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LEZIONE 6

Il primo economista che parla di innovazione è Schumpeter, un economista austriaco che nasce alla fine
dell’Ottocento e vive nella prima parte del Novecento e la sua vita influenza la sua opera. Si parla di modelli
Schumpeter 1 e Schumpeter 2, questo perché Schumpeter vive la prima parte della sua vita in Austria ed
elabora un modello di innovazione che è ispirato alle caratteristiche economiche e industriali dell’Europa di
quegli anni. Poi si trasferisce negli Stati Uniti e nella seconda delle due opere importanti che scrive parla
nuovamente di innovazione però le caratteristiche del processo innovativo che descrive sono totalmente
diverse e questo perché è influenzato dalle caratteristiche del sistema industriale e quindi della innovazione
degli Stati Uniti. In entrambe le opere Schumpeter è il primo economista che considera l’innovazione il
fattore determinante per lo sviluppo economico. In entrambi i modelli di Schumpeter l’innovazione viene
vista come il fattore determinante la crescita dei sistemi economici sebbene nel primo modello gli attori di
questa innovazione sono le piccole imprese mentre nella seconda parte i principali attori sono le grandi
imprese. Un’altra cosa importante da ricordare è che Schumpeter distingue chiaramente tra innovazione e
invenzione. Egli introduce il concetto di innovazione come distinto da quello di invenzione e quindi
enfatizzando che non si tratta solo di una novità, ma di una novità che si trasformi in un prodotto nuovo o
un processo nuovo implementabili nel sistema economico, ed è per questo che per Schumpeter la fonte
dell’innovazione sono le imprese, non gli inventori. Le imprese sono gli artefici del processo innovativo.

Tutta l’economia dell’innovazione di stampo evoluzionista pone le sue basi nel pensiero di Schumpeter.
L’economia dell’innovazione in quanto materia autonoma nasce in tempi recenti, tra la fine degli anni ’80 e
l’inizio degli anni ’90, e questo modello di innovazione si chiama modello evoluzionista o
neoschumpeteriano perché parte dal pensiero di Schumpeter, che è stato il primo economista dare un
ampio spazio all’innovazione come fattore determinante della crescita del sistema economico. È
fondamentale analizzare il pensiero di Schumpeter, perché nel suo pensiero ci sono una serie di concetti
ripresi dall’economia dell’innovazione più moderna.

SCHUMPETER 1: L’opera fondamentale del primo Schumpeter è “Teoria dello sviluppo economico” che
viene pubblicata nel 1912 e dove Schumpeter parla del processo di innovazione così come avviene nel
sistema economico di molti paesi europei. Il suo pensiero è influenzato dalla struttura industriale europea
della fine del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo. Questa struttura industriale è dominata da imprese di
piccola e media dimensione. Tutto ciò che lui dice si basa su una realtà dove gli innovatori sono delle
imprese di piccola o media dimensione. Il suo pensiero cambia quando nella seconda parte della sua vita si
trasferisce negli USA e si immerge in una realtà industriale molto diversa. Secondo il primo Schumpeter
l’attività innovativa è caratterizzata da settori molto dinamici in cui, siccome le imprese sono molto piccole,
è molto facile entrare, questo vuol dire che ci sono delle barriere all’entrata relativamente basse. È molto
più facile entrare in un settore dove le dimensioni d’impresa necessarie per entrare sono piccole, perché c’è
bisogno di investimenti minori e perché le economie di scala sono basse. Non sono settori dominati da
grandi imprese, dove l’entrata di nuove imprese è difficile. È importante sottolineare la facilità d’entrata in
questi settori, poiché il processo d’innovazione avviene grazie al fatto che nuove imprese innovatrici
entrano nell’industria e questo mette in moto questo processo d’innovazione. Gli innovatori sono nuovi
imprenditori che hanno un’idea nuova che la trasformano in innovazione. Facendo un esempio attuale, la
creazione di start up è molto facile, nel nostro mondo molto più che in quello di Schumpeter. Per una start
up bastano una buona idea un computer e una connessione a internet, almeno nei settori legati alla
comunicazione e ai social media. Ovviamente Schumpeter non aveva in mente questo tipo d’imprese, ma
parliamo più che altro di imprese industriali in cui c’era bisogno di macchinari. Oggi l’innovazione parte
dalle start up, ovvero da imprese che ancora non ci sono. Molte di queste start up non sono neanche
imprese, ma buone idee di giovani innovatori messe in moto e questo crea innovazione. Così sono nate
imprese tipo Apple, Google e Facebook. Questo esempio dà un’idea della facilità d’entrata e
dell’innovazione che viene dalle imprese che stanno fuori dal sistema.
Questo sistema è caratterizzato dalla consistente presenza di nuove imprese, si tratta di settori con basse
barriere all’entrata in cui ci sono continuamente nuove imprese che vengono create, e questo è il motore
dell’innovazione. Quindi sono caratterizzati dalla presenza di nuovi imprenditori con idee innovative su
prodotti e processi, dato che l’innovazione può essere sia innovazione di prodotti che di processi. Gli
imprenditori avviano nuove imprese che entrano in un mercato che già esiste. Competono, quindi, con le
imprese che stanno dentro, rispetto alle quali hanno il vantaggio di essere innovatori. Entrano in un settore
che già esiste quindi producono lo stesso prodotto, ma con un’idea che permette loro di produrlo di qualità
migliore o in un modo più efficiente. Prima di Google esistevano già i motori di ricerca, ma Google ha messo
sul mercato un motore di ricerca molto più efficiente e che per una serie di motivi ha avuto molto più
successo. Le imprese, in quanto innovatrici, riescono a competere con chi stava già nel mercato. Quelli che
stanno dentro che subiscono la competizione di quelli che vengono da fuori e che sono in grado di produrre
prodotti più efficienti o prodotti nuovi o in modo più efficiente. Le rendite di chi sta dentro vengono
distrutte da queste innovazioni. Tornando all’esempio di Google, molti motori di ricerca sono spariti dopo
l’avvento di Google, perché Google per una serie di motivi ha avuto più successo. Il prodotto più efficiente
sbaraglia gli altri prodotti che erano già sul mercato e questi poco per volta diventano meno competitivi e
perdono la loro capacità di fare profitti. Si mette in moto il circolo virtuoso dell’innovazione: l’innovazione
viene introdotta da nuove imprese e nuovi imprenditori che entrano nel mercato, grazie alla loro idea
innovativa sbaragliano la concorrenza di quelli che stanno dentro, che poco per volta perdono mercato.
Questo processo di innovazione fa crescere l’economia. Questa è l’idea di Schumpeter.

L’imprenditore innovatore genera nuove combinazioni produttive, cioè nuove innovazioni di prodotto e di
processo. Schumpeter parla sia di innovazione di prodotto che di processo, ma si concentra sull’innovazione
di prodotto. Egli chiama il processo di innovazione processo di distruzione creatrice. L’innovazione crea
nuovi mercati e nuovi prodotti ma nel frattempo distrugge le imprese che erano già nel mercato perché
sono meno competitive, perché producono in modo meno efficiente o producono prodotti di qualità
minore. In sostanza, il processo innovativo crea e distrugge. Il costo dell’innovazione sta nel fatto che coloro
che erano già nel mercato escono dal mercato.

Le innovazioni di solito sono incorporate in imprese di piccola dimensione. Così come le start up al giorno
d’oggi: il nuovo software, la nuova app viene incorporato in una nuova impresa.

Le nuove combinazioni assicurano alle nuove imprese una rendita monopolistica temporanea. La nuova
impresa, che entra con un nuovo prodotto, per un certo periodo di tempo è dominatrice nel mercato,
perché il suo prodotto è migliore e quindi da questo guadagna dei profitti. Google per tanto tempo ha
dominato il mercato, adesso si legge nei giornali che è possibile che il grande vantaggio di Google perderà
valore nel momento in cui i nuovi algoritmi di intelligenza artificiale troveranno spazio nel mercato. Se fino
a un anno fa nessuno pensava all’ipotesi di una perdita d’importanza di Google, oggi c’è qualcuno che dice
che forse tra sei mesi Google non lo userà più nessuno. Ad esempio, l’algoritmo di Chat gpt è molto più
efficiente di quello di Google. Se io devo cercare dei dati, Chat gpt mi dà esattamente quei dati in pochi
secondi, mentre Google mi dà dieci possibili siti su cui andare a guardare. Potrebbe succedere che la
rendita sia temporanea anche per Google. Il sistema funziona così, entrano sempre nuovi innovatori.
Nessuno che è dentro al sistema può pensare di restare lì per sempre.

Uno dei meccanismi con i quali hanno mantenuto il loro vantaggio competitivo imprese tipo Google,
Facebook è stato quello di investire nelle startup. Queste imprese avevano un vantaggio competitivo, però
erano consapevoli del fatto che questo vantaggio competitivo ad un certo punto sarebbe venuto meno.
Quindi hanno acquisito in continuazione startup. Acquistavano piccole imprese e in questo modo hanno
mantenuto per molto tempo il loro vantaggio competitivo. Schumpeter non parlava di questo tipo
acquisizioni, ogni impresa che entra nel mercato è un’impresa indipendente. Quello che immaginava
Schumpeter è che le imprese fossero piccole e rimanessero piccole, che a un certo punto arrivasse una
nuova e quelle che erano dentro perdevano il loro vantaggio competitivo e la rendita viene poco per volta
erosa da nuove imprese che entrano. Tutto questo porta a una crescita del sistema. L’idea di Schumpeter
era: ci sono delle imprese che escono dal sistema, ma man mano che si va avanti si crea sempre più valore.
Questo processo di innovazione è positivo per il sistema. Ci sarà un po’ di ricchezza che sparisce, ma la
ricchezza nuova che si crea è di più di quella che si è erosa. Quindi il risultato è che l’innovazione fa crescere
il sistema. Entrano nuove imprese, creano valore, un po’ di valore si distrugge, ma la differenza tra il valore
che si distrugge e il valore che si crea è positiva e quindi il sistema cresce.

L’idea di Schumpeter era anche che l’innovazione partisse dall’imitazione: i nuovi imprenditori innovano su
quello che esiste. Nel sistema economico c’è un meccanismo di evoluzione delle industrie: grazie
all’innovazione si innesca il ciclo della vita dell’industria. Ad esempio, l’industria automobilistica è
un’industria che si sta contraendo, sta crescendo l’industria delle auto elettriche. Questo settore non è il
più adatto a descrivere il pensiero di Schumpeter 1 perché è composto da grandi imprese, però cu dà
un’idea del meccanismo tramite il quale nuove imprese entrano facendo innovazione, rendendo nel tempo
il prodotto obsoleto. L’automobile a benzina è un prodotto obsoleto, il cui mercato a livello mondiale è in
fase di contrazione.

Quindi c’è un nuovo prodotto: quello delle auto elettriche, che


ha delle caratteristiche molto diverse dal punto di vista
tecnologico rispetto al prodotto dell’industria automobilistica
tradizionale. Questo esempio ci fa capire il progressivo
esaurimento del ciclo di vita delle industrie in seguito
all’introduzione di innovazione. Secondo Schumpeter si realizza
una sorta di ciclo dell’innovazione: si parte da un punto A in cui
il mercato è più o meno stazionario, il mercato va un po’ in
ribasso perché non sta succedendo niente. Si arriva al punto b
in cui si realizza l’innovazione. Il nuovo imprenditore produce
l’innovazione o coglie l’innovazione nel mercato, è capace di
trasformare l’invenzione in innovazione. Inoltre, per fare
innovazione l’imprenditore ha bisogno di credito.

È rilevante sottolineare l’importanza dell’azione sistema finanziario nel pensiero di Schumpeter: un sistema
industriale innovativo ha bisogno di finanziamenti perché, soprattutto quando stiamo parlando di piccole
imprese, l’imprenditore di Schumpeter non ha soldi e li va a prendere sul mercato, quindi qualcuno glieli
deve prestare. È fondamentale perché il processo di innovazione si metta in
movimento che ci sia un sistema finanziario che sostiene questo processo di
innovazione. Questo sistema finanziario nel mondo di Schumpeter erano le banche.
Quando parleremo del finanziamento all’innovazione vedremo e banche non sono il
soggetto finanziario migliore per finanziare l’innovazione perché le banche non
prestano a soggetti rischiosi, e l’innovazione di solito è rischiosa. Infatti, il sistema
americano della Silicon Valley è fatto da istituzioni finanziarie che sono i bencher
capitalists che non sono delle banche e che sono proprio dei soggetti abituati a
prestare a imprese ad alto rischio. Però la cosa importante di Schumpeter è sottolineare che la presenza di
un sistema finanziario che possa supportare questo processo innovazione è fondamentale, non basta
l’imprenditore innovatore ma serve un sistema finanziario che sostenga l’innovazione.

Quindi, il punto B è il momento in cui c’è l’innovazione, c’è un imprenditore che o fa l’innovazione o è
capace di trasformare l’invenzione in innovazione e trova i soldi per realizzare l’innovazione per farla
funzionare nel mercato. Questo è il momento di rottura. Deve esserci una combinazione di soggetti per
realizzare l’innovazione: l’imprenditore, l’inventore (che a volte possono essere la stessa persona) e il
sistema finanziario che sostiene l’innovazione. Si mette quindi in moto questo processo di espansione, nel
grafico sull’asse verticale c’è il prodotto del sistema economico (PIL). C’è una fase di crescita in cui il
prodotto del sistema economico aumenta. In questa fase si verifica l’imitazione. Entra nel mercato un
nuovo prodotto e una serie di altre imprese iniziano ad imitare l’impresa innovatrice; quindi, iniziano a
produrre prodotti che sono simili ma un po’ meglio di quello introdotto dal primo innovatore.

Tutto questo fa crescere il sistema economico. Si arriva alla fase di boom G e poi alla fase di maturità H
dopo la quale la crescita del sistema economico inizia a rallentare, perché, siccome l’innovazione genera
profitto, i profitti attraggono sempre più imprenditori innovatori che cercano di avvantaggiarsi di questa
innovazione. Ricordiamo che la fase di innovazione è importante per quella espansiva, perché non basta un
imprenditore innovatore, ma è importante che altri lo seguano, che facciano la stessa cosa e che facciano
anche meglio. Dopodiché inizia la concorrenza, se gli imprenditori innovatori iniziano a diventare tanti il
mercato è diviso tra sempre più imprenditori e i profitti diminuiscono e quindi comincia la fase depressiva.
Qui riparte il processo di distruzione creatrice (in I), con nuovi imprenditori che introducono una nuova
innovazione e quindi lì riparte il sistema. È importante osservare che il punto I, in termini di output è più
elevato del punto A. In questo senso si parla di innovazione come meccanismo di sviluppo perché è vero
che c’è stato un processo di distruzione di imprese non competitive, ma in A producevo una quantità di
prodotto minore rispetto al punto I. L’innovazione ha fatto crescere il sistema economico, aldilà del fatto
che ha distrutto alcune imprese che sono andate fuori mercato. Nel tempo c’è una crescita, se il grafico
andasse avanti il processo che parte in I porterebbe il sistema economico a crescere ancora di più e quindi
ci troveremo ancora più in alto. Dal punto di vista economico l’innovazione è una determinante della
crescita, aldilà del fatto che in questo processo di crescita ci sarà qualche impresa che va fuori mercato. Si
distrugge e si crea valore, il valore netto è positivo.

È importante sottolineare che nel modello di Schumpeter l’innovazione è esogena. Schumpeter non si
occupa di capire da dove venga l’innovazione iniziale, il punto di partenza non è tanto spiegato da
Schumpeter. La considera un fattore esogeno che mette in moto questo processo dinamico. L’innovazione è
un fatto casuale che permette il passaggio da una fase di equilibrio all’altro. Il punto di partenza del grafico
(punto A) era una fase di equilibrio statico. Il processo di innovazione esogena rompe l’equilibrio e mette in
moto tutto il ciclo e poi si torna al punto I, che sta più in alto di A ma è un altro punto di equilibrio statico.
Una nuova innovazione esogena romperà l’equilibrio e partirà un altro processo di sviluppo. Quindi il
sistema parte da un punto di equilibrio statico, l’innovazione mette in moto il processo dinamico che porta
il sistema a raggiungere un nuovo punto di equilibrio statico che è migliore dal punto di vista del sistema
economico rispetto al punto da cui era partito, è un equilibrio nel quale si produce più valore.

Il meccanismo che attira nuove imprese nel sistema economico è un meccanismo di extraprofitti. L’impresa
innovatrice guadagna extraprofitti nella sua prima fase. Gli extraprofitti attirano nuove imprese, mettendo
in moto un processo di innovazione e questo produce crescita. Se c’è imitazione molto rapida, perché ci
sono molti incentivi ad innovare, gli extraprofitti saranno pochi. Se nella fase iniziale entra un’impresa e poi
rapidamente arrivano nuove imprese le imprese, tra le quali si dividono gli extraprofitti, sono tante, quindi
ci sono pochi extraprofitti. Mentre invece se l’imitazione è più lenta gli extraprofitti sono più elevati. La
nuova impresa entra nel mercato e riesce con delle barriere a tenere fuori dal mercato nuovi potenziali
concorrenti. Quindi i vantaggi vengono divisi tra poche imprese. L’impresa innovatrice o le imprese
innovatrici guadagnano extraprofitti elevati e questo è un bene per le imprese innovatrici ma non per il
sistema, perché, essendo l’imitazione lenta, si produce poca innovazione.

Il meccanismo è molto simile a quello che è successo negli ultimi anni ad imprese come Google, Facebook o
Apple, ci sono stati cioè molti extraprofitti, e al contempo creazione di barriere all’entrata. Queste imprese
avendo tante risorse hanno agito comprando tante start up e quindi rallentando il processo innovativo,
perché nel momento in cui compravano le start up le controllavano e quindi orientavano il processo
innovativo a seconda dei loro interessi. Da un lato abbiamo visto tanta innovazione però se non si fossero
creati dei monopoli con così tanto potere probabilmente ne avremmo vista ancora di più, perché il grande
potere economico di queste imprese ha fatto sì che molte delle start up più di successo venissero poi
acquistate. Ad esempio, Skype, Whatsapp sono state comprate. È vero che ci sono state tante innovazioni
però le grandi imprese con grande potere d’acquisto controllavano le start up.

SCHUMPETER 2: L’opera di riferimento del secondo Schumpeter è “Capitalismo socialismo e democrazia”


che esce nel 1942 e in questa opera Schumpeter spiega il processo innovativo in un modo completamente
diverso rispetto a quello che abbiamo visto con il primo Schumpeter. Nel suo pensiero rimane ancora l’idea
che l’innovazione sia la determinante del processo di sviluppo economico però i soggetti di questa
innovazione non sono più le piccole imprese ma diventano le grandi imprese. Questo perché Schumpeter
va negli USA e il sistema economico americano di quegli anni era dominato da grandi imprese; era un
mondo molto diverso da quello che abbiamo appena rappresentano. In quegli anni c’erano grandi imprese
automobilistiche o di altri settori a grandi economie di scala. Ciò vuol dire che c’erano barriere all’entrata
molto elevate. Il settore automobilistico o quello farmaceutico, ad esempio, sono settori ad alta intensità
tecnologica. Non è facile entrarci, c’è bisogno di grandi investimenti di capitale, di sfruttare le economie di
scala. Per i piccoli imprenditori innovatori del primo Schumpeter non c’è molto spazio in questi settori. È
difficile entrare dal basso con piccole imprese, gli investimenti iniziali sono troppo elevati.

Parliamo quindi di innovazione che avviene in oligopoli, sostituiti da poche imprese fortemente innovatrici
e in cui l’innovazione diventa il risultato di un investimento in ricerca e sviluppo. Non si parla più di un
imprenditore innovatore che entra nel mercato producendo un prodotto nuovo. Per sviluppare un nuovo
farmaco c’è bisogno di un laboratorio attrezzato, di enormi quantità di denaro da investire in ricerca e
sviluppo. Solo le grandi imprese possono produrre innovazione in questi settori, avendo la capacità
finanziaria e le risorse umane per poter investire nell’attività innovativa. L’innovazione è il risultato
dell’investimento di grandi risorse finanziarie in progetti di ricerca e sviluppo in larga scala. Qui
l’innovazione non viene fuori dal mercato ma rimane dentro il mercato. Le grandi imprese che stanno nel
mercato hanno le risorse necessarie per continuare a investire in ricerca e innovazione e questi
investimenti permettono loro di continuare a mantenere un vantaggio competitivo. Il mercato è fatto
quindi da poche imprese che sono sempre le stesse.

Mentre nel primo Schumpeter l’innovazione non si faceva necessariamente nei laboratori di ricerca e
sviluppo. Nel modello Mark 2 l’innovazione è sempre più incorporata nell’attività di ricerca e sviluppo.
L’innovazione prodotta dalle imprese del secondo Schumpeter si misura bene con i dati sulle spese in
ricerca e sviluppo. Invece l’innovazione prodotta dagli imprenditori del primo Schumpeter non la misuriamo
con le spese in ricerche e sviluppo, perché non avviene nei laboratori di ricerca e sviluppo. Le spese in
ricerca e sviluppo non sono quindi un buon indicatore servono dati tipo quelli delle Survey dell’UE, che
chiedono alle imprese quanto del loro fatturato dipende da nuovi prodotti. Non necessariamente questi
nuovi prodotti sono stati creati nei laboratori e sono stati registrati come spese in ricerca e sviluppo.

L’innovazione garantisce un profitto. Le grandi imprese innovative grazie alla loro capacità di innovare
producono prodotti che sono competitivi nel mercato, questo permette loro di fare dei profitti e questi
profitti permettono alle imprese di reinvestire in ricerca e sviluppo e quindi di continuare a produrre
innovazione. L’origine dell’innovazione deriva anche in questo caso dagli extraprofitti. Ma questi
extraprofitti sono a favore delle poche imprese che stanno nel mercato. L’ipotesi è quella che queste grandi
imprese usino gli extraprofitti per investire in innovazione. In questo modo gli oligopoli si autoriproducono,
quindi c’è una struttura stabile di grandi imprese capaci di indirizzare il flusso di innovazione.

Inoltre, l’innovazione è indirizzata dalle scelte di investimento in ricerca e sviluppo delle grandi imprese. Le
grandi imprese decidono dove investire le loro risorse, nel caso delle imprese farmaceutiche queste
decidono se investire in farmaci utili per un certo tipo di malattie rispetto ad altre. Ad esempio, possono
scegliere di investire nella lotta contro il cancro piuttosto che contro le malattie rare che hanno un mercato
molto ridotto che porta meno reddito. Il risultato dell’innovazione dipende dalla scelta di queste imprese.
I vantaggi tecnologici delle grandi imprese rappresentano un ostacolo, una barriera all’entrata di nuovi
imprenditori e di nuove piccole imprese nel mercato. Perché per le piccole imprese i costi per entrare in
quei settori sono troppo elevati e quindi non entrano. Il processo innovativo continua in mercati che sono
molto stabili, in cui il vantaggio competitivo e innovativo delle imprese che stanno nel mercato si mantiene
nel tempo. È un meccanismo dove il fattore innovativo rimane fondamentale per la crescita del sistema
economico, ma il processo di innovazione è completamente diverso, perché i soggetti che fanno
l’innovazione sono diversi.

Possiamo legare questi diversi processi di innovazione a strutture di mercato molto diverse. I mercati
fortemente concentrati (caratterizzati da barriere all’entrata alte) sono quelli caratterizzati da imprese che
hanno una grande capacità di appropriarsi della rendita degli extraprofitti derivanti dall’innovazione e
hanno elevate risorse da investire nel processo di innovazione. Contemporaneamente però sono mercati
relativamente poco innovativi, perché le imprese che stanno nel mercato sono quelle che hanno già un
vantaggio competitivo. Innovano ma l’incentivo a innovare è più ridotto rispetto ai mercati caratterizzati da
piccole imprese, perché lì il vantaggio deriva proprio dalla continua innovazione. Nel caso dei mercati
concorrenziali (caratterizzati da barriere all’entrata basse), dove ci sono tante piccole imprese, ci sono
elevati incentivi all’innovazione perché le nuove imprese guadagnano un extraprofitto solo se sono in grado
di essere innovative. Contemporaneamente sono imprese di piccola dimensione, quindi, hanno poche
risorse da investire in ricerca e sviluppo e ci sono meno possibilità di appropriarsi per un lungo periodo
della rendita innovativa. Questo perché le barriere all’entrata sono basse e quindi ci sono continuamente
nuove imprese che entrano nel mercato e che possono diventare concorrenti dell’impresa innovatrice. Il
mercato descritto da Schumpeter 2 è caratterizzato da una struttura più concentrata simile a un oligopolio,
mentre il mercato descritto da Schumpeter 1 è più simile a una concorrenza perfetta.

I due modelli possono anche essere rappresentativi di due fasi diverse del ciclo di vita di un’industria, nelle
fasi iniziali i settori sono spesso organizzati come il modello descritto da Schumpeter 1, sono caratterizzati
da elevata competizione, le imprese sono piccole, ci sono barriere all’entrata basse. Nelle fasi iniziali
dell’industria informatica il modello era molto più di tipo Mark 1. Poi man mano che i settori si consolidano,
nelle fasi di maturità di un’industria diventano sempre più caratterizzati da un modello di tipo Mark 2.
Schumpeter presenta due modelli legati a due realtà geografiche diverse ma i due modelli sono anche
assimilabili a fasi del ciclo di vita delle industrie. Nuove industrie che appaiono sul mercato tendono nella
prima fase ad essere organizzati secondo il primo Schumpeter. E settori più maturi tendono ad essere
organizzati più come rappresentato dal secondo Schumpeter. I due modelli di Schumpeter sono
esemplificativi e rappresentativi non solo di modelli di innovazione diversi ma anche di momenti diversi del
ciclo di vita dei settori economici.

Un’altra cosa interessante che diceva Schumpeter è che le innovazioni non vengono mai da sole, di solito le
innovazioni vengono a grappoli. Ci sono dei momenti in cui le innovazioni sono più frequenti, dei momenti
in cui questi processi di rottura del processo economico sono caratterizzati da varie innovazioni a volte
collegate, a volte in industrie tra loro complementari. E ci sono fasi in cui il sistema economico è
caratterizzato da innovazioni più rallentate. Questa idea di innovazione a grappoli negli ultimi anni è meno
riscontrabile. Ai tempi di Schumpeter c’erano fasi molto innovative e fasi in cui c’era un consolidamento
delle innovazioni introdotte. Negli ultimi anni c’è stato un processo di innovazione abbastanza turbolento. Il
processo d’innovazione è continuo. Sicuramente il contributo più importante di Schumpeter è che
l’innovazione ha un ruolo centrale nel processo di crescita economico ed è il motore del processo
capitalistico. Da questo punto di vista Schumpeter è il primo economista che parla di innovazione come
fonte fondamentale del processo di crescita dei sistemi economici. Un altro contributo è quello di
sottolineare il ruolo delle imprese nel processo innovativo. L’innovazione dipende dall’azione degli
imprenditori, che possono essere i piccoli o grandi imprenditori. I sistemi economici crescono se c’è
innovazione e l’innovazione c’è se ci sono imprenditori innovatori. Il ruolo delle imprese in quanto
innovatrici è l’elemento fondamentale nella crescita dei sistemi economici. L’altro aspetto fondamentale è
quello del sistema economico in continuo cambiamento. L’innovazione rappresenta proprio un momento di
discontinuità nel ciclo economico ed è alla base del processo di crescita del sistema economico.

L’articolo “Scumpeterian patterns of innovation are technology-specific” di Franco Malerba e Luigi Orsenigo
è un testo empirico dei due modelli di Schumpeter. Questi due economisti cercano dei modi in cui
identificare questi due modelli partendo dai dati disponibili. In particolare, il test empirico che fanno questi
due ricercatori è cercare di capire se i modelli innovativi di paesi come USA, Giappone, Francia, Gran
Bretagna e Italia sono del tipo uno o del tipo due. Questo esercizio ha un duplice interesse: da un lato ci
aiuta a capire quali sono degli indicatori che si possono calcolare per identificare quantitativamente questi
due modelli di Schumpeter, e in secondo luogo ci aiuta a vedere quali sono le caratteristiche dei modelli
innovativi di sistemi economici diversi presi in analisi.

Sintetizziamo i due modelli, evidenziando quali sono le caratteristiche principali dei due modelli e poi
andando a cercare degli indicatori che misurino queste caratteristiche. Schumpeter Mark 1 è caratterizzato:

 da una bassa concentrazione delle attività innovative, cioè le attività innovative sono disperse tra
tante imprese.
 da una piccola dimensione delle imprese innovatrici.
 da una bassa stabilità della gerarchia degli innovatori. Perché Mark 1 è un modello che descrive
un’economia in cui entrano continuamente nuove imprese innovatrici quindi la gerarchia degli
innovatori cambia rapidamente.
 Dalla continua entrata di nuove imprese innovatrici.

Mark 2 è caratterizzato:

 da elevata concentrazione dell’attività innovativa, cioè le imprese che fanno innovazione sono
grandi e poche.
 Da elevata stabilità della gerarchia degli innovatori, gli innovatori sono sempre quelli. Perché Le
imprese che fanno innovazione sono quelle che guadagnano gli extraprofitti e che possono
investire gli extraprofitti in innovazione.
 Dalla difficoltà di entrata nel mercato.

Bisogna identificare un indicatore della concentrazione delle attività innovative, un indicatore della
dimensione delle imprese innovative, uno della gerarchia degli innovatori, uno della entrata nel sistema
economico. Andiamo ora a vedere quali sono gli indicatori che i due ricercatori hanno identificato per
misurare queste quattro dimensioni. I due ricercatori hanno usato i dati di brevetto. Hanno costruito
quattro indicatori che misurano le quattro dimensioni usando i dati di brevetto, perché sono dati facilmente
disponibili. EPO è la European Patent Office. Usano i dati di brevetto registrati presso l’ufficio dei brevetti
europei. Sono andati a vedere tra il 1986 e il 1991 tutti i brevetti registrati dai paesi studiati e sulla base di
questi dati, disponibili presso banche dati, hanno calcolato quattro indicatori che misurassero le quattro
dimensioni.

Per misurare la concentrazione dell’attività innovativa si usa la variabile C 4 che è la somma di tutti i brevetti
che sono stati registrati dai primi quattro innovatori (C 4 = S numero dei brevetti dei primi 4 innovatori
rispetto al totale dei brevetti). Ad esempio, si vede in Italia dall’86 al ’91 qual è il totale del numero dei
brevetti che sono stati registrati dai primi quattro innovatori italiani sul totale degli innovatori italiani. Il
numero ottenuto ci dice il valore della concentrazione. Se sono tante le imprese che fanno brevetti in Italia
la concentrazione sarà bassa, se sono poche la concentrazione sarà alta, cioè la quota dei quattro
innovatori principali pesa tanto sul totale dei brevetti italiani. Se C 4 è alta, c’è alta concentrazione e quindi si
parla di Schumpeter 2.
Per misurare la dimensione delle imprese innovative si calcola la quota delle domande totali di brevetto
presentate dalle imprese con più di 500 addetti. Si va a vedere quanto pesano le grandi imprese sul totale
delle imprese che registrano i brevetti. Se la variabile SIZE è alta vuol dire che una quota rilevante delle
imprese che brevettano in un paese è di grande dimensione. Se è bassa vuol dire che una quota rilevante
delle imprese innovatrici avrà meno di 500 addetti. Se SIZE è alto sono le grandi imprese a fare innovazione
e viceversa se SIZE è basso. Per calcolare la stabilità nella gerarchia degli innovatori si misura il coefficiente
di correlazione tra le imprese innovatrici nel periodo ‘78-‘85 e le imprese innovatrici nel periodo ‘86-’91. Il
coefficiente misura quanto sono correlate tra loro due variabili, in questo caso misura la correlazione tra le
imprese di un certo periodo e quelle di un altro periodo. Se la correlazione (SPEATOT) è alta (vicina a 1)
sono sempre le stesse imprese ad innovare, la situazione è stabile, non entrano continuamente nuove
imprese. A differenza del caso in cui la correlazione è vicina a 0 in cui la situazione è instabile; quindi, le
imprese che innovano oggi non sono quelle che innovavano ieri, ci sono tante imprese che entrano. Infine,
per misurare le barriere all’entrata basta vedere la rilevanza dei nuovi innovatori in termini di quota di
domanda di brevetto richieste per la prima volta dai “nuovi innovatori” in una data classe tecnologica nel
periodo 1986-91 sul numero totale di brevetti nello stesso periodo (ENTRY). Si va a vedere sul totale dei
brevetti registrati in quel periodo quanti sono i brevetti registrati da imprese che non avevano mai innovato
prima. Se la quota è alta avrò basse barriere all’entrata e viceversa.

In sintesi: concentrazione alta Mark 2, concentrazione bassa Mark 1

- SIZE alta Mark 2, SIZE bassa Mark 1


- Stabilità nella gerarchia degli innovatori alta Mark 2, bassa Mark 1
- Entrata tecnologica bassa Mark 2, alta Mark 1

In sostanza, il modello può sembrare complicato ma siamo in grado di sintetizzarlo in quattro dimensioni
fondamentali, che siamo in grado di misurare usando i dati di brevetto e identificando degli indicatori che
misurano queste quattro dimensioni. Con i dati disponibili i due economisti hanno calcolato gli indicatori
per tutti i paesi sotto analisi, e hanno identificato se è i paesi fossero più di tipo Mark 1 o Mark 2.

Analizziamo i dati. Per interpretarli è utile fare un confronto con gli altri paesi.

Italia: elevata concentrazione, ma bassa stabilità, elevata


entrata e scarsa rilevanza della dimensione.

Germania: elevata concentrazione e stabilità degli


innovatori, limitato ruolo dei nuovi innovatori ed elevata
rilevanza delle imprese di grande dimensione.

Giappone: simile ma con un ruolo più importante dei


nuovi innovatori

USA: bassa concentrazione ma stabilità degli innovatori.

Il modello tedesco è più vicino al modello Mark 2, quello


italiano a parte il dato sulla concentrazione è molto più vicino a un modello di tipo Mark 1, con una bassa
dimensione delle imprese innovatrici, una bassa stabilità e un’elevata entrata di nuove imprese innovatrici.
Il modello innovativo italiano è basato su molte piccole imprese innovatrici (quindi piccola dimensione delle
imprese), bassa stabilità e frequente entrata. Il dato va letto in comparazione con altri paesi. Gli USA sono
sicuramente Mark 2 perché c’è una bassa entrata e una grande dimensione. Il pattern delle attività
innovative risulta essere strettamente legato alla tecnologia, mostrando forti somiglianze all’interno della
stessa classe tecnologica tra paesi diversi: Mark I: calzature, abbigliamento, macchinari; Mark II:
aereonautica, computer, elettronica, telecomunicazioni. Tuttavia, fattori country-specific (storia, regime di
concorrenza, politica industriale, istituzioni) contano e possono introdurre specificità in tecnologie simili.

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