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Theocritus’ Dialects

1. Dialetti o linguaggi letterari?


L’utilizzo consapevole e abile di linguaggio e metro è una delle caratteristiche più innovative della
poesia teocritea. Il linguaggio di Teocrito è una consapevole condensazione delle principali
tradizioni poetiche greche, che tuttavia non si limita mai alla mera imitazione. Al contrario,
rappresenta una delle operazioni linguistiche e stilistiche più originali mai intraprese nella poesia
greca. Il linguaggio di Teocrito non è un “dialetto”, ossia la versione letteraria di una varietà
linguistica realmente parlata in un’area della Grecia. Piuttosto, è un linguaggio artificiale sviluppato
in modo da ottenere determinati effetti stilistici. È fortemente influenzato da elementi presi in
prestito da tre gruppi principali di dialetti: Dorico, Ionico, e Eolico. La tradizione poetica
precedente aveva già innalzato questi dialetti allo status di prestigiosi veicoli letterari: la lirica
corrale, la tradizione mimica e comica siciliana di Epicarmo e Sofrone avevano fatto ciò con il
Dorico; l’epica omerica con lo Ionico; la poesia di Saffo e Alceo con l’Eolico (orientale). Teocrito
sembra conformarsi alla tradizione poetica precedente, in quanto in alcuni Idilli conserva il rapporto
fra un particolare genere poetico, rappresentato dall’uso di un determinato metro, e la scelta di un
colorito dialettale conseguente. Dunque troviamo composizioni esametriche che fanno più
frequentemente uso della dizione epico-ionica (12-13, 16-17 e 24) e composizioni in metro eolico
che rimandano più sistematicamente al linguaggio di Saffo e Alceo (28-30). Allo stesso tempo,
tuttavia, in tipico stile alessandrino, Teocrito per certi aspetti mina la pietra miliare della tradizione
poetica arcaica e classica. L’esametro –metro usato convenzionalmente per la solenne poesia epica
in dialetto Ionico, è adottato per rappresentare scene rurali e urbane caratterizzate dall’uso del
Dorico. La volontà di allentare il rapporto fra dialetti, generi letterari e forme metriche è evidente
anche in composizioni in cui l’elemento Ionico è prevalente. Mentre la combinazione fra Ionico e
esametro è classica, la scelta della materia è spesso più inusuale. Un’analisi del linguaggio letterario
di Teocrito presenta un certo numero di difficoltà. Da un lato è impossibile fornire una sua
descrizione oggettiva utilizzando semplici formule, dato che l’equilibrio tra elementi tratti da
differenti dialetti e le tradizioni poetiche varia da idillio a idillio. Ad esempio, il Dorico degli “Idilli
Dorici” varia da quello aulico di Tirsi (1) e Le Talisie (7), in cui gli elementi Dorici sono mescolati
a un ampio numero di elementi epici (Ionico e Eolico), al linguaggio più colloquiale delle
Siracusane (15), che presenta elementi più vicini a varietà parlate. Una patina dorica caratterizza gli
“Idilli misti” (13, 16-17, 24), in cui la componente Ionica è più preminente. Inoltre determinati
elementi dialettali sfuggono a spiegazioni univoche. Un esempio è la classificazione dei participi
femminili in –oisa. Tradizionalmente considerati elementi Eolici, questi participi (molto comuni nel
linguaggio della lirica corale) sono stati il focus di teorie moderne che hanno cercato di collegarli a
un’origine dorica. In aggiunta a tutto ciò è bene specificare che ciò che leggiamo nelle edizioni
critiche è spesso il risultato di scelte testuali di editori moderni. La tradizione manoscritta di
Teocrito è un labirinto in cui forme dialettali alternative compaiono fianco a fianco (di qui
l’osservazione di Gow secondo cui è impossibile ricostruire un testo originale).
2. Dialetti dorici in Teocrito: un esempio dall’Idillio 1
Il dialetto più presente nel testo di Teocrito è il Dorico. Gli studi sull’autore generalmente ascrivono
gli Idilli 1-7, 10-11, 14-15, 18 e 26 al gruppo delle composizioni doriche. Un diverso strato
linguistico è adoperato in quegli Idilli (13, 16-17 e 24) che presentano tratti Ionici selezionali al
fianco di quelli Dorici. Le varietà del Dorico si distinguono nel trattamento di e lunga e o lunga
secondarie; in alcune queste vocali sono aperte, scritte come omega e eta. La dialettologia greca,
seguendo una classificazione introdotta da Ahrens, si riferisce a queste varietà con il termine Doris
severior (dorico forte). In altre varietà doriche le stesse vocali sono chiuse, scritte come ei e ou (con
epsilon e omicron). Questo trattamento è tipico del cosiddetto Doris mitior, che in questo è uguale
all’attico-ionico e alla koinè. Il testo teocriteo mostra soprattutto vocalismo “mite” (ei) per e lunga e
vocalismo forte (omega) per o lunga. Tuttavia questa distribuzione, netta nelle edizioni moderne,
diventa molto meno chiara se ci si rivolge alla tradizione manoscritta e ai papiri. Il vocalismo
“mite” (Doris mitior) potrebbe essere considerato originario in Teocrito in quanto tipico del
siracusano, ma anche perché è la più comune varietà dorica nella lirica corale. Allo stesso tempo
tuttavia non è irragionevole ritenere i copisti responsabili della presenza di alcuni elementi di
vocalismo mite, che è vicino a quello della koinè. Il risultato è che le edizioni moderne tendono a
preferire il vocalismo forte laddove sia supportato a sufficienza dalla tradizione manoscritta,
arrivando anche a estenderlo a parole che la tradizione testuale trasmette invece con vocalismo
mite.
Idillio 1 (1-14)
ΘΥΡΣΙΣ
Ἁδύ τι τὸ ψιθύρισμα καὶ ἁ πίτυς, αἰπόλε, τήνα,
ἁ ποτὶ ταῖς παγαῖσι, μελίσδεται, ἁδὺ δὲ καὶ τύ
συρίσδες· μετὰ Πᾶνα τὸ δεύτερον ἆθλον ἀποισῇ.
αἴ κα τῆνος ἕλῃ κεραὸν τράγον, αἶγα τὺ λαψῇ·
5 αἴ κα δ' αἶγα λάβῃ τῆνος γέρας, ἐς τὲ καταρρεῖ
ἁ χίμαρος· χιμάρω δὲ καλὸν κρέας, ἔστε κ' ἀμέλξῃς.
ΑΙΠΟΛΟΣ
ἅδιον, ὦ ποιμήν, τὸ τεὸν μέλος ἢ τὸ καταχές
τῆν' ἀπὸ τᾶς πέτρας καταλείβεται ὑψόθεν ὕδωρ.
αἴ κα ταὶ Μοῖσαι τὰν οἴιδα δῶρον ἄγωνται,
10 ἄρνα τὺ σακίταν λαψῇ γέρας· αἰ δέ κ' ἀρέσκῃ
τήναις ἄρνα λαβεῖν, τὺ δὲ τὰν ὄιν ὕστερον ἀξῇ.
ΘΥΡΣΙΣ
λῇς ποτὶ τᾶν Νυμφᾶν, λῇς, αἰπόλε, τεῖδε καθίξας,
ὡς τὸ κάταντες τοῦτο γεώλοφον αἵ τε μυρῖκαι,
συρίσδεν; τὰς δ' αἶγας ἐγὼν ἐν τῷδε νομευσῶ.
Questi versi presentano i seguenti elementi dorici:
- /a lunga/ originaria è conservata e non modificata in /e lunga/, come in attico-ionico: si
vedano l’articolo femminile ἁ per eta (ἁ πίτυς) o l’avverbio ἁδὺ per edù con eta.
Nell’antichità alfa lungo era considerato il segno distintivo del dorico, di conseguenza la
tradizione testuale di Teocrito presenta vari casi di alfa lungo non etimologico corretto da
editori moderni.
- La conrazione di a- con o- produce a lungo, non o lungo (τᾶν Νυμφᾶν invece di ton Numfon
con omega).
- Il genitivo singolare della seconda declinazione termina in –omega: è tipico del Dorico
Forte, mentre nel Doris mitior la desinenza è –ou. La stessa vocale lunga aperta caratterizza
gli accusativi plurali della seconda declinazione, che termina in –ws.
- Troviamo i pronomi personali ἐγὼν, τύ al posto di sù e τὲ al posto di sè.
- Il nominativo plurale dell’articolo maschile e femminile potrebbe conservare la radice in t-:
ταὶ Μοῖσαι. L’attico ionico (oi, ai) è un’innovazione. Teocrito tuttavia utilizza anche le
forme standard.
- Il pronome deittico ἐκεῖνος è sostituito dalla forma tipicamente dorica τῆνος.
- La desinenza della seconda persona singolare del presente tematico è –es, non –eis:
συρίσδες.
- Il futuro attivo a desinenze che ricordano quelle dei verbi contratti, come segnalato
dall’accentazione persipomena: ἀποισῇ (3), λαψῇ (4), ἀξῇ (11), νομευσῶ (14). Futuri dorici
“contratti” di questo tipo sono attestati nella tradizione testuale della lirica corale, Epicarmo,
Sofrone e Pitagore. È difficile capire in quali casi siano autentici, dato che la maggior parte
delle forme è metricamente equivalente a futuri standard.
- I verbi in –zw formano il futuro sigmatico e l’aoristo in –csi-.
- L’infinito attivo tematico potrebbe presentare una desinenza breve in –en al posto di quella
comune, lunga, in –ein). Questi infiniti brevi erano normali in alcune varietà doriche, ma si
trovano anche nel dorico lettarario (Simonide, Pindaro, Bacchilide, Pitagora) e in Esiodo: è
quindi molto probabile che rappresentassero per Teocrito una raffinata caratteristica del
linguaggio poetico piuttosto che un elemento della varietà parlata.
- La preposizione πρός è sostituita dal suo equivalente del Greco occidentale ποτὶ (2, 12).
- La congiunzione condizionale (ei) e la particella modale (an) in Dorico sono ai e ka.
- Il verbo “volere” non è βούλομαι ma lw, λῇς (12).
Altre caratteristiche non presenti in questo pasaggio del primo Idillio sono le seguenti:
- La prima persona plurale attiva termina in –mes (arcaismo, -men è un’innovazione attico-
ionica).
- La terza persona plurale attiva termina in –nti: anche questo è un arcaismo.
- L’aoristo di erkomai è ἦνθον.
- Gli accusativi plurali di prima e seconda declinazione potrebbero presentare desinenze brevi
in –as e –os. È probabile che il motivo per cui si trovino nella poesia teocritea è che
facevano già parte del linguaggio letterario di Esiodo, Alcmane, Simonide, Empedocle ed
Epicarmo.
Nel contesto della letteratura ellenistica, produrre poesia esametrica su pastori in un dialetto che
non aveva quasi alcuna connessione con l’esametro era una vera novità. Questa scelta
linguistica diventa ancora più pregnante quando si considera che in numerosi casi Teocrito
avrebbe potuto utilizzare elementi non-dorici: molti dei tratti analizzati sopra possono essere
sostituiti con forme equivalenti prese da altri dialetti. Ciò si applica non solo alle vocali, ma
anche a tratti morfologici che sono tipici della dizione Dorica. Proprio lo status incerto di queste
e altre forme porta a domandarsi se siano originali o no. συρίσδες ad esempio è uno dei soli 4
esempi di –es trasmessi dalla tradizione, nessuno dei quali in posizione metricamente garantita.
È probabile che la desinenza dorica –es sia stata introdotta nel testo di Teocrito per antiche
teorie grammaticali secondo cui Teocrito debba aver usato determinati elementi dorici. I primi
versi dell’Idillio 1 rendono conto anche del fatto che lo strato dorico è arricchito da elementi
provenienti dal linguaggio lirico o epico: ad esempio, l’articolo femminile plurale ai,
innovazione attico-ionica contrastante rispetto alla forma dorica conservativa tai. Un altro tratto
epico che compare un po’ più avanti nell’Idillio 1 è il genitivo singolare terminante in –oio. Non
si può invece essere sicuri che Μοῖσαι al v. 9 (che non è la forma dorica standard, altrimenti
avremmo Mwsai o Mousai) sia stato scritto da Teocrito stesso. La tradizione è divisa tra
manoscritti che trasmettono Μοῖσαι (KAGS nell’edizione di Gow) e quelli invece che
trasmettono la forma dorica forte Mwsai (PQW). Decidere se Moisai o Mwsai sia la forma
autentica qui coinvolge l’interpretazione stessa del linguaggio teocriteo: ha usato la forma
“forte” Mwsai per accentuare il carattere dorico di questo Idillio o la forma Moisai per
sottolineare e alimentare la poikilia linguistica della composizione? Gow e la maggior parte
degli editori moderni optano per Moisai, perché è supportata dal consenso fra la famiglia
Ambrosiana (K) e quella Vaticana (AGS), contro la testimonianza della sola famiglia
Laurenziana (PQW).
2.1 La trasmissione delle Forme Doriche nella traduzione testuale
La mistione di forme che può essere attribuita a diverse varietà di Dorico combinate con altre
ancora, estranee alla tradizione dorica, ha interrogato gli studiosi della poesia teocritea a lungo.
Nonostante questo innegabile mélange, già antichi studiosi e anche i Bizantini consideravano
Teocrito un modello dorico tout court. Gli scholia vetera affermano che Teocrito utilizza il Dorico
per imitare il linguaggio rustico. Questa antica interpretazione trova un’eco nei frequenti tentativi
moderni di spiegare il carattere composito del Dorico di Teocrito con teorie che lo vedono
intenzionato a riprodurre realisticamente una varietà dorica storica, l’autenticità della quale sarebbe
stata alterata da confusi o negligenti copisti nel corso della trasmissione testuale. Le meglio
conosciute teorie del realismo linguistico di Teocrito sono quelle di Magnien (1920) e Ruijgh
(1984). La prima ha sostenuto che Teocrito scrisse le sue composizioni nella varietà di dorico mite
parlato a Siracusa nel III sec. a.C. Un elemento fondamentale dell’ipotesi di Magnien è l’utilizzo da
parte di Teocrito di dativi in –essi per radici consonantiche della terza declinazione (es. Pantessi),
un tratto innovativo che si riscontra appunto nel dialetto siracusano. Tuttavia questo tratto può
essere facilmente spiegato come elemento ereditato dalla tradizione poetica greca nel suo insieme:
dativi in –essi sono frequenti sia nel linguaggio epico che in quello lirico; inoltre la teoria di
Magnien si scontra con l’uso di alcuni elementi non siracusani (ad esempio desinenze del genitivo e
dell’accusativo in –w e –ws). Anche l’articolo di Ruijgh va nella direzione del realismo, pur non
ignorando il carattere letterario e composito del linguaggio teocriteo. Ruijgh afferma che per i suoi
Idilli dorici Teocrito abbia tratto ispirazione dal dialetto parlato a Cirene nel primo Ellenismo, un
dialetto caratterizzato da participi in –oisa, genitivi in –w, e desinenze della seconda persona
singolare in –es, e con cui Teocrito avrebbe familiarizzato per la presenza di numerosi Cirenei che
si erano spostati ad Alessandria. L’ipotesi di Ruijgh presenta diversi carenze dal punto di vista
linguistico. Non spiega l’altro numero di elementi del dorico mite, ad esempio accusativi plurali in
–ws o –ous, o gli infiniti tematici in –ein. Per spiegare questi tratti non provenienti da Ciren e
Ruijgh si rifà all’ipotesi secondo cui il dialetto cireneo noto a Teocrito era stato influenzato dalla
koinè parlata ad Alessandria: in altre parole, il linguaggio di Teocrito sarebbe una sorta di dorico
“koinizzato”. Queste teorie evidenziano soprattutto l’Idillio 15, che rappresenta uno scambio fra due
donne siracusane che vivono nell’Alessandria tolemaica, Gorgò e Prassinoa. Questo idillio colpisce
non solo per le espressioni colloquali e la sua immediatezza, ma anche perché ai vv. 87-93 contiene
una rara riflessione metalinguistica. Un passante, sentendo la chiacchierata interminabile fra le due
donne, si lamenta del suono sgradevole delle loro “vocali aperte”. Questa lamentela determina la
risposta fiera di Prassinoa, imperniata sull’antico lignaggio corinzio di Siracusa. Il commento
dell’uomo è stato interpretato, a partire da antichi scolii, come un riferimento all’alfa lungo dorico.
L’interpretazione di questa scena nel contesto della mimesis linguistica di Teocrito è stata ripresa da
Willi (2012), che offre una spiegazione radicalmente diversa. L’uomo non si riferirebbe all’alfa
lungo, ma alla pronuncia di e lunga e o lunga secondarie (inizio pag 96). Nel dorico mite siracusano
questi suoni erano ugali all’attico ionico; nella koinè avevano cominciato a evolversi verso una
pronuncia chiusa. Secondo Willi dunque il contrasto implicito nel commento del passante sarebbe
tra la pronuncia più avanzata della koinè e la pronuncia conservativa dialettale delle donne
siracusane, rappresentativa del dorico. Questa ipotesi spiegherebbe anche la presenza del vocalismo
forte (con eta e omega) in alcune parole, a marcare ulteriormente, secondo Willi, l’apertura vocalica
dorica. L’Idillio 15 quindi fornirebbe una spiegazione dell’alternanza fra vocalismo mite e forte non
solo nel linguaggio di Gorgò e Prassinoa, ma in tutta la tradizione del dorico di Teocrito. Gli
approcci visti finora hanno cercato di trovare una spiegazione storica alle scelte linguistiche di
Teocrito; tuttavia un’analisi sistematica degli elementi non metricamente equivalenti dovrebbe
suscitare un certo scetticismo riguardo all’ipotesi secondo cui Teocrito intendeva riprodurre una
varietà dialettale. Il fatto stesso che anche quegli idilli in cui il dorico è più marcato contengono
elementi innegabilmente non dorici mostra che il dorico dell’autore non è una varietà locale
riprodotta fedelmente, ma una Kunstsprache (lingua artificiale) che mescola tratti dorici di varia
origine, ad altri stabilizzatisi all’interno di diversi generi letterari. Ad esempio, la dizione dorica
dell’Idillio 7, programmatico, presenta vari casi di dativi in –aisi e –oisi, elementi non dorici. Non
bisogna ovviamente sottovalutare il fatto che la possibilità di usare elementi non dorici permetta a
Teocrito una maggiore flessibilità con il metro, ma non bisogna neppure liquidare l’alternanza fra
forme metriche equivalenti come un’operazione meccanica. Le alternative non equivalenti (es. -aisi
vs. –ais) non hanno distribuzione identica nel dorico degli Idilli. Sono frequenti in quelli da 1-7,
molto più limitate negli Idilli 10-11, 14-15 e 18; anche in questo caso tuttavia una distizione fra
Idilli basata su ciò non deve essere applicata troppo rigidamente. Consideriamo, ad esempio, le lievi
differenze tra l’Idillio 15 e 10, entrambi parte del gruppo i cui il Dorico è meno prono a altre
alternative dialettali. In 15 Teocrito non usa mai il genitivo epico in –oio e dativi in –aisi e –oisi.
Allo stesso tempo, l’esametro di questo idillio è lontano dalle norme callimachee: ciò sembra
segnalare che effettivamente c’è una correlazione tra contenuto, scelte dialettali e la forma
esametrica. Anche l’Idillio 10 evita i genitivi in –oio e i dativi in –aisi, ma ha un dativo in –oisin e
uno in –essi.
3. Linguaggio epicizzante e dialetto ionico: Idilli12-13, 16-17 e 24.
Teocrito ritorna a un più pronunciato mélange tra forme doriche e epico-ioniche nei suoi due
encomi (16 per Ierone e 17 per Tolemeo II) e negli epilli Ila (13) e Piccolo Eracle (24). In confronto
alla particolare intrusione di forme epiche negli Idilli dorici, i componimenti di questo secondo
gruppo contengono una percentuale molto maggiore di elementi ionici, quali genitivi in –oio e
dativi artificiali in –essi. Nell’Idillio 16 inoltre troviamo impiegati anche perfetti senza aumento e
verbi non contratti. In questo gruppo, la scelta dell’epico-ionico probabilmente vuole ottenere
l’obiettivo di elevare la dizione negli encomi e di portare gli epilli più vicino al loro genere modello,
quello epico. Allo stesso tempo la presenza di elementi dorici potrebbe rispondere a uno scopo
preciso; negli encomi, potrebbe ammiccare agli epinici e alla loro associazione con i tiranni siciliani
di V secolo, che incarnavano un’esperienza monarchica non lontana da quella di Ierone o Tolemeo
II. Per quanto riguarda gli epilli, il dorico potrebbe essere stato inserito anche perché il loro
protagonista, Eracle, è l’eroe dorico per eccellenza. Un caso diverso è quello di altri due Idilli, 12
(un componimento in prima persona che celebra l’amore pederastico) e 22 (un inno ai Dioscuri).
Quest’ultimo è stato trasmesso con una dizione epico-ionica in alcuni manoscritti: eta che rimpiazza
alfa lungo, genitivi in –ou, seconde persone in –men. Altri manoscritti e il Papiro di Antinoe,
dall’altro lato, contengono un numero più alto di elementi dorici. La frequenza di epicismi
metricamente garantiti conferma che Teocrito ha scelto di comporre questo lungo inno in un
linguaggio diverso da quello impiegato negli idilli dorici. Il linguaggio dell’Idillio 12 è ambiguo, e
ha suscitato controversie. Dal momento che gli scolii affermano che questo componimento è stato
scritto in dialetto ionico gli editori moderni tendono a trascurare l’alto numero di elementi dorici
trasmessi dalla tradizione manoscritta, soprattutto perché la copia più antica del componimento,
quella del papiro di Antinoe, è scritta chiaramente in Ionico. La dizione epica dell’Idillio 12 è
diversa rispetto a quella degli altri Idilli esaminati: c’è solo un verbo privo di aumento e due genitivi
in –oio. L’impressione è quella di un carme in cui gli elementi epici inseguono uno scopo diverso
rispetto agli epilli e gli encomi. In questo contesto non è impossibile che l’Idillio originale
contenesse più elementi dorici di quelli che gli editori sono disposti a riconoscere e ammettere.
Quest’ultima domanda rimane comunque aperta.
4. Dialetto eolico e background lirico degli Idilli
Negli Idilli 28-30 Teocrito rinuncia al sua esametro consueto per creare un’imitazione della poesia
eolica. L’occasione di 28 (un componimento che accompagna un regalo alla moglie di Nicia, amico
di Teocrito) giustifica la scelta dell’asclepiadeo, metro in cui Saffo compose tutti i componimenti
raccolti nel 3 libro dell’edizione alessandrina. Lo stesso metro è usato in 30, un componimento
pederastico. Anche l’Idillio 29 è un carme pederastico, composto a imitazione di Alceo e di nuovo
in un metro affermato da Saffo, il cosiddetto pentametro eolico. I diversi temi e metri di questo
Idilli determinano un diverso linguaggio; lo scopo di questi 3 componimenti sembra essere quello di
produrre un’imitazone virtuosa della poesia Lesbia. Basandoci soprattutto sull’Idillio 29, questi
sono i principali comuni elementi eolici in Teocrito:
- /a lunga/ preservata;
- /e lunga/ e /o lunga/ secondarie sono aperte (Eta, omega);
- Ci sono varie forme con nasali e liquide raddoppiate, ad esempio àmmes, ùmmes (noi, tu per
il dorico amès, umès);
- Le desinenze plurali di terza persona e i participi femminili mostrano il dittongo “oi”;
- Alcune forme di verbi contratti sono trattate come atematica: ad esemipio il participio fìlenta
per filoùnta;
- La congiunzione condizionale è ai (per ei);
- Pedà sostituisce metà: es. Pedèrkomai.
Tutte queste forme tuttavia non sono metricamente esclusive; molti dei più evidenti e appariscenti
elementi eolici sono frutto di correzioni moderne dei manoscritti, considerate banalizzazioni. Ad
esempio, in 28.6 le edizioni stampano ξεννον (accento sull’omicron), con geminazione non
etimologica: la forma eolica corretta sarebbe ξένον, come in Attico, ma il metro richiede una prima
sillaba lunga. I manoscritti hanno ξεῖνον, che potrebbe essere una corruzione. Quando guardiamo
invece a elementi eolici metricamente garantiti, non troviamo molto: ἔμμεναι e altri infiniti
atematici in –menai, forme geminate artificialmente richieste dal metro. Rimane una domanda
aperta quale fosse effettivamente la misura dell’eolizzazione di questi tre idilli.
5. Una nota sui dialetti negli Idilli spurii
Il corpus delle poesie di Teocrito include alcuni Idilli e epigrammi che ad oggi sono più o meno
unanimemente considerati spurii (Idilli 8-9, 19-21, 25, 27 e Epigrammi 2-6). I più antichi tra questi
componimenti, che erano considerati imitazioni da vicino dello stile bucolico di Teocrito, sonol gli
Idilli 8 e 9. Insieme a 19-21 queste composizioni condividono un linguaggio che potrebbe essere
definito come più tendente all’inclusione di forme della koinè e allo stesso tempo più radicale nel
conservare l’apparenza di “doricità”, fatto che mostra come immediatamente dopo la morte di
Teocrito il dorico era stato selezionato come il codice che definisce la poesia bucolica. Tuttavia non
tutti i componimenti spurii sono in dorico. L’Idillio 25 (un epillio sulle gesta di Eracle) utilizza un
linguaggio epico-ionico simile a quello di 12 e 22, nonostante sia stato infiltrato da forme doriche
nella sua tarda tradizione bizantina. Sia la storia della trasmissione che lo stile di questo Idillio ci
fanno capire che non è autenticamente teocriteo. Il suo linguaggio in particolare è spesso troppo
pedantemente omerico. Questo Idillio mostra che nonostante l’immediata affermazione di Teocrito
come poeta dorico, c’era ancora spazio per l’apprezzamento della sua poikilia linguistica anche in
imitatori più tardi.

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