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Quaderni di Sociologia

41 | 2006
Tecnologie in discussione

Tecnologia e protesta locale: il caso dei comitati


contro l’inquinamento elettromagnetico
Paolo Crivellari

Edizione digitale
URL: http://journals.openedition.org/qds/1028
DOI: 10.4000/qds.1028
ISSN: 2421-5848

Editore
Rosenberg & Sellier

Edizione cartacea
Data di pubblicazione: 1 agosto 2006
Paginazione: 67-89
ISSN: 0033-4952

Notizia bibliografica digitale


Paolo Crivellari, « Tecnologia e protesta locale: il caso dei comitati contro l’inquinamento
elettromagnetico », Quaderni di Sociologia [Online], 41 | 2006, online dal 30 novembre 2015, consultato
il 03 mai 2019. URL : http://journals.openedition.org/qds/1028 ; DOI : 10.4000/qds.1028

Quaderni di Sociologia è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale -
Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Paolo Crivellari
Tecnologia e protesta locale:
il caso dei comitati contro l’inquinamento
elettromagnetico

1. Introduzione

Recenti fatti di cronaca avvenuti in Italia hanno evidenziato forme di


accesa conflittualità inerenti alla tecnologia1. Mobilitazioni di diverso tipo
si stanno sviluppando attorno ad argomenti quali: organismi genetica-
mente modificati, fecondazione assistita, termovalorizzatori per lo smalti-
mento di rifiuti, installazioni per la telefonia cellulare, linee per treni ad
alta velocità, sperimentazione farmaceutica sugli animali. Si tratta di for-
me di protesta e di rivendicazione volte non solo a manifestare contro
specifici artefatti scientifico-tecnologici e loro localizzazione, ma anche
contro soggetti istituzionali pubblici (tipicamente il governo nazionale o
le amministrazioni locali) o attori privati (per esempio le compagnie di te-
lefonia mobile). Infatti, da un lato la protesta s’indirizza indubbiamente
verso un’installazione tecnologica specifica e la sua localizzazione oppure
verso una forma di ricerca di tipo tecnologico. Dall’altro lato, essa riflette
orientamenti che riguardano il grado di (s)fiducia nelle istituzioni, la ri-
vendicazione di processi politici di tipo inclusivo oppure la critica a quei
soggetti privati cui spetta, almeno in parte, la produzione o la gestione
delle tecnologie potenzialmente nocive.
La mobilitazione contro l’inquinamento elettromagnetico prodotto
dalle antenne assume una rilevanza tutta particolare all’interno dei con-
flitti contro la tecnologia, sia dal punto di vista quantitativo sia da quello
qualitativo. Sul versante quantitativo, non c’è giorno in cui i mezzi di co-
municazione di massa (soprattutto i giornali locali) non diffondano noti-
zie circa la protesta di gruppi di cittadini contro l’installazione di antenne.
La quantità degli episodi di questo tipo è legata alla polverizzazione sul
territorio di comitati di dimensioni spesso ristrette, ma generalmente
molto combattivi. Da un punto di vista qualitativo, le proteste contro l’in-
quinamento elettromagnetico costituiscono al contempo una conferma
delle caratteristiche dell’azione collettiva (forme di protesta legate in

1
Ringrazio Massimiano Bucchi, Mario Diani, Francesca Forno, Lauro Struffi e Tom-
maso Vitale per i loro utili commenti su una prima versione di questo articolo.

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qualche modo al territorio, spostamento dal tema della mobilitazione a
questioni di tipo politico), ma anche una messa in risalto di problemi pe-
culiari, legati alla definizione specifica del tema della protesta e alle cono-
scenze accumulate su di esso dagli attori coinvolti.
La protesta contro le antenne viene veicolata principalmente attraver-
so innumerevoli comitati spontanei di cittadini, diffusi in modo capillare
in moltissimi comuni della nostra penisola2. Il presente contributo si pro-
pone di analizzare la formazione, le caratteristiche fondamentali e le for-
me di azione di tali comitati3. A tale scopo, la trattazione è suddivisa in
due parti. La prima sarà dedicata a fornire le coordinate specifiche del
problema dell’inquinamento elettromagnetico e dello svolgimento inizia-
le su base nazionale della protesta. La seconda tappa esaminerà in modo
particolare, attraverso uno studio di caso, i comitati contro l’inquinamen-
to elettromagnetico della città di Padova. Come emergerà più ampiamen-
te in queste pagine, i comitati in questione appaiono contraddistinti da un
forte radicamento territoriale e forme d’azione di protesta moderata, ma
anche da forte appropriazione di expertise scientifica, tecnica e giuridica e
da una diversificazione delle azioni sulla base delle conoscenze acquisite e
a tentativi di ampliamento del focus della protesta, sia in un’ottica territo-
riale, sia rispetto all’estensione delle tematiche trattate. È per questo mo-
tivo che si può affermare che i comitati contro l’inquinamento elettroma-
gnetico della città di Padova mettono in atto un tipo di mobilitazione che
è simile a molte altre, ma che allo stesso tempo è sostanzialmente diversa
da tutte le altre, poiché include una componente molto significativa di ti-
po cognitivo, legata alle credenze collettive e alla conoscenza specifica di
un dato fenomeno.

2. Il «rischio elettromagnetico»

In generale, le mobilitazioni contro le antenne sono messe in atto da


comitati di cittadini e da associazioni di comitati. Si tratta di una forma di

2
Le associazioni e i comitati contro i ripetitori della telefonia mobile sono presenti anche
in altri paesi del mondo sia a livello nazionale sia a livello locale. Tra le formazioni europee più
attive citiamo: in Irlanda del Nord NIFATT (Northern Ireland Families Against Telecommuni-
cation Transmitter Towers) nata nel 1998, in Francia Priartèm, sorta nell’ottobre 2000, nel Re-
gno Unito MAUK (Mast Action UK), formatasi nel dicembre 2000. In alcuni paesi, la mobilita-
zione contro le antenne viene invece veicolata da associazioni già esistenti, come le Commu-
nidades de Vecinos in Spagna. In altri paesi ancora, la protesta contro le antenne si accompa-
gna a quella contro gli elettrodotti: è il caso di Teslabel in Belgio.
3
La nostra analisi si concentra sui comitati di cittadini contro l’inquinamento elettro-
magnetico. Non abbiamo notizia di comitati italiani pro-antenne, o più in generale di as-
sociazioni su base regionale a favore delle nuove tecnologie di telecomunicazione su mo-
dello dell’associazione catalana Localret, che ha assunto in Spagna una visibilità degna di
nota (Borraz et al., 2005, 43).

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aggregazione della protesta che è di indubbia attualità, come mostrano
recenti volumi su questo tema (Bobbio e Zeppetella, 1999; Bonvecchio,
1999; della Porta e Diani, 2004; della Porta, 2005). Che si tratti di comi-
tati sorti per la difesa dell’ambiente a Genova (Colombo, 1999), contro la
recinzione di una piazza di Milano (Bifulco, 2000), per il riassetto di tre
piazze nel centro storico di Bologna (Sebastiani, 2001), che si tratti dei
comitati di cittadini di Firenze (della Porta e Andretta, 2001) o ancora dei
comitati sorti in diverse città d’Italia sui più disparati argomenti (della
Porta, 2005), è chiaro che questa forma di mobilitazione è sempre più
presente sul territorio e attira in misura crescente l’attenzione degli stu-
diosi4. Sulla forma di organizzazione del comitato sono state espresse va-
lutazioni di segno molto diverso. Infatti, da un lato alcune caratteristiche
dei comitati presentano caratteri tipici di un’azione frammentata e a bre-
ve raggio, poiché le tematiche sono quasi sempre trattate attraverso riven-
dicazioni di carattere «localista». D’altro lato, si è visto in queste forme
associative una possibilità di contribuire a una governance volta alla mag-
giore inclusione dei cittadini nei processi decisionali (della Porta e An-
dretta, 2001; della Porta e Diani, 2004).
Nello specifico, le mobilitazioni contro le antenne per la telefonia cel-
lulare sono un fenomeno di recente costituzione. Negli ultimi anni la te-
lefonia cellulare ha conosciuto uno sviluppo incredibilmente rapido e di
portata planetaria, che ha provocato un cambiamento rimarchevole nelle
comunicazioni interindividuali. È un fenomeno peculiare e vastissimo,
poiché tutte le previsioni sulla diffusione di questo fenomeno di massa
sono state largamente e rapidamente superate, fino a meritare a pieno ti-
tolo l’espressione di « mobile revolution» (Burgess, 2004, 30).
Il caso italiano è emblematico per molti aspetti. L’anno 2004 ha segna-
to una data storica: il numero delle linee telefoniche mobili ha superato il
100% della popolazione5. Infatti, nel nostro paese ci sono più di 57 mi-
lioni di linee, su un totale di circa 41 milioni di apparecchi mobili. Un’al-
tra soglia era stata superata poco tempo prima, quando il numero dei te-
lefoni portatili aveva superato il numero di quelli fissi6.

4
La proliferazione sul territorio di gruppi di cittadini organizzati assume talvolta il no-
me, non molto elogiativo per gli attori della protesta, di «comitatismo» (Sebastiani, 2001,
103). Con questo termine gli amministratori locali indicano la creazione di comitati di ti-
po «reattivo», che protestano invariabilmente contro politiche annunciate o in via d’im-
plementazione, così come contro la mancanza di policy, cioè contro la mancanza di un in-
tervento pubblico su un problema percepito come urgente.
5
Per avere un’idea più precisa al riguardo, nello stesso periodo in Francia è stato rag-
giunto il 68% e in Germania il 79% della popolazione.
6
Per tali caratteristiche, il mercato italiano di telefonia mobile è ormai saturo. Se ne
parla cioè solo in termini di «sostituzione», poiché costruttori e operatori non cercano più
di aumentare il coefficiente di penetrazione e di diffusione, quanto rispettivamente di lan-
ciare nuovi apparecchi e fornire servizi sempre più innovativi.

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L’aumento del traffico telefonico mobile porta ad aumentare anche le
installazioni degli strumenti tecnologici che permettono ai telefonini di
funzionare e di assicurare la «copertura» del segnale sul territorio. Si trat-
ta delle famigerate antenne, anche chiamate «stazioni radio base» (SRB)7.
Esse sono diffuse massicciamente su tutto il territorio nazionale, ma sono
rimaste per lungo tempo oggetti praticamente sconosciuti, data la loro
iniziale scarsa quantità e quindi ridotta visibilità. Tali antenne possono es-
sere posizionate su appositi sostegni, quali piloni, «carrellati mobili», op-
pure sopra i tetti degli edifici8. Si tratta di ricevitori-emettitori di radiazio-
ni, che trasmettono e ricevono onde elettromagnetiche non ionizzanti9, le
quali sono considerate potenzialmente nocive per la salute umana.
Di fatto, l’uomo è immerso in campi elettromagnetici da sempre. Si
tratta di un fenomeno assolutamente naturale10 e che sollecita la curiosità
umana fin dai tempi dell’antichità, al pari di calore e forza di gravità (Be-
vitori, 1997). L’intensità delle emissioni elettromagnetiche naturali è pe-
raltro del tutto trascurabile. Ma la situazione cambia qualora si prenda in
considerazione le emissioni dovute all’impressionante proliferazione di
sorgenti artificiali che producono radiazioni elettromagnetiche non ioniz-
zanti (come quelle emesse dalle antenne per la telefonia). È per questo
motivo che si parla di inquinamento elettromagnetico, anche detto «elet-
trosmog»11.
Anche se la questione dell’inquinamento elettromagnetico12 chiama in
causa considerazioni estetiche (in ragione dell’intrusività delle antenne
nel paesaggio urbano ed extraurbano), di ordine civico e politico (circa la
gestione dei problemi comuni), di tipo ecologico (ricadute negative sul-
l’ambiente), il fattore più critico e controverso è rappresentato dalle ri-

7
Ciascuna antenna ha un raggio d’azione che copre uno spazio circolare, detto ‘cellu-
la’, da cui deriva l’espressione «telefonia cellulare».
8
Nello specifico, le stazioni radio base sono di tre tipi: 1) stazioni macrocellulari; so-
no le più comuni, costituite da un’antenna e da materiale radio contenente un dispositi-
vo elettrico, sono piazzate ad un’altezza che varia dai 15 ai 50 metri; 2) stazioni micro-
cellulari, con potenza elevata, poste a copertura di zone dove la densità di utilizzo è mol-
to forte; 3) stazioni picocellulari, il cui raggio d’azione è inferiore a 100 metri (Lorrain e
Raoul, 2003).
9
A questo proposito, si deve sottolineare che tali emissioni sono completamente di-
stinte dalle emissioni ionizzanti (per esempio raggi X e raggi g), sicuramente nocive per
l’uomo.
10
Esempi di campi elettromagnetici naturali sono la luce solare (radiazione ottica), che
è un insieme di radiazioni elettromagnetiche, e le emissioni di campi elettromagnetici che
accompagnano i fulmini.
11
La parola «elettrosmog», diffusa dai mezzi di comunicazione di massa, è una combi-
nazione dei termini «elettricità» e «smog». Quest’ultima parola è, a sua volta, una contra-
zione dei termini inglesi smoke (fumo) e fog (nebbia). Si tratta quindi di un’espressione a
rigore inesatta, poiché l’inquinamento elettromagnetico è invisibile e non è comparabile a
quello delle emissioni industriali o dei veicoli a motore.

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vendicazioni dei cittadini circa la protezione della salute delle persone. La
centralità del problema è legata al fatto che il fenomeno delle emissioni
non ionizzanti testimonia un perdurante stato di incertezza da parte degli
scienziati, in particolare medici e biologi, quanto a effetti nocivi sugli in-
dividui13. Infatti, i dati disponibili sino a oggi evidenziano tutti la necessità
di condurre studi più numerosi di tipo epidemiologico e di laboratorio.
Si parla così di rischio da inquinamento elettromagnetico e non di peri-
colo, poiché esso è causato da un’attività umana e non è riferito quindi ad
un accadimento potenzialmente dannoso prodotto da un evento naturale14.
Peraltro, furono gli scienziati ad evidenziare, alcuni decenni fa, le possibili
conseguenze dannose dell’esposizione a radiazioni non ionizzanti. Al con-
trario di altri rischi, dove invece l’apporto dei «lanceurs d’alerte» (Chateau-
raynaud e Torny, 1999)15 si è rivelato indispensabile, furono proprio alcune
ricerche in campo medico, in particolare della medicina del lavoro, a inda-
gare inizialmente su questo agente potenzialmente cancerogeno.
La questione assume dei contorni molto delicati, poiché non si tratta
solo di effetti a breve termine, ma anche di effetti a lungo termine. Gli ef-
fetti del primo tipo, anche chiamati «acuti», sono stati effettivamente
comprovati. Allucinazioni visive o tattili, contrazioni muscolari involonta-
rie ecc. sono imputabili direttamente, sotto certe condizioni di irradiazio-
ne, all’esposizione a campi elettromagnetici. L’incertezza permane quanto
agli effetti a lungo termine (o «cronici») come per esempio insonnia, cefa-
lea, irritabilità ma anche patologie più gravi quali tumori e leucemie in-
fantili.
In generale, in Italia la percezione del rischio relativo all’inquinamen-
to elettromagnetico raggiunge un livello molto alto e mostra un andamen-

12
Maglia (2001) fa notare che non sarebbe corretto a rigor di logica parlare di inqui-
namento elettromagnetico, in assenza di prove definitive a favore della nocività delle
emissioni elettromagnetiche.
13
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito le emissioni ad alta frequenza,
come quelle delle antenne, nella categoria 2B, che si riferisce agli agenti possibilmente
cancerogeni. Le categorie sono:
1) cancerogeni per l’uomo (carcinogenic to humans) (gruppo1), come l’amianto, il ta-
bacco ecc.;
2a) probabili cancerogeni per l’uomo (probably carcinogenic to humans) (gruppo 2A),
come le lampade solari, i raggi UVA ecc.;
2b) possibili cancerogeni per l’uomo (possibly carcinogenic to humans) (gruppo 2B),
come le emissioni ad alta frequenza, il caffè ecc.;
3) sostanze sulla nocività delle quali vi è l’impossibilità di esprimersi (gruppo 3);
4) sostanze non cancerogene per l’uomo (not carcinogenic to humans) (gruppo 4).
14
Per la distinzione tra rischio e pericolo vedasi Luhmann (1996).
15
Gli autori citati designano in questo modo i cittadini che, pur non essendo scienzia-
ti, risultano tuttavia determinanti nel lanciare l’allerta sulla pericolosità, che gli scienziati
ignorano, di alcuni agenti. Vari casi dimostrano che i cittadini non sono solo degli «uccel-
li di malaugurio», ma possono arrivare a mettere in atto ricerche approfondite, che pren-
dono il nome di «epidemiologia popolare» (Brown, 1987).

71
to crescente, come si può constatare dai dati della tabella 1 (Observa,
2005, 33):

Tabella 1 Tra le cose di questo elenco quale ritiene essere la più pericolosa? (valori %;
n = 953)

2003 2004

L’inquinamento prodotto dal traffico 53,9 48,0


L’elettrosmog 14,1 27,0
(emissioni elettromagnetiche da antenne, tralicci ecc.)
I cibi geneticamente modificati (ogm) 14,9 14,0
Le radiazioni dei telefoni cellulari 10,3 5,9
Vaccinare i bambini contro le malattie infettive 4,5 3,3
Non risponde 2,3 1,8

Totale 100 100

Alcune considerazioni emergono dalla lettura di queste cifre. In primo


luogo, si può affermare che l’opinione pubblica italiana considera l’inqui-
namento elettromagnetico come secondo fattore di rischio, dopo l’inqui-
namento atmosferico prodotto dalle emissioni degli autoveicoli e prima
della presenza di organismi geneticamente modificati nei prodotti alimen-
tari. I dati mostrano inoltre un aumento nella percezione di tale rischio, il
quale giunge quasi a raddoppiare nel volgere di un anno mentre per
esempio la percentuale relativa all’inquinamento prodotto dal traffico di-
minuisce, ancorché poco sensibilmente. Infine, la percentuale ottenuta
dalla quarta risposta indica ancora un dato relativo alle radiazioni elettro-
magnetiche, sotto forma questa volta di radiazioni di telefoni cellulari. Le
percentuali combinate della seconda e quarta risposta in merito alle ra-
diazioni elettromagnetiche ammontano a circa il 33% delle risposte tota-
li, segno che tali emissioni, che si tratti di antenne o di telefonini, è mani-
festamente una causa di profonde inquietudini nella popolazione.
Tali inquietudini si trasformano talvolta in un’accesa conflittualità, che
può sfociare in contestazioni la cui intensità raggiunge livelli acuti. Il pas-
saggio dalle generiche preoccupazioni dei cittadini alla mobilitazione e al-
la protesta non è però immediato. Infatti, non sono evidenti le motivazio-
ni che spingono un cospicuo numero di persone a mobilitarsi spendendo
denaro, tempo ed energie per protestare contro un rischio tecnologico e
sanitario dai contorni incerti, relativo al funzionamento di apparecchi di
cui essi stessi fanno un largo utilizzo. Per comprendere come le preoccu-
pazioni dei cittadini si traducano in azione collettiva e quali siano le ca-

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ratteristiche di questa mobilitazione, è necessario esaminare in profondità
la concatenazione degli eventi che portano alla protesta.

3. Le mobilitazioni contro le antenne per la telefonia mobile

3.1. Tratti generali


Il «rischio elettromagnetico» è caratterizzato da diversi tipi di incer-
tezza: scientifica, sociale, politica e giuridica. È in questa peculiare condi-
zione che si sviluppano le varie forme di protesta contro l’inquinamento
elettromagnetico. In particolare, l’installazione delle antenne per i telefo-
nini è oggetto di forti mobilitazioni che si formano in Italia a partire dal
1999 e che diventano particolarmente intense dal 2000 in poi. La prote-
sta contro le antenne condivide i tratti generali delle mobilitazioni contro
un rischio di tipo tecnologico e sanitario, che possono essere così riassun-
ti (Borraz e Salomon, 2002, 1-2):
– le contestazioni riguardano fattori di disturbo di tipo olfattivo o visi-
vo, il degrado di un sito e la diminuzione di un valore patrimoniale;
– questi fattori di disturbo sono il prodotto di una decisione che nasce
all’interno di relazioni contrattuali economiche apparentemente esogene
a coloro che subiscono il fattore di disturbo, oppure in cui una parte è
rappresentata da attori poco o male identificabili;
– l’esistenza di conflitti latenti o in atto tra i produttori del fattore di
disturbo e coloro che ne subiscono le conseguenze costituisce un substra-
to favorevole alla mobilitazione;
– le persone che si mobilitano non hanno un quadro di spiegazione
immediatamente disponibile che permetta di comprendere le motivazioni
di una decisione (ad esempio perché un dato sito sia stato scelto piuttosto
di un altro), di rappresentarsi i pericoli (per esempio perché le onde elet-
tromagnetiche sono un soggetto controverso e molto tecnico), e ancora
meno di partecipare alla decisione;
– questi casi generali non presentano contaminazioni o patologie in at-
to scientificamente comprovate (in contrasto con quanto è avvenuto per
l’AIDS o per l’encefalopatia spongiforme bovina), ma lasciano supporre la
loro esistenza; esistono delle conoscenze scientifiche parziali, convergenti
e generalmente rassicuranti, ma che non coprono tutti gli aspetti del pro-
blema e presentano dunque un margine d’incertezza;
– l’incertezza oppone le parti in causa e diviene una posta in gioco de-
licata nella costruzione del problema e della sua iscrizione nell’agenda
pubblica. Da qui due possibili esiti: a) le incertezze sono gestibili in un
quadro abituale; b) il loro carattere incompleto o inquietante sugli effetti
potenzialmente dannosi per l’ambiente o per la salute umana, animale o
vegetale, fa propendere verso un atteggiamento di precauzione.

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In particolare, gli episodi di protesta concentrano alcuni caratteri pe-
culiari:
1) il loro andamento ha un carattere tendenzialmente discontinuo,
poiché periodi di latenza si alternano a periodi in cui l’attività dei comita-
ti è maggiore;
2) si tratta di mobilitazioni fortemente legate al territorio; infatti, i co-
mitati sono aggregazioni a livello cittadino, talvolta di quartiere e non di
rado anche di strada. In tale modo, essi configurano un fenomeno che
moltiplica gli spazi di confronto e di scontro a livello locale, con le com-
pagnie di telefonia mobile e con le amministrazioni locali.
Le mobilitazioni contro le stazioni radio base avvengono in un contesto
che le rende a prima vista incomprensibili. In primo luogo, tali mobilitazio-
ni non indeboliscono in alcun modo il successo inaudito che la telefonia mo-
bile ha avuto e continua ad avere nel nostro paese. Infatti, se da un lato le
paure e le inquietudini dei cittadini trovano modo di esprimersi tramite una
polverizzazione di comitati locali che protestano in modo veemente, dall’al-
tro lato vi è una domanda molto forte da parte dei consumatori per una mi-
gliore copertura del servizio di telefonia e per la diversificazione di funzioni
che possono essere ottenute tramite il telefonino. Inoltre, esse si dirigono
principalmente contro la proliferazione delle antenne, a dispetto del fatto
che il telefonino è fonte di emissioni potenzialmente dannose, stante anche
la sua vicinanza alla testa quando è in uso. Ancora, dal punto di vista scienti-
fico, non vi è ad oggi un solo decesso imputabile incontrovertibilmente alle
emissioni elettromagnetiche. Infine, i conflitti sono molto aspri nonostante
in l’Italia sia vigente una normativa in materia di emissioni elettromagneti-
che16 tra le più restrittive al mondo17.

3.2. Il Comitato Nazionale sui Campi Elettromagnetici (Co.Na.Cem.)


In Italia, le prime mobilitazioni sul tema dell’inquinamento elettroma-
gnetico si dirigono contro le emissioni che provengono dagli elettrodot-

16
Le leggi che riguardano le emissioni inquinanti di tipo elettromagnetico sono frut-
to di un iter normativo estremamente complesso nonché complicato. In estrema sintesi,
si può affermare che la svolta in materia di regolazione sui campi elettromagnetici si è
avuta con la Legge quadro 36/2001, i cui decreti attuativi sono stati però emanati molti
mesi dopo. Sui molteplici aspetti giuridici relativi all’inquinamento elettromagnetico,
dagli inizi sino alla Legge quadro, si vedano i contributi contenuti in Olivetti Rason N.,
Colaluca C., Giovanazzi A., Malo M., Perini A. (2002). Per quanto riguarda la Legge
quadro, vedasi in particolare Cassese (2001). Per la controversia sui decreti attuativi
della Legge Quadro, soprattutto in relazione ai poteri delle amministrazioni locali, cfr.
Ceruti (2004).
17
La soglia prevista dalla legge italiana per le emissioni ad alta frequenza è di 6 volt per
metro. Si tratta di limiti previsti dai decreti emanati in attuazione della Legge quadro, che
pongono l’Italia tra le nazioni in cui le soglie di emissione consentite sono più basse (Me-
dia Duemila, 2003).

74
ti18. Il Co.Na.Cem. (Comitato Nazionale sui Campi Elettromagnetici) na-
sce a tale fine già nei primi anni del decennio scorso. Solo dopo l’aumen-
to delle emissioni inquinanti dovuto alle antenne per la telefonia mobile,
questo Comitato ingloba nella protesta anche le radiazioni ad alta fre-
quenza. Si tratta di una formazione che mira ad avere una diffusione na-
zionale ma che è dotata di una struttura organizzativa molto centralizzata.
Al contrario di ciò che indica il nome, i cittadini che ne fanno parte non
sono distribuiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale ma so-
no concentrati piuttosto al Nord.
La strategia di questo comitato è centrata su un’attività di pressione
nei confronti della politica nazionale. I vertici di questa formazione di cit-
tadini possono contare su interlocutori politici di peso (sia di sinistra sia
di destra) a livello di governo. Le strategie del Comitato messe in atto dai
vertici sono criticate talvolta da una parte degli aderenti. Alcuni membri
ritengono troppo deboli i miglioramenti ottenuti dal Co.Na.Cem negli
anni, mentre altri componenti rimproverano ai vertici della formazione di
aver incoraggiato delle prese di posizione non democratiche, che non ten-
gono adeguatamente conto della molteplicità dei punti di vista degli ade-
renti. Di fatto, l’organizzazione verticista del Comitato permette una cer-
ta rapidità di decisione ma al contempo è alla base di una carenza di strut-
turazione e di legittimazione sul territorio. Di conseguenza, esso perde
consensi e adesione ma anche la capacità di radicamento e di ascolto del-
le richieste dei cittadini.
I risultati ottenuti nel corso del tempo sono insufficienti rispetto agli
sforzi prodotti in quasi quindici anni di attività. Le norme in materia di
inquinamento elettromagnetico che riguardano elettrodotti e antenne
non soddisfano le attese degli aderenti al Comitato, che perde visibilità e
incisività. Appare ragionevole ipotizzare che vi sia almeno una ragione
fondamentale alla base di questa evoluzione: l’eccessiva ambizione di in-
fluenzare il governo centrale al fine di ottenere una politica e un apparato
di norme più restrittive in materia di emissioni elettromagnetiche. Tale
scelta strategica è venuta a scontrarsi con la duplice peculiarità della
strutturazione della regolazione italiana in materia di emissioni inquinan-
ti. In primo luogo, le norme italiane circa l’inquinamento elettromagneti-
co devono armonizzare non meno di quattro diversi livelli di regolazione
(comunitario, nazionale, regionale e comunale), rendendo la regolazione
del problema molto difficoltosa e a fortiori rendendo arduo un intervento
di pressione a livello nazionale. In secondo luogo, la regolazione da parte
dello Stato contempla compiti precisi per le amministrazioni locali, de-
moltiplicando così il potere normativo centrale in una serie di competen-

18
Le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti si dividono in due insiemi: radiazio-
ni a bassa frequenza (che caratterizzano le emissioni degli elettrodotti), e radiazioni ad al-
ta frequenza, emesse dalle stazioni radio base.

75
ze che ciascun comune può, di fatto, interpretare e mettere in atto come
meglio crede, vanificando la pressione operata a livello nazionale.

4. Uno studio di caso: i comitati di Padova contro l’inquinamento


elettromagnetico

4.1. I comitati spontanei di cittadini della città di Padova


La situazione in cui nascono, operano e si sviluppano i comitati di Pa-
dova contro l’inquinamento elettromagnetico è radicalmente diversa da
quella in cui evolve il Co.Na.Cem19. Infatti, i comitati di Padova operano
a livello locale e sono formati da persone che abitano in questa città e che
intendono intervenire localmente. Questi comitati hanno una diffusione
abbastanza omogenea sul territorio della città. Essi sono piuttosto diffici-
li da enumerare data la loro operosità discontinua. In ogni caso, essi pos-
sono essere divisi in comitati di strada e comitati di quartiere. Apparten-
gono al primo tipo i comitati di via: Carducci, Sorio, Mentana, Bergamo,
del Santo, Moroni, Vicenza, Cortivo, Forcellini. Appartengono al secon-
do tipo i comitati dei quartieri: S. Osvaldo, Sacra Famiglia, Montà, Torre,
Voltabarozzo e S. Croce20.
La strutturazione di questi comitati è flessibile: non vi è un ordina-
mento gerarchico, le relazioni al loro interno sono informali, l’organizza-
zione non è di tipo burocratizzato. Le risorse su cui essi possono contare

19
La nostra ricerca è stata condotta dal 2003 al 2005 attraverso tecniche di tipo quali-
tativo: interviste semi-strutturate, osservazione partecipante, raccolta di materiale carta-
ceo e consultazione di siti Internet. Le interviste, in numero di 20, sono state condotte su
5 testimoni privilegiati (un medico, un giurista, un tecnico delle telecomunicazioni, la pre-
sidentessa e il vice-presidente dell’associazione che riunisce i comitati di Padova) e su 15
appartenenti ai comitati cittadini. Le interviste sono state poi elaborate con il trattamento
informatico di dati qualitativi Atlas.ti. L’osservazione partecipante ha incluso: le riunioni
dell’associazione (7 incontri), le manifestazioni di protesta di strada (6), i seminari e i con-
vegni cui i membri dell’associazione hanno preso parte (3), gli incontri al Forum veneto
dei comitati (2), l’incontro con i candidati alla presidenza della provincia di Padova (1).
La lettura del materiale scritto ha riguardato: i documenti prodotti dai comitati (statuti,
volantini, ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale, comunicati stampa), i siti Inter-
net realizzati dai comitati, articoli del quotidiano nazionale «la Repubblica» e dei quoti-
diani di Padova: «Il Mattino» di Padova e il «Gazzettino» (edizione di Padova e Rovigo),
per un totale di circa 150 articoli.
20
Questi comitati sono sostanzialmente single issue. Ciò non vuol dire che le tematiche
trattate al loro interno non coprano altri argomenti, ma piuttosto che solo uno scopo è
perseguito con precisione. Dobbiamo anche sottolineare che vi sono altre formazioni cit-
tadine che protestano contro l’inquinamento elettromagnetico, ma che affiancano questo
tema ad altri. Il comitato «Lasciateci respirare», per esempio, affianca il problema elettro-
smog a quello della salubrità dell’aria, mentre il Comitato Pontedera denuncia la situazio-
ne d’inquinamento dovuta a elettrodotti, stazioni radio base e un depuratore inquinante.

76
sono di regola scarse e provengono in massima parte dall’autofinanzia-
mento. Essi non possiedono alcuno statuto e mettono in pratica strategie
d’azione diversificate. Si tratta di repertori d’azione prevalentemente mo-
derata21, che assume la forma non solo di manifestazioni di protesta (rac-
colta di firme per petizioni, cortei di strada ecc.), ma anche di proposte
che vengono indirizzate all’amministrazione comunale. Per tale motivo,
essi possono essere considerati propositivi e non meramente reattivi.
I comitati di Padova sono caratterizzati da quella che viene chiamata
«neutralità ideologica» (della Porta e Andretta, 2001, 46). Infatti, pur
avendo al proprio interno aderenti con chiari orientamenti politici, i co-
mitati si contraddistinguono per il perseguimento di fini che prescindono
dalle appartenenze di tipo partitico. Nei comitati di Padova, un ruolo im-
portante è giocato dai mezzi di comunicazione tradizionali, ma anche dai
nuovi media22. Tali mezzi sono importanti per almeno tre motivi. In primo
luogo, i media danno modo di reperire informazioni su un insieme di
questioni relative alla protesta. Poi, i mezzi di comunicazione servono per
mettere in comunicazione tra loro gli attori della protesta. Infine, essi
diffondono l’eco delle azioni di protesta, permettendo così che la temati-
ca venga rilanciata e diffusa.
Sin qui, i comitati di Padova rientrano a pieno titolo nelle caratteristi-
che dei comitati identificate da Sebastiani (2001). In primo luogo, la loro
presenza è (almeno inizialmente) recepita come una minaccia da parte
dell’amministrazione locale in ragione di rivendicazioni «scomode» e che
hanno dato seguito, soprattutto all’inizio della mobilitazione, a fenomeni
di blame-prevention23 e di blame-shifting24 (Hood et al., 2001) da parte di
Sindaco e Assessore all’Ambiente. In secondo luogo, i comitati sono mos-
si da inquietudini e timori relativamente al rischio di tipo ambientale25.
Infine, anche i comitati di Padova hanno nel radicamento sul territorio
una loro prerogativa. Spesso tale caratteristica diventa un tratto di rile-
vanza strategica per la protesta ma si traduce anche in un rafforzamento

21
Nel comune di Padova non è mai avvenuto alcun atto di sabotaggio contro i tralicci
dell’alta tensione o contro le stazioni radio base. Tali manifestazioni radicali di protesta,
che rientrano nel fenomeno chiamato «ecoterrorismo», non appartengono minimamente
alle pratiche dei comitati in oggetto.
22
Cfr. a questo proposito, le caratteristiche dell’uso dei mezzi di comunicazione di
massa da parte degli attori della protesta nel caso francese (Borraz et al., 2004), e in quel-
lo del Regno Unito (Burgess, 2004).
23
Meccanismo che consiste nel prevenire l’attribuzione di colpa, se si riesce a dimo-
strare di aver fatto tutto il possibile per evitare un certo accadimento.
24
Meccanismo che consiste nello scaricare su altri attori coinvolti nella questione la re-
sponsabilità in ordine ad un determinato avvenimento.
25
Altri due tipi di inquietudini individuate da Sebastiani (2001) come scatenanti rea-
zioni difensive da parte dei cittadini sono il rischio di tipo sociale e quello relativo alla si-
curezza e ai beni personali.

77
dell’identità di gruppo e in una fonte di autolegittimazione da parte dei
membri del comitato.
I comitati di Padova rientrano inoltre pienamente nella forma tipica
dei comitati così come vengono definiti da della Porta e Andretta (2001),
quanto a struttura e forme d’azione. Vi è però un’eccezione, che concerne
il livello di coordinamento tra i comitati. Infatti, i comitati generalmente
considerati sono caratterizzati da un grado di coordinamento piuttosto
basso. Tale difficoltà nel trovare una forma di organizzazione unitaria è
dovuta a diversi fattori. L’attività di coordinamento può sollevare molte
perplessità all’interno dei comitati, poiché le rivendicazioni che vogliono
trovare espressione sono molteplici. Di qui la paura che non tutte le istan-
ze vengano mantenute da un organismo con funzioni di rappresentanza
oppure di collegamento. Inoltre, i membri dei comitati possono manife-
stare un certo timore di perdere alcune delle loro caratteristiche, come la
neutralità ideologica, e diventare così organizzazioni politicizzate o stru-
mentalizzate. I comitati patavini non sono andati incontro a questa serie
di resistenze. Al contrario, essi sono coordinati da un’associazione che
prende il nome di APPLE (Associazione Padovana Prevenzione e Lotta
contro l’Elettrosmog)26.

4.2. L’APPLE
L’Associazione Padovana per la Prevenzione e la Lotta contro l’Elet-
trosmog funge da coordinamento tra quasi tutti i comitati di Padova che
si mobilitano contro l’inquinamento da antenne e da elettrodotti. Essa ha
un proprio statuto, un presidente e un vice-presidente che vengono eletti
dagli associati e che rimangono in carica tre anni, un consiglio direttivo e
un tesoriere. L’Associazione si proclama apartitica ma non apolitica. Gli
associati si riuniscono periodicamente e la convocazione delle assemblee
si attua mediante posta elettronica o via telefono.
Gli esordi dell’Associazione sono caratterizzati da una forte incertezza
relativa alle antenne, alla loro funzione, al loro utilizzo da parte dei gesto-
ri. I cittadini che si riuniscono inizialmente hanno una forte volontà di
informarsi, di condividere le proprie inquietudini, di mettere a disposi-
zione le loro competenze specifiche. Nelle parole della presidentessa del-
l’APPLE:
L’Associazione è nata essenzialmente dall’incontro di un gruppo di cittadini
di zone della città diverse, di quartieri diversi, che, in un momento di... forte

26
Il sito dell’Associazione è consultabile in Internet alla pagina www.applelettro-
smog.it.
27
Sul tema specifico della partecipazione e della rappresentanza nei comitati, vedasi i
contributi curati da Vitale (2006).

78
recrudescenza del... del fenomeno di presentazione di impianti da parte dei
gestori, si sono riuniti in maniera molto così... campagnola, perché ci siamo
trovati a casa del parroco. E abbiamo pensato di capire quali erano le strade
per affrontare questo problema. Cioè all’inizio, contarsi, capire dove c’erano
gruppi di cittadini che avevano questo problema. In modo molto estempora-
neo abbiamo buttato giù un elenco di persone e programmato una riunione
successiva, nella quale ci siamo resi conto che all’interno del gruppo di citta-
dini c’erano anche delle competenze (Intervista alla presidentessa dell’APPLE,
11 aprile 2005).

L’Associazione patavina ha un rapido sviluppo. Essa si presenta, a tur-


no, come super-comitato oppure come organismo che riunisce e rappre-
senta i comitati. A tale proposito, è emersa in passato una questione di le-
gittimazione posta nei confronti dell’Associazione. Non si tratta tanto
della messa in discussione delle procedure, peraltro elettive, con cui ven-
gono designati i vertici dell’Associazione, la quale è dotata di uno statuto
e di un organigramma27. Si tratta piuttosto della legittimazione e del rico-
noscimento dell’Associazione da parte dell’amministrazione comunale.
In modo particolare, la giunta di centro-destra precedente a quella attua-
le non ha mai mostrato di voler accreditare appieno gli esponenti dell’AP-
PLE come interlocutori di Sindaco e Assessore all’Ambiente in materia di
inquinamento elettromagnetico.

4.3. Una mobilitazione come le altre


La mobilitazione dei cittadini di Padova si mette in moto a partire dal-
l’installazione di un’antenna28. Tipicamente, i cittadini constatano che
un’antenna è stata posizionata di recente o è in corso d’installazione29. In
questo secondo caso, i segnali evidenti della costruzione di una stazione
radio base sono costituiti da un cantiere con degli operai. Le informazio-
ni generali e quelle tecniche relative all’antenna non sono sempre dispo-
nibili sul posto. Il pannello che deve per legge accompagnare i lavori e le
coordinate tecniche della stazione radio base non è sempre presente sul
luogo. Di conseguenza, i cittadini incontrano delle difficoltà a reperire
informazioni relative a ciò che sta succedendo intorno a loro. Del resto,
essi trovano molte difficoltà anche quando si rivolgono agli operai che
stanno lavorando nel cantiere. Infatti, si tratta di dipendenti di imprese
cui i lavori sono stati subappaltati e che in molti casi non posseggono le
informazioni che i cittadini chiedono loro.

28
Infatti, non vi sono casi di persone che si mobilitano e che non abbiano un’antenna
vicino alla loro abitazione.
29
Borraz et al. (2004, 60) chiamano questa presa d’atto con l’espressione «conscience
de l’antenne».

79
Comincia così una ricerca di informazioni da parte di coloro che abitano
nei pressi dell’installazione, la quale è spesso caratterizzata dall’assenza di un
interlocutore al quale i cittadini possano indirizzare le proprie domande, i
propri dubbi e cui manifestare i propri timori. L’antenna viene a caricarsi in
questo modo, giorno dopo giorno, di una valenza simbolica che proietta
un’ombra oscura sull’installazione. La preoccupazione nei confronti della
stazione radio base la rende assimilabile a un «totem» moderno di tipo tec-
nologico che sembra incombere, minaccioso, sulle case circostanti. Di fatto,
i cittadini constatano l’esistenza dell’antenna attraverso varie modalità, spes-
so tali da insospettirli. Capita infatti che i residenti si accorgano che l’anten-
na è stata posizionata a loro insaputa e in tutta fretta durante la notte, di do-
menica, durante le vacanze estive o quelle di Natale. Oppure alcuni di loro
possono notare un cantiere aperto e scoprire che serve per posizionare
un’antenna. Quasi mai i cittadini sono stati preventivamente informati su
queste installazioni. In altri casi invece, le modalità con cui vengono installa-
te le antenne possono dar luogo a incomprensioni:
Tutto è cominciato quando è stata installata un’antenna, una stazione radio-
base per essere più precisi, vicino a casa mia. Abbiamo scoperto che già ce
n’erano tre stazioni radio base. (...) Una di queste è stata spostata in territorio
del comune di Padova ed è stata installata con un blitz, direi... nel giro di un
paio di giorni, non si sapeva niente di queste cose. Lì la gente, quando ha vi-
sto questa cosa... Tutto poi è partito anche da un precedente. La compagnia,
la Tim in questo caso, che aveva l’interesse a spostare una di quelle antenne a
Padova e aveva chiesto agli abitanti se poteva installarla nel loro territorio, nei
loro campi. Loro hanno dato il rifiuto, hanno detto noi non vogliamo. Han
chiesto ad un dirimpettaio se era d’accordo, per i soldi, e lui [ha risposto] sì!
sì! L’hanno piazzata davanti alla casa di quelli che avevano rifiutato. Da lì al-
lora, quando è successo questa cosa, ci si è riuniti tra persone più sensibili,
non so se dire sensibili, cioè quelli ai quali queste cose qui non andavano giù
e si è pensato di fare una prima protesta, di mandare una lettera al comune.
Siamo a due anni fa. Però con esiti del tutto... Non è successo assolutamente
niente (Intervista a L. R., 6 maggio 2005).

Le dinamiche relative a relazioni sociali problematiche, per esempio di


vicinato, possono sommarsi a due fattori legati alla convinzione del citta-
dino di non essere ascoltato o addirittura preso in giro dall’amministra-
zione locale, cui generalmente indirizza le proprie richieste di informazio-
ne. Il primo è così un «effetto di frustrazione». Il cittadino che sperimen-
ta la «coscienza dell’antenna» apprende a sue spese che le informazioni di
cui è alla ricerca non sono facilmente disponibili. Di più, egli scopre che
la ricerca di tali informazioni richiede molto tempo e conoscenze adegua-
te di tipo tecnico o giuridico. Inoltre, egli incontra delle difficoltà a rap-
portarsi con le autorità locali, in modo particolare con il Sindaco e con
l’Assessore all’Ambiente. A lungo andare, tale effetto che il cittadino ten-

80
de a percepire come dovuto ad una trama ordita a suo svantaggio può da-
re luogo all’effetto di «esasperazione»30.
Talvolta i cittadini, frustrati dalla mancanza di interlocutori e nella dif-
ficoltà di reperire informazioni possono mettere in atto forme di protesta,
come il picchettaggio del sito, in modo tale da impedire che gli operai ab-
biano accesso al cantiere31. Di fatto, in assenza di prove scientifiche sulla
nocività delle emissioni elettromagnetiche delle antenne, non vi può esse-
re la sospensione dei lavori per motivi legati alla difesa della salute. Anche
in seguito all’installazione, se i valori di emissione rientrano nei parametri
consentiti, non vi è alcuna autorità che possa legittimamente sospendere
il funzionamento dell’antenna per motivi sanitari. L’unico modo per in-
tervenire sui lavori è quello di denunciare la mancata osservanza delle re-
gole previste per i cantieri (presenza di pannelli informativi circa i lavori,
rispetto delle norme di sicurezza ecc.). In questo modo, i cittadini posso-
no richiedere la sospensione delle attività fino a quando sarà ripristinata
l’ottemperanza agli obblighi previsti32.
La questione può inoltre assumere le sembianze di un problema di ti-
po civico, di pacifica convivenza tra le persone, permessa dal reciproco ri-
spetto all’interno delle regole condivise che spesso sono considerate as-
senti:

Prima di essere un problema di salute, la questione tocca la vita civile delle


persone. Non ci sono delle regole uniformi. Un cittadino può decidere di far-
si installare un’antenna a casa sua, e io devo subire. Non è giusto. Io non fac-
cio niente agli altri. Ma, sa... l’Italia è il paese dei furbi. Non c’è stata una ri-
voluzione liberale nel nostro paese. Chi arriva primo è il più bravo. In questo
modo, una persona vuole farsi installare un’antenna prima degli altri, perché
se decide di no, sarà un altro a farsela installare, e magari davanti. Allora se
dice che non vuole, l’indomani può avere un’antenna davanti a casa. Vede...è
una logica perversa. Tutto è arbitrario (Intervista a S.C., 17 giugno 2005).

Vi sono poi due tipi di contesto che sembrano influire in modo parti-
colare sull’emergenza della mobilitazione: quello sociale e quello ambien-
tale. Per quanto riguarda l’ambito sociale, sembrano particolarmente rile-
vanti i contesti caratterizzati dalla presenza di bambini (è questo il caso,
per esempio, del comitato di via P. Selvatico). Se si tratta di un contesto
abitativo o scolastico dove è forte la concentrazione di bambini, la mobi-

30
Si vedano a tale proposito le similitudini con quanto succede nel caso francese (Bor-
raz et al., 2004).
31
È ciò che è successo a Ponte di Brenta, dove è stata messa in atto questa forma di in-
terdizione ad un cantiere da parte di alcuni confinanti.
32
È il caso del comitato che ha manifestato contro un’installazione a Padova, in via
Beato Pellegrino, dove i cittadini hanno ottenuto la sospensione temporanea dei lavori
perché gli operai che lavoravano nel cantiere erano sprovvisti dell’elmetto protettivo pre-
visto dalla legge.

81
litazione avrà più possibilità di essere messa in atto rispetto a quella pro-
vocata, per esempio, da un’installazione in aperta campagna. La presenza
di scuole, asili nido oppure di un ospedale (i cosiddetti «siti sensibili») è
un fattore facilitante la mobilitazione. Questo avviene per due motivi:
uno legato alle preoccupazioni circa la salute, l’altro per ragioni organiz-
zative. In primo luogo, la protesta tende a svilupparsi perché si teme in
modo particolare che le radiazioni siano particolarmente nocive per i
bambini o per gli anziani33. Da un punto di vista organizzativo, la protesta
può essere facilitata localmente dalla presenza all’interno delle scuole di
gruppi di genitori degli alunni, la cui organizzazione può rivelarsi adatta a
convogliare la contestazione.
Un altro contesto che si rivela eloquente per la mobilitazione è quel-
lo ambientale. Le condizioni del quartiere, il tipo di abitazione, il conte-
sto urbano che circonda le abitazioni sono dei fattori molto importanti,
ancorché non sufficienti, per la mobilitazione. Il contesto ambientale
può rivelarsi adatto allo sviluppo della protesta se è protetto ma anche
se, al contrario, è già degradato. L’installazione di un’antenna in un
quartiere dove il traffico veicolare è assente e dove l’inquinamento acu-
stico è ridotto sarà percepita più facilmente come un’invasione indebita.
Ma un’antenna radio base può essere percepita come un’intrusione an-
che in presenza di una situazione abitativa giudicata già compromessa
per la presenza di altre sorgenti inquinanti. È questo il caso del Comita-
to «Pontedera», dove la situazione ambientale è ritenuta inaccettabile
poiché un’installazione per la telefonia viene a sommarsi alla presenza di
un elettrodotto sopra le case e di un depuratore giudicato «fuori norma»
e, perciò, considerato altamente inquinante. La combinazione di questi
fattori può far in modo che l’antenna sia la classica «goccia che fa tra-
boccare il vaso» e renda i cittadini maggiormente propensi all’azione.
Abbiamo visto quali siano le principali dinamiche che contribuiscono
alla nascita della mobilitazione. Coscienza dell’antenna, effetti di frustra-
zione e esasperazione dovuti ad una ricerca di informazione senza esito,
contesto sociale e contesto ambientale sono tutti fattori che giocano una
parte importante, in misura diversa a seconda del caso in esame, per la na-
scita della protesta. Ma la concatenazione di avvenimenti combinati con i
fattori sopra considerati non sono sufficienti per spiegare la protesta dei
comitati cittadini nella città di Padova.

33
Emblematico, sotto questo profilo, il caso del reparto di oncoematologia pediatrica
dell’Azienda Ospedaliera di Padova, poiché in tale reparto vengono curati bambini affet-
ti da leucemia. Nelle vicinanze dell’edificio sono state posizionate alcune antenne, sopra il
tetto di un’autorimessa per auto, suscitando così le proteste veementi dei cittadini, che
hanno ravvisato in questa installazione una sorta di provocazione o comunque un segno di
prepotenza da parte dei gestori.

82
4.4. Una mobilitazione diversa dalle altre
La mobilitazione dei comitati padovani contro l’inquinamento elettro-
magnetico non è dotata solamente di caratteristiche che la riconducono a
dinamiche tradizionali di emergenza della mobilitazione. Vi sono infatti
altri tratti che rendono tale protesta del tutto peculiare. Si tratta di fattori
che potremmo definire «cognitivi», che sono legati specificamente al te-
ma della protesta e all’utilizzo di competenze tecnico-scientifiche e senza
i quali non si comprenderebbe appieno la complessità del fenomeno del-
l’opposizione alle antenne nella città di Padova.
Sin dalla sua nascita, l’APPLE si caratterizza per una forte propensione
a mettere a frutto le competenze specifiche dei singoli. Tra i fondatori del-
l’Associazione c’è, in particolar modo, anche uno scienziato. Si tratta di
un professore ordinario di Mutagenesi Ambientale alla Facoltà di Biolo-
gia dell’Università di Padova. Egli è diventato sin da subito un punto di
riferimento costante all’interno dell’Associazione per quanto riguarda le
tematiche legate all’inquinamento elettromagnetico, avendo alle spalle
decenni di studi sui possibili effetti sulla salute di svariati agenti inqui-
nanti, tra cui anche le radiazioni elettromagnetiche.
Ora, il ricorso ad esperti e scienziati da parte dei movimenti sociali e de-
gli appartenenti ai comitati è tutt’altro che inedito. Componenti dotati di
elevate risorse di tipo tecnico e/o intellettuale (Diani, 1988; Moore, 1996)
sono spesso parte integrante dei movimenti e dei comitati. In molti casi, an-
che all’interno del variegato insieme dei comitati contro l’inquinamento
elettromagnetico presenti in Italia, si fa riferimento ad uno scienziato, me-
dico o biologo34. La funzione dell’esperto è richiesta, in particolare, dall’ele-
vato grado di specializzazione di una materia così complessa come la que-
stione dell’interazione onde elettromagnetiche - corpo umano. Di norma
però, l’esperto viene incaricato dal comitato per occuparsi di una specifica
questione. Nel caso dei comitati di Padova invece, questa persona non solo
è presente all’interno dei comitati, ma costituisce una figura di riferimento
dell’Associazione che li coordina. Egli è uno dei promotori dell’Associazio-
ne, ha ricoperto la carica di presidente per tre anni, ne è oggi vice-presiden-
te, ha un ruolo di primo piano nell’organizzazione degli eventi che vengono
organizzati in città sul tema elettrosmog e può essere annoverato senza
dubbio tra le persone più attive per l’attività dell’Associazione stessa.
La presenza centrale di una figura di riferimento di tipo scientifico ha
delle ricadute evidenti sui contenuti della protesta. Infatti, il ricorso alle
informazioni scientifiche all’interno dei comitati non è solo episodico. Al
contrario, la trattazione specifica di tipo contenutistico relativamente alla
nocività delle onde elettromagnetiche sulla salute umana è costante.

34
Vedasi per esempio il ruolo ricoperto dal medico del Co.Na.Cem., che funge da
esperto in materia di effetti nocivi sulla salute da parte delle emissioni non ionizzanti.

83
A veicolarla provvedono non solo le pagine web del sito dell’APPLE, ma
anche le riunioni periodiche dell’ Associazione. Inoltre, una diffusione di
conoscenze scientifiche su temi specifici è messa in atto in occasione di
vari convegni organizzati nella città di Padova e anche in città di altre pro-
vince sull’inquinamento elettromagnetico.
Le risorse cognitive che permettono agli aderenti ai comitati di dotarsi
di conoscenze specifiche e legate direttamente alle tematiche inerenti al-
l’inquinamento elettromagnetico derivano anche da un’expertise di tipo
tecnico. La figura di riferimento in questo caso è un perito delle teleco-
municazioni, che mette a disposizione le proprie competenze per fornire
una serie di informazioni di tipo tecnico concernenti le antenne, le emis-
sioni e la loro potenza. Questo esperto può essere contattato dagli appar-
tenenti ai comitati e, su richiesta e a pagamento, può anche effettuare una
misurazione a domicilio delle emissioni che vengono rilevate all’interno
di una data abitazione.
Infine, un altro tipo di risorse cognitive relative al tema dibattuto è co-
stituito dal ricorso ad un’expertise di tipo legale, che viene fornita da un
avvocato del Foro di Rovigo, esperto in materia di Diritto ambientale. In
questo caso, come nel caso del tecnico, l’esperto è una persona formal-
mente esterna ai comitati ma che ha allo stesso tempo molteplici legami
con i membri dei comitati stessi. Tale avvocato viene contattato ripetuta-
mente dai membri dei comitati. Egli mette a disposizione un sapere speci-
fico di tipo giuridico relativo alla nascita, allo sviluppo e all’evoluzione
della normativa in materia di inquinamento elettromagnetico alle basse e
alle alte frequenze. Ma i comitati ricorrono alle sue conoscenze anche per
avere informazioni sulla fattibilità e sulle modalità circa i ricorsi al Tribu-
nale Amministrativo Regionale o al Consiglio di Stato.
I temi scientifici, tecnici e legali relativi all’inquinamento elettroma-
gnetico vengono dibattuti ampiamente nelle assemblee dell’Associazione,
insieme con temi che riguardano la politica, l’organizzazione di manife-
stazioni di protesta e di sensibilizzazione della cittadinanza.
Il grado di informazioni e conoscenze accumulate dai singoli comitati
in ambito biomedico, tecnico e giuridico-legale può essere indubbiamen-
te considerato rilevante. Ciononostante, vi sono altre risorse cognitive in-
dividuali che permettono di far sì che la mobilitazione in questa città ve-
da molti membri dei comitati partecipi e avvertiti circa il contenuto della
problematica specifica. Dobbiamo sottolineare che la questione del ri-
schio da inquinamento elettromagnetico possiede una peculiarità rispetto
a quasi tutte le altre manifestazioni contro un rischio tecnologico-sanita-
rio. Infatti, se il rischio viene considerato spesso come potenziale, in talu-
ni casi esso viene già considerato in atto. In altre parole, alcuni esponenti
dei comitati contro l’inquinamento elettromagnetico affermano di accu-
sare effetti a breve termine imputabili a emissioni da antenne. Nei comi-
tati di Padova non vi è alcun esponente che denunci la sofferenza di pato-
logie a lungo termine. Ciononostante, vi sono alcuni membri che afferma-

84
no di soffrire di patologie a breve termine. Per questi individui, il ricorso
alla protesta non sarebbe giustificato dal timore che certi effetti possano
verificarsi nel lungo periodo, quanto dalla loro sofferenza attuale. Si apre
a questo punto una questione estremamente dibattuta sul grado effettivo
di sofferenza di queste persone, sul nesso di causalità tra esposizioni e ef-
fetti acuti, tra dolori fisici ed effetti di tipo psicosomatico. Ciò che ci inte-
ressa rilevare, al di là della questione di merito che compete a medici, bio-
logi e psicologi, è che il tema degli effetti sulla salute da parte delle anten-
ne è interpellato frontalmente, e riflette in alcuni casi non solo generiche
preoccupazioni ma stati psico-fisici che vengono imputati alle emissioni
elettromagnetiche.
Tra coloro i quali affermano di soffrire di patologie connesse alle ra-
diazioni, vi sono alcune persone aderenti ad APPLE Essi hanno costituito
un’associazione autonoma, l’Associazione Italiana Elettrosensibili (AIE).
Sorta inizialmente sotto l’egida dell’APPLE, l’AIE si è progressivamente re-
sa indipendente. Tale Associazione ha scopi precisi, tra cui la diffusione
delle informazioni relativa alla patologia dell’elettrosensibilità, il ricono-
scimento da parte dello Stato di questa patologia come malattia invali-
dante, la pressione nei confronti delle amministrazioni locali per una pia-
nificazione della localizzazione delle antenne35. Gli appartenenti a que-
st’Associazione affermano di essere fisicamente più sensibili rispetto ad
altri alle emissioni elettromagnetiche e di soffrire di effetti a breve termi-
ne a volte insopportabili.

5. Conclusioni

Le mobilitazioni contro l’inquinamento elettromagnetico, in ragione


della loro estensione sul territorio e l’intensità della loro protesta, costitui-
scono un fenomeno sociale rilevante. Lo studio dei comitati spontanei di
cittadini della città di Padova contro l’inquinamento elettromagnetico
di antenne e elettrodotti evidenzia elementi a prima vista «opachi», che ri-
chiedono una spiegazione di tipo sociologico capace di metterne in risalto
le caratteristiche.
L’analisi dei comitati patavini conto l’inquinamento elettromagnetico
mette in evidenza che tali formazioni confermano sul piano generale i
tratti tipici dei comitati e dell’azione collettiva. Organizzazione interna,
struttura, repertori d’azione di tipo reattivo ma anche propositivo che ca-
ratterizzano i comitati di Padova non fanno eccezione rispetto ai comitati

35
Il racconto di queste persone giunge a denunciare livelli di notevole sofferenza, che
è imputata all’effetto di onde elettromagnetiche provenienti da diverse fonti, contro le
quali si renderebbe necessaria una mobilitazione volta a cambiare la situazione esistente in
materia di installazioni.

85
che si formano su altri temi e in altre città. Inoltre, la variabile che predi-
ce meglio la mobilitazione è la vicinanza dell’installazione, come sottoli-
nea Bobbio con riguardo a comitati simili (Bobbio, 1999).
Le caratteristiche della mobilitazione messa in atto dai comitati non si
distanzia, per molti aspetti, dai tratti classici dell’azione collettiva. Così,
anche per i comitati di Padova si può affermare che la mobilitazione ri-
flette le dinamiche caratteristiche dell’emergenza della protesta. Sposta-
mento dalle questioni scientifiche a quelle politiche, contesto in cui av-
vengono le mobilitazioni, sfiducia nei confronti dell’amministrazione lo-
cale possono tradursi in altrettante questioni rilevanti per l’accensione
della miccia. Tali dinamiche portano a quello che Borraz et al. (2004)
chiamano «processus d’extraction», per indicare il fatto che un’installa-
zione viene associata ad un rischio al termine di un processo dinamico,
che la estrae dal contesto in cui è situata. Tale processo sarebbe causato
dalla dinamica della contestazione, che rende l’artefatto tecnologico visi-
bile e estraneo, riconoscibile e inquietante, identificabile e minaccioso.
Non sembra però giustificata, per i comitati di Padova, l’affermazione
secondo cui la mancanza di dati e di categorie cognitive non permettono
di rappresentarsi l’antenna in altro modo se non come una minaccia (Bor-
raz et al., 2004). Infatti, nel caso specifico della città di Padova, gli attori
della protesta sembrano, al contrario, essere muniti di una serie di cono-
scenze e di risorse cognitive significative. La tematica specifica della pro-
testa viene approfonditamente discussa nei suoi aspetti. Ciò avviene in re-
lazione a fattori specifici dei comitati in studio, che mostrano una dispo-
sizione a dotarsi di persone specializzate nei vari aspetti del problema.
Ciò deriva anche dalla presenza nel comitato di persone che affermano di
soffrire patologie imputabili alle emissioni delle antenne. In tutti questi
casi, sembra opportuno sottolineare come le risorse cognitive dei cittadi-
ni consentirebbero di percepire in modo diverso le antenne. Se nei fatti
questo non avviene, non è solo a causa di dinamiche contestatarie ma an-
che di dinamiche cognitive ben precise. Tali dinamiche vedono un attore
immerso in un contesto specifico, il quale ha a disposizione una serie
d’informazioni dalle quali trarre delle conclusioni36. I membri dei comita-
ti in questione possono essere visti come dotati di buone e forti ragioni
(soggettive) per credere in ciò che credono (effetti a breve e lungo termi-
ne delle emissioni) e fare ciò che fanno (azioni di protesta e di proposta
sulla base delle loro credenze) (Boudon, 2003). Chiaramente, in uno sta-
to di incertezza scientifica come quello che caratterizza la vicenda, non è
dato sapere se tali ragioni sono buone in senso oggettivo oltre che in sen-
so soggettivo. Peraltro, ciò che è interessante rilevare qui, è il ruolo che

36
Questa considerazione tra il livello d’informazione degli individui e il loro grado di
scetticismo nei confronti della tecnologia cellulare corrobora le ricerche che evidenziano
come sia tutt’altro che acquisito il legame tra opposizione all’innovazione tecnologica e
bassi livelli d’informazione (Bucchi e Neresini, 2002, 2004).

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tali ragioni assumono per gli individui, i quali sono spesso tacciati di irra-
zionalità, di disinformazione, oppure come detentori esclusivamente di
«cattive ragioni» per agire.
Le caratteristiche dei comitati spingono i loro membri verso azioni di-
versificate di protesta e proposta. Manifestazioni di strada o quartiere, ri-
vendicazioni all’amministrazione locale, petizioni, picchettaggio ecc. so-
no frutto del radicamento territoriale della protesta. Ma la specificità dei
comitati di Padova, relativamente al patrimonio di conoscenze acquisito
sul tema specifico, permette ai comitati di allargare i repertori d’azione.
Nella fattispecie, i vertici dell’APPLE sono oggi degli interlocutori ricono-
sciuti dall’Assessore all’ambiente in carica, il quale si avvale della loro
esperienza e delle loro conoscenze, tanto da ammetterli al tavolo per l’at-
tuazione di un Protocollo d’intesa sui gestori, da delegarli alla sensibiliz-
zazione al problema mediante lezioni in alcune scuole della città e da con-
figurare così quello che potrebbe sembrare, almeno a prima vista, un ten-
tativo di democrazia partecipata relativamente alla gestione del «dossier
inquinamento elettromagnetico».
È ancora presto per dire se tali azioni diventeranno in futuro una for-
ma di governance che coinvolge Comune di Padova, gestori di telefonia
mobile e rappresentanti dei comitati cittadini37. Ci si è qui limitati ad illu-
strare le caratteristiche generali e quelle più specifiche che contraddistin-
guono i comitati di Padova contro l’inquinamento elettromagnetico. Ad
ulteriori ricerche il compito di accertare se questo tipo di aspetti – e se-
gnatamente l’appropriazione sostanziale di expertise tecnico-scientifica e
di risorse cognitive – sono presenti in comitati che si mobilitano sulle stes-
se tematiche in altre città, oppure se sono presenti in comitati che si svi-
luppano a proposito di problematiche differenti.

Facoltà di Sociologia
Università di Trento

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