Siegfried Kracauer
INDICE
in copertina: Unter Den Linden, 1925 progetto grafico: Giorgio Morara (studio Meta s.r.l.)
STRADE Ricordo di una strada parigina Analisi di un piano urbano Strada senza ricordo Due superfici Grida per strada Commiato dal Lindenpassage Magia di chioschi natalizi Locomotiva al di sopra della Friedrichstrae Per monti e per valli L OCALI Cartolina illustrata Il sottopassaggio Dalla finestra Delirio rupestre a Positano Bar del meridione Sugli uffici di collocamento Sale riscaldate Fortuna e destino Apparizione spettrale in un locale notturno Cinema nella Mnzstrae COSE Lillecita occhiata Il pianoforte La macchinetta da scrivere Le bretelle Inautentico tramonto degli ombrelli da pioggia La fascia collinare
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Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1964. Titolo originale dellopera Straen in Berlin und anderswo
50 52 55 58 70 73 83 90 94 97
T UTTI
2004, Edizioni Pendragon Via Albiroli, 10 40126 Bologna www.pendragon.it vietata la r ipr oduzione, anche par ziale , con qualsiasi m ezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
GENTE Popolo di strada parigino Fanciullo e toro Tre pierrot a zonzo Akrobat schn Il pianista Figure berlinesi Soluzione pacifica Apparizione lungo la Canebire Notizia editoriale Postfazione Un guastafeste al banchetto dei vincitori. Note su Siegfried Kracauer, di Daniele Pisani
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Sono trascorsi quasi tre anni dalla volta in cui mi smarrii in quella strada del quartiere di Grenelle. Fu il caso a condurmici; o meglio, non proprio il caso quanto una particolare forma di inebriamento quellinebriamento di strade che a Parigi mi coglie immancabilmente. La volta in cui incappai nella strada, ero tutto solo a trascorrere quattro settimane a Parigi, per i cui quartieri, giorno dopo giorno, me ne andavo a passeggio per ore ed ore. Si trattava di unautentica ossessione, cui non mi era consentito di resistere. Il fatto che, nel caso in cui fossi rimasto nella mia camera dhotel per un tempo superiore a quello destinato al sonno, o avessi sacrificato una serata per recarmi a teatro, avvertissi di commettere una sorta di tradimento testimonia fino a qual punto ne fossi in balia. Persino gli occasionali incontri con il gentil sesso mi sembravano uninadempienza del mio dovere, uno stolto distogliersi dalle strade, che su di me esercitavano unattrazione incomparabilmente pi intensa rispetto a quella di qualsiasi fanciulla. Lassaporavo ciecamente e me ne lasciavo consumare e, per quanto dalle mie dissolute peregrinazioni rincasassi sempre spossato, il giorno successivo, pure, nulla mi tratteneva dal cedere nuovamente alla mia passione. Anzi, tutto al contrario: con linfittirsi della nebbia che la crescente stanchezza diffondeva tuttintorno a me le strade finivano per ammiccarmi ancor pi seducenti. Di strade ce n in tutte le citt. Ma mentre altrove consistono in marciapiedi, file di case e superfici asfaltate lievemente incurvate, a Parigi irridono ogni tentativo di venir smontate nei diversi elementi che le costituiscono. Qualsiasi cosa esse siano orridi angusti che sfociano nel cielo, rami ormai prosciugati di fiumi, floride vallate di pietra le diverse parti di cui sono composte sono connesse le une alle altre come le membra di un essere
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vivente. Le fiancate degli edifici e il selciato stradale confluiscono, non di rado, senza soluzione di continuit, cos che, quando meno se lo aspetta, il sognatore viene a trovarsi, come fosse a livello del suolo, al di sopra delle pareti verticali dei muri, su fino ai tetti e oltre, ancora oltre, nel fitto dei camini. Era proprio lungo una rotta di questo genere che stavo vagando, e in ogni passante dovevo suscitare limpressione di un bighellone senza meta. Eppure, a rigor di termini, non ero senza meta: ero convinto di avere una meta, solo che, per mia sventura, avevo scordato la mia meta. Mi accadeva come a un uomo che cerchi nella sua memoria una parola che ha sulla punta della lingua e che pure non riesce a trovare. Smanioso di pervenire al luogo in cui il dimenticato mi sarebbe finalmente sopravvenuto, non potevo rasentare il pi modesto vicolo laterale senza infilarlo e senza svoltare allangolo che si apriva alle sue spalle. Avrei sopra ogni altra cosa desiderato esaminare minuziosamente tutti i cortili ed esplorarne meticolosamente una camera dopo laltra. Nello scrutare, cos, da ogni parte dal sole fino allombra e di nuovo, indietro, al giorno avevo la netta sensazione di non muovermi soltanto nello spazio, ma di varcarne non di rado i limiti e di fare irruzione nel tempo. Una segreta pista di contrabbandieri conduceva nel distretto delle ore e dei decenni, il cui sistema stradale era altrettanto labirintico di quello della citt medesima. La strada di cui voglio narrare si trova in un quartiere proletario. Per inciso, devo qui aggiungere che, sebbene nelle mie camminate pr ocedessi prop rio senza alcuna pr evia forma di scelta, finivo col prediligere, davvero arb itrariamente, i settori pi poveri della citt. Non che isolati in cui splendore, ricchezza e piacere siano di casa manchino ai miei occhi del fascino auspicato. Anchessi sono intricati come vecchi oggetti duso ormai divenuti incompr ensibili, ficcati luno dentr o laltro e, simili a orme estranee, a malapena decifrabili. Ma soltanto dove abitano gli statali di grado inferior e, i mestieranti e i tanti anziani che le case si ammassano p i prive di piano, pi brutte e pi fitte, e che odori ed esalazioni i cui contorni corporali interfer iscono con le forme visibili osano far capolino. Tutte queste strade se ne stanno a un passo dallinsurrezione: sgan10
gherate masnade sul punto di disperdersi o, invece, di marciare tutte insieme, unite. E talvolta come se si udisse un rullo di tamburi percossi in lontananza. La strada, la scoprii di primo pomeriggio, convinto di trovarmi nei pressi del fondo di un vicolo cieco, limitato su di un lato da un alto, informe teatro di periferia. Il teatro era chiuso, e il suo abbandono era tale da lasciare presagire che non vi si sarebbero mai pi tenute rappresentazioni. Ancor prima di essermi inoltrato nel vicolo cieco, notai che non si trattava affatto di un vicolo cieco sbucava bens in un altro vicoletto che conduceva sul retro del teatro. Era proprio nel mezzo della parete posteriore del teatro, intonacata di bianco e priva di finestre, che la strada sbatteva. Era rettilinea, lunga soltanto pochi minuti e ampia in proporzione. Come mi rendevo conto solo in quel momento, lavevo in un certo senso aggredita alle spalle: giacch, allestremit dirimpetto al teatro, senza nemmeno accennare a giocare a nascondino, essa si apriva su di unanimata arteria stradale. Volli subito misurare a grandi passi il breve tragitto che mi separava dallarteria stradale. Ma a quel punto avvenne che: non appena mi staccai dalla parete bianca ed esageratamente alta del teatro, mi risult tutto ad un tratto difficile proseguire, e avvertii che invisibili reti mi trattenevano. La strada in cui mi trovavo non mi lasciava libero. A irrisoria distanza sferragliavano autobus e autocarri: trasparenti, quasi fossero di vetro, affioravano e svanivano come sullaltra sponda, cui non mi era consentito di approdare. Provai a far luce sulla mia situazione. Non erano ancora le tre, e soltanto sparuti passanti attraversavano la strada. Alle due insignificanti case daffitto sulla destra e sulla sinistra erano affisse, con mio stupore, le insegne di un paio di hotel: nere insegne incurvate, alla maniera consueta a Parigi, con la scritta Htel e nientaltro. In un simile contesto, la loro lieve incurvatura risultava assolutamente equivoca. Mi avvicinai seppur paralizzato, e non poco, nella mia libert di movimento a questo benedetto hotel. La sua porta una normalissima porta privata era sbarrata, le sue finestre, dietro cui mancavano buona parte delle tendine, parevano bocche sdentate. Accanto al tirante del campanello, era appesa una tavola sulla quale stava scritto a lettere or11
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mai cancellate che laccesso allhotel non si trovava l, bens svoltato langolo dellarteria stradale. Evidentemente, era da un pezzo che nessuno pi prestava attenzione allindicazione, giacch lintero caseggiato destava limpressione di essere disabitato, addirittura fatiscente. Mentre i miei sguardi scorrevano dalla sua facciata alle altre facciate, mi resi tutto ad un tratto conto di essere stato tenuto sotto osservazione. Dalle finestre dei piani superiori di numerose case, giovani in maniche di camicia e donne sciattamente vestite volgevano lo sguardo gi su di me. Non proferivano parola, seguitavano soltanto a guardarmi. Dalla loro semplice presenza proveniva una tremenda violenza, ed ebbi quasi la certezza che fossero stati loro ad irretirmi. Nel loro restarsene muti, senza proferir motto, mi sembravano esser stati covati dalle case stesse. A ogni istante avrebbero potuto protendere su di me i loro tentacoli e trascinarmi nelle loro camerate. Con uno sforzo disperato, come di un nuotatore contro corrente, mi diressi verso limbocco della strada. Le donne saranno prostitute mi consolai e mi convinsi che una di esse mi avesse ammiccato. Un poco tranquillizzato, mi venne voglia di proseguire a grandi falcate quando mi fu imposto lalto l: non direttamente dai giovani, e tanto meno a parole, bens da un quadro vivente. Quasi a punire la mia sconsideratezza, si frappose lungo il mio tragitto. Vidi: un giovane se ne sta seduto su di una sedia posta nel mezzo della camera. La camera una camera dhotel, le cui finestre sono aperte. Contiene un letto sfatto, un lavabo e un armadio. Gli oggetti se ne stanno come in attesa, quasi avessero messo le radici, e mi fissano con uninsistenza tale che parrebbero dipinti a tratti iperrealistici. Lacqua sporca del bucato uno stagno, senza deflusso, larmadio mette spudoratamente in mostra i suoi graffi e le sue crepe. Ai piedi del giovane se ne sta rannicchiata, aperta, una valigia mezza imballata, in cui deve esser stato ficcato in tutta fretta il bucato. Circondato dal mobilio, il giovane seduto ha preso a sorreggersi il capo con la mano. Il pavimento della camera non pu trovarsi pi in alto del selciato stradale. Mi arresto davanti alla finestra che si volatilizzata ormai da un pezzo ma il giovane dalla capigliatura arruffata non mi prende in considerazione pi di quanto faccia con la sua vali12
gia. Nulla esiste per lui, se ne sta seduto completamente solo sulla sua seggiolina nel vuoto. Ha paura, la paura a paralizzarlo Come mi sia riuscito di sbucare sullarteria stradale non lo so pi. Quel che conta che mi ci trovai, tra banchi di macellai, indumenti esposti e suppellettili domestiche a buon mercato collocate davanti a piccole lastre specchianti. Sulla destra si apriva una strada che, da l, fuggiva come una saetta e si piegava come linsegna di un hotel. Non la conoscevo ancora in tutti i suoi aspetti. Mentre mimmergevo nel suo cos familiar e tumulto, maccompagnava ininterrottamente limmagine del giovane nella camera dalbergo. In seguito, presi a ritenere verosimile che il giovane fosse un delinquente che in quellangusta camera avesse tentato di far perdere le tracce ai suoi inseguitori. Lhotel un covo, mi dissi. Ma allora: comera possibile che la finestra se ne stesse aperta? Il pneumatico di unautomobile esplose proprio accanto a me, avvertivo come in me lo scompiglio stesse crescendo a vista docchio. Nel mezzo del frastuono mi frull per la testa che, forse, era lintera strada a servire da nascondiglio; la qual cosa veniva contraddetta soltanto dal suo carattere pubblico. O non era forse che, alla fine dei conti, essa non esisteva affatto, e i giovani e le donne assiepati lass, insieme con le interiora dellhotel, altro non erano che apparizioni, che si spiegavano in base allo stato in cui mi trovavo? La strada, nel suo sfrecciare, mi risucchi, e descrissi lansa che compieva. Fu un andarsene a dritta e a manca, i veicoli da trasporto cigolavano, facciate e portoni mi passavano le une agli altri. Tutto ad un tratto poteva esser trascorsa unora, forse pi mi ritrovai allimbocco della strada. La vidi da dietro. A formarne il fondale era la parete del teatro, bianca e senza finestre, una solida massa muraria che non voleva saperne di ritrarsi. La stradina se ne stava adagiata, assorta, come in attesa del crepuscolo. Avrei forse dovuto percorrerla ancora una volta? Per quanto a lungo fossi rimasto ad indugiare, non dubitai per un istante che avrei dovuto calcarla di nuovo, che avevo girovagato esclusivamente allo scopo di ritrovarla. Lincantesimo in cui la mia irresolutezza mi tratteneva venne fugato dal sopraggiungere di un assembramento di bambini, fuoruscenti da una casa di mattoni rossi che si affacciava sullarteria stradale. Era
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finita la scuola. A sgorgare dal tremendo fronte in mattoni erano vivaci bambini. Una parte di essi schizz via dinnanzi a me. Cianciavano e strillavano e, con mia meraviglia, irrompevano spensieratamente nella strada. Sollevato, mi accodai a loro. Dove spirava la loro innocenza non poteva capitare alcuna disgrazia, e infatti ne seguii i passi traendone un grande senso di sicurezza, come se fossi avvolto in una nube. Nella nube di bambini schiamazzanti, la strada mi parve una strada come tutte le altre. Alcune finestre erano illuminate, la porta di una casa era accostata. Mi credevo ormai felice e beato allorch la nube dilegu e davanti ai miei occhi si ripresent il quadro. Il giovane nella camera dalbergo il tempo non aveva intaccato il quadro iperrealistico. Il giovane se ne sta ancora seduto su di una sedia posta nel bel mezzo della camera. La valigia mezza imballata, come pocanzi, lacqua sporca del bucato non ancora stata versata. E il giovane ancora seduto e sorregge il suo capo con la mano. Si tratta forse di un altro giovane? Mi accorgo di non averne mai visto il volto. Contro la mia stessa volont, tasto le mura dellhotel: sono solide e di pietra. Come faccio per guardare verso lalto, la parete del teatro mi si para pian piano dinnanzi. Era proprio priva di finestre, e ora piena di autentiche finestre da casa daffitto, dallalto delle quali mi sta di nuovo osservando la muta congrega. La parete del teatro saccresce a dismisura e, con la sua bianca merlatura, striscia quatta quatta nel buio. Si fatto buio, e scopro che i bambini sono stati spazzati via. Me ne giungono solo le risate, ormai talmente flebili che parrebbero provenire dal teatro. Le rincorro mi aggrappo alle risate come ad un estremo appiglio. Alle mie spalle si chiude la strada. Mai, nessuna delle volte in cui ho da allora fatto ritorno a Parigi, mi sono pi arrischiato ad aggirarmi nei dintorni di quella strada. Del resto, di strade cui sono legato da ricordi particolari ce ne sono parecchie, un po in tutti i quartieri della citt. Ciascuna possiede il proprio profumo e la propria storia. E questa storia non trascorsa: ancora in vita, come se fosse attuale. La chiesa di St. Julien le Pauvre, ad esempio, si desta il mattino e va a letto la sera come un grande magazzino qualsiasi. Questo forse
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dipende dal fatto che, per converso, a Parigi il presente ha il bagliore del passato. Persino mentre si vaga per strade piene di vita, esse risultano gi distanti come ricordi in cui la realt si mescola ai propri pluristratificati sogni e in cui rifiuti e costellazioni trovano un punto dincontro.
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