L’utilizzo consapevole e abile di linguaggio e metro è una delle caratteristiche più innovative della poesia teocritea. Il linguaggio di Teocrito è una consapevole condensazione delle principali tradizioni poetiche greche, che tuttavia non si limita mai alla mera imitazione. Al contrario, rappresenta una delle operazioni linguistiche e stilistiche più originali mai intraprese nella poesia greca. Il linguaggio di Teocrito non è un “dialetto”, ossia la versione letteraria di una varietà linguistica realmente parlata in un’area della Grecia. Piuttosto, è un linguaggio artificiale sviluppato in modo da ottenere determinati effetti stilistici. È fortemente influenzato da elementi presi in prestito da tre gruppi principali di dialetti: Dorico, Ionico, e Eolico. La tradizione poetica precedente aveva già innalzato questi dialetti allo status di prestigiosi veicoli letterari: la lirica corrale, la tradizione mimica e comica siciliana di Epicarmo e Sofrone avevano fatto ciò con il Dorico; l’epica omerica con lo Ionico; la poesia di Saffo e Alceo con l’Eolico (orientale). Teocrito sembra conformarsi alla tradizione poetica precedente, in quanto in alcuni Idilli conserva il rapporto fra un particolare genere poetico, rappresentato dall’uso di un determinato metro, e la scelta di un colorito dialettale conseguente. Dunque troviamo composizioni esametriche che fanno più frequentemente uso della dizione epico-ionica (12-13, 16-17 e 24) e composizioni in metro eolico che rimandano più sistematicamente al linguaggio di Saffo e Alceo (28-30). Allo stesso tempo, tuttavia, in tipico stile alessandrino, Teocrito per certi aspetti mina la pietra miliare della tradizione poetica arcaica e classica. L’esametro –metro usato convenzionalmente per la solenne poesia epica in dialetto Ionico, è adottato per rappresentare scene rurali e urbane caratterizzate dall’uso del Dorico. La volontà di allentare il rapporto fra dialetti, generi letterari e forme metriche è evidente anche in composizioni in cui l’elemento Ionico è prevalente. Mentre la combinazione fra Ionico e esametro è classica, la scelta della materia è spesso più inusuale. Un’analisi del linguaggio letterario di Teocrito presenta un certo numero di difficoltà. Da un lato è impossibile fornire una sua descrizione oggettiva utilizzando semplici formule, dato che l’equilibrio tra elementi tratti da differenti dialetti e le tradizioni poetiche varia da idillio a idillio. Ad esempio, il Dorico degli “Idilli Dorici” varia da quello aulico di Tirsi (1) e Le Talisie (7), in cui gli elementi Dorici sono mescolati a un ampio numero di elementi epici (Ionico e Eolico), al linguaggio più colloquiale delle Siracusane (15), che presenta elementi più vicini a varietà parlate. Una patina dorica caratterizza gli “Idilli misti” (13, 16-17, 24), in cui la componente Ionica è più preminente. Inoltre determinati elementi dialettali sfuggono a spiegazioni univoche. Un esempio è la classificazione dei participi femminili in –oisa. Tradizionalmente considerati elementi Eolici, questi participi (molto comuni nel linguaggio della lirica corale) sono stati il focus di teorie moderne che hanno cercato di collegarli a un’origine dorica. In aggiunta a tutto ciò è bene specificare che ciò che leggiamo nelle edizioni critiche è spesso il risultato di scelte testuali di editori moderni. La tradizione manoscritta di Teocrito è un labirinto in cui forme dialettali alternative compaiono fianco a fianco (di qui l’osservazione di Gow secondo cui è impossibile ricostruire un testo originale). 2. Dialetti dorici in Teocrito: un esempio dall’Idillio 1 Il dialetto più presente nel testo di Teocrito è il Dorico. Gli studi sull’autore generalmente ascrivono gli Idilli 1-7, 10-11, 14-15, 18 e 26 al gruppo delle composizioni doriche. Un diverso strato linguistico è adoperato in quegli Idilli (13, 16-17 e 24) che presentano tratti Ionici selezionali al fianco di quelli Dorici. Le varietà del Dorico si distinguono nel trattamento di e lunga e o lunga secondarie; in alcune queste vocali sono aperte, scritte come omega e eta. La dialettologia greca, seguendo una classificazione introdotta da Ahrens, si riferisce a queste varietà con il termine Doris severior (dorico forte). In altre varietà doriche le stesse vocali sono chiuse, scritte come ei e ou (con epsilon e omicron). Questo trattamento è tipico del cosiddetto Doris mitior, che in questo è uguale all’attico-ionico e alla koinè. Il testo teocriteo mostra soprattutto vocalismo “mite” (ei) per e lunga e vocalismo forte (omega) per o lunga. Tuttavia questa distribuzione, netta nelle edizioni moderne, diventa molto meno chiara se ci si rivolge alla tradizione manoscritta e ai papiri. Il vocalismo “mite” (Doris mitior) potrebbe essere considerato originario in Teocrito in quanto tipico del siracusano, ma anche perché è la più comune varietà dorica nella lirica corale. Allo stesso tempo tuttavia non è irragionevole ritenere i copisti responsabili della presenza di alcuni elementi di vocalismo mite, che è vicino a quello della koinè. Il risultato è che le edizioni moderne tendono a preferire il vocalismo forte laddove sia supportato a sufficienza dalla tradizione manoscritta, arrivando anche a estenderlo a parole che la tradizione testuale trasmette invece con vocalismo mite. Idillio 1 (1-14) ΘΥΡΣΙΣ Ἁδύ τι τὸ ψιθύρισμα καὶ ἁ πίτυς, αἰπόλε, τήνα, ἁ ποτὶ ταῖς παγαῖσι, μελίσδεται, ἁδὺ δὲ καὶ τύ συρίσδες· μετὰ Πᾶνα τὸ δεύτερον ἆθλον ἀποισῇ. αἴ κα τῆνος ἕλῃ κεραὸν τράγον, αἶγα τὺ λαψῇ· 5 αἴ κα δ' αἶγα λάβῃ τῆνος γέρας, ἐς τὲ καταρρεῖ ἁ χίμαρος· χιμάρω δὲ καλὸν κρέας, ἔστε κ' ἀμέλξῃς. ΑΙΠΟΛΟΣ ἅδιον, ὦ ποιμήν, τὸ τεὸν μέλος ἢ τὸ καταχές τῆν' ἀπὸ τᾶς πέτρας καταλείβεται ὑψόθεν ὕδωρ. αἴ κα ταὶ Μοῖσαι τὰν οἴιδα δῶρον ἄγωνται, 10 ἄρνα τὺ σακίταν λαψῇ γέρας· αἰ δέ κ' ἀρέσκῃ τήναις ἄρνα λαβεῖν, τὺ δὲ τὰν ὄιν ὕστερον ἀξῇ. ΘΥΡΣΙΣ λῇς ποτὶ τᾶν Νυμφᾶν, λῇς, αἰπόλε, τεῖδε καθίξας, ὡς τὸ κάταντες τοῦτο γεώλοφον αἵ τε μυρῖκαι, συρίσδεν; τὰς δ' αἶγας ἐγὼν ἐν τῷδε νομευσῶ. Questi versi presentano i seguenti elementi dorici: - /a lunga/ originaria è conservata e non modificata in /e lunga/, come in attico-ionico: si vedano l’articolo femminile ἁ per eta (ἁ πίτυς) o l’avverbio ἁδὺ per edù con eta. Nell’antichità alfa lungo era considerato il segno distintivo del dorico, di conseguenza la tradizione testuale di Teocrito presenta vari casi di alfa lungo non etimologico corretto da editori moderni. - La conrazione di a- con o- produce a lungo, non o lungo (τᾶν Νυμφᾶν invece di ton Numfon con omega). - Il genitivo singolare della seconda declinazione termina in –omega: è tipico del Dorico Forte, mentre nel Doris mitior la desinenza è –ou. La stessa vocale lunga aperta caratterizza gli accusativi plurali della seconda declinazione, che termina in –ws. - Troviamo i pronomi personali ἐγὼν, τύ al posto di sù e τὲ al posto di sè. - Il nominativo plurale dell’articolo maschile e femminile potrebbe conservare la radice in t-: ταὶ Μοῖσαι. L’attico ionico (oi, ai) è un’innovazione. Teocrito tuttavia utilizza anche le forme standard. - Il pronome deittico ἐκεῖνος è sostituito dalla forma tipicamente dorica τῆνος. - La desinenza della seconda persona singolare del presente tematico è –es, non –eis: συρίσδες. - Il futuro attivo a desinenze che ricordano quelle dei verbi contratti, come segnalato dall’accentazione persipomena: ἀποισῇ (3), λαψῇ (4), ἀξῇ (11), νομευσῶ (14). Futuri dorici “contratti” di questo tipo sono attestati nella tradizione testuale della lirica corale, Epicarmo, Sofrone e Pitagore. È difficile capire in quali casi siano autentici, dato che la maggior parte delle forme è metricamente equivalente a futuri standard. - I verbi in –zw formano il futuro sigmatico e l’aoristo in –csi-. - L’infinito attivo tematico potrebbe presentare una desinenza breve in –en al posto di quella comune, lunga, in –ein). Questi infiniti brevi erano normali in alcune varietà doriche, ma si trovano anche nel dorico lettarario (Simonide, Pindaro, Bacchilide, Pitagora) e in Esiodo: è quindi molto probabile che rappresentassero per Teocrito una raffinata caratteristica del linguaggio poetico piuttosto che un elemento della varietà parlata. - La preposizione πρός è sostituita dal suo equivalente del Greco occidentale ποτὶ (2, 12). - La congiunzione condizionale (ei) e la particella modale (an) in Dorico sono ai e ka. - Il verbo “volere” non è βούλομαι ma lw, λῇς (12). Altre caratteristiche non presenti in questo pasaggio del primo Idillio sono le seguenti: - La prima persona plurale attiva termina in –mes (arcaismo, -men è un’innovazione attico- ionica). - La terza persona plurale attiva termina in –nti: anche questo è un arcaismo. - L’aoristo di erkomai è ἦνθον. - Gli accusativi plurali di prima e seconda declinazione potrebbero presentare desinenze brevi in –as e –os. È probabile che il motivo per cui si trovino nella poesia teocritea è che facevano già parte del linguaggio letterario di Esiodo, Alcmane, Simonide, Empedocle ed Epicarmo. Nel contesto della letteratura ellenistica, produrre poesia esametrica su pastori in un dialetto che non aveva quasi alcuna connessione con l’esametro era una vera novità. Questa scelta linguistica diventa ancora più pregnante quando si considera che in numerosi casi Teocrito avrebbe potuto utilizzare elementi non-dorici: molti dei tratti analizzati sopra possono essere sostituiti con forme equivalenti prese da altri dialetti. Ciò si applica non solo alle vocali, ma anche a tratti morfologici che sono tipici della dizione Dorica. Proprio lo status incerto di queste e altre forme porta a domandarsi se siano originali o no. συρίσδες ad esempio è uno dei soli 4 esempi di –es trasmessi dalla tradizione, nessuno dei quali in posizione metricamente garantita. È probabile che la desinenza dorica –es sia stata introdotta nel testo di Teocrito per antiche teorie grammaticali secondo cui Teocrito debba aver usato determinati elementi dorici. I primi versi dell’Idillio 1 rendono conto anche del fatto che lo strato dorico è arricchito da elementi provenienti dal linguaggio lirico o epico: ad esempio, l’articolo femminile plurale ai, innovazione attico-ionica contrastante rispetto alla forma dorica conservativa tai. Un altro tratto epico che compare un po’ più avanti nell’Idillio 1 è il genitivo singolare terminante in –oio. Non si può invece essere sicuri che Μοῖσαι al v. 9 (che non è la forma dorica standard, altrimenti avremmo Mwsai o Mousai) sia stato scritto da Teocrito stesso. La tradizione è divisa tra manoscritti che trasmettono Μοῖσαι (KAGS nell’edizione di Gow) e quelli invece che trasmettono la forma dorica forte Mwsai (PQW). Decidere se Moisai o Mwsai sia la forma autentica qui coinvolge l’interpretazione stessa del linguaggio teocriteo: ha usato la forma “forte” Mwsai per accentuare il carattere dorico di questo Idillio o la forma Moisai per sottolineare e alimentare la poikilia linguistica della composizione? Gow e la maggior parte degli editori moderni optano per Moisai, perché è supportata dal consenso fra la famiglia Ambrosiana (K) e quella Vaticana (AGS), contro la testimonianza della sola famiglia Laurenziana (PQW). 2.1 La trasmissione delle Forme Doriche nella traduzione testuale La mistione di forme che può essere attribuita a diverse varietà di Dorico combinate con altre ancora, estranee alla tradizione dorica, ha interrogato gli studiosi della poesia teocritea a lungo. Nonostante questo innegabile mélange, già antichi studiosi e anche i Bizantini consideravano Teocrito un modello dorico tout court. Gli scholia vetera affermano che Teocrito utilizza il Dorico per imitare il linguaggio rustico. Questa antica interpretazione trova un’eco nei frequenti tentativi moderni di spiegare il carattere composito del Dorico di Teocrito con teorie che lo vedono intenzionato a riprodurre realisticamente una varietà dorica storica, l’autenticità della quale sarebbe stata alterata da confusi o negligenti copisti nel corso della trasmissione testuale. Le meglio conosciute teorie del realismo linguistico di Teocrito sono quelle di Magnien (1920) e Ruijgh (1984). La prima ha sostenuto che Teocrito scrisse le sue composizioni nella varietà di dorico mite parlato a Siracusa nel III sec. a.C. Un elemento fondamentale dell’ipotesi di Magnien è l’utilizzo da parte di Teocrito di dativi in –essi per radici consonantiche della terza declinazione (es. Pantessi), un tratto innovativo che si riscontra appunto nel dialetto siracusano. Tuttavia questo tratto può essere facilmente spiegato come elemento ereditato dalla tradizione poetica greca nel suo insieme: dativi in –essi sono frequenti sia nel linguaggio epico che in quello lirico; inoltre la teoria di Magnien si scontra con l’uso di alcuni elementi non siracusani (ad esempio desinenze del genitivo e dell’accusativo in –w e –ws). Anche l’articolo di Ruijgh va nella direzione del realismo, pur non ignorando il carattere letterario e composito del linguaggio teocriteo. Ruijgh afferma che per i suoi Idilli dorici Teocrito abbia tratto ispirazione dal dialetto parlato a Cirene nel primo Ellenismo, un dialetto caratterizzato da participi in –oisa, genitivi in –w, e desinenze della seconda persona singolare in –es, e con cui Teocrito avrebbe familiarizzato per la presenza di numerosi Cirenei che si erano spostati ad Alessandria. L’ipotesi di Ruijgh presenta diversi carenze dal punto di vista linguistico. Non spiega l’altro numero di elementi del dorico mite, ad esempio accusativi plurali in –ws o –ous, o gli infiniti tematici in –ein. Per spiegare questi tratti non provenienti da Ciren e Ruijgh si rifà all’ipotesi secondo cui il dialetto cireneo noto a Teocrito era stato influenzato dalla koinè parlata ad Alessandria: in altre parole, il linguaggio di Teocrito sarebbe una sorta di dorico “koinizzato”. Queste teorie evidenziano soprattutto l’Idillio 15, che rappresenta uno scambio fra due donne siracusane che vivono nell’Alessandria tolemaica, Gorgò e Prassinoa. Questo idillio colpisce non solo per le espressioni colloquali e la sua immediatezza, ma anche perché ai vv. 87-93 contiene una rara riflessione metalinguistica. Un passante, sentendo la chiacchierata interminabile fra le due donne, si lamenta del suono sgradevole delle loro “vocali aperte”. Questa lamentela determina la risposta fiera di Prassinoa, imperniata sull’antico lignaggio corinzio di Siracusa. Il commento dell’uomo è stato interpretato, a partire da antichi scolii, come un riferimento all’alfa lungo dorico. L’interpretazione di questa scena nel contesto della mimesis linguistica di Teocrito è stata ripresa da Willi (2012), che offre una spiegazione radicalmente diversa. L’uomo non si riferirebbe all’alfa lungo, ma alla pronuncia di e lunga e o lunga secondarie (inizio pag 96). Nel dorico mite siracusano questi suoni erano ugali all’attico ionico; nella koinè avevano cominciato a evolversi verso una pronuncia chiusa. Secondo Willi dunque il contrasto implicito nel commento del passante sarebbe tra la pronuncia più avanzata della koinè e la pronuncia conservativa dialettale delle donne siracusane, rappresentativa del dorico. Questa ipotesi spiegherebbe anche la presenza del vocalismo forte (con eta e omega) in alcune parole, a marcare ulteriormente, secondo Willi, l’apertura vocalica dorica. L’Idillio 15 quindi fornirebbe una spiegazione dell’alternanza fra vocalismo mite e forte non solo nel linguaggio di Gorgò e Prassinoa, ma in tutta la tradizione del dorico di Teocrito. Gli approcci visti finora hanno cercato di trovare una spiegazione storica alle scelte linguistiche di Teocrito; tuttavia un’analisi sistematica degli elementi non metricamente equivalenti dovrebbe suscitare un certo scetticismo riguardo all’ipotesi secondo cui Teocrito intendeva riprodurre una varietà dialettale. Il fatto stesso che anche quegli idilli in cui il dorico è più marcato contengono elementi innegabilmente non dorici mostra che il dorico dell’autore non è una varietà locale riprodotta fedelmente, ma una Kunstsprache (lingua artificiale) che mescola tratti dorici di varia origine, ad altri stabilizzatisi all’interno di diversi generi letterari. Ad esempio, la dizione dorica dell’Idillio 7, programmatico, presenta vari casi di dativi in –aisi e –oisi, elementi non dorici. Non bisogna ovviamente sottovalutare il fatto che la possibilità di usare elementi non dorici permetta a Teocrito una maggiore flessibilità con il metro, ma non bisogna neppure liquidare l’alternanza fra forme metriche equivalenti come un’operazione meccanica. Le alternative non equivalenti (es. -aisi vs. –ais) non hanno distribuzione identica nel dorico degli Idilli. Sono frequenti in quelli da 1-7, molto più limitate negli Idilli 10-11, 14-15 e 18; anche in questo caso tuttavia una distizione fra Idilli basata su ciò non deve essere applicata troppo rigidamente. Consideriamo, ad esempio, le lievi differenze tra l’Idillio 15 e 10, entrambi parte del gruppo i cui il Dorico è meno prono a altre alternative dialettali. In 15 Teocrito non usa mai il genitivo epico in –oio e dativi in –aisi e –oisi. Allo stesso tempo, l’esametro di questo idillio è lontano dalle norme callimachee: ciò sembra segnalare che effettivamente c’è una correlazione tra contenuto, scelte dialettali e la forma esametrica. Anche l’Idillio 10 evita i genitivi in –oio e i dativi in –aisi, ma ha un dativo in –oisin e uno in –essi. 3. Linguaggio epicizzante e dialetto ionico: Idilli12-13, 16-17 e 24. Teocrito ritorna a un più pronunciato mélange tra forme doriche e epico-ioniche nei suoi due encomi (16 per Ierone e 17 per Tolemeo II) e negli epilli Ila (13) e Piccolo Eracle (24). In confronto alla particolare intrusione di forme epiche negli Idilli dorici, i componimenti di questo secondo gruppo contengono una percentuale molto maggiore di elementi ionici, quali genitivi in –oio e dativi artificiali in –essi. Nell’Idillio 16 inoltre troviamo impiegati anche perfetti senza aumento e verbi non contratti. In questo gruppo, la scelta dell’epico-ionico probabilmente vuole ottenere l’obiettivo di elevare la dizione negli encomi e di portare gli epilli più vicino al loro genere modello, quello epico. Allo stesso tempo la presenza di elementi dorici potrebbe rispondere a uno scopo preciso; negli encomi, potrebbe ammiccare agli epinici e alla loro associazione con i tiranni siciliani di V secolo, che incarnavano un’esperienza monarchica non lontana da quella di Ierone o Tolemeo II. Per quanto riguarda gli epilli, il dorico potrebbe essere stato inserito anche perché il loro protagonista, Eracle, è l’eroe dorico per eccellenza. Un caso diverso è quello di altri due Idilli, 12 (un componimento in prima persona che celebra l’amore pederastico) e 22 (un inno ai Dioscuri). Quest’ultimo è stato trasmesso con una dizione epico-ionica in alcuni manoscritti: eta che rimpiazza alfa lungo, genitivi in –ou, seconde persone in –men. Altri manoscritti e il Papiro di Antinoe, dall’altro lato, contengono un numero più alto di elementi dorici. La frequenza di epicismi metricamente garantiti conferma che Teocrito ha scelto di comporre questo lungo inno in un linguaggio diverso da quello impiegato negli idilli dorici. Il linguaggio dell’Idillio 12 è ambiguo, e ha suscitato controversie. Dal momento che gli scolii affermano che questo componimento è stato scritto in dialetto ionico gli editori moderni tendono a trascurare l’alto numero di elementi dorici trasmessi dalla tradizione manoscritta, soprattutto perché la copia più antica del componimento, quella del papiro di Antinoe, è scritta chiaramente in Ionico. La dizione epica dell’Idillio 12 è diversa rispetto a quella degli altri Idilli esaminati: c’è solo un verbo privo di aumento e due genitivi in –oio. L’impressione è quella di un carme in cui gli elementi epici inseguono uno scopo diverso rispetto agli epilli e gli encomi. In questo contesto non è impossibile che l’Idillio originale contenesse più elementi dorici di quelli che gli editori sono disposti a riconoscere e ammettere. Quest’ultima domanda rimane comunque aperta. 4. Dialetto eolico e background lirico degli Idilli Negli Idilli 28-30 Teocrito rinuncia al sua esametro consueto per creare un’imitazione della poesia eolica. L’occasione di 28 (un componimento che accompagna un regalo alla moglie di Nicia, amico di Teocrito) giustifica la scelta dell’asclepiadeo, metro in cui Saffo compose tutti i componimenti raccolti nel 3 libro dell’edizione alessandrina. Lo stesso metro è usato in 30, un componimento pederastico. Anche l’Idillio 29 è un carme pederastico, composto a imitazione di Alceo e di nuovo in un metro affermato da Saffo, il cosiddetto pentametro eolico. I diversi temi e metri di questo Idilli determinano un diverso linguaggio; lo scopo di questi 3 componimenti sembra essere quello di produrre un’imitazone virtuosa della poesia Lesbia. Basandoci soprattutto sull’Idillio 29, questi sono i principali comuni elementi eolici in Teocrito: - /a lunga/ preservata; - /e lunga/ e /o lunga/ secondarie sono aperte (Eta, omega); - Ci sono varie forme con nasali e liquide raddoppiate, ad esempio àmmes, ùmmes (noi, tu per il dorico amès, umès); - Le desinenze plurali di terza persona e i participi femminili mostrano il dittongo “oi”; - Alcune forme di verbi contratti sono trattate come atematica: ad esemipio il participio fìlenta per filoùnta; - La congiunzione condizionale è ai (per ei); - Pedà sostituisce metà: es. Pedèrkomai. Tutte queste forme tuttavia non sono metricamente esclusive; molti dei più evidenti e appariscenti elementi eolici sono frutto di correzioni moderne dei manoscritti, considerate banalizzazioni. Ad esempio, in 28.6 le edizioni stampano ξεννον (accento sull’omicron), con geminazione non etimologica: la forma eolica corretta sarebbe ξένον, come in Attico, ma il metro richiede una prima sillaba lunga. I manoscritti hanno ξεῖνον, che potrebbe essere una corruzione. Quando guardiamo invece a elementi eolici metricamente garantiti, non troviamo molto: ἔμμεναι e altri infiniti atematici in –menai, forme geminate artificialmente richieste dal metro. Rimane una domanda aperta quale fosse effettivamente la misura dell’eolizzazione di questi tre idilli. 5. Una nota sui dialetti negli Idilli spurii Il corpus delle poesie di Teocrito include alcuni Idilli e epigrammi che ad oggi sono più o meno unanimemente considerati spurii (Idilli 8-9, 19-21, 25, 27 e Epigrammi 2-6). I più antichi tra questi componimenti, che erano considerati imitazioni da vicino dello stile bucolico di Teocrito, sonol gli Idilli 8 e 9. Insieme a 19-21 queste composizioni condividono un linguaggio che potrebbe essere definito come più tendente all’inclusione di forme della koinè e allo stesso tempo più radicale nel conservare l’apparenza di “doricità”, fatto che mostra come immediatamente dopo la morte di Teocrito il dorico era stato selezionato come il codice che definisce la poesia bucolica. Tuttavia non tutti i componimenti spurii sono in dorico. L’Idillio 25 (un epillio sulle gesta di Eracle) utilizza un linguaggio epico-ionico simile a quello di 12 e 22, nonostante sia stato infiltrato da forme doriche nella sua tarda tradizione bizantina. Sia la storia della trasmissione che lo stile di questo Idillio ci fanno capire che non è autenticamente teocriteo. Il suo linguaggio in particolare è spesso troppo pedantemente omerico. Questo Idillio mostra che nonostante l’immediata affermazione di Teocrito come poeta dorico, c’era ancora spazio per l’apprezzamento della sua poikilia linguistica anche in imitatori più tardi.