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Printed in Italy

Proprietà letteraria ed artistica riservata


A.G.A. EDITRICE « IL PORTICHETTO », © 1973
Cuneo - Corso C. Brunet 13-15 - Tel. 30.19
PROGETTAZIONE GRAFICA:
LUIGI SOSTEGNI
IMPAGINAZIONE:
RINALDO VARRONE
REVISIONE LETTERARIA:
DANIELA FAVERO
STAMPA PRESSO LA LITOGRAFIA
A . G . A . ARTI GRAFICHE ASSOCIATE di C U N E O
CARLO BAGGIOLI

LA
CERAMICA
« V E C C H I A MONDOVI'»

Appunti per una


storia delle ceramiche
del monregalese.

A.G.A.
ARTI GRAFICHE ASSOCIATE
EDITRICE « IL PORTICHETTO » CUNEO
L'autore è un collezionista e da questa prospet-
tiva ha scritto un libro senza inutili preziosismi,
chiaro, esauriente e di facile lettura, indispen-
sabile per chi vuole saperne di più sull'arte cera-
mica del Monregalese.
Appassionati e specialisti, hanno inoltre pre-
stato con entusiasmo la loro opera, contribuendo
così alla realizzazione di una ricerca unica nel
suo genere. Particolarmente assidua ed affettuosa
è stata la collaborazione del Dr. Marco Levi che,
validamente ha arricchito questo lavoro con sug-
gerimenti e consigli preziosi, frutto della sua non
comune esperienza in questo settore. Particolare
riconoscenza va alla signora Augusta Ammirati,
impareggiabile conoscitrice della Ceramica Mon-
regalese, al signor Michelangelo Giordano colle-
zionista, all'avvocato Giuseppe Buscaglia per le
ricerche d'archivio, al sig. Giovanni Ansaldi e al
sig. Giovanni Doglione per la ricerca di documen-
ti, al cavalier Guido Giorgi per la consulenza fo-
tografica, al signor Rino Ceriolo per le ripro-
duzioni in fotomeccanica dei marchi, al signor
Angelo de Bon, al signor Mario Pentinella ed al
signor Renzo Debernardi per le riprese fotografi-
che; un caldo, sentito ringraziamento va inoltre al
Dr. Riccardo Crosetti appassionato studioso delle
tradizioni monregalesi.
Si ringraziano infine tutti coloro che diretta-
mente o indirettamente hanno contribuito alla
realizzazione di questa opera preziosa, che senz'al-
tro darà una nuova dimensione al lavoro spesso
oscuro ed alle intuizioni artistiche dei maestri
ceramisti di Mondovì.

La pubblicazione di questa opera è stata realizzata con la partecipazione del Rotary Club di Mondovi, che nel 1967
presidente il dr. Marco Levi, aveva organizzato l'importante: « Mostra della ceramica monregalese dall'ottocento
a oggi».
PRESENTAZIONE

OGGI LA CERAMICA HA CONQUISTATO UNO SPAZIO RILEVANTE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI ED È UNA
VOCE IMPORTANTE NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE ITALIANA. NEI GRANDI MAGAZZINI VENGONO
OFFERTI, IN UNA INFINITA GAMMA DI LINEE E COLORI, OGGETTI E FORME CHE SIAMO ORMAI ABITUA-
TI A CONSIDERARE COME PRODOTTI COMUNI E DI POCO CONTO, AVENDO ASSUNTO UNA FUNZIONE
PRETTAMENTE UTILITARISTICA ED ESSENDO STATI SVALUTATI DALLE INDEROGABILI LEGGI DEL CON-
SUMO.
TALE PRODUZIONE È LA TESTIMONIANZA DI UN'OSCURA E REMOTA TRADIZIONE ARTIGIANALE CHE NON
PUÒ ESSERE IGNORATA.
L'INTENTO DI QUESTO LIBRO È APPUNTO QUELLO DI PORTARE ALLA LUCE CON AMORE E METICOLOSA
PAZIENZA UNO SCONOSCIUTO MOMENTO DELL'ARTE CERAMICA: LA « VECCHIA MONDOVI' ...
L'OPERA SI PUÒ PARAGONARE AD UN AFFRESCO STORICO IN CUI SI SNODA E TRAE MOTIVO LA VI-
CENDA DEGLI UMILI ARTISTI MONREGALESI, RICOSTRUITA E RIVISSUTA ATTRAVERSO LA VIVA TESTI-
MONIANZA DI DOCUMENTI ED IMMAGINI.
VIENE COSI' DELINEATA LA STORIA FINORA IGNORATA DELLE FAMIGLIE CHE FIN DAGLI INIZI DELL'800
OPERARONO NEL CAMPO DELLA CERAMICA NELLA ZONA DI MONDOVI'; NE EMERGONO PERSONAGGI
ANCHE GENIALI, COMMOVENTI PER LA PASSIONE CHE TRASFUSERO IN ATTIVITÀ COSI' INCERTE, DI CUI
SEPPERO PERO' INTUIRE L'ATTUALITÀ.
IL TESTO SARÀ UN PREZIOSO STRUMENTO DI CONSULTAZIONE E DI RICERCA PER TUTTI COLORO CHE
SVOLGONO LA LORO ATTIVITÀ NEL CAMPO DELL'ANTIQUARIATO ED ANCHE PER I COLLEZIONISTI E GLI
AMATORI D'ARTE.
LA
TERRAGLIA

Già nel tardo periodo della maiolica stannifera la inglese. Lo stesso Whieldon, che in precedenza aveva
chiara argilla inglese della Contea di Devonshire, ma- scoperto l'«agatte» (coperta imitante l'agata), ottenne
nipolata, avrebbe dato origine ad un nuovo genere la «maiolica fine» vera e propria nel 1749 e cinque
ceramico: la terraglia. anni dopo (1754) si associò a Josiah Wedgwood, discen-
Il primo creatore di terraglia color crema fu John dente da una vecchia famiglia di vasai, dei quali si
Astbury (1686-1743) la cui attività è databile intorno trovano tracce già nel 1679 a Burslem (Staffordshire).
al 1725, ma lo sviluppo e la pratica delle « terre fini » La società fra Thomas Whieldon e Josiah Wedgwood
si era già riscontrata nei prodotti dei fratelli John, durò dal 1754 al 1759, periodo in cui la terraglia inglese
Philips e David Elers (1). si sviluppò grandemente arricchendo l'arte ceramica
Costoro, di origine sassone, già residenti a Delft, di un prodotto nuovo. Nel 1762 la perfezione e la rino-
verso il 1686 emigrarono in Inghilterra e nel 1690 fon- manza raggiunte dai prodotti della fabbrica dì Josiah
darono a Bradwell (Staffordshire) una fabbrica di ce- Wedgwood erano tali che Sua Maestà Carlotta, Gra-
ramiche, introducendo la produzione di quelle teiere ziosissima Regina d'Inghilterra, accordò al ceramista
in grès rosso che Arij Jansz de Milde già nella metà del la sua protezione, attribuendogli l'ambita qualifica di
Seicento fabbricava a Delft (2). « Queen's Ware » (7).
Un primo passo fu perciò costituito dalla lavora- Si deve tener presente che il successo dei ceramisti
zione della terra dura e fine ed all'inizio del Settecento inglesi fu, in misura notevole, facilitato dalla genero-
John Astbury, che lavorava a Shelton (Staffordshire), sità della natura, che mise a portata di mano degli
ottenne prodotti di « terra bianca » adoperando argilla sperimentatori e ricercatori inglesi tutti gli ingredienti
chiara e silice calcinata, e denominò il cotto « white necessari alla composizione del nuovo genere ceramico
stone ware ». destinato, per le doti di resistenza e per il prezzo mode-
Nel 1740 poi Enoch Booth, vasaio a Tunstall (Staf- rato, ad eclissare la maiolica e a rivelarsi, in certi
fordshire), mise a punto una vetrina liquida composta casi, un serio concorrente dell'aristocratica porcellana.
di vernice piombifera e silice polverizzata atta a rico- Non si possono tuttavia non considerare le straor-
prire il biscotto fine (5). dinarie opere eseguite dai ceramisti di Saint-Porchaire
Thomas Whieldon, che operò a Little Fenton nel in Francia, i cui prodotti dimostrano che, già nel sedi-
1740 (6), è considerato il più illustre precursore della cesimo secolo, essi adoperavano una terra bianca com-
« Cream-coloured earthenwars ». la ceramica crema posta di silice e allumina, relativamente dura e rico-
Wedgwood - sec. XVIII Wedgwood 1770-1775 perta di smalto piombifero.
Nel 1743, Gérin Claude-Imbert richiedeva un privi-
legio esclusivo per fabbricare e vendere a Parigi e in
tutto il Reame una ceramica prodotta con l'impiego
di terra bianca e fine. Gli veniva così accordato un
privilegio di 10 anni per 6 leghe, poi per 80 leghe in-
torno a Parigi (23 gennaio 1744). Nel 1745, associatosi
con un certo Serrurier, produceva nel sobborgo di St.
Antoine a Parigi terraglia bianca (8). E perciò da sot-
tolineare il fatto che dieci anni prima della Società
Whieldon-Wedgwood in Francia si fabbricava già ter-
raglia bianca. Ricordiamo le fabbriche di Orléans,
Wedgwood 1812-16 Wedgwood 1840 circa Choisy-le Roi, Chantilly, Saint-Amand-les Eaux, Douai,
Creil e Montereau, centri che, con Sarreguemines, ac-
quisteranno notevole importanza nel corso del secolo
XIX per la produzione della terraglia (9).
In tutta l'Europa sorsero fabbriche che operavano
col nuovo processo di lavorazione ceramico diffusosi
dall'Inghilterra.
In Italia, Lussemburgo, Spagna, Germania, Austria,
Ungheria, Belgio, Olanda,, Danimarca e Svezia, a difesa
di un artigianato secolare, contro l'inarrestabile forza
nuova della macchina che lentamente invadeva anche
questo campo, si svilupparono molteplici, commoventi
iniziative.
7
In Italia però sembra che la sorte abbia avversato Francesi si mostrarono altrettanto incerti in questa
questo nuovo prodotto ceramico. Nella storia della denominazione: essi infatti, per indicare il prodotto
nostra gloriosa arte figulina, questa pur nobile sorella inglese, non coniarono un termine specifico, ma si ser-
minore della porcellana è quasi dimenticata: infatti virono di un vocabolo di origine italiana con l'aggiunta
le fabbriche ed i prodotti di terraglia, a cui forse si fa di un aggettivo che parzialmente dà un'idea del nuovo
colpa delle origini recenti e della sua rapida e quasi genere ceramico: « faïence fine».
completa industrializzazione, sono stati per anni volu- Soltanto gli Inglesi ed i Tedeschi seppero con una
tamente ignorati. Eppure, anche in Italia, sin dalla sua sola parola dare risalto alle doti intrinseche del genere
prima comparsa, essa ebbe espressioni artistiche e ceramico che doveva largamente diffondersi tra le
decorative tutt'altro che volgari, manifestazioni tec- classi più modeste: gli Inglesi lo denominarono «Stone»
niche complesse, varie e di notevole interesse scienti- ed i Tedeschi « Steingut ».
fico. Non si può così giustificare l'ingiusto silenzio In Italia, nell'ultimo quarto del '700, la terraglia
mantenuto su questo nuovo genere ceramico, le cui « all'uso inglese » si cuoce in tutti i grandi centri cera-
produzioni tecnico-artistiche dovrebbero venire segna- mici; ovunque la sua produzione vascolare e plastica
late subito dopo quelle illustri della porcellana e della è più che notevole, nonostante l'avarizia della natura
maiolica Settecentesca. che costringeva i primi produttori a far tesoro di terre
e minerali locali, peraltro solo parzialmente rispon-
denti alla bisogna. Questo stato di inferiorità era ulte-
riormente aggravato dalle condizioni politiche del Pae-
se (11), suddiviso in tanti minuscoli Stati, la cui eco-
nomia protezionistica (12) non sempre favoriva il com-
mercio delle materie prime più adatte alla composi-
zione delle paste.
Per di più il materiale, scarso e scadente, prima di
essere convenientemente utilizzato, doveva essere sot-
toposto a laboriose e costose manipolazioni, superflue
ai ceramisti inglesi. Nonostante ciò, numerosi furono
i nostri primi produttori, fra i quali s'incontrano anche
nobili figure di mecenati, che si accinsero alla diffi-
cile impresa senza alcun scopo di lucro, col solo inten-
dimento di adeguare l'arte figulina italiana a quella
straniera (13). Né si deve dimenticare che il nuovo
genere ceramico veniva offerto in un periodo in cui
gran parte della società elegante era dominata da
quell'anglomania di cui ben seppe approfittare Josiah
Wedgwood.
Al suo primo apparire la terraglia italiana non
celò le sue velleità signorili e aristocratiche, e a
Piatti per arredamento Napoli, Roma, Bologna, Venezia, Nove, Este, Milano,
Napoli sec. XIX Lodi, Torino e Savona entrò in gara con la porcellana.
A Napoli e nel Veneto la ricerca dell'eletto e del raffi-
Persino nella terminologia « terraglia » la fortuna nato si spiega con la influenza tacitamente esercitata
si mostrò alquanto sospettosa: nelle carte ufficiali e sul gusto degli acquirenti e sulla fantasia degli arti-
private, ancora nella seconda metà del secolo XVIII, giani, dalle fabbriche locali di porcellana che, attra-
il termine « terraglia » si usava per indicare qualsiasi verso decenni di mirabile attività, avevano ormai
prodotto ceramico ottenuto dalla manipolazione e cot- creato una tradizione; a Faenza, a Bologna e a Vene-
tura di terre e argille, comprendendo così la maiolica zia l'aspirazione all'aulico deriva dall'origine nobi-
fine e dozzinale, la boccaleria, le stoviglie ordinarie e liare dei promotori del nuovo genere ceramico che
le umili pignatte di terra rossa o gialla (10). Solo dopo poterono così occuparsi di un'impresa industriale sen-
i magnifici risultati ottenuti nel Veneto, a Napoli, a za rinnegare la tradizione di signorilità tipica della
Roma, nella Romagna, in Emilia e in Liguria, il defi- loro classe sociale. Sia pure in proporzione più mo-
nitivo nome di « terraglia » veniva ufficialmente rico- desta anche per la terraglia si rinnovò allora quello
nosciuto anche in atti pubblici. Del resto, anche i entusiastico interessamento che, quasi un secolo pri-

8
tiene a quel ritorno al classico che si manifestò in Italia
alla fine del Settecento, al quale aderì l'intera Europa
e da cui attinsero largamente Josiah Wedgwood ed i
suo numerosissimi concorrenti.
Come in tutte le manifestazioni delle arti decorative
destinate all'arredamento della casa, anche la terraglia
nelle sue prime espressioni non conobbe l'accademismo
di maniera, ma fu tutta permeata di vaga grazia sette-
centesca e interpretò la grande arte classica con una
sua propria sensibilità che la liberò dalla copia pedis-
sequa. Dalla sua libertà di interpretazione derivò la
varietà degli accenti da cui era contraddistinta la pro-
duzione delle diverse regioni italiane, e che, specie nel-
le manifatture minori, resistettero anche quando gli
eventi politici e l'evoluzione del gusto imposero quel
freddo neoclassicismo accademico che la grande arte
classica aveva degradato a mera calligrafìa (17).
Questa nostra primitiva terraglia che, nonostante la
scarsità dei mezzi, alla fine del Settecento si presen-
tava ovunque con grazia discreta, in seguito a fatali e
inevitabili eventi politici e sociali improvvisamente
decadde. L'irreparabile crollo dell'antico regime aristo-
Piatto Ø cm 21 cratico impoverì infatti e disperse la vecchia clientela
Savona fine sec. XVIII
Jacques Boselli

ma, aveva spinto sovrani, principi, alti prelati e gran-


di feudatari ad occuparsi delia porcellana (14).
A differenza di quanto avvenne in Inghilterra, in
Francia, in Germania e in altri paesi europei, i pio-
nieri della terraglia italiana, come del resto i loro
predecessori nel campo della porcellana, non poterono
giovarsi di un efficiente appoggio protezionistico dello
Stato, perché da noi l'introduzione della terraglia coin-
cise con l'accettazione delle nuove teorie, liberistiche
in economia e liberali in politica, contrarie ad ogni
sorta di protezionismo e monopolio (15). Scarso van-
taggio ricavavano i fondatori delle nuove manifatture
dai temporanei privilegi privativi e dalle modeste
esenzioni daziarie, anche perché l'inaugurazione di
fabbriche di terraglia era, quasi sempre, preceduta da
lunghe e laboriose ricerche che comportavano ingenti
spese d'impianto ed esigevano un paziente addestra-
mento di maestranze quasi digiune di nozioni tecniche.
Il tenue benefìcio del privilegio era così annullato
per diversi anni (15). Piatto Ø cm 21 - Savona
Monocromia bianco bleu
La qualifica « all'uso inglese », che accompagna il Marcenaro
nome « terraglia », deve essere accettata, data l'origine,
come qualìfica tecnica; per spirito e per forme appar-

9
Piatto in rilievo - Ø cm. 20,5
Sarreguemines - metà sec. XIX

sostituendola con una borghesia in gran parte impre- un grande orgoglio artistico che porta al fanatismo più
parata alla sua missione e, come ai nostri giorni, este- che al culto: ecco le componenti individuali nello svol-
rofila, rinnegatrice della tradizione, spesso troppo solle- gimento di questo genere d'arte, unite ad un contorno
cita ad accogliere dallo straniero anche ciò che è dete- di furto geniale o di genio mescolato al furto con su-
riore. blime naturalezza.
La situazione non migliorò con l'avvento di Napo- L'affermarsi della reazione al barocchismo, che
leone, il quale scriveva ad Eugenio Beauharnais che aveva avuto inizio nella seconda metà del Settecento,
l'Italia non poteva far calcoli prescindendo dalla pro- portò a quei mutamenti stilistici che all'inizio del se-
sperità della Francia a cui doveva subordinare i pro- colo vanno sotto il nome di Impero e Restaurazione.
pri interessi. Al Neoclassicismo, impostosi verso la fine del Regno
La decadenza della terraglia veneta e ligure, lo di Luigi XVI e sotto il Direttorio, subentra u n a nuova
scarso sviluppo della terraglia emiliana si ebbero ap- concezione che trovò l'apogeo della sua stilizzazione
punto con l'Impero. Né alla terraglia italiana giovò la nel primo decennio del secolo decimonono.
Restaurazione degli antichi governi che, dal canto loro,
In Italia lo stile Impero non arrivò che di rimbalzo,
abbandonarono il mercato alla facile conquista dei pro-
duttori inglesi e francesi: costoro, resisi conto dei mu- ma quasi nessuna fabbrica impostò la propria produ-
tamenti sociali imposti dalla Rivoluzione, trasforma- zione sui canoni estetici francesi. Moltissime avevano
rono, con tempestiva rapidità, le casalinghe manifat- invece, senza soluzione di continuità, tradizioni seco-
ture artigianali in industrie potenti ed aggressive In lari che affondavano nel Rinascimento, altre si ispi-
Italia questa metamorfosi si verificò con grande len- rarono ad un neoclassicismo composito permeato di
tezza e attraverso contrasti ed incomprensioni. Tutta- gusto popolare. Né il periodo della Restaurazione ap-
via i produttori di terraglia italiani non rinunciarono portò grandi modifiche: la sua influenza, infatti, si
alla difesa del loro mercato e sostennero u n a d u r a risolse in uno scadimento d'interesse per le forme
lotta che fece numerose vittime e si svolse tra l'indiffe- strettamente classiche, in favore di altre maniere me-
renza o addirittura l'ignoranza del pubblico. no canoniche, cosicchè nuovi elementi decorativi ven-
La vicenda delle nostre terraglie è quasi sempre nero accettati anche se meno eroici.
una cronistoria di lotte e sconfitte, di speranze e dispe- Mentre l'Impero, in Italia, gradiva solo le decora-
razione, di scoperte stupende e di segreti carpiti, di zioni a greche, a palmette, a bacche d'ulivo, a poco a
tradimenti e di fallimenti, di onori e di privilegi di poco si introdussero le rose e il tralcio vitineo stilizzato
invidie, d'entusiasmi e di affari. Una sorta di coraggio ed alle palmette si sostituirono le baccellature, gli ovoli
nazionale, un desiderio di emancipazione e di libertà, ed il perlinato (18). Verso la metà del secolo, con il

10
Piatto in rilievo - Ø cm. 20
Policromia
Germania fine sec. XIX

Romanticismo apparvero i « deutsche blumen », falsa- Sul finire del secolo Decimonono nacque uno stile
mente realistici, che raggruppavano con simulata non- caratteristico, indubbiamente originale, anche se discu-
curanza fiori di campo e fiori di giardino. Anche le tibile: il «floreale». Anche le ceramiche rispecchiano
forme persero la loro stilizzazione classica, i canoni allora lo stile crepuscolare che tramuta tutto in viluppi
artistici tradizionali vennero sovvertiti, si crearono di campanule mostruosamente cresciute, di ireos e
ibridismi di forme dominate da un nuovo barocchismo crisantemi dalla voluta interminabile degli steli. Le
esasperato, ispirato al gotico, al romantico ed appros- chicchere allungano il collo per vedere fin dove si
simativo medioevo di Walter Scott. arriverà, le tazze, i vasi, gli oggetti assumono le forme
E si arriva alle gozzaniane « cose di pessimo gusto ». più strane e impensate, quasi dimentichi della loro
Dal 1860 in avanti tutto divenne lecito, sia nella funzione (19). In questo sogno decadente, in questa
forma che nella decorazione. Tutti gli stili delle epoche boreale interpretazione della natura, in questo mondo
precedenti, compresi i ritorni neoclassici, neogotici e che pare riflesso in una bolla di sapone si estenuava
neobarocchi, già impostisi nella prima metà dell'Otto- così l'ultimo Romanticismo.
cento, vennero rispolverati con variazioni strane, estre- Con la fine dell'Ottocento scompare pure l'artigia-
mamente complicate e difficili. nato ceramico.

11
NOTE
1) TARDY Les poteries, faïences, porcelaines Européennes, Paris, 1954 —
p a g g . 255, 270;
2) HENRY HAVARD
Histoire de la faïence de Delft, P a r i s , 1878 — p a g . 240;
3) HENRY-PIERRE FOUREST
La maiolica in Europa, N o v a r a , 1964 — p a g . 151;
4) TARDY Les poteries, faïences, porcelaines Européennes, Paris, 1954 —
p a g g . 255, 270, 272, 327;
5) TARDY Les poteries, faïences, porcelaines Européennes, Paris, 1954 —
p a g g . 278, 293;
8) TARDY Les poteries, faïences, porcelaines Européennes, Paris, 1954 —
p a g g . 293, 340, 342;
7) N.B. H O N E Y Wedgwood Ware, London, 1957 — p a g g . 8, 9, 10, 17;
8) ADRIEN LESUR et TARDY Les poteries et les faïences françaises, Paris, 1959 —
p a g g . 694, 721, 722;
9) HENRY-PIERRE FOUREST La maiolica in Europa, N o v a r a , 1964 — p a g . 153;
10) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — p a g . 27;
11) AUGUSTO FRANCHETTI Storia politica d'Italia, M i l a n o , 1878 — p a g g . 52, 53, 75;
12) PIETRO VERRI Meditazioni sull'econamia politica, Torino, 1852 — pagg. 578, 579;
13) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, M i l a n o , 1957 — p a g . 28;
14) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — p a g . 29;
15) ANTONIO GENOVESI Lezioni di economia civile ed opuscolï, Torino 1852
p a g g . 186, 197;
16) GAETANO FILANGERI Delle leggi politiche ed economiche, T o r i n o 1852 — p a g . 707;
17) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 30;
18) VALENTINO BROSIO Porcellane e maioliche dell'Ottocento, Milano, 1965 — p a g g . 14, 16;
19) VALENTINO BROSIO Porcellane e maioliche dell'Ottocento, Milano, 1965 — pag. 16
LA C E R A M I C A
MONREGALESE
NEI SECOLI XVII-XVIII

Delle origini storiche della produzione ceramica Nel secolo XVIII il Piemonte ha ritrovato, sia pure
monregalese noi sappiamo, con assoluta certezza, sol- a prezzo di servitù e di oscurantismo, un po' di pace.
tanto questo: che non sappiamo quasi nulla, perché È il momento in cui si definiscono i confini con la
poche e incerte sono le notizie tramandateci e, nel loro Francia e con gli altri Stati italiani e che si realizza
complesso, non tali da confortare l'ipotesi che nel XVII un relativo equilibrio nel giuoco delle forze internazio-
e XVIII secolo siano esistite, quaggiù, fabbriche di cera- nali, equilibrio storicamente assai importante per la
mica di una certa importanza e relativa consistenza Italia avviata verso una unità che è più sentita econo-
economica. micamente che politicamente.
Si rinnova quindi anche per questa antica e nobile Il nostro Paese, dopo aver toccato, nel Seicento, il
forma di artigianato, quello che è il destino di molte livello più basso della sua storia dall'età dei Comuni,
altre espressioni dell'ingegno e delle attività umane, manifesta ora una lodevole volontà di ripresa, soprat-
ideate non si sa bene quando e da chi, adottate e cre- tutto evidente nell'aumento delle forze produttive nei
sciute nell'ombra e nel silenzio dei secoli bui e improv- settori dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato
visamente balzate sulla ribalta della cronaca già adulte e delle manifatture. Il Piemonte, sconvolto dalle guerre
e, in qualche caso, già vecchie. Noi sappiamo, del resto, combattute da eserciti invasori, si ritrova con le città
che almeno il novantotto per cento delle attività arti- e le campagne devastate, con l'agricoltura e le indu-
gianali e artistiche mancano di precisi dati anagrafici strie distrutte e chiede soltanto pace e lavoro per la
e si presentano al fonte battesimale della storia come i sua popolazione.
trovatelli che, un tempo, venivano abbandonati sulle La ripresa economica piemontese non si compie,
soglie dei conventi: « Abbiatene cura, in nome di Dio ». peraltro, in forma omogenea perché è condizionata dal
diverso grado di evoluzione civile degli abitanti delle
Ben più chiaro, al contrario, appare il quadro dei
varie province: infatti il progresso si era sviluppato
fattori politici, sociali, economici e, soprattutto, geolo- e si sviluppava in modo ineguale, non soltanto per le
gici che appoggiarono od ostacolarono il nascere e l'af- differenti soggezioni politiche, ma anche per remote
fermarsi di questa attività artigianale che ebbe, fin ragioni storiche. La ripresa economica piemontese,
dagli inizi, il singolare destino di essere favorita dalla quindi, è di modeste proporzioni e di tipo quasi esclu-
natura e contrastata dagli uomini. È perciò a questi sivamente agrario, perché l'antica oligarchia, uscita
fattori che noi dobbiamo rifarci per dare non già una dalle guerre con i patrimoni assottigliati e, per di più,
impossibile paternità anagrafica, ma almeno un rife- oppressa dal fiscalismo eccessivo dei governi, preferi-
rimento storico preciso sull'atto di nascita delle cera- sce ora dedicare alla terra, al lusso o alle spese di pre-
miche monregalesi. stigio ciò che le è rimasto. Scomparsi i capitali liquidi,

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il poco denaro disponibile risulta del resto così gravato erano state formalmente abolite, il vecchio, medievale
d'interessi da rendere antieconomica qualsiasi impre- ordine risultava superato e in molti casi anacronistico.
sa. È strano che si debba parlare di mancanza di capi- Sebbene un gran numero di maestri lavorassero
tali in un Paese che, ancora qualche secolo prima, ancora nelle loro case o nelle caratteristiche botteghe,
aveva accumulato enormi ricchezze; u n a così grande parecchi di essi già avevano perduto l'indipendenza
dovizia è però scomparsa, distrutta o nascosta. Aristo- economica, molti la stessa proprietà degli arnesi di
crazia fondiaria e nobiltà controllano ancora, questo lavoro e la loro opera si svolgeva per conto di impren-
è indubbio, notevoli capitali, ma la nobiltà non ama ditori capitalisti. Il numero di compagni o di garzoni
l'investimento industriale e gli imprenditori non hanno di cui il maestro poteva servirsi era minimo e, in qual-
fiducia nella sua solvibilità (1). che caso, addirittura nullo.
Il quadro generale della situazione non è, insomma, Riguardo alla situazione economica generale, la
tale da incoraggiare facili ottimismi. Le sostanze delle scarsezza di capitali era causa e conseguenza della
grandi famiglie risultano gravate dai fedecommessi e diffìcile industrializzazione. Infatti la predilezione che
sono quindi vincolate dall'obbligo — contratto per il capitale dimostrava per la terra determinava la po-
disposizione testamentaria — di trasmettere i propri vertà delle industrie, ma, al tempo stesso, era anche
beni, in tutto o in parte, a determinati istituti o per- dovuta allo scarso rendimento industriale. Questa cir-
sone. Vera o non vera, generalizzata o sporadica, que- costanza non accelerò la lenta agonia del chiuso regi-
sta faccenda dei fedecommessi trova ampio credito e me delle corporazioni, risparmiato dall'assenza di gros-
determina una psicosi per la quale i nobili, nel com- si interessi superiori.
mercio e nell'industria, non trovano credito e la loro Nelle campagne e nelle città il capitale commerciale
ricchezza diventa inutilizzabile. Si delinea quindi l'esi- e industriale aveva posto a frutto la capacità lavorativa
genza di commerciare i beni terrieri per realizzare delle donne, dei ragazzi e dei fanciulli. Si notava un
quel contante di cui hanno bisogno tanto la vecchia predominio dell'artigianato e del lavoro domestico e,
nobiltà, sempre più dissipatrice e indebitata, quanto in parecchie sue forme, l'industria era ben lungi dallo
soprattutto la borghesia che aspira al possesso della svincolarsi dall'agricoltura, ma restava ancora in mano
terra, anche per una questione di prestigio. Con l'ab- ai contadini, i quali la esercitavano nelle ore vuote
bandono della mezzadria, l'economia terriera tende ad della giornata o nei periodi di forzato riposo stagionale.
affittare, intanto, delle terre per ottenere il pagamento Ciò che ostacolerà o ritarderà la trasformazione
del canone in denaro: si verifica così una relativa dila- dalla manifattura artigiana o domestica in manifattu-
tazione della produzione agricola, che favorisce u n a ra capitalistica, da industria a mano in industria mec-
certa accumulazione di capitali e incentiva l'aumen- canica, saranno alcune cause fondamentali, che poi,
to della produzione. L'incremento produttivo diventa a loro volta, ne genereranno molte altre minori: il
causa ed effetto di un incremento demografico abba- terreno perduto nell'applicazione di nuove tecniche
stanza notevole, che determina modificazioni sensibili industriali rispetto ad altre nazioni europee; la scar-
nelle condizioni sociali, anche se limitate ad alcune sezza di capitali, o almeno di capitali disponibili; il
classi. È doveroso notare, infatti, che, nel quadro delle fiscalismo eccessivo; l'angustia talora soffocante dei
modificazioni suddette, nessun beneficio, nessuna asce- mercati e, soprattutto, il diffuso pauperismo che obbli-
sa si rileva negli strati più bassi della popolazione gava molti lavoratori a offrire la loro opera per mer-
assai aumentata, tuttavia, per la proletarizzazione di cedi da fame. L'imprenditore, o gli imprenditori, erano
un sempre maggior numero di appartenenti a classi tratti a cercare generici lavoranti, non già maestri
sociali superiori (2). Ci pare significativo il fatto che a iscritti nelle corporazioni, richiedendo loro, soltanto,
partire dalla seconda metà del secolo XVIII, in seguito la fornitura di determinate quantità di lavoro. Questo
al grave aumento del prezzo dei generi alimentari, fenomeno, iniziatosi nel secolo XVIII, avrà un notevole
della conseguente svalutazione della moneta e del peg- sviluppo nel secolo XIX quando il lavoratore diventerà
gioramento dei patti colonici nei confronti dei conta- un proletario o un sottoproletario: tale fattore nega-
dini, molti mezzadri diventarono avventizi e la miseria tivo ritarderà infatti oltre un secolo l'impiego della
dei lavoratori si accrebbe, dando la spinta a correnti macchina nella maggior parte delle industrie piemon-
migratorie continue. tesi e monregalesi.
Addirittura più debole e contrastata di quella agra- II fiscalismo era causa ed effetto della povertà eco-
ria risulterà la ripresa economica del vecchio Piemonte nomica dello Stato e motivo, anche, della ristrettezza
nel campo dell'artigianato e della manifattura. Le dei mercati regionali, condizionati dai lucrosi dazi in-
corporazioni, ormai, non avevano più la ferrea, intol- terni. La tassazione colpiva le pochissime industrie
lerabile onnipotenza di un tempo e, anche se non fiorenti e, al tempo stesso, impediva la creazione di

14
nuove fabbriche perché provocava il rincaro dei viveri profondi di argilla figulina, banchi di quarzite e dolo-
e il conseguente aumento di paghe che, per quanto mia. Vincenzo Barelli (3) afferma che nella: « ...Provin-
minime, dovevano consentire agli operai di sopravvi- cia di Mondovì-Vico — Argilla figulina bianca trovasi
vere. E questo non incoraggiava certo gli imprenditori. nella regione dei Martini. Argilla figulina ottima, aven-
Le condizioni per le quali la borghesia potrà miglio- do molto nerbo, trovasi in abbondanza nella regione
rare le sue posizioni, in tutto il Piemonte e soprattutto delle Moline... A Vico l'argilla figulina forma l'oggetto
nel monregalese, si determineranno solo verso la fine principale di due coltivazioni che somministrano le
del secolo XVIII. terre necessarie alle fabbriche di terraglie... Una di
Fino a quel momento tutti i tentativi fatti dalla queste cave posta alla sommità della collina detta "Le
classe imprenditoriale erano rimasti circoscritti nello Moline" si coltiva a galleria aperta, l'altra posta infe-
ambito provinciale, mancando la possibilità di creare riormente... si coltiva a cava aperta. »
un mercato più vasto. Parlare in termini di mercato « ...Provincia di Mondovì-Villanova — Argilla figu-
italiano non era infatti possibile, poiché il Paese era lina bigia, più compatta dell'argilla figulina gialla con
frazionato in molteplici Stati, divisi non solo da confini piccole fila di quarzo sita nel luogo detto "Il fossale".
politici, ma anche da munitissimi dispositivi fiscali. Le argille che costituiscono il terreno terziario di Vico
Tuttavia non si poteva neppure parlare di un mercato si estendono verso Villanova e vanno a incontrare il
libero in Piemonte, vista la siepe di ostacoli daziari terreno intermediario ai piedi del monte che separa
posti fra i mercati interni: una siffatta politica fiscale, questo territorio da quello della Chiusa. Ad un'ora di
instaurata entro i confini dello Stato, fra provincia e cammino da Mondovì verso Villanova e nella regione
provincia, fra paese e paese, evidentemente non poteva detta di San Teodoro trovasi l'argilla figulina la quale
che peggiorare la già asfìttica situazione economica. viene impiegata a fare stoviglie ordinarie; quest'argilla
Si era poi scatenata una sleale concorrenza tra le è di colore più o meno giallastra, di grana piuttosto
varie fabbriche che invocavano proibizioni e protezioni grossolana ed ha tessitura cavernosa. Essa diviene più
daziarie ciascuna a proprio favore, in un conflitto di compatta, morbida al tatto e di colore giallo più chiaro
interessi ed egoismi nocivo al sistema industriale. Inol- presso la cascina detta "Stralla". Sul confine di Villa-
tre la mancanza di un mercato sufficientemente vasto nova verso Pianfei, nel luogo detto "Il fossale", l'argilla
e ricettivo ed il difficile e costoso reperimento di ma- figulina trovasi mista di granelli di quarzo e vi forma
terie prime assottigliavano notevolmente gli utili rica- anche piccolissimi strati, essa è però più ruvida al
vati dalle industrie. Rendeva poi faticoso l'approvvi- tatto e più facile a sfaldarsi, il suo colore è giallo vivace
gionamento di materie prime ed il trasporto dei pro- ed è accompagnata da altra figulina bigia, più compatta
dotti finiti una scarsa e dissestata rete di comunicazioni. e più untuosa al tatto... ».
Tutti questi motivi alimentavano la diffidenza per « ...Provincia di Mondonì-Pianfei — Argilla apira,
qualsiasi investimento che non fosse l'acquisto di beni d'un bigio sucido traente al bruno. Dopo le tante argille
fondiari. E non solo fra i nobili, ma anche fra i « civili », sopradescritte, si trova ancora nel territorio di Pianfei,
la mentalità dominante ne! basso Piemonte era casa- o forse già sul vicino territorio della Chiusa, e subordi-
linga, prudente, quieta e avversa ai rischi; una menta- nato al serpentino, questo strato di argilla apira della
lità tutta letteraria, che ostentava disprezzo per la varietà litomarga, essa è tenera e ontosa al tatto e
« ...turba al vil guadagno intesa... ». Si aggiungeva an- infusibile al cannello, viene adoperato alla vetraia della
cora, quale ultima pennellata, l'arretratezza sociale e Chiusa nella pasta con cui si formano le padelle entro
il diffusissimo analfabetismo alla cui conservazione le quali si opera la fusione del vetro... ».
contribuiva, per ignoranza, oltre che per politica di Anche Lucrezia Carboneri (4), forse riprendendo
classe, il clero delle città e delle campagne che, non di ulteriori notizie da Goffredo Casalis (5), scrive: « ...nel-
rado, agli occhi dei semplici, identificava il diavolo la regione di San Teodoro, sul confine fra i comuni di
col progresso meccanico. Mondovì e Villanova, fu aperta la prima cava di argilla
E fin qui abbiamo parlato degli uomini, evidente- figulina usata nella fabbricazione delle maioliche... nel
mente ottusi nella individuazione e nella scelta delle territorio di Villanova fu pure scoperta dolomite e a
vie del progresso. Parliamo ora della natura che, come Roccaforte quarzo... ».
dicevamo poc'anzi, opponeva alle riserve ed ai bizan- D. Giambattista Botteri (6) a sua volta scrive: « ...La
tinismi dell'uomo, la geografia di un territorio favorevo- quantità e la bontà dell'argilla che si scava a poca
le alla nascita di una industria ceramica che, per profondità, ed in molti luoghi della pianura elevata,
quanto limitata al territorio monregalese, prometteva principalmente verso Beinette... ».
confortanti risultati. Durante l'occupazione napoleonica, l'illuminato
Infatti il sottosuolo monregalese è ricco di strati Chabrod de Volvic (7), Prefetto delle Province di

15
Oneglia, Savona, Acqui e parte della Provincia di illustri da essere ricordati nella storia, né del resto le
Mondovì, notava che: « ...On y a introduit depuis quel- sue tradizioni affondano nei secoli d'oro della ceramica
que temps la fabrication des terres de pipe! On trouve italiana (9).
la plus grande partie des matières premières dans le Il primo cenno sulla più antica industria ceramica
pays même; cependant on emploie de la terre de Vicen- monregalese si trova in Emanuele Morozzo della Rocca
ce pour un tiers dans la fabrication. On trouve une ter- (10), il quale affermava che nel secolo XV i confini o
re parfaitement semblable dans le Piémont et notam- limite per l'applicazione delle gabelle speciali della
ment dans les environs de Mondovì. C'est dorénavant Città di Monteregale, verso Vico, erano delimitati dalla
la seule que l'on emploiera. La différence du prix entre fornace di Stefano Serveto.
ces deux terres est de 11 à 19 francs le quintal; la vais- In uno scritto del secolo XVIII, Piero Nallino (11),
selle que l'on fabrique paroît très belle au moment où asseriva che in Morozzo, sulla sponda di un campo
elle sort de la main du tourneur... ». davanti alla Chiesa di San Gioanni, esistevano le ro-
Oltre all'argilla figulina, quarzite e dolomia, il terri- vine di un forno ceramico. Scavando nelle adiacenze
torio monregalese aveva una grande disponibilità di si trovarono frammenti di vasi e di stoviglie di colore
acqua, allora indispensabile per la forza motrice, e nericcio, più sottili e leggieri del comune vasellame or-
vastissimi boschi dai quali si potevano ricavare grandi dinario in uso nell'epoca del ritrovamento. Continuando
quantità di legna da ardere. Ma l'impianto dì grandi nelle ricerche, in posti diversi, furono rinvenute pietre
fabbriche di ceramica, formidabili divoratrici di com- circolari con il tipico foro centrale per il ferro che so-
bustibile, avrebbe presto incontrato notevoli difficoltà: steneva la ruota da tornio dei vasai. Sempre lo stesso
sia dirette, relative cioè all'approvvigionamento rego- autore (12) affermava che a Chiusa Pesio molti figuli
lare in loco della legna per difficoltà di trasporto, producevano grandi quantità di stoviglie di buona qua-
che indirette, per avversione di tutta la popolazio- lità, molto resistenti al fuoco, tanto che, oltre la nor-
ne verso gli stabilimenti, dovuta al notevole aumento male vendita sui mercati locali, molta parte della pro-
dei prezzi della legna da ardere che inevitabilmente la duzione veniva venduta in Provenza e in Francia.
vicinanza di fabbriche ceramiche determinava. Il Botteri (13) a sua volta scriveva che, in base ad
Ma le difficoltà oppostesi alla nascita e alla vita di una statistica del 16 settembre 1763 (Archivio Comu-
un'industria figulina veramente efficiente dovevano nale di Chiusa Pesio, Vol. n. 94), a Chiusa Pesio esiste-
essere aggravate anche dal mancato aggiornamento vano non meno di trentuno fabbriche di stoviglie, le
delie maestranze le quali non conoscevano i procedi- quali sarebbero aumentate negli anni successivi, incre-
menti e le formule più progredite del tempo, cosicché mentando notevolmente la produzione e l'esportazione.
i prodotti sarebbero apparsi antiquati o difettosi o Giuseppe Prato (14) confermava che all'epoca Chiu-
comunque inferiori a quelli che si potevano acquistare sa Pesio era celebre per le sue manifatture di stoviglie
da maiolicari già affermati. Non bastava, per una che procuravano al paese un introito annuo di circa
grande industria ceramica, la naturale intelligenza e 25.000 lire. Meno apprezzati erano i prodotti della stes-
operosità degli abitanti che, con un piccolo ed attivo sa industria praticata in Dogliani perché questi manu-
artigianato, certamente contribuirono a creare la tra- fatti risultavano meno lisci, più pesanti e meno resi-
dizione ceramica anche nel monregalese e a traman- stenti al fuoco di quelli fabbricati alla Chiusa.
darla fino ai nostri giorni (8). Altri autori trattavano l'interessante questione. Ci-
Ma, come s'è già detto, scarsi sono gli scritti econo- teremo il monregalese G.F. Baruffi che scriveva: (15)
mici e statistici che attestino in modo inconfutabile « ...Il medico Perotti, quel dotto e attivo personaggio
l'esistenza nel monregalese di fabbriche o forni da che fece rivivere in Mondovì, nell'anno 1808, questo
ceramica prima del XIX secolo. ramo d'industria già ivi in voga un secolo fa... » e il
saluzzese Goffredo Casalis (16): « ...Mondovì — (Pro-
Mondovì, città famosa per le sue glorie antiche, già vincia)... vi esistono due fabbriche di maiolica bianca
sede di una fiorente università, ricca di traffici, di opi- e nera. Nel sobborgo di Carassone da circa trentacin-
fici e di una florida agricoltura, che vanta cittadini que anni fu stabilita u n a fabbrica di maiolica bianca
illustri nella cultura e nelle scienze, nell'arte figulina dal Signor Benedetto Musso, il quale vi fece rivivere
non espresse un Mastro Giorgio, un Conte Ferniani, questo ramo di industria che eravi molto in fiore un
un Salomone o un Boselli, non ebbe prìncipi che sti- secolo innanzi.. ». Il monregalese Giovanni Vignola
pendiassero ceramisti, né patrizi che, senza timore di (17) confermava: « ...Se la tradizione non falla, questa
sminuire il proprio blasone, ricercassero nuovi elementi arte della maiolica era già molto in fiore a Mondovì
di splendore nell'industria e nel commercio. L'industria sul finire del Seicento o nei primi anni del secolo XVIII.
ceramica monregalese non dispose di ascendenti così Il Casalis stesso lo asserisce. Havvi anzi chi pretende

16
Pietro Nallino: Il corso del fiume Pesio (pagg. 33-135)
Pietro Nallino: Il corso del fiume Ellero (pagg. 107-112)

17
Terracotta smalto bruno
scuro
Morozzo ? - Secolo XVI ?

18
Piatto Ø cm. 30
Bruno, decorazione bianco
Chiusa Pesio ? - Secolo XVIII

che, in quel turno di tempo, u n a fabbrica di maiolica stagionali o occasionali e u n a parte da contadini che
sorgesse al Piano della Valle, e precisamente là ove nella buona stagione attendevano ai lavori nei campi
trovasi ora l'Ospedale degli Infermi. Ma prove irrefra- e nei mesi di stasi si dedicavano a questo artigianato,
gabili non riuscimmo ad ottenerle.. ». Anche L. De producendo piccole quantità di stoviglie, tegami, pen-
Mauri (18) riferiva che: « ...In Mondovì... sul finire del tole e vasi da vendersi sui mercati viciniori con mode-
secolo XVII od ai primi anni del secolo XVIII si era sti benefici (20).
aperta una fabbrica di maioliche. Pare che fosse stabi- Questi prodotti non potevano certo gareggiare in
lita al Piandellavalle ove ora è l'Ospedale degli Infer- bellezza e finezza con le maioliche e le porcellane fa-
mi... ». L'Ospedale degli Infermi fu edificato nel 1774 mose di altri paesi, né ambivano l'onore di comparire
come affermava il Nallino (19). sulle mense dei ricchi: essi però assolvevano, umilmen-
Escluse le poche notizie già riportate, null'altro si te e utilmente, il compito di servire la tavola del popolo
conosce circa le enigmatiche ceramiche monregalesi. minuto.
Benché Casimiro Danna, che si diede a reperire I mezzi di lavorazione delle piccole fabbriche dome-
documenti e prove fino dalla seconda metà del secolo stiche di Mondovì, Vico, Chiusa, Villanova, Frabosa,
scorso, non trovò assolutamente nulla. Morozzo, Ceva, Dogliani e via dicendo, erano assoluta-
Questa attività, peraltro povera di capitali e di ini- mente primitivi ed empirici. Certe stoviglie, fabbricate
ziative, non era legata alla città ma alla campagna, in modo grossolano, risultavano poco lisce e poco sot-
non era concentrata ma decentratissima, perché si tili, perché l'impasto di argilla greggia non subiva
svolgeva in gran parte attraverso l'artigianato rurale alcun processo di raffinamento e veniva lavorato dopo
e il lavoro a domicilio. Anche nei centri urbani si un sommario setacciatamento. L'argilla, infatti, veniva
verificava un certo incremento manufatturiero e qui, dapprima impastata e liberata dai sassolini, poi battu-
accanto alla piccola fabbrica dotata di pochi torni e di ta con un'asta di ferro metà riquadra e metà rotonda
un forno, servita da un maestro e da pochi lavoranti, sopra un menatoio di grosse tavole di noce (21). Un
probabilmente operavano veri e propri opifìci, dotati altro metodo di impastatura era quello di distendere
di più torni e di alcuni forni, controllati da mercanti: la creta in ampie vasche e di batterla ripetutamente
piccoli stabilimenti che già rappresentavano un tentati- con grossi mazzuoli di legno, oppure di pestarla lun-
vo di industria in grande, con più ampio investimento gamente sotto i piedi come si faceva per la pigiatura
di capitale e maggiore impiego di lavoratori. dell'uva (22). Si riteneva che la terra, così trattata,
È perciò storicamente provato — anche se i do- conservasse tutto il suo nerbo naturale e fosse in grado
cumenti comprovanti il fatto non sono poi molti — che di reggere più a lungo all'azione del fuoco. In talune
nel monregalese esistevano numerose piccole fabbri- fabbriche più evolute la prima fase del lavoro consi-
che, con una buona produzione e un discreto smercio. steva nella depurazione della pasta, la quale veniva
Una parte delle stoviglie veniva cotta da artigiani alternativamente disseccata e posta a bagno. Il tornio

19
usato era quello degli antichi figuli, le vernici erano è a credersi sia stata negli Stati nostri, come in ogni
macinate da piccoli mulini di legno messi in moto dalle parte del mondo, introdotta sin dai più remoti tempi,
acque di ruscelli o di torrenti (23). sebben non consti alcun legislativo provvedimento del-
Un quadro, come si vede, naturale ed idillico, ma la sua esistenza prima del secolo scorso. La poca abi-
affatto pregevole sotto il profilo pratico, perché l'arti- lità richiesta nelle sue produzioni, il trovarsi quasi
giano deve seguire le innovazioni del progresso per ovunque la materia prima, più o meno buona, la poca
ottenere un prodotto relativamente perfetto ed utile. spesa richiesta per stabilire le occorrenti fabbriche e
Gli umili stovigliai piemontesi ben presto capirono l'essere pure gran parte dei suoi prodotti oggetti di
che le loro povere ceramiche avevano bisogno di mi- prima necessità, specialmente per le classi povere, fe-
gliorare in qualità (24). Chi di loro fosse riuscito a cero si che l'esercizio di questa industria poté avere
rendere la pasta più omogenea e più tenace, la cottura origine e prospero incremento senza che fosse neces-
più uniforme, la vetrina più resistente e meno insalu- sario che l'attività governativa vi cooperasse. Di qui
bre, chi fosse riuscito ad abbassare i prezzi e a miglio- dunque può credersi che dalla mancanza di relativi
rare la qualità, sarebbe stato meritevole della ricono- provvedimenti riguardanti quest'umile industria e dal
scenza di coloro che nei successivi decenni avrebbero poco loro numero possa trarsi argomento né della tarda
acceso forni e dato inizio a più prospere e famose in- sua introduzione nei Regi Stati, né di meschina
dustrie. estensione avutasi negli scorsi secoli, né infine di
poca sollecitudine del Governo nel cooperare per parte
sua all'incremento di essa...».
Se gli stovigliai, il cui lavoro era destinato soltanto
ai contadini poveri od ai più miseri sudditi di S.M. il
Sovrano di Casa Savoia, non dovevano avere bisogno
di protezione da parte delle autorità, ecco invece che,
con Lettere Patenti del 10 settembre 1766, il Re di Sar-
degna Carlo Emanuele concedeva una privativa di anni
dieci a Giovenale Novelli di Fossano... « che ha esposto
d'aver trovato il modo di formare, con una terra che
ha scoperto, i crociuolì o grisoli neri, di ugual bontà e
perfezione di quelli d'Alemagna... » (26). Questi « cro-
ciuoli » servivano soprattutto per la fusione dei canno-
ni. Il marchese Birago, lo sfortunato fondatore della
fallita fabbrica ceramica di Vische nel Canavese, fece
opposizione rivendicando tale invenzione, ma dovette
cedere e la vertenza venne composta con la Conven-
zione del 16 marzo 1767. Il Novelli, con Lettere Patenti
del 22 agosto 1769, ebbe confermata per anni venti la
privativa ottenuta nel 1766 (27).
Piatto Ø cm. 41,5 G.F. Baruffi (28) scriveva: « ...a chi brama indica-
bruno, decorazione bianca zioni metallurgiche speciali sulla provincia le otterrà
Chiusa Pesio ? - Secolo XVIII
da un certo Stefano Olivero del luogo di Monastero
È interessante notare che la Direzione Tecnica della presso Mondovì. Questo attivo contadino infaticabile
famosa vetreria « Società Reale per l'Esercizio della cercatore di metalli, mescolando l'argilla di Mondovì
Fabbrica di Vetro di Torino e della Chiusa », in seguito con la piombaggine del Villar S. Costanzo (prov. di
denominata « Regia Fabbrica di Cristalli e Vetri del Cuneo) ottenne eccellenti crogiuoli alla foggia dei rino-
Piemonte», fondata in Chiusa il 23 luglio 1759, produ- mati di Germania... », e Luigi de Bartolomeis (29) con-
ceva i « padelloni » indispensabili per la fusione del fermava: « ...Un villico di nome Olivero, mescolando
vetro, adoperando terra refrattaria estratta nelle vici- argilla di Mondovì colla grafite granellare finissima
nanze di Chiusa di Pesio. che si rinviene nell'agro di Villar S. Costanzo, venne a
A giustificare l'indifferenza delle autorità e di disin- capo di farne crogiuoli alla foggia di quelli d'Assia,
teresse degli studiosi di economia e di statistica per il ma non di tale qualità che possano pareggiare i cro-
piccolo, modesto artigianato degli stovigliai, il Duboin giuoli che si fabbricano dal Signor Bonaventura Boc-
(25) scriveva: « ...L'industria della fabbricazione della chiardi coll'argilla bigia che trovasi sulla montagna
cosiddetta terraglia, che i francesi appellano "poterle", detta l'Oliva, e colla grafite del territorio di Cavour».

20
Zuppiera h. cm. 20
bruno, decorazione bianca
Chiusa Pesio ? - Secolo XVIII

21
NOTE

1) P. CUSTODI Saggi di storia, di critica e di politica, Firenze, 1901 — pag. 283;


2) C. DAL PANE Storia del lavoro in Italia, Milano, 1944 — pag. 15;
3) VINCENZO BARELLI Cenni di statistica mineralogica degli Stati di S.M. il Re di
Sardegna, Torino, 1835 — pagg. 274, 275;
4) LUCREZIA CARBONERI Carassone, culla dell'industria ceramica" da: « La Gazzetta di
Mondovì» n. 30 del 29.7.1967;
5) GOFFREDO CASALIS Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale degli Stati
di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1838;
6) GIAMBATTISTA BOTTERI Memorie storiche della Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
7) CHABROL DE VOLVIC Statistique des provinces de Savone, d'Oneille, d'Acqui et de la
partie de Mondovì formant l'ancien département de Montenotte,
Paris, 1824 — Vol. II — pag. 280;
8) CASIMIRO DANNA Monografia intorno alla città e circondario di Mondovì — Torino,
1860 — pag. 43;
9) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da «Cuneo Provincia G r a n d a » , Cuneo,
1968 — n. 1, pag. 7;
10) E. MOROZZO DELLA ROCCA Le storie dell'antica Città di Monteregale ora Mondovì in Pie-
monte, Mondovì, 1891 — pag. 540;
11) PIETRO NALLINO Il corso del fiume Pesio, Mondovì, 1782 — pag. 135;
12) PIETRO NALLINO Il corso del fiume Pesio, Mondovì, 1782 — pag. 33;
13) D. GIAMBATTISTA BOTTERI Memorie storiche sulla Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
14) GIUSEPPE PRATO La vita economica in Piemonte a mezzo del secolo XVIII, Torino,
1908, pag. 258;
15) G.F. BARUFFI Pellegrinazioni autunnali, Torino, 1841 — vol. II — pag. 1307;
Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati
16) GOFFREDO CASALIS di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1842 — vol. X — pag. 614;
Sulle maioliche e porcellane del Piemonte. Fabbriche di maiolica
17) GIOVANNI VIGNOLA in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 575;
L'amatore di maioliche e porcellane, Milano, 1962 — pagg. 148, 149
18) L. DE MAURI (la prima edizione è del 1881);
Il corso del fiume Ellero, Mondovì, 1788 — pag. 112;
19) PIETRO NALLINO
20) CARLO GIULIO IGNAZIO Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e Commercio di To-
rino e notizie sulla patria industria, Torino, 1844 — Cap. III —
pag. 99;
21) D. GIAMBATTISTA BOTTERI Memorie storiche sulla Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
22) EMILIO MARTINOTTI Il ceramista, Milano, 1959 — pag. 30;
23) ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, su «La Ceramica», Mi-
lano, 1940 — n. 6 — pag. 225;
24) CASIMIRO DANNA Monografia intorno alla Città e al circondario di Mondovì, Torino,
1860 — pag. 47;
Raccolta per ordine di materie delle leggi cioè editti, patenti,
manifesti, ecc. emanati nello Stato di Terraferma sino all'8 dicem-
bre 1789 dai Sovrani della Real Casa di Savoia, Tomo 17 — Titolo
25) FELICE AMATO DUBOIN XXXV (della manifattura di stoviglie ed altri oggetti inservienti
agli usi domestici e delle arti con porcellana, maiolica e semplice
argilla detta volgarmente terra), Torino, 1850 — pagg. 528, 529;
Raccolta per ordine di materie delle leggi cioè editti, patenti,
manifesti, ecc. emanati nello Stato di Terraferma sino all'8 dicem-
bre 1789 dai sovrani della Real Casa di Savoia, Tomo 17 — Titolo
26) FELICE AMATO DUBOIN XXXV (della manifattura di stoviglie ed altri oggetti inservienti
agli usi domestici e delle arti con porcellana, maiolica e semplice
argilla detta volgarmente terra), Torino, 1850 — pagg. 568, 569;
La ceramica. (Le maioliche e le terraglie di Mondovì), Milano,
1885 — pag. 546;
27) GIUSEPPE CORONA Pellegrinazioni autunnali, Torino, 1841 — Vol. II — pag. 1329;

28) G.F. BARUFFI Notizie topografiche e statistiche sugli Stati Sardi. Vol. IV, Tori-
no, 1840-1847 — pag. 261.
29) LUIGI DE BARTOLOMEIS

22
LA CERAMICA
MONREGALESE
DALL'INIZIO
DEL S E C O L O A D OGGI

Verso la fine secolo XVIII, malgrado lo stato di crisi In conseguenza dell'occupazione napoleonica il
in cui versava quasi tutta l'industria e l'artigianato monregalese, come del resto tutto il Piemonte, subì
piemontese, Mondovì godeva di una relativa floridezza. danni incalcolabili. Se la ventata antifeudale della
Numerose filande e fabbriche di panni, setifici e filatu- Rivoluzione Francese aveva dato alla borghesia pie-
re di lana, concerie e tintorie, vetrerie e fabbriche di montese un notevole impulso sul piano culturale e
falci, cappelli, dolci, eccetera, erano in buona attività civile, lo stesso non era avvenuto nel campo dell'inizia-
e tali industrie, unite ad un artigianato assai vivo, as- tiva economica, la quale non seppe valersi del progres-
sicuravano ai monregalesi un tenore di vita meno mi- so meccanico. Ciò avvenne, indipendentemente dalle
sero di quello degli altri abitanti del Piemonte. ragioni che impedivano e impediranno anche più tardi
Anche l'agricoltura avrebbe potuto, in quell'epoca, lo sviluppo industriale, perché ogni sia pur timido ten-
tativo in tal senso urtava contro la politica francofila
dare più abbondanti redditi se le molteplici pastoie
di Napoleone.
burocratiche non ne avessero ostacolato il libero svi-
luppo. Dei prodotti del suolo non si faceva grande com- A parte le iniziative indubbiamente positive per lo
mercio ed il Governo e le Autorità comunali, da parte sviluppo legislativo, per l'organizzazione amministra-
loro, nulla facevano per aumentarne la produzione e tiva, per la costruzione di strade, per lo sviluppo ur-
migliorarne la qualità. Gran parte della proprietà ter- bano, la politica economica di Napoleone -era conce-
pita appunto solo in funzione degli interessi francesi.
riera, fatta eccezione per alcune piccole zone, apparte-
Dopo la annessione alla Francia del Piemonte — mon-
neva alla classe privilegiata e questa non era in grado
regalese compreso —, Napoleone dispose ed ottenne:
di intuire che la coltivazione intensiva avrebbe note- la confisca dei beni appartenenti agli ordini religiosi
volmente aumentato il reddito agrario a beneficio sia (a esclusivo vantaggio dell'erario francese come av-
del proprietario che del coltivatore. Gli arretrati siste- venne per i tributi ordinari e straordinari imposti ai
mi di coltura applicati nel latifondo, gli impedimenti Comuni); l'acquisto, a condizioni favorevolissime, di
amministrativi che ostacolavano la libera espansione derrate alimentari e, soprattutto, di grano, cavalli,
del commercio e dell'industria, costituivano altrettanti bestiame, foraggi e seta grezza; l'inquadramento nello
fattori di pauperismo che, allargando un sottoproleta- esercito napoleonico del maggior numero possibile di
riato miserabile, ostacolavano lo sviluppo tecnologico soldati piemontesi, ottenuto attraverso leve in massa
dell'industria, permettendo all'imprenditore di sostitui- dei giovani. Contemporaneamente Napoleone faceva
re vantaggiosamente l'uomo alla macchina (1). invadere i mercati piemontesi dai prodotti francesi
che fruivano di un regime di monopolio, al riparo da
La « élite » della popolazione, rappresentata dai
ogni possibile concorrenza, sia straniera che interna.
nobili, dal clero, dai magistrati e dall'alta borghesia, Le deboli proteste per una più giusta distribuzione de-
godeva del diritto di ricoprire cariche pubbliche e gli oneri cadevano nel vuoto. Il Tarlè (4) scrive che:
trovava nelle amministrazioni, sia statali che civiche, « ...indipendentemente dai buoni o cattivi lati del re-
un'occupazione in rapporto al suo stato, un motivo per gime napoleonico, un elemento essenziale caratteriz-
interessarsi e formarsi una pratica negli affari pubbli- zava il disagio dei commercianti e degli industriali: il
ci e soprattutto un mezzo per conservare la propria profondo senso di incertezza alimentato in loro dallo
influenza aumentando la popolarità (2). Questa aristo- arbitrio del governo e dall'irriducibile assolutismo di
crazia gretta e retriva, ligia a secolari tradizioni, per Napoleone... ». In materia di tributi il governo france-
timore di perdere gli atavici privilegi, istigava il regio se mise sotto torchio tutto e tutti, con la conseguenza
regime, assolutista e paternalistico, a negare una mag- inevitabile che l'industria e l'artigianato monregalesi
giore libertà alle popolazioni che dovevano essere so- caddero in una gravissima crisi. Alle guerre presso-
cialmente rivalutate (3). ché continue, ai moti insurrezionali, agli sconvolgi-

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menti sociali e alla carestia fece così seguito il disse- ra, trouver les causes qui n'ont jusqu'ajourd'hui fait
sto degli opifìci. regarder que comme secondaires ces branches de
La borghesia industriale e commerciale che, con prospérité, et qui, sous l'ancien Gouvernement, lan-
umili petizioni, reclamava u n a maggiore libertà di guissaient dans une sorte de défaveur... ».
commercio (riuscendo ad ottenere solo l'abolizione del- Non si rilevano molte differenze fra le condizioni
le Corporazioni) si rivelò debole e inetta. Rimaneva la industriali illustrate dal Della Chiesa nella prima me-
riserva dei campi ma anche questi non risultavano tà del secolo XVII (8) e quelle dell'inizio del secolo
abbastanza produttivi sia per l'arretratezza dei metodi XIX sotto il regime francese. Solo un sognatore o un
di coltivazione che per la relativa mancanza di colti- poeta poteva tentare di mutare questo stato di cose.
vatori (5). Il dottor Francesco Perotti nato a Mondovì, fervente
Non sarebbe tuttavia giusto addebitare esclusiva- giacobino, imbevuto delle nuove teorie umanitarie
mente alla guerra e alla esosa amministrazione fran- proclamate dalla Rivoluzione, trasformatosi da medi-
cese le cause del tracollo economico manifestatosi in co in industriale ceramico, si associò con Giovanni
modo tanto drammatico all'inizio del secolo XIX. La Maria Tomba già fabbricante di ceramiche e Barto-
crisi aveva invece radici profonde e lontane e derivava lomeo Randasso e tentò, nel 1807, di creare empirica-
dall'assenteismo della classe dirigente, dalla mancan- mente u n a fabbrica di maiolica. L'audace esprimente
za di u n a « élite » imprenditoriale veramente efficiente, non ebbe successo; dopo aver speso nella manifattura
dalla mancanza di denaro a buon mercato e, soprat- parte delle sostanze ereditate dal padre, abbandonò
tutto, dalla larga disponibilità di mano d'opera non l'impresa che fu rilevata nel 1810 da S. Ubertinotti.
qualificata che, per modestissima mercede, si adattava Ma anche questo secondo tentativo naufragò. E pure
a qualsiasi lavoro. Ma i padroni delle fabbriche, evi- u n a piccola fabbrica di ceramiche creata da Grandis
dentemente non paghi della grande disponibilità di e Berardengo alla Certosa di Pesio doveva chiudere,
operai, ne denunciarono « abusi » e « disordini », sot- forse per difficoltà di comunicazioni e relativo reperi-
tolinearono la loro « sfrenatezza » e la conseguente mento delle materie prime oppure per difficoltà finan-
necessità di «tenerli a freno»: ottennero così che il ziarie.
governo napoleonico istituisse nel 1812 il « libretto di Con la Restaurazione le cose non cambiarono. Al-
lavoro », applicando le norme poliziesche già contenute l'assenteismo governativo si unirono pesanti gravami
nelle leggi francesi del 1803 sul « livret ouvrier ». In fiscali che peggiorarono le già misere condizioni della
tali condizioni di sfruttamento schiavista del lavora- industria monregalese.
tore sembrava assurdo agli imprenditori sostituire Se si confronta lo sviluppo industriale di altri paesi
l'uomo con la macchina, allora indubbiamente molto con quello nostrano, si conclude che la nostra industria
più onerosa del lavoro umano. Si capisce quindi per- versava in grave crisi. Nella provincia di Cuneo e nel
ché, all'inizio dell'Ottocento, nel Dipartimento della monregalese in particolare, tale situazione era ancora
Stura, comprendente anche buona parte del monre- più sentita per il tradizionale predominio dell'agricol-
galese, non esisteva una sola industria concepita nel tura. La manifattura artigianale — ché di questo si
senso moderno della parola. trattava, più che di vera industria — non aveva segna-
Il Destombes nell'annuario pubblicato nel 1806 to alcun progresso rispetto alle manifatture già esisten-
(6) scriveva: « ...On a pu dejà voir en examinant les ti nel primo Seicento (9). I giovani ripetevano, con
notions rapides que j'ai donnée sur le département, indolenza, nelle varie fasi di lavorazione i rozzi proce-
les arrondissementes communaux et les villes, les dimenti che avevano visto praticare dagli anziani (10).
limites étroites dans lesquelles se renferment l'indu- Questa involuzione provocava la perdita dei mercati
strie et les spéculations des habitans, on ne sera donc e il relativo impoverimento delle imprese che non riu-
point surpris si cette partie de l'économie publique scivano a trovare finanziamenti per il rinnovo o l'am-
n'est point traitée avec plus de détails, mais on doit modernamento degli impianti;» inoltre, la cristallizza-
sentir que si elle a besoin d'encouragemens, les trois zione del processo produttivo era causa di dissesti e
règnes ne peuvent être aussi intéressants qu'on pour- di chiusure.
rait le désirer... ». Il giudizio dell'annuario del 1809 Bisognava coraggiosamente svecchiare le idee, ab-
(7) non poteva essere diverso: « ...Doit-on penser avec bandonare i sistemi tradizionali ed iniziare la grande
le savant Arthur Young, que l'industrie nuit à l'agri- accumulazione capitalistica. Ma il segreto, ancora a
colture, et en conclure qu'un pays essentiellement quel tempo, appariva uno solo: sfruttare fino al limite
agricole ne peut être manifacturier? On pourrais di rottura la forza del lavoro umano (11), attraverso
alors, par une solution affirmative, juger de l'état du il minimo dei salari e il massimo delle ore lavorative;
commerce et de l'industrie du département de la Stu- così, restringendo il numero degli operai occupati ed

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aumentando, per logica conseguenza, l'offerta di la- fino a 15-16 ore giornaliere anche per donne e fanciulli
voro, si otteneva u n a ulteriore diminuzione delle mer- — e per il bassissimo livello dei salari.
cedi ed un più largo impiego, a paghe ancora più bas- Per circa quindici anni dopo la Restaurazione, le
se, di donne e fanciulli (12). tariffe doganali piemontesi si andavano facendo più
Nel periodo immediatamente successivo alla Restau- irte di proibizionismi e sempre più invalicabili. La ta-
razione l'economia monregalese è paralizzata da un riffa del 4 febbraio 1815 era moderatamente prote-
generale immobilismo sociale ed economico. Due fatti zionistica; ma in quella di tre anni dopo, del 4
sottolineano il grave regresso: il ripristino delle Cor- marzo 1818, venivano aumentati i dazi su quasi
porazioni ed il ritorno al più rigoroso regime doganale, tutte le merci e nel 1823 i diritti doganali erano
del resto comune a tutti gli altri Stati italiani. Il ritor- ancora inaspriti. Il Paese veniva così privato degli og-
no a Torino di Vittorio Emanuele I aggravava ulterior- getti necessari al suo consumo quotidiano, ma, fatto
mente la situazione: il re sabaudo infatti insediò i ancora più grave, era pure privato delle materie prime
gesuiti nelle scuole, ripristinò il foro ecclesiastico, ri- e prodotti semilavorati indispensabili alle sue poche
mise in vigore il maggiorascato, i fedecommessi e le industrie. Questi inasprimenti successivi erano la con-
leggi che proibivano al creditore plebeo di citare in giu- seguenza della comprovata inutilità degli inasprimenti
dizio il debitore nobile. Tali decisioni servirono solo a precedenti, sia nel campo industriale, che in quello
fossilizzare in un nuovo immobilismo feudale ogni atti- fiscale. Nessuna di queste tariffe, malgrado le speranze
vità economica. Fra le tante innovazioni napoleoniche, dei legislatori e salvo pochissime eccezioni, riusciva
l'unica che il sovrano non soppresse fu quella del ad aumentare la produzione interna né incrementava
« libretto di lavoro », che costituiva u n a odiosa vessa- le entrate dello Stato. Soltanto le industrie che consu-
zione per l'operaio. Si pensi che, in base all'articolo 9 mavano esclusivamente materie prime locali, adope-
dello stesso era considerato.. sospetto l'operaio disoc- rando molta mano d'opera femminile e minorile, pote-
cupato. vano sperare in un incremento produttivo abbastanza
Già durante l'epoca napoleonica, la smobilitazione remunerato. Fra queste manifatture è da annoverare
di alcune industrie tradizionali aveva favorito impren- la nuova industria ceramica della terraglia; tuttavia
ditori coraggiosi e sagaci, che impiantarono in Mondovì nel monregalese, in quegli anni, si sviluppò solo l'indu-
nuove fabbriche e, fra queste, quella della terraglia. stria di Benedetto Musso, non avendo notizie di altri
La crisi dell'industria serica infatti faceva chiudere tentativi abbastanza importanti.
una dopo l'altra le filande: alle bacinelle dei filatoi Già negli anni fra il 1820 e il 1840, qualche scrittore
subentrarono i torni dei vasai. In Mondovì Benedetto isolato cominciava a considerare la necessità che la
Musso acquistava a prezzo fallimentare un opificio in industria fosse meno legata all'agricoltura, che essa
disuso e lo trasformava in fabbrica ceramica, sfruttan- fosse suscettibile di miglioramenti e in grado di costi-
do convenientemente la forza motrice generata dalle tuirsi a fonte di primaria ricchezza (14). Se ancora non
acque del torrente Ellero ed utilizzando le materie si poteva parlare di industria in senso moderno, si
prime giacenti a pochi chilometri dalla fabbrica. A notava tuttavia un desiderio di fare, una volontà di
questi elementi positivi si aggiungeva la possibilità di aggiornarsi, di g u a r d a r fuori di casa e di tenere il
avere sul posto mano d'opera esuberante e bisognosa passo (15).
che si accontentava di modestissimi salari. Un uomo eccezionale sotto questo aspetto per la
Fra il 1823 e il 1826, in seguito ai favorevoli risultati industria monregalese, fu il conte Alessio Chiera del
ritenuti nella manifattura di Mondovì, veniva impian- Vasco che, dotato di u n a cultura enciclopedica, profuse
tata in Savona una succursale della casa madre e già i tesori del suo sapere a favore di tutti coloro che ave-
nel 1830 questo nuovo opificio veniva considerevol- vano bisogno dei suoi lumi, insegnando gratuitamente
mente ingrandito. Pochi anni dopo ne assumeva la elementi di geometria, meccanica, chimica, botanica e
direzione Antonio Musso, figlio di Benedetto (13). scienza applicata sia ai vari rami delle arti professio-
Nei due anni che vanno dal 1816 al 1817 la crisi nali che agli usi pratici della vita. Fu l'inventore dello
economica si acuiva: venivano perciò rimandati a « addometro » e del tornio per ovato e per tondo, neces-
tempi migliori i progetti di impianto di nuove fab- sario per far modelli precisi, indispensabili per le
briche. fabbriche ceramiche (16).
Intanto, manifestando sia nelle campagne che nelle Il primo fra gli Stati italiani a uscire decisamente
città, la popolazione dava sfogo al suo malcontento: dalla decadenza e dall'immobilismo in cui l'aveva
artigiani e operai infatti versavano nella più nera portato la Restaurazione fu il Piemonte. Quando Carlo
miseria e le condizioni del nascente proletariato indu- Alberto nel 1831 salì al trono, il collasso del Paese era
striale erano abbrutenti per la lunghezza di orari — grave. Proprio alla vigilia della morte, il 19 febbraio

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Libretto di lavoro
(raccolta Giovanni Doglione)

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27
Libretto di lavoro
(raccolta Giovanni Doglione)

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1830, Re Carlo Felice aveva promulgato una nuova ta- glie comuni con 8 forni a una bocca, che occupavano
riffa doganale che, dopo i continui inasprimenti, aveva 42 operai, producevano 636.000 pezzi (53.000 dozzine)
ormai toccato il massimo della sua elevazione: u n a per un valore complessivo di £ 21.200 (£ 0,40 la dozzina).
media del 100% del valore delle merci. Il Piemonte Il compenso complessivo annuo dei 42 operai ammonta-
era, non solo nell'economia europea, ma anche in va a £. 11.075,40 (calcolando una paga media giornalie-
quella italiana, un paese isolato. ra di £. 0,90 per 293 giorni) pari a £. 0,73 al giorno
Carlo Alberto ed i suoi illuminati Consiglieri ini- (0,73 X 365);
ziavano l'opera loro reagendo al passato, abolivano n. 2 fabbriche di maiolica bianca con 2 forni e 4 ruote
tutti i divieti di esportazione, parecchi dei numerosi che occupavano 43 operai, producevano 516.000 pezzi
divieti di importazione e riducevano i dazi su tutte le (43.000 dozzine) per un valore complessivo di £. 60.200
merci più importanti. La politica economica piemonte- (£. 1,40 la dozzina); il compenso annuo dei 43 operai
se era ormai indirizzata decisamente verso la libertà ammontava a £. 12.599 (calcolando una paga media
del commercio, che doveva essere il grande reagente giornaliera di £. 1,00 per 293 giorni), pari a £. 0,80 al
dello sviluppo ulteriore del Paese e strumento soltanto, giorno (0,80 x 365).
non il fine ultimo della vita industriale piemontese. Per Per gli artigiani la situazione migliorava notevol-
tutte queste benefiche iniziative i progressi industriali mente, infatti 84 fornaciai guadagnavano in media, an-
del Piemonte saranno evidentissimi; nel monregalese nualmente £. 436,90, mentre i vasai percepivano una
vi sarà poi grande incremento nelle iniziative manifat- media di £. 350 annue.
turiere fin dal 1832. Il progresso industriale piemontese
si rivelerà ampiamente con l'Esposizione di Torino del
1844.
Il merito della rinascita del Piemonte in generale e
del monregalese in particolare spetta in primo luogo
al Governo di Carlo Alberto, ma anche all'azione di
quell'illuminato e glorioso sodalizio economico-politico
che fu l'«Associazione Agraria Piemontese».
Il « boom » economico piemontese, che raggiungerà
il suo vertice massimo fra il 1849 e il 1859, durante i
governi d'Azeglio e Cavour, aveva avuto inizio, come
s'è visto, nel 1831 coll'ascesa al trono di Re Carlo
Alberto ed aveva avuto non piccola importanza nella
formazione di quella classe sociale che si imporrà nei
secoli XIX e XX: la grande borghesia commerciale, la
nuova borghesia industriale e la piccola e media bor-
ghesia consumatrice di grandi quantità di manufatti
a buon mercato.
In questo periodo diversi opifici venivano convertiti
in fabbriche di terraglia: Michele Giordana, architetto
cuneense, acquistata nel 1833 u n a soppressa per olio
di noci in Chiusa Pesio, la trasformava in fabbrica di
terraglia, che tre anni dopo, cedeva a Giuseppe Barbe-
ris; Giovanni Battista Besio, forse negli stessi anni,
accendeva i forni di u n a fabbrica ceramica in Mondovì Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
nel sobborgo di Carassone; i fratelli Andrea e Seba- Magliano - Mondovì 1850-1859
stiano Tomatis nel 1840 iniziavano la cottura di terra-
cotta e terraglia in un edificio già sede di u n a fabbrica Secondo Giovanni Allasia (18), nel 1834, una fami-
ceramica in Carassone. Poco tempo dopo nel 1841 glia di un contadino o di un operaio, composta di padre,
Giuseppe Besio, affittato un setificio in Mondovì al Pian madre e due figli, nella Provincia di Cuneo o in quella
della Valle, lo trasformava adattandolo a fabbrica di di Mondovì, spendeva annualmente, per alimenti ed
terraglia. alloggio, £. 365. In tale spesa non venivano considerati
Una statistica dell'Intendente Filiberto Vagina d'E- gli altri bisogni quasi indispensabili e gli eventi stra-
marese, pubblicata nel 1842 (17), rendeva noto che nella ordinari della vita familiare, quali nascite, matrimoni,
Provincia di Mondovì vi erano n. 8 fabbriche di stovi- malattie e morte. Se si deve tener conto delle spese per

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situazione di estrema indigenza della categoria stessa,
è non potranno essere rimosse che con l'aumento del
progresso tecnologico, apportatore di condizioni di
vita più umane.
Per lo scarso incremento tecnico, lento in generale
e sporadico quando veniva applicato, ma soprattutto
per il diffuso pauperismo, non si realizzavano quelle
favorevoli condizioni che altrove contribuivano al
grande ingresso della macchina nell'industria. Mal-
grado ciò la produzione aumentava per la diffusione
di un'industria di tipo domestico-artigianale la quale,
per la sua stessa produttività su piccola scala, quasi
di autoconsumo, veniva a essere l'ostacolo principale
per l'avvento in grande della macchina e della produ-
zione in serie.
Bisognerà giungere alle soglie del secolo XX perché
il mutato rapporto tra domanda e offerta si faccia
sentire e si avverta la necessità di qualificare quella
mano d'opera agricola che alla terra ormai non può
chiedere che un reddito misero o un sottoreddito. Si
otterrà così un manufatto migliorato e, al tempo stes-
so, si creerà un più vasto mercato di consumo (20).
Nella metà del secolo XIX, il costo del lavoro, pur
con salari bassissimi, è nell'industria locale sempre
troppo elevato e irrazionale, mentre si potrebbe defi-
Vaso h. cm 26,5
nire « casuale » l'impiego del capitale, molto scarso, che
Policromia automaticamente diventa troppo oneroso rispetto al
Magliano ? - Mondovì valore relativo dei beni prodotti. Anche il rapporto fra
1850-1859 capitale-lavoro e capitale-tecnica non è facilmente at-
tuabile, data l'abbondanza e la disponibilità di mano
d'opera che rende antieconomico l'impianto di macchi-
il vestiario, le calzature e l'eventuale acquisto o rin- nari (21).
novo degli attrezzi per lavorare, non è difficile giungere Con l'avvento dell'industria dovrebbe sorgere anche
alla conclusione che la paga percepita dal lavoratore il problema sociale. Ma i moti e i primi movimenti
era del tutto insufficiente. Perciò o il contadino e lo operai, le « tragedie del progresso » che scuotevano
operaio vivevano in regime di sottoalimentazione, op- molti paesi nella seconda metà del secolo XIX, non in-
pure ricorrevano a prestiti che difficilmente potevano fluenzeranno minimamente i dipendenti degli opifici
essere saldati. locali perché mancano vere e proprie industrie.
Delle due congetture ci pare molto più probabile la In Piemonte, la regione che pur sembrerebbe la
prima, confermata del resto dallo studio di G. Eandi, più adatta a ricevere i fermenti delle agitazioni carti-
che, trattando dello stesso argomento nel 1835 (19), ste e francesi, non si può parlare del problema operaio
scriveva: « ...è raro che il vitto comprenda qualche prima del 1859-60. La previdenza sociale, in genere,
cosa di più della polenta, di un meschino tozzo di pane, non esisteva; si era ancora fermi al sistema di carità
di un pezzo di cacio, con bevanda di posca o vinello...». pubblica che aveva ormai fatto il suo tempo rispetto
Il più delle volte, il lavoratore, stanco di lottare per al più profondo senso dei « diritti dell'uomo ». Il « pro-
una esistenza che non offriva alcuna prospettiva di blema operaio » quindi non esisteva ancora, anzi, non
miglioramento, decideva di seguire l'esempio dei suoi esisteva l' « operaio come uomo ».
conoscenti: vendeva cioè le poche e misere suppellet- Il problema era solo una questione di produzione a
tili che ancora possedeva ed emigrava con la disperata prezzi competitivi e l'operaio, ma soprattutto l'operaia
speranza che i suoi discendenti potessero finalmente e il ragazzo, erano sfruttati al massimo. Con graziosa
condurre una vita migliore. benevolenza l'imprenditore addebitava loro una ra-
L'arretratezza economica, l'apatia e l'ottuso con- zione di polenta al prezzo di costo, oppure elargiva
servatorismo che per tanto tempo ancora caratterizze- una minestra di riso (22): di più non poteva e non vo-
ranno il proletariato, trovavano profonde radici nella leva dare, perché, non esistendo una vera industria,

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per logica conseguenza, mancava una vera mentalità I giornali monregalesi dell'epoca lamentavano la
industriale (23). decadenza della maggior parte delle fabbriche citta-
La inadeguatezza dei mezzi produttivi di numerose dine e Casimiro Danna, in un opuscolo pubblicato nel
imprese artigianali monregalesi era causa di frequenti 1860 (24), presentava un quadro negativo dell'industria
crisi, poiché le piccole industrie non reggevano alla del circondario la quale, dopo che il commercio aveva
concorrenza delle grandi che, favorite anche dai nuo- preso altre vie, era in condizioni «miserrime»: gli
vi mezzi di trasporto ferroviario, immettevano con abitanti, solo a costo di molte economie, conservavano
grande profitto sul mercato notevoli quantità di pro- le loro fortune e il minimo infortunio poteva intaccare
dotti. il loro patrimonio. Intanto cresceva la disoccupazione

da documento di « Filiberto Vagina D'Emarese »

e di conseguenza l'emigrazione, molti opifìci venivano concerie di cuoi, fucine di ferro di prima lavorazione,
chiusi, molte arti abbandonate, molte case si svuota- filatoi e forni da calce, decadono le fabbriche di
vano. panni; si sostengono i filatoi e i torcitoi di seta, for-
In realtà, se diminuiva il numero delle imprese, naci e forni da calce, rifioriscono da alcuni anni le
qualcuna si rafforzava, si ampliava e potenziava la fabbriche di stoviglie... ». L'Intendente seguitava au-
propria attività. gurandosi che tutti gli imprenditori seguissero lo
La situazione industriale in Mondovì alla metà del esempio dei « fabbricatori di stoviglie... i quali allar-
secolo XIX ci è illustrata dalla « Relazione » dell'Inten- gando le loro operazioni, e giovandosi di metodi
dente Divisionale al Consiglio Provinciale nel 1852 (25): migliori, sono riusciti già a rialzare le loro industrie
«Contasi nel Capoluogo e sparse nei Comuni, fab- che andavano da tempo deperendo... ».
briche di panni, di stoviglie bianche e nere, di vetri, Indubbiamente l'industria ceramica monregalese

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da documento di « Filiberto Vagina D'Emarese »

era in fase di ascesa. Nel 1845 (26) esistevano in Mon- appieno le speranze della borghesia imprenditoriale.
dovì: La classe dirigente italiana si era infatti illusa, o per
— Fabbriche di maiolica bianca lo meno aveva illuso gli italiani, che l'indipendenza,
n. 2 — operai 59 — operaie 9 l'unità e la libertà politica avrebbero avuto, come con-
— Fabbriche di maiolica nera seguenza logica, lo sviluppo dei traffici e della produ-
n. 3 — operai 28 — operaie 5
— Fabbriche di stoviglie ordinarie
n. 1 — operai 2 — operaie nessuna.
La crisi del 1846-1847 colpiva nuovamente la già
debole struttura economica monregalese; l'impazienza
è sempre maggiore nella borghesia imprenditoriale,
che va di pari passo con le speranze delle classi subal-
terne, dell'atteso rinnovamento politico che è intuito
come apportatore di un miglioramento delle sempre
più miserevoli condizioni di vita.
Gli anni che seguirono il 1848 furono, sul terreno
economico, e fino alla crisi del 1857, anni di rigoglioso
sviluppo industriale, benché le nuove e le vecchie
fabbriche ceramiche del monregalese denunciassero
qualche periodo di inceppamento produttivo e com-
merciale.
Le speranze di un probabile incremento economico
derivante dalla liberalizzazione del commercio e dalla
auspicabile annessione al Piemonte di vasti territori,
si dimostrarono fallaci dopo le tristi giornate di Novara.
Quegli avvenimenti frenarono il favorevole andamento
congiunturale iniziato, come si è visto, alla fine del
1847, che potè riprendere, anche nel settore dell'indu-
stria ceramica, solo verso la metà del 1849. Ma la crisi
del 1857 provocò u n a ulteriore, temporanea battuta di
arresto nello sviluppo economico del paese, e anche il
compimento dell'Unità italiana non valse a rafforzare

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zione, primo traguardo in vista di u n a futura e tanto Nel 1860 i fratelli Giovanni, Giuseppe e Maria Messa
necessaria prosperità. Ma purtroppo l'Unità d'Italia, trasformavano in fabbrica di stoviglie un filatoio si-
invece che migliorare, aggravò le già misere condi- tuato in Mondovì Borgatto (27) e nel 1876 adattavano
zioni del proletariato sia operaio che contadino, cioè la a fabbrica di terraglia u n a manifattura di zolfanelli
grande maggioranza della popolazione italiana, che sita in Mondovì Rinchiuso.
vedeva distrutto il vecchio equilibrio economico a cui Il 30 ottobre 1867 Giuseppe Besio, dopo una lunga
si sostituiva u n a condizione ancora più incerta e preca- causa promossa contro il Magliano, otteneva — per
ria. Né più favorevoli erano in generale le condizioni sentenza a lui favorevole — la proprietà dell'edificio
materiali della piccola e media borghesia. sito in Pian della Valle (28). Il Magliano, il 19 gennaio
Il clima di euforia, suscitato dalla speranza d'una 1859, aveva ceduto la gestione della fabbrica a Lorenzo
espansione del mercato nazionale in seguito alla eli- Montefameglio e Luscaris i quali la condussero fino
minazione delle molteplici frontiere e alla relativa allo sfratto seguito al trapasso di proprietà degli im-
soppressione di tutti i dazi doganali, in cui gli impren- mobili. Il Besio, rientrato nell'opificio da lui ideato e
ditori intravedevano un forte incremento nella vendi- portato al massimo della produttività, dopo la paren-
ta di prodotti destinati per la maggior parte alle classi tesi forzata ne riprendeva la direzione e sagacemente
meno abbienti, non aveva corrisposto alle aspettative. riportava la produzione ai livelli del 1850, epoca in cui
Tutti i calcoli fatti si rivelarono, alla lunga, fallaci. La era stato estromesso. Lorenzo Montefameglio, trovato-
stessa casualità dei salari miserrimi — che dava u n a si suo malgrado in questo frangente, spostava la sua
relativa floridezza alle aziende che occupavano molta attività a Mombasiglio, dove acquistava nel 1870 un
mano d'opera — si dimostrava negativa per lo smercio edificio già adibito a filanda da seta e lo trasformava
dei manufatti più poveri, mancando quasi completa- in fabbrica di terraglia. Ma la soluzione non doveva
mente ai potenziali consumatori la possibilità di ac- essere delle migliori, trovandosi il Comune di Momba-
quisto. siglio decentrato dalle normali vie di comunicazione
Lo sforzo imprenditoriale in campo ceramico fu e dalla ferrovia.
notevole fra il 1850 e il 1880. Si ebbero numerose ini- Nel 1866 i fratelli Salvatore e Giovanni Battista
ziative, tuttavia sempre con i vecchi sistemi, ma anche Gabutti acquistavano la fabbrica ceramica di Chiusa
in tale clima di empirismo e di pauperismo, si svilup- Pesio da Giuseppe Barberis, che l'aveva rilevata dallo
parono e prosperarono alcune industrie ceramiche che architetto Michele Giordana nel lontano 1836. Nel 1871
vennero additate come esempio anche in campo nazio- a Savigliano veniva iniziata la cottura di prodotti ce-
nale. ramici da Pietro Dolci con un discreto successo. Questo
Alessandro Musso, succeduto al padre Benedetto « miracolo economico » nel settore ceramico, per lo
nella proprietà e nella direzione della prima fabbrica, più, non era dovuto esclusivamente alla abilità dei
nel 1850 trasformava un altro opificio, sito in Mondovì singoli imprenditori. Dice l'Omodeo (29) che nei primi
Carassone, già adibito alla follatura della lana, in anni del Ministero cavouriano i salari erano aumentati,
fabbrica di terraglia: nasceva il « Follone » Annibale in Piemonte, dal 20 al 30%, sia nelle industrie che nei
Musso, figlio anch'esso di Benedetto, edificava nel 1851 lavori agricoli: non nel monregalese però, dove la
in Villanova di Mondovì u n a fabbrica di ceramica che, mercede giornaliera era anzi diminuita. La paga annua
in breve tempo, riscuoteva notevole successo. Nel 1850 di un operaio si aggirava ancora su una media di £.
Giuseppe Besio, con la fabbrica in piena attività, ve- 365,70, mentre le operaie percepivano annualmente
niva sfrattato dal proprietario dello stabile Giovanni u n a media di £. 153,60. Per i fanciulli, impiegati in nu-
Battista Magliano che, a sua volta, continuava nello mero assai notevole, non esistevano indicazioni di sor-
stesso opificio l'attività già svolta dal Besio. Questi, ta, ma evidentemente fruivano di u n a paga ancora più
affittato nello stesso anno un vecchio filatoio sito in misera. La giornata lavorativa, nella buona stagione,
Mondovì Borgatto, lo adattava a fabbrica di terraglia poteva durare anche quindici ore, con una interruzione
riuscendo in poco tempo a portare la produzione a di un'ora per mangiare o per riposarsi.
livelli quasi uguali a quelli raggiunti nello stabilimen- Ma davvero terribili dovettero risultare per le classi
to di Pian della Valle. più povere gli anni delle crisi annonarie. Si consideri
Nel 1858 Giovanni Baccelli cominciava a produrre a tale proposito che nel 1853 il pane di frumento rag-
in Villanova stoviglie in terra refrattaria, la cosiddetta giunse il prezzo di centesimi 65 il chilogrammo e,
« terra di Antibo ». Pochi anni dopo due suoi operai, quindi, costava più della normale retribuzione giorna-
Michele Tonelli e Giovanni Fenoglio, iniziavano anche liera di u n a operaia! (30). Nel 1869 i cittadini meno
essi, in Villanova, la stessa attività, mentre un terzo abbienti — contadini, operai, piccoli artigiani — acqui-
ex dipendente del Baccelli, Ambrogio Ambrosio, accen- renti abituali delle ceramiche monregalesi, che già
deva, un forno per produrre stoviglie in Mondovì. erano oppressi dal costo della vita, dalla tassa sul sale

33
e dalle gravose imposte indirette (31), subirono un come tutti gli altri in questa stagione, ci tocca di tro-
ennesimo inasprimento fiscale con la « tassa del ma- varci senz'acqua. Conseguenze funeste di questo sono
cinato », la più odiosa ed impopolare fra tutte le gabelle. la mancanza di lavoro cui è soggetto un considerevole
Tumulti e sommosse scoppiarono un po' ovunque. numero di operai capi di famiglia addetti alle diverse
Giuseppe Besio, che aveva da poco acquistato un mu- fabbriche ceramiche... nonché l'esalamento di gas-mia-
lino e stava demolendolo per trasformarlo in un effi- matici... ».
ciente opificio, rinunciò al primitivo disegno, anche Nell'estate del 1854 poi il « Cholera Morbus » irruppe
per accondiscendere al desiderio delle Autorità, preoc- dalla Liguria nella Provincia di Mondovì e ricomparve
cupate per la serrata degli altri mugnai. Il ripristino l'anno dopo. Ancora nel 1866 vi furono casi di colera.
del mulino placò gli animi ed evitò u n a sommossa che Il movimento associativo degli operai nacque in
i più ritenevano ormai inevitabile. Il gesto di Giuseppe Mondovì, nel 1847, con la « Pia Unione Artistica di
Besio non raccolse tuttavia tutti i consensi che l'Auto- Mutuo Soccorso » fondata dai muratori a Breo, ma la
rità si aspettava, infatti il Sottoprefetto dovette far vera Società di Mutuo Soccorso, laica di tipo moderno,
presidiare dai bersaglieri tutte le proprietà del Besio, nacque e si sviluppò dopo il 1848 con la proclamazione
per risparmiargli rappresaglie da parte del popolo in dello Statuto Albertino. Un certo grado di sviluppo
subbuglio (32). dell'industria e quindi di concentramento operaio, il
Gli industriali monregalesi, ai quali non poteva clima costituzionale che consente il diritto di associa-
sfuggire l'evidenza delle tristi condizioni in cui vive- zione e la parte più illuminata della borghesia favori-
vano i loro operai, gradualmente aumentarono le re- rono la diffusione dell'associazionismo operaio.
tribuzioni, in modo da avvicinarle al costo, sempre Il 6 luglio 1851 la « Pia Unione Artistica di Mutuo
crescente, della vita. Nel 1871, secondo quanto si leg- Soccorso » si trasformò in « Società di Mutuo Soccorso
geva sul giornale « Il Vasco », il lavoro veniva retri- e di Reciproca Istruzione » che riuniva tutti gli operai
buito in misura quasi doppia rispetto ad un anno di Mondovì. Il Giornale « L'Alpe Mondovita » (35) in-
prima (33). formava che l'Associazione era bene avviata, anche se
Un altro problema non indifferente era costituito dal manifestamente osteggiata dall'Intendente Divisionale
pericolo di incendi, dati i metodi empirici di illumina- che non vedeva di buon occhio questo o qualsiasi altro
zione dell'epoca. Il 15 agosto 1861 bruciava la fabbrica
di Alessandro Musso in Carassone (34), il 17 settembre
1863 la fabbrica dei fratelli Messa, il 26 aprile 1864
veniva distrutta da un incendio u n a non bene identi-
ficata fabbrica ceramica sita in via Fredda nel rione
di Piazza, il 25 ottobre 1864 si sviluppava un principio
di incendio nella fabbrica di Montefameglio al Pian
della Valle, incendio presto domato, ma che provocò
notevoli danni. Se le fabbriche poterono riprendersi
dal danno in poco tempo, molti operai però rimasero
senza lavoro e le loro famiglie furono ridotte alla più
squallida miseria.
Anche le calamità naturali rendevano difficile lo
andamento aziendale delle varie industrie, ma soprat-
tutto rendevano precarie le condizioni di vita di un
certo numero di operai. A volte si verificavano alluvioni
che provocavano danni lievi alle attrezzature, ma in-
terrompevano temporaneamente il ciclo produttivo;
altre volte piene disastrose danneggiavano gravemen-
te le fabbriche impedendo per lunghi periodi di tempo
una regolare produzione manufatturiera. Gli anni 1832,
1841, 1852, 1857 videro gli opifici allagati e, malgrado
la ricostruzione migliorata degli argini e delle chiuse
dell'Ellero, i gravi inconvenienti continuarono, come
lamentava « Il Vasco » nel suo numero del 26 giugno
1868: « ...dacché come sempre u n a malaugurata piena
dell'Ellero schiantò la superba chiusa che dà l'acqua
alla bialera detta delle « concerie » anche questo anno

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movimento operaio. Malgrado questa resistenza, alla umanistico. Gli industriali della ceramica, se volevano
inaugurazione, avvenuta il 29 ottobre 1851, erano pre- assumere operai specializzati, dovevano richiedere ex
senti oltre cinquecento soci. Nel 1860 sorgeva in Caras- allievi alla « Scuola professionale di Arte e Mestieri »
sone la « Società Operaia di Carassone » presieduta di Savona, dove si preparavano i giovani ad esercita-
dall'Avvocato Scalera e nel 1862 veniva fondata la re l'arte figulina e si tenevano corsi di specializzazione
« Società Operaia di Piazza » presieduta dal Causidico per gli operai già addetti a tale lavoro. Dopo molte
Celestino Calieri (36). A Chiusa Pesio nel 1860 veniva discussioni, dilazioni, rinvii e lungaggini burocratiche,
istituita la prima « Società Operaia di Mutuo Soccorso» gli organi governativi, accogliendo l'unanime richiesta
(37) e, nel 1862, si inaugurava quella di Ceva (38). dei settori imprenditoriali interessati e delle Società
Il nascente ceto industriale moderno avvertì la Operaie, istituivano in Mondovì, con Regio Decreto
necessità di concedere provvidenze sociali agli operai Legge del 23 settembre 1877, una Scuola Professionale
ritenendo la tattica riformistica più vantaggiosa al in cui si insegnavano la meccanica, la matematica, le
padrone di quella violenta. Dal momento che le coali- costruzioni, il disegno e la modellazione in creta. Le
zioni di classe dovevano essere senz'altro evitate, la spese annue per il funzionamento della scuola veniva-
Società di Mutuo Soccorso, offrendo la possibilità di no così distribuite: lo Stato interveniva con lire 3000,
immissione, direzione e controllo da parte dei padroni, il Comune con lire 3000, la Provincia con lire 4000 e la
rispondeva sufficientemente agli interessi del ceto diri- Camera di Commercio con lire 1000.
gente. Gli industriali si fecero quindi « paterni » nei Qualcosa si muoveva e, presto o tardi, la moderniz-
confronti degli operai anche se la Società di Mutuo zazione dell'industria monregalese, ma soprattutto del-
Soccorso rappresentava il primo nucleo del movimento l'industria ceramica, sarebbe stata attuata. Ma soltan-
operaio italiano sotto il segno della previdenza, della to dopo il 1880 cominciarono a delinearsi quegli eventi
assistenza e della filantropia padronale (39). che col nuovo secolo avrebbero rinnovato e sviluppato
Il 30 luglio 1860 gli operai di Torino promossero una l'industria. Il « risorgimento » industriale ed economico
agitazione per ottenere l'orario lavorativo di dieci ore doveva necessariamente compiersi più lentamente del
(40) e tali manifestazioni si rinnovarono ancora a To- risorgimento politico. Come già si è detto, subito dopo
rino nel 1863 e a Biella nel 1864 (41). la proclamazione del Regno d'Italia emersero grosse
Questi tumulti ebbero ripercussioni anche nel mon- difficoltà: l'industria, piccola o grande che fosse, do-
regalese, dove gli operai, attraverso delegazioni, pre- veva trovare una sua dimensione nazionale.
sentarono petizioni ai datori di lavoro, ma senza grandi La situazione del Paese si aggravava però sempre
risultati. Gli operai, infatti, ottennero soltanto vaghe più, seguita nei due decenni fra il 1866 e il 1883 dal
promesse di un futuro miglioramento degli orari di corso forzoso; dopo il 1873 una grave crisi bancaria ed
lavoro, qualche lievissimo aumento nei salari e nulla assicurativa colpiva duramente il risparmio ripercuo-
altro. tendosi sull'industria ed infine sull'agricoltura e disper-
Già dal 1860 si era avvertita, in Piemonte, la neces- dendo i potenziali consumatori di manufatti poveri.
sità della istituzione di scuole speciali per operai. Di- L'industria, più per i suoi limiti modesti che per la pro-
versi tentativi vennero fatti per risolvere il problema, pria solidità, riusciva a risollevarsi rapidamente. Il
finché alcune categorie di fabbricanti, interpellate dal 1879 segnava l'inizio della ripresa, mentre già nel 1878
« Comitato d'Inchiesta Industriale », furono unanimi il protezionismo, maggiormente accentuato negli anni
nel dichiarare la « ...grave carenza di operai e capi seguenti, rilanciava l'economia (43).
officina, i quali uniscano alla pratica una certa cultura In questo periodo poco propizio per l'industria cera-
e cognizioni teoriche non affatto elementari rispetto mica monregalese si hanno le prime timide conversioni
all'arte che esercitano... » (42). d'impianti. Già alcuni anni prima del 1880 le fabbriche
Molti intervistati rilevarono che gli operai lavora- di terraglia avevano iniziato a cuocere i loro prodotti
vano empiricamente, seguendo alla cieca gli insegna- in forni alimentati con legna e carbon fossile.
menti e i precetti dei vecchi maestri, dai quali avevano Era un enorme passo avanti. Il carbone fossile en-
appreso meccanicamente il mestiere. Gli industriali, trava così molto tardi nell'uso industriale ceramico e
tutti quindi, affermavano che questa deficienza deri- vetrario in Piemonte, anzi, strano a dirsi, il suo impiego
vava dalla mancanza di scuole specializzate in grado fu ostacolato nel secolo XVIII ed ancora nella prima
di istruire convenientemente gli operai delle varie in- metà dell'Ottocento. Infatti risulta che a Nizza, nelle
dustrie e di formare i capi mastri. cui vicinanze (Lavegno) s'era stabilita una vetreria in
Mondovì, già sede universitaria e pertanto sensibile attività solo per pochi anni, si sarebbe desiderato im-
e aperta agli interessi dell'insegnamento, vantava un piantare un opificio utilizzando carbone fossile; ma il
discreto numero di scuole elementari e superiori, che Consolato di Nizza nel 1761 si oppose e, quando un in-
però impartivano soltanto una istruzione di carattere dustriale di nome D'Adonard inoltrò un'esplicita do-

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manda nel 1779, ne ebbe un nuovo rifiuto (44). Il 7 ne dei forni.
luglio 1759 intanto il « ...parere del Congresso col quale Nel 1883, primo nel monregalese, Andrea Salomone
si propongono i mezzi, lo sviluppo e il funzionamento di Villanova inaugurava un forno funzionante esclusi-
della fabbrica di vetri... di portare la fabbrica di vetri vamente a carbon fossile. Negli stessi anni Felice Mus-
alla Chiusa... per poter usufruire del legno della Certo- so, allo scopo di incrementare la produzione, impian-
sa di Pesio... » era stato ascoltato e quindi il 23 luglio tava al « Follone » un enorme forno circolare a fuoco
1759 erano uscite le Lettere Patenti che, assieme alle mobile tipo Hoffman. Per timore della concorrenza
Lettere Patenti del 10 settembre 1759, stabilivano la tutti gli industriali ceramici della zona iniziavano timi-
costituzione della « Società Reale per l'esercizio della damente il rinnovo dei forni onde migliorare la cottura
fabbrica di vetro di Torino e della Chiusa » in seguito dei loro prodotti.
denominata « Regia Fabbrica di Cristalli e Vetri del
Verso il 1875 Giuseppe Besio, constatato che le cave
Piemonte ».
di argilla di Vicoforte stavano esaurendosi, incominciò
Il legno come combustibile fu usato ininterrotta- ad importare, primo nel monregalese, la cosiddetta
mente fino al fallimento del 1838. Nel 1854, alla ria- « terra d'Olanda », che altro non era se non argilla
pertura della vetreria, i nuovi imprenditori, invece di tedesca del Westerwald imbarcata su velieri olandesi
modernizzare l'opificio sostituendo i vecchi forni a le- nel porto di Rotterdam. Egli ottenne così terraglie mi-
gna con altri nuovi funzionanti a carbone, affrontarono gliori senza cavillature, più uniformi nei colori e nei
a cuor leggero l'insostenibile concorrenza fra il carbone decori. Dopo pochi anni tutti i fabbricanti di terraglia
e la legna, avviandosi verso un nuovo dissesto. della regione seguivano il suo esempio adottando la
Anche nell'industria ceramica, fino dai primi anni « terra d'Olanda ». Solo successivamente vennero im-
della sua attività, per alimentare i forni veniva adope- piegate altre argille, segnatamente inglesi e francesi.
rata esclusivamente legna. Il consumo eccessivo di
questo combustibile aveva inevitabilmente portato al La scarsa entità delle manifatture locali non con-
depauperamento della superficie boschiva, soprattutto sentiva il nascere di una « questione operaia ». Gli
nelle vicinanze delle fabbriche. La maggiore lontanan- scioperi, il cui numero e la cui portata costituiscono
za delle fonti di approvvigionamento aveva antiecono- un buon indice d'industrializzazione, mancano quasi
micamente fatto aumentare i costi; per di più, le dis- completamente nel periodo che intercorre fra il 1860
sestate carreggiate che si addentravano nei boschi, erano e il 1880: pure le condizioni della classe lavoratrice
con fatica percorse da carrettieri, cavalli o buoi, che erano più che miserevoli. Solamente dopo il 1880, con
dovevano trainare carichi assai pesanti. Fra gli anni il nuovo sviluppo dell'industria, anche i problemi ope-
1870 e 1875 si ripeteva per le piccole imprese addette rai si fecero sentire.
al rifornimento della legna combustibile destinata alle La congiuntura economica, in seguito alla politica
industrie ceramiche, quello che era avvenuto nelle protezionistica del 1878, che aveva dato qualche frutto
manifatture stesse. Finché l'uomo era sfruttabile al e aveva avuto una più decisa accentuazione nel 1887,
limite delle sue forze, con orari e alimentazione subu- dopo alcuni anni di discreto andamento fra il 1883 e il
mana, il consumo della legna era ancora economica- 1886, divenne nuovamente sfavorevole: la piccola e
mente vantaggioso; non appena si delineò un adegua- media industria, soprattutto negli anni 1893 e 1894,
mento dei salari a un tenore di vita più sopportabile precipitarono perciò in un'altra crisi.
anche per boscaiuoli e carrettieri, la speculazione si I lavoratori vivevano ancora in condizioni talmente
accorse che esistevano altri combustibili più adatti alla miserevoli da non poter sopportare nemmeno un pic-
bisogna. Tali combustibili, adeguatamente sfruttati sia colo aumento del prezzo del pane. L'arretratezza del
come fonte di calore che come forza motrice, porte- paese, l'esosità della classe padronale, lo sperpero di
ranno inevitabilmente al rammodernamento delle in- denaro pubblico (soprattutto per spese militari ed im-
dustrie ceramiche. prese coloniali) con il conseguente carico tributario
Solo verso il 1880 i vari fabbricanti di ceramica iniquamente distribuito, rendevano intollerabile un ul-
incominciarono a considerare favorevolmente l'impie- teriore abbassamento del tenore di vita. Perciò, quando
go esclusivo del carbon fossile, dotato di maggiore po- nel 1898 il prezzo del pane aumentò, anche per effetto
tere calorifico e trasportabile tramite la ferrovia fino della guerra ispano-americana, di 35/50 centesimi il
alle adiacenze delle fabbriche. L'unico inconveniente chilogrammo, scoppiarono agitazioni, tumulti e scio-
era il costo eccessivo della trasformazione dei forni peri.
già alimentati con la legna, spesa che sarebbe stata Fu questo uno dei periodi più tristi per gli operai e
solo in parte compensata dall'economicità del traspor- i produttori di ceramica monregalesi. Dopo i dissesti
to del combustibile e dall'impiego di un minore numero della fabbrica di Federico Besio e di quella di Momba-
di operai addetti al funzionamento e alla manutenzio- siglio, spegneva i forni Pietro Dolci a Savigliano. Tutti

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i fabbricanti di terraglia tenera e di stoviglie ordinarie più rapidi. Lo smercio della terraglia tenera, malgrado
vedevano diminuire progressivamente le vendite men- l'impiego di qualche macchina e l'aumento della pro-
tre le tasse e le spese di esercizio avevano un incremen- duzione, si faceva sempre più diffìcile sia per il mi-
to notevole. Sembrava imminente ed inevitabile un gliorato tenore di vita della clientela abituale sia per
collasso generale. le preferenze dei ceti più abbienti che si indirizzavano
La fabbrica di Felice Musso, il « Follone » in Caras- verso la terraglia forte o la porcellana, sostenuta da
sone, fu acquistata dalla più forte ed efficiente Società gruppi industriali potenti e bene organizzati. Lo smer-
Ceramica Richard Ginori nel 1897. Anche la fabbrica cio della produzione più corrente fu allora orientato
Giuseppe e Federico Besio nel Borgatto, già rilevata verso le zone depresse del Centro-Sud, verso le isole
da Felice Musso, fu ceduta alla Richard Ginori e da e le colonie, con risultati abbastanza soddisfacenti.
questa rivenduta e destinata ad ospitare altre attività. Nei primi anni del nuovo secolo i prezzi, che ave-
L'unica ditta che dimostrò un certo dinamismo fu la vano toccato i limiti più bassi nel 1896, accentuarono
fabbrica già dei fratelli Messa, acquistata nel 1884 da la loro ascesa, in particolare nel decennio che va dal
Lorenzo Beltrandi in società con Felice Musso, società 1903 al 1913, escluso il 1907, anno in cui sopravvenne
che venne sciolta nel 1898 quando il Beltrandi rilevò u n a lieve crisi.
la quota del socio. I sindacati operai, ormai coscienti della loro forza,
Negli ultimissimi anni del secolo si notò però un organizzarono uno sciopero generale nel 1904, ottenen-
certo incremento nella vendita dei manufatti e l'eco- do la completa adesione della classe lavoratrice e con-
nomia entrò in un nuovo periodo ascensionale, anche quistando il riconoscimento del diritto sia di organiz-
se il successo della ceramica monregalese ottenuto con zazione che di sciopero, servendosi poi di queste armi
le decorazioni a spugna, a pennello e a stampa inco- per strappare considerevoli miglioramenti nelle condi-
minciava a diminuire. Certe decorazioni venivano ab- zioni di lavoro e nei salari, finché, nel 1906, con un
bandonate man mano che cresceva il costo della mano nuovo e massiccio sciopero, i sindacati coalizzati otten-
d'opera e a causa della concorrenza di produzioni di nero nuove migliorie salariali e diminuzione di ore
qualità superiore realizzate con sistemi più moderni e lavorative.

Piatto ovale largh. cm 27


Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

37
Senza dubbio il movimento sindacale, sfruttando essi le migliorie ritenute ormai indispensabili.
abilmente la congiuntura favorevole dei primi anni Le esportazioni aumentarono, anche se in molti
del secolo, riuscì a forzare la mano al padronato spin- Paesi il protezionismo ostacolava le importazioni. Con
gendolo a ricercare nuove tecniche produttive, a in- i nuovi metodi produttivi improvvisamente si profilò
trodurre macchinari più moderni, ad accrescere la per l'economia delle ceramiche monregalesi la prospet-
produttività per far fronte ai richiesti aumenti sala- tiva di u n a crisi di sovrapproduzione (46).
riali.
La prima guerra mondiale interruppe la favorevole
Ormai i tempi erano mutati e anche gli industriali congiuntura che stava trasformando l'economia mon-
ceramici erano obbligati a svincolarsi dal quasi seco- regalese. Nel 1917 il commercio e l'industria languivano
lare immobilismo e dovevano, per forza di cose, o rin- per deficienza di materie prime, scarsità e lentezza
novare gli impianti e le attrezzature invecchiate e dei trasporti, vincoli doganali, carenza di mano d'o-
sorpassate oppure chiudere gli opifici divenuti antie- pera. L'instabilità monetaria ed il continuo e rapido
conomici. Iniziava questa nuova politica industriale elevarsi del costo della vita causarono una forte di-
la Società Ceramica Richard Ginori che, nella fabbrica minuzione del potere d'acquisto della nostra moneta:
recentemente acquistata, rimodernava o ricostruiva i segni esterni di questo malessere furono le agitazioni
vecchi edifici, sostituiva i forni vetusti con quelli cir- operaie del 1919-20. Nel 1922 la diminuzione dei prezzi
colari a fuoco intermittente, dava un assetto più razio- internazionali ed u n a relativa stabilità monetaria sem-
nale a tutti i locali delle lavorazioni. bravano annunciare il superamento della crisi.
Timidamente seguirono questa azione rinnovatrice
la Ceramica Vedova Besio & Figlio, con trasformazio- La diversità e la complessità dei problemi interes-
ni negli edifici e negli impianti, nei forni e nei magaz¬ santi la piccola e media industria avevano consigliato,
zini; la fabbrica di Lorenzo Beltrandi, a sua volta, ri- sempre nel 1922, alle Autorità Economiche la creazione
modernò l'opificio adottando nuovi macchinari; la So- nell'ambito commerciale, di un « Comitato Provinciale
cietà Anonima Ceramiche di Mondovì, che Edoardo per le Piccole Industrie » allo scopo di agevolare l'atti-
Barberis aveva rilevato da Benedetto Musso, migliorò vità delle manifatture a carattere promiscuo indu-
anch'essa gli edifici e le attrezzature; gli altri fabbri- striale-artigianale. Il Comitato aveva istituito corsi
canti, sebbene incerti e titubanti, introdussero anche speciali di addestramento professionale e organizzato

Anatra h. cm 12
Coniglietto h. cm 12 Policromia
Monocromia azzurra Musso e Beltrandi
I - Besio Mondovì Mondovì 1884-1890

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mostre, cercando di incrementare la vendita con la affidandone la gestione alla Società Ceramica Richard
pubblicità dei prodotti. Ginori.
Dal 1925 al 1929 l'industria si orientò verso moderni L' « Ufficio Unico Consorziale » (al quale aderirono
criteri di produzione che imponevano la trasformazio- la « Società Ceramica Italiana Richard Ginori » in Mon-
ne di molti impianti con il relativo ampliamento di dovì Carassone, la « S.A. Succ. Vedova Besio & Figlio »
alcuni stabilimenti, provvedimenti indispensabili per in Mondovì Pian della Valle, la « Ceramica Lorenzo
poter gareggiare con le imprese più evolute situate in Beltrandi » in Mondovì Rinchiuso e la « Ceramica Fe¬
località vicine (47). lice Musso » in Villanova di Mondovì), iniziava la sua
L'emigrazione, valvola di sicurezza dell'economia attività nell'aprile 1934 ed operava fino al 31 marzo
locale, per disposizioni governative fu quasi del tutto 1943 raggiungendo, in parte, lo scopo che si era pre-
ostacolata. La stabilizzazione monetaria, intanto, at- fisso: incrementare le vendite, ridurre i rischi del cre-
tuata nel 1927 con il discorso di Pesaro, attribuiva alla dito ed evitare lo slittamento dei prezzi cui dovevano
nostra moneta un valore superiore a quello effettivo sottostare i produttori per accaparrarsi i clienti più
determinando ancora maggiori difficoltà nell'esporta- solidi ed importanti (48).
zione. I profitti d'esercizio furono discreti, ma avrebbero
Il fragile equilibrio raggiunto verso la fine degli potuto essere sensibilmente migliori se il mercato del-
anni '20 fra le economie dei vari Stati, fu violentemen- la terraglia tenera non fosse stato influenzato in modo
te sconvolto dalla « grande crisi » e, fra il 1930 e il 1932, determinante dalla politica commerciale dei grossi
ogni nazione creò u n a propria economia chiusa. Anche complessi operanti in Lombardia e in Toscana. In quel¬
il Governo Italiano intervenne inventando l'autosuffi- le regioni infatti le fabbriche di terraglia forte, moder¬
cienza economica, ossia l' « autarchia ». Questa congiun- namente attrezzate, erano in grado di immettere sul
tura, che colpiva gravemente anche la ceramica mon- mercato notevoli quantitativi dei loro prodotti a prezzi
regalese, durò diversi anni e portò nel 1932-1935 al pari o di poco superiori a quelli della terraglia dolce.
dissesto della « Ceramica La Vittoria ». Altre fabbri- Tale politica si rivelò anche più decisamente con-
che del settore, dopo un'accanita concorrenza, si accor- traria agli interessi dei produttori di terraglia tenera
darono per costituire l '« Ufficio Unico Consorziale » allorché vennero imposti i « prezzi corporativi » (49). Il
per sviluppare e controllare la vendita dei prodotti, consorzio dei produttori di terraglia forte (C.PI.TI.)

Piatto Ø cm 20
Monocromia bianco
manganese Piatto Ø cm 23
Giuseppe Barberis Monocromia bianco bleu
Chiusa Pesio - 1836-1866 Alessandro Musso -
1849-1879

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potè ottenere infatti l'autorizzazione ministeriale per elettrica, delle imposte e tasse e di altri oneri, vennero
variare convenientemente i prezzi, accampando il pre- sopportati dalle aziende maggiori con relativa disin-
testo che la terraglia tenera, destinata alle classi popo- voltura perché le perdite nel settore delle ceramiche
lari con minori possibilità economiche, doveva essere per uso domestico erano compensate dai forti utili
immessa al mercato a prezzi più accessibili (50). realizzati in altri settori — isolatori, sanitari, piastrel-
L'entrata in guerra dell'Italia cagionò notevole di- le, vitreus — favorite dalla domanda in aumento e sen-
sagio a tutte le industrie non esclusivamente belliche, za eccessiva concorrenza.
costringendo le fabbriche di ceramiche a ridurre la La terraglia tenera subì per contraccolpo ribassi
produzione e a ricorrere all'impiego della legna e della notevoli senza aver modo di difendersi, perché il prez-
sansa per la cottura dei prodotti. La « Ceramica Bel- zo del prodotto doveva mantenere la tradizionale di-
trandi » licenziò tutti gli operai e chiuse lo stabilimen- stanza rispetto alla quotazione della terraglia semiforte
to, le altre fabbriche ceramiche continuarono a ritmo e forte, prodotto di qualità superiore. I tentativi rivolti
ridotto fino all'esaurimento delle scorte. La quasi tota- a ridurre i costi o ad aumentare i redditi, si risolsero
lità delle maestranze dovettero essere gradatamente in spese ingenti di difficile ammortamento. I modesti
dimesse. Nel 1943 gli accordi per il funzionamento risultati eventualmente ottenuti venivano annullati da
dell' « Ufficio Unico Consorziale » non vennero rinnova- nuovi aggravi fiscali, dal maggior costo delle materie
ti a causa della particolare situazione. prime, dal progressivo aumento dei salari e degli oneri
Dopo la parentesi bellica, le industrie del monrega- sociali, assicurativi e previdenziali ad essi collegati
lese riprendevano la loro attività man mano che i rifor- (52).
nimenti di combustibile e materie prime ricominciava- Un altro elemento di squilibrio nel prezzo della ter-
no a normalizzarsi. L'andamento favorevole del mer- raglia fu provocato dalla Società Ceramica Richard
cato dei prodotti ceramici ne consentì un facile Ginori che, nel 1957, rinunziando alla produzione di
collocamento a prezzi discretamente remunerativi. Lo terraglia tenera, indusse la direzione commerciale a
sviluppo industriale e commerciale continuò per di- ridurre i prezzi di vendita della residua produzione e
versi anni, malgrado u n a diminuzione nella produtti- delle scorte di magazzino. Ne derivò un disorienta-
vità delle maestranze. mento del mercato e una flessione di prezzi che perdu-
rò fino al 1965, malgrado la minor produzione di ter-
La valvola di sicurezza delle esportazioni, che aveva
raglia tenera. Anche le nuove terraglie semiforti, per
condotto alla ripresa di relazioni con i vecchi clienti e
ragioni commerciali, vennero immesse sul mercato a
al reperimento di nuovi consumatori, venne progressi-
un prezzo inferiore a quelli praticati da altre analoghe
vamente a mancare quando l'aumento dei costi di pro-
produzioni.
duzione accrebbe il prezzo di vendita.
La chiusura della Ceramica Beltrandi nell'aprile del
Nel contempo il favorevole mercato degli anni post 1963 e la cessazione della produzione di terraglia dolce
bellici, la larga disponibilità di mano d'opera locale
da parte della Ceramica Felice Musso il 28 febbraio
poco costosa (soprattutto donne e minori) unite a varie
1964, attrezzatasi modernamente per produrre suppor-
facilitazioni governative spinsero numerosi imprendi-
ti per resistenze elettriche di alta qualità, non ebbero
tori a creare industrie ceramiche nel Veneto e nel
sensibili ripercussioni sul mercato. Solo nel 1964 si
Centro Sud. I produttori monregalesi non dettero peso
all'influenza commerciale delle nuove fabbriche illu- rilevarono alcuni sintomi di ripresa e di adeguamento
dendosi, a torto, che i vecchi marchi, conosciuti ed ap- dei prezzi da parte delle principali fabbriche di terra-
prezzati da oltre un secolo, fossero sufficienti a garan- glia forte.
tire in ogni circostanza il collocamento dei prodotti ai Negli ultimi anni del sessanta la domanda di arti-
prezzi da loro fìssati (51). coli decorati a mano ed a colori vivaci, ricalcante i
decori della « vecchia Mondovì » si accentuò. Purtrop-
Alcune delle nuove industrie, benché realizzate da
imprenditori senza alcuna esperienza nel ramo ma con po gli industriali monregalesi non potevano far fronte
imponenti mezzi finanziari, adottarono impianti conti- completamente alla forte richiesta del mercato per la
nui e macchine automatiche, riuscendo a produrre del- carenza di mano d'opera specializzata. La situazione
l'ottima terraglia forte a costi notevolmente inferiori parve normalizzarsi verso il 1970; nello stesso periodo
a quelli delle aziende primarie. Nel 1952 la superpro- buona parte dei prodotti « standard » veniva collocato
duzione che saturava il mercato delle ceramiche ori- e facilmente smerciato nei grandi magazzini. Infine,
ginò una guerra commerciale senza esclusione di colpi, nell'ottobre 1972, in seguito alla ristrutturazione delle
provocando progressive e continue falcidie di prezzi. fabbriche della Società Ceramica Richard Ginori, si
I ribassi praticati in periodi di costi crescenti della decideva la chiusura dello stabilimento di Mondovì
mano d'opera, delle assicurazioni sociali, dell'energia Carassone.

40
NOTE
1) G I A N M A R I A ORTES Dell'Economia nazionale, T o r i n o , 1852 — p a g g . 958, 959, 1009;
Il monregalese nel periodo storico napoleonico 1792-1815, Vigone,
2) D O M E N I C O OCCELLI 1926 — p a g g . 14, 15;
La vita economica in Piemonte a mezzo del secolo XVIII, Torino,
3) GIUSEPPE PRATO 1908 — p a g g . 168, 169;
La vita economica dell'Italia nell'età napoleonica, Torino, 1950 —
4) E.V. TARLE' p a g . 78;
Storia di Mondovì, M o n d o v ì , 1921 — p a g . 217;
5) AMEDEO MICHELOTTI
Annuaire statistique du Département de la Stura pour l'an 1806,
Coni, 1806 — p a g . 157;
6) D. D E S T O M B E S
Statistique du Département de la Stura pour l'an 1809, Coni, 1809
— p a g g . 146, 147;
7) D. D E S T O M B E S
Relazione dello stato presente del Piemonte, Torino, 1635 —
p a g g . 41, 42,
8) A G O S T I N O DELLA C H I E S A
Relazione dello stato presente del Piemonte, Torino, 1635 —
p a g g . 42, 43;
9) A G O S T I N O DELLA C H I E S A
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
dell'economia provinciale, C u n e o , 1962 — p a g . 174;
10) P I E R O CAMILLA
e GIUSEPPE RAIMONDI Lineamenti di una storia del movimento operaio italiano, Milano,
11) G. T R E V I S A N I 1959 — p a g . 16;

12) RODOLFO MORANDI Storia della grande industria in Italia, B a r i , 1931 — p a g . 33;

13) FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, S a v o n a , 1925 — p a g . 17;

14) GINO LUZZATTO Storia economica dell'età moderna e contemporanea, Padova, 1860
— p a g . 162;
15) G.F. B A R U F F I Pellegrinazioni autunnali, T o r i n o , 1841 — vol. I, pagg. 570, 575,
614; — vol. II, p a g g . 935, 1014, 1015, 1315;
16) dal giornale « // Vasco », M o n d o v ì , 1870 — 7 e 14 m a g g i o ;

Cenni statistici sulla Provincia di Mondovì — 8 luglio 1842 —


17) F. V A G I N A D ' E M A R E S E M o n d o v ì , 1842 — p a g g . 48, 49, 50, 51, 52;
Note di vita agricola nella Provincia di Cuneo durante il secolo
18) GIOVANNI ALLASIA XIX, C u n e o , 1962 — p a g g . 16, 17, 18, 19;
Statistica della Provincia di Saluzzo, Saluzzo 1835 — Vol. II —
19) G. EANDI p a g . 64;
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
20) P. CAMILLA - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale, Cuneo, 1962 — p a g . 177;
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
21) P. C A M I L L A - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale, C u n e o , 1962 — p a g . 173;
Lavoro e produzione in Italia dalla metà del secolo XVIII alla
22) A. FOSSATI seconda guerra mondiale, T o r i n o , 1951 — p a g . 17;
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
23) P. C A M I L L A - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale. C u n e o , 1962 — p a g . 180;
Monografia intorno alla Città e Circondario di Mondovì, Torino,
24) CASIMIRO DANNA 1860 — p a g 26;

25) Relazione al Consiglio Provinciale di Mondovì dell'anno 1852;

26) Da un quadro indicante le manifatture esistenti nel Comune di


Mondovì dell'8 luglio 1845. C a r t e l l a n e l l ' A r c h i v i o C o m u n a l e di
M o n d o v ì , scaffale F;

41
27) EMILIA BORGHESE Vita economica nel monregalese nel ventennio 1850-1870; su:
Bollettino delle S o c i e t à S t u d i Storici A r c h e o l o g i c i ed Artistici n e l -
la P r o v i n c i a di C u n e o , n o v e m b r e , 1961 — n. 46; p a g g . 291, 292;
28) Sentenza della Corte d'Appello di Torino del 16 g i u g n o 1884 e
sentenza del Tribunale di Mondovì del 30 o t t o b r e 1867;
29) ADOLFO O M O D E O L'opera politica del Conte di Cavour, Firenze, 1940 — parte I,
1848-1877 — p a g . 289;
30) EMILIA BORGHESE Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870;
su: Bollettino d e l l a S o c i e t à S t u d i Storici A r c h e o l o g i c i ed A r t i s t i c i
n e l l a P r o v i n c i a di C u n e o — d i c e m b r e 1 9 5 7 / g e n n a i o 1958 —
N. 39-40 — p a g g . 122, 123;
31) GINO LUZZATTO Storia economica dell'età moderna e contemporanea, Padova,
1860 — p a g g . 166, 167;
32) GIOVANNI BOSCO Lettera del Beato Don Bosco del 6 d i c e m b r e 1870, dal giornale
« Il m o n r e g a l e s e » del 16-12-1888;
Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870,
33) EMILIA BORGHESE su: Bollettino della S o c i e t à S t u d i Storici A r c h e o l o g i c i ed Artistici
n e l l a P r o v i n c i a di C u n e o — d i c e m b r e 1 9 5 7 / g e n n a i o 1958 —
N. 39-40 — p a g . 124;
Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870,
34) EMILIA BORGHESE su: Bollettino d e l l a S o c i e t à S t u d i Storici A r c h e o l o g i c i e d A r t i s t i c i
n e l l a P r o v i n c i a di C u n e o — d i c e m b r e 1 9 5 7 / g e n n a i o 1958 —
N. 39-40 — p a g . 125;
L'ape mondovita, n. 38 del 30 s e t t e m b r e 1851;
35) il g i o r n a l e
Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870;
36) EMILIA BORGHESE su: Bollettino d e l l a S o c i e t à S t u d i Storici A r c h e o l o g i c i ed A r t i s t i c i
n e l l a P r o v i n c i a di C u n e o — d i c e m b r e 1 9 5 7 / g e n n a i o 1958 —
N. 39-40 — p a g . 129;
37) AMATO AMATI Dizionario corografico del Regno d'Italia, Milano, 1875, vol. I —
p a g . 1060;
38) A M A T O AMATI Dizionario corografico del Regno d'Italia, Milano 1875, vol. I —
p a g 973;
39) G. GIOLITO Sviluppo industriale e forme di associazione operaia, in « Movi-
m e n t o o p e r a i o » 1953, n. 15;
40) G. TREVISANI Lineamenti di una storia del movimento operaio italiano, Milano,
1959 — p a g . 242;
41) NELLO ROSSELLI Mazzini e Bakunin - Dodici anni di movimento operaio in Italia
(1860-1872), T o r i n o , 1927 — p a g g . 118, 119, 120, 121;
42) A. ERRERÀ L'istruzione industriale, Milano, 1881 — pag. 256;
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
43) P. CAMILLA - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale, C u n e o , 1962 — p a g . 180;
/ vetri del Piemonte, da. Bollettino d e l l a S o c i e t à P i e m o n t e s e di
44) A. CAVALLARI M U R A T A r c h e o l o g i a e di Belle Arti, T o r i n o , 1947, N. 1-4 — p a g . 91;
/ vetri del Piemonte, d a : Bollettino d e l l a S o c i e t à P i e m o n t e s e di
45) A. CAVALLARI M U R A T A r c h e o l o g i a e di Belle Arti, T o r i n o , 1947, N. 1-4 — p a g g . 95, 96;
1862-1962: Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
46) P. CAMILLA - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale, C u n e o , 1962 — p a g g . 188, 189;
1862-1962. Un secolo di vita economica - Evoluzione e sviluppo
47) P. CAMILLA - G. R A I M O N D I dell'economia provinciale, C u n e o , 1962 — p a g g . 139, 198, 199;
Note ed appunti, Mondovì, 1964;
48) M A R C O LEVI
Principi di economia politica corporativa, Firenze, 1940 — p a g . 89;
49) S. A R R I G O
Note ed appunti, Mondovì, 1964;
50) MARCO LEVI
Note ed appunti, Mondovì, 1964,
51) MARCO LEVI
Note ed appunti, Mondovì, 1964;
52) M A R C O LEVI
Note ed appunti, Mondovì, 1964
53) M A R C O LEVI
Note ed appunti, Mondovì, 1964
54) MARCO LEVI

42
LA TERRAGLIA
V E C C H I A MONDOVÌ»

Abbiamo visto nei precedenti capitoli che nei primi strette ad operare in un mercato dominato da comples-
anni del secolo XIX si sviluppò in tutta Italia un nuovo si maggiori, ubicati in zone più vicine ai mercati di
genere ceramico, la terraglia, fino allora importata in consumo e in condizioni di lavoro meno oneroso. È
forma massiccia dalla Francia e dall'Inghilterra, dove difficile rendersi conto come e quante volte debba es-
già si erano affermate industrie fortissime. sere manipolato l'impasto ceramico prima di diven-
Diversi fabbricanti italiani tentarono allora, sia pur tare prodotto finito e come sia arduo organizzare il
timidamente, di combattere questa concorrenza spieta- lavorò per fronteggiare la concorrenza in un mercato
ta ed anche a Mondovì nacque l'industria della terra- difficile di per se stesso e condizionato dalla politica
glia dolce. La crisi che aveva colpito il settore serico, commerciale di forti industrie. Alcune aziende così
faceva chiudere, una dopo l'altra, le filande; alle baci- chiuderanno, altre si trasformeranno nei limiti con-
nelle dei filatoi subentrarono così i torni dei vasai. Gli sentiti dalla loro struttura o dalla loro ubicazione. Il
opifici in un continuo alternarsi di passaggi di proprietà sorgere di numerose imprese, anche se spesso dalla
videro i cortili riempirsi di vasche di decantazione. breve attività, dà sufficientemente l'idea dei fermenti
I pionieri ceramisti savonesi, che nei secoli prece- imprenditoriali nel campo ceramico, industria che di-
denti avevano avuto larga influenza in molte contrade ventò, con le fabbriche dei Musso e dei Besio, d'impor-
italiane e avevano creato industrie figuline anche al- tanza nazionale (3).
l'estero, dimostrarono la loro bravura inserendosi nel- Molteplici sono le vicissitudini che, in centosessanta
l'ambiente piemontese, nel quale si amalgamarono anni di vita, condizionarono la attività produttiva della
dopo averlo conquistato, mostrando peculiari doti di ceramica monregalese. Sono vicende da « commedia
intraprendenza e di ingegnosità (1). u m a n a », avvenimenti e casi ispirati e creati da perso-
Infatti, per quanto plasmati dalle scuole e dalle in- naggi di varia estrazione e ben distinta individualità.
fluenze d'origine, accolsero senza esitare le vivaci mo- Sulla ribalta di questa storia si alternano pionieri av-
tivazioni locali dei decori popolari, stilisticamente al- venturosi e fracassoni ad artigiani circondati di silen-
quanto diversi dalla tradizionale decorazione dei ma- zio e di umiltà; « outsider » spericolati e superficiali a
iolicari liguri. La loro solida affermazione riconferma- liguri caparbi e ricchi solo di ingegnosità, intrapren-
va, una volta di più, l'efficacia dei metodi di lavorazione denza e durezza, degni discendenti dei maiolicari sa-
quando siano adeguati sia al reperimento dei mercati bazi. Ampio rilievo hanno poi le vicende familiari, di
che alla popolarizzazione dei prodotti. Infatti ancor og- solito caratterizzate da contrasti, da liti, da piccole
gi le imprese sono sempre valide ed aperte a relazioni- guerre combattute con le armi della carta bollata, da
chiave che ben si inquadrano in u n a realtà commer- rogiti notarili e testamenti impugnati, con parcelle che
ciale in grado di mantenere, pur fra inevitabili e mo- ingoiavano patrimoni. E vi sono, infine, gli episodi di
mentanee difficoltà, cospicuo peso nel contesto econo- fortune mozzafiato, di dissesti clamorosi, di vicende
mico della regione subalpina (2). sentimentali o materialistiche, boccaccesche o penose.
Certamente non tutto procedette « nel migliore dei Fra queste vicende « borghesi » si inseriscono le
modi nel migliore dei mondi possibili » : infatti l'indu- avventure dei « ciapasé », gli irresistibili magliari della
stria ceramica monregalese, pur nel suo susseguirsi terraglia, che, di fiera in fiera, di mercato in mercato,
di attività solerti e fervide, lega il suo sviluppo indu- con i loro barocci, si spingevano fin nel più riposto e
striale alla prosperità stessa della zona, della città e lontano angolo del meridione. Ma si inseriscono pure
delle sue valli. La terraglia monregalese ha avuto così le miserie di operai sfruttati e mal pagati e peggio
periodi di particolare efficienza, ma anche, e più nu- considerati, di bambini-garzoni che, scalzi, correvano
merosi, anni di difficili e tristi vicissitudini. Le difficoltà dall'alba al tramonto per non far mancare il lavoro
erano dovute a molteplici fattori contingenti e alle agli operai. Così non si può tacere dell'incredibile
particolari caratteristiche delle aziende, in prevalenza stanchezza delle ragazze dei torni, delle spugne, degli
di piccola e media dimensione: esse infatti erano co- aerografi, della cernita del biscotto, in fabbrica per 14

43
o 15 ore giornaliere, e della formazione delle Società di la fiducia nel superamento di ostacoli sempre nuovi e
Mutuo Soccorso, delle Società Operaie e il primo So- numerosi.
cialismo, i cui aderenti dopo aver cantato « Bandiera La « vecchia Mondovì » in terraglia tenera, pur nella
Rossa » intonavano «....quel mazzolin di fiori ». In- sua minore consistenza rispetto alla terraglia forte
tanto altre vicende si sviluppano: le prime manifesta- feldspatica, ha veramente doti di bianchezza, di lucen-
zioni e i primi scioperi in provincia, gli scontri fra ope- tezza, di vivacità inimitabili nella tavola cromatica e
rai e carabinieri o soldati mandati per riconfermare negli ornati, nelle figurazioni come nella scelta dei
la supremazia degli interessi padronali, l'antifascismo soggetti. Pur non essendo stata creata con pretese arti-
inflessibile degli operai delle fabbriche... (4). stiche, rallegrava povere mense di povere case. La
Ma nell'illustrare la storia della ceramica monrega- produzione era, per la maggior parte, venduta sui
lese, occorre tener presente soprattutto quella che è mercati e sulle fiere ed i suoi decori — fiori, galletti,
la sua principale caratteristica: l'essere riuscita a casette, ecc. — gareggiavano fra loro in vivacità spon¬
mantenere uno stretto contatto con il consumatore. I tanea. La « vecchia Mondovì » non è nata propriamen-
piatti di Mondovì non sono mai stati un prodotto sol- te come ceramica artistica, in quanto la sua produzione
tanto utilitario, cioè di esclusivo uso strumentale, ma era quasi tutta destinata per uso domestico. Nonostan-
hanno sempre posseduto, oltre alla notevole virtù del te questo orientamento... « prosaico » non è raro sco-
prezzo accessibile anche alle borse più povere, un prire in moltissima parte di essa una bellezza ed una
valore decorativo reale, assolvendo perciò ad una fun- freschezza di opera popolare che raggiunge, molte
zione pratica e nello stesso tempo estetica (5). volte, i confini della poesia.
La produzione più ricca e significativa è quella del
secolo XIX, periodo in cui i colori venivano elaborati
empiricamente in fabbrica, e si cuoceva in forni ali-
mentati dalla legna. I ceramisti di allora si tramanda-
vano di padre in figlio i segreti e gli accorgimenti del
mestiere, ed il decoratore era anche un creatore che
con pazienza e gusto trovava sempre varianti geniali
al tradizionale uso di spugne, di tamponi a pizzo, di
pennellate e di mascherine di stagnola (6).
L'arte non ha confini precisi e limitati da canoni
estetici indiscussi entro i quali si possa collocare una
produzione di opere destinate unicamente ad un certo
scopo di godimento visuale. Essa può sgorgare sponta-
neamente dall'espressione genuina e spesso ingenua di
uomini che non si propongono alcun intendimento ar-
tistico, ma soltanto la libera spontaneità del loro sen-
tire nel lavoro, spesso monotono e quotidiano, di una
produzione cosiddetta artigianale (7). Ma una delle
caratteristiche di questa ceramica, forse la più im-
portante, è di essere amabile e congeniale all'uomo:
non si tratta di grande ceramica, di ceramica aulica,
anche se l'arte viene sfiorata, ma certamente i senti-
menti cordiali e ingenui sono liberalmente interpre-
tati (8).
Boccale h. cm 16,5
Policromia Queste stoviglie, dalla popolare funzione di arte
Alessandro Musso - Mondovì povera unita alla tradizione folcloristica, hanno sem-
1849-1879 pre mantenuto quella spontaneità semplice che non
propone né agita problemi e non li inventa. Il conta-
dino, cliente abituale della « vecchia Mondovì », vuole
La produzione, o almeno quella parte che con i suoi che i suoi oggetti usuali, e fra questi i suoi pochi piatti,
colori vivaci e continuamente rinnovati caratterizzava siano sì di umile terraglia, ma ricchi di gioia decora-
la « vecchia Mondovì », dimostra l'esperienza di una tiva. A rigor di logica, sembrerebbe che mangiare in
attività artigiana su scala industriale, cioè con oneri un tondino bianco o mangiare in uno decorato sia la
e problemi dell'industria; testimonia il tenace attacca- stessa cosa, ma per il popolano non è così: egli non
mento ad una tradizione continuamente aggiornata e capisce e non accetta il nudo funzionale, i piatti con i

44
Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Felice Musso
Mondovì - 1879-1897

45
Piatto Ø cm 22,5
Monocromia stampata
Benedetto Musso
Mondovì - 1891

46
galli gli danno più appetito, gli rallegrano la frugale rie, per esempio, sono illustrati i momenti salienti di
mensa e poi, posti sulla piattaia, rendono allegro lo un avventuoroso viaggio attraverso le contrade della
ambiente. Così, forse, sono nati i galletti (che per il penisola per la prima volta « solcate » dalla nuova e
contadino sono anche il simbolo di u n a virilità che veloce «strada ferrata», la più grande conquista del
ogni giorno ha sottocchio), anche se essi non sono «secolo con i baffi». La «cineseria» ebbe poi note-
esclusiva caratteristica della ceramica monregalese, vole sviluppo, soprattutto nei marchi e monogrammi
ma di quasi tutte le fabbriche ceramiche dell'Ottocento che tentavano ingenuamente di camuffare le terraglie
e persino di alcune del Settecento. Così sono nati i fiori monregalesi come fabbricate in lontane ed esotiche
schizzati, come tutto il resto, alla brava, con pochi contrade straniere.
tratti essenziali, disegnati magari aiutandosi con la Nei primi anni del '900 l'espandersi dei mercati e
spugna, le casette che hanno la grazia delle creazioni delle industrie avevano intanto costretto le aziende ad
dei bambini, i busti di soldati o di donne emancipate aumentare la produzione sia per sostenere la concor-
che fumano, di coppie agghindate come nei figurini di renza, sia per diminuire il prezzo di costo, con il con-
moda dell'epoca (9). seguente ricorso a decorazioni più semplici e di più
Il sentimento popolare si manifesta anche nelle rapida esecuzione. Le decorazioni, sempre meno elabo-
battute scherzose che ricordano ricorrenze familiari o rate e più meccanizzate, l'uso di colori di minor co-
tradiscono sentimenti segreti; la vita intima e di casa, sto e acquistati da apposite industrie per una più rapi-
i reconditi moti dell'animo, le tradizioni locali trovano da manipolazione, influirono sensibilmente sull'aspetto
tutte espressione decorativa in questa ceramica. Molti estetico della produzione. I primi lustri del secolo XX
piatti ospitano così sul fondo battute allegre, spiritosi vennero caratterizzati anche dal diffondersi della de-
inviti, concrete ed inconsuete frasi d'affetto all'inna- corazione a timbri e ad aerografo.
morato o all'amato bene, forse lontano per fare il L'attività industriale ceramica è stata ed è condi-
soldato ©^migrato in terra straniera. Certe scritte rag- zionata dalla necessità di vendere forti quantitativi a
g i u n g o n o , ^ volte, la carica emotiva di u n a odierna prezzi sempre più bassi relativamente ai costi di pro-
poesia visuale. Sono piatti che rivelano ottimismo, af- duzione, per affrontare concorrenze massicce vecchie
fabilità, gentilezza, tutto un mondo non ancora conta- e nuove. Fino alla vigilia della prima guerra mondiale
minato dalla nostra civiltà efficiente, asettica e spaven- lo sforzo produttivo fu intenso, le aziende monregalesi
tosamente fredda.
Periodo particolarmente fecondo di risultati e di
riconoscimenti in esposizioni e mostre è quello della
seconda metà del secolo XIX quando si diffuse la deco-
razione a stampa, secondo la moda inglese. Essa era
stata già introdotta in Italia nel lontano 1820, ma venne
riscoperta dai figuli monregalesi, che la realizzarono
in nero, in grigio azzurro, in blu, in bruno, in bruno
violetto, in rosato, nonché in stampe accuratamente
miniate.
Nella serie « patriottica » e nei « piatti celebrativi »
di avvenimenti nazionali, la Storia d'Italia, quella vera,
quella sentita dal popolo, frammista di candore, pas-
sione e religione di Patria, trovò ingenue forme di
celebrazioni in stemmi e bandiere, in profili dedicati
al Maggiore Toselli e al Maggiore Galliano o alla bella
Regina cantata dal Carducci, a Tripoli Italiana, ai
Reali d'Italia e al Tricolore nazionale sul quale si al-
zano le insegne araldiche monregalesi — singolarissi-
mi esempi di iconografia ceramica con inconsueti saggi
di cartografie storico-militare (10) —. Una parte è ri-
servata ad illustrare località turistiche o città impor-
tanti, oppure a reclamizzare prodotti con dignitosi co-
municati commerciali. Anche la mitologia, gli usi e
costumi di popoli lontani, fecero la loro apparizione. Piatto Ø cm 22 - Policromia
Anche i temi della rivoluzione industriale divennero Andrea Salomone
Villanova - 1881-1899
dei soggetti ceramici stampati; in u n a interessante se-

47
Brocca h. cm 21 - Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1884

continuarono infatti ad immettere sul mercato grandi guati al costo della vita ed assicurare provvidenze
quantità di terraglia, grazie anche allo spirito di intra- sociali ai lavoratori dando loro un minimo di garanzia
prendenza dei vari operatori: essi riuscirono a conser- per la disoccupazione, la malattia e la vecchiaia. Tali
vare quasi tutti i mercati acquisiti con decenni di la- oneri si ripercossero sui costi di produzione e le aziende
boriosità e di iniziativa (11). Fu nel periodo intercor- dovettero, per forza di cose, produrre di più ad un
rente fra le due guerre mondiali che il mercato della prezzo minore.
terraglia tenera cominciò a denunciare i primi sintomi La terraglia monregalese, impostasi nell'Ottocento
di stanchezza ed il margine di profitto diminuì perché, per la bellezza dei decori e la vivacità della scala cro-
se all'inizio le materie prime ed il combustibile erano matica, incominciò un lento declino quando si impose
facilmente reperibili nella regione monregalese — ar- la necessità di adottare, in tutte le operazioni, metodi
gilla, quarzo, calcare e legna di castagno —, successi- industriali che resero la decorazione uniforme e poco
vamente i vari fabbricanti, anche per migliorare indu- vivace. La decadenza, incominciata all'inizio della pri-
strialmente la produzione, ricorsero a materie prime ma guerra mondiale, è continuata lentamente fino ai
importate dall'estero — prima argilla tedesca, poi ar- nostri giorni. Ma oggi, finalmente, si nota u n a svolta
gille inglesi e francesi e carbone fossile per la cot- nella ricerca della decorazione... romantica, « vecchia
tura —. Anche il costo della mano d'opera aumentò: gli Mondovì », indice di u n a vitalità, che era solo sopita, e
imprenditori dovettero corrispondere salari più ade- mai estinta.

48
NOTE
1) G.B. NICOLO' BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria
ceramica monregalese.
su: « Ponente d'Italia », Savona, 1967 — n. 9 — pag. 12
2) G.B. NICOLO' BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria
ceramica monregalese.
su: « Ponente d'Italia », Savona, 1967 — n. 9 — pag. 14;
3) G.B. NICOLO' BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria
ceramica monregalese.
su: « Ponente d'Italia », Savona, 1967 — n. 9 — pag. 14;
4) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi.
da: « Cuneo Provincia Granda », Cuneo, 1968 — n. 1 — pag. 14;
5) MICHE BERRA
da: « Cuneo Provincia Granda », Cuneo, 1968 — n. 1 — pag. 14;
6) MARCO LEVI
L'opera dei pionieri nell'affermazione dell'industria ceramica
monregalese
su: « Gazzetta di Mondovì » — n. 34, Mondovì 9 settembre 1967;
7) BERTO RAVOTTI I freschi ingenui capolavori della ceramica del monregalese
su: « La Vedetta » — n. 33 — Cuneo, 1967;
8) NELLO FERRAUDO Cara vecchia Mondovì
su: « Secolo XIX » — Genova, 5 settembre 1967;
9) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi.
da.- « Cuneo Provincia Granda », Cuneo, 1968 — n. 1 — pag. 14;
10) G.B. NICOLO' BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria
ceramica monregalese.
su; « Ponente d'Italia », Savona, 1967 — n. 9 — pag. 12;
11) MARCO LEVI L'opera dei pionieri nell'affermazione dell'industria ceramica
monregalese
su: « Gazzetta di Mondovì » — n. 34, Mondovì, 9 settembre 1967;
E S E M P I DI DECORAZIONI
SULLA TESA
DEL PIATTO
ESEGUITI N E L L E FABBRICHE
MONREGALESI
Andrea Salomone Felice Musso
Villanova Mondovì
1881-1890 1879-1897

Felice Musso Musso e Beltrandi


Mondovì Mondovì
1879 - 1897 1884 - 1898

Ved. Besio e Figli Fratelli Gabutti


Mondovì Chiusa
1884 - 1889 1866 - 1890

Fabbrica di Mombasiglio? Andrea Salomone


1880 - 1890 Villanova
1881 - 1890

51
Vedova Besio e Figli Andrea Salomone
Mondovì Villanova
1884 - 1889 1881 - 1890

Lorenzo Montefameglio Fabbrica di Mombasiglio?


Mondovì 1880 1890 (?)
1859 - 1867

Luigi Gribaudi Fratelli Musso


Vicoforte Mondovì
1890 - 1893 1879

Ved. Besio e Figli Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Fabbrica Magliano Fratelli Gabutti


Mondovì Chiusa
1850 - 1859 1866 - 1890

52
Musso e Beltrandi Fratelli Messa
Mondovì Mondovì
1884 - 1895 1875 - 1878

Fratelli Gabutti Fratelli Gabutti


Chiusa Chiusa
1866 - 1890 1866 - 1890

Ved. Besio e Figli Felice Musso


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1879 - 1897

Ved. Besio e Figli Musso e Beltrandi


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1898

Lorenzo Montefameglio Eredi Gribaudi


Mombasiglio Vicoforte
1870 - 1877 1890 - 1910

53
Benedetto Musso Fratelli Gabutti
Mondovì Chiusa
1879 - 1898 1866 - 1895

Andrea Salomone Michele Giordana


Villanova Chiusa
1881-1890 1833 - 1836

Ved. Besio e Figli Andrea Salomone


Mondovì Villanova
1884 - 1889 1881 - 1890

Fabbrica Magliano Fratelli Gabutti


Mondovì Chiusa
1850 - 1859 1866 - 1900

Felice Musso Andrea Salomone


Mondovì Villanova
1879-1897 1881 - 1890

54
Giuseppe Barberis Giuseppe Besio
Chiusa Mondovì
1836 - 1866 1867 - 1884

Andrea Salomone Ved. Besio e Figli


Villanova Mondovì
1879 - 1890 1884 - 1889

Fabbrica Magliano Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1850 - 1859 1884 - 1889

Giuseppe Besio Lorenzo Montefameglio


Mondovì Mombasiglio
1841 - 1884 1870 - 1877

Fratelli Gabutti Giuseppe Barberis


Chiusa Chiusa
1866 - 1890 1836 - 1866

55
Giuseppe e Federico Besio Giuseppe Barberis
Mondovì Chiusa
1884 - 1895 1836 - 1866

Fratelli Gabutti Alessandro Musso


Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1849 - 1879

Felice Musso Eredi Gribaudi


Mondovì Vicoforte
1879 - 1897 1893 - 1898

Lorenzo Beltrandi Felice Musso


Mondovì Mondovì
1898 - 1900 1879 - 1897

Fratelli Gabutti Giuseppe Besio


Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1867 - 1884

56
Felice Musso Fratelli Gabutti
Mondovì Chiusa
1879 - 1897 1866 - 1895

Alessandro Musso Luigi Gribaudi


Mondovì Vicoforte
1849 - 1879 1889 - 1893

Fratelli Gabutti Ved. Besio e Figli


Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1884 - 1889

Fratelli Gabutti Fratelli Messa


Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1880 - 1884

Giuseppe Besio La Vittoria


Mondovì Mondovì
1875 - 1884 1919 - 1927

57
Fratelli Gabutti Fabbrica Magliano
Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1850 - 1859

Lorenzo Beltrandi Benedetto Musso


Mondovì Mondovì
1898 - 1913 1834 - 1849

Fratelli Gabutti Fratelli Musso


Chiusa Mondovì
1866 - 1890 1879

Felice Musso Felice Musso


Mondovì Mondovì
1879 - 1897 1879 - 1897

Ved. Besio e Figli Lorenzo Beltrandi


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1898 - 1900

58
Annibale Musso Fabbrica Magliano
Villanova Mondovì
1851 - 1877 1350 - 1859

Benedetto Musso Giuseppe Barberis o Fr.lli Gabutti


Mondovì Chiusa
1879 - 1898 c i r c a 1850 - 1870

Ved. Besio e Figli Musso e Beltrandi


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1895

Felice Musso Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1879 - 1897 1884 - 1889

Ved. Besio e Figli Fratelli Musso


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1879

59
Fabbrica Magliano Ved. Besio e Figli
Mondovì Mondovì
1850 - 1859 1884 - 1889

Giuseppe Besio Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1870 - 1884 1884 - 1889

Beltrandi e Musso Lorenzo Montefameglio


Mondovì Mondovì
1884 - 1898 1850 - 1867

Vedova Besio e Figli Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Alessandro Musso Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1849 - 1879 1884 - 1889

60
Giuseppe Besio Felice Musso
Mondovì Villanova
1867 - 1884 1877 - 1890

Andrea Salomone Giuseppe Barberis


Villanova Chiusa
1881 - 1890 1836 - 1866

Ved. Besio e Figli Benedetto Musso


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1879 - 1884

Fratelli Gabutti Giuseppe Barberis


Chiusa Chiusa
1866 - 1890 1836 - 1866

Felice Musso Alessandro Musso


Villanova Mondovì
1877 - 1890 1849 - 1879

61
Luigi Gribaudi Giuseppe Besio
Vicoforte Mondovì
1890 - 1895 1870 - 1884

Ved. Besio e Figli Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Giuseppe Besio Benedetto Musso


Mondovì Felice Musso
1867 - 1884 Mondovì
1879 - 1898

Andrea Salomone Annibale Musso


Villanova Villanova
1881 - 1890 1851 - 1877

Annibale Musso Fratelli Gabutti


Villanova Chiusa
1851 - 1877 1866 - 1890

62
Giuseppe Besio Fabbrica Magliano
Mondovì Mondovì
1867 - 1884 1850 - 1850

Felice Musso Andrea Salomone


Mondovì Villanova
1879 - 1897 1879 - 1890

Felice Musso Giuseppe Besio


Villanova Mondovì
1877 - 1899 1850 - 1867

Giuseppe Besio Andrea Salomone


Mondovì Mondovì
1867 - 1884 1881 - 1890

Giuseppe e Federico Besio Giuseppe Besio


Mondovì Mondovì
1884 - 1805 1850 - 1867

63
Alessandro Musso Fratelli Musso
Mondovì Villanova
1849 - 1879 1877 - 1885

Fratelli Gabutti Fabbrica Magliano


Chiusa Lorenzo Montefameglio
1866 - 1890 Giuseppe Besio
Mondovì
1850 - 1859
1859 - 1867
1867 - 1884

Ved. Besio e Figli Giuseppe e Federico


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1895

Ved. Besio e Figli Felice Musso


Mondovì Villanova
1884 - 1889 1877 - 1890

Giuseppe Besio Musso e Beltrandi


Mondovì Mondovì
1867 - 1884 1884 - 1898

64
Ved. Besio e Figli Ved. Besio e Figli
Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Ved. Besio e Figli Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Benedetto Musso Vedova Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1825 - 1849 1884 - 1889

Edoardo Barberis Lorenzo Beltrandi


Mondovì Mondovì
1898 - 1913 1898 - 1908

Giuseppe Besio Annibale Musso


Mondovì Villanova
1867 - 1884 1851 - 1877

65
Giuseppe e Federico Besio Fratelli Gabutti
Mondovì Chiusa
1884 - 1895 1866 - 1890

Fabbrica di Mombasiglio? Ved. Besio e Figli


1880 - 1890 Mondovì
1884 - 1889

Fratelli Messa Fratelli Gabutti


Mondovì Chiusa
1875 - 1884 1866 - 1890

Fabbrica Magliano
Lorenzo Montefameglio
Giuseppe Besio
Mondovì Alessandro Musso
1850 - 1859 Mondovì
1859 - 1867 1849 - 1879
1867 - 1884

Ved. Besio e Figli Fratelli Musso


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1879

66
Fabbrica Magliano Lorenzo Montefameglio
Mondovì Mondovì
1850 - 1859 1859 - 1867

Ved. Besio e Figli Andrea Salomone


Mondovì Villanova
1884 - 1889 1881 - 1890

Giuseppe Besio Felice Musso


Mondovì Mondovì
1867 - 1884 1879 - 1897

Fratelli Gabutti Fratelli Gabutti


Chiusa Chiusa
1866 - 1890 1866 - 1890

67
Lorenzo Beltrandi Fratelli Gabutti
Mondovì Chiusa
1898 - 1910 1880 - 1900

Ved. Besio e Figli Ved. Besio e Figli


Mondovì Mondovì
1884 - 1889 1884 - 1889

Ved. Besio e Figlio Benedetto Musso


Mondovì Mondovì
1889-1899 1879 - 1898

68
Felice Musso Felice Musso
Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

69
Felice Musso Felice Musso
Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

Felice Musso Felice Musso


Richard Ginori Richard Ginori
Mondovì Mondovì
1880 - 1897 1880 - 1897
1897 - 1915 1897 - 1915

70
IL D O T T O R E
FRANCESCO PEROTTI
IL CONTE GIUSEPPE ALESSIO
C H I E R A DEL V A S C O

Abbiamo già sottolineato, in un precedente capitolo, piccola manifattura di proprietà del Perotti, come si
che l'occupazione francese provocò nell'industria mon- può desumere dal contratto stipulato il 10 maggio 1807
regalese un serio tracollo, con gravi conseguenze per davanti al Notaio Giovanni Battista Rovere (conserva-
la stabilità delle aziende, e, di riflesso, un estremo disa- to presso l'Archivio di Stato di Cuneo e ritrovato dallo
gio delle classi che da esse traevano il sostentamento. illustre ceramologo Avvocato Giuseppe Buscaglia). In
La Città di Mondovì si accasciò esausta ed in piena esso risulta che il medico Giuseppe Perotti si lega in
crisi economica. Alla guerra, ai moti, agli sconvolgi- società con Bartolomeo Randasso « ...proprietaire de-
menti sociali ed alla carestia faceva ora seguito il col- meurant en cette ville... » e Giovanni Maria Tomba
lasso economico degli opifici che avevano costituito il « ...fabriquant en fayence aussi demeurant en cette
maggior reddito industriale sulle rive dell'Ellero. Rima- ville... qui... travaillera en qualité de fabriquant et aura
neva la risorsa dei campi, ma anch'essi erano poco la direction des ouvriers... » « ...dans la manufacture et
redditizi sia per l'arretratezza dei metodi di coltiva- fabrique de fayence appartenant au dit Sieur Perotti
zione che per la mancanza di braccia, comunque insuf- et située en cette ville faubourg de Rinchiuso... » e
ficienti a colmare un vuoto via via più evidente e precisamente in un edificio sito nel viottolo Gherbiana
drammatico (1). Allo scoramento pubblico, ben riflesso
dove ancor oggi esiste u n a proprietà detta Giardino
negli interventi dei vari Consiglieri nell'Arengo Comu-
dei Perotti. La fabbrica, proprio per la sua appartenen-
nale, tentò di reagire il Dottore Francesco Perotti, tra-
za ad u n a delle persone più in vista della città e più
sformandosi da medico in industriale ceramico (2).
legate al regime napoleonico — il Perotti in un docu-
Francesco Perotti, nato in Mondovì il 28 maggio mento del 1803, presso l'Archivio del Comune di Mon-
1775, laureatosi in medicina all'Università di Torino l'8 dovì, è indicato come il Capo di Stato Maggiore della
aprile 1797, ebbe a sopportare atroci traversie per le Guardia Nazionale —, non poteva essere dimenticata
sue idee egualitarie. Imprigionato per motivi politici il dal Destombes che nella statistica inserita nell'«An-
15 maggio 1799 e liberato il 22 dello stesso mese, trovò nuaire Statistique du Département de la Stura pour
sgozzati nella propria casa la madre, un fratello e lo l'an 1806 » la citava come già funzionante. D'altronde
zio (3). anche in un decreto del 3 marzo 1806, che provvedeva
Nel 1805 o 1806 doveva già esistere e funzionare u n a alla nomina di un Comitato per le Arti e le Industrie

71
72
Ø cm 27
Maiolica nocciola marrone
F. Perotti - Mondovì -
1808-1810

nel circondario di Mondovì, venne aggiunto, a docu- improvvisazione degli alchimisti, ormai superati col
mento stilato, anche il nominativo del medico Giuseppe passaggio dall'artigianato all'industria, furono sosti-
Perotti (4). La fabbrica, sotto la direzione del Tomba e tuiti da studi, preparazione, esperienza e senso degli
del Perotti, ottenne sorprendenti risultati facendo in- affari (6).
telligentemente amalgamare l'argilla rossa e grossola- La congettura prospettata da Giovanni Vignola (7),
na della vicina cava del Merlo con altre argille. Le Giuseppe Morazzoni (8) e dall'Anonimo estensore della
maioliche, prodotte in quantità esigua, ma singolar- piccola « Storia della Industria Ceramica di Mondovì »
mente belle, di colore marrone con i bordi a pizzo e (9), secondo i quali il Dottor Perotti doveva avere co-
venature del tutto simili a pietre preziose o legni pre- nosciuto a Torino il medico e chimico Vittorio Amedeo
giati dimostrano una tecnica raffinata e talmente pro- Gioannetti, lascia molto perplessi. L'incontro fra i due
gredita da far ritenere che nella regione allora agis- personaggi appare poco probabile perché troppe sono
sero maestranze molto abili. Si direbbe che questa le differenze fra i due, lontani per età, temperamento,
impresa, realizzatrice di ceramiche d'una così composta estrazione sociale, idee politiche e perché, fra la porcel-
finezza, appartenga più al secolo della parrucca e del lana del Gioannetti e la maiolica del Perotti esiste una
minuetto che all'Ottocento. differenza di procedimento sostanziale.
Il fervore creativo dei Perotti e Tomba non bastò, La fabbrica, in dissesto, fu quindi rilevata da G.
tuttavia, a creare u n a azienda solida, in grado di supe- Ubertinotti (nel 1810?), ma anche questo tentativo non
rare il travaglio della crisi. L'argilla del Merlo, inoltre, ebbe seguito, sempre per la mancanza di buone ter-
non era molto buona e dava scarti talmente numerosi re (10).
da determinare un costo di produzione troppo elevato. Nel gennaio del 1814, il Dottor Perotti assunse la
È presumibile che per questi motivi, in poco tempo, la direzione di u n a piccola fabbrica ceramica, sita nella
romantica e pionieristica impresa si risolvesse quasi in Certosa di Pesio, di proprietà di Grandis & Berardengo.
un vano esperimento: il deficit della piccola azienda Nel dicembre del 1815, per i soliti motivi politici, dovet-
inghiottì la somma, allora notevole, di 10.000 lire (5). te fuggire precipitosamente prima a Cuneo, poi a To-
Con lo sfortunato esperimento del Dottore Francesco rino ed infine a Genova, da dove scrisse il 26 dicembre,
Perotti si chiuse il periodo romantico e avventuroso quindi salpò, col fratello Andrea, per la Grecia. Il 27
della ceramica monregalese. Infatti l'empirismo e la gennaio 1816 scrisse dalla città greca di Psara, il 2

73
maggio 1816 da Galata, quindi il 2 ottobre 1816 da biblioteca di Mondovì, fra i quali un « Trattato delle
Andros di ritorno da Costantinopoli, da dove era par- gemme e delle perle », « Poesie diverse » relative alla
tito il 3 maggio 1816. Ritornato a Galata, si fece spe- Rivoluzione greca, « Corrispondenza in lingua italiana
dire terraglie dal monregalese, forse dalla fabbrica di e greca », « La storia della Rivoluzione della Grecia nel
Benedetto Musso, traendone modesto sostentamento 1821 » (12).
(11). È indispensabile ricordare il Conte Giuseppe Ales-
Nel 1820 si trovò al centro di una questione col sio Chiera del Vasco nato a Mondovì nel 1756 dal
Grandis per cause relative alla conduzione della fab- Dottore Pietro Paolo e da Bianca Maria Cantatore di
brica della Certosa di Pesio : da una parte il Grandis Pascomonte, che « ..Profuse i tesori del suo sapere in
insisteva nel richiedere il pagamento di un credito di favore degli operai, degli artigiani, degli impresari,
6.000 franchi, dall'altra il Dottor Perotti esigeva la insegnando gratuitamente gli elementi di geometria,
riscossione di due anni di stipendio (quale direttore meccanica, chimica, botanica, ecc. ecc., applicata ai
della fabbrica di maioliche) e il riconoscimento di tutti vari rami delle arti professionali e agli usi pratici della
gli esperimenti e studi compiuti nell'interesse della vita... » (13). Il figlio, in una lettera del 18.7.1838 così
azienda stessa. Non si hanno notizie circa la definizione scriveva: « ...fu veramente mio padre uomo di molte
della questione. cognizioni architettoniche e meccaniche, ed in queste,
Soggiornò parecchi anni a Smirne esercitandovi in ispecie, aveva facoltà di invenzione molta. Ne fanno
nobilmente la medicina, ritornato in Grecia, nel mag- fede l'addometro (ch'io vidi da lui eseguire), il torno
gio del 1838 fu nominato pro-console di S.M. il Re di per ovato e tondo a far modelli esattissimi per fabbri-
Sardegna presso il Governo Greco. Morì in Metelino il che di terraglie... » (13).
14 novembre 1853. Secondo il Morazzoni (14), il Conte Chiera del Vasco,
Uomo amante della cultura, enciclopedico e dotto, poco tempo dopo il 1814 avrebbe svolto attività cera-
lasciò alcuni volumi di manoscritti che si trovano nella mica.

Tazza - h. cm 6,5 Vaso - h. cm 18


Dr. Francesco Perotti - Dr. Francesco Perotti -
Mondovì - 1807-1810 Mondovì - 1807-1810

74
NOTE
1) AMEDEO MICHELOTTI Storia di Mondovì, Mondovì, 1921 — pag. 217;
Ceramiche monregalesi di ieri e di oggi da: « Ceramica Infor-
2) MARCO ANTONIO AIMO mazione », Faenza, 1967 — n. 10 — pagg. 50, 51;
Il monregalese nel periodo storico napoleonico 1792-1815, Vigone,
3) DOMENICO OCCELLI 1926 — pagg. 328,329;
La ceramica di Mondovì nei suoi rapporti con quella di Savona,
4) GIUSEPPE BUSCAGLIA Savona, 1972 — pagg. 3, 4;
Delle maioliche e porcellane del Piemonte - Fabbriche di maio-
5) GIOVANNI VIGNOLA liche in Mondovì, Torino 1879 — pag. 575;
La ceramica - Le maioliche e le terraglie di Mondovì, Milano,
GIUSEPPE CORONA 1885 — pag. 542;
Monografia intorno alla Città e il Circondario di Mondovì, To-
CASIMIRO DANNA rino 1860 — pag. 69;
Ceramiche monregalesi, da « Cuneo Provincia Granda », Cuneo,
6) MICHE BERRA 1968 — n. 1 — pag. 7;
Delle maioliche e porcellane del Piemonte - Fabbriche di maio-
7) GIOVANNI VIGNOLA liche in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 575;
«...Il Perotti, laureatosi nel 1797 nella R. Università di Torino
dove è supponibile che abbia conosciuto il Dottore Gioannetti,
chimico esso pure e naturalista distinto... »;
8) ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La Ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6, pag. 225;
« ...Il Perotti aveva conosciuto a Torino il chimico Dottor Gioan-
netti, continuatore della fabbrica di porcellane di Vinovo (fon-
data da Giovanni Brodel nel 1776), e forse questa amicizia con-
tribuì non poco ad indirizzarlo verso tale genere di attività... »
9) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 145;
« ...consigliato e probabilmente aiutato dal collega Gioannetti,
l'abile gestore della porcellana di Vinovo, il medico Perotti... »;
10) ANONIMO La Gazzetta di Mondovì del 7.1.1871;
11) PROF. GOLA Appunti per una biografia del Dottor Francesco Perotti;
12) GIOVANNI VIGNOLA Delle maioliche e porcellane del Piemonte - Fabbriche di maio-
liche in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 577;
13) DOMENICO OCCELLI Il monregalese nel periodo storico napoleonico 1792-1815, Vigone,
1926 — pagg. 334, 335;
AMEDEO MICHELOTTI Storia di Mondovì, Mondovì, 1920 — pagg. 588, 589;
14) da: « IL VASCO » Mondovì 7-14 maggio 1870;
15) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 145.
I MUSSO

BENEDETTO MUSSO « Stato dei quotati esercenti professioni ed arte » dello


Una vera industria ceramica, dalle solide basi e anno 1800 — reperibile nell'Archivio Storico del Comu-
dalle prospettive durature, fu fondata in Mondovì dal ne di Mondovì — non figura alcun maiolicaro o sto-
pioniere Benedetto Musso, nato a Savona nel 1782. Égli vigliaio, e non successivamente alla seconda data per-
discendeva probabilmente da quel Matteo Musso al ché nell'atto di matrimonio del Musso del 22 febbraio
quale, secondo Giuseppe Morazzoni (1), la moglie di 1807 — esistente nel medesimo Archivio — risulta che
Serafino Bartoli, nella seconda metà del secolo XVIII, lo sposo aveva già la residenza nel Comune ed è quali-
aveva ceduto la fabbrica lasciatale dal marito, emigra- ficato come « ...fabriquant en faience... ». La sposa
to in Francia. Il Bartoli aveva tentato la fabbricazione Margherita Randasso, orfana di padre, ebbe come testi-
della porcellana (e qualche rarissimo esemplare di monio alle nozze lo zio Bartolomeo Randasso, socio del
bisquit esiste), ma non aveva avuto successo (2). Dottore Francesco Perotti. Tale fatto avvalora l'ipotesi
Secondo G.B. Baruffi (3), Benedetto Musso era stato che fra quest'ultimo e il ceramista savonese siano in-
allievo del Dottore Francesco Perotti, mentre Aurelio tercorsi precisi rapporti; non si può neppure escludere,
nonostante la qualifica di fabbricante attribuitagli
Minghetti, l'Anonimo estensore di u n a piccola « Storia
nell'atto di matrimonio, che il Musso fosse un semplice
della ceramica di Mondovì » e Lucrezia Carboneri (4)
collaboratore del Perotti, anche se il Baruffi lo indica
lo indicano come allievo del grande ceramista savo-
come allievo (6).
nese Giacomo Boselli. Altri studi più approfonditi sulla
Da buon ligure previdente, non a caso egli aveva
ceramica savonese, come quelli di Tommaso Torteroli, scelto Mondovì per gettarvi le basi di u n a manifattura
Filippo Noberasco, Giuseppe Morazzoni, Giovanni Pe- ceramica; uomo di mestiere, scrupoloso, positivo, pra-
sce, Costantino Barile e Piero Torriti non accennano a tico, scelse Carassone perché vi si potevano ottenere,
Benedetto Musso né come allievo, né come collabora- a prezzi fallimentari, vecchi opifici in disuso e perché,
tore, né come operaio della manifattura del Boselli in a poche miglia dalla fabbrica, si trovavano tutte le
Savona (5). materie prime necessarie alla produzione ceramica.
Si presume, con un certo fondamento, che il Musso Inoltre grande era la disponibilità d'acqua del fiume
abbia iniziato l'attività di ceramista, forse come dipen- Ellero che, convenientemente deviata con un piccolo
dente del Dottor Perotti, fra il 1801 e il 1806: certamen- sbarramento (7), avrebbe generato energia anche per
te non anteriormente alla prima data perché nello un opificio molto grande. La mano d'opera poi, specie

77
quella femminile e minorile, era così esuberante e razione non poteva colpire eccessivamente questa in-
indigente da accontentarsi di salari da fame. dustria artigianale anche se era all'inizio della propria
A tutti questi elementi favorevoli il Musso seppe attività, perché la modestia delle proporzioni le per-
dare il giusto valore, determinando intelligentemente metteva di risentire poco dell'involuzione politica ed
i vantaggi che ne sarebbero derivati alla nascente economica del governo di S.M. il Re di Sardegna. 11
industria. Impiantò la fabbrica nei primi lustri del mantenimento del poliziesco « libretto di lavoro » favo-
XIX secolo, per produrre prima maiolica e forse anche riva l'assunzione di operai, donne e ragazzi a salari da
stoviglie comuni, poi terraglia tenera, con la certezza fame e, per un'industria basata quasi esclusivamente
che nel Monregalese vi fossero in abbondanza ottime sul lavoro manuale, questo era indubbiamente un ele-
terre, già scoperte con successo dai figuli savonesi mento fra i più positivi. Anche la crisi finanziaria del
(8). La data esatta della fondazione della manifattura 1817-1818 passò senza danneggiare molto la giovane
è controversa: Goffredo Casalis (9) la stabilisce nel azienda.
1807; un Anonimo (10) nel 1808; Giovanni Vignola e
Giuseppe Buscaglia (11) nel 1810; Aurelio Minghetti,
Giuseppe Morazzoni, Miche Berra e Marco Antonio
Aimo (12) nel 1811; G.B. Baruffi, Giuseppe Corona,
L. De Mauri, G.B. Nicolò Besio, Lucrezia Carboneri
(13) nel 1814.
È presumibile che la data del 1814 indichi l'affer-
mazione di Benedetto Musso come grande ceramista
che prende risalto impiantando la fabbrica in un
grande edificio in Carassone definito dal Baruffi
« ...molto atto ad u n a grande manifattura... » e che
era localmente ben noto in quanto « ...dapprima fab-
bricato per il setificio fu trasformato sotto il governo
francese in una manifattura d'indaco nazionale estrat-
to dall'isatis tinctoria e venne ivi successivamente in-
trodotta da un inglese una nuova manifattura di ferro
fuso che per disgustosi incidenti dovette perire con
grave danno per il paese... ».
L'albero genealogico dei Musso non riguarda sol-
tanto l'evolversi di una famiglia patriarcale, straordi-
nariamente prolifica, ma è anche u n a pagina determi-
nante nella storia della ceramica monregalese. Infatti
i discendenti di Benedetto Musso, che fu il vero fonda-
tore della ceramica di Mondovì, diedero vita a cinque
industrie figuline. Il ceramista diresse subito la mani-
fattura con grande oculatezza tanto da ampliarla no- Fiasca h. cm 22
tevolmente, offrendo verso la metà del secolo lavoro Policromia
Musso ? - Mondovì 1810-1834
a moltissimi operai (14).
Iniziava così la produzione della terraglia dolce
« vecchia Mondovì », riconoscibile per il caratteristico Fra il 1823 e il 1826 veniva istituita in Savona una
azzurro dei decori sui bordi, la vivacità dei colori e manifattura ceramica di modeste proporzioni, quale
delle figurazioni, nata senza alcuna pretesa d'arte, ma succursale dello stabilimento già funzionante in Mon-
estremamente suggestiva. Questa tipica ceramica, la dovì. Nel 1830, in seguito all'andamento commerciale
cui decorazione a pennello era affidata all'estro e alla favorevole, questa nuova fabbrica veniva considere-
abilità di valenti maestranze, era venduta, per la mag- volmente ingrandita e successivamente ne assumeva
gior parte, sulle piazze e nelle fiere e i suoi decori — la direzione Antonio Musso figlio di Benedetto (15).
fiori, galletti, uccelli e paesaggi — gareggiavano fra Nel 1834, il primogenito Alessandro assumeva la
loro in vivacità spontanea. direzione della fabbrica di Mondovì che malgrado abili
L'indirizzo produttivo ed industriale impresso dal e forti concorrenti, riusciva in breve tempo a incre-
Musso fu chiaro e ben definito fin dall'inizio e tale si mentare ancor più il già notevole sviluppo dell'azienda.
mantenne anche negli anni successivi, senza che ten- L'anno prima, nel 1833, l'architetto Michele Giordana
tennamenti o sconfinamenti ne alterassero il progres- di Cuneo aveva acceso i forni di u n a fabbrica di terra-
sivo e rapido sviluppo. La crisi causata dalla Restau- glia dolce in Chiusa Pesio, che cederà nel 1836 a Giu-

78
seppe Barberis, proprietario delle cave di Vicoforte, Il 1848, anno di transizione, che seguiva la crisi
pericoloso concorrente perché virtualmente monopoliz- economica del 1846-1847, non portò quell'incremento
zatore dell'argilla, la materia prima più importante. produttivo e commerciale che imprenditori e operai
In Mondovì, dove già da anni nel sobborgo di Caras- avrebbero sperato. Solo nel 1849 ebbe inizio una lenta
sone si dedicava all'arte figulina, Giuseppe Besio, tra- ripresa che sfociò, nel 1850, in un vero e proprio
sformava un filatoio affittato nel 1841 in Pian della « boom » dell'industria ceramica monregalese.
Valle in fabbrica di terraglia tenera, ottenendo in pochi ALESSANDRO MUSSO — MONDOVÌ
anni il più lusinghiero successo. I fratelli Andrea e Alla morte del fondatore della « Ceramica Musso »,
Sebastiano Tomatis, nel 1840, tentarono l'avventura di Benedetto, avvenuta il 20 marzo 1849, l'azienda di Mon-
produrre ceramica ma, malgrado la loro indiscussa dovì veniva ereditata dal figlio Alessandro, quella di
abilità, dovettero cedere di fronte ai più forti concor- Savona dal figlio Antonio, mentre un terzo figlio, Anni-
renti e, dopo due anni di attività, spensero definitiva- bale, iniziava l'attività ceramica il 26 gennaio 1851,
mente i forni. edificando nella vicina Villanova u n a fabbrica di terra-

Tazzone h. cm 10 Zuppiera h. cm 24
Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì Benedetto Musso
1849-1879 Mondovì - 1810-1849

I Musso intanto, per incrementare la vendita della glia dolce. Le prospettive di un andamento favorevole
loro ceramica, aprirono negozi, piccoli ma efficienti, in del mercato permettevano un ulteriore sviluppo delia
Alba, Alessandria, Bra, Ceva, Cuneo e Fossano; affida- azienda di Mondovì; nel 1850 Alessandro Musso acqui-
rono la loro merce anche ai « ciapasé », i magliari della stava un opificio in disuso, ubicato nel medesimo rione
epoca che, con i loro barocci, accorrevano su tutte le Carassone ( denominato « il follone » — perché nella
fiere e mercati del Piemonte, della Liguria e del Niz- precedente attività vi veniva praticata la follatura del-
zardo, dove vendevano quantità incredibili di stovi- la lana —) e lo trasformava in fabbrica di terraglia.
glie. Nello stesso anno 1850 era apparso un nuovo e
La famiglia però non diede alle fabbriche un vero temibile concorrente: Giovanni Battista Magliano —
e moderno sviluppo industriale perché era fautrice, proprietario degli stabili in cui era allogata la fabbri-
come tutti gli altri imprenditori, del lavoro manuale. ca di Giuseppe Besio al Pian della Valle — che, sfrat-
In quell'epoca sembrava assurdo sostituire all'econo- tato il locatario, continuava in proprio e con successo
micissimo uomo la costosa macchina. l'attività fino allora svolta dal Besio. Ma questi, rile-

79
vato un filatoio nel rione Borgatto, lo convertiva tem- diede i frutti sperati. Benché il mercato si fosse enor-
pestivamente in fabbrica di terraglia, riuscendo in po- memente dilatato, lo smercio dei prodotti industriali
chissimo tempo a produrre pressoché la stessa quantità non seguiva l'espansione geografica perché mancava
di manufatti che nel precedente opificio. un'efficiente rete distributiva commerciale. Per di più
Da una statistica esistente nell'Archivio Comunale l'aumento del costo della vita, ma soprattutto le tasse
di Mondovì (16) risulta che nel 1858 Alessandro Musso e le imposte, applicate dallo Stato indiscriminatamente
nella fabbrica di Carassone aveva quattro forni, dei per fronteggiare le spese della guerra, impoverivano
quali solo due erano in funzione: uno per la prima i tradizionali clienti: le classi meno abbienti della po-
cottura contenente 3.000 dozzine di stoviglie, l'altro per polazione. Dovranno passare anni prima che il poten-
la seconda cottura contenente 1.000 dozzine. L'opificio ziale d'acquisto di questi consumatori della terraglia
consumava 45.000 miriagrammi di legna di castagno di Mondovì riesca a ritornare a livello normale.
al prezzo di £. 0,20 il miriagrammo; 10.000 miriagram- Malgrado tanti fattori negativi, Alessandro Musso,
mi di argilla a £. 0,60 il miriagrammo; 8.000 miriagram- con tenacia e volontà ferree, riusciva a far aumentare
mi di silice al prezzo di £. 0,05 al miriagrammo; 9.000 la produzione, migliorandone nel contempo la qualità:
miriagrammi di calcare al prezzo di £. 0,02 al miria- in questa periodo la terraglia dei Musso raggiunse tra-
grammo. La produzione di stoviglie di la, 2a e 3a qualità
guardi estetici imprevedibili e inaspettati. Si nota, nelle
si aggirava sulle 45.000 dozzine annue, per un valore
complessivo di £. 56.500. Sessanta in media erano gli creazioni del tempo, maggiore inventiva, disegni più
operai occupati (uomini, donne, ragazzi), dei quali die- variati, colori più smaglianti e decorazioni più belle
ci sempre addetti ai forni. La paga media di un operaio e originali.
toccava le 366 lire annue, mentre una operaia perce- Il 15 agosto 1861 bruciava il « Follone » e i danni
piva circa lire 154. Non è indicata la paga dei ragazzi, furono notevoli, sia agli edifici che alle attrezzature;
ma è da presumere fosse ancora inferiore. Il lavoro, si salvarono i forni ma i prodotti finiti, che stipavano
nella buona stagione, poteva prolungarsi per quindici i magazzini, subirono deterioramenti tali da risultare
ore giornaliere (17). invendibili (18).
Il 1860, anno dell'Unità, anno di grandi speranze Anche altri inconvenienti concorrevano ad aumen-
anche per i fabbricanti di ceramica monregalesi, non tare i disagi, sia degli imprenditori che degli operai.

Archivio del Comune di Mondovì:


Contratto di matrimonio di
Benedetto Musso - 1807

82
Dalle sorgenti del torrente S. Matteo, nel territorio di dovette dare i risultati sperati, poiché, dopo pochi anni,
Frabosa Sottana, era stato scavato un canale detto la produzione veniva sospesa.
delle « dosi », per deviarne l'acqua che, dopo aver per-
corso un chilometro e mezzo, s'immetteva nell'Ellero
FELICE MUSSO — MONDOVÌ
un po' prima della fabbrica dei Musso in Carassone
(19). L'acqua del canale ed una parte di quelle dell'El- Deceduto Alessandro Musso il 2 febbraio 1879, le
lero erano convogliate, per mezzo di uno sbarramento, due manifatture passarono per eredità ai fratelli Be-
in un secondo canale che dava il movimento alle ruote nedetto e Felice. Quest'ultimo, divenuto unico proprie-
idrauliche della Ceramica Musso ed a quelle di altri tario della fabbrica il « Follone » il 12 settembre 1879,
opifìci situati sulla sponda dell'Ellero. Le disastrose perfezionava la lavorazione e cercava di incrementarne
alluvioni degli anni 1832, 1841, 1852, 1857 e 1868 (20) la produzione impiantando un immenso forno circo-
arrecarono danni cospicui alla diga e ai canali le cui lare a fuoco mobile tipo Hoffman.
sponde franarono. Le ruote idrauliche, dopo ogni piena, Nel 1883, le due fabbriche Musso impiegavano com-
risultavano inutilizzabili per molto tempo provocando plessivamente un centinaio di operai e producevano
l'arresto di quasi tutta l'attività produttiva. Il danno, oltre 2.300.000 pezzi assortiti per un valore complessivo
indubbiamente grave per il Musso, era maggiormente di £. 400.000. Gli operai guadagnavano giornalmente
sentito dagli operai che improvvisamente si trovavano da £. 3,20 a £. 4,00, i manovali percepivano da £ 1,70 a
sul lastrico e senza la minima provvidenza sociale. Ma £. 2,30, mentre le operaie fruivano di una paga da £.
non passava molto tempo che la fabbrica risorgeva, 1,30 a £. 1,60. i ragazzi dai dodici ai diciotto anni una
riprendendo, sia quantitativamente che qualitativa- mercede da £. 0,80 a £. 1,30 (22).
mente, la produzione anteriore alle catastrofi (21).
Verso il 1875, in ambedue le fabbriche, era stata
ripresa, in via sperimentale, la lavorazione di stoviglie
ordinarie e per cucina, già attuata all'inizio dell'attività
aziendale da Benedetto Musso. Tale esperimento non

Dopo anni di alti e bassi economici, ma soprattutto


in seguito all'andamento favorevole provocato dalla
politica protezionistica del 1878, la fase positiva conti-
nuò fino al 1887, anno in cui le condizioni del mercato,
subordinate a u n a situazione economica e finanziaria
estremamente pesante, peggiorarono sempre più. Feli-
ce Musso, che impiegava ottantacinque operai fra uo-
mini, donne e ragazzi, tentò di frenare la diminuzione
delle vendite abbassando i prezzi, adottando la cottura
a carbone e sostituendo la terra di Vicoforte con la
« terra d'Olanda ». Ma né il miglioramento dello smalto,
né l'introduzione di nuovi procedimenti nella tecnica
della stampa, che aumentarono la produzione, si rive-
larono utili.
Mancavano le attrezzature e i macchinari moderni,
i disagevoli locali erano posti in edifici non più rispon-
denti ai nuovi criteri di fabbricazione. Inoltre gli ope-
rai, che nel 1894 erano ancora cinquantacinque, esige-
vano un adeguamento della paga al costo della vita e
non erano più disposti ad osservare orari massacranti.
Piatto Ø cm 23 - Policromia Tutti questi fattori incidevano troppo sui costi di fab-
Alessandro Musso - Mondovì bricazione, mentre i clienti tradizionali abbandonava-
1849-1879 no la terraglia tenera, ormai troppo costosa, per rivol-

83
gersi ad altri prodotti, terraglia forte e porcellana co-
mune o stampata, offerti a prezzi notevolmente bassi.
Due erano le soluzioni: evitare il dissesto licenziando
tutte le maestranze oppure cedere l'azienda ad impren-
ditori più dinamici, più forti e più organizzati. Venne
scelto il male minore.
Il 5 gennaio 1897 la « Società Ceramica Italiana
Richard Ginori » di Milano rilevava da Felice Musso la
fabbrica « Il Follone ».

BENEDETTO MUSSO — MONDOVÌ


Benedetto Musso, divenuto, il 12 settembre 1879,
unico proprietario della casa madre in Carassone Via
Nuova, iniziava la sua gestione lasciando quasi immu-
tato l'opifìcio e la vecchia attrezzatura. Uniche sue
innovazioni furono un nuovo sistema di cottura per
cui si sostituì alla legna, come combustibile, legna e
carbone, e la contemporanea adozione di nuovi metodi
di decorazione incrementando in misura notevole la
tecnica della stampa.
Le stesse difficoltà organizzative incontrate dal fra-
tello Felice erano avvertite pure da Benedetto Musso,
aggravate maggiormente dalla vetustà degli edifici,
disagevoli e irrazionali, nati per altri usi e trasformati
in tempi diversi con adattamenti e ripieghi, ma sempre
più inadeguati alle nuove esigenze industriali.

Dopo la fase positiva, d u r a t a fino al 1887, incominciò


un periodo di recessione che mise in evidenza tutte le
deficienze accumulatesi in settantacinque anni di eser-
cizio. Gli operai, settantadue fra uomini e donne nel
1889, chiedevano infatti aumenti salariali e diminuzio-
ni di orario che avrebbero inevitabilmente portato la
azienda verso un deficit incolmabile. Le vendite sul
mercato italiano diminuivano gradatamente malgrado
i notevoli ribassi apportati al prezzo del prodotto finito,
ribassi ottenuti accelerando la produzione con lavora-
zioni più veloci e meno costose. Era perciò indispen-
sabile migliorare la qualità dei manufatti. Già verso
Piatto ovale h. cm 40 il 1886 era stata attuata la conversione dei forni pas-
Monocromia stampata
Felice Musso - Mondovì sando dalla combustione a legna e carbone a quella
1885-1897 esclusivamente a carbone, era stata sostituita comple-
tamente l'argilla di Vicoforte con la « terra d'Olanda »

84
che dava prodotti meno cavillati, i colori e le vetrine di piombo ed i colori in un primo tempo venivano pro-
erano stati opportunamente migliorati. Malgrado que- dotti in fabbrica, poi, per la maggior parte, importati
ste innovazioni, la flessione delle vendite continuò e le dall'Inghilterra. Fino al 1878-1880 le fornaci erano ali-
maestranze dovettero essere ulteriormente ridotte tan- mentate con legna di castagno, ma da tale epoca si
to che nel 1894 vi erano solo trentasei addetti (ventidue iniziò ad usare parzialmente il carbone fossile che,
maschi e quattordici femmine). Con la situazione finan- pochi anni dopo, sostituiva completamente la legna (22).
ziaria sempre più pesante, Benedetto Musso considerò I Musso di Mondovì smerciarono i loro prodotti in
l'opportunità di cedere l'azienda a elementi più giova- Piemonte, in Liguria, in Lombardia, in Toscana, nelle
ni, più intraprendenti, più ottimisti. Romagne, nel Napoletano, in Sardegna, in Sicilia (23).
Così il 20 gennaio 1898 l'azienda veniva ceduta a Esportarono molto in Grecia, in Turchia, in Egitto, nel
Edoardo Barberis. Medio Oriente, nelle Indie Olandesi, nell'America Set-
La migliore produzione delle fabbriche dei Musso tentrionale e Meridionale.
di Mondovì aveva continuato per decenni a seguire la
tipica tradizione monregalese: terraglia bianca deco-
ANTONIO MUSSO — SAVONA
L'azienda di Savona, istituita come succursale della
fabbrica di Mondovì fra il 1823 e il 1826 e ingrandita
nel 1830 (24), alla morte di Benedetto Musso avvenuta
il 20 marzo 1849, passava in eredità al figlio Antonio
che già la dirigeva dagli anni successivi all'amplia-
mento e aveva dato un notevole impulso alla produ-
zione tanto da rivelarsi un poderoso concorrente della
stessa casa madre di Mondovì (25). All'Esposizione di
Genova del 1846 « ...veniva dichiarato degno del pre-
mio della medaglia di r a m e per le sue stoviglie bianche
da lui perfezionate... » (26).
Antonio Musso, u n a volta divenuto unico proprie-
tario dell'azienda di Savona poteva svolgere l'attività
che gli era più congeniale. A lato delle stoviglie pro-
dusse ceramiche artistiche di notevole pregio; ebbe
come collaboratrice la pittrice Veronica Murialdo, la
quale impreziosì decorativamente le già belle terraglie.

GIUSEPPE E FELICE MUSSO — SAVONA


Nel 1876 Antonio Musso moriva: a lui succedettero
i figli Giuseppe e Felice che, lasciata la carriera milita-
Piatto Ø cm 26 re, si dedicarono allo sviluppo della già importante fab-
Monocromia stampata brica del padre. Anch'essi, a lato della produzione nor-
Benedetto Musso - Mondovì
1867-1895 male, si dedicarono alla ceramica artistica fabbricando
notevoli oggetti di forma, soprammobili, vasi, cornici,
portali, ecc., tanto che furono premiati in numerose
rata a mano e, dopo il 1860, anche terraglia a stampa
esposizioni (27).
all'uso inglese, assai pregevole. L'indirizzo essenziale
rimase quello di realizzare u n a produzione buona, Nel 1883 lo stabilimento possedeva tre forni a si-
esteticamente bella ma di prezzo accessibile ad ogni stema rotondo ed un quarto a volta con otto bocche
borsa, perché anche il desco più modesto fosse miglio- esterne per il biscotto, che conteneva, in media, 4.000
rato sotto il profilo estetico. Per decenni si adoperò la dozzine di oggetti assortiti (i quattro forni producevano
terra di Vicoforte ma, essendosi questa quasi esaurita mediamente 6.000 dozzine al mese, ossia circa 860.000
nella seconda metà dell'800, si incominciò ad usare, la pezzi annui); era dotato di sei muffole, presse per terra,
« terra d'Olanda », la quale aveva anche il pregio di macine per colori e aveva u n a ruota idraulica che
rendere le terraglie più omogenee e resistenti. La pietra produceva la forza motrice di 30 HP. L'argilla veniva
calcarea veniva estratta dalle cave di Villanova, il importata dalla Germania (terra d'Olanda), il quarzo
quarzo dalle cave di Roccaforte. La vernice era a base dalla Sardegna e la sabbia silicea dal Capo Noli, gli

85
smalti venivano prodotti in fabbrica col quarzo, il
litargirio e la soda. Le caselle per infornare erano otte-
nute con una terra molto refrattaria estratta nelle adia-
cenze della fabbrica. Gli operai erano circa sessanta
con mercedi giornaliere che variavano per gli uomini
da £. 3,20 a £. 4,25; per le donne da £. 1,20 a £. 1,70;
per i manovali da £. 1,80 a £. 2,25; per i ragazzi da
dodici a diciotto anni da £. 0,80 a £. 1,75. Le ore di
lavoro erano da dodici a quindici secondo le stagioni.
Il prezzo di vendita delle stoviglie andava da £.
1,25 per dozzina del bianco a £. 1,40 del decorato e lo
stampato. La produzione veniva in grandissima parte
venduta in Sicilia, Sardegna e Liguria ed esportata
neill'America del Nord, in Argentina e nel Medio
Oriente (28).
La crisi che colpì l'industria ceramica negli ultimi
anni dell'Ottocento ebbe anche influenza negativa
sulla ceramica Musso di Savona che, dopo un rapido
declino, chiudeva definitivamente la fabbrica nel 1894
(29), destinando gli edifici ad altra attività.

ANNIBALE MUSSO — VILLANOVA


Annibale Musso, il 26 gennaio 1851 (30), dava inizio Felice Musso e Teresa Novelli
alla produzione della terraglia tenera in Villanova,
regione Pradonio, Via dei Giardini e riusciva, in po-
chissimi anni, a dare un notevole incremento all'azien-
da. Nel 1859 con una produzione di 37.000 dozzine cellenti risultati sia artistici che commerciali; toccò
annue di stoviglie di l a e 2 a qualità, incassava circa pure senza attribuirvi carattere di produzione in serie,
lire 40.000 —; impiegava trentacinque operai che per- più per diletto perciò che per indirizzo produttivo, la
cepivano questi salari: gli uomini u n a media di lire ceramica artistica, scostandosi dalla produzione nor-
370 annue, le donne lire 170, mentre i ragazzi fruivano male, per creare oggetti di forma di notevole pre-
di una mercede presumibilmente inferiore (31). Anche gio (32). Era questa, forse, u n a parentesi di svago e di
Annibale passò le traversie dei fratelli, dovute agli alti riposo, come dimostrano i non moltissimi pezzi ese-
e bassi della instabile vita economica monregalese. Nel guiti. L'indirizzo essenziale rimaneva infatti la produ-
1871 gli addetti alla fabbrica erano quaranta. Nel 1872 zione di terraglia dolce per uso domestico, di qualità
o 1873 veniva sperimentata la produzione di stoviglie buona, esteticamente bella, ma di prezzo accessibile a
comuni e per cucina che non dava i risultati sperati tutti. Ed il mercato dimostrò tangibilmente il proprio
tanto che, pochi anni dopo, veniva abbandonata in at- favore a questo indirizzo positivo.
tesa di tempi migliori.
Nel 1883, gli operai occupati nella fabbrica erano
circa quaranta: i dodici operai percepivano u n a mer-
FELICE MUSSO — VILLANOVA cede giornaliera da lire 2,50 a lire 4,00; le quattro ope-
Alla morte del fondatore, il 15 gennaio 1877, la fab- raie u n a mercede da lire 1,25 a lire 1,70; gli otto mano-
brica fu ereditata dal più giovane dei figli, Felice, che vali da lire 1,80 a lire 2,50 e i sedici ragazzi ( dai dodici
cambiò la ragione sociale in « Ceramica Felice Musso ». ai diciotto anni) da lire 0,80 a lire 1,60 giornalieri. La
Coadiuvato dalla moglie Teresa Novelli, che si dimo- produzione a n n u a si aggirava sui 650.000 pezzi per un
strò preziosa collaboratrice, Felice Musso continuò la valore di lire 105.000.
produzione monregalese di terraglia bianca, decorata I prodotti della « Ceramica Felice Musso » si diffu-
a mano con i classici disegni e gli smaglianti colori sero in tutta l'Italia e facilmente furono esportati in
che contraddistinguono la « vecchia Mondovì ». Anche Egitto, in Siria, in Palestina, in Turchia, in Persia, nel-
egli volle produrre terraglia stampata ottenendo ec- l'America Meridionale e nel Messico.

86
Nel 1885 vi fu u n a sostanziale trasformazione dei nuando la stessa produzione del nonno e del padre.
forni, per adattarli al fuoco di carbone, le attrezzature Pochi anni di floridezza e nuovamente il caos econo-
furono modificate e, p u r continuando ad utilizzare il mico — questa volta rappresentato dalla « grande cri-
calcare di Villanova e il quarzo di Roccaforte, fu adot- si » — fece precipitare tutte le industrie in una gravis-
tata definitivamente la « terra d'Olanda » affinché il sima depressione che si prolungò per lungo tempo. Le
prodotto fosse più uniforme, lo smalto più brillante e quattro più importanti fabbriche di terraglia del mon-
meno cavillato. Venne anche ripresa la produzione di regalese, fra cui la manifattura Felice Musso, nel 1934
stoviglie ordinarie e per cucina. La ennesima crisi che si accordarono per costituire l'« Ufficio Unico Consor-
si abbatté sulle attività produttive e commerciali del ziale » onde agevolare la vendita dei loro prodotti. Non
monregalese nell'ultimo decennio del secolo, sorprese si può esattamente dire se fu un danno od un vantag-
anche quest'impresa in un delicato momento ed in pie-
gio far parte di tale « trust », ad ogni modo lo stato di
na trasformazione: gli ambiziosi programmi dovette-
ro perciò essere accantonati e rimandati a tempi mi- crisi si prolungò per vari anni: solo nel 1936 la fabbri-
gliori. ca riprese la normale attività che continuò fino allo
scoppio della guerra. Dopo quel periodo quasi regolare,
Nel 1897 i trenta operai, uomini, donne e ragazzi, gli eventi bellici imposero numerose restrizioni: il car-
riuscivano a fabbricare annualmente circa 500.000 pez-
bone incominciò a scarseggiare e dovette essere sosti-
zi. Nello stesso anno era stata ripresa con successo la
tuito con la legna o la sansa, le varie materie prime
produzione di stoviglie comuni e per cucina (33) che
divennero introvabili, i trasporti si fecero sempre più
ottennero, anche negli anni successivi, un facile smer-
cio. Solo dopo il 1915 questi manufatti non vennero più precari. Malgrado il mancato rimpiazzamento degli
fabbricati (34). operai specializzati, chiamati sotto le armi, la fabbrica
continuò a funzionare, ma diminuì gradatamente la
Nei primi anni del '900, con il superamento della
crisi e l'economia in fase ascensionale, fu possibile produttività fino all'esaurimento delle scorte. Furono
attuare notevoli modifiche sia agli impianti che alle allora dimesse tutte le maestranze con la conseguente
attrezzature, la produzione così migliorò qualitativa- chiusura totale.
mente e quantitativamente trovando un buon mercato Dopo il 1945 l'attività riprese con rinnovato vigore,
sia in Italia che all'estero. Nel 1907 gli addetti erano sollecitata dalle pressanti richieste della clientela vec-
cinquantanove fra maschi e femmine e la produzione chia e nuova e da un mercato che accusava le conse-
era di circa 1.100.000 pezzi. L'incremento produttivo guenze di anni e anni di stasi produttiva.
della terraglia stampata, ottenuto con l'introduzione di
metodi e sistemi nuovi, dava impulso alle vendite tan-
to che nel 1914 con lo stesso numero di operai furono MARIO MUSSO — VILLANOVA
prodotti 1.250.000 pezzi. Nel 1951, dopo la morte di Ferdinando Musso, il fra-
La guerra gettò l'azienda in gravissima crisi: chiu- tello Mario continuò a fabbricare la tradizionale cera-
si o perduti i mercati esteri, rimaneva la debole e pre- mica monregalese ma, ormai, il mercato cominciava a
caria risorsa del mercato nazionale, che assorbiva sol- « non tirare » e la clientela diminuiva gli acquisti. Nuo-
tanto articoli a basso prezzo, con margini di guadagno vi imprenditori, con fabbriche modernissime, produ-
molto limitati o nulli. A ciò si dovevano aggiungere le cevano inoltre enormi quantità di terraglia a prezzi
complicazioni per il reperimento delle materie prime, notevolmente inferiori; la clientela, divenuta più esi-
la necessità di cambiare il combustibile essendo il car- gente, acquistava sempre più articoli in porcellana o
bone introvabile e la carenza di mano d'opera. Nel in terraglia forte offerti a prezzi bassissimi. Negli anni
1917 gli operai occupati erano trentuno. successivi le vendite subirono u n a ulteriore diminuzio-
Con la fine della guerra la situazione divenne anco- ne, anche perché fabbriche più potenti, dovendo tra-
ra più pesante: moti sociali con richieste di forti ade- sformare gli impianti per produrre terraglia dura, im-
guamenti salariali, ribassi dei prodotti industriali stra- mettevano sul mercato la terraglia dolce a prezzi
nieri, aumento degli oneri fiscali provocarono un'ulte- sempre più bassi. Il 28 febbraio 1964, la « Ceramica
riore rallentamento della ripresa industriale. Nel 1921 Felice Musso » cessava la produzione di terraglia te-
gli operai addetti alla produzione erano trentadue fra nera d'uso domestico, cambiando la ragione sociale in
uomini e donne. « Hellerval S.p.A. » con sede in Villanova, che fabbrica
supporti per resistenze elettriche a filo metallico e
FERDINANDO MUSSO — VILLANOVA resistenze elettriche di alta qualità. Nel 1968 vi erano
Il 18 maggio 1921 decedeva Felice Musso ed il figlio occupati 50 operai e 3 impiegati. La produzione si aggi-
Ferdinando, affiancato validamente dalla madre Tere- rava su 30.000.000 di pezzi annui con un fatturato di
sa Novelli, assumeva la direzione della fabbrica conti- lire 190.000.000.

87
CRONOLOGIA
MUSSO MONDOVÌ
1782 settembre 21
1807~ Nasce a Savona Benedetto Musso da Lorenzo e Varaldo Benedetta.
1808
1810
1811 Inizia la produzione della maiolica e della terraglia dolce
1814
1823 o 1826
1830 Fonda la fabbrica di Savona.
1834 La fabbrica di Savona viene ampliata.
La direzione della fabbrica di Mondovì viene assunta dal figlio Ales-
1834 (?) sandro.
La direzione della fabbrica di Savona viene assunta dal figlio Antonio.
1849 marzo 20 Morte di Benedetto Musso: Alessandro eredita l'opificio di Mondovì,
Antonio quello di Savona.
1850 Alessandro Musso acquista u n a fabbrica nel sobborgo Carassone
detta « Il Follone » e la trasforma in ceramica.
1851 gennaio 26 Annibale Musso fonda la fabbrica di Villanova.
1879 febbraio 2 Morte di Alessandro Musso: eredi Benedetto, Giacomo, Felice.
1879 settembre 12 Per suddivisione ereditaria Felice Musso ha la proprietà del « Follone ».
1879 settembre 12 Benedetto Musso ottiene la proprietà della casa madre in Via Nuova.
1895 ottobre 3 Felice Musso rileva la fabbrica al Borgatto, già di Giuseppe Besio, dal
figlio Federico Besio e Maddalena Bruno.
1897 gennaio 5 Felice Musso cede alla S.A. Richard Ginori di Milano la proprietà degli
immobili e delle attrezzature del « Follone » e la fabbrica Besio al
Borgatto.
1898 gennaio 20 Benedetto Musso vende la fabbrica di Via Nuova a Edoardo Barberis.
MUSSO SAVONA
1823 o 1826 Benedetto Musso istituisce u n a fabbrica in Savona quale succursale
della casa madre di Mondovì.
1830 La fabbrica viene notevolmente ampliata.
1834 (?) Antonio Musso assume la direzione della fabbrica.
1849 marzo 20 Morte di Benedetto Musso, Antonio eredita l'opificio di Savona.
1876 Morte di Antonio Musso, ereditano la fabbrica i figli Giuseppe e Felice.
1894 Chiusura della fabbrica perché risultata antieconomica.
MUSSO VILLANOVA
1851 gennaio 26 Annibale Musso inizia la produzione della terraglia dolce.
1877 gennaio 13 Morte di Annibale Musso, il figlio Felice eredita la fabbrica.
1921 maggio 18 Morte di Felice Musso, i figli Fernando e Mario ereditano l'opificio.
1951 marzo 17 Morte di Fernando Musso, il fratello Mario continua la produzione
solita.
1964 febbraio 28 Trasformazione della fabbrica che ora produce resistenze elettriche
di alta qualità.
NOTE

1) GIUSEPPE MORAZZONI La maiolica antica ligure, Milano, 1951 — pag. 38;


2) GIUSEPPE MORAZZONI La maiolica antica ligure, Milano, 1951 — pag. 39;
3) G.B. BARUFFI Pellegrinazioni autunnali, Torino, 1841 — vol. II — pag. 1307;
4) AURELIO MINGHETTI Ceramisti, Milano, 1939 — pag. 307;
ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La Ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
LUCREZIA CARBONERI "Carassone culla dell'industria ceramica" da: « La gazzetta di
Mondovì » — n. 30 del 29 luglio 1967;
5) PIERO TORRITI Giacomo Boselli, Genova, 1965;
GIUSEPPE MORAZZONI La maiolica antica ligure, Milano, 1951;
GIOVANNI PESCE Maioliche liguri da farmacia, Milano, 1960;
COSTANTINO BARILE Antiche ceramiche liguri, Milano, 1965;
FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, Savona 1925;
TOMMASO TORTEROLI Intorno alla maiolica savonese, Torino, 1856;
6) GIUSEPPE BUSCAGLIA La ceramica di Mondovì nei suoi rapporti con quella di Savona,
Savona, 1972 — pag. 2, 3, 4;
7) E. MOROZZO DELLA ROCCA La storia dell'antica città di Monteregale ora Mondovì in Pie-
monte, Mondovì, 1891 — pag. 579;
8) CHABROL DE VOLVIC Statistique des provinces de Savone, d'Oneille, d'Acqui et de la
partie de la province de Mondovì formant l'ancien département
de Montenotte, Paris, 1824 — vol. II, pag. 280;
9) GOFFREDO CASALIS Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati
di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1835-1842 — vol. X — pag. 614;
10) ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La Ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
11) GIOVANNI VIGNOLA Sulle maioliche e porcellane del Piemonte fabbriche di maioliche
in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 576;
GIUSEPPE BUSCAGLIA La mostra della ceramica monregalese, da: « Letimbro », Savona,
1967 del 21 settembre 1967;
12) AURELIO MINGHETTI Ceramisti, Milano, 1939 — pag. 307;
GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1956 — pag. 145;
MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da: « Cuneo, Provincia Granda », Cuneo,
1968 — n. 1 — pag. 7;
MARCO ANTONIO AIMO Ceramiche monregalesi di ieri e di oggi, da: « Ceramica Informa-
zione », Faenza, — n. 10 — pag. 50;
13) G B . BARUFFI Pellegrinazioni autunnali, Torino, 1841 — vol. II — pag. 1307;
GIUSEPPE CORONA La Ceramica, Milano 1885 — pag. 542;
L. DE MAURI L'amatore di maioliche e porcellane, Milano, 1962 — pag. 149;
G.B. NICOLO' BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria ce-
ramica monregalese, da: « Ponente d'Italia », Savona, 1967 —
n. 9 — pag. 13;
LUCREZIA CARBONERI "Carassone, culla dell'industria ceramica", da: « La gazzetta di
Mondovì » — n. 30 del 29 luglio 1967;
14) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — a pag. 131 « ...dello stabilimento pos-
seduto a Mondovì ove impiegavasi più di 500 operai.. » (numero
enorme di maestranze, certamente sbagliato);
15) FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, Savona, 1925 — pag. 17;
16) Tabella dei forni e delle usine. Descrizione di tre fabbriche di
stoviglie monregalesi nel 1858 — Archivio comunale dì Mondovì;
17) ADOLFO OMODEO L'opera politica del Conte di Cavour, Parte I 1848-1877, Firenze,
1940, Vol. I — pag. 289;
18) EMILIA BORGHESE Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870, su: Bollet-
tino della Società Studi Storici, Archeologici e Artistici della Pro-
vincia di Cuneo, Dicembre 1957 — Gennaio 1958 — pag. 123;
19) E. MOROZZO DELLA ROCCA Le storie dell'antica Città di Monteregale ora Mondovì in Pie-
monte, Mondovì, 1891 — pag. 575;
20) dal giornale "Il Vasco", 26 giugno 1868;
21) EMILIA BORGHESE Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870, su: Bollet-
tino della Società Studi Storici, Archeologici e Artistici della Pro-
vincia di Cuneo, Dicembre 1957 — Gennaio 1958 — pag. 123;
22) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pagg. 544, 545;
23) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 544;
24) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 132;
25) FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, Savona, 1925 — pagg. 16, 17;
26) Storia dell'esposizione dei prodotti e delle manifatture nazionali
fatta in Genova nel settembre 1846, Genova 1847 — pag. 193;
27) FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, Savona, 1925 — pagg. 16, 17;
28) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pagg. 132, 131;
29) FILIPPO NOBERASCO La ceramica savonese, Savona, 1925 — pag. 17;
30) Determinazione del Ministro Segretario di Stato per la Marina,
l'Agricoltura ed il Commercio, Torino 16 gennaio 1851;
31) ADOLFO OMODEO L'opera politica del Conte di Cavour, Parte I 1848-1877, Firenze,
1940 — vol. I — pag. 289;
32) MICHELE OLIVERO Ceramica Musso — Villanova Mondovì 1851-1951, Borgo San Dal-
mazzo, 1951 — pag. 21;
33) FEDERICO BASSIGNANO Annuario della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1897 — pag. 346 B-
34) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, 1902 anno II pag. 422;
1909 anno VI pag. 566/15; 1914 anno XI pag. 807.
I MUSSO

MUSSO - MONDOVÌ 1807 o 1814-1897

BENEDETTO MUSSO - MONDOVÌ - 1807 o 1814-1849

ALESSANDRO MUSSO - MONDOVÌ 1849-1879

F.lli BENEDETTO, GIACOMO, FELICE MUSSO - 1879

91
FELICE MUSSO - IL FOLLONE - MONDOVÌ CARASSONE 1879-1897

(in bleu o marrone)

(in bleu o marrone)

(in nero o bleu o marrone)

(in bleu) (impresso in pasta)

(in marrone) (in grigio bleu o marrone) (in marrone)

(in nero o bleu o marrone) (in marrone) (in nero)

92
FELICE MUSSO - IL FOLLONE - MONDOVÌ CARASSONE 1879-1897

(in bleu o marrone) (in nero) (in marrone)

(in bleu o marrone)

(in bleu o marrone)

(in bleu o marrone)

(in bleu o marrone) (impresso in pasta) (in marrone)

(in rosa) (in nero)

93
FELICE MUSSO - IL FOLLONE - MONDOVÌ CARASSONE 1879-1897

(in bleu o marrone) (in bleu) (in bleu o marrone)

(in violaceo) (in bleu o nero) (in bleu) (in violaceo)

BENEDETTO MUSSO - MONDOVÌ (Via Nuova) 1879-1898

(impresso in pasta) (in violaceo o bleu) (in bleu o marrone) (impresso in pasta)

(in bleu o marrone o verde) (in marrone o nero) (in bleu o marrone)

94
ANTONIO MUSSO — SAVONA 1849-1876

(impressi in pasta)

F.lli GIUSEPPE E FELICE MUSSO — SAVONA 1876-1894

(in azzurro o marrone o nero)

(Ceramica artistica (in marrone o nero)


bleu o nero)

(in nero o azzurro)

(in rosso o azzurro)

95
ANNIBALE MUSSO - VILLANOVA 1851-1877

(impresso in pasta) (in bleu o marrone) (impresso in pasta)

FELICE MUSSO - VILLANOVA 1877-1921

(impressi in pasta) (in bleu o marrone) (impressi in pasta)

(in bleu o nero) (in bleu o marrone)

(in bleu o nero)

FERNANDO E MARIO MUSSO - VILLANOVA 1921-1964

(impresso in pasta) (in nero o bleu o marrone) (impresso in pasta)

96
I BESIO
E
I LEVI

L'albisolese Giuseppe Besio, nato nella cittadina li- di Ceva, per poi passare a lavorare — così pare — in
gure il 21 aprile 1806, affittava il 15 novembre 1841 uno Francia dove avrebbe conosciuto la sua futura moglie,
stabile in Mondovì, sito in Pian della Valle e già adibi- Laura Bongiovanni, nativa di Dieppe. Quindi, dopo
to a filatoio, per trasformarlo in fabbrica di terraglia. esperienze successive, nel 1834 avrebbe collaborato co-
Egli era, probabilmente, discendente di maiolicari sa- me socio o come tecnico nell'impianto di u n a modesta
vonesi e presumibilmente di quel Gerolamo Besio che fabbrica di ceramiche in Mondovì nel sobborgo di
nel secolo XVIII aveva: « ...lavorato come decoratore Carassone, intestata al fratello Giovanni Battista. La
con Stefano Brusco, fratello del grande Bruschetto, per circostanza appare documentata dal Registro dello
Bernardo e Teresa Ferro, che cedettero la fabbrica a Stato d'anime relativo al 1834, esistente nella Parroc-
Giuseppe Rubatto il quale, in un secondo tempo, si chia di Carassone, dove al n. 351 viene censita la fami-
associò a Giacomo Boselli... » ed era stato « ...pittore di glia di Giovanni Battista Besio « fabbricanti di Majo-
maioliche di Savona per i Chiodo e i Boselli... », come lica nera » in contrada S. Evasio nella casa del Cav.
affermano rispettivamente Giuseppe Morazzone e Mia Andrea Viglietti (3). Sulla data d'inizio della attività
Cinotti (1). industriale di Giuseppe Besio non tutti gli autori sono
d'accordo: secondo Giovanni Vignola, Giuseppe Moraz-
zoni e un Anonimo (4) l'anno sarebbe il 1834, mentre
Giuseppe Corona, Nicolò Besio, Marco Antonio Aimo,
Lucrezia Carboneri, Nelìo Ferrando e lo stesso Giusep-
pe Morazzoni in altra pagina del suo libro, parlano del
1842 (5). Vincenzo Barelli (6), in uno scritto del 1833 o
1834, cita u n a sola fabbrica in Mondovì (quella di Be-
nedetto Musso); secondo Goffredo Casalis (7), nel 1839
o 1840 in Mondovì esistevano « ...due fabbriche di ma-
iolica bianca e nera... » e, poiché lo scritto è senz'altro
di parecchio anteriore alla pubblicazione, si deve de-
durre che prima del 1838, un'altra fabbrica fosse in atti-
vità oltre a quella del Musso. Piero Camilla e Giuseppe
Raimondi (8) riportano u n a tavola statistica di Attilio
Zuccagni-Orlandini del 1838, in base alla quale a Mon-
Anna Massimino Ved. Besio Giuseppe Besio dovì esistevano « ...due fabbriche di maioliche e sette
di vasellame ordinario... ».
Se la data d'inizio dell'attività ceramica di Giuseppe
Il Besio aveva fatto un lungo, faticoso noviziato: in Besio è molto controversa, è certo invece che (secondo
uno scritto di Michelangelo Pellegrino (2) si legge in- u n a sentenza della Corte d'Appello di Torino del 16
fatti che il piccolo Giuseppe avrebbe iniziato, a sette giugno 1884 nella causa civile intentata da Delli Negro
anni, il suo apprendistato in una minuscola fabbrica Andrea, Casati Antonio e Francesco Grilletti contro il

97
Besio) « ...in data 15 novembre 1841, Stefano Magliano gravi molestie a cagione degli odori che ne vanno esa-
concedeva in affìtto a Giuseppe Besio, l'intero fabbri- lando, del fastidiosissimo fumo che ne emana... » L'in-
cato del filatoio del Conte di S. Quintino, con diritto di teressante documento è uno dei primissimi esempi della
servitù dell'acqua della bealera dei mulini e con l'ob- blanda ed inutile lotta della burocrazia contro l'inqui-
bligo di costruire nell'antistante prato due fornaci ad namento atmosferico.
uso di maiolica con macchine ad acqua... ». Il Besio, uomo forte e intraprendente, dalla notevo-
Dopo i primi mesi di esercizio regolare, in seguito le esperienza, si affermava subito, malgrado la presen-
ad una istanza presentata da cittadini abitanti nelle za di altre fabbriche in Mondovì e nel Monregalese,
adiacenze dell'opificio, il Consiglio Ordinario della diventando in breve tempo un temibile concorrente
Provincia di Mondovì redigeva varie osservazioni sulle anche per la già affermata fabbrica Musso. La crisi
esalazioni e fumi della fabbrica del Besio (Estratto del- del 1846-1847 passava senza colpire eccessivamente il
l'Ordinato n. 88 registro n. 2 del Consiglio Ordinario Besio che, per incrementare le vendite, sull'esempio
il 15 dicembre 1842). Fra l'altro si legge « ...che.. dalla degli altri fabbricanti, apriva negozi in Alessandria,
esistenza della fabbrica di stoviglie ebbe a rilevarsi Alba, Ceva, Pieve di Teco ed organizzava una vasta
che la medesima arreca vero incomodo agli abitanti e rete di « ciapasé ». Ma proprio quando l'azienda usciva

98
dalla faticosa e onerosa fase d'impianto industriale e uno quadrato per la prima cottura, contenente 3.000
di organizzazione commerciale, Giovanni Battista Ma- dozzine, uno ovale per la seconda cottura (verniciato),
gliano nel 1850 sfrattava l'affittuario e subentrava nel- contenente 1.000 dozzine; i forni attivi erano alimentati
la gestione della fabbrica di terraglia. Giuseppe Besio annualmente con 40.000 miriagrammi di legna di ca-
non era uomo da lasciarsi prostrare da un simile colpo stagno per un costo di lire 8.000. Di argilla, estratta
dalle cave di Vicoforte, ne venivano consumati 9.000
mancino; nello stesso anno, affittato un filatoio in disuso
miriagrammi, con u n a spesa a n n u a di lire 5.400; di
nel rione Borgatto in via del Molino, lo trasformava in calcare, estratto dalle cave di Villanova, ne venivano
fabbrica di terraglia tenera riuscendo, in poco tempo, consumati 5.500 miriagrammi con u n a spesa annuale
a produrre nel nuovo opificio quasi quanto nello sta- di lire 110; mentre di quarzo, estratto dalle cave di
bilimento di Pian della Valle. Roccaforte, ne venivano consumati annualmente 5.500
Sull'attività della fabbrica del Besio al Borgatto si miriagrammi con u n a spesa di lire 275. La produzione
possono avere indicazioni precise dal manoscritto esi- di prima e seconda qualità si aggirava su 550.000 —
stente nell'Archivio Comunale di Mondovì, datato an- 600.000 pezzi per un valore di lire 47.500/60.000 l'anno.
no 1858 (9): « L'opificio del Borgatto era dotato di Gli operai occupati (uomini, donne e ragazzi) erano
quattro forni, dei quali due inattivi temporaneamente; normalmente q u a r a n t a e percepivano singolarmente

Piatto Ø cm 23
Archivio del Comune di Mondovì Policromia
Ordinato N. 88 del 15 Dicembre 1842 Giuseppe Besio - Mondovì
del Consiglio Ordinario della Città 1841-1850

99
una mercede media di lire 365 annue per gli uomini, Dopo u n a lunga lite, in seguito alla sentenza defini-
lire 155 le donne mentre non è indicata la paga dei tiva del 30 ottobre 1867, egli otteneva che gli stabili in
ragazzi, che presumibilmente, era notevolmente infe- Pian della Valle, già di proprietà Magliano, gli venis-
riore a quella degli adulti. Il lavoro, nella buona sta- sero aggiudicati, così è confermato dal lodo della Corte
gione, poteva prolungarsi per quindici ore giornaliere». di Appello di Torino pronunciato il 16 Giugno 1884
La speranza di incrementare le vendite dopo il 1860, « ...previa condanna e precetto ebbe luogo... il giudizio
in seguito all'Unità italiana, si rivelò vana; le fabbri- di espropriazione in cui il Cavalier Besio nel 1867 si
che infatti non avevano u n a adeguata e capillare or- rese deliberato di detta fabbrica con annessi caseggia-
ganizzazione commerciale che facesse affluire tempe- ti, terreni e forza motrice, sì e come erano tenuti e pos-
stivamente le merci sui nuovi mercati. La clientela seduti dal Magliano, e per questo dal suo fittabile Mon-
normale — operai, contadini e piccoli artigiani — tefameglio, con tutti gli inerenti diritti attivi e passivi
acquistava poco perché aveva un reddito troppo mi- senza alcuna sorta di garanzia... ». Il Magliano, il 9
sero ed era pesantemente tassata. Anche Giuseppe
gennaio 1859, aveva affittato la fabbrica ai soci Loren-
Besio seguiva così la sorte degli altri fabbricanti di
ceramiche benché avesse dimostrato in difficili fran- zo Montefameglio e Luscaris (10) i quali, in questa
genti d'essere un ottimo organizzatore ed un opera- disavventura furono i più danneggiati. Giuseppe Be-
tore intraprendente. Aumentò ancora i punti di ven- sio, diventato finalmente proprietario dello stabilimen-
dita aprendo altri negozi in Fossano e Albenga; incre- to di Pian della Valle, vi sistemò definitivamente la
mentò opportunamente la vendita tramite i « ciapasé », fabbrica principale: forte della produzione di due opi-
mandati, con maggiori quantità di merce, in località fici, poteva finalmente competere ad armi pari con i
sempre più lontane. più forti concorrenti: i Musso.

Collezione Giovanni Doglione - Asti

100
Collezione Giovanni Doglione - Asti

101
L'azienda, inizialmente artigianale, si e r a ormai
trasformata in u n a vera e propria industria la cui
produzione oltrepassava gli angusti confini regionali.
Anche i prodotti delle fabbriche Besio, seguendo l'e-
sempio dei concorrenti, accoglievano le vivaci motiva-
zioni locali dei decori popolari, commovente espressio-
ne di allegri, cordiali e ingenui sentimenti. Intorno al
bordo del piatto era spesso disegnata quella festosa
decorazione a palmette, a triangoli, a rombi, a greche,
a lunette, a punte o a « lambrequins », quasi sempre
di un azzurro inconfondibile, smagliante e attualmen-
te irripetibile.

Piatto Ø cm 23 - Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850

Piatto Ø cm 22 - Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1850-1867

Giuseppe Besio, quasi d'istinto, creava terraglie


raggianti di gioia decorativa; non seguiva canoni arti-
stici, ma soggetti e decori nascevano spontaneamente,
senza problemi estetici o paraocchi stilistici: lo scopo
essenziale era u n a buona produzione industriale e
commerciale. Uomo d'affari, soprattutto pratico, non
volle mai correre il rischio di fabbricare prodotti di
difficile smercio, infatti r a r e volte si permise il lusso di
produrre ceramica artistica. Nei suoi forni cuoceva
quasi esclusivamente vasellame da tavola di uso co-
mune, decorato con u n a gamma infinita di colori, in
un'ampia varietà di soggetti, dipinto festosamente, ma Piatto Ø cm 22
pur sempre vasellame. Monocromia bianco bleu
Nella seconda metà del secolo anche le terraglie del Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
Besio si impreziosirono nei decori con la stampa su ra-

102
me, ad imitazione della terraglia inglese, e con stampe San Giovanni Bosco scriveva al senatore Michelangelo
miniate. I risultati furono talmente lusinghieri che Castelli (11): « ...infatti nel 1866 coll'opera sua e colla
questa produzione continuò fino alla prima guerra mon- sua influenza sulle masse operaie poteva impedire che
diale. succedessero guai in u n a specie di sommossa fatta per
L'industria ceramica monregalese era cresciuta in il caso del Vicesi; e così potè impedirne un'altra quan-
modo abnorme fra il 1850 e il 1870 ed i diversi fabbri- do si cominciò a mettere in esecuzione la tassa del ma-
canti si facevano una concorrenza spietata per acca- cinato, infatti in allora tutti i mugnai (non solo nel Co-
parrarsi i clienti migliori. Giuseppe Besio, da quella mune ma pur anco nel Circondario) avevano fissato di
competizione commerciale, sembrò ottenere il maggior tenere chiusi i loro edifici, quando il Signor Sottopre-
vantaggio perché seppe incrementare costantemente fetto di Mondovì (l'attuale Signor Buscaglione) prega-
la produzione. I miglioramenti apportati alle stoviglie va il Signor Besio a nome del Governo perché volesse
gli valsero poi cinque medaglie-premio in cinque diver- aprire al servizio pubblico il molino che aveva Egli da
se esposizioni: Torino 1858, Torino 1868, Asti 1869, poco acquistato dal Demanio. Il Signor Besio, quantun-
Alessandria 1870, Cuneo 1870. que avesse già cominciato a demolire il molino, perché
Nel 1867, per rendere più agevole e spedito il tran- voleva, come infatti fece, ricostruirlo a imitazione degli
sito dei veicoli e delle merci fra le sue fabbriche e nelle anglo-americani, tuttavia accondiscendeva al deside-
adiacenze delle stesse, concorse con propri mezzi alla rio del Governo, e apriva a servizio pubblico il proprio
costruzione della strada lungo il fiume Ellero, dal Pian edificio, non ritirando che metà della tassa e ciò onde
della Valle al rione Borgatto e, secondo quanto scrive non colpire troppo la borsa e la suscettibilità degli
un cronista dell'epoca, « ...rendendo facile il cammino accorrenti. E con tale fatto e con l'influenza che seppe
ai viaggiatori, ai carri, alle carrozze d'uso pubblico e guadagnarsi sugli operai, impediva che avesse luogo
privato... ». la sommossa da tutti ormai ritenuta come certa. E se
Gli anni più diffìcili, anche per la vita aziendale, tal suo fatto incontrò l'approvazione del Governo e dei
furono quelli in cui fu imposta la « tassa del macinato ». buoni, procacciò pure al Signor Besio pericoli per la
In seguito all'aumento del costo della vita, le classi più sua proprietà, talché lo stesso Sottoprefetto forniva
povere della popolazione manifestarono tumultuan- per oltre trenta giorni u n a guardia di Bersaglieri agli
do un po' dovunque. In u n a lettera del 6 dicembre 1870 edifici di sua proprietà... ».

Piatto Ø cm 33 - Policromia Piatto Ø cm 30 - Policromia


Vedova Besio e Figli Giuseppe Besio - Mondovì
Mondovì - 1884-1889 1867-1884

103
Collezione
Giovanni Doglione
Asti

104
L'11 novembre 1870 Giuseppe Besio acquistava lo vero spirito di carità fece la vistosa elargizione di fran-
edifìcio nel quale dal 1850 era allogata la fabbrica chi cinquemila.. ». Michelangelo Pellegrino (14) scrive:
ceramica del Borgatto, compresi i diritti per lo sfrutta- « ...nelle condizioni proprie ai tempi, Giuseppe Besio
mento della forza idraulica. Con successivi atti del fu un capitano d'industria. Ebbe anche parte diretta
6 maggio 1871 e del 23 novembre 1876, completava lo nell'Amministrazione Civica, fu filantropo e concorse
acquisto dei terreni circostanti l'opificio. al rinnovamento edilizio della Città... ».
Con il 1871 aveva inizio la ripresa economica nel Fra il 1872 e il 1875, nella fabbrica del Borgatto ve-
monregalese, i salari erano stati aumentati in rapporto niva ripresa la produzione di stoviglie ordinarie e per
al maggior costo della vita e si notava una minore cucina — già effettuata nel piccolo opificio di Caras-
tensione tra gli operai e gli imprenditori. Nel 1874 u n a sone nel '34 e sperimentata in quello di Pian della Val-
paternalistica iniziativa del « Circolo Commerciale » le nel '42 —. Buoni furono i risultati sia industriali che
di Mondovì deliberava di consegnare ogni anno due li- commerciali, così che i manufatti vennero prodotti per
bretti della « Cassa di Risparmio », con u n a somma in qualche anno.
Giuseppe Besio, nel 1875, fu il primo fabbricante di
ceramiche di Mondovì a servirsi di argille tedesche
(15), imbarcate su velieri olandesi nel porto di Rotter-
dam — terra d'Olanda —. Fino allora tutti i fabbrican-
ti monregalesi usavano l'argilla di Vicoforte, che però
andava esaurendosi: vedendo gli ottimi risultati conse-
guiti dal Besio, i concorrenti vollero ottenere prodotti
senza cavillature ed adottarono il nuovo sistema di
impasto delle terre (16). Dopo tale innovazione le ter-
raglie dolci prodotte in Mondovì risultarono assai più
omogenee e resistenti.
Nelle manifatture ceramiche del monregalese e, fra
queste, anche in quelle del Besio, oltre alla terra d'O-
landa si adoperava calcare estratto dalle cave di Villa-
nova e quarzo delle cave di Roccaforte, la vernice era
a base di piombo ed i colori, esclusi pochi ancora pro-
dotti artigianalmente in fabbrica, venivano importati
dall'Inghilterra. Le fornaci cuocevano nei primi tempi
a legna, quindi a carbone e legna ed infine, verso il
1883, esclusivamente a carbone fossile. Nel 1884 (17)
le due fabbriche di Giuseppe Besio producevano circa
1.200.000 pezzi l'anno per un fatturato che superava le
lire 200.000; gli operai erano in media cento. Le paghe
giornaliere erano così stabilite: operai da lire 3, —a li-
re 4,—; operaie da lire 1,20 a lire 1,70; manovali da lire
Piatto Ø cm 22 - Policromia 1,70 a lire 2,25; ragazzi dai dodici ai diciotto anni da lire
Giuseppe Besio - Mondovì 0,80 a lire 1,50. I manufatti venivano smerciati in Pie-
1875-1884
monte, Liguria, Emilia, Campania, Puglie, Calabria,
Toscana, Sicilia e Sardegna e l'esportazione si indiriz-
essi iscritta, a due operai fra i più zelanti e buoni. Il zava verso la Francia del Sud, Turchia, Egitto, Siria,
primo anno toccò a due operai della fabbrica Besio, il Libano, America del Nord ed Argentina.
quale volle aggiungere due altri libretti per conto suo, All'Esposizione di Torino del 1884, Giuseppe Besio,
sicché quattro furono gli operai premiati della sua ma- ormai prossimo a morire, riceveva una medaglia di
nifattura (12). Il paternalismo caritatevole di Giuseppe bronzo per gli esemplari esposti, mentre il concorrente
Besio ebbe modo di manifestarsi sovente, come scrive- Felice Musso otteneva solamente u n a menzione onore-
va San Giovanni Bosco (13): « ...non vi è chi possa dire vole (18).
di aver ricorso a lui invano; la miseria trovò sempre in Il 23 novembre 1884 moriva Giuseppe Besio; la pro-
lui soccorso; le malattie, le calamità un rimedio... aven- prietà della fabbrica in rione Borgatto, affittata nel
do saputo che i giovanetti ricoverati nell'Oratorio di 1850 e acquistata nel 1870, passava per successione
San Francesco di Sales si trovavano in gravi strettezze ereditaria ai figli di primo letto Giuseppe, Luigi e Fe-
per saldare alcune fatture scadute, e per provvedere ai derico (19). Nel 1885, per la morte di Luigi Besio, la
medesimi pane di cui totalmente difettavano, mosso da ditta diventava « Giuseppe e Federico Besio ». Quando

105
Placca h. cm 25,5 il 10 luglio 1892 moriva Giuseppe Besio jr., la fabbrica
Monocromia grigia
Federico Besio - Mondovì veniva ereditata da Federico Besio e Maddalena Bruno.
1892 - Angelo Bosio pittore Erano intanto cominciati gli anni più tristi per i
produttori di ceramica monregalesi ed i fabbricanti
meno avveduti venivano travolti dalla crisi iniziata nel
1887. In seguito alla sentenza di dichiarazione di falli-
mento del Tribunale di Mondovì, in data 3 ottobre 1895,
la fabbrica del Borgatto veniva sequestrata, quindi
passava in proprietà a Felice Musso, da cui il 5 genna-
io 1897, era ceduta alla Società Ceramica Italiana Ri-

Piatto Ø cm 24
Decorazione a stampino
Monocromia bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

chard Ginori di Milano. Questa, a sua volta, vendeva


l'immobile alla Banca Jemina e Battaglia di Mondovì,
che vi impiantava u n a fabbrica di tannino (14 luglio
1905).
La proprietà della fabbrica più importante, sita in
Pian della Valle, veniva ereditata il 23 novembre 1884
dalla Vedova Anna Massimino unitamente ai figli di
secondo letto Eugenio ed Enrico (18). Nello stesso anno
la ragione sociale ed il marchio di fabbrica venivano
cambiati in « Vedova Besio & Figli ». Nel 1886 gli operai
occupati erano circa settantuno: q u a r a n t a uomini e
trentuno donne. Nel 1889, per recesso di Enrico, la ditta
rimaneva di proprietà esclusiva di Anna Massimino
Vedova Besio e del figlio Eugenio, mutando la ragione
sociale in Vedova Besio & Figlio ». Gli addetti alla pro-

106
duzione erano circa sessanta fra uomini e donne (31 e rimodernare certi edifìci finché, con il definitivo su-
dicembre 1899). peramento della crisi interna, la fabbrica ritornava a
La grave crisi economica che colpì duramente la funzionare come nei tempi migliori. Riprendeva pure
industria ceramica monregalese negli ultimi anni del la produzione di stoviglie comuni e per cucina. Gli
secolo XIX, paralizzò tutte le iniziative volte a miglio- operai occupati nei vari reparti erano centodieci: set-
rare le attrezzature e la produzione. Ma anche nella tantasette uomini e trentatre donne.
favorevole congiuntura dei primi anni del nuovo se- La guerra 1915-'18 interruppe la congiuntura favo-
colo, poco o nulla fecero i Besio per rimodernare so- revole dell'industria ceramica monregalese. Nel 1917
stanzialmente gli impianti, trasformare gli edifìci, re- la deficienza di materie prime, la scarsezza e lentezza
perire nuovi mercati e tentare nuove produzioni. Uni- dei trasporti, i vincoli doganali e la carenza di mano
ca innovazione degna di nota fu la installazione dì d'opera imposero alla fabbrica dei Besio una drastica
forni intermittenti a carbone — tre per la prima cot- diminuzione della produzione quasi fino alla chiusura
tura e quattro per la seconda —, oltre a qualche mi- dell'opificio. Gli operai rimasti più per la salvaguardia
glioria nei locali delle lavorazioni. Nel 1901 gli operai degli impianti che per un normale, anche se ridotto,
erano ottantaquattro: cinquantadue uomini e trenta- andamento produttivo, erano trentadue: venti donne
due donne. e dodici uomini.
Nel 1908, alla morte di Anna Massimino, l'Azienda Le agitazioni politiche e salariali del 1919 e 1920 ac-
continuò a funzionare sotto la direzione del figlio Eu- centuarono il malessere diffuso in tutto il paese. Il 31
genio, coadiuvato dalla moglie Margherita Giustetti. luglio 1919 Margherita Giustetti vedova Besio cedeva
alla « Società in Accomandita Semplice Cesare Lisa &
Nel 1911, in seguito al decesso del proprietario, la fab-
C. Successori Vedova Besio & Figlio » la proprietà della
brica veniva ereditata dalla vedova. Nel 1912 gli addet-
fabbrica sita in Pian della Valle.
ti erano novantasette: sessanta uomini e trentasette
donne. L'instabilità politica e la conseguente recessione
economica creavano gravi difficoltà finanziarie alla
Il miglioramento della situazione economica negli nuova gestione, che forse non aveva le possibilità tec-
anni che vanno dal 1908 al 1915 permise di riorganizza- niche e il dinamismo necessario per mettersi al passo
re i sistemi di vendita, migliorare qualche attrezzatura con le moderne esigenze industriali e commerciali. La

Piatto Ø cm 27 Zuccheriera h. cm 16
Vedova Besio e figli Policromia
Mondovì - 1884-1889 Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

107
108
Piatto Ø cm 29 Piatto Ø cm 23
Policromia Policromia
Vedova Besio e figli - Mondovì 1884-1889 Vedova Besio e figli - Mondovì 1884-1889

Piatto Ø cm 26,5
Piatto Ø cm 21 - Policromia Rilievo bianco bleu
Vedova Besio e Figlio Vedova Besio e figli - Mondovì
Mondovì - 1889-1919 1884-1889

109
clientela esigeva articoli nuovi e di migliore qualità, stessi nominativi che erano favoriti dall'accanita con-
mentre gli edifici e le attrezzature denunciavano tutta correnza in atto tra le diverse ceramiche, ripartire le or-
la loro vetustà. I lavoratori — ottantasette nel 1923: dinazioni fra tutte le fabbriche aderenti, in base a quo-
cinquantuno uomini e trentasei donne —, ormai co- te convenute, impostando e sviluppando u n a nuova po-
scienti dei loro diritti, anche se vessati dalla nuova litica di vendita. I risultati raggiunti non furono bril-
legislazione fascista, reclamavano stipendi più ade- lanti, ma permisero u n a prosecuzione normale dell'at-
guati al costo della vita. La produzione « pro capite » tività produttiva.
era nel frattempo diminuita perché gli operai avevano Nel 1936 sembrava che la crisi fosse definitivamen-
ottenuto di svolgere il lavoro con orari meno massa- te superata: la produzione e l'occupazione operaia era-
cranti. L'economia aziendale era resa difficoltosa anche no aumentate, le vendite avevano avuto un soddisfa-
dall'efficienza concorrenziale delle due maggiori fab- cente incremento. Al 31 dicembre 1939 le maestranze
briche ceramiche del monregalese, Richard Ginori e erano salite a ben centosessantasette elementi, dei qua-
La Vittoria, che sfornavano, in gran numero, prodotti li centoquattro uomini e sessantatre donne; tutti ave-
di ottima qualità, esteticamente pregevoli e a prezzi vano diritto alle assicurazioni sociali. Gli stipendi erano
accessibili anche per la clientela più povera. Alla fine stati aggiornati al costo della vita e gli orari erano
del 1928 gli operai occupati erano centotredici: settan- molto meno pesanti rispetto a pochi anni prima. Anche
tun uomini e quarantadue donne. se non si era ancora raggiunta l'agiatezza del ceto
A salvare l'azienda dal collasso intervenne prov- operaio, vi era la tendenza verso u n a vita meno dura.
videnzialmente una nuova dinastia di imprenditori: Malgrado la favorevole situazione di mercato, i
i Levi. Intelligenti e attivi, sagaci e perseveranti, i redditi aziendali si mantenevano a livelli molto bassi.
Levi, ma soprattutto il Dott. Marco Levi, malgrado La guerra cagionò disagio, costringendo la direzione
le difficoltà create dalla « grande crisi » e le pastoie a ricorrere alla legna come combustibile e a ricercare
della burocrazia, seppero salvare la ditta dal disse- terre nazionali per sostituire l'argilla precedentemente
sto che la minacciava da anni. importata. Man mano che le scorte si esaurivano, la
La « Società per Azioni Succ. Vedova Besio & Figlio » produzione andava progressivamente riducendosi,
si costituiva il 12 febbraio 1929 per acquistare dalla mentre le maestranze venivano gradatamente dimesse.
« Società in Accomandita Semplice Cesare Lisa & C. L'adesione all' « Ufficio Unico Consorziale di Vendi-
Successori Vedova Besio & Figlio » lo stabilimento ta » non aveva più ragione di sussistere e l'accordo, fir-
ceramico di Pian della Valle. Moise Ettore Levi, Pre- mato nel 1934, decadde il 31 marzo 1943. Dopo il bom-
sidente della Società, affidava la direzione della fab- bardamento massiccio del 12 aprile 1945, che provocò
brica a Bartolomeo Merlatto, già dipendente della danni notevoli agli edifici lasciando indenni gli impian-
Società Ceramica Richard Ginori di Mondovì e, suc- ti e le attrezzature, l'attività industriale fu sospesa com-
cessivamente, della Ceramica Lombarda di Milano pletamente.
(20). Dopo poco più di un anno, in seguito ai deludenti La fabbrica riprese gradatamente a funzionare
risultati di alcuni esperimenti e allo sfavorevole an- qualche tempo dopo e già alla fine del 1945 gli operai
damento produttivo e commerciale, il Merlatto prefe- occupati erano quarantotto, di cui ventinove uomini e
riva ritornare a Milano presso l'industria da cui pro- diciannove donne. La produzione aumentò progressi-
veniva e che insisteva per il suo rientro. Nel 1930 la vamente per alcuni anni con buoni risultati sebbene
direzione veniva assunta dal presidente Moise Ettore la produttività media si mantenesse alquanto inferiore
Levi. Il 29 marzo 1931, nella riunione del Consiglio a quella degli anni precedenti il conflitto. Nel 1947, al 31
di Amministrazione veniva nominato Amministratore dicembre, gli uomini occupati erano ottantaquattro e
Delegato Moise Ettore Levi, Presidente Angelo Occelli, le donne cinquanta per un totale di centotrentaquat-
Consigliere Gabriele Segre. Il 1° aprile 1931 il Dottore tro addetti. La ripresa commerciale era evidente, anche
Marco Levi assumeva la direzione, dedicandosi esclusi- se non si poteva ancora parlare di ripresa economica.
vamente alla fabbrica che, al 31 dicembre dello stesso In quegli anni venivano svecchiati gli edifici con de-
anno, occupava centoventi operai: settantaquattro uo- molizioni, ricostruzioni, riattamenti, sopraelevazioni
mini e quarantasei donne. dei vari locali dello stabilimento in rapporto alle esi-
La « grande crisi » colpì per vari anni tutta l'indu- genze tecniche e organizzative moderne. Venivano
stria ceramica monregalese, tanto che varie aziende, migliorate anche le condizioni ambientali di lavoro dei
e fra esse la S.p.A. Succ. Ved. Besio & Figlio, si associa- vari reparti, ampliati e modernamente attrezzati i ma-
rono per costituire 1' « Ufficio Unico Consorziale di Ven- gazzini. La direzione non riusciva però a realizzare
dita », affidato in gestione alla Soc. Ceramica Richard economia di mano d'opera per la conformazione dello
Ginori ». Scopo del nuovo organismo era quello di rior- stabilimento, sviluppato in altezza fino a tre piani ol-
ganizzare il settore commerciale, evitando gli slitta- tre l'interrato e il pianterreno, con reparti situati in
menti di prezzi e la concessione di eccessivi crediti agli piani diversi di modestissima altezza, collegati soltan-

110
Collezione Giovanni Doglione - Asti

111
to da scale. I manufatti semilavorati potevano essere dava le fondamenta in terreno alluvionale. Al momen-
trasportati soltanto a mano o a spalla e, dopo l'adozio- to dell'ordinazione l'energia elettrica costava poco più
ne di alcuni montacarichi, con carrelli. A causa della di L. 6 al KwO, al momento dell'entrata in servizio del
conformazione e dell'altezza dei locali non erano rea- forno il prezzo dell'energia elettrica era stato aumen-
lizzabili gli impianti di trasportatori con bilancini che tato a oltre L. 10 il KwO. La difficoltà di eliminazione
nei moderni stabilimenti consentono un ritmo produt- dei gas di cottura subito rivelatasi, rendeva il prodotto
tivo costante. La dislocazione irrazionale, non modifi- di colorazione non uniforme e tendente al giallastro.
cabile, dei depositi delle materie prime e dei prodotti Dopo un anno di esercizio, anche per l'impossibilità
semilavorati comportava spostamenti poco controlla- pratica di introdurre materiale sufficientemente e uni-
bili per il prelievo e la rimozione dei prodotti nelle formemente secco, costrinse a sospenderne il funziona-
diverse fasi di lavorazione (22). mento. Per non demolire il forno, venne deciso di spe-
Nel 1948 e 1949, per sperimentare su base quasi rimentarlo per la cottura del vetrato. Malgrado la li-
industriale una nuova produzione, furono sistemati mitata altezza dei canali, il risultato fu abbastanza sod-
in un locale al terzo piano due forni a suola mobile di disfacente e l'esercizio venne continuato senza altri
circa m3 2,40 per la cottura sino a 1200°, e successiva- gravi inconvenienti tecnici fino al 1972.
mente una muffola per la decorazione in oro. I forni La terraglia dolce doveva essere venduta ad un
a suola mobile, sperimentati più volte per la cottura prezzo sensibilmente inferiore a quello della terraglia
di prodotti in porcellana tenera e terraglie più forti, forte, prodotto di qualità superiore, ma tutti gli sforzi
non diedero i risultati sperati per mancanza di espe- per ridurre i costi si risolsero, come s'è visto, in spese
rienza tecnica del personale addetto e per l'impossi- ingenti e di ipotetico ammortamento.
bilità di ottenere ad alta temperatura u n a sufficiente La necessità di accontentare la clientela, che richie-
uniformità di cottura in ogni punto del forno. deva anche decorazioni in oro e decalcomania, indus-
La direzione rinunciò così alle produzioni speciali se la direzione a installare nel 1957 un forno a due ca-
e utilizzo i due forni a suola mobile per la produzione nali per la terza cottura e nel '58 u n a macchina auto-
in biscotto di prodotti complementari e per la cottura matica per la filettatura e la timbratura anulare della
in vetrato e, al terzo fuoco, di articoli più riccamente tonderia in oro essendosi rivelate troppo onerose
decorati che richiedevano maggiori cure. I forni, che la decorazione manuale e la cottura in muffola inter-
all'atto pratico comportavano un eccessivo consumo di
energia, vennero fatti funzionare diversi anni con u n a
certa continuità per produrre terraglia dolce (23).
La situazione di mercato consentiva un facile col-
locamento della produzione a prezzi discretamente
remunerativi; solo l'esportazione diminuì gradatamen-
te quando l'aumento dei costi di produzione impose la
maggiorazione dei prezzi. Per sopperire alle accresciu-
te richieste di merce da parte della clientela, le mae-
stranze impiegate vennero aumentate a centocinquan-
tadue: novantotto uomini e cinquantaquattro donne
(31 dicembre 1950).
Nel 1952 la superproduzione determinò un progres-
sivo ma inevitabile slittamento dei prezzi, mentre per
cause molteplici i costi continuavano ad aumentare. I
vari esperimenti fatti per adeguare la produzione alla
nuova situazione congiunturale si risolsero in spese
ingenti e di difficile ammortamento. La disposizio-
ne dello stabilimento non consentiva l'installazione di
moderni forni a tunnel e la direzione dovette ripiegare
sulla progettazione di un forno a passaggio o a canali,
meno ingombrante, già sperimentato con successo in
fabbriche di piastrelle o di terraglia forte.
Nel 1953 venne ordinato un forno elettrico a 24 ca-
Piatto da parata
nali a senso inverso di marcia, destinato alla cottura Ø cm 39 - Policromia
del biscotto. Esso dovette essere ubicato al primo pia- Richard Ginori - Mondovì
no di apposita e costosa nuova costruzione che affon- 1927 - Angelo Bosio pittore

112
mittente. Il forno, inizialmente sistemato nei loca- per molteplici fattori, lasciano sperare in un amplia-
li della vecchia decorazione, nella seconda metà del mento dei mercati e in un maggior interessamento
1960 venne allogato in un locale costruito a fianco del- per ciò che viene immesso sul mercato come dipinto a
la nuova decorazione. Questo reparto non potè mai mano « hand painted » dicitura inglese che, per ragio-
funzionare in modo economico e con continuità per ni non del tutto comprensibili rende più apprezzato il
difficoltà pratiche e commerciali. prodotto. Purtroppo le possibilità di sviluppo della pro-
Nel dicembre 1960 gli operai occupati erano cento- duzione decorata a mano sono condizionate dalla scar-
cinquantotto, dei quali novantotto uomini e sessanta sità di mano d'opera femminile, prevalentemente oc-
donne. cupata in altri settori, anche se in essi il lavoro è più
uniforme, monotono o legato a catene di produzione.
Per ottenere u n a ulteriore diminuzione del costo Dobbiamo pertanto augurarci che la scuola media, for-
della mano d'opera, fu anche studiata la sostituzione nendo un minimo di istruzione a tutti, induca anche
dei forni intermittenti a carbone installati da molti de- le giovani ritenute meno idonee al proseguimento de-
cenni. Furono altresì fatti molteplici esperimenti per gli studi, ma dotate di gusto artistico, a non preferire
migliorare e rendere meno tenero rimpasto, passando Un impiego modesto e talora poco retribuito, al lavoro
alla produzione di u n a terraglia più forte e arricchen- stabile e più divertente di decoratrici di ceramiche
done la decorazione (24). (26)... ».
Gli studi, già iniziati, dovettero essere interrotti, e Ancora nel 1969 il Dr. Marco Levi affermava: « ...Le
poterono concludersi solo nel 1958 quando la Società prospettive future non sono facilmente delineabili,
Ceramica Richard Ginori di Carassone aveva già prov- perché troppi fattori influiscono sull'attività delle pic-
veduto a convertire la produzione di terraglia tenera in cole e medie industrie. Oggi si svolge un'attività arti-
terraglia dura. Installati i nuovi forni a passaggio, il giana su scala semi-industriale, la richiesta del merca-
costo di esercizio si rivelò molto più oneroso del previ- to interno supera le possibilità produttive, specie per
sto. Gli esperimenti effettuati per la produzione di ter- la merce decorata in tinte vivaci, ma i prezzi sono
raglia semiforte o forte, non consentirono di prendere eccessivamente bassi e non possono essere adeguati
decisioni di sostanziali cambiamenti per l'elevato co- ai costi crescenti per la concorrenza sempre più attiva
sto dell'energia elettrica e per diversi inconvenienti della terraglia forte e del vitreus che stentano a col-
tecnici di difficile eliminazione, specie per l'impossibi- locare la produzione di massa.
lità di contenere in limiti di sicurezza le differenze di Sono sorti diversi stabilimenti modernissimi nel La-
temperatura tra canale e canale. zio che producono a costi inferiori e ve ne sono altri
Dopo un fluttuante periodo, dovuto alla recessione che fabbricano a prezzi incredibilmente bassi. La pre-
economica del 1963-1964, si rimarcò u n a discreta ripre- senza attiva di tali produzioni sul mercato tradizionale
sa commerciale. Per sopperire tempestivamente alle potrebbe accusare u n a nuova crisi nel nostro settore.
L'esportazione, fatta a periodi saltuari, è praticamente
maggiori richieste da parte della clientela, furono an-
diventata impossibile perché non è in grado di fare la
cora aumentate le forze del lavoro. Il 31 dicembre 1967 concorrenza ai prodotti stranieri e delle ceramiche del
erano occupati novantadue uomini e sessantotto don- Centro-Sud ».
ne, per un totale di centosessanta operai.
In questi ultimi anni le vendite sono aumentate e,
Quel romantico industriale che è il Dottor Marco oltre alla merce normale, la clientela chiede articoli de-
Levi, nel 1967, scriveva: «... L'attività industriale ce- corati a mano, con colori e decorazioni più vivaci. Si
ramica è stata ed è condizionata dalla necessità ritorna alla « vecchia Mondovì », un indirizzo « artisti-
di vendere forti quantitativi a prezzi sempre più bassi co» che, aperto da oltre un secolo e mezzo dai vecchi
relativamente ai costi e di affrontare concorrenze vec- maiolicari sabazi e monregalesi, procurerà ancora mol-
chie e nuove. Oggi le prospettive, pur essendo incerte te soddisfazioni ai suoi cultori.

113
Piatto Ø cm 30,5
Policromia Piatto Ø cm 28 - Policromia
Vedova Besio e Figli Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889 Mondovì - 1884-1889

Piatto Ø cm 29
Policromia Piatto Ø cm 23 - Policromia
Vedova Besio e Figli Giuseppe Besio - Mondovì
Mondovì - 1884-1889 1875-1885

114
CRONOLOGIA
1806 aprile 21 Nasce ad Albisola Giuseppe Besio, di Luigi e Corrado Teresa.
1813 Besio Giuseppe lavora in qualità di apprendista in u n a piccola fab-
brica di Ceva.
1834 Inizia l'attività ceramica in Mondovì Carassone come socio o colla-
boratore del fratello Giovanni Battista.
1841 novembre 15 Affìtta da G.B. Magliano un filatoio già del Conte di San Quintino,
sito in Mondovì Pian della Valle e lo trasforma in fabbrica di terraglia
1850 Sfrattato dalla fabbrica di Pian della Valle, affìtta un altro filatoio
nel rione Borgatto e nello stesso anno lo trasforma in fabbrica ce-
ramica.
1867 ottobre 30 Giuseppe Besio ottiene la trascrizione a suo favore della proprietà
degli edifìci e delle attrezzature della fabbrica del Pian della Valle
già di Stefano Magliano fu Giovanni Battista (Vol. 7 art. 206 Vol.
9 N. 141).
Sfratta l'affittuario Montefameglio Lorenzo e riprende subito la pro-
duzione della terraglia tenera.
1867 Costruzione a spese di Giuseppe Besio della strada che dal Borgatto
porta al Pian della Valle.
1870 novembre 11 Acquisto degli edifìci e dei terreni in cui è posta la fabbrica del Bor-
gatto (Vol. 19 Art. 366; Vol. 26 N. 166 note).
1884 novembre 23 Morte di Giuseppe Besio. La fabbrica del Borgatto viene ereditata
dai figli di primo letto Giuseppe J r ., Luigi e Federico; la fabbrica del
Pian della Valle viene ereditata da Anna Massimino vedova Besio,
da Eugenio ed Enrico figli, assumendo la ragione sociale « Vedova
Besio e Figli » (Atto N. 167 del Notaro Manassero N. 2445 Registro
Atti Pubblici N. 2412 Vol. 82 pag. 65).
1885 maggio 20 Morte di Luigi Besio; ereditano la quota parte della fabbrica del
Borgatto i fratelli Giuseppe J r . e Federico (Verbale della pretura di
Mondovì P. 1867).
1892 luglio 10 Decesso di Giuseppe Besio J r .; ereditano la quota parte della fabbrica
del Borgatto Federico Besio e Maddalena Bruno vedova Maccagni.
1895 ottobre 3 Dichiarazione di fallimento di Besio Federico e Bruno Maddalena.
Per aggiudicazione la proprietà della fabbrica del Borgatto passa a
Musso Felice fu Alessandro (reg. 5-12-1895 mod. 3 vol. 69 N. 171 —
P. 1275).
1897 gennaio 5 Musso Felice vende la fabbrica del Borgatto alla Soc. Cer. Richard
Ginori di Milano (Notaio Carandini - Milano Reg.to il 21-1-1897 vol.
233 N. 3099).
1905 luglio 14 La Soc. Cer. Richard Ginori di Milano cede la proprietà degli immo-
bili della fabbrica del Borgatto alla Banca di Mondovì Jemina e
Battaglia (Notaio Perotti di Mondovì Reg.to il 19-7-1905 N. 81) che
adibiva l'edificio a fabbrica di tannino.
1884 novembre 23 Anna Massimino vedova Besio e i figli Eugenio ed Enrico ereditano
la fabbrica sita in Pian della Valle, cambiando la ragione sociale in:
« Vedova Besio e Figli »
1889 aprile 16 Per recesso di Enrico Besio la proprietà della fabbrica del Pian della
Valle passa ad Anna Massimino vedova Besio e del figlio Eugenio.
La ragione sociale diventa « Vedova Besio e Figlio ».
1908 gennaio 30 Morte di Anna Massimino Vedova Besio; l'azienda continua a fun-
zionare sotto la direzione di Eugenio Besio coadiuvato dalla moglie
Margherita Giustetti. La ragione sociale rimane invariata.
1911 settembre 2 Decesso di Eugenio Besio; eredita Margherita Giustetti che continua
l'attività sempre con la stessa ragione sociale.
1919 luglio 31 Margherita Giustetti vedova Besio cede la fabbrica del Pian della
Valle alla « Soc. in Acc. Semplice Cesare Lisa e C. Successori Vedova
Besio e Figlio ».
1929 febbraio 12 La « Soc. in Acc. Semplice Cesare Lisa e C. Successori Vedova Besio
e Figlio » cede lo stabilimento alla « S.A. Successori Vedova Besio e
Figlio » Presidente Moise Ettore Levi, Amministratore Delegato Bar-
tolomeo Merlatto.
1931 marzo 29 Amministratore Delegato Moise Ettore Levi, Presidente Angelo Oc-
celli, Consigliere Gabriele dott. Segre.
1931 aprile 1 Marco Dott. Levi direttore.
1936 settembre 20 Amministratore Delegato e Direttore Marco Dott. Levi.
1939 marzo 19 Presidente Dott. Camino Matteo, Amministratore Delegato Occelli
Angelo, Musso ing. Guido Consigliere.
1940 dicembre 15 Presidente ing. Guido Musso, Amministratore Delegato Angelo Oc-
celli, Consigliere Bevilacqua Giovanni.
1945 maggio 1 Il dott. Levi Marco riassume la direzione della Società.
1946 marzo 31 Presidente Occelli Angelo, Amministratore Delegato dott. Marco Le-
vi, Consigliere dott. rag. Gabriele Segre.
1947 gennaio 26 Presidente dott. rag. Gabriele Segre, Amministratore Delegato dott.
rag. Marco Levi, Consigliere dott. Mario Occelli.
NOTE
1) GIUSEPPE MORAZZONI La maiolica antica ligure, Milano, 1960 — pag. 19;
MIA CINOTTI Dizionario della ceramica, Milano, 1967 — pag. 29;
2) MICHELANG. PELLEGRINO La ceramica monregalese, da: « Ponente d'Italia », Savona, 1962
— n. 11 — pag. 10;
3) GIUSEPPE BUSCAGLIA La ceramica di Mondovì nei suoi rapporti con quella di Savona,
Savona, 1972 — pag. 7;
4) GIOVANNI VIGNOLA Sulle maioliche e porcellane del Piemonte, fabbriche di maioliche
in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 576;
GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1956 — pag. 145;
ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « Ceramica », Mi-
lano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
5) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 543;
NELIO FERRANDO Cara vecchia Mondovì, dal: « Secolo XIX » di Genova del 5-9-1967;
LUCREZIA CARBONERI "Carassone, culla dell'industria ceramica", da « Gazzetta di Mon-
dovì » — n. 30 del 29 luglio 1967;
G.B. NICOLÒ BESIO La dinamica dei pionieri sabazi nell'affermarsi dell'industria
ceramica monregalese, da: « Ponente d'Italia », Savona, 1967 —
n. 9 — pag. 13;
MARCO ANTONIO AIMO Ceramiche monregalesi di ieri e di oggi, da: « Ceramica informa-
zione », Faenza, 1967 — n. 10 — pag. 50;
GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1956 — pag. 146;
6) VINCENZO BARELLI Cenni di statistica mineralogica degli Stati di S.M. il Re di Sar-
degna, Torino, 1835 — pag. 274;
7) GOFFREDO CASALIS Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati
di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1835-1842 — vol. X — pag. 614;
8) PIERO CAMILLA e Evoluzione e sviluppo dell'economia provinciale dal 1862 al 1962,
GIUSEPPE RAIMONDI « 1862-1962 un secolo di vita economica », Cuneo, 1962 — pag. 176;
9) TABELLA DEI FORNI E Descrizione di tre fabbriche di stoviglie monregalesi nel 1858,
DELLE USINE Archivio Comunale di Mondovì;
Sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Torino del 16
giugno 1884 nella causa formale civile Delli Negro, Casati Anto-
10) nio, Grilletti Francesco contro Besio Cav. Giuseppe;
Lettera di San Giovanni Bosco, indirizzata al Senatore Michelan-
gelo Castelli il 6 dicembre 1870, da: « Unione Monregalese » del
11) 12 dicembre 1938;
Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870, da: « Bol-
lettino della Società Studi Storici Archeologici ed Artistici nella
12) EMILIA BORGHESE Provincia di Cuneo », Dicembre 1957 - Gennaio 1958 — n. 39-40 —
pag. 129;
13) Lettera di San Giovanni Bosco, indirizzata al Senatore Michelan-
gelo Castelli il 6 dicembre 1870, da: « Unione Monregalese » del
12 dicembre 1938;
14) MICHELANG. PELLEGRINO La ceramica monregalese, da: « Ponente d'Italia », Savona, 1962
— n. 11 — pag. 10;
15) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 543;
LUCREZIA CARBONERI "Carassone, culla dell'industria ceramica", da « Gazzetta di Mon-
dovì » — n. 30 del 29 settembre 1967;
ENRICO BELTRANDI Note ed appunti, Mondovì 1966;
GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1886 — pag. 544;
MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da: « Cuneo Provincia Granda », Cuneo,
1968 — n. 1 — pag. 11;
Testamento del Signor Besio Cav. Giuseppe, Atto n. 167 Notaro
Giovanni Manassero del 24 ottobre 1881;
20) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
21) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
22) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
23) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
24) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
25) MARCO LEVI Note ed appunti, Mondovì, 1965;
26) MARCO LEVI L'opera dei pionieri nell'affermazione dell'industria ceramica mon-
regalese, da: « Gazzetta di Mondovì » — n. 34 del 9 settembre 1967.
I BESIO E
I LEVI
GIUSEPPE BESIO MONDOVÌ 1841-1884

(impressi in pasta)

(impresso in pasta) (in violaceo o marrone) (impresso in pasta)

(impressi in pasta)

(impressi in pasta)

(in bleu o marrone) Scala 1:3 (in nero) (in marrone o nero) (in bleu o nero)

118
VEDOVA BESIO E FIGLI MONDOVÌ 1884-1889

(impressi in pasta)

(in marrone o nero)

(in violaceo o marrone) (in nero o bleu o marrone) (in violaceo o marrone)

(in bleu o marrone)

(in bleu o marrone)

119
VEDOVA BESIO E FIGLIO MONDOVÌ 1889- in funzione

(in bleu o marrone o violaceo o nero)

(in bleu o marrone o violaceo)

GIUSEPPE & FEDERICO BESIO MONDOVÌ BORGATTO 1884-1895

(impressi in pasta)

(in bleu o marrone o violaceo) (in rosso o verde) (in bleu o nero)

120
ALTRE FABBRICHE
IN MONDOVÌ
TOMATIS
MAGLIANO
MONTEFAMEGLIO & LUSCARIS
MESSA
MUSSO & BELTRANDI
BELTRANDI & FIGLI
BARBERIS
GIORGIS & SIBILLA MASSIERA
LA VITTORIA

ANDREA E SEBASTIANO TOMATIS Anche per questa importante ordinazione le opi-


Nella prima metà del secolo XIX i fratelli Andrea e nioni sono controverse. G.B. Baruffi (6), in una lettera
Sebastiano Tomatis rilevarono u n a fabbrica ceramica del maggio 1840, scriveva: « ...vedendo tant'abbondan-
in Mondovì nel rione Carassone. Si trattava, probabil- za di acque fresche e limpide scorrere pei prati e per
mente, della piccola manifattura che Giovanni Batti- tutte le vie di Cuneo, domandai perché fra tante utili
sta Besio aveva creato e dove Giuseppe Besio aveva e belle innovazioni che si vanno ideando, non si era
collaborato. La data di nascita di questa industria ancora pensato ad u n a pubblica fontana, genere di
è molto controversa. Il Morazzoni (1) scrive: « Il abbellimento utilissimo, e così frequente nel resto del-
nuovo tipo ceramico si afferma solidamente coll'ar- l'Italia e nella Svizzera specialmente, dove il più me-
rivo da Savona dei Musso seguiti, nel 1814, dai schino villaggio è abbellito da u n a magnifica fontana.
fratelli Tomatis... », data confermata dall'Anonimo E qui devo notarvi, tra parentesi, aver udito che questa
estensore della piccola « Storia dell'industria cera- idea di pubblica utilità non era sfuggita al Municipio,
mica di Mondovì (2) ». « ...nel 1814, in Mondovì Ca- e che anzi si erano diggià spese buonamente parecchie
rassone i fratelli Tomatis costruiscono u n a fornace per migliaia di franchi nella provvista dei tubi opportuni,
cuocere materiale di terracotta... ». Altri Autori, fra i senza avere ancora però determinato il luogo e il modo
quali Giuseppe Corona (3) e Giovanni Vignola (4), af- di derivarne poi l'acqua... ». L'Anonimo (7) già citato
fermano al contrario che la fabbrica dei Tomatis ebbe scrive: « ... quando la Città di Cuneo, necessitando di
vita dal 1840 al 1842. Il Vignola, monregalese, certa- u n a conduttura per acqua della lunghezza di 7-8 chilo-
mente conobbe o, almeno, sentì parlare dei Tomatis metri, ordinò ai fratelli Tomatis circa dodicimila tubi
perché era loro contemporaneo. La data più verosimi- di terracotta... ». Giovanni Vignola (8) non fa invece
le è quella citata dal Corona e dal Vignola anche per- cenno alcuno a questi famosi tubi. È anche da tener
ché il Morazzoni (5), in altra parte, scrive: « ...per la presente l'autorevole parere di Miche Berra (9) e di
cronaca ricordiamo i fratelli Tomatis che ebbero u n a Michele Olivero (10), entrambi cuneesi e profondi stu-
piccola fabbrica durata solo due anni, dal 1846 al diosi della ceramica monregalese, i quali affermano
1848... ». che le condutture di Cuneo furono poste in opera un
po' prima della metà del secolo scorso.
I Tomatis dovevano essere molto abili e rinomati se
la Città di Cuneo, avendo necessità di u n a conduttura Malgrado l'abilità dei proprietari, la fabbrica ebbe
per acqua della lunghezza di 7-8 chilometri, ordinò a un successo limitato e nel 1842 cessò ogni attività.
questa fabbrica ceramica circa 12.000 tubi di terracot- La produzione di terraglia dolce dei fratelli Tomatis,
ta. Con i metodi allora in uso occorreva il lavoro di a causa anche della breve attività, dovette essere rela-
quattro uomini per dodici ore per approntare venti tivamente limitata. Dei pochissimi pezzi reperibili,
tubi. Ma uno dei titolari della ditta, forse Andrea, ideò molti assomigliano a quelli di Chiusa Pesio della stes-
e costruì un geniale meccanismo che, con lo stesso nu- sa epoca, altri sono molto simili alla « vecchia Mondo-
mero di operai, produceva, nello stesso tempo, cento- vì » nella composizione della pasta e della vernice,
venti tubi. benché i colori molto più tenui diano a queste cera-

121
Piatto Ø cm 28,5 - Policromia
Fratelli Tomatis - Mondovì
1840-1842

122
miche un aspetto più raffinato della comune terraglia i forni attivi erano alimentati annualmente con 45.000
monregalese. miriagrammi di legna di castagno del costo complessi-
Dopo il 1842 dei fratelli Tomatis come fabbricanti di vo di lire 9.000. D'argilla, estratta dalle cave di Vico-
ceramiche non si sentì più parlare. forte, ne venivano consumati 8.000 miriagrammi, con
una spesa annua di lire 120; di silice, estratta dalle
cave di Roccaforte, ne venivano consumati 6.000 mi-
riagrammi con una spesa annua di lire 300. La produ-
zione di prima e seconda qualità si aggirava su 550.000
-600.000 pezzi per un valore di lire 52.000-62.000 l'anno.
Gli operai occupati (uomini, donne e ragazzi) erano nor-
malmente sessanta ».
Un piccolo reparto della fabbrica era destinato al-
la ceramica artistica: oggetti di forma o vasi riccamen-
GIOVANNI BATTISTA E STEFANO MAGLIANO te decorati.
Il 15 novembre 1841 Giovanni Battista Magliano
concedeva in affitto a Giuseppe Besio « ...l'intero fab-
bricato del filatoio del Conte di S. Quintino, con diritto
di servirsi dell'acqua della bealera dei molini e coll'ob-
bligo di costruire nell'antistante prato due fornaci ad
uso maiolica con macchine ad acqua... » (11). Il Besio
pochi anni dopo era un fabbricante affermato, con u n a
industria in piena attività.
Ma allo scadere della convenzione, il 14 novembre
1850, il Magliano non rinnovava il contratto d'affitto LORENZO MONTEFAMEGLIO & LUSCARIS.
ed intimava lo sfratto al Besio il quale, affittato un fila- Il 19 gennaio 1859, forse temendo che la crisi econo-
toio in disuso nel rione Borgatto, lo convertiva oppor- mica del 1857-1858 si prolungasse ancora, il Magliano
tunamente e tempestivamente in fabbrica di terraglia cedeva la gestione dello stabilimento, dando in locazio-
dolce. ne gli edifici ed i terreni annessi ai soci Lorenzo Mon-
Giovanni Battista Magliano, subentrato nella con- tefameglio e Luscaris, i quali si impegnavano a far
duzione dello stabilimento in Pian della Valle, conti- funzionare razionalmente la fabbrica. Le speranze ri-
nuò l'attività iniziata e sviluppata brillantemente dal poste in u n a rapida espansione del mercato italiano,
Besio; riuscì a mantenere e anche ad aumentare la già u n a volta cadute le barriere doganali, si rivelarono ben
grande quantità di merce prodotta dal precedente pro- presto vane. Lo slancio imprenditoriale dei due soci
prietario. diminuì, le vendite calarono sensibilmente ed i vari
Gli anni che vanno dal 1850 fino alla crisi del 1857 negozi, già organizzati dal Magliano, vennero gradata-
sono anni di rigoglioso sviluppo industriale nel campo mente chiusi. La situazione economica fu ulteriormen-
della ceramica. Giovanni Battista Magliano, coadiuva- te aggravata da un incendio che, sviluppatosi nella
to dal figlio e socio Stefano, produceva terraglia dolce notte del 25 ottobre 1864, produsse danni notevoli alle
simile, se non uguale, a quella del Besio, facendo sia a attrezzature e soprattutto alla merce che stipava i ma-
questi che ad Alessandro Musso, u n a concorrenza ac- gazzini. Molti operai dovettero essere licenziati.
canita. Anch'egli apriva negozi per la vendita della pro- La produzione dei soci Montefameglio e Luscaris
pria produzione ad Asti, Cuneo, Fossano e Ceva, orga- ricalcava pedissequamente, negli impasti e nei decori,
nizzava una vasta ed efficiente rete di « ciapasé » per quella dei concorrenti Musso e Besio. Molta merce non
non perder terreno rispetto ai due temibili concorrenti contrassegnata può essere facilmente confusa con quel-
e per smerciare u n a sempre maggiore quantità di la dei vari fabbricanti del monregalese. Solo una pic-
stoviglie. cola parte di questa produzione si distacca dal tipico
Sull'attività della fabbrica Magliano al Pian della decoro « vecchia Mondovì » : piccoli paesaggi, schiz-
Valle si possono avere indicazioni precise dal mano- zati con rapide pennellate di colore vivacissimo, sor-
scritto esistente nell'Archivio Comunale di Mondovì, prendentemente moderni come se fossero stati ese-
datato 1858 (12): « L'opificio del Pian della Valle era guiti da pittori della nostra epoca. Anche le stoviglie
dotato di quattro forni; uno a cilindro non utilizzato, stampate nei colori verde, marrone e violaceo erano
uno quadro per la cottura delle stoviglie senza vernice molto belle ed accuratamente rifinite.
contenente 3.000 dozzine, due ovali per la cottura della Il 3 ottobre 1867, in seguito ad u n a lunga e costosa
terraglia verniciata contenente ognuno mille dozzine; azione giudiziaria, Giuseppe Besio si aggiudicava la

123
definitiva proprietà degli immobili in cui era allogata bassorilievo, nei colori bianco, marrone o policromi;
la fabbrica di terraglia da lui creata, con annessi i piastrelle, placche, maniglie per mobili decorate in
terreni e le acque della bealera, indispensabili per la modo pregevole, statuine, vasi, ecc. ecc.
forza motrice. Sfrattò i soci Montefameglio e Lusca- Verso il 1880, seguendo l'esempio degli altri fab-
ris e rientrò nella manifattura tanto agognata. bricanti monregalesi, la ceramica Messa cominciava
Lorenzo Montefameglio, acquistato il 19 maggio a miscelare il quarzo di Frabosa Sottana e il calcare
1870 un filatoio nel Comune di Mombasiglio, lo tra- di Villanova con la « terra d'Olanda », ottenendo pro-
sformò — con scarso successo economico — in u n a dotti migliori anche perché faceva funzionare i forni
fabbrica di terraglia tenera. con legna e carbone. Gli operai occupati erano circa
q u a r a n t a (17) secondo le stagioni, così suddivisi: uo-
mini dodici, donne quattro, manovali otto, ragazzi —
dai dodici ai diciotto anni — sedici. Le paghe giornalie-
re degli addetti erano stabilite: per operai da lire 3 a li-
re 4,50; per operaie da lire 1,25 a lire 1,80; per manovali
da lire 1,80 a lire 2,20; per ragazzi da dodici a diciotto
anni da lire 0,90 a lire 1,60.
Fra ceramica artistica e stoviglie la produzione an-
nuale si aggirava su 450.000 pezzi, per un valore di
GIOVANNI, GIUSEPPE E MARIA MESSA lire 70.000.
Nel 1860 (13) i fratelli Giovanni, Giuseppe e Maria Il prodotto veniva venduto in Piemonte, Liguria,
Messa, acquistato un filatoio in disuso in Mondovì, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia e veniva esportato
nel rione Borgatto (14), lo ridussero in fabbrica di ter- in Francia e nel Nord Africa.
raglia e vasellame rustico (15). Erano gli anni della
Unità d'Italia, caratterizzati da un clima di euforia
e dalla aspettativa, presto delusa, di u n a forte espan-
sione del mercato nazionale. La fabbrica, in attesa
del « miracolo economico », continuava a produrre
articoli via via più poveri, al punto che la terraglia
dolce rappresentava u n a produzione marginale, men-
tre le stoviglie rustiche venivano immesse sul mer-
cato in quantità sempre maggiore. Il 17 settembre
1863 un incendio danneggiava gli edifici e le attrezza-
ture, rendendo invendibile molta merce. Ma poco FELICE MUSSO & LORENZO BELTRANDI
tempo dopo la ricostruzione era compiuta e la produ- Il 27 dicembre 1884, Giovanni Messa cedeva l'azien-
zione riprendeva con il ritmo di prima. da a Lorenzo Beltrandi (18) per tre quarti ed a Felice
Nel 1876, chiusa la fabbrica del Borgatto, i fratelli Musso fu Alessandro per un quarto, i quali creavano
Messa rilevavano u n a vecchia fabbrica di zolfanelli una società la cui ragione sociale era « Beltrandi Lo-
nel rione Rinchiuso (16) e la trasformavano in fabbri- renzo & C. ». Per il C. s'intende Felice Musso, anche
ca di terraglia dolce. Nello stesso anno, in società con avallante un debito contratto dal Beltrandi presso la
Salomone Andrea ed i fratelli, avviavano anche nel Banca di Mondovì, per pagare in parte l'acquisto della
Comune di Villanova u n a impresa ceramica che, nel fabbrica dei Messa.
1879, cedevano ai soci. La nuova ditta iniziava la propria attività manufat-
Nel 1878, in seguito alla morte del fratello Giusep- turiera nel periodo più sfavorevole per la ceramica
pe, la proprietà della fabbrica passava totalmente a monregalese, perché la crisi si andò facendo sempre
Giovanni Messa. Il favorevole andamento economico, più acuta negli anni che intercorsero fra il 1890 ed
provocato dalla politica protezionistica iniziata nel il 1898. Lorenzo Beltrandi, uomo abile ed intrapren-
1878, dava una notevole spinta industriale e commer- dente, sostenuto dal consiglio di Felice Musso, mal-
ciale a tutte le aziende ceramiche monregalesi. Di grado lo stato di crisi affrontava decisamente la si-
questa favorevole congiuntura seppe approfittare il tuazione ed apportava notevoli migliorie alle attrezza-
Messa dando un notevole incremento alla produzione. ture, trasformava i forni, prima alimentati solo a legna
Oltre al vasellame « vecchia Mondovì », questa fab- e carbone, facendoli funzionare esclusivamente a car-
brica si era indirizzata, in parte, alla produzione di bone e, nel limite del possibile, faceva importanti inno-
ceramica artistica: notevoli « piatti da p a r a t a » in vamenti agli edifici.

124
Zuccheriera - h. cm 17
Monocromia bianco-bleu
Lorenzo Montefameglio ?
Mondovì - 1859-1867

125
Piatto Ø cm 23 Vaso per tè h. cm 17
Policromia Monocromia bleu
Magliano - Mondovì Magliano ? - Mondovì
1850-1859 1850-1859

Piatto Ø cm 22 Piatto Ø cm 33
Policromia Policromia
Lorenzo Montefameglio Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867 Mondovì - 1859-1867

126
LORENZO BELTRANDI E FIGLI oltremodo insalubre, determinava ritardi e perdite di
Il 19 marzo 1898, il Beltrandi, riscattava la quota tempo; inoltre, per salvaguardare la salute e il rendi-
sociale del Musso, rimaneva unico proprietario della mento degli operai addetti a questo lavoro, bisognava
fabbrica ceramica e la ragione sociale m u t a v a in « Ce- ritardarne di un'ora l'entrata e anticipare di altra ora
l'uscita dalla fabbrica, contrariamente a tutti gli orari
ramica Lorenzo Beltrandi ». Alla sua morte, avvenuta
e regolamenti vigenti nell'epoca. Enrico Beltrandi ideò
il 19 maggio 1908, la proprietà passava ai figli Marghe-
un procedimento nuovo, semplice ed economico, ma
rita, Giovanni, Alessandro ed Enrico.
soprattutto igienico: u n a miscela in parti uguali di
L'andamento economico favorevole aveva dato u n a gomma arabica e glucosio, uniti alla stessa percentua-
notevole spinta ascensionale alla produzione. In quella le di « colandine », permetteva di stampare a fred-
epoca (1908) la fabbrica sfornava 750.000 pezzi assorti- do (21).
ti l'anno per un valore di lire 120.000 circa. Gli operai
occupati erano circa sessanta. Mercati di notevole Dopo alterne vicende, nei primi lustri del secolo XX,
smercio erano la Sicilia, la Calabria, il Napoletano, caratterizzati da u n a vivace spinta ascensionale nella
oltre quelli normali della Liguria e del Piemonte, men- produzione e nelle vendite, la direzione della Ceramica
tre le correnti esportatrici volgevano principalmente Lorenzo Beltrandi iniziava lo studio di varie innovazio-
verso l'America del Nord, l'Argentina, l'Uruguay, lo ni e trasformazioni, che avrebbero definitivamente
Egitto, la Turchia ed il Medio Oriente. convertito la vecchia fabbrica in un moderno opificio.
La parentesi bellica però non soltanto arrestò ogni
Il 2 settembre 1908, per acquiescenza, la fabbrica progetto di rinnovamento, ma rese problematico per-
rimaneva del solo Alessandro Beltrandi (19). fino la normale attività della fabbrica. L'approvvigio-
Oltre alla normale e tipica produzione di terraglia namento delle materie prime incontrava sempre nuovi
« vecchia Mondovì », i Beltrandi si dedicarono, con ostacoli, le remore burocratiche, la lentezza dei tra-
successo, alla ceramica artistica producendo vasi di sporti e la carenza di mano d'opera, per il richiamo
notevoli dimensioni e decorati da pittori di grido, og- alle armi di operai specializzati, pesavano negativa-
getti di forma, formaggiere a foggia di a n a t r a illegia¬ mente sul già ridotto andamento aziendale.
drite con i più smaglianti colori. Ebbe p u r e un note-
vole incremento la produzione di servizi da tavola Neppure con la fine della guerra le difficoltà dimi-
stampati in azzurro, marrone, nero, verde, mangane- nuirono in conseguenza dei disordini di ordine politi-
se e nero miniato. Come produzione marginale veniva- co e sociale e, solo alla fine del 1922, la situazione ac-
no fabbricate anche stoviglie ordinarie e per cucina. cennò a stabilizzarsi. Poche e timide trasformazioni
Nobile figura di filantropo ed artista, il dottore En- furono effettuate fra il 1923 e il 1931, anni di non facile
rico Beltrandi, che dirigeva la fabbrica per conto del andamento aziendale e commerciale. È in questo pe-
fratello Alessandro, apportava u n a modifica essenziale riodo che la concorrenza fra le due maggiori ditte
nel procedimento della stampa sulle ceramiche. La ceramiche di Mondovì, « Richard Ginori » e « La Vit-
vecchia ricetta indicante il sistema della stampa su toria », si faceva sempre più decisa, portando questa
ceramiche adottato nelle fabbriche monregalesi, è tra- ultima al dissesto. Le altre ditte monregalesi operanti
scritta da Miche Berra (20): « ...I disegni che vedensi nel ramo non potevano far altro che assistere passiva-
sulle stoviglie ordinarie si ottengono a stampa. Onde mente a questa lotta concorrenziale, cercando di subi-
praticare questa operazione si incide anzitutto sul ra- re il minor danno possibile. Anche la « Ceramica Bel-
me il disegno che vuolsi poi avere sulla majolica; si trandi » diminuì gli impegni, non attuò che poche
applica sul r a m e la sostanza colorante e se ne ricava migliorie indispensabili, iniziò lavorazioni meno co-
l'impianto su la carta velina, come per le incisioni or- stose, dimise molti operai finché, ad aggravare la si-
dinarie; subito dopo si applica quella carta sul piatto tuazione, sopravvennero le conseguenze della « grande
o sulla parete del vaso che vuoisi ornare e la si com- crisi » che pose in forse la vita stessa dell'azienda. Per
prime con un pezzo di flanella. La sostanza colorante diminuire il danno della gravissima recessione, la Ce-
aderisce tosto, ed in parte viene assorbita dalla terra ramica Beltrandi, unitamente ad altre ditte produttrici
cotta, e vi lascia il disegno bello e stampato. Levata la di terraglia tenera, si accordava per costituire, nel
carta e lavato il piatto o il vaso, si distende sul disegno 1934, l'« Ufficio Unico Consorziale » onde ottenere tangi-
una vernice vitrea che dopo la sua condensazione lo bili risultati commerciali ed economici. L'esercizio
lascia apparire perfettamente sulla superficie dell'og- dell'« Ufficio » fu abbastanza soddisfacente, le vendite
getto... ». ebbero un discreto incremento, ma i profitti furono
Fino all'inizio del nuovo secolo gli operai stampato- modesti, anche per l'imposizione autoritaria di bassis-
ri del « colandine » dovevano operare con u n a miscela simi prezzi nella vendita della terraglia dolce. In que-
di colore stemperata in olio di lino cotto e posto sul sto periodo gli operai impiegati erano circa trentacin-
rame ad u n a temperatura di 80°. Tale procedimento, que e la produzione, che si aggirava annualmente sui

127
600.000 pezzi, veniva venduta principalmente nel Meri- L'andamento iniziale fu decisamente buono anche per-
dione e nelle Isole ed esportata nelle Colonie Italia- ché la crisi economica e produttiva degli anni prece-
ne (22). denti era stata superata e l'economia delle fabbriche
La seconda guerra mondiale diede uno scossone ceramiche monregalesi entrava risolutamente in un
terribile a tutte le fabbriche monregalesi e la Ceramica nuovo periodo ascensionale. Il Barberis apportava ulte-
Beltrandi fu tra le maggiormente colpite. Priva di gran- riori migliorie agli impianti e gli edifici venivano ade-
di depositi di materie prime, dovette inizialmente la- guati alle nuove esigenze tecniche. Gli operai già nel
vorare a ritmo ridotto, quindi quando le scorte furono 1901 erano ottantadue (quarantanove uomini e trenta-
esaurite, licenziare tutte le maestranze e chiudere lo tre donne) (24). La produzione della terraglia tenera si
stabilimento. Gli accordi per il funzionamento dell'« Uf- orientava verso decorazioni di più veloce esecuzione
ficio Unico Consorziale » al 31 marzo 1943 non furono e, mentre si ricercavano altri mercati, soprattutto stra-
rinnovati a causa della particolare situazione. nieri, si incrementavano quelli tradizionali; contempo-
Con la fine delle ostilità vi fu u n a buona ripresa raneamente veniva immesso nel ciclo produttivo lo
commerciale e industriale, malgrado la diminuita pro- stovigliame comune e per cucina, ottenendo discreti
duttività delle maestranze. risultati industriali e commerciali.
Il 23 dicembre 1953 decedeva Alessandro Beltrandi Il 20 ottobre 1901 Edoardo Barberis aumentava il
ed il fratello Enrico ereditava la fabbrica che già da capitale costituendo la « Società Anonima per le Cera-
lungo tempo dirigeva. L'andamento aziendale non miche di Mondovì » con sede in Torino. Venivano am-
subiva alcuna interruzione ed alcune migliorie, già pliati i locali della decorazione e i magazzini, e siste-
progettate da vari anni, potevano essere attuate. Ma mato un nuovo forno intermittente. Dopo l'aumento
la concorrenza si faceva sempre più pesante, nuovi del personale, nel 1912 gli operai occupati erano cento-
fabbricanti producevano a costi notevolmente inferio- quattro di cui sessantasei uomini e trentotto donne (25).
ri e per sopravvivere la ditta doveva produrre più
merce, migliorarne la qualità ed abbassarne il costo.
Furono rinnovati alcuni impianti, adottati nuovi si-
stemi di produzione; ma il vecchio edificio era ormai
inadatto ai nuovi metodi, non abbastanza alto e ampio
per l'installazione di nuovi forni, privo di montacari-
chi, articolato in reparti situati in piani diversi, di mo-
destissima altezza e collegati solo da scale. Impossibile
era installare quei moderni impianti trasportatori che
impongono un costante ritmo produttivo. Mancavano, ERNESTO, BIAGIO, GIOVANNI, GIUSEPPE GIORGIS
quindi, quasi tutte le attrezzature necessarie per otte- & ALBERTO SIBILLA MASSIERA
nere economie tangibili di mano d'opera e di tempi di Il 10 novembre 1913 lo stabilimento, in piena attivi-
lavorazione (23). tà, veniva acquistato per la metà da Ernesto, Biagio,
In queste condizioni, decisamente sfavorevoli per il Giovanni e Giuseppe Giorgis e per l'altro 50% da Al-
normale andamento economico dell'azienda, la fabbri- berto Sibilla Masiera. La produzione e la vendita se-
ca tirò avanti bene o male, anzi più male che bene guivano un andamento sostanzialmente favorevole e
finché, nel 1963, u n a delle solite crisi ricorrenti della alla fine del 1914 gli addetti erano aumentati al nume-
industria ceramica indusse il Dottore Enrico Beltrandi ro, mai raggiunto precedentemente, di centoquindici
a chiudere l'azienda diventata troppo antieconomica. (settantadue uomini e quarantatre donne) (26). La
guerra procurò u n a forte diminuzione della produtti-
vità per deficienza di materie prime e mancanza di
combustibile. I forni, nati o adattati per la cottura a
carbone, dovettero essere trasformati per funzionare
a legna, peggiorando la qualità dei prodotti studiati e
sperimentati per la cottura col fossile. Anche la mano
d'opera maschile, indispensabile per certi lavori, in-
comincia a scarseggiare causando nuove difficoltà or-
ganizzative; le maestranze specializzate, richiamate per
EDOARDO BARBERIS il servizio militare, non poterono essere tempestiva-
Il 20 gennaio 1898 Edoardo Barberis rilevava la fab- mente sostituite perché i nuovi assunti dovevano es-
brica di Benedetto Musso in Carassone Via Nuova, sere lungamente istruiti. Nel 1918 gli operai occupati
riorganizzava l'azienda con criteri moderni dando erano settantuno: quarantaquattro uomini e ventiset-
immediatamente un vigoroso impulso alla produzione. te donne (27).

128
Vassoio cm 24x19
Policromia su rilievo
Musso e Beltrandi -
Mondovì - 1884-1898

Pesce largh. cm 25
Policromia
Edoardo Barberis - Mondovì
1898-1901

129
Vasi - h. cm 13,5 - 21,5 - 15,5
La Vittoria - Mondovì
1919-1925

Piatto da parata
Ø cm 31
Policromia
La Vittoria - Mondovì 1927
Piero Siccardi pittore

130
« LA VITTORIA » cambiando le attrezzature, modificando o sostituendo
Il 19 giugno 1919 la « Società in Accomandita Sem- i forni, assumendo capi reparto qualificati, sia per la
parte artistica che per la parte industriale e commer-
plice La Vittoria », trasformata successivamente in
ciale.
« Società Anonima Industrie Ceramiche e Refrattari La
Vittoria » con sede in Mondovì, rilevava lo stabilimen- Dopo poco tempo queste energiche iniziative dava-
no i loro frutti. I prodotti migliorarono qualitativamen-
to dai soci Giorgis e Sibilla Massiera. Il segreto intendi-
te e artisticamente e la clientela, a sua volta, dimostra-
mento dei nuovi imprenditori era, forse, la concorren- va tangibilmente le proprie preferenze — come si ri-
za diretta con la Richard Ginori di Carassone che peterà anche dopo il secondo dopoguerra —. Ricer-
primeggiava, per la qualità e la bellezza dei decori e cava infatti anche nella terraglia tenera, prodotti fini-
per la quantità dei manufatti, su tutte le fabbriche di ti accuratamente, esteticamente pregevoli, decorati e
terraglia tenera. La nuova direzione dava all'azienda, dipinti a mano con colori vivaci. Già nel 1925 gli ope-
fino dai primi giorni di esercizio, un nuovo indirizzo rai occupati risultavano centoventiquattro (settanta uo-
economico e produttivo, rinnovando i vecchi locali, mini e cinquantaquattro donne) (28).
Questo ottimistico dinamismo continuava ininter-
rotto fino al 1927. La nuova stasi economica, provocata
dal « discorso di Pesaro », che attribuiva alla nostra
moneta un valore superiore al reale, gravava negati-
vamente sulla vendita dei manufatti delle piccole e
medie industrie, mentre la situazione finanziaria di-
ventava sempre più pesante. La clientela italiana dimi-
nuiva considerevolmente gli acquisti e quella stranie-
ra li interrompeva completamente per la sopravvenuta
mancanza di competitività dei nostri prodotti con quel-
li di altre nazioni. Altro fattore negativo era costitui-
to dal fatto che molti consumatori abituali, avendo
aumentato il proprio reddito, si rivolgevano verso pro-
dotti più ricchi, segnatamente terraglia forte e porcel-
lana.
Gli operai, che il 2 gennaio 1927 erano ancora cen-
totrentacinque (settantasei uomini e cinquantanove
donne), il 30 giugno 1929 erano ridotti a novantadue
(cinquantaquattro uomini e trentotto donne) (29). Ad
aggravare maggiormente la salute economica dell'a-
zienda sopravvenne la « grande crisi » che travolse
tutte le iniziative economicamente e finanziariamente
meno forti.
Il 31 gennaio 1931 l'Assemblea dei Soci decideva di
trasformare la « S.A. Industrie Ceramiche e Refrattari
La Vittoria » in « S.A. Industrie Ceramiche di Mondo-
vì», deliberava di dimettere buona parte delle mae-
stranze lasciando in fabbrica solo gli elementi indi-
spensabili per la salvaguardia e la conservazione de-
gli impianti. Poi, per l'aggravarsi ulteriore della crisi,
lo stabilimento veniva definitivamente chiuso e, in se-
guito a dissesto, il 9 febbraio 1935 veniva venduto alla
asta pubblica. Acquirenti furono le Ditte: « Ceramica
Beltrandi » di Mondovì, « Società Anonima Successo-
ri Vedova Besio & Figlio » di Mondovì, « Società Cera-
mica Italiana Richard Ginori » di Milano, che si ri-
partivano le attrezzature finché il 17 luglio 1937, il
complesso degli edifici veniva ceduto ai signori Carlo,
Ovale h. cm 27 - Policromia Luigi e Felice Manfredi che lo destinavano ad altre
La Vittoria - Mondovì 1925
Agostino Bosio pittore attività.

131
CRONOLOGIA

FRATELLI TOMATIS
1840 Andrea e Sebastiano Tomatis iniziano la produzione di stoviglie ordi-
narie e terraglia dolce nel sobborgo di Carassone.
1842 Chiusura definitiva della fabbrica.
CERAMICA IN PIAN DELLA VALLE
1850 novembre 14 Giovanni Battista Magliano subentra a Giuseppe Besio nella con-
duzione della manifattura ceramica del Pian della Valle.
1859 gennaio 19 Affitto della fabbrica a Lorenzo Montefameglio e Luscaris soci.
1864 ottobre 25 Incendio della fabbrica.
1867 ottobre 30 Passaggio di proprietà della Manifattura a Giuseppe Besio, sfratto
dei soci Montefameglio e Luscaris.
MESSA — BELTRANDI
1860 Giovanni, Giuseppe e Maria Messa iniziano la produzione di vasella-
me rustico al Borgatto.
1863 settembre 17 Incendio della fabbrica.
1875 Chiusura della manifattura al Borgatto ed inizio della produzione
ceramica in un edificio sito nel rione Rinchiuso (P. 712).
1878 Morte di Giuseppe Messa, il fratello Giovanni rimane l'unico pro-
prietario della fabbrica.
1884 dicembre 27 Beltrandi Lorenzo fu Giovanni e Musso Felice fu Alessandro acqui-
stano l'opificio rispettivamente per 3/4 Beltrandi, 1/4 Musso (P. 1672).
1898 marzo 19 Beltrandi Lorenzo rileva la quota parte di Musso Felice e rimane
unico proprietario (P. 2981).
1908 maggio 9 Per successione la proprietà passa a Beltrandi Margherita, Giovanni,
Alessandro ed Enrico figli.
1908 settembre 2 Per acquiescenza la proprietà passa ad Alessandro Beltrandi solo
(Reg.to M o n d o v ì 21-9-1908 N. 362).
1953 dicembre 23 Eredita Beltrandi Enrico fu Lorenzo (N. 679).
1963 — 1964 Chiusura della fabbrica.
FABBRICA CERAMICA IN CARASSONE VIA NUOVA
1898 gennaio 20 Edoardo Barberis rileva da Benedetto Musso la fabbrica sita in Mon-
dovì, Via Nuova.
1901 ottobre 21 Costituzione della « S.A. per le Ceramiche di Mondovì » con sede in
Torino (S.A.C.M.).
1913 novembre 10 Cessione a Giorgis Ernesto, Biagio, Giovanni e Giuseppe per il 50%
e Sibilla Massiera Alberto dell'altro 50%.
1919 giugno 19 Costituzione della Società in Acc. Semplice « La Vittoria » con sede
in Mondovì, trasformata successivamente in « S.A. Industrie Cera-
miche e Refrattari La Vittoria » con sede in Mondovì.
1931 gennaio 4 Decisione dell'Assemblea dei Soci di trasformare la « S.A.I.C.R. La
Vittoria » in « S.A. Industrie Ceramiche Mondovì » (S.A.I.C.M.).
1935 febbraio 9 Lo stabilimento viene acquistato all'asta pubblica, in seguito a dis-
sesto, dalle Ditte: « S.A. Richard Ginori » di Milano; « S.A. Succ.
Vedova Besio & Figlio » di Mondovì; « Ceramica Beltrandi » di Mon-
dovì che si ripartiscono le attrezzature.
1937 luglio 17 Il complesso degli edifìci viene ceduto a Manfredi Luigi, Carlo, Felice
che lo destineranno ad altre attività.
NOTE
1) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 145;
2) ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
3) GIUSEPPE CORONA La Ceramica, Milano, 1885 — pag. 545;
4) GIOVANNI VIGNOLA Delle maioliche e porcellane del Piemonte, Torino, 1879 —
pag. 575;
5) GIUSEPPE MORAZZONI La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 146;
6) G.B. BARUFFI Pellegrinazioni autunnali, Torino, 1841 — vol. II, — pag. 1175;
7) ANONIMO Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
8) GIOVANNI VIGNOLA Delle maioliche e porcellane del Piemonte. Fabbriche di maiolica
in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 575;
9) MICHE BERRA Studi sulla ceramica di Mondovì, 1967 (appunti)
10) MICHELE OLIVERO Note ed appunti,
11) Sentenza della Corte d'Appello di Torino, in data 16 giugno 1884,
nella causa civile Delli Negro Andrea, Casati Antonio e Grilletti
Francesco contro Besio Giuseppe;
12) Tabella dei forni e delle usine. Descrizione di tre fabbriche di
stoviglie monregalesi nel 1858, Archivio comunale di Mondovì;
13) GIOVANNI VIGNOLA Sulle maioliche e porcellane del Piemonte. Fabbrica di maiolica
in Mondovì, Torino, 1879 — pag. 576;
14) EMILIA BORGHESE Vita economica nel monregalese nel ventennio 1850-1870, da Bol-
lettino della Società Studi Storici Archeologici ed Artistici nella
provincia di Cuneo, Cuneo, 1961 — n. 46 — pag. 292;
15) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da: « Cuneo Provincia Granda », Cuneo,
1968 — n. 1 — pag. 7;
16) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 545;
17) GIUSEPPE CORONA La ceramica, Milano, 1885 — pag. 545;
18) AURELIO MINGHETTI Ceramisti, Milano, 1939 — pag. 57;
19) Annuario dell'Industria Italiana della Ceramica e dei Laterizi,
Milano, 1939 — pag. 121;
20) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da: « Cuneo Provincia Granda », Cuneo,
1968 — n. 1 — pag. 14;
21) ENRICO BELTRANDI Note ed appunti, 1966;
22) Annuario dell'Industria Italiana della Ceramica e dei Laterizi,
Milano, 1939 — pag. 121;
23) ENRICO BELTRANDI Note ed appunti, 1966;
24) EDOARDO BARBERIS La manifattura Barberis di Mondovì, Mondovì, 1915 — pag. 4;
25) EDOARDO BARBERIS La manifattura Barberis di Mondovì, Mondovì, 1915 — pag. 7;
26) FRATELLI GIORGIS Note aziendali, 1919;
27) FRATELLI GIORGIS Note aziendali, 1919;
28) La manifattura ceramica « La Vittoria », Mondovì, 1929 — pag. 10;
29) La manifattura ceramica « La Vittoria », Mondovì, 1929 — pag. 12.
ALTRE FABBRICHE
IN MONDOVÌ
ANDREA E SEBASTIANO TOMATIS MONDOVÌ 1840-1842

(impressi in pasta)

GIOVANNI BATTISTA E STEFANO MAGLIANO MONDOVÌ 1850-1859

(impressi in pasta)

LORENZO MONTEFAMEGLIO MONDOVÌ 1859-1867

(impresso in pasta)
(impresso in pasta)

(in verde o violaceo)

(impressi in pasta)

134
FRATELLI MESSA MONDOVÌ 1860-1884

(impressi in pasta)

LORENZO BELTRANDI E FELICE MUSSO MONDOVÌ 1884-1898

(impressi in pasta) (in nero o bleu o marrone) (impressi in pasta)

LORENZO BELTRANDI MONDOVÌ 1898-1963

(in bleu o marrone o verde) (in marrone)

(in marrone) (impressi in pasta)

135
EDOARDO BARBERIS MONDOVÌ CARASSONE 1898-1913

(in nero o bleu o marrone) (in bleu o marrone)

F.lli GIORGIS E ALBERTO SIBILLA MASSIERA MONDOVÌ 1913-1919

(in bleu o marrone) (in marrone o nero) (in bleu o marrone)

SOCIETÀ CERAMICA LA VITTORIA MONDOVÌ 1919-1935

(in marrone o nero) (in bleu o nero)

(in bleu o marrone) (in nero)

(in marrone o verde)

(in nero o bleu o marrone)

136
SOCIETÀ C E R A M I C A
ITALIANA
R I C H A R D GINORI
CARASSONE
Il 5 gennaio 1897 la Società Ceramica Italiana Ri- Nei primi anni di esercizio la Società Ceramica Ita-
chard Ginori di Milano (1) rilevava da Felice Musso la liana Richard Ginori volle portare la fabbrica di Ca-
fabbrica di terraglia tenera detta « Il Follone », sita in rassone al massimo della produzione raggiungibile
Mondovì-Carassone, unitamente alla fabbrica cera- con i mezzi che aveva a disposizione, cercando, nel
mica del Borgatto, già di Giuseppe e Federico Besio e medesimo tempo, di non avventurarsi in una lotta di
aggiudicata, dopo il dissesto del 3 ottobre 1895 a Feli- tariffe con i fabbricanti minori. Tale lotta infatti a-
ce Musso, con sentenza del Tribunale Civile di Mon- vrebbe provocato fatalmente u n a superproduzione,
dovì (2). risultando dannosa per tutti.
Erano i tempi più tristi per la malata economia del- La direzione, allo scopo di ottenere miglioramenti
la ceramica monregalese e tutti i fabbricanti avevano
nei trasporti e, conseguentemente, una diminuzione
difficoltà economiche e finanziarie. Avevano spento i
forni molti produttori di stoviglie « all'uso di Antibo »; del costo dei prodotti, chiese, senza ottenerlo, alle Fer-
Federico Besio si era visto sequestrare la fabbrica; la rovie dello Stato che venisse istituito nei pressi dello
Ceramica Salomone aveva notevolmente ridotto la Stabilimento uno smistamento sulla linea ferrovia-
produzione; la Ceramica Vedova Besio e Figlio e la ria Bastia-Mondovi-Cuneo: si sarebbe così evitato di
Ceramica Beltrandi lottavano contro la crisi; la mani- far percorrere tre chilometri di strada disagevole ai
fattura di Mombasiglio si dimostrava più asfìttica che carri e di effettuare vari carichi e scarichi alla stessa
mai, mentre i Fratelli Gabutti in Chiusa Pesio face- merce.
vano funzionare la fabbrica a ritmo sempre più ridotto. La Richard Ginori, pur attuando un graduale ri-
La Società Ceramica Italiana Richard Ginori, pro- modernamento dei macchinari e dei forni, si mante-
babilmente, aveva voluto entrare competitivamente neva fedele alle paste studiate e composte dai Musso,
fra i produttori di terraglia tenera per poter calmie- che venivano sempre più raffinate e migliorate, conti-
rare il mercato ed ottenere che i prezzi fossero man- nuando a produrre la tipica terraglia « vecchia Mon-
tenuti bassi a tutto vantaggio delle sue più importanti dovì ». La decorazione seguiva la moda ed il gusto
fabbriche di terraglia feldspatica e di porcellana.
dell'epoca, le stoviglie erano ornate a colori decisi ma
Sotto la direzione del primo Direttore Signor Curti
furono apportate le ormai indispensabili modifiche con disegni gentili; continuava pure, anche se in to-
agli edifici ed agli impianti; vennero rinnovate sostan- no minore, la produzione di ceramica stampata. In
zialmente le attrezzature per conferire a questa azien- quel tempo la terraglia tenera era un prodotto abba-
da quasi artigianale u n a efficienza industriale tale stanza pregiato, sebbene il prezzo fosse talmente basso
che le permettesse di inserirsi concorrenzialmente da poter essere venduto anche nei più modesti merca-
fra le altre fabbriche produttrici della stessa merce, ti di campagna. La necessità di incrementarne il già
sia in Italia che all'estero (3). notevole smercio, per ottenere prezzi sempre più com-

137
petitivi, obbligava i nuovi proprietari a demolire quan- guito a lunghi esperimenti, dimostrò di dare risultati
to di romantico era rimasto degli edifici della quasi sensibilmente migliori nella produzione della terra-
artigianale industria dei Musso. glia tenera. La dolomite di Villanova e il quarzo di
Nel 1902, gli operai occupati erano già trecento fra Roccaforte venivano estratti da cave di proprietà del-
uomini e donne. La fabbrica del Borgatto, rimasta la Società Ceramica Italiana Richard Ginori, sottraen-
inattiva, nell'attesa di u n a decisione della Direzione do la ditta all'imperio di eventuali speculatori (7). Il
Centrale sulla destinazione produttiva e ancora senza prodotto finito veniva smerciato per due terzi in tutto
attrezzature, in seguito alla constatata impossibilità il territorio nazionale, il resto veniva esportato in
di trasformare razionalmente il vecchio edificio in u n a America nelle Indie Olandesi, in Egitto, in Asia Mi-
moderna manifattura, veniva venduta alla Banca di nore, in Grecia e nelle Isole del Dodecanneso. Alcune
Mondovì, di Jemina e Battaglia, che la destinava ad produzioni destinate al Levante, in particolar modo
altri usi (4). le caratteristiche tazzine per bere il caffè turco, ne-
cessitavano di decorazioni in oro, esperimento che
Scaduto il mandato del Signor Curti, la direzione dal punto di vista ceramico ebbe ottimo risultato (8).
veniva assunta dal Geometra Luigi Massimino che,
all'inizio del 1906, era a sua volta sostituito dall'Inge- La prima guerra mondiale interruppe il favorevole
gnere Giulio Madruzza. La congiuntura favorevole andamento industriale e commerciale che stava tra-
degli ultimi anni dell'ottocento e dei primi del nuovo sformando la piccola industria della terraglia dolce in
secolo, fece aumentare la produzione e le vendite e impresa grandiosa. La deficienza di materie prime, la
la direzione del Follone decise di rifare ed ampliare mancanza di combustibile che impose la sostituzione
gli edifìci che, in pochi anni, furono quasi raddop- del carbone con la legna, la scarsità e la lentezza dei
piati nella loro estensione. trasporti, le remore burocratiche, la mancanza di ma-
no d'opera maschile congiurarono a frenare per anni
Nei primi anni del secolo era stato spento defini- la spinta ascensionale dell'industria della terraglia.
tivamente il gigantesco forno Hoffmann, orgoglio de- Con la fine della guerra la situazione economica
gli ultimi Musso e in sua sostituzione erano stati co- per molto tempo non cambiò: le agitazioni politiche
struiti sette forni circolari a fuoco intermittente — e salariali del 1919-1920, alle quali fece seguito il tra-
ognuno dei quali misurava, internamente, sei metri collo dei prezzi internazionali, aumentarono il disa-
di diametro —, mentre altri quattro forni biscotta- gio anche in u n a azienda sana e forte come il Follone.
vano il crudo. Solo verso la fine del 1922 e l'inizio del 1923 u n a rela-
Una sensibile economia nelle spese di esercizio era tiva stabilità monetaria sembrava annunciare il su-
ottenuta nella produzione delle caselle che servivano peramento della crisi. Gli operai occupati erano risa-
alla cottura del crudo e del verniciato, poiché si utiliz- liti a quattrocento fra uomini e donne, la produzione
zavano gli stessi forni della terraglia che a meraviglia riprendeva il ritmo normale, tanto che, già nel 1923,
trasformavano e solidificavano la terra refrattaria. ogni giorno partiva dal Follone un carro ferroviario
Contemporaneamente venivano fabbricate stoviglie di vasellame d'uso domestico; l'esportazione era quasi
ordinarie per cucina (5) con discreti risultati sia indu- nulla, assorbendo il mercato nazionale tutti i manu-
striali che commerciali. Tale produzione continuò ed fatti prodotti.
aumentò fino all'inizio della guerra (6), quando ven- Nel 1929, quando il fatturato aveva brillantemente
ne interrotta, forse perché antieconomica. superato ogni precedente e le vendite sul mercato
Il macchinario, macine e torni, tutto rinnovato, nazionale con le esportazioni continuavano ad aumen-
era messo in moto da u n a ruota idraulica mossa dal- tare permettendo l'assunzione di nuovi operai a rit-
l'acqua del torrente Ellero, che forniva u n a potenza mo costante, sopravvenne, imprevista, la « grande cri-
di 100 HP, azionando tre turbine elettriche. Nei perio- si ». L'esportazione che, con grandi sacrifici sia eco-
di di magra, l'energia occorrente veniva generata da nomici che organizzativi, aveva sorpassato di molto i
un motore Diesel a nafta. Di preziosissimo ausilio era- massimi dell'anteguerra, nel 1932 si arrestava quasi
no i millesettecento metri di funivia che, impiantati completamente, mentre il mercato internazionale non
fra il 1914 e il 1915, collegavano i vari reparti dislo- poteva assorbire che u n a piccola parte della produ-
cati e disseminati nei diversi edifici che componevano zione globale la quale, improvvisamente, risultava ec-
lo stabilimento, trasportando i materiali fra reparto cessiva. I clienti acquistavano meno della metà di
e reparto, rendendo pressoché inutile la presenza di quanto avevano complessivamente consumato nel
numerosi manovali e facchini che potevano svolgere 1928.
utilmente altre mansioni. Gli operai occupati nel 1914 In quegli anni calamitosi assunse la direzione il
erano circa quattrocento fra uomini e donne. Geometra Luigi Madruzza, che mantenne l'incarico
Nel 1915, l'argilla tedesca (terra d'Olanda) veniva dal 1930 al 1942. Per ovviare in parte ai danni provo-
sostituita con quella di provenienza inglese che, in se- cati dalla crisi che minacciava di travolgere il preca-

138
rio equilibrio raggiunto con anni di preparazione, le
più forti Ditte monregalesi produttrici di terraglia
decidevano nell'aprile 1934 di costituire l' « Ufficio Uni-
co Consorziale ». Compito dell'istituzione era incre-
mentare le vendite, ridurre i rischi del credito e evi-
tare la disastrosa concorrenza che, inevitabilmente,
provocava un continuo slittamento dei prezzi per ac-
caparrarsi i migliori clienti. I risultati che la Società
Ceramica Italiana Richard Ginori ottenne dall' « Uffi-
cio Consorziale » furono sostanzialmente migliori di
quelli realizzati dagli altri associati: la grossa Società
infatti, operando nel « trust » della terraglia tenera,
determinò la politica commerciale dei suoi grandi opi-
fici che producevano terraglia forte. Questi complessi,
modernamente attrezzati, erano in grado di immette-
re sul mercato notevoli quantitativi di prodotti a prezzi
pari o di poco superiori a quelli della terraglia tenera.
Tale politica commerciale si rivelò anche più decisa-
mente favorevole alla Società Ceramica Italiana Ri-
chard Ginori, allorché vennero imposti i « prezzi cor-
porativi »; il Consorzio dei produttori di terraglia
forte (C.PI.TI.) riuscì ad ottenere maggiorazioni di
prezzo con il pretesto che la terraglia tenera, destina-
ta al consumo delle classi popolari con minime possibi- Bomboniera h. cm 6
lità economiche, doveva essere immessa sul mercato ai Policromia
prezzi più bassi. La Società Ceramica Italiana Richard Richard Ginori - Mondovì
Ginori, che operava con tre fabbriche di terraglia 1905
forte, ciascuna di dimensioni più che doppie del suo
unico stabilimento di terraglia tenera in Carassone,
ebbe da questa politica economica tutto il vantaggio,
ammesso che abbia dovuto produrre in perdita nel-
l'opificio di Mondovì.
L'entrata in guerra dell'Italia cagionò nuove diffi-
coltà e moltissimi inceppi nel buon andamento della
fabbrica, ostacolandone la produzione. La difficoltà
di reperire le materie prime, la mancanza di combu-
stibile, le restrizioni nel consumo dell'energia elettrica
e la carenza di mano d'opera specializzata costrinsero
la direzione a ridurre sensibilmente la produzione e
dimettere buona parte delle rimanenti maestranze. Gli
accordi per il funzionamento dell' « Ufficio Unico Con-
sorziale » furono lasciati decadere il 31 marzo 1943 per
la particolare situazione commerciale e industriale.
Nel 1942 la direzione dello stabilimento era stata
assunta, come facente funzione, da Ovidio Pollastri
che la tenne fino all'agosto del 1944, anno in cui veni-
va sostituito, sempre come facenti funzione, da Pietro
Tomatis e Luigi Quaranta.
Dopo la parentesi bellica, man mano che i rifor-
nimenti di materie prime e di combustibile si norma-
lizzavano, la fabbrica riprendeva a funzionare con un Bomboniera h. cm 6
ritmo produttivo sempre più intenso. La direzione ve- Policromia
niva assunta, nell'ottobre del 1946, dal Dottore Gino Richard Ginori - Mondovì
1905
Campana che promuoveva varie iniziative atte a dare

139
Placca cm 25 x cm 20,5
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1934 - Agostino Bosio pittore

140
nuovo impulso alla produzione e alle vendite. Per di- tazione delle terraglie è da vari anni assai ridotta
versi anni il mercato rispose alle aspettative: la pro- perché i costi risentono in misura maggiore che non
duzione superò limiti mai raggiunti in precedenza e in altri settori industriali l'incidenza della mano d'ope-
la clientela richiese u n a sempre maggiore quantità di ra. Il mercato interno dimostra attualmente un minore
merce. Si verificava, contemporaneamente, u n a picco- interessamento per la produzione di massa, che costi-
la ripresa nell'esportazione. Ma ormai la modernizza- tuisce forzatamente la quota principale dei prodotti
zione dell'industria ceramica aveva accelerato il pas- fabbricati. Un notevole incremento di richieste si no-
so e, nello stesso tempo, maggiori diventavano le esi- ta invece nei prodotti decorati sottovernice a colori
genze qualitative e selettive dei mercati. La fabbrica vivaci a spugna, a pennello ed a fasce contrastanti.
di Carassone, ormai invecchiata e superata a confron- Purtroppo le difficoltà maggiori sono da ricercarsi
to dei nuovi complessi industriali sorti un po' dovun- nella scarsità di mano d'opera femminile e di istruire
que, doveva affrontare due problemi: il rinnovamento apprendiste, data la tendenza delle giovani di cercare
dei metodi di fabbricazione e, soprattutto, il migliora- sistemazioni negli uffici, anche con retribuzioni no-
mento del tipo di ceramica prodotto. Questi problemi tevolmente inferiori,... il progressivo ampliamento dei
erano stati affrontati ma non risolti compiutamente mercati, lo sforzo continuo di aggiornamento degli in-
dall'Ingegnere Luciano Morganti che, assunta la dire- dustriali; varrà a mantenere efficienti gli attuali sta-
zione il 1° gennaio 1953, la lasciava nel maggio del bilimenti operanti dando ad essi nuovi spunti di vita-
1962, anno in cui veniva sostituito dal Cavaliere Uffi- lità... ».
ciale Giorgio Mori. Questi affrontava decisamente la
situazione riuscendo, nel volgere di poco tempo, a Dopo il 1969 l'incremento continuo dei costi — par-
trasformare l'opificio. Nei diversi reparti dello stabi- ticolarmente ingente quello relativo alla mano d'ope-
limento venivano meccanicizzate e razionalizzate le ra — non trovò copertura sufficiente nell'adeguamen-
varie fasi del ciclo produttivo, si provvedeva ad un to dei prezzi di vendita. La situazione di mercato era
cambio radicale dei mezzi di cottura passando dai for- infatti aggravata dalla sempre più attiva concorrenza
ni intermittenti a quelli continui; infine, abbandonata delle fabbriche laziali, specie di quelle che si preoccu-
la produzione della terraglia dolce calcarea, si adot- pavano di conquistare gli importanti gruppi di acqui-
tava la terraglia d u r a feldspatica (9). Pazienti prove sto, i grossisti del nord, e di assicurarsi il rifornimento
e particolari impieghi di colori e di vernici permisero dei grandi magazzini. La riduzione delle ore lavorati-
di conservare, alla nuova produzione, quei caratteri ve e l'impossibilità pratica di realizzare l'aumento di
piacevolmente decorativi di colore, di disegno e di produttività, indispensabile per riportare un equilibrio
gusto che davano tanto pregio alla terraglia « vecchia fra costi e ricavi, contribuì ad aggravare la passività
Mondovì », senza togliere la fresca brillantezza della della fabbrica di Carassone. La Società Ceramica Ri-
terraglia tenera alle più consistenti e pregevoli carat-
chard Ginori, passata sotto il controllo della Società
teristiche della terraglia forte.
Sviluppo che ha programmato la ristrutturazione del
Il cambiamento di produzione produsse un « terre- complesso aziendale riversando gli investimenti sulle
moto » nel mercato della terraglia dolce. Per smaltire fabbriche dalle migliori prospettive, decideva di non
le scorte della merce che non sarebbe stata più pro- includere lo stabilimento di Mondovì nei programmi
dotta, la fabbrica di Carassone immise sul mercato di rinnovamento. Successivamente, il 31 ottobre 1972,
tutte le giacenze di terraglia tenera, provocando il tra- la fabbrica veniva chiusa.
collo dei prezzi che arrecò gravi difficoltà commerciali
a molti concorrenti. D'altra parte non era possibile
agire in modo diverso essendo indispensabile elimina- DIRETTORI
re tutti gli articoli che non sarebbero stati più fab-
bricati. Signor Curti dal 5 gennaio 1897 al 1902
Quando, dopo l'esperienza di vari anni, con l'immis- Geom. Luigi Massimino dal 1902 al 31 dicembre 1905
sione sul mercato dei nuovi manufatti si confermò la Ing. Giulio Madruzza dal 1 genn. 1906 al 30 nov. 1929
simpatia della clientela per la nuova terraglia feld- Geom. Luigi Madruzza dal 1 genn. 1930 al 1942
spatica « di Mondovì », il direttore dello stabilimento, Signor Ovidio Pollastri (fac. funz.) dal 1942 al 31.8.1944
cav. uff. Giorgio Mori, in u n a intervista concessa a Mi- Cav. Pietro Tomatis dal 1 sett. 1944 al 30 sett. 1946
che Berra (10) nel 1968, poteva affermare «...È difficile,
Sig. Luigi Q u a r a n t a (facenti funzione)
in un periodo in cui l'attività economica è influenzata
da troppi fattori estranei alla iniziativa diretta degli Dottore Gino Campana dal 1 ott. 1946 al 31 dic.1952
imprenditori, fare previsioni sulle prospettive di lavo- Ing. Luciano Morganti dal 1 genn. 1953 al 31 mag. 1962
ro delle aziende ceramiche del monregalese. L'espor- Cav. Uff. Giorgio Mori dal 1 giugno 1962 al 31 ott. 1972

141
NOTE
1) Atto di compravendita 5.1.1897, Notaio Carandini in Milano e ivi
registrato il 21.1.1897 — Vol. 233 — N. 3099
2) Sentenza del Tribunale Civile di Mondovì 30.10.1895 registrata in
Mondovì il 19.10.1895 — Mod. 3 — Vol. 69 — N. 171, Ditta Musso
Felice fu Alessandro;
3) da: « Il trentennio della Società Italiana Ceramica Richard-Gino-
ri », Milano, 1903 — pagg. 71, 72, 73, 74;
4) Atto di compravendita 14.7.1905, Notaio Perotti in Mondovì e ivi
registrato il 19.7.1905 al n. 81;
5) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1904 IV — pag. 352;
6) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1914 XI — pag. 678;
7) La Società Ceramica Richard-Ginori nel suo primo cinquantena-
rio — MDCCCLXXIII — MCMXXIII, Milano, 1923 — pag. 76;
8) La Società Ceramica Richard-Ginori nel suo primo cinquantena-
rio, MDCCCLXXIII — MCMXXIII, Milano, 1923 — pagg. 74, 75, 76, 77
9) da: « Rivista Richard-Ginori», Milano, giugno 1961 — pag. 17;
10) MICHE BERRA Ceramiche monregalesi, da : « Cuneo Provincia Granda », Cuneo,
1968 — n. 1 — pag. 12.
R I C H A R D GINORI

SOCIETÀ CERAMICA ITALIANA RICHARD GINORI MONDOVÌ 1897-1972

(in marrone) (in bleu o marrone o verde) (in marrone)

(in grigio o azzurro) (in bleu o marrone o verde)

(in bleu o nero)

(in bleu o marrone)


(in bleu o marrone)

(in bleu)

(in bleu o marrone) (in bleu o marrone)


(questo contrassegno si ritrova an-
che su articoli prodotti nella fab-
brica di Mondovì nei colori grigio
azzurro e nero)

143
SOCIETÀ CERAMICA ITALIANA RICHARD GINORI MONDOVÌ 1897 -1972

(in nero o bleu o marrone)

144
SOCIETÀ CERAMICA ITALIANA RICHARD GINORI MONDOVÌ 1897-1972

(in nero o bleu o marrone)

(in nero)
(in bleu o marrone)

(in nero o bleu o marrone)

(in bleu o marrone) (in marrone)

(in nero o bleu o marrone)

(in nero)

(in marrone)

(in marrone)
(in nero)

(in nero)

145
LE FABBRICHE
DELLA CERTOSA
DI PESIO,
CHIUSA PESIO
E VILLANOVA
GRANDIS & BERARDENGO S.p.A. CERAMICA PIEMONTESE
GIORDANA DELL'ANESE
BARBERIS SALOMONE & F.lli MESSA
GABUTTI SALOMONE
S. A. CERAMICA PIEMONTESE N.I.C.E.
SOC. AN. ESERCIZIO DELLA CERAMICA PIEMONTESE SILVESTRINI & PIANETTA « N.I.C.E. »

Dal secolo XVIII si h a n n o notizie certe dell'esi- GRANDIS & BERARDENGO


stenza di fabbriche di stoviglie nel territorio di Chiu- Agli inizi del secolo XIX, il Dottore Francesco Pe-
sa. Pietro Nallino (1), nel 1782, scriveva che « ...molti rotti diresse per due anni, dal 1814 alla fine del 1815,
vasai formano colà continuamente tanta quantità di u n a piccola fabbrica ceramica, sita nella Certosa di
ogni sorta di vasi, che ne fanno un negozio lucroso; Pesio, di proprietà di Grandis e Berardengo. Questa
mentre per la qualità, e bontà della terra resistendo manifattura era allogata nel fabbricato che preceden-
al calore del fuoco, incontrano dappertutto un copioso temente era adibito a mulino del convento (6). La fab-
smaltimento, e vengono condotte fino nella Proven- brica aveva tutte le prerogative per un buon funziona-
za, e nella Francia... ». D. Giambattista Botteri (2) scri- mento tecnico ed economico: facilità per ottenere mol-
veva che la bontà dell'argilla che si scavava a poca ta energia generata dall'acqua del fiume Pesio, legna
profondità in molti luoghi verso Beinette ed il te- da ardere in quantità enorme a pochi passi dai forni,
nue prezzo della legna di castagno, avevano aiutato argilla nelle immediate adiacenze cui si poteva acce-
il sorgere di piccole industrie domestiche che produ- dere con u n a buona strada carrabile e, soprattutto,
cevano tegami e pentole per cucina e stoviglie ordi- facilità di trovare mano d'opera specializzata nell'ar-
narie per tavola, vendute, in parte, sui vicini mercati. te del fuoco proveniente dalla vicina Vetreria della
Chiusa. Malgrado tutti questi elementi favorevoli l'opi-
Giuseppe Prato (3), a sua volta, confermava che
fìcio, poco tempo dopo che il Dottore Francesco Pe-
« ...Chiusa Pesio va celebre per le sue manifatture di rotti ne aveva lasciata la direzione, cessava ogni at-
terra che procurano al paese un introito annuo di tività, forse per difficoltà di ordine commerciale cau-
Lire 25.000... ». Tale fabbricazione era esercitata da sate dagli inceppi burocratici e dai gravami fiscali
molti contadini che nella buona stagione attendevano che la Restaurazione aveva imposto, forse per compli-
alla coltura dei campi e, nei mesi di meno intenso la- cazioni finanziarie.
voro, si dedicavano in contro proprio all'industria fi-
gulina producendo piccole quantità di stoviglie, tega-
mi e pentole (4). MICHELE GIORDANA
Da una statistica dell'anno 1763 (5), citata dal Bot- Il 17 ottobre 1833 (7), Michele Giordana architetto
teri, si rileva che nel territorio di Chiusa Pesio esiste- di Cuneo acquistava in Chiusa Pesio un edificio già
vano 31 fabbriche di stoviglie e che, successivamente, adibito a soppressa per olio di noci, per trasformarlo
aumentarono ancora. Nel 1879, anno in cui il Botteri in fabbrica di maiolica bianca. Questo edificio aveva
scriveva, le piccole industrie domestiche erano ridotte u n a curiosa storia. Nella prima metà del settecento vi
a cinque, o a causa dell'aumento dell'argilla, della le- abitava il proprietario, notaio Lorenzo Viale Gugliel-
gna da ardere e della mano d'opera, oppure per la metti che, morendo il 29 aprile 1756, lo lasciava in ere-
concorrenza fatta dai fabbricanti di stoviglie all' « uso dità alla famiglia Arimondi. Il II termidoro dell'anno
di Antibo » situati nelle vicinanze. 13° della Repubblica Francese e I dell'Impero (23 lu-
Nella valle del Pesio esisteva dunque già da molto glio 1806) Giuseppe Arimondi chiedeva ed otteneva
tempo u n a tradizione unita ad u n a notevole esperien- dal Consiglio del Comune il permesso di adattare l'edi-
za nell'arte di lavorare e plasmare l'argilla figulina. fìcio a mulino « a tre palmenti » nello stesso luogo do-

147
ve successivamente vennero allogate le macine della si accentuava maggiormente dopo la Restaurazione,
fabbrica di ceramica. Non appena rimpianto fu finito, facendo precipitare l'azienda verso il dissesto. Molti
il Marchese di Ceva fece opposizione appellandosi al operai, abili conoscitori dell'arte del fuoco, molatori,
Regio Senato di Torino, il quale stabiliva e dava ordine decoratori e pittori passavano alle dipendenze della
che il mulino fosse immediatamente demolito. Arri- nuova industria dando tutta l'esperienza che aveva-
varono ad un compromesso ed il mulino venne sosti- no acquisito nella vetreria; riuscirono così a creare
tuito con una soppressa per spremere olio dai gherigli pezzi ceramici che, nel loro genere, sono di notevole
di noce. Gli Arimondi vendettero l'opificio a Francesco bellezza.
Tomatis di Mondovì che a sua volta lo cedette all'Ar-
chitetto Michele Giordana; questi diede agli edifici
quella definitiva sistemazione che, grosso modo, han- GIUSEPPE BARBERIS
no ancora attualmente. Restaurato e modificato op- Nel 1836 acquistava la fabbrica ceramica Giuseppe
portunamente l'opificio, il Giordana, nel 1833, inco- Barberis, presumibilmente lo stesso Barberis citato
minciò a produrre terraglia tenera. Il suo calcolo non dal Barelli (9) che, nel 1834, scriveva: « ... A Vico l'ar-
era sbagliato perché la già « Regia Fabbrica di Cri- gilla figulina forma l'oggetto principale di due coltiva-
stalli e Vetri del Piemonte », fondata con Lettere Pa- zioni che somministrano le terre necessarie alle fab-
tenti del 23 luglio 1753 (8), dopo un progressivo incre- briche di terraglie ...e quella del Signor Giordana di
mento sia industriale che artistico, durante l'occupa- Cuneo ultimamente stabilita alla Chiusa. Una di que-
zione francese aveva denunciato i primi sintomi di ste cave... coltivata da un certo Barberis, carrettiere
crisi con una forte diminuzione produttiva. La crisi di Vico... ». L'essere proprietario di cave d'argilla lo

Piatto Ø cm 22,5
Monocromia manganese
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

148
Piatto ovale largh. cm 33
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

149
Collezione Giovanni Doglione - Asti

150
poneva in u n a condizione privilegiata nei confronti palmente in Piemonte, Liguria, Toscana, Campania,
degli altri fabbricati di ceramiche. Sicilia e Sardegna; l'esportazione era diretta verso i
La vetreria, la cui proprietà era passata alla fami- paesi del Levante, l'Argentina e l'America del Nord.
glia Avena, falliva nel 1838 (10). Tutte le maestranze
licenziate potevano trovare lavoro solo nella fabbrica
ceramica: era u n a fortuna insperata per un impren-
ditore poter scegliere fra tanti operai specializzati, di-
sposti a lavorare per qualsiasi mercede. Ora la pro-
duzione ceramica di Chiusa Pesio poteva sostenere
competitivamente la concorrenza delle fabbriche di
Mondovì.
La crisi economica del 1846-1847, che colpì tutto il
Monregalese, ebbe gravi ripercussioni anche sulla fab-
brica del Barberis: i consumatori abituali di terraglia
diminuirono gli acquisti, i pagamenti da parte dei
clienti divennero più lenti e, per carenza di denaro
liquido, molti operai dovettero essere licenziati.
Gli anni che vanno dal 1848 fino al 1857 furono an-
ni di rigoglioso sviluppo economico, la merce veniva
smerciata sempre più facilmente e Giuseppe Barberis
come già avevano fatto i concorrenti Musso e Besio,
creava punti di vendita fissi nelle Città di Cuneo, Sa¬
luzzo, Alessandria, Alba e organizzava u n a vasta rete
di « ciapasé » affinché andassero a vendere le sue ter- Fra il 1875 ed il 1877 la manifattura fabbricò, speri-
raglie sulle fiere e sui mercati più lontani. mentalmente e come prodotto marginale, stoviglie or-
Il 6 aprile 1858, Giuseppe Barberis presentava al dinarie e per cucina, non ottenendo i risultati previsti.
Comune « ...un progetto di derivazione d'acqua dal L'idea venne accantonata in attesa di tempi migliori.
torrente Pesio pel moto di meccanismi della fabbrica Nel 1880, essendo la terra di Vico quasi esaurita,
di maiolica... » per far funzionare 36 mulinetti per incominciarono ad importare « terra d'Olanda », il
macinare il quarzo. Il tecnico ceramista Bartolomeo quarzo veniva da Roccaforte e il calcare da Villanova.
Ansaldi vide funzionare questi mulinetti ancora nel L'importazione di « terra d'Olanda » ammontava a
1922. 2.700 quintali l'anno.
Gli anni dell'Unità d'Italia avevano creato un cli- La concorrenza degli altri fabbricanti monregalesi
ma di euforico ottimismo per l'allargamento del mer- si faceva sempre più accanita, diversi punti di vendita,
cato nazionale, ma le speranze si dimostrarono vane. ormai passivi, erano stati chiusi; i consumatori abi-
La crisi, sempre più grave, frenava l'espansione indu- tuali chiedevano altri articoli ed anche sui mercati e
striale, impedendo le pur necessarie migliorie all'opi- sulle fiere gli acquirenti si diradavano. Già nel 1884
ficio. si notava un calo molto forte nella produzione e nelle
vendite. Giuseppe Corona (12) dava queste cifre: ope-
rai occupati circa quaranta, con la paga giornaliera:
uomini da L. 2,20 a L. 3,50; donne da L. 1,10 a L. 1,40;
SALVATORE E GIOVANNI BATTISTA GABUTTI manovali da L. 1,60 a L. 2,20; ragazzi da dodici a di-
Il 7 marzo 1866, Giuseppe Barberis vendeva ai fra- ciotto anni da L. 0,65 a L. 1,25.
telli Salvatore e Giovanni Battista Gabutti gli edifici La produzione a n n u a si aggirava sui 400.000 pezzi
e tutte le attrezzature della fabbrica di terraglia. Essi per un valore di L. 50.000, che veniva venduta in Pie-
incominciarono lavori di trasformazione ingrandendo monte, Liguria, Toscana, Campania, Sicilia e Sarde-
la fabbrica, cambiando la disposizione degli edifici esi- gna, ed esportata in America e nei paesi del Levante.
stenti, rimodernando i forni, migliorando le attrezza- Seguendo l'esempio degli altri fabbricanti monrega-
ture ed i magazzini. lesi, segnatamente quello di Andrea Salomone in Vil-
Nel 1876 gli operai impiegati erano circa ottanta e lanova, i Fratelli Gabutti trasformarono i loro forni
producevano annualmente circa 1.000.000 di pezzi as- alimentandoli prima con legna e carbone, quindi con
sortiti per un valore di L. 140.000. Il consumo di legna solo carbone. Nel 1886 adottarono un forno a carbone
da ardere per alimentare i quattro forni era di 2.000 progettato, come quello dei Salomone, dall'Ingegnere
tonnellate (11). I manufatti venivano venduti princi- Del Mastro Calvetti di Torino, ed attuato con notevoli

151
migliorie: fu così ottenuta u n a sensibile economia nel lente (decorazioni a mano) per adottare tecniche più
consumo di combustibile ed un miglioramento nel pro- veloci e meno costose (decorazione a stampa).
dotto finito. Nei primi anni del nuovo secolo la forte richiesta
Da qualche anno era stata ripresa la produzione di di prodotti in terraglia tenera permise ai Gabutti di
stoviglie comuni e per cucina (13). ottenere un discreto andamento aziendale. Se nel
Dopo il discreto incremento produttivo e commer- 1895-1896 gli operai erano stati ridotti a ventidue con
ciale negli anni 1883-1887, l'andamento sfavorevole del una produzione annua di circa 280.000 pezzi, già nel
mercato poneva in crisi le aziende con gli impianti più 1901 gli addetti erano aumentati a q u a r a n t a con una
invecchiati, mentre la posizione geografica di Chiusa produzione di 550.000 pezzi e nel 1910 erano rispetti-
Pesio, relativamente lontana dalla ferrovia, aggravava vamente sessantacinque e 950.000. Dal 1899 era stata
le difficoltà contingenti provocando l'aumento dei co- notevolmente incrementata la produzione di stoviglie
comuni e per cucina che trovavano u n a facile colloca-
sti delle materie prime e dei prodotti finiti. Infatti la
zione.
mancanza della ferrovia e l'inadeguatezza delle stra-
de accrescevano le spese e causavano intoppi e ritardi Le attrezzature e gli impianti, ormai sorpassati, do-
nella consegna delle merci. I vantaggi che avevano vevano essere rinnovati, i forni trasformati. I lavori,
determinato la creazione della fabbrica ceramica non iniziati nel 1904, furono proseguiti lentamente negli
esistevano più: il combustibile e l'argilla dovevano anni successivi, dando scarsi risultati. I locali non e-
essere importati dall'estero e buona parte del traspor- rano sufficientemente alti per allogarvi i nuovi forni
to di queste materie prime indispensabili doveva es- ed i gas generati dalla combustione non potevano ve-
nire facilmente eliminati. I prodotti finiti dovevano
sere effettuato con carri su strade estremamente disa-
essere portati a braccia nei magazzini relativamente
gevoli. distanti dai locali di fabbricazione.
Gli anni più duri della crisi furono superati fati- Malgrado ciò la produzione aumentava e lo smer-
cosamente riducendo al massimo le spese, dimettendo cio risultava piuttosto facile. La metà dei manufatti
molti operai e abbandonando in parte lavorazioni più era venduta in Italia mentre il rimanente veniva facil-
mente esportato in Asia Minore, in Egitto, in Turchia,
in Argentina e Uruguay. Anche le Colonie Italiane
assorbivano discrete quantità di prodotti ceramici. Nel
1914 gli operai occupati erano centoventisette e la pro-
duzione si aggirava su 1.800.000 pezzi.
Con la guerra l'attività aziendale diminuì grada-
tamente per carenza di mano d'opera e per mancanza
delle materie prime essenziali. I forni, che erano sta-
ti ideati per essere alimentati esclusivamente a car-
bone, dovettero essere trasformati per la cottura a
legna o a sansa per mancanza di combustibile fossile.
Nel 1917 gli operai erano quarantaquattro e la pro-
duzione era di 660.000 pezzi. La merce era sempre più
scadente e la richiesta aveva subito un calo notevole.
Con la fine della guerra l'aumento del prezzo delle
materie prime e del costo del lavoro causarono un
nuovo ristagno nella produzione e nelle vendite. Le
agitazioni salariali del 1920-1921 aumentarono le diffi-
coltà. La ripresa, lentissima, si svolgeva fra sempre
maggiori ostacoli. I Gabutti, coadiuvati dal Signor
Priola (14), costatando che i loro sforzi non approda-
vano a risultati concreti, decisero di immettere nella
azienda elementi giovani e con nuove direttive e, nel
1927, cedettero l'intero complesso alla « S.A. Ceramica
Piatto Ø cm 22 Piemontese » — Amministratore Delegato Bruno Naz-
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis zari, Consiglieri Andrea Marocco e Giovanni Battista
Chiusa Pesio - 1836-1866 Nepote (15) —.

152
S.A. CERAMICA PIEMONTESE SOC. AN. PER L'ESERCIZIO DELLA CERAMICA PIE-
I nuovi amministratori apportarono alcune modi- MONTESE
fiche alle attrezzature, ridimensionarono la produzio- In quel periodo fu chiamato come consulente tec-
ne e sperimentarono, con successo, nuove caratteri- nico e finanziario l'Ingegnere Eugenio Savasta-Fiore
stiche del prodotto per migliorarlo e trasformarlo da che nel 1933-1934 veniva nominato liquidatore dei due
terraglia tenera in terraglia semiforte. Gli addetti alla maggiori creditori, il Dottore Michele Falda di Torino
fabbrica erano circa novanta. e il banchiere Carlo Battaglia di Mondovì. Nel corso
Nel 1932 la situazione finanziaria della Società di- della faticosa liquidazione veniva considerata la possi-
venne critica per la gravissima crisi che aveva colpito bilità di continuare la gestione della fabbrica, addive-
tutta l'economia mondiale, ma, soprattutto, per le nendo alla costituzione della « S.A. per l'esercizio della
conseguenze economiche e commerciali di u n a causa Ceramica Piemontese », che prese formalmente in af-
intentata dalla « Società Ceramica Italiana » di Lave- fitto la manifattura dal liquidatore.
no per « concorrenza sleale ». La lite verteva sulla E' doveroso notare che sia Carlo Battaglia che Mi-
priorità di un marchio — un'aquila con le ali piegate chele Falda intervennero filantropicamente al solo
su un semicerchio, il tutto di colore verde — che, se- scopo di evitare la disoccupazione di circa centocin-
condo le affermazioni della Società di Laveno, la « S.A. quanta dipendenti che con l'acuirsi della crisi difficil-
Ceramica Piemontese » avrebbe plagiato ed apposto mente avrebbero trovato un altro lavoro (18). Il ban-
illecitamente sui propri prodotti. La difesa non dimo- chiere Battaglia mise a disposizione dell'Ingegnere
strò sufficientemente che tale marchio era già stato Savasta-Fiore, il quale aveva già impegnato nell'im-
adoperato per anni dai Gabutti e che anche altre fab- presa tutti i propri risparmi, i capitali necessari per
briche di Mondovì e di Vicoforte usavano da decenni far funzionare a pieno ritmo tutti i reparti della fab-
un marchio molto simile. La « S.A. Ceramica Piemon- brica e per evitare il licenziamento dei dipendenti (19).
tese », persa la causa, dovette pagare alla Ditta av- In quel periodo, pur continuando a fabbricare note-
versaria, oltre le spese di giudizio, la somma, allora voli quantità di articoli comuni, la produzione si indi-
notevole di Lire 100.000 (16) per danni morali e mate- rizzò anche verso oggetti artistici e di forma: furono
riali. confezionati servizi da tavola pregevoli fra i quali
divenne molto richiesto il servizio in barocco piemon-
tese « vecchio Piemonte ». Le vendite si effettuarono
in Liguria, Lombardia, Emilia, Veneto, Toscana e Pie-
monte. Scarsa l'esportazione.
Superate le crisi e chiusa definitivamente la liqui-
dazione, l'azienda si consolidò nei tre soci: Battaglia,
Falda e Savasta-Fiore; quell'ultimo fu nominato Diri-
gente Procuratore — praticamente il titolare —; l'In-
gegnere Andrea Battaglia, figlio del banchiere Carlo,
divenne l'Amministratore Delegato per conferire col
proprio nome lustro alla Società e garanzia ai terzi.
In questo periodo i manufatti migliorarono notevol-
mente soprattutto sotto il profilo estetico, specialmen-
te nei colori e negli impasti e i clienti non mancarono
di dimostrare tangibilmente la loro preferenza.
Con la guerra, ma più ancora con la guerra civile,
l'economia della regione venne sconvolta. La mancan-
za di materie prime essenziali, le difficoltà nei traspor-
ti, la penuria di mano d'opera specializzata causava-
no notevoli disagi. Per la carenza di combustibile fos-
sile i forni furono trasformati per il funzionamento
a legna o a sansa, con rese notevolmente inferiori al
previsto. Malgrado tutte queste difficoltà la direzione
volle mantenere al massimo l'impiego degli operai, a-
doperandosi per la difesa della libertà e dignità dei
Piatto Ø cm 22
Policromia propri dipendenti e di tutti gli abitanti della Valle nei
Giuseppe Barberis confronti degli occupanti tedeschi. In quel perio-
Chiusa Pesio - 1836-1866 do l'Ingegnere Eugenio Savasta-Fiore, per non subi-

153
Piatto Ø cm 29 Piatto Ø cm 27
Monocromia bianco bleu Monocromia stampata
Fratelli Gabutti Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1929 Chiusa Pesio - 1866-1890

Piatto Ø cm 22,5
Piatto Ø cm 22 - Policromia Policromia
Andrea Salomone Andrea Salomone
Villanova - 1881-1900 Villanova - 1879-1895

154
re ulteriori rappresaglie da parte delle autorità di Pesio che avrebbe provveduto a far eseguire dalle
occupazione, lasciava temporaneamente la direzione proprie maestranze la decorazione e la cottura della
che veniva assunta, quale « facente funzione », dal co- vernice. Nel 1968 la fabbrica di Vicoforte che produ-
gnato Giovanni Battista Nepote. Anch'egli, in contra- ceva 360.000 pezzi in biscotto l'anno, veniva affittata
sto palese od occulto con le autorità, ebbe a subirne dalla « S.p.A. Ceramica Piemontese » e dichiarata sta-
le conseguenze, ricevendo e angherie e percosse (20). bilimento aggregata.
Tornata la pace, dopo un breve periodo di incre- I manufatti della « S.p.A. Ceramica Piemontese »
mento commerciale, dovuto più che altro alla richie- vengono venduti, per la maggior parte, ai grandi ma-
sta di merce distrutta e alla ricostruzione delle scorte gazzini.
presso i grossisti, le vendite incominciarono a diminui-
re. Ormai l'azienda dimostrava tutta la vetustà dei
suoi edifìci e delle sue attrezzature. Ma erano soprat- LORIS E WALTER DELL'ANESE
tutto i forni, ancora funzionanti a legna o a carbone,
a denunciare tutte le insufficienze della manifattura e Negli anni fra il 1950 ed il 1960, in Chiusa Pesio,
della produzione proprio nel periodo in cui la con- Loris Dell'Anese, utilizzando le terre e il cotto della
correnza si faceva più agguerrita, operando con im- « S.A. Ceramica Piemontese » ed usufruendo dei forni
pianti modernissimi dislocati in località commercial- della stessa fabbrica, incominciava a produrre piccole
mente molto più favorevoli. Gli operai che nel 1949- quantità di ceramica artistica. Dopo il 1960 anche il
1950 erano aumentati a circa centocinquanta, nel figlio Walter dava la sua valida collaborazione alla
1952-1953 erano nuovamente diminuiti a ottanta. piccola azienda artigiana che otteneva sempre mag-
giori attestazioni dagli amatori e dalla clientela per le
Nel 1954 fra gli amministratori della Società matu-
qualità estetiche e commerciali dei suoi manufatti.
rò una grave crisi dovuta a divergenze sulla condu-
zione della fabbrica: si sciolse così la « S.A. per l'eser- La produzione decorata è artisticamente indirizzata
cizio della Ceramica Piemontese » con lo specioso mo- verso la « vecchia Mondovì », ma soprattutto i gallet-
tivo della mancanza di capitale. Con il raggiungimento ti ed i fiori, dipinti con smaglianti colori, pongono
di un compromesso — in seguito all'arbitrato amiche- questa ceramica completamente al di fuori della pe-
vole di S. Ecc. Eula e dell'Onorevole Bertone — l'Inge- dissequa copia industriale. Anche pezzi di forma o pia-
gnere Savasta-Fiore rassegnava le dimissioni mentre strelle in rilievo dimostrano l'inesauribile buon gusto
la manifattura continuava la normale produzione fino di questi artigiani. Buona anche la produzione in mo-
alla nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione nocromia su vasi, piatti, placche, ecc. ecc.
(21).

FRATELLI SALOMONE E FRATELLI MESSA


S.p.A. CERAMICA PIEMONTESE Andrea Salomone ed i fratelli, associatisi con Gio-
Nel 1955 la nuova Società composta da Andrea Bat- vanni, Giuseppe e Maria Messa, fondavano nel 1876
taglia, Pier Carlo Rovea, Antonio Caraglio, Annibale una fabbrica in terraglia in Villanova, regione Pa-
Bussi e Signora Grandi continuava la gestione attiva squero (24). L'epoca scelta per l'avvio della nuova ini-
della fabbrica; il 22 marzo 1956 l'Assemblea dei Soci, ziativa imprenditoriale non era certo la più favorevo-
presieduta dall'Amministratore Unico Andrea Batta- le: infatti i più forti concorrenti erano dislocati in tutto
glia, deliberava l'aumento del Capitale Sociale da lire il monregalese e la grave crisi bancaria ed assicurativa,
1 milione a lire 30 milioni, per cui l'11 gennaio 1958 la iniziatasi nel 1873, stava colpendo duramente il ri-
« S.p.A. Ceramica Piemontese » emetteva 30 000 obbli- sparmio, ripercuotendosi sull'agricoltura e soprattutto
gazioni da lire 1000 al 6% (22). Il 3 gennaio 1964 il Con- sull'industria che perdeva sistematicamente i poten-
siglio di Amministrazione deliberava di ridurre il Ca- ziali clienti.
pitale Sociale da lire 30 milioni a lire 15 milioni, trasfe- I rapporti fra i soci, in quel clima di depressione
riva la Sede Sociale da Mondovì a Chiusa Pesio nomi- economica si fecero ben presto difficili, finché nel 1879
nando Presidente l'Ingegner Pier Carlo Rovea e Con- la società veniva sciolta ed i fratelli Salomone, rile-
siglieri Paolo Battaglia e Antonio Caraglio (23). Gli vando la quota dei Messa, rimanevano i soli proprie-
operai erano circa ottanta e la produzione, terraglia tari della manifattura, assumendo la ragione sociale
forte, veniva quasi tutta venduta nei grandi magazzini. « Ceramica Salomone Villanova ».
Nel 1965 la « Società Gestione Ceramica delle Moline » La ripresa economica, iniziata nel 1879, dava alla
si accordava con la « S.p.A. Ceramica Piemontese » industria ceramica monregalese un nuovo periodo di
per cedere annualmente circa 450.000 pezzi in biscotto sviluppo determinando un accentuato incremento del-
— esclusivamente piatti — alla manifattura di Chiusa la produzione e delle vendite.

155
Piatto Ø cm 31 - Policromia
Andrea Salomone - Villanova
1879-1890

156
ANDREA SALOMONE alle attrezzature, sperimentati nuovi impasti onde mi-
Nel 1881 i fratelli Salomone procedevano alla divi- gliorare il prodotto ed adeguarlo alle nuove esigenze
sione dei beni e Andrea Salomone diventava unico della clientela.
proprietario della fabbrica, cambiando la ragione so- Nel 1912 gli operai occupati ammontavano a tren-
ciale in « Salomone Andrea Villanova ». Incominciava ta-trentacinque e la produzione annuale era aumen-
con questo atto notarile, l'ascesa della manifattura. tata a circa 600.000 pezzi assortiti, per un valore di
Poiché la congiuntura favorevole continuava e accre- lire 65.000. La merce veniva venduta in Piemonte,
sceva la necessità di produrre maggiormente e bene, Liguria, Lombardia, Toscana ed esportata nelle Colo-
Andrea Salomone nel 1883 inaugurava, primo nel mon- nie Italiane ed in tutti i paesi del bacino Mediterraneo.
regalese, un forno ceramico funzionante esclusiva- Erano stati iniziati studi per u n a nuova sistemazione
mente a carbone, ideato e costruito dall'ingegnere della fabbrica e per migliorare gli impianti al fine di
Delmastro-Calvetti di Torino, lasciando in funzione incrementare maggiormente la produzione; contem-
anche il precedente forno alimentato a legna. Nel 1884, poraneamente si cercavano nuovi sbocchi commerciali
secondo il Corona (25), essendosi quasi esaurite le cave immettendo sul mercato merce di buona qualità.
d'argilla di Vicoforte, il Salomone miscelava « terra di Ma tutte queste iniziative venivano bruscamente
Olanda » tratta dalle cave del Westerwald di proprie- interrotte dallo scoppio della prima guerra mondiale.
tà Molemback & Schenwold con quarzo di Frabosa La produzione peggiorava e diminuiva gradatamente
Sottana e calcare di Villanova; per la triturazione delle per la difficoltà di reperimento delle materie prime
terre adoperava un mulino mosso da u n a ruota idrau- per la relativa mancanza di combustibile, che causò
lica di venti macine. Normalmente venivano occupati il ritorno all'alimentazione a legna. Inoltre la mano
una ventina di addetti, così suddivisi: sei operai che d'opera maschile decresceva per i richiami sotto le
percepivano u n a paga giornaliera da lire 2,00 a lire armi, mentre i trasporti diventavano sempre più lenti
3,25; due operaie da lire 1,00 a lire 1,20; quattro mano- e precari. Ad aggravare la situazione sopravvenne, il
vali da lire 1,50 a lire 2,00 e otto ragazzi, dai dodici ai 27 luglio 1917, la morte del proprietario e fondatore
diciotto anni, da lire 0,60 a lire 1,20. La produzione Andrea Salomone che aveva accentrato nella sua per-
annua si aggirava su 330.000 pezzi per un valore di lire sona tutte le mansioni direttive.
40.00 circa, che veniva venduta in Piemonte, Liguria, Per successione ereditaria la ditta passava per 4/6
Lombardia ed Emilia. a Michele Salomone, per 1/6 a Caterina Salomone in
La terraglia tenera della « Ceramica Salomone An- Ellena e per 1/6 a Rosetta Salomone. Per acquiescen-
drea » seguiva anch'essa il gusto tipico della « vecchia za, il 23 ottobre 1917, diventava unico proprietario
Mondovì » : nei decori primeggiava il colore mangane- Michele Salomone. Nel 1925 la ditta passava, per suc-
se sul solito smagliante azzurro; gli smerli sui bordi cessione testamentaria, a Giovanni, Bartolomeo, An-
dei piatti e dei vasi erano più semplici, diciamo più drea, Michele Ellena e Clementina Fechino ved. Salo-
funzionali e moderni. Poca era la produzione di cera- mone. Nel 1928, per divisione giudiziale, diventava
mica artìstica o di oggetti di forma. unica proprietaria Clementina Fechino ved. Salomone.
Dopo il buon andamento industriale e commerciale Tra la fine della guerra e la « grande crisi » gli ere-
negli anni che vanno dal 1878 al 1887, la diminuzione di di Andrea Salomone non avevano saputo o potuto
delle vendite denunciava lo stato di crisi che colpiva riportare l'azienda nello stato di floridezza in cui la
nuovamente l'industria ceramica monregalese, crisi aveva lasciata il fondatore. Certamente avevano con-
che si accentuava maggiormente negli anni fra il 1893 giurato contro la ripresa industriale e commerciale le
e il 1897. Per la « Ceramica Andrea Salomone », relati- difficoltà economiche determinate dalla perdita dei tra-
vamente piccola, con impianti più artigianali che indu- dizionali mercati stranieri e nazionali, la concorrenza
striali, la recessione non provocava squilibri molto gra- delle fabbriche più organizzate, la penuria di credito
vi, anzi dava una nuova spinta alla sagacia imprendito- e la povertà del prodotto che dava sempre meno utile.
riale del Salomone. Iniziava in questo periodo la produ- A tutti questi fattori negativi si aggiunse il crollo
zione di stoviglie comuni « all'uso di Antibo », otte- economico-finanziario causato dalla « grande crisi » che
nendo buoni risultati. Questi manufatti vennero fab- impose la chiusura della fabbrica.
bricati con alterno successo commerciale per vari anni
(26). Con l'avvento del nuovo secolo u n a schiarita si
aprì nella malata economia italiana ed u n a nuova flo- NUOVA INDUSTRIA CERAMICA SULL'ELLERO di
ridezza si manifestò nelle varie industrie manifattu- PRIMO SILVESTRINI « N.I.C.E. »
riere. Nella Ceramica Salomone, con le nuove neces- Il 19 gennaio 1932, Primo Silvestrini (27), già occu-
sità aziendali determinate dall'aumento dello smer- pato con mansioni direttive presso la ceramica « La Vit-
cio, vennero apportate piccole migliorie agli edifici e toria » di Mondovì, dimostrando uno spirito di intra-

157
prendenza non comune, malgrado la congiuntura av- INDUSTRIA CERAMICA SILVESTRINI PIANETTA
versa, osò prendere in affitto e gestire proficuamente « N.I.C.E. »
la fabbrica degli Eredi Salomone. L'impresa si dimo- Nel 1966, alla morte di Primo Silvestrini, la fabbrica
strava irta di difficoltà e solo l'audacia e la tenacia del passava per successione ereditaria ed acquisto a Vitto-
nuovo imprenditore riuscirono a superare i primi, più rio Silvestrini, figlio, e Armando Pianetta, genero, as-
duri ostacoli. Primo Silvestrini, che aveva trovato la sumendo la nuova denominazione sociale « Industria
fabbrica non solo inattiva, ma in pieno sfacelo, cambiò Ceramica Silvestrini Pianetta NICE » (30). Dal 1945 la
la ragione sociale in « Nuova Industria Ceramica sull' produzione è sempre la tipica « Mondovì », irrobustita
Ellero di Primo Silvestrini "N.I.C.E." » (28) e iniziò il e migliorata negli impasti e nei decori e viene venduta
lavoro apportando al complesso le prime, indispensabi- in tutto il territorio nazionale e nei paesi del bacino
li migliorie. Infatti sistemò il fabbricato, riparò e in- Mediterraneo. Dal '45 al '68 il numero degli operai im-
tegrò la rudimentale attrezzatura esistente. piegati si aggirava sui 45/55, di cui la metà donne.
La concorrenza, continua e massiccia, dei comples-
si maggiori dislocati nelle vicinanze e la creazione del-
l' « Ufficio Unico Consorziale » — che riuniva le maggio-
ri manifatture di ceramica nel monregalese — resero
certamente più difficile l'attività della nuova impresa,
ma la capacità organizzativa di Primo Silvestrini salvò
l'azienda da un possibile nuovo collasso. Anzi, quasi a
dimostrare la propria intraprendenza, sfidando l'opi-
nione di coloro che giudicavano avventato ogni tenta-
tivo concorrenziale nel campo della terraglia dolce, nel
1938 acquistava gli edifici e gli impianti diventandone
unico proprietario.
In quell'epoca la manifattura produceva, in terra-
glia dolce, tutti gli articoli da tavola, da camera e da
cucina ed era specialmente attrezzata per l'esportazio-
ne che si indirizzava verso la Libia, la Palestina, la
Africa Orientale e le due Americhe (29); occupava cir-
ca 25 operai, dei quali metà donne e aveva u n a produ-
zione di circa 400.000 pezzi annui. Piatto Ø cm 32
Policromia verde e marrone
La guerra impedì, come in tutte le altre aziende Ceramiche Piemontesi
similari, un ulteriore sviluppo industriale e commer- Chiusa Pesio - 1948
ciale perché l'approvvigionamento delle materie prime
si fece difficile, il combustibile e la forza motrice scar-
seggiarono in modo tale che la produzione dovette es-
sere interrotta dal 1942 al 1945. Alla ripresa dell'attivi-
tà, nella primavera del 1945, vennero apportate nuove
migliorie agli edifici e, nel 1946, venne installato un
forno circolare di concezione nuovissima, funzionante
a legna e carbone con un unico focolaio centrale. Nel
1948 fu installato un moderno forno elettrico a tunnel
— il primo della zona — per la cottura del verniciato,
unitamente ad u n a batteria di trasportatori aerei a
catena, con funzione di essiccatoi e convogliatori del
crudo alla bocca dei forni. Successivamente vennero
montate altre catene ed altri trasportatori nel reparto
foggiatura; qualche anno dopo veniva installato un al- Piatto Ø cm 32
tro forno elettrico a più canali ed a piastre striscianti, Policromia
Ceramica Piemontese
per la cottura contemporanea del biscotto e del verni- Chiusa Pesio - 1958
ciato.

158
CRONOLOGIA
CHIUSA PESIO
1756 aprile 29 Muore Lorenzo Viale Guglielminetti. Eredita Arimondi Giuseppe.
1806 luglio 23 (2° termidoro Giuseppe Arimondi fu Giovanni Battista chiede e ottiene dal Consi-
13° R.F. e 1° Imp.) glio Comunale di mettere un mulino a tre palmenti nei locali in cui.
nel 1870, giravano le macine della maiolica. Il Marchese di Ceva fa
opposizione dinanzi al R. Senato di Torino il quale delibera che il
mulino venga distrutto. Con un accordo bilaterale al mulino fu sosti-
tuita u n a soppressa per olio di noci. Questo opifìcio passò, successi-
vamente, in proprietà a Francesco Tomatis di Mondovì.
1833 ottobre 17 L'Architetto Michele Giordana di Cuneo acquista l'opifìcio e lo tra-
sforma in fabbrica di maiolica bianca (terraglia tenera).
1836 Giuseppe Barberis acquista la fabbrica.
1858 aprile 6 Giuseppe Barberis fa progettare dal Geometra Pietro Giordana un
« ...progetto di derivazione dell'acqua dal torrente Pesio pel moto di
meccanismi della fabbrica di maiolica del Signor Giuseppe Barberis
e de molino da grano di Pinetto... ».
1866 marzo Salvatore e Giovanni Battista Gabutti acquistano l'opifìcio.
1927 Cessione della manifattura alla « S.p.A. Ceramica Piemontese ». Am-
ministratore Delegato Bruno Nazzari, Consiglieri Andrea Marocco e
Giovanni Battista Nepote;
1932 Causa con la « Società Ceramica Italiana » di Laveno per concorren-
za sleale.
1933 Nomina dell'Ingegnere Eugenio Savasta-Fiore a liquidatore della
« S.p.A. Ceramica Piemontese ».
1934 Costituzione della « S.A. per l'esercizio della Ceramica Piemontese ».
Soci; Carlo Battaglia, Michele Falda ed Eugenio Savasta-Fiore che
fu nominato Dirigente Procuratore, Amministratore Delegato Andrea
Battaglia.
1944 Giovanni Battista Nepote viene nominato « facente funzione » di-
rettore.
1945 Ritorno alla direzione dell'Azienda di Eugenio Savasta-Fiore.
1955 Scioglimento della « S.A. per l'esercizio della Ceramica Piemontese ».
Costituzione della « S.p.A. Immobiliare Ceramica Piemontese », Am-
ministratore Unico Dott. Andrea Battaglia e della « S.p.A. Gestione
Ceramica Piemontese » sede in Chiusa Pesio, Presidente Ing. Pier Car-
lo Rovea, Consiglieri Ferrari Iolanda, Annibale Bussi, Antonio Ca-
raglio.
1956 marzo 22 L'assemblea dei Soci, presieduta dall'Amministratore Unico Andrea
Battaglia delibera l'aumento del Capitale Sociale da Lire 1.000.000
a Lire 30.000.000.
1958 gennaio 11 Emissione di N. 30.000 obbligazioni da lire 1000 cadauna. Interesse
6 per cento.
La « S.p.A Immobiliare Ceramica Piemontese » ha assorbito la « S.p.A.
Gestione Ceramica Piemontese » con la nuova Ragione Sociale: « S.
p.A. Ceramica Piemontese » aumentando il Capitale Sociale a L. 50
milioni. Presidente Ing. Pier Carlo Rovea, Consiglieri: Bessone Rag.
Giuseppe. Bussi Annibale, Caraglio Antonio.
Consiglio di Amministrazione: Presidente Ing. Pier Carlo Rovea, Am-
ministratore Delegato Caraglio Antonio
1968 Affitto della fabbrica ceramica « Le Moline » in Vicoforte adibendola
alla produzione di 360.000 pezzi in biscotto che verranno decorati e
verniciati nello stabilimento di Chiusa Pesio.
SALOMONE — SILVESTRINI a VILLANOVA Regione Pasquero
1876 Andrea Salomone e Fratelli con Giovanni, Giuseppe e Maria Messa
fondano la ceramica.
1879 I fratelli Messa cedono la loro quota ai fratelli Salomone.
1881 settembre 25 Andrea Salomone diventa unico proprietario della fabbrica ceramica
in seguito alla divisione dei beni.
1917 luglio 27 Decesso di Andrea Salomone ereditano: Michele Salomone 4/6; Cate-
rina in Ellena 1/6; Rosetta Salomone 1/6.
1917 ottobre 10 Per rinuncia la proprietà rimane del solo Michele Salomone.
1925 marzo 24 Decesso di Michele Salomone ereditano: Fechino Clementina vedova
Salomone e Ellena Giovanni, Bartolomeo, Andrea, Michele.
1928 giugno 16 In seguito a divisione giudiziaria la proprietà della fabbrica Cerami-
ca viene assegnata a Fechino Clementina vedova Salomone.
1932 gennaio 19 Primo Silvestrini affitta la ceramica Salomone, ragione sociale è « Nuo-
va Industria Ceramica sull'Ellero di Primo Silvestrini » o « N.I.C.E. ».
1938 giugno 12 Acquisto degli immobili da parte di Primo Silvestrini.
1966 maggio 23 Morte di Primo Silvestrini. Successione ereditaria Vittorio Silvestri-
ni, acquisto quota Pianetta Armando, ragione sociale « Industria
Ceramica Pianetta Silvestrini « N.I.C.E. ».

NOTE
1) PIETRO NALLINO Il corso del fiume Pesio, Mondovì, 1782 — pag. 33;
...Molti vasai formano colà continuamente tanta quantità d'ogni
sorta di vasi, che ne fanno un negozio lucroso; mentre per la
qualità, e bontà della terra resistendo al calore del fuoco, incon-
trano dappertutto un copioso smaltimento, e vengono condotti
fino nella Provenza, e nella Francia...
2) D. GIAMBATT. BOTTERI Memorie storiche della Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
La vita economica in Piemonte a mezzo del secolo XVIII, Torino,
3) GIUSEPPE PRATO 1908 — pag. 258;
Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e Commercio di To-
4) C. IGNAZIO GIULIO rino e notizie sulla patria industria, Torino, 1844 — pag. 99;
di Chiusa Pesio, Volume 94 — Statistica del 16 settembre 1763;
5) ARCHIVIO COMUNALE La Certosa di Pesio, Torino, 1900 — vol. I, pag. CXI;
6) BIAGIO GARANTI di Chiusa Pesio, Foglio n. 460 del Catasto (Libro dei Trasporti);
7) ARCHIVIO COMUNALE Raccolta per ordine di materia delle leggi, cioè editti, patenti,
8) FELICE AMATO e DUBOIN manifesti, etc. emanati negli stati di terraferma fino all'8 dicem-
bre 1798 dai Sovrani della Real Casa di Savoia, Tomo 17 — titolo
XXXIV — pagg. 412, 413, Torino, 1850;
9) VINCENZO BARELLI Cenni di statistica mineralogica degli stati di S.M. il Re di Sar-
degna, Torino, 1835 — pagg. 274, 275;
10) A. CAVALLARI MURAT Cristalli e vetri del Piemonte, da: « Bollettino della Società Pie-
montese di Archeologia e Belle Arti », Torino, 1947, n. 1-4 — pag. 96;
11) D. GIAMBATT. BOTTERI Memorie storiche della Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
12) GIUSEPPE CORONA La Ceramica, Milano, 1885 — pag. 546;
13) FEDERICO BASSIGNANO Annuario della Provincia di Cuneo — 1897 — pag. 137-B;
14) ETTORE SCHEDA Note ed appunti, Chiusa Pesio, 1970;
15) ETTORE SCHEDA Note ed appunti, Chiusa Pesio, 1970;
16) GIOVANNI ANSALDI Note, Chiusa Pesio, 1965;
17) EUGENIO SAVASTA-FIORE Note ed appunti, Torino, 1970;
18) EUGENIO SAVASTA-FIORE Note ed appunti, Torino, 1970;
19) EUGENIO SAVASTA-FIORE Note ed appunti, Torino, 1970,
20) EUGENIO SAVASTA-FIORE Note ed appunti, Torino, 1970;
21) EUGENIO SAVASTA-FIORE Note ed appunti, Torino, 1970;
22) Notaio CARPANI 11 Gennaio 1958 Rep. 13619 Fasc. 6797;
23) Rogito Avvocato GIACCONE 3 gennaio 1964 Rep. 16162/5373;
24) GIUSEPPE CORONA La Ceramica, Milano, 1885 — pag 545;
25) GIUSEPPE CORONA La Ceramica, Milano, 1885 — pag. 546;
26) FEDERICO BASSIGNANO Annuario della Provincia di Cuneo, 1897 — pag. 347/B;
27) Annuario dell'Industria Italiana della Ceramica e dei Laterizi,
Milano, 1939 — pag. 264;
28) ARMANDO PIANETTA Note ed appunti, Villanova 1968;
29) Annuario dell'Industria Italiana della Ceramica e dei Laterizi,
Milano, 1939 — pag. 264;
30) ARMANDO PIANETTA Note ed appunti, Villanova, 1968;
CERTOSA DI P E S I O
CHIUSA P E S I O
E VILLANOVA
MICHELE GIORDANO CHIUSA PESIO 1833-1836

(impressi in pasta)

GIUSEPPE BARBERIS CHIUSA PESIO 1836-1866

(impressi in pasta)

SALVATORE E GIOVANNI BATTISTA GABUTTI CHIUSA PESIO 1866-1927

(impressi in pasta)

(in bleu o marrone o verde)

(in bleu o nero) (impressi in pasta)

161
SALVATORE E GIOVANNI BATTISTA GABUTTI CHIUSA PESIO 1866-1927

(impresso in pasta)
(in bleu o marrone) (in bleu o marrone)

(in violaceo o marrone) (in nero o bleu o marrone) (in violaceo o marrone)
questo contrassegno è unito
a FRATELLI GABUTTI
impresso in pasta

CERAMICA PIEMONTESE CHIUSA PESIO 1927 in funzione

(in bleu o marrone o verde o nero)

(in bleu o marrone o verde o nero)

(in bleu o marrone o verde)

162
LORIS E WALTER DELL'ANESE CHIUSA PESIO 1950 in funzione

(in nero)

ANDREA SALOMONE VILLANOVA 1876-1928

(impressi in pasta) (in bleu o marrone) (impressi in pasta)

PRIMO SILVESTRINI N.I.CE. VILLANOVA 1932-1966


VITTORIO SILVESTRINI & ARMANDO PIANETTA N.I.CE. VILLANOVA 1966 in funzione

(in nero o bleu o marrone)

(in bleu o marrone)


(in bleu)

(in bleu)

163
Piatto Ø cm 31
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890

164
LE FABBRICHE
DI V I C O F O R T E
MONBASIGLIO
CEVA

Già nel secolo XVII i figuli savonesi conoscevano e Nel 1840 Goffredo Casalis (6) scriveva: « ...Nella
adoperavano la terra di Vicoforte (1). Nel secolo XVIII regione dei Martini si rinvengono argilla figulina bian-
a Vicoforte si producevano i « crusi », bottiglie un po' ca e compatta,... argilla colorata in giallo traente al
tozze, con un'ansa laterale vicina al collo, contenenti rosso... e argilla figulina ottima avente molto nerbo:
un po' più di mezzo litro di liquido, verniciate sia allo questa trovasi nella regione delle Moline. La fabbrica
interno che all'esterno nei colori ocraceo e manganese. di stoviglie del Signor Benedetto Musso esistente in
Erano prodotti in terra rossa, ma molto più grésificati Carassone e quella dei Signori Dortu, Richard & Comp.
delle normali stoviglie ordinarie per cucina che si pro- in Torino, valgonsi specialmente di quest'argilla nella
ducevano nei paesi vicini (2). La loro fattura denota formazione delle loro stoviglie. A Vico l'argilla figuli-
l'indubbia abilità degli operai addetti alla miscela delle na... somministra la materia necessaria alle fabbriche
terre e alla modellazione. di stoviglie esistenti non solo in Torino, ma ben anche
nella Chiusa... ».
Nell'impiantare la sua fabbrica in Carassone, Be-
nedetto Musso aveva ben considerato l'esigua distanza Ancora nella prima metà del secolo XIX i fratelli
delle cave dalle quali estraeva gran parte della materia Clarotti producevano i tradizionali « crusi ». Luigi Gri¬
prima che gli occorreva. Nel 1835 Vincenzo Barelli (3) baudi, nel 1849 o nel 1850, visti i successi di tanti stabi-
scriveva: « ...A Vico, nella regione dei Martini, trovasi limenti relativamente distanti dai luoghi ove si estrae-
argilla figulina bianca; altra argilla figulina ottima, va la materia prima, lusingato dal fatto di avere la
avente molto nerbo, trovasi in abbondanza nella regio- argilla figulina quasi sulla porta della fabbrica, ac-
ne delle Moline. La fabbrica di terraglia stabilita in quistava il piccolo opifìcio dei fratelli Clarotti e fonda-
questa capitale (Torino) dai Signori Dortu, Richard e va la « Ceramica delle Moline » iniziando la lavora-
C. e quella del Signor Benedetto Musso esistente in Ca- zione della stoviglieria unitamente alla terraglia te-
rassone, sobborgo di Mondovì, valgonsi specialmente nera.
di quest'argilla nella formazione delle loro terraglie., ». Stranamente alcuni marchi di questa fabbrica, ap-
« ...A Vico l'argilla figulina forma l'oggetto princi- posti sulle ceramiche di sua produzione, portano chia-
pale di due coltivazioni che somministrano le terre ne- ramente impresso o stampato il nominativo « GREBAU-
cessarie alle fabbriche di terraglia di Torino, Carasso- DI » anziché « GRIBAUDI »; ricerche fatte su atti no-
ne e a quella del Signor Giordana di Cuneo ultima- tarili e nell'Ufficio di Stato Civile del Comune di Vi-
mente stabilita alla Chiusa (4). Una di queste cave, po- coforte hanno confermato che la dizione giusta è
sta alla sommità della collina detta delle Moline, si « GRIBAUDI ».
coltiva a galleria coperta; l'altra, posta inferiormente Nel 1889 la piccola fabbrica risultava di proprietà
è coltivata da un certo Barberis (5), carrettiere di Vico, di Luigi Gribaudi fu Giuseppe e Giovanni Benso fu
e si coltiva a cava scoperta... ». Francesco, coadiuvati da Lorenzo Gribaudi, figlio di

165
Luigi. Producevano piatteria in un forno « circolare » intera proprietà della ditta che, nel '21, veniva conso-
a due piani con u n a sola bocca da fuoco. Nel fondo lidata nel solo Lorenzo Gribaudi. Un operaio, Cesare
del forno era ricavata u n a cavità a forma di ciotola Martini, che in quell'anno lavorava in fabbrica, ri-
che serviva per la fusione della « fritta » per la verni- corda che la produzione era composta di piatti, sco-
ce. A raffreddamento avvenuto, un operaio s'introdu¬ delle, insalatiere, tazze, tazzoni, pitali, brocche e ca-
ceva nel fornaciotto ed a colpi di mazza e scalpello tini. Nel forno, funzionante ancora a legna, cuoce-
estraeva le scaglie di vernice che, successivamente vano circa 1400 « conti » di articoli ceramici (un conto
sminuzzate, venivano macinate in due mulini a pie- equivaleva a 20 piatti).
tre piatte. Adiacente v'era un forno a « riverbero » Gli operai occupati erano, normalmente, quindici,
per la preparazione del litargirio. Il fornacino a ri- la metà dei quali donne. Nel 1927, per ragioni di or-
verbero, per la riduzione del piombo, era costituito dine commerciale la fabbrica veniva chiusa; nel 1929
da una vasca quadrata di ghisa di m. 1,30 per 1,30 e riprendeva a funzionare, solo temporaneamente, per
di 20 cm d'altezza, a forma di padellone che veniva poter mantenere il diritto allo sfruttamento della for-
posto in una specie di forno con tiraggio. Sotto il pa- za motrice generata dall'acqua che, non utilizzata en-
dellone veniva mantenuto il fuoco, mentre nella sua tro tre anni, sarebbe scaduto. In quel periodo veniva
cavità veniva situato il piombo metallico a fondere. prodotta u n a sola fornaciata.
La pellicola di piombo ossidato (litargirio) veniva pre-
levata per essere usata nella composizione della fritta. Questo piccolo tentativo di riprendere la produzio-
La macinazione dell'impasto avveniva in dieci mulini ne venne seguito dalle conseguenze della catastrofi-
a pietra piatta, di cui due, per la macinazione dei pro- ca « grande crisi » e la fabbrica, anche per vari altri
dotti destinati alla vernice, erano mossi da u n a ruota motivi, rimaneva inattiva fino al 1939. Nel '37, in se-
idraulica. L'argilla veniva miscelata in uno scioglitore, guito al decesso di Lorenzo Gribaudi, la proprietà
unitamente alla silice e alla dolomite preventivamente della ditta passava per successione ai figli Paolina per
macinate nei mulini a pietra piatta, per farne u n a 4/6, Luigi per 1/6 e Giovanna per 1/6, rimanendo
barbotina omogenea; questa era lasciata rassodare usufruttuaria Rosa Caterina vedova Gribaudi.
in vasche all'aperto, che nella buona stagione veni- Nel 1939 gli eredi Gribaudi cedevano la fabbrica
vano vuotate mentre il materiale, travasato in ciotole, a Cesare Imassi, il quale, coadiuvato dal Signor Bria-
era esposto al sole per l'indurimento. La pasta veniva tore, iniziava la produzione di vasetti per unguenti
« battuta » molte volte con u n a sbarra di ferro perché unitamente a quella delle stoviglie. Secondo notizie
fosse più omogenea quindi foggiata col primitivo tor- fornite dal signor Cesare Martini, nel primo anno
nio a pedale. vennero prodotte due fornaciate e nel secondo quattro,
ma la guerra provocava l'arresto totale della produ-
Le periodiche crisi che colpivano l'industria cera- zione per mancanza di materie prime.
mica non avevano che un effetto marginale sull'an-
damento di questa piccola industria artigiana a con- Nel 1943 la fabbrica veniva acquistata da Paolo Cu-
duzione prettamente familiare. Nel 1893 con la morte niberti e Armando Malleolo che, successivamente, ini-
di Luigi Gribaudi, la fabbrica passava in proprietà ziavano piccole migliorie atte ad incrementare la pro-
per successione a Lorenzo, Maddalena, Stefano Gri- duzione acquistando, fra l'altro, un mulino a doghe
baudi e alla vedova Paola Sevega, rimanendo usufrut- di legno del diametro di m. 1,40, già in uso presso la
tuario Giovanni Benso, già socio di Luigi Gribaudi. S.p.A. La Vittoria di Mondovì. Nel 1946 costruivano
Nel 1898, superata la più grave crisi della industria il primo forno circolare a fiamma rovescia a otto boc-
ceramica monregalese, Lorenzo, Maddalena e Stefano, che e la relativa ciminiera quadrata; nel 1947 ripren-
figli di Luigi Gribaudi, estinguevano l'usufrutto ac- devano la produzione di stoviglie con scarso rendi-
quistando le quote mancanti e diventavano gli unici mento industriale e commerciale perché la merce pro-
proprietari della fabbrica. Da pochi anni era stata ri- dotta risultò invendibile essendo di qualità scadente
presa la produzione di stoviglie ordinarie e per cucina, o imperfetta. Per tentare di porre rimedio a questo
ottenendo buoni risultati sia tecnici che commerciali, stato di cose, Cuniberti e Malleolo, nel 1948, ingaggia-
tanto che questi manufatti vennero fabbricati fino al vano il tecnico ceramista Bartolomeo Ansaldi che stu-
1915. diava nuovi piani di lavorazione. Veniva ricostruito
il fornacino per fondere la fritta attrezzandolo per la
Con alterne vicende, la piccola fabbrica superava cottura a nafta; nel 1949 veniva acquistata una filtro-
le traversie dovute allo stato di guerra: difficoltà nel pressa e costruito un nuovo scioglitore; nel 1950 la
reperimento delle materie prime, scarsità di combu- ditta Beltrandi di Mondovì cedeva un'impastatrice che
stibile, inceppi nella distribuzione del prodotto finito. funzionava con ruota idraulica e il mulino a doghe di
Nel 1918 Lorenzo e Stefano Gribaudi assorbivano la legno veniva sostituito con un altro in ferro. Con que-

166
ste piccole, indispensabili migliorie, la lavorazione pro- le veniva ulteriormente ridotto a cinque unità e la
cedeva un po' più veloce, anche perché l'essiccazione produzione riservata al solo biscotto. Gli articoli pro-
della pasta non dipendeva esclusivamente dalle con- dotti, in seguito alla convenzione con la « S.p.A. Ce-
dizioni atmosferiche. Nello stesso anno la quota di ramica Piemontese », erano esclusivamente piatti pia-
Armando Malleolo veniva acquistata da Felicita Bru- ni, fondine e fruttiere, mentre la decorazione veniva
no, moglie di Cuniberti. eseguita nello stabilimento di Chiusa Pesio, al pari
della cottura della vernice. Si doveva adottare questo
Nel 1951 nella lavorazione della terraglia dolce ve- ripiego perché la fabbrica, ormai troppo piccola per
niva introdotta la decorazione ad aerografo, la pro- le moderne esigenze, non poteva produrre merce fini-
duzione così migliorò e le vendite, per diretta conse- ta: infatti si sarebbe dovuto installare un forno conti-
guenza, aumentarono. Nel 1952 veniva acquistato un nuo e tutte le attrezzature per poter ottenere una pro-
mulino di cm 80 per macinare le vernici, mentre nel duzione di verniciato talmente alta da competere va-
1954, per ottenere maggior spazio, Paolo Cuniberti lidamente con la concorrenza. Ciò avrebbe però
acquistava e demoliva un portico prospiciente la fab- determinato u n a maggiore produttività con conseguen-
brica e, inoltre, copriva un canale di scarico per rica- te difficoltà di collocamento per la mancanza di ade-
varne una piazzetta. La produzione, nel frattempo, guata organizzazione di smercio. La realizzazione di
aveva raggiunto i 50.000 pezzi mensili e il personale una fabbrica a ciclo completo avrebbe anche richiesto
occupato risultava di 16 persone, delle quali 10 donne. un investimento non indifferente di capitale che non
sarebbe stato abbastanza remunerato.
Nel 1955 il tecnico ceramista Bartolomeo Ansaldi
abbandonava la consulenza tecnica della « Ceramica La produzione, nel 1965, si aggirava sui 35.000 pezzi
Le Moline », per assumere altro incarico direttivo in mensili. Per la prima volta la lavorazione si svolgeva
una fabbrica ceramica all'estero. Nel '61 l'azienda ve- tutto l'anno, mentre precedentemente si interrompeva
niva ceduta ad Alceste e Maria Braida per il 50% e nei mesi invernali. Nel '68 l'Ingegnere Pier Carlo Ro-
a Renato e Giorgio De Giovannini per l'altro 50%; co- vea scioglieva la « Società Gestione Ceramica Moline »
storo, sperando in u n a rapida ripresa commerciale, e la fabbrica veniva affittata dalla « S.p.A. Ceramica
costruivano un nuovo forno a fiamma rovescia ad otto Piemontese » di Chiusa Pesio. Il personale, ridotto a
bocche, demolivano le volte a botte che impedivano la sole quattro unità, di cui due donne, faceva parte in-
circolazione dell'aria e provocavano il ristagno dei tegrante di quello di Chiusa Pesio, essendo la piccola
gas generati dai forni, e infine installavano un'impa- fabbrica di Vicoforte stabilimento aggregato. La pro-
statrice per preparare il tufo. Ma nuove difficoltà eco- duzione di soli piatti piani e fondi, era di 30.000 pezzi
nomiche, dovute in gran parte alla forte concorrenza mensili in biscotto.
dei complessi maggiori, imponevano nuove soluzioni
tecniche per migliorare il prodotto e diminuirne il
costo. Il tecnico ceramico Bartolomeo Ansaldi preparava
un nuovo impasto, il 138/8, in terra semiforte, che
Nel 1962 Bartolomeo Ansaldi, assumendo la dire- aveva tutte le qualità dell'impasto duro, ma con bi¬
zione tecnica della « S.p.A. Ceramica Piemontese » as- scottatura di 80° in meno degli abituali 1200°. La de-
sieme all'Ingegnere Pier Carlo Rovea, suggeriva alcu- corazione e la verniciatura venivano fatte sempre nello
ne importanti innovazioni nelle attrezzature della fab- stabilimento di Chiusa Pesio. Solo l'unificazione della
brica delle Moline. amministrazione e la nuova tecnica di lavorazione
consentiva di mantenere in vita la piccola industria,
benché poco redditizia: era infatti posta in posizione
Venivano acquistati torni raggianti per gli stampa-
disagiata rispetto alle vie di grande comunicazione,
tori, adottato un motore elettrico per l'impastatrice e
aveva perduto l'economicità nell'impiego della legna
installata u n a macchina automatica per decorare. Con
come combustibile e non era più sufficiente l'energia
questi suggerimenti e consigli, uniti ad un discreto
idraulica che doveva e deve essere integrata con quel-
sostegno finanziario, aveva inizio la collaborazione
la elettrica.
tecnica e industriale con la « Ceramica Moline », co-
stituita dall'Ing. Pier Carlo Rovea e dalla moglie Ale-
na, che affittavano la fabbrica dei soci Braida e De Ormai non sussistono più i presupposti economici
Giovannini. Da quest'epoca aveva inizio la lavorazio- atti a continuare la produzione ceramica in Vicoforte:
ne con l'impasto 136, sempre in terraglia dolce ma di solo l'appoggio e la collaborazione di una manifattura
una composizione particolare, che lo rendeva più du- che assorba tutto il prodotto semilavorato può con-
ro, evitando le sbocconcellature sui bordi. Il persona- sentire la sopravvivenza di questo piccolo opificio.

167
MOMBASIGLIO

Lorenzo Montefameglio, che il 19 gennaio 1859


aveva affittato da Stefano Magliano la fabbrica di
terraglia in Mondovì, nel rione Pian della Valle, ve-
niva sfrattato nel 1867 dal nuovo proprietario Giu-
seppe Besio quando questi, dopo u n a lunga lite con
il Magliano stesso, ottenne, in seguito a giudizio fa-
vorevole, la proprietà dell'immobile adibito a mani-
fattura ceramica.
Il 19 maggio 1870, Lorenzo Montefameglio acqui-
stava dalla Marchesa Antonietta Carrega, vedova
ed erede del Conte Vittorio Vianson Ponte (7), un
edificio sito nel Comune di Mombasiglio (già filanda
e filatoio da seta, uno dei più grandi del Piemonte,
che dava lavoro a più di un centinaio di operai (8),
per trasformarlo in fabbrica di terraglia tenera,
Pur non avendo dimostrato di possedere grandi
doti di organizzatore, egli aveva già diretto per sette
anni la fabbrica di Mondovì acquistando una espe-
rienza non irrilevante; con il trasferimento a Mom- Piatto Ø cm 22,5
basiglio, dove sorgeva un edificio di grandi dimensio- Policromia
ni e dove poteva utilizzare maestranze già abituate Luigi Gribaudi - Vicoforte
1885-1893
al metodico lavoro di fabbrica, concludeva un affare
finanziariamente buono. Tuttavia si accingeva ad or-
ganizzare una manifattura economicamente non
promettente: il territorio di Mombasiglio infatti è
posto relativamente lontano dalla strada nazionale,
non è servito dalla rete ferroviaria, non possiede ma-
terie prime nelle immediate adiacenze, mentre i mer-
cati erano, dati i tempi, troppo decentrati. Inoltre
doveva necessariamente istruire le maestranze che
cambiavano modi e metodi di lavorazione.
L'azienda funzionò, con produzione decrescente,
fino al 15 maggio 1878, giorno in cui la fabbrica fu
posta sotto sequestro in seguito ad una sentenza del
Tribunale di Mondovì in favore della Marchesa Anto-
nietta Carrega (9). La vita di questa manifattura,
nata sotto cattivi auspici — proprio nel periodo in
cui si facevano sempre più violenti i subbugli e le
proteste per l'applicazione della « tassa del macina-
to » — si annunciò subito irta di difficoltà. Nel 1871,
per un tutt'altro che insolito giuoco di valori econo-
mici, mentre i salari erano stati aumentati, i prezzi
di vendita della terraglia dovevano mantenersi en-
tro limiti molto bassi per consentirne l'acquisto ad
una clientela che fruiva di un reddito molto modesto.
Si verificarono, poi, il ristagno degli affari causato
Piatto Ø cm 22,5
dal periodo del corso forzoso, e la stasi del commer- Policromia
cio, aumentata ancora di più nel 1873 in seguito alla Luigi Gribaudi - Vicoforte
grave crisi bancaria ed assicurativa che accentuava 1889-1899

168
la mancanza di denaro liquido, indispensabile per le Nel 1893, intravedendosi u n a schiarita nel com-
ditte prive di riserve. Nel 1878, quando qualche schia- mercio della terraglia, la fabbrica veniva riattivata
rita si notava all'orizzonte della malata economia da Emanuele Garelli di Lisio che, due anni dopo la
monregalese, la fabbrica di Mombasiglio falliva. cedeva, forse per difficoltà economiche. Nel 1895 il
nuovo gestore Casimiro notaio Ambrosio (11) tentava
La produzione, malgrado tutte queste vicissitu- fortunosamente il rilancio dell'opificio affiancando
dini, era buona: pur ricalcando lo stile « vecchia alla produzione della terraglia tenera, stoviglie co-
Mondovì », in certi pezzi se ne staccò dimostrando in- muni e per cucina, ma già nel 1902 (12) malgrado
ventiva e originalità, mentre i prodotti decorati a la congiuntura economica favorevole, la fabbrica
mano o stampati si confondono con quelli dei miglio- veniva chiusa e le maestranze licenziate. Dopo un
ri concorrenti monregalesi. lungo periodo di inattività l'edificio, venduto, veniva
Gli operai occupati, agli inizi del funzionamento destinato ad altri usi.
della fabbrica, erano circa venticinque e percepivano
una paga giornaliera da L. 1,90 a L. 3,50 per gli operai; CEVA
da L. 0,90 a L. 1,15 le operaie; da L. 1,40 a L. 1,90 i
manovali; da L. 0,70 a L. 1,20 per i ragazzi da dodici Nel comune di Ceva esistevano certamente fab-
a diciotto anni. L'argilla veniva tratta dalle cave di briche ceramiche. Michelangelo Pellegrino, in uno
Vicoforte, il quarzo da Frabosa Sottana e il calcare scritto su Giuseppe Besio (14) notava che questi nel
da Villanova. La fabbrica era dotata di due forni che 1813, a sette anni, lavorava come apprendista in una
venivano alimentati con legna di castagno. I colori fabbrica di stoviglie di Ceva.
e la vernice venivano in parte prodotti in fabbrica Anche in Giovanni Olivero (15), che scriveva nel
e in parte importati. La produzione annua si aggira- 1858, è affermata l'esistenza di tre fabbriche di sto-
va sui 350.000 pezzi per un valore di L. 44.000, che viglie.
veniva smerciata in Piemonte, Liguria e Lombardia.
A conferma di ciò Gustavo Strafforello. nella sua
Con il fallimento di Lorenzo Montefameglio, di- « Geografia d'Italia » (16) notava che in Ceva vi era-
chiarato il 15 maggio 1878, l'edifìcio in cui era ospi- no « ...fabbriche di stoviglie... ».
tata la manifattura ceramica ritornava di proprietà
Tutto questo è quanto si sa e quanto è stato accer-
della Marchesa Antonietta Carrega che, nel 1882, lo
tato sulle fantomatiche manifatture ceramiche di
affittava a Giovanni Pecollo, Antonio Viglione e Gio-
Ceva.
vanni Boffano, soci. La nuova gestione faceva fun-
zionare la fabbrica a ritmo ridotto, ma i motivi strut- E' indubbio che la posizione geografica di questa
turali e contingenti, che già avevano portato al dis- città era estremamente favorevole all'insediamento
sesto il fondatore della manifattura, permanevano di fabbriche di ceramiche, considerando la vicinan-
e, anzi, si aggravavano per l'accentuarsi della con- za di cave di argilla figulina, l'abbondanza d'acqua
correnza e per il disagio commerciale conseguente per muovere mulini adatti a macinare e miscelare
alla crisi economica. Il nuovo dissesto, avvenuto nel le terre, e l'eccezionale copiosità di legna da ardere.
1887, fu perciò inevitabile. Vari pezzi, datati 1884 e Inoltre la produzione poteva essere facilmente smer-
firmati « Giovanni Pecollo », dimostrano che questa ciata, poiché Ceva è posta alla confluenza di strade
produzione era indubbiamente inferiore a quella nor- e vallate, al centro di una zona dove l'agricoltura era
male già fabbricata in Mombasiglio da Lorenzo Mon- fiorente: ampio era quindi il mercato di generi indi-
tefameglio e a quella tipica di Mondovì per u n a de- spensabili alla vita familiare.
corazione molto più semplice e, in certi prodotti, per Dopo il 1860 non si hanno notizie di fabbriche di
una qualità assai più dozzinale. ceramiche di qualsiasi genere.

169
CRONOLOGIA
FABBRICA CERAMICA « LE MOLINE » IN VICOFORTE
1849 0 1850 Luigi G r i b a u d i a c q u i s t a la f a b b r i c a c e r a m i c a dei Fratelli C l a r o t t i e
f o n d a la « C e r a m i c a delle M o l i n e ».
1889 La f a b b r i c a r i s u l t a di p r o p r i e t à di Luigi G r i b a u d i e G i o v a n n i Benso.
1893 s e t t e m b r e 28 Decesso di Luigi G r i b a u d i , e r e d i t a n o : Lorenzo, M a d d a l e n a e S t e f a n o
G r i b a u d i ; P a o l a S e v e g a ved. G r i b a u d i e G i o v a n n i Benso u s u f r u t t u a r i o .
1898 agosto 13 P e r a c q u i s t o e successione la p r o p r i e t à della « C e r a m i c a delle Moli-
ne » p a s s a i n t e r a m e n t e a Lorenzo, M a d d a l e n a e S t e f a n o G r i b a u d i .
Paola Sevega usufruttuaria.
1918 ottobre 4 Lorenzo e Stefano G r i b a u d i a s s o r b o n o l ' i n t e r a p r o p r i e t à della ditta.
1921 ottobre 15 Lorenzo G r i b a u d i d i v e n t a u n i c o p r o p r i e t a r i o p e r r i n u n c i a del fratello
Stefano.
1937 m a g g i o 7 M o r t e di Lorenzo G r i b a u d i , e r e d i t a n o i figli P a o l i n a 4/6, Luigi 1/6, Gio-
v a n n i 1/6; u s u f r u t t u a r i a Rosa C a t e r i n a ved. G r i b a u d i .
1939 gennaio 2 C e s a r e I m a s s i e B r i a t o r e affittano la f a b b r i c a .
1942 gennaio 2 R i n u n c i a dei Soci I m a s s i e B r i a t o r e alla p r o s e c u z i o n e della i m p r e s a .
1943 m a r z o 3 V e n d i t a dell'Azienda a C u n i b e r t i Paolo e Malleolo A r m a n d o .
1950 m a g g i o 13 L a q u o t a d i Malleolo A r m a n d o v i e n e a c q u i s t a t a d a B r u n o Felicita, m o -
glie di C u n i b e r t i Paolo.
1961 gennaio 22 L a d i t t a viene a c q u i s t a t a d a B r a i d a Alceste, B r a i d a M a r i a , G i o v a n n i n i
R e n a t o e G i o v a n n i n i Giorgio.
1965 La g e s t i o n e della F a b b r i c a viene a s s u n t a d a l l a « Società C e r a m i c a Mo-
line » c o s t i t u i t a d a l l ' I n g e g n e r e Pier C a r l o R o v e a e d a l l a m o g l i e Allena.
1968 La « Società C e r a m i c a Moline » v i e n e sciolta e la f a b b r i c a v i e n e affit-
t a t a d a l l a « S.p.A. C e r a m i c a P i e m o n t e s e » di C h i u s a Pesio c o m e stabili-
mento aggregato.
M A N I F A T T U R A DI MOMBASIGLIO
1870 maggio 19 Lorenzo M o n t e f a m e g l i o a c q u i s t a d a l l a M a r c h e s a A n t o n i e t t a C a r r e g a
un f a b b r i c a t o in M o m b a s i g l i o g i à filanda e filatoio da s e t a A t t o N o t a -
io Drochi. t r a s c r . e s e g u i t a il 14-6-1870 Vol. 43 Cas. 2345; Vol. 18 A r t .
246; Vol. 24 N. 46.
1878 maggio 15 F a l l i m e n t o . S e q u e s t r o a f a v o r e della M a r c h e s a A n t o n i e t t a C a r r e g a
degli stabili in Mombasiglio. T r a s c r i z i o n e 15-4-1880 Vol. 118; cas. 1435;
Vol. 58; A r t . 292; Vol. 104 N. 92.
1882 La M a r c h e s a A n t o n i e t t a C a r r e g a affitta a G i o v a n n i Pecollo, A n t o n i o
Viglione e G i o v a n n i Boffano la f a b b r i c a c e r a m i c a .
1887 Dissesto e c h i u s u r a dell'opificio.
1893 E m a n u e l e Garelli di Lisio r i a t t i v a la m a n i f a t t u r a .
1895 Il n o t a i o C a s i m i r o A m b r o s i o r i l e v a e r i a t t i v a la m a n i f a t t u r a .
1902 I n t e r r u z i o n e della p r o d u z i o n e e c h i u s u r a dell'opificio.
1913 L'edificio, v e n d u t o , v i e n e d e s t i n a t o ad a l t r i usi.
NOTE

1) CHABROL DE VOLVIC Statistique des Provinces de Savone, d'Oneille, d'Acqui et de la


partie de la province de Mondovì formant l'ancien Département
de Montenotte, Paris, 1824 — vol. II — pag. 280;
2) BARTOLOMEO ANSALDI Note ed appunti;
3) VINCENZO BARELLI Cenni di statistica mineralogica degli Stati di S.M. il Re di Sar-
degna, Torino, 1835 — pag. 274;
4) G.B. BOTTERI Memorie storiche sulla Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 140;
5) Nel 1836 acquista la fabbrica di terraglia di Chiusa Pesio il Sig.
Giuseppe Barberis che si presume sia lo stesso citato dal Vincen-
zo Barelli;
6) GOFFREDO CASALIS Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati
di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1835-1842 — vol. XXV — pagg.
91 e segg.;
7) Atto NOTAIO DROCHI del 19.5.1870, trascrizione eseguita il 14.6.1870;
8) GIOVANNI OLIVERO Memorie storiche della città e marchesato di Ceva, Ceva, 1858 —
pag. 354;
9) SENTENZA del TRIBUNALE di Mondovì del 15.5.1878, trascrizione eseguita il 15.4.1880;
10) EMILIA BORGHESE Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870, da: « Bollet-
tino della Società Studi Archeologici ed Artistici della Provincia
di Cuneo, Dicembre 1957 - gennaio 1958 — nn. 39-40 — pag. 124;
11) FEDERICO BASSIGNANO Annuario della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1897 — pag. 398 B;
12) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1902 — pag. 382;
13) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1914 — pag. 395;
14) MICHELANG. PELLEGRINO La ceramica monregalese, da: « Ponente d'Italia », Savona, 1962
— n. 11 — pag. 10;
15) GIOVANNI OLIVERO Memorie storiche della città e marchesato di Ceva, Ceva, 1858
— pag. 23;
16) GUSTAVO STRAFFORELLO Geografìa d'Italia, "La Provincia di Cuneo", Torino, 1891 — vol.
IV — pag. 105.
VICOFORTE
MONBASIGLIO
CEVA
GRIBAUDI VICOFORTE 1850-1939

(in bleu o marrone o verde o nero)

(impresso in pasta) (in bleu o marrone o verde)

MANIFATTURA DI MOMBASIGLIO 1870-1902

(impressi in pasta)

(impresso in pasta) (in bleu o marrone)

(in rosso)

(in rosso o verde)

172
STOVIGLIE C O M U N I CEVA
CHIUSA PESIO

E ORDINARIE DOGLIANI
MONDOVÌ

O P P U R E «ALL'USO DI ANTIBO» MOROZZO


SAVIGLIANO
DETTE A N C H E VICOFORTE
«TIPO A L P I MARITTIME» VILLANOVA

FELICE AMATO DUBOIN: Raccolta per ordine di ma-


terie delle leggi cioè editti, patenti, manifesti, ecc. ema-
nati nello Stato di Terraferma sino all'8 Dicembre 1789
da Sovrani della Real Casa di Savoia.
Tomo 17 — Titolo XXXV (della m a n i f a t t u r a di stoviglie
ed altri oggetti inservienti agli usi domestici e delle arti
con porcellana, maiolica e semplice argilla detta vol-
g a r m e n t e terra). Torino, 1850 — pagg. 528, 529.

« ...L'industria della fabbricazione della cosiddetta ter-


raglia, che i francesi appellano « poterie », è a credersi
sia stata negli Stati nostri come in ogni p a r t e del mon-
do, introdotta sin dai più remoti tempi, sibben non
consti alcun legislativo provvedimento della sua esi-
stenza p r i m a del secolo scorso. La poca abilità richie-
sta nelle sue produzioni, il trovarsi quasi ovunque la
m a t e r i a prima, più o meno buona, la poca spesa ri-
chiesta per stabilire le occorrenti fabbriche e l'essere
p u r e g r a n p a r t e dei suoi prodotti oggetti di prima ne-
cessità, specialmente per le classi povere, fecero sì che
l'esercizio di questa industria potè avere origine e pro-
spero incremento senza che fosse necessario che l'atti-
vità governativa vi cooperasse. Di qui d u n q u e può
credersi che dalla m a n c a n z a di relativi provvedimenti
r i g u a r d a n t i quest'umile industria e dal poco loro nu-
mero possa trarsi argomento né della t a r d a sua intro-
duzione nei Regi Stati, né di meschina estensione avu-
tasi nei scorsi secoli, né infine di poca sollecitudine del
Governo nel cooperare per p a r t e sua all'incremento di
essa... ».

La produzione delle stoviglie comuni in terra ros- fornaci, i cui proprietari erano più evoluti o più esi-
sa o gialla, antichissima, doveva essere ancor molto genti, la prima fase del lavoro consisteva nella razio-
diffusa nel secolo XVIII, per far fronte al bisogno di nale preparazione della pasta, che veniva alternati-
una popolazione che, in gran parte, fruiva di un vamente disseccata e posta a bagno per la sua epu-
reddito molto basso. Nel monregalese erano proprio razione. Era credenza generale che meno l'argilla ve-
i consumatori più poveri a produrre autarchicamen- nisse elaborata e lavorata, più il prodotto finito, ben
te questo manufatto modesto, talvolta rudimentale verniciato, avrebbe conservato tutto il suo nerbo na-
ma indispensabile. turale e retto meglio all'azione del fuoco. Il tornio
usato era quello degli antichi figuli, le vernici veni-
Come si è visto in un precedente capitolo, molti
vano macinate da piccoli mulini messi in moto dalle
contadini del basso Piemonte, impegnati durante la
acque di ruscelli o torrenti o, in mancanza di questi,
buona stagione nel lavoro dei campi, nei mesi di stasi
da qualche animale da tiro.
si dedicavano, con maggiore o minor successo, alla
produzione di stoviglie ordinarie (1), sia per uso fa- La prima notizia certa su queste fabbriche arti-
miliare che per vendere l'eccedenza sui vicini mer- gianali è in Pietro Nallino (4) che, nel 1786, scriveva:
cati. « ...in Morozzo... anticamente era una fornace. Sca-
vandosi in essa per servirsi di terra, si trovarono
I mezzi e i sistemi con i quali fabbricavano le loro
frammenti ben sottili di diversi lavorati vasi assomi-
stoviglie erano, ovviamente, molto grossolani: i te- glianti alcuni a tazze di colore nericcio, più sottili
gami e i piatti da loro prodotti risultavano così molto delle tazze di oggidì, il che indica essere state in Mo-
pesanti, poco lisci e ancor meno sottili. I volenterosi rozzo fabbriche di questa sorta di vasi. Avendovi io
contadini, inoltre, adoperavano un'argilla piuttosto in diversi posti trovate pietre vive con un buco pic-
grezza che, non raffinata nel truogolo e poi colata, colo formato dal ferro che sostiene la ruota agitata
era liberata dai sassolini e quindi battuta con una dal vasaio nel formare i vasi... ». D. Battista Botteri
asta di ferro metà riquadra e metà rotonda sopra un (5) afferma che, secondo u n a statistica esistente nel-
menatoio di grosse tavole di noce (2). Altre volte l'Archivio Comunale di Chiusa Pesio, nel territorio
veniva distesa in grandi vasche e battuta a lungo della Chiusa, il 16 settembre 1763, operavano ben
con mazzuoli di legno, se non addirittura pestata sot- trentuno fabbriche di stoviglie che, negli anni suc-
to i piedi come per la pigiatura dell'uva (3). In altre cessivi, aumentarono ancora. A conferma di questa

173
notizia, Pietro Nallino (6), sempre nella monografia per cento sulla importazione di questa ceramica. Ces-
edita nel 1786, aggiungeva che questi fabbricanti so così immediatamente la pur misera esportazione
producevano grandi quantità di stoviglie di buona dei prodotti del basso Piemonte ove, per di più, ven-
qualità, molto resistenti al fuoco, per cui, oltre alla nero immesse a prezzi fallimentari notevoli quantità
vendita sui mercati vicini, gran parte veniva espor- di stoviglie comuni e per cucina prodotte ad Albisola
tata in Provenza ed in Francia. Giuseppe Prato (7) — che voleva smaltire l'eccedente non più esportabile
conferma: « ...a mezzo del secolo XVIII Chiusa Pesio in Francia —. Per un decennio, malgrado la buona
va celebre per le sue manifatture di terra che procu- volontà degli imprenditori, per le povere manifatture
rano al paese un introito annuo di Lire 25.000; meno di stoviglie comuni fu la crisi o il dissesto. Questo sta-
apprezzati sono i prodotti della stessa industria pra- to di cose si prolungò fino ai primi anni susseguenti
ticata a Dogliani... ». In Vicoforte vi era u n a grande il 1830.
produzione di « crusi », tozze bottiglie in terracotta Nel 1834 in Mondovì, nel sobborgo di Carassone,
smaltata, con una piccola ansa alla base del collo Giovanni Battista Besio iniziava l'attività ceramica
contenenti normalmente poco più di mezzo litro di e, molto probabilmente, la sua produzione era com-
liquido. posta in gran parte da stoviglie ordinarie per cucina.
Questo non dimostra che in piccola parte quale Nel 1835, nel territorio di Chiusa Pesio le fabbriche di
fervore di iniziative vi fosse nel ramo delle stoviglie stoviglie erano quindici (9), mentre in Ceva, qualche
comuni e per cucina. Certamente, nei luoghi ove esi- anno dopo, se ne contavano tre (10). Da u n a statistica
stevano depositi di argilla figulina e legna da ardere, del 1838 (11) risulta che nella provincia di Cuneo le
dovevano esservi stati forni che producevano stovi- fabbriche di vasellame ordinario erano sedici, nella
glie anche per le comunità vicine. Economicamente Provincia di Mondovì sette, nella Provincia di Alba
sarebbe stato troppo oneroso ricorrere ai mercati di sette e otto nella Provincia di Saluzzo. Da u n a succes-
Albisola, Savona e Chiusa Pesio, la povertà del prodot- siva statistica del 1840 (12) si desume che nella Pro-
to che non avrebbe mai compensato le spese di tra- vincia di Cuneo vi erano tredici fabbriche di stoviglie
sporto, per il peso e la fragilità dei manufatti e, so- comuni nelle quali erano occupati trentanove operai,
prattutto, per la impraticabilità delle strade. mentre nella Provincia di Mondovì le fabbriche erano
La crisi industriale e commerciale subentrata alla otto con quarantadue addetti. Le cifre rilevate dalle
occupazione francese causò la cessazione dell'atti- statistiche sopra esposte dovrebbero essere accettate
vità di molte delle piccole manifatture artigianali come minime nella determinazione numerica delle mi-
Altre si camuffarono per sfuggire alla feroce vora- nuscole aziende che operavano nel ramo della stovi-
cità del fisco; altre ancora, per la loro piccola entità, glieria. Infatti buona parte degli operatori avrà ten-
non vennero nemmeno censite nella pur minuziosa tato di mimetizzarsi o nascondersi per sfuggire ad
ricerca statistica dell'efficiente Prefetto del Diparti- ogni indagine nel timore, ancora invalso oggi, che la
mento dello Stura D. Destombes (81. L'unica fabbrica burocrazia fiscale tragga profitto anche dalle più in-
di cui si ha notizia, e indirettamente per vicissitudini nocenti dichiarazioni per intervenire pesantemente,
giudiziarie, è quella di Grandis e Berardengo alla come era — o come è — nelle sue abitudini.
Certosa della Chiusa, che fu diretta per due anni dal Nel 1840 i fratelli Andrea e Sebastiano Tomatis im-
Dottore Francesco Perotti. piantarono, nel sobborgo di Carassone in Mondovì,
Con la Restaurazione le vecchie manifatture arti- u n a fabbrica ceramica (13). Dovevano essere molto
gianali ripresero gradatamente a funzionare ma sem- abili e rinomati se la città di Cuneo, avendo necessità
pre con antiquati sistemi. Non vennero adottati nuovi di u n a conduttura per acqua della lunghezza di 7-8
metodi nella miscelatura delle terre e nella vernicia- chilometri, ordinò a questi fabbricanti 12.000 tubi di
tura introdotti in Italia con la volgarizzazione scienti- terracotta smaltata (14). Oltre a questa fornitura, i
fica-industriale francese e inglese. Tutto continuava fratelli Tomatis produssero vasellame ordinario e ter-
a procedere come prima e la vendita del prodotto si raglia dolce, ma con poca fortuna. Nel 1842, per diffi-
svolgeva esclusivamente nell'ambito del comune o del coltà economiche ed organizzative, questi valentissimi
villaggio. Ormai non si parlava più di mercato pro- ceramisti dovettero interrompere la produzione e spe-
vinciale e tanto meno di esportazione. Solo qualche gnere definitivamente i forni.
piccola quantità di stovigliame, richiesto da clienti tra- Nel 1842, da u n a statistica data alle stampe dal-
dizionalmente affezionati a produzioni locali, poteva l'Intendente Filiberto Vagina d'Emarese (15), si rileva
ancora prendere la strada della Provenza quando, nel che nella Provincia di Mondovì le fabbriche di stovi-
1820, avvenne il fatto determinante per la decadenza glie erano otto, con otto forni ad u n a bocca, e produ-
definitiva delle fabbriche di stoviglie comuni: il go- cevano complessivamente 636.000 pezzi occupando
verno francese imponeva un dazio doganale del cento quarantadue operai. Il valore dei manufatti ammonta-

174
Zuppiera - h. cm. 26
Manifatture Monregalesi
del sec. XIX

175
va a Lire 21.200. Ogni fabbrica era costituita da un a seconda delle stagioni, da dieci a quaranta, e gua-
locale nel quale era allogata u n a fornace, da truogoli dagnavano da L. 3,00 a L. 4,00 al giorno, mentre i mano-
per la decantazione o per la lavorazione delle terre, vali avevano u n a paga da L. 1,50 a L. 2,25. Il ceramista
da terrai o buche indispensabili per la maturazione produceva 200.000 pezzi l'anno, per un valore di Lire
dell'argilla, da un locale molto aerato e rivestito di 25.000, che smerciava in Piemonte, Liguria, Lombar-
mattoni assorbenti per asciugare la terra, e da un cor- dia ed Emilia. L'esportazione era quasi nulla, tenendo
tile, possibilmente coperto, per ottenere la massima conto della concorrenza di Albisola ma soprattutto di
disidratazione dei manufatti grezzi prima di intro- Vallauris che, grazie ai minori gravami fiscali e alla
durli nel forno. Quattro o sette operai, compreso il buona qualità delle terre, produceva stoviglie migliori
maestro erano più che sufficienti per il buon funzio- e a prezzi inferiori.
namento di questi opifici. La pasta che serviva per Pochi anni dopo l'inizio dell'attività ceramica di
fabbricare queste stoviglie era composta da una me- Giovanni Baccelli, due suoi operai, Michele Tonelli e
scolanza di sabbia silicea e argilla plastica estratta Giovanni Fenoglio, fondavano in Villanova, nel 1860,
dalle cave di Villanova, Beinette, Vicoforte, Roccafor- altre due fabbriche per la produzione di stoviglie. I
te, Frabosa, Dogliani, ecc. La vernice nera era com- nuovi opifici, nel 1881, producevano complessivamente
posta essenzialmente di galena, ossia solfuro di piom- circa la stessa quantità di stoviglie della fabbrica del
bo, comunemente chiamato « arcifullo » che veniva Baccelli, con un numero quasi uguale di operai. La
estratto in Sardegna o a S. Dalmazzo di Tenda. Il sol- terra impiegata veniva tratta da cave poste nel Comu-
furo di piombo si combinava con il piombo e il man- ne di Villanova e di Beinette, il combustibile era co-
ganese in sospensione acquosa. La vernice gialla era stituito da legna di castagno e la produzione era ven-
composta da piombo calcinato nei forni a riverbero, duta in Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto.
litargirio, quarzo, calcare e ossido di ferro. Con pic-
cole quantità di manganese venivano eseguite le de- Un altro operaio di Giovanni Baccelli, Ambrogio
corazioni. Ambrosio, nel 1862, apriva in Mondovì, nella Roata
Soprana, un'altra piccola fabbrica di stoviglie all'« uso
Dopo il 1850, in seguito allo sviluppo economico di di Antibo ». In essa si adoperava argilla di Vicoforte
tutto il Piemonte, lo sforzo imprenditoriale fu note- e si cuocevano i prodotti con legna di castagno. Nel
vole; anche la produzione delle stoviglie ordinarie ri- 1880 vi lavoravano da cinque a dieci operai e la pro-
prese vigore ed ebbe una rilevante espansione. Gio- duzione a n n u a era di circa sessantamila pezzi per un
vanni Baccelli, uomo intraprendente, indubbiamente valore di L. 7.000. Le stoviglie dell'Ambrosio veniva-
dotato di molto spirito di iniziativa, nel 1858, di ri- no smerciate in Piemonte ed in Liguria.
torno da Vallauris in Francia dove aveva lavorato ed Nel 1860, i fratelli Giovanni, Giuseppe e Maria
appreso nuovi metodi nella miscelatura dell'argilla, Messa, rilevato un filatoio in disuso, sito nel rione
incominciò a fabbricare in Villanova di Mondovì sto- Borgatto, lo trasformavano in fabbrica di stoviglie ru-
viglie per cucina in terra refrattaria all'« uso di Anti- stiche, all'« uso di Antibo ». La produzione si basava
bo ». Egli fu il primo ad introdurre in Italia questo quasi esclusivamente sullo stovigliame, mentre una
genere ceramico adoperando terre che aveva impa- piccolissima parte era composta da terraglia tenera.
rato a miscelare nelle fabbriche di Vallauris (16). Il 17 settembre 1863 scoppiava un violento incendio
La lavorazione delle stoviglie, dette anche del tipo che danneggiava gli edifici e le attrezzature; buona
« Alpi Marittime », iniziò, circa nella medesima epoca, parte del prodotto finito depositato nei magazzini ri-
anche ad Albisola per iniziativa dell'industriale fran- sultò talmente deteriorato da essere invendibile. Il
cese Nicola Panéry e dello stovigliaio Angelo Maccary; danno fu assai rilevante. Poco tempo dopo, ultimata
rapidamente la produzione di questo nuovo manufat- la ricostruzione, la fabbrica riprendeva la produzione
to si estese ad altre venticinque fabbriche locali di di stovigliame che continuava a dare un discreto red-
tondi e stoviglie gialle e nere (17). dito. La merce veniva venduta nel Piemonte, in Lom-
L'iniziativa di Giovanni Baccelli ebbe successo, so- bardia e Veneto. Nel 1867 i fratelli Messa acquista-
prattutto perché buona parte delle materie prime oc- vano un edificio, sito nel rione Rinchiuso, già adibito
correnti era reperibile nelle vicinanze della sua fab- a fabbrica di zolfanelli, e lo trasformavano in mani-
brica. Estraeva l'argilla da una cava di sua proprietà fattura di terraglia dolce, abbandonando la produzio-
situata nella regione « Gat » nel Comune di Villanova. ne del vasellame rustico dell'opificio del Borgatto, de-
Adoperava, altresì, quarzo, cloruro di sodio, mangane- stinato ad altri usi.
se, piombo, ossido di ferro, ossido di rame e zaffera. Si ha notizia della distruzione di u n a fabbrica di
Nel 1882 aveva funzionanti due fornaci rettangolari a stoviglie comuni in Mondovì-Piazza, Via Fredda (18),
doppia camera, l'una sovrapposta all'altra, usava co- per un incendio scoppiato nella notte del 25 ottobre
me combustibile legna di castagno. Gli operai erano, 1864.

176
Testa - h. cm 16
Manifatture monregalesi del
sec. XIX

177
A Savigliano, nel 1865, funzionava una piccola in-
dustria ceramica di proprietà di Pietro Dolci che pro-
duceva anche stoviglie all' « uso di Antibo » in un for-
no rettangolare a doppia camera l'una sovrapposta
all'altra. L'argilla veniva estratta da cave poste nei
dintorni e per combustibile era usata legna di casta-
gno. La manifattura impiegava da cinque a venti ope-
rai secondo la stagione e produceva, per un valore di
L. 12.500 circa 120.000 pezzi all'anno, che venivano
smerciati in Piemonte ed in Lombardia.
Dopo il 1872 le grandi fabbriche di terraglia tenera
del monregalese, sperando in un buon incremento
commerciale del mercato delle stoviglie « all'uso di
Antibo », incominciarono a produrre, sia pure margi-
nalmente, grandi quantità di questi manufatti. All'ini-
zio della loro carriera come fabbricanti ceramici, mol-
ti avevano attrezzato i loro opifìci per produrre anche
stoviglie rustiche, di cui avevano fatto buona vendita
per qualche anno; ne abbandonarono poi la fabbrica-
zione dedicandosi esclusivamente alla produzione del-
la terraglia tenera, molto più remunerativa e di più
facile smercio.
La ripresa industriale di questo prodotto molto po-
vero e con minimo margine di guadagno dava inizio
a una crisi di sovrapproduzione che doveva necessa- Piatto Ø cm 26
Manifatture Monregalesi del
riamente sfociare in u n a accanita concorrenza e pro- sec. XIX
vocare l'inaridimento della piccola fonte di reddito.
I Fratelli Messa e i Fratelli Salomone, associatisi per
la produzione di terraglia tenera in Villanova, fabbri-
carono anche stoviglie « all'uso di Antibo » e, quando
Andrea Salomone rilevò la fabbrica, continuò per an-
ni a produrre questi manufatti. Così pure Lorenzo
Montefameglio a Mombasiglio e successivamente i
suoi continuatori fabbricarono per lungo tempo sto-
vigliame.
Se nel 1863 (19) le fabbriche specializzate nella pro-
duzione di stoviglie comuni nel territorio di Mondovì
erano otto, nel 1875 erano ridotte a cinque. Anche in
Chiusa Pesio le fabbriche erano cinque (20). Gli im-
prenditori, piccoli o grandi che fossero, avendo a di-
sposizione molta mano d'opera a basso costo, non ave-
vano ritenuto opportuno attuare quelle migliorie agli
impianti che da tempo erano indispensabili. I locali
dove si effettuavano le lavorazioni erano malsani, le
macchine primitive o inesistenti, i forni vecchi e tec-
nicamente sorpassati. Tutto il lavoro si svolgeva a
braccia ed i manovali, fra i quali primeggiavano i mi-
nori, erano in numero superiore agli operai cosiddetti
qualificati. L'argilla, le altre materie prime, la legna
per far funzionare i forni e i trasporti erano talmente
aumentati di prezzo che l'esercizio delle manifatture
era diventato un problema economicamente insolu- Piatto Ø cm 30
bile. La clientela, sempre più esigente, ormai rifiuta- Manifatture monregalesi del
va le stoviglie fabbricate in modo grossolano, alle sec. XIX

178
quali preferiva manufatti più aggraziati, più lisci, me- la Società Ceramica Mondovì, gli Eredi Beltrandi e
glio verniciati e più resistenti al calore. un nuovo fabbricante, P. Lucchino che, nel rione Rin-
La crisi, che si manifestò negli ultimi anni del se- chiuso, in un piccolo opifìcio, produceva stoviglie in
colo, diede il colpo di grazia a queste piccole industrie colore. In Villanova Giovanni Tonelli subentrava a
artigiane, divenute antieconomiche per l'impossibilità Michele Tonelli (25).
di sostituire con macchinari la mano d'opera che ave- Fino al 1914 la situazione rimaneva immutata ma,
va assai aumentate le esigenze salariali. Fisco e ca- dal 1915, lo stato di guerra creava enormi difficoltà
renza di denaro liquido avevano impedito e impedi- nell'approvvigionamento delle varie materie prime,
ranno la razionalizzazione degli impianti, indispensa- nell'alimentazione dei forni che, da poco trasformati
bile soprattutto dopo l'introduzione massiccia sul mer- per la cottura col carbone, dovevano essere riconver-
cato dei nuovi prodotti industriali in rame, ferro e fer- titi per la cottura con legna o sansa. La produzione
ro smaltato che venivano smerciati a un prezzo tal- subiva un calo notevole e il consumo ristagnava tan-
mente basso da far concorrenza anche alle umili sto- to che, dopo vari e vani tentativi per una sollecita ri-
viglie comuni. presa nel primo dopoguerra, la maggior parte delle
Durante la crisi del 1886-1896 le ditte operanti nel ditte che producevano stoviglie comuni o per cucina
settore delle stoviglie all' « uso di Antibo » erano più — sia i grossi fabbricanti di terraglia tenera per i
che dimezzate, mentre la produzione delle fabbriche quali lo stovigliame era un prodotto marginale che le
ancora funzionanti era calata paurosamente. Nel 1896 piccole manifatture specializzate nel genere — inter-
(21), in Mondovì operavano ancora Ambrogio Ambro- rompevano la produzione rivolgendo l'attenzione ad
sio al Rinchiuso, Battista Bonada con due piccolissime altri prodotti o dedicandosi ad altra attività.
aziende, una al Rinchiuso e l'altra a Breo, mentre i Dopo l'inizio della crisi del 1929-1931 le poche ditte
Musso e i Besio avevano abbandonato da tempo que- rimaste in Mondovì interrompevano definitivamente
sta produzione per loro troppo onerosa. In Villanova ogni attività, così in Villanova e in Vicoforte. La secon-
operavano ancora Giovanni Battista Costanzo, Anto- da guerra dava il colpo di grazia alle manifat-
nio Costanzo, Michele Tonelli, Felice Musso e Andrea ture che ancora operavano nel settore. Nel 1946 in
Salomone; in Chiusa Pesio agivano Baudena padre e Chiusa Pesio rimanevano attivi solo due opifici: quel-
figlio nel Rione San Sebastiano, Francesco Baudino in lo dei Fratelli Grosso che occupavano saltuariamente
Via Maestra, la Società Anonima in Via Valpesio ed i cinque o sei operai e quello di Maria Baudino con due
Fratelli Gabutti. In Mombasiglio Casimiro Ambrosio operai. Nel 1949 rimaneva la sola ditta dei Fratelli
tentava anch'egli la produzione di stovigliame ma con Grosso che, poco tempo dopo, cessava ogni attività (26).
scarso successo, mentre i Gribaudi, in Vicoforte, otte- Considerazioni non se ne possono trarre. Si può
nevano buoni risultati. solamente osservare che il prodotto, molto povero e
Malgrado il superamento della crisi, con il relativo quindi poco remunerativo, è ormai richiesto pochissi-
miglioramento economico generale, già nel 1902, tutte mo e solo da u n a clientela culinariamente raffinata,
eminentemente circoscritta in limitate regioni italia-
le fabbriche di Mondovì specializzate nella produzione
ne, che chiede dei manufatti adeguati ai tempi, este-
di stoviglie all' « uso di Antibo » avevano cessato ogni
ticamente belli, smaltati con colori vivaci, verniciati
attività (22). Anche in Villanova aveva spento i forni alla perfezione, non suscettibili dell'antigienica cavil-
Giovanni Battista Costanza; in Chiusa Pesio i Fratelli latura e, soprattutto, di prezzo notevolmente inferiore
Vassallo con un piccolo opifìcio nel Cantone Paschero a tutto l'altro pentolame. Era molto difficile ottenere
tentavano l'avventura iniziando u n a nuova attività tutto ciò nei piccoli opifici, tecnicamente sorpassati,
nel ramo delle stoviglie comuni e per cucina (23). Con troppo limitati per una produzione massiccia e con
l'incremento del consumo dovuto alla migliorata situa- u n a organizzazione commerciale inesistente. Questi
zione economica fra il 1903 e il 1910 (24), riprende- elementi negativi facevano prevedere la loro fine, an-
vano la produzione delle stoviglie comuni la S A . Ce- che se, romanticamente, ci può rammaricare la loro
ramica Richard Ginori, la Vedova Besio e Figlio, scomparsa.

179
NOTE
1) CARLO IGNAZIO GIULIO Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e Commercio di To-
rino e notizie sulla Patria Industria, Torino, 1844 — cap. III —
pag. 99;
2) D. GIAMBATT. BOTTERI Memorie storiche della Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 141;
3) GIULIO MARTINOTTI Il ceramista, Milano, 1959 — pag. 30;
4) PIETRO NALLINO Il corso del fiume Pesio, Mondovì, 1782 — pag. 135;
5) D. GIAMBATT. BOTTERI Memorie storiche della Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 142;
6) PIETRO NALLINO Il corso del fiume Pesio, Mondovì, 1782 — pag. 79;
La vita economica in Piemonte a mezzo del secolo XVIII, Torino,
7) GIUSEPPE PRATO 1908 — pag. 258;
Annuaire statistique du Département de la Stura pour l'an 1806,
8) D. DESTOMBES Coni, 1806 — pag. 157;
Annuaire statistique du Département de la Stura pour l'an 1809,
D. DESTOMBES Coni, 1809 — pagg. 146, 147;
Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati
9) GOFFREDO CASALIS di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1839 — vol. II — pag. 30;
Memorie storiche della città e Marchesato di Ceva, Ceva, 1858
10) GIOVANNI OLIVERO — pag. 23;
Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue isole,
11) A. ZUCCAGNI-ORLANDINI Firenze, 1842 — pag. 131;
Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e Commercio di To-
12) CARLO IGNAZIO GIULIO rino e Notizie sulla Patria Industria, Torino, 1844 — pag. 38;
La terraglia italiana, Milano, 1957 — pag. 145;
13) GIUSEPPE MORAZZONI
Storia dell'industria ceramica di Mondovì, da: « La Ceramica »,
Milano, 1940 — n. 6 — pag. 226;
14) ANONIMO
Cenni statistici sulla Provincia di Mondovì, Mondovì, 1842 —
pag. 48, 49;
15) F. VAGINA D'EMARESE
La Ceramica, Milano, 1885 — pag. 545;
16) GIUSEPPE CORONA La ceramica popolare ligure, Milano, 1964 — pag. XXII;
17) TULLIO MAZZOTTI Vita sociale nel monregalese nel ventennio 1850-1870, su: « Bollet-
18) EMILIA BORGHESE tino della Società Studi Storici Archeologici ed Artistici nella
Provincia di Cuneo » dicembre 1957 - gennaio 1958 — N. 39-40 —
pag. 124;
19) MUNICIPIO DI MONDOVÌ Supplica al Ministero nel giugno 1863 perché Mondovì sia nuo-
vamente Capoluogo di Provincia, Mondovì, 1863;
20) D. GIAMBATT. BOTTERI Memorie storiche sulla Chiusa di Pesio, Torino, 1884 — pag. 142;
21) FEDERICO BASSIGNANO Annuario della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1897 — pag. 56 B,
57 B, 135, 137 B, 242 B, 298 B, 346 B, 347 B;
22) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1902 — pag. 338;
23) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1902 — pagg. 153,
422;

24) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1903-1904 — pagg.


179, 180, 352, 438, 440;
25) Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1909 — pagg. 246,
479, 566/12, 566/15;
Guida Oggero della Provincia di Cuneo, Cuneo, 1914 — pag. 382,
678, 804, 807;
26) ETTORE SCHEDA Note ed appunti, Chiusa Pesio, 1970.
LA T E C N I C A
PRODUTTIVA
N E L L ' A N N O 1860

RELAZIONE DI UN IGNOTO AUTORE


SULLA TECNICA PRODUTTIVA
DEI PRODOTTI CERAMICI FABBRICATI
NEL MONREGALESE NELL'ANNO 1860.
(manoscritto in possesso del tecnico ceramista
Bartolomeo Ansaldi di Chiusa Pesio)
La classe di ceramiche che comprende la terraglia sarà d'uso igienico, laddove l'altra in breve tempo
ordinaria per stoviglie comuni e per cucina, si può diverrà sozza e insalubre.
qualificare nel modo seguente: Descriveremo la fabbricazione delle terraglie co-
« Terraglia di pasta omogenea, tenera, di screpola- muni, come si usa nel nord dell'Italia e particolarmen-
tura terrosa, d'un tessuto poroso; pasta opaca, colo- te dai vasai dei dintorni di Mondovì.
rata, ricoperta d'una vernice translucida, piombifera ». La pasta che serve a fabbricare le terraglie comu-
Questa classe di terraglia per stoviglie comuni, es- ni si compone d'una mescolanza di sabbia silicosa e
sendo la più grossolana, venne fabbricata per prima d'argilla plastica, estratta dai terreni quaternari di
anticamente, e si trova in tutti i paesi. Di questo ge- Villanova, Beinette, Vicoforte e Frabosa. L'argilla è
nere di pasta si componevano le antiche terraglie gre- la materia plastica, la sabbia la materia disgregante
che, campane, etrusche, romane, galliche, e gallo-ro- ossia atta a rendere la pasta più porosa.
mane. E' notevole che le opere più belle dal lato del- Queste sostanze sono mescolate nella proporzione
l'arte sono state composte con la pasta più rozza di seguente:
tutte quelle che noi conosciamo. Ma negli antichi il Argilla 80
sentimento dell'arte e la purezza dello stile si valevano Sabbia 20
dei mezzi materiali più elementari e più grossolani. I
celebri vasi greci di pareti sottili e tanto considerabili 100
per la leggerezza, per la purezza delle forme, e pel Si mescolano queste materie in u n a botte fornita
tipo perfettamente contraddistinto dei disegni e delle d'un agitatore in legno, simile a quello che usano i
loro decorazioni, sono composti della medesima so- mattonieri, o semplicemente col pigiamento, cioè im-
stanza onde sono formate le nostre pentole, le nostre pastando coi piedi le due terre con l'aggiunta di una
scodelle, i piatti grossolani dei nostri contadini e delle certa quantità d'acqua.
cucine dei nostri poveri. Quando la pasta è ben rimesticata, bene impasta-
Soggiungiamo che le terraglie dei popoli selvaggi ta, si procede alla modellatura.
di tutto il mondo si compongono della medesima so- Il tornio da vasaio, l'antica macchina, conosciuta
stanza. Le terraglie americane antiche, quelle degli dai vasai dell'antico Egitto (2000 anni prima di G.C.),
antichi Messicani e Peruviani appartengono ugual- è noto a tutti. Si sa che si compone di un disco piatto,
mente a quel gruppo. o ruota piena, messa in moto sul suo asse dall'operaio
col piede. Questo gran disco ne fa girare con rapidità
L'unico vantaggio del genere di stoviglie, che noi
un secondo più piccolo, infilzato su d'un asse comune
stiamo descrivendo, è il suo tenuissimo prezzo, e la
all'uno e all'altro. La pasta cui l'operaio deve dare
proprietà di andare al fuoco senza rompersi. Una doz-
u n a forma, si mette sul disco piccolo. Comprimendo
zina di piatti di terraglia comune non supera il prezzo
fra le sue dita la terra molle e plastica mentre che
di L. 1,20 o tutt'al più 1,50.
gira con rapidità sul disco piccolo, facendola sollevare
I suoi inconvenienti son noti ad ognuno. I corpi sopra o sotto la sua mano, secondo la forma che vuol
grassi la penetrano con facilità, e le danno un puzzo di darle, allungando o raccorciando il garbo del vaso o
bruciaticcio che non si può più togliere perché il gras- dell'oggetto qualunque che modella, il vasaio riesce
so penetrò nella sostanza della pasta. La resistenza a dare u n a forma all'argilla in pochi minuti e a tutto
di codeste ceramiche è così debole e la tessitura così suo talento. E' uno dei più belli spettacoli il vedere
fragile che al minimo urto si rompono, la loro vernice quella terra ubbidiente, che sotto le dita dell'operaio
di piombo è così tenera che col coltello si riga; e non piglia forme eleganti, e sembra che riceva la vita.
va esente da pericoli, perché gli acidi per poco che La prima operazione del vasaio, quando vuol dare
stiano in contatto con essa, l'investono, la sciolgono e la forma a un vaso, si chiama la sbozzatura, perché dà
possono comunicare agli alimenti ed alle bevande fu- all'oggetto u n a forma preparatoria.
neste proprietà. Alla sbozzatura segue u n a seconda operazione, la
Il prezzo tenue di questa terraglia fa sì che il po- tornitura, che si fa sopra un tornio consimile, per ma-
polo la preferisca alla maiolica, anche a prezzo ugua- no di un altro operaio.
le, perché la maiolica non offre quei colori vivaci e La tornitura, che dà al vaso d'argilla la sua forma
quella vernice lucente, che attirano e incantano quel- definitiva, si fa con ponzoni, con scalpelli, ecc. L'ope-
li che s'innamorano delle apparenze esterne. Una mas- raio fa girare il disco piccolo mercé del grande, mes-
saia posporrà sempre u n a maiolica inverniciata d'os- so in moto dal suo piede, e presenta al vaso già sboz-
sido di stagno, resistente e salubre a u n a terraglia zato dal suo compagno, l'utensile metallico che deve
comune verde o rossa e rilucente all'occhio. Eppure modificare la sua forma primitiva oppure disegnare
la prima avrà u n a lunga durata, non puzzerà mai e sulla sua superficie alcune linee regolari.

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Per tornire il vaso bisogna che sia già quasi asciut- Per la vernice bruna:
to. Dunque non potrà sottoporsi alla tornitura se non Minio 64
dopo alcuni giorni dalla sbozzatura. Argilla 15
Per intendere questa operazione bisogna immagi- Sabbia 15
narsi che colui il quale opera è un tornitore, con la Manganese 6
sola differenza che invece di tornire un oggetto di le- Per la vernice verde:
gno, tornisce un oggetto d'argilla quasi asciutta e as- Minio 6
sai più morbida del legno o del metallo. Argilla 16
Su d'un altro tornio consimile un altro operaio Sabbia 16
tornirà il medesimo oggetto, quando avrà u n a mag- Protossido di r a m e rosso polverizzato 3
giore consistenza per via della essiccazione. Queste materie sono macinate insieme sotto mo-
Il vasaio per la terraglia comune, oltre del tornio delli in grès, poi stemperate nell'acqua, e se ne asper-
a piedi, fa uso d'un altro apparecchio destinato agli ge il vaso.
oggetti di gran dimensione, e che si chiama arcolaio Le terraglie per stoviglie comuni si cuociono in un
ossia ruota del vasaio. Non si crede che questa sia forno semplicissimo. Alcuni forni da terraglie comuni
l'ordigno specialmente usato dai vasai dell'antico E- sono a due piani, cioè divisi in due parti da una volta
gitto. In tutti i casi è l'ordigno ordinario del vasaio traforata; ma questa disposizione è eccezionale. E que-
di villaggio. sto avviene soltanto quando la cottura delle terraglie
Qui il disco del tornio non è pieno. Ha circa 1,40 comuni deve farsi in due fuochi. Nel primo si cuoce
di diametro, ed è composto di quarti riuniti obliqua- la pasta, nel secondo si fa fondere la vernice sui vasi
mente all'asse mercé di raggi di ferro. L'operaio non cotti.
lo fa girare con i suoi piedi. Seduto su d'uno scanno E siccome la seconda operazione, cioè l'applicazione
inclinato verso la ruota, ha le gambe discoste e i piedi della vernice non richiede molto calore, così i vasi che
sopportati su due traverse inclinate verso lo scanno,
devono solamente essere verniciati, sono posti nella
e guernite di tacche per tener fermi i piedi. Due ra-
parte inferiore del forno, che è la meno calda.
gazzi pigliano ciascuno un lungo bastone che si chia-
Le terraglie per stoviglie comuni sono messe nel
ma calcola, e spingendo i raggi della ruota con l'estre-
forno senza precauzioni contro le ceneri o le impurità
mità aguzza di quel bastone, le imprimono abbastanza
di movimento perché il vasaio possa sbozzare la palla che, derivando dal fuoco, possono alterarle o imbrat-
di pasta che depose sul piccolo disco del tornio. tarle: si sovrappongono semplicemente le une alle
altre.
Il vasaio forma con la mano i vasi ovali, essendo Si empie intieramente il forno, e si accende il fuoco.
impossibile, come ognuno sa, che un tornio qualsiasi Dopo ventiquattr'ore di fuoco si estraggono i vasi, e
produca la forma ovale. si pensa a dar loro la vernice. Ciò fatto, si riportano
Quanto alle guarnizioni delle terraglie comuni, cioè nel forno stesso per la fusione della vernice.
anse di vasi, manici di casseruole, orecchie di mar- Il forno, in cui si cuociono le terraglie comuni,
mitte, ecc., si fanno egualmente a mano senza modelli, quando è a due piani, ha circa 5 metri di altezza to-
e s'applicano immediatamente al vaso. tale, misurando dal suolo della prima capacità fino
La vernice delle terraglie comuni è sempre a base alla volta della seconda, su 2 metri e 3 decimetri di
di piombo. Il litargirio o il minio sono gli ossidi di lato.
piombo di cui si fa uso. Qualche volta a questi si so- In questo modo si concentra il calore, lo si costrin-
stituisce la galena (solfuro di piombo) meno cara de- ge a spandersi nelle officine che circondano il forno,
gli ossidi di piombo. L'argilla e la sabbia aggiunte al- e in cui lavorano gli operai.
l'ossido di piombo, sotto l'azione del fuoco danno un Il laboratorio inferiore ha 2 metri e 3 decimetri, e
vero smalto, un silicato di piombo che si fonde e si l'altro superiore 2 metri. Esso va a finire in una tra-
estende sul vaso e ne ricopre tutta la superficie moggia e in un tubo di camino, che si può chiudere
Le proporzioni d'ossido di piombo e di sabbia o di a volontà, mercé d'una lastra di metallo che scorre in
argilla variano, secondo il colore che si vuol dare alla u n a scanalatura.
vernice. Il focolare, laterale e inferiore, ha 1 metro e 2 de-
Ecco le ricette: cimetri di altezza.
Per la vernice di colore giallo si usano: Si collocano abbasso i vasi più pesanti e solidi.
Minio o litargirio 70 Si procura di formare file e livelli a un di presso re-
Argilla plastica 16 golari, di non far posare i vasi verniciati che in po-
Sabbia silicosa 14 chissimi punti e sulle parti che offrono una minore su-

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perfìcie. Ove si facesse altrimenti, la vernice li fareb- si scagliano con forza contro il muro. La pasta così
be aderire al sostegno. lavorata non si usa immediatamente, ma la si conser-
Malgrado tutte le precauzioni, dopo la cottura di va nelle cantine dove si migliora ancora.
ciascun vaso, rimangono sempre delle parti poco este- Giunto il tempo di adoperarla si pigia, cioè la s'im-
se che si chiamano tocchi e da cui la vernice fu portata pasta lungamente con i piedi, poi se ne fanno delle
via dall'adesione al sostegno o al vaso che la toccava. palle di circa 25 chilogrammi, le quali si consegnano
La durata di questa seconda cottura è, come la pri- ad operai capaci di dar loro u n a forma.
ma, di 24 ore. Per dare la forma ad un oggetto, l'operaio piglia
I forni dei vasai di terraglia per stoviglie comuni tanta pasta quanta si crede necessaria per formarlo.
si alimentano con legna, ma oggidì in Francia si co- La pasta si mette sul tornio ed è modellata dalla mano
mincia a utilizzare il carbon fossile, che risulta molto dell'operaio, poi si lascia seccare qualche tempo; ed
più economico. allora un secondo operaio la tornisce, cioè con un
utensile d'acciaio finisce di dare all'oggetto le forme
LA MAJOLICA COMUNE BIANCA O NERA e le impronte che deve poi conservare.
« La majolica comune è una ceramica di pasta Gli oggetti che non sono rotondi, come le guarni-
opaca, colorata o biancastra, di tessuto debole, di fat- zioni e le anse, non possono farsi al tornio. Si otten-
tura terrosa, ricoperta d'uno smalto opaco, ordinaria- gono colando in uno stampo di gesso la terra di majo-
mente stannifero ». lica stemperata in u n a quantità d'acqua conveniente.
La fabbricazione della majolica comune varia un Questa poltiglia liquida non tarda a disseccarsi in
poco secondo le località. Nel Monregalese si produce parte al contatto dello stampo di gesso. La si cava da
la majolica comune, bianca che non va al fuoco, e questo per applicarla nel momento opportuno sul vaso
la majolica comune bruna che va al fuoco senza rom- che deve riceverla.
persi. Ora si tratta di cuocere gli oggetti lavorati.
Per fare la majolica bruna si prendono le materie Prima di portarli al forno si lasciano essiccare un
seguenti nelle proporzioni qui descritte: poco tenendoli alcuni giorni in u n a officina dove pas-
Argilla plastica 30 sano i tubi dal camino dei forni, poi si procede alla
Marna argillosa verdastra (superio- cottura.
re al gesso) 32 Per la majolica ordinaria, come per la maggior par-
Marna calcarea bianca dei terreni te delle terraglie, ci vogliono due cotture; la prima
gessosi 10 per cuocere la pasta, la seconda per applicare alla ter-
Marna sabbiosa o sabbia impura, raglia cotta o biscotta, secondo il termine volgare, la
marnosa e giallastra 28 coperta, ossia vernice. Queste due operazioni si fanno
nel medesimo forno, che a tal fine è composto di due
110 piani. Nella parte superiore, che è la più calda, si met-
La majolica bianca si compone di: tono i vasi da cuocersi per la prima volta, nella infe-
Argilla plastica 8 riore, che è meno calda, si mettono i vasi già cotti o
Marna argillosa verdastra . . . 56 le biscotte e ricoperti della vernice, che all'azione del
Marna calcarea bianca . . . . 28 calore deve fondersi e involgere tutta la superficie.
Sabbia impura e marnosa giallastra 28 Nel forno da majolica a due piani il focolare occupa
un lato di quello spazio d'edificio. Per infornare gli og-
100 getti, si collocano in scaffali di terracotta, orizzontali
Queste terre sono mescolate, in u n a cassa rettan- o verticali.
golare che si chiama madia (gâchoir). La pasta risul- Il fuoco dura circa 24 ore. Nella maggior parte dei
tante da questa mescolanza, è stemperata in u n a forni attuali si adopera la legna, ma in Francia si co-
quantità d'acqua conveniente. Si separano i corpi ter- mincia anche ad usare il carbon fossile; ma quando
rosi estranei mercé della decantazione e con la stac- si può disporre di grandi quantità di legna, è da prefe-
ciatura. La pasta stemperata in maniera da formare rirsi, perché con questo combustibile si regola meglio
una pappa molto densa, viene allora introdotta in il calore, moderandosi o rinforzandosi in questo o in
una fossa di grande dimensione, scavata in prossi- quel punto del forno secondo i bisogni. La condotta
mità della madia e delle officine. Essa sta parecchi del fuoco è sempre difficile, perché si è sempre esposti
mesi in quella fossa; esposta alle intemperie atmosfe- a scaldare certe parti del forno a scapito delle altre.
riche, che la rendono positivamente migliore. In capo L'abitudine in questi casi serve di regola all'operaio.
a qualche tempo si piglia quella pasta e si lavora spap- Per seguire i progressi della cottura si hanno oro-
polandola su d'una tavola, e facendone delle palle che logi. Sono tazze in biscotta coperte da u n a polvere di

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smalto, contenute in una piccola capacità chiusa, le mersioni in acqua che tiene sospeso lo smalto polve-
quali si possono ritirare dal forno con una verga di rizzato, e parte per aspersione.
ferro. Dallo stato della vernice su quegli orologi si Si applica la vernice per semplice immersione quan-
giudica dei progressi della cottura. do l'oggetto è tutto bianco, e per immersione e per
Un forno che contenga 140 dozzine di pezzi di ma- aspersione ad un tempo stésso, quando l'oggetto è
iolica, in una sola infornata brucia circa 14 steri di le- bruno fuori e bianco internamente.
gna mista di querce e di faggio o di castagno. Diremo come fa l'operaio per applicare la vernice
In capo a 36 ore si può sfornare. Dopo questo primo per immersione. Egli ammolla prima l'oggetto nello
fuoco si ritirano dal forno raffreddato gli oggetti cotti, smalto della parte esterna tuffandolo fino all'orlo; allo-
e si pensa ad applicarvi la coperta ossia vernice. ra lo tiene dentro. Lascia che lo smalto esterno si
La coperta della maiolica ordinaria si compone di rassodi, e poi, ripigliato l'oggetto, vi mette lo smalto
uno smalto fusibilissimo. Questa spalmatura vitrea va- bianco interno versandovelo con u n a cucchiaia o una
ria nella sua composizione secondo che dovrà appli- tazza. Con un movimento adattato stende lo smalto in
carsi alla maiolica bianca o alla maiolica bruna. tutto l'interno.
Lo smalto bruno della maiolica bruna è composto Importa che sia tolto lo smalto disotto al piede dello
a un di presso come segue: oggetto per impedire che si appiccichi al sostegno
Minio (ossido di piombo) . . 52 quando verrà cotto. Lo si toglie con una spazzola dagli
Ossido d i manganese . . . 7 operai.
Polvere di mattone 41 Diremo di volo che questa operazione, che per effet-
to di staccare e di far volare per l'aria una polvere sili-
100 cosa e piombifera, è nocivissima alla salute degli ope-
oppure: rai.
Minio 53 Le operazioni dell'applicazione della vernice me-
Ossido d i manganese . . . . 5 diante l'immersione si fanno nel seguente modo: un
Polvere di mattone 42 operaio tuffa prestamente un oggetto di maiolica già
cotto in u n a tinozza contenente la vernice stemperata
100 e sospesa nell'acqua; nel mentre le operaie tolgono
Si riducono queste materie in polvere, e con acqua la vernice al pié dell'oggetto che deve posare sul so-
se ne fa una pappa chiara. stegno affine d'impedire che l'oggetto si attacchi al
Lo smalto bianco della maiolica bianca è composto sostegno nel momento della fusione della vernice nel
di ossido di stagno, d'ossido di piombo, d'arena quarzo- forno.
sa, di sal marino o di soda. Quando gli oggetti sono così coperti dell'intonaco
Si mescolano gli ossidi di stagno o piombo, e si cal- fusibile che deve dare alla superficie della maiolica
cinano in un piccolo forno da laboratorio. In tal modo la vernice preservatrice, si riportano al forno per sot-
si ottiene una polvere gialla, detta calcino che è la ba- tometterli al secondo fuoco che deve fondere lo smalto
se dello smalto bianco. Per ottenere questo smalto, si e farlo aderire.
mescola la calcina con sabbia, con sal marino e un po' Questa seconda cottura ossia la cottura della bi-
di carbonato di soda. Questa mescolanza fusa dà lo scotta verniciata si fa, come dicemmo, nella parte
smalto bianco. superiore ossia al secondo piano del forno.
Lo smalto bianco di cui si fa uso nel forno da maio- Nell'infornare la biscotta verniciata bisogna usare
lica, è composto come segue: u n a speciale precauzione, che non era necessaria nel-
Calcino 47 l'infornata della biscotta. Dicemmo che si mettono nel
Sabbia 47 forno le biscotte semplicemente sopra scaffali orizzon-
Carbonato di soda 3 tali di terra cotta. Ma quanto agli oggetti da verniciar-
Sale marino 3 si, è indispensabile ch'essi chiudansi in una cassetta di
argilla, ossia in termine tecnico in u n a casella. Le ca-
100 selle sono smaltate internamente e si ammonticchiano
Lo smalto bianco si fonde a circa 70° del pirometro le une sopra le altre nel forno. All'azione del calore lo
di Wedgwood. smalto si fonde, penetra in parte nella sostanza del va-
Ed ecco come lo smalto delle maioliche si applica sellame, e si ottiene u n a coperta lucente, dura e non
sugli oggetti, ossia sulla biscotta ritirata dal forno dopo soggetta a fondersi ove lo smalto sia di buona qualità
la prima cottura. e applicato con tutta la diligenza.
Lo smalto bruno o bianco è prima polverizzato fi- La maiolica ordinaria riceve talvolta ornamenti ed
nissimamente, poi si applica agli oggetti parte per im- anche pitture. Queste, che solitamente sono rozze (per-

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ché codeste stoviglie di pochissimo valore non potreb- Diremo primamente quale sia la composizione della
bero pretendere pitture preziose) si fanno sulla coperta. pasta della terraglia bianca.
Dopo si espongono gli oggetti al calore di un forno La terraglia bianca si compone di:
particolare di una temperatura moderata. La compo- Argilla plastica 86
sizione di questi colori, la loro applicazione e cottura Silice 13
non si differenziano dai processi della pittura sulla Calce 1
terraglia dolce. Perciò descriveremo come si fanno
quelle pitture e la loro cottura in seguito, dove si par- 100
lerà della fabbricazione e della decorazione della ter- La coperta di questa maiolica o terraglia bianca si
raglia vera e propria. compone di:
Tali sono i processi particolari alla fabbricazione Sabbia 31
della maiolica ordinaria da noi presa come tipo. Minio 30
Coi medesimi processi è fabbricata la maiolica or- Litargirio 27
dinaria in moltissimi luoghi non solo nella nostra re- Feldispato calcinato . . . . 7
gione ma di altri luoghi e paesi, semplicemente modi- Borace 3
ficati quanto alla composizione delle paste e degli smalti Cristallo 2
in ragione della differenza delle terre e argille.
100
LA MAIOLICA FINA, DETTA TERRAGLIA La pasta della maiolica fina silicea contiene:
ALL'USO INGLESE Argilla plastica 87
La maiolica fina o terraglia viene contraddistinta Silice 13
nel modo seguente:
« Pasta bianca, opaca, di tessuto fino, tenera o dura, 100
sonora, coperta da una vernice cristallina trasparente ». La coperta di questa maiolica s'ottiene prendendo:
La bianchezza della pasta di codeste ceramiche, lo Sabbia d i feldispato alterato . . . 42
splendore della sua vernice, assicurano un posto im- Minio 26
portante fra i prodotti dell'industria ceramica moderna. Borace 21
Essa si diversifica dalla maiolica comune perché la Carbonato di soda 11
sua pasta è bianca o appena giallastra, la sua coperta
è trasparente e lascia vedere la pasta che la ricopre, 100
laddove quella della maiolica comune è resa opaca dallo La pasta della maiolica fina feldispatica si forma
ossido di stagno, e nasconde sotto uno smalto lattifero con:
la colorazione del « subjectile ». Argilla plastica 62
La pasta della maiolica fina, che è sempre plastica Caolino 15
assai, si compone d'argilla plastica lavata e di silice Silice 19
macinata finissimamente. Talvolta alla misura si ag- Feldispato alterato 4
giunge un po' di creta.
La composizione della vernice varia molto, ma può 100
dirsi che sia fatta di silice unita a quarzo o anche a L'invetriamento per la maiolica feldispatica si pre-
feldispato, a carbonato di soda e minio. p a r a con:
Questa vernice, stemperata nell'acqua a guisa di Ossido di piombo 52
densa pappa, si applica per immersione, ben di rado Caolino siliceo 25
per infusione. Silice 13
La cottura si fa in due volte. La pasta si cuoce prima Cristallo 10
in biscotta; la vernice si cuoce poi separatamente a una
temperatura elevatissima. 100
L'incasellatura si fa dentro caselle ossia involucri Le argille e i caolini che devono servire per compor-
di terra. re la pasta, sono macinate finissimamente in modelli
Si distinguono tre varietà di maiolica fina: mercé della intromissione dell'acqua.
l a - la terraglia bianca, ossia maiolica calcari- Si mescola questa pasta con u n a quantità maggio-
fera, cioè contenente della creta; re d'acqua, e si staccia per separare le parti silicose.
2 a - la maiolica silicea; Poi si mette la pasta stacciata in madie dove si rime-
3 a - la maiolica feldispatica. sta ben bene in tutte le sue parti.

190
Generalmente si trova la convenienza nel conser- già avuto u n a prima cottura, si porta nell'officina per
vare le terre argillose in cantine umide prima di ado- ricevere la coperta o vernice.
perarle. Esse pigliano, non si sa bene, quale trasfor- Generalmente la coperta si applica per immersio-
mazione positiva, poiché in tutti i tempi questa tra- ne. Lo smalto ben diviso dalla macinazione sul porfido
sformazione è stata giudicata necessaria dagli artefici. è stemperato nell'acqua contenuta in un tino di legno,
Quando ebbe il tempo necessario di marcire (il che e l'operaio tuffa rapidamente il pezzo in esso. La pa-
varia dai sei agli otto mesi), allora la pasta può adope- sta assorbente della biscotta contiene u n a certa quan-
rarsi, essendo divenuta fina, lunga lunga e di facile tità della polvere di smalto che resta sulla superficie
lavorazione, qualità che non possedeva prima d'essere del pezzo.
stata tanto tempo in riposo. (Si sa solamente che l'os- Alle volte il deposito della coperta si fa per sem-
sido di ferro deve sciogliersi col tempo, passare allo plice infusione cioè versando sul pezzo da invernicia-
stato di solfato solubile, che scompare e lascia la pasta re un po' d'acqua che tiene in sospensione lo smalto
più bianca e più duttile). macinato sul porfido.
La lavoratura dei capi di maiolica fina o terraglia si Il pezzo inverniciato si riporta al forno, men ri-
fa, come in tutte le altre stoviglie, al tornio mercé scaldato che nella prima cottura, ed è sottoposto ad una
della sbozzatura e della tornitura. I pezzi vengono seconda cotta affine di far fondere e penetrare la co-
terminati sul tornio con calibri. perta nella parte superficiale del pezzo.
Per i pezzi piani, che si fabbricano in grandissimo Se il forno di prima cottura è scaldato alla tempe-
numero, come i piatti, si ha u n a forma di gesso che r a t u r a di 30 a 100 gradi del pirometro di Wedgwood,
rappresenta la parte inferiore del piatto. Si colloca la la temperatura del forno per l'inverniciatura non ol-
forma sul tornio, e su quella si applica un pezzo di pa- trepassa dai 10 ai 30 gradi del medesimo strumento.
sta, che si comprime e si dilata uniformemente men- Parleremo qui della terraglia bianca. Per la maio-
tre che il tornio è in moto. Quando in tal modo si ot- lica ciottolosa ossia silicea, il forno di prima cottura è
tenne un piatto grossolano, s'intaglia a poco a poco e scaldato a 60 gradi del pirometro Wedgwood, e la
regolarmente con uno strumento fisso d'ottone o d'ac- seconda cottura non ne richiede più di 12 del medesi-
ciaio, il cui taglio è conforme al profilo da darsi alla mo pirometro. Finalmente la maiolica fina feldispatica
superfìcie esteriore del piatto. si cuoce a 100° per la biscotta e a 20° o 30° per la
Quest'istrumento si chiama calibro, sagoma o ga- inverniciatura.
borit. Quest'istrumento si compone di u n a specie di col- La cottura d'una infornata di biscotta dura circa
tello di ottone o d'acciaio, fisso a un sostegno di legno quarant'ore.
immobile, e posto vicino al disco girante del tornio a I pezzi tanto per la biscotta come crudi si mettono
piedi. sempre in caselle.
Il taglio del coltello del gabarit rappresenta la me- L'incasellatura del forno a biscotta non presenta
tà del profilo della parte esterna del piatto. Si fa di- nulla di diffìcile o notabile. Un forno racchiude ordi-
scendere questo coltello progressivamente in guisa da nariamente ottanta pile di caselle, ciascuna delle quali
intagliare il piatto, e si ferma quando il piatto ha ot- contiene, da quindici a sedici piatti.
tenuto la grossezza conveniente. Sul coltello si metto- Ci vuole maggior precauzione a disporre nel forno
no dei segni per riscontrare quando si è toccato quel le caselle piene di pezzi da verniciare.
punto. Le pile di caselle si metton in guisa da lasciar libera
Per lavorare i pezzi, analoghi per la loro forma ai la circolazione della fiamma del fuoco che le circonda.
tondi e ai piatti, si usano calibri o gabarit che rap- Il sito occupato dai pezzi nel forno è determinato dalla
presentano il profilo deciso da darsi al pezzo. Ma bi- correlazione esistente tra la fusibilità della loro vernice
sogna che la forma del pezzo sia circolare. I pezzi e la temperatura della parte del forno, dove si collo-
ovali, quadrati, rettangolari, ecc., non possono lavo- cano. Per esempio, si mette nelle parti più calde quella
rarsi al tornio, il quale non dà che forme circolari. Per sorta di maiolica, che partecipa alquanto della por-
gli altri pezzi si ricorre ai modelli. La pasta della ma- cellana tenera detta dagli Inglesi Maiolica di ferro
iolica si cola, quando è come u n a pappa liquida, entro (ironstone China). Le caselle, poste tra le bocche del
modelli di gesso. Il gesso assorbisce l'acqua e la pasta fuoco (alandiers) contengono i gran pezzi, come broc-
mezzo essiccata rimane nell'interno del modello, don- che e catinelle ornate di disegni. Nella parte inferiore
de si toglie in capo a pochi minuti. e mezzana del forno, che è la parte men calda, si
La terraglia o maiolica fina si cuoce in forni ali- mette la maiolica detta color di latte.
mentati con legna o legna e carbone. I forni sono si- In alcune fabbriche le maioliche verniciate non si
mili e quelli dove si cuoce la maiolica comune. cuociono nel medesimo forno della biscotta. Per inver-
La biscotta di maiolica fina, i pezzi cioè che hanno niciare le maioliche si hanno forni più piccoli di quelli

191
che servono a cuocere la biscotta. Un forno ordinario da La pratica consigliò di fare una gran distinzione
biscotta ha metri 4,70 di altezza su 4 di diametro; un tra i colori che si applicano sulla ceramica. Si distin-
forno da vernice non ha che metri 4,20 di altezza su guono i colori a gran fuoco e i colori di muffola. I
3,50 di diametro. primi si ottengono a temperatura estremamente ele-
In generale un forno da vernice contiene 60 pile di vata dei forni che servono alla cottura della porcella-
caselle, ciascuna delle quali ha 18 piatti, supposto che na, e sono poco numerosi. I secondi si ottengono in
non vi siano altri oggetti. muffole cioè in grandi caselle scaldate da piccoli fuochi
Terminato l'infornare, si m u r a la bocca del forno a u n a temperatura che non oltrepassi l'arroventamen¬
con due file di mattoni. to e che a un di presso rappresenta il punto di fusione
Se vi si applica il fuoco alle cinque pomeridiane, si dell'argento.
deve aumentare a poco a poco fino alle ore dieci; allo- I colori a gran fuoco sono pochissimi perché poche
ra i due fuochi, i quali, come dicemmo, sono posti in sostanze possono resistere all'enorme temperatura dei
basso e da ciascun lato del forno, si riempiono di forni da porcellana ed all'ossigeno dell'aria che s'eser-
combustibile. Fino a quel momento le bocche e il re- cita a quella temperatura elevata. Questi colori resi-
golatore dell'estrazione stavano aperte; ora si chiudono, stenti, o colori a gran fuoco sono l'azzurro, composto
ma non del tutto, la bocca superiore del forno spin- d'ossido di cobalto, il verde, composto d'ossido di cro-
gendo il regolatore, cioè un disco mobile che può chiu- mo, e il bruno, che risulta dalla mescolanza dell'ossi-
dere il tubo del camino. Da mezzanotte alle sei del do di manganese e dell'ossido di ferro.
mattino si aggiunge ad ogni ora u n a certa quantità I colori a gran fuoco sono destinati a formare i fondi,
di combustibile. Dalle sei alle sette lo smalto comincia Il feldispato è la sostanza adoperata come fondente di
a fondersi. Alle otto e mezza la cottura è già inoltratis- quei colori, perché il feldispato è fusibile alla tempe-
sima; alle nove è terminata. r a t u r a dei forni da porcellana.
La cottura della vernice di maiolica fina dura dun- I colori a gran fuoco sono composti nella maniera
que quindici ore dal momento in cui s'appicca il fuoco seguente:
a quello in cui si smorza. Azzurro: ossido di cobalto, 4 parti, feldispato, 7 parti;
Quando la vernice comincia a fondersi, bisogna fare Azzurro pallido: ossido di cobalto u n a parte, feldispa-
in modo che la temperatura non s'abbassi, ma resti a to, 30 parti;
un di presso uguale fino a perfetta cottura. Verde: ossido di cromo puro;
Per giudicare della temperatura del forno si ser- Verde azzurrognolo: ossido di cobalto, 3 parti, ossido
vono di orologi fatti di pallottoline di pasta di maiolica di cromo, 1 parte, feldispato, 1 decimo;
rinchiuse in una casella, e che di quando in quando si Bruno: ossido di ferro, 1 parte, manganese, 1 parte,
ritirano per giudicare dell'effetto del calore sulla bi- feldispato, 1 decimo.
scotta o sulla vernice. Quando si tratta di comporre un colore, si macina-
no questi diversi ossidi, si stacciano parecchie volte
APPLICAZIONE DEI COLORI SULLE STOVIGLIE per mescolarli, e si mettono in un crogiuolo sotto il
COMUNI, SULLA MAIOLICA BIANCA E NERA E fuoco del forno da porcellana. La mescolanza si fonde
SULLA TERRAGLIA ALL'USO INGLESE e dà il color buono da adoperarsi. Quando s'è cavata
I colori, che si applicano sulle stoviglie in generale dal crogiuolo la mescolanza calcinata, si polverizza,
(terraglia comune, maiolica, terraglia e porcellana) affine di poterla applicare col pennello sulla porcella-
sono veri vetri, cioè silicati trasparenti; e qualche vol- na da decorarsi.
ta sono borati. L'ossido metallico destinato a produrre I colori di muffola, che sono poco resistenti, non si
il colore, è misto con quel vetro fusibile, e forma con applicano, come abbiam detto, sulla terraglia se non
esso un colore che non è omogeneo se non apparente- a u n a temperatura che non oltrepassa il punto di fu-
mente, perché è composto dell'ossido metallico misto sione dell'argento. Si cuociono gli oggetti ricoperti di
con un fondente che è la silice. quei colori in muffole, cioè in grandi capacità di ter-
Per dipingere sulla terraglia, si riduce questo co- racotta, somiglianti alle caselle, e destinate a preser-
lore in polvere, si stempera nell'essenza di spigo, e vare gli oggetti dall'azione delle ceneri e del gas del
con un pennello si applica questo colore sulla terraglia fuoco.
o maiolica già ricoperta della sua vernice. L'oggetto È un peccato che non si possa portare ad un grado
così decorato viene esposto all'azione del fuoco in un più elevato la temperatura della cotta di quei colori;
forno particolare. Il colore silicaceo entra in fusione, le pitture vi guadagnerebbero in lucentezza e in soli-
penetra in parte nella coperta, e si ottiene in tal modo dità. Disgraziatamente la porpora di Cassio, che fa
una pittura indistruttibile, poiché diviene parte inte- parte di molti colori, si altera a u n a temperatura più
grante della stoviglia stessa. elevata. Bisognò dunque che si calcolasse la composi-

192
193
194
zione degli altri colori in maniera che, per la loro fu- parati, per servirsene si mescolano col fondente che
sione, non esigono il grado di calore che distruggerebbe loro è più conforme, si macina quella mescolanza su
la porpora di Cassio. d'una lastra di vetro appannato, con essenza di spigo
Il fondente che si mescola coi colori di muffola non o di trementina, e con questi colori si dipingono gli
è il feldispato, che serve a vetrificare i colori a gran oggetti di terraglia mercé d'un pennello, come se si
fuoco; è un vero cristallo, cioè u n a mescolanza di rena trattasse d'una pittura ad olio.
e di minio che per mezzo del calore dà un cristallo Generalmente i colori si modificano poco all'azio-
fuso. ne del fuoco. La pratica d'altra parte insegna presto
Il borace serve egualmente di fondente ai colori di all'artista modificazioni dell'azione del fuoco su quelle
muffola, e dà pure un vetro, cioè un borate. pitture da prevedersi.
Ecco qua la composizione dei fondenti pel bigio,
Per cuocere le pitture sulla terraglia, si chiude, co-
per i carmini e i verdi e per i rocailles:
me abbiam detto, l'oggetto dipinto in u n a grande casel-
FONDENTE PEL BIGIO la o muffola, e si scalda questa in un forno particolare.
Borace fuso 1 parte Gli oggetti essendo imbevuti d'essenza di spigo, bi-
Fondente rocaille . . . . 2 parti sogna procurare nella muffola e nel forno una uscita
FONDENTE PER I CARMINI E I VERDI ai vapori che emanano da quegli oli o dai prodotti
della loro decomposizione. La muffola è dunque aperta
Borace fuso 5 parti nella sua parte superiore, quest'orifìzio non si chiude
Silice piromaca . . . . 3 parti che negli ultimi momenti dell'operazione.
Minio 1 parte
La temperatura conveniente per la cotta delle pit-
FONDENTE PER I ROCAILLES ture si regola mediante orologi e il colore del fuoco.
Minio 5 parti Questi orologi che s'introducono e si tiran fuori dal
Rena 1 parte forno consistono in piccole lastre di porcellana, sulle
Questa mescolanza, per mezzo della fusione in un quali col pennello s'è deposto un po' di carminio. Af-
crogiuolo, dà un vetro verdastro che si fa in polvere e finché il fuoco sia buono, bisogna che il carminio pigli
si conserva per l'uso. bel colore e sia ben fissato sulla lastra. Infatti, il car-
L'ultimo di quei fondenti è il meno, e il secondo il minio mal cotto è giallastro e non aderisce alla porcel-
più fusibile. lana. Quanto al color del fuoco, è un segno più diffi-
I colori di muffola sono forniti da differenti ossidi cile, e che esige molta pratica; ed è tuttavia il solo di
metallici, fra i quali figurano l'ossido di manganese, di cui si contentino nella maggior parte delle fabbriche.
zinco, di cobalto, la porpora di Cassio, l'ossido di cro¬ La fissazione dei colori sulla terraglia si fa in due
mio, di rame, d'antimonio, il litargirio (ossido di piom- operazioni o cotte.
bo), l'ossido di ferro, ecc. Nella prima si ottiene uno sbozzo, l'artista lo ri-
La tavolozza del pittore sulla terraglia è svariatis¬ tocca e lo finisce con nuovi colori.
sima per i colori di muffola. Diremo solo che, in questi Ritoccato lo sbozzo, si sottopone a una seconda cot-
ultimi anni nella manifattura di Sèvres s'è fatta u n a tura.
scoperta importante per la pittura ceramica; vogliamo Se rimane qualche difetto sulla pittura dopo questa
parlare dei colori a mezzo gran fuoco. Sembra che seconda cotta, si può correggere e cuocere la pittura
quei prodotti offrano vantaggi importanti all'artista, u n a terza volta. Ma un quarto fuoco guasterebbe tutto
che può conseguire invetriamenti ed effetti tanto splen- e non vi si ricorre mai. Le sole porcellane permettono
didi sulla porcellana dura quanto quelli che si otten- di esporre impunemente parecchie volte una pittura
gono sulla terraglia tenera. Frattanto l'industria non all'azione d'un gran numero di fuochi. Le coperte
ha ancora adottato questi nuovi colori. piombifere della porcellana tenera soltanto possono
Quando i colori a gran fuoco e di muffola sono pre- bravare molti riscaldamenti.

195
MARCHI
NON B E N I D E N T I F I C A T I

(impresso in pasta)
Musso - Mondovì ?

(in bleu)
Clarotti - Vicoforte ? (in marrone o nero)
Barberis - Chiusa ?

(inciso in pasta)
Montefameglio ?

(impresso in pasta) (in marrone o bleu) (impresso in pasta)


Musso - Villanova ? Salomone - Villanova ? Barberis - Chiusa ?

(in marrone)
?

(in bleu o verde) (impresso in pasta) (inciso in pasta)


Gribaudi - Vicoforte ? ? ?

(in bleu)
Musso - Villanova ?
(in bleu o marrone)
G. e F. Besio - Mondovì ?
Mombasiglio ?

196
PITTORI, DECORATORI,
MODELLATORI

L'ELENCO E' MOLTO RISTRETTO NON ESSENDOSI TROVATI DATI CERTI NEGLI ARCHIVI

Aimo Elisa Richard Ginori - Mondovì Massa Giovanni Messa - Mondovì


Aimo Paolo Ceramista occasionale Montesi Mario Richard Ginori - Mondovì
Astengo Giovanni B. Besio - Mondovì Montrone Antonietta Besio - Mondovì
Basso Katia Besio - Mondovì Montrone Giovanni Besio - Mondovì
Belmondo Montrone P.G. Besio - Mondovì
(specialista in galli) ? Neppi Madona Lola Ceramista occasionale
Bertola Domenico Occelli Maria Grazia Besio - Mondovì
(specialista in galli) ? Oliveri Francesco Besio - Mondovì
Bevilacqua Giovanni Besio - Mondovì Pardi Giovanni Musso - Villanova
Ceramista occasionale Passarmi Angelino ?
Bianchi Ego
Ceramista occasionale Passarmi Arnaldo ?
Bianchi Dada
Gabutti - Chiusa Pesio Passarini Gino
Bertero Francesco La Vittoria - Mondovì
Musso - Villanova
Blengino Vittorio Passarmi Giovanni La Vittoria - Mondovì
Beltrandi - Mondovì
Boetto Antonio Pecollo Giovanni Ceramica Mombasiglio
Gabutti - Chiusa Pesio
Bongiovanni Antonio Pasetto A.Maria Beltrandi - Mondovì
Richard Ginori - Mondovì
Bosio Agostino Parola Mario Besio - Mondovì
Musso - Mondovì
Bosio Angelo Peano Giacomo Gabutti - Chiusa Pesio
Musso - Villanova
Calosso Virgilia Ravotti Berto Ceramista occasionale
Besio - Mondovì
Colombatto Arnaldo Revello G. Battista Gabutti - Chiusa Pesio
Richard Ginori - Mondovì
Dardanelli Emilio Reviglio Romano Ceramista occasionale
?
Dardanelli Piero Rossetto Giacomo Ceramista occasionale
?
Dardanelli Pietro Salurro Giovanni Gabutti - Chiusa Pesio
La Vittoria - Mondovì Soma Giovanni Musso - Villanova
De Ambrosio Pietro
Ceramista - Chiusa Pesio Scheda Ettore Gabutti - Chiusa Pesio
Dell'Anese Loris
Ceramista - Chiusa Pesio Sciolli Beppe Besio - Mondovì
Dell'Anese Walter
Gabutti - Chiusa Pesio Sciolli Gioacchino Richard Ginori - Mondovì
Ellena Valente
Ferro Angelo Gabutti - Chiusa Pesio Severi Giacomo Besio - Mondovì
Fracchia Nino Besio - Mondovì Severi Oreste Besio - Mondovì
Gibello Prof. Giovanni Ceramista - Mondovì Severi Vincenzo Besio - Mondovì
Giraudo Tommaso Salomone - Villanova Siccardi Davide Besio - Mondovì
Gramondo Antonio Besio - Mondovì Siccardi Luigi Musso - Mondovì
Lattes dr. Marco Besio - Mondovì Siccardi Pietro Beltrandi - Mondovì
Marengo Giovanni Beltrandi - Mondovì Sostegni Luigi Ceramista occasionale
Martinengo Luigi Salomone - Villanova Varrone Rinaldo Ceramista occasionale
Martini Cesare Le Moline - Vicoforte Tarchi Romolo Musso - Villanova

197
PITTORI, DECORATORI,
MODELLATORI

Agostino Bosio ? Piero De Ambrosis ? Angelo Bosio

Agostino Bosio Angelo Bosio Agostino Bosio

? Pietro Siccardi Marengo Giovanni

? Pardi Giovanni ? Garelli? ? ?

? ? Billò ? ? Ferrari ?

198
PITTORI DECORATORI MODELLATORI MARCHI

Agostino Bosio
Neppi Madona Lola Sciolli Gioacchino Maria Grazia Occelli

Montrone Beppe Sciolli


? ?
A. Montrone

Scala 1:2

Scala 1:3
Ego Bianchi Scala 1: 4
Ego Bianchi

Giovanni Bevilacqua
Siccardi Pietro

Scheda Ettore

Messa Giovanni ? Marco Lattes

199
MARCHI
E CONTRASSEGNI

I marchi e i contrassegni che distinguono le cera- molteplicità di contrassegni, apposti su articoli molto
miche monregalesi sono numerosissimi. Se poi si con- simili se non uguali l'uno all'altro, che favorivano la
sidera che molti pezzi ne sono privi, sia perché di ra- vendita con la cervellotica credenza di trovarsi di fron-
pida esecuzione e quindi economicamente negativa la te a manufatti prodotti in paesi diversi e quindi in con-
apposizione del relativo marchio oppure perché nei correnza fra loro.
servizi da tavola o da toilette venivano contrassegnati Ognuno in sostanza aveva seguito, inconsciamente
solo pochi esemplari, si arriva alla conclusione, statisti- o meno, l'esempio ancora vicino di Giacomo Boselli,
camente confermata, che la quantità di pezzi ceramici uno fra i più grandi maiolicari savonesi, che aveva
messi in commercio nei centosessant'anni di vita delle creato, modificato o imitato un'infinità di prodotti stra-
fabbriche monregalesi deve essere stata enorme. nieri e nostrani contrassegnandoli moltissime volte con
Nei primi decenni la produzione, o almeno u n a par- il proprio nome e cognome francesizzato in JACQUE
te della produzione, era contrassegnata con ben preci- BOSELLI, JACQUE BOSELLY, JACQUE BOSELLI —
si marchi impressi nella pasta ed indicante il nominati- SAVONNE, JACQUE BORELLY, unendolo qualche vol-
vo del fabbricante e, non sempre, il luogo in cui era ta a quello del socio Giuseppe Robatto opportunamen-
posto l'opifìcio. Potevano anche essere indicati con le te trasformato in JOSEPH RAIBAUD; aveva così si-
sole iniziali — il che genera sovente confusione nelle mulato origini transalpine in un ben preciso momen-
attribuzioni — oppure, il massimo delle libertà conces- to storico aprendosi, con insospettata facilità, il mer-
se, anagrammare il cognome trasformando MUSSO in cato italiano che anelava merce straniera e conqui-
OSSUM e BESIO in OISEB. Della stessa epoca si co- stando la difficilissima clientela francese.
nosce anche qualche marchio fatto a mano o inciso
Anche i figuli monregalesi, con l'apporre marchi
nella pasta. Nella seconda metà dell'ottocento con lo
affermarsi della tecnica con decalcomanie o timbri, più con nomi arieggianti a origine forestiera o con scritte
economica perché di esecuzione veloce, i fabbricanti francesi o inglesi oppure con approssimativa grafia ci-
si distinguono per la varietà e l'esoticità dei marchi nese o giapponese, avevano ottenuto risultati stupe-
dimostrando di possedere uno spiccatissimo senso di facenti vendendo, sia sul nostro mercato che presso
immaginazione. E allora eccoli a immatricolare i loro clienti stranieri, manufatti che difficilmente avrebbe-
prodotti, oltre che con il normale marchio di fabbrica, ro trovato un così facile smercio. I medesimi articoli
con diciture strane e stravaganti, dettate da esigenze immessi sugli stessi mercati con i contrassegni cosid-
di tattica commerciale o per assecondare il gusto del- detti regolari o senza marca avevano registrato ven-
la clientela italiana caratterizzata da un inguaribile dite notevolmente inferiori. Questa regola da allora
atteggiamento esterofilo che non ha mai abbandonato è sempre stata applicata e ancora oggi si ottengono
i nostri connazionali di ogni tempo e di ogni regione, risultati che sorprendono i più smaliziati tecnici com-
oppure perché l'esportazione era agevolata da questa merciali del nostro tempo.

201
FAC SIMILE DEI MARCHI E CONTRASSEGNI
DISPOSTI IN ORDINE ALFABETICO
SCALA 1:2,25

(i numeri a fianco di ogni marchio indicano la pagina a cui si riferiscono)

202
FAC SIMILE DEI MARCHI E CONTRASSEGNI
DISPOSTI IN ORDINE ALFABETICO
SCALA 1:2,25

(i numeri a fianco di ogni marchio indicano la pagina a cui si riferiscono)

203
FAC SIMILE DEI MARCHI E CONTRASSEGNI
DISPOSTI IN ORDINE ALFABETICO
SCALA 1:2,25

(i numeri a fianco di ogni marchio indicano la pagina a cui si riferiscono)

204
FAC SIMILE DEI MARCHI E CONTRASSEGNI
DISPOSTI IN ORDINE ALFABETICO
SCALA 1:2,25

(i numeri a fianco di ogni marchio indicano la pagina a cui si riferiscono)

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Relazione fatta al Consiglio Provinciale di Mondovì nell'apertura della sua tornata
per il 1852 dall'Intendente Conte Augusto di Cossilia, Mondovì, 1852
Tabella dei forni e delle usine, descrizione di tre fabbriche di stoviglie monrega-
lesi nel 1858 (Arch. Com. Mondovì)
Municipio di Mondovì — Supplica al Ministero nel giugno 1863 perché Mondovì
sia nuovamente Capoluogo di Provincia, Mondovì, 1863
Consiglio Provinciale di Cuneo — Atti del Consiglio Provinciale — Anni 1860-1861-
1862, Cuneo, 1863
idem — Anni 1863-1864-1865, Cuneo, 1865
idem — Anni 1866-1867-1868, Cuneo, 1869
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idem — Cuneo, 1935
idem — Cuneo, 1947
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Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1899 I
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1900 II
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1902 III
Guida Oggero della Provincia dì Cuneo 1903 - 1904 IV
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1906 V
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1909 VI
Guida Oggero della Provincia dì Cuneo 1910 VII
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1911 VIII
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1912 IX
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1913 X
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1914 XI
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1915 XII
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1920 - 1921 XIII
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1923 XIV
Guida Oggero della Provincia di Cuneo 1925 XV
L'Almanacco di Mondovì 1877, Mondovì, 1877
O cannocciale de Savona: anno 1844
O cannocciale de Savona: anno 1845
O cannocciale de Savona: anno 1846
Il regolamento della Società Economica di Savona istituita nel 1834 e riformata
nel 1851 ecc. ecc., Savona, 1852
Triennale pubblica esposizione, Torino, 1829-1832
Storia dell'esposizione dei prodotti e delle manifatture nazionali fatta in Genova
nel settembre 1846, Genova, 1847
Esposizione Industriale e Belle Arti, Torino, 1850
Esposizione Agraria, Industriale e Artistica di Cuneo, 1870
Esposizione di Torino del 1878, Torino, 1878
Esposizione di Torino del 1883, Torino, 1883
Esposizione di Milano del 1880, Milano, 1880
Esposizione di Milano del 1885, Milano, 1885
Esposizione Agraria Industriale in Mondovì 1878, Mondovì, 1878
Esposizione Circondariale di Cuneo 1895, Cuneo, 1895

213
GIORNALI
MONREGALESI

IL MONDOVITA
IL VASCO
L'APE MONDOVITA
GAZZETTA PIEMONTESE
L'APE
L'ELLERO
IL MONREGALESE
LA GAZZETTA DI MONDOVÌ
UNIONE MONREGALESE
L'ALPINISTA

214
TAVOLE A C O L O R I
1 Piatto Ø cm 22,5 3. Piatto Ø cm 26,5
Policromia - Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì Alessandro Musso - Mondovì
1875-1884 1849-1879
2. Piatto Ø cm 32 - 4. Piatto Ø cm 22 -
Policromia Policromia
Vedova Besio e Figli G. Besio - Mondovì
Mondovì - 1884-1889 1875-1884
(collezione Giordano)

217
5. Piatto Ø cm 31,5 - 7. Piatto Ø cm 22
Policromia Policromia su rilievo
Felice Musso - Villanova Vedova Besio e Figli
1877-1885 Mondovì - 1884-1889
6. Piatto Ø cm 34 - 8. Piatto Ø cm 30 -
Policromia Policromia
Giuseppe Barberis Lorenzo Montefameglio
Chiusa Pesio - 1836-1866 (collezione Giordano)

218
9. Piatto Ø cm 28,5 11. Piatto Ø cm 22
Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì Giuseppe Besio - Mondovì
1849-1879 1867-1884
10. Piatto Ø cm 22,5 12. Piatto Ø cm 22,5
Policromia Policromia
Fratelli Gabutti - Felice Musso - Mondovì
Chiusa Pesio - 1866-1880 1879-1897

219
13. Piatto Ø cm 22 15. Piatto Ø cm 33
Policromia Policromia
Fratelli Salomone - Villanova Richard Ginori - Mondovì
1879-1881 1897-1920
14. Piatto Ø cm 22,5 16. Piatto Ø cm 31
Policromia Policromia
Fratelli Gabutti - Richard Ginori - Mondovì
Chiusa Pesio - 1866-1880 1920-1940

220
17. Piatto Ø cm 34
Policromia
Edoardo Barberis -
Mondovì - 1898-1901
18. Piatto Ø cm 28,5
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889
19. Piatto Ø cm 30,5
Lorenzo Beltrandi
Mondovì - 1898-1908

221
20. Piatto Ø cm 34,5 22. Piatto Ø cm 37
Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì Lorenzo Montefameglio
1849-1879 Mondovì - 1859-1867
21. Piatto Ø cm 30,5 23. Piatto Ø cm 31
Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì F.lli Gabutti - Chiusa Pesio
1849-1879 1880-1890
(collezione Giordano)

222
24. Piatto largh. cm 44 25. Piatto Ø cm 34,5 26. Piatto da parata
Policromia Policromia Ø cm 45 - Policromia
Alessandro Musso - Mondovì Fratelli Gabutti De Ambrosis pittore
1849-1879 Chiusa Pesio - 1866-1890 La Vittoria - Mondovì 1919

223
27

27. Piatto Ø cm 31
Policromia
P. Siccardi pittore
La Vittoria - Mondovì 1921
28. Piatto largh. cm. 44
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

28

224
29

30

29. Piatto Ø cm 39
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884
30. Piatto da parata
0 cm. 33,5 - Policromia
Edoardo Barberis - Mondovì
1898-1901

225
31. Piatto Ø cm 26 32. Piatto Ø cm 33 33. Piatto largh. cm 35
Policromia Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì ? - Mondovì 1860 circa Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879 1849-1879

31 32

33

226
34. Piatto Ø cm 28
Policromia
F.lli Gabutti - Chiusa Pesio
1880-1890
(collezione Giordano)
35. Piatto da parata
Ø cm 28 - Policromia
D.C. pittore - Felice Musso
Mondovì - 1879-1897

227
36

36. Piatto h. cm 52,5


Policromia
Fratelli Messa - Mondovì
1875-1884
37. Piatto Ø cm 22,5
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
38. Piatto Ø cm 27
Policromia
G.B. Magliano - Mondovì
1850-1859
(collezione Giordano)

37 38

228
39. Piatto Ø cm 22
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
40. Due piatti Ø cm 21
Policromia
Ved. Besio e Figli - Mondovì
1884-1890
(collezione Giordano)

229
41. Piatto da parata
Ø cm 43 - Monocromia
in rilievo
bianco-bleu
Fratelli Messa - Mondovì
1860-1878
42. Piatto da parata
Ø cm. 52 - Policromia in
rilievo - Benedetto Musso
Mondovì - 1810-1849
43. Piatto Ø cm. 22
Celadon in rilievo
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
44. Piatto largh. cm 21
Policromia in rilievo
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810
45. Piatto Ø cm 22
Policromia su rilievo
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

230
231
232
46. Piatto ovale largh. cm 37,5
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879
47. Piatto ovale largh. cm 50
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850
48. Piatto Ø cm 21
Policromia
Andrea Salomone - Villanova
1879-1890
49. Piatto Ø cm 36
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1898
50. Piatto Ø cm 27,5
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

233
51. Piatto Ø cm 28
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1919-1925
52. Piatto Ø cm 30
Policromia
P.A. Renaudi - Ceramica P.
Chiusa Pesio - 1950-1960

234
53. Madonna h. cm 41
Monocromia bleu
? - Mondovì - 1850 circa

235
54. Gallinella h. cm 11
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
55. Anatra h. cm 12
Policromia
Musso e Beltrandi - Mondovì
1884-1898
236
56. Placca h. cm 27,5
Policromia
Felice Musso - Villanova
1877-1890

237
57. Zuppiera h. cm 21 58. Zuppiera h. cm 20
largh. cm. 28,5 - Policromia
Francesco Perotti - Mondovì Vedova Besio e Figlio
1808-1810 Mondovì - 1884-1889

238
59. Zuppiera h. cm 27
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1850-1870

239
240
60. Zuppiera h. cm 24
Monocromia bianco bleu
Michele Giordana
Chiusa Pesio - 1833-1836
61. Zuppiera h. cm 28
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1850-1870
62. Zuppiera h. cm 26
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
63. Ragazza alla fonte
h. cm 23,5 - Policromia
? - Mondovì - 1850 circa
64. Strillone h. cm 18,5
Policromia
Felice Musso ? - Mondovì
1881 circa

65. Il moro e Gianduia


h. cm 21 - Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

241
66. Vassoio h. cm 22,5
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

242
67. Tazzoni h. cm 8,5
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
68. Tazzone h. cm 9
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850
69. Tazzone h. cm 10
Policromia
Felice Musso - Villanova
1877-1890

243
70. Zuccheriera h. cm 15,5 71. Boccale h. cm 27 72. Tazzine h. cm 6
Policromia Policromia Piattini 0 cm. 12,5
Vedova Besio e Figli Alessandro Musso - Mondovì Policromie
Mondovì - 1884-1889 1849-1879 Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

244
73. Composizione in sette
pezzi largh. cm 75
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849
74. Terrina h. cm 22
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1875 circa
75. Terrina Ø cm 27,5
Maiolica polìcroma
Benedetto Musso ?
Mondovì - 1810-1820

245
246
76. Vaso globulare h. cm 14
Celadon
Felice Musso - Villanova
1877-1890
77. Vasetti h. cm 12,5
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1850-1867
78. Vaso h. cm 20,5
Policromia
Vedova Besio e Figlio
Mondovì - 1889-1895
79. Vaso h. cm 19
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849
80. Vaso h. cm 19
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1897-1899
81. Vaso h. cm 18
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

247
82. Vaso h. cm 17
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1867
83. Vasi h. cm 30,5
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

248
TAVOLE IN B I A N C O E N E R O
1. Piatto Ø cm 22
Policromia
Giuseppe Barberis -
Chiusa Pesio - 1836-1866
2. Alzatina Ø cm 27
Monocromia bianco bleu
Michele Giordana ?
Chiusa Pesio - 1833-1836
3. Piatto Ø cm 26
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

251
4. Piatto Ø cm 21,5
Policromia bleu e marrone
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

252
5. Piatto Ø cm 31
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1880
6. Piatto Ø cm 29
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1897-1905
7. Piatto Ø cm 21,5
Monocromia marrone
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

253
8. Piatto Ø cm 23
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884
9. Piatto Ø cm 23
Policromia
Andrea Salomone
Villanova - 1879-1895

254
10. Piatto Ø cm 22,5
Policromia
Manifattura Gribaudi
Vicoforte circa il 1880
11. Piatto Ø cm 23
Policromia
Fratelli Tomatis - Mondovì
1840-1842

255
12. Piatto Ø cm 29
Policromia
Luigi Gribaudi
Vicoforte - 1889-1900
13. Piatto Ø cm 29
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890

256
14. Piatto Ø cm 31
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1879-1895

257
15. Piatto Ø cm 21,5
Policromia
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866
16. Piatto Ø cm 23
Monocromia bianco bleu
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890

258
17. Piatto Ø cm 22
Policromia
Fratelli Musso - Mondovì
1879
18. Piatto Ø cm 22
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836 1866
19. Piatto Ø cm 24
Policromia
Magliano - Mondovì 1850-1859
20. Piatto Ø cm 23
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850

259
21. Piatto Ø cm 20,5
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850

260
22. Piatto Ø cm 22
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
23. Piatto Ø cm 23
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1834

261
24. Piatto Ø cm 23
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

262
25. Piatto Ø cm 27
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849
26. Piatto Ø cm 31
Policromia
Andrea Salomone - Villanova
1881-1890

263
27. Piatto ovale h. cm 39
Policromia
Federico e Giuseppe Besio
Mondovì - 1885-1895

264
28. Piatto Ø cm 28,5
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
29. Piatto largh. cm 39,5
Policromia
Lorenzo Beltrandi - Mondovì
1898-1908

265
30. Piatto Ø cm 23
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884

266
31. Piatto largh. cm 39,5
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

267
32. Piatto Ø cm 22,5
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1884

268
33. Piatto Ø cm 22 35. Piatto Ø cm 30
Policromia Policromia
Luigi Gribaudi - Vicoforte Michele Giordana
1860-1865 Chiusa Pesio - 1836-1866
34. Piatto Ø cm 22 36. Piatto Ø cm 21,5
Policromia Policromia
Felice Musso - Mondovì Lorenzo Beltrandi
1879-1897 Mondovì - 1915-1919

269
37. Piatto Ø cm 23
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889
38. Piatto Ø cm 31
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890

270
39. Piatto Ø cm 22 41. Piatto Ø cm 22
Policromia Policromia
Giuseppe e Federico Besio Giuseppe Besio - Mondovì
Mondovì - 1885-1892 1867-1884
40. Piatto Ø cm 22 42. Piatto Ø cm 22
Policromia Policromia
? - Mondovì - 1850-1860 ca. Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

271
43. Piatto da parata
Ø cm 28,5 - Policromia
Felice Musso - Mondovì
1895 - Angelo Bosio pittore

272
44. Piatto Ø cm 21 46. Piatto Ø cm 24
Policromia Policromia
Agostino Bosio pittore Magliano - Mondovì
Richard Ginori - Mondovì 1850-1859
1927
47. Piatto Ø cm 22,5
45. Piatto Ø cm 23 Policromia
Policromia Felice Musso - Mondovì
Lorenzo Montefameglio 1879-1897
Mondovì - 1859-1867

273
48. Piatto Ø cm 33
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
49. Piatto Ø cm 22,5
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mombasiglio ? - 1870-1876

274
50. Piatto Ø cm 28
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1900

275
51. Piatto Ø cm 27
Policromia
Vedova Besio e Figlio
Mondovì - 1884-1889
52. Piatto Ø cm 26
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

276
53. Piatto Ø cm 32
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1926

277
54. Piatto Ø cm 28
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
55. Piatto Ø cm 28
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

278
56. Piatto Ø cm 24
Policromia
Andrea Salomone - Villanova
1881-1917
57. Piatto Ø cm 29
Policromia
Lorenzo Beltrandi - Mondovì
1898-1908

279
58. Piatto Ø cm 38,5
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879
59. Piatto Ø cm 21
Policromia
Alessandro Musso
Mondovì - 1849-1879

280
60. Piatto Ø cm 29
Monocromia bianco bleu
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1895

281
61. Piatto Ø cm 22
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
62. Piatto Ø cm 22
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

282
63. Piatto Ø cm 21
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
64. Piatto Ø cm 22
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

283
65. Piatto Ø cm 22
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850
66. Piatto Ø cm 24
Policromia bleu e marrone
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

284
67. Piatto Ø cm 33
Policromia
Fratelli Tomatis ? -
Mondovì - 1840-1842

285
68. Piatto Ø cm 24
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
69. Piatto Ø cm 22
Policromia
Michele Giordana
Chiusa Pesio - 1833-1836

286
70. Piatto Ø cm 32,5
Monocromia bianco bleu
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879
71. Piatto Ø cm 38
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

287
72. Piatto largh. cm. 36
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

288
73. Piatto Ø cm 34
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1834-1849
74. Piatto Ø cm 28
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì 1884-1889

289
75. Piatto Ø cm 30
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1834
76. Piatto Ø cm 40
Policromia
? - Mondovì circa 1860

290
77. Piatto Ø cm 19
Policromia
? - Mondovì circa 1860
78. Piatto Ø cm 35,5
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

291
79. Piatto Ø cm 21
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

292
80. Piatto Ø cm 37
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1819-1849
81. Piatto Ø cm 28
Monocromia bianco grigio
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1834
82. Piatto Ø cm 21
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis ?
Chiusa Pesio - 1836-1866

293
83. Piatto Ø cm 29
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

294
84. Piatto Ø cm 23
Policromia
Fratelli Messa - Mondovì
1875-1884
85. Piatto Ø cm 28,5
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890

295
296
86. Bacile largh. cm 32
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889
87. Piatto largh. cm 32
Monocromia bianco bleu
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
88. Piatto Ø cm 22
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
89. Piatto Ø cm 22,5
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

297
90. Piatto Ø cm 23
Policromia
Fratelli Gabutti -
Chiusa Pesio - 1866-1890
91. Piatto Ø cm 33
Monocromia bianco bleu
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

298
92. Piatto Ø cm 22
Monocromia bianco bleu
Luigi Gribaudi - Vicoforte
1889-1893

299
93. Piatto Ø cm 23
Monocromia bianco bleu
Musso e Beltrandi
Mondovì - 1884-1895
94. Piatto Ø cm 24
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884

300
95. Piatto Ø cm 27
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866
96. Piatto Ø cm 22
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì
1859-1867

301
97. Piatto Ø cm 22
Monocromia bianco bleu
Magliano - Mondovì
1850-1859
98. Piatto Ø cm 28
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

302
99. Piatto Ø cm 24 99
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884
100. Piatto Ø cm 23
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

100

303
101. Piatto Ø cm 22,5 101
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1834
102. Bacile Ø cm 27
Policromia
Giuseppe e Federico Besio
Mondovì - 1884-1892

102

304
103. Piatto Ø cm 31 103
Monocromia bianco bleu
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
104. Piatto Ø cm 23
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

104

305
105. Piatto Ø cm 22 107. Piatto Ø cm 22
Andrea Salomone Policromia
Villanova - 1879-1895 Andrea Salomone ?
Villanova 1881 1899
106. Piatto Ø cm 21
Policromia
Andrea Salomone 108. Piatto Ø cm 28
Villanova 1879-1895 Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

105 106

107 108

306
109. Piatto Ø cm 22,5 109
Policromia
Andrea Salomone
Villanova - 1879-1895
110. Piatto Ø cm 36
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

110

307
111. Piatto Ø cm 20 111
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
112. Piatto Ø cm 22
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884

112

308
113. Piatto Ø cm 22
Policromia
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

309
114. Piatto da parata
h. cm 39 - Policromia
Federico e Giuseppe Besio
Mondovì - 1895 -
Angelo Bosio pittore

114

310
115. Piatto Ø cm 28,5 115
Policromia - pittore
Angelo Bosio
Felice Musso - Mondovì
1890 circa
116. Piatto Ø cm 24
Monocromia grigia
Angelo Bosio pittore
Felice Musso - Mondovì
1890-1897

116

311
117. Piatto Ø cm 32 119. Piatto Ø cm 23,5
Policromia Policromia
Lorenzo Beltrandi - Mondovì Fratelli Gabutti
1898-1908 Chiusa Pesio - 1866-1890
118. Piatto Ø cm 23 120. Piatto Ø cm 23
Policromia Policromia
Alessandro Musso - Mondovì Felice Musso - Mondovì
1849-1879 1879 1897

117 118

119 120

312
121. Piatto Ø cm 22 121
Policromia
Vedova Besio e Figlio
1911
122. Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Vedova Besio e Figlio
Mondovì - 1911-1912

122

313
123. Piatto Ø cm 27 123
Monocromia stampata
Vedova Besio e Figlio
Mondovì - 1911-1912
124. Piatto Ø cm 27
Monocromia stampata
Vedova Besio e Figlio
Mondovì - 1918-1919

124

314
125. Piatto Ø cm 23 125
Monocromia stampata
Benedetto Musso - Mondovì
1879-1895
126. Piatto Ø cm 27
Monocromia stampata
Luigi Gribaudi - Vicoforte
1893-1910

126

315
127. Piatto Ø 26 127
Monocromia stampata
Giuseppe Besio - Mondovì
1875-1884
128. Piatto Ø cm 23
Monocromia stampata
Fratelli Messa ? - Mondovì
1875-1884

128

316
129. Piatto Ø cm 24
Monocromia stampata
Felice Musso - Mondovì
1885
130. Piatto Ø cm 24
Monocromia stampata
Felice Musso - Mondovì
1885
131. Piatto Ø cm 23
Monocromia stampata
Richard Ginori - Mondovì
1900

129 130

131

317
132. Piatto Ø cm 21
Monocromia stampata
Magliano - Mondovì 1850-1859

132

318
133. Piatto largh. cm 38
Monocromia stampata
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

133

319
134. Piatto Ø cm 22 134
Monocromia stampata
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
135. Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Magliano - Mondovì
1850-1859

135

320
136. Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Magliano - Mondovì -
1850-1859

136

321
137. Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

137

322
138. Piatto Ø cm 22 138
Monocromia stampata
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
139. Piatto Ø cm 21
Monocromia stampata
Magliano - Mondovì
1850-1859

139

323
140. Vassoio cm 21x21
Monocromia stampata
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1869

140

324
141. Piatto Ø cm 22
Monocromia stampata
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1870

141

325
142. Piatto Ø cm 35,5 142
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
143. Piatto Ø cm 29
Policromia
Agostino Bosio pittore
La Vittoria - Mondovì 1927

143

326
144. Piatto Ø cm 21,5 144
Policromia su rilievo
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889
145. Piatto Ø cm 22
Policromia su rilievo
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

145

327
146. Piatto Ø cm 26
Policromia su rilievo
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

146

328
147. Piatto Ø cm 19,5 147
maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810
148. Alzatina largh. cm 23
maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810

148

329
149. Piatto Ø cm 24 149
Monocromia bianco-verde
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
150. Piatto Ø cm 22
Celadon
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

150

330
151. Piatto da parata 151
Ø cm 35
Monocromia in rilievo
Richard Ginori - Mondovì
1897-1899
152. Piatto da parata
Ø cm 33 - Policromia in
rilievo
Fratelli Messa - Mondovì
1875-1884

152

331
153. Piatto da parata 153
Ø cm 28
Policromia in rilievo
Fratelli Messa - Mondovì
1875-1884
154. Tondino Ø cm 17,5
Rilievo policromo
Fratelli Messa - Mondovì
1875 - Giovanni Messa scult.

154

332
155. Piatto Ø cm 23 - 155
Celadon
Felice Musso - Mondovì
1879-1897
156. Piatto Ø cm 25
Celadon
Musso - Mondovì 1860 ca.

156

333
157. Piatto a giorno largh.
cm 21 bianco applicazioni
policrome
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

157

334
158. Piatto a giorno 158
Ø cm 25 - Bianco
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
159. Piatto a giorno largh.
cm 30 - bianco con
applicazioni policrome
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

159

335
160. Vassoio largh. cm 28,5
bianco
Musso Alessandro - Mondovì
1849-1879

160

336
161. Placca cm 36,5 x 28,5
Rilievo policromo
Fratelli Messa - Mondovì
1875-1884

161

337
162. Placchetta in rilievo
h. cm 16 - Policromia
Felice Musso - Mondovì 1890

162

338
163. Piastrella cm 20x10
Monocromia bianco bleu
Felice Musso - Villanova
1877-1900

163

339
164. Piastrella cm 23x12
Policromia
Edoardo Barberis - Mondovì
1898-1913

164

340
165. Placca cm 27,5 x 38,5
Policromia
Edoardo Barberis - Mondovì
1898-1901

165

341
166. Medaglione Ø cm 65
Policromia a rilievo
Giuseppe Besio - Mondovì
1880 circa

167. Vassoio largh. cm 25


Policromia in rilievo
? Mondovì 1850 circa

167

342
168. Vassoio h. cm 22
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850

343
169. Vassoio Ø cm 26,5
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

169

344
170. Fruttiera Ø cm 31 170
Policromia - Stampa miniata
Giuseppe Besio - Mondovì
1880 circa

171. Vassoio largh. cm 24


Monocromia bianco marrone
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

171

345
172. Vassoio cm 24,5x24,5
Monocromia bianco marrone
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

346
173. Cestino h. cm 26 173
Policromia a pennello
Giuseppe Besio - Mondovì
1880 circa

174. Vasetti traforati h. cm 8


Celadon
Magliano ? - Mondovì
1850-1859

174

347
175. Zuppiera h. cm 34
Monocromia bianco bleu
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1900

175

348
176. Zuppiera h. cm 12 176
Monocromia grigio-azzurra
Giuseppe Besio - Mondovì
1880 circa

177. Zuppiera h. cm 23
Monocromia bianco bleu
Lorenzo Montefameglio
Mombasiglio - 1870-1878

177

349
178. Zuppiera h. cm 26
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

178

350
179. Zuppiera h. cm 27
Monocromia stampata
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

179

351
180. Zuppiera h. cm 28
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
C h i u s a Pesio - 1836-1866

180

352
181. Catino e mesciacqua 181
Policromia, stampa miniata
Giuseppe Besio - Mondovì
1880 circa
catino Ø cm 37
brocca h. cm 20

182. Vaso da notte h. cm 24


Policromia
Magliano ? - Mondovì
1850-1859

182

353
183. Fiasca h. cm. 19
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1850

183

354
184. Fiasca h. cm 16 184
Monocromia bianco verde
M a g l i a n o ? - Mondovì
1850-1859

185. Fiasca h. cm 22
Policromia
Musso ? - M o n d o v ì
1810-1834

185

355
186. Boccale h. cm 11
Policromia
Andrea Salomone
Villanova - 1879-1890

186

356
187. Bottiglia h. cm 29
Policromia
Felice Musso - Villanova
1877-1890

187

357
188. Bottiglia h. cm 20
Maiolica policroma
Francesco Perotti o G.
Ubertinotti - Mondovì
1808-1810

188

358
189. Caffettiera e tazzina
h. cm 21 e cm 6,5
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Barberis
Chiusa Pesio - 1836-1866

189

359
190. Tazzina h. cm 7
Monocromia bianco bleu 190
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879
191. Tazzone h. cm 10
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

191

360
192. Zuccheriera h. cm 17 192
Monocromia bianco bleu
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867
193. Zuccheriera h. cm 14
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

193

361
194. Bomboniera h. cm 4,5
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1905

194

362
195. Acquasantiera h. cm 38
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1884

195

363
196. Acquasantiera h. cm 21
Policromia
Fratelli Messa ? - Mondovì
1875-1884

196

364
197. Calamaio h. cm 15
Policromia
Fratelli Gabutti
Chiusa Pesio - 1866-1890
198. Calamaio h. cm 9,5
bianco
Felice Musso - Villanova
1877-1890

198

365
199. Calamaio h. cm 19
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1841-1884

199

366
200. Bacinella Ø cm 26
Brocca h. cm. 19
Monocromia stampata
Giuseppe Besio - Mondovì
1850-1875

200

367
201. Potiches h. cm 35
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1825

201

368
202. Vaso h. cm 18,5
Policromia
Felice Musso - Mondovì
1879-1897

202

369
203. Vasi h. cm 23,5
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

203

370
204. Vaso h. cm 23
Policromia
s
Edoardo Barberi
Mondovì - 1898 1913

204

371
205. Vaso h. cm 19
Policromia
Lorenzo Beltrandi - Mondovì
1898-1908

205

372
206. Vasi h. cm 32
Maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti o
G. Ubertinotti - Mondovì
1808-1810

206

373
207. Vaso h. cm 16
Policromia
Richard Ginori - Mondovì
1900

207

374
208. Brocca h. cm 21
Monocromia bianco bleu
Lorenzo Montefameglio
Mondovì - 1859-1867

208

375
209. Brocchino h. cm 26,5
Policromia
Alessandro Musso - Mondovì
1849-1879

209

376
210. Brocchino h. cm 24,5
Bianco
Felice Musso - Villanova
1877-1890

210

377
211. Brocchetta h. cm 18
Policromia
Vedova Besio e Figli
Mondovì - 1884-1889

211

378
212. Brocca h. cm 23,5
Bianco
Felice Musso - Villanova
1877-1890

212

379
213. Brocca h. cm 16
Maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810

380
214. Brocca h. cm 21
Maiolica in manganese
rilievi bianchi
Francesco Perotti o
G. Ubertinotti
Mondovì - 1808-1810

381
215. Scaldino h. cm 24
Maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810

215

382
216. Cremiera h. cm 24
Maiolica marrone-nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810

216

383
217. Cornicetta cm 19,5x15,5
Maiolica marrone nocciola
Francesco Perotti - Mondovì
1808-1810

217

384
218. Bottiglie marrone o crema
Fabbriche di Vicoforte ?
Secolo XVIII

218

385
219. Cestello h. cm 10,5
Policromia
Francesco Perotti o
G. Ubertinotti - Mondovì
1808-1810

219

386
220

220. Vasi h. cm 17
Monocromia marrone
Fabbrica sconosciuta
sec. XVIII
221. Cestelli h. cm 24,5
Monocromia bianco bleu
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

221

387
222. Vasi h. cm 10,5 h.
cm. 14,5
Monocromia bianco bleu
Manifattura Gribaudi
Vicoforte circa 1880

222

388
223. Vaso h. cm 19
Policromia
La Vittoria - Mondovì
1919-1920

223

389
224. Suonatore h. cm 14 225. Contadino h. cm 22 226. Ranocchia h. cm 17,5 227. Gallinelle h. cm 9,5
Policromia Monocromia marrone Policromia Policromia
Benedetto Musso - Mondovì Fabbrica sconosciuta Benedetto Musso - Mondovì Felice Musso - Villanova
1890-1895 sec. XIX 1890-1895 1877-1900

227

390
228. Madonna h. cm 29
Bianco
Annibale Musso - Villanova
1851-1857

228

391
229. Testa di negro
h. cm 22,5
Policromia
Ved. Besio e Figlio
Mondovì - 1945-1965
230. Leoni h. cm 6,5
Maiolica policroma
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1815

230

392
231 231. Bambino con uccello
h. cm 11 - Policromia
Felice Musso - Villanova
1877-1890
232. Cacciatore h. cm 24
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849
233. Paggetto h. cm 25
Policromia
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849

232

393
234. Anatra h. cm 14
Policromia
Musso e Beltrandi
Mondovì - 1884-1898
235. Capretta h. cm 14
Monocromia bianco marrone
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1849
(collezione Jolanda Marrone)

394
236. Cane h. cm 27
Monocromia bianco bleu
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884
237. Cane h. cm 26
Policromia
Giuseppe Besio - Mondovì
1867-1884

395
238. Gatto h. cm 8,5
Monocromia bianco-marrone
Benedetto Musso - Mondovì
1810-1834

396
INDICE

LA TERRAGLIA pag. 7
LA CERAMICA MONREGALESE NEI SECOLI XVII - XVIII « 13
LA CERAMICA MONREGALESE DALL'INIZIO DEL SECOLO AD OGGI « 23
LA TERRAGLIA «VECCHIA MONDOVÌ» « 43
ESEMPI DI DECORAZIONI SULLA TESA DEL PIATTO ESEGUITI
NELLE FABBRICHE MONREGALESI « 51
IL DOTTORE FRANCESCO PEROTTI
IL CONTE GIUSEPPE ALESSIO CHIERA DEL VASCO « 71
I MUSSO « 77
Benedetto Musso — Mondovì « 77
Alessandro Musso — Mondovì « 79
Felice Musso — Mondovì « 83
Benedetto Musso — Mondovì « 84
Antonio Musso — Savona « 85
Giuseppe e Felice Musso — Savona « 85
Annibale Musso — Villanova « 86
Felice Musso — Villanova « 86
Ferdinando Musso — Villanova « 87
Mario Musso — Villanova « 87
Marchi e Contrassegni « 91
I BESIO E I LEVI « 97
Marchi e Contrassegni « 118
ALTRE FABBRICHE IN MONDOVÌ « 121
Andrea e Sebastiano Tomatis « 121
Giovanni Battista e Stefano Magliano « 123
Lorenzo Montefameglio e Luscaris « 123
Giovanni, Giuseppe e Maria Messa « 124
Felice Musso e Lorenzo Beltrandi « 124
Lorenzo Beltrandi e Figli « 127
Edoardo Barberis « 128
Ernesto, Biagio, Giovanni, Giuseppe Giorgis e A Sibilla Massiera « 123
La Vittoria « 131
Marchi e Contrassegni « 134
SOCIETÀ CERAMICA ITALIANA RICHARD GINORI — CARASSONE « 137
Marchi e Contrassegni « 143
LE FABBRICHE DELLA CERTOSA DI PESIO, CHIUSA PESIO E VILLANOVA « 147
Grandis e Berardengo « 147
Michele Giordana « 147
Giuseppe Barberis « 148
Salvatore e Giovanni Battista Gabutti « 151
S.A. Ceramica Piemontese « 153
Soc. An. per l'Esercizio della Ceramica Piemontese « 153
S.p.A. Ceramica Piemontese « 155
Loris e Walter dell'Anese « 155
F.lli Salomone e F.lli Messa « 155
Andrea Salomone « 157
Nuova Industria Ceramica sull'Ellero di P. Silvestrini « N.I.C.E. » « 158
Industria Ceramica Silvestrini Pianetta « N.I.C.E. » « 158
Marchi e Contrassegni « 161
LE FABBRICHE DI VICOFORTE, MOMBASIGLIO, CEVA « 165
Vicoforte « 165
Mombasiglio « 168
Ceva « 169
Marchi e Contrassegni « 172
STOVIGLIE COMUNI ED ORDINARIE OPPURE « ALL'USO DI ANTIBO »
DETTE ANCHE « TIPO ALPI MARITTIME » « 173
LA TECNICA PRODUTTIVA NELL'ANNO 1860 « 181
MARCHI NON BEN IDENTIFICATI « 196
PITTORI, DECORATORI, MODELLATORI « 197
Marchi e Contrassegni « 198
MARCHI E CONTRASSEGNI « 201
Fac-simile dei marchi e contrassegni « 202
BIBLIOGRAFIA « 206
GIORNALI MONREGALESI « 214
TAVOLE A COLORI « 215
TAVOLE IN BIANCO E NERO « 249
Finito di stampare nell'ottobre 1973
presso lo Stabilimento Litografico
AGA ARTI GRAFICHE ASSOCIATE
C.SO Brunet 15, 12100 Cuneo
©AGA editrice « IL PORTICHETTO »

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