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LEZIONE 1 MARZO (1° LEZIONE)

Slide 9-10:
Il concetto di innovazione
Il concetto di innovazione, appare spesso in numerosi articoli scientifici, infatti, l’innovazione è diventato un
tema d’interesse per la ricerca scientifica (crescita della ricerca scientifica dal 1975 ad oggi):
• 897 milioni di risultati per innovation (nel 2011 erano 89 milioni);
• 36,9 milioni di risultati per innovazione (nel 2011 erano 7 milioni).

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È essenziali distinguere l’invenzione dall’innovazione, quest’ultima introdotta dall’economista Shumpeter,
che fu il primo ad interessarsi all’innovazione intesa in termini economici:
• L’invenzione è quando sorge una nuova idea per un prodotto o processo del tutto nuovo e mai visto
prima. Un grande inventore potrebbe essere considerato Tomas Edison che inventò la lampadina.
• L’innovazione potrebbe essere considerata come il primo tentativo di realizzazione di un qualcosa di
nuovo e commercializzarlo, quindi che abbia un valore economico e che in qualche modo rappresenti
qualcosa vendibile all’interno del mercato. (Steve Jobs è un innovatore)

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Leonardo alla fine del ‘400 aveva inventato quelle che lui ipotizzò come macchine volanti, che rimasero
esclusivamente un’invenzione poiché a quei tempi mancava un elemento fondamentale, i motori a
combustione. L’invenzione di Leonardo però, diede successivamente vita all’aerodromo e successivamente
l’aeroplano.

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Quando queste invenzioni non si trasformano in innovazioni è perché queste mancano di elementi
fondamentali che possono essere tecnologici o che il mercato non sia ancora pronto e quindi non è possibile
cogliere l’importanza del prodotto. Il processo innovativo è il risultato di un procedimento piuttosto lento
che mette insieme una serie di innovazioni, per esempio pensiamo a quante innovazioni ci siano all’interno
di un cellulare che lo rende del tutto innovativo.

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Il Manuale di OSLO è importante per il riconoscimento dell’innovazione (dà una serie di indicazioni, misure
dell’innovazione)

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Definizione di innovazione da parte di OSLO
Il manuale di Oslo è un documento elaborato dall'OECD, fu il primo documento a riconoscere l’importanza
dell’innovazione come elemento fondamentale per la crescita dei sistemi economici.
Le parole chiave del processo sono:
1. Conoscenza alla base dell'innovazione;
2. Novità;
3. Utilità;
4. Creazione di valore;
5. Messo in uso e reso disponibile per l'uso.
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Per innovazione si può intendere sia l'attività, per esempio introduzione dei robot nel processo
d'innovazione, e il risultato di questa attività può essere anch’essa un'innovazione (auto elettriche).
La definizione dell’innovazione del prodotto nel Manuale di Oslo:
È un prodotto nuovo o un miglioramento di un prodotto esistente, di un servizio, che è significativamente
diverso dai prodotti esistenti. I robot, per esempio, rappresentano un’innovazione di un prodotto, e se questi
vengono introdotti nel processo manifatturiero, si viene a creare la cosiddetta “innovazione di prodotto”.
L’introduzione dei robot nel processo manifatturiero è un’innovazione di processo ma la macchina e il robot
è l’innovazione del prodotto.

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L’innovazione di processo invece, viene definita come l’introduzione di un processo o di una funzione nuova
nel processo di produzione, essa può essere l’innovazione tecnologica (la fabbrica utilizza i robot, l’e-
commerce—cambio il modo in cui vendo nel mercato.

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Grado dell'innovazione
L’innovazione di un prodotto è fondata su gradi:
• L'innovazione più radicale: rivoluzioni tecnologiche, per esempio l'introduzione dell'energia
elettrica, oppure ICT, che hanno un impatto molto vasto e che vanno al di là del settore di produzione.
• L'innovazione radicale: sono dei cambiamenti tecnologici molto importanti, per esempio il personal
computer, quando negli anni '70 si è passò da un grande computer ad un computer accessibile ad un
pubblico completamente diverso.
• Innovazioni incrementali: il grosso delle innovazioni, come per esempio una nuova generazioni di
microprocessori che rende il computer più veloce.

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L’innovazione può essere per l’impresa, per un paese, per il mondo e l’imitazione è un concetto
estremamente importante, perché tramite ciò si arriva all’adattamento e dunque spesso le innovazioni sono
imitazioni che introducono nuovi miglioramenti.

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Secondo il manuale di Oslo non può essere considerato innovazione:
• Cambiamenti di routine o i miglioramenti;
• Cambiamento di un impianto o macchinari all'interno dell'impresa;
• Piccoli cambiamenti estetici;
• Il software fatto ad hoc per i clienti non può essere considerata innovazione;

Le innovazioni possono essere prodotte dai brevetti, sostanzialmente dei contratti con lo Stat (Ufficio
brevetti) attraverso il quale l'impresa attraverso questo protegge il proprio prodotto.
L’elenco che abbiamo appena scritto ci dice che tali non sono protetti da brevetti.
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Attori dell'innovazione:
• Imprese: attore principale, non fanno chiaramente innovazioni da sole ma sono inserite in un sistema
di supporto dell’attività innovativa, infatti, ci sono una serie di attori che fanno parte del sistema
d'innovazione, come le università e gli istituti di ricerca. Le università in particolar modo hanno un
ruolo fondamentale, poiché fanno ricerca, usufruibile per l’impresa e inoltre le università
contribuiscono alla formazione del personale.
• Settore pubblico: ha un ruolo importante in termini di finanziamento dell'innovazione. Spesso c'è un
problema legato al fatto che le imprese che sono quelle che fanno innovazione, tendono ad investire
in innovazione meno di quello è utile dal punto di vista sociale, perché l’innovazione porta al
progresso e quindi alla crescita.
• Lo stato ha un ruolo nell'innovazione e nella regolamentazione, se pensassimo al ruolo della
commissione europea in questi anni, a cui ci furono numerosi dibattiti riguardo la questione della
raccolta di dati che forniamo alle imprese (Facebook).
• Ruolo da parte degli individui: si intende l'innovazione da parte degli utilizzatori, esso proviene da
semplici utilizzatori che vengono coinvolti nell’ideazione di nuovi prodotti. (Industria della LEGO che
riceve e raccoglie idee di prodotti da parte degli utilizzatori).

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Perché è importante l'innovazione?
• L'innovazione contribuisce alla crescita dei sistemi economici attraverso la creazione di posti di lavoro
ed è fondamentale per affrontare le sfide della società, la sfida ambientale per esempio, in ambito
mobilità, energie rinnovabili, essa contribuisce ad affrontare il problema ambientale.
• L'innovazione è importante per la crescita a tutti i livelli di sviluppo, che riguarda tutti i paesi del
mondo. Chiaramente si parla di innovazioni diverse, ma è un elemento importante per la crescita e
lo sviluppo di tutti i paesi del mondo.
• Il concetto di innovazione va adattato e aggiornato al contesto attuale, e come sia cambiato nel
tempo nel pensiero economico.

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Asse delle ascisse (orizzontale): prodotto pro-capite nel 1900
Asse delle ordinate (verticale): numero di ingegneri per centomila abitanti.

La capacità d'innovazione è importante


per spiegare il livello di reddito e crescita
dei paesi, infatti coloro che si trovano in
alto a destra sul grafico, hanno una
capacità innovativa elevata e sono
cresciuti in termini economici molto di
più.
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2/3 delle differenze nella performance di crescita del Ghana e la Repubblica di Corea da oltre quattro
decenni lo sono attribuibile ai miglioramenti legati alla tecnologia.

Mette a confronto la crescita dagli anni 60 a 2000 del Ghana e della Corea del Sud, paesi che negli anni '60
avevano un livello di reddito simile, estremamente poveri, che hanno avuto un processo di crescita
completamente diverso, la Corea infatti è cresciuta molto mentre il Ghana è rimasto un paese molto povero.
La riga sopra fa vedere la crescita del prodotto e come due terzi della crescita del prodotto pro-capite sia
attribuibile a innovazione, la crescita della Corea è attribuibile al fatto che essa sia stata caratterizzata da alti
investimenti in capacità umana e nell’innovazione.
LEZIONE 2 MARZO (2° LEZIONE)

Misurazione dell’innovazione
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Perché è importante misurare l’innovazione?
Gli indicatori di innovazione normalmente sono calcolati a livello di paese, regione.
Innovatori di input e innovatori di output (processo innovativo)
Esistono una serie di motivi che giustificano l’importanza di misurare l’innovazione:
• L’innovazione determina la crescita del paese, per cui il paese può porsi degli obiettivi, può
aumentare la capacità innovativa. L’Italia, a differenza di altri paesi, cresce molto lentamente.
• Conoscere la capacità innovativa significa aver chiaro quali sono le caratteristiche della capacità e
quindi orientare così le politiche. Se per esempio uno dei problemi è uno scarso livello di capitale
umano, questo potrebbe orientare verso delle politiche del paese. Quindi, misurare l’innovazione ci
fa capire come orientare le politiche.
• Bisogna anche valutare le politiche, cioè se queste sono state efficaci in termini di ciò che era
l’obiettivo fissato e quindi vedere se le politiche hanno avuto degli impatti; è essenziale quindi
comparare tra paesi e tra regioni.

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Indicatori di innovazione
I servizi statistici che ci forniscono dei dati a livello nazionale e regionale, come l’EUROSTAT, ci permettono
di poter misurare l’innovazione. In particolar modo possiamo parlare di due indicatori:
• Indicatori di input: input che entra nel processo innovativo, come i finanziamenti alla ricerca e sviluppo.
• Indicatori di output

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Indicatori di input
Il primo indicatore generale che si considera è la capacità di fare ricerca e sviluppo, misurata attraverso le
spese in ricerca e sviluppo e il numero degli addetti nello sviluppo (persone coinvolte nel processo di
sviluppo).
Dati: le spese in ricerca e sviluppo. Gross domestic expenditures in R&D, da un’indicazione di come si
struttura il sistema di ricerca in un paese.

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La divisione del totale delle spese in ricerca e


sviluppo a livello mondiale nelle varie aree
del mondo.
I paesi più avanzati sono chiaramente più
propensi a spendere molti più soldi in
innovazione. Tra il 2010-2012-2013-2014-
2016 la spesa in ricerca e sviluppo dei paesi
sviluppati è diminuita ma è aumentata in
Asia orientale come in Corea.
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I paesi più scuri sono quelli che


spendono il 2% in rapporto tra
sviluppo e prodotto interno, un valore
importante. Una spesa superiore al 2%
significa una capacità di investire
molto di più.

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Intensità in ricerca e sviluppo nelle


regioni in senso grande. L’intensità di
ricerca e sviluppo nei paesi avanzati è
rimasta stabile ma è aumentata nei
paesi dell’Asia orientale.

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Paesi che investono più, a livello


assoluto.
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La disaggregazione delle spese in ricerca e


sviluppo per l’origine di queste spese in
sviluppo.
In viola le spese in ricerca e sviluppo effettuate
dalle imprese, in arancione le spese pubbliche.
A livello dei singoli paesi, ci sono delle grosse
differenze, la Svizzera è un paese nel quale le
spese vengono fatte più dalle imprese. La
Svizzera è l’area di molte imprese
multinazionali, anche farmaceutiche. L’Italia la
maggior parte delle spese avvengono a livello
pubblico e il contributo delle imprese è ridotto.

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Le spese in ricerca e sviluppo a livello assoluto e a livello di intensità.
I grafici soprastanti fanno notare come l’andamento dei paesi sia diverso. Nel grafico di sinistra il paese che
sta sopra tutti sono gli Stati Uniti, successivamente troviamo l’Unione Europea nel suo aggregato. Nel grafico
sulla destra, il paese che sta al di sopra è la Corea del Sud, con una spesa superiore al 4%, in termini
d’intensità, è il paese al mondo che investe maggiormente. L’andamento della spesa, nel 2000 la Corea era
su un’intensità pari al 2%, dal 2015 è passata dal 2% al 4%, ha investito molto in capacità innovativa. Anche
la Cina, negli anni 2000 al 2015 è passata all’1% al 2%.
I paesi che hanno investito e aumentato di più sono i paesi asiatici (Korea del Sud e Cina).

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Numero dei ricercatori.


Il numero dei ricercatori, nei
paesi avanzati è diminuito
mentre nell’Asia orientale è
aumentato.

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Indicatore d’intensità, per


comparare i dati tra stati,
bisogna ponderare per il
numero d’abitanti. Verde
scuro i ricercatori in cui ha
un numero rilevante.
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Mostra come i
ricercatori sono
distribuiti per
regione

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Altro grafico: più ricercatori


in Cina, legato al fatto che
la Cina è il paese più
popoloso al mondo e che
investe più in sviluppo.

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Si mettono insieme due dimensioni: spesa in


ricerca e sviluppo come percentuale del PIL col
numero di ricercatori per abitanti e vediamo
come le due dimensioni insieme ci danno
un’indicazione della capacità innovativa dei
paesi. Il paese più in alto è Israele in cui c’è un
grosso investimento in ricerca e sviluppo.
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Un altro indicatore è il numero di


lavoratori che ha un dottorato, lavoratori
che possono contribuire alla capacità
innovativa del paese. Grafico (capacità
innovativa pesata per la popolazione).

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Sono le spese in educazione universitaria, ci sono


delle differenze, quelli in arancione a livello
universitario.

Slide 19: Un altro indicatore di input e output sono i


brevetti. L’impresa o un individuo registra
presso un ufficio di brevetti il risultato di
un proprio processo produttivo. Il brevetto
non può essere copiato, salvo il consenso
dell’azienda ed esso ha una durata di
tempo limitata. Il brevetto può essere
considerato un modo per incentivare le
imprese a spendere in ricerca ed ecco il
motivo per il quale sono considerati degli
indicatori di input. E’ considerato anche un
indicatore di output perché brevettando il
proprio prodotto, l’azienda ha prodotto
innovazione.
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USPTO = centro americano in


cui si va a registrare i brevetti.

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Relazione tra brevetti e spese in


ricerca e sviluppo, un legame tra
input e output, più spendo più
brevetti.

Slide 22:

Il grafico mostra un altro indicatore: le


esportazioni di proprietà intellettuale.
All’interno della bilancia dei pagamenti,
troviamo una parte “bilancia dei pagamenti
tecnologica” in cui vengono registrate entrate e
spese in termini di acquisto di brevetti, ricerche
ecc.

Se un paese esporta, vuol dire che il paese


spende molto in R&S.
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Il grafico sottostante: un altro indicatore è quello delle pubblicazioni scientifiche (indicatore di output). Le
pubblicazioni sono il risultato di attività di ricerca che avviene all’interno dell’università. Il numero di articoli
scritti dai ricercatori, il numero di pubblicazioni scientifiche ecc.
È un indicatore diverso dai brevetti perché quest’ultimi sono indicatori di innovazione, le pubblicazioni
scientifiche invece sono il risultato di ricerca che non necessariamente svilupperanno innovazione.
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Collaborazioni scientifiche internazionali
La ricerca e l’innovazione coinvolge sempre più diversi attori internazionali mostrando una grande
potenzialità internazionale.
È possibile creare delle reti di collaborazioni internazionali attraverso le mappe. La Cina è diventata un paese
protagonista in queste reti internazionali.

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Ci dice quanto i ricercatori


sono coinvolti in attività di
ricerca a livello
internazionale, un modo per
misurarla sono gli articoli
coautorati da paesi diversi
Slide 26:

Il grafico mostra la mobilità dei


ricercatori, i paesi sulla sinistra sono
paesi che attraggono più ricercatori
(USA, Canada, Australia), i paesi che
stanno sulla destra sono quelli che
invece perdono i ricercatori.

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Un altro indicatore della globalizzazione della capacità innovativa è quello delle spese in ricerca in sviluppo
finanziate da imprese estere.

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Il grafico mostra la dimensione di


infrastruttura importante per misurare la
capacità innovativa è la penetrazione in
termini di infrastrutture digitali, necessarie
per l’attività di ricerca.

Questi sono alcuni degli indicatori più importanti che possono essere utilizzati per misurare la capacità
innovativa di un paese o di una regione. Gli indicatori sono spesso disponibili in banche date pubbliche e che
permettono di definire l’andamento della capacità innovativa di un paese.
LEZIONE 3 MARZO (3° LEZIONE)

• La misurazione dell'innovazione a livello di imprese


• Indicatori di innovazione aggregati

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Cosa è possibile misurare nelle imprese:
Le spese in ricerca e sviluppo possono essere divise intramuro o extramuro. È possibile misurare il personale
dedicato alla ricerca e lo sviluppo nell’impresa, degli investimenti in capitale. Molto spesso, tirar fuori dei dati
non è molto semplice, perché questi non sono resi disponibili, soprattutto per le piccole imprese, che spesso
non quantificano le attività in ricerca e sviluppo.
Per raccogliere i dati delle imprese, dobbiamo considerare una serie di dimensioni, come le spese in forza
lavoro, programmi di formazione che migliorano il personale dell’azienda.
L’impresa raccoglie i dati attraverso le survey o inchieste sull innovazioni, cioè tramite una serie di questionari
che permettono di verificare la capacità innovativa imprenditoriale. In Europa esiste il «Community
Innovation Survey», uguale per tutti i paesi dell’area europea, che costruire un campione d’imprese, quelle
che più rappresentano in modo significativo le imprese di un dato territorio nazionale. Questo strumento ci
permette di raccogliere le informazioni e comparare l’innovazione tra paesi nel tempo e quindi capirne la
loro evoluzione.

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Il tipo di domande poste, sono spesso come quante innovazioni hanno introdotto in un certo periodo di
tempo, se le innovazioni secondo loro sono innovazioni del tutto nuove, la performance innovativa in termini
di numero di innovazioni, il peso della vendita dei prodotti innovativi sul totale del fatturato, se le imprese
hanno collaborato con altre aziende, con i centri di ricerca, università ecc.

Slide 34:
Il grafico mostra i risultati della
Community Innovation Survey, in cui
è possibile vedere l’innovazione a
livello d’impresa.
In Italia, indicata in giallo, ci sono
circa il 48% di imprese innovative sul
totale delle imprese considerate in
analisi.
Sul caso della Germania, il 67% delle
imprese tedesche sono considerate
innovative, quindi, una percentuale
ben superiore rispetto alle imprese
italiane.
L'altro grafico (quello a destra) mostra la percentuale di imprese innovative, l’aumentato, la diminuzione o il
cambiamento della relazione d’analisi.
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Grafico: focus sull'Italia, vediamo le


imprese innovative sul totale divise
per settori produttivi, come
industria, costruzioni, servizi. Le
ultime 3 barre indicano le
dimensioni delle imprese,
chiaramente a rigor di logica, le
imprese innovative sono quelle più
grandi.

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Nel grafico sottostante invece, i dati sono


disponibili a livello regionale, vediamo che
la percentuale di imprese innovative per la
maggior parte si trova in Veneto, Trento,
Friuli-Venezia Giulia e infondo alcune
imprese del Sud Italia.

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Indici di innovazione
Un altro modo di misurare l'innovazione è attraverso gli indici di innovazione aggregati, che sono 3:
• OECD Science, Technology and Innovation (STI) Scoreboard: organizzazione che riunisce i paesi
avanzati e che produce;
• European Innovation Scoreboard (EIS) che si basa su (innovatori leader, forti innovatori, innovatori
moderati e modesti innovatori);
• Global Innovation Index (GII)
Qual è la caratteristica di questi indicatori?
Sono indicatori che aggregano dimensioni diverse del processo di innovazione attraverso tecniche statistiche
in un unico indicatore. Per esempio, paese top innovatore dell'UE, questi diversi indicatori sono caratterizzati
dal fatto di misurare dimensioni diverse aggregandole in maniera differente.
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European Innovation Scoreboard
Dimensioni misurate nell'innovation Scoreboard:
• Framework conditions: misurano le condizioni di base del paese:
o Human Resources:
▪ numero dei dottorati, numero di pubblicazione scientifiche, numero di dottorati
esterni);
▪ Popolazione di età compresa tra 25-34 anni con istruzione.
o Attractive research systems:
▪ Co-pubblicazioni scientifiche internazionali;
▪ Pubblicazioni più citate.
o Innovation-friendly environment.
• Investimenti:
o Finance and support;
o Firm investiments.
• Innovation Activites:
o Innovators;
o Linkages;
o Intellectual assets.
• Impact:
o Employment impacts;
o Sales impacts.
Si vanno ad aggregare tutti questi indicatori (quelli in grassetto) e abbiamo:
• Vantaggi: con un numero misuro tutto;
• Svantaggi: è comodo conoscere le diverse dimensioni

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Grafico: EIS
European Innovation Scoreboard per tutti i paesi d'Europa. In verde scuro ci sono (innovation leader) strong
innovatori (verde chiaro) innovatori moderati in giallo, e innovatori modesti in arancione.

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Un altro indicatore a livello aggregato è il Global Innovation Index che misura diverse dimensioni come le
istituzioni, il capitale umano, infrastrutture, sofisticazione del mercato, sofisticazione delle imprese e anche
gli output creativi.
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Grafico: classificazione dei paesi secondo il Global


Innovation Index, l'Italia ha risultati in linea con le
aspettative dei livelli di sviluppo.

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Altro grafico: paesi top


innovatori secondo questo
Index, vediamo che la Svizzera
continua ad essere il paese top,
la Gran Bretagna è peggiorata.
Israele entra tra i 10 paesi top.

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Altro grafico: come la relazione tra questo


Index e il GDP pro-capite, sia una relazione
positiva e la maggior parte dei paesi sta
attorno a questa curva. Vediamo come alcuni
paesi che stanno al di sotto, hanno una
capacità innovativa inferiore rispetto al loro
livello di sviluppo.
I paesi in alto (Cina e Stati Uniti) hanno invece
delle performance migliori.
LEZIONE 9 MARZO (4° LEZIONE)

L’innovazione nel pensiero economico classico


Economia dell’innovazione è una materia relativamente nuova, i primi corsi in università risalgono agli anni
’90. Gli economisti da tempo, si interrogavano sul ruolo dell’innovazione a partire dal 1700 come Adam Smith.
Argomenti:
1. Il ruolo dell’innovazione nel pensiero economico classico (Adam Smith, Ricardo, Marx)
2. Innovazione in Shumpeter. Egli iniziò la sua carriera in Austria per poi emigrare negli stati Uniti per
sfuggire alla persecuzione. La sua concezione di innovazione cambia a seconda del contesto, europeo
e americano. Tuttavia, è considerato come il primo economista in cui l’innovazione è al centro della
sua teoria economica.

Slide 3:
Nel pensiero economico classico l’innovazione rientra sotto tre punti di vista diversi:
1. Il primo aspetto è quello secondo cui può essere considerato il progresso tecnologico intesto come
l’introduzione di nuove macchine nel pensiero economico classico. Durante la prima rivoluzione
industriale, il contesto innovativo fu rappresentato dall’introduzione della macchina a vapore, dei
telai a mano, che tuttavia ispirò gli economisti di questo periodo.
2. L’introduzione di nuove macchine, e quindi la meccanizzazione della produzione in cui si
cominciarono a studiare le conseguenze.
Un elemento fondamentale nel pensiero di Adam Smith è la divisione del lavoro. L’introduzione di
macchine permette una divisione del lavoro in fabbrica portando ad una maggiore specializzazione.
Le macchine sono tarate per fare attività specifiche e vengono affidate ad operai che si specializzano
in modo tale da essere più efficienti. Il risultato del processo è la crescita economica e il ruolo
dell’innovazione è determinante della crescita.
3. L’impatto sull’occupazione, contesto in cui il lavoro dell’uomo viene sostituito da macchinari. Ciò
comporta chiaramente un rischio nella riduzione di posti di lavoro. Di questo tema se ne occupò
particolarmente Ricardo.

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Adam Smith (1723-1790)
Fu uno dei primi economisti, vive in un periodo in cui c’era la prima fase della rivoluzione industriale. La sua
opera più importanti “La ricchezza delle nazioni” trattò vari temi e dedicò spazio sulla relazione tra il
cambiamento tecnologico, la divisione del lavoro e il mutamento strutturale dell’economia.
Il cambiamento tecnologico attraverso la divisione del lavoro e la specializzazione dei lavoratori (poi anche:
riduzione dei tempi morti; incentiva l’attività di ricerca in campo tecnologico) vengono considerati come le
cause della ricchezza e dell’accumulazione di ricchezza in un paese.
Per spiegare ciò, pone come esempio l’immagine di una fabbrica di spilli (per spiegare questo processo).
Slide 5:
La dimensione del mercato in Adam Smith
Il ruolo della dimensione del mercato, secondo Adam Smith è molto importante, in quanto vi è la possibilità
di aumentare la divisione del lavoro che è direttamente proporzionale alla dimensione del mercato, cioè alla
domanda che le imprese si ritrovano a dover affrontare. Se un’industria ha un forte potenziale, la potenzialità
del mercato incentiverà l’introduzione di macchine, la specializzazione e quindi più produzione. Secondo
Smith è essenziale aumentare la dimensione (estensione) del mercato che dipende dai sistemi di trasporto e
di comunicazione, dai sistemi bancari che facilitano la commercializzazione del prodotto. Si ritenne
abbastanza ostile circa le tesi mercantilistiche e a favore dell’espansione del mercato, non solo all’interno ma
anche la possibilità di esportare verso altri mercati europei, dove l’industria non era ancora sviluppata. Il
motore dello sviluppo a livello interno e internazionale era la divisione del lavoro che accresce l’efficienza e
la produttività.
Concetti fondamentali: meccanizzazione-specializzazione-aumento di produttività-crescita interna ed
esterna.

Slide 6-7-8:
David Ricardo (1772-1823)
Teoria che venne dopo quella Adam Smith visse a cavallo tra fine 700 e inizio 800 la sua opera principale fu
“Principi di economia politica - 1817”. Egli si interessò a due aspetti:
1. Il progresso tecnologico: viene visto come una soluzione temporanea al vincolo della scarsità delle
risorse. Il progresso tecnico aumenta la produttività di risorse che tuttavia sono scarse, risorse legate
alle materie prime, come la terra che è limitata. La popolazione aumentava e riteneva che fosse
possibile crescere la produzione tramite il processo tecnico, che allontanasse il problema della
scarsità di risorse naturali. Il problema della scarsità era considerato come un vincolo alla crescita dei
sistemi economici.
2. Effetto dell’occupazione: l’introduzione delle nuove macchine genera disoccupazione tecnologica.
La preoccupazione che l’introduzione dei telai riducesse le opportunità di reddito dei contadini, delle
donne che lavoravano sui telai azionati a mano. La produzione così si spostò dalle case dei contadini
alle fabbriche. La disoccupazione tecnologica è un tema molto discusso anche adesso, infatti,
l’impatto dell’automazione in molti settori industriali, l’introduzione di robot nella produzione ha un
impatto non solo nei settori manifatturieri, ma anche nei servizi, come alcune professioni che sono
totalmente sparite (agenzie di viaggi).

Slide 9:
Karl Marx (1818-1883)
Marx sottolinea che l’innovazione è un processo sociale (nasce dalle relazioni e i conflitti tra classi sociali) e
non individuale (degli inventori). L’innovazione non riguarda solo gli inventori ma anche la società. Marx si
concentrò ed evidenziò l’importanza del settore produttore specializzato delle macchine, infatti, si interrogò
sugli incentivi al cambiamento tecnologico. Lo stimolo ad innovare proviene dalla pressione capitalista e
dall’ampiezza dei mercati, che permette di inserire i prodotti in uno scenario più ampio. Le imprese, i
capitalisti, sono incentivati a introdurre innovazioni per guadagnare un profitto più elevato rispetto ai
concorrenti, rendendoli più competitivi.
Slide 10:
Babbage: inventore manager
Introdusse per la prima volta il concetto di produzione su larga scala. Egli riteneva che produrre un singolo
prodotto è molto diverso dal produrre identici prodotti su larga scala. Ha spiegato la differenza tra
produzione artigianale e industriale e sottolineò il ruolo fondamentale dell’organizzazione della produzione.
Il passaggio da una produzione abbastanza limitata ad una produzione su larga scala è importante anche la
questione organizzativa dell’impresa, infatti l’innovazione non viene intesa solo in senso tecnologico ma
anche di tipo organizzativo.
Un altro aspetto è quello di sottolineare l’importanza dell’apprendimento, sul fatto che dall’avanzamento
tecnico e quindi la specializzazione, si può apprendere e che dall’apprendimento si realizza qualcosa di
superiore, cui deriva l’avanzamento tecnico. È alla base del pensiero di produzione di massa.

Slide 11:
Usher: tecnologo
Nel 1921 fu il primo ad introdurre il concetto di innovazione come processo e ha sottolineato che il processo
di innovazione ha diverse fasi:
1. Dimensione cognitiva (percezione e invenzione): fase in cui viene identificato un problema
2. Dimensione organizzativa (preparazione): viene preparata una soluzione al problema.
3. Adattamento al contesto (revisione dell’innovazione).
Slide 12 -> 17:
Shumpeter
Fu un’economista austriaco, emigrò negli Stati Uniti e venne influenzato dal contesto nel quale viveva. Si
parla di due modelli della sua teoria:
1. Shumpeter Mark I: fu la prima teoria dello sviluppo economico. Shumpeter visse in un contesto di
industria europea, soprattutto quella tedesca del fine 800-900 quando in Germania c’era un certo
sviluppo industriale. Si concentrò sul ruolo dell’attività innovativa come fonte fondamentale dello
sviluppo economico. È relativamente facile entrare da parte delle nuove in uno scenario economico,
è una struttura industriale in cui ci sono imprese molto piccole. In questo scenario ci sono diversi
imprenditori innovativi, nuove idee per nuovi prodotti e nuovi processi in grado di far parte di una
fase del tutto dinamica. In un sistema economico di questo genere in cui c’è un continuo ricambio di
imprenditori, in cui le imprese che sono già dentro avvertono una riduzione dei loro profitti è dovuto
al fatto che le nuove imprese, sono chiaramente più innovative. Il nuovo imprenditore entrerà nel
settore con una nuova idea, che gli procurerà dei profitti, ma, nel frattempo ci sono ulteriori
imprenditori che sono entrati e che sono più innovativi. I profitti sono temporanei, fino a quando
qualcuno non innova in meglio un prodotto.
Shumpeter parla di distruzione creatrice, la distruzione perché l’imprenditore che entra
nell’industria ha un impatto di distruzione su alcune imprese che erano già dentro, creatrice perché
genera crescita, il modo in cui il sistema economico cresce. Le imprese, di piccole dimensioni e questo
scenario permette alle nuove imprese delle rendite monopolistiche temporanee (se un’impresa
entra in un mercato perché ha introdotto un’innovazione, per un breve periodo l’impresa sarà
monopolistica su quel determinato prodotto, tuttavia sarà temporanea perché se qualcun altro
migliora il prodotto intacca la sua posizione e quindi il suo profitto).
Innovazione
(esogena) Profitto

Imitazione
FASE ESPANSIVA

Aumenta concorrenza
profitti

FASE DEPRESSIVA

Nel ciclo economico c’è questa innovazione esogena, che non è espressamente detta da Shumpeter
ma che la si può cogliere. Gli imprenditori innovatori con le nuove idee guadagno un profitto
temporaneo, all’inizio chiaramente il profitto sarà molto elevato e quindi una fase in cui il mercato
cresce (fino al punto G) e quindi di massima espansione, successivamente nel mercato entreranno
troppe imprese e questo porterà ad una diminuzione dei profitti, facendo andare in crisi le imprese
meno competitive (fase depressiva dal punto H al punto I). In questa fase, entra il meccanismo della
distruzione creatrice che successivamente ancora riparte fino a raggiungere un processo statico.
L’innovazione esogena non è espressa nella teoria Shumpeter.
Il ruolo degli extra profitti e imitazione. Se gli extraprofitti sono relativamente bassi ci sarà
un’imitazione rapida e questo è buono per la società ma c’è poco incentivo da parte delle imprese
ad innovare, se gli extraprofitti sono alti, l’imitazione sarà lenta, ci sono meno innovazioni e meglio
da un punto di vista delle imprese, perché avranno un forte incentivo a rinnovare e guadagnare
extraprofitti elevati.
Slide 18 - 19:
2. Shumpeter Mark II: anni ’40, l’opera di riferimento è “Capitalismo socialismo e democrazia”. Il suo
contesto cambia, perché gli Stati Uniti e quindi l’industria americana era dominata da grandi imprese.
In un sistema del genere l’attività innovativa è caratterizzata da elevate barriere all’entrata, le
imprese quindi saranno più incentivate ad investire in innovazione. Inoltre, l’innovazione non è più il
processo creativo dell’inventore ma diventa un processo innovativo formalizzato che avviene nei
laboratori di ricerca e sviluppo delle imprese. L’innovazione, quindi, deriva dall’investimento di
grandi risorse finanziarie in progetti di ricerca e sviluppo di larga scala. L’innovazione viene prodotta
nelle grandi imprese ed è sempre più il risultato di attività di ricerca e sviluppo e il risultato garantisce
alle imprese un profitto che può essere reinvestito in ulteriori attività di processo e sviluppo e
permette di mantenersi in una condizione di monopolio delle imprese.
Questo è ciò che avviene nelle industrie farmaceutiche, che proteggono i propri prodotti con il
brevetto, che garantisce loro profitti, che verranno reinvestite in attività di ricerca. L’entrata di nuovi
imprenditori è molto difficile perché non tutti hanno risorse finanziarie sufficienti per essere
abbastanza competitivi.

Slide 20:
I due modelli sono caratterizzati da strutture di mercato diverse:
1. Modello Mark I: mercato concorrenziale in cui c’è un elevato incentivo ad introdurre innovazioni
caratterizzati da: elevati incentivi a introdurre innovazioni; scarse risorse disponibili per
investimenti in ricerca e sviluppo; impossibilità ad appropriarsi interamente della rendita
dell’attività innovativa.
2. Nel caso modello Mark II, i mercati sono concentrati, quindi monopoli, elevate capacità di
appropriazione della rendita derivante dall’innovazione; disponibilità di risorse necessarie da
investire in ricerca e sviluppo; scarsi incentivi ad innovare.

Slide 21-22-23:
Shumpeter fece riferimento ai due contesti in Europa e in America, ma questi due modelli sono utili per
rappresentare il ciclo di vita di un’industria.
-Il modello Mark I rappresenta la prima fase dell’industria (fase iniziale), in cui ci sono piccole imprese, poche
barriere all’entrata.
-Il Mark II spiega la maturità dell’industria, i cambiamenti tecnologici sono protetti da barriere in entrata e le
grandi imprese hanno il monopolio e dominano l’attività innovativa.
Shumpeter fu ispirato dai due contesti, e sosteneva che l’innovazione aveva un ruolo centrale nel sistema
economico, che fosse un motore del sistema capitalistico. Nella teoria, viene sottolineato il ruolo
dell’imprenditore nel processo innovativo che nel primo caso si fa riferimento all’imprenditore individuale,
nel secondo invece all’imprenditore di un grande impresa. Il processo tecnologico è un processo che avviene
a salti ecco perché parla di grappoli di innovazione, ci sono delle fasi nelle quali c’è un flusso di innovazioni
che fa crescere il sistema economico e fasi in cui ci sono meno innovazioni.

NELLE PROSSIME SLIDE ABBIAMO UN TEST DI MALERBA E ORSENIGO.


Test empirico di Shumpeter Mark I e Mark II in USA, Giappone, Germania, Francia, UK e Italia (da slide 24
a 29) di Franco Malerba e Luigi Orsenigo.

Le domande che si pongono i due economisti:


- Se i due modelli possono esser ritrovati nei dati;
- Se possono essere attribuiti al modello dei singoli paesi e se sono specifici a livello d’industria

Gli autori sintetizzano quelle che sono le caratteristiche dei due modelli:
Shumpeter Mark I:
- Bassa concentrazione attività innovativa, mercati poco concentrati;
- Piccola dimensione delle imprese innovatrici;
- Bassa stabilità nella gerarchia degli innovatori, gli innovatori cambiano nel tempo
- Elevata entrata
Shumpeter Mark II:
- Elevata concentrazione di attività innovativa (poche imprese);
- Elevata dimensione delle imprese innovatrici;
- Alta stabilità nella gerarchia degli innovatori;
- Bassa entrata

Quattro variabili che Malerba e Ossenigo utilizzano: utilizzano i dati di brevetto (EPO):
1. Concentrazione delle attività innovative: come misurarle? Misurano il numero di brevetti dei primi
quattro rinnovativi rispetto al totale dei brevetti. Se questo sarà basso la distribuzione dei brevetti è
tra tante imprese.
2. Dimensione delle imprese innovative: calcolata come quota delle domande totali di brevetto
presentata dalle imprese con più di 500 addetti. Se all’interno di un paese è elevata la quota dei
brevetti presentati da imprese di grandi dimensioni, cioè che il paese sarà dominato dalle grandi
imprese. Se invece è piccole dimensioni, vuol dire che nel paese le imprese che brevettano sono un
po' tutte le imprese;
3. Stabilità nella gerarchia degli innovatori: misura la correlazione tra le imprese innovatrici 1978-85, e
quelle negli anni 1986-91. Il coefficiente di correlazione sarà 1 se le imprese che innovano sono
sempre le stesse. Se nel primo periodo innovavano alcuni e nel secondo periodo innovavano altri la
correlazione è 0 e quindi poca stabilità.
4. Entrata tecnologica: vado a misurare la rilevanza dei nuovi innovatori misurata dalla quota di
domande di brevetto richieste per la prima volta dai nuovi innovatori in una data classe tecnologica
nel periodo 1986 sul numero totale di brevetti nello stesso periodo. Quanto pesano le domande
presentate da aziende che non avevano mai presentato domanda prima. Questi sono innovatori che
per la prima volta presentano un brevetto. Se questa quota è elevata ci sono tante imprese che
entrano nel mercato.
C4 misura la concentrazione: in Germania è di 36,7
La concentrazione che in questo caso è più elevata in Italia seguita dalla Germania;
Dimensione delle imprese: Germania 52, Italia 33. In Germania ci sono molto più imprese di grandi dimensioni
che brevettano rispetto alle imprese italiane.
Se guardiamo l’entrata di nuovi innovatori, in Italia è molto elevata.
Mettendo insieme questi dati è possibile fare delle stilizzazioni di un processo innovativo di paesi che sono
stati analizzati. In Italia c’è un elevata concentrazione di innovazione, una bassa stabilità e un’elevata entrata
e una scarsa rilevanza della dimensione.
Il modello italiano si avvicina più ad un modello Mark I rispetto al modello Mark II. Attraverso questi indicatori
gli autori identificano quello che è il modello prevalente a livello nazionale rispetto alle caratteristiche del
processo innovativo, la stessa cosa viene fatta a livello di settori, si vede come i settori (calzature,
abbigliamento) corrisponda alle caratteristiche di modello Mark I mentre settori come aeronautica,
computer corrisponda al modello Mark II.
Nell’ultima parte, cercano di mettere insieme la dimensione nazionale e settoriale, secondo cui date le
caratteristiche dei paesi e dei settori, ogni settore all’interno del paese, mantiene le proprie caratteristiche
ma si adatta al contesto.
LEZIONE 9 MARZO (5° LEZIONE)

Conoscenza nel processo innovativo

Slide 2:

Di cosa parleremo?

• Conoscenza nel modello neoclassico;


• Conoscenza nel modello evolutivo.

Parleremo della conoscenza e di processo innovativo. In queste due lezioni introdurremo i due modelli di
riferimento per spiegare il processo innovativo.

Il modello evolutivo, come abbiamo detto la scorsa lezione, è l’evoluzione di quello che è il modello
shupeteriano, tantè che a volte si parla di “modello neo-shupteriano”.

Vedremo le differenze importanti che ci sono tra questi due modelli!

Slide 3:

Modello neoclassico

Nel modello neoclassico, la crescita da che cosa dipende?

• Dipende, nel breve periodo, dall’accumulazione del capitale (capitale fisico) → tale è la fonte
fondamentale della crescita dei sistemi economici nel breve periodo. Questa crescita dei sistemi
economici che dipende dall’accumulazione del capitale, che problema ha?
o Che siccome è soggetta ai rendimenti marginali decrescenti, i paesi più poveri (che hanno
uno stock di capitale più ridotto e quindi soffrono di meno per i rendimenti marginali
decrescenti) crescono più rapidamente di quelli più ricchi.
o Ma nel lungo periodo, un paese non può continuare a crescere sempre attraverso
l’accumulazione del capitale.
• Quali sono quindi le fonti di crescita alternative all’accumulazione del capitale (che è una fonte
rilevante solo nel breve periodo):
o Miglioramento tecnologico: quindi l’innovazione, il miglioramento tecnologico (per il
modello neoclassico) è quello che serve per crescere nel lungo periodo.
L’innovazione, quindi è la fonte principale di crescita di lungo periodo. E, la fonte principale
di crescita SOPRATTUTTO per quei paesi che (avendo già accumulato uno stock di capitale
rilevante) sono soggetti a rendimenti marginali decrescenti e quindi la loro accumulazione di
capitale non rappresenta più una fonte di crescita sufficiente a crescere in modo consistente
nel lungo periodo.
Slide 4:

Progresso tecnologico

Come si definisce il progresso tecnologico nel modello neoclassico:

• Incorporato: è il progresso tecnologico che è incorporato nelle macchine.


o Quindi l’introduzione di nuovi beni capitali (K) = se in paese appunto, attraverso
l’accumulazione di beni capitale si sostituiscono macchine vecchie con macchine nuove,
questa è una forma di progresso tecnologico incorporato.
o Introduzione di capitale umano più qualificato (L) = quindi si sostituisce capitale umano
(lavoro) meno qualificato con quello più qualificato.

Quindi si parla di incorporato perché in un caso è incorporato nelle macchine è incorporato nelle
persone (nei lavoratori).

• Disincorporato: è un sistema di progresso tecnologico disincorporato che è quello che fa crescere i


sistemi economici nel lungo periodo (è una fonte di crescita fondamentale nel modello neoclassico).
Pur essendo fondamentale, nel modello neoclassico è considerato “esogeno (manna dal cielo)”
(anche in Shumpeper la fonte iniziale di innovazione era esogena): che cosa vuol dire? Non si fa
nessun tentativo per spiegare come parte il progresso tecnologico; come parte l’innovazione; quali
sono i fattori che determinano l’innovazione nelle fasi iniziali.
Si parla di progresso tecnologico disincorporato perché sostanzialmente è indipendente da capitale
(K) e lavoro (L).
Questo progresso tecnologico disincorporato, nel modello neoclassico, può avere forme diverse:
o Si parla di progresso tecnologico disincorporato “neutrale”: quando il progresso tecnologico
fa spostare la funzione di produzione senza cambiare il rapporto tra capitale (K) e lavoro (L).
Quindi il rapporto capitale-lavoro rimane invariato ma a parità di capitale e di lavoro, si
produce di più (perché si è più efficienti e perché c’è stato progresso tecnologico);
o Si parla di progresso tecnologico disincorporato “labour saving (risparmio di manodopera)”:
si riduce la quota di lavoro rispetto a quella di capitale. Quindi si produce di più usando meno
lavoro e più capitale.
o Si parla di progresso tecnologico disincorporato “capital saving (risparmio di capitale)”: si
produce di più, in modo più efficiente, riducendo la quota di capitale rispetto a quella di
lavoro.

Queste 3 forme sono forme di crescita per il lungo periodo.


Slide 5:

Tecnica e tecnologia nella funzione di produzione neoclassica

In tale funzione del modello neoclassico facciamo


riferimento agli “isoquanti”.

Gli isoquanti li disegniamo in un grafico dove:

• Nell’asse delle ordinate mettiamo il lavoro;


• Sull’asse delle ascisse mettiamo il capitale.

Ogni isoquanto che vediamo nel grafico


rappresenta un certo livello di tecnologia, che con
diverse composizioni di capitale e lavoro, ci
permette di produrre un certo livello di prodotto.

-Il primo isoquanto, che è quello più vicino all’origine, ci permette di produrre una certa quantità di prodotto
Y pari a 10 (Y=10). Quindi possiamo dire che lungo tutte quelle combinazioni di rapporto capitale-lavoro,
posso usare più capitale e meno lavoro o viceversa, ma la quantità di tecnologia è pari a 10. Quindi il punto
A e il punto B sono punti cui vengono applicate diverse tecniche che permettono di produrre, data la
tecnologia disponibile, una certa quantità di prodotto.

Come si rappresenta il progresso tecnologico in un grafico del genere?

-Con uno spostamento dell’isoquanto. Uno spostamento dell’isoquanto verso l’alto cosa mi dice? Che a
parità, ad esempio, di combinazione capitale-lavoro, posso produrre di più. Perché posso produrre di più?
Perché la tecnologia è migliorata, quindi il sistema economico e più efficiente e produco una quantità di
maggiore.

Quindi questo è il miglioramento della tecnologia, il progresso tecnologico nel modello neoclassico.

Possiamo vederlo anche in termini di funzione di produzione -> prossima slide

Slide 6:

La funzione di produzione

• Sull’asse delle ascisse abbiamo il fattore


produttivo;
• Sull’asse delle ordinate abbiamo il prodotto
totale.

In questo caso, il miglioramento della tecnologia, la


tecnologia nel 1995 passa a quella del 2005 con uno
spostamento della funzione di produzione verso
l’alto: questo vuol dire che a parità di fattore
impiegato posso produrre una quantità maggiore di
prodotto, perché ho una tecnologia più efficiente.

Sto dicendo la stessa cosa di prima: prima con gli


isoquanti e ora con la funzione di produzione.
Slide 7:

La conoscenza

Adesso andiamo a discutere il concetto di conoscenza, andando a rispondere a queste 4 domande:

• Perché è importante nel processo innovativo;


• Come si definisce la conoscenza: due diverse definizioni (neoclassici ed evolutivi che non sono
d’accordo, e quindi due diversi aspetti);
• Chi produce conoscenza? Gli attori;
• Gli incentivi alla produzione: pubblico vs privato;

Andiamo sempre a vedere qual è la posizione dei neoclassici e degli evoluti, andando a sottolineare quali
sono le differenze che ci sono.

Slide 8:

Per iniziare a parlare di “conoscenza”, possiamo parlare di quanto ha detto la ministra dell’Università e della
Ricerca, Cristina Messa. In una intervista del “Sole 24 Ore del 7 marzo 2021”, Cristina Messa a parlare della
conoscenza e andiamo a riprendere alcuni punti di tale intervista: punti importanti, che vanno a introdurre
quello che studieremo.

• Conoscenza è una parola tutt’altro che astratta: genera valore, produce crescita. <<Racchiude in sé
possibilità illimitate di creare innovazione e futuro. Ed è quello che auspico in qualità di ministra
dell’Università e della Ricerca>>.
[È esattamente quello che stiamo dicendo: la conoscenza è alla base dell’innovazione ed è un
concetto per niente astratto perché genera valore, genera crescita -> generare crescita vuol dire
generare posti di lavoro, reddito].
• La conoscenza non coincide con l’informazione né con una valanga di fatti nudi e dati bruti.
[Noi vedremo che nel modello neoclassico, invece, la conoscenza è uguale all’informazione; mentre
nel modello evolutivo, la conoscenza è diverso da informazione].
Secondo Cristina Messa la conoscenza non coincide con l’informazione, cioè non è sufficiente avere
l’informazione per acquisire la conoscenza che è necessaria per fare innovazione (l’innovazione serve
per crescere).
• La trasmissione del sapere ad altri, giovani o meno giovani, non è mai un percorso rettilineo e
univoco, avviene in più direzioni e forma una sorta di albero che ramifica e porta verso orizzonti
imprevedibili. Il rapporto maestro-allievo arricchisce entrambi e il miglior maestro è quello che spera
che l’allievo lo superi. Così evolve la conoscenza.
[Una delle differenze fondamentali tra il modello neoclassico e quello evolutivo:
o Secondo il modello neoclassico la creazione di conoscenza avviene secondo un modello
lineare;
o Secondo il modello evolutivo, invece, sottolinea il fatto che il modello è tutt’altro che lineare.
Slide 9:

Prima domanda che ci poniamo: perché la conoscenza è importante?

• La conoscenza è un fattore fondamentale della crescita economica (oltre al capitale e lavoro), sia per
il modello neoclassico e sia per il modello evolutivo;
• La conoscenza è una componente pervasiva in tutti i settori;
• La sua importanza è crescente nei settori tradizionali oltre che in quelli high tech (tecnologia
avanzata); (la conoscenza è importante in tutti i settori anche in quei settori che richiedono bassa
tecnologia: il settore dell’abbigliamento che viene considerato un settore tradizionale ma che in
realtà oggi ha molta tecnologia. Così come anche il settore del commercio che si è trasformato:
commercio al dettaglio, all’ingrosso ...). Quindi la conoscenza è pervasiva in tutti i settori;
• È alla base del processo innovativo.

Slide 10:

La conoscenza

• Perché è importante
• Come si definisce la conoscenza: due diverse definizioni: neoclassici vs evolutivi
• Chi produce conoscenza? Gli attori
• Gli incentivi alla produzione: pubblico vs privato

Abbiamo risposta alla prima domanda, ora andiamo a vedere per la seconda domanda dove vi è una
differenza tra i due modelli.

Slide 11:

Modello neoclassico: CONOSCENZA = INFORMAZIONE

Nel modello neoclassico, come detto prima, la conoscenza corrisponde all’informazione.

Cosa vuol dire che la conoscenza corrisponde all’informazione?

L’informazione è un bene pubblico. Quali


sono le caratteristiche di un bene pubblico?

• È un bene non rivale;


• È un bene non escludibile.

Cosa implicano queste caratteristiche?

→ Un bene non rivale è un bene che può


essere usato da persone diverse senza che
l’utilizzo di queste persone sia in qualche
modo intaccato dal fatto che lo utilizzano
anche gli altri (pensate ad un parco pubblico).

→ Un bene non escludibile nel senso che è un


bene che tutti possono avvantaggiarsi, quindi non è possibile non far utilizzare tale bene (il litorale del mare).
Quindi l’informazione ha queste due caratteristiche: è non rivale (quindi se io ho una informazione, la stessa
informazione la potete tenere anche voi ed entrambi ne possiamo fare uso in qualche modo) e non escludibile
(se io ascolto una informazione alla televisione, la stessa informazione la potete ascoltare anche voi).

Queste due caratteristiche del bene pubblico hanno due conseguenze importanti che hanno un impatto sulla
produzione di conoscenza nell’ottica neoclassica. Queste due condizioni sono:

• L’informazione è scarsamente appropriabile: se il bene è un bene pubblico puro, è del tutto non
appropriabile. Cioè se chiunque può accedere a quel bene, il risultato è che lo posso utilizzare io o
altri e quindi nessuno se ne può appropriare.
• E ha un alto grado di trasferibilità: può essere facilmente trasferibile, cioè quindi l’informazione si
trasferisce facilmente. Ho molti mezzi per trasferirla (giornale, radio, televisione, social network).

Cosa vuol dire questo? È difficile per un soggetto (colui che produce quell’informazione) impedire che altri la
utilizzino senza per questo pagare un prezzo di mercato. Cosa vuol dire in termini di conoscenza? La
conoscenza la produce un imprenditore innovatore, che quindi produce una idea: se questa idea ha le
caratteristiche di un bene pubblico, il risultato è che la sua idea in realtà non è sua, ma chiunque entra in
qualche modo in contatto con quell’idea (attraverso dei mezzi) può appropriarsene e utilizzarla per il proprio
scopo senza dover pagare un prezzo di mercato, perché se effettivamente è così la conoscenza è uguale
all’informazione, e chiunque entra in contatto con tale informazione può utilizzarla come meglio crede.

Se questo ragionamento ci è chiaro, ha una conseguenza fondamentale sulla produzione di conoscenza in un


sistema economico, e il fatto è che il mercato fallisce (fallimento di mercato). In che senso il mercato fallisce?
Il mercato è un mercato nel quale il produttore produce un bene che poi viene comprato dai consumatori,
ma in questo caso (nel caso della conoscenza che è un bene pubblico) se uno che ha una idea innovativa e
non può appropriarsi della sua idea, l’innovatore non ha incentivo sostanzialmente a produrre innovazione.
Quindi il risultato è quello che in un sistema di questo genere, la produzione di innovazione è sub ottimale:
cioè che nel sistema economico si produce meno innovazione di quello che sarebbe ottimo dal punto di vista
della società per un paese (creare più innovazione, accresce il paese).

E qui quindi, secondo il modello neoclassico, quando c’è un fallimento del mercato, cioè quando il mercato
tra privati (il mercato delle imprese) non funziona, c’è un ruolo per l’operatore pubblico. L’operatore
pubblico, cioè lo Stato, può intervenire con incentivi diretti (si crea un incentivo per le imprese per creare
innovazione attraverso i sussidi ad esempio) o con la creazione di diritti di proprietà (crea i diritti di
appropriabilità, i brevetti).
Slide 12:

Esternalità positive

Cerchiamo di capire bene dove sta questo fallimento del mercato.

Il fallimento del mercato sta nel fatto che la produzione di un bene pubblico (nel nostro caso la produzione
di conoscenza) genera “esternalità positive”: l’esternalità positiva è un effetto collaterale di un bene/servizio
che va ad aumentare il profitto/utilità di terzi per via diretta, cioè con l’assenza di una transazione
commerciale. Quindi c’è qualcuno che produce un bene pubblico, la conoscenza, e c’è qualcuno che se ne
appropria senza pagare nulla (questo è il senso di esternalità positiva).

In che senso le innovazioni generano esternalità:

• Attraverso un processo di imitazione: una impresa produce una innovazione e se non potrà tutelarsi
da tale imitazione, sarà imitata da altri;
• I meccanismi di imitazione sono:
o Circolazione scritta e orale delle idee/informazioni;
o Mobilità del personale (i dipendenti si spostano tra un’impresa all’altra e porta le sue
conoscenze);
o Reverse engineering (le imprese cinese prendono un prodotto, lo smontano da zero e
cercano di capire come è fatto così da realizzare un nuovo prodotto simile a quella che hanno
preso inizialmente, magari non con le stesse qualità);
o Casualità / coincidenza;
• Appicabilità in settori diversi da quello di origine.

Slide 13:

Diverso livello di produzione di ricerca come base dell’innovazione.

Come vedete la quantità ottimale dal punto di vista del


mercato è diversa dalla quantità di vista del mercato dal
punto di vista della società.

-L’incrocio delle due curve rosa ci dice la quantità


ottimale dal punto di vista del mercato. In questo caso
abbiamo sull’asse verticale le “spese in ricerca” e
sull’asse orizzontale il “numero di brevetti come output
della ricerca”: quindi tante spese e tanto output in
termini di ricerca.

Vedete che c’è una curva che rappresenta l’offerta di ricerca a livello privato; la domanda di ricerca a livello
privato; e vedete che c’è una quantità di mercato (Qmercato) che è più bassa di quella che è più ottimale
(Qottimo) dal punto di vista della società -> questo è dovuto proprio dal fatto del fallimento del mercato.

Sostanzialmente qual è il ruolo dello Stato? È quello di far salire la produzione di ricerca dal punto di vista
delle imprese private, dal punto ottimo del mercato al punto ottimo della società. Quindi lo Stato dovrà
spingere le imprese a investire di più rispetto a quello che investirebbero sulla base delle proprie convenienze
in ricerca, perché questo sia positivo dal punto di vista della società.
Slide 14:

Rimedi ai fallimenti del mercato da esternalità di conoscenza

Quali sono i rimedi ai fallimenti del mercato? Abbiamo detto che ci sono due problemi: problemi di
appropriabilità dei risultati e un problema di sotto-investimento nella ricerca, e i due strumenti attraverso il
quale lo Stato interviene per rimediare a questo fallimento del mercato nella produzione di innovazione,
sono:

• Sussidi alla ricerca (riducono i costi delle imprese spostando verso il basso curva di offerta e quindi
facendo aumentare l’offerta privata verso Qottimo): problema se l’incentivo si sostituisce alla spesa
privata invece di aggiungersi.
Quindi attraverso i sussidi alla ricerca, lo Stato spinge le imprese a investire di più: è un incentivo ad
aumentare la spesa privata in ricerca.
• Creazione di diritti di proprietà (appropriabilità): BREVETTI.
Attraverso la creazione di diritti di proprietà e la concessione di brevetti, permette alle imprese che
registrano i brevetti sulle loro innovazioni di garantirsi la possibilità di sfruttare economicamente il
risultato della propria attività innovativa per un certo periodo di tempo fino allo scadere dei brevetti.

Slide 15:

Limiti naturali alla creazione di esternalità da conoscenza

Tutto questo che abbiamo detto fino a quando consideriamo che la conoscenza è un bene pubblico “puro”
(cioè non rivale e perfettamente trasferibile).

Il modello neoclassico non considera alcuni elementi della conoscenza come bene pubblico puro, ma come
pubblico non puro.

Che cos’è un bene pubblico “non puro”? È un bene pubblico nel quale c’è una certa difficoltà a renderlo
appropriabile ma in realtà per certo aspetti ha degli elementi taciti che non sono facilmente trasferibili. È
vero che io posso imitare qualcosa che ha fatto qualcun altro, ma ad esempio con l’esempio dei cinesi, la
qualità è diversa.

-Quindi come primo aspetto possiamo dire che ci sono degli elementi taciti della conoscenza.

Nella conoscenza ci sono aspetti che non sono appropriabili poiché la conoscenza ha degli elementi che sono
legati alle persone che la producono (quindi “a livello individuale” -> quindi le skills di chi la produce, “saper
fare”) e alle caratteristiche delle imprese (è fatta da individui che hanno una propria “routine” ed è diversa
da un’altra impresa).

-Come secondo aspetto possiamo dire che il trasferimento e la costruzione di conoscenza non è proprio senza
costi. È vero che io posso copiare e imitare ma devo sviluppare una certa “capacità di assorbimento”. Con
l’esempio dei cinesi, possiamo dire che:

• Effettuare un costo di acquisto macchinari già in possesso dei rivali;


• Devono essere capaci di fare il “reverse engineering” su tecnologie altrui incorporate;
• E devono investire sulla costruzione di competenza, non è che chiunque, ad esempio, prende la
macchina e la smonta e rimonta.

Tutto questo ha un costo e non viene a costo zero come ci dice il modello più estremo di conoscenza come
bene pubblico “puro”.
Quindi il trasferimento della conoscenza è ben più complesso, la conoscenza non è esattamente
informazione. E qui si divide il modello neoclassico da quello evolutivo perché il modello neoclassico arriva
al massimo a dire che la conoscenza è un bene pubblico non esattamente puro, quindi ci possono essere
delle difficoltà (tipo elementi taciti); il modello evolutivo è indirizzato verso l’altra direzione.

Vediamo quindi cosa ci dice il modello evolutivo -> prossima slide.

Slide 16:

Modello evolutivo: conoscenza non è informazione

Secondo il modello evolutivo, la conoscenza non è per nulla informazione: quindi tutti gli aspetti che abbiamo
iniziato ad introdurre sono gli aspetti che vengono sottolineati nel modello evolutivo.

Nel modello evolutivo:

• La conoscenza è specifica rispetto all’impresa ed al contesto: quindi, la conoscenza dell’impresa


meccanica italiana non è che sia così facilmente trasferibile in un’impresa meccanica cinese. Ci sono
delle specificità che non sono trasferibili, e queste specificità che non sono trasferibili rendono
l’imitazione costosa, e fanno si che il prodotto imitato non è mai esattamente uguale a quello
originale (non è detto che sia peggiore, in quanto può essere anche migliore);
• La conoscenza è scarsamente codificabile e scarsamente trasferibile: quindi evidenziano
maggiormente gli aspetti di conoscenza tacita;
• Tutto questo influisce sulle condizioni di appropriabilità: cioè sostanzialmente, se la conoscenza è
scarsamente codificabile e scarsamente trasferibile, per appropriarsene del risultato dell’attività di
innovazione, non sempre sono necessari i brevetti, ma anche dalla imitabilità delle conoscenze e
delle competenze (spesso tacite) dell’impresa innovativa e dal grado di cumulatività delle conoscenze
e delle tecnologie. Gli evolutivi dicono che non solo gli brevetti sono l’unico strumento per difendere
l’appropriabilità dell’innovazione (mentre per il modello neoclassico è l’elemento chiave).

Slide 17:

La conoscenza può essere

Vediamo adesso, un po' più nel dettaglio, la definizione di conoscenza per gli evolutivi. Gli evolutivi cercano
di definire la conoscenza sulla base di 3 dimensioni:

• Conoscenza più o meno “universale” vs conoscenza più o meno “specifica”: cioè sottolineano che
alcuni tipi di conoscenza sono universali (come per esempio l’informatica), altri sono molto specifici
di un particolare contesto, di una particolare industria, di una particolare impresa (l’informatica è
universale ma adattando una informatica all’interno di uno specifico contesto, quello è conoscenza
specifica);
• Conoscenza più o meno “codificata” vs conoscenza più o meno “tacita”: alcune conoscenze possono
essere descritte in modo dettagliato in manuali e sono quindi facilmente trasferibili ed accessibili.
Altre sono tacite, apprese attraverso la pratica, accumulate nelle persone più che nei libri e quindi
difficilmente accessibili e trasferibili.
La differenza tra conoscenza codifica e tacita è molto legata al tipo di settore: in un settore
farmaceutico la conoscenza è super codificata (la pfizer produce il vaccino, e tutti i procedimenti e
gli esperimenti per la produzione di quel vaccino è tutto codificato. Tranne il trasferimento che è con
il brevetto); mentre in un settore come l’abbigliamento, la conoscenza è molto meno codificata, in
quanto la conoscenza è molto più nelle competenze delle persone che ci lavorano (quindi è molto
soggettiva) ed è molto difficile trasferire (non possiamo andare da un designer e dire di darci un
manuale per produrre una collezione che ha le caratteristiche di quelle che ha prodotto lui);
• Conoscenza più o meno “pubblica” vs conoscenza più o meno “privata”: la conoscenza privata è la
conoscenza che è tenuta segreta dai brevetti o è implicitamente tacita; la conoscenza pubblica è
quella che circola nei libri, nei manuali e pubblicazioni.

Slide 20:

Conoscenza: evolutivi vs neoclassici

Facendo una sintesi di quello che abbiamo detto fino ad ora.

Secondo gli evolutivi. Secondo i neoclassici.

La conoscenza non è uguale La conoscenza =


all’informazione: informazione = bene
• Poco appropriabile; pubblico:
• Poco trasferibile; • Facilmente
• Specifica rispetto appropriabile;
all’impresa ed al • Altamente
contesto; codificabile;
• Scarsamente • Facilmente
codificabile. trasferibile.

Slide 21:

La conoscenza

• Perché è importante
• Come si definisce la conoscenza: due diverse definizioni: neoclassici vs evolutivi
• Chi produce conoscenza? Gli attori
• Gli incentivi alla produzione: pubblico vs privato

Abbiamo risposta alla prima domanda in precedenza e ora abbiamo risposto a come si definisce la
conoscenza con le due diverse definizioni.

Ora invece iniziamo a rispondere alle ultime due domande.


Slide 22:

La produzione di conoscenza: il settore pubblico

Ciò che caratterizza la produzione di conoscenza


nel settore pubblico è il modello “Open Science”.
Cosa vuol dire? Vuol dire, sostanzialmente, nel
settore pubblico, chi produce la conoscenza, che
sono sostanzialmente i ricercatori (per esempio
nelle università), sono incentivati a rendere
pubblici il risultato del loro lavoro. Questo avviene
attraverso la pubblicazione dei risultati dei lavori
di ricerca nei giornali, e ciò lo rende trasferibile.

Qual è l’incentivo, perché i ricercatori sono spinti a rendere pubblici i risultati della propria ricerca? Perché
dalla pubblicità dei risultati della propria ricerca, dipende la propria reputazione (riconoscimento pubblico,
stima della comunità). Tale ricerca assumerà un determinato valore, e tanto più avrà successo tale, tanto più
elevato sarà il valore della ricerca. Tutto ciò è importante per fare carriera quindi ma anche per accedere ai
fondi per fare ricerca.

Quindi il modello che domina nella produzione della ricerca nel settore pubblico è il cosiddetto “modello di
Open Science”, che ha dei benefici sociali nel lungo periodo, e implica la produzione di ricerca (conoscenze)
generali e astratte, che quindi non sono applicabili immediatamente ad uno specifico ambito (la cosiddetta
“ricerca di base”).

Slide 23:

La produzione di conoscenza: il settore privato

Diverso, invece, il discorso degli incentivi per la produzione di


conoscenza nel settore privato.

L’obiettivo della ricerca è quella di una rendita economica


(quindi fare profitti) e quindi l’obiettivo è esattamente
l’opposto di quella pubblica: cioè si fa ricerca e si cerca di
proteggere i risultati della propria ricerca perché solo
proteggendo i risultati della propria ricerca (tenendoli nascosti,
registrando dei brevetti) che l’obiettivo è quella che le imprese,
o coloro i quali i ricercatori lavorano all’interno delle imprese,
il loro incentivo deriva dal fatto che l’impresa cerca di arrivare
per prima ad una certa innovazione e a guadagnare dei profitti. I loro salari dipendono quindi se l’imprese
cresce oppure no (l’impresa cresce e i salari altrettanto).

Il modello è “Private Technology” e implica benefici privati di breve periodo (arrivare nel mercato e avere un
profitto) e le conoscenze sono molto più specifiche (si fa quindi ricerca in ambiti specifici) rispetto a quella
pubblica.
LEZIONE 10 MARZO (6° LEZIONE)

Slide 24:

Perché lo Stato dovrebbe investire in Ricerca?

Individuate 3 motivi principali. Quali sono i 3 motivi principali per l’intervento pubblico in ricerca?

Crescita economica; competitività internazionale; esternalità positive; competitività sul mercato; ecc…

La domanda che in realtà la prof voleva intendere era: perché deve essere lo Stato a investire in ricerca? Noi
fin da subito abbiamo detto che sono le imprese che investono nelle ricerche, a trovare innovazione: quindi
le imprese effettuano le ricerche mentre lo Stato deve intervenire nel momento in cui c’è un fallimento del
mercato, per risolvere un fallimento del mercato. Quindi lo Stato non si deve sostituire alle imprese.

Slide 25:

La conoscenza

• Perché è importante
• Come si definisce la conoscenza: due diverse definizioni: neoclassici vs evolutivi
• Chi produce conoscenza? Gli attori
• Gli incentivi alla produzione: pubblico vs privato

Abbiamo risposto alle prime 3 domande (la terza domanda riguarda le ultime slides della lezione precedente)
e ora rispondiamo all’ultima domanda.

Slide 26:

Attività di ricerca caratterizzata da forte incertezza

Partiamo dalle caratteristiche delle attività di ricerca. Caratteristiche che sono molto importanti per spiegare
il ruolo dello Stato e delle imprese private, e come avviene effettivamente l’attività di ricerca.

Le caratteristiche sono 2:

• Una è il fatto che la ricerca è caratterizzata da una “informazione incompleta”. Cioè, appunto, le
imprese e gli individui ricercatori non conoscono in anticipo tutti i possibili esiti della propria attività
di ricerca, in particolare quelle rivolte a esplorare nuove tecniche (combinazioni di fattori) o
tecnologie -> QUINDI NON C’E’ MAI INFORMAZIONE PERFETTA/COMPLETA;
• La seconda caratteristica è il fatto che la “previsione è imperfetta”. Cioè io posso ipotizzare l’esito di
una attività di ricerca, ma solitamente è una ipotesi: una ipotesi che può essere avvalorata da
evidenze empiriche, ma le cose possono andare sempre nel modo diverso da quello che mi
aspettavo. Quindi c’è una incertezza che, fondamentale, caratterizza l’attività di ricerca.
E questo è un elemento importante che spiega: da un lato l’intervento in certi casi dello Stato (cioè
lo Stato, sostanzialmente, può permettersi, se lo scopo è rilevante, di investire in una attività di
ricerca); dall’altro lato, l’incertezza è un elemento che fondamentale nel momento in cui si pensa a
come si finanzia l’innovazione (l’attività di ricerca, di solito, è molto costosa, quindi le imprese per
poter finanziare l’innovazione, devono trovare capitali -> questo è il problema, cioè trovare dei
capitali esterni, cioè coloro che finanzia su un qualcosa che non sa bene quale potrà essere il risultato
[le banche non funzionano per finanziare l’innovazione, proprio perché l’innovazione è incertezza, e
quindi il finanziamento dell’innovazione segue regole diverse da altre forme di finanziamento]).
Slide 27:

Quindi, che cosa implica l’incertezza?

Non sappiamo bene dove si arriva con una certa attività di ricerca. Ovviamente non si parte senza sapere
nulla, però rimane sempre un margine di incertezza: questo margine di incertezza sarà tanto più elevato
quanta più ricerca si fa in ambiti sperimentali, in ambiti nuovi.

-L’incertezza può essere anche una incertezza in termini di quando si vedranno i risultati, nel breve o nel
lungo periodo:

• Può essere che alcuni progetti di ricerca richiedano tempi molto lunghi, quindi questo è anche un
problema per il finanziamento in quanto ci vuole un gran capitale per finanziare una lunga ricerca, e
tale capitale viene chiamato “capitale paziente”: paziente perché i risultati si vedono nel lungo
periodo. Lo Stato è il tipo finanziatore paziente: è l’unico che può permettersi di finanziare nel lungo
periodo -> le imprese non possono perché vivono con i profitti e devono pagare le spese, i dipendenti
e tutto, e quindi non potrà mettere soldi in un qualcosa che vedrà i risultati in un periodo molto
lungo.
• Quindi ci possono essere benefici di breve e lungo periodo: aree di ricerca che potrebbero sembrare
poco efficaci nel breve periodo, ma poi risultare estremamente utili in futuro.

-L’incertezza è legata anche al fatto che è importante mantenere aperte le opportunità tecnologiche. Il
pubblico finanzia diverse attività di ricerca, o ricerca in discipline che non hanno un impatto immediato sul
progresso tecnico, e quindi sul benessere della società, perché tiene conto delle opportunità che si
potrebbero aprire in futuro (es. finanziamento delle ricerche universitarie). Un ruolo dello Stato è proprio
quello di mantenere aperte diverse opportunità tecnologiche.

Slide 28:

Ruolo del settore pubblico nella ricerca: esempi

• Nascita dei transistor e la nascita dell’industria dei semiconduttori, che è alla base di tutto lo
sviluppo dell’industria dei computer: in realtà, l’industria dei computer è privata ma la ricerca nasce
come ricerca pubblica. Nasce come ricerca pubblica nell’ambito del ministero della difesa americano.
L’origine della ricerca, quindi, viene finanziata dalle agenzie pubbliche e fatta con i soldi pubblici.
• Nascita dell’industria farmaceutica: per esempio in Germania e in Svizzera c’è stato un ruolo centrale
delle università -> università che hanno iniziato ad investire in ricerca in ambito farmacologico e da
lì in poi è nata l’industria farmaceutica.
• Nascita del biotech: anche questo nasce grazie ad un finanziamo del NIH (National Institute of
Health), che è l’istituto pubblico di ricerca in ambito della salute americano. Da lì sono nate imprese
private, all’inizio start up.
Slide 29:

In questa slide abbiamo una affermazione di Bill Gates.

Bill Gates sottolinea l’importanza del governo, nel prendere l’eredini nella ricerca pubblica, nella ricerca di
base: in questo caso per sostenere la cosiddetta transizione a livello energetico.

Bill Gates sostiene un ruolo fondamentale dello Stato, la transizione a livello energico sarà possibile solo se
ci sarà un ruolo fondamentale da parte dello Stato: fondamentali saranno anche i contributi delle imprese
private, ma il ruolo dello Stato è fondamentale.

Slide 30:

Questa è una ricerca fatta tempo fa, dove si va a vedere l’origine della ricerca necessaria per sviluppare tutta
una serie di componenti che sono contenute negli IPhone (nei dispositivi della Apple).

La Apple è una impresa privata e la genialità di Steve Jobs e dei suoi successori è stata quello di assemblare
in un prodotto risultati di ricerca tecnologica che però è stata fatta dallo Stato, cioè con soldi pubblici.

Ogni componente ha avuto un finanziamento diverso da parte di diversi istituti pubblici.


Slide 32:

Questo è il Budgets del National Institute of Health (NIH): 1936 - 2011

Vedete che ha un
budget di 40 miliardi
di dollari.

È il più grosso istituto


di ricerca pubblico al
mondo in ambito della
salute.

Quindi questo è per quanto riguarda il ruolo dello Stato fino ad ora.

Slide 33:

Come avviene l’innovazione secondo il modello neoclassico: il processo lineare

Secondo il modello neoclassico, l’innovazione avviene seguendo un modello lineare

L’idea del modello neoclassico è quello che: le istituzioni fanno ricerca -> quindi le istituzioni pubbliche, lo
Stato, e le università fanno ricerca -> producono risultati -> questi risultati vengono presi dalle imprese e
trasformati in prodotti -> poi questi prodotti vengono venduti.

Quindi è un processo lineare, perché appunto la conoscenza necessaria a fare innovazione va in modo lineare
dal mondo della ricerca al mondo dell’impresa, e si trasformano in prodotti innovativi che vengono venduti
nel mercato.

Questo tipo di ragionamento (questo modello lineare) ha origine nelle politiche tecnologiche degli Stati Uniti
e della Gran Bretagna negli anni 40’ – 60’. Questi erano anni in cui si parlava di programmi “Big Science”,
spesso a scopo militare.
Slide 34:

Due modelli lineari: innovazione demand pull o technology push?

Il modello lineare può avere due origini:

• Si parla di innovazione “demand pull” cioè trainata dalla domanda;


• O “technology push” cioè spinta dalla tecnologia.

Nel caso di “demand pull”,


l’origine della motivazione
per fare ricerca viene da una
domanda del mercato, e
questa domanda genera
attività di ricerca, che a sua volta genera risultati, e questi risultati vengono presi dall’impresa per produrre
un prodotto che risolve il problema (che era stato lo stimolo iniziale).

Mentre invece il “technology


push” è sostanzialmente il
cambiamento tecnologico
che è spinto dal progresso
scientifico, cioè: nei
laboratori si fa attività di ricerca per curiosità (quindi non derivanti da una domanda del mercato), la ricerca
poi produce dei risultati, questi risultati poi vengono utilizzati dalle imprese per produrre prodotti innovativi.

In generale, possiamo dire che nelle prime fasi del ciclo di vita delle tecnologie tendenzialmente l’origine è
più “technology push”, mentre nelle fasi successive si può parlare di innovazione “demand pull”: ad esempio
i primi computer che nascono da technology push, in quanto vengono da ricerche in ambito tecnologico;
mentre i pc (personal computer) è l’idea di soddisfare un bisogno del mercato.

Due innovazioni che quindi nascono da uno stimolo diverso.

Slide 35:

Innovazione nel modello neoclassico

Vediamo adesso in sintesi l’innovazione nel modello neoclassico, perché poi parleremo di innovazione nel
modello evolutivo.

• Nel modello neoclassico, gli investimenti in R&S nelle imprese, sono motivati dalle prospettive di
profitto;
• La nuova conoscenza viene trasformata in nuovi prodotti seguendo una sequenza fissa di fasi lineari
(quindi il modello lineare);
• Conoscenza tecnologica è informazione codificata che può venire pienamente trasmessa ed
acquisita, senza che questo richieda alcun processo di apprendimento specifico e costoso.
Slide 36:

Apprendimento = Learning by doing (processo apprendimento dei neoclassici)

Che cos’è l’apprendimento per i neoclassici? È semplicemente il “Learning by doing”, cioè sostanzialmente
l’idea che la produttività di un’impresa aumenta (e i suoi costi diminuiscono) al cresce delle unità prodotte.

Quindi sostanzialmente, tanto più produco tanto più aumenta la mia produttività. È una forma di
apprendimento molto meccanica, che non tiene conto di tante situazioni di contesto, differenze individuali
delle imprese.

Quindi nel modello neoclassico si parla di processo di apprendimento, ma questo processo di apprendimento
non richiede investimenti specifici e non è costoso perché avviene in modo automatico.

Slide 37:

Modello Evolutivo – Fattori cruciali che influiscono sull’attività di ricerca e innovazione nelle imprese

Vediamo quali sono le cose che aggiunge al modello neoclassico rispetto alla spiegazione dell’attività di
ricerca e all’attività di innovazione nelle imprese.

I 4 temi sui quali il modello evolutivo si distacca dal modello neoclassico:

1. L’evoluzione delle opportunità scientifiche e tecnologiche;


2. L’organizzazione e le procedure di ricerca;
3. La conoscenza accumulata, le competenze ed il processo di apprendimento;
4. Le relazioni e le complementarietà.
Slide 38:

1. L’evoluzione delle opportunità scientifiche e tecnologiche

Che cosa dice il modello evolutivo? Sostanzialmente dice che le opportunità scientifiche e tecnologiche
possono essere molto diverse, per imprese diverse, in settori diversi e queste opportunità non derivano
solamente dall’attività di ricerca fatta nei laboratori di ricerca così come era sostenuto dal modello
neoclassico, MA le fonti e le opportunità per le innovazione possono essere molteplici:

• Sicuramente la R&S;
• Ma anche l’interazione con i fornitori;
• L’interazione con i clienti;
• E le interazioni con altre imprese.

Quindi, il processo di innovazione/ricerca è molto meno


lineare, è molto più complesso rispetto a quello che ci
raccontavano i neoclassici: secondo i neoclassici la ricerca
avveniva dai ricercatori, mentre secondo gli evolutivi
l’innovazione può derivare anche da stimoli che vengono da
altre relazioni che le imprese hanno (ad esempio il fornitore
di un settore della ceramica, dove il prodotto innovativo può
essere il risultato di una interazione tra il produttore di
ceramica e il suo fornitore, che appunto fornisce le macchine
per fare ceramica, e nasce da una interazione una nuova
macchina che permette al produttore di ceramica di creare un prodotto innovativo -> quindi l’innovazione
non nasce da un laboratorio ma da una interazione).

Questa concezione di interazione è fondamentale per il modello evolutivo.

Slide 39:

2. L’organizzazione e le procedure di ricerca

Il modello evolutivo evidenzia anche il fatto che


l’apprendimento è un elemento fondamentale del processo di
innovazione ed è tutt’altro che un processo che avviene senza
costi e in modo automatico come ci dicevano i neoclassici (che
parlavano di apprendimento “Learning by doing”), ma anzi le
imprese devono investire in attività di apprendimento. E quindi
è una attività specifica fondamentale che serve per risolvere
problemi tecnologici o problemi produttivi.
Slide 40:

Il processo di apprendimento (modello evolutivo)

-Il processo di apprendimento nel modello evolutivo è un processo di acquisizione ed accumulazione di


conoscenza che avviene attraverso la ricerca, l’attività produttiva e il marketing: che cosa vuol dire? Vuol dire
che nel modello evolutivo non conta solo fare ricerca e produrre risultati, ma conta anche tutto quel processo
che serve per apprendere quei risultati (per adattare quei risultati).

Tutto questo è tutt’altro che automatico, è un elemento chiave che influenza la capacità innovativa delle
imprese.

-Quindi l’apprendimento non è semplice acquisizione di informazioni e non avviene semplicemente con il
passare del tempo (questo è il “learning by doing”), ma è un’attività focalizzata alla soluzione di problemi
specifici.

-È un processo:

• Multidimensionale: quindi che ha dimensioni diverse;


• Cumulativo: cioè nel senso che l’apprendimento dipende dalla conoscenza che io ho già e genera
nuove conoscenze;
• A carattere locale e contestuale: cioè uno apprende qualcosa partendo dalle esperienze che ha già;
• Con una forte dimensione cognitiva.

-Quindi nel modello evolutivo, oltre al modello “Learning by doing” (modello neoclassico), ci sono una serie
di altre forme di apprendimento, come:

• Learning by using;
• Learning by searching;
• Learning by learning;
• Learning by interacting.

Quindi oltre alla fase della ricerca, c’è la fase dell’apprendimento che è altrettanto chiave e importante, sul
quale le imprese devono investire risorse.

Slide 41:

3. La conoscenza accumulata e le competenze

Conoscenza accumulata e competenze, che cosa vuol dire?

Vuol dire sostanzialmente che le imprese, di solito, fanno ricerca a turno alle competenze che hanno già
accumulato: cioè raramente un’impresa inizierà a fare ricerca in ambiti che sono per lei completamente
nuovi, sui quali non ha competenze, MA tenderà a fare ricerca intorno alle competenze che ha già.

Qui vediamo rappresentato la funzione di isoquanto (con il capitale il lavoro) e


l’idea è che se l’impresa sta nel punto che è rappresentato nella curva, la sua
attività di ricerca sarà nell’intorno.
Quindi le imprese fanno ricerca intorno alle loro competenze, e quindi interviene lo Stato che si farà carico
di iniziare la ricerca in quegli ambiti che sono lontani dalle competenze delle imprese (questo è un ruolo dello
Stato).

Dall’altra parte la ricerca aumenta le competenze, e quindi man mano che aumenta le competenze ciò
comporta un aumento anche del suo ambito, quindi consentono un migliore assorbimento delle conoscenze
ed una ricerca più avanzata.

Esiste una sorta di relazione dinamica tra le competenze e la ricerca.

Slide 42:

4. Le relazioni e le complementarietà

Infine, le relazioni, come abbiamo detto all’inizio della spiegazione del modello evolutivo, sono fondamentali
perché, secondo il modello evolutivo, la ricerca e l’innovazione sono un processo interattivo e collettivo: cioè,
l’innovazione avviene all’interno delle imprese, ma le imprese per fare innovazione interagiscono con una
serie di altri attori e queste interazioni sono fondamentali.

Per cui, secondo il modello evolutivo, il processo di innovazione non è processo lineare (come avviene nei
neoclassici) ma è un “processo a catena”, caratterizzato da interdipendenze, complementarietà e retroazioni
sia con contatti interni all’impresa e sia con contatti esterni all’impresa (università, centri di ricerca, fornitori,
clienti e operatori pubblici).

Come diceva Cristina Messa <<l’attività di ricerca non è un processo lineare ma è un processo fatto da
interazioni>>.

Slide 43:

Innovazione come processo a catena

Questo è un modo di rappresentare il


“processo a catena”. I primi economisti
che parlano di processo a catena sono
Kline e Rosenberg nel 1986 e danno una
rappresentazione che vediamo qui.

Vediamo nella parte centrale che c’è l’approccio lineare dei neoclassici ma
in realtà, nel caso del modello evolutivo, il trasferimento di conoscenza è
basato su feedback continui tra attori diversi.
Slide 44:

Possiamo dire che secondo i neoclassici il


processo di innovazione era “demand pull” o
“technology push”, mentre secondo gli innovativi
è allo stesso tempo “demand pull” e “technology
push”: cioè l’innovazione è il risultato di una
spinta della conoscenza a livello tecnologico ma
anche di risoluzione di un problema a livello del
mercato e coinvolge appunto attori diversi, ed è
soprattutto il risultato delle interazioni tra quelli
attori.

Quando parleremo di sistema di innovazione, il punto fondamentale sarà proprio quella della interazione tra
gli attori.

Slide 45:

Neoclassici e evolutivi: similarità

Vediamo alcune slide di sintesi per concludere: slide di similarità e di differenze.

In termini di similarità:

• Sia i neoclassici che gli evolutivi ci dicono che le opportunità scientifiche e tecnologiche di un’industria
influiscono sul tasso di progresso tecnologico;
• In entrambi i casi, le imprese sono l’attore principale del processo innovativo e le imprese sono spinte
da incentivi economici. Quindi è importante l’appropriabilità dei risultati, perché solo se i risultati
sono appropriabili le imprese hanno un incentivo a investire in innovazione;
• Le condizioni di domanda influiscono sul tasso di innovazione: una domanda elevata o in crescita
incentiva le imprese ad investire in R&S -> questo perché appunto le imprese sono mosse da un
incentivo economico (se il mercato è grande, avranno un incentivo più elevato);
• La struttura del mercato è importante: il mercato oligopolistico favorisce il tasso di progresso
tecnologico.
Anche se, la relazione tra struttura di mercato e innovazione è endogena: quindi si influenzano a
vicenda.
Slide 46:

Il processo innovativo – Le differenze

Ci sono delle differenze di come i due modelli propongono di rappresentare il processo innovativo.

-Il processo innovativo nel modello


neoclassico è lineare; mentre nel modello
evolutivo si parla di un processo “a catena”,
dove quindi ci sono le interazioni.

-Nel modello neoclassico l’intensità


dell’innovazione dipende dalle condizioni di
appropriabilità delle rendite di innovazione
(contano i Brevetti); nel caso del modello
evolutivo, l’appropriabilità è anche
importante, però non dipende soltanto dai
Brevetti MA anche dalle conoscenze
dell’impresa.

-La direzione di avanzamento del progresso tecnologico, nel modello neoclassico, dipende da fattori legati ai
mutamenti della domanda e dei prezzi relativi e dal progresso scientifico (cioè da “technology push” e
“demand pull”); nel caso del modello evolutivo, la direzione dipende anche dalle tecnologie e conoscenze
esistenti perché la ricerca è spessa fatta a livello locale.

Slide 47:
LEZIONE 16 MARZO (7° LEZIONE)

I SISTEMI DI INNOVAZIONE

Con questo ci allacciamo con quanto visto la scorsa settimana, quando abbiamo introdotto il modello
evolutivo: se vi ricordate, quando abbiamo parlato di processo di innovazione nel modello evolutivo avevamo
sottolineato il che il processo di innovazione fosse un processo, che Kline e Rosenberg avevano definito “a
catena”, dove l’innovazione avviene nelle imprese ma le imprese interagiscono con una serie di altri soggetti
per effettuare innovazione: e questi altri soggetti possono essere altre imprese (fornitori o concorrenti),
utenti finali del prodotto, possono essere le università, centri di ricerca. Tutte queste interazioni che portano
alla innovazione sono rappresentate nel concetto di “Sistema di Innovazione”.

Slide 2:

Di cosa parliamo?

• Che cos’è un Sistema di Innovazione?


• Quali sono gli attori principali del SI?
o Università;
o Sistema finanziario.
• Sistemi settoriali di innovazione (un sistema parallelo al Sistema di Innovazione);
• SI nei paesi in via di sviluppo
Andiamo a collegarci a quanto detto nella scorsa lezione.

Slide 3:

Andiamo a vedere quando per la prima volta viene introdotto il concetto di “Sistema”, ancora non si parlava
di Sistema di Innovazione, ma “il Sistema Nazionale di Politica Economica (The National System of Political
Economy)” che è un po' l’origine del Sistema di Innovazione.

Viene fatto risalire a List nel 1841, nel pieno della rivoluzione industriale.

List introduce appunto questo Sistema Nazionale di Politica Economica, che utilizza per spiegare
sostanzialmente come la Germania stava in quegli anni, raggiungendo, dal punto di vista dello sviluppo
industriale, l’Inghilterra.

In questa opera di List si introduce appunto la descrizione del Sistema tedesco per l’industrializzazione, il
sistema che appunto fatto da imprese, banca, imprese di piccole e medie dimensioni: e si vede come il ruolo
di tutti questi diversi attori contribuisce alla industrializzazione della Germania in quegli anni -> una
industrializzazione che porta la Germania a raggiungere l’Inghilterra che era in quegli anni la potenza
industriale più sviluppata.

In questa opera di List per la prima volta si introduce quest’idea del Sistema e dell’importanza delle relazioni
tra attori diversi, in questo caso per il raggiungimento di un obiettivo che è quello dell’industrializzazione.
Slide 4:

Per capire, inizialmente da un punto di vista intuitivo, il concetto di “Sistema di Innovazione”, partiamo da
un esempio: Il settore farmaceutico negli USA (nelson, ODS 2008)

È un esempio che viene riportato in un articolo di Nelson, e che da appunto una illustrazione della nascita di
come si sviluppa il settore farmaceutico negli USA.

• Nelson parla di come negli anni ’60 – ’70 iniziano ad esserci i primi laboratori che studiano la biologia
molecolare nelle università.
• Da questi laboratori iniziano a nascere alcune prime imprese in ambito biotecnologico che sviluppano
i primi prodotti farmaceutici.
• Si sottolinea come queste competenze, in ambito biotecnologico, non siano competenze che si
ritrovano nel settore farmaceutico tradizionale negli USA, ma siano appunto competenze che
nascono proprio nell’ambito dell’università e che poi si trasferiscono a piccole start up
biotecnologiche.

Slide 5:

Il Sistema statunitense è un sistema particolarmente favorevole allo sviluppo del settore delle biotecnologie,
per una serie di motivi:

• In primo luogo, gli Stati Uniti sono caratterizzati da una tradizione di forti legami tra il settore privato
e le università industrie (industry and university → I – U): c’è una certa predisposizione da parte dei
ricercatori universitari a farsi coinvolgere nell’attività di ricerca dell’università;
• Da una importante legge <<Bay-Dole Act>> che viene approvata dagli Stati Uniti e che
sostanzialmente incoraggia l’attività di brevettazione a livello delle università.
Spieghiamo di cosa si tratta: nelle università i ricercatori hanno un incentivo a rendere pubblico il
risultato della propria ricerca e, diciamo, tradizionalmente nelle università i ricercatori non avevano
incentivo a brevettare la propria attività di ricerca, questo perché? L’attività di ricerca svolta
all’interno dell’università, chi brevetta poi è l’università stessa e non il singolo ricercatore.
Quindi il singolo ricercatore non aveva un incentivo economico a brevettare. Il “Bay-Dole Act”, che
viene approvato dagli Stati Uniti, cambia questa situazione e crea un incentivo economico per i
ricercatori dell’università per brevettare, nel senso che i ricercatori possono ricevere un beneficio
economico dallo sfruttamento dei loro brevetti.
Per i ricercatori quindi diventa conveniente!
QUESTO ACCORDO IN EUROPA arriva molto più tardi (USA ANNI 60 – EUROPA ANNI 90);
• Esiste un sistema finanziario, che è quello del mercato Venture Capital, che è particolarmente
adeguato a finanziare l’attività di innovazione. LA BANCA NON INVESTE IN ATTIVITA’ DI RICERCA
PERCHE’ SONO ATTIVITA’ INCERTE;
• Infine, anche gli investimenti pubblici del NHI (National Health Institute) sono estremamente elevati.
Quindi possiamo sintetizzare in 3 punti:

1. Ricerca nelle università orientata al brevetto e al profitto;


2. Disponibilità finanziarie nel mercato;
3. Disponibilità di finanziamenti pubblici.
Slide 6:

Innovation system in Nelson (2008)

Così Nelson conclude in quest’articolo che lo sviluppo dell’industria biotech negli Stati Uniti è stata favorita
da un sistema di innovazione particolarmente adatto al suo sviluppo. Dove gli attori principali sono stati il
sistema finanziario, le università, il NHI, e i finanziamenti da parte dello Stato.

L’insieme di questi attori ha favorito da un lato lo sviluppo di ricerca nel settore, dall’altro lato invece
possiamo dire che il trasferimento dei risultati di questa ricerca dalle università alle piccolo imprese
(inizialmente alle start up in ambito biotech) e poi il coinvolgimento delle grandi imprese del settore
farmaceutico.

Slide 7:

Alcune definizioni di Sistema di innovazione

Il sistema di innovazione è appunto un insieme di attori che sono interrelati tra di loro e che possono favorire
l’attività di innovazioni.

Abbiamo visto che il primo che parla di sistema nazionale è List nel 1841, dopodiché il concetto di sistema
nazionale (nazionale di industrializzazione/innovazione) viene ripreso nel 1987 da Freeman.

• Freeman era un economista inglese che riprende questo concetto introdotto da List per spiegare,
anche in questo caso, il catch up dal punto di vista tecnologico industriale di un paese rispetto alla
potenza industriale e di innovazione del tempo, che erano gli Stati Uniti.
Freeman studia il Giappone, cioè usa il sistema di innovazione per spiegare come era possibile che
negli anni ’80 il Giappone inizia ad insediare la potenza, in termini di innovazione/tecnologico, degli
Stati Uniti.
Per spiegare quindi il successo del Giappone, utilizza il concetto di Sistema di Innovazione
evidenziano l’importanza che hanno le relazioni tra istituzioni e attori diversi, che nel caso del
Giappone erano appunto le grandi imprese giapponesi ma contemporaneamente anche una serie di
attori pubblici che svolgono un ruolo importante nel processo di innovazione.
Quindi nella definizione di Freeman, l’enfasi è proprio sulle relazioni tra i diversi attori.
• Una definizione simile viene offerta da un altro economista svedese, Lundvall nel 1992, che appunto
sottolinea l’importanza delle relazioni.
Quindi il sistema di innovazione non è fatto solo da degli attori che agiscono in modo isolato, MA
l’importante è che ci siano le relazioni tra questi attori PERCHE’ è proprio da queste relazioni che
nasce un processo di innovazione (come abbiamo detto nel modello evolutivo).
Poi abbiamo un’altra definizione. Questa definizione di Sistema di innovazione è particolarmente esplicativa.
Che cosa ci dice? Leggiamo la slide: “Il sistema nazionale di innovazione è un sistema nel quale interagiscono
imprese pubbliche e private (sia grandi che piccole), università, e agenzie governative con lo scopo di
produrre scienza e tecnologia all’interno dei confini nazionali. L’interazione tra tutte queste unità/attori può
essere in ambito tecnico, commerciale, legale, sociale, o finanziario, e l’obiettivo è appunto quello di produrre
innovazione” (Niosi, 1993).
Slide 9:

Quindi vediamo appunto una rappresentazione del sistema di innovazione.

Vediamo come è composto:

-Da un lato da organizzazioni o attori: gli attori sono


le imprese. Le imprese possono essere i fornitori
piuttosto che i clienti, piuttosto che i concorrenti. E
poi ci sono una serie di attori diversi dalle imprese,
che possono essere le università piuttosto che le
agenzie governative, piuttosto che il sistema
finanziario.

-Poi dall’altro lato abbiamo le istituzioni, dove per istituzioni si intendono le regole del gioco, cioè che ci
permettono di capire come avvengono le interazioni tra i diversi attori: ad esempio nelle istituzioni possono
mettere il Bay-Dole Act (ne abbiamo parlato prima), cioè, per esempio, una legge che facilitava l’attività
brevettuale da parte dei ricercatori.

Quindi nelle istituzioni possiamo metterci le leggi sulla protezione dei diritti di proprietà, possiamo metterci
non solo le leggi ma anche la cultura di un paese, le abitudine di un paese in termini per esempio di
interazione tra università e industria.

Slide 10:

Attori e relazioni tra attori

Quindi ribadiamo che nel concetto di sistema di innovazione ci sono due elementi fondamentali: gli attori e
le relazioni tra gli attori.

Le relazioni tra gli attori possono essere di diverso genere, cioè ci possono essere delle relazioni di mercato
e relazioni non di mercato. Interazioni che possono essere basate sulla:

• Competition (concorrenza) tra gli attori, cioè per esempio tra imprese che possono essere rivali nel
mercato;
• Transaction (transazioni) che possono essere transazioni di mercato, quindi basate su acquisto e
vendita di beni e servizi, o anche non di mercato come il trasferimento di conoscenza tra attori (per
esempio la mobilità degli attori -> lo stage è un modo di trasferire conoscenza dall’università
all’azienda attraverso la mobilità dei ricercatori);
• Networking, tra attori diversi attraverso i quali ci sono scambi di conoscenza.
Slide 11:

Questa è una rappresentazione di un sistema


nazionale di innovazione, dove appunto vedete
tutti i diversi attori e le relazioni tra questi attori.

Partendo dal basso che cosa abbiamo:

Abbiamo gli elementi generali che caratterizzano la


cultura di una certa società; poi c’è il sistema
politico e il sistema di governo che ovviamente
hanno un ruolo importante perché a livello di
sistema politico e sistema di governo, si decidono le
politiche pubbliche e si decide il finanziamento
pubblico della ricerca.

Ricerca che viene fatta (e qui saliamo nella


piramide) a livello delle università e dei centri di
ricerca e sviluppo, e a livello delle imprese.
Vediamo che tra università, impresa e ricerca si genera innovazione. Innovazione che appunto si concretizza
in beni e servizi che vengono venduti nel mercato. E poi c’è il ruolo del finanziamento (del mercato finanziario)
che sta sopra a questa piramide e che fornisce il finanziamento privato all’attività di innovazione.

Slide 12:

Questo è un altro modo di


rappresentare il sistema
innovativo. In questo caso
vediamo che si mette al
centro l’impresa
innovativo e si mettono in
evidenzia quali sono tutti
gli altri attori che
contribuiscono all’attività
innovativa all’interno
dell’impresa.

Vediamo come anche le


imprese innovative
possono essere di tipo
diverso: imprese di grandi
dimensioni; le imprese
schumpeteriane. Il sistema
finanziario. Le politiche
tecnologiche. La
formazione e ricerca
scientifica.

Ora andiamo ad analizzare quali sono gli attori principali (approfondiremo il ruolo delle università e della
ricerca pubblica e poi avremo modo di approfondire il ruolo delle banche).
Slide 14:

Università ed enti pubblici di ricerca (PROs)

Parleremo più specificatamente delle università. Quando parliamo delle università, possiamo che tale svolge
3 ruoli importanti nel sistema di innovazione:

• Un ruolo di educazione: cioè fornisce educazione a un livello più alto (un ruolo che non viene svolto
dagli enti pubblici di ricerca);
Gli altri 2 ruoli invece possono essere svolti sia dalle università e dia dagli enti pubblici:

• Fanno ricerca sia di base che applicata;


• La terza missione invece è quella di relazionarsi con il settore privato (con l’industria) -> si parla di
università imprenditoriale.

Slide 16:

Questo è un altro esempio


per vedere le interazioni e il
ruolo della ricerca pubblica
nell’innovazione (anche
questo ci ha fatto già vedere).

È l’origine delle tecnologie


che sono incorporate negli
IPhone e altri progetti della
Apple.

L’origine di molti prodotti di


punto della Apple, derivano
da attività ti ricerca fatta a
livello pubblico con scopi
completamente diversi.

Come Internet che nasce


come scopo di difesa.
Slide 18:

Vogliamo fare un esempio di una istituzione che ha un ruolo fondamentale nella creazione di ricerca
attraverso l’interazione con le imprese. È una istituzione tedesca, che si chiama “Fraunhofer-Gesellschaft”.

È una istituzione tedesca che viene fondata nel 1949, che occupa circa 25000 persone. Ci sono sedi del
Fraunhofer sparsi in tutte le principali città tedesche ed è una istituzione totalmente pubblica, cioè una
istituzione finanziata con fondi pubblici.

Del Fraunhofer si è parlato recentemente anche in Italia (SU KIRO HA MESSO UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE
DOVE HA PRESO QUESTI DUE GRAFICI) di una istituzione come tale non esiste in Italia, proprio perché la
caratteristica del Fraunhofer è quella di essere una istituzione finanziata con fondi pubblici ma che ha delle
strettissime interazioni con le imprese e che svolge attività di ricerca proprio in collaborazione con le imprese.

Nel grafico a destra vediamo come (nei quadrati in alto) nel suo budget ci sono i contratti con l’industria,
quindi 1/3 del suo budget deriva da contratti con il settore privato, proprio per il fatto che svolge attività di
ricerca direttamente con l’industria.

Nel grafico di sinistra vediamo che il suo budget è di 2,8 miliardi di euro all’anno di appunto finanziamento
con fondi diversi. Sono 75 sedi, tra cui una in Italia a Bolzano (tutte le altre in Germania).

Slide 20:

In uno studio che è stato fatto recentemente, si prova a valutare l’impatto dei soldi pubblici spesi in ricerca
attraverso l’attività del Fraunhofer e con l’impatto che questa istituzione ha sulla capacità innovativa delle
imprese. Come si fa questo? Sostanzialmente andando a mettere a confronto i fondi pubblici che sono spesi
nel Fraunhofer, in un periodo che viene analizzato 1997-2014, con il risultato in termini di capacità innovativa
delle imprese tedesche, utilizzando la Community Innovation Survey.

Quindi sostanzialmente si è andato a stimare l’impatto del Fraunhofer e si è visto che effettivamente i
benefici in termini di “impatto sulla capacità innovativa/produttiva” del sistema tedesco, erano decisamente
superiore alle spese pubbliche di finanziamento di questa istituzione.

E quindi anche in Italia si è ragionato sull’importanza di avere delle istituzioni che facciano un po' da
collegamento tra quella che è l’attività di ricerca fatta a livello pubblico e l’attività di ricerca fatta a livello
delle imprese.
Slide 22:

Qui vediamo un po’ una sintesi di quella che sono i vantaggi e


gli svantaggi dell’interazione tra ricerca pubblica e ricerca
privata.

Per quanto riguarda i vantaggi:

• Aumentare la capacità di finanziamento: cioè ad esempio anche le università, attraverso il


finanziamento che possono ricevere dalle imprese private, aumentano la propria capacità di fare
ricerca, perché appunto possono finanziare parte della propria attività di ricerca attraverso fondi che
vengono dalle imprese;
• Un altro vantaggio può essere la possibilità di accedere alla strumentazione delle imprese: cioè in
alcuni casi per esempio i ricercatori universitari, attraverso accordi con le imprese, possono accedere
a strumentazioni costosi che è difficile avere nei laboratori delle università;
• Un accesso a conoscenza soprattutto in ambito applicativo: cioè l’interazione con il mondo della
ricerca privata può essere importante perché il tipo di conoscenza può essere abbastanza
complementare, cioè i ricercatori universitari tendono ad avere una attitudine alla ricerca di base
mentre i ricercatori delle imprese hanno una attitudine ad una ricerca più applicata. Quindi da queste
diverse attitudini sorgono delle complementarità che possono essere molto utili in termini di
risultato finale della ricerca;
• Creazione di spin off dalla ricerca: cioè tutta la creazione di attività di start up a partire dalla attività
di ricerca nelle università;
• La collaborazione con le imprese può essere una opportunità per stage e ovviamente opportunità
per creare legami anche per potenziali opportunità di lavoro al termine del periodo di studio;
• E poi la possibilità da parte delle università di sfruttare commercialmente le proprie innovazioni,
brevettandole.
Per quando riguarda gli svantaggi:

• Un primo rischio del quale si parla, è che se l’università sono sempre più incentivate a investire in
attività di ricerca che abbia un obiettivo di mercato (di creare start up), questo significa che tale
porterebbe un trade off in termini di ricerca di base: cioè se i ricercatori delle università utilizzano il
loro tempo per attività di ricerca più applicata, rimane meno tempo (meno capacità) per fare la
ricerca di base (la ricerca di base è necessaria in quanto è la ricerca che sta alla base). Se le università
investono di più in ricerca applicata, rimangono poche risorse per la ricerca di base, e se manca la
ricerca di base si viene a creare il serbatoio di conoscenza che poi alimenta la ricerca applicata;
• Un altro aspetto che è importante sollevare è il fatto che: soprattutto quando la ricerca viene
finanziata dalle imprese, ovviamente ha una direzione, cioè le imprese sono interessate molto spesso
a finanziare ricerca in ambiti che sono di loro interesse specifico. E quindi che cosa vuol dire? Che
anche qui viene un po' meno la libertà del ricercatore di indirizzare la propria attività di ricerca nella
direzione che più ritiene interessante (si vede molto nella ricerca in ambito farmaceutico in quanto
è molto influenzata dalle potenzialità del mercato dei farmaci);
• Questo si collega con il punto successivo, cioè: quando si parla di ricerca finanziata dalle imprese
nelle università o in collaborazione con le università, si parla si imprese di grandi dimensioni. Se
parliamo di imprese di piccole dimensioni, spesso tali non hanno una capacità di interagire con, per
esempio, i ricercatori universitari: cioè spesso la piccola imprese non ha contatti, non ha persone con
competenze tali che possano interagire con ricercatori universitari;
• Infine, come ultimo punto, parliamo dei diversi incentivi in termini di rendere pubblici i risultati
dell’innovazione. Gli incentivi possono essere molto diversi tra i ricercatori pubblici e l’industria
privata. L’industria privata tendenzialmente ha sempre un incentivo a mantenere i risultati nascosti
perché appunto l’obiettivo dell’industria privata è quello di sfruttare i risultati della ricerca
dell’innovazione che porta dei benefici economici all’impresa; mentre abbiamo visto che per i
ricercatori pubblici si ha l’opposto, cioè per il ricercatore la sua carriera dipende spesso dalla
pubblicazione dei risultati della propria ricerca in riviste (possibilmente prestigiose).
LEZIONE 16 MARZO (8° LEZIONE) → PAVIA SILICON VALLEY

LEZIONE 17 MARZO (9° LEZIONE)

Slide 23:

Sistema finanziario e innovazione

Un altro attore fondamentale del sistema di innovazione: il sistema finanziario

Il sistema finanziario è un attore fondamentale perché naturalmente per fare innovazione c’è bisogno di
risorse e quindi è fondamentale cercare di capire dove le imprese innovative possono trovare le risorse
necessarie per nascere e poi successivamente per crescere.

Perché il finanziamento dell’innovazione è un problema così particolare? Cioè cosa c’è di così particolare nel
finanziamento dell’innovazione?

Ci sono 2 caratteristiche dell’innovazione:

1. Incertezza: incertezza che è estremamente elevata nelle fasi iniziali di una start up, che è in ogni caso
rimane elevata perché una innovazione fatta nell’impresa strutturata;
2. È molto difficile valutare i che costi che l’impresa deve sostenere: questo perché appunto essendo
un processo di innovazione incerto, è molto difficile capire quanto tempo prenderà, è molto difficile
capire la direzione che tale processo prenderà, ed è difficile prevedere eventuali rischi/cambiamenti
che possono insorgere.
Il risultato è quello che il finanziamento dell’innovazione si dice che è caratterizzate da quelle che si chiamano
“asimmetrie informative”. Cosa sono le asimmetrie informative? Sostanzialmente un mercato in cui c’è una
asimmetria informativa è un mercato nel quale l’informazione è incompleta ed imperfetta. Quindi quali sono
le conseguenze di questa asimmetria informativa?

• Problemi di selezione avversa: il finanziatore ha poca conoscenza del progetto innovativo e quindi
non ha gli strumenti per selezionare i progetti da finanziare;
• Problemi di moral hazard (azzardo morale): dato che il finanziatore non ha le competenze, non è in
grado di controllare il manager e questo può tenere un comportamento sleale.

Slide 24:

Market fo lemons di Akerlof (teoria del mercato dei limoni di Akerlof)

• Nei mercati dove c’è una qualità eterogenea dei prodotti offerti e forte asimmetria informativa tra
gli attori coinvolti c’è il rischio di una scomparsa del mercato, le cui garanzie non sono definite.
• Se la qualità dei prodotti non può essere valutata dall'acquirente (a causa dell'asimmetria
informativa), il venditore è incentivato a proporre beni di bassa qualità spacciandoli come di qualità
elevata.
• L'acquirente, d'altro canto, tiene in considerazione questo comportamento del venditore e stabilisce
che l'effettiva qualità del bene proposto resti sconosciuta. Sarà valutata solo la qualità media del
bene. Ciò sta a significare che tutti quei prodotti il cui livello qualitativo è sopra la media saranno
esclusi dal mercato.
• La conseguenza è che i mercati, nelle situazioni in cui la qualità è un dato incerto, cessano
definitivamente di esistere. Fra gli esempi rientra quello del mercato delle auto usate, la mancanza
di mercati di credito per progetti innovativi e l'indisponibilità di assicurazioni sanitarie per gli anziani
(in assenza di programmi governativi).
Slide 25:

La domanda di capitale delle imprese innovative

Quindi come si risolve il problema? Il maggior problema relativo alle imprese innovative è quello del
reperimento dei finanziamenti per sostenere l’attività innovativa (vincolo finanziario).

Possiamo distinguere due tipi di imprese:

• Grandi dimensioni -> per le grandi imprese, il problema per l’accesso al finanziamento è meno
pressante rispetto alle imprese di piccole dimensioni perché possono fare da sé, cioè si
autofinanziano
• Piccole e medie dimensioni -> questo non avviene per le piccole imprese e quelle nuove. Una piccola
impresa ha risorse ridotte mentre una nuova impresa può anche non avere risorse. Quindi in
entrambi i casi hanno bisogno di finanziamenti esterni per sostenere l’attività innovativa.

Slide 26:

La domanda di capitale delle start up

L’accesso al finanziamento esterno (come abbiamo visto) incontra dei problemi. In particolare, vediamo i
problemi che si presentano per le start up (cioè le imprese nuove).

Il reperimento di finanziamenti da fonti esterne è ostacolato dalle caratteristiche intrinseche di queste


imprese:

• Il primo problema è quello che se una impresa è nuova, non ha un track record di quella che è stata
la sua capacità di restituire prestiti precedentemente (se voi andate in banca a chiedere un prestito
è più facile ottenere un prestito se abbiamo già avuto altri rispetto invece al primo prestito che si
chiede);
• Se sono start up che sono innovativi, ancora di più c’è una minore informazione per chi deve
finanziare e quindi diciamo che ci sono maggiori rischi economici e finanziari rispetto ai settori
tradizionali e c’è maggiore asimmetria in quanto non si hanno abbastanza conoscenza di tale star up
innovativa;
• E poi non vi sono garanzie reali che si possono offrire (cosa che una banca chiede quando si vuole
ottenere un prestito).
Il risultato qual è? Che le imprese nuove devono affrontare un duplice problema:
o Razionamento del capitale: cioè le imprese più innovative (nei settori più nuovi),
tendenzialmente sono più razionate cioè non accedono per niente al finanziamento;
o Se riescono ad ottenere un finanziamento, il costo del finanziamento sarà più elevato (se
investo in una impresa rischiosa, voglio avere un interesse più elevato).
Slide 27:

Capitale di rischio per l’innovazione

Quindi come si risolve questo problema? Il finanziamento dell’innovazione può avvenire attraverso due
strade diverse:

• Public equity (si parla di “public” perché avviene un finanziamento nel mercato e non che quindi fa
riferimento a “pubblico”): ottenibile dalle imprese quotate nei mercati azionari (quindi le imprese di
grandi dimensioni);
• Private equity: cioè sostanzialmente il “venture capital”, ed è una forma di finanziamento che
avviene per le imprese non quotate, e in particolare per le nuove imprese quindi per le start up.

Vediamo ora cos’è il venture capital

Slide 28-30:

Fasi del finanziamento

Il venture capital è un modo di sostenere le imprese. Partiamo a spiegare le fasi:

• La prima fase è quella di “seed”: la fase in cui si sta ancora sviluppando l’idea. Fase di sperimentazione
di un’idea tecnologia che in caso di successo porterà ad un prototipo. Finanziatori a lungo temine con
elevata propensione al rischio;
• Poi si può parlare di “start up”: dalla fondazione dell’impresa fino al raggiungimento di una base
significativa di fatturato. Il rischio è elevato perché vendite sono volatili e il prodotto è ancora in fase
di sviluppo;
• Poi “crescita iniziale”: fase di espansione. Il finanziamento è necessario per finanziare l’espansione. I
rischi sono più ridotti;
• “Crescita sostenuta”: c’è ancora un fabbisogno finanziario negativo ma la crescita è stabile;
• “Cash-out”: gli investitori liquidano l’investimento attraverso la quotazione in borsa dell’impresa o la
vendita a un’altra società (NELL’IPO).

Qui vediamo una rappresentazione di


questo ciclo di finanziamento delle start-
up.

La linea rossa a sinistra rappresenta la


“valle della morte” che fa riferimento a un
periodo di tempo in cui numerose start-up
muoiono ancor prima di nascere (si scopre
che l’idea non ha un mercato; qualcun
altro arriva prima di noi sul mercato; ecc…)

In questa fase i finanziatori quali possono essere? Gli stessi fondatori (co-founders), nella primissima fase.
Poi nella fase leggermente successiva abbiamo il “seed capital” che può essere composto dalle 3 F oppure
dei “Business Angel”: i Business Angel sono di solito delle persone, spesso loro stessi ex-imprenditori, che
hanno una certa capacità finanziaria, e che mettono delle risorse finanziare nella start-up e anche la loro
capacità manageriale -> i Business Angel sono dunque una o più persone che mettono parte del proprio
capitale personale, lo investono in una impresa. I Business Angel hanno delle competenze e quindi il
problema dell’azzardo morale e della selezione avversa, viene meno nel senso che i Business Angel magari è
una persona che a sua volta ha creato delle imprese innovative di successo nello stesso settore, attraverso il
successo ha guadagnato soldi e reinveste una parte di questi capitali in un’altra impresa, magari nello stesso
settore che ha avuto successo, e quindi ha le competenze.

Poi iniziano le varie (parte destra del grafico) iniziano i vari round dove diventa fondamentale il venture
capital (sono vere e proprie società che hanno lo scopo di finanziare l’innovazione) e non parliamo più dei
Business Angel.

E poi nella fase finale abbiamo IPO, cioè la vendita sul mercato azionario e ci si vende.

QUESTO È TUTTO IL CICLO DI FINANZIAMENTO DELL’INNOVAZIONE.

Qui possiamo aggiungere che nella prima fase,


ovvero quella della ricerca, vediamo che è spesso
finanziata da un investimento pubblico.

Slide 32:

Venture Capital

Il venture capital è un intermediario finanziario che interviene nelle imprese con un orizzonte temporale di
lungo periodo (necessario nel lungo periodo se si vuole finanziare l’innovazione). È un investimento ad alto
rischio con un tasso atteso di remunerazione del capitale elevato: cioè il venture capital cosa fa? Scelgono
in quale impresa investire e cosa succede? Che alcune di queste imprese si perderà per strada (non avranno
successo), ma se nel portafoglio di venture capital c’è una start up come Facebook cioè che quindi spacca nel
mercato, il rendimento sarà estremamente elevato.

Quindi il venture capital investe in iniziative imprenditoriali giovani, innovative, con ampio potenziale di
crescita e con elevate prospettive di sviluppo e non ancora quotate.

L’aspetto importante da sottolineare è che il suo capitale si chiama “informed capital” cioè capitale
informato: cioè il venture capital effettua un attivo supporto manageriale e di consulenza.

Viene meno dell’azzardo morale, in quanto il venture capital entra nell’impresa in quanto dà un supporto
manageriale e di consulenza.

Quindi in che modo il venture capital risolve il problema dell’asimmetria?

• Adverse selection: da un lato perché ci sono le competenze per fare lo screening dei progetti da
finanziare;
• Moral hazard: dall’altro lato perché attraverso il coinvolgimento dirette delle imprese, effettua un
monitoraggio dell’attività dell’imprenditore per evitare comportamenti opportunistici o miopi.
Slide 34:

Questo è l’andamento del venture


capital a partire dal 2012 al 2020.

Vedete che qui non c’è solo il


venture capital ma altre forme di
finanziamento:

-il finanziamento di tipi seed/angel;

-early venture capital;

-later venture capital.

Slide 35:

Questo è la distribuzione del Venture


capital nel mondo. Nel 2019 il 55% degli
investimenti di venture capital è stato fatto
quasi tutto negli Stati Uniti. Vedete come
Europa e Asia abbiano delle quote del
venture capital decisamente più basse.

Slide 36:

I mercati a livello nazionale e vedete come i paesi in cui il mercato è più


sviluppato.

Slide 37:

Qui vediamo un grafico sulla distribuzione del venture capital a livello


settoriale. Quali sono i settori nei quali il venture capital si distribuisce.
CON QUANTO DETTO FINO AD ORA, ABBIAMO PARLATO QUINDI DEL RUOLO DEL SISTEMA FINANZIARIO,
SIAMO PARTITI DALLA DEFINIZIONE DI SISTEMA DI INNOVAZIONE, POI ABBIAMO APPROFONDITO IL RUOLO
DELLE UNIVERSITA’ E DEGLI ISTITUTI DI RICERCA PUBBLICA E ADESSO ABBIAMO APPROFONDITO IL RUOLO
DEL SISTEMA FINANZIARIO.

ADESSO PER CONCLUDERE VEDREMO ALTRE DEFINIZIONI DI SISTEMA DI INNOVAZIONE.

Slide 38:

Differenti tipi di Sistema di Innovazione

Vediamo alcuni concetti collegati al sistema di innovazione che si sono sviluppati nella letteratura nel tempo.

• Abbiamo introdotto il concetto di sistema di innovazione avendo come riferimento un paese


(abbiamo visto come è nato facendo riferimento al Giappone), però poi si sono sviluppati concetti al
livello locale. Quindi:
o National Systems of Innovation;
o Regional Innovation Systems.
• Un altro concetto collegato al concetto di sistema di innovazione è il sistema di innovazione
settoriale. Quello che si enfatizza e che in settori diversi la tecnologia può essere molto diversa e
quindi anche il ruolo degli attori può essere differente. Quindi si enfatizzano non tanto le differenze
a livello paese ma quanto più a livello settoriale.

Slide 39:

NIS vs SIS

• National Innovation Systems: prendono l’innovazione sistemi delimitati più o meno chiaramente da
confini nazionali;
• Sectoral Innovation System: tale approccio afferma che i sistemi settoriali possono avere dimensioni
nazionali e/o globali.
Quindi, in questo concetto di sistema di innovazione settoriale, è un concetto che si sviluppa attorno
a 3 dimensioni settoriali:
o Una dimensione tecnologica e della conoscenza;
o Attori e interazione tra questi attori (in quanto gli attori possono avere ruoli differenti nei
diversi settori);
o E poi un sistema che riguarda più le istituzioni (ad esempio le leggi di proprietà intellettuale).
Slide 40:

Caratteristiche del settore chimico

• Settore dominato da imprese di grande dimensione, dove l’attività di ricerca è un’attività dove ci
sono grandi economie di scala e grande cumulatività della conoscenza (cioè nel settore chimico
l’innovazione avviene nelle grandi imprese che sono le imprese che hanno accumulato la conoscenza
specifica in quel settore);
• L'altro grande cambiamento relativo allo sviluppo dell'ingegneria chimica e il concetto di unità di
operazione hanno portato ad una crescente divisione del lavoro tra aziende chimiche e fornitori di
tecnologia, con l'ascesa di specialisti società di ingegneria (SEF), che hanno sviluppato legami verticali
con la chimica aziende;
• In questo periodo, la ricerca universitaria ha continuato ad essere importante per lo sviluppo di
innovazioni e collegamenti tra università e industria è aumentato;
Slide 41:

Settore dei computer

Il settore dei computer è interessante perché è un settore nel tempo ha cambiato le caratteristiche del suo
sistema di innovazione.

Cioè nelle fasi iniziali degli anni 60’ e 70’ il settore dei computer era un settore tipicamente di tipo
“Schumpeter Mark II”, cioè caratterizzato da poche grandi imprese nei quali avveniva l’attività di ricerca che
era molto basata sulle competenze accumulate: in particolare negli anni 70’, l’impresa chiave del settore dei
computer era l’IBM (impresa diventata più all’avanguardia nel settore dei computer) e quegli sono gli anni in
cui i computer erano dei grandi mainframes, cioè quei computer enormi che stavano in una stanza e che gli
utilizzatori potevano essere la pubblica amministrazione, le grandi banche, le grandi imprese.

Le imprese che costruivano tali erano solo grandi imprese ed era diventato quasi un monopolio dell’IBM.

Il sistema di innovazione nel settore dei computer cambia completamente con l’introduzione dei personal
computer e diventa più tipicamente un sistema di tipo “Schumpeter Mark I”, cioè che cosa succede? Quando
Apple esce con il personal computer, sbaraglia completamente il settore dei computer. In una primissima
fase l’IBM si trova completamente disorientato, cioè nel senso che l’IBM non aveva investito tutta la sua
capacità di ricerca nella produzione dei grandi computer e quindi quando Steve Jobs e la Apple escono con il
primo personal computer, l’IBM si trova totalmente impreparata.

L’IBM, essendo una grande impresa, capisce le potenzialità che ha il personal computer e quindi investe una
grande somma e recupera il tempo perduto, così da far uscire rapidamente i personal computer IBM.

Cambia quindi completamente le caratteristiche del settore dei computer.

Slide 42:

Adesso parliamo se e come il concetto di sistema di innovazione si applica anche ai paesi in via di sviluppo.

Sostanzialmente abbiamo detto che il concetto di sistema di innovazione nasce nei paesi sviluppati e nei
primi anni è soprattutto utilizzato per studiare i paesi sviluppati.

Ma poi nel tempo viene, poco per volta, adattato anche a realtà di paesi che hanno una capacità innovativa
diversa rispetto ai paesi sviluppati. Quindi il concetto di sistema di innovazione è valido ed è utile anche per
studiare la capacità innovativa dei paesi in via di sviluppo.

Questo concetto va un po' adattato perché l’innovazione nei paesi in via di sviluppo tende ad essere
soprattutto innovazione incrementale e non tanto innovazione radicale.

Il tipo di attori chiave in questi sistemi di innovazione può essere un po' diverso rispetto agli attori chiave nei
sistema di innovazione nei paesi sviluppati perché in questi paesi, per esempio, diventano meno importanti
le università che fanno la ricerca di base, questo perché appunto l’innovazione spesso è importata, mentre
invece diventano fondamentali quegli attori che hanno un ruolo di diffusione della conoscenza e delle
tecnologie e anche di adattamento della conoscenza e delle tecnologie.

Un altro aspetto importante è che in questi sistemi, abbiamo detto che spesso la tecnologia e la conoscenza
spesso vengono da fuori e quindi diventa molto importante ragionare su quelle che sono le fonti esterne,
cioè i canali esterni di acquisizione di questa conoscenza (lo vedremo più in là).
Slide 43:

Quali potrebbero essere alcuni di questi canali attraverso i quali i sistemi di innovazione acquisiscono
competenze e conoscenze da fuori?

• Uno dei canali che viene sottolineato nelle letterature per i paesi in via di sviluppo è “imparare
esportando”, che cosa vuol dire? Cioè se si esportano prodotti sui mercati internazionali, le
caratteristiche di questi prodotti devono essere quelle adeguate per essere esportate.
Quindi esportando verso mercati che possono essere più sofisticate rispetto al mercato interno, si
impara e questo porta a un miglioramento delle competenze;
• Un’altra fonte di conoscenza possono essere le multinazionali straniere (FDI): se si individuano delle
multinazionali all’interno di un paese, si possono acquisire localmente le conoscenze (le imprese
locali possono lavorare per le imprese multinazionali…);
• Un altro canale è quello di fare investimenti diretti esteri (OFDI);
• La partecipazione delle catene globali del valore, cioè quindi in quelle forme di produzione dove
diverse imprese collaborano per la produzione di un prodotto e quindi le imprese dei paesi in via di
sviluppo possono imparare;
• E poi un canale importante è quello della mobilità del capitale umano, cioè per esempio, un canale
importante è quello degli studenti che vanno a studiare in altri paesi così c’è una circolazione di
capitale umano.
LEZIONE 23 MARZO (10° LEZIONE) → PAVIA SILICON VALLEY

LEZIONE 23 MARZO (11° LEZIONE)

Il ruolo della politica pubblica per l’innovazione

Slide 2:

Di cosa parleremo: il ruolo della politica pubblica per l’innovazione

• Politiche per l’innovazione nel modello neoclassico: a) sussidi e sgravi fiscali; b) brevetti;
• Politiche per l’innovazione nel modello evolutivo;
• Mission oriented policy

Slide 3:

Approccio neoclassico:

Il ruolo della politica nell’approccio neoclassico è più ridotto rispetto a quello evolutivo, in quest’ultimo la
politica ha un ruolo molto più esteso.

L’approccio neoclassico concepisce la conoscenza come un bene quasi pubblico e hanno delle caratteristiche:

• Non rivalità nel consumo: ha dei costi di produzione nulli;


• Parziale escludibilità: non completa appropriabilità dei benefici economici che ricadono ben al di là
dei soggetti che hanno investito per produrla (spillover/esternalità);
• Problema di indivisibilità: cioè che i costi fissi di produzione sono elevati e vi è una incertezza nei
costi del processo di innovazione e nei risultati di quest’ultimo.

Slide 4:

Perché è giustificabile nel mercato neoclassico la politica? Nel caso in cui il mercato fallisce, l’intervento della
politica è fondamentale. Il fallimento del mercato è legato a:

• Scarsa appropriabilità dei risultati dell’investimento: questo genera delle esternalità nel sistema e
dei comportamenti opportunistici, un comportamento del tutto razionale dell’impresa è quello di
aspettare che qualcuno prima di lei investa per poi appropriarsi dei risultati dell’innovazione.
Questo favorisce dei comportamenti “free rider”, cioè le imprese sotto-investono nella
consapevolezza che possono sfruttare gli investimenti fatti da altri;
• Informazione asimmetrica: rende complesso il finanziamento dell’innovazione in quanto limita il suo
accesso;
• Problema di coordinamento: l’innovazione necessita di una serie di risorse complementari. La
nascita di un nuovo settore richiede delle competenze che inizialmente non sono presenti all’interno
del mercato. Lo sviluppo del settore dipende chiaramente dalle risorse umane necessarie al suo
sviluppo.
Tutti questi problemi portano ad un sotto-investimento privato in innovazione che si protrae in un fallimento
del mercato. L’investimento privato in ricerca è più basso del livello d’investimento ottimale dal punto di
vista della società, che farebbe crescere il sistema economico (grafico già visto).
Slide 5-9:

Gli strumenti dell’intervento pubblico in un contesto neoclassico

Il fallimento del mercato può essere risolto tramite la politica, ed esistono diversi tipi d’intervento pubblico:

• Sussidi all’innovazione: cioè incentivi che spingono le imprese ad investire in attività di innovazione.
Il problema fondamentale del sussidio è che molto spesso, questi vadano a sostituire l’investimento
privato. Un elemento positivo dei sussidi è che possono essere molto neutrali rispetto alle tecnologie,
non comportano cioè alcuna scelta da parte del governo circa le tecnologie da promuovere.
Un esempio di sussidio all’innovazione, per esempio, è la “legge Sabatini”: rappresenta
un’agevolazione fornita alle imprese di piccola e media dimensione che intendono investire in nuovi
macchinari. La legge è stata aggiornata, con la “nuova Sabatini”, in cui sono stati destinati dei fondi
per le micro, piccole e medie imprese che intendono investire in bene strumentali, come impianti,
macchinari, attrezzature industriali. Le agevolazioni consistono, da una parte, nell’accesso al Fondo
di garanzia per le piccole e medie imprese a sostegno dei finanziamenti forniti da banche e
intermediari finanziari (fino all’80% dell’ammontare dell’investimento), nonché di un contributo da
parte del Ministero dello Sviluppo Economico rapportato agli interessi sui predetti finanziamenti;
• Sgravi fiscali: (funzione simile ai sussidi) in questo caso, le spese delle imprese per attività di
innovazione vengono dedotte dalle tasse che le imprese devono pagare. Il rischio è che ci sia uno
spiazzamento della spesa privata, cioè che questi sgravi fiscali non rappresentino un elemento
addizionale bensì una sostituzione. Tuttavia, questi sono più efficaci per coloro che hanno uno sgravo
fiscale molto alto;
• Ricerca pubblica: lo stato finanzia la ricerca pubblica tramite investimenti in attività di ricerca, in
università o istituti di ricerca che contribuiscono all’innovazione;
• Commesse pubbliche: (appalto) viene favorita l’innovazione tramite gli acquisti pubblici, per
esempio il settore dei computer negli Stati Uniti, in cui inizialmente, i primi acquirenti erano le
istituzioni pubbliche;
• Credito agevolato: vengono offerte garanzie alle aziende che si indebitano per svolgere attività
innovative piuttosto che offrire accesso ad un credito ad un tasso agevolato.
Questi sono strumenti che sono rivolti a risolvere il problema del sotto-investimento, strumenti che
attraverso canali diversi cercano di aumentare (attraverso risorse pubbliche) gli investimenti in innovazione
al di sopra di quello che sarebbe l’investimento da parte dei privati.

E poi abbiamo gli Strumenti di protezione dei diritti di proprietà intellettuale (Brevetti) -> vediamo

Slide 10-11:

Un’altra area fondamentale di intervento riguarda i meccanismi di protezione dell’innovazione

I meccanismi di protezione dell’innovazione intervengono sul problema dell’appropriabilità dell’innovazione,


cioè sulla conoscenza dell’impresa di acquisire e trattenere per sé le rendite generate dai propri processi
innovativi. Il grado di appropriabilità dell’innovazione dipende da quanto l’innovazione sia imitabile e
l’efficacia di questi meccanismi.

Secondo i neoclassici i risultati dell’attività di innovazione sono facilmente appropriabili mentre secondo gli
evolutivi l’appropriabilità dipende dalle caratteristiche della conoscenza, essa, può essere: codificabile;
specifica rispetto al contesto; complessa.
Quindi l’appropriabilità dipende dai brevetti ma non solo, anche dal contesto, dal settore e dalla
codificabilità.

Slide 12-25:

Quali sono i metodi per proteggere il risultato della propria attività innovativa?

• Brevetto (patents): proteggono le invenzioni. Esso è un titolo giuridico in forza del quale al titolare
viene conferito un diritto esclusivo di sfruttamento dell’invenzione che consente di impedire ad altri
di produrre, vendere o utilizzare l’invenzione senza autorizzazione.
L’invenzione è la soluzione ad un problema tecnico (sia nuovo prodotto che nuovo processo).
Il brevetto viene registrato in un ufficio brevetti e la sua protezione è conferita per un periodo
limitato di tempo (generalmente 20 anni) e geograficamente: la protezione viene richiesta per singoli
paesi e quindi la sua protezione è valida nel paese in cui viene registrato (in Europa l’ufficio brevetti
è EPO; mentre negli Stati Uniti è ESPTO). Se la registrazione avviene quindi all’EPO, tale vale per tutti
i paesi europei.
La rendita monopolistica sull’invenzione è accordata in cambio del rendere pubbliche tutte le
caratteristiche dell’invenzione.
Per essere brevettabile l’invenzione deve essere originale ed utile:
- Originale: esiste un minimo di carattere creativo che la distingue dalle opere dello stesso genere
già esistenti;
- Utile: è possibile una sua applicazione industriale.
La tutela avviene mediante la possibilità di avvalersi di azioni cautelari e di richiedere risarcimenti
contro le contraffazioni del brevetto.

La domanda di brevetto pone l’innovatore di fronte ad un trade-off, cioè deve svelare il contenuto
dell’innovazione e qualche competitore potrebbe utilizzare le informazioni del brevetto per i propri
prodotti ma allo stesso tempo è maggiore la protezione dell’innovazione.

Tuttavia, i concorrenti nel mercato finale possono tentare di aggirare il brevetto tramite l’imitazione
e l’introduzione di miglioramenti incrementali.

Benefici del sistema brevettuale

Il brevetto rappresenta un incentivo ex-ante all’attività inventiva e una diffusione della conoscenza.

Produce una riduzione della duplicazione degli investimenti, un incentivo alla ricerca successiva e una
ricerca di soluzioni tecnologiche alternative.

Il sistema brevettuale aumenta l’efficienza dinamica, cioè gli incentivi ad investire in innovazioni a
spese dell’efficienza statica (maggiore protezione significa meno concorrenza, prezzi più elevati,
minore diffusione).

• Segretezza: mantenere segrete formule, modelli, progetti o insieme di informazioni utilizzate


nell’azienda può offrire dei vantaggi rispetto ai concorrenti. La tutela dello stato avviene quando
qualcuno si impossessa in modo improprio delle informazioni ma non quando le concorrenti arrivano
agli stessi risultati in modo indipendente (reverse-engineering).
Essa può essere utilizzata in modo complementare ai brevetti e quando soprattutto il brevetto non
è sufficiente a mantenere una protezione, la segretezza viene utilizzata per quelle invenzioni che
hanno carattere marginale di novità o miglioramento e che potrebbero essere molto facilmente
imitate.
• Vantaggio temporale (lead time): cioè che è un’impresa cerca di stare avanti agli altri, quindi di
essere i primi innovatori. Il vantaggio temporale permette all’impresa di arrivare sul mercato prima
dei concorrenti, per esempio, avviene quando l’impresa ha accumulato molta esperienza e
conoscenze e competenze (in parte tacite).
Questo permette di avere un “vantaggio da prima mossa” riguardo la sua reputazione e creazione di
standard.
Ci sono però degli svantaggi della prima mossa (di essere i primi innovatori):

• Vantaggio nelle competenze: per innovare ci vogliono competenze specifiche. Permette alle imprese
di mantenere la propria posizione concorrenziale e quanto più l’impresa ha competenze e
conoscenza, tanto più vi sarà una elevata appropriabilità in quanto l’imitazione da parte dei
concorrenti risulta difficile e costosa.
• Innovazione continua: capacità di essere sempre innovativi. Essa permette all’impresa di mantenere
la propria rendita monopolistica e rimanere leader nel mercato anche quando su questo agiscono
molti imitatori.
• Servizi post-vendita e complementari: l’impresa riesce ad ottenere profitti vendendo prodotti o
servizi complementari, specialmente servizi che un’impresa imitatrice non è in grado di offrire.

I diritti di proprietà intellettuale sono:

• Brevetti (patents): proteggono invenzioni;


• Diritti d’autore (copyrights): proteggono i diritti di un testo, di un’opera d’arte;
• Marchi di fabbrica: proteggono parole o simboli distintivi di un bene;
• Segreti industriali: proteggono informazioni di proprietà esclusiva di un’impresa (la formula della Cola
Cola);
• Diritti di progettazione (design rights).
Slide 26:

Come possono agire le imprese concorrenti di fronte a strategie di protezione dell’innovazione da parte delle
imprese innovatrici?

• Licenza di tecnologia: l’impresa innovatrice concede la propria invenzione ad un’altra impresa


(licenziataria) in cambio di un compenso monetario (per esempio per entrare in un mercato estero);
• R&D indipendente: svolgere ricerca per mantenere il passo con le imprese innovatrici;
• Inventing-around;
• Pubblicazioni e incontri tecnici;
• Conversazioni informali, cambio informale di know-how;
• Assunzione di addetti provenienti da imprese innovatrici;
• Reverse-engineering: esaminare in dettaglio i prodotti lanciati sul mercato contenenti la nuova
tecnologia.

TUTTO QUESTO CHE ABBIAMO DETTO RIGUARDA QUINDI L’APPROCCIO NEOCLASSICO

Slide 27:

Approccio evolutivo alla politica dell’innovazione

Interventi rivolti a:

• Fallimento nei processi di apprendimento;


• Fallimento nello sviluppo di complementarità dinamiche;
• Trade-off nei processi di innovazione e diffusione:
o Politiche per favorire la varietà dell’innovazione;
o Politiche per favorire la selezione.
Andiamo a vedere un pochino nel dettaglio che cosa intendiamo.

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-Fallimento nei processi di apprendimento

I processi di apprendimento possono essere ostacolati da insufficienti sforzi in R&S (serve anche favorire
l’assorbimento, oltre che creare nuova conoscenza) o da carenze del capitale umano.

Le politiche che possono essere utilizzate per sostenere questo processo di apprendimento sono:

• Sostegno alla ricerca di base in università e centri di ricerca: produce esternalità verso le imprese
come formazione di personale scientifico e tecnico;
• Sostegno di progetti di ricerca ad alta incertezza e complessi (esempio: commesse militari in USA);
• Politiche orientate alla diffusione tecnologica ed alla formazione di competenze nelle PMI (istituzioni
ponte come Fraunhofer-Gesellschaft in Germania);
• Politiche per la formazione del capitale umano: creazione di nuove figure professionali in nuovi
settori (esempio, discipline informatiche nelle università).
Quindi diciamo che dal punto di vista degli evolutivi, tutti questi ambiti sono ambiti nei quali è importante
che ci sia un intervento da parte dello Stato (più ampio rispetto al modello neoclassico).
Slide 30:

-Fallimento nello sviluppo di complementarità dinamiche

Si intende che (secondo il modello evolutivo) non tanto sull’attività di ricerca, ma sul fatto che ci siano appunti
le relazioni tra attori e che quindi tali relazioni devono essere facilitate.

• Politiche orientate allo sviluppo di legami tra elementi del sistema (in Giappone il MITI ha sostenuto
la collaborazione nella R&S tra le imprese);
• Politiche rivolte alla creazione di interfacce tra università e imprese.

Slide 31:

-Politiche per favorire la varietà

Nel senso che ci sia un ruolo importante della politica pubblica per evitare che si creano monopoli tecnologici.

• Sostegno a organizzazioni la cui missione è quella di generare varietà come università e centri di
ricerca pubblici;
• Politiche di sostegno alla domanda di tecnologie general purpose come le tecnologie
dell’informazione attraverso commesse pubbliche e incentivi all’adozione (negli USA nel campo dei
computer);
• Sostegno alla nascita e crescita di imprese innovative (efficienza del mercato dei capitali e presenza
di istituzioni finanziarie come venture capitalist).

Slide 32:

-Politiche per favorire la selezione

• Politiche antitrust: lo stato deve vigilare affinché il mercato funzioni in modo efficiente, evitando la
creazione di monopoli centrati su standard incompatibili;
• Politiche volte a promuovere la compatibile tra sistemi e componenti attraverso la formazione di
standard e norme.
LEZIONE 24 MARZO (12° LEZIONE)

La localizzazione geografica delle attività innovative

Introduciamo un nuovo argomento, per il momento lasciamo il concetto di sistema di innovazione anche se
poi alcuni di suoi aspetti sono presenti in altri argomenti.

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Di cosa parleremo?

• Le attività innovative tendono a concentrarsi nello spazio;


• L’importanza della prossimità geografica nel processo innovativo;
• Le economie (esterne) di agglomerazione;
• Il modello di Arthur;
• Teoria del ciclo di vita delle concentrazioni di Swann.

Slide 3:

Le attività innovative tendono a concentrarsi nello spazio

Le attività innovative tendono ad agglomerarsi in regioni, province e città. Questa fa si che la capacità
innovativa tenderà a persistere nel tempo, come per la Silicon Valley in cui i settori di specializzazione sono
cambiati nel tempo.

Slide 4:

La prima mappa è una mappa dell’Europa dove viene


rappresentata la Ricerca e sviluppo come percentuale
del prodotto interno lordo.

Nel caso dell’Europa la ricerca e sviluppo, c’è un livello


geografico abbastanza definito. L’Inghilterra in blu
scuro ha una percentuale del PIL superiore al 3%, non
sparso in tutta l’Inghilterra ma nell’area centrale. In
Francia l’attività innovativa è concentrata sulla Rhone
Alpes.
Slide 5:

Questa è una mappa che


rappresenta alcuni cluster, quindi
concentrazioni geografiche di
imprese innovative dove appunto
gli indicatori che sono utilizzati
sono:

-l’indicatore di crescita del numero


di brevetti sull’asse verticale;

-il numero delle imprese innovative


sull’asse orizzontale.

Vediamo come appunto in alto a destra c’è la Silicon Valley e la dimensione della bolla indica il numero di
brevetti.

Slide 6:

Top 100 cluster dal punto di vista


dell’innovazione mondiale. Vediamo delle forti
concentrazioni negli Stati Uniti, sulle due coste.
Nella costa est abbiamo la Silicon Valley e
Seattle verso nord. Una forte concentrazione di
attività innovativa in Europa e in Cina, nella
penisola coreana, Giappone e India.

A livello geografico c’è una forte


concentrazione.
Slide 7:

Principali Cluster di attività innovative negli


Stati Uniti, molto specializzati dal punto di
vista settoriale. Questo è quello che
contraddistingue i cluster, di solito si parla di
concentrazione di attività innovative che
portano ad una specializzazione del mercato
del lavoro. I cluster più grandi spesso hanno
vari settori, spesso i cluster innovativi più di
successo sono capaci anche di reinventarsi.

Slide 8:

Focus sulla Silicon Valley, attorno alla baia di San


Francisco.

Slide 9:

Localizzazioni delle migliori start


up del mondo.
Slide 10:

L’importanza della prossimità geografica nel processo innovativo

L’importanza della prossimità geografica nel processo innovativo facilita la trasmissione e lo scambio di
conoscenza scientifica e tecnologica, cioè conoscenza tacita.

Chiaramente, riduce l’incertezza, i costi di ricerca, e facilita l’accesso a risorse esterne, cioè in questi cluster
sono disponibili dei servizi sui quali le imprese possono contare e che permettono per esempio ad alcune di
ridurre i costi fissi.

Slide 11:

Perché attività simili o complementari tendono a concentrarsi nello spazio?

La spiegazione sono queste economie esterne di agglomerazione.

Slide 12:

Quali sono le principali economie di agglomerazione

Un’economia di agglomerazione che è disponibile nei cluster di attività innovative è comporta da lavoro
specializzato. L’accumulazione di conoscenze e competenze tecniche viene definita come economia di
apprendimento.

La presenza di molte imprese specializzate in fasi diverse dello stesso ciclo produttivo, fa si che sia molto
semplice e meno costoso accedere a servizi di tipo specializzato, e quindi l’elevata divisione del lavoro fra
imprese all’interno del ciclo produttivo e l’instaurarsi di intensi legami di acquisto/vendita fra le imprese
stesse vengono definite come economie di tipo pecuniario.

Infine, le economie sui costi di transazioni, cioè una riduzione dei costi di transazione grazie alla prossimità
spaziale e culturale e all’intensità dei rapporti “face to face”.

Slide 13:

Da dove derivano le economie di agglomerazione?

-Può verificarsi un problema di indivisibilità della fornitura di particolari beni e servizi, legato al fatto che in
alcuni casi l’acquisto di alcuni macchinari può essere costoso e che questi possono essere utilizzati da diverse
imprese.

-Capitale fisso comune: infrastrutture di comunicazione, educative, reti di comunicazione che aumentano la
produttività di tutte le imprese dell’area.

-Capitale sociale: effetti di creazione di una cultura professionale e manageriale, effetti di immagine di
mercato, possibilità di collaborazione fra le imprese per la creazione di servizi collaterali.
Slide 14:

Gli effetti delle economie di agglomerazione

• Efficienza statica dei processi produttivi: ci sono una serie di motivi per cui si può prevedere una
riduzione di costi;
• Effetto sull’efficienza dinamica: la concentrazione favorisce il processo innovativo, le imprese hanno
accesso a conoscenze e alla diffusione dell’innovazione.

Slide 15:

Un modello per spiegare le condizioni che determinano l’emergere di agglomerazioni innovative

Un modello è quello proposto da Arthur nel 1990, che intende spiegare il meccanismo attraverso il quale si
crea una concentrazione di imprese innovative in un dato territorio.

Il contesto nel quale Arthur ragiona è quello dell’industria ad alta tecnologia e il gruppo di imprese deve
scegliere tra due localizzazioni, alla Silicon Valley o Paris in Texas.

Ogni impresa andrà a localizzarsi dove il rendimento netto sarà più elevato e una volta localizzata non si
sposterà più. Le imprese effettuano le loro scelte in modo sequenziale, cioè osservando le scelte delle aziende
precedenti.

Nel modello di Arthur non vengono messe in luce le aspettative sul futuro, la scelta effettuata in base al
massimo rendimento nel presente.

Slide 16-17:

Come avviene la scelta

Le imprese possono dividersi in due gruppi, ognuna delle quali ha una specializzazione e una tecnologia
diversa. Sulla base della loro diversità, i due gruppi avranno una preferenza diversa a prescindere dalla scelta
fatta dalle altre imprese: un gruppo S preferisce la Silicon Valley, un gruppo P preferisce naturalmente Paris.

Questa è la formula che definisce il beneficio netto delle


imprese.

𝑟 𝑖 j → beneficio netto delle imprese;


i→ gruppi di imprese;
j→ località in cui l’impresa si localizza.
𝑞 𝑖 j→ beneficio geografico per l’impresa sulla localizzazione di una regione piuttosto che un’altra;
𝑔𝑛j→ beneficio che deriva dall’agglomerazione che deriva dalla presenza di altre nj imprese nella regione j
al momento della scelta.
Quindi misura le economie di agglomerazione: all’aumentare del numero di imprese localizzate in una certa
località aumenta il beneficio per un’impresa di localizzarsi nella stessa regione.
Quindi sostanzialmente il beneficio netto, secondo il modello di Arthur, è composto da due elementi: un
elemento che deriva dalla preferenza naturale delle imprese; e poi c’è un beneficio di agglomerazione che
invece è indipendente dalle preferenze naturali delle imprese, ma deriva proprio dall’agglomerazione, cioè
dal fatto che se le imprese sono tante, le economie esterne aumentano all’aumentare del numero delle
imprese localizzate -> quindi questo è un beneficio che deriva proprio dalla misura dell’economia di
agglomerazione e che è indipendente dalla preferenza dei due gruppi.

Slide 18-20:

Quindi, i rendimenti associati a ciascuna località aumenteranno al numero di imprese insediate. La selezione
tra le due località dipende dalla sequenza storica con cui due gruppi di imprese effettuano la scelta. Una
impresa decide dove andare sulla base delle scelte di altre imprese fatte prima di lei.

Cosa accade? Che la sequenza con la quale le imprese si trovino implica una lunga serie di imprese tutte dello
stesso gruppo ne deriva un incremento rilevante del rendimento associato ad una certa località.

Se hanno scelto per prime molte imprese del gruppo s, queste hanno generato un incremento del rendimento
associato ad S tale per cui:

allora tutte le imprese, indipendentemente dal


gruppo di appartenenza si localizzeranno da quel
momento in poi nella Silicon Valley perché i
benefici di agglomerazione superano ogni eventuale preferenza naturale per l’altra regione.

La distribuzione geografica della attività innovative in un certo momento è il risultato di un processo


storico, la cui dinamica dipende da: 1) interazioni di elementi casuali; 2) forse agglomerative cumulative.

Slide 21-22:

Teoria del ciclo di vita delle concentrazioni (Swan, 1996)

Una teoria che aggiunge un tassello in più a quello di Arthur.

Secondo questa teoria le nuove imprese tendono sempre a localizzarsi in modo casuale nello spazio e in
seguito, per fattori più o meno accidentali (infrastrutture e forza della base scientifica locale), uno o più
cluster cominciano ad emergere raggiungendo una massa critica di imprese. Si instaura una sorta di circolo
virtuoso cumulativo di crescita e innovazione poiché la concentrazione di imprese genera economie di
agglomerazione che attraggono nuove imprese.

Ad un certo punto il cluster entra in una fase di maturità (rallentando l’entrata di nuove imprese e la crescita
ed innovazione di quelle che stanno già dentro) e poi il declino
(si riduce il numero di imprese e le imprese hanno tassi di
crescita nulli o negativi) per due ragioni:

• Effetti di congestione: che aumentano i costi di


localizzazione;
• La maturità dell’industria e della tecnologia diminuisce
i benefici derivanti dall’agglomerazione per la
crescente standardizzazione del prodotto e riduce
l’importanza delle interazioni locali.
Slide 23:

Rappresenta diverse traiettorie e sentieri di


sviluppo dei cluster.

Dove appunto possiamo immaginare delle


traiettorie, che è indicata come “Life cycle-
type trajectory”: abbiamo una crescita e poi
un declino.

Però si identificano altre possibili traiettorie,


per esempio la Silicon Valley può essere
indica con la traiettori “Ongoing change and
mutation”, cioè sostanzialmente una
concentrazione che continua a cambiare e
ad adattarsi nel tempo e quindi continua
sempre a crescere.

Slide 24:

Come evitare il declino?

La riconversione industriale attrae nuove aziende in


industrie emergenti e questo avviene più facilmente se
la vecchia base ideologica converge con quelle delle
industrie emergenti che entrando nell’area possono
avere dei benefici di agglomerazione.

Slide 25:

Le differenze intersettoriali nella concentrazione geografica delle attività produttive

Il regime tecnologico determina i pattern settoriali di innovazione tecnologica e anche la loro organizzazione
dal punto di vista spaziale. Questo dipende da:

• Il tipo di conoscenza prevalente in un settore: quanto più è tacita, specifica e complessa tanto più
concentrate spazialmente sono le attività innovative;
• Le fonti delle opportunità tecnologiche di un settore: concentrazione attorno a università o centri
di ricerca oppure vicinanza tra fornitori e utilizzatori;
• Cumulatività della conoscenza e forte presenza di esternalità di conoscenza localizzate favoriscono
la concentrazione.
Slide 26-29:

I pattern spaziali tipici delle attività innovative nei diversi settori

• Settori tradizionali: attività innovativa caratterizzata da elevata codificabilità, genericità e semplicità


che avviene in imprese di piccola e media dimensione e molto diffusa a livello geografico;
• Meccanica strumentale: attività innovativa che richiede know-how specifico, poco codificabile e che
avviene in imprese medio-piccole concentrate in distretti industriali all’interno dei quali avviene lo
scambio di informazioni e viene ricercata la conoscenza;
• Industria dell’auto: pochi grandi innovatori di grandi dimensioni come conseguenza delle economie
di scala e dell’elevata cumulatività dell’attività innovativa. A livello spaziale, l’attività innovativa è
concentrata in pochi grandi centri dove la conoscenza generata all’interno dell’impresa viene
combinata con la conoscenza tacita e specifica generata dal sistema dei fornitori e produttori di
componenti;
• Industria dei computer: forte concentrazione dell’attività innovativa in poche imprese
oligopolistiche e presenza di elevate barriere all’entrata.
Dal punto di vista spaziale forte concentrazione in pochi centri e la conoscenza necessaria per
l’attività innovativa deriva:
o Per le parti ed i componenti ritenuti strategici dall’interno dell’impresa che si integra
verticalmente;
o Per gli aspetti più generici e codificabili da relazioni con partner localizzati anche molto
lontano geograficamente.
• Industria del software e microelettronica: elevato numero di innovatori con forti flussi in entrata
date le elevate opportunità innovative e contemporaneamente presenza di alcune grandi imprese
leader che fondano la loro leadership sull’innovazione continua e sull’accumulazione di competenze;
• Dal punto di vista spaziale, le attività innovative tendono a concentrarsi in alcuni distretti dove è
facilitato lo scambio di conoscenze all’interno della comunità scientifica. Esistono elevati “knoeledge
spillovers” localizzati (Silicon Valley).
LEZIONE 13 APRILE (13° LEZIONE) → PAVIA SILICON VALLEY

LEZIONE 13 APRILE (14° LEZIONE)

La diffusione delle innovazioni

Slide 5:

Di cosa parleremo oggi?

• Perché le innovazioni si diffondono?


• Modelli di adozione dell’innovazione e la sua diffusione:
o Modelli a massa critica: che spiegano come l’innovazione si diffonde all’interno di
popolazioni di potenziali adottatori;
o Modelli di adozione a soglia: è un modello che spiega l’adozione dell’innovazione sulla base
di alcune caratteristiche degli adottatori -> quindi spiega qual è il meccanismo di adozione
sulla base che gli adottatori abbiano o meno certe caratteristiche.

Slide 6:

Per iniziare a parlare di innovazione, vi presento uno screen di un lavoro che parla della diffusione
dell’innovazione utilizzando un esempio che viene dal mondo della natura e non dal mondo umano.

E il riferimento è appunto di uno studio che è stato fatto su una popolazione di Macachi (scimmie) in un’isola
del sud del Giappone dove sostanzialmente alcuni studiosi hanno studiato questa popolazione e hanno visto
come alcune innovazioni introdotte da uno di questi Macachi, si sono diffuse nel tempo.

Le innovazioni che sono state identificate sono sostanzialmente due:

• Una prima innovazione: una scimmia ha iniziato a lavare nella corrente di un fiume una patata dolce
dal fango (quindi ha levato il fango dalla patata dolce prima di mangiarla);
• Una seconda innovazione: prendere una manciata di sabbia e di grano, e buttarla nell’acqua, in
modo tale da dividere la sabbia dal grano (la sabbia fa a fondo e il grano galleggia), in questo modo
di ripulire il grano dalla sabbia prima di mangiarlo.
La cosa interessante qual è? Quello che è stato studiato è che in entrambi i casi, questa innovazione (che ha
un vantaggio nella capacità della scimmia per mangiare in modo migliore rispetto al modo tradizionale in cui
mangiano) si è diffusa all’interno di questa popolazione e si è osservato proprio il meccanismo di diffusione
dell’innovazione, cioè si è osservato sostanzialmente che:

• Da un lato c’è stato un meccanismo di diffusione dell’innovazione basato sull’apprendimento


attraverso l’osservazione e del contatto con l’innovatore;
• Dall’altro lato, invece, affinché questa innovazione si diffonda interamente nella popolazione ci vuole
molto tempo: la diffusione è un processo molto lungo se, come per i Macachi, non ci sono altri modi
per diffondere l’innovazione e quindi dato che c’è solo l’osservazione come strumento, è un processo
molto lungo.
Quindi questa è l’essenza della diffusione dell’innovazione.
Slide 7:

In che cosa consiste la diffusione dell’innovazione?

Sostanzialmente, come è stato definito da Rogers nel 1983, la diffusione dell’innovazione è un processo
attraverso il quale una innovazione è comunicata attraverso una serie di canali nel tempo a tutti i membri di
un certo sistema sociale (e questo è quello che abbiamo appena visto con i Macachi: comunicazione
attraverso un canale, cioè l’osservazione).

Nel caso della diffusione di innovazione di una popolazione fatta da individui piuttosto che di imprese, i canali
di accesso all’informazione possono essere diversi.

Sempre parlando di diffusione dell’innovazione, Rogers sostanzialmente fornisce alcune categorie analitiche
sulla base delle quali è possibile capire come avviene il processo di diffusione dell’innovazione:

• Un primo aspetto che dobbiamo considerare è quello del vantaggio relativo dell’innovazione: cioè
un’innovazione si diffonde più rapidamente se il vantaggio è effettivamente molto consistente;
• Un altro aspetto che dobbiamo considerare è la compatibilità dell’innovazione rispetto alla
popolazione di adottatori potenziali: cioè un’innovazione si diffonde più facilmente se, per esempio,
si inserisce bene nel modo in cui una certa potenziale popolazione di adottatori si comporta rispetto
alle norme sociali (un’innovazione che va contro, per esempio, le norme sociali, si diffonde più
lentamente);
• La complessità dell’innovazione: tanto più l’innovazione è complessa, tanto più la sua diffusione sarà
rallentata;
• Il fatto che l’innovazione può essere testata;
• E la sua osservabilità: valutare gli effetti dell’innovazione.
Queste sono tutte dimensioni che influenzano la sua diffusione.

Slide 8:

Rogers evidenzia una serie di condizioni sociali, di fattori esteri all’innovazione (quelli che abbiamo visto
prima sono fattori interni):

• La decisione di adottare questa innovazione deve essere collettiva o individuale oppure presa a livello
centrale: a livello individuale è più semplice;
• I canali di comunicazione che sono usati per acquisire l’informazione: informazioni che possono
passare tramite i mass media oppure può essere più interpersonale (cioè l’innovazione si diffonde
perché io parlo con qualcuno che conosce l’innovazione);
• La natura del sistema sociale dove l’innovazione, potenzialmente, si va a diffondere: all’interno del
sistema sociale c’è molta interconnessione tra i vari membri e quindi l’innovazione si diffonde molto
più facilmente;
• E il ruolo di agenti di cambiamento esterno;
Slide 9:

Possiamo derivare alcuni fatti stilizzati su quello che è la diffusione dell’innovazione

Alcuni fatti stilizzati che saranno ripresi nei modelli che descrivono la diffusione dell’innovazione.

• Il primo fatto stilizzato che possiamo evidenziare è il fatto che le nuove tecnologie si diffondono in
modo lento e graduale: cioè le nuove tecnologie hanno un processo di diffusione abbastanza lento;
• La diffusione dell’innovazioni da cosa dipende:
o Disponibilità di informazioni: elemento fondamentale perché per far si che l’innovazione si
diffonda, devono essere disponibili le informazioni sull’innovazioni (quindi le informazioni
devono essere disponibili; e trasmesse e quindi importante anche i canali di trasmissione);
o Livello di profitto relativo: si diffonderanno più rapidamente quelle innovazioni che
garantiscono un vantaggio economico relativo più elevato;
o Costi di adattamento: tanto più è costoso, cioè l’introduzione dell’innovazione mi richiede
dei costi di adattamento, tanto più questa innovazione si diffonderà in modo lento.
• Innovazioni diverse si diffondono a velocità diversa (sono caratterizzate da livelli diversi, canali di
informazione diversi, vantaggi economici diversi e costi di adattamento diversi) ed innovazioni simili
si diffondono a velocità diversa in settori e paesi diversi (questo perché appunto il contesto nel quale
l’innovazione si va a diffondere, influenza la velocità dell’innovazione).
Quindi caratteristiche interne ed esterne influiscono il processo di diffusione dell’innovazione -> dobbiamo
considerare due dimensioni: a) la dimensione delle caratteristiche dell’innovazione che influenza il processo
di diffusione; b) il processo di diffusione è influenzato dalla dimensione del contesto nel quale l’innovazione
si va a diffondere.

Slide 10:

Modelli di adozione

La maggior parte di questa letteratura si concentra sull’adozione di innovazioni di processo, quindi sono
modelli che hanno come popolazione di riferimento sostanzialmente, soprattutto quelle che vediamo noi, le
imprese: ci si interroga come l’innovazione si diffonde tra le imprese. Quindi ci si concentra sull’innovazione
di processo, quindi si parla spesso dell’adozioni di nuove macchine.

Possiamo identificare due categorie di modelli:

• Modelli a “massa critica”: che studiano come avviene il processo di diffusione dell’innovazione
all’interno di una popolazione di potenziali adottatori (quindi riprende quanto detto nell’esempio dei
Macachi) -> quindi tale modello studia il processo di diffusione sulla base delle caratteristiche della
popolazione di adottatori e del tipo di innovazione;
• Modelli di adozione a soglia: studiano il comportamento individuale delle imprese per analizzare
quali sono le condizioni in base alle quali le imprese decidono di adottare, sulla base di alcune
caratteristiche delle imprese: in particolare noi vedremo che la caratteristica dell’impresa che viene
presa in considerazione è la dimensione delle imprese.
Slide 11:

MODELLI A “MASSA CRITICA”

Sostanzialmente si parte dall’ipotesi che l’innovazione sia superiore, cioè dal punto di vista tecnologico l’idea
è quella che l’innovazione porti un vantaggio economico ai soggetti che sono potenziali adottatori.

L’ipotesi di partenza è che l’innovazione sia vantaggiosa. Il processo di diffusione e il tempo di diffusione
dell’innovazione dipende dall’accesso all’informazione: quindi non è questione “è vantaggioso o non è
vantaggioso adottare l’innovazione”, perché è potenzialmente vantaggioso per tutta la popolazione di
potenziali adottatori.

Il punto è che il fattore che rallenta la diffusione dell’innovazione è l’accesso all’informazione:

• Per cui sostanzialmente l’idea del modello è che in ogni momento “t” non tutti i potenziali adottatori,
all’interno di una popolazione, sanno che l’innovazione esiste e non tutti sono convinti che sia
superiore alle vecchie tecnologie.
Se questa è l’impostazione del modello, la condizione necessaria e sufficiente per la diffusione
dell’innovazione è l’accesso all’informazione: l’innovazione è vantaggiosa nel momento in cui io potenziale
adottatore vengo a sapere che esiste e capisco che ho le informazioni necessarie per capire che questo è un
vantaggio, a quel punto avviene l’adozione (però non è così scontato che io potenziale adottatore abbia tali
informazioni).

Slide 12:

Le fonti di informazioni interne

Ora quindi dobbiamo distinguere tra fonti di informazioni interne e fonti di informazioni esterne, perché
entrambe influiscono sul processo di diffusione.

Per quando riguarda le fonti di informazioni interne, quale potrebbe essere il problema che rallenta l’accesso
all’informazione? Questo potrebbe essere legato ad un problema di codificabilità di informazione, è proprio
perché queste informazioni non sono codificabili, possono essere trasferite solo per contatto personale.

I modelli nei quali la diffusione dell’informazione avviene per contatto tra imprese che hanno già adottato
con potenziali adottatori (cioè l’impresa adotta se è entrata in contatto diretto con un’altra impresa che ha
già adottato), sono i cosiddetti modelli epidemici: un esempio potrebbe essere l’epidemia che stiamo
affrontando in questo periodo, dove il virus si diffonde tramite contatto diretto con un altro individuo.

Slide 13:

Modelli epidemici (Griliches, 1957)

Quindi questi modelli di diffusione dell’innovazione sono


modelli che riprendono i modelli che vengono usati per
spiegare la diffusione dei virus.

Il modello che noi vediamo è un modello di Griliches, dove


sostanzialmente il processo di adozione dipende da questa
semplice equazione che vedete:

Quel “qt” non è altro che la probabilità dell’adozione.


Da che cosa dipende questa probabilità di adozione? L’equazione ci dice che è “qt = b xt / n”

• Xt/n -> “xt” rappresenta il numero di adottatori (quindi il numero di imprese che hanno già adottato)
FRATTO “n” che è la popolazione di adottatori potenziali;
• B -> è un parametro che ci dà una indicazione sull’intensità di comunicazione ed il vantaggio
dell’innovazione rispetto alle tecnologie rivali: quindi sostanzialmente quel “beta” sarà diverso sulla
base di due dimensioni (quelle che abbiamo sottolineato che influenzano la diffusione
dell’innovazione).
Quindi tale equazione è fondamentale e ci dice che la probabilità di adozione dipende da un parametro
“beta” (che sintetizza: da un lato le caratteristiche della popolazione e l’intensità di comunicazione, e
dall’altro lato il vantaggio dell’innovazione) moltiplicato per il rapporto di chi ha già adottato e la popolazione
di potenziali adottatori.

Slide 14:

Curva ad S

Sulla base di un modello di questo genere, il modello di diffusione dell’innovazione si può rappresentare con
una curva ad S: una curva che sale velocemente, poi la sua salita inizia a rallentare e poi inizia a diminuire.

Da cosa dipende la forma di questa curva ad S?

• Dipende dalla frequenza dei contatti: cioè da quante


occasioni abbiamo di incontrare qualcuno;
• Dalla probabilità di incontrare un’impresa che ha già
adottato;
• Differenza tra imprese che sono potenziali adottatori
e imprese che hanno già adottato.

Slide 15:

Le fonti di informazioni esterne

Contano anche quindi le informazioni esterne, che influenzano i “beta” (dal punto di vista della nostra
equazione), perché queste fonti di informazioni esterne possiamo spiegare il fatto che il processo di
diffusione possa avere anche una forma che è diversa da quella a S (lo vediamo nella prossima slide) del
processo di diffusione classico.

Queste fonti esterne che cosa possono essere:

• Per esempio, i fornitori dell’innovazione: cioè se i fornitori dell’innovazione sono molto attivi nel
promuovere la sua diffusione, l’innovazione si diffonde più rapidamente;
• Altri mezzi di informazione che possono svolgere un ruolo di diffusione dell’informazione: stampa,
tv;
• Le agenzie pubbliche di promozione dell’innovazione;
In ogni momento una % fissa dei non adottatori viene persuasa ad adottare in base alla intensità
dell’informazione ricevuta da fonti esterne e all’attrattività dell’innovazione.
Slide 16:

Qui vedete (come abbiamo detto prima)


come la diffusione dell’innovazione può
essere molto diversa da innovazione a
innovazione.

Qui vedete un grafico in cui ci mostra la


diffusione di alcune innovazioni negli Stati
Uniti: frigoriferi, telefono, servizio elettrico,
lavatrice, registratore.

Vedete appunto che la forma sia più o meno


una forma a S ma è poi molto diversa:
diffusione rapida o lenta o costante.

Questo perché? Perché dipenderà appunto dalle caratteristiche dell’innovazione, dai costi di adattamento, e
da tutte le fonti esterne che possono svolgere un ruolo importante nella promozione e nell’informazione
sull’innovazione.

Slide 17:

Categorie di adottatori dell’innovazione

Fino ad ora, in questi studi che abbiamo fatto non si entrava nelle caratteristiche degli adottatori di una
popolazione (non rappresentavano un elemento discriminante).

Mentre, studi evidenziano che all’interno di una


popolazione di potenziali adottatori tipicamente ci sono
individui e imprese che hanno delle propensioni diverse
ad innovare.

Quindi qui si divide una popolazione di potenziali


adottatori in 5 categorie:

• La prima categoria, che sta a sinistra della


campana, che sono gli “innovatori”: quindi
particolarmente favorevoli ad adottare
tecnologie nuove, che però sono una parte molto ridotta della popolazione (stimata al 2,5% nel
grafico: stime che ovviamente possono cambiare da popolazione a popolazione);
• Poi abbiamo i “primi adottatori”: a partire sempre da sinistra, sono i secondi e rappresentano una
parte più rilevante della popolazione (stima del 13,5%) e sono quindi imprese e individui molto
favorevoli all’innovazione;
• Poi abbiamo la “maggioranza progressista” e la “maggioranza conservatrice” che rappresentano
nella stima quasi il 70% della popolazione;
• E poi, infine, ci sono i cosiddetti “ritardatari” cioè quelli che fanno resistenza di ogni tipo ad adottare
l’innovazione e hanno una stima del 16% (una quota della popolazione non trascurabile).

Andiamo a spiegarli separatamente!


Slide 18:

• Innovatori: entusiasti della tecnologia


Possiamo dare una connotazione alle varie categorie di potenziali adottatori e gli innovatori sono considerati
gli entusiasti della tecnologia: cioè quelli che comprano per primi.

Hanno un ruolo di agente del cambiamento, cioè hanno un forte ruolo perché la loro adozione
rappresentano il primo stimolo della diffusione dell’innovazione.

Svolgono questo ruolo di “gatekeeper”, che cos’è? È proprio un agente di cambiamento che ha un ruolo di
stimolo sul gruppo successivo degli adottatori.

Slide 19:

• I primi adottatori: visionari


I primi adattatori sono definiti “visionari”: sono degli individui e delle imprese che sono molto propense al
rischio e quindi ad entrare in progetti ad alto rischio ma anche ad alto rendimento.

Non sono necessariamente sensibili al prezzo, perché ovviamente l’innovazione nelle prime fasi spesso può
essere molto costosa.

Hanno sicuramente un ruolo come “opinion leaders”, cioè anche loro come fattori di cambiamento.

Slide 20:

• Maggioranza progressista: pragmatici


La maggioranza progressista: possono essere definiti pragmatici. Sono favorevoli ad adottare innovazione nel
momento nel momento in cui l’innovazione garantisce dei miglioramenti della produttività, ma solo nel
momento in cui si trovano ad una innovazione che è in qualche modo già consolidata nel mercato.

Si muovono insieme ed è questo il concetto di “herd mentality” (la mentalità di gregge). Quindi si muovono
insieme e non sono disponibili a fare degli azzardi ma si muovono quando tutti gli altri si stanno muovendo:
non sono tanto propensi al rischio. Si muovono quindi solo nel momento in cui è chiaro il vantaggio
economico, quindi ci sono informazioni evidenti della performance dell’innovazione.

Slide 21:

• Maggioranza conservatrice
I conservatori sono avversi al rischio. Sono molto sensibili alla questione del prezzo. Sono disponibili ad
adottare un’innovazione solo se “bullet-proof”, cioè se si sa tutto, se non ci sono rischi di ogni genere, se è
una soluzione provata e riprovata.

Sono motivati ad adottare un’innovazione solo nel momento in cui non vogliono rimanere indietro (cioè se
tutti l’hanno adottata, non possono non adottarla).
Slide 22:

• Ritardatari: scettici
Infine, abbiamo gli scettici, ovvero quelli che vogliono mantenere le cose come sono e possono essere definiti
come i “luddisti” cioè quelli della rivoluzione industriale che andavano contro il progresso tecnologico.

Slide 23:

MODELLI DI ADOZIONE A SOGLIA basati sulla dimensione delle imprese (David, 1966)

A differenza degli altri modelli, tali modelli studiano la diffusione di una certa tecnologia sulla base di
caratteristiche delle imprese e la studiano sostanzialmente da che cosa dipende la decisione individuale
dell’impresa di adottare una certa tecnologia.

È un modello di Paul David nel 1966 che studia, prendendo come esempio empirico la diffusione della
mietitrice negli USA prima della guerra di secessione: sostanzialmente la diffusione di un macchinario in un
certo periodo storico negli Stati Uniti.

Quindi va a studiare sulla base di quali criteri, le imprese decidono di adottare o non adottare questo tipo di
macchinario. Naturalmente ci sono alcuni ipotesi per semplificare il problema, e la prima ipotesi (1) è
“l’assenza di problema informativo”: in questo caso (a differenza di quanto tempo fino a poco prima “assenza
di informazione”) tutti i potenziali adottatori conoscono l’innovazione e sono in grado di valutarne la
produttività:

• L’adozione della mietitrice non ha effetto sulla produttività del terreno (e quindi sul raccolto della
singola impresa);
• Ma il vantaggio della mietitrice è che consente di risparmiare lavoro (a0>an → quantità di lavoro
che l’impresa adotta nel momento zero è superiore alla quantità di lavoro che l’impresa adotterebbe
in seguito all’introduzione della mietitrice).
Quindi questo è il punto di partenza del modello: non c’è problema di informazione, tutti sanno che la
mietitrice è disponibile nel mercato e sanno che l’adozione della mietitrice garantisce un risparmio del
lavoro).

Slide 24:

Qual è la condizione per l’adozione della mietitrice?

Questa è l’equazione fondamentale del


modello che spiega come avviene la scelta di
adottare o non adottare la mietitrice.

L’adozione da che cosa dipende?

• Ovviamente dal prezzo dell’innovazione (p) -> il costo di acquistare una mietitrice. L’impresa adotterà
l’innovazione solo se p sarà minore o uguale ad una componente del costo del lavoro w(a0-an);
• Il costo del lavoro è rappresentato da: w che è il salario unitario PER a0 – an. Abbiamo detto che a0
ed an sono i coefficienti di lavoro al momento zero -> cioè prima dell’adozione dell’innovazione al
momento zero e al momento n dopo l’adozione della mietitrice.
o a0: è uguale a L0 ovvero la quantità di lavoro disponibile FRATTO S che è l’estensione della
fattoria -> cioè il lavoro necessario per l’estensione della fattoria.
Quindi che cosa ci dà w(a0 – an)? Il costo del lavoro in termini di risparmio del lavoro a seguito
dell’adozione della mietitrice.
• Tutto questo, quindi w(a0-an), PER S/r cioè l’estensione della fattoria FRATTO il tasso di interesse.
Quindi sostanzialmente questa condizione ci dice che: la mietitrice verrà adottata solo se il prezzo di adozione
sarà minore o uguale a questo fattore che ci dà il risparmio in termini di costo di lavoro MOLTIPLICATO
all’estensione della fattoria in rapporto al tasso di interesse.

Slide 25:

Un’altra ipotesi (2) che viene fatta nel modello è che ci siano aspettative miopi: cioè che le imprese compiono
le loro scelte sulla base dei valori di salari e prezzi (w e p) nel momento in cui devono prendere le decisioni.
Quindi non ci sono aspettative su possibili variazioni del prezzo dell’innovazione o del salario, perché se ci
fossero aspettative di diminuzione del prezzo della mietitrice le imprese potrebbero rimanere in attesa che
il prezzo diminuisce: invece l’idea è quella che la decisione che viene presa su prezzo e salario vigente nel
momento in cui si decide di adottare o non adottare.

Quindi da che cosa dipende l’adozione? Sostanzialmente


dipende dal fatto che la dimensione dell’impresa sia almeno
maggiore o uguale ad una certa soglia critica che viene
indicata con S*, dove la soglia critica dipende da:

• rp: cioè il tasso di interesse PER il prezzo della mietitrice;


• FRATTO w(a0-an), cioè il salario PER la differenza tra i coefficienti di lavoro.
Cosa vuol dire? Vuol dire che sostanzialmente al di sotto della soglia critica non è conveniente per l’impresa
adottare la mietitrice; al di sopra di questa soglia critica invece è conveniente adottare la mietitrice.

Quindi che cosa vuol dire? Vuol dire che la decisione dell’impresa di adottare o no la mietitrice dipende dalla
dimensione dell’impresa: tanto più l’impresa ha una dimensione rilevante, superiore alla soglia critica, sarà
conveniente per l’impresa adottare la mietitrice. Mentre al contrario non conviene.

Slide 26:

Da che cosa dipende la diffusione nel tempo dell’innovazione? Deve cambiare S*

• S* può diminuire nel tempo: o perché diminuisce il numeratore (r o p) oppure aumenta il


denominatore (w o la produttività della nuova tecnica).
Quindi S* diminuisce se il numeratore diminuisce (quindi il tasso di interesse o il prezzo); oppure S*
può diminuire perché aumenta il denominatore che dipende dal salario (quindi se il costo del lavoro
aumenta, il fatto di risparmiare lavoro è un fattore, un incentivo ulteriore, ad adottare l’innovazione)
oppure può aumentare la differenza tra a0 e an, cioè si risparmia più lavoro e l’innovazione diventa
più efficiente.
QUINDI, il motivo per cui la soglia dimensionale si riduce possono essere tutti quelli legati alla
variazione dei fattori che influenzano S* (il numeratore che diminuisce o il denominatore che
aumenta);
• Oppure può cambiare la distribuzione dimensionale delle imprese: tutte le imprese aumentano di
dimensione e quindi c’è un aumento della diffusione dell’innovazione.
Slide 27:

Il processo di diffusione può essere trainato da:

• Forse esogene: che sono indipendenti dall’adozione degli adottatori.


o In primo luogo, l’aumento dei livelli dei salari: il livello dei salari sta al denominatore e quindi
se aumenta i salari diventa più costoso il lavoro, e diventa più conveniente risparmiare
lavoro;
o La diminuzione del tasso di interesse r: è il costo di prendere a prestito denaro che serve per
fare l’investimento nell’innovazione -> quindi se r diminuisce diventa più vantaggioso
prendere in prestito denaro per acquistare la mietitrice;
o Aumento generalizzato della dimensione delle imprese grazie all’aumento della domanda
del bene (aumenta la domanda del grano);
• Forse endogene al processo di diffusione:
o Diminuzione del prezzo dell’innovazione: i produttori della mietitrice diventano più efficienti
e quindi il costo diminuisce (diminuzione del prezzo p fa diminuire la soglia critica);
o Il coefficiente di input di lavoro an: sostanzialmente la mietitrice diventa più efficiente in
termini di risparmio del lavoro.

Slide 28:

Il processo di adozione dell’innovazione è influenzano dall’adozione da parte delle prime imprese, ovvero le
imprese più grandi, che inizialmente superano la soglia critica.

In che modo quindi i primi adottatori, cioè quelli che per primi decidono di adottare l’innovazione,
influenzano ciò? Attraverso una serie di meccanismi:

• I produttori dell’innovazione, che producono mietitrice -> producendola diventano più efficienti ->
diventando più efficienti il loro costo di produzione diminuisce -> e quindi la diminuzione dei costi di
produzione permette da un lato di diminuire il prezzo dell’innovazione e dall’altro di migliorare
l’innovazione.
Quindi qual è l’idea? Che se la diffusione avviene nella prima fase, avverrà anche nelle fasi successive.

In una prima fase si diffonde solo tra imprese di grandi dimensioni: questa prima fase di diffusione ha un
effetto anche sulle fasi di diffusione successive perché grazie alla prima di adozione c’è un impatto sulle
capacità produttive delle imprese che producono l’innovazione (che producono la mietitrice), e le imprese
producendo l’innovazione diventano più efficienti e questo può avere un duplice effetto:

• Un effetto in termini di riduzione del prezzo dell’innovazione e quindi con la riduzione del prezzo si
ha una riduzione del numeratore e quindi diminuisce la soglia critica;
• E un aumento della produttività dell’innovazione, cioè il fatto che l’innovazione fa risparmiare lavoro
maggiormente: quindi diminuisce an e aumenta il numeratore facendo aumentare S*.
Quindi che cosa vuol dire questo? Che ogni adottare quindi genera una esternalità positiva a favore degli
adottatori successivi. Il processo di adozione non è un processo statico.
Slide 29:

1.C’è una prima fase in cui c’è


l’adozione da parte di poche imprese di
grandi dimensioni che hanno una
dimensione maggiore o uguale alla
soglia critica.

2.Grazie a questa prima fase di


adozione, c’è l’apprendimento da parte
dei fornitori (cioè i produttori della
tecnologia) che diminuiscono i costi di
produzione.

3.Questa diminuzione dei costi di


produzione si trasferisce sui prezzi e si
trasferisce sull’efficienza della
tecnologia, e fa diminuire la soglia
critica (S*) ->con la diminuzione di S*, aumentano le imprese che possono permettersi di adottare
l’innovazione.

Sulla velocità di diffusione hanno un ruolo cruciale:

• Aspettative degli adottatori sul prezzo dell’innovazione: prima abbiamo parlato di aspettative
miopi: cioè che le decisioni si basano sui prezzi di quel momento, MA le aspettative possono non
essere miopi, cioè i potenziali adottatori potrebbero avere delle aspettative di diminuzione del
prezzo dell’innovazione nel tempo. Ma questo potrebbe essere un vincolo perché nel momento in
cui tutte le imprese decidessero di aspettare, l’adozione dell’innovazione potrebbe essere bloccata.
• Possono giocare un ruolo importante le strategie dei fornitori, cioè i fornitori possono cercare da un
lato di promuovere l’adozione introducendo miglioramenti tecnologici, dall’altro lato però se i
fornitori hanno un forte potere di mercato, attraverso questo potere di mercato hanno la possibilità
di favorire o di ostacolare il processo di diffusione controllando il prezzo.
LEZIONE 14 APRILE (15° LEZIONE)

LE ESTERNALITA’ DI RETE

Le esternalità di rete sono particolarmente rilevanti per l’innovazione.

Slide 3:

Di cosa parleremo?

• Che cosa è una rete?


• Che cosa è una esternalità di rete?
• Esternalità di rete dirette e indirette;
• Standard tecnologici;
• Il caso QWERTY;
• La path dependency;
• Gli strumenti della politica economica.

Slide 4-8:

Reti/Networks

È un concetto che vediamo in tanti ambiti. L’idea è molto semplice, dove troviamo molti attori e tali attori
sono collegati da un legame. Questo legame può essere di vario genere: a) fisico; b) non necessariamente
fisico.

Esempi di rete:

• Rete fisica: rete dei trasporti; il telefono; sistema di pagamento pos, ecc…
• Rete non fisiche: software; sistemi operativi come Microsoft che collega gli utilizzatori del sistema; i
social network (persone collegate non fisicamente).
Ci sono gli strumenti che permettono di analizzare le reti, in particolare ad esempio “Social Network Analisi”
che ci permette di analizzare i rapporti tra imprese, fornitori…

Esempio di una rete: la metropolitana di Londra.

Ci sono dei nodi (in questo caso sono “le stazioni”)


e i legami tra le stazioni rappresentano quindi il
passaggio da una stazione all’altra.
Altra rappresentazione di
una rete: è una immagine
di connessione aeree.

Rappresenta quindi le
connessioni aeree: i punti
di due città sono collegate
da una connessione aerea.

Un altro modo di
rappresentare una rete: il
traffico di internet che
collega tutto il mondo.

Collega quindi tutti gli


utenti che sono connessi.

Slide 9:

Esternalità di rete

Che cos’è? Perché è importare parlare di esternalità di rete nell’ambito dell’economia dell’innovazione?

Si verifica una esternalità di rete quando una certa tecnologia gode di rendimenti crescenti da adozione, cioè
sostanzialmente se i benefici di chi utilizza questa tecnologia, aumentano all’aumentare del numero degli
adottatori (quindi la base dei clienti).

Tutti i social network sono interessati a queste esternalità di rete.

Facebook tipo all’inizio aveva poche persone e quindi potevo trovare poche persone che conoscevo. Se
invece mi connetto ad un social con molti utenti, posso incontrare persone che conosco: quindi aumenta
all’aumentare del numero dei clienti.

La presenza di queste esternalità di rete crea una situazione molto particolare sia nell’utilizzatore della
tecnologia e sia per chi produce la tecnologia, perché in pratica è un meccanismo in cui i profitti generati
dall’introduzione di un’innovazione sono tendenzialmente crescenti (quindi generano profitti che possono
essere reinvestiti per migliorare l’innovazione).

Quindi queste imprese diventano più forti economicamente e permette di avere maggiori profitti: ciò può
comportare un investimento nel prodotto e renderlo ad esempio più attraete.

Ad esempio, comprare altre imprese per innovarsi (Facebook che acquista Instagram per avere più controllo).

Il valore della tecnologia, quindi, aumenta all’aumentare degli adottanti!


Slide 10:

Per fare un esempio:

Se voi ragionate in termini di Windows, abbiamo un duplice vantaggio nell’utilizzare un sistema diffuso:

• Da un lato, molti utenti che utilizzano il sistema, io posso spostare un file da un computer a un altro
e spostarlo ovunque;
• Poi un altro vantaggio: man mano che una tecnologia diventa diffusa attrae servizi collaterali
(scaricare programmi che non ha creato Microsoft ma che sono compatibili con Windows).

Slide 11:

Come abbiamo detto, possiamo distinguere esternalità dirette ed esternalità indirette.

• Esternalità di rete dirette: ci sono quando i consumatori sono collegati da una rete e possono
comunicare tra loro (le reti fisiche di comunicazione: telefono, internet).

Dalle esternalità di rete dirette ci sono benefici:


o Benefici diretti: possibilità di comunicare con altri;
o Benefici indiretti: probabilità che se adottato da tanti uno standard tecnologico continuerà
ad essere prodotto.

Ogni nuova adesione aumenta l’utilità di quelli che hanno già aderito, dato che aumenta la possibilità
di comunicazione.

• Esternalità di rete indirette: ci sono quando invece non necessariamente non c’è una comunicazione
diretta (il caso del sistema operativo Windows).

I vantaggi quali sono? Disponibilità di prodotti complementari come software, reti di assistenza e di
manutenzione (cioè se voi avete un problema con un sistema diffuso, troverete subito chi vi può
aiutare).

Tanto più è ampia la base di clienti tanto più si attraggono produttori di beni complementari.

Le esternalità di rete di tipo indiretto dipendono anche dal fatto che il fatto di aderire ad una certa
tecnologia garantisce la compatibilità con tutti quelli che hanno aderito alla stessa tecnologia;
mentre, invece, se aderite ad un’altra tecnologia ci sono delle incompatibilità (cioè il fatto di aderire
ad una rete piuttosto che un’altra, significa che c’è compatibilità all’interno della rete ma può esserci
incompatibilità invece tra reti diverse).

E questo ci porta a introdurre un problema chiave in tutte quelle tecnologie caratterizzate da


esternalità rete, che è la cosiddetta “battaglia tra standard”, che cos’è? È il fatto che appunto,
abbiamo appena detto, una tecnologia caratterizzata da esternalità di rete, ha tanto più valore tanto
più è elevato il numero degli utenti che scelgono quella tecnologia (però abbiamo detto che reti
diverse possono essere caratterizzate da standard tecnici che possono non essere compatibili tra di
loro).
Slide 13:

Circolo virtuoso

In seguito alle esternalità di rete, se c’è uno standard tecnologico che attrae determinati clienti, ci saranno
sviluppatori di software compatibili che offrono nel mercato prodotti complementari, rendendo più facile da
attrarre nuovi clienti e aumenterà anche la base dei clienti, meccanismo che una volta messa in funzione,
genera un circolo virtuoso.

Questo proprio si spiega con il caso Microsoft.

Slide 14-15:

Il caso Microsoft

Fino al 1980 il sistema operativo dominante dei personal computer era il CP/M. Poi che cosa succede? Che
ad un certo punto Apple esce nel mercato con un personal computer, e IBM (che era la più grande azienda
dei computer) era specializzata nella produzione dei grandi computer (i mainframes) e quindi si rivolgevano
ad un mercato diverso (alle banche, pubbliche amministrazioni…).

Quindi che cosa succede? Che IBM rimane un po' spiazzato in una prima fase dall’entrata nel mercato di
Apple con i personal computer. Però IBM che fino a quel momento dominava il mercato, aveva grandi
capacità economiche, quindi sostanzialmente quando IBM si accorse che quello che aveva fatto Apple era
serio, iniziano ad investire rapidamente molte risorse e rapidamente escono con un personal computer.

Quindi cosa succede? Che IBM si rivolge a Microsoft che sostanzialmente clona questo sistema CP/M, e
questo sistema che viene clonato si chiamerà MS DOS. Questo MS DOS viene caricato su tutti i personal
computer IBM, e tali pc hanno successo sul mercato e vengono a loro volta clonati e così si crea un circolo
virtuoso.

A quel punto Microsoft che cosa fa? Che nella prima fase aveva copiato CP/M, nella seconda fase che cosa
fa? Copia il sistema operativo di Apple, che era basato sulle finestre, e lì nasce quindi Windows, perché Apple
era più “user-friendly” rispetto a MS DOS. Di fatto, quindi, esce Windows che inizia a diffondersi su tutti i
computer.

In sostanza la posizione dominante di Microsoft nasce da un caso diciamo, perché se anziché Bill Gates fosse
stato Kindall a siglare l’accordo con IBM, probabilmente oggi il settore del software sarebbe molto diverso.

Slide 16:

Che cosa sono gli standard tecnologici?

Sono sistemi che facilitano tra prodotto che utilizzano lo stesso standard tecnologico (comunicazione tra
prodotto Apple).

Il successo di uno standard tecnologico nel mercato aumenta il mercato potenziale e può avere come effetto:
una riduzione di costi (non sempre); aumento di disponibilità di beni complementari (e questo attrae
ulteriormente e rende più attraente la scelta di uno standard tecnologico rispetto ad un altro).
Slide 17:

Perché si afferma uno standard dominante? Figura 1 Curve di apprendimento

Qui vedete con due curve il meccanismo


dell’apprendimento. L’apprendimento è
cumulativo e sostanzialmente man mano che
c’è apprendimento, aumenta l’adozione di
una certa strategia.

Tendenzialmente, a livello di standard


tecnologici, c’è sempre l’affermazione di uno
standard dominante o di pochi standard
dominanti (come nel caso dei personal
computer).

E proprio perché nel mercato, per il meccanismo cumulativo che si crea, non c’è spazio per molti standard
tecnologici, quando i produttori di tecnologie che sono caratterizzate da esternalità di rete, sono consapevoli
dl fatto che non ci sia spazio per molte imprese nel mercato.

E quindi sostanzialmente, almeno per le prime fasi, si può creare la “guerra tra standard”.

Slide 18:

Guerra tra standard

Cioè un meccanismo nel quale nel mercato si cerca di attirare consumatori verso un certo standard in
competizione con altri.

Questo perché? Come abbiamo visto nel caso del sistema operativo di Microsoft, in realtà le fasi iniziali sono
spesso importanti proprio per il meccanismo, perché abbiamo visto che si cerca di creare il circolo virtuoso:
una volta che uno standard ha un certo numero di consumatori abbastanza rilevante, si mette in moto quel
meccanismo che poi porta a diventare in maniera automatica quello standard “dominante”.

Per quando riguarda gli standard, si parla del fenomeno di “lock in”: cioè quando un consumatore inizia ad
usare uno standard, è difficile che poi lo abbandoni, questo perché abbandonare uno standard ha dei costi
(riacquistare la tecnologia o costi di apprendimento).

Questi eventi possono essere o vere e proprie coincidenze o manipolazioni strumentali delle scelte di
adozione:

• Tastiera QWERTY;
• Sistema operativo MS DOS come sistema “aperto” (la differenza del sistema operativo Apple e
Microsoft, soprattutto nella prima fase, è stata la scelta di Microsoft di rendere MS DOS un sistema
aperto -> un sistema in cui venivano forniti i codici agli sviluppatori in modo da rendere più facile
creare i prodotti complementari);
• Open Handset Alliance vs IPhone (alleanza di imprese dove la principale è Google, ed è un sistema
aperto).
Slide 19-23:

Il paradigma Hardware/Software: QWERTY

Viene introdotto nel 1867 un design simile a qwerty per risolvere un problema di tipo meccanico, cioè
parliamo di macchine da scrivere meccaniche e c’è un problema di incastro dei tasti.

Nel 1873 nasce lo standard QWERTY adottato da una grande impresa “Remington”. La cosa interessante è
che molto rapidamente, nel 1880, vengono fatti dei miglioramenti meccanici alle macchine da scrivere che
avevano reso questo sistema adottato da Remington una struttura del tutto inutile dal punto di vista
tecnologico, non c’era bisogno di risolvere questi problemi meccanici.

Nonostante ciò, la struttura della tastiera rimane questa. La tastiera potrà essere diversa da lingua a lingua.

Quindi tutto è nato da un problema tecnico che viene risolto ma siamo rimasti lo stesso con tale forma.

Perché è avvenuto questo?

Sostanzialmente da un lato si diffonde questa idea, ovvero che QWERTY rimane come standard, dall’altro
lato c’è un problema di conoscenza della dattilografia. Dal momento in cui si diffonde la tastiera al momento
in cui il problema si risolve dal punto di vista meccanico, in realtà le dattilografe, che in quegli anni erano
fondamentali, avevano imparato/sviluppato una conoscenza ad utilizzare quel tipo di tastiera, quindi per loro
cambiare tastiera avrebbe avuto un costo.

Quindi di fatto, dal punto di vista meccanico sarebbe stato facile in quanto non c’era più un problema dal
punto di vista tecnico, mentre c’era un problema dal punto di vista della conoscenza, della tecnologia, e
quindi in sostanza, c’era un meccanismo di lock in che fa rimanere il sistema in una soluzione tecnologia che
dal punto di vista funzionale non è quello migliore, perché appunto con una disposizione dei tasti diversa, le
dattilografe sarebbero state più veloci.

-Il meccanismo che si verifica è un meccanismo sia dal lato della


domanda: il numero di macchine che adottano questo sistema
aumenta -> aumenta il numero delle dattilografe che conoscono
questo sistema -> e quindi fa aumentare la probabilità che le
macchine adottate abbiano quel tipo di tastiera.

-E poi un meccanismo dal lato dell’offerta perché sostanzialmente a


quel punto di producono macchine da scrivere con quella tastiera e si
crea un fenomeno di “lock in”, cioè il meccanismo di lock in che è
irreversibile.
Quindi che cosa ci insegna l’esempio di QWERTY:

• C’è una tendenza del sistema a muoversi verso uno standard di fatto;
• Un vantaggio all’inizio della diffusione è cruciale;
• La storia conta, quindi il processo storico conta;
• La strategia delle imprese nelle scelte tecnologiche è cruciale;
• Data la presenza di esternalità di rete, lo standard adottato non è necessariamente il migliore dal
punto di vista tecnologico perché si crea un meccanismo di “path dependency” (dipendenza dal
sentiero). Questa “path dependency” è un altro aspetto fondamentale di queste tecnologie che sono
caratterizzate dalle esternalità di rete.

Slide 24:

Che cos’è la path dependency? (processi di dipendenza dal sentiero)

La path dependency dipende appunto dal fatto che i processi di sviluppo (l’adozione di certe tecnologie)
dipende dalle condizioni iniziali e anche dalla sequenza delle decisioni degli agenti, cioè c’è un evento
scatenante e poi a questo evento seguono una serie di adozioni che mettono in moto questo meccanismo
dell’esternalità di rete, sostanzialmente si mette in moto un processo che porta alla creazione di uno standard
dominante.

Quindi l’innovazione si diffonde secondo processi “path dependency” (perché dal momento che le
dattilografe hanno imparato a scrivere con tale tastiera, è difficile convincerle a imparare ad utilizzare una
tastiera diversa) e l’emergere di alternative migliori (è difficile che prendano piede se le esternalità di rete
hanno messo in moto questo meccanismo di diffusione, di circolo virtuoso che abbiamo visto).

Quindi appunto la cosa che si verifica in alcuni casi è che il sistema di trovi in una situazione “Technological
lock ins”, cioè delle situazioni nel quale appunto ci si trova a essere catturati da un certo tipo di standard, da
un certo tipo di tecnologia, che non necessariamente è quella migliore.

Questo è uno dei rischi di questo tipo di meccanismi. Questo è assolutamente vero per i motori di ricerca
come Google, il più efficiente ma questo grazie al fatto che si è messo in moto un meccanismo esattamente
come quello che abbiamo visto.

Slide 25:

Un altro esempio che riguarda la “Technological lock ins” riguarda i videoregistratori VHS vs Betamax.

I videoregistratori avevano uno standard di VHS, ma agli inizi erano due: VHS e Betamax.

C’è stata un meccanismo in cui VHS ha avuto il sopravvento rispetto a Betamax, anche se non era inferiore
dal punto di vista tecnologico.

Ma cosa è successo? Sony ha fatto errori manageriali, tipo per le pubblicità.

Si crea un meccanismo di esternalità di rete che permette quindi di avere la meglio VHS e Betamax sparisce.
Slide 26-27:

Il valore delle esternalità di rete. È funzione del valore generato dall’ampiezza della base clienti e dalla
disponibilità dei beni complementari.

Questo spiega perché alcune innovazioni che offrono miglioramenti tecnologici significati spesso non
riescano a prendere il posto di tecnologie esistenti che già vantano un’ampia diffusione.

In questo schemino si dà un po' una idea di quello


che è il valore della tecnologia esistente e quale
deve essere il valore della tecnologia nuova per
spingere i consumatori a passare da una vecchia
tecnologia ad una nuova tecnologia.

Vediamo qui che il valore della tecnologia


esistente dipende da 3 elementi:

• Dall’utilità tecnologica, quindi da come effettivamente funziona una certa tecnologia;


• Dalla dimensione della base clienti;
• E dalla disponibilità dei beni complementari.
Quindi il valore della tecnologia è l’insieme di queste tre cose: l’aspetto tecnologico, la base clienti,
disponibilità dei beni complementari.

Allora una tecnologia nuova, se vuole affermarsi nel mercato, ovviamente deve avere un valore superiore
alla vecchia tecnologia, e questo valore superiore può derivare da vantaggi diversi: l’esempio che viene
presentato nel grafico in b è una tecnologia nuova che ha una utilità tecnologica decisamente superiore
rispetto alla vecchia tecnologia -> in questo caso è un superamento della vecchia tecnologia da un punto di
vista tecnologico.

Oppure possiamo pensare che il vantaggio tecnologico sia superiore ma che appunto la nuova tecnologia
offre un vantaggio in più, di essere compatibile con la vecchia, e allora in questo caso, se fosse compatibile
con la vecchia, ci sarebbe il vantaggio tecnologico e la possibilità di attrarre una parte dei consumatori
abituati alla vecchia tecnologia verso la nuova.

Le strade, quindi sono quelle di: un miglioramento radicale della tecnologia o quella di mantenere la
compatibilità con la vecchia tecnologia.

Slide 28:

I mercati winner-take-all sono buoni per i consumatori?

Un ultimo concetto che è interessante considerare nelle tecnologie caratterizzate da esternalità di rete è
l’idea di mercati “winner-take-all”, che cosa vuol dire? Tale è un mercato in cui c’è un solo vincitore. I mercati
winner-take-all sono un pò i mercati delle tecnologie digitali (tipo Google).

Come possiamo capire fin quando va bene che ci sia un mercato winner-take-all e quando invece inizia a
diventare un problema?
Questo grafico lo fa vedere: nel senso che le esternalità di rete, abbiamo
capito, danno dei vantaggi però il rischio è il costo del fatto che se le
esternalità di rete funzionano, sostanzialmente il rischio è quello che nel
mercato ci sia un solo produttore dominante: quello che ha saputo meglio
sfruttare le esternalità di rete.

Quindi da un lato c’è il beneficio delle esternalità di rete, dall’altro lato il


costo del monopolio, e questo lo vedete rappresentato in questo grafico:
vedete come sostanzialmente sull’asse verticale c’è l’utilità tecnologica e
sull’asse orizzontale la dimensione del mercato.

Vedete che è rappresentata la curva a S che ci dà l’andamento dei benefici che ai consumatori derivano dal
fatto di adottare un certo tipo di tecnologia, però vedete che il beneficio ha una curva ad S cioè sale e poi ad
un certo punto si appiattisce; mentre la curva dei costi del monopolio, possiamo pensare che sia una curva
che cresce.

Quindi idealmente quello che si può dire è che fino ad un certo livello di dominazione del mercato da parte
di una tecnologia, i benefici superano i costi; da un certo punto in poi c’è un rischio che i costi del monopolio
possano superare i benefici.

Quindi nel mercato winner-take-all bisogna sempre tenere in considerazione il possibile rischio che i costi di
creare un mercato monopolistico possono appunto superare i benefici.

Slide 29:

Gli strumenti della politica economica in presenza di esternalità di rete

Per concludere possiamo parlare che le tecnologie che sono caratterizzate da esternalità di rete portano dei
vantaggi per i consumatori ma possono portare anche dei problemi (rischio di creazione di monopoli; rischio
tecnologico lock ins), quindi possiamo immaginare che in presenza di esternalità di rete ci sia un ruolo per la
politica economica, cioè sostanzialmente ci sia un ruolo per le istituzioni pubbliche per, in qualche modo,
governare e regolamentare lo sviluppo di queste tecnologie caratterizzate da esternalità di rete e cercando
di evitare che si verificano gli effetti indesiderati delle esternalità di rete.

Quindi vediamo adesso alcuni ambiti e strumenti attraverso il quale la politica economica può agire in
presenza di esternalità di rete:

• Un ruolo fondamentale lo hanno le authority di regolamentazione della concorrenza: tali possono


intervenire nei mercati per evitare sia fenomeni di lock-in tecnologico e il prevalere di una tecnologia
dominante;
• Un altro ruolo che può avere il settore pubblico è anche quello di finanziare ricerca per evitare che
sia solo una impresa ha sviluppare innovazioni tecnologiche (agenzie pubbliche di ricerca che
investano risorse nello sviluppo di tecnologie alternative a quelle dominanti);
• Interventi per risolvere conflitti tecnologici tra standard alternativi (GSM in Europa).
LEZIONE 20 APRILE (16° LEZIONE)

La globalizzazione dell’innovazione

Slide 2:

Di cosa parleremo?

• Cosa si intende per globalizzazione dell’innovazione;


• Una tassonomia della globalizzazione dell’innovazione;
• I brevetti come misura dell’internazionalizzazione dell’innovazione;
• La generazione globale di innovazione.

Slide 3:

La geografia dell’innovazione

Partendo dalla geografia dell’innovazione (cioè vedere a livello globale dove si localizzano le aree dove si
concentra maggiormente l’attività innovativa) e uno degli aspetti della geografia dell’innovazione l’abbiamo
già visto, cioè della localizzazione dell’innovazione (abbiamo parlato di cluster e innovation-hub) -> le attività
di innovazione tendono a spaziare.

Queste innovation-hub sono sempre più disperse nel mondo: l’attività innovativa si concentra in aree
ristrette (USA, alcuni paesi europei…) ma ora si sta diffondendo in più aree a livello mondiale.

Quindi quello che sta avvenendo è quello che c’è stata una diffusione dell’attività innovativa su scala globale
e ha interessato i paesi asiatici (Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Cina). Quello che si può dire, per il
momento non c’è stata una convergenza a livello economico di questi paesi: è nato un processo lento come
in Cina ma l’attività innovativa ha anche permesso la crescita dei paesi industrialmente avanzati di
continuare.

Quindi il processo di catch up si ha quando i paesi più ricchi crescono più lentamente dei paesi più poveri e
quindi c’è un avvicinamento dei paesi poveri ai paesi ricchi.

Ma in questo caso, nonostante il processo di diffusione dell’innovazione, i paesi ricchi (alcuni) grazie alla
continua attività innovativa hanno continuato a crescere a passi rapidi, crescono rapidamente e quindi il
grado di convergenza non è avvenuto.

Slide 5:

Il processo della globalizzazione della diffusione della conoscenza tra paesi (confinanti) non è nuovo: la
conoscenza e la tecnologia hanno iniziato a diffondersi dopo la prima rivoluzione industriale e durante la
seconda rivoluzione. L’aspetto nuovo di questo fenomeno è che oltre a diffondersi della conoscenza a livello
globale, quello che si è intensificato è una creazione di conoscenza in collaborazione tra attori localizzati in
paesi diversi (vede coinvolte imprese e università localizzate in paesi diversi).

Per questo processo di dispersione dell’attività innovativa hanno avuto e tutt’ora hanno un ruolo importante
le multinazionali (quelle imprese che hanno sede in un paese, ma che operano anche in altri paesi – sono
imprese di grande dimensione con un’attività innovativa molto sviluppata) e sono tra gli attori principali per
questa globalizzazione della diffusione dell’innovazione.
Slide 6:

Questo grafico che cosa ci rappresenta?


Sull’asse verticale il numero di brevetti e
sull’asse orizzontale gli anni.

Che cosa vediamo?

Per prima cosa vediamo tendenzialmente un


aumento considerevole dagli anni 90’ in poi,
perché dagli anni 60 a quelli 90 è molto
ridotto.

Vediamo che gli Stati Uniti (linea blu


tratteggiata) sono quella parte del mondo
dove (prendiamo in considerazione il numero
di brevetti) c’è maggiore innovazione (i
brevetti sono sia indicatori di input che di output).

Quello che possiamo vedere è che c’è un certo catch up da parte di altri paesi che possiamo considerare
emergenti: la linea tratteggiata blu chiaro sul lato destro del grafico c’è la Cina che a partire dagli anni 2000
ha avuto una impennata di registrazione dei brevetti (l’impennata di brevetti registrati sono quelli che sono
stati registrati all’ufficio di brevetti cinesi -> va detto però che per brevettare in Cin richiede un contenuto di
originalità e di innovatività più bassi rispetto agli altri). Questi brevetti (PCT) è un modo di classificare i
brevetti indipendentemente da dove sono stati registrati.

Nel 2005, in Cina, con una legge ci sono stati degli incentivi per invogliare all’attività di innovazione e quindi
questo aumento dei brevetti è artefatto: quindi questa spinta ha portato un aumento di “brevetti” che però
riguardano anche questioni di aggiustamento del prodotto che viene brevettato altrove.

Slide 7:

Dispersione dei brevetti

Qui vedete un po’ di mappe per vedere fenomeni


rilevanti dal punto di vista geografico e vedete come
appunto: abbiamo la dispersione geografica dei
brevetti e vediamo come tra i diversi periodi storici, la
grossa differenza è stata la comparsa dell’area asiatica,
che non comprende solo la Cina ma anche la crescita
dell’India (industria elettronica e del software).
Slide 8:

Mappa simile alla precedente ma che riguarda le


pubblicazioni scientifiche dove l’Asia ha superato gli
Stati Uniti (legato al numero di dimensioni della
popolazione, dei ricercatori).

Slide 9:

Quindi che cosa si intende per “globalizzazione dell’innovazione”?

Le imprese tendono a spostare la loro catena di produzione e il sistema innovativo all’estero: le imprese
hanno iniziato a internazionalizzare la propria produzione a partire dagli anni 90’, cioè a spostare all’estero
la produzione a più alta intensità perché sfruttavano il costo del lavoro più basso, ma negli anni più recenti
anche l’attività innovativa ha iniziato ad essere dispersa a livello globale.

Che cosa spinge le imprese multinazionali a spostare l’attività innovativa altrove con il rischio di essere
copiati? Cioè, rinunciano alla protezione della propria attività che è presente nella propria sede.

In che modo le imprese possono globalizzare la propria attività innovativa?

• Assumere personale di ricerca straniero;


• Utilizzando tecnologie sviluppate all’estero (per esempio acquistare il brevetto in licenza);
• Delocalizzando laboratori R&S: non stanno spostando i laboratori ma aprono nuovi laboratori come
Microsoft che ha vari laboratori come in Belgio e così via dove appunto ci possono essere meno
spese;
• Acquisendo imprese innovative straniere.

Slide 10:

Tutto questo è un fenomeno recente: c’è molta letteratura degli anni 90’ che vedeva la dispersione a livello
globale dell’attività innovativa come molto lenta, che era poco probabile ma vediamo che invece
l’internalizzazione della produzione è molto spinta!

Ma si sottolineavano soprattutto i vincoli alla diffusione dell’attività innovativa.

Criticità dell’attività innovativa:

• Caratteristiche della conoscenza (soprattutto in alcuni settori dove la conoscenza non si ha


codificata; si ha difficilmente trasferibile);
• Ruolo della distanza geografica (soprattutto a livello internazionale)
o Costi di coordinamento (per le multinazionali i costi di coordinare un’attività innovativa
sono più elevati dei vantaggi) e integrazione dell’attività innovative;
• Volontà di tenere vicino alla casa madre le attività strategiche (vantaggi di controllo della diffusione
di informazione).
Vincoli e fattori che in qualche modo hanno rallentato la diffusione dell’attività innovativa rispetto alla
diffusione dell’attività produttiva (avvenuta negli anni 90 -> mentre quella innovativa a partire dopo gli anni
2005).

Slide 11:

Dati sugli investimenti innovativi all’estero.

Vediamo la composizione degli investimenti


innovativi all’estero in alcune aeree geografiche:
negli Stati Uniti il grosso degli investimenti
innovativi proviene dall’Unione Europea (dati del
2013, e quindi oggi l’Asia avrebbe un ruolo più
importante). Mentre invece in Europa, viceversa,
l’origine principale di investimenti innovativi
siano degli Stati Uniti.

IDE -> investimenti diretti esteri (cioè gli


investimenti fatti dalle multinazionali).

Slide 12:

Questi dati ci danno la R&S delle


imprese finanziata con capitali esteri.

Vedete che c’è una differenza tra paesi


nel primo grafico: in alcuni paesi questa
ricerca finanziata da imprese estere è
più o meno stabile, mentre vedete che
ci sono alcuni paesi in cui è in forte
crescita (tra cui la Cina, la Germania, la
Svezia, l’Israele, l’Italia e il Sudafrica).

Quindi che cosa vuol dire? Che in questi


paesi c’è stata una crescente
importanza del ruolo dei capitali esteri nell’ambito della R&S delle imprese.
Slide 13:

Ruolo delle multinazionali.

Qui vediamo un altro dato: sul totale


delle spese di R&S, qual è la quota di R&S
che è attribuibile a affiliate estere di
multinazionali. Vediamo come l’Irlanda ha
il 70% di ricerca e sviluppo delle imprese
è proveniente dalle multinazionali, ma
quale può essere un motivo? Ad esempio
la tassazione!

L’economia irlandese è dominata dalle multinazionali; mentre vediamo come negli Stati Uniti l’attività di
ricerca è fatta principalmente da imprese nazionali.

Slide 14:

Ultimo grafico, questa è una classifica fatta dall’UNCTAD: indagine fatta per
fornire una classifica per i paesi più attraenti come destinazione di
investimenti in ricerca e sviluppo -> la destinazione più attraente per le
multinazionali è la Cina, seguita dall’India.

Slide 15-16:

Vediamo adesso a una tassonomia della globalizzazione della innovazione


introdotta da questi due autori (Archibugi e Michie) in un articolo del 1995. È
utile perché ci permette di vedere le diverse modalità di globalizzazione
dell’innovazione e anche i diversi canali attraverso i quali avviene la
globalizzazione dell’innovazione.

Possiamo vedere che i due autori identificano due categorie:

• È quella più tradizionale (meno nuova), una forma di globalizzazione che sta da molto tempo, ed è
quindi lo sfruttamento internazionale di innovazioni prodotte all’interno di un certo paese: vuol
dire quindi tutto ciò che è cessione di licenze -> cioè quando una impresa fa un’innovazione,
registra un brevetto e poi vende questo brevetto a imprese estere che lo sfruttano e quindi
sostanzialmente trasferisce competenze, tecnologia e conoscenze, attraverso la vendita di un
brevetto. L’obiettivo è quello di guadagnare un profitto dalla vendita di un brevetto;
• La seconda forma di globalizzazione dell’innovazione è nuova ed è la generazione globale di
innovazione: l’attore principale è la multinazionale -> Microsoft apre un laboratorio di ricerca in
India e sviluppa una innovazione in quel laboratorio in India, e quindi all’estero.
Alcuni indicatori che possono riguardare questa forma di globalizzazione -> acquisizioni di imprese,
investimenti diretti esteri fatti da parte di multinazionali;
• Una terza modalità, quella più recente e si sta molto sviluppando, è quella di generazione di
innovazione attraverso collaborazione: non è solo la multinazionale ad aprire laboratori all’estero
ma va all’estero per collaborare con tipo attori locali come le università e centri di ricerca, e
imprese nazionali e multinazionali (mettono insieme le competenze per sviluppare innovazione).
L’innovazione è il risultato di una collaborazione tra attori di paesi diversi!
Un modo per misurare la collaborazione è vedere i nomi degli inventori all’interno di un brevetto.
Slide 17:

Vediamo quindi queste 3 tipologie di globalizzazione di innovazione.

1. La prima forma di globalizzazione dell’innovazione è quella più tradizionale e diffusa: la


commercializzazione all’estero delle conoscenze tecnologiche nazionali.
Quali sono gli indicatori che posso adottare se voglio andare a misurare l’importanza di flussi di
trasferimento di conoscenza a livello internazionale?

• La bilancia tecnologica dei pagamenti: ogni paese ha una bilancia dei pagamenti e uno dei capitali
della bilancia è la bilancia tecnologica dei pagamenti. Che cosa abbiamo dentro? Le entrate in
valuta estera che un paese riceve vendendo tecnologia all’estero -> cioè vendere un brevetto
all’estero e ricevere in cambio un certo ammontare in denaro (registrazione come un flusso in
entrata nel bilancio).
Oppure un flusso in uscita dal bilancio dei pagamenti se acquisto un brevetto straniero (impresa
italiana acquista un brevetto da una impresa americana);
• Il secondo indicatore che possiamo considerare è andare a considerare i flussi commerciali:
importazioni ed esportazioni di prodotti high tech (in questo caso ci interessa vedere di più le
esportazioni) -> cioè che cosa vuol dire? Che io posso andare a vedere sul totale delle esportazioni
di un certo paese, quanto pesano le esportazioni di prodotti high tech.
Che cosa deduco? Deduco che se c’è una quota rilevante di esportazione di prodotti high tech,
significa che quel paese sta esportando all’estero, attraverso l’esportazione di prodotti, la propria
capacità tecnologica.

Questi sono dati che riguardano la bilancia tecnologia:


vediamo i pagamenti ricevuti per sfruttamento di proprietà
intellettuale -> il paese che hanno maggiori entrate per
sfruttamento di proprietà intellettuale sono gli Stati Uniti.

Questi sono dati che riguardano le importazioni e le


esportazioni di tecnologia per due paesi emergenti
importanti: la Cina e l’India. Possiamo vedere che le
importazioni di tecnologia sono aumentate tantissimo nel
caso della Cina alla fine degli anni 90’, ma vediamo che dal
2015 questo dato è andato calando perché la Cina ha
sviluppato una propria capacità tecnologica autonoma e
quindi continua ad importare tantissima tecnologia dall’estero
ma in modo più ridotto.
Slide 20:

2. Ora vediamo il secondo punto: la generazione globale di innovazione


Adesso ci occupiamo di quella parte di innovazione che viene creata all’estero. Possiamo identificare una
serie di fatti stilizzati importanti che spiegano come mai ci sia stata questa forte crescita di produzione a
livello globale dell’innovazione.

• Da un lato il fatto che a partire dagli inizi anni 2000, gli investimenti diretti esteri sono stati in
generale in forte crescita.
• L’altro aspetto è che le multinazionali (che tendono ad essere imprese di grande dimensione) sono
tra le imprese a livello mondiale che maggiormente investono in attività di R&S: quindi abbiamo
che le multinazionali sono quelle che fanno investimenti esteri e fanno molta ricerca. Le
multinazionali sono l’attore principale per questa generazione globale di innovazione.
Come posso misurare questo fenomeno? a) vedere i dati della spesa in R&S finanziata da fondi esteri
(grafico che abbiamo visto prima); b) i laboratori di R&S delle multinazionali localizzati all’estero.

Questo fenomeno è stato un fenomeno più lento rispetto alla internazionalizzazione della produzione per i
motivi che abbiamo anche visto.

Dati su 3 imprese e questi dati ci danno una


dimensione di quello che dicevo prima, cioè
che è vero che c’è stata una crescente
globalizzazione dell’attività di innovazione,
però è anche vero che le multinazionali
svolgono ancora la quota principale
dell’attività di innovazione nel paese di
origine: Toyota svolge di più la produzione in
Giappone; IBM svolge di più in USA;
Motorola di più in USA.

Quindi possiamo dire che c’è questo fenomeno di globalizzazione dell’innovazione ma è vero che l’attività
innovativa tende ad essere molto meno mobile rispetto all’attività di produzione.

Il settore dei telefoni è stato più interessato per questa globalizzazione (ci sono quindi anche delle
differenze a livello settoriale).

Un’altra mappa che ci dice la distribuzione dei centri di ricerca


a livello globale.
Questo è la quota di R&S che si svolge attraverso
presso imprese multinazionali in ogni paese.

Questo grafico è interessante perché ci fa vedere l’aumento che c’è


stato dal 1995 al 2005 in R&S svolti dalle multinazionali in paesi
esteri.

Slide 26:

Quali sono le motivazioni che spingono le multinazionali a internazionalizzare la loro R&S

La strategia delle multinazionali può essere di due tipi:

• Prima si trattava di “asset exploiting” cioè la multinazionale fa R&S nel paese di origine e poi va
all’estero a sfruttare i risultati delle proprie competenze tecnologie, tutto questo perché è spinto
dalla domanda in quel paese;
• Più recentemente si parla di “asset-augmenting e technology sourcing”: la strategia che spinge le
multinazionali a internazionalizzare l’attività di ricerca è quella di andare a cercare all’estero delle
risorse che aumentino la propria capacità innovativa (la Microsoft va a cercare le competenze degli
ingegneri indiani).
Vado quindi a cercare i fattori che mi servono per fare attività innovativa (supply-driven factors).
Qui vediamo una serie di fattori di forze centrifughe e forze centripete:
o Forze centrifughe: vado in un mercato estero a fare attività di ricerca perché devo adattare
la mia innovazione alle esigenze del mercato locale (esigenze, ad esempio, per le imprese
farmaceutiche -> prodotti che devono rispettare le regole nazionali/europee);
o Forze centripete: sono quelle che spingono le imprese a mantenere la ricerca a livello
nazionale (a non internazionalizzare ma a mantenere -> questo per il problema di
riservatezza in quanto c’è rischio di essere imitato).
Quindi questi sono motivi pro e contro della internazionalizzazione dell’attività innovativa.
Slide 27:

Fattori che favoriscono investimenti asset augmenting:

• Crescita nei costi e nella complessità dello sviluppo tecnologico;


• Elevato ritmo dell’attività innovative che spinge a ricercare opportunità di applicazione in luoghi
specifici;
• Pressione dei paesi che ricevono IDE ad aumentare le interazioni con partner locali (Cina).

Le imprese dei paesi avanzati stanno andando a fare ricerca


nei paesi emergenti (in particolare in India e Cina). In India
per il software in quanto ci sono molte competenze
qualificate e costi più bassi; in Cina perché a partire dal 2015
ha iniziato a investire in molti settori ad alta tecnologia e poi il
mercato cinese è interessante per qualunque multinazionale.

Ci fa vedere le direzioni degli investimenti diretti esteri in


ambito tecnologico (per esempio: dall’Europa verso quali paesi
vanno).

Slide 30:

Qual è la prospettiva di un paese emergente?

I paesi emergenti tendono a supportare IDE da paesi sviluppati (es. Corea e Cina). L’internazionalizzazione
dell’innovazione rappresenta un’opportunità per i paesi emergenti:

• Sia quando un’impresa di un paese sviluppato investe in paese emergente sia quando un’impresa di
un paese emergente investe in un paese sviluppato;
• Avvicinarsi alla frontiera tecnologica globale;
• Conoscenza tecnologica non può essere facilmente trasmessa e assorbita;
• Possibilità di interazioni face-to-face che può facilitare i flussi di conoscenza.
LEZIONE 20 APRILE (17° LEZIONE) -> SEMINARIO “ECONOMIA CIRCOLARE”

LEZIONE 21 APRILE (18° LEZIONE)

Slide 31:

3. Collaborazioni tecnologiche e scientifiche


Il terzo aspetto riguarda l’aumento dell’importanza delle collaborazioni nella produzione dell’innovazione.

L’innovazione sempre più avviene sulla base di collaborazioni che possono comprendere anche soggetti
diversi: collaborazioni tra imprese, tra università, tra centri di ricerca.

Queste collaborazioni, almeno per alcuni settori, avvengono a livello globale, quindi non avvengono solo
collaborazioni con imprese vicine (specialmente nel settore ad alta tecnologia): parliamo di imprese di
grandi dimensioni -> multinazionali; invece, quelle di piccole e medie dimensioni cercano collaborazioni con
imprese vicine.

Quindi che cosa intendiamo con collaborazioni tecnologiche e scientifiche? Possiamo parlare di alleanze
non-equity che sono accordi di cooperazione tra imprese diverse che non prevedono lo scambio di
proprietà: se una imprese effettua una acquisizione di un’altra impresa, quella comporta un passaggio di
proprietà (è una strategia di tipo equity), oppure se due imprese fanno una fusione (sempre equity); ma se
invece una impresa fa una alleanza (accordo scritto/non scritto) per sviluppare un prodotto di tipo
innovativo, non necessariamente comporta dei passaggi di proprietà (in questo caso si parla di “non-
equity”).

Ci sono accordi di vario genere tra soggetti diversi localizzati in paesi diversi, con l’obiettivo di mettere
insieme conoscenze di tipo complementare: questa forma di collaborazione è diffusa in tutti i settori
diciamo, ma di più in quelli ad alta tecnologia (biotecnologie, nuovi materiali, ICT).

Quali sono gli indicatori che possono essere utilizzati per capire il fenomeno della collaborazione
tecnologica e scientifica a livello globale?

• Brevetti: andiamo a vedere se i brevetti sono stati ottenuti attraverso la collaborazione tra
inventori di paesi diversi e quindi abbiamo i brevetti “co-inventati”;
• Pubblicazioni scientifiche: mentre qui abbiamo le pubblicazioni scientifiche “co-operate”, cioè
sostanzialmente si può andare a vedere se vi è uno scambio di conoscenza tra paesi diversi su una
pubblicazione scientifica;
• E poi, più in generale, (i brevetti e le pubblicazioni sono dati disponibili in quanto ci sono banche
dati) la cooperazione tra imprese sull’attività innovativa non è una informazione disponibile.
Slide 32:

Questi sono 2 grafici che ci


presentano l’andamento
della crescita nel tempo
delle pubblicazioni
scientifiche ottenute da
team a livello internazionale
e anche per i brevetti a
livello accademico ottenuti
da team internazionali.

C’è una crescita sostanziale


per le pubblicazioni.

Slide 33:

Ci fa vedere i paesi che sono maggiormente coinvolti


in collaborazioni scientifiche a livello di
pubblicazioni: il paese maggiormente coinvolto sono
gli Stati Uniti -> hanno un numero di ricercatori e
istituzioni elevato, e attraggono un numero di
studenti stranieri.

Slide 34:

Questo invece ci dà i brevetti che sono state inventate con almeno un “co-inventore”
straniero: vediamo la distribuzione a livello di paese dei brevetti co-inventati con un
inventore di un paese straniero, e vediamo che il paese migliore è la Repubblica Ceca.
Slide 35-36:

Un’altra cosa interessante è vedere come è cambiata la rete di


collaborazioni. Questa è una rete di collaborazioni a livello di brevetti
nel 1990 e i legami erano soprattutto all’interno dell’Europa e con gli
Stati Uniti.

Mentre qui nel 2006 si è


intensificata poiché sono
aumentati le collaborazioni con gli asiatici (in quanto hanno investito
molto in attività di ricerca).

Slide 37:

I brevetti: come misura dell’internazionalizzazione dell’innovazione

Cos’è un brevetto? È un titolo giuridico in forza del quale al titolare viene garantito un titolo esclusivo di
sfruttamento dell’invenzione e che gli altri non possono utilizzare previa autorizzazione.

L’invenzione deve essere la soluzione ad un problema tecnico (può essere sia un nuovo prodotto che un
nuovo processo).

La protezione è conferita per un periodo limitato di tempo (generalmente per 20 anni) e anche per un’area
geografica limitata, cioè la protezione deve essere richiesta per i singoli paesi (se il brevetto viene registrato
all’ufficio europeo dei brevetti, la protezione è garantita solo all’interno dell’UE): l’impresa se vuole la
protezione anche negli Stati Uniti, deve registrarlo anche nell’ufficio americano.

Sostanzialmente nel brevetto c’è una sorta di trade-off: cioè da un lato il brevetto per proteggere
l’appropriabilità e quindi questo garantisce la rendita economica all’impresa o a chi ha registrato il
brevetto; dall’altro lato il brevetto deve contenere tutta una serie di informazioni di come si è ottenuto e
che quindi chiunque vi può accedere (diventano pubbliche).

Slide 40:

Questa è la presentazione di una registrazione


di un brevetto (registrazione all’European
Patent Office - EPO) e vediamo che contiene
una serie di informazioni:

• Il n°71 contiene l’applicant (cioè chi fa la


domanda per ottenere il brevetto) che spesso
e volentieri è una impresa;
• Il n°72 mette il nome dell’inventore e
l’indirizzo (è un aspetto importante se
vogliamo vedere se ci sono delle
collaborazioni: metteremo nel caso, ad
esempio, sia l’inventore italiano e sia
l’inventore cinese);
• Data pubblicazione successiva (il 22 è la data in cui il brevetto è stato depositato).
Informazioni contenute nel brevetto

• Nome e indirizzo degli inventori: l’indirizzo è utile se vogliamo studiare la concentrazione


dell’attività innovativa, per capire quali sono gli hub del settore;
• Il nome di chi ha diritto di sfruttare il monopolio (nel brevetto stava scritto applicant);
• Data di registrazione;
• Descrizione di cosa è stato inventato:
o Titolo;
o Descrizione;
o Istanze.
• Area tecnologica del brevetto:
o Classificazione tecnologica (IPC e US), queste classificazioni mi dicono che: ad esempio il
brevetto in una classe tecnologica delle turbine eoliche (importante nel momento in cui
voglio fare un’analisi a livello settoriale).
o Possibilità di tradurre queste classi tecnologiche in classificazioni industriali (tipo SIC): cioè
posso associare il brevetto ad una industria.
• Prior art: i brevetti devono giustificare la loro innovatività facendo riferimento a brevetti precedenti
(quindi questo mi permette di collegare anche i flussi di conoscenza) e a letterature scientifica
precedente. Anche in questo caso ci permette di andare a capire da dove viene quell’innovazione,
cioè in quali ambiti scientifici e tecnologici nasce.
• Copertura geografica di un’innovazione: (lo abbiamo visto anche nel brevetto dove c’erano tutta
una serie di sigle di paesi) cioè vedere dove il brevetto è coperto nei diversi paesi geografica
(elemento importante: se è registrato ovunque è un brevetto molto importante);

Informazioni (rilevanti) non incluse in un brevetto:

• Non ci sono informazioni che riguardano il valore del brevetto;


• Da queste informazioni è possibile derivare alcuni indicatori per effettuare analisi:
o Numero di citazioni ricevute: cioè un brevetto cita un altro un brevetto (se ci sono tante
citazioni, ciò permette di misurare l’importanza del brevetto);
o Numero di volte che un brevetto viene rinnovato;
o Dati sul fatto che il brevetto è stato venduto;
o Numero di cause legali per violazione di un brevetto (se ci sono stati casi in cui il brevetto è
stato copiato) ed è un indicatore importante;
o Grandezza della famiglia di un brevetto (ci dà l’informazione sull’ampiezza sull’importanza
tecnologica).

Caratteristiche dell’innovazione

Attraverso questi indicatori posso misurare:

• La radicalità dell’innovazione -> studio della distribuzione delle citazioni ricevute;


• L’ampiezza -> vedere quanto è stato ampio l’impatto del brevetto;
• La generalità -> anche questa riguarda l’ampiezza dell’impatto dal punto di vista tecnologico di un
brevetto;
• La base di conoscenza -> numero di brevetti citati;
• L’originalità -> quanto è tecnologicamente ampia la base di conoscenza su cui un brevetto si basa.
Quali possono essere i problemi ad usare i brevetti come indicatore di innovazione?

• I brevetti sono misure di invenzione e non di innovazione. Vista la difficoltà di valutare il valore dei
brevetti il numero di brevetti non è una misura di innovatività molto precisa;
• Non tutte le innovazioni possono essere brevettate: ad esempio il Software che viene brevettato in
USA non può essere brevettato in Europa, questo perché quello che viene registrato è un processo;
• Settori diversi hanno una propensione diversa a brevettare: questo perché in alcuni settore il
brevetto è garanzia di appropriabilità del risultato; in altri settori invece può essere scelta la strada
della segretezza piuttosto che quella del brevetto.

Come si possono usare i dati di brevetto?

• Si possono usare contando il numero dei brevetti a livello di imprese, a livello di settori industriali, a
livello di regione e paese, come misura di performance innovativa;
• Utilizzare i brevetti utilizzando le citazioni per studiare i flussi di conoscenza e può essere fatto sia a
livello di industria che a livello di area geografica (vedere i brevetti di origine italiana che sono
sfruttati nell’industria elettronica degli Stati Uniti, quindi vedere qual è il flusso di conoscenza in
quel settore tra l’Italia e gli Stati Uniti);
• Per studiare come cambia la tecnologia e l’innovazione (i brevetti sono più in ambito elettronico
piuttosto che in quello meccanico);
• Studiare le dimensioni relazionali: cioè le reti tra inventori e le reti tra imprese -> cioè io posso
creare delle reti e andare a vedere reti sia di co-inventori, reti di imprese in termini di utilizzo di
conoscenza tra imprese;
• Analisi testuali: analisi che analizzano i testi (Big data).

In ambito di internazionalizzazione

In che modo posso utilizzare i brevetti? Posso utilizzare i brevetti per studiare 3 aspetti
dell’internazionalizzazione dell’innovazione:

• Attività innovativa svolta dalle multinazionali: posso andare a vedere per esempio in che modo il
fatto di aver fatto degli investimenti all’estero possa aver influito sull’attività brevettuale di una
impresa multinazionale;
• Collaborazioni internazionali: andando a vedere le co-invenzioni;
• Flussi di conoscenza internazionali, andando a vedere tipo le citazioni.

Slide 49:

Andiamo a vedere in modo separato questi 3 elementi:

- 1 Attività innovativa svolta da multinazionali


L’uso dei brevetti per misurare l’attività innovativa svolta dalle multinazionali, per fare questo si possono
utilizzare le informazioni geografiche (che sono disponibili sui brevetti) sugli inventori e sugli applicant, per
studiare la diffusione geografica e l’internazionalizzazione dell’attività innovativa. Cioè posso usare:

• L’indirizzo dell’inventore che indica dove effettivamente è localizzata l’attività innovativa;


• L’indirizzo dell’applicant che indica chi beneficia economicamente e tecnologicamente
dell’innovazione.
Esempio: Italia e Cina

• Se sul nostro brevetto sia l’inventore e sia l’applicant sono italiani, si parla di innovazione
domestica;
• Se invece guardiamo un’invenzione fatta in Cina, dal nostro punto di vista, vediamo che è una
innovazione estera (quindi con inventore e applicant cinese);
• Nel caso in cui l’inventore sia italiano e fa ricerca in collaborazione con la Huawei a Pavia, il
brevetto viene registrato in Cina anche se viene effettuata la ricerca in Italia -> in questo caso
abbiamo un brevetto cinese con l’inventore italiano;
• Oppure al contrario: brevetto italiano con l’inventore cinese.

- 2 Collaborazioni internazionali
Per misurare le collaborazioni internazionali che cosa posso fare?

Posso andare a vedere i brevetti che sono co-assegnati (proprietari di diversa nazionalità) o co-inventati
(inventori di diversa nazionalità). I brevetti co-inventati sono una indicazione di uno scambio di conoscenza.

Ad esempio, potremmo avere un brevetto Huawei che è stato inventato da un italiano (di una sussidiaria
della Huawei in Italia) in collaborazione con un ricercatore della Huawei in Cina: il brevetto è assegnato alla
Huawei ma la co-invenzione è una indicazione di scambio di conoscenza tra l’Italia e la Cina.

Oppure al contrario, il brevetto assegnato ad una impresa italiana.

- 3 Tracciare flussi di conoscenza


Un altro modo per utilizzare i brevetti è quello di tracciare i flussi di conoscenza e quindi di andare a vedere
le citazioni del brevetto: se il brevetto B cita il brevetto A la tecnologia di B è sviluppata a partire dalla
tecnologia contenuta in A.

Se i brevetti A e B sono inventati da team di nazionalità diversa allora la citazione indentifica un flusso
internazionale di conoscenza.

Slide 61:

Brevetti sono dati pubblici

Le banche dati che fornisco dati per misure i brevetti: USPTO e OECD.
LEZIONE 27 APRILE (19° LEZIONE)

Innovazione nei paesi in via di sviluppo

Slide 3:

Di cosa parleremo?

• Perché l’innovazione è importante nei paesi in via di sviluppo;


• Il catch up nel modello neoclassico;
• Il catch up in Abramovitz: le social capabilities;
• Il modello coreano di catch up tecnologico.

Slide 4-6:

Tabella OCSE

Il ruolo dell’innovazione nei paesi in via di sviluppo,


distinguendo per livelli di sviluppo diversi, cioè
sostanzialmente distingue 3 grandi categorie di
paesi in via di sviluppo/paesi emergenti (questo
perché il ruolo dell’innovazione può essere diverso
a seconda del livello di sviluppo dei paesi):

• Paesi a più basso reddito (paesi a più basso livello di sviluppo): Quale può essere il ruolo
dell’innovazione? Qui vengono identificati 2 obiettivi dell’innovazione:
1) Adozione di nuove tecnologie che richiedono un adattamento: perché si può importare la
tecnologia da fuori ma qualunque tecnologia richiedere un adattamento al contesto locale (es.
sfruttamento delle materie prime, quindi dei settori agricoli). Quindi questo vuol dire che a
livello locale ci vuole una capacità di fare innovazione incrementale, cioè la capacità di adattare
che può essere nelle imprese o nelle università locali, in quanto le imprese sono di piccole
dimensioni;
2) L’innovazione inclusiva: è tutto quel settore ampio di innovazioni che sono spinte dal fatto di
risolvere problemi che sono significativi in paesi a basso reddito – es. la nano car, che è
un’automobile con l’obiettivo di produrre un’automobile da vendere nel mercato non sopra i
mille dollari; oppure ai servizi bancari sul telefono che si sono diffusi molto rapidamente nei
paesi africani che in quelli europei.
• Paesi a medio reddito: si può parlare di una innovazione a un livello più alto, e si può iniziare a
pensare ad una creazione di capacità innovativa autonoma – es. La Korea, che a partire dagli inizi
degli anni 90’ ha iniziato ad investire in R&S, quindi a creare una capacità di innovazione autonoma
e non dipendente necessariamente dall’importare tecnologia da fuori, ma appunto sviluppare una
tecnologia autonomamente (quindi questo vuol dire sviluppare non solo una capacità di fare
innovazione di tipo incrementale ma anche tipo radicale);
• Infine, i paesi emergenti (i paesi più dinamici): possiamo immaginare innovazione che parte anche
dal coinvolgimento di alcuni di questi paesi nelle catene globali del valore – es. l’India (nell’industria
del Software) inizia ad entrare nell’industria del Software come fornitrici di servizi relativamente
standardizzati per le imprese americane, cioè le Software-house indiane mettono insieme le
competenze degli ingegneri indiani e offrono alle imprese americane tutto il servizio per esempio di
backup-office in quanto, dato il fuso orario, le imprese americane chiudevano e passavo i dati agli
indiani che offrono una serie di servizi. Però da lì in poi, poco per volta, investendo in capacità
tecnologica e ricerca, l’industria indiana del Software ha iniziato anche a far crescere alcune
imprese che hanno una loro capacità innovativa autonoma: quindi non più ad essere solo una
industria che fa servizi per le imprese americane/europee, ma con una propria capacità di sviluppo
di Software autonomo.
Quindi sostanzialmente è uno sviluppo della capacità innovativa che cresce dentro al catena globale
del valore -> entrano per offrire servizi, poi investono in ricerca e sviluppano una capacità
autonoma di innovazione.

Slide 7:

Quindi sostanzialmente che cosa abbiamo


detto, ceh la cosa che va sottolineata è:
l’importanza di investire nell’innovazione nei
paesi emergenti dove gli investimenti per
l’innovazione possono essere in ambiti diversi a
seconda del livello di sviluppo del paese.

In questo schema che cosa diciamo? È una


rappresentazione sintetica di quali sono le
determinanti dell’innovazione nei paesi in via di
sviluppo:

• Nella parte centrale abbiamo: il ruolo del


governo e del business climate (cioè
dell’ecosistema a favore dell’innovazione); il ruolo dell’educazione e del sistema universitario; il
ruolo del sistema finanziario; e le politiche. Tutte queste rappresentano quindi la capacità di
assorbimento tecnologico.
• Nella parte superiore abbiamo tutti i canali esterni attraverso i quali i paesi in via di sviluppo
accedono alla conoscenza e alla tecnologia: quali sono i canali esterni? Il commercio; il
coinvolgimento nelle global value chain (catene globali del valore nei quali le imprese localizzate
nei paesi in via di sviluppo vengono coinvolte come fornitori e attraverso il contatto con imprese
più avanzate di loro, dal punto di vista tecnologico, aumentano la loro capacità tecnologica);
investimenti diretti esteri; il ruolo delle multinazionali; il ruolo dei network a livello individuale (in
particolare gli studenti che vanno all’estero, e anche il ruolo della diaspora – cioè gli immigrati che
vanno negli USA o in Europa per studiare).
Slide 8:

La trappola del reddito medio

Un concetto importante che è stato introdotto nella letteratura è il


concetto di “trappola del reddito medio”. Un concetto che è stato
individuato a livello empirico, cioè si è visto che molti paesi che
raggiungono un livello di reddito medio, arrivano a questo livello e
poi la loro crescita si interrompe: quindi l’idea della “trappola del
reddito medio” è che le prime fasi di crescita di un paese sono
relativamente facili -> poi però continuare a crescere, quindi
riuscire a fare il salto fuori da quello che è il livello di reddito medio,
solo alcuni paesi riescono a farlo.

Vediamo rappresentati nel grafico: Filippine, Siria, Brasile e Korea. Vediamo come per gli altri paesi la
crescita rimane costante, mentre per la Korea no in quanto è in continua crescita.

Slide 9-10:

Come si può spiegare questa trappola?

Per spiegare la trappola, possiamo fare riferimento al modello neoclassico di Solow: tale modello dice che
la crescita nel breve periodo dipende dal fatto che si aumenti lo stock di fattori produttivi (aumentare il
lavoro anche spostando il lavoro verso attività più produttive) e investire in capitale (significa importare
tecnologia e conoscenza dall’estero).

Tutto questo funziona fino al momento in cui però sostanzialmente la possibilità di crescere (aumentando il
capitale e aumentando il lavoro) si riduce ed è necessario fare un cambio del modello di crescita, andando a
investire nel miglioramento della capacità tecnologica in innovazione.

Qui possiamo introdurre proprio il concetto di catch up:


sostanzialmente è che c’è un benchmark di riferimento (linea
retta in alto degli Stati Uniti) che in questo caso sono gli Stati
Uniti, e quindi sostanzialmente si parla di catch up quando si va
restringendo/riducendo le differenze di reddito tra il paese che si
prende in considerazione e gli Stati Uniti ->

vediamo nel grafico, per esempio, il Giappone ha sicuramente


avuto un periodo di catch up dove si avvicina molto a quello degli
Stati Uniti; mentre per Brasile e Malesia stanno in basso; la Cina
altrettanto è molto in basso ma sta aumentando; la Korea sta crescendo molto.
Slide 11:

Catch-up in history

Il concetto di catch up è stato introdotto da Gerschenkron nell’800 parlando proprio dei catch-up. Da un
punto di vista storico, si trattava del catch-up dei paesi europei nei confronti della Gran Bretagna.
Sottolinea come i paesi dell’Europa continentale abbiano messo in moto un processo di catch-up nei
confronti della Gran Bretagna, sulla base di un modello di sviluppo che è diverso da quello inglese: la
crescita inglese è basata sulle imprese e sul libero mercato; mentre nel caso della Francia e Germania con
un aiuto pubblico -> nel caso della Francia direttamente attraverso la creazione di imprese statali (le grandi
imprese francesi sono imprese a capitale pubblico); mentre nel caso della Germania attraverso il ruolo delle
banche, che sono banche pubbliche e che finanziano il capitalismo tedesco.

Slide 12-13:

L’ipotesi neoclassica del catch-up

Nel modello neoclassico, si ipotizza un processo di crescita simile per tutti i paesi: cioè l’idea appunto è che
nel processo di crescita I paesi che sono più arretrati (dal punto di vista tecnologico), sostanzialmente
attraverso l’importazione di capitale importano tecnologie più avanzate e questo promette loro di crescere
più rapidamente dei paesi che sono già sviluppati, perché per questi paesi la sostituzione della tecnologia
porta a dei vantaggi in termini di produttività più ridotti.

Quindi sostanzialmente l’idea della crescita neoclassica è, ad esempio: in una corsa di atletica, quello che
stanno più avanti corrono più lentamente perché hanno una possibilità di guadagno più ridotti; mentre
quelli che stanno dietro che possono aumentare la loro produttività in modo più consistente corrono più
rapidamente, e il catch-up è il fatto che quelli che stanno dietro, aumentando la loro produttività più
rapidamente, ad un certo punto raggiungono quelli che stanno avanti.

L’idea appunto è che il processo di crescita sia un processo di crescita cumulativo e lineare, cioè
sostanzialmente tutti seguono la stessa strada, e i paesi in via di sviluppo, attraverso l’importazione della
tecnologia più avanzata che viene dai paesi industrialmente più avanzati, dovrebbero ad un certo punto
raggiungere i paesi più avanzati.

Mentre secondo quanto detto da Gerschenkron, non è vero che i paesi seguono tutti la stessa strada (come
poi è stato evidenziato da Abramovits).

Slide 14:

Per sintetizzare il modello neoclassico:

• Le prime fasi di crescita avvengono soprattutto grazie all’aumento dello stock dei fattori produttivi
(aumento del fattore capitale e aumento del fattore lavoro);
• Mentre, nelle fasi di crescita successive, quello che conta prevalentemente sia l’aumento della
produttività totale dei fattori (investimento in tecnologia, in innovazione e miglioramento
dell’efficienza).
Slide 15:

Quali sono le fonti di aumento della produttività?

• Accumulazione di capitale più avanzato: ad esempio un miglioramento della tecnologia;


• Aumento della scala di produzione;
• Accumulazione di capitale umano della popolazione;
• Aumento dell’efficienza tecnologica: usando tecnologie migliori;
• Un miglioramento dell’organizzazione di produzione: perché appunto la produttività può
aumentare (perché migliorano le tecnologie ma anche perché le imprese adottano un sistema di
organizzazione della produzione più efficiente);
• Un cambiamento strutturale del sistema economico: quindi lo spostamento delle risorse umane/e
di capitali da settori meno produttivi a settori più produttivi;
• Investimenti in innovazione, in nuovi prodotti e processo produttivi.
Tutti questi sono quindi fonti che permettono ai paesi di aumentare la produttività totale dei fattori, in
modo tale che i paesi possano superare la “trappola del reddito medio”.

Slide 16-18:

Un concetto un po' diverso di catch up, che parte sempre da un modello neoclassico, è quest’idea di
catch-up che è stato introdotto da Abramovitz.

Concetto dove, il catch up dipende sì dal fatto che i paesi più arretrati abbiano dei margini di crescita più
ampi rispetto ai paesi più avanzati, ma non è sufficiente, ad esempio, importare tecnologia dai paesi più
avanzati. Perché? Perché secondo Abramovitz sono necessarie due ulteriori condizioni:

• Da un lato c’è la congruenza tecnologica con i paesi leader: cioè la caratteristica dei mercati e dei
sistemi produttivi dei paesi importano la tecnologia, non devono essere troppo distanti dalle
caratteristiche dei mercati e dei settori produttivi dei paesi dal quale la tecnologia viene importata
(questo perché appunto la tecnologia importata deve essere adatta ai sistemi dove viene
importata);
• E poi, il secondo elemento che viene sottolineato da Abramovitz è quello che i paesi che stanno
crescendo devono sviluppare anche una serie di capacità sociali che sono necessarie affinché
l’importazione di tecnologia/capitale effettivamente permetta quell’aumento di produttività che è
necessario per sviluppare questo processo di catch up.
Per capacità sociali che cosa si intende? (secondo Abramovitz ovviamente)

• Educazione generale: in particolare per le competenze di tipo tecnologico (ad esempio la Korea che
vedremo dopo);
• Sviluppo di capacità manageriale;
• Disponibilità di servizi di supporto e un sistema finanziario capace di sostenere lo sviluppo del
sistema economico;
• Presenza di imprenditori dinamici;
• Infrastrutture adeguate;
Quindi l’idea di Abramovitz è che un paese cresce se importa tecnologia ma affinché questa importazione di
tecnologia effettivamente permetta ai paesi di fare questo salto (e di non finire nella “trappola del reddito
medio”), tutte queste condizioni di contorno devono essere sviluppate: non è sufficiente solo importare la
tecnologia, e qui quindi vediamo il LIMITE DEL MODELLO NEOCLASSICO, perché invece nel modello
neoclassico questi aspetti non li sottolinea in quanto tale modello dà questa idea di un processo di sviluppo
lineare (nel momento in cui io adotto la stessa tecnologia che hanno adottato i paesi avanzati, la tecnologia
funziona → QUINDI IN MODO PIU’ MECCANICO: importa la macchina, la metto lì e quindi funziona ->NO!,
funziona se sta il tecnico che la fa funzionare, se la macchina viene inserite in un mercato che è interessato
al prodotto → QUINDI C’E’ BISOGNO DI UN CONTESTO NEL QUALE LA MACCHINA VIENE INSERITA)

Che cosa determina queste capacità sociali?

• Il fatto che si un sistema istituzionale, quindi il sistema delle istituzioni che possono essere: le
istituzioni politiche, istituzioni educative che supporta la crescita di queste capacità sociali;
• L’accesso alla conoscenza straniera che naturalmente è influenzato da quei canali che abbiamo
visto prima (cioè il commercio, il fatto che il paese sia aperto agli investimenti internazionali, e la
geografia);
• La capacità di apprendere: da questo punto di vista si vede proprio la differenza di opportunità di
crescita dei paesi asiatici (Korea, Cina, Indonesia, Malesia…), rispetto ad altri paesi come quelli
africani/latino-americani, che investono molto in educazione;
• Sono importanti le condizioni macroeconomiche di base di un paese.

Slide 19:

Quindi quali sono i paesi che possiamo dire che hanno avviato questo processo di catch up?

Sicuramente alcuni paesi asiatici, appunto tra questi la Korea, Taiwan e Singapore, e il Giappone prima di
questi. Diciamo che Taiwan e Singapore sono due paesi molto particolari: Taiwan è un’isola che si è staccata
dalla Cina dopo la rivoluzione dei Mao e quindi ha un rapporto con la Cina particolare; Singapore invece è
una città stato.

La Korea è forse l’esempio più interessante, nel senso che la Korea è un paese di dimensioni abbastanza
simili all’Italia, quindi da questo punto di vista ha tutte le complessità di un sistema economico meno
peculiare rispetto ai casi di Taiwan e Singapore. Quindi andare a vedere un po' meglio che cosa è successo
in Korea e in che modo ha effettivamente superato questa “trappola del reddito medio” e ha continuato il
suo processo di catch-up nei confronti dei paesi più ricchi è un fatto abbastanza interessante.

Slide 20:

Vediamo il livello di sviluppo della Korea negli anni 60’


(anno in cui inizia lo sviluppo).

Allora prima della Seconda guerra mondiale la Korea è


stata colonia giapponese (colonizzazione molto pesante e
violenta) e tali hanno iniziato ad importare un po' di
tecnologia: finisce la colonizzazione dopo la Seconda
guerra mondiale in quanto il Giappone perde la guerra, e
la Korea diventa un paese indipendente.

A metà degli anni 50’ c’è la guerra di Korea: è una guerra che viene fatta sul territorio coreano dove si
affrontano l’Unione Sovietica e gli americani. A seguito della guerra di Korea, tale si divide in due paesi:
Korea del Nord (Repubblica Democratica di Korea) 6yhne Korea del Sud → la Korea del Nord viene
sostenuta dai russi e poi anche dai cinesi, mentre la Korea del Sud è sostenuta dagli americani.

Quella di cui noi stiamo parlando è la Korea del Sud (che si chiama Repubblica di Korea). Con la divisione
delle due coree, tutta l’industria del paese era nel paese del Nord perché era la parte dove c’erano anche le
materie prime. Quindi di fatto la Korea del Sud si trova ad essere un paese indipendente ma non c’è nulla,
cioè non ha proprie risorse, è un paese poverissimo.

In una prima fase ha il sostegno degli americani ma alla fine degli anni 50’ gli aiuti vengono ridotti
drasticamente e quindi i coreani devono inventarsi un modello di sviluppo (proprio perché è un paese dove
non c’è nulla) e infatti negli anni 60’ il paese era visto senza una prospettiva di sviluppo e, come vediamo
nella tabella, in quegli anni la Korea aveva un livello di reddito pro capite più basso del Mozambico.

Qui vediamo invece che l’andamento del reddito


pro capite coreano e italiano sono allo stesso livello
(dati del 2019), mentre a livello più alto sono gli
Stati Uniti.

Qui vediamo un grafico in cui si confronta la Korea


con il Ghana e identifica i contributi alla crescita, in
contributo alla crescita dovuto all’aumento di lavoro
e capitale (cioè i due blocchi che abbiamo visto nel
modello di Solow – aumento di lavoro e aumento di
capitale), e invece la crescita dovuta all’aumento
della produttività totale dei fattori.

Quindi vediamo che soprattutto a partire dagli anni


80’, il grosso della crescita della Korea rispetto a
quello del Ghana, è fondamentalmente dovuto ad
un aumento della produttività totale dei fattori.

Quindi questo è il motivo per cui la Korea non è


caduta nella “trappola del reddito medio”, perché è riuscita nel tempo a cambiare il suo modello di crescita
da un modello di crescita nel quale le fonti principali erano aumento di lavoro e aumento di capitale, verso
un modello di crescita nel quale la fonte principale era l’aumento della produttività totale dei fattori.
Slide 23:

Questa tabella è utile per capire il modello di crescita coreana. (VEDIAMO PRIMA LA SLIDE SUCCESSIVA E
POI QUESTA) L’ANALISI STA SCRITTA DOPO LA SLIDE 24.

Slide 24:

Modello coreano di catch up

Qui vediamo l’andamento delle esportazioni coreane a


partire dagli anni 60’ fino agli anni 2000.

In blu abbiamo le esportazioni di tessuto (settore


abbigliamento), in rosso quelle dell’automobili, e in
verde quelle dell’elettronica.

La prima cosa che si vede è che negli anni 60’ le


esportazioni coreano erano solamente per il settore
tessile (inizialmente inizia a investire in questo settore il
paese in quanto c’erano bassi costi del lavoro). Il suo
livello di sviluppo si basa su una forte esportazione di
prodotti tessili e attraverso questa forte crescita
guadagna valuta estera (esportando nel resto del mondo), ed inizia ad investire nella creazione di altri
settori industriali più avanzati, più complessi del settore tessile.
A partire dagli anni 80’ inizia a investire anche nell’elettronica e in settori più avanzati. Iniziava non solo più
ad importare tecnologia prevalentemente dal Giappone ma anche ad investire nella creazione di una
capacità innovativa propria.

Quindi vediamo come il livello di sviluppo cambi nel tempo: da un paese povero che crea una capacità
produttiva sfruttando il costo del lavoro basso, verso un paese che poi con il tempo crea una capacità
tecnologica prima prevalentemente importando tecnologia ma investendo anche nell’adattamento della
tecnologia. Poi ad un certo punto, quando la capacità tecnologica ha raggiunto un certo livello, ha iniziato
ad investire proprio in innovazione, quindi in investimenti di R&S nelle imprese, nell’università. E da lì in poi
si sono sviluppate capacità tecnologiche di imprese come Samsung.

Analisi tabellona della slide 23:

Quindi nella prima riga vediamo le spese in R&S negli anni 60’, 70’, 80’, 90’ e 2000 (l’Italia investe l’1% del
PIL pro capite, mentre la Korea il 3%). Nella terza riga si parla delle risorse umane, si sottolinea come anche
in questo punto di vista c’è stata una strategia nel tempo: come, ad esempio, ridurre l’analfabetismo in
quanto prima il paese era molto povero -> poco alla volta ci sono stati gli investimenti come nelle università
per la formazione tecnica. Quindi vediamo che le strategie vadano di pari passo con le politiche di sviluppo
industriale del paese.

Quindi andare a studiare il modello di sviluppo coreano, ci fa vedere proprio come le fonti di crescita del
paese siano cambiate nel tempo: nelle prime fase le fonti di crescita erano quelle di aumento di
miglioramento della qualità del capitale umano e aumento di capitale (creazione dell’industria, investimenti
in infrastrutture, importazione di tecnologia), e poi nel tempo cambia proprio il modello di sviluppo in
quando si passa ad un modello che investe sulla creazione di una capacità tecnologica autonoma.

Slide 25:

Qui vediamo alcuni dati: c’è la percentuale


del PIL investita in R&S.

La Korea è attorno al 2,5%, l’Italia invece è


tipo all’1%.
Slide 26:

Qui vedete gli investimenti in R&S che nel caso


della Korea avviene soprattutto all’interno delle
imprese.

Un aspetto della Korea è che lo sviluppo


economico è stato trainato attraverso queste
grandi imprese (Samsung, Yundai).

Slide 27:

Un altro grafico che dice il contributo delle


tecnologie dell’informazione alla crescita e alla
produttività.

La Korea è quello con il maggior contributo.

Slide 28:

Un altro ambito in cui la Korea ha investito


moltissimo è l’educazione e qui abbiamo le spese in
educazione come percentuale del PIL: la Korea è uno
dei paesi che spende di più.
Slide 30:

Esercizio di valutazione,
fatto da tutti i paesi
dell’OCSE, sulle
competenze che viene
fatto dagli studenti liceali:
la Korea è sempre al top
della classifica in termini
di tutte le compente
scientifiche e
matematiche.

Slide 31:

Crescita dei ricercatori, e la Korea spicca.

Slide 32:

Questi sono i brevetti con stranieri come co-


inventori e vediamo che la percentuale è bassa
per i co-inventori di brevetti per quanto riguarda
la Korea: si sottolinea che la Korea è un paese
chiuso che controlla i propri investimenti (è un
paese che è stato sempre aperto ad importare,
ma è relativamente chiuso, ad esempio, per gli investimenti esteri). La
Korea è quindi chiuso che ha poca dimestichezza di collaborazione.

Slide 33:

Ultimo grafico, ci dice gli investimenti coreani per


l’innovazione.
LEZIONE 27 APRILE (20° LEZIONE) -> SEMINARIO IN INGLESE

LEZIONE 28 APRILE (21° LEZIONE)

Foreign direct investments and technological capability building in developing countries


(investimenti diretti esteri e accumulo di capacità tecnologiche nei paesi in via di sviluppo)

Ruolo delle multinazionali nella costruzione nei paesi in via di sviluppo. Le multinazionali che fanno
investimenti diretti esteri sono tra gli attori principali.

Slide 4:

Di cosa parleremo?

• Che cos’è un Investimento Diretto Estero (IDE) o Foreign Direct investment (FDI);
• Quali sono gli effetti degli FDI sui paesi che li ricevono questi FDI;
• E poi faremo un piccolo focus su quelle che sono le multinazionali dei paesi emergenti: ad esempio
multinazionali cinesi, qual è l’origine e perché queste imprese fanno investimenti all’estero e quale
può essere lo scopo di questi investimenti.

Slide 5:

FDIs and MNEs

Un investimento diretto estero è un investimento che una impresa fa’ con degli obiettivi di lungo termine e
che permettono a questa impresa di avere una qualche tipo di influenza su un management dell’impresa
affiliata.

In questo senso, gli investimenti diretti esteri si distinguono dagli investimenti di portafoglio: gli
investimenti di portafoglio sono degli investimenti di tipo finanziario, cioè se una impresa/individuo compra
una quantità di azioni di una impresa straniera che è inferiore al 10%, questo è un investimento di
portafoglio -> cioè un investimento di tipo finanziario.

Qual è la differenza fondamentale? È che se uno possiede meno del 10% del capitale di una impresa vuol
dire che è difficile che io possa influenzare la sua strategia/avere un impatto sulla sua gestione. Dall’altro
lato l’investimento finanziario/investimento di portafoglio tipicamente è un investimento fatto con uno
scopo di guadagno di breve termine e quindi l’acquisto di quote azionarie di un’altra impresa con l’obiettivo
di investimento di portafoglio, ha l’obiettivo di guadagnare.

Di solito gli investimenti di portafoglio sono anche molto rapidi e molto instabile.
Noi ci concentriamo sugli “investimenti diretti esteri”. Si parla di investimento diretto estero quando
un’impresa possiede più del 10% della proprietà di un’altra impresa: se possiede più del 50% vuol dire che
ha il controllo di maggioranza; se è compreso tra il 10% e il 50% si parla sempre di investimento diretto
estero, proprio perché appunto (come detto prima) c’è un interesse di lungo periodo e c’è il “voice” (sta
nell’immagine) cioè di svolgere un ruolo attivo nell’impresa affiliata/sussidiaria.

Slide 6:

Imprese multinazionali

Attraverso gli investimenti diretti esteri si creano le multinazionali:


cioè una impresa multinazionale è un’impresa che sta in un paese
(che la casa madre; la sede amministrativa) e possiede più del 10%
di almeno una impresa che sta all’estero.

Slide 7:

In questa tabella che tipo di informazione abbiamo? Ci dà un’idea


della dimensione di alcune delle imprese multinazionali.

Vediamo un elenco in cui alcune sono imprese multinazionali dove


c’è il fatturato e altre sono i paesi dove c’è il PIL.

E quindi possiamo vedere che il fatturato di Walmart è maggiore


del PIL del Sudafrica o della Grecia; il fatturato di Exxon Mobil è
superiore del PIL della Romania…

Che cosa vuol dire questo, cioè che cos’è l’implicazione di questo
tipo di informazione? L’implicazione è che alcune di queste
multinazionali sono imprese che hanno un potere economico
estremamente rilevante e soprattutto quando vanno a fare
investimenti in paesi che sono relativamente più piccoli (questo
riguarda molti dei paesi in via di sviluppo – paesi di piccole
dimensioni geograficamente ma anche a livello economico), significa che ci sono dei rapporti di potere
molto particolari perché da un lato possiamo avere una multinazionale che ha una potenza economica
(come Walmart) e dall’altro possiamo avere un paese che ha un potere economico più ridotto: quindi vuol
dire che questo aspetto bisogna tenerlo presente in quanto spiega il ruolo che alcune di queste
multinazionali hanno in alcuni paesi.
Slide 8:

Greenfield investments and M&A

Abbiamo due tipologie di investimenti diretto estero (qual è la loro differenza?):

• Greenfield Investments: si hanno quando una impresa va ad aprire un nuovo centro/laboratorio di


ricerca nella filiale in un altro paese. Perché si fa Greenfield?
Sceglie tale tipologia per motivi diversi: in certi casi i Greenfield sono favoriti dai paesi in termini di
incentivi fiscali. Perché un paese può preferire un Greenfield ad una acquisizione? Perché
l’acquisizione consiste nel comprare/acquisire la proprietà di una impresa che già esiste.
Quindi che cosa vuol dire? Che il Greenfield crea una nuova occupazione, l’acquisizione non
necessariamente, nel senso che un’impresa straniera compra/acquisisce una impresa che già esiste.
Quindi tendenzialmente gli investimenti che sono preferiti a livello di paese che li ricevo sono gli
investimenti di tipo Greenfield.
• M&A: quali sono i motivi per cui avviene l’acquisizione? È un modo facile per entrare nel mercato
di quel paese; può essere anche un modo per eliminare un concorrente; può essere che acquisisco
una impresa che ha competenze molto specifiche (è uno dei motivi principali per il quale le imprese
cinesi fanno acquisizioni nei paesi europei).

Slide 9-12:

Quali sono le motivazioni strategiche che spingono le imprese a diventare multinazionali

Per fare questo possiamo fare riferimento al modello cosiddetto OLI:

OLI -> Ownership - Location – Internalization

Che cosa vuol dire? Una impresa diventa multinazionale solo se sussistono contemporaneamente queste 3
condizioni:

• Ownership: vuol dire che l’impresa ha qualche vantaggio che vuole andare a sfruttare all’estero;
• Location: significa che l’impresa vuole andare a sfruttare qualche vantaggio di localizzazione nel
paese dove sta andando a fare l’investimento;
• Internalization: significa che l’impresa ha un vantaggio dall’andare ad aprire una filiale in un paese
straniero, quindi internalizzare la produzione, la ricerca.

-Ownership:

Per ownership si intende il fatto che una impresa ritiene di avere un qualche tipo di vantaggio strategico
che potrebbe essere conveniente andare a sfruttare all’estero: ad esempio l’impresa ha un vantaggio
tecnologico e quindi vuole andare a sfruttare questo vantaggio tecnologico aumentando il suo mercato
attraverso un investimento diretto estero; oppure l’impresa può avere un vantaggio in termini di
competenze manageriali; oppure ritiene che andare all’estero li permette di andare a sfruttare
maggiormente le economie di scala (perché appunto estende la sua dimensione di mercato aggiungendo la
dimensione del mercato nel paese dove va a localizzarsi).

In sostanza, l’idea è quella che una impresa che decide di trasformarsi in impresa multinazionale è una
impresa che ha un qualche tipo di vantaggio strategico e che ritiene che questo vantaggio strategico sia un
vantaggio che è opportuno andare a sfruttare in un paese o in più paesi diversi.
-Location:

La scelta di diventare impresa multinazionale dipende anche dal fatto che andando ad aprire una filiale in
un altro paese, ci sia un vantaggio che deriva dal fatto di stare in quel paese: quindi c’è un vantaggio
dell’impresa e un vantaggio del paese che riceve l’investimento.

Quale può essere il vantaggio del paese che riceve l’investimento? Per esempio il fatto che magari quel
paese sia ricco di risorse naturali che all’impresa che fa l’investimento servono per il proprio prodotto;
oppure (e questo è abbastanza tipico) il paese sia un paese dove il costo del lavoro è più basso e quindi
andando ad aprire una filiale in quel paese posso sfruttare il fatto di far lavorare persone a dei costi del
lavoro che sono più bassi rispetto al paese di origine; oppure il paese può avere delle
competenze/conoscenze tecnologiche che sono interessanti (le imprese investono nella Silicon Valley
perché lì trovano competenze specifiche)

Tutti questi sono vantaggi di localizzazione: vantaggi che l’impresa coglie andando a localizzarsi in un certo
paese.

-Internalization:

Per l’impresa deve essere conveniente internalizzare l’investimento, quindi andare a fare un investimento
diretto estero (che può essere un Greenfield o una acquisizione).

L’alternativa può essere quella che invece di andare a fare un investimento diretto estero, pensiamo al caso
delle imprese che vogliono sfruttare il costo del lavoro più basso in un altro paese -> allora per sfruttare il
costo del lavoro più basso di un altro paese, una impresa può scegliere due strategie:

• La prima alternativa è andare ad aprire uno stabilimento di produzione in quel paese: in quel caso
l’impresa è una multinazionale e sta facendo un investimento diretto estero;
• La seconda alternativa è quella di decentralizzare/delocalizzare una parte del proprio processo
produttivo ad una impresa di quel paese: cioè pensate al settore dell’abbigliamento italiano che
nella maggior parte dei casi non va ad aprire impianti di produzione in Romania, ma va a produrre
presso imprese rumene una parte della sua produzione (questo non è essere una impresa
multinazionale MA è una impresa che sta delocalizzando una parte del proprio processo produttivo
ad un fornitore straniero).
Quindi nel caso di una impresa multinazionale ci deve essere un vantaggio a non scegliere la seconda
alternativa, cioè quella del non scegliere il fornitore straniero.

E questo vantaggio può essere sintetizzato in quello che gli economisti chiamano “hold-up problem”: è
il fatto che se io scelgo di decentralizzare una parte della mia produzione a un fornitore straniero,
divento, sono, in ostaggio di quel fornitore, cioè quel fornitore potrebbe non garantirmi la consegna nei
tempi che mi ha promesso o non essere in grado di garantirmi la qualità del prodotto.

Allora in certe situazioni una impresa può decidere che non vuole quindi andare in un paese in cui non
si garantiscono le garanzie che l’impresa desidera, e quindi l’impresa decide di effettuare un
investimento diretto estero -> quindi questa è una scelta di andare a internalizzare.

Quindi in sostanza abbiamo visto in modo molto semplice che questo modello OLI spiega un po' la
decisione strategica di una impresa di diventare una impresa multinazionale, che dipende dalla presenza di
entrambi questi 3 fattori: ownership, location, internalization.
Slide 13:

Motivations of FDI

Le motivazioni che spingono una impresa a fare un investimento diretto estero:

• Market - seeking: l’impresa va a cercare un mercato interessante per lei. Quindi fa un investimento
che ha l’obiettivo di andare a cercare un mercato;
• Efficiency – seeking: sono tutti gli investimenti che vengono fatti con l’obiettivo di aumentare
l’efficienza dell’impresa prevalentemente attraverso lo sfruttamento del costo del lavoro più basso
(es. apro un impianto di produzione in Romania perché il costo del lavoro è più basso);
• Resources – seeking: sono investimenti alla ricerca di determinate risorse presenti in determinati
paesi piuttosto che altri (risorse naturali specifiche: risorse minerarie, settore agricolo tipo la
produzione del caffè, della soia);
• Strategic asset – seeking: in questo caso si va alla ricerca di asset strategici, quindi non le risorse
naturali ma per esempio le competenze, la tecnologia – ad esempio la Silicon Valley è una strategia
asset-seeking.
Queste strategie sono particolarmente importanti per spiegare gli investimenti delle imprese delle
multinazionali dei paesi emergenti verso i paesi più avanzati (tipo le imprese cinesi che fanno
investimenti in Europa sono investimenti di tipo “strategic asset-seeking”).

Slide 14:

In questa tabella sono sintetizzate le possibili origini e


destinazioni degli investimenti diretti esteri. Quello che
possiamo dire è che:

• Fino alla fine degli anni 80’ la maggior degli investimenti diretti esteri era sintetizzata (Cell 1) da
investimenti Nord - Nord - > cioè investimenti della cosiddetta triade: Stati Uniti, Europa, Giappone.
Quindi in pratica la maggior parte degli investimenti erano imprese americane che investivano in
Europa, imprese europee che investivano negli Stati Uniti e anche giapponesi che investivano in
Europa e negli Stati Uniti;
• A partire dagli anni 90’ è aumentata la destinazione degli investimenti da Nord a Sud (Cell 2).
Questi investimenti Nord – Sud sono tutti gli investimenti “efficiency - seeking”, cioè quegli
investimenti che andavano alla ricerca nei paesi del Sud il costo del lavoro più basso;
• Negli anni più recenti sono aumentati anche gli investimenti da Sud a Nord (Cell 3): investimenti
che provengono da paesi emergenti (Cina, India, Messico) verso i paesi avanzati – questi sono
investimenti “strategic asset -seeking”, cioè che i paesi emergenti andavano verso i paesi avanzati
alla ricerca di competenza, tecnologia e di capitale umano;
• Più recentemente sono aumentati anche quelli Sud – Sud tra i paesi emergenti (Cell 4),
specialmente tra i paesi asiatici – possiamo avere investimenti “market – seeking” ma anche
“efficiency – seeking”.
Slide 15:

Vediamo alcuni dati


in cui si vede questa
forte ascesa dei paesi
in via di sviluppo che
sono diventati
sempre più
importanti come
paesi che ricevono
questi investimenti.

Allora, i dati sugli


investimenti diretti
esteri, quando lo
troviamo, troviamo
sempre due tipi di
dati speculari:

• FDI inflows -> cioè gli investimenti diretti esteri che vanno verso i paesi in via di sviluppo (quindi
tengono conto della destinazione degli investimenti). (prospettiva che il paese riceve)
• FDI outflows-> in questo caso si va a misurare l’origine di questi investimenti, cioè il flusso degli
investimenti diretti esteri che vengono effettuati dagli italiani per l’estero. (prospettiva che il paese
investe)
Gli investimenti diretti esteri negli anni sono aumentati a livello globale con dei rallentamenti che
corrispondono alle crisi finanziarie, e un rallentamento negli ultimi anni dovuto dal cambio delle politiche a
livello mondiale: le politiche come quelle degli Stati Uniti sono diventate più protezionistiche e quindi c’è
stato un rallentamento degli investimenti diretti esteri.

Slide 17:

Questo è un grafico che rappresenta una


serie di fonti di finanziamento esterno per i
paesi in via di sviluppo.

La linea più in alto sono gli investimenti


diretti esteri: quindi per i paesi in via di
sviluppo, l’attrazione degli investimenti
diretti esteri rappresentano la fonte più
importante di finanziamento esterno.
Slide 21:

Qui abbiamo un grafico che ci fa


vedere l’andamento dei Greenfield
e delle M&A.

I Greenfield storicamente hanno


avuto un ruolo molto più
importante rispetto alle
acquisizioni in termini di
investimenti diretti esteri: cioè la
maggior parte dei flussi di
investimenti si è sempre
concentrato in Greenfield.
Mentre negli ultimi anni c’è stato un boom di acquisizioni, anche di imprese di grandi dimensioni con un
valore molto elevato.

Slide 22:

Quali sono gli effetti che gli investimenti diretti esteri possono avere sui paesi che ricevono questi
investimenti

Fin ora abbiamo visto: cos’è una multinazionale, quali sono i motivi che spingono una multinazionale a fare
investimenti.

MA il nostro focus è quello di capire in che modo una impresa multinazionale può svolgere in termini di
sviluppo in un paese nel quale appunto avviene l’investimento.

Possiamo sintetizzare questi effetti in 3 grandi categorie di impatto:

1. Il ruolo stesso che ha la multinazionale nel paese: da un lato la multinazionale, soprattutto nel
momento in cui fa un investimento di tipo Greenfield:
o crea occupazione (se una multinazionale italiana va ad aprire uno stabilimento in Romania,
il primo impatto è che crea occupazione);
o le multinazionali offrono salari più elevati rispetto alle imprese locali;
o Hanno impatti in termini di efficienza;
o Le imprese multinazionali, soprattutto quando vanno nei paesi in via di sviluppo, vanno lì
non per produrre per il mercato locale ma per produrre per le esportazioni e quindi un
aumento delle esportazioni.
2. La presenza di imprese multinazionali può avere degli effetti anche sulle imprese locali:
o L’impresa multinazionale compra dalle imprese locali e quindi crea domanda per le imprese
locali;
o Effetto diretto sulle esportazioni delle imprese nazionali;
o Effetto indiretto sui salari delle imprese nazionali;
o E anche uno spillovers di tipo tecnologico;
3. Infine, ci può essere un effetto positivo anche, non solo sulle imprese locali che già esistono, ma
anche può esserci un effetto positivo nello spingere a creare nuove imprese.

Vediamo ora un po' più nel dettaglio → prossime slides.


Slide 23:

Effetti in termini di salari

1- Come vi dicevo, c’è un “effetto di composizione” che è legato proprio al fatto che appunto le
multinazionali offrono salari più elevati e quindi questo fa aumentare in media il salario a livello del
paese;
2- E poi c’è un effetto a livello di “spillovers”: cioè il fatto che le multinazionali offrono salari più
elevati, spinge le imprese nazionali a pagare i salari un pochino più elevati perché c’è una
concorrenza sul mercato del lavoro. La multinazionale tende a pagare salari più elevati per attrarre i
lavoratori migliori, per fare in modo che non ci sia turnover nel lavoro; e le imprese nazionali, che a
loro volta vogliono mantenere i loro dipendenti, saranno anche loro costretti ad adeguarsi ai salari
più elevati della multinazionale;
3- Questo effetto è molto forte per i salari del capitale umano qualificato, perché c’è molta
competizione sul fatto di voler trattenere il lavoro umano qualificato; c’è relativamente poco
effetto positivo sui salari dei lavoratori unskilled (non qualificato), perché su quello diciamo che
l’effetto positivo della presenza di multinazionali è meno rilevante.

Slide 24:

Effetti in termini di produttività

1- È molto importante perché, come vi dicevo, le imprese multinazionali tendono ad essere più
efficienti delle imprese nazionali: spesso sono più grandi, hanno una tecnologia migliore. E quindi
c’è un “effetto di composizione”, cioè se l’impresa multinazionale è più produttiva allora questo
farà di per sé aumentare il livello di produttività nel paese nel quale l’impresa si installa;
2- Ma poi ci può essere un effetto positivo in termini di “spillovers”, in quanto le imprese nazionali,
che per esempio entrano in contatto con la multinazionale in quanto diventano suoi fornitori, il
risultato è che ci possono essere dei vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza e della
produttività anche delle imprese nazionali;
3- Contemporaneamente, si è visto, che ci possono essere anche degli effetti negativi sulle imprese
nazionali, soprattutto nei settori che sono diretti concorrenti con la multinazionale.
Slide 25:

In questa figura si rappresenta in modo


sintetico l’impatto degli investimenti
diretti esteri, in particolare, nei paesi in
via di sviluppo.

In pratica che cosa dice questa figura?


Dice che sul lato sinistro ci sono le
caratteristiche delle imprese
multinazionali, cioè le imprese
multinazionali possono avere
caratteristiche diverse, capacità
tecnologica diversa, e così via.

Queste imprese multinazionali


decidono di effettuare un investimento
in un paese straniero e questo paese
straniero avrà caratteristiche diverse
(vedi nella figura), cioè avrà un livello
del capitale umano diverso, un ecosistema diverso in termini di imprese nazionali.

I canali attraverso i quali si verificano questi spillovers di cui vi stavo parlando, sono principalmente due
(evidenziate in giallo al centro nella figura):

• Effetto di domanda: che cosa rappresenta? Da un lato la presenza di una multinazionale apre un
mercato per potenziali imprese nazionali che diventano fornitrici dell’impresa multinazionale (la
Fiat apre uno stabilimento in Polonia e però per produrre automobili ha bisogno anche di fornitori
locali). Quindi che cosa vuol dire? Che questo è un canale attraverso il quale le imprese polacche da
un lato aprono il loro mercato (perché producono per la multinazionale), dall’altro lato sono
stimolate a migliorare la loro tecnologia, migliorare la qualità del prodotto;
• Effetto di assistenza: questo è legato al fatto che le imprese multinazionali forniscono proprio
assistenza ai loro fornitori locali, cioè in alcuni casi danno un sostegno ai fornitori locali per fare in
modo che cresca la loro capacità tecnologica di questi fornitori locali.
Le imprese multinazionali potenzialmente possono avere un impatto importante sull’economia locale e
rappresentare un effetto di traino importante sull’economia locale, MA tutto questo dipende anche dal
livello di capacità esistente nell’economia locale. Perché se le imprese nazionali non sono capaci, l’impresa
multinazionale ovviamente fatica a trovare un terreno sul quale poi ci possono essere questo tipo di effetti
in termini di “spillover”.

Slide 26:

Come abbiamo detto finora, questi sono i potenziali spillover che ci possono essere attraverso le catene di
fornitura, cioè quando ci sono fornitori a livello locale può avere un impatto di questo genere a livello
dell’economia locale.
Slide 27:

Un altro impatto in termini di spillover ci può essere attraverso il turnover del lavoro, cioè ci può essere,
come vi dicevo, un impatto sull’economia locale perché i lavoratori quelli più skill vanno a lavorare nelle
multinazionali e poi, nel momento in cui se ne vanno dalle imprese multinazionali, portano le loro
competenze in nuove imprese locali o in imprese locali esistenti. Quindi il turnover del lavoro può essere
un altro canale di spillover di competenze che viene generato dalla presenza di multinazionali.

Slide 28:

• Un altro impatto può essere legato al fatto che la presenza di multinazionali aumenta la
competizione nel mercato interno dei paesi in cui avvengono gli investimenti: sia sul lavoro e sia
sul mercato finanziario. E quindi questo è uno stimolo alle imprese locali a essere più competitive
sia per sopravvivere e sia per diventare fornitori delle multinazionali.
Quindi la presenza di multinazionali rende più dinamico il mercato locale e questo può avere effetti
positivi.
• Un altro effetto può essere l’effetto di dimostrazione: per esempio il fatto che la presenza di
multinazionali possa creare opportunità per le imprese locali di entrare in contatto con competenze
di tipo tecnologico, di imitare quello che l’impresa multinazionale fa.
Quindi la presenza di una multinazionale sia una opportunità per spillover a livello di competenze
tecnologiche, di tecnologia, di imitazione. Quindi questo è un altro canale attraverso il quale
potenzialmente ci possono essere spillover.

Quindi quello che abbiamo visto sono possibili canali attraverso i quali le imprese multinazionali possono
avere un ruolo di impatto positivo sulla efficienza e sulla produttività dell’economie a livello locale. Quindi
l’attrazione degli investimenti diretti esteri parte dall’idea che la presenza di imprese multinazionali,
attraverso questa serie di canali che abbiamo identificato, può avere un impatto positivo sull’economia
locale.
LEZIONE 4 MAGGIO (22° LEZIONE)

Technological Catch up in Emerging Countries (recupero tecnologico nei paesi emergenti)

Slide 3:

Di che cosa parleremo?

• Sistemi settoriali di innovazione;


• Finestre di opportunità: cioè sostanzialmente, quali sono le situazioni nei quali si aprono delle
opportunità per paesi emergenti;
• Differenti cicli di catch up;
• Esempio di un lavoro fatto dalla prof: finestre di opportunità nel Green (energia rinnovabile).

Slide 4:

Cambiamenti nella leadership industriale

Ci sono stati una serie di cambiamenti della leadership in diversi settori, passando da paesi/imprese
incombenti (protagoniste di un certo settore) a nuovi paesi/imprese che diventano leader in un certo settore.

• Settore dell’acciaio: settore dominato da imprese americane nel passato e poi la leadership è passata
al Giappone, poi alla Korea e poi recentemente alla Cina.
Per definire leadership possiamo pensare al momento in termini di “quote del mercato globale”, e
che cosa vuol dire? In questo caso, nel mercato dell’acciaio, le imprese cinesi sono quelle che hanno
la maggior quota sul mercato globale, quindi sono leader in termini di vendite sul mercato globale.
• Nel settore automobile: prima c’era una leadership delle imprese tedesche, poi c’è stato un passaggio
agli Stati Uniti, poi più recentemente al Giappone e poi sicuramente ci saranno nuovi protagonisti
(passaggio della leadership) come la Korea e la Cina.
• Nel settore dei telefoni: si è passati dal Motorola (impresa americana) alla Nokia (impresa
finlandese), poi la Apple (impresa americana) e leader sul mercato ora sono Samsung (impresa
coreana) e Huawei (impresa cinese).

Possiamo distinguere la leadership in termini di quote del mercato globale e leadership in termini tecnologici:
cioè ad esempio una impresa/paese può essere leader nel mercato mondiale in termini di vendite ma non
necessariamente è anche una impresa/paese innovativa.

Slide 5:

Sistema settoriale di innovazione

Si parte dal concetto di sistema di innovazione (cioè un insieme di attori e oltre agli attori quello che interessa
sono le connessioni tra gli attori). Il sistema settoriale di innovazione riprende l’idea di Schumpeter e del
modello di innovazione di Schumpeter e anche da come era stato definito in caratteristiche in termini di:
dimensione delle imprese, tipologia di tecnologia, caratteristiche del mercato…
Quindi per definire il sistema settoriale di innovazione possiamo far riferimento a 4 dimensioni:

• Dimensione della tecnologia e della conoscenza: un sistema che è caratterizzato dal fatto che la
conoscenza è più o meno codificata; importante avere cumulata conoscenza passata; diverse fonti di
conoscenza;
• La dimensione degli attori e delle loro relazioni: quindi ci sono settori in cui le imprese sono di
piccole dimensioni e settori in cui le imprese tendono ad essere di grande dimensione; poi le
università possono avere un ruolo importante; agenzie governative;
• Tutto quello che riguarda il mercato, quindi le condizioni di mercato/domanda: quindi possiamo
avere settori caratterizzati da un mercato molto frammentato; grandi compratori; prodotti sensibili
alle variazioni di prezzo o qualità;
• Infine, l’aspetto istituzionale: che riguarda regole come quelle che possono essere le regole per
quanto riguarda la protezione della proprietà intellettuale; l’organizzazione del mercato del lavoro.

Slide 6:

Per chiarire questo concetto nella pratica, vediamo le differenze in due settori (settore meccanico e chimico).

Alcuni esempi:

• Settore meccanico: l’innovazione nasce soprattutto dall’interazione tra chi utilizza le macchine e chi
le produce; conoscenza specifica e applicata associata con imprese specializzate; il capitale umano
con esperienza interna (in-house), ed è la chiave per l’innovazione.
• Settore chimico: è un settore diverso, un settore in cui operano spesso le grandi multinazionali che
fanno molta R&S, quindi dove la ricerca nasce nei laboratori (non nasce dall’interazione tra le
persone, ma nasce nei laboratori) e molto spesso laboratori che hanno forti interazioni/collegamenti
esterni, ad esempio, con le università, è molto importante per definire la loro capacità innovativa.
Abbiamo confrontato due settori e vediamo come l’innovazione è il risultato di processi diversi, perché?
Perché la conoscenza e la tecnologia che caratterizzano i due settori sono molto diversi e quindi la ricerca si
fa in modo diverso e richiedi processi e tipologie di imprese differenti. → questa qui è l’idea si “sistema
settoriale di innovazione”.

Slide 7:

Finestre di opportunità (Windows of opportunity – WoO)

Sono una discontinuità nelle dinamiche di un sistema settoriale, e possiamo identificare 3 tipi di WoO che si
possono verificare in un certo settore/paese:

• Finestra tecnologica: cosa vuol dire? Vuol dire che in un certo settore cambia la tecnologia perché
c’è un avanzamento della tecnologia, ad esempio: il cambiamento dalla tecnologia analogica alla
tecnologia digitale che ha rappresentato un “Windows of opportunity” per le imprese elettroniche
coreane (in particolare per la Samsung) per prendere il controllo del mercato delle imprese
giapponesi.
Possiamo dire che attraverso questa finestra tecnologica, come la Samsung così anche la Sony riparte
da zero in questo settore avendo una nuova tecnologia e quindi TUTTI ripartono dallo stesso livello.
(COME È ACCADUTO NEL SETTORE IBM -> STEVE JOBS CON IL PERSONAL COMPUTER)
• Finestra della domanda: la finestra della domanda è legata al fatto che possono aprirsi nuovi
segmenti di mercato: ad esempio, nel settore delle automobili aumenta la capacità del potere di
acquisto nei paesi poveri/emergenti MA il tipo di automobile che viene richiesto in quel mercato
hanno delle caratteristiche diverse dalle automobili che vengono venduti nei mercati dei paesi
avanzati, e per cui si apre un mercato di auto che hanno caratteristiche diverse (auto più robuste
perché devono girare nelle strade piene di buche…) e meno costose.
Quindi quello è un nuovo segmento di mercato e lì ci può essere lo spazio per nuovi produttori.
L’altro esempio è quello del settore del vino: un settore in cui il vino prima veniva consumato dove
era prodotto, mentre con il tempo il vino era gradito altrove e con le esportazioni cambia il mercato
e quindi c’è l’opportunità per i nuovi produttori.
• Finestra istituzionale: aperta dai governi che possono intervenire attraverso programmi di R&S che
influenzano i processi di apprendimento e accumulazione di capacità per le imprese domestiche
oppure attraverso la fornitura di sussidi, la riduzione delle tasse, supporto per l’export.
Aspetto molto importante per quanto riguarda il settore delle energie rinnovabili, come per
l’industria eolica dove l’Italia ha chiesto sussidi per implementare ciò.

Slide 8:

Cosa succede quando si apre una finestra (Woo)? (ad esempio, quando si passa dall’analogico al digitale)

Succede che nel mercato si possono trovare 2 tipologie di attori.

• Latecomers (ritardatari): cioè quelle imprese che non sono presenti in maniera dominante in un certo
settore. Quindi sono imprese che però possono rispondere alle opportunità che derivano dal
mercato, cioè dal fatto che si è aperto una nuova nicchia di mercato, dal fatto che è cambiata la
tecnologia.
Tali imprese rispondono in base al loro processo di apprendimento, dal loro livello di capacità,
organizzazione e strategie, così come il livello di sviluppo dei loro sistemi di innovazione.
• Incumbents (operatori storici): cioè quelle imprese che hanno dominato il mercato fino a quel
momento. Rischiano di essere soggetti alla “trappola di incombenza” (ad esempio IBM che all’inizio
non capisce l’importanza del cambiamento tecnologico e rimane quindi intrappolata nella vecchia
tecnologia).
Quello che possiamo vedere è che in settori diversi possono aprirsi opportunità di tipo differente e a queste
opportunità seguono delle risposte sia da parte dei “incumbents” e sia da parte dei “latecomers” che possono
essere diverse, e tutto questo possono portare a sentieri/modelli di catch-up differenti.

Adesso andiamo a vedere quali possono essere alcuni dei sentieri che si possono scrivere empiricamente.

Slide 9:

Ciclo di Catch-up standard

Il ciclo più tradizionale, standard, è quelli in cui c’è un settore nel quale si apre una qualche finestra di
opportunità (pensiamo al cambiamento dall’analogico al digitale) e questo rappresenta una opportunità per
il paese/impresa “latecomers” che entra nel mercato,

Un altro modo in cui il “latecomers” può entrare nel mercato è anche perché ha un altro vantaggio il
“latecomers”, cioè che ha dei costi di produzione più bassi e quindi questo lo rende più competitivo.
Quindi che cosa succede? Che c’è una sorta di catch-up
graduale, vedete che man mano la quota di mercato
cresce, quindi diciamo che la prima curva (A -> che è già
dentro al mercato), ad un certo punto, nel momento B
entra un nuovo paese (latecomers) e questo paese man
mano cresce nella quota di mercato fino al punto in cui
raggiunge “l’incumbents”, e poi quando le due curve si
incrociano lo supera.

Quindi che cosa vuol dire? Vuol dire che


sostanzialmente c’è una fase iniziale di crescita
graduale fino al punto in cui l’impresa che stava già
dentro nel mercato perde competitività e poco per
volta inizia a ridurre la propria quota di mercato,
mentre l’impresa “latecomers” cresce e aumento le
quote di mercato e ad un certo punto sorpassa
l’impresa che era già dentro.

Slide 10:

Forging ahead stage → stadio del superamento

Cioè la fase in cui “latecomers” supera “l’incumbents”. Con l’apertura delle finestre delle opportunità e
l’effettiva risposta a queste finestre:

• I “latecomers” hanno raggiunto la posizione di leadership al tempo B1 (vedi nella figura sopra);
Questo stage è spesso associato con il declino degli “incumbents.

Slide 11:

Quello che abbiamo visto fin ad ora è il ciclo di catch-up più standard.

Possiamo immaginare dei sentieri di catch-up differenti da quello standard: perché nel caso che abbiamo
visto prima ci sono l’incumbents che è già nel mercato e poi il latecomers che entra nel mercato e segue il
sentiero dell’incumbents, dove successivamente supera e quest’ultimo declina.

Ma nella letteratura sono stati identificati


sentieri differenti:

• Il sentiero che abbiamo raccontato è


il primo → Path-following catch-up: cioè
sostanzialmente si segue il sentiero
dell’incumbents fino a superarlo;
Ma i 2 sentieri più interessanti sono questi due che si definiscono “Leapfrogging”:

• Stage-skipping catch-up (Leapfrogging 1)


• Path-creating catch-up (Leapfrogging 2)
Che cosa si intende per Leapfrogging? Cioè il salto, quindi invece di seguire il sentiero che è già stato segnato
dall’incumbents, si possono seguire 2 sentieri diversi:

- Leapfrogging 1 → Un primo sentiero che potrebbe essere quello di, sostanzialmente, saltare alcuni degli
stadi che sono stati seguiti dall’incumbents: ad esempio la Cina, nel settore del telefono, è entrata tardi nel
mercato e quindi ha saltato una serie di stadi che erano stati fatti dall’imprese che erano già nel mercato.

- Leapfrogging 2 → Oppure, un altro esempio di “leapfrogging” è il caso dell’impresa latecomers che disegna
un nuovo sentiero, quindi per esempio il caso della televisione digitale in Korea: in quel caso lì, il
raggiungimento della leadership da parte della Korea non segue il sentiero tracciato dagli incumbents che
dominavo nel settore della tecnologia analogica, ma disegnò appunto un nuovo sentiero.

Slide 12:

Leapfrogging

Questa idea del “leapfrogging” nel catch-up è estremamente interessante perché significa che la possibilità
di diventare leader è esattamente l’opposto di quello che dicevano i neoclassici, cioè che cosa dicevano i
neoclassici? Che sostanzialmente il progresso tecnologico avveniva per fasi ed era un processo lineare, quindi
tutti dovevano seguire lo stesso tipo di sentiero/processo.

Mentre l’idea del “leapfrogging” è proprio quella che sostanzialmente, quando soprattutto si presenta una
nuova tecnologia, tutti partono allo stesso livello e questi “Windows of opportunity” aprono delle
opportunità per delle imprese che sono nuove nel mercato, e che a volte hanno anche un vantaggio rispetto
alle imprese che stanno già dentro al mercato perché le imprese che stanno già dentro tendono ad essere
frenate da tutta la tecnologia e il vantaggio tecnologico che hanno accumulato con le vecchie tecnologie e
quindi questa cosa qui frena questa capacità di SALTARE alle nuove tecnologie.

Per esempio, IBM che in una prima fase invece di mettersi nella rivoluzione dei pc con uno spirito
completamente nuovo, cerca di partire dalle competenze che ha accumulato ma per produrre nuovi pc ci
volevano competenze completamente diverse, MA poi le recupera perché aveva un vantaggio per quanto
riguarda le risorse finanziarie che li permette di (quando capisce che era un settore con enorme potenzialità
tecnologiche) investire in tante risorse e quindi recupera lo svantaggio che aveva accumulato.

Slide 13:

Technological lock in (blocco tecnologico)

Questa è appunto l’idea di “Technological lock in”, cioè del fatto che naturalmente gli incumbents tendono
ad essere chiusi nel loro vantaggio tecnologico.

Facciamo riferimento alla OLIVETTI, che nasce come una impresa meccanica e che era una molto competitiva
come impresa meccanica, e per scelte varie alla fine rimane intrappolata nelle sue competenze in ambito
meccanico, non permette allo sviluppo di quelle che erano queste piccole nicchie di competenze in ambito
elettronico e rimane, a differenze dell’IBM che aveva le risorse per recuperare, intrappolata nel settore
meccanico quando ormai il settore meccanico era morto e tutto questo porta al declino dell’impresa.
Slide 14:

Falling behind (cadendo indietro)

La caratteristica di questa idea del catch-up, dei


cicli di catch-up, è che è un processo dinamico,
cioè non è un processo che si ferma in quanto
sempre nuovi latecomers possono entrare nel
mercato.

Appunto, ad esempio la Samsung prende il


posto della Motorola ma poi subito dopo ci
sono anche la Huawei e le imprese cinesi.

Quindi è un processo che continua nel tempo.

Slide 15:

Aborted catch-up (processo di catch-up abortito)

Un’altra possibilità che succede in alcuni settori


può essere anche il fatto che il “latecomers” entra
ma non diventa mai leader, cioè appunto viene
definito il “processo di catch-up abortito”.

La barriera critica che impedisce questi paesi dal


raggiungimento della fase del superamento è
l’incapacità di apprendere e generare aumenti nel
valore aggiunto dei prodotti.

L’esempio che viene fatto è l’industria del software in Irlanda che ad un certo punto sembra crescere ma poi
non riesce a prendere una posizione di leadership, e quindi sostanzialmente “l’incumbents” mantiene la
leadership nel mercato.

Slide 16:

Persistent leadership (leadership persistente)

Può esserci un altro caso in cui appunto il leader continua


a mantenere la leadership, quindi c’è un processo di catch-
up però senza sostanzialmente raggiungere effettivamente
la leadership nel mercato.
Slide 17:

Coexistence of the old and the new leaders (coesistenza di vecchi e nuovi leaders)

Un altro caso interessante, facendo riferimento al


settore del vino, è il fatto che all’aumento
dell’importanza della presenza dei “latecomers” nel
mercato, i leader reagiscono e si adattano al
cambiamento, come è avvenuto in parte nel settore
del vino: dove appunto agli inizi degli anni 90’ si
aprono questi nuovi mercati e ne approfittano questi
nuovi mercati soprattutto i produttori del nuovo
mondo (Australia, Cina…) e i leader del mercato
(Francia, Italia…) subiscono la concorrenza di questi
produttori del nuovo mondo, in quanto le caratteristiche del prodotto in questi nuovi mercati sono diversi
rispetto a Italia e Francia.

Man mano i produttori, ad esempio, italiani si sono adattati a questi cambiamenti del mercato internazionale
e quindi i vecchi leader reagiscono per rimanere al passo con quelli nuovi, e si parla quindi di una coesistenza
di vecchi e nuovi leader.

Slide 18:

Return of the old leadership (ritorno della leadership)

Ci sono dei casi in cui, nel caso del mercato dei


videogame, ad un certo punto gli Stati Uniti perdono la
leadership a favore del Giappone ma poi riescono a
ritornare leader nel mercato.

Slide 19: questo schema sintetizza alcuni esempi ma che vedremo un paio nelle prossime slide.

Slide 20:

- Mobile phones
Alla fine degli anni 90’ c’è un passaggio di leadership da Motorola (impresa americana) a Nokia → Poi
successivamente, nel 2010, un passaggio da Nokia a Samsung → infine, recentemente, potremmo parlare
delle imprese cinesi.

In questo caso la WoO è stata tecnologica, cioè si è passato dall’analogico al digitale; e poi dal digitale al
nuovo sistema android.
Slide 21-22:

- Settore del vino


Una strategia che crea percorsi per i latecomers (California, Australia ma anche Sudafrica, Cile e Argentina),
che hanno cambiato il modo di produrre, consumare e vendere il vino, e così facendo hanno sfidato le
posizioni degli incumbents (Francia, Italia e Spagna) che, al posto di scomparire, hanno reagito creativamente
e si sono adattati al nuovo percorso emergente.

Fasi del ciclo di catch-up del vino:

1. L’ascesa dei primi seguaci (da metà anni


90’);
2. Gli incombenti (storici) riguadagnano
slancio e avviene l’ascesa dei “late
followers” (da metà anni 2000);
3. Una nuova finestra di opportunità si apre e
lo stage successivo del catch-up cycle (?)
I potenziali concorrenti asiatici (dal 2010).

Slide 23-24:

ORA PARLIAMO DELLO STUDIO CHE LA PROF VOLEVA PARLARCI

Green Windows of Opportunity (GWO) – OECD Development Matters

Studio → Ci siamo concentrate su alcuni settori dell’energia rinnovabile, che sono: energia prodotta dalle
biomasse; energia solare concentrata; energia idroelettrica; pannelli solari; energia eolica.

Obiettivo → si vuole vedere se ci sonno prospettive di entrata per i “latecomers” in questi settori, magati
anche da diventare leaders.

Perché è interessante studiare la presenza di latecomers in questi settori? Perché in anni recenti cominciano
a preoccuparsi per l’inquinamento dovuto dalla crescita delle industrie. Possiamo dire che il “clean up later
model” non va bene, l’inquinamento è un problema di tutti, non solo dei latecomers.

La Cina è uno dei paesi che sta investendo molto nell’energia rinnovabile, e quindi quello che volevamo
andare a vedere è che attraverso una serie di casi se ci sono delle opportunità per il catch-up sia dal punto di
vista tecnologico che dal punto di vista del mercato di queste tecnologie per i paesi latecomers, e
eventualmente vedere quali sono le specificità.

- Le GWO sono un set di condizioni favorevoli, temporali per i long-run latecomers per il catch-up in
settori centrali della green economy;
- Le GWO sono guidate da cambiamenti istituzionali e politici piuttosto che da modifiche nelle
tecnologie o nei mercati.

La Cina occupa un ruolo molto importante in quanto è il primo paese per investimenti in pannelli solari ad
esempio.
Slide 25:

Firms and other sectoral system actors (imprese e altri settori sei sistemi settoriali)

L’esplosione delle GWO dipende dalle azioni delle imprese e dal sistema settoriale di innovazione.

La maturità tecnologica e la commercialità delle green technologies influenzano significativamente le


traiettorie settoriali.

• Acquisizione di tecnologia di livello mondiale con investimenti di capitale e capacità organizzative


(biomasse e solare);
• R&S pubblica (energia idroelettrica);
• Interazioni tra le imprese leader, fornitori, fornitori di tecnologia e istituzioni finanziarie del sistema
di innovazione settoriale;
• Domestic trap e incapacità del sistema di progredire dall’assorbimento della tecnologia alla
leadership tecnologica del mercato globale (eolica).

Slide 26:

Traiettorie di catch-up settoriale (1) x la Cina

2 dimensioni di latacomers development: mercato e tecnologia

a) studio di dati qualitativi e analisi dei brevetti; b) Sono stati identificati 4 tipi
principali traiettorie.

Slide 27:

Traiettorie di catch-up settoriale (2)

• Imitazione domestica → leadership globale. Biomasse; Idroelettrico


Chiaro stato di azienda leader. Effetti ritardatari, usando trasferimenti
tecnologici e prendendo in prestito tecnologia assistita dal supporto dello stato. Tecnologie stabili;
• Imitazione domestica → progressione globale limitata. Energia eolica
Technology gap e esportazioni limitate. La tecnologia trasferisce e crea supporto.
Regimi tecnlogici in rapida evoluzione come le nuove tecnologie ibride-digitali limitano la leadership
per il momento.

Slide 28:

Traiettorie di catch-up settoriale (3)

• Apprendere delle esportazioni → rafforzamento domestico → leadership globale.


Chiara leadership globale nella produzione, meno nella tecnologia. Molteplici Pannelli solari
interazioni guidate dal cambiamento della politica globale e dalla politica interna e
dalla risposta del sistema di innovazione;
• World-class technology → limitata progression globale nel mercato. Energia solare concentrata
Sviluppo tecnologico alla frontiera. Investimenti significativi nelle
dimostrazioni di progetti domestici. Incertezza tecnologica e standard competitivi.
Slide 29:

Considerazioni finali

• GWOs, aperte da cambiamenti istituzionali, in particolare nuove politiche e nuove legislazioni, legate
a trasformazioni sostenibili globali o domestiche, sono centrali per i latecomers per i catch-up in ogni
take off settoriale;
• I paesi emergenti che prendono misure attive per migliorare le loro capacità tecnologiche e costruire
“open national” e sistemi di innovazione settoriali attraverso il commercio e politiche di investimenti
e internazionalizzazione di R&S può raggiungere più velocemente il catch-up a anche la leadership;
• L’emergere dei paesi latecomers nella green economy ha un effetto benefico internazionale che
riduce il prezzo delle tecnologie di transizione energetica e mobilitano finanziamenti e tecnologie per
un più accessibile sistema di green energy nel sud del mondo.

Slide 30:

Implicazioni politiche

• Le organizzazioni internazionali e i governi nazionali dovrebbero sostenere un cambiamento guidato


istituzionalmente, missioni orientate alle GWOs facilitando l’entrata nel mercato globale di nuovi
leaders nella green innovation;
• I policy makers devono riunire gli ambiti politici, altrimenti distinti: politiche ambientali e
energetiche, e politiche industriali e di innovazione;
• I nostri risultati/scoperte sono inoltre rilevanti per altri settori come la sanità pubblica e
infrastrutture digitali, cruciali per costruire una società inclusiva:
o Coordinazione delle policy globali nell’assicurare l’accesso paritario e una responsabile
provvigione di beni pubblici globali (es. Covid-19 vaccini) potrebbe creare finestre di
opportunità guidate da sfide globali;
o La comunità globale dovrebbe facilitare cambiamenti nella leadership per assicurare un
accesso egualitario a servizi, prodotti e strutture di alta qualità, responsabili,
economicamente raggiungibili e tecnologicamente appropriati.
LEZIONE 4 MAGGIO (23° LEZIONE) -> SEMINARIO “INNOVAZIONE IN AFRICA”

LEZIONE 5 MAGGIO (24° LEZIONE) -> PAVIA SILICON VALLEY

LEZIONE 11 MAGGIO (25° LEZIONE)

Is China a new science and technology powerhouse? (La Cina è una nuova potenza scientifica e
tecnologica?)

L’obiettivo della lezione è quello di analizzare come la Cina si sta trasformando in uno dei paesi, al punto di
vista economico è una potenza – è il secondo paese in termini di PIL dopo gli Stati Uniti – ma negli ultimi anni
sta adottando una politica sempre più aggressiva nella creazione di capacità tecnologica e di capacità
innovativa.

Il titolo comprende un punto interrogativo perché il fatto è ancora molto discusso, anche se attraverso i dati
che analizzeremo vediamo che la Cina ha una capacità tecnologica molto importante. Negli ultimi 5 anni
soprattutto ha migliorato la sua capacità tecnologica, e questo sta cambiando la sua struttura economica MA
rimane ancora arretrata rispetto agli Stati Uniti (che è un punto di riferimento) ma anche all’Europa: anche
se in alcuni ambiti ha raggiunto la cosiddetta “frontiera tecnologica”.

Slide 2:

Di cosa parleremo?

• Indicatori del Sistema di Innovazione cinese;


• Sviluppo del Sistema di Innovazione cinese;
• Ruolo dei canali esterni per l’acquisizione di capacità tecnologica: è un tema importante e ne
abbiamo parlato nelle scorse lezioni.

Slide 3:

Che cosa vediamo qui?

Vediamo il dato più ovvio da analizzare che è la


spesa in R&S: in questo caso si tratta di spesa in
R&S valore assoluto, cioè qua dice miliardi di
dollari PPP – cioè a parità di potere d’acquisto.

E quello che possiamo vedere è che la Cina in


giallo (3° retta che vediamo a destra): il paese che
da sempre spende di più, in termini di valore
assoluto, sono gli Stati Uniti e in questo senso
dopo gli Stati Uniti veniva l’UE → nell’ultima,
invece, vediamo che la Cina ha raggiunto l’UE.

Quindi vediamo che l’aumento di spesa dei cinesi


in R&S sono state molto importanti a partire dagli
anni 2000: questo perché prima degli anni 2000
la Cina importava tecnologia, e non faceva attività
di ricerca autonoma.
Slide 4:

Qui ancora vediamo lo stesso dato e ci da una


dimensione di questo aumento delle spese in
R&S dal 2000 al 2016 in Cina.

Slide 5:

Qui quello che vedete è sempre lo stesso dato


della Cina (linea nera massiccia) però in un
confronto con gli altri paesi brix: Brasile, Russia,
India, Sudafrica e Messico.

Slide 6:

Qui, infine, vedete come si stia andando a ridurre


il gap tra Cina e Stati Uniti: in questo caso quello
che viene riportato è la percentuale delle spese in
R&S sul PIL, e vedete appunto che il gap nel 1996
era di 1,9% cioè la Cina aveva delle spese in R&S
che erano poco più del 0,5% del PIL → ha
raggiunto invece nel 2017 una spesa pari al 2,15%
del PIL con un gap dello 0,7%.

[L’Italia ha una spesa in R&S attorno all’1%;


la media dell’UE è 2,01%]
Slide 7:

Questo grafico è interessante perché distingue le


spese in R&S per tipologia di spesa in R&S:

• In blu (la parte più bassa) è la ricerca di base;


• In rosso (la parte al centro) è la R&S
applicata;
• In verde (la parte superiore) è lo sviluppo del
prodotto.
Quindi che cosa vuol dire? Vuol dire che la Cina
ha aumentato notevolmente le proprie spese in
R&S ma tutt’ora prevalentemente investe in
sviluppo del prodotto, cioè nella fase più a monte
del processo di ricerca, e quindi non nella ricerca di base che è quella che porta alle nuove scoperte che poi
si trasformano in innovazioni attraverso la ricerca applicata.

Quindi si vede che la Cina ha aumentato molto le spese in R&S ma il tipo di ricerca che fa è una ricerca molto
legata a sviluppare prodotti piuttosto che a creare nuova conoscenza.

Slide 8:

Questo grafico ci mostra invece la divisione delle


spese in R&S per fonte di spesa:

• In blu (i rettangoli in basso) è la R&S


pubblica;
• In arancione (che è la parte più grande e
rappresentano il secondo rettangolo) la R&S delle
imprese → però va considerato il fatto che le
imprese che fanno ricerca in Cina sono le grandi
imprese e molte delle grandi imprese sono imprese
statali, quindi di fatto anche questa ricerca viene
fatta con fondi pubblici.

Le imprese possono decidere di non spendere niente in R&S.

Quando parlavamo del modello di Schumpeter, si diceva che le spese in R&S vengono fatte principalmente
da imprese di grandi dimensioni e in un paese come l’Italia in cui il sistema manifatturiero è fatto da imprese
di piccole dimensioni, le spese in R&S tendono ad essere naturalmente basse perché di fatto, per le imprese
la spesa in R&S è una scelta strategica dell’impresa di indicare alcune spese nel proprio bilancio come spesa
in R&S.

Una piccola impresa meccanica che fa innovazione perché quando vi parlavo dell’innovazione che nasce dal
confronto tra chi utilizza le macchine e chi le produce, possiamo dire che tale impresa produce macchine per
il settore calzaturiero: tale impresa meccanica di piccole/medie dimensioni innova nei propri macchinari
grazie al fatto che interagisce con il produttore di scarpe → allora questa impresa che può essere anche molto
innovativa che introduce miglioramenti sulle proprie macchine, molto probabilmente non registrerà nessuna
spesa in R&S perché non ha un laboratorio, ha dei tecnici che collaborando con i produttori di scarpe man
mano fanno dei piccoli miglioramenti alla meccanica e quindi tutti questi piccoli miglioramenti sfociano in
una innovazione (in macchine che sono anche molto innovative) ma quel tipo di innovazione non è
ufficialmente registrata come spesa in R&S quale che INVECE potrebbe essere nell’impresa farmaceutica che
hai dei veri e propri laboratori: quindi hanno dei ricercatori e tutte quelle spese lì vanno registrate come
spese in R&S.

Quindi che cosa vuol dire? Che la spesa in R&S dal settore privato dipende molto: dalla propensione delle
imprese a investire in ricerca; dal tipo di impresa; dal settore.

Quindi la quota di R&S di un paese può essere molto variabile → non c’è un minimo o un massimo, dipende
dalle scelte delle imprese.

Per quanto riguarda lo Stato in spese di R&S? È una decisione puramente politica: cioè uno stato può ritenere
che sia fondamentale, per esempio, investire nella produzione di vaccini anti-covid-19 e questo fa aumentare
le proprie spese in R&S.

Tendenzialmente le spese in R&S sono più alte per i paesi che sono più ricchi che si possono permettere di
investire in laboratori di ricerca.

Quindi → scelta politica dello Stato; scelta privata delle imprese. (che sono i due grandi attori della R&S)

Slide 9:

Qui che cosa abbiamo? Questi provengono da un rapporto che fa l’UE che si chiama Innovation Scoreboard,
che sostanzialmente viene fatto ogni anno e che raccoglie i dati sulle 2500 imprese che al mondo spendono
maggiormente in R&S. E che cosa si vede? Confrontando il grafico e la tabella, che su questi 2500 nel 2016
c’erano 327 cinesi e 590 europee (tabella in alto a sinistra). Se invece vediamo i grafici a destra, che sono
dell’ultimo “Innovation Scoreboard”, vedete ce ne sono 536 cinesi e 421 europee.

Che cosa vuol dire? Vuol dire che ormai 1/5, tra le 2500 imprese al mondo che spendono maggiormente in
R&S, sono imprese cinesi. E poi vediamo anche quali sono i settori principali nei quali sono specializzate
queste imprese.

La tabella in basso a sinistra ci mostra invece alcuni di queste imprese cinesi che sono “TOP R&D SPENDORS”:
la Huawei, la ZTE, Baidu, e Tencent.
Slide 10:

Altro indicatore che


possiamo andare a vedere
per vedere l’ascesa della
Cina in termini di capacità
tecnologica è “il valore
delle esportazioni high
tech cinesi”.

Nel grafico qui a sinistra vediamo che la linea rossa (linea più in alto) sono gli Stati Uniti, e vedete come la
Cina (linea gialla che sta sotto la linea USA a destra del grafico) abbia quasi raggiunto gli Stati Uniti.

Slide 11:

Che cosa vediamo? Un aspetto importante,


ovvero vedete l’andamento delle importazioni
high tech e delle esportazioni high tech e
vedete che vanno di pari passo.

Sicuramente negli ultimi anni la capacità


cinese di produrre prodotti high tech è
aumentata ma diciamo che considerare le
esportazioni high tech come un indicatore
della capacità tecnologica cinese può portare
ad una interpretazione un po' distorta della
situazione perché la Cina è anche un grande assemblatore di prodotti high tech (ne abbiamo già parlato).
L’assemblaggio non richiede alcun tipo di capacità tecnologica: la fase finale dell’assemblaggio è una fase
totalmente basata sul costo del lavoro ed è alta intensità del lavoro e non richiede quindi capacità
tecnologica.

Quindi vedere questo dato (esportazione high tech) sovrastima la capacità tecnologica cinese, cioè molte di
quelle esportazioni sono assemblaggi.

Slide 12:

Altro indicatore che possiamo guardare è il numero di


brevetti.

Qui distingue: le domande di brevetti e i brevetti che sono


state effettivamente concessi.

Su questo anche qui va fatta una osservazione: cioè


effettivamente la Cina a partire dal 2000 ha aumentato il
modo considerevole il numero dei brevetti.
MA va considerato che la maggior parte di questi brevetti sono brevetti registrati all’ufficio dei brevetti cinesi
e anche qui c’è dietro una manovra del governo, nel senso che ad un certo punto a partire dagli anni 2000 il
governo cinese ha iniziato a fare una serie di manovre perché la Cina aumentasse la propria capacità
tecnologica: tra le altre cose ha creato degli incentivi alle imprese cinesi perché registrassero brevetti e il
valore in termini di innovazione di questi brevetti registrati all’ufficio dei brevetti cinesi sembra avere una
qualità abbastanza bassa → quindi che cosa vuol dire? Che ha aumentato il numero dei brevetti MA questo
è un indicatore un pochino distorto di quello che è l’aumento della capacità tecnologica e innovativa cinese.

Slide 13:

Infatti, vediamo qui l’aumento del numero


di brevetti però registrati appunto
nell’ufficio brevetti nazionali: quello più in
alto è la Cina, però li si parla di brevetti
registrati all’ufficio dei brevetti cinesi.

Quindi mettete il fatto che i cinesi:

• Sono tanti, hanno una grande


popolazione;
• È diventato molto semplice
brevettare con la manovra del governo
tramite incentivi.
E quindi questo spiega l’aumento dei brevetti in Cina, che sono più del doppio di quelli americani, MA il valore
di questi brevetti è molto molto più basso dei brevetti internazionali registrati negli Stati Uniti o all’EPO (in
Europa).

Slide 14:

Qui vedete appunto l’aumento del numero di


brevetti della Cina rispetto a Stati Uniti, UE e
Giappone.

Slide 15:

Questo è quello che vi stavo dicendo →


se guardiamo il grafico di destra, ci dice il
numero dei brevetti che sono stati
concessi:

• In blu (la parte di destra) ci sono i


brevetti concessi in Cina;
• In arancione (la parte di sinistra)
sono i brevetti che sono stati concessi
fuori dalla Cina.
Vediamo che quindi sono una minima
parte, il grosso dei brevetti è interna al
paese.
Slide 16:

Un altro aspetto del quadro stilizzato che


stiamo facendo è il fatto che questa capacità
tecnologica cinese è estremamente
concentrata dal punto di vista geografico:
vedete che questo grafico ci da sempre il
numero dei brevetti e il tutto è concentrato
sull’area costiera, e poi c’è Pechino che è il
puntino nero all’interno (in alto).

E questo è un altro aspetto dello sviluppo


cinese: è ancora uno sviluppo territorialmente
concentrato soprattutto quando si parla di
capacità tecnologica.

Slide 17:

Altro indicatore che è quello delle


pubblicazioni: le pubblicazioni sono
aumentate molto e la Cina è il
secondo paese dopo gli Stati Uniti
in termini di pubblicazioni
scientifiche PERO’ vedete che
anche qui c’è una indicazione di
qualità relativamente scarsa.

Slide 18:

Queste sono le spese in educazione:


vedete che le spese in educazione,
coerentemente al piano di
accrescimento della capacità
tecnologica di innovazione, sono
ovviamente cresciute molto.
Slide 19:

Ovviamente quando vado a vedere il numero di PhD in ingegneria, il


numero assoluto, ovviamente la Cina ha dei numeri enormi appunto
perché sta investendo molto in capacità tecnologica.

Slide 20:

Un altro aspetto che è interessante da osservare, che si


collega con i canali di acquisizione della conoscenza
esterna, è il numero degli studenti cinesi che vanno a
studiare all’estero: come vedete a partire dagli anni
2000 il numero degli studenti che ritornano in Cina.

Anche qui c’è stato un programma del governo di forte


incentivo a tutti gli studenti che andavano a studiare
all’estero (Stati Uniti, Europa) di farli tornare in Cina
offrendo situazioni molto favorevoli: questo nei primi
anni non succedeva perché la Cina tipo negli anni 80’
mandava gli studenti in Europa a farli studiare ma
quest’ultimi poi rimanevano lì a lavorare.

Slide 21:

Da qui iniziamo a vedere l’evoluzione della politica di innovazione cinese e del sistema di innovazione cinese.

Allora vedete come in


tutte le prime fasi, quel
poco che si faceva di
ricerca era tutto nei
laboratori pubblici e
finanziato dal governo.

A partire dalla metà degli


anni 90’ in poi, quando il
sistema economico inizia a
cambiare (si apre il sistema
economico in un sistema
di mercato controllato agli
investimenti esteri), si
inizia a creare un sistema
di innovazione come lo
conosciamo noi: fatto
appunto da un ruolo del
governo, le università, i laboratori pubblici e al centro le imprese (guardiamo l’ultimo quadratino in basso a
destra) → quindi un sistema di innovazione così come lo conosciamo noi.
Slide 23:

Possiamo parlare nel caso della Cina quello che un economista cinese che però insegna all’università di
Oxford, ha definito come un “sistema di innovazione nazionale aperto” (ONIS).

Un sistema di
innovazione nazionale
aperto perché appunto
vedete al centro il
sistema di innovazione
(così come lo abbiamo
descritto con le
università, l’industria, lo
stato) ma poi con tutti
questi canali importanti
di acquisizione della
conoscenza all’esterno,
attraverso:

• I flussi di persone (people flow): sono per esempio gli studenti cinesi che sono andati all’estero per
poi ritornare;
• Poi gli investimenti diretti esteri (FDI): e qui gli investimenti nelle due direzioni nel senso che la Cina
ha attirato, (1) nella prima fase di sviluppo, investimenti diretti esteri in Cina e ha sempre richiesto
alle multinazionali straniere di entrare con delle “joint venture” (accordo fra imprese) con imprese
cinesi. Qual è stato il vantaggio di entrare con delle “joint venture” dal punto di vista della Cina? È
stato il fatto che queste imprese multinazionali, dovendo creare una nuova società con un socio
cinese, le si obbligava ad avere dei contatti con la realtà nel quale si inserivano. Quindi si è visto che
il “joint venture” è molto importante in quanto tramite quindi le multinazionali si possono trasferire
le competenze di conoscenza e di tecnologia verso il paese che riceveva gli investimenti.
Perché gli altri paesi non fanno la stessa? Nel caso della Cina possiamo pensare che ha appunto una
forza contrattuale elevata e quindi imprese come la Volkswagen che voleva aprire in Cina ha dovuto
quindi entrare in contatto con i cinesi: quindi la Cina ha imposto fin dall’inizio il “joint venture” che è
uno strumento importante. Ma che cos’è la “joint venture”? È la creazione di una nuova impresa con
due soci – la multinazionale e un socio nazionale (in questo caso un socio cinese).
Quindi questi sono gli investimenti dall’estero verso la Cina, e (2) poi nelle fasi più recenti, la Cina ha
iniziato ad attivare investimenti nell’altra direzione: le imprese cinesi che nel tempo sono diventare
più grandi, più competitive, hanno iniziato ad investire all’estero, e soprattutto quando sono andati
a investire nei paesi avanzati come l’Europa/Stati Uniti, hanno iniziato a fare investimenti (di cui
parlavamo l’altra volta – terzultima lezione) “strategic asset - seeking” → cioè vanno all’estero perché
andare all’estero significa acquisire competenze.
• Poi un altro canale importante, soprattutto nella fase iniziale, è quella del “commercio”: entrando
nel mercato internazionale nelle prime fasi, a volte anche come assemblatore, però tutto questo ha
permesso alle imprese cinesi di imparare nel tempo a produrre prodotti con una qualità e delle
caratteristiche adeguate al mercato internazionale.
Slide 24:

• Coinvolgimento nelle catene globali del valore (GVC): per esempio, nelle prime fasi di assemblatore,
questa impresa che produce elettrodomestici negli anni 90’ ad assemblare sostanzialmente
elettrodomestici per imprese tedesche per il mercato tedesco, quindi non aveva una propria
produzione.
Nel tempo ha acquisito una capacità produttiva e ha utilizzato questa capacità produttiva per iniziare
ad avere un marchio autonomo, inizialmente solo per il mercato cinese perché la qualità dei sui
prodotti non era adeguata al mercato internazionale. Nelle fasi successive poi, lavorando sempre
come assemblatore con le imprese tedesche, ha migliorato la sua capacità produttiva, ha migliorato
la sua capacità di disegno, ha fatto alcune acquisizioni di imprese in Italia e poco per volta è entrata
nel mercato internazionale. Attualmente è il più grande produttore di elettrodomestici al mondo ed
è entrata in maniera molto importante anche nel mercato europeo.
Quindi vedete come entrando all’interno delle catene globali del valore, c’è stato un processo di
apprendimento che ha portato questa impresa dall’essere puro assemblatore di prodotti di un’altra impresa
→ a impresa autonoma con un proprio marchio nel mercato interno → a impresa principale nel mercato
mondiale.

• Poi l’importanza della mobilità del lavoro/del capitale umano;


• I forti legami tra università e industria;
• E il ruolo fondamentale dello Stato che ha finanziato la ricerca e poi però ha trovato il
coinvolgimento delle imprese sia pubbliche che private.

Slide 26:

Strategie di acquisizioni della tecnologia

In una prima fase è basata fondamentalmente su investimenti diretti esteri verso la Cina e inserimento nelle
catene globali del valore.

Nella fase successiva, a partire dagli anni 2000 in poi, anche su investimenti diretti esteri delle imprese cinesi
e in modo crescente anche le acquisizioni (M&A) di imprese in paesi tecnologicamente avanzati.

Slide 27:

Quali sono i meccanismi del catching up in Cina?

• Sicuramente quell’upgrading delle attività di assemblaggio, come nel caso che vi ho appena
raccontato di questa impresa di elettrodomestici;
• Il coinvolgimento del capitale umano di ritorno sia con esperienza imprenditoriale e sia con
competenze scientifiche e accademiche;
• Acquisizione di imprese con competenze tecnologiche;
• Trasferimento di tecnologie (via licenze, brevetti);
• Outsourcing di R&S da parte delle imprese dei paesi avanzati;
• Sfruttamento di economie di scala grazie alla dimensione del mercato regionale.

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