Sei sulla pagina 1di 405

Primo rapporto sulla comunicazione sociale in Italia

OCCS, OSSERVATORIO CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE SOCIALE

LOsservatorio Campagne di Comunicazione Sociale (OCCS), nato nel 2002, con sede presso la Scuola di Amministrazione Aziendale dellUniversit di Torino (SAA), la prima esperienza italiana di raccolta e documentazione di Campagne di Comunicazione Sociale realizzate dalle Regioni italiane e dalle principali Istituzioni e ONP nazionali e europee. Sostenuto finanziariamente da Fondazione CRT, Regione Piemonte, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha come partner lUniversit di Torino, la RAI - Segretariato Sociale e la SAA. Compongono il Comitato Scientifico Cesare Annibaldi, Giampaolo Fabris, Chiara Saraceno, Carlo Sartori, Sergio Scamuzzi e Roberto Salvio. Il gruppo di lavoro formato da Enzo Cucco, Rosaria Pagani e Maura Pasquali, che collaborano con docenti universitari e professionisti del settore. Fra le principali realizzazioni si segnalano: Il sito web e la banca dati Sul sito web (www.occs.it) consultabile una banca dati, costantemente aggiornata, ad accesso libero, che contiene oltre 4000 campagne di comunicazione sociale (di lingua italiana, inglese, francese, spagnola), selezionate fra quelle reperibili su web, nelle aree tematiche: salute, ambiente, formazione, istruzione e lavoro, societ e diritti, sport e turismo, tempo libero, fund raising. Una sezione inoltre dedicata alle campagne di Cause Related Marketing (CRM). Le ricerche Fra le pi rilevanti: Raccolta, conservazione e fruibilit delle campagne di comunicazione sociale in Italia; Bibliografia ragionata sulla comunicazione sociale; La comunicazione del Fondo Sociale Europeo - Europa e Regioni italiane, sviluppata in tre indagini (20022004) che documentano come le Regioni Italiane, le principali Istituzioni comunitarie, gli Stati e le Regioni europee comunicano le opportunit offerte dal FSE. 10 anni di Spot sociali a Cannes Seminario sullevoluzione della comunicazione sociale. Curato dal professor Giampaolo Fabris, con il supporto di proiezione e commento di una selezione di spot tematici presentati alle ultime 10 edizioni dellInternational Advertising Festival di Cannes. Il laboratorio universitario Nel periodo febbraio-aprile 2004, lOCCS ha condotto, presso il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione - Universit di Torino, un Laboratorio a crediti sul tema Le campagne di comunicazione sociale e il problema della valutazione, inserito nel Piano di Studi del Corso stesso.

Primo Rapporto
sulla comunicazione sociale in Italia
a cura di Enzo Cucco, Rosaria Pagani, Maura Pasquali

2005 Rai Radiotelevisione Italiana 2005 OCCS - Osservatorio Campagne di Comunicazione Sociale Segretariato Sociale Responsabile Carlo Romeo www.segretariatosociale.rai.it segretariatosociale@rai.it Gestione Prodotto Editoria Periodica e Libraria Viale Mazzini, 14 00195 Roma rai-eri@rai.it Grafica Franco De Vecchis Stampa Stampato per conto della SEI - Societ Editrice Internazionale (To) da Grafica Chierese - Arignano (To)

INDICE

IX

Premessa Marcello Pera Presentazione Flavio Cattaneo, Andrea Comba, Enzo Ghigo, Ezio Pellizzetti Introduzione Enzo Cucco, Rosaria Pagani, Maura Pasquali Ringraziamenti

XI

XIII

XV

Saggi e ricerche
3 Cap. 1

La forma dellacqua: spunti di riflessione sulla comunicazione sociale


Nicoletta Bosco
1. Qualche questione preliminare, 3 2. A che punto siamo: dati e caratteristiche della comunicazione sociale in Italia, 4 3. La scommessa della comunicazione sociale: dallinformazione allesperienza, 5 4. Perch sociale la comunicazione sociale, 7 5. Allorigine della comunicazione sociale: in cerca di una definizione, 10 6. Presupposti di razionalit versus stati di negazione, 13 7. Un percorso possibile per declinare oggi la comunicazione sociale, 15

19

Cap. 2

Il quadro normativo

Giovanni Battista Garrone


1. Premessa e posizione del tema, 19 2. Comunicazione sociale e soggetti pubblici, 21 3. Comunicazione sociale e soggetti privati, 33 4. Conclusioni, 42

INDICE

47

Cap. 3

Gli attori e i temi della comunicazione sociale


Giovanna Gadotti
1. Introduzione, 47 2. I problemi sociali e il discorso pubblico, 49 3. Lesperienza pilota di Pubblicit Progresso, 54 4. La comunicazione sociale del soggetto pubblico, 57 5. La comunicazione di solidariet sociale: i soggetti privati del non profit, 67 6. La comunicazione delle responsabilit sociali delle aziende profit oriented, 81 7. Brevi riflessioni in conclusione, 87

99 99

Cap. 4

RAI e comunicazione sociale Il servizio pubblico radiotelevisivo e la comunicazione sociale


Carlo Romeo
1. Introduzione, 99 2. Multimedialit, 100 3. Linguaggi, 101 4. Il contratto di servizio, 102 5. Segretariato Sociale, 104 6. Conclusioni, 105

106

La Sede Permanente di confronto sulla programmazione sociale della RAI


Enzo Cucco

111

Falsi amici: testi e strutture nella pubblicit sociale e in quella commerciale


Ugo Volli
1. Verso una definizione, 111 2. Pubblicit sociale e commerciale, 117 3. La struttura del messaggio, 122 4. Conclusione, 130

Cap. 5

131 131

Cap. 6

La pubblicit sociale in tv tra impegno e sponsorizzazione Soggetti e temi della pubblicit sociale televisiva dal 1 gennaio 1999 al 31 marzo 2004
Annunziato Gentiluomo
1. Obiettivi dello studio, 131 2. Per una definizione operativa di pubblicit sociale, 132 3. Levoluzione della pubblicit sociale in tv. Le ragioni di una forte crescita, 135 4. Dove si collocano gli spot sociali?, 142 5. Chi accede al sociale?, 144 6. Conclusione e scenario futuro della pubblicit sociale in tv, 159

170

Una riflessione sulla valutazione della pubblicit sociale e la televisione di qualit


Sergio Scamuzzi
1. Il pubblico della pubblicit sociale e lopinione pubblica, 170 2. Gli effetti attesi dalla pubblicit sociale, 172 3. Pubblicit sociale e qualit della televisione, 175

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

VI

179

La valutazione dei risultati delle campagne di comunicazione sociale: questioni di metodo e studi di casi
Alberto Martini e Vittorio Falletti
1. Premessa, 179 2. I quattro livelli per la valutazione di una campagna di comunicazione sociale, 180 3. Casi di valutazione dellefficacia comunicativa della campagna, 188 4. Casi di valutazione del grado di esposizione alla campagna, 196 5. Casi di valutazione dellefficacia della campagna a livello cognitivo, 201 6. Casi di valutazione della capacit della campagna di modificare i comportamenti, 208 7. Conclusioni, 216

Cap. 7

221

Cap. 8

I numeri: quote di mercato della comunicazione sociale sui media


Roberto Bernocchi
1. Premessa, scenario, soggetti, 221 2. La visibilit del sociale, 222 3. Gli investimenti in pubblicit sociale, 224 4. La distribuzione degli investimenti sui mezzi classici, 230 5. I principali soggetti che investono o beneficiano di spazi, 235 6. Le organizzazioni non profit (campagne sociali gratuite), 236 7. La Pubblica Amministrazione (campagne ministeriali), 237 8. I clienti sociali di Assocomunicazione, 238 9. I consumatori, i donatori e il sociale, 240 10. Le aziende e il sociale, 245 11. Conclusioni, 247

257

Cap. 9

Raccolta, conservazione e fruibilit delle campagne di comunicazione sociale in Italia


Enzo Cucco, Rosaria Pagani, Maura Pasquali
1. Elenco soggetti censiti, 257 2. Lanalisi dei dati, 262 3. Considerazioni conclusive, 269

Interventi
273 279

Comunicazione sociale e impresa


Cesare Annibaldi

Tarantino o Almodovar? I diversi stili della comunicazione sociale nel terzo millennio
Fabrizio Caprara e Andrea Fontanot

289

Pubblicit Progresso. La comunicazione sociale per antonomasia


Alberto Contri

301

Etica e marca

Giampaolo Fabris
INDICE

VII

307

La Chiesa Cattolica e la campagna di comunicazione 8 mille


Paolo Mascarino

317 329

PR. Comunicazione sociale e sfera pubblica


Toni Muzi Falconi

Il futuro della comunicazione sociale in Italia


Antonio Raimondi

Interviste
339 353 361 373 Fausto Colombo Alessio R. Fronzoni Chiara Saraceno

Note biografiche degli autori

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

VIII

PREMESSA

li studi raccolti in questo Primo Rapporto sulla Comunicazione sociale in Italia rappresentano un utile contributo alla riflessione su un tema che sta al confine tra le scienze della comunicazione e le politiche sociali. Un ambito di studi ricco di interesse perch si pone al bivio tra la vita, gli ideali e gli interessi di milioni di uomini e donne e gli interessi collettivi o di pubblica utilit. La comunicazione sociale, nel senso pi ampio del termine, pu essere uno straordinario strumento di conoscenza e consapevolezza (base di ogni cambiamento reale) a servizio dello Stato e delle organizzazioni senza scopo di lucro che non a caso hanno sviluppato negli ultimi anni una attenzione particolare nei confronti degli strumenti offerti da questo genere di comunicazione. Quando si parla di comunicazione sociale vengono subito alla mente campagne ormai famose come quelle sulla sicurezza stradale, quelle contro la pirateria informatica o audiovisiva, le molte campagne antifumo o quelle che raccomandano controlli medici o in genere di condurre una vita pi sana. Si tratta di strumenti che si sono rivelati efficaci per cercare di modificare atteggiamenti ritenuti dannosi per il singolo o per la comunit. spesso necessario trovare un modo, il meno intrusivo possibile, per entrare nella sfera privata dei comportamenti e delle scelte per introdurvi uno spunto di riflessione piuttosto che una costrizione. Ma la comunicazione sociale non solo questo. Esiste un versante forse meno paternalistico per creare un dialogo con i cittadini. I privati, le associazioni, persino le chiese se ne sono accorte e utilizzano questa risorsa in modo da sollecitare azioni positive e convogliare le energie di una comunit verso obiettivi di crescita e di solidariet. Non dico che vi riescano solo i privati. Molta della vera attivit di servizio pubblico delPREMESSA

IX

la Rai servita a questo scopo. Non esiterei, ad esempio, a definire comunicazione sociale una trasmissione come Non mai troppo tardi dellindimenticabile Alberto Manzi. E anche molte celebri campagne pubbliche, da quelle per la raccolta del sangue a quelle per la protezione dellinfanzia, sono entrare nel senso comune e hanno sedimentato risultati notevoli. Lidea di fondo quella di utilizzare i sempre pi sofisticati strumenti della comunicazione pubblicitaria professionale non per scopi commerciali ma per diffondere prodotti preziosi ma immateriali: la civilt, il rispetto, la solidariet, e magari anche un po di buona educazione. unidea che ha funzionato e che promette sviluppi futuri importanti se ben utilizzata. Valgono per questo settore gli stessi principi che sovrintendono alla comunicazione in generale: pluralismo delle fonti, accesso agli strumenti di comunicazione, trasparenza nei messaggi e negli interessi rappresentati. Principi che bene non dimenticare proprio in un settore come quello della comunicazione sociale, dove il conflitto di ideali, di visioni del mondo e della vita, sempre in agguato. E dove pi che in ogni altra esperienza della divulgazione culturale, scientifica, e persino di quella politica necessario equilibrio per evitare i danni di un certo relativismo postmoderno, cos come quelli delloscurantismo antiscientifico. La riflessione pubblica, a pi voci, sulle opportunit e sui pericoli che la societ moderna offre e produce per i cittadini e per le istituzioni lantidoto migliore contro questi pericoli e il miglior viatico per quelle opportunit. MARCELLO PERA
Presidente del Senato della Repubblica

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

PRESENTAZIONE

idea di costituire a Torino lOsservatorio Campagne di Comunicazione Sociale ci sembrata seria, appropriata e, dunque, da sostenere. Il suo obiettivo, infatti, approfondire un settore, quello della cultura della comunicazione sociale, di grande importanza nella societ moderna, specialmente per quanto riguarda gli interessi collettivi, i pi delicati, che coinvolgono strettamente, seppure in modi diversi lUniversit, la RAI, la Regione Piemonte, la Fondazione CRT e il Ministero delle politiche sociali. Dallinizio del suo cammino, nel 2002, lOCCS si distinto come iniziativa interessante e utile. Cominciare a lavorare non solo per dare fondatezza alla comunicazione sociale, ma anche per comprenderne i reali vantaggi, sviluppare criteri di qualit e cercare di trovare indicatori che la rendano effettivamente capace di colpire i bersagli dati, certamente un impegno ricco di stimoli. La realizzazione del Primo Rapporto sulla Comunicazione Sociale in Italia, forse la prima occasione pubblica per avviare un dibattito generale sul tema. Il lavoro fatto il risultato della collaborazione di validi docenti, utilmente integrata con quella di tecnici ed esperti nei vari settori della comunicazione, che ringraziamo, auspicando che il loro impegno possa produrre risultati concreti di interesse per la collettivit. Ci auguriamo, infine che questo Rapporto sia la prima tappa di un felice percorso che si sviluppi nel tempo con successo crescente. FLAVIO CATTANEO - Direttore generale RAI ANDREA COMBA - Presidente Fondazione CRT ENZO GHIGO - Presidente Regione Piemonte EZIO PELIZZETTI - Rettore dellUniversit di Torino
P R E S E N TA Z I O N E

XI

INTRODUZIONE

l Primo Rapporto sulla Comunicazione Sociale in Italia offre un insieme di analisi e ricerche che si collocano nel panorama di studi esistenti e si propone come strumento di conoscenza e di approfondimento della materia. Il lavoro articolato in diverse aree tematiche. suddiviso in dieci capitoli che contengono saggi dedicati a contenuti, forma e riferimenti giuridici della comunicazione sociale in Italia e ricerche riguardanti dati di mercato relativi alla produzione, diffusione e verifica delle campagne di comunicazione sociale. completato da contributi mirati di studiosi, esperti e professionisti di settore. Ha come obiettivi generali: fornire un quadro sistematico dei dati esistenti relativi al settore suggerire elementi e spunti di riflessione sugli sviluppi futuri della comunicazione sociale nel nostro Paese e in ambito europeo offrire un contributo allanalisi del controverso problema della valutazione dei risultati Il Rapporto si rivolge in particolare ai soggetti che, fra i propri compiti istituzionali o mission dimpresa, hanno ideare, realizzare, pianificare e valutare campagne di comunicazione sociale, vale a dire Pubblica Amministrazione, agenzie di pubblicit, societ di comunicazione. indirizzato inoltre a tutti coloro che, a diverso titolo, sono coinvolti nello studio, nella produzione e nelluso della comunicazione sociale, come i mezzi di comunicazione, le imprese, le organizzazioni non profit, il mondo della ricerca e dellUniversit. Questo lavoro non ha la presunzione di offrire un quadro esaustivo di tutti gli aspetti legati al vasto ambito della comunicazione sociale, vuoINTRODUZIONE

XIII

le invece essere linizio di un percorso di studio e riflessione sulla materia. , infatti, intenzione dellOCCS realizzare una serie di pubblicazioni che, a cadenza periodica, facciano il punto della situazione accompagnando la crescita di un settore in continuo sviluppo. ENZO CUCCO, ROSARIA PAGANI, MAURA PASQUALI
N.B. Le campagne citate, le tabelle ed i grafici contenuti nel testo sono consultabili sul sito www.occs.it.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

XIV

RINGRAZIAMENTI

Un particolare ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla nascita dellOCCS, allo sviluppo delle sue attivit e alla realizzazione del Rapporto. Franco Amato, Cesare Annibaldi, Roberto Bernocchi, Nicoletta Bosco, Fabrizio Caprara, Fausto Colombo, Marcella Colombo, Andrea Comba, Alberto Contri, Giorgio Donna, Giampaolo Fabris, Vittorio Falletti, Andrea Fontanot, Alessio R. Fronzoni, Giovanna Gadotti, Giovanni Battista Garrone, Nunzio Gentiluomo, Claudio Giuliodori, Ulisse Jacomuzzi, Marcello La Rosa, Maria Leddi, Riccardo Lombardo, Giancarlo Loquenzi, Alberto Martini, Paolo Mascarino, Roberto Moisio, Toni Muzi Falconi, Patrizia Picchi, Antonio Raimondi, Nino Rappazzo, Carlo Romeo, Roberto Salvio, Chiara Saraceno, Carlo Sartori, Sergio Scamuzzi, Vera Schiavazzi, Luigi Somenzari, Alberto Trionfi, Patrizia Viviani, Ugo Volli. E inoltre Eleonora Anello, Ilaria Appiano, Miguel Bermejo Aldehuela, Silvia Caprioglio, Francesca Di Stefano, Stefania Galletti, Gaia Massimello, Enrico Miletto, Fabio Molino, Francesca Nani, Rosanna Scafone, Federica Tolosano, Federica Turco.

RINGRAZIAMENTI

XV

Saggi e ricerche

CAPITOLO 1

La forma dellacqua: spunti di riflessione sulla comunicazione sociale


Nicoletta Bosco

Che fai? gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda. Qual la forma dellacqua?. Ma lacqua non ha forma! dissi ridendo: Piglia la forma che le viene data. Andrea Camilleri Lumanit contemporanea parla con molte voci []. La questione centrale della nostra epoca come trasformare questa polifonia in armonia e impedirle di degenerare in cacofonia. Larmonia non significa uniformit, ma sempre uninterazione di numerosi motivi differenti, che conservano ciascuno la propria identit distinta e sostengono la melodia risultante attraverso e grazie a questa identit. Zygmunt Bauman

1. Qualche questione preliminare Serve la comunicazione sui temi sociali? E a che cosa facciamo riferimento quando rispondiamo positivamente a questa domanda? possibile che, in un mondo attraversato da profonde contrapposizioni tra valori (religiosi, politici e civili), parole, immagini e messaggi siano sufficienti per invitarci a riflettere e/o a mettere in discussione i nostri punti di vista? Si tratta davvero di una forma comunicativa che aiuta a ristabilire o a ribadire elementi portanti o che si vorrebbero tali della societ in cui viviamo? O svolge piuttosto funzioni di natura diversa? E se cos quali? Il tema della comunicazione sociale di domande ne solleva molte. Lintento del Rapporto mostrare quale sia, allo stato attuale, la capacit collettiva di fornire risposte o, quantomeno, di individuare percorsi che chiariscano le molte domande che loggetto sollecita. Parlare di capacit collettiva ha, in tale contesto, un significato preciso: comporta cercare di fare il punto su quelle che sono le definizioni emCAPITOLO

piriche utilizzate da un variegato insieme di professionisti che da anni si muovono nel campo della comunicazione sociale. Ma richiede anche la definizione delle coordinate teoriche e il tentativo di rilevare leventuale discordanza tra dimensione empirica e dimensione teorica. comunque un dato che di comunicazione sociale si parla sempre di pi, cos come sempre pi frequentemente si fa riferimento ai valori, alle regole della convivenza, ma anche alla contrapposizione tra valori, alle molte ambivalenze e ambiguit che il richiamo alla dimensione valoriale pu determinare. Dal momento per che si tratta di un oggetto ancora relativamente nuovo, richiede attenzione e qualche sforzo. 2. A che punto siamo: dati e caratteristiche della comunicazione sociale in Italia Le ragioni del crescente interesse per la comunicazione sociale possono essere riportate, come si vedr nel Rapporto, ad un insieme eterogeneo di condizioni: a) innanzitutto allaumento degli attori in campo (un variegato insieme di soggetti che si posizionano lungo tutto il continuum che si definisce tra i due estremi del pubblico e del privato); b) in secondo luogo alla crescita del ricorso a questa modalit comunicativa; c) infine alla moltiplicazione degli interessi economici coinvolti. Se la crescita di attenzione un dato innegabile e empiricamente documentabile, non altrettanto ovvie sono le ragioni che la determinano. Per riuscire a comprenderne il senso occorre dotarsi di strumenti idonei. Innanzitutto occorre definire le regole e studiare le modalit con cui queste sono interpretate ed implementate (cfr. cap. 2). Questa dimensione richiede che si articolino i vantaggi e i vincoli dei diversi attori coinvolti in questo specifico insieme di attivit comunicative. dunque importante distinguere gli attori che realizzano processi di comunicazione sociale, sottolineando ad esempio le differenze tra pubblico e privato, gli obblighi del settore pubblico e le scelte strategiche dei privati che decidono di muoversi su questo terreno (cfr. cap. 3). Occorre poi approfondire il ruolo dei media e la loro peculiare condizione di strumenti e contemporaneamente di attori della comunicazione (cfr. cap. 4), nonch le specificit dei linguaggi ai quali si ricorre (cfr. cap. 5). Una volta chiarito il quadro, a partire dalla consapevolezza della valenza collettiva delle risorse impiegate, diviene poi necessario riflettere sullefficacia di questa forma di comunicazione attraverso la valutazione degli esiti (cfr. cap. 6) e degli strumenti metodologici disponibili (cfr. cap. 7). Per riuscire a comporre una visione dinsieme ancora necessario disporre di informazioni relative alla conoscenza dettagliata delle risorse
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

economiche messe in campo dalla pluralit degli attori che si occupano oggi, in Italia, di comunicazione sociale (cfr. cap. 8). Infine, poich abbiamo fatto riferimento al campo della comunicazione sociale come a un mondo che ci permette di osservare la particolare configurazione valoriale della societ nella quale viviamo, diventa rilevante sviluppare la memoria e la documentazione sugli archivi che raccolgono le campagne realizzate (cfr. cap. 9). Dallinsieme di queste conoscenze, diviene possibile far emergere le priorit dei soggetti coinvolti e individuare a quali valori fa riferimento chi vince la competizione per laccesso e ottiene visibilit sulla scena pubblica. inoltre possibile realizzare indagini comparative sulle specifiche configurazioni valoriali che connotano i diversi ambiti locali. 3. La scommessa della comunicazione sociale: dallinformazione allesperienza Le operazioni descritte nel paragrafo precedente richiedono unattivit preliminare che consiste in quella che abbiamo chiamato la ricostruzione delle coordinate teoriche del campo. insomma necessario provare a circoscrivere lambito e ad individuare i confini delloggetto di cui ci stiamo occupando. Per far questo, occorre innanzitutto cercare di capire che cosa sta dietro allutilizzo congiunto dei due termini che compongono questa espressione. Siamo sicuri che, ricorrendo a questo binomio, gli attribuiamo tutti significati analoghi o quantomeno non antitetici? Si potrebbe affermare che la comunicazione tout court sempre sociale, dal momento che presuppone una relazione tra attori singoli o collettivi, ma richiamare esplicitamente laggettivo sociale significa connotare questa relazione, aggiungendo qualcosa in pi. Ma in che cosa consiste questo qualcosa in pi? Si potrebbe, in prima battuta, sottolineare che il quid che si aggiunge, implichi una dimensione valoriale condivisa o collettiva e presupponga attenzione per lesistenza di uno spazio pubblico. Assumere lesistenza di una dimensione valoriale universalmente condivisa non per esente da rischi. Comporta, spesso, la negazione di punti di vista alternativi e di prospettive che in quel particolare collettivo non riescono a riconoscersi o nel quale non sono incluse da chi ha il potere di decidere la natura dei confini. La riflessione sociologica, sottolinea da tempo il significato non scontato dei valori ai quali facciamo riferimento. Assumere che esistano significati non scontati, comporta riflettere sulle funzioni dei valori allinterno della societ. Questi possono essere intesi come una sorta di collante, che tiene insieme i vari ambiti dellorganizzazione sociale e gli individui che ne sono parte. Gli studiosi parlano a questo proposito
CAPITOLO

della funzione di integrazione simbolica che la comunicazione sociale, con il richiamo ai valori, svolge (cfr. Mancini 2001). Da questo punto di vista, la sua valenza principale riguarderebbe, non tanto e non solo il contenuto informativo veicolato dai messaggi che la connotano, quanto leffetto di coesione implicito nel suo utilizzo. Ma anche se ci concentriamo sulla dimensione dellinformazione che questa comunicazione veicola1 occorre fare alcune ulteriori precisazioni. infatti innegabile che la comunicazione sociale si preoccupa anche (soprattutto?) di diffondere conoscenze su quelli che sono considerati comportamenti idonei per tutelare ad esempio la salute individuale, la qualit dellambiente nel quale viviamo o per incentivare modalit relazionali pi attente alle diversit che compongono la societ e cos via. Ma le informazioni che riceviamo non si traducono necessariamente in atteggiamenti e comportamenti e non diventano automaticamente parte della nostra esperienza (cfr. Mc Guire 1972; Cavazza 1996; Stroebe e Stroebe 1997; in: Signani 2001). Per descrivere la differenza tra informazione e esperienza Jedlowski riprende una storia di Ernst Bloch: In questa storia, un pellegrino si presenta in una sinagoga. un vagabondo ed coperto di stracci. Quella sera, a ciascuno dei presenti, richiesto di raccontare qualcosa. Quando giunge il suo turno, il pellegrino inizia a raccontare: Cera una volta un re, che viveva felice in un regno prosperoso..... Il racconto si dipana, e narra le peripezie del re, del suo essere scacciato, inseguito e in fuga. Giunto alla fine della storia, fin l raccontata in terza persona e al tempo passato, il pellegrino conclude dicendo: E ora eccomi qui. Il passaggio nel tempo della narrazione dal passato al presente, e del soggetto dalla terza persona alla prima, ha leffetto di uno shock, come un risveglio improvviso. La storia narrata irrompe nel presente degli astanti. Nella lontananza che il tempo del racconto aveva dapprima creato, ciascuno degli ascoltatori aveva potuto seguire liberamente la storia, si era pi o meno immedesimato nei personaggi, aveva forse potuto riflettere sulla somiglianza dei loro casi con i suoi, si era interrogato sul senso della storia, libero dal rischio di dover prendere posizione. []. Quando la storia irrompe nel presente, lascoltatore non pu pi liberarsene. Vi era gi entrato, e ora, allimprovviso, scopre che era di lui che si parlava: di qualcosa di presente, esistente, reale (1994, 111). Potremmo dire che la scommessa della comunicazione sociale consiste (o dovrebbe consistere) in questo: nellaiutare le persone a cui rivolta a compiere questo salto, a transitare cio dallinformazione allesperienza2. Ed proprio su questi aspetti che concentreremo lattenzione nelle pagine seguenti.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

4. Perch sociale la comunicazione sociale Le parole assumono spesso significati differenti, pi o meno ampi e stabili nel tempo. Tuttavia ricorda Bauman una loro caratteristica ulteriore consiste nellevocare particolari emozioni/sensazioni in chi le usa o le incontra. Anche il termine sociale, cos come la comunit di cui parla Bauman, emana una sensazione piacevole, qualunque cosa tale termine possa significare (2001, 3). Sociale richiama, nellaccezione del senso comune, qualcosa che ci riguarda tutti, evoca la rassicurante presenza di un noi, lesistenza e la gestione di beni collettivi, forse un richiamo alla solidariet nei confronti dei segmenti pi deboli che compongono il noi. Ma il sociale non si esaurisce nella metafora di un legame caldo ed empatico tra gli individui. La polisemia di questo termine pu essere indagata brevemente a partire dai presupposti che connotano la fondazione della sociologia, una delle scienze che ha appunto per oggetto il sociale. Anche qui possibile rintracciare almeno due diverse anime che convivono in modi pi o meno bilanciati a seconda dei momenti e dei contesti. La prima ha a che fare con lesercizio del controllo da parte della societ nei confronti degli individui che la compongono. Essa si propone di favorire lapprendimento delle modalit pi idonee per garantire la stabilit e la riproducibilit della societ nel suo insieme. Una seconda prospettiva si richiama alla matrice associativa, alle concezioni di sfera pubblica, alla definizione negoziale delle priorit attraverso il confronto tra le preferenze dei soggetti pubblici o che perseguono funzioni di pubblica utilit presenti sulla scena. Vediamo di ripercorrerle brevemente. Come ricorda Borlandi (1980), alla base della fondazione della disciplina si pone innanzitutto un problema di integrazione degli individui allinterno della collettivit: La sociologia si costituisce come scienza positiva al servizio di un fine non meno pratico, la riorganizzazione () di una societ male organizzata o disorganizzata (ivi, 25). Da un assunto di questo tipo, una funzione rilevante che la societ si trova a dover svolgere consiste nel comprendere che cosa possa minare tale stabilit. Diviene dunque importante individuare che cosa possa costituire un problema e quali siano una volta definito tale le possibilit di affrontarlo e, se possibile, risolverlo. Questa esigenza comporta lattivazione di modalit di controllo che individuino le risposte difformi che si suppone possano compromettere la stabilit del sistema. Problema sociale scrive ancora Borlandi tutto ci che lede un universo consolidato di modi di pensare e di agire, che indispensabile preservare perch provvede allidentificazione dei singoli con la societ e che spetta allazione colletCAPITOLO

tiva di tonificare di continuo (ivi, 21). Presupposto per lattenzione ai cosiddetti social problems unimmagine della societ che vede nellordine sociale il risultato di un consenso sui valori e una filosofia del progresso che subordina il cambiamento sociale al permanere di unefficace regolamentazione normativa delle aspirazioni e dei bisogni (ibidem). Ma quali sono le caratteristiche della scena o del contesto che influiscono sulla definizione di che cosa appropriato e che cosa non lo , di che cosa rappresenta un problema e cosa, al contrario, ne permette la soluzione? Per la definizione dello spazio pubblico possibile avvalersi di diversi punti di riferimento. Ne richiamo qui solo due. Da un lato la concezione habermasiana secondo la quale la sfera pubblica costituita dai privati cittadini riuniti in pubblico per discutere problemi e fini comuni (1962) e, in secondo luogo, la tesi di Hanna Arendt (1958) che sottolinea come la sfera pubblica si fondi sulla presenza simultanea di tante prospettive e aspetti in cui il mondo comune si offre, e che evidenzia il carattere di arena che la comunicazione pubblica assume per la presenza di istanze e di soggetti diversi che si confrontano su temi di interesse pubblico (cfr. de Leonardis 1998). Il problema che la sfera pubblica caratterizzata da una dimensione processuale, che ne modifica nel tempo e nello spazio le coordinate. Storicamente, sostiene infatti Habermas, le condizioni che rendono possibile lo scambio e il confronto tra le diverse opzioni di cui i cittadini dispongono, connotano un momento particolare che caratterizzato dallaffermarsi della nuova classe borghese. Il confronto, ci dice questo autore, possibile, fintanto che i privati cittadini di cui si parla sono numericamente limitati e possono incontrarsi e discutere nellambito di interazioni dirette, allinterno dei club e dei circoli che vedono la presenza di ununica classe sociale che appunto la borghesia. Quando la societ diviene pi democratica e sulla scena pubblica irrompono forze politiche e sociali tradizionalmente estromesse dalla gestione del potere, le cose diventano via via pi complicate. Ad esempio quando il suffragio universale diventa progressivamente pi universale, appare pi complesso mettere in collegamento segmenti pi o meno consistenti ed eterogenei della popolazione. Il primo paradosso che possibile evidenziare nella crescita della partecipazione alla gestione e alla riflessione sui confini della cosa pubblica consiste appunto in questo: soggetti che prima ne erano esclusi ne diventano elementi portanti. Contemporaneamente, questo massiccio processo di ridefinizione dei confini che include soggetti estranei alla dimensione pubblica, comporta una perdita di centralit della stessa arena pubblica, dal momento che non si danno pi le condizioni che permettono ai privati cittadini riuniti in pubblico di discutere di problemi e fini comuni3. In assenza di una possibile delimitazione che includa tutti, iniziano a crearsi distinzioni e seP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

parazioni che segmentano la discussione su quali debbano o possano essere i fondamenti collettivi della societ. Il paradosso sta appunto in questo: il processo di democratizzazione potremmo dire di ampliamento delle basi della cittadinanza modifica le possibilit di accordi condivisi tra coloro che hanno voce in capitolo per la definizione degli obiettivi che una particolare societ si propone di raggiungere. Se dunque la matrice sociale comporta lindividuazione di spazi che accomunano tutti coloro che di una particolare comunit sono parte, proprio la fragilit dei confini a favorire il richiamo ai valori e alla coesione sociale. Come accade per tutto ci che fragile, occorre trovare forme per preservarne lesistenza. La comunicazione sociale, attraverso la richiamata funzione di integrazione simbolica, sembra proporsi come una di queste. Il rischio che si corre di considerare universali quelle visioni del mondo che, in virt di un particolare assetto del potere, riescono a imporsi e a superare i processi di selezione per laccesso4. A partire da queste brevi considerazioni non sembra dunque possibile assumere il termine in questione come sinonimo di buono o di tutti. Considerazioni analoghe sono rintracciabili nel dibattito, sviluppato qualche anno fa, in occasione della riflessione sulla crescita di un settore particolare, rappresentato dal cosiddetto mercato sociale. A questo proposito, sosteneva de Leonardis (1998), la caratteristica polisemia del termine sociale, apriva a due possibili significati tra loro contraddittori. In un caso il termine sociale poteva essere inteso come larea di mercato su cui si sviluppa lazione economica, e costituire dunque un settore merceologico specifico. Nel secondo caso sociale si riferiva alla mission dellazione. Cos il sociale rappresenta sia un mezzo per lespansione del mercato, sia un fine che consiste nella creazione di legami, nella ridefinizione degli spazi che permettono di sviluppare il confronto tra i soggetti presenti e definire collettivamente i confini e il senso dello spazio collettivo. Mercato che si espande sul sociale e mercato che genera legami sociali scriveva de Leonardis : entrambe queste prospettive convivono nellidea, nelle culture e nelle pratiche del mercato sociale configurandolo come un campo di contraddizioni e di processi di trasformazione sociale aperti in diverse direzioni (ivi, 12). Leterogeneit dei significati connessi al termine sociale interessa, com ovvio, anche il campo della comunicazione. Certo che quando allinizio degli anni 70 nasce Pubblicit Progresso, uno degli attori pi direttamente coinvolti nelle dinamiche italiane di crescita del settore, lambivalenza semantica del termine gi presente ed in perfetta sintonia con le questioni fin qui descritte. Lobiettivo delle associazioni di pubblicitari che si raccolgono sotto questo cappello, com noto, consiCAPITOLO

ste soprattutto nel fare pubblicit alla pubblicit. Ridefinirne limmagine ovviamente unoperazione connessa in modo strumentale alle tematiche sociali5 per contrastare le molte accuse che venivano allora rivolte al mondo della pubblicit. Tra le altre, Gadotti ricorda la distorsione dei consumi, linduzione artificiale di nuovi bisogni, lesaltazione del consumo come meta e fine esistenziale, distaccata dai bisogni reali (1992, 77). Pubblicit Progresso nasce con la scommessa di riuscire a mostrare come anche la pubblicit possa contribuire a veicolare valori collettivi o che si ritengono tali6 e, nonostante negli anni abbia subito importanti ridefinizioni, pu essere intesa come una riuscita campagna di marketing del settore pubblicitario7. Si pu dunque sostenere che la comunicazione sociale definisce un ambito complesso ed eterogeneo: in alcuni casi luogo per ribadire il richiamo a particolari valori e per sanzionare pi o meno implicitamente chi non li condivide, in altri ambito economico caratterizzato da logiche di profitto. In altri ancora la socialit, lampliamento dei legami allinterno della societ rappresenta il fine della comunicazione sociale. Da questo punto di vista essa pu essere intesa come uno strumento potenzialmente in grado di ampliare la sfera pubblica e di includere al suo interno istanze di volta in volta differenti. 5. Allorigine della comunicazione sociale: in cerca di una definizione Delleterogeneit che abbiamo brevemente richiamato possibile dare conto ripercorrendo sinteticamente le diverse definizioni che di questo ambito fanno parte. Innanzitutto non si tratta di una modalit comunicativa nuova, seppure recente lincremento di attenzione che si registra in proposito. Come ricorda Cottardo, uno dei primi esempi di comunicazione sociale dei tempi moderni un film educativo che ha per oggetto un tentativo di profilassi in ambito sanitario, realizzato a due anni dai primi esperimenti cinematografici dei fratelli Lumire (2002, 108). Un forte impulso a questo tipo di comunicazione arriva nel corso della seconda guerra mondiale quando negli Stati Uniti viene fondato da un insieme di pubblicitari, clienti e grandi mezzi di informazione lAdvertising Council che d avvio ad alcune campagne su argomenti collegati alla guerra, come il risparmio energetico e alimentare (ibidem). Da quel momento in poi nascono in molti paesi occidentali iniziative analoghe che contribuiscono a dare visibilit e legittimit al settore. Apparentemente la storia di questa forma comunicativa prosegue in modo lineare e progressivo. Ma ancora una volta occorre interrogarsi se davvero le cose siaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

10

no cos lineari come appaiono. Per provare a capirlo utile richiamare le definizioni del nostro oggetto. La comunicazione sociale intesa come una parte della pi generale comunicazione pubblica, e comprende linsieme degli attori e dei linguaggi che si occupano di comunicare a proposito di questioni relativamente controverse che riguardano la pubblica utilit. Ma, come la comunicazione pubblica non pu essere intesa quale sinonimo di una comunicazione che appartiene a tutti (cfr. Bosco 2002), cos anche nella comunicazione sociale non si pu assumere che la dizione sociale ricopra un significato condiviso. Anche perch sui valori fondanti la convivenza civile, non possibile assumere oggi (e probabilmente non lo mai stato) che esista accordo o quantomeno uniformit di opzioni. Due sono in particolare gli elementi di definizione che mi sembra necessario richiamare. Innanzitutto la distinzione tra comunicazione sociale e pubblicit sociale. In secondo luogo la prevalenza di definizioni in negativo. Vediamole brevemente. Come ricorda Gadotti, diversi autori distinguono tra comunicazione sociale e pubblicit sociale. La pubblicit sociale si basa unicamente sulle campagne informative di massa per modificare atteggiamenti e comportamenti del pubblico e risulta spesso poco efficace e inadeguata agli scopi che si propone di raggiungere (1992, 25). La scarsa incisivit dipenderebbe da una visione troppo ottimista sulla possibilit di favorire lassunzione di nuovi comportamenti da parte dei destinatari dei messaggi. La comunicazione sociale si caratterizzerebbe invece per: un approccio alla persuasione pi generale e pi ampio. Esso utilizza, in sostegno alla pubblicit di massa, altri metodi per inviare messaggi persuasivi al pubblico: ad esempio pu fare ricorso allausilio di esperti che vengano a diretto contatto con i potenziali destinatari dei messaggi ( il caso ad esempio di operatori sanitari per i problemi legati alla salute, alla prevenzione di malattie, alla lotta contro il fumo, allacquisizione di sane abitudini alimentari ecc.), oppure pu far ricorso a manifestazioni e a incontri che sollecitino lattenzione del pubblico sul tema oggetto della campagna pubblicitaria. () Il concetto di comunicazione sociale viene spesso preferito a quello di pubblicit sociale non solamente per la gamma pi ampia di strumenti e di interventi che sembra includere, ma soprattutto per la valenza fortemente positiva cio di messaggio utile alla collettivit che esso comunemente evoca (ibidem). Al di l della distinzione comunicazione-pubblicit sono stati fatti alcuni tentativi di definizione del campo che cercano di accantonare il termine sociale e le ambivalenze che lo connotano. I risultati non appaiono, per il momento, particolarmente riusciti. Si parla di comunicazione persuasoria non avente finalit commerciali, pubblicit non a scopo di proCAPITOLO

11

fitto o che non ha per oggetto prodotti. Lelemento curioso che questi tentativi hanno portato a costruire definizioni costituite essenzialmente da negazioni, da litoti, capaci di dire ci che escludono non ci che comprendono. Esse rendono conto e recano il segno della estraniazione che le tecniche pubblicitarie sembrano subire quando applicate ad un campo diverso da quello per le quali sono state originariamente concepite: il campo del mercato, del commercio, dei prodotti di consumo. Fuori da quel campo si riesce a dire ci che la pubblicit non o non pi, non ci che diventa(ivi, 25). Ulteriori elementi di complessit e di specificazione degli ambiti che della comunicazione sociale sono parte, emergeranno in modo articolato dai contributi presentati nelle varie parti che compongono il Rapporto. In conclusione di questa breve introduzione mi sembra utile richiamare le due anime che si intrecciano nei tentativi di definizione. La comunicazione sociale assume che esistano posizioni relativamente controverse in merito ai valori fondanti della societ civile. Se le opzioni sono solo relativamente controverse si potrebbe sostenere che esista un accordo di massima sui valori di base della convivenza. Questo elemento apparentemente neutrale in realt fortemente ambivalente. Se penso che debba o possa esserci un accordo seppure relativo tra tutti, se questo manca posso ritenere che i dissenzienti non siano parte del tutto a cui mi riferisco. Possono cos determinarsi e stabilizzarsi fratture profonde, dietro a modalit che avrebbero lo scopo contrario di ribadire la coesione8. Ma la comunicazione sociale anche quella forma comunicativa che si propone di alimentare il bacino dei beni pubblici, cio di quei beni la cui produzione e fruizione aumenta la socialit, la comunicazione e la partecipazione sociale, gli scambi intorno a interessi e valori collettivi che in una parola creano ci che ho gi chiamato la sfera pubblica (de Leonardis 1998, 75). Si potrebbe dire che, in questa seconda accezione, il tentativo quello di accrescere le risorse di capitale sociale, cio il potenziale di interazione cooperativa che lorganizzazione sociale mette a disposizione delle persone (cfr. Bagnasco 2003, 24). In sintesi la comunicazione sociale appare ancora una volta fondamentalmente ambivalente. Serve per definire linee di demarcazione o per tenere insieme e contemporaneamente valorizzare le differenze? Fino a questo punto abbiamo parlato essenzialmente di due aspetti: la crescente complessit dei contesti in cui la comunicazione sociale si realizza e la conseguente difficolt di definirne le coordinate teoriche. Ma c ancora un elemento che occorre affrontare per inquadrare tale complessit: possiamo assumere che al crescere dellinformazione sulle tematiche sociali, cresca conseguentemente la risposta (attenzione, conP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

12

sapevolezza, impegno, disponibilit ad attivarsi per la risoluzione dei problemi, ecc.) da parte dei destinatari dei messaggi? a questo interrogativo che sono dedicati i due paragrafi conclusivi. 6. Presupposti di razionalit versus stati di negazione Nel 1991, in una via di Los Angeles, un testimone casualmente presente riprese a lungo con la sua videocamera quattro poliziotti che, dopo aver trascinato fuori dalla sua auto, senza che opponesse resistenza, un sospetto di colore, si misero a picchiarlo selvaggiamente in mezzo alla strada. Durante il processo una giuria selezionata di bianchi appartenenti ai sobborghi della citt, udirono le prove e visionarono il filmato, ma i poliziotti vennero prosciolti. Quello descritto stato definito come leffetto Rodney King . Cos lo commenta Cohen: il valore delle testimonianze e del dire la verit appartengono ad unera pi semplice, oggi inserito in una cultura morale troppo compromessa per essere salvata dalle informazioni autentiche trasmesse da testimoni elettronici. () dire la verit non la stessa cosa che essere creduti e, come ha scoperto Rodney King, le immagini possono essere negate tanto quanto le parole. (2001, trad. it. 253). Che cosa comporta la presenza di tali effetti nella nostra riflessione sulla comunicazione sociale? Innanzitutto, ricorda Cohen, necessario ridimensionare quella che lautore in questione definisce fede illuministica del potere della conoscenza: se solo la gente sapesse, agirebbe (ivi, 251). Esistono insomma potenti meccanismi di negazione (diniego) che fanno s che ciascuno tenda ad allontanare da s elementi che possono apparire troppo dolorosi o la cui risoluzione appare fuori dalla nostra portata. Non si tratta solo di meccanismi psicologici individuali, ma di reazioni che possono essere pi o meno favorite dalle caratteristiche pi generali del contesto in cui la comunicazione ha luogo. Il diniego appare come un meccanismo che porta a rimuovere pezzi della conoscenza e dellinformazione di cui in realt siamo in possesso, che impedisce allinformazione di diventare esperienza. Un esempio rappresentato dal caso dei rapporti del Daily Telegraph che, nel 1942, documentavano lo sterminio di 700.000 ebrei polacchi. Il New York Times riprese la notizia, ma pubblic larticolo nelle pagine centrali. Se fosse stato vero che tutte queste persone erano state brutalmente uccise, la notizia avrebbe dovuto essere collocata in prima pagina. Non si tratta evidentemente di un avvenimento da poco. Se, al contrario, la notizia fosse stata infondata, non avrebbe dovuto essere pubblicata affatto. La pagina di mezzo era un compromesso tra credere e non credere (Breitman 1999; in Cohen 2001, trad. it. 220). Il diniego, in questo caso, aveva determinato una parziale e contraddittoria rimozione dellinformazione disponibile.
CAPITOLO

13

Un ulteriore meccanismo di diniego pu riguardare gli effetti del linguaggio, che spesso veicola immagini o messaggi impressionanti per ottenere lattenzione di coloro a quali la comunicazione rivolta. I cosiddetti fear-arousing appeals sollevano in realt notevoli perplessit in merito alla loro efficacia: se da un lato sembrano favorire la crescita dellattenzione, possono al contempo determinare stati di negazione che rimuovono il messaggio, proprio a causa della violenza con cui questo viene veicolato9. Lattivazione di meccanismi di negazione ancora una volta sembra dipendere, oltre che dalle caratteristiche psicologiche degli individui esposti, anche dalla presenza di particolari ambiti culturali: ad esempio nel caso dellItalia sembra meno facile che tali appelli riescano a raggiungere lobiettivo, rispetto ad altri contesti come i paesi anglosassoni. Pi in generale la riflessione su questi aspetti pone domande che hanno a che fare con letica, ma anche con la possibilit per questo tipo di appelli di raggiungere efficacemente gli obiettivi auspicati. Anche in questo caso le domande superano di molto la capacit di fornire risposte. Ad esempio nelle campagne che si propongono la raccolta di fondi, pi corretta e utile la rappresentazione politicamente corretta di coloro a cui laiuto rivolto o il ricorso a immagini shock che suscitino la compassione? Ancora una volta non disponiamo di rassicuranti risposte univoche. Correttezza ed efficacia non vanno necessariamente di pari passo. Le poche ricerche10 sembrano confermare lopinione di senso comune: che le immagini di un partner attivo nel progetto raccolgono meno denaro di quelle di un bambino affamato (Cohen 2001, trad. it. 249). Saremmo dunque pi emotivamente coinvolti da immagini compassionevoli di quanto non accada per informazioni pi fondate. Indipendentemente dalla gerarchia delle priorit, il diniego un problema di cui le organizzazioni che si occupano di raccogliere fondi per il finanziamento di cause umanitarie sono consapevoli e in alcuni casi sono previste anche formulazioni di linee guida per neutralizzare tecniche di diniego comuni. A questo proposito gli appelli possono ricorrere a testi scritti che illustrino e anticipino le contro obiezioni del diniego. Alcune agenzie come Amnesty hanno predisposto appositi manuali che affrontano le leggende metropolitane pi diffuse a proposito di determinate emergenze. Save the childern ha compilato una lista dei miti che circolano sulle carestie11. Il punto che di nuovo la ricerca non di grande conforto per coloro che credono nel potere della razionalit. Il problema che I principi fondamentali dei diritti universali e degli standard legali internazionali non sono affatto evidenti (Cohen 2001, trad. it. 284).
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

14

A partire dai molti elementi di complessit delineati, quale pu essere il ruolo della comunicazione sociale e quali equilibri possono essere individuati? 7. Un percorso possibile per declinare oggi la comunicazione sociale In conclusione sembra possibile affermare che la materia che stiamo trattando quella di una straordinaria sostanza che assomiglia alla plastilina o allacqua: duttile e composita assume forme che corrispondono solo parzialmente alle intenzioni dellartista. Come una delle citt invisibili di Calvino che dice lautore prende forma dal deserto a cui si oppone, cos ci troviamo tra le mani qualcosa che pu potenzialmente assumere molte delle forme che immaginiamo e molte altre che la nostra immaginazione stenta a concepire. Alcune modalit di comunicazione sociale che ci appaiono in grado di raggiungere gli obiettivi auspicati, sono rese possibili dalla presenza di contesti locali particolarmente vitali, sui quali la comunicazione agisce da moltiplicatore della ricchezza gi potenzialmente disponibile. Un caso tra i molti rappresentato da una campagna comunicativa sugli screening12 nella citt di Ferrara (Signani 2001). Lesperienza realizzata ha permesso di accorciare la distanza comunicativa tra chi emetteva il messaggio (le istituzioni sanitarie e lamministrazione della citt) e le donne a cui la comunicazione era rivolta. Ci stato ottenuto grazie al ricorso a quello che i ricercatori hanno definito il passaparola intenzionale, cio lattivazione di strumenti comunicativi compositi, articolati nel tempo e costantemente monitorati, che hanno potuto far leva sulla presenza di un tessuto associativo particolarmente attivo. Questa esperienza per stata possibile anche grazie alla particolare dimensione locale: una piccola citt ricca di reti e relazioni orizzontali che hanno saputo interagire con gli strumenti proposti dalle autorit sanitarie e dagli amministratori locali. Naturalmente non tutte le condizioni richiamate possono essere costruite artificialmente o possono diventare oggetto di pianificazione intenzionale. Ho richiamato in apertura la differenza tra informazione ed esperienza, tra conoscenza e riconoscimento. Questa distinzione apre una strada appassionante, ancora scarsamente percorsa dalla comunicazione sociale, ma che sta lentamente mostrando le sue potenzialit. Lo scorso anno a Milano stata presentata una mostra, dal titolo Dialoghi nel buio13, che inverte i ruoli tra vedenti e non vedenti attraverso un percorso guidato al buio, dove la guida appunto un non vedente. Lidea di Andreas Heinecke si colloca nellambito di una ricerca volta ad individuare nuovi modelli di comunicazione che si realizzano appunto attraverso un coCAPITOLO

15

involgimento diretto di coloro a cui il messaggio rivolto. Nel sito di presentazione delliniziativa, il visitatore accompagnato alle immagini dallascolto di parole e suoni che descrivono lesperienza e le emozioni ad essa associate. Cos recita lhead line della mostra: Accarezza la forma del mondo, respira il profumo della vita, impara a vedere Un auspicio per quanti si occupano oggi di comunicazione sociale e delle molte differenze che questa pu rendersi disponibile a diffondere, una scommessa con cui la comunicazione sociale destinata a misurarsi negli anni a venire. Bibliografia
Arendt H. (1958), The Human Condition, The University of Chicago Press, Chicago, trad. it. Vita Activa, Bompiani, Milano, 1989. Bagnasco A. (2003), Societ fuori squadra. Come cambia lorganizzazione sociale, Il Mulino, Bologna. Bauman Z. (2001), Voglia di comunit, Editori Laterza, Roma-Bari, ed. or. Missing Community. Bauman Z. (2001a), The Individualized Society, Polity Press, Cambridge, trad. it. La societ individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, Il Mulino, Bologna, 2002. Borlandi M. (1980), I social problems e la vocazione terapeutica della sociologia. Nota introduttiva in: Saffirio L. (1980). Bosco N. (2002), Lupi, asini e comunicazione pubblica: per una problematizzazione degli aspetti comunicativi nel campo delle politiche sociali, in Quaderni di Sociologia, vol. XLVI, 30, pp. 33-46. Breitman R. (1999), Official Secrets: What the Nazis Planned, What the British and American Knew, Penguin, Harmondsworth, trad. it., Mondadori, Milano, 1999. Bruno M.W. (2001), Virus e tab: le campagne pubblicitarie sullAIDS, in: G. Chiaretti, M. Rampazi, C. Sebastiani (a cura di) (2001). Cavazza N. (1996), La persuasione, Il Mulino, Bologna. Chiaretti G., Rampazi M., Sebastiani C. (a cura di) (2001), Conversazioni, storie, discorsi. Interazioni comunicative tra pubblico e privato, Carocci, Roma. Cohen S. (2001), States of Denial. Knowing about Atrocities and Suffering, trad. it. Stati di negazione. La rimozione del dolore nella societ contemporanea, Carocci, Roma, 2002. Cottardo G. (2002), Cottardo on advertising, Franco Angeli, Milano. Dahrendorf R. (2001), Dopo la democrazia, Editori Laterza, Roma-Bari. de Leonardis O. (1998), In un diverso welfare. Sogni e incubi, Feltrinelli, Milano. Gadotti G. (1992), Pubblicit sociale. Lineamenti ed esperienze, Franco Angeli, Milano. Gadotti G. (a cura di) (2001), La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi, Arcipelago Edizioni, Milano. Granaglia E. (2001), Modelli di politica sociale, Il Mulino, Bologna. Habermas J. (1962), Strukturwandel der Oeffentlichkeit, Hemann Luchterhand Verlag, Neuwied, trad. it. Storia e critica dellopinione pubblica, Laterza, Roma-Bari, 1977.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

16

Ingrosso M. (a cura di) (2001), Comunicare la salute. Scenari, tecniche, progetti per il benessere e la qualit della vita, Franco Angeli, Milano. Jedlowski P. (1994), Il sapere dellesperienza, Il Saggiatore, Milano. Mancini P. (2001), Manuale di comunicazione pubblica, Editori Laterza, RomaBari. Mc Guire W.J. (1972), Attitude change: The information-processing paradigm, in C.G. Mc Clintock, Experimental social psycology, vol. II, Random House, New York, 3a ed. Saffirio L. (1980), Disorganizzazione e problemi sociali, Franco Angeli, Milano. Signani F. (2001), Il passaparola intenzionale come mezzo di comunicazione in sanit, in M. Ingrosso (a cura di) (2001). Stroebe W. e Stroebe M.S. (1997), Psicologia sociale e salute, Mc Graw-Hil, Milano. Venturi A. (2001), Lefficacia delle campagne sociali, in G. Gadotti (a cura di) (2001).

Note
1. Cfr. Mancini 2001 e la distinzione tra comunicazione funzionale e comunicazione di integrazione simbolica. 2. A questo proposito Cohen (2001) distingue tra conoscenza e riconoscimento. 3. Qui il problema centrale diviene quello dei meccanismi della rappresentanza. Si tratta ovviamente di un argomento complesso che qui posso solo nominare. Sulle trasformazioni pi recenti del concetto di democrazia e di rappresentanza cfr. ad esempio Dahrendorf (2001). 4. La visibilit, cos come lattenzione, infatti una risorsa relativamente scarsa che presuppone che i messaggi veicolati rappresentino solo uno spaccato parziale di quelli potenzialmente disponibili. 5. A questo proposito necessario fare una precisazione: richiamare lapproccio strumentale non comporta sostenere che questa modalit non sia legittima o che debba essere connotata negativamente. Come sottolinea Cottardo il problema non che queste aziende cerchino di arricchire la loro immagine utilizzando queste buone azioni in pubblicit. (). Quello che invece inaccettabile la falsa pubblicit sociale, quella che tratta scottanti temi sociali senza per che lazienda partecipi in modo tangibile alla soluzione dei problemi che denuncia. In questo caso appare evidente la strumentalizzazione del tema e questo francamente non depone di certo a favore della responsabilit sociale dellazienda coinvolta (2002, 147). 6. Da questo punto di vista si pu sottolineare, a margine, come la ricostruzione dei valori collettivi veicolati dai messaggi di pubblicit sociale possa costituire una interessante base per osservare, nel tempo, le trasformazioni della societ. Una recente pubblicit che fa leva sul consumo come elemento fondamentale della rivitalizzazione del mercato non sarebbe stata sicuramente inclusa, negli anni 70, tra le pubblicit sociali. Mi riferisco alla campagna pubblicitaria televisiva, realizzata dallUPA (Utenti Pubblicit Associati), che mostra un individuo con una borsa della spesa continuamente fermato per strada da persone che lo ringraziano. Lhead line recita Leconomia gira con me. Agli albori di Pubblicit Progresso il consumo era, al contrario, ampiamente criticato come portatore di derive individualistiche. E oggi? Pensiamo che il consumo sia ascrivibile tra i valori collettivi su cui intervenire con strumenti di questo tipo? Credo che la risposta a questa domanda non sia scontata. Come emerge dai capitoli che compongono il rapporto, la comunica-

CAPITOLO

17

zione sociale rappresenta un ambito eterogeneo e complesso, al cui interno possibile rintracciare posizioni e valori contrastanti. 7. Anche se, come verr mostrato nel Rapporto, il ruolo di questo soggetto non si riduce a questo e ha, al contrario, favorito un progressivo approfondimento della riflessione in questo ambito. 8. Un esempio, fortemente criticato negli anni successivi, che sembra favorire la stigmatizzazione dei malati e alimentare la paura invece di informare sulle effettive possibilit di contagio rappresentato dai primi spot sullAIDS. Su questo tema cfr. Bruno 2001. 9. Per una rassegna degli studi in merito allefficacia della comunicazione sociale e dei linguaggi ai quali si ricorre, cfr. Venturi (2001) e Cohen (2001). 10. Sulle ricerche internazionali si rimanda ancora a Cohen (2001), in particolare ai capitoli 7 e 8. 11. Limpulso negativo deve essere vinto (unaltra lettera cestinata) e quello positivo deve essere rinforzato (il tipo di persona che voi siete, i vostri valori, la vostra capacit di empatia e la soddisfazione che proverete agendo di conseguenza). Il testo anticipa i dinieghi comuni e le razionalizzazioni per non agire e cerca di neutralizzarli. No. Non vero che il problema sia cos immane che pochi spiccioli non faranno differenza. No, il denaro non andr a finanziare un regime corrotto. No, non siamo ostili a questo paese particolare (ivi, 271) 12. Lesperienza in questione riguardava lorganizzazione di campagne pubblicitarie per screening gratuiti su chiamata al fine di diagnosticare precocemente i tumori al seno e prevenire la degenerazione oncologica di eventuali cellule alterate del collo dellutero (ivi, 212). 13. Per un esempio del tipo di comunicazione proposta si rimanda al sito che illustra la mostra e consente un assaggio dei contenuti www.dialogonelbuio.it.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

18

Pubblicit Progresso. La comunicazione sociale per antonomasia


Alberto Contri

Pubblicit Progresso. Nuova categoria della comunicazione La comunicazione che per convenzione chiamiamo dimpresa, ha assunto, nella societ contemporanea, una dimensione di grande rilievo, non solo per tutti gli aspetti economici, ma anche per quelli culturali e sociologici che le sono connessi. Ormai sono diverse le tecniche di comunicazione: alla pubblicit, la pi antica e tuttora la pi rilevante sul piano economico, nel corso del Novecento si sono affiancate via via altre forme di comunicazione, le promozioni, le relazioni pubbliche, il direct marketing, le sponsorizzazioni. Ma non basta. Alla comunicazione per la vendita e per la crescita del valore delle marche e delle imprese, negli ultimi decenni si sono aggiunte altre forme: la comunicazione istituzionale e informativa dei governi e degli enti pubblici, nazionali e locali, e la pubblicit sociale. In Italia, lantesignana di questultima specializzazione Pubblicit Progresso. Nata allinizio degli anni settanta, Pubblicit Progresso ha letteralmente inventato una nuova categoria della comunicazione, del tutto sconosciuta fino ad allora in Italia. La dimostrazione pi tangibile che Pubblicit Progresso entrata di slancio nel vocabolario quotidiano degli italiani, ritagliandosi un ruolo e una funzione sempre pi rilevanti. Diventando anzi, e non tanto paradossalmente, puro e semplice sinonimo di pubblicit sociale, di qualunque pubblicit svincolata dalla presenza del prodotto e dal relativo invito al consumo. Leffetto di Pubblicit Progresso sulla comunicazione sociale stato molteplice. Ha posto le basi per una presa di coscienza delle istituzioni sul valore globale della comunicazione. Ha dimostrato concretamente, con il successo delle proprie iniziative, lutilit di un intervento pubblicitario professionale ineccepibile.
CAPITOLO

10

289

Ha contribuito, con la creazione di uno spazio comunicazionale pi libero, ad una valorizzazione della pubblicit italiana e dei suoi operatori. Ha favorito lingresso della pubblicit, e della comunicazione in genere, tra gli strumenti operativi di enti, istituzioni, pubblica amministrazione e organizzazioni che operano nel sociale. Non un caso dunque se oggi si assiste al proliferare di iniziative meritorie, rivolte ai molteplici problemi che caratterizzano la societ. Cos, Pubblicit Progresso diventata una categoria di pensiero. Un importante punto di riferimento nel panorama italiano della comunicazione. Ma Pubblicit Progresso non solo una pubblicit progresso. E un organismo istituzionale che mette insieme, al massimo livello, le pi importanti componenti del mondo della comunicazione professionale. Catalizzandone le risorse, le esperienze, i mezzi e le energie. E indirizzandoli verso obiettivi concreti a favore della societ. La sua forma giuridica di associazione volontaristica e senza fini di lucro. Ne fanno parte le pi significative componenti del mondo della comunicazione: utenti, organizzazioni professionali, imprese e organizzazioni di mezzi. Lattivit sostenuta dai soci, che attualmente sono 13 di cui 7 fondatori: Assocomunicazione, Fieg, Publitalia 80, Rai, Tp, Unicom, Upa, e 6 aderenti: Aapi, Adci, App, Assirm, Assorel, Iap. Ciascuno di essi contribuisce, con la propria quota associativa, alle spese di gestione ordinaria dellIstituto e, con il contributo volontario e gratuito del proprio organismo o dei propri associati, alla realizzazione o diffusione delle campagne pubblicitarie. LAssociazione ha lo scopo di contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi della comunit col porre la pubblicit al servizio della collettivit, mediante lideazione e la realizzazione di proprie campagne di pubblico interesse, perseguendo lintento di dimostrare lutilit di un intervento pubblicitario professionale per promuovere una corretta comunicazione sociale e stimolare la coscienza civile ad agire per il bene comune. Le campagne Dai suoi inizi ad oggi, ha al suo attivo 32 campagne pubblicitarie a favore della collettivit. Tutte coronate da un notevole successo, lunico realmente valido in pubblicit: raggiungere il proprio obiettivo specifico.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

290

La scelta del tema spetta per statuto al Consiglio Direttivo dellAssociazione e avviene in base a precisi requisiti: essere di vasto richiamo ed avere interesse su scala nazionale; non avere carattere commerciale, n di tipo partitico o confessionale, n toccare interessi di specifiche associazioni o istituti; giustificare il ricorso alle tecniche pubblicitarie e essere sufficientemente importante da stimolare linteresse dei professionisti, dei media e degli stessi utenti dai quali si attendono prestazioni professionali, contributi finanziari, spazi. Scelta la tematica, vengono chiamati di volta in volta vari esperti (sociologi, medici, specialisti in ricerche, ecc. che, come Comitato Scientifico, affiancano, a livello volontaristico, il Consiglio Direttivo per approfondire tutti gli aspetti pi delicati e le implicazioni socio-psicologiche del tema stesso. Una volta messi a punto gli obiettivi e la strategia di comunicazione, le associazioni professionali individuano unagenzia di pubblicit, unagenzia di relazioni pubbliche, una casa di produzione di audiovisivi, un istituto di ricerche e un centro media tra quelli che si sono offerti volontariamente: queste entit, lavorando in team, progettano e realizzano la campagna pubblicitaria e tutte quelle attivit ad essa connesse al fine di realizzare una vera e propria comunicazione integrata. Lassociazione degli utenti provvede al reperimento dei contributi per la copertura delle spese minime necessarie. Prima di produrre i materiali definitivi della campagna, vengono svolti un test di verifica sulla proposta creativa realizzata dallagenzia di pubblicit e, a fine campagna, un post-test per misurare il ricordo e il gradimento del pubblico. Nel corso della realizzazione della campagna, possono essere coinvolte molte altre figure professionali (fotografi, illustratori, registi, attori, stampatori, fotolitisti, ecc.). Come tutti, anche questi professionisti operano in forma del tutto volontaristica. Realizzata la campagna, compito delle organizzazioni e delle agenzie dei mezzi di diffonderla tramite il coordinamento del centro media. La campagna appare dunque al pubblico su quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, affissioni, mezzi di trasporto e internet, del tutto gratuitamente. Per il lancio della campagna, viene convocata dallagenzia di relazioni pubbliche una conferenza stampa al fine di coinvolgere i giornalisti e dare cos risonanza allavvenimento anche negli spazi di cronaca. Vengono inoltre sollecitate le redazioni radiotelevisive a trattare largomento della campagna allinterno dei loro programmi.
CAPITOLO

10

291

Alla fine della campagna, viene realizzato un apposito annuncio sulla stampa per ringraziare tutti coloro che, disinteressatamente, hanno collaborato alla buona riuscita della stessa: professionisti, organizzazioni ed imprese. Dal 1971 le campagne di Pubblicit Progresso hanno segnato tappe importanti nella presa di coscienza dei problemi: le prime furono C bisogno di sangue, Ora lo sai Chi fuma avvelena anche te. Digli di smettere. Il verde tuo: difendilo. Di Pubblicit Progresso anche la prima campagna italiana (1987) di sensibilizzazione al tema dellAIDS e gi dal 1974 la campagna Combatti i rompitimpani si preoccupava, con estrema tempestivit, dellinquinamento acustico. Una svolta: puntare alla crescita dei cittadini Dopo una serie di tematiche per cos dire classiche nel panorama sociale, lanno 1999 ha segnato una svolta decisiva con la realizzazione di una campagna a favore della Alfabetizzazione informatica del Paese. Pubblicit Progresso rileva che gli italiani, tra tutti i cittadini dEuropa, si collocano agli ultimi posti quanto ad utilizzo del computer e alla conoscenza di una seconda lingua. Con lavvento dellUnione Europea, stavano cadendo tutte le frontiere geo-politiche, economiche e culturali che avevano fino ad allora diviso il nostro mondo. Ci piaccia o no, lidea del Villaggio Globale si stava velocemente concretizzando come effetto dellevoluzione tecnologica, soprattutto nel campo delle comunicazioni. Le possibilit che ognuno aveva di potersi integrare con successo in questa nuova dimensione erano tante quanti i rischi di rimanere emarginati. Solo chi fosse stato disposto ad arricchire il proprio bagaglio culturale, chi avrebbe saputo utilizzare gli strumenti resi disponibili dalla rivoluzione informatica, chi fosse stato in grado di comunicare, oltre che con la propria lingua dorigine, anche con una lingua universale come linglese, avrebbe avuto buone possibilit di affermarsi. Per gli altri sarebbe stata dura. Lapproccio creativo alla realizzazione di una campagna che si proponeva di sensibilizzare lopinione pubblica stato, pi o meno, il seguente: il problema della scarsa propensione dei nostri connazionali ad utilizzare il computer esiste, ma evitiamo di drammatizzarlo. La questione non etica, pratica. Linformatica non una nuova religione, un
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

292

formidabile strumento che amplia le potenzialit degli individui, n pi n meno di tutte le innovazioni che nelle diverse epoche hanno contribuito al progresso della nostra civilt. Scartiamo quindi le ipotesi di trattamento evangelico perch non ci sono miscredenti da convertire. Ci sono semplicemente persone che, per scarsa o cattiva informazione, non hanno ancora preso in seria considerazione lutilit del nuovo mezzo di comunicazione per migliorare le propria vita quotidiana. Niente ponderosi messaggi fatti cadere dallalto, quindi. Niente effetti speciali. Facciamo un discorso chiaro, con le parole che le persone normali usano quando, ridendo e scherzando, si dicono le cose cos come stanno. Misurare i risultati di una comunicazione sociale impresa quasi impossibile ma non in questo caso: largomento stato ampiamente trattato da tutti i mezzi di informazione, anche le aziende meno strutturate si sono adeguate ai nuovi sistemi di gestione informatica, nelle piccole e medie imprese i corsi di informatica si sono moltiplicati in maniera esponenziale e, non ultimo, il Ministro dellIstruzione ha introdotto linsegnamento dellinformatica e dellinglese fin dalle classi elementari. Proprio grazie a questo successo, la campagna stata proposta per due anni consecutivi. Lapporto delle ricerche per un database innovativo Nella scelta del tema successivo, nellanno 2001 stata introdotta una novit di metodo. Grazie alla disponibilit di ben 6 diversi istituti di ricerche tra i pi importanti dItalia, tutti aderenti allAssirm, sono stati raccolti direttamente dal pubblico, attraverso sondaggi mirati, oltre 50 temi che i cittadini stessi hanno indicato come prioritari da trattare. Da questi suggerimenti stato quindi dato il via alla campagna sul Valore dellascolto. E di volta in volta si consulta questo database, continuamente aggiornato, per poi confrontarsi sulla scelta del tema. La campagna sullascolto La mancanza di tempo, il continuo bombardamento di messaggi a cui siamo sottoposti, la diffidenza e la paura nei confronti di chi diverso ci spingono a non prestare ascolto agli altri, specialmente ai pi deboli. Mai come ora la vita sociale ha sofferto dellincapacit di ascoltare le ragioni e le esigenze dellaltro. Ma come convincere chi non ascolta a prestare attenzione agli altri? Potevamo dire che ascoltare un gesto di umanit, un modo per aiutare il prossimo? Ma ci sembrato
CAPITOLO

10

293

molto pi incisivo e pi inaspettato mostrare come ascoltare sia un gesto assolutamente utile: il solo modo per ampliare i nostri orizzonti, per ascoltare opinioni diverse dalle nostre, per arricchirci interiormente. Chi non ascolta, infatti, non cresce dentro. Ecco perch lo spot mostra una serie di persone che, nel momento in cui non ascoltano, hanno un comportamento infantile: si mettono le mani sulle orecchie e iniziano a produrre suoni con la bocca, proprio come fanno i bambini. La campagna televisiva stata anche concepita in modo da mostrare le situazioni tipiche di non ascolto: il genitore con il figlio, il capufficio con il sottoposto, il giovane con lanziano, i politici in campagna elettorale. La radio, con i suoi due soggetti genitore-figlio e capufficio-sottoposto, segue la stessa impostazione della campagna televisiva. La campagna stampa, invece, una pagina bianca su cui campeggiano due gigantesche orecchie. Tra le orecchie, una scritta: Aprirle apre la mente. Oppure Le parole riempiono questo spazio di materia grigia. O ancora: Pi ascolti, pi cresce qui in mezzo. A chiusura di tutti e tre i soggetti, lo stesso claim che fa da filo conduttore in tutta la comunicazione: Chi ascolta cresce. La pi articolata campagna sociale multimediale mai realizzata Interessante lo sviluppo della campagna 2004 che rappresenta un vero e proprio progetto di comunicazione integrata a 360. Nata dallidea di realizzare una campagna per sollecitare i cittadini ad essere attenti a tutto ci che diverso, si poi sviluppata autonomamente per una serie di circostanze certamente non casuali: la concomitanza con lanno del disabile e lincontro con Lucio Dalla, che ha scritto, proprio su suggerimento di Pubblicit Progresso, la canzone Per sempre presente che ci richiama allattenzione come gli ultimi possono vedere la vita e il mondo, ci hanno suggerito le modifiche e gli arricchimenti successivi. Lidea della canzone e lincontro con Lucio Dalla Lidea di provare a commissionare una canzone ad un cantautore disponibile su un tema prestabilito, per poi farne la base di uno spot, non si fonda sulla ricerca di un testimonial, che sarebbe stata troppo banale, bens sulla necessit di veicolare anche il concetto della campagna (cos come le attivit di Pubblicit Progresso) presso un pubblico giovane che oramai non guarda pi la televisione generalista, ma vive intensamente il mondo della musica e tutto quello che ci sta intorno. Inoltre si pensato da subito, in occasione della trasformazione di Pubblicit Progresso in una Fondazione, di realizzare una campagna svincoP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

294

lata dai soliti schemi della totale gratuit, ma che fosse in grado tramite unapplicazione di tecniche tipiche del cause related marketing di raggiungere un pubblico molto pi vasto con mezzi in grado di suscitare riflessioni che uno spot da solo non sarebbe mai in grado di suscitare. Lincontro con Dalla stato decisivo, non solo per la disponibilit e la genialit creativa con la quale stata scritta Per sempre presente, ma per la straordinaria coincidenza con la nostra idea di realizzare una campagna sociale che non muovesse semplicemente gli animi ad un momento di commozione, ma facesse riflettere sul mistero racchiuso nella vita umana anche dellessere pi disgraziato, disabile, reietto, in una parola ultimo. Concetto ben presente nelle Lettere sul dolore di Emmanuel Mounier. Lincontro con Lorenzo Crosta e la Cooperativa Solidariet Nel discutere della realizzazione dello spot sul tema della canzone, che con grande disponibilit Lucio Dalla si offerto anche di supervedere (la rega affidata ad Ambrogio Lo Giudice che ha spesso lavorato con Dalla), venuta con grande naturalezza alla mente una realt che ha dellincredibile, la Cooperativa Solidariet costituita da Lorenzo Crosta. Lorganizzazione si occupa degli ultimi (handicappati, drogati, carcerati, minorati psichici, malati di aids) accogliendoli fin da orfani in comunit familiari, avviandoli poi al mondo del lavoro per produrre beni da vendere sul mercato. Cos si restituisce loro una dignit di persone socialmente utili, sia pure con caratteristiche proprie che, in alcuni casi, si dimostrano addirittura superiori a quelle delle persone cosiddette normali, come ad esempio nelle attivit di precisione ripetitive. Dallo spot al video-clip Dopo aver valutato varie opzioni di soluzioni creative, si convenuto che lidea migliore fosse cercare di descrivere con delicatezza e poesia la grande dignit che emerge dalla vita della Cooperativa, raccontando una giornata tipo di questa esperienza tanto sconvolgente nella sua capacit di diventare normale (gli handicappati vivono in comune con la famiglia che li accoglie, lavorano, stanno in mensa, scherzano, vivono come normalit quella che per noi anormalit o disabilit, grazie a coloro che glielo rendono possibile). In una parola, cercando di far emergere, anche con le immagini da sposare al testo della canzone, la grande dignit che sta nel mistero della vita, per sempre presente sotto qualunque forma si palesi, anche la pi sfortunata.
CAPITOLO

10

295

La centralit di internet e lintegrazione con gli altri mezzi Vista la disponibilit di Lucio Dalla, si deciso di girare un video-clip dellintera durata della canzone, che lartista ha consentito di mettere a disposizione tramite il download gratuito dai portali italiani aderenti a Fedoweb e Audiweb, che hanno cos potuto offrire una rara opportunit ai propri utenti. Trattandosi di una canzone compresa nellultimo disco, che contiene anche il tema del musical Tosca, Amore disperato, cantato in un indimenticabile duetto con Mina, si comprende facilmente come la diffusione del disco stesso diventi veicolo della campagna e dei temi supportati. Dal videoclip stato tratto lo spot, eccezionalmente di 40, data la complessit del racconto. La collaborazione con il Centro-Lab di Roma e il concorso per il miglior racconto sul tema della disabilit Liniziativa si allargata anche al mondo delleditoria. Cinzia Tani e Roberto Cotroneo, che dirigono il corso di narrativa del Centro-Lab di Roma, specializzato in corsi di narrativa, regia, sceneggiatura, ecc, dove hanno insegnato personalit come Camilleri, Maraini, Salvatores, Montaldo, hanno condiviso lidea di far scrivere ai 20 allievi del corso di questanno un racconto sulla disabilit. Ciascun allievo doveva trattare una disabilit diversa, ambientata in un diverso Paese del mondo: tema unificante, la riflessione sul proprio compleanno. Il Segretariato Sociale della Rai ha fornito i materiali scientifici di supporto, mentre alcune aziende, come Microsoft, Nike, Siemens, Tivoli Audio, Adidas, ed altre, hanno fornito i premi per un originale concorso. I racconti, pubblicati sul sito appositamente creato: www.eallora.org possono essere letti e votati dal pubblico di internet e anche commentati su un apposito Forum. Il pubblico viene invitato a votare e ad inviare delle e-mail di commento: tra le migliori e pi interessanti, una giuria di prestigio con personaggi come Severino Andreoli, Gianfranco Bettetini, Umberto Veronesi ed altri assegner i premi in palio, mentre lautore del racconto pi votato vincer una Crociera Costa: ed ecco la campagna sulla disabilit trasformata in una campagna che invita anche alla lettura e alla scrittura. Dal sito si pu anche scaricare per intero il videoclip della canzone Per sempre presente oltre che apprendere notizie sulla campagna, su Pubblicit Progresso, sulla Cooperativa Solidariet.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

296

Il supporto della Radio e delleditoria Si valutato pi conveniente utilizzare lo spot radiofonico per fare ascoltare un brano della canzone promuovendone il download e invitando a leggere e votare i racconti, data la buona sovrapposizione del pubblico della radio con quello di internet. Ulteriore opportunit stata fornita da Piemme, che pubblica le storie per ragazzi di Geronimo Stilton, una delle quali proprio dedicata al significato delle barriere architettoniche per i disabili. LEditore si , infatti, reso disponibile a pubblicare un particolare volume con i racconti in concorso insieme al DVD della canzone, destinando inoltre parte del ricavato alla Cooperativa Solidariet. Nel corso del lavoro preparatorio emersa da Il Saggiatore anche la possibilit di realizzare un libro di ritratti, vale a dire il racconto fotografico di tutta la case-history, realizzato dal fotografo Riccardo DAvanzo, attraverso il finanziamento di Meliorbanca. Il valore degli incontri e dellarticolazione Da quanto esposto si evince come questa campagna si propone in forma innovativa, seguendo le pi moderne intuizioni del cosiddetto marketing virale. Ma ci che pi colpisce lenergia positiva sprigionata dagli incontri tra i vari attori della campagna (il Consiglio Direttivo e il Comitato Tecnico di Pubblicit Progresso, Lucio Dalla, gli editori Piemme e Il Saggiatore, Maurizio Jacovelli di Gratisitalia, gli scrittori Cinzia Tani e Roberto Cotroneo del Centro Lab, gli editori dei media tradizionali e innovativi) che hanno manifestato e stanno manifestando una partecipazione ben superiore a quella tradizionalmente offerta per le campagne sociali. Unaltra iniziativa unica al mondo: il Festival Internazionale della Comunicazione Sociale Oltre alle normali campagne annuali, Pubblicit Progresso ha realizzato negli anni molteplici altre attivit. La pi significativa da segnalare il Festival Internazionale della comunicazione sociale: lunica rassegna al mondo dedicata unicamente a campagne sociali sviluppate su tutti i mezzi di comunicazione. Alla prima edizione del 1998, realizzata in collaborazione con lo Iulm, hanno partecipato 40 Paesi di tutti i continenti con 400 campagne. La manifestazione si sviluppata nellarco di due giorni durante i quali si sono susseguite tavole rotonde con la partecipazione di importanti personalit internazionali. Oltre a ci, stata allestita una mostra tematica sullAids.
CAPITOLO

10

297

La seconda edizione del 2000, realizzata questa volta insieme allUniversit Bocconi, ha visto un incremento sia di iscrizioni (640 campagne provenienti da 42 paesi) che di partecipazione di pubblico (un migliaio di persone) e la manifestazione si sviluppata durante tre giornate. La mostra tematica ha riguardato questa volta i Diritti dellinfanzia. In chiusura del Festival stato offerto al pubblico pi giovane uno spettacolo del clown Miloud Oukili che raccoglie i ragazzi delle fogne di Bucarest, li trasforma in clown e mimi e li porta in tourne per il mondo. La terza edizione in preparazione per il 2005. La gran quantit di materiale, quello raccolto durante le prime due edizioni del festival e quello che presumibilmente si potr raccogliere con le successive, costituisce certamente un ricco patrimonio. Ci ha suggerito a Pubblicit Progresso di organizzare un archivio informatico e di consentirne laccesso al pubblico interessato. Per attrezzarsi adeguatamente, necessario per avvalersi di una struttura solida e dotata delle risorse economiche di cui attualmente lAssociazione non pu disporre. Di qui lidea di trasformare Pubblicit Progresso in una Fondazione alla quale aderiscano partner importanti e sensibili ai problemi sociali, che possano provvedere a quanto necessario. Il Progetto della Fondazione
La tumultuosa crescita della comunicazione sociale

La comunicazione sociale sta vivendo un vero e proprio boom: oggi si assiste ad un crescente proliferare di campagne di raccolta fondi, campagne a favore di iniziative di volontariato, di associazioni no-profit, campagne di cause-related marketing e quantaltro. Purtroppo alla crescita dellofferta non corrisponde una uguale crescita della qualit. Anzi. Sempre pi spesso le campagne sono incomprensibili, autoreferenziali, dilettantesche, realizzate con improvvisazione o con una creativit iperbolica che ne vanifica lefficacia. A questo si aggiunge il problema delle sempre troppo risicate o quasi inesistenti pianificazioni media. Da analisi realizzate dalla Struttura RCS per il sociale risulta che, nonostante il considerevole ammontare di spazi gratuiti complessivamente messi a disposizione dai mezzi di comunicazione, solo pochissime campagne riescono a raggiungere la soglia minima di pressione pubblicitaria, vale a dire lindice che attesta che esse sono state viste da un numero sufficiente di persone. Da questo si evince la necessit di un organismo di indirizzo e di coordinamento. In 32 anni, le campagne realizzate o patrocinate da Pubblicit Progresso hanno il marchio di garanzia di campagne creative ma efficaci, con un retroterra di seriet e di totale professionalit.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

298

Accade dunque che, proprio su argomenti cos delicati, ci si comporti con una rozzezza raramente usata per le campagne di carattere commerciale, con il risultato di sprecare le risorse impiegate. Questo tipo di comportamento si pu certamente ascrivere alla scarsa cultura della comunicazione sociale presente nel nostro Paese, anche derivante dagli scarsi rapporti tra Universit e industria della comunicazione. A nulla servito il proliferare dei corsi di Scienze della Comunicazione. Costruiti in larga parte su basi quasi completamente teoriche, rischiano di inondare il mercato di potenziali disoccupati. La necessit di modificare Pubblicit Progresso dandole un assetto meno volontaristico e ben pi utile alla societ, nasce quindi dalla conferma delle osservazioni in parte sopra espresse: il proliferare delle iniziative di volontariato con relative richieste di finanziarne le campagne il moltiplicarsi di iniziative sociali comunicate spesso con insufficiente professionalit la crescita dellinteresse per il cause related marketing, da parte delle imprese la preparazione eccessivamente teorica fornita nei corsi universitari latteggiamento dei comunicatori professionali che troppo spesso considerano la comunicazione sociale come un territorio dove operare con una creativit libera da condizionamenti e quindi in definitiva per nulla rigorosa se si eccettua la lodevole iniziativa dellOcss, che rappresenta la prima esperienza italiana di creazione di un archivio di consultazione su esperienze italiane e straniere, lassenza di un punto di riferimento molto strutturato che miri a selezionare solo il meglio di quanto si fatto e si fa nel mondo anche e soprattutto a scopo formativo Tutto questo enorme e disordinato lavoro non affatto utile alla societ, anzi, produce un progressivo degrado del know-how delle professionalit che dovrebbero e potrebbero dedicarsi alla produzione di una comunicazione sociale sempre pi efficace.
Il pi importante centro per la comunicazione sociale in Italia

La soluzione a tutti i problemi citati pu concretizzarsi dalla trasformazione di Pubblicit Progresso in una istituzione una Fondazione dotata dei mezzi necessari che diventi un Centro permanente della Comunicazione Sociale capace di costituire ad un tempo: un centro che prosegua in forma potenziata e pi strutturata le tradizionali attivit di Pubblicit Progresso un centro di consulenza capace di intervenire sulle pi diverse attivit di Comunicazione Sociale, sia pubbliche che private
CAPITOLO

10

299

un centro che possa svolgere un ruolo di filtro professionale, aiutando associazioni, enti, fondazioni a produrre campagne effettivamente efficaci e utili alla collettivit un centro che organizzi annualmente il Festival Internazionale della Comunicazione Sociale e realizzi una mostra itinerante enucleando le campagne premiate un centro di formazione in grado di fornire moduli formativi e/o seminari a Regioni, Universit, Associazioni, Agenzie, Aziende un archivio informatico di tutta la comunicazione sociale (rilevante) del mondo dal 900 ad oggi, interrogabile tramite il pi vario e utile numero di parametri e che possa collegarsi in rete, potenziandole, con iniziative come quelle dellOcss.
LItalia, lEuropa, il Mondo

La costituzione di un tale Centro costituisce la garanzia che la definizione di Pubblicit progresso data da Philip Kotler: uniniziativa unica al mondo, continui ad essere vera. Disponendo della massa critica prevista, e basandosi sul Festival della Comunicazione Sociale, il progetto italiano costituisce gi di per s uniniziativa europea e internazionale. Grazie ai rapporti con le associazioni degli utenti e delle agenzie, la Fondazione si gemeller con iniziative simili da far germinare in alcune altre capitali dEuropa.
Un primo importante partner pubblico

Nel corso dei contatti avuti per la ricerca di possibili partner, si incontrato linteresse del Dipartimento della Protezione Civile che ha voluto, fin dora e nellauspicio di una continuit futura, stipulare una convenzione tra i due enti senza fini di lucro, nella quale si affida a Pubblicit Progresso lincarico di proporre alla Protezione Civile tutte quelle iniziative strategiche e tattiche utili a spiegare ai cittadini il lavoro del dipartimento, delle componenti che ne fanno parte, e a diffondere il valore del volontariato per la prevenzione e le emergenze. Il primo frutto di questa collaborazione stato lo spot andato in onda in luglio e agosto su tutte le reti televisive nel quale si davano indicazioni sui numeri telefonici ai quali rivolgersi in caso di necessit derivanti dai rischi dellestate, oltre a rappresentare tutte le componenti della Protezione Civile, dai Corpi dello Stato ai volontari. Altre iniziative sono allo studio, tenendo sempre presente lo scopo della costituenda Fondazione: ideare e realizzare progetti che da un lato siano sempre efficaci e costruiti con la maggiore professionalit esistente, dallaltro costituiscano un punto di riferimento per la crescita di una diffusa cultura della comunicazione presso le onlus, il sistema universitario, il mondo pubblico e quello delle imprese.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

300

CAPITOLO 2

Il quadro normativo
Giovanni Battista Garrone

Il mercato un vero mercato quando non produce solo ricchezza, ma soddisfa anche attese e valori etici. Amartya Sen

1. Premessa e posizione del tema Scopo del presente lavoro giungere a una definizione giuridica della cosiddetta comunicazione sociale, partendo dallindividuazione e dalla ricognizione delle disposizioni di legge e di regolamento che definiscono il quadro normativo entro cui la medesima opera. Il compito si rivela, prima facie, alquanto problematico. Quando, infatti, si devono elaborare definizioni nellambito dello studio e della trattazione di istituti giuridici, le alternative sono esclusivamente due. Se la definizione dellistituto data direttamente dal legislatore, ci solleva linterprete da ogni impaccio, giacch a questultimo permessa esclusivamente unopera di esegesi del dettato normativo, allo scopo di valutarne la conformit ai principi generali dellordinamento giuridico, alla Costituzione e ai principi costituzionali. Nella seconda ipotesi , al contrario, lo stesso interprete che deve ricavare tale definizione attraverso un processo logico di induzione, che muove dallesame delle norme che disciplinano una data materia, per ricavarne alcuni elementi connotatori sussumibili in unespressione di sintesi. Con riferimento al tema che ci occupa, nessuna delle due strade sopra indicate , tuttavia, percorribile. Manca, infatti, tanto una definizione legislativa, quanto un minimo di disciplina specifica, che consenta di classificare giuridicamente la comunicazione sociale rispetto alle altre forme di comunicazione.
CAPITOLO

19

Le uniche sue definizioni conosciute sono state date dalle scienze sociologiche. Queste, partendo dallosservazione di un fenomeno che si consolidato in Italia solo nellultimo decennio dello scorso secolo, hanno cercato di attribuire alla comunicazione sociale taluni specifici significati, individuandone le motivazioni, le finalit, i contenuti, i mezzi e le modalit di manifestazione, allo scopo di spiegarne lorigine, di misurarne lefficacia e di studiarne le tecniche di realizzazione. Secondo i pi accreditati studi sociologici, la comunicazione sociale un mezzo per stimolare la coscienza civile ad operare per il bene comune, promuovendo idee e valori che contribuiscano ad un effettivo progresso della societ. Come tale, la stessa si caratterizza per fornire: uninformazione imparziale su tematiche di interesse collettivo, utilizzando tecniche e canali abitualmente usati nel mondo commerciale (Sobrero). Larticolo 2 dello statuto di Pubblicit Progresso individua, tra gli scopi dellAssociazione, quello di porre la pubblicit al servizio della collettivit, mediante proprie campagne di pubblico interesse, che dimostrino lutilit di un intervento pubblicitario professionale, finalizzato alla promozione di una corretta comunicazione sociale. Per la sociologia della comunicazione, nonch per quanti operano in questo settore a livello pubblicitario, dunque chiaro che lelemento caratterizzante questa forma di comunicazione rispetto, soprattutto, a quella pubblicitaria, linteresse collettivo, quale nesso che, al contempo, costituisce causa e finalit della medesima. Al giurista, tuttavia, questo dato non basta per fondare un qualche postulato che sia esauriente al fine di una corretta definizione giuridica di che cosa la comunicazione sociale. Invero, in mancanza di norme di diritto positivo, nelle quali, direttamente oppure de relato, rintracciare elementi definitori certi, non resta che proporre e seguire un metodo di lavoro basato su parziali e progressivi approcci allo scopo finale. Innanzitutto, occorre delimitare il campo di ricerca, individuando in negativo ci che sicuramente non comunicazione sociale, in quanto presa in considerazione dal diritto positivo e disciplinata sotto altro e diverso titolo (ad esempio, comunicazione istituzionale, oppure comunicazione pubblicitaria di tipo redazionale). Solo giunti a questo punto, infatti, si potrebbe indagare, tra la vasta gamma di interessi pubblici generali, al fine di delimitare una categoria di interessi collettivi, che, con tutta probabilit, possano ritenersi costituire loggetto necessario della comunicazione sociale. Questo perch non sembra revocabile il dubbio che, mentre, da un lato, appare chiaro che la cura degli interessi pubblici compito preciP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

20

puo dei soggetti giuridici che operano nellambito del cosiddetto ordinamento pubblicistico, dallaltro lato, con riferimento al mondo dellimpresa privata, tale cura si presenta senzaltro come uneccezione. E questa eccezione, per trovare fondamento e legittimazione giuridica, non pu essere un pretesto per promuovere forme pubblicitarie mascherate che, comunque, siano finalizzate ad altro e diverso scopo, quale, ad esempio, il profitto: elemento, questo, che, come noto, serve a caratterizzare e giustificare la comunicazione dimpresa, istituzionale oppure pubblicitaria. In questo contesto, la ricerca dovr essere indirizzata su due distinti percorsi, analizzando sia il mondo dei soggetti pubblici, sia quello dei soggetti privati. Quindi, dopo aver rintracciato e descritto una serie di coordinate entro le quali gli attori della comunicazione sociale sono chiamati ad operare, si potr cercare di definire in positivo vincoli normativi idonei a connotare le responsabilit, gli obblighi eventualmente, anche i margini di libert di cui dispongono i soggetti pubblici e, a certe condizioni, anche i soggetti privati che operano nel settore. 2. Comunicazione sociale e soggetti pubblici 2.1 Definizione delloggetto dellindagine In assenza, come gi stato rilevato nelle premesse, di una disciplina specifica della comunicazione sociale, lindagine del giurista non pu che procedere per progressive approssimazioni. Innanzitutto occorre individuare gli elementi che possono caratterizzare il fenomeno in epigrafe sotto il profilo giuridico; gli stessi vanno, poi, esaminati sulla base delle norme vigenti in materia di comunicazione in generale, allo scopo di isolare, nel vasto campo del cosiddetto diritto dellinformazione, i parametri normativi di riferimento da ritenersi operanti nella materia che qui interessa. A tal fine, la focalizzazione delloggetto di studio deve necessariamente muovere da una preliminare, sommaria delimitazione del campo di indagine. Questa operazione, come del resto tutte le scelte metodologiche, presenta inevitabilmente un elevato margine di discrezionalit. Si tratta, infatti, di attribuire, per prima cosa, un significato lato sensu giuridico a quelli che si presentano come i contenuti tipici e le finalit proprie di questo tipo di comunicazione. In questa prospettiva, sembra in primo luogo utile ragionare sulluso dellattributo sociale. La portata semantica del termine richiama tutto ci che connota la
CAPITOLO

21

categoria giuridica degli interessi collettivi (tali perch riferibili ad una pluralit di individui che si identificano in un contesto unitario la societ e, attraverso questa, in un sistema di valori generalmente condiviso). Gli interessi collettivi appartengono esclusivamente al campo degli interessi pubblici e, in quanto tali, in considerazione della loro valenza superindividuale e della loro pubblica utilit, sono, per definizione, scevri da contenuti di natura squisitamente economico-commerciale. Questa considerazione consente, gi in prima battuta, di separare nettamente la comunicazione sociale da quella commerciale: la prima utilizzata per trasmettere messaggi di utilit generale; la seconda ispirata da intenti utilitaristici e da interessi particolari. La distanza tra le due forme di comunicazione , del resto, intuitiva. La comunicazione commerciale, funzionale allattivit di impresa e contraddistinta dalla finalit di lucro (Cass. civ., Sez. I, 23.11.1999, n. 12993, secondo cui scopo tipico della comunicazione di impresa in forma di pubblicit commerciale ottenere un incremento dei profitti attraverso la sollecitazione della domanda e dei consumi), volta esclusivamente alla commercializzazione di prodotti o di servizi. In essa, pertanto, la rappresentazione di comportamenti umani, talvolta utilizzata per contestualizzare il messaggio commercile in situazioni di vita reale (spesso, peraltro, con caratteristiche ideali, pur nella verosimiglianza al quotidiano), costituisce solo un modo per veicolare lo stimolo allacquisto rivolto al consumatore. Le campagne di comunicazione sociale sono costruite, viceversa, non su prodotti da vendere, ma su temi che rivestono interesse e utilit per tutti i consociati e al contempo promuovono valori da considerarsi fondanti la coesione e lo sviluppo etico e sociale della comunit civile. Nella comunicazione sociale, dunque, i comportamenti umani costituiscono essi stessi il contenuto proprio del messaggio, nella misura in cui questultimo mira a promuoverli o a modificarli per il bene comune. La dimostrata diversit ontologica tra comunicazione dimpresa e comunicazione sociale conduce ad un primo risultato, quello, cio, di escludere la diretta attinenza alla seconda di tutte quelle disposizioni, sia nazionali sia comunitarie che, da una parte, disciplinano i rapporti tra le aziende (divieto di concorrenza sleale mediante denigrazione dei prodotti altrui; confusione di marchi; danno allimmagine; appropriazione di pregi), dallaltra, tutelano i consumatori (divieto di pubblicit ingannevole, subliminale o redazionale; limiti alla pubblicit comparativa). Invero, i limiti che il legislatore pone alla comunicazione commerciale sono ispirati, principalmente, a due esigenze: mantenere il confronto tra i diversi soggetti economici su di un piano di equit e di correttezza (Garrone) e a ci sono preposte le disposizioni sul divieto di concorrenza
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

22

sleale di cui allarticolo 2598 e segg. del Codice civile e proteggere i consumatori dai pregiudizi loro derivanti da uninformazione non veritiera o non trasparente. Sotto questultimo profilo, le norme in materia di pubblicit commerciale, introdotte nel nostro ordinamento in epoca abbastanza recente (cfr. la legge 6 agosto 1990, n. 223 e il d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, integrato e modificato dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 67), sono sorrette da una medesima ratio: impedire che la pubblicit, straripando dalla funzione tipica di presentazione di prodotti da vendere al pubblico, distorca le informazioni, crei condizionamenti, susciti bisogni inesistenti, determini emulazione rispetto a modelli di vita consumistici, al fine di indurre gli individui, in modo non trasparente, a operare scelte non coscientememte autodeterminate. Il bene giuridico tutelato , quindi, la libert di scelta e di autodeterminazione dellindividuo. Siffatto pericolo di condizionamenti, intrinseco alla comunicazione dimpresa, viceversa estraneo alla comunicazione sociale. In questa, se lintento di orientare le opzioni comportamentali degli individui esiste, esso , tuttavia, del tutto coerente con la funzione, per cos dire educativa, che le campagne sociali assumono come propria. Quanto appena rilevato, consente, dunque, di restringere la ricerca, che qu si conduce, ai principi e alle disposizioni pubblicistiche che regolano la materia dellinformazione, escludendo, per le ragioni sopra illustrate, quelle specificamente concernenti la pubblicit commerciale. 2.2 Comunicazione pubblica e comunicazione sociale Pervenuti a questa prima delimitazione dellambito di indagine, occorre poi sgomberare il campo anche da quelle altre forme di comunicazione rispetto alle quali, pur essendo elemento comune tanto lassenza di uno scopo di lucro, quanto la prevalenza di fini di utilit generale, esiste, a differenza che per la comunicazione sociale, una disciplina di diritto positivo. , ad esempio, comunicazione priva di finalit economico-commerciale la cosiddetta comunicazione politica, il cui proprium consiste nellattivit di informazione posta in essere dai partiti e dai movimenti politici che, soprattutto in periodo elettorale, vogliono far conoscere agli elettori la propria linea politica, i propri candidati e programmi o, anche al di fuori di tale periodo, intendono manifestare la propria posizione su temi che interessano la scena politica del Paese. Elemento caratterizzante della comunicazione politica sembra essere la prospettiva, inevitabilmente di parte, con la quale i messaggi sono proposti al pubblico, pur nei limiti della correttezza e della trasparenza
CAPITOLO

23

che sempre devono ispirare i rapporti politici in un regime democratico (art. 49 Cost.). Nulla esclude che la comunicazione politica possa avere ad oggetto anche temi di rilevanza sociale, suscettibili, tuttavia, di controversia e, in quanto tali, caratterizzanti programmi politici contrapposti, sicch la trattazione dei medesimi in un modo piuttosto che in un altro porta alla loro identificazione con gruppi, partiti o schieramenti politici diversi, escludendo la possibilit di una trattazione univoca e, per cos dire, universalmente condivisa. La comunicazione sociale non , in alcun modo, identificabile con questa forma di comunicazione, che trova compiuta disciplina nella legge 22 febbraio 2000, n. 28. Le campagne di promozione sociale ad oggi realizzate si caratterizzano, infatti, per la trattazione di temi non controversi o quanto meno non sussumibili nel programma politico di una sola parte. Ne consegue che le norme della legge n. 28/2000, dirette principalmente a garantire la par conditio nellaccesso ai mezzi di comunicazione e nella riserva di spazi di informazione a tutte le contrapposte forze politiche, non hanno alcuna attinenza con la comunicazione sociale e non possono ritenersi ad essa applicabili. Unaltra forma di comunicazione, cui sono estranei fini diretti di commercializzazione di prodotti o servizi, la cosiddetta comunicazione istituzionale. Questultima pu definirsi, nella sua accezione propria, come unattivit di informazione rivolta al pubblico avente ad oggetto la presentazione di un ente, finalizzata a renderne nota ai consociati lesistenza, le caratteristiche, lattivit svolta. Essa mira a fornire uninformazione che potremmo definire neutra, priva cio di intenti persuasivi in senso forte, come invece tipico della comunicazione sociale e, per natura e scopi, la sua utilizzazione consentita sia ai soggetti pubblici sia a quelli privati, lucrativi e non, anche se la normativa di riferimento (legge 7 giugno 2000, n. 150, recante in rubrica: Disciplina delle attivit di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) rivolta ai soli enti pubblici. Ai sensi dellarticolo 1, comma 4, della legge n. 150, sono considerate attivit di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere, in Italia o allestero, dalle pubbliche amministrazioni e dirette a fornire: a) linformazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici b) la comunicazione esterna, rivolta ai cittadini, alle collettivit e ad altri enti, attraverso ogni modalit tecnica e organizzativa c) la comunicazione interna, realizzata nellambito di ciascun ente.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

24

Secondo il dettato normativo, le suddette attivit di informazione e di comunicazione sono finalizzate a: a) favorire la conoscenza delle disposizioni normative dettate dai singoli enti, allo scopo di facilitarne lapplicazione b) illustrare le attivit delle istituzioni e il loro funzionamento c) migliorare laccesso e la fruibilit dei servizi pubblici, promuovendone la conoscenza d) accrescere la semplificazione delle procedure e la modernizzazione delle strutture e) promuovere limmagine delle Amministrazioni, nonch quella dellItalia in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilit ad eventi di importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale. questa la comunicazione istituzionale in senso stretto, non arricchita, cio, da contenuti etici o pedagogici, ma limitata alla trasmissione di informazioni quali lesistenza, le attivit tipiche e il funzionamento di enti e strutture. La comunicazione sociale, dunque, quanto a contenuti, si distingue tanto dalla comunicazione politica, di cui si detto sopra, quanto da quella istituzionale in senso stretto appena illustrata. La distinzione emerge anche sotto lulteriore profilo delle finalit. La comunicazione politica uno degli strumenti di cui si avvalgono i soggetti politici e in particolare i partiti per assolvere alla loro funzione tipica di raccolta dei consensi, necessaria per promuovere e realizzare un determinato programma politico. La comunicazione istituzionale serve a far conoscere attribuzioni e funzionamento degli enti pubblici, in unottica di trasparenza, di partecipazione del cittadino e di democraticit nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, nonch di promozione dellimmagine dellAmministrazione stessa, che tende sempre meno a proporsi come Autorit e sempre pi come erogatrice di servizi. La comunicazione sociale assume, al contrario, sia una valenza super partes che la distingue da quella politica, sia un valore aggiunto rispetto alla semplice informazione strumentale, allinterazione Stato-cittadini, propria della comunicazione istituzionale. Questo valore aggiunto lintento, intrinseco in ogni campagna che abbia ad oggetto abitudini, comportamenti umani o modi di vita, di modificare determinati atteggiamenti degli individui e dei gruppi sociali in direzione di benefici per il singolo (si pensi, ad esempio, alle campagne di prevenzione e di salvaguardia della salute, o di prevenzione dei rischi della strada, ecc.) e per la societ (in termini di riduzione dei costi sociali delle malattie, degli infortuni, ecc.). La comunicazione sociale, dunque, una forma di comunicazione pubblica
CAPITOLO

25

(cio di pubblico interesse), non lucrativa che, tuttavia, si discosta da quelle specificamente disciplinate dalla legge, che si sono sopra indicate. Sin qui le distinzioni possibili sul piano dei contenuti e delle finalit. Quanto ai soggetti, niente esclude che le campagne sociali, per la trasversalit dei loro contenuti, possano essere organizzate, promosse e gestite tanto da enti pubblici, quanto da privati. Va da s che la natura giuridica degli attori non pu essere priva di conseguenze sul piano dei principi e della disciplina applicabile che si vuole, con il presente contributo, ricostruire. pertanto opportuna, sotto questo profilo, una trattazione che tenga conto della distinzione tra pubblico e privato. 2.3 Gli enti pubblici e la comunicazione sociale Iniziamo dunque con lanalisi della comunicazione sociale realizzata dallo Stato e dagli altri enti pubblici. In merito, gli unici spunti normativi di una qualche utilit, ai fini della presente ricerca, si possono rintracciare nella gi citata legge n. 150/2000 sulla comunicazione istituzionale. Larticolo 1, comma 4, della stessa individua, infatti, tra le finalit cui si deve ispirare lattivit di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, anche quella di promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale. Non sembra che questa finalit rientri, a rigore, tra quelle proprie della comunicazione istituzionale in senso stretto. La diffusione di conoscenze su temi di rilevante interesse pubblico e sociale sembrerebbe, piuttosto, avere a che fare con la comunicazione sociale, cos come comunemente intesa. Nellambito delle attivit di comunicazione disciplinate dalla legge n. 150, si potrebbe enucleare, distinguendola dalla comunicazione sociale vera e propria, una seconda forma di comunicazione, rappresentata da quelli che, nella terminologia utilizzata dal legislatore, sono definiti, genericamente: messaggi di utilit sociale e di pubblico interesse . Ci consentirebbe di individuare nella legge n. 150 la principale fonte normativa, dalla quale ricavare una disciplina della comunicazione sociale, quando questa sia realizzata da soggetti pubblici. Dalla sussunzione dei messaggi di interesse politico-sociale nellambito delle attivit di informazione e di comunicazione si pu, infatti, argomentare a favore dellapplicazione della legge sulla comunicazione istituzionale alle campagne di comunicazione sociale poste in essere dalle pubbliche amministrazioni. Per queste ultime, in ragione del richiamo che il legislatore fa allarticolo 1, comma 2, del d.lgs. 3.2.1993, n. 29 (ora art. 1 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), sono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

26

istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello stato a ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunit montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, larticolo 1, comma 6, della legge 7 giugno 2000, n. 150 fonda la regola secondo la quale le attivit di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicit, sponsorizzazioni e offerte al pubblico. Lesclusione, se riferita indistintamente a tutte le attivit di comunicazione disciplinate dalla legge, appare invero alquanto generica. La pubblicit, infatti, conosce, nel quadro legislativo attuale, sia limiti di ordine generale, derivanti dai fondamentali obblighi di onest, veridicit, correttezza, rispetto della persona umana e divieto di discriminazione, posti tanto dalle leggi vigenti, quanto dal Codice di autodisciplina pubblicitaria, sia precetti specifici riferiti alle modalit di realizzazione e diffusione dei messaggi. Ora, non si pu certo ritenere che i primi, considerato il loro contenuto di salvaguardia di valori fondamentali dellindividuo, non operino, almeno in parte, con riferimento alla comunicazione istituzionale e sociale. Sicuramente non vanno tralasciati limiti e doveri, concernenti soprattutto i contenuti e le modalit della programmazione televisiva, espressi dalle norme a tutela dei minori presenti nel gi citato Codice di autodisciplina pubblicitaria e nelle diverse leggi sul sistema radiotelevisivo. In particolare, larticolo 10 della recente legge 3 maggio 2004, n. 112 (legge Gasparri) rinvia, in materia di tutela dei minori, alle disposizioni del Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29.11.2002 e questultimo, relativamente alla pubblicit, stabilisce quanto segue: Le imprese televisive si impegnano a controllare i contenuti delle pubblicit, dei trailer e dei promo dei programmi, e a non trasmettere pubblicit e autopromozioni che possano ledere larmonico sviluppo della personalit dei minori o che possano costituire fonte di pericolo fisico o morale per i minori stessi . Il codice distingue tre livelli di protezione. Un primo livello, dordine generale (art. 4.2), si applica indistintamente a tutte le fasce orarie e vieta la presentazione di messaggi pubblicitari con determinati contenuti o determinate forme. Un secondo livello, di protezione rafforzata (art. 4.3), disciplina le fasce orarie in cui si presume la presenza allascolto di adulti accanto ai minori, durante le quali non saranno trasmesse pubblicit direttamente rivolte ai minori, che contengano situazioni che possano costituire pregiudizio per lequilibrio psichico e morale dei medesimi .
CAPITOLO

27

Un terzo livello, di protezione specifica (art. 4.4), pone, infine, ulteriori obblighi e divieti per le fasce orarie in cui, viceversa, presumibile lassenza di adulti accanto ai minori allascolto. Le disposizioni del codice sono esplicitamente rivolte alla pubblicit commerciale. Tuttavia, la ratio che le ispira, in quanto mirata allesigenza di tutelare la crescita dei minori, preservandoli da messaggi forti che potrebbero turbarli, appare imprescindibile anche per le campagne di comunicazione sociale, specie quando la delicatezza dei temi trattati sia tale da impressionare facilmente personalit ancora in formazione (si pensi, ad esempio, alle campagne sulla disabilit, sulla mortalit da incidenti stradali, sulla droga, sullAIDS). quindi logico ritenere che le disposizioni di cui sopra valgano, quanto meno come linee guida o come norme di principio, anche per forme di comunicazione diverse da quella commerciale. Lesclusione di cui allarticolo 1, comma 6, della legge n. 150/2000, dovr, allora, essere ragionevolmente limitata alle norme di dettaglio, che disciplinano la trasmissione dei messaggi pubblicitari sotto altro e diverso profilo. Si vedano, ad esempio, le regole enunciate nellarticolo 8, commi 3 e seguenti, della legge 6 agosto 1990, n. 223 sul sistema radiotelevisivo (legge Mamm), come modificato dallarticolo 13 della gi citata legge 3 maggio 2004, n. 112 (legge Gasparri), dirette a vietare la pubblicit radiofonica e televisiva dei medicinali e delle cure mediche disponibili unicamente con ricetta medica (comma 5); a limitare la trasmissione di messaggi pubblicitari ad una percentuale dellorario settimanale di programmazione e di ogni ora, con valori diversi per la concessionaria pubblica e per i concessionari privati (comma 6); a determinare il tempo massimo di trasmissione quotidiana dedicato alla pubblicit, comprendente spot e offerte al pubblico (comma 9 bis); a dettare una serie di criteri cui devono attenersi i programmi sponsorizzati, quali il divieto di influenza dello sponsor sui contenuti, lobbligo di riconoscibilit dei medesimi, il divieto di induzione diretta allacquisto e quello di sponsorizzazione di determinati prodotti (sigarette, superalcolici, medicinali) (commi 13, 14). Linapplicabilit di questi limiti alla comunicazione sociale, realizzata dalle pubbliche amministrazioni sotto forma di pubblicit, trova del resto conferma nel disposto dellarticolo 3 della legge n. 150/2000, secondo cui la trasmissione di messaggi di pubblico interesse o di utilit sociale risponde ad altri limiti, suoi propri. Leccezione di cui allarticolo 1, comma 6, appena commentata, opera per tutte le attivit di informazione e comunicazione disciplinate dalla legge stessa.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

28

Anche le disposizioni dellarticolo 2 vanno riferite a tutte le attivit di comunicazione, senza distinzioni di sorta. Esse, quanto alle forme della comunicazione, affermano che: le attivit di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicit, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, lorganizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi . Quanto ai mezzi, le stesse norme precisano che le attivit di cui sopra, possono essere attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata ed i sistemi telematici multimediali. Dalle disposizioni in epigrafe si ricava che le campagne di comunicazione delle pubbliche amministrazioni possono essere a carattere pubblicitario (e, in questo caso, prende valore leccezione di cui allarticolo 1, comma 6), oppure a carattere non pubblicitario. Sul piano dei contenuti, invece, il successivo articolo 3 distingue tra messaggi di utilit sociale e messaggi di pubblico interesse, prendendo in considerazione la loro trasmissione, in forma pubblicitaria e non, attraverso il mezzo radiotelevisivo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri determina, per entrambe le tipologie, i messaggi che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo pu trasmettere a titolo gratuito. Alla trasmissione dei messaggi di pubblico interesse sono riservati tempi non eccedenti il 2% di ogni ora di programmazione e l1% dellorario settimanale di programmazione di ciascuna rete. Le emittenti private hanno facolt, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti. Quanto ai messaggi di utilit sociale, le concessionarie radiotelevisive e le societ autorizzate possono trasmetterli, per finalit di esclusivo interesse sociale, fatto salvo quanto stabilito dalla presente legge e dalle disposizioni relative alla comunicazione istituzionale non pubblicitaria. Si sottolinea anche che questi ultimi non rientrano nel computo degli indici di affollamento giornaliero e orario. I messaggi, tuttavia, non possono occupare pi di 4 minuti di programmazione per ogni giorno di trasmissione per singola concessionaria e il loro costo, qualora non gratuiti, non pu essere superiore al 50% del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria. La legge non chiarisce che cosa debba intendersi per messaggio di pubblico interesse e messaggio di utilit sociale, n quale sia la differenza tra le due tipologie.
CAPITOLO

29

Basandosi sul significato letterale delle parole, le campagne di comunicazione sociale potrebbero ritenersi comprese tanto nella prima categoria, perch avulse da interessi di parte, quanto nella seconda, in ragione dei contenuti e delle finalit che le caratterizzano. Tuttavia, la differenziazione di disciplina tra i due tipi di messaggi impone allinterprete di individuare quali disposizioni valgano in concreto per la comunicazione sociale. Distinguere caso per caso quali messaggi si debbano intendere di interesse pubblico, e quindi soggetti alle prescrizioni degli ultimi due commi dellarticolo 3 della legge n. 150/2000, di fatto impossibile, in mancanza di criteri oggettivi di classificazione predeterminati dal legislatore. Limpasse potrebbe allora essere superato, avvalendosi della distinzione qui proposta tra comunicazione istituzionale in senso stretto e comunicazione sociale. Si potrebbe, cio, sostenere che, nel contesto della legge n. 150/2000, i messaggi di pubblico interesse coincidono con le informazioni riguardanti esclusivamente la promozione dellimmagine e dellattivit delle pubbliche amministrazioni ex articolo 1, comma 5, lettere a), b), c), e), f) (comunicazione sociale in senso stretto), mentre rientrano tra i messaggi di pubblica utilit sociale le attivit di informazione recanti contenuti diversi ed ulteriori, ispirati cio alle finalit di cui alla lettera d), qui individuati come forme di comunicazione sociale. Se cos fosse, allora le regole cui gli enti pubblici devono attenersi nella realizzazione delle campagne di informazione sociale, sarebbero solo quelle di cui alla seconda parte dellarticolo 3. In altri termini, per la comunicazione sociale in forma pubblicitaria non varrebbero i limiti relativi agli indici di affollamento giornaliero e orario, ma solo il limite massimo dei 4 minuti per ogni giorno di programmazione. 2.4 Il ruolo del servizio radiotelevisivo Anche per quanto gi osservato in precedenza, non sembra revocabile il dubbio che il servizio radiotelevisivo sia direttamente coinvolto nella trasmissione delle campagne di comunicazione sociale. quindi opportuno esaminare brevemente quali sono, in questa materia, gli obblighi e le prerogative della concessionaria pubblica e delle imprese radiotelevisive private. La recente legge n. 112/2004 detta alcune norme di principio cui deve ispirarsi tutta lattivit radiotelevisiva, da qualsiasi emittente esercitata. Per quanto qui interessa, larticolo 6, comma 4, specifica che la presente legge individua gli ulteriori e specifici compiti e obblighi di pubblico servizio
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

30

che la societ concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo tenuta ad adempiere nellambito della sua complessiva programmazione, anche non informativa, ivi inclusa la produzione di opere audiovisive europee realizzate da produttori indipendenti, al fine di favorire listruzione, la crescita civile e il progresso sociale, di promuovere la lingua italiana e la cultura, di salvaguardare lidentit nazionale e di assicurare prestazioni di utilit sociale. Ai principi della legge si aggiungono le disposizioni del contratto di servizio 2003-2005 stipulato tra il Ministero delle Comunicazioni e la RAI. Il suddetto contratto, tra laltro, contiene specifici riferimenti alla comunicazione sociale. Si legge, allarticolo 7: La RAI si impegna a promuovere e valorizzare, in tutta la sua offerta di programmazione multimediale, la comunicazione sociale e la conseguente rappresentazione delle pluralit della realt sociale, con particolare attenzione alle persone, gruppi e comunit con bisogni speciali negli ambiti specifici legati ad ambiente, salute, qualit della vita dei consumatori, diritti e doveri civici, sport sociale, disabilit, nuove emergenze e mondo del lavoro, immigrazione, integrazione e multiculturalismo, pari opportunit e anziani. La RAI si impegna altres a definire e realizzare attivit e iniziative specifiche volte a sviluppare lattenzione e la sensibilizzazione del pubblico in merito alle suddette tematiche, anche attraverso la definizione di nuovi linguaggi mediali efficaci in termini di ascolto. E, ancora: La RAI si impegna...alla ideazione, realizzazione, diffusione di programmi specifici diretti al contrasto e alla prevenzione della pedofilia, della violenza sui minori e alla prevenzione delle tossicodipendenze e alla conoscenza delle conseguenze prodotte dalluso di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonch al costo sociale che tali fenomeni comportano per la collettivit. La responsabilit aziendale della comunicazione e programmazione sociale della RAI fa capo al Segretariato Sociale, organo cui spetta il compito di definire, proporre e realizzare le iniziative sulle tematiche sociali sia allesterno che allinterno della programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche in collaborazione con le associazioni e le istituzioni preposte. La RAI, dunque, attraverso il Segretariato Sociale, opera sia come promotrice sia come strumento per la comunicazione sociale. In questottica, essa viene ad interagire con altre associazioni o istituzioni tanto pubbliche, quanto private. Negli anni, numerose sono state le campagne promosse o veicolate dal Segretariato Sociale, anche attraverso la formazione dei cosidetti codici, realizzati con partner competenti, come strumento di conoscenza e approfondimento su argomenti di carattere sociale e legati al ruolo del servizio pubblico. Anche Mediaset possiede una struttura interna, la Direzione Creativa e Coordinamento Immagine, cui dal 2003 affidata la comunicazione
CAPITOLO

31

sociale e che svolge attivit di consulenza alle associazioni private e alle organizzazioni umanitarie circa le strategie di realizzazione delle campagne di informazione. Mediaset, inoltre, ospita le campagne pubblicitarie delle organizzazioni umanitarie, mettendo loro a disposizione spazi gratuiti offerti da ciascuna delle tre reti. Infine, per le associazioni pi meritorie, e con pochi mezzi economici, la Direzione creativa realizza, direttamente e a proprie spese, le campagne pubblicitarie stesse. 2.5 Le iniziative di comunicazione delle Amministrazioni dello Stato A conclusione del presente contributo, opportuno tornare sulla legge n. 150/2000 anche per evidenziare, per ragioni di completezza di trattazione, che il suo capo II contiene disposizioni particolari per le amministrazioni dello Stato. Larticolo 11 prevede che queste elaborino annualmente il programma delle iniziative di comunicazione che intendono realizzare nellanno successivo. Il programma deve essere comprensivo dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario, sulla base delle indicazioni metodologiche del Dipartimento per lInformazione e lEditoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Iniziative di comunicazione non previste dal suddetto programma possono essere realizzate soltanto per particolari e contingenti esigenze sopravvenute nel corso dellanno. Il Dipartimento per lInformazione e lEditoria svolge funzioni di centro di orientamento e consulenza per le amministrazioni statali ai fini della messa a punto dei programmi e delle procedure, anche fornendo i supporti organizzativi alle amministrazioni che ne facciano richiesta, e sviluppa adeguata attivit di conoscenza dei problemi della comunicazione pubblica presso le amministrazioni. il Dipartimento a stipulare, con i concessionari di spazi pubblicitari, accordi quadro nei quali sono definiti i criteri di massima delle inserzioni radiofoniche, televisive o sulla stampa, nonch le relative tariffe. Diverso dal programma il Piano di comunicazione, predisposto annualmente dal Dipartimento ed approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Una sua copia trasmessa alle amministrazioni, ciascuna delle quali realizza il piano per la parte di specifica competenza, anche avvalendosi della collaborazione del Dipartimento per lInformazione e lEditoria (comma 2). Per quanto concerne i cosidetti progetti di comunicazione a carattere pubblicitario, larticolo 13 dispone che le amministrazioni dello Stato sono tenute a inviare al Dipartimento per lInformazione e lEditoria, ai fini della formulazione di un preventivo parere, i progetti di comunicazione a carattere pubbliciP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

32

tario che prevedono la diffusione dei messaggi sui mezzi di comunicazione di massa. I progetti di cui al comma 1 devono, in particolare, contenere indicazioni circa lobiettivo della comunicazione, la copertura finanziaria, il contenuto dei messaggi, i destinatari e i soggetti coinvolti nella realizzazione. Deve, inoltre, essere specificata la strategia di diffusione come previsione delle modalit e dei mezzi ritenuti pi idonei al raggiungimento della massima efficacia della comunicazione. Per le campagne di comunicazione a carattere pubblicitario, le amministrazioni dello Stato tengono conto, ove possibile, in relazione al tipo di messaggi e ai destinatari, anche delle testate italiane allestero. Altre disposizioni si occupano, infine, del finanziamento dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario e disciplinano le modalit di scelta dei soggetti professionali esterni cui affidare la realizzazione dei progetti medesimi, precisando che questa scelta deve avvenire nel rispetto delle regole dellevidenza pubblica, cio mediante procedure di gara e rinviando, per la fissazione in concreto dei criteri di individuazione dei soggetti professionali da invitare, alle procedure di selezione, al regolamento di attuazione della legge n. 150/2000, approvato con d.pres. 20 settembre 2001, n. 403. Questi aspetti della disciplina interessano in modo particolare i soggetti privati, i quali, in qualit di affidatari della progettazione e realizzazione delle campagne, divengono cos, anche se in modo non diretto, protagonisti della comunicazione sociale, come sar meglio chiarito nel capitolo che segue. 3. Comunicazione sociale e soggetti privati 3.1 Considerazioni introduttive Completato il quadro normativo relativo al ruolo delle pubbliche amministrazioni nella comunicazione sociale, bisogna adesso passare a esaminare, in questo stesso ambito, ruolo e funzioni degli operatori privati. Un dato emerge con immediatezza ed quello relativo alla peculiare natura giuridica degli operatori privati da cui, di regola, provengono le campagne di comunicazione sociale a iniziativa non pubblica. Infatti, come gi osservato, se si considerano le finalit, non certamente commerciali, della comunicazione sociale, che volta a promuovere non prodotti, beni o servizi, bens valori e ideali di comportamento relativamente condivisi, non si pu che concludere che questa forma di comunicazione poco o nulla tollera lo scopo lucrativo degli enti privati a natura commerciale. Per tale ragione, considerando il settore privato, occorre individuare preliminarmente una netta linea di divisione fra gli enti a carattere commerciale e quelli a carattere non lucrativo.
CAPITOLO

33

Con riguardo alla seconda categoria, pu assumersi come modello di riferimento, linfinita variet di organizzazioni senza scopo di lucro, in particolare quelle che la legge chiama con il nomen iuris di ONLUS. Laccennata distinzione consente di organizzare il discorso circa la posizione dei soggetti privati nelle campagne di comunicazione sociale, evidenziando le differenti modalit di approccio e le diverse finalit con cui i soggetti privati delle due categorie indicate pongono in essere la comunicazione sociale, o ad essa collaborano. Posta questa premessa di ordine ideologico, occorre anche chiarire subito che, a differenza di quanto accade come si visto in precedenza per le pubbliche amministrazioni, nel settore privato manca una legge generale di riferimento su contenuti, forme, limiti e finalit della comunicazione sociale. Inoltre, anche in questo caso, dobbligo sottolineare lassenza di una definizione normativa del concetto di comunicazione sociale viceversa, oramai ampiamente entrato nel linguaggio degli operatori del settore e destinato a conquistare anche il linguaggio comune e, dunque, la necessit di affidare agli studi sociologici (Gadotti, Mancini) il compito di fare emergere i tratti caratterizzanti di questo peculiare tipo di comunicazione rivolta alla societ e caratterizzata da un intento di utilit sociale. Il giurista, per parte sua, non pu che adottare un metodo di studio basato sullanalisi degli scarni dati normativi esistenti, da cui ricavare la cornice di limiti entro i quali gli operatori privati possono muoversi nel fare comunicazione sociale. 3.2 Gli enti privati commerciali e la comunicazione sociale Il rapporto tra le imprese a carattere commerciale e la comunicazione sociale reso difficile dallassenza, in questa forma di comunicazione rivolta al pubblico, di finalit di persuasione allacquisto di prodotti o servizi. Le imprese commerciali non sono per loro natura indotte a fare comunicazione sociale, non prospettando questultima guadagni e utili. Preso atto di questa palese evidenza, tuttavia possibile rilevare alcune ipotesi di coinvolgimento di imprese private nella comunicazione sociale. Le situazioni da considerare riguardano: a) i soggetti privati ai quali le pubbliche amministrazioni affidano la presentazione e la realizzazione di campagne di comunicazione sociale b) le imprese commerciali coinvolte, in qualit di sponsor, in iniziative di comunicazione sociale di pubbliche amministrazioni (o enti privati non lucrativi)
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

34

c) le imprese private operanti nel settore della teleradiodiffusione, delleditoria cartacea e di quella telematica, coinvolte nella predisposizione di spazi e di supporti tecnici alla diffusione di campagne di comunicazione sociale realizzate da pubbliche amministrazioni (o enti privati non lucrativi). Del tutto residuale, se non ipotetico allo stato dei fatti , invece, il caso di imprese commerciali che promuovano, finanzino e realizzino campagne di vera e propria comunicazione sociale, cio sganciate dalla promozione diretta dei beni che producono o dei servizi che erogano. Pu accadere, infatti, che imprese private assumano iniziative di informazione e sensibilizzazione della collettivit su determinate problematiche comportamentali. Lesperienza comune dimostra, tuttavia, che queste campagne sono palesemente volte a pubblicizzare quanto prodotto dalle aziende medesime, costituendo cos nullaltro pi che una efficace tecnica di marketing. Non costituiscono, daltro canto, iniziative di comunicazione sociale quelle volte a far conoscere al pubblico lo stato di salute finanziaria dellazienda, le modalit e le tecniche di produzione, le eventuali iniziative in campo umanitario e quantaltro possa riferirsi ad una promozione di immagine dellazienda stessa. Da quanto precede, emerge come sia molto pi frequente il coinvolgimento indiretto delle imprese commerciali in iniziative di comunicazione sociale e come, al contrario, i legittimi protagonisti della comunicazione sociale siano le pubbliche amministrazioni e, per il settore privato, le organizzazioni di volontariato e, pi in generale, le ONLUS. 3.3 Le imprese affidatarie di campagne di comunicazione sociale promosse da pubbliche amministrazioni Per quanto concerne le norme che disciplinano le diverse ipotesi di rapporto tra comunicazione sociale e imprese commerciali, occorre prendere le mosse dal gi citato d. pres. 21 settembre 2001, n. 403, che contiene il regolamento sui criteri per lindividuazione dei soggetti professionali esterni da invitare alle procedure di selezione per realizzare comunicazioni istituzionali a carattere pubblicitario. Come precisa larticolo 1, comma 1, lett. e), per iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario si intendono le iniziative di comunicazione (elencate dallart. 1, comma 4, della legge n. 150/2000) volte a dare diffusione e informativa pubblica alle attivit delle amministrazioni dello Stato attraverso lutilizzo dei mezzi di comunicazione di massa, ivi comprese le affissioni. Il concetto di comunicazione istituzionale qui ripreso , dunque, quello ampio che emerge dallart. 1, comma 4, della legge n. 150, dal
CAPITOLO

35

quale possibile enucleare come illustrato nel paragrafo precedente una comunicazione istituzionale in senso stretto, in contrapposizione alla vera e propria comunicazione sociale attinente a messaggi di utilit sociale o di pubblico interesse. I soggetti privati ammessi a partecipare alle procedure di selezione disciplinate, salvo regole particolari recate dal d. pres. in esame, dalla normativa in materia di affidamento di appalti di pubblici servizi devono operare nei settori della comunicazione o della pubblicit ed avere carattere di impresa individuale, societ di persone o di capitali, raggruppamento temporaneo di imprese. Nel caso di affidamento di iniziative di importo inferiore a 130.000 DSP (diritti speciali di prelievo), previsto il ricorso a una procedura negoziata normata dallarticolo 5, del quale rilevante in questa sede il comma 5, relativo ai contenuti della lettera di invito. Essa deve, in particolare, specificare: loggetto della campagna di comunicazione istituzionale (lett. a); gli obiettivi, i destinatari, il linguaggio e il tono della campagna (lett. b); gli strumenti e le modalit di comunicazione (lett. c); eventuali ulteriori informazioni sulliniziativa di comunicazione (lett. e). Il successivo articolo 6 sancisce, per tutte le procedure di affidamento, il criterio di aggiudicazione basato sullofferta economicamente pi vantaggiosa, elencando, in ordine decrescente di importanza, i seguenti parametri: a) rispondenza agli obiettivi di comunicazione precisati sulla lettera di invito b) qualit del progetto creativo, con particolare riferimento allefficacia del messaggio di comunicazione c) prezzo. Dal d. pres. ora esaminato emerge limportanza che riveste, al di l dei costi di realizzazione della campagna di comunicazione sociale, lidoneit della medesima a raggiungere in maniera efficace la collettivit, avvalendosi anche dei meccanismi di persuasione collaudati dalla pubblicit tradizionale. 3.4 Gli altri casi di coinvolgimento di imprese private commerciali in iniziative di comunicazione sociale Le restanti ipotesi di contatto tra imprese private commerciali e comunicazione sociale non godono, in linea di principio, di una normativa ad hoc. Fanno eccezione, come indicato nel paragrafo precedente, le imprese radiotelevisive private per le quali sussistono regole specifiche in materia di pubblicit relative a contenuti vietati e indici di affollamento
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

36

sancite dalla legge n. 223 del 1990 e dalla legge n. 112 del 2004, con particolare riguardo anche ai messaggi di utilit sociale. Una normativa specifica, poi, stata di recente introdotta anche con riguardo alle campagne di comunicazione sociale in materia sanitaria. Ai sensi dellarticolo 45 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recante disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione, il Ministero della Salute pu avvalersi, nella realizzazione della comunicazione istituzionale in materia sanitaria, della partecipazione finanziaria, in veste di sponsor, di qualificate aziende private operanti nei settori commerciali ed economici di riferimento, nonch in quelli della comunicazione e dellinformazione. In tali casi, il Ministero come afferma la norma, in maniera molto significativa deve assicurare alle imprese che sponsorizzano, un ritorno dimmagine per effetto del loro coinvolgimento indiretto nelle tematiche di utilit sociale affrontate dalla campagna informativa. Altro dato molto significativo il divieto di coinvolgimento di imprese finanziatrici che siano in situazione di conflitto dinteressi, diretto o indiretto, con loggetto e il contenuto della comunicazione istituzionale. La norma ribadisce, infine, loperativit, anche con riguardo al caso di specie, della legge n. 150 del 2000, trattandosi, in effetti, di campagna di comunicazione istituzionale (nello specifico sociale) organizzata da una pubblica amministrazione statale (il Ministero della Salute per lappunto). Non va, daltro canto, taciuto il ruolo che svolge in questo campo il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, la cui attuale trentesima edizione, in vigore dal 28 luglio 2003, reca una norma (art. 46) rubricata appelli al pubblico, collocata nel contesto del titolo VI dedicato alla pubblicit sociale. Il Codice di Autodisciplina, come noto, trova applicazione nei soli confronti di coloro (utenti, agenzie, consulenti di pubblicit, gestori di veicoli, ecc.) che lo abbiano accettato, direttamente o tramite lassociazione di appartenenza. Esso fonda, dunque, un diritto di matrice pattizia, come tale non idoneo a valere erga omnes, come, invece, il diritto di matrice statuale. Tuttavia, data la larga fascia di operatori ad esso sottoposti e considerata la limpidezza di contenuti dellarticolo 46, esso merita in questa sede attenzione. Risulta, anzi, auspicabile che il legislatore ne tragga spunto per porre mano a norme che disciplinino la comunicazione sociale anche da parte dei soggetti privati, sancendone limiti e oggetto. Per il momento, nel passare allesegesi del citato articolo, innanzitutto necessario evidenziare come il Codice in questione consideri socialmente utile tutta la pubblicit, ivi compresa quella commerciale, intesa quale servizio per il pubblico e reputata idonea a svolgere un ruolo particolarmente utile nel processo economico.
CAPITOLO

37

In questo contesto, il dettato normativo dellarticolo 46 considera unitariamente qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici, oppure a sollecitare, direttamente o indirettamente, il volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzato al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale. Quanto alle modalit di presentazione del messaggio, sempre la citata norma prescrive che esso evidenzi lidentit dellautore e del beneficiario della richiesta, chiarendo in modo certo qual lobiettivo sociale da raggiungere. Per quanto riguarda i promotori , inoltre, fatto esplicito divieto di proporre come dati accertati proprie opinioni, peraltro liberamente esprimibili. , in particolare, precisato che i messaggi non devono: a) sfruttare indebitamente la miseria umana, nuocendo alla dignit della persona, n ricorrere a richiami scioccanti, tali da ingenerare, in maniera ingiustificata, allarmismi, sentimenti di paura o grave turbamento b) colpevolizzare o addossare responsabilit a coloro che non intendono aderire allappello c) presentare in modo esagerato il grado o la natura del problema sociale per il quale lappello rivolto d) sovrastimare lo specifico o potenziale valore del contributo alliniziativa e) sollecitare i minori ad offerte di denaro. Infine, larticolo 46 sottolinea la portata generale delle norme in esso contenute, valevoli, come tali, anche per le pubblicit commerciali recanti riferimenti a cause sociali. La disposizione in esame non solo si evidenzia come fondante una sorta di etica comune della comunicazione sociale, soprattutto allorch questa venga effettuata utilizzando forme proprie della comunicazione dimpresa a carattere pubblicitario ma, al contempo, fa emergere con tutta chiarezza limportanza del ruolo svolto dalla disciplina pattizia in un contesto che, normativamente, dimostra invece un persistente e sostanziale disinteresse nei confronti di un fenomeno in rapida espansione come quello della comunicazione a carattere sociale. 3.5 Il limite generale rappresentato dal divieto di pubblicit redazionale Il limite generale che gli operatori privati incontrano quando sono coinvolti in iniziative di comunicazione sociale quello relativo al divieto di mascherare messaggi promozionali allinterno di un contesto apparentemente informativo circa problematiche di rilevanza collettiva.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

38

In altre parole, unimpresa che sponsorizzi uniniziativa di sensibilizzazione su di una determinata problematica, non deve, ad esempio, trarre da ci occasione per collegare a tale iniziativa la promozione diretta di propri prodotti attinenti largomento affrontato dalla campagna di comunicazione sociale. Il limite generale che definisce in negativo, il quadro entro il quale si possono muovere le imprese commerciali, nel fare o nel sostenere campagne di comunicazione sociale , dunque, rappresentato dal divieto di pubblicit ingannevole sancito dallarticolo 1, comma 1, lettera b), del d.legisl. n. 74 del 1992, ai sensi del quale pubblicit ingannevole ogni pubblicit che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente . Viene poi in gioco anche il principio di trasparenza del messaggio pubblicitario, affermato dallarticolo 4 del d.lgs. n. 74, per il quale la pubblicit deve essere chiaramente riconoscibile come tale; in particolare, la pubblicit a mezzo stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalit grafiche di evidente percezione . Sulla stessa linea si pone anche il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, il cui articolo 7 sancisce a chiare lettere la regola della identificabilit della pubblicit: La pubblicit deve sempre essere riconoscibile come tale. Nei mezzi in cui, oltre alla pubblicit, vengono comunicati al pubblico informazioni e contenuti di altro genere, la pubblicit inserita deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti . Il principio di trasparenza della pubblicit si traduce, principalmente, nel divieto di pubblicit redazionale, vale a dire di quella forma pubblicitaria che si concretizza nella presentazione al pubblico di un messaggio che, pur apparentemente obiettivo nella forma e nella veste grafica, esprime in realt la valenza pubblicitaria proprio facendo leva sulla presunta obiettivit, alla quale riconosciuta una pi significativa capacit di persuasione del consumatore. Il concetto di pubblicit redazionale nato con riguardo ai contesti informativi di tipo giornalistico, per sanzionare il non corretto rapporto fra il diritto di cronaca e la comunicazione pubblicitaria, ma si presta ad essere esteso a qualsiasi modalit informativa che, in realt, intenda promuovere prodotti. Il meccanismo di forza della pubblicit redazionale, che costituisce lelemento di fondo per cui essa vietata, di tipo psicologico, sfruttando la maggiore credulit del consumatore allorch si trovi di fronte a una comunicazione che appare obiettiva e disinteressata. Proprio questa la caratteristica della pubblicit redazionale: quella di non sollecitare espressamente allacquisto di prodotti, ma di stimolare in maniera subdola il consumatore a credere non preventivato, n
CAPITOLO

39

espressamente commissionato, il riferimento a un determinato prodotto allinterno di un messaggio a carattere informativo. Sia lAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato che il Giur dellAutodisciplina Pubblicitaria hanno incentrato i loro sforzi nel fare emergere, quanto meno attraverso presunzioni, il cosiddetto patto di commissione, che intercorre tra limpresa che produce il bene o presta il servizio e chi realizza il messaggio informativo che, in realt, promuove quel dato bene o servizio. Ulteriori approfondimenti sul punto esulano dal discorso relativo alla comunicazione sociale, ma il riferimento alla pubblicit redazionale si reso, comunque, necessario per evidenziare, con tutta chiarezza, almeno uno dei possibili usi distorti della comunicazione sociale da parte delle imprese private a carattere lucrativo. Risulta peraltro evidente che unimpresa privata intanto potr avere interesse a partecipare a una campagna di comunicazione sociale, in quanto ne derivi per essa una qualche utilit in termini di lucro. Tale utilit deve, per, mantenersi allinterno di un mero ritorno di immagine conseguente al fatto di avere, ad esempio, sponsorizzato liniziativa e, dunque, di avervi collegato i segni distintivi della propria azienda. Lo stimolo lecito alla collaborazione da parte di imprese commerciali ad iniziative di comunicazione sociale evidentemente quello di un incremento del proprio prestigio agli occhi dei consumatori, dal quale ricavare almeno si spera un incremento nelle vendite dei propri prodotti. Daltro canto, non si giustificherebbe altrimenti lesborso di denaro da parte di chi ha assunto come proprio scopo statutario quello di produrre e ripartire utili. I prodotti o i servizi dellazienda che collabora alliniziativa di comunicazione sociale devono, invece, rimanere fuori dal campo visivo del consumatore. Per la promozione di questi ultimi occorrer, infatti, fare ricorso alla pubblicit tabellare con le sue caratteristiche di evidente invito allacquisto dei medesimi. Il divieto di pubblicit non trasparente e, pi nello specifico, di pubblicit redazionale , in conclusione, il limite pi generale che possa ravvisarsi in un settore dove le norme tacciono a qualsiasi altro proposito. 3.6 Le organizzazioni a carattere non lucrativo Venendo, infine, alle organizzazioni private a carattere non lucrativo, si entra nel vivo della materia riferita al ruolo dei soggetti privati nella comunicazione sociale. Sono, infatti, le ONLUS a farla da padroni in
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

40

questo caso e a rappresentare il maggiore interlocutore di riferimento. Fin dal 1991, con la legge-quadro sul volontariato (legge 11 agosto 1991, n. 266), il legislatore ha evidenziato la peculiarit delle organizzazioni di volontariato, organismi liberamente costituiti ai sensi dellarticolo 3, comma 1 per svolgere attivit di carattere sociale, civile, culturale, con il concorso determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite, dei propri aderenti. Ai sensi del comma 2, queste organizzazioni possono assumere la forma giuridica che ritengono pi idonea al perseguimento dei loro fini. Resta perci confermato che il tratto caratterizzante di tali organizzazioni consiste nellassenza di ogni fine lucrativo. Nel sistema della legge n. 266/1991, le organizzazioni di volontariato sono tenute alliscrizione presso appositi registri regionali; non a fini costitutivi, bens qualora intendano beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla legge. Nel 1997 il legislatore ha riordinato la disciplina tributaria degli enti commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilit sociale con il d. legisl. 4 dicembre 1997, n. 460. Larticolo 10 di tale decreto definisce come ONLUS: le associazioni, o comitati, le fondazioni, le societ cooperative e gli altri enti a carattere privato, con o senza personalit giuridica, i cui statuti prevedano espressamente lo svolgimento di attivit di solidariet sociale in una serie di settori, tra i quali lassistenza sociale, sanitaria e socio-sanitaria; listruzione; la formazione; la valorizzazione del patrimonio artistico; la valorizzazione e la tutela della natura e dellambiente; la promozione della cultura e dellarte . Il carattere non commerciale sottolineato dal divieto di ridistribuire utili e dallobbligo di reimpiegarli nello svolgimento delle attivit istituzionali. Sono di diritto considerate ONLUS le organizzazioni di volontariato iscritte nei relativi registri regionali. Come appare evidente, nella realt odierna le ONLUS rappresentano il pi importante modello di soggetto privato abilitato a intraprendere campagne di comunicazione sociale su temi attinenti al proprio ambito di attivit. Per legge gli utili derivanti dalle attivit dellorganizzazione, o da altre fonti, devono essere obbligatoriamente impiegati nellassolvimento delle finalit istituzionali e, tra queste, rientra sicuramente lorganizzazione o il sostegno a iniziative di comunicazione sociale, con lunico limite della pertinenza di tali iniziative agli oggetti statutari dellorganizzazione. Per le ONLUS non si pongono, in altri termini, i problemi legati al camuffamento di messaggi promozionali in contesti apparentemente non commerciali. In questo caso, infatti, non ci sono prodotti o servizi da promuovere, bens iniziative di solidariet sociale da portare avanti anche attraverso adeguate campagne di comunicazione sociale.
CAPITOLO

41

4. Conclusioni Lampia analisi condotta sulle pubbliche amministrazioni, nel paragrafo 2 (curato dallAvv. Elena Bisio, esperta in diritto amministrativo e collaboratrice alla cattedra di Diritto Amministrativo nella Facolt di Giurisprudenza dellUniversit degli Studi di Torino), e sui soggetti privati, nel paragrafo 3 (curato dalla dottoressa Maria Pia Genesin, ricercatore confermato di Diritto Amministrativo alla Facolt di Giurisprudenza dellUniversit degli Studi di Torino), ha consentito di fare chiarezza su molte delle problematiche individuate nella premessa di questo capitolo. Innanzitutto si dimostrato, con tutta certezza, limpossibilit di una ricerca in positivo di una definizione giuridica di comunicazione sociale valida comunque, cio a prescindere dal puntuale e specifico esame della natura giuridica, pubblica o privata, dei soggetti che la pongono in essere. Ci detto, lindagine ha poi consentito di avvalorare lidea che, tra i compiti propri delle pubbliche amministrazioni, sicuramente c anche quello della promozione o dello svolgimento attivit di comunicazione sociale, intesa questultima come informazione al cittadino su temi di interesse pubblico generale. In questo caso, al dovere di informare dello Stato e degli altri enti pubblici corrisponde, simmetricamente, un diritto della cittadinanza, titolare di un interesse collettivo a rilevanza costituzionale, ad essere informata. In materia di attivit di comunicazione istituzionale (tra le quali rientra, come si visto, se pur con specifici tratti, anche la comunicazione sociale) da parte dei soggetti giuridici pubblici, la ricerca ha potuto muoversi su binari abbastanza sicuri, considerata lesistenza, nellordinamento giuridico statuale, della legge n. 150/2000 sulle attivit di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni; delle leggi n. 223/1990 e n. 112/2004 in materia di sistema radiotelevisivo misto pubblico-privato. Soprattutto la seconda di queste due leggi contiene puntuali disposizioni mirate a definire in modo indiscusso lesistenza di un preciso dovere di informazione sociale da parte della RAI, cio della societ concessionaria del servizio pubblico generale di teleradiodiffusione in ambito nazionale e locale. Un dovere di trasmettere messaggi di interesse generale e di utilit sociale incombe, tuttavia, anche sui privati concessionari a livello nazionale o locale, giacch la legge n. 112 del tutto chiara nel qualificare anche lattivit di teleradiodiffusione da essi svolta come servizio di interesse generale.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

42

Tornando per un momento alla concessionaria pubblica, lobbligo di informazione e comunicazione sociale poi definito in modo analitico ed esaustivo nel Contratto di servizio 2002-2005 stipulato tra il Ministero delle Comunicazioni e la RAI. Le parti della legge n. 223/90 e della legge n. 112/2004, espressamente dedicate al tema della pubblicit radiotelevisiva si preoccupano, infine, di chiarire qualit, quantit e modalit trasmissive dei messaggi pubblicitari a rilievo sociale. Quanto al ruolo dei soggetti privati nel mondo della comunicazione sociale, la ricerca descritta nel paragrafo 3 riuscita, pur nella quasi totale assenza di norme-guida di diritto positivo, nellintento di fornire un quadro in chiaroscuro delle possibili forme e modalit di svolgimento di attivit comunicazionali rilevanti al fine della tutela di interessi pubblici sociali, anche se spesso da un punto di vista negativo (ovverossia dei limiti che gli enti commerciali incontrano in questa forma di comunicazione). Se si tiene conto che, ad eccezione delle ONLUS, gli enti di diritto privato operano nellambito del diritto commerciale e della libert dimpresa e il loro DNA prevede, come essenziale ai fini dellassolvimento degli obblighi correlati alloggetto (o agli oggetti) del contratto di societ, il conseguimento di uno scopo di lucro, ovvero la creazione di margini di profitto da reinvestire nellazienda, ma soprattutto da redistribuire come utili tra i soci, necessario convenire con la considerazione espressa in conclusione del paragrafo 3, che la forma tipica di comunicazione delle aziende e societ commerciali la comunicazione pubblicitaria, attraverso la quale si persegue lintento di promozionare i propri prodotti o servizi allo scopo di aumentare o anche solo di consolidare gli spazi di mercato gi conquistati. Per gli enti commerciali, dunque, va affermata leccezionalit di un loro coinvolgimento nellambito della comunicazione sociale. La qual cosa significa anche la necessit di norme di diritto positivo che espressamente postulino e disciplinino questa possibilit. Ci si verifica, ad esempio, nellipotesi normata nellarticolo 45 della legge n. 3/2003 (legge ordinamentale sulla Pubblica Amministrazione) che prevede, per le aziende private a scopo lucrativo purch operanti in settori di interesse sociale, un ruolo di sponsor nelle attivit di promozione o realizzazione di messaggi di rilevante interesse pubblico, i quali, pur utilizzando forme, strutture e simbologia tipiche della comunicazione pubblicitaria, tuttavia adempiono certamente a compiti propri della comunicazione sociale. Altra ipotesi presa in considerazione nel paragrafo 3 quella che vede le aziende private (di regola quelle appartenenti al settore della pubCAPITOLO

43

blicit) nel ruolo di affidatarie di campagne di comunicazione sociale mediante regolare procedimento di gara ad evidenza pubblica. Nella fattispecie, peraltro, si nel campo proprio dellattivit di impresa a scopo lucrativo, in quanto la comunicazione sociale costituisce pi propriamente, e unicamente, loggetto dellincarico che lente di diritto privato assolve dietro pagamento di un normale corrispettivo diretto a coprire le spese della campagna e ad assicurare un conveniente margine di profitto; profitto che, come gi pi volte ricordato, non pu mai mancare, quando a operare siano imprese commerciali o aziende di diritto privato. In questi casi, naturalmente, poich limpresa privata agisce come sostituta dellente pubblico, lattivit pubblicitaria della medesima sar regolata dalle identiche previsioni in materia di comunicazione sociale delle pubbliche amministrazioni. In altri termini, alle campagne pubblicitarie, purch connotate da un interesse sociale tipico e predeterminato, non si applicheranno i limiti dettati, in osservanza dei principi di trasparenza e non ingannevolezza del messaggio promozionale, dal d.lgs. n. 174/1992 e successive modificazioni e integrazioni. I principi regolatori contenuti nel citato decreto legislativo serviranno, invece, a evitare che le imprese private con scopo di lucro possano contrabbandare come comunicazione di tipo informativo quei messaggi espressione della pubblicit redazionale che, proprio perch carenti dei requisiti di trasparenza e non ingannevolezza richiesti dagli ordinamenti nazionale e comunitario, sono espressamente vietati e sanzionati a livello di diritto positivo. In conclusione, dunque, come ampiamente illustrato nel paragrafo 3, lambito generale di espansione della comunicazione sociale nel campo dei soggetti giuridici di diritto privato quello delle organizzazioni a carattere non lucrativo (ONLUS). Queste ultime hanno ricevuto riconoscimento e disciplina giuridica attraverso la legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato); il loro scopo sociale, consistente nello svolgere attivit nellambito sociale, civile, culturale, del tutto aderente agli obiettivi propri delle campagne di comunicazione sociale. Tra laltro, il d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, riordinando la normativa tributaria applicabile alle organizzazioni non lucrative di utilit sociale ha, sul piano normativo, dettato per le ONLUS una disciplina completamente diversa, e quindi non applicabile alle imprese a carattere lucrativo. Le ONLUS, qualunque sia la loro forma giuridica, operano nel campo del diritto comune, con personale prevalentemente volontario (e dunque non assoggettato a rapporto di lavoro subordinato di diritto priP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

44

vato) ed hanno, come unico fine statutario, quello di svolgere attivit di solidariet sociale in un ambito che privilegia lassistenza socio-sanitaria, lassistenza sociale, listruzione, la formazione professionale, e che diretto a realizzare obiettivi di valorizzazione del patrimonio artistico, di promozione della cultura e dellarte, di tutela della natura e dellambiente. Tutte attivit, queste, che non solo postulano, ma espressamente richiedono il sostegno di concrete ed efficaci campagne di comunicazione sociale.

CAPITOLO

45

CAPITOLO 3

Gli attori e i temi della comunicazione sociale


Giovanna Gadotti

1. Introduzione La comunicazione sociale ha raggiunto oggi indubbie visibilit e rilevanza. Lo dimostrano non solo i dati quantitativi (cfr. capitolo 8) relativi agli investimenti in questarea della comunicazione, ma anche il crescente interesse che, a livello accademico e non, essa sta suscitando. Sempre pi frequentemente oggetto di studio e di ricerca da parte di studiosi e professionisti della comunicazione, la comunicazione sociale presente anche nei curricula delle lauree di base e specialistiche di molte universit italiane; a essa riservato uno spazio non marginale di discussione e attenzione nei numerosi convegni, concorsi, mostre, festival della comunicazione e della pubblicit; nella sua area emergono nuove competenze e professionalit. Lo scenario allinterno del quale la comunicazione sociale si iscrive quello ben pi ampio e variegato della cosiddetta comunicazione pubblica1, della quale una ricca letteratura ha in questi ultimi anni individuato soggetti, ambiti di intervento, finalit. La comunicazione sociale, come ricordano molti autori infatti parte della comunicazione pubblica sia che risulti originata da pubbliche amministrazioni o da forze politiche, sia anche da soggetti privati costituiti come centri di difesa e di promozione di valori e diritti, la cui dialettica con le istituzioni () parte sostanziale di una corretta applicazione delle leggi miranti a dare attuazione allart. 3, comma 2, della Carta costituzionale (Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale) (Rolando 2001, p. 428). Dallo sforzo di definizione e di classificazione, che ha impegnato nello scorso decennio molti studiosi di matrice disciplinare diversa, sono emerse dunque ormai con sufficiente chiarezza linee di demarcazione, affinit e differenze tra le diverse tipologie della comunicazione pubblica e tra i soggetti che la promuovono. Non nellinteresse, n nelleconomia
CAPITOLO

47

di questo lavoro, ripercorrere puntualmente le tappe del dibattito vivace che ha condotto allattuale definizione dellambito proprio della comunicazione sociale. Basti qui ricordare che una delimitazione univoca di questo campo di interesse non stata (e non ) cosa facile. Ogni definizione, anche quella che per convenzione stata accettata e che intende la comunicazione sociale come quel genere che si occupa di tematiche di interesse collettivo promosse nellinteresse collettivo non cos scontata. Nicoletta Bosco nellintroduzione del presente Rapporto evidenzia molto chiaramente le difficolt e i trabocchetti che si nascondono dietro allapparentemente semplice e intuitiva definizione di comunicazione sociale. Tuttavia si pu osservare che secondo una ormai consolidata letteratura la comunicazione sociale si caratterizza pi per loggetto di cui tratta, che per i soggetti che la promuovono. Due sono infatti gli elementi che connotano questarea della comunicazione: 1. essa riguarda affari di interesse generale, il cui campo di pertinenza quello delle funzioni socialmente rilevanti e non quello degli interessi privati (Gallino 1993, cit. in Mancini 2002, p. 7); 2. le attivit della comunicazione sociale non sono finalizzate alla produzione di profitto. Si tratta dunque di una comunicazione che riguarda temi, questioni e issues di interesse generale, il cui obiettivo prioritario quello di sensibilizzare o educare determinati pubblici di riferimento o lintera popolazione. Essa, come si gi accennato, pu provenire sia da istituzioni pubbliche, sia da organizzazioni private e si avvale di diversi strumenti. Tra questi la pubblicit ha avuto, almeno fino al recente passato, un ruolo centrale. A essa si tende a pensare infatti quando si parla di campagne sociali nelle quali lo spot televisivo, lannuncio stampa, lintervento radiofonico, laffissione rappresentano i pi visibili e salienti (non per questo sempre pi efficaci) momenti comunicativi. Tuttavia, altri strumenti e canali possono proficuamente essere utilizzati per inviare messaggi sociali attivando di volta in volta: comunicazioni interpersonali, ad esempio la comunicazione degli operatori sociali o dei volontari; comunicazioni mediate dirette e/o personalizzate ad esempio la lettera inviata a tutte le famiglie italiane dal ministro Donat Cattin in occasione delluscita della prima campagna di prevenzione allAids in Italia, o le attivit di mail o telemarketing che ultimamente fanno uso anche dei telefonini. (Si pensi al recente utilizzo degli sms cosiddetti istituzionali da parte delle amministrazioni centrali o locali, per campagne informative e di sensibilizzazione o per diffondere notizie ritenute di pubblica utilit); tra le comunicazioni mediate dirette, certamente i new media offrono straordinarie opportunit di contatto interattivo e personalizzato; comunicazioni mediate indirette, ovvero i mass media tradizionali come radio, stampa quotidiana e periodica, affissione, cinema, televisione.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

48

Si possono aggiungere le relazioni pubbliche (con i rapporti con la stampa e le relazioni istituzionali), eventi speciali e incontri pubblici, pubblicazioni. Lelenco potrebbe continuare. In base agli obiettivi, ai target da raggiungere, ai budget a disposizione talora in modo integrato e sapiente, altre volte in modo meno consapevole e pianificato vengono utilizzati gli strumenti e i canali ritenuti maggiormente idonei a raggiungere i risultati prefissati. Non certamente negli obiettivi del presente lavoro fornire un quadro esaustivo dei possibili mezzi di comunicazione utilizzabili dai diversi soggetti per raggiungere efficacemente il pubblico dei cittadini. Una letteratura vasta e approfondita ha affrontato questi cruciali aspetti della comunicazione pubblica, nel quadro anche di un approccio di marketing pubblico, non profit, sociale. (Si veda tra gli altri: Foglio 2003a; Foglio 2003b; Fiorentini 1997; Kotler e Roberto 1989). Non nemmeno nei nostri obiettivi render conto dellampia, articolata e ricca variet di interventi e iniziative di comunicazione sociale che sono fiorite negli ultimi anni nel nostro Paese. Faremo semmai qualche riferimento a essi a titolo esemplificativo. Scopo del presente contributo , piuttosto, quello di individuare e definire i profili dei principali protagonisti dei processi comunicativi che qui interessano. importante infatti distinguere gli attori dei processi di comunicazione sociale, sottolineando ad esempio le differenze tra pubblico e privato, gli obblighi del settore pubblico e le scelte strategiche dei privati che decidono di muoversi e talora competere su questo terreno. Tenendo presente che i messaggi provenienti da una autorit ministeriale, o da una organizzazione di volontariato, da una grande impresa decisa ad associare il proprio marchio ad una qualche causa ideale, costituiscono eventi comunicativi di differente valenza. Ma anche considerando che il quadro delle voci che si affollano nellarea della comunicazione sociale si complicato notevolmente negli ultimi anni, accogliendo messaggi promossi da aggregazioni di interessi che possono coniugare anche gruppi commerciali e gruppi non profit, accomunati da un intento sociale. 2. I problemi sociali e il discorso pubblico Il percorso della comunicazione pubblica e sociale si intrecciato, come vedremo parlando dei diversi soggetti della comunicazione, con altri importanti processi che, avviati nel corso degli anni 80 in Italia, hanno rappresentato le ragioni e il contesto entro il quale esso si venuto costruendo: il declino del welfare state e la riforma della pubblica amministrazione; la crescente presenza dellassociazionismo e delle organizzazioni non profit in Italia e il loro crescente grado di istituzionalizzaCAPITOLO

49

zione; una rinnovata attenzione al sociale da parte dei cittadini; il diffondersi di comportamenti prosociali da parte delle aziende private, nel quadro della sempre maggiore centralit del sistema dei media e del diffondersi delle nuove tecnologie. Come conseguenza di tali processi di cambiamento, una pluralit di soggetti ha dato vita ad un insieme di attivit, di strategie e di messaggi consapevolmente e intenzionalmente prodotti per organizzare e strutturare il discorso pubblico sulle problematiche/questioni di rilevanza sociale. Essi hanno incominciato ad affollare larena della comunicazione massmediatica, intervenendo per confrontare punti di vista e riferimenti di valore allo scopo di porre in agenda i temi che stavano loro a cuore, e rispetto ai quali era necessario sensibilizzare lopinione pubblica. Lo scopo della comunicazione sociale infatti, lo ricordiamo, quello di aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza dei cittadini relativamente a problemi di interesse generale, anche nella prospettiva di modificare comportamenti o atteggiamenti. La specificit di questo tipo di comunicazione infatti la funzione educativa nei confronti di aspetti che riguardano prevalentemente la vita collettiva. I numerosi soggetti che prendono la parola per intervenire nella discussione pubblica al fine di proporre temi e questioni sociali hanno, come si gi accennato, molti strumenti e canali diretti e indiretti per attirare lattenzione del vasto pubblico. Tuttavia, i mass media hanno costituito fino al recente passato (e costituiscono tuttora) larena pi importante allinterno della quale i diversi attori, politici, sociali e/o istituzionali, competono per attirare lattenzione del pubblico sulle diverse problematiche sociali di cui si fanno portatori. Si tratta peraltro di una competizione che vede i vari soggetti intervenire nella sfera pubblica mediatizzata con un costante gioco di scambi e negoziazioni in cui i vincitori e i perdenti sono di volta in volta diversi: un gioco che, invece di presentarsi come lazione manipolatoria di una fonte privilegiata sullagenda di tutti gli altri, manifesta una dinamica complessa fatta di trattative, aggiustamenti, adattamenti tra soggetti diversi i cui interessi sono in parte contrapposti e in parte complementari, e la cui posta in gioco una definizione comune della realt (Grassi 2002, p. 217). Come stato giustamente osservato, infatti, gli imprenditori delle issue non si limitano ad ingaggiare una competizione per lattenzione, ma mirano a imporne una determinata definizione. Quel che importa, infatti () non soltanto che una materia sia presa in considerazione in quanto priorit, ma che lo sia in una particolare definizione, in quanto essa veicola una determinata strategia di risoluzione del problema. La concorrenza tra le issues avviene quindi simultaneamente a due livelli: come competizione, per lattenzione pubblica, di una gamma potenzialmente infinita di questioni e, allinterno di ciascuna issue
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

50

area, come competizione tra modi diversi di definire una situazione per affermarsi come la versione autorevole della realt (Confalonieri 2001, p. 190). Ha molto senso in questa prospettiva la riflessione che Nicoletta Bosco propone nel ricostruire le coordinate che circoscrivono lambito della comunicazione sociale. Lautrice avverte, infatti, del rischio di considerare universali quelle visioni del mondo (veicolate dalla comunicazione sociale ndr) che in virt di un particolare assetto del potere, riescono ad imporsi e a superare i processi di selezione per laccesso. Insomma pur vero che anche quando si parla di tematiche di interesse collettivo promosse nellinteresse collettivo, occorre interrogarsi sul complesso processo di agenda game attraverso il quale un fenomeno sociale viene riconosciuto e connotato come problema (Gili 2001, p. 129). Occorre in altri termini interrogarsi sul processo attraverso il quale alcuni soggetti imprenditori di issues, per usare una felice definizione (Confalonieri 2001), hanno accesso al sistema mass mediatico al fine di imporre/proporre la propria definizione del problema stesso, e attraverso ci veicolare anche precise visioni del mondo. In tal senso, la competizione e la concorrenza tra issue si configura anche come competizione tra pacchetti interpretativi talora alternativi, come contese simboliche per la prevalenza di un significato sugli altri (Ivi, p. 190). Si pensi ad esempio alle campagne di prevenzione allAids e alla rappresentazione che ne hanno dato i soggetti istituzionali (Bruno 2001) e organizzazioni come la Lila o lAnlaids. Ed infine, parlare di comunicazione sociale, significa interrogarsi anche sul rapporto talora conflittuale, sempre difficile tra media logic e logica dei soggetti che si presentano alla ribalta dei media. I media forniscono infatti unarena allinterno della quale i diversi attori competono per attirare lattenzione del pubblico e per influire sulle sue priorit, ma essi, come noto, producono anche direttamente discorso pubblico, segnalando ad esempio autonomamente priorit ed elaborando la stessa definizione dei problemi. I media da canali diventano comunicatori osserva D. McQuail (1986), ovvero soggetti attivi di mutamento, capaci di influenzare altri soggetti sociali, ivi compresi quelli che sono fonte dei messaggi che veicolano. La nostra ipotesi che la comunicazione sociale promossa dai diversi soggetti, condividendo in larga parte le caratteristiche della comunicazione massmediatica, ovvero le strategie che organizzano, strutturano e non semplicemente riproducono il nostro mondo sociale, rappresenti uno dei luoghi in cui viene dibattuta, elaborata, costruita e definita una geografia dei problemi di rilevanza sociale. La comunicazione sociale, con la coralit delle voci che la promuovono e la diffondono, contribuisce in altri termini a costruire un discorso pubblico sulle proCAPITOLO

51

blematiche di rilevanza collettiva, anche al fine di trasformarli in problemi sociali da iscrivere nellagenda dei decisori politici. Certo, ritenere la comunicazione sociale uno dei luoghi in cui viene forgiata lagenda della discussione pubblica pu sembrare unipotesi forte, addirittura un po enfatica, se consideriamo la rilevanza (anche quantitativa) che la comunicazione sociale ha nel contesto della comunicazione massmediatica. Tuttavia non va dimenticato che i temi oggetto della comunicazione sociale sono sottoposti il pi delle volte (anche se come gi accennato non unicamente) allattenzione pubblica attraverso un linguaggio particolare, quello pubblicitario, che per sua natura efficace. I testi pubblicitari sono intenzionalmente costruiti per produrre conseguenze. Per i suoi caratteri di ellitticit, ritmo, densit, velocit, tale linguaggio insieme profondamente coinvolgente e capace di costruire habitat percettivi e nuove aspettative nei confronti della realt esterna (Gitlin 1986). La pubblicit infatti si presenta come un discorso con una pretesa di rilevanza (Giaccardi 1995), un discorso costruito per richiamare lattenzione dello spettatore, per stabilire un contatto funzionale al passaggio del messaggio (in tal modo svolgendo una funzione di contatto). Una campagna pubblicitaria pu, ad esempio, riattivare interesse per una questione sulla quale lattenzione declina (si pensi agli esiti negativi in termini di prevenzione che si sono registrati negli ultimi anni anche a causa del diminuito impegno profuso in campagne di informazione sullAids) riproponendo in un tempo relativamente breve e su vasta scala la stessa questione nellagenda della conversazione pubblica. E perci stesso rendendola nuovamente attuale. La carriera delle questioni nellagenda pubblica varia infatti nel tempo. Si parla non a caso, nella estesa letteratura di varia matrice politologica e sociologica che fa riferimento alla struttura del discorso pubblico, di issue attention cycle per definire il ciclo di attenzione verso un problema. Grazie anche allazione dei mezzi di comunicazione di massa, i temi di comunicazione vengono prima scovati, analizzati, discussi e quindi, secondo un ricorrente ciclo di vita, proposti al sistema della politica perch assuma su di essi le necessarie decisioni (Mancini 1996, p. 99). La comunicazione sociale nel suo insieme contribuisce dunque a costruire il discorso pubblico, inteso come quel dialogo sociale tra individui, gruppi dinteresse, movimenti e istituzioni, attraverso il quale vengono definiti i problemi di politica pubblica, vengono formulate le agende, sono assunte le decisioni e sono intraprese delle azioni (Confalonieri 2001, p. 185 ). Vale la pena concludere con unultima osservazione. La comunicazione sociale, nella sua modalit particolare della pubblicit, costituisce uno spazio prezioso di libert per gli imprenditori di issue, soggetti pubblici o privati che siano (Gadotti 2001). La pubblicit rappresenta infatP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

52

ti un momento e un luogo nei quali il soggetto che comunica si affaccia alluniverso dei media senza che la sua immagine e i suoi messaggi vengano filtrati dai media stessi. Attraverso la dinamica contrattuale dellacquisizione degli spazi, il soggetto acquista la libert di entrare immediatamente in rapporto con il suo pubblico. In questo senso, la pubblicit costituisce uno spazio autogestito di libera comunicazione. Attraverso la pubblicit i soggetti che comunicano possono infatti prendere la parola su questioni socialmente rilevanti sfuggendo alle regole della codifica selettiva che interessa tutto il processo della produzione di informazione e di newsmaking. Ladvertising sociale infatti una comunicazione autoprodotta (Mancini 1996), ovvero una comunicazione gestita direttamente dal soggetto che la promuove, di cui egli ha pieno e diretto controllo, definendone interamente i contenuti. Naturalmente tale prerogativa (che non della sola pubblicit, ma vale anche per altre iniziative comunicative gestite e veicolate direttamente dal promotore; semmai ladvertising ha come si gi accennato rilevanza e visibilit pi elevate) non pu prescindere del tutto dalla problematica sopra accennata: ovvero dalla riflessione circa le modalit ed i criteri di accesso agli spazi dei mass media. In altri termini, se vero che i contenuti della comunicazione pubblicitaria sono svincolati da regole e circuiti della logica massmediatica, anche vero che laccesso agli spazi/tempi dei media non uguale per tutti i soggetti. Tale accesso il risultato di rapporti di potere che si basano sulle risorse economiche qualora si tratti di campagne pagate o sulle risorse di lobbying qualora si tratti di ottenere accesso gratuito ai media. Per concludere, il modello interpretativo della competizione, cui si fatto qui ripetutamente cenno, comune a molti autori (Blumer 1971; Gurevitch, Levy 1987; Grandi 2001, Mazzoleni 19982), che infatti parlano, pur nelle diverse accezioni, di arena pubblica, di sfera pubblica mediatizzata (Morcellini 2004), di arena culturale (Grassi 2002), utile anche per riflettere sulle dinamiche della comunicazione sociale. In essa come si accennato, i diversi soggetti si confrontano e competono in una gara (agenda setting game) per riuscire ad affermare il proprio potere di agenda sulla discussione pubblica. Tuttavia come osservano molti autori, limmagine dellarena pubblica non deve essere letta esclusivamente al negativo, ma piuttosto come la potenzialit di processi di interazione costruttiva, il cui risultato pu essere il prodotto di un lavoro coordinato tra soggetti diversi allinterno del quale ognuno assume ruoli e responsabilit precise (Faccioli 2004, p. 39) per il raggiungimento di un obiettivo comune. prevalentemente in questultima prospettiva che, nel nostro contributo, esamineremo i diversi ruoli e responsabilit dei soggetti principaCAPITOLO

53

li della comunicazione sociale, dopo aver tracciato a grandi linee e senza nessuna pretesa di completezza il contesto nel quale i diversi ruoli e responsabilit sono maturati e si sono trasformati. Incominciando proprio da un protagonista storico della comunicazione sociale nel nostro Paese: Pubblicit Progresso. 3. Lesperienza pilota di Pubblicit Progresso Comunicazione sociale, pubblicit sociale, pubblicit progresso sono tuttora utilizzati nel linguaggio comune, ma anche e sorprendentemente nel linguaggio giornalistico o degli esperti di comunicazione, come sinonimi. In realt Pubblicit Progresso (dora in poi P. Pro) nasce in un clima culturale certamente non favorevole alla pubblicit, con lobiettivo di mostrare ad una scettica e diffidente opinione pubblica, il senso di responsabilit del mondo della comunicazione nei confronti delle cause e problematiche di pubblico interesse. Il fine anche di certificare, soprattutto presso una pubblica amministrazione refrattaria a un uso a fini di servizio pubblico delle tecniche pubblicitarie, la capacit delle stesse di porsi al servizio non solo del consumo e del profitto privati, ma anche del benessere e dellinteresse collettivi. Numerose campagne di Pubblicit Progresso sono rimaste nella memoria collettiva contribuendo a rendere popolare anche nel nostro Paese unesperienza di comunicazione sociale fino a quel momento del tutto marginale (Gadotti 1992, 2001). Eppure non erano mancate in Italia, prima di allora, esperienze di campagne sociali. Una ricerca negli archivi della pubblicit, (le opere della collezione Salce presso il Museo Civico di Treviso Luigi Bailo sono molto interessanti a questo proposito) consentono di rintracciare agevolmente un vasto materiale (affissioni, manifesti, locandine, cartoline, francobolli) relativo non solo alla propaganda di guerra che ha fortemente caratterizzato la comunicazione non commerciale della prima met del novecento, ma anche a tematiche di interesse collettivo e di utilit sociale che oggi non esiteremmo a etichettare come campagne di comunicazione sociale. Dagli infortuni in agricoltura e sul lavoro in fabbrica, alla prevenzione delle malattie sociali, molte sono le iniziative comunicative che affrontano temi e questioni di rilevanza sociale, a testimonianza dellattenzione rivolta in quegli anni alla cultura delligiene e della sicurezza. Si tratta di campagne di pubblica utilit firmate da enti come la Croce Rossa Italiana (che negli anni trenta attiv una intensa lotta per ligiene e la profilassi contro malattie sociali quali la tubercolosi4 e la malaria); lInail (Istituto nazionale infortuni sul lavoro); lEnpi (Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni, nato nel 1933 dalla vecchia AssociaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

54

zione nazionale per la prevenzione infortuni del 1897). Attraverso i cartelli illustrati, che spiegavano e commentavano con disegni facilmente comprensibili il concetto di prevenzione, i metodi per evitare determinati infortuni o richiamavano lattenzione su qualche infortunio specifico; i cartelli ammonitori, che confermavano obblighi e diritti; e infine i cartelli avvisatori che informavano sui pericoli che potevano presentarsi nel lavoro della campagna, come nella vita della famiglia, vennero dunque diffuse in quegli anni su larga scala norme di educazione igienico-sanitaria e indicazioni di comportamento, declinate spesso anche in manifesti e affissioni. Si tratta di un insieme di esperienze di comunicazione che anticipano le grandi campagne di lotta al fumo, o le pi recenti al contagio del virus HIV, ma che, a differenza delle campagne attuali che vedono la mobilitazione sinergica di numerosi soggetti pubblici e privati (si pensi nuovamente alle campagne Aids), si caratterizzavano per essere promosse prevalentemente da un soggetto pubblico. Con lesordio di Pubblicit Progresso, per la prima volta un soggetto privato, con un forte radicamento mercantile5, si incarica di introdurre in modo continuativo e programmato nel discorso pubblico tematiche come la protezione ambientale, il rispetto per gli anziani, la solidariet per le categorie pi svantaggiate, diventando nel contempo una palestra stimolante per un ceto pubblicitario che si misurava con la sfida di una comunicazione diversa. Si comincia anche a utilizzare un medium potente ormai diffuso: la televisione. Le campagne sociali di P. Pro trovano infatti nella pubblicit televisiva un formidabile alleato capace di raggiungere rapidamente e simultaneamente un pubblico ampio e eterogeneo. Attraverso immagini in bianco e nero, drammatiche e coinvolgenti, entra cos nel 1971 nelle case degli italiani la prima campagna dellIstituto che li informa di un problema impellente e tuttavia poco conosciuto: il bisogno di sangue. La campagna, la cui riuscita headline C bisogno di sangue. Ora lo sai, susciter una pronta e generosa risposta, tale da incoraggiare lesordiente Pubblicit Progresso sulla strada intrapresa. Altre campagne, di maggiore o minore successo, seguiranno nei decenni successivi6: le numerose a favore dellambiente, tra cui ad esempio quella a difesa del verde pubblico Il verde tuo: difendilo; o le altrettanto numerose a favore della solidariet verso le categorie pi svantaggiate, o quelle a difesa e cura della infanzia. Esse hanno avuto il merito di interpretare e amplificare preoccupazioni o bisogni emergenti, anticipando spesso le grandi iniziative firmate negli anni successivi dalle diverse organizzazioni non profit. Due ci sembrano i tratti distintivi delle campagne di Pubblicit Progresso.
CAPITOLO

55

Il primo riguarda il tono moderato, garbato e sobrio, raramente paternalistico o terroristico, con cui P. Pro comunica agli italiani regole di buona condotta e di convivenza civile da adottare. Il secondo tratto distintivo delle campagne di P. Pro riguarda la strategia di rappresentazione delle diverse questioni oggetto di comunicazione. Spieghiamo meglio questultimo aspetto. Da un lato, Pubblicit Progresso ha frequentemente scelto temi/questioni di ampia rilevanza sociale che si potevano prestare alla individuazione di una loro soluzione in chiave prettamente individuale. In tal modo il meccanismo della delega o della attesa passiva del cittadino veniva messo in discussione e, seppure garbatamente, stigmatizzato. Dallaltro, P. Pro ha scelto temi che si potevano prestare anche, e contestualmente, al coinvolgimento del potere pubblico e della pubblica amministrazione. Si pensi ad esempio alla campagna a favore della pulizia dei centri abitati dellinverno del 1974 che invitava a tenere pulita la citt e a inviare i coupon, presenti negli annunci stampa della campagna, ai sindaci della propria citt al fine di sollecitarli a dedicare maggiore impegno alla pulizia dei centri abitati. Un intervento di carattere normativo o amministrativo viene dunque spesso invocato nelle campagne, parallelamente allinvito ad un atteggiamento attivo e partecipe da parte dei cittadini. Ci sembra che rappresentando le questioni come problemi sociali la cui soluzione non poteva attuarsi se non attraverso la interrelata, collaborativa e sinergica azione dei cittadini e delle pubbliche istituzioni, P. Pro abbia anticipato e rafforzato la prospettiva della amministrazione colloquiale (Rugge 1997) o della amministrazione condivisa, (Arena 1997); prospettive, queste, ampiamente tematizzate e discusse negli anni 90. Come precisa Arena (1999, p. 15) lamministrazione condivisa si basa in primo luogo sullipotesi che allo stadio attuale di sviluppo della societ italiana esistano i presupposti per impostare il rapporto fra amministrazione e cittadini in modo tale che questi ultimi escano dal ruolo passivo di amministrati per diventare coamministratori, soggetti attivi che, integrando le risorse di cui sono portatori con quelle di cui dotata lamministrazione, si assumono una parte di responsabilit nel risolvere problemi di interesse generale. Il marchio di Pubblicit Progresso diventa dunque familiare agli italiani, che imparano ad apprezzare questa voce, testimone e specchio della cultura civica del Paese. Una voce che, mentre ricorda diritti e doveri di cittadinanza e di convivenza civile, d visibilit e attualit a questioni importanti spesso rimaste irrisolte o trascurate dalla opinione pubblica o dai pubblici poteri. Non a caso, nel tempo, attorno al marchio P. Pro si consolida un ricco patrimonio simbolico e valoriale, associato a valori quali: interesse collettivo, pubblica utilit, imparzialit, qualit espressiva.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

56

Verso la met degli anni 80, infatti, quando le storiche funzioni di stimolo e supplenza comunicativa svolte da P. Pro sia nei confronti delle organizzazioni non profit8 nei confronti della pubblica amministrazione, si esauriscono (Gadotti 1992, 2001) e la stagione della sua supremazia e del quasi-monopolio nellarea della comunicazione sociale finisce, tale patrimonio di immagine aiuter Pubblicit Progresso ad individuare una nuova mission e a reinventarsi un nuovo posizionamento nel panorama ormai affollato della comunicazione sociale. Il patrocinio di campagne realizzate da altre associazioni9, lorganizzazione di importanti Festival della comunicazione sociale10, unitamente alla capacit di intercettare temi/problemi degni di essere sottoposti allattenzione pubblica (Gadotti 2001), rappresentano in quegli anni (e ci pare rappresentino tuttora) i punti di forza di P. Pro. Assieme alla credibilit conquistata in pi di trentanni di attivit comunicativa, essi consentiranno a Pubblicit Progresso anche negli anni futuri di proporsi quale foro di riflessione collettiva e punto di riferimento della comunicazione sociale in Italia. 4. La comunicazione sociale del soggetto pubblico Abbiamo pi volte fatto cenno al cambiamento di scenario che, incominciato alla met degli anni 80 in Italia, ha influenzato il percorso e lo sviluppo della comunicazione pubblica e sociale. Molti autori11 si sono interrogati sui fattori che hanno condizionato tale sviluppo, cercando di individuare ad esempio il rapporto tra laffermazione crescente della comunicazione pubblica e i processi di innovazione della pubblica amministrazione; o cercando, pi in generale, di connettere tale sviluppo, definito rapido e profondo, con processi risalenti di cambiamento intervenuto nel corpo della societ. Processi che hanno determinato la ragione per cui comunicare diventata una dimensione caratterizzante dellagire dellistituzione pubblica e di tutte quelle istituzioni che si muovono nel campo degli interessi generali e che vogliono mantenere un rapporto fiduciario con i cittadini (Mancini 2002, p. 9). Relativamente all Istituzione pubblica, molti studiosi e osservatori condividono lipotesi che esista una stretta relazione tra evoluzione del concetto di Stato e quindi della sua funzione sociale e dei suoi rapporti con i cittadini e levoluzione della comunicazione pubblica12 (Invernizzi, Mazzei 1992). Pi precisamente, secondo tale prospettiva levoluzione dello Stato, prima verso forme di welfare state (lo stato sociale in forma embrionale nasce a partire dallinizio del 900 e si afferma pienamente, a partire dal secondo dopoguerra) e, successivamente, verso forme neoliberali (a partire dagli anni 80 del 900), ha comportato un ampliamento degli obiettivi e degli strumenti della comunicazione, il cui fiCAPITOLO

57

ne quello di far fronte alle nuove esigenze di partecipazione e di informazione dei cittadini e a quelle di trasparenza dellente pubblico. Ci determina anche il passaggio da un modello definito di autoreferenzialit, caratterizzato dalla focalizzazione su obiettivi minimi di comunicazione e dal prevalere di un forte orientamento a considerare le esigenze interne dellemittente piuttosto che quelle di conoscenza e di partecipazione del ricevente, a un modello definito della trasparenza, caratterizzato da un ampliamento degli obiettivi della comunicazione, e da un nuovo orientamento al ricevente. Precisamente lobiettivo di adeguare la comunicazione alle esigenze di questultimo, ha comportato un processo di ridefinizione del rapporto tra le istituzioni dello Stato e i cittadini; processo che si caratterizza per la ricerca della ricostruzione di una nuova identit da parte di entrambi i soggetti (Faccioli 2004). noto che recenti disposizioni di legge, legittimando le attivit di informazione e di comunicazione come obbligo istituzionale, abbiano finalmente sancito e con ci ulteriormente rafforzato tale processo di ridefinizione. Senza voler ripercorrere le fasi del lungo iter che ha contrassegnato il passaggio dal modello della autoreferenzialit a quello della trasparenza, vale la pena qui solo di ricordare come esso sia stato segnato dalla pressione di una cittadinanza sempre pi consapevole dei propri diritti. Tra questi, il diritto di essere informato assume progressiva importanza e peso13. Lo spostamento di accento dal diritto a informare (inteso tradizionalmente come libert di esprimere opinioni) al diritto di essere informati deriva da molteplici fattori, quali la crescente burocratizzazione, la frammentazione della vita sociale e individuale, il sorgere di nuove disuguaglianze sociali derivanti dalle diverse possibilit di accesso alle informazioni. (Invernizzi, Mazzei 1992). I cittadini vedono dipendere una parte significativa della reale fruibilit del benessere sociale dalla quantit (ma anche accessibilit e chiarezza, ndr) delle informazioni ottenute sui servizi disponibili e dal grado di trasparenza dei meccanismi di gestione della Pubblica Amministrazione (Ivi, p. 108). Cresce dunque la sensibilit dellopinione pubblica verso il diritto di essere informati, mentre diventa anacronistico il rifiuto di informare della Pubblica Amministrazione. Per la Pubblica Amministrazione si configura dunque un dovere informativo, che implica una trasformazione profonda della stessa organizzazione burocratica dellapparato amministrativo. Esso ha conservato nel tempo quasi inalterata la sua cultura e le sue modalit di azione a ispirazione prevalentemente giuridica. La pressione di una pubblica opinione critica e attenta, pronta a giudicare loperato della P.A. in base alla sua capacit di rispondere in modo efficace e efficiente ai suoi bisogni, la costringono dunque ad assumere un comportamento reattivo rispetto allambiente esterno.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

58

Con ci stesso, accelerando il processo di modernizzazione e di evoluzione verso unorganizzazione dello Stato e delle sue articolazioni pi permeabile e attrezzata ad accogliere le istanze provenienti dalla societ civile. noto infatti che leccessiva espansione della spesa pubblica, coniugandosi con la mancanza di efficienza, razionalit e capacit di innovazione dei servizi erogati dallo Stato del welfare e con le crescenti aspettative di qualit dei servizi stessi da parte dei cittadini, abbiano determinato una progressiva perdita di legittimazione e di consenso alloperato della P.A. La comunicazione diventa dunque lo strumento, il medium attraverso il quale ricostruire il rapporto incrinato di fiducia tra P.A. e cittadini. Esso tuttavia richiede nuovi principi e modalit di intervento che interessano lintera filiera del processo comunicativo. Non si tratta dunque solamente di ampliare gli obiettivi della P.A., come pure necessario14. Si tratta anche di riconoscere la centralit dei processi comunicativi, sia interni sia esterni; e di separare, allinterno delle amministrazioni pubbliche, la sfera politica e quella amministrativa (Grandi 2001, p. 31). Ma soprattutto, si tratta di comprendere che la comunicazione implica una relazione sociale. Per la P.A. assumere questa prospettiva ha comportato una serie di conseguenze cruciali: la definizione dellobiettivo della comunicazione, i contenuti da dare, i canali da utilizzare, la formulazione del messaggio dovranno tener conto non solo dellosservanza di norme giuridiche, ma soprattutto delle esigenze dellutenza. Lintroduzione delle tecniche di segmentazione del mercato, ad esempio, risponder al bisogno di rivolgersi ad un pubblico non pi generico, ma selezionato in base agli obiettivi da raggiungere (Invernizzi, Mazzei 1992). I canali da attivare non saranno solo quelli previsti dai regolamenti giuridici, ma si amplieranno gli strumenti utilizzabili e utilizzati, grazie anche alla evoluzione del mercato dei media e delle innovazioni tecnologiche15; la formulazione del messaggio terr conto della necessit di una corretta ricezione e interpretazione dello stesso e il linguaggio dovr essere comprensibile ai destinatari della comunicazione. Il graduale abbandono di un linguaggio tecnico, specialistico e burocratico segner il passaggio alla nuova fase della comunicazione della P.A. degli anni 90, non a caso definita il decennio della comunicazione dellistituzione pubblica (Grandi 2001). Ed infine linformazione di ritorno (o feedback) diventer centrale. Essa consentir di controllare le reazioni dei destinatari e di raccogliere suggerimenti provenienti dal pubblico dei cittadini. Relativamente alle campagne sociali ad esempio, risulter sempre pi evidente limportanza di conoscere le reazioni dei destinatari ai messaggi stessi, al fine di valutarne correttamente limpatto. Le campagne sociali promosse nello scorso decennio, di prevenzione allAids e di prevenzione alla tossicodiCAPITOLO

59

pendenza hanno rappresentato anche da questo punto di vista un banco di prova eccezionale per la comunicazione della P.A. Gli anni 90 sono stati dunque testimoni di profondi cambiamenti, da pi osservatori definiti copernicani (Morcellini 2004). Essi sono stati accompagnati, legittimati e rafforzati da una esuberante produzione legislativa16 culminata nella legge 150/2000, nella quale la comunicazione viene finalmente considerata una delle funzioni strategiche delle amministrazioni. Linnovazione normativa non sarebbe stata peraltro sufficiente a produrre la trasformazione auspicata, se non fosse stata accompagnata da un processo di cambiamento culturale, capace questo s di coinvolgere mentalit, atteggiamenti, ma anche pratiche e competenze dentro e fuori la P.A. Le numerose iniziative che sono fiorite in Italia testimoniano del cammino che stato percorso nella direzione della modernizzazione della P.A. Lesplosione di iniziative e manifestazioni della comunicazione pubblica sono peraltro documentate in numerose riviste 17; e rese visibili anche alla opinione pubblica pi ampia attraverso leco e il successo registrato dallannuale Salone della comunicazione Pubblica (Com-P.A.). Tale iniziativa, nata nel 1993 a Bologna, si trasformata infatti rapidamente in un importante momento di incontro e dialogo (tra studiosi, professionisti della comunicazione, dirigenti e funzionari della P.A., responsabili delle organizzazioni non profit ed esponenti del mondo dellassociazionismo) e in una straordinaria vetrina per le azioni e le buone pratiche della comunicazione pubblica18. Una prima conseguenza di questo rapido e profondo cambiamento che la comunicazione pubblica ha perso il carattere di novit. Infatti quando la comunicazione pubblica ha cominciato a far sentire la sua voce, la cosa risultata sorprendente per la maggior parte dei cittadini, che si sono trovati di fronte a un fenomeno nuovo e singolare cui non erano abituati (Baiocchi 2004, p. 16). Sono passati pochi anni, ma il fatto che unistituzione pubblica, specialmente il proprio Comune, comunichi sembra essere ormai per il cittadino italiano una cosa scontata; e il diritto a essere informati in maniera abbondante, in modo chiaro e non ciecamente autoritativo viene reclamato da una vastissima parte dellopinione pubblica e non pi solo dalle organizzazioni della cittadinanza pi avvertita (Ivi, p. 17). Luso sinergico di molteplici mezzi, radio, siti internet, sms, televideo, pubblicazioni on line, e quantaltro, quotidianamente utilizzato in moltissime realt: Comuni, Province, Regioni in Italia19. Naturalmente ci non significa che non siano ancora molti i nodi problematici da sciogliere, i ritardi e le resistenze al cambiamento da affrontare, le disuguaglianze anche importanti nellattuazione delle leggi citate da ripianare. Ma il processo di innovazione e di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

60

modernizzazione, di cui la comunicazione insieme indicatore e vettore, sembra in ogni caso irreversibile. Nel mutato contesto sopra evocato a grandi linee, che rilievo ha assunto la comunicazione sociale del soggetto istituzionale? Gli obiettivi della comunicazione della P.A., si visto, si possono ricondurre a tre macro finalit: informare (sulle norme e servizi), promuovere limmagine dellente, educare la popolazione (Gadotti 1992, 2001). precisamente questultimo obiettivo che definisce il campo della comunicazione sociale dellente pubblico, oggetto di riflessione specifica del presente Rapporto. stata ricordata pi volte la riluttanza con cui la P.A. si risolta a promuovere una comunicazione siffatta. I motivi di tale atteggiamento sono stati imputati ad un ritardo di carattere culturale che ha riguardato tutta la comunicazione dellapparato amministrativo dello Stato, in parte sopra richiamato, altri sono stati ravvisati nel retaggio negativo che la propaganda del regime fascista ha lasciato in eredit allopinione pubblica, che avrebbe maturato a seguito di quella esperienza, una diffidenza verso ogni intervento educativo dello Stato. Come abbiamo ricordato, peraltro, campagne educative nel campo della salute o igiene pubblica sono piuttosto datate. Alcune di prevenzione degli incendi o contro linquinamento dei mari sono degli anni 50. Un manifesto che ritrae un bambino sporco di nafta a cui fa da sfondo una petroliera del 1954, lhead line recita non inquinate le acque marine scaricando vicino alle coste residui oleosi. Ci che cambia tuttavia, inutile dirlo, sono il contesto e lo scenario nel quale la comunicazione sociale del soggetto pubblico oggi si realizza, e parallelamente il vissuto e limmagine che tale comunicazione riveste per i cittadini. La rivoluzione che ha investito la comunicazione della P.A., non poteva infatti non coinvolgere anche questa specifica modalit. A fronte del tumultuoso ampliamento delle voci scaturite dalla societ civile, non poteva dunque mancare quella dello Stato, rappresentante per antonomasia dellinteresse collettivo, pena il fatto di rimanere arretrato rispetto alla discussione pubblica (perch di questo si tratta) sui problemi sociali, cio rispetto alle forme in cui alcuni problemi sociali possono essere ragionevolmente affrontati e risolti, sulla fondatezza e opportunit di nuove regole di comportamento (Gadotti 1992). Che si tratti di campagne di prevenzione sanitaria, o di questioni relative alla sicurezza stradale, o come pi recentemente accade, di campagne contro il vandalismo e il danneggiamento di beni pubblici, per la prevenzione degli incidenti del sabato sera o per scoraggiare levasione fiscale, la comunicazione sociale dei soggetti pubblici la pi significaCAPITOLO

61

tiva ai fini della realizzazione del modello di amministrazione condivisa, di cui si gi fatto cenno. Questa comunicazione infatti, chiamata non a caso anche comunicazione amministrativa o di cittadinanza, non serve () per regolare rapporti giuridici o per informare circa un fatto della vita quotidiana, ma per risolvere un problema di interesse generale (Arena 1999, p. 20). Essa dunque uno strumento grazie al quale lamministrazione pu amministrare, ed eventualmente disciplinare, attraverso le vie della persuasione anzich della mera imposizione normativa. Attraverso la comunicazione sociale infatti lamministrazione si rivolge non a utenti n a clienti, ma a cittadini, a soggetti che, in quanto membri di una comunit, sono anche titolari di diritti e di doveri, fra cui quelli di contribuire, nei limiti delle proprie possibilit, alla soluzione di problemi di interesse generale (Ivi, p. 22). Si tratta di problemi riguardanti la tutela ambientale, la sanit, la sicurezza stradale, lo smaltimento dei rifiuti e cos via, problemi di sistema che non sono risolvibili se non attraverso lo sforzo congiunto di pi soggetti concreti che daranno vita ad un soggetto collettivo astratto (Ivi, p. 21). Lobiettivo principale della P.A. nella prospettiva della amministrazione condivisa non tanto risolvere direttamente il problema, quanto nel mobilitare le risorse pubbliche e private necessarie per fare ci, assumendo in tal modo un ruolo di imprenditrice delle capacit esistenti nella societ (Ivi, p. 22). Si tratta di una prospettiva che non esclude ovviamente il confronto anche conflittuale tra soggetti portatori di interessi o orientamenti valoriali diversi, ma che, anche in base a molte esperienze realizzate, privilegia e valorizza lo scambio e la capacit di interazione collaborativa e costruttiva tra i vari soggetti coinvolti nella definizione e nella soluzione di questioni di interesse collettivo. Si capisce dunque, anche alla luce di quanto detto, come la comunicazione sociale del soggetto pubblico abbia assunto nellultimo decennio una rilevanza ed una valenza sconosciute nel passato e come sia sempre pi diffusa tra i responsabili delle istituzioni la consapevolezza della sua utilit e necessit. Dello stesso avviso la maggioranza dei cittadini, che considerano lintervento comunicativo del soggetto istituzionale su temi che assumono importanza per la vita collettiva, un preciso suo compito: uno degli obiettivi della comunicazione pubblica. Dalla comunicazione sociale promossa dallistituzione pubblica ci si aspetta peraltro che vengano privilegiati e rispettati punti di vista e universi valoriali nei quali potersi facilmente riconoscere e identificare. (Gadotti 1992). Come giustamente fa notare anche Faccioli (2000), la comunicazione sociale del soggetto pubblico, da questo punto di vista, non sempre facile e al riparo da critiche e dissensi. Si pensi ad esempio alle vivaci polemiche che hanno accompagnato alcune campagne di prevenzione allAids, (in particolare la seconda campagna del 1990 delP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

62

la Presidenza del Consiglio dei Ministri che fece ricorso, come si ricorder, ad un espediente molto criticato: quello dellalone viola che delineava i contorni delle persone che avevano contratto linfezione a causa di comportamenti rappresentati come rischiosi). Furono molte le polemiche e critiche espresse da cittadini che non ne condividevano affatto contenuti, valori sottesi, linguaggi. Autori come Salmon invitano peraltro a non considerare acriticamente qualsiasi campagna di comunicazione sociale () ma a valutare le motivazioni, gli interessi e limpatto che la promozione di queste campagne pu attivare (cit. in Faccioli 2000, p. 56). Non va dimenticato infatti che le campagne sociali promuovono sempre, come si gi ricordato, un punto di vista. Insomma, esse non riescono a sottrarsi a una promozione di atteggiamenti o comportamenti caricati di valori particolari (Salmon cit. in Grandi 2001, p. 62), interpretando ad esempio i problemi sociali come fossero problemi individuali (Gusfield 1981; Griswold 1997) ovvero proponendosi di modificare i comportamenti piuttosto che individuarne le radici allinterno delle stesso sistema sociale (Ivi, p. 62). La comunicazione sociale del soggetto pubblico si muove dunque su un terreno rischioso e accidentato. Vale la pena ricordare nuovamente che la comunicazione sociale svolge una funzione delicata che quella di orientare, suggerire, educare. La legittimit e la credibilit del soggetto che comunica diventano, per evidenti motivi, di cruciale importanza per lefficacia del messaggio stesso. Daltra parte banale osservare che la comunicazione dello Stato deve sottostare a precisi vincoli che derivano dalla sua natura di rappresentante degli interessi di tutti i cittadini e di interprete di valori e utilit collettive. Tali vincoli agiscono in diverse fasi del processo comunicativo: in particolare nella scelta del tema da affrontare e nel linguaggio da utilizzare. A proposito del primo punto, non messa in discussione, come si gi accennato, la titolarit di tale soggetto a intervenire nel discorso pubblico, sebbene loggetto della comunicazione debba ruotare intorno a temi di interesse generale, nei confronti dei quali va garantita obiettivit e imparzialit. Utilizzando unespressione di Rolando, potremmo dire che la prospettiva di scelta dei temi dovrebbe essere allora improntata ad una neutralit possibile. Insomma il soggetto pubblico ha lobbligo di affrontare temi relativamente controversi sui quali lopinione pubblica non si dichiari divisa (Mancini 1996). Naturalmente ci non significa che la fonte pubblica non debba prendere posizione (Faccioli 2000), quanto piuttosto che sarebbe opportuno esplicitare la dimensione scelta nella rappresentazione del problema, nella consapevolezza che altri punti di vista e altre prospettive di analisi sono possibili (Ivi, p. 129), anzi auspicabili.
CAPITOLO

63

Pi ancora della scelta dei temi su cui investire in comunicazione sociale, tuttavia, ci che viene sottoposto a severo scrutinio da parte dei cittadini, la capacit della P.A. di far seguire ai messaggi veicolati scelte operative e interventi percepiti come adeguati al problema sottoposto allattenzione pubblica. Pena la perdita di consenso e di credibilit di parte o di tutti cittadini, la scelta dovr cadere dunque su quei temi rispetto ai quali il soggetto pubblico abbia sviluppato o stia per sviluppare politiche coerenti (Gadotti 1992, 2001). Il rischio in caso contrario , infatti, che la campagna sociale venga vissuta e interpretata come un operazione di pura facciata, propagandistica o comunque scollegata dai reali bisogni dei cittadini. precisamente su questo terreno che si pu individuare una sostanziale differenza con lesperienza comunicativa di Pubblicit Progresso e tendenzialmente una partizione di ruoli tra lattivit di comunicazione sociale della P.A. e quella dei privati. Questi ultimi potranno pi facilmente sviluppare la propria iniziativa in direzione di questioni e temi emergenti sui quali lente pubblico potr invece prendere la parola solo quando la sensibilit collettiva avr raggiunto un accettabile grado di stabilizzazione e omogeneit e saranno disponibili ed allestite adeguate politiche di risposta (Gadotti 1992, p. 206). Si pensi ad esempio alle campagne di prevenzione alla tossicodipendenza, o allAids o a favore della guida sicura, che esigono, per essere convincenti, anche unincisiva politica a favore dei servizi: di prevenzione, di cura, di assistenza. Insomma contestualmente al messaggio sociale veicolato necessario che si forniscano anche indicazioni concrete relative al supporto in termini di servizio che la P.A. in grado di allestire. Ad esempio, terza campagna sulla tossicodipendenza inviava ai ragazzi e alle famiglie un messaggio di speranza di poter uscire dal tunnel della droga e contestualmente pubblicizzava il servizio Drogatel. C poi il problema del linguaggio della comunicazione sociale dellistituzione pubblica che deve ovviamente essere persuasivo, soprattutto se lobiettivo quello di introdurre un cambiamento negli atteggiamenti o comportamenti dei cittadini. La scelta del registro e del tono espressivo sar di cruciale importanza per attirare lattenzione e linteresse dei destinatari. Tuttavia il soggetto pubblico, anche nella scelta del codice espressivo pi adatto al tema affrontato e al target cui diretto, sottoposto ai vincoli che gli derivano dalla sua natura di ente pubblico. Non sar ad esempio libero di rivolgersi ai cittadini interpellandoli con un linguaggio troppo gergale, n troppo autoritario, o terroristico, o peggio ancora colpevolizzante. Dovr al contrario, adottare un linguaggio rispettoso della sensibilit del suo pubblico, che spesso coincide con quello di tutti i cittadini. Un linguaggio fatto di semplicit, chiarezza, imP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

64

mediatezza, completezza, coerenza, trasparenza nei contenuti e nella forma (Foglio 2003, p. 254) e, come si accennato, di obiettivit. Non unimpresa facile. Il rischio quello di banalizzare il discorso, di renderlo noioso o appiattito su un linguaggio che, per non urtare la sensibilit di molti, incontra il favore di pochi. Del resto le polemiche e le critiche che sono state ripetutamente mosse ai messaggi sociali del pubblico andavano in larga parte in questa direzione. Eppure ci pare che molte cose siano cambiate nellultimo decennio. Lurgenza di affrontare temi rilevanti per la collettivit hanno costretto lamministrazione pubblica ad adeguarsi agli standard espressivi cui il pubblico ormai abituato, pena linsuccesso delle stesse campagne sociali attivate. Del resto, luniverso della comunicazione massmediatica un contesto unico, nel quale qualsiasi soggetto che comunica in competizione con gli altri, con i quali inevitabilmente si misura. Si pu forse ipotizzare che lesperienza delle grandi campagne degli anni 90 sulla tossicodipendenza e sul rischio del contagio del virus HIV, costringendo il soggetto pubblico a confrontarsi con la comunicazione espressa da interpreti autorevoli e credibili quali il mondo dellassociazionismo e delle organizzazioni non profit, abbia contribuito a innovarne linguaggi e modalit di intervento, e non da ultimo ad accrescere le professionalit coinvolte nella comunicazione allinterno della P.A.20. La frammentariet, la vastit e leterogeneit delle esperienze nel campo della comunicazione sociale del soggetto pubblico non consentono peraltro di formulare un giudizio scientificamente fondato21. Tuttavia, osservando la comunicazione sociale prodotta dagli anni 90, fuori dubbio che si possa parlare di un progressivo miglioramento sia quantitativo (cfr. cap. 8) sia qualitativo della sua produzione. ormai comune esperienza imbattersi in comunicazioni educative del pubblico accattivanti, innovative, degne di attenzione, che utilizzano registri e toni anche inconsueti per una comunicazione sociale. Lultima campagna per la sicurezza stradale promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mi pare un buon esempio in tal senso. Nella campagna citata il personaggio chiave un angelo, molto lontano dalliconografia classica, rassicurante ma anche fashion, situato in unatmosfera di divertimento e un po dark, capace di parlare il linguaggio dei giovani e forse di farli riflettere sulla importanza della guida sicura. Un altro esempio significativo pu essere rappresentato dallultima campagna contro la tossicodipendenza, del 2004. Promossa, com consuetudine, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, essa utilizza toni piuttosto innovativi. Lasciate alle spalle le raccomandazioni e i consigli un po paternalistici, la campagna si sviluppa partendo dalle parole stesse dei giovani. Lhead
CAPITOLO

65

line della campagna recita: Dont kill your brain: contro la droga usa il cervello. Significativo luso dellinglese, fino a poco tempo fa un tab per la comunicazione pubblica. Questa scelta sembra coincidere e adeguarsi alle tendenze del momento apprezzate da un pubblico giovane. Un canale televisivo come Mtv, molto seguito e considerato autorevole da questo target, ospita programmi, interviste, frasi e slogan in inglese, spesso senza sottotitoli. Accanto alle scritte sopra citate, uno dei soggetti della campagna stampa contro la tossicodipendenza mostra, su sfondi neri e colorati22, un amo a cui attaccata la sagoma di un cervello. La trama sgranata contribuisce a rendere le immagini di grande impatto. Lo spot tv ancora pi diretto: due giovani si scambiano le proprie idee sulla droga: solo per provare, per una volta si pu fare, ti diverti solo la met, mentre schiacciano a turno il grilletto. Frasi che interpretano pensieri e comportamenti correnti e che spingono a provare lesperienza. Lo spot si conclude con alcune frasi: io non sono una debole, io non sono come tutti gli altri, io smetto quando mi pare, poi il rumore di unesplosione e la fine di una vita. Il sito del Ministero fornisce ampie informazioni sulle sostanze, un calendario di eventi, una sezione di testimonianze di persone coinvolte nella droga, e infine un forum nel quale i giovani si scambiano opinioni. Un altro esempio significativo dal punto di vista del linguaggio utilizzato, quello di unamministrazione locale: nel 2004, in occasione della Giornata mondiale contro la tossicodipendenza, il Comune di Milano ha promosso una campagna e alcuni eventi per richiamare lattenzione sul tema della droga. Sullonda del successo del film di Quentin Tarantino, regista cult di Kill Bill, stata realizzata la campagna kill drugs, sviluppata su mezzi stampa e affissioni. Anche in questo caso si nota unattenzione particolare ai linguaggi e alle mode giovanili. Come nel film la protagonista Uma Thurman teneva un elenco delle vittime della sua vendetta sanguinaria (si tratta di un film violento, ispirato ai vecchi film di arti marziali), cos nella campagna si traccia una riga sulla parola drugs, ripetuta pi e pi volte in un ipotetico elenco. Il Comune ha organizzato in quella occasione un evento di piazza, con la partecipazione di dj e radio cittadine. Altri esempi si potrebbero facilmente portare a testimonianza dello sforzo che la P.A. sta facendo da alcuni anni per colmare il gap che la separava dai cittadini. Anche la presenza di campagne nate dalla collaborazione tra pubblico e organizzazioni non profit da leggere come un segnale positivo in tal senso. Recentemente, dalla collaborazione tra Regione Emilia Romagna e AVIS, ha preso avvio la campagna a favore della donazione di sangue. Destate c pi bisogno di sangue recita lanP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

66

nuncio, pubblicato a livello locale. Una donna che indossa un paio di guantoni e una felpa con la scritta combatti per la vita ricorda a tutti lurgenza della donazione. Tra gli esempi di collaborazione, possiamo citare una campagna promossa dal comune di Milano nel 1998 in collaborazione con il COAM, il coordinamento delle associazioni che si occupano di Aids. Pur non essendo un esempio particolarmente innovativo dal punto di vista creativo23, la campagna interessante perch firmata dal Comune e da tredici organizzazioni non profit. Non sono molti peraltro gli esempi di collaborazione tra soggetto pubblico e organizzazioni non profit. Nella maggioranza dei casi le iniziative si limitano alla richiesta di patrocini o sponsorizzazioni: tipicamente campagne di organizzazioni non profit che ottengono il patrocinio di enti pubblici. La collaborazione tra soggetti assume, al contrario, una valenza diversa e allude a quella modalit di amministrazione condivisa dei problemi sociali a cui la comunicazione sociale potrebbe dare visibilit e sostanza. 5. La comunicazione di solidariet sociale: i soggetti privati del non profit La comunicazione sociale promossa e realizzata dal magmatico mondo composto dai soggetti privati dellarea del non profit con i suoi principali attori (volontariato, associazioni, movimenti non organizzati in maniera stabile o di piccole dimensioni, iniziative civiche, organizzazioni single issue, grandi organizzazioni) ha visto nel corso di questi ultimi decenni crescere fortemente la propria importanza e visibilit. Chiamata anche comunicazione di solidariet sociale (Rolando 1992; Faccioli 2000) per sottolineare la diversit di funzioni e obiettivi rispetto alla comunicazione sociale del soggetto pubblico, la comunicazione di questi attori rappresenta una risorsa importante per il sistema pubblico e per il sistema sociale. Portatori di istanze vicine ai problemi vissuti direttamente nella sfera privata, essi infatti hanno dato vita a processi comunicativi che si affidano alla dinamica di una societ civile emergente dal mondo di vita. Proprio per questo si fanno portavoce di questioni e temi il cui livello di controversialit pu essere molto alto, anche se pi frequentemente essi sostengono valori, temi e problemi che costituiscono le basi della convivenza sociale (si pensi alle organizzazioni ambientaliste, o ai gruppi che intervengono nel campo della salute, spesso anche nella logica di offrire servizi nei confronti dellintera collettivit). Nella comunicazione, tali soggetti trovano lo strumento per convincere il pubblico dellimportanza o rilevanza di un tema (e di una sua specifica rappresentazione e soluzione), nel tentativo di imporla con la sola
CAPITOLO

67

forza dei propri argomenti allopinione pubblica e allagenda politica. Si capisce dunque come la loro comunicazione sia rilevante per qualificare lo stesso discorso pubblico. Sia in qualit di interlocutori delle istituzioni pubbliche, sia come riferimento per lopinione pubblica, essi, infatti, esprimono linsopprimibile pluralismo di una societ civile. Ecco che, un concetto come capitale sociale, nonostante il suo carattere polisemico, mutevole e eterogeneo, viene in letteratura costantemente correlato con il terzo settore e in generale con la societ civile ad esso sottostante. Definito come un bene immateriale, generato da relazioni intersoggettive, la cui attivazione determina dei benefici per lindividuo e/o per la comunit di riferimento (Catania 2003, p. 286), il capitale sociale sembra dunque intimamente connesso con gli elementi civici e prosociali, presenti in un determinato contesto dosservazione; la propensione ad associarsi in organizzazioni di volontariato, i rapporti di reciprocit fondati su un sentire comune, le relazioni interpersonali di mutuo aiuto e il comportamento civico agito in determinati ambiti sociali (giustizia, ambiente, informazione ecc.), sono indicatori di una rete di relazioni intersoggettive fondate sulla fiducia (sia soggettiva che istituzionale); tali componenti sociali rafforzerebbero il senso di appartenenza ad una comunit, dando forma alle principali dimensioni di un particolare tipo di capitale sociale: quello civile (Ivi, p. 298)24. Come noto, sulle cause e le conseguenze sul sistema economico e sociale del proliferare delle organizzazioni nelle sue diverse forme, la letteratura davvero vasta. In larga parte, essa concorda nel collegare lesplosione delle organizzazioni non profit e dellassociazionismo con la crisi dello stato sociale che si palesa in tutta la sua gravit negli anni 70 e con la crisi delle grandi agenzie educative tradizionali, come le organizzazioni partitiche e sindacali, le organizzazioni religiose ed ecclesiali, le istituzioni scolastiche manifestatasi pienamente nei decenni successivi. Il processo di progressiva regolazione statale del mercato e dei rapporti sociali, introdotto dallo stato del welfare per correggere gli effetti disegualitari del privato (e quindi riparare, con interventi di politica sociale, le ingiustizie provocate dalla stessa logica di mercato), avevano infatti per converso cominciato a originare reazioni di insofferenza, di scontento, di insoddisfazione (anche di deresponsabilizzazione) soprattutto allinterno di quei mondi vitali ai quali la politica di intervento statale aveva ridotto spazi di autonomia e di vitale espressivit. noto che tale insoddisfazione25 si manifestata in modi del tutto contradditori. Da un lato, con aspettative crescenti e con domande sempre pi pressanti, che si sono tradotte in rivendicazioni di pi interventi statali per maggiori e qualitativamente diverse prestazioni sociali (rivendicaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

68

zione di una maggiore qualit dei servizi, di rispetto di nuovi diritti e bisogni, ad esempio del diritto di informazione come si accennato nel par. precedente); dallaltro, con lesplosione di bisogni cui n le istituzioni del welfare, n il mercato erano in grado di dare una risposta. Intendiamo riferirci a quella categoria di bisogni che, emersi con la trasformazione della societ, spingevano in direzione del cambiamento delle modalit tradizionali di risposta ad essi. Proprio perch non richiedevano una soddisfazione in termini meramente quantitativi (pi servizi, pi prestazioni, pi beni di consumo...), essi ponevano in discussione un modo di vita, proponevano una concezione diversa del benessere individuale e sociale. Nella crescita e nellesplosione del terzo settore sono confluiti questi nuovi bisogni (definiti, come noto, post materialistici) che si sono tradotti in domanda di innovazione qualitativa dellintera organizzazione sociale (istituzionale, produttiva e di erogazione dei servizi). Soprattutto essi hanno dato origine ad unintensa ricerca di spazi di autonoma azione ed espressione che si sostanziata in molteplici attivit sociali, la cui caratteristica comune e fondamentale la loro natura di privato-sociale. Si tratta cio di attivit che hanno svolto compiti sociali e pubblici su una base privata ma non di profitto in diverse sfere e ambiti di vita. Sia in forma di produzione e distribuzione volontaria di servizi e beni, sia in forma di mutualit senza scopi di lucro, sia in forma di pressione di gruppi di opinione, tali attivit premendo verso una revisione dei principi su cui si fonda lattuale organizzazione sociale, hanno contributo a ripensarne e determinarne il futuro. Il mondo del non profit e dellassociazionismo si peraltro molto trasformato negli ultimi decenni. Il volontariato, ad esempio, e i movimenti volontari hanno registrato tassi di adesione e partecipazione diversi. Ma sono cambiati anche i modelli di aggregazione, il senso soggettivo attribuito allimpegno e il modo in cui percepito dalla societ. cambiata, ancora, la relazione dellassociazionismo con gli enti locali e lo Stato, con la politica, con gli individui. (Diamanti 2003, p. 13)26. Il volontariato di questi ultimi decenni del 900 si differenzia profondamente e per numerosi aspetti, dalle esperienze di cui pur ricca la tradizione cattolica e laica in passati periodi storici. Infatti limpegno volontario si sviluppato in precedenza (principalmente nellarea cattolica e di ispirazione cristiana) come espressione di un volontarismo su base caritativa, in cui la variabile altruistico-riparatoria aveva un peso sicuramente determinante nelle motivazioni dellimpegno volontario. Le molteplici e variegate forme delle iniziative dei decenni successivi sono da considerarsi invece, come espressione della ricerca di forme innovative di collaborazione umana e solidariet. Da un associazionismo come espressione e servizio tipico degli anni 80 e costituito da un arcipelago di piccoli gruppi locali, dove si
CAPITOLO

69

soddisfano le domande di benessere individuale che riguardano non solo gli utenti, ma gli stessi partecipanti (Diamanti 2003, p. 16), si passer negli anni 90 a un associazionismo come impresa e capitale sociale, riassumibile nella sua tendenza a diventare risorsa del sistema pubblico e del capitale sociale. Parte ormai costitutiva del welfare mix e del sistema pubblico allargato, tale associazionismo si svolge nel segno della concertazione fra Stato e enti locali, dando vita a forme di collaborazione alla gestione della cosa pubblica e a legami stabili con il sistema pubblico. La valorizzazione dellassociazionismo da parte del soggetto istituzionale27, anche come risorsa per ricostruire il consenso in tempi di sfiducia dei cittadini verso il pubblico e verso la politica (Ivi, p. 17), porter ad una crescente istituzionalizzazione delle organizzazioni. Per poter attuare in modo continuativo ed efficiente le attivit che concretizzano il loro impegno occorrono infatti strutture, personale competente e retribuito, risorse economiche stabili e garantite. Le organizzazioni acquisiscono cos competenze sempre maggiori per raggiungere questi obiettivi, fino a ottenere, in molti casi, risultati professionali. Lassociazionismo degli anni 90 diventa un mondo complesso, costituito da realt molto diversificate tra loro: dalle piccole realt, costruite attorno a gruppi di volontari che mantengono una struttura numericamente contenuta e unimpostazione tradizionale, alle grandi organizzazioni internazionali che hanno ampliato la propria operativit. Queste ultime, nate frequentemente intorno ad un leader carismatico e a un gruppo di volontari, diventano strutture organizzate, suddivise per ambiti di attivit gestiti da responsabili e si trasformano in organismi supportati, oltre che da volontari, da personale dipendente, collaboratori a progetto, consulenti (dal personale dellufficio stampa, al fund raiser, dal ricercatore, allesperto di problematiche internazionali). Insomma da settore marginale, lassociazionismo diventa in questi anni, progressivamente unimportante risorsa per la societ civile; un interlocutore autorevole e in larga misura credibile per enti, istituzioni, mondo politico e mondo economico, per il sistema dei media28. Negli anni Duemila si assiste ad una nuova fase. La ricerca Iref (2003) mette in evidenza che il processo di istituzionalizzazione continua, ma accanto allazione delle grandi organizzazioni si sta diffondendo un nuovo volontariato individuale o di un microgruppo, praticato al di fuori delle grandi associazioni e dai luoghi pi strutturati e vissuto nella dimensione quotidiana e locale, capace di coinvolgere e modificare stili di vita, sempre pi orientati alla responsabilit e allaltruismo (Diamanti 2003, p. 18). come se la solidariet, la logica dellaltruismo venissero () metabolizzate dalle persone, disciolte in stile di vita, modo di guardare e di fare (Ivi, p. 19).
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

70

Si tratta in ogni caso, di una tendenza individualizzante, che implica modalit di partecipazione poco visibili le quali, sebbene non sottendano necessariamente un allontanamento dalla vita pubblica, sono almeno in parte, unaltra faccia della nuova stagione di mobilitazione collettiva a cui assistiamo da un paio di anni (Ivi, p. 20). Vedremo fra poco come questa modalit di partecipazione e di adesione al sociale si riverberi e influenzi anche le pratiche di consumo, con importanti conseguenze sulle scelte (anche comunicative ) delle aziende. Il settore del non profit e dellassociazionismo dunque unarea in continua trasformazione. Il passaggio da organizzazioni non profit tradizionali a organizzazioni non profit evolute ha coinvolto non solo laspetto economico, sociale e operativo, ma anche quello comunicativo (Bernocchi 2001, p. 94)29. Risulta sempre pi chiaro infatti che non basta fare, anche se ci sostanziale, occorre anche farsi conoscere presso il proprio pubblico. Ecco dunque che diventa importante: affermare la propria presenza; far conoscere lorganizzazione, la sua missione, le sue attivit, il suo prodotto/servizio/progetto, e i risultati conseguiti; ottenere consenso presso lopinione pubblica; creare unimmagine o rafforzarla per predisporre un ambiente favorevole presso i destinatari dellofferta, i volontari, i donatori; supportare il fund raising e apportare risorse promuovendo donazioni allorganizzazione; allacciare rapporti con i beneficiari dellofferta, con volontari e donatori, enti pubblici e media; accompagnare il lancio di un prodotto/servizio/progetto; integrare e valorizzare il lavoro dei volontari; ottenere maggiore riscontro presso i media etc. (Foglio 2003b, p. 249). Insomma, la comunicazione pu svolgere compiti fondamentali per far capire la propria missione e azione sociale, le caratteristiche che la qualificano, le motivazioni che la supportano (Ivi, p. 249). Si tratta, come si pu notare, di obiettivi complessi che richiedono competenze, metodologie appropriate, risorse di cui spesso il terzo settore non dispone o che non disposto a utilizzare per la comunicazione, ritenuta (spesso non a torto) un privilegio esclusivo delle grandi organizzazioni. Tuttavia, si fa osservare che se unorganizzazione non comunicasse, se non avesse nulla da far conoscere perderebbe anche la sua ragione dessere (Ivi, p. 251). Proprio in ci risiede la differenza tra la comunicazione di questi soggetti e quella del soggetto pubblico. Per questultimo la comunicazione sociale si configura si visto come un dovere, sancito da leggi e richiesto dai cittadini. Per il soggetto associativo si configura come unopportunit, un vantaggio competitivo di grande efficacia (Ivi, p. 251), che gli garantisce visibilit, legittimazioCAPITOLO

71

ne, sostegno: in una parola la possibilit di operare e di concretizzare la propria missione civile e morale. Unopportunit tuttavia che non sottoposta ai vincoli e/o ai controlli propri della comunicazione del soggetto pubblico. Da questa diversit derivano alcune conseguenze sia relativamente ai temi/questioni/cause promossi dalla organizzazione, sia relativamente al linguaggio utilizzabile per comunicare su di essi. Aumenta infatti, per lorganizzazione, la libert di scelta su entrambi i versanti. La questione da promuovere non richieder il pieno consenso di tutta la popolazione, ma potr legittimamente proporsi di incontrare il favore solo di alcuni segmenti di essa, a cui si chieder consenso, aiuto, collaborazione. Cos pure il linguaggio adottato dovr rispettare sensibilit e universi valoriali condivisi dai destinatari cui si rivolge, che non necessariamente e non sempre coincidono con tutta la popolazione, talora nemmeno con gran parte di essa. Molte campagne sociali di sensibilizzazione e/o di fund raising (spesso i due obiettivi coincidono) sono di questo tipo. Tuttavia, la gran parte dei soggetti operanti nellarea del non profit e dellassociazionismo affronta, temi e questioni di vasta portata e di interesse pi ampio. Per tale ragione la comunicazione da essi prodotta e veicolata adotta frequentemente un linguaggio semplice, facilmente comprensibile, convincente. Gli strumenti a disposizione per veicolare i messaggi sociali sono molteplici, articolati, alcuni innovativi. La letteratura dedicata alla comunicazione delle organizzazioni non profit e dellassociazionismo e alle iniziative messe in atto in questi anni danno ampiamente conto di questa ricchezza30. Ad essa rinviamo, mentre faremo nel prosieguo del discorso solo qualche esempio, senza alcuna pretesa di completezza o sistematicit. Gli strumenti di comunicazione sono naturalmente legati allindividuazione del target e agli obiettivi di comunicazione. Tra i molti sopra accennati, qui interessano in particolare quelli diretti alla sensibilizzazione della popolazione nei confronti di una causa e alla promozione di atteggiamenti e comportamenti solidali, che si possono esprimere anche attraverso il sostegno concreto a un progetto (ad esempio partecipando con una donazione alle campagne di raccolta fondi). Si tratta di obiettivi fortemente interrelati, spesso contemporaneamente presenti nella stessa campagna sociale. Una campagna raccolta fondi infatti si traduce frequentemente anche in una campagna che promuove (ed invita) ad assumere un comportamento coerente e responsabile nei confronti della causa tematizzata. La credibilit, lautorevolezza, la notoriet e visibilit, insomma limmagine comunicata della organizzazione diventa a tal fine uno degli elementi importanti per lefficacia della campagna di fund raising31. Una
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

72

buona reputazione pu influenzare spesso la scelta della persona che effettua una donazione in base alla sua personale sensibilit nei confronti di una causa, ma anche in base alla fiducia accordata alla organizzazione che la promuove. Una buona reputazione cruciale per poter ottenere un finanziamento pubblico da parte di unamministrazione che riconosce validi i servizi da essa offerti; importante infine per ricevere fondi da aziende private o poter dar vita ad una partnership con le stesse per iniziative o progetti sociali. La competizione ai fini della raccolta fondi ha spinto dunque molte organizzazioni, nellultimo decennio, ad avviare una riflessione sulla propria immagine esterna e sulle modalit comunicative dirette alla sua promozione. Diverse realt associative si sono organizzate a tal fine creando al proprio interno un Ufficio comunicazione, incaricato di occuparsi dei rapporti con la stampa e i media, con il pubblico esterno e tutti gli interlocutori, anche interni (volontari, assistiti, ecc.) dellorganizzazione al fine di rafforzarne visibilit e notoriet. Altre si sono affidate ad agenzie di comunicazione o studi grafici per impostare unimmagine coordinata, cos da migliorare il proprio modo di presentarsi allesterno. Questa nuova sensibilit alla immagine coordinata si concretizzata, da un lato, in una maggiore attenzione ai materiali associativi, alla chiarezza del logo, al pay off dellorganizzazione deputato a comunicare la propria mission, alla carta intestata, ai biglietti da visita, alle buste: insomma a tutto il materiale che veicola i contenuti della organizzazione; dallaltro, in un uso pi ampio e sapiente di tutti gli strumenti di comunicazione disponibili, con costante incremento delle nuove tecnologie32. Sono le grandi organizzazioni naturalmente ad offrire i maggiori servizi in internet. Moltissimi gli esempi. Nel sito dellUnicef (www.unicef.it), oltre alle informazioni sullAssociazione e alla possibilit di donazioni o acquisti, sono pubblicate ricche informazioni sulle condizioni dellinfanzia, sintetizzate nel Rapporto annuale; il sito del WWF (www.wwf.it), colorato e completo, accompagnato da siti satellite monotematici su diversi temi legati alla natura come caccia, pesca, clima, esaustivo il sito della LILA (www.lila.it); quello della Lega Italiana Lotta allAids, pur avendo una struttura piuttosto essenziale, ha incluso la possibilit di collegarsi ad una chatline sui temi dellAids, supportata da esperti medici e legali. Anche per le associazioni minori tuttavia la presenza su internet divenuta una sorta di must. Aprire un sito importante non solo per rendere facilmente visibile la propria esistenza e identit, ma anche perch diventato un indicatore dellaffidabilit dellorganizzazione stessa. Naturalmente per la raccolta fondi rimangono importanti le campagne pubblicitarie che si avvalgono dei mezzi classici. Non a caso cresciuto negli anni il numero delle organizzazioni non profit che hanno chiesto e ottenuto spazi pubblicitari gratuiti per veicolare campagne di
CAPITOLO

73

raccolta fondi (Cap. 8). Gli esempi anche in questo caso sono numerosi. Tra le pi attive troviamo: lAIRC (Associazione Italiana Ricerca Cancro) che, in occasione dellintroduzione delleuro, ha promosso unimportante campagna con testimonial Sofia Loren: Lultima buona azione della lira con cui si invitavano i cittadini a porre in appositi contenitori sparsi in tutta Italia le lire non convertite in euro, la cui destinazione sarebbe stata, ovviamente, di sostegno della causa. La stessa iniziativa stata promossa da Unicef, assieme a WWF e Amnesty International, in una delle rare occasioni di collaborazione tra organizzazioni. Lheadline: Il Salvamondo. Non cambiare gli spiccioli in Euro, cambia il mondo in meglio. Una buona visibilit ottengono anche lAIL, che raccoglie fondi per la ricerca e la cura delle leucemie; Azione Aiuto, che promuove ladozione a distanza; la LAV, Lega Antivivisezione, che difende gli animali attraverso campagne di sensibilizzazione spesso dai toni forti e di grande impatto. Molto nota anche lorganizzazione Telefono Azzurro, con campagne di sensibilizzazione contro le violenze ai bambini. Unaltra attivit di comunicazione di raccolta fondi, sviluppata con sempre maggiore frequenza, quella legata allorganizzazione degli eventi. Le piccole organizzazioni sono nate e si sono sviluppate grazie a eventi locali di raccolta fondi (quali cene, mercatini, banchetti). Con il passare degli anni e con levoluzione delle organizzazioni assistiamo oggi ad un massiccio calendario di eventi, sia di strada sui media. Le associazioni minori continuano peraltro ad organizzare piccoli eventi che permettono una raccolta fondi a breve termine, con sforzi organizzativi contenuti. Sono ovviamente le grandi organizzazioni le sole in grado di sviluppare pi frequentemente eventi nazionali e di grande impatto. Si pensi ad esempio alla attivit di Legambiente, che organizza da oltre 10 anni la pi grande manifestazione ambientale dItalia. Denominata Puliamo il mondo e realizzata in concomitanza con diversi altri paesi sotto il nome di Clean Up the world. Essa consiste nellorganizzazione di tre giorni di volontariato ambientale, nei quali i partecipanti sono invitati ad occuparsi del proprio territorio, ripulendo strade, piazze, giardini, fiumi, spiagge. Levento ha un grande valore, sia pratico sia simbolico. Da un lato, costituisce una vera risorsa per pulire lambiente poich impegna oltre 700 000 persone. Dallaltro, ottenendo grande attenzione da parte dei media riesce a moltiplicare la sensibilizzazione sulla questione ambientale. Nel 2003, anno del decennale di Puliamo il Mondo, lorganizzazione ha ottenuto una buona quantit di spazi gratuiti, con oltre 30 annunci su quotidiani e periodici, e con la trasmissione continuativa di spot televisivi e radiofonici. Vale la pena ricordare, in questa rapida rassegna sugli strumenti della comunicazione di raccolta fondi, altri eventi capaci di richiamare lattenP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

74

zione di molte persone: le cosiddette vendite di piazza. Spesso in occasione di date particolari del calendario (feste natalizie e altre ricorrenze), le principali associazioni organizzano (contemporaneamente in pi citt italiane quando le proprie risorse economiche e umane lo permettono), iniziative che si fondano su uno scambio. In cambio della donazione le associazioni effettuano un regalo. Ad esempio, a fronte di una offerta lAIL regala le uova di Pasqua e le rose di Natale, lAIRC le arance della salute, lAnlaids (Associazione Nazionale Lotta allAIDS) i bonsai, il Telefono Azzurro le ortensie, la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) il panettone, lAISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), la LAV offre le mele le uova di Pasqua e lUnicef le bambole. Festa della mamma, festa del pap, Natale, Pasqua, festa di primavera, ogni ricorrenza diventa loccasione per creare tale scambio, e per raccogliere nuovi tesserati. Ogni donazione infatti comporta linclusione del donatore nelle liste delle persone da ricontattare per eventuali progetti da finanziare in futuro. Tra gli eventi vanno naturalmente ricordati quelli televisivi , che trasformano la beneficenza in vero e proprio spettacolo. Le star, di volta in volta coinvolte, si mettono spesso in gioco (per esprimere la propria sensibilit e per restituire unimmagine positiva di s) contribuendo alla promozione di cause sociali. I grandi concerti benefici, primo fra tutti il Pavarotti&Friends, o anche il concerto del primo maggio33, organizzato dai sindacati rientrano questo genere di promozione della causa. Eventi di richiamo anche televisivo sono poi diventate le partite del cuore, capaci di attirare la curiosit degli spettatori, sia allo stadio, sia in tv. Si tratta di incontri sportivi che coinvolgono cantanti, personaggi televisivi ma anche professionisti impegnati in vari settori della societ. Sono davvero molte le personalit dello spettacolo che si offrono oggi come testimonial di campagne sociali. Infine vi sono le maratone di raccolta fondi. Da Telethon a Trenta ore per la vita. Si tratta di trasmissioni di pi giorni, nel corso delle quali si alternano ospiti, interventi, testimonianze di vario tipo per creare intrattenimento e spettacolo e stimolare la raccolta di fondi. I media, attraverso queste esperienze di raccolta fondi, canalizzano lattenzione attorno a diverse emergenze sociali che interessano i diversi Paesi del mondo e diventano veicoli di promozione di solidariet a distanza tracciando in tal modo una sorta di geografia delle emozioni(Diamanti, v. p. 50, p. 19). Gli strumenti di raccolta fondi si sono dunque ampliati e diversificati molto nel tempo. Sono aumentare ad esempio le comunicazioni dirette/mediate. Tra i molti mezzi a disposizione, nonostante le difficolt legate a privacy e a tariffe postali, particolare rilievo occupa oggi il direct mail, ossia linvio ai cittadini di materiale informativo in grado di stimolarne la senCAPITOLO

75

sibilit per coinvolgerli nel sostegno finanziario di una causa34. Fondati spesso su appelli e immagini drammatiche, orientati pi a colpire il cuore che ad informare e focalizzati su situazioni di emergenza, essi sono spesso accompagnati da materiali aggiuntivi. Ad esempio Legambiente ha proposto biglietti augurali o fotografie sulle iniziative dellassociazione; la Lega del filo doro ha aggiunto un calendario di foto di alcuni bambini assistiti; Medici senza Frontiere un braccialetto sul quale sono segnati i centimetri del polso di un bambino africano. Il direct mail pu peraltro realizzarsi anche tramite posta elettronica su database preordinati o per diffusione spontanea, o ancora attraverso la semplice distribuzione di materiali informativi presso punti di vendita, banche, ristoranti, grandi catene commerciali, uffici postali. In ogni banca si possono trovare gli appelli di pi organizzazioni non profit e in molte si pu anche richiedere lapertura di un conto etico, ovvero di un conto attraverso il quale destinare una piccola percentuale di denaro a unorganizzazione non profit prescelta. Oltre allinvio di materiale postale, le organizzazioni non profit raccolgono fondi attraverso il marketing telefonico, ad esempio la vendita di biglietti per spettacoli, teatrali, musicali e quantaltro. Altre formule recenti e di particolare efficacia sono quelle che propongono i lasciti testamentari, ladozione a distanza, la donazione tramite sms. Si tratta di strumenti molto differenti tra di loro ma tutti molto efficaci. Nel primo caso, la formula si discosta dalla donazione tradizionale poich sovente di entit notevolmente superiore. Tra le organizzazioni attive in questo settore si possono citare lAISM, una tra le prime ad adottare tale sistema, Greenpeace, lUnicef, la Lipu, la Lega del filo doro. Lelenco potrebbe continuare. Anche ladozione a distanza funziona molto bene: il tema coinvolge la sfera emotiva delle persone, alle quali si chiede di prendersi carico di una situazione di povert e disagio, solitamente nei paesi in via di sviluppo, attraverso un impegno economico costante nel tempo35. Il legame che si viene a creare tra adottante e adottato ha la caratteristica infatti della continuit. Molte persone che attivano unadozione a distanza sono infatti motivate a non interrompere laiuto che rappresenta spesso unopportunit di riscatto dalla povert per la persona assistita. Le formule sono molto diversificate da associazione ad associazione ma, in tutti i casi, il punto di forza di questa pratica solidale risiede nel fatto che ladozione a distanza consente di personalizzare laiuto e il sostegno economico36. Le associazioni impegnate nelladozione a distanza sono ormai numerosissime: tra queste Azione Aiuto, lAIBI (Associazione Amici dei bambini), il CIAI (Centro Italiano Aiuti allInfanzia), Terres des hommes, Reach Italia, Intervita e molte altre37.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

76

Lultimo strumento in ordine di tempo, reso possibile dal progredire della tecnologia, costituito dal telefono cellulare che consente la donazione tramite sms. Promossa per la prima volta da Vodafone, per una raccolta fondi in favore di Cesvi, permette di aggirare la complessit dellatto della donazione: complessit che costituisce uno dei problemi principali legati al metodo tradizionale, attraverso il bollettino postale38. Da questa prima esperienza tale metodo di donazione stato utilizzato in numerose altre raccolte di fondi ed ha coinvolto tutti gli operatori telefonici. Il terremoto del Molise ha rappresentato, in tal senso, un esempio unico nel suo genere, superando qualsiasi altra iniziativa di raccolta fondi: oltre alle sottoscrizioni, la raccolta ha beneficiato infatti anche della possibilit di inviare sms direttamente dal proprio cellulare. Unulteriore e pi recente possibilit di raccolta fondi deriva, infine, dalla collaborazione tra organizzazioni non profit e aziende. Le possibilit sono numerose e vanno dalla sponsorizzazione, alla charity promotion fino alle iniziative di Cause Related Marketing (ma di questo parleremo nel prossimo paragrafo). La raccolta fondi di cui abbiamo tracciato una sommaria e certamente lacunosa rassegna, non coinvolge uniformemente tutte le organizzazioni, ma prevalentemente quelle pi conosciute, stabili e organizzate. Queste ultime hanno peraltro progressivamente introdotto dei principi di marketing e di controllo dei risultati delle iniziative promosse che, in molti casi, raggiungono oggi standard qualitativi elevati. Le pratiche di fund raising si possono prestare peraltro ad una lettura critica, attenta cio a individuare non solo i vantaggi (per i beneficiari e i settori interessati), ma anche i rischi, le controindicazioni, le zone dombra ad esse collegate. Si osserva ad esempio che sempre pi frequentemente esse sono condizionate dai media che canalizzano lattenzione su alcuni problemi sociali, magari a scapito di altri, non necessariamente meno cruciali; incentivano poi quella modalit partecipativa della delega che, oltre a rappresentare un surrogato della partecipazione visibile e attiva, rischia di allentare il senso critico nei confronti delle disuguaglianze e dei problemi sociali e globali (Diamante v. p. 48, 2003, p. 19). Sul versante pi generale, c chi mette in luce (Deriu et al., 2001; Marcon 2002) le trappole e le illusioni che si nascondono dietro alla retorica degli aiuti umanitari, frequentemente realizzati anche attraverso raccolte fondi nella prospettiva della solidariet internazionale39. Si osserva infine che le iniziative di comunicazione pubblicitaria sono troppo spesso finalizzate al sostegno economico delle organizzazioni e delle loro attivit, a scapito della promozione, altrettanto importante, di iniziative di sensibilizzazione e di educazione sulle questioni tematizzate.
CAPITOLO

77

Altri nodi critici riguardano pi specificatamente laspetto comunicativo. C chi intravede nellaumento della comunicazione sociale e delle attivit di fund raising delle organizzazioni il rischio di un sovraffollamento che pu degenerare in un rumore di fondo, scarsamente incisivo; o chi si chiede come si potr in futuro conciliare la crescente richiesta di spazi (gratuiti) con lofferta e la disponibilit dei media; altri sottolineano come siano ancora troppo carenti e scarse le ricerche sugli effetti e lefficacia delle campagne e sui diversi linguaggi utilizzati; altri infine si interrogano sui possibili rischi connessi alle partnership con le aziende, tendenza questultima che si sta sviluppando anche nel nostro Paese. Si tratta a ben vedere di problematiche di varia natura che aprono interrogativi cruciali e determinanti per la fiducia e la credibilit accordata dai cittadini alle organizzazioni del volontariato e del non profit, e sui quali occorrer mantenere alta lattenzione e la riflessione. 5.1 La Chiesa Cattolica e le campagne della CEI per la promozione dell8 mille: alcuni cenni Da alcuni anni anche la Chiesa Cattolica si risolta ad utilizzare le tecniche pubblicitarie per un obiettivo preciso e specifico legato alla promozione dell8 mille e le offerte per il sostentamento del clero. Si tratta di una comunicazione assimilabile a quella di raccolta fondi promossa dalle organizzazioni non profit. Essa uno dei primi esempi, certamente il pi importante, di pubblicit religiosa. Sia per lassoluta preminenza del soggetto che la promuove, rispetto anche ad altre chiese o gruppi religiosi attivi in Italia, sia per la novit che ha rappresentato nello scenario delle comunicazione non profit, vale forse la pena soffermare su di esse brevemente la nostra attenzione. La Chiesa Cattolica ha, come noto, una grande e lunga tradizione di comunicazione, nata dallesigenza di trasmettere e tramandare la dottrina in tutto il mondo. Grazie ad una struttura molto ramificata, essa riesce a raggiungere ogni giorno un pubblico enorme, sparso su tutto il pianeta. Accanto allazione del Papa e dei sacerdoti, alle encicliche, alle lettere pastorali, alle omelie, al catechismo e alla pastorale giovanile, ai concili e le conferenze episcopali, oltre allazione missionaria e a tutto quanto viene fatto quotidianamente nei confronti dei fedeli, la Chiesa ha da tempo compreso limportanza di utilizzare i mezzi di comunicazione di massa per raggiungere con maggiore efficacia il pubblico non solo dei fedeli. Latteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti dei mass media si peraltro evoluto nel tempo: da una posizione definita opportunistiP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

78

co/strumentale, che poneva lattenzione sulle potenzialit dei mezzi di comunicazione, si passati prima ad un atteggiamento difensivo/apologetico di condanna e di difesa dellintegrit della Chiesa e infine a quello che caratterizza lattuale posizione della Chiesa, indicato come costruttivo/propositivo (Fiorentini e Slavazza 1998). Esso intende la comunicazione come uno degli assi fondamentali della societ moderna con regole e logiche proprie a cui la Chiesa guarda con interesse. Del resto, la sempre pi frequente presenza di autorevoli suoi esponenti sui media un esempio illuminante di questa evoluzione. In televisione, accanto a programmi di stampo religioso (ad esempio la messa domenicale) e canali pi o meno dedicati (ad esempio Telepace), sono diventati personaggi televisivi ormai riconosciuti e cari al pubblico sacerdoti come Don Mazzi, responsabile per un lungo periodo del pomeriggio domenicale su Raiuno, il Cardinale Tonini, esponente autorevole del pensiero cattolico, sovente invitato in diversi programmi di intrattenimento, Suor Paola, ospite fissa a Quelli che il calcio durante la conduzione di Fabio Fazio. La stampa vede la presenza de LAvvenire, quotidiano nazionale e di Famiglia Cristiana, settimanale tra i pi letti in tutta Italia. Accanto a queste testate, esistono innumerevoli altri mezzi a diffusione locale e pubblicazioni legate agli ambiti parrocchiali. Tra le radio emerge Radio Maria, che ottiene ottimi ascolti e gode di un pubblico affezionato e fedele. Da sempre impegnata a promuovere eventi destinati ai fedeli ( pi recentemente raduni giovanili, concerti di ispirazione cattolica), la Chiesa Cattolica ha mostrato tutta lefficienza della sua macchina organizzativa e la sua capacit di comunicare durante il Giubileo del 2000, che ha saputo catalizzare lattenzione dei media di tutto il mondo. La Chiesa dunque spesso protagonista nei media, a volte direttamente e attivamente, altre come oggetto di notizie legate alle sue attivit nel mondo e soprattutto alla figura carismatica di Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia essa ha utilizzato con riluttanza la pubblicit per reclamizzare la propria attivit. Il contributo della pubblicit al servizio della missione propria della Chiesa pu porsi peraltro diversi obiettivi: diffondere informazioni e indicazioni di supporto allattivit liturgica, catechetica, caritativa; sollecitare (come nel caso che prenderemo qui in considerazione) il contributo economico a favore di iniziative di solidariet e di sostentamento del clero; promuovere opere specifiche della chiesa, quali ad esempio le missioni e le vocazioni; infine proporre i valori del messaggio religioso (Zanacchi 1999). Per quanto riguarda questultimo tipo di pubblicit religiosa una delle prime campagne promosse dalla Chiesa cattolica stata diffusa in teleCAPITOLO

79

visione nel 1999 attraverso tre brevi spot pubblicitari: la Pecorella smarrita, Amore fraterno e Veri tesori. Nei tre spot venivano citati dei passi del Vangelo che richiamavano il valore della solidariet e dellamore verso laltro (un ragazzo solo nel primo spot; un neonato nel secondo, un anziano nel terzo). Lintento era quello di mostrare lattualit degli insegnamenti del Vangelo incentrati sulla solidariet verso i pi deboli. Per quanto riguarda invece la promozione di contributi economici, lesigenza di ricorrere alle tecniche pubblicitarie per raggiungere rapidamente un vasto pubblico, non solo di credenti, emersa chiaramente con la Riforma del Concordato Lateranense40 che ha cambiato i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa. Con labolizione del sistema dei benefici e delle congrue si reso infatti necessario lautofinanziamento della Chiesa e il sostegno diretto del clero. Lo Stato, riconoscendo il valore sociale dellattivit della Chiesa, concorre al suo sostegno economico attivando uno strumento di finanziamento per molti aspetti originale: vale a dire linserimento nei modelli di dichiarazione dei redditi delle persone fisiche di uno spazio nel quale il contribuente pu decidere, attraverso una firma, la destinazione di una quota fissa del gettito fiscale complessivo, in favore di iniziative di carattere sociale, assistenziale, religioso: il noto otto per mille 41. Nasce da questa circostanza la necessit di costruire una politica comunicativa capace di favorire il nuovo corso. Le forme di sostegno economico della Chiesa e delle sue attivit si fondano ora anche sulle scelte dei cittadini, che vanno perci informati e sollecitati a collaborare. Nasce cos la prima campagna per la promozione dellotto mille dal titolo pani e pesci nel 1990. Essa ha destato nel pubblico (fedeli e non) interesse e curiosit, uno shock comunicativo, come lo ha definito il Censis (1994). Con tale iniziativa la Chiesa Cattolica fa il suo ingresso nel contesto comunicativo, utilizzando una forma, quella pubblicitaria, molto lontana dai tradizionali percorsi da sempre centrati sulla comunicazione a rete, i contatti diretti, la parola scritta e stampata. Nel corso degli anni successivi si susseguono numerose campagne che, rispetto alla prima, cercano di esplicitare maggiormente e in modo pi dettagliato gli scopi che si intende perseguire con la raccolta degli aiuti forniti dai contribuenti; dal 1995 le campagne si orientano maggiormente a rappresentare situazioni concrete e meno simboliche42, a mostrare cio visivamente dove va lotto per mille destinato alla Chiesa Cattolica. Per concludere, le campagne 8 mille della Chiesa Cattolica abbondano di simboli e segni familiari a tutti i cristiani e per certi aspetti universali (la chiesa, la croce, la campana, il battesimo, la colomba, i gesti rituali compiuti dai sacerdoti durante la Messa, il richiamo a passi
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

80

celebri del Vangelo) che rendono facile il riconoscimento dei messaggi e della loro fonte. Il tema della solidariet ovviamente centrale, il linguaggio sempre pacato e rasserenante, le situazioni di disagio mai drammatizzate, angoscianti o colpevoli. La novit dello stimolo, luso di un linguaggio decisamente nuovo rispetto alla tradizione, la peculiarit degli argomenti trattati nelle campagne hanno certamente valorizzato in maniera efficace la voce dellemittente. Questa serie di fattori hanno giocato infatti a favore di una buona accettazione della proposta comunicativa, che aveva un obiettivo non facile: proporre e far accettare un nuovo modello di partecipazione e di contribuzione dei cittadini e dei fedeli alle necessit della Chiesa, pi freddo di quello tradizionale che si realizza attraverso la firma di un modulo delle tasse e un conto corrente, ben lontani dunque dalla carit diretta o dal contatto caldo della comunicazione interpersonale44. Le campagne promosse, facendo riferimento allutilit collettiva dei contributi versati (utili alla Chiesa e perci anche alla collettivit) hanno cercato di facilitare la trasformazione di un atteggiamento e un comportamento ben radicati. Ma hanno anche rappresentato unoccasione importante per comunicare ad un pubblico pi vasto di quello rappresentato dai fedeli il progetto e la missione della Chiesa Cattolica, richiamando valori come quello della solidariet, della pace, certamente condivisibili45 da molti, con un linguaggio semplice e attrattivo. 6. La comunicazione delle responsabilit sociali delle aziende profit oriented Viene chiamata anche comunicazione delle responsabilit sociali, quella comunicazione promossa dalle aziende profit oriented che fa riferimento esplicito allassunzione di una qualsivoglia responsabilit sociale da parte dellazienda. Essa spesso diretta a pubblicizzare iniziative e/o progetti di intervento sociale delle imprese e frequentemente coinvolge in prima persona il consumatore (Mancini 1996). Il panorama delle locuzioni che definiscono tale fenomeno comunicativo, emergente e non privo di ambiguit, molto ricco: si parla anche di comunicazione sociale delle imprese, di Company Advertising with a Social dimension, di Societal marketing, di Corporate philantropy e altro ancora. Esse circoscrivono unarea articolata e complessa, che vede limpresa intraprendere una social strategy per rispondere ad una diffusa aspettativa di coinvolgimento in azioni che proteggano o migliorino il bene comune. Attraverso un posizionamento sociale insomma lazienda tenta di riscuotere fiducia, simpatia, notoriet, immagine di brand, buona reputazione nella soluzione dei problemi della collettivit, al fine anche di differenziarsi dai competitori presso il grande pubblico.
CAPITOLO

81

Naturalmente la questione della responsabilit sociale dellimpresa non una novit. Anzi, il dibattito intenso e di lunga data. Esso ha dato vita ad una riflessione ampia e articolata, sia in ambito accademico che aziendale. Tuttavia linteresse del pubblico, delle aziende, degli operatori e degli studiosi su questo tema indubbiamente in crescita esponenziale. Lo dimostra la ricca letteratura sullargomento di varia matrice disciplinare, di recentissima pubblicazione (Sodalitas 2003; ISVI 2003; Molteni 2004; Molteni e Lucchini 2004; Cerana 2004; Fabris 2003; Fabris e Minestroni 2004); lo ricordano le dichiarazioni di economisti e uomini di marketing che in varie occasioni46 hanno messo in luce come la capacit sociale non sia solo un costo, ma anche un importante leva di successo; lo testimoniano le ricerche sempre pi frequenti finalizzate a monitorare le attivit e le campagne sociali realizzate dalle aziende in Italia e allestero, nonch linteresse della stampa che ad essa dedica ampio spazio. Limpressione che si ricava da tutto ci che non si tratti di una moda passeggera, ma di un trend ormai stabilizzato, sia in Europa (Commissione UE 2001), che in Italia (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2003). Profondamente cambiato infatti lo scenario nel quale la responsabilit sociale delle aziende oggi si sviluppa; ma sono cambiati anche le motivazioni e i fattori che inducono lazienda a questa scelta; il gradimento che essa riscuote nella opinione pubblica; e infine le modalit, i canali e gli strumenti di cui lazienda si avvale per dare concretezza e visibilit alla assunzione di responsabilit sociale. Molteplici sono i fattori che hanno contribuito a creare ed elevare le aspettative di assunzione di responsabilit nei confronti dellimpresa e che la sollecitano a partecipare attivamente anche a iniziative di carattere sociale, e soprattutto a comunicarle al suo pubblico. Tra questi, certamente i pi rilevanti per le aziende, sono i fattori relativi ai cambiamenti che hanno investito la sfera del consumo e il comportamento del consumatore. La vasta letteratura sul consumo fa emergere infatti il profilo di un consumatore sempre pi complesso, sfaccettato, attento e consapevole delle implicazioni ecologiche e sociali delle proprie scelte; un consumatore che indirizza le propensioni allacquisto in coerenza con determinati valori. A questo proposito Fabris (2003, p. 288) osserva che in una societ in cui lorientamento verso lindividualismo costituisce il mainstream, letica dovrebbe avere un ruolo sempre pi residuale. Ma come () lindividualismo non significa rescindere i legami col sociale, ma inventare nuove forme di socialit, cos la ricerca del piacere unimportante declinazione dellindividualismo si sviluppa in parallelo ad una nuova sensibilit al mondo delletica e del dovere (Beck 2000, p. 13), parlando del processo di crescente individualizzazione e di egotismo
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

82

che caratterizzerebbe la nostra societ occidentale, afferma che nel contesto dei nuovi orientamenti sorge qualcosa che si potrebbe definire individualismo altruista. Nella ricerca di nuove vie per canalizzare riemergenti tensioni etiche, si profila dunque un consumatore variamente definito (critico, consapevole, responsabile) che preme perch nuove dimensioni si affianchino (Fabris 2004, p. 290) ai consueti parametri di qualit dei prodotti; un consumatore disposto a compiere scelte di acquisto in base ad esse. Il concetto di qualit dunque cambiato. Si via via espanso fino a inglobare nuove istanze. Allimpresa si chiede di farsi carico dellintero ciclo del prodotto: dal reperimento di materie prime e dai diritti e tutela dei lavoratori a monte, allo smaltimento dei rifiuti e allecocompatibilit a valle. Insomma ecocompatibilit dei prodotti, attenzione alle problematiche economiche e sociali dei Paesi terzi che forniscono materie prime o in cui avviene la delocalizzazione produttiva, rispetto ed attenzione per le produzioni autoctone, possibilit di riuso, recupero, riciclo e risparmio energetico alimentano il nuovo carnet di richieste del consumatore (Ivi, p. 290). Si tratta di una dimensione nuova in cui lassunzione di responsabilit per limpresa va spesso oltre i vincoli posti dalle leggi vigenti: diventa una scelta libera, certamente impegnativa, che pu rivelarsi una chance strategica funzionale al raggiungimento delle finalit aziendali. In un ambiente sempre pi incerto e turbolento, fare leva sulla fiducia e il consenso ad una social strategy trasparente e coerente, pu tradursi per lazienda e/o la marca in un formidabile atout (o, naturalmente, in un micidiale boomerang, se le aspettative e le promesse non venissero mantenute. Numerosi episodi lo confermano: dalla vicenda Benetton e le accuse di sfruttamento del lavoro minorile, alla Nike costretta a chiudere le fabbriche in Cambogia). La trasparenza e la coerenza nella condotta social oriented dellazienda sono dunque dobbligo. Daltra parte, le aziende stanno acquistando inediti tratti di visibilit. I mass media, la rete con lesplosione di siti che offrono informazioni dettagliate sulle attivit delle imprese, la pressione dei gruppi ambientalisti e delle organizzazioni internazionali di difesa dei diritti dei lavoratori, hanno contribuito ad aumentare nei consumatori, la consapevolezza delle implicazioni ambientali e sociali, anche remote, delle scelte delle imprese, e dato loro unarma di controllo degli stessi comportamenti aziendali. Non occorre ricordare a tale proposito limpatto dirompente che un testo come No Logo (Klein 2002) ha provocato nello svelare la politica delle multinazionali, n le iniziative di reazione e di boicottaggio del consumo attivato, in altri Paesi, da consumatori informati e sensibilizzati al problema della condotta etica e responsabile delle imprese.
CAPITOLO

83

Si parla dunque ripetutamente di un nuovo e pi impegnativo ruolo delle imprese nella societ: un ruolo definito di corporate citizenship. Tale espressione evoca unidea allargata di altruismo: che non sia soltanto donazione caritatevole e marketing dellassistenzialismo, ma che si riveli, piuttosto, come sforzo di comprensione e di interlocuzione verso la societ e i suoi problemi (Fabris e Minestroni 2004, p. 531); uno sforzo teso a instaurare una relazione con un nuovo consumatore/cittadino. La cittadinanza dimpresa diventa allora una risposta ad una responsabilit civica dei cittadini che si esprime in comportamenti non solo donativi, ma anche inediti, di consumo responsabile, preludio forse di nuove forme di cittadinanza globale (Bobba 2003; Volpi 2003). Nel contesto di un diffuso apprezzamento dellimpegno delle aziende nella soluzione dei problemi collettivi, anche la comunicazione sociale delle aziende trova un ampio consenso (numerose ricerche condotte in Italia e allestero lo confermano). Se nel passato le aziende hanno esitato a rendere manifesto attraverso la comunicazione (corporate o di prodotto) il proprio impegno a scopi sociali per il timore che venisse interpretato come una operazione di pura facciata, opportunistica, oggi sembrano invece prevalere i motivi che premiano le imprese orientate a comunicare lesistenza, le forme e le dimensioni della propria responsabilit sociale. Lidea della buona cittadinanza di impresa si concretizza dunque in iniziative di natura diversa e di differente impegno per le aziende. La mappa dellorientamento sociale e dei conseguenti comportamenti in tema di responsabilit sociale nelle imprese italiane infatti molto varia47 (Molteni e Lucchini 2004). La comunicazione promossa per darne conto rispecchia la ricchezza e la variet di tale impegno. Tra le campagne dotate di una dimensione sociale ci sono infatti sia quelle che affrontano in modo pi o meno esplicito temi e questioni di interesse collettivo, sia quelle che fanno riferimento a unazione intrapresa dallazienda nei vari settori del sociale, sia infine le campagne in cui lazienda associa il proprio marchio a quello di unorganizzazione non profit per dare vita a operazioni complesse e di lungo termine, ove il pi delle volte viene chiamato in causa direttamente il consumatore. Nel primo caso (comunicazione di corporate issue promotion) lazienda si fa promotrice di una causa che viene incorporata come brand value principale. Talvolta le campagne che proseguono per anni (come ad esempio nel caso della Avon e la sua lotta contro il cancro al seno, la Breast Cancer Awareness Crusade) garantiscono una quasi totale identificazione della azienda con lissue prescelta. Si pensi anche allesperienza della Benetton, alla campagna Esselunga contro gli Ogm, o alla recente campagna Chi beve e guida, un pericolo anche per gli altri. Pensaci firmata HeiP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

84

neken. Si tratta, in questultimo caso, della prima campagna pubblicitaria in Italia sul Drink or Drive firmata da unazienda produttrice di bevande alcoliche. O si veda infine lattuale campagna firmata dal gruppo Genertel che, attraverso immagini forti, dirette e immediate48 pone laccento sullimportanza della prevenzione e sul ruolo dellindividuo nella responsabilit della guida. La campagna ha incontrato anche il favore delle istituzioni. La stessa polizia di stato ha messo a disposizione di Genertel mezzi e uomini per consentirne la sua realizzazione. Nel secondo caso (comunicazione di good corporate citizenship) lazienda pubblicizza la sua partecipazione e il suo intervento nella comunit, rendendo note la propria politica di impegno concreto in iniziative e investimenti nel sociale, promettendo di sostenere una organizzazione non profit o un progetto ad hoc; il consumatore non viene tuttavia coinvolto nel sostegno della causa o della organizzazione prescelta. La comunicazione dovr rendere plausibile e credibile limpegno assunto dalla azienda. Gli esempi sono numerosi. Si pensi alle campagne Omnitel per pubblicizzare il progetto Goletta verde; a quelle della Bassetti a favore della salvaguardia dei delfini, o a quelle della Volkswagen che ha intrapreso uniniziativa di educazione ambientale. Nel terzo caso, si tratta di campagne prevalentemente di Cause Related Marketing (CRM) che legano unazienda o una marca ad una importante causa sociale o ad unorganizzazione non profit, traendone reciproco beneficio. Il CRM uno strumento strategico che si caratterizza per il coinvolgimento diretto del consumatore. Il prodotto o il servizio offerto dallazienda diventa veicolo della dimensione sociale e lacquisto il mezzo a disposizione del consumatore per sostenere la causa promossa. Anche qui gli esempi sono numerosi. Dalla ormai storica collaborazione tra la Perfetti (Golia Bianca) e il WWF per la protezione dellorso polare; alla iniziativa della Procter Gamble (Dash) e ABIO (Associazione per il bambino in ospedale) e la Missione Bont-Progetto Ospedale Amico; a Coop Solidal Coop solo per citare quelle note a tutti (Molteni e Devigli 2004). Anche in questo caso sarebbe davvero arduo dare conto in modo esauriente della ricchezza degli interventi. In tutti questi casi naturalmente il successo di una strategia comunicativa non affatto scontato. Fattori cruciali per la buona riuscita della iniziativa, sono la seriet e la coerenza dellimpegno dellazienda. La comunicazione costituisce da questo punto di vista un momento delicato. A essa affidato infatti il compito di spiegare al consumatore in modo credibile e convincente liniziativa intrapresa, il progetto finanziato, lintervento sociale promosso; insomma di creare un rapporto empatico con il consumatore. Il rischio infatti che liniziativa pubblicizzata venga vissuta come una operazione di make up, piuttosto che di effettivo impegno.
CAPITOLO

85

Il tema, la causa o lorganizzazione prescelta, il tono e il linguaggio utilizzati saranno allora elementi di estrema importanza ai fini del successo della campagna stessa. La scelta della causa o del tema costituisce la prima fase delicata. La decisione di sposare una certa causa risponde a diversi criteri di selezione: il principale dei quali la vicinanza percepita tra questultima e la propria core competence. Potremmo dire che la scelta del tema o della causa sui quali lazienda investe (in comunicazione o anche in interventi nel sociale) deve in larga parte corrispondere, per essere anche pi credibile, ai tratti distintivi della azienda e alla immagine che ne ha il consumatore. Si pensi nuovamente alla campagna Heineken e alla felice pertinenza della sua scelta. Una delle prime campagne a favore della guida sicura della Fina (pompe di benzina) degli inizi anni 90, coglieva esattamente la congruenza tra il prodotto venduto e loggetto dei messaggi (la sicurezza stradale) la forza della sua comunicazione. La casa automobilistica Mercedes ha frequentemente realizzato campagne nelle quali si invita a misurare il consumo di alcol prima di mettersi alla guida della macchina. Laffinit daltra parte pu essere ravvisata, oltre che in base al settore merceologico di appartenenza o alle caratteristiche dei prodotti dellazienda, anche in relazione allimmagine della marca e alla sua personalit; in base al target e sue caratteristiche di sesso, et, stile di vita o valori condivisi; o infine in relazione alle stesse dimensioni della azienda: in genere le aziende che hanno una diffusione nazionale o internazionale scelgono temi di vasto richiamo, universali (Giaretta 2000). Per quanto riguarda il linguaggio, ad una sommaria disamina, emerge che il tono utilizzato nelle campagne di responsabilit sociale spesso sobrio e semplice. Una comunicazione discreta sembra infatti la pi indicata e la pi utilizzata per presentare senza troppa enfasi le attivit di responsabilit sociale intraprese dallazienda. Il tono difficilmente aggressivo o colpevolizzante. Piuttosto si tende a giustificare lintervento e a suggerire il comportamento che ci si attende dal consumatore; le immagini sono generalmente soft anche quando vengono rappresentate situazioni di grande impatto emotivo. Il prodotto difficilmente coinvolto nella comunicazione. Famosa a questo proposito la campagna stampa della Volskwagen (1998), nella quale campeggiava unauto interamente coperta da un telone. Lheadline recitava: andate in treno. Concludiamo osservando che il soggetto privato in qualit di imprenditore di issue, sceglier legittimamente di promuovere temi/questioni che, pur di rilevanza collettiva, corrispondano anche ai propri interessi aziendali. Vale la pena tenere presente questo aspetto,
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

86

certamente non per stigmatizzarlo, piuttosto per collocare nella corretta prospettiva lintervento comunicativo delle aziende. Tenendo presente a questo proposito, come si pi volte sottolineato, che la comunicazione sociale, prima ancora che sui comportamenti o gli atteggiamenti (si veda a questo proposito il capitolo sulla valutazione dei risultati delle campagne), agisce sulla costruzione della agenda dei problemi sociali e delle loro possibili soluzioni. In tal senso, chiaro che, attraverso la comunicazione delle responsabilit sociali, lazienda esplicita il diritto/dovere di costituirsi anche come enunciatore legittimo nella definizione dei problemi pubblici (Semprini 1993). 7. Brevi riflessioni in conclusione Il quadro delle voci che si affollano nellarea della comunicazione sociale si sono dunque ampliate e potenziate negli ultimi decenni in Italia, fino a legittimare lipotesi che oggi essa rappresenti uno dei luoghi della comunicazione massmediatica attraverso la quale si forgiano e sintroducono nella conversazione collettiva temi e questioni potenzialmente di interesse generale. Su tali temi e questioni, lopinione pubblica sollecitata ad esprimere una valutazione, ad attivare pratiche e comportamenti adeguati, ad assumere atteggiamenti collaborativi. Si gi avuto modo di notare come la competizione tra gli attori, per lattenzione del pubblico, sia un elemento cruciale di tale processo comunicativo, che condiziona la visibilit, la definizione, e la soluzione dei problemi sociali tematizzati. Da questo punto di vista importante capire chi comunica cosa, attraverso quali canali di accesso ai media e alla comunicazione massmediatica. Vale ora la pena osservare che la comunicazione sociale non si limita a indicare i temi sui quali riflettere, contribuendo in tal modo a creare una mappa delle questioni sociali, ma svolge anche una funzione che stata definita di integrazione simbolica (Mancini 1996). In un periodo storico caratterizzato da fenomeni di crescente individualizzazione, incertezza e crisi dei meccanismi tradizionali di regolazione collettiva, la comunicazione sociale sembra, infatti, assumere un ruolo (certo parziale e limitato) di disciplinamento pubblico. Proposte di regole di convivenza (si pensi a molta comunicazione del soggetto istituzionale) e di solidariet (ad esempio la comunicazione delle organizzazioni non profit e/o delle stesse aziende private) vengono, infatti, per il suo tramite elaborate, promosse, amplificate e rese visibili. In unepoca dunque in cui gli automatismi sistemici che in passato assicuravano lintegrazione normativa della societ sembrano venir meno (la solidariet non pu pi contare sullappartenenza di classe o sugli anCAPITOLO

87

coraggi della tradizione (Caltabiano 2003, p. 317), la comunicazione sociale sembra svolgere una funzione importante a favore della coesione sociale. Pur mossi da motivazioni e obiettivi diversi, tutti gli attori della comunicazione sociale, nellinvitare ad intraprendere azioni prosociali, si appellano, infatti, ad un comune sentire che unisce lindividuo alla societ. Rinviando a forme di compartecipazione alla soluzione di molti problemi collettivi, la comunicazione sociale trascende la concezione dellindividuo come attore isolato e attenua le differenze e le barriere, in nome di unesperienza simbolica comune. Anche le varie iniziative di fund raising delle Organizzazioni non profit o quelle di cause related marketing delle aziende private promettono e consentono, infatti, di dare vita ad un legame solidale. A ben vedere, la novit pi interessante della comunicazione di cause related marketing , risiede proprio nel fatto che essa fa appello al consumatore sottolineando la sua interrelazione con gli altri, piuttosto che esaltare come solitamente fa ladvertising di prodotto la sua unicit. Lacquisto del prodotto, in tal caso, consente al consumatore di entrare a far parte di una pi vasta comunit caratterizzata dal suo attivarsi per sostenere una causa, risolvere parzialmente un problema, dare un aiuto a chi ne ha pi bisogno. Insomma, anche attraverso lacquisto di un prodotto, possibile vivere un senso del noi, oggi pi che mai difficile da realizzare. In una societ individualizzata, in cui la persona non pu appoggiarsi ad istituzioni e gruppi portatori di narrazioni collettive: programmi, valori, culture unificanti; costrutti coerenti che restituiscono il senso compiuto (e condiviso) sul destino dellumanit (Ivi, p. 317), la comunicazione sociale offre la possibilit di conoscere, e quindi di scegliere, la formula di partecipazione solidale pi congeniale, da attivarsi, cio, secondo le proprie inclinazioni, modalit e desiderio di coinvolgimento. Le proposte di partecipazione sociale realizzabili hic et nunc ci sembrano in tal senso prefigurare uno dei percorsi possibili per soddisfare un bisogno, quello di solidariet, sempre attuale. Un percorso tuttavia non privo di rischi e di pericoli. Il pi evidente quello di incentivare forme di partecipazione solidali pigre, capaci di soddisfare nellimmediatezza linteresse e la sensibilit individuali nei confronti dellaltro, ma che rischiano di allentare il senso critico nei confronti delle disuguaglianze, dei problemi sociali e globali. Si tratta di un pericolo certamente presente nelle forme di solidariet sollecitate dalla comunicazione sociale, che fa spesso appello allemotivit del momento e ai sentimenti che ne derivano. Un altro rischio, forse pi sottile, ma non meno insidioso, legato allaumento quantitativo della comunicazione sociale dovuta al moltipliP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

88

carsi dei soggetti che la promuovono. Il proliferare di pi voci che fanno riferimento alle cause sociali, ai valori della solidariet, della collaborazione partecipativa, dellaltruismo e la loro continua ripetizione e amplificazione, potrebbero alla lunga banalizzare il discorso sociale rendendolo meno coinvolgente. La sfida per la comunicazione sociale, e per i soggetti che la promuovono, sta proprio nellevitare che tale rischio diventi realt. Bibliografia
Arena G., La comunicazione di pubblico interesse, Il Mulino, Bologna, 1995 Arena G., Comunicare per co-amministrare, in Amministrare. Lamministrazione colloquiale, 1997 Arena G., Il ruolo della comunicazione nellamministrazione condivisa, in Rivista italiana di comunicazione pubblica, 1999 Baiocchi A., Di tutto, di pi: una comunicazione affascinante, in Valentini M., Baiocchi A., Morcellini M., Faccioli F., Roma Laboratorio Comune. Esperienze di comunicazione in una metropoli, Edizioni LabItalia, Roma, 2004 Beck U., Figli della libert: contro il lamento sulla caduta dei valori, in Rassegna italiana di sociologia, a. XLI, n. 1, gennaio-marzo, 2000 Bernocchi R., La comunicazione delle organizzazioni non profit, in Gadotti G., La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi, Arcipelago edizioni, Milano, 2001 Blumer H., Social Problems as Collective Behavior, in Social Problems, n. 18, 1971 Bonacina R., Comunicare il non profit, in Ambrosio G., Bonacina R., Manuale pratico per la gestione delle organizzazioni non profit, Etas, 2000 Bobbe L., Presentazione, in Caltabiano C. (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, Milano, 2003 Bruno M.W., Virus e tab: le campagne pubblicitarie sullAIDS, in Chiaretti G. (a cura di), Conversazioni, storie, discorsi, Carocci, Roma, 2001 Bucchi M., La salute e i mass media, in Ingrosso M. (a cura di), Comunicare la salute, Franco Angeli, Milano, 2001 Caltabiano C. (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, 2003 Catania D., Mettere ordine nel capitale sociale: una mappa ragionata a livello regionale, in Caltabiano C. (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, 2003 Censis, Il raccolto della solidariet, Franco Angeli, Milano, 1994 Cerana N. (a cura di), Comunicare la responsabilit sociale, Franco Angeli, Milano, 2004 Commissione UE, Libro Verde: promuovere un quadro europeo per la responsabilit sociale delle imprese, Bruxelles, 2001 Confalonieri M.A., Policy issues e media, in Chiaretti G., (a cura di), Conversazioni, storie, discorsi, Carocci, Roma, 2001
3

CAPITOLO

89

Deriu M., (a cura di), Lillusione umanitaria, EMI, Bologna, 2001 Diamanti I., Prefazione, in Caltabiano C. (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, Milano, 2003 Fabris G., Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, Milano, 2003, Fabris G., Minestroni L., Valore e valori della marca, Franco Angeli, Milano, 2004 Fabris G., La comunicazione di impresa, Sperling&Kupfer, Milano, 2003 Faccioli F., Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci, Roma, 2000 Faccioli F., La comunicazione pubblica. Luci e ombre di uninnovazione, in Quaderni di Sociologia, n. 3, 2002 Faccioli F., La comunicazione pubblica: un quadro dinsieme, in Valentini M., Baiocchi A., Morcellini M., Faccioli F., Roma Laboratorio Comune, Edizioni LabItalia, Milano, 2004 Fiocca R. (a cura di), La comunicazione integrata nelle aziende, Egea, Milano, 1994 Fiorentini G., Organizzazioni non profit e di volontariato. Direzione, marketing e raccolta fondi, Etas libri, Milano, 1997 Fiorentini G., Slavazza S., La Chiesa come azienda non profit, Egea, Milano, 1998 Foglio A., Il marketing pubblico, Franco Angeli, Milano, 2003a Foglio A., Il marketing non profit, Franco Angeli, Milano, 2003b Frisanco R. (a cura di), Terza rilevazione sulle organizzazioni di volontariato, Roma, 2001 Frisanco R., Transatti S., Volterrani A. (a cura di), La voce del volontariato, Fondazione italiana per il volontariato, Roma, 2000 Gadotti G., Pubblicit sociale. Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Franco Angeli, Milano (ed. integrata 2001) Gadotti G, La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi, Arcipelago edizioni, Milano, 2001 Gadotti G., Gli interventi nel sociale, in Fabris G., La comunicazione dimpresa, Sperling &Kupfer editori, Milano, 2003 Giaccardi C., I luoghi del quotidiano, Franco Angeli, Milano, 1995 Giaretta E., Business ethics e scelte di prodotto, Cedam, Padova, 2000 Gili G., Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001 Gitlin T., Watching Television, Pantheon, New York, 1986 Goy M., Laltro marketing, Sperling&Kupfer, Milano, 1993 Grandi R., La comunicazione pubblica, Carocci, Roma, 2001 Grassi C., Sociologia della comunicazione, Mondatori, Milano, 2002 Griswold W., Sociologia della cultura, Il Mulino, Bologna, 1997 Gurevitch M., Levy M.R. (eds), Mass Communication Review Yearbook, vol. 5, Sage, Beverly Hills, 1987 Gusfield J., The culture of Public Problems: Drinking-driving and the Symbolic Order, University of Chicago press, Chicago, 1981 Invernizzi E., Mazzei A., Comunicazione pubblica e servizi per il pubblico, in Sviluppo e Organizzazione, n. 130, marzo/aprile, 1992

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

90

ISVI, Primo rapporto sulla responsabilit sociale dimpresa in Italia, Unioncamere, BMP, Gruppo Ferrovie Nord Milano, Milano, 2003 Klein N., No Logo. Economia globale e nuova contestazione, Baldini&Castoldi, Milano, 2002 Kotler P., Andreasen A.R., Marketing per le organizzazioni non profit, Il Sole 24 Ore, Milano 1998 Kotler P., Roberto E., Marketing sociale. Strategie per modificare i comportamenti collettivi, Free Press, New York, 1989 Lalli L. (a cura di), Imparziali ma non indifferenti, Homeless Book, Faenza, 2002 Mancini P., Manuale di comunicazione pubblica, Editori Laterza, Roma-Bari, 1996 Mancini P., Perch comunicazione pubblica? Le ragioni sociali di uno sviluppo impetuoso, in Quaderni di Sociologia, n. 3, 2002 Marcon G., Le ambiguit degli aiuti umanitari, Feltrinelli, Milano, 2002 Mazzoleni G., La comunicazione politica, Il Mulino, Bologna, 1998 McQuail D., Le comunicazioni di massa, Il Mulino, Bologna, 1986 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Progetto CSR-SC. Terza Conferenza Europea sullo CSR. Il contributo italiano alle campagne di diffusione della SCR in Euroa, Venezia 2003 Mist L., La sfida del sovvenire, Ed. San Paolo, 1995 Molteni M., Responsabilit sociale e performance dimpresa, V6P Universit, Milano, 2004 Molteni M., Devigli D., Il Cause Related Marketing nella strategia dimpresa, Franco Angeli, Milano, 2004 Molteni M., Lucchini M., I modelli di responsabilit sociale nelle imprese italiane, Franco Angeli, Milano, 2004 Morcellini M., Rizzato F., Comunicazione istituzionale e politica: definizione delle prerogative e interazione di funzioni, in Valentini M., Baiocchi A., Morcellini M., Faccioli F., Roma Laboratorio Comune. Esperienze di comunicazione in una metropoli, Edizioni LabItalia, Roma, 2004 Rolando S. (a cura di), La comunicazione pubblica in Italia, Editrice Bibliografica, Milano, 1995 Rolando S. (a cura di), La comunicazione di pubblica utilit (voll. 1 e 2), Franco Angeli, Milano, 2004 Rolando S., Comunicazione pubblica. Modernizzazione dello Stato e diritti del cittadino, Il Sole 24 Ore, Milano, 1992 Rolando S. (a cura di), Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, Etas, Milano, 2001 Rovinetti R., Linformazione e la citt: nuove strategie di comunicazione istituzionale, Franco Angeli, Milano, 1992 Rugge F., Lamministrazione colloquiale, in Amministrare. Rivista quadrimestrale Ed. Il Mulino, Milano, n. 3, 1997 Salmon C.T., Campaigns for Social Improvement: an Overview of Values, Rationales, and Impact, in Salmon C.T. (ed.), Information Campaigns: Balancing Social Values and Social Change, Sage publications, London, 1989 Semprini A., Marche e mondi possibili, Franco Angeli, Milano, 1993
3

CAPITOLO

91

Sodalitas, Responsabilit sociale & impresa per il futuro, Atti convegno, Milano, 2003 Transatti S., Non profit e comunicazione, in Ascoli U., Il welfare futuro, Carocci, Roma, 1999 Valentini M., Baiocchi A., Morcellini M., Faccioli F., Roma Laboratorio Comune. Esperienze di comunicazione in una metropoli, Edizioni LabItalia, Roma, 2004 Vespignani L., La comunicazione pubblica: aspetti giuspubblicistici, in Vignudelli A. (a cura di), La comunicazione pubblica, Maggioli, Rimini, 1992 Volpi F., Donazioni, finanza etica e consumo critico: i significati sociali del denaro, in Caltabiano (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, Milano, 2003 Volterrani, La comunicazione per il volontariato, i Quaderni Cesvot Zanacchi A., La pubblicit, Ed. Lupetti, Milano, 1999

Note
Ringrazio Roberto Bernocchi per i suggerimenti e le indicazioni che mi ha fornito. Essi sono stati molto utili per la costruzione, in particolare, dei paragrafi 4 , 5 e 5.1. 1. Mancini (1996, p. 87) definisce la comunicazione pubblica come quellarea della attivit simbolica di una societ in cui, anche a seguito dei processi di differenziazione sociale, sistemi diversi interagiscono e competono per assicurarsi visibilit e per sostenere il proprio punto di vista su argomenti di interesse collettivo; Faccioli (2002, p. 17) la definisce come quellinsieme di processi che permettono ai diversi attori che intervengono nella sfera pubblica di entrare in relazione tra loro, di confrontare punti di vista e riferimenti di valore allo scopo di concorrere al comune obiettivo di realizzare linteresse generale. 2. Mazzoleni, ripreso anche da Grandi (2001, p. 37 ), ad esempio, considerando le relazioni reciproche tra sistema dei media , sistema politico e cittadini propone due modelli interpretativi: il modello pubblicistico-dialogico che ipotizza che i mass media siano solo uno dei soggetti principali che contribuiscono alla costruzione dello spazio pubblico; e il modello mediatico, che ipotizza che il peso del sistema dei media sia superiore a quello degli altri. Grandi della idea che la complessit delle relazioni tra i soggetti renda il processo di contrattazione pi complicato, articolato e multidirezionale. 3. Nel corso degli anni le pi importanti componenti del mondo della comunicazione: utenti, organizzazioni professionali, imprese e organizzazioni di mezzi, interassociazioni, hanno partecipato come soci alliniziativa di Pubblicit Progresso e si sono aggiunti ai soci fondatori. Ciascuno di essi contribuisce, con la propria quota associativa alle spese di gestione dellIstituto e, con il contributo gratuito del proprio organismo o dei propri associati, alla realizzazione o diffusione delle campagne sociali. Attualmente Pubblicit Progresso composta dalle seguenti associazioni: AAPI (Associazioni Aziende Pubblicitarie Italiane) socio dal 1991 ADCI (Art Directors Club Italiano) socio dal 1999 APP (Associazione Produttori Pubblicitari) socio dal 1999 ASSIRM (Associazione tra Istituti di Ricerche di Mercato, Sondaggi di Opinione, Ricerca Sociale) socio dal 1995 ASSOCOMUNICAZIONE (Associazione delle imprese di comunicazione) socio fondatore ASSOREL (Associazione delle Agenzie di Relazioni Pubbliche a servizio completo) socio dal 1990 FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) socio fondatore

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

92

IAP (Istituto dell Autodisciplina Pubblicitaria) socio dal 1998 PUBLITALIA 80 (Concessionaria di pubblicit reti Mediaset) socio fondatore RAI (Radiotelevisione italiana) socio fondatore TP (Associazione Italiana Pubblicitari professionisti) socio fondatore UNICOM (Unione Nazionale Imprese di Comunicazione) socio fondatore UPA ( Utenti Pubblicit Associati) socio fondatore. 4. La comunicazione relativa alla lotta contro la tubercolosi rappresenta peraltro uno dei primi casi di campagne informative promosse nel campo della salute. Si tratta infatti di comunicazioni rivolte ad un largo pubblico (numerose anche quelle rivolte ad un pubblico di bambini ) in cui prevalgono gli obiettivi di carattere prescrittivo-normativo rispetto ai contenuti prettamente medico-scientifici e che vengono condotte in forma massiccia per un arco di tempo definito (Bucchi 2001). 5. Non si dimentichi che la collaborazione dei diversi soci di P. Pro nasce ed resa nel tempo possibile da un complesso di motivazioni nel quale ragioni di ordine civile e di natura commerciale si mescolavano. Da una parte, vera il senso di responsabilit del mondo della comunicazione nei confronti del pubblico interesse; dallaltra vi erano i convergenti interessi di ciascuno dei protagonisti. Si trattava infatti di sollecitare lapertura di un nuovo mercato (i pubblici poteri potevano diventare committenti di campagne pubblicitarie ); e di fare pubblicit alla pubblicit, mostrandone il volto buono (Gadotti 1992, 2001, p. 85). 6. In ordine cronologico, le campagne realizzate sono le seguenti: 1971-72 Donate il sangue 1972-73 Il verde tuo: difendilo 1973 Rispetta lopinione altrui 1974 Pulizia dei centri abitati 1974 Combatti rompitimpani 1975-76 Chi fuma avvelena anche te 1975 Rifiuti abbandonati 1976 Turismo in Italia 1977-8 Handicappati 1977 A difesa dellacqua 1978 Tutela del patrimonio artistico 1980 Comunicazioni e consumi 1980 Infortuni domestici 1981 Figli si nasce, genitori no 1982 La salute dei figli 1983 Adotta un nonno 1984 Infortuni domestici 1985-86 Invito alla lettura 1987 Aids: i rapporti umani non trasmettono il virus 1988 Contratto formazione e lavoro 1988-89 Maltrattamento minori 1989 Informazione come bene sociale 1990-91 No al razzismo 1991-92 A favore del volontariato 1992-93 A difesa dei non vedenti 1993-94 Per la solidariet verso i malati 1995-96 Per lautomiglioramento 1996-97 Educare alla civilt 1998-99 Il piacere di fare un buon gesto 99-01 A favore dellalfabetizzazione informatica del Paese 01-02 Il valore dellascolto 03-04 A favore delle persone con disabilit

CAPITOLO

93

7. P. Pro, come noto, ha stabilito esplicitamente alcuni criteri/vincoli, rimasti invariati negli anni, per selezionare i temi da affrontare nella comunicazione. Essi sono: il vasto richiamo (i temi prescelti presentano interesse su vasta scala nazionale); il carattere non commerciale o confessionale (le tematiche affrontate non hanno implicazioni di tipo partitico), la realizzazione attraverso tecniche pubblicitarie (i temi proposti sono tali da giustificare il ricorso alle tecniche pubblicitarie). 8. Pubblicit Progresso accogliendo la delega di soggetti deboli dal punto di vista della loro capacit di accesso ai mass media ha sostituito infatti per quasi due decenni una pluralit di organizzazioni e un associazionismo non ancora entrati direttamente nella arena della comunicazione pubblica. 9. Il patrocinio garantisce laccesso gratuito, di cui gode Pubblicit Progresso, ai tempi/spazi dei media. 10. Il primo Festival Internazionale della comunicazione sociale , organizzato in collaborazione con LUniversit IULM di Milano risale al 1998; il secondo realizzato in collaborazione con lUniversit Bocconi di Milano, risale al 2000. 11. Hanno contribuito ad arricchire il dibattito sulla comunicazione pubblica numerosi studiosi di varia matrice disciplinare. Segnaliamo, tra gli altri: Arena, Faccioli, Fiorentini, Grandi, Mancini, Morcellini, Rolando, Rovinetti, Vignudelli, che per primi hanno dato un contributo prezioso sullargomento (si veda la bibliografia). Il sito www.compubblica.it un ottimo riferimento per la letteratura aggiornata in questo ambito. 12. La comunicazione pubblica qui intesa, in senso pi restrittivo, come comunicazione della istituzione pubblica, ovvero come insieme di iniziative e attivit erogate dai diversi comparti della pubblica amministrazione, sia nazionale sia locale e dagli enti produttori di servizi. 13. La sempre maggiore differenziazione sociale e lampliamento degli interventi dello Stato hanno determinato, tra laltro, un parallelo incremento delle relazioni dellapparato statale con soggetti esterni e lemergere del riconoscimento dei cittadini, sia come singoli sia come individui associati, quali interlocutori legittimi che divengono titolari di diritti definiti nuovi in quanto frutto di una maggiore consapevolezza del senso proprio dellessere cittadini. Nella categoria di tali diritti si comprendono il diritto alla salute, il diritto alla salubrit dellambiente di vita e di lavoro, il diritto dei disabili per garantire la loro partecipazione alla vita sociale, il diritto allabitazione, allidentit personale, allidentit sessuale, ai diritti dei minori, degli anziani, dei consumatori (Vespignani 1992). 14. Gli obiettivi della comunicazione pubblica sono: ottemperare agli obblighi di legge (comunicazione normativa), diffondere la conoscenza dei servizi pubblici migliorandone anche la componente intangibile e relazionale (comunicazione di pubblico servizio), educare e formare i cittadini (comunicazione sociale), dare visibilit e legittimit dellente emittente (comunicazione istituzionale intesa come corporate ), e infine, migliorare lo stesso funzionamento dellente e il suo sviluppo organizzativo (comunicazione organizzativa). 15. Una rassegna esaustiva dei mezzi utilizzabili dalla P.A. nella comunicazione esterna e interna si trova, tra gli altri, in Foglio 2003a. 16. Dalla legge n. 67 del 1987 (art. 5 Pubblicit delle amministrazioni pubbliche che introduceva per la prima volta nel bilancio delle amministrazioni statali e degli enti pubblici non territoriali un capitolo di spesa al quale imputare tutte le spese riguardanti la pubblicit) alla legge n. 150/2000 che disciplina le attivit di informazione di comunicazione delle p.a. si avuta in Italia una intensa attivit legislativa (tra cui in particolare la legge n. 142/1990; la legge n. 241/1990; il decreto legislativo n. 29/1993; le Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 e dell11 ottobre 1994; le leggi Bassanini del 1997 e 1998, che ha certamente contribuito al radicamento di una cultura

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

94

della comunicazione nella P.A. Ricca e articolata la letteratura su tale normativa. La Rivista italiana di comunicazione pubblica ha ospitato numerosi interventi sullargomento, in particolare il n. 5, 2000, a cui rinviamo. 17. La gi citata Rivista italiana di comunicazione pubblica, LabItalia, con la rubrica Opinioni curata da Morcellini, la rivista Desk sono tra gli esempi di questa effervescenza. 18. Morcellini osserva che non certamente casuale che i corsi di Laurea in Scienze delle comunicazioni e il Com- P.A.- Salone della Comunicazione pubblica e dei servizi al cittadino abbiano celebrato contemporaneamente dieci anni di attivit nellappuntamento di settembre 2003. un evento che mette in luce un percorso significativamente comune tra il mondo dellaccademia e della formazione e i luoghi e le competenze che hanno costruito le esperienze di comunicazione pubblica in Italia (Morcellini Rizzato, 2004, p. 20). 19. Esula dagli obiettivi del nostro lavoro dar conto di questa ricchezza di interventi, sui quali peraltro esiste una documentazione articolata e aggiornata nei numerosi siti istituzionali (Gadotti 2001), in particolare quello degli URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico). Per quanto riguarda i mezzi e le tecnologie utilizzate si vedano, tra gli altri, i gi citati Foglio (2003a) e Faccioli (2000, 2004; in particolare sullo sviluppo degli URP e delle reti civiche). Molto interessante, anche da questo punto di vista, lesperienza di comunicazione del Comune di Roma, raccontata in Valentini, Baiocchi, Morcellini, Faccioli (2004). 20. Si veda a questo proposito la legge n. 150/2000. 21. Nellanno 2003, ad esempio, hanno comunicato con una o pi iniziative di comunicazione pubblicitaria il Ministero dellEconomia e delle Finanze (Qcs Fondi Europei), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (sicurezza stradale, guida in stato di ebbrezza), la Presidenza del Consiglio dei Ministri (servizio civile nazionale, legge Biagi, tossicodipendenza, incendi, operazione sviluppo Mezzogiorno, modalit voto, legge 388), il Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca Scientifica (riforma scolastica), Ministero della Salute (corretta alimentazione, dissuasione a fumare, aids, donazione organi), il Ministero delle Comunicazioni (tutela dei minori in televisione), il Ministero dellambiente (rispetto dellambiente, citt senzauto), il Ministero dellEconomia e delle Finanze (sgravi Irpef, agenzia delle entrate, fisco pi leggero), il Ministero dellInterno (sicurezza sviluppo Sud, solidariet alle vittime dei reati di mafia), Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (legge Biagi, centri per limpiego, circumlavorando), la Commissione governativa Politiche antidroga (no drugs, no alcool), il Ministero delle Politiche agricole e forestali (quote latte), la Commissione Europea (contro il fumo), il Ministero della Difesa (Euroinformazione), lAgenzia del Demanio, il Ministero dei Beni e delle Attivit culturali (omaggio a Fellini) e cos via. 22. Dont kill your brain non uccidere il cervello. A dirlo sono i ragazzi, quelli che sono passati dallesperienza o quelli che lhanno vista vivere a un amico o chi ha scritto semplicemente un suo pensiero. Dont kill your brain uniniziativa tutta basata sulle loro idee selezionate in un concorso e realizzate per la TV, la stampa, le affissioni, da vedere e scaricare ma anche su storie vissute, raccontate nel live tour dai protagonisti che puoi conoscere e contattare. Stavolta sono i ragazzi a dire che il cervello bisogna usarlo invece di spegnerlo. In questo sito puoi dirlo anche tu. Sito: www.dontkillyourbrain.it. 23. La campagna presentava due proposte. Nella prima campeggiava un testo a caratteri cubitali che recitava: Aids: quando era omosessuale faceva paura, quando era drogato faceva paura. Adesso che anche eterosessuale non fa pi paura?. LAids non fa discriminazioni. Usate sempre il preservativo. La seconda mostrava una mano che infila un preservativo alla scritta Aids: Se lui non mette il preservativo, mettiglielo tu. 24. Tra gli indicatori del capitale sociale civile vengono individuati: il numero di volontari per 10mila abitanti (Istat, 1999); il numero di organizzazioni di volontariato ogni 10mila abitanti (Istat, 1999); Istituzioni non profit ogni 10000 abitanti (Istat, 1999); Istituzioni non profit ogni 10000 abitanti (Istat, 1999). Fonte: Catania (2003, p. 299), utile an-

CAPITOLO

95

che per una riflessione documentata sul capitale sociale. 25. Insoddisfazione dunque per i fenomeni: di burocratizzazione, di mercificazione di ogni aspetto della vita sociale, di rottura delle solidariet originarie, di perdite di forma di autoregolazione e di autoconsumo, di medicalizzazione della vita, di anomia e di ricerca di senso. 26. Per quanto riguarda i molti aspetti del fenomeno dellassociazionismo, tra cui le sue dimensioni quanti-qualitative; sua diffusione e differenze sul territorio, si veda il dettagliato resoconto contenuto nellultimo rapporto IREF 2003 (a cura di Caltabiano), pi volte citato. Secondo il quale, il volontariato e lazione individuale praticata passano dal 16,4% nel 1997 al 17,5 nel 1999 al 20% della popolazione nel 2002, anno della VIII rilevazione IREF. Secondo il rapporto Istat 2003, il settore oggi conta 235.232 associazioni (e oltre 4 milioni di volontari). In dieci anni il numero delle organizzazioni cresciuto del 283,3%. In tutte le regioni si registra un aumento, proporzionalmente maggiore nelle regioni in cui il tessuto sociale pi ricco. Si veda anche Frisanco (2001). 27. Il ruolo delle associazioni impegnate nel sociale assume una maggiore rilevanza anche a seguito della nuova formulazione dellart. 118 della Costituzione che sollecita lo Stato, le Regioni, le Province, le Citt metropolitane e i comuni a favorire Lautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati per lo svolgimento di attivit di interesse generale sulla base del principio di sussidariet. La legge n. 142/1990 sollecita i Comuni alla valorizzazione delle libere forme associative al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche (Direttiva Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994). 28. Il rapporto tra i mass media e le organizzazione attive nel sociale generalmente difficile, spesso contraddittorio, qualche volta apertamente polemico (Rosito M.T, Per una strategia comunicativa del volontariato, 1998 www.fnsi.it/coordinamentononprofit). Dagli anni 80 nascono una serie di iniziative e strutture come ad esempio la Comunit di Capodarco, il Segretariato sociale, una struttura nata nel 1994 dalla volont di creare un luogo dedicato alla tutela e allaccesso delle fasce svantaggiate e delle rappresentanze del Terzo settore; lassociazione ONLUS Mediafriends del 2003 creata da Mediaset, Medusa e Mondadori con lobiettivo di ideare, realizzare promuovere eventi finalizzati alla raccolta fondi, che ha realizzato nel 2003 il suo primo progetto: La fabbrica del sorriso. Queste iniziative rappresentano lo sforzo da parte di media di migliorare il rapporto con il mondo del sociale. Accanto ad esse, nel 1998 nasce il Coordinamento degli Uffici stampa del non profit presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) su iniziativa di una decina di organizzazioni (Acli, Arci, Fivol, MO.VI, Forum del Terzo settore). Esso rappresenta il primo tentativo da parte del mondo del non profit di partecipare ed intervenire a livello nazionale nei meccanismi di produzione delle notizie. Infine nel 2001 nasce unagenzia di stampa interamente dedicata al non profit , promossa dalla Comunit di Capodarco e chiamata Redattore Sociale, realizzata per soddisfare la necessit del non profit di avere un proprio centro servizi a cui possano far riferimento i massa media (Transatti 1999; Lalli 2002). Il settimanale Vita non profit ha condotto una interessante ricerca nel 2002 sulla rappresentazione del sociale sui media a stampa intitolata Il volontariato in pagina: la rappresentazione del volontariato sulla stampa quotidiana italiana. Essa stata condotta su ventinove quotidiani nazionali e locali. 29. noto che molti autori sostengono lidea che lapplicazione della imprenditorialit e della professionalit nel campo del non profit sia un aspetto che pone in secondo piano la visione volontaristica che caratterizza il settore e che i rischi della commercializzazione del settore vadano a scapito della significativit dellazione sociale 30. La letteratura vasta e articolata. Ci limitiamo solo a qualche indicazione: Fiorentini 1997; Bonacina 2000; Fiocca 1994; Kotler e Andreasen 1998; Volterrani s.d.; Frisanco et al. 2000. 31. Come sembra emergere dalle ricerche volte a individuare profili e caratteristiche

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

96

dei donatori (si veda a questo proposito lVIII Rapporto IREF, dal quale emerge ad esempio che in Italia i donatori sono ormai oltre il 43%, il 3% in pi rispetto alla rilevazione precedente) molte sono le persone disposte a donare a pi organizzazioni, tuttavia non si pu certo ignorare che la circostanza pi frequente quella che vede le organizzazioni in competizione per catturare lattenzione e la disponibilit a donare del pubblico. In molti casi dunque si crea una situazione di opzione esclusiva: le risorse sono destinate ad una o ad unaltra organizzazione. In particolare sulle pratiche di donazione e i suoi significati, si veda Volpi (2003). 32. Il panorama sul web oggi molto diversificato: si possono trovare siti istituzionali, che hanno obiettivo prioritario quello di testimoniare la presenza e lesistenza dellorganizzazione oltre che di presentare obiettivi, mission e attivit associative; siti di servizio nei quali il web diviene strumento di scambio informativo e funzionale sia con lesterno, sia con linterno; siti di raccolta fondi e vendita nei quali si aggiunge la funzione commerciale. Si va da siti essenziali e statici a veri e propri portali, dotati delle stesse funzioni e caratteristiche tecnologiche dei migliori siti aziendali. 33. La musica stata protagonista anche del concerto di Natale in favore di Azione Aiuto, organizzazione che promuove ladozione a distanza. 34. Una busta standard contiene solitamente almeno una lettera di descrizione, un bollettino postale prestampato e un approfondimento informativo. Le diverse organizzazioni, sulla base dei risultati conseguiti, predispongono poi mailing sempre pi ricchi, introducendo materiali aggiuntivi, di cui si fatto qualche esempio. 35. La stessa formula stata utilizzata anche per proporre ladozione a distanza di animali, di piante o di beni culturali e artistici. 36. Molte organizzazioni, per rendere ancora pi concreto il rapporto tra adottante e adottato, favoriscono lo scambio tra di essi fornendo informazioni una o due volte allanno con lettere a volte scritte dal bambino stesso. 37. Altre formule di coinvolgimento personale sono sviluppate tramite lospitalit di bambini con problemi. il caso di Legambiente che da diversi anni promuove un progetto di sostegno ai bambini di Cernobyl, ospitati in famiglie italiane per beneficiare del clima e delle maggiori competenze mediche del nostro Paese. 38. In questultimo caso il potenziale donatore riceve uno stimolo (a donare) che pu concretizzarsi solo in un secondo momento, quando la persona potr dirigersi in posta per effettuare la donazione. Il metodo rischia di ostacolare la donazione poich interrompe il gesto sullonda dellemozione che rimane il principale motore della donazione occasionale. Daltra parte la donazione tramite carta di credito non riscuote ancora da parte della popolazione italiana un grande successo: una sorta di diffidenza legata ai rischi di violazione della privacy e alla possibilit di clonazione della carta di credito frena infatti il suo utilizzo. 39. Non occorre ricordare gli scandali che nel recente passato hanno coinvolto anche questo settore. 40. Accordo di revisione del Concordato Lateranense 1984; Legge 20 maggio 1985, n. 222 Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi. 41. Accanto a questa misura, la revisione concordataria del 1984 ha introdotto un ulteriore meccanismo di finanziamento per la Chiesa Cattolica italiana: dal primo gennaio 1989 le offerte delle persone fisiche fatte a favore dellIstituto Centrale per il Sostentamento del clero (lorganismo della Cei che provvede alla remunerazione dei circa 38mila sacerdoti in Italia) possono, infatti, essere dedotte dal reddito imponibile. 42. Ad esempio nel 1994 il simbolo prescelto una colomba. Nello spot si vedono immagini di colombe raffigurate in diverse opere darte, a sottolineare la durata e la validit nel tempo del messaggio universale di pace e di speranza. Come recita la voce over: Ci sono valori che attraversano il tempo, che accompagnano la storia degli uomini, i loro bisogni di pace e di spiritualit, di amore. Gli stessi che il Vangelo annuncia da sempre, con-

CAPITOLO

97

divisi da chi ha firmato per far destinare lotto per mille dellIRPEF alla Chiesa Cattolica. Firma anche questanno per diffondere i valori delluomo: la nostra universale missione di speranza continua. 43. I fondi dellotto per mille sono destinati alle esigenze di culto pastorale, al sostentamento del clero e ad interventi caritativi. La ripartizione esatta della quota dell8 mille assegnata alla Chiesa Cattolica anno per anno in valori percentuali fornita dalla Conferenza Episcopale Italiana. 44. Bonfante D., La pubblicit religiosa in Italia. Le campagne della Conferenza Episcopale Italiana, tesi di laurea, Universit di Trento, a.a. 1999/2000, relatrice G. Gadotti. 45. Oltre alla Chiesa Cattolica, anche altre Chiese presenti in Italia hanno promosso pubblicit per l8 mille. La gestione dei fondi varia da una confessione allaltra. I fondi raccolti nella maggior parte sono utilizzati esclusivamente per finanziare progetti umanitari. Anche la comunicazione pubblicitaria si diversifica fortemente. Nel caso delle Chiese Cristiane evangeliste la comunicazione a favore dell8 mille si basa quasi esclusivamente sui depliants che sono distribuiti ai membri e ai simpatizzanti delle loro comunit. Gli Avventisti del 7 giorno, fanno riferimento alla loro casa editrice di Firenze, allinterno della quale opera una agenzia creativa che ha il compito di sviluppare la pubblicit per l8 mille. La loro comunicazione si avvale anche di annunci radiofonici nei quali si illustrano i progetti che si intendono realizzare. La Chiesa Evangelica Luterana ha iniziato la sua attivit nel 1996 , un anno dopo la firma di intesa con lo Stato italiano. Si avvale del contributo di piccole agenzie pubblicitarie, ma in realt la pubblicit rappresenta per esse ancora un problema che non ha trovato unadeguata soluzione. Si sviluppa essenzialmente tramite inserzioni su quotidiani, depliants e articoli sui giornali. La comunit Valdese senzaltro una delle pi attive per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria relativa all8 mille. Gi nel 1995 i testi ironici degli slogan si allontanavano dal tono e dal registro delle altre Chiese. Col vostro otto per mille aiutiamo il terzo mondo a scomparire o Otto mille, destinazione Terzo mondo, Italia compresa sono infatti due slogan apparsi in quel periodo. Dal 2000 stata istituita una commissione che cura esclusivamente la pubblicit per lotto per mille. Infine, lUnione Comunit Ebraiche Italiane si discosta dalle pubblicit delle altre confessioni per la scelta di testimonial, personaggi famosi non ebrei, del mondo sportivo come Carlton Myers, celebre giocatore di pallacanestro che in una pubblicit dice: Io non sono ebreo, ma voglio ricordare. Il mio otto per mille va alle comunit ebraiche affinch continuino a ricordarci quello che non dobbiamo dimenticare. O ancora come Corrado Augias, giornalista: Non occorre essere ebrei per difendere le minoranze. Nelle ultime iniziative, lUnione della Chiesa ebraica ha cercato di raggiungere un numero pi ampio di potenziali donatori, motivando lazione (la firma sulla dichiarazione dei redditi) come un gesto di difesa delle minoranze e dunque di responsabilit e di cultura antirazzista. Ringrazio lo studente Massimo Miclet per laiuto fornitomi nella ricerca del materiale relativo a questa nota. 46. Ad esempio in occasione della seconda edizione 2003 del premio Sodalitas Assolombarda Milano 47. Molteni e Lucchini (2004, p. 121) a proposito degli orientamenti nei confronti della responsabilit sociale di impresa evidenziano cinque raggruppamenti: le imprese coesive; le imprese multicertificate; le imprese consapevoli; le imprese mobilitanti; le imprese scettiche, a cui corrispondono gradi diversi di assunzione della responsabilit sociale nella cultura aziendale. 48. Nelle immagini si vedono le tracce di una frenata sullasfalto, un guard rail divelto, la strisciata di vernice su un muro di protezione autostradale e una frase secca scritta in rosso non uccidere; una frase che vuole porre laccento sullimportanza della preven-

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

98

CAPITOLO 4

RAI e comunicazione sociale

Il servizio pubblico radiotelevisivo e la comunicazione sociale


Carlo Romeo
In ogni modo ti sia chiaro il pensiero che il valore di ciascuno in rapporto molto stretto col valore delle cose alle quali ha dato importanza. Marco Aurelio (A se stesso)

1. Introduzione La comunicazione sociale, nella sua accezione pi piena, elemento necessariamente proprio e caratterizzante di un servizio pubblico radiotelevisivo. Occorre, quindi e per questo, aggiungere che la comunicazione sociale, nel contesto del servizio pubblico radiotelevisivo, non pu essere considerata un genere ma , invece, a tutti gli effetti un linguaggio mediatico, che deve permeare e segnare, con forza ed evidenza, il prodotto di un servizio pubblico che voglia essere tale, in tutte le sue espressioni multimediali. Ci certamente, non sempre e non ovunque, avvenuto ed avviene ma le nuove tecnologie, le conseguenti modifiche degli scenari e dunque la rinnovata offerta globale di comunicazione rendono necessariamente questa identit sempre pi stretta ed in prospettiva sempre pi riconoscibile. Lo scenario dei media, dagli anni 50 ad oggi, ha subito trasformazioni continue che lo rendono una sorta di viaggio ininterrotto, un viaggio che peraltro ha vissuto e vive molte pi tempeste che bonacce. Il percorso che le tecnologie e le culture delle comunicazioni hanno effettuato negli ultimi cinquantanni si configura, infatti, come una vera e propria rivoluzione, le cui conseguenze non erano assolutamente immaginabili anche solo qualche decennio fa. Multimedialit, linguaggi, tecnologie, scenari, contenuti, tutti quegli elementi insomma che contribuiscono a formare i media e in particolare quei media attori di contratti con i governi ed in quanto tali servizio pubblico si modificano a
CAPITOLO

99

volte anticipando, altre volte seguendo, le continue trasformazioni che il tessuto sociale vive e trasmette. 2. Multimedialit Solo trentanni fa priorit assoluta del servizio pubblico radiotelevisivo italiano era stata lintegrazione fra culture originarie e diverse presenti e attive sul territorio nazionale, per arrivare a costituire una cultura popolare nazionale comune. La Rai, per esempio, ha insegnato a leggere e a scrivere litaliano attraverso programmi e professionalit come quella del maestro Alberto Manzi e del suo Non mai troppo tardi, efficaci sia dal punto di vista didattico che comunicativo, a dimostrazione peraltro che i linguaggi della comunicazione sociale, se realizzati da professionisti e con convinzione editoriale, garantiscono pubblico e attenzione, con i conseguenti effetti positivi di acquisizione culturale e memorizzazione formativa. Oggi gli scenari sono ovviamente mutati in Italia. Alla televisione, non pi centro di tutto, e alla radio si sono aggiunti altri media sempre pi invasivi come il televideo, internet, e poi la tv satellitare e digitale mentre il tempo libero propone alternative varie. Ogni nuovo medium, soprattutto se rivoluzionario come Internet, non si aggiunge di volta in volta come si trattasse di un altro vagone al treno della comunicazione, ma modifica completamente lo scenario preesistente, stravolgendone di fatto ruoli e contesti. avvenuto con la radio dopo il cinema e con la tv dopo la radio, quindi con internet. Lavvento di ognuno di questi nuovi media ha infatti snaturato i precedenti, obbligandoli a reinventarsi e a riposizionarsi. Lo scenario attuale e prossimo venturo, orfano di una televisione globale che raggiungeva tutti contemporaneamente, fatica a ritrovare questa capacit, rifugiandosi in target sempre pi specifici e mirati. La specificit dei target, siano essi di nicchia o quantitativamente consistenti, sta quindi sostituendo rapidamente la possibilit di raggiungere e coinvolgere tutti, caratteristica specifica della tv cosiddetta generalista, sempre pi in crisi didee e quindi didentit. Canali tematici dedicati stanno prendendo sempre pi piede, acquisendo spazi e risorse mirate a danno degli originari modelli televisivi. Non a caso, proprio in ambito di servizio pubblico, si sta costruendo la nuova identit multimediale, in cui la comunicazione sociale acquisisce un ruolo fondamentale. La multimedialit della Rai, cui si accennato, la rende una offerta complessiva che, se vissuta strategicamente come tale, si pone al di sopra di qualsiasi competitor nazionale (un competitor leader televisivo, per esempio, non lo in ambito radiofonico o in
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

100

ambito internet). Linvestimento multimediale realizzato dalla Rai di questi ultimi anni, oggi finalmente comporta, ove valorizzato questo aspetto, un ritorno assolutamente vincente e determinante per il tessuto sociale, cos come era avvenuto trenta anni fa. 3. Linguaggi I linguaggi applicati ai contenuti e ad essi correlati, sono fondamentali e determinanti, per quanto concerne la natura stessa della comunicazione sociale. Uno dei luoghi comuni, pi spesso presenti nei cosiddetti ambienti creativi televisivi, che la comunicazione sociale risulta di per s noiosa e priva di appeal mediatico. Il vero problema , invece, che troppo spesso le tematiche e i linguaggi che la caratterizzano, soprattutto in ambito di servizio pubblico, risultano inadeguatamente affrontati mentre richiedono piuttosto grande professionalit, sensibilit, metodo ed una forte intelligenza creativa. Il cinema americano, per citare un caso conclamato, ha insegnato che possono esserci splendidi film un esempio fra i tanti Rainman e il suo affrontare lautismo in termini di integrazione e rispetto della dignit della persona ad altissimo valore sociale e che certo noiosi non sono. Possono anche essere citati i programmi di Piero Angela, per guardare anche in casa nostra, che spesso battono per ascolti prodotti molto pi commerciali e apparentemente pi popolari e costosi. Per fare comunicazione sociale in realt occorre, bene ribadirlo, unaltissima professionalit, con qualcosa in pi. Ancora troppo spesso peraltro, non solo nellambito della comunicazione, sono considerati sinonimi di sociale, dilettantismo o superficialit, confondendo spesso volontarismi e volontariati. Come nelleconomia sociale e nelle imprese sociali, anche nella comunicazione sociale necessaria unestrema preparazione e dunque, anche in questo contesto, per gli operatori del settore, fondamentale il lavoro degli studiosi e dei formatori delle nuove professionalit, a patto che siano capaci di superare la palude perversa dei luoghi comuni. Realt che, in un ambito proprio del servizio pubblico, oltre ad un dovere formalizzato nel contratto di servizio, deve rappresentare in primo luogo una preziosa opportunit. A proposito di linguaggi, pu tornare utile alla nostra riflessione un recente esempio legato agli spot. Il 2003 stato lAnno europeo delle persone con disabilit. La RAI, per loccasione, ha caratterizzato la sua comunicazione sociale con una serie di iniziative, peraltro molto apprezzate dalle Istituzioni europee al vertice di Atene del giugno scorso. Fra queste segnaliamo uno spot di promozione dellAnno europeo realizzato con Giorgio Albertazzi e costruito intorno ad una
CAPITOLO

101

frase di Marguerite Yourcenar. La scrittrice, infatti, fa dire allimperatore Adriano: Lerrore pi grande che si possa fare cercare negli altri quello che non ti possono dare, devi identificare e valorizzare quello che invece loro hanno. un modo diverso di raccontare lhandicap: buono, sbagliato, giusto, poco importa. Le immagini erano di Giorgio Albertazzi a Villa Adriana, dove lui ha recitato Le memorie di Adriano, dunque non quelle solitamente usate per descrivere lhandicap, pietistiche, che suscitano disagio. Il linguaggio scelto, per intendersi, tende pi correttamente allintegrazione che alla tolleranza delle diversit. Negli anni 60, quando la Rai contribuiva con i suoi programmi a formare il tessuto sociale del Paese, giovani funzionari scrivevano con umilt e professionalit i testi dei quiz di Mike Buongiorno, cio dei format assolutamente popolari e di massimo ascolto. Quei funzionari si chiamavano, per esempio, Umberto Eco, che oggi forse costerebbe troppo per questo tipo di funzione e una sua eventuale riassunzione ai prezzi di mercato verrebbe ad incidere eccessivamente sul bilancio Rai. Tuttavia esistono certamente giovani Eco di domani che in Rai potrebbero trovare un riferimento sicuro di formazione e valorizzazione. Ci che occorre evidenziare che, attraverso il linguaggio proprio del servizio pubblico cio quello della comunicazione sociale si formano nuove professionalit preziose, in quanto impegnate su fronti non soltanto legati ad indici commerciali. 4. Il contratto di servizio Il nuovo contratto di servizio fra il Ministero delle Comunicazioni per il Governo italiano e la Rai, siglato nel gennaio 2003 e in scadenza a dicembre 2005, affronta per la prima volta alcuni aspetti della comunicazione sociale propri del servizio pubblico, con una specificit per la quale stato segnalato in ambito internazionale come modello di riferimento. Il contratto di servizio, visibile nel sito web della Rai, cita ad esempio e non a caso, allart. 1 comma 3 testualmente: Le parti, di comune accordo, riconoscono quali compiti prioritari del servizio pubblico radiotelevisivo: garantire la libert, il pluralismo, lobiettivit, la completezza, limparzialit e la correttezza dellinformazione; favorire la crescita civile ed il progresso sociale; promuovere la cultura, listruzione e la lingua italiana; salvaguardare lidentit nazionale e locale; garantire servizi di utilit sociale; estendere alla collettivit i vantaggi delle nuove tecnologie trasmissive; assicurare, inoltre, una programmazione equilibrata e varia in grado di mantenere il livello di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

102

ascolto idoneo per ladempimento delle funzioni e garantire il raggiungimento della qualit dellofferta nellinsieme dei generi della programmazione. E al comma 4 specifica tra laltro che: Per lassolvimento di tali compiti la RAI si impegna, con le modalit e le condizioni stabilite nel presente contratto, a offrire unampia gamma di programmi televisivi, radiofonici e multimediali, diretti alla totalit degli utenti, riservando, in tutte le fasce orarie anche di maggiore ascolto, un adeguato e proporzionato numero di ore di trasmissione allinformazione, educazione, formazione, promozione culturale; promuovere le capacit produttive, imprenditoriali, creative e culturali nazionali, regionali e locali, favorendo lo sviluppo dellindustria nazionale audiovisiva e contribuendo alla crescita del sistema produttivo europeo; favorire laccesso alla programmazione fondato sul principio della pari opportunit, nel pi rigoroso rispetto della dignit e della centralit della persona nonch delle culture delle diversit; dedicare ai minori trasmissioni che tengano conto delle esigenze e della sensibilit della prima infanzia e dellet evolutiva, realizzando, comunque, nella generale programmazione ed in relazione allorario di trasmissione, un rigoroso controllo a loro tutela; favorire la ricezione dellofferta televisiva, radiofonica e multimediale dei disabili sensoriali; assicurare la diffusione di programmi televisivi e radiofonici speciali per lestero al fine di favorire la conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo e per garantire un adeguato livello di informazione delle comunit italiane allestero. Per quanto concerne, invece, quelle che potremmo definire le identit mediatiche del sociale, il contratto di servizio che in precedenza si era avvalso di termini generici quali fasce deboli e affini, innova e chiarisce specificando allart. 7 comma 1: La Rai si impegna a promuovere e valorizzare, nellofferta di programmazione televisiva, radiofonica e multimediale, la comunicazione sociale e la conseguente rappresentazione delle pluralit della realt sociale, con particolare attenzione alle persone, gruppi e comunit con bisogni speciali negli ambiti specifici legati ad ambiente, salute, qualit della vita, consumatori, diritti e doveri civici, sport sociale, disabilit, nuove emergenze e mondo del lavoro, immigrazione, integrazione e multiculturalismo, pari opportunit, anziani. La Rai si impegna altres a definire e realizzare attivit e iniziative specifiche volte a sviluppare lattenzione e la sensibilizzazione del pubblico in merito alle suddette tematiche, anche attraverso la definizione di nuovi linguaggi mediali efficaci in termini di ascolto. Fondamentale per la stesura di questo articolo e pi in generale di tutto il contratto di servizio, stato il lavoro della Sede permanente di
CAPITOLO

103

confronto fra Rai e Ministero delle Comunicazioni, insediata a Torino nel febbraio 2001 e che oggi costituita da due delegazioni di altissimo livello aziendale e istituzionale. Il contratto di servizio sancisce ruolo e competenze della Sede allart. 30, ad essa dedicato ed estremamente significativo e non casuale che, per quanto concerne il Ministero delle Comunicazioni, il coordinatore della Sede per il Ministero, Roberto Caravaggi, sia poi stato anche capo della delegazione ministeriale per il rinnovo del contratto di servizio 2003 - 2005. 5. Segretariato Sociale In questo contesto si inserisce il Segretariato Sociale della Rai. Nato nel 1994 e voluto dalla Presidente Letizia Moratti e dal suo Consiglio dAmministrazione, il Segretariato ha visto rinnovarsi la sua missione aziendale nellottobre del 2003. Il Segretariato Sociale della Rai fa parte della Direzione Comunicazione ed ha la responsabilit aziendale della comunicazione e programmazione sociale, al fine di definire le linee guida di comunicazione ed i principi di riferimento per la presentazione delle problematiche sociali da parte della Rai. Definisce, propone e/o realizza le iniziative sulle tematiche sociali allesterno e allinterno della programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche in collaborazione con le associazioni e le istituzioni preposte. Accoglie e valorizza le tematiche di carattere sociale rappresentate dalle associazioni e istituzioni che operano in tal senso, attraverso la collaborazione diretta con le medesime, con lobiettivo di sviluppare la massima attenzione del pubblico sulle problematiche suddette. Presenta alla Direzione Ottimizzazione Offerta e Palinsesti, secondo le normali procedure di pianificazione, le proposte di programmazione sociale, affinch il loro posizionamento nel palinsesto avvenga in coerenza con le linee guida e gli obiettivi editoriali. Il suo sito www.sas.rai.it , aperto nel novembre 2000 e rapidamente diventato un punto di riferimento per gli operatori della comunicazione sociale sia in ambito aziendale che esterno, raccoglie le iniziative, le campagne, i partner e le attivit che dal 2000 vedono impegnato il Segretariato, in ambito aziendale ed esterno. Molta attenzione posta anche, in collaborazione con la Direzione del Personale della Rai, alla formazione di giornalisti, registi, autori che si trovino ad occuparsi di sociale. La delicatezza del settore, infatti, impone una forte preparazione ad affrontare, in qualsiasi contesto, temi quali immigrazione, pedofilia, terza et, ambiente o disabilit.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

104

In tale ottica sono stati realizzati, in collaborazione con competenti partner, istituzionali e non, i Codici presenti nel sito del Segretariato, come strumento di conoscenza e di approfondimento su argomenti di carattere sociale e legati al ruolo del servizio pubblico. Essi, appunto, sono a disposizione degli operatori della comunicazione sociale (giornalisti, autori, registi, sceneggiatori, ecc.). 6. Conclusioni La comunicazione sociale sempre pi elemento costitutivo del servizio pubblico radiotelevisivo. Per essere tale, e quindi raggiungere il maggior numero di cittadini con prodotti chiaramente riconducibili alla sua specificit di servizio pubblico, sono necessari nuovi linguaggi, nuove professionalit, nuovi soggetti. Il che implica contestualmente aggiornamento e monitoraggio continui e adeguati poich la comunicazione sociale da un lato segue e si raccorda continuamente con il tessuto sociale, dallaltro non pu non interagire con le istituzioni che rendono formalmente tale il servizio pubblico, attraverso il contratto di servizio. Non possono essere considerati programmi di servizio pubblico, sia detto con molta chiarezza, programmi che, pur corretti nei contenuti, per non raggiungano ascolti competitivi: sia per collocamenti errati in palinsesto che li trasformano in programmi di nicchia pressoch clandestini, oppure perch affidati a linguaggi e professionalit non adeguati, che compromettano eventuali buone o ottime collocazioni in palinsesto. Occorre inoltre considerare il sistema mediatico del servizio pubblico come un insieme di media non alternativi fra loro, ma in grado di coordinarsi, ognuno con le sue competenze e responsabilit, in modo da costituire un tessuto di comunicazione sociale che arrivi a coinvolgere lintera popolazione. Essendosi esaurita la centralit della tv come media principe (ovviamente con funerali clandestini), oggi occorre reimparare a utilizzare tutti i canali mediatici che un servizio pubblico deve avere e valorizzare. Dalla tv, la cui importanza, pur ridimensionata, resta in ogni caso determinante, alla radio, alla fiction, al cinema, al web, al televideo eccetera. Tutti questi media contribuiscono allidentit di un servizio pubblico radiotelevisivo moderno e adeguato alle responsabilit che gli competono.

CAPITOLO

105

La Sede Permanente di confronto sulla programmazione sociale della RAI*


Enzo Cucco La Sede Permanente di Confronto sulla Programmazione Sociale prevista dallarticolo 30 del Contratto di Servizio 2003 - 2005 tra Ministero delle Comunicazioni e Rai (DPR 14 febbraio 2003, GU n. 59 del 123-2003). Una struttura simile era gi prevista nel Contratto 1997 - 1999, ma solo con quello del triennio 2000 - 2002 si formalmente insediata a Torino, il 23 febbraio 2001. Il Contratto vigente ha rivisto sia la composizione sia i compiti della Sede, anche sulla base dellintenso lavoro e del continuo confronto tra le parti che la I Sede ha realizzato. Impegno che ha trovato una sintesi nel documento Societ e servizio pubblico della Rai, licenziato dalla Sede allunanimit nella seduta del 16 e 17 maggio 2002. Il documento , a tuttoggi, lunica espressione di merito sulla realt della comunicazione sociale nei suoi rapporti con il servizio pubblico, al di fuori della letteratura scientifica o dei pochi riferimenti normativi reperibili nel sistema radiotelevisivo italiano. stato inoltre una base di partenza per lelaborazione delle indicazioni di merito contenute nellarticolato del vigente Contratto di Servizio (soprattutto agli artt. 1, 7 e 30), rappresentando un concreto passo avanti nel lento processo di individuazione della missione della Rai nello specifico ambito della comunicazione sociale. La Sede fa parte delle strutture previste dal Contratto, il cui compito generale monitorare e vigilare sullapplicazione dello stesso e sullattivit Rai. Insieme alla Commissione Minori, alla Commissione Qualit ed alle Commissioni miste di natura pi tecnico-specialistica, compone il quadro complesso delle Sedi che il Parlamento e il Governo, attraverso il Contratto di Servizio, hanno individuato per dare garanzie ai cittadini sullapplicazione concreta dei principi di partecipazione, pluralismo e rispetto delle diversit, che sono alla base del concetto di servizio pubblico delle comunicazioni. La Sede composta di 24 membri, di cui 12 nominati dal Ministero, scelti tra i rappresentanti di Commissioni, Consulte e Organizzazioni senza scopo di lucro di rilievo nazionale, con competenza ed esperienza sui temi di cui al comma 1, e 12 nominati della RAI. Ai lavori della Sede Permanente possono partecipare come invitati i rappresentanti di Enti, Istituzioni e Organizzazioni senza scopo di lucro1. La Sede ha natura consultiva ed ha due compiti principali: 1. esaminare le iniziative assunte dalla concessionaria ai sensi dellart. 7 2. verificare il rispetto dei diritti allaccesso, secondo le indicazioni
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

106

della Commissione Parlamentare per lindirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. In particolare larticolo 7 individua gli ambiti tematici per i quali la Rai si impegna a promuovere e valorizzare, nellofferta di programmazione televisiva, radiofonica e multimediale, la comunicazione sociale e la conseguente rappresentazione delle pluralit della realt sociale, vale a dire ambiente, salute, qualit della vita, consumatori, diritti e doveri civici, sport sociale, disabilit, nuove emergenze e mondo del lavoro, immigrazione, integrazione e multiculturalismo, pari opportunit, anziani. La costituzione della Sede, e prima ancora la creazione del Segretariato Sociale, hanno fatto crescere, allinterno della Rai, la consapevolezza del valore specifico della comunicazione sociale come parte costitutiva, non residuale, dellofferta radiotelevisiva e multimediale dellazienda. La Rai si cos sforzata di rappresentare compiutamente la complessit della sua offerta in ambito sociale, anche attraverso le ricerche condotte dai professori Richeri e Lasagni, dellUniversit di Lugano2. Il lavoro stato condotto, a campione, sugli anni 1999-2000, 2000-2001 e 2003, e la sezione quantitativa si accompagna ad una qualitativa ricca di spunti analitici e di riflessioni. Le aree tematiche oggetto della ricerca sono cresciute nel tempo e per il 2003 sono state: Aiuti e cooperazione Internazionale, Ambiente, Beni culturali, Diritti dei consumatori, Diritti dei malati, Disagio sociale, Emergenze e calamit, Emergenza Nassiriya, Emergenza terrorismo, Giovani, Handicap, Immigrazione, Minori, Questioni femminili, Terza et, Tossicodipendenze, Volontariato. Si tenga presente che queste aree non corrispondono alle indicazioni tematiche riportate allart. 7 del vigente Contratto, poich la ricerca stata concepita prima che il Contratto entrasse in vigore, ma soprattutto affinch i dati potessero essere confrontabili, anche solo parzialmente, con quelli degli anni precedenti. Per una pi ampia comprensione della dimensione sociale della programmazione Rai si ritiene utile segnalare alcuni interessanti dati offerti da recenti indagini sullimmagine percepita di Rai e Mediaset e sul profilo socio-culturale del loro pubblico3. In particolare risultano significativi sia i dati sul profilo valoriale degli ascoltatori Rai (tab. 1) sia i dati sulle motivazioni allascolto del pubblico fedele Rai (tab 2) cos come la tavola di confronto sul profilo valoriale degli ascoltatori Rai e Mediaset (tab. 3). Anche i dati disponibili sulla riconoscibilit sociale della programmazione delle reti conferma il dato gi noto del ruolo di assoluta preminenza di Rai 3, e pi complessivamente della RAI, nella programmazione sociale (tab. 4).
CAPITOLO

107

Tabella 1 Il profilo valoriale e sociodemografico del pubblico Rai


ALTI CONSUMI CULTURALI

RETEQUATTRO
BASSO SATUS SOCIO-ECONOMICO

La7 RA ITRE

VALORI SO CIAL I TV AU TOREVOLE, CULTURALE, DI SERVIZIO VALORI RELIGIOSI SPIRITUA LI

CANALE5
PUBBLICO TRASVERSALE

PUBBLICO ADULTO-ANZIANO

VALORI RELIGIOSI SPIRITUALI

LA TV DI SUCCESSO

RAIUNO
LA TV PI ACEVOLE

SKY TV

PUBBLICO TRASVERSALE

LA TV GIOVANE GIOVANI V ALORI INDIVIDUALI

RAIDUE

VALORI SO CI ALI

MTV

ITALI A1

Tabella 2 Le motivazioni allascolto del pubblico fedele a Rai


MI RAPPRESENTA MI ASSOMIGLIA

TELEVARIANTI
LA TROVO ACCESA

MOTIVAZIONE DEBOLE

2003
VIVERE DELLE STORIE

NON HO NIENTE DA FARE

SOLORAI FILORAI

PASSARE IL TEMPO SENSO CRITICO CONTESI

LA GUARDO PER ABITUDINE

SOLOMEDIASET

FINESTRA SUL MONDO

MI D EMOZIONI MI TIENE COMPAGNIA MI TIENE INFORMATO AMPLIA CONOSCENZA RESTO IN CASA FILOMEDIASET MI RILASSA UNISCE LA FAMIGLIA

DIMENSIONE SOCIALE

STIMOLO EMOZIONI

MI PIACE MI TIENE INFORMATO SULLE ULTIME TENDENZE

MI DIVERTE

STIMOLA CONVERSAZIONE

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

108

Tabella 3 Spettatori programmi Rai e Mediaset 2003 profilo valoriale


PRIVATO
INTERESSE APPARENZA ANOMIA CONSUMISMO INTERESSE PER LA MODA ESOTERISMO ANTIPROIBIZIONISMO AMORE PER LAVVENTURA INDIVIDUALISMO LIBERISMO
ATTENZIONE ALLASPETTO

ETNOCENTRISMO OSTENTAZIONE E PRESTIGIO INSICUREZZA INDUSTRIALISMO

PAURA DELLA VIOLENZA

ASPETTATIVE DECRESCENTI VOCALISMO

APERTURA

COSMOPOLITISMO

EMERGENZA TEMPO PUBBLICIT SEMPLIFICAZIONE DELLA VITA 18-24 anni INTERESSE NARCISISMO TECNOLOGIA GESTIONE DELLA SECOLARIZZAZIONE IMPEGNO COMPLESSIT 25-34 anni EDONISMO BENESSERE ADESIONE AL NUOVO

16-17 anni

GOODWILL

SPIRITUALIT POLISESSUALISMO

CHIUSURA MENTALE

65 anni e pi
PERBENISMO

CENTRALIT DELLA FAMIGLIA

35-44 anni

AMORE PER LARTE/ CULTURA

COMUNITARISMO NOSTALGIA NATURA PAUPERISMO 45-54 anni RICERCA INTERIORE ECOLOGIA WELFARE BISOGNO DI VOLONTARIATO RADICAZIONE PARTECIPAZIONE CONSUMERISMO IDEALISMO ESPRESSIONE PERSONALIT CREATIVIT PERSONALE

55-64 anni

CHIUSURA

VITA SOCIALE

LIBERALISMO SESSUALE

MULTICULTURALISMO
REVISIONE RUOLI SESSUALI

ANTIAUTORITARISMO

SOCIALE

Rai

Mediaset

Tabella 4 Domanda: qual la rete pi impegnata sui problemi sociali? (%)


RAIUNO 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 2000 2001 2002 2003 2004 RAIDUE RAITRE CANALE 5 ITALIA 1 RETEQUATTRO

* Tutti i documenti citati sono consultabili sul sito del Segretariato Sociale RAI, www.segretariatosociale.rai.it

CAPITOLO

109

Note
1. I 12 rappresentanti delle parti sociali sono: Ministro On. Roberto MARONI (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali); Ministro On. Stefania PRESTIGIACOMO (Ministero per le Pari Opportunit); Roberto CARAVAGGI coordinatore (consigliere Ministero delle Comunicazioni); Giovanni DAVERIO (direttore generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali); Cesare MIRABELLI (presidente Consiglio Nazionale Utenti presso Autorit per le Garanzie nelle comunicazioni); Luisa CAPITANIO SANTOLINI (presidente Forum delle Associazioni Familiari); Edoardo PATRIARCA (portavoce Forum Permanente del Terzo Settore); Ilaria BORLETTI (presidente Summit della Solidariet); Giancarlo ROVATI (presidente Commissione di Indagine sullesclusione sociale); Nicola CARLESI (Capo del Dipartimento nazionale per il coordinamento delle politiche antidroga); Pietro BARBIERI (presidente FISH, Federazione Italiana per il superamento dellhandicap); Fulco PRATESI (presidente WWF). I 12 rappresentanti della Rai sono: Carlo ROMEO coordinatore (Segretariato sociale); Pierluigi MALESANI (Relazioni istituzionali); Alberto CONTRI (Rai Net); Marcello DEL BOSCO (Radio); Barbara SCARAMUCCI (Teche); Roberto MORRIONE (Rainews24); Giovanni MINOLI (Rai Educational); Antonio BAGNARDI (Televideo); Alessio GORLA (Risorse televisive); Fabio BELLI (Pianificazione e controllo); Carlo NARDELLO (Palinsesto tv e marketing); Lorenza LEI (direttore staff direttore generale). 2. Le ricerche Richeri e Lasagni sono visibili integralmente alla pagina: http://www.segretariatosociale.rai.it/palinsesto/indice_dati_program_soc.html. 3. Le tab. 1, 2 e 4 sono una elaborazione della Direzione Palinsesto TV e Marketing della RAI su dati dellOsservatorio sul sistema Televisivo Italiano, Makno & Consulting, 2004. La tabella 3 ha come fonte una ricerca 3SC monitor Trends & Target, GPF & Associati. Si ringrazia la Direzione Palinsesto TV e Marketing per la cortese collaborazione.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

110

CAPITOLO 5

Falsi amici: testi e strutture nella pubblicit sociale e in quella commerciale


Ugo Volli

1. Verso una definizione Oggetto di questo studio la pubblicit sociale, cio quel settore della comunicazione sociale che prende a prestito le forme consolidate della pubblicit commerciale, tanto di quella stampata quanto di quella audiovisiva. In realt non potremo occuparci qui dei suoi aspetti economici, sociologici, ecc. n in particolare di temi come la tipologia e lorganizzazione dei soggetti che finanziano, producono ed emettono questa comunicazione, n infine dellaccertamento empirico sul campo della sua efficacia e comprensione n del modo in cui essa in generale venga recepita: tutti temi di grandissimo rilievo, ovviamente, che non sono considerati qui solo per una scelta di divisione del lavoro e di metodologia analitica. Nostro oggetto sar invece lorganizzazione interna del messaggio ai suoi diversi livelli, non solo e non tanto per quanto riguarda lanalisi morfologica e la sintassi di superficie di messaggi, che essendo programmaticamente molto vicini a quelli della pubblicit risultano dunque necessariamente non molto specifici e pertanto non particolarmente interessanti sul piano della loro pura organizzazione morfologica; ma anche e soprattutto quella peculiare organizzazione del senso e dei simulacri (o soggetti rappresentati) che se ne fanno portatori allinterno dei testi, che permette loro di agire come pubblicit sociale. Non analizzeremo dunque il funzionamento del discorso della pubblicit sociale, in quanto attivit finalizzata con origini e destinazioni complesse dentro il corpo sociale, che si ripete e varia nel tempo secondo certi scopi o strategie culturalmente definiti; e neppure i formati pubblicitari utilizzati, in genere abbastanza analoghi a quelli commerciali; ma piuttosto i testi della pubblicit sociale, oggetti di comunicazione oggettivamente esistenti nel tempo e nello spazio, che hanno un funzionamento comunicativo
CAPITOLO

111

pi o meno felice ma regolato da unorganizzazione comune, al di l delle intenzioni di chi li ha promossi, realizzati e pubblicati. Lindipendenza del testo (della sua efficacia e del suo senso) dalle intenzioni e interpretazioni dei suoi autori, una volta che esso sia stato comunicato e reso pubblico, uno dei punti fermi metodologici della teoria semiotica contemporanea, che appare come una precondizione indispensabile per la possibilit stessa di unanalisi oggettiva dei testi, ed particolarmente importante nel prendere in considerazione oggetti cos ricchi di buone intenzioni come quelli della pubblicit sociale. Quel che ci interessa capire come tali intenzioni si calino in dispositivi dati di comunicazione che consentono loro un certo grado di efficacia. questa la ragione stessa per cui si fa ricorso alla pubblicit sociale: la constatazione che non basta aver ragione nel consigliare certi comportamenti per esempio di guida o sanitari; bisogna anche riuscire efficaci cio convincenti. Impacchettare il buon suggerimento in un formato pubblicitario, si ritiene, serve a farlo recepire meglio. Si tratta di capire come e perch questo accada e come questo formato si possa riempire di contenuti sociali. A scanso di equivoci necessario chiarire ulteriormente cosa intendiamo qui per contenuti dei nostri testi. La pubblicit sociale si pu definire in generale come lattivit mediatica che utilizza formati analoghi a quelli della pubblicit commerciale per portare allattenzione dei suoi lettori o spettatori certi temi urgenti di rilevanza per lappunto sociale, per sollecitare fra essi la presa di coscienza sulla loro importanza, per incoraggiare o scoraggiare comportamenti e atteggiamenti legati a questi temi, per raccogliere finanziamenti per le organizzazioni che se ne occupano. Non facile formulare un elenco coerente di tali argomenti, dato che si tratta per sua natura di una lista aperta: le emergenze sociali cambiano e cos la loro percezione e i comportamenti (effettivi e richiesti) della popolazione. Di fatto oggi in Italia sono frequenti gli annunci che riguardano problemi sanitari (dal finanziamento alla ricerca allincoraggiamento allassistenza e alla donazione di organi o del sangue, alla prevenzione di comportamenti a rischio), questioni ambientali (con la richiesta di comportamenti auspicati come il trattamento dei rifiuti riciclabili o lo scoraggiamento di comportamenti condannati come lo spreco di risorse rare), temi riguardanti la sicurezza stradale (soprattutto i comportamenti a rischio), il rapporto con particolari condizioni di vita da proteggere (infanzia, handicap), la raccolta di fondi di enti benefici e religiosi, perfino le relazioni interpersonali e latteggiamento psicologico dei destinatari (in direzione dellautomiglioramento o self emprovement). Altri temi ancora si potrebbero senza dubbio aggiungere. In particolare accade abbastanza spesso che siano difficilmente distinguibili gli annunci di comunicazione sociale e quelli di comunicazione pubblica (quelli
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

112

cio che enti pubblici usano per rendere note regole, obblighi, divieti e possibilit offerte ai cittadini) o addirittura di comunicazione politica (quelli che partiti e altri soggetti usano per ottenere appoggio nella lotta politica). importante mantenere ferma, in linea di principio, la differenza fra questi ambiti, per evitare di dover annoverare nella comunicazione sociale i cartelli di divieto di sosta o i manifesti elettorali con la faccia e il nome del candidato che chiede il voto; ma appare evidente che una distinzione del genere pu risultare sovente problematica. Per esempio chiaro che difficilmente si potrebbero escludere dal nostro interesse le campagne sulla droga o sullAids promosse dal Ministero della Sanit, bench si tratti anche di un tipico esempio istituzionale di comunicazione pubblica. I partiti possono appoggiare campagne sociali (per esempio ecologiche) con lobiettivo di legare la propria immagine a questi temi poco controversi e di trarne vantaggio su altre questioni; anzi, vi possono essere formazioni politiche che hanno come elemento di definizione dei tipici temi di comunicazione sociale, come il rispetto della natura. E daltro canto, in maniera del tutto analoga, non facile stabilire dei confini sulla base dei contenuti anche rispetto a molte campagne di aziende private, che hanno s lo scopo di far conoscere e promuovere un marchio commerciale, ma lo fanno agitando temi di pubblico interesse (si pensi, per citare il caso certamente pi celebre, a certe campagne di Oliviero Toscani per Benetton). Dal nostro punto di vista, peraltro, non interessante provare a classificare in maniera esaustiva gli specifici items della comunicazione sociale e non interessa soprattutto tentare una definizione di essa a partire dagli argomenti trattati. Ci basta riconoscere il fatto che certi temi e certe modalit di comunicazione sono accettati oggi nella nostra societ come possibile contenuto di questa forma specifica di comunicazione. Detto in altri termini, pi significativi dal punto di vista della nostra ricerca, quel che conta per noi notare che vi sono dei soggetti di parola, i quali, comunicando nella forma pubblicitaria tradizionale, riescono ad apparire socialmente titolati a porsi come autori di discorsi che si rivolgono a ciascuno di noi con una urgente natura pragmatica e non commerciale (invitano a tenere certi comportamenti o a evitarli, ad accettare o rifiutare certi atteggiamenti, a compiere certi atti) ma non direttamente regolativa (chiedono, consigliano, informano, non impongono o ordinano) e lo fanno parlando per conto di tutti, o se si vuole nel nome del bene comune e non della loro parte. La questione degli autori dei messaggi di pubblicit sociale, non tanto quelli reali ma soprattutto quelli virtuali o rappresentati nel testo, cio dei soggetti che vi appaiono in maniera pi o meno esplicita e rivendicano il diritto di parlarci di faccende molto delicate, risulta cos decisiva per la stessa identit di questi annunci. Dovremo inevitabilmente ritornare su questo punto per approfondirlo,
CAPITOLO

113

perch la loro presenza fa parte delle forme del messaggio che influenzano ancor prima della definizione teorica, laccettazione sociale della pubblicit sociale. I temi invece possono essere assai pi variabili, come si detto, a patto che si tratti di buone cause (o comunque presentate come tali) e non appaiano troppo controversi, vale a dire che non ci siano nella societ delle opinioni diverse ben strutturate e organizzate intorno ad essi; o se vogliamo restare nellambito comunicativo, che essi non siano gi oggetto, sui media, nella comunicazione politica ecc., di comunicazioni contrapposte. Occorre inoltre che questi temi siano suscettibili dintervento, dunque vi sia qualcosa da correggere, una qualche distonia fra convinzioni generali e pratiche diffuse. Saremo dunque indotti, in questo studio, a far astrazione dai temi della pubblicit sociale. Quali possano essere questi temi e quali specifici programmi di comportamento possano essere in essi contenuti chiaramente una questione contingente, legata a condizionamenti politici e ideologici. Che si possa (si debba) usare la pubblicit sociale per parlare dellAids o dellepatite virale o dellaborto o del finanziamento del clero, che nella prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale si possa (si debba) raccomandare luso del profilattico o solo della castit, che il tabacco e lalcol, pur essendo legalmente in commercio, vadano scoraggiati con i metodi della pubblicit sociale o meno: sono scelte in definitiva politico-sociali, che dipendono dalle convinzioni correnti nelle diverse societ in ogni singolo momento e non incidono sulla definizione di pubblicit sociale dei messaggi che le sostengono. Sono perfettamente concepibili e probabilmente esistono, nellambito della pubblicit sociale, in differenti contesti politici e culturali comunicazioni sostanzialmente opposte, per esempio in tema di divorzio, aborto, diritti degli omosessuali. Senza dubbio possibile studiare i contenuti concreti della pubblicit sociale in un contesto definito; quel che sortirebbe da studi del genere sarebbero delle classificazioni di items comunicabili con questi mezzi: temi generalmente considerati in una certa societ buoni e giusti se non proprio normali, temi su cui in teoria non c dissenso rilevante, ma rispetto a cui in pratica i comportamenti non sono uniformi e coerenti e dunque richiedono un intervento comunicativo. Tale conflitto fra convinzioni buone diffuse e cattive pratiche, pi o meno limitate o sparse nella popolazione, un elemento costitutivo dellefficacia della pubblicit sociale, che ne giustifica il funzionamento: essa in genere non prova a modificare le convinzioni e i valori condivisi dalla societ, ma fa leva proprio su di essi per provare a cambiare certi atteggiamenti o comportamenti pratici che non vi corrispondono. La richiesta di fondo che la pubblicit sociale fa ai suoi lettori quella di essere coerenti con certi valori dati per presupposti ed eventualmente solo richiamati in forma
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

114

narrativa il che un meccanismo di appoggio sul patrimonio immateriale socialmente condiviso, almeno in parte simile a quello che rende possibili le valorizzazioni commerciali, come vedremo. Da uno studio del genere, in realt, deriverebbe una sorta di mappa non solo del consenso sui valori, ma soprattutto delle pratiche e dei settori sociali in cui lideologia accettata e i fatti sociali si contraddicono almeno in parte: comportamenti trasgressivi di minoranze pi o meno consistenti, nuovi bisogni sociali da articolare e promuovere, cause ritenute giuste ma trascurate su cui appare necessario rinverdire la memoria o creare interesse, estensione delle regole del buon vivere a nuovi domini e oggetti. C per esempio una storia della pubblicit sociale italiana, in cui a un certo punto entra in maniera massiccia lAids, che poi lentamente perde parte del suo peso; in un altro momento vengono in luce le droghe da discoteca e le stragi del sabato sera, il corretto smaltimento dei rifiuti, il multiculturalismo, mentre temi come la donazione del sangue o lappoggio alla ricerca medica sono oggetto di sforzi forse meno cospicui ma permanenti. Non detto che negli Stati Uniti o in Svezia, ma soprattutto in culture molto lontane dalla nostra come Cina e Sudafrica, questa storia sia la stessa, con le stesse tappe e le stesse priorit, anche se il carattere globalizzato della societ contemporanea senza dubbio induce una certa crescente omogeneit di espressione e contenuto, inclusa la scelta cruciale di usare il formato americano della pubblicit per comunicare temi socialmente utili. in considerazione di tale scelta pubblicitaria, che questo tipo di comunicazione sociale presenta un notevole valore anche per la comunit professionale dei pubblicitari e dei loro utenti. Non bisogna nascondersi che fra gli effetti della pubblicit sociale vi una certa pubblicit alla pubblicit, o comunque la possibilit di presentare questultima come un mezzo ideologicamente e socialmente neutro, capace di comunicare qualunque cosa in maniera efficace e non solo il mondo delle merci e delle marche. Il che naturalmente incide con molta forza sulla legittimazione sociale del lavoro pubblicitario, tradizionalmente oggetto di pregiudizio e diffidenza. Questa certamente una ragione, tutta ideologica, per cui la pubblicit sociale spesso finanziata dal mondo professionale della comunicazione commerciale. Sulla base di una classificazione tematica anche grossolana delle pubblicit sociali sarebbe poi senza dubbio possibile procedere oltre; in particolare appare certamente interessante considerare il modo in cui gli stessi temi con gli stessi obiettivi siano stati diversamente trattati nel tempo o in contesti diversi. Tralasciando linfluenza di diversi contesti comunicativi, delle differenti convenzioni e competenze intertestuali da parte del pubblico che quelli sempre producono, e dunque ancora di una valutazione del condizionamento culturale e massmediatico di tale vaCAPITOLO

115

riabilit, parte di questa ha certamente natura stilistica, va ricondotta cio al gusto degli attori concreti che predispongono le comunicazioni (tanto dei committenti, che firmano e si assumono la responsabilit dellannuncio quanto soprattutto delle agenzie che lo preparano). Ma bisogna riportare questa molteplicit di approcci allo stesso tema soprattutto a quella continua mutazione che caratteristica soprattutto della pubblicit commerciale (ma coinvolge anche quella sociale) e deriva dalla concorrenza (non tanto dei prodotti quanto dei messaggi che competono sui media) e dal suo stesso eccesso che consegue. Per contrastare il carattere inflazionario della comunicazione pubblicitaria in generale, le forme devono cambiare, di quel poco che differenzia due messaggi della stessa campagna o di quel tanto che separa due campagne diverse. Non affatto detto dunque che un cambio anche radicale di approccio comunicativo corrisponda sempre a una diversit di strategie o di contenuti. La capacit di dire la stessa cosa in molti modi diversi, e dunque il falso movimento di un discorso che cambia continuamente la sua superficie restando geneticamente identico, uno degli assi principali dellideologia pubblicitaria, sotto il bizzarro nome di creativit. Talvolta per la differenza di approccio allo stesso obiettivo comunicativo ha un senso, anche nellambito della pubblicit sociale: ha valore strategico, perch modifica i meccanismi della persuasione. In questi casi un confronto fra le strategie di diverse campagne sullo stesso tema pu riuscire certamente interessante perch potrebbe permettere di affrontare e generalizzare problemi di efficacia nel linguaggio stesso della pubblicit sociale. Un esempio potrebbe essere il dibattito che si spesso sviluppato su come affrontare in un formato pubblicitario quei problemi sociali che implichino gravissimi rischi individuali, come limprudenza nella guida, i comportamenti sessuali a rischio, luso di droga. Vi sono due possibili estremi linguistici in queste comunicazioni, fra cui si situa ogni possibile campagna concreta: leufemismo e il terrorismo. Nel primo caso abbiamo una comunicazione amichevole, sdrammatizzante, a volte perfino giocosa, in cui il problema citato a partire dalla sua buona soluzione possibile, che di solito non annulla il piacere pericoloso, ma invita a consumarlo con moderazione, badando a evitare i rischi. Tanto che di recente stata possibile una campagna sociale di questo tipo prodotta da una marca di birra (Heinecken), contro la guida in stato di ebbrezza. Nel secondo caso invece si ostentano le conseguenze terribili dalla cattiva pratica da sconsigliare: morti e moribondi, sangue, lamiere contorte, funerali e quantaltro. Non fa meraviglia che il tipo di comunicazione pi diffuso nel nostro paese, nel continuo delle possibilit che si situano fra i due estremi linguistici, si collochi in genere assai pi vicino alla soluzione eufemistica, mentre la teoria e anche la pratica della comunicazione terroristiP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

116

ca siano pi diffuse in ambiente anglosassone. I difensori dellapproccio morbido si basano su un certo numero di ricerche che mostrano come messaggi troppo inquietanti vengano scartati (non percepiti, non considerati, rimossi) dallaudience; mentre i sostenitori dellapproccio duro pensano che i soggetti interessati non vogliono ascoltare e dunque devono essere colpiti e shockati, come si espresso di recente per esempio il Ministro dei Lavori Pubblici Pietro Lunardi. In realt dietro a questo dibattito, che non possibile esaminare qui pi a fondo, si cela un grande problema della pubblicit e pi generalmente della comunicazione sociale: se gi assai difficile misurare in maniera attendibile lefficacia persuasiva della pubblicit commerciale (per cui di solito le aziende si rassegnano a valutare la propria comunicazione su misure come la riconoscibilit, il tasso di memorizzazione e il gradimento tutte propriet effettivamente misurabili ma assai indirettamente legate al risultato ricercato di influenza sulle vendite o sullimmagine di marca), una misura dellefficacia pressoch impossibile da realizzare per comunicazioni che mirano a modificare comportamenti ancora pi generici (come lassunzione di rischi nella guida o nel divertimento) e soprattutto profondamente legati alla struttura della personalit e allautodefinizione, spesso di gruppi minoritari e tendenzialmente polemici di popolazione. A complicare le cose, in questo caso, contribuisce anche il fatto che lazione sociale su temi emergenti adotta di solito contemporaneamente molte forme diverse, di cui la pubblicit sociale solo una, non necessariamente la pi efficace. Se si decide di intervenire sullimprudenza di guida per limitare il numero degli incidenti e delle vittime, lo si pu fare inasprendo le pene, attivando la polizia stradale, comunicando queste innovazioni sui giornali, usando la segnaletica autostradale per informare sulle nuove sanzioni, ecc. e anche attivando una campagna di pubblicit sociale sul tema. Impossibile disaggregare lefficacia di queste diverse comunicazioni, che agiscono in forma coordinata e magari informano luna sullaltra. 2. Pubblicit sociale e commerciale Vediamo dunque di avvicinarci allorganizzazione interna dei messaggi della pubblicit sociale e alla loro specificit, discutendone il rapporto con gli annunci commerciali. Come si detto, infatti, la loro morfologia superficiale in genere tratta da quella della pubblicit commerciale, almeno per quanto riguarda le campagne realizzate in maniera professionale. In primo luogo, manifesti e annunci sulla stampa sono di dimensioni standard e in genere conservano lorganizzazione consolidata degli anCAPITOLO

117

nunci commerciali: unimmagine o visual centrale, sovrastato da un titolo o headline; in basso un testo pi esteso o bodycopy (che per lo pi manca nelle affissioni), sotto cui a destra si trova il logo cio la firma dellemittente, sovrastato da un secondo slogan o pay-off. Alcuni di questi elementi possono mancare e lorganizzazione spaziale pu essere variamente modificata; ma chiaro che la struttura degli annunci di pubblicit sociale somiglia molto di pi a quella commerciale di quanto facciano mediamente gli annunci del mondo della moda e dei profumi, generalmente limitate al sistema foto-firma. Del sistema commerciale le pubblicit sociali mantengono per lo pi anche il meccanismo retorico fondamentale, che si articola in genere su un ossimoro fra contenuto visivo e titolazione, o comunque su una tensione o unambiguit fra loro, per cui ciascuna parte potrebbe essere decodificata diversamente in assenza dellaltra, grazie alla somiglianza intertestuale (che viene attentamente costruita) con luoghi comuni, modi di dire, proverbi e immagini celebri; la loro unione risulta interessante e gradevole proprio per questo gioco di decodifica incrociata che rende spesso questa forma di comunicazione piuttosto simile ai giochi di parole e allenigmistica. La struttura degli annunci audiovisivi meno meccanicamente definita e conosce pi varianti, a parte una tendenza generica a utilizzare linizio per preporre una storia interessante e piacevole e a riservare lultima parte del filmato per far vedere il logo ed eventualmente far sentire un pay-off e un jingle. Ma anche in questo caso la pubblicit sociale professionale non si scosta in genere dalle consuetudini commerciali, non solo in termini di durata, ma anche della selezione delle inquadrature, del ritmo di montaggio, del tipo di sguardo che si propone. Quella appena accennata per solo la pelle pi esterna della comunicazione pubblicitaria, la sua manifestazione cio laspetto morfologico della sua sintassi. Questo strato puramente espressivo ben stabilito, anche se soggetto a uninevitabile lenta deriva, causata dal confronto/imitazione con altri testi mediatici (film e videoclip) e dalla tendenza dei produttori a introdurre, quando possibile, piccole innovazioni formali per acquistare salienza percettiva, le quali poi vengono imitate e si generalizzano. Essa inoltre non spiega affatto il modo in cui il discorso pubblicitario ottiene i suoi effetti. Per comprenderlo, bisogna scendere pi in profondit nella struttura degli annunci, arrivando al livello in cui i valori da esprimere vengono articolati e si fanno argomentazione e soprattutto narrazione. Anche per capire questo funzionamento semio-narrativo opportuno partire da un confronto con le pratiche della comunicazione commerciale. Si tende spesso a dare per scontato che la pubblicit sia una variante del discorso persuasivo centrata sul prodotto, un tipo di comunicazione
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

118

cui dunque si potrebbero applicare le categorie della retorica classica, anche se esso realizzato a favore non di una causa politica o giudiziaria, ma del profitto di aziende commerciali e dunque intorno alla merce. Questanalisi ha il vantaggio di semplificare molto il pensiero sulla pubblicit e conserva certamente un nocciolo di verit, ma non realistica oggi, per almeno tre ragioni generali. In primo luogo vi una differenza fondamentale fra la retorica linguistica, che sempre argomentativa, cio retta da categorie logiche ed etiche (non importa qui se usate talvolta in maniera corretta o abusiva o addirittura perversa e ingannevole), anche quando essa include brani descrittivi e diegetici e la retorica visiva e soprattutto audiovisiva, dove quel che conta la concretezza dellaspetto e soprattutto la dinamica narrativa dellesempio. La persuasione audiovisiva si realizza per via di mimesi pi che di argomentazione, di esempio e non di ragionamento. Il che, naturalmente, cambia del tutto il meccanismo di composizione del testo e la sua azione. In secondo luogo la pubblicit moderna (quella prevalente almeno da un paio di decenni) non valorizza tanto il prodotto, anche quando gli massicciamente dedicata. Essa mira sempre a costruire, come una sorta di mediazione indispensabile fra utente e merce, un dispositivo comunicativo peculiare: quel nome proprio-comune (proprio perch posseduto in esclusiva, comune perch nomina intere categorie di oggetti) che la marca. Essa, designando insieme una merceologia e unidentit, funge allo stesso tempo da enunciatore apparente e da accumulatore di valore per la pubblicit. La marca serve a distinguere un oggetto da quelli analoghi e spesso indistinguibili fabbricati dalla concorrenza e ha dunque innanzitutto un senso differenziale. Il valore economico investito in pubblicit serve a creare il valore semiotico della differenza di marca, che a sua volta si traduce, quando il meccanismo funziona, in aumento di prezzo rispetto al prodotto non marchiato e dunque in valore economico. La pubblicit commerciale prevalente, insomma, non costruita tanto per far comprare direttamente un prodotto, quanto per stabilire e consolidare continuamente il valore immateriale cio differenziale, del suo nome, la marca. Anche qui troviamo un contrasto non di poco momento, sul piano comunicativo come su quello economico-sociale rispetto alla classica argomentazione persuasiva. La terza differenza, forse la pi significativa, deriva in parte dalle prime due. Cicerone o Demostene fornivano degli argomenti pi o meno corretti riguardo al loro oggetto. Dalle caratteristiche della persona, dallesame dei fatti, dai sentimenti delluditorio, traevano ragioni per assolvere o condannare, per eleggere o decidere. Nel mondo commerciale, lanalogo di questo atteggiamento, che argomenta su una merce (o eventualmente sulle qualit concrete della marca, cio in definitiva sulCAPITOLO

119

lazienda che la possiede), ormai raro. Questo il modo di vendere di Dulcamara, il protagonista dellElisir damore, o di Vanna Marchi e in genere delle televendite; qualche volta della pubblicit di prodotti nuovi (per cui indispensabile una spiegazione) o molto popolari o molto tecnici. E naturalmente dei prodotti intermedi, dedicati non al consumatore finale ma alle aziende: il solo tipo di mercato in cui valgano davvero le regole razionali presupposte dalleconomia classica. In genere quel che accade negli spot diverso: non si cerca di persuadere con ragioni che riguardino i prodotti, ma di sedurre esibendo una storia in cui la marca valorizzata e suggerendo su questa base unidentificazione al consumatore. Si tratta cio di collegare i prodotti e le marche a certi valori anche in maniera del tutto esteriore, accostandoli a vicende e immagini in cui si affermano quei valori, che si suppongono desiderati dal consumatore. Questi possono essere la libert, la famiglia, lamore, il divertimento, in certi casi pi banali la pulizia, la sicurezza, il piacere del gusto. Le immagini o le narrazioni pubblicitarie esibiscono un simulacro del consumatore, mettono in rilievo il suo (il loro) desiderio, eventualmente la sua soddisfazione, mettendolo in relazione (non importa se causale o solo di compresenza) col marchio pubblicizzato. Ci sono diverse varianti di questo meccanismo, che interpretano in maniera diversa il corso narrativo. il caso di soffermarvisi brevemente, sia pur evitando i tecnicismi della semiotica della pubblicit, per cui ci permettiamo di rimandare a Volli (2003) e al capitolo dedicato al tema in Marrone (2001). La variante pi diffusa e pi generale della narrazione pubblicitaria racconta del modo in cui venga assolto un compito o realizzato un progetto che qualcuno si assunto. Questo qualcuno di solito, a ben guardare, costruito per essere una qualche trasfigurazione del consumatore cui si intende parlare. Egli vuole arrivare in un luogo che sarebbe impedito dalle intemperie, o tornare a casa dalla famiglia, godersi una vacanza o far giocare dei bambini, rendere felice il suo amore con un regalo o mangiare allegramente in compagnia, vincere una sorta di gara sportiva o rifiutare loppressione della societ degli adulti, sedurre una donna bellissima, partire per unavventura infinita, garantire la salute dei suoi bambini o amoreggiare con una ragazza di passaggio. Chiamiamolo lEroe. Costui si assume il suo Compito, o meglio, se lo trova gi assegnato a causa del suo ruolo: un importante dirigente o un padre, un ragazzo ribelle o uno sportivo, una madre o un vitellone. Quel che deve fare gli prescritto da valori, abitudini, sceneggiature che sono diffuse e conosciute socialmente: la sua etica sostanzialmente ethos, costume. Il mandante della sua azione (o come si dice in gergo semiotico, il suo destinante), la societ nel suo complesso che ha definito quel ruolo, magari a sua volta impersonata nel racconto da qualcun altro (nonne e suocere, medici e scienziati, amiche esperte e bravi negozianP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

120

ti si prestano spesso allo scopo di rappresentare i Valori sociali, nella finzione pubblicitaria come nella realt). Non importa se lEroe riesca o meno nel suo Compito (anche se generalmente ce la fa, la pubblicit devessere per sua natura ottimista); limportante il desiderio che esprime. In questa impresa ci sono alleati e avversari, sia in forma umana che impersonale e perfino astratta. Una bufera di neve pu essere lavversario dellEroe manager, una macchia di sporco quella della mamma, un docente severo quello del ragazzo. Un graffio sul corpo marchia limpossibilit di possedere una donna bellissima e perversa. Essi sono ostacoli al suo desiderio, come potrebbero esserlo per gli spettatori. Lo spot un piccolo mondo possibile, spesso semplicemente un po pi lustro e piacevole del vero, magari assai strano, unificato da una continuit di desiderio. La situazione, nel suo complesso, corrisponde perfettamente a quella definizione di Freud (1903, cit. in traduz. it. 1980) del sogno come realizzazione di un desiderio che per il padre della psicoanalisi si applicava perfettamente anche agli incubi e ai sogni dangoscia e che dunque pu adattarsi non solo alle narrazioni pubblicitarie in cui ogni cosa solo magicamente un po migliore della realt, ma anche a quelle surreali o drammatiche, dove facile per leggere in filigrana il desiderio agito. In questo quadro la marca compare in due modi diversi ma non esclusivi: come responsabile dellallestimento della narrazione (dato che lo firma col suo logo) e come presenza narrativa. Il primo aspetto particolarmente rilevante per tutte quelle numerose pubblicit che presentano una storia almeno parzialmente irrealistica, in cui non si afferma implicitamente cos va il mondo, questa la vita, i fatti sono questi, vi assicuriamo che vero, come caratteristico invece delle narrazioni che si vogliono verosimili, incluse alcune di quelle pubblicitarie, oltre a quelle storiche e giornalistiche. In questo caso la marca si assume la responsabilit di identificarsi e includere lo spettatore in un mondo non solo del tutto fittizio ma soprattutto sognabile, cio di offrire una storia che possa corrispondere al desiderio pi o meno esplicito dei suoi spettatori di riferimento. Dato che i sogni esprimono lo strato pi intimo della psiche, una produzione che riesca a suggerirsi come onirica una potente macchina identitaria. Nel secondo caso, che molto pi esplicito e diffuso, la marca si presenta come un Alleato per lEroe, di solito come qualcuno o qualcosa che sa come egli possa realizzare al meglio il suo Compito, ci che essa non stabilisce dautorit ma conosce per esperienza. Negli esempi pi semplici il dispositivo concreto per realizzare il compito (per rendere pulita e sicura la casa, per fare famiglia, per avere ai proprio occhi e quelli altrui laria del successo e della ricchezza, per essere liberi ecc.) proprio quelloggetto magico che il prodotto (la pasta, i cioccolatini, i
CAPITOLO

121

jeans, il detersivo...), capace di trasfigurare la realt con la sua semplice presenza; ma proprio la marca a garantire sulla sua efficacia, a rassicurare sulla sua magia. Valeva la pena di soffermarsi un po sul meccanismo comunicativo della pubblicit commerciale perch la pubblicit sociale, pur riprendendo i formati esterni di quella, non pu evidentemente riprodurre anche questi meccanismi narrativi che producono sul piano del senso lefficacia degli spot, anzi si deve definire in parte proprio in contrapposizione ad essi. evidente che questa seconda pubblicit non ha prodotti da vendere, anzi non si misura in generale con meccanismi commerciali come la vendita, al massimo si avvicina alla dimensione economica chiedendo donazioni. Ma chiaro invece che anche nella pubblicit sociale ci sono entit abbastanza simili alle marche: abbiamo notato prima che in genere negli annunci sono presenti i loghi ed facile trovare meccanismi di affermazione e garanzia legati a qualcosa di simile a ci che sopra abbiamo chiamato nome proprio-comune: Croce Rossa e Ministero della Sanit, Pubblicit Progresso ed enti locali, Telethon e Chiesa, con in pi talvolta delle marche commerciali vere e proprie. Tenteremo una riflessione sulla presenza in questo dispositivo di accumulatori di valore simili alla marca; un fatto che la loro presenza spesso connessa alla richiesta di contributi economici. Anche in questo caso, importante la valorizzazione semiotica (il riempimento di un nome con valori) per ottenere quel rapporto fiduciario che alla base di uno scambio economico, com pure la contribuzione volontaria. 3. La struttura del messaggio La pubblicit sociale non vende nulla. Non mira neppure a convincere solamente i suoi destinatari della esattezza e veridicit delle sue affermazioni, che pure sono fondamentali per il suo funzionamento: il suo scopo non certamente in primo luogo cognitivo, ma pratico. Il sapere sui fatti (della malattia, dellecologia ecc.) per lo pi presupposto e solo richiamato, i criteri di valore lo sono sempre. Essa si sforza invece di cambiare i comportamenti e gli atteggiamenti, cerca di far fare. Nella terminologia semiotica, questo far fare una forma di manipolazione; manterremo nel seguito questo termine, che pure pu suonare antipatico e perfino ingeneroso in qualche caso; ma non lo intenderemo mai come un giudizio morale, solo come lindicazione di un meccanismo di azione simbolica. Inoltre parleremo di azione per designare sia il cambiamento di atteggiamento (che una manipolazione passionale), sia la modificazione di comportamenti veri e propri. Nella pratica comunicativa si trovano molte forme diverse di manipolazione: fra le altre, il contratto, che offre una retribuzione in cambio
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

122

di unazione; il comando, che la impone sulla base di unautorit; la preghiera, che la richiede come beneficio per lenunciatore, la seduzione, che la offre come soddisfazione del desiderio dellenunciatario. Nessuna di queste modalit corrisponde al funzionamento comunicativo fondamentale della pubblicit sociale, anche se taluna fra esse pu presentarsi ogni tanto. La sua caratteristica manipolazione si situa invece fra due poli non troppo dissimili: il consiglio e la richiesta. Il consiglio suggerisce lazione, nellinteresse dellenunciatario; la richiesta cerca di ottenerla sulla base di ragioni e di diritti. Nellun caso come nellaltro gli elementi determinanti sono da un lato la credibilit dellenunciatore, la sua adeguatezza a porsi come consigliere e in definitiva la sua autorevolezza; dallaltro il sistema assiologico sulla base del quale gli interessi buoni in gioco sono identificati. La pubblicit commerciale lavora in definitiva per provocare un atto, lacquisto, che nella nostra societ considerato gradevole, o ancora di pi, fonte di piacere in s (si pensi allespressione fare shopping e alla sua connotazione). Si muove dunque su uno sfondo di desiderio generalizzato, che non affatto una categoria astratta dei teorici dellantiglobalizzazione, ma un fatto estremamente concreto, materializzato in centri commerciali, cataloghi, supermercati, malls e altre cattedrali del consumo (Ritzer 2000), che sono tutti contenitori generici del valore del consumo. Il suo compito tradurre questo desiderio generalizzato in desideri specifici e soprattutto introdurre in essi una discriminazione secondo le marche. Anche quando non usa i metodi comparativi e non parla esplicitamente male dei concorrenti, la pubblicit commerciale ha sempre un implicito significato discriminante. La pubblicit sociale si trova in una posizione specularmente opposta. Lo sfondo su cui agisce e che cerca di modificare sono delle pratiche sbagliate ma diffuse, quindi in qualche modo accettate se non proprio approvate da settori sociali pi o meno vasti e comunque scelte, magari desiderate e considerate un diritto da chi vi abituato: il divertimento della guida veloce e un po a rischio, lo sballo in discoteca, anche se aiutato da qualche bevanda forte o pillola magica, il piacere della promiscuit o almeno della libert sessuale, la comodit di attingere liberamente e senza badarci a risorse comuni come lacqua o di gettare i rifiuti come capita, lesaltazione artificiale della droga, la grettezza autocompiaciuta della discriminazione, il vizio abituale del fumo o dellalcool, lindifferenza ai bisogni altrui. Il compito della pubblicit sociale, quello di scoraggiare questi divertimenti, piaceri, gusti, comodit in nome di interessi pi vasti e pi a lungo termine. Altre volte essa chiede addirittura di contribuire, di dare, cio di rinunciare a qualcosa, fosse pure una piccola somma (ma soprattutto allindifferenza), in favore di una buona causa. In termini aristotelici, si
CAPITOLO

123

tratta sempre di sostituire lepithymia, il desiderio immediato, con sophrosyne, la saggezza, lamministrazione attenta di s (Foucault 1984). Ma i greci sapevano benissimo (e, gi prima di Aristotele, Platone nel Filebo e nel Fedro lo spiegava con chiarezza) che il desiderio urgente e imperioso, una mania, una follia di origine divina; dunque esso corrisponde a uninesauribile sete di piacere, che non pu essere mai saziata del tutto perch si rinnova proprio mentre si consuma nel tempo (Volli 2002). Insomma, il desiderio, che una risorsa essenziale della pubblicit commerciale, per quella sociale un ostacolo da superare o con cui venire a patti: difficile impresa. Di qui non solo lopportunit del consiglio e della richiesta, ma anche la necessit di una forza speciale che li renda efficaci contro lo spirito di Pinocchio, che consegue da questo sfondo passionale: la naturale tendenza che tutti abbiamo a restare sordi ai discorsi che si oppongono ai nostri desideri. E ancora, nel nostro caso questa forza si deve esercitare esclusivamente per mezzo del discorso, dato che stiamo parlando di pubblicit e non di leggi, regolamenti e altre forme di obbligazione. La pubblicit sociale deve insomma battersi contro la corrente dei desideri, invece di limitarsi a deviarla nella direzione pi opportuna come fa quella commerciale; in cambio per non condizionata dal carattere discriminativo e oppositivo di questa, non soffre la pressione e lusura della concorrenza: un buon consiglio non ne esclude un altro, non mettersi alla guida ubriachi non contrasta certo con il donare il sangue. E anche quando vi sono organizzazioni diverse che di fatto competono per la raccolta di fondi (fino a generare talvolta un effetto simile a quello delle marche commerciali), difficilmente esse potrebbero qualificarsi a vicenda come concorrenti e svalutarsi di conseguenza. A differenza di quel che si detto prima sulla pubblicit commerciale, questa volta dobbiamo ragionare in un ambito assai pi vicino alla retorica classica, in quanto essa pure si proponeva il compito di ottenere delle azioni attraverso discorsi. Cicerone, fra gli altri, sostiene che vi sono due modalit fondamentali di tale influenza: a partire dalle passioni degli uditori o della qualit delloratore. Insomma, il tema principale di una comunicazione come quella retorica, ma che investe anche quella che stiamo studiando lasse enunciazionale, fra chi parla e chi ascolta: lautorit del locutore, linteresse del destinatario. Non si tratta per qui di discorsi, ma di immagini e filmati, insomma di narrazioni, che per di pi agiscono a distanza: al posto delloratore (o del narratore) in carne ed ossa c s unorganizzazione complessa che produce testi e immagini (committente, agenzia, regia, casting ecc.: una realt poco evidente, dato che sta sotto e prima del testo), ma soprattutto percepibile al suo posto una qualche personificazione pi o meno esplicita e concreta (cio figurativizzata) dellistanza che consiglia e richiede. In luogo delluditore reale che ascolta il
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

124

messaggio dellorazione, troviamo per lo pi una qualche sua rappresentazione, una figura magari un po pi gradevole e attraente cui egli possa suturarsi, analogamente a quanto accade per la pubblicit commerciale. Il suo carattere mediato obbliga la pubblicit sociale sempre a un doppio livello di comunicazione: il testo, che realmente comunicato in una relazione sociale concreta ( trasmesso in televisione, affisso sui muri ecc.) rappresenta molto spesso una seconda comunicazione finzionale, che in qualche modo sta al posto della prima, la significa. Concretamente, buona parte degli spot comprendono qualcuno che parla a qualcun altro, o qualcuno che commenta quel che viene mostrato, magari come voce fuori campo. Il messaggio rappresentato spesso accolto bene e ottiene il suo risultato; cos i testi della pubblicit sociale scommettono sul loro destino, prevedendolo al loro interno. Se la pubblicit commerciale crea un mondo onirico nel senso di desiderabile, che possa essere ricollegato con lidentit della marca e accostarla ai valori che rappresenta, qui invece non vi sono sogni o utopie. Non vi pu essere peggior sorte per un annuncio della pubblicit sociale che essere preso per una narrazione priva di ogni impegno ontologico, per una fantasia che serva solo a esprimere lidentit di chi parla e di chi ascolta, raggruppandoli secondo uno stile di vita o un gusto. La pubblicit commerciale pu assumere s degli impegni sul prodotto, ma un po come recitano le avvertenze sullimpacco di certi cibi, mostra solo delle possibilit duso e non nasconde che si tratta di narrazioni abbellite, di esempi desiderabili e non certo della realt pi comune. La pubblicit sociale invece pretende di essere presa sul serio, funziona solo se il destinatario la riconosce come realistica e pertinente ed disposto a negoziare su questa base il senso della comunicazione. Insomma, mentre la comunicazione commerciale impiega una strategia oggettivante (nel senso che raramente il fabbricante o la marca sono presenti nella narrazione come enunciatori rappresentati), ma insieme onirica, vale a dire che il senso della narrazione indipendente dalla sua verit, la comunicazione sociale realistica, anzi veridittiva, cio condiziona molto fortemente il proprio senso alla verit delle proprie affermazioni fattuali, che sottolinea con forza. Ma al tempo stesso e proprio per questa ragione la sua strategia comunicativa soggettivante, cio espone fortemente il locutore nel testo, lo fa parlare al suo interno, cio produce un forte effetto di embrayage (per usare il gergo semiotico) impiegando sistematicamente forme di enunciazione enunciata (dentro la cornice comunicativa c qualcuno o qualcosa che compie con grande evidenza latto di parlare). La presenza dellenunciatore o di un suo simulacro nel testo serve proprio a dare forza alla sua pretesa di verit. La presenza che parla e che esprime il senso della storia, la morale da trarne, il consiglio o la richiesta che ne consegue, devessere autorevole. DiCAPITOLO

125

verse strategie sono adottate per ottenere questo risultato fondamentale. Per usare una celebre distinzione di Genette (1972), qui particolarmente opportuna, essa pu essere intradiegetica, identificarsi cio con un personaggio interno allo svolgimento della storia, anche se costui magari commenta ex post i fatti, o extradiegetica, appartenere a qualcuno che su questi fatti testimone o ha competenza. Nel primo caso, due sono le figure particolarmente importanti e diffuse di questa autorevolezza. In primo luogo questa presenza che funge da simulacro del locutore pu appartenere nella finzione a qualcuno che parla per esperienza, che passato per quelle stesse scelte su cui ora lannuncio vuole fornire indicazioni. Non un testimonial, nel comune senso pubblicitario (figura un po mondana che abbastanza rara in questo ambito), ma un testimone vero e proprio: qualcuno che ha commesso lerrore da cui lannuncio vuol diffidare (che ha preso la droga, che ha guidato in stato di ebbrezza) subendone le conseguenze che cerca di evitare negli altri, o che al contrario lha evitato, ha saputo dire no e che chiede di essere imitato. Oppure qualcuno che malato e ha trovato aiuto nella struttura che vuol essere appoggiata, o che gi contribuisce, per esempio donando il sangue. O ancora un religioso o uno scienziato o un medico che usa bene, naturalmente i fondi per cui chiede un contributo. In genere qualcuno che sa quel che dice, dato che parla di s e dunque in grado di sostenere il peso del discorso. Lesperienza rende il discorso credibile, vero; spesso essa si fonde con una condizione simile a quella del target della comunicazione. In questo caso avviene che la stessa figura rappresenti narrativamente tanto lemittente che il destinatario della comunicazione. Condizione originale, ma non tanto, dato che richiama la doppia voce della coscienza, il ragionamento che ciascuno deve fare a se stesso per richiamarsi al proprio interesse a lungo termine e porre dei limiti alla propria stessa libert a fin di bene (un paradosso, questo, pi diffuso di quel che si potrebbe credere e certamente pertinente agli effetti della comunicazione sociale, che stato esplorato in Elster 2000). Laltra figura intradiegetica un tipo diverso di testimone: un personaggio autorevole, che non coinvolto in prima persona nel problema, ma provvede ad affrontarlo nella vita reale e con la stessa qualifica anche nel filmato: un padre che parla ai suoi figli della droga, un vigile urbano o un esponente della polizia stradale, ancora un medico o uno scienziato che non parla per di s e del suo uso dei fondi, ma delle malattie, dei rischi della droga o del sesso non protetto e cos via. Pu essere un donatore esperto che rassicura il novellino (uno dei numerosi simulacri del destinatario che si incontrano in questo ambito), o qualunque altra figura che sia fornita di autorit naturale. Il suo discorso sar pacato, competente, umano, interessato: come una persona vera che
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

126

si occupi del destinatario. La sua forza di persuasione dipender quindi da come il testo sapr rendere questo effetto di realt, valorizzando le capacit del mezzo ed evitando il rischio di una presenza percepita come impersonale o peggio, di pura finzione. La figura extradiegetica per forza meno individuata, dato che non compare nella storia, che in questo caso non sottolinea lenunciazione proposta. Di solito solo una voice over o un testo non attribuito a nessuna figura nel bodycopy di un annuncio stampato. Ma essa pure si esprime in modo da produrre autorevolezza: se si tratta di un audiovisivo la voce per lo pi maschile e profonda, il tono calmo e rassicurante anche quando i contenuti sono destinati ad allarmare. Negli annunci stampati questi caratteri sono resi, nei limiti del possibile, da quelle caratteristiche espressive che i pubblicitari chiamano non a caso proprio tono di voce: possono contribuirvi le scelte sintattiche e lessicali, il modo di introdurre il discorso, perfino i caratteri del testo e laspetto grafico generale dellannuncio. Il linguaggio spesso ha una coloritura scientifica, anche se si sforza di essere comprensibile. Talvolta, in maniera pi o meno esplicita, la presenza extradiegetica viene associata a unentit di per s autorevole come un ministero o la Chiesa o unassociazione nota, per mezzo di tratti grafici come un marchio o un sigillo, o di altri dispositivi di senso. In generale, la presenza intradiegetica suggerisce lo stesso tipo di autorevolezza di quella figurativa che abbiamo appena caratterizzato proprio per la sua autorevolezza. Ma lo fa, naturalmente, in maniera pi indiretta. Il che presenta il rischio di una minore efficacia persuasiva, ma lascia pi spazio agli spostamenti enunciazionali che descriveremo adesso. Un aspetto particolarmente interessante di questo quadro sono le tracce linguistiche dellenunciazione. Il testimone intradiegetico di solito parla di se stesso alla prima persona singolare, dice io e si riferisce ai suoi destinatari dicendo voi; il personaggio autorevole dice ancora io, ma tende a parlare ai suoi interlocutori uno alla volta, dando loro del tu; la seconda la stessa persona usata pi spesso anche dalla figura extradiegetica, che normalmente non si nomina affatto o lo fa alla terza persona nominativa e non prononimale (Il Ministero della Sanit ecc.). Sovente per in questi casi linterlocutore nominato alla prima persona plurale (non sballiamo per non sballate). La diffusione di questa prima persona plurale piuttosto ampia e del tutto inconsueta rispetto alla pubblicit commerciale. Essa esprime il presupposto (o forse lauspicio) fondamentale della comunicazione sociale, che lesistenza di una comunit coesa, la quale ha il diritto e anche il dovere di occuparsi dei comportamenti e degli atteggiamenti di chi ne fa parte, non solo sul piano delle regole e della repressione, ma su quello della motivazione e delleducazione. in nome di questa collettivit, di questo noi che vengono fatte le richieste della pubblicit sociale; essa
CAPITOLO

127

che si assume il diritto di essere intrusiva abbastanza da dare consigli non richiesti, che sono nellinteresse del destinatario, ma anche suoi. Abbiamo insomma un noi che si rivolge a un noi; ma il primo pi largo e pi forte del secondo, che deve essere riportato allunit. La comunit rappresentata dalle figure che abbiamo citato, in particolare da coloro che esprimono autorevolezza; essa rivendica implicitamente una saggezza e un sapere che ne autorizzano il discorso. Una conseguenza di questa costruzione che gli antisoggetti, coloro che inducono a comportamenti da rifiutare, per esempio gli spacciatori di droga, sono spesso citati in forma semianonima nella terza persona plurale, come loro: agenti pericolosi per quello che fanno, ma soprattutto estranei alla collettivit che chiede al destinatario una (ri)unificazione. Del resto, anche le altre forme di interlocuzione esplicita sono molto pi diffuse nella pubblicit sociale che in quella commerciale; questultima, come abbiamo visto, quasi esclusivamente mimetica nelle sue manifestazioni pi avanzate, mostra un luogo, un tempo, una storia che rientrano nel registro del desiderio e del piacere. La comunicazione sociale invece diegetica, anche quando mostra, racconta, spiega, produce una morale. Ora noto che la mimesi esclude nelle sue forme canoniche (come il cinema e il teatro) la presenza comunicativa dellemittente, si d in maniera impersonale (o oggettivante, come abbiamo detto); mentre la diegesi lascia sempre spazio al narratore, se non altro al suo tono di voce e alla sua selezione dei fatti, spesso anche alle sue riflessioni personali e alle sue richieste al lettore (si pensi al proemio dellIliade, ai miei quaranta lettori di Manzoni, a tutto Conrad...). La diegesi dunque si situa pi vicina allasse della comunicazione io-tu che a quello della rappresentazione io-ci (Buber 1923) ed pi capace di fare delle richieste e dare dei suggerimenti al suo lettore. Nessuna meraviglia dunque che essa sia la forma pi caratteristica della pubblicit sociale, e che dunque in essa vi sia una forte prevalenza di richieste del lettore e di autodesignazioni del locutore: questa la linea che permette, per cos dire, di bucare lo schermo e tradurre la narrazione in efficacia simbolica, in azione sul destinatario. Tale prevalenza della dimensione comunicativa (o enunciazionale) non pu escludere per la dimensione narrativa: i due discorsi si sovrappongono e sintrecciano. Abbiamo dunque un filo testuale, che instaura e giustifica la manipolazione (si tratti di consigli o di richieste) e una linea che si fa carico di introdurre i temi specifici. La manipolazione mette in gioco un destinante, che pu essere o no tradotto in una presenza testuale, per lo pi solo quella extradiegetica che abbiamo citato sopra. Qualche volta il destinante ha come proprio simulacro nel testo la presenza autorevole che abbiamo visto. Ma in generale il destinante presupposto dalla stessa definizione di pubblicit sociale (in concreP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

128

to, dalla cornice con cui questo tipo di pubblicit immessa nel circuito comunicativo) e chiama in causa la societ nel suo complesso. Questo destinante si presenta sempre come competente, fornito di un sapere, che ha la caratteristica di riguardare i valori: egli sa, in sostanza, cosa bene e cosa male. Su questa base propone il suo contratto al destinatario, che di solito nominato solo per questa sua condizione comunicativa ( un tu), ma ricopre implicitamente un gruppo sociale, un target, il quale a rischio, cio pensato sotto linfluenza di un altro contratto possibile o reale (con se stesso e col proprio piacere immediato, o con i cattivi loro o con delle passioni, descritte come pi o meno esterne al destinatario ma capaci di influenzarlo, come lamore della velocit, la voglia di sballare o la pigrizia nel riciclare), un contratto che ha una doppia sanzione, quella positiva immediata del piacere e quella magari pi lenta ma immancabilmente negativa dei danni derivanti da un comportamento sbagliato. Il contratto della pubblicit sociale propone al destinatario di allontanarsi da un comportamento o atteggiamento indesiderato (quello dellaltro contratto) e di adottarne invece di positivi, promettendo in maniera pi o meno implicita non solo una condizione migliore per lui, ma anche per la collettivit nel suo complesso, che sar retribuita dallapprovazione sociale (la sanzione positiva). Diverse fasi di tale processo sono esemplificate nel filo narrativo dellannuncio. Vi pu essere la storia intera di un contratto analogo, dalle cattive influenze e atteggiamenti alla sanzione negativa al cambiamento verso la cosa giusta, magari in forma scientifica e astratta, o metaforica; o solo una parte di essa, per esempio, solo la sanzione negativa (i morti delle stragi del sabato sera, la trasmissione della malattia, magari sotto forma di un alone violetto, la citt sepolta dai rifiuti) o solo la sanzione positiva (i donatori soddisfatti del loro gesto, le buone conseguenze dei finanziamenti, che procurano la gratitudine degli altri e la fierezza). O pu essere rappresentato loggetto di valore, quel che si pu ottenere con i buoni comportamenti (lacqua pura, la citt pulita, lamore, il piacere della famiglia) e che viene messo a rischio da quelli sbagliati. Queste diverse strutture narrative, per quanto imparentate fra loro, si diversificano ulteriormente a causa delle diverse scelte espressive che rendono completa la narrazione. Vi possono essere fumetti e disegni colorati, o crude immagini fotografiche in bianco e nero che rimandano al registro della cronaca nera dei giornali, vicende romantiche e immagini scientifiche al microscopio; possono essere prese a prestito le convenzioni dei generi pi diversi. Ma in ogni caso, anche nei travestimenti pi fantasiosi, resta la pretesa alla verit: il consiglio della pubblicit sociale, il suo primo contratto pu essere efficace solo perch chi lo propone autorevole e la storia che racconta vera.
CAPITOLO

129

4. Conclusione Lanalisi svolta finora senza dubbio un po generica, dovendo render conto del funzionamento di un vastissimo gruppo di comunicazioni, che in superficie appaiono assai diverse fra loro. E per essa pu certamente essere portata a concretezza su ogni annuncio reale e fungere anzi da matrice strutturale per una tipologia della pubblicit sociale pi pertinente di quella per items, che abbiamo discusso allinizio. Il punto fondamentale che ne emerge che la somiglianza fra pubblicit sociale e pubblicit commerciale soprattutto un fenomeno di superficie. Non solo sono evidentemente diverse le finalit, ma anche il funzionamento comunicativo cambia in maniera decisiva: sono diversi i ruoli, lorganizzazione sintagmatica, i processi di valorizzazione, il posto assegnato al destinante e al destinatario. Linvolucro pubblicitario, negli annunci autenticamente sociali (quelli che non mirano surrettiziamente a promuovere una marca o la pubblicit in genere) soprattutto una buccia, la struttura morfologica di superficie. Si tratta di un fatto da meditare, soprattutto per coloro che credono a una virt intrinseca del formato pubblicitario, tanto da approvarne lestensione ad altre forme di comunicazione come quella politica. Bibliografia dei testi citati
Buber Martin (1923), Io e tu, trad. it., Edizioni di comunit, Milano 1958 Elster John (2000), Ulisse liberato, trad. it. Il Mulino, Bologna, 2004 Foucault Michel (1984), Luso dei piaceri, trad. it. Feltrinelli, Milano 1984 Freud Sigmund (1980), Linterpretazione dei sogni, trad. it. Boringhieri, Torino 1980 Genette Gerard (1972), Figure III, trad. it. Einaudi, Torino 1976 Marrone Gianfranco (2001), Corpi sociali, Einaudi, Torino Ritzer George (2000), La religione dei consumi, trad. it. Il Mulino, Bologna Volli Ugo (2002), Figure del desiderio, Raffaello Cortina, Milano Volli Ugo (2003), Semiotica della pubblicit, Laterza, Bari

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

130

CAPITOLO 6

La pubblicit sociale in tv tra impegno e sponsorizzazione


Soggetti e temi della pubblicit sociale televisiva dal 1 gennaio 1999 al 31 marzo 2004
Annunziato Gentiluomo 1. Obiettivi dello studio La pubblicit sociale una realt in crescita, che utilizza il mezzo televisivo e la disponibilit delle emittenti nazionali come strumento per far conoscere ad un pubblico potenzialmente vasto, realt, condizioni, problemi sociali spesso poco visibili e per questo poco noti. La pubblicit sociale, per, si distingue da quella commerciale cui legata da una relazione genere-specie. Gli spot sociali si differenziano da quelli commerciali per gli intenti, ma non sempre per le modalit e gli strumenti adottati; partecipano, seppur indirettamente, delle logiche di mercato e delle strategie di vendita degli spazi pubblicitari delle emittenti; rientrano nei piani di comunicazione integrata dei canali televisivi, per i quali rappresentano un impegno e anche un investimento (con rispettivi costi e benefici); sinseriscono nei break pubblicitari accanto agli spot commerciali. In questa prima parte del capitolo sintende, da un lato studiare la relazione che lega la pubblicit al mezzo televisivo: analizzare i soggetti che accedono al piccolo schermo, fra cui il Terzo settore e la Pubblica Amministrazione Centrale, due clienti per le concessionarie pubblicitarie delle reti, e dallaltro costruire una sorta di agenda setting del sociale, evidenziando le tematiche maggiormente trattate dagli spot sociali televisivi. Come si distribuisce la pubblicit sociale fra i sette canali televisivi nazionali? Qual lincidenza di questo tipo di pubblicit rispetto a quella generale? Come mutato linteresse nei suoi confronti tra i diversi canali? Esiste una collocazione strategica per questa pubblicit? Quali sono i criteri di selezione che orientano laccesso delle ONP in tv? Le questioni pi complesse emerse dallanalisi seguente concernono da un lato il delicato rapporto tra i canali televisivi e la Pubblica AmmiCAPITOLO

131

nistrazione Centrale (soprattutto la natura economica della relazione), e dallaltro le logiche che condizionano la selezione delle diverse realt del non profit (qui citate come ONP, organizzazioni non profit) alle quali si da spazio, e quindi delle tematiche che ottengono maggiore visibilit mediatica. Queste ultime, per, non necessariamente coincidono con i problemi ai quali lopinione pubblica pi sensibile. Prima di cercare di rispondere alle domande precedenti e affrontare le aree critiche dello studio, proviamo a definire la pubblicit sociale cui ci si riferisce in questo intervento1. 2. Per una definizione operativa di pubblicit sociale Il primo problema definire lunit di analisi. La pubblicit sociale un fenomeno i cui confini sono ancora argomento di dibattito a livello accademico (cfr. Gadotti: 1992). Laggettivo sociale2, dunque cosa e chi comprendere nel campo di interesse di questo tipo di pubblicit, rappresenta elementi non nettamente determinati. Questa ambiguit diventa leva del marketing sociale, poich le organizzazioni senza scopo di lucro, nonostante i nobili intenti che le muovono, devono sopravvivere e vedono nel piccolo schermo la possibilit di crescere e raccogliere fondi per sostenere le proprie cause. Quindi pubblicit sociale diventa etichetta di spot autoreferenziali, in cui il soggetto che promuove e lobiettivo per cui si batte spesso coincidono. Larte seduttoria la stessa della pubblicit commerciale, cambiano, invece, contenuti e intenti. Siamo in una dimensione della comunicazione che non mira a segmentare le aspettative del destinatario/consumatore/cliente, ma a riconnettere i tasselli di una trama, a volte rivelata, di simboli e di valori che costituiscono il senso di identit del cittadino (Salati: 1997, 281). Spesso la pubblicit sociale italiana si rivolge alla collettivit in modo quasi indistinto, per richiamarla ai suoi doveri, dando visibilit alle realt operanti nel sociale. Nelloffrire un modus vivendi aperto al prossimo (chi soffre, chi solo, chi malato, o comunque in difficolt), essa segue leredit di Pubblicit Progresso, il pioniere nazionale del settore. Difatti, la maggior parte degli spot sociali italiani non fa leva sulla paura o sul terrore e non caratterizzata da toni ansiosi, come in altri contesti, ma ricorre a toni smorzati e lancia messaggi rassicuranti. In linea con tali considerazioni, Paj3 (Mediaset) afferma: Il messaggio non deve offendere in alcun modo nessuno. La nostra politica non fare pubblicit contro, ma a favore, evidenziando un atteggiamento pi positivo e meno ghettizzante. Le immagini non devono turbare lutenza, e quindi le tinte devono essere sfumate. Non accogliamo comunicati contenenti messaggi irrispettosi nei confronti di opinioni condivise da altri gruppi
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

132

di cittadini e preferiamo messaggi proattivi e positivi, che suggeriscano lesistenza di una via duscita ai problemi e incitino a percorrerla, senza ingenerare nel pubblico sensi di impotenza o, peggio ancora, sensi di colpa per non aver fatto abbastanza in passato a favore di una determinata causa. Trascendendo le contraddizioni insite nel concetto stesso di pubblicit sociale, in questa sede si considerano spot sociali tutte le inserzioni pubblicitarie che rientrano nelle definizioni di campagna sociale e di campagne di Pubblicit Progresso date da AGB 4, ovvero tutti quei filmati di utilit sociale firmati da Associazioni, Comitati, Leghe, Fondazioni, Federazioni, soggetti che mirano a promuovere azioni utili alla collettivit, e tutti quelli patrocinati da un Ministero o dalla Presidenza del Consiglio5. Si escludono in tal modo le promozioni di eventi editoriali a carattere sociale6 e gli spot aziendali commerciali, categoria nella quale rientrano, invece, campagne come la recente di Heineken che raccomanda di non guidare dopo aver bevuto, due firmate dallUniversit Cattolica, e quella per la ripresa degli acquisti promossa dallUPA7. La definizione di pubblicit sociale qui sostenuta comprende un universo pi vasto di quello individuato da Giovanna Gadotti (Gadotti: 1992), ma anche dai rappresentanti delle emittenti private, per i quali sono sociali solo le campagne promosse dalle ONP. Per la Rai rientrano nella pubblicit sociale cinque tipi diversi di spot: Spot Rai per il Sociale, quelli patrocinati da Pubblicit Progresso, i messaggi della Pubblica Amministrazione Centrale, gli Spot interrete e quelli delle agenzie sopranazionali8. Tutti rientrano nella definizione operativa di pubblicit di utilit sociale qui adottata, della quale sono espressione anche tutte le campagne promosse dalle Pubbliche Amministrazioni, pur convenendo che, spesso, alcune di queste occupino una posizione di confine tra la comunicazione istituzionale, quella politica e quella sociale9. In ogni caso, se la pubblicit sociale quella di pubblica utilit, usando un fundamentum divisionis pi flessibile, e considerando laccezione di pubblico10 come inerente allo Stato o agli enti pubblici, si nota come la PA rientri a pieno diritto nella definizione. Attraverso questa nuova forma di comunicazione, lAmministrazione Centrale educa rafforzando stili di vita e abitudini di rilievo sia individuale che collettivo; informa soprattutto in merito ai provvedimenti presi e al modo di operare della macchina statale; promuove se stessa, sia in termini di immagine sia rispetto ai servizi, commerciali e non, e al loro funzionamento (cfr. Gadotti: 1992). Le campagne firmate dalla PA sono trattate dalle emittenti televisive secondo la normativa vigente, Legge n. 150 del 200011, e rientrano, ad esempio per Mediaset, nelle iniziative speciali, appunto per distinguerle da quelle specificatamente sociali (come La7)12. Mediaset e La7 intrattengono con la PA la stessa relazione che le lega agli altri clienti
CAPITOLO

133

che acquistano i loro spazi pubblicitari, solo che il costo pattuito non deve superare il 50% del prezzo di listino (cfr. Articolo 3 della Legge n. 150 2000 nota 16). Lambiguit emerge dalla stessa Legge che impone un limite di prezzo, senza chiarirlo adeguatamente. Se il costo degli spot sociali non deve superare quella soglia, potrebbe oscillare tra lo 0 e il 50%, ma non si danno indicazioni pi precise. Dai confronti con i responsabili di Mediaset e di La7, sembra che ci dipenda esclusivamente dal budget previsto per lideazione e la pianificazione di una campagna da parte del Ministero o della Presidenza del Consiglio. Aimetti, a tale proposito, afferma Se dopo la realizzazione della campagna, per cui era previsto un budget, rimangono alla ONP delle risorse, queste, solo a quel punto, vengono utilizzate per pagare la Concessionaria, a un prezzo inferiore del 50% rispetto al prezzo di listino relativo a quella fascia. Il problema per lemittente stare negli spazi, i cui limiti sono dettati dalla Legge n. 150 del 2000. A ci si aggiunga che Mediaset, attraverso la Struttura Comunicazione Sociale, realizza alcune campagne per il Governo a titolo gratuito, che poi fa passare nelle sue reti anche gratuitamente. Nonostante lambiguit permanente, questi spazi risultano comunque, per le emittenti private una fonte di reddito aggiuntiva, fuori affollamento. un dato degno di riflessione, poich i costi degli spazi pubblicitari in televisione, pur ridotti del 50%, sono comunque molto alti (soprattutto su Mediaset). Per la Rai, invece, i messaggi della PA e quelli di pubblico interesse del Governo rientrano a pieno titolo fra gli spot sociali (si veda nota 13), e in merito il comma 1 dellarticolo 3 della Legge n. 250 afferma che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo li pu trasmettere a titolo gratuito. A questi messaggi sono riservati tempi non eccedenti il 2% di ogni ora di programmazione e l1% dellorario settimanale di programmazione di ciascuna rete. Questa possibilit si converte in consuetudine, e il network pubblico concede ai messaggi della PA anche una buona ubicazione a livello di fascia oraria: la Presidenza del Consiglio dei Ministri a livello di pianificazione delle sue campagne richiede sempre una buona collocazione per raggiungere potenzialmente un pubblico pi vasto (Bernardini). Al pari dei messaggi di pubblico interesse del Governo, anche gli spot firmati dalle ONP sono fuori affollamento, non vengono cio aggiunti al conteggio della pubblicit (e quindi non ricadono sotto il limite imposto dalla legge), ma sono sempre gratuiti per tutte le emittenti. Questa gratuit viene scontata dal fatto che le realt del Terzo settore devono accettare gli spazi che i programmatori dei palinsesti, in base alle proprie esigenze, offrono loro, e tra questi non rientra praticamente mai il prime time. Sorte differente ha invece la PA Centrale che, essendo comunque un cliente, pu occupare anche spazi pubblicitari molto costosi.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

134

Tale studio prende in esame gli spot sociali mandati in onda dal 1 gennaio 1999 al 31 marzo 2004 dalle sette emittenti televisive nazionali pi importanti: Rai1, Rai2, Rai3, Canale5, Italia1, Rete4 e La7. Considerando solo lheadline delle diverse campagne, non ci si propone n di entrare nel merito dei contenuti degli spot, dei toni e delle loro modalit espressive, n di valutarne la riuscita comunicativa e lefficacia. Si intende monitorare levoluzione della pubblicit sociale in tv nei cinque anni considerati, e presentare i soggetti che accedono alletere e le tematiche trattate nei sessantatre mesi studiati. 3. Levoluzione della pubblicit sociale in tv. Le ragioni di una forte crescita Analizzando i cinque anni presi in esame, si evidenzia il progressivo rafforzamento del rapporto tra pubblicit sociale e tv. La relazione stata affrontata secondo due diversi piani: il primo considera il numero assoluto degli spot sociali mandati in onda dalle sette emittenti nazionali; il secondo ne valuta lincidenza sulla pubblicit totale passata. Dati i vincoli legislativi che regolano la durata degli spazi pubblicitari del Servizio Pubblico e del Privato (cfr. Legge n. 249, 31 luglio 1997)13, per la pubblicit sociale solo la Rai prevede una sorta di regolamentazione. Nel Contratto di Servizio 2003 2005 tra il Ministero delle Comunicazioni e la Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a., e nelle leggi ad hoc che da questo sono scaturite, si invita la Concessionaria pubblica a favorire la diffusione di spot sociali allinterno della sua programmazione permettendo alle diverse realt operanti nel sociale di ottenere visibilit, in nome e a salvaguardia del pluralismo. Mentre la Rai ha un obbligo di legge, che impone la gratuit di questi momenti sociali, le emittenti private mandano in onda gli spot sociali esclusivamente per scelta, a dimostrazione della sensibilit e dellimpegno in questo campo14. Anche se in entrambi i casi questo tipo di pubblicit considerato fuori affollamento, rientra nelle logiche di marketing delle emittenti mantenere un equilibrio tra la disponibilit verso le realt sociali da cui ricavano, come per le sponsorizzazioni, un plus di immagine aziendale (cfr. Moneta-Cocco: 2002), e la durata del break in cui la pubblicit sociale si inserisce15 (break esageratamente lunghi susciterebbero fastidio e polemica negli utenti). Inoltre, mandare in onda troppa pubblicit sociale, offrendo spazio ai soggetti pi diversi, finirebbe per diventare controproducente per le stesse realt associative. A tale proposito Marzagalli (Publitalia 80) afferma: Bisogna ovviare alla generazione delleffetto marmellata (un po di tutto senza distinzione), che risulta poco efficace, e che rende soprattutto il messaggio permeabile. Effettivamente i temi sono troppi e lutenza si
CAPITOLO

135

trova confusa, in particolar modo quando la si invita a particolari atteggiamenti valoriali o ad azioni, come la raccolta fondi, diversi e per scopi differenti. Tutti nobili, ma che creano comunque dispersione. Nei cinque anni considerati, si rileva una significativa crescita della pubblicit sociale nel piccolo schermo. Si passati da un totale di 11 015 passaggi sociali nel 1999 a 23 276 durante il 2003: un aumento del 111,31%. Il trend di crescita del numero degli spot sociali stato costante, eccezion fatta per il 2000, che stato lanno nero della pubblicit sociale: il Servizio pubblico passato da un totale di 5 035 inserzioni sociali nel 1999 a 2 995 nel 2000, con un decremento del 40%, che condiziona la curva di rilevazione (si veda Grafico 1). Lo stesso anno segna il distacco di Mediaset nei confronti della Rai: infatti, dal 2000 in poi, la forbice tra il numero di spot sociali del network pubblico e quello del privato si divarica sempre di pi. Nel 2003, lanno che conta pi passaggi sociali, se ne registrano 5 260 per Rai e 12 067 per Mediaset16. Grafico 1 Spot Sociali in TV
25 000 23 276 18 343 15 485 11015 10 023

Numero dei passaggi

20 000 15 000 10 000 5 000 0 1999 2000 2001

2002

2003

Anno di riferimento

Dal 1999 al 2003 Rai1 passa da 1 599 a 1 804 spot sociali (+14,75%); Rai2 da 2 065 a 1 787 (13,46%); Rai3 da 1 398 a 1 669 (+19,38%); Canale5 da 1 419 a 4 133 (+ 191,26%); Italia1 da 1 415 a 3 695 (+161,13%); Rete4 da 1 942 a 4 239 (+118,16%); La7 da 1 205 a 5 949 (+394,51%). Negli anni considerati, la pubblicit sociale ha avuto un incremento complessivo generale su tutte le emittenti, tranne che su Rai217.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

136

I principali motivi sono: la Legge n. 150 del 2000; il ruolo svolto dal Segretariato Sociale Rai; le attivit della Struttura Comunicazione Sociale di Mediaset; la trasformazione di TMC ne La7 e i relativi cambi di vertici vissuti dalla giovane emittente; la crescita del fenomeno dellassociazionismo (cfr. Caltabiano 2003); e il tam tam delle associazioni stesse che per passaggi di voce si comunicavano la possibilit di accedere gratuitamente al grande schermo (Marzagalli in Cantabiano 2003). Per quanto concerne il lato dellofferta, sembra che le emittenti intendano esprimere il proprio mandato di comunicatori sociali interpreti delle piccole e grandi realt non profit utilizzando una sorta di sponsorizzazione a cui manca il rapporto giuridico. Cos come le imprese investono in eventi culturali, sportivi e musicali e/o in progetti di sviluppo, ricavandone un plus emozionale e un ritorno positivo18 rispetto ai diversi tipi di pubblici19, le emittenti televisive, offrendo i propri spazi alle differenti realt che lavorano nel sociale, dimostrano il loro impegno e la loro disponibilit alle problematiche di pubblico interesse, conseguendo un valore aggiunto positivo per la propria immagine istituzionale. Pu accadere, per, che pur offrendo gratuitamente laccesso alle ONP, le reti televisive non riescano a palesare i propri intenti sociali non ottenendo i risultati sperati20, non beneficiando dei valori che derivano dalla presenza degli spot sociali allinterno dei propri palinsesti. Ci che succede oggi alle emittenti pu essere paragonato a quanto accaduto ai pubblicitari alla fine degli anni 70, i quali hanno intravisto nella pubblicit sociale il modo per affrancarsi dallimmagine di seduttori dellocculto (Gadotti: 1992). Le stesse emittenti rispondono alla critica di una tv trash con limpegno concreto nel sociale, concedendo alle ONP visibilit gratuita e attualizzando questioni di pubblica utilit, ricollocandole nuovamente in primo piano nellagenda dellopinione pubblica. Rispetto al rapporto tra tv e pubblicit sociale, si osserva che il passaggio degli spot sociali nelle sette emittenti nazionali non influenzato da ritmi stagionali21; che non si rilevano grandi differenze tra i passaggi sociali infrasettimanali e nei giorni festivi; e che non si verificato nessun grande affollamento di inserzioni sociali nei periodi festivi22.
3.1 La distribuzione degli spot sociali nei sette canali televisivi e lincidenza della pubblicit sociale (1999-2003)

Come si vede nel grafico 2, le reti private mandano in onda un numero di spot sociali sempre maggiore rispetto al Servizio pubblico, tranne che nel 1999. Il 1999 sembra essere stato lanno di incubazione del fenomeno per le emittenti commerciali: queste ultime probabilmente, emulando la Rai, dal 2000 in poi cominciano a offrire quantit di spazi semCAPITOLO

137

Grafico 1 Numero di spot sociali nelle sette emittenti nazionali (1999-2003)


Numero assoluto di spot sociali
7 000 6 000 5 000 4 000 3 000 2 000 1 000 0 1999 2000 2001 2002 2003 Raiuno Raidue Raitre Canale 5 Italia1 Rete 4 La7

Tabella 1 - Numero assoluto degli spot sociali passati dal 1999 al 2003 nelle sette emittenti televisive nazionali
Spot Sociali per anni nelle sette emittenti nazionali
Emittenti Raiuno Raidue Raitre Canale5 Italia1 Rete4 La7 Totale 1999 1 572 2 065 1 398 1 419 1 415 1 943 1 203 11 015 2000 1 069 1 056 870 1 814 1 548 2 274 1 392 10 023 2001 1 668 1 422 1 219 2 693 2 159 3 444 2 880 15 485 2002 1 635 1 603 1 266 3 460 2 918 3 507 3 954 18 343 2003 1 804 1 787 1 669 4 133 3 695 4 239 5 949 23 276

pre pi cospicue, sorpassando per numero assoluto le tre emittenti pubbliche. Le reti Mediaset sono accomunate da un trend sempre in crescita. Appare evidente una strategia di network nei confronti della pubblicit sociale: le curve sono sostanzialmente parallele, anche se Rete4 spicca su Canale5 e Italia1. Per le emittenti milanesi proprio il 2003 lanno che conta pi passaggi pubblicitari di natura sociale, anche se lincremento maggiore si ha nel passaggio dal 2000 al 2001, quando Rete4 vede aumentare i suoi passaggi sociali del 51,45%; Canale5 del 48,46%; Italia1 del 39,47%. Riducendo larco temporale emerge che il periodo corrispondente al maggiore interesse verso la pubblicit sociale per Mediaset il secondo semestre del 2000: Rete4 passa da 796 spot sociali del priP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

138

mo semestre del 2000 a 1 478 (+85,68%); Canale5 da 648 a 1 166 (+79,94%); Italia1 da 525 a 1 023 (+94,86%)23. Anche le curve delle tre emittenti Rai sono sostanzialmente parallele, a testimonianza di una logica comune che guida la Concessionaria Pubblica nei confronti della pubblicit sociale. In questo caso, per, c competizione tra il primo e il secondo canale nazionale, i quali giungono tra il 2002 e il 2003 quasi a coincidere. Solo nel 1999, comunque, Rai2 la pi prodiga verso il Terzo Settore e la Pubblica Amministrazione, con i suoi 2 065 passaggi, comparati ai 1 572 di Rai1 e ai 1 398 di Rai3: in questo stesso anno il Servizio Pubblico si distingue come il veicolo pi utilizzato dagli spot di utilit sociale. Lanno nero della pubblicit sociale per la Rai quello successivo al suo trionfo, ovvero il 2000, quando il network pubblico presenta un decremento generale notevole. Rai2 registra una diminuzione di spot sociali del 48,86%; Rai3 del 37,77%, Rai1 del 32%. soprattutto il primo semestre quello pi carente di spot sociali: la prima rete presenta 288 spot sociali; la seconda 293 e la terza 233. Come per Mediaset, lanno che conta pi spot sociali nel Servizio pubblico il 2003, eccetto per Rai224: Rai1 ha mandato in onda 1 804 inserzioni a tematica sociale; Rai2 ne ha fatti passare 1 787; Rai3, il fanalino di coda, 1 669. Chiaramente lincremento maggiore per le reti Rai quello che segue la crisi, il 2001: Rai1 passa da 1 069 spot sociali a 1 668 (+56,03%); Rai2 da 1 059 a 1 422 (+34,66%); Rai3 da 870 spot sociali a 1 219 (+40,11%). La7, caratterizzata da un andamento annuo degli spot sociali molto irregolare, il caso pi interessante. Si tratta del canale pi giovane, nato dopo lacquisizione da parte del Gruppo Seat (da Cecchi Gori) di TeleMontecarlo25: TMC diventa La7 il 24 giugno 2001 e la sua breve esistenza costellata da svariati cambi di vertice e, quindi, di filosofie aziendali26. Da fanalino di coda nel 1999 (ancora TMC con 1 203 spot sociali), tra il 2002 e il 2003 diventa lemittente pi prodiga nei confronti della pubblicit sociale. Nel 2003, con i suoi 5 949 spot sociali (il totale annuo pi alto), supera Rete4 (la capolista del network commerciale) di ben 1 710 inserzioni sociali e oltrepassa la somma dei messaggi pubblicitari di natura sociale delle tre emittenti Rai di 700 passaggi. Come indica landamento della curva, lincremento maggiore si registra tra il 2000 e il 2001: La7 passa da 1 392 spot sociali a 2 880 (+106,9%), allora seconda solo a Rete4. In particolare il secondo semestre del 2001, corrispondente alla nascita dellemittente (2 080 spot sociali rispetto agli 800 del semestre precedente), che pi incide sullinclinazione della curva. Secondo Aimetti, [Il grande aumento che caratterizza il secondo semestre del 2001] si deve pi che ad una strategia di marketing di immagine aziendale, ad unesigenza tecnica. La strutturazione
CAPITOLO

139

degli spazi pubblicitari col cambio dei vertici visse un profondo mutamento, sposando una logica di ancora migliore massimizzazione degli spazi. Dovevamo produrre eventi trainanti la pubblicit , eventi che rendessero appetibili i nostri break, anche se potenzialmente il pubblico cera e quindi anche un certo appeal di rete Ma ci vuole del tempo per costruire e vendere gli spazi, in quel periodo cerano fisicamente molti spazi vuoti, che sono stati occupati con la pubblicit sociale. La ex-TMC sfrutta in modo intelligente il momento di definizione della propria identit aziendale: occupandosi di tali temi si impone agli occhi del suo pubblico attraverso una lente non neutrale, che punta su valori educativi e solidali, come una rete attenta alle problematiche sociali e pronta a dare la parola alle realt operanti nel settore non profit27. Questa scelta ha probabilmente contribuito alla costruzione dellimmagine istituzionale dellazienda. Le considerazioni esposte evidenziano un paradosso: sono state le reti private a sposare la causa sociale, garantendo un numero di spot sociali largamente superiore a quello concesso dalle reti pubbliche, e quindi ottenendo il massimo impatto. Passando al secondo livello di analisi del rapporto tra pubblicit sociale e tv, quello cio che riguarda lincidenza della pubblicit sociale su quella complessiva mandata in onda da ciascuna emittente, la situazione appare molto diversa. Il grafico 3 illustra il nuovo contesto. Grafico 3 Andamento annuo dellincidenza della pubblicit sociale sulla pubblicit totale per emittente televisiva (1999-2003)
3,50% 3,00% 2,50% 2,00% 1,50% 1,00% 0,50% 0,00% 1999 2000 2001 2002 2003 Raiuno Raidue Raitre Canale 5 Italia1 Rete 4 La7

Incidenza

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

140

Tabella 2 - Valori delle incidenze annuali della pubblicit sociale rispetto a quella commerciale nelle sette emittenti televisive nazionali
1999
Raiuno Raidue Raitre Canale5 Italia1 Rete4 La7 Totale 1,72% 2,47% 2,99% 0,56% 0,60% 0,91% 0,67% 1,00%

2000
1,13% 1,34% 1,77% 0,70% 0,63% 1,10% 0,69% 0,88%

2001
1,68% 1,81% 2,34% 0,91% 0,91% 1,67% 1,89% 1,42%

2002
1,62% 2,02% 2,16% 1,30% 0,91% 1,57% 2,22% 1,60%

2003
1,80% 2,22% 2,71% 1,50% 1,40% 1,82% 2,44% 1,85%

Dai dati della tabella 2, il Servizio pubblico diventa interprete indiscusso del sociale in Italia, canale di visibilit delle ONP e mezzo privilegiato dal Governo per veicolare i propri messaggi ai cittadini. A livello di incidenza le reti Rai non sono mai seconde a quelle Mediaset, tranne che nel 2003 quando Rete4 raggiunge l1,82%, a fronte dell1,80% di Rai1. La Concessionaria televisiva pubblica si adegua al Contratto di Servizio stipulato col Ministero delle Comunicazioni, soprattutto per quanto riguarda favorire la rappresentazione della molteplicit delle realt sociali, e quindi il pluralismo. Sebbene si consideri come variabile lincidenza, il network Rai mantiene una perfetta distribuzione parallela fra i suoi canali: primeggia Rai3 (sempre penalizzata a livello di passaggi assoluti di spot sociali), seguita da Rai2 e quindi da Rai1. Gli ordini di priorit del network si capovolgono: la mission di Rai3 sembra proprio dare parola e visibilit alle realt del Terzo Settore e trattare tematiche di pubblico interesse, vicine al quotidiano di ogni suo ascoltatore28. Come gi evidenziato, lanno nero per la Rai il 2000, in particolare il primo semestre, quando Rai1 raggiunge unincidenza dello 0,61% (288 spot sociali su 46 647 spot totali); Rai2 lo 0,75% (293 inserzioni sociali su 38 897 complessive); Rai3 lo 0.96% (233 passaggi sociali su 24 192 inserzioni pubblicitarie totali). Il secondo semestre del 2001, al contrario, si conferma buono per il Servizio pubblico: lincidenza varia da 3,30% di Rai3 ai 2,41% di Rai1, mentre Rai2 raggiunge il 2,51%29. Mediaset perde lo statuto di network pi sensibile al sociale, ma continua a distinguersi per landamento globale simile delle sue emittenti. Nei primi tre anni considerati, Canale5 e Italia1 non raggiungono nemmeno la soglia dincidenza dell1%. Rete4, invece, gi a partire dal 2000 si caratterizza per l1,1% (2 274 spot sociali su 206 783 spot complessivi); nel 2001 per l1,67% (con 3 444 sui 206 107 totali), nel 2002 per l1,57% (con 3 507 spot sociali su 223 571 inserzioni pubblicitarie passate). LanCAPITOLO

141

no nero per il network commerciale il 1999, quando Canale5 presenta unincidenza dello 0,56%, Italia1 dello 0,6% e Rete4 dello 0,91%: nessuna emittente raggiunge l1%. nel 2003, arco temporale in cui Mediaset manda il numero maggiore di spot sociali, invece, che la pubblicit sociale incide maggiormente su quella totale: Canale5 si caratterizza per unincidenza dell1,5%, e Italia1 dimostra un considerevole aumento rispetto agli anni precedenti raggiungendo l1,4%30. Lemittente pi solidale del network commerciale resta Rete4 che, con un trend sempre in crescita, raggiunge unincidenza dell1,82%, superando di poco lincidenza di Rai1. Sembra che la capacit fidelizzante della programmazione di Rete4 basata sulla serializzazione, sul privilegiare un pubblico femminile, lasciando comunque spazio allapprofondimento, si sposino perfettamente con la causa sociale. Alla fine il primo semestre del 2003 il vero periodo sociale del gruppo: difatti Canale5 raggiunge unincidenza dell1,62%; Italia1 dell1,74%, e Rete4 del 2,18%. La7 si conferma ancora lemittente dallandamento pi peculiare e quella pi sensibile al sociale. Superati i primi due anni di incubazione in cui (ancora TMC), rispetto agli altri sei canali, risulta poco incisiva e determinata verso la pubblicit sociale, dal 2001 cambia rotta. Nellanno della sua istituzione, infatti, La7 raggiunge unincidenza dell1,89% (2 880 spot sociali su 152 223 complessivi), seconda solo a Rai3 (2,34%). Questattitudine di La7 continua negli altri due anni considerati, superando Rai3 nel 2002 con 2,22% (3 954 spot sociali su 178 027 complessivi) rispetto al 2,16% della terza rete pubblica; e ritornando seconda nel 2003 col 2,44% (5 949 spot sociali su 243 977) rispetto al 2,71% di Rai3. Riducendo il periodo di tempo considerato, per La7 i due semestri caratterizzati dallincidenza pi alta sono il secondo del 2001, quando raggiunge unincidenza del 2,97%, e il primo del 2002, nel quale consegue il 2,91%31. Il 2003, per i sette attori televisivi nazionali, si conferma come lanno pi sociale: ci anche per laumento delle campagne del Governo, veicolate attraverso le sette emittenti nazionali. Soprattutto La7, passando dai 953 spot del 2002 a 2 762 spot della Pubblica Amministrazione (incremento del 189,8%), diventa il canale pi utilizzato dal Governo per la diffusione dei suoi messaggi32. Nello stesso anno i vari Ministeri (Salute, Comunicazioni, Trasporti, Lavoro, Finanze, Affari Esteri, Beni Culturali) e la Presidenza del Consiglio dei Ministri promuovono 1 156 spot su Rai1, 1164 su Rai2, 902 su Rai3, 1045 su Canale5, 778 su Italia1, 945 su Rete4. Nessuna emittente raggiunge nemmeno la met degli spot passati su La7. 4. Dove si collocano gli spot sociali? Osservando i passaggi sociali firmati dalle ONP emerge che, per ogni canale, le fasce pi utilizzate sono quelle del daytime (particolarmente
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

142

la mattina), e della seconda serata. Va sottolineato che, ad esempio nelle reti di Mediaset, questi spot spesso trovano spazio in altre fasce, proprio come evidenziato da Paj: Limpegno di Mediaset corrisponde a quattro passaggi di trenta secondi al giorno per ogni rete, che possono diventare cinque o anche sei. Quando Publitalia non vende degli spazi e i moduli pubblicitari non sono saturi, invece di vendere linserzione a basso costo ad un soggetto commerciale, colma il buco con uno spot sociale. Quindi anche loro raccolgono richieste, che poi confrontano con noi, soprattutto per evitare di mandare spot identici o simili. I quattro passaggi generalmente si distribuiscono in questo modo: uno al mattino, uno al pomeriggio, e due in seconda serata, a cui si aggiungono quelli di riempimento gestiti da Publitalia33. La7, in linea con quanto dichiara Aimetti, si caratterizza per una particolare disponibilit a mandare in onda le inserzioni sociali nel daytime, a qualsiasi ora: rispetto alle altre emittenti La7 colloca molti degli spot sociali anche nelle prime ore della mattinata, tra le 6.00 e le 7.00. La Rai, nonostante abbia il minor numero di ripetizioni, il network che colloca meglio i messaggi sociali utilizzando soprattutto la fascia pomeridiana e il subito dopo serata: allinterno del gruppo, Rai3 lemittente che posiziona meglio le inserzioni sociali, utilizzando di pi i break compresi tra le 18.00 e le 19.30. Nel complesso, mentre le quattro emittenti private inseriscono gli spot sociali anche a tarda ora per riempire gli spazi pubblicitari, la Rai lo fa molto raramente. La Concessionaria pubblica, pur programmando meno spot sociali, cerca di massimizzare lefficacia dei messaggi collocandoli in fasce idonee a sensibilizzare il pubblico potenzialmente pi vasto34. Ci si riflette anche sulle possibili strategie di marketing adottate dal Terzo Settore. Le varie ONP riescono a raggiungere i propri target? E le realt non profit operanti nel sociale hanno qualche potere decisionale rispetto alla collocazione nei palinsesti o fra i moduli pubblicitari? Sono domande alle quali non si pu che rispondere negativamente. Queste realt non possono presentarsi alle concessionarie pubblicitarie come soggetti che acquistano spazi particolari, attraverso la strutturazione classica in moduli, n hanno la possibilit di ideare e realizzare la programmazione delle proprie campagne; devono accontentarsi degli spazi che gratuitamente i programmatori dei palinsesti offrono loro. Osserva Marzagalli: Nel 99% dei casi questi soggetti si accontentano di qualunque collocazione e ringraziano per la collaborazione gratuita alla loro causa. Perci non ci pu essere nessuna strategia di marketing da parte dei singoli soggetti, che si trovano ad occupare posizioni in qualsivoglia fascia, eccetto il prime time, in cui difficilmente rimane del posto scoperto.
CAPITOLO

143

5. Chi accede al sociale? Nel tempo considerato (1 gennaio 1999 - 31 marzo 2004) dei molti soggetti che hanno avuto accesso alletere, la maggioranza appartiene al Terzo Settore, e sono Associazioni, Organizzazioni, Comitati, Fondazioni, Cooperative e Istituti. Queste realt, giuridicamente diverse, hanno in comune la finalit non lucrativa. Nei 63 mesi analizzati, gli spot sociali andati in onda sono stati complessivamente 81 452. Per quanto concerne i promotori, escludendo tre soggetti [UEFA con la campagna Le mine terrestri devono (39 passaggi), Heineken Italia Heineken chi beve e guida (179 inserzioni) e Universit Cattolica con Universit Cattolica e Universit Cattolica, la tua vita (122 spot)], il resto (81 112 spot sociali) pu essere attribuito a tre macro categorie di soggetti: il Settore non profit (38 568 spot), le Istituzioni (36 433 inserzioni) e i Grandi operatori di comunicazione (6 111 passaggi). Grafico 4 I tre attori della pubblicit sociale in TV
8%

47%

45%

SETTORE NON PROFIT ISTI TUZIONI GRANDI OPERATORI DI COMUNICAZIONE

La distribuzione bipolare (grafico 5): due i macrosoggetti che si dividono quasi totalmente gli spot mandati, solo una piccola parte rappresentata dai Grandi Operatori di comunicazione. Di seguito si analizza come si compongono al loro interno questi tre soggetti.
5.1 Il Settore non profit

Il Settore non profit comprende 207 soggetti diversi35, presenti in TV attraverso 281 campagne distinte, 159 delle quali autoreferenziali36. Per le
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

144

ONP, come gi osservato, necessario acquistare visibilit (nuovi soci e fondi) per sopravvivere, e spesso la causa perseguita si esaurisce o coincide con lattore che la fa propria. Non a tutti i soggetti impegnati nel non profit concesso di accedere alletere, anche perch gli spazi sono limitati. Per questo i gatekeepers delle emittenti televisive sono costretti a selezionare alcune delle innumerevoli richieste pervenute dalle ONP37, e nel farlo utilizzano gli stessi filtri38: 1. il possesso di uno statuto o atto costitutivo, e di un bilancio dichiarato: la ONP deve essere registrata dal notaio39, secondo la normativa vigente (criterio giuridico) 2. le riconosciute notoriet e seriet dellAssociazione richiedente (criterio di riconoscibilit), ed eventualmente una relazione precedente con lemittente 3. la sua fruibilit nazionale (non necessaria la capillarit) (criterio della portata) 4. la messa in onda della campagna in particolari periodi dellanno, o comunque in occasione di iniziative/eventi in luoghi e date precise (criterio temporale)40 5. la sua efficiente attivit di costumer care. LAssociazione deve possedere una struttura capace di reggere limpatto col grande pubblico sensibilizzato dallo spot sociale passato su una rete nazionale, avere il numero verde segnalato, sempre attivo e possedere anche del personale addetto a offrire informazioni e/o rispondere alle richieste dei telespettatori sollecitati (criterio organizzativo)41. A questi cinque criteri di scrematura, se ne aggiungono altri concernenti la campagna stessa, sia contenutistici che estetici e quindi di buona manifattura. In TV si preferiscono campagne che: 1. non ledano la sensibilit di altri gruppi di cittadini e non contengano messaggi irrispettosi 2. siano caratterizzate da messaggi positivi e proattivi (capaci di offrire soluzioni alla problematica trattata) 3. non abbiano immagini troppo forti, poco idonee alle fasce orarie in cui sono inserite 4. a livello estetico, siano allaltezza del canale che le ospita42. Infine le campagne sociali non devono presentare numeri di conto corrente43, n far riferimento ad altri sponsor. La presenza di questi filtri che scremano le richieste non spiega per la situazione di forte concentrazione fra le ONP, emersa dallanalisi della distribuzione degli spot delle diverse ONP che accedono alla TV (vedi Grafico 5). I criteri orientativi suddetti, pertanto, non sembrano esCAPITOLO

145

sere sufficientemente lineari da garantire una soddisfacente equidistribuzione degli spazi offerti fra i vari soggetti richiedenti. Grafico 5 - Curva di Lorenz delle ONP
0,53827

1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6

0,7

0,8

0,9

Un rapporto di concentrazione di Gini44 cos alto (di 0,53827) induce a ritenere che, dietro laccesso e la visibilit televisiva delle diverse realt associative, vi siano altre dinamiche che passano attraverso e oltre i criteri suddetti, fissando la priorit di alcune tematiche rispetto ad altre, e dunque garantendo ad alcuni soggetti, pi azioni, investimenti e politiche di intervento. Per meglio precisare tale disuguaglianza nella distribuzione degli spot fra i diversi soggetti, se si dividono le 207 ONP in cinque intervalli in base al numero di spot che firmano, si nota che il 46,86% di queste non raggiunge i 100 spot; il 34,3% presenta dalle 100 alle 299 inserzioni; l8,7% si caratterizza per un numero di ripetizioni dei messaggi che va da 300 a 499; il 7,73% conta un totale di passaggi sociali che oscilla tra 500 e 799. Solo il 2,42% delle ONP occupa i 30 pi di 800 volte. Aggregando i dati, 168 ONP (81,16% del totale da cui composto il Settore Non profit) non arrivano a contare 300 inserzioni; mentre solo 39 (18,84%) ne presentano un numero superiore a 300.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

146

Tale concentrazione potrebbe anche avere spiegazioni semplici: per esempio che solo alcuni attori sono in grado di soddisfare i criteri suddetti poich meglio organizzati, pi professionali e pi consolidati professionalmente; oppure che la scelta dei gatekeepers segue gli stereotipi culturali molto tradizionali, conformisti e soprattutto non controversi del sociale; o ancora che le emittenti stesse puntano a rendere pi efficiente la pubblicit concentrandosi su pochi soggetti e pochi temi, evitando il gi citato effetto marmellata. Si segnalano di seguito le prime otto fra le Associazioni che hanno la maggiore visibilit in TV: AIRC (Associazione Italiana per la ricerca sul cancro) con 1 534 spot Intervita45 con 1 209 messaggi pubblicitari distribuiti in campagne riguardanti ladozione a distanza e azioni di intervento per i paesi sottosviluppati Lega nazionale difesa del cane con 974 inserzioni Lega Italiana Tumori con 915 passaggi AMREF (Fondazione Africana per la Medicina e la Ricerca) con 832 spot Telefono azzurro con 771 inserzioni A.N.T. (Associazione Nazionale Tumori) con 743 passaggi Forum delle Associazioni Familiari46 con 732 spot di una campagna che promuove il Comitato Family for Family. Sono tutte Associazioni storiche, ben organizzate, con diffusione nazionale, che trattano temi cui sono molto sensibili non solo il grande pubblico, ma anche i settori della societ pi influenti. Tra questi, la problematica della ricerca e della lotta contro i tumori, rappresentata da tre delle otto ONP pi visibili nel piccolo schermo; linteresse nei confronti dei Paesi meno fortunati, con formule di aiuto atte a rendere almeno ad alcuni, i bambini, la vita pi dignitosa (adozione a distanza); lattenzione nei confronti dellinfanzia, soggetto debole e vittima di violenze (Telefono azzurro); e gli animali, in particolar modo, il cane. Si potrebbe ritenere che siano questi i temi dellagenda setting (Cfr. Wolf: 2002) della pubblicit sociale passata in televisione, temi che le sette emittenti nazionali, attraverso un maggiore impatto sociale, rendono pubblicamente pi rilevanti di altri. Ma quali sono, in generale, le aree tematiche di interesse del terzo settore a cui viene garantita visibilit nel piccolo schermo?
Il settore non profit. Le tematiche con maggiore visibilit in TV

Analizzati mission e obiettivi di tutte le ONP, e posti in relazione con gli headline delle rispettive campagne passate in tv, il Terzo settore risulta articolato in quattro fondamentali macro-aree tematiche: Sanit,
CAPITOLO

147

Cooperazione Internazionale, Sostegno alle fasce deboli e/o a rischio, Ambiente (grafico 6). Sono state escluse le 391 inserzioni della categoria residuale47, che rappresentano l1,01% del totale degli spot mandati (38 568 passaggi). Grafico 6 Aree tematiche delle Onlus in TV

10% 25%

1%

38%

26%
SANIT SOSTEGNO PER FASCE DEBOLI E7O A RISCHIO ALTRO COOPERAZIONE INTERNAZIONALE AMBIENTE

Larea Sanit (37,44%) quella pi rappresentata dagli spot sociali passati in televisione nei 63 mesi considerati. Comprende 73 ONP e consta di 14 440 spot. Leterogeneit interna dovuta principalmente alle diverse malattie, nei confronti delle quali la ricerca medica opera, e allimpegno di molte Organizzazioni non profit nella raccolta fondi e nella promozione di comportamenti preventivi. Rientrano in questa area anche cinque soggetti dedicati alla sensibilizzazione verso la donazione di sangue, organi e tessuti, presenti in TV con 798 spot complessivi48 (il 5,53% delle inserzioni dellarea Sanit). Allinterno dellarea il tema prevalente la lotta al cancro, che vede impegnate 17 ONP, cui le emittenti concedono uno spazio complessivo di 5 795 messaggi pubblicitari (pari al 40,13% degli spot dellintera area). Queste 17 Associazioni si occupano di: progressi della ricerca medica; campagne per la prevenzione; promozione di grandi eventi (come la Giornata mondiale della lotta ai tumori e quella contro il fumo); costituzione di vere e proprie reti tra malati e familiari di malati.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

148

Allinterno del gruppo, le ONP cui offerto maggior spazio nei break pubblicitari, sono: J AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) che ospitata in tv attraverso tre campagne AIRC, AIRC unisciti a noi, Giornata per la ricerca contro il cancro che passano complessivamente 1 534 volte J Lega Italiana Tumori che gode di 915 spot televisivi, suddivisi in diverse campagne, che presentano i seguenti headline: Lega Italiana Tumori; Giornata Mondiale Senza Tabacco; Giornata Nazionale della Prevenzione Oncologica; Giornata Nazionale della Prevenzione dei Tumori, Monza Marcia Formula1; Rompiamo il silenzio del ..., Settimana Nazionale Prevenzione Tumori J A.N.T. (Associazione Nazionale Tumori) che si autopromuove in televisione con una campagna che passa 743 volte J A.I.S.M. (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che si affaccia nelletere con tre campagne AISM (quella autoreferenziale), Fiori in citt e Una mela per la vita, per un totale di 727 spot J A.I.L. (Associazione Italiana Leucemie) che trova spazio in televisione con una campagna sulla propria realt e con Settimana Europea contro le leucemie, passate globalmente 593 volte J Epac (Comitato Epatite C) con una campagna autoreferenziale ripetuta 571 volte J ANLAIDS (Associazione Nazionale per la Lotta contro lAIDS) che ottiene visibilit televisiva mediante 548 spot, divisi nelle seguenti campagne: ANLAIDS lotta AIDS, Convivio, Orfani dellAids, Un bonsai per lAids J VIDAS49 con una campagna autopromozionale ospitata 533 volte J Lega Italiana Lotta Contro Fibromi che conta 519 spot, divisi nelle seguenti campagne: Lega Italiana Lotta contro i Fibromi, Giornata Nazionale Contro il Fibroma alla Cistifellea, Aiutando il malato di cancro J Associazione Bulimia e Anoressia con 511 ripetizioni di una stessa campagna autoreferenziale J ANDOS (Associazione Donne Operate al Seno) che presente in tv mediante una campagna di autopromozione di 507 passaggi50. Tra le 11 ONP dellarea Sanit caratterizzate da un impatto sociale pi forte in tv (determinato dal maggior numero assoluto di spot), 6 si occupano della lotta al cancro, e le altre di malattie diverse, quali Sclerosi multipla, Leucemie, Epatite C, Bulimia e Anoressia, Aids. In particolare sullAids e la sua prevenzione, si contano solo 759 spot51, una presenza televisiva inadeguata nonostante le cifre raggelanti sullandamento mondiale dellepidemia nel 2003, riferite dallUnaids52, e la preoccupazione espressa dal segretario generale dellOnu, Kofi Annan, durante la Conferenza internazionale sullAids tenutasi a Bangkok a luglio 200453.
CAPITOLO

149

I dati non ci consentono di ipotizzare una precisa volont di iporappresentazione del problema Aids, ma evidenziano una certa iniquit nella distribuzione di visibilit fra le ONP. Larea Cooperazione internazionale (26,37%) conta 49 soggetti visibili attraverso 10 171 inserzioni, tra cui vi sono Associazioni che si occupano dei Paesi in via di sviluppo, realizzando azioni di cooperazione internazionale (tra cui ladozione a distanza), promovendo il commercio equo solidale e il volontariato internazionale. Le 5 Associazioni impegnate nelladozione a distanza sono molto rappresentate, e raggiungono i 2 583 spot televisivi (il 25,40% degli spot dellintera area). Nel complesso le Associazioni operanti nella Cooperazione internazionale che si distinguono per la quantit dei propri spot sono: J Intervita ONP, presente con tre campagne (Intervita, Adotta un bambino a distanza, Terremoto nel Salvador) per un totale di 1 209 passaggi pubblicitari J AMREF (Fondazione Africana per la Medicina e la Ricerca) con 832 inserzioni suddivise in tre campagne: AMREF, Il futuro dellAfrica , Aiutiamo lAfrica J CESVI (Cooperazione e sviluppo) che accede al piccolo schermo con CESVI, Diamo vita al Sudan, Fermiamo lAids sul nascere, La fame ha paura di noi, SOS Nord Corea, per un totale di 725 spot J Associazione di Volontariato Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civilt dellAmore, con la campagna Contro la fame cambia la vita passata 617 volte J Associazione Azione Aiuto Adozione a Distanza che occupa gli spazi pubblicitari televisivi con 581 spot delle seguenti campagne: Azione Aiuto (la campagna di autopromozione passata ben 539 volte) e Azione Aiuto per il Guatemala J Associazione Mani Tese che acquista visibilit attraverso una campagna autopromozionale e una Mani Tese Operazione Nocciolina per un totale di 540 passaggi J Fondazione Banco Alimentare presente in televisione con una campagna autoreferenziale passata 410 volte J OPAM (Opera di promozione dellAlfabetizzazione del Mondo) che firma una campagna di autopromozione che conta 400 inserzioni J BABY NEL CUORE in tv con una campagna di autopromozione ripetuta 355 volte J AI.BI. (Associazione Amici dei Bambini) che ottiene visibilit televisiva mediante 337 spot suddivisi in AI.BI, AI.BI Sostegno a distanza, Genitori di un figlio non tuo, La guerra non un gioco J AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) che viene promossa attraverso 322 spot suddivisi in AIFO, Vincere la lebbra, Primavera damore54.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

150

Fra le 11 ONP pi visibili di questarea, 4 su 5 operano in favore delladozione a distanza, che permette ai bambini dei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo di mantenersi adeguatamente e di studiare, aiutando anche le rispettive famiglie. Larea Sostegno per fasce deboli e/o a rischio (24,68%) annovera 64 soggetti che contano 9 520 passaggi pubblicitari. unarea molto eterogenea poich vari sono i target cui le ONP si rivolgono: i bambini, i portatori di handicap, gli anziani, gli invalidi del lavoro, gli invalidi civili, le famiglie bisognose, gli alcolisti, i tossicodipendenti, ecc. Linfanzia e i portatori di handicap rappresentano comunque le tematiche prevalenti, difatti sono 19 le ONP che si occupano della tutela dei diritti del bambino, della loro difesa da soprusi e violenze (soprattutto nel contesto familiare), della lotta alla pornografia infantile e della cura medica e infermieristica del bimbo (2 980 spot); 13 organizzazioni non profit, cui sono offerti 2 141 spot, hanno come obiettivi la cura dei portatori di handicap, la costituzione di reti di comunicazione fra gli stessi e fra le famiglie e lattuazione di programmi e azioni di sostegno e inserimento. Tra le ONP di questarea quelle che hanno maggiore visibilit sono: J Telefono Azzurro con una campagna autoreferenziale che conta 771 passaggi ripetuti J Forum delle Associazioni Familiari che promuove lazione Family for Family che passa 732 volte nel piccolo schermo J Albero della Vita con una campagna di autopromozione di 447 passaggi J Programma Mentoring Usa/Italia55 che acquista visibilit mediatica attraverso una campagna che si ripete 423 volte J Associazione Italiana Persone Down che si autopromuove con lo slogan Vivi Down passata nelletere 408 volte J Save the Children56 che si autopromuove attraverso una campagna con 335 inserzioni J Comunit di San Patrignano presente in tv attraverso una campagna autoreferenziale di 314 inserzioni J Special Olympics57 che prevede una campagna autoreferenziale di 301 passaggi. Larea Ambiente (10,50%) composta da 17 Organizzazioni non profit, presenti con 4 046 spot. Gli obiettivi di questo gruppo sono la tutela del patrimonio ambientale e architettonico, la protezione degli animali e la ricerca veterinaria. Fra le ONP animaliste, la difesa del cane risulta il tema pi ricorrente (come appare dagli headline delle pi visibili organizzazioni di tale area). Limpegno di queste realt associative dedicato alla salvaguardia dellecosistema, e soprattutto nella tutela
CAPITOLO

151

dei diritti degli animali. Tra queste si distinguono per maggior impatto televisivo: J Lega nazionale difesa del cane con una campagna di autopromozione di 974 passaggi J WWF (World Wide Fund for Nature) che firma 609 spot divisi nelle seguenti campagne: W.W.F., Festa delloasi, La festa dei grandi alberi, W.W.F. Conoscere le oasi, W.W.F. Operazione Beniamino, W.W.F. Operazione Guardia Forestale J Legambiente con 356 spot distribuiti in tre campagne: Giornata Mondiale della Terra, Salviamo il Mare, Puliamo il mondo J LAV (Lega Antivisezione) che, con due campagne, L.A.V. e SOS Combattimenti (numero verde), raggiunge i 326 spot J PeTa (People for the Ethical Treatment of Animals) che accede alletere mediante una campagna di autopromozione di 322 di inserzioni J E.N.P.A. (Ente Nazionale Protezione Animali) che distribuisce i suoi 312 passaggi televisivi in Enpa, Adotta a distanza un ex combattente, Proteggiamo i cani. Dai dati citati, si pu ipotizzare la presenza di una sorta di agenda setting della pubblicit sociale passata in tv, pi o meno controllata dalle emittenti televisive. La lotta al cancro risulta il tema di maggiore rilievo, trattato dal 15,03% degli spot dellintero Settore non profit, mentre sono iporappresentate malattie, come lAids appunto, per le quali la prevenzione ha importanza strategica, e quindi dovrebbero avere una maggiore visibilit. Si evidenzia inoltre come altre aree tematiche cui lopinione pubblica sensibile (fra cui la sicurezza stradale, la questione dei diritti, le problematiche del lavoro), non siano sufficientemente trattate dalla pubblicit sociale passata in tv.
5.2 Le Istituzioni

Le Istituzioni rappresentano il secondo macro-settore che accede alla TV, con 36 433 inserzioni. Nel linguaggio comune per Istituzione si intende generalmente un apparato preposto allo svolgimento di funzioni e di compiti che hanno a che fare con linteresse pubblico, comunque inteso, quali leducazione dei nuovi membri (istituzioni scolastiche), la cura della salute (istituzioni sanitarie), lamministrazione della giustizia (istituzioni giudiziarie), la difesa del territorio (istituzioni militari), ecc. (Bagnasco, Barbagli, Cavalli: 2001, 147). Si tentato di organizzare questo macroinsieme in tre soggetti, distinti in base al proprio campo di azione e alla propria giurisdizione. emersa una tripartizione, in cui gli spot sono distribuiti in modo molto sbilanciato: le Istituzioni nazionali sono il sottoinsieme che occupa quasi completamente la scena televisiva, mentre le Istituzioni locali e quelle sovranazionali hanno una visibilit molto inferiore.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

152

Grafico 8 Le Istituzioni

12%

1%

87%
Istituzioni nazionali Istituzioni sovranazionali Istituzioni locali

Il settore Istituzioni locali (1,11%), presente in televisione con un totale di 404 spot, comprende: Ospedale Bambin Ges con la campagna Un euro per un bambino passata 178 volte Provincia di Milano con 63 passaggi suddivisi in due campagne: Madre segreta e Stop ecstasy now Comune di Milano presente in tv attraverso Dialogo nel buio mostra e Milano festa della musica, per un totale di 121 spot Comune di Roma caratterizzato dalle 42 inserzioni della Campagna tutela fuochi di artificio. Fanno parte delle Istituzioni sovranazionali (12,32%), settore che conta complessivamente 4 488 spot: J ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) con 2 429 passaggi J Unione Europea presente in tv attraverso 220 messaggi pubblicitari, distribuiti in LEuropa contro il cancro, Feel free to say No e For diversity against discrimination J ODCCP (The United Nations Office for Drug Control and Crime Prevention) con una campagna autoreferenziale di 56 spot J F.A.O. (The Food and Agriculture Organization of the United Nations) con 185 inserzioni, suddivisi in una campagna autoreferenziale, Giornata Internazionale dellAlimentazione, Food for all Telefood J UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per lInfanzia) caratterizzato da 919 spot
CAPITOLO

153

J UNICEF/WWF/Amnesty International con le 273 ripetizioni della campagna riguardante il progetto Salvamondo J World Food Programme con una campagna di autopromozione di 341 inserzioni J P.N.U.D. (Programme des Nations Unies pour le Dveloppement) con Water Year 2003, passata 11 volte. Tra questi due insiemi, gli unici soggetti, che hanno una buona visibilit, rientrano nelle Istituzioni sovranazionali, e sono ACNUR e UNICEF. Questultima, il cui obiettivo primario la tutela dei diritti dellinfanzia58, presenta le seguenti campagne: Unicef (autoreferenziale), Unicef e il calcio per bambini, Unicef per la Cambogia, Unicef per lIraq, Unicef-Disney feature animation, Unicef-Totalfina, Yes for Children. ACNUR si conferma uno dei soggetti pi rappresentati in assoluto allinterno della programmazione delle sette emittenti nazionali, secondo solo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le seguenti campagne: ACNUR Alto Commissariato delle Nazioni Unite Rifugiati (anchessa autoreferenziale), ACNUR Colombia, ACNUR per rifugiati in Iraq, Angola, Candles, Emergenza Afghanistan, Cd di Pavarotti & Friends for Afghanistan, Respect ACNUR, Rifugiati miraggio di pace. I suoi spot sono, nel complesso, ben distribuiti nei contenitori televisivi considerati, anche se il numero dei passaggi nelle emittenti commerciali si mantiene sempre superiore59, come mostra la tabella 3. Tabella 3 - Inserzioni firmate da ACNUR passate nelle sette emittenti nazionali italiane
Inserzioni Canale
Rai1 Rai2 Rai3 Canale5 Italia1 Rete4 La7 Totale

1999
72 79 73 92 87 112 85 600

2000
17 17 17 32 16 25 36 160

Inserzioni totali 2001 2002


72 70 64 105 93 151 300 855 17 16 11 44 35 51 40 214

2003
14 15 15 66 43 93 100 346

1999-2003
192 197 180 339 274 432 561 2 175

Gli anni in cui ACNUR ha avuto maggior visibilit in tv sono stati il 1999 (solo la campagna autoreferenziale) e il 2001 con la campagna autoreferenziale (solo 2 inserzioni), Candles (34 volte), Emergenza Afghanistan (529 volte) e Respect Acnur (290 volte). Il periodo pi ricco di spot firmati da ACNUR stato il secondo semestre del 2001, quando l11 settembre ha riportato allattenzione la
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

154

mancanza di libert in cui viveva il popolo afgano. Nel semestre citato i break televisivi sono stati occupati dalla campagna autoreferenziale (un solo passaggio), da Emergenza Afghanistan (529 inserzioni) e da Respect Acnur (ripetuta 290 volte). Queste tre campagne si sono distribuite sulle sette emittenti televisive nel seguente modo: su Rai1 64 inserzioni; su Rai2 62; su Rai3 56; su Canale5 69; su Italia1 62; su Rete4 116; su La7 270. Lex-TMC concentra nei suoi spazi il 38,63% dei messaggi pubblicitari mandati nel secondo semestre del 2001 (che quello della sua nascita), sposando in toto la causa promossa da ACNUR.
Istituzioni nazionali

Il soggetto principale che costituisce questo gruppo il Governo. Difatti, a parte i 133 spot dellANAS e le 82 inserzioni dellINAIL, i restanti 31 326 messaggi pubblicitari recano la firma di un organismo governativo. Fra tutti la Presidenza del Consiglio dei Ministri il maggior promotore di messaggi socialmente utili (vedi tabella 4), firmando nei 63 mesi considerati 22 057 spot, il 70,41% di tutte le inserzioni del Governo. Tabella 4 - Numero assoluto di spot firmati da ogni Ministero dal 1 gennaio del 1999 al 31 marzo del 2004
Ministeri
MINISTERO DELLA SALUTE MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI MINISTERO DEI TRASPORTI MINISTERO DELLE FINANZE MINISTERO DEL LAVORO MINISTERO BENI CULTURALI MINISTERO PER LE DIFESE DEL TERRITORIO MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE MINISTERO DELLAMBIENTE MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI TOTALE GOVERNO

Spot %
2 351 1 631 1 309 1 294 784 693 513 322 187 109 76 22 057 31 326

Spot
7,50% 5,21% 4,18% 4,13% 2,50% 2,21% 1,64% 1,03% 0,60% 0,35% 0,24% 70,41% 100,00%

Escludendo la Presidenza del Consiglio, i 9 269 spot governativi riguardano soprattutto 7 Ministeri, cos distribuiti: Ministero della Salute, 25,4% (dato che conferma limportanza riconosciuta alle tematiche legate allarea della Sanit); Comunicazioni: 17,6%; Trasporti: 14,1%; Finanze: 14%; Ministero del Lavoro: 8,4%; Beni Culturali: 7,5%; Difese del Territorio: 5,5%60. Il numero di Ministeri che affiancano la Presidenza del Consiglio nellutilizzo della TV, cambia ogni anno, contestualmente allincidenza delCAPITOLO

155

le proprie inserzioni rispetto al totale degli spot firmati dal Governo. Nel 1999 sono sette i Ministeri [Ambiente, Salute, Beni Culturali, Finanze, Lavori Pubblici, Lavoro, Pubblica Istruzione], visibili in TV con 1 786 messaggi pubblicitari su 5 518 (32,4%); nel 2000 sono quattro [Beni Culturali, Finanze, Lavori Pubblici, Trasporti] con un totale di 482 inserzioni su 3 924 (12,3%); ancora quattro [Beni Culturali, Lavoro, Difese del Territorio, Trasporti] sia nel 2001, con 877 spazi su 5 690 complessivi (il 15,4%), sia nel 2002 [Beni culturali, Salute, Lavoro, Trasporti], con un totale di 433 spot su 5 773 (il 7,5%). Nel 2003 i Ministeri che si rivolgono ai cittadini utilizzando il canale televisivo sono sette [Affari esteri, Beni Culturali, Comunicazioni, Finanze, Lavoro, Salute, Trasporti] con 4 747 spot su 8 752 (il 54,2%); il Ministero della Salute il pi visibile, con le campagne sulla corretta alimentazione e sulla dissuasione dal fumo; segue quello delle Comunicazioni con interventi dedicati a sensibilizzare sulla tutela dei minori, e la partecipazione di Rai, Mediaset e La7. La Presidenza del Consiglio dei Ministri presente in TV: nel 1999 con 3 732 inserzioni (67,6%); nel 2000 con 3 442 spot (87,7%); nel 2001 con 4 816 spot (84,6%); nel 2002 con 5 340 spot (92,5%); nel 2003 con 4 005 spot (45,8%); dal 2002 al 2003 passa dallindice di presenza massimo (92,5%) a quello minimo (45,8%), proprio per gli spot firmati dai Ministeri della Salute e delle Comunicazioni. Infine, considerando come unico soggetto di analisi il Governo (inteso come insieme congiunto dei vari Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri), nei cinque anni solari (1999 - 2003; 29 657 il totale delle inserzioni passate in TV), si nota un mutamento quantitativo nella gestione di questo modo di comunicare da parte della PA. Dalla tabella 5, infatti, si evince che il Governo, dal 2000, comincia ad utilizzare, per diffondere i propri messaggi in modo quantitativamente simile, sia il network pubblico che quello privato e dal 2001 sempre pi si avvale anche dei quattro canali privati. Tabella 5 - Gli spot del Governo (Ministeri e Presidenza del Consiglio dei Ministri) dal 1999 al 2003
Governo/ Emittente
Raiuno Raidue Raitre Canale 5 Italia 1 Rete 4 La7 Totale anno

1999
1 131 1 520 961 492 427 638 349 5 518

2000
794 797 601 557 365 477 333 3 924

2001
1 043 846 699 1 027 391 759 925 5 690

2002
1 016 967 682 979 408 661 1 060 5 773

2003
1 156 1 164 902 1 045 778 945 2 762 8 752

Totale emittente
5 140 5 294 3 845 4 100 2 369 3 480 5 429 29 657

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

156

Nel 1999, invece, la Rai era stata preferita quale canale di trasmissione degli spot di pubblica utilit firmati dalla PA centrale. Anche in questo caso landamento di La7 si conferma peculiare: dopo i primi due anni di incubazione (in cui era ancora TMC), nel 2001 presenta un aumento degli spot governativi pari al 177,78%; raggiunge i 2 762 passaggi nel 2003, eguagliando praticamente da sola i due network (le 3 222 inserzioni nella Rai e i 2 768 in Mediaset). Il 2001, seguente lintroduzione della Legge n. 150, quello in cui La7 nasce, lancia la sua immagine ed avvia con la PA un rapporto peculiare che, nel 2003, la conferma come il canale pi disponibile ad offrire i suoi spazi agli spot del Governo. Grafico 9 Governo nei network televisivi
4000 3500 3612 2588 2177 2665 2048 1.060 3222 2768 2762

Numero di spot

3000 2500 2000 1500 1000 500 0 1999 349 333 2000 RAI 2001 MEDIASET 1557 2192 1399 925

2002 LA7

2003

In conclusione la PA inizia a considerare la TV un mezzo efficace per esprimere la vicinanza dei propri rappresentanti alla collettivit. E la Rai si conferma, come mostra il Grafico 9 (ottenuto accorpando i dati della tabella 5), il network privilegiato dal Governo per presentare agli italiani i propri traguardi e nuovi provvedimenti.
5.3 Grandi Operatori di Comunicazione

In questultimo macro-settore rientrano tutti i soggetti che operano nel campo della comunicazione e producono o firmano campagne soCAPITOLO

157

cialmente utili. In totale sono 10 soggetti, che firmano complessivamente 6 111 spot. I quattro principali sono: J UPA (33,73%) con la campagna della ripresa dei consumi passata 2 061 volte J Rai (24,23%) che produce quindici campagne: 1) Anno Europeo Persone Disabili; 2) Firenze Partita Del Cuore ; 3) Giochiamo allo sport ; 4) Ho bisogno di te; 5) Il giorno della memoria; 6) Intersos; 7) New York Forum Mondiale; 8) Rai a Capodanno i botti; 9) Rai per il rispetto; 10) Rai per la cortesia; 11) Report Campagna sulla Sicurezza Stradale ; l2) Rai ricostruiamo La Fenice; 13) Roma Conferenza Nazionale Politiche Handicap ; 14) Un aiuto concreto alla Campania; 15) Vosvim Italia Solidale per un totale di 1 481 spot J Pubblicit Progresso (20,81%) che patrocina 1 272 inserzioni sociali divisi in sette campagne: 1) Chi ascolta cresce; 2) E allora campagna disabili; 3) Giornata della memoria; 4) La casa dei risvegli; 5) Lega nazionale difesa del cane; 6) Vivi Down assistenza persone down; 7) Festival Internazionale della Comunicazione Sociale J La7 e MTV (8,26%) che promuovono tre campagne per un totale di 505 spot, fra cui si distingue quella di sensibilizzazione per la Giornata Mondiale contro lAids passata 496 volte J Mediaset61 e Mission-Italia162 (7,87%) che producono complessivamente 481 spot J ALTRO (5,09%) [Mixmedia con 75 ripetizioni della campagna riguardante Pubblicit x bene; Sky.it con 1 spot della campagna No alla droga; Telecom Italia con 58 passaggi per la campagna Nelson Mandela Childrens; IAP (Istituto Autodisciplina Pubblicitaria) con una campagna autoreferenziale di 177 passaggi] che consiste di 311 spot sociali. La presenza di questi soggetti come producer conferma linteresse delle aziende televisive per la comunicazione di temi e problemi sociali. Esse usano la pubblicit, conscie del suo potere, e il guadagno deriva dallassociare al proprio marchio il plus di immagine positiva ricavata dal tema che sposano. Il fatto che questi soggetti producano e/o patrocinino delle campagne sociali pu essere letto attraverso la griglia delle sponsorizzazioni. Si tratta di una forma di sponsorizzazione cui manca laspetto contrattuale, e nella quale la visibilit mediatica offerta allorganizzazione (o alla causa) sostenuta e non allo sponsor. Questultimo si pu anche assumere lonere, come nel caso di Mediaset, di ideare la campagna stessa. Inoltre, come spiegano i vari responsabili delle emittenti televisive, operare nella pubblicit sociale d soddisfazione, fa sentire utili, producendo unatmosfera pi rilassata negli studi di produzione e aumentando il senso di appartenenza allazienda. La Rai, anche attraverso questo strumento, adempie alla sua missione di servizio parlando direttamente alla collettivit di questioni di interesse pubblico. La
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

158

superiorit del numero di campagne, e dunque di spot, rispetto a Mediaset un ulteriore indicatore della sensibilit sociale della Concessionaria pubblica. Per concludere, bene evidenziare, per, che il 33,73% degli spot di questo gruppo firmato da UPA, con la campagna per la ripresa dei consumi, la cui natura di pubblicit sociale opinabile63. 6. Conclusioni e scenario futuro della pubblicit sociale in tv I dati raccolti e sopra commentati presentano la pubblicit sociale in televisione come un fenomeno da interpretare e monitorare. Interpretarlo utilizzando il concetto di sponsorizzazione (anche se i responsabili delle aziende unanimemente sostengono che la prodigalit nelloffrire spazi alle ONP un segno dellimpegno sociale delle proprie emittenti), porterebbe a considerarlo una forma particolare per il ritorno di immagine che produce, per lacquisizione di un plus emozionale e per il senso di coesione che in grado di creare in una struttura interessata a massimizzare i costi e ad aumentare il capitale. Si tratta di una sponsorizzazione sui generis, poich si utilizzano i mezzi propri degli sponsor (linserimento delle pubblicit nei propri break pubblicitari e la stessa capacit di videorealizzare campagne64), si promuove direttamente solo il soggetto sponsorizzato, e non esistono vincoli contrattuali. Nel complesso emerso che, a livello di impatto sociale, Mediaset e La7 si distinguono dalla Rai, poich caratterizzate da un numero molto superiore di messaggi pubblicitari di natura sociale (nei 5 anni analizzati Mediaset ha trasmesso 40 661 spot sociali; La7 15 378; Rai 22 103). La situazione, per, si ribalta se si considera lincidenza delle inserzioni sociali sulla pubblicit complessiva: i dati evidenziano appunto il ruolo istituzionale della Rai, relativamente pi disponibile ad offrire accesso alle realt associative che operano nel sociale (nei 5 anni considerati lincidenza media dei canali della Rai 1,99%; quella di Mediaset dell1,10%; quella di La7 dell1,58%). La PA centrale sempre pi propensa allutilizzo della tv per veicolare i propri messaggi, anche se il legame con le emittenti, soprattutto di natura economica, risultato ambiguo, ambiguit dovuta anche alla stessa Legge n. 150 del 2000, riguardante la disciplina delle attivit di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni. La PA sembra consapevole delle potenzialit del mezzo per raggiungere un vasto pubblico nel minor tempo possibile, e per questo lo utilizza in modo sempre pi consistente e regolare. Emerge dallo studio che lincremento di questo nuovo modo di comunicare della PA dovuto principalmente allaumento dellutilizzo dellemittenza privata65 come canale di diffusione dei propri messaggi di interesse pubblico.
CAPITOLO

159

In merito allanalisi del Settore non profit, come macro-attore che accede al piccolo schermo, bisogna evidenziare la presenza, al suo interno, di una situazione di forte concentrazione fra le ONP, di cui solo il 18,84% presenta un numero di spot superiore a 300 passaggi. Dietro questa situazione di concentrazione fra le diverse realt associative, che non godono di unequa visibilit in TV, stanno probabilmente influenze di natura politica, che orientano investimenti e azioni su alcuni temi piuttosto che altri. anche possibile che solo pochi attori siano in grado di soddisfare i criteri di selezione delle emittenti; che la scelta dei gatekeepers in definitiva ricada negli stereotipi culturali del sociale pi tradizionali, conformisti e soprattutto non controversi; che le emittenti stesse, per rendere pi efficiente la pubblicit sociale, decidano di concentrarsi su pochi soggetti, sposando un numero limitato di temi. La Sanit risulta la macro-area tematica che riceve pi spazi gratuiti dalle emittenti (il 37,44% degli spot sociali firmati dalle ONP); si rileva, in generale, lesistenza di una sorta di agenda setting del sociale passato in televisione. Il discorso sulla prevenzione, la lotta e la ricerca del cancro si conferma il tema pi ricorrente nei 63 mesi analizzati (promosso dal 15,03% degli spot del Settore non profit), mentre il tema dellAids, nonostante la situazione rimanga allarmante, viene surclassato da altre problematiche, come la difesa degli animali, trattata dall1,97% degli spot dellintero terzo settore. Si pu immaginare uno scenario possibile del fenomeno analizzato, delineando il futuro della pubblicit sociale, questo spazio prezioso di libert (Gadotti: 1994, 18), nella televisione italiana. Anche se i dati presentati registrano un trend di crescita della pubblicit sociale in televisione, nel 2004, seguendo le indicazioni offerte dagli esponenti delle sette emittenti, la situazione sembra destinata a cambiare: limpegno di ogni rete verso il sociale trascender lofferta degli spot gratuiti per le ONP (che soprattutto per Mediaset ha raggiunto lampiezza massima), cercando forme dibridazione allinterno degli eventi editoriali proposti nella programmazione (momenti di approfondimento sociale in alcune trasmissioni; programmi legati a progetti dintervento mirati, ecc.). Si pu ipotizzare che sinvestir, soprattutto per quanto concerne la Concessionaria pubblica, in fiction su temi riguardanti il sociale, di buona qualit estetica, come la Rai ha dimostrato di saper produrre negli ultimi anni. Si penser a modi nuovi per far rientrare quei frammenti di vita quotidiana e di ordinarie sofferenze (), in questioni che, pur importanti per la qualit della vita individuale e collettiva, non sono tuttavia adeguatamente tematizzate dai massmedia (Gadotti: 1994, 18) nella programmazione televisiva, dando la parola alle diverse realt del non profit. Si intravede, dunque, un impegno pi preciso a livello di programmazione della pubblicit sociale da
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

160

parte delle singole emittenti televisive. Per una valutazione precisa a riguardo, occorre attendere i dati definitivi del 2004. Continuando ad interpretare gli spot sociali in televisione mediante la lente delle sponsorizzazioni, si potrebbe pensare che le emittenti stiano ridefinendo i soggetti da sostenere, valutando la coerenza tra questi e le proprie caratteristiche valoriali, e quindi selezionando i pochi casi rilevanti da cui ottenere un plus emozionale. Nelle 7 emittenti nazionali la pubblicit sociale, come finestra di trenta secondi per le ONP, sembra comunque destinata a mantenersi costante, oppure a ridursi, dando spazio a strategie di comunicazione sociale a pi ampio raggio. Saranno probabilmente le altre nuove reti (MTV, SKY Cinema1, SKY Sport166 e ReteA)67, gli strumenti attraverso i quali i diversi soggetti analizzati in questa sede (ONP e Governo, in particolare) potranno acquisire visibilit pubblica.68 Bibliografia
Ang I. (1998), Cercasi Audience Disperatamente, Il Mulino, Bologna Bagnasco A., Barbagli M., Cavalli A. (2001), Sociologia I. Cultura e societ. I concetti di base, Il Mulino, Bologna Bossi V. (2003), Auditel: un sistema aperto. Cos e perch funziona la ricerca Tv, Marsilio, Venezia Caltabiano C. (a cura di) (2003), Il sottile filo delle responsabilit civica: VIII Rapporto sullassociazionismo sociale, Franco Angeli, Milano Corbetta P. (1999), Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna Fabris G. (1997), Pubblicit. Teoria e prassi, Franco Angeli Editore, Milano Gadotti G. (1992), Pubblicit sociale Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Franco Angeli Editore, Milano Gadotti G. (1994), La pubblicit sociale in DM n. 115, anno XXXIII, agosto 1994 (pp. 18-19) Gentiloni P (2003), Rai-Mediaset, i dinosauri siamesi, in Reset Speciale Homo videns, Maggio e Giugno 2003, Numero 77, Editore Reset S.r.l., Milano La Porta G. (2003), TV Qualit. Terra promessa, Rai Eri, Roma Mancini P. (2002), Manuale di comunicazione pubblica, Laterza, Bari Moneta F. - Cocco R. (2002), Le sponsorizzazioni, in Invernizzi E. (a cura di) (2002), Relazioni pubbliche 2. Le competenze e i servizi specializzati, McGraw-Hill, Milano Perrucci A. - Richeri G. (a cura di) (2003), Il mercato televisivo italiano nel contesto europeo, Il Mulino, Bologna Salati E., La comunicazione sociale: una questione di marketing?, in Problemi dellinformazione, XXII, 2 giugno 1997 (pp. 281-284) Sartori G. (1999), Homo Videns. Televisione e post-pensiero, Laterza, Bari Unaids (2004), El informe sobre la epidemia mundial de VIH/SIDA 2004, in www.unaids.org Williams R., (1981), Televisione. Tecnologia e forma culturale, De Donato, Bari Wolf M. (2002), Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano
6

CAPITOLO

161

Altri riferimenti
Bilancio Mediaset 2003 Bilancio Rai 2003 Caferri F., LAids stritola il Terzo mondo Il virus distrugge leconomia, in La Repubblica, 12 luglio 2004 Comunicato Stampa di Mediaset MISSION E ITALIA 1, INSIEME PER SAFIYA del 7/12/2001 in www.gruppomediaset.it/indexmedia.jsp?page=/comunicatoStampa/comunicat oStampa19.js&lang=IT Fontanarosa - Palestini, Tv, vince la qualit di Rai3, in La Repubblica, 12 novembre 2003 La Repubblica on line, Aids, linfezione non si ferma. I dati dellepidemia nel mondo, 11 luglio 2004 in www.repubblica.it/2004/g/sezioni/esteri/lottaaids/numeraids/numeraids .html

Sitografia
www.agbitalia.it www.auditel.it www.familyforfamily.org www.forumfamiglie.org www.gruppomediaset.it www.intervita.it www.nielsenmedia.it/index.htm www.primaonline.it www.repubblica.it www.savethechildren.it www.specialolympics.it www.unaids.org www.vidas.it

Note
1. Dal punto di vista metodologico, questo studio consta di due parti, una quantitativa e una qualitativa. Il lavoro si basa, infatti, sullelaborazione dei dati Auditel dal 1 gennaio 1999 al 31 marzo 2004 attraverso lutilizzo del software Arianna di AGB Italia; e su alcuni colloqui-intervista condotti dallautore. Sono stati intervistati i referenti della pubblicit sociale nelle sette emittenti nazionali e nelle loro concessionarie di pubblicit, vale a dire: il dott. Giuseppe Bernardini del Segretariato Sociale della Rai; il dott. Mirko Paj, Direttore creativo Coordinamento Immagine di Mediaset; il dott. Piero Marzagalli, Direttore Programmazione pubblicitaria e Vice Direttore Vendite di Publitalia 80; il dott. Edoardo Aimetti, Responsabile Marketing e Ricerche di La7. 2. Luniverso semantico del termine sociale molto vasto: si rimanda allintroduzione

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

162

di Nicoletta Bosco, dove si definiscono le due anime fondamentali che ne chiariscono i contorni. 3. Paj spiega: La Struttura Comunicazione Sociale sostanzialmente svolge quattro tipi di attivit: Consulenza, Orientamento, Pianificazione, Videorealizzazione. Si interessa delle campagne sociali, e conta su un produttore, Daniele Candel, che mantiene vivo il legame con le Associazioni, e che sonda i loro bisogni; su un regista, assunto con contratto annuale, Antonio Brunetti, che crea le campagne in s; e su altri loro collaboratori Lediting interno alla struttura. Tutti i costi delle campagne, dalla loro realizzazione, e i passaggi sulletere sono assolutamente a carico del network. Il soggetto delle campagne, deciso con le Associazioni, la loro realizzazione, il montaggio, i testimonial, le comparse, i costi post produzione, e anche il passaggio nelletere, tutto a carico di Mediaset. Sono tutte spese nude e crude senza un ritorno economico ma sicuramente c un ritorno di immagine, anche se non questo il motore che spinge noi ad interessarci al sociale. Noi ci crediamo. Si veda infatti loperazione La fabbrica del sorriso e la prossima La spesa del Sorriso. Crediamo nella responsabilit della tv, una responsabilit etica, e noi ci collochiamo proprio su quella corrente di pensiero. 4. AGB lagenzia di consulenza di Auditel. Questultima la societ super partes che dal 1986 si occupa della rilevazione degli ascolti televisivi in Italia a livello nazionale e regionale: si avvale di un panel di 5 101 famiglie, formato da circa 15 000 individui, rappresentativo della popolazione italiana di et superiore ai quattro anni. Lo strumento di rilevazione il meter, una scatoletta collegata a tutti i televisori, che registra i cambiamenti di status del mezzo (accensione; spegnimento; sintonizzazione su un determinato canale; cambio di canale), e li trasferisce via modem al computer centrale durante la fase di polling. I dati vengono poi controllati (fase di validazione), e incrociati con i palinsesti delle varie emittenti: vengono infine pubblicati in differenti formati, e resi pubblici sul sito della societ. Auditel ha affidato in appalto, fin dalla prima rilevazione (7 dicembre 1986), ad AGB Italia S.r.l, la gestione della raccolta e dellelaborazione dei dati. AGB Italia una sister company del gruppo AGB, leader mondiale nella rilevazione dei sistemi TAM (Television Audience Measurement), attraverso lutilizzo del peoplemeter. La missione di AGB Stabilire una moneta comune basata su di un sistema di misurazione dellascolto indipendente, trasparente, corretto (web site aziendale). Per approfondimenti sulle due societ, si visitino i rispettivi siti: www.auditel.it e www.agbitalia.it. 5. La definizione stata ricavata dalla parte Intranet del sito di AGB Italia, e discussa con Hussein Aden, un consulente della sezione commerciale dellazienda. Questo tipo di campagne in precedenza ricadeva nella tabellare, ovvero la pubblicit classica, definita genericamente come spot, mentre adesso appartiene al settore Enti-Scuole-Agenzie. La banca dati AGB si articola in settori, suddivisi, a loro volta, in categorie merceologiche. 6. Nel categoria campagne sociali di AGB rientrano anche dieci inserzioni firmate Mediaset, il cui headline Trenta ore per la vita. Si tratta di uno spot passato una volta nel 1999 (la sua durata stata di 60 secondi), e nove volte, per un totale di 276 secondi, nel 2001. 7. Nonostante rientrino nella categoria campagne sociali di AGB, il fine espressamente sociale delle quattro campagne citate rimane dubbio e molto discutibile: la prima comunque continua a promuovere lazienda produttrice di birra che gode probabilmente del plus di immagine derivato dallimpegno nella sensibilizzazione alla sicurezza stradale, tematica di interesse pubblico; quelle dellUniversit Cattolica sono spot di promozione di un prodotto di un soggetto privato; quella dellUPA, infine, invita gli utenti a riprendere gli acquisti, per far girare leconomia. 8. Bernardini del Segretariato Sociale Rai, durante lintervista, dichiara che la Rai definisce pubblicit sociale diverse tipologie di spot. Possiamo distinguerne cinque: Spot Rai per il Sociale, ovvero quegli spot per le Associazioni senza fini di lucro. Si tratta di spazi gratuiti. Mediamente si manda una campagna al mese, che va in onda per 15 gior-

CAPITOLO

163

ni sulle tre reti nazionali. In tal modo, occupando questi spazi offerti, le Associazioni ottengono visibilit. Spot che provengono da Pubblicit Progresso. Questi sono meno numerosi degli Spot Rai per il sociale. Patrocinati da Pubblicit Progresso, hanno via preferenziale poich la Rai e Sipra collaborano con lAssociazione, anzi ne sono soci. Spot della Presidenza del Consiglio e degli altri Ministeri. Gli spot della Presidenza del Consiglio vanno sostanzialmente sempre in onda. Spot interrete, definiti anche istituzionali aziendali. Sono cofinanziati e in genere utilizzati per temi di interesse pubblico, nellottica del servizio pubblico che la RAI deve fornire. Possono anche (dovrebbero) essere utilizzati come comunicazione istituzionale e quindi autopromozionali delle attivit di servizio pubblico delle emittenti. Spot delle Agenzie Sovranazionali. Sono gli unici che, se necessario, possono contenere numeri di conto corrente. Oltre agli spot di comunicazione o pubblicit sociale, esistono altri due tipi fondamentali di campagne: Campagne di raccolta fondi, anche in questo caso lAssociazione che propone la causa da perorare deve rispondere alle esigenze giuridiche, richieste a tutte le associazioni (possedere uno statuto e/o un atto costitutivo, e avere un bilancio pubblicato su una testata nazionale in edicola), e deve rientrare nelle condizioni di priorit previste dal regolamento; Campagne di sensibilizzazione, per cui non necessario inoltrare la domanda nelle finestre designate per gli spot Rai per il Sociale (marzo-aprile, per gli spot mandati nella seconda parte dellanno, e settembre-ottobre per quelli trasmessi nella prima parte dellanno successivo). Questo tipo di campagna gode di elasticit maggiore anche perch si possono lanciare allinterno di un programma informativo, come un talk-show o un tg, senza per indicare numeri di conto corrente (cfr. il testo integrale del Regolamento su: www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/regolamento). 9. Due esempi chiariscono le difficolt di collocare inequivocabilmente alcune campagne firmate dalla Pubblica Amministrazione Centrale, allinterno dei campi della comunicazione pubblica designati da Mancini (comunicazione dellistituzione pubblica, comunicazione sociale, comunicazione politica) (Cfr. Mancini: 2002). Nel 1999 il Governo di Sinistra firm e diffuse una campagna riguardante lassegno di maternit allinterno delle politiche di sostegno familiare: data la prossimit delle elezioni, fu accusato di scorretta strategia elettorale, poich la campagna pubblicizzava lofferta di incentivi economici alle famiglie. Era comunicazione istituzionale, comunicazione politica o comunicazione sociale? Un altro esempio la campagna a favore della Legge 388 sulla riforma del lavoro del 2003 (Legge Biagi). La Presidenza del Consiglio di Ministri (maggioranza attuale) elabora e diffonde questa campagna in un clima di indecisione e di insoddisfazione generali, cogliendo probabilmente il plus emozionale determinato dallassassinio del consulente del Ministro. Ma la riforma del mondo del lavoro determinata dalla Legge non era ancora entrata in vigore, si stava dunque promovendo qualcosa che ancora non cera, rendendo la campagna una vera e propria espressione di comunicazione politica. 10. Come segnala Gadotti (Gadotti: 2002, 157), accanto a questa vi una seconda area semantica per cui pubblico inerente alla collettivit, e in tal modo si sovrappone a sociale. 11. La Pubblica Amministrazione compra (almeno da Mediaset e La7) gli spazi pubblicitari a moduli, come qualsiasi altro soggetto commerciale, ma viene agevolata, secondo la legge del 7 giugno 2000, n. 150 Disciplina delle attivit di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni, di cui si riporta integralmente larticolo 3: Messaggi di utilit sociale: 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri determina i messaggi di utilit sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo pu trasmettere a titolo gratuito. Alla trasmissione di messaggi di pubblico interesse previsti dal presente comma sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e lun per cento dellora-

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

164

rio settimanale di programmazione di ciascuna rete. Le emittenti private, radiofoniche e televisive, hanno facolt, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti. 2. Nelle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva prevista la riserva di tempi non eccedenti lun per cento dellorario settimanale di programmazione per le stesse finalit e con le modalit di cui al comma 1. 3. Fatto salvo quanto stabilito dalla presente legge e dalle disposizioni relative alla comunicazione istituzionale non pubblicitaria, le concessionarie radiotelevisive e le societ autorizzate possono, per finalit di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilit sociale. 4. suddetti messaggi non rientrano nel computo degli indici di affollamento giornaliero n nel computo degli indici di affollamento orario stabiliti nei commi precedenti. Il tempo di emissione dei messaggi non pu, comunque, occupare pi di quattro minuti per ogni giorno di trasmissione per singola concessionaria. 5. Tali messaggi possono essere trasmessi gratuitamente; qualora non lo fossero, il prezzo degli spazi di comunicazione contenenti messaggi di carattere sociale non pu essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria. [il corsivo e le parti sottolineate si devono allautore] 12. I responsabili di Mediaset e La7 considerano pubblicit sociale esclusivamente gli spot firmati dalle ONP e quelli delle agenzie sovranazionali, fra cui FAO, UNICEF, ACNUR. 13. Attualmente, dopo il passaggio dalla Legge n. 249, 31 luglio 1997 (la legge Meccanico), alla Legge del 3 maggio 2004, n. 12 (Legge Gasparri), siamo nella fase appliocativa della nuova Riforma. 14. Sia Paj di Mediaset sia Aimetti di La7 hanno indicato come la libera scelta che muove le loro emittenti nei confronti del sociale, e lospitalit (allinterno dei propri palinsesti) a titolo gratuito da loro offerta alle ONP sia la dimostrazione evidente di tale impegno. 15. Questaspetto stato affrontato da Marzagalli di Publitalia 80, nel corso del colloquio-intervista: La loro presenza [degli spot sociali] nella programmazione dipende dalla disponibilit delle emittenti, rispetto agli affollamenti dei break pubblicitari consentiti dalla legge e dai dettami dellUPA. Il nostro intento quello di inserire queste pubblicit, cercando per di non allungare troppo il break, il che produrrebbe un senso di fastidio nello spettatore, e dunque un effetto controproducente per il nostro network. La loro ubicazione legata alla fascia in cui avanzano posti in base alla programmazione pubblicitaria preventivamente pensata. 16. Mediaset presenta un numero totale di spot superiore al doppio di quelli mandati sulle tre reti del Servizio pubblico. 17. Rai2 lunica emittente che, rispetto al totale degli spot sociali passati dal 1999 al 2003, mostra un vistoso decremento (13,46%), del quale non possibile spiegare le cause con i dati utilizzati nel presente studio. 18. Il beneficio per lazienda e il successo della sponsorizzazione tanto maggiore quanto maggiore la comunanza di valori e di immagine tra lazienda e il soggetto sponsorizzato (Moneta-Cocco: 2002, p. 160). 19. I possibili pubblici dellazienda/ente sponsor che possono essere raggiunti tramite le sponsorizzazioni [sono]: opinione pubblica in genere; opinion leader; giornalisti e operatori dei mezzi di informazione; istituzioni politiche e sociali; la rete distributiva del prodotto/servizio in questione; personale interno; banche, finanziatori, soci e azionisti; consumatori/utenti (Moneta-Cocco: 2002, 192). 20. Ci che successo a Mediaset. Infatti, spiegano Marzagalli e Paj, da unindagine commissionata dal network commerciale emerso che il pubblico percepiva anche la pubblicit sociale passata su Canale5, Italia1 e Rete4 come fonte di introiti per le emittenti stesse, ignorandone la totale gratuit, e quindi la volont dellimpresa di esprimere la propria vocazione sociale. Per meglio chiarire lintento, Mediaset ha ritenuto opportuno distinguere le campagne sociali dalle altre, segnalandole prima con uno sfondo verde, e in

CAPITOLO

165

seguito con una cornice, pure verde, ornata da un fiocco posto accanto al logo del gruppo Mediaset. 21. Le evoluzioni del fenomeno, infatti, sono state seguite nei quattro anni considerati, sia nei trimestri (I trimestre: 1 gennaio - 31 marzo; II trimestre: 1 aprile - 30 giugno; III trimestre: 1 luglio - 30 settembre; IV trimestre: 1 ottobre - 31 dicembre) sia nei semestri (I semestre: 1 gennaio - 30 giugno; II semestre: 1 luglio - 31 dicembre). 22. Marzagalli, riferendosi agli spot firmati dalle ONP, afferma: Prima si caricavano [di spot sociali] i periodi di minore interesse per la pubblicit commerciale, come lestate, e lo stesso avveniva per i giorni festivi. Ma adesso non si riscontra un andamento del genere, e la presenza degli spot sociali nelle tre emittenti Mediaset rimane costante in tutte le stagioni. 23. Un altro periodo di crescita della presenza di spot sociali per le tre emittenti del Gruppo Mediaset si colloca tra il secondo semestre del 2002 e il primo del 2003, quando gli spot sociali mandati in onda da Rete4 passano da 1 584 a 2 467; quelli su Canale5 da 1 629 a 2 171; quelli su Italia1 da 1 474 a 2 135. 24. Per Rai2 lanno con il numero pi alto di spot sociali il 1999, quando si raggiungono le 2065 inserzioni. 25. Per quanto riguarda La7 gli spot si sommano rispettivamente a quelli di TMC, emittente attiva fino al giugno 2001. 26. Attualmente La7 fa parte del Gruppo Telecom Italia Media, insieme a MTV. 27. Aimetti commenta: la pubblicit sociale in sintonia con la mission del nostro canale. 28. Rai3 lemittente che presenta, in assoluto, meno passaggi pubblicitari (di qualsiasi tipo). Nel 2003 ha ospitato 61 533 inserzioni pubblicitarie, a fronte delle 99 906 di Rai1 e delle 80 232 di Rai2. Canale5 ha raggiunto i 276 235 spot totali; Italia1 i 264 070; Rete 4 232 374; e La7 i 243 977. Il 2003, nel complesso, ha visto passare sul piccolo schermo un totale di 1 258 327 inserzioni pubblicitarie. Inoltre, secondo il rapporto DOXA sulla qualit dellofferta della tv pubblica, indagine svolta su ventimila ascoltatori (11 novembre 2003), la rete cenerentola la pi gradita agli utenti del servizio pubblico (Fontanarosa, La Repubblica, 12 novembre 2003). Probabilmente la presenza di minori interruzioni pubblicitarie diventa un indicatore di qualit per la rete. 29. Nel secondo semestre del 2001 Rai3 fa passare 856 spot sociali sul totale di 25891 messaggi pubblicitari; Rai1 1 204 su 49 771; Rai2 1 021 su 40 576. 30. Nel 2003 Canale5 si caratterizza per la presenza di 4 133 inserzioni sociali sulle 276235 complessive (qualsiasi genere di pubblicit); Italia1 per 3 695 su 264 070; Rete4 per 4 239 su 232 374. 31. Nel secondo semestre del 2001 La7 conta 2 080 spot sociali su 69 914 complessivi, mentre nel primo semestre del 2002 ne manda in onda 2 221 su 76 239. Anche il secondo semestre del 2003 presenta per lex-TMC unincidenza interessante, vale a dire il 2,73% (3 500 spot sociali su 128 025). 32. I dati a nostra disposizione non consentono di ricostruire le cause del considerevole aumento dei messaggi della PA Centrale passati su La7. 33. Marzagalli (Publitalia 80) riferendosi agli spot delle ONP afferma La loro ubicazione dipende dalla fascia in cui avanzano posti in base alla programmazione pubblicitaria preventivamente pensata dalla nostra concessionaria. 34. La fascia del prime time non utilizzata da nessuna delle sette emittenti nazionali, se non in casi rari e particolari. 35. Nel complesso, 15 ONP (7,25%) si dichiarano cattoliche, presentando in totale 1 196 spot (3,1% delle inserzioni dellintero Settore Non profit): di queste solo lAssociazione di Volontariato Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civilt dellAmore gode di una notevole visibilit sullo schermo occupandolo per 617 volte.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

166

36. Autoreferenziale quella campagna il cui headline si riferisce esclusivamente alla ONP, a unazione o a un progetto da essa realizzato. In sostanza in queste campagne il soggetto si fonde con lazione promossa. Non rientrano in questo settore le campagne che evidenziano un comportamento o sensibilizzano ad azioni non direttamente legate alla realt associativa firmataria. 37. Tutti i responsabili delle emittenti hanno riconosciuto nel consistente numero (secondo loro in crescita) di realt associative operanti nel sociale, uno dei maggiori problemi della pubblicit sociale, e della sua gestione in TV. 38. I rappresentanti delle sette emittenti televisive nazionali utilizzano (come si ricava dai colloqui) gli stessi criteri per selezionare le svariate ONP cui concedere laccesso ai propri break pubblicitari. 39. Per la Rai, in ottemperanza alle esigenze di trasparenza spiega Bernardini il bilancio della ONP richiedente deve essere stato pubblicato su una testata nazionale commerciabile in edicola. 40. Due esempi che chiariscono il criterio temporale sono la campagna a favore della Giornata Mondiale per la lotta contro lAIDS (il 1 dicembre) che deve andare in onda nei giorni precedenti, o qualunque campagna riguardante la sicurezza stradale programmata nel periodo estivo, caratterizzato da spostamenti massicci. 41. Lautore ha indicato i vari criteri giuridico, di riconoscibilit, della portata, temporale, organizzativo per sintetizzare in modo chiaro quanto esposto dai rappresentanti delle emittenti. 42. Tra i sette canali televisivi nazionali, La7 quello che si presenta come il pi tollerante verso il criterio estetico: Ci siamo sempre caratterizzati per una certa elasticit nei confronti della presenza di pubblicit sociale anche nei daytime. () [A questi posso] aggiungere anche un criterio estetico, bench, per la mia esperienza, il livello dei filmati degli spot sociali idoneo al bacino nazionale della nostra emittente (Aimetti). 43. Mentre per Mediaset ammessa solo in casi sporadici la presenza dei numeri di conto corrente allinterno delle campagne sociali, per la Rai consentita solo per le cosiddette pubbliche raccolte di fondi che hanno uno specifico regolamento, e per gli spot di Agenzie sovranazionali. 44. Il rapporto di concentrazione di Gini, uno degli strumenti per verificare la variabilit, pari al rapporto fra larea di concentrazione (delimitata dalla curva di Lorenz, in rosso, e dalla bisettrice, in blu) e larea di massima concentrazione (quella del triangolo rettangolo che sottende la curva e che ha nella bisettrice lipotenusa). Il rapporto un numero puro che assume valori compresi tra 0 (quando la spezzata di distribuzione, o curva di Lorenz, coincide con la bisettrice: il caso di equidistribuzione) e 1 (quando la curva di Lorenz comprende larea di massima concentrazione: il caso di massima concentrazione) (Cfr. Corbetta: 1999, 512-515). 45. Intervita ONP nata nel 1999 e ha sede a Milano. unorganizzazione apartitica, aconfessionale e indipendente, il cui obiettivo migliorare le condizioni di vita dei pi poveri del mondo. Promuove ladozione a distanza per la realizzazione di progetti di sviluppo in sette Paesi del Sud del mondo. Attualmente in Italia pi di 50.000 famiglie stanno sostenendo i progetti di sviluppo della ONP, mediante ladozione a distanza: sono sufficienti 0,80 euro al giorno per assicurare ad un bambino alimentazione, assistenza sanitaria e istruzione. Per approfondimenti http://www.intervita.it/. 46. Dal sito web del Comitato: Family for Family uniniziativa promossa nel 2002 dal Forum delle Associazioni Familiari per affrontare, attraverso un sostegno diretto, il problema della disgregazione familiare nei Paesi dellEst. Per approfondimenti vedi: http://www.familyforfamily.org e http://www.forumfamiglie.org. 47. In questa categoria rientrano quattro Associazioni, le cui tematiche non sono comprese nellarea di interesse dei quattro contenitori considerati, e sono: a) ACI che firma attraverso 98 passaggi le seguenti campagne: Controlla i pneumatici per una guida sicura, Gior-

CAPITOLO

167

nata Mondiale per la Sicurezza Stradale, Guidatore scelto, Usa lauricolare; b) Movimento Cittadinanza Attiva con una campagna di autopromozione che passa 56 volte; c) Associazione non definita con la campagna Datti una mossa con 213 ripetizioni di spot; d) Associazione non definita con la campagna Al fianco del cittadino con 24 inserzioni. 48. I cinque soggetti non profit impegnati nella sensibilizzazione alla donazione di sangue, organi e tessuti sono: a) AVIS (Associazione Volontari Italiani del Sangue) che appare in tv con tre campagne (AVIS, Donare vita, La donazione di sangue nel periodo estivo), e 381 inserzioni complessive; b) ADMO (Associazioni Donatori di Midollo Osseo) che si autopromuove con una campagna che passa 196 volte; c) A.D.I.S.C.O (Associazione Donatori Sangue Cordone Ombelicale) che presente con una campagna di autopromozione e di 97 passaggi; d) AIDO (Associazione Italiana Donazione di Organi e Tessuti) che presenta la Giornata Nazionale Donazione di Organi e Tessuti con 90 passaggi; e) FIDAS (Federazione Italiani Donatori Sangue) visibile attraverso una campagna autoreferenziale di 34 inserzioni. 49. Vidas unassociazione apolitica e aconfessionale che dal 1982 offre assistenza completa e gratuita ai malati di cancro in fase avanzata e terminale (www.vidas.it). 50. Allinterno dellarea Sanit si distinguono altre due ONP che godono di una buona visibilit mediatica: lAILS (Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia) presente in tv con una sola campagna autoreferenziale passata 353 volte; la Croce Rossa produce tre diversi messaggi pubblicitari (uno referenziale, uno Croce Rossa pro Turchia, e uno Dona il sangue) che si ripetono nel complesso 305 volte. 51. I 759 spot sociali inerenti alla tematica dellAids (il 5,26% degli spot dellarea Sanit) sono cos distribuiti: il 72,2% degli spot firmato da ANLAIDS. Le altre tre ONP sono: ARCH che si autopromuove con la campagna ARCH Assistenza bambini sieropositivi ripetuta 126 volte; LILA (Lega Italiana per la Lotta contro lAIDS) e CEDIUS (Centro per i Diritti Umani e la Salute pubblica) che firmano la campagna CEDIUS Sudafrica di 46 spot; LILA (Lega Italiana per la Lotta contro lAIDS) presente in tv con la campagna LILA Un calcio al virus passata 39 volte. 52. I dati aggiornati sulla diffusione dellAIDS nel mondo sono reperibili sul sito della United Nations Programme on HIV/AIDS: www.unaids.org. 53. Le ONP che si occupano in modo esclusivo della difesa dei diritti degli animali sono dieci, e contano complessivamente 2 535 spot (sono esclusi WWF, A.N.C.F. e Legambiente). 54. Accanto a Intervita ONP, Associazione Azione Aiuto Adozione A Distanza, BABY NEL CUORE e AI.BI., anche la Fondazione Adozione a Distanza si occupa di questo tema, ed presente attraverso la campagna Adotta un bambino a distanza (101 inserzioni). 55 Il Programma Mentoring Usa/Italia si pone lobiettivo di ridurre la dispersione scolastica. 56. Save the Children la pi grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini. Opera in oltre 120 paesi nel mondo con una rete di 29 organizzazioni nazionali e un ufficio di coordinamento internazionale: lInternational Save the Children Alliance. Save the Children sviluppa progetti che consentono miglioramenti sostenibili e di lungo periodo a beneficio dei bambini, lavorando a stretto contatto con le comunit locali; porta aiuti immediati, assistenza e sostegno alle famiglie e ai bambini in situazioni di emergenza, creatasi a causa di calamit naturali o guerre; parla a nome dei bambini e promuove la loro partecipazione attiva, per far pressione su governi e istituzioni nazionali e internazionali (www.savethechildren.it). 57. Dal sito web dellorganizzazione: Special Olympics un programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per pi di un milione di ragazzi ed adulti con ritardo mentale. Nel mondo sono 165 i Paesi che adottano il programma Special Olympics. In Italia Special Olympics stato inserito nellambito dellattivit della Federazione italiana Sport Disabili (FISD) per 15 anni. La missione dellorganizzazione promuovere gli allenamenti e la pratica dello sport olimpico per individui con difficolt mentali, dando loro continue

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

168

opportunit di sviluppo fisico e psichico, facendo loro dimostrare coraggio, capacit, creando momenti felici da vivere insieme alle proprie famiglie, agli amici e a tutta la comunit. La convinzione dello Special Olympics che il programma sportivo e le relative competizioni aiutino le persone con ritardo mentale a migliorarsi fisicamente, a crescere mentalmente, socialmente e spiritualmente. Per approfondimenti: http://www.specialolympics.it. 58. Lattenzione allinfanzia, tema approfondito dal Settore non profit, interessa anche le Istituzioni. 59. La maggiore presenza di ACNUR nellemittenza privata dipende anche dal fatto che gli spazi pubblicitari della Concessionaria pubblica sono in assoluto molto inferiori. 60. Gli altri Ministeri complessivamente distribuiscono il 7,50% degli spot. 61. Mediaset (6,20%) firma le seguenti dieci campagne, per un totale di 379 passaggi: Giornata Mondiale Contro Droga Il razzismo roba altro In viaggio porta anche... La fabbrica del sorriso La tv unamica usala Milano 24 ore Navigare come un gioco Per non dimenticare Trenta ore per la vita Una solidariet Terzo Mondo. 62. Mission-Italia1 ha promosso solo la campagna Mission per Safya mandata in tutte le emittenti Mediaset per 102 volte dal 7 dicembre del 2001 a tutto il 2002, contro la condanna a morte da parte del tribunale religioso nigeriano della giovane donna che concep un bambino fuori dal matrimonio (Comunicato stampa di Mediaset del 7/12/2001 in www.gruppomediaset.it/indexmedia.jsp?page=/comunicatoStampa/comunicatoStam pa19.js&lang=IT) 63. Nel complesso UPA ha occupato 713 spazi di Rai (244 di Rai1; 247 di Rai2; 222 di Rai3), 1 282 di Mediaset (405 di Canale5; 459 di Italia1; 418 di Rete4), e 66 di La7. Secondo i dati Auditel, il costo della campagna avrebbe dovuto essere 26 068,097 euro (corrispondente al totale dei costi delle singole inserzioni, in base ai prezzi di listino delle concessionarie, calcolati considerando ubicazione oraria, evento editoriale cui si collegano e il canale), ma, almeno nelle reti Mediaset, e probabilmente anche su La7, passata gratuitamente. 64. Eccetto La7, il network pubblico e quello commerciale hanno costituito una struttura che si occupa della gestione delle campagne sociali: il Segretariato Sociale per la RAI e la Struttura Comunicazione Sociale per Mediaset. Questultima, come si detto, si occupa anche della loro realizzazione. 65. Si ricordi che La7, dal 1999 al 2003, ha visto aumentare nelle proprie frequenze il numero degli spot della Pubblica Amministrazione del 661% circa, divenendo il veicolo di comunicazione pi utilizzato dal Governo. 66. Per quanto riguarda Sky Cinema1 e Sky Sport 1 gli spot si sommano rispettivamente a quelli di Tele+Bianco e Tele+Nero, sostituiti dalle emittenti di Murdoch, nel luglio del 2003. 67. Anche di queste altre quattro emittenti Auditel rileva gli ascolti minuto per minuto. Dai dati analizzati, emerso che nel 2003 MTV distribuisce circa l11% di spot sociali totali (3 074 inserzioni), ReteA circa il 3% (704 spot sociali), Sky Cinema1 circa il 2% (506 passaggi), mentre Sky Sport1 circa l1% (312 messaggi pubblicitari sociali). Rispetto allincidenza della pubblicit sociale su quella totale solo MTV e Sky Cinema 1 si caratterizzano per una percentuale di incidenza superiore all1%, precisamente 1,52% la prima e 1,45% la seconda. Inoltre, dal 2002 al 2003, MTV accresce il numero delle sue inserzioni sociali del 40,88%; Rete A del 78,68%, Sky Cinema1 del 22,81%, e Sky Sport1 del 32,2%. Sembra si sia verificata una sorta di effetto traino: le sette emittenti principali sono riuscite ad incidere sulle strategie delle altre reti nazionali che stanno dimostrando la loro apertura al sociale, rappresentando i nuovi canali possibili della pubblicit sociale. 68. Si ringraziano per i suggerimenti, le osservazioni e i consigli, i professori Sergio Scamuzzi, Nicoletta Bosco e Rocco Sciarrone. Un grazie per la collaborazione anche a Hussein Aden, Federico Foresti, Marco Canzian, Massimo Benigni, Donatella Favini ed Emma

CAPITOLO

169

Denicola, dellarea commerciale di AGB Italia. Un grazie doveroso e sincero a: Luana, Marco, Debora, Paolo, Luisa e Alessandra.

Una riflessione sulla valutazione della pubblicit sociale e la televisione di qualit


Sergio Scamuzzi 1. Il pubblico della pubblicit sociale e lopinione pubblica

Una valutazione puntuale e significativa dellascolto della pubblicit sociale allo stato dellarte molto difficile per il tipo stesso di programmazione che essa ha. Inserita erraticamente nei palinsesti, trainata nellascolto dalle trasmissioni le pi varie e dai rispettivi pubblici, anchessi i pi vari1. Si potrebbe addirittura affermare che, essendo la pubblicit sociale per definizione senza prezzo, inutile una misurazione di audience la cui funzione principale appunto quella di fornire un parametro al prezzo della fascia oraria in cui si dovrebbe ubicare. La pubblicit sociale presenta quindi il limite costitutivo di non rivolgersi a segmenti di pubblico specifici ma alla generale platea del mezzo televisivo e per suo tramite, essendo la penetrazione del mezzo pi elevata di qualsiasi altro (anche se non completa), alla cittadinanza nel suo complesso. La sua natura sociale lo richiede, un po come certa comunicazione pubblica, e anche la fattura attuale di molti spot sembra presupporlo, ma vi motivo di chiedersi se determinate buone cause non si gioverebbero della possibilit di rivolgere gli spot a pubblici pi specifici, e se la consapevolezza di poterlo fare non renderebbe pi mirati, creativi e originali i loro messaggi, non stimolerebbe la creazione di spot di nuovo tipo. Si pensi al suggerimento di buone pratiche alle famiglie impegnate nellassistenza, alla prevenzione sanitaria nei confronti di popolazioni a rischio particolare, al contrasto di pregiudizi che si formano pi facilmente presso certi segmenti di popolazione. Dal punto di vista dei contenuti uno spettatore ideale che fosse stato esposto a tutti gli spot sociali degli ultimi anni, un exemplum fictum dunque, avrebbe visto una conferma delle sue sensibilit allimportanza della funzione del volontariato in campo sanitario e di cooperazione sociale con il terzo mondo e dei temi trattati dalle sue organizzazioni pi consolidate, in primis la ricerca sul cancro e ladozione internazionale, ma anche alcune notizie sullimpegno del governo riguardo la famiglia, il traffico, e qualche altra legge, una robusta e un po spiazzante per una certa sensibilit al sociale esortazione a consumare, sollecitazioni pi marginali alla prevenzione contro lAIDS (peraltro assi meno frequenti di quelle dedicate ad un tema come la protezione dei
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

170

cani). Il nostro spettatore dunque esposto ad un agenda setting abbastanza precisa2. Corrispondono, questi contenuti, alle graduatorie standard dei problemi pi sentiti dallopinione pubblica? Se s, la pubblicit sociale avr una funzione confermativa, seguir la linea di minima resistenza; se no, potrebbe avere una funzione critico-pedagogica o quantomeno introdurre nuova informazione e quindi sensibilit sociale verso problemi trascurati perch lontani dallo stereotipo pi diffuso nellopinione pubblica. EURISKO Sinottica 1998-2002 Priorit per lagenda politica Posto di lavoro Criminalit Servizio sanitario Immigrazione Osservatorio Nord Ovest: Indagine Italia 2003
Italia 2003 I problemi che il governo deve affrontate (i primi 8)
La disoccupazione La criminalit comune La qualit dei servizi sociali e sanitari Limmigrazione Il terrorismo Il conflitto di interessi La riduzione delle tasse Levasione fiscale Totale N Casi validi

Frequenza percentuale 1 posto 2 posto


37,2 14,0 9,2 8,4 6,5 5,7 4,3 4,0 100,0 5569 (5354) 12,1 8,2 9,6 9,2 9,2 5,9 9,7 7,8 100,0 5569 (5346)

La prima cosa che colpisce nella pubblicit sociale, la quasi assenza delle problematiche connesse al lavoro, alla sua ricerca, alla disoccupazione, alla precariet, che invece sono ai vertici delle preoccupazioni degli italiani. La sicurezza verso la criminalit e la tutela dellambiente godono nellopinione pubblica di una priorit appena un po meno elevata, ma veramente esiguo al confronto appare il peso di queste tematiche nella pubblicit sociale. Ancor pi sproporzionato nella sua esiguit appare il peso attribuito allimmigrazione e ai problemi connessi, che invece sono tra i pi sentiti. Lelevata priorit della salute, della sanit (e anche dei servizi sociali)
CAPITOLO

171

nella pubblicit sociale come nellopinione pubblica costituisce invece la principale linea confermativa e di minor resistenza: qui la funzione specifica della pubblicit sociale non sollevare una problematica, ma fornire informazione per azioni di sostegno da parte del pubblico (dove mandare un contributo, ad esempio) e una sorta di comunicazione istituzionale o di marca che legittima il suo soggetto e le sue azioni sociali, anche quelle che non passano per via mediatica ( il caso degli spot pi autoreferenziali) Dal punto di vista dei linguaggi, il nostro spettatore potrebbe aver colto in alcuni casi una minore sofisticazione rispetto alla pubblicit commerciale ma non una alterit radicale, se stiamo alle intenzioni dei selezionatori3. E anche questa una linea di minima resistenza, se consideriamo la conoscenza e il gradimento ormai consolidatisi, anche nel pubblico italiano, verso la pubblicit. Altri parametri di confronto con gerarchie diverse di priorit sociale, sono ovviamente possibili ma appaiono meno pertinenti allo specifico comunicativo e pi ad una valutazione generale e politica di agenda setting4. 2. Gli effetti attesi dalla pubblicit sociale Che cosa ci possiamo legittimamente attendere come effetto della pubblicit sociale, e di conseguenza su che cosa leale che verta una valutazione? Assumendo che il numero degli spot sia una approssimazione della numerosit dei possibili spettatori, ossia continuando lexemplum fictum iniziale, e considerando costanti i linguaggi e quindi uniforme la loro presa sul pubblico, altra semplificazione drastica del modello, possiamo formulare alcune ipotesi. 1. Il rafforzamento di una credenza gi condivisa sulla priorit di alcuni temi di salute e sanit e il comportamento conseguente nei confronti del soggetto legittimato. assai probabile che una raccolta sistematica di dati sui risultati delle raccolte di fondi delle Associazioni per la ricerca sul cancro, offra riscontri positivi, riallacciabili anche a campagne specifiche di pubblicit. Altrettanto un sondaggio sulla notoriet di queste Associazioni: la comunicazione stata del resto ripetuta nel tempo e risulta assai ampia relativamente al totale della programmazione sociale. Potrebbe persino imporsi allattenzione degli operatori un trade off tra (buona) efficacia raggiunta dal messaggio di questi spot, e (limitato) pluralismo dei soggetti e dei temi. 2. Relativamente ai temi e soggetti (del Terzo settore) meno presenti, potremmo attenderci comunque minori effetti, specie se bassi anche nella priorit delle preoccupazioni dellopinione pubblica.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

172

3. Un interessante problema si apre, come sempre, nelle possibilit asimmetriche. La prima si riscontra quando una bassa attenzione prevedibile si coniuga ad ampio spazio negli spot: la pubblicit sociale riuscita a sorprendere lo spettatore e a far guadagnare salienza al tema nella opinione pubblica 4. La seconda possibilit riguarda temi poco presenti nella pubblicit sociale, malgrado la loro salienza per lopinione pubblica: la maggiore attenzione di cui godono ha consentito una ricezione migliore dei messaggi, superiore al loro basso impatto numerico.
Meno spazio/opportunit di ascolto nella pubblicit sociale
Bassa priorit nella opinione pubblica Tutela ambientale

Pi spazio/opportunit di ascolto nella pubblicit sociale


Cooperazione internazionale, consumi Aids Animali domestici Sanit e servizi sociali

Alta priorit nella opinione pubblica

Lavoro, sicurezza e criminalit, immigrazione

La perdurante caduta dei consumi e delle aspettative fiduciarie connesse, potrebbe essere un esempio fin troppo facile dellinanit della pubblicit sociale dedicata, con notevole spazio, a questo tema, pur in presenza di bassa salienza nellopinione pubblica (che valuta il problema semmai dal punto di vista opposto del costo crescente della vita), peraltro stata poi realizzata unazione di comunicazione pi pubblica che sociale, sebbene nellalveo istituzionale di questultima. Ma, come sappiamo dagli studi, i comportamenti non sono n lunico, n il principale effetto possibile della comunicazione mediatica, tanto pi se il comportamento soggetto a numerosi vincoli e fattori, come lo il consumo. Gli effetti vanno ricercati su diverse scale temporali e a diversi livelli dellazione sociale5.
Effetti della comunicazione mediatica
conoscenze sentimenti-emozioni schemi cognitivi atteggiamenti e credenze collettive rappresentazioni valori modelli di

Immediati

A breve termine

A medio A lungo

CAPITOLO

173

comportamento

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

174

I contenuti della pubblicit sociale ben si prestano a suscitare sentimenti ed emozione e/o a informare il pubblico di fenomeni tanto pi socialmente preoccupanti quanto pi nascosti e rimossi. Ma potremo attenderci un effetto immediato su di un comportamento specifico solo se tra loro legati ed entrambi accompagnati dalla proposta di un preciso atto immediato, perlopi oblativo: una variante del metodo del Telethon. In esso pubblicit sociale e commerciale non sono che varianti del medesimo meccanismo. Lalterazione o lintroduzione di uno schema cognitivo, paragonabile allidea di una marca affidabile, potr seguire, ma a breve termine, la ripetizione del messaggio. Il ricordo un adeguato criterio di valutazione per una pubblicit sociale che si sia posta queste finalit. Sembrano seguire tale orientamento soprattutto le pubblicit del terzo settore e dei grandi comunicatori (che non a caso si muovono come sponsor6). La pubblicit sociale che si impegnasse invece sugli atteggiamenti e sulle credenze collettive, oltre a dover ribadire per molto tempo, anche anni, il suo messaggio prima di vederne gli effetti, dovrebbe valutare e misurare gli effetti stessi pi a livello di cambiamento delle rappresentazioni di realt e valori, che di modelli comportamentali effettivi assunti da quanti ad essa sono stati esposti rispetto ad altri non esposti. Panel per una valutazione del genere esistono da tempo7, anche se misure puntuali e specifiche comporterebbero notevoli difficolt: si tratta pur sempre di rapportare una stimolo piccolo ad un effetto grande e multifattoriale. Vitale sarebbe in ogni caso che la pubblicit sociale prima e il ricercatore-valutatore poi, avessero lavorato su target molto specifici. Finch questo non avviene sarebbe sleale valutare insuccessi di una pubblicit sociale, orientata in una direzione diversa da quella che, nei meccanismi, ne fa una variante della pubblicit commerciale. Tuttavia gi oggi una parte della pubblicit sociale pare corrispondere ad aspettative pi ampie di sensibilizzazione dellopinione pubblica. La valutazione della sua efficacia non potr mai essere puntuale, ma plausibile attendersi un effetto di legittimazione nel lungo periodo, pi visibile per le issue pi comunicate, ma meno gi presenti allattenzione dellopinione pubblica. La copertura dellasimmetria di senso opposto invece concorrerebbe alla legittimazione della comunicazione sociale stessa, in quanto tale, dimostrandone lemancipazione da logiche estranee a quelle che costruiscono lopinione pubblica. Gli effetti della pubblicit sociale del Governo richiedono unattenzione in pi, da ricollegare al loro essere non solo comunicazione sociale ma anche una variante della comunicazione pubblica, e in qualche caso persino politica. Ove questa insista su ampie tematiche di opinione pubblica, e non su servizi specifici, e finisca quindi per assumere conCAPITOLO

175

notati istituzionali, la sua efficacia finisce inevitabilmente per fare i conti con lo zoccolo di base della cultura civica italiana, che poco civica; deve, cio, scontare tassi considerevoli di sfiducia degli italiani nelle istituzioni, specie le pi alte: ipotesi assai plausibile che tale clima possa rendere meno efficace questo particolare tipo di pubblicit sociale, qualunque sia la misura scelta. Altra ipotesi su tale comunicazione sociale, che pi sar vicina, nelle forme e nei contenuti, alla comunicazione politica, pi sar soggetta, anche nella sua efficacia, alla variabile credibilit e capacit di leadership dei governi in carica. 3. Pubblicit sociale e qualit della televisione La pubblicit sociale un ingrediente essenziale della televisione di qualit: concetto valido se accettiamo la definizione, spesso retorica e implicita nel dibattito, ma a suo modo chiara e rigorosa, che contrappone una televisione di quantit, commerciale, ad una televisione di qualit, pubblica e sociale. Una valutazione qualsiasi della qualit della televisione che di conseguenza non adotti affatto o non adotti come unico criterio laborrita audience misurata dallAuditel (resa cos spesso vittima incolpevole di una sineddoche) dovrebbe dare un punteggio elevato a quella programmazione che ospita pubblicit sociale, e alla pubblicit sociale in quanto tale, purch veramente tale, ossia purch soddisfi nei contenuti i suoi requisiti caratterizzanti di pubblicit e di socialit8. Ci sono tuttavia altre definizioni possibili di qualit: 1. la qualit della tv dipende dalla qualit del pubblico: maggiore quanto pi esso istruito 2. la qualit della tv dipende dalla qualit dei testi: maggiore quanto pi essi derivano dal gusto legittimo (quello della lite, secondo Bourdieu), che distingue generi alti e generi bassi 3. la qualit della tv dipende dalla qualit dei testi: ampiezza e variet di linguaggi e lessici, appropriatezza della loro integrazione, originalit creativa dei contenuti, possibilit di pi livelli di lettura, narrativit (o sistematicit, secondo i casi), o altri criteri di questo tipo 4. la qualit della tv dipende dalla qualit spettacolare dei programmi: mezzi impiegati dalla regia, tempistica della comunicazione, appropriatezza, allestimenti e montaggio, o altri criteri di questo tipo 5. la qualit della tv dipende dalla qualit del mezzo: maggiore quanto pi le sue possibilit tecniche specifiche sono state sfruttate 6. la qualit della tv dipende dalla capacit di informare, intrattenere, persuadere della sua comunicazione: maggiore quanto pi recepita dal pubblico (che lo dimostra coi suoi comportamenti di ascolto ma anche con altri atteggiamenti e comportamenti sociali)
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

176

7. la qualit della tv dipende dalla sua responsabilit sociale: maggiore quanto pi consapevolmente la pratica o almeno non la contraddice (nel funzionamento e nella comunicazione) in una delle sue definizioni condivise e codificate da qualche agenzia (ad es. quella delle normative SAA adottate dalle imprese, quelle contenute o implicite nel contratto del servizio pubblico, ecc.) 8. la qualit della tv dipende dalla sua responsabilit politico-istituzionale: maggiore quanto pi promuove, osserva o almeno non contraddice (nel funzionamento e nella comunicazione) il dettato costituzionale 9. la qualit della tv dipende dalla trasparenza, documentabilit, rispondenza agli obiettivi che si data, dal processo di produzione del suo prodotto culturale e dellazione dei suoi gate-keepers. Tutte queste definizioni non dipendono tanto dal tipo di emittente (privata-commerciale o pubblica), ma dal tipo di messaggio, mezzo, pubblico e rapporto col pubblico, contesto normativo e sociale. Ognuna delle nove definizioni proposte richiederebbe ampi approfondimenti, e per la sua specificazione rimandiamo ad altra sede. Basti qui sottolineare che sono tutte definizioni in linea di principio rese misurabili e persino quantificabili con punteggi. Possono dar luogo a misure distinte e non necessariamente ad un solo indice cumulativo che comporterebbe, tra laltro, una valutazione relativa del peso di ciascun criterio, inevitabilmente arbitraria. Alcune valutazioni dipendono fortemente da dati di ascolto Auditel, certo pi raffinati del brutale e semplicistico audience (1,6), o provenienti dallOsservatorio di Pavia, opportunamente riclassificati (8). Altre trovano i migliori giudici negli esperti (sociologi, semiologi, linguisti, critici televisivi) e nei professionisti del sistema televisivo stesso, in base a parametri a volte anche abbastanza ovvi nel contenuto, semmai da rendere condivisi in codici della professionalit (3,4,5) o deontologici (7, che possono ispirarsi come gi accennato alla normativa di Social Accountability delle imprese), alla base di un ipotetico manuale della qualit televisiva. I primi due criteri (1,2) hanno una connotazione chiaramente litaria, un po occultata nei ripetuti interventi a sua difesa, che a molti sembra in contraddizione col carattere di massa del mezzo televisivo ma i criteri relativi al testo e al mezzo (3,4,5) intendono evocare una strada della qualit indipendente da questo connotato, che ne coglie per laspetto oggettivo, aprendo la possibilit di una qualit elevata della resa, anche di generi bassi o comunque diversi da quelli canonicamente alti9. Lultimo criterio (9) richiama una valutazione di processo dellorganizzazione, estendendo alla televisione come azienda le prassi ormai diffuse e consuete, figlie delle ISO9000, di valutazione dei servizi.
CAPITOLO

177

La pubblicit sociale pu soddisfare questi criteri in varia misura: certamente uno dei requisiti principali (ma non lunico) di una buona valutazione sullasse della responsabilit sociale (7); una voce importante per la promozione di alcuni principi costituzionali (8); criteri di gatekeeping10 rivelatisi esplicitabili, contribuiscono alla sua qualit organizzativa (9); qualsiasi criterio litario (1,2), per quanto criticabile come abbiamo visto, la trova in posizioni elevate. Queste valutazioni sono riferite quasi pi al genere che ai singoli casi possibili. Invece gli spot singoli non si sottraggono ad una variet di giudizi, secondo la loro fattura (3.4.5) e secondo la capacit, dimostrata da dati obiettivi,di raggiungere un pubblico specifico e influenzarlo a favore delle loro buone cause e dei marchi di chi le sostiene (6). Per valutare questo secondo aspetto torna in scena Auditel, insieme con apposite tecniche survey di valutazione del gradimento e di altre emozioni, orientamenti e azioni suscitate, con tutte le avvertenze sopra riportate circa gli effetti che possiamo attenderci dalla comunicazione mediata e le valutazioni leali collegate. Si apre quindi un ampio terreno di sperimentazione per un contributo della pubblicit sociale alla qualit della televisione o alla televisione di qualit, molto significativo e ricco di stimoli intellettuali, utili anche per ragionare sul resto della programmazione. Note
1. V. il contributo di A. Gentiluomo a questo volume. 2. Traggo linformazione dal contributo di A. Gentiluomo a questo volume. 3. V. contributo di U. Volli a questo volume. 4. In linea teorica, potrebbero infatti essere valutate le priorit tematiche della pubblicit sociale confrontandole con priorit oggettive fornite da indici di rischio delle patologie, disagi, problemi sociali trattati (una procedura simile ai calcoli attuariali usati dai sistemi assicurativi), corretti con criteri di prudenza che identificano taluni rischi sociali come comunque da evitare, per poco probabili che siano, producendo cos una sorta di valutazione di realismo, tanto pi vicini fossero i due ordini. Potrebbero, al contrario, essere resi pi trasparenti ed esplicite le valutazioni soggettive alla origine delle priorit nellagenda: rappresentazioni della realt sociale degli operatori, criteri di compatibilit con la comunicazione televisiva (v. contributo di A. Gentiluomo), influenza dellagenda politica sullagenda televisiva, come suggerisce lapproccio alla qualit illustrato al par. 3. 5. Traggo da M. Livolsi, Manuale di sociologia della comunicazione, Bari, Laterza, 2000, p. 306 lo schema. 6. Secondo linterpretazione di A. Gentiluomo, in questo volume: Il fatto che questi soggetti producano e/o patrocinino delle campagne sociali pu essere letto attraverso la griglia delle sponsorizzazioni, soprattutto relativamente allacquisizione di un plus emozionale che influenza positivamente limmagine istituzionale. () Si tratta di una forma di sponsorizzazione cui manca laspetto contrattuale. Viene assimilata ad una particolare forma di sponsorizzazione per il ritorno di immagine che ne consegue, per lacquisizione di un plus emozionale, per il senso di coesione che attivit di questo genere portano allinterno di una struttura interessata a massimizzare i costi e aumentare il capitale. Si trat-

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

178

CAPITOLO 7

La valutazione dei risultati delle campagne di comunicazione sociale: questioni di metodo e studi di casi
Alberto Martini, Vittorio Falletti

1. Premessa Come si valuta il successo di una campagna di comunicazione sociale? A che punto utile condurre tale valutazione? Nelle fasi preliminari, per definirne il messaggio? Dopo la conclusione, per capire se, grazie ad essa, si modificato il comportamento oggetto della campagna stessa? E con quali strumenti possibile formulare queste valutazioni? Il presente capitolo intende rispondere a questo tipo di interrogativi: a tale scopo, si fornisce una griglia di lettura dellesperienza internazionale di valutazione delle campagne, vista come parte della pi vasta esperienza della program evaluation, cio della valutazione dei programmi di intervento messi in campo da enti pubblici o con una finalit pubblica. Utilizzando questa griglia di lettura, sillustrano, poi, alcuni casi concreti in cui sono stati applicati metodi di valutazione per giudicare il successo di una campagna di comunicazione sociale. La pretesa di tale rassegna, non certo di essere esaustiva, bens solamente suggestiva: lobiettivo consentire al lettore di farsi unidea concreta di cosa significa in pratica condurre questo tipo di valutazione. Sono opportune alcune considerazioni preliminari sul concetto di successo di una campagna di comunicazione sociale. Lobiettivo ultimo di una campagna di solito modificare tipi di comportamento ritenuti indesiderabili da una parte almeno della collettivit. possibile e legittimo quindi intendere il successo di una campagna in maniera stringente, nel senso del verificarsi di un tangibile cambiamento, ottenuto grazie alliniziativa, nei comportamenti che rappresentano lobiettivo della campagna stessa. Il cambiamento per merito della campagna , infatti, la nozione di successo che pi spontaneamente si utilizza quando si pensa di valutare una campagna di comunicazione sociale. Alla luce di tale definizione, la campagna ha avuto successo se, e solo se, i comportamenti su cui
CAPITOLO

179

ci si proponeva di incidere sono migliorati rispetto a quelli che si sarebbero osservati senza la campagna stessa. Vi sono buone ragioni per le quali tale prospettiva non pu esaurire la valutazione di una campagna di comunicazione sociale, pur restandone un fondamentale punto di riferimento. Il fatto che si osservino variazioni nei comportamenti non permette di per s giudicare il successo di una campagna di comunicazione. Infatti spesso i dati a disposizione del valutatore non consentono di attribuire univocamente alleffettuazione della campagna le trasformazioni eventualmente osservate nei comportamenti. Nel caso in cui si manifesti tale impossibilit, e lunica nozione di successo che guida la valutazione sia quella del cambiamento per merito della campagna, si potrebbe erroneamente concludere che sia impossibile condurre alcuna valutazione. Esistono altri profili in base ai quali giudicare il successo di una campagna di comunicazione sociale. Innanzi tutto si pu focalizzare lattenzione su risultati intermedi e stemperare la rigorosa nozione di causalit appena enunciata, sostituendola con una di prossimit temporale. Inoltre, ancor prima di giudicare i risultati della campagna, si pu manifestare, in chi la progetta e la gestisce, la necessit di avere un feedback su come sta andando. Uninformazione, quindi, diversa e preliminare rispetto a quella che ci potrebbe dire com andata la campagna, o addirittura che effetti ha prodotto sui comportamenti. Da queste prime considerazioni discende lopportunit che la nozione di valutazione di una campagna di comunicazione sociale sia articolata su livelli successivi, ciascuno caratterizzato da un distinto insieme di obiettivi conoscitivi. Per semplificare e offrire uno schema di lettura di facile utilizzo, in questo capitolo si ritiene opportuno dare una chiave di lettura organizzata lungo quattro livelli distinti. Questa categorizzazione, utile a scopo espositivo, non va intesa in modo rigido: nella pratica esiste piuttosto un continuum di obiettivi conoscitivi, che va da quelli di natura pi immediata riguardanti lefficacia comunicativa del messaggio proposto dalla campagna, a quelli pi generali relativi alla ricaduta della stessa sui comportamenti sociali. Vedremo, infatti, dallesame dei casi, come la concreta valutazione di una campagna possa coinvolgere pi di uno dei livelli proposti nel nostro schema di lettura. 2. I quattro livelli per la valutazione di una campagna di comunicazione sociale Tra gli scopi dello schema che proponiamo vi quello di snellire la terminologia utilizzata per trattare la valutazione delle campagne di comunicazione sociale. La letteratura in materia utilizza, spesso in modo
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

180

intercambiabile, una grande variet di termini: da quelli italiani come esito, impatto, risultato, effetto, efficacia, efficienza, a quelli inglesi, spesso non univocamente traducibili in italiano, come output, outcome, impact, process, results, effectiveness. Inoltre, la letteratura sulla valutazione delle campagne di comunicazione sociale tende a prendere a prestito in modo meccanico la terminologia della program evaluation, cio della valutazione degli interventi pubblici. Questo positivo se, con i termini, eredita le consapevolezze metodologiche sottostanti; diventa invece un problema quando prende a prestito parole ignorando la valenza che nel contesto della program evaluation esse assumono. Concetti quali formative evaluation, process evaluation e impact evaluation, centrali nella letteratura valutativa, tendono a perdere di pregnanza se calati nel contesto specifico della valutazione delle campagne di comunicazione sociale e perci utile, a nostro avviso, sostituirli con vocaboli pi semplici e diretti. In questo capitolo faremo uno sforzo consapevole per non appesantire il discorso con un eccesso di concetti astratti e tenteremo di cogliere lessenza delle domande che si pone chi vuole capire se una campagna di comunicazione funziona, e cio: se il messaggio compreso se viene notato e ricordato se aiuta a cambiare opinioni e atteggiamenti se induce a mutare i comportamenti Fra tutti i termini duso comune nella letteratura valutativa, faremo pi volte riferimento a efficacia. Formuleremo le domande valutative cominciando con la frase La campagna di comunicazione stata efficace nel ? Il contenuto della parola efficacia, per, cambier sostanzialmente da una situazione allaltra. A un primo livello, lefficacia riguarda la capacit del messaggio proposto dalla campagna di essere capito nel modo giusto da coloro che vi sono esposti. Si pu parlare, a questo proposito, di efficacia comunicativa del messaggio. Lefficacia pu essere testata prima o durante la campagna stessa. A un secondo livello, lefficacia riguarda il grado con cui la campagna riesce a raggiungere i suoi destinatari, nel senso che il messaggio offerto visto/sentito/letto e poi ricordato da una percentuale rilevante di coloro cui rivolto. Si parla qui di grado di esposizione alla campagna da parte della popolazione. Al terzo livello, lefficacia riguarda la capacit della campagna di stimolare cambiamenti di tipo cognitivo tra coloro che hanno ascoltato il messaggio e hanno modificato conoscenze, consapevolezze, atteggiamenti e
CAPITOLO

181

intenzioni riguardo al comportamento oggetto della campagna. Ci si pu definire come efficacia cognitiva. Lultimo livello riguarda la capacit della campagna di avere un effetto misurabile sul comportamento sociale, la cui modificazione rappresenta lobiettivo della campagna stessa. Questultima la nozione stringente di successo cui si accennava nellintroduzione al capitolo e si pu definire come efficacia, o effetto netto, sul comportamento finale. Nel resto di questa sezione esamineremo pi in dettaglio i quattro livelli appena elencati. Va ribadito come si tratti di una distinzione con funzione prevalentemente espositiva. Nella pratica valutativa, questi quattro livelli tendono a mostrare ampie zone di sovrapposizione e in una stessa valutazione si possono coprire pi livelli, come vedremo nei casi illustrati. A. Valutare lefficacia comunicativa del messaggio proposto dalla campagna La prima delle domande di valutazione considerate nella nostra griglia di lettura, ha per oggetto il messaggio proposto dalla campagna di comunicazione e riguarda la sua capacit di cogliere nel segno, vale a dire di essere capito dai destinatari della campagna nel senso desiderato dai suoi promotori. La domanda valutativa pu essere sinteticamente formulata come: Il messaggio della campagna efficace, vale a dire capito correttamente da coloro che vi sono esposti? Ad esempio, una pubblicazione del Minnesota Prevention Resource Center sostiene che lo scopo di questa fase della valutazione assicurarsi che la nostra audience capisca quello che stiamo provando a comunicare con la campagna1. Questa domanda pu venir posta, durante le fasi del disegno di una campagna e della sua prima implementazione. Anzi, per questo tipo di valutazione, pu essere quasi irrilevante che avvenga in una o nellaltra fase. Quello che ci si attende dalla valutazione, in questo caso, un feedback sullefficacia comunicativa del messaggio. La National Youth Anti-Drug Media Campaign2, che useremo come studio di caso trasversale a tutto il capitolo, dedica a questo aspetto la prima delle tre fasi della valutazione complessiva della campagna. Il report conclusivo di questa prima fase (Testing the Anti-Drug Message in 12 American Cities)3 illustra lo sforzo compiuto per mettere a punto il messaggio prima del lancio della campagna su scala nazionale. Il titolo del rapporto fa esplicito riferimento ad un termine utilizzato nella letteratura in materia, cio message testing. Non si tratta, tuttavia, di un termine di uso universale, nonostante le sue pregnanza e immediatezza. Un termine molto pi generico, ma spesso utilizzato per definire questa fase della valutazione, quello di formative evaluation: un esempio delP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

182

la tendenza, a cui si gi accennato, da parte di questa letteratura a prendere a prestito termini dalla program evaluation, senza considerare che essi hanno in quel contesto una valenza molto pi generale4. Lespressione formative evaluation, che si pu tradurre in italiano con valutazione costruttiva, molto meno diretta e focalizzata sul nostro problema specifico, rispetto a quella di message testing. La formative evaluation contrapposta nella letteratura alla summative evaluation, o valutazione conclusiva. La prima espressione sottolinea la funzione della valutazione di aiutare a costruire, quindi a formare, migliorandoli, un programma dintervento o una politica pubblica. La seconda espressione rileva, invece, la funzione di giudizio conclusivo che la valutazione pu assumere: in altre parole, quella di tirare le somme. A nostro avviso improprio utilizzare un termine generale quale formative evaluation per riferirsi alla verifica dellefficacia comunicativa di una campagna. Va tuttavia riconosciuto al concetto di formative evaluation il merito di rilevare come la valutazione debba avere (anche) lo scopo di dare giudizi preliminari su un intervento, per contribuire al suo miglioramento, e non solo quello di fornire un giudizio finale e conclusivo (che pu essere utile, non tanto allintervento in corso, quanto a successivi dello stesso tipo). Nel nostro caso specifico, lidea che la valutazione possa contribuire ad affinare il messaggio della campagna stessa, producendo un feedback su com accolto dallaudience cui si rivolge. Se il messaggio non funziona, infatti, opportuno capirlo al pi presto, quando si ancora in tempo per portare aggiustamenti ad una campagna gi in corso o in via di definizione. Il paragrafo 3 presenter due studi di caso in cui stato utilizzato questo tipo di valutazione riguardo allefficacia comunicativa della campagna: (a) la campagna per prevenire labitudine al fumo tra i giovani, chiamata Youth Against Tobacco, sviluppata mediante messaggi visivi mostrati durante avvenimenti sportivi destinati ai giovani e (b) la campagna per scoraggiare luso di stupefacenti tra gli adolescenti, la citata National Youth Anti-Drug Media Campaign, di cui la sezione 3.2 presenter il disegno complessivo e la metodologia utilizzata per tarare la campagna prima del suo lancio su scala nazionale. B. Valutare il grado di esposizione alla campagna da parte dei suoi destinatari La seconda delle domande di valutazione considerate nel nostro approccio ha per oggetto la capacit della campagna di comunicazione di farsi notare e ricordare da parte di una percentuale significativa dei soggetti ai quali rivolta. La domanda valutativa pu essere sinteticamente formulata come: La campagna efficace, nel senso che raggiunge un numero rilevante di persone e riesce a farsi ricordare da queste?
CAPITOLO

183

Il gi citato Minnesota Prevention Resource Center sostiene che lo scopo di questa fase della valutazione monitorare quando, dove e quanto spesso il messaggio della campagna stato trasmesso e con quale frequenza la sua audience lo ha visto o sentito5. Questo secondo tipo di domanda valutativa si pone pi a valle, rispetto alla precedente, nel percorso dimplementazione di una campagna di comunicazione. Una volta che gli strumenti di comunicazione di cui la campagna si avvale siano stati attivati, diventa legittimo (e utile) chiedersi se la campagna stessa riesce a raggiungere una frazione significativa di quella popolazione i cui comportamenti o atteggiamenti si vogliono modificare. Questa domanda pu essere posta a campagna conclusa e costituisce un esempio di valutazione conclusiva (summative evaluation): lattenzione riscontrata, infatti, pu essere considerata uno dei risultati attesi. Nulla impedisce, tuttavia, che la stessa domanda possa essere espressa ad uno stadio intermedio dellimplementazione, per consentire eventuali aggiustamenti di tiro: la valutazione avrebbe cos una valenza formative, cio costruttiva. Tuttavia, la letteratura sullargomento tende a parlare in questo caso, non di formative evaluation, bens di process evaluation, che si pu tradurre come valutazione di processo, altro termine di uso assai generale, che nella program evaluation indica le operazioni che si compiono per capire e documentare come un certo intervento pubblico sia stato concretamente attuato (quali ostacoli abbia incontrato nella sua implementazione, quali lezioni si siano apprese su come superare questi ostacoli). Il paragrafo 4 illustrer due casi in cui stato utilizzato questo tipo di valutazione, che per semplicit chiameremo dora in avanti valutazione dellaudience: (a) la campagna svizzera STOP AIDS, adottata dallUfficio Federale della Sanit Pubblica della Confederazione Elvetica come asse portante della strategia di prevenzione dellAIDS e (b) la citata National Youth Anti-Drug Media Campaign, di cui la sezione 4.2 presenter la componente della valutazione tesa a verificare quanto la popolazioneobiettivo della campagna (gli adolescenti e i loro genitori) fossero informati e consapevoli della sua esistenza. C. Valutare la capacit della campagna di stimolare cambiamenti a livello cognitivo La terza domanda riguarda i cambiamenti immediati, a livello cognitivo, tra coloro che alla campagna sono stati effettivamente esposti e pu essere formulata sinteticamente come: La campagna stata efficace nel senso che tra coloro che sono stati esposti si osservano cambiamenti in termini di conoscenze, consapevolezze, atteggiamenti e intenzioni nella direzione auspicata dalla campagna? Con questo terzo livello di valutazione non si tenta ancora di provaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

184

re che la campagna ha un impatto sui comportamenti sociali, bens di ricavare indizi in questo senso dal fatto che i soggetti esposti alla campagna riportino modifiche nelle loro conoscenze, atteggiamenti e intenzioni riguardo al comportamento oggetto della campagna. Questa terza domanda ci avvicina ulteriormente alla valutazione dei risultati ultimi della campagna, senza per arrivare a chiedersi se, grazie ad essa, si sono modificati i comportamenti sociali, oggetto del quarto livello di valutazione. I cambiamenti nei comportamenti sociali sono molto pi difficili da osservare e rilevare, specie quando questi ultimi sono socialmente indesiderabili, ma soprattutto sono difficili da attribuire in senso causale alla campagna stessa. Quando invece la valutazione cerca una risposta alla domanda di terzo livello, lobiettivo non stabilire se i cambiamenti cognitivi osservati siano stati causati dalla campagna: si suppone che lo siano, poich osservati in concomitanza con lesposizione alla campagna. Per disegnare in modo ragionato una valutazione dei cambiamenti cognitivi indotti da una campagna, spesso si utilizza una teoria del cambiamento, cio una teoria che spiega come si determinano e si modificano i comportamenti sociali6. La pi citata nel campo della valutazione delle campagne di comunicazione sociale la teoria dellazione ragionata (Theory of Reasoned Action, formulata da Ajzen e Fishbein, 1980), alla base della valutazione della National Youth Anti-Drug Media Campaign. Fig. 1 - Determinanti del comportamento individuale secondo la Theory of Reasoned Action
Convinzioni sul comportamento Le convinzioni che la persona ha sulle conseguenze prodotte dal comportamento in questione e quelle sulla desiderabilit o meno di quelle conseguenze Norme sociali Le convinzioni che la persona ha riguardo alle opinioni che gli individui per lei socialmente rilevanti hanno sul comportamento in questione Atteggiamento rispetto al comportamento Il giudizio della persona sul fatto che il comportamento sia un bene o un male

Atteggiamento degli altri Il giudizio delle persone socialmente rilevanti sul fatto che sia un bene o un male che quella persona adotti quel comportamento

Intenzioni rispetto al comportamento Le intenzioni della persona di adottare o meno il comportamento

Comportamento

Fonte: nostra traduzione di analoga figura contenuta in Coffman (2002)

CAPITOLO

185

Lo schema precedente rappresenta le determinanti del comportamento individuale secondo la teoria dellazione ragionata. Luso di questa teoria serve a mettere a fuoco i cambiamenti rilevabili tra coloro che sono esposti alla campagna, al fine di trarne indizi sul fatto che la stessa abbia un effetto positivo. Lidea di fondo che la persona esposta ad una campagna arriva a modificare il proprio comportamento oggetto del messaggio, solo se prima si verifica una catena di eventi che comincia da una migliore conoscenza del problema e finisce con lintenzione di modificare il comportamento. Il paragrafo 5 illustrer due casi in cui il successo della campagna stato valutato rilevando i cambiamenti a livello cognitivo relativi al comportamento oggetto della campagna: (a) una campagna promossa dalla Regione Toscana per sensibilizzare i cittadini alluso corretto dei farmaci; (b) la National Youth Anti-Drug Media Campaign, di cui la sezione 5.2 presenter la componente della valutazione, che rileva quali cambiamenti si siano verificati nella popolazione in termini di atteggiamenti e opinioni sulluso di droghe da parte dei giovani. D. Valutare la capacit della campagna di modificare i comportamenti. La domanda centrale alla valutazione del quarto livello pu essere formulata nel modo seguente: La campagna efficace nel senso che, grazie ad essa, si sono modificati nella popolazione i comportamenti oggetto del messaggio? Qui lenfasi della valutazione si sposta dagli aspetti di tipo cognitivo al comportamento oggetto della campagna; non ci si accontenta, infatti, della semplice prossimit temporale ma si cerca di stabilire un legame di causa-effetto, quando possibile spostando lattenzione dagli individui esposti alla campagna allintera popolazione-bersaglio. Dal punto di vista terminologico la letteratura sulla valutazione delle campagne mostra qualche incertezza nel distinguere questo livello di valutazione dal precedente. Si pu trovare, talvolta, un riferimento ad una outcome evaluation contrapposta, o comunque distinta, dallimpact evaluation. Questa distinzione ci pare di scarsa utilit, poich i termini outcome e impact sono sostanzialmente sinonimi. Ci che pu fare la differenza il tipo di outcome, cio di risultato, sul quale si vuole rilevare limpatto di una campagna di comunicazione: la differenza rilevante dal punto di vista della valutazione se si tratti di outcome immediati, definiti a livello cognitivo, o di outcome finali, definiti cio in termini di comportamento. Nella letteratura si trova anche la distinzione tra short-term outcomes e long-term outcomes (risultati di breve e di lungo periodo), che pu essere interpretata come analoga alla nostra distinzione tra il terzo e il quarto livello se per short-term outcome sintende leffetto immediato che la campagna pu avere sul piano cognitivo e per long-term outcomes si intende il risultato che la campagna ha sul comportamento sociale in questione.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

186

La distinzione tra queste due dimensioni, cognitiva e comportamentale, quella che a noi pare pi rilevante per distinguere il terzo e il quarto livello della valutazione di una campagna di comunicazione. La valutazione di quarto livello caratterizzata da una tensione di fondo tra la sua utilit e lintrinseca difficolt nel condurla. Da un lato, infatti, questo quarto livello sembra rappresentare un elemento sine qua non di qualsiasi valutazione senza cui non possibile determinare il successo ultimo di una campagna di comunicazione sociale, e quindi stabilire se valga la pena replicarla in altri luoghi o periodi di tempo. Dallaltro lato, sono evidenti le grandi difficolt che si incontrano nel realizzare questo tipo di valutazione in modo credibile. Innanzitutto, vi un problema di osservabilit dei comportamenti. Spesso le campagne sono rivolte a prevenire o ridurre comportamenti socialmente indesiderabili o addirittura illegali: chiara quindi la riluttanza a riportare correttamente tali comportamenti durante unintervista o compilando un questionario. Ma il problema principale la possibilit stessa di fare inferenza causale : per attribuire in senso causale alla campagna un cambiamento in un comportamento, sarebbe necessario depurare il cambiamento osservato dallimpatto di tutti i fattori esterni che lo influenzano, a prescindere dalla campagna. Tali fattori esterni (cio i mutamenti nel contesto sociale, culturale, demografico, economico) possono imprimere al comportamento oggetto della campagna una sua dinamica spontanea, indipendente cio dalleffettuazione della campagna stessa. Il rischio nel condurre un semplice confronto tra il comportamento osservato prima e dopo la campagna quello di attribuire alla campagna stessa meriti o demeriti che non ha. Quando la dinamica spontanea produce nel comportamento miglioramenti attribuiti erroneamente alla campagna, le si ascrivono meriti che non ha. Per fare un esempio banale, la riduzione della mortalit da incidenti stradali pu essere causata da un misto dinasprimenti delle sanzioni e di miglioramenti della tecnologia automobilistica: se questi cambiamenti esterni avvengono contemporaneamente alleffettuazione di una campagna di comunicazione per promuovere la sicurezza sulle strade, il loro effetto pu essere erroneamente attribuito alla campagna, facendola apparire efficace quando invece non lo per nulla o molto meno di quanto appare. In altre situazioni la dinamica spontanea dovuta a fattori esterni potrebbe imprimere un trend negativo al comportamento, determinandone un peggioramento durante leffettuazione della campagna: senza le opportune cautele, questo peggioramento naturale pu essere letto come fallimento della campagna, o peggio ancora come un suo effetto perverso. Per fare un esempio altrettanto banale, una campagna per la riduzione del consumo di droghe leggere pu inserirsi in una fase in cui tale consumo in crescita per complesse ragioni culturali e sociali: la
CAPITOLO

187

campagna di comunicazione potrebbe correggere solo lievemente questo trend negativo senza per invertirne la direzione. Sarebbe quindi efficace, pur in presenza di un peggioramento complessivo del fenomeno in questione. Tuttavia, se si conduce un semplice confronto prima-dopo, la conclusione sar che la campagna inefficace o addirittura dannosa. In entrambe le situazioni (dinamica spontanea positiva o negativa) lunica possibilit per stimare in modo plausibile leffetto netto della campagna quello di condurre unanalisi di tipo controfattuale, confrontando il comportamento dopo la campagna con quello che si sarebbe osservato senza. Questanalisi tuttavia non sempre possibile: la sua fattibilit dipende in modo cruciale dalle caratteristiche stesse del fenomeno e della campagna che si vuole valutare. In particolare, quanto pi la campagna universale (e quindi non possibile trovare un gruppo di soggetti non esposti ad essa) e il fenomeno ha una sua dinamica variabile nel tempo, tanto pi sar difficile condurre questo tipo di analisi. Per questa ragione la gran parte delle valutazioni esistenti si fermano sostanzialmente al terzo livello, facendo solo qualche timido tentativo di misurazione degli effetti sul comportamento. Il paragrafo 6 illustrer due casi in cui si fatto un tentativo di valutare il successo della campagna, stimando leffetto sul comportamento oggetto della stessa: (a) una campagna condotta in Norvegia per contrastare luso di sostanze alcoliche abusive, che stata valutata confrontando la prevalenza delluso e dellacquisto di sostanze alcoliche prodotte abusivamente o importate di contrabbando, prima e dopo la campagna; (b) la National Youth Anti-Drug Media Campaign, di cui la sezione 6.2 presenter la parte della valutazione che rileva leffetto avuto sulluso di droghe da parte dei giovani e sui comportamenti dei genitori rispetto ai figli. 3. Casi di valutazione dellefficacia comunicativa della campagna 3.1 La messa a punto del messaggio della campagna Youth Against Tobacco La maggior parte degli adolescenti che non cominciano a fumare, non fumeranno mai da adulti. Questa conclusione, risultato di ricerche sul campo svolte in vari Paesi negli ultimi decenni, stata alla base della campagna Youth Against Tobacco (YAT), promossa dalla Louisiana State Games Foundation7, rivolta a ragazzi dagli undici ai diciotto anni e realizzata nel periodo 1999-2001. Lobiettivo della campagna YAT stato quello di disincentivare il fumo fra gli adolescenti dellarea metropolitana di New Orleans, partendo dalla consapevolezza anche questa supportata da significativi risultati di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

188

ricerca del ruolo determinante della pubblicit, e in generale delle attivit promozionali svolte dalle case produttrici di sigarette, nellindurre gli adolescenti ad iniziare a fumare. La strategia di comunicazione adottata si cos basata sul counter-advertising, secondo modalit che avevano gi dato prova di successo in varie campagne di comunicazione sociale realizzate negli Stati Uniti e anchesse riportate in letteratura8. I will not be a target!, cio Non sar io il bersaglio! (delle campagne pubblicitarie a favore del fumo), era la parola dordine della campagna YAT, il cui logo e i cui messaggi sono stati veicolati tramite pannelli esposti nel corso di eventi sportivi organizzati dalla Louisiana State Games Foundation, ma anche tramite t-shirts, manifesti e un sito, che a sua volta rimandava a ulteriori siti informativi. Per inciso va segnalato che, circa sei mesi dopo la conclusione della campagna YAT, stata realizzata unindagine finalizzata a valutarne gli effetti sul piano del grado di esposizione e soprattutto dei cambiamenti cognitivi e comportamentali indotti nei soggetti esposti. Riguardo ai due ultimi aspetti, i risultati evidenzierebbero un modesto livello di impatto, dunque di successo, della campagna9. Nella progettazione della campagna YAT una particolare attenzione stata posta alla fase che in questo capitolo abbiamo definito di message testing. Nella fase preliminare, basandosi sulla letteratura esistente e su consulenti con esperienza sul campo, sono stati predisposti quattro messaggi e un logo, destinato questultimo ad essere sistematicamente veicolato insieme al messaggio di volta in volta proposto10. Fig. 2 - Il logo della campagna Youth Against Tobacco

CAPITOLO

189

I testi dei messaggi elaborati nella fase preliminare, erano i seguenti: Le case produttrici di sigarette si conquistano la fedelt dei clienti usando la sigaretta come mezzo di trasporto della nicotina. Pensaci! dimostrato che il fumo peggiora la funzionalit polmonare e riduce le prestazioni atletiche. Non fumarti le tue possibilit sportive. Pensaci! Sai come hanno risposto i dirigenti delle aziende produttrici di sigarette quando stato chiesto loro perch non fumano? Lasciamo questo diritto ai giovani e agli scemi. Pensaci! 7 000 abitanti della Louisiana muoiono ogni anno a causa del fumo. Vuoi essere tu il cliente che li rimpiazza? Pensaci! 11 Per migliorare lefficacia di questi messaggi si passati alla fase di message testing, che ha avuto come obiettivi valutare quanto i messaggi fossero capiti, quale peso avessero sul piano dellimpatto personale e culturale, e quali punti di forza e di debolezza presentassero. Il primario strumento di indagine utilizzato, sono stati i focus group. Il focus group (colloquio/intervista di gruppo o gruppo mirato) rientra fra le tecniche impiegate nelle ricerche qualitative per raccogliere informazioni e suggestioni prive di significativit statistica ma talvolta molto utili e difficilmente acquisibili con limpiego di altre tecniche, specie grazie alla possibile interazione fra i partecipanti. Durante il focus group un ristretto numero di persone in target, guidato da un moderatore, invitato ad esprimere le proprie opinioni in un clima informale e in piena libert e a fornire il proprio contributo sullargomento specifico oggetto della discussione. Il numero dei partecipanti varia normalmente fra sei e dodici e la durata del focus group generalmente compresa fra unora e mezza e due ore. Il moderatore coadiuvato da un verbalizzatore, che prende nota degli interventi e degli aspetti salienti che caratterizzano il colloquio e i singoli contributi (come segni non verbali, clima psicologico generale, intensit degli interventi, eventuali momenti di particolare tensione emotiva). Possibilmente, e previa autorizzazione di tutti i partecipanti, il focus group viene fonoregistrato, per consentire una successiva accurata verbalizzazione e una conseguente migliore analisi dei risultati. I focus group realizzati nella fase di message testing della campagna YAT hanno coinvolto in totale 24 adolescenti, tutti volontari, ai quali stato garantito lanonimato. Tre i focus group, ciascuno con otto partecipanti, condotti da un moderatore che ha proposto loro cinque domande aperte, finalizzate a capire quanto ognuno dei quattro messaggi risultasse o fosse considerato comprensibile, significativo, memorizzabile e/o accettabile nel suo contenuto12. Queste le domande proposte agli adolescenti nel corso dei focus group: C qualche parte del messaggio che ti piace particolarmente?
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

190

C qualcosa nel messaggio che non ti piace? Qual lidea davvero importante che ogni messaggio cerca di trasmettere? Secondo te, c qualcosa in particolare del messaggio che vale la pena di ricordare? C qualcosa di non troppo chiaro in qualche messaggio? 13 La durata di ogni focus group stata di circa trenta minuti. Per incentivare la loro piena collaborazione, ai partecipanti, la cui et andava dai 12 ai 16 anni, stato offerto un pranzo. I partecipanti di uno dei focus group erano prevalentemente bianchi; quelli degli altri due afro-americani. Tutte le discussioni svolte nel corso degli incontri sono state fonoregistrate e successivamente trascritte. Si quindi passati allidentificazione tematica delle osservazioni e delle opinioni espresse, alla loro categorizzazione e codificazione e allanalisi dei risultati. Le reazioni dei partecipanti ai focus group sono state in generale positive. Meno favorevoli per quanto riguarda i messaggi: Le case produttrici di sigarette si conquistano la fedelt, e Sai come hanno risposto i dirigenti Del contenuto di questi due messaggi, infatti, non stato segnalato nulla che piacesse in modo particolare, n che valesse la pena di essere ricordato. Si registrata anche la difficolt a cogliere lidea base del messaggio. Molti partecipanti hanno inoltre detto di essere confusi dalluso dellespressione mezzo di trasporto14 o addirittura offesi, ingenerando di conseguenza in loro reazioni negative, per luso del termine scemi. Il messaggio dimostrato che il fumo peggiora la funzionalit polmonare, invece, ha raccolto generalizzate reazioni positive: il messaggio piaciuto, la sua idea base stata compresa e i partecipanti hanno segnalato che alcune sue parti valevano la pena di essere tenute a mente. La non significativit statistica dei focus group non impedisce che possano risultare utili e appropriati per la messa a punto definitiva dei messaggi. Sulla base dei risultati di message testing sopra descritti, infatti, i responsabili della campagna sono stati indotti ad apportare diversi cambiamenti, anche piuttosto rilevanti, al testo dei messaggi. I messaggi Le case produttrici di sigarette si conquistano e Sai come hanno risposto i dirigenti, sono stati definitivamente abbandonati. Il messaggio dimostrato che il fumo peggiora, stato invece trasformato in questi due differenti messaggi: dimostrato che il fumo peggiora la capacit polmonare e riduce le prestazioni atletiche e Non fumarti le tue possibilit sportive. Stai lontano dalle sigarette. Pensaci! 15 Nonostante il fatto che alcuni partecipanti ai focus group avessero definito confusa lespressione il cliente che li rimpiazza16, il messaggio 7 000 residenti della Louisiana muoiono ogni anno piaceva particolarmente al direttore della Louisiana State Games Foundation ed perci stato utilizzato nella campagna, cos trasformato: Lindustria delle sigarette perde
CAPITOLO

191

ogni anno 400 000 clienti, che muoiono per avere usato i loro prodotti. Vuoi essere tu il cliente che li rimpiazza? 17 Per quanto riguarda il logo, quello proposto inizialmente ha raccolto adeguati consensi ed stato quindi utilizzato nella campagna, senza apportarvi alcuna variazione. 3.2 La prima fase della National Youth Anti-Drug Media Campaign Lanciata nel 1998 con un ampio consenso bipartisan da parte del Congresso americano, la National Youth Anti-Drug Media Campaign rappresenta uno sforzo senza precedenti da parte del governo federale americano, per prevenire luso di sostanze stupefacenti da parte dei giovani mediante unarticolata e massiccia campagna di comunicazione sociale. La regia della campagna stata affidata ad unagenzia federale, lOffice of National Drug Control Policy, ma questa agenzia ha ricercato lattiva collaborazione di molti altri attori della societ civile, tra cui la comunit accademica, che ha garantito una solida base scientifica allimpostazione complessiva data alla campagna e poi alla sua valutazione; i grandi studi pubblicitari privati, impegnati a fornire gratuitamente la loro consulenza al disegno dei molteplici messaggi pubblicitari; e soprattutto i media, a cui stato chiesto di compensare con altrettanto spazio pubblicitario gratuito, quello acquistato dalla campagna. Le componenti principali della campagna di comunicazione sono: una massiccia presenza pubblicitaria su televisione, radio e stampa, che ha coinvolto pi di 1300 organizzazioni dei media, nazionali e locali lo sforzo per far risaltare la campagna sui notiziari televisivi, radiofonici e sulla stampa uninnovativa presenza su internet, con la creazione di siti web dedicati ai teenager e ai loro genitori, laccesso ai quali era favorito mediante i link realizzati dagli innumerevoli partner della campagna (ad esempio siti molto popolari tra i teenager quali MTV.com e CosmoGirl.com, o motori di ricerca quali Google e Yahoo) la sensibilizzazione dellindustria del divertimento, perch includa temi vicini alla campagna nei suoi prodotti di intrattenimento rivolti ai giovani la partnership con innumerevoli organizzazioni non governative operanti sul territorio (dai Boy Scouts allassociazione di categoria dei medici pediatri), che garantiscono la distribuzione capillare del materiale informativo ai loro membri e affiliati lo sforzo mirato di raggiungere e sensibilizzare i genitori sui luoghi di lavoro, dove essi trascorrono gran parte del loro tempo e dove i datori di lavoro stessi possono essere coinvolti, in base alla considerazione
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

192

che genitori preoccupati per i problemi di droga dei figli diventano anche lavoratori meno produttivi. La campagna stata articolata in tre fasi successive, di cui due preliminari e una a regime. La fase I (gennaio-luglio 1998) un progetto-pilota realizzato in 12 citt, destinato a mettere a punto il messaggio della campagna e a verificare la maggiore efficacia della pubblicit a pagamento rispetto a quella offerta gratuitamente, sotto forma di Public Service Announcement (Pubblicit Progresso). La fase II (luglio-dicembre 1998) estende la campagna ad unaudience nazionale, diffondendo pi di 80 messaggi pubblicitari su una variet di media (televisione, Internet, giornali e sale cinematografiche). Lo scopo validare il messaggio sviluppato nella prima fase e verificarne la presa sul pubblico. La fase III (settembre 1999 - marzo 2004) vede la campagna dispiegare tutti i suoi strumenti in modo integrato, non limitandosi quindi alla pubblicit sui media, ma estendendo il suo messaggio mediante varie forme di coinvolgimento dei giovani nelle scuole, sul territorio, nei luoghi di incontro e divertimento e on line. Tutte le fasi della campagna sono state sottoposte ad una scrupolosa e rigorosa valutazione, cui sono state dedicate ingenti risorse. Tale valutazione era, infatti, prevista esplicitamente dalla legge istitutiva, che conteneva una specifica clausola secondo cui il Direttore dellONDCP riferir al Congresso entro due anni sullefficacia della campagna di comunicazione. La valutazione delle prime due fasi stata gestita direttamente dai tecnici dellONDCP con laiuto di consulenti esterni, mentre quella relativa alla fase III stata affidata, con bando di gara, congiuntamente a Westat, importante centro di ricerca e indagini statistiche privato, e alla Annenberg School for Communication dellUniversit della Pennsylvania. Di questa valutazione tratteremo successivamente nelle sezioni 5.2 e 6.2. In questo paragrafo illustriamo il disegno e i principali risultati della valutazione della fase I, caratterizzata subito da un grande impegno di risorse e di attenzione per cogliere nuovi spunti da applicare alle fasi successive. La fase I si svolge in 12 aree metropolitane18, scelte per essere rappresentative delle diverse realt urbane degli Stati Uniti e dura i primi sei mesi del 1998. Consiste nella massiccia diffusione, nelle aree prescelte, di spot televisivi sviluppati in precedenza da un consorzio di organizzazioni che si battono contro la droga (la Partnership for Drug-Free America). Rispetto a questi spot pubblicitari, la fase I della campagna vuole testare essenzialmente due ipotesi: a) la loro supposta maggiore efficacia se trasmessi come spot a pagamento nelle ore di maggior copertura per ognuno dei tre gruppi-bersaCAPITOLO

193

glio della campagna (alunni delle elementari, teenager, e i loro genitori), anzich gratuitamente come Public Service Announcements (un equivalente dellitaliana Pubblicit Progresso) a discrezione della rete televisiva b) la capacit di ciascuno di essi di essere ricordati dalla propria audience specifica e di influenzarne il livello di consapevolezza rispetto al problema della droga tra i giovani. Lobiettivo perseguito dalla campagna quello di raggiungere il 90% di ciascuno dei tre gruppi-bersaglio con una media di 4 spot a settimana. La valutazione della fase I della campagna consta di tre componenti: una quantitativa, che consiste in interviste effettuate su campioni rappresentativi di bambini del quarto, quinto e sesto anno della scuola dellobbligo e teenager dal settimo al dodicesimo anno di scuola, e in uninchiesta telefonica su un campione rappresentativo di genitori con figli minori di 18 anni una qualitativa, che prevede focus group condotti con soggetti appartenenti ai tre gruppi-bersaglio e interviste in profondit a personaggi-chiave delle comunit locali; un monitoraggio sistematico delleffettiva trasmissione degli spot anti-droga sui canali televisivi prescelti. Una caratteristica saliente della raccolta dei dati, quantitativi e qualitativi, per la valutazione, il fatto di essere condotta contemporaneamente sia nelle 12 citt oggetto della campagna, sia in altre 12 citt19 scelte con caratteristiche simili alle precedenti, e ad esse abbinate, dove per non siano visibili gli spot promossi e finanziati dalla campagna. Il confronto sistematico tra i dati raccolti prima e dopo la fase I, in entrambi i gruppi di citt, consente di raggiungere stime pi convincenti dellefficacia comunicativa della campagna stessa. Lidea fondamentale di questo disegno valutativo quella della differenza-nelle-differenze. Consideriamo il problema di stabilire lefficacia di uno spot X, trasmesso ripetutamente a pagamento in una fascia oraria appropriata per un certo gruppo, rispetto allo stesso spot, non adottato dalla campagna, e quindi o non trasmesso o trasmesso come pubblicit progresso in altre fasce orarie. Poniamo che la variabile rispetto alla quale vogliamo stimare lefficacia dello spot X sia il livello di consapevolezza di un certo aspetto del problema-droga, misurato mediante la risposta ad una specifica domanda (In che misura questo aspetto rappresenta per te un problema?). Lefficacia dello spot X sulla consapevolezza si pu misurare calcolando in un primo tempo la differenza tra il livello di consapevolezza che emerge nelle citt trattate dopo leffettuazione della campagna e quello emerso prima della diffusione massiccia dello spot X. Tuttavia ci non basta, perch il livello di consapevolezza sarebbe potuto aumentare (o diminuire) per altre cause: si evita questo rischio con
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

194

la differenza osservata nelle citt non soggette alla campagna, che va sottratta da quella osservata nelle citt trattate. Questo ambizioso disegno di valutazione stato adottato in particolare per la componente quantitativa, che consistita di un grande numero di interviste effettuate con studenti e genitori. Lindagine precampagna (baseline) stata condotta alla fine del 1997 nelle 24 citt (12 trattate e 12 di controllo), coinvolgendo circa 18 000 studenti e 4 000 genitori, i primi sentiti a scuola e i secondi mediante interviste telefoniche. Due campioni di dimensioni analoghe (ma composti di soggetti diversi) sono poi intervistati alla conclusione della campagna, nella tarda primavera del 1998. Le domande intendono misurare il livello di consapevolezza del problema-droga e la reazione ai diversi spot pubblicitari trasmessi. Durante lintervista, lo specifico spot viene richiamato mediante una breve descrizione del suo contenuto, ad esempio Un ragazzino torna a casa prendendola molto alla larga, passando sopra innumerevoli steccati e per vie secondarie, per evitare di incontrare gli spacciatori nel suo quartiere20. Seguono ad ogni descrizione domande specifiche sullo spot, cominciando da quella riguardante il ricordo. Ogni gruppo-bersaglio viene interpellato su diversi spot: quattro spot per i bambini, sei spot per gli adolescenti e cinque per i genitori. Il risultato che emerge complessivamente quello di una notevole efficacia comunicativa degli spot sostenuti e pagati dalla campagna. Il ricordo (recall) degli spot anti-droga aumentato notevolmente nelle citt trattate rispetto a prima dellinizio della campagna, mentre nelle citt nel gruppo di controllo la situazione non sostanzialmente cambiata tra la fine del 1997 e la primavera del 1998. Sono interessanti le forti differenze che emergono nellefficacia comunicativa, relativamente ai diversi spot. Il rapporto conclusivo di valutazione contiene dati dettagliati su ogni spot in ogni citt21 e rappresenta un notevole patrimonio di informazione per ritarare il contenuto della campagna prima del suo lancio a livello nazionale. La componente qualitativa della valutazione della fase I consiste in focus group e interviste in profondit. Otto focus group sono condotti in ciascuna delle 24 citt, e con ciascuno dei tre gruppi-bersaglio. In totale vengono svolti ben 576 focus, che coinvolgono circa 4 600 persone, tra bambini delle elementari, teenager e genitori. Vengono poi condotte circa 1 800 interviste con testimoni privilegiati e professionisti che, per varie ragioni, sono informati sulla realt locale del problema-droga. Il rapporto di valutazione si conclude con una dettagliata esposizione delle lessons learned, delle lezioni apprese dalla valutazione della fase I. Ad esempio, una lezione che emerge chiaramente, la diversa percezione dellefficacia degli spot a seconda dellet del soggetto. I bambini
CAPITOLO

195

della scuola elementare e i genitori percepiscono gli spot come efficaci, molto di meno invece i teenager. Dai focus group condotti con i teenager stessi emergono alcune raccomandazioni per rendere il messaggio pi efficace, tra cui: includere rappresentazioni pi crude dei pericoli e delle conseguenze fisiche delluso di droghe coinvolgere gli stessi teenager nella preparazione degli spot utilizzare come attori per gli spot, non grandi celebrit nazionali (che lo rendono poco realistico), ma personaggi conosciuti ai teenager a livello locale rendere il setting degli spot il pi possibile locale e riconoscibile dai suoi destinatari. Unaltra delle lezioni apprese in questa fase esplorativa riguarda la difficolt di individuare spot efficaci contro la marijuana, in particolare per i teenager, i quali la ritengono in generale altamente accettabile. Questo problema sar affrontato negli sviluppi successivi della fase III della campagna, mediante uno sforzo mirato, definito appunto Marijuana Iniziative. 4. Casi di valutazione del grado di esposizione alla campagna 4.1 La campagna svizzera STOP AIDS del 2000-2001 Varata nel 1987 e tuttora in corso, la campagna Stop Aids costituisce lasse portante della strategia di prevenzione adottata dallUfficio Federale della Sanit Pubblica (OFSP) della Confederazione Elvetica. Limpegno di spesa medio annuo per la realizzazione della campagna nel periodo 1987-2003 stato di quasi 4 milioni di franchi svizzeri. Per lungo tempo incentrata sulla semplice promozione del preservativo e concentrata in uno specifico periodo dellanno, dal biennio 20002001 la campagna ha subito unevoluzione. Gli aspetti salienti della trasformazione sono stati lampliamento degli argomenti trattati comunque sempre legati alla lotta allAids e la diffusione dei messaggi nellarco dellintero anno. Il medium di comunicazione prevalente, accanto a televisione e internet, rimasta la stampa. Come negli anni precedenti la campagna ha coinvolto le aree linguistiche francese, tedesca e italiana della Confederazione22. Il cambiamento di strategia adottato ha indotto i responsabili dellOFSP a promuovere uno studio molto articolato, realizzato da Anya Ensmann e Massimo Sardi dellInstitut Erasm, finalizzato a valutare la campagna 2000-2001, anche in raffronto alle precedenti, con particolare riguardo allesposizione e al gradimento dei messaggi da parte della popolazione23.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

196

Per realizzare lindagine stato scelto un campione rappresentativo di cittadini della confederazione elvetica, di et compresa fra i 16 e i 55 anni. La metodologia adottata stata quella delle interviste dirette (face-to-face): ne sono state realizzate circa 800, che hanno permesso di testare 6 dei 17 annunci diffusi nel corso della campagna 2000-2001. La scelta di limitare a 6 il numero di annunci stata dettata da ragioni di budget. Tra i criteri in base ai quali stata operata la selezione, figurano la diffusione recente e il taglio provocatorio dellannuncio, limportanza del tema trattato, ma anche i dubbi degli addetti ai lavori sulla sua efficacia comunicativa. Gli annunci della campagna oggetto di indagine, inclusi i sei selezionati per la valutazione, erano caratterizzati da una grande immagine seguita da una scritta relativa al tema specifico trattato, dallo slogan della campagna (nella versione italiana Proteggi il tuo prossimo come te stesso) e dal marchio della campagna STOP AIDS. Ad esempio un annuncio, incentrato sul tema dei medicinali, raffigurava una grande quantit di pastiglie colorate, seguite dallimmagine di un profilattico e dalla scritta (nella versione italiana): LE PASTIGLIE SOPRA HANNO EFFETTI COLLATERALI. IL PRESERVATIVO SOTTO NO. La medicina ha fatto grandi progressi nella lotta contro lAids. Per fortuna. Ma non dimentichiamoci che il preservativo e rimane il rimedio pi efficace contro questa malattia. E non ha effetti collaterali. Proteggi il tuo prossimo come te stesso. seguita dal marchio STOP AIDS. Un altro annuncio, finalizzato a promuovere il sito internet realizzato ad hoc, raffigurava una videata di computer seguita dalla scritta: SE PASSATE LE SERATE DA SOLI A NAVIGARE IN INTERNET, ALLORA QUESTO SITO NON VI SERVE. Il nuovo sito Internet Stop Aids contiene molte informazioni utili sullAids e il divertente gioco Catch the Sperm. Si sa, con gli spermatozoi non si scherza. A parte in Internet, naturalmente. Proteggi il tuo prossimo come te stesso. seguita a sua volta dal marchio STOP AIDS24.
CAPITOLO

197

Lindicatore utilizzato per misurare il grado di esposizione dunque la visibilit della campagna stato il tasso di notoriet (in francese taux de notoriet o taux de rminescence), definito come percentuale di intervistati che dichiarano di ricordare lesistenza della campagna o il contenuto di specifici annunci. La valutazione stata di tipo selettivo, grazie alla scelta di un campione casuale che permettesse di rilevare anche eventuali differenze significative nel grado di esposizione della campagna, tra le popolazioni delle tre aree linguistiche che compongono la Confederazione Elvetica25. Nel corso delle interviste si sono dapprima registrate le risposte spontanee. Successivamente, e quando necessario, gli intervistatori hanno proceduto a sollecitare le risposte mediante opportuni stimoli. Lindagine ha messo in luce un significativo ridimensionamento nel grado di esposizione della campagna 2000-2001 rispetto a quelle immediatamente precedenti. Il tasso di notoriet totale26 tra la popolazione svizzera evidenzia infatti un valore rilevante (77%), inferiore per ai valori registrati nel 1999 e nel 1997 (rispettivamente 85% e 93%). Lo studio evidenzia tuttavia come sia la componente di notoriet spontanea ad essersi ridimensionata. Come per gli anni precedenti, i media pi citati da chi ricorda la campagna risultano gli spot televisivi e le inserzioni sulla carta stampata. Di tutti gli elementi della campagna, quelli maggiormente ricordati, in sintonia con quanto gi registrato negli anni precedenti, risultano lo slogan STOP AIDS e il preservativo rosa, logo della campagna stessa. Passando dal grado di esposizione della campagna a quello dei singoli annunci esaminati, alla domanda Ha visto questi annunci? seguita dalla presentazione dei titoli dei sei annunci, hanno risposto positivamente a seconda dellannuncio dal 4 al 20% degli intervistati27. Anche qui i valori di visibilit sono significativamente inferiori rispetto a quelli registrati negli anni precedenti: bisogna per considerare che gli annunci della campagna 2000-2001 esaminati, sono poco pi di un terzo di quelli realizzati e che comunque in media il 47% degli intervistati (con punte del 57% nella fascia di et 25-35 anni), ha dichiarato di avere visto almeno uno fra i sei annunci che gli sono stati presentati. Un interessante aspetto messo in luce dallindagine la rilevante disomogeneit del grado di esposizione della campagna nelle tre aree linguistiche. Il valore medio del 47% appena citato, sale al 49% fra gli svizzeri tedeschi mentre scende al 44% e al 32% rispettivamente tra gli svizzeri francesi e italiani. A questa si accompagna una ulteriore disomogeneit nel grado di esposizione dei diversi annunci fra le tre aree linguistiche. Anche la gerarchia della visibilit stimata dei sei annunci, in altre parole, risulta differire da unarea allaltra28.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

198

Va infine segnalato che il grado di esposizione della campagna risultato positivamente correlato al grado di istruzione della popolazione. Questo esito stato giudicato coerente con il fatto che il medium maggiormente utilizzato per veicolare gli annunci, sia stato quello pi intellettuale, cio la carta stampata. Il gradimento degli annunci esaminati stato valutato dapprima raccogliendo impressioni e considerazioni spontanee da parte degli intervistati. Successivamente ponendo loro domande specifiche (evaluation assiste). La campagna in generale ha riscosso un apprezzamento decisamente elevato. Anche la maggior parte dei singoli annunci ha avuto giudizi positivi: gli annunci sono stati infatti considerati dalla maggioranza degli intervistati interessanti, chiari anche grazie al buon equilibrio tra testo e immagine e adeguati allo scopo della campagna anti-AIDS29. Le eccezioni sono rappresentate da due annunci che, pur essendo stati considerati dagli intervistati di forte impatto, sono per risultati poco chiari e/o interessanti e non sono stati ben capiti30. Dalla valutazione complessiva di STOP AIDS 2000-2001, emergono alcune indicazioni operative per migliorare le potenzialit di esposizione alla campagna: dedicare una maggiore attenzione alle traduzioni e pi in generale ad adeguare i messaggi alle specificit culturali delle tre aree linguistiche dare maggior spazio visivo al marchio STOP AIDS (STOP SIDA in francese), cos da rendere gli annunci pi immediatamente riconoscibili, rafforzando il senso di unit della campagna ridefinire il media-mix della campagna, utilizzando simultaneamente carta stampata, affiches murali, cinema e televisione. 4.2 La fase II della National Youth Anti-Drug Media Campaign La fase II della campagna estende i messaggi della fase-pilota ad unaudience nazionale e si svolge anchessa per un periodo limitato di tempo (dal luglio 1998 ai primi mesi del 1999), il che ne sottolinea il carattere ancora sperimentale e non definitivo (la fase III si estender infatti per oltre quattro anni). Presenta molte caratteristiche della fase I, in particolare la strategia di indirizzare in modo massiccio un numero limitato di spot alle popolazioni-bersaglio nelle ore di maggior fruizione del mezzo televisivo. Le differenze principali rispetto alla fase I, oltre al carattere nazionale, sono lacquisto di spazi pubblicitari sui quotidiani (circa 100 testate), sulla stampa periodica, in particolare quella destinata ai giovani e nelle sale cinematografiche. Appare la presenza su internet, che verr sviluppata nella fase III. Scopi principali della valutazione della fase II sono verificare il grado
CAPITOLO

199

di esposizione effettivo da parte dellaudience cui il messaggio diretto, e cominciare a testare se, in concomitanza con lesposizione alla campagna, si manifestino indizi di cambiamenti di consapevolezza nei confronti del problema-droga. Il fatto di essere condotta come una campagna a livello nazionale esclude luso dellapproccio differenza-nelle-differenze utilizzato nella fase I. Quindi, paradossalmente, dal punto di vista valutativo il disegno della fase I pi robusto rispetto a quello della fase II, a parte il fatto di essere condotto in sole 12 citt e quindi di non essere facilmente estendibile allintera nazione. Nel gergo della valutazione, i risultati della fase II guadagnano in termini di validit esterna (o generalizzabilit) sacrificando qualcosa alla validit interna (o attribuzione di causalit). Laspetto quantitativo della valutazione prevalente rispetto a quello qualitativo. Si fa, infatti, ricorso a un numero massiccio dinterviste per ottenere stime rappresentative a livello nazionale. Vengono selezionate a caso 175 contee e intervistati presso le scuole di queste contee circa 45 000 studenti, dalla quarta elementare allultimo anno delle superiori. Anche in questo caso condotta una baseline nel maggio-giugno del 1998 (prima del lancio della campagna a livello nazionale) e un followup negli ultimi mesi del 1998. Le scuole coinvolte nelle due survey sono le stesse, ma gli studenti selezionati sono diversi nelle due occasioni, per evitare che le risposte date alla prima influenzino quelle date alla seconda, creando potenzialmente una distorsione. Il contenuto delle domande fatte agli studenti intervistati riguarda soprattutto il livello di esposizione agli spot anti-droga trasmessi dai media. e le loro percezioni e atteggiamenti verso luso di droghe. Vengono poi intervistati telefonicamente circa 8 500 genitori, scelti a caso mediante il random digit dialing, cio generando a caso i numeri di telefono mediante un computer. Questo sistema garantisce che il campione selezionato rappresentati la popolazione che possiede un telefono. Anche nel caso dei genitori, i due campioni sono di uguale grandezza ma composti da differenti individui nelle due occasioni. Il rapporto di valutazione tradisce nel titolo (Investing in Our Nations Youth Investire nei giovani della nostra nazione) la funzione politica del rapporto stesso, che deve soddisfare lesplicito mandato a riferire al Congresso, inserito nella legge istitutiva della campagna. Il rapporto, infatti, porta come unico autore ufficiale il nome di Barry McCaffrey, Direttore dellOffice of National Drug Control Policy, la figura istituzionale che, secondo la legge, ha il compito di riferire al Congresso sullefficacia della campagna di comunicazione. Tuttavia, questa veste politica non influisce sul contenuto del rapporto stesso, che di natura esclusivaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

200

mente tecnica. Un insieme di appendici contiene, tra laltro, il testo completo dei questionari utilizzati per le interviste. I risultati sono presentati nel rapporto sempre sotto forma di differenze tra follow-up e baseline nelle risposte ottenute a ciascuna domanda, evidenziando sia la significativit statistica delle differenze sia la loro rilevanza pratica dal punto di vista del successo della campagna. In generale, solo aumenti o diminuzioni superiori al 5% rispetto al valore osservato nella baseline, sono considerati praticamente rilevanti, al di l della loro mera significativit statistica. Ad esempio, la percentuale dei bambini (frequentanti il quarto, quinto e sesto anno della scuola dellobbligo) che risponde affermativamente alla domanda Hai imparato qualcosa dalla televisione sui pericoli della droga? passa dal 44 al 52%, un aumento in termini assoluti di 8 punti percentuali (e su questa misura si basa la significativit statistica), ma anche un aumento in termini relativi del 19% rispetto al livello pre-campagna. Per i teenager, queste stesse percentuali passano dal 25 al 30%, con un aumento in termini relativi di quasi il 21%. La percentuale di teenager che dice di aver visto uno spot contro la droga ogni giorno, passa dal 18 al 21%, un aumento modesto in termini assoluti, ma in termini relativi di un pi sostanziale 17%. Tra i genitori, la percentuale che molto daccordo con laffermazione che gli spot televisivi mi hanno dato informazioni che non avevo sulla droga passa dal 26 al 30%, con un aumento in termini relativi di quasi il 15%. Questi sono alcuni esempi di una lunghissima serie di piccoli risultati positivi, citati con dovizia di particolari allinterno del rapporto. Considerando che la campagna durata pochi mesi, dati di questo tipo suggeriscono che il messaggio scelto lascia unimpressione sullaudience a cui viene diretto e comunque sposta qualcosa in termini di consapevolezza del problema-droga, tra giovani e giovanissimi. Questi risultati non provano ancora che la campagna sia efficace nel modificare i comportamenti, ma semplicemente che ha aumentato la consapevolezza del problema e questa accresciuta consapevolezza attribuita dagli stessi intervistati alla loro esposizione alla campagna: una risposta necessaria per dare legittimazione al lancio della campagna su larga scala. 5. Casi di valutazione dellefficacia della campagna a livello cognitivo 5.1 La campagna Farmaci. Usare con cura della Regione Toscana Promossa dalla Regione Toscana e realizzata nellarco di tre mesi circa nella primavera 2002, la campagna Farmaci. Usare con cura ha come target tutti i cittadini di entrambi i sessi, e di et non inferiore a 14 anni (in totale circa 3 milioni di individui). La sensibilizzazione alluso corCAPITOLO

201

retto dei farmaci condotta impiegando una notevole variet di mezzi e strumenti di comunicazione. Oltre a manifesti murali di grandi dimensioni nelle aree urbane, pubblicit su autobus anche extraurbani e su quotidiani, distribuzione di locandine, pubblicit via internet, spot televisivi e radiofonici, invio postale a tutte le famiglie toscane di una guida allutilizzo dei farmaci, la campagna caratterizzata da azioni speciali sul territorio, quali la realizzazione di eventi, e soprattutto lutilizzo di un camion TIR attrezzato, che fa tappa in dodici piazze toscane e che, oltre ad ospitare una mostra itinerante (roadshow Fermati e informati), consente un contatto diretto tra la popolazione e gli operatori sanitari. Il messaggio principale della campagna, presente in tutti i canali di comunicazione utilizzati, rappresentato da una mano stilizzata che blocca una pillola, insieme alla scritta: Farmaci. Usare con cura. Gli altri annunci sono rappresentati da un bicchiere dacqua con dentro due supposte, in associazione alla scritta: un medicinale. Evitare luso inappropriato; da un portafoglio pieno di pillole insieme alla scritta: un medicinale. Evitare luso esagerato e, infine, da un foglietto ripiegato di istruzioni di un medicinale, utilizzato come spessore sotto la gamba di una poltrona, associato alla scritta: un medicinale. Evitare luso disinformato. Appena terminata la campagna, lArea Statistica della Regione Toscana ne ha fatto oggetto di una valutazione specifica, mediante unindagine campionaria che si conclusa ai primi di giugno del 200231. Oltre a verificare in modo approfondito e accurato il grado di esposizione della campagna, la valutazione ha indagato la sua efficacia nel produrre stimoli di tipo cognitivo, con particolare riguardo alla capacit di indurre nei cittadini esposti alla campagna stessa, il desiderio di discutere e approfondire il tema del corretto utilizzo dei farmaci. Si invece espressamente rinunciato a valutare la campagna sul piano degli effetti da essa eventualmente indotti nel modificare i comportamenti dei cittadini nellutilizzo dei farmaci, perch, come argomenta il rapporto, sarebbero di difficile quantificazione. Gli strumenti di comunicazione, diversi dalla guida inviata per posta, che risultano avere raggiunto pi persone sono stati la televisione (31,7%), i quotidiani (23,7%) e i manifesti (16,9%). Allultimo posto figura il TIR con il roadshow Fermati e informati (5,1%). Nello studio di valutazione si sottolinea, peraltro, come questa modesta percentuale non debba far dimenticare la maggiore efficacia sul piano dellinteriorizzazione del messaggio della visita al TIR rispetto alla semplice visione di un manifesto o di uno spot. Il logo della campagna (la mano con una pillola, insieme allo slogan Farmaci. Usare con cura) ricordato da quasi il 40% dei cittadini. Le altre tre immagini della campagna (con
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

202

relativo slogan) sono ricordate con percentuali variabili dal 7 al 12% circa. Quanto alla guida Farmaci. Usare con cura, lindagine evidenzia che almeno il 58% delle famiglie toscane ne ha avuto conoscenza, avendola ricevuta per posta o in altro modo (presso le ASL, le farmacie, gli ambulatori, ecc.) e che circa tre quarti di esse lha conservata. Tra i cittadini che disponevano della guida, si stima che oltre il 70% labbia letta o almeno sfogliata e che una quota importante (oltre il 30%) abbia fatto dellargomento oggetto di conversazione con parenti o amici. Latteggiamento nei confronti della guida risulta significativamente influenzato da sesso, et e livello di scolarizzazione degli intervistati. In particolare, per quanto riguarda i livelli di lettura e di discussione con parenti e amici, si registra una correlazione positiva con il crescere del titolo di studio. Va peraltro segnalato come i laureati, per i quali si registrano i pi elevati livelli di lettura e discussione, siano quelli che evidenziano il minor livello di conservazione degli opuscoli. Dei quattro messaggi che hanno connotato la campagna ha colpito maggiormente gli intervistati (34%) quello che invitava a non abusare dei farmaci e che nellannuncio era rappresentato dallo slogan: un medicinale. Evitare luso esagerato, in associazione allimmagine del portafoglio pieno di pillole. La campagna registra un livello generale di apprezzamento molto elevato: quasi il 70% del campione, infatti, la giudica molto o abbastanza utile. Sul piano degli stimoli cognitivi, oltre ad avere indotto come si visto una percentuale significativa di cittadini esposti, a discutere il tema del corretto utilizzo dei farmaci con parenti e amici, la campagna sembra avere stimolato in misura rilevante, approfondimenti o desiderio di approfondimenti e nuove informazioni sullargomento. Alla domanda Ha approfondito o pensa di approfondire il tema farmaco con il medico o il farmacista?, risponde positivamente quasi il 50% dei cittadini raggiunti (mediante opuscolo o altri mezzi) dal messaggio della campagna informativa, mentre quasi il 70% esprime il desiderio di continuare ad essere informato. Sono i giovani e i cittadini di mezza et a manifestare il maggior desiderio di ulteriore informazione, come evidenziato nella tabella che segue. Coloro che esprimono il desiderio di continuare ad essere informati, indicano linvio di materiale presso la propria abitazione quale canale di informazione preferito (32%). Seguono la televisione (26%) e il medico (21%). Questultimo, insieme al farmacista, risulta essere il canale di informazione preferito dagli anziani e dalle persone con un pi basso livello di istruzione.
CAPITOLO

203

Tabella 1 - Giudizio sullutilit della campagna e ulteriori esigenze informative espresse dai cittadini, per condizione socio-demografica
Percentuale che giudica molto utile liniziativa
Sesso Maschio Femmina Et 14-25 26-35 36-45 46-55 56-65 Oltre 65 Titolo di studio elementare media superiore laurea Totale 62,7 59,7 58,5 68,7 63,4 63,3 55,9 55,0 50,7 61,3 66,4 68,5 60,7

Percentuale che intende approfondire il tema con medico o farmacista


40,8 49,3 41,5 37,0 44,5 49,5 52,3 48,4 46,5 46,1 47,9 43,2 46,5

Percentuale che desidera ulteriori informazioni


70,2 68,2 77,5 80,1 80,6 75,9 65,9 50,1 53,2 73,5 80,2 74,7 68,9

Fonte: Area Statistica della Regione Toscana

5.2 La fase III della National Youth Anti-Drug Media Campaign: gli effetti sugli atteggiamenti dei giovani verso la droga La fase III della campagna inizia nel settembre del 1999 e si estende fino ai primi mesi del 2004. Con questa terza fase la campagna va a pieno regime, dispiegando una variet di strumenti mediatici. Pur restando centrale la pubblicit televisiva, il messaggio viene veicolato anche attraverso altre forme di pubblicit (stazioni radio, internet, stampa quotidiana e periodica, cartelloni pubblicitari, stazioni ferroviarie, sale cinematografiche, durante gli eventi sportivi) e mediante varie forme di coinvolgimento dei giovani nelle scuole, sul territorio, nei luoghi di incontro e divertimento, e on line. Rispetto alla fasi preliminari, la III vede anche uno spostamento dellattenzione sui teenager (dai 12 ai 18 anni) e sui loro genitori, e dal 2002 in poi, in particolare sulle conseguenze negative delluso della marijuana. Questa sorta di campagna nella campagna viene definita come la Marijuana Initiative ed in parte motivata dai risultati della valutazione della fase II, che mostrano come la campagna non abbia alcun effetto sugli atteggiamenti dei teenager nei confronti di questo tipo di sostanza
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

204

stupefacente, considerata cruciale nel processo di iniziazione dei giovanissimi alla droga. La valutazione di questa fase della campagna affidata, con bando di gara, ad un consorzio di due organizzazioni: Westat, un centro specializzato nel disegno e conduzione di indagini statistiche sulle famiglie, e la Annenberg School for Communication, un centro universitario specializzato in scienza della comunicazione, affiliato allUniversit della Pennsylvania32. La principale fonte di dati per la valutazione della fase III consiste in una survey condotta a livello nazionale su un campione rappresentativo di famiglie, la National Survey of Parents and Youth (NSPY), realizzata specificamente per questa valutazione. A differenza delle indagini condotte per le due fasi precedenti, che vedevano i giovani intervistati a scuola e i genitori per telefono, la NSPY estrae un campione rappresentativo di famiglie utilizzando procedure standard di campionamento geografico, e poi intervista personalmente uno o due ragazzi di et compresa tra 9 e 18 anni (scelti a caso tra quelli presenti nelle famiglie selezionate) e uno dei genitori, ugualmente scelti a caso. I colloqui sono condotti nella residenza delle persone individuate, utilizzando una tecnologia di avanguardia. Lintervistatore fornisce un computer portatile collegato a cuffie acustiche al soggetto, sia esso un ragazzo o un genitore, che pu ascoltare le domande senza che altri membri della famiglia o il conduttore del colloquio possano sentire, e fornire le sue risposte non oralmente, bens toccando lo schermo del computer portatile. Questo garantisce al massimo la privacy dellindividuo e consente di rivolgergli domande, anche delicate, ad esempio riguardanti luso di droghe o lintenzione di usarle, con la ragionevole speranza di ottenere risposte veritiere. La dimensione totale del campione di circa 8 000 giovani e 5 600 genitori, intervistati per la prima volta in tre momenti successivi, rispettivamente nella prima e seconda met del 2000 e nella prima met del 2001. Questi rappresentano i tre scaglioni di reclutamento degli intervistati che, presi assieme, forniscono una baseline per la valutazione. Il tasso di risposta ottenuto in questi tre scaglioni iniziali attorno al 65%, un risultato considerato soddisfacente rispetto agli standard prevalenti. La procedura di campionamento e di successiva ponderazione per compensare le non-risposte, garantisce che il campione intervistato sia rappresentativo della popolazione di circa 40 milioni di ragazzi tra 9 e 18 anni e dei 43 milioni di loro genitori, che insieme rappresentano la popolazione-bersaglio della campagna. Ogni scaglione iniziale di intervistati viene risentito in due occasioni successive, lultima della quali copre la prima met del 2003. Circa l80% di coloro che rispondono alle interviste di reclutamento reintervistato con successo nelle due occasioni successive. Questo complesso disegno
CAPITOLO

205

fornisce due tipi dinformazioni: da un lato consente di costruire un trend nei comportamenti e negli atteggiamenti rilevati in ciascuno dei sette semestri dallinizio del 2000 alla met del 2003; dallaltro permette di condurre analisi di tipo longitudinale, confrontando le risposte date durante colloqui successivi da uno stesso individuo. Alcune delle analisi condotte richiedono, ad esempio, di mettere in relazione lesposizione alla campagna rilevata durante unintervista, con il comportamento o latteggiamento rilevato nel corso della successiva, per verificare lesistenza di un effetto ritardato della campagna. Il questionario della NSPY rivolto ai ragazzi, contiene innanzitutto domande sullesposizione alla campagna, con lintento non pi di tarare il relativo messaggio, bens di testare se la maggiore o minore esposizione alla campagna correlata significativamente con gli atteggiamenti pi o meno negativi nei confronti della droga e con il suo livello di utilizzo. Il grado di esposizione alla campagna viene rilevato riproducendo sul computer portatile alcuni degli spot pubblicitari della campagna e chiedendo allintervistato il grado di conoscenza dello spot. Il resto del questionario contiene batterie di domande tese a rilevare, da un lato gli aspetti cognitivi (convinzioni, atteggiamenti e intenzioni rispetto alluso di droghe) e dallaltro i concreti comportamenti in questo senso. Il questionario rivolto ai genitori, oltre alle domande sullesposizione alla campagna, ne contiene altre sui tre comportamenti ritenuti fondamentali da parte dei genitori (sulla base delle teorie pedagogiche esistenti) per contribuire a contrastare il coinvolgimento dei loro figli nelluso di droghe: parlare con loro del problema-droga; esercitare una continua sorveglianza sulle loro vite (parental monitoring ); essere coinvolti in attivit ricreative con i propri figli. Per questo il grosso della valutazione rispetto ai genitori, riguarda gli effetti che la campagna ha avuto sui loro comportamenti. Ci soffermeremo su questa parte della valutazione, nella sezione 6.2. Il metodo con cui i valutatori della campagna tentano di individuare il suo effetto sugli atteggiamenti duplice. Innanzitutto, si esaminano i trend delle risposte date nel tempo, precisamente tra linizio del 2000 e la met del 2003 e si testa se questo trend favorevole o sfavorevole alla campagna, o se non porta ad alcuna conclusione in quanto instabile nel tempo. Questa strategia, usata da sola, piuttosto debole, in quanto possibile che un trend favorevole sia causato dalla dinamica spontanea del fenomeno e non dalla campagna, oppure che un trend sfavorevole sia corretto in senso positivo dalla campagna, pur restando complessivamente sfavorevole. Per ovviare a questa debolezza si rafforza lanalisi dei trend con un secondo approccio, stimando cio la correlazione tra il grado di esposizione alla campagna e latteggiamento osservato: una correlazione significativa suggerisce (ma non prova) che chi (magP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

206

giormente) esposto alla campagna tende a modificare di pi i propri atteggiamenti, e che quindi la campagna efficace. Si presume, infatti, che la campagna sia inefficace per coloro che non sentono o ricordano il messaggio. Anche questo approccio ha una debolezza intrinseca: la presenza di una terza variabile che spiega sia lesposizione alla campagna sia latteggiamento verso la droga, quindi la correlazione tra esposizione e risultati rilevati pu essere spuria; diventa, invece, pi convincente quando sia stimata a parit di condizioni: se, cio, le differenze di partenza tra esposti e non esposti alla campagna sono eliminate mediante tecniche statistiche. I valutatori della campagna utilizzano tecniche di avanguardia, quali labbinamento sul propensity score, una tecnica che garantisce che il confronto tra esposti e non esposti alla campagna avviene a parit di caratteristiche socio-demografiche osservabili degli intervistati, aumentando la plausibilit che le differenze negli atteggiamenti o nei comportamenti tra i due gruppi siano attribuibili alleffetto della campagna. In sostanza, questa tecnica consiste nellabbinare ad ogni soggetto esposto alla campagna, il soggetto non-esposto che ha le caratteristiche pi simili, e poi nel calcolare le differenze esistenti nella variabile di interesse tra i due gruppi. Tali differenze rappresentano al meglio leffetto della campagna, anche se la loro validit non garantita in modo assoluto. La valutazione degli effetti della campagna sui ragazzi si concentra sul segmento 12-18 anni e presta attenzione agli aspetti sia cognitivi sia comportamentali, con particolare interesse al tema della marijuana. La rilevazione degli aspetti cognitivi utilizza esclusivamente le informazioni rilevate dalla NSPY, mentre quella dei comportamenti utilizza, oltre alla NSPY, anche dati tratti da altre indagini sul fenomeno della droga. Nella parte rimanente di questa sezione riportiamo i principali risultati riguardanti gli effetti della campagna sugli atteggiamenti dei teenager che non hanno mai fatto uso di marijuana (il principale gruppo-bersaglio della Marijuana Initiative, che caratterizza la fase finale dellintera campagna). I risultati della valutazione mostrano stime alquanto deludenti degli effetti della campagna sugli atteggiamenti dei teenager riguardo alla droga. La risposta negativa alla domanda diretta Hai intenzione di provare la marijuana in futuro? mostra un andamento sostanzialmente piatto tra il 2000 e il 2003, stazionando attorno all86%: quindi la campagna non pare influenzare le intenzioni dei teenager. Anche altre variabili cognitive, costruite combinando in un indice composito di pi domande del questionario, presentano un andamento poco incoraggiante. Ad esempio, lindice composito che riassume in una sola variabile le conoscenze dellintervistato sulle conseguenze negative delluso della marijuana, mostra un andamento altrettanto piatto nel tempo. La variabile che riassume le percezioni dellintervistato riguardo a quello che genitori
CAPITOLO

207

e amici penserebbero di lui/lei se usasse la marijuana, ha un andamento sfavorevole alla campagna, cio peggiora progressivamente durante i sette semestri in cui condotta lindagine. Lunico indice composito che mostra un trend favorevole alla campagna quello che riflette il convincimento degli intervistati di essere in grado di dire no allofferta di marijuana in una variet di circostanze (self-efficacy). Come si anticipato pi sopra, lanalisi dei trend nelle risposte ad una domanda o a gruppi di domande non lunico tipo di analisi condotta dai valutatori della campagna. Il secondo tipo di analisi stima la correlazione tra lesposizione alla campagna e i vari indici di tipo cognitivo illustrati sopra. Lipotesi di fondo che la campagna efficace se c correlazione positiva tra lessere esposto alla campagna e ladozione degli atteggiamenti propugnati dalla campagna, al netto delle differenze sociodemografiche osservabili tra chi esposto e chi non esposto ad essa. Questo tipo di analisi conferma i risultati dellanalisi dei trend. N lintenzione di non usare marijuana in futuro, n le conoscenze sulle conseguenze negative del suo uso, n le percezioni sulla riprovazione sociale, n lindice di self-efficacy, variano significativamente tra soggetti esposti e non esposti alla campagna, una volta che le altre differenze siano eliminate mediante le appropriate tecniche di abbinamento statistico. Il rapporto conclude la parte riguardante gli effetti cognitivi della campagna sui giovani, con unaffermazione decisa e senza appello: La conclusione di questo capitolo che la campagna non abbia ottenuto i suoi effetti desiderati sui giovani, sia nel suo primo periodo sia sotto legida della Marijuana Iniziative. Un risultato senza dubbio deludente per i promotori politici della campagna, ma credibile in quanto supportato da una notevole quantit di evidenza empirica. 6. Casi di valutazione della capacit della campagna di modificare i comportamenti 6.1 La campagna norvegese contro gli alcolici abusivi Nel 1993 il governo norvegese finanzia una massiccia campagna di comunicazione sociale mirata a contrastare il commercio di alcolici prodotti abusivamente da privati o importati di contrabbando. La presenza sul mercato di una grande quantit di prodotti alcolici abusivi, viene percepita, infatti, come una significativa minaccia per la salute pubblica, oltre che un danno per lerario. Nel 1993 si stima che la quantit di alcolici abusivi sul mercato sia quasi pari a quella prodotta legalmente. La campagna costa lequivalente di circa 2,5 milioni di euro e dura 20 mesi, articolandosi in un insieme diversificato di iniziative, che includono: spot pubblicitari trasmessi sui principali canali televisivi e radiofonici
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

208

un documentario di 45 trasmesso dai maggiori canali televisivi, con unaudience stimata al 30% una pubblicazione di fotografie relative al tema degli alcolici abusivi distribuita in tutta la Norvegia la distribuzione di materiale sui luoghi di lavoro con la collaborazione delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali la distribuzione, nel 1994, di materiale in tutte le scuole medie superiori, e, nel 1995, in tutte le scuole medie inferiori una serie di seminari di due giornate destinati agli operatori sociali che, nel loro lavoro, hanno a che fare con sostanze alcoliche abusive contributi finanziari straordinari a organizzazioni non governative che si occupano del tema degli alcolici abusivi Gli scopi che la campagna persegue sono molteplici. Lobiettivo di fondo ridurre il volume complessivo del commercio e delluso di alcolici abusivi. A questo si accompagnano finalit pi immediate, quali: promuovere unimmagine negativa di questi prodotti in modo da agire sul lato della domanda; aumentare la conoscenza delle conseguenze negative delluso di queste sostanze; infine, aumentare il consenso tra il pubblico sulla necessit di una politica pubblica incisiva e coerente per ridurre questo fenomeno. La valutazione della campagna viene affidata ad un team di accademici delle Universit di Oslo e di Bergen e allIstituto Nazionale di Statistica, che cura la raccolta dei dati33. Il disegno della valutazione semplice nella sua essenza e consiste nella classica indagine di baseline precedente alla campagna e nel follow-up successivo alla campagna. Tuttavia, questa semplicit nasconde un disegno pi complesso, teso a massimizzare la possibilit di trarre conclusioni significative circa gli effetti della campagna. Lindagine di baseline viene condotta nellautunno del 1993, immediatamente prima dellinizio della campagna di comunicazione. Le interviste sono somministrate ad un campione di 2484 individui selezionati a caso e si ottiene un tasso di risposta del 79%. Met di coloro che rispondono alla baseline vengono reintervistati mediante unindagine di follow-up un anno dopo, per ottenere delle stime da un campione longitudinale (confrontando risposte date dagli stessi individui in due occasioni successive). Per ovviare al condizionamento derivante dallessere intervistati due volte sullo stesso argomento, al primo follow-up viene aggiunto un nuovo campione, in modo da poter misurare i cambiamenti anche confrontando due campioni indipendenti, e quindi non affetti dalla possibile distorsione della doppia intervista. I questionari utilizzati per le due interviste sono quasi identici, ad eccezione di alcune domande riguardanti lesposizione alla campagna, che vengono aggiunte nel follow-up. I questionari cominciano con queCAPITOLO

209

siti generali sulla politica pubblica contro il commercio di sostanze alcoliche abusive, seguiti da domande pi dirette riguardanti il consumo di alcolici da parte dellintervistato. Segue una batteria di domande riguardanti alcolici prodotti in casa, in particolare: consapevolezza e conoscenza del problema, il parlarne con altri, lopinione di familiari e conoscenti sul tema, e infine alcune domande dirette sul fatto di aver usato o acquistato alcolici prodotti in casa. Due quesiti sono cruciali per determinare gli effetti della campagna, e sono qui riportati per esteso: Durante gli ultimi 12 mesi, ha mai bevuto alcolici prodotti in casa? Durante gli ultimi 12 mesi, ha mai acquistato alcolici prodotti in casa da altri? Segue, infine, una batteria di domande analoghe riguardanti gli alcolici di contrabbando. In particolare le due richieste dirette sono: Durante gli ultimi 12 mesi, ha mai bevuto alcolici di contrabbando? Durante gli ultimi 12 mesi, ha mai acquistato alcolici di contrabbando? Le risposte a queste domande sono analizzabili direttamente, confrontando le percentuali di risposte affermative date prima e dopo leffettuazione della campagna. La seguente tabella riproduce i principali risultati di questa analisi. Tabella 2 - Percentuali dintervistati che affermano di avere bevuto o acquistato alcolici abusivi
campione longitudinale N prima dopo diff.
Bevuto alcolici prodotti in casa Bevuto alcolici di contrabbando Acquistato alcolici prodotti in casa Acquistato alcolici di contrabbando
c

campioni indipendenti prima N dopo diff.


35,7 31,5 9,9 7,2 911 908 910 910 32,3 26,8 9,0 7,4 3,4 4,7a 0,9 0,2

588 585 588 583

35,0 32,8 10,2 6,7

28,2 26,7 7,5 7,9


a

6,8c 6,1c 2,7a 1,2

828 809 829 816

livello di significativit dello 0,001

livello di significativit dello 0,05

Fonte: nostra elaborazione su dati riportati in Natvig e Aar (1998)

Il campione longitudinale, cio quello intervistato in due occasioni, rivela un effetto positivo e statisticamente significativo della campagna sul consumo di alcolici abusivi, sia prodotti in casa sia importati di contrabbando, con una riduzione, rispettivamente, di quasi 7 e pi di 6 punti percentuali. Quindi, circa un consumatore su cinque, rispetto al periodo precedente alla campagna, avrebbe deciso di non consumare pi alcolici abusivi, sia prodotti in casa, sia contrabbandati.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

210

Ancora pi forte, in termini relativi, sempre secondo il campione longitudinale, leffetto sullacquisto di alcolici prodotti in casa, la percentuale scende, infatti, dal 10 al 7,5%: un acquirente su quattro avrebbe cambiato comportamento rispetto al periodo precedente la campagna. Lacquisto di alcolici di contrabbando sarebbe invece aumentato, ma in modo non statisticamente significativo. Conclusioni parzialmente diverse si ottengono confrontando le risposte date da due campioni di persone intervistate una sola volta, ma in due momenti successivi. Un vantaggio nel confrontare due campioni indipendenti, infatti, quello di evitare il rischio che le risposte date la prima volta influenzino quelle date alla seconda. Lo svantaggio sta nella minor precisione delle stime del cambiamento: quelle ottenute da un campione longitudinale sono pi precise, nel senso di essere meno soggette alla variabilit statistica, di quelle ottenute da due campioni indipendenti34. Si noti come le stime del comportamento pre-campagna ottenute con il primo campione indipendente, siano quasi identiche a quelle ottenute con la prima intervista del campione longitudinale. Quello che cambia sono i comportamenti riportati dal secondo campione indipendente, che suggeriscono una minore riduzione del consumo e dellacquisto di alcolici abusivi. Ad esempio, secondo queste ultime stime un consumatore di alcolici contrabbandati su sette sarebbe stato indotto a cambiare comportamento. Si tratta comunque di un risultato confortante. Qual la plausibilit di questi risultati? possibile, su questa base, decretare il successo della campagna? Dopo tutto questi sono semplici confronti tra comportamenti autodichiarati in un momento precedente e in uno successivo alla campagna. Il fatto che questi comportamenti siano autodichiarati e non osservati direttamente senza dubbio un limite, ma in questo contesto difficilmente superabile. Il dubbio maggiore, per, un altro. Linterpretazione di questi cambiamenti prima-dopo come effetto della campagna, dipende in modo cruciale dallassunto che, in assenza di campagna il comportamento non si sarebbe modificato per una sua dinamica spontanea. La vicinanza temporale dei due momenti tende a dare credibilit a questo assunto, ma non elimina il dubbio. In parte questo dubbio pu venire fugato da unulteriore analisi dei dati, che mette in relazione il grado di esposizione alla campagna e il cambiamento nei comportamenti. Lidea la seguente: se la campagna efficace, lo pu essere solo tra gli individui che ad essa sono stati esposti, cio hanno visto/letto/ricordato il messaggio della campagna. Il questionario utilizzato per lintervista di follow-up include una domanda sullesposizione alla campagna, da cui risulta che circa il 60% degli intervistati stato esposto al suo messaggio. La seguente tabella confronta le modifiche nei comportamenti di uso e acquisto tra prima e dopo la
CAPITOLO

211

campagna (senza per distinguere tra alcolici prodotti in casa e contrabbandati), separando coloro che sono stati esposti alla campagna da quelli che non lo sono stati. Tabella 3 - Percentuali di intervistati che affermano di avere bevuto o acquistato alcolici abusivi, a seconda della loro esposizione alla campagna
soggetti esposti alla campagna
Bevuto alcolici abusivi

soggetti non esposti alla campagna


37,7 32,0 5,7a 10,4 12,1 1,7

prima 56,0 dopo 46,3 differenza 9,7c Acquistato alcolici abusivi prima 17,9 dopo 14,5 differenza 3,4a c livello di significativit dello 0,001 a livello di significativit dello 0,05
Fonte: nostra elaborazione su dati riportati in Natvig e Aar (1998)

In termini di uso di alcolici, si nota una diminuzione anche tra i soggetti non esposti alla campagna, ma quella tra i soggetti esposti maggiore. Secondo questa differenza-nelle-differenze, leffetto netto della campagna sarebbe una diminuzione di quattro punti percentuali (9,7 meno 5,7): quindi circa un consumatore su quattordici (4 diviso 56) sarebbe veramente stato indotto dalla campagna a non bere alcolici abusivi. Questo metodo, applicato allacquisto di alcolici abusivi, d risultati ancora pi incoraggianti: la differenza-nelle-differenze suggerisce che, per effetto della campagna, lacquisto di alcolici diminuito tra i soggetti esposti di circa 5 punti percentuali (3,4 a fronte di un aumento di 1,4 tra i non esposti). Quindi quasi un acquirente su quattro sarebbe stato indotto a cambiare comportamento, un risultato simile a quello ottenuto nella Tabella 1, in cui non si teneva conto dellesposizione alla campagna. Nel complesso, questi risultati suggeriscono un effetto positivo della campagna sui comportamenti che intendeva modificare, cio il consumo e lacquisto di alcolici abusivi. Questo risultato confermato anche dalle statistiche aggregate sulle vendite di alcolici prodotti e importati legalmente, che tra il 1993 e il 1994 aumentano del 3,3 (primo aumento in sette anni). Ci suggerisce che il consumo di alcolici legali abbia in qualche misura sostituito quello degli alcolici abusivi. Gli autori del rapporto di valutazione si interrogano sul perch questa campagna mostri risultati cos positivi, quando troppo spesso le campagne che tentano di modificare comportamenti legati alla salute sembrano non produrre alcun risultato apprezzabile. Sono tre le spiegazioP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

212

ni addotte. Innanzitutto, il carattere massiccio della campagna, luso di canali multipli di comunicazione e la risonanza avuta sui media e nel dibattito pubblico. In secondo luogo, il fatto che il commercio di alcolici abusivi non fosse stato oggetto di alcuna campagna di comunicazione dagli anni 30. La possibilit di avere un effetto immediato e visibile , quindi, maggiore rispetto a situazioni in cui il comportamento oggetto di ripetute campagne di comunicazione, che tendono a produrre assuefazione nella popolazione. Infine, gli autori richiamano il fatto che la sostanza di cui la campagna voleva scoraggiare il consumo, lalcol prodotto o importato abusivamente, abbia un sostituto facilmente disponibile, lalcol prodotto legalmente. Questa leccezione piuttosto che la regola per le campagne di comunicazione sociale, che solitamente tendono a scoraggiare un comportamento tout court, senza offrire facili sostituti. Ad esempio, una campagna che tenti di ridurre luso di alcolici in generale incontrerebbe pi difficolt ad ottenere risultati cos positivi in cos breve tempo rispetto a questa, che si limita a tentare di cambiare la provenienza del prodotto alcolico. 6.2 La fase III della National Youth Anti-Drug Media Campaign: gli effetti sui comportamenti Il rapporto finale35 di valutazione della campagna dedica molto spazio allanalisi degli effetti sui comportamenti, distinguendo per nettamente il comportamento dei giovani, che riguarda luso di stupefacenti e di marijuana in particolare, e il comportamento dei genitori, che invece riguarda le conversazioni con i figli sul problema-droga, il loro coinvolgimento in attivit ricreative con i propri figli e la sorveglianza sulle loro vite. A. Effetti sul comportamento dei ragazzi Landamento nel tempo delluso di stupefacenti non un fenomeno facile da misurare, soprattutto se lo si vuole stimare su un particolare gruppo della popolazione, quali i teenager. Le stime fatte dalle forze di polizia nella loro attivit investigativa e repressiva non possono infatti cogliere differenze nel consumo da parte di gruppi con particolari caratteristiche demografiche. Gli Stati Uniti si sono quindi attrezzati per misurare direttamente il consumo di droghe, soprattutto leggere, mediante una serie di indagini ad hoc. Due vanno citate in particolare: lindagine continua sui giovani in et scolare Monitoring The Future, condotta nelle scuole dal 1991 e contenente anche domande specifiche sulluso di sostanze stupefacenti la National Survey on Drug Use and Health, una survey che campiona famiglie e intervista i soggetti a casa loro. La NSPY rappresenta quindi
CAPITOLO

213

solo una delle fonti di informazione disponibili, nessuna delle quali peraltro priva di limiti allo scopo di misurare landamento del consumo di droga tra i giovani. Le tre fonti di dati forniscono risposte parzialmente diverse. La NSPY non trova alcuna riduzione nelluso della marijuana da parte dei teenager tra il 2000 e la met del 2003. Il questionario contiene due domande diverse, riguardanti luso di marijuana nel mese e nellanno precedenti. Per il complesso dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni, luso di questa sostanza mostra qualche occasionale aumento, seguito per da una riduzione, con nessuna variazione statisticamente significativa. Ragioni di preoccupazione (e di delusione per gli sponsor della campagna) invece, li mostra il gruppo dei 14-16enni, bersaglio prioritario della campagna. Il grafico seguente mostra un trend crescente nelluso (o meglio nellammissione delluso durante lintervista) da parte di questo gruppo nel periodo coperto dalla campagna. In particolare, luso sembra aumentare proprio nel 2002, quando stata lanciata in modo massiccio la Marijuana Initiative. Fig. 3 - Andamento delluso della marijuana tra i 14-16enni americani
uso l'anno passato
percentuale che ammette l'uso

uso il mese passato

25 20 15 10 5 0 1-2000 2-2000 1-2001 2-2001 1-2002 2-2002 1 -2003

Fonte: nostra elaborazione su dati presentati s in Hornik et al. (2003)

Questi risultati sono un verdetto di fallimento della campagna? Rappresentano senza dubbio unevidenza sfavorevole, ma non un verdetto definitivo, per due ragioni, una generale e una specifica. La ragione generale che non si pu escludere a priori lipotesi che questo trend crescente avrebbe potuto essere ancora pi accentuato se non ci fosse stata
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

214

la campagna di comunicazione: la semplice analisi di trend osservati non include un confronto con un trend controfattuale, che ci dica cosa sarebbe successo in assenza di campagna. La ragione pi specifica riguarda proprio le stime delluso di marijuana da parte dei teenager americani, che altre fonti riportano come pi favorevoli alla campagna. Ad esempio, lindagine Monitoring The Future indica che luso della marijuana sostanzialmente stabile tra il 1998 e il 2001, facendo seguito ad un periodo di rapido incremento tra il 1992 e il 1996 (incremento che in parte aveva motivato il lancio della campagna). Tra il 2002 e i primissimi mesi del 2003 Monitoring The Future riporta invece decrementi per tutte le fasce di et, anche se statisticamente significativi solo per i tredicenni. B. Effetti sul comportamento dei genitori Anche su questo fronte la campagna fa registrare un successo molto incerto, a testimonianza di quanto sia difficile modificare i comportamenti mediante la comunicazione sociale. I comportamenti in questo caso riguardano i rapporti con i figli lungo dimensioni che possono influire sul loro ricorso agli stupefacenti. La teoria comportamentale che sta dietro alla campagna rivolta ai genitori molto semplice: genitori pi attenti, pi comunicativi e pi partecipi alla vita dei loro figli sono pi capaci di tenerli lontano dalle droghe. La valutazione della campagna non pretende per di testare questa teoria, vuole piuttosto verificare che i comportamenti si siano modificati nel senso auspicato dalla teoria. Come per la valutazione degli altri effetti, la strategia duplice: analizzare i trend da un lato e stimare la correlazione tra il comportamento e lesposizione alla campagna dallaltro. Una novit di questanalisi che, grazie al disegno del questionario, per i genitori disponibile un campione sufficientemente grande di osservazioni ripetute per poter testare se esista una correlazione tra lesposizione alla campagna in una intervista e il comportamento rilevato allintervista successiva (che pu rivelare lesistenza di effetti ritardati, anche se non ne rilevano di contemporanei). Le analisi effettuate suggeriscono un quadro variegato, con effetti di segno diverso per ciascun comportamento considerato. Il comportamento dei genitori, che pi stava a cuore ai proponenti della campagna, il parental monitoring, cio il coinvolgimento dei genitori nella vita dei figli in modo da poter esercitare una continua sorveglianza. Su questo fronte le risposte alla survey mostrano un andamento nel tempo favorevole alla campagna: tuttavia non si rileva nessuna correlazione tra lesposizione alla campagna e una maggiore attenzione alla vita dei figli, n nella prima intervista n in quella successiva. Quindi il comportamento in
CAPITOLO

215

generale migliora ma non si pu stabilire se sia merito della campagna. La campagna sembra avere maggior successo nellindurre i genitori a parlare di pi della droga con i figli. Questo risulta sia dai dati di trend, sia dallanalisi della correlazione con lesposizione alla campagna: i genitori che hanno sentito pi parlare di droga durante la campagna, sono anche quelli che ne parlano di pi con i figli. Lesposizione alla campagna correlata positivamente anche con il convincimento che parlare con i figli della droga sia importante. Evidenza parzialmente contraria a questo risultato positivo viene da una domanda analoga rivolta ai figli dei genitori intervistati: a sentire i figli, la frequenza con cui i propri genitori parlano con loro di droga non aumentata nel tempo e non statisticamente correlata con lesposizione dei genitori stessi alla campagna. Parziale successo la campagna sembra averlo sul terzo tipo di comportamento, un maggior coinvolgimento in attivit divertenti con i figli (doing fun activities). Su questo fronte lanalisi dei trend non rivela un andamento in crescita nel tempo, ma quella della correlazione mostra che i genitori pi esposti alla campagna tendono ad aumentare il tempo che passano con i propri figli, e questo effetto si vede anche in modo ritardato nelle interviste successive. Anche in questo caso, tuttavia, i figli sembrano pensarla diversamente, e non risulta, dalle loro risposte, alcun maggior coinvolgimento dei loro genitori in seguito alla campagna di comunicazione. Concludendo, una valutazione rigorosa e attenta, in questo caso, ha portato a risultati deludenti per i promotori della campagna: almeno fino alla met del 2003, questo grande sforzo mediatico sembra aver avuto ben poco effetto nel modificare i comportamenti delle due popolazioni a cui era diretto, i teenager e i loro genitori. 7. Conclusioni Una campagna di comunicazione sociale rappresenta sempre unoperazione molto complessa, che impone ai suoi promotori e realizzatori di scegliere fra varie opzioni riguardo alla definizione dei gruppibersaglio, della grafica, dei messaggi, dello stile di comunicazione, dei media da utilizzare, dei tempi di attuazione. In una buona campagna di comunicazione sociale, la valutazione non soltanto un mezzo per misurane ex-post il grado di efficacia nellindurre gli effetti desiderati (favorire o disincentivare determinati atteggiamenti o comportamenti), ma pu essere anche un momento importante nella progettazione e regolazione della campagna stessa mentre questa sta per essere messa in atto e durante la sua realizzazione. Vi un livello di valutazione preliminare alla realizzazione della campagna, che mira a capire se il messaggio viene compreso (message teP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

216

sting). Il secondo livello consiste nel valutare il grado di esposizione della campagna, mentre questa in atto o si da poco conclusa, e si propone di capire in che misura il messaggio stato notato ed ricordato dalla popolazione. Il terzo livello di valutazione mira invece a capire quanto la campagna abbia aiutato a cambiare opinioni e atteggiamenti dei soggetti esposti. Il quarto e ultimo livello si pone, infine, lobiettivo di valutare in che misura la campagna abbia indotto effetti sui comportamenti dei soggetti esposti. Questi livelli possono presentare ampie zone di sovrapposizione e non devono quindi essere intesi in senso rigidamente diacronico. Come dimostrano i casi da noi considerati in questo capitolo, la valutazione di una campagna di comunicazione sociale difficile e complessa e non sempre produce risultati univoci. In particolare lattribuzione di nessi di causalit tra la realizzazione della campagna e la modificazione dei comportamenti pone non pochi problemi, che aumentano quanto maggiore la distanza temporale tra la conclusione della campagna e il lavoro di valutazione. Gli strumenti tecnici pi utilizzati nei quattro livelli di valutazione delle campagne di comunicazione sociale sono i gruppi mirati (focus group) e le indagini campionarie. Queste ultime possono essere realizzate, come abbiamo visto, con modalit pi o meno sofisticate: dai classici questionari o interviste face-to-face fino allimpiego di tecnologie davanguardia. In conclusione riteniamo opportuno segnalare la difficile reperibilit, nel nostro Paese, di significative indagini di valutazione di campagne di comunicazione sociale. La sensazione che, in questo settore, la cultura della valutazione abbia da poco cominciato a farsi strada. Bibliografia
Ajzen I. e Fishbein M., Understanding attitudes and predicting social behavior, Upper Saddle River, NJ: Prentice Hall, 1980. Coffman J., Public Communication Campaign Evaluation: An Environmental Scan of Challenges, Criticisms, Practice, and Opportunities, rapporto dellHarvard Family Research Project, Maggio 2002. Cropley L., Effects of a Tobacco Counter-advertising Campaign Targeting Louisiana Adolescents, di prossima pubblicazione su American Journal of Health Studies Cropley L., F. Mitchell e P. Anderson, Report on a formative evaluation conducted for the youth against tobacco counter marketing campaign in American Journal of Health Studies, 2002 Ensmann A. e M. Sardi, Evaluation de la Campagne STOP SIDA 2000-2001 et du site stopsida.ch, Institut rasm, 2001.
7

CAPITOLO

217

Hornik et al., Evaluation of the National Youth Anti-Drug Media Campaign: 2003 Report of Findings, Westat e Annenberg School for Communication, 2003 McCaffrey B., Investing in Our Nations Youth, pubblicazione dellOffice of National Drug Control Policy, 1999 ONDCP, Testing the Anti-Drug Message in 12 American Cities, pubblicazione dellOffice of National Drug Control Policy, 1999 National Cancer Institute, Making health communication program work: a planners guide, NIH Publications no. 92-1493, Washington, DC, 1999 Natvig H. e L. Aar, Evaluation of the Norwegian campaign against the illegal spirits trade Health Education Research, Vol. 12 no. 2, pp. 275-284, 1998 Rice R. e C. K. Atkin (a cura di), Public communication campaigns, Thousand Oaks, CA: Sage. Sly D., G. Heald and S. Ray, The Florida truth Anti-tobacco Media Evaluation: Design, First Year Results and Implications for Planning Future State Media Evaluations, Tobacco Control: An International Journal, n. 10, pp. 9-15, 2001

Note
1. Impact! January, 2001 periodico del Minnesota Prevention Resource Center, Minnesota Institute of Public Health, scaricabile da www.emprc.org/jan01/eval.html. Testo originale della citazione to ensure that our target audience will understand what we are trying to communicate with the campaign. 2. La National Youth Anti-Drug Media Campaign (La campagna nazionale contro la droga tra i giovani) una massiccia campagna di comunicazione per scoraggiare il consumo di droga tra i giovanissimi, realizzata negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2004. La campagna consistita principalmente nella diffusione di spot televisivi e radiofonici e di messaggi visivi mediante giornali e cartelloni pubblicitari. La campagna stata accompagnata da una rigorosa valutazione, le cui fasi principali sono illustrate in questo capitolo. 3. Scaricabile da www.mediacampaign.org/publications/performance.html. 4. Si veda ad esempio Julia Coffman Public Communication Campaign Evaluation: An Environmental Scan of Challenges, Criticisms, Practice, and Opportunities Harvard Family Research Project, Maggio 2002, disponibile su http://www.gse.harvard.edu/~hfrp/pubs/onlinepubs/pcce/ 5. Testo originale della citazione tracking when, where, and how often the campaign messages were delivered and how often our target audience saw or heard the messages. 6. Vedi ad esempio: Julia Coffman Public Communication Campaign Evaluation: An Environmental Scan of Challenges, Criticisms, Practice, and Opportunities Harvard Family Research Project, Maggio 2002. 7. La Louisiana State Games Foundation una fondazione incentrata sullorganizzazione di eventi sportivi. 8. Cfr. David F. Sly, Gary R. Heald and Sarah Ray, The Florida truth Anti-tobacco Media Evaluation: Design, First Year Results and Implications for Planning Future Evaluations, Tobacco Control: An International Journal, 2001. 9. I risultati sono contenuti nellancora inedito (under submission allAmerican Journal of Health Studies) lavoro di Lorelei Cropley Effects of a Tobacco Counter-advertising Campaign Targeting Louisiana Adolescents. 10. Il caso descritto in L. Cropley, F. Mitchell, P. Anderson, Report on a formative evaluation conducted for the youth against tobacco counter -arketing campaign in Ame-

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

218

rican Journal of Health Studies, 2002. Ulteriori informazioni ci sono state gentilmente fornite da Lorelei Cropley. 11. Testo originale dei messaggi: (1) Tobacco companies create loyal customers by using cigarettes as a delivery system for nicotine. Think About It!; (2) It is a proven fact that smoking decreases lung capacity and limits athletic performance. Dont let your game go up in smoke. Think about it!; (3) Do you know how tobacco company executives responded when asked why they dont smoke? We reserve that right for the young and the stupid. Dont Be a Target. Think About It!; (4) 7,000 Louisiana residents die each year from tobacco related causes. Are you going to be the replacement customer? Think About It!. 12. La base di questa impostazione dei focus group quella messa a punto dal National Cancer Institute, Making health communication program work: a planners guide, NIH Publications no. 92-1493, Washington, DC, 1999. 13. Testo originale delle domande: (1) Was there any part(s) of the message that you especially liked?; (2): Was there anything about the message that you disliked?; (3): What was the main idea each message was trying to get across?; (4): In your opinion, was there anything in particular that was worth remembering about the message?; (5): Was there anything in any of the message that was confusing? 14. Delivery system, nel testo originale. 15. Testo originale: Dont let your game go up in smoke. Stay Tobacco Free. Think about it! 16. Testo originale replacement customer. 17. Testo originale: The tobacco industry loses 400,000 customers each year who die from using their product. Are you going to be the replacement customer? 18. Atlanta, Baltimore, Boise, Denver, Hartford, Houston, Milwaukee, Portland, San Diego, Sioux City, Tucson e Washington, D.C. 19. Memphis, Richmond, eugene, Albuquerque, Harrisburg, Dallas, Nashville, Spokane, Phoenix, Duluth, Austin e Birmingham. 20. Testo originale della descrizione A young boy is running through alleys and jumping over fences-taking the long way home to avoid drug dealers in his neighborhood. Questo spot appunto identificato come The long way home. 21. Scaricabile da www.mediacampaign.org/publications/performance.html. 22. Nellarea francese la campagna stata denominata STOP SIDA. 23. Il rapporto finale della valutazione, commissionata da Marlne Laeubli e Annick Rywalsky dellOFSP e conclusa nel 2001, scaricabile in lingua francese da http://www.bag.admin.ch/cce/studien/aids/f/stopaids01/berichtstopaids01.pdf. 24. Tutte le immagini riguardanti le campagne STOP AIDS (dal 1987 a oggi) sono disponibili allindirizzo http://www.suchtundaids.bag.admin.ch/themen/aids/stopaids/unterebenen/01286/inde x.html 25. Il campione stato ottenuto mediante limpiego di stratificazione: gli individui sono stati selezionati in modo casuale, tenendo per conto delle caratteristiche specifiche delle tre aree linguistiche svizzere. Quattrocento circa le interviste realizzate nella Svizzera tedesca; 250 nella Svizzera francese e 150 nel Ticino. Il margine di errore delle stime ottenute di 3,5%. 26. Tasso di notoriet totale = tasso di notoriet spontanea + tasso di notoriet sollecitata. 27. Qui di seguito i titoli degli annunci con le relative percentuali di risposte affermative (taux de rminiscence): Site Internet (20%); Couple enlac (19%); Sexe oral (18%); Tout feu, tout flamme (15%); Mdicaments (5%) e Kamasutra (4%). 28. Ad esempio gli annunci pi visti risultano essere stati nellordine Site Internet e Sexe Oral nella Svizzera tedesca, Couple enlac e Tout feu, tout flamme in quella

CAPITOLO

219

francese e infine tout feu, Tout flamme e Sexe oral nel Ticino. 29. Anche riguardo al gradimento dei singoli annunci si rilevano peraltro disomogeneit legate allarea linguistica, ma anche al sesso e allet anagrafica degli intervistati. 30. I due annunci sono Sexe oral e Kamasutra. Questultimo risultato, fra i sei annunci, quello meno chiaro, con il testo meno interessante, il minor livello di adeguatezza tra il testo e limmagine nonch il meno rilevante ai fini della lotta allaids ed dunque stato giudicato un autentico flop. 31. Il rapporto finale dellindagine scaricabile da www.regione.toscana.it/cif/infbreve/infbreve35.pdf. La rilevazione avvenuta mediante questionario telefonico, somministrato dal 28 maggio all11 giugno 2002 con lausilio del sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interview). Le interviste andate a buon fine sono state circa 4 000. 32. I pi recenti risultati della valutazione attualmente disponibili sono contenuti in Hornik et al., Evaluation of the National Youth Anti-Drug Media Campaign: 2003 Report of Findings, Westat e Annenberg School for Communication, 2003, scaricabile da www.mediacampaign.org/publications/performance.html insieme ai numerosi rapporti i n t e r m e d i . 33. I risultati della valutazione sono presentati in Natvig Henrik e Leif Aar, Evaluation of the Norwegian campaign against the illegal spirits trade Health Education Research, Vol.12 no. 2 1998 pag 275-284 disponibile su http://www3.oup.co.uk/healed/hdb/Volume_13/Issue_02/pdf/130275.pdf. 34. Tecnicamente, lerrore standard della stima del cambiamento prodotta da un campione longitudinale si ottiene sommando le varianze delle due osservazioni e sottraendo la covarianza (presumibilmente positiva). Invece lerrore standard della stima del cambiamento prodotta da due campioni indipendenti si ottiene semplicemente sommando le varianze, in quanto la covarianza tra i due campioni per costruzione uguale a zero. 35. Si veda Hornik et al., Evaluation of the National Youth Anti-Drug Media Campaign: 2003 Report of Findings, Westat e Annenberg School for Communication, 2003.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

220

CAPITOLO 8

I numeri: quote di mercato della comunicazione sociale sui media


Roberto Bernocchi

1. Premessa, scenario, soggetti La comunicazione sociale, come evidenziato nei capitoli precedenti, costituisce ormai, anche per il nostro Paese, una realt importante. Nata e promossa in Italia grazie a Pubblicit Progresso, essa oggi patrimonio di pi soggetti che sviluppano, con una certa continuit, ognuno secondo i propri obiettivi di comunicazione e le proprie modalit espressive, iniziative destinate alla collettivit. Lobiettivo di questo contributo mostrare con i numeri quello che losservatore comune pu gi cogliere nella propria esperienza quotidiana. Per un telespettatore, ad esempio, non affatto raro imbattersi in uno spot sociale, anche in orari di prime time, circostanza assolutamente insolita solo qualche anno fa, quando la pubblicit sociale era relegata a riempitivo ed era spesso invisibile. Per qualunque utente di media diventata esperienza comune conoscere lesistenza di un evento di raccolta fondi in piazza, oppure di una partita benefica, o ancora ricevere linvito a fare una donazione tramite sms da parte di un conduttore televisivo1. Anche nellambito degli acquisti, ad esempio in un supermercato, si possono scegliere con sempre maggiore frequenza prodotti che contribuiscono a cause sociali2, o ancora prodotti che presentano come benefit dacquisto il rispetto dellambiente3, della salute o anche della condizione minorile (prodotti ecologici, biologici, equo solidali, sostenibili)4. In molti casi possibile anche acquistare prodotti di Associazioni che presentano delle vere e proprie collezioni sociali5. I percorsi di consumo si mescolano sempre pi ai percorsi sociali e, mentre le imprese diventano promotrici diniziative di utilit sociale, lo
CAPITOLO

221

Stato amplia lambito dei temi da comunicare. Se nei primi anni novanta, infatti, si occupava quasi esclusivamente di droga e di Aids, oggi tratta temi quali la sicurezza stradale, leducazione alla salute, lusura, lambiente e altro ancora6. Ecco quindi che, a livello di percezione, la comunicazione sociale sembra essere negli ultimi anni una tra le novit del nostro contesto di vita, sempre pi sensibile al sociale e al concetto di responsabilit sociale. Il capitolo mostrer fino a che punto questa impressione viene confermata dai numeri, analizzando sia il punto di vista dei media e dello spazio riservato alla comunicazione sociale, sia lambito dei soggetti che la promuovono, sia infine levoluzione e le opinioni del cittadino e del consumatore. 2. La visibilit del sociale Prima di addentrarci nella descrizione dei numeri della comunicazione sociale, bene fornire unimportante precisazione. Se parliamo di comunicazione sociale, ci riferiamo allinsieme di attivit realizzate da soggetti pubblici e privati, che hanno come argomento tematiche di interesse sociale7. In pratica si fa riferimento alla pubblicit sociale, ma anche a tutti quegli strumenti che costituiscono larea della comunicazione integrata: eventi, pubbliche relazioni, direct response, new media. Si pensi ad esempio allattivit di comunicazione sviluppata attraverso lUfficio stampa oppure lazione di soci e volontari, come lattivit di proselitismo o la piccola pubblicit8. I dati a disposizione delle principali fonti misurano solamente le iniziative di pubblicit sociale, ovvero le azioni sviluppate sui media classici, come precisato pi avanti. La quantificazione della comunicazione sociale in conformit a questi dati , quindi, certamente sottostimata poich essi non comprendono le numerose attivit complementari sviluppate dai diversi soggetti per promuovere i temi sociali. La rilevanza della comunicazione sociale data anche dallo spazio che le viene riservato in ambito giornalistico: non solo campagne, quindi, non solo attivit proprie del marketing sociale, ma anche articoli, trasmissioni, rubriche, interventi, dibattiti. Un contesto molto esteso e difficile da quantificare. In ambito televisivo, ad esempio, i principali programmi di opinione trattano con sempre maggior frequenza temi e casi sociali. Non raro vedere come ospiti di Bruno Vespa, a Porta a porta su Raiuno, i principali protagonisti dellattualit italiana che raccontano e si confrontano sulle istanze emergenti della societ, dalla fecondazione artificiale alP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

222

la clonazione, dalleutanasia allaborto, dalle rivendicazioni no global al disagio sociale. Parallelamente, ormai da decenni sulle reti Mediaset, e con grande anticipo rispetto alla concorrenza, Maurizio Costanzo affronta i problemi sociali vecchi e nuovi, confrontandosi con il pubblico presente. Accanto alle due trasmissioni citate, si potrebbero portare molti altri esempi di programmi a contenuto specificamente sociale: Diversi da chi?, Ponteradio, Permesso di soggiorno, Un mondo a colori su Rai o Invisibili, Vivere meglio su Mediaset, per citarne solo alcuni9. E ancora: maratone televisive di raccolta fondi, speciali talk show a contenuto sociale si alternano con continuit su entrambi i poli televisivi10. Il sociale e, pi in specifico, il non profit, trattato in abbondanza anche dalla stampa italiana: molti giornali hanno inserito rubriche sul terzo settore e il mondo del volontariato, firme importanti del giornalismo italiano o del mondo accademico scrivono con continuit sui principali quotidiani e periodici nazionali e locali. Tra questi ultimi dobbligo citare il settimanale Vita. Nato nellottobre del 1994, caso isolato nel panorama dei mezzi italiani, esso ha rappresentato e rappresenta il primo e pi importante non profit magazine che si occupa di sociale dal punto di vista del non profit stesso. Lampia diffusione di un magazine cos concepito la cartina di tornasole di un pubblico ampio e la testimonianza della crescente attenzione al sociale. Per misurare la visibilit del sociale sulla stampa italiana ci viene in aiuto una ricerca condotta per conto dello stesso settimanale Vita11. Realizzata nel 2002 nellarco di un mese (dal 22 ottobre al 22 novembre), ha preso in considerazione 17 testate nazionali e 12 locali. Lindagine, in buona sostanza, dimostra che oggi la stampa parla di volontariato in misura non marginale, sia a livello nazionale sia, pi ancora, a livello locale. Lo fa in modo costante, trattandolo come tema ordinario e non pi come fenomeno dattualit, legato ai casi di cronaca. Durante il periodo preso in considerazione sono stati pubblicati 360 articoli che trattano di volontari e volontariato con una media complessiva di 11,25 articoli al giorno12. Se consideriamo il dato settimanale, registriamo una presenza costante di articoli, da un minimo di 72 a un massimo di 101 complessivi. Non sono pi quindi le esigenze giornalistiche o sensazionalistiche a guidare la presenza o meno del volontariato sulle testate italiane quanto piuttosto la crescita di importanza del settore, da un lato, e la capacit delle organizzazioni non profit di dialogare con i media dallaltro, a renderlo notizia alla pari di tante altre. Unaltra recente ricerca, al contrario, non offre segnali positivi. Linserto Etica&Finanza, supplemento di Vita, infatti, ha monitorato i sei
CAPITOLO

223

maggiori settimanali economici italiani13 per misurare lattenzione e lo spazio riservati ai temi della Responsabilit sociale dimpresa e della finanza etica. Nei primi sei mesi del 2004, sono solo 81 gli articoli dedicati ai temi delletica, contro i 63 del 2003, con un mese in pi di monitoraggio rispetto allanno precedente e un contesto dattualit che, in linea teorica, dovrebbe essere, oggi, maggiormente legato ai problemi della responsabilit sociale dimpresa, dati avvenimenti, come il caso Parmalat, che hanno scosso il mondo economico e finanziario nazionale. Solo le successive indagini potranno rivelare se si possa parlare di una vera e propria tendenza o, com probabile, se si tratti di un caso isolato. Consapevoli, dunque, di descrivere in numeri solo alcuni degli aspetti che vanno a costituire la comunicazione sociale, nel prossimo paragrafo analizzeremo i dati di investimento in pubblicit sociale. 3. Gli investimenti in pubblicit sociale Se consideriamo i dati riferiti alla pubblicit sociale, lo scenario che si presenta positivo: la sua presenza sui media italiani cresciuta nel tempo ed essa occupa oggi spazi significativi, anche se ancora lontana dai primati di paesi europei come lInghilterra, dove la comunicazione di pubblica utilit, promossa in gran parte per iniziativa statale, raggiunge quote di mercato ben pi significative. I dati che riportiamo sono calcolati da Nielsen Media Research e si riferiscono agli investimenti in pubblicit sociale, reali e virtuali, sui mezzi classici14. Il primo dato che si riporta relativo al totale degli investimenti in comunicazione sociale sui mezzi classici15: se si sommano le campagne sociali gratuite, promosse dalle Organizzazioni non profit, le iniziative nazionali della Pubblica Amministrazione e quelle sociali dei soggetti privati, il dato del 2003 pari a 327 040 000 di euro investiti16. Ma entriamo nello specifico di queste cifre, confrontandole nei loro flussi anno per anno. Come si vede dal grafico che segue, landamento degli investimenti decisamente positivo: in quasi dieci anni la comunicazione sociale ha avuto uno sviluppo significativo e, soprattutto, costante e continuo. In particolare, il totale investito nel 1995 era pari a 70 350 000 euro. Nel 2003 la cifra ha raggiunto, come sopra indicato, i 327 040 000 euro con un incremento percentuale del 365%17. Se da un lato la comunicazione sociale, dunque, cresciuta costantemente nel tempo, dallaltro essa rappresenta in ogni caso una percentuale ancora molto bassa dellintero mercato pubblicitario.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

224

Gli investimenti in comunicazione sociale


350 000,00 300 000,00 250 000,00 200 000,00 150 000,00 100 000,00 50 000,00 1995 1996 1997 1998 1999 Anni 2000 2001 2002 2003

Nel 1995, infatti, essa costituiva poco pi dell1,6%, quota che aumentata progressivamente, quasi ogni anno, fino a raggiungere e superare, nel 2003, il 4,5% del mercato complessivo. Gli investimenti in comunicazione sociale e il mercato pubblicitario
8 000 000,00 7 000 000,00 6 000 000,00 5 000 000,00 4 000 000,00 3 000 000,00 2 000 000,00 1 000 000,00 -

Investimenti

(euro 000's)

Comunicazione sociale Mercato pubblicitario

2000

2001

2002

1995

1996

1997

1998

Anni

interessante notare che, anche negli anni in cui gli investimenti in pubblicit hanno subito una forte flessione, la comunicazione sociale ha mantenuto la tendenza al rialzo, aumentando la sua quota percentuale. Nel 2002, ad esempio, che verr ricordato come lanno della grande incertezza, mentre il mercato pubblicitario calato vistosamente a causa della concomitanza di diversi fattori (situazione economica, venti di guerra, globalizzazione dei mercati, concorrenza dei paesi emergenti, riCAPITOLO

1999

2003

225

Investimenti (euro 000's)

voluzione tecnologica), la comunicazione sociale aumentata del 14% rispetto allanno precedente. In qualche modo si pu dunque affermare che la crescita degli investimenti in comunicazione sociale costituisce ormai un fatto reale e assodato e, in linea di massima, sembra essere un processo costante e non strettamente dipendente dagli investimenti del mercato pubblicitario. A partire da questo dato generale, abbiamo proseguito lanalisi degli investimenti in pubblicit sociale scomponendo le cifre totali nelle differenti tipologie di comunicazione legate ai soggetti promotori18. Di seguito si riporta landamento degli investimenti delle tre classi considerate, che corrispondono approssimativamente ai tre principali attori della comunicazione sociale: le Organizzazioni non profit (compresa Pubblicit Progresso), incluse per la maggior parte nelle campagne sociali gratuite, lo Stato, nei suoi organi nazionali, incluso nella voce campagne ministeriali e le aziende che risultano nella voce campagne di educazione sociale19. Gli investimenti in comunicazione sociale suddivisi per tipologie
250 000,00 200 000,00 150 000,00 100 000,00 50 000,00 1995 1996 1997 1998 1999 Anni Campagne di educazione sociale Campagne ministeriali Campagne sociali gratuite 2000 2001 2002 2003

Dallanalisi dei dati, dunque, risulta evidente che sia le campagne gratuite, sia quelle ministeriali presentano un andamento positivo nel corso degli ultimi anni. In particolare, se le campagne ministeriali sono cresciute, dal 1995 ad oggi, in modo progressivo, le campagne sociali gratuite hanno registrato un incremento ancora maggiore, con un tasso di crescita notevolmente superiore dallanno 2000. Per quanto riguarda le iniziative di educazione sociale, innanzitutto
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

226

Investiment i (euro 000's)

significativa la loro presenza, poich indice di unevoluzione importante nelle strategie dei soggetti che le hanno attivate. Daltro canto, lanalisi di tali dati non ci permette di tracciare una tendenza dichiarata e continua, poich il periodo considerato, oltre ad essere molto breve, coincide con un momento particolare del mercato pubblicitario, caratterizzato da lunghi anni di recessione. Scomposto il dato totale nelle diverse tipologie, interessante calcolare le quote delle differenti tipologie di comunicazione sociale, al fine di verificare il peso dei singoli soggetti sul mercato della comunicazione sociale. Si noti come le campagne gratuite costituiscano una quota quasi sempre maggiore rispetto al totale degli investimenti in comunicazione sociale. Fanno eccezione gli anni 1998 e 1999, nei quali il rapporto sostanzialmente paritario (le campagne gratuite raggiungono rispettivamente il 47% e il 49% del totale investito).

Quote di investimento per tipologia di comunicazione sociale


100% 80% 60% 40% 20% 0% 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Anni Campagne di educazione sociale Campagne sociali gratuite Campagne ministeriali

Se analizziamo i dati nel dettaglio, nel 1998 si notano, fra le iniziative maggiori, una campagna di grande visibilit sul futuro della moneta europea e la campagna contro la tossicodipendenza. Nel 1999 sono in evidenza le campagne sulla sicurezza stradale, contro lAids, ancora sullEuro e lEuropa e, infine, la campagna della Presidenza del Consiglio dei Ministri per sollecitare la raccolta di fondi per il Kosovo, attraverso la missione Arcobaleno. Unaltra valutazione, che pu aiutarci nellinterpretare i dati sopra riportati, legata al numero di iniziative di comunicazione sociale attribuibili alle tre categorie, che presentiamo di seguito.
CAPITOLO

227

Anno
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Campagne Ministeriali
21 24 46 52 66 75 75 82 80

Campagne sociali gratuite


78 103 90 90 97 193 198 224 281

Campagne di educazione sociale


0 0 0 0 0 5 11 13 20

I dati riportati evidenziano una netta differenza nel numero di campagne realizzate dai diversi soggetti: le campagne sociali gratuite sono numericamente molto maggiori di quelle ministeriali, mentre le iniziative di educazione sociale sono ancora piuttosto limitate, ma tendenzialmente in crescita. bene daltra parte evidenziare che esistono differenze rilevanti nella tipologia di campagne promosse dai diversi soggetti. Molte campagne ministeriali risultano spesso ben visibili grazie a risorse economiche pi o meno importanti che vengono loro assegnate. Alla campagna sulla sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno (2001) sono stati destinati oltre 4 milioni di euro, la campagna informativa sulla riforma del sistema scolastico (2002) aveva a disposizione ben 5 milioni di euro mentre alla campagna del 2003 contro la tossicodipendenza sono stati assegnati pi di 3 milioni di euro. Le singole iniziative di comunicazione sono sviluppate, com uso nella pubblicit delle imprese, seguendo le logiche di una vera e propria pianificazione pubblicitaria: in questo modo raggiungono frequentemente una visibilit apprezzabile. Un discorso diverso si deve fare per le campagne gratuite. Molte di queste, soprattutto quelle promosse da Associazioni minori, risultano spesso poco visibili poich usufruiscono di spazi concessi gratuitamente da emittenti, editori e concessionarie di pubblicit. Non esiste, in molti casi, la possibilit n di pianificare le uscite, n quella di apparire con soddisfacente continuit. Una campagna sociale gratuita rischia sovente di apparire poche volte in televisione o sui mezzi stampa rendendo remota la possibilit di raggiungere risultati apprezzabili sul target di riferimento. Di conseguenza, bench le campagne sociali gratuite siano quantitativamente superiori, spesso risultano qualitativamente modeste dal punto di vista di visibilit e awareness. Per fare un esempio, si pu considerare lultima campagna per la sicurezza stradale promossa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

228

che, al momento della pubblicazione del rapporto, sar ancora in corso. In essa vengono rappresentate diverse situazioni di rischio stradale20, mentre un personaggio di forte appeal per il pubblico giovanile, una sorta di angelo custode fashion, invita ad aiutarlo a proteggere guidatori e passeggeri, che sono i destinatari del messaggio. Essa ha beneficiato di un supporto mediatico significativo e ha visto lutilizzo integrato di pi mezzi di comunicazione, in primis televisione e affissione di grande formato. Per contro, possiamo citare il caso di una recente campagna dellAssociazione Ascolta e Vivi (www.aevo.org), che si occupa di problemi di sordit in Italia e nel mondo. Essa ha da poco intrapreso una politica di rinnovamento della propria immagine e, pur avendo a disposizione una campagna stampa di livello professionale, ha beneficiato di un numero molto limitato di spazi. Questa differenza non ovviamente imputabile a scelte strategiche, bens a motivazioni di ordine economico (le risorse limitate di molte piccole organizzazioni non profit), politico (la difficolt per unassociazione di piccole dimensioni di creare pressioni e di suscitare lattenzione e linteresse da parte dei media, pur trattando tematiche di interesse comune) e infine concorrenziale (le richieste di spazi gratuiti da parte delle organizzazioni non profit sono ormai decisamente superiori al numero di spazi disponibili a titolo gratuito). Oltre al dato numerico, interessante comprendere in che misura le singole iniziative di pubblicit sociale facciano uso di pi mezzi di comunicazione. Nello schema sullasse verticale sono riportati gli anni di uscita delle campagne dal 2000 al 2003; su quello orizzontale il numero di campagne rapportato al numero di mezzi utilizzato nel corso dellanno e la loro percentuale sul totale. Al numero uno corrisponde un solo mezzo. Al numero sei corrisponde lutilizzo di tutti i mezzi classici: televisione, radio, stampa periodica e quotidiana, affissioni e cinema.
Campagne ministeriali
2000 (su 75) 2001 (su 75) 2002 (su 82) 2003 (su 80)

3
9 (12%) 9 (12%) 4 (4,8%) 7 (8,7%)

4
1 (1,3%) 2 (2,6%) 4 (4,8%) 2 (2,5%)

5
1 (1,3%) 0 (0%) 1 (1,2%) 1 (1,2%)

6
0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 1 (1,2%)

45 (60%) 19 (25%) 53 (72%) 11 (14,5%) 52 (63,4%) 21 (25,6%) 54 (67,5%) 15 (18,7%)

Campagne gratuite

3
16 (8,3%) 29 (14,6%) 24 (10,7%) 29 (10,3%)

6
3 (1,5%) 3 (1,5%) 1 (0,4%) 1 (0,3%)

2000 (su 193) 108 (56%) 37 (19%) 2001 (su 198) 92 (46%) 41 (20,7%) 2002 (su 224) 127 (56%) 34 (15,1%) 2003 (su 281) 153 (54%) 60 (21,3%)

17 (8,8%) 12 (6,2%) 23 (11,6%) 10 (5%) 27 (12%) 11 (4,9%) 30 (10,6%) 7 (2,5%)

CAPITOLO

229

Dallanalisi dei dati emerge un risultato forse inaspettato. Sono le campagne gratuite a ottenere una distribuzione pi ampia tra i mezzi. Se ad esempio consideriamo luso contemporaneo di 4 mezzi, si rileva che le campagne gratuite raggiungono una percentuale compresa tra l8,8% e il 12% contro l1,3% e il 4,8% delle campagne ministeriali. Differenze rilevanti si notano anche in tutti gli altri casi. Poich, in linea generale, luso integrato di pi mezzi sembra corrispondere ad una maggiore efficacia comunicativa, era ipotizzabile che la Pubblica Amministrazione, disponendo di risorse economiche superiori, promuovesse con maggiore frequenza campagne su pi media. I dati per registrano risultati opposti. Non questa la sede per valutare con accuratezza le strategie di comunicazione dei soggetti, ma si pu ipotizzare che il risultato sia influenzato dal rapporto privilegiato che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti delle emittenti radiotelevisive pubbliche. Le campagne dei Ministeri, infatti, beneficiano per legge21 di spazi gratuiti, dietro richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo spinge lo Stato, in molti casi, a realizzare campagne in economia, senza la necessit di avviare una gara di appalto per laffidamento, utilizzando quasi esclusivamente la televisione pubblica. Inoltre, mentre le campagne a pagamento devono fare i conti con la ripartizione del budget su pi mezzi, e perci spesso devono fare delle scelte, le campagne gratuite, propongono la propria campagna indistintamente a tutti i mezzi di comunicazione senza alcun impegno economico, e perci passano con maggior frequenza su pi mezzi. 4. La distribuzione degli investimenti sui mezzi classici Analizziamo ora la distribuzione degli investimenti sui mezzi classici. Prima di commentare i dati, si ricorda che le scelte di pianificazione del budget pubblicitario da parte dellEnte pubblico non sono totalmente svincolate da alcune disposizioni normative. In seguito a diversi interventi del legislatore, oggi la Pubblica Amministrazione tenuta a destinare almeno il 50% del proprio investimento in pubblicit ai mezzi stampa, e una quota del 15% alle emittenti private radiotelevisive locali22. Per quanto riguarda invece i soggetti privati, e in modo particolare le organizzazioni non profit, non disponendo esse, nella maggior parte dei casi, di un vero budget destinato alla pubblicit, hanno, di volta in volta, come sopra accennato, spazi gratuiti concessi liberamente dai mezzi di comunicazione. Analizzare quindi la distribuzione sui mezzi classici delle campagne
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

230

gratuite significa anche, in qualche modo, verificare la disponibilit, la predisposizione o la consuetudine dei mezzi a concedere tali spazi. Consideriamo il caso delle campagne gratuite: i grafici che seguono mostrano la distribuzione negli ultimi 4 anni.

Campagne sociali gratuite - Anno 2003


0,36% 1,47% 16,52% 38,14%

Televisione Radio Quotidiani Periodici

29,83% 13,68%

Affissioni Cinema

Campagne sociali gratuite - Anno 2002


1,11% 0,91% 16,67% 35,35% Televisione Radio Quotidiani Periodici 31,39% 14,56% Affissioni Cinema

Lanalisi dei dati dimostra, negli ultimi quattro anni, uninversione di tendenza: se nel 2000 i quotidiani erano il mezzo pi sociale, nel 2003 il primato spetta alla televisione. Questultima, infatti, cresciuta progressivamente fino a raggiungere la percentuale del 38,14% nel 2003. Questo dato in linea con la crescita di importanza che la stessa televisione sta ottenendo nel mercato pubblicitario23 ma spiegabile anche con una significativa novit che riguarda gli accordi per la trasmisCAPITOLO

231

Campagne sociali gratuite - Anno 2001


0,92% 1,94% 14,69% Televisione 33,42% Radio Quotidiani Periodici 32,92% Affissioni 16,10% Cinema

Campagne sociali gratuite - Anno 2000


0,90% 1,89% 14,73% Televisione 28,79% Radio Quotidiani Periodici 33,23% 20,45% Affissioni Cinema

sione degli spot, presi dallUPA (lAssociazione degli Utenti di Pubblicit) e da Publitalia 80, la concessionaria di pubblicit del gruppo Mediaset. Nel corso dellanno 2002, infatti, passata unimportante modifica degli accordi esistenti: se negli anni precedenti le campagne sociali delle Organizzazioni non profit venivano incluse nel conteggio per determinare il tetto massimo dellaffollamento pubblicitario, a partire dal 2002 tali spot vengono considerati al pari di quelli della Pubblica Amministrazione e di Pubblicit Progresso, ovvero non vengono calcolati. In pratica, se in precedenza al numero massimo di spot trasmissibili per break pubblicitario (12, 13 o 15 secondo i casi) non se ne potevano aggiungere altri delle Organizzazioni non profit per non superare la soglia massima prevista dallaccordo, dal 2002 questi ultimi non si aggiunP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

232

gono pi agli spot commerciali, ma costituiscono una categoria a parte che non incide sul calcolo del tetto pubblicitario: certo una grande apertura nei confronti del mondo non profit, se si pensa che in passato, per trasmettere uno spot sociale, leditore doveva rinunciare a uno commerciale o, in alternativa, inserirlo come riempitivo in uno spazio invenduto disponibile. Lintroduzione di questa norma produce conseguenze evidenti anche per lo spettatore: negli ultimi tempi Mediaset, ad esempio, durante molti break pubblicitari, spesso inserisce uno spot sociale, incorniciato in una precisa gabbia grafica di colore verde che connota tutta la comunicazione sociale del Gruppo. Per il momento tale innovazione non ancora stata recepita dalla Rai, la quale continua a seguire regole proprie, che avvantaggiano soprattutto le campagne ministeriali e quelle di Pubblicit Progresso. Ritornando allanalisi della distribuzione degli investimenti, si nota che, sommando quotidiani e periodici, otteniamo un valore prossimo al 50% del totale. La stampa continua a essere, per il non profit, il primo e pi accessibile strumento per arrivare al cittadino. Progettare, con mezzi propri o con il supporto di agenzie esterne, una campagna pubblicitaria per la carta stampata certamente pi semplice e meno oneroso rispetto alla realizzazione di uno spot televisivo che richiede un coinvolgimento molto maggiore di tecnici specializzati. Infine, mentre cinema e affissione ottengono percentuali quasi trascurabili, la radio, invece, raggiunge buoni risultati nonostante la flessione registrata negli ultimi anni. Analizziamo ora la distribuzione nellambito delle campagne ministeriali.

Campagne ministeriali - Anno 2003


4,88% 4,22% 13,52% 38,01% Televisione Radio Quotidiani Periodici 29,50% Affissioni 9,87% Cinema

CAPITOLO

233

Campagne ministeriali - Anno 2002


1,05% 4,04% 11,80% 36,65% Televisione Radio Quotidiani Periodici 37,29% Affissioni 9,16% Cinema

Campagne ministeriali - Anno 2001


0,77% 1,37% 15,97% 25,67%

Televisione Radio Quotidiani Periodici

37,95%

18,29%

Affissioni Cinema

Campagne ministeriali - Anno 2000


1,06% 2,70% 12,94% 24,66% Televisione Radio Quotidiani Periodici 42,74% 15,91% Affissioni Cinema

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

234

Per le campagne ministeriali si possono in parte ripetere le considerazioni sviluppate per quelle gratuite. La predominanza, nella pianificazione strategica, della televisione che, in quattro anni cresciuta di quattordici punti percentuali sottraendo quote in particolare ai quotidiani. I periodici e la radio hanno seguito un andamento altalenante. Un peso maggiore, rispetto alle campagne gratuite, va attribuito a cinema e affissioni che, nel 2003, superano i quattro punti percentuali. Non ha invece molto senso valutare landamento degli investimenti relativi alle campagne di educazione sociale. Esse sono, quantitativamente, troppo limitate per poter costruire unanalisi sulla distribuzione del budget sui mezzi, che risulta troppo influenzata dalle singole iniziative di comunicazione. Per fare un esempio, nel 2000 la televisione superava il 60% dellinvestimento, grazie soprattutto ad una campagna di prevenzione della Rottapharm, mentre nel 2001 erano i periodici a superare tale quota grazie ad uniniziativa della Banca dItalia sulleuro. 5. I principali soggetti che investono o beneficiano di spazi Oltre a prendere in considerazione i numeri aggregati, riferiti ai principali attori della comunicazione sociale, interessante analizzare i dati riferiti ai singoli soggetti. Sempre sulla base dei dati forniti da Nielsen Media Research, Media Book Italia pubblica da diversi anni la classifica dei principali investitori in pubblicit sui mezzi classici24. In essa compaiono grandi aziende nazionali e multinazionali, i cui nomi sono stabilmente posizionati nella top of mind del consumatore, e delle quali vediamo spot e annunci pubblicitari per gran parte dellanno. Viene subito da chiedersi quale spazio sia occupato dalla comunicazione sociale. Se prendiamo in considerazione lanno 2003, si registra la presenza del Ministero della Salute, che occupa il 114 posto25. Poco pi in basso (119) si posiziona la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) ovvero la Chiesa Cattolica, con le campagne per l 8 per mille. Altre iniziative non profit che compaiono in classifica sono quelle del Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) al 138 posto e infine di Lottomatica (142) i cui proventi sono destinati in parte alla tutela del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Per tutti questi soggetti, e in misura maggiore per il Ministero della Sanit, la suddivisione dellinvestimento fortemente sbilanciata in favore della televisione26. Continuando nellanalisi delle classifiche di investimento, nel 2002 si registra, invece, la presenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al 75 posto con 47 654 000 euro e della Cei al 176. Tra le aziende di
CAPITOLO

235

servizio troviamo le Ferrovie dello Stato (55), le Poste italiane (57), Enel energia (89), Lottomatica (96) ed Eni (121). Nel 2001 in 154 posizione, con 51 063 000 di euro si trova la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Cei (169 posizione, con 48 284 000 di euro) e il Ministero delle Politiche Agricole (191 posizione, con 43 772 000 di euro). Se consideriamo gli investimenti nel lungo periodo, i soggetti propriamente sociali e i dati a nostra disposizione27, si notano nel 1999 il Ministero delle Finanze (94), nel 1998 la Presidenza del Consiglio dei Ministri (43) e il Ministero delle Finanze (90), nel 1997 ancora il Ministero delle Finanze (44), la voce aggregata Campagne sociali (69) e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (72). Dieci anni fa, nel 1994, le Campagne sociali occupavano il 34 posto e la Presidenza del Consiglio dei Ministri il 91. Prendiamo ora in considerazione i dati degli investimenti in comunicazione sociale per stilare una sorta di top ten dei soggetti pubblici e delle organizzazioni non profit che investono in pubblicit28. Per ponderare i dati disponibili calcoliamo la media degli investimenti negli ultimi quattro anni (dal 2000 al 2003), per poterne verificare la presenza costante nel panorama dei mezzi di comunicazione. 6. Le organizzazioni non profit (campagne sociali gratuite) Airc/Firc (Associazione Italiana Ricerca Cancro), 56 329 000 euro Unicef, 22 499 000 euro Ail (Associazione Italiana Leucemie), 22 161 000 euro Pubblicit Progresso (esclusi patrocini), 18 779 000 euro Azione Aiuto (Action Aid), 18 709 000 euro Lega Antivivisezione, 17 984 000 euro Telefono Azzurro, 17 244 000 euro Lega Italiana Lotta contro i Tumori, 17 056 000 euro Medici senza Frontiere, 14 495 000 euro Cesvi (Cooperazione e Sviluppo), 14 006 000 euro DellAirc si ricordano, negli ultimi anni, le campagne che invitano a partecipare agli eventi di piazza, con la vendita delle arance della salute e delle azalee della ricerca. LUnicef ha sviluppato campagne per promuovere i lasciti testamentari, la vendita dei biglietti di Natale, delle bambole Pigotta e di bomboniere per i matrimoni. Ha comunicato inoltre per condannare il lavoro minorile e difendere i bambini in Afghanistan e Iraq. LAil ha raccolto fondi promuovendo le uova di Pasqua e le rose di Natale e in occasione delle settimane europee contro le leucemie. Pubblicit Progresso ha trattato i temi dellalfabetizzazione informatica e
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

236

dellinglese come risorse per luomo doggi, ha promosso lascolto e difeso i portatori di handicap. Azione aiuto ha proposto con continuit ladozione a distanza. La Lav ha comunicato contro la macellazione dei cavalli, contro le leggi italiane sullabbandono e il maltrattamento di cani e gatti, e contro la caccia. Telefono Azzurro ha sensibilizzato sui bisogni degli adolescenti, sui gravi danni legati alla violenza psicologica sui bambini e ha promosso il numero breve per i minori costretti a lavoro clandestino, prostituzione, maltrattamenti. La Lega Italiana per la lotta contro i tumori ha promosso la settimana della prevenzione, la giornata mondiale senza tabacco e la campagna contro il fumo rivolta a giovani e donne. Medici senza frontiere ha promosso una campagna per laccesso ai farmaci essenziali nei paesi poveri e, dopo aver vinto il premio Nobel per la pace, ha realizzato una campagna istituzionale contro la guerra e la discriminazione religiosa. Infine il Cesvi ha raccolto fondi per i propri progetti nella Corea del nord, colpita dalla fame, e nei paesi africani, oppressi dallAids. Una ricerca della Doxa presentata agli inizi del 2003 propone una classifica di notoriet delle Organizzazioni non profit, che riportiamo di seguito29. Caritas, 82% Unicef, 82% Telefono Azzurro, 80% Wwf, 76% Airc, 70% Medici senza frontiere, 58% Emergency, 51% Aism, 51% Anlaids, 39% Lila, 33% Mani tese, 26% Aibi, 12% Azione aiuto, 11% Terres des hommes, 7% bene rilevare che non si tratta di citazioni spontanee, ma di risposte sollecitate. Molte Organizzazioni indicate sono presenti anche nella top ten degli investitori riportata in precedenza. 7. La Pubblica Amministrazione (campagne ministeriali) Presidenza del Consiglio dei Ministri, 96 612 000 euro Ministero delle Finanze, 47 731 000 euro
CAPITOLO

237

Ministero delle Politiche Agricole, 30 636 000 euro Ministero della Salute, 29 952 000 euro Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 28 373 000 euro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 21 712 000 euro Ministero dei Lavori Pubblici, 17 100 000 euro Ministero del Tesoro, 11 614 000 euro Ministero dellInterno, 10 683 000 euro Ministero dellAmbiente, 8 867 000 euro Negli ultimi anni, le principali campagne nazionali della Pubblica Amministrazione sono state contro la droga: O ci sei o ti fai; contro lAids: Aids: Avete Idea Della Sofferenza?; per la sicurezza stradale: Aiutateci a proteggervi; per favorire il servizio civile nazionale: Una scelta che cambia la vita; per fornire informazioni in occasione delle diverse emergenze alimentari: Mucca di razza, Conoscere la storia di una bistecca, Il pollo col bollo, Ad informarsi c pi gusto; per valorizzare i nostri prodotti di terra e di mare: Nobili radici danno frutti preziosi, Non sta n in cielo n in terra, Valore al merito; per facilitare lintroduzione dellEuro: LEuro entra nel quotidiano; per lemersione del lavoro nero: Dai al tuo lavoro un futuro alla luce del sole; per una corretta alimentazione, contro il fumo, contro gli incendi estivi, per la legalit ambientale e, infine, per il gioco del Lotto, legato alla conservazione del patrimonio artistico nazionale. 8. I clienti sociali di Assocomunicazione Oltre allaumento dei soggetti comunicanti, del numero di campagne realizzate, degli investimenti destinati alla comunicazione sociale, da parte sia pubblica sia privata, degli spazi concessi gratuitamente dai mezzi, interessante verificare lesistenza di un corrispondente aumento dei soggetti che realizzano campagne pubblicitarie o materiali di comunicazione per iniziative sociali. Per misurare questa tendenza allaumento abbiamo preso in considerazione lelenco dei clienti delle maggiori agenzie di comunicazione con sede in Italia, cio delle imprese associate ad Assocomunicazione. bene specificare subito che, accanto alle grandi agenzie, esiste un numero consistente di realt minori, studi grafici, boutique creative, alcune indipendenti, altre associate a Unicom, che rappresentano unimportante realt del mondo della comunicazione. Accanto alle imprese sopra citate, operano per il sociale anche numerosi professionisti indipendenti, alcuni dei quali raggruppati nellassociazione di categoria TP. I numeri che riportiamo, quindi, sono certamente parziali poich non restituiscono in modo esaustivo la realt delle imprese di comuniP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

238

cazione. Daltra parte, la scelta di prendere in considerazione solo le grandi agenzie deriva dal fatto che esse sono in ogni caso le pi rappresentative della realt del mondo della pubblicit. Inoltre risulta difficile calcolare nei dettagli tutta lattivit, quantitativamente molto significativa, delle imprese minori, non esistendo per molte di esse un database clienti come quello disponibile in Assocomunicazione. Nel 1990 le agenzie di pubblicit associate ad Assocomunicazione30 con clienti appartenenti alle realt non profit, pubbliche o private, per i quali hanno realizzato 28 iniziative di comunicazione pubblicitaria, erano 14. A dieci anni di distanza, sono oltre 35, e i clienti sociali hanno loro commissionato oltre 100 campagne. Negli ultimi anni la tendenza si ulteriormente consolidata. Nel 2002, pur diminuendo le agenzie coinvolte (32), le campagne realizzate sono state 105. Alle iniziative considerate nel conteggio si devono inoltre aggiungere quelle promosse da clienti profit in collaborazione con realt non profit, le cosiddette iniziative di Cause Related Marketing o di partnership tra limpresa e il sociale, di cui si parler diffusamente pi avanti. Il mercato delle agenzie quindi si presenta cos configurato. In primo luogo troviamo le grandi agenzie nazionali e internazionali, che promuovono iniziative per diverse organizzazioni non profit, spesso a titolo gratuito. Esse sviluppano anche campagne pubblicitarie per la Pubblica Amministrazione, aggiudicandosi con maggiore facilit le gare di appalto indette per le grandi iniziative ministeriali, poich spesso si trovano in condizioni di vantaggio; infine, favoriscono la collaborazione tra profit e non profit, collegando i bisogni di clienti sociali e imprese. In secondo luogo troviamo realt di medie e piccole dimensioni che si dedicano a clienti sociali in alcuni casi pro bono, sulla base di contatti o disposizioni personali, in altri casi poich hanno sviluppato una competenza specifica, configurandosi come vere e proprie agenzie specializzate in comunicazione sociale. Tra le agenzie maggiori citiamo, ad esempio, Saatchi&Saatchi, che possiede una lunga storia, anche internazionale, di campagne sociali, da cui ha tratto anche una interessante mostra (Saatchi&Social), e J.W. Thompson che ha recentemente sviluppato al proprio interno una sezione, denominata Ethico, dedicata allo sviluppo di progetti di Cause Related Marketing. Tra le agenzie di dimensioni minori, citiamo Koinetica, la prima agenzia di comunicazione sociale ed etica, che ha avviato un percorso di studio e approfondimento delle tematiche e delle modalit di approccio al sociale, e Brandxcomunicazione, che si definisce Agenzia di profit&non profit advertising, avendo creato una propria e specifica competenza in ambito sociale da ormai diversi decenni.
CAPITOLO

239

9. I consumatori, i donatori e il sociale Per descrivere il mercato della comunicazione sociale, ci pare opportuno prendere in considerazione anche lambito dei destinatari di tali iniziative pubblicitarie. Per questo di seguito si riporteranno numeri e dati riferiti ai cittadini italiani, nella loro veste di donatori e di consumatori. Una ricerca Doxa31, pubblicata nel 2003, conferma come negli ultimi anni lattenzione attorno al tema della solidariet alle cause sociali sembri essere molto aumentata in Italia. Tra i fattori recenti, alla base del fenomeno, si citano gli eventi traumatici come l11 settembre americano, laggravarsi di conflitti esistenti da tempo e il sorgere di nuove aree di guerra, e ancora le catastrofi naturali che hanno colpito direttamente il nostro paese. Chi sono e cosa pensano le persone pi sensibili al sociale? Quali sono i loro criteri di acquisto? La Doxa ha indagato alcuni atteggiamenti e comportamenti etici degli italiani. La ricerca rileva una forte propensione, almeno nelle intenzioni, ai valori della solidariet. Il 73% degli intervistati sostiene che non esiste un vero progresso senza il rispetto di principi etici. L82% riconosce che il pi grande piacere della mia vita quello di fare del bene a qualcun altro. Dal punto di vista dei comportamenti, pi della met degli intervistati esprime il proprio interesse a partecipare attivamente alla vita sociale, alla difesa e allo sviluppo del Paese. Il 66% dichiara di fare tutto ci che posso per proteggere lambiente (es. riciclaggio, risparmio energetico, ecc.). E, infine, la partecipazione si esprime anche nei comportamenti dacquisto: il 59% dichiara di non comprare prodotti di aziende che nuocciono allambiente. Queste risposte, che ci restituiscono limmagine di una societ vivace, impegnata, bendisposta nei confronti del sociale, sono avvalorate da altri indicatori e ricerche. Secondo il rapporto ISTAT 2003, sono circa 4 milioni32 le persone che si dedicano ad attivit gratuite per associazioni o gruppi di volontariato in Italia, ovvero l8% della popolazione con pi di 14 anni33. Anche il numero di associazioni e organizzazioni non profit significativo ed in forte crescita: oggi sono infatti oltre 235 232, con un incremento, rispetto a dieci anni fa, del 283,3%34. Altrettanto significativo il numero degli addetti, che cresce del 75,8%. Secondo lindagine Doxa sopra citata, quasi 6 milioni di italiani dichiarano di praticare qualche attivit di volontariato. Di questi, quasi 2 milioni la praticano regolarmente, con un impegno almeno settimanale.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

240

Si tratta di dati molto significativi, anche se bene constatare che luomo impegnato rappresenta ancora una piccola percentuale rispetto al totale della popolazione italiana. Daltra parte, accanto allimpegno diretto, esistono altre forme di coinvolgimento, quali ad esempio la donazione, il consumo responsabile o laffiliazione a organizzazioni del Terzo settore. A questo proposito, secondo i dati dellVIII rapporto IREF, la popolazione italiana pu essere suddivisa in quattro categorie, sulla base dei differenti atteggiamenti e comportamenti nei confronti del sociale che sono: estraneit (47,1%), con una scarsa propensione nei confronti di tutte le quattro forme di partecipazione sopraindicate; delega (22,2%), caratteristica di chi disposto ad impegnarsi solo in termini economici attraverso donazioni di denaro; adesione (14,9%), espressa attraverso donazioni e consumo responsabile e, in misura minore, attraverso la partecipazione diretta; impegno (15,8%), espresso attraverso azioni sia dirette sia indirette. dunque alta la percentuale di chi, in un modo o nellaltro, sensibile allagire del mondo associativo ma rimane comunque alto il numero di coloro che non si lasciano stimolare. Coinvolgerli, dialogare con loro, emozionarli diventa oggi per il non profit una sfida importante. Entriamo ora nello specifico delle donazioni: quanti sono i donatori in Italia? Secondo i dati forniti dalla Doxa, il totale delle persone che dichiara di aver effettuato almeno una donazione negli ultimi dodici mesi (dato rilevato a novembre 2002) pari al 39% del campione, ovvero a 19 milioni di persone. A luglio del 2001, la percentuale era ferma al 31% della popolazione adulta. Lincremento dunque significativo. Qual il profilo del donatore? La ricerca fornisce questi risultati: i donatori spesso sono pi donne (su 100 donne, il 44% ha effettuato almeno una donazione) che uomini (ha donato il 34%) e provengono in misura maggiore dal nord est. Le persone di mezza et donano pi frequentemente degli anziani e, soprattutto, dei giovani (che hanno una minore disponibilit economica personale). Un forte legame esiste tra propensione a donare e pratica di attivit a sfondo sociale: nellultimo anno ha effettuato donazioni il 63% degli italiani che praticano qualche attivit di volontariato (12% degli italiani adulti, pari a quasi 6 milioni di persone) e il 59% di chi partecipa ad attivit di gruppi parrocchiali o religiosi (15% degli italiani adulti, pari a oltre 7 milioni di persone). La propensione a donare ovviamente correlata al reddito disponibile: nellultimo anno ha effettuato donazioni il 52% delle persone di ceto superiore, il 40% di quelle di classe media e solo il 24% delle persone di ceto inferioCAPITOLO

241

re. In media ciascun donatore ha offerto circa 60 _ in un anno. Circa un quarto (27%) ha effettuato piccole donazioni, di valore non superiore ai 13 _; il 23% ha donato tra i 14 e i 25 _, il 22% tra i 26 e i 50 _. Un quarto dei donatori infine ha devoluto a cause sociali oltre 50 _; in particolare, il 6% dei donatori ha versato per cause sociali oltre 260 _. I forti donatori(pi di 50 _ allanno) sono pi spesso anziani e soprattutto persone di classe sociale superiore. Mentre in assoluto tra i donatori le donne sono pi degli uomini, tra chi ha donato cifre consistenti gli uomini sono pi numerosi: non si tratta di quindi maggiore sensibilit ma, semplicemente, di maggiore disponibilit di spesa. Un altro elemento da approfondire la causa alla quale stata destinata la donazione. Di seguito riportiamo i risultati riferiti allanno 2002.

Destinazione della donazione


Ricerca medica Terremoto in Molise Lotta contro la fame nel mondo Aiuti d'emergenza (guerre, calamit) Adozioni a distanza Povert in Italia Protezione animali Difesa dell'ambiente Portatori handicap Patrimonio artistico 5 3 2 1 9 12 21 18 27 59

La ricerca medica costituisce la causa per la quale gli italiani donano pi frequentemente. Oltre alle numerose iniziative di raccolta fondi promosse da associazioni per la salute (eventi di piazza, eventi televisivi, direct mail, ecc.), che favoriscono le donazioni, esistono a nostro avviso diversi altri fattori di stimolo quali ad esempio il coinvolgimento diretto (parenti, amici o conoscenti coinvolti nella malattia) e unidea latente di egoismo sublimato (la malattia pu colpire anche me. Aiutare la ricerca pu servire anche a me).
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

242

Al secondo posto di questa classifica della donazione si colloca il terremoto in Molise che ha rivelato un forte coinvolgimento da parte della popolazione: al successo della raccolta ha influito certamente lampia visibilit della tragedia sui media, che hanno amplificato e accompagnato levento giorno dopo giorno, oltre che il numero di iniziative attivate da pi enti35. A questo proposito sarebbe interessante approfondire i legami tra causa e donazione. Questultima certamente influenzata prima di tutto da fattori personali, legati alla sensibilit dei singoli nei confronti dei temi. Ma esistono, a nostro avviso, anche altre variabili significative, che in questa sede possiamo solo accennare. Tra queste citiamo: loccasione nella quale si riceve lo stimolo (diverso ricevere materiale informativo, oppure prendere parte ad un evento di strada o essere spettatore di un grande evento televisivo); la modalit di donazione (donare in contanti, tramite bollettino postale, carta di credito o sms); la fonte dellinvito a donare (una persona fidata, un personaggio famoso, un rappresentante dellassociazione). La stessa indagine pi volte citata, condotta dalla Doxa, mostra che, a seconda della causa, cambiano le caratteristiche del donatore36. Lultima variabile di particolare interesse che prenderemo in considerazione riguarda latteggiamento del consumatore nei confronti della responsabilit sociale delle aziende. La ricerca Doxa mostra come il giudizio degli italiani sia in maggioranza favorevole, ma non privo di aspetti che meritano attenzione. In assoluto, un terzo degli italiani si dichiara molto favorevole alle aziende che sostengono cause sociali; un ulteriore 40% abbastanza favorevole. Un quarto degli italiani non favorevole allidea che unazienda sponsorizzi una causa sociale. Nel tempo calata leggermente, ma in modo regolare, la percentuale di italiani molto favorevoli allintervento delle aziende nelle cause sociali. I molto favorevoli erano il 40% nel luglio 2001, sono il 32% nel novembre 2002. Ci non significa che cresca larea di contrari ad un ruolo attivo delle aziende nella solidariet, quanto piuttosto che gli italiani, proprio perch stanno diventando pi sensibili al tema dellazione solidale delle aziende, stanno diventando a questo proposito pi esigenti. Ancora pi interessante appare unindagine condotta da Ispo nel marzo del 2003, che analizza i comportamenti di consumo. Alla domanda Nel decidere di acquistare beni e/o servizi, Lei, in pratica, quanto tiene in considerazione gli aspetti relativi alle politiche verso i dipendenti, i fornitori e limpatto sociale, ambientale e culturale portati avanti dalle aziende produttrici? il campione ha cos risposto:
CAPITOLO

243

Molto

9,7%

Abbastanza

41,1%

Poco

33,3%

Per niente

15,9%

Seppur la somma di chi tiene in considerazione tali aspetti (50,8%) non superi di molto i consumatori disinteressati (49,2%), importante notare come, di fatto, tali aspetti siano in ogni caso dei fattori determinanti nei comportamenti di acquisto. La responsabilit sociale dunque non sembra essere solo un elemento di attenzione teorico ma anche concreto, in grado di orientare oggi i consumi di gran parte degli italiani. Nella stessa indagine, il 43,3% del campione dichiara di aver evitato lacquisto di beni e/o servizi di alcune aziende perch criticabili per le politiche da esse portate avanti verso dipendenti, fornitori e limpatto sociale, ambientale e culturale. L81,2% del campione afferma che il giudizio su unazienda migliora se so che attenta alle questioni sociali e ambientali, il 78% che bisognerebbe proibire di continuare a produrre alle aziende che non rispettano lambiente, il 77,3% che importante che un vero sviluppo tenga conto degli aspetti sociali e ambientali, anche a costo di rallentarne la crescita economica e il 76,7% sostiene che bisognerebbe evitare di comprare prodotti delle aziende che non si impegnano per la tutela dellambiente. Per il 21,4% invece non compito dei cittadini preoccuparsi di queste cose. Come gi detto nel secondo paragrafo, sembra dunque di poter affermare che oggi, e ormai da diversi anni, si stia affermando un nuovo consumatore, divenuto pi esigente, scaltro, selettivo, autonomo, competente e pragmatico. Un nuovo consumatore che accanto ai suoi significati tangibili, va ampliando i suoi aspetti di segno, comunicazione, scambio
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

244

sociale. Un consumatore critico, consapevole che le sue scelte possono influire sulla qualit della vita propria e di molte altre persone37. Se sempre maggiore il numero di persone che da un lato operano nel sociale, e che dallaltro sono pi sensibili ai valori di giustizia e solidariet sociale, ecco che comincia a delinearsi un nuovo e specifico pubblico, o target, sempre pi attento, stimolato e stimolabile dalla comunicazione sociale o dai prodotti sociali38. 10. Le aziende e il sociale proprio la diversa attenzione che il consumatore rivolge alla responsabilit dei prodotti, e quindi anche delle imprese, a creare alcune pulsioni al cambiamento dellofferta e della realt del sistema in cui viviamo. Le aziende, infatti, sono le prime ad esplorare i mercati e ad individuare nuove tendenze per offrire prodotti in grado di soddisfare i bisogni del consumatore. Oggi non si contano ormai le iniziative dellazienda nel sociale: in alcuni casi le aziende promuovono prodotti ecosostenibili, che rispettano lambiente, prodotti biologici e naturali o ancora prodotti responsabili, che garantiscono il rispetto del lavoro minorile e linteresse dei paesi produttori; in altri casi le imprese sviluppano azioni di sensibilizzazione, raccolte fondi in modo diretto e indipendente da enti o organizzazioni non profit o creano una Fondazione, legata allazienda; in altri casi esse collaborano nei modi pi diversi, con le stesse organizzazioni non profit. Si va dalle charity promotion, con cui viene destinata ad una organizzazione non profit una percentuale dei ricavi ottenuti dalla vendita di un prodotto, alle donazioni a fondo perduto, dalle sponsorizzazioni (tecniche o economiche) alla donazione di materiale, dal merchandising solidale alluso del marchio dellassociazione (licensing ) o ancora dallofferta di volontariato professionale al Support salary program39. Se un tempo i legami tra azienda e sociale si limitavano alle azioni di charity promotion e sponsorizzazione, che hanno caratteristiche di interventi limitati nel tempo e nella sostanza, oggi divenuta buona prassi, per un numero sempre maggiore di aziende, avviare delle iniziative di collaborazione pi stretta e continuativa. Si tratta, in particolare, delle azioni di Cause Related Marketing40, nelle quali azienda e non profit creano una partnership che permetta ad entrambe di ottenere benefici. In Italia stata Sodalitas, Associazione per lo Sviluppo dellImprenditoria nel Sociale, la prima a occuparsi di Cause Related Marketing e di responsabilit sociale delle imprese.
CAPITOLO

245

Con grande tempismo, lassociazione ha teorizzato e promosso la collaborazione delle aziende con il sociale, supportando le associazioni da un lato, e le imprese dallaltro, facendo tesoro del proprio patrimonio di competenze imprenditoriali41 e del confronto con tendenze ed esperienze di altri paesi stranieri42. Nata nel 1995, a distanza di cinque anni presentava gi un primo rapporto positivo: 24 associati tra imprese nazionali e multinazionali e 3 contribuenti su progetti specifici, 58 soci individuali e un ampio numero di interventi di promozione del sociale: nellottobre 2000 risultavano 270 interventi conclusi, 150 in corso e 420 richiesti. Nel 2003 ha istituito il premio Sodalitas Social Award che ha premiato i migliori progetti di valore sociale delle imprese, riproposto nel 2004. Ha infine istituito un Osservatorio, in collaborazione con Nielsen Media Research, con lobiettivo di monitorare gli investimenti delle imprese italiane in Marketing sociale43. I dati delle prime rilevazioni danno questi risultati:

Totale annunci

2002

7.812

2003

10.369

2000

4000

6000

8000

10 000

12000

Il numero di annunci aumentato, in un anno, del 32,7%. In termini di investimento si passati da 79 168 000 euro a 83 622 000 euro, con un incremento del 5,6%. Infine Sodalitas registra un aumento anche nel numero di aziende impegnate in iniziative di Cause Related Marketing : da 120 sono diventate 189 (di cui 56 gi attive nel 2002), con un incremento del 57,5%.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

246

Questi dati sono certo significativi poich segno di un cambiamento importante nella politica di molte aziende, anche di dimensioni internazionali come Unilever, Ikea, Wella, Procter&Gamble, Avon e tante altre. Il Cause Related Marketing , quindi, sembra rivelarsi una strategia di marketing vincente per molte aziende, un modo per rispondere sia alla concorrenza sui mercati sia alle sempre maggiori sollecitazioni dei consumatori per un impegno diretto da parte delle imprese nel sociale. Accanto alle iniziative di comunicazione sociale, sopra evidenziate, molte imprese hanno seguito la strada della certificazione, con lobiettivo di rivedere e migliorare i processi lavorativi e produttivi, o con finalit di marketing. Sono circa 800 le imprese italiane che hanno attivato procedure per raggiungere standard e certificazioni di qualit etica. Gli standard oggi non sono ancora totalmente affidabili e riconosciuti, ma le possibilit sono molte: c il bilancio sociale (250 le aziende che lhanno steso nel 2001, 600 nel 2003), le certificazioni ISO 1400144 sullambiente (717 le aziende certificate nel 2000, 2911 nel 2003), le dichiarazioni di conformit Emas45 sullambiente (42 nel 2000, 150 nel 2003) e infine le certificazioni SA 800046 sulla responsabilit sociale (3 nel 2000, 17 nel 2003)47. Gli indicatori sono chiari: le aziende stanno gradatamente rendendosi conto che la reputazione del marchio ha un peso notevole sul valore stesso dellazienda e che lattenzione alletica dimpresa ha benefici sulla fidelizzazione dei clienti, sulla produttivit, sul turnover, sulle economie di scala oltre che sullimmagine. Rispetto allEuropa, in ogni caso, il nostro paese sconta ancora un certo ritardo. 11. Conclusioni Quanto fin qui evidenziato sembra confermare, in tutti gli ambiti della societ, la crescita di un nuovo modo di guardare alla realt. Una nuova attenzione ai valori della solidariet che si ripercuote nella vita di milioni di persone, attraverso lattuazione di comportamenti di grande valore sociale, quale il volontariato, il proselitismo e la donazione, ma anche di nuovi comportamenti di consumo. Tutti i soggetti di cui si parlato finora sono oggi coinvolti in questo processo di mutamento: i cittadini innanzitutto, i veri protagonisti del cambiamento; lo Stato, primo interprete della comunicazione sociale e diretto responsabile dei futuri rapporti tra mondo economico e sociale; le aziende, attente esploratrici di nuovi mercati, divise tra responsabilit sociale e interesse economico, mai apparentemente cos vicini come ogCAPITOLO

247

gi; e infine il mondo della solidariet, del volontariato e dellassociazionismo, motore del cambiamento e portatore di forti istanze di cambiamento e innovazione. E la comunicazione sociale accompagna, stimola, a volte insegue, tutto quanto si sta trasformando nella nostra societ. Una sfida appassionante, cominciata prudentemente diversi decenni fa e oggi divenuta un grande teatro calcato da pi attori, che sembra poter davvero inventare un nuovo modo di vivere il nostro mondo. Ma se la comunicazione sociale cresce di importanza, essa porta con s alcuni problemi che da tempo la accompagnano e che chiedono sempre pi di essere affrontati. Essi fanno riferimento principalmente a due dimensioni: quella qualitativa e quella quantitativa. Il primo aspetto stato trattato diffusamente negli altri contributi del presente rapporto, mentre gli aspetti quantitativi sono stati oggetto specifico di questo capitolo ed su questo che porteremo le nostre ultime considerazioni. Gli elementi positivi sono evidenti. La comunicazione sociale aumentata su tutti i fronti: pi spazio, pi investimenti, pi visibilit, pi soggetti attivi, pi sensibilit. Ma quali possono essere i nodi problematici, se ci sono? Come pi volte accennato, la comunicazione sociale, e in modo particolare quella promossa dalle organizzazioni non profit, ancora oggi in larga parte dipendente dalla disponibilit di spazi gratuiti concessi dai mezzi. Se per quanto riguarda le campagne sviluppate a pagamento non possiamo che augurarci una continuazione della tendenza allaumento sopra evidenziata, le campagne gratuite delle organizzazioni non profit costituiscono invece, a nostro avviso, un problema da affrontare. possibile continuare a impostare la comunicazione contando solo su spazi gratuiti? La quantit di spazi a disposizione del sociale sufficiente per garantire lefficacia delle campagne? La pubblicit insegna che esistono delle soglie di visibilit al di sotto delle quali la comunicazione pu definirsi pressoch inutile poich non in grado di raggiungere il proprio pubblico. Se la pubblicit di prodotto ha bisogno di raggiungere determinati livelli di frequenza e continuit per funzionare, a maggior ragione la dovr avere la comunicazione sociale, che richiede a volte uno sforzo notevolmente superiore a quello legato ad un comportamento dacquisto. Si pensi quanto pu essere difficile ottenere la modifica di un comportamento acquisito, come il caso di molte pubblicit sociali che combattono ad esempio contro labuso di droga, di alcol o che lottano contro i pregiudizi delle persone. Il punto chiaro: se la comunicazione sociale non aumenta ulteriorP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

248

mente la propria visibilit, essa rischia di continuare a essere un impegno importante ma solo marginale, un tentativo, una buona disposizione, un bella speranza. La questione non certo semplice e non si limita alla quantit di spazi pubblicitari: infatti evidente che la modifica di un comportamento, o atteggiamento, o pregiudizio non pu essere ottenuta dalla sola azione pubblicitaria, ma laspetto quantitativo, che quello che ci interessa in questa analisi, uno degli elementi che contribuiscono allefficacia della comunicazione. Quali sono le soluzioni per intervenire e per raggiungere obiettivi ancora pi ambiziosi? Quali i soggetti coinvolti? Le risposte non sono semplici e richiederebbero un lungo approfondimento. Per questo ci limiteremo ad elencare alcune possibili linee di sviluppo, nella speranza che possano rappresentare un contributo costruttivo nel procedere del dibattito. Una prima risposta, come pi volte emerso nelle discussioni attorno alla comunicazione sociale, potrebbe provenire dallo Stato. Esso dovrebbe proseguire, come sostengono molte realt del terzo settore, nellazione di defiscalizzazione delle donazioni, sia da parte delle aziende che delle persone, fino a raggiungere i traguardi di altri paesi occidentali. Questo potrebbe incrementare le entrate delle organizzazioni non profit e garantire una maggiore disponibilit economica, utilizzabile anche a fini comunicativi. Unaltra strada percorribile potrebbe essere quella di creare nuovi spazi dedicati esclusivamente alla comunicazione sociale. La Rai, ad esempio, potrebbe innanzitutto mutuare laccordo Upa Mediaset che garantisce ampi spazi gratuiti alle organizzazioni non profit senza limiti di affollamento pubblicitario, come accennato in precedenza. Unaltra idea potrebbe essere quella di creare una sorta di Carosello sociale che possa diventare un appuntamento televisivo per milioni di spettatori, come lo stato il Carosello agli albori della televisione. Allinterno della programmazione Rai si potrebbero studiare, con sempre maggiore attenzione e responsabilit, i contenuti delle fiction, molte volte ancora pi efficaci nellorientare i comportamenti della comunicazione sociale propriamente detta. In termini di affissioni i margini di intervento sono ancora pi ampi. Oggi la Pubblica Amministrazione ha a disposizione degli spazi comunali, il pi delle volte di modeste dimensioni. Perch non creare spazi appositi, grandi, visibili, in luoghi simbolici e di grande passaggio, a uso esclusivo della comunicazione pubblica e sociale? Ad esempio a Milano Armani possiede la facciata di un palazzo in
CAPITOLO

249

zona centrale, la Diesel ha conquistato un muro di grandi dimensioni, Gilli un palazzo nei nuovi quartieri della moda, tutte affissioni che non si possono non vedere. Anche lAmministrazione potrebbe riservarsi propri spazi (che siano aggiuntivi e non alternativi a quelli destinati alle imprese) o utilizzare le impalcature delle ristrutturazioni come mezzi per comunicare. Sempre a Milano, ad esempio, si discusso riguardo alla facciata del Duomo in ristrutturazione, se destinarla alla pubblicit o a proiezioni di opere darte. Perch invece non utilizzarla per comunicazioni sociali, in pieno rispetto e sintonia, a mio avviso, anche con gli ideali religiosi del monumento? Unaltra soluzione potrebbe essere quella di prevedere la creazione di spazi di affissione sociale nelle scuole, per comunicare direttamente con un target che spesso rappresenta il primo obiettivo della comunicazione sociale. Un intervento sarebbe possibile, a nostro avviso, anche sui mezzi stampa. Come diventato legge lobbligo di riservare il 50% dellinvestimento in comunicazione della Pubblica Amministrazione alla stampa, nello stesso modo potrebbe diventare legge listituzione su tutti i mezzi stampa di alcune pagine per il sociale, magari in posizioni speciali. Si tratta, in effetti, di un servizio nei confronti del lettore (si pensi a quando, in passato, le reti televisive, hanno dovuto istituire un telegiornale, in quanto servizio di valore sociale). La possibilit di prevedere spazi dedicati pu ovviamente ampliarsi a tutti i mezzi, come ad esempio radio e cinema, che non hanno nemmeno grandi problemi di affollamento. Lintervento dello Stato, in ultima analisi, dovrebbe a nostro avviso concretizzarsi nellintroduzione sistematica di spazi riservati al sociale su tutti i mezzi. A costo contenuto. Una sorta di servizio pubblico che tutti i mezzi di comunicazione potrebbero offrire, in quanto parti della stessa societ civile. Certo i mezzi stessi potrebbero attuare una politica di maggiore apertura al sociale, senza la necessit di una legge, ma lintervento pubblico potrebbe favorire il processo. In ogni caso, la diffusione della comunicazione sociale delle organizzazioni non profit, accompagnata dalla verifica della sua efficacia, potrebbe portare ad un incremento degli investimenti dei vari soggetti. I media potrebbero quindi trovare anche nuovi partner economici. Una risposta potrebbe venire anche da parte delle organizzazioni non profit. In primo luogo, con sopra accennato, potrebbero destinare maggiori risorse alla comunicazione, soprattutto nel caso di una legge che favorisse la detassazione delle donazioni.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

250

Si tratta di una scelta, anche culturale, che porterebbe a considerare la comunicazione non tanto un onere, quanto un investimento. In secondo luogo le organizzazioni potrebbero, in molti casi, promuovere iniziative comuni, in collaborazione con altri soggetti, pubblici e privati. A volte le stesse organizzazioni sembrano troppo occupate a comunicare la propria realt, piuttosto che ad affrontare in senso collettivo i problemi del nostro mondo o di quello pi povero, a raccogliere fondi piuttosto che a sensibilizzare il cittadino. Una risposta, infine, pu provenire anche dalle aziende: assumendosi definitivamente limpegno di promuovere la cultura della responsabilit sociale; proseguendo e incrementando il numero degli interventi sulla propria realt produttiva e lavorativa e delle azioni di comunicazione a contenuto sociale; cercando e favorendo sempre pi la collaborazione con la Pubblica Amministrazione e con il mondo sociale. Su questo punto inutile sottolineare quanto il ruolo del consumatore sia determinante nellorientare le politiche aziendali. Tutto questo, e molto altro, potrebbe essere attuato come investimento sul futuro. Se si crede nella comunicazione sociale, ci si pu permettere di investire. I benefici saranno visibili, se non oggi, alluomo di domani. Note
1. Ad esempio Fiorello, nel corso della sua trasmissione del sabato sera Stasera pago io 2, ha invitato ripetutamente i telespettatori a donare un sms per una causa sociale, facendolo egli stesso e invitando il pubblico in studio a fare altrettanto. 2. Prendendo in considerazione il settore dei detersivi, le principali marche hanno da tempo avviato iniziative di sostegno al sociale. Dash ad esempio promuove la Missione Bont, con la quale contribuisce economicamente a sostenere una causa sociale (rilevante liniziativa sviluppata nel corso del 1999, e riproposta per diversi anni, in cui Dash ha sostenuto lABIO Associazione per il Bambino in Ospedale e la creazione di appositi spazi a misura di bambino in molti ospedali italiani); Dixan invece sostiene la scuola e, attraverso loperazione Dixan per la scuola, regala apparecchiature sportive ed informatiche alle scuole materne, elementari e medie. 3. Diverse case automobilistiche e di moto sottolineano oggi le proprie caratteristiche di sostenibilit ambientale: Fiat con Multipla e la campagna Ecocentrica, Toyota con la campagna Toyota Yaris gi Euro3, Vespa Piaggio con la campagna Greenvesp, Honda Pantheon Se la natura lo ama perch lui ama la natura. Anche diversi elettrodomestici evidenziano il proprio valore ambientale. Ad esempio Electrolux con Il frigorifero amico della terra. Ci sono invece prodotti che puntano allambiente poich sostengono cause ambientali: Omnitel per Legambiente e loperazione Goletta verde, Volskwagen e Legambiente con il progetto Percorsi di educazione ambientale, Dodo Pomellato per il WWF. Infine ci sono marchi che si dichiarano attivi per la ricerca e lo sviluppo di un

CAPITOLO

251

pianeta ecosostenibile: Eni con Enis way Metano per auto: nuovo viaggiare, Shell con la campagna Un sogno irraggiungibile o un sogno che diventa relt?, Toyota con la campagna Obiettivo: emissioni zero. 4. Esselunga ha promosso i propri marchi Naturama e Bio, ha dato spazio ai prodotti CTM per un commercio equo e solidale e sviluppato diverse campagne in sintonia con le nuove richieste dei consumatori. Ad esempio, quella Noi non rompiamo le scatolette ai delfini, che certifica i metodi di produzione per salvaguardare lincolumit dei delfini durante la pesca. Anche COOP realizza molteplici iniziative: citiamo, ad esempio, campagne quali Lunico additivo usato nelle nostre coltivazioni biologiche per lagricoltura biologica, Solo per ricordarvi che la natura la madre di tutti noi che sottolinea limpegno dellazienda a 360, Fragile per la riduzione degli imballaggi, Ci sono valori che non possono finire nel fango contro il lavoro minorile. 5. Unicef, WWF, Legambiente, Emergency sono alcuni esempi importanti. Molte Associazioni hanno in catalogo cappellini, t-shirt, felpe, zaini, portachiavi, biglietti natalizi o augurali, agende, diari, ecc., disponibili presso le rispettive sedi, vendibili sui siti o in appositi punti vendita. 6. Nel 2003 sono stati ventuno i Ministeri o i soggetti istituzionali attivi in iniziative di comunicazione di pubblica utilit. Nel 1995 erano solo tre: la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con allattivo pi progetti, il Ministero della Salute e il Ministero delle Risorse agricole, alimentari e forestali. 7. Per un approfondimento, si veda: G. Gadotti (a cura di), La comunicazione sociale, ed. Arcipelago, 2001. 8. Per piccola pubblicit o pubblicit diretta si intendono le iniziative di comunicazione sviluppate senza lutilizzo dei mass media, ovvero tramite la produzione e distribuzione di materiali di comunicazione quali ad esempio volantini, brochure informative, locandine e altro ancora. 9. Per un approfondimento, si rinvia ai siti di Rai (www.segretariatosociale.rai.it) e Mediaset (www.mediaset.it). 10. Sia la Rai, sia Mediaset hanno creato al loro interno, strutture dedicate in modo specifico al sociale. In Rai opera il Segretariato Sociale che, con lobiettivo di sviluppare la massima attenzione del pubblico sulle problematiche sociali, propone e/o realizza iniziative sia allesterno sia allinterno della programmazione radiotelevisiva e multimediale, anche in collaborazione con le Associazioni e le Istituzioni dedicate. Mediaset ha creato Mediafriends, unassociazione che ha lobiettivo di ideare e realizzare eventi, soprattutto televisivi, finalizzati alla raccolta di risorse da destinare a cause di valore sociale: il primo stato La Fabbrica del Sorriso, un evento che, tramite il coinvolgimento di comici italiani, ha saputo coniugare alla perfezione lidea di spettacolo, intrattenimento e solidariet. 11. Vita, R. Bonacina (coordinamento e testi), Il volontariato in pagina. La rappresentazione del volontariato sulla stampa quotidiana italiana, ottobre-novembre 2002. 12. Nel 1998, anno in cui stata effettuata la prima ricerca analoga su un campione di 20 quotidiani, la media di articoli al giorno era di 9,96. Fonte: Vita. 13. I periodici presi in considerazione sono: La Repubblica Affari&Finanza, Milano Finanza, Il Mondo, Corriere Economia del Corriere della Sera, Plus de Il Sole 24ore e Borsa&Finanza. 14. Con il termine virtuale ci si riferisce al fatto che gli spazi destinati al sociale e alle organizzazioni non profit, nella maggioranza dei casi, sono concessi a titolo gratuito. Essi sono stimati facendo riferimento al loro valore di mercato (a prezzi di listino) e quindi rappresentano un dato virtuale. 15. Nei mezzi classici sono inclusi televisione, radio, stampa quotidiana e periodica, pubblicit esterna e cinema. I dati relativi allinvestimento nei circuiti cinematografici sono disponibili solo dal 2000 ma sono comunque trascurabili rispetto al totale dei mezzi, come si vedr nella descrizione della ripartizione degli investimenti sociali tra i mezzi classici.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

252

16. A questo totale, per completezza, si dovrebbero aggiungere anche i dati di investimento delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) oggi molto attive sul fronte della comunicazione di pubblica utilit nei confronti del cittadino, e i dati delle grandi istituzioni, quali ad esempio le Chiese o i sindacati e infine gli investimenti dei consorzi (Co.re.pla., Co.re.ve., Comieco, ecc.), che svolgono funzioni di pubblica utilit. Questi dati per non sono al momento disponibili. 17. Fonte: Nielsen Media Research 18. Nel corso degli anni queste tipologie di classificazione, utilizzate dalla Nielsen sono in parte cambiate: fino al 1999 le campagne di comunicazione sociale venivano suddivise in due categorie principali: le campagne di informazione e educazione sociale e le campagne sociali gratuite. Nella prima voce erano incluse le campagne promosse ed attuate dalle Istituzioni pubbliche con lintento di informare/educare coloro che vedono la pubblicit, su argomenti di pubblico interesse (salvaguardia dellambiente, difesa verso lAIDS, la nuova moneta europea, incendi nei boschi). La seconda voce comprendeva le campagne promosse da Associazioni/Istituzioni (Pubblicit Progresso, Aism, Airc, ecc.) alle quali i media offrono spazio gratuitamente, poich la comunicazione fatta di pubblica utilit e/o di interesse sociale. A partire dal 2000, mentre la categoria campagne di informazione e educazione sociale stata rinominata campagne ministeriali, si aggiunta la categoria campagne di educazione sociale che corrisponde alle iniziative di comunicazione sociale a pagamento realizzate, per la maggior parte, da aziende. 19. Le categorie indicate costituiscono una necessaria semplificazione. Nella voce campagne sociali gratuite, infatti, sono incluse non solo le campagne gratuite di organizzazioni non profit ma anche alcune iniziative sociali di istituzioni quali le Regioni o i Comuni; nella voce campagne ministeriali oltre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei vari Ministeri, si contano anche Enti sopranazionali quali lONU o lUnione Europea; infine nella voce campagne di educazione sociale, che raccoglie le iniziative a pagamento, oltre alle aziende, si registra la presenza della Banca dItalia, di alcune organizzazioni non profit o di altri soggetti pubblici. 20. Alcuni annunci recitano: Se andate troppo veloce il vostro angelo vi perder, Avete una vita sola. Tenete due mani sul volante, Senza cinture non c angelo che tenga, Zero alcool e guidate cento anni. 21. Legge Gasparri n. 112 del 3 maggio 2004, art. 17, comma 2: Il servizio pubblico generale radiotelevisivo, ai sensi dellart. 6, comma 4, comunque garantisce la trasmissione gratuita dei messaggi di utilit sociale ovvero di interesse pubblico che siano richiesti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (). 22. Lultima modifica normativa a tal proposito risale alla Legge Gasparri n. 112 del 3 maggio 2004. Allart. 7, comma 10 si legge: Le somme che le amministrazioni pubbliche o gli enti pubblici anche economici destinano, per fini di comunicazione istituzionale, allacquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa, devono risultare complessivamente impegnate, sulla competenza di ciascun esercizio finanziario, per almeno il 15% a favore dellemittenza privata televisiva e radiofonica locale, operante nei territori dei Paesi membri dellUnione europea e per almeno il 50% a favore dei giornali quotidiani e periodici. Per un approfondimento si veda G. Gadotti (a cura di), La comunicazione sociale, ed. Arcipelago, 2001. 23. Nonostante le flessioni del mercato pubblicitario, la televisione registra comunque negli ultimi anni, un andamento quasi sempre positivo. Nel 2002 la sua quota di mercato era pari al 53,3% (51,2% nel 2001), contro il 39,4 della stampa. Rispetto allanno precedente, nonostante le sofferenze dellintero mondo mediatico, il mezzo pi amato dagli italiani ottiene un incremento dello 0,5%. Fonte: Nielsen Media Research, Media Book Italia. 24. I dati che vanno a costituire la classifica dei maggiori investitori pubblicitari sono calcolati sulla base delle tariffe di listino. 25. Del 2003 sono disponibili i dati riferiti al periodo gennaio-giugno.

CAPITOLO

253

26. Su di un totale di 6 125 000 di euro investiti dal Ministero della Sanit, ben 5.915.000 sono destinati alla televisione mentre la CEI ha riservato 4 833 000 euro su 5.772.000. La parte rimanente suddivisa tra radio, quotidiani e periodici. Non sono stati, invece, utilizzati il cinema e laffissione. Per un approfondimento consultare Media Book Italia, VNU Business Pubblications Italia, 2003/2. 27. Le classifiche precedenti lanno 2000 prendono in considerazione solamente i primi 100 investitori. 28. Come sopra specificato, si ricorda che il dato riferito alle campagne sociali delle organizzazioni non profit calcolato in base al valore dello spazio concesso gratuitamente e non al reale investimento economico. La classifica delle organizzazioni non profit, quindi, utile a evidenziare le associazioni che beneficiano maggiormente dellofferta di spazi gratuiti e hanno, quindi, migliore visibilit presso la popolazione, oppure quelle che pi godono di simpatia o considerazione da parte dei media. Lofferta di spazi da parte di questi ultimi, ovviamente, dipende da fattori trasversali come le dimensioni dellorganizzazione, la sua riconoscibilit e notoriet da parte dei destinatari, nonch lattivit di pressione svolta dalle agenzie di pubblicit che realizzano le campagne per le organizzazioni non profit e infine, ultimo non per importanza, la sensibilit personale dei professionisti responsabili della selezione e della propriet. 29. Si riporta lelenco delle organizzazioni citate e le percentuali con cui sono state indicate. Lintervistato poteva indicare pi di unorganizzazione. Totale campione: 1054 - novembre 2002. Per un approfondimento si rimanda a: Doxa, Imprese, consumo, solidariet, 2003. 30. Lassociazione era denominata, in quegli anni, ASSAP, Associazione delle Agenzie di pubblicit a servizio completo. 31. La ricerca intende fornire delle informazioni che possono rivelarsi utili alle aziende che sostengono o intendono sostenere cause sociali da utilizzare nella loro comunicazione. Doxa ha per questo svolto una serie di indagini, a partire dal luglio 2001, per verificare linteresse da parte del cittadino per il sociale e definire le cause pi rilevanti e le tipologie di consumatori. Lindagine stata condotta su di un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (15 anni e oltre) di circa 1000 casi in cinque fasi: luglio 2001, settembre 2001, gennaio 2002, giugno 2002, novembre 2002. 32. Fonte: Rapporto annuale ISTAT 2003. 33. La presenza di volontari pi diffusa e radicata nel settentrione dItalia e in particolare nel nord-est. La frequenza pi alta in Trentino Alto Adige, dove il dato raggiunge ben il 21% della popolazione, e in Veneto, con il 14,3%. Seguono Friuli Venezia Giulia (10,4%), Lombardia (10%) ed Emilia Romagna (9,7%). Il dato pi basso si registra in Campagna, Abruzzo e Lazio, con dati compresi tra il 3,8 e il 5,5%. 34. Fonte: VIII Censimento ISTAT sullindustria e sui servizi, pubblicato nel mese di marzo 2004 e riferito alla situazione del 2001. Il censimento considera istituzione non profit ogni ente giuridico o sociale creato allo scopo di produrre beni e servizi e il cui status non permette ad esso di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno finanziario per le unit che lo costituiscono, controllano o finanziano. 35. Per loccasione, sono state organizzate oltre 80 raccolte fondi (fonte: Vita, n. 46, anno 9). Tra le principali, quella promossa da Rai e Caritas e da TG5, Corriere della Sera e Tim. 36. Ad esempio, coloro che scelgono ladozione a distanza (il 12% dei donatori) sono pi sensibili alle tematiche dellaiuto umanitario: in genere persone giovani con istruzione elevata. 37. Per un approfondimento, si rimanda a: G. Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, 2003. 38. Per un approfondimento, si veda: C. Caltabiano (a cura di), Il sottile filo della responsabilit civica, Franco Angeli, 2003 e G. Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, 2003.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

254

39. Per un approfondimento si rimanda a G. Gadotti (a cura di), La comunicazione sociale, ed. Arcipelago, 2001. 40. Per un approfondimento si rimanda al paragrafo 2. 41. Sodalitas promossa da Assolombarda. Liniziativa nasce da un concorso di circostanze e di fattori facilitanti, come si legge nel proprio documento di presentazione: una visione lungimirante aperta alla collaborazione a largo raggio con diverse espressioni organizzate della societ; la fiducia profonda nei valori della cultura dimpresa come strumento di crescita economica e civile diffusa; la disponibilit di risorse ad alta qualificazione offerta anche dalla trasformazione tecnologico-organizzativa degli anni 90 capaci di trovare in una finalizzazione sociale un nuovo traguardo significativo. 42. Particolarmente importanti sono per Sodalitas e per lItalia gli esempi dellExecutive Service Corps (USA), di Business in the Community (Gran Bretagna) e della Fondation de France (Francia). 43. Nielsen Media Research prende in considerazione gli annunci pubblicitari nei quali sono presenti almeno due protagonisti che ricavano beneficio dalla comunicazione: lazienda investitrice e lorganizzazione umanitaria che beneficia delliniziativa. 44. La certificazione ISO 14001 basata su standard emanati dallOrganismo di standardizzazione internazionale ISO, recepiti dallente di normazione europeo EN e italiano UNI. Consiste in una serie di azioni e di strumenti volti allobiettivo di garantire il rispetto dellambiente. Lazienda che intende certificarsi deve seguire i seguenti step: analisi ambientale dellorganizzazione, definizione della Politica ambientale, elaborazione del programma di miglioramento, implementazione del sistema di Gestione Ambientale (SGA), verifica dellefficacia del sistema. 45. LEMAS fa riferimento al Regolamento della CE n. 761/2001 e prevede ladeguamento dellorganizzazione a determinati requisiti stabiliti a livello europeo. Alle attivit richieste dalla certificazione ISO 14001 si aggiunge lanalisi degli aspetti ambientali indiretti (su cui lazienda non ha una influenza diretta), la redazione di una Dichiarazione Ambientale disponibile al pubblico, la verifica della conformit ai requisiti effettuata da un verificatore accreditato dal comitato Ecolabel Ecoaudit. 46. una certificazione volontaria di unorganizzazione che si dotata di un sistema gestionale (regole e procedure) per garantire che i propri prodotti o servizi siano realizzati nel rispetto dei lavoratori, delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, della libert di associazione, dellassenza di politiche discriminatorie o coercitive/violente, della definizione di un orario di lavoro e retribuzione equa. 47. Fonti: Kpmg; Avanzi-Srl; Aioci; Centro studi Cisl-Sodalitas; Nielsen; Acri; Istituto europeo per il bilancio sociale; Rina-Sicert.

CAPITOLO

255

CAPITOLO 9

Raccolta, conservazione e fruibilit delle campagne di comunicazione sociale in Italia


Enzo Cucco, Rosaria Pagani, Maura Pasquali*

Uno degli aspetti tuttora meno risolti della comunicazione sociale nel nostro Paese, quello legato al problema della conservazione dei materiali relativi alle campagne di comunicazione sociale e della documentazione delle azioni ad esse correlate, vale a dire dellorganizzazione della memoria. La possibilit di consultare e confrontare le diverse esperienze costituirebbe, specialmente per gli addetti ai lavori, una grande opportunit di entrare in contatto con tesi, posizioni e modi diversi di affrontare temi e problemi e dunque di acquisire le conoscenze utili allo sviluppo di una vera e propria cultura della comunicazione sociale. In tal senso, questa indagine stata realizzata con lobiettivo di delineare un quadro, pi realistico possibile, dello stato dellarte cio conoscere quali e quanti sono gli enti pubblici, le associazioni e le organizzazioni che raccolgono e mettono a disposizione del pubblico, materiali relativi a campagne di comunicazione sociale 2. Elenco soggetti censiti A) ENTI
PUBBLICI

Governo e Ministeri 1. Corpo Forestale 2. Dipartimento Affari Regionali 3. Dipartimento Funzione Pubblica 4. Dipartimento Nazionale Politiche Antidroga 5. Dipartimento Pari Opportunit

Alla ricerca hanno collaborato Silvia Caprioglio e Francesca Nani

CAPITOLO

257

6. Dipartimento Protezione Civile 7. Dipartimento Sviluppo delle Economie Territoriali 8. Ministero delle Attivit Produttive 9. Ministero dellAttuazione Programma di Governo 10. Ministero degli Esteri 11. Ministero della Difesa 12. Ministero della Funzione Pubblica 13. Ministero della Giustizia 14. Ministero della Salute 15. Ministero dellAmbiente e Tutela del Territorio 16. Ministero delle Comunicazioni 17. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 18. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 19. Ministero dellEconomia e delle Finanze 20. Ministero dellInterno 21. Ministero dellInnovazione e Tecnologie 22. Ministero Istruzione, Universit e Ricerca 23. Ministero degli Italiani nel Mondo 24. Ministero delle Pari Opportunit 25. Ministero per i Beni e le Attivit Culturali 26. Ministero delle Politiche Comunitarie 27. Ministero Rapporti con il Parlamento 28. Ministero delle Riforme Istituzionali e Devoluzione 29. Presidenza Consiglio dei Ministri (Ufficio Naz. Servizio Civile)
Regioni

1. Abruzzo 2. Friuli Venezia Giulia (Reg. Autonoma) 3. Trentino Alto Adige (Reg. Autonoma) 4. Basilicata 5. Calabria 6. Campania 7. Emilia Romagna 8. Lazio 9. Liguria 10. Lombardia 11. Lombardia (ASL Milano) 12. Marche 13. Molise 14. Piemonte 15. Puglia 16. Sardegna 17. Sicilia 18. Toscana
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

258

19. Umbria 20. Valle DAosta (Reg. Autonoma) 21. Veneto


Province Autonome

1. Bolzano 2. Trento
Comuni

1. Ancona 2. Aosta 3. Bari 4. Bologna 5. Cagliari 6. Campobasso 7. Catanzaro 8. Firenze 9. Genova 10. LAquila 11. Milano 12. Napoli 13. Palermo 14. Perugia 15. Potenza 16. Roma 17. Trento 18. Trieste 19. Venezia B) ENTI
PUBBLICI NON TERRITORIALI

1. ASI (Agenzia Spaziale Italiana) 2. INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) 3. ISTAT (Istituto nazionale di Statistica) 4. Segretariato Sociale Rai 5. SIAE (Societ Italiana Autori ed Editori) C) ENTI
PRIVATI

Organizzazioni non Profit 1. ADISCO (Ass.ne Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale) 2. ADMO (Ass.ne Donatori Midollo Osseo)
CAPITOLO

259

3. AIDO (Ass.ne Italiana Donazione Organi e Tessuti) 4. AIL (Ass.ne Italiana contro le Leucemie) 5. AIMAC (Ass.ne Italiana Malati di Cancro) 6. AIRC (Ass.ne Italiana per la ricerca sul Cancro) 7. AISM (Ass.ne Italiana Sclerosi Multipla) 8. ALA (Ass.ne nazionale Lotta Aids) 9. AMNESTY INTERNATIONAL Sezione Italiana 10. ANLAIDS (Ass.ne Nazionale per la Lotta contro lAids) 11. ANOLF (Ass. Nazionale Oltre le Frontiere) 12. ANVOLT (Ass.ne Nazionale Volontari Lotta contro i Tumori) 13. ASSOCIAZIONE GLI AMICI DI LUCA 14. ASSOCIAZIONE LAURA COVIELLO 15. AVIS (Ass.ne Volontari Italiani Sangue) 16. CARTA 17. CEIS (Centro Italiano di Solidariet) Roma 18. CEPIM (Centro Persone Down) 19. CESVI (Cooperazione e Sviluppo) 20. CIPSI - Coordinam. Iniziative Popolari Solidariet Internazionale) 21. CISF(Centro Internazionale Studi Famiglia) 22. CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) 23. CLUB SOCIALIS 24. COMITATO MAMME ANTISMOG 25. CRI (Croce Rossa Italiana) 26. ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) 27. FEDERAZIONE ALZHEIMER ITALIA 28. FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE 29. FONDAZIONE ZANCAN 30. GREENPEACE ITALIA 31. GRUPPO ABELE 32. IAPB (International Agency for the Prevention of Blindness) 33. LAV (Lega Anti Vivisezione) 34. LEGA DEL FILODORO 35. LEGA ITALIANA PER LA LOTTA CONTRO I TUMORI 36. LEGAMBIENTE 37. LIDA (Lega Italiana Diritti dellAnimale) 38. LILA (Lega Italiana Lotta Contro LAids) 39. LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) 40. LISM (Lega Italiana Sclerosi Multipla) 41. NESSUNO TOCCHI CAINO 42. OIPA Italia (Organ.Internazionale Protezione Animali) 43. PROGETTO CITT SANE - Trieste 44. PUBBLICIT PROGRESSO 45. SODALITAS
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

260

46. TELEFONO AZZURRO 47. TELEFONO ROSA 48. UIL (Unione Italiana del Lavoro) 49. UN PONTE PER 50. VAS (Associazione Verdi Ambiente e Societ) 51. WWF Italia Imprese 1. AMIAT (Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino) 2. AUTOGRILL 3. BNL (Banca Nazionale del Lavoro) 4. DASH 5. ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) 6. ESSELUNGA 7. FIAT S.p.a. D) ALTRI
SOGGETTI

Centri di documentazione 1. Associazione C.D.H. (Centro documentazione Handicap) 2. ASL 1 Torino 3. Ce.Do.S.T.Ar (CdD Servizio Tossicodipendenze USL 8 Arezzo) 4. CEDIF-ARPAT (CdD Agenzia Regionale Protezione Ambientale Toscana) 5. CESDOP (Centro Studi e Doc. Provinc. Dipendenze e Emarginazione) 6. Consultorio Giovani AUSL Forl 7. Per lEducazione alla Salute (Ministero della Salute) 8. Sulle Politiche Soc. del Gruppo Solidariet 9. CEDEAS (CdD Per Leducazione Alla Salute - Asl Firenze) 10. CEDES (CdD Educazione alla Salute) Regione Toscana 11. Centro Region. Doc. e Analisi Infanzia e Adolescenza 12. Centro Studi e Documentazione - Biblioteca ASL L7 Ancona 13. DORS (Centro Reg. Doc. Protezione della Salute) 14. SEDES (Agenzia per la promozione e leducazione alla salute Perugia) Osservatori 1. Osservatorio Comun. Sociale e Editoria Terzo Settore 2. Osservatorio Nazionale Tabacco - Istituto Tumori 3. Osservatorio Sulla Comunicazione Sanitaria - Universit di Pisa 4. Osservatorio Sulla Comunicazione Sociale - Universit di Bologna
CAPITOLO

261

5. Osservatorio Sulla Comunicazione - Consiglio Regionale dellEmilia 6. OSSFAD (Osservatorio Fumo Alcol Droga Ist. Sup. Sanit) E) ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI

ONU 1. ACNUR (Alto Commissariato Nazioni Unite Rifugiati) 2. FAO Italia (Food and Agriculture Organization of United Nations) 3. UNICEF Italia (The United Nations Childrens Fund) Vaticano e CEI 1. CEI (Conferenza Episcopale Italiana)
Riepilogo soggetti contattati
Governo e Ministeri Regioni Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 29 21 (20 + Asl Milano) 2 19 5 51 7 20 (14 CdD + 6 Osservatori) 3 1 158

2. Lanalisi dei dati Di seguito si commentano sinteticamente i dati rilevati, in corrispondenza delle variabili di maggiore interesse. 2.1 Conservazione dei materiali Il 76% dei soggetti contattati (120/158) conserva i materiali delle campagne. Il rimanente 24% costituito da soggetti che non conservano, hanno effettuato una sola campagna oppure non hanno collaborato. Tra coloro che conservano, la maggior parte (55,7%) si dedica esclusivamente ai materiali relativi alle proprie iniziative; il 20%, invece, raccoglie e conserva campagne realizzate anche da altri enti. Per quanto riguarda la categoria organizzazioni non profit, quasi la totalit (47 su 51) raccoglie le proprie campagne e circa anche quelle di altri enti, sebbene in modo non sistematico.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

262

Infine interessante rilevare che fra i 21 centri di documentazione e osservatori contattati sono 7 quelli che non effettuano alcun tipo di conservazione di campagne di comunicazione sociale. Si riportano di seguito le tabelle con i dati numerici.
Conservano solo proprie campagne
Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 11 15 14 3 31 7 3 (2 CdD +1 Osservatorio) 3 1 88

Conservano campagne proprie e di altri


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici Non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 1 2 1 1 16 8 (8 CdD)

29

Conservano solo campagne di altri


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE

3 (2 CdD + 1 Osservatorio)

CAPITOLO

263

Non conservano campagne


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 13 1 2 1 3 7 (3 CdD + 4 Osservatori)

27

Tabelle riassuntive
Conservano solo proprie Conservano proprie e di altri Conservano solo di altri Non conservano Non rispondono TOTALE 88 29 3 27 11 158 55,7 % 18,4 % 1,9 % 17,1 % 7% 100%

n.b.

La voce non risposta comprende sia i soggetti che non hanno risposto sai quelli che hanno realizzato una sola campagna. La somma delle percentuali non d come totale 100, per approssimazione alla prima cifra decimale.

Conservano Non conservano Non rispondono TOTALE

120 27 11 158

76 % 17,1 % 7% 100%

n.b.

La voce Totale conservano comprende le voci: solo proprie, proprie e di altri, solo di altri. La somma delle percentuali non d come totale 100, per approssimazione alla prima cifra decimale. 2.2 Metodi di gestione dei materiali Dai dati sotto riportati possibile rilevare che la conservazione e larchiviazione dei materiali sono piuttosto diffuse mentre risulta ancora scarso lutilizzo di specifiche tecniche di catalogazione.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

264

Governo e Ministeri. Larchiviazione risulta il metodo pi utilizzato per la conservazione dei materiali relativi alle campagne di comunicazione sociale realizzate, ma nessuno degli intervistati ha dichiarato di catalogarli per renderli disponibili non solo agli studiosi ma anche a un pubblico pi vasto. Regioni e Comuni. La maggior parte conserva le proprie campagne, ma non facile stabilire con quale metodo ci avvenga. Sono, infatti, ancora numerosi gli enti che non si avvalgano di una struttura di comunicazione centrale ma delegano le relative competenze ai singoli Assessorati. Solo un Comune ed una Regione procedono ad una vera e propria catalogazione. Organizzazioni non profit. Circa la met delle ONP archivia i materiali di campagne (proprie e di altri), quasi un terzo li conserva soltanto. Anche per questi soggetti, il metodo della catalogazione poco diffuso. Centri di Documentazione e Osservatori. I risultati dellindagine non evidenziano la prevalenza di un sistema di raccolta specifico.
Campagne conservate
Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 4 12 9 2 18 4 3 (2 CdD + 1 Osservatorio) 2 54

Campagne archiviate
Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 8 4 1 5 25 1 6 (5 CdD +1 Osservatorio) 3 1 54

CAPITOLO

265

Campagne catalogate
Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 1 1 1 4 5 (5 CdD)

12

Tabella riassuntiva
Conservano Archiviano Catalogano TOTALE 54 54 12 120 45% 45% 10% 100%

2.3 Luogo di conservazione dei materiali La regola che sembra prevalere conservare i materiali in un unico luogo, anche se non sempre si tratta di un apposito archivio. A livello aggregato piuttosto diffuso il ricorso al sito internet per gestire laccesso ai materiali di campagna, specialmente fra le Organizzazioni non profit. Frequenti, soprattutto in ambito pubblico, sono i casi in cui la documentazione dislocata presso uffici diversi. Regione Piemonte, Regione Emilia Romagna, Admo, Eni, hanno trasferito anche su cd rom la maggior parte delle campagne realizzate (dato non riportato in tabella).
Larchivio come luogo di conservazione dei materiali
Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 3 2 1 9 6 (6 CdD) 1 22

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

266

Conservazione dei materiali in ununica sede


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 5 3 1 9 3 32 3 8 (6 CdD + 2 Osservatori) 2 66

Conservazione dei materiali in sedi diverse


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 4 13 10 4

1 1 33

Il sito web come luogo di conservazione dei materiali


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 5 6 1 2 2 32 5 7 1 1 62

CAPITOLO

267

Tabella riassuntiva
Archivio Unica sede Sedi diverse Sito web 22 66 33 62 18,3 % 55,0 % 27,5 % 51,7 %

n.b.

La somma delle percentuali non uguale a 100 perch alcuni soggetti raccolgono i materiali in luoghi diversi. 2.4 Disponibilit alla diffusione La maggioranza assoluta dei soggetti che conservano i materiali di campagna, li mette a disposizione su richiesta. Sono pochi quelli che offrono un servizio regolarmente aperto al pubblico. Fra questi, la categoria Centri di Documentazione e Osservatori la pi attiva, in coerenza con le funzioni istituzionali, si sta infatti sempre pi dotando di appositi uffici. Dei 120 soggetti che conservano materiali di campagna, solo 18 non consentono al pubblico la consultazione dei materiali. Le Organizzazioni non profit sono per lo pi disponibili anche a fornire il materiale relativo alle campagne; lo stesso non si pu dire dei soggetti pubblici, soprattutto Governo e Ministeri. In ultimo si rileva una tendenza positiva: la maggior parte delle categorie prese in esame dallindagine, si sta attrezzando per rendere disponibili le campagne realizzate sui propri siti web.

Campagne disponibili su richiesta


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione 5 (4 CdD + 1 Osservatorio) Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 8 11 11 2 26 2

2 1 68

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

268

Campagne disponibili attraverso un servizio al pubblico


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE

1 3 5 (5 CdD)

Campagne non consultabili


Governo e Ministeri Regioni (20 + Asl Milano) Province autonome Comuni Enti Pubblici non Territoriali ONP (Organizzazioni Non Profit) Imprese Osservatori e Centri di Documentazione 2 (1 CdD + 1 Osservatorio) Organizzazioni internazionali Vaticano TOTALE 2 2 3 7 1

1 18

Tabella riassuntiva
Disponibili su richiesta Servizio al pubblico Non consultabili Non rispondono TOTALE 68 9 18 25 120 56,6% 7,6% 15,0% 20,8% 100%

3. Considerazioni conclusive Il quadro generale emerso dalla ricerca evidenzia come nel nostro Paese la cultura della conservazione dei materiali relativi alle campagne di comunicazione sociale e alle azioni correlate, non sia ancora abbastanza diffusa e di conseguenza non sia del tutto compreso il suo valore strategico. Se limportanza della conservazione inizia ad essere largamente condivisa, sono ancora assai poco diffuse sia lapplicazione di rigorosi criteCAPITOLO

269

ri metodologici per catalogare e archiviare la documentazione, sia la consapevolezza dellopportunit di renderla disponibile anche al pubblico. La possibilit di consultare e confrontare i materiali costituirebbe, infatti, specialmente per gli addetti ai lavori, una grande opportunit di entrare in contatto con tesi, posizioni e modi diversi di affrontare temi e problemi e, dunque di acquisire le conoscenze utili per lo sviluppo di una vera e propria cultura della comunicazione sociale. Il problema coinvolge particolarmente la Pubblica Amministrazione, dal Governo centrale sino ai Comuni, anche se negli ultimi anni sta cercando di recuperare il ritardo. Lindagine ha tuttavia messo in luce numerosi casi virtuosi fra i quali si segnalano: la Regione Emilia Romagna, tra le pi attive nel proporre azioni di comunicazione sociale la Regione Piemonte, leader a livello nazionale, per numero e qualit di campagne e attivit di comunicazione sociale realizzate, allavanguardia anche nel sistema di raccolta della documentazione. I materiali, infatti, sono catalogati e conservati in un archivio dedicato, sul sito web e su cd rom. la Regione Toscana negli ultimi anni ha dimostrato una sempre maggiore attenzione al tema, anche attraverso le numerose campagne realizzate il Comune di Bari, oltre ad essere molto attivo nel campo dellideazione e realizzazione di campagne di comunicazione sociale, le rende disponibili al pubblico attraverso un apposito servizio e anche scaricabili dal proprio sito web il Comune di Roma presenta una ricca produzione di campagne la Citt di Torino ha avviato il progetto di archiviazione dei materiali delle campagne di comunicazione sociale e relative iniziative realizzate lONP Gruppo Abele cataloga in modo sistematico i materiali e ha in programma la costruzione di un database consultabile on line. il SEDES stata la prima organizzazione italiana a raccogliere campagne di comunicazione sociale nazionali, in ambito sanitario.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

270

Interventi

Comunicazione sociale e impresa


Cesare Annibaldi

Due posizioni contrapposte Nei rilevanti cambiamenti della cultura sociale, la presa di coscienza e dunque il formarsi di nuovi orientamenti, avvengono attraverso la sempre maggiore efficacia della comunicazione, la quale d forza e nuovi contenuti allopinione pubblica, produce tendenze e tensioni che attraversano tutta la societ, propone istanze e problemi, sollecita e riceve soluzioni e risposte. Se questo processo si verifica nella societ, limpresa non pu non essere coinvolta, sia perch un soggetto che opera nella societ ed quindi partecipe dei nuovi valori che si affermano, sia perch la societ si attende dallimpresa comportamenti compatibili con le mutate esigenze della collettivit, sia, infine, perch la qualit del rapporto con la societ ha sempre maggior influenza sui risultati aziendali. Queste motivazioni sono largamente condivise, ma non stato sempre cos in passato e, soprattutto, anche oggi non tutti le approvano e in ogni caso, di fatto, sono pi espresse che effettivamente assimilate. Infatti, alla conseguenza che da esse deriva, cio che limpresa dovrebbe orientare conformemente i propri comportamenti sulla base di una visione non solo aziendalistica del suo ruolo, si contrappone un altro concetto: la convinzione che il riconoscimento di una responsabilit sociale non comporti, per loperatore aziendale, obiettivi diversi da quelli insiti nella natura economica dellimpresa, vale a dire produrre ricchezza e dare sostegno allo sviluppo. Per questo modo di vedere la risposta alle istanze della societ sta solo nellosservanza leale delle norme che regolano le attivit dellazienda, in quanto una deviazione dagli obiettivi istituzionali per tener conto delle esigenze sociali, produrrebbe effetti negativi non solo per limpresa, ma per lintera societ.
INTERVENTI

273

La visione attuale Questa dialettica di posizioni contrapposte, attualmente sembra essere sfociata in una visione pi equilibrata e meno schematica. Da un lato sono pochi a pensare che sia possibile chiedere allimpresa di non considerare prioritari i vincoli posti dalla competitivit e dal mercato, dallaltro i pi riconoscono come esigenza essenziale per il raggiungimento dei risultati aziendali, che il rapporto dellimpresa con la societ sia positivo; sarebbero, infatti, gravi gli effetti che in molti casi un rapporto negativo potrebbe determinare per limpresa. Quindi non si tratta pi di contrapporre a unazienda che segua rigorosamente la legge del mercato escludendo impegni che non siano finalizzati al profitto, unazienda che, pur operando nel mercato, senta come sua responsabilit rispondere alle domande che vengono dalla societ. Indipendentemente dalle concezioni sulla finalit dellimpresa, infatti, lesperienza ha dimostrato quanto sia importante per limpresa stessa, tener conto dellopinione pubblica, capire come la sensibilit sociale comprende anche quella dei consumatori e quindi influisce sulle scelte di acquisto. necessario, dunque, prendere atto sia che disattendere le attese della societ mina la fiducia degli stakeholder, sia che la crescita del peso dei poteri pubblici sullimpresa richiede capacit dinterpretazione e di reazione. Per loperatore aziendale consegue che il rapporto con la societ si presenta fortemente integrato a quello con il mercato e che lattenzione per la societ diventa, quindi, una modalit delle strategie dellimpresa. Il ruolo della comunicazione nelle strategie dellimpresa Nella dimensione manageriale le ricadute sulla gestione dellimpatto positivo rispetto ai rapporti sociali, hanno importanza sia quando incidono sulla credibilit dellimpresa e della marca, sia quando creano nuove opportunit e nuovi stimoli nei rapporti con i consumatori. In entrambi i casi, a determinarne gli effetti e a consentirne la gestione la comunicazione, che opera per sviluppare un ambiente sociale favorevole, per esaltare i valori e la marca, per alimentare le relazioni con gli azionisti, con gli stakeholder, in particolare i consumatori. Il ruolo centrale della comunicazione nelle strategie dellimpresa implica che, da un lato tutti gli aspetti delloperare dellimpresa vengano coinvolti nel processo comunicativo e dallaltro che tutti coloro i quali lazienda consideri interessanti a qualsiasi titolo, siano raggiunti dai messaggi. Pertanto anche le politiche sociali rientrano nel processo di comunicazione, sia sul versante dei contenuti, per il rilievo che lattenzione verso la societ ha per limpresa, sia su quello dei destinatari, per
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

274

lesplicarsi dei rapporti con lopinione pubblica e tutte le componenti della societ. Le tre principali aree di intervento Questi rapporti si realizzano innanzitutto rendendo esplicite lattenzione e la sensibilit sociale dellimpresa, per lo pi in tre settori di interventi: la realizzazione di iniziative e di azioni in cui la finalit sociale deve essere vissuta come esperienza compresa e condivisa dal pubblico la valorizzazione della qualit, anche sotto il profilo della responsabilit sociale delle competenze manageriali la comunicazione sociale e altre forme di comunicazione messe in atto dallazienda per specifici obiettivi. La prima area quella pi diffusa e ulteriormente allargata nellultimo periodo, anche se con caratteristiche diverse da quelle del passato. Infatti sul piano dei contenuti, per le imprese resta prioritario il campo culturale, ma con un orientamento pi allarte contemporanea che allarte antica, pi verso le mostre che verso i musei. Cresce linteresse verso lambiente e per quanto riguarda la solidariet, gli interventi si realizzano soprattutto appoggiandosi alle organizzazioni non profit. Limitato , invece, il rilievo degli impegni nel campo della salute per i costi elevati e il netto prevalere della funzione pubblica. Ma lo spostamento di campo pi sensibile quello che porta lazienda a individuare il livello locale in cui opera come maggiormente idoneo al raggiungimento degli obiettivi, promuovendo, appunto, eventi a livello territoriale, piuttosto che nazionale. Fra le due tipiche modalit di azione da parte dellimpresa (lorganizzazione diretta e il sostegno economico a iniziative realizzate da soggetti specializzati), si delineata una tendenza pi accentuata che nel passato verso la prima modalit, appunto perch favorita dalla riduzione dellentit delle iniziative e dal restringimento dellambito territoriale. Tuttavia, anche quando si in presenza di una sponsorizzazione, si delinea spesso un ruolo pi attivo da parte delle imprese, che non si limitano al semplice scambio (associazione del marchio allevento a fronte di un corrispettivo economico), ma inseriscono aspetti di cooperazione nella progettazione e nella realizzazione dellevento. In questi casi la comunicazione risponde a pi esigenze, come accrescere la notoriet del marchio e suscitare simpatia nel pubblico coinvolto, ma al suo interno ha un rilievo sempre maggiore il profilo della coINTERVENTI

275

municazione sociale, soprattutto se levento si trasforma in occasione per diffondere sensibilit sociale, (progetti di education; di trasmissione di conoscenze, collegati a mostre o musei; di diffusione di orientamenti e di informazioni sui problemi sociali affrontati dallintervento aziendale; di coinvolgimento della comunit nello svolgimento delliniziativa...). Questarea dinterventi, che pure ha alle spalle decenni di esperienza e che pareva diventata meno efficace, anche per gli oneri economici ormai difficilmente sostenibili dalle imprese, oggi sta ritrovando nuove motivazioni sia attraverso il legame con le politiche sociali, sia per la migliore capacit di circoscrivere i target della comunicazione, al fine di mirare con precisione i messaggi. Un esempio tipico sono gli interventi che coinvolgono la scuola o pi in generale i giovani. Essi sono fra i pi interessanti destinatari delle politiche sociali e dunque della comunicazione sociale, non solo in quanto futuri consumatori e soggetti critici per la societ, ma soprattutto perch sono rappresentativi di quella proiezione verso il futuro, di cui lazienda vuole essere partecipe e protagonista. La seconda area Riguarda una comunicazione che testimonia la capacit dellimpresa di attuare le proprie strategie in modo socialmente sostenibile, che dipende dagli effettivi comportamenti manageriali, ma presuppone una corretta scelta degli indicatori per la valutazione delle politiche aziendali e la disponibilit di unadeguata strumentazione per dare conto in maniera corretta degli esiti gestionali. Malgrado queste difficolt, in ogni caso estremamente utile per il successo delle politiche sociali, informare sui propri comportamenti e comunicare i tratti dellidentit dellimpresa che individuino il profilo di unazienda attenta allimpatto sociale. Basti dire che una condizione pregiudiziale per porre in essere in maniera credibile le specifiche forme di comunicazione sociale. Gli strumenti pi efficaci sono quelli del bilancio sociale e del rendiconto ambientale, ormai adottati oltre che dalle imprese, anche da enti pubblici, associazioni di categoria e istituzioni scolastiche, enti non profit, a dimostrazione che rispondono ad una esigenza ormai generalizzata. Altri mezzi per testimoniare la volont dellazienda di adeguare le proprie modalit di gestione alle istanze non solamente economiche (anche se ad esse in ultima analisi riconducibili) sono, da una parte i codici etici e dallaltra le carte dei valori. Nei Codici etici, vengono formalizzate le politiche aziendali in materie di etica dimpresa e le norme di comportamento alle quali i lavoraP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

276

tori devono attenersi. Dato il loro valore normativo, sono efficaci soprattutto nei confronti di coloro che li devono osservare, ma hanno anche una grande importanza sul piano comunicativo, allinterno e allesterno dellimpresa. Il codice diventa risolutivo nelle decisioni e nei comportamenti aziendali e al tempo stesso rappresenta un efficace aspetto costitutivo dellidentit dellimpresa. Strumento analogo di gestione e documento di comunicazione, sono le Carte dei valori in cui si enunciano, per i singoli settori di attivit e per le specifiche funzioni aziendali, i principi di politica assunti come riferimento, sulla base di valori che limpresa fa propri. Sul piano interno la funzione principale di tali carte dei valori dare omogeneit ai comportamenti manageriali, orientarli e favorire il formarsi di una cultura aziendale basata su valori coerenti alle strategie dellimpresa. Questi strumenti rientrano legittimamente nella comunicazione sociale, in quanto la trasparenza dei valori cui lazienda ha deciso di adeguarsi, oltre, ovviamente, al grado di ricerca della sostenibilit sociale presente nei principi ispiratori, possono consentire allopinione pubblica di accrescere la fiducia nelloperare sociale dellimpresa. Particolare importanza ha assunto la comunicazione sociale collegata ai prodotti, quando lazienda promuove e favorisce un uso compatibile degli stessi, per prevenire i rischi di riflessi negativi conseguenti a criticit emerse nei campi della sicurezza, dellimpatto ambientale, dello spreco delle risorse e cos via. Ormai da tempo le imprese hanno preso atto che ci si attende da loro non solo che si preoccupino affinch dai loro prodotti non derivino effetti negativi per le caratteristiche tecniche e per le modalit di produzione, ma anche che si facciano carico delle conseguenze che possono derivare dalluso non corretto degli stessi, innovando rispetto a ci che si riteneva in passato connesso non alla responsabilit dellimpresa, ma solo agli utilizzatori. Uno dei modi nei quali lazienda manifesta questa responsabilit appunto linformazione, ma spesso attraverso un pi ampio processo comunicativo che affronti il tema delle condizioni che influenzano lutilizzo e ponga in atto quelle iniziative che, anche coinvolgendo la scuola e gli altri soggetti interessati, possono orientare e formare gli utenti. La terza area quella in cui la comunicazione sociale si lega ad altre forme di comunicazione messe in atto dallazienda per altri specifici obiettivi. Data lincidenza della responsabilit sociale dellimpresa sulla sua identit, la dimensione sociale spesso presente nella pubblicit istituzionale, sia valorizzando lidentit dellimpresa sia legando la stessa ad una prospettiva di cambiamenti sociali, di cui si fa partecipe il pubblico. Un caINTERVENTI

277

so particolare di crescente interesse quello di legare la comunicazione sociale ad azioni di marketing. Ci pu avvenire valorizzando le caratteristiche di marca attraverso linserimento, fra i suoi contenuti, dellatteggiamento positivo verso lambiente sociale. Una maniera pi specifica data dal cause related marketing (CRM), in cui lacquirente stimolato allacquisto di un certo prodotto dal fatto che lazienda da parte sua contribuir in modo corrispettivo alla realizzazione di programmi di politiche sociali. Si tratta di una formula felice in quanto i due obiettivi del marketing e delle politiche sociali vengono perseguiti senza reciproche strumentazioni, bens con un collegamento che ha unefficacia moltiplicatrice rispetto allobiettivo di natura sociale. Il significato di queste esperienze non sta solo nel successo che esse stanno ottenendo sui due piani, economico e sociale, ma anche nel valore esemplificativo della possibilit di sperimentare forme nuove che siano coerenti a quanto abbiamo rilevato in premessa: che le politiche e la conseguente comunicazione sociale avranno tanti maggiori spazi di crescita, quanto pi riusciranno ad integrarsi con linsieme delle politiche sociali.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

278

Tarantino o Almodovar?
I diversi stili della comunicazione sociale nel terzo millennio
Fabrizio Caprara - Andrea Fontanot

Premessa Sangue a fiumi durante un matrimonio orientale, scatole craniche aperte e cervelli tagliuzzati con una lametta, feti esposti in cabine telefoniche. Non sono clamorose anticipazioni della sceneggiatura di Kill Bill Volume 3. Sono solo scene tratte da alcune delle pi recenti campagne internazionali di comunicazione sociale. Per la cronaca, campagne rispettivamente contro lo sterminio degli squali in occasione dei matrimoni cinesi, contro luso di cocaina tra i giovani, e a favore del reparto neonatale di un ospedale neozelandese. Ma allora inevitabile? La comunicazione sociale si avvia verso un futuro pulp e si porr come obiettivo creare shock sempre pi forti, in una spirale inarrestabile? E, cosa che cinteressa pi da vicino, una tendenza destinata a prendere sempre pi piede anche in Italia? Proviamo a rispondere, cominciando da qualche puntualizzazione: vero che le campagne-shock sono forse quelle che pi facile citare, e che lasciano il segno sullimmaginario del pubblico e degli addetti ai lavori, ma non altrettanto vero che in questi ultimi anni si siano viste, nelle rassegne internazionali o nei festival, soltanto o principalmente campagne sociali che utilizzano un linguaggio crudo, che tentino insomma di provocare il famoso pugno allo stomaco. Se guardiamo ci che noi conosciamo meglio, cio il lavoro sviluppato allinterno di Saatchi & Saatchi in Italia e nelle nostre consociate estere (lavoro che possiamo parametrare con lesperienza ormai pluridecennale dellagenzia, e che ha avuto un ruolo di apripista per i nuovi linguaggi applicati alla comunicazione sociale), ci sentiamo di affermare con una certa tranquillit che, s, certamente tra le correnti che si possono individuare a livello mondiale, il ricorso alle maniere forti ha un
INTERVENTI

279

suo posto donore, ma non il solo approccio. Considerando, ad esempio, la reel (linsieme) dei lavori recenti di comunicazione sociale di Saatchi nel mondo, che una buona rappresentazione di quello che sta succedendo in giro per il pianeta in questarea, troviamo sicuramente esempi di campagne shocking (come quelle sopra citate), ma anche molto altro, per esempio correnti diverse che percorrono il mare magno della comunicazione sociale, altrettanto interessanti e forse pi originali e pi importabili dalle nostre parti. Alcune considerazioni Prima di affrontare queste correnti, cerchiamo per di dare un significato a certe scelte e di fare alcuni distinguo. Ad esempio, partiamo da un dato incontestabile: oggi viviamo nellattention economy. Significa che, dovunque noi viviamo, subiamo un overload di informazioni: alcuni di noi arrivano a 150 e-mail ricevute al giorno, e ormai impieghiamo dalle due alle quattro ore al giorno per leggerle, rispondere o scriverne di nuove; ogni giorno vengono trasmessi circa 2300 spot, quindi 70 000 in un mese; e poi, oggi c internet, e gi questo basterebbe a colmare la misura dellattenzione, e tutte le pubblicazioni, dai quotidiani alle riviste, che sembrano essere letteralmente esplose in volume; ovunque andiamo, nei negozi o in strada, siamo sommersi da messaggi e stimoli di varia natura. In sintesi, too much information lo cantavano gi i Police nel 1981, figuriamoci oggi. Niente di particolarmente nuovo o sorprendente, certo, ma tutto ci ci ricorda che lattenzione diventata la commodity pi preziosa, per la quale dobbiamo combattere ogni volta una battaglia disperata, cercando di uscire dalla mischia e dalla marmellata comunicativa quotidiana. Tenendo conto, oltretutto, che quando lavoriamo nellambito della comunicazione sociale, abbiamo due oggettivi handicap a questa, gi critica, situazione. Prima di tutto, nella stragrande maggioranza dei casi, le campagne sociali dispongono di budget, sia di produzione sia di pianificazione media, che definire limitati un eufemismo. Sappiamo benissimo che le logiche spaziano fra il rimborso spese, la concessione di spazi gratuiti, con qualche eccezione di budget ricavati da sponsor o aziende partner (il CRM, sul quale si dir pi avanti), che purtroppo spesso sono marginali, o ancora faticosi autofinanziamenti (salvo quando entra in campo il settore pubblico, ma questo un capitolo a parte). Comunque, si tratta di poche risorse per uscire dallaffollamento di cui sopra, di pochissima frequenza e ripetizione dei messaggi. Una, al massimo due, opportunit to see, come si dice nel gergo dei mezzi di comunicazione, giocandosi qui tutte le chance a disposizione.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

280

Secondo handicap: il pi delle volte una campagna sociale si pone obiettivi pi ambiziosi e pi difficili di una campagna a carattere commerciale; non si tratta solo di cambiare comportamenti dacquisto e preferenze (impresa gi complicatissima), ma di smuovere opinioni radicate nel profondo, che spesso sono parte dellidentit stessa delle persone, far modificare comportamenti magari adottati fin da ragazzi, in un sottofondo di indifferenza diffusa, e tutto questo dando in cambio soltanto lassenza di un danno futuro e possibile, per s e per gli altri, oppure facendo appello ai fantasmi di uneducazione civica di cui conosciamo bene lo stato e i modelli di insegnamento nel nostro Paese. Tre obiettivi di base Ci premesso, nel momento in cui ci troviamo a sviluppare una strategia di comunicazione in area sociale, e poi la creativit per una campagna, noi sappiamo che ci dobbiamo porre sempre tre obiettivi. Impatto Farsi vedere, farsi notare, farsi ricordare, altrimenti il messaggio si perder nel mare magno dellattention economy, in cui parte gi con una barchetta e non certo con un transatlantico (in un mare ove ci sono anche tanti Titanic). Uscire dalla massa, non confidando sulla sola forza morale e/o ideologica del messaggio, ma dandogli tutti gli strumenti per passare, per essere ricevuto Originalit Si ha limpressione, a volte, che nel sociale si sia detto gi tutto, e anche il suo contrario. Ed vero. Lo sforzo maggiore deve essere quello di trovare ogni volta nuovi linguaggi, nuovi punti di vista. Non facile, del resto non possiamo inventare la ruota ogni giorno, ma bisogna porsi come obiettivo la ricerca di un approccio fresco, innovativo. Emozione Qui siamo noi a non essere molto originali, ma una di quelle cose che vale la pena ripetere. Non basta parlare allemisfero razionale del cervello, bisogna suscitare emozioni, smuovere lanima, o pi prosaicamente la pancia degli individui, se si vuole sperare di ottenere qualche risultato rispetto agli obiettivi di cui sopra: cambiamenti di attitudini e comportamenti radicati. Unadesione solo razionale superficiale, non produrr nessun effetto reale, se non eventualmente quello di rinforzaINTERVENTI

281

re le opinioni di chi gi daccordo, nelle idee e nella pratica, con il messaggio proposto. Ma quelli non sono il nostro target, e parlare a quelli come noi, a quelli che non hanno problemi, che condividono il nostro punto di vista, un altro degli errori che spesso si vedono commettere nelle campagne sociali. Ricordiamoci: non ci che piace a noi che funziona per definizione. Spesso, le campagne sociali si rivolgono a soggetti in situazione di disagio, un target che non ha gli stessi valori e gli stessi riferimenti culturali di chi le promuove, o delle agenzie che le ideano. Fare una campagna per compiacere noi stessi inutile, anzi estremamente dannoso, perch si risolve in uno spreco, di risorse e di occasioni (che gi non sono molte, come detto). Allora, si capisce perch talvolta, ad esempio, si ricorre alle tonalit shocking: ci sono cause in cui diventa pressoch lunica risorsa a disposizione per riuscire ad ottenere attenzione e a provocare una reazione. Detto questo, dobbiamo essere consapevoli di alcuni limiti di questo approccio: al di l dei luoghi comuni sui meccanismi di rifiuto, esiste, ed ormai comprovato dagli studi che si sono sviluppati nel campo delle neuroscienze, il fenomeno definito di shock fatigue, cio la cancellazione del messaggio che supera la soglia di fatica, di accettazione. Se varchiamo tale soglia, il messaggio come se non fosse mai arrivato ogni tipo di comunicazione, e ancor di pi la comunicazione sociale, deve tenere conto del contesto culturale dellarea in cui vive: un gruppo di contadini cinesi non ha gli stessi valori di un gruppo di giovani donne che vivono a New York, o di un gruppo di ventenni italiani. Certi approcci che funzionano benissimo per i primi probabilmente non funzioneranno per gli altri, e viceversa. Ad esempio, il meccanismo di shock pi accettato in certe culture (o, se si vuole, ha delle soglie di shock fatigue pi alte), come quella anglosassone, e in particolare nellarea Oceanica (Australia e Nuova Zelanda, vedi esempi iniziali). In altre geografie funzionano approcci pi soft. Quindi, ai molti in Italia che si chiedono perch si vedono cos tante campagne sociali forti, e pensano che ci sia dovuto solo al sadismo e alla voglia di stupire dei pubblicitari, rispondiamo che a nostro avviso ci sono contesti in cui la scelta di tale registro perfettamente legittima, e che lo shock una tecnica utilizzabilissima, conoscendone i pro e i contro, e che, in ogni caso, come abbiamo gi detto, non la sola. Veniamo, infine, alle diverse correnti che ci sembra di individuare oggi nel panorama internazionale, corredandole di esempi italiani ed esteri, ma che a nostro giudizio potrebbero funzionare molto bene nel contesto nostrano.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

282

Ne abbiamo scelte cinque, che ci paiono le pi interessanti e le pi importabili (come testimoniano gli esempi italiani), e che possono rispondere ai tre obiettivi di base che abbiamo definito, vale a dire impatto, originalit ed emozione. Tornando al gioco cinematografico utilizzato in apertura, non solo pulp, e quindi Tarantino non lunica musa ispiratrice della comunicazione sociale, ma anche, ad esempio, Almodovar, per la sua capacit di coinvolgere, toccare temi anche molto crudi senza pesantezza e retorica, non disdegnando il ricorso allironia caratteristico dei suoi esordi, oppure Jeunet (regista di Amelie), per brillantezza visiva, uso di sentimentalismo non buonista, o Mike Leigh, con il suo approccio scarno e diretto ai problemi, e infine, perch no, un approccio da commedia allitaliana, una risata non per fuggire ma per guardare con gli occhi la realt e prendere coraggio, perch qualcosa si pu fare. Cinque tendenze da studiare Shock s, ma con intelligenza Significa utilizzare un approccio duro, non accomodante riguardo alle cause da affrontare, senza per essere troppo espliciti. Se si adotta questo approccio bisogna sapere bene quando fermarsi, riconoscere quellattimo prima di superare il livello accettabile di shock, ma senza perdere un grammo della forza e dellimpatto di comunicazione. un approccio che puo funzionare, e che funziona anche in Italia. Esempi possono essere la campagna inglese per la NPSCC, omologa dOltremanica del Telefono azzurro, in cui un tema difficile e delicato come la violenza domestica sui bambini, trattato in maniera pi che diretta, mostrando letteralmente le violenze del padre, ma attraverso un mezzo visivo (un cartoon) drammaticamente vicino alluniverso infantile che, invece di banalizzare il messaggio, lo rafforza per contrasto. Un altro esempio britannico la campagna stampa per lAssociazione Sclerosi Multipla (MS), in cui le conseguenze della malattia sulla vita quotidiana di chi ne soffre, sono dipinte in maniera cruda ma non tragica. In Italia invece, pu rientrare in questa tendenza, la campagna AmicoCharly, associazione che si occupa del disagio adolescenziale, dalle forme lievi fino alla prevenzione dei suicidi, in cui si mette in scena un potenziale tentativo di suicidio, ma le immagini e la musica sono volutamente ambigue. Questo stile si addice quindi alle cause difficili da raccontare e da visualizzare, che vanno a toccare tab o sentimenti profondi. Semplice ma inaspettato Tendenza che si basa sulla visualizzazione del messaggio in maniera molto semplice, intuitiva, ma con meccanismi creativi brillanti e sorINTERVENTI

283

prendenti, sia sul mezzo televisivo sia sulla carta stampata. Un esempio la campagna di una Fondazione brasiliana che si pone come obiettivo la difesa della foresta amazzonica dalla deforestazione. Con un trucco visivo spiazzante, gli anelli di un tronco di un albero abbattuto si trasformano in un occhio, che ha visto lopera distruttrice delluomo e la racconta. Campagna di unimmediatezza disarmante, ma anche di grande effetto emotivo. In Italia abbiamo lesempio della campagna FAO, dove abbiamo cercato di uscire dai clich solitamente usati quando si parla di fame nel mondo, dalle immagini drammatiche di bambini denutriti e di madri affamate, che purtroppo abbiamo visto mille volte, troppe perch possano, da sole, suscitare reazioni che non vadano al di l di una momentanea e superficiale solidariet. cinico dirlo, ma dal punto di vista della comunicazione dobbiamo tenerne conto. La strada scelta, anche qui, il capovolgimento della logica, dove una guerra alla fame che voglia avere successo dovrebbe usare armi ben diverse da quelle tradizionali. Infine vogliamo citare allinterno di questo filone un lavoro non recentissimo, ma sempre molto significativo: la campagna contro lassunzione di alcolici prima della guida, del Ministero dei trasporti di Singapore. interessante notare che la campagna nata da una serie di restrizioni giuridiche (a Singapore non si possono mostrare scene di incidenti), e che questo apparente limite stato trasformato in virt, visualizzando brillantemente leffetto dellalcool sulla lucidit del guidatore. Questa strada si presta molto bene per semplificare temi complessi o per rendere concrete situazioni lontane dalla nostra esperienza, perch non parte della nostra realt o perch i pericoli rappresentati sono futuri e possibili (campagne di prevenzione). Ironia perch no Se il tema e il target lo consentono, anche in una campagna sociale, in qualche caso si pu ricorrere a un linguaggio ironico, persino umoristico, come mezzo per coinvolgere emotivamente e aumentare limpatto del messaggio. Il target una discriminante fondamentale nel decidere se possibile ricorrere a questo approccio. Ad esempio, un target giovane, anche per un tema difficile come la prevenzione degli incidenti stradali, pu essere pi ricettivo a un approccio provocatorio e ironico che a un messaggio serio e drammatizzante. Ne sono esempi la campagna italiana Black Russian, creata per MTV, quindi gi destinata a un contesto e a un linguaggio ben precisi, che utilizza addirittura meccanismi vicini allumorismo demenziale, o la campagna olandese per ladozione delle cinture di sicurezza, che si fonda su un umorismo probabilmente comprensibile solo a un pubblico di amanti del rock,
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

284

per cui un brano di Whitney Houston rappresenta una delle forme peggiori di tortura. Coinvolgimento attraverso le storie e i sensi Un approccio che negli ultimi anni molto utilizzato il coinvolgimento del target avvicinandolo ai problemi e alle cause oggetto della comunicazione, rendendogliele in qualche modo pi vere. Questo pu essere fatto attraverso il meccanismo del racconto di una storia, possibilmente vera, con una narrazione forte, di matrice cinematografica, capace di portarci a vedere il mondo con gli occhi di chi soffre del problema in oggetto. Un buon esempio di tale approccio la campagna italiana contro la pena di morte, anche questa realizzata per MTV, basata su uno dei casi denunciati da Amnesty International, che partiva da una premessa difficile: dobbiamo fare appassionare a un problema che nel nostro Paese non esiste, e quindi ci interessa molto poco, e lidea comune che poco possiamo fare al riguardo. Oppure, un meccanismo alternativo quello di ricreare letteralmente lesperienza del problema, rendendola multisensoriale. il caso della campagna inglese per la charity St. Mungos che si occupa di dare rifugio agli homeless: non si limita ad annunci in TV e stampa, ma, ad esempio, piazza nelle strade delle citt britanniche dei cartoni come quelli in cui dormono i senzatetto, con cartelli che dicono pi o meno non abito pi qui, mi sono trasferito da St. Mungos, oppure inserisce nelle macchinette distributrici di snack uno slot St. Mungos in cui la sterlina che ti permette di acquistare lo snack viene donata alla charity, o ancora annunci stampa che sembrano di profumi, con la classica striscia profumata, che per riproduce il tipico odore di un homeless. Questa tendenza al coinvolgimento personale sicuramente innovativa, interessante, e probabilmente in futuro trover sempre pi spazio nelle campagne sociali. In your face Ultimo esempio di approccio quello della denuncia cruda di una situazione, anche se non nei territori shock, in quanto la visualizzazione non mai esplicita, ma lascia alle parole e ai fatti il compito di inchiodare il pubblico davanti alla realt, in modo che non possa ignorarla. Un esempio la campagna per la fondazione sudafricana Amy Biehl Foundation Trust, la cui mission incentivare leducazione ai bambini di estrazione molto povera, che corrono il rischio di cadere tra le braccia della criminalit. In questa campagna, sono i bambini stessi che, in primo piano davanti alla camera, raccontano i loro futuri crimini, come per esempio assaltare unauto, rivolgendosi direttamente a chi guarda come posINTERVENTI

285

sibile vittima. Queste campagne sono state censurate dalle autorit sudafricane in quanto ritenute eccessive, e allora la Fondazione ha ripreso gli stessi bambini che, nella nuova campagna, ricordano che la censura non cambier nulla circa la loro situazione. Un altro caso la campagna inglese contro il razzismo, che si fonda su unidea semplice, e cio che il sangue ha lo stesso colore per tutti, e che quindi un razzista che volesse sangue puro e bianco per una trasfusione si troverebbe in difficolt. Due mega trend Insomma, le armi a disposizione dei comunicatori sociali, sono molteplici ed efficaci. In ogni caso, ci sono due mega trend che si collocano al di sopra degli stili e dei linguaggi di comunicazione e che non possiamo ignorare perch hanno un impatto ancora maggiore sul futuro della comunicazione sociale: Il primo il ricorso sempre pi frequente, e ormai si pu dire maggioritario, a un approccio professionale alla comunicazione sociale, e non pi al fai da te. Significa costruire una strategia di comunicazione con tutti i crismi, definire il target cui ci si rivolge, gli obiettivi di comunicazione e il messaggio chiave. Abbiamo accennato a quanto sia complicato farsi largo tra laffollamento comunicativo; a come impatto, originalit e capacit di coinvolgere emotivamente, siano ormai dei requisiti fondamentali, quasi un ticket di entrata, per cui difficile immaginare che risultati soddisfacenti possano essere raggiunti senza che questi step siano percorsi in maniera precisa. Il secondo la coscienza che spesso, e soprattutto sulle grandi cause, noi, come individui da soli, possiamo fare poco. C un po di disillusione in giro: Bob Geldof non ha salvato lAfrica nonostante il Live Aid sia stato uno dei grandi eventi degli ultimi ventanni, lambiente non sta meglio nonostante ci impegniamo a dividere i rifiuti o a riciclare la carta quando possiamo. Questo non significa che le cose non possono cambiare, significa che abbiamo imparato che i grandi cambiamenti devono essere promossi da chi ha grandi mezzi e risorse da mettere in campo, come i governi e le grandi aziende. In particolare, queste ultime, negli ultimi anni, hanno capito che se il loro comportamento non in linea con alcuni principi di etica e di giustizia, i loro clienti possono sanzionarli cambiando i comportamenti dacquisto. il concetto della Corporate Social Responsibility, ormai sempre pi riconosciuto a tutti i livelli, compreso quello degli Amministratori Delegati delle grandi aziende, anche in Italia.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

286

A questo punto sinserisce il tema del Cause Related Marketing, cui si era fatto cenno in precedenza. Purtroppo abbiamo vissuto in questi ultimi tre-quattro anni un fenomeno a tre fasi, simile a quello della bolla della new economy: la prima quella dellubriacatura, e del conferimento al CRM di una dimensione salvifica di tutto il comparto della comunicazione sociale, con il risultato di un utilizzo sbagliato e spesso a sproposito; la seconda fase riguarda il ripensamento, lidea che il CRM non funziona, in gran parte per gli errori fatti e perch gli si attribuivano obiettivi quali un effetto immediato sulle vendite; lultima fase, attuale, presenta un riequilibrio, con (forse) lattribuzione di un giusto peso e il ricorso pi ragionato a questo strumento, che rimane, per unazienda, uno dei mezzi pi validi per affermare, internamente ed esternamente, ladesione ai principi della CSR. Vale la pena di ricordare anche le regole-base per il buon funzionamento: adesione convinta e a tutti i livelli dellazienda alla causa, vera partnership e non operazione tattica, coerenza tra mission e valori dei due partner, trasparenza, attribuzione di obiettivi ben ponderati e realistici (e misurabili, possibilmente), e, ultimo ma non certo meno importante, supporto adeguato in comunicazione (unoperazione di CRM non comunicata , tuttal pi, filantropia). Un esempio tra i pi recenti di CRM organizzato e ragionato lattivit di Telecom Italia sotto lombrello di Telecom Progetto Italia. Come ulteriore segno di speranza, oggi si vedono le aziende spesso agire autonomamente, prendersi carico di temi di responsabilit etica ad esse legati direttamente attraverso campagne di comunicazione sociale: esempi di questa tendenza sono, in Italia, Autostrade che, prima della partenza per le vacanze, lancia una campagna sul rispetto dei limiti di velocit; oppure, in Sudafrica, Guinness che si preoccupa di comunicare di non bere prima di mettersi al volante. Infine, si segnala un fenomeno che rappresenta uninversione di tendenza: capita sempre pi spesso che non sia la comunicazione sociale a traino dei linguaggi, degli stili, della pubblicit di tipo commerciale, ma sia invece questultima a rubare alla prima. Si pensi alla campagna Tiscali, che utilizza linguaggio e temi classici della comunicazione sociale, facendo leva sulla portata sociale di internet come unificatore del mondo. un segno positivo, che ci suggerisce come il futuro della comunicazione sociale sia promettente, a patto di non mollare la presa e di accettare tutte le sfide che ci stanno di fronte, senza rifugiarsi in modelli usurati.

INTERVENTI

287

Pubblicit Progresso. La comunicazione sociale per antonomasia


Alberto Contri

Pubblicit Progresso. Nuova categoria della comunicazione La comunicazione che per convenzione chiamiamo dimpresa, ha assunto, nella societ contemporanea, una dimensione di grande rilievo, non solo per tutti gli aspetti economici, ma anche per quelli culturali e sociologici che le sono connessi. Ormai sono diverse le tecniche di comunicazione: alla pubblicit, la pi antica e tuttora la pi rilevante sul piano economico, nel corso del Novecento si sono affiancate via via altre forme di comunicazione, le promozioni, le relazioni pubbliche, il direct marketing, le sponsorizzazioni. Ma non basta. Alla comunicazione per la vendita e per la crescita del valore delle marche e delle imprese, negli ultimi decenni si sono aggiunte altre forme: la comunicazione istituzionale e informativa dei governi e degli enti pubblici, nazionali e locali, e la pubblicit sociale. In Italia, lantesignana di questultima specializzazione Pubblicit Progresso. Nata allinizio degli anni settanta, Pubblicit Progresso ha letteralmente inventato una nuova categoria della comunicazione, del tutto sconosciuta fino ad allora in Italia. La dimostrazione pi tangibile che Pubblicit Progresso entrata di slancio nel vocabolario quotidiano degli italiani, ritagliandosi un ruolo e una funzione sempre pi rilevanti. Diventando anzi, e non tanto paradossalmente, puro e semplice sinonimo di pubblicit sociale, di qualunque pubblicit svincolata dalla presenza del prodotto e dal relativo invito al consumo. Leffetto di Pubblicit Progresso sulla comunicazione sociale stato molteplice. Ha posto le basi per una presa di coscienza delle istituzioni sul valore globale della comunicazione. Ha dimostrato concretamente, con il successo delle proprie iniziative, lutilit di un intervento pubblicitario professionale ineccepibile.
CAPITOLO

10

289

Ha contribuito, con la creazione di uno spazio comunicazionale pi libero, ad una valorizzazione della pubblicit italiana e dei suoi operatori. Ha favorito lingresso della pubblicit, e della comunicazione in genere, tra gli strumenti operativi di enti, istituzioni, pubblica amministrazione e organizzazioni che operano nel sociale. Non un caso dunque se oggi si assiste al proliferare di iniziative meritorie, rivolte ai molteplici problemi che caratterizzano la societ. Cos, Pubblicit Progresso diventata una categoria di pensiero. Un importante punto di riferimento nel panorama italiano della comunicazione. Ma Pubblicit Progresso non solo una pubblicit progresso. E un organismo istituzionale che mette insieme, al massimo livello, le pi importanti componenti del mondo della comunicazione professionale. Catalizzandone le risorse, le esperienze, i mezzi e le energie. E indirizzandoli verso obiettivi concreti a favore della societ. La sua forma giuridica di associazione volontaristica e senza fini di lucro. Ne fanno parte le pi significative componenti del mondo della comunicazione: utenti, organizzazioni professionali, imprese e organizzazioni di mezzi. Lattivit sostenuta dai soci, che attualmente sono 13 di cui 7 fondatori: Assocomunicazione, Fieg, Publitalia 80, Rai, Tp, Unicom, Upa, e 6 aderenti: Aapi, Adci, App, Assirm, Assorel, Iap. Ciascuno di essi contribuisce, con la propria quota associativa, alle spese di gestione ordinaria dellIstituto e, con il contributo volontario e gratuito del proprio organismo o dei propri associati, alla realizzazione o diffusione delle campagne pubblicitarie. LAssociazione ha lo scopo di contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi della comunit col porre la pubblicit al servizio della collettivit, mediante lideazione e la realizzazione di proprie campagne di pubblico interesse, perseguendo lintento di dimostrare lutilit di un intervento pubblicitario professionale per promuovere una corretta comunicazione sociale e stimolare la coscienza civile ad agire per il bene comune. Le campagne Dai suoi inizi ad oggi, ha al suo attivo 32 campagne pubblicitarie a favore della collettivit. Tutte coronate da un notevole successo, lunico realmente valido in pubblicit: raggiungere il proprio obiettivo specifico.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

290

La scelta del tema spetta per statuto al Consiglio Direttivo dellAssociazione e avviene in base a precisi requisiti: essere di vasto richiamo ed avere interesse su scala nazionale non avere carattere commerciale, n di tipo partitico o confessionale, n toccare interessi di specifiche associazioni o istituti giustificare il ricorso alle tecniche pubblicitarie e essere sufficientemente importante da stimolare linteresse dei professionisti, dei media e degli stessi utenti dai quali si attendono prestazioni professionali, contributi finanziari, spazi. Scelta la tematica, vengono chiamati di volta in volta vari esperti (sociologi, medici, specialisti in ricerche, ecc. che, come Comitato Scientifico, affiancano, a livello volontaristico, il Consiglio Direttivo per approfondire tutti gli aspetti pi delicati e le implicazioni socio-psicologiche del tema stesso. Una volta messi a punto gli obiettivi e la strategia di comunicazione, le associazioni professionali individuano unagenzia di pubblicit, unagenzia di relazioni pubbliche, una casa di produzione di audiovisivi, un istituto di ricerche e un centro media tra quelli che si sono offerti volontariamente: queste entit, lavorando in team, progettano e realizzano la campagna pubblicitaria e tutte quelle attivit ad essa connesse al fine di realizzare una vera e propria comunicazione integrata. Lassociazione degli utenti provvede al reperimento dei contributi per la copertura delle spese minime necessarie. Prima di produrre i materiali definitivi della campagna, vengono svolti un test di verifica sulla proposta creativa realizzata dallagenzia di pubblicit e, a fine campagna, un post-test per misurare il ricordo e il gradimento del pubblico. Nel corso della realizzazione della campagna, possono essere coinvolte molte altre figure professionali (fotografi, illustratori, registi, attori, stampatori, fotolitisti, ecc.). Come tutti, anche questi professionisti operano in forma del tutto volontaristica. Realizzata la campagna, compito delle organizzazioni e delle agenzie dei mezzi di diffonderla tramite il coordinamento del centro media. La campagna appare dunque al pubblico su quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, affissioni, mezzi di trasporto e internet, del tutto gratuitamente. Per il lancio della campagna, viene convocata dallagenzia di relazioni pubbliche una conferenza stampa al fine di coinvolgere i giornalisti e dare cos risonanza allavvenimento anche negli spazi di cronaca. Vengono inoltre sollecitate le redazioni radiotelevisive a trattare largomento della campagna allinterno dei loro programmi.
CAPITOLO

10

291

Alla fine della campagna, viene realizzato un apposito annuncio sulla stampa per ringraziare tutti coloro che, disinteressatamente, hanno collaborato alla buona riuscita della stessa: professionisti, organizzazioni ed imprese. Dal 1971 le campagne di Pubblicit Progresso hanno segnato tappe importanti nella presa di coscienza dei problemi: le prime furono C bisogno di sangue, Ora lo sai Chi fuma avvelena anche te. Digli di smettere. Il verde tuo: difendilo. Di Pubblicit Progresso anche la prima campagna italiana (1987) di sensibilizzazione al tema dellAIDS e gi dal 1974 la campagna Combatti i rompitimpani si preoccupava, con estrema tempestivit, dellinquinamento acustico. Una svolta: puntare alla crescita dei cittadini Dopo una serie di tematiche per cos dire classiche nel panorama sociale, lanno 1999 ha segnato una svolta decisiva con la realizzazione di una campagna a favore della Alfabetizzazione informatica del Paese. Pubblicit Progresso rileva che gli italiani, tra tutti i cittadini dEuropa, si collocano agli ultimi posti quanto ad utilizzo del computer e alla conoscenza di una seconda lingua. Con lavvento dellUnione Europea, stavano cadendo tutte le frontiere geo-politiche, economiche e culturali che avevano fino ad allora diviso il nostro mondo. Ci piaccia o no, lidea del Villaggio Globale si stava velocemente concretizzando come effetto dellevoluzione tecnologica, soprattutto nel campo delle comunicazioni. Le possibilit che ognuno aveva di potersi integrare con successo in questa nuova dimensione erano tante quanti i rischi di rimanere emarginati. Solo chi fosse stato disposto ad arricchire il proprio bagaglio culturale, chi avrebbe saputo utilizzare gli strumenti resi disponibili dalla rivoluzione informatica, chi fosse stato in grado di comunicare, oltre che con la propria lingua dorigine, anche con una lingua universale come linglese, avrebbe avuto buone possibilit di affermarsi. Per gli altri sarebbe stata dura. Lapproccio creativo alla realizzazione di una campagna che si proponeva di sensibilizzare lopinione pubblica stato, pi o meno, il seguente: il problema della scarsa propensione dei nostri connazionali ad utilizzare il computer esiste, ma evitiamo di drammatizzarlo. La questione non etica, pratica. Linformatica non una nuova religione, un
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

292

formidabile strumento che amplia le potenzialit degli individui, n pi n meno di tutte le innovazioni che nelle diverse epoche hanno contribuito al progresso della nostra civilt. Scartiamo quindi le ipotesi di trattamento evangelico perch non ci sono miscredenti da convertire. Ci sono semplicemente persone che, per scarsa o cattiva informazione, non hanno ancora preso in seria considerazione lutilit del nuovo mezzo di comunicazione per migliorare le propria vita quotidiana. Niente ponderosi messaggi fatti cadere dallalto, quindi. Niente effetti speciali. Facciamo un discorso chiaro, con le parole che le persone normali usano quando, ridendo e scherzando, si dicono le cose cos come stanno. Misurare i risultati di una comunicazione sociale impresa quasi impossibile ma non in questo caso: largomento stato ampiamente trattato da tutti i mezzi di informazione, anche le aziende meno strutturate si sono adeguate ai nuovi sistemi di gestione informatica, nelle piccole e medie imprese i corsi di informatica si sono moltiplicati in maniera esponenziale e, non ultimo, il Ministro dellIstruzione ha introdotto linsegnamento dellinformatica e dellinglese fin dalle classi elementari. Proprio grazie a questo successo, la campagna stata proposta per due anni consecutivi. Lapporto delle ricerche per un database innovativo Nella scelta del tema successivo, nellanno 2001 stata introdotta una novit di metodo. Grazie alla disponibilit di ben 6 diversi istituti di ricerche tra i pi importanti dItalia, tutti aderenti allAssirm, sono stati raccolti direttamente dal pubblico, attraverso sondaggi mirati, oltre 50 temi che i cittadini stessi hanno indicato come prioritari da trattare. Da questi suggerimenti stato quindi dato il via alla campagna sul Valore dellascolto. E di volta in volta si consulta questo database, continuamente aggiornato, per poi confrontarsi sulla scelta del tema. La campagna sullascolto La mancanza di tempo, il continuo bombardamento di messaggi a cui siamo sottoposti, la diffidenza e la paura nei confronti di chi diverso ci spingono a non prestare ascolto agli altri, specialmente ai pi deboli. Mai come ora la vita sociale ha sofferto dellincapacit di ascoltare le ragioni e le esigenze dellaltro. Ma come convincere chi non ascolta a prestare attenzione agli altri? Potevamo dire che ascoltare un gesto di umanit, un modo per aiutare il prossimo? Ma ci sembrato
CAPITOLO

10

293

molto pi incisivo e pi inaspettato mostrare come ascoltare sia un gesto assolutamente utile: il solo modo per ampliare i nostri orizzonti, per ascoltare opinioni diverse dalle nostre, per arricchirci interiormente. Chi non ascolta, infatti, non cresce dentro. Ecco perch lo spot mostra una serie di persone che, nel momento in cui non ascoltano, hanno un comportamento infantile: si mettono le mani sulle orecchie e iniziano a produrre suoni con la bocca, proprio come fanno i bambini. La campagna televisiva stata anche concepita in modo da mostrare le situazioni tipiche di non ascolto: il genitore con il figlio, il capufficio con il sottoposto, il giovane con lanziano, i politici in campagna elettorale. La radio, con i suoi due soggetti genitore-figlio e capufficio-sottoposto, segue la stessa impostazione della campagna televisiva. La campagna stampa, invece, una pagina bianca su cui campeggiano due gigantesche orecchie. Tra le orecchie, una scritta: Aprirle apre la mente. Oppure Le parole riempiono questo spazio di materia grigia. O ancora: Pi ascolti, pi cresce qui in mezzo. A chiusura di tutti e tre i soggetti, lo stesso claim che fa da filo conduttore in tutta la comunicazione: Chi ascolta cresce. La pi articolata campagna sociale multimediale mai realizzata Interessante lo sviluppo della campagna 2004 che rappresenta un vero e proprio progetto di comunicazione integrata a 360. Nata dallidea di realizzare una campagna per sollecitare i cittadini ad essere attenti a tutto ci che diverso, si poi sviluppata autonomamente per una serie di circostanze certamente non casuali: la concomitanza con lanno del disabile e lincontro con Lucio Dalla, che ha scritto, proprio su suggerimento di Pubblicit Progresso, la canzone Per sempre presente che ci richiama allattenzione come gli ultimi possono vedere la vita e il mondo, ci hanno suggerito le modifiche e gli arricchimenti successivi. Lidea della canzone e lincontro con Lucio Dalla Lidea di provare a commissionare una canzone ad un cantautore disponibile su un tema prestabilito, per poi farne la base di uno spot, non si fonda sulla ricerca di un testimonial, che sarebbe stata troppo banale, bens sulla necessit di veicolare anche il concetto della campagna (cos come le attivit di Pubblicit Progresso) presso un pubblico giovane che oramai non guarda pi la televisione generalista, ma vive intensamente il mondo della musica e tutto quello che ci sta intorno. Inoltre si pensato da subito, in occasione della trasformazione di Pubblicit Progresso in una Fondazione, di realizzare una campagna svincoP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

294

lata dai soliti schemi della totale gratuit, ma che fosse in grado tramite unapplicazione di tecniche tipiche del cause related marketing di raggiungere un pubblico molto pi vasto con mezzi in grado di suscitare riflessioni che uno spot da solo non sarebbe mai in grado di suscitare. Lincontro con Dalla stato decisivo, non solo per la disponibilit e la genialit creativa con la quale stata scritta Per sempre presente, ma per la straordinaria coincidenza con la nostra idea di realizzare una campagna sociale che non muovesse semplicemente gli animi ad un momento di commozione, ma facesse riflettere sul mistero racchiuso nella vita umana anche dellessere pi disgraziato, disabile, reietto, in una parola ultimo. Concetto ben presente nelle Lettere sul dolore di Emmanuel Mounier. Lincontro con Lorenzo Crosta e la Cooperativa Solidariet Nel discutere della realizzazione dello spot sul tema della canzone, che con grande disponibilit Lucio Dalla si offerto anche di supervedere (la rega affidata ad Ambrogio Lo Giudice che ha spesso lavorato con Dalla), venuta con grande naturalezza alla mente una realt che ha dellincredibile, la Cooperativa Solidariet costituita da Lorenzo Crosta. Lorganizzazione si occupa degli ultimi (handicappati, drogati, carcerati, minorati psichici, malati di aids) accogliendoli fin da orfani in comunit familiari, avviandoli poi al mondo del lavoro per produrre beni da vendere sul mercato. Cos si restituisce loro una dignit di persone socialmente utili, sia pure con caratteristiche proprie che, in alcuni casi, si dimostrano addirittura superiori a quelle delle persone cosiddette normali, come ad esempio nelle attivit di precisione ripetitive. Dallo spot al video-clip Dopo aver valutato varie opzioni di soluzioni creative, si convenuto che lidea migliore fosse cercare di descrivere con delicatezza e poesia la grande dignit che emerge dalla vita della Cooperativa, raccontando una giornata tipo di questa esperienza tanto sconvolgente nella sua capacit di diventare normale (gli handicappati vivono in comune con la famiglia che li accoglie, lavorano, stanno in mensa, scherzano, vivono come normalit quella che per noi anormalit o disabilit, grazie a coloro che glielo rendono possibile). In una parola, cercando di far emergere, anche con le immagini da sposare al testo della canzone, la grande dignit che sta nel mistero della vita, per sempre presente sotto qualunque forma si palesi, anche la pi sfortunata.
CAPITOLO

10

295

La centralit di internet e lintegrazione con gli altri mezzi Vista la disponibilit di Lucio Dalla, si deciso di girare un video-clip dellintera durata della canzone, che lartista ha consentito di mettere a disposizione tramite il download gratuito dai portali italiani aderenti a Fedoweb e Audiweb, che hanno cos potuto offrire una rara opportunit ai propri utenti. Trattandosi di una canzone compresa nellultimo disco, che contiene anche il tema del musical Tosca, Amore disperato, cantato in un indimenticabile duetto con Mina, si comprende facilmente come la diffusione del disco stesso diventi veicolo della campagna e dei temi supportati. Dal videoclip stato tratto lo spot, eccezionalmente di 40, data la complessit del racconto. La collaborazione con il Centro-Lab di Roma e il concorso per il miglior racconto sul tema della disabilit Liniziativa si allargata anche al mondo delleditoria. Cinzia Tani e Roberto Cotroneo, che dirigono il corso di narrativa del Centro-Lab di Roma, specializzato in corsi di narrativa, regia, sceneggiatura, ecc, dove hanno insegnato personalit come Camilleri, Maraini, Salvatores, Montaldo, hanno condiviso lidea di far scrivere ai 20 allievi del corso di questanno un racconto sulla disabilit. Ciascun allievo doveva trattare una disabilit diversa, ambientata in un diverso Paese del mondo: tema unificante, la riflessione sul proprio compleanno. Il Segretariato Sociale della Rai ha fornito i materiali scientifici di supporto, mentre alcune aziende, come Microsoft, Nike, Siemens, Tivoli Audio, Adidas, ed altre, hanno fornito i premi per un originale concorso. I racconti, pubblicati sul sito appositamente creato: www.eallora.org possono essere letti e votati dal pubblico di internet e anche commentati su un apposito Forum. Il pubblico viene invitato a votare e ad inviare delle e-mail di commento: tra le migliori e pi interessanti, una giuria di prestigio con personaggi come Severino Andreoli, Gianfranco Bettetini, Umberto Veronesi ed altri assegner i premi in palio, mentre lautore del racconto pi votato vincer una Crociera Costa: ed ecco la campagna sulla disabilit trasformata in una campagna che invita anche alla lettura e alla scrittura. Dal sito si pu anche scaricare per intero il videoclip della canzone Per sempre presente oltre che apprendere notizie sulla campagna, su Pubblicit Progresso, sulla Cooperativa Solidariet.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

296

Il supporto della radio e delleditoria Si valutato pi conveniente utilizzare lo spot radiofonico per fare ascoltare un brano della canzone promuovendone il download e invitando a leggere e votare i racconti, data la buona sovrapposizione del pubblico della radio con quello di internet. Ulteriore opportunit stata fornita da Piemme, che pubblica le storie per ragazzi di Geronimo Stilton, una delle quali proprio dedicata al significato delle barriere architettoniche per i disabili. LEditore si , infatti, reso disponibile a pubblicare un particolare volume con i racconti in concorso insieme al dvd della canzone, destinando inoltre parte del ricavato alla Cooperativa Solidariet. Nel corso del lavoro preparatorio emersa da Il Saggiatore anche la possibilit di realizzare un libro di ritratti, vale a dire il racconto fotografico di tutta la case-history, realizzato dal fotografo Riccardo DAvanzo, attraverso il finanziamento di Meliorbanca. Il valore degli incontri e dellarticolazione Da quanto esposto si evince come questa campagna si propone in forma innovativa, seguendo le pi moderne intuizioni del cosiddetto marketing virale. Ma ci che pi colpisce lenergia positiva sprigionata dagli incontri tra i vari attori della campagna (il Consiglio Direttivo e il Comitato Tecnico di Pubblicit Progresso, Lucio Dalla, gli editori Piemme e Il Saggiatore, Maurizio Jacovelli di Gratisitalia, gli scrittori Cinzia Tani e Roberto Cotroneo del Centro Lab, gli editori dei media tradizionali e innovativi) che hanno manifestato e stanno manifestando una partecipazione ben superiore a quella tradizionalmente offerta per le campagne sociali. Unaltra iniziativa unica al mondo: il Festival Internazionale della Comunicazione Sociale Oltre alle normali campagne annuali, Pubblicit Progresso ha realizzato negli anni molteplici altre attivit. La pi significativa da segnalare il Festival Internazionale della comunicazione sociale: lunica rassegna al mondo dedicata unicamente a campagne sociali sviluppate su tutti i mezzi di comunicazione. Alla prima edizione del 1998, realizzata in collaborazione con lo Iulm, hanno partecipato 40 Paesi di tutti i continenti con 400 campagne. La manifestazione si sviluppata nellarco di due giorni durante i quali si sono susseguite tavole rotonde con la partecipazione di importanti personalit internazionali. Oltre a ci, stata allestita una mostra tematica sullAids.
CAPITOLO

10

297

La seconda edizione del 2000, realizzata questa volta insieme allUniversit Bocconi, ha visto un incremento sia di iscrizioni (640 campagne provenienti da 42 paesi) che di partecipazione di pubblico (un migliaio di persone) e la manifestazione si sviluppata durante tre giornate. La mostra tematica ha riguardato questa volta i Diritti dellinfanzia. In chiusura del Festival stato offerto al pubblico pi giovane uno spettacolo del clown Miloud Oukili che raccoglie i ragazzi delle fogne di Bucarest, li trasforma in clown e mimi e li porta in tourne per il mondo. La terza edizione in preparazione per il 2005. La gran quantit di materiale, quello raccolto durante le prime due edizioni del festival e quello che presumibilmente si potr raccogliere con le successive, costituisce certamente un ricco patrimonio. Ci ha suggerito a Pubblicit Progresso di organizzare un archivio informatico e di consentirne laccesso al pubblico interessato. Per attrezzarsi adeguatamente, necessario per avvalersi di una struttura solida e dotata delle risorse economiche di cui attualmente lAssociazione non pu disporre. Di qui lidea di trasformare Pubblicit Progresso in una Fondazione alla quale aderiscano partner importanti e sensibili ai problemi sociali, che possano provvedere a quanto necessario. Il progetto della Fondazione
La tumultuosa crescita della comunicazione sociale

La comunicazione sociale sta vivendo un vero e proprio boom: oggi si assiste ad un crescente proliferare di campagne di raccolta fondi, campagne a favore di iniziative di volontariato, di associazioni no-profit, campagne di cause-related marketing e quantaltro. Purtroppo alla crescita dellofferta non corrisponde una uguale crescita della qualit. Anzi. Sempre pi spesso le campagne sono incomprensibili, autoreferenziali, dilettantesche, realizzate con improvvisazione o con una creativit iperbolica che ne vanifica lefficacia. A questo si aggiunge il problema delle sempre troppo risicate o quasi inesistenti pianificazioni media. Da analisi realizzate dalla Struttura RCS per il sociale risulta che, nonostante il considerevole ammontare di spazi gratuiti complessivamente messi a disposizione dai mezzi di comunicazione, solo pochissime campagne riescono a raggiungere la soglia minima di pressione pubblicitaria, vale a dire lindice che attesta che esse sono state viste da un numero sufficiente di persone. Da questo si evince la necessit di un organismo di indirizzo e di coordinamento. In 32 anni, le campagne realizzate o patrocinate da Pubblicit Progresso hanno il marchio di garanzia di campagne creative ma efficaci, con un retroterra di seriet e di totale professionalit.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

298

Accade dunque che, proprio su argomenti cos delicati, ci si comporti con una rozzezza raramente usata per le campagne di carattere commerciale, con il risultato di sprecare le risorse impiegate. Questo tipo di comportamento si pu certamente ascrivere alla scarsa cultura della comunicazione sociale presente nel nostro Paese, anche derivante dagli scarsi rapporti tra Universit e industria della comunicazione. A nulla servito il proliferare dei corsi di Scienze della Comunicazione. Costruiti in larga parte su basi quasi completamente teoriche, rischiano di inondare il mercato di potenziali disoccupati. La necessit di modificare Pubblicit Progresso dandole un assetto meno volontaristico e ben pi utile alla societ, nasce quindi dalla conferma delle osservazioni in parte sopra espresse: il proliferare delle iniziative di volontariato con relative richieste di finanziarne le campagne il moltiplicarsi di iniziative sociali comunicate spesso con insufficiente professionalit la crescita dellinteresse per il cause related marketing, da parte delle imprese la preparazione eccessivamente teorica fornita nei corsi universitari latteggiamento dei comunicatori professionali che troppo spesso considerano la comunicazione sociale come un territorio dove operare con una creativit libera da condizionamenti e quindi in definitiva per nulla rigorosa se si eccettua la lodevole iniziativa dellOccs, che rappresenta la prima esperienza italiana di creazione di un archivio di consultazione su esperienze italiane e straniere, lassenza di un punto di riferimento molto strutturato che miri a selezionare solo il meglio di quanto si fatto e si fa nel mondo anche e soprattutto a scopo formativo Tutto questo enorme e disordinato lavoro non affatto utile alla societ, anzi, produce un progressivo degrado del know-how delle professionalit che dovrebbero e potrebbero dedicarsi alla produzione di una comunicazione sociale sempre pi efficace.
Il pi importante centro per la comunicazione sociale in Italia

La soluzione a tutti i problemi citati pu concretizzarsi dalla trasformazione di Pubblicit Progresso in una istituzione una Fondazione dotata dei mezzi necessari che diventi un Centro permanente della Comunicazione Sociale capace di costituire ad un tempo: un centro che prosegua in forma potenziata e pi strutturata le tradizionali attivit di Pubblicit Progresso un centro di consulenza capace di intervenire sulle pi diverse attivit di Comunicazione Sociale, sia pubbliche che private
CAPITOLO

10

299

un centro che possa svolgere un ruolo di filtro professionale, aiutando associazioni, enti, fondazioni a produrre campagne effettivamente efficaci e utili alla collettivit un centro che organizzi annualmente il Festival Internazionale della Comunicazione Sociale e realizzi una mostra itinerante enucleando le campagne premiate un centro di formazione in grado di fornire moduli formativi e/o seminari a Regioni, Universit, Associazioni, Agenzie, Aziende un archivio informatico di tutta la comunicazione sociale (rilevante) del mondo dal 900 ad oggi, interrogabile tramite il pi vario e utile numero di parametri e che possa collegarsi in rete, potenziandole, con iniziative come quelle dellOccs.
LItalia, lEuropa, il Mondo

La costituzione di un tale Centro costituisce la garanzia che la definizione di Pubblicit progresso data da Philip Kotler: uniniziativa unica al mondo, continui ad essere vera. Disponendo della massa critica prevista, e basandosi sul Festival della Comunicazione Sociale, il progetto italiano costituisce gi di per s uniniziativa europea e internazionale. Grazie ai rapporti con le associazioni degli utenti e delle agenzie, la Fondazione si gemeller con iniziative simili da far germinare in alcune altre capitali dEuropa.
Un primo importante partner pubblico

Nel corso dei contatti avuti per la ricerca di possibili partner, si incontrato linteresse del Dipartimento della Protezione Civile che ha voluto, fin dora e nellauspicio di una continuit futura, stipulare una convenzione tra i due enti senza fini di lucro, nella quale si affida a Pubblicit Progresso lincarico di proporre alla Protezione Civile tutte quelle iniziative strategiche e tattiche utili a spiegare ai cittadini il lavoro del dipartimento, delle componenti che ne fanno parte, e a diffondere il valore del volontariato per la prevenzione e le emergenze. Il primo frutto di questa collaborazione stato lo spot andato in onda in luglio e agosto su tutte le reti televisive nel quale si davano indicazioni sui numeri telefonici ai quali rivolgersi in caso di necessit derivanti dai rischi dellestate, oltre a rappresentare tutte le componenti della Protezione Civile, dai Corpi dello Stato ai volontari. Altre iniziative sono allo studio, tenendo sempre presente lo scopo della costituenda Fondazione: ideare e realizzare progetti che da un lato siano sempre efficaci e costruiti con la maggiore professionalit esistente, dallaltro costituiscano un punto di riferimento per la crescita di una diffusa cultura della comunicazione presso le onlus, il sistema universitario, il mondo pubblico e quello delle imprese.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

300

Etica e Marca
Giampaolo Fabris

Letica e lassunzione di responsabilit sociali da parte delle marche sta oggi diventando tema di straordinaria attualit. Il moltiplicarsi di convegni, studi e pubblicazioni in questarea rappresenta una tangibile evidenza. Ci sarebbe solo da compiacersene se non venisse il dubbio che, il tanto parlarne, possa tradursi in un comodo alibi per eludere, di fatto, comportamenti congruenti. Sospetti ancora pi malevoli sono, da un lato che i settori produttivi o le imprese pi attive nel dibattito, siano quelli con pi scheletri nellarmadio, e dallaltro che una nuova, rilevante consapevolezza finisca per degradare in moda. La GPF & Associati ha effettuato, nel marzo 2003, una ricerca intitolata Etica di consumo e responsabilit sociale, sintetizzata nei dati seguenti. Lindagine stata realizzata su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, composto da 2500 casi. Le interviste, personali e domiciliari, sono state somministrate da intervistatori specializzati. Dalla pagina seguente proponiamo alcune tavole che riportano in sintesi lindagine e i relativi dati ottenuti.

INTERVENTI

301

Tavole
LE GRANDI IMPRESE OLTRE CHE SODDISFARE IL CONSUMATORE PRODUCENDO BENI E SERVIZI DI QUALIT DEVONO ANCHE IMPEGNARSI A RISOLVERE I PROBLEMI SOCIALI"
28 26 24 22 20 18 16 14 12 10

1990

1992

1994

1998

2002

GRADO DI IMPORTANZA ATTRIBUITO ALL'ASSUNZIONE DI RESPONSABILIT SOCIALI DA PARTE DI UN'IMPRESA


Base: totale intervistati (800 casi)

Consumatori
1.4 0.5 1. 1.9 9.6 8.4 13.6 23.7 5.9 27.7 7.8

Personalmente
0.7 / 0.5 0.5 4.3 5.9 9.9 23.5 10.6 42.5 8.5
3

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

non importante

Voto medio

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

302

MOTIVI CHE HANNO INCORAGGIATO ALL'ACQUISTO DI UNA MARCA


era onesta ed essenziale aveva una lunga tradizione/storia era veramente originale era nota per essere attenta all'ambiente faceva una pubblicit coinvolgente e divertente si preoccupava dei problemi sociali di oggi creava un legame profondo con i suoi clienti le ricordava la sua infanzia 24.6 23.6 22.4 20.5 28.4 31.7 35.9 35.8

MOTIVI CHE HANNO DISSUASO DALL'ACQUISTO DI UNA MARCA O PRODOTTO


Non offriva quello che prometteva Era una copia di una marca pi originale e autentica Non rispettava i diritti umani Cercava troppo di essere un simbolo di prestigio Era di una multinazionale che sfrutta i lavoratori Era di una'azienda poco sensibile all'ambiente Provava i suoi prodotti sugli animali Faceva una pubblicit maschilista e irritante Non aveva veramente una storia

39.3 24.5 18.4 16.7 15.8 15.4 15.1 12.6 7.8

INTERVENTI

303

MOTIVI ETICI CHE HANNO DISSUASO DALL'ACQUISTO DI UNA MARCA O PRODOTTO:


2002 2003
18.4 16.6 15.8 12.3 13.0 15.4 14.3 15.1 12.6 9.9

Lazienda non rispettava i diritti umani

Era di una multinazionale che sf rutta i lavoratori

Era di un'azienda poco sensibile all'ambiente

Lazi enda provava Faceva una i suoi prodotti pubblicit maschilista su gli animali e irritante

QUANDO UN' AZIENDA PU DEFINIRSI ETICA?


garantisce sempre la qualit dei propri prodotti opera con la massima traspa renza vers o il cons umatore opera nel pieno ris petto dei diritti dei propri lavoratori attiva nella difesa d ell'ambiente vende i suo i prodotti ad un prezzo equo opera nel pieno risp etto delle regole e delle leggi impegnata nella difesa di ca tegorie sociali deboli si preoccupa del benes se re della comunit in cui opera agis ce nel pieno risp etto delle aziende concorrenti difende allo s tesso m odo i diritti dei suoi azionis ti, grandi e piccoli 0 3.1 10 20 30 40

36.8 36.0 31.3 26.3 25.0 20.3 14.6 11.2 9.9

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

304

COSA PI IMPORTANTE DA FARE PER UNAZIENDA PERCH D IMOSTR I DI ESS ERE ETIC A E SOCIALMENTE RESPONSABI LE

Dovrebbe ridurre al massimo il proprio impatto ec ologic o


(eliminando emissioni inquinanti, offrendo prodotti naturali, facendo uso di materiali rici cl abili, ec c. ) e impegnarsi attivamente nella difesa

dell'ambiente Dovrebbe offrire ai propri consumatori la qualit migliore a condizioni costant i e al prezzo pi co nveniente possibile Dovrebbe garantire ai propri dipendenti e fornitori, local i e internazionali, un trattamento se mpre c orretto, economica mente equo e rispettoso dei loro diritti Dovrebbe devolvere parte dei suoi guadagni ad iniziative di utilit sociale (donazioni alle sc uole, aiuti a fas ce biso gnos e della
popolazione, donazioni ad organizzazioni che si occ upano di caus e sociali ecc.)

57.2

50.8

37.9

34.2

Molti di noi ricordano che, nelle sale di attesa della Enron a Houston, era appesa con grande evidenza una nobile Carta dei Valori. Secondo Emanuele Pirella quando in pubblicit si vedono cieli azzurri e tersi si pu essere ragionevolmente certi che linserzionista sia unimpresa con grosse responsabilit di inquinamento. Eppure, sgombrato il campo da questi doverosi caveat, lenfasi attuale sulletica appare di assoluta crucialit. Infatti, una richiesta in tal senso viene non solo da numerosi stakeholder con cui la marca deve interagire, ma anche dal mercato. proprio dal mondo dei consumatori che provengono, pi o meno consapevolmente, le maggiori sollecitazioni alla marca, perch si confronti anche con queste dimensioni. C un curioso paradosso da segnalare: proprio una societ che ha elaborato un fortissimo orientamento allindividualismo, spiccato narcisismo ed egoismo, va sviluppando un inedito goodwill verso quelle marche che dimostrano una particolare sensibilit sociale. Quasi che lapprezzamento di siffatti comportamenti, non imposti alla marca dalle leggi, ma dettati da unautonoma e discrezionale assunzione di responsabilit, svolga una funzione di supplenza nei confronti dellimpoverimento del proprio sistema di valori. Le ricerche che monitorizzano dimensioni relative allimpegno della marca nel sociale, evidenziano trend di adesione in continua crescita; ci
INTERVENTI

305

sottolinea che questo tipo dimpegno non certo estraneo anche ai fini del raggiungimento di obiettivi di mercato, bench nel breve termine, sia improbabile che si riscontri un ritorno commerciale. Peraltro le indagini dimostrano che i motivi di abbandono o di disaffezione dalla marca, quando questa sia percepita come inadempiente alle nuove responsabilit sociali, sono in costante aumento. certo soprattutto presso i segmenti culturalmente pi avanzati che larricchimento dellimmagine e dellequity della marca allinsegna delletica, con valori non direttamente riconducibili alle prestazioni duso e a performances strutturali, rappresenta un asset importante. La recente, forte valorizzazione delle marche della distribuzione Coop ed Esselunga per tutte nei confronti di quelle industriali, si basa anche su un maggior impegno percepito su questo fronte. Ma cosa significa per i consumatori comportarsi eticamente? Anzitutto la risposta della marca ad alcune domande molto sentite: un corretto rapporto prezzo-qualit e il progressivo incorporo in questultima la qualit una dimensione storicamente condizionata ed evolve in continuazione di dimensioni che attraversano tutta la filiera produttiva; garantire la massima sicurezza, dal reperimento delle materie prime, ai metodi di lavorazione, allo smaltimento dei rifiuti; garantire eque condizioni di lavoro ai dipendenti; mantenere un rapporto con lecosistema che vada ben oltre gli obblighi imposti dalle norme, dai codici deontologici o dalle consuetudini. Scelte produttive rispettose di queste nuove domande possono divenire parte qualificante del patrimono genetico, della cultura della marca. Il mecenatismo e la filantropia, se non vengono assolte con la massima trasparenza queste richieste di base, appaiono inifluenti e anche se apprezzati rischiano di risultare spurii ed estranei rispetto allidentit della marca.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

306

La Chiesa Cattolica e la campagna di comunicazione 8 mille


Paolo Mascarino

Il sistema 8 mille A partire dallanno 1990, i contribuenti italiani possono avvalersi del diritto di decidere a quale ente religioso, riconosciuto dallo Stato, destinare lo 0,8% dellintero gettito Irpef (il cosidetto 8 mille), oppure di lasciarlo alla gestione diretta dello Stato per finalit umanitarie e culturali. Questo sistema, nato in Italia nel 1984 in seguito alla ridefinizione del Concordato tra lo Stato e la Santa Sede, e successivamente adottato con modalit simili da altri Paesi europei (Spagna, Portogallo, Ungheria), costituisce un modello originale di collaborazione tra una moderna democrazia e gli enti religiosi che operano sul territorio al servizio spirituale e caritativo dellintera societ. Una caratteristica fondamentale del sistema 8 mille che non si prevedono automatismi. Ogni anno i contribuenti sono chiamati ad esprimere, attraverso una firma in occasione della dichiarazione dei redditi, la propria scelta di destinazione. E sulla base delle scelte espresse, ciascun ente ammesso alla ripartizione riceve, con scadenza annuale, una quota dellintero 8 mille dellIrpef. Se nessuno firma, non si ricevono fondi. Non ci sono, dunque, garanzie in tal senso, pertanto ogni anno necessario sensibilizzare gli oltre 30 milioni di contribuenti affinch si ricordino di esprimere la propria scelta. Nasce qui lesigenza, per la Chiesa Cattolica e gli altri enti religiosi ammessi nel corso degli anni alla ripartizione dell8 mille, di organizzarsi per informare i contribuenti dellesistenza di questa possibilit, delle modalit pratiche di partecipazione alla firma per la destinazione, e delle finalit da raggiungere con i fondi assegnati. La comunicazione del sistema Per la Chiesa Cattolica, questa era una sfida del tutto nuova. Se da un lato, infatti, vero che la comunicazione costituisce uno degli elementi
INTERVENTI

307

fondativi della Chiesa Cattolica, che ha avuto da Ges Cristo la missione di annunciare il Vangelo a ogni creatura, dallaltro essa, per la prima volta, si trovava a dover fare i conti con i moderni canali di comunicazione e le relative forme di espressione. Sia i chierici sia i fedeli non erano pronti ad accogliere spot televisivi e radiofonici, o annunci stampa, promossi dalla Chiesa Cattolica. Forme di comunicazione considerate allora, nellimmaginario collettivo, troppo commerciali e spregiudicate. La necessit di diffondere in tempi brevi e in modo efficace la novit dell8 mille ad oltre trenta milioni di contribuenti italiani, tuttavia, richiedeva di accogliere questa sfida. Cos, il Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica, presieduto dal Cardinale Attilio Nicora e creato per seguire tutta la complessa applicazione delle novit scaturite dal Concordato del 1984, raccomand alla Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) di studiare e lanciare la prima campagna promozionale dell8 mille, che avrebbe dovuto usare anche il mezzo televisivo, la radio e la stampa. La proposta fu approvata e cos nel 1990 naque Pani e pesci, il primo spot televisivo della Chiesa Cattolica in Italia, ideato dallagenzia Saatchi&Saatchi. Da allora sono passati 14 anni, durante i quali maturata unattenta evoluzione della campagna 8 mille, a seguito dellesperienza che cresceva, delle attese del pubblico e delle indicazioni offerte dalle ricerche per la valutazione dei risultati. La campagna attuale, Le storie 8 mille, multimediale e multisoggetto, ed riproposta ogni anno ai contribuenti, raccontando alcuni casi esemplari di progetti sostenuti dai fondi 8 mille assegnati alla Chiesa Cattolica. Questa campagna ha un format creativo che permette di girare i filmati dal vivo, nei luoghi dove i fondi sono arrivati per sostenere progetti di pastorale o di carit, e con personaggi veri che li animano. Alcuni temi per lo sviluppo della campagna Approfondiamo, a questo punto, alcuni temi legati allo sviluppo della campagna 8 mille e dei suoi risultati, che possono avere maggiore rilevanza nellambito dello studio condotto dallOsservatorio Campagne Comunicazione Sociale. Le finalit della campagna promossa dalla Chiesa Cattolica sono principalmente due: la prima, quella di educare i fedeli al senso di appartenenza alla Chiesa, con particolare attenzione al tema della corresponsabilit ecclesiale; la seconda, promuovere la partecipazione consapevole dei fedeli alla firma per la destinazione dell8 mille a favore della Chiesa. Nel linguaggio cristiano il termine Chiesa pu indicare lassemblea liturgica, ma anche la comunit locale o universale dei credenti. In realP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

308

t, questi tre significati sono inseparabili. La Chiesa il popolo che Dio raduna nel mondo intero. La Chiesa una comunit, tutti i partecipanti sono chiamati a fare la loro parte per costruirla, anche mettendo a disposizione i propri beni, per quanto possibile: non al fine di pagare una sorta di pedaggio per i servizi ricevuti, ma in nome della comunione. Viene chiamato in causa il senso di appartenenza e di corresponsabilit dei fedeli alla Chiesa, che in concreto vuol dire sentirsi responsabili non solo della propria comunit parrocchiale, ma della Chiesa intera, a partire da chi nella Chiesa come noi, ma ha minori risorse. L8 mille assegnato alla Chiesa Cattolica costituisce un sistema di solidariet nazionale che allarga la possibilit dei fedeli di tutta Italia di partecipare, con le loro risorse, al sostegno dellimpegno della Chiesa nel nostro Paese e nei Paesi del cosidetto Terzo Mondo. Il sistema, infatti, prevede, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti, che i fondi pubblici assegnati alla C.E.I. siano suddivisi con criteri perequativi tra le nostre 227 diocesi, in modo che non ci siano Chiese locali ricche e altre povere, e quindi che tutte possano, in funzione delle necessit, provvedere al culto, alla pastorale e agli interventi caritativi. Senza dimenticare le Chiese dei Paesi del Terzo Mondo, dove ogni anno sono destinate delle risorse provenienti dai fondi 8 mille, per sostenere progetti di carit e di sviluppo umanitario, quali ad esempio lavviamento al lavoro, gli interventi sanitari, lo studio e lalfabetizzazione. Una semplice firma posta ogni anno in occasione della dichiarazione dei redditi permette appunto di sostenere un sistema di solidariet, sia nazionale sia aperto al mondo intero. Ma proprio perch questa firma un gesto semplice, che non costa nulla in pi delle tasse gi versate, esiste il rischio dellassuefazione. Una firma cio fatta pi per abitudine che per una consapevole partecipazione personale alla vita della Chiesa Cattolica, e al sostegno perequativo del suo impegno pastorale e caritativo in Italia e nel Terzo Mondo. Lingresso di Saatchi&Saatchi Gli argomenti fin qui analizzati, rappresentano sinteticamente la sfida affrontata dalla campagna 8 mille. ovvio che i primi anni di diffusione furono soprattutto dedicati a far conoscere il nuovo sistema e le relative pratiche proposte ai contribuenti. Con i primi risultati positivi (nel 1997 il livello di conoscenza dell8 mille raggiunse l85% degli italiani adulti, e la percentuale di firme a favore della Chiesa Cattolica tocc l81%), lattenzione della campagna si orientata maggiormente a promuovere una partecipazione consapevole, facendo conoscere i valori ecclesiali e civili della partecipazione alla firma, e le destinazioni dei fondi assegnati alla Chiesa Cattolica.
INTERVENTI

309

stata quindi sviluppata, e progressivamente affinata, una strategia di comunicazione a favore dell8 mille. Nella prima fase, la C.E.I. collabor con diverse agenzie creative, utilizzando il meccanismo delle gare, per identificare il miglior approccio a questo progetto di comunicazione. Nella seconda fase, cresciuta la complessit della campagna, si preferito affidare il compito di idearla allagenzia Saatchi&Saatchi, che nel corso degli anni precedenti si era dimostrata molto attenta ai temi dell8 mille e della solidariet, e capace di tradurre le richieste del cliente in realizzazioni creative di notevole efficacia. In particolare, nel 1998, si avvi lo studio di un nuovo approccio strategico alla comunicazione. Essendo ormai la conoscenza dellargomento molto buona, si ritenne necessario non pi informare sulla novit del sistema, quanto piuttosto affrontare il rischio dellassuefazione, promuovendo direttamente la firma a favore dell8 mille come scelta di partecipazione personale alla vita e alla missione della Chiesa Cattolica, nello spirito ecclesiale di solidariet e condivisione. Lo studio, in una prima fase, si dedicato a sviluppare un approccio originale alla comunicazione non profit, che si successivamente applicato al caso specifico dell8 mille. In breve, si partiti dallanalisi delle esperienze strategiche consolidate riguardo alla comunicazione profit, analizzandone i principi base, e trasferendoli al caso non profit con gli opportuni adattamenti. Non si ritenuto di traslare direttamente le strategie e le esperienze di successo della comunicazione profit al nostro caso. Tale approccio, a mio avviso, avrebbe potuto farci correre il rischio di sviluppare campagne capaci di suscitare reazioni di disagio nel pubblico. Lapproccio alla comunicazione non profit Fare marketing di un prodotto profondamente diverso dal promuovere la partecipazione ad una causa. E il pubblico ha una sensibilit capace di cogliere la distonia esistente se si usa lapproccio profit a temi che riguardano cause non profit. Di questo si erano accorti anche alcuni studiosi di comunicazione profit. Esistono, infatti, modelli a matrice che prevedono ladozione di diverse strategie di comunicazione in funzione del tipo di mercato e dellapproccio del consumatore allacquisto del relativo prodotto. La comunicazione per vendere un gioiello deve essere diversa da quella per vendere un profumo, o da quella per orientare allacquisto di uno shampoo o di un detersivo per piatti. A maggior ragione, diversa da queste devessere la comunicazione per promuovere la partecipazione alla donazione del sangue, alle offerte per sostenere una causa, o al volontariato.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

310

Per quanto possa apparire ovvio, una delle differenze evidenti tra i due mondi la mancanza, nel caso non profit, di un prodotto inteso nel senso classico di leva del marketing mix. La comunicazione profit promette al consumatore, in modo convincente e coinvolgente, un beneficio unico o superiore ad altri prodotti, e se il consumatore crede alla promessa, il cerchio si chiude con lacquisto del prodotto, che di norma dovrebbe arrecargli il beneficio promesso. Questo il patto tacito esistente tra le aziende e i consumatori. La circolarit di questo rapporto si evidenzia poi nella fedelt del consumatore, indotta dalle performance del prodotto e sostenuta, come scelta personale dacquisto, dalla comunicazione. In un marketing mix di successo, le leve strategiche comunicazione e prodotto sono legate tra loro ed entrambe operano sinergicamente sul consumatore, in tempi e modi diversi, per indurlo alla prova e al successivo consumo regolare. Nel caso non profit, non esiste il prodotto ma la causa proposta al potenziale donatore. Anche la comunicazione non profit, dunque, fa al pubblico una promessa, che in generale di partecipare ad una causa, almeno con unofferta. Il donatore, per, non ha la possibilit di fare esperienza, reale e personale, delleffetto del suo gesto. Il cerchio non si chiude come nel mondo profit, la partecipazione resta spesso legata solo ad un generoso slancio emotivo, indotto da una comunicazione efficace. Senza la possibilit di vivere unesperienza concreta, quindi, il coinvolgimento personale del donatore, e la fedelt nel tempo alla causa proposta, restano bassi. Ogni volta occorre riconquistarli, con messaggi sempre pi impattanti: la partecipazione, dunque, corre il rischio di restare emotiva, occasionale, non consapevole. Se solo fosse possibile far conoscere di persona ai donatori tutte le iniziative che si sono potute realizzare con i fondi donati! Ma, se anche si riuscisse a proporre loro una visita per conoscere le opere, quasi nessuno avrebbe poi in pratica il tempo o la possibilit di farla. Per questo, e per altre considerazioni che non possiamo approfondire in questa sede, si sviluppato un approccio strategico originale alla comunicazione non profit, che prevede luso della leva comunicazione non solo per il suo classico compito, ma anche per sostenere il ruolo del prodotto. In questo modo, il cerchio si chiude di nuovo, anche nel caso non profit. La comunicazione, quindi, fa la sua promessa, e propone la partecipazione ad una causa. E poi, in un secondo momento, consente al donatore di fare esperienza, sia pure attraverso i media, di quanto stato realizzato grazie anche alla sua offerta. Non una semplice informazione sul rendiconto, dunque. La trasparenza dei bilanci degli enti non profit obbligo morale e legale, quindi uno degli elementi chiave che il donatore valuta prima di partecipare con unofferta, ed sicuramente uninformazione da comunicare
INTERVENTI

311

al pubblico con mezzi e forme adeguate. Ma luso della comunicazione non profit per sostenere il ruolo mancante del prodotto prevede qualcosa in pi di un bilancio amministrativo: la condivisione con i donatori di unesperienza, di una storia, della realt degli interventi effettuati. La costruzione della strategia di comunicazione per il caso 8 mille Sulla linea appena illustrata, si poi sviluppato il lavoro di adattamento al caso specifico dell8 mille. La strategia di comunicazione prevista per promuovere una partecipazione consapevole si basa su quattro pilastri: far conoscere ai contribuenti il vasto panorama delle opere realizzate in Italia e nel Terzo Mondo con i fondi assegnati alla Chiesa Cattolica lassoluta scelta della realt: niente spot in studio, niente attori o comparse, niente foto ricostruite. Tutto deve essere raccontato rigorosamente cos com, nei luoghi veri, con le persone realmente impegnate l ogni giorno far trasparire in ogni storia i valori evangelici che la ispirano e la animano infine, la speranza. I tanti interventi realizzati dalla Chiesa Cattolica non sono in grado di risolvere definitivamente tutti i problemi, ma riescono a portare conforto, coraggio e concrete soluzioni. Non far leva tanto sui drammi, dunque, quanto sulla rinnovata speranza. La traduzione di questa strategia di comunicazione in un format creativo distintivo ed efficace, ma anche realizzabile in sede di produzione, ha richiesto un cammino complesso ed entusiasmante. Non esistevano modelli cui fare riferimento. Occorreva sviluppare qualcosa di completamente nuovo. Gli obiettivi del lavoro erano diversi, e tutti difficili. Creare un format adatto ai toni e allo stile della Chiesa Cattolica, ma capace di competere con le migliori campagne profit. Inventare un format capace di contenere tante storie anche molto diverse tra loro, ma che fosse anche sempre chiaramente identificabile con l8 mille e con la Chiesa Cattolica. Definire una modalit narrativa che contenesse tutta la ricchezza esperienziale delle diverse storie, ma anche efficacemente comprimibile in uno spot di trenta secondi o in un annuncio su di una pagina di giornale. Usare un linguaggio moderno, ma capace di trasmettere i valori profondi del cristianesimo. Inventare una modalit nuova di lavoro, senza uno storyboard prefissato, deciso a tavolino, per permettere al regista di raccontare la verit e la realt cos come sono,
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

312

ma che al contempo fosse compatibile con le tecniche di produzione e attenta allefficienza dei costi. Se si esaminano in sequenza le campagne dal 1999 al 2004, possibile notare levoluzione continua del format creativo utilizzato. Abbiamo, infatti, concepito e realizzato un primo prototipo di format, e negli anni abbiamo lavorato al suo sviluppo grazie allesperienza fatta, alla professionalit e alla passione delle persone coinvolte, al dialogo con il pubblico realizzato attraverso le ricerche qualitative, ai risultati ottenuti e misurati attraverso studi e dati ufficiali. Unattenzione speciale stata dedicata alla pianificazione media. Ci siamo posti lobiettivo di disegnare un piano media multimediale ad alte efficacia ed efficienza, e allo scopo abbiamo utilizzato modelli di simulazione matematici, basati sulle pi recenti e sperimentate teorie, validati in funzione dello specifico panorama media del nostro Paese e verificati poi attraverso i risultati ottenuti. La valutazione delle campagne Gli effetti di questo recente lavoro sono stati buoni, come indicano sia i dati reali, sia le nostre ricerche statistiche. Dal punto di vista quantitativo, sono cresciuti tutti i principali indicatori tenuti sotto osservazione, fra i quali la partecipazione e la fedelt alla firma, la conoscenza delle finalit dei fondi assegnati alla Chiesa, la fiducia e la stima verso loperato della Chiesa e dei suoi sacerdoti, il ricordo e il gradimento della campagna di comunicazione. Anche dal punto di vista qualitativo il pubblico ha dimostrato di conoscere e gradire la comunicazione dell8 mille, in particolare gli spot, esprimendo soddisfazione per vedere trattati in televisione temi di rilievo quali la spiritualit e la solidariet, che danno speranza e voglia di impegnarsi personalmente. Nella tabella seguente sono riportati i dati storici relativi alle scelte 8 mille e ai fondi assegnati annualmente alla Chiesa Cattolica, cos come evidenziati dai dati ufficiali del Ministero dellEconomia e delle Finanze. Il sistema prevede un periodo di tempo, pari a tre anni, per contare le scelte espresse dai contribuenti. In attesa di conoscerle in dettaglio, e di operare in base a queste la relativa suddivisione dellotto per mille, lo Stato anticipa ogni anno alla Chiesa Cattolica una somma, successivamente precisata tramite conguaglio nel momento in cui le scelte saranno note. Per questa ragione la serie storica delle firme si ferma allanno 2001, mentre i dati relativi ai fondi assegnati sono aggiornati allanno 2004, e comprendono lanticipo per lanno in corso stimato sulle scelte del 2001 e il conguaglio per lanno stesso. Levoluzione dei fondi assegnati alla
INTERVENTI

313

C.E.I. dipende da diversi fattori: le firme a favore della Chiesa, le variazioni dellimporto complessivo dellIrpef e lammontare dei conguagli calcolati per compensare, in positivo o in negativo, gli anticipi versati. Gli importi versati quali anticipi nei primi tre anni, in assenza dinformazioni reali sulle percentuali di scelte espresse, furono valutati pari a 406 milioni di euro, dato rivelatosi successivamente sottostimato. Tabella 1 - Scelte per la Chiesa Cattolica relativamente alla firma 8 mille
Anno
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Scelte per la Chiesa Cattolica (%)


76,17% 81,43% 84,92% 85,76% 83,60% 83,68% 82,56% 81,58% 83,30% 86,58% 87,17% 87,25%

Fondi assegnati alla C.E.I. (milioni di euro)


210 210 210 303 363 449 751 714 686 755 643 763 908 1.016 937

Fonte: Ministero dellEconomia e delle Finanze

Avere dati certi disponibili tre anni dopo la campagna informativa e promozionale, rende difficile valutarne lefficacia in tempi adatti allo sviluppo di eventuali aggiustamenti: per questo ogni anno, al termine del periodo della consegna della dichiarazione dei redditi, viene realizzata una ricerca quantitativa ad hoc su un campione statisticamente rappresentativo dei contribuenti, per stimare i risultati complessivi della campagna. A questa ricerca annuale ad hoc sui risultati complessivi, si affiancano una serie di ricerche pi specifiche: per valutare la comprensione e la reazione agli spot video e alle campagne stampa, vengono realizzate sia ricerche qualitative (focus group) sia, a volte, analisi semiotiche (desk), mentre per valutare lefficacia del piano media viene realizzata una ricerca quantitativa di tracking dei principali indicatori di ricordo e comprensione del messaggio, i cui risultati vengono poi impiegati per validare i modelli teorici e confermare lefficacia delle scelte fatte in sede di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

314

pianificazione media. Infine, con cadenza biennale, viene effettuata una ricerca quantitativa sullo sviluppo, tra i cattolici italiani, della cultura ecclesiale, dei valori sottesi alla riforma conciliare in materia di sostegno economico alla Chiesa, e delle relative nuove forme pratiche di partecipazione. Conclusioni Nei prossimi anni occorrer continuare limpegno per lo sviluppo della campagna. In primo luogo, perch la promozione di una partecipazione consapevole richiede tempi lunghi per diffondersi nella cultura e nelle tradizioni dei contribuenti italiani. In secondo luogo perch ogni anno si affacciano al mondo dell8 mille le giovani generazioni, che non hanno vissuto gli anni della nascita del nuovo sistema e quindi spesso non lo conoscono, e che richiedono unattenzione informativa particolare. Le nuove generazioni, inoltre, hanno un rapporto con la comunicazione nettamente diverso dagli adulti attuali, e questo ci porter a sviluppare costantemente il nostro linguaggio e il nostro uso dei media per continuare ad essere accolti e compresi. Limpegno della Chiesa Cattolica per la campagna 8 mille ha quindi un suo preciso compimento nello sviluppo della cultura della comunione e della corresponsabilit ecclesiale, seguendo limpulso del magistero del Santo Padre e dei vescovi italiani. Speriamo che possa anche partecipare, con il suo contributo specifico, unito a molte altre iniziative nellampio settore della comunicazione sociale, a rafforzare e ulterioremente diffondere nel nostro Paese la cultura della solidariet, della partecipazione e dellattenzione verso il prossimo.

INTERVENTI

315

PR. Comunicazione sociale e sfera pubblica


Toni Muzi Falconi

Introduzione Se per comunicazione sociale1 intendiamo (anche) le campagne di informazione di massa realizzate da amministrazioni e organizzazioni pubbliche, orientate per lo pi a modificare opinioni, atteggiamenti, decisioni e comportamenti dei destinatari, possiamo tranquillamente affermare che (con le dovute eccezioni che confermano la regola) si tratta in larga parte di attivit che oggi potremmo definire socialmente irresponsabili poich: drenano inutilmente risorse economiche pubbliche sono prive di indicatori di valutazione e non sono soggette a dimostrazione empirica di efficacia contribuiscono ad aggravare linquinamento gi elevato dellambiente comunicativo2. Ecco due fra le principali ragioni dellinefficacia di questo modo di fare comunicazione sociale (meglio sarebbe dire pubblicit): un messaggio efficace (contribuisce cio a modificare opinione, atteggiamento, decisione e comportamento del destinatario) quando la fonte credibile nellambito tematico richiamato dal messaggio: circostanza davvero rara per i soggetti che fanno comunicazione sociale. Per capirci, non sar credibile se la campagna contro il fumo la fanno i medici, categoria professionale a maggior tasso di tabagismo o lo Stato, che ricava il 70% circa del valore di ciascun pacchetto di sigarette venduto e finanzia la coltivazione del tabacco si tratta quasi sempre di campagne imperniate su messaggi che usano comunicazione a e non con. Unidirezionalit e asimmetria anche per la crescente saturazione indotta dallinquinamento comunicativo richiedono, peraltro, risorse sempre pi ingenti per attirare lattenzione dei destinatari e normalmente queste risorse non ci sono.
INTERVENTI

317

Per molti anni e in molte, troppe circostanze, governi, enti territoriali, associazioni hanno ritenuto utile tematizzare erga omnes, nella perversa convinzione che la tambureggiante ripetizione avrebbe alla fine giovato: da qui le ripetute e inutili (quando non dannose) campagne contro il fumo, la droga, lalcool, la guida pericolosa, i rifiuti, la raccolta differenziata, lobesit tutte iniziative da stato etico con obiettivi decisi a priori che nella migliore delle ipotesi e secondo la migliore teoria del marketing ascoltano le aspettative del destinatario soltanto per meglio confezionare il messaggio unilaterale e persuasivo da inviare. Da questo punto di vista, la cosa pi stupefacente lo sguardo talvolta interrogativo di operatori di marketing e di pubblicitari, come a dire: ma se non si ascoltano i destinatari per sapere come meglio confezionare il messaggio, che si ascoltano a fare? Domanda pienamente legittima, ma che la dice lunga sul livello raggiunto di pervasivit di una cultura della comunicazione diretta a e non con. Sfera pubblica, relazioni pubbliche e comunicazione sociale Nelle lingue germaniche e slave il termine relazioni pubbliche indica relazioni con il pubblico, ma per alcuni studiosi europei3, il termine pubblico detiene valenze diverse rispetto a quelle implicite nellespressione anglosassone public relations intese come relationships with publics. Infatti, la corretta espressione tedesca offentlichkeitsarbeit, che letteralmente vuol dire lavoro pubblico, declinato come lavorare in pubblico, con il pubblico e per il pubblico4. una questione non solo linguistica, ma soprattutto culturale. Offentlichkeit in realt sfera pubblica, e la sua equiparazione al termine pubblico ne fa perdere una essenziale dimensione analitica, come affermano il danese Jensen5, prima ancora il tedesco Oeckl6: una dimensione riferita a valori ritenuti pubblicamente rilevanti. Il ragionamento sottostante che in Europa le relazioni pubbliche non trattano solo di relazioni con i diversi pubblici, ma sviluppano questi rapporti in pubblico nel pubblico e per il pubblico. In pi, come hanno teorizzato Ronnenberger e Rohl7, le relazioni pubbliche vanno anche misurate in base alla qualit e alla quantit di sfera pubblica che contribuiscono a produrre. Si tratta di indicatori che, a loro volta, hanno a che fare con il concetto di Offentliche Meinung, che si traduce come opinione pubblica, intesa come figura di autorit politica, sviluppatasi nel diciannovesimo secolo in opposizione alla dominazione monarchica, e che ha costituito il fondamento per la creazione delle democrazie (Habermas8), e non
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

318

come aggregazione di opinioni individuali emergente dagli studi di Lippmann9 o dai sondaggi di opinione (Price10). Le relazioni pubbliche dunque, secondo gli studiosi europei, svolgerebbero una funzione democratica analoga al giornalismo poich entrambi contribuiscono alla libera diffusione di informazioni e allo sviluppo della sfera pubblica sia nella sua quantit (quante persone sono coinvolte nella vita pubblica?) sia nella sua qualit (qual il livello al quale discutiamo di argomenti di interesse comune?). Se vogliamo riferirci alla situazione italiana, si potrebbe tracciare un parallelo fra questaccezione di sfera pubblica e quella di capitale sociale. Lo stretto rapporto fra relazioni pubbliche e sfera pubblica porta a focalizzare lattenzione sul concetto di legittimit sociale, un concetto centrale alle relazioni pubbliche. In realt, se la legittimit sociale viene considerata dal punto di vista dellorganizzazione e quindi della teoria sistemica11 delle relazioni pubbliche, possibile affermare che questapparente specificit europea pur legittimata dalla stereotipata e sempre meno convincente distinzione fra unanglosassone shareholder society e una stakeholder society di matrice europea proprio non ha ragione di essere, a maggior ragione se ci si riferisce ai concetti come la license to operate e, ancor di pi, la social responsibility delle organizzazioni che, per quanti sforzi facciano gli studiosi europei, derivano entrambi dalla cultura anglosassone, cos come anche la piattaforma politica -non casualmente definita stakeholder society con la quale Tony Blair ha vinto per due volte le elezioni nel Regno Unito. Sfera pubblica, relazioni pubbliche e comunicazione del settore pubblico e privato peraltro sicuro che nei paesi anglosassoni, per tutto il secolo scorso, le relazioni pubbliche hanno privilegiato il settore privato (Olaski12), ma questo non vuol dire che non abbiano contribuito a produrre quantit e qualit di sfera pubblica. Infatti, il parallelo: settore pubblico delleconomia = produzione di sfera pubblica e settore privato delleconomia = produzione di sfera privata, rappresenta un equivoco inaccettabile e denota una visione molto semplificata, quando non semplicistica, della realt. In sostanza, laccentuazione di una specificit europea delle relazioni pubbliche legata alla produzione di sfera pubblica una argomentazione forse buona per aggregare una comunit scientifica e professionale un po dispersa del vecchio continente e stringerla intorno a una pretesa distinzione da quella anglosassone, ma poco fondata nei fatti. Basti ricordare che il presidente Wilson, eletto su una piattaforma
INTERVENTI

319

non interventista, ha potuto decidere lintervento americano nella prima guerra mondiale soltanto a seguito degli ottimi risultati di unarticolata e capillare iniziativa di comunicazione (promossa dal Governo ma con ampi apporti del settore privato) durata un anno e promossa dal CPI (Committee for Public Information) con il supporto professionale di alcuni dei migliori relatori pubblici dellepoca (George Creel, Carl Byor, Edward Bernays). Il progetto si imperniava sui four minute men, 250 mila volontari di ogni ceto e livello sociale, appositamente formati, che coglievano ogni occasione per trasferire a vicini, commensali, co-spettatori di teatro o cinema, collaboratori, amici ecc., e in quattro minuti, convincenti argomentazioni sulle ragioni di un intervento ormai indilazionabile13. Oggi il modello four minute men, opportunamente adattato alle varie circostanze e agli obiettivi fissati, viene adottato dalle migliori organizzazioni sociali, pubbliche e private perch ritenuto capace di mobilitare i pubblici influenti intorno a finalit e traguardi condivisi, producendo cos un formato assai efficace di comunicazione sociale nel senso di produzione di quantit e di qualit di sfera pubblica. Per non parlare del New Deal del presidente Roosevelt, il cui successo fu in buona parte da attribuire allo sforzo capillare di rivisitazione e rivalutazione narrativo/comunicativa della vita agra e di main street America; o del Piano Marshall, attuato nella seconda met degli anni quaranta e primi cinquanta, oppure ancora della pervasiva attivit, si direbbe oggi di esportazione dei valori dellamerican way of life nei Paesi europei, realizzata dal United States Information Service (Usis), e della quale lItalia certamente stata soggetto stabile dal 1943 fino almeno ai primi anni 70. Detto questo, certo verosimile che in Europa (e sicuramente in Italia) i relatori pubblici che operano nel settore pubblico sono pi numerosi di quelli che operano nel settore privato, cos com altrettanto verosimile che le risorse complessive investite per comunicare dal settore pubblico europeo (e sicuramente in Italia) sono superiori di quelle investite dal settore privato. Ma questa non pare essere una ragione sufficiente per sostenere il principio generale che la comunicazione del settore pubblico contribuisce ad accrescere qualit e quantit della nostra sfera pubblica (o, se si preferisce, del nostro capitale sociale) pi di quanto non faccia la comunicazione del settore privato. Un possibile approccio alla comunicazione capace di incrementare la sfera pubblica Lorganizzazione (privata, pubblica o sociale) che si pone una finalit sociale nel senso di voler contribuire ad arricchire la sfera pubbliP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

320

ca farebbe meglio, per prima cosa, a distinguere nettamente fra finalit e obiettivi: finalit sono le ragioni che la tengono insieme: missione (cosa sono oggi) visione (dove voglio essere fra tre/cinque anni) strategia (come intendo passare dalla prima alla seconda) valori (che intendo rispettare nellattuazione della strategia). obiettivi sono invece i diversi traguardi, raggiungendo i quali lOrganizzazione persegue coerentemente le sue finalit. Normalmente unorganizzazione ben consapevole che la finalit perseguita produce conseguenze (negative o positive) su altri soggetti, altrimenti non si capirebbe cosa ci stia a fare, e che le finalit di questi o di altri, a loro volta, producono o possono produrre conseguenze sullOrganizzazione. Quindi, prima di definire gli obiettivi specifici da perseguire, conviene ascoltare quei soggetti sui quali produce conseguenze, per tenere conto (ove possibile) delle loro aspettative, riducendo cos le complessit e i tempi di attuazione degli obiettivi stessi. Non sempre lorganizzazione, ascoltati questi soggetti, potr o vorr tenere conto delle loro aspettative, ma sicuramente non potr non esserne consapevole, in questo modo facendosi unidea abbastanza verosimile degli ostacoli cui andr incontro per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Questi soggetti, sui quali lOrganizzazione produce conseguenze in virt della sua finalit, detengono per ci stesso (o pensano di detenere) un titolo ad interloquire e si chiamano quindi stakeholder, soggetti consapevoli della finalit dellOrganizzazione e interessati (in positivo o in negativo) a relazionarvisi. Questaccezione di stakeholder ha poco a che vedere con quella generica e olistica, oggi di moda, che comprende indistintamente tutti e che, dal punto di vista della comunicazione, non aiuta la sempre pi indispensabile individuazione uno-a-uno degli interlocutori rilevanti dellOrganizzazione: non solo per ridurre linquinamento comunicativo, ma anche e soprattutto per aumentare lefficacia della comunicazione. Proseguendo nel ragionamento, se poi lOrganizzazione manifesta la sua finalit con un messaggio (sia pure) unilaterale, push e persuasivo sempre trasparente secondo i quattro criteri gi segnalati (identit del mittente, interesse rappresentato, obiettivo fissato, modalit operative nel perseguirlo), potr anche risvegliare consapevolezza e interesse in ulteriori potenziali soggetti stakeholder. Con gli stakeholder cos accuratamente identificati, proprio perch consapevoli e interessati, la relazione sar diretta, pull, interattiva, tenINTERVENTI

321

denzialmente simmetrica e richieder limpiego di limitate risorse economiche. Definito lobiettivo da perseguire, lorganizzazione identificher e comunicher con (e non a) altri interlocutori: coloro che influenzano le dinamiche delle variabili esterne che vanno a determinare se lobiettivo specifico viene raggiunto (influenti); coloro che, in quanto considerati leader di opinione, possono direttamente influenzare i comportamenti dei destinatari finali (leader di opinione); i destinatari finali stessi. I primi sono rilevanti poich nessun ambiente comunicativo si realizza sotto vuoto, esente dallinfluenza delle sempre pi intense dinamiche sociali, economiche, culturali e tecnologiche. quindi importante identificare le variabili prioritarie che determinano il raggiungimento dellobiettivo fissato e per ciascuna di queste, i soggetti che ne possono influenzare le dinamiche (influenti); I secondi sono rilevanti poich riconosciuti dai destinatari finali come modelli e testimoni della cui opinione e dei cui comportamenti conviene tener conto; I terzi sono coloro a cui lorganizzazione in ultima analisi si rivolge affinch mutino opinioni, atteggiamenti, comportamenti o decisioni (utenti, clienti, consumatori, elettori, cittadini) facendo conto sullevoluzione favorevole delle variabili esterne, ottenuta anche grazie alle relazioni intrattenute con gli influenti, e sulla capacit di orientamento esercitata dagli opinion leader, con i quali lorganizzazione ha nel frattempo dialogato. Se per gli stakeholder attivi era sufficiente una relazione diretta, un dialogo negoziale e per quelli potenziali era necessario un solo primo messaggio persuasivo e unidirezionale per attirarne lattenzione e convincerli ad emigrare fra i primi, per gli altri tre gruppi dinterlocutori indicati, le modalit comunicative sono inevitabilmente diverse e maggiormente articolate. Per gli influenzatori delle issue e per i leader dopinione dei destinatari finali, necessaria certamente una comunicazione persuasiva e retorica che si proponga di attirare la loro attenzione, ma anche opportuno che, per entrambi, si tratti il pi possibile di una comunicazione interattiva e tendenzialmente simmetrica, poich gli argomenti dovranno essere molto fattuali (per i primi), se si desidera che gli influenti decidano di orientare le dinamiche delle variabili, e molto convincenti per i secondi, se si vuole che, a loro volta, gli opinion leader si rendano attivamente portavoce del cambiamento presso i destinatari finali.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

322

Lorganizzazione dovr sforzarsi di mobilitare influenzatori e opinion leader, con laiuto e il supporto degli stakeholder, affinch orientino verso lobiettivo da perseguire le dinamiche delle issue rilevanti e le opinioni dei destinatari finali. La mobilitazione degli interlocutori (in gergo call to action) il terreno professionale prediletto del cosiddetto below the line (le discipline della comunicazione dimpresa come le relazioni pubbliche, la promozione, il direct response), anche se talvolta supportato, in una visione integrata della comunicazione, dalla pubblicit. Infine, nella fase ultima di comunicazione con i destinatari finali, lorganizzazione far bene a sostenere lazione degli opinion leader con iniziative di comunicazione integrata, e questa volta sar verosimilmente la pubblicit ad essere prevalente e le altre discipline ad operare di supporto. Questo purch sia sempre garantita al destinatario finale, con opportuni richiami e incentivi, la possibilit di interagire e di restituire un feed-back alla comunicazione ricevuta. Anche se il marketing virale che prevede la mobilitazione dei moltiplicatori oggi in auge fra i pentiti della pubblicit commerciale unidirezionale, erga omnes e asimmetrica, sono in pochi a ricordare che, fin dallepisodio dei four minute men gi citato e risalente alla prima guerra mondiale, lattivazione di influenti, di opinion leader, di moltiplicatori o di attivisti, rientra fra le pi classiche leve operative delle relazioni pubbliche e connota oggi la migliore comunicazione sociale: meno visibile erga omnes, e quindi pi efficace e meno inquinante. Un esempio recente il mutamento di strategia e gli straordinari risultati ottenuti negli Stati Uniti dal NAMI (National Association of Mental Illness). Per decenni lattivit comunicativa del NAMI si era concentrata prevalentemente sulla raccolta di disponibilit dei media a concedere spazi e tempi per lattivazione di campagne di educazione al rispetto dei malati mentali e di sensibilizzazione sulle loro condizioni di vita. Erano campagne che usavano testimonial famosi anche per raccogliere fondi, cos come fanno la gran parte delle organizzazioni non profit nel nostro Paese. Da qualche tempo la strategia nel NAMI cambiata ed diventata assai pi diretta e aggressiva: in ogni sede locale i malati e le loro famiglie vengono mobilitati per premere sugli eletti del territorio, affinch producano leggi che stanzino i fondi necessari a supplire alla drammatica carenza di assistenza. Gli eletti che rispondono positivamente, vengono mobilitati affinch orientino le issue verso gli obiettivi dati. La rete internet, usata anche come Intranet (si pensi ai 2 mila bloggers del candidato democratico Dean
INTERVENTI

323

e ai 200 milioni di dollari raccolti grass root via Internet per la sua campagna elettorale) rappresenta il principale canale di comunicazione degli attivisti della NAMI. Una comunicazione che in questo caso pull, interattiva e simmetrica. Insomma, una modalit assai pi impegnativa, meno affidata alla bont danimo dei mass media e alla pigrizia dei responsabili delle organizzazioni, ma assai pi incidente ed efficace. Come si pu arguire dal percorso appena descritto, il modello proposto per unefficace comunicazione sociale assai pi complesso di quello classicamente unidirezionale e asimmetrico erga omnes, al quale si quasi sempre fatto riferimento, ma non per questo pi oneroso: al contrario! un modello inclusivo che: tiene conto delle opportunit offerte dalle tecnologie dellinformazione e della comunicazione e, soprattutto, da Internet come nuovo ambiente di relazione assorbe le spinte esterne verso una maggiore responsabilit sociale della comunicazione, e quelle dei soggetti committenti verso una maggiore rendicontazione e misurazione delle attivit comunicative stimola la graduale e inevitabile trasformazione delle organizzazioni da comunicative a comunicanti. Infatti, anzich limitarsi a rafforzare (in parte ghettizzandola) la funzione organizzativa verticale dedicata espressamente alla comunicazione, lorganizzazione dovr trasferire a ogni sua funzione trasversale, competenze e abilit comunicative che le rendano capaci di sviluppare i rispettivi sistemi di relazione con modalit coerenti e condivise. Le pratiche migliori tendono quindi, oggi, a considerare la comunicazione come strumento operativo per sviluppare e governare sistemi di relazione interattivi e tendenzialmente simmetrici, che mutano tanto i comportamenti dei pubblici influenti, quanto quelli della stessa Organizzazione. Il coinvolgimento diretto degli stakeholder, degli influenti e degli opinion leader, richiede alloperatore di comunicazione sociale forti competenze di natura relazionale, ed assodato che la relazione uno-a-uno o uno-a-pochi di gran lunga la modalit pi efficace per indurre consapevolezza, comportamenti e per modificare opinioni, atteggiamenti e decisioni. Lobiettivo di unefficace comunicazione sociale, dunque, duplice: non soltanto aumentare genericamente la consapevolezza di qualcosa affinch mutino i comportamenti, ma anche effettuare una call to action specifica mobilitando alla causa tutti i possibili soggetti moltiplicatori.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

324

Di conseguenza, anche la valutazione/misurazione della singola iniziativa non si misurer pi soltanto con gli output (quanti annunci, quanti ritagli) o con gli outakes (quanti ricordi spontanei o guidati di messaggi), ma anche con gli outcome (quanti fondi raccolti, quante sigarette consumate in meno, quale regolamentazione ottenuta o modificata, quanti comportamenti mutati) e, soprattutto, con gli outgrowth (come cambiata la qualit della singola relazione e quindi, quanta e quale sfera pubblica in pi stata prodotta). Note
1. Che cosa sintende per comunicazione sociale? Per Mancini proviene dalle istituzioni pubbliche, private e semipubbliche e si occupa di argomenti di interesse generale sui quali esiste una controversia relativa. Faccioli distingue fra comunicazione sociale attuata dai soggetti pubblici e comunicazione di solidariet sociale attuata da soggetti non profit, mentre Marsocci parla di attivit che riguardano la circolazione delle informazioni attivata da parti sociali le associazioni e che abbia per oggetto, temi dinteresse generale. Per lautore comunicazione sociale quella che va ampliare e ad arricchire la sfera pubblica, chiunque ne sia protagonista, organizzazione sociale, privata o pubblica. 2. Da anni studiosi e operatori parlano di saturazione e di overdose da comunicazione, ma i dati pi allarmanti provengono annualmente dalla ricerca how much info, pubblicata da www.sims.berkeley.edu/research/projetcs/how-much-info-2003, dalla quale si desume che ciascun essere umano del nostro pianeta, nel solo 2003, stato esposto a 800 milioni di bytes di informazione con un incremento annuo del 30% dal 2001! Fra le tante implicazioni sulle persone (accorciamento dei tempi di attenzione, disincentivazione dagli approfondimenti, riduzione delle capacit di selezionare priorit), vi anche una seria preoccupazione verso la diffusione di una dipendenza comportamentale dai media: passiva da parte del pubblico e attiva da parte di celebrities di ogni tipo (politici, attori, imprenditori, manager), con i comunicatori in veste di untori quando non di spacciatori-pusher (www.mediapost.com/dtls_dsp_mediamag.cfm?magID=250554). Pur senza aderire a crescenti posizioni luddiste di rifiuto aprioristico verso questa recente esplosione quanti/qualitativa di comunicazione/informazione, comunque importante per studiosi e operatori essere pienamente consapevoli del fenomeno, ancora tutto da studiare e approfondire, anche per definire, condividere e adottare processi sostenibili di progressivo disinquinamento. Una sicura implicazione lesigenza di operare affinch un sempre maggior numero di pratiche comunicative migri dallessere, come sono oggi, prevalentemente uno-a-molti, unilaterali, asimmetriche, push e orientate ai destinatari finali, fino a diventare pratiche uno-a-pochi, multilaterali, tendenzialmente simmetriche con i pubblici influenti (soggetti non necessariamente consapevoli e interessati a una relazione, ma che lorganizzazione ritiene influenti sul raggiungimento dei suoi obiettivi) e che si sforza di coinvolgere con modalit trasparenti: declinando sempre la propria identit, linteresse rappresentato, lobiettivo perseguito e il percorso che intende attuare per raggiungerlo). E questo in parallelo ad una comunicazione uno-a-uno, bilaterale, pull e simmetrica con gli stakeholder (soggetti gi consapevoli e interessati ad una relazione con lorganizzazione: they hold a stake). 3. Vedi Bled Manifesto di B. Van Rule e D. Vercic 2002, accessibile, anche in lingua italiana digitando Bled Manifesto dal motore di ricerca del sito www.ferpi.it. 4. Nessmann K. (2000), The origins and development of Public Relations in Germany

INTERVENTI

325

and Austria in Perspectives in Public Relations research Routledge, London-New York. 5. Jensen J. (2000), Legitimacy and Strategy of different companies. Public Relations research. An International Perspective. London. 6. Oeckl A. (1976), Handbuch der Public Relations. Munchen, Suddeutscher Verlag. 7. Ronnenberg F., e Rohl M. (1992), Theorie der Public Relations, Westdeutscher Verlag 8. Habermas J. (1962), Strukturwandel der Offentlichkeit, Darmstadt, Hermann Luchterhand Verlag. 9. Lippmann W. (1930), Public Opinion, McMillan, New York. 10. Price V. (1992), Public Opinion, Newbury Park, Sage. 11. La teoria sistemica una delle tre principali teorie delle relazioni pubbliche. Le altre due sono quella critica e quella retorica. Per il sistemico Grunig ogni organizzazione, per avere successo deve integrarsi armonicamente nellambiente circostante e per fare questo con efficacia deve conoscere e interpretare i valori e le aspettative dei suoi pubblici influenti prima ancora di definire i traguardi specifici dellorganizzazione, cos da selezionare obiettivi effettivamente raggiungibili. Per il retorico Heath, la rappresentazione di un argomento (advocacy) da parte di una organizzazione parte necessaria della creazione di senso e conoscenza, ha a che fare sia con i processi che con i contenuti del discorso pubblico attribuendo voce paritaria a tutti i partecipanti con interesse al dialogo. Un dialogo imperniato su fatti (epistemologia), valutazioni (assiologia) e scelte politiche, di prodotti e di servizi (ontologia). Per i critici Ewen, LEtang, Olasky, nessuna teoria potr mai impedire ai poteri forti di piegare e di manipolare le coscienze delle persone e le relazioni pubbliche rappresentano nella nostra societ la massima espressione di questo esercizio. Nel 2001, pubblicato da Sage Publications Inc., e curato da Robert L. Heath (campione riconosciuto dellapproccio retorico, professore allUniversit di Houston), uscito un fondamentale volume dal titolo assai poco pretenzioso Handbook of Public Relations, nel quale i massimi esponenti delle tre scuole tentano di individuare i paletti per un approccio teorico comune. Il volume, non casualmente, si apre con un efficace saggio di James Grunig, il maggior teorico contemporaneo delle relazioni pubbliche, nel quale rivede il suo celebre modello simmetrico accogliendo le giuste osservazioni critiche dei suoi colleghi sia retori e critici, fino a sostenere lui che ha teorizzato lapproccio sistemico (1984) partendo dalle relazioni pubbliche come scienza della comunicazione che il cuore delle relazioni pubbliche in effetti nella relazione (e con questo dando soddisfazione ai retori) e che la simmetria (la condizione che a suo avviso rende davvero efficaci le relazioni pubbliche) solo tendenziale e si ottiene soltanto se e quando il realtore pubblico esercita in eguale misura le sue abilit persuasive nel convincere la coalizione dominante interna ad adeguarsi alle aspettative dei pubblici influenti come nel convincere i pubblici influenti ad adeguarsi alle aspettative della coalizione dominante interna (dando cos soddisfazione ai seguaci dellapproccio critico). La teoria generale di Grunig (elaborata inizialmente nel 1984, poi rielaborata nel 1992 e infine rivisitata e ripresentata nel 2002) parte da una analisi storica delle relazioni pubbliche che identifica quattro modelli applicativi prevalenti, tutti ancora oggi largamente praticati (salvo lultimo, si intende). Il primo modello quello press agentry o publicity, largamente presente nella pratica odierna, avviato a met ottocento da P.T. Barnum. Non c attore, sportivo, cantante, imprenditore di grido, politico, che non abbia il suo press agent per occupare lo spazio dei media facendo leva sulla relazione con il giornalista e, indirettamente, lattenzione del pubblico, ma non necessariamente il suo consenso o la sua comprensione. un modello che esalta s il ruolo dei media, ma che denota implicitamente una considerazione piuttosto limitata dellautonomia professionale del giornalista e della sua funzione di quarto potere a tutela della integrit del lettore in una moderna democrazia rap-

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

326

presentativa. Limportante, infatti, che la notizia diffusa sia perlomeno verosimile, poich quando anche in un secondo momento si rivelasse non vera, raramente un giornale ci ritorner su per avvertire il lettore dellerrore commesso. Si pensi ad esempio alla cosiddetta politica dellannuncio, politica prevalente ancora oggi in molte organizzazioni, societ finanziarie e, soprattutto, forze politiche, o alla pervasivit del gossip... Il modello a una via (linformazione viaggia dal press agent al giornalista) ed asimmetrico (il giornalista dipende, sotto molti aspetti, dal press agent). Il secondo modello quello della public information, avviato ai primi del secolo scorso da Ivy Lee, considerato uno dei padri fondatori delle relazioni pubbliche. In questo modello la funzione del professionista delle relazioni pubbliche , ancora una volta, soprattutto quello di produrre e diffondere informazioni ai giornalisti: ma questa volta le informazioni devono essere fattuali e consapevolmente orientate non solo a catturare lattenzione, ma anche a influenzare lopinione pubblica in favore degli obiettivi dellorganizzazione committente. Oggi si pu dire che questo sia il modello prevalente nella parte pi avanzata del settore pubblico, delle istituzioni e fra gli operatori finanziari pi avveduti. In questo modello, il ruolo del giornalista di chiedere e ricevere le informazioni pi dettagliate possibili, di valutarle, di interpretarle e di decidere se e come, sia pure nellambito di determinate regole condivise, renderle note ai suoi lettori. Fra operatore di relazioni pubbliche e giornalista si innesca una relazione di fiducia e di interdipendenza. un modello sempre a una via (chi comunica persegue soltanto il suo obiettivo e attribuisce scarso peso al feed-back se non in chiave di miglioramento per la performance successiva), ma comunque un modello maggiormente simmetrico rispetto al primo. Infatti, il giornalista non soltanto strumento nelle mani della fonte che controlla la relazione, poich gli viene riconosciuto un ruolo di tutela dellinteresse dei suoi lettori. La parte migliore della comunicazione pubblica odierna pu essere ascritta a questo modello. Il terzo modello quello che per una buona parte del secolo scorso stato impersonato da Edward Bernays e che rappresenta il modello ancora oggi prevalente nelle grandi imprese internazionali e, da qualche tempo, anche italiane: orientato alla relazione a due vie, ma sempre abbastanza asimmetrico. un modello che assume integralmente i parametri della psicologia e della sociologia e si propone la persuasione scientifica di determinati segmenti di pubblico, in funzione degli obiettivi dellorganizzazione. Alla base delle elaborazioni di Bernays sono, soprattutto, le opere di Sigmund Freud, di Walter Lippman e del sociologo francese di fine secolo Gustave Le Bon. un modello che prevede un intenso uso delle ricerche sociali (sondaggi di opinione e focus group) e, in questo senso, un modello a due vie: linterlocutore viene, infatti, continuamente ascoltato. Tuttavia un modello asimmetrico poich quellascolto si propone la persuasione scientifica, in funzione di obiettivi unicamente unilaterali e trascura la soddisfazione dei possibili obiettivi dellinterlocutore. Da questo punto di vista, il modello di Bernays quasi-ideologico: nel senso che implica che le relazioni pubbliche, proprio per il fatto di essere tali, siano comunque un bene per la societ e quindi anche per i pubblici influenti, oltre che, naturalmente, per il soggetto committente. un modello che, per la prima volta, postula che le relazioni pubbliche non si rivolgono esclusivamente ai giornalisti o ai decisori pubblici (lobby): si riconosce, infatti, che ciascun segmento di pubblico, anche e soprattutto quello rappresentato dai consumatori, pu essere influenzato da diversi altri soggetti, gruppi di pressione e opinion leader. Il quarto modello, detto di Grunig, dallaccademico americano che lha razionalizzato, anchesso a due vie, come quello di Bernays, ma pi simmetrico. un modello che postula per unOrganizzazione limportanza preventiva dellascolto, prevalentemente tramite la ricerca sociale e lanalisi attenta dei soggetti influenti e la relazione interattiva con loro. Ma un ascolto inteso non come esclusivamente orientato il caso di Bernay alla costruzione di messaggi efficaci da trasferire in funzione di obiettivi specifici dellorganizzazione, ma anche e soprattutto inteso ad aiutare questultima a raggiungere un posizio-

INTERVENTI

327

namento dinamico dei rispettivi sistemi di relazione con gli stakeholder - influenti, cos da indurla a perseguire obiettivi che tengano anche pienamente conto dei loro interessi e dei loro valori, incorporandoli nei propri. Il professionista di relazioni pubbliche assume cos un ruolo di interprete attivo (sia pure sempre ed esplicitamente di parte) fra una Organizzazione e i suoi pubblici influenti, ed opera cos per attivare e sviluppare quel dialogo, quella reciproca comprensione che consente allorganizzazione di raggiungere pi agevolmente i suoi obiettivi, proprio perch consente ai pubblici influenti di ricavarne un percepibile ed effettivo valore aggiunto. Per una qualsiasi organizzazione, infatti, si apre una questione di relazioni pubbliche ogniqualvolta una sua decisione pu produrre conseguenze su altri soggetti (interni o esterni), oppure, al contrario, quando il comportamento di altri soggetti (interni o esterni) pu produrre conseguenze sulle modalit e sul successo con cui quella stessa decisione viene realizzata. Queste conseguenze possono dunque derivare sia dai comportamenti dei pubblici influenti che dai comportamenti dellorganizzazione. 12. Olaski M. (1987), Corporate Public Relations, a new historical perspective, Lawrence, Erlbaum. 13. Fasce F. (2001), Democrazia degli Affari, Carocci Editore.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

328

Il futuro della comunicazione sociale in Italia


Antonio Raimondi

Premessa In qualsiasi campo di attivit umana, per poter cogliere prospettive di futuro, necessario partire da una corretta comprensione della situazione presente, e in alcuni casi anche del cammino che si fatto nel passato. In questo Rapporto, autorevoli esperti illustrano lo stato dellarte nel campo della comunicazione sociale in Italia. Noi abbiamo il compito di raccontare sinteticamente lesperienza di unorganizzazione non governativa di volontariato internazionale e cercare di fare qualche proposta per il futuro. Il rapporto fra unassociazione di volontariato e la comunicazione sociale vitale, indispensabile, addirittura pu essere considerata una conditio sine qua non. Lobiettivo immediato di unorganizzazione di volontariato (quello anche pi comunemente percepito) di portare aiuto e assistenza ai destinatari della propria mission: bambini in difficolt, anziani, disabili, popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, etc. Il volontariato, quindi, vuol essere in prima istanza una risposta alle necessit di persone che si trovano in stato di bisogno. A dire il vero, noi preferiamo parlare di tutela dei diritti umani, perch ogni persona portatrice di diritti inviolabili, sia di prima generazione, ossia politici e civili, sia di cosiddetta seconda generazione, ossia economici, sociali e culturali. Questa distinzione fra bisogni e diritti violati non semplicemente intellettuale, ma allorigine di comportamenti specifici, di metodologie di lavoro e riguarda anche il livello della comunicazione. Non bisogna dimenticare, infatti, che il volontariato ha come obiettivo principale e finale quello di impegnarsi per trasformare le cause delle ingiustizie. Quindi ha un ruolo politico ben definito e non soltanto il ruolo sociale ed economico, nel quale spesso si vuol confinare il setINTERVENTI

329

tore del non profit in generale. La societ civile organizzata vuole, anzi deve, avere una funzione attiva nella costruzione della polis, non soltanto essere esecutore di servizi poco dispendiosi per conto dello Stato e dellAmministrazione Pubblica nel momento in cui il sistema del Welfare rimesso in discussione anche per i suoi alti costi. Questa premessa chiarisce, forse, la grande, per non dire vitale, importanza del rapporto tra associazioni di solidariet e di volontariato e la comunicazione sociale. A nostro avviso si parla di comunicazione sociale non perch si occupa di questioni sociali, ma soprattutto perch si rivolge a tutta la societ per cercare di sensibilizzarla su questioni precise, che hanno un collegamento diretto con le attivit istituzionali di una associazione specifica. La comunicazione lo strumento fondamentale per portare i messaggi oltre i confini degli addetti ai lavori, che resta uno dei limiti pi forti di tutto il mondo associativo italiano. La comunicazione deve diventare il mezzo per dare visibilit, non tanto dellOrganizzazione in s quanto della sua mission e soprattutto della sua vision, della strategia creata per affrontare i problemi e cercare le soluzioni pi opportune. la strada per comprendere il ruolo attivamente politico di una associazione di solidariet e di volontariato. Per fare comunicazione sociale, unassociazione deve avere molto chiari la sua identit e i suoi riferimenti valoriali, e possedere una metodologia operativa efficiente ed efficace. Senza questi presupposti la comunicazione stessa potrebbe diventare un boomerang. sbagliato, ad esempio, considerare la comunicazione sociale solo come un mezzo per raccogliere fondi per le proprie attivit: essa serve soprattutto per ribadire il proprio importante ruolo politico in una societ democratica, nellottica della sussidiariet tra Stato e Societ organizzata. Le scelte comunicative del VIS Il VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), organismo non governativo che affianca i Salesiani di Don Bosco nel lavoro educativo a favore dei giovani poveri ed emarginati nei Paesi in via di sviluppo, ha avuto modo di sperimentare concretamente in questi anni limportanza della comunicazione sociale in funzione del proprio operato. stato fondamentale portare alla ribalta del grande pubblico, temi e situazioni spesso dimenticati, anche perch fisicamente lontani dalla nostra vita quotidiana. Ma, nellera della globalizzazione, educare a una cittadinanza planetaria risulta essere lunico modo per evitare quegli scontri di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

330

civilt che sempre pi sembrano profilarsi allorizzonte. Capire che il mondo uno soltanto e che esiste una sola razza, quella umana, il compito che unassociazione di volontariato internazionale deve svolgere, e pu farlo positivamente con il fondamentale aiuto della comunicazione sociale. I mezzi possono essere tradizionali come gli incontri, i seminari, i convegni, la carta stampata, la radio, la televisione, ma anche di ultima generazione come luso di internet. In questo contesto ci preme sottolineare soprattutto lefficacia della comunicazione costruita attraverso la televisione, in particolare quella pubblica, vale a dire i canali della Rai. di indubbio valore limpatto quantitativo che la televisione riesce a dare: spesso si raggiungono milioni di telespettatori che cos possono essere informati e sensibilizzati su questioni specifiche. In particolare la comunicazione televisiva ha la capacit di uscire decisamente dalla ristretta cerchia degli addetti al settore e pu aiutare a creare quellhumus che chiamiamo opinione pubblica. In ogni caso, ci sembra strategico usare tutti i mezzi della comunicazione a disposizione in maniera coordinata e continuativa. Bisogna che mission, vision and goals dellAssociazione siano espressi sempre allo stesso modo per non creare confusione nel destinatario, a prescindere dallo strumento utilizzato o dal contesto in cui ci si trova. Allo stesso modo la comunicazione deve essere continuativa nel tempo per essere riconoscibile. Infatti, non facile emergere tra le migliaia di associazioni di solidariet che compongono la galassia del non-profit italiano. Unesperienza concreta: la campagna Cibo per lEtiopia Soprattutto tra la fine del 2002 e per tutto il 2003, il VIS ha avuto modo di divulgare una campagna di sensibilizzazione a favore dellEtiopia, attanagliata da una gravissima carestia che rischiava di essere peggiore di quella del 1984-85, quando morirono quasi due milioni di persone per fame. La campagna, denominata Cibo per lEtiopia, ha potuto usufruire di diversi spazi televisivi, grazie anche allattiva partecipazione della testimonial dellAssociazione, lattrice Claudia Koll, che ha visitato per ben tre volte il Paese africano e pubblicizzato le attivit che il VIS realizzava, soprattutto per evitare la morte dei bambini denutriti. Complessivamente stato raccolto ed inviato nel Paese africano oltre un milione di euro e sono stati quasi 13 000 i donatori italiani che hanno voluto contribuire a questa causa. Crediamo che, oltre allimportante risultato quantitativo raggiunto, la campagna abbia rappresentato lunico momento nel quale i media hanno parlato della grave situazione in cui
INTERVENTI

331

si trovava un Paese come lEtiopia, tra laltro molto vicino alla storia italiana. Oggi circa la met di quei donatori si fidelizzata, e sostiene, con il proprio contributo, la scolarizzazione di quasi 5 000 bambini e la costruzione di numerosi pozzi dacqua in vari regioni del Paese. Qualche riflessione critica Dobbiamo riconoscere lattenzione della Rai per il lavoro fatto dal VIS in tutti questi anni, e questo vale tanto per la televisione quanto per la radio. Ma crediamo che sia importante anche evidenziare alcuni limiti, utili a farci riflettere per avanzare qualche proposta sul futuro stesso della comunicazione sociale. Una prima riflessione riguarda lutilizzo dei testimonial. Di fatto le organizzazioni di volontariato o umanitarie, per ritagliarsi dei piccoli spazi in trasmissioni di intrattenimento e quindi di audience elevata, devono ricorrere a personalit conosciute del mondo dello spettacolo o dello sport. Sono loro, infatti, ad essere invitati e non lassociazione in quanto tale. questa modalit che consente alla comunicazione sociale classica di non rimanere un settore di nicchia, confinata in trasmissioni programmate ad orari impossibili, poco accattivanti e piacevoli, a volte addirittura noiose (vedi i famosi programmi dellaccesso), o troppo superficiali, quando si cerca di dare loro un taglio di modernit. Se da un lato, quindi, siamo contenti per la presenza in trasmissioni popolari, dallaltro ci rendiamo perfettamente conto che ci accade solo grazie ai testimonial. Infatti, la comunicazione sociale, cos com concepita oggi, rischia di rafforzare e consolidare ci che si pu definire la ghettizzazione comunicazionale delle organizzazioni di volontariato e di solidariet, i cui temi interessano pochi addetti ai lavori o le persone che, direttamente o indirettamente, beneficiano delle loro attivit. Un altro grave rischio che la comunicazione sociale attualmente corre, di essere vittima delle cosiddette emergenze mediatiche: ci occupiamo dei bambini fuoriusciti dal sistema scolastico quando c un servizio sulle baby gang di Napoli o di Palermo; ci interessiamo degli anziani dopo che molti di loro sono morti per il caldo estivo; prestiamo la nostra attenzione a un Paese del Sud del mondo a seguito di una guerra, di un conflitto interno o di un disastro o calamit naturale. Soprattutto in ambito internazionale, risulta evidente come si passi da una emergenza mediatica allaltra: Somalia, Bosnia, Albania, Ruanda, Kosovo, Timor est, Afghanistan, Iraq. Esaurito il focus mediatico,
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

332

nessuno pi si chiede che cosa stia succedendo in Somalia, in Bosnia o a Timor est. Siamo consapevoli dellimpossibilit di seguire sempre tutto, della necessit di fare delle scelte, di stabilire delle priorit, soprattutto partendo dalle notizie pi attuali, ma ci sembra un dato inconfutabile che oggi esista una certa moda dellemergenza mediatica. Non si danno solo le notizie pi importanti o pi recenti, ma anche e soprattutto quelle politicamente pi convenienti e, purtroppo, quelle che in qualche modo fanno audience. Il rischio grave che le organizzazioni umanitarie finiscano per farsi coinvolgere dalle onde dellemotivit mediatica, spostandosi da una emergenza allaltra a seconda dellaccensione o meno delle telecamere e delle luci della ribalta. Senza considerare che non importa a nessuno se il lavoro stato lasciato a met o se dopo lintervento di prima emergenza si sia o meno riusciti a dare continuit allazione ricostruendo o attuando processi di autosviluppo, proprio per evitare le future crisi. Infine, non possiamo non fare un breve accenno alla comunicazione sociale per i progetti e le campagne che si svolgono in aree geografiche e culturali islamiche. Siamo di fronte ad un habitat assai delicato, ed molto importante saper usare particolari capacit di mediazione culturale nelluso della comunicazione. Troppo spesso rischiamo di cadere in facili luoghi comuni e pregiudizi, ma soprattutto di assolutizzare linformazione e generalizzare un dato specifico. In questo caso, la comunicazione sociale ha il compito di avere la pazienza di far conoscere la realt in tutte le sue sfaccettature, anche a costo di essere tacciata di giustificazionismo. Solo relativizzando alcuni problemi, cercando di separarli tra loro, possiamo evitare gli scontri di civilt che in questepoca di globalizzazione sembrano profilarsi minacciosi allorizzonte. Alcune idee per il futuro Parlare di futuro sempre pericoloso, e tuttavia affascinante. Non crediamo, in un settore cos fortemente in evoluzione come quello della comunicazione, di essere sufficientemente preparati per dare delle ricette sul futuro, ma possiamo, forse, dare qualche orientamento e qualche criterio che potrebbero aiutarci, proprio a partire dalla constatazione dellesistente. Un punto di partenza potrebbe essere quello di mettere insieme, di far interagire, gli esperti della comunicazione e quelli del sociale. Bisogna avvicinare questi due mondi con lobiettivo di fare in modo che si arricchiscano reciprocamente dal punto di vista culturale. Le esperienze, le metodologie e le prassi, messe in comune possono risultare estreINTERVENTI

333

mamente utili al lavoro di entrambi. Operativamente si potrebbe pensare a corsi di formazione, master, forum internet, seminari specifici Le Organizzazioni della societ civile devono imparare ad usare un linguaggio pi comprensibile per la gente comune. Troppo spesso stile e riferimenti sono accessibili ai soli addetti ai lavori. Un esempio viene proprio dal nostro settore di attivit: la Cooperazione allo Sviluppo. Come si fa a comunicare il termine cooperazione senza confonderlo con Cooperative e simili? Ma ancora pi difficile comunicare lo sviluppo. Abbiamo visto che decisamente pi comprensibile parlare di pace, fame, bambini, Africa... Certo, la semplificazione del linguaggio rischia di portare ad una superficialit di contenuti, ma dobbiamo anche vederne laspetto positivo, cio la possibilit di raggiungere un pubblico molto pi vasto, aumentando le possibilit di trasformare allorigine le cosiddette cause di ingiustizia. I mass media dovrebbero comprendere maggiormente il ruolo del volontariato come soggetto politico importante e di grande vitalit della societ italiana. Troppo spesso la societ civile organizzata viene trattata dalla comunicazione come i bravi ragazzi del volontariato, quelli che, magari, si contrappongono ai ragazzi delle discoteche del sabato sera. E si tratta di una visione estremamente riduttiva. Inoltre, ci si sofferma pi sulle cifre, sui dati: quanti volontari, quante persone aiutano, quante mense, ecc. In futuro bisognerebbe puntare di pi a far conoscere i contenuti, le proposte, le metodologie operative, le prassi democratiche. La societ italiana, per un rilancio, ha bisogno di protagonisti e attori nuovi: la comunicazione sociale ha il compito di preparare loro la scena. Nel futuro prossimo, la comunicazione sociale dovrebbe uscire da trasmissioni di nicchia predefinite ed entrare trasversalmente in tutti i programmi dei palinsesti televisivi. La televisione pubblica ha anche il compito di contribuire alla crescita civile del nostro Paese: quante sono le ore dedicate a programmi di puro intrattenimento? Crediamo che si possa (e la storia degli ultimi anni lo dimostra) trovare un equilibrio, soprattutto se saremo capaci di usare linguaggi nuovi. Una considerazione ultima, non certo per importanza, riguarda la necessit di una comunicazione nuova, dove prevalga con forza il positivo. Attraverso il suo grande potere, la comunicazione deve essere in grado di servire il bene dando spazio maggiore a fatti, situazioni e personaggi positivi, con il chiaro obiettivo di costruire modelli adeguati a vantaggio di tutta la nostra societ. La comunicazione sociale ha, in questa operazione, un ruolo strategico. Non soffermarsi eccessivamente sui fattori negativi, sui problemi, sulle disgrazie, sulle tragedie, in una sorta di continua drammatizzazione, potrebbe essere la modalit giusta per neutralizzare il cambio canale frequente durante i programmi dedicati al sociale. Lapproccio positivo
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

334

consiste nellinterpretare ogni problema come una risorsa reale. Ma siamo proprio sicuri che lAfrica sia soltanto una continua tragedia? Che cosa comunichiamo di questo Continente e delle sue popolazioni? Questo discorso vale per tutto il cosiddetto sociale. Non intendiamo certo trasmettere una visione manichea della storia, ma un fatto che oggi, nei mezzi di comunicazione, il male sembra prevalere nettamente ingenerando nella societ disperazione e morte, e nelle persone sentimenti di sfiducia. Un circolo vizioso che la comunicazione sociale dovrebbe riuscire a spezzare, dando risalto al positivo e al bene che le persone e le organizzazioni sono ancora in grado di mettere a disposizione degli altri.

INTERVENTI

335

Interviste

FAUSTO COLOMBO

D. Cos oggi la comunicazione sociale per la Chiesa Cattolica? R. Io credo che il tema contenga alcune sopravvivenze della tradizione della comunicazione sociale e che, per, sia anche la sede in cui si stanno sperimentando novit molto interessanti. Comunicazione sociale per molto tempo stato il modo cattolico di intendere comunicazione di massa. Ritengo che, in realt, il concetto sia stato vissuto come polarizzato fra unaccezione tradizionale e una pi recente. Laccezione tradizionale, di fatto, opponeva al termine comunicazione di massa, quello di comunicazione sociale, ma senza sostituirlo. Per esempio il Corso di insegnamento che avevo ereditato da Gianfranco Bettetini nei primi anni 90 (che oggi Teoria e tecnica dei media), si chiamava Teoria e tecnica delle comunicazioni sociali, e non Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa. Con il termine comunicazione sociale, si voleva indicare un aspetto peculiare della comunicazione che avveniva attraverso i media: quello che rimanda alla condivisione di una socialit. Utilizzando questo termine, dunque, si faceva una constatazione e si segnalava un obiettivo. Si rivendicava, cio, quella comunicazione interpersonale e proveniente dalla societ, ma sindicava anche un obiettivo preciso: fare della comunicazione di massa una comunicazione non di massa, ma piuttosto socializzante, inter-umana. Questa visione delle comunicazioni sociali, oggi, pur non essendo ripresa nelle definizioni, permane nella coscienza di molti e anche allinterno della gerarchia ecclesiastica. Essa, infatti, ben si esprime nei documenti della Chiesa italiana, dai quali in sostanza si evince che non sono tanto i mezzi, quanto luso che se ne fa, a determinare le scelte positive o negative. Oggi semmai, nelle varie commissioni dedicate allargomento, si fa
INTERVISTE

339

strada lidea, suggerita da alcuni colleghi molto ascoltati, del medium come ambiente. Daltronde anche per Mac Luhan il medium era un ambiente: lambiente neutro, renderlo positivo o negativo dipende da come si arreda e si usa. Invece laccezione pi recente quella che sottolinea la reticolarit della dimensione comunitaria della comunicazione, cio la capacit della comunit ecclesiale di stare in rete tra se stessa e con la societ, e quindi di far circolare questa relazione comunicativa come linfa del sociale. Qui laspetto rilevante che i nuovi mezzi, come lutilizzo della rete internet da parte delle varie comunit ecclesiali, potenziano lidea di collegamento pi che di trasmissione, sia da qualcuno a qualcun altro dentro la comunit, sia dalla comunit verso lesterno: per intenderci, Avvenire, Osservatore Romano, le televisioni cattoliche In questo senso interessante non tanto la nozione di comunicazione sociale, quanto lidea di medium comunitario, che nel mondo cattolico ha una particolare declinazione, vale a dire di medium che appartiene alla comunit. D. La distinzione offerta su questo tema certamente molto utile per approfondire largomento. Tuttavia si pu sostenere che, nella Communio et Progressio, gi si prefiguri il concetto da Lei espresso, di comunicazione sociale come rete, che contiene e lega la comunit. Nellaccezione del termine Communio, offerta dallIstruzione Pastorale, le due entit gi si coglievano R. Effettivamente, la nostra attenzione passata in modo ondivago dal mezzo alle relazioni che utilizzano il mezzo. In tal senso ci che ho detto andrebbe visto anche alla luce di questa doppia opposizione. Per esempio, ad unattenta analisi non sfugge una certa differenza tra le concezioni di comunicazione sociale salesiana e paolina. In realt entrambe mantengono questa polarit, per a me sembra, ed un vissuto soggettivo, che il mondo salesiano sia pi attento alla reticolarit nella quale sinserisce il mezzo che io utilizzo, mentre il mondo paolino sia maggiormente versato al mezzo come opportunit per creare una reticolarit verso lesterno. Questo anche perch abbiamo a che fare con due progetti pastorali differenti. Sono tuttavia persuaso che tale polarit sia peculiare della Chiesa, sia una polarit della comunit. Lei ha giustamente citato la Communio et Progressio: ma la nozione di Communio solo apparentemente esplicativa, in realt deve essere compresa. Per esempio il significato attribuito da don Giussani al termine comunione, significato che sta alla base dellessenza stessa del movimento Comunione e Liberazione, non del tutto sovrapponibile allintera gamma di significati contenuti nella Communio et Progressio, pur costituendone unimportante interpretazione. Il vero problema
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

340

che questi termini hanno una semantica per loro natura soggetta a trasformazioni sociali. Le diverse sensibilit storiche e comunitarie sottolineano di volta in volta aspetti particolari di questi pilastri della fede. Per la particolare natura di una comunit religiosa, la dimensione della relazione comunicativa, della communio, nel senso della comunione dei santi, che forse la radice di questo tema, trasmette unidea di relazione immateriale, di condivisione (pur nellassenza della fisicit), che prefigura una certa lettura dei media. Una lettura particolarmente funzionale e che in qualche modo permane in tutte le stagioni dellapproccio ai media da parte del mondo cattolico, sottolineata a volte con maggior evidenza e altre meno. D. Torniamo al modello dellattenzione sui mezzi. Secondo Lei, guardando al passato e al presente, che cosa ha prodotto di significativo la Chiesa a questo riguardo? R. Restando al caso italiano, ha prodotto fenomeni di grandissima importanza. Innanzi tutto metterei in relazione, certo in modo un po ardito, lattenzione che il mondo cattolico ha riservato da un lato ai temi della comunicazione e dallaltro al sistema bancario. In entrambe si coglie una notevole precocit. Nella seconda met dellOttocento, infatti, nascono da un lato il sistema bancario cattolico (ricordiamoci anche cosa voleva dire dopo secoli di sospetto nei confronti dellattivit bancaria in quanto tale), e dallaltro le prime proposte editoriali religiose. Il sistema editoriale, secondo me si sviluppa in questo modo: in primo luogo verso soggetti che nascono e che producono media editoriali (spesso micro media editoriali, bollettini parrocchiali, ecc.), quindi verso la grande stagione di editori specializzati allinterno del mondo cattolico. Incomincia una fase in cui la pedagogia e lidea dellutilizzo pedagogico delleditoria si diffondono ampiamente anche nel mondo laico (vedi il Corriere dei Piccoli), poi si avvia il periodo in cui si afferma quello che definirei il confronto paritario con i grandi mezzi. Ricordo un prodotto editoriale, Il Giornalino, che accompagna il 900, e che ha una tradizione pedagogica di trasmissione di valori, anzi una chiave per cui i valori religiosi sono calati in unidea di universalismo dei valori. Negli anni 30 si sviluppa fortemente una filosofia dellapproccio editoriale che richiede il confronto con i mezzi di successo, adeguandoli ad una versione cattolica. LAzione Cattolica promuove Il Vittorioso contro LAvventuroso di Nerbini, che importava i fumetti americani di avventura, costruendo un particolare modello di letteratura comics per linfanzia. Io ho chiamato il mio libro sulla storia delleditoria italiana La cultura sottile, ispirandomi a unaffermazione dellallora prelato assistente dellAzione Cattolica, Mons. Sargiolini: Occorre, per fare veramente
INTERVISTE

341

bene... che il carattere educativo si mantenga... latente; sia come pioggerellina fine fine, che ha il vantaggio dimbevere molto pi profondamente e quasi insensibilmente il terreno. una bella metafora della cultura contemporanea di massa, ma anche una grande intuizione. Nella stagione del dopoguerra, poi, quasi impossibile raccontare la quantit di cose che il mondo cattolico ha fatto nel campo della comunicazione; innanzitutto non dimentichiamo che ha permeato di s la televisione e la radio nazionali. Padre Mariano ha rappresentato molto di pi dei suoi emuli, nel senso che ha realizzato la trasmissione, da parte della televisione, di unidea di religioso, di comunicazione molto peculiare e molto radicata anche sul territorio. Oltre a questa capacit del mondo cattolico di permeare di s la comunicazione mediatica del monopolio, pensiamo anche al ruolo che ha avuto nella diffusione della cultura cinematografica: dalla produzione di film, alla creazione di un circuito diffusivo della cultura cinematografica rappresentato dal Centro Studi Cinematografici, dai dibattiti, dalla rete culturale fino ai vari, ormai collaudati, oratori. I film circolavano cos: prime visioni, seconde visioni, terze visioni, prosecuzione di terze visioni in luoghi sparsi per il territorio, come le parrocchie e i cinecircoli. I soggetti che hanno avuto una responsabilit clamorosa nel fare del cinema uno strumento fortemente pervasivo, sono stati i circoli cattolici, i circoli dellARCI e alcuni circoli laici di solito collegati alla cultura olivettiana. Poi c lultima stagione, di confronto, dove al pluralismo di mezzi che sta dietro lapparente forza dellindustria centrale (cinematografica e radiotelevisiva di Stato), si sostituisce una pluralit di soggetti. E il mondo cattolico si trova ad inseguire questa pluralit, con lillusione di replicare lo stesso modello che a fine 800 aveva applicato durante lo sviluppo del sistema bancario: la nascita di una rete di soggetti ispirati dalle convinzioni della fede e in grado di permeare la propria professionalit dei valori della solidariet cristiana. Ma gi il modello di Radio Maria molto diverso rispetto allidea del radicamento territoriale: siamo in un tempo in cui si sta perdendo il radicamento territoriale e le cose che il pubblico richiede sul territorio non appaiono le migliori da diffondere attraverso le radio e le televisioni cattoliche. Un esempio di ci a cui mi riferisco la trasmissione di Antenna 3 che si chiamava La bustarella. Antenna 3 assolutamente rappresentativa della televisione privata, locale, degli anni 70. In quegli anni, tanto quanto la radio locale una radio di impegno, prevalentemente politico, ove, per, si creano convergenze (anche attraverso scontri, opposizioni, integrazioni) fra mondo cattolico e quello della sinistra, la televisione locale diventa lemblema del bisogno di riflusso espresso dal territorio, dellesaurimento di tutta la patina di impegno che era spalmata
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

342

nei vari programmi, o forse lespressione della nascita del bisogno di consumo e di come anche i mezzi fanno proprie le forme di puro consumo e di evasione che poi domineranno gli anni 80. Parlo di una televisione locale scollacciata: ragazze che si tolgono le magliette, cose un po brutali e volgari (in seguito fatte proprie anche dalla televisione nazionale), apparentemente basate su idee di localismo, ma che in realt esprimono richieste non di valori, ma solo di consumo. Su questa concorrenza lidentit cattolica perde la sua battaglia mediatica. Gli anni 90 sono segnati dallo sviluppo di una reticolarit comunicativa, di altri mezzi, quali internet, i cellulari, i mobile, ecc., che fa riemergere una possibilit di azione. Se le televisioni locali non sono altro che parenti pi piccoli della grande televisione nazionale, i new media nascono da un principio di reticolarit e frammentariet assai pi vicino allidea di una comunicazione di base, in cui le chiese cristiane si trovano maggiormente a proprio agio. Presso lUniversit Cattolica, ad esempio, si svolto recentemente un Convegno sul tema. Internet: un nuovo forum per proclamare il Vangelo. Si registrato un grande afflusso di pubblico, soprattutto di responsabili di piccoli siti, ma anche di grandi portali, e ne scaturito un dibattito di notevole interesse. Gli atti sono stati pubblicati in un importante volume intitolato Internet e lesperienza religiosa in rete. Vi appare chiarissima la nuova vitalit che internet ha scatenato nella comunit ecclesiale. In quanto sociologo mi appare naturale confrontare tutto questo discorso con almeno due evidenze: la prima che il peso della comunit cattolica, dei credenti cattolici nel nostro Paese andato riducendosi; prima, infatti, essi erano una larga maggioranza (si pensi alla diffusione mediatica dei cinecircoli in un mondo che per il 70% frequentava loratorio), mentre oggi sono una vivace minoranza, peraltro trafitta da una divisione molto netta fra partecipazione di tipo tradizionale (del praticante) e una sensibilit diffusa, unautoconvinzione di partecipazione, che per poi non si esprime in forme di pratica religiosa. La seconda evidenza rappresentata della laicizzazione del mondo cattolico, che un fenomeno molto pi complesso. D. Come vede Lei la laicizzazione del mondo cattolico dal punto di vista della comunicazione? R. Da una serie di ricerche si ricava che i laici cattolici hanno ormai unautonomia di comportamento e di giudizio, che dipende sempre meno dalla gerarchia. Si tratta di un elemento importante poich, quando si ascolta sempre meno quello che viene dal centro, anche i mezzi, quali lomelia o il libro, sono destinati ad avere un minore appeal.
INTERVISTE

343

Due sono gli elementi da tenere presenti, uno sociodemografico classico, per esempio linvecchiamento, che comporta nel praticante una riduzione dellimpegno, e laltro culturale (accennato nel precedente paragrafo), che non appartiene solo al mondo cattolico, ma che in esso si avverte particolarmente. In proposito sarebbe interessante capire quanto vale, oggi, il concetto di tradizione. Ripeto qui un discorso che a pi riprese ho fatto in circostanze pubbliche; a mio parere ci sono alcuni elementi comunicativi della tradizione su cui si dovrebbe riflettere seriamente, ad esempio la porpora dei vescovi. Forse nellimmaginario non significa pi per nessuno il martirio cui il vescovo si dichiara disposto, ma tutta unaltra cosa. Non voglio dire che i vescovi debbano buttare via la porpora, ma semplicemente che i simboli sono sempre ambigui, che bisogna riflettere sui loro cambiamenti. D. Torniamo allattenzione ai mezzi, alla dimensione comunitaria reticolare. Ci sembra di aver capito che in realt, nel mondo della comunicazione e della scienza in generale, sia nata negli anni 90: e in questo la Chiesa perfettamente in linea, per esempio, con lo sviluppo sulle reti e con i risultati che esse hanno prodotto in ambito sociale. In cosa consiste, dal punto di vista del mondo cattolico, questa dimensione comunitaria reticolare? R. Sono tre gli aspetti interessanti. Uno lo potremmo chiamare comunicativo-organizzativo. La rete offre al mondo cattolico, per come adesso, cio distribuito sul territorio molto meno reticolarmente, la possibilit di mantenere la sua reticolarit al di fuori di una continuit fisica spaziale, locale (si pensi alla diminuzione dei preti), ma legata alla continuit di ideali. Da questo punto di vista internet sostituisce altri mezzi, con fantastiche opportunit tecniche in pi, per esempio sostituisce il telefono: invece di chiamare la Parrocchia per chiedere gli orari delle messe, posso controllarli con maggiore rapidit andando sul sito della Diocesi. Il secondo aspetto la dimensione spirituale. La reticolarit ben si attaglia a quellidea di comunione come possibilit di intervento, di scambio, ma anche di un comune sentire. C qualcosa nellimmaterialit illusoria della rete che suggestiona quella reale della spiritualit. Lultimo aspetto, invece, scaturisce da una domanda che mi stata posta durante il convegno Proclamare il Vangelo ai tempi di internet, cui ho gi fatto cenno sopra. La rete contiene tanti aspetti: la dimensione comunitaria, ma anche quella fortemente individualistica (gli hackers), e una dimensione decisamente liberale o liberista, a volte presente nellapproccio economico. E non solo. Mi stato chiesto quanto compatibile la rete, per esempio, con i concetti di tradizione e di gerarchia. Ritengo che oggi questo sia il problema della comunicazione sociale, per come , pi che per come viene percepita: la rete sinergica con una seP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

344

rie di fattori dispersivi rispetto allunit, alla tradizione, al concetto di gerarchia, che sono presenti anche per altre ragioni. La rete non ne la causa, per in perfetta sintonia con questo campo magnetico sociale di dispersione, quasi come se si mettessero a vibrare insieme. Da questo punto di vista interessante che fra gli autori amati dai teorici cattolici, ci sia Derrick De Kherkhove, allievo e interprete di McLuhan, che tende ad enfatizzare, per esempio, lidea di societ videocristiana come dimensione della communio, senza valutare che la communio, oggi, si struttura socialmente in un modo molto differente da quello precedente, intrecciato con le idee di verticalit, di tradizione e di gerarchia. Tale modello ha due significati: uno a tutto vantaggio della permanenza delle forme tradizionali, e uno che va pi nel senso della loro dissoluzione. Per quanto riguarda il primo, bisogna pensare che la rete, a dispetto di quello che dicono alcuni teorici virtualistici, saldamente radicata al territorio, ne rispecchia la fisicit, e di ci esistono le prove. Guardiamo gli adolescenti. Si dice che per alcuni di loro il pericolo nelluso della rete chattare al buio. Ma gli adolescenti per definizione non chattano al buio, lo fanno solo fra loro, fra quelli che gi si conoscono. Quindi in questo senso la rete offre alla reticolarit un ottimo terreno di continuit, perfettamente in linea con una comunit che gi esiste. Lorizzontalit della rete, per, depone a favore della comunicazione fra pari, ed assai pi presente rispetto alla verticalit, alla tradizione, e a una gerarchia che non viene da quella stessa rete: a tal proposito il problema costituito dalla crisi dellautorit. Per esempio, se pensiamo che i meccanismi di cooptazione nella gerarchia ecclesiale sono per loro natura diversi da quelli della selezione di base democratica (n francamente mi pare si possa pensare diversamente), non si fa fatica a comprendere quanto questo tipo di cooptazione sia difficile da far accettare in un contesto di crescente orizzontalit della comunicazione e delle scelte. D. Anche se lautorit della gerarchia forse non dipende dal meccanismo della sua costruzione, ma da quello che essa trasmette. R. Questo certo. Io sono un cattolico praticante classico, che sta cercando di percepire ci che cambia. Per esempio, alla domanda, quale idea scaturisce da questa reticolarit sociale?, provo ad offrire uninterpretazione di ordine pi generale. In primo luogo rispondo che sempre pi difficile riconoscere istituzioni che hanno in s la loro stessa fondatezza, non perch listituzione sia infondata, ma in quanto continuamente chiamata a dimostrare la sua fondatezza: il mio vescovo il mio vescovo, ma tanto di pi lo se mi offre qualcosa in cui io mi possa riconoscere, se mi dimostra che merita il suo essere vescovo. Fortini avrebbe detto che c una continua verifica dei poteri, come per lo Stato, le Amministrazioni pubbliche
INTERVISTE

345

In secondo luogo la comunit tende a percepirsi sempre pi come una comunit di uguali in cui i passaggi di proclamazione gerarchica sono evidenti solo alla fine. Questo proviene dal territorio non per un falso federalismo, ma perch, pi la comunit resa trasparente, meglio . Tutte le procedure di scelta che non tengono conto delle esigenze delle comunit locali (n forse dovrebbero farlo), pongono una questione oggi, molto pi di 50 anni fa: mi hanno mandato questo vescovo, ma perch? Questo nel mondo cattolico sempre successo: se si pensa a qualcuno critico con le sue gerarchie, questo notoriamente il cattolico. Io ho frequentato loratorio, sono stato in Consiglio pastorale nella mia parrocchia, dunque posso dire queste cose con grande tranquillit, per averle conosciute e vissute. Ma stiamo parlando di unaltra cosa, del fatto che la comunit tende a interpretarsi in un modo sempre meno verticale, cio fondato su una gerarchia, e sempre pi partecipativo. Giusto, sbagliato, non compito del sociologo dirlo. Credo che, per un mondo come quello cattolico, per una tradizione come quella cristiana, non sia facile trovare degli equilibri, ed indubbio che questo sia un momento di particolare difficolt. D. Anche la comunicazione, oggi, si costruisce lungo questa bipolarit, fra verticale e orizzontale? R. Assolutamente s. D. Il tema del valore dellautorit, nella nostra societ, di particolare rilievo, specificamente nella comunicazione. Sono in molti, oggi, ad attribuire la scarsa efficacia di certe campagne di comunicazione sociale (si vedano quelle contro il fumo) anche al fatto che lautorit comunicativa, fonte del messaggio, percepita come debole, poco autorevole e credibile: una realt che si inserisce, forse, in un contesto pi generale, che riguarda il valore assegnato dal vasto pubblico alle fonti di informazione e comunicazione, e che ha visto in questi anni una grande evoluzione. R. Questa una bellissima questione, con la quale torniamo al tema del Rapporto. Proviamo ad analizzare che cosa vuole dire Campagna di comunicazione sociale contro il fumo. Prima di tutto lIstituzione che la svolge deve essere riconosciuta. Smettete di fumare : chi lo dice? In secondo luogo deve essere chiarissimo ed evidente il valore sociale della campagna. Il terzo elemento necessario che i meccanismi dindividuazione di questi valori siano trasparenti. Se quanto abbiamo detto vero, ci che accade nel mondo cattolico veramente unimportante cartina al tornasole delle difficolt di fare una campagna sociale oggi. Mi piacerebbe misurare lefficacia di alcune dichiarazioni, di alcune prese di posizione della gerarchia, in quanto gerarchia, sul mondo cattolico.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

346

D. Da un certo punto di vista, se quello fosse lunico metro di valutazione, i fallimenti non si conterebbero. R. Se mi permesso un piccolo intarsio in apparenza non pertinente credo che, allinterno della comunit cattolica, con le campagne sul divorzio e sullaborto, siano avvenuti fatti importanti. Si verificato qualcosa, per cui la comunicazione orizzontale ha perso rispetto a quella istituzionale, nel senso che le grandi campagne di stampa, i mezzi dopinione, ecc., hanno certamente vinto rispetto al passa parola. Perch il mondo cattolico si era mosso, lo ricordo molto bene, con una forte strategia extramediale, basandosi sullancora saldo radicamento sul territorio. Secondo me, riguardo al divorzio la maggior parte della gente non era convinta, neanche allinterno del mondo cattolico, ma sullaborto il fenomeno stato chiarissimo in quanto molto pi dilaniante. D. I valori in gioco sono di altra natura. sotto gli occhi di tutti quello che sta avvenendo adesso sulla fecondazione. R. Certamente. L successo qualcosa di molto singolare. Dobbiamo prendere atto che si sono perse la possibilit e la capacit di dare direzione, i pesi si sono rovesciati a favore della reticolarit e del passaparola. A ci si legano i grandi successi di comunicazione dellultima fase, soprattutto nel mondo adolescente. D. Questo importante per chi si occupa della tecnicalit della gestione di una campagna di comunicazione sociale. Affermare che il mondo giovanile oggi molto pi refrattario, forse addirittura a tutto, non pu che far riflettere i tecnici della comunicazione. R. Noi stiamo studiando lo scenario adolescenziale, e vediamo che i grandi fenomeni di successo sono ormai tutti legati al passaparola, che un modello classico della comunicazione, naturalmente fortissimo nel mondo adolescenziale. Direi, senza voler forzare, che prima siamo passati da una societ i cui modelli erano adulti, ad una in cui i modelli erano ancora adulti, ma con una forte attenzione per il mondo infantile: da entrambe erano rigorosamente esclusi gli adolescenti. Adesso siamo in una societ nella quale il modello cui si guarda, sono gli adolescenti, quindi la loro comunicazione, i loro stili, le specifiche incertezze, difficolt e paure, i loro eccessi. Nel modello che li rappresenta, per, anche ladulto tende ad identificarsi. Oggi la societ adulta si modella sulla societ adolescente. Naturalmente in tutto questo ci sono rischi sociali molto forti. Ladolescente non ha ancora completato la sua identit. Io ho due figli, uno appena uscito dalladolescenza e laltro che vi si trova in pieno: certamente un momento bellissimo, ma anche molto pericoloso per farne un modello sociale.
INTERVISTE

347

D. La dimostrazione che il modello dellautorit vincente ancora validissimo, anche nella comunicazione, oggi confermata dalla figura dellattuale Papa. R. Certamente s se ci riferiamo allimmagine del Papa, com stata fino alla fine degli anni 80. Non sono invece assolutamente daccordo sul fatto che, cos com oggi confermi questa tesi, pur restando unimmagine di grande successo. Il Papa non pi lo stesso: dallimmagine trionfante, di una forza che vince la storia e il fuoco della pistola, dallesaltazione mediatica del corpo sano del Pontefice, siamo giunti a oggi, quando linsistenza sulla sua figura comporta un risultato ben diverso, che sfiora la violazione della privacy, mostrando spietatamente le sue difficolt e la defaillance del suo fisico (che pare non sfiorare la sua fortissima volont e la sua sempre acuta intelligenza). Il Pontefice sempre lo stesso, ma anche un vecchio, malato, che regge con grande energia e forza danimo la sua malattia; anche la dimostrazione dello sfacelo del corpo Sono daccordo che limmagine del Pontefice ha ancora un carisma straordinario, ma lenergia del suo corpo sano e la forza di quello di oggi, malato, hanno una natura molto diversa, anche comunicativamente. D. Non pensa che sia straordinaria la forza comunicativa di questa immagine, proprio in relazione al modello adolescenziale imperante nella societ? R. Quella limmagine del Cristo cos come ci viene consegnata dalliconografia: un corpo sofferente, non trionfante. Che per molto pi coerente con lidea di reticolarit, pensiamo in termini di costruzione della gerarchia. Il mio Papa quello. D. La Sua citazione di due esperienze piemontesi, i paolini e i salesiani, stata casuale? Altrimenti, vuol dire che, dal punto di vista della comunicazione, esiste una particolarit piemontese? E in questo caso, come la giudica? R. Io credo che anche i fenomeni nazionali globali derivino da esperienze locali circoscritte, sono convinto che ci sia un radicamento territoriale. interessante di volta in volta capirne le ragioni, che possono essere molto diverse. In questo caso ne vedo due: una legata alla peculiarit del territorio piemontese rispetto allo sviluppo dellindustria culturale. Oggi forse una terra pi collaterale ma non dimentichiamo che, a fine 800, Pomba fu il primo editore italiano con una linotype, che lagenzia Stefani nata a Torino, dove mosse i primi passi la RAI (per molto tempo la sede RAI di Torino, anche dal punto di vista della televisione, stata la pi importante a livello nazionale, dopo Roma). Giacch ciascuno amplia le proprie competenze in conformit a ci che ha intorno, credo che lo sviluppo dellindustria editoriale in Piemonte sia stato fondamentale per i Santi sociali nella scelta di tale strumento.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

348

La seconda ragione, poi, la dimensione del vissuto di fede della comunit piemontese, di una certa attenzione ad alcuni fenomeni, legata anche alla conformazione e alla gerarchia della Chiesa di quel tempo, alle connessioni col potere politico e allopposizione al potere politico pi o meno laico. Ritengo, perci, non casuale che la comunicazione sociale sia nata in Piemonte, anche se il modello stato successivamente esportato con successo; la sensibilit dellinvenzione locale; non lo , invece, lefficacia. D. A quali altre rilevanti esperienze italiane, passate e recenti, fa riferimento quando pensa alla comunicazione sociale nellambito cattolico? R. Il territorio del nord est molto interessante e certamente produce cose significative. Considerando anche alcune forme non propriamente mediali (penso ai santuari) si troverebbero altre specificit. Ci sono Santi che addirittura si identificano con i media, per esempio Padre Pio. Il trattamento mediatico di Padre Pio non d lidea del fenomeno che comunicativamente rappresenta: ha, infatti, un lato comunicativo immediato, a dispetto della totale anticomunicativit del personaggio. D. E la tradizione ambrosiana? R. difficile definire la tradizione ambrosiana. Veniamo da una stagione martiniana particolarmente attenta alla comunicazione, e la diocesi di Milano ha dato vita a una realt editoriale molto particolare e attiva. E c tutta una tradizione che si variamente disegnata, Marietti, Piemme... interessante perch ci sono due modelli: gli editori, di per s piuttosto translocali, e gli strumenti editoriali tecnici di cui alcune realt ecclesiali si dotano. Qualche volta non facilissimo distinguere, perch le tecniche sono le stesse, per, ad esempio la Diocesi di Milano ha compiuto unopera di razionalizzazione nel mondo dei periodici locali cattolici (dai settimanali locali che nascono negli anni 70 a realt pi antiche e diversificate), dove esistono professionalit assolutamente interessanti, quasi sempre giornalisti. Sono persone che provengono dallarea locale, che sono cresciute in parrocchia, sono diventate giornalisti attraverso questa esperienza, alla quale a volte ritornano per ragioni vocazionali o altro. E non dobbiamo neppure dimenticare la tradizione italiana cattolica di studio sui media, di formazione alle professioni della comunicazione. La scuola di comunicazioni sociali, la scuola di giornalismo dellUniversit Cattolica, nata a Bergamo nel 1958, dando anche lidea dellattenzione ai processi formativi. D. Questo elemento nelle encicliche era chiarissimo, ed anche la cosa che pi colpisce ad una rilettura dei documenti pastorali: lattenzione del mondo delleINTERVISTE

349

ducazione e della formazione di matrice laica alle esigenze di educare alluso dei mezzi di comunicazione segue, non precede, le indicazioni della chiesa cattolica. R. In questa idea di formazione della persona, trova spazio anche il dibattito attuale sul consumo critico. Si tratta di fornire a questa persona, cittadino, utente, consumatore, uneducazione, missione sostenuta anche con lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione sociale. La teoria, poi, si materializza nelladesione di molti cattolici a forme di consumo critico, equo e solidale, nella partecipazione alle giornate di rifiuto della televisione, e in tutta una serie di azioni che si organizzano continuamente. Come studiosi cattolici siamo sempre coinvolti nella formazione di base, ma io mi riferisco alla formazione degli operatori sulla quale esiste una forte e continua attenzione. Il dibattito sul ruolo giocato dallUniversit Cattolica rispetto al mondo cattolico, coinvolge anche questo aspetto in modo rilevante. Noi abbiamo anche unAlta Scuola diretta dal nostro decano, il gi citato Gianfranco Bettetini che si occupa di Media, comunicazione e spettacolo. In molte universit cattoliche italiane esistono questi insegnamenti, che nascono attorno a corsi di comunicazione o sono legati alle professioni della comunicazione. D. Negli ultimi 10 anni, la centralit della comunicazione nelle Facolt teologiche tradizionali, ha acquistato sempre maggior evidenza R. Soprattutto presso i salesiani che da sempre hanno avuto la sensibilit maggiore, ma anche domenicani e gesuiti hanno una visione molto simile. D. In che cosa, secondo Lei, la comunicazione sociale di matrice cattolica pu essere attuale per chi cattolico non o per la nostra societ ampiamente laicizzata? Leggendo la Communio et Progressio, colpisce la definizione del Cristo perfetto comunicatore: per un laico, credente o non credente, lontano dalla chiesa cattolica come oggi la maggioranza degli italiani, rischia di essere solo una bella frase; se, invece, si ha esperienza di comunicazione, si ha ben chiaro che, dietro a questa frase, c molto di pi, c lesigenza di tenere saldamente legati contenuto e contenente... R. Posso fare io una domanda? Avendo in mente la dimensione del Cristo comunicatore, nella storia evangelica quale altra immagine del Cristo potrebbe venire in mente anche a un laico? D. Probabilmente il discorso delle beatitudini. R. Allora voglio ricordare altri episodi evangelici, completamente diversi fra loro, che ben rappresentano le suggestioni che il mondo cattolico oggi d a quello laico, e che sono accomunati dal mostrare gli effetti della comunicazione del Cristo. Il primo lepisodio delladultera, che per la legge giudaica deve essere lapidata. Il Cristo, interrogato, d una
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

350

risposta la cui forma molto interessante. Nella versione latina del Vangelo recita Iesus autem tacebat. Il silenzio, una risposta che, visti gli esiti, stata assolutamente efficace. Laltro episodio molto curioso, e ha delle corrispondenze in altre religioni (per esempio si ritrova in uno degli episodi raccolti in 101 storie zen). Due discepoli di Giovanni Battista vedono passare il Cristo e non sono sicuri che sia proprio lui lerede del Battista. Allora vanno direttamente da lui e gli dicono vogliamo sapere se tu sei lerede del Battista, e Cristo dice venite e vedete. Noi non sappiamo cosa succede perch il Vangelo non lo racconta ma, subito dopo la giornata che passano col Cristo, i due discepoli tornano e dicono abbiamo trovato il Messia. E c anche lepisodio dei discepoli di Emmaus che, dopo la crocifissione, tornano e incontrano il Cristo senza riconoscerlo. La persona a loro apparentemente ignota chiede: come mai siete tristi? Loro rispondono perch eravamo discepoli del Cristo, e lui stato crocifisso, adesso ci dicono che risorto, ma ci sembra una cosa inverosimile. E questa persona spiega loro gli eventi come necessari dal punto di vista delle Scritture. Essi poi dicono tardi fermati a cenare con noi : questa persona prende il pane e lo spezza e allora capiscono che lo hanno incontrato anche loro. Ecco: in tutti questi episodi noi abbiamo la percezione dellefficacia della comunicazione del Cristo. Il Cristo perfetto comunicatore si esprime nel silenzio, non inteso come assenza di comunicazione, ma piuttosto come comunicazione immediata, empatica, che viene da uneccedenza di presenza. Quello che la comunicazione che viene dalla fede ha da insegnare alla comunicazione laica, secondo me, il concetto che non si ha comunicazione senza una presenza e una fisicit, una realt che si manifesta. Allora, in tempi in cui si esalta la virtualit, lindividualit, il messaggio che esiste una radice della comunicazione che sta nella presenza autentica del comunicatore, nel darsi del soggetto che comunica. Nota
I documenti pastorali e le encicliche citate possono essere consultati nella loro versione integrale sul sito: www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/pccs/index_it.htm

INTERVISTE

351

ALESSIO R. FRONZONI

D. Quale posto occupa oggi la comunicazione sociale nellagenzia Leo Burnett? R. Mi piacerebbe affrontare due temi: la comunicazione interna, e la comunicazione esterna. Premesso che la comunicazione sociale frutto di una filosofia, di un pensiero, di una sensibilit rivolti a creare una azienda socially responsible, noi di Leo Burnett ci stiamo impegnando a far filtrare allinterno dellagenzia nelle sue varie ramificazioni, Milano, Torino e Roma, una vera sensibilit sociale che, nel nostro caso, pu essere lorgoglio di aver fatto una buona campagna, ma soprattutto una cosa giusta e corretta. Da anni cerchiamo di promuovere la sensibilit verso il tema della social responsibility (con risultati che potrebbero anche essere migliori rispetto alle aspettative), sia attraverso limpegno su campagne a sfondo sociale, quindi con un lavoro verso lesterno e sviluppato da altri, sia agendo allinterno della nostra organizzazione in modo da diventare noi stessi strumenti di una certa responsabilit sociale. D. un cammino molto interessante. Si tratta di un modello operativo nella natura delle agenzie che si occupano di comunicazione oppure tipico di Leo Burnett? R. Tendenzialmente il frutto del nostro modo di intendere la professione. La nostra competenza comunicare qualcosa i cui contenuti sono stati definiti da altri. Allora, che si tratti di una marca commerciale, di uniniziativa istituzionale o sociale, il nostro percorso molto preciso: prendiamo il briefing, troviamo le informazioni, stabiliamo i contenuti che devono essere trasmessi, aggiungiamo una dose di creativit, passiamo alla realizzazione e infine al mercato, alla comunit sociale... Paradossalmente, per noi, comunicare benzina, detersivi o problematiche sociali esattamente la stessa cosa. Ovviamente le sensibilit sono diverse, ma i processi sono analoghi.
INTERVISTE

353

Per, quando si comincia a lavorare sulle dinamiche di una campagna sociale con i creativi o i planner, se si possiedono sensibilit e responsabilit, si cerca di spostare il problema dallesterno (per esempio una ONLUS che deve comunicare dei messaggi), al proprio interno, facendosi carico delle varie problematiche. Questo, per esperienza, il percorso pi breve e pi forte, proprio per sviluppare unattenzione sociale allinterno dellagenzia: finch le cose non ti toccano personalmente, infatti, molto difficile riuscire a procedere. Oggi, in agenzia, il reparto creativo mostra una sensibilit maggiore rispetto agli altri, non perch le persone siano pi individualiste, ma perch, avendo lavorato su certi temi dedicando energie e risorse, per raggiungere gli obiettivi e i risultati necessari, hanno finito per farsi carico di queste problematiche, diventandone quasi portatori attivi. Ci siamo riusciti, magari pi lentamente di quanto mi aspettassi, (daltra parte in azienda abbiamo unet media molto bassa, quindi unattenzione meno immediata ai temi profondi). Il momento emblematico stato quello in cui lagenzia ha deciso di aderire alliniziativa di adottare due nonni (progetto del Ministro Sirchia per gli anziani bisognosi di Milano): labbiamo comunicata al nostro interno, siamo diventati al tempo stesso clienti e agenzia, accelerando il processo di penetrazione di queste tematiche nelle teste e nei cuori delle varie persone. Si tratta sempre, per, di piccoli segmenti di strada. Noi non ci siamo trasformati in socially responsible al 100%, abbiamo soltanto fatto un passo avanti che, comunque, secondo noi sulla via giusta perch coinvolge un atteggiamento mentale di una somma di individui. D. Se pensiamo che, in qualche modo, il mestiere possa influenzare la vita, realizzando una campagna contro il fumo probabilmente si finisce per riflettere sulla necessit di eliminare le sigarette, la vendita di unautomobile o di un pacco di biscotti, forse non implica riflessioni particolari. La comunicazione sociale appare pi pervasiva, perch coinvolge altri valori. Anche in una grande agenzia come Leo Burnett? R. La cultura professionale di Leo Burnett arriva dagli Stati Uniti. una cultura molto americana, dal punto di vista dei processi. Noi siamo italiani e non possiamo annullare la nostra cultura, per il metodo lo abbiamo importato. Da pi di 20 anni siamo focalizzati su quello che si chiama consumer insight : guardare alle piccole cose che tutti fanno nella vita quotidiana, che non vengono rilevate come interessanti semplicemente perch molto normali ma che, invece, fanno la differenza poich speciali rispetto a specifiche tematiche. Lavorando sugli insights in realt si lavora sullindividuo: vero che la comunicazione mass communication, ma poi si orienta a Mario, Giovanni, Francesca. Allora, poP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

354

nendo attenzione allindividuo, noi abbiamo trasformato il consumer insight in human insight, un fenomeno molto pi recente, (meno di una decina danni), che ha evidenziato comportamenti umani pi forti, pi rilevanti, pi significativi rispetto a quelli dei consumatori. Mario, Giovanni, Francesca, ecc., sono individui, il consumatore, invece, solo una parte dellindividuo. Dunque, se approfondisci gli human insights, sei obbligato a scavare dentro te stesso per cercare di capire se ci che hai identificato smontando il tuo processo emotivo ed emozionale, pu avere una validit universale, cio umano al punto da fare la differenza. Anche nella comunicazione commerciale pura ci sono dei temi che possono fare una grande differenza, se consideri lo human insight. Molti anni fa, 12 o 13, abbiamo fatto una campagna, secondo me straordinaria, per un prodotto abbastanza normale, la macchina FIAT Tipo la quale, tra le prime nella sua classe, aveva adottato le barre laterali di protezione rinforzate da ABS, innovazioni che allepoca erano considerate un enorme progresso. La percezione del mezzo automobile, allora, era tale per cui unauto ricca di protezione non poteva che essere di lusso, da unauto popolare ci si aspettavano 4 ruote, un guscio e poco pi, protezione zero. Invece per la prima volta, e in anticipo sui tempi, FIAT aveva fatto questo passo avanti. Noi avevamo realizzato una campagna che si chiamava Gesti, dove rappresentavamo una serie di gesti, apparentemente banali, ma fortemente rilevanti: il bambino che viene protetto fra le braccia del padre una ragazza che accompagna una signora ad attraversare la strada, con un gesto scaturito da una scelta di protezione il classico momento di intimit fra una coppia di futuri genitori, dove latteggiamento protettivo amplificato al massimo. Questi gesti di human insight li abbiamo ritrovati nel tempo a proposito di numerose altre categorie, non ultima la comunicazione sociale. Del resto tutte le persone che hanno una certa sensibilit, una certa educazione, una certa et, prima o poi compiono un gesto di protezione verso chi pi debole, meno fortunato, pi problematico. Per noi e i nostri creativi, lavorare sulla natura umana, da un lato pu facilitare, ma dallaltro pu anche creare difficolt perch, essendo abituati a vederne la parte commerciale, rischiamo di scivolare nel cinismo. D. Quanta parte della sua attivit, Leo Burnett dedica al sociale? Il 20%, il 30%? R. Considerando lattivit aziendale complessiva anche di pi, siamo probabilmente vicini ai due terzi. D. Di questa quota, quanto attribuibile ai vostri clienti che vi chiedono di ocINTERVISTE

355

cuparvi anche di sociale e quanto invece rappresentato da campagne che vi andate a cercare, partecipando a bandi e simili? R. Tendenzialmente i nostri clienti commerciali, quando hanno iniziative in questa area, non lo fanno sapere per scelta. I nostri clienti che investono pesantemente nelle televisioni, nel cinema, ecc., di rado, e secondo me correttamente, fanno campagne sul sociale: la commistione che si verrebbe a creare, vista da fuori, potrebbe non sembrare ineccepibile. D. Secondo Lei il committente distingue fra agenzia che si occupa anche di sociale e agenzia il cui settore di interesse esclusivamente commerciale? R. No, non ho mai registrato tendenze simili n in Italia, n in Europa, e comunque in entrambi i casi, come ho gi detto, si tratta di progetti di comunicazione finalizzati ad obiettivi. Tuttavia mi pare strano che aziende come Procter&Gamble o Telecom, facciano una campagna sociale utilizzando gli stessi meccanismi fondamentali di quelle commerciali; la pubblicit, che in larghissima misura commerciale, porta nel suo dna linteresse di qualcuno, e linteresse pi vicino ai dollari o agli euro che non al sociale. A mio modo di vedere c questo contrasto. Molte aziende fra quelle che sono nostre clienti (una trentina di grandi aziende italiane e straniere che hanno anche attivit rilevanti nellambito del sociale), non utilizzano ladvertising, ma altre forme di comunicazione. D. Quando le aziende private fanno campagne di comunicazione sociale o si avvicinano a questi temi per valutarne le possibili ricadute aziendali, di solito sono interessate ad azioni rivolte non tanto al grande pubblico, quanto piuttosto a target molto mirati, a fasce di opinion leader che si vuole coinvolgere. Secondo Lei questa valutazione corrisponde ad una tendenza reale? R. La campagna che ha un contenuto sociale e che utilizza i mezzi classici (radio, televisione, ecc.), non pu essere n unauto-celebrazione dellazienda n una voce sparata in mezzo al nulla, ma deve avere una finalit espressa. Secondo me, la pubblicit sociale deve veramente essere orientata a modificare i comportamenti, invece di fare correre le emozioni al cuore e la mano al portafoglio, che sono due cose molto diverse. D. A Lei sembra che le aziende non abbiano una grande disponibilit ad associare il proprio marchio a campagne di interesse collettivo, dunque considera difficile importare in Italia il modello del CRM? un fatto di carenza di risorse oppure il nostro modello di connessione fra interesse pubblico e privato diverso da quello americano? R. Dobbiamo fare un salto indietro, alla percezione del ruolo delP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

356

limpresa da parte della gente, delle persone normali, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Il ruolo dellimpresa negli Stati Uniti (che si tratti di ricerca, piuttosto che di tecnologie e via dicendo) chiaro, accettato, anzi considerato stimolante perch vuol dire creare valore e dunque dei benefici finanziari per gli azionisti innanzitutto, per i dipendenti in secondo luogo, quindi per la societ, e infine per i posteri. In un mondo non cattolico accettato il concetto di profitto. In Italia e sicuramente nella parte latina dellEuropa in genere, profitto una parola ancora troppo poco usata, suona come peccato, come approfittare di qualcosa, senza crearne un vantaggio e un beneficio. Perfino in Francia dove profitto si traduce bnfice, che la foglia di fico che copre il problema, abbiamo la non accettazione completa del concetto di capitalismo. Successo un altro concetto che, nellEuropa continentale e in Italia, non viene mai elaborato troppo, perch si porta dietro delle cose negative. Dunque, mentre unazienda non di successo negli Stati Uniti non si pu permettere un comportamento sociale, unazienda che il successo lo ha raggiunto, si pu permettere dei comportamenti sociali, mettendo anche il proprio nome a fianco di unoperazione di taglio sociale, perch sintonica con il processo complessivo dellAzienda, quindi credibile. Noi abbiamo visto Benetton provare a cavalcare il tema del sociale, in Italia e nel mondo. Lesperienza fatta con Fabrica due o tre anni fa era molto interessante: ad esempio faceva vedere le dinamiche legate alla vita delle prostitute, quindi un tema molto forte, molto vicino al target. I messaggi diffusi muovevano la pancia, suscitavano riflessioni interessanti, ma il progetto non stato compreso, tant vero che si esaurito. Invece quello era un bellissimo filone, un filone molto avanzato in Europa, dove per strideva questa mancanza di armonia con il percepito commerciale. D. Quindi secondo Lei il problema principale della comunicazione sociale prodotta da imprese private come viene percepito il ruolo dellazienda? R. Limpresa potrebbe trarre da questo ruolo uno spunto per ridefinirsi. Credo, comunque, che sia questione di tempo, ma che, anche in Europa, ci troveremo a parlare di azienda di successo non solo perch f profitti, ma anche perch ha sensibilit sociale. D. La comunicazione sociale italiana, come quella americana, non soltanto frutto della volont del committente, ma anche della cultura e dellapporto professionale delle agenzie. Tuttavia, poich in Italia la committenza, in particolare pubblica, in ritardo sui temi della comunicazione sociale, secondo lei lo sono anche le agenzie? Vede unevoluzione, qualcosa che sta cambiando, oppure no?
INTERVISTE

357

R. La verit che tendenzialmente, in tutta Europa, le agenzie di pubblicit dedicano molto volentieri gratuitamente il loro lavoro a cause sociali: non di rado un modo per assicurarsi unottima visibilit senza la fatica del rapporto col cliente. E qualche volta anche lopportunit per vincere premi importanti. Certo, nella categoria della comunicazione sociale troviamo certamente molti buoni pezzi di comunicazione, molte belle campagne, che per, non necessariamente sono quelle giuste. D. Questo il nodo centrale delle riflessioni del nostro Osservatorio, ma anche di tutti gli studiosi che si occupano di verificare lefficacia delle campagne. Se questo il problema centrale della comunicazione commerciale figuriamoci per il sociale (campagne per il controllo della diffusione dei tumori, o per la prevenzione del fumo sono certamente pi complicate dal punto di vista della valutazione). Le sembra che si stiano affinando gli strumenti di misurazione dellefficacia riguardo alle campagne di comunicazione sociale? R. Anche qui dir delle cose un po sgradevoli ma esattamente quello che penso. Le campagne di comunicazione che hanno nelladvertising una fetta rilevante dei loro investimenti, non funzionano nel giro di una, due, tre, quattro settimane come a molti piace pensare: innanzitutto le persone non guardano la televisione per la pubblicit, cos come non comprano i giornali per leggere la pubblicit. Quindi la comunicazione ha dei tempi che non si possono contrarre pi di tanto. I committenti che hanno risorse limitate e progetti estremamente ambiziosi ancorch vaghi, immaginano che la comunicazione commerciale sia la bacchetta magica che in un attimo fa succedere delle cose. Ma la comunicazione la tappa di un percorso. Nella sua fase iniziale, affinch il messaggio sia recepito dalla gente, occorre una quantit rilevantissima di spot, GRP, ecc. Giunti a met strada o in una fase avanzata, deve essere mantenuta lattenzione, posizionandosi sempre verso lalto: riducendo lattivit pubblicitaria, infatti, il futuro della campagna segnato. Se io voglio fare una campagna di raccolta di fondi, nel momento in cui io metto i soldi o gli spazi per un investimento devo puntare ai miei obiettivi. Dato che non ho tutte le risorse finanziarie necessarie e mi devo affidare al contributo, alla generosit, alla sensibilit dei media, devo acchiappare quello che mi danno e quello che mi danno sicuramente una piccola parte di grande qualit ma ad audience ridotta. inutile porsi lobiettivo di raccogliere 8 milioni di euro se non si conoscono le risorse disponibili per la comunicazione. Le campagne sociali, per definizione, nascono con un peccato originale, che limpossibilit di pianificare linvestimento Se guardiamo unoperazione del genere con un occhio non cattoliP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

358

co, torniamo al concetto di profitto: si generano fondi per unoperazione che va oltre il profitto stesso. Volendo realizzare una campagna indirizzata allindividuo per modificarne i comportamenti (antitabagismo, sensibilit al tema dei tumori,) esistono indicatori di mercato, trend, andamenti statisticamente validi che offrono dati importanti dei quali si deve tener conto. Certo non semplice identificare lo strumento che misura esattamente il contributo della campagna pubblicitaria, tuttavia, premesso che stiamo ragionando ancora una volta sul lungo periodo, se la campagna svolge efficacemente la sua funzione, si possono gi percepire in tempi ragionevolmente brevi le prime trasformazioni dei comportamenti, migliorativi rispetto al trend naturale; se questo non avviene, significa che la campagna ha scarsa efficacia. D. Da qualche anno si parla di teoria delle reti informali applicata al mondo della comunicazione. Secondo Lei la comunicazione sociale che vuole modificare certi stili di vita, agendo in campi che hanno a che fare con i comportamenti individuali non legati ai consumi, bens allo stile di vita sociale e sanitario, pu contare su queste tecniche informali di diffusione? E le agenzie di comunicazione, oggi, sono attrezzate per utilizzare anche questi canali? R. Facciamo una prima analisi, partiamo dalla tragedia dei bambini di Beslan in Ossezia. Qual il ruolo della rete e qual il ruolo del contenuto che spettava a questa rete? Si partiva da una potente deflagrazione sui media che ne avevano fatto il tema del giorno, stata londa di emozione pi forte degli ultimi anni, per cui anche uno stimolo come lsms stato sufficiente a scaricare parte di una pesante tensione emotiva, attraverso atti di partecipazione (accendere le candela e mandare sms). stata la dimostrazione di come la rete in grado di trasformare in breve tempo lenergia e la tensione prodotte sulla popolazione da eventi di eccezionale gravit. Noi in Leo Burnett abbiamo preso in considerazione tale strumento, labbiamo provato, ma non abbiamo avuto risultati di particolare interesse perch i temi di riferimento erano commerciali e in questambito non funziona tanto. Effettivamente sarebbe opportuno testarlo sulle campagne sociali dove la finalit commerciale non cos evidente, ma per il momento non abbiamo dati. In quel campo pu essere uno strumento interessante perch ha una fruizione individuale fortissima, manovrabile con semplicit e, cavalcando londa di unemozione, si pu sollecitare un comportamento: manda subito un sms per versare un euro, se mi stai proponendo una cosa che io condivido difficile dire di no. D. La tipologia di comunicazione, che Lei ha definito dallalto in basso, viene molto utilizzata nel sociale, per esempio con i testimonial. La Fondazione itaINTERVISTE

359

liana per il volontariato di Roma ha censito pi di 100 personaggi dello spettacolo italiano associati ad una campagna. Ed acclarato che, quando uno strumento utilizzato alleccesso, la sua efficacia si riduce, o addirittuta si annulla. Dallinterno del mondo della comunicazione qual la Sua percezione? R. Sono assolutamente daccordo. Oggi assistiamo ad unoverdose da testimonial perch siamo in una fase di carenza totale didee e si tratta di un problema tipicamente italiano, che non riguarda il resto dellEuropa. Quando devo fare una campagna e non ho lidea ecco che inserisco il padrone, un bambino, un cane o un testimonial. Lordine gerarchico proprio questo. Non detto che coinvolgere un testimonial sia sbagliato in assoluto, dipende dalluso che se ne fa. Di fronte ad una drammatica carenza di idee, si sceglie di spostarne la responsabilit sul testimonial, che diventa una scorciatoia per cercare di avere successo. Daltra parte, essendoci un committente non competente, perch questo laltro aspetto rilevante, utilizzando il testimonial non si sbaglia mai. Il personaggio, sia commerciale, sociale, ministeriale, ecc., una garanzia. A questo proposito direi che il vero problema la diffusa incompetenza del sistema, che coinvolge cliente, agenzia, meccanismi vari, fino alla modalit di affidare la comunicazione al caso. D. Una domanda sul futuro. Dal Suo punto di vista, dalla Sua trincea, quando guarda il futuro, anche della comunicazione sociale e non soltanto dal punto di vista della creativit, vede novit e sviluppi possibili? Oppure semplicemente una situazione stagnante? R. uno dei rari casi in cui io sono davvero ottimista. E mi riferisco proprio allItalia. Oggi gli italiani rispondono molto generosamente a tutte le sollecitazioni. In assoluto possiamo dire che, per la matrice cattolica e sociale, se hanno i soldi, reagiscono bene e con liberalit. Certo il mercato si avvia a diventare un po pi difficile, anche per leffetto-euro, e la generosit sar pi contenuta. Questo momento di difficolt del mercato, in cui alla generosit si contrappone la scarsezza di mezzi, obbligher, per esempio coloro che devono raccogliere fondi, a essere pi efficienti, pi puntuali, pi professionali. Secondo me questa una fase difficile, ma importante; non necessariamente la crisi un male, in greco vuol dire passaggio, e io questo passaggio lo vedo verso dignit e aspettative pi elevate rispetto alle attuali.

P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

360

CHIARA SARACENO

D. La comunicazione sociale, intesa come modalit di trasmissione di valori generali, la cui accettazione non sempre pacifica e indiscussa, utilizza in larga misura la pubblicit, ma passa anche attraverso altri importanti canali. Ad esempio quelli connessi alle politiche sociali, che una determinata collettivit mette a punto per affrontare quelli che ritiene i suoi principali problemi e bisogni. Secondo Lei, attualmente, i responsabili delle politiche sociali sono consapevoli del ruolo strategico che le politiche assumono sul piano comunicativo? R. Penso di s, mi verrebbe da dire fin troppo. Nel senso che i discorsi sulle policy quelli da fare, e da non fare sono formulati in modo esplicito, non tanto o non solo su che cosa si dovrebbe fare, ma su come stanno le cose, su quali sono i problemi, quali gli attori, chi i buoni e chi i cattivi. Si costruisce un vocabolario, sindividuano corrispondenze. Sono vere e proprie visioni del mondo proposte intenzionalmente. Perci vi una grande attenzione per la dimensione comunicativa: che cosa si pu dire e come si deve dire, quali temi e quali interlocutori si scelgono e cos via. Ci , ovviamente, in parte inevitabile, e persino insito nelle politiche sociali stesse, che nascono da interpretazioni della realt e da opzioni di valore, oltre che da particolari sistemi di alleanze: che per questo hanno nella comunicazione un mezzo essenziale non solo per essere proposte e fatte condividere, ma per costruire discorsivamente la realt su cui intervenire. Penso a due esempi di costruzione linguistico-comunicativa della realt sociale, a mio parere particolarmente efficaci. Il primo riguarda la critica allassistenzialismo e alla dipendenza assistenziale dagli anni novanta in poi. Essa in Italia ha per lo pi mutuato le proprie parole dordine da riflessioni e opzioni di policy provenienti dal mondo anglosassone, quindi da un impianto non solo discorsivo-comunicativo, ma anche di policy specifico. In particolare lInghilterra un paese in cui esiINTERVISTE

361

steva (e tuttora esiste) una misura di sostegno al reddito universale, per chi si trova in povert. Le madri sole povere, per accedervi, erano esentate dal requisito della disponibilit ad accettare unoccupazione fino a che il figlio pi giovane avesse raggiunto la maggiore et (ora let stata portata ad otto anni). La critica allassistenzialismo in Inghilterra era motivata non solo dal forte valore dellindipendenza e self reliance in quella cultura, ma anche da quello che sembrava un certo lassismo nel verificare leffettiva disponibilit al lavoro da parte dei beneficiari (correva voce che gli studenti universitari del continente, inclusi gli italiani, potessero recarsi in Inghilterra e vivere di assistenza per alcuni mesi, ma pensiamo anche a film come Transpotting); per quanto riguarda le madri sole beneficiarie, la critica era motivata dal duplice timore che lassistenza potesse rappresentare un incentivo a comportamenti socialmente dannosi (ricordo la questione delle teen age pregnancy) e che la possibilit data loro di non attivarsi per cercare un lavoro alla lunga finisse per determinare effetti negativi sulle madri stesse e sui figli. Non approfondisco, in questa sede, il fatto che il mutamento di policy inglese, tradotto efficacemente nello slogan welfare to work, rappresentasse innanzi tutto un nuovo orientamento culturale, alla luce del quale gli stessi fenomeni erano visti e letti in modo selettivo: esistono intere biblioteche su tale argomento. Ci che mi preme qui sottolineare che in Italia stato utilizzato quel linguaggio, quel tipo di lettura, per criticare politiche sociali di contrasto alla povert che in realt non esistevano, quanto meno non nella forma (universalistica, non categoriale, senza limiti di tempo), in cui si erano affermate (e in parte tuttora sono applicate) in Inghilterra, ma anche in quasi tutti i paesi dellUnione Europea. Dal discorso pubblico sviluppato da politici, giornalisti, studiosi, operatori sociali emersa unimmagine dellItalia che ridistribuiva troppo generosamente ai disoccupati e ai poveri, scoraggiandoli dal darsi da fare, dal cercarsi un lavoro. Vuoi per ignoranza, superficialit o mala fede, si sono confusi i trasferimenti a pioggia categoriali, frammentati, spesso clientelari, tipici delle politiche sociali italiane, con quelli su base universale, definiti solo dal bisogno ed erogati con criteri certi e trasparenti, che viceversa nel nostro paese non esistono. In un paese privo di politiche di contrasto alla povert e di una misura di base di sostegno al reddito, la parola dordine diventata il contrasto allassistenzialismo (solo nei confronti dei poveri, per altro), cui era assimilata ogni forma di assistenza. Era interpretato come assistenzialismo il fatto stesso di erogare un sostegno (ai poveri) e non, eventualmente, il fatto di non integrarlo con altre forme di sostegno che favorissero lacquisizione di capacit spendibili anche sul mercato del lavoro, oppure con la richiesta vincolante di contro-prestazioni da parte dei beneficiaP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

362

ri. stato relativamente facile, in questo contesto, non dare ulteriore corso al Reddito minimo dinserimento introdotto in modo sperimentale, nel 1999, in alcuni Comuni. I problemi posti da uneventuale messa a regime di tale istituto erano e sono indubbiamente complessi: di tipo finanziario, ma anche organizzativo, di competenze professionali, di adeguatezza dei controlli, di collaborazione inter-instituzionale e con vari attori della societ civile. Ma, invece di affrontare, nel discorso pubblico, questi problemi, stato relativamente pi semplice dire che si trattava di una misura assistenzialistica, che avrebbe provocato dipendenza assistenziale. Il secondo esempio, di tuttaltro genere, riguarda il tema della fecondazione assistita. Se c un tema, e una legge, intenzionalmente costruiti a livello di comunicazione pubblica da tutte le parti politiche, sono questi; anche se non vi dubbio che lo stile e le forme di comunicazione scelte dai sostenitori della legge, cos com stata approvata, sono stati pi efficaci, nella loro evocazione di manipolazioni dubbie, orrori di vario tipo, generica irresponsabilit degli individui (delle aspiranti madri in particolare) di quelle dei critici della legge cos com stata approvata. Le contro-argomentazioni erano (sono) emotivamente meno calde, contenutisticamente meno cristalline nellindividuazione del bene e del male, pi aperte al dubbio. Soprattutto stata efficace (ai fini dellapprovazione della legge cos com), la scelta del terreno e delle questioni da regolamentare: gli aventi diritto o meno, non le tecniche lecite e quelle illecite perch dannose alla salute della donna o del nascituro e i diritti soggettivi che scaturiscono dal ricorso a queste tecniche. Questa scelta ha consentito di impostare tutto il dibattito sul piano dei valori, del bene e del male. Un piano, appunto, emotivamente e politicamente molto caldo, sul quale difficile argomentare in modo razionale e pacato, perch coinvolge le identit personali (e consente di evocare sponsorizzazioni alte, insieme blandendo e arruolando la gerarchia cattolica). Per altro, questo stesso terreno era stato gi scelto, in un modo insieme ingenuo e arrogante, anche dalla pi liberale proposta di legge Bolognesi su questo stesso tema, nella legislatura precedente: quella che era stata stravolta in aula senza per arrivare alla votazione definitiva, e che poi, nella versione radicalmente ridefinita nei contenuti, ma non nellimpostazione, stata riproposta e approvata in questa legislatura. Il risultato paradossale (per chi aveva a cuore la questione di salvaguardare la salute della donna e del nascituro e i diritti dei bambini che nascono da queste tecniche) che la regolamentazione sulle tecniche rimasta pressoch assente dal discorso pubblico e dalla normazione (si parla, ad esempio, dinseminazione eterologa e omologa come se fossero due tecniche diverse, mentre si tratta della stessa tecINTERVISTE

363

nica applicata con donatori diversi). E questultima tutta concentrata a definire gli aventi diritto alle tecniche (solo le coppie sposate o in ogni caso stabili, oltre che eterosessuali) e ad essere impiantati (tutti gli embrioni purchessia). un esempio di successo comunicativo, ancorch, a mio parere, lesivo della libert individuale e della dignit delle donne: con levocazione degli spettri della manipolazione e lautomatica assimilazione della famiglia fondata sulla coppia (possibilmente sposata) con la famiglia naturale, si riusciti a far passare non solo unidea di natura ampiamente controversa, ma anche unidea dindividuo, di cittadino (cittadina) come potenzialmente irresponsabile nelle scelte riproduttive, specie quando mediate da tecniche mediche. un successo comunicativo difficile da rimontare, perch fondato esplicitamente, in larga misura, sullevocazione di paure, fantasie angosciose, che possono essere ripescate non solo dal repertorio inconscio che accompagna a livello individuale e collettivo latto della generazione, ma pu appoggiarsi su alcuni esempi storici concreti, per quanto eccezionali: che si tratti degli esperimenti di Mengele o dellirresponsabilit di singoli medici. Vi anche un altro modo in cui mi sembra che i policy makers siano fin troppo sensibili allimportanza della dimensione comunicativa. Spesso anche loro sembrano comportarsi come gli operatori dei media: scelgono una issue qualsiasi, perch di moda, perch cavalcata dai media, o perch la ritengono utile per la propria parte politica, e su questa fanno delle vere e proprie campagne comunicative che poco hanno a che fare sia con la issue che con la concretezza delle policy: con gli attori concreti e i loro punti di vista, i contesti, le risorse, i bisogni. Anche qui faccio due esempi. Nellinverno 1999-2000 muoiono di freddo alcuni senza dimora, come tutti gli anni. A differenza degli altri anni, tuttavia, queste morti catturano lattenzione dei media, che ne fanno un caso. Il Governo dellUlivo reagisce allemergenza freddo con lerogazione alle Amministrazioni delle grandi citt maggiormente interessate alla presenza di senza dimora, di un fondo biennale inteso a finanziare dormitori e simili strutture di accoglienza notturna. Sui senza dimora per altro non esistevano allepoca ricerche e stime attendibili, dato che la ricerca affidata sul territorio nazionale dalla Commissione di Indagine sulla povert non era ancora stata completata e i risultati resi noti. Ci avvenuto nonostante tutti coloro che lavoravano con i senza dimora comuni, cooperative sociali, associazioni di volontariato, e la FIOPS (Federazione degli organismi che lavorano con i senza dimora) sottolineassero che il problema non riguardava tanto la carenza di posti letto o di coperte, ma la carenza di strutture non solo emergenziali, ma di accompagnamento e integrazione sociale. Molti morti per freddo sono stati colti alladdiaccio (essendo spesso gi in cattive condizioni di
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

364

salute) non perch respinti da dormitori non abbastanza capienti, ma perch erano stati alloggiati in quartieri diversi da quello che avevano imparato a conoscere come proprio territorio; quindi si erano letteralmente persi mentre cercavano di ritrovare i luoghi, i punti di riferimento, noti. Altri non sarebbero mai andati in un dormitorio, perch troppo sradicati e sfiduciati per fidarsi anche solo dellofferta di un tetto provvisorio, o perch timorosi dei loro compagni di sventura. Per questo, tra laltro, accanto ai punti di prima accoglienza in molte citt sono state organizzate boe o ronde notturne, per portare coperte e qualche cosa di caldo a chi su strada e non andrebbe ad un dormitorio. Ma anche laccesso al dormitorio non sufficiente per garantire che uno non muoia di freddo la sera o la settimana dopo, se non gli/le si ricostruisce la fiducia nellabitare e nel fare casa. In sintesi, la definizione restrittiva del bisogno e delle politiche, sollecitata dalla campagna dei media e fatta propria dal governo, ha cancellato dal discorso pubblico e dalle politiche da incentivare sia i bisogni pi difficili da cogliere nella loro urgenza, che le politiche di pi ampio respiro. Il secondo esempio pi recente, e riguarda la cosiddetta emergenza anziani. Sullonda della sovra-mortalit degli anziani nella caldissima estate del 2003, viene costruito un discorso pubblico imperniato su due elementi fondamentali: gli anziani sono soli e vulnerabili perch abbandonati dalle famiglie; il caldo fa male agli anziani. Parte perci la, per altro consueta, campagna di colpevolizzazione estiva sugli anziani abbandonati che, come ogni anno, ignora alcuni fatti semplici: molti anziani non hanno nessun familiare pi giovane di loro in grado di occuparsene, anche se volesse; la gran parte degli anziani fragili che non si trova in istituto (ove per altro la mortalit lo scorso anno stata inferiore alla media, anche se si tratta di anziani per lo pi in condizioni di salute peggiore di quelli che vivono a casa) accudita da familiari, conviventi o meno, con o senza laiuto di personale a pagamento. I casi di abbandono (certamente esecrabili) sono relativamente rari. Molto pi frequenti sono i casi di sovraccarico da parte delle famiglie e persone accudenti, i conflitti di lealt verso il coniuge, verso i figli il diritto al riposo. Questultimo ormai riconosciuto quando si tratta di persone non autosufficienti (si vedano i servizi di sollievo). Ma se la situazione non tale da essere inserita nel circuito medico (la fragilit non configura una vera e propria non autosufficienza ufficiale la persona in grado di lavarsi, cucinare, cammina, ecc.), che il caso della maggioranza dei grandi anziani, i familiari accudenti non hanno alternative che nel settore privato. Il costo di pensionati o di persone a domicilio a pagamento anche solo per 15 giorni spesso proibitivo per bilanci familiari modesti. Si aggiunga che le persone anziane fragili non accolgono con favore i cambiamenti, di luoghi
INTERVISTE

365

e di persone. Le persone che accudiscono si trovano perci strette tra la rinuncia ad un periodo di riposo (durante il quale privilegiare i rapporti con gli altri familiari) e labbandono, contando sullautosufficienza minima dellanziano. Per quanto riguarda il fatto che il caldo fa male, questanno la palma dellexploit comunicativo va al Ministro della salute Sirchia, che ha ridefinito la questione in termini letterali: se il problema che in casa, per strada, ai giardinetti, fa caldo, basta andare al supermercato (in realt da tempo immemorabile vi sono altri luoghi di frescura estiva: le chiese, dove almeno ci si pu sedere, cosa che nei supermercati italiani non si pu fare). Con un sol colpo, a parte lidea geniale di spedire tutti i vecchietti a vagare per ore al supermercato, viene cancellato il problema fondamentale, cio il fatto che anziani fragili che vivono soli o in coppia spesso fanno fatica a camminare, a uscire per strada (anche quando hanno lascensore, ci che non sempre accade), a fare la spesa. E spesso non sentono la fame e soprattutto la sete e talvolta neppure il caldo; ovvero mancano dei sistemi di allarme interni. Tutti problemi che acuiscono la loro problematicit destate, quando fa appunto caldo, ma che esistono tutto lanno, anche se non diventano unemergenza su cui costruire una campagna comunicativa, e ancor meno delle politiche non casuali, appunto emergenziali. Un esempio al contrario, di issues che non riescono a entrare nel circuito comunicativo pubblico, riguarda i tassi di mortalit infantile e i differenziali regionali. Nel nostro paese ma avviene anche altrove laborto un tema molto caldo e periodicamente sollevato, anche perch uno dei temi prediletti di Papa Paolo Giovanni II. Ma mentre molti politici e commentatori, e in primo luogo il Papa, non si peritano di usare parole grosse come omicidio e assassine, il fatto che in Campania ancora oggi muoiano alla nascita o subito dopo molti pi bambini non embrioni, e neppure feti che in Lombardia, non riesce a divenire una issue nel discorso sulle politiche necessarie. Perch non un tema abbastanza caldo, su cui si possono sollecitare automaticamente schieramenti? Perch non facile individuare univocamente i buoni e i cattivi? Perch qualcuno pensa che nel Mezzogiorno nascono comunque gi troppi bambini? Per concludere questo punto, ci che manca nei policy makers non mi sembra essere la percezione del ruolo cruciale della comunicazione nel campo delle politiche sociali. Piuttosto manca quello che mi verrebbe da definire un uso pi generoso della comunicazione sociale, meno legato al qui ed ora quotidiano (o peggio emergenziale), pi disponibile a utilizzarla non solo per convincere, ma per far maturare un dibattito e una consapevolezza pubblici, anche correndo il rischio di qualche conflitto imprevisto, o scomodo. Penso a quando il governo dellUlivo
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

366

perse il treno della riforma del welfare, non discutendo il rapporto della Commissione Onofri perch spaventato dalle reazioni di Bertinotti. Si chiuse allora, per molti anni a venire, una possibilit di discussione pubblica in cui le diverse posizioni potessero confrontarsi, anche duramente, senza essere tuttavia subito schiacciate dalla necessit di schierarsi. O alla censura posta dallo stesso governo sui temi di riforma del diritto di famiglia (divorzio, affidamento dei figli, forme di riconoscimento delle coppie di fatto) per timore di aprire fratture interne alla coalizione. Con il risultato che quelle fratture continuano ad esistere e si incancreniscono, scoppiando in pubblico nei momenti cruciali dello scontro parlamentare, quindi nel momento meno adatto per farne oggetto di pacato confronto e dibattito. D. Nei processi di definizione delle politiche, la comunicazione un elemento importante a diversi livelli: fra coloro che decidono le priorit nella fase di concretizzazione delle scelte stesse e loro traduzione in atti e norme nella trasmissione delle decisioni allesterno per farle conoscere alla cittadinanza tra chi ha il compito di interpretare gli adempimenti previsti dalle norme A suo avviso in quali di questi passaggi la comunicazione pone pi problemi? E di quale natura? R. Continuando il ragionamento sviluppato sopra, direi che c un altro momento in cui la comunicazione ha un ruolo cruciale: quello della definizione delle issue. Esso precedente sia al decision making vero e proprio che alla comunicazione alla cittadinanza delle decisioni prese. Le proposte di policy non nascono a tavolino. E non vi sempre un perfetto consenso, allinterno di un governo, sia sulle issue da affrontare che sulle policy con cui farle. La comunicazione pubblica pu essere utilizzata da una parte partito, singolo politico, movimento per mettere una issue nellagenda politica e/o per definirne i termini, per forzare il dibattito, sia dallinterno della maggioranza sia dellopposizione e per costruire una opinione pubblica favorevole. In altri termini, gli interlocutori della comunicazione non sono necessariamente in primo luogo, o in prima battuta, i cittadini, ma gli attori politici, rispetto ai quali i cittadini (e soprattutto i media) hanno un ruolo, per cos dire strumentale, di gruppo di pressione da attivare nei confronti degli interlocutori principali. Dato che siamo in un sistema democratico e pluralista, ci ha i suoi rischi, ovviamente: una issue pu essere fatta entrare nella agenda e nel discorso pubblico in un modo e uscirne in un altro, o in pi di uno. il rischio che si corre ogni volta che si formula non solo un problema, ma una proposta di policy. Non si tratta solo degli inevitabili
INTERVISTE

367

compromessi di cui fatta lazione politica. Si tratta anche del fatto che quando un tema entra nel discorso pubblico entra in un processo interattivo e plurale, con effetti anche imprevisti (ma che forse in parte andrebbero previsti e anticipati). La vicenda della legge sulla fecondazione assistita sopra richiamata ne un esempio. Un altro, pi interno alle politiche sociali, la lunga e tormentata vicenda che ha portato allapprovazione della legge 328/2000. Il lungo e conflittuale dibattito che ne ha accompagnato liter parlamentare dentro e fuori il Parlamento ha coinvolto visioni dellequit sociale, della famiglia, del ruolo della societ civile, oltre che della struttura dello stato, anche in conflitto tra loro. Ne rimasta traccia anche linguistica nella formulazione finale della legge stessa. Naturalmente lo stesso processo avviene nel passaggio dalla formulazione legislativa alla attuazione concreta. Questo forse il passaggio comunicativo (ma non solo) pi delicato e meno curato, almeno in Italia, anche se negli ultimi anni qualche cosa cambiato in positivo. Come segnalava gi diversi anni fa Franca Olivetti Manoukian, sembra che tutto il processo di definizione delle policy si fermi al momento di produzione della norma, da cui dovrebbe discendere automaticamente lattuazione. Vengono largamente trascurati non solo i processi e le dinamiche organizzative, ma anche il ruolo delle culture professionali e dello stesso senso comune nella trasformazione della norma in azione pratica. Che una norma venga interpretata sul terreno dagli operatori sulla base dei loro orientamenti, tradizioni locali (anche del singolo servizio), contesto specifico, fenomeno ben noto nella letteratura sui servizi sociali, anche se poco studiato in Italia. Si parlato a questo proposito di Street level bureaucracy, dal titolo di una ricerca statunitense effettuata da Lipsky. un fenomeno inevitabile, ma che pu/dovrebbe essere tenuto sotto controllo in modo autoriflessivo anche tramite processi di comunicazione di tipo circolare, che producano forme di condivisione non solo delle procedure e dei criteri, ma degli obiettivi. vero che la definizione degli obiettivi spetta al policy maker. Ma se questi non divengono condivisi (e addirittura non ci si preoccupa di chiarirli in termini non puramente burocratici) difficilmente potranno essere attuati. Da questo punto di vista mi ha molto colpito il modo in cui lattuale governo in Inghilterra ha accompagnato per altro facendo tesoro di consolidate esperienze in questo campo la riforma radicale, cui ho accennato sopra, di talune misure assistenziali con una campagna informativa e comunicativa capillare rivolta ai diversi soggetti: la cittadinanza (i potenziali elettori), gli operatori sociali, i potenziali beneficiari. Questi ultimi sono spesso, pi ancora degli operatori, il soggetto trascurato della comunicazione: non solo in termini dinformazioni speciP R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

368

fiche, ma di accompagnamento alla comprensione di ci che succede, delle opzioni possibili, dei vantaggi e degli svantaggi. In qualsiasi ufficio di assistenza (ma anche agenzia di collocamento) inglese oggi possibile trovare gradevoli depliant che spiegano in modo chiaro, con esempi concreti (inclusi esempi di calcolo di costi e benefici in termini finanziari), le opzioni aperte ad una madre sola povera, ai bambini, alle famiglie lavoratrici povere. Tutta la comunicazione orientata a mostrare la convenienza, per i soggetti, dellapproccio welfare to work, piuttosto che del solo sostegno economico. Si tratta ovviamente di una comunicazione di parte, tesa a mostrare gli aspetti positivi delle politiche governative. Ma non solo propaganda e in ogni caso vi una forte attenzione quindi anche rispetto per gli utenti/beneficiari, presentati come soggetti razionali, interlocutori intelligenti, con bisogni concreti, capaci di valutare che cosa convenga loro fare (nel caso ad esempio delle madri sole, accettare solo lassistenza o provare a farsi coinvolgere in un percorso di parziale inserimento lavorativo). unattenzione che si riflette anche nelle stesse politiche, per quanto esse siano o possano essere controverse, come sempre. Esprime, mi pare, un atteggiamento diverso da quello statunitense che ha portato alla riforma dellassistenza economica nel pieno della presidenza clintoniana, sulla base di una campagna tesa a dimostrare che i beneficiari (le beneficiarie le famose welfare queen come le chiamava la stampa) di assistenza si adagiavano in essa perch era comodo ed andavano quindi costrette ad attivarsi riducendo loro i benefici e il tempo per cui avevano diritto a fruirne. D. In un suo recente contributo apparso su Il Mulino1 Lei si interroga sul rapporto tra policy makers e conoscenza sociologica. Non pensa che ci siano altrettanti rischi nel rapporto tra conoscenza sociologica e comunicatori? Situazione forse resa pi complessa dal fatto che i principali comunicatori, o esperti di comunicazione, sono essi stessi sociologi, o hanno formazione sociologica, o utilizzano ampiamente ricerche sociali nella costruzione di campagne di comunicazione sociale. R. Distinguerei. La conoscenza sociologica, come quella economica, o biologica, o fisica entra nel discorso pubblico per il solo fatto di essere prodotta e comunicata (anche se la scelta di quale conoscenza sociologica diviene visibile ed utilizzata non dipende solo o principalmente dai sociologi). C una responsabilit da parte di chi produce conoscenza sociologica a fornire tutti gli elementi perch chi la utilizza per farne oggetto di comunicazione sociale, di definizione di policy, o altro abbia la consapevolezza di che cosa effettivamente essa fa conoscere e che cosa viceversa al di fuori della sua portata. Non solo una questione della inevitabile parzialit della conoscenza, ma del fatto che, ad
INTERVISTE

369

esempio, le opzioni di valore possono essere oggetto di analisi, o possono anche sollecitare domande conoscitive; tuttavia non possono essere dimostrate dalla ricerca sociologica. Al massimo possono essere falsificate. Ad esempio, laffermazione che chi convive invece di sposarsi d prova di irresponsabilit o mina le basi della convivenza, pu essere agevolmente falsificata. Ma non si pu dimostrare n che la solidit del matrimonio automaticamente segno di responsabilit o di coesione sociale, n che la convivenza invece del matrimonio produce una societ pi equa, o pi democratica. Compito della comunicazione sociologica da un lato quello di spiegarsi spiegare che cosa vogliono dire certi dati, come si leggono, come si possono individuare meccanismi, processi, e cos via. un compito importantissimo, dato che spesso nei media il ricorso a dati di varia provenienza, a sondaggi di vario tipo e cos via si accompagna ad una scarsa capacit di discriminazione tra le fonti, scarsa o nulla attenzione per come costruito il dato, quindi sulla sua portata e attendibilit (si pensi al dibattito recente sullinflazione). Dallaltro lato compito della comunicazione della conoscenza sociologica anche fornire gli elementi per comprendere che tipo di conoscenza : che cosa pu dire e che cosa non pu dire. Anche se ovviamente non si pu impedire che, una volta entrata nel circuito pubblico, ciascuno la usi come vuole. A volte, nei dibattiti in cui si affrontano i massimi sistemi c qualcuno che, di fronte ad analisi sociologiche che smentiscono, o mostrano che non ci sono prove empiriche, per grandi affermazioni di principio o ampie generalizzazioni, afferma questa solo sociologia, o peggio sociologismo. Laffermazione ha un chiaro intento negativo. Per me un complimento. Il vero in quanto diverso dallempiricamente dimostrato esula dal campo delle scienze umane e sociali. Ma non dovrebbe neppure guidare la politica, pena il totalitarismo. Il fatto poi che sociologi si occupino di fare comunicazione sociale, in linea di principio un fatto positivo, se la comunicazione sociale ha il compito non solo o non tanto di fare propaganda, ma di inserire nellagenda pubblica (non solo politica) una serie di tematiche e di sollecitare la riflessione e il confronto. Comunicatori non solo informati sui fenomeni, ma su come si producono i dati (e i fenomeni) di cui si discute, dovrebbero essere in linea di principio pi auto-riflessivi, pi attenti al rischio di posizioni ideologizzate, non verificate ed anche pi disponibili ad introdurre punti di vista diversi. Parlo ovviamente al condizionale. Lidea di vero e giusto che anche i sociologi, come tutti, possono avere, o lobiettivo della campagna comunicativa per cui decidono di impegnarsi, o ancora la parte per cui decidono di lavorare, possono influenzare fortemente il modo in cui utilizzano piegano, scelgono la conoscenza sociologica a fini di comunicazione sociale, che gi di suo
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

370

richiede un qualche tipo di semplificazione. E credo che, se/quando un sociologo fa comunicazione sociale, non sta facendo sociologia. Nel migliore dei casi la usa, con quel pi di expertise che gli/le proviene dal praticarla. Fare pi di un mestiere non necessariamente un male, anzi. Basta saperlo (e comunicarlo). Note 1. A cosa serve la sociologia, il Mulino n. 414 - anno LIII, n. 4, luglio-agosto 2004.

INTERVISTE

371

NOTE BIOGRAFICHE DEGLI AUTORI

Cesare Annibaldi Presidente di Palazzo Grassi, del Museo dArte Contemporanea del Castello di Rivoli, della Fondazione per gli Alti Studi sullArte di Venezia e del Sistema Impresa e Cultura. Insegna Comunicazione per le Imprese presso la Facolt di Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di Comunicazione del Politecnico di Torino. Laureato in Giurisprudenza presso lUniversit di Roma, entra in Fiat nel 1973 dove diventa responsabile delle Relazioni Industriali, prima del Settore Auto, poi del Gruppo e, nel 1983, delle Relazioni Esterne del Gruppo. Nel 1985 nominato direttore centrale per le Politiche Sociali e Culturali. Roberto Bernocchi Dal 1999 collabora con lUniversit IULM, Facolta di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo, per il Corso di Pubblicit Sociale. Consulente per diverse organizzazioni non profit, attualmente si occupa di progetti di comunicazione pubblica e sociale presso unagenzia di pubblicit. Laureato in Filosofia presso lUniversit Cattolica di Milano, autore di alcuni saggi sulla comunicazione sociale, pubblicati nel volume a cura di Giovanna Gadotti, La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi, Arcipelago edizioni, Milano, 2001. Nicoletta Bosco Insegna Comunicazione Pubblica al Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e nella Laurea specialistica in Comunicazione per le Istituzioni e le Imprese, presso la Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Torino. Fra le pi recenti pubblicazioni: Dilemmi del welfare. Politiche assistenziali e comunicazione pubblica, Milano Guerini, 2002; Corsi di viNOTE BIOGRAFICHE DEGLI AUTORI

373

ta, povert e vulnerabilit sociale. Metodi per lo studio dinamico dei rischi di povert (curato con N. Negri), Milano Guerini, 2003; Comunicazione e vita quotidiana (curato con C. Giaccardi), numero 3, monografico, della rivista Comunicazioni sociali, 2003. Fabrizio Caprara Direttore generale di Saatchi&Saatchi Italia. Laureato in Economia e Commercio allUniversit di Roma (tesi sulle agenzie di pubblicit), entra in Saatchi nel 1981. Nel 1987 direttore Ufficio Sviluppo, quindi direttore New Business Europa presso la sede di Londra. Dal 1994 direttore generale per lItalia e responsabile dello sviluppo dellagenzia. Fausto Colombo Professore straordinario di Teoria e Tecnica dei media presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit Cattolica di Milano. Dirige lOsservatorio sulla Comunicazione, centro di ricerca sui media della medesima universit. Membro del direttivo dellAssociazione Italiana di Sociologia e del Consiglio scientifico della Triennale di Milano, rappresentante italiano in alcune reti di ricerca europee. Tra le principali pubblicazioni: La cultura sottile, Bompiani, Milano 1998 e Introduzione allo studio dei media, Carocci, Roma 2003. Alberto Contri Presidente di Pubblicit Progresso da sei anni, amministratore delegato di Rainet. Da 38 anni nel mondo della comunicazione, ha svolto ruoli di direzione creativa e gestionale in multinazionali quali DMB&B e McCann Erickson. Ha ricoperto diverse cariche a livello associativo: presidente dellAssAP e della Federazione Italiana della Comunicazione; consigliere della EAAA (European Advertising Association Agency) e dello IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria). Consigliere damministrazione della Rai dal 1998 al 2002, stato recentemente nominato Grand Ufficiale al Merito della Repubblica. Enzo Cucco Enzo Cucco responsabile della Divisione Non profit della Scuola di Amministrazione Aziendale dellUniversit di Torino e coordinatore didattico del Corso di Alta Formazione per Imprenditori Sociali organizzato dalla Regione Piemonte insieme allUniversit di Torino, allUniversit del Piemonte Orientale, al Politecnico di Torino, alla Legacoop
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

374

Piemonte e a Confcooperative Piemonte. Ha creato e diretto alcune organizzazioni di volontariato nel settore della prevezione e cura dellHiv, delle tossicodipendenze e dei diritti civili. Ha fondato, insieme a Rosaria Pagani e Maura Pasquali, lOsservatorio Campagne di Comunicazione Sociale. Giampaolo Fabris Professore ordinario di Sociologia dei Consumi, prima cattedra esistente in Italia e presidente del Settore accademico in Comunicazione dImpresa, Consumi e Pubblicit allUniversit IULM di Milano, dirige il pi grande progetto internazionale di studi mai realizzato sul cambiamento sociale. Dirige la collana Impresa, comunicazione e mercato presso lEditore Franco Angeli. Editorialista de Il Sole 24 Ore, dove titolare della rubrica Consumi & Costumi (pagine economiche), collabora con numerosi quotidiani e riviste italiane e straniere. Fra le sue opere pi significative: Il comportamento del consumatore, Angeli; Il comportamento politico degli italiani, Angeli; Sociologia delle comunicazioni di massa, Angeli; La comunicazione pubblicitaria, Etas Kompass; Sociologia dei consumi, Hoepli; Consumatore&Mercato: le nuove regole, Sperling&Kupfer; Valore e Valori della marca, Franco Angeli. Vittorio Falletti Docente al Master di Ingegneria Ambientale del Corep di Torino e al Biennio di Specializzazione dellAccademia Albertina di Torino, ha maturato, in Italia e allestero, una solida esperienza nellutilizzo di metodi qualitativi applicati alla ricerca anche in ambito valutativo (depth interviews, focus groups e metodo Delphi). Collabora stabilmente con lOCCS ed consulente dellASVAPP e dellIres-Piemonte. Laureato in Scienze Politiche, indirizzo politico-economico presso lUniversit di Torino, gi segretario scientifico della Fondazione Rosselli di Torino, ha svolto attivit di formazione per la Banca CRT. Andrea Fontanot Direttore Planning Strategico di Saatchi&Saatchi Italia. Inizia come account in agenzie di pubblicit (Grey e Bates), e planner in aziende, fra cui Procter & Gamble, Boehringer Ingelheim e Parmalat. Nel 2000 entra in Saatchi&Saatchi, prima alla sede di Parigi e poi a Milano seguendo prodotti vari, dai farmaci alle automobili. Convinto sostenitore della comunicazione sociale, simpegna nella realizzazione di progetti di Cause Related Marketing e di campagne sociali. I pi recenti sono Amico Charly, iniziative a favore della Lega del Filo dOro e dellOspedale San Paolo.
NOTE BIOGRAFICHE DEGLI AUTORI

375

Alessio Fronzoni Nel 1970 inizia la carriera in advertising presso la sede milanese di McCann-Erickson; dal 74, per 9 anni, si occupa di marketing dalla parte del Cliente: in Colgate Palmolive, Generale Supermercati e Cheesborough Ponds. Nel 1983 entra in J. Walter Thomson, prima Business Development director e dopo managing director di Columbia (Conquest), secondo network del gruppo JWT in Italia. Nel 1987 diventa managing director della Leo Burnett Italia, dove successivamente viene anche nominato chairman and chief executive officer. Membro del Comitato Esecutivo Regionale, nel 1998 vice chairman Europe, Middle East e Africa e membro del Global Operation Commettee allHead Quarter di Chicago. Giovanna Gadotti Docente di Sociologia delle comunicazioni di massa presso la Facolt di Sociologia dellUniversit di Trento e di Pubblicit sociale presso la Facolt di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo dellUniversit IULM di Milano. autrice di numerose pubblicazioni, tra cui Pubblicit sociale. Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Franco Angeli, Milano 2001 (6a edizione integrata); ha curato il volume, La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi, Arcipelago Edizioni, Milano 2001. Giovanni Battista Garrone Docente di Diritto Amministrativo presso la Facolt di Giurisprudenza dellUniversit di Torino e affidatario dellinsegnamento di Diritto dellInformazione e della Comunicazione presso il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione Facolt di Lettere e Filosofia della stessa Universit. Numerose sono le sue opere pubblicate, fra le quali si segnalano: Contributo allo studio del provvedimento amministrativo impugnabile, Giuffr, Milano 1990; La concessione di opera pubblica tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, Jovene, Napoli 1993; Profili giuridici del sistema dellinformazione e della comunicazione, Giappichelli, Torino, ultima edizione 2004. Annunziato Gentiluomo Iscritto al terzo anno del dottorato in Scienze e Progetto della Comunicazione dellUniversit degli Studi di Torino (tesi sul rapporto tra qualit televisiva e pubblici), ha tenuto un laboratorio aziendale di Analisi dellAudience, presso il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione a Torino, e si occupa delle elaborazioni della banca dati Auditel. Ha contribuito alla redazione del manuale Sociologia della Comunicazione, L. Paccagnella, Il Mulino 2004. Collabora con lOsservatorio di Campagne di Comunicazione Sociale.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

376

Alberto Martini Dal 1998 professore associato di Statistica Economica presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit del Piemonte Orientale ove dal 99 presidente del Nucleo di Valutazione. Nel 2001 stato presidente dellAssociazione Italiana di Valutazione (AIV). Dal 1994 consulente della Banca Mondiale. Laureato in Giurisprudenza presso lUniversit di Torino, nel 1988 ha conseguito il Ph. D. in Economia negli Stati Uniti. Fino al 1993 ha lavorato al Mathematica Policy Research di Princeton, centro specializzato nella valutazione di politiche sociali e sanitarie e fino al 98 presso lUrban Institute di Washington, occupandosi di valutazione di politiche, di welfare e di modelli di microsimulazione. Paolo Mascarino Dal 1998 direttore responsabile del Servizio per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa Cattolica nella Conferenza Episcopale Italiana. In tale ambito si occupa dello sviluppo delle campagne informative e promozionali riguardanti il cosidetto 8 mille dellIrpef, e le offerte per il sostentamento dei sacerdoti diocesani. laureato in Ingegneria e per oltre 10 anni ha lavorato nella direzione marketing della Procter&Gamble. Toni Muzi Falconi Docente di Teoria e tecniche delle relazioni pubbliche al Corso di laurea specialistica in Relazioni Pubbliche presso lUniversit di Udine (sede di Gorizia), insegna inoltre al Master in Relazioni Pubbliche di Impresa Iulm, Ferpi, Assorel e al Master in Fund Raising e Corporate Social Responsibility presso lUniversit di Bologna (sede di Forl). Coordinatore del Festival Mondiale delle Relazioni Pubbliche, past president e componente del comitato esecutivo della Global Alliance for Public relations and Communication Management e della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (Ferpi). autore di pubblicazioni fra cui: Gorel, governare le relazioni, Il Sole 24 Ore, 2002; Relazioni pubbliche e organizzazioni complesse, Lupetti, 2004. Rosaria Pagani Esperta in comunicazione e giornalista pubblicista, dopo lunghe esperienze in Amministrazioni Locali e nella Direzione Relazioni Pubbliche di una grande agenzia di pubblicit, da dieci anni libera professionista nel campo della comunicazione, pubblica e dimpresa. Laureata in Scienze Politiche, specializzata in psicologia e relazioni pubbliche.
NOTE BIOGRAFICHE DEGLI AUTORI

377

Ha fondato, insieme a Enzo Cucco e Maura Pasquali, lOsservatorio Campagne di Comunicazione Sociale. Maura Pasquali Maura Pasquali, laureata in Semiologia, dal 1986 consulente di comunicazione per enti pubblici, aziende private e agenzie di pubblicit, realizzando e gestendo progetti di comunicazione integrata. Dal 2000 partner di una societ di comunicazione. componente del team che costituisce la Divisione non Profit e Comunicazione sociale della SAA, Scuola di Amministrazione Aziendale dellUniversit di Torino. Nel 2001 fonda, insieme a Enzo Cucco e Rosaria Pagani, lOsservatorio Campagne di Comunicazione Sociale. Antonio Raimondi Entrato nel 1991 nel mondo della cooperazione, responsabile del Settore Progetti del VIS, del quale presidente dal 1993. Laureato in Lingue e Letterature straniere moderne presso lUniversit degli Studi La Sapienza di Roma, ha frequentato il Corso di specializzazione in Funzioni Internazionali presso la SIOI. Insegna Cooperazione internazionale alla Facolt di Scienze Politiche dellUniversit di Pavia ed membro del Comitato Tecnico Scientifico del Master in Cooperazione e Sviluppo presso la medesima universit. direttore della collana Cittadini del mondo edita dalla SEI. Carlo Romeo In Rai dal 1995, ha diretto le sedi regionali della Valle dAosta e dellEmilia-Romagna. Nominato responsabile del Segretariato Sociale della Rai a giugno 2000, dal 2003 coordinatore della Sede Permanente di confronto sulla programmazione sociale. Laureato in Lettere con indirizzo specialistico in Paleografia e Diplomatica, presso lUniversit di Roma 1 La Sapienza, autore di saggi sulla storia dellalfabetismo e della cultura scritta medievale, insegna Teoria e Tecnica del linguaggio radiotelevisivo presso la Scuola Superiore di Giornalismo dellUniversit di Bologna. Chiara Saraceno professore ordinario di Sociologia della famiglia e docente di Sistemi sociali comparati presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit di Torino. Coordina, inoltre, il Dottorato di Ricerca sociale comparata e presiede il Centro interdisciplinare di studi delle donne della stessa Universit.
P R I M O R A P P O R T O S U L L A C O M U N I C A Z I O N E S O C I A L E I N I TA L I A

378

Per diversi anni ha fatto parte della Commissione di Indagine sulla Povert e lEsclusione sociale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e ne stata presidente dal 1999 al 2001. Ha rappresentato lItalia in diversi organismi internazionali. Le sue ricerche, spesso di tipo storico-comparativo, riguardano le trasformazioni della famiglia, le politiche sociali, la povert e i mutamenti nei comportamenti delle donne e nei ruoli di genere. Sergio Scamuzzi Docente di Metodologia della ricerca sociale, Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione presso lUniversit di Torino, svolge studi e ricerche sulla modernizzazione, le disuguaglianze, gli indicatori sociali e lo sviluppo locale. Tra le sue opere pi recenti: La modernizzazione e le sue immagini, 1998; Aspettando le Olimpiadi, 2004; Elite e reti, 2004. Ugo Volli professore ordinario di Semiotica del testo allUniversit di Torino, dove dirige anche il Centro interdipartimentale di ricerca sulla comunicazione e presiede una Laurea specialistica dedicata alla Comunicazione di massa. Si occupa di problemi di comunicazione dai punti di vista teorico e pratico. Collabora con vari quotidiani, radio e televisioni e svolge attivit di consulenza e ricerca per enti pubblici e aziende private. Fra i suoi libri pi recenti, Tv di culto, Sperling & Kupfer, 2002; Figure del desiderio, Raffaello Cortina, 2002; Semiotica della pubblicit, Laterza, 2003.

NOTE BIOGRAFICHE DEGLI AUTORI

379

Potrebbero piacerti anche