Sei sulla pagina 1di 181

Appunti del corso di

TECNOLOGIA DEI CICLI PRODUTTIVI

A.A. 2019/2020 Prof. Giuseppe IOPPOLO

Corso di laurea in Management di Impresa

MODULO 1

Docente: Prof. Giuseppe IOPPOLO, responsabile del Corso,


e-mail Giuseppe.ioppolo@unime.it;

Commissione di Esame: Prof. G. Ioppolo - Prof. G. Saija – Prof.ssa S. Salomone – Prof. F.


Lanuzza

Ricevimento: presso il Dipartimento di Economia


Piano 3, stanza 62
giovedì, dalle ore 9,30 alle 11,00

1
INDICE
1) CARATTERI DELLA TECNOLOGIA E DELLA DINAMICA TECNOLOGICA
2) LE FASI DELLA DINAMICA TECNOLOGICA: INVENZIONE ED INNOVAZIONE
3) LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI O CICLI LUNGHI DELL’ECONOMIA
4) INNOVAZIONI DI PRODOTTO E DI PROCESSO
5) VALUTAZIONE TECNOLOGICA O “TECNOLOGY ASSESSMENT”
6) LA SCIENTIFIZZAZIONE DELLA TECNOLOGIA
7) EFFETTI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO NEL SISTEMA PRODUTTIVO
8) FUNZIONE DI PRODUZIONE
9) LA TECNOLOGIA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE
10) LA SOSTITUIBILITA’ TECNOLOGICA
11) TIPI DI TECNOLOGIE
12) DECENTRAMENTO” COME CARATTERISTICA DOMINANTE DELLE “TECNOLOGIE
APPROPRIATE”
13) LE TECNOLOGIE NELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE
14) LA VALUTAZIONE DELLE QUALITA’ INTRINSECHE DI UNA TECNOLOGIA
15) AFFIDABILITA’ DEL PROCESSO
16) UNIFORMITA’ DELLE SPECIFICHE DEL PRODOTTO (process. Capability)
17) POTENZIALITA’ REALE DELLE ATTREZZATURE
18) FLESSIBILITA’ DELL’IMPIANTO
19) INDICE SINTETICO DI QUALITA’ DEL PROCESSO
20) TECNOLOGIA AD EFFETTI DI SCALA
21) SQUILIBRI TRA FASI DI PRODUZIONE
22) MIX DI PRODOTTI
23) DIMENSIONE D’IMPRESA E RENDIMENTI DI SCALA
24) LA FUNZIONE DEL COSTO MEDIO DI LUNGO PERIODO (CURVA DI PROGRAMMAZIONE)
25) INTERAZIONI TRA DINAMICA TECNOLOGICA E MODIFICAZIONE DELLA DIMENSIONE
26) DINAMICA TECNOLOGICA E DIMENSIONE
27) APPROPRIATEZZA DELLE TECNOLOGIE
28) INTENSITA’ E TIPO DI LAVORO
29) USO RAZIONALE DELLE RISORSE NATURALI
30) DECENTRAMENTO
31) PLURALISMO TECNOLOGICO
32) CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO E DI UNA TECNOLOGIA
33) CICLO DI VITA DI UNA TECNOLOGIA E LIMITE DI CONVENIENZA UTILIZZATIVA
34) IL PROCESSO INNOVATIVO
35) RICERCA, SVILUPPO, COMPETITIVITA’
36) PARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI (PST)
37) LA NATURA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
38) TIPI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA

2
39) MODELLO NELLA INNOVAZIONE DI PRODOTTO E DI PROCESSO
40) PENETRAZIONE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
41) CONSEGUENZE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
42) L’IMPRESA E L’INNOVAZIONE CONTINUA
43) POLITICHE DEI PROCESSI D’INNOVAZIONE E D’IMPRESA IN ITALIA
44) INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEI SERVIZI
45) IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA
46) PRINCIPALI FORME DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO.
47) Forme di pagamento nel trasferimento di tecnologie:
48) SERVIZI CONNESSI AI TRASFERIMENTI DI TECNOLOGIA
49) I FATTORI DI SUCCESSO PER IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
50) FORMALIZZAZIONE DEGLI ACCORDI DI TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
51) PROGRESSO TECNOLOGICO E NASCITA DELLA GRANDE INDUSTRIA
52) L’AZIENDA INDUSTRIALE
LO STABILIMENTO INDUSTRIALE
PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE
AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
53) ASPETTI STORICI
54) IL SIGNIFICATO ATTUALE DELL’AUTOMAZIONE
55) ASPETTI TECNICI DELL’AUTOMAZIONE
56) AUTOMAZIONE DEL CONTROLLO DI PROCESSO
57) AUTOMAZIONE DEL CONTROLLO DI PROCESSO
58) L’AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE PER PARTI
59) AUTOMAZIONE RIGIDA, PROGRAMMABILE E FLESSIBILE
60) AUTOMAZIONE FLESSIBILE: PRINCIPALI APPARATI
61) LE MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO (MU/NC)
62) EVOLUZIONE
63) I ROBOTS INDUSTRIALI
64) SISTEMI DI MOVIMENTAZIONE E MAGAZZINAGGIO
65) I SISTEMI FLESSIBILI DI PRODUZIONE
66) TECNOLOGIE CON L’AUSILIO DEL CALCOLATORE
67) AREA DI PROGETTAZIONE ED INGEGNERIZZAZIONE (AREA CAD: COMPUTER AIDED
DESIGNE)
68) PIANIFICAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE (AREA CAPP: COMPUTER AIDED
PROCESS PLANNING)
69) GESTIONE AUTOMATIZZATA DEI SISTEMI DI PRODUZIONE (AREA CAM: COMPUTER
AIDED MANUFACTURING)
70) AREA DEI SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLA PRODUZIONE (MP E CS:
MANUFACTURING PLANNING AND CONTROL SYSTEMS)
71) L’INTEGRAZIONE SUPERIORE C.I.M.

3
72) GESTIONE DELLA PRODUZIONE
73) TECNICHE DI GESTIONE DELLA PRODUZIONE
74) IL “LEAD TIME”

4
75) CARATTERI DELLA TECNOLOGIA E DELLA DINAMICA
TECNOLOGICA

PREMESSA

La storia dell’uomo è la storia di una “civiltà strumentale” legata cioè alla disponibilità di
tecnologie sempre più efficaci applicate agli strumenti di lavoro.
Il livello della tecnologia determina il consumo dei fattori di produzione (lavoro, capitale,
materiali); migliorare la tecnologia significa rendere la produzione più efficiente.
La parola “tecnologia” deriva da téchné (arte, mestiere, capacità pratica) e logos (parola,
discorso).
Per tecnica si intende quel complesso di regole da seguire nel praticare un’arte, un
mestiere (tecnica del disegno, tecnica navale, etc.) oppure un procedimento di lavorazione che
implica un uso pratico di strumenti, apparecchiature (tecnica di lavorazione del ferro, del vetro,
etc.).
Nel pensiero greco “téchné” indicava l’insieme di conoscenze dei metodi richiesti per la
produzione di un oggetto o per il raggiungimento di un fine e si contrapponeva a “Episténe”
(scienza): la tecnica si interessava dell’utilità, la scienza della verità e come tale culturalmente
superiore.
Con Aristotele il significato di “tecnica” subisce una modificazione nel senso che adesso
è riferibile qualsiasi attività creativa che si contrappone alla natura e cerca di trasformarla o di
limitarla. Il significato aristotelico può affermarsi essere all’origine del concetto di tecnica quale
è oggi generalmente accettato. Quindi le tecniche sono metodi per fabbricare nuovi strumenti e
creare nuovi prodotti con tali strumenti; la capacità di costruire tali artefatti è una caratteristica
peculiare del genere umano.
Tornando al termine “tecnologia” il suo vero significato appare difficile da definire in ogni
lingua. E’ qualcosa di intermedio tra scienza e tecnica equivalente a “scienza applicata” che è il
significato che in atto è dato in Italia mentre in inglese il termine “tecnology” è qualcosa di
ancora più complesso.
Si può tuttavia affermare che per “tecnologia” deve intendersi quella parte della scienza che si
occupa dei procedimenti tecnici e dei macchinari attraverso i quali le materie prime si
trasformano in prodotti lavorati (raffinazione del petrolio, costruzione di navi, auto,
fabbricazione del cemento, materie plastiche etc.)

5
La diffusione dei processi produttivi basati sulle conoscenze scientifiche piuttosto che
sulla invenzione empirica o sulla ingegnosità artigiana fa sempre diffondere l’uso del termine
“tecnologia” come nuovo sinonimo di “tecnica”.
I confini tra sviluppo della “scienza” e sviluppo della “tecnologia” divengono sempre
più labili tanto che si assiste al nascere di discipline scientifico-tecnologiche dove la barriera tra
aspetti scientifici e tecnologici è impercettibile o inesistente.
Solo a titolo esemplificativo la scienza dei materiali ha generato la tecnologia dei materiali e lo
sviluppo di loro classi strutturali nuove (leghe speciali, ceramici, tecnopolimeri, compositi, etc)
così come, viceversa, la tecnologia dei materiali ha stimolato la ricerca di base nel settore.
La biologia molecolare e la genetica hanno prodotto le biotecnologie che, a loro volta, stimolano
nuova ricerca. Si genera in definitiva quel meccanismo di “feed and feedback” o di spirale
scientifico-tecnologica tipica dell’attuale periodo.
In sintesi, correntemente per tecnologia deve intendersi un sistema complesso di
informazioni e di elementi conoscitivi necessari, ad esempio, per produrre un determinato
prodotto a partire dai materiali di base. Questo insieme di conoscenze può estendersi ad un
intero processo produttivo: dalla ricerca alla vendita dei prodotti, dall’organizzazione della
produzione al marketing, etc. La tecnologia è il modo di operare, il funzionamento complessivo
del processo produttivo che coinvolge le persone non meno delle cose; la tecnologia quindi, non
è un’entità singola ma la combinazione di molti elementi: le macchine, i materiali, le persone,
l’organizzazione del lavoro.

6
LE FASI DELLA DINAMICA TECNOLOGICA: INVENZIONE ED INNOVAZIONE

Il processo tecnologico è il risultato di invenzioni ed innovazioni. Schumpeter distingue


tra “invenzione”, scoperta tecnica suscettibile di applicazione in vari settori (atto quindi che
contribuisce al progresso) ed “innovazione” (introduzione di nuovi processi produttivi o di
nuovi beni dell’attività economica) in sintesi, inserimento di un’invenzione nel processo
produttivo come nuovo modo di produrre ovvero come nuovo prodotto o servizio.
Tra l’invenzione e l’innovazione intercorrono tempi abbastanza lunghi come si evince
dai dati esposti in tab. 1.

7
Nel modello di sviluppo di Schumpeter l’invenzione e l’innovazione erano considerate
variabili esogene mentre altri autori (schmookler, es.) hanno messo in evidenza una loro
presunta natura endogena.
In effetti il rapporto tra invenzione ed innovazione e tra entrambe ed il progresso
economico in un settore, si è presentato storicamente in forme troppo diversificate per poter
accettare generalizzazioni come quelle di Schumpeter o altri.
Importanti eventi della storia economica e ricerche quantitative su singoli settori (o
periodi) hanno evidenziato che invenzioni ed innovazioni sono spesso il risultato di un unico
processo mosso da particolari condizioni economiche. Se ad esempio si considera il periodo
della rivoluzione industriale inglese nel settore tessile si nota come l’aumento della domanda di
tessuti ha determinato un aumento di quella di tessitori che spingeva gli imprenditori (per la
scarsa elasticità dell’offerta) ad inventare nuove macchine. A sua volta aumentando la
produzione di tessuti si generava un aumento della domanda di filati dando luogo ad analogo
processo nello specifico settore; si innescavano in conseguenza processi di botta e risposta
promossi da un’unica figura economica l’imprenditore volto a massimizzare il rendimento del
capitale investito.
In linea generale vi sono due tendenze in tema di invenzioni: quelle dovuti ad inventori
indipendenti e quelle messe a punto nelle imprese, operanti in vari settori, che hanno creato
centri stabili di ricerca e sviluppo (o altro) per disporre di sorgenti interne di innovazioni e che
poi, nel tempo, si sono integrate, anche per le politiche di R e S, integrate tra loro.
Le motivazioni alle innovazioni conducono a ragioni di tipo economico e non (militari
ed intellettuali).
Tra gli impulsi dovuti a fattori economici bisogna evidenziarne almeno tre (Sylos Latini)
di ordine diverso:
- espansione del mercato;
- riduzione dei coefficienti di produzione (costi);
- variazioni dei prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione.
Dal punto di vista dell’azienda nel suo insieme, la motivazione all’innovazione sta nel fatto che
un nuovo prodotto offre un monopolio temporaneo che consente di accrescere le vendite e di
incrementare i margini di profitto al pari di un nuovo processo.
In buona sostanza l’invenzione per divenire innovazione deve portare un vantaggio
economico, altrimenti rimane inefficace. Si possono citare al riguardo una moltitudine di esempi
(zucchero da barbabietola o da canna in Europa; processi di sostituzione e/o integrazione delle
fonti energetiche, etc.).

8
Numerosi poi sono gli esempi di spinte militari alle innovazioni (es. benzina di sintesi e gomma
sintetica, etc.) che da sempre si sono dimostrate prevalenti rispetto alle altre in ogni epoca (es.
settore aeronautico, ricerca spaziale, energia nucleare etc. )
Le spinte intellettuali, ossia solamente scientifiche o di ricerca di base, producono innovazioni in
tempi per lo più lunghi (v. tab.1) riscontrandosi solo di rado una concatenazione casuale tra
ricerca di base e sua applicazione collegata (es. fissione nucleare).

9
LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI O CICLI LUNGHI DELL’ECONOMIA

Schumpeter già nel 1912, vede l’innovazione tecnologia come il fenomeno centrale dello
sviluppo economico; in effetti ogni fase storica è caratterizzata da un numero ristretto di
innovazioni tecnologiche essenziali per lo sviluppo economico e sociale. Da due secoli circa
(dall’inizio quindi dello sviluppo industriale moderno), si sono susseguiti periodi di durata di
50-60 anni, caratterizzati da una, due o al massimo tre grandi invenzioni.
Questi periodi vengono definiti “onde lunghe di Koundrat’ev” (economista russo che li
teorizzò intorno al 1920) o “grandi cicli economici di Koundrat’ev. Ogni ciclo è caratterizzato
da una trasformazione fondamentale nella struttura economica e sociale della società”
rappresentando una vera e propria rivoluzione tecnologica-industriale.
Le “rivoluzioni industriali” dell’epoca moderna sono quattro e sono caratterizzate dalla
progressiva sostituzione di forme di energia, di materie prime, di processi produttivi e di
organizzazioni del lavoro.

1°) 1787-1842 -> macchina a vapore per usi fissi -> industria tessile e meccanica -> forma
di energia – carbone – nascita della fabbrica moderna in una economia che era agraria,
artigiana e manifatturiera.
2°) 1843-1897 -> macchina a vapore per usi mobili -> ferrovie, navi, forma di energia –
carbone – Organizzazioni sindacali, società per azioni, grandi complessi industriali e
sistema credito.
3°) 1898-1956 – elettricità, motore a scoppio, industria chimica, industria aeronautica ,
forma di energia, petrolio, elettricità, carbone sostituito a partire dagli anni ’40. Grandi
complessi finanziari e industriali e dei sindacati, intervento pubblico nell’economia ->
industria di stato (IRI, ENI, EFIM) etc.
4°) 1956 ad oggi -> elettronica (innovazione trainante) e trasporti, sistema di innovazioni
in continua espansione, fase di transizione tesa verso una crescita sempre più orientata al
settore dei servizi.

Accanto ai “cicli lunghi” ci sono “cicli brevi” 6-9 anni in cui si hanno industrie trainanti che
sviluppano ed impongono le innovazioni, industrie trainate che si sviluppano e crescono (~ 10
anni) per l’effetto di piccole innovazioni prodotte dalle grandi innovazioni (motore a scoppio ->
accessori).

10
Da un punto di vista scientifico sono le grandi invenzioni che contano perché producono le
grandi innovazioni (imprese trainanti) ma per lo sviluppo economico a breve e medio termine è
l'insieme delle piccole innovazioni (imprese trainate) ad avere importanza; crescita produttiva,
cicli economici e innovazioni tecnologiche sono tre aspetti di un unico processo.

11
INNOVAZIONI DI PRODOTTO E DI PROCESSO

INNOVAZIONE DI PROCESSO:
Consiste in un cambiamento nei sistemi produttivi o in una diversa utilizzazione di quelli
esistenti (es. acciaio, chimica di base, solvay al posto del Leblance per Na2Co3 più puro).
Questo tipo di innovazione risulta importante nel caso di produzioni standardizzate dove
l’obiettivo è la riduzione dei costi o il miglioramento della qualità dei prodotti.

INNOVAZIONE DI PRODOTTO:
Comporta cambiamenti nel prodotto stesso o l’ottenimento di un prodotto nuovo (es.
maggiore qualità).
Secondo ROSEMBERG nelle innovazioni sostanziali le INNOVAZIONI di PROCESSO
e di PRODOTTO sono strettamente legate: l’Una determina l’Altra!

Es. l’elettrificazione si è sviluppata perché il processo per la produzione automatica di


lampadine ha fatto diminuire i costi.
Innovazione di processo per la produzione dell’acciaio (diminuzione di costi);

Innovazione di prodotto per le imprese produttrici di impianti Siderurgici del 1856, è alla
base dello sviluppo della siderurgia; (si insufflava aria nella ghisa fusa, il combustibile era
il Carbone della ghisa).

12
VALUTAZIONE TECNOLOGICA O “TECNOLOGY ASSESSMENT”

CONSEGUENZE ESTERNE DEL CAMBIAMENTO TECNOLOGICO


La nozione di “conseguenze esterne” del cambiamento tecnologico deriva dall’analisi dei
COSTI/BENEFICI SOCIALI riscontrabili in seguito all’introduzione di una innovazione.
Il diffondersi di NUOVE TECNOLOGIE incide profondamente su:

- PRODUZIONE ECONOMICA;
- CONSUMO;
- MODO DI VIVERE;
- MOBILITA’ DEI BENI E DELLE PERSONE;
- AMBIENTE;
- OCCUPAZIONE.

Nota bene: Può arrecare beneficio alla maggior parte delle persone (spesso a discapito di altre).

PROGRESSO TECNICO ED OCCUPAZIONE


L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA in tempi di recessione economica è spesso ritenuta
la causa della DISOCCUPAZIONE:
tra il 1820-1840; negli anni ’80 del 19esimo secolo; negli anni ’30, ’80, e ’90 del
20esimo secolo.
Alta disoccupazione.

Conseguenze:
Movimenti contro l’uso di nuove tecnologie; nel 1820 sorse il “Luddismo” - distruzione cioè
di macchinari -contro l’introduzione dei grandi telai per la lavorazione della maglia (re Ludd
1811).

Secondo alcuni economisti:

Un’improvvisa meccanizzazione può condurre a temporanea disoccupazione con effetti


compensativi (successivi) nel lungo periodo dovuti a:
- crescita occupazionale nelle fabbriche che producono i macchinari;
- stimolo della domanda dovuta a riduzioni di prezzi.

13
Gli economisti quasi mai considerano l’adeguamento dell’occupazione al cambiamento
tecnologico come un processo istantaneo ed automatico.
Il progresso tecnico “comporta” comunque sempre profonde modificazioni strutturali che,
pur essendo destinati ad apportare a “più lungo termine” innumerevoli benefici provocano gravi
difficoltà di mantenimento della piena occupazione per periodi di tempo affatto trascurabili. I
meccanismi spontanei di mercato risultano spesso inadeguati ad eliminare in breve tempo gli
effetti “indesiderati” del processo di sviluppo; non si può comunque cercare di rallentare il
progresso tecnico nella speranza di limitare gli effetti negativi.

14
LA SCIENTIFIZZAZIONE DELLA TECNOLOGIA

L’attuale sviluppo tecnologico è unico nella storia coinvolgendo aspetti socio-economici,


culturali e psicologici. Si registra un cambiamento che porta a modificazioni radicali delle
società industriali. Le società nate dalla rivoluzione industriale hanno fatto ricorso in modo
crescente alle produzioni di massa e standardizzate.
Negli anni ’70 - dopo gli shock petroliferi - la situazione è mutata (saturazione dei
mercati di massa, sovente sovracapacità produttiva, rigidità delle economie di grande scala,
problemi ambientali e di sicurezza, squilibri di vario tipo, diversificazione di beni e servizi,
mercato proteso ad una migliore qualità etc. ). L’economia è passata attraverso periodi di
recessione e di ripresa, con inflazione, disoccupazione, squilibri nel commercio internazionale,
sono mutate le richieste di mercato: qualità, servizi, etc.
Negli anni ’80 sono esplose le nuove tecnologie che nascono e si sviluppano su basi
scientifiche cioè su nuova conoscenza scientifica (scientifizzazione della tecnologia). In passato
è stata l’invenzione e la sua diffusione sul mercato a stimolare e far crescere l’attività scientifica:

Es. Edison (lampada a filamento incandescente) -> Prima delle teorie scientifiche
sull’illuminazione dei solidi;
Macchina a vapore → studio di Carnot sulla termodinamica;
Marconi-radio→ teorie di Maxwell e di Hertz.

Di recente accade il contrario.


Es. Fermi - studi su fisica nucleare → controllo fissione nucleare;
Studi fisici sullo stato solido →transistor.

L’uomo è sempre più in grado di inventare le risorse di cui necessita.

Così l’uranio non sarebbe una risorsa energetica se non ci fossero i reattori a fissione nucleare; il
deuterio ed il litio, da cui si può ottenere il tritio, costituiranno le risorse energetiche del futuro
in funzione dei programmi della tecnologia della fusione nucleare.
In entrambi i casi la tecnologia è il vero fattore che produce energia piuttosto che le materie
prime usate nei processi.

15
Il silicio va considerato come generatore di risorse in quanto rende possibile la conversione
fotovoltaica delle radiazioni solari e l’informatica. E così per altri materiali prodotti ex novo in
base alle conoscenze scientifiche sulle proprietà e strutture dei solidi.
Ciò contribuisce a superare entro certi limiti, il concetto di “limitatezza delle risorse”.
Sviluppando per tempo, con adeguata attività di ricerca e sviluppo, le nuove risorse di cui si ha
bisogno.
In pratica la tecnologia diventa sempre più scientifica e, come la scienza, appare uno strumento
universale che può impiegarsi ovunque sia nei PI che nei PVS, con elevato grado di adattabilità
ai contesti economici, culturali e sociali dove viene applicata.

16
EFFETTI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO NEL SISTEMA PRODUTTIVO

Il progresso tecnologico fornisce conoscenze per migliorare l’uso delle risorse.


Il miglioramento si concretizza → realizzando maggior volume di prodotto dalle stesse materie
prime e realizzando un prodotto di migliore “qualità”.
Il progresso tecnologico tende a migliorare l’efficienza tecnico-economica del sistema
produttivo cioè: “tende ad aumentare la produttività dei fattori della produzione”

La produzione in senso tecnico è → l’attività che consente la combinazione di INPUT (fattori


della produzione) e la loro trasformazione in OUTPUT (prodotti).
La produzione in senso economico è → l’attività diretta ad ottenere, in termini di lavoro, un
OUTPUT superiore agli INPUT.

FATTORI NATURALI (acqua, terra, minerali,... energia);


INPUT { FATTORI RIPRODUCIBILI (macchine edifici,...)
LAVORO (manuale o specializzato).

BENI (agricoli, industriali,...) materiali in genere;


OUTPUT {
SERVIZI (spettacoli, trasporti).

Fig. 2 - Il sistema di operazioni (o fasi) di produzione prende il nome di “Geologia di produzione”. In


forma di diag ramma ha la forma di albero.

17
18
FUNZIONE DI PRODUZIONE

In forma matematica il Processo Produttivo è rappresentato come Funzione di


Produzione.

In senso lato: “funzione di produzione” è qualunque relazione matematica, in forma di


funzione, che permette di calcolare la massima quantità di prodotti ottenibili con una data
quantità di fattori produttivi.
La funzione di produzione esprime anche la relazione fisica esistente nelle combinazioni
tecniche più efficienti tra prodotto (output) e fattori della produzione (input).

Crescente = “economia di scala”

OUTPUT = “rendimento del processo produttivo” Uguale


INPUT
Decrescente = “diseconomia di scala”

Si definisco Coefficienti di produzione i fattori occorrenti per ottenere una unità di prodotto.
Il progresso tecnologico fornisce elementi di conoscenza finalizzati al più efficiente utilizzo
delle risorse consentendo così l’aumento di produttività dei fattori di produzione. Quindi i
miglioramenti della tecnologia che determinano una diminuzione dei costi unitari di produzione
di beni presenti sul mercato danno un contributo allo sviluppo economico, suscettibile anche di
misurazione.

Progresso tecnico è qualunque modificazione della funzione di produzione per la quale è


richiesta una minore (o uguale) quantità di input per ottenere gli stessi (maggiori) output.

Q = quantità di Prodotti ottenuti;

Q = f(K, L, t) K = capitale;

19
L = lavoro; t = tempo

Se si considerano solo due fattori (K,L) ad uno stesso tempo t: Q = f1 (K,L)

Questa equazione può essere rappresentata graficamente con la “curva degli isoquanti” o di
“uguale produzione” al tempo t; una stessa quantità di prodotto Q (Q=output) è ottenibile
combinando i fattori di produzione (input) L, K in diversi modi, ma sempre con la tecnologia
disponibile al tempo t.

20
Il progresso tecnologico causa continui cambiamenti nella funzione di produzione e
quindi le nuove conoscenze generano nuove funzioni di produzione ognuna delle quali è
migliore della precedente in quanto permette di ottenere la stessa quantità di prodotto con un
minore impiego di fattori. Ciò che cambia in funzione del tempo è la relazione funzionale “f” tra
output e input individuabile nei cambiamenti della tecnologia.
Queste funzioni si possono così rappresentare:
Per ogni quantità Q fissata, sull’asse delle ascisse viene misurato il fabbisogno di capitale K e
sull’asse delle ordinate il fabbisogno di lavoro L. Ogni curva si riferisce alla stessa quantità Q di
output producibile, nei diversi periodi di tempo, con le tecniche disponibili in ogni periodo,
dall’una all’altra varia la funzione di produzione.
Si possono costruire una serie di funzioni di produzione ognuna riferita ad una dato
periodo di tempo ed alla tecnologia disponibile a quel tempo; la funzione cronologicamente
precedente, f0 è spostata verso l’alto.
Se da t0 a t1 si verifica un cambiamento tecnologico, in corrispondenza di una medesima
quantità di imput L, si potrà ottenere una maggiore quantità di output Q1 Dove Q1 > Q0 a K =
costante

21
LA TECNOLOGIA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE

Si può concettualmente vedere la tecnologia come una sequenza di operazioni che


trasformano materiali (materie prime) in prodotti con caratteri propri e diversi da quelli
impiegati. Ciò comporta l’impiego di fattori di produzione che determinano un risultato sia
qualitativo che quantitativo. Una “funzione di produzione”, come già detto, è una funzione che
esprime la relazione fisica esistente nelle combinazioni tecniche più efficienti tra prodotto
(output) e mezzi impiegati nella produzione (input). Lo studio delle funzioni di produzione serve
a far conoscere i vincoli tra i vari fattori di produzione, la possibilità di sostituzione degli stessi e
come è possibile variare quali-quantitativamente, l’uso dei fattori.
Le quantità di fattori occorrenti per ottenere una unità di prodotto si definiscono
“coefficienti di produzione”. Per raggiungere l’efficienza economica si deve ottenere una data
quantità di prodotto con l’impiego ottimale dei fattori di produzione. L’entità dei singoli fattori
di produzione è tecnicamente sempre modificabile; per ottenere ad esempio una tonnellata di
acciaio o di cemento vi sono teoricamente svariate possibilità di combinare capitale e lavoro
tenendo costante le quantità di materie prime utilizzate. Quindi è possibile stabilire la
combinazione ottima dei coefficienti di produzione per ottenere la stessa quantità di prodotto ad
un costo minore. (tab. Y)

22
Una funzione di produzione può essere formulata sia analiticamente (con espressioni
matematiche più o meno complesse) sia numericamente (con l’uso di tabelle) sia graficamente
(con diagrammi di funzione)

Azoto(1)+Idrogeno(3) danno Ammoniaca (1)

1913 Germania - processo Haber –


Fattori: temperatura, pressione, concentrazione reagenti, catalizzatore, tempo di contatto, etc.

23
24
Bisogna tenere conto simultaneamente di tutte le variabili per studiare tutte le variazioni
di rendimento (cioè la quantità di prodotto ottenibile dalla combinazione dei fattori che
intervengono nel ciclo di produzione).
Per esempio, nelle figg.3 e 4 e Tab.2 viene riportato lo studio della variazione dei
rendimenti in funzione di due fattori tecnici, temperatura a pressione, supponendo di avere già
ottimizzatogli altri parametri.
Altro esempio è costituito dall’aumento medio giornaliero del peso di animali bovini in un
allevamento USA in funzione della razione (mais o fieno) giornaliera per singolo animale (fig. 1
e 2 tab. 1)
In definitiva si cerca l’optimum nella combinazione dei coefficienti di produzione in
modo da ottenere la stessa unità di prodotto ad un costo minore.

Tuttavia lo studio di una tecnologia mediante le funzioni di produzione presenta una


limitazione in quanto non fornisce misure funzionali della tecnologia, delle proprietà dei
prodotti ottenuti, delle implicazioni interne ed esterne cui dà luogo, aspetti questi molto
importanti per valutare l’efficacia e l’efficienza.

La tecnologia come “sistema di variabili” consente invece di acquisire elementi economici


analoghi a quelli della funzione di produzione ma anche elementi tecnico-ingegneristici e
qualitativi riferiti al processo, ai fattori impiegati e ai prodotti ottenuti. Ciò comporta aspetti
positivi:

1) le misure funzionali della tecnologia hanno un significato ben definito e possono


determinarsi
Es. efficienza tecnica di una centrale termoelettrica = rapporto dei kwh ottenuti rispetto al
potenziale termico totale del combustibile impiegato.

2) le misure funzionali della tecnologia hanno un valore pratico per scopi tecnici-
ingegneristici-gestionali superiore a quello fornito dalla funzione di produzione e ciò
agevola il raggiungimento degli obiettivi reali dell’attività innovativa.

3) Le misure funzionali della tecnologia rendono possibile attribuire pesi alle innovazioni in
funzione della loro importanza e secondo un certo comune denominatore.

25
4) La concezione della tecnologia come sistema ha come punto focale i mutamenti nelle
caratteristiche del prodotto (nella impostazione neoclassica le caratteristiche del prodotto
non cambiano).

5) Questa concezione ha un elevato ed importante numero di implicazioni su una ampia


gamma di problemi in diverse aree (es. scelte delle innovazioni e dello sviluppo economico
nel lungo periodo).

In definitiva, sia pure con certe limitazioni, la concezione della tecnologia come sistema, è
vantaggiosa per una adeguata comprensione di una ampia varietà di problemi e di opzioni anche
normative.

26
27
LA SOSTITUIBILITA’ TECNOLOGICA

Esiste un principio di sostituzione (o di concorrenza), in specifici settori tra diversi processi,


prodotti o tra fattori, in misura più o meno marcata secondo i settori. Ciò consente di esaminare
discutere dei fattori produttivi in misura dinamica.
La sostituibilità tra diverse merci con riferimento all’uso e non solo alle caratteristiche
merceologiche è destinata ad aumentare.
La sostituibilità può verificarsi:
1) tra merci uguali, prodotte con metodologie diverse e che impiegano la stessa materia
prima;
2) tra merci diverse, ottenute con processi produttivi diversi, che utilizzano materie prime
diverse, che presentano analoghe caratteristiche e che, quindi, possono destinarsi allo
stesso uso;
3) tra fattori di produzione (es. fra capitale e lavoro);
4) nell’ambito dello stesso fattore (materie prime, lavoro).
Un esempio del primo caso è quello della soda (carbonato di sodio):
Metodo Leblanc dal 1820 al 1900 circa, da poco prima e poi metodo Solvay (1872).
Attualmente si ha la sostituibilità della soda Solvay con la soda caustica (idrato sodico) ottenuta
con metodi elettrolitici. Un esempio del secondo caso si ha nelle costruzione aeronautiche (Nel
concorde leghe di alluminio, nichel e magnesio; Boeing 2707 si impiegano leghe di titanio).
Il criterio di sostituibilità oltre che avvenire tra prodotti finali può essere caratteristico anche del
ciclo di produzione; fra le materie prime o fra il fattore capitale e il fattore lavoro.

Es. trasformazione di apatiti, fosforiti in fertilizzanti fosfatici mediante impiego di acidi diversi.

Es. Sostituibilità tra materie prime uguali nello stesso ciclo di produzione (proveniente però da
risorse diverse): carbochimica e petrolchimica.

Sostituibilità tra i fattori di produzione (es. tra capitale e lavoro).

Orientamenti attuali marcata possibilità di sostituzione dei diversi fattori di produzione.

28
La misura del cambiamento nelle proporzioni dei fattori costituenti la combinazione di minimo
costo è detta “coefficiente di elasticità di sostituzione”. Il cambiamento può avvenire lungo una
stessa funzione di produzione o mediante trasposizione della stessa.

TIPI DI TECNOLOGIE
A seconda degli effetti determinanti da una particolare tecnologia questa può essere distinta in:

- TECNOLOGIA DURA è la tecnologia dei “Paesi Industrializzati” utilizzata sino agli anni
’70.
E’ caratterizzata da:
- alta sofisticazione;
- elevata intensità energetica e di capitali;
- bassa q. manodopera;
- scarsa attenzione ai problemi ambientali.

Entra in crisi a metà degli anni ’60 per:


- preoccupazione per l’ambiente e la sicurezza;
- fallimento del trasferimento nei PVS (in questi aveva determinato scompensi, effetti negativi
nelle economie di scala al posto del progresso tecnico e sociale) per l’elevata richiesta di
capitale, ridotta richiesta di manodopera, materie prime d’importazione.

- Vengono suggerite le TECNOLOGIE SOFFICI per i PVS, negli anni ’70, caratterizzate da:
- semplicità, buon mercato, validità per tutti: in ogni tempo ed in ogni luogo;
- non dipendenza da risorse naturali non rinnovabili;
- nuovo quadro tecnologico con un migliore equilibrio tra fattori di produzione lavoro,
capitale, risorse.

Si dividono in TECNOLOGIE INTERMEDIE e TECNOLOGIE APPROPRIATE.

1) Le TECNOLOGIE INTERMEDIE sono caratterizzate da:


- semplicità di produzione, di utilizzo e di manutenzione per consentire (subito) autonomia
tecnica e (poi) finanziaria ai PVS;

29
- ridotta intensità di capitale, basso consumo di manodopera e scarsa professionalità, impianti
di piccola scala.

Fallirono per: politiche di interventi sbagliate e/o ambigue; crisi strutturali dei P.I. negli anni ’70
(si mette in discussione anche il loro modello di sviluppo).

2) Le TECNOLOGIE APPROPRIATE sono caratterizzate da:


- requisito principale non è la semplicità ma un grado di sofisticazione e complessità pari ai
bisogni e alle opportunità locali;
- sfruttare risorse locali (possibilmente rinnovabili);
- spreco ridotto o nullo (zero waste);
- recupero e riutilizzo dei materiali usati (materie prime secondarie).

Viene proposto il:

“DECENTRAMENTO” COME CARATTERISTICA DOMINANTE DELLE


“TECNOLOGIE APPROPRIATE”

tab. 4.1.- Applicazioni e obiettivi delle tecnologie appropriate


- Riduzione della dipendenza dalle materie prime e dalle fonti energetiche importate tramite la
diminuzione dei consumi.
- Ampliamento della gamma e miglioramento della qualità dei beni di consumo offerti sui
mercati.
- Miglioramento delle condizioni di lavoro e valorizzazione delle capacità professionali.
- Contributo alla diffusione delle conoscenze tecniche e incentivazione dei processi innovativi
all’imprenditorialità.
- Stimolazione allo sviluppo delle aree rurali attraverso un sistema agro-industriale diffuso.
- Razionalizzazione dei trasporti e della distribuzione.
- Incremento delle attività di smaltimento, recupero-reinpiego-riciclaggio di materiali usati.
- Produzione di energia con sistemi decentrati non convenzionali e non inquinanti.
- Perseguimento di una politica di difesa della natura e di rispetto per l’uomo.
- Accrescimento della sicurezza delle lavorazioni rispetto alla salute dei lavoratori e dei
consumatori.

30
Alle tecnologie appropriate corrisponde  una “scienza appropriata”, cioè sviluppata da
organizzazioni scientifiche locali collegate a sistemi specialistici centrali.

Le tecnologie appropriate per la loro realizzazione richiedono competenze pluridisciplinari:

- chimico-fisiche;
- ingegneristiche;
- biologiche, ecologiche;
- socio-economiche;

e manodopera specializzata.

Le tecnologie appropriate hanno avuto scarse applicazioni pratiche per il prevalere degli
aspetti economici su quelli sociali.

Le tecnologie degli anni ’90 sono tecnologie convenzionali con incorporati i principi delle
“nuove tecnologie”, con elevato grado di reattività e penetrazione in tutte le attività economiche
(agricoltura, industria, servizi).

“Nuove tecnologie”: elettronica, automatica, informatica, telecomunicazioni, ingegneria


genetica; esse hanno permesso lo sviluppo di importanti settori ad elevato contenuto tecnologico
e frutto di forti investimenti in Ricerca e Sviluppo.

“Hig-tech” o “Science based”: video, computer, telecomunicazioni, informatica, aerospazio,


elettronica, biotecnologie, superconduttori, macchine utensili, nuovi materiali…

In atto: sfida delle “tecnologie hig-tech” tra USA, Giappone, Europa per la conquista di
vantaggi competitivi nel mercato (per prodotti e servizi).

Le “attuali tecnologie” non sono altro che le tecnologie convenzionali con incorporati i
principi delle nuove tecnologie (elettronica, informatica, automatica, ingegneria genetica,
telecomunicazioni) con elevato grado di reattività e penetrazione orizzontale in tutte le attività

31
economiche (agricoltura, industria, servizi) che hanno permesso lo sviluppo di importanti settori
tecnologici quali:
La tecnologia delle FONTI ENERGETICHE, che consentono all’uomo di compiere delle
trasformazioni tali da fornire energia più utile rispetto a quella che si trova spontaneamente in
natura, la tecnologia delle PRODUZIONI VEGETALI, che permettono all’uomo di produrre le
quantità e qualità di vegetali necessari ai suoi usi alimentari, edilizi e tessili;
La tecnologia delle PRODUZIONI ANIMALI che, mediante opportune trasformazioni dei
prodotti della pastorizia e della zootecnia consente l’ottenimento di prodotti, in genere, di uso
alimentare ma anche di altre utilizzazioni (abbigliamento, calzature, etc.);

La tecnologia delle LAVORAZIONI MINERALI, che permette la trasformazione dei minerali


che si trovano in natura, ottenendo diverse classi di composti (materiali da costruzione,
ceramiche, metalli, etc);

La tecnologia CHIMICA, che deriva dalle moderne conoscenze sulla struttura della materia
consentendo la produzione di sostanze completamente nuove rispetto a quelle spontaneamente
disponibili in natura (prodotti sintetici) oppure la produzione di sostanze ottenute mediante
opportune trasformazioni di prodotti naturali (prodotti artificiali); rientrano in tali categorie
materie plastiche, farmaci, detergenti, collanti, fertilizzanti, esplosivi, etc.

La tecnologia ELETTRONICA, che è la più recente e utilizza alcuni metalli dalle proprietà
semiconduttrici, come il silicio e il germanio, per produrre microcircuiti integrati che
rappresentano il cuore dei prodotti hi-tech(video, computer, telefoni, fax, etc.) ad elevato
contenuto tecnologico e frutto di forti investimenti in R§S.

“Tecnologie intelligenti” tra le nuove tecnologie.


- sono in grado di intervenire in via autonoma su problemi chiaramente formulati;
- si adeguano al cambiamento delle situazioni e delle esigenze;
- riconoscono l’iter da seguire per ottenere i risultati prefissati,
- sono in genere associate alla microelettronica per il controllo e la gestione di varie attività
con l’ausilio di microprocessori, minicomputer, sensori,...

ESEMPI DI TECNOLOGIE INTELLIGENTI

32
- Computer della quinta generazione, sistemi esperti, intelligenze artificiali;
- Robot in grado di vedere, distinguere, scegliere;
- Materiali con memoria (metalli, leghe…)riprendono le forme originarie o la modificano in
funzione delle condizioni ambientali;
- Sensori per l’ambiente (meccanici, termini, fisici, chimici, biologici, ottici,...; es. olfattivi
scatta: l’allarme se c’è la presenza di gas);
- Sensori chimici (entrano in funzione alle necessità: es.: olio per il motore);
- Sensori chimici (enzimi, batteri) per il controllo ambientale (H2O – rifiuti organici);
- Membrane particolari (per separare, concentr. Specie chimiche);
- Sistemi informativi di comunicazione di tipo biochimico (proteine e macromolecole).

CONCLUSIONI

- sino agli anni ’70 (inizio) si è prodotto con un modello caratterizzato da rigidità delle
strutture economiche –produttive;
- la richiesta di “miglioramento qualitativo” dei prodotti, dei servizi e della vita in generale,
sposta il paradigma socio-tecnologico verso un uso più efficiente delle tecnologie (tabella) e
avvia il passaggio dalla “società industriale” alla “società post-industriale”.

La società post-industriale è caratterizzata da.


- sviluppo di “nuove tecnologie” (informatica, comunicazioni);
- soddisfazioni delle esigenze della società (con soluzioni originali, specifiche,
personalizzate);
- scientificazione e interdisciplinarietà della tecnologia con l’ausilio delle scienze chimiche,
fisiche, biologiche, matematiche;
- sviluppo dell’intelligenza artificiale (computer, robotica avanzata);
- scienza dei materiali;
- sviluppo dei componenti dell’hardware e del software;
- sviluppo della cibernetica;
- approfondimento dei processi dell’apprendimento umano, della decisione,...

33
34
LE TECNOLOGIE NELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE

Le tecnologie utilizzate nelle attività produttive in base alle caratteristiche si possono


distinguere in:

Tecnologie tradizionali: Sono sistemi di produzione ampiamente consolidati


caratterizzati da relativa semplicità di operazioni e lento rinnovamento;

Tecnologie avanzate: sono sistemi di produzione sviluppatasi dopo la II guerra


mondiale, caratterizzati da complessità e raffinatezza di operazioni e da un’elevata
velocità di rinnovamento,

Tecnologie miste: sono sistemi di produzione in cui sono prevalenti i caratteri tipici
delle tecnologie avanzate, ma sono presenti anche alcuni caratteri di quelle tradizionali,

Tecnologie intermedie: sono sistemi di produzione in cui sono prevalenti i caratteri


delle tecnologie tradizionali, ma sono anche presenti alcuni caratteri delle tecnologie
avanzate.

I livelli tecnologici nei settori produttivi si caratterizzano principalmente in base ai


seguenti elementi.

- valore aggiunto,
- velocità di rinnovamento,
- spese per la ricerca, sviluppo e licenze.

I settori produttivi possono essere così divisi in 4 gruppi:

35
Ulteriori classificazioni della tecnologia sono legate al processo di trasferimento della stessa. Si
può così distinguere:

- Tecnologia hardware: è quella che viene trasferita incorporata in apparecchiature,


impianti o altri prodotti che rendono possibile processi innovativi di produzione
industriale;
- Tecnologia software: include ogni possibile tipo di codificazione ed estrinsecazione
di conoscenze scientifiche e tecnologiche in forma astratta (articoli, pubblicazioni,
documentazione, know-how)

In base alle modalità con cui avviene il trasferimento si distingue:

- tecnologia alienata: ossia la tecnologia posseduta privatisticamente e ceduta in virtù


di un diritto di proprietà e sulla base di un accordo particolare. Essa è costituita

36
dall’informazione non libera, il know-how brevettato e l’assistenza tecnica fornita in
base ad accordi commerciali;
- tecnologia socializzata: ossia la tecnologia e la conoscenza socialmente disponibile
ed accessibile senza restrizioni. Essa è costituita in gran parte da conoscenze generate
dalla ricerca pubblica e messa a disposizione della collettività (enti pubblici,
università);
- tecnologia interiorizzata: ossia la conoscenza di base, il know-how, l’esperienza e la
capacità di risoluzione dei problemi tecnologici incorporate negli individui;
- tecnologia capitalizzata: ossia la tecnologia incorporata e “cristallizzata”, nei beni
capitali, nei beni intermedi e nei beni finali che può, dunque, essere trasferita ed
acquisita con l’acquisto di tali beni.

37
LA VALUTAZIONE DELLE QUALITA’ INTRINSECHE DI UNA TECNOLOGIA

Stabilire le “qualità intrinseche” di una tecnologia adottata in un processo produttivo


significa effettuare una misura ed una valutazione dell’efficienza tecnica ed economica
di quel processo, identificandone i punti di forza e di debolezza.
Per acquisire elementi oggettivi utili per stabilire queste qualità intrinseche, si devono
considerare le proprietà significative, in grado di esprimere sinteticamente gli aspetti più
importanti della tecnologia.
Nella misura e valutazione dell’efficienza tecnica ed economica della tecnologia in un
processo produttivo vengono utilizzati due tipi di “indicatori”:
1) indicatori che risultano cruciali per il successo o il fallimento del processo
stesso e di conseguenza dell’impresa che effettua il processo e fornisce i
prodotti. I parametri più significativi, che devono essere quantificabili e
riproducibili, sono:
- affidabilità del processo durante tutte le sue fasi;
- uniformità delle specifiche del prodotto;
- flessibilità dell’impianto;
- potenzialità reale.
2) indicatori che mettono in luce aspetti del ciclo produttivo e dei prodotti in
relazione all’ambiente e che sono di interesse per l’intero sistema economico
(indicatori ambientali).

38
AFFIDABILITA’ DEL PROCESSO

L’affidabilità del processo è espressa come probabilità complessiva, nel corso dell’anno,
di inconvenienti del sistema apparecchiature-uomo, in grado di provocare guasti, rallentamenti,
imprecisioni nelle operazioni.
L’analisi viene effettuata tramite l’albero degli errori rilevando le probabilità che si
verifichino eventi negativi nelle diverse fasi del processo; se i possibili inconvenienti sono tra
loro indipendenti le probabilità vanno sommate, se sono dipendenti, le probabilità vanno
moltiplicate. Le singole probabilità vengono ricostruite sulla base di calcoli statici che utilizzano
i valori delle specifiche di ciascun componente dell’impianto.
Più bassa è la probabilità di inconvenienti, più elevata è l’affidabilità.
Essa varia comunemente da 0,1 – 0,000001.

UNIFORMITA’ DELLE SPECIFICHE DEL PRODOTTO (process. Capability)

Rappresenta il grado di riproducibilità delle proprietà: può riferirsi a singole


proprietà/prestazioni o ad un insieme di proprietà/ prestazioni.
L’indice si ottiene effettuando una misurazione della dispersione di una singola proprietà
o di un insieme di proprietà. Viene misurata la differenza fra il valore maggiore ed il valore
minore osservati ed essa va rapportata a 6 σ (dove σ è lo scarto quadratico medio della media dei
valori osservati). Se il prodotto è complesso, anziché ad una sola specifica, occorre fare
riferimento a più specifiche sintetizzabili in un indice di prestazione/proprietà globale.
Pertanto, l’uniformità del prodotto sarà data da:

Uniformità di prodotto = Val max – Val min


Il rapporto deve essere ≥ 1 e più sale verso valori superiori più elevata è l’uniformità
delle specifiche.
Non supera comunemente il valore di 4-5.

POTENZIALITA’ REALE DELLE ATTREZZATURE

39
Rappresenta la capacità produttiva reale delle apparecchiature installate, con una specifica
tecnologia, considerati fattori di perdita quali fermate, riduzione dei ritmi di produzione, difetti.
Posto che:
- T = tempo di carico macchina;
- Tc = tempo di ciclo teorico;
- Tf = tempo di fermo macchina;
- Q = quantità lavorate;
- Te = tempo di funzionamento effettivo = T-Tf (tempo di carica macchine - tempo di
fermo);
- Qs = quantità di scarti (unità difettose rifiutate).
La quantità degli scarti viene espressa come unità difettose rifiutate nell’unità di tempo rispetto
alle specifiche richieste, alla loro entità e alle tolleranze.

Difettosità = Σi ni/Ni Dove: ni = n° pezzi non conformi al sottogruppo i;


m Ni = n° pezzi prodotti al sottogruppo i;
m = n° sottogruppi.

40
Ciascun tipo di perdita può essere valutato secondo il seguente schema riassuntivo dei principali
fattori di perdita e dei relativi indici di efficienza:

Fattori di perdite Principi di perdite Indice di efficienza

Guasti imprevisti T -Tf


Fermate Set – up E1 =----------
Regolazioni T

Funzionamento a vuoto Tc x Q
Riduzione velocità Piccole fermate E2 =----------
Riduzione velocità Te

Scarti durante Q - Qs
Difetti il processo E3 =-------------
Scarti di avviamento Q

L’indice di potenzialità effettiva è:

E = Tcx(Q - Qs) = E1 x E2 x E3
T
Quanto più è elevato tanto più è favorevole. Comunemente varia dal 70 al 95%, anche se in
teoria il campo va da 1 a 100%.

FLESSIBILITA’ DELL’IMPIANTO

Rappresenta la capacità di un processo ad essere adottabile a produrre diversi articoli.


E’ il tempo necessario al riattrezzaggio, cioè rappresenta la capacità di un processo ad essere
adattato a produrre diversi articoli e si esprime come il tempo necessario per predisporre le
apparecchiature alle produzioni dei diversi prodotti che possono essere ottenuti rispetto al tempo
necessario per produrre gli stessi articoli. E’ quindi un indice di flessibilità delle apparecchiature
del processo.

41
Il set-up = Σi (Ni x tsi) -
Σi (Ni x tsi) + Σi Ri x tmi
Dove:
- Ni = n° totale adattamenti dell’oggetto i ottenuto dal rapporto Ri (fabbisogno
dell’oggetto i)/qi (dimensione del lotto dell’oggetto i);
Ni = Ri/qi
- tsi = tempo di predisposizione dell’apparecchiature dell’oggetto i;
- tmi = tempo unitario di fabbricazione dell’oggetto i.

Quanto più è breve il tempo di set-up (a parità di n° articoli producibili) tanto più è elevata la
flessibilità. Può variare da 1 a 100.

INDICE SINTETICO DI QUALITA’ DEL PROCESSO

Può essere calcolato anche un indice sintetico di “qualità del processo” mediante un semplice
metodo che utilizza dei nomogrammi e consente di pervenire dapprima a due sub-indici
intermedi.
I parametri di affidabilità del processo e di “uniformità del prodotto” permettono di calcolare un
indice di “efficienza del processo”.
Gli indici di qualità del processo e di efficienza del processo sono due sub-indici intermedi da
cui si può calcolare un indice tecnologico complessivo, che permette di confrontare tra loro
tecnologie diverse (vedi tabella seguente).

AFFIDABILITA’ + UNIFORMITA DEL PRODOTTO POTENZIALITA’ + FLESSIBILITA’ DEL PROCESSO

QUALITA’ DEL PROCESSO EFFICIENZA DEL PROCESSO

42
43
TECNOLOGIA AD EFFETTI DI SCALA

La tecnologia quando viene applicata e concretizzata in impianti, diventa una realtà


economica, ed è in grado di fornire risultati positivi o negativi a seconda di come impiegati.
Uno dei punti salienti è la scelta della “dimensione degli impianti”in quanto non esiste
una relazione lineare tra dimensione (o capacità produttiva o scala di produzione), costi di
investimento e costi di funzionamento e gestione.

Il rapporto costi di investimento/dimensione è dato da:

CA/CB = (SA/SB)X dove CA = costo impianto A


CB = costo impianto B
SA, SB = sono le relative capacità produttive con x < 1 (in
genere compreso tra 0,6 e 0,8)

Sembrerebbe che la convenienza di un’impresa è di portarsi di dimensioni crescenti per poter


ripartire i costi di investimento e di gestione su quantitativi sempre più elevati di prodotto in
modo da ridurre progressivamente il costo medio di una merce.
Tale logica si scontra però con i limiti di penetrazione sui mercati e con la rigidità produttiva. La
manifestazione degli effetti di scala dipende da diversi fattori:
- la produzione totale di particolari prodotti nel tempo,
- la durata della vita di produzione;
- il tasso di produttività di particolari prodotti nell’unità di tempo;
- il livello di standardizzazione dei prodotti;
- le capacità produttive per unità di impianto, macchine, linee produttive;
- capacità totale degli impianti individuali;
- la dimensione globale di un complesso di impianti in una zona;
- il grado di integrazione verticale di un impianto;
- la quantità di prodotto venduto ad ogni cliente;
- la dimensione delle consegne ad ogni cliente;
- la concentrazione geografica dei clienti.

44
SQUILIBRI TRA FASI DI PRODUZIONE

Nell’ambito degli “effetti di scala” di una struttura industriale vanno considerati attentamente gli
squilibri fra le fasi di produzione.
Nel disegnare un impianto, che consiste in varie fasi di produzione, i responsabili delle scelte
dovranno essere guidati non solo da considerazioni di equilibrio tra le diverse fasi, ma anche dai
costi della futura espansione della capacità, rispetto al costo della capacità eccedente in alcune
fasi.

MIX DI PRODOTTI

Il mix di prodotti ricopre un ruolo altamente importante nel raggiungimento di “positivi” effetti
di scala. In molte attività produttive il prodotto non è costituito da una sola merce, ma da merci
diverse che hanno caratteristiche o abbastanza simili o anche molto diverse e la combinazione di
questi vari prodotti può consentire e non consentire di massimizzare il risultato economico.

45
In definitiva, la scelta del mix dei prodotti e della scala produttiva di ognuno, è elemento
indispensabile di economicità di gestione di impresa.
Se è meno costoso produrre un insieme di beni congiuntamente anziché separatamente, si dice
che ci sono “economie di scopo”.

DIMENSIONE D’IMPRESA E RENDIMENTI DI SCALA

Nel lungo periodo l’impresa può modificare le sue capacità dimensionali installando nuovi
impianti del tipo e delle dimensioni desiderati. Tutti i fattori relativi alle dimensioni dell’impresa
sono variabili: area del fabbricato, i fabbricati, le attrezzature, ecc. è utile considerare il lungo
periodo come un orizzonte di programmazione in cui bisogna effettuare delle scelte strategiche
per l’impresa, quale appunto quella concernente la dimensione dell’impianto.
L’impresa sceglierà quell’impianto di dimensioni tali da produrre in modo da minimizzare il
costo medio.

1) lungo periodo 2)orizzonte di programma 3)scelte strategiche

dimensione dell’impianto

46
DIMENSIONI D’IMPRESA E RENDIMENTI SCALA

Per scegliere le dimensioni ottimali dell’impianto bisogna stimare:

1. la quantità che l’impresa intende produrre nel lungo periodo.


Ad esempio: l’impresa prevede di produrre OQ, pertanto essa sceglierà l’impianto più piccolo
(S1S1’), perché così produrrà nell’unità di tempo, OQ quantità di costo unitario OA, inferiore
rispetto a quello che avrebbe dovuto sostenere se avesse utilizzato l’impianto di medie
dimensioni S2S1’ o quello di grandi dimensioni S3S3’ pari rispettivamente a OB e a OC. Se
invece l’impresa prevede di produrre OR sceglierà l’impianto di maggiori dimensioni.
2. Come varia la quantità prodotta al variare delle dimensioni di impresa.
Se per ipotesi in una situazione di lungo periodo l’impresa “aumenta” proporzionalmente la
quantità di tutti i suoi input, la quantità di output può variare in diversi modi:
a) il tasso di incremento del prodotto può essere superiore a quello dei fattori di produzione
(rendimenti di scala crescenti);
b) la produzione totale può aumentare proporzionalmente meno dei fattori di produzione
(rendimenti di scala decrescenti);
c) la quantità prodotta può aumentare proporzionalmente ai fattori (rendimenti di scala
costanti).

A prima vista può sembrare che tute le funzioni di produzioni debbano rilevare
rendimenti di scala costanti. Invece sussistono dei motivi per cui si verificano rendimenti di
scala crescenti:
- maggiore livello di specializzazione dei vari fattori;

47
- alcune relazioni geometriche (per es. nel caso di immagazzinamento di fluidi, mentre
l’acciaio necessario alla costruzione di una cisterna sferica è proporzionale al quadrato del
raggio, la capacità stessa è invece proporzionale al cubo).

E’ importante notare che “i rendimenti dipendono dal livello produttivo considerato”. È


possibile che i rendimenti di scala siano crescenti per bassi livelli produttivi e decrescenti per
livelli produttivi più elevati.
Le difficoltà di coordinamento proprie delle grandi imprese sono alla base dei rendimenti
di scala decrescenti.

48
LA FUNZIONE DEL COSTO MEDIO DI LUNGO PERIODO (CURVA DI
PROGRAMMAZIONE)

La curva di programmazione mostra il “costo unitario minimo” corrispondente ad ogni


livello produttivo nel caso in cui sia possibile costruire l’impianto di dimensioni derivate.
Essa ha approssimativamente forma ad “U”; in un primo tratto diminuisce al crescere
della quantità prodotta, raggiunge un minimo e poi aumenta.
Le economie e le diseconomie di scala sono le determinanti della forma di questa
funzione.

Costo

CM = costo minimo

CM CM’ output

49
INTERAZIONI TRA DINAMICA TECNOLOGICA E MODIFICAZIONE DELLA
DIMENSIONE

Le interazioni possono essere evidenziate da due tipi di effetti sulla curva di


programmazione:

- estensione della porzione conosciuta della curva verso destra;


- traslazione progressiva della curva verso il basso appena i benefici di talune innovazioni si
ripercuotono sugli impianti di ogni dimensione.

Può anche presentarsi un’altra possibilità, cioè che la curva diventi più piatta nella fase di
trasposizione: ciò indicherebbe che il progresso tecnologico ha abbassato i costi unitari degli
impianti più piccoli di un’entità maggiore di quelli più grandi.

50
DINAMICA TECNOLOGICA E DIMENSIONE

Bisogna valutare se nelle grandi industrie multi-azienda si ottengono economie di scala


diverse da quelle che si verificano a livello di singolo impianto. Tale questione è importante per
determinare delle strategie relative alla costruzione graduale di un’unica grande impresa oppure
alla suddivisione delle grandi imprese in piccole e medie unità.
Le grandi imprese multi-azienda presentano le seguenti caratteristiche:

1. possono usare tecniche di produzione mezzi più efficienti di quanto possano fare le
piccole; c’è però la possibilità di degenerare in strutture burocratiche;
2. sono in grado di centralizzare molte funzioni manageriali ma la stessa può conferire
maggiore rigidità, togliendo iniziative alle azioni individuali;
3. sono in grado di diversificare più agevolmente i rischi;
4. hanno maggiori capacità di investimento, pertanto fungono da pioniere dello sviluppo
tecnologico;
5. hanno maggiori capacità di investimento, pertanto fungono da pioniere dello sviluppo
tecnologico;
6. sono in grado di beneficiare dei prezzi più bassi dei fattori di produzione a causa
della loro capacità di acquisto di levate quantità, con riflessi sul costo unitario.

51
APPROPRIATEZZA DELLE TECNOLOGIE

La scelta di una tecnologia in un processo produttivo o nella organizzazione della vita


industriale e sociale, non è un processo neutro ma è determinato sulla base di criteri ed obiettivi
universalmente accettati.
Esperienze come quelle intraprese in passato, in materia di industrializzazione del
mezzogiorno d’Italia, mostrano come le tecnologie utilizzate possono non essere capaci (per
loro natura o per il modo in cui vengono tradotte in fatti gestionali) di rispondere adeguatamente
alle esigenze per cui sono state introdotte. In questi casi la razionalità delle scelte tecnologiche
era determinata sostanzialmente sulla base dei criteri e di obiettivi quali la minimizzazione dei
costi di produzione e la massimizzazione delle prestazioni, senza tenere conto delle reali
esigenze delle regioni e delle popolazioni della zona da “industrializzare”.
E’ proprio dal riconoscimento di questo “contrasto” (1) tra le esigenze di sviluppo
economico sociale di una regione ed (2) esigenze di razionalità economica ed organizzativa, che
si è sviluppato il concetto di appropriatezza delle tecnologie.
La tecnologia deve essere sostanzialmente considerata come uno strumento per il
raggiungimento di certi obiettivi, in termini di rapporto tra individuo, società ed ambiente.
Dal punto di vista operativo, si definisce “tecnologia appropriata” quella che, qualunque sia
la sua origine (interna od esterna al sistema sociale), per effetto della sua struttura e dei rapporti
che stabilisce con altri sottosistemi (quali la cultura, le ideologie, l’organizzazione sociale, ecc),
determina dei processi che si autosostengano e tendono alla crescita del sistema, della sua
autonomia e, in definitiva, della sua capacità di sopravvivenza e di sviluppo.
Questa definizione ha alcune importanti conseguenze:

1. improponibilità di una tipicizzazione e parametrizzazione di valore e di significato


assoluti, per ogni condizione ambientale e per ogni sistema sociale. Al contrario,
l’appropriatezza di una tecnologia va valutata in relazione alle risorse ed alle
caratteristiche strutturali del sistema sociale nel quale viene inserita o in cui si è
generata.
Questo tipo di analisi risulta particolarmente complesso (data la complessità dei
fenomeni sociali coinvolti), pertanto si preferisce ricorrere ad un “processo di
valutazione interattivo”, in ogni stadio del quale si affronta un’analisi del sistema
sociale e sintetizzabile in tre fasi principali:
a) analisi delle possibilità offerte dalla scienza delle tecnologia;

52
b) valutazione degli impianti economici e sociologici delle nuove tecnologie;
c) considerazioni di tipo politico di supporto per la scelta tra le opzioni
tecnologiche.
La conclusione del processo interattivo si ottiene con il raggiungimento di sufficienti
condizioni di congruenza tra le variabili, in particolare tra tecnologia ed obiettivi
sociali e individuabili ed ideologie.

2. Altra conseguenza del processo interattivo è una revisione critica del rapporto tra
industrializzazione e sviluppo dei Paese emergenti.
In molti di questi, la scelta di rapidi processi di industrializzazione ha comportato
estesi fenomeni di frantumazione socio-economica. Ciò però non significa che
l’industrializzazione sia antitetica agli obiettivi di sviluppo dei Paesi poveri.
L’importante è identificare preventivamente i possibili punti di conflitto e la
programmazione di opportuni interventi, non solo a livello di struttura intrinseca
della tecnologia, ma anche delle interrelazioni della tecnologia con l’ambiente
circostante.
In conclusione, non sono pensabili definizioni rigide di tecnologie appropriate ad un
modello di sviluppo ottimale. E’ invece possibile e necessario tentare di individuare
analiticamente gli elementi caratterizzanti la tecnologia appropriata in un dato
contesto storico e sociale.
Gli elementi essenziali per caratterizzare le tecnologie appropriate sono i seguenti:
a. intensità e tipo di lavoro;
b. uso razionale delle risorse naturali;
c. decentramento(inteso nella sua più larga accezione di decentramento produttivo,
organizzativo, sociale, abitativo, ecc.);
d. realizzazione di una società più articolata, che quindi comprenda, per l’aspetto
tecnologico, un reale pluralismo.

INTENSITA’ E TIPO DI LAVORO

Le tecnologie appropriate si caratterizzano per un rapporto relativamente meno elevato


tra capitale fisso e lavoro impiegato, pertanto l’ammontare dell’investimento iniziale richiesto
per avviare tali attività industriali, sarà tendenzialmente più basso, anche se a fronte di questo
minore input di capitali fissi potranno essere necessari maggiori investimenti in ricerca.

53
Date le caratteristiche innovative e technoloy-intensive di queste tecnologie, la quota
“forza lavoro” con qualifica media e alta, sarà presumibilmente molto elevata rispetto a quella
delle strutture produttive tradizionali.

USO RAZIONALE DELLE RISORSE NATURALI

L’uso razionale delle risorse naturali si riferisce essenzialmente a due tipologie di


problematiche:
- i problemi economico connessi allo sfruttamento incontrollato e quindi in prospettiva
all’esaurimento di materie prime e di risorse naturali di varia natura;
- i danni, non valutabili in termini di contabilità economica, legati ala crescente consumo
da parte del sistema industriale di risorse non rinnovabili ed alla rottura irreversibile di equilibri
ecologici ed ambientali.
Soprattutto in seguito alla crisi energetica degli anni ’70 è stata stimolata la ricerca di tecnologie
appropriate che devono essere: - tecnologie produttive energy saving;
- tecnologie che utilizzano fonti di energia rinnovabili e nuovi e più razionali sistemi
integrati di produzione, distribuzione ed utilizzo di energia;
- tecnologie che si fondano sul riciclo di materie prime scarse ed in via di esaurimento.

DECENTRAMENTO

La divisibilità del capitale fisso e della tecnologia produttiva in impianti di piccole


dimensioni diffusi nello spazio è condizione per una “valorizzazione” ed un uso “non
distruttivo” del territorio e delle risorse locali, sia naturali che umane.
Il decentramento permette di utilizzare spati interstiziali meno ricchi; impedisce l’abbandono ed
il degrado delle aree marginali. Nello stesso tempo la dispersione impedisce che l’inquinamento
ambientale raggiunga livelli critici, come nelle grandi concentrazioni.
La struttura decentrata può consentire un uso razionale delle risorse naturali locali e allo
stesso tempo può recuperare e valorizzare il patrimonio delle tradizioni produttive locali
esistenti in particolari aree.
Altro aspetto essenziale del decentramento è dato dalla possibilità di organizzazione più
democratica e partecipativa dei processi decisionali e gestionali. Ma condizioni essenziali
affinché realizzi un siffatto decentramento è la flessibilità di ogni attività economica, in primo
luogo di quelle produttive e dei sistemi economici (per es. le centrali idroelettriche ENEL).

54
PLURALISMO TECNOLOGICO

Pluralismo tecnologico significa riconoscere che non esiste un unico modo ottimale di
produrre una merce o di fornire un servizio.
L’obiettivo fondamentale da perseguire deve essere quello di un insieme appropriato di
tecnologie per sottolineare la complementarietà tra tecnologie appropriate e le altre tecnologie di
grande scala e capital-intensive.
Una strategia di pluralismo tecnologico può realizzarsi sia a livello intrasettoriale che
intersettoriale, individuando cioè diverse possibili soluzioni tecnologiche all’interno di un
settore.

55
CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO E DI UNA TECNOLOGIA

Per comprendere l’evolversi di una tecnologia ed il suo processo innovativo bisogna


considerare che ogni prodotto attraversa un suo “ciclo vitale”, più o meno lungo nel tempo, ma
spesso ben definito in ogni suo periodo. Il legame tra cambiamento tecnologico e la crescita del
mercato è rappresentato dalla curva del ciclo di vita della tecnologia, analogamente al prodotto.

1° periodo: INTRODUZIONE

Quando un prodotto nuovo viene introdotto sul mercato, non esiste ancora una
consapevole e specifica domanda da parte dei consumatori. Viene creato un nuovo mercato per
il prodotto ed è ardua la stima del periodo di introduzione e di affermazione sul mercato. Le
statistiche mostrano che solo il 5% dei prodotti nuovi riesce a superare felicemente la fase
dell’introduzione, molti insuccessi sono dovuti proprio all’errata stima dei tempi.

Per comprendere l’evolversi di una tecnologia ed il suo processo innovativo bisogna


considerare che ogni prodotto attraversa un suo “ciclo vitale”, più o meno lungo nel tempo, ma
spesso ben definito in ogni suo periodo. Il legame tra cambiamento tecnologico e la crescita del
mercato è rappresentato dalla curva del ciclo di vita della tecnologia, analogamente al prodotto.

Il rischio connesso con l’introduzione nel mercato determina di riflesso rischi tecnici ed
economici di notevole entità: spese connesse all’acquisto dei macchinari, dei procedimenti
tecnologici, spese di ricerca e sperimentazione, ecc. La complessità di tali problemi viene
aggravata dagli alti costi di produzione dovuti alla limitata produzione iniziale senza economie
di scala e alle procedure tecnologiche e dei tempi di produzione non ancora affinati. Con
riferimento alla tecnologia il settore è fortemente innovativo, lo sviluppo della tecnologia è
rapido e si realizzano varie tecniche alternative.

Ciclo di vita della tecnologia o di prodotto.

56
2° periodo: ESPANSIONE

La fase di espansione si verifica appena il prodotto riesce a superare la fase di


introduzione e le vendite aumentano costantemente.L’aumento di produzione necessario per
soddisfare le richieste di mercato, consente di pervenire a sensibili economie di fabbricazione e
ad un aumento dei profitti aziendali. In questa fase devono essere riviste le strategie di
marketing e i temi della campagna pubblicitaria di lancio. Infatti, è questo il momento in cui
generalmente entra nel mercato la concorrenza con prodotti simili o addirittura contraffatti. Ma
l’impresa ha un vantaggio competitivo che può sfruttare costituendo barriere all’entrata tramite
per esempio una politica di bassi prezzi (sicuramente inferiori rispetto a quelli del secondo
comers) tale da assicurarle un maggior profitto complessivo nel lungo periodo.
Tecnologicamente il settore risulta poco innovativo, standardizzato e a rapida diffusione.

3° periodo: SATURAZIONE

In questa fase si verifica una riduzione dell’espansione di mercato ed un’accresciuta


domanda di sostituzione o di rinnovo del prodotto. Il mercato presenta sintomi di saturazione e
pertanto è necessario rivedere le strategie di marketing individuando altri segmenti di mercato o
rinnovando il prodotto.
In questa fase la concorrenza più forte è rappresentata, non tanto da prodotti similari, ma
da prodotti di altro tipo che possono occupare posti analoghi nella scala di priorità dei

57
consumatori. Il tasso di innovazione tecnologica rallenta ulteriormente e la dimensione del
mercato raggiunge il massimo.

4° periodo: OBSOLESCENZA

Questa è l’ultima fase del ciclo di vita del prodotto, che in genere segna la soppressione
della linea di produzione. La tecnologia diventa sorpassata e deve essere rinnovata per dare
competitività all’impresa.

Distinguiamo tre tipi di obsolescenza:


- tecnica, nel caso in cui il prodotto risulta essere superato dal punto di vista tecnico e
funzionale (es. radio a valvole ->radio a transistor);
- di mercato, nel caso in cui il prodotto, a causa del variare dei gusti, delle abitudini, dello stilo
di vita dei consumatori, perde completamente domanda sul mercato;
- programmata, nel caso in cui è la stessa impresa che appronta un nuovo modello o prodotto
completamente nuovo ed ha tutto l’interesse che il vecchio venga eliminato per destinare la
domanda sul nuovo (es. automobili).
L’andamento temporale delle principali specifiche funzionali di una data tecnologia ha il
caratteristico andamento di una curva ad S.

In pratica si distinguono tre fasi; iniziale, di consolidamento e di maturità.

58
1. Nella fase iniziale, che coincide con il periodo di introduzione di una innovazione
radicale, il tasso del progresso tecnologico ha un andamento esponenziale.
2. Nella fase di consolidamento e rapida crescita, il tasso del progresso tecnologico ha un
andamento lineare.
3. Nella fase di maturità il rallentamento del tasso del progresso tecnologico si accentua e
la tecnologia raggiunge i limiti naturali consentiti dal principio scientifico sul quale è
basata.

Il legame tra il cambiamento tecnologico e la crescita del mercato è rappresentato dalla curva
del ciclo di vita della tecnologia già visto.

CICLO DI VITA DI UNA TECNOLOGIA E LIMITE DI CONVENIENZA UTILIZZATIVA

Come visto una tecnologia:


• inizia ad affermarsi e progressivamente si diffonde,
• il suo sviluppo comporta:
• un aumento di produttività
• una diminuzione dei costi unitari medi di produzione.

Tale andamento però ha un limite ed ulteriori aumenti di produttività possono essere


ottenuti solo con costi di investimento e di gestione che hanno un incremento più che
proporzionale.

Tutto ciò significa che arriva un momento in cui termina la convenienza e la spinta
propulsiva della tecnologia stessa.

A questo punto (aumenti di produttività possono essere ottenuti solo con costi di
investimento e di gestione crescenti più che proporzionalmente) si verificano le condizioni per
l’introduzione di una nuova tecnologia, che inizia così il suo ciclo vitale.
Ciò significa che ogni impresa che introduce ed utilizza una data tecnologia, può
predeterminare il limite di convenienza alla sua “intensificazione” (ad es. con crescenti livelli di
automazione o con innovazioni di dettaglio).
La convenienza dipende dalla correlazione tra aumento dei costi unitari e aumento della
produttività.

59
È possibile valutare in senso matematico fino a che punto conviene introdurre
innovazioni tecnologiche e fare aumentare la produttività.

Dato che:
CM = costo unitario della merce;
CR = costo unitario delle risorse impiegate;
CL = costo unitario della lavorazione;
A = unità di impianto annue utilizzate.

CM = CR +CL

Il costo delle risorse (CR) dipende:

• dalle quantità impiegate, espresse in unità annue (B)


• dal loro prezzo unitario (CB)

• quantità e prezzo delle risorse saranno riferite alla quantità prodotta (Q) nello stesso
periodo;

pertanto CR = CB x(B/Q)

Durante le fasi di lavorazione le risorse devono superare una certa resistenza R

R = consumo unitario di risorse, riferito ad una unità di impianto, che deriva dalla
produzione di una unità di merce in una unità di tempo

R = (B x A)/Q².

Questa espressione correla la resistenza alla quantità prodotta e all’investimento complessivo in


impianti e risorse.

Ricavando B da R avremo: B = (R x Q²)/A dunque CR = CB x(R x Q/A)

Q/A = produttività impianto (n°unità merce/anni ottenibili con unità d’impianto).

60
CM = CR +CL

Il contributo al costo della merce dato dal costo di lavorazione delle risorse (CL) dipende dal

numero di unità di impianto (A) necessario per produrre una unità di merce.

Quindi CL = CT x (A/Q)

CT è il costo di trasformazione ammortizzato,

A/Q = volume della produzione


Q/A = produttività impianto (n° unità merce/anni ottenibili con unità di impianto).

Riassumendo da CM = CR + CL

Considerato che CR = CB x (R x Q/A) e CL = CT x (A/Q)

L’equazione generale del costo totale unitario di una merce è data da:

CM = CB x R x (Q/A) + CT x (A/Q)

Questa equazione mostra che il “costo totale unitario” di una merce dipende dalla
produttività dell’impianto, cioè dal numero di unità merce/anno ottenibili con una unità di
impianto, dal costo delle risorse, dai costi di trasformazione e dal volume della produzione.
Considerando R una costante caratteristica del ciclo di lavorazione e considerando
costanti anche i costi delle risorse (CR) e i costi di trasformazione ammortizzati (CT),

all’aumentare della produttività (Q/A) aumenta relativamente il contributo del costo delle
risorse al costo della merce e diminuisce il contributo dei costi di trasformazione.
Per stabilire fino a che punto conviene introdurre innovazioni tecnologiche e fare
aumentare la produttività Q/A si deve calcolare per quale valore di Q/A diventa minimo il costo
della merce CM.

Per fare ciò si deve determinare per quale valore di Q/A si annulla la derivata.

61
dCM/d(Q/A) = CB x R – [CT/(Q/A)2] = 0

quando:

Q/A = [CT/(CB x R)]1/2

Sostituendo questa espressione nella equazione del CM

CM = CB x R x (Q/A) + CT x (A/Q)

si ha che:

CM minimo = 2(CT x CB x R)1/2

Quindi variazioni anche rilevanti di CT e CB hanno effetti modesti sul costo della merce.

Andamento del costo unitario di una merce, in funzione della produttività

Costo unitario della merce CM

Sino a questo punto


conviene introdurre
innovazioni
tecnologiche e fare
aumentare la
produttività.
CM (minimo)

Produttività Q/A

62
Dall’analisi della curva di costo di una merce appare evidente che se si spinge eccessivamente il
progresso tecnologico arriva un momento in cui un ulteriore aumento di produttività comporta
un aumento del costo unitario della merce.

63
IL PROCESSO INNOVATIVO

RICERCA, SVILUPPO, COMPETITIVITA’

La sfida delle tecnologie avanzate che si registra in atto nei P.I. investe principalmente la
triade USA, Giappone, Europa, la supremazia attuale degli USA è concretamente minacciata dal
Giappone per la sua maggiore e crescente capacità tecnologica mentre l’Europa (con i vari Stati
non ancora perfettamente integrati a livello di sistema) è in notevole ritardo con problemi per
recuperare il divario soprattutto nei settori di punta. Gli investimenti in R&S insieme alla
competitività dei prodotti e alle strategie di vendita avranno un ruolo determinante per la
supremazia nei settori delle tecnologie avanzate.
La ricerca ha come fine lo sviluppo della conoscenza (intesa sia come esigenza culturale per
contribuire al processo di crescita del sapere sia come strumento di sviluppo quali-quantitativo
del sistema produttivo). Il “sistema ricerca” è articolato in tre sottosistemi: Università
8privilegia la ricerca di sviluppo), Enti e Agenzie Naz. (la caratterizzazione è più difficile). I
rapporti tra scienza e tecnologia già dette, ed oggi, i tempi rapidi di utilizzazione dei risultati
della ricerca fanno si che i confini e le distinzioni tra i vari tipi di ricerca sono sempre più labili
crescendo sempre più le interazioni tra i sottosistemi.
Vari indicatori indicano una scarsa capacità dell’Italia ad innovare e una propensione a
importare le conoscenze per il settore tecnologico e da ciò deriva una bassa competitività delle
imprese italiane e dell’economia nel suo complesso.
Il Giappone da inseguitore (follower) tecnologico, ossia da imitatore è divenuto Paese
innovatore (technology maker) con investimenti crescenti nei settori di frontiera tecnologica
(computer di 5° generazione, materiali avanzati, intelligenza artificiale, superconduttività etc.) e
sulla stessa strada sono avviati i Paesi dell’area NIC (Neology Industrialising Countries) (Corea,
Singapore, Hong Kong, Taiwan).
Vi è una posizione di ritardo tecnologico dell’Italia sia nei confronti di USA e Giappone che
di alcuni Paesi Europei e, relativamente ad alcuni settori, anche nei confronti di Paesi dell’Est
Aria. Una tale situazione rappresenta un punto debole per la struttura competitiva italiana in un
momento in cui i mercati si allargano per l’avvenuta entrata in vigore del mercato unico europeo
e per i processi di internazionalizzazione dei prodotti.
Questa situazione non esclude per alcune imprese italiane posizione di nicchie a livello
mondiale o continentale per certi settori o prodotti “maturi” che peraltro è possibile rivitalizzare

64
con l’innovazione, oggetto anch’essi di competizione. E’ comunque indubbio che è li sforzi in
R&S che favorirà i processi di modernizzazione ed innovazione in tutti i settori dei beni e
servizi. In questo senso è da dire che anche in Europa, vi è un atto e vi è stato un notevole sforzo
nel campo delle innovazioni come testimoniano i programmi di ricerca ESPRIT, BRITE, RACE,
COMETT, EURAM e altri dei nostri giorni che concernano vari settori. Come esempi
significativi di recupero europeo in settori specifici e di poco tempo addietro si possono citare
quelli della Siemens(tedesca) che investe in R&S circa il 10% del fatturato, della Glaxo
(britannica)(innovazione di prodotto notevole, oggi alle spalle del leader mondiale Muck Sharp
Dohme) della Philips (olandese) e Thomson (francese) (es. TV alta definizione). Punti di forza
si hanno inoltre nel settore aerospaziale e dell’energia nucleare e in altri ancora, mentre vi è una
assenza o quasi in settori str5ategici quali macchinari per la produzione di chip, produzione di
semiconduttori e di chip ed altri ancora. In sintesi può dirsi che l’Europa presenta punti di forza
nella media tecnologia e di notevole debolezza nei settori avanzati.
Per quanto attiene l’Italia, pur avendo seguito dopo gli anni ’70 una politica di
ristrutturazione industriale e di innovazione (miglior utilizzo di materie prime, maggiore
produttività, minor consumo energetico rivitalizzazione di tecnologie etc. ), si trova ancora in
una posizione di ritardo rispetto ad altri P.I. per quanto attiene lo sviluppo tecnologico come
indicato da vari indicatori.
In conclusione il continuo sostegno delle spese in R&S è necessario per mantenere un
vantaggio competitivo: le innovazioni sono oggi (di prodotto e di processo) di tipo continuo e di
processi imitativi dei followers sono sempre più rapidi tanto da ridurre, in vari settori, a pochi
mesi il “ciclo di vita” economicamente utile dei prodotti. La sfida è fondata sul trinomio
“scienza-tecnologia-industria” e sarà fondamentale l’efficienza con la quale verranno
organizzate le varie risorse (freedman) (input di R&S, innovazioni, tecnologia, politiche di
marketing, etc.).

65
PARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI (PST)

Nel mondo esistono oltre 200PST, 50% in Nord America. Anni ’80 il fenomeno è stato
recepito anche in Europa Occ. Ed ha riguardato anche l’Italia dove il MURST ed il min.
Bilancio hanno stanziato all’uopo 2000 miliardi di cui il 50% per il Sud.
I PST sono sia realizzazioni di progetti territoriali e urbanistici che delineano le nuove città
tecnologiche (tecnopoli) o modificano quelle esistenti, sia ambienti di innovazione i cui
presupposti si basano su progetti imprenditoriali per immettere prodotti nuovi in mercati nuovi.
Gli obiettivi dei PST sono:
 sviluppo urbano e regionale
 grani rinnovamenti aziendali
 gestione di ricorse per la formazione e la ricerca

Secondo la commissione CEE: Parchi possono essere distinti in:


 Parchi scientifici;
 Parchi di ricerca;
 Parchi tecnologici.

Parchi Scientifici: iniziative costituite da complessi urbanistici di tipo residenziale, situati


in prossimità geografica di istituti di istruzione, o centri di ricerca avanzata, che presentano
collegamenti operativi con tali organismi; che sono volti ad incoraggiare la creazione e la
crescita di imprese sulla base di nuove conoscenze; che sono finalizzati alla promozione attiva
del trasferimento di tecnologie dalle istituzioni accademiche e di ricerca alle imprese e alle
organizzazioni insediate nell’ambito o nei pressi dei parchi stessi.
Parchi di Ricerca: iniziative situate normalmente nei pressi di università o di istituzioni
accademiche o di ricerca, che svolgono prevalentemente attività di ricerca, anziché di sviluppo,
caratterizzati da un intenso collegamento università-ricerca finalizzato all’esercizio di attività
assoluta avanguardia scientifica e tecnologica.
Parchi tecnologici: iniziative costituite da un complesso nel cui ambito si collocano
imprese impegnate nell’applicazione commerciale di alta tecnologia, svolgenti attività di ricerca,
sviluppo, produzione, vendita e assistenza; iniziative che si distinguono dai parchi scientifici o
dai parchi di ricerca per il maggior peso attribuito all’attività di produzione, correlativamente,
per la minore incidenza della partecipazione di istituzioni accademiche, il cui eventuale

66
contributo non riveste carattere di essenzialità.

67
LA NATURA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

L’”INNOVAZIONE TECNOLOGICA” è un processo che permette di introdurre nel


mercato nuove tecnologie ed innovazioni sottoforma di: prodotti, processi, servizi, metodi di
produzione o di commercializzazione e tecniche di gestione a tutti i livelli dell’economia”.

DEMANDED TECHNOLOGY
MARKET PUSH
PULL

esigenze del INNOVAZIONE


TECNOLOGICA Avanzamento
mercato e
bisogni dei tecnologico
consumatori
processo che permette di introdurre nel
mercato nuove tecnologie ed innovazioni
sottoforma di: prodotti, processi, servizi,
metodi di produzione o di
commercializzazione e tecniche di gestione a
tutti i livelli dell’economia

rafforza i business consente l’ingresso in


esistenti nuovi business

L’innovazione tecnologica è una reale necessità per le imprese sia nelle tecnologie di punta
ma anche in quelle convenzionali, disporre di tecnologie innovative è fondamentale per:
 l’impresa che vuole mantenere il suo livello di competitività;
 l’impresa che voglia realizzare con successo una politica di crescita e di espansione verso
nuovi mercati.

Lo sviluppo tecnologico è un processo in pieno svolgimento.


Negli ultimi decenni l’innovazione su vasta scala (consentito dalla microelettronica). La
competizione diventa globale e bisogna produrre per primi i nuovi prodotti ottimizzando le

68
economie di scala, il design e la qualità (grandi cambiamenti in tempi brevi); i protagonisti della
competizione sono sempre meno le imprese nazionali e sempre più le grandi associazioni
internazionali fra imprese, tuttavia la rivoluzione tecnologica e la sua diffusione consentono una
crescente specializzazione del processo produttivo tra le piccole e medie imprese, riducendo in
un certo modo il processo di concentrazione industriale.
L’innovazione non si limita all’industria ma si estende all’agricoltura e ai servi. Le
macchine per la produzione di beni e servizi sono più sofisticate, automatizzate, con poco
personale addetto, più specializzate per produzioni su “misura”.
La diffusione dell’innovazione tecnologica sempre più globale ha attenuato la distinzione
tra “tecnologie mature” , “intermedie”, “alta tecnologia”.
I paesi in grado di produrre e diffondere “tecnologie avanzate” hanno potuto imprimere
maggiore competitività all’intera gamma della propria produzione industriale, all’agricoltura, ai
servizi, rivitalizzando i settori a bassa e media tecnologia, dando vita a nuova occupazione.

EFFETTI DETERMINATI
DALLA INNOVAZIONE
TECNOLOGICA

Effetti di Effetti di
lungo termine breve e medio termine

Cambiamenti in: • crescita della domanda del • riduzione dei costi di


• struttura del mercato lavoro in alcuni settori e produzione
• fattori strategici diminuzione in altri • incrementi di produttività
• assetti economici • crescita della domanda dei fattori di produzione
internazionali totale di lavoro • miglioramenti dei sistemi di
• forme di regolamentazione • miglioramenti nelle controllo del processo
del mercato tecniche produttive produttivo
• sfruttamento di nuove • nuovi prodotti e/o migliore
Cicli economici di Kondratiev risorse naturali qualità
e paradigmi tecno-economici • nascita di gap tecnologici
associati ad essi tra i paesi

EFFETTI MACRO EFFETTI MICRO

69
TIPI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Può essere.
 Radicale: quando dà origine a “nuovi paradigmi tecnologici”, ovvero si basa su nuove
invenzioni di particolare rilievo per un’azienda o un intero settore;
 Incrementale: quando sviluppa “paradigmi preesistenti” è il risultato cioè di miglioramenti o
nuove applicazioni di un prodotto o di un procedimento già esistente;
 Di prodotto;
 Di processo.

TECNOLOGIE

APPLICAZIONI
INDUSTRIALI

incrementali di prodotto

INNOVAZIONI
TECNOLOGICHE

radicali di processo

Una innovazione di prodotto si accompagna spesso ad una innovazione di processo.


Le “innovazioni radicali” sono eventi discontinui, risultato dell’attività di ricerca e sviluppo
svolta nei laboratori (industriali e/o governativi) per:

 sviluppo di nuovi mercati;


 riduzione di costi di produzione;
 miglioramento della qualità dei prodotti;
 possono implicare innovazioni di prodotto, di processo, di organizzazioni.

Le “innovazioni incrementali” avvengono in modo più o meno continuo in ogni realtà


industriale o attività di servizio: sono in genere il risultato di invenzioni e suggerimenti degli
ingegneri e del personale che si occupa dei processi produttivi (migliorare).

70
Le “innovazioni incrementali” sono rilevanti nel migliorare l’efficienza di utilizzo di tutti i
fattori della produzione, sulla produttività e sulla competitività dell’impresa.

Imprese non
Imprese
innovative
innovative
Innovazione
tecnologica

• ringiovanimento impresa Impresa • obsolescenza impresa


• crescita dell’impresa • ridimensionam. impresa

Posizione
competitiva

• guadagno quote di mercato • perdita quote di mercato


• aumento dei profitti • espulsione dal business

I cambiamenti del “paradigma tecnico-economico” (rivoluzione tecnologica) sono basati su


combinazioni di innovazioni radicali di prodotto, di processo e di organizzazioni e comportano
cambiamenti sulla struttura sociale, istituzionale e di impresa.

L’innovazione tecnologica
comporta cambiamenti

del “paradigma tecnico-economico” del “sistema tecnologico”


(rivoluzione tecnologica)

Si ha cambiamento del “sistema tecnologico” quando i cambiamenti della tecnologia


producono effetti ampi ed influenze su uno o più settori dell’economia e danno origine anche a
settori completamente nuovi. Si tratta di casi basati su combinazioni di innovazioni
organizzative, interconnesse economicamente e tecnicamente (es. materiali sintetici: plastomeri,
elastomeri, fibre tessili ecc. e petrolchimica).
Cambiamento del “paradigma tecnico-economico” o “rivoluzione tecnologica” si ha quando
i cambiamenti nel sistema tecnologico hanno effetti così profondi da esercitare una grande

71
influenza sul comportamento dell’intera economia (diffusione del vapore, energia elettrica,
elaboratore elettronico) e tali, comunque, da rientrare nella teoria di Schumpeter dei “cicli
lunghi” dello sviluppo economico che si verificano 2-3 volte in un secolo).
Una “rivoluzione tecnologica” dà origine ad una serie di “funzioni di produzione” in rapido
cambiamento sia per i vecchi che i nuovi prodotti, con risparmio di lavoro e capitale e vantaggi
economici e tecnici derivanti dall’applicazione della nuova tecnologia.
Tali vantaggi, dovuti ad un miglioramento della produttività, si verificheranno prima in
alcuni settori guida e successivamente negli altri man mano che si realizzeranno i necessari
cambiamenti sociali e organizzativi.
La “tecnologia informatica” (nuovo paradigma) ha fatto sorgere una serie di industrie
(computer, componenti elettronici, telecomunicazioni, …) che hanno contribuito al maggior
tasso di crescita in tutti i principali Paesi industrializzati.

72
MODELLO NELLA INNOVAZIONE DI PRODOTTO E DI PROCESSO

Un modo per considerare i diversi tipi di innovazioni è quello di pensarli come sviluppo a
gradini di investimento. Esso inizia con una o più innovazioni di prodotto stimolante in varie
maniere. L’esigenza successiva di aumentare la produttività può stimolare una innovazione di
processo, mentre l’esigenza di maggiori sofisticazioni, uniformità e minori costi produce
l’adozione sia di innovazioni di prodotto che di processo.
Ciò implica che progredendo l’attività produttiva le progettazioni di prodotto e di processo
diventano fortemente interdipendenti.
Le relazioni tra i due tipi di innovazioni possono essere visualizzate come segue.

all’inizio la maggior parte di innovazioni


riguardano il prodotto
Tasso di principali innovazioni
Innovazione di prodotto successivamente queste diminuiscono e
aumentano quelle di processo

Innovazione di processo

Tempo
quando l’attività diventa matura calano
entrambe

All’inizio la maggior parte di innovazioni riguardano il prodotto; successivamente queste


diminuiscono e aumentano quelle di processo, quando l’attività diventa matura calano entrambe.
L’enfasi competitiva è prima concentrata sul risultato funzionale del prodotto, poi sulla
variazione del prodotto e infine sulla riduzione di costo. Man mano che le linee di prodotto e del
processo si sviluppano sono le espanse capacità tecniche interne che stimolano l’innovazione, in
seguito miglioramento qualità e riduzione costi costituiranno lo stimolo maggiore.
La produzione inizia in forma “inefficiente” e si attuano facilmente le principali modifiche;

73
appena il volume produttivo aumenta i processi diventano più rigidi: poi il processo produttivo
assume forma efficiente “capital intensive” ed il costo del mutamento diventa elevato.
All’inizio sono impiegate apparecchiature con scopo generale (lavoro qualificato) poi si passa
all’automazione con unità produttive fortemente sviluppate (lavoro inteso al monitoraggio e
controllo). Inizialmente gli input di materiali sono limitati a quelli disponibili, poi si impiagano
materiali speciali.
Con riferimento all’ubicazione delle imprese, queste dapprima si impiantano presso la fonte
della tecnologia e saranno di piccola dimensione, poi diventano di grande dimensione e si
impiantano anche in altre zone secondo criteri di convenienza economica (minimizzazione dei
costi di trasporto, di lavoro, di materiali).
In sintesi lo stimolo all’innovazione cambia con la trasformazione dell’impresa. In origine, con
esigenze incerte di mercato, il processo di sviluppo è lento, poi, con il consolidamento, si
giustificano crescenti investimenti in R & S. un forte impegno alla ricerca e sviluppo e
all’innovazione vera e propria si ha, in definitiva: livelli intermedi di sviluppo aziendale.

74
PENETRAZIONE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Esistono imprese che sviluppano in proprio le innovazioni tecnologiche (imprese trainanti) ed


imprese che acquistano la nuova tecnologia da imprese fornitrici. Comunque sia, le innovazioni
tecnologiche circolano secondo collegamenti tecnologici del tipo di quelli indicati in fig. 25 che
contemplano flussi di informazioni e di capacità.

Esempio: agricole, tessili, ecc.


Importano tecnologia da:
- imprese basate sulla scienza;
- imprese a scala intensiva.
Imprese dominate
da fornitore

Imprese basate Imprese a scala


sulla scienza intensiva

Esempio:
Esempio: elettroniche, Fornitori automobilistiche,
specializzati
chimiche, ecc. metallurgiche, alimentari,
Forniscono tecnologia a: ecc.
- imprese a produzione Importano tecnologia da:
intensiva; - imprese basate sulla
- fornitori specializzati; Esempio: meccaniche (strumentazione e scienza;
- fornitori specializzati.
- imprese dominate dai macchine utensili), ecc.
Forniscono tecnologia a:
fornitori. Importano e forniscono tecnologia da/a: - fornitori specializzati;
Importano tecnologia da: - imprese basate sulla scienza; - imprese dominate dai
- fornitori specializzati. - imprese a scala intensiva. fornitori.

In pratica vengono a delinearsi, a seconda del modo di penetrazione dell’innovazione


tecnologica, le seguenti tipologie di imprese:

a) Imprese basate sulla scienza: elettroniche, chimiche, ecc.


Forniscono tecnologia a:
 imprese a produzione intensiva;
 fornitori specializzati;
 imprese dominate dai fornitori.

75
Importano tecnologia da:
 fornitori specializzati.

b) imprese a scala intensiva: automobilistiche, metallurgiche, alimentari, ecc.


Importano tecnologia da:
 imprese basate sulla scienza;
 fornitori specializzati.

Forniscono tecnologia a:
 fornitori specializzati;
 imprese dominate dai fornitori.

c) Fornitori specializzati: imprese meccaniche (strumentazione e macchine utensili), ecc.

Importano e forniscono tecnologia a:


 imprese a scala intensiva;
 imprese basate sulla scienza.

d) imprese dominate dei fornitori. Agricole,, tessili, ecc.


Importano tecnologia da:
 imprese basate sulla scienza;
 imprese a scala intensiva.

76
CONSEGUENZE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

L’innovazione tecnologica ed il processo scientifico dell’ultimo trentennio hanno trasformato


quasi ogni aspetto dell’esistenza: dalla medicina alla agricoltura, dai servizi all’ind.
Manifatturiera ed a quella militare.
Gli sviluppi e le applicazioni della microelettronica, dell’informatica, delle telecomunicazioni,
delle biotecnologie, dell'automazione, delle tecnologie di processo hanno determinato in molti
settori forti aumenti di produttività:

 del lavoro: l’automazione ha ridotto fortemente la manodopera (es. in campo


automobilistico pochi addetti controllano l’intera catena di montaggio);
 del capitale: l’automazione ha introdotto macchine flessibili e multiuso (robot) in grado di
svolgere più mansioni con conseguente riduzione di capitale;
 di sistema: la tendenza verso “architetture completamente integrate” non lascia spazio ad
operazioni non coordinate ed inefficienti.

 Gli investimenti in attrezzature produttive computerizzate abbassano i costi unitari del


lavoro ed innalzano i profitti.
Era industriale -> Era informatica -> più efficienza, qualità, flessibilità.
 L’uso delle nuove tecnologie computerizzate ha aumentato l’efficienza, la flessibilità e la
qualità delle fabbriche e degli uffici (es. reingegnerizzazione dei processi, bancomat).
 L’uso di computer e di stazioni di lavoro impiegati nella progettazione consente grande
flessibilità e consente di soddisfare le esigenze specifiche dei clienti ( settore auto, es. catene
di montaggio, automatizzazione, riprogrammazione).
 La flessibilità e la adattabilità offerte dalle diverse opzioni tecnologiche consentono di
realizzare strutture altamente produttive di dimensioni adeguate alle circostanze:
a) di grandi dimensioni ed accentrate (es. produzioni standardizzate e di serie, prod. di
energia, petrolchimica);
b) di dimensioni ridotte per prodotti e servizi specializzati.

L’azienda flessibile rappresenta uno dei principali obiettivi dell’economia del 21° secolo e la
sua competitività dipenderà oltre che dalla maggiore produttività anche dalla possibilità di
sviluppare alternative più vantaggiose nei processi produttivi.

77
L’alta produttività e la produzione di alta qualità saranno fattori determinanti per il
decentramento di realtà industriali (applicazioni di nuovi tecnologie, accorciando le distanze
culturali, sociali e tecnologiche fra arre geografiche diverse... Paesi del Terzo Mondo;
produzioni che rispettano le situazioni locali).

“Decentramento” vuol dire, ad esempio, che la sede di una società “globale” può trovarsi negli
USA, la fonte del capitale finanziario in Giappone, i laboratori di ricerca, gli uffici di
progettazione in Europa, alcuni stabilimenti produttivi nel Sud-Est asiatico, i centri di
distribuzione presenti in tutti i continenti.
Con questa forma di decentramento potrebbe essere possibile avviare lo sviluppo dei Paesi del
Terzo Mondo favorendo la produzione di beni e servizi (anche quelli sofisticati).
Questa forma di decentramento, propria delle nuove tecnologie, rappresenta un ottimo modo per
contrastare la tendenza prevalente nelle società industriali verso l’ “accentramento” che
comporta anche la disintegrazione dei tessuti sociali più tradizionali.

Una forma di decentramento è anche rappresentata dal comportamento di quelle imprese che,
orientate verso il “mercato” commissionano le manifatture ad altre imprese dedicandosi sempre
più alla ricerca, alla progettazione, all’assemblaggio, che diventano così le attività centrali
dell’azienda.
Esempi: industrie produttrici di sistemi elettronici, del settore automobilistico, elettrodomestici,
accessori per la casa.

78
L’IMPRESA E L’INNOVAZIONE CONTINUA

L’impresa deve:
o rinnovare i prodotti per esigenze di mercato;
o rinnovare i processi per accrescere la produttività, per esigenza di qualità, sicurezza, tutela
ambientale;
o adattare la propria organizzazione al mutare delle condizioni e delle strutture economiche e
sociali.

Essa è l’organismo maggiormente interessato al cambiamento tecnico, l’obiettivo di fondo,


se essa persegue obiettivi di qualità e competitività sui mercati internazionali, è una
“innovazione continua”!; ciò comporta una forte domanda di nuove capacità professionali e
servizi. Cresce così la tendenza alla “integrazione orizzontale” della R & S, del design, della
produzione, del marketing, cresce anche la tendenza a realizzare “fusioni e/o acquisizioni,
alleanze e forme di partecipazioni e cooperazione” al fine di una maggiore presenza sui mercati,
di una migliore ripartizione dei costi in R e S e riduzione del rischio d’impresa.

Indagini hanno identificato, su imprese di diverse Nazioni, il vantaggio competitivo delle


imprese innovatrici sulle inseguitrici.

L’innovazione può essere utilizzata anche come vantaggio competitivo secondo 4 approcci:

1) applicando minori costi di sviluppo e prodotto/servizio per fornire più valore al cliente a
parità di costo;
2) attaccando progressivamente i concorrenti (tipicamente è il metodo principale) con
nuovi prodotti generalmente superiori di alla concorrenza,
3) riorientando e diversificando l’azienda: si ridefinisce il business e si diversifica in
attività nuove per compensare il declino naturale del proprio “core business”;
4) rivitalizzando in “business maturi”: per lo più si tratta di innovazioni orientate ai clienti.

Nella tabella sottostante viene riportato uno “Schema logico dell’innovazione” basato sulle tre
leve a disposizione del management: strategia, gestione, organizzazione.

79
SCHEMA LOGICO DELL’INNOVAZIONE
leve di management
STRATEGIA GESTIONE ORGANIZZAZIONE
(generare idee innovative) (realizzare idee innovative (organizzarsi per
velocemente – time to market) l’innovazione continua)
ERRORI • comprensione statica dei • irrilevanza del fattore tempo • approccio tipicamente
TIPICI
bisogni del cliente • approcci sequenziali funzionale
• imitare i concorrenti • prodotti non producibili • le informazioni non
(imitazione “fieristica”) • sperimentazione circolano
• innovazione = prodotto all’avviamento • solo i commerciali hanno
• un nuovo prodotto • tutto in casa e inadeguato contatto con il cliente
importante ogni 6/7 anni coinvolgimento di fornitori, • errori che penalizzano le
clienti, etc. carriere
• esperienza perduta
APPROCCI • comprensione • tempo importante quanto • tutta l’organizzazione è
ECCELLENTI
approfondita e dinamica costo e qualità orientata al mercato
dei bisogni del cliente • parallelismi • poca informazione ma
• market research • progettare per produrre trasparente
innovativa • sperimentazione per testare • product e project
• innovazione di prodotto non per progettare management forti
e di processo • coinvolgimento di fornitori, • top management per
• molte innovazioni clienti, etc. per tempo e qualità aiutare i team non per
incrementali non solo per costo decidere
• comprensione dettagliata • utilizzo nuove tecnologie per • incoraggiare i rischi
delle skill aziendali ridurre i tempi • non si perde l’esperienza
• sfrutt. nuove tecnologie

Nella strategia d’impresa: molto importante è l’innovazione orientata al cliente, da cui


proviene la gran parte della innovazione (Es. Comau è diventato gruppo leader nella costruzione
di macchinari per automazione grazie al cliente FIAT auto che richiede macchinari sempre più
automatizzati ed innovativi).
L’industria automobilistica giapponese, fortemente orientata al cliente, ha lanciato negli anni
‘70-’80 nuovi modelli innovativi ogni 3-4 anni; di contro le industrie europee hanno lanciato
modelli innovativi ogni 6-10 anni (limitandosi ad interventi di sostegno facelift ogni 2-3 anni).

Nella gestione di impresa: è molto importante il tempo di realizzazione della innovazione (time
to market); es.: nel settore automobilistico la rapidità nello sviluppo della innovazione ha
consentito ai giapponesi cicli di sostituzione veloci della propria gamma rispetto al mercato
occidentale.
Nel settore farmaceutico la Glaxo dal brevetto all’introduzione sul mercato dello Zantac-
antiulcera 5 anni contro gli 8 di media del settore ( dal 40° posto al 2° in 10 anni).

80
Nell’organizzazione di impresa: l’obiettivo è quello di spingere la azienda ad una innovazione
continua aumentando la capacità delle stesse ad essere totalmente orientata al prodotto ed al
cliente.

Tempi per lo sviluppo di prodotto nel settore automobilistico


nel 1987, dal disegno al prodotto n.1

70

60

50

40

30

20

10

0
Mercedes VW GM Chrysler Ford Honda Toyota
Mesi

81
POLITICHE DEI PROCESSI D’INNOVAZIONE E D’IMPRESA IN ITALIA

Le spinte all’innovazione sono risultate essere di tipo:

 endogeno: miglioramento ed ottimizzazione del ciclo produttivo, sfruttamento tecnologico,


flessibilità di produzione e gestione.
 Esogeno: livello di spese pubbliche in R&S, internazionalizzazione del sistema economico,
grado di maturità del sistema scientifico-tecnologico nazionale, infrastrutture e politiche
industriali.

Negli anni ’70 si è avuto un intervento dello Stato verso le imprese con un’ottica di tipo
garantista ed assistenziale; il credito agevolato è stato, con contributi a fondo perduto, il
principale strumento di politica industriale (legge 1329/65 sconto a tasso agevolato degli
interessi per acquisto di macchinari innovativi, legge 1089/689, fondo IMI e ricerca applicata,
sforzo CNR per coordinamento ricerca e di agenzie per il trasferimento di tecnologie,
programmi per piccole e medie imprese, etc.) Negli anni ’80 accanto all’innovazione
tecnologica cresce anche quella finanziaria ed organizzativa (legge 46/82, sostegno alla ricerca
ed all’innovazione industriale, legge 696/86, nuova disciplina per l’intervento straordinario nel
Mezzogiorno; legge 346/88, fondo IMI per contributo in conto interessi per programmi
innovativi).

In Europa, è stata pubblicata la rettifica al regolamento (CE) n. 1828/2006 sulle regole di


attuazione delle disposizioni generali sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione, relativamente
ai Fondi Strutturali 2007/2013.
Questi tradotti in Piani Operativi Nazionali (PON) e Regionali (POR), sono i principali
meccanismi di finanziamento e sostegno al riequilibrio economico-strutturale del sistema
Regionale Europeo

Nota Bene:
Le aree territoriali, identificate per analogia di situazione di sviluppo economico, sono
classificate secondo tre obiettivi (1, 2 e 3), la Regione Sicilia è ancora Obiettivo 1 (già dal
2000/2007) perchè ancora arretrata rispetto al contesto europeo.

82
I principali obiettivi di sviluppo locale scaturiti dal Quadro Comunitario di Sostegno (QCS)
sono:
 aumento della produttività e competitività del sistema produttivo,
 sviluppo di settori strategici per l’economia nazionale;
 processi di trasferimento tecnologico,
 internazionalizzazione di prodotti e servizi.

Secondo alcuni, in Italia, vi è un netto divario tra i settori produttivi tradizionali (orientati
al consumatore finale, piccole e medie aziende a basso livello tecnologico dove però è stata
rapida l’innovazione, tessile, abbigliamento, domestico, abitativo, prodotti personali, etc) che
rappresentano il 50% circa delle esportazioni ed i settori produttivi industriali e di supporto
(trasporti, telecomunicazioni, distribuzione, etc.) e quelli “a monte” (petrolio/chimica,
materiali/metalli, semiconduttori/computer, etc) che sono in una posizione competitiva di
notevole debolezza.

Nei paesi industrializzati il settore dei servizi (terziario) dà lavoro ad una quota compresa
tra il 60-70% della forza lavoro totale e concorre in media al prodotto nazionale lordo per il 65%
circa dell’insieme dei paesi industrializzati di cui oltre il 40%, come reddito proveniente dal
commercio e dalla finanza. Il settore dei servizi è molto eterogeneo ed è stato, ed è tuttora,
notevolmente interessato alle nuove tecnologie. Le crescenti attività di servizio generano,
peraltro, nuova tecnologia (es. settore biomedico) per cui il processo di modernizzazione è
strettamente dipendente dal livello tecnologico raggiunto. In prospettiva, i servizi, come e forse
più dei prodotti, dovranno essere personalizzanti e presenteranno un ciclo di vita sempre più
breve (come i prodotti) anche perché l’innovazione fornirà servizi inglobati nei prodotti (ad es.
sementi con incorporate le funzioni fertilizzanti ed antiparassitarie).

83
INNOVAZIONE TECNOLOGICA NEI SERVIZI

Nei Paesi Industrializzati il settore dei “servizi” ossia il “terziario” dà lavoro a circa il 60-
70% della forza totale lavoro e concorre al prodotto nazionale lordo per circa il 65%
dell’insieme dei PI: il 40% come reddito proviene dal commercio e dalle finanze.

Il settore dei servizi è molto eterogeneo (postini, cantanti, segretarie, banchieri, medici,
avvocati, uomini politici, insegnanti, parrucchieri…) ed è stato notevolmente interessato dalle
“nuove tecnologie”. Dall’altra parte, le crescenti attività di servizio generano nuove tecnologie
(es. nuove macchine nel settore delle tecnologie biomediche) per cui il processo di
modernizzazione e di creazione di nuovi servizi è strettamente dipendente dal livello
tecnologico raggiunto.

In futuro i servizi (forse più dei prodotti) dovranno essere personalizzati e presenteranno un
“ciclo di vita” sempre più breve anche perché con l’innovazione i servizi potranno essere
inglobati nei prodotti (“pacchetti servizio prodotto”). Per es. le nuove sementi, prodotte dalla
ingegneria genetica conterranno incorporati i fertilizzanti e gli antiparassitari (non serviranno
più fertilizzanti e gli antiparassitari attuali né il lavoro-servizio per distribuirli).

Attualmente i servizi commerciali, giuridici, finanziari, tecnici, di formazione, studi,


ricerche, progettazione, ecc., alle imprese rappresentano il 40% del terziario; agli utenti privati
circa il 30%.

E’ previsto che il processo di terziarizzazione della produzione manifatturiera verrà


accompagnato da crescenti investimenti immateriali (es. R&S, formazione, software, nuovi
servizi finanziari, attività di vendita….) favorendo la presenza sul mercato di sempre maggiori
pacchetti “servizi-prodotti”.

84
IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA

Sotto le spinte innovative l’obsolescenza dei prodotti diventa sempre più rapida,
aumentando i tempi ed i costi dello sviluppo dei nuovi prodotti, è necessario ridurre i tempi tra
invenzione ed applicazione per recuperare i costi investiti in R&S; cresce per l’impresa la
necessità di massimizzare l’utilizzo della propria tecnologia; di recuperare i costi, finanziare
nuovi progetti (Figura 59).

Il passaggio di Ricerca di base -> Ricerca applicata ->Sviluppo, richiede spesso impianti
sofisticati ed investimenti in termini di: tempo, risorse tecniche, finanziarie….

Questo processo è sempre meno gestibile nell’ambito di una singola impresa anche se di
grande dimensione o multinazionale, richiede quindi un vero “business” internazionale delle
“tecnologie”, ovvero l’attivazione di un insieme di rapporti e collegamenti tra imprese diverse in
modo da ottenere “strategie tecnologie” rispondenti alla realtà socio-economica in cui l’impresa
opera e che possono essere ricondotte in due possibilità (Fig. 60):

1) intensificare la ricerca interna (make),


2) acquistare tecnologia all’estero.

Le due vie sono complementari, si sceglie l’una o l’altra in funzione delle proprie esigenze
di diversificazione, delle proprie capacità a svolgere ricerca, delle risorse disponibili (le piccole
e medie imprese trovano spesso più conveniente una posizione intermedia tra acquisto e
autoproduzione).

85
1) VANTAGGI DELLA RICERCA “INTERNA”

 facile diffusione nell’azienda dei risultati da essa derivati;


 arricchimento tecnologico e tecnico-professionale come supporto per altre innovazioni;
 assenza di vincoli di gestione e di commercializzazione.

86
2) SVANTAGGI DELLA RICERCA “INTERNA”

 investimenti elevati e costi non sempre preventivabili,


 incertezza del raggiungimento di obiettivi in tempi utili.

3) VANTAGGI DELL’”ACQUISTO ESTERNO”

 minori investimenti, più attendibili previsioni sui costi e sui tempo;


 preventiva valutazione del rischio.

4) SVANTAGGI DELL’”ACQUISTO ESTERNO”

 incerta disponibilità sul mercato della tecnologia di interesse;


 dipendenza da chi fornisce la tecnologia;
 i costi per l’acquisto ed i problemi connessi al trasferimento.

In questo quadro, il “trasferimento di tecnologia” agisce da propulsore dello sviluppo


tecnologico; consente la valorizzazione massima delle tecnologie disponibili, accelera il
processo di internazionalizzazione; è uno strumento utile per l’impresa (diversifica la
produzione in tempi brevi e con meno costo).
I trasferimenti di tecnologia interessano sia le piccole e le medie aziende che le imprese
multinazionali e non si limitano alle tecnologie di punta “high-tech” ma anche ai settori
produttivi convenzionali e delle “commodities”, oltre ad investire in modo diretto le relazioni tra
P.I. e P.V.S.
La “tecnologia oggetto di scambio” costituisce un insieme organico di conoscenze
“esclusive” disponibili ad un numero limitato di soggetti e quindi di “monopolio”, tale
monopolio può essere di “diritto” (garantito da brevetto) o di “fatto” (esclusività determinate da
segretezza delle informazioni e non da brevetto).
Il brevetto conferisce segrete che consentono le applicazioni della tecnologia e generalmente
detto “know-how”.
Esistono varie modalità di “trasferimento tecnologico” in relazione al tipo di tecnologia ed
alle esigenze delle imprese (Figura 31).

87
88
PRINCIPALI FORME DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO.

Varie sono le modalità di trasferimento tecnologico (v. fig. 31 sopra) in relazione al tipo di
tecnologia ed alle esigenze delle imprese.

 Licensing (licenza)

E’ una forma di cooperazione a lungo termine con la quale una impresa (il licenziante) permette
ad un’altra (il licenziatario) la produzione di un prodotto o l’uso di un processo a determinate
condizioni; costituisce un contratto tra due soggetti: il licenziante (titolare di diritto o di fatto di
una proprietà industriale), il licenziatario (a cui è concesso di operare industrialmente entro
determinati limiti produttivi, commerciali e territoriali). La “licenza” fissa diritti e/o usi delle
conoscenze necessarie per l’applicazione della tecnol. che viene trasferita. Si distinguono a
seconda del tipo di diritti oggetto di concessione, tre tipi di licenza:
 di brevetto( sono le più semplici ed il licenziatario è autorizzato ad operare all’interno del
terreno protetto dal brevetto del licenziante)
 di tecnologia o di know-how (idem su informazioni industriali segrete)
 miste, sono le più frequenti, alla concessione dei diritti brevettuali si accompagna quella dei
diritti di impiego del Know-how.

Vantaggi.
 consente al licenziante di sfruttare la propria tecn. su uno o più mercati più rapidamente e
senza impiego di capitale;
 si ha un ritorno economico aggiuntivo per gli investimenti in R&S e la messa a punto della
tecnologia.
 Consente al licenziante, tramite clausole specifiche, di sfruttare gli eventuali
perfezionamenti che il licenziatario apporta, senza o quasi costi di ricerca.

Svantaggi:
 vi è il rischio per il licenziante dei potenziali concorrenti si dà vedersi sottrarre arre di
mercato dall’impresa licenziataria;
 il contratto di licenza può non permettere (ad es. per disposizioni legislative di un Paese) il

89
controllo sulla diffusione della tecnologia trasferita.

In linea generale il Licensing assicura vantaggi reciproci al licenziante ed al licenziatario ed in


genere prelude a forme più ampie di cooperazione.

 joint-venture

E’ una vera e proprio nuova società che nasce dall’esigenza di collaborazione tra aziende che
compartecipando ai rischi e agli utili, integrano o potenziano le rispettive risorse. Tecnologie,
beni, conoscenze, clientela, fattori ambientali etc. La cooperazione tra chi trasferisce tecnol. e
chi la riceve si concretizza nella gestione comune della nuova società destinataria del
trasferimento valorizzando al meglio la tecnol. trasferita in quanto si sfruttano le sinergie e le
complementarietà. Spesso, pur presentando un grado di complessità elevato, costituisce l’unica
via di penetrazione dei mercati nei Paesi dove vi sono barriere protezionistiche e/o restrittive nei
confronti di altre forme di importazione di tecnologie. Per il trasferente ->prospettive di profitto
e rischio negli investimenti; per l’acquirente -> garanzia dovuta al pieno coinvolgimento del
trasferente e accessibilità di ulteriori miglioramenti tecnologici.

 Investimento diretto (acquisizione o partecipazione di aziende)


Forma di trasferimento che può avvenire tra Paesi(senso geografico) o tra imprese (in senso
orizzontale). Il trasferimento da un Paese ad altro consente ad una impresa di superare
impedimenti tipo barriere d’ingresso o politico economici non superabili o poco convenienti con
altre forme di penetrazione (es. joint-venture). L’impresa che vuole insediarsi all’estero ha due
possibilità:
 aprire una propria filiale (polo produttivo nuovo),
 acquisire il controllo di una società preesistente operante nel settore di interesse.

L’insediamento diretto all’esterno comporta rischi e difficoltà e pertanto tale formula è in genere
riservata alle multinazionali e/o grandi imprese che hanno elevati livelli di risorse finanziarie e
di risorse complementari specializzate (servizi, canali distributivi, etc.) Quando non è possibile
acquisire un’impresa locale è sempre possibile l’internazionalizzazione d’impresa con forme di
partecipazione di minoranza in società operante in un settore o mercato d’interesse; si consegue
così l’obiettivo di un ampliamento dello spettro di competenze tecnologiche o di un futuro

90
sviluppo in quel mercato evitando un coinvolgimento totale immediato.

 Accordi di tipo partecipativo

Intervengono tra imprese di diverse dimensioni e diverse competenze tecnologiche; si tratta di


forme di joint-venture limitate alla gestione e allo sfruttamento successivo delle innovazioni. si
costituiscono dei consorzi tra imprese (grandi e piccole ed eventualmente con Enti e Amm.
Pubbliche) con l’intento di sviluppare le sinergie offerte proprio dal consorzio (realizzazione di
processi innovativi, capacità di sfruttare commercialmente l’innovazione).

 Produzione su commissione (tool production)

Rappresenta una forma di trasferimenti di tecnologia, una azienda ricorre alla produzione su
commissione, ossia ad un’impresa terzista, per:
 fattori contingenti (es. maggiore capacità produttiva per rispettare i tempi di consegna di una
commessa non rispettabili con la propria capacità)
 necessità di ridurre i rischi della realizzazione dell’innovazione in tecnologia da laboratorio-
>scala pilota->scala industriale... Sono necessari impianti di investimenti (tempo e risorse
tecniche e finanziarie) non sempre in possesso dell’azienda innovatrice.

L’impresa terzista accede a nuove conoscenze che accrescono le sue potenzialità operative; si
opera in genere mediante un “patto di segretezza” (secrecy agreement) che vincola chi riceve la
commissione a non divulgare le informazioni ricevute per un determinato periodo.

 Venture Capital

E’ un finanziamento di imprese giovani per avviamento di progetti relativi ad un prodotto o un


processo innovativi con prospettive di rapido sviluppo ma con elevato rischio. In genere
ricorrono a detto finanziamento aziende interessate a diversificare le proprie attività tradizionali
per entrare in campi a tecnologia avanzata (ceramici, biotecno., elettronica etc.) con conseguente
aumento di rischi d’impresa. Gli investimenti in venture capital avvengono in genere, in queste
due forme:
 partecipazione in fonti di venture capital gestiti da investitori professionali 8l’investitore ha

91
quindi la possibilità di seguire da vicino i nuovi settori e, in caso di successo, acquistare
nuove tecnol. Con licenze joint-venture o acquisizioni)
 investimento diretto (di maggioranza o minoranza) in società sussidiarie o affiliate (si
conseguono così programmi di sviluppo aziendale e si possono cedere: diritti di sfruttamento
di brevetto o di tecnologie)

molto diffuso in USA e Giappone, poco in Europa il venture capital è un veicolo di


trasferimento tecnol. adatto a imprese interessate a diversificare verso arre tecnologicamente
avanzate con elevati rischi.

Forme di pagamento nel trasferimento di tecnologie:

 in contanti (in moneta), può avvenire.


 tramite “lump-sum”, somma fissa pagata in una o più rate;
 tramite “royalties”, protratto nel tempo sotto forma di percentuale sul fatturato annuo
dell’acquirente realizzato attraverso la tecnologia trasferita; spesso il trasferente richiede una
quota minima garantita di royalties a prescindere comunque dal fatturato.
 In merce (counter-trade) tramite.
 Buy-back, il pagamento viene effettuato in parte o in toto con il prodotto della tecnologia
acquisita; in genere tale forma si segue per valori molto alti e di lungo periodo.
 Counter-purchase, il pagamento viene effettuato in parte o in toto con prodotti ottenuti con
tecnologia diversa dalla trasferita; in genere tale forma si segue per periodi di breve durata,
2-3 anni;
 Swith-trading, operazioni di commercializzazioni eseguite da organizzazioni specializzate in
intermediazioni che passano il ricavato(trattenuta una adeguata percentuale) al committente;
in genere tale forma fa seguito ad un counter-purchase quando ad es. non è in grado il
trasferente di commercializzare da solo il prodotto ottenuto in contropartita.

Spesso il pagamento in merce rappresenta l’unica possibilità di penetrazione nei PVS.

 in tecnologia, scambio di tecnologia, ad es. società di due Paesi creano un accordo


collaborativo attraverso lo scambio di tecnologie innovative e/o strategiche per i rispettivi
mercati e tali comunque da aumentare il livello di competitività di entrambe.

92
SERVIZI CONNESSI AI TRASFERIMENTI DI TECNOLOGIA

Generalmente i trasferimenti di tecnologie sono accompagnati dalla fornitura di alcuni


servizi a seconda dell’esigenza dell’acquirente; tali servizi si configurano come:
 prestazioni di ingegneria e di assistenza tecnica;
 e trasferimenti di risorse umane.
Nel caso di prestazioni di servizi di ingegneria e di assistenza tecnica, a seconda che
l’acquisizione comporti la costruzione di un nuovo impianto, l’adattamento di un impianto già
esistente o nessuna modifica a livello impiantistico, i servizi richiesti possono essere distinti in:
 prestazioni di natura strettamente ingegneristica (nei casi di costruzione o adattamento di un
impianto) quali progettazione dell’impianto, acquisto delle apparecchiature, montaggio,
collaudo e messa in marcia;
 assistenza tecnica e commerciale anche nel caso in cui il trasferimento non comporti
interventi all’impianto.
Nel caso di vendita di un impianto, la tecnologia si intende incorporata nello stesso ed il
valore della tecnologia trasferita è generalmente incluso nel prezzo dell’impianto stesso.
In effetti nella vendita di un impianto con “tecnologia incorporata” si distinguono due tipi di
contratto:
 contratto “chiave in mano”;
 contratto “mercato in mano”.
Nel caso di vendita di impianti “chiavi in mano” è prevista la fornitura di un impianto
completo di tutte le apparecchiature principali e ausiliarie, delle tubazioni, dell’impianto
elettrico, delle strumentazioni e di quanto occorra per la produzione di quanto previsto nel
contratto di trasferimento tecnologico. L’impianto “chiavi in mano” in ultima analisi deve essere
consegnato, nell’arco di tempo previsto da contratto, pronto per la messa in marcia.
A volte clausole aggiuntive, prevedono, in aggiunta a quanto sopra, che il trasferente si
impegni alla formazione del personale, ad avviare l’impianto e a fornire l’assistenza tecnica
gestionale, fino a quando l’impianto non avrà raggiunto i livelli di funzionalità previsti in
contratto.
La vendita di impianti “mercati in mano” prevede che il trasferente fornisca l’impianto
(ossia le attrezzature, le macchine, i processi, la formazione del personale, la gestione tecnica e
funzionale) e si impegna a garantire la collocazione sul mercato di tutta o di una parte della
produzione ottenuta dall’impianto oggetto di contratto.

93
Il trasferimento di risorse umane già formate è fondamentale per mettere l’acquirente di
tecnologia in condizioni di usarla in modo appropriato, ossia consente un innalzamento del
livello tecnologico del destinatario che, con tale acquisto, incorpora la cosiddetta esperienza
implicita: delle menti, dell’esperienza diretta, delle capacità individuali.
Il trasferimento di personale esperto deve essere accompagnato da un processo di
informazione e riqualificazione del personale interno all’azienda acquirente per il completo
successo del trasferimento tecnologico.

94
I FATTORI DI SUCCESSO PER IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE

I prerequisiti di una impresa (intesi come fattori complementari e non indipendenti, ossia
che in mancanza di uno di essi può essere pregiudicata l’efficienza del trasferimento) per il
successo del trasferimento di tecnologie sono così individuabili:

1) poter disporre di informazioni sul mercato delle tecnologie trasferibili: è chiaro che per poter
essere scambiata una tecnologia deve essere portata a conoscenza delle aziende interessate. Per
poter conseguire un vantaggio competitivo nello scambio di tecnologie occorre tempestività ed
aggiornamento sulla letteratura tecnica. A tal riguardo sono importanti:
 Il collegamento con la Derwent (Derwent Pubblication Ltd-London) che è una società che
fornisce informazioni su nuovi brevetti;
 La consultazione di riviste specialistiche;
 Il ricorso a Istituti ed organizzazioni specializzate nella proprietà industriale: sono in grado
di dare notizie sui brevetti, effettuare una valutazione dello stato dell’arte e fornire servizi
specifici a fronte di particolari esigenze del cliente. L’istituto più qualificato è l’Ufficio europeo
brevetti con sede a Monaco e a l’Aia;
 Il ricorso a banche dati tecnologiche che forniscono elenchi di aziende interessate ad
acquistare o cedere tecnologie nonché elenchi delle tecnologie trasferibili.

2) Avere la capacità di valutare la tecnologia: la valutazione della tecnologia può essere


rappresentata dalla funzione:

VT  f (, CB)
Dove:
VT = Valore della tecnologia
D = Differenziale competitivo

CB = Copertura brevettuale

In pratica una corretta valutazione deve tener conto del differenziale competitivo della
tecnologia in questione rispetto a quelli concorrenti, in relazione cioè al suo grado di
innovazione, ai margini di sviluppo futuro, alla posizione attuale nel ciclo di vita.
Tale differenziale competitivo si misura sulla base dei vantaggi che la tecnologia presenta

95
rispetto a quelle similari esistenti, vantaggi che possono essere di diversa natura:
 prodotti di partenza più economici. Ad esempio, a parità di altre condizioni, la tecnologia in
esame può implicare materie prime meno pure o componenti più semplici;
 processo di produzione che consenta un risparmio sui costi. Il procedimento può, ad
esempio, essere caratterizzato da un minor numero di fasi o passaggi, da rese più elevate o
condizioni operative (pressione, temperatura ecc.) più blande;
 prodotto finale che presenta proprietà e caratteristiche migliori rispetto a quelle concorrenti
(prestazioni superiori, effetti secondari meno nocivi, ecc.);
 della copertura brevettale: tale requisito aumenta il valore economico della tecnologia perché
l’utilizzo produttivo e commerciale è proteggibile legalmente da eventuali contraffazioni. La
valutazione della tecnologia in funzione della copertura brevettale non va limitata alla verifica
dell’esistenza o meno di un brevetto ma prevede un’approfondita analisi dell’intera situazione
brevettale in termini di grado, di copertura e campo di protezione.

3) Nella capacità di valutare l’opportunità di un trasferimento; per chi cede tecnologia è


importante valutare:
 Le aree geografiche verso le quali viene trasferita la tecnologia;
 Le caratteristiche dell’acquirente.
Per chi acquista la tecnologia è importante:
 valutare l’opportunità di acquistare una tecnologia piuttosto che puntare sulla propria
capacità di R&S;
 valutare la scelta della tecnologia più appropriata tra quelle disponibili in termini di
rendimento a lunga scadenza e di adattabilità alla realtà aziendale.

4) Nell’attenta valutazione del partner: la scelta del partner è un requisito molto importante per
la riuscita del trasferimento tecnologico. La scelta deve essere operata sulla base della
considerazione del livello tecnologico di competenza, della serietà, della validità e della sua
compatibilità come partner;

5) Nella capacità di gestire una contrattualistica complessa: l’impresa deve essere attenta alle
varie fasi riassumibili:
 formulazione delle proposte iniziali;
 valutazione delle controproposte;

96
 negoziazione degli accordi “interlocutori” che spesso precedono l’accordo definitivo
(segrecy agreement, letter of intents);
 formalizzazione dell’accordo conclusivo da sottoscrivere: è bene ricorrere a consulenza
legale e fiscale di specialisti;

6) nell’efficace gestione della tecnologia: una buona gestione della tecnologia deve
comprendere:
 Una R&S in grado, innanzitutto, di gestire la tecnologia acquisita, di modificarla e adattarla
in funzione del proprio mercato e successivamente di migliorarla (con il contributo del
trasferente o in maniera autonoma) in modo da assicurare la validità nel tempo e la rispondenza
non solo alle esigenze che via via emergono nel proprio mercato, ma anche nell’ottica di
esportare prodotti o cedere
tecnologia;
 La realizzazione di innovazioni organizzative e manageriali. L’acquisizione di una
tecnologia può implicare l’istituzione di nuove aree funzionali quale, ad esempio, un nucleo,
anche modesto, preposto alla gestione dei rapporti con il partner;
 Una continua riqualificazione delle risorse umane direttamente impiegate, in termini di
continuo aggiornamento delle persone coinvolte nel processo attraverso corsi di formazione ecc.
Emblematico è il caso del Giappone, che attraverso un continuo processo di acquisizioni di
tecnologie dall’estero, un crescente sforzo in ricerca, un qualificato training tecnico e
manageriale delle risorse umane all’estero, ha dapprima recuperato competitività sul mercato
interno e successivamente ha sviluppato innovazioni tecnologiche utili per i mercati stranieri.

97
FORMALIZZAZIONE DEGLI ACCORDI DI TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE

La formalizzazione degli accordi per il trasferimento di tecnologie comprende gli aspetti


amministrativi, fiscali e valutari connessi con il trasferimento stesso.

FASI CONTRATTUALI

Visti i diversi modelli di trasferimento si comprende la molteplicità e la diversità delle


forme contrattuali.
Definito l’oggetto dello scambio, prima di stendere il contratto vero e proprio si procede per
passi successivi caratterizzati da:
 una fase esplorativa detta “non confidenziale” (nel senso che non impegna i partner) per
accertare il reciproco interesse per il trasferimento;
 Un accordo di segretezza (segrecy agreement) con il quale chi riceve le informazioni si
impegna a non farne uso o diffonderle al di fuori dei limiti posti dallo stesso.
A volte l’accordo di segretezza è un documento più ampio, tipo una “lettera di intenti” che
fissa il livello di coinvolgimento delle due parti e le modalità a procedere nella trattativa per
giungere alla stipula del contratto:
 l’esame delle informazioni confidenziali sulla tecnologia da trasferire;
 e la fase negoziale con la definizione delle specifiche del contratto e la successiva
sottoscrizione.
L’acquirente ha facoltà di richiedere la stipulazione di un contratto di opzione (option
agreement) che gli concede un certo periodo entro il quale esercitare il proprio diritto di
accettazione del contratto.

98
PROGRESSO TECNOLOGICO E NASCITA DELLA GRANDE INDUSTRIA

Premessa.
Con l’impiego dell’energia elettrica e l’invenzione di macchine motrici, efficienti ed
economiche, il sistema produttivo ha subito una profonda modifica.
Determinanti sono state le modifiche e i perfezionamenti operati alle macchine utensili
operatrici.
S. Watanable classifica le macchine in:

 macchine geometriche;
 macchine convertitrici di energia; (motrice a stantuffo -> moto rotatorio);
 macchine trasformatrici di energia -> 19° secolo, Rivoluzione Industriale (es. papen 1690;
Newcomen 1712; Wat 1769);
 macchine informazionali (cibernetiche) -> 20° secolo, Rivoluzione Industriale della
automazione.

Ogni classe di macchine si è sviluppata in diversi periodi storici ed in ambienti diversi ed ha


contribuito a modificare il sistema produttivo e ad indirizzare lo sviluppo economico e sociale
verso quello attuale.
La macchina del 19° secolo era sotto il dominio dell’uomo in quanto costituiva il
“prolungamento degli arti dell’uomo”; in questo periodo le macchine vennero perfezionate e
rese più precise e più affidabili al fine di renderle adatte alla “produzione in serie
intercambiabili” tipica del sistema produttivo lineare.
La produzione in serie si sviluppò dopo l’impiego, nel ciclo produttivo, del principio
dell’intercambiabilità. Questa richiedeva estrema precisione nei singoli pezzi che, assemblati
insieme, costituiranno il prodotto finito.
Conseguenza della “produzione in serie” intercambiabile fu la “catena di montaggio”.
La realizzazione della catena di montaggio modificò profondamente l’organizzazione della
produzione: la manodopera specializzata fu sostituita con operai comuni, si diffuse la
parcellazione del lavoro e si pose il problema del controllo automatico della produzione.
Le macchine cibernetiche del XX secondo, hanno determinato la rivoluzione industriale
dell’automazione le macchine utensili operatrici e/o motrici prima utilizzate facevano
esattamente le macchine utensili operatrici e/o motrici e ciò che l’uomo decideva di fare:

99
o l’uomo cioè modificava la materia con l’uso strumentale della macchina e l’applicazione
costante e continua delle sue facoltà mentali; le macchine cibernetiche sono invece
“finalizzate”, hanno cioè un programma interno da svolgere e lo svolgono senza bisogno
di essere condotte, guidate e sorvegliate dall’uomo, esse funzionano essenzialmente in
base ad informazioni anche esse automatizzate.

Con l’aumento delle dimensioni dell’impianto si pose il problema di controllare


contemporaneamente diversi punti del processo produttivo; all’inizio del secolo, la maggior
parte degli impianti era controllata in modo manuale; i controllori dovevano spostarsi nello
stabilimento per leggere gli indicatori e manipolare le valvole. L’introduzione del trasmettitori
pneumatici di segnale permisero la trasmissione a distanza e sale di controllo centralizzate (circa
1930-45).
Tra il 1960-65 avviene l’affermazione della strumentazione elettronica di controllo e
l’utilizzo del calcolatore digitale per fronteggiare la crescente complessità della funzione di
controllo.
L’avvento del microprocessore e del microcalcolatore ha creato nuove prospettive nella
automazione dei sistemi produttivi e delle macchine.
Lo sviluppo dell’automazione industriale che impiega tecnologia microelettronica digitale
riguarda:
o controllo di processi mediante la gestione di grandi cicli produttivi continui (produzioni
chimiche, raffinazione del petrolio, industrie elettrica, della carta, ecc.);
o inserimento del microprocessore nelle macchine (nei cicli produttivi tipici delle
produzioni per parti) addette alla lavorazione, al trasporto e all’assemblaggio dei pezzi;
o realizzazione della “fabbrica automatica” attraverso l’integrazione delle macchine
computerizzate dove, partendo dalla progettazione dei prodotti finiti e dei loro
componenti (mediante calcolatore) si passa attraverso una produzione integrata (per
lavorare ed assemblare il prodotto) e si arriva al controllo computerizzato del prodotto
finito.

L’impiego delle macchine cibernetiche sta di nuovo modificando il sistema industriale.


Nel sistema produttivo tradizionale, l’obiettivo principale era l’ottenimento di elevata
quantità di prodotto a basso costo; le strutture produttive erano perciò ottimizzate in funzione di
un prodotto specifico:

100
 qualsiasi variazione del prodotto comportava un aggravio di costi.
In presenza di fattori, quali la crescente instabilità dei mercati, l’azienda non può limitarsi
alla produzione di un unico prodotto;

 la produzione deve avvenire su una “gamma differenziata” di prodotti finiti e con la


possibilità di modificare rapidamente il “mix produttivo” senza eccessivi aggravi di costi.
Il fattore di successo non è più la capacità di produrre “elevati volumi a prezzi competitivi”
ma di “adattarsi rapidamente e a basso costo a situazioni in continua evoluzione”:

 il sistema produttivo deve essere quindi “flessibile” cioè deve “rispondere a tutte le
sollecitazioni con rapidità e a basso costo”. L’azienda deve adattarsi ai cambiamenti di
mercato e realizzare “economie di scopo” al posto delle “economie di scala”.

Da produzione di massa -> a produzioni di piccoli e specifici lotti (Flessibilità produttiva).

101
L’AZIENDA INDUSTRIALE

Un’azienda è un sistema complesso all’interno del quale si individuano vari sottosistemi


che corrispondono alle aree fondamentali distinte in: manageriale, produttiva, commerciale,
amministrativa-finanziaria, ricerca & sviluppo, organizzazione e gestione del personale.

AREA
PRODUTTIVA

ALTRE AREE
AREA
COMMERCIALE AREA - Ricerca e sviluppo
MANAGERIALE - Organizzazione e
gestione del personale

AREA
FINANZIARIA

Aree (attività o funzioni) del sistema aziendale

L’efficienza aziendale esige un’azione comune tra le aree, coordinata ed aperta alle
influenze dell’ambiente esterno.
Il complesso delle operazioni attraverso le quali in un’azienda industriale si ottiene il
prodotto costituisce il “ciclo produttivo”. Questo comincia con l’arrivo delle materie prime e
porta, attraverso una successione concatenata di attività, coordinate ed integrate fra loro dette
“fasi di lavorazione” ad un ben determinato prodotto.
In talune aziende tale ciclo è breve, in altre è, talvolta, assai lungo, della durata di alcuni
mesi o anni (basti pensare ad imprese che costruiscono navi, autostrade, ponti, dighe, etc.).
Con riferimento al ciclo produttivo si individuano alcuni tipi di industrie per ognuno dei
quali il diagramma tecnologico assume una forma caratteristiche.
Su questa base di effettuano le seguenti distinzioni:

 INDUSTRIE MONOLINEE: sono quelle che utilizzano un’unica materia prima ed


ottengono un solo prodotto (ad es. carbonato di calcio (calce);
 INDUSTRIE CONVERGENTI O SINTETICHE: in esse, diverse materie prima
confluiscono, più o meno direttamente, in un solo prodotto (ad es. cantieri navali, edili, etc.);
 INDUSTRIE DIVERGENTI O ANALITICHE: queste impiegano un’unica materia prima ed
ottengono più prodotti (ad es. raffinerie di petrolio, cokerie, etc.);

102
 INDUSTRIE CONVERGENTI-DIVERGENTI O SINTETICHE- ANALITICHE: in esse,
diverse materie prime confluiscono, più o meno direttamente, in un unico intermedio dal
quale si ottengono, poi, diversi prodotti (ad es. industrie chimiche);
 INDUSTRIE A CICLI MULTIPLI INTRECCIATI: ne sono esempi le industrie meccaniche
generiche.

In relazione all’attività produttiva le aziende industriali possono essere distinte in


siderurgiche, metallurgiche, meccaniche, elettroniche, tessili, chimiche, petrolchimiche,
alimentari e così via.
Con riferimento al risultato produttivo, l’attività aziendale può essere ripartita come segue:

 attività primaria (prodotti agricoli e minerari);


 attività secondaria (prodotti industriali);
 attività terziaria (servizi).

LO STABILIMENTO INDUSTRIALE

Per stabilimento industriale si deve intendere quel complesso armonizzato di “mezzi”


diretti e indiretti rivolti alla realizzazione del processo produttivo. Tali mezzi sono i seguenti:

 una serie di edifici adatti ad ospitare e proteggere i materiali, gli impianti ed il


personale;
 una varietà di apparecchiature macchine, attrezzature adatte alla realizzazione del
prodotto attraverso operazioni che possono essere meccaniche, chimiche, di montaggio, di
collaudo, etc.;
 un insieme di mezzi tecnici destinati ai servizi di stabilimento.
Gli edifici industriali debbono rispondere a tre ordini di esigenze generali e cioè:
 essere funzionali;
 creare un ambiente di lavoro idoneo a favorire la produzione;
 consentire le trasformazioni e gli ampliamenti che si rendessero necessari nel tempo.

Sul piano dell’edilizia, gli edifici assumeranno la configurazione più appropriata alla
specifica situazione imposta dal tipo di processo adottato ed anche all’esigenza di ospitare al

103
loro interno il personale tecnico e quello amministrativo, le materie prime ed i prodotti finiti, e
così via.
La tendenza attuale è quella di costruire edifici ad un solo piano in cemento armato, aventi
forma planimetrica quadrata o rettangolare, secondo particolari esigenze in fatto di
illuminazione e ventilazione.
Nella fase di pianificazione di uno stabilimento risulta fondamentale la considerazione di
un eventuale allargamento dell’attività di produzione, cui si deve poter rispondere in tempi
adeguati e con costi limitati. Il piano regolatore, inoltre, dovrà predisporre ampi spazi liberi
intorno ai fabbricati e dovrà realizzare tutte le infrastrutture (viarie, fognarie, etc.) in modo che
essi non abbisognino di ricollocazione a seguito di ampliamenti o ristrutturazioni.
In definitiva il tipo e la struttura degli edifici dipendono soprattutto da considerazioni
tecnologiche, secondariamente da fattori economici di costruzione, manutenzione ed
utilizzazione.
Di primaria importanza è l’ubicazione stessa dello stabilimento. Il problema riguarda la
scelta sia della regione che dalla località più adatta nell’ambito della regione. Tra i numerosi
fattori che possono influenzare tale scelta quelli che hanno carattere più generale sono i
seguenti:

 stabilità del terreno;


 facilità di approvvigionamento delle materie prime e dell’energia;
 possibilità di reperimento di maestranze qualificate;
 agevolazioni fiscali;
 vicinanza dei mercati di vendita dei prodotti;
 facilità di accesso alle vie di comunicazione;
 possibilità di smaltimento dei residui di lavorazione.

Certe industrie, inoltre, sono strettamente vincolate a particolari esigenze quali:

 assenza di polvere o di inquinanti atmosferici (industrie elettroniche, fotografiche,


etc.);
 presenza di abbondanti quantità di acqua (cartiere, concerie, industrie tessili, etc.);
 disponibilità di alcuni tipi di minerali o rocce (industrie minerarie, cementifici,
fabbriche di laterizi, etc.);

104
 condizioni climatiche favorevoli (clima fresco per l’industria saccarifera, clima caldo
asciutto e ventoso nel caso di prodotti sottoposti ad essiccazione naturale, etc.).

Un’altra componente capace di influire notevolmente sulle scelte vocazionali di qualsiasi


tipo di industria è rappresentata dagli incentivi finanziari concessi dallo Stato e finalizzati ad
incoraggiare la presenza industriale in zone economicamente depresse.
Alcune volte lo scopo prioritario della scelta ubicativa è quello di controllare la parte
maggiore del mercato: al limite è da prediligere il luogo dove non vi sono concorrenti giungendo
così ad operare in una situazione di monopolio. Altre volte è preminente l’obiettivo di ridurre al
minimo i costi dell’impresa.

Poiché uno stabilimento industriale nasce in funzione di una specifica produzione ne


consegue che una razionale progettazione degli impianti non può che seguire un attento studio
del prodotto allo scopo di definire:

 le caratteristiche tecnologiche che servono per individuarlo e per poter stabilire i vari
elementi che entrano nella sua costituzione, in quantità di materie prime necessarie e di
lavorazione;
 il quantitativo da produrre, nell’unità di tempo, che dipende dalle previsione di
assorbimento del mercato e dal prezzo di vendita che si potrà quotare;
 gli aspetti commerciali, ad esempio facilità d’uso, forma, confezione, etc., in modo da
farlo preferire, a parità di altre considerazioni, a quello della concorrenza.

La scelta del prodotto deriva dall’esperienza di mercato (marketing) ed è condizionata


dalla disponibilità finanziarie dell’imprenditore.
Nel caso di prodotti, per i quali taluni aspetti del processo produttivo non possono essere
chiariti sufficientemente dall’esperienza diretta di fabbrica, può risultare vantaggioso effettuare
studi su impianti pilota, ossia modelli in scala ridotta dei corrispettivi impianti industriali.

Lo “Stabilimento industriale” è costituito dalle seguenti aree organizzative:


a) progettazione, ingegnerizzazione e gestione della produzione: dove si esplicano
attività prevalentemente basate sul trattamento delle informazioni;
b) produzione, movimentazione e magazzini: dove l’attività è incentrata sulla

105
trasformazione o, comunque, sulla manipolazione di materiali, pezzi, utensili e così via.

Si adotta, inoltre, per convenzione, la definizione di “fabbrica” limitatamente agli


stabilimenti caratterizzati da processi di produzione discreti ossia da cicli produttivi aventi
caratteristiche sia costanti (produzione di grandi serie, ad esempio automobili, penne a sfera,
etc.) che variabili (produzione di piccola e media serie: ad es. aerei).

Gli stabilimenti caratterizzati, invece, da processi di produzione continui come (ad es.
petrolchimici, cartari, siderurgici, etc.) prendono la denominazione di “impianti di produzione”
o “industria di processo”.

Una classificazione interessante può essere fatta tenendo conto della durata temporale dei
processi, si parlerà così di: “processi continui”, “processi ripetitivi” (“per medi lotti” e “per
grandi lotti”) e “processi intermittenti” (“per commessa” o “su progetto”, “su modello” o “per
piccoli lotti”).
Di esse qui di seguito si dà una breve descrizione:

– industrie a processo continuo: in esse l’attività produttiva si svolge ininterrottamente per


lunghi periodi di tempo e non la si può interrompere in modo repentino, trascurando
particolari modalità e cautele, senza arrecare danno ai materiali in lavorazione ed anche
all’impianto. È il caso della produzione della ghisa negli altiforni, delle raffinerie di
petrolio, dei cementifici, degli zuccherifici e, in genere, delle industrie chimiche;

– industrie a processo ripetitivo: la produzione in queste industrie avviene per lotti, cioè si
produce un definito numero di unità uguali, per cui su ognuna si ripetono, nell’identica
successione, le stesse operazioni effettuate sulle precedenti. I lotti possono avere
dimensioni medie (produzione in serie medie) o grandi (produzione in grande serie o di
massa). Anche per grandi lotti, comunque, i processi non vengono condotti, per lo più,
ininterrottamente ed in ogni caso l’attività può essere arrestata senza danno per i materiali
e per gli impianti, in altri termini, non vi è esigenza tecnica di continuità. Ne sono esempi
le industrie di elettrodomestici, di automobili ecc.;

– industrie a processo intermittente: sono quelle che producono su commesse singole


(mentre le precedenti si suole dire che producono per il magazzino) e in piccoli lotti, per

106
cui si avvicendano, in tempi anche brevi, varie lavorazioni. In esse si effettua un dato
processo fino a smaltimento dell’ordine e può accadere che mai più si fabbricherà lo
stesso prodotto (ad esempio, meccanica generica, costruzione di macchine di uso speciale,
un prodotto di fine-chemicals ecc.). In ogni caso si tratta di quantità limitate: se la stessa
commessa si ripete più volte, si ritorna al caso precedente e l’industria si adatterà a
produrre mediante processi ripetitivi.

Vedi schema sottostante:

Classificazione dei cicli produttivi in funzione del tempo

Processi di Produzione

Processi Processi Processi


Continui * Ripetitivi Intermittenti

Disintegrazione Integrazione Trasformazione Fabbricazione Assemblaggio

Modifiche ad un
Sintesi di mate- materiale,
riali per giungere mediante Modifiche Aggiunta di parti
Separazione dei alla forma lavorate ad una
ad un prodotto successive lavor.
componenti dei materiali struttura iniziale
non reperibile per giungere
allo stato naturale ad un prodotto
con caratt.diverse

- ESEMPIO - ESEMPIO - ESEMPIO


- ESEMPIO - ESEMPIO
distillazione lavorazione dei telefoni,
plastiche, ceramiche, metalli o del le-
disidrataz. cibi calcolatori,
gomme sint. cibi surgelati gno
raffinazione automobili

Processi
Compositi

* Generalmente comportano reazioni chimiche


Disintegrazione,
Integrazione,
Trasformazione,
Fabbricazione,
Assemblaggio

- ESEMPI
Semilavorati in
ferro & acc.,
raffin. allumi-
nio, medic.
107
PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE

Nell’organizzare un ciclo produttivo bisogna tenere presente che la produzione, tendente


sempre al conseguimento dell’obiettivo del “minimo costo possibile”, può avvenire sia a “ciclo
costante” che a “ciclo variabile”.
La produzione è a ciclo costante, quando l’alimentazione delle linee di produzione e di
montaggio avviene in maniera costante nel tempo ossia le materie prime attraversano lo
stabilimento con un flusso continuo.
La produzione è a ciclo variabile quando i materiali avanzano in maniera intermittente da
una fase di lavorazione ad un’altra, ciò avviene in quegli impianti in cui si deve far fronte a
diverse gamme di prodotti e misure, oppure dove la natura dell’attività impone la modifica di
importanti caratteristiche dell’elemento in entrata (cambiamento del progetto o del prodotto).
A seconda che il processo utilizzato sia frammentario, ma flessibile, oppure continuo, ma
rigido, cambia la produttività del sistema di produzione. Si hanno, pertanto, i seguenti modelli di
processo:

 Job-shop:
è un modello di processo a flusso frammentario che conduce alla produzione di un unico tipo
di prodotto (es. produzioni artigianali, di prototipi, etc.); il cambiamento di produzione e dei
termini di consegna è continuo. La produzione sulla base delle ordinazioni viene effettuata senza
che l’impresa conosca l’ammontare delle ordinazioni future. La programmazione dei tempi di
lavorazione è fortemente influenzata dalle date di scadenza della consegna. Complicazioni e
strozzature della produzione avvengono continuamente, richiedendo una riprogrammazione
della stessa. Nei casi migliori, il capo reparto decide sullo “scheduling” di fabbrica con un solo
giorno di anticipo;
 produzione a lotti:
è un tipo di processo caratterizzato da un flusso discontinuo, con una linea tipo, che porta
alla produzione di molti modelli diversi ma in bassa quantità (es. produzione di mobili,
calzature, tessuti, etc.); la produzione viene regolata sulla base delle previsioni sulle scorte di
prodotti finiti. La scheduling di produzione programmato può essere ripetutamente interrotto per
limitati quantitativi di ordinazioni speciali;
 produzione in linea spezzata:

108
si ha quando il flusso produttivo, che consente di realizzare alti volumi di prodotti, ma di
pochi modelli principali, risulta condizionato dai ritmi imposti dalla manodopera (es. produzione
di macchinari pesanti, fast-food, etc.). Questo tipo di processo produttivo ha una flessibilità
considerevole. La produzione viene effettuata sulla base dell’ordinazione, ma il profilo generale
della domanda è conosciuto in anticipo sulla base delle rilevazioni statistiche e quindi la
preparazione del prodotto viene regolata su tali previsioni;
 produzione in linea continua:
è un sistema di produzione simile a quello precedente, in questo caso, però, il flusso
produttivo è condizionato dai ritmi degli impianti (es. produzione di automobili, etc.). La
produzione avviene in base alle ordinazioni, ma il processo è solo parzialmente elastico e non
può essere forzato a coprire tutte le ordinazioni. La domanda di lungo termine può essere
stimata ed utilizzata per fissare la velocità della linea e per orientare le forniture. Le variazioni
della domanda vengono solitamente trattate con il ricorso al lavoro straordinario, variazioni di
più lungo termine possono portare ad ulteriori turni di lavoro o al ribilanciamento dell’intera
linea;
 produzione a flusso continuo:
permette la produzione di altissimi volumi in un unico prodotto dalle caratteristiche
standardizzate (es. cartiere, acciaierie, processi petrolchimici, zuccherifici, molini, etc.). Si
presta all’automatizzazione ma, di conseguenza, è un tipo di produzione molto rigido. Grande
cura viene riposta all’adattamento di particolari prodotti alle macchine. Vengono ricercati tempi
lunghi di produzione e la fabbrica lavora, a ciclo continuo, ogni giorno della settimana.

109
I concetti esposti possono essere approfonditi esaminando il modello proposto da Hayes e
Wheelwright, noto come “matrice prodotto-processo” (figura 1) che si propone di evidenziare la
correlazione esistente tra le tipologie di prodotto e quelle di processo.
Sulla diagonale viene ad essere localizzata l’area del costo unitario minimo; nelle aree al di
sopra e al di sotto della diagonale si sostengono diversi tipi di costi aggiuntivi. E’ così facile da
osservare come debba essere inefficiente ed oneroso produrre bassi volumi di un’ampia gamma
di prodotti utilizzando un processo continuo, rigido ed automatizzato (combinazione posta in
basso a sinistra, sotto la diagonale).
Altrettanto dispendiosa si presenta la possibilità di produrre un prodotto altamente
standardizzato, consumato in altissimi volumi, con un processo discontinuo (ad es. a lotti)
(combinazione posta in alto a destra, sopra la diagonale).

110
AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Qualche autore individua tre fasi del progresso tecnologico coincidenti con tre tipi di
macchine:
 la macchina statica (era eotecnica dai primordi al XVIII sec.) che perfezionata attraverso i
secoli, ha costituito l’unica forma di tecnica fino a tutto il XVIII secolo;
 la macchina dinamica (era paleotecnica dal XIX agli inizi del XX sec., si concretizza nella
meccanizzazione e razionalizzazione della produzione) che è stata la grande realizzazione
del XIX sec.;
 la macchina dialettica o sinergetica (era neotecnica o dell’automazione) dell’epoca
contemporanea che si base sull’elettronica e la cibernetica.

Il progresso tecnologico ha permesso di costruire macchine in grado di dirigere altre


macchine, conseguendo così “l’autonomia finalizzata” dei processo produttivi. Ciò è stato
realizzato affiancando al “processo produttivo o operativo” un “processo rappresentativo” di
esso, una semantica (formazione di segnali o simboli) e una sintassi (“combinazione a calcolo
sui simboli”).
L’automazione comporta:

 la presa o captazione di un segnale ad un certo punto del processo;


 la sua trasformazione in una certa semantica o linguaggio di macchina, cioè in una struttura
rappresentativa degli avvenimenti propri del processo reale;
 la elaborazione di essa in un sistema processuale a parte;
 la riconversione dei segnali, con appositi servo meccanismi in ordini esecutivi sugli organi
stessi della macchina.

111
ASPETTI STORICI

La realizzazione di congegni capaci di operare in modo automatico risale all’antichità,


anche se rimase, per molto tempo, oggetto di semplice curiosità. Es. Erone (I e II secolo a.C.)
realizzò diversi congegni automatici: “eolipia” (abbozzo della macchina a vapore) e la “fontana”
(un sistema idraulico a vapore che apriva automaticamente le porte del tempio, quando veniva
acceso il fuoco sull’altare).
La realizzazione di “automi” si sviluppò notevolmente nel 17° secolo soprattutto in Francia
e in Svizzera. In questi automi veniva incorporati dei meccanismi perfetti che erano alla base
della messa a punto di macchine utili. (Es. telaio per la tessitura automatica di stoffe ricamate).
Nasce l’esigenza di studiare “congegni automatici” per razionalizzare il lavoro umano,
migliorare l’efficienza e la produttività delle macchine.

Alla base dei “sistemi automatici”-> concetto di comando automatici -> autoregolazione delle
macchine.

 Regolatori che controllano grandezze fisiche: temperatura, velocità, pressione …


 Valvola di D. Papin (valvola di sicurezza per caldaie a vapore);
 Mulini a vento (regolatori delle palette in funzione al vento);
 Regolatore centrifugo di Watt (1788) (velocità del motore a vapore);

 Regolatori che controllano la “posizione”:

 “valvola idraulica di H. Potter (era addetto al controllo dei motori a vapore di Newcomen
apriva e chiudeva la valvola che immetteva il vapore) (collegò il pistone e le valvole);
applicazione del “regolatore di Potter” nei motori impiegati per lo spostamento dei timoni.

I comandi automatici si basano sul principio di “Retroazione” (qualsiasi variazione della


quantità sottoposta a regolazione rispetto ad un valore determinato provoca l’entrata in
funzione del regolatore che agisce per eliminare la variazione).
Retroazione = servo motore o motore schiavo.
Inizialmente con funzionamento idraulico o meccanico, poi con funzionamento elettrico o
con amplificatori elettronici.

112
Comandi automatici nell’industria:

 fine XVIII sec. Bramah ->Tornio filettatore (utensile azionato automaticamente sul pezzo da
lavorare – che veniva fatto girare):
 1818 Blanchard -> Tornio a copiare (tagliare forme irregolari copiando un modello metallico
– rapido logorio);
 1921 Keller -> macchina a copiare (tagliava e copiava muovendosi sulle superfici di un
modello di legno appoggiandosi con lieve pressione).

La realizzazione di “congegni automatici” nella fabbrica costituisce la fase


dell’automatismo”, cioè delle tecniche di produzione basate sull’impiego di “macchine
automatiche” che porterà alla fabbrica automatica.

Secondo Junger l’ AUTOMATISMO è il “Progresso tecnico significa moltiplicazione degli


automi di ogni tipo … la fabbrica diventa un automa quando l’intero processo produttivo … si
realizza con un meccanismo automatico ed è ripetuto con uniformità meccanica. L’operaio non
interviene più con la mano ne controlla solamente, come meccanico, il funzionamento
meccanico”.

Il lavoro dell’uomo è legato a quelle delle macchine ->avviamento, arresto, posizionamento


del materiale, controllo del processo e del prodotto, funzionamento delle macchine.
Gli automi ripetono, infinite volte, il compito ad essi affidato.
Passando da un sistema produttivo basato sulle macchine automatiche (automatismo) ad
uno basato sull’intero ciclo produttivo automatico si avvia la fase dell’automazione.
Inizialmente l’”automazione” è stata vista con un’integrazione tra “macchine automatiche” e
“macchine transfer” (eliminazione dei tempo morti).
Con la macchina “transfer”: carico e scarico automatico; passaggio automatico del materiale
tra le macchine; collegamento automatico delle macchine.
Secondo Davis (1955, vice presidente della FORD) “L’automazione” “è l’automatico
trattamento di parti nel passaggio tra processi di produzione successivi”.

L’automazione implica l’applicazione di dispositivi di controllo automatici. Può essere


intesa come “l’impiego di dispositivi di regolazione automatica (feed-back)”, cioè:

113
sostituzione del lavoro dell’uomo + macchina transfer + sistemi di controllo.

Dagli anni ’60-> con l’ausilio dell’elettronica e dell’informatica sono state realizzate

MACCHINE ELETTRONICHE COMPLESSE:

 controllano altre macchine automatiche;


 valutano e giudicano la qualità del lavoro;
 arrestano la produzione in caso di errori;
 riparano gli errori (cioè le cause degli errori).

Ciò porta al ciclo produttivo interamente automatico: dalla materia prima al prodotto senza
l’intervento dell’uomo.
L’automazione è vista da Wiener come la “seconda Rivoluzione Industriale”.

L’automazione è intesa così come la contemporanea applicazione:

 dell’integrazione (combinazione delle varie fasi di produzione in un unico ciclo produttivo


continuo – senza le “mani”;
 della regolazione automatica (applicazione di apparati di controllo a retroazione controllo
senza uomo;
 degli elaboratori elettronici.

Caratteristiche di un ciclo produttivo automatico:

1) tutti i processi di lavorazione del materiale sono integrati e si svolgono automaticamente


(materie prime o semilavorati->prodotti finiti);
2) singoli processi di lavorazione collegati (lavorazione scorre in modo uniforme);
3) i semilavorati passano automaticamente da macchina a macchina;
4) collaudo automatico dei semilavorati e dei prodotti finiti (correzioni in caso di devianze,
allarme del sorvegliante, preallarme delle macchine utensili in caso di usura di qualche loro
parte) (prodotto finito ha un livello di qualità compreso entro “margini stabiliti”).
5) Nel ciclo di produzione automatizzato, a differenza della catena di montaggio, la sola

114
manodopera necessaria è il personale addetto alla messa in funzione, ispezione e
manutenzione dei macchinari; la scomposizione del ciclo produttivo in singole operazioni
parziali (singole macchine) viene di nuovo integrato in un processo continuo.
6) Le macchine utensili monouso e quelle universali possono essere controllate e manovrate da
apparecchi elettronici.

115
IL SIGNIFICATO ATTUALE DELL’AUTOMAZIONE

Il termine “automazione” fu coniato da Diebold e da Harder.


Secondo Diebold: si ha automazione (aspetto tecnico) “quando le macchine non solo
sostituiscono il lavoro dell’uomo, ma nello stesso tempo controllano il proprio operato”; “alla
base di questa tecnica vi è il concetto di servocomando di ritorno e l’idea predominante è quella
di comando a circuito chiuso e ad autocorrezione”.

Come filosofia della produzione “è un metodo per analizzare ed organizzare i processo


produttivi al fine di conseguire una migliore utilizzazione dei fattori della produzione, siano essi
meccanici o materiali, che umani”.

Per Diebold, l’automazione elimina la differenza tra fabbrica ed ufficio e tratterà


entrambi come un micro sistema integrato.

Secondo Teani: è un metodo nuovo di organizzare e concepire un sistema produttivo:

Automatizzazione:
qualsiasi sostituzione di automatismi al lavoro umano (muscolare o intellettuale), automatismi
inferiori – automatismi superiori.
Automatizzazione:
quando l’automatizzazione viene inquadrata in una visione unitaria di tutto il sistema.

Secondo Buckingham è una nuova tecnologia in grado di modificare il sistema


produttivo sia dal punto di vista tecnico che organizzativo ed è applicabile a tutti i processi
produttivi e a tutte le funzione amministrative di impresa industriale.
L’intervento umano sarebbe riservato solo: all’analisi del processo complessivo,
all’elaborazione del programma di produzione; alla sorveglianza e riparazione delle macchine,
alla direzione dell’azienda.

Comprende quindi: il processo di fabbricazione e quello amministrativo;


Elementi fondamentali: meccanizzazione, produzione e flusso continuo, controllo automatico,
razionalizzazione.

116
Per l’automazione, quindi, si intendono cicli produttivi (industriali) completi:
dalle materie prime ai prodotti (fisico o commerciale) (o di informazione) e cioè una nuova
“filosofia di produzione” che tende a ottimizzare i fattori della produzione (materie prime,
lavoro, capitale …).

117
ASPETTI TECNICI DELL’AUTOMAZIONE

Combinazione di meccanica, elettronica ed informatica si traduce in sistemi di


produzione automatici, (Opera di N. Wiener, matematico al MIT). N. Wiener indica col termine
“cibernetica” la teoria della ricezione, elaborazione e trasmissione dell’informazione che ha
portato alla formulazione matematica delle leggi che operano nei processi di regolazione
automatica. La cibernetica può dunque essere considerata come la scienza in grado di sostituire
le attività intellettive inferiori dell’uomo (calcolo, controlli di qualità, decisioni semplici etc.)
avvalendosi di unità elettroniche accoppiate a macchine elettromeccaniche. Essa, avvalendosi di
alcune analogie esistenti fra alcune proprietà dei circuiti nervosi e di quelli elettronici costruisce
meccanismi che si autoregolano i quali, quando programmati sono in grado di agire con margine
di libertà prefissato.
I meccanismi di autoregolazione sono basati sui sistemi meccanici, elettrici ed
elettronici, muniti di dispositivi a retroazione (feed-back). Negli organismi viventi i processi di
autoregolazione basati sulla retroazione sono tanti (es. t. corporea, battiti cardiaci etc.). Per
meglio comprendere il principio della retroazione è necessario distinguere due tipo tipi di catene
di azioni: a ciclo aperto e a ciclo chiuso.
Nei sistemi a ciclo aperto esiste una relazione semplice fra causa ed effetto (es. azione acqua
sulla ruota di un mulino idraulico è indipendente dal movimento della macina). Nei sistemi a
ciclo chiuso l’effetto reagisce sulla causa (es. riscaldamento regolato da termostato).
Il principio di retroazione trova applicazione in sistemi dove le caratteristiche del
prodotto, ottenuto in qualsiasi stadio di lavorazione, vengono retrocomunicate da apposite
apparecchiature ad altre, in modo da mantenere il prodotto entro i margini di tolleranza
prestabilite. Il progresso tecnologico nell’automazione ha permesso di realizzare sistemi di
regolazione a ciclo chiuso (circuiti autocontrollati) che si autocorreggono senza l’intervento
umano.

Tali sistemi richiedono l’impiego di elaboratori elettronici. Un circuito autocontrollato


necessita di organi sensoriali, di centrali di comando, di organi esecutivi:

 l’organo sensoriale rileva le variabili dal processo (velocità, pressione, temperatura,


dimensioni, peso, o qualsiasi altra caratteristica misurabile) e le invia all’elaboratore;
 la memoria, organo immagazzinatore, si ricorda di ciò che doveva e di ciò che deve essere
fatto;

118
 il dispositivo di raffronto (collator) confronta le rilevazioni dell’organo sensoriale,
sull’andamento del processo reale, con i dati della “memoria”. Se non coincidono il collator
chiede istruzioni alla memoria;
 la memoria impartisce le istruzioni necessarie;
 gli organi motori le eseguono.

Nell’ambito della produzione industriale è possibile individuare diverse forme di


automazione a seconda dei cicli produttivi, o tipi di impresa, cui vengono applicate.
Una prima importante classificazione distingue l’automazione del controllo di processo,
tipica dei processo produttivi continui, dall’automazione della produzione per parti, tipica dei
processo discreti.
Questo ultimo tipo di automazione può essere rigida o programmabile (flessibile).
La prima è tipica delle produzioni con ciclo tecnologico fisso, con impianti specializzati
destinati dell’ottenimento di un unico prodotto in grande serie.
La seconda invece è realizzabile nelle produzioni con ciclo tecnologico variabile, in
relazione alle variazioni delle caratteristiche dei prodotti fabbricati in lotti medio-piccoli.

AUTOMAZIONE DEL CONTROLLO DI PROCESSO

I processi produttivi continui sono caratterizzati da flussi continui di materiali e prodotti


in entrata e uscita (Es. raffinazione petrolio, industria chimica, siderurgia, industria cartaria,
cementiera, vetraria, materia plastiche etc.). La produzione si basa sulla trasformazione fisica e
chimica delle materie prime e degli intermedi, attraverso un ciclo fisso di lavorazione. Il
controllo comprende le fasi di misura, regolazione, attuazione e comunicazione. Esso di realizza
attraverso un sistema a retroazione a ciclo chiuso: si misurano valori di variabili quali pressione,
volume, temperatura, velocità di flusso di materie prime e intermedi, che sono fondamentali per
il prodotto finito quali e quantitativamente. In pratica bisogna affiancare al reale svolgimento del
processo fisico un processo simbolico di esso, informazionale, capace di essere interpretato per
agire sul processo medesimo.

Una teoria dei controlli automatici di processo implica:

 una semantica precisa, che faccia corrispondere ad un certo evento un’informazione univoca;

119
 una codificazione (simbolica), in quanto l’informazione deve essere trasmessa da un organo
all’altro, mediante linguaggio (umano o di macchina) comune a tutti e due gli organi:

 una sintassi, costituita da date regole di elaborazione delle informazioni;

 una pragmatica, cioè norme metodiche con le quali le informazioni, elaborate a loro volta,
informano il processo”.

Le tappe evolutive del controllo di processo possono essere schematizzate come segue:

 controllo di processo manuale: l’uomo misurava le variabili in uscita del processo con i
propri sensi ed interveniva sui dispostivi di regolazione per mantenere le variabili entro i
valori stabiliti:
 controllo di processo manuale integrato con strumenti di registrazione e misura: la
rilevazione delle variabili veniva fatta con apparecchiature automatiche, ma l’operante
interveniva sul dispositivo di regolazione;
 controllo di processo automatico locale: vengono applicati dispositivi di regolazione e
retroazione capaci di mantenere costanti le variabili in uscita: l’uomo si limita a predisporre i
valori di riferimento nei vari regolatori;
 applicazione di sistemi di acquisizione ed elaborazione dei dati: ai dispositivi di regolazione
e retroazione si affiancano apparecchiature elettroniche che raccolgono i dati, rilevano
eventuali anomalie e aiutano l’operatore a predisporre i valori di riferimento;
 controllo ottimale: comporta l’applicazione dell’elaboratore che predispone i valori di
riferimento per ottimizzare una funzione obiettivo, sperimentata sul sistema, ricava una
funzione obiettivo e quindi predispone i valori di riferimento dei regolatori.
Si è passati quindi dal controllo manuale in cui l’operatore misurava le variabili in uscita
del processo e interveniva per mantenerle entro i valori prestabiliti, all’uso di sistemi di
regolazione automatica distribuiti nelle diverse fasi del processo e successivamente
centralizzati in sale di controllo dove infine è strato installato il calcolatore di processo.
Il controllo delle variabili fondamentali del processo, quindi, per lungo tempo svolto da
dispositivi meccanici o macroelettronici, è oggi realizzato attraverso l’impiego di
microprocessori incorporati negli stessi strumenti di misura. I valori rilevati vengono tradotti

120
in segnali elettronici ed immessi nell’elaboratore centrale, il quale dopo aver controllato
questi valori con quello contenuti nel programma memorizzato, rinvia ai singoli strumenti, le
istruzione per regolare valvole, raffreddatori, riscaldatori, ecc. In tal modo è possibile
controllare ogni singolo stadio del processo.
“Il controllo di processo può essere definito come la scelta di una strategia di intervento
su un sistema, al fine di raggiungere obiettivi di vario tipo: ottimi tecnici, minimizzazione
dei costi di produzione, migliore fruizione delle risorse disponibili, qualità del prodotto, uso
di macchine automatiche in ambienti nocivi o pericolosi per l’uomo e così via”.
In linea generale le funzioni fondamentali svolte dall’elaboratore sono:

 controllo diretto dell’impianto, che permette la regolazione diretta degli organi finale
(valvole, servomotori ecc.);
 posizionamento dei valori di riferimento dei regolatori (set-points) al fine di mantenere
automaticamente le condizioni ottimali di lavorazione;
 registrazione ed elaborazione dei dati con supervisione dell’impianto.
Le funzioni svolte dall’elaboratore, nel controllo dei processi industriali, dipendono da
valutazioni di carattere tecnico-economico. Si possono distinguere tre criteri di applicazione,
che differiscono per il principio di funzionamento adottato.

1) guida operatore: in questo caso l’elaboratore provvede all’acquisizione di dati sul


processo, alla memorizzazione ed elaborazione delle informazioni, al controllo del
funzionamento dell’impianto, alla segnalazione di situazioni anomale;
2) controllo di supervisione: con questo sistema il calcolatore elabora le informazioni
ottenute dal processo o dalle condizioni operative e le invia ai regolatori analogici, che
sono preposti al controllo di processo;
3) controllo in DDC (Direct Digital Control): in questo caso l’elaboratore, in base
all’algoritmo con il quale è programmato e ai dati provenienti dal processo, provvede ad
azionare, per mezzo di opportuno interfacciamenti, gli organi finali di regolazione.
L’utilizzo sempre più diffuso del calcolatore digitale di processo, per far fronte alla
crescente complessità della funzione di controllo, è stato determinato soprattutto dalle
elevate dimensioni degli impianti e dalla necessità di:

 ottimizzare la resa dei processi;

121
 ridurre l’incidenza del costo delle materie prime e dell’energia;
 migliorare la qualità dei prodotti.

A questi vantaggi, tipici dell’applicazione della tecnologia microelettronica digitale, si


devono aggiungere quelli propri di un sistema di controllo distribuito, collegato per mezzo di
linee digitali, ad un calcolatore di supervisione.
Schematicamente un sistema distribuito è composto da:

 controllori distribuiti, costituiti da microprocessori, ognuno dei quali regola uno o più anelli
di regolazione (o loops);
 unità di interfaccia con il processo, che acquisiscono informazioni derivanti dal controllo,
memorizzando i valori di alcune variabili e controllando se essi rientrano in un dato
intervallo. Attraverso le unità di interfaccia, quindi, gli operatori possono acquisire una serie
di informazioni supplementari, rispetto a quelle rilevate dai controllori, che rendono più
efficiente la gestione degli impianti:
 linee digitali di comunicazione, che trasmettono alla postazione dell’operatore, sia i dati
provenienti dai controllori, che le informazioni raccolte dalle unità di interfaccia. Le linee di
comunicazione permettono, quindi, lo scambio di informazioni codificate tra le varie unità
del sistema;
 postazione dell’operatore, che permette la visualizzazione delle informazioni relative al
processo su un video. In caso di funzionamento anomalo o al verificarsi di situazioni di
emergenza, l’operatore può intervenire direttamente azionando, ad esempio, valvole, pompe
o altri attuatori, digitando sulla tastiera.

122
Un sistema di controllo distribuito permette:

 il decentramento delle funzioni di controllo in modo che l’eventuale guasto di un controllore


distribuito non pregiudichi il funzionamento dell’intero sistema;
 la riprogrammazione degli algoritmi di controllo in modo da adeguarli a nuove situazioni;
 l’espansione del sistema, aggiungendo nuovi moduli hardware, senza dover riprogettare la
parte già esistente;
 l’autodiagnostica in linea, cioè la possibilità di individuare i guasti e di segnalare
all’operatore il codice relativo al particolare guasto. Ciò evita interruzioni o il verificarsi di
produzione degradata e realizza notevoli risparmi sia nei tempi che nei costi di riparazione e
manutenzione.

123
L’AUTOMAZIONE DELLA PRODUZIONE PER PARTI

Consiste nel far eseguire in modo automatico un certo numero di operazioni (fresatura,
tornitura, foratura, saldatura, verniciatura, assemblaggio etc.) per ottenere un prodotto finito, o
una famiglia di prodotti finiti, e/o semilavorato. Concerne i processi discreti ossia quelli dove la
produzione avviene per fasi distinte sia tecnologicamente che spazialmente (industria
automobilistica, degli elettrodomestici, dei mobili, aerei, calcolatori, macchine utensili etc.).
L’automazione consiste nel far eseguire la sequenza di operazioni che il materiale deve
subire, eventualmente ivi compreso il trasporto lungo le stazioni di lavoro, senza l’intervento
umano. Incide in modo rilevante sulla riduzione del costo del lavoro e sul miglioramento della
qualità del prodotto finito.
La prima forma di automazione della produzione per parti si è realizzata con la macchina
transfer (inizi anni ’50) e le linee di montaggio automatico. Prima metà anni ’50 negli USA
erano in funzione macchine transfer per la lavorazione di monoblocchi per motori a otto cilindri
(lunga 177 metri, in grado di compiere 555 operazioni diverse, richiedeva un “sorvegliante” e
due “montatori”). In seguito altre macchine transfer più estese e potenti (Chrysler, linea di
montaggio, 400 metri, 280 stazioni) e linee di montaggio automatico. L’inconveniente era
rappresentato dalla rigidità degli impianti (eccessiva specializzazione) richiedendo, eventuali
modifiche al prodotto, il sostenimento di costi molto elevati per il riattrezzaggio delle macchine
e della linea di produzione. Bisogna produrre una grande serie di modelli dello stesso tipo per
minimizzare i costi di impianto e di manutenzione.
Erano escluse quindi le produzioni in lotti medio-piccoli la cui produzione era basata
sulla diversificazione della lavorazione in relazione alle caratteristiche del lotto. La messa in
punto di macchine utensili a controllo numerico costituisce la fase per la diffusione
dell’automazione nell’industria manifatturiera.

124
AUTOMAZIONE RIGIDA, PROGRAMMABILE E FLESSIBILE

Nei sistemi produttivi, attualmente esistenti, è possibile individuare i tre tipi


fondamentali di automazione (rigida, programmabile, flessibile):

 la rigida si ha quando la sequenza nell’esecuzione delle operazioni è fissata dalla


configurazione dell’impianto (es. linee di trasferta e di linee di assemblaggio automatico).
Essa richiede alti investimenti iniziali per gli impianti specializzati, elevati volumi di
produzione per minimizzare il costo medio unitario, scarsa capacità di adattamento del
sistema ai cambiamenti, quali-quantitativi, del mercato e della domanda. In sintesi si
massimizza la produttività ma si minimizza la flessibilità del sistema.

 Al fine di conciliare il requisito della produttività con quello della flessibilità è stata
sviluppata l’automazione programmabile. Essa è caratterizzata dalla capacità del sistema
produttivo di variare la sequenza delle operazioni in base alle diverse configurazioni del
prodotto. E’ stata resa possibile dall’impiego delle macchine utensili a Controllo Numerico
che funzionano in base ad un programma dettagliato di istruzioni programmato (su nastro
perforato) ed eseguito da unità di controllo (Hardwires Control Unit). Modifiche eventuali di
prodotto vengono realizzate con un cambio di istruzioni alle MU a NC (maggiore
flessibilità). Lo sviluppo della microelettronica ha portato alla sostituzione dell’unità di
controllo (Hardeired C.U.) con un microcomputer che memorizza il programma delle
istruzioni; si elimina in conseguenza il nastro perforato (usurabile, poso affidabile) si può
con facilità cambiare il programma memorizzato, si aumenta in conseguenza la flessibilità. Il
Controllo Numerico Computerizzato ha reso possibile il collegamento diretto di più MU con
un elaboratore centrale consentendo la verifica costante dell’attività degli impianti (fig. 4.5).
L’automazione programmabile migliora sì la flessibilità del sistema ma non riduce i tempi
morti legati al carico/scarico del pezzo e degli utensili sulla macchina, al riattrezzaggio e
riprogrammazione delle macchine quando cambiano le caratteristiche del loto da sottoporre
a lavorazione.

 La necessità di eliminare i suddetti “tempi morti” ha condotto all’automazione flessibile che


comporta l’adozione dei sistemi computerizzati per pianificare e controllare il
funzionamento di unità produttiva. Essa comporta l’impiego oltre alla MU e CNC di robots
industriali, di sistemi flessibili di produzione (FMS), di sistemi integrati di pianificazione di

125
processo, di sistemi d’ispezione, stoccaggio e movimentazione nonché qualsiasi attività di
supporto alla produzione svolta con l’aiuto del computer. Con l’applicazione di tecnologie
flessibili si rende possibile produrre una varietà di prodotti con minimi tempi di
riattrezzaggio e riprogrammazione delle MU.
La modifica dei programmi avviene fuori linea e non è necessario interrompere la
produzione, lo stesso può dirsi per il riattrezzaggio. Si contrappone così alla riduzione di
ciclo di vita di prodotto l’estensione del ciclo di vita d’impianto.

Al concetto di flessibilità possono essere attribuite le tre accezioni differenti e


complementari; cioè la versatilità, l’adattabilità e la convertibilità:

La versatilità è la capacità di un impianto di modificare il mix produttivo all’interno di


una gamma predefinita di prodotti, con aggravi di costo contenuti.
L’adattabilità è la capacità di variare il volume di produzione, entro un dato intervallo, in
condizioni non lontane dall’ottimo (cioè con costi medi che non si discostano dalla curva
ottimale dei costi medi).
La convertibilità è la facilità di riconversione di un impianto, per modificare, in modo
più o meno radicale, il mix produttivo con costi più contenuti rispetto alla soluzione costituita
dalla realizzazione di un impianto completamente nuovo.
In questa definizione del concetto di flessibilità è rilevabile sia una dimensione
qualitativa (versatilità e convertibilità), sia una dimensione quantitativa (adattabilità).

126
127
AUTOMAZIONE FLESSIBILE: PRINCIPALI APPARATI

I principali apparati per l’automazione flessibile della produzione per parti sono:

a) le macchine utensili a controllo numerico (MU/NC);


b) i robot industriali;
c) i sistemi di movimentazione e magazzinaggio;
d) i sistemi flessibili di produzione (FMS).

128
LE MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO (MU/NC)

La MU/NC viene definita come “una macchina nella quale la sequenza delle operazioni,
l’entità degli spostamenti delle parti mobili, la velocità di rotazione e di avanzamento sono
programmati e scritti, in codice appropriato, in una memoria permanente; la lettura di questa
sequenza di informazioni provoca automaticamente la lettura del pezzo”.
Le MU/NC hanno avuto piena diffusione a partire dagli anni ’60 e sono il risultato della
combinazione tecnica dei servo meccanismi con l’elaborazione dei dati (elaboratori elettronici).
Il CN è infatti un dispositivo, basato su un sistema di codificazione di tipo matematico,
che permette agli organi mobili delle macchine utensili di eseguire automaticamente la sequenza
di movimenti necessari per la lavorazione dei pezzi.

Gli elementi fondamentali di un sistema a CN sono: (figura 5/1)

 il programma di istruzioni: è l’insieme della informazioni codificato in forma numerica o


simbolica su qualsiasi tipo di supporto che viene inserito nelle unità periferiche di input,
quali lettori di schede perforate o nastri magnetici, o tastiere;
 l’unità di controllo: legge ed interpreta il programma e lo converte in segnali che,
amplificati, mettono in movimento gli organi mobili della macchina utensile che esegue così
le operazioni meccaniche;
 le macchine utensili.

129
Il controllo delle esecuzioni delle istruzioni è affidato a trasduttori che rinviano i dati,
sull’attività esecutiva delle macchine, all’unità di controllo che, in caso di difformità con le
istruzioni del programma, può interrompere la lavorazione.

I sistemi NC si distinguono in:

1) Point-to-point NC (NC da punto a punto): l’utensile si muove verso una posizione


predeterminata e, quando la raggiunge, effettua l’operazione;

2) Straight-cut NC (controllo numerico a taglio rettilineo): questi sistemi, adatti ad


eseguire operazioni di taglio per fabbricare pezzi di forma rettangolare, sono in grado
di muovere l’utensile della macchina operatrice parallelamente agli assi cartesiani;

3) Countauring NC (NC a processo continuo): in questi sistemi gli spostamenti sono


correlati fra loro per cui gli utensili sono in grado di muoversi secondo rette non
parallele agli assi cartesiani e secondo curve. In percorso dell’utensile è controllato di
continuo in modo da ottenere il pezzo della forma geometrica voluta. Sistema più
complesso e costoso di 1) e 2) ma più flessibile.

Il NC ha consentito alla MU di raggiungere quasi lo stesso livello di versatilità della MU


manuale, incrementando notevolmente la qualità delle esecuzioni delle lavorazioni, diminuendo
il costo della manodopera per unità di prodotto e gli scarti della lavorazione e ciò con notevole
“flessibilità produttiva” in quanto si ha la possibilità, riformando il programma di istruzioni, di
modificare la sequenza dei movimenti ed ottenere pezzi di forme diverse e tutti con assoluta
precisione. La messa appunto delle macchine è molto rapida in quanto è necessario effettuare il
controllo solo sull’esecuzione del primo pezzo.

130
EVOLUZIONE

I primi sistemi di NC non presentavano componimenti elettroniche: il supporto di


memorizzazione delle istruzioni alla macchina era costituito da schede o nastri, che venivano
perforati manualmente; questi primi sistemi hanno avuto una limitata diffusione per l’eccessivo
ingombro e per la facilità con cui si verificavano guasti meccanici. Con lo sviluppo della
microelettronica e della informatica è stato possibile migliorare le funzioni di controllo delle
MU e facilitare la loro programmazione, si è ridotta di molto l’incidenza del costo del CN sul
costo complessivo della macchina utensile. Ciò ha reso conveniente l’adozione di questo tipo di
controllo anche per produzioni sì piccola serie e/o anche di singoli pezzi (richiedevano uso di
macchine semplici e poco costose).
L’affermazione definitiva di tali sistemi si è avuta quando è stato possibile utilizzare il
calcolatore nell’unità di controllo delle macchina operatrici.

I principali progressi nei sistemi di NC (combinazione: NC + elaboratore elettronico)


riguardano (v. tab.5.1)

 il controllo numerico diretto con calcolatore (DNC: Direct Numerical Control):


 il controllo numerico con calcolatore (CNC: Computerized Numerical Control).

131
Il DNC

E’ stato il primo ad essere sviluppato; comporta l’uso di un elaboratore centrale per


controllare, attraverso una connessione diretta ed in tempo reale,un certo numero di macchine
utensili a NC. Il programma delle istruzioni è inserito in un elaboratore esterno il quale lo
trasmette alla MU a CN, che rinvia i dati di lavorazione al calcolatore il quale li riceve e
risponde in modo adeguato. Vi è quindi un duplice flusso di informazione che si sviluppa in
tempo reale e che va dal calcolatore alla macchina utensile e da questa al calcolatore.

La configurazione generale di un sistema DNC prevede (figura 5/2):

 un elaboratore centrale;
 una memoria che immagazzina i programmi;

132
 linee di telecomunicazione; un’unità di controllo;
 le macchine utensili.

Il collegamento informativo tra l’elaboratore centrale e la MU può essere realizzato con due
sistemi:

 il sistema BTR (Belino the Tape Reader), in cui l’elaboratore è direttamente collegato
all’unità di controllo della macchina con linee di telecomunicazione;
 il sistema MCU (Special Machine Control Unit), in cui l’unità di controllo NC è sostituito da
un dispositivo che facilita le comunicazioni tra la MU e l’elaboratore. Si realizza così una
maggiore flessibilità nel modificare le funzioni di controllo.

L’adozione di un DNC comporta, rispetto al MU-NC convenzionale, i seguenti vantaggi:


 maggiore affidabilità legata all’eliminazione delle schede e/o dei nastri perforati, soggetti ad
usura, e del lettore che costituivano il punto debole del sistema;
 ottimizzazione della ripartizione del lavoro tra le diverse MU e della gestione dei materiali;

133
 possibilità di effettuare il controllo della produzione in tempo reale.

Il DNC all’inizio (primi anni ’70) ebbe scarso successo (l’elaboratore centrale era utilizzato solo
per aumentare le prestazioni delle MU a CN); oggi la sua funzione è diventata essenziale nei
sistemi flessibili di produzione (FMS) in quanto consente la gestione automatica di un gruppo
MU, di robot, di sistemi di movimentazione dei pezzi e di altre macchine operatrici. Gli attuali
sistemi di DNC si possono definire, quindi, come un sistema computerizzato che collega un
certo numero di MU/CNC ad un elaboratore centrale il quale ottimizza la ripartizione del lavoro
sulle varie macchine, gestisce il flusso dei materiali e controlla l’avanzamento della produzione.
Il CNC (Controllo Numerico Computerizzato) è un sistema che impiega un elaboratore
dotato di un proprio programma di elaborazione (immagazzinato e sostituibile) per svolgere le
funzioni di base del controllo numerico.
Il CNC utilizza un mini-o un micro calcolatore installato sulla MU, per cui è possibile
preparare un programma direttamente in officina e memorizzarlo subito, e/o sostituirlo
facilmente per incorporare nuove opzioni.
Ciononostante un’elevata flessibilità di impiega di un’apparecchiatura CNC in quanto
può essere adattata a diverse MU. La “flessibilità” di un sistema CNC garantisce il
funzionamento ottimale dell’impianto, sia al momento dell’installazione che in fase di esercizio,
aggiornando il software o con interconnessione di altri hardware.

I principali vantaggi del CNC sono:

 riduzione del costo relativo al controllo (rispetto alle MU/CN) per la continua diminuzione
dei costi dell’hardware;
 diminuzione del tempo/costo di messa a punto di un nuovo programma di lavorazione (tanto
più sensibile quanto più complesso è il nuovo);
 migliore qualità del prodotto finito;
 riduzione degli scarti;
 autodiagnostica in tempo reale, sia sull’unità di controllo che sulle macchine, realizzando
così riduzione di scarti, di incidenti e di tempi morti di fermo macchina.

Attualmente si sta sviluppando il concetto di “controllo adattivo”, che può essere definito
come un dispositivo automatico con il quale è possibile controllare un numero maggiore di

134
variabili del processo produttivo (per mantenere costante la qualità della produzione o
interromperla quando si verificano situazioni che possano danneggiarla).

135
I ROBOTS INDUSTRIALI

Secondo la definizione data dal “Robotica Institute of America” il robot è un


manipolatore riprogrammabile e versatile progettato per muovere una attrezzatura, dei pezzi,
delle apparecchiature speciali, o degli utensili in una sequenza di movimenti variabili o
programmata al fine di eseguire una serie di compiti diversi”.
La maggior parte degli studiosi del settore considera il robot come un sottosistema
industriale:

1) orientato alla manipolazione di parti o utensili o altre lavorazioni nelle attività


produttive di tipo discreto;
2) dotato di una memoria sufficiente ad immagazzinare un numero significativo di
istruzioni e con la capacità di essere programmato, in modo relativamente semplice, e
di essere multiscopo;
3) flessibile, cioè idoneo ad eseguire manipolazioni di prodotti diversi raggruppati per
caratteristiche similari.

Il robot ha quindi la capacità di operare in modo autonomi, senza sorveglianza; ciò comporta
l’inserimento nella macchina di una “intelligenza interna” o di una “memoria programmabile”; i
robots sono infatti macchine intelligenti capaci di sostituire l’uomo in alcune sue funzioni; e ciò
è essenzialmente manifestato:

 nell’attitudine a reagire a stimoli esterni;


 nella possibilità di ricevere istruzioni ed essere addestrato per svolgere compiti specifici;
 nella capacità di scegliere fra i vari tipi di intervento quello più adeguato per portare a
termine il lavoro.

Il robot, quindi, conserva entro certi limiti la versatilità e l’adattabilità propria dell’uomo
senza risentire però dell’affaticamento fisico o psichico, e dei rischi connessi alle condizioni,
ambientali o di lavoro, nocive (tipiche dell’uomo).

La tecnologia che ha portato alla realizzazione di robots industriali si è originariamente


sviluppata in industrie diverse tra loro ma caratterizzate dalla necessità di manipolare a distanza
oggetti e materiali (es. industria nucleare, mineraria, realizzazione sottomarine) e di sostituire

136
l’uomo in attività ripetitive e/o nocive per la salute (es. verniciatura).
Strutturalmente i robots si presentano come bracci articolati con pinze o altri arnesi alle
estremità capaci di muovere un pezzo o un utensile lungo una sequenza di punti, o di un
percorso specifico, e di trasmettere negli stessi punti forze o trazioni predeterminate. La forza ed
il movimento sono trasmessi al braccio mediante attuatori che possono essere pneumatici,
idraulici, elettrici. I sistemi di movimento possono essere: rettilineo o rettangolare, cilindrico,
sferico, articolato; ognuno di questi sistemi ha tre gradi di libertà (figura 5.6).

I robots, indipendentemente dal tipo, richiedono un sistema meccanico di manipolazione

137
ed un sistema di controllo; il sistema meccanico è la parte che compie realmente il lavoro: tutti i
robots, quindi, necessitano di organi di manipolazione per prendere, sollevare, pressare, ruotare,
… ecc. il materiale da lavorare.
La struttura meccanica di un robot comprende la mano (con dita ed organi di presa)
(figura 5.7) il polso, con possibilità di ruoto (figura 5.8), il braccio, con o senza articolazioni
(figura 5.9) e la struttura di sostegno.

138
Gli organi meccanici sono generalmente dotati di sensori capac8i di rilevare sforzi e
deformazioni, di riconoscere forme e caratteristiche superficiali degli oggetti, … in modo da
inviare i dati rilevati all’unità di controllo che, in base al programma memorizzato provvede ad
inviare ordini agli attuatori. I “sensori” sono quindi dispositivi che consentono al robot di
raccogliere informazioni ed entrare in rapporto con il mondo esterno; (sensori elettrici,
ferromagnetici, cellule IR, di contatto, ecc.). Il robot può anche “vedere” i pezzi che gli si
presentano di fronte e di conseguenza modificare le sue operazioni in base alle caratteristiche
del pezzo in lavorazione o da assemblare.

139
Il sistema meccanico di manipolazione rappresenta il “braccio” del robot, il sistema di
controllo costituisce il “cervello” ed è responsabile della gestione del movimento del robot; esso
assolve a tre funzioni fondamentali:

140
1) definisce la logica sequenziale con cui vengono attuati gli azionamenti;
2) memorizza le coordinate spaziali per ogni operazione;
3) riceve i dati rilevati dai sensori, li analizza ed impartisce gli ordini operativi agli
attuatori sulla base del programma fornito dall’uomo.
Mentre le prime due funzioni non richiedono necessariamente l’ausilio della tecnologia
elettronica, la terza funzione necessita della microelettronica e dell’informatica in quanto
deve elaborare i dati rilevati dai sensori e di conseguenza trasmettere gli ordini agli attuatori.

Lo sviluppo dei robot è avvenuto in fasi progressive dette “generazioni”:

 Robot di I generazione: è il tipo più comune (anni ’60) ed è in grado di effettuare operazioni
di manipolazione e movimentazione per il carico e scarico di macchine utensili; è progettato
per agire secondo sequenze preordinate e indipendenti dall’ambiente circostante.

 Robot di II generazione: sono dotati di sensori tattili o visivi che trasmettono informazioni
relative alla presenza, alla posizione e alla qualità di oggetti circostanti; il programma di cui
sono dotati prevede una sequenza di operazioni in funzione dei dati forniti da tali sensori per
cui se si verificano cambiamenti esterni modificano le azioni in modo corretto.

 Robot della III generazione: sono ancora in fase di studio allo scopo di sviluppare “robot” in
grado di prendere decisioni “intelligenti” e capaci di determinare in modo autonomi tecniche
operative ottimali. Il loro sviluppo è collegato alle ricerche condotte sull’Intelligenza
Artificiale.

Allo stato attuale le maggiori difficoltà si verificano nelle fasi di interpretazione dei segnali
sensoriali e di decisione: il robot dopo aver interpretato tali segnali dovrebbe prendere, on line,
una decisione di modifica del programma (un software capace di ciò è ancora oggetto di
ricerca).

I robot presenti attualmente nel mercato si possono raggruppare in categorie:

 Manipolatori manuali: sono macchine azionate dall’uomo e compiono semplici operazioni di

141
carico e scarico o di posizionamento di pezzi;

 Robot sequenziali: eseguono il lavoro secondo la sequenza di fasi precedentemente


selezionate; in genere sono impiegati per il carico-scarico delle macchine operatrici.
Si distinguono in:

A) Robot a sequenza fissa (non servo- controllati), forniscono un movimento del tipo “da
punto a punto” (es. trasferimento di materiale da un processo all’altro);
B) Robot a sequenza variabile (servo-controllati), si muovono in diverse direzioni lungo gli
assi X, Y, Z (vengono utilizzati nelle attività che richiedono sequenze di movimenti
diversi in funzione dell’oggetto in lavorazione);

 Robot play-back, ripetono continuo una sequenza operativa “appresa”, facendo eseguire
manualmente al braccio meccanico l’operazione;

 Robot a controllo numerico: eseguono le operazioni richieste in base ad informazioni


numeriche immagazzinate riguardante la posizione, la sequenza delle operazioni, le
condizioni di esecuzione.

 Robot intelligenti: sono macchine ad alta tecnologia fornite di capacità sensoriale e


cognitive in grado di prendere decisioni in funzione dei segnali esterni e di adeguare le
operazioni in conseguenza.

Le operazioni che i robots sono in grado di compiere, si possono classificare come segue:

 operazioni di pura movimentazione come carico-scarico di macchine utensili, trasferimento


di parti da un punto all’altro, orientamento dei pezzi, manipolazione di parti come
imballaggi, ecc. Spesso si pone il problema della diversa durata delle operazioni che deve
compiere la macchina e di quelle che deve compiere il robot ad essa asservito. In genere il
ciclo della macchina è relativamente più lungo di quello del robot. In questi casi il robot
viene impiegato per assistere più macchine che vengono disposte, intorno ad esso, in una
cellula.

142
 operazioni di movimentazione e lavorazione, quale ad esempio saldatura a punti e continua,
assemblaggio di parti meccaniche, elettriche o elettroniche, verniciatura, taglio ed altre
operazioni con utensili portatili. L’impiego di robots in questo tipo di lavorazioni è
determinato da ragioni di carattere economico (sollevare l’operaio da lavorazioni faticose,
dannose alla salute o monotone), qualitativo (il robot non essendo soggetto a stanchezza
psico-fisica opera in modo uniforme) ed economico (riduzione degli scarti, del costo del
lavoro, dei consumi energetici):

 operazioni di movimentazione e ispezione come ad esempio rimozione di bavature e rissaioli


di foratura, trapanatura e molatura, carico-scarico di fornaci in fonderia, pressofusione nello
stampaggio di materiali plastici. I robots impiegati in questo tipo di operazioni sono in
genere macch9ine programmabili e flessibili in grado di effettuare misure su un corpo
incognito a priori, e di controllare i valori dimensionali di un pezzo noto, al fine di
confrontarli con i valori teorici per verificare il rispetto delle tolleranze.

Il robot ha avuto la sua piena diffusione a partire dagli anni ’70 in cui furono predisposte
le cellule di lavorazione o manifacturing cells costituite da macchine utensili servite da
robots; il robot, oltre ad effettuare specifiche lavorazioni (trapanatura o altro), aveva
essenzialmente funzioni di carico-scarico delle macchine utensili (tornio, fresa, stampaggio,
ecc.) e di trasferimento di pezzi dall’una all’altra.
Successivamente il robot è stato utilizzato per operazioni di lavorazione vera e propria e
di ispezione.
L’applicazione dei robots è risultata vantaggiose per l’esecuzione di diverse lavorazioni
in numerose industrie, quali ad esempio quella:

 automobilistica: saldatura a punti, verniciatura, carico-scarico di presse, forgiatura, controllo


dimensionale, con tornatura, bavatura;

 degli elettrodomestici: carico-scarico delle presse, montaggio di componenti


elettromeccanici, spruzzatura nelle operazioni di smaltatura, sigillatura di giunzioni;

 elettronica: montaggio delle piastre, stesura dei fili, saldatura di componenti elettronici;

143
 metalmeccanica: servizio delle macchine utensili e montaggio;

 della gomma: accostamento delle fasce di battistrada calde;

 metallurgica primaria: servizio delle macchine di pressofusione, carico-scarico di presse,


fucinatura, forgiatura, finitura;

 della plastica: serviz9io delle macchine di pressofusione, controllo dimensionale,


pallettizzazione;

 degli esplosivi: manipolazione degli stessi.

I benefici economici, che scaturiscono dall’impiego dei


robots, sono molteplici e possono essere raggruppati in due categorie:

quelli che incidono sulla produttività del sistema.


quelli che incidono sul costo dei materiali.

I primi derivano dal fatto che i robots possono:

a) operare ad un ritmo di produzione generalmente superiore a quella dell’uomo. La


maggiore velocità e continuità operativa, l’esatta sequenza delle operazioni e la possibilità
dell’utilizzo su più turni, permettono una riduzione del tempo intercorrente fra il lancio della
produzione e la relative esecuzione con riflessi positivi sulla produttività. Inoltre la capacità di
operare secondo sequenze prefissate e con elevata costanza nei tempi, permette di evitare ritardi
o variazioni impreviste delle sequenze operative;

b) ridurre o eliminare l’esigenza di avere forza lavoro sovradimensionata al fine di coprire


l’assenteismo, l’addestramento, le rotazioni;

c) ridurre il numero di macchine o di stazioni di lavoro necessarie per mantenere un dato


livello produttivo;

144
d) sostituire l’uomo in lavorazioni nocive per la salute come la saldatura e la verniciatura:
Ciò permette all’impresa di superare le difficoltà legate al reperimento della manodopera per le
suddette lavorazioni e di ridurre i costi legati alla garanzia dell’igienicità del posto di lavoro
(abbattimento del particellato, eliminazione dei fumi, luminosità dell’ambiente ecc.)

e) aumentare l’output produttivo senza investire in macchinari addizionali o incrementare i


costi del lavoro con il ricorso agli straordinari:

f) ridurre i tempi di attesa e migliorare lo sfruttamento delle macchine.

Per quanto riguarda il secondo punto, i robots possono:

a) migliorare la qualità del prodotto, in quanto a differenza dell’uomo che è soggetto ad


affaticamento, il robot può essere fatto funzionare ininterrottamente senza perdere di precisione.
La qualità della lavorazione non solo è superiore a quella dell’uomo ma è, soprattutto, costante
nel tempo;

b) ridurre il numero delle parti scartate;

c) semplificare le operazioni di ispezione e di collaudo:

d) ridurre le scorte di materie prime e di semilavorati.

Un altro vantaggio, di fondamentale importanza, dei robots industriali è la flessibilità sia


del processo che delle caratteristiche del prodotto.
Infatti la flessibilità del robot permette un aggiornamento continuo del processo
produttivo in quanto, sono facilmente modificabili, attraverso frequenti riprogettazioni, sia il
tipo e la sequenza delle lavorazioni che le caratteristiche del prodotto.
Inoltre bisogna tenere presente che la capacità produttiva dei robots è facilmente
saturabile in quanto, essendo essi utilizzabili indifferentemente per diverse lavorazioni, basta
ridefinire il mix dei prodotti a favore di quelli che sono maggiormente richiesti dal mercato.

145
SISTEMI DI MOVIMENTAZIONE E MAGAZZINAGGIO

Questi sistemi sono fondamentali per l’automazione flessibile. “Mentre il sistema


informativo viene a svolgere la funzione di “sistema nervoso” nel sistema di produzione, quello
di “material haredling” e di trasporto svolge il ruolo di sistema circolatorio cui è affidata
l’integrità fisica delle varie unità produttive”.
Nella scelta dei sistemi di movimentazione e magazzinaggio sono tanti i fattori da
considerare (es. entità dei flussi, tipologia unità di carico, la frequenza di movimentazione,
numero stazioni da rifornire, distanze fra esse, complessità di percorso, dimensione scorte etc).
Per trasportare i pezzi in lavorazione tra le macchine in genere il pezzo viene fissato su un pallet
all’ingresso e quindi il trasferimento del pezzo corrisponde a quello del pallet.
I metodi tradizionali per il trasferimento sono rappresentati dai classici convogliatori a
rulli, a catena e a nastro che costituiscono l’organo di movimentazione che muove i prodotti
lungo una linea ai cui lati sono posizionate stazioni di lavorazione o di assemblaggio.
I metodi attuali impiegano carrelli automatici su rotaia o su guida elettromagnetica e
permettono tanto il trasferimento dei pezzi in lavorazione quanto l’alimentazione dei centri di
montaggio di componenti da assemblare.
I veicoli a guida automatica (AGV: Automated Guide Vehicle) sono costituiti da carrelli
programmati per effettuare un dato percorso.
Il sistema propulsivo è stato da batterie ed il programma di movimentazione inviato al
carrello (dal calcolatore che dirige e controlla) viene memorizzato e resta valido fino a nuovo
ordine. I veicoli più avanzati sono dotati di sensori che inviano all’elaboratore di controllo la
loro posizione, l’identità di carico, malfunzionamenti, collisioni etc.
Il tipo più flessibile è quello a carico-scarico automatico (fig. 5.13).
Questi sistemi consentono di ridurre al minimo i tempi di movimentazione di attesa con
una alimentazione a flusso continuo delle macchine di pezzi in lavorazione aumentando, in
conseguenza, il grado di utilizzo dei beni strumentali.

146
L’automazione delle funzioni di immagazzinaggio presenta notevoli vantaggi
complementari a quelli della movimentazione automatica.
L’automazione concerne la fase di trasporto dalla fabbrica al magazzino, l’allocazione ed
il prelievo del prodotto dallo spazio di magazzino (si ha così, con un elaboratore finalizzato,
l’inventario di magazzino in tempo reale). Magazzini automatici sono costituiti da una matrice
di scaffali dove i componenti sono prelevati e/o immagazzinati usando veicoli, controllati come

147
gli AGV, programmati per riconoscere i componenti da estrarre o depositare. Questo sistema
viene chiamato ARS (sistema di immagazzinaggio e prelievo automatico). Diventa così
flessibile ridurre (oltre alla manodopera) gli spazi occupati, i costi di immagazzinamento,
affrancandosi peraltro dalla presenza dell’uomo (aria, luce, temperatura hanno quindi
importanza relativa) potendosi utilizzare, ad es., il sottosuolo come un pozzo.
Per ovviare alla limitazione di percorso che è obbligato dalle rotaie e/o dai cavi induttivi
di varia tipologia, sono allo studio modelli guidati da impulsi laser o segnali ultrasonici, capaci
di controllare la movimentazione per mezzo di sistemi giroscopici.

148
I SISTEMI FLESSIBILI DI PRODUZIONE

Un sistema flessibile di produzione (FMS o Flexible Manufacturing Systems) può essere


definito come un sistema composto da almeno quattro unità operatrici (macchine utensili a
CNC, dispositivi di misura per il controllo di qualità) collegate da mezzi automatici di
manipolazione (es. robots), di movimentazione(es. AGV) e magazzinaggio dei pezzi e degli
utensili, atto a produrre pezzi differenti, appartenenti ad una stessa famiglia, in lotti di
dimensione variabile e sequenza qualunque sotto il controllo di un elaboratore DNC.
Il sistema flessibile di produzione opera sotto il controllo di un elaboratore che integra in un
sistema produttivo singolo, più tecnologie: macchine utensili CNC(sottosistema di lavorazione),
robots e sistemi automatici di movimentazione), calcolatore per il controllo della
movimentazione del materiale delle macchine utensili (sottosistema di controllo).
Gli FMS sono configurazioni di automazione industriale che mostrano, ad un livello
avanzato, i due obiettivi della evoluzione tecnologica dei processi produttivi: flessibilità ed
integrazione dei macchinari.
Sul piano della flessibilità gli FMS permettono la riprogrammazione delle unità e stazioni
operatrici che li compongono e soprattutto, permettono di ampliare e modificare il mix dei beni
producibili dalla stessa linea di produzione. La loro giustificazione economica è data dalla
produzione, in lotti medio-piccoli, di pezzi differenziati per forme e dimensioni.
In contrapposizione al sistema tayloristico tradizionale, che si sviluppa attraverso una
sequenza programmata di passi specifici per fabbricare un prodotto, un FMS può essere
programmato per modificare il processo produttivo, ai diversi momenti, nelle diverse sequenze.
L’integrazione si realizza attraverso il collegamento dei macchinari di produzione(macchine
utensili CNC, macchine di misura, sensori, ecc.) per mezzo di strumenti di manipolazione (ad
es. robots), sistemi di trasporto e linee di comunicazione con un elaboratore di processo
attraverso il quale viene programmato il sistema e controllato il processo.
Flessibilità ad integrazione sono strettamente complementari, poiché, la prima richiede una
suddivisione del processo produttivo in fasi e la seconda comporta la creazione di automatismi
tra le fasi, in modo da assicurare un più elevato coordinamento del sistema nella sua globalità.
Si realizzerà in concreto un FMS quando alle macchine utensili a CNC verrà aggregato un
equipaggiamento ausiliario. Innanzitutto il sistema dovrà disporre di una tavola rotante, posta
lateralmente alla macchina, in cui verranno alloggiati i pallets con i pezzi da lavorare. Inoltre
fondamentale è la realizzazione di un magazzino attrezzi (circolare o rettangolare = contenente
da 20 a 60 utensili. Questi dovranno essere selezionati automaticamente e collocati in posizione

149
di lavoro., secondo le necessità, da un apposito robot manipolatore (Automatic tool changer).
Altro elemento importante è poi l’apparecchiatura che consente lo scarico dei pallets con i
pezzi grezzi(Automatic pallet changer): questa può assumente varie configurazioni, parallelo,
rotante, multiplo, a seconda delle specifiche esigenze. La movimentazione dei pezzi da lavorare
e dei materiali è effettuata con l’impiego di idonei carrelli a guida automatica (Automatic guided
cehicles), capaci di effettuare determinati percorsi attraverso lo stabilimento, al fine di
trasportare pallets e materiali verso e dai vari centri di lavoro.
“Questi sistemi producono “in piccolo” e in circoscritte fasi o aree della produzione quelle
che sono le tendenze e le problematiche future dell’intera “Fabbrica automatica”: i sistemi
possono essere concepiti, infatti, come “supermacchine” in grado di regolare autonomamente i
flussi di materiali, utensili e lavorazioni al loro interno e, per queste loro qualità, essi
rappresentano i mattoni di configurazione ancora più integrati regolati da un controllo
gerarchico superiore”.
I componenti fondamentali di un FMS sono:
a) le macchine utensili CNC che devono essere progettate per una elevata varietà di parti in
una sequenza casuale, in quanto il mix di prodotti può essere ridefinito in ogni momento.
Le macchine utensili CNC si distinguono in orizzontali e verticali a seconda della
posizione che assume l’utensile rispetto al pezzo in lavorazione; la scelta delle diverse
soluzioni dipenderà dalle esigenze della produzione;
b) il sistema di movimentazione dei materiali che adempie a due funzioni fondamentali:
movimentare le parti tra i centri di lavorazione ed interfacciare i singoli centri di lavoro. I
pezzi da lavorare, montati su pallets devono poter passare dalla stazione di lavoro ad ogni
altra stazione del sistema, per cui è importante che i pallets possano muoversi
indipendentemente l’uno dall’altro per minimizzare le interferenze e massimizzare
l’utilizzo delle stazioni di lavoro. Deve essere inoltre consentita facilità di accesso alle
operazioni di carico e scarico della stazione di lavoro.
c) Il controllo di sistema computerizzato che effettua le gestione ed il controllo degli FMS. Le
funzioni principali riguardano:
 la memorizzazione dei programmi relativi ai particolari che devono essere lavorati nelle
diverse stazioni di lavorazione;
 la distribuzione dei programmi alle singole macchine operatrici;
 il controllo di produzione;
 la regolazione del sistema di trasporto primario che movimenta le parti tra le stazioni di

150
lavoro;
 la regolazione dei sistemi di movimentazione delle parti per ciascuna macchina operatrice;
 il controllo della disponibilità e dell’efficienza degli utensili relativi a ciascuna stazione di
lavoro.

Vengono generalmente individuate quattro categorie di FMS:

 il modulo flessibile di produzione (FMM);


 la cellula a o isola flessibile;
 linee transfer flessibili;
 sistemi flessibili non in linea.

Le ultime due categorie rappresentano gli FMS veri e propri.

Il modulo, è un’unica macchina utensile a controllo numerico, controllata dall’elaboratore,


dotata di mezzi automatici di carico-scarico e posizionamento dei pezzi e degli utensili, e di
magazzinaggio. Il modulo flessibile è la configurazione minima di un sistema di automazione
flessibile in quanto ha la capacità di produzione automatica non presidiata per almeno un turno.
E’ adatto a produrre pezzi differenti di una stessa famiglia con lotti di dimensione variabile e
sequenza qualunque.

La cellule o isola flessibile, è costituita da un piccolo gruppo di macchine utensili asservite


da robots per il carico-scarico, controllate da un micro o minicalcolatore di supervisione,
collegate da mezzi automatici di movimentazione e magazzinaggio dei pezzi e degli utensili. La
cellula flessibile è la configurazione più semplice di FMS di cui può costituire una parte. E’
adatta a produrre pezzi differenti di una stessa famiglia con lotti di dimensione variabile e
sequenza qualunque.

La linea transfer flessibile: è una linea di produzione in cui il flusso dei materiali ha luogo
ciclicamente attraverso una sequenza fissa di macchine mediante un sistema di trasporto
automatico(solitamente un trasportatore a rulli). La flessibilità, rispetto alle linee transfer
tradizionali, deriva dalla capacità multifunzionale delle singole macchine e dalla possibilità che
un pezzo eviti una delle macchine della linea o almeno che vi passi attraverso senza essere

151
lavorato.

I sistemi flessibili non in linea, sono sistemi di produzione formati da una serie di cellule
fornite di macchine multiscopo in grado di lavorare un’ampia varietà di pezzi in sequenza
qualunque. Il collegamento tra le varie macchine è il tipo non ciclico e avviene per mezzo di un
sistema trasportatore automatizzato (es. carrelli a batteria filoguidati o guidati da nastri
elettromagnetici) (figura 5.15.)

T.G. Gunn definisce un sistema produttivo flessibile come “un complesso automatizzato di
macchine utensili programmabili per lavorazioni metalliche. Le macchine sono sotto il controllo
di una gerarchia di calcolatori e sono collegate da un nastro trasportatore che porta dall’una
all’altra i pezzi da lavorare. Il minicalcolatore determina la successione complessiva delle

152
lavorazioni, quando un pezzo arriva alla macchina, il minicalcolatore fa scegliere a questa
l’utensile da taglio appropriato e “cala” il programma di un microcalcolatore più piccolo che
controlla il percorso di taglio dell’utensile.

L’intervento dell’uomo in un FMS è limitato alla preparazione del lavoro(realizzazione del


programma di produzione, approntamento dei magazzini per i materiali da lavorare e per gli
utensili) e alla sorveglianza e manutenzione.
Un FMS, oltre ai vantaggi connessi ai singoli elementi che lo compongono, presenta i
seguenti vantaggi:
 riduzione della manodopera;
 riduzione dei tempi di movimentazione e attesa in quanto il trasporto del pezzo, il
posizionamento, il deflusso dopo la realizzazione della fase di lavorazione, sono concepiti in
modo da minimizzare la durata del ciclo. Ciò comporta un aumento della produttività.
 Flessibilità del sistema, che permette di modificare la produzione, sia in senso qualitativo
che quantitativo, per meglio adattarla alla domanda di mercato.

I vantaggi che possono derivare dalla applicazione di


sistemi flessibili di produzione sono:

 riduzione della dimensione degli impianti;


 aumento del tasso di sfruttamento degli impianti;
 riduzione del tempo di predisposizione delle macchine;
 più rapidi cambi di modello;
 riduzione dei tempi di consegna;
 maggiore accuratezza nelle lavorazioni;
 maggiore standardizzazione delle tecniche utilizzate;
 minore incidenza del costo del lavoro.

153
TECNOLOGIE CON L’AUSILIO DEL CALCOLATORE

La microelettronica ha inciso in modo determinante in tutte le arre che compongono il


sistema produttivo. Con l’avanzare delle applicazioni si comprese che, collegando i diversi
reparti, si realizzava un flusso informativo fra le diverse aree aziendali migliorando l’efficienza
di sistema con esaltazioni delle potenzialità insite nella microelettronica. In sintesi si poté
realizzare quella che qualche autore ha definito come “produzione integrata tramite calcolatore”.
Dalla seconda metà degli anni ’70 la diffusione delle tecnologie informatiche ha provocato,
nelle imprese industriali, notevoli cambiamenti, in particolare nelle seguenti arre:

 progettazione ed ingegnerizzazione del prodotto: questa area comprende le tecnologie CAD


(Computer aided design), CAE (Computer aided engineering) e CAPP (Computer aided
process planing);
 gestione automatizzata della produzione: questa area comprende le tecnologie CNC, gli
FMS, CAT (computer aided testing) e CAI (computer aided inspection); area
CAM(computer aided manufacturing);
 pianificazione e controllo della produzione: questa area comprende i sottosistemi MPR
(Material Requirement Planing) e CAP(controllo avanzamento produzione).

L’integrazione delle tre arre si realizza con un flusso di informazioni continuo da un’area ad
un’altra. In atto la ricerca nel settore della mi8croelettronica (hardware) e dell’informatica
(software) tende ad integrare sempre più le aree per ottenere sistemi produttivi flessibili e
riconfigurabili.

154
AREA DI PROGETTAZIONE ED INGEGNERIZZAZIONE (AREA CAD:
COMPUTER AIDED DESIGNE)

La progettazione è stata la prima funzione, legata direttamente all’attività produttiva ad


essere interessata dalle tecnologie microelettroniche ed informatiche. Infatti, verso la metà degli
anni ’90, alcuni ingegneri della General Motors insieme ad alcuni esperti di programmazione
della IBM collaborarono al fine di mettere a punto un sistema per la progettazione al calcolatore.
Attualmente questa area comprende l’insieme delle tecnologie computerizzate a
disposizione della fase di progettazione CAD(Computer Aided Design) e di ingegnerizzazione
CAE (Computer Aided Engeneering), e di pianificazione delle attività interne dell’area tecnica
CAPP(Computer Aided Process Planning). “Nell’eccezione attuale facente uso di tecniche
sofisticate di computer graphics, supportate da programmi in grado di costituire per il progettista
strumenti di ausilio per lo sviluppo, l’attività ingegneristica, l’analisi dei costi e l’ergonomia del
prodotto”.
Lo scopo fondamentale dell’automazione CAD è quello di sostituire il lavoro di stesura di
disegni e di diagrammi, fatto al tavolo da disegno, con un sistema di elaborazione delle
informazioni di base contenute in tale lavoro (coordinate, distanze, simboli, curve di raccordo,
ecc.) Il CAD è quindi l’impiego delle tecnologie del computer nell’elaborazione, nello sviluppo,
e nella gestione del progetto del prodotto.

In particolare il CAD riguarda le seguenti fasi:


a) disegno;
b) rappresentazione matematico-geometrica del progetto (modellizzazione);
c) valutazione delle modifiche del progetto;
d) archiviazione dei dati relativi alle fasi precedenti e di tutte le informazioni associate.

Tecnicamente il CAD è costituito, oltre che dall’elaboratore e dal software specifico, da


terminali video a colori ad alta definizione, da plotter per la riproduzione dei disegni e della
documentazione.
Il CAD consente di realizzare ogni tipo di disegno tecnico con tutte le indicazioni per
l’esecuzione, sia di particolari che di assiemi; di rappresentare questi esplosi, di utilizzare
parti e componenti standard.
Il CAE supporta la fase del calcolo progettuale di parti e componenti e dell’analisi
funzionale di “Testing”. Il CAE premette di effettuare direttamente su video

155
sperimentazioni o simulazioni, anche molto complesse, sui prototipi disegnati. Esempi di
tali simulazioni sono analisi di stress, di resistenza, deformazione tecnica, di
funzionamento, di resistenza aerodinamica ecc.
Il CAPP pianifica il processo produttivo attraverso la definizione del metodo di
fabbricazione con i relativi cicli, le istruzioni di lavoro, gli attrezzaggi ecc.
In generale le tecniche CAD permettono la realizzazione di:
a) disegno bidimensionale;
b) modellazione tridimensionale;
c) analisi ad elementi finiti (FAE: Finit Element Analysis)

Le tecniche di disegno bidimensionale permettono di realizzare soltanto disegni di forme


piane mediante punti, rette e curve contenute in un piano a due dimensioni; tale sistema non
permette viste diverse da quella disegnata; ogni vista, sia essa una proiezione ortografica,
isometrica o di altro tipo, deve essere disegnata espressamente come se si trattasse di un
particolare diverso.
Le tecniche di modellazione tridimensionale permettono di realizzare disegni nello spazio a
tre dimensioni: è possibile con questo sistema ottenere numerose viste; inoltre, per il concetto
stesso di coordinata tridimensionale, ogni modifica apportata ad una delle viste viene
immediatamente comunicata a tutte le altre e di conseguenza si può avere la variazione del
modello. Attualmente i modelli si possono disegnare con diversi metodi.

1) la modellazione “wireframe”, che costituisce il tipo più semplice di modellazione, è la


più diffusa. Con questo metodo l’oggetto viene rappresentato con una serie di punti
collegati tra loro da linee che appaiono sullo schermo della stazione di lavoro come
una “armatura di metallo”. Questo sistema però non permette di rappresentare le
superfici (facce delimitate da linee e da punto) per cui non è possibile determinare la
corretta geometria ed il volume dell’oggetto. Con il modello wireframe, quindi, non
sono interpretabili le variazioni di luminosità, di colori e gli effetti di ombreggiatura
tipici delle superfici, e risulta impossibile identificare ciò che è interno o esterno
all’oggetto e quali parti siano visibili o nascoste (figura 6.2). inoltre, pur consentendo
di simulare i percorsi dell’utensile, non consente la verifica automatica di eventuali
contatti tra le parti: ciò è di fondamentale importanza nell’analisi cinematica
tridimensionale di meccanismi o nella simulazione robotica.

156
2) modellazione superficiale usa la cosiddetta “rappresentazione dei contorni” o
Bundary Representation: essa definisce l’oggetto in termini di punti, linee e facce
tramite le equazioni associate al suo contorno (figura 6.3). Questo tipo di
modellazione è utile nelle rappresentazioni di superfici continue quali la scocca di
un’automobile, l’ala di un aereo o più semplicemente la linea di un paio di scarpe.

157
La maggiore versatilità della modellazione superficiale rispetto alla modellazione wireframe
è data dalla capacità di rappresentare facce e superfici curve, di disporre della funzione di
ombreggiatura, di simulare percorsi utensili in tre dimensioni per lavorazioni multiassiali su
Modelli complessi, di riconoscere fori ed intersezioni. I limiti, invece, sono costituiti dalla
impossibilità di interpretare il volume e di rappresentare sezioni interne, e dalla difficoltà di
rimuovere rapidamente le linee nascoste che rendono ambigua la figura dell’oggetto.

3) La modellazione solida, rende possibile la descrizione di un modello in termini del


volume che l’oggetto occupa. Tale tipo di modellazione è la più recente e sofisticata e
fornisce una descrizione competa ed univoca di una forma nello spazio, permette di
distinguere tra parti interne ed esterne, di rimuovere automaticamente le linee
nascoste e di operare sezioni interne dell’oggetto. Inoltre la possibilità di calcolare il
volume in modo preciso, di preparare i dati per l’analisi ad elementi finiti (FEA) e
soprattutto di usare una ampia gamma di valori e di toni permettono la corretta
comprensione di particolare complessi e di evitare incongruenze ed imprecisioni in
fase di progetto (figura 6.4).

158
L’analisi ad elementi finiti o FEA (Finite Element Analysis) (6) è una delle tecniche più
diffuse per analizzare il comportamento reale e le caratteristiche di resistenza alle
sollecitazioni meccaniche (deformazioni o vibrazioni) del prodotto. La struttura continua
complessa creata con la stazione di lavoro CAD viene suddivisa in un insieme discreto di
elementi più semplici, i cosiddetti “elementi finiti”. Ogni elemento è definito al contorno da
punti chiamati “nodi” le linee passanti per i nodi, che ne delineano9 la struttura, sono dette
“maglie dell’elemento finito” (finite Element Mesh o Fem) (figura 6.5).

159
Ciascun elemento è considerato rappresentativo delle proprietà fisiche della corrispondente
parte di struttura: se la “maglia” è sufficientemente fitta, l’assetto che la struttura ad
elementi finiti assume quando viene sottoposta ad un determinato tipo di carico, riproduce
con buona attendibilità la risposta reale della struttura.
Le prime applicazioni della tecnica FEA furono fatte, alla fine degli anni ’50,
nell’industria aeronautica americana.
Attualmente è applicata nell’industria meccanica ed in particolare nell’industria
automobilistica dove la necessità di minimizzare i consumi di carburante e di migliorare

160
l'efficienza della vettura ha portato allo studio di soluzioni tecnologiche nuove
specialmente per quanto riguarda l'uso di nuovi materiali (più leggeri e nello stesso tempo
più resistenti).
La procedura FEA consta di tre stadi:
1 preparazione dei dati del modello (pre-processo);
2 analisi del modello;
3 valutazione dei risultati (post-processo).
Nel primo stadio (figura 6.7) il progettista, attraverso il programma, realizza un modello
geometrico, partendo dal disegno del componente

Dal quale si potrà ricavare la “maglia” richiesta relativa agli elementi finiti. Nel terzo stadio
il progettista ottiene i dati, elaboratori dal relativo programma, che permettono di valutare

161
risultati dell'analisi del modello, effettuata nel secondo stadio.
Uno degli elementi determinanti dell’automazione della progettazione è stato la necessità
di ridurre di costi di tale area. Infatti i vantaggi derivanti dall’adozione delle tecnologie
CAD sono:
 una maggiore precisione. La precisione di un disegno manuale dipende dall’abilità del
disegnatore e dalla qualità degli strumenti impiegati; un disegno CAD è estremamente
preciso in ogni punto in quanto con una tecnica speciale (“zooming”) è possibile ingrandire
una qualunque parte del disegno per mostrarne il contenuto con il massimo dettaglio. I
sistemi CAD, consentendo di disegnare con la stessa precisione sia i singoli componenti sia i
disegni assieme, eliminano completamente la fase di disegno di dettaglio. Inoltre un sistema
CAD consente di effettuare un numero illimitato di modifiche, cancellazioni e rifacimenti in
breve tempo;
 memorizzazione dei disegni completi o parti di essi. Con un sistema CAD un disegno
competo o una sua parte possono essere memorizzati in modo permanente per poter essere
utilizzati successivamente. Ciò è particolarmente utile nel caso di disegni di componenti
simili o frequentemente ripetitivi;
 riduzione dei tempi di calcolo, di disegni e di sviluppo di nuovi prodotti. L’impiego del
sistema CAD permette di produrre disegni tre volte più rapidamente che non con mezzi
tradizionali consentendo di velocizzare l’intero iter di progetto e favorendo un’introduzione
più rapida del prodotto sul mercato;
 individuazione rapida di componenti (o parti) già progettati che possono essere riutilizzati
adattandoli. Infatti il CAD permette di realizzare, attraverso procedimenti analitici e di
simulazione, una varietà di combinazioni nelle progettazioni di parti “modulari”. Ulteriori
vantaggi sono assicurati dall’adozione di un sistema di classificazione e codificazione delle
parti secondo lo schema group-technology. Allorché è necessario disegnare una nuova parte
è sufficiente confrontare il codice della stessa con i codici delle parti già progettate e
memorizzate, per vedere se una di essere soddisfa già la funzione richiesta. In tal modo si
risparmia il tempo relativo al disegno di una nuova parte la cui funzione può essere invece
soddisfatta, pienamente o al limite attraverso lievi modifiche, da parti già esistenti;
 riduzione del numero dei prototipi. Tecniche di simulazione e di analisi permettono di
ridurre drasticamente i tempi della preparazione e dei test sui prototipi ed il numero degli
stessi. Il progettista può con il sistema CAD/CAE modellare la geometria di un pezzo e
tramite la tecnica ad elementi finiti analizzare il comportamento fisico una volta che esso

162
venga montato nella struttura che dovrà accoglierlo. Senza che il pezzo in effetti sia stato
fisicamente realizzato.

163
PIANIFICAZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE (AREA CAPP: COMPUTER
AIDED PROCESS PLANNING)

Il CAPP è l’area di applicazione delle tecniche computerizzate alla pianificazione del


processo produttivo.
Per pianificazione del processo si intende la definizione della sequenza ordinata di
istruzioni di fabbricazione necessarie a realizzare dei vincoli posti dalle risorse aziendali
disponibili.
La pianificazione del processo assistita dall’elaboratore o CAPP (Computer Aided Process
Planning) è costituita da una metodologia automatica che assiste l’operatore nella definizione
dei processi di lavorazione appropriati, delle macchine che devono essere impiegate in ciascun
processo, degli utensili e delle attrezzature, della sequenza di operazioni, in funzione delle
caratteristiche morfologiche e delle tolleranze richieste dal disegno costruttivo del prezzo.
Il sistema CAPP costituisce u elemento indispensabile nella integrazione fra l’area di
progettazione e quella di produzione (figura 6.9).

164
Un sistema CAPP consente, oltre al minor tempo di pianificazione del processo di
fabbricazione, il miglioramento delle tecniche di lavorazione che portano al conseguimento di
una maggiore conformità del prodotto finale alle specifiche tecniche di progettazione.
I sistemi CAPP più diffusi permettono di individuare rapidamente pezzi e cicli di
lavorazione simili attraverso un sistema di archiviazione che prende il nome di “tecnologia per
gruppi” (Group Tecnology o GT). La tecnologia per gruppi consiste in un archivio elettronico
contenente ogni pezzo fabbricato nell’azienda.
I pezzi vengono classificati in gruppi pre-definiti a seconda delle analogie che presentano:
tali gruppi prendono il nome di “famiglia di prodotti”. Ciascun componente della famiglia ha in
comune con gli altri un certo numero di parametri che possono riguardare le caratteristiche
fisiche (es. forma, dimensione, volume, materiali usati, ecc. ) oppure quelle del processo di

165
fabbricazione (es. successione delle lavorazioni, tempi di attrezzaggio delle macchine, livello di
finitura, ecc.). Ad ogni componente della famiglia viene attribuito un codice di tipo gerarchico
che lo rende facilmente e rapidamente individuabile.

166
GESTIONE AUTOMATIZZATA DEI SISTEMI DI PRODUZIONE (AREA CAM:
COMPUTER AIDED MANUFACTURING)

Questa area indicata in senso lato come CAM (Computer Aided Manufacturing) comprende
ogni processo produttivo, automatico controllato dal computer.
Il CAM può essere definito come: “l’uso di sistemi computerizzati per pianificare, gestire e
controllare il funzionamento di attività produttive” .
Il CAM è la determinazione tramite l’elaboratore delle modalità di fabbricazione dei
prodotti/componenti progettati. Esso è quindi una tecnologia di collegamento ed integrazione tra
operazioni contigue e tra queste ed i sistemi di controllo del processo complessivo, al fine di
consentire di realizzare le efficienze tipiche della produzione a volumi elevati senza rinunciare
alla flessibilità tipica delle lavorazioni a piccoli lotti.
Gli elementi fondamentali che caratterizzano il CAM sono oltre alle macchine utensili
CNC, i sistemi flessibili di produzione (FMS) e la robotica, anche i sistemi di misura e di
ispezione computerizzati (Computer Aided Inspection o CAI) e i sistemi computerizzati di
collaudo (Computer Aided Testing o CAT).
In modo semplificato, nel sistema di misura CAM, un componente può essere disegnato
sullo schermo grafico del CAD ed i dati geometrici, che ne caratterizzano la forma e le
dimensioni, possono essere trasmessi sotto forma di segnali elettrici codificati e tramite un cavo,
ad un centro di produzione che provvede a realizzarlo automaticamente.
Le tecniche CAI e CAT confrontano le rilevazioni effettuate, tramite appositi sensori e
strumenti di feed-back, sul prodotto stesso nelle varie fasi del ciclo o durante le prove
funzionali, con i dati e le specifiche del prodotto, definite dal CAD. Se si verificano difformità e
possibile intervenire sul processo produttivo, al fine di eliminare eventuali anomalie prima di
generare scarti, o di arrestarlo se la correzione in automatico non è possibile.
Si possono realizzare due forme di CAM:
 CAM di supporto all’attività produttiva:
 CAM di monitoring e controllo del processo.

Nella prima forma di CAM l’elaboratore è “off-line”, cioè è


collegato indirettamente con il sistema produttivo. Il suo compito è quello di fornire
informazioni di supporto quali, ad esempio, i programmi per le MU/CNC, la programmazione
del flusso dei materiali ed il controllo degli avanzamenti.
In questo caso, l’intervento umano è indispensabile sia per fornire inputs al computer, sia

167
per interpretare i dati elaborati e provvedere ai necessari interventi.
La seconda forma, invece, comporta che il computer sia direttamente collegato “on line”
con il processo produttivo. Esso può svolgere una semplice attività di monitoring o un’attività di
controllo vera e propria. Nel primo caso il computer si limita a rilevare ed elaborare i dati di
processo mentre l’operatore umano ha il compito di guidare e di correggere il sistema sulla base
dei dati rilevati. Nel secondo caso, invece, il computer provvedono solo alla raccolta ed
all’analisi dei dati, ma anche all’attuazione di eventuali interventi correttivi.

In generale i vantaggi del sistema CAM sono:


 incremento di produttività e riduzione della forza lavoro;
 maggiore affidabilità grazie alla minore probabilità di errori legati a fattori umani;
 maggiore versatilità delle macchine e dei prodotti;
 riduzione dei costi dovuti all’incremento di efficienza della produzione (es. minore spreco di
materiali), del magazzinaggio ed assemblaggio;
 elevato livello di ripetitività dei processi prodotti;
 prodotti di qualità superiore.

La possibilità per le imprese di usufruire al massimo grado dei benefici delle tecnologie
con l’ausilio del calcolatore sin qui viste, dipende dalla realizzazione del processo di
integrazione delle stesse in un unico sistema CAD/CAM.
L’integrazione ha come presupposto l’esistenza di un data-base tecnologico che
raggruppa i dati forniti dall’area CAD con quelli forniti dall’area della produzione. Esso include
i dati geometrici, le specifiche riguardanti i materiali ed altre informazioni ingegneristiche e di
processo, riguardanti problemi di sviluppo e realizzazione del prodotto.
L’elaboratore del sistema CAD conosce il pezzo e , quindi, le sue caratteristiche
geometriche per cui è in grado, teoricamente, di elaborare anche il programma per le MU/CNC,
o per l’FMS, che dovranno eseguire le varie operazioni di produzione o, comunque, di interagire
con l’elaboratore del sistema CAM che gestisce e controlla il sistema produttivo.
In teoria si può dire che il sistema CAD/CAM mira a ricercare la situazione dell’impresa
artigianale dove le fasi della progettazione, industrializzazione e fabbricazione risultano svolte
perfettamente in parallelo e da un unico soggetto. L’artigiano in tal caso è sostituito dal
computer e dalle macchine utensili flessibili.

168
AREA DEI SISTEMI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLA PRODUZIONE
(MP E CS: MANUFACTURING PLANNING AND CONTROL SYSTEMS)

Questa area comprende le attività di programmazione, controllo avanzamento e gestione dei


materiali, assistite dall’elaboratore. Questa area è costituita dal sistema “pianificazione dei
fabbisogno di materiali” (MRP: Material Requirement Planning) e dal sistema “controllo
avanzamento della produzione”(CAP).
Il sistema MRP è una tecnica nata nella metà degli anni ’60 basato “su di un sistema
computerizzato di definizione di componenti, parti e materiali, ricavati da un programma di
produzione a livello prodotto, abbinato ad una “distinta di composizione” del prodotto stesso”.
Con questa tecnica, quindi, vengono applicati ai materiali, il cui fabbisogno dipende da un
piano di produzione (a domanda dipendente), criteri di pianificazione a “ritroso nel tempo”: la
pianificazione si sviluppa partendo dall’obiettivo di produzione espresso in termini di quantità di
prodotti finiti da fabbricare, dalla struttura del prodotto stesso (distinta base) e dal tempo di
ottenimento (lead-time) dei suoi componenti, sia acquistati all’esterno che fabbricati all’interno.
L’MRP può essere quindi definito come un sistema che trasforma, attraverso la distinta
base, i programmi di produzione in semilavorati e materiali da acquistare.
L’MRP può essere inteso anche come “sistema informativo di produzione”.
In questo caso si possono distinguere tre tipo di sistemi MPR:
 di controllo delle scorte;
 di gestione delle scorte e della programmazione;
 di controllo della produzione.

Il primo tipo di sistema comporta la programmazione delle esigenze di materiali: la sua


applicazione porta ad una migliore pianificazione degli ordini di approvvigionamento e di
produzione.
Il secondo tipo di sistema comporta la programmazione ed il controllo delle attività
dell’intero stabilimento. Ciò significa che, al sistema di controllo delle scorte, si aggiunge la
pianificazione della capacità dell’impianto ed il controllo delle arre di processo.
Con il terzo tipo di sistema si realizza il controllo della produzione; cioè il controllo di tutte
le risorse (personale, attrezzature, materiale e denaro) correlate con la produzione e cerca di
prevedere la domanda di ogni elemento del processo produttivo in ogni momento. Questo terzo
tipo è chiamato anche MRP”(Manufactoring Resource Planning, pianificazione delle risorse

169
produttive) e comporta una pianificazione dettagliata e centralizzata di tutti i montaggi parziali.
Dei pezzi occorrenti e delle materie prime e necessita di un rapido ritorno delle informazioni da
ogni stazione di lavoro.
La pianificazione delle risorse produttive si basa sul fatto che le scadenze di impiego delle
risorse richieste per la realizzazione di un prodotto finito (manodopera, materiali, macchine,
ecc.) possono essere stimate partendo dalla data di consegna prevista, con un’estrapolazione a
ritroso. Se la programmazione delle scadenze è precisa ed accurata ogni pezzo, necessario alla
realizzazione del prodotto finito, può essere fabbricato allorché se ne presenta la necessità di
impiego. In tale modo si elimina la necessità di mantenere scorte di pezzi in magazzino in attesa
di essere utilizzate.
La pianificazione delle risorse produttive è efficiente solo se l’azienda è in grado di
produrre informazioni estremamente precise in relazione:
 ai tempi necessari ad ogni stadio del montaggio di un prodotto;
 al tempo occorrente per la fabbricazione di ciascun pezzo che compone il prodotto finito;
 ai tempi necessari per ottenere determinati pezzi che devono essere prelevati dal proprio
magazzino o essere acquistati da fornitori esterni.

Se la pianificazione delle risorse produttive viene


sviluppata facendo riferimento, invece che alla data di spedizione del prodotto, a quella in cui il
prodotto finito deve raggiungere un particolare magazzino o centro di distribuzione, in modo da
garantire una maggiore puntualità, si ha la cosiddetta pianificazione delle risorse alla
distribuzione (Distribution Resource Planning o DRP).
Questo metodo può essere usato per stabilire le date di spedizione dei vari prodotti da
utilizzare per l’elaborazione dell’MRP 2.
Il sistema MRP è utile anche per definire il fabbisogno di capacità produttiva (Capacity
Requirements Planning o CRP). A tale scopo è necessario disporre di informazioni dettagliate
relative:
 al piano di produzione programmato e ai materiali necessari;
 al tempo necessario per produrre e assemblare tute le parti e tutti i prodotti;
 ai centri di lavoro attraverso i quali devono passare le parti e i prodotti.

In base a queste informazioni il sistema MRP può fornire dati precisi sul caricamento (in
ore di lavoro) di ogni centro di lavoro. Questo dati possono essere confrontati con quelli

170
programmati per ogni centro di lavoro: se si rilevano differenze la capacità di ogni centro di
lavoro dovrà essere corretta (per esempio aumentata con lavoro straordinario, adeguamento dei
macchinari, subappalti) oppure si dovrà procedere a modificare la distinta base per raggiungere
un equilibrio fra i fabbisogno di produzione e capacità.
Il sistema CAP consente di verificare se l’avanzamento della produzione conforme al
programma, rilevare eventuali scostamenti e riprogrammare, dettagliatamente le attività
esecutive.
Le cause che possono determinare scostamenti dai programmi sono: mancanza o ritardi di
componenti e materiali diretti o ausiliari, scarti, mancanza di manodopera, fermate degli
impianti, ecc. Le informazioni relative al verificarsi di queste situazioni, devono potere essere
rilevate in tempo reale ed inviate ad un elaboratore di processo al fine di poter valutare le
iniziative e le priorità di intervento ed effettuare la riprogrammazione.
In un sistema integrato i dati consuntivi provenienti dal sistema CAP possono risultare utili
anche per:
 il controllo di qualità;
 i controlli amministrativi e la contabilità industriale;
 il controllo della manodopera e calcolo del rendiconto (aspetti retributivi);
 controllo dell’utilizzo delle risorse (impianti, materiali, ecc.).

I vantaggi dell’automazione dell’area di pianificazione e controllo della produzione sono:


 riduzione degli immobilizzi in scorta;
 miglior servizio alla clientela;
 carico di lavoro più equilibrato nel tempo;
 vantaggi economici sui componenti acquistati;
 piani aziendali coerenti e trasparenti;
 maggiore interfunzionalità;
 maggiore produttività.

171
L’INTEGRAZIONE SUPERIORE C.I.M.

L’integrazione superiore CIM (Computer Integrated Manufacturing) rappresenta il massimo


livello di integrazione, quello interfunzionale che si riferisce cioè alla integrazione globale tra
progettazione, gestione della produzione e produzione. Le caratteristiche di tale livello di
integrazione sono:
 integrazione interfunzionale, che presuppone come già avvenuta quella intrafunzionale;
 integrazione globale e non puntuale in quanto integra le arre nella loro totalità: ad es.
l’integrazione CAD/CAM non è integrazione superiore.
 Uno di reti di comunicazione e strutturazione di data-base tra loro collegati, sviluppo di
software per trasmettere informazioni strutturate da una funzione all’altra.

Secondo la JMA(Japan Management Association) si intende per CIM “sistema integrato di


elevata efficienza e flessibilità che investe le varie funzioni aziendali, dal ricevimento ordini alla
consegna, e che unifica i flussi di informazione con l’ausilio di tecnologie informatiche”.
Metà anni ’80 il CIM in Italia ha visto i primi progetti (FIAT, Pirelli, Ansando etc) si può però
affermare che il “know-how” è ancora ad uno stadio iniziale e parcellizzato su soluzioni e casi
particolari anche se il “management” percepisce sempre più la sua importanza ed
implementazione nell’intero apparato aziendale (Vedi fig. 98-99).

172
173
174
GESTIONE DELLA PRODUZIONE

La gestione della produzione è il processo decisionale attraverso il quale sono organizzate le


risorse produttive al fine di conseguire determinati obiettivi. In pratica la gestione della
produzione si estrinseca temporalmente attraverso tre fasi:
 Pianificazione: funzione della gestione il cui compito è quello di selezionare gli obiettivi e
stabilire le strategie, le politiche, i programmi e le procedure necessarie al loro conseguimento.
 Programmazione: attività che definisce che cosa deve essere effettuato, in che quantità e a
quali scadenze temporali (cosa, quando, quanto).
 Controllo: funzione della produzione che controlla l’andamento delle operazioni, ne
evidenzia tempestivamente gli scostamenti dal programma di produzione ed attua interventi
necessari a correggerli.

Gli strumenti di pianificazione e programmazione sono i piani di produzione.

Il processo di pianificazione copre tutto l’arco temporale ed in particolare il lungo e medio


periodo, mentre il processo di programmazione riguarda più propriamente il breve periodo.

Il piano strategico aziendale è un piano di lungo periodo (3-10 anni) e rappresenta la guida di
tuta l’azienda in quanto comprende problematiche quali: il tipo di prodotti, il processo di
marketing e vendite, tipo di mercato e distribuzione, i metodi di finanziamento ed il fabbisogno
finanziario, reperimento di risorse umane e materiali….

Il piano strategico della produzione di lungo periodo (3-5 anni) che deriva direttamente dal
piano strategico aziendale ha lo scopo di valutare le risorse necessarie (tipi di impianti, capacità
professionali, localizzazione degli stabilimenti, mezzi finanziari) e conseguire gli obiettivi
previsti dal piano strategico aziendale.

Il piano principale di produzione è un piano a breve periodo (1-6 mesi) che definisce quali
prodotti debbano essere realizzati, in quali quantità e con quali tempi (dall’approvvigionamento
alla realizzazione di un prodotto).

175
TECNICHE DI GESTIONE DELLA PRODUZIONE

In relazione ai cambiamenti economici ed ambientali intervenuti dal 1975 in poi, le imprese


che attuano una produzione di massa, standardizzata, stanno modificando la struttura produttiva
secondo i nuovi parametri di elasticità, flessibilità e contenimento dei costi.
Infatti le soluzioni impiantistiche ed organizzative tipiche di una struttura produttiva rigida non
sono in grado di far fronte alla crescente segmentazione dei mercati senza incorrere in perdita di
produttività e innalzamenti dei costi dovuti ai lunghi tempi di attrezzaggio delle linee al fine di
modificare il tipo di prodotti.
La spinta verso una maggiore varietà produttiva è sempre più imposta da fattori esterni e, fattori
interni, la rendono possibile. I fattori esterni risiedono nel mercato. il consumatore richiede una
varietà sempre più ampia di prodotti tra cui scegliere.
I fattori interni risiedono nell’area di produzione: nuove metodologie e realizzazioni
tecnologiche consentono di soddisfare le richieste del consumatore.
I responsabili della produzione hanno perciò il compito di introdurre una “varietà reale”
nell’output produttivo in contrapposizione alla “varietà apparente” creata dalla funzione
marketing. Inizialmente il funzionamento del marketing fu particolarmente efficace in quanto la
varietà della produzione era minima: ogni impresa mise a fuoco qualche proprietà esclusiva per i
propri prodotti ed il consumatore era in grado di confrontare questi attributi con quelli di altre
marche; la differenza si basava su sottili particolari, quali la marca, la confezione, le
associazioni di immagine: era dunque “apparente”.
Attualmente il consumatore non si accontenta più di una varietà apparente, ma chiede di poter
scegliere su una “varietà reale” dell’output, il suo ruolo è prioritario. La produzione è cioè
chiamata a scoprire ed applicare i mezzi con cui proporre una sequenza di articoli, ciascuno dei
quali sia marcatamente diverso dai precedenti; ciò è reso possibile dall’applicazione delle nuove
tecnologie di disegno/progettazione e dalla produzione modulare.
Le nuove tecnologie (come già visto) di progettazione del prodotto svincolano i caratteri del
prodotto finito da quelli dell’impianto per mezzo del quale esso viene ottenuto; permettono cioè
dio progettare un catalogo di parti che possono essere combinate in modi diversi per dare origine
ad una serie di prodotti finiti.
Il problema di riuscire a conciliare flessibilità operativa ed economicità dei costi di esercizio
all’interno di un unico sistema di produzione coinvolge non solo considerazioni di carattere
tecnico-strutturale, ma anche considerazioni di tipo tecnico-funzionale che si possono
riassumere nell’esigenza di un sistema di controllo della produzione che ne scandisca i ritmi e

176
ne coordini la sequenza approvvigionamento-programmazione-distribuzione con il verificarsi
della domanda.
Un sistema così fatto deve porsi come obbiettivo principale un valido controllo delle scorte di
processo, le quali, incidendo sulla struttura patrimoniale ed economica delle imprese,
contribuiscono in modo notevole ad elevare la componente fissa del costo, che è uno dei fattori
più importanti di rigidità.
Il controllo è ancora più necessario se si tiene contro dell’attuale turbolenza della domanda, che
impone di adattare in continuazione il mix di prodotti offerti, aumentando così la quantità di
materiali e prodotti obsoleti non più utilizzabili per la produzione e/o la vendita. Una soluzione
al problema delle scorte viene data dall’automazione flessibile e dalla produzione modulare
prima vista.
I vantaggi offerti dalla riduzione delle scorte di processo possono comunque essere annullati da
una mancata sincronizzazione tra la fabbricazione di un dato pezzo ed il momento in cui esso
viene richiesto dal mercato o dalla successiva operazione delle sequenza produttiva. E perciò
necessario gestire e coordinare tra loro le varie fasi del processo in funzione del verificarsi della
domanda onde evitare che sul risultato economico vengano a gravare oneri generati da
disfunzioni di carattere organizzativo.

IL “LEAD TIME”

Il “Lead Time” aziendale rappresenta il periodo compreso tra l’inizio della prima attività e
la fine dell’ultima attività di un ciclo di produzione, così il “lead time” è pari alla somma dei
tempi necessari per compiere tutte le attività sequenziali (operative, set-up, controlli, attese,
trasporti), cioè comprende tute le grandezze legate alla durata, alla tempestività, alla puntualità
nel tempo e condizione la “competitività sul fattore tempo”.
Nel caso di produzione su commessa, il “lead time” si identifica con il “delivery time”,
“tempo di consegna”. In pratica un buon lead time aziendale consente all’azienda di rimanere
competitiva nei riguarda della concorrenza, mantenendo le proprie quote di mercato e di ridurre
i costi di produzione attraverso una maggiore incidenza dei costi di gestione e di produzione.
Vi sono due schemi fondamentali di programmazione della produzione: la gestione secondo la
logica ”push” e la gestione secondo la logica “pull”.
I sistemi push (spingere) a spinta partono da previsione di vendite e spese relative ad un
arco temporale stabilito e in esse si costruisce il programma di produzione visto come una
sequenza ordinata di prodotti che devono scendere dalla linee di montaggio per essere avviati al

177
magazzino dei prodotti finiti, dal quale vengono poi estratti in base agli ordini effettivi. Le fasi
precedenti il montaggio sono programmate in funzione del tempo necessario per realizzare un
componente o semilavorato e del tempo necessario perché esso arrivi sulle linee del montaggio
finale contemporaneamente a tutti gli altri. L’attività è programmata secondo lotti economici di
lavorazione sufficientemente piccoli in modo da potere essere assorbiti dalla domanda entro un
breve lasso di tempo, ciò consente di mantenere le scorte a livello minimo compatibile con le
necessità fisiologiche del sistema di fabbricazione. In sintesi, il sistema push è caratterizzato
dall’anticipo dell’ingresso dei materiali in fabbrica per garantire il tempo di consegna richiesto
dal mercato; la produzione procede sulla base delle previsioni di tali fabbisogni e di conseguente
piano di sincronizzazione dei reparti in cascata (fare un’azione in anticipo rispetto al fabbisogno:
sistema attivo o di pianificazione).
I sistemi pull (tirare) ovvero trainanti, rovesciano il criterio di programmazione del sistema
push: non è più la produzione a spingere sulla base del programma previsto, ma è il mercato e
cioè gli ordini presenti in portafoglio che determinano la produzione. Essa è organizzata sulla
base di un flusso di pezzi che discernono ordinatamente, uno per volta, lungo la sequenza delle
fasi del processo produttivo. In tal modo un sistema pull produce solo il materiale necessario
richiesto dalla fase successiva; la scorta cuscinetto viene ridotta al minimo, cioè allo stock
tecnico strettamente necessario per alimentare un flusso continuo di materiali fra di esse. Al
sistema pull si ispira la tecnica Kanban sviluppata in Giappone. In sintesi l’ingresso dei materiali
in fabbrica non è anticipato rispetto agli ordini, ma i materiali vengono “tirati” dentro la fabbrica
dagli ordini presenti in portafoglio; la produzione viene regolata dai fabbisogni a valle del
processo produttivo(fare un’azione su richiesta: sistema reattivo).
Nei sistemi produttivi a logica pull il tempo di consegna D-Time(Delivery time, inteso come
l’intervallo in cui il cliente ordina un prodotto ed il momento in cui vuole che questo prodotto
gli venga consegnato) è maggiore o al massimo uguale al tempo di produzione P-time(inteso
come il tempo di attraversamento cumulativo di un prodotto dal momento in cui vengono
ordinate le materie prime a quello in cui vengono trasformate in prodotto finito. Passando
attraverso le varie fasi del processo) ossia P/D<1, vale a dire che il piano principale di
produzione è totalmente soddisfatto dagli ordini in portafoglio.
Nell’intervallo D-P esiste una certa libertà nella gestione delle priorità di soddisfacimento
degli ordini, che consente di procedere ad una ottimizzazione delle fasi produttive.

178
Nei sistemi produttivi a logica push si ha:

P/D>1

Osservando la figura si evidenzia che il piano principale di produzione si estende per un


orizzonte temporale pari al tempo di produzione e che è soddisfatto da ordini di produzione fino
all’istante D. L’intervallo P-D deve essere gestito tramite previsioni ed il rischio per l’impresa è
tanto maggiore quanto più grande è l’intervallo P-D e si comprende pertanto l’importanza di
minimizzarlo.

I sistemi produttivi a logica pull rappresentano un modello di eccellenza; per avvicinarsi a


tale modello i sistemi push debbono abbattere il P time attraverso strumenti quali l’ingegneria di
prodotto e di processo o con interventi puramente gestionali.
Nella realtà pratica sono rari i casi di sistemi push (sistemi attivi) o pull (sistemi reattivi)
puri, ma si hanno nella maggioranza dei casi sistemi misti push-pull (sistemi adattativi). In
effetti, se è vero che la logica pull è auspicabile poiché consente di ridurre le scorte (avendo un
P time inferiore al D time), non sempre ciò può essere realizzato o, comunque, viene sempre
richiesto un certo tempo per la riorganizzazione del sistema produttivo, con una fase intermedia
a carattere misto; in genere vengono gestite in logica push (tramite le previsioni) le prime fasi
del processo (i semilavorati), mentre verranno gestite in logica pull le fasi finali del processo
(essendo il D time superiore al P time nella logica pull). Il punto di transizione tra le due
logiche prende il nome di cerniera ed ha la funzione di elemento di disaccoppiamento tra le fasi
a valle in logica pull e quelle a monte in logica push. Di fatto la cerniera è un magazzino di
semilavorati (buffer di scorte) opportunamente dimensionato. Da un punto di vista temporale la
cerniera va collocata nell’istante P-D, posizione ideale per il rispetto dei tempi di consegna e lo

179
sfruttamento massimo della potenzialità del sistema, da un punto di vista estensivo, ossia in
funzione del numero delle varianti di articoli da gestire, si hanno le tre “forme” di riferimento di
fig. 10:

 a cono: molti componenti (materie prime) in entrata e pochi articoli (prodotti finiti) in
uscita, come in un cantiere navale dove si ottiene un prodotto con poche varianti e molti
componenti che vengono assemblati nel processo;
 a cono rovesciato: pochi componenti in entrata e monti in uscita, come in una cartiera, dove
da un unico componente l’impasto di fibre vegetali), si realizza un gran numero di prodotti;
 a coni affacciati: molti componenti in entrata e molti articoli in uscita ma con una
diminuzione di componenti in una certa posizione del flusso produttivo (strozzatura); come in
una fabbrica di automobili, nella quale, assemblando più componenti, si produce un modello
base che poi con varianti ed optional viene fornito in più versioni.
Nei primi due casi l’elemento guida per la collocazione della cerniera è la variabile
temporale (dato che la forma non presenta posizione che consentono localmente vantaggi
consistenti), mentre nel terzo caso la cerniera va collocata in prossimità della “strozzatura”.

180
181

Potrebbero piacerti anche