stesso o l’ottenimento di un prodotto nuovo (es.
maggiore qualità).
Secondo ROSEMBERG nelle innovazioni sostanziali le INNOVAZIONI di PROCESSO
e di PRODOTTO sono strettamente legate: l’Una determina l’Altra!
Innovazione di prodotto per le imprese produttrici di impianti Siderurgici del 1856, è alla
base dello sviluppo della siderurgia; (si insufflava aria nella ghisa fusa, il combustibile era
il Carbone della ghisa).
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VALUTAZIONE TECNOLOGICA O “TECNOLOGY ASSESSMENT”
- PRODUZIONE ECONOMICA;
- CONSUMO;
- MODO DI VIVERE;
- MOBILITA’ DEI BENI E DELLE PERSONE;
- AMBIENTE;
- OCCUPAZIONE.
Nota bene: Può arrecare beneficio alla maggior parte delle persone (spesso a discapito di altre).
Conseguenze:
Movimenti contro l’uso di nuove tecnologie; nel 1820 sorse il “Luddismo” - distruzione cioè
di macchinari -contro l’introduzione dei grandi telai per la lavorazione della maglia (re Ludd
1811).
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Gli economisti quasi mai considerano l’adeguamento dell’occupazione al cambiamento
tecnologico come un processo istantaneo ed automatico.
Il progresso tecnico “comporta” comunque sempre profonde modificazioni strutturali che,
pur essendo destinati ad apportare a “più lungo termine” innumerevoli benefici provocano gravi
difficoltà di mantenimento della piena occupazione per periodi di tempo affatto trascurabili. I
meccanismi spontanei di mercato risultano spesso inadeguati ad eliminare in breve tempo gli
effetti “indesiderati” del processo di sviluppo; non si può comunque cercare di rallentare il
progresso tecnico nella speranza di limitare gli effetti negativi.
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LA SCIENTIFIZZAZIONE DELLA TECNOLOGIA
Es. Edison (lampada a filamento incandescente) -> Prima delle teorie scientifiche
sull’illuminazione dei solidi;
Macchina a vapore → studio di Carnot sulla termodinamica;
Marconi-radio→ teorie di Maxwell e di Hertz.
Così l’uranio non sarebbe una risorsa energetica se non ci fossero i reattori a fissione nucleare; il
deuterio ed il litio, da cui si può ottenere il tritio, costituiranno le risorse energetiche del futuro
in funzione dei programmi della tecnologia della fusione nucleare.
In entrambi i casi la tecnologia è il vero fattore che produce energia piuttosto che le materie
prime usate nei processi.
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Il silicio va considerato come generatore di risorse in quanto rende possibile la conversione
fotovoltaica delle radiazioni solari e l’informatica. E così per altri materiali prodotti ex novo in
base alle conoscenze scientifiche sulle proprietà e strutture dei solidi.
Ciò contribuisce a superare entro certi limiti, il concetto di “limitatezza delle risorse”.
Sviluppando per tempo, con adeguata attività di ricerca e sviluppo, le nuove risorse di cui si ha
bisogno.
In pratica la tecnologia diventa sempre più scientifica e, come la scienza, appare uno strumento
universale che può impiegarsi ovunque sia nei PI che nei PVS, con elevato grado di adattabilità
ai contesti economici, culturali e sociali dove viene applicata.
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EFFETTI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO NEL SISTEMA PRODUTTIVO
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FUNZIONE DI PRODUZIONE
Si definisco Coefficienti di produzione i fattori occorrenti per ottenere una unità di prodotto.
Il progresso tecnologico fornisce elementi di conoscenza finalizzati al più efficiente utilizzo
delle risorse consentendo così l’aumento di produttività dei fattori di produzione. Quindi i
miglioramenti della tecnologia che determinano una diminuzione dei costi unitari di produzione
di beni presenti sul mercato danno un contributo allo sviluppo economico, suscettibile anche di
misurazione.
Q = f(K, L, t) K = capitale;
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L = lavoro; t = tempo
Questa equazione può essere rappresentata graficamente con la “curva degli isoquanti” o di
“uguale produzione” al tempo t; una stessa quantità di prodotto Q (Q=output) è ottenibile
combinando i fattori di produzione (input) L, K in diversi modi, ma sempre con la tecnologia
disponibile al tempo t.
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Il progresso tecnologico causa continui cambiamenti nella funzione di produzione e
quindi le nuove conoscenze generano nuove funzioni di produzione ognuna delle quali è
migliore della precedente in quanto permette di ottenere la stessa quantità di prodotto con un
minore impiego di fattori. Ciò che cambia in funzione del tempo è la relazione funzionale “f” tra
output e input individuabile nei cambiamenti della tecnologia.
Queste funzioni si possono così rappresentare:
Per ogni quantità Q fissata, sull’asse delle ascisse viene misurato il fabbisogno di capitale K e
sull’asse delle ordinate il fabbisogno di lavoro L. Ogni curva si riferisce alla stessa quantità Q di
output producibile, nei diversi periodi di tempo, con le tecniche disponibili in ogni periodo,
dall’una all’altra varia la funzione di produzione.
Si possono costruire una serie di funzioni di produzione ognuna riferita ad una dato
periodo di tempo ed alla tecnologia disponibile a quel tempo; la funzione cronologicamente
precedente, f0 è spostata verso l’alto.
Se da t0 a t1 si verifica un cambiamento tecnologico, in corrispondenza di una medesima
quantità di imput L, si potrà ottenere una maggiore quantità di output Q1 Dove Q1 > Q0 a K =
costante
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LA TECNOLOGIA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE
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Una funzione di produzione può essere formulata sia analiticamente (con espressioni
matematiche più o meno complesse) sia numericamente (con l’uso di tabelle) sia graficamente
(con diagrammi di funzione)
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Bisogna tenere conto simultaneamente di tutte le variabili per studiare tutte le variazioni
di rendimento (cioè la quantità di prodotto ottenibile dalla combinazione dei fattori che
intervengono nel ciclo di produzione).
Per esempio, nelle figg.3 e 4 e Tab.2 viene riportato lo studio della variazione dei
rendimenti in funzione di due fattori tecnici, temperatura a pressione, supponendo di avere già
ottimizzatogli altri parametri.
Altro esempio è costituito dall’aumento medio giornaliero del peso di animali bovini in un
allevamento USA in funzione della razione (mais o fieno) giornaliera per singolo animale (fig. 1
e 2 tab. 1)
In definitiva si cerca l’optimum nella combinazione dei coefficienti di produzione in
modo da ottenere la stessa unità di prodotto ad un costo minore.
2) le misure funzionali della tecnologia hanno un valore pratico per scopi tecnici-
ingegneristici-gestionali superiore a quello fornito dalla funzione di produzione e ciò
agevola il raggiungimento degli obiettivi reali dell’attività innovativa.
3) Le misure funzionali della tecnologia rendono possibile attribuire pesi alle innovazioni in
funzione della loro importanza e secondo un certo comune denominatore.
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4) La concezione della tecnologia come sistema ha come punto focale i mutamenti nelle
caratteristiche del prodotto (nella impostazione neoclassica le caratteristiche del prodotto
non cambiano).
In definitiva, sia pure con certe limitazioni, la concezione della tecnologia come sistema, è
vantaggiosa per una adeguata comprensione di una ampia varietà di problemi e di opzioni anche
normative.
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LA SOSTITUIBILITA’ TECNOLOGICA
Es. trasformazione di apatiti, fosforiti in fertilizzanti fosfatici mediante impiego di acidi diversi.
Es. Sostituibilità tra materie prime uguali nello stesso ciclo di produzione (proveniente però da
risorse diverse): carbochimica e petrolchimica.
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La misura del cambiamento nelle proporzioni dei fattori costituenti la combinazione di minimo
costo è detta “coefficiente di elasticità di sostituzione”. Il cambiamento può avvenire lungo una
stessa funzione di produzione o mediante trasposizione della stessa.
TIPI DI TECNOLOGIE
A seconda degli effetti determinanti da una particolare tecnologia questa può essere distinta in:
- TECNOLOGIA DURA è la tecnologia dei “Paesi Industrializzati” utilizzata sino agli anni
’70.
E’ caratterizzata da:
- alta sofisticazione;
- elevata intensità energetica e di capitali;
- bassa q. manodopera;
- scarsa attenzione ai problemi ambientali.
- Vengono suggerite le TECNOLOGIE SOFFICI per i PVS, negli anni ’70, caratterizzate da:
- semplicità, buon mercato, validità per tutti: in ogni tempo ed in ogni luogo;
- non dipendenza da risorse naturali non rinnovabili;
- nuovo quadro tecnologico con un migliore equilibrio tra fattori di produzione lavoro,
capitale, risorse.
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- ridotta intensità di capitale, basso consumo di manodopera e scarsa professionalità, impianti
di piccola scala.
Fallirono per: politiche di interventi sbagliate e/o ambigue; crisi strutturali dei P.I. negli anni ’70
(si mette in discussione anche il loro modello di sviluppo).
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Alle tecnologie appropriate corrisponde una “scienza appropriata”, cioè sviluppata da
organizzazioni scientifiche locali collegate a sistemi specialistici centrali.
- chimico-fisiche;
- ingegneristiche;
- biologiche, ecologiche;
- socio-economiche;
e manodopera specializzata.
Le tecnologie appropriate hanno avuto scarse applicazioni pratiche per il prevalere degli
aspetti economici su quelli sociali.
Le tecnologie degli anni ’90 sono tecnologie convenzionali con incorporati i principi delle
“nuove tecnologie”, con elevato grado di reattività e penetrazione in tutte le attività economiche
(agricoltura, industria, servizi).
In atto: sfida delle “tecnologie hig-tech” tra USA, Giappone, Europa per la conquista di
vantaggi competitivi nel mercato (per prodotti e servizi).
Le “attuali tecnologie” non sono altro che le tecnologie convenzionali con incorporati i
principi delle nuove tecnologie (elettronica, informatica, automatica, ingegneria genetica,
telecomunicazioni) con elevato grado di reattività e penetrazione orizzontale in tutte le attività
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economiche (agricoltura, industria, servizi) che hanno permesso lo sviluppo di importanti settori
tecnologici quali:
La tecnologia delle FONTI ENERGETICHE, che consentono all’uomo di compiere delle
trasformazioni tali da fornire energia più utile rispetto a quella che si trova spontaneamente in
natura, la tecnologia delle PRODUZIONI VEGETALI, che permettono all’uomo di produrre le
quantità e qualità di vegetali necessari ai suoi usi alimentari, edilizi e tessili;
La tecnologia delle PRODUZIONI ANIMALI che, mediante opportune trasformazioni dei
prodotti della pastorizia e della zootecnia consente l’ottenimento di prodotti, in genere, di uso
alimentare ma anche di altre utilizzazioni (abbigliamento, calzature, etc.);
La tecnologia CHIMICA, che deriva dalle moderne conoscenze sulla struttura della materia
consentendo la produzione di sostanze completamente nuove rispetto a quelle spontaneamente
disponibili in natura (prodotti sintetici) oppure la produzione di sostanze ottenute mediante
opportune trasformazioni di prodotti naturali (prodotti artificiali); rientrano in tali categorie
materie plastiche, farmaci, detergenti, collanti, fertilizzanti, esplosivi, etc.
La tecnologia ELETTRONICA, che è la più recente e utilizza alcuni metalli dalle proprietà
semiconduttrici, come il silicio e il germanio, per produrre microcircuiti integrati che
rappresentano il cuore dei prodotti hi-tech(video, computer, telefoni, fax, etc.) ad elevato
contenuto tecnologico e frutto di forti investimenti in R§S.
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- Computer della quinta generazione, sistemi esperti, intelligenze artificiali;
- Robot in grado di vedere, distinguere, scegliere;
- Materiali con memoria (metalli, leghe…)riprendono le forme originarie o la modificano in
funzione delle condizioni ambientali;
- Sensori per l’ambiente (meccanici, termini, fisici, chimici, biologici, ottici,...; es. olfattivi
scatta: l’allarme se c’è la presenza di gas);
- Sensori chimici (entrano in funzione alle necessità: es.: olio per il motore);
- Sensori chimici (enzimi, batteri) per il controllo ambientale (H2O – rifiuti organici);
- Membrane particolari (per separare, concentr. Specie chimiche);
- Sistemi informativi di comunicazione di tipo biochimico (proteine e macromolecole).
CONCLUSIONI
- sino agli anni ’70 (inizio) si è prodotto con un modello caratterizzato da rigidità delle
strutture economiche –produttive;
- la richiesta di “miglioramento qualitativo” dei prodotti, dei servizi e della vita in generale,
sposta il paradigma socio-tecnologico verso un uso più efficiente delle tecnologie (tabella) e
avvia il passaggio dalla “società industriale” alla “società post-industriale”.
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LE TECNOLOGIE NELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE
Tecnologie miste: sono sistemi di produzione in cui sono prevalenti i caratteri tipici
delle tecnologie avanzate, ma sono presenti anche alcuni caratteri di quelle tradizionali,
- valore aggiunto,
- velocità di rinnovamento,
- spese per la ricerca, sviluppo e licenze.
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Ulteriori classificazioni della tecnologia sono legate al processo di trasferimento della stessa. Si
può così distinguere:
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dall’informazione non libera, il know-how brevettato e l’assistenza tecnica fornita in
base ad accordi commerciali;
- tecnologia socializzata: ossia la tecnologia e la conoscenza socialmente disponibile
ed accessibile senza restrizioni. Essa è costituita in gran parte da conoscenze generate
dalla ricerca pubblica e messa a disposizione della collettività (enti pubblici,
università);
- tecnologia interiorizzata: ossia la conoscenza di base, il know-how, l’esperienza e la
capacità di risoluzione dei problemi tecnologici incorporate negli individui;
- tecnologia capitalizzata: ossia la tecnologia incorporata e “cristallizzata”, nei beni
capitali, nei beni intermedi e nei beni finali che può, dunque, essere trasferita ed
acquisita con l’acquisto di tali beni.
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LA VALUTAZIONE DELLE QUALITA’ INTRINSECHE DI UNA TECNOLOGIA
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AFFIDABILITA’ DEL PROCESSO
L’affidabilità del processo è espressa come probabilità complessiva, nel corso dell’anno,
di inconvenienti del sistema apparecchiature-uomo, in grado di provocare guasti, rallentamenti,
imprecisioni nelle operazioni.
L’analisi viene effettuata tramite l’albero degli errori rilevando le probabilità che si
verifichino eventi negativi nelle diverse fasi del processo; se i possibili inconvenienti sono tra
loro indipendenti le probabilità vanno sommate, se sono dipendenti, le probabilità vanno
moltiplicate. Le singole probabilità vengono ricostruite sulla base di calcoli statici che utilizzano
i valori delle specifiche di ciascun componente dell’impianto.
Più bassa è la probabilità di inconvenienti, più elevata è l’affidabilità.
Essa varia comunemente da 0,1 – 0,000001.
Il rapporto deve essere ≥ 1 e più sale verso valori superiori più elevata è l’uniformità
delle specifiche.
Non supera comunemente il valore di 4-5.
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Rappresenta la capacità produttiva reale delle apparecchiature installate, con una specifica
tecnologia, considerati fattori di perdita quali fermate, riduzione dei ritmi di produzione, difetti.
Posto che:
- T = tempo di carico macchina;
- Tc = tempo di ciclo teorico;
- Tf = tempo di fermo macchina;
- Q = quantità lavorate;
- Te = tempo di funzionamento effettivo = T-Tf (tempo di carica macchine - tempo di
fermo);
- Qs = quantità di scarti (unità difettose rifiutate).
La quantità degli scarti viene espressa come unità difettose rifiutate nell’unità di tempo rispetto
alle specifiche richieste, alla loro entità e alle tolleranze.
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Ciascun tipo di perdita può essere valutato secondo il seguente schema riassuntivo dei principali
fattori di perdita e dei relativi indici di efficienza:
Funzionamento a vuoto Tc x Q
Riduzione velocità Piccole fermate E2 =----------
Riduzione velocità Te
Scarti durante Q - Qs
Difetti il processo E3 =-------------
Scarti di avviamento Q
E = Tcx(Q - Qs) = E1 x E2 x E3
T
Quanto più è elevato tanto più è favorevole. Comunemente varia dal 70 al 95%, anche se in
teoria il campo va da 1 a 100%.
FLESSIBILITA’ DELL’IMPIANTO
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Il set-up = Σi (Ni x tsi) -
Σi (Ni x tsi) + Σi Ri x tmi
Dove:
- Ni = n° totale adattamenti dell’oggetto i ottenuto dal rapporto Ri (fabbisogno
dell’oggetto i)/qi (dimensione del lotto dell’oggetto i);
Ni = Ri/qi
- tsi = tempo di predisposizione dell’apparecchiature dell’oggetto i;
- tmi = tempo unitario di fabbricazione dell’oggetto i.
Quanto più è breve il tempo di set-up (a parità di n° articoli producibili) tanto più è elevata la
flessibilità. Può variare da 1 a 100.
Può essere calcolato anche un indice sintetico di “qualità del processo” mediante un semplice
metodo che utilizza dei nomogrammi e consente di pervenire dapprima a due sub-indici
intermedi.
I parametri di affidabilità del processo e di “uniformità del prodotto” permettono di calcolare un
indice di “efficienza del processo”.
Gli indici di qualità del processo e di efficienza del processo sono due sub-indici intermedi da
cui si può calcolare un indice tecnologico complessivo, che permette di confrontare tra loro
tecnologie diverse (vedi tabella seguente).
42
43
TECNOLOGIA AD EFFETTI DI SCALA
44
SQUILIBRI TRA FASI DI PRODUZIONE
Nell’ambito degli “effetti di scala” di una struttura industriale vanno considerati attentamente gli
squilibri fra le fasi di produzione.
Nel disegnare un impianto, che consiste in varie fasi di produzione, i responsabili delle scelte
dovranno essere guidati non solo da considerazioni di equilibrio tra le diverse fasi, ma anche dai
costi della futura espansione della capacità, rispetto al costo della capacità eccedente in alcune
fasi.
MIX DI PRODOTTI
Il mix di prodotti ricopre un ruolo altamente importante nel raggiungimento di “positivi” effetti
di scala. In molte attività produttive il prodotto non è costituito da una sola merce, ma da merci
diverse che hanno caratteristiche o abbastanza simili o anche molto diverse e la combinazione di
questi vari prodotti può consentire e non consentire di massimizzare il risultato economico.
45
In definitiva, la scelta del mix dei prodotti e della scala produttiva di ognuno, è elemento
indispensabile di economicità di gestione di impresa.
Se è meno costoso produrre un insieme di beni congiuntamente anziché separatamente, si dice
che ci sono “economie di scopo”.
Nel lungo periodo l’impresa può modificare le sue capacità dimensionali installando nuovi
impianti del tipo e delle dimensioni desiderati. Tutti i fattori relativi alle dimensioni dell’impresa
sono variabili: area del fabbricato, i fabbricati, le attrezzature, ecc. è utile considerare il lungo
periodo come un orizzonte di programmazione in cui bisogna effettuare delle scelte strategiche
per l’impresa, quale appunto quella concernente la dimensione dell’impianto.
L’impresa sceglierà quell’impianto di dimensioni tali da produrre in modo da minimizzare il
costo medio.
dimensione dell’impianto
46
DIMENSIONI D’IMPRESA E RENDIMENTI SCALA
A prima vista può sembrare che tute le funzioni di produzioni debbano rilevare
rendimenti di scala costanti. Invece sussistono dei motivi per cui si verificano rendimenti di
scala crescenti:
- maggiore livello di specializzazione dei vari fattori;
47
- alcune relazioni geometriche (per es. nel caso di immagazzinamento di fluidi, mentre
l’acciaio necessario alla costruzione di una cisterna sferica è proporzionale al quadrato del
raggio, la capacità stessa è invece proporzionale al cubo).
48
LA FUNZIONE DEL COSTO MEDIO DI LUNGO PERIODO (CURVA DI
PROGRAMMAZIONE)
Costo
CM = costo minimo
CM CM’ output
49
INTERAZIONI TRA DINAMICA TECNOLOGICA E MODIFICAZIONE DELLA
DIMENSIONE
Può anche presentarsi un’altra possibilità, cioè che la curva diventi più piatta nella fase di
trasposizione: ciò indicherebbe che il progresso tecnologico ha abbassato i costi unitari degli
impianti più piccoli di un’entità maggiore di quelli più grandi.
50
DINAMICA TECNOLOGICA E DIMENSIONE
1. possono usare tecniche di produzione mezzi più efficienti di quanto possano fare le
piccole; c’è però la possibilità di degenerare in strutture burocratiche;
2. sono in grado di centralizzare molte funzioni manageriali ma la stessa può conferire
maggiore rigidità, togliendo iniziative alle azioni individuali;
3. sono in grado di diversificare più agevolmente i rischi;
4. hanno maggiori capacità di investimento, pertanto fungono da pioniere dello sviluppo
tecnologico;
5. hanno maggiori capacità di investimento, pertanto fungono da pioniere dello sviluppo
tecnologico;
6. sono in grado di beneficiare dei prezzi più bassi dei fattori di produzione a causa
della loro capacità di acquisto di levate quantità, con riflessi sul costo unitario.
51
APPROPRIATEZZA DELLE TECNOLOGIE
52
b) valutazione degli impianti economici e sociologici delle nuove tecnologie;
c) considerazioni di tipo politico di supporto per la scelta tra le opzioni
tecnologiche.
La conclusione del processo interattivo si ottiene con il raggiungimento di sufficienti
condizioni di congruenza tra le variabili, in particolare tra tecnologia ed obiettivi
sociali e individuabili ed ideologie.
2. Altra conseguenza del processo interattivo è una revisione critica del rapporto tra
industrializzazione e sviluppo dei Paese emergenti.
In molti di questi, la scelta di rapidi processi di industrializzazione ha comportato
estesi fenomeni di frantumazione socio-economica. Ciò però non significa che
l’industrializzazione sia antitetica agli obiettivi di sviluppo dei Paesi poveri.
L’importante è identificare preventivamente i possibili punti di conflitto e la
programmazione di opportuni interventi, non solo a livello di struttura intrinseca
della tecnologia, ma anche delle interrelazioni della tecnologia con l’ambiente
circostante.
In conclusione, non sono pensabili definizioni rigide di tecnologie appropriate ad un
modello di sviluppo ottimale. E’ invece possibile e necessario tentare di individuare
analiticamente gli elementi caratterizzanti la tecnologia appropriata in un dato
contesto storico e sociale.
Gli elementi essenziali per caratterizzare le tecnologie appropriate sono i seguenti:
a. intensità e tipo di lavoro;
b. uso razionale delle risorse naturali;
c. decentramento(inteso nella sua più larga accezione di decentramento produttivo,
organizzativo, sociale, abitativo, ecc.);
d. realizzazione di una società più articolata, che quindi comprenda, per l’aspetto
tecnologico, un reale pluralismo.
53
Date le caratteristiche innovative e technoloy-intensive di queste tecnologie, la quota
“forza lavoro” con qualifica media e alta, sarà presumibilmente molto elevata rispetto a quella
delle strutture produttive tradizionali.
DECENTRAMENTO
54
PLURALISMO TECNOLOGICO
Pluralismo tecnologico significa riconoscere che non esiste un unico modo ottimale di
produrre una merce o di fornire un servizio.
L’obiettivo fondamentale da perseguire deve essere quello di un insieme appropriato di
tecnologie per sottolineare la complementarietà tra tecnologie appropriate e le altre tecnologie di
grande scala e capital-intensive.
Una strategia di pluralismo tecnologico può realizzarsi sia a livello intrasettoriale che
intersettoriale, individuando cioè diverse possibili soluzioni tecnologiche all’interno di un
settore.
55
CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO E DI UNA TECNOLOGIA
1° periodo: INTRODUZIONE
Quando un prodotto nuovo viene introdotto sul mercato, non esiste ancora una
consapevole e specifica domanda da parte dei consumatori. Viene creato un nuovo mercato per
il prodotto ed è ardua la stima del periodo di introduzione e di affermazione sul mercato. Le
statistiche mostrano che solo il 5% dei prodotti nuovi riesce a superare felicemente la fase
dell’introduzione, molti insuccessi sono dovuti proprio all’errata stima dei tempi.
Il rischio connesso con l’introduzione nel mercato determina di riflesso rischi tecnici ed
economici di notevole entità: spese connesse all’acquisto dei macchinari, dei procedimenti
tecnologici, spese di ricerca e sperimentazione, ecc. La complessità di tali problemi viene
aggravata dagli alti costi di produzione dovuti alla limitata produzione iniziale senza economie
di scala e alle procedure tecnologiche e dei tempi di produzione non ancora affinati. Con
riferimento alla tecnologia il settore è fortemente innovativo, lo sviluppo della tecnologia è
rapido e si realizzano varie tecniche alternative.
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2° periodo: ESPANSIONE
3° periodo: SATURAZIONE
57
consumatori. Il tasso di innovazione tecnologica rallenta ulteriormente e la dimensione del
mercato raggiunge il massimo.
4° periodo: OBSOLESCENZA
Questa è l’ultima fase del ciclo di vita del prodotto, che in genere segna la soppressione
della linea di produzione. La tecnologia diventa sorpassata e deve essere rinnovata per dare
competitività all’impresa.
58
1. Nella fase iniziale, che coincide con il periodo di introduzione di una innovazione
radicale, il tasso del progresso tecnologico ha un andamento esponenziale.
2. Nella fase di consolidamento e rapida crescita, il tasso del progresso tecnologico ha un
andamento lineare.
3. Nella fase di maturità il rallentamento del tasso del progresso tecnologico si accentua e
la tecnologia raggiunge i limiti naturali consentiti dal principio scientifico sul quale è
basata.
Il legame tra il cambiamento tecnologico e la crescita del mercato è rappresentato dalla curva
del ciclo di vita della tecnologia già visto.
Tutto ciò significa che arriva un momento in cui termina la convenienza e la spinta
propulsiva della tecnologia stessa.
A questo punto (aumenti di produttività possono essere ottenuti solo con costi di
investimento e di gestione crescenti più che proporzionalmente) si verificano le condizioni per
l’introduzione di una nuova tecnologia, che inizia così il suo ciclo vitale.
Ciò significa che ogni impresa che introduce ed utilizza una data tecnologia, può
predeterminare il limite di convenienza alla sua “intensificazione” (ad es. con crescenti livelli di
automazione o con innovazioni di dettaglio).
La convenienza dipende dalla correlazione tra aumento dei costi unitari e aumento della
produttività.
59
È possibile valutare in senso matematico fino a che punto conviene introdurre
innovazioni tecnologiche e fare aumentare la produttività.
Dato che:
CM = costo unitario della merce;
CR = costo unitario delle risorse impiegate;
CL = costo unitario della lavorazione;
A = unità di impianto annue utilizzate.
CM = CR +CL
• quantità e prezzo delle risorse saranno riferite alla quantità prodotta (Q) nello stesso
periodo;
pertanto CR = CB x(B/Q)
R = consumo unitario di risorse, riferito ad una unità di impianto, che deriva dalla
produzione di una unità di merce in una unità di tempo
R = (B x A)/Q².
60
CM = CR +CL
Il contributo al costo della merce dato dal costo di lavorazione delle risorse (CL) dipende dal
numero di unità di impianto (A) necessario per produrre una unità di merce.
Quindi CL = CT x (A/Q)
Riassumendo da CM = CR + CL
L’equazione generale del costo totale unitario di una merce è data da:
CM = CB x R x (Q/A) + CT x (A/Q)
Questa equazione mostra che il “costo totale unitario” di una merce dipende dalla
produttività dell’impianto, cioè dal numero di unità merce/anno ottenibili con una unità di
impianto, dal costo delle risorse, dai costi di trasformazione e dal volume della produzione.
Considerando R una costante caratteristica del ciclo di lavorazione e considerando
costanti anche i costi delle risorse (CR) e i costi di trasformazione ammortizzati (CT),
all’aumentare della produttività (Q/A) aumenta relativamente il contributo del costo delle
risorse al costo della merce e diminuisce il contributo dei costi di trasformazione.
Per stabilire fino a che punto conviene introdurre innovazioni tecnologiche e fare
aumentare la produttività Q/A si deve calcolare per quale valore di Q/A diventa minimo il costo
della merce CM.
Per fare ciò si deve determinare per quale valore di Q/A si annulla la derivata.
61
dCM/d(Q/A) = CB x R – [CT/(Q/A)2] = 0
quando:
CM = CB x R x (Q/A) + CT x (A/Q)
si ha che:
Quindi variazioni anche rilevanti di CT e CB hanno effetti modesti sul costo della merce.
Produttività Q/A
62
Dall’analisi della curva di costo di una merce appare evidente che se si spinge eccessivamente il
progresso tecnologico arriva un momento in cui un ulteriore aumento di produttività comporta
un aumento del costo unitario della merce.
63
IL PROCESSO INNOVATIVO
La sfida delle tecnologie avanzate che si registra in atto nei P.I. investe principalmente la
triade USA, Giappone, Europa, la supremazia attuale degli USA è concretamente minacciata dal
Giappone per la sua maggiore e crescente capacità tecnologica mentre l’Europa (con i vari Stati
non ancora perfettamente integrati a livello di sistema) è in notevole ritardo con problemi per
recuperare il divario soprattutto nei settori di punta. Gli investimenti in R&S insieme alla
competitività dei prodotti e alle strategie di vendita avranno un ruolo determinante per la
supremazia nei settori delle tecnologie avanzate.
La ricerca ha come fine lo sviluppo della conoscenza (intesa sia come esigenza culturale per
contribuire al processo di crescita del sapere sia come strumento di sviluppo quali-quantitativo
del sistema produttivo). Il “sistema ricerca” è articolato in tre sottosistemi: Università
8privilegia la ricerca di sviluppo), Enti e Agenzie Naz. (la caratterizzazione è più difficile). I
rapporti tra scienza e tecnologia già dette, ed oggi, i tempi rapidi di utilizzazione dei risultati
della ricerca fanno si che i confini e le distinzioni tra i vari tipi di ricerca sono sempre più labili
crescendo sempre più le interazioni tra i sottosistemi.
Vari indicatori indicano una scarsa capacità dell’Italia ad innovare e una propensione a
importare le conoscenze per il settore tecnologico e da ciò deriva una bassa competitività delle
imprese italiane e dell’economia nel suo complesso.
Il Giappone da inseguitore (follower) tecnologico, ossia da imitatore è divenuto Paese
innovatore (technology maker) con investimenti crescenti nei settori di frontiera tecnologica
(computer di 5° generazione, materiali avanzati, intelligenza artificiale, superconduttività etc.) e
sulla stessa strada sono avviati i Paesi dell’area NIC (Neology Industrialising Countries) (Corea,
Singapore, Hong Kong, Taiwan).
Vi è una posizione di ritardo tecnologico dell’Italia sia nei confronti di USA e Giappone che
di alcuni Paesi Europei e, relativamente ad alcuni settori, anche nei confronti di Paesi dell’Est
Aria. Una tale situazione rappresenta un punto debole per la struttura competitiva italiana in un
momento in cui i mercati si allargano per l’avvenuta entrata in vigore del mercato unico europeo
e per i processi di internazionalizzazione dei prodotti.
Questa situazione non esclude per alcune imprese italiane posizione di nicchie a livello
mondiale o continentale per certi settori o prodotti “maturi” che peraltro è possibile rivitalizzare
64
con l’innovazione, oggetto anch’essi di competizione. E’ comunque indubbio che è li sforzi in
R&S che favorirà i processi di modernizzazione ed innovazione in tutti i settori dei beni e
servizi. In questo senso è da dire che anche in Europa, vi è un atto e vi è stato un notevole sforzo
nel campo delle innovazioni come testimoniano i programmi di ricerca ESPRIT, BRITE, RACE,
COMETT, EURAM e altri dei nostri giorni che concernano vari settori. Come esempi
significativi di recupero europeo in settori specifici e di poco tempo addietro si possono citare
quelli della Siemens(tedesca) che investe in R&S circa il 10% del fatturato, della Glaxo
(britannica)(innovazione di prodotto notevole, oggi alle spalle del leader mondiale Muck Sharp
Dohme) della Philips (olandese) e Thomson (francese) (es. TV alta definizione). Punti di forza
si hanno inoltre nel settore aerospaziale e dell’energia nucleare e in altri ancora, mentre vi è una
assenza o quasi in settori str5ategici quali macchinari per la produzione di chip, produzione di
semiconduttori e di chip ed altri ancora. In sintesi può dirsi che l’Europa presenta punti di forza
nella media tecnologia e di notevole debolezza nei settori avanzati.
Per quanto attiene l’Italia, pur avendo seguito dopo gli anni ’70 una politica di
ristrutturazione industriale e di innovazione (miglior utilizzo di materie prime, maggiore
produttività, minor consumo energetico rivitalizzazione di tecnologie etc. ), si trova ancora in
una posizione di ritardo rispetto ad altri P.I. per quanto attiene lo sviluppo tecnologico come
indicato da vari indicatori.
In conclusione il continuo sostegno delle spese in R&S è necessario per mantenere un
vantaggio competitivo: le innovazioni sono oggi (di prodotto e di processo) di tipo continuo e di
processi imitativi dei followers sono sempre più rapidi tanto da ridurre, in vari settori, a pochi
mesi il “ciclo di vita” economicamente utile dei prodotti. La sfida è fondata sul trinomio
“scienza-tecnologia-industria” e sarà fondamentale l’efficienza con la quale verranno
organizzate le varie risorse (freedman) (input di R&S, innovazioni, tecnologia, politiche di
marketing, etc.).
65
PARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI (PST)
Nel mondo esistono oltre 200PST, 50% in Nord America. Anni ’80 il fenomeno è stato
recepito anche in Europa Occ. Ed ha riguardato anche l’Italia dove il MURST ed il min.
Bilancio hanno stanziato all’uopo 2000 miliardi di cui il 50% per il Sud.
I PST sono sia realizzazioni di progetti territoriali e urbanistici che delineano le nuove città
tecnologiche (tecnopoli) o modificano quelle esistenti, sia ambienti di innovazione i cui
presupposti si basano su progetti imprenditoriali per immettere prodotti nuovi in mercati nuovi.
Gli obiettivi dei PST sono:
sviluppo urbano e regionale
grani rinnovamenti aziendali
gestione di ricorse per la formazione e la ricerca
66
contributo non riveste carattere di essenzialità.
67
LA NATURA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
DEMANDED TECHNOLOGY
MARKET PUSH
PULL
L’innovazione tecnologica è una reale necessità per le imprese sia nelle tecnologie di punta
ma anche in quelle convenzionali, disporre di tecnologie innovative è fondamentale per:
l’impresa che vuole mantenere il suo livello di competitività;
l’impresa che voglia realizzare con successo una politica di crescita e di espansione verso
nuovi mercati.
68
economie di scala, il design e la qualità (grandi cambiamenti in tempi brevi); i protagonisti della
competizione sono sempre meno le imprese nazionali e sempre più le grandi associazioni
internazionali fra imprese, tuttavia la rivoluzione tecnologica e la sua diffusione consentono una
crescente specializzazione del processo produttivo tra le piccole e medie imprese, riducendo in
un certo modo il processo di concentrazione industriale.
L’innovazione non si limita all’industria ma si estende all’agricoltura e ai servi. Le
macchine per la produzione di beni e servizi sono più sofisticate, automatizzate, con poco
personale addetto, più specializzate per produzioni su “misura”.
La diffusione dell’innovazione tecnologica sempre più globale ha attenuato la distinzione
tra “tecnologie mature” , “intermedie”, “alta tecnologia”.
I paesi in grado di produrre e diffondere “tecnologie avanzate” hanno potuto imprimere
maggiore competitività all’intera gamma della propria produzione industriale, all’agricoltura, ai
servizi, rivitalizzando i settori a bassa e media tecnologia, dando vita a nuova occupazione.
EFFETTI DETERMINATI
DALLA INNOVAZIONE
TECNOLOGICA
Effetti di Effetti di
lungo termine breve e medio termine
69
TIPI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Può essere.
Radicale: quando dà origine a “nuovi paradigmi tecnologici”, ovvero si basa su nuove
invenzioni di particolare rilievo per un’azienda o un intero settore;
Incrementale: quando sviluppa “paradigmi preesistenti” è il risultato cioè di miglioramenti o
nuove applicazioni di un prodotto o di un procedimento già esistente;
Di prodotto;
Di processo.
TECNOLOGIE
APPLICAZIONI
INDUSTRIALI
incrementali di prodotto
INNOVAZIONI
TECNOLOGICHE
radicali di processo
70
Le “innovazioni incrementali” sono rilevanti nel migliorare l’efficienza di utilizzo di tutti i
fattori della produzione, sulla produttività e sulla competitività dell’impresa.
Imprese non
Imprese
innovative
innovative
Innovazione
tecnologica
Posizione
competitiva
L’innovazione tecnologica
comporta cambiamenti
71
influenza sul comportamento dell’intera economia (diffusione del vapore, energia elettrica,
elaboratore elettronico) e tali, comunque, da rientrare nella teoria di Schumpeter dei “cicli
lunghi” dello sviluppo economico che si verificano 2-3 volte in un secolo).
Una “rivoluzione tecnologica” dà origine ad una serie di “funzioni di produzione” in rapido
cambiamento sia per i vecchi che i nuovi prodotti, con risparmio di lavoro e capitale e vantaggi
economici e tecnici derivanti dall’applicazione della nuova tecnologia.
Tali vantaggi, dovuti ad un miglioramento della produttività, si verificheranno prima in
alcuni settori guida e successivamente negli altri man mano che si realizzeranno i necessari
cambiamenti sociali e organizzativi.
La “tecnologia informatica” (nuovo paradigma) ha fatto sorgere una serie di industrie
(computer, componenti elettronici, telecomunicazioni, …) che hanno contribuito al maggior
tasso di crescita in tutti i principali Paesi industrializzati.
72
MODELLO NELLA INNOVAZIONE DI PRODOTTO E DI PROCESSO
Un modo per considerare i diversi tipi di innovazioni è quello di pensarli come sviluppo a
gradini di investimento. Esso inizia con una o più innovazioni di prodotto stimolante in varie
maniere. L’esigenza successiva di aumentare la produttività può stimolare una innovazione di
processo, mentre l’esigenza di maggiori sofisticazioni, uniformità e minori costi produce
l’adozione sia di innovazioni di prodotto che di processo.
Ciò implica che progredendo l’attività produttiva le progettazioni di prodotto e di processo
diventano fortemente interdipendenti.
Le relazioni tra i due tipi di innovazioni possono essere visualizzate come segue.
Innovazione di processo
Tempo
quando l’attività diventa matura calano
entrambe
73
appena il volume produttivo aumenta i processi diventano più rigidi: poi il processo produttivo
assume forma efficiente “capital intensive” ed il costo del mutamento diventa elevato.
All’inizio sono impiegate apparecchiature con scopo generale (lavoro qualificato) poi si passa
all’automazione con unità produttive fortemente sviluppate (lavoro inteso al monitoraggio e
controllo). Inizialmente gli input di materiali sono limitati a quelli disponibili, poi si impiagano
materiali speciali.
Con riferimento all’ubicazione delle imprese, queste dapprima si impiantano presso la fonte
della tecnologia e saranno di piccola dimensione, poi diventano di grande dimensione e si
impiantano anche in altre zone secondo criteri di convenienza economica (minimizzazione dei
costi di trasporto, di lavoro, di materiali).
In sintesi lo stimolo all’innovazione cambia con la trasformazione dell’impresa. In origine, con
esigenze incerte di mercato, il processo di sviluppo è lento, poi, con il consolidamento, si
giustificano crescenti investimenti in R & S. un forte impegno alla ricerca e sviluppo e
all’innovazione vera e propria si ha, in definitiva: livelli intermedi di sviluppo aziendale.
74
PENETRAZIONE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Esempio:
Esempio: elettroniche, Fornitori automobilistiche,
specializzati
chimiche, ecc. metallurgiche, alimentari,
Forniscono tecnologia a: ecc.
- imprese a produzione Importano tecnologia da:
intensiva; - imprese basate sulla
- fornitori specializzati; Esempio: meccaniche (strumentazione e scienza;
- fornitori specializzati.
- imprese dominate dai macchine utensili), ecc.
Forniscono tecnologia a:
fornitori. Importano e forniscono tecnologia da/a: - fornitori specializzati;
Importano tecnologia da: - imprese basate sulla scienza; - imprese dominate dai
- fornitori specializzati. - imprese a scala intensiva. fornitori.
75
Importano tecnologia da:
fornitori specializzati.
Forniscono tecnologia a:
fornitori specializzati;
imprese dominate dai fornitori.
76
CONSEGUENZE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
L’azienda flessibile rappresenta uno dei principali obiettivi dell’economia del 21° secolo e la
sua competitività dipenderà oltre che dalla maggiore produttività anche dalla possibilità di
sviluppare alternative più vantaggiose nei processi produttivi.
77
L’alta produttività e la produzione di alta qualità saranno fattori determinanti per il
decentramento di realtà industriali (applicazioni di nuovi tecnologie, accorciando le distanze
culturali, sociali e tecnologiche fra arre geografiche diverse... Paesi del Terzo Mondo;
produzioni che rispettano le situazioni locali).
“Decentramento” vuol dire, ad esempio, che la sede di una società “globale” può trovarsi negli
USA, la fonte del capitale finanziario in Giappone, i laboratori di ricerca, gli uffici di
progettazione in Europa, alcuni stabilimenti produttivi nel Sud-Est asiatico, i centri di
distribuzione presenti in tutti i continenti.
Con questa forma di decentramento potrebbe essere possibile avviare lo sviluppo dei Paesi del
Terzo Mondo favorendo la produzione di beni e servizi (anche quelli sofisticati).
Questa forma di decentramento, propria delle nuove tecnologie, rappresenta un ottimo modo per
contrastare la tendenza prevalente nelle società industriali verso l’ “accentramento” che
comporta anche la disintegrazione dei tessuti sociali più tradizionali.
Una forma di decentramento è anche rappresentata dal comportamento di quelle imprese che,
orientate verso il “mercato” commissionano le manifatture ad altre imprese dedicandosi sempre
più alla ricerca, alla progettazione, all’assemblaggio, che diventano così le attività centrali
dell’azienda.
Esempi: industrie produttrici di sistemi elettronici, del settore automobilistico, elettrodomestici,
accessori per la casa.
78
L’IMPRESA E L’INNOVAZIONE CONTINUA
L’impresa deve:
o rinnovare i prodotti per esigenze di mercato;
o rinnovare i processi per accrescere la produttività, per esigenza di qualità, sicurezza, tutela
ambientale;
o adattare la propria organizzazione al mutare delle condizioni e delle strutture economiche e
sociali.
L’innovazione può essere utilizzata anche come vantaggio competitivo secondo 4 approcci:
1) applicando minori costi di sviluppo e prodotto/servizio per fornire più valore al cliente a
parità di costo;
2) attaccando progressivamente i concorrenti (tipicamente è il metodo principale) con
nuovi prodotti generalmente superiori di alla concorrenza,
3) riorientando e diversificando l’azienda: si ridefinisce il business e si diversifica in
attività nuove per compensare il declino naturale del proprio “core business”;
4) rivitalizzando in “business maturi”: per lo più si tratta di innovazioni orientate ai clienti.
Nella tabella sottostante viene riportato uno “Schema logico dell’innovazione” basato sulle tre
leve a disposizione del management: strategia, gestione, organizzazione.
79
SCHEMA LOGICO DELL’INNOVAZIONE
leve di management
STRATEGIA GESTIONE ORGANIZZAZIONE
(generare idee innovative) (realizzare idee innovative (organizzarsi per
velocemente – time to market) l’innovazione continua)
ERRORI • comprensione statica dei • irrilevanza del fattore tempo • approccio tipicamente
TIPICI
bisogni del cliente • approcci sequenziali funzionale
• imitare i concorrenti • prodotti non producibili • le informazioni non
(imitazione “fieristica”) • sperimentazione circolano
• innovazione = prodotto all’avviamento • solo i commerciali hanno
• un nuovo prodotto • tutto in casa e inadeguato contatto con il cliente
importante ogni 6/7 anni coinvolgimento di fornitori, • errori che penalizzano le
clienti, etc. carriere
• esperienza perduta
APPROCCI • comprensione • tempo importante quanto • tutta l’organizzazione è
ECCELLENTI
approfondita e dinamica costo e qualità orientata al mercato
dei bisogni del cliente • parallelismi • poca informazione ma
• market research • progettare per produrre trasparente
innovativa • sperimentazione per testare • product e project
• innovazione di prodotto non per progettare management forti
e di processo • coinvolgimento di fornitori, • top management per
• molte innovazioni clienti, etc. per tempo e qualità aiutare i team non per
incrementali non solo per costo decidere
• comprensione dettagliata • utilizzo nuove tecnologie per • incoraggiare i rischi
delle skill aziendali ridurre i tempi • non si perde l’esperienza
• sfrutt. nuove tecnologie
Nella gestione di impresa: è molto importante il tempo di realizzazione della innovazione (time
to market); es.: nel settore automobilistico la rapidità nello sviluppo della innovazione ha
consentito ai giapponesi cicli di sostituzione veloci della propria gamma rispetto al mercato
occidentale.
Nel settore farmaceutico la Glaxo dal brevetto all’introduzione sul mercato dello Zantac-
antiulcera 5 anni contro gli 8 di media del settore ( dal 40° posto al 2° in 10 anni).
80
Nell’organizzazione di impresa: l’obiettivo è quello di spingere la azienda ad una innovazione
continua aumentando la capacità delle stesse ad essere totalmente orientata al prodotto ed al
cliente.
70
60
50
40
30
20
10
0
Mercedes VW GM Chrysler Ford Honda Toyota
Mesi
81
POLITICHE DEI PROCESSI D’INNOVAZIONE E D’IMPRESA IN ITALIA
Negli anni ’70 si è avuto un intervento dello Stato verso le imprese con un’ottica di tipo
garantista ed assistenziale; il credito agevolato è stato, con contributi a fondo perduto, il
principale strumento di politica industriale (legge 1329/65 sconto a tasso agevolato degli
interessi per acquisto di macchinari innovativi, legge 1089/689, fondo IMI e ricerca applicata,
sforzo CNR per coordinamento ricerca e di agenzie per il trasferimento di tecnologie,
programmi per piccole e medie imprese, etc.) Negli anni ’80 accanto all’innovazione
tecnologica cresce anche quella finanziaria ed organizzativa (legge 46/82, sostegno alla ricerca
ed all’innovazione industriale, legge 696/86, nuova disciplina per l’intervento straordinario nel
Mezzogiorno; legge 346/88, fondo IMI per contributo in conto interessi per programmi
innovativi).
Nota Bene:
Le aree territoriali, identificate per analogia di situazione di sviluppo economico, sono
classificate secondo tre obiettivi (1, 2 e 3), la Regione Sicilia è ancora Obiettivo 1 (già dal
2000/2007) perchè ancora arretrata rispetto al contesto europeo.
82
I principali obiettivi di sviluppo locale scaturiti dal Quadro Comunitario di Sostegno (QCS)
sono:
aumento della produttività e competitività del sistema produttivo,
sviluppo di settori strategici per l’economia nazionale;
processi di trasferimento tecnologico,
internazionalizzazione di prodotti e servizi.
Secondo alcuni, in Italia, vi è un netto divario tra i settori produttivi tradizionali (orientati
al consumatore finale, piccole e medie aziende a basso livello tecnologico dove però è stata
rapida l’innovazione, tessile, abbigliamento, domestico, abitativo, prodotti personali, etc) che
rappresentano il 50% circa delle esportazioni ed i settori produttivi industriali e di supporto
(trasporti, telecomunicazioni, distribuzione, etc.) e quelli “a monte” (petrolio/chimica,
materiali/metalli, semiconduttori/computer, etc) che sono in una posizione competitiva di
notevole debolezza.
Nei paesi industrializzati il settore dei servizi (terziario) dà lavoro ad una quota compresa
tra il 60-70% della forza lavoro totale e concorre in media al prodotto nazionale lordo per il 65%
circa dell’insieme dei paesi industrializzati di cui oltre il 40%, come reddito proveniente dal
commercio e dalla finanza. Il settore dei servizi è molto eterogeneo ed è stato, ed è tuttora,
notevolmente interessato alle nuove tecnologie. Le crescenti attività di servizio generano,
peraltro, nuova tecnologia (es. settore biomedico) per cui il processo di modernizzazione è
strettamente dipendente dal livello tecnologico raggiunto. In prospettiva, i servizi, come e forse
più dei prodotti, dovranno essere personalizzanti e presenteranno un ciclo di vita sempre più
breve (come i prodotti) anche perché l’innovazione fornirà servizi inglobati nei prodotti (ad es.
sementi con incorporate le funzioni fertilizzanti ed antiparassitarie).
83
INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEI SERVIZI
Nei Paesi Industrializzati il settore dei “servizi” ossia il “terziario” dà lavoro a circa il 60-
70% della forza totale lavoro e concorre al prodotto nazionale lordo per circa il 65%
dell’insieme dei PI: il 40% come reddito proviene dal commercio e dalle finanze.
Il settore dei servizi è molto eterogeneo (postini, cantanti, segretarie, banchieri, medici,
avvocati, uomini politici, insegnanti, parrucchieri…) ed è stato notevolmente interessato dalle
“nuove tecnologie”. Dall’altra parte, le crescenti attività di servizio generano nuove tecnologie
(es. nuove macchine nel settore delle tecnologie biomediche) per cui il processo di
modernizzazione e di creazione di nuovi servizi è strettamente dipendente dal livello
tecnologico raggiunto.
In futuro i servizi (forse più dei prodotti) dovranno essere personalizzati e presenteranno un
“ciclo di vita” sempre più breve anche perché con l’innovazione i servizi potranno essere
inglobati nei prodotti (“pacchetti servizio prodotto”). Per es. le nuove sementi, prodotte dalla
ingegneria genetica conterranno incorporati i fertilizzanti e gli antiparassitari (non serviranno
più fertilizzanti e gli antiparassitari attuali né il lavoro-servizio per distribuirli).
84
IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA
Sotto le spinte innovative l’obsolescenza dei prodotti diventa sempre più rapida,
aumentando i tempi ed i costi dello sviluppo dei nuovi prodotti, è necessario ridurre i tempi tra
invenzione ed applicazione per recuperare i costi investiti in R&S; cresce per l’impresa la
necessità di massimizzare l’utilizzo della propria tecnologia; di recuperare i costi, finanziare
nuovi progetti (Figura 59).
Il passaggio di Ricerca di base -> Ricerca applicata ->Sviluppo, richiede spesso impianti
sofisticati ed investimenti in termini di: tempo, risorse tecniche, finanziarie….
Questo processo è sempre meno gestibile nell’ambito di una singola impresa anche se di
grande dimensione o multinazionale, richiede quindi un vero “business” internazionale delle
“tecnologie”, ovvero l’attivazione di un insieme di rapporti e collegamenti tra imprese diverse in
modo da ottenere “strategie tecnologie” rispondenti alla realtà socio-economica in cui l’impresa
opera e che possono essere ricondotte in due possibilità (Fig. 60):
Le due vie sono complementari, si sceglie l’una o l’altra in funzione delle proprie esigenze
di diversificazione, delle proprie capacità a svolgere ricerca, delle risorse disponibili (le piccole
e medie imprese trovano spesso più conveniente una posizione intermedia tra acquisto e
autoproduzione).
85
1) VANTAGGI DELLA RICERCA “INTERNA”
86
2) SVANTAGGI DELLA RICERCA “INTERNA”
87
88
PRINCIPALI FORME DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO.
Varie sono le modalità di trasferimento tecnologico (v. fig. 31 sopra) in relazione al tipo di
tecnologia ed alle esigenze delle imprese.
Licensing (licenza)
E’ una forma di cooperazione a lungo termine con la quale una impresa (il licenziante) permette
ad un’altra (il licenziatario) la produzione di un prodotto o l’uso di un processo a determinate
condizioni; costituisce un contratto tra due soggetti: il licenziante (titolare di diritto o di fatto di
una proprietà industriale), il licenziatario (a cui è concesso di operare industrialmente entro
determinati limiti produttivi, commerciali e territoriali). La “licenza” fissa diritti e/o usi delle
conoscenze necessarie per l’applicazione della tecnol. che viene trasferita. Si distinguono a
seconda del tipo di diritti oggetto di concessione, tre tipi di licenza:
di brevetto( sono le più semplici ed il licenziatario è autorizzato ad operare all’interno del
terreno protetto dal brevetto del licenziante)
di tecnologia o di know-how (idem su informazioni industriali segrete)
miste, sono le più frequenti, alla concessione dei diritti brevettuali si accompagna quella dei
diritti di impiego del Know-how.
Vantaggi.
consente al licenziante di sfruttare la propria tecn. su uno o più mercati più rapidamente e
senza impiego di capitale;
si ha un ritorno economico aggiuntivo per gli investimenti in R&S e la messa a punto della
tecnologia.
Consente al licenziante, tramite clausole specifiche, di sfruttare gli eventuali
perfezionamenti che il licenziatario apporta, senza o quasi costi di ricerca.
Svantaggi:
vi è il rischio per il licenziante dei potenziali concorrenti si dà vedersi sottrarre arre di
mercato dall’impresa licenziataria;
il contratto di licenza può non permettere (ad es. per disposizioni legislative di un Paese) il
89
controllo sulla diffusione della tecnologia trasferita.
joint-venture
E’ una vera e proprio nuova società che nasce dall’esigenza di collaborazione tra aziende che
compartecipando ai rischi e agli utili, integrano o potenziano le rispettive risorse. Tecnologie,
beni, conoscenze, clientela, fattori ambientali etc. La cooperazione tra chi trasferisce tecnol. e
chi la riceve si concretizza nella gestione comune della nuova società destinataria del
trasferimento valorizzando al meglio la tecnol. trasferita in quanto si sfruttano le sinergie e le
complementarietà. Spesso, pur presentando un grado di complessità elevato, costituisce l’unica
via di penetrazione dei mercati nei Paesi dove vi sono barriere protezionistiche e/o restrittive nei
confronti di altre forme di importazione di tecnologie. Per il trasferente ->prospettive di profitto
e rischio negli investimenti; per l’acquirente -> garanzia dovuta al pieno coinvolgimento del
trasferente e accessibilità di ulteriori miglioramenti tecnologici.
L’insediamento diretto all’esterno comporta rischi e difficoltà e pertanto tale formula è in genere
riservata alle multinazionali e/o grandi imprese che hanno elevati livelli di risorse finanziarie e
di risorse complementari specializzate (servizi, canali distributivi, etc.) Quando non è possibile
acquisire un’impresa locale è sempre possibile l’internazionalizzazione d’impresa con forme di
partecipazione di minoranza in società operante in un settore o mercato d’interesse; si consegue
così l’obiettivo di un ampliamento dello spettro di competenze tecnologiche o di un futuro
90
sviluppo in quel mercato evitando un coinvolgimento totale immediato.
Rappresenta una forma di trasferimenti di tecnologia, una azienda ricorre alla produzione su
commissione, ossia ad un’impresa terzista, per:
fattori contingenti (es. maggiore capacità produttiva per rispettare i tempi di consegna di una
commessa non rispettabili con la propria capacità)
necessità di ridurre i rischi della realizzazione dell’innovazione in tecnologia da laboratorio-
>scala pilota->scala industriale... Sono necessari impianti di investimenti (tempo e risorse
tecniche e finanziarie) non sempre in possesso dell’azienda innovatrice.
L’impresa terzista accede a nuove conoscenze che accrescono le sue potenzialità operative; si
opera in genere mediante un “patto di segretezza” (secrecy agreement) che vincola chi riceve la
commissione a non divulgare le informazioni ricevute per un determinato periodo.
Venture Capital
91
quindi la possibilità di seguire da vicino i nuovi settori e, in caso di successo, acquistare
nuove tecnol. Con licenze joint-venture o acquisizioni)
investimento diretto (di maggioranza o minoranza) in società sussidiarie o affiliate (si
conseguono così programmi di sviluppo aziendale e si possono cedere: diritti di sfruttamento
di brevetto o di tecnologie)
92
SERVIZI CONNESSI AI TRASFERIMENTI DI TECNOLOGIA
93
Il trasferimento di risorse umane già formate è fondamentale per mettere l’acquirente di
tecnologia in condizioni di usarla in modo appropriato, ossia consente un innalzamento del
livello tecnologico del destinatario che, con tale acquisto, incorpora la cosiddetta esperienza
implicita: delle menti, dell’esperienza diretta, delle capacità individuali.
Il trasferimento di personale esperto deve essere accompagnato da un processo di
informazione e riqualificazione del personale interno all’azienda acquirente per il completo
successo del trasferimento tecnologico.
94
I FATTORI DI SUCCESSO PER IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
I prerequisiti di una impresa (intesi come fattori complementari e non indipendenti, ossia
che in mancanza di uno di essi può essere pregiudicata l’efficienza del trasferimento) per il
successo del trasferimento di tecnologie sono così individuabili:
1) poter disporre di informazioni sul mercato delle tecnologie trasferibili: è chiaro che per poter
essere scambiata una tecnologia deve essere portata a conoscenza delle aziende interessate. Per
poter conseguire un vantaggio competitivo nello scambio di tecnologie occorre tempestività ed
aggiornamento sulla letteratura tecnica. A tal riguardo sono importanti:
Il collegamento con la Derwent (Derwent Pubblication Ltd-London) che è una società che
fornisce informazioni su nuovi brevetti;
La consultazione di riviste specialistiche;
Il ricorso a Istituti ed organizzazioni specializzate nella proprietà industriale: sono in grado
di dare notizie sui brevetti, effettuare una valutazione dello stato dell’arte e fornire servizi
specifici a fronte di particolari esigenze del cliente. L’istituto più qualificato è l’Ufficio europeo
brevetti con sede a Monaco e a l’Aia;
Il ricorso a banche dati tecnologiche che forniscono elenchi di aziende interessate ad
acquistare o cedere tecnologie nonché elenchi delle tecnologie trasferibili.
VT f (, CB)
Dove:
VT = Valore della tecnologia
D = Differenziale competitivo
CB = Copertura brevettuale
In pratica una corretta valutazione deve tener conto del differenziale competitivo della
tecnologia in questione rispetto a quelli concorrenti, in relazione cioè al suo grado di
innovazione, ai margini di sviluppo futuro, alla posizione attuale nel ciclo di vita.
Tale differenziale competitivo si misura sulla base dei vantaggi che la tecnologia presenta
95
rispetto a quelle similari esistenti, vantaggi che possono essere di diversa natura:
prodotti di partenza più economici. Ad esempio, a parità di altre condizioni, la tecnologia in
esame può implicare materie prime meno pure o componenti più semplici;
processo di produzione che consenta un risparmio sui costi. Il procedimento può, ad
esempio, essere caratterizzato da un minor numero di fasi o passaggi, da rese più elevate o
condizioni operative (pressione, temperatura ecc.) più blande;
prodotto finale che presenta proprietà e caratteristiche migliori rispetto a quelle concorrenti
(prestazioni superiori, effetti secondari meno nocivi, ecc.);
della copertura brevettale: tale requisito aumenta il valore economico della tecnologia perché
l’utilizzo produttivo e commerciale è proteggibile legalmente da eventuali contraffazioni. La
valutazione della tecnologia in funzione della copertura brevettale non va limitata alla verifica
dell’esistenza o meno di un brevetto ma prevede un’approfondita analisi dell’intera situazione
brevettale in termini di grado, di copertura e campo di protezione.
4) Nell’attenta valutazione del partner: la scelta del partner è un requisito molto importante per
la riuscita del trasferimento tecnologico. La scelta deve essere operata sulla base della
considerazione del livello tecnologico di competenza, della serietà, della validità e della sua
compatibilità come partner;
5) Nella capacità di gestire una contrattualistica complessa: l’impresa deve essere attenta alle
varie fasi riassumibili:
formulazione delle proposte iniziali;
valutazione delle controproposte;
96
negoziazione degli accordi “interlocutori” che spesso precedono l’accordo definitivo
(segrecy agreement, letter of intents);
formalizzazione dell’accordo conclusivo da sottoscrivere: è bene ricorrere a consulenza
legale e fiscale di specialisti;
6) nell’efficace gestione della tecnologia: una buona gestione della tecnologia deve
comprendere:
Una R&S in grado, innanzitutto, di gestire la tecnologia acquisita, di modificarla e adattarla
in funzione del proprio mercato e successivamente di migliorarla (con il contributo del
trasferente o in maniera autonoma) in modo da assicurare la validità nel tempo e la rispondenza
non solo alle esigenze che via via emergono nel proprio mercato, ma anche nell’ottica di
esportare prodotti o cedere
tecnologia;
La realizzazione di innovazioni organizzative e manageriali. L’acquisizione di una
tecnologia può implicare l’istituzione di nuove aree funzionali quale, ad esempio, un nucleo,
anche modesto, preposto alla gestione dei rapporti con il partner;
Una continua riqualificazione delle risorse umane direttamente impiegate, in termini di
continuo aggiornamento delle persone coinvolte nel processo attraverso corsi di formazione ecc.
Emblematico è il caso del Giappone, che attraverso un continuo processo di acquisizioni di
tecnologie dall’estero, un crescente sforzo in ricerca, un qualificato training tecnico e
manageriale delle risorse umane all’estero, ha dapprima recuperato competitività sul mercato
interno e successivamente ha sviluppato innovazioni tecnologiche utili per i mercati stranieri.
97
FORMALIZZAZIONE DEGLI ACCORDI DI TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
FASI CONTRATTUALI
98
PROGRESSO TECNOLOGICO E NASCITA DELLA GRANDE INDUSTRIA
Premessa.
Con l’impiego dell’energia elettrica e l’invenzione di macchine motrici, efficienti ed
economiche, il sistema produttivo ha subito una profonda modifica.
Determinanti sono state le modifiche e i perfezionamenti operati alle macchine utensili
operatrici.
S. Watanable classifica le macchine in:
macchine geometriche;
macchine convertitrici di energia; (motrice a stantuffo -> moto rotatorio);
macchine trasformatrici di energia -> 19° secolo, Rivoluzione Industriale (es. papen 1690;
Newcomen 1712; Wat 1769);
macchine informazionali (cibernetiche) -> 20° secolo, Rivoluzione Industriale della
automazione.
99
o l’uomo cioè modificava la materia con l’uso strumentale della macchina e l’applicazione
costante e continua delle sue facoltà mentali; le macchine cibernetiche sono invece
“finalizzate”, hanno cioè un programma interno da svolgere e lo svolgono senza bisogno
di essere condotte, guidate e sorvegliate dall’uomo, esse funzionano essenzialmente in
base ad informazioni anche esse automatizzate.
100
qualsiasi variazione del prodotto comportava un aggravio di costi.
In presenza di fattori, quali la crescente instabilità dei mercati, l’azienda non può limitarsi
alla produzione di un unico prodotto;
il sistema produttivo deve essere quindi “flessibile” cioè deve “rispondere a tutte le
sollecitazioni con rapidità e a basso costo”. L’azienda deve adattarsi ai cambiamenti di
mercato e realizzare “economie di scopo” al posto delle “economie di scala”.
101
L’AZIENDA INDUSTRIALE
AREA
PRODUTTIVA
ALTRE AREE
AREA
COMMERCIALE AREA - Ricerca e sviluppo
MANAGERIALE - Organizzazione e
gestione del personale
AREA
FINANZIARIA
L’efficienza aziendale esige un’azione comune tra le aree, coordinata ed aperta alle
influenze dell’ambiente esterno.
Il complesso delle operazioni attraverso le quali in un’azienda industriale si ottiene il
prodotto costituisce il “ciclo produttivo”. Questo comincia con l’arrivo delle materie prime e
porta, attraverso una successione concatenata di attività, coordinate ed integrate fra loro dette
“fasi di lavorazione” ad un ben determinato prodotto.
In talune aziende tale ciclo è breve, in altre è, talvolta, assai lungo, della durata di alcuni
mesi o anni (basti pensare ad imprese che costruiscono navi, autostrade, ponti, dighe, etc.).
Con riferimento al ciclo produttivo si individuano alcuni tipi di industrie per ognuno dei
quali il diagramma tecnologico assume una forma caratteristiche.
Su questa base di effettuano le seguenti distinzioni:
102
INDUSTRIE CONVERGENTI-DIVERGENTI O SINTETICHE- ANALITICHE: in esse,
diverse materie prime confluiscono, più o meno direttamente, in un unico intermedio dal
quale si ottengono, poi, diversi prodotti (ad es. industrie chimiche);
INDUSTRIE A CICLI MULTIPLI INTRECCIATI: ne sono esempi le industrie meccaniche
generiche.
LO STABILIMENTO INDUSTRIALE
Sul piano dell’edilizia, gli edifici assumeranno la configurazione più appropriata alla
specifica situazione imposta dal tipo di processo adottato ed anche all’esigenza di ospitare al
103
loro interno il personale tecnico e quello amministrativo, le materie prime ed i prodotti finiti, e
così via.
La tendenza attuale è quella di costruire edifici ad un solo piano in cemento armato, aventi
forma planimetrica quadrata o rettangolare, secondo particolari esigenze in fatto di
illuminazione e ventilazione.
Nella fase di pianificazione di uno stabilimento risulta fondamentale la considerazione di
un eventuale allargamento dell’attività di produzione, cui si deve poter rispondere in tempi
adeguati e con costi limitati. Il piano regolatore, inoltre, dovrà predisporre ampi spazi liberi
intorno ai fabbricati e dovrà realizzare tutte le infrastrutture (viarie, fognarie, etc.) in modo che
essi non abbisognino di ricollocazione a seguito di ampliamenti o ristrutturazioni.
In definitiva il tipo e la struttura degli edifici dipendono soprattutto da considerazioni
tecnologiche, secondariamente da fattori economici di costruzione, manutenzione ed
utilizzazione.
Di primaria importanza è l’ubicazione stessa dello stabilimento. Il problema riguarda la
scelta sia della regione che dalla località più adatta nell’ambito della regione. Tra i numerosi
fattori che possono influenzare tale scelta quelli che hanno carattere più generale sono i
seguenti:
104
condizioni climatiche favorevoli (clima fresco per l’industria saccarifera, clima caldo
asciutto e ventoso nel caso di prodotti sottoposti ad essiccazione naturale, etc.).
le caratteristiche tecnologiche che servono per individuarlo e per poter stabilire i vari
elementi che entrano nella sua costituzione, in quantità di materie prime necessarie e di
lavorazione;
il quantitativo da produrre, nell’unità di tempo, che dipende dalle previsione di
assorbimento del mercato e dal prezzo di vendita che si potrà quotare;
gli aspetti commerciali, ad esempio facilità d’uso, forma, confezione, etc., in modo da
farlo preferire, a parità di altre considerazioni, a quello della concorrenza.
105
trasformazione o, comunque, sulla manipolazione di materiali, pezzi, utensili e così via.
Gli stabilimenti caratterizzati, invece, da processi di produzione continui come (ad es.
petrolchimici, cartari, siderurgici, etc.) prendono la denominazione di “impianti di produzione”
o “industria di processo”.
Una classificazione interessante può essere fatta tenendo conto della durata temporale dei
processi, si parlerà così di: “processi continui”, “processi ripetitivi” (“per medi lotti” e “per
grandi lotti”) e “processi intermittenti” (“per commessa” o “su progetto”, “su modello” o “per
piccoli lotti”).
Di esse qui di seguito si dà una breve descrizione:
– industrie a processo ripetitivo: la produzione in queste industrie avviene per lotti, cioè si
produce un definito numero di unità uguali, per cui su ognuna si ripetono, nell’identica
successione, le stesse operazioni effettuate sulle precedenti. I lotti possono avere
dimensioni medie (produzione in serie medie) o grandi (produzione in grande serie o di
massa). Anche per grandi lotti, comunque, i processi non vengono condotti, per lo più,
ininterrottamente ed in ogni caso l’attività può essere arrestata senza danno per i materiali
e per gli impianti, in altri termini, non vi è esigenza tecnica di continuità. Ne sono esempi
le industrie di elettrodomestici, di automobili ecc.;
106
cui si avvicendano, in tempi anche brevi, varie lavorazioni. In esse si effettua un dato
processo fino a smaltimento dell’ordine e può accadere che mai più si fabbricherà lo
stesso prodotto (ad esempio, meccanica generica, costruzione di macchine di uso speciale,
un prodotto di fine-chemicals ecc.). In ogni caso si tratta di quantità limitate: se la stessa
commessa si ripete più volte, si ritorna al caso precedente e l’industria si adatterà a
produrre mediante processi ripetitivi.
Processi di Produzione
Modifiche ad un
Sintesi di mate- materiale,
riali per giungere mediante Modifiche Aggiunta di parti
Separazione dei alla forma lavorate ad una
ad un prodotto successive lavor.
componenti dei materiali struttura iniziale
non reperibile per giungere
allo stato naturale ad un prodotto
con caratt.diverse
Processi
Compositi
- ESEMPI
Semilavorati in
ferro & acc.,
raffin. allumi-
nio, medic.
107
PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE
Job-shop:
è un modello di processo a flusso frammentario che conduce alla produzione di un unico tipo
di prodotto (es. produzioni artigianali, di prototipi, etc.); il cambiamento di produzione e dei
termini di consegna è continuo. La produzione sulla base delle ordinazioni viene effettuata senza
che l’impresa conosca l’ammontare delle ordinazioni future. La programmazione dei tempi di
lavorazione è fortemente influenzata dalle date di scadenza della consegna. Complicazioni e
strozzature della produzione avvengono continuamente, richiedendo una riprogrammazione
della stessa. Nei casi migliori, il capo reparto decide sullo “scheduling” di fabbrica con un solo
giorno di anticipo;
produzione a lotti:
è un tipo di processo caratterizzato da un flusso discontinuo, con una linea tipo, che porta
alla produzione di molti modelli diversi ma in bassa quantità (es. produzione di mobili,
calzature, tessuti, etc.); la produzione viene regolata sulla base delle previsioni sulle scorte di
prodotti finiti. La scheduling di produzione programmato può essere ripetutamente interrotto per
limitati quantitativi di ordinazioni speciali;
produzione in linea spezzata:
108
si ha quando il flusso produttivo, che consente di realizzare alti volumi di prodotti, ma di
pochi modelli principali, risulta condizionato dai ritmi imposti dalla manodopera (es. produzione
di macchinari pesanti, fast-food, etc.). Questo tipo di processo produttivo ha una flessibilità
considerevole. La produzione viene effettuata sulla base dell’ordinazione, ma il profilo generale
della domanda è conosciuto in anticipo sulla base delle rilevazioni statistiche e quindi la
preparazione del prodotto viene regolata su tali previsioni;
produzione in linea continua:
è un sistema di produzione simile a quello precedente, in questo caso, però, il flusso
produttivo è condizionato dai ritmi degli impianti (es. produzione di automobili, etc.). La
produzione avviene in base alle ordinazioni, ma il processo è solo parzialmente elastico e non
può essere forzato a coprire tutte le ordinazioni. La domanda di lungo termine può essere
stimata ed utilizzata per fissare la velocità della linea e per orientare le forniture. Le variazioni
della domanda vengono solitamente trattate con il ricorso al lavoro straordinario, variazioni di
più lungo termine possono portare ad ulteriori turni di lavoro o al ribilanciamento dell’intera
linea;
produzione a flusso continuo:
permette la produzione di altissimi volumi in un unico prodotto dalle caratteristiche
standardizzate (es. cartiere, acciaierie, processi petrolchimici, zuccherifici, molini, etc.). Si
presta all’automatizzazione ma, di conseguenza, è un tipo di produzione molto rigido. Grande
cura viene riposta all’adattamento di particolari prodotti alle macchine. Vengono ricercati tempi
lunghi di produzione e la fabbrica lavora, a ciclo continuo, ogni giorno della settimana.
109
I concetti esposti possono essere approfonditi esaminando il modello proposto da Hayes e
Wheelwright, noto come “matrice prodotto-processo” (figura 1) che si propone di evidenziare la
correlazione esistente tra le tipologie di prodotto e quelle di processo.
Sulla diagonale viene ad essere localizzata l’area del costo unitario minimo; nelle aree al di
sopra e al di sotto della diagonale si sostengono diversi tipi di costi aggiuntivi. E’ così facile da
osservare come debba essere inefficiente ed oneroso produrre bassi volumi di un’ampia gamma
di prodotti utilizzando un processo continuo, rigido ed automatizzato (combinazione posta in
basso a sinistra, sotto la diagonale).
Altrettanto dispendiosa si presenta la possibilità di produrre un prodotto altamente
standardizzato, consumato in altissimi volumi, con un processo discontinuo (ad es. a lotti)
(combinazione posta in alto a destra, sopra la diagonale).
110
AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
Qualche autore individua tre fasi del progresso tecnologico coincidenti con tre tipi di
macchine:
la macchina statica (era eotecnica dai primordi al XVIII sec.) che perfezionata attraverso i
secoli, ha costituito l’unica forma di tecnica fino a tutto il XVIII secolo;
la macchina dinamica (era paleotecnica dal XIX agli inizi del XX sec., si concretizza nella
meccanizzazione e razionalizzazione della produzione) che è stata la grande realizzazione
del XIX sec.;
la macchina dialettica o sinergetica (era neotecnica o dell’automazione) dell’epoca
contemporanea che si base sull’elettronica e la cibernetica.
111
ASPETTI STORICI
Alla base dei “sistemi automatici”-> concetto di comando automatici -> autoregolazione delle
macchine.
“valvola idraulica di H. Potter (era addetto al controllo dei motori a vapore di Newcomen
apriva e chiudeva la valvola che immetteva il vapore) (collegò il pistone e le valvole);
applicazione del “regolatore di Potter” nei motori impiegati per lo spostamento dei timoni.
112
Comandi automatici nell’industria:
fine XVIII sec. Bramah ->Tornio filettatore (utensile azionato automaticamente sul pezzo da
lavorare – che veniva fatto girare):
1818 Blanchard -> Tornio a copiare (tagliare forme irregolari copiando un modello metallico
– rapido logorio);
1921 Keller -> macchina a copiare (tagliava e copiava muovendosi sulle superfici di un
modello di legno appoggiandosi con lieve pressione).
113
sostituzione del lavoro dell’uomo + macchina transfer + sistemi di controllo.
Dagli anni ’60-> con l’ausilio dell’elettronica e dell’informatica sono state realizzate
Ciò porta al ciclo produttivo interamente automatico: dalla materia prima al prodotto senza
l’intervento dell’uomo.
L’automazione è vista da Wiener come la “seconda Rivoluzione Industriale”.
114
manodopera necessaria è il personale addetto alla messa in funzione, ispezione e
manutenzione dei macchinari; la scomposizione del ciclo produttivo in singole operazioni
parziali (singole macchine) viene di nuovo integrato in un processo continuo.
6) Le macchine utensili monouso e quelle universali possono essere controllate e manovrate da
apparecchi elettronici.
115
IL SIGNIFICATO ATTUALE DELL’AUTOMAZIONE
Automatizzazione:
qualsiasi sostituzione di automatismi al lavoro umano (muscolare o intellettuale), automatismi
inferiori – automatismi superiori.
Automatizzazione:
quando l’automatizzazione viene inquadrata in una visione unitaria di tutto il sistema.
116
Per l’automazione, quindi, si intendono cicli produttivi (industriali) completi:
dalle materie prime ai prodotti (fisico o commerciale) (o di informazione) e cioè una nuova
“filosofia di produzione” che tende a ottimizzare i fattori della produzione (materie prime,
lavoro, capitale …).
117
ASPETTI TECNICI DELL’AUTOMAZIONE
118
il dispositivo di raffronto (collator) confronta le rilevazioni dell’organo sensoriale,
sull’andamento del processo reale, con i dati della “memoria”. Se non coincidono il collator
chiede istruzioni alla memoria;
la memoria impartisce le istruzioni necessarie;
gli organi motori le eseguono.
una semantica precisa, che faccia corrispondere ad un certo evento un’informazione univoca;
119
una codificazione (simbolica), in quanto l’informazione deve essere trasmessa da un organo
all’altro, mediante linguaggio (umano o di macchina) comune a tutti e due gli organi:
una pragmatica, cioè norme metodiche con le quali le informazioni, elaborate a loro volta,
informano il processo”.
Le tappe evolutive del controllo di processo possono essere schematizzate come segue:
controllo di processo manuale: l’uomo misurava le variabili in uscita del processo con i
propri sensi ed interveniva sui dispostivi di regolazione per mantenere le variabili entro i
valori stabiliti:
controllo di processo manuale integrato con strumenti di registrazione e misura: la
rilevazione delle variabili veniva fatta con apparecchiature automatiche, ma l’operante
interveniva sul dispositivo di regolazione;
controllo di processo automatico locale: vengono applicati dispositivi di regolazione e
retroazione capaci di mantenere costanti le variabili in uscita: l’uomo si limita a predisporre i
valori di riferimento nei vari regolatori;
applicazione di sistemi di acquisizione ed elaborazione dei dati: ai dispositivi di regolazione
e retroazione si affiancano apparecchiature elettroniche che raccolgono i dati, rilevano
eventuali anomalie e aiutano l’operatore a predisporre i valori di riferimento;
controllo ottimale: comporta l’applicazione dell’elaboratore che predispone i valori di
riferimento per ottimizzare una funzione obiettivo, sperimentata sul sistema, ricava una
funzione obiettivo e quindi predispone i valori di riferimento dei regolatori.
Si è passati quindi dal controllo manuale in cui l’operatore misurava le variabili in uscita
del processo e interveniva per mantenerle entro i valori prestabiliti, all’uso di sistemi di
regolazione automatica distribuiti nelle diverse fasi del processo e successivamente
centralizzati in sale di controllo dove infine è strato installato il calcolatore di processo.
Il controllo delle variabili fondamentali del processo, quindi, per lungo tempo svolto da
dispositivi meccanici o macroelettronici, è oggi realizzato attraverso l’impiego di
microprocessori incorporati negli stessi strumenti di misura. I valori rilevati vengono tradotti
120
in segnali elettronici ed immessi nell’elaboratore centrale, il quale dopo aver controllato
questi valori con quello contenuti nel programma memorizzato, rinvia ai singoli strumenti, le
istruzione per regolare valvole, raffreddatori, riscaldatori, ecc. In tal modo è possibile
controllare ogni singolo stadio del processo.
“Il controllo di processo può essere definito come la scelta di una strategia di intervento
su un sistema, al fine di raggiungere obiettivi di vario tipo: ottimi tecnici, minimizzazione
dei costi di produzione, migliore fruizione delle risorse disponibili, qualità del prodotto, uso
di macchine automatiche in ambienti nocivi o pericolosi per l’uomo e così via”.
In linea generale le funzioni fondamentali svolte dall’elaboratore sono:
controllo diretto dell’impianto, che permette la regolazione diretta degli organi finale
(valvole, servomotori ecc.);
posizionamento dei valori di riferimento dei regolatori (set-points) al fine di mantenere
automaticamente le condizioni ottimali di lavorazione;
registrazione ed elaborazione dei dati con supervisione dell’impianto.
Le funzioni svolte dall’elaboratore, nel controllo dei processi industriali, dipendono da
valutazioni di carattere tecnico-economico. Si possono distinguere tre criteri di applicazione,
che differiscono per il principio di funzionamento adottato.
121
ridurre l’incidenza del costo delle materie prime e dell’energia;
migliorare la qualità dei prodotti.
controllori distribuiti, costituiti da microprocessori, ognuno dei quali regola uno o più anelli
di regolazione (o loops);
unità di interfaccia con il processo, che acquisiscono informazioni derivanti dal controllo,
memorizzando i valori di alcune variabili e controllando se essi rientrano in un dato
intervallo. Attraverso le unità di interfaccia, quindi, gli operatori possono acquisire una serie
di informazioni supplementari, rispetto a quelle rilevate dai controllori, che rendono più
efficiente la gestione degli impianti:
linee digitali di comunicazione, che trasmettono alla postazione dell’operatore, sia i dati
provenienti dai controllori, che le informazioni raccolte dalle unità di interfaccia. Le linee di
comunicazione permettono, quindi, lo scambio di informazioni codificate tra le varie unità
del sistema;
postazione dell’operatore, che permette la visualizzazione delle informazioni relative al
processo su un video. In caso di funzionamento anomalo o al verificarsi di situazioni di
emergenza, l’operatore può intervenire direttamente azionando, ad esempio, valvole, pompe
o altri attuatori, digitando sulla tastiera.
122
Un sistema di controllo distribuito permette:
123
L’AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE PER PARTI
Consiste nel far eseguire in modo automatico un certo numero di operazioni (fresatura,
tornitura, foratura, saldatura, verniciatura, assemblaggio etc.) per ottenere un prodotto finito, o
una famiglia di prodotti finiti, e/o semilavorato. Concerne i processi discreti ossia quelli dove la
produzione avviene per fasi distinte sia tecnologicamente che spazialmente (industria
automobilistica, degli elettrodomestici, dei mobili, aerei, calcolatori, macchine utensili etc.).
L’automazione consiste nel far eseguire la sequenza di operazioni che il materiale deve
subire, eventualmente ivi compreso il trasporto lungo le stazioni di lavoro, senza l’intervento
umano. Incide in modo rilevante sulla riduzione del costo del lavoro e sul miglioramento della
qualità del prodotto finito.
La prima forma di automazione della produzione per parti si è realizzata con la macchina
transfer (inizi anni ’50) e le linee di montaggio automatico. Prima metà anni ’50 negli USA
erano in funzione macchine transfer per la lavorazione di monoblocchi per motori a otto cilindri
(lunga 177 metri, in grado di compiere 555 operazioni diverse, richiedeva un “sorvegliante” e
due “montatori”). In seguito altre macchine transfer più estese e potenti (Chrysler, linea di
montaggio, 400 metri, 280 stazioni) e linee di montaggio automatico. L’inconveniente era
rappresentato dalla rigidità degli impianti (eccessiva specializzazione) richiedendo, eventuali
modifiche al prodotto, il sostenimento di costi molto elevati per il riattrezzaggio delle macchine
e della linea di produzione. Bisogna produrre una grande serie di modelli dello stesso tipo per
minimizzare i costi di impianto e di manutenzione.
Erano escluse quindi le produzioni in lotti medio-piccoli la cui produzione era basata
sulla diversificazione della lavorazione in relazione alle caratteristiche del lotto. La messa in
punto di macchine utensili a controllo numerico costituisce la fase per la diffusione
dell’automazione nell’industria manifatturiera.
124
AUTOMAZIONE RIGIDA, PROGRAMMABILE E FLESSIBILE
Al fine di conciliare il requisito della produttività con quello della flessibilità è stata
sviluppata l’automazione programmabile. Essa è caratterizzata dalla capacità del sistema
produttivo di variare la sequenza delle operazioni in base alle diverse configurazioni del
prodotto. E’ stata resa possibile dall’impiego delle macchine utensili a Controllo Numerico
che funzionano in base ad un programma dettagliato di istruzioni programmato (su nastro
perforato) ed eseguito da unità di controllo (Hardwires Control Unit). Modifiche eventuali di
prodotto vengono realizzate con un cambio di istruzioni alle MU a NC (maggiore
flessibilità). Lo sviluppo della microelettronica ha portato alla sostituzione dell’unità di
controllo (Hardeired C.U.) con un microcomputer che memorizza il programma delle
istruzioni; si elimina in conseguenza il nastro perforato (usurabile, poso affidabile) si può
con facilità cambiare il programma memorizzato, si aumenta in conseguenza la flessibilità. Il
Controllo Numerico Computerizzato ha reso possibile il collegamento diretto di più MU con
un elaboratore centrale consentendo la verifica costante dell’attività degli impianti (fig. 4.5).
L’automazione programmabile migliora sì la flessibilità del sistema ma non riduce i tempi
morti legati al carico/scarico del pezzo e degli utensili sulla macchina, al riattrezzaggio e
riprogrammazione delle macchine quando cambiano le caratteristiche del loto da sottoporre
a lavorazione.
125
processo, di sistemi d’ispezione, stoccaggio e movimentazione nonché qualsiasi attività di
supporto alla produzione svolta con l’aiuto del computer. Con l’applicazione di tecnologie
flessibili si rende possibile produrre una varietà di prodotti con minimi tempi di
riattrezzaggio e riprogrammazione delle MU.
La modifica dei programmi avviene fuori linea e non è necessario interrompere la
produzione, lo stesso può dirsi per il riattrezzaggio. Si contrappone così alla riduzione di
ciclo di vita di prodotto l’estensione del ciclo di vita d’impianto.
126
127
AUTOMAZIONE FLESSIBILE: PRINCIPALI APPARATI
I principali apparati per l’automazione flessibile della produzione per parti sono:
128
LE MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO (MU/NC)
La MU/NC viene definita come “una macchina nella quale la sequenza delle operazioni,
l’entità degli spostamenti delle parti mobili, la velocità di rotazione e di avanzamento sono
programmati e scritti, in codice appropriato, in una memoria permanente; la lettura di questa
sequenza di informazioni provoca automaticamente la lettura del pezzo”.
Le MU/NC hanno avuto piena diffusione a partire dagli anni ’60 e sono il risultato della
combinazione tecnica dei servo meccanismi con l’elaborazione dei dati (elaboratori elettronici).
Il CN è infatti un dispositivo, basato su un sistema di codificazione di tipo matematico,
che permette agli organi mobili delle macchine utensili di eseguire automaticamente la sequenza
di movimenti necessari per la lavorazione dei pezzi.
129
Il controllo delle esecuzioni delle istruzioni è affidato a trasduttori che rinviano i dati,
sull’attività esecutiva delle macchine, all’unità di controllo che, in caso di difformità con le
istruzioni del programma, può interrompere la lavorazione.
130
EVOLUZIONE
131
Il DNC
un elaboratore centrale;
una memoria che immagazzina i programmi;
132
linee di telecomunicazione; un’unità di controllo;
le macchine utensili.
Il collegamento informativo tra l’elaboratore centrale e la MU può essere realizzato con due
sistemi:
il sistema BTR (Belino the Tape Reader), in cui l’elaboratore è direttamente collegato
all’unità di controllo della macchina con linee di telecomunicazione;
il sistema MCU (Special Machine Control Unit), in cui l’unità di controllo NC è sostituito da
un dispositivo che facilita le comunicazioni tra la MU e l’elaboratore. Si realizza così una
maggiore flessibilità nel modificare le funzioni di controllo.
133
possibilità di effettuare il controllo della produzione in tempo reale.
Il DNC all’inizio (primi anni ’70) ebbe scarso successo (l’elaboratore centrale era utilizzato solo
per aumentare le prestazioni delle MU a CN); oggi la sua funzione è diventata essenziale nei
sistemi flessibili di produzione (FMS) in quanto consente la gestione automatica di un gruppo
MU, di robot, di sistemi di movimentazione dei pezzi e di altre macchine operatrici. Gli attuali
sistemi di DNC si possono definire, quindi, come un sistema computerizzato che collega un
certo numero di MU/CNC ad un elaboratore centrale il quale ottimizza la ripartizione del lavoro
sulle varie macchine, gestisce il flusso dei materiali e controlla l’avanzamento della produzione.
Il CNC (Controllo Numerico Computerizzato) è un sistema che impiega un elaboratore
dotato di un proprio programma di elaborazione (immagazzinato e sostituibile) per svolgere le
funzioni di base del controllo numerico.
Il CNC utilizza un mini-o un micro calcolatore installato sulla MU, per cui è possibile
preparare un programma direttamente in officina e memorizzarlo subito, e/o sostituirlo
facilmente per incorporare nuove opzioni.
Ciononostante un’elevata flessibilità di impiega di un’apparecchiatura CNC in quanto
può essere adattata a diverse MU. La “flessibilità” di un sistema CNC garantisce il
funzionamento ottimale dell’impianto, sia al momento dell’installazione che in fase di esercizio,
aggiornando il software o con interconnessione di altri hardware.
riduzione del costo relativo al controllo (rispetto alle MU/CN) per la continua diminuzione
dei costi dell’hardware;
diminuzione del tempo/costo di messa a punto di un nuovo programma di lavorazione (tanto
più sensibile quanto più complesso è il nuovo);
migliore qualità del prodotto finito;
riduzione degli scarti;
autodiagnostica in tempo reale, sia sull’unità di controllo che sulle macchine, realizzando
così riduzione di scarti, di incidenti e di tempi morti di fermo macchina.
Attualmente si sta sviluppando il concetto di “controllo adattivo”, che può essere definito
come un dispositivo automatico con il quale è possibile controllare un numero maggiore di
134
variabili del processo produttivo (per mantenere costante la qualità della produzione o
interromperla quando si verificano situazioni che possano danneggiarla).
135
I ROBOTS INDUSTRIALI
Il robot ha quindi la capacità di operare in modo autonomi, senza sorveglianza; ciò comporta
l’inserimento nella macchina di una “intelligenza interna” o di una “memoria programmabile”; i
robots sono infatti macchine intelligenti capaci di sostituire l’uomo in alcune sue funzioni; e ciò
è essenzialmente manifestato:
Il robot, quindi, conserva entro certi limiti la versatilità e l’adattabilità propria dell’uomo
senza risentire però dell’affaticamento fisico o psichico, e dei rischi connessi alle condizioni,
ambientali o di lavoro, nocive (tipiche dell’uomo).
136
l’uomo in attività ripetitive e/o nocive per la salute (es. verniciatura).
Strutturalmente i robots si presentano come bracci articolati con pinze o altri arnesi alle
estremità capaci di muovere un pezzo o un utensile lungo una sequenza di punti, o di un
percorso specifico, e di trasmettere negli stessi punti forze o trazioni predeterminate. La forza ed
il movimento sono trasmessi al braccio mediante attuatori che possono essere pneumatici,
idraulici, elettrici. I sistemi di movimento possono essere: rettilineo o rettangolare, cilindrico,
sferico, articolato; ognuno di questi sistemi ha tre gradi di libertà (figura 5.6).
137
ed un sistema di controllo; il sistema meccanico è la parte che compie realmente il lavoro: tutti i
robots, quindi, necessitano di organi di manipolazione per prendere, sollevare, pressare, ruotare,
… ecc. il materiale da lavorare.
La struttura meccanica di un robot comprende la mano (con dita ed organi di presa)
(figura 5.7) il polso, con possibilità di ruoto (figura 5.8), il braccio, con o senza articolazioni
(figura 5.9) e la struttura di sostegno.
138
Gli organi meccanici sono generalmente dotati di sensori capac8i di rilevare sforzi e
deformazioni, di riconoscere forme e caratteristiche superficiali degli oggetti, … in modo da
inviare i dati rilevati all’unità di controllo che, in base al programma memorizzato provvede ad
inviare ordini agli attuatori. I “sensori” sono quindi dispositivi che consentono al robot di
raccogliere informazioni ed entrare in rapporto con il mondo esterno; (sensori elettrici,
ferromagnetici, cellule IR, di contatto, ecc.). Il robot può anche “vedere” i pezzi che gli si
presentano di fronte e di conseguenza modificare le sue operazioni in base alle caratteristiche
del pezzo in lavorazione o da assemblare.
139
Il sistema meccanico di manipolazione rappresenta il “braccio” del robot, il sistema di
controllo costituisce il “cervello” ed è responsabile della gestione del movimento del robot; esso
assolve a tre funzioni fondamentali:
140
1) definisce la logica sequenziale con cui vengono attuati gli azionamenti;
2) memorizza le coordinate spaziali per ogni operazione;
3) riceve i dati rilevati dai sensori, li analizza ed impartisce gli ordini operativi agli
attuatori sulla base del programma fornito dall’uomo.
Mentre le prime due funzioni non richiedono necessariamente l’ausilio della tecnologia
elettronica, la terza funzione necessita della microelettronica e dell’informatica in quanto
deve elaborare i dati rilevati dai sensori e di conseguenza trasmettere gli ordini agli attuatori.
Robot di I generazione: è il tipo più comune (anni ’60) ed è in grado di effettuare operazioni
di manipolazione e movimentazione per il carico e scarico di macchine utensili; è progettato
per agire secondo sequenze preordinate e indipendenti dall’ambiente circostante.
Robot di II generazione: sono dotati di sensori tattili o visivi che trasmettono informazioni
relative alla presenza, alla posizione e alla qualità di oggetti circostanti; il programma di cui
sono dotati prevede una sequenza di operazioni in funzione dei dati forniti da tali sensori per
cui se si verificano cambiamenti esterni modificano le azioni in modo corretto.
Robot della III generazione: sono ancora in fase di studio allo scopo di sviluppare “robot” in
grado di prendere decisioni “intelligenti” e capaci di determinare in modo autonomi tecniche
operative ottimali. Il loro sviluppo è collegato alle ricerche condotte sull’Intelligenza
Artificiale.
Allo stato attuale le maggiori difficoltà si verificano nelle fasi di interpretazione dei segnali
sensoriali e di decisione: il robot dopo aver interpretato tali segnali dovrebbe prendere, on line,
una decisione di modifica del programma (un software capace di ciò è ancora oggetto di
ricerca).
141
carico e scarico o di posizionamento di pezzi;
A) Robot a sequenza fissa (non servo- controllati), forniscono un movimento del tipo “da
punto a punto” (es. trasferimento di materiale da un processo all’altro);
B) Robot a sequenza variabile (servo-controllati), si muovono in diverse direzioni lungo gli
assi X, Y, Z (vengono utilizzati nelle attività che richiedono sequenze di movimenti
diversi in funzione dell’oggetto in lavorazione);
Robot play-back, ripetono continuo una sequenza operativa “appresa”, facendo eseguire
manualmente al braccio meccanico l’operazione;
Le operazioni che i robots sono in grado di compiere, si possono classificare come segue:
142
operazioni di movimentazione e lavorazione, quale ad esempio saldatura a punti e continua,
assemblaggio di parti meccaniche, elettriche o elettroniche, verniciatura, taglio ed altre
operazioni con utensili portatili. L’impiego di robots in questo tipo di lavorazioni è
determinato da ragioni di carattere economico (sollevare l’operaio da lavorazioni faticose,
dannose alla salute o monotone), qualitativo (il robot non essendo soggetto a stanchezza
psico-fisica opera in modo uniforme) ed economico (riduzione degli scarti, del costo del
lavoro, dei consumi energetici):
Il robot ha avuto la sua piena diffusione a partire dagli anni ’70 in cui furono predisposte
le cellule di lavorazione o manifacturing cells costituite da macchine utensili servite da
robots; il robot, oltre ad effettuare specifiche lavorazioni (trapanatura o altro), aveva
essenzialmente funzioni di carico-scarico delle macchine utensili (tornio, fresa, stampaggio,
ecc.) e di trasferimento di pezzi dall’una all’altra.
Successivamente il robot è stato utilizzato per operazioni di lavorazione vera e propria e
di ispezione.
L’applicazione dei robots è risultata vantaggiose per l’esecuzione di diverse lavorazioni
in numerose industrie, quali ad esempio quella:
elettronica: montaggio delle piastre, stesura dei fili, saldatura di componenti elettronici;
143
metalmeccanica: servizio delle macchine utensili e montaggio;
144
d) sostituire l’uomo in lavorazioni nocive per la salute come la saldatura e la verniciatura:
Ciò permette all’impresa di superare le difficoltà legate al reperimento della manodopera per le
suddette lavorazioni e di ridurre i costi legati alla garanzia dell’igienicità del posto di lavoro
(abbattimento del particellato, eliminazione dei fumi, luminosità dell’ambiente ecc.)
145
SISTEMI DI MOVIMENTAZIONE E MAGAZZINAGGIO
146
L’automazione delle funzioni di immagazzinaggio presenta notevoli vantaggi
complementari a quelli della movimentazione automatica.
L’automazione concerne la fase di trasporto dalla fabbrica al magazzino, l’allocazione ed
il prelievo del prodotto dallo spazio di magazzino (si ha così, con un elaboratore finalizzato,
l’inventario di magazzino in tempo reale). Magazzini automatici sono costituiti da una matrice
di scaffali dove i componenti sono prelevati e/o immagazzinati usando veicoli, controllati come
147
gli AGV, programmati per riconoscere i componenti da estrarre o depositare. Questo sistema
viene chiamato ARS (sistema di immagazzinaggio e prelievo automatico). Diventa così
flessibile ridurre (oltre alla manodopera) gli spazi occupati, i costi di immagazzinamento,
affrancandosi peraltro dalla presenza dell’uomo (aria, luce, temperatura hanno quindi
importanza relativa) potendosi utilizzare, ad es., il sottosuolo come un pozzo.
Per ovviare alla limitazione di percorso che è obbligato dalle rotaie e/o dai cavi induttivi
di varia tipologia, sono allo studio modelli guidati da impulsi laser o segnali ultrasonici, capaci
di controllare la movimentazione per mezzo di sistemi giroscopici.
148
I SISTEMI FLESSIBILI DI PRODUZIONE
149
di lavoro., secondo le necessità, da un apposito robot manipolatore (Automatic tool changer).
Altro elemento importante è poi l’apparecchiatura che consente lo scarico dei pallets con i
pezzi grezzi(Automatic pallet changer): questa può assumente varie configurazioni, parallelo,
rotante, multiplo, a seconda delle specifiche esigenze. La movimentazione dei pezzi da lavorare
e dei materiali è effettuata con l’impiego di idonei carrelli a guida automatica (Automatic guided
cehicles), capaci di effettuare determinati percorsi attraverso lo stabilimento, al fine di
trasportare pallets e materiali verso e dai vari centri di lavoro.
“Questi sistemi producono “in piccolo” e in circoscritte fasi o aree della produzione quelle
che sono le tendenze e le problematiche future dell’intera “Fabbrica automatica”: i sistemi
possono essere concepiti, infatti, come “supermacchine” in grado di regolare autonomamente i
flussi di materiali, utensili e lavorazioni al loro interno e, per queste loro qualità, essi
rappresentano i mattoni di configurazione ancora più integrati regolati da un controllo
gerarchico superiore”.
I componenti fondamentali di un FMS sono:
a) le macchine utensili CNC che devono essere progettate per una elevata varietà di parti in
una sequenza casuale, in quanto il mix di prodotti può essere ridefinito in ogni momento.
Le macchine utensili CNC si distinguono in orizzontali e verticali a seconda della
posizione che assume l’utensile rispetto al pezzo in lavorazione; la scelta delle diverse
soluzioni dipenderà dalle esigenze della produzione;
b) il sistema di movimentazione dei materiali che adempie a due funzioni fondamentali:
movimentare le parti tra i centri di lavorazione ed interfacciare i singoli centri di lavoro. I
pezzi da lavorare, montati su pallets devono poter passare dalla stazione di lavoro ad ogni
altra stazione del sistema, per cui è importante che i pallets possano muoversi
indipendentemente l’uno dall’altro per minimizzare le interferenze e massimizzare
l’utilizzo delle stazioni di lavoro. Deve essere inoltre consentita facilità di accesso alle
operazioni di carico e scarico della stazione di lavoro.
c) Il controllo di sistema computerizzato che effettua le gestione ed il controllo degli FMS. Le
funzioni principali riguardano:
la memorizzazione dei programmi relativi ai particolari che devono essere lavorati nelle
diverse stazioni di lavorazione;
la distribuzione dei programmi alle singole macchine operatrici;
il controllo di produzione;
la regolazione del sistema di trasporto primario che movimenta le parti tra le stazioni di
150
lavoro;
la regolazione dei sistemi di movimentazione delle parti per ciascuna macchina operatrice;
il controllo della disponibilità e dell’efficienza degli utensili relativi a ciascuna stazione di
lavoro.
La linea transfer flessibile: è una linea di produzione in cui il flusso dei materiali ha luogo
ciclicamente attraverso una sequenza fissa di macchine mediante un sistema di trasporto
automatico(solitamente un trasportatore a rulli). La flessibilità, rispetto alle linee transfer
tradizionali, deriva dalla capacità multifunzionale delle singole macchine e dalla possibilità che
un pezzo eviti una delle macchine della linea o almeno che vi passi attraverso senza essere
151
lavorato.
I sistemi flessibili non in linea, sono sistemi di produzione formati da una serie di cellule
fornite di macchine multiscopo in grado di lavorare un’ampia varietà di pezzi in sequenza
qualunque. Il collegamento tra le varie macchine è il tipo non ciclico e avviene per mezzo di un
sistema trasportatore automatizzato (es. carrelli a batteria filoguidati o guidati da nastri
elettromagnetici) (figura 5.15.)
T.G. Gunn definisce un sistema produttivo flessibile come “un complesso automatizzato di
macchine utensili programmabili per lavorazioni metalliche. Le macchine sono sotto il controllo
di una gerarchia di calcolatori e sono collegate da un nastro trasportatore che porta dall’una
all’altra i pezzi da lavorare. Il minicalcolatore determina la successione complessiva delle
152
lavorazioni, quando un pezzo arriva alla macchina, il minicalcolatore fa scegliere a questa
l’utensile da taglio appropriato e “cala” il programma di un microcalcolatore più piccolo che
controlla il percorso di taglio dell’utensile.
153
TECNOLOGIE CON L’AUSILIO DEL CALCOLATORE
L’integrazione delle tre arre si realizza con un flusso di informazioni continuo da un’area ad
un’altra. In atto la ricerca nel settore della mi8croelettronica (hardware) e dell’informatica
(software) tende ad integrare sempre più le aree per ottenere sistemi produttivi flessibili e
riconfigurabili.
154
AREA DI PROGETTAZIONE ED INGEGNERIZZAZIONE (AREA CAD:
COMPUTER AIDED DESIGNE)
155
sperimentazioni o simulazioni, anche molto complesse, sui prototipi disegnati. Esempi di
tali simulazioni sono analisi di stress, di resistenza, deformazione tecnica, di
funzionamento, di resistenza aerodinamica ecc.
Il CAPP pianifica il processo produttivo attraverso la definizione del metodo di
fabbricazione con i relativi cicli, le istruzioni di lavoro, gli attrezzaggi ecc.
In generale le tecniche CAD permettono la realizzazione di:
a) disegno bidimensionale;
b) modellazione tridimensionale;
c) analisi ad elementi finiti (FAE: Finit Element Analysis)
156
2) modellazione superficiale usa la cosiddetta “rappresentazione dei contorni” o
Bundary Representation: essa definisce l’oggetto in termini di punti, linee e facce
tramite le equazioni associate al suo contorno (figura 6.3). Questo tipo di
modellazione è utile nelle rappresentazioni di superfici continue quali la scocca di
un’automobile, l’ala di un aereo o più semplicemente la linea di un paio di scarpe.
157
La maggiore versatilità della modellazione superficiale rispetto alla modellazione wireframe
è data dalla capacità di rappresentare facce e superfici curve, di disporre della funzione di
ombreggiatura, di simulare percorsi utensili in tre dimensioni per lavorazioni multiassiali su
Modelli complessi, di riconoscere fori ed intersezioni. I limiti, invece, sono costituiti dalla
impossibilità di interpretare il volume e di rappresentare sezioni interne, e dalla difficoltà di
rimuovere rapidamente le linee nascoste che rendono ambigua la figura dell’oggetto.
158
L’analisi ad elementi finiti o FEA (Finite Element Analysis) (6) è una delle tecniche più
diffuse per analizzare il comportamento reale e le caratteristiche di resistenza alle
sollecitazioni meccaniche (deformazioni o vibrazioni) del prodotto. La struttura continua
complessa creata con la stazione di lavoro CAD viene suddivisa in un insieme discreto di
elementi più semplici, i cosiddetti “elementi finiti”. Ogni elemento è definito al contorno da
punti chiamati “nodi” le linee passanti per i nodi, che ne delineano9 la struttura, sono dette
“maglie dell’elemento finito” (finite Element Mesh o Fem) (figura 6.5).
159
Ciascun elemento è considerato rappresentativo delle proprietà fisiche della corrispondente
parte di struttura: se la “maglia” è sufficientemente fitta, l’assetto che la struttura ad
elementi finiti assume quando viene sottoposta ad un determinato tipo di carico, riproduce
con buona attendibilità la risposta reale della struttura.
Le prime applicazioni della tecnica FEA furono fatte, alla fine degli anni ’50,
nell’industria aeronautica americana.
Attualmente è applicata nell’industria meccanica ed in particolare nell’industria
automobilistica dove la necessità di minimizzare i consumi di carburante e di migliorare
160
l'efficienza della vettura ha portato allo studio di soluzioni tecnologiche nuove
specialmente per quanto riguarda l'uso di nuovi materiali (più leggeri e nello stesso tempo
più resistenti).
La procedura FEA consta di tre stadi:
1 preparazione dei dati del modello (pre-processo);
2 analisi del modello;
3 valutazione dei risultati (post-processo).
Nel primo stadio (figura 6.7) il progettista, attraverso il programma, realizza un modello
geometrico, partendo dal disegno del componente
Dal quale si potrà ricavare la “maglia” richiesta relativa agli elementi finiti. Nel terzo stadio
il progettista ottiene i dati, elaboratori dal relativo programma, che permettono di valutare
161
risultati dell'analisi del modello, effettuata nel secondo stadio.
Uno degli elementi determinanti dell’automazione della progettazione è stato la necessità
di ridurre di costi di tale area. Infatti i vantaggi derivanti dall’adozione delle tecnologie
CAD sono:
una maggiore precisione. La precisione di un disegno manuale dipende dall’abilità del
disegnatore e dalla qualità degli strumenti impiegati; un disegno CAD è estremamente
preciso in ogni punto in quanto con una tecnica speciale (“zooming”) è possibile ingrandire
una qualunque parte del disegno per mostrarne il contenuto con il massimo dettaglio. I
sistemi CAD, consentendo di disegnare con la stessa precisione sia i singoli componenti sia i
disegni assieme, eliminano completamente la fase di disegno di dettaglio. Inoltre un sistema
CAD consente di effettuare un numero illimitato di modifiche, cancellazioni e rifacimenti in
breve tempo;
memorizzazione dei disegni completi o parti di essi. Con un sistema CAD un disegno
competo o una sua parte possono essere memorizzati in modo permanente per poter essere
utilizzati successivamente. Ciò è particolarmente utile nel caso di disegni di componenti
simili o frequentemente ripetitivi;
riduzione dei tempi di calcolo, di disegni e di sviluppo di nuovi prodotti. L’impiego del
sistema CAD permette di produrre disegni tre volte più rapidamente che non con mezzi
tradizionali consentendo di velocizzare l’intero iter di progetto e favorendo un’introduzione
più rapida del prodotto sul mercato;
individuazione rapida di componenti (o parti) già progettati che possono essere riutilizzati
adattandoli. Infatti il CAD permette di realizzare, attraverso procedimenti analitici e di
simulazione, una varietà di combinazioni nelle progettazioni di parti “modulari”. Ulteriori
vantaggi sono assicurati dall’adozione di un sistema di classificazione e codificazione delle
parti secondo lo schema group-technology. Allorché è necessario disegnare una nuova parte
è sufficiente confrontare il codice della stessa con i codici delle parti già progettate e
memorizzate, per vedere se una di essere soddisfa già la funzione richiesta. In tal modo si
risparmia il tempo relativo al disegno di una nuova parte la cui funzione può essere invece
soddisfatta, pienamente o al limite attraverso lievi modifiche, da parti già esistenti;
riduzione del numero dei prototipi. Tecniche di simulazione e di analisi permettono di
ridurre drasticamente i tempi della preparazione e dei test sui prototipi ed il numero degli
stessi. Il progettista può con il sistema CAD/CAE modellare la geometria di un pezzo e
tramite la tecnica ad elementi finiti analizzare il comportamento fisico una volta che esso
162
venga montato nella struttura che dovrà accoglierlo. Senza che il pezzo in effetti sia stato
fisicamente realizzato.
163
PIANIFICAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE (AREA CAPP: COMPUTER
AIDED PROCESS PLANNING)
164
Un sistema CAPP consente, oltre al minor tempo di pianificazione del processo di
fabbricazione, il miglioramento delle tecniche di lavorazione che portano al conseguimento di
una maggiore conformità del prodotto finale alle specifiche tecniche di progettazione.
I sistemi CAPP più diffusi permettono di individuare rapidamente pezzi e cicli di
lavorazione simili attraverso un sistema di archiviazione che prende il nome di “tecnologia per
gruppi” (Group Tecnology o GT). La tecnologia per gruppi consiste in un archivio elettronico
contenente ogni pezzo fabbricato nell’azienda.
I pezzi vengono classificati in gruppi pre-definiti a seconda delle analogie che presentano:
tali gruppi prendono il nome di “famiglia di prodotti”. Ciascun componente della famiglia ha in
comune con gli altri un certo numero di parametri che possono riguardare le caratteristiche
fisiche (es. forma, dimensione, volume, materiali usati, ecc. ) oppure quelle del processo di
165
fabbricazione (es. successione delle lavorazioni, tempi di attrezzaggio delle macchine, livello di
finitura, ecc.). Ad ogni componente della famiglia viene attribuito un codice di tipo gerarchico
che lo rende facilmente e rapidamente individuabile.
166
GESTIONE AUTOMATIZZATA DEI SISTEMI DI PRODUZIONE (AREA CAM:
COMPUTER AIDED MANUFACTURING)
Questa area indicata in senso lato come CAM (Computer Aided Manufacturing) comprende
ogni processo produttivo, automatico controllato dal computer.
Il CAM può essere definito come: “l’uso di sistemi computerizzati per pianificare, gestire e
controllare il funzionamento di attività produttive” .
Il CAM è la determinazione tramite l’elaboratore delle modalità di fabbricazione dei
prodotti/componenti progettati. Esso è quindi una tecnologia di collegamento ed integrazione tra
operazioni contigue e tra queste ed i sistemi di controllo del processo complessivo, al fine di
consentire di realizzare le efficienze tipiche della produzione a volumi elevati senza rinunciare
alla flessibilità tipica delle lavorazioni a piccoli lotti.
Gli elementi fondamentali che caratterizzano il CAM sono oltre alle macchine utensili
CNC, i sistemi flessibili di produzione (FMS) e la robotica, anche i sistemi di misura e di
ispezione computerizzati (Computer Aided Inspection o CAI) e i sistemi computerizzati di
collaudo (Computer Aided Testing o CAT).
In modo semplificato, nel sistema di misura CAM, un componente può essere disegnato
sullo schermo grafico del CAD ed i dati geometrici, che ne caratterizzano la forma e le
dimensioni, possono essere trasmessi sotto forma di segnali elettrici codificati e tramite un cavo,
ad un centro di produzione che provvede a realizzarlo automaticamente.
Le tecniche CAI e CAT confrontano le rilevazioni effettuate, tramite appositi sensori e
strumenti di feed-back, sul prodotto stesso nelle varie fasi del ciclo o durante le prove
funzionali, con i dati e le specifiche del prodotto, definite dal CAD. Se si verificano difformità e
possibile intervenire sul processo produttivo, al fine di eliminare eventuali anomalie prima di
generare scarti, o di arrestarlo se la correzione in automatico non è possibile.
Si possono realizzare due forme di CAM:
CAM di supporto all’attività produttiva:
CAM di monitoring e controllo del processo.
167
per interpretare i dati elaborati e provvedere ai necessari interventi.
La seconda forma, invece, comporta che il computer sia direttamente collegato “on line”
con il processo produttivo. Esso può svolgere una semplice attività di monitoring o un’attività di
controllo vera e propria. Nel primo caso il computer si limita a rilevare ed elaborare i dati di
processo mentre l’operatore umano ha il compito di guidare e di correggere il sistema sulla base
dei dati rilevati. Nel secondo caso, invece, il computer provvedono solo alla raccolta ed
all’analisi dei dati, ma anche all’attuazione di eventuali interventi correttivi.
La possibilità per le imprese di usufruire al massimo grado dei benefici delle tecnologie
con l’ausilio del calcolatore sin qui viste, dipende dalla realizzazione del processo di
integrazione delle stesse in un unico sistema CAD/CAM.
L’integrazione ha come presupposto l’esistenza di un data-base tecnologico che
raggruppa i dati forniti dall’area CAD con quelli forniti dall’area della produzione. Esso include
i dati geometrici, le specifiche riguardanti i materiali ed altre informazioni ingegneristiche e di
processo, riguardanti problemi di sviluppo e realizzazione del prodotto.
L’elaboratore del sistema CAD conosce il pezzo e , quindi, le sue caratteristiche
geometriche per cui è in grado, teoricamente, di elaborare anche il programma per le MU/CNC,
o per l’FMS, che dovranno eseguire le varie operazioni di produzione o, comunque, di interagire
con l’elaboratore del sistema CAM che gestisce e controlla il sistema produttivo.
In teoria si può dire che il sistema CAD/CAM mira a ricercare la situazione dell’impresa
artigianale dove le fasi della progettazione, industrializzazione e fabbricazione risultano svolte
perfettamente in parallelo e da un unico soggetto. L’artigiano in tal caso è sostituito dal
computer e dalle macchine utensili flessibili.
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AREA DEI SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLA PRODUZIONE
(MP E CS: MANUFACTURING PLANNING AND CONTROL SYSTEMS)
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produttive) e comporta una pianificazione dettagliata e centralizzata di tutti i montaggi parziali.
Dei pezzi occorrenti e delle materie prime e necessita di un rapido ritorno delle informazioni da
ogni stazione di lavoro.
La pianificazione delle risorse produttive si basa sul fatto che le scadenze di impiego delle
risorse richieste per la realizzazione di un prodotto finito (manodopera, materiali, macchine,
ecc.) possono essere stimate partendo dalla data di consegna prevista, con un’estrapolazione a
ritroso. Se la programmazione delle scadenze è precisa ed accurata ogni pezzo, necessario alla
realizzazione del prodotto finito, può essere fabbricato allorché se ne presenta la necessità di
impiego. In tale modo si elimina la necessità di mantenere scorte di pezzi in magazzino in attesa
di essere utilizzate.
La pianificazione delle risorse produttive è efficiente solo se l’azienda è in grado di
produrre informazioni estremamente precise in relazione:
ai tempi necessari ad ogni stadio del montaggio di un prodotto;
al tempo occorrente per la fabbricazione di ciascun pezzo che compone il prodotto finito;
ai tempi necessari per ottenere determinati pezzi che devono essere prelevati dal proprio
magazzino o essere acquistati da fornitori esterni.
In base a queste informazioni il sistema MRP può fornire dati precisi sul caricamento (in
ore di lavoro) di ogni centro di lavoro. Questo dati possono essere confrontati con quelli
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programmati per ogni centro di lavoro: se si rilevano differenze la capacità di ogni centro di
lavoro dovrà essere corretta (per esempio aumentata con lavoro straordinario, adeguamento dei
macchinari, subappalti) oppure si dovrà procedere a modificare la distinta base per raggiungere
un equilibrio fra i fabbisogno di produzione e capacità.
Il sistema CAP consente di verificare se l’avanzamento della produzione conforme al
programma, rilevare eventuali scostamenti e riprogrammare, dettagliatamente le attività
esecutive.
Le cause che possono determinare scostamenti dai programmi sono: mancanza o ritardi di
componenti e materiali diretti o ausiliari, scarti, mancanza di manodopera, fermate degli
impianti, ecc. Le informazioni relative al verificarsi di queste situazioni, devono potere essere
rilevate in tempo reale ed inviate ad un elaboratore di processo al fine di poter valutare le
iniziative e le priorità di intervento ed effettuare la riprogrammazione.
In un sistema integrato i dati consuntivi provenienti dal sistema CAP possono risultare utili
anche per:
il controllo di qualità;
i controlli amministrativi e la contabilità industriale;
il controllo della manodopera e calcolo del rendiconto (aspetti retributivi);
controllo dell’utilizzo delle risorse (impianti, materiali, ecc.).
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L’INTEGRAZIONE SUPERIORE C.I.M.
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GESTIONE DELLA PRODUZIONE
Il piano strategico aziendale è un piano di lungo periodo (3-10 anni) e rappresenta la guida di
tuta l’azienda in quanto comprende problematiche quali: il tipo di prodotti, il processo di
marketing e vendite, tipo di mercato e distribuzione, i metodi di finanziamento ed il fabbisogno
finanziario, reperimento di risorse umane e materiali….
Il piano strategico della produzione di lungo periodo (3-5 anni) che deriva direttamente dal
piano strategico aziendale ha lo scopo di valutare le risorse necessarie (tipi di impianti, capacità
professionali, localizzazione degli stabilimenti, mezzi finanziari) e conseguire gli obiettivi
previsti dal piano strategico aziendale.
Il piano principale di produzione è un piano a breve periodo (1-6 mesi) che definisce quali
prodotti debbano essere realizzati, in quali quantità e con quali tempi (dall’approvvigionamento
alla realizzazione di un prodotto).
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TECNICHE DI GESTIONE DELLA PRODUZIONE
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ne coordini la sequenza approvvigionamento-programmazione-distribuzione con il verificarsi
della domanda.
Un sistema così fatto deve porsi come obbiettivo principale un valido controllo delle scorte di
processo, le quali, incidendo sulla struttura patrimoniale ed economica delle imprese,
contribuiscono in modo notevole ad elevare la componente fissa del costo, che è uno dei fattori
più importanti di rigidità.
Il controllo è ancora più necessario se si tiene contro dell’attuale turbolenza della domanda, che
impone di adattare in continuazione il mix di prodotti offerti, aumentando così la quantità di
materiali e prodotti obsoleti non più utilizzabili per la produzione e/o la vendita. Una soluzione
al problema delle scorte viene data dall’automazione flessibile e dalla produzione modulare
prima vista.
I vantaggi offerti dalla riduzione delle scorte di processo possono comunque essere annullati da
una mancata sincronizzazione tra la fabbricazione di un dato pezzo ed il momento in cui esso
viene richiesto dal mercato o dalla successiva operazione delle sequenza produttiva. E perciò
necessario gestire e coordinare tra loro le varie fasi del processo in funzione del verificarsi della
domanda onde evitare che sul risultato economico vengano a gravare oneri generati da
disfunzioni di carattere organizzativo.
IL “LEAD TIME”
Il “Lead Time” aziendale rappresenta il periodo compreso tra l’inizio della prima attività e
la fine dell’ultima attività di un ciclo di produzione, così il “lead time” è pari alla somma dei
tempi necessari per compiere tutte le attività sequenziali (operative, set-up, controlli, attese,
trasporti), cioè comprende tute le grandezze legate alla durata, alla tempestività, alla puntualità
nel tempo e condizione la “competitività sul fattore tempo”.
Nel caso di produzione su commessa, il “lead time” si identifica con il “delivery time”,
“tempo di consegna”. In pratica un buon lead time aziendale consente all’azienda di rimanere
competitiva nei riguarda della concorrenza, mantenendo le proprie quote di mercato e di ridurre
i costi di produzione attraverso una maggiore incidenza dei costi di gestione e di produzione.
Vi sono due schemi fondamentali di programmazione della produzione: la gestione secondo la
logica ”push” e la gestione secondo la logica “pull”.
I sistemi push (spingere) a spinta partono da previsione di vendite e spese relative ad un
arco temporale stabilito e in esse si costruisce il programma di produzione visto come una
sequenza ordinata di prodotti che devono scendere dalla linee di montaggio per essere avviati al
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magazzino dei prodotti finiti, dal quale vengono poi estratti in base agli ordini effettivi. Le fasi
precedenti il montaggio sono programmate in funzione del tempo necessario per realizzare un
componente o semilavorato e del tempo necessario perché esso arrivi sulle linee del montaggio
finale contemporaneamente a tutti gli altri. L’attività è programmata secondo lotti economici di
lavorazione sufficientemente piccoli in modo da potere essere assorbiti dalla domanda entro un
breve lasso di tempo, ciò consente di mantenere le scorte a livello minimo compatibile con le
necessità fisiologiche del sistema di fabbricazione. In sintesi, il sistema push è caratterizzato
dall’anticipo dell’ingresso dei materiali in fabbrica per garantire il tempo di consegna richiesto
dal mercato; la produzione procede sulla base delle previsioni di tali fabbisogni e di conseguente
piano di sincronizzazione dei reparti in cascata (fare un’azione in anticipo rispetto al fabbisogno:
sistema attivo o di pianificazione).
I sistemi pull (tirare) ovvero trainanti, rovesciano il criterio di programmazione del sistema
push: non è più la produzione a spingere sulla base del programma previsto, ma è il mercato e
cioè gli ordini presenti in portafoglio che determinano la produzione. Essa è organizzata sulla
base di un flusso di pezzi che discernono ordinatamente, uno per volta, lungo la sequenza delle
fasi del processo produttivo. In tal modo un sistema pull produce solo il materiale necessario
richiesto dalla fase successiva; la scorta cuscinetto viene ridotta al minimo, cioè allo stock
tecnico strettamente necessario per alimentare un flusso continuo di materiali fra di esse. Al
sistema pull si ispira la tecnica Kanban sviluppata in Giappone. In sintesi l’ingresso dei materiali
in fabbrica non è anticipato rispetto agli ordini, ma i materiali vengono “tirati” dentro la fabbrica
dagli ordini presenti in portafoglio; la produzione viene regolata dai fabbisogni a valle del
processo produttivo(fare un’azione su richiesta: sistema reattivo).
Nei sistemi produttivi a logica pull il tempo di consegna D-Time(Delivery time, inteso come
l’intervallo in cui il cliente ordina un prodotto ed il momento in cui vuole che questo prodotto
gli venga consegnato) è maggiore o al massimo uguale al tempo di produzione P-time(inteso
come il tempo di attraversamento cumulativo di un prodotto dal momento in cui vengono
ordinate le materie prime a quello in cui vengono trasformate in prodotto finito. Passando
attraverso le varie fasi del processo) ossia P/D<1, vale a dire che il piano principale di
produzione è totalmente soddisfatto dagli ordini in portafoglio.
Nell’intervallo D-P esiste una certa libertà nella gestione delle priorità di soddisfacimento
degli ordini, che consente di procedere ad una ottimizzazione delle fasi produttive.
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Nei sistemi produttivi a logica push si ha:
P/D>1
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sfruttamento massimo della potenzialità del sistema, da un punto di vista estensivo, ossia in
funzione del numero delle varianti di articoli da gestire, si hanno le tre “forme” di riferimento di
fig. 10:
a cono: molti componenti (materie prime) in entrata e pochi articoli (prodotti finiti) in
uscita, come in un cantiere navale dove si ottiene un prodotto con poche varianti e molti
componenti che vengono assemblati nel processo;
a cono rovesciato: pochi componenti in entrata e monti in uscita, come in una cartiera, dove
da un unico componente l’impasto di fibre vegetali), si realizza un gran numero di prodotti;
a coni affacciati: molti componenti in entrata e molti articoli in uscita ma con una
diminuzione di componenti in una certa posizione del flusso produttivo (strozzatura); come in
una fabbrica di automobili, nella quale, assemblando più componenti, si produce un modello
base che poi con varianti ed optional viene fornito in più versioni.
Nei primi due casi l’elemento guida per la collocazione della cerniera è la variabile
temporale (dato che la forma non presenta posizione che consentono localmente vantaggi
consistenti), mentre nel terzo caso la cerniera va collocata in prossimità della “strozzatura”.
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