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L'espressione omerica

Nicoletta Marini

Una delle espressioni omeriche più ricorrenti, e più commentate dagli esegeti, è costituita dai
termini che, nell'Iliade e nell'Odissea, ricorrono oltre 120 volte. L'espressione è
inserita nella formula che apre un discorso diretto, accompagnata da verbi come e più
raramente . Nel suo aspetto tipico la formula suona così:

I termini vengono intesi generalmente con "parole alate", secondo alcuni studiosi
in riferimento agli uccelli – interpretazione che è stata la prevalente fino alla metà del XX secolo –,
secondo altri alle frecce. La prima interpretazione, dopo Wackernagel (1874), è stata ripresa da
Fränkel (1921, p. 80), Stanford (1936, pp. 136-138), Onians (1954, p. 67), D'Avino (1980). Invece il
collegamento tra parole e frecce è stato istituito inizialmente da Thomson (1936) e poi riproposto da
Durante (1958) e Latacz (1968) [per le abbreviazioni bibliografiche, cfr. sotto Bibliografia].
Bisogna però rilevare che in Omero l'aggettivo non viene mai riferito agli uccelli, ma solo
alle frecce (oltre che agli ). Che cosa significa allora propriamente l'aggettivo ? Quale
metafora sottintende l'espressione ? Cosa vuole comunicare il poeta?
Recentemente, la questione è stata riproposta da una studiosa italiana, Patrizia Laspia, che ha aperto
una nuova prospettiva di indagine: l'immagine delle "parole alate", da sempre considerata altamente
"poetica", in realtà nasconderebbe un significato fisiologico, legato cioè all'atto dell'articolazione
vocale. Laspia parte col sottolineare che l'associazione tra parole e frecce (e non uccelli) non è
casuale. Il fattore essenziale di tale associazione risiederebbe nella dinamicità, comune tanto alle
parole quanto alle frecce. In questo senso, le parole sarebbero viste e rappresentate come dardi
scagliati, cioè come oggetti animati da un impulso proprio di movimento. "Ciò appare
efficacemente, ad esempio in Il. 773, dove le "frecce piumate" – ma qui preferiremmo certo
tradurre "alate!" – sono rappresentate in atto di balzar via, come vive, dalla corda dell'arco.
Lasciamo dunque alle parole le loro ali: ma ricordiamoci che esse volano non come uccelli, ma
come frecce" (p. 474).

Ciò supposto, quale sarebbe allora l'accostamento metaforico fra parole e frecce? Anche in questo
caso, le risposte ad oggi fornite dagli interpreti vanno in due direzioni.
1. Le parole sono assimilate alle frecce per la loro velocità;
2. Le parole sono come frecce perché, grazie al fatto di essere piumate, volano diritte, quindi
"colpiscono nel segno", sono cioè efficaci.
Patrizia Laspia propone una terza interpretazione, basata sulla fonicità delle parole: come le frecce,
anche gli percorrono una traiettoria che dagli organi vocali giunge all'orecchio di chi ascolta. Il
termine – in Omero "enunciazioni", "detti", più che "parole" in senso stretto – rimanda in
modo significativo alla voce ( ), rappresentata come originaria capacità di esprimersi e di
significare.
"La prima ed essenziale caratteristica assegnata nel mondo omerico agli è dunque la fonicità,
non l'udibilità" (p. 476).
Ciò assodato, l'idea insita in diventa più chiara: essa non si riferisce tanto alla
velocità né all'efficacia delle parole, ma al processo di produzione della voce stessa. La voce ( )
sarebbe scagliata ( ) dal petto, con un processo simile a quello dell'arco che scaglia le frecce.
Non a caso , in Omero, è il verbo usato tanto per l'emissione vocale quanto per il lancio di
frecce. "Nella sua variante più comune, la formula
rappresenta quasi un modello in miniatura del processo articolatorio di produzione del linguaggio.
In essa si allude infatti dapprima al puro e semplice atto di fonazione ( da , "voce" in
tutta la tradizione biologica successiva; in Omero il significato di voce è diviso fra e ), che
coinvolge gli organi interni al petto. Successivamente interviene la lingua ( , come
derivato di tradizionalmente "voce umana", in realtà "voce articolata"; a differenza della
scagliata dall'interno del petto e della messa in sistematica correlazione con l' , l'
omerica "scorre dalla lingua"). La voce ( ) viene così trasformata in parole o meglio in detti
( ) che, grazie alla forza di propulsione vocale vengono "scagliati", come frecce, in direzione di
un ascoltatore ( )" (pp. 481-482).

In conclusione, l'immagine poetica degli nasconde un più concreto


riferimento alla natura fonica delle parole, o meglio alla produzione articolatoria della voce e del
linguaggio. L'espressione omerica non avrebbe quindi un esclusivo valore poetico e metrico-
formulare, ma contribuirebbe a "mettere in luce l'essenza delle cose rappresentandole nella loro
tipicità" attraverso una metafora connotata da una profonda pregnanza cognitiva e, se si vuole, pre-
filosofica.

Bibliografia:

J. Wackernagel, . Ein Beitrag zur vergleichenden Mythologie, in Kleiner Schriften,


vol. III, Leipzig 1874, pp. 178-251 (= Jubelschrift, Basel 1860).
H. Fränkel, Die homerische Gleichnisse, Göttingen 1921 (1977).
W.B. Stanford, Greek Metaphor. Studies in the Greek Theory and Practice, New York-London
1936 (1972).
J.A.L. Thomson, Winged Words, «Classical Quarterly» XXX (1936), pp. 1-3.
R.B. Onians, The Origins of European Thought about the Body, the Mind, the Soul, the World, Time
and Fate, Cambridge 1954.
M. Durante, La parola come "cammino" in immagini greche e vediche, I ediz. 1958, ora in Sulla
preistoria della tradizione poetica greca, vol. II, Roma 1976, pp. 123-134.
J. Latacz, - , ungeflügelte Worte?, «Glotta» LXVI (1968), pp. 27-
47.
R. D'Avino, Messaggio verbale e tradizione orale: hom. , «Helikon» XX-XXI
(1980-1981), pp. 87-117.
P. Laspia, Chi dà le ali alle parole? Il significato articolatorio di , in Omero
tremila anni dopo, a c. di F. Montanari, Roma 2002, pp. 471-488 (con ampia bibliografia).

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