L’economia è la scienza che studia il comportamento di tutti i componenti della società osservata, per capire
come le proprie risorse scarse vengono prodotte, distribuite e utilizzate.
Qual è la differenza tra economia osservata e non osservata?
L’economia non osservata sarebbe, tutto quel settore economico che deriva dalla criminalità che non si può
analizzare.
Facciamo un esempio, gioco d’azzardo. È soggetto a monopolio di stato, ossia una forma di mercato dove
opera una sola azienda, perché se è un monopolio legale ovvero sottoposto dallo stato, è fatto per garantire
o un servizio ai cittadini ad un prezzo accessibile, oppure per evitare che taluni settori nocivi, possano
peggiorare il benessere della popolazione. Visto che non possiamo eliminare totalmente un comparto dal
mercato, sapendo che esso può comportare determinati aspetti negativi come in questo caso la ludopatia,
dobbiamo cercare quanto meno di contenere questo mercato, l’unico modo per farlo è regolamentarlo, cioè
controllarlo, cioè, dobbiamo imporre un monopolio.
Un monopolio può essere svolto dallo stato o dal privato (attraverso un bando)
Cosa comporta il gioco e il tabacco per lo stato?
I monopoli compartecipano al gettito dello stato. Cosa vuol dire? Vuol dire che come settore regolamentato,
posso imporre che una tot parte debba essere versata allo stato. Devo garantire un’entrata allo stato, che
poi viene utilizzata dallo stato per altre misure (ad esempio reddito di cittadinanza)
Il possesso di una cosa scarsa consente diverse
Tornando al discorso precedente, il possesso di una cosa scarsa consente diverse possibilità:
• Consumo (suo utilizzo per soddisfare un bisogno)
• Scambio (vendita per acquistare altro)
Una risorsa è ogni mezzo scarso impiegabile per scopi alternativi. L’insieme di un soggetto costituisce la sua
ricchezza.
L’economia è quindi la scienza che studia i problemi (di Scelta e di Coordinamento) che hanno a che fare con
l’utilizzo di mezzi scarsi suscettibili di impieghi alternativi.
L’economia studia, in quanto rientrano negli affari degli uomini, le interazioni tra gli stessi, le forze che
influenzano i sistemi economici nel loro complesso e le sue tendenze o le evoluzioni nel tempo.
La scienza economica studia la condotta umana come una relazione tra scopi e mezzi scarsi applicabili ad usi
alternativi.
Ha quindi l’obiettivo di fornire uno schema di interpretazione della realtà mediante:
• Scoperta delle leggi alla base dei fenomeni economici
• Formulazioni di previsioni
Il metodo di analisi può essere di tipo deduttivo (dal generale al particolare) o Induttivo (dal particolare al
generale), basato su rappresentazione con modelli, ipotesi di razionalità e ipotesi di equilibrio. Andiamo
adesso a studiare questi tre elementi:
Un modello è una rappresentazione semplificata (e stilizzata) del pezzo di realtà che si vuole studiare. Un
modello elimina tutti i particolari che vengono giudicati non importanti in modo da mettere a fuoco
l’essenziale.
Prima di suddividere i tipi di variabili, vediamo un’altra cosa importante.
Nel mercato ci sono 3 grandi macro-categorie:
• Consumatori (operano nel mercato mediante la loro domanda di bene e servizi)
• Imprese (operano nel mercato come offerenti di beni e servizi)
• Lo stato, governi, pubblica amministrazioni (con i quali le alte categorie interagiscono)
Le imprese devono per forza interagire con il pubblico, perché c’è un contesto regolatorio, legislativo,
normativo che consente a quelle stesse di operare nel mercato.
Ci sono due tipi di variabili:
• Variabili esogene: provengono dall’esterno del modello ed il loro valore viene determinato dal
modello e viene preso per dato. (Variabili non controllabili, catastrofi naturali, alluvioni, terremoti,
ecc) Sono variabili esterne alla responsabilità dell’impresa, che si possono verificare e che in taluni
modelli vengono considerate a parte
• Variabili endogene: saranno variabili che possono influire sul processo produttivo, sul business
dell’azienda interne (variazioni di costi di produzione, di personale, etc.)
Il modello spiega il comportamento delle variabili endogene in relazione alle esogene.
Problemi diversi richiedono modelli diversi.
• Un soggetto prende una decisione (economica) in modo razionale se:
- Prende in considerazione tutte le alternative (e solo quelle)
Formula una graduatoria completa e coerente delle alternative sulla base delle sue preferenze;
- Sceglie l’alternativa (tra quelle realizzabili) più alta in graduatoria.
• Un sistema economico è in equilibrio quando sono soddisfatte due condizioni:
- Ciascun soggetto economico non ha motivo di cambiare la propria scelta
- Le scelte dei vari soggetti coinvolti sono compatibili tra loro
L’ipotesi di razionalità è rilevante soprattutto per i problemi di scelta quella di equilibrio per i problemi di
coordinamento
• Economia Politica:
- Studia i fenomeni economici dei grandi aggregati, regionali, nazionali ed internazionali (MACRO)
• Economia Industriale:
- Studia e supporta i processi di sviluppo o di ristrutturazione dei settori industriali o di aggregati
di aziende, definiti in base al processo produttivo o al prodotto finale (settore tessile, orafo, ecc.)
- È un scienza “intermedia” che osserva più da vicino la realtà su cui intervenire tramite politiche
di intervento più analitiche e adatte allo specifico andamento del territorio/settore analizzato
• Economia Aziendale:
- Studia i fenomeni economici a livello di singola azienda o di classi particolari di aziende, si
interessa delle scelte operate dagli uomini al fine di adattare gli scarsi mezzi a disposizione ai
molteplici fini aziendali
• Economia Monetaria:
- Studia le determinanti della domanda e dell'offerta di moneta, analizza le diverse funzioni della
moneta, le sue diverse definizioni, il ruolo delle Banche centrali, gli strumenti da esse adottati.
(Esempio: svalutazione della moneta)
• Politica Economica
- Costituisce un esempio di economia applicata, in quanto si occupa della individuazione di scelte
che un governo possa concretamente adottare per realizzare un obiettivo ritenuto socialmente
desiderabile.
- Si avvale spesso dell'econometria (tutte le statistiche che noi troviamo, che vengono richieste
per supportare il Police Maker, ossia il governo, per capire quali politiche adottare a favore del
paese), che consente sia di sottoporre a verifica empirica alcune ipotesi teoriche, sia di stimare
gli effetti di diverse scelte di politica economica.
𝐻 = ∑ 𝑠𝑖2
𝑖=𝑛
n = imprese
s = quote di mercato
Il valore dell’indice varia da 0 a 1. Quando l’indice si avvicina a zero indica una concentrazione minima del
potere di mercato. Vuol dire che c’è un piccolo numero di imprese, quindi quelle imprese hanno un grande
potere di mercato perché sono le uniche ad operare in quel dato mercato.
Facciamo un esempio:
Nel settore A, l’indice di Herfindahl è dato dalla sommatoria delle quote di mercato al quadrato:
- Efficienza allocativa si ha quando il costo sostenuto per produrre un’unità in più di un prodotto
è esattamente uguale alla disponibilità dei consumatori ad acquistarla.
- Efficienza produttiva si ha quando il costo sostenuto per realizzare un prodotto è il minore
possibile.
- Efficienza dinamica fa riferimento ai miglioramenti nel tempo della tecnologia produttiva.
- Inefficienza paretiana: un mercato (una organizzazione, un’economia) funzionano in modo
paretianamente inefficiente se esiste un modo per migliorare la situazione di almeno uno dei
soggetti coinvolti senza peggiorare quella degli altri.
- Inefficienza “allocativa”: gli scambi sono inferiori a quelli che sarebbero efficienti (conseguenza
di prezzi troppo elevati).
- Inefficienza “produttiva” = i costi sostenuti sono troppo elevati (ci sono “sprechi” dovuti alla
mancanza di sufficiente “pressione competitiva”).
Per spiegare il comportamento delle imprese l’economia industriale si avvale di altri strumenti di analisi
come la teoria dei giochi al fine proprio di interpretare al meglio il comportamento delle imprese e la
relazione tra ogni impresa e il relativo settore economico.
All’interno poi della disciplina dell’economia industriale si distinguono: due teorie/approcci
1 Il paradigma SCP: Struttura – Condotta – Performance.
Teorema che lega i risultati (performance) delle imprese al loro comportamento (condotta) e
indirettamente alla struttura del settore industriale di appartenenza: quale fattore esogeno che influisce
sulle regole del gioco concorrenziale. Le imprese che si adattano meglio (condotta), vincono la
competizione sul mercato (performance) à Harvard 1930
Analizziamo innanzitutto il termine struttura, ci riferiamo ai costi di produzione delle imprese, alle
dimensioni degli impianti, al numero di imprese operanti in quel mercato che utilizzano quei determinati
impianti, alle differenziazioni del prodotto, alle barriere di ingresso, alle concentrazioni.
Essa si basa anche sulla tecnologia, l’economia di scala, quanto detto prima.
Più economia di scala avrò maggiore saranno le barriere di ingresso e il livello di concentrazione
dell’offerta. Più è elevata la produzione minima efficiente in rapporto alla domanda, più saranno le
barriere all’ingresso e il livello di concentrazione dell’offerta (n. di imprese) e la dimensione di queste
(impianti) nel settore industriale.
Elasticità della domanda: determinata dalla sostituibilità del bene economico con altri beni sostituti,
quanto siamo disposti con i nostri vincoli di bilancio, date dalle nostre risorse, alla quantità di soldi che
abbiamo nel nostro portafoglio, a sostituire l’acquisto di un prodotto rispetto all’acquisto di un altro
prodotto (sostituto)
Tasso di crescita della domanda: new comers
Fattori storico-ambientali: instabilità politica, livello corruzione, sindacalizzazione del lavoro ecc.
Per Condotta (C) si intende l’insieme delle politiche e scelte aziendali (R&S, Cooperazione, pubblicità,
internazionalizzazione ecc.)
Per Performance (P): i risultati economici suddivisibili in performance aziendali (fatturato, profitto,
vendite e quote di mercato) e surplus totale (benessere collettivo) per tutti operatori economici (stato,
imprese, cittadini ecc.)
1.3 Microeconomia
La Microeconomia: è quella parte della teoria economica che studia il comportamento dei singoli agenti
economici: consumatori, lavoratori, investitori e imprese.
Lo studio del comportamento del singolo consumatore (Teoria del Consumatore) e della singola impresa
(Teoria dell’impresa), insieme all’analisi della loro interazione spiega il funzionamento dei mercati e dei
settori industriali.
La spiegazione dell’impatto delle politiche economiche
I soggetti economici possono essere classificati in due categorie:
• Compratori: consumatori che acquistano beni e servizi e imprese che acquistano materie prime
e lavoro
• Venditori: le imprese che offrono beni e servizi e i lavoratori che offrono il proprio lavoro e know-
how alle imprese
Il mercato: è il punto di incontro della domanda (compratori) e dell’offerta (venditori) dalla cui interazione si
determina il Prezzo di un prodotto o di un servizio.
I mercati si distinguono in
• Estensione geografica (locale, regionale, nazionale internazionale) o per estensione di gamma
(gamma di prodotti considerati). Es. mercato dello zucchero (un prodotto) o mercati dei dolcificanti
(gamma di prodotti come fruttosio, aspartame ecc.)
• Sul grado di concorrenzialità
I. Mercato concorrenziale: popolato da più compratori e venditori con prodotti differenziati e
nessuno influenza direttamente i prezzi
II. Monopolio: un venditore che controlla il mercato, sceglie il prezzo o la quantità e lo impone ai
consumatori. Non esiste concorrenza né effettiva, né potenziale
III. Oligopolio: un numero ristretto di imprese controlla il mercato (es. cartelli che determinano
prezzi). Pochi venditori, con un prodotto omogeneo, le cui azioni sono interdipendenti.
Possibilità di collusione per spartirsi il mercato.
IV. Perfettamente Concorrenziale
Il concetto di scelta
Abbiamo già detto precedentemente che noi abbiamo un portafoglio limitato, in base a ciò, noi dobbiamo
essere capaci per effettuare la scelta migliore che soddisfi i nostri bisogni.
La scelta di quali servizi produrre se siamo un’impresa oppure quali servizi acquistare se siamo un
consumatore. L’obiettivo della microeconomia è soddisfare i bisogni dei consumatori in un mercato a risorse
scarse.
La scarsità di risorse induce a compiere delle scelte. Tre tipi fondamentali di scelte:
- Quali beni e servizi produrre e in quali quantità, visto che non ci sono risorse per produrre tutto quanto le
persone desiderano;
- Come devono essere prodotti tali beni e servizi, dato che normalmente esistono varie modalità di
produzione;
- Per chi devono essere prodotti tali beni e servizi.
Il concetto di costo-opportunità
Come noi decidiamo di sostituire un prodotto rispetto ad un altro, prodotti alternativi, senza diminuire la
nostra soddisfazione.
Le scelte comportano sacrificio. Quanto più si acquista di un bene, tanto minore sarà il denaro che si potrà
spendere nell’acquisto di altri beni.
Qualsiasi scelta comporta il sacrificio di altre alternative possibili: il sacrificio della migliore alternativa
disponibile prende il nome di costo-opportunità
1.4 Mercato
Il mercato è l’infrastruttura tecnica e sociale dell’economia, in cui individui, famiglie e imprese, attraverso un
sistema di prezzi parametrici, decidono in maniera decentrata quanto e cosa produrre e consumare, con il
solo fine di massimizzare la propria efficienza per mezzo dello scambio.
Funzione economica dei mercati: determinare i prezzi in corrispondenza dei quali la disponibilità all’acquisto
dei compratori (Domanda) uguaglia la disponibilità alla vendita degli offerenti (Offerta).
Curva di domanda
Questa è la curva della domanda, ossia del
consumatore.
Domanda: relazione tra la quantità di un bene/
servizio che gli acquirenti sono disposti ad acquistare
ed il prezzo al quale l’acquisto è realizzabile.
Sull’asse dell’ascisse abbiamo la quantità di
domanda, sull’asse delle ordinate il prezzo.
La curva di domanda è (generalmente) decrescente
perché, quanto è maggiore il prezzo, tanto minore è
la quantità di domanda. Se il prezzo diminuisce
infatti, la quantità di domanda di quel prodotto
aumenta.
Più diminuisce il prezzo, più noi, consumatori, siamo disposti a comprarlo, più l’impresa ha fallito il suo
obiettivo
Curva offerta
Offerta: relazione tra la quantità di un bene/ servizio che i venditori sono
disposti a vendere ed il prezzo ricavabile dalla vendita.
La curva di offerta è (generalmente) crescente, tanto è maggiore il prezzo,
tanto maggiore è la quantità offerta.
In questo caso noi, siamo l’impresa.
Equilibrio di mercato
L’equilibrio di mercato è il punto di incontro tra la curva di
domanda (consumatore) e la curva di offerta (impresa)
Facciamo un esempio: scoppia un’epidemia globale, l’amuchina ci aiuta a risolvere il problema, che succede
alla domanda di amuchina?
La domanda aumenterà, quindi la curva di domanda si sposterà verso destra. Ciò comporta una variazione
dell’equilibrio di mercato, che si troverà in concomitanza con un prezzo più alto.
Abbiamo elencato diverse forme di mercato precedentemente, senza però inserire la concorrenza perfetta,
accennato all’inizio del corso. Andiamo adesso a formalizzare le ipotesi che realizzano questo tipo di mercato.
Perfettamente concorrenziale (PC)
4 ipotesi forti:
1) Hp di molteplicità e free entry: esistono molti compratori e venditori e nessun vincolo all’ingresso nel
mercato di altri partecipanti.
2) Hp di assenza di potere di mercato: nessuno dei partecipanti al mercato è in grado di esercitare un
controllo sul prezzo o la quantità.
3) Hp di uniformità del prodotto: il prodotto è omogeneo.
4) Hp di informazione perfetta: tutti i partecipanti conoscono tutte le informazioni relative al mercato ed alle
caratteristiche del prodotto.
Discendono da ciò due corollari:
• Legge del prezzo unico: nel mercato vige un unico prezzo (o una fascia molto ristretta di prezzi)
• Comportamento price taking: compratori e venditori “subiscono” il prezzo di mercato, senza poterlo
influenzare.
1.5 Macroeconomia
La Macroeconomia: studia le grandezze economiche aggregate, come il livello e il tasso di crescita del
prodotto nazionale, i tassi di interesse, la disoccupazione e l’inflazione.
Per capire l’origine dei fenomeni aggregati dei mercati, è necessario comprendere prima il comportamento
dei singoli soggetti economici che li popolano (con lo studio della microeconomia) per poi intendere gli
operatori economici (imprese, consumatori e stato) non più individualmente ma come insieme di soggetti
economici.
Il principale obiettivo è la costruzione di un modello in grado di spiegare il
funzionamento del sistema macroeconomico in un dato momento storico,
per aiutare i policy makers ad adottare le politiche economiche più idonee
ed efficaci per il raggiungimento degli obiettivi di Governo.
• C = consumi
• I = investimenti
• G = acquisti pubblici
• NX = esportazioni nette
• Y = Prodotto Interno Lordo
La ricchezza di un paese si misura sul suo prodotto interno lordo, utilizzato nelle valutazioni internazionali
per comprendere l’andamento di un paese.
PIL nominale = indicatore del PIL per misurare il valore della produzione di un sistema economico in un
determinato periodo. Considera i prezzi correnti, quindi è soggetto alla fluttuazione dei prezzi.
PIL reale: è basato sul computo delle variazioni quantitative della produzione senza tenere in conto le
variazioni monetarie (prezzi). Consente quindi di misurare la variazione della ricchezza economica prodotta
in un sistema economico nel corso degli anni depurandola dagli effetti e variazioni dei prezzi.
Il Deflatore del PIL è il rapporto tra PIL Nominale e PIL Reale e consente di misurare la variazione di prezzi in
un periodo.
Prodotto nazionale lordo: Misura l’attività economica dei soggetti residenti in un paese (questa è la
differenza con il PIL), indipendentemente dal fatto che operino sul territorio nazionale o all’estero.
Inflazione: è l’incremento generale dei prezzi delle merci e dei servizi in un sistema economico determinato
da uno squilibrio tra domanda e offerta di mercato, causando la riduzione del potere di acquisto della moneta
a secondo la teoria quantitativa della moneta.
A parità di circolazione della moneta e della quantità delle transazioni di beni e servizi, l’incremento della
quantità di moneta si traduce in un incremento di prezzi. Esistono diversi tipi di inflazione (da domanda,
monetaria, da costi es. petrolio).
Cosa è il debito pubblico? È il cumulo dei prestiti che lo Stato e gli altri enti del settore pubblico contraggono
per coprire i saldi negativi del bilancio pubblico (entrate – spese pubbliche). Lo stato emette e vende titoli
pubblici sul mercato per finanziare la politica fiscale in deficit tramite indebitamento pubblico. I titoli di stato
si dividono in breve e lungo periodo, i titoli a breve sono i BOT, mentre quelli a lungo sono i BTP.
Politica fiscale = rappresenta l’insieme degli interventi di politica economica che permettono al policy maker
di influenzare la domanda aggregata e di ottenere effetti sul reddito di equilibrio tramite le variazioni della
spesa pubblica e dell’imposizione fiscale tramite la legge di bilancio. Espansiva (aumento spesa pubblica e
trasferimenti, sussidi, reddito di cittadinanza e riduzione del prelievo fiscale) viceversa Restrittiva.
Politica monetaria = politica economica basta sulla gestione dell’offerta di moneta dalla banca
centrale/policy makers per influenzare la domanda aggregata. È espansiva se consiste un aumento
dell’offerta di moneta nel sistema economico. Viceversa è restrittiva.
2 Microeconomia
È importante riuscire a trovare un equilibrio in questo sistema basato sulla scarsità, cioè è importante per le
imprese, produrre e offrire sul mercato, i prodotti che sono necessari ai consumatori senza generare un
eccesso di offerta, mentre per i consumatori sarà invece importante avere sul mercato tutto quello di cui
hanno bisogno e comprarlo attraverso il loro portafoglio limitato.
• Le scelte e il costo opportunità: si basa sul concetto che le scelte comportano dei sacrifici, per
esempio quanto più cibo acquistiamo, tanto minore saranno le risorse rimaste per comprare altri
beni. Tanto più cibo viene prodotto in un paese, tanto minori saranno le risorse per produrre altri
beni, In altre parole, ogni scelta presa comporta il sacrificio delle altre alternativi possibili. Il sacrificio
della miglior opportunità si chiama costo opportunità.
Facciamo un altro esempio: una azienda agricola può produrre 1 tonnellata di grano o
alternativamente 2 tonnellate di orzo, il costo opportunità di una tonnellata di grano è uguale a 2
tonnellate di orzo. Un altro esempio è il costo opportunità per acquistare un libro di testo è pari al
paio di jeans che potremmo comprare al posto del libro ma che dovremmo rinunciare. Il costo
opportunità per fare un lavoro straordinario è pari al tempo libero che sacrifichiamo.
Il costo opportunità, lo ripetiamo, è la miglior scelta alternativa.
• Le scelte razionali: si confrontano tutti i benefici e costi di un’attività. Questo si verifica nel caso delle
imprese che decidono cosa e quanto produrre, si verifica anche per i lavoratori che decidono se fare
un lavoro straordinario e si verifica anche per i consumatori quando devono scegliere cosa
acquistare.
Facciamo un esempio: siamo al supermercato e dobbiamo comprare un vino, sceglieremo un vino
costoso ma di ottima qualità oppure un vino molto più economico? Dobbiamo considerare i costi e
benefici di ciascuna opportunità: il vino più costoso ci può dare una maggiore soddisfazione ma
comporta un costo opportunità molto elevato che non mi permetterà di compare altre determinate
cose. Il vino più economico ci darà meno soddisfazione ma avrà un costo opportunità più basso e ci
permetterà di comprare altre cose. Una scelta razionale comporterà una scelta, tra le opportunità in
esame, di quell’alternativa che darà un maggiore beneficio rispetto al costo.
Nel caso delle imprese appunto sarà ad esempio: può un produttore di automobili avviare una nuova
linea produttiva?
Una scelta razionale dovrà prendere in considerazione i costi e benefici. I benefici in questo contesto
saranno appunto i ricavi che si avranno dalla produzione delle nuove automobili. I costi invece include
maggiori risorse per pagare i lavoratori, per l’acquisto delle materie prime, dei componenti, etc.
Essa sarà conveniente, se e solo se, i ricavi siano maggiori dei costi, aumentando il profitto
dell’impresa.
• Costi e benefici marginali: le scelte razionali comporteranno il confronto fra i costi marginali e i
benefici marginali, ovvero rispettivamente la variazione di costi e benefici dovuti alla produzione di
una quantità maggiore di qualcosa. Il costo marginale, come detto in precedenza, è il costo per la
produzione di un’unità in più del prodotto che stiamo producendo. Il beneficio marginale è quel
valore dovuto al ricavo della vendita che otterrete a vendere quel prodotto in più sul mercato.
Esempio della sveglia.
• Conseguenze sociali delle nostre scelte: la microeconomia non studia solo le scelte ma anche le sue
conseguenze. In determinati casi le scelte comporteranno un’allocazione efficiente delle risorse di
un paese, in altri casi, comprendendo ovviamente tutti gli attori del mercato, potranno generare una
serie di problemi: sprechi, inefficienze, disuguaglianza, inquinamento. Un’attività infatti potrebbe
scaricare rifiuti tossici in un fiume, non curandosi degli effetti ambientali, solo per un guadagno
personale.
Quindi è importante valutare tutte le conseguenze.
Se i costi di produzione (salari, interessi passivi, costo delle materie prime) diminuiscono, la produzione sarà
più redditizia e quindi le imprese possono produrre la stessa quantità ad un prezzo inferiore o quantità
maggiori allo stesso prezzo (la curva di offerta si sposta verso
destra, vedi grafico seguente).
Gli esercizi si baseranno su domande e noi dovremo dire come cambiano le curve
In questo caso abbiamo una curva di domanda decrescente perché noi consumatori, a differenza di chi offre
prodotti sul mercato, siamo disponibili a comprare più prodotti, maggiori quantità, ad un prezzo più basso.
Facciamo un esempio: l’aumento di reddito causa lo spostamento della curva verso destra, questo perché i
consumatori sono disposti a comprare maggiori quantità di un bene allo stesso prezzo, oppure a comprare
la stessa quantità di bene ad un prezzo maggiore, cioè se abbiamo maggiore reddito compreremo maggiori
quantità di quel prodotto. Spostandosi verso destra la curva di domanda fa corrispondere al prezzo P1 a Q2.
Vedere esempio amuchina scritto precedentemente.
L’equilibrio di mercato
L’equilibrio di mercato o market clearing price è il punto
nel quale la curva di domanda (D) e quella di offerta (O) si
incontrano 𝑄𝐷 = 𝑄𝑂
In corrispondenza di un equilibrio di mercato non si
verifica mai:
1) Un eccesso di domanda (carenza di beni)
2) Un eccesso d’offerta (surplus di beni)
3) Una pressione verso cambiamenti del prezzo
• Elasticità della domanda rispetto al prezzo (Ep): variazione percentuale della quantità domandata
di un bene prodotta da un aumento dell’1% del prezzo di quel bene. Dati: QD, P (quantità domandata
di un bene e relativo prezzo) Ep = (∆%QD) / (∆%P) = (∆Q / Q) / (∆P / P) = (P·∆Q) / (Q·∆P)
• Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo: variazione percentuale della quantità offerta di un bene
prodotta dall’aumento dell’1% del prezzo del bene medesimo. Dati: QO, P (quantità offerta di un
bene e relativo prezzo) Ep = (∆%QO) / (∆%P) = (∆Q / Q) / (∆P / P) = (P·∆Q) / (Q·∆P)
In termini molto più semplici l’elasticità non è altro che la variazione di una delle due variabili, che sia quantità
o prezzo, che comporta una variazione all’altra. Nei casi precedenti l’abbiamo vista in relazione alla variazione
di un punto percentuale del prezzo che ha comportato una variazione della domanda in un caso e dell’offerta
nell’altro. Le formule dei due casi precedenti sono identiche, come si può notare, ma in un caso noi andremo
a considerare la variazione della quantità rispetto alla domanda, nell’altro, come sempre, dell’offerta.
• Elasticità della domanda rispetto al prezzo (Ep): di solito è un valore negativo (quando il prezzo
aumenta, la quantità domandata diminuisce), quindi (∆Q) / (∆P) < 0 ed Ep < 0. A volte, si fa
riferimento al valore assoluto dell’elasticità (se, per es., Ep = - 1, si dice che l’elasticità ha valore 1).
Più la domanda di un bene è elastica più si può fare a meno di quel bene, perché basta aumentare
anche di poco il suo prezzo per farne scendere notevolmente le vendite.
Domanda elastica rispetto al prezzo: se l’elasticità rispetto al prezzo è maggiore di 1 in valore assoluto. La
variazione percentuale della quantità domandata è maggiore dell’incremento percentuale di prezzo.
Se un prodotto costa due euro e la quantità domandata è due, se aumenta il prezzo a 10 e la quantità
domandata aumenta solo fino a 3, allora siamo alla presenza di questo caso.
Domanda anelastica rispetto al prezzo: se l’elasticità rispetto al prezzo è minore di 1 in valore assoluto. La
variazione percentuale della quantità è più piccola della variazione percentuale del prezzo.
• Elasticità della offerta rispetto al prezzo (Ep): di solito è un valore positivo perché prezzo e quantità
offerta sono positivamente correlati.
In generale: L’elasticità rispetto al prezzo della domanda di un bene dipende dalla disponibilità di altri beni
sostituibili ad esso; quando esistono beni sostituti, un aumento del prezzo fa sì che i consumatori acquistino
una minore quantità del bene ed una maggiore quantità del bene sostituto (= domanda altamente elastica
rispetto al prezzo) Vuol dire che se noi aumentiamo il prezzo della carne di manzo, noi consumatori andremo
ad acquistare della carne di pollo, perché esse è un bene sostituto (Esempio già visto); quando non esistono
beni sostituti, la domanda tende ad essere anelastica rispetto al prezzo.).
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo (∆Q) / (∆P) deve essere misurata in un particolare punto della
curva di domanda ed, in generale, varia quando ci si muove lungo tale curva. Il predetto principio, può essere
facilmente constatato su una curva di domanda lineare. Curva di domanda lineare: curva di domanda
costituita da una retta: Q = a – b·P
Esempio
Quando ci si sposta lungo la curva, P/Q diminuisce e
l’elasticità diminuisce in valore assoluto.
Vediamo il grafico qui alla nostra destra:
L’intersezione della retta con l’asse del prezzo comporta
determinate conseguenze, Q infatti sarà molto piccolo,
ovvero 0, comporterà che l’elasticità sarà in valore
assoluto molto grande (Ep = - ∞)
Nel caso in cui il prezzo sarà 2, P = 2, la quantità sarà 4,
Q = 4, l’elasticità sarà -1, Ep = -1.
All’intersezione con l’asse delle quantità Q, P = 0 e quindi l’elasticità è uguale a zero. Poiché le curve di
domanda e di offerta vengono tracciate con il prezzo sull’asse verticale e la quantità sull’asse orizzontale,
(∆Q) / (∆P) = (1/pendenza della retta).
Ricapitolando, l’elasticità della domanda rispetto al prezzo può assumere tantissimi valori (ai quali
corrispondono curve di domanda più o meno inclinate). Una classificazione dei diversi valori di elasticità è la
seguente:
• Elasticità = infinito. La reattività è massima. Qualsiasi piccola variazione di P provoca una grossa
risposta della Q domandata. La domanda
è una retta orizzontale. La domanda in
questo caso è perfettamente o
infinitamente elastica (caso e) (beni non
necessari)
• Elasticità della domanda rispetto al reddito (𝐸𝑅𝐷 ): variazione percentuale della quantità domandata
prodotta da un incremento dell’1% del reddito. Quindi in questa circostanza i due dati, le due variabili
non saranno prezzi e quantità, ma ci sarà il reddito al posto del prezzo
Dati: Q, RD (quantità domandata di un bene e reddito)
∆𝑄 ∆𝑅𝐷 𝑅𝐷 ∙ ∆𝑄
𝐸𝑅𝐷 = ( )/( ) =
𝑄 𝑅𝐷 (𝑄 ∙ ∆𝑅𝐷)
È sempre positiva perché all’aumentare del livello di reddito aumenta la capacità di acquisto dei consumatori.
Ad esempio se l’aumento del reddito del 2% provoca l’aumento della quantità domandata dell’8%, l’elasticità
rispetto al reddito è: 𝜀𝑌 = (∆𝑄/𝑄)/(∆𝑌/𝑌)
La principale determinante dell’elasticità della domanda al reddito è il grado di «necessità» del bene.
In un paese industrializzato, la domanda di beni di lusso aumenta rapidamente al crescere del reddito dei
consumatori, mentre la domanda di beni di prima necessità, come il pane, cresce solo in misura scarsa. In
altre parole, beni come le automobili e le vacanze all’estero hanno un’elevata elasticità della domanda
rispetto al reddito, mentre beni come le patate hanno una bassa elasticità della domanda al reddito.
La domanda di alcuni beni invece diminuisce all’aumentare del reddito. Si tratta dei cosiddetti beni sostituti
inferiori: la margarina ad esempio è un bene inferiore; quando le persone guadagnano di più̀, acquistano
burro. L’elasticità della domanda rispetto al reddito dei beni inferiori è negativa. L’elasticità̀ della domanda
rispetto al reddito è un concetto importante per le imprese che devono considerare la dimensione futura del
mercato dei loro prodotti.
Se il prodotto ha un’elevata elasticità della domanda rispetto al reddito, le vendite cresceranno rapidamente
all’aumentare del reddito nazionale, ma, allo stesso modo, diminuiranno in modo notevole se l’economia
entra in recessione.
• Elasticità incrociata della domanda (EQbPm): variazione percentuale della quantità domandata di
un bene prodotta dall’aumento dell’1% del prezzo di un altro bene (caso dei beni sostituti= un
aumento del prezzo della margarina conduce ad un aumento della quantità di burro domandata, in
quanto più economico, quindi l’elasticità è positiva; ma non funziona sempre così, si pensi ai beni
complementari sci-scarponi, qui abbiamo un’elasticità negativa). Dati: Qb, Pm (quantità domandata
di burro e prezzo della margarina).
∆𝑄𝑏 ∆𝑃𝑚
𝐸𝑄𝑏𝑃𝑚 = ( )/ ( ) = (𝑃𝑚 ∙ ∆𝑄𝑏 ) / (𝑄𝑏 ∆𝑃𝑚 )
𝑄𝑏 𝑃𝑚
Ad esempio, se la Coca-Cola fosse a conoscenza dell’elasticità incrociata della domanda della Coca-
Cola al prezzo della Pepsi potrebbe prevedere l’effetto sulle sue vendite di variazioni del prezzo di
quest’ultima.
Facciamo degli esempi:
La domanda di carne di maiale aumenta al crescere del prezzo del manzo. In questo caso, l’elasticità̀
incrociata è positiva. Ad esempio, se la domanda di burro aumenta del 2% quando il prezzo della
margarina (un bene sostituto) aumenta dell’8%, allora l’elasticità̀ incrociata della domanda di burro
rispetto alla margarina è pari a: 2%/8% = 0,25
Se il bene 2 è complementare al bene 1, invece, la domanda dell’uno diminuisce all’aumentare del
prezzo dell’altro. L’elasticità incrociata della domanda in questo caso è negativa. Ad esempio, se un
aumento del 4% del prezzo del pane causa un calo del 3% della domanda di burro, l’elasticità̀
incrociata della domanda di burro rispetto al pane è: -3%/4% =-0,75
La determinante principale dell’elasticità incrociata della domanda è il grado di sostituibilità̀ o di
complementarità̀ tra i due beni. Quanto maggiore è tale grado, tanto maggiore sarà l’effetto sulla
domanda del primo bene di una variazione del prezzo del bene sostituto o complemento, quindi
tanto maggiore sarà̀ l’elasticità̀ incrociata — sia essa positiva o negativa.
Alle imprese sarà utile conoscere l’elasticità incrociata della domanda del proprio prodotto, anche
per valutare l’effetto sulla propria domanda di una variazione del prezzo di un bene concorrente o di
un bene complementare. Queste informazioni sono vitali quando le imprese devono decidere i loro
piani di produzione.
• Elasticità puntuale della domanda (calcolata in un punto specifico della curva di domanda): elasticità
rispetto al prezzo in un particolare punto della curva di domanda.
• Elasticità d’arco della domanda (calcolata lungo un segmento della curva): elasticità rispetto al
prezzo calcolata su un intervallo di prezzi.
Dati: Qm = Qmedio, Pm = Pmedio
𝐸𝑑′𝑎𝑟𝑐𝑜 = (∆𝑄 / ∆𝑃) (𝑃𝑚 / 𝑄𝑚 )
Per comprenderla meglio facciamo un esempio: consideriamo la prima immagine di pagina 20, l’elasticità dal
punto (0,4) al punto (4,2), quindi dall’elasticità meno infinito fino al punto in cui esse è meno uno, quella sarà
l’elasticità d’arco.
2. Vincoli di bilancio: i consumatori dispongono di redditi limitati i quali pongono un tetto alla quantità di
beni che gli stessi possono acquistare;
3. Scelte del consumatore: date le loro preferenze ed i loro redditi, i consumatori scelgono di acquistare
combinazioni di beni che massimizzano la loro soddisfazione. Queste combinazioni dipendono dai prezzi dei
diversi beni (comprendere la scelta del consumatore aiuta a comprendere la domanda, ovvero come la
quantità di un bene che i consumatori scelgono di acquistare dipende dal prezzo).
Capire quali sono le variabili che influiscono sulla scelta di un consumatore, non solo aiutano i consumatori
stessi, perché capisce come allocare i propri soldi, ma anche all’offerente perché riesce a definire opportune
strategie di mercato.
Ipotesi del modello: consumatori razionali ed informati (ma non è sempre così!)
Paniere di mercato: elenco di specifiche quantità di uno o più beni [es. - i diversi prodotti alimentari inclusi
nel carrello della spesa; quantità di cibo, di vestiario e di spazio d’abitazione che un consumatore acquista
ogni mese; es. (panieri alternativi) - paniere A: 20 unità di cibo e 30 unità di vestiario; paniere B: 10 unità di
cibo e 50 unità di vestiario; ecc.]. Tutta la quantità di beni, la loro
combinazione, che acquisto con il mio portafoglio.
LA SEGUENTE POTREBBE ESSERE UNA DOMANDA D’ESAME (TUTTO IL DISCORSO SULLE CURVE E MAPPE DI
INDIFFERENZA)
Complementi perfetti: due beni per i quali il SMS è zero oppure infinito; le curve d’indifferenza sono disposte
ad angolo retto (scarpa destra e scarpa sinistra): una scarpa sinistra non incrementa il livello di soddisfazione
del consumatore a meno che non sia unita alla corrispondente scarpa destra; il SMS = ∞ ogni volta che vi
siano più scarpe sinistre che scarpe destre (una sola scarpa destra avrebbe una utilità pari a zero) Caso b)
I vincoli di bilancio: vincoli che i consumatori affrontano a causa dei redditi limitati. È l'insieme delle
possibilità di scelta del consumatore limitato sulla base della quantità di moneta a sua disposizione o del suo
reddito. Ci dà l’informazione di quanti soldi ho nel mio portafoglio per soddisfare i miei bisogni.
Retta di bilancio: tutte le combinazioni di beni per le quali la somma di denaro spesa è uguale al reddito
(ipotesi: ignoriamo la possibilità di risparmio). Non è altro che la rappresentazione grafica del vincolo di
bilancio
𝑅𝐷 = 𝑃𝑐 ∙ 𝐶 + 𝑃𝑉 ∙ 𝑉 (𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑏𝑖𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜)
RD = reddito fisso che può essere speso in Cibo (C) e Vestiario (V).
C = quantità di cibo acquistata.
V = quantità di vestiario acquistata.
Pc = prezzo unitario del cibo.
Pv = prezzo unitario del vestiario.
La retta di bilancio ha una pendenza negativa poiché, dato un determinato reddito, il soggetto economico
può decidere di acquistare un'unità aggiuntiva di un bene soltanto riducendo la quantità acquistata dell'altro
bene. L'inclinazione della retta di bilancio è pari al rapporto inverso tra i prezzi dei beni (-p2/p1).
Date le preferenze ed il proprio vincolo di bilancio, il consumatore come sceglie la quantità di ciascun bene
da acquistare?
Ipotesi: scelte razionali, ovvero che massimizzano la propria soddisfazione, dato il reddito disponibile
limitato. Il paniere ottimale deve soddisfare le seguenti due condizioni:
1. Deve trovarsi sulla retta di bilancio (ipotesi: non risparmio, ma spendo tutto il reddito disponibile; i
panieri a sinistra della retta di bilancio non utilizzano tutto il reddito disponibile, quelli a destra non
possono essere acquistati con il reddito posseduto - si veda la figura seguente);
2. Deve fornire al consumatore la combinazione più “gradita” di beni e servizi.
Il paniere B sulla curva di indifferenza U1 non può essere il preferito, perché riallocando il reddito in modo
da acquistare più cibo e meno vestiario il consumatore potrebbe godere di una soddisfazione maggiore.
Spostandosi al paniere A, la spesa totale del consumatore non cambia, ma il livello di soddisfazione associato
alla curva di indifferenza U2 è maggiore. Qualsiasi paniere a destra o più in alto della curva di indifferenza
U2, offrirebbe una soddisfazione più elevata, ma non può essere acquistato, dato il vincolo di bilancio.
Dunque, A massimizza la soddisfazione del consumatore. Il paniere che massimizza la soddisfazione del
consumatore si trova nel punto in cui la curva di indifferenza più elevata tocca la retta di bilancio. Il paniere
A è il punto di tangenza tra la curva di indifferenza U2 e la retta di bilancio.
In questo momento capiamo quanto è importante il saggio marginale di sostituzione (SMS = - (Δ V / Δ C),
ossia, l’inverso dell’inclinazione della curva d’indifferenza)
Dato il vincolo di bilancio, la soddisfazione è massimizzata nel punto in cui: SMS = (Pc / Pv)
SMS = Pc/Pv: esprime una condizione di ottimizzazione economica.
La soddisfazione è massimizzata quando il beneficio marginale, ossia, il beneficio associato al consumo di
un’unità in più di cibo (è misurato dal SMS) è uguale al costo
marginale, ossia, il costo dell’unità aggiuntiva di cibo
(misurato dal valore assoluto del coefficiente angolare della
retta di bilancio ossia il rapporto tra i prezzi).
Quando il SMS è inferiore o superiore al rapporto tra i prezzi,
la soddisfazione del consumatore non è massima.
Analizziamo il grafico precedente:
Punto B
Costo marginale = Pc/Pv = 1 / 2
SMS = Beneficio marginale = - (Δ V / Δ C) = - (-10/10) = 1 >
Cm = 1/2
Poiché il cibo è più economico del vestiario, è interesse del consumatore acquistare più cibo e meno vestiario.
(Es.: se il consumatore acquista n. 1 unità in meno di vestiario, i 2€ risparmiati possono essere utilizzati per
n.2 unità di cibo, anche se per mantenere il medesimo livello di soddisfazione ne sarebbe sufficiente una).
Proseguo al medesimo modo (con uno spostamento lungo la retta di bilancio), fino al punto A (si veda il
grafico).
Punto di ottimo A
Cm = costo marginale = 1/2 = (Pc/Pv)
SMS = Bm = beneficio marginale = Cm = (Pc/Pv) = 1/2
Il consumatore massimizza la propria soddisfazione: in questo punto (A), lo stesso è disposto a scambiare
un’unità di vestiario con due di cibo. (Il consumatore può sostituire una unità di cibo con una di vestiario senza
perdita di soddisfazione).
Casi particolari:
Le soluzioni d’angolo
A volte i consumatori hanno preferenze estreme, almeno per
certe categorie di beni, per cui le curve di indifferenza sono
molto ripide. Possiamo usare le curve di indifferenza per
individuare le condizioni in cui i consumatori scelgono di non
consumare un certo tipo di bene. Questa decisione riflette una
cosiddetta soluzione d’angolo: se uno dei due beni non viene
consumato, il paniere scelto è quello che corrisponde a una
delle due intercette sulla retta di bilancio. In una soluzione
d’angolo, il SMS del consumatore non è necessariamente
uguale al rapporto tra i prezzi
Beni inferiori sono quelli per cui ad un aumento del reddito corrisponde la
diminuzione del consumo/quantità domandata (prodotti discount)
Se consideriamo gli effetti di variazioni del reddito sulle scelte di consumo considerando una sequenza di
possibili livelli di reddito del consumatore e quindi congiungiamo tutti i punti di ottimo ottenuti possiamo
costruire una curva che ci dice come variano le quantità domandate dal
consumatore al variare del suo reddito. Tale curva è rappresentata è nota
come Sentiero di espansione del reddito (SER). Per i beni normali il SER è
sempre inclinato positivamente.
L’effetto di sostituzione
La diminuzione del prezzo del cibo produce sia un effetto di sostituzione sia un effetto di reddito.
L’effetto di sostituzione è la variazione del consumo di cibo associata al cambiamento del suo prezzo, tenendo
costante il livello di utilità. Graficamente, l’effetto di sostituzione si connota come un movimento lungo la
curva di indifferenza: lo evidenziamo nella figura, tracciando una retta di bilancio parallela a RT ma tangente
alla curva di indifferenza U1
Per individuare di quanto variano i consumi del bene di cui prezzo è diminuito per il solo effetto sostituzione,
si ipotizza una riduzione virtuale del reddito. Data quella retta di bilancio, il consumatore sceglierebbe il
paniere D, consumando OE unità di cibo: dunque il segmento C1E rappresenta l’effetto di sostituzione.
Cosa succede, quindi in poche parole?
Partiamo da un paniere A, punto di incontro tra la curva di
indifferenza e la nostra retta di bilancio. La diminuzione dei prezzi
del cibo comporta sia un effetto di sostituzione, vogliamo comprare
maggiori unità di cibo perché è più economico, sia una variazione di
inclinazione della retta di bilancio che passa da RS a RT, però non
andiamo a considerare la capacità massima del nostro portafoglio,
perché stiamo considerando solamente l’effetto di sostituzione in
questa circostanza, quindi andiamo a considerare una retta parallela
a RT tangente in U1, che ci dà quindi lo stesso grado di soddisfazione,
è andiamo a considerare questo punto di intersezione come il
paniere D. IL consumatore sceglierà quest’ultimo perché ho la stessa soddisfazione ma non consumando
tutto il mio portafoglio.
L’effetto di reddito
Consideriamo ora l’effetto di reddito, cioè come varia il consumo di un bene al variare del potere d’acquisto,
tenendo costanti i prezzi relativi. Nella figura possiamo vedere l’effetto di reddito spostandoci
dall’immaginaria retta di bilancio tangente a U1 in D alla retta RT, passante per B. Dato che la diminuzione
del prezzo ha fatto aumentare il potere d’acquisto del consumatore, e quindi il livello di utilità a cui può
attingere, questi sceglie ora il paniere B sulla curva di indifferenza U2. L’aumento del consumo di cibo da
OE a OC2 misura l’effetto di reddito. (Restituzione virtuale del reddito prelevato (effetto reddito))
Cosa succede in questa circostanza?
Andiamo a considerare la capacità massima del portafoglio, quindi vi è un aumento del reddito che comporta
lo spostamento della retta di bilancio ad RT. Con un aumento del reddito vi è un aumento anche della
soddisfazione che posso avere, quindi vado a considerare la curva U2 che sarà tangente alla retta RT, nel
punto B, che sarà il nuovo paniere scelto dal consumatore.
Utilità
Utilità: valore numerico che rappresenta la soddisfazione che un consumatore ricava da un determinato
paniere. (Abbiamo già parlato della funzione di utilità)
Utilità marginale (U’): misura il livello di soddisfazione aggiuntivo prodotta dal consumo di un’unità in più di
un bene
Utilità marginale decrescente: principio secondo il quale maggiore è la quantità consumata di un bene,
minore è l’incremento dell’utilità procurato dal consumo di quantità aggiuntive. Ad esempio: se io ho in
abbondanza il vestiario, la soddisfazione procurata dall’incremento di una sua unità sarà molto bassa e molto
minore rispetto ad un altro bene acquistato.
Consideriamo uno piccolo spostamento verso il basso lungo una curva d’indifferenza. La quantità aggiuntiva
di cibo, Δc, produce un’utilità marginale Uc’ ed un incremento complessivo di utilità pari ad (Uc’·Δc);
contemporaneamente, il minor consumo di vestiario Δv produce una riduzione di utilità Uv’ ed una
diminuzione complessiva pari a (Uv’·Δv). Poiché tutti i punti di una curva d’indifferenza sono associati allo
stesso livello di utilità, l’incremento complessivo di utilità associato all’aumento di c deve bilanciare il
decremento complessivo dovuto al minor consumo di v. Uc’· Δc + Uv’·Δv = 0
Le esternalità di network
Per alcuni beni, la domanda di un individuo può dipendere anche da quella di altri individui e, in particolare,
dal numero di altri individui che acquistano lo stesso bene. In un caso del genere, si hanno esternalità di
network. Tali esternalità possono essere positive o negative: un’esternalità di network è positiva se la
quantità di un bene domandata dal consumatore medio aumenta all’aumentare della quantità domandata
dagli altri consumatori; se invece diminuisce, si ha un’esternalità di network negativa.
L’effetto traino
Un esempio di esternalità di network positiva è il cosiddetto effetto traino: il desiderio di essere alla moda à
obiettivi delle strategie di marketing e pubblicitarie.
L’effetto snob
Le esternalità̀ di network possono essere anche negative. Consideriamo l’effetto snob: il desiderio di
possedere beni esclusivi o unici. La quantità domandata di un bene “snob” è tanto più̀ alta quanto minore è
il numero di persone che lo possiedono à l’obiettivo di tale strategia è rendere la domanda meno elastica,
per permettere all’impresa di alzare i prezzi o mantenerli elevati. Esempio del bene di lusso/esclusivo.
2.4 Teoria di impresa
Passiamo ora allo studio del comportamento lato offerta, esaminando il comportamento che
produttori/imprese adottano per produrre efficientemente (come variano i loro costi di produzione in
funzione dei prezzi dei fattori di produzione e della quantità prodotta? ).
La teoria dell’impresa descrive proprio il modo in cui le imprese prendono decisioni di produzione finalizzate
a minimizzare i costi, che variano in funzione della quantità ̀ prodotta, ovviamente perché minore è il costo,
maggiore è il profitto ricavato dall’offerta.
Le decisioni di produzione dell’impresa possono essere studiate in tre fasi successive:
• La tecnologia di produzione: per descrivere come i fattori di produzione possono essere trasformati
in prodotto.
• Il vincolo di costo: le imprese devono tenere conto dei prezzi di lavoro, capitale e altri fattori
produttivi.
• La scelta dei fattori: data la tecnologia di produzione e i prezzi di lavoro, capitale e altri fattori,
l’impresa sceglie la quantità̀ di ciascun fattore da impiegare nella produzione.
La quantità̀ prodotta dalle imprese in corrispondenza di ciascun prezzo dipende in gran parte dal profitto che
possono ottenere.
Se un’impresa può̀ aumentare i suoi profitti producendo di più̀, di solito ne approfitterà̀.
Un’impresa consegue un profitto quando il guadagno ottenuto dalla vendita dei suoi prodotti supera il costo
sostenuto per produrli.
Il profitto totale (π) è quindi la differenza tra il ricavo totale (RT) e il costo totale di produzione (CT) = π = RT
- CT
La teoria dell’impresa si basa sul presupposto che le imprese abbiano come obiettivo (almeno) la
massimizzazione del loro profitto
Nel caso ideale, ovvero di concorrenza perfetta, che abbiamo introdotto a inizio corso, abbiamo visto che i
ricavi sono, in questa circostanza, uguale ai costi (costi = ricavi). Ricordiamoci che questa situazione è
puramente ideale, perché non potrà mai esister sul mercato un’azienda tanto forte da generare questo
fenomeno.
Economia di scopo
In generale, si verificano economie di scopo quando la produzione congiunta di due beni da parte di una sola
impresa è maggiore di quella ottenuta con fattori equivalenti da parte di due diverse imprese monoprodotto.
Nel caso in cui la produzione congiunta fosse inferiore a quella realizzabile da due diverse imprese
monoprodotto, il processo di produzione sarebbe caratterizzato da diseconomie di scopo, che si manifestano
quando la produzione di un bene è in qualche misura in conflitto con quella dell’altro.
Non esiste una relazione diretta tra economie di scala ed economie di scopo.
Diseconomie di scala
Quando le imprese superano una data dimensione, i costi unitari però potrebbero anche aumentare. Queste
diseconomie di scala possono essere dovute a varie ragioni:
• All’aumentare delle dimensioni e della complessità dell’impresa, potrebbero sorgere problemi
gestionali di coordinamento, ad esempio in quanto il sistema informativo interno diventa più difficile
da gestire.
• I lavoratori possono sentirsi «alienati» se il loro lavoro è noioso e ripetitivo, e se si sentono una parte
insignificante di un’organizzazione molto grande. La scarsa motivazione sul lavoro è spesso alla base
di una qualità del lavoro scadente. Un esempio lampante di questo, sono le condizioni in cui stiamo
vivendo in questi giorni, tramite appunto il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, vi è la
definizione di quali imprese devono chiudere e quali no. Le parti sociali sono in corsa perché
sostengono che questa lista sia ancora troppo ampia e vogliono cercare ai sindacati di lasciare più
lavoratori possibili, per permettere una maggiore ripresa futura dell’aziende stesse, tutelando i
lavoratori. Questo per farci capire che si presenteranno dell’economia di scala generalizzata.
• Le relazioni industriali (vale a dire le relazioni tra i datori di lavoro e i lavoratori o organizzazioni che
li rappresentano, i sindacati) possono peggiorare a causa sia di quanto appena descritto che delle
relazioni interpersonali più complesse tra diverse categorie di lavoratori che derivano dall’aumento
della scala di produzione.
• La produzione a catena e le complesse interdipendenze della produzione di massa possono essere
destabilizzanti per l’intera impresa se sorgono problemi in qualche fase del processo.
Un’impresa, quindi, gode di economie di scala oppure soffre di diseconomie di scala a seconda delle
particolari condizioni tecnologiche, di mercato e organizzative nelle quali opera.
La dimensione dell’industria
Quando la dimensione di un’industria, vale a dire l’insieme delle imprese che producono lo stesso bene,
aumenta, possono sorgere economie esterne di scala per le imprese che ne fanno parte. Ciò significa che
un’impresa, qualunque siano le sue dimensioni, beneficia della dimensione dell’intera industria. Ad esempio,
l’impresa può trarre vantaggio dalla maggiore disponibilità̀ di fornitura specializzata di materie prime o di
componenti, di forza lavoro con abilità specifiche, di servizi di società̀ di marketing specializzate nella
commercializzazione dei prodotti finiti dell’industria, di servizi di banche e altre istituzioni finanziarie a
conoscenza delle esigenze dell’industria. Ci riferiamo qui all’infrastruttura dell’industria: le strutture, i servizi
di supporto, le abilità e l’esperienza condivisa dalle imprese che ne fanno parte.
Un esempio banale è quando c’è un settore di nicchia, in cui i servizi di supporto, bancari, finanziari, saranno
solamente sulle spalle dell’unica azienda che sta svolgendo quell’attività. Se invece, molti lo fanno, vi è una
conoscenza maggiore degli aspetti di quel settore da gran parte dei operatori e ciò comporta un’economia
di scala esterna.
Le imprese di una particolare industria potrebbero anche sperimentare diseconomie esterne di scala. Ad
esempio, quando un’industria cresce di dimensioni, potrebbero scarseggiare specifiche materie prime o
manodopera qualificata. Ciò farebbe aumentare il prezzo di tali fattori e, di conseguenza, anche i costi
sostenuti dall’impresa.
Ricapitolando:
• La produttività è la quantità di prodotto (Y) ottenuta impiegando una determinata quantità di input
(X) quanto maggiore è la quantità di prodotto (Y) e minore la quantità del fattore (X), tanto più è alta
la produttività del processo produttivo. Es. se in una fabbrica con 100 operai sono prodotte 500 unità
di prodotto al giorno, la produttività totale del fattore lavoro è 500 (contributo complessivo del
fattore al processo produttivo)
• La produttività media è il rapporto tra il prodotto totale e la quantità del fattore produttivo
impiegato. Es. se in una fabbrica con 100 operai sono prodotte 500 unità di prodotto al giorno, la
produttività media del fattore lavoro = 500/100 = 5
• La produttività marginale è la quantità addizionale della produzione Y che si ottiene impiegando
un’unità aggiuntiva di un fattore produttivo X pari al rapporto tra l’incremento della produzione e
l’incremento del fattore produttivo e può essere:
- Crescente: l’incremento di quantità del fattore produttivo consente di usare meglio anche altri
fattori produttivi (aumenta Y).
- Decrescente: l’incremento di quantità del fattore produttivo non si combina in modo efficiente con
le quantità degli altri fattori produttivi e l’incremento di Y è meno che proporzionale
𝑃𝑀𝐴 = ∆𝑌𝑞 /∆𝑋1
L'isoquanto di produzione quindi è una curva che descrive tutte le possibili combinazioni di fattori produttivi
che generano lo stesso livello di produzione (output). E rappresenta le diverse combinazioni di due fattori
produttivi che consentono di produrre una determinata quantità di produzione.
L’isoquanto è il concetto speculare della curva di indifferenza.
Gli isoquanti più esterni sono associati a livelli di produzione più alti.
A e B sono sulla stesa curva di isoquanto quindi consentono la medesima quantità di prodotto (Y=10) con due
combinazioni diverse dei fattori di produzione. C è invece associato a un livello di produzione maggiore
(Y=20).
A= labour intensive
B= capital intensive
Saggio marginale di sostituzione tecnica è il rapporto inverso tra le produttività marginali dei due fattori
produttivi – cioè ci dice di quanto deve aumentare la quantità utilizzata di un input nel caso di una riduzione
unitaria della quantità utilizzata dell’altro input se si vuole mantenere costante il livello di produzione (ossia
rimanendo sulla stessa curva di isoquanto) e determina la pendenza dell’isoquanto (La pendenza di ogni
isoquanto indica infatti in che misura un fattore può essere sostituito all’atro, mantenendo il prodotto
costante) - Il SMST tra lavoro e capitale ci dice di quanto possiamo ridurre il fattore capitale se impieghiamo
una unità di lavoro in più e vogliamo che il livello di produzione rimanga invariato. Chiaramente, quanto più̀
lavoro si sostituisce al capitale, tanto meno produttivo diventa il lavoro e relativamente più produttivo il
capitale.
Diventa più produttiva la variabile di cui scarseggio.
Assumiamo che il SMST sia decrescente, cioè che diminuisca man mano che ci si sposta verso destra lungo
l’isoquanto. Il SMST è strettamente correlato al prodotto marginale del lavoro e del capitale. Per vedere
come, immaginiamo di aumentare il fattore lavoro e ridurre quanto basta il fattore capitale per mantenere il
prodotto costante.
• L’aumento del livello della produzione causato dal maggiore apporto di lavoro è uguale al prodotto
marginale del lavoro moltiplicato per il numero di unità di lavoro aggiuntive.
• Analogamente, la riduzione del livello di produzione causata
dal minor apporto di capitale è pari alla diminuzione del
prodotto marginale del capitale moltiplicato per le unità di
capitale sottratte alla produzione.
Dato che il prodotto deve rimanere costante, la variazione
totale del prodotto deve essere uguale a zero. Il SMST tra due
fattori è quindi pari al rapporto tra i rispettivi prodotti
marginali.
La figura mostra gli isoquanti di due fattori di produzione sostituti perfetti. Il SMST
è costante in ogni punto dell’isoquanto. Esempio, consideriamo che ci serve
un’impresa di pulizie per un dato lavoro, noi dobbiamo scegliere se in quel
contesto è meglio un robot (costo 20 euro) oppure la mano d’opera (costo 40).
Noi sceglieremo quello con il costo più basso.
Costi e input:
Analizziamo ora come variano i costi al variare della quantità̀
prodotta dall'impresa. Ovviamente, dovendo decidere quanto produrre, è necessario conoscere il livello dei
costi associato a ciascun livello di output. I costi di produzione di un’impresa dipendono ovviamente dalla
quantità di input utilizzati. Più precisamente essi dipendono:
Dalla produttività̀ dei fattori: quanto maggiore è tale produttività, tanto minore è la quantità di input
necessaria per produrre un dato livello di output e quindi tanto minori sono i costi di produzione;
Perché se la produzione di un output è produttiva, ossia che produce in maniera intelligente, vuol dire che io
riesco ad ottimizzare la mia combinazione di fattori produttivi e quindi ottengo un ricavo maggiore da questa
produzione. Ciò vuol dire che i costi di produzione sono più bassi o che riesco a vendere quel prodotto sul
mercato nonostante i costi di produzione.
Dal prezzo dei fattori: quanto maggiore è il loro prezzo, tanto maggiori saranno i costi di produzione.
Se io riesco a incrementare la differenza tra i costi di produzione e il prezzo con il quale viene venduto, è
chiaro che io consumatore ottengo un guadagno, ottengo un surplus del mio guadagno.
Se i prezzi dei fattori produttivi per l’impresa sono dati (ad esempio perché i mercati dei fattori sono di
concorrenza perfetta) e se, data la funzione di produzione, scegliamo opportunamente le quantità dei fattori
in modo da minimizzare i costi di produzione per ogni data quantità di prodotto, allora il costo di produzione
dipenderà solo dalla quantità di output. Possiamo scrivere:
CT= CT(q)
Nel breve periodo, i costi sostenuti per acquisire i fattori fissi non variano con l’output prodotto. La rendita
sulla terra è un costo fisso, non dipende dalla quantità prodotta. Il costo totale dei fattori variabili, tuttavia,
varia con l’output. Il costo delle materie prime è un costo variabile. Quanto più si produce, tanta più quantità̀
di materie prime viene utilizzata e quindi tanto maggiore sarà̀ il costo ad esse relativo. Nel caso di due soli
fattori produttivi ad esempio, capitale (K) e lavoro (L), i cui rispettivi prezzi sono espressi da r e w, il costo
totale di produzione può essere scritto come:
CT = wL + rK.
- Costo fisso CF: costo produttivo che non varia al variare della produzione (es. costi fissi dei macchinari,
tecnologia, impianti, affitto del luogo di produzione, terra nel breve periodo).
Graficamente è una linea retta orizzontale. Può essere eliminato solo cessando l’attività d’impresa. È
rappresentata attraverso una retta orizzontale.
- Costo variabile CV: costo produttivo che varia al variare della quantità prodotta (es. materie prime, ore
lavorate, consumo energia). La retta CV è una funzione crescente con il volume di produzione ed è nulla in
caso di produzione zero.
Nel lungo periodo, invece, viene meno la differenza tra costo fisso e costo variabile in quanto tutte le voci di
costo sono modificabili dall'impresa, nel lungo periodo non esistono costi fissi. Tutti i costi sono costi variabili.
Esempio
Consideriamo la tabella e la figura. Esse mostrano i costi totali di un’impresa che produce diversi livelli di
output (q). Esaminiamo ciascuna delle tre curve di costo.
1 Costo fisso (CF). Nel nostro esempio, il costo fisso è pari a 12 €. Poiché questo costo non varia con l’output,
è rappresentato da una retta orizzontale.
2 Costo variabile (CV). Se l’impresa producesse una quantità nulla di output, non avrebbe bisogno di fattori
variabili, CV = 0. Quindi la curva CV passa per l’origine degli assi. La
forma della curva risente della legge della produttività̀ marginale
decrescente; quando vengono utilizzate poche unità del fattore
variabile, CV aumenta meno che proporzionalmente rispetto alla
quantità utilizzata del fattore. Ad esempio, consideriamo il caso di
un’impresa con una dotazione data di macchine in cui si ha un
incremento del numero dei lavoratori impiegati; inizialmente essi
possono svolgere mansioni sempre più specializzate e fare un
maggiore e migliore uso delle macchine disponibili.
Quando però il fattore variabile aumenta oltre un certo valore
soglia indicato con “m” nella figura si manifesta la legge della
produttività marginale decrescente: poiché le ultime unità di
fattore producono sempre meno output, la quantità prodotta in
più̀ di output avrà un costo variabile crescente in modo più che
proporzionale rispetto alla quantità̀ impiegata del fattore variabile. Quindi la curva CV in m da concava
diventa convessa.
3 Costo totale (CT). Poiché CT = CV + CF, nella figura la curva CT è semplicemente una traslazione verticale
della curva CV pari a 12 €.
Costo medio cu: costo unitario di produzione ottenuto dividendo il costo totale con la quantità delle unità
prodotte (considera sia costi variabili che costi fissi), indica il costo di ogni singola unità prodotta. La forma a
U è perché il peso dei CF sul CT è maggiore quando l’impianto di produzione è ancora sottoutilizzato (riesco
a spalmare CF - fase decrescente iniziale) e per effetto della produttività marginale decrescente dei fattori
produttivi sui costi variabili (tratto crescente – ulteriore
impiego dei fattori produttivi riduce la produttività
dell’impianto aumentando i costi variabili della produzione.
ES. se produrre 100 unità di un prodotto costa 2.000 euro, il
costo medio sarà 20 € per unità (2.000/100).
Come il costo totale, il costo medio può essere diviso in due
componenti: fissa e variabile.
In altre parole, il costo medio è uguale alla somma tra costo
fisso medio (CFME = CF/q) e costo variabile medio (CVME =
CV/q)
CME = CFME + CVME 𝑪𝑼 = (𝑪𝑭/ 𝒀) + (𝑪𝑽 / 𝒀)
Costo marginale cm: è l’incremento di costo che si sostiene per produrre un’unità in più, ossia il rapporto tra
la variazione del costo totale e la variazione della quantità di produzione (si considerano solo i costi variabili)
(es. a un dato livello di produzione l’incremento ulteriore di 2 unità produttive comporta un incremento del
costo pari a 5. Il costo marginale è pari a 5/2 = 2,5 oppure ancora consideriamo un’impresa che produce un
milione di scatole di fiammiferi al mese. Essa decide di aumentare l’output di 1.000 scatole: Δq = 1.000.
Assumiamo che i costi totali aumentino di 40 euro: ΔCT = 40 €.
Quale è il costo per produrre una scatola aggiuntiva di fiammiferi? CMG = ΔCT/Δq = 40/1000 = 0,04.
0,04 rappresenta l’incremento medio di costo per un incremento unitario di produzione nell’aumentare q da
un milione di scatole a un milione e mille scatole. Si noti che tutti i costi marginali sono variabili, poiché, per
definizione, non ci sono costi fissi aggiuntivi quando la produzione aumenta. Forma a U legata alla
produttività marginale dei fattori produttivi. All’inizio decresce poiché l’impiego di unità addizionali dei fattori
produttivi consente di usare meglio l’impianto (produttività marginale crescente. Produrre le prime unità di
output è relativamente poco costoso). Poi cresce poiché ogni unità addizionale di impiego dei fattori
produttivi peggiora l’efficienza impianto (in quanto si richiedono quantità sempre maggiori di fattore
variabile per aumentare la produzione).
𝑪𝑴 = ∆𝑪 / ∆𝒀
I punto e in figura, in cui le due curve si intersecano, è il punto per cui l’impresa utilizza l’impianto nel modo
migliore. È detto anche punto di fuga poiché il prezzo del prodotto non può essere inferiore.
Il costo medio decresce meno rapidamente per la presenza dei costi fissi (la curva è più alta) – al crescere
della produzione i costi marginali crescono più rapidamente per effetto della produttività decrescente dei
fattori.
I costi di produzione sono i costi sostenuti da una impresa per la produzione e sono determinati dalla
tecnologia utilizzata nel processo produttivo e dall'organizzazione dell'impresa. L’obiettivo è la
minimizzazione dei costi
Data una funzione di produzione con due fattori produttivi X1 e X2 (quantità), il costo totale di produzione C
è dato dalla seguente equazione: C = w1 x1 + w2 x2 – dove w1e2 indicano i prezzi unitari di acquisto dei
fattori produttivi.
Le diverse combinazioni dei fattori produttivi possono essere
rappresentate su un diagramma cartesiano mediante la retta di
isocosto che non è altro che l'insieme delle combinazioni di due
fattori produttivi che determinano lo stesso costo di produzione
complessivo (che rientra quindi nella capacità di spesa dell’impresa).
La retta di isocosto ci ricorda il vincolo di bilancio visto nella teoria
del consumatore, però, la retta di bilancio ci forniva quanti panieri io
consumatore posso acquistare con la disponibilità del mio
portafoglio. Per quanto riguarda la retta di isocosto invece, il
concetto è parallelo ma visto attraverso l’ottica dell’impresa, quindi,
come posso combinare i miei fattori produttivi per determinare lo stesso costo di produzione complessiva.
In una retta di isocosto il costo totale della produzione è costante al variare delle combinazioni delle quantità
di utilizzo dei fattori produttivi.
Le rette di isocosto più esterne sono associate a costi di produzione maggiori
La pendenza della retta di isocosto è pari al valore assoluto del rapporto tra i costi dei fattori produttivi w1 /
w2 ed è detta saggio marginale di trasformazione.
L’intercetta con gli assi rappresenta la quantità di fattore che è possibile acquistare a quel dato costo se si
decide di acquistare solo quell’input e di fare a meno dell’altro.
Equilibrio del produttore: è compito dell'impresa scegliere la combinazione di impiego dei fattori produttivi
(x1, x2) tale da rendere minimo il costo totale C a parità di produzione.
Il punto di allocazione ottimale dei fattori può essere trovato mediante l’utilizzo delle rette di isocosto e le
curve di isoquanto
• Il punto A è la scelta economicamente più efficiente (equilibrio del produttore) poiché consente di
minimizzare i costi a parità di produzione Y. Nel punto
A la pendenza della retta di isocosto (saggio marginale
di trasformazione) eguaglia la pendenza della curva di
isoquanto (saggio marginale di sostituzione tecnica),
ossia, Il rapporto tra i prezzi dei fattori produttivi, cioè,
il rapporto tra le produttività marginali (STS = —w/r) e
quindi si avrà che PMGLI PMGK = w/r, da cui a sua volta
discende che il rapporto tra produttività marginale del
lavoro e salario (definito come produttività marginale
ponderata del lavoro w) deve essere uguale al rapporto
tra produttività marginale del capitale e tasso di interesse (produttività marginale ponderata del
capitale r):
𝑷𝑴𝑮𝑳 / 𝒘 = 𝑷𝑴𝑮𝑲 / 𝒓
Quindi il criterio di scelta della combinazione ottima degli input, dato il livello di output, è dato
dall’uguaglianza tra le produttività marginali ponderate.
• I punti B e C sono associati a un costo di produzione più elevato perché sono sulla retta di isocosto
più esterna. La scelta della combinazione ottimale degli input per
ogni livello di produzione consente di determinare la funzione di
costo o sentiero di espansione che descrive le combinazioni di
lavoro e capitale scelte dall’impresa per minimizzare il costo di ogni
dato livello di produzione.
• Funzione di costo: è la relazione tra la produzione e il costo minimo
e mostra il costo totale al variare delle quantità di produzione.
La funzione di costo è una funzione crescente rispetto al livello di
produzione.
La curva di costo medio di lungo periodo
CT totale produzione/Y Quantità produzione
Poiché́ nel lungo periodo non ci sono fattori fissi, non ci sono neppure costi
fissi di lungo periodo (Ad esempio, l’impresa può affittare più terra per
espandere la produzione. La rendita pertanto aumenterà con l’output.). Nel
lungo periodo tutti i costi sono costi variabili.
Le curve di costo medio di lungo periodo (CMELP)
possono avere varie forme. Se l’impresa gode di
economie di scala, la sua curva CMELP è
decrescente (fig. a). Dopotutto, è proprio questo
il modo in cui abbiamo definito le economie di
scala: esse si manifestano in una riduzione dei
costi medi all’aumentare della scala di
produzione. Se invece prevalgono diseconomie di
scala, la curva CMELP sarà̀ crescente (fig. b). Alternativamente, se l’impresa non presenta né economie né
diseconomie di scala, la curva CMELP è orizzontale
La curva di costo medio di lungo periodo
Spesso si ipotizza che all’aumentare della dimensione di un’impresa ci siano inizialmente economie di scala
(con una curva CMELP decrescente). Dopo un certo punto, tuttavia, tutte le economie di scala vengono
sfruttate e la curva diventa una retta orizzontale. Poi, dopo un certo tratto di CMELP costante, l’impresa
diventerà talmente grande che inizieranno a manifestarsi diseconomie di scala e quindi il CMELP diventerà̀
crescente. A questo punto, le economie di scala e/o finanziarie vengono più che compensate dai nuovi
problemi gestionali connessi alla dimensione di impresa che fanno lievitare i costi. L’effetto complessivo sarà̀
una curva a U come illustrato nella figura.
Sono tre le ipotesi chiave sottostanti la costruzione della curva di
costo medio di lungo periodo.
• I prezzi dei fattori sono dati. Si ipotizza che per ogni
determinato livello di output l’impresa fronteggi un
insieme dato di prezzi. Se i prezzi cambiano, di
conseguenza le curve di costo sia di lungo periodo che di
breve periodo si spostano. Ad esempio, un aumento dei
salari contrattati a livello nazionale fa spostare le curve
verso l’alto.
• I prezzi dei fattori tuttavia possono essere differenti per livelli diversi di output. Ad esempio, una
delle possibili fonti di economie di scala è data dalla capacità delle imprese di ottenere sconti per
grandi forniture di materie prime e altri input. In casi del genere le curve non si spostano. I prezzi dei
fattori sono diversi in corrispondenza di punti diversi della curva e per questo tali differenze si
riflettono solo sulla forma della curva. I prezzi dei fattori sono dati per determinati livelli di output.
• Lo stato della tecnologia e la qualità dei fattori sono dati. L’ipotesi è che questi possano cambiare
solo nel lunghissimo periodo. Se un’impresa riesce a ottenere economie di scala, è perché è stata in
grado di sfruttare la tecnologia esistente e di fare il miglior uso delle dotazioni esistenti di fattori di
produzione disponibili. L’impresa sceglie per ogni livello di output la combinazione di fattori che
minimizza i costi. Questa ipotesi implica che le imprese operino in modo efficiente, vale a dire che
esse scelgano il modo meno costoso per produrre ogni determinato livello di output. L’impresa
sceglie, dato il livello di output, la combinazione di input che minimizza il costo.
𝑅𝑇 = 𝑝 ∙ 𝑞
- Ricavi medio o unitario è l’ammontare che l’impresa ottiene per un’unità venduta = ricavo totale/n. Unità
di prodotto vendute. Quindi, se l’impresa ottiene 5.000 euro (RT) dalla vendita di 1.000 unità (q), otterrà 5
euro per ogni unità. Ma questo non è altro che il prezzo! Cioè: RME = p. Un’unica eccezione a questa
uguaglianza si ha quando l’impresa vende i suoi prodotti a prezzi diversi, in quel caso RME è semplicemente
la media ponderata dei prezzi.
𝑅𝑀𝐸 = 𝑅𝑇 / 𝑞
- Ricavo marginale è l’incremento di ricavo ottenuto dalla vendita di un’unità aggiuntiva in un dato periodo
di tempo. Quindi se un’impresa vende 20 unità in più in un mese, rispetto a quanto non si aspettasse di
vendere, ricavando 100 euro in più, ottiene 5 euro per ogni unità aggiuntiva venduta: RMG = 5 €. Cioè̀:
𝑅𝑀 = ∆𝑅𝑇 / ∆𝑞
Vediamo come queste tre funzioni di ricavo (RT, RME e RMG) variano con l’output.
Possiamo analizzare queste funzioni graficamente, come abbiamo fatto nel caso dei costi. II loro andamento
dipende dalle condizioni di mercato in cui l’impresa opera. Un’impresa che sia troppo piccola per poter
influenzare il prezzo di mercato ha funzioni di ricavo diverse da quelle di un’impresa che sia invece in grado
di influire sul prezzo di mercato. Esaminiamo di seguito queste due situazioni.
𝑑𝑅𝑇 𝑑𝑝
𝑅𝑀𝐺 = =𝑝+ ∙𝑞
𝑑𝑞 𝑑𝑞
𝑑𝑝 𝑞
Ma essendo l’elasticità della domanda uguale (in valore assoluto) a 𝜀 = − /
𝑑𝑞 𝑝
1
Si può riscrivere 𝑅𝑀𝐺 = 𝑝(1 − 𝜀 )
C’è dunque una relazione tra ricavo marginale ed elasticità della domanda. Ricordiamo che se la domanda è
elastica, una riduzione del prezzo provoca un aumento più che proporzionale della quantità domandata e
quindi un incremento dei ricavi. Il ricavo marginale quindi è positivo. Se invece la domanda è anelastica, una
riduzione del prezzo provoca un aumento meno che proporzionale delle vendite. In questo caso la riduzione
del prezzo prevale sull’aumento delle vendite e il ricavo totale diminuisce. Il ricavo marginale è negativo.
Se il ricavo marginale per una data quantità è positivo (cioè se in fig. le vendite non sono superiori a 4 unità
per periodo di tempo), la domanda sarà elastica, in quanto un aumento della quantità venduta (in seguito
alla riduzione del prezzo) provocherebbe un incremento del ricavo totale.
Se invece il ricavo marginale in corrispondenza di una determinata quantità è negativo (cioè se in fig. le unità
vendute sono 5 o più̀), la curva di domanda sarà anelastica, in quanto un aumento della quantità̀ venduta
farebbe diminuire il ricavo totale. Quindi la curva di domanda (p = RME) in figura è elastica a sinistra del
punto r e anelastica alla sua destra.
Ricavo totale.
Il ricavo totale è dato dal prezzo per la quantità, come illustrato in tabella. La colonna RT della tabella è
disegnata nella figura.
A differenza del caso di un’impresa price taker, la curva RT non è una retta, ma una curva dapprima crescente
e poi decrescente. Perché? Fintanto che il ricavo marginale è positivo (e
quindi la domanda è elastica rispetto al prezzo), un aumento dell’output
fa aumentare il ricavo totale.
Ma quando il ricavo marginale diventa negativo (e la domanda
anelastica), il ricavo totale diminuisce. Il punto massimo della curva RT,
quindi, si trova in corrispondenza di RMG = O. In questo punto l’elasticità̀
della domanda in valore assoluto è uguale a uno
Le forme di mercato sono caratteristiche distintive dei mercato sulla base del grado di concorrenza, del
numero di soggetti offerente e acquirenti, dal grado di controllo del prezzo da parte delle imprese, dal grado
di libertà di entrata e di uscita dal mercato, del grado di omogeneità o di differenziazione del prodotto (natura
del prodotto).
In Economia esistono quattro principali forme di mercato
La Concorrenza di una impresa è l’insieme delle imprese operanti sul mercato in un determinato territorio
che producono un prodotto/servizio destinato a soddisfare la domanda di un medesimo cliente finale e
quindi a soddisfare il medesimo bisogno, sta alla base del dinamismo di mercato (osservazione delle scelte
dei concorrenti sui prezzi, caratteristiche prodotto, pubblicità ecc. Osservazione concorrenti, è da
considerare un input del processo produttivo).
• Il grado di concorrenza è indicato dal tasso di concentrazione (o tasso di affollamento) del mercato.
Determinato dalle barriere all’ingresso che impediscono o meno l’accesso al mercato alle nuove
imprese concorrenti (newcomers)
• È importante nella strategia di impresa una corretta analisi della concorrenza per individuare
eventuali opportunità (nicchie di mercato, differenziazione di prodotto ecc.) e ridurre al minimo le
minacce di mercato (prezzi più bassi, barriere ecc.)
Analisi della concorrenza
Valuta il grado di competitività di un’impresa.
• Obiettivi:
Lo studio dei prezzi di vendita dei prodotto delle imprese operanti in un mercato, ne misura la
concentrazione nei diversi segmenti di mercato, il grado di differenziazione dei prodotti e le eventuali
barriere all’ingresso (economiche, tecnologiche, di brand, di fidelizzazione ecc.)
• Elementi:
- Efficienza nei costi (produttività), ossia, la capacità impresa di soddisfare bisogni dei consumatori
con una minore spesa a parità di qualità del prodotto/servizio offerto. Se noi, per essere più
produttivi, cioè per mettere più prodotti sul mercato, abbassiamo notevolmente il costo del nostro
servizio/prodotto offerto, può causare una strategia di mercato totalmente fallimentare
- Caratteristiche del prodotto, insieme caratteristiche tecniche del prodotto/ servizio
- Marchio (brand), il fattore determinante per il successo commerciale
• Differenziazione:
Le imprese tendono a differenziare i propri prodotto dalla concorrenza al fine di favorire la propria
rendita, in due modi:
- Differenziazione di marchio (qualità- percezione- possibilità di maggior P) più efficace e duratura
ma raggiungibile solo nel medio-lungo periodo. Ovviamente per creare un brand, un marchio
conosciuto, c’è bisogno di tempo per farsi conoscere, un percorso di assestamento, per mostrare le
peculiarità rispetto ai competitor, in modo da fidelizzare i consumatori, affinché scelgono i vostri
prodotti meno caratterizzanti. (Marlboro, Camel)
- Differenziazione di prodotto (modifica caratteristiche tecniche), tale per cui io sono disposto a
comprare quel prodotto, rispetto ad altri sul mercato
• La politica di prezzo aggressiva:
Implica la vendita di un prodotto vicino al costo di produzione e può essere adottata da:
- Aziende non leader: newcomers o follower (più difficile tema qualità), è più difficile perché, per
riuscire a conquistare delle nicchie di mercato, il prezzo sarà molto vicino ai costi di produzione, ciò
indica un guadagno esiguo dell’impresa, che però potrebbe realizzare il suo obiettivo. Questa
strategia ha un elevato tasso di rischio, infatti se si abbassano troppo i prezzi e di conseguenza la
qualità del prodotto offerto, l’azienda non riuscirà a conquistare le quote del mercato interessato,
poiché il consumatore sceglierà il prodotto più noto e con una qualità più elevata ovviamente, sarà,
quindi fallimentare.
- Aziende leader: per espandere propria quota di mercato o impedire ingressi nel mercato (maggiori
rendimenti di scala perché operano su un volume di produzione più grande, con brand più forte e
struttura dei costi più efficiente). Cerchiamo di ridurre al minimo i prezzi, in modo tale che impediamo
ai new comers, l’ingresso nel mercato, perché non avranno la nostra expertise, i nostri rendimenti di
scala, le nostre economie di scala.
La concorrenza perfetta
Le ipotesi alla base della concorrenza perfetta:
• Atomicità: Esiste un numero molto elevato di imprese sia lato domanda che offerta. Le imprese e i loro
clienti sono price takers (il prezzo dipende dalla loro libera e simultanea contrattazione) (la singola impresa
produce una quota trascurabile dell’offerta totale). Data una determinata curva di offerta e una curva di
domanda, il prezzo verrà generato da solo, dalle interazioni del mercato, che deriva dai bisogni del
consumatori, senza che le imprese possano mettere in campo strategie, che possono cambiare le interazioni
del mercato stesso.
• Prodotti omogenei: caratteristiche simili o uguali (no sotto-mercati, che dato che i prodotti sono omogeni,
non si tende a creare delle nicchie di mercato, che differenziano quel prodotto. Esempio: cellulare con o
senza fotocamera; carote)
• Informazione perfetta: tutti gli operatori del mercato, consumatori e offerenti, hanno accesso a tutte le
informazioni. Io di un mercato so: quante e quali sono le imprese, dove stanno, a che prezzo vendono il
prodotto, se i prezzi sono uguali in tutti i negozi, ecc.
• Assenza barriere di ingresso: economiche, politiche o naturali. Si può entrare e uscire senza costi elevati à
nel lungo periodo il profitto si azzera. Il profitto si azzera nel senso che entrare in un mercato, mi comporta
un extraprofitto, ma nel lungo periodo io dovrò aumentare la mia produzione e ciò comporterà una
diminuzione del profitto. Più avanti vedremo questo argomento.
• Libertà decisionale: nessuno impone cosa e quanto acquistare o vendere. Il prezzo e la quantità di
equilibrio, come detto in precedenza, dato dalla libera interazione di domanda e offerta nel mercato.
• Razionalità: ogni individuo massimizza propria utilità di scambio
• Fluidità: si possono vendere a acquistare tutte le quantità che si desiderano
• Tecnologia omogenea: di tutte le imprese (no diverso know-how/brevetti)
𝑄 = ∑ 𝑞𝑖
𝑖=1
Il monopolio
Cosa succede quando sul mercato opera una sola impresa?
Si ha monopolio quando nell’industria opera una sola impresa (anche se i confini di industria possono essere
arbitrari - Ad esempio: un’impresa tessile può avere il monopolio su alcuni tipi di tessuto, ma non su tutti i
tessuti in generale. O ancora, un’impresa di trasporti ferroviari può avere il monopolio sui servizi ferroviari
tra due città, ma non ha il monopolio nel trasporto pubblico su quella tratta.)
Ciò che è più importante per un’impresa è il grado di potere monopolistico che esercita, che a sua volta
dipende dal grado di sostituibilità del proprio prodotto con i prodotti offerti dalle altre imprese. In molti paesi,
la fornitura di energia elettrica avviene in regime di monopolio. L’impresa monopolista non ha concorrenti
che possano fornire energia elettrica per l’illuminazione e gli elettrodomestici; tuttavia, nel caso della
fornitura di energia per il riscaldamento domestico potrebbero esserci imprese concorrenti in grado di fornire
energia alternativa quale gas, petrolio e carbone.
Esistono due tipi di monopolio:
- Naturale: si verifica quanto l’ingresso nel mercato è ostacolato da barriere naturali, determinate dalla
proprietà esclusiva di un fattore produttivo da parte di una impresa (es. miniera) o dalle enorme economie
di scala e capacità produttive dell’unica impresa operante nel settore
- Legale: quando il numero di imprese nel mercato è fissato per legge dallo Stato. Il servizio o il bene può
essere offerto soltanto dalla impresa autorizzata. In questo casi il monopolista può essere un’azienda
pubblica, un ente pubblico oppure un’azienda privata in concessione (es. disporre infrastruttura su scala
nazionale es. autostrade, rete idrica, cavi telefonici ecc.). Questo rapporto pubblico privato è di fondamentale
importanza in quanto, lo stato, garantisce che il prezzo di questo bene di prima necessita, sia accessibile a
tutti, mentre la parte privata, porta con se la sua expertise, il suo know-how nel settore in questione.
Affinché un’impresa mantenga la propria posizione di monopolista ci devono essere barriere all’entrata
sufficientemente elevate.
Barriere all’entrata
Possono assumere forme diverse
• Economie di scala e di varietà
• Differenziazione del prodotto e fedeltà alla marca
• Costi inferiori per l’impresa già esistente
• Proprietà o controllo di importanti fattori di produzione
• Proprietà o controllo delle reti di vendita al dettaglio o all’ingrosso
• Protezione legale
• Fusioni e acquisizioni
• Tattiche aggressive
• Intimidazione (queste ultime si basano su una minaccia credibile di comportamento aggressivo da parte del
monopolista)
Economie di scala:
Se il costo medio del monopolista, a causa dell’esistenza di notevoli economie di scala, si riduce all’aumentare
della sua offerta, è possibile che non più di un produttore sia in grado di rimanere nell’industria facendo
profitto. Questo caso è noto come monopolio naturale. Tale situazione si verifica con maggiore probabilità
quando il mercato servito è di dimensioni ridotte. Ad esempio, due imprese di trasporto in competizione tra
loro possono valutare che non convenga servire la stessa tratta, mentre una sola impresa potrebbe farlo con
profitto servendo l’intera domanda. L’erogazione di energia elettrica attraverso una rete nazionale è un altro
esempio di monopolio naturale, infatti lo stato dà in concessione i gasdotti ad un’azienda terza, privata
affinché sia accessibile il prezzo per i consumatori.
Anche quando il mercato potrebbe sostenere più di un’impresa, un nuovo entrante potrebbe non essere in
grado di iniziare a produrre su larga scala. In tal caso il monopolista che già gode di economie di scala può
praticare un prezzo inferiore al costo medio di produzione del potenziale entrante, scoraggiandone l’entrata.
Se invece il nuovo entrante è un’impresa già operativa su un altro mercato, potrebbe essere in grado di
affrontare la concorrenza del monopolista e riuscire a entrare nel mercato.
Economie di varietà:
È probabile che un’impresa che realizza una vasta gamma di prodotto abbia un costo medio di produzione
inferiore a quello dei potenziali entranti. Ad esempio, una grande azienda farmaceutica che produce una
vasta gamma di farmaci e cosmetici può suddividere tra i suoi prodotti i costi di ricerca e sviluppo, di
marketing, di magazzino e di trasporto. Tutto ciò rende più difficoltosa l’entrata sul mercato a una nuova
impresa monoprodotto, dal momento che l’impresa esistente potrà diminuire i prezzi, causandone l’uscita.
Differenziazione del prodotto e fedeltà della marca
Se un’impresa produce un prodotto chiaramente differenziato da quelli esistenti, e il consumatore associa
quel prodotto a una marca, sarà molto difficile per una nuova impresa entrare in quel mercato.
Nel 1895 l’americano Gillette inventò il rasoio di sicurezza che brevettò in seguito nel 1904. Anche ora, a
distanza di un secolo, non è infrequente sentire chiamare indistintamente tutti i rasoi Gillette, oppure
chiamare le penne a sfera Biro, e così via.
Questo tipo di barriera può operare anche quando il mercato è sufficientemente grande da permettere a due
imprese di sfruttare le economie di scala esistenti. In altre parole, qui il problema del potenziale entrante
non è riuscire a produrre a costi sufficientemente bassi, ma riuscire a offrire un prodotto che attiri i
consumatori fedeli al marchio della concorrente.
Protezione legale
La posizione monopolista dell’impresa può essere protetta da brevetti su processi produttivi, da diritti di
autore, da varie forme di licenze e da dazi doganali e altre restrizioni agli scambi. Molti nuovi farmaci
sviluppati dalle aziende farmaceutiche (ad esempio quelli anti- AIDS) e il sistema operativo Windows
costituiscono un esempio di monopolio basato sul rilascio di un brevetto.
Fusioni e acquisizioni
Il monopolista può lanciare un’offerta di acquisto sull’entrante, scoraggiandone in tal modo l’entrata.
Tattiche aggressive
Un monopolista può probabilmente sostenere perdite più a lungo di un nuovo entrante, per cui può iniziare
una guerra di prezzo, lanciare massicce campagne pubblicitarie, offrire servizi allettanti alla clientela,
introdurre nuovi marchi per competere con il nuovo entrante, ecc.
Intimidazione
Il monopolista può anche ricorrere a tutta una serie di minacce, lecite o illecite, per indurre un nuovo entrante
a uscire dal mercato.
L’impresa monopolista può decidere il prezzo di vendita a suo piacimento, perché non esistono beni sostituti
o concorrenti e i consumatori non hanno alternative a cui rivolgersi. L’impresa monopolistica può scegliere il
prezzo in due modi:
• Metodo indiretto: l’impresa fissa la quantità di produzione (Qs) e il mercato determina
indirettamente il prezzo (P) che mette in equilibrio l’offerta e la domanda. L’impresa monopolistica
definisce la produzione che vuole mettere sul mercato e poi la domanda fisserà indirettamente il
prezzo, al fine tale che, non ci possiamo trovare in una situazione di scarsità di domanda o di eccesso
di domanda.
𝑄𝑠 → 𝑃 → 𝑄𝑑
• Metodo diretto: l’impresa fissa direttamente il prezzo di vendita (P) del bene e lascia agli acquirenti
decidere la quantità di acquisto (Qd). Poi l’impresa adegua il volume di produzione (Qs) alla quantità
domandata senza variare il prezzo. Io metto quel bene a quel prezzo sul mercato, capirò quanta
domanda sarà disponibile a comprare quel bene a quel determinato prezzo e automaticamente
tarerò la curva di offerta
𝑃 → 𝑄𝑑 → 𝑄𝑠
La differenza con l’impresa concorrenziale è che l'impresa monopolistica controlla sia il prezzo di vendita che
la quantità offerta mentre l’impresa concorrenziale non controlla il prezzo in quanto price- taker.
Il mercato concorrenziale determina il prezzo.
L’equilibrio monopolistico
Poiché per definizione c’è una sola impresa sul mercato, la curva di domanda dell’impresa coincide con la
curva di domanda dell’industria. Rispetto ad altre forme di mercato, la domanda in monopolio tende a essere
meno elastica a ogni livello di prezzo. Se il monopolista aumenta il
prezzo, i consumatori non hanno alternative: o comprano a un
prezzo maggiore, o rinunciano al prodotto.
A differenza dell’impresa che opera in concorrenza perfetta,
l’impresa monopolistica, variando la quantità offerta, è pertanto in
grado di influenzare il prezzo. È però pur sempre vincolata dalla
curva di domanda: un aumento del prezzo ridurrà la quantità
domandata, come illustrato dalla curva di domanda decrescente
rappresentata nella figura.
Come accade anche in altre forme di mercato, il monopolista massimizza il profitto quando RMG=CMG. Nella
figura, quindi, il profitto è massimo quando l’output è pari a qm. L’extraprofitto è indicato dall’area
ombreggiata.
Questo profitto tende a essere tanto maggiore quanto meno elastica è la curva di domanda, e quindi quanto
maggiore è la differenza tra prezzo e ricavo marginale.
L’elasticità̀ effettiva dipende dal grado di sostituibilità del prodotto considerato con i prodotti forniti da altre
industrie.
Ad esempio, la domanda di servizi ferroviari è molto meno elastica (e il profitto potenziale maggiore) se non
ci sono servizi di autobus sulla stessa tratta. Poiché esistono barriere all’entrata, l’extraprofitto del
monopolista nel lungo periodo non viene eroso dalla concorrenza (come invece accade nell’equilibrio di
lungo periodo della concorrenza perfetta). L’unica differenza tra l’equilibrio di breve e di lungo periodo nel
monopolio, quindi, è che nel lungo periodo l’impresa produce quella quantità di output per cui ricavo
marginale e costo marginale di lungo periodo sono uguali.
Concorrenza Monopolistica
La concorrenza monopolistica è una forma di mercato intermedia alla concorrenza perfetta a al monopolio,
in cui si presentano elementi caratteristici dei due mercati:
• Esiste un numero piuttosto elevato di imprese. Ciascuna di esse ha una quota piccola di mercato, e
quindi le sue azioni non influenzano le imprese concorrenti in modo rilevante. Ciò significa che
ciascuna impresa non deve preoccuparsi né delle azioni né delle reazioni delle sue concorrenti: non
c’è interazione strategica tra le imprese (come vedremo in seguito, l’interazione strategica tra le
imprese è invece la caratteristica distintiva comune agli oligopoli), ossia nel prendere le decisioni di
aumentare o diminuire la quantità offerta, per esempio, non considero la reazione dei competitor
• Esiste libertà di entrata
• C’è differenziazione del prodotto (i beni non sono sostituti). Ogni impresa ha quindi un diverso potere
di mercato! Può aumentare il prezzo senza perdere tutta la domanda, perché vendendo un prodotto
diverso rispetto i miei competitor, io mantengo una differenziazione nel mercato
• Ogni impresa può modificare sia la quantità di produzione che il prezzo, perché è un prodotto
differenziato e non omogeneo
• Non esistono barriere di ingresso insormontabili e nel lungo periodo la presenza di extraprofitto
attirerà altre imprese
La maggior parte dei mercati si colloca quindi in posizione intermedia rispetto agli estremi del monopolio e
della concorrenza perfetta: nel regno della concorrenza imperfetta.
Esempi di concorrenza monopolistica
I distributori di benzina, i ristoranti, i parrucchieri e i costruttori possono essere citati come esempi di imprese
che operano in concorrenza monopolistica. Una caratteristica tipica della concorrenza monopolistica è che,
nonostante nel mercato ci siano molte imprese, ciascuna di esse occupa una particolare nicchia. E
particolarmente evidente nel caso della distribuzione al dettaglio. In una città possono esserci molte edicole,
ma ce ne sarà solo una in una particolare strada. In un certo senso, ciascuna opera come un monopolio locale:
la gente potrebbe infatti essere disposta a pagare prezzi più elevata per non essere costretta ad andare più
lontano e perdere più tempo per un certo acquisto.
Equilibrio di breve periodo
Come nelle altre forme di mercato, anche in concorrenza monopolistica la massimizzazione del profitto
implica che CMG = RMG. Il grafico è uguale a quello dell’impresa monopolistica, a parte il fatto che le curve
RME e RMG sono più elastiche, come illustrato in figura a.
Analogamente alla concorrenza perfetta, l’impresa che opera in condizioni di concorrenza monopolistica può
ottenere extraprofitti nel breve periodo, come evidenziato dall’area ombreggiata (dato che il prezzo è
maggiore del costo marginale).
L’ammontare dei profitti di breve periodo dipende dai parametri della domanda. Quanto meno elastica e
quanto più spostata a destra è la curva di domanda rispetto alla curva del costo medio, tanto maggiore è il
profitto di breve periodo. Quindi un’impresa il cui prodotto sia molto differenziato da quelli dei concorrenti
potrebbe ottenere elevati profitti di breve periodo.
Equilibrio di lungo periodo
Se le imprese ottengono extraprofitti, nel lungo
periodo nuove imprese entreranno nel mercato (la
curva di domanda di impresa si sposta verso
sinistra perché l’impresa vede ridursi le sue quote
di mercato). Così facendo, distoglieranno clienti
dalle imprese esistenti, facendone diminuire la
domanda. Il processo continuerà e la curva di
domanda delle imprese esistenti si sposterà verso sinistra fino ad azzerare completamente gli extraprofitti.
Ci sarà equilibrio di lungo periodo solo quando non vi saranno più extraprofitti; in tal caso non vi sarà più
incentivo all’entrata o all’uscita di imprese (fig. b). La curva di domanda dell’impresa si sposta in pL, dove è
tangente alla curva CMELP. La quantità prodotta è qL, in corrispondenza della quale pL = CMELP e RMG =
CMGLP. Per qualunque altro livello di output, CMELP è maggiore di p e quindi le imprese subirebbero perdite.
A parità di domanda totale del mercato, la maggiore concorrenza tra
imprese determina quindi la traslazione verso sinistra della domanda
di impresa D2. Nel lungo periodo l’equilibrio di concorrenza
monopolistica si stabilizza nel punto in cui l’extraprofitto dell’impresa
scompare e cioè quanto il P = AC (costo unitario di produzione).
L’annullamento dell’extraprofitto interrompe l’ingresso sul mercato
da parte di nuove imprese competitor.
Nell’ equilibrio di lungo periodo l’impresa riduce la quantità di offerta
da Q1 a Q2 e il prezzo di vendita da P1 a P2
Concorrenza e collusione
Gli oligopolisti possono essere mossi da due esigenze contrastanti:
• Da un lato, eliminare l’interdipendenza strategica con i rivali, colludendo con questi ultimi al fine di
massimizzare il profitto congiunto, comportandosi, quindi, come monopolisti.
• Dall’altro lato, competere con i rivali per conquistare maggiori quote di mercato e quindi conseguire
profitto più elevato.
Queste due politiche sono incompatibili. Quanto più agguerrita è la concorrenza tra le diverse imprese per
ottenere quote maggiori di profitto, tanto minori diventeranno i profitti totali dell’industria.
Ad esempio, un’accesa concorrenza di prezzo può ridurre drasticamente il prezzo medio dell’industria,
mentre una concorrenza sulla pubblicità può far aumentare i costi dell’industria in modo sensibile. In tutti e
due i casi, è probabile che i profitto dell’industria diminuiscano.
Talvolta le imprese colludono, altre volte no. Guarderemo prima all’oligopolio collusivo; successivamente
studieremo l’oligopolio non collusivo.
Collusione tacita
Una forma di collusione tacita si ha quando le imprese fissano lo stesso prezzo del leader, che può essere
l’impresa più grande ovvero l’impresa che domina l’industria. In tal caso si ha una leadership di prezzo
dell’impresa dominante. Alternativamente, il leader di prezzo può semplicemente essere l’impresa che è
emersa nel tempo come la più affidabile da seguire, quella che svolge
meglio la funzione di barometro delle condizioni di mercato. Questa
pratica prende il nome di leadership di prezzo dell’impresa barometro.
L’oligopolio e i consumatori
Se gli oligopolisti colludono e massimizzano congiuntamente i profitti dell’industria, agiscono di fatto come
un monopolio. In tal caso, i prezzi potrebbero essere molto alti, contrariamente agli interessi dei
consumatori. Inoltre, l’oligopolio può essere più svantaggioso del monopolio sotto due punti di vista:
- dato che le imprese oligopoliste sono, a parità di condizioni, più piccole di quelle monopoliste, le economie
di scala in oligopolio non controbilanciano gli effetti dovuti al potere di mercato delle imprese stesse in misura
pari a quanto accade in monopolio;
- gli oligopolisti ricorrono alla pubblicità più di un monopolista. Questi problemi sono meno rilevanti se gli
oligopolisti non colludono, se c’è in una certa misura concorrenza di prezzo e se le barriere all’entrata non
sono insormontabili.
Il potere contrattuale degli oligopolisti può essere ridotto se, ad esempio, essi vendono il loro prodotto a
imprese con potere di mercato simile. Gli oligopolisti che producono sapone o fagioli vendono gran parte
dell’output a grandi catene di supermercati che possono usare il loro potere di mercato per tenere basso il
prezzo al quale acquistano tali prodotti. Ciò è dovuto all’ effetto di bilanciamento del potere di mercato di
imprese con interessi contrapposti.
Sotto altri punti di vista, l’oligopolio è vantaggioso per la società rispetto ad altre forme di mercato:
• gli oligopolisti, come i monopolisti, possono usare parte del loro extraprofitto per investire in ricerca e
sviluppo. A differenza dei monopolisti, tuttavia, essi avranno un incentivo effettivo a farlo. Migliorando il
design del prodotto, saranno in grado di aumentare la propria quota di mercato; tanto più se lo fanno in
anticipo rispetto alle imprese rivali. Se inoltre, il progresso tecnologico riduce i costi, i maggiori profitti che
ne conseguono consentono all’impresa di sopravvivere meglio a un’eventuale guerra di prezzo;
• la concorrenza non di prezzo, attraverso la differenziazione del prodotto, consente una maggiore scelta ai
consumatori. Consideriamo il caso degli impianti stereo: la concorrenza non di prezzo ha generato una vasta
gamma di prodotti diversi con molte caratteristiche diverse, ciascuna rispondente alle esigenze di diversi
sottoinsiemi di consumatori.
È difficile quindi trarre conclusioni sull’oligopolio in generale, in quanto i vari oligopoli possono essere molto
diversi gli uni dagli altri.
Discriminazioni di prezzo
È la vendita dello stesso prodotto sui diversi mercati a prezzi diversi.
È pratica diffusa nell’applicazione dei diversi regimi di monopolio. Esistono 3 tipologie di discriminazione di
prezzo:
1 Discriminazione di primo grado o di prezzo perfetta
Il monopolista stabilisce i prezzi differenti per ciascuna unità di vendita e gli acquirenti non conoscono il
prezzo pagato dagli altri. È la discriminazione perfetta: per ogni unità di bene venduta viene applicato al
consumatore esattamente il prezzo che è disposto a pagare (il prezzo di riserva). In questo modo il produttore
può appropriarsi dell’intero surplus del consumatore.
2 Discriminazione di prezzo di secondo grado
Il monopolista stabilisce prezzi diversi in base alle quantità acquistate. Es. sconto per acquisto grande
quantità di un bene.
3 Discriminazione di prezzo di terzo grado
Il monopolista applica un prezzo differente in ogni singolo mercato in cui il bene/servizio è offerto. In questo
caso gli acquirenti possono essere identificati per una loro caratteristica esogena osservabile (ad esempio,
sesso, nazionalità, età, ecc.). In questo modo i consumatori vengono raggruppati in due o più segmenti, a
ciascuno dei quali può essere praticato un prezzo diverso. La realtà economica è piena di esempi di questo
tipo: dagli sconti al cinema per gli anziani e gli studenti, agli sconti in libreria per i professori.
Condizioni necessarie per l’applicabilità della discriminazione di prezzo
Un’impresa riesce spesso ad aumentare i suoi profitti se può ricorrere alla discriminazione di prezzo e
comunque, quando la discriminazione di prezzo è possibile, l’impresa può sempre ritornare — se lo trova
conveniente — al caso di prezzo uguale per tutti i clienti. In quali circostanze è possibile applicare la
discriminazione di prezzo? Devono essere soddisfatte due condizioni:
- L’impresa deve essere in grado di fissare il prezzo (non deve essere price taker). Quindi la discriminazione
di prezzo risulta impossibile in concorrenza perfetta, dove le imprese non possono influire sul prezzo;
- Non ci deve essere possibilità di arbitraggio. I consumatori che hanno acquistato a prezzo inferiore non
devono essere in grado di rivendere il prodotto a chi potrebbe comprano solo a prezzo più alto
Vantaggi per l’impresa
La discriminazione di prezzo può far aumentare i ricavi dell’impresa per qualsiasi quantità venduta. La figura
rappresenta la curva di domanda di un’impresa. Se l’impresa deve vendere 200 unità senza discriminazione
di prezzo, deve fissare il prezzo a p1. Il ricavo totale è rappresentato dall’area grigia. Se invece può praticare
discriminazione di prezzo, vendendo 150 unità a un prezzo superiore (p2), e solo le ultime 50 a p1 guadagna
in più l’area tratteggiata. Un altro vantaggio della discriminazione di prezzo è che, grazie ad essa, l’impresa è
in grado di costringere alcuni concorrenti a uscire dal mercato. Approfittando del fatto di avere una domanda
anelastica in un mercato, un’impresa monopolistica può praticare la discriminazione, applicando un prezzo
più alto, e in tal modo ottenere profitti maggiori. Se questa stessa impresa opera in oligopolio su un altro
mercato, ad esempio un mercato aperto alla concorrenza internazionale, può utilizzare gli elevati profitti
ottenuti sul primo mercato per abbassare il prezzo nel mercato oligopolistico, costringendo i concorrenti a
uscirne. A tali manovre viene dato il nome di politiche predatorie di prezzo.
Tipi di giochi
Si classificano in base alla modalità del gioco con cui i giocatori effettuano le proprie decisioni.
Gioco statico: con giocatori che effettuano una sola mossa e simultaneamente le proprie scelte es. pari o
dispari tra due giocatori
Gioco dinamico: con giocatori che effettuano più volte le proprie scelte in modo simultaneo o sequenziale
Gioco sequenziale: si svolge a turni. Un giocatore fa la prima mossa e l’altro aspetta e sarà poi al corrente
della scelta del suo avversario quando farà la sua mossa. Es. il tris
Gioco simultaneo: entrambi i giocatori decidono la propria mossa contemporaneamente
Gioco ripetuto: con almeno due o più turni. Può ripetersi nel tempo per un numero finito o infinito di volte.
Es. dama
Gioco one-shot: è caratterizzato da un solo turno. Es. dilemma del prigioniero
Gioco a informazione completa: giocatori hanno accesso a tue le informazioni sullo stato del gioco e sulle
scelte deli altri giocatori.
Gioco a informazione incompleta: parziale accesso alle info di cui sopra
Gioco a informazione perfetta: non solo ha le info ma conosce esattamente la propria posizione e anche
quella degli altri giocatori al momento di scegliere
Gioco a informazione imperfetta: almeno un giocatore non conosce la propria posizione e quella degli altri al
momento della mossa. Vi è asimmetria informativa. Es venditore auto usata.
Gioco cooperativo: giocatori collaborano tramite accordi
Gioco non cooperativo: i giocatori non possono e non vogliono siglare un accordo vincolante
Gioco stocastico: incertezza su mosse e interventi futuri. Si costruisce la strategia analizzando i vari scenari
possibili.
Cerchiamo di riconoscere queste caratteristiche in quello che è l'esempio di gioco più famoso: il cosiddetto
dilemma del prigioniero.
Il dilemma del prigioniero
Due criminali che hanno commesso una grave rapina sono stati arrestati e sono detenuti in celle separate (in
modo che non possono comunicare). Ci sono le prove per accusarli di un crimine lieve, la detenzione di armi,
la cui pena è un anno di prigione.
Ciascun prigioniero ha due possibili scelte: confessare (la rapina) o tacere. Quello dei due che confesserà la
rapina accusando l'altro (mentre il complice tace) uscirà subito di carcere, mentre il complice verrà̀
condannato a 20 anni di reclusione. Se dovessero confessare entrambi la comune partecipazione alla rapina
verranno condannati a 5 anni di carcere ciascuno, godendo di uno sconto di pena per essersi pentiti. Nel caso
infine in cui nessuno confessasse verrebbero puniti unicamente per il reato minore ed entrambi starebbero
in cella solo un anno. In questo gioco i giocatori sono i due criminali, le azioni sono confessare e negare. I
pay-off (le vincite) sono negativi, trattandosi degli anni di
reclusione corrispondenti a ciascuna delle interazioni
possibili.
I giocatori sono chiamati a decidere simultaneamente
senza conoscere le decisioni dell'altro, e per questa
ragione questo tipo di gioco viene chiamato gioco a
informazione imperfetta. Inoltre, dal momento che i giocatori sono chiamati a decidere una sola volta, il
piano d'azione si risolve in un'unica decisione. In altri termini, le strategie coincidono con le azioni: confessare
o negare.
Vi sono due modi per rappresentare un gioco: la forma normale e la forma estesa.
Del secondo modo parleremo più avanti. Qui limitiamoci a osservare che rappresentare un gioco in forma
normale è particolarmente semplice: è sufficiente costruire la matrice dei pay-off.
Tale matrice ha sulle righe tutte le strategie di un giocatore, sulle colonne quelle dell'altro. Le celle della
matrice individuano tutti i possibili esiti del gioco, derivanti da ogni incrocio delle varie strategie dei due
giocatori. In ogni cella sono inserite le vincite di entrambi i giocatori, sempre nello stesso ordine.
Prendiamo ad esempio il gioco del dilemma del prigioniero: la rappresentazione in forma normale di tale
gioco è data dalla seguente matrice dei pay-off.
Il primo numero di ciascuna cella è il pay-off del prigioniero 1, mentre il secondo numero è il pay-off del
prigioniero 2.
La soluzione di un gioco l’equilibrio di Nash
Bisogna ora capire quali strategie saranno giocate dai vari giocatori.
La soluzione più nota e utilizzata nella teoria dei giochi è l’equilibrio di Nash.
Nel caso di un gioco con due giocatori, A e B, si dice che una coppia di strategie è un equilibrio di Nash, se la
scelta di A è ottima per A (dove per scelta o risposta ottima si intende la strategia che dà il payoff più̀ alto)
data la scelta di B, e allo stesso tempo la scelta di B è ottima per B data la scelta di A. In altre parole, un
insieme di strategie è un equilibrio di Nash se nessun giocatore ha incentivo a deviare unilateralmente (cioè̀
a giocare una strategia diversa) data la strategia scelta dagli avversari.
Vediamo come si trova un equilibrio di Nash, usando come esempio il dilemma del prigioniero. Consideriamo
il prigioniero 1. Se il prigioniero 2 sceglie di confessare, il prigioniero 1 preferisce confessare, in quanto se
confessa ottiene -5, mentre se non confessa -20. Se invece il secondo prigioniero nega, confessare dà un
payoff al prigioniero 1 pari a 0, mentre negare dà -1. Un ragionamento simmetrico vale anche per il
prigioniero 2: confessare è la sua strategia migliore sia che il prigioniero 1 confessi sia che taccia. L'unico
equilibrio del dilemma del prigioniero è dunque (confessare, confessare). Il dilemma del prigioniero è
particolarmente semplice da risolvere perché confessare è una strategia dominante (cioè una strategia che
è sempre la migliore, qualsiasi strategia giochi l’altro giocatore) sia per il prigioniero 1 che per il prigioniero 2
e chiamiamo l'equilibrio così trovato (che è comunque un equilibrio di Nash) equilibrio in strategie dominanti.
È chiaro che se in un gioco vi è una stessa strategia dominante per entrambi i giocatori, questa è una soluzione
di equilibrio.
Si noti peraltro che l’equilibrio di Nash nel gioco del dilemma del prigioniero rappresenta un esito non
ottimale in assoluto per entrambi i giocatori: se infatti avessero potuto comunicare e sapere cosa l’altro stava
facendo (ma allora il gioco sarebbe stato diverso) avrebbero scelto di non confessare, in quanto ciò avrebbe
comportato un pay-off maggiore per entrambi.
La maggior parte dei giochi non ammette strategie dominanti: Inoltre per alcuni giochi non esiste nemmeno
un equilibrio di Nash e per altri invece più di un equilibrio di Nash.
Il gioco della battaglia dei sessi
Lui e Lei devono cenare insieme. Lui è incaricato della scelta del vino, mentre Lei del piatto principale. Lui
può scegliere tra Bianco e Rosso, mentre Lei tra Carne e Pesce. Entrambi preferiscono la combinazioni
(Rosso, Carne) e (Bianco, Pesce) alle due rimanenti combinazioni, ma Lui preferisce in assoluto (Rosso,
Carne), mentre Lei preferisce in assoluto (Bianco, Pesce).
Quali sono le strategie ottimali per Lui? Supponiamo prima che Lei scelga carne: data questa scelta di Lei, per
Lui sarà ottimale scegliere Rosso; sottolineiamo allora il pay-off 2 per lui nella cella (Rosso, Carne). Se invece
Lei sceglie Pesce, la scelta ottima di Lui è Bianco; sottolineiamo quindi il pay-off 1 per Lui nella cella (Bianco,
Pesce). Attraverso la sottolineatura, abbiamo così
evidenziato la risposta ottima di Lui, cioè le
strategie migliori per lui data la strategia scelta di
Lei. Ripetiamo ora lo stesso procedimento per Lei,
individuando la risposta ottima di Lei: la strategia
ottimale per Lei è carne, se Lui sceglie Rosso, mentre è Pesce se lui sceglie Bianco. Sottolineiamo allora il pay-
off 1 per Lei nella cella (Rosso, Carne) e il pay-off 2 per lei nella cella (Bianco, Pesce). Quando entrambi i pay-
off di una cella sono sottolineati, ciascun giocatore sta scegliendo la sua strategia ottimale data la scelta
dell'avversario: il che è la condizione perché si abbia un equilibrio di Nash. Vi sono dunque due equilibri di
Nash in una Battaglia dei Sessi (Rosso, Carne) e (Bianco, Pesce).
La Battaglia dei Sessi ci illustra che un gioco può ammettere più di un equilibrio di Nash.
Questo gioco, inoltre, è interessante sotto un altro aspetto. Infatti se il telefono non funzionasse e quindi Lui
e Lei dovessero scegliere senza conoscere le scelte dell’altro (cioè se fossimo nel contesto di un gioco
simultaneo a informazione imperfetta), le probabilità che fosse raggiunto uno qualsiasi dei due equilibri di
Nash sarebbero pari al 50%. Perché rischiare con probabilità del 50% di arrivare a una delle due combinazioni
peggiori per entrambi (Carne, Bianco o Pesce, Rosso)? È meglio cercare di contattarsi a tutti i costi, anche se
resta aperto il problema di quale delle due soluzioni sarà̀ scelta.
In altre parole un gioco di questo tipo incentiva al coordinamento. Si noti che in questo caso, a differenza che
nel dilemma del prigioniero, chi dichiara apertamente la propria scelta, se riesce a farla accettare dall’altro,
non corre comunque il rischio di “defezione”. Se Lui sa che Lei sceglie Pesce, perché questo è l’accordo, non
gli conviene poi tradire scegliendo Rosso (e viceversa).
I giochi in forma estesa
Nel gioco del dilemma del prigioniero implicitamente abbiamo assunto che i due prigionieri scegliessero la
propria strategia simultaneamente. Più precisamente, avevamo ipotizzato che al momento di decidere se
confessare o meno, ciascun prigioniero non fosse a conoscenza della strategia usata dal suo complice (l'altro
giocatore). Tuttavia, in molti giochi, la scelta delle azioni avviene sequenzialmente e quindi il giocatore che
muove per secondo può osservare la strategia giocata da chi ha scelto per primo.
È proprio un gioco a scelte sequenziali quello che usiamo per
illustrare la rappresentazione in forma estesa.
Consideriamo il seguente esempio, che chiameremo gioco
dell'entrata, in cui i giocatori sono due imprese, X e Y. L'impresa
X sta considerando l'ipotesi di entrare in un certo mercato.
Attualmente in tale mercato l'impresa Y è monopolista. L’impresa
X può scegliere tra due azioni: può entrare o non entrare. Se
l'impresa X entra nel mercato, l'impresa Y, avendo osservato
l'entrata, può decidere di produrre poco, in modo che entrambe
le imprese facciano un profitto pari 1, oppure può decidere di produrre tanto, nel qual caso entrambe le
imprese avranno profitti negativi pari a - 1. Se l'impresa X non entra l'impresa Y ha sempre due azioni possibili:
produrre tanto o produrre poco. In ogni caso l'impresa X, stando fuori dal mercato, ottiene profitti nulli,
mentre l'impresa Y, restando monopolista, ha un profitto pari a 3 se produce tanto e pari a 2 se produce
poco.
Le azioni nel gioco sono: per l'impresa X entrare o non entrare, per l'impresa Y produrre tanto o poco.
Quali sono le strategie? L'impresa X decide per prima e si trova a decidere una sola volta. Quindi il suo piano
d'azione consiste in un'unica decisione (entrare o non entrare) e azione e strategia coincidono. Ciò non è vero
per l'impresa Y, che decide avendo osservato l'entrata: essa infatti si può trovare in due situazioni diverse (a
seconda che l'impresa X entri o meno) e in ognuna di queste situazioni può prendere due decisioni diverse
(produrre tanto o poco). Una strategia infatti è un piano completo di azioni, in cui è specificata ogni azione
da scegliere in ogni possibile evenienza. Una strategia deve specificare quindi cosa farà impresa Y sia nel caso
in cui l'impresa X scelga di entrare oppure di non entrare. L'impresa Y ha pertanto 4 possibili strategie:
1) produrre poco sia che l'impresa X entri, sia che non entri;
2) produrre poco solo se l'impresa X entra e tanto se non entra;
3) produrre tanto se l'impresa X entra e poco se non entra;
4) produrre tanto sia che l'impresa X entri, sia che non entri.
Le vincite sono date dai profitti che le imprese conseguono nei vari casi.
Questo tipico gioco è usualmente rappresentato informa estesa, vale a dire attraverso l’albero del gioco.
I punti in cui giocatore deve scegliere un'azione vengono chiamati nodi decisionali.
In tali nodi indichiamo il giocatore chiamato a scegliere. Nei nodi terminali indichiamo i pay-off. Il primo pay-
off è quello del giocatore che sceglie per primo (X) e il secondo quello del giocatore che gioca per secondo
(Y).
Questo gioco sequenziale mostra la possibilità di minacce (o promesse) non credibili.
Potrebbe sembrare che a X non convenga entrare, in quanto Y minaccia di produrre anche in questo caso
tanto. Ma è credibile tale minaccia? No. Infatti una volta che X è entrata, Y ottiene un pay-off di 1 se produce
poco e di -1 se invece produce tanto. Dunque, la scelta ottimale per Y dopo l'entrata di X è quella di produrre
poco. Pertanto una minaccia non credibile non costituisce un efficace deterrente all’entrata e l’esito di questo
gioco (equilibrio di Nash plausibile) sarà la combinazione della seconda strategia dell’impresa Y con la
strategia di entrata di X.
Esercizi
Esercizi micro-economia
Esercizio 1
Siete stati chiamati al parlamento, per comunicare sullo
stato del mercato dei produttori del riso. Per ciascuno dei
seguenti eventi, indicate i possibili effetti sulla
configurazione di equilibrio di mercato, specificando se
indicano mutamenti della domanda o dell’offerta.
a) I giapponesi eliminano le restrizioni all’importazione di riso italiano. Quindi vuol dire eliminare le
tasse e aumentare sia la domanda e l’offerta di riso. In un promo momento però, la prima ad avere
un effetto è la domanda, poiché la mossa
effettuata dai giapponesi genera un incremento
della domanda, perché i consumatori sono
incentivati ad aumentare la quantità domandata.
Vediamo come in un primo momento vi è
l’equilibrio di mercato nel punto (Q1, P1), ma con
un incremento della quantità domandata,
trasleremo la curva domandata verso destra, che
comporterà la formazione di un nuovo equilibrio
nella posizione (Q2, P2). Quindi il comportamento
sopracitato, comporterà un aumento della
quantità e del prezzo.
c) Una ricerca sostiene che il consumo di riso causa tumori ai topi bianchi. Un effetto negativo del riso
sarà causa di diffidenza dei consumatori, i quali non compreranno più con la stessa serenità il
prodotto qui descritto, quindi ciò
comporterà inevitabilmente una variazione
della quantità domandata, con una
conseguente contrazione della curva stessa.
Questa traslerà verso sinistra, generando un
nuovo punto di equilibrio, che da (Q1, P1),
diventerà (Q2, P2), quindi una diminuzione
del prezzo e della quantità.
Esercizio 2
L’amministrazione pubblica ha appena deciso di
aumentare le accise sulla benzina. Mostrare gli effetti
sull’equilibrio di mercato utilizzando i grafici di
domanda e offerta. Visto che non sappiamo dove
possono ricadere queste tasse, o sul produttore o sul
consumatore, dobbiamo studiare tutti e due i casi,
singolarmente
Esercizio 3
Per ciascuna delle seguenti situazioni illustrare che cosa accade al mercato
della birra:
a) Il Ministero della Sanità annuncia che il consumo di alcool è legato alle
malattie dei nascituri, ciò comporta essenzialmente una contrazione della
domanda, poiché i gravi effetti che può causare la birra portano i consumatori
a domandarne di meno. Si abbassa, all’equilibrio, sia la quantità che il prezzo
c) Il prezzo del malto aumenta, ciò indica che questo influenzerà l’attività dei
produttori, i quali dovranno per forza di cose aumentare il prezzo. Ci sarà
quindi una contrazione della curva che comporterà la formazione di un nuovo
equilibrio che sarà appunto ad un maggior prezzo e ad una minore quantità
Esercizio 4
La curva di offerta di magliette è data dall’equazione P = 6Q, mentre la curva di domanda è data da P = 18 –
3Q.
Determinare:
a) La configurazione di equilibrio del mercato;
Per determinarla dobbiamo prendere in considerazione la funzione che descrive la curva di domanda
P = 18 – 3Q e metterla in sistema con la curva di offerta P = 6Q, quindi ciò comporterà: 6Q = 18- 3Q
e risolvendo per Q otterremo: Q = 2; P = 12, che sarà il punto di equilibrio
Esercizio 5
Siano date le seguenti funzioni di domanda:
1) p = - 10/28 Q + 10;
2) p = - 2Q + 24;
3) p = 10/Q.
Determinate:
a) Nel primo caso l’opportunità di aumentare il prezzo da 6 a 8;
Sostituisco 6 nella prima equazione, esplicito Q, trovo quest’ultima e faccio il medesimo processo
anche per il caso in cui P = 8. In questo modo sappiamo quali sono le variazioni del prezzo e della
∆𝑄
(𝑄) ∆𝑄 𝑝
quantità, dato ciò possiamo calcolarci l’elasticità: 𝜀 = ∆𝑝 = ∙ = −1,5
(𝑝) ∆𝑝 𝑄
Il valore dell’elasticità che abbiamo ottenuto è abbastanza elevato, molto elastica, ad una piccola
variazione del prezzo corrisponde una variazione più che proporzionale della domanda. Non converrà
aumentare il prezzo, mi converrà quando ad una piccola variazione del prezzo corrisponderà ad una
variazione uguale o più grande, perché se ad una piccola variazione di prezzo la curva si contrae
notevolmente, rischio di fallire.
b) Nel secondo caso l’opportunità di passare da 4 a 8;
Come nel caso precedente sostituirò i due prezzi nell’equazione 2), in modo tale da trovare le due
quantità relative e le corrispondenti variazioni. Fatto ciò posso calcolarmi l’elasticità che sarà:
ε=-0, 2, conviene aumentare il prezzo
c) Ed infine nel terzo caso l’opportunità di passare da 8 a 10.
Facciamo lo stesso procedimento e ci troviamo l’elasticità: ε = -0,8, conviene aumentare il prezzo.
Esercizio 6
Il mercato del frumento opera in condizioni di concorrenza
perfetta e le curve di domanda e offerta sono:
QD =1500-5p
QO =600+4p
Dove p è espresso in €/quintali e Q in milioni di quintali.
a) Determinare l’equilibrio del mercato.
Mettiamo a sistema le due funzioni, delle due curve, ottenendo così i valori di p e q, nell’equilibrio di
mercato. (Calcoli semplici non riportati)
b) Determinare l’elasticità della domanda e dell’offerta al prezzo nel punto di equilibrio
In questa circostanza mi serve la variazione del prezzo e della quantità, che questa volta non mi viene
dato esplicitamente, ma conoscendo la teoria so che possiamo ricavarli dalla funzione della domanda
ed offerta. Infatti essa corrisponde al coefficiente del termine p, con relativo segno, delle due
funzioni, sapendo ciò otteniamo le due
elasticità.
Esercizio 7
Nel mercato del petrolio le curve di domanda e offerta
sono:
QD =150-50p
QO =60+40p
Dove p è espresso in €/litro e Q in miliardi di litri.
a) Determinare l’equilibrio del mercato.
b) Determinare l’elasticità della domanda e dell’offerta al prezzo nel punto di equilibrio.
c) Si tratta di un mercato con domanda elastica o anelastica? Commentare la risposta considerando la
tipologia del bene scambiato.
La domanda è anelastica essendo |ε| < 1, questo significa che all’aumentare del prezzo la domanda
diminuisce in modo meno che proporzionale. È caratteristica del mercato del petrolio e dei suoi
derivati, questi sono beni non facilmente sostituibili, di conseguenza la riduzione della domanda a
seguito di un aumento del prezzo è meno che proporzionale. I consumatori non riescono a ridurre
drasticamente i consumi, anche se il prezzo aumenta
Esercizio 8
Il mercato della ristorazione a Trastevere è caratterizzato dalle seguenti curve di domanda e di offerta:
QD = 60–1,5p
QO =-10+p
Dove p è il prezzo di un pasto e Q è misurato in
centinaia di pasti serviti al giorno.
a) Trovare l’elasticità della domanda nel
punto di equilibrio.
b) Supponete ora che tutti i ristoranti
aumentino di 1€ il prezzo di ciascun pasto.
Utilizzando l’elasticità precedentemente
trovata, fare una previsione sulla spesa dei
consumatori e sui ricavi dei ristoratori. Aumentano o diminuiscono?
Poiché la domanda è elastica |εd|>1, il numero di cene domandate diminuisce percentualmente più
che proporzionalmente rispetto all’aumento percentuale del prezzo. Quindi, la spesa complessiva
dei consumatori diminuisce e, di conseguenza, diminuiscono anche i ricavi dei ristoratori
c) Verificate che la risposta data sia corretta, calcolando la variazione della spesa e dei ricavi.
Dobbiamo quindi aumentare modificare le curve precedenti in cui varierà un termine, infatti
p = -10 + Qo, diventerà p = -11 + Qo’
e ci calcoliamo l’equilibrio.
Viene quindi confermata la riduzione
della spesa del consumatore e
conseguentemente dei ricavi dei
consumatori.
Esercizio 9
Le funzioni di domanda e di offerta di mercato sono rispettivamente:
QD =20−3p
QO =5+2p
a) Determinare l’equilibrio di mercato.
Stesso procedimento visto negli esercizi i prima
b) Verificare come cambia l’equilibrio se il Governo decide di fissare un prezzo massimo pari a 2€.
Se il governo fissa un prezzo massimo, noi andremo a sostituire il prezzo nelle due curve di domanda
e offerta, ottenendo due quantità diverse una per la domanda e una per l’offerta. Facendo la
differenza tra la quantità domandata meno quella offerta, otteniamo l’eccesso di domanda
c) Verificare come cambia l’equilibrio se il Governo decide di fissare un prezzo minimo pari a 5€.
Stessa cosa del caso precedente, però questa volta vediamo che la quantità offerta è molto più
grande della quantità domandata, quindi la variazione sarà quantità offerta meno quella domandata
che ci mostrerà l’eccesso di offerta
Esercizio 10
Nel mercato di un certo bene la funzione inversa della domanda e dell’offerta è:
pD =400−(Q/6)
pO =50+Q
a) Determinare l’equilibrio di mercato.
Come nel caso precedente, ma in questo caso esplicitando le quantità
b) Determinare il valore dell’elasticità della domanda e dell’offerta al prezzo nel punto di equilibrio del
mercato.
Come nei casi precedenti
c) Determinare il valore dell’elasticità della domanda al prezzo nel punto in cui Q = 120
Si sostituisce Q nella funzione della domanda e ricavando la variazione della quantità e del prezzo dal
coefficiente di p, otteniamo
l’elasticità
d) Determinare il punto sulla
curva di domanda in cui
l’elasticità al prezzo vale 3
Come vediamo dai calcoli al
lato abbiamo l’elasticità ma
dobbiamo trovare le
coordinate del punto di domanda, ossia prezzo e quantità. Facendo l’ultimo sistema, sulla nostra
destra, troveremo le coordinate che ci servono.
Esercizio 11
Giovanni dispone di $1000 che può spendere sia nell’acquisto di lettori di CD che in CD. Non può chiaramente
ascoltare i CD senza un lettore, ma un ulteriore lettore non gli procura alcuna soddisfazione.
Ogni lettore di CD costa 400 $, mentre i CD costano 10 $.
Supponendo che i lettori di CD si collochino sull’asse orizzontale:
a) Scrivete il vincolo di bilancio di Giovanni;
Il vincolo di bilancio è una trasformazione della relazione che implica che tutto il reddito disponibile
sia speso nell’acquisto dei due beni: 1000 = 400 x + 10 y (dove x = lettori Cd e y = cd); esplicitando la
relazione rispetto ad y, si ottiene il vincolo di bilancio: y = 100 – 40x;
b) Tracciate le curve di indifferenza di Giovanni;
La mappa delle curve di indifferenza, è relativa al caso particolare di beni complementari (curve di
indifferenza ad angolo) e specificamente ha l’ulteriore particolarità di implicare che l’individuo non
tragga alcuna soddisfazione dal consumo di più di un lettore di cd; questo significa che (posto che i
lettori cd siano sull’asse delle ascisse) tutte le curve di indifferenza coincidono nel loro tratto
verticale, situato al livello x=1;
c) Potete immaginare quale sarà il suo punto di equilibrio?
In questo caso particolare, la determinazione del paniere ottimale è immediata; infatti Giovanni
comprerà solo un lettore cd, spendendo $400; avendo a disposizione $1000, spenderà i restanti 600$
per l’acquisto di cd. Poiché il prezzo dei cd è 10, Giovanni acquisterà 60 cd. In altri termini, il paniere
ottimale sarà x*=1, y*=60.
Esercizio 12
Sandra deve comprare materiale di consumo per il suo computer. I due prodotti che le servono sono cartucce
per stampante e carta. La carta si compra a $ 10 pe risma da 1000 fogli, mentre le cartucce costano 5 $ per
2000 pagine di stampa.
a) Scrivete il vincolo di bilancio di Sandra, sapendo che il suo reddito è pari a 100$.
il vincolo di bilancio si ricava da: 100 = 10 x + 5 y (dove x = risme di carta e y = cartucce per stampa);
esplicitando la relazione rispetto ad y, si ottiene il vincolo di bilancio: y = 20 – 2x
b) Rappresentate le curve di indifferenza.
La mappa delle curve di indifferenza, è nuovamente relativa a beni complementari (curve di
indifferenza ad angolo) e specificamente implica che l’utilità di Sandra aumenti solo se viene
rispettato il rapporto di utilizzo risme di carte/cartucce di stampa (due risme di carta per ogni
cartuccia di stampa) da cui consegue che il vertice delle curve di indifferenza si trova sulla retta
y=(1/2) x;
c) Individuate l’equilibrio
Ponendo a sistema il vincolo di bilancio con la condizione di miglior utilizzo carta/cartucce è possibile
determinare il paniere ottimale:
Y = 20 – 2x
Y=(1/2 )x
20 - 2x = (1/2) x
Il paniere ottimale sarà x*=8 risme di carta, y*=4 cartucce di stampa
Esercizio 13
Dati i beni A e B, la funzione di utilità di un individuo associata al consumo dei due predetti beni è: U (A, B) =
2A2·B. Inoltre, i prezzi unitari dei beni A e B sono pA = 20 e pB = 200 ed il reddito del predetto individuo è
R = 1000.
Supponendo che l’individuo spenda tutto il suo reddito nell’acquisto dei beni A e B, determinare il suo paniere
ottimo.
Sappiamo che il paniere ottimo è il
punto di intersezione tra il vincolo di
bilancio e la curva di indifferenza,
quindi per trovarlo possiamo mettere
a sistema l’equazione della retta di
bilancio, con il saggio marginale di
sostituzione, ossia la derivata della
curva di indifferenza, che ci
conferisce la sua pendenza punto per punto.
Esercizio 14
Dati i beni x e y, la funzione di utilità di un individuo associata al consumo dei due predetti beni è:
U (x, y) = (x·y-1). I prezzi unitari dei beni x e y sono px =5 e py =10 ed il reddito del predetto individuo è R =
200.
Ipotizzando che l’individuo spenda tutto il suo reddito nell’acquisto dei beni x e y, determinare:
a) Il paniere in cui l’individuo massimizza il proprio livello di soddisfazione;
Mettiamo a sistema come fatto nell’esercizio precedente:
Sistema di impresa
Un’impresa può essere sia offerente che consumatore nel mercato, offerente per i servizi che offre nel
mercato e consumatrice perché compra ciò che gli serve per il suo settore produttivo.
Imprenditore è colui che pensa a qualcosa di nuovo, riconosce un’opportunità commerciale e crea (anche)
un’organizzazione per perseguirla. Si assume un rischio, a fronte del quale vuole garantirsi un profitto!
Vanno presi in considerazione più ambiti da parte del board, che prende decisoni nel contesto aziendale, che
sono:
• Strategia aziendale, quali sono le strategie aziendali e di gestione
• Organizzazione aziendale, gestione d’Impresa, come organizzare internamente e esternamente
l’azienda
• Gestione della produzione
• Programmazione e controllo di gestione delle grandezze economico-finanziarie
L’impresa è un istituto economico,
ovvero si caratterizza per lo
svolgimento di un’attività economica,
intesa come un insieme delle
operazioni necessarie a produrre e
rendere disponibili beni economici,
ossia oggetti materiali o servizi che
risultano scarsi, in relazione alle
esigenze da soddisfare.
Entità che trasforma fattori produttivi
(input) in beni e servizi (output) al fine
di ricavarne un reddito positivo.
Impresa come complesso organizzato di beni e persone – dotato di proprie regole, autonomia e finalità –
che, attraverso l’acquisizione e l’impiego di risorse di varia natura effettua la produzione o la fornitura di
determinati beni o servizi.
L’ammontare di tali beni e servizi è determinato in relazione alla domanda che ne farà il mercato ed all’offerta
di altre imprese. Occorre poi sottolineare come la quantità di prodotto da realizzare in un determinato
periodo di tempo viene stabilita dall’impresa attraverso delle previsioni, ossia operando una stima della
quantità di prodotto che, nel periodo di riferimento, verrà richiesta dal mercato. Queste stime si ottengono
dalle analisi di mercato.
Il processo di trasformazione è l’elemento cardine dell’impresa rispetto ad altre organizzazioni, ma non
costituisce il suo fine ultimo, bensì il mezzo attraverso il quale l’impresa si prefigge di ottenere risultati
economici soddisfacenti, ossia un reddito positivo, a fronte del rischio intrinseco che sopporta per acquisire
fattori produttivi sui mercati di approvvigionamento, trasformarli in prodotti finiti e venderli sul mercato di
sbocco (dove per reddito si intende la differenza tra i ricavi conseguiti dall’impresa dalla vendita dei suoi
prodotti/servizi ed i costi sostenuti per acquisire e trasformare i fattori produttivi). Se tale reddito è positivo
(si parla in tal caso di profitto o utile) sarà possibile per l’imprenditore (o, più in generale, per tutti coloro che
hanno messo a disposizione parte dei loro capitali per la realizzazione dell’impresa) ottenere una
remunerazione del capitale investito. L’entità di tale remunerazione dipenderà dal valore del profitto
ottenuto. Ovviamente, in caso di reddito aziendale negativo (si parla in tal caso di perdita) non ci sarà alcuna
possibilità di remunerazione del capitale investito nell’impresa.
Il mercato, ricordiamolo, è il punto di incontro tra domanda e offerta di determinati beni e servizi, come
luogo di opportunità tra chi offre e domanda, come luogo di comunicazione di prezzi e quantità fra
compratori e venditori e come una rete di infrastrutture tecniche di comunicazione.
Nel breve periodo, ossia nell’arco di tempo corrispondente ad 1 anno, il tipico obiettivo di un’impresa è quello
di ottenere un soddisfacente profitto (differenza tra ricavi totali e costi totali).
Nel lungo periodo, ossia nell’arco di tempo corrispondente a 3-5 anni, l’impresa si pone tipicamente obiettivi
di sviluppo, come ad esempio:
• Aumentare la propria quota di mercato (data dal rapporto tra le vendite dell’impresa, in un determinato
periodo, e le vendite, nello stesso periodo, relative al totale del mercato);
• Diversificare i prodotti/servizi offerti;
• Ampliare i propri mercati;
• Migliorare la qualità dei prodotti/servizi offerti, etc.
Sintetizzando, si può dire che nel lungo periodo l’impresa si pone l’obiettivo di perpetuare la capacità di
ottenere livelli di profitto soddisfacenti. Obiettivi di breve e di lungo periodo possono talvolta essere
parzialmente conflittuali tra loro. Ad esempio investimenti per interventi di innovazione tecnologica
finalizzati a migliorare la qualità dei prodotti e quindi a rafforzare la competitività dell’impresa nel lungo
periodo, comportano, nel breve periodo, esborsi monetari che potrebbero limitare il profitto dell’impresa.
Uno dei compiti più difficili del management aziendale è pertanto quello di riuscire a coniugare obiettivi di
breve e di lungo periodo, ossia soddisfacente livello di profitto nel breve periodo e soddisfacenti tassi di
sviluppo dell’impresa nel lungo periodo.
L’impresa può essere considerata come sede di due rilevanti macro-processi
a) Un processo di tipo tecnico-
commerciale, comprendente
tutte le fasi relative
all’acquisizione dei fattori
produttivi, alla produzione ed
alla vendita di determinati beni e
servizi;
b) Un processo di tipo
economico-finanziario relativo
alle attività finalizzate, da un lato
all’acquisizione delle risorse
finanziarie necessarie per
realizzare il processo tecnico-
commerciale e, dall’altro, al
controllo delle prestazioni economico-finanziarie dell’impresa, ossia alla continua verifica nel tempo
dell’allineamento tra gli obiettivi economico-finanziari da raggiungere ed i risultati effettivamente conseguiti
dall’operatività aziendale.
L’impresa come una gerarchia di sistemi di trasformazione
Per Operations Management si intende la progettazione sistematica, l’implementazione e il miglioramento
continuo dell’insieme dei processi aziendali atti a creare e distribuire i prodotti e servizi. Quindi, come insieme
le diverse operatività dell’impresa per essere efficiente e efficace.
Human Resource Management (HRM) si intende la gestione delle risorse umane, dei dipendenti.
Il TQM (Total Quality Management) è un approccio manageriale centrato sulla qualità e basato sulla
partecipazione di tutti i membri di un'organizzazione allo scopo di ottenere un successo di lungo termine
attraverso la soddisfazione del cliente e benefici che vadano a vantaggio dei lavoratori e della società.
Quali sono le sue caratteristiche?
Forte orientamento verso il cliente, un metodo basato sull’impegno a lungo termine per un miglioramento
constante dei processi, una forte leadership della direzione, accompagnato dal coinvolgimento
nell’applicazione della metodologia, responsabilità di stabilire e migliorare il sistema demandato al top
management e un miglioramento di continuo delle performance a tutti i livelli e a tutte le aree aziendali
Impresa e Ambiente
L’impresa nelle sue attività interagisce in diverso modo con l’ambiente esterno.
L’ambiente esterno di un’impresa può essere distinto in:
Ambiente generale (General business environment): ambiente fisico (risorse naturali), istituzionale
(istituzioni, leggi, ordinamenti,) tecnologico (insieme conoscenze), culturale, ecc.
Ambiente specifico (Task business environment): concorrenti, clienti, fornitori, finanziatori, ecc.
Componente di un sistema molto più articolato e complesso, il sistema economico-finanziario, che opera in
stretta interdipendenza con altre componenti nell’ambito di tale sistema
• Essa utilizza come input i beni e servizi provenienti da altre imprese del sistema (es. Brembo vende i suoi
impianti frenanti a Mercedes che li impiega nel suo processo di produzione di automobili) …
• …e vende il suo output, formato da un portafoglio (cioè tutto quello che l’azienda può offrire) più o meno
ampio di beni e servizi, ad altre imprese, alla pubblica amministrazione o ai consumatori finali.
L’impresa interagisce con l’ambiente esterno attraverso legami di diversa natura quali ad esempio legami
legali/amministrativi (leggi e regolamenti relativi alla localizzazione delle attività produttive, alla sicurezza sul
lavoro, agli adempimenti amministrativi e fiscali, etc.), legami sociali (relativi alle relazioni tra l’impresa ed i
gruppi sociali con i quali essa entra in contatto: concorrenti, clienti, sindacati, pubblica amministrazione, enti
pubblici, etc.), legami economici, quelli relativi allo scambio economico con il mercato delle risorse (o fattori
di produzione) e quelli relativi al mercato di sbocco, nel quale l’impresa colloca i propri prodotti.
Imprese individuali
Sono imprese riconducibili ad un unico imprenditore-proprietario, che è illimitatamente responsabile nei
confronti dei debiti e degli obblighi assunti dall’impresa
Se l’impresa fallisce o viene liquidata e non è in grado con il suo patrimonio di far fronte ai propri impegni -
pagare i fornitori, rimborsare il debito, … - allora il proprietario deve sopperire con il proprio patrimonio
personale
Società di persone
Sono imprese costituite da più individui per le quali vige (come per le imprese individuali) il vincolo della
responsabilità patrimoniale illimitata
- Possono assumere varie forme
• Società in nome collettivo (S.n.c.). È disciplinata dall’articolo 2291 al 2312 del codice civile, è per
definizione si riferisce al modello base per avviare un esercizio di un’attività commerciale.
In base al fatto che tale società sia inscritta o meno al registro delle imprese, essa può essere di due
tipi, regolare o irregolare. L’iscrizione è in genere un obbligo di legge. La sua ragione sociale deve
contenere almeno il nome di uno dei due soci e l’indicazione del rapporto.
Il fallimento della società in nome collettivo comporta il fallimento di tutti i soci, sono tutti
illimitatamente e solidalmente responsabili l’uno dell’altro e di loro stessi. Non delibera assemblee,
ma attraverso il consenso dell’altro socio, tutti i soci sono amministratori
• Società in accomandata semplice (S.a.s.).
Per definizione è quel tipo di società alla quale viene riconosciuta la facoltà di esercitare attività
commerciali e non commerciali e la sua disciplina è dall’Art 2313 al 2324 del codice civile.
Due tipologie di soci: accomandanti, accomandatari.
Gli accomandanti: rispondono delle obbligazioni contratte solo nei limiti delle quote da essi conferiti,
è un’anomalia delle società di persone, ad essi non spetta l’amministrazione.
Gli accomandatario: rispondono dei debiti delle società di persone solidalmente e illimitatamente,
ad essi spetta l’amministrazione. La sua ragione sociale deve contenere, nella S.a.s. almeno un nome
di un socio
accomandatario.
• Società semplice (S.s.), società più semplice in assoluto, di forma basilare, può occuparsi dello
svolgimento di un’attività economica ma non commerciale (agricole). Nonostante questo deve
essere inscritta nel registro delle imprese, non è previsto nessun capitale minimo
Società di capitali
Sono imprese che godono dello status di persona giuridica, cioè di soggetto giuridico separato da quello dei
proprietari
In questo senso, le società di capitali godono dell’istituto della responsabilità limitata e cioè rispondono delle
obbligazioni assunte solo ed esclusivamente nei limiti del proprio patrimonio
- La responsabilità dei soci è limitata al capitale investito nell’impresa e se l’impresa risulta inadempiente i
soci-azionisti non sono chiamati a sopperire con la loro ricchezza personale
- Si dividono in
• Società a responsabilità limitata (S.r.l.)
Nelle S.r.l. abbiamo le quote di partecipazione invece delle azioni, i diritti del socio sono proporzionali
con le quote, la quale è il limite di responsabilità a cui si fa capo. La società gode di responsabilità
limitata, il suo patrimonio personale non viene intaccato. Nei casi più diffusi capita che i soci siano
anche gli amministratori, ciò non toglie che si possano nominare soggetti esterni. Si presta per enti
che operano con captali ingenti ma hanno una ristretta compagine sociale. I soci non superano la
decina. Si esclude la proprietà personale da parte dei soci. Organo amministrativo, secondo la scelta
dei soci, in genere amministratore unico e un consiglio di amministrazione che può delega i propri
poteri ad un consigliere. Può disporre di un organo di controllo, il collegio sindacale, che verifica la
correttezza dell’amministrazione. Vi è anche un revisore contabile che svolge il compito di revisore.
• Società per azioni (S.p.a.)
Sono le grandi multinazionali, le quote di partecipazioni sono rappresentate dalle azioni, ovvero titoli
trasferibili di una quota di proprietà di una società. La S.p.a. ha un contratto sociale adatto alle grandi
imprese in quanto consente di reperire ingenti capitali. Possedere le azioni vuol dire avere il diritto
dei dividendi, la ripartizione del patrimonio in caso di chiusura e la partecipazione all’assemblea di
soci. In caso di insolvenza la società fallisce, ma non falliscono i soci, il patrimonio personale non è
intaccato, perdono il valore delle proprie azioni.
Esistono 3 organismi:
▪ Assemblea degli azionisti
▪ L’organo di amministrazione, gestisce e rappresenta tutta la società, in genere è rappresentata
da un amministratore unico. In genere gli amministratori sono diversi dagli azionisti.
▪ Collegio sindacale, verifica che l’amministrazione, l’assetto contabile siano adeguati ed esercita
il controllo contabile. Organo di controllo.
Visto che le S.p.a. influenzano l’attività del paese, il legislatore ha predisposto due organi di controllo
al di fuori dal controllo interno.
▪ Consob
▪ Società di revisione, che certifica la regolare tenuta delle scritture contabili e del bilancio
• Società in accomandata per azioni (S.a.p.a.)
Società di capitali simile alla S.p.a., ma i soci possono essere di due tipi:
▪ Accomandanti: Sono gli amministratori per diritto per loro e per nessun altro il principio
patrimoniale perfetto non valga. Rispondono delle obbligazioni anche attraverso il loro
patrimonio personale in quanto aventi responsabilità solidale illimitata
▪ Accomandatari: soci normalissimi, non possono ricoprire cariche amministrative all’interno delle
società
Vi rientrano anche le Società cooperative (a responsabilità limitata o illimitata), le quali, a differenza delle
altre società di capitali, non hanno come finalità il profitto aziendale ma hanno invece scopi mutualistici,
consistenti nel fornire beni e servizi o procurare lavoro ai soci a condizioni più favorevoli a quelle ottenibili
sul mercato. Parte degli eventuali utili conseguiti da tali società dovrà essere sempre accantonata a riserva
legale e un’altra parte dovrà essere destinata ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione.
Strategia aziendale
Che cos’è la strategia?
Accezione originaria
Sun tzu, generale cinese, Arte della guerra, trattato di strategia militare del sesto secolo avanti cristo:
Strategia senza tattica è la via più lenta per arrivare alla vittoria. Tattica senza strategia è il rumore prima
della sconfitta
Deriva dal greco strategheia, che letteralmente significa ‘l’arte del generale’, appartiene al linguaggio militare
e viene adottata per descrivere le tattiche ed i piani sviluppati dai generali per schierare e far muovere il
proprio esercito, con l’obiettivo di sconfiggere quello nemico.
Per Carl von Clausewitz (XIX sec.), la strategia “riguardava la definizione del piano di guerra e delle singole
campagne, nonché dei compiti individuali all’interno di queste ultime”
Per Edward Mead Earle, la strategia è “l’arte di controllare e impiegare le risorse di una nazione o di una
coalizione di nazioni, incluse le forze armate, per promuoverne e tutelarne efficacemente gli interessi vitali”
Accezione manageriale
Processo di pianificazione per controllare e utilizzare le risorse – umane, fisiche e finanziarie – a disposizione,
con l’obiettivo di promuovere e tutelare i propri interessi primari.
Insieme della modalità e degli approcci adottati da un’impresa per accrescere il volume d’affari, attirare e
soddisfare clienti, competere con successo sul mercato, raggiungere i target di performance desiderati.
La strategia si focalizza il come raggiungere degli obiettivi di business, non è l’obiettivo di business: per usare
una metafora, la strategia è la strada che si sceglie per giungere ad una destinazione, non è la destinazione!
Per Kenneth Andrews (1971), un accademico americano che, insieme a H. Igor Ansoff e Alfred D. Chandler,
è stato accreditato del ruolo fondamentale nell'introduzione e nella divulgazione del concetto di strategia
aziendale, la strategia “si definisce in relazione a ciò che una determinata azienda, in base ai suoi punti di
forza e di debolezza, può fare, ed alle possibilità che le si offrono, ossia alle opportunità ed alle minacce che
si creano nell’ambiente esterno”
Per Michael Porter (1980), è un accademico ed economista statunitense. Michael Porter è professore alla
Harvard Business School dove dirige l'Institute for Strategy and Competitiveness. Porter è uno dei maggiori
contribuenti della teoria della strategia manageriale, la strategia è “un’ampia formula che indica come una
determinata azienda intende competere per acquisire un vantaggio competitivo”
Per Bruce Henderson, uomo d'affari americano ed esperto di gestione. Ha fondato il Boston Consulting Group
nel 1963 a Boston, nel Massachusetts, e ha guidato la società come presidente e CEO fino al 1980, la strategia
è “la ricerca deliberata di un piano d’azione che sviluppi il vantaggio competitivo di un’azienda e lo rafforzi
nel tempo, dove vantaggio competitivo significa creare differenze”
La strategia mira a creare un cosiddetto vantaggio competitivo
Un’impresa ottiene un vantaggio competitivo sostenibile quando un significativo numero di acquirenti
preferisce i suoi prodotti/servizi a quelli dei concorrenti, ed i presupposti di tale preferenza sono duraturi.
Il vantaggio competitivo rappresenta il “segreto” per una performance finanziaria ed una redditività superiori
alla media, in quanto una forte preferenza dei clienti si traduce in maggiori volumi di vendita, nella capacità
di praticare prezzi più elevati o di produrre a costi più contenuti, con un conseguente incremento dei ricavi,
o una riduzione dei costi e in generale migliori performance finanziarie.
Il mantra del management del XXI secolo: perché il cliente deve preferire proprio i nostri prodotti/servizi?
Perché deve scegliere proprio noi? Perché riusciamo a fornire elementi di unicità e differenziazione rispetto
agli altri!
Il fatto di differenziarsi non conferisce tuttavia, di per sé, un vantaggio competitivo, né tanto meno assicura
un successo commerciale. È questa la vera sfida di imprese e management: comprendere a fondo che cosa
fare, che cosa si vuole diventare e, soprattutto, nel decidere come giungere alla meta che è stata stabilita.
Strategia come modello decisionale unitario ed integrato:
• Determina ed esplicita lo scopo dell’impresa in termini di obiettivi di lungo periodo, programmi di azione e
priorità di allocazione delle risorse;
• Seleziona i business in cui operare, cercando di conseguire vantaggi difendibili nel tempo, attraverso
l’identificazione dei punti di forza e di debolezza interni e rispondendo alle minacce ed alle opportunità
esterne;
• Interessa tutti i livelli gerarchici dell’impresa e definisce la natura dei contributi che l’impresa intende
fornire ai propri stakeholders
Visione
La visione strategica esprime la “destinazione”, il dove sta andando l’impresa e perché, attraverso una
spiegazione economica e convincente della bontà di giungere a tale “destinazione”. Spiega come proprietà e
management vogliono che diventi l’impresa, come intendano superare la posizione attuale e dove vogliono
portare l’impresa in futuro.
Una visione strategica articolata con chiarezza comunica agli stakeholders le aspirazioni della proprietà e del
management, crea una tensione collettiva verso i nuovi traguardi e favorisce l’azione sinergica di tutto il
personale aziendale.
Una visione strategica ben concepita è specifica e distintiva e non contiene espressioni di generica positività
che potrebbero riferirsi indistintamente a centinaia di organizzazioni.
Mission
La mission fornisce una breve descrizione formale della ragion d’essere e delle finalità commerciali attuali
dell’impresa, talvolta facendo riferimento alla copertura geografica o alla posizione sul mercato.
Identifica e specifica i prodotti e servizi attualmente offerti, i bisogni dell’acquirente che l’impresa cerca di
soddisfare, i gruppi di clienti a cui si rivolge e le sue capacità tecnologiche e commerciali per soddisfare al
meglio tali bisogni.
In genere, però, la mission aziendale non deve indicare in che direzione si sta muovendo l’impresa, né i
cambiamenti previsti o le sue aspirazioni. Rispetto alla visione la mission è un obiettivo specifico del proprio
business
Margine
È la finalità di entrambe le tipologie di attività visto fino adesso, il guadagno considerato come differenza tra
ricavi e costi ottenute tramite lo svolgimento delle attività primarie e di supporto.
Il concetto fondamentale della teoria di Porter è che per creare redditività occorre generare valore per il
cliente ottenibile esclusivamente tramite la capacità di essere distintivi rispetto ai competitor presenti sul
mercato e riuscendo ad ottenere alti standard di qualità dei processi interni, eliminando gli sprechi e
massimizzando la produttività
Funzioni aziendali
Un’azienda è composta da divere funzioni aziendali:
finanza, marketing, ricerca e sviluppo, la
progettazione, gli acquisti, l’amministrazione,
personale organizzazione, produzione, qualità, mano
d’opera, gestione materiali.
Finanza: È la tesoreria dell’azienda cioè il luogo dove confluiscono tutti i ricavi e dove è possibile reperire a
tempo e luogo debito il danaro
per pagare i fornitori. Opera
anche con la risorsa denaro per
vendere ed acquistare alle
migliori condizioni di mercato ed
è responsabile del flusso di cassa
e della liquidità aziendale.
Marketing e commerciale. È
l’ente che indirizza lo sviluppo dei
nuovi prodotti mediante una
ricerca specifica di quello che i
clienti finali desiderano. È
responsabile dei prezzi e degli
sconti promozionali alla rete e
spesso delle vendite e
dell’assistenza post-vendita.
Anticipa anche le necessità
legislative e fiuta quello che i nuovi mercati richiederanno.
Progettazione e Ricerca e Sviluppo (R&S). È responsabile del disegno del prodotto dei materiali che lo
comporranno ed anche della possibilità di progettare in maniera normalizzata cioè in modo da ridurre i tempi
di progetto di ulteriori futuri prodotti utilizzando particolari base già studiati. È sempre alla ricerca del
miglioramento dei prodotti e soprattutto della funzione alla quale i prodotti stessi sono destinati.
Industrializzazione: È responsabile della fattibilità, cioè, di come verrà costruito il prodotto, intendendo con
ciò, la scelta delle soluzioni tecniche più economiche in termini di macchine, attrezzature, ed impianti sia
specifici che generali necessari a quel determinato livello produttivo. È ancora responsabile della risorsa”
tempo”, cioè delle previsioni e dei programmi necessari all’ingresso in produzione del prodotto.
Acquisti: È responsabile delle politiche di acquisto: - materiali diretti cioè quelli che si ritrovano nel prodotto
finito, - materiali indiretti, cioè quelli che servono a lavorare il prodotto o a manutenere le macchine, le
attrezzature e gli impianti ed infine - i servizi /prestazioni di ditte esterne alla qualità massima ed al costo
minimo. Nelle aziende molto grandi o nelle multinazionali è estremamente importante sul prezzo di acquisto
la quantità dei prodotti/servizi comprati e la durata nel tempo delle forniture (Economie di scala).
Amministrazione: È la funzione che rileva i costi sostenuti dall’azienda identificati per singolo prodotto e per
singolo centro di costo/profitto e per ciascuna fase di lavorazione. In termini di reporting si occupa della
redazione delle previsioni di spesa e degli investimenti redigendo un documento, sulla base delle notizie
fornite da tutti gli enti aziendali, denominato budget. Qualora ci siano delle circostanze che possono variare
le previsioni iniziali si parla di ri-previsioni. È superfluo ricordare che è chiaramente responsabile di mettere
in evidenza tutti gli scostamenti quantitativi ed i ritardi /anticipi nella attuazione degli investimenti.
Personale e organizzazione: È il responsabile della corretta gestione della risorsa umana cioè delle persone
che costituiscono l’azienda, in tutte i processi e le attività che tale gestione comporta. Si passa dalla selezione
al reclutamento, all’assunzione all’accoglimento all’addestramento/formazione alla retribuzione, ai servizi di
tutela della salute, della sicurezza e del patrimonio aziendale ai servizi generali logistici, ai rapporti con i
sindacati interni ed esterni, il tutto nel pieno rispetto dei contratti di lavoro. In particolare per quanto attiene
all’organizzazione si occupa della tenuta degli organigrammi, della redazione delle mansioni e della ricerca
del personale da inserire nelle posizioni vacanti o carenti.
Produzione: È la funzione che fabbrica il prodotto nel rispetto dei programmi di produzione concordati in
termini di quantità, di qualità e di costi assegnati e con il livello di servizio richiesto, e gestendo le risorse
assegnate. Provvede alla pianificazione delle attività produttive per il rispetto dei programmi.
Qualità: La funzione qualità, merita un discorso più approfondito. Fermo restando che le specifiche di
prodotto sono definite dalla progettazione, in origine si era partiti da una organizzazione che prevedeva la
funzione al di fuori della produzione, perché era vista come controllo delle attività produttive. Si esplicava in
termini di Collaudo, Controllo, Enti di supporto tecnologico, come laboratori, officine di verifica della tenuta
nel tempo del prodotto che si occupava dell’invecchiamento ultrarapido per controllare la durata; e da un
ente che redigeva in analogia alla produzione i cicli di controllo dei pezzi e impostava statisticamente un
controllo dell’affidabilità dei processi o delle lavorazioni. Il collaudo era un giudice inflessibile che giudicava
se il prodotto o i materiali in arrivo fossero “conformi” ad un campione rispondente alle specifiche. Il
controllo, una volta che si fossero trovati pezzi anomali, determinava le responsabilità tecnologiche delle
anomalie attribuendo cioè le “colpe” o alla progettazione del pezzo, o alla fornitura, oppure infine ad una
corretta esecuzione dell’officina. Oggi invece in una visione più moderna e responsabile il collaudo è
un’operazione che gli operai stessi che costruiscono si auto-attribuiscono, certificando la qualità del proprio
lavoro. Analogamente i fornitori si autocertificano rendendo vana l’accettazione arrivi, rimane all’ente
Qualità la redazione di audit periodici di lavorazione e di processo gestendo il sistema complesso dell’SPC
(Statistical Process Control). Siamo in regime di gestione totale della Qualità (TQM).
Manutenzione: Si occupa di manutenere il patrimonio aziendale: infrastrutture, strutture, impianti generali,
impianti specifici, macchinari, attrezzature, sempre in condizioni di perfetta efficienza anche ai fini
ambientali. Prevederne i costi relativi, redigere cicli e programmi delle attività prevedibili e programmabili,
provvedere a tutte le esigenze immediate di pronto intervento richieste dalla fabbricazione. Gestire infine i
volumi (minimi) dei materiali di manutenzione.
Gestione manodopera: Sulla base dei cicli di produzione redatti dall’industrializzazione del prodotto,
prevedere i fabbisogni di manodopera diretta (cioè degli operai che aggiungono valore al prodotto) ed
indiretta (cioè degli operai che servono nelle attività ad esempio di manutenzione, trasporto materiali,
redazione di report qualitativi = audit, sia in maniera puntuale che come previsione nel tempo legata alla
conoscenza dei programmi produttivi.
Gestione materiali: Si occupa della corretta gestione della risorsa Materiali esplicando tale funzione secondo
tre direttrici: (1) sulla base dei programmi di produzione e con la conoscenza della composizione analitica del
prodotto/prodotti, ordina ai fornitori esterni scelti dagli acquisti i materiali diretti ed indiretti necessari; (2)
provvede al ricevimento, all’immagazzinamento ed al rifornimento dei materiali ordinati, curando che i livelli
di scorta siano i minimi concordati; (3) provvede infine ai trasporti verso l’esterno di tutto quanto necessari
o e qualche volta anche del prodotto finito verso i clienti esterni.
Modulo di organizzazione aziendale (OA)
L’organizzazione è una proprietà caratteristica degli esseri viventi per mezzo della quale ciascuna soggettività,
pur non cessando di esistere come autonoma unità, esplica la propria esistenza in funzione di un organismo
superiore che lo comprende e che, nella sintesi, riesce ad esprimere una diversa e più ampia individualità,
punto di partenza, a sua volta, per nuove riproposizioni verso sistemi più complessi.
L'organizzazione, quindi, prima ancora che come un’entità fisica o logica, può essere definita come una
modalità del comportamento umano connaturata all’agire di fronte alla complessità.
Le organizzazioni non esistono in natura ma vengono progettate e costruite dall’uomo allo scopo di
conseguire determinati risultati, i quali non sarebbero il più delle volte raggiungibili senza l’apporto
congiunto, coordinato e protratto nel tempo di più partecipanti e l’impiego di risorse adeguate.
Tutti i rapporti che si possono sviluppare tra l’unità particolare e l’organismo generale e fra questi e
l’ambiente esterno costituiscono l’oggetto degli studi organizzativi.
L'organizzazione tout court, quindi, nasce con l'uomo e si evolve con la sua storia, ma soltanto recentemente,
con l'avvento dell'era industriale, su di essa si è sviluppata una teoria dell’organizzazione.
Qual è l’obiettivo dell’organizzazione?
L’ “Organizzazione” ha l’obiettivo di delineare le modalità attraverso le quali l’impresa mette a sistema le
risorse, materiali ed immateriali, per svolgere, in condizioni di economicità, le proprie combinazioni
produttive.
Approccio oggettivo all’organizzazione lo Scientific Management di F. Taylor
• Distinzione dei compiti e distribuzione delle responsabilità;
• Studio scientifico dei metodi di lavoro – regole: attività elementari, standardizzazione, misurazione
dei tempi;
• Selezione e addestramento della manodopera;
• Incentivazione pecuniaria
Componenti dell’organizzazione
Organizzazione formale
L’organizzazione formale è l’insieme di ruoli, di norme e di procedure che costituiscono la struttura
organizzativa.
Dimensioni fondamentali di una struttura organizzativa formale:
• Ruolo, comportamento atteso da chi occupa una posizione, in un contesto organizzativo; posizione
alla quale sono attribuiti determinati compiti da svolgere (mansione) intrattenendo precisi rapporti
gli con altri ruoli.
Il ruolo si basa su due caratteristiche fondamentali:
Autorità è il potere legittimo a svolgere le mansioni per esso previste e che consente di decidere,
operare nell’azione pratica e controllare i risultati prodotti.
Responsabilità è la conoscenza dei problemi insiti nei compiti che si assumono, volontà di risolverli,
necessità di dover dar conto del proprio operato
Gli individui e i gruppi di
individui, impegnati nello
svolgimento continuato nel
tempo di una determinata
attività, sviluppano una certa
livello di competenze e
d’abilità, che garantisce non
solo l’efficacia delle attività
organizzative ma soprattutto
l’efficienza, attraverso un percorso continuo di specializzazione, tramite il quale, le componenti del
sistema organizzativo aumentano le proprie prestazioni, riuscendo appunto ad ottenere risultati
quantitativamente e qualitativamente migliori.
Dalla specializzazione deriva appunto le diverse expertise dei diversi componenti che fanno parte
dell’impresa, dei diversi lavoratori e di conseguenza ne deriva il diverso ruolo
• Processo di delega
Trasferimento dell’esecuzione di un compito, trasferimento di autorità e responsabilità tra delegante
e delegato. Ci sono due tipologie di delega:
▪ Management by objectives
▪ Management by process
Consiste nel trasferire o attribuire, autorità e responsabilità dell’esecuzione di un compito ad un altro
ruolo organizzativo delegato, che si incarica nella realizzazione dell’attività delegata. Attraverso il
processo di delega si trasferisce il diritto di operare liberamente e entro fissati limiti imposti dalla
necessità di coordinamento delle diverse attività delegate, riservando sempre i controlli dei risultati.
Il processo di delega deve essere accompagnato sempre da una responsabilizzazione del ruolo
delegato, implica quindi allo stesso tempo il concetto di controllo, da sviluppare in sede esecutiva,
da parte dell’operatore delegato sui risultati connessi alla propria azione, per essere riferito poi
all’organo delegante soltanto quando sia stata eventualmente accertata la difformità fra gli obiettivi
effettivamente raggiunti e quelli invece sperati. Questo concetto di delega può rientrare nel concetto
più generale di responsabilizzazione dell’organo periferico da attuarsi attraverso una preliminare
individuazione degli obiettivi da raggiungere, lasciando così allo stesso incaricato a scegliere e imporsi
la migliore via nel loro conseguimento, operando quindi il controllo sugli scostamenti tra realtà
effettiva e programmata, motivo per cui si parla di management by objectives. È importante ai fini
della responsabilizzazione, che il momento dell’autodeterminazione decisionale perché per il suo
tramite l’azione da compiere risulta liberamente scelta dallo stesso operatore, non appaia
brutalmente imposto dall’esterno. Quest’ultimo caso infatti è l’interesse del suo coordinato
generalmente sarà maggiormente teso a ricercare e possibili giustificazioni per non aver agito
secondo le previsioni imposte, piuttosto che realizzare nel migliore dei modi tali previsioni. Il
concetto di controllo non va inteso nel senso statico e repressivo ma deve costituire un’informazione
di ritorno da recepirsi mentre l’azione è ancora in atto ed è demandata al delegante che deve
raccogliere le informazioni necessarie alla comprensione dello stato di avanzamento delle attività e
del raggiungimento degli obiettivi preposti.
Come si sviluppa, tendenzialmente questo processo di delega e controllo?
Tramite l’ampiezza di controllo ossia quanti delegati corrispondono ad un delegante e sui livelli
gerarchici.
Grado di decentramento: distribuzione del potere decisionale tra i livelli della struttura organizzativa.
In funzione del grado di decentramento le imprese sono: accentrate (poca delega, accentrato sui
proprietari dell’azienda, piccole e medie imprese) o decentrate (delega)
Vantaggi dell’accentramento
▪ Condizione più integrata dell’impresa
▪ Maggiore efficacia nelle occasioni critiche aziendali
Organigramma aziendale
Rappresentazione grafica della struttura organizzativa che evidenzia gli organi aziendali e le relazioni che
legano gli stessi.
È rappresentato tendenzialmente da un diagramma a blocchi in cui si evidenzia ruoli, scale gerarchiche di
dipendenza, livelli di autorità, ampiezze di controllo.
Vantaggi
• Rappresentazione sintetica e immediata della realtà aziendale
• Consente, in un certo momento dell’evoluzione del sistema, la visualizzazione dei collegamenti esistenti tra
le varie posizioni
• Evidenzia i livelli di autorità e responsabilità, le linee gerarchiche di comando e i loro canali di comunicazione
Svantaggi
• Rappresentazione statica di una realtà dinamica (necessità di aggiornamento)
• Non evidenzia relazioni tra gli organi diverse da quelle gerarchiche
• Non dà indicazioni sufficienti riguardo ai compiti svolti da ogni organo
Sicuramente per i manager, promuovere l’empowerment, ossia la responsabilizzazione dei collaboratori, non
è affatto semplice, ma è per questo che elementi come l’innovatività, quindi il promuovere il pensiero
innovativo, mostrare il rispetto reciproco, il delegare ed essere pronti a ricevere incarichi delegati, la fiducia,
la flessibilità e l’elasticità negli approcci, il rischio, la distribuzione del potere decisionale, la paura, la
comunicazione, i simboli, la partecipazione, la condivisione, la collaborazione sono elementi fondamentali
che un leader, un manager deve sempre tenere in considerazione per garantire l’equilibrio organizzativo e
l’empowerment dei propri dipendenti.
Le sfide dell’OSCM
Non è sempre facile unire l’ottimizzazione dell’OCSM con la coerenza strategica e all’integrazione tra la
corporate strategy dell’impresa, che tende a diminuire al massimo i costi, i quali per forza di cose non possono
essere diminuiti più di un certo livello per mantenere la qualità, l’affidabilità, per mantenere la quota di
mercato e la reputazione aziendale. Per definire diversi livelli strategici bisogna ricorrere a business strategy
ben delineate, basate sull’ottimizzazione del costo.
La misurazione delle prestazioni delle attività di OM: la produttività
Produttività = output/input
Da confrontare con altre imprese dello stesso settore (o con dati medi di settore) o da confrontare nel tempo;
1. Produttività parziale: rapporto tra output e singolo input (Output/ manodopera; Output/capitale;
Output/materiali; Output/energia)
2. Produttività multifattoriale: rapporto tra output e un gruppo di input
(Output/manodopera+capitale+energia; Output/manodopera+capitale+materiali)
3. Produttività totale: rapporto tra tutti gli output e tutti gli input
Quindi da tutto ciò che abbiamo visto quali sono le linee guida, fondamentali, di progettazione per la
produzione?
In generale
Progettare in funzione degli obiettivi di mercato e di costo e minimizzare il numero delle parti e delle
operazioni.
Per la qualità
Assicurarsi che le esigenze del cliente siano note e progettare in modo tale da soddisfarle, assicurarsi che le
capacità di processo – sia proprie che dei fornitori – siano note e considerarle in fase di progettazione, usare
procedure, materiali e processi standard di qualità già conosciuta e dimostrata.
Di lavorabilità
Progettare componenti, elementi e moduli di servizio multifunzionali/multiuso, progettare in modo da
semplificare le operazioni di assemblaggio, separazione e riassemblaggio, progettare per avere un unico
metodo di assemblaggio ed una movimentazione in un solo senso, evitare chiusure e connettori particolari,
evitare progetti “al limite” di prestazioni standard o non sicure.
Problematiche di produzione
1. Sprechi da sovrapproduzione
“Produrre in eccesso è produrre tutte le volte che non esiste un ordine cliente”
Sono gli sprechi che si verificano quando si fabbricano prodotti in quantità maggiori di quelle
necessarie, o si fabbricano prima del momento in cui sono richiesti. Sono tutte dinamiche che
comportano un non efficientamento del processo produttivo del prodotto. Le cause della
sovrapproduzione sono spesso riferibili a:
- Produzione di lotti economici troppo grandi
- Produzione anticipata rispetto alla domanda
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione, programmazione e
scheduling della produzione
- Eccessi di personale sul processo
- Macchinari troppo veloci o in eccesso
2. Eccesso di scorte
“Scorta è qualsiasi bene realizzato e conservato per un determinato tempo senza conoscere se e
quando un cliente lo richiederà e quanto sarà disposto a pagare” Le scorte possono essere di materie
prime, semilavorati, prodotti finiti, prodotti fermi in attesa di lavorazione (WIP – Work In Progress)
Le scorte nascondono problemi, non li risolvono!
Le cause di eccesso di scorte sono spesso riferibili a:
- Produzione di lotti economici troppo grandi
- Produzione anticipata rispetto alla domanda
- Esistenza di colli di bottiglia nel flusso di produzione
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione, programmazione e
scheduling della produzione
- Eccessi di personale sul processo, attività a monte più veloci di quelle a valle
- Macchinari troppo veloci o in eccesso
- Accettazione culturale, scorte “fisiologiche” per il servizio
3. Movimentazioni e trasporti non necessari
“Eccessi di produzione e di scorte porta inevitabilmente a maggiori attività di movimentazione e
trasporti”
Le cause sono spesso riferibili a:
- Scarsa progettazione del layout
- Sovrapproduzione
- Creazione problemi di stock per sopperire a difettosità e di pianificazione, programmazione e
scheduling della produzione
- Personale con basse competenze
- “Normalità” delle movimentazioni/ trasporti
4. Difettosità, Disservizi
Generano i cosiddetti “costi della non qualità”, classificabili in:
- Costi di accertamento e controllo (elenco voci di costo)
- Costi per difettosità interna ed esterna (elenco voci di costo)
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Materiali e semilavorati scarsi o difettosi
- Metodi di lavoro scarsi, scarsità di procedure e istruzioni, ecc.
- Manodopera non formata, non qualificata, non motivata
- Macchine e strumenti non adeguati
5. Perdite nel processo
Sono riferite tipicamente ad attività del processo che potrebbero non essere necessarie.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Inadeguata progettazione del processo e delle attività
- Inadeguata standardizzazione delle attività
- Macchine e strumenti non adeguati
- Lavorazioni non adeguate
6. Movimentazioni umane
Sono riferite tipicamente ad attività - svolte dagli operatori – che non creano valore aggiunto: ricerca
di strumenti non presenti nelle postazioni, spostamenti tra reparti, ecc.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Inadeguato layout
- Operatori poco formati o poco motivati, scarsamente coinvolti
- Assenza di ordine, pulizia e sistematicità
- Lavorazioni non adeguate
7. Tempi morti, attese
Rappresentano lo spreco culturalmente più accettato, quasi fisiologici. Sprechi per attese materiali,
settaggi impianti, guasti, difetti, ecc.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Assenza di bilanciamento delle attività
- Scarsa manutenzione preventiva
- Assenza di ordine, pulizia e sistematicità
- Produzioni in grandi lotti
- Personale poco motivato, superficialità
- Mancanza di sistemi di controllo
Analisi di processo
Definizione di processo:
Aggregazioni di attività finalizzate al raggiungimento dello stesso obiettivo [Pierantozzi, 1998]
Il processo non è altro che una catena di attività attraverso le quali, partendo da determinati input, si
ottengono degli output desiderati.
L’impresa può essere vista come un insieme di attività
Azioni fisicamente, tecnologicamente e strategicamente distinte che un’azienda svolge per progettare,
produrre, vendere, consegnare ed assistere i suoi prodotti [Porter, 1985]
Le articolazioni del lavoro svolte all’interno di una organizzazione [Turney e Raffish, 1991]
Combinazioni di uomini, tecnologie, materie prime e condizioni di ambiente che portano all’ottenimento di
un dato prodotto o servizio [Brimson, 1991]
Aggregazioni di singole azioni (tasks) poste in essere all’interno di una impresa per ottenere un certo prodotto
o servizio [Pierantozzi, 1998]
Il Business Process Redesign (BPR) è un rilevante approccio organizzativo-gestionale volto a ripensare a
fondo e ridisegnare in modo radicale i processi di business per ottenere miglioramenti drastici in parametri
critici di prestazione (Hammer e Champy, 1994). È la ristrutturazione e la riformulazione del processo
business, capace di integrare quelle che sono i profili afferenti e determinanti la strategia aziendale, per
definirle appunto i parametri critici di prestazione, tramite il processo produttivo
Il presupposto per rendere operativo il BPR è l’analisi e la ricostruzione dei processi stessi (process mapping)
• Processi “Core”: attività principali dell’impresa
• Processi “Support”: di supporto ai processi chiave
• Processi “Business Network”: si estendono oltre i confini organizzativi, coinvolgendo clienti e fornitori
• Processi “Management”: pianificano, gestiscono e controllano le risorse
Sviluppo di un prodotto
La qualità dei nuovi prodotti non è legata unicamente alle valutazioni dei progettisti e alle loro capacità
tecniche, ma risulta sempre più influenzata dalla qualità dei legami informativi che si instaurano tra
marketing, progettazione, produzione e logistica.
Parametro chiave: Time to market – tempo che intercorre fra l'inizio del processo di sviluppo di un nuovo
prodotto e l'avvio della sua commercializzazione.
Comunicazione al mercato
Si unificano in un’ottica customer-oriented una serie di attività che partendo dalla valutazione del
posizionamento competitivo dell’azienda arrivano fino al contatto commerciale con il cliente, permettendo
non solo un miglior coordinamento delle modalità di proporsi ai mercati, ma anche maggiori scambi
informativi interni e con gli intermediari commerciali.
Parametro chiave: Qualità del servizio al cliente
Gestione dell’ordine
Processo che comprende tutte le attività di interfaccia con il cliente, a partire dal momento in cui il venditore
ha raccolto un ordine fino al momento dell’incasso, oppure della risoluzione di eventuale contenzioso,
passando attraverso controlli commerciali, finanziari, amministrativi e logistici.
Parametro chiave: Time to delivery
Quello che si vuole fare è cercare di evitare conflitti di funzioni all’interno dell’azienda, che non creino disagi
nella gestione dell’ordine e di conseguenza per il cliente
Catena logistica (supply chain)
Processo che rende disponibile il prodotto per la consegna al cliente. Il ridisegno integrato unifica il flusso
informativo delle attività logistiche: fabbisogni ipotizzati, ordini acquisiti, programmazione della produzione,
politiche di approvvigionamento.
Può costituire occasione per un ripensamento dei rapporti con i fornitori in un’ottica di maggiore
cooperazione e più spinta integrazione operativa.
Parametro chiave: Flessibilità con elevata efficacia
Produzione
In una logica BPR, la produzione viene organizzata su più unità produttive che sviluppano ciascuna una intera
porzione del processo produttivo.
Svolge anche attività di manutenzione impianti e controllo qualità dei prodotti.
Parametro chiave: Flessibilità con elevata efficienza
Per l’analisi del processo produttivo (OM) si parte da un diagramma che ne rappresenta gli elementi chiave,
normalmente operazioni, flussi e aree immagazzinamento, più i momenti decisionali.
Attività operative – rettangolo
Flussi – freccia
Immagazzinamento - triangolo rovesciato
Punti di decisione – rombo
Le componenti di un processo: le 7M
1. Materiali – materie prime, semilavorati, documenti in attesa di essere elaborati
2. Manodopera - persone
3. Metodi – le procedure operative
4. Misurazioni – tecniche e strumenti utilizzati per raccogliere informazioni sulle prestazioni dei processi
5. Macchine – strumenti ed impianti utilizzati
6. Manutenzione – cura delle componenti del processo
7. Management – gestione, politiche, regole
Tipologie di processo: uno schema di base
1. Processo multifase sequenziale
Vantaggi: semplicità
Svantaggi: problemi di blocking e starving. Il blocking si verifica quando le attività di una fase devono
interrompersi perché non esiste un luogo fisico dove depositare l’articolo appena realizzato, lo
starving si verifica quando le fasi hanno durate diverse non sincronizzate e le attività di una fase si
interrompono perché non c’è lavoro da compiere
2. Processo multifase con buffer
Buffer: area di stoccaggio tra fasi, dove gli output di una fase vengono collocati prima di essere
impiegati nella fase successiva. Il buffering permette alle fasi di svolgersi indipendentemente
(disaccoppiamento delle attività operative). Permette di risolvere quelle problematiche riguardanti
il blocking viste precedentemente, perché ognuna di esse lavora indipendentemente.
3. Processi alternativi
Può riguardare attività identiche raddoppio della capacità produttiva, oppure con un possibile attività
diverse; l’output converge su un unico buffer
Ovviamente per decidere e per valutare le performance di un processo, dobbiamo saperli efficacemente,
valutare e quindi misurare, attraverso determinati canoni:
Tasso di utilizzo (utilization): rapporto temporale che esprime l’impiego effettivo di una risorsa in relazione
al suo tempo totale teoricamente disponibile – es. forza lavoro diretta, macchine utensili.
Produttività (totale e dei singoli fattori)
Rendimento: rapporto tra output reale (effettivo) di un processo e alcuni parametri standard. Es.: macchina
progettata per confezionare cerali al ritmo di 30 scatole al minuto. L’addetto in realtà produce 36 scatole. Il
rendimento è 36/30 = 120%
Tempo di produzione (run time): tempo necessario a produrre un lotto di pezzi. Si calcola moltiplicando il
tempo richiesto per produrre 1 unità per le dimensioni del lotto
Tempo di attrezzaggio (set-up time): tempo richiesto per predisporre una macchina alla produzione di un
determinato articolo. Le macchine con tempo di attrezzaggio lungo tendono ad operare per lotti consistenti
Tempo effettivo di lavorazione (operation time): somma del tempo di attrezzaggio con il tempo di produzione
per un lotto di pezzi lavorati da una macchina.
Es.: macchina per confezionare cereali progettata per produrre al ritmo di 30 scatole al minuto. Tempo di
produzione di ciascuna scatola: 2 secondi.
Reimpostare la macchina per operare con scatole da 300 grammi e non più da 350 grammi richiede un tempo
di attrezzaggio di 30 minuti. Il tempo effettivo di lavorazione per un lotto di 10.000 confezioni da 300 grammi
è di 21.800 secondi dato da 30 minuti di attrezzaggio * 60 secondi/minuto + 2 secondi/scatola * 10.000
scatole, ovvero 363,33 minuti.
Tempo di ciclo: tempo trascorso tra l’inizio e la fine di una attività
Tempo di attraversamento (flow time o throughout time): comprende il tempo effettivo di lavorazione cui è
sottoposta una unità, più il tempo di attesa dovuto a code.
Es.: catena di montaggio composta da 6 stazioni di lavoro che opera con un tempo ciclo di 30 secondi. Se ogni
30 secondi i pezzi in lavorazione passano da una stazione a quella successiva, allora il tempo di
attraversamento è 3 minuti (30 secondi *6 stazioni/60 secondi al minuto)
Throughput rate: ritmo atteso al quale il processo genera output su un certo arco di tempo. Il throughput
rate della catena di montaggio è 120 unità all’ora (60 minuti * 60 secondi/minuti / 30 secondi/unità). E’
l’inverso matematico del tempo di ciclo
Indice di flusso (o rapporto di attraversamento, process velocity o throughput ratio): rapporto tra il tempo di
attraversamento totale e il tempo a valore aggiunto. Con tempo a valore aggiunto (value-added time) si
intende il tempo utile dedicato alla reale produzione di un’unità di prodotto
Delivery Time. Intervallo di tempo concesso dal cliente tra emissione ordine e consegna prodotto – Lead Time
La gestione di domanda e di previsioni di domanda vengono effettuate tramite studi del mercato e da questa
si definisce la pianificazione della capacità produttiva, la necessità di prendere ordini sulle materie prime, la
definizione per la creazione del processo dei prodotti e servizi, fino alla consegna finale del prodotto al
consumatore. È indispensabile la previsione della capacità produttiva, la pianificazione dei fabbisogni dei
materiali, schedulazione degli ordini dei clienti, in modo tale che sia il più efficace possibile. Tutto ciò si può
rappresentare attraverso la mappatura del processo produttivo.
Legge di Little
In un sistema di produzione in stato stazionario (cioè in un arco di tempo piuttosto lungo dove le quantità
prodotte tendono a corrispondere alla quantità spedita ai clienti) esiste una relazione stabile tra scorte di
materiale in lavorazione (work- in-process), attraversamento throughput rate e tempo di attraversamento
Work-in-process = throughput rate * tempo di attraversamento
Legge di Little = relazione tra unità e tempo
Il throughout rate del processo è uguale alla domanda media e non si generano eccessi o mancanze
Le scorte di materiali in lavorazione sono misurate in n. di pezzi; Tempo di attraversamento misurato in giorni;
Throughout misurato in pezzi al giorno
Tempo di attraversamento = scorte di materiale in lavorazione / throughout
(Esempio, WIP 20.000 unità / Throughput 1.000 unità al giorno = Tempo di attraversamento 20 giorni)
Come si fa a ridurre i tempi di processo? Più tempo il materiale sta in giacenza, più vi è il rischio che il cliente
si rivolga alla concorrenza. Spesso i processi critici dipendono da risorse specifiche, limitate, che danno luogo
ai cosiddetti, colli di bottiglia, motivo per cui dobbiamo cercare di ridurre al massimo i tempi di
attraversamento di un processo, quali possono essere le soluzioni per ridurre i tempi di attraversamento di
un processo? Ne abbiamo essenzialmente due:
Cost-based - Il tempo di attraversamento si riduce attraverso l’acquisto di nuove attrezzature/mezzi/impianti
per incrementare la capacità produttiva, faccio gli investimenti sulle strutture tecniche del mio impianto, per
incrementare la mia capacità produttiva;
No-Cost
1. Eseguire le attività in parallelo. Può ridurre il tempo di attraversamento anche dell’80%;
2. Modificare la sequenza delle attività e del lay-out (collocazione e organizzazione delle postazioni di lavoro);
3. Ridurre le interruzioni tecniche;
4. Gestire opportunamente l’acquisizione degli ordini e la tempistica della messa in produzione
La “selezione del processo” si riferisce alla decisione strategica che identifica il tipo di processo produttivo
da realizzare nello stabilimento. Vi sono 3 criteri che caratterizzano questa selezione:
1. Le modalità con le quali la domanda si forma e con le quali l’impresa risponde alla domanda:
-Produzioni su commesse singole (make to order): ordini diversi per singoli prodotti, anche molto
differenziati, es. grandi opere – la progettazione può essere o meno a carico del committente. La
produzione avviene solo in risposta ad un ordine effettivo;
- Produzioni su commesse ripetitive: Gamma di prodotti con caratteristiche scaglionate nel definite
che richiedono tempo, o produzioni “su forniture catalogo”: componentistica auto, elettrodomestici,
arredamento.
- Produzioni per il magazzino (su previsione) (make to stock): industria alimentare. È finalizzato a
generare prodotti standard, collocati in scorte di prodotti finiti. Il prodotto è consegnato
rapidamente al cliente perchè prelevato dal magazzino prodotti finiti;
2. Le modalità secondo le quali è realizzato l’output dell’impresa;
- Produzioni unitarie
- Produzioni intermittenti (o a lotti): struttura di processo per la creazione di una gran varietà di
prodotti standard in quantitativi relativamente ridotti. Presenza più o meno forte di scorte. Es.
abbigliamento
- Produzioni continue: flusso ininterrotto di prodotti dalle caratteristiche omogenee nel tempo. Es.
industria petrolifera, siderurgica, bevande, ecc.
3. Le modalità di realizzazione del volume produttivo.
- Produzioni per processo: il prodotto finito non può essere scomposto a ritroso, poiché i componenti
originari non sono più distinguibili o hanno cambiato natura (acciaio, carta, cemento, prodotti
chimico-farmaceutici) – “a ciclo tecnologico obbligato”
- Produzioni per parti, o manifatturiere: di solito esiste una fase di fabbricazione e una di
assemblaggio/montaggio (automobili, elettrodomestici, elettronica, giocattoli, ecc.) – “a ciclo
tecnologico non obbligato”
La “progettazione del processo” si riferisce alle attività tattiche di pianificazione che si verificano
continuamente durante la produzione
Concetto chiave nel processo produttivo è quello di Punto di Disaccoppiamento tra ordine del cliente e
produzione: tal punto determina la posizione lungo la SC nella quale devono essere collocate le scorte,
affinché processi o attori della SC possano operare in maniera efficace ed indipendente.
Il posizionamento del Punto di Disaccoppiamento è importante per identificare i diversi contesti produttivi:
1. Make-to-Stock: le imprese soddisfano la domanda dei clienti con le scorte di prodotti finiti –
produzioni standard, a buona previsione e limitata complessità;
2. Assemble-to-Order: le imprese combinano una serie di moduli pre-assemblati. Produzione su
previsione di sottogruppi standard e successiva personalizzazione del prodotto finito in fase di
assemblaggio finale – produzioni ad elevata ampiezza di mix di codici prodotti finito (arredamento,
metalmeccanica, ecc.)
3. Make-to-Order: le imprese realizzano per il cliente un prodotto a partire dalle materie prime, dalle
parti e dalle componenti – prodotti diversificati fin dalle prime fasi di lavorazione, la produzione inizia
solo con l’ordine del committente.
4. Engineer-to-Order: le imprese lavorano con il cliente dalla progettazione del prodotto – produzioni
su commessa
Più ci muoviamo verso il engineer to order, più siamo in direzione di produzione per commissione.
Questioni gestionali importanti
1. Ricerca dell’equilibrio tra livelli di scorte di
prodotti finiti (costi di giacenza, costi di magazzino)
e livello di servizio al cliente;
2. La personalizzazione combinazioni – importanza
della progettazione dell’ordine ed il numero di di
prodotto che permetta di combinare in maniera
flessibile componenti, parti e moduli e della
riduzione massima del numero di componenti da
combinare.
La matrice prodotto-processo
La matrice prodotto-processo indica la
correlazione fra la struttura di processo e dei flussi
per la trasformazione dei fattori e le caratteristiche
del prodotto in termini di volumi produttivi e
varietà di gamma.
Le tipologie di prodotto e di processo determinano la scelta del “Modello di sistema produttivo”
I modelli di sistema produttivo - Layout
1. Postazione fissa
Struttura nella quale il prodotto resta fisso in una posizione. E’ l’attrezzatura necessaria alla
produzione che viene spostata verso il prodotto e non viceversa (siti di costruzioni, aerei, navi, ecc.).
Importanza delle tecniche di project management
2. Job-shop, o per reparto
Struttura di processo adatta per produzioni in quantitativi ridotti di una grande varietà di prodotti
non standard. Sinonimo di produzione per reparti: articolazione del processo produttivo per
macchinari e operazioni omogenee sotto il profilo funzionale, con flussi fisici complessi ed articolati,
o intrecciati – I macchinari, le attrezzature, le attività simili sono raggruppati in un unico luogo: tutte
le presse, tutti i torni, ecc. – il pezzo si sposta da un reparto all’altro in base alla sequenza delle
operazioni stabilite ed a seconda della collocazione dei macchinari necessari a ciascuna operazione.
Es.: lavorazioni legno-arredo: taglio, squadrabordatura, nastratura, finitura; lavorazioni meccaniche:
tornitura, fresatura, lappatura, foratura; ecc.
3. Produzione a celle
Le macchine sono organizzate per omogeneità di prodotti lavorati. Si costituiscono aree complete
dedicate alla realizzazione di prodotti o famiglia limitata di prodotti che richiedono processi di
lavorazione simili.
4. Linea
La disposizione dei materiali è sequenziata secondo la specificità del ciclo tecnologico di realizzazione
dei prodotti. I singoli prodotti vengono costruiti spostandoli da una postazione di lavoro all’altra ad
un ritmo controllato, seguendo la sequenza di produzione – Es. giocattoli, elettrodomestici,
automobili, ecc.
5. Processo continuo
Prevalgono le problematiche tecnologiche, il flusso segue un ciclo tecnologicamente obbligato.
Strutture di questo tipo sono in genere altamente automatizzate su cicli h24 che evitano costosi
arresti ed avvii. Es: conversione e trasformazione di materiali omogenei come petrolio, prodotti
chimici, farmaci, ecc
Make or buy
Outsourcing: processo di individuazione di attività, servizi e prodotti realizzati all’interno
dell’impresa che potrebbero essere reperiti o effettuati in maniera più conveniente, o con
maggiore qualità, all’esterno. I benefici sono la focalizzazione sulle core competence,
l’aumento della flessibilità rispetto alle condizioni della domanda sul mercato, le tecnologie,
il miglioramento delle prestazioni operative quindi qualità, produttività, tempi di ciclo,
controllo interno, riduzione degli investimenti in assets e libera capitali e liquidità
- Riduzione dei costi e conversione dei costi fissi in variabili
Integrazione a monte: in caso di difficoltà di reperimento di materiali e servizi critici, o
inadeguatezza delle prestazioni dei fornitori, ci si organizza per produrre internamente tali
materiali o servizi, o si acquista l’impresa del fornitore
Criteri per la scelta
- Coordinamento richiesto: attiene alla maggiore o minore difficoltà di integrare una data
attività all’interno del processo richiedono uno scambio continuo di informazioni,
complessivo. Attività caratterizzate da incertezza, che non dovrebbero essere esternalizzate
- Controllo strategico: attiene alla gravità della perdita che l’impresa potrebbe subire se la
relazione con il partner fosse interrotta
- Proprietà intellettuale: attiene alla potenziale rinuncia alla proprietà intellettuale attraverso
la relazione con il fornitore
Standardizzazione: essere in grado di produrre una grande varietà di prodotti a partire da un
numero ristretto di parti e materiali standardizzati. Meno articoli significa acquisti, consegne,
ispezioni, pratiche, immagazzinamenti, fatturazioni, tipi di impianti e macchinari da
utilizzare, ecc.
Acquisti e produzioni per moduli: è fondamentale per imprese i cui prodotti sono costituiti
da molte centinaia o migliaia di parti (es.: automotive, aeroplani, grandi impianti)
– Importanza della “differenziazione ritardata” (postponement process)
c. L’imperativo della gestione dei tempi
Ogni volta che persone o materiali sono in ritardo, le programmazioni “saltano” e si creano effetti
negativi che si ripercuotono sulla catena di fornitura e generano costi
Esigenze di puntualità, tempi di risposta rapidi, certezza, cioè diminuzione della variabilità dei
tempi di risposta
Logica del McDonald’s – panino e scivolo
Ciò determina miglioramento/riduzione dei tempi di attraversamento (in fase di produzione) e
soddisfazione del cliente. A cascata, si determinano ulteriori benefici quali:
- Migliorano le prestazioni di puntualità della produzione;
- Lavori improvvisati vengono eliminati e si elimina la negoziazione dei tempi di consegna dal
momento che i tempi di produzione sono noti e ragionevolmente certi;
- Risulta facile fissare date attendibili in sede di conferma ordine;
L’importanza della produzione a celle e one-piece-flow
La produzione a celle (cellular manufacturing) rappresenta uno degli aspetti operativi più
importanti.
La cella è una unità di lavoro ben definita e delimitata, tipicamente da 3 a 12 addetti, con 5-15
stazioni di lavoro, che permette di produrre il più alto numero di prodotti simili, contenendo al
suo interno tutto ciò che serve allo scopo (attrezzature, impianti, macchine, strumenti, persone),
riducendo movimentazioni e trasporti vari
d. Tecnologia semplice
Impianti e dotazioni il più possibile utilizzabili dal personale; cautela verso assets troppo
complessi, con costi elevati e dipendenza dalla consulenza esterna di chi li ha forniti.
e. Polifunzionalità degli operatori
Il personale lavora spesso in gruppo, si scambia frequentemente di ruolo e partecipa attivamente
alle dinamiche di miglioramento continuo. Operatori polifunzionali
Gestione della manutenzione – Total Productive Maintenance
• Macchinari ed aree di lavoro devono essere pulite
• Le aree di lavoro devono essere organizzate efficientemente
• Gli operatori devono occuparsi, “aver cura” delle macchine alle quali sono adibiti
• Il processo deve essere ben compreso e piuttosto codificato
• Operatori e staff tecnico devono parlarsi e scambiarsi capacità pratiche e conoscenze teoriche.
f. Kai Zen – miglioramento continuo
Filosofia gestionale volta ad ottenere un sempre maggiore coinvolgimento partecipativo degli
operatori nelle vicende d’impresa
Valorizzazione delle esperienze e delle capacità; intensa e costruttiva cooperazione tra singoli e
team di lavoro; contributi innovativi; confronto su problemi operativi quotidiani, ricerca di nuove
soluzioni; proposte e sperimentazioni di cambiamenti; qualità dell’ambiente di lavoro, ….
• Qualità dei controlli
1. Progettazione
2. Individuazione
3. Miglioramento
Progettazione e Individuazione
Servono ad integrare la qualità all’interno del processo, o bloccare sul nascere un processo mal
concepito
a. Approccio alla prevenzione: progettare un processo fail-safe (privo di errori) efficiente, con
apparecchi e procedure fail-safing determinate caratteristiche che possano bloccare o
addirittura prevenire inconvenienti.
a. Sistemi per cui le macchine non comincino a lavorare in presenza di inconvenienti (omessa
lavorazione, errata lavorazione, ecc.)
b. Sistemi che non permettano di montare un pezzo in presenza di un errore operativo (difetto
di posizionamento)
c. Sistemi che non permettano di iniziare il processo successivo nel caso sia stata dimenticata
un’operazione (dimenticanza di montaggio)
b. Soluzioni: progettazione di prodotto; segnali luminosi o sonori, fotocellule, sensori magnetici,
bracci meccanici, ecc.
c. Approccio all’ispezione e correzione ex-ante: necessità di redistribuire alcune responsabilità.
Ogni addetto, o parte di essi, sono autorizzati ad intervenire su alcuni problemi, per esempio
bloccare la produzione per evitare la fabbricazione di prodotti inadeguati.
d. Approccio all’ispezione e correzione ex-post: individuare il difetto in fasi successive può essere
molto costoso e negativo per reputazione dell’impresa.
Ispezione
L’ispezione è la maniera meno efficace per migliorare la qualità dei processi. Tuttavia in molti casi è
necessario fare ricorso all’ispezione. Esistono 4 principali modalità di ispezione:
-Ispezione completa: un addetto ha il compito di controllare ogni unità prodotta. Se non
automatizzato, è una modalità ad alto rischio di errori di ispezione dovuti alla stanchezza;
-Ispezione del primo pezzo: si controlla l’impostazione del processo, controllando il primo pezzo: se
è senza difetti, significa che il processo è stato impostato correttamente e che tutti i pezzi prodotti
saranno di qualità;
-Prove distruttive, es. urto dell’auto per verificare la tenuta dei paraurti;
-Controllo a campione: basandosi su tabelle di campionamento statistico gli addetti controllano
campioni presi casualmente o ad intervalli regolari da un lotto di produzione. Se il livello di qualità
del campione è superiore al livello minimo accettabile (acceptable quality level, AQL), allora l’intero
lotto. Un lotto insoddisfacente viene ispezionato completamente e le unità difettose sostituite.
Pianificazione e controllo della supply chain
Quanto dovrei produrre per raggiungere i miei obiettivi strategici e quelli fissati a budget?
Quanto posso produrre rispetto ai miei assets?
Posso accettare un nuovo ordine dal cliente?
Mi conviene fare ricorso a produttori esterni?
Previsione della domanda, gestione della capacità produttiva, evasione dell’ordine, controllo delle scorte
La domanda da parte della clientela è la linfa vitale di ogni attività d’impresa. Tuttavia, i clienti possono
‘presentarsi’ in modo inaspettato e l’organizzazione subire dei contraccolpi: la qualità, la capacità di risposta
e il servizio alla clientela potrebbero soffrirne.
L’impresa ben gestita prevede la domanda ed è ragionevolmente preparata quando la domanda
effettivamente si concretizza.
Gestione della domanda (GD): overview
L’attività di GD si caratterizza per la sua articolazione e per la condivisione di responsabilità di differenti
competenze ed uffici aziendali, ed è generalmente coordinata da un apposito team che ingloba le divisioni
marketing, finanza e amministrazione, produzione.
La GD ha obiettivi di breve (meno di 6 mesi), medio (6-18 mesi) e lungo termine (oltre i 18 mesi)
Ruolo attivo (tutte quelle attività che possono essere messe in campo per influenzarla in positivo, es
comunicazione, etc) per influenzare la domanda vs ruolo passivo (pubblicità aggressiva) per soddisfare la
domanda