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MORFOLOGIA L'alfabeto 1. 1.

L'alfabeto latino ha ventiquattro lettere: a b c d e f g h i (j) k l m n o p q r s t (u) v x y z A B C D E F G H I (J),K L M N 0 P Q R S T U V X Y Z

2. Sei di queste lettere, cio a, e, i, o, u, y sono vocali; le altre sono consonanti.L'alfabeto latino non aveva che il solo I per rappresentare la i vocale e la i consonante e utilizzava la v tanto per la u che per la v. 3. Le vocali sono accentate o prive d'accento; inoltre sono, brevi o lunghe. Le brevi sono segnate con una piccola curva (, , , , ); le lunghe con una retta (, , , , ) sovrapposta orizzontalmente alla vocale. a) Le vocali a, e, i, o, u si pronunciano come in italiano; la y si pronuncia i. b) Anche le consonanti si pronunciano come in italiano, eccetto il gruppo ti (breve) innanzi a vocale si usa leggere zi: lectio, gratia, otium.Solamente dopo t, s e x e nelle voci greche, la t conserva la sua propria pronuncia: bruttii, ostium, mixtio, tiaras, Miltiades; cos pure negli infiniti deponenti e passivi arcaici, come nitier, quatier, e anche in totius, perch la i lunga.La c e la g avevano suono gutturale anche davanti alle vocali e ed i: Cicero (pronuncia Kikero); ma antichissima la pronuncia all'italiana che vive nella tradizione scolastica. 4. Un dittongo (dipthongus = doppio suono) lunione, nella pronuncia, di due vocali in una sola sillaba.La lingua latina ha i seguenti dittonghi: ae (che suona e), au (che suona au), oe (che suona e), come aetas, aurum, coetus.Raro il dittongo eu, pi rari ancora ei, oi, e ui. I dittonghi sono per loro natura lunghi. Eu forma dittongo soltanto in ceu, neu, seu, heu, eheu, heus, neuter, neutiquam, o in alcuni nomi propri, d'origine straniera come Europa, Eurus; ei soltanto in hei (dein, deinde, e proin, proinde presso i poeti sono contrazioni dette sinizsi), ui solo in hui, cui, huic.Nelle altre parole le due vocali si pronunciano sempre distintamente: meus, dei, fui. Quando ae e oe non formano dittongo, si possono scrivere con la dieresi rappresentata da due punti sulla seconda vocale: ar, pota. 1. 5. Le consonanti si dividono in: a) sonore o semivocali: tali sono le liquide l, r, le nasali m, n, e le spiranti f, s; b) mute: tali sono tutte le altre consonanti.

Le consonanti secondo la diversit degli organi adoperati nella loro pronunzia si dividono in labiali: b, p, f, v - gutturali: c, k, q, g - dentali: d, t.A loro volta tutte si distinguono in tenui: p, c, t; medie: b, g, d; aspirate: ph, ch, th.Sono consonanti doppie: x (che nasce da c+s) e z (da d+s), che ricorre solamente in parole straniere. La h non propriamente una consonante, ma un semplice segno di aspirazione; quindi Annibal e Hannibal, arundo e harundo, ecc. 6. Nella lingua antica si scambiano tra loro alcune vocali, come o ed u in vulnus, che anticamente si scriveva volnus; vult, anticamente volt; o ed e in vester, anticamente voster; verto, anticamente vorto;-

ed in libet, anticamente lubet; existimo, anticamente existumo; decimus, anticamente decumus; optimus, anticamente optumus; ei, i, ed e in omneis, omnis e omnes, tres e tris ecc. 7. Le sillabe, secondo l'uso invalso generalmente, sono divise in fin di riga nello stesso modo che in italiano; per esempio: magi-stri, come in italiano mae-stro; om-nis, ig-nis, duc-tus, rap-tus.Nelle parole composte si distinguono i singoli componenti, salvo quando il primo si sia amalgamato al secondo elidendo la vocale finale: ad-ire, post-ea, dis-tribuere, ma pae-ninsula non paen-insula da paene-insula. Si scrivono con lettera maiuscola le parole al principio di un periodo, i nomi propri e preferibilmente gli aggettivi e gli avverbi che ne derivano: Graecia, homo Graecus, Graece loqui. Accentuazione. L'accento latino non risale mai oltre la terz'ultima sillaba (legge del trisillabismo) e non sta mai sull'ultima sillaba. La posizione dell'accento regolata nelle parole di tre o pi sillabe dalla quantit della penultima (regola della penultima) e cio l'accento cade sulla terzultima se la penultima breve e sulla penultima se questa lunga per natura o per posizione. 2. Le parti del discorso 1. Sostantivo, come vir, uomo; rosa, rosa; virtus, virt; verbum, parola. I sostantivi si distinguono in: a) appellativi, come arbor, albero; b) propri, come Caesar, Cesare; c) collettivi, come multitudo, moltitudine (appartengono a questa classe anche alcuni nomi di materia, come lignum, legname); d) astratti, come mens, mente. 2. I nomi delle tre prime classi si chiamano anche concreti in opposizione agli astratti.

2. Aggettivo, come bonus, buono; pulcher, bello; amabilis, amabile. 3. Numerale, come unus, uno; duo, due; primus, primo, ecc. 4. Pronome, come ego, io; tu, tu; qui, che, il quale, ecc. I sostantivi, gli aggettivi e i pronomi si declinano, e si chiamano anche nomi. 5. Verbo, come sum, io sono; amo, io amo; monre, avvisare; dormre, dormire. l verbi si coniugano. 6. Avverbio, come valde, fortemente, molto; saepe, spesso; ibi, ivi. Tra gli avverbi si annoverano pure alcuni numerali, come semel una volta; primum, primieramente, ecc. 7. Preposizione, come ad, a; ab, da; ante, avanti. 8. Congiunzione, come et, e; sed, ma; si, se; quia, perch. 9. Interiezione, come vae, guai! ah, ahi. Gli avverbi, le preposizioni, le congiunzioni e le interiezioni sono parole indeclinabili: le tre ultime si chiamano anche particelle. Tutte le parole sono dunque o nomi o verbi o sono indeclinabili. La lingua latina non ha larticolo, perci vir vuol dire sia l'uomo che un uomo ed anche semplicemente uomo. Il genere dei nomi 3. Nei sostantivi si distinguono tre generi: 1. Il maschile, come vir, l'uomo; rivus, il ruscello; 2. Il femminile, come femna, la femmina; virtus, la virt;

3. Il neutro, come lignum, il legno; foedus, l'alleanza. Alcuni sostantivi si possono adoperare come maschili e femminili, perci si dicono di genere comune. 4. Il genere dei sostantivi in latino, che spesso diverso dal genere dei sostantivi italiani corrispondenti, si riconosce dal significato e dalla desinenza. Quanto al significato sono: a) di genere maschile i nomi degli esseri maschili, dei popoli, dei fiumi, dei venti e dei mesi; b) di genere femminile i nomi degli esseri femminili, delle piante, delle citt, delle regioni e delle isole e penisole; c) di genere neutro tutte le espressioni che hanno valore di sostantivo, i nomi di frutti, dei metalli, delle lettere dell'alfabeto e le parole indeclinabili adoperate come sostantivi; 4. d) di genere comune i nomi che convengono tanto al maschio, quanto alla femmina.

1. Sono quindi maschili pter, il padre; nauta, il nocchiere; Perses, il Persiano; Albis, l'Elba; Sequna, la Senna; Aqulo, l'Aquilone, la tramontana; Aprlis, Aprile; ecc. Alcuni nomi di fiumi per altro sono femminili, come Albla, Allia, Matrna, Lethe e Styx. Anche copiae, -arum, gente armata, milizia (propriamente le provvisioni degli eserciti) femminile. Hadria (poetico), il mare Adriatico, maschile. 2. Sono femminili mter, la madre; prus, il pero; Corinthus, la citt di Corinto; Italia, l'Italia; Aegyptus, l'Egitto; Dlus, l'isola di Delo, ecc. Tra i nomi di citt e regioni sono: a) maschili: 1 quelli che mancando del singolare escono al nominativo plurale in -i, genitivo -orum, come Delphi, la citt di Delfo, Veii, la citt di Veio; 2 Canpus, -i, Canopo (citt dell'Egitto) e i nomi di paesi Bosphrus, Pontus, Hellespontus ed Isthmus; 3 i nomi di citt Hippo, Narbo, Sulmo, Vesontio, -nis, e Tunes, -tis; b) neutri: 1 quelli che, mancando del singolare, escono al nominativo plurale in -a, al genitivo in -orum: Susa, Susrum; Leuctra; Arbla; 2 quelli, che terminano al nominativo singolare in -um, -on, -ur o -e, come Tusclum (Ilion), Tibur, Praeneste. Il nome Argos, Argo (citt della Grecia), indeclinabile e neutro; per contro Argi, -orum, declinabile e maschile. 3. Sono neutri nihil (indeclinabile), nulla; fs (indeclinabile), il lecito, vle, l'addio; e cos gli avverbi, i verbi, le preposizioni ecc., quando sono adoperate a modo di sostantivi, come valde, la parola valde; amo, il verbo amo; ante, ecc. 4. Sono comuni: adolescens, il giovane o la giovane; comes, il compagno o la compagna ; dux, il condottiere o la condottiera; civis, il cittadino o la cittadina; heres, l'uomo o la donna erede; sacerdos, il sacerdote o la sacerdotessa; infans, il bambino o la bambina, ecc. I nomi comuni servono per lo pi a denotar persone, e anche animali. 5. Parecchi nomi di persone e di animali hanno bens una parola della medesima radice per significare tanto il genere maschile quanto il femminile, ma mutano la terminazione secondo il genere, e si chiamano perci sostantivi mobili. Tali sono dmnus, il signore, domina, la signora; magister, il maestro, magistra, la maestra, snus, l'asino, asina, l'asina; gallus, il gallo, gallina, la gallina; puer, il fanciullo, puella, la fanciulla; rex, il re, regna, la regina; victor, il vincitore, victrix, la vincitrice. 4. Rare sono le denominazioni tolte da vocaboli di radice diversa, come servus, lo schiavo, ancilla, la schiava (raramente serva); taurus, il toro, vacca, la vacca; res, il montone, vis, la pecora.

6. Molti nomi di animali hanno sempre nella lingua lo stesso genere e si dicono epiceni, cio comuni al maschio e alla femmina. Tali sono corvus (solamente maschile), il corvo maschio e femmina; cornix (solamente femminile), la cornacchia maschio e femmina; passer (solamente maschile), il passero maschio e femmina; ciconia (solamente femminile), la cicogna maschio e femmina. Si dice per altro, quando sia necessario, corvus femina, per indicare la femmina del corvo, e cornix mas o cornix mascula, per indicare il maschio della cornacchia. 5. Gli aggettivi hanno tre generi, come i sostantivi. Il genere degli aggettivi si riconosce per lo pi dalla desinenza; cos bnus, buono, maschile; bona, buona, femminile; bonum, buono, neutro. Similmente mlus, mala, malum, cattivo, cattiva; magnus, magna, magnum, grande; parvus, parva, parvum, piccolo, piccola; crus, cara, carum, caro, cara. 6. L'aggettivo sempre dello stesso genere del sostantivo al quale appartiene, sia come attributo, per esempio bonus pater, il buon padre, sia come predicato, per esempio pater est bonus, il padre buono. Similmente bona mater, la buona madre; mater est bona, la madre buona; bonum exemplum, il buon esempio; exemplum est bonum, l'esempio buono. Cos pure comes bonus, il buon compagno; comes bona, la buona compagna; dux bonus, il buon condottiere: dux bona, la buona condottiera. Declinazioni 7. Nella declinazione, ossia flessione, dei nomi si distinguono il numero e il caso. 1. I numeri dei nomi sono due in latino, come in italiano, cio singolare e plurale: per esempio, pater, il padre; patres, i padri. 2. Per casi s'intendono le varie desinenze, che il nome assume secondo la diversa funzione che ha nel discorso. I casi in latino sono sei: 1 Nominativo, che risponde alla domanda: chi? che cosa? e fa comunemente da soggetto; 2 Genitivo, che risponde alla domanda: di chi? di che cosa? ed il caso del complemento di specificazione; 3 Dativo, che risponde alla domanda: a chi? a che cosa? ed il caso del complemento di termine; 7. 4 Accusativo, che risponde alla domanda: chi? che cosa? ed il caso dei complemento oggetto;

5 Vocativo, che indica la persona vera o immaginaria a cui si rivolge il discorso; 60 Ablativo, che risponde alle domande: da chi? da che cosa? donde, per mezzo di che cosa? con chi? in che cosa? per che cosa? dove? quando? Il nominativo e il vocativo si dicono casi retti o indipendenti, il genitivo, il dativo, l'accusativo e l'ablativo casi obliqui o dipendenti. 8. Si hanno nella lingua latina cinque declinazioni, che si distinguono dalla desinenza del genitivo singolare. Se il genitivo esce in -ae, il nome della prima declinazione; se in -, della seconda; se in -s, della terza; se in -s, della quarta; se in -e, della quinta. 9. Talvolta, pi casi hanno la stessa forma. Si noti a questo proposito, che: a) Il vocativo sempre uguale al nominativo, salvo nella seconda declinazione ove il vocativo

singolare, in luogo della desinenza -s del nominativo, prende d'ordinario la desinenza -; b) I neutri hanno in tutte le declinazioni una forma comune per il nominativo, accusativo e vocativo singolare, e un'altra forma comune per il nominativo, accusativo e vocativo plurale; c) Il dativo e l'ablativo plurale sono uguali in tutte le declinazioni; d) Nella seconda declinazione anche il dativo e l'ablativo singolare sono sempre uguali; e) Nella terza, quarta e quinta declinazione sono uguali il nominativo e l'accusativo plurale; f) Nella prima declinazione sono uguali il genitivo e dativo singolare e il nominativo plurale; g) Anche nella quinta declinazione il genitivo e dativo singolare sono uguali; h) Nella quinta declinazione il nominativo singolare uguale al nominativo plurale. Prima Declinazione (Tema in a) 10. La prima declinazione comprende in maggioranza nomi femminili, alcuni maschili e pochi altri di genere comune (conviva, incla), nonch gli aggettivi in -a (il cui maschile in -us o in -er). 10. NOMI FEMMINILI Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. rs- (la rosa) ros-ae (della rosa) ros-ae (alla rosa) ros-m (la rosa) rs- (o rosa) ros- (dalla rosa) Singolare Plurale ros-ae (le rose) ros-rum (delle rose) ros-s (alle rose) ros-s (le rose) ros-ae (o rose) ros-s (dalle rose)

AGGETTIVI FEMMINILI Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. Singolare pulchr- (la bella) pulchr-ae(della bella) pulchr-ae (alla bella) pulchr-m(la bella) pulchr- (o bella) pulchr-(dalla bella) Plurale pulchr-ae (le belle) pulchr-rum(delle belle) pulchr-s (alle belle) pulchr-s(le belle) pulchr-ae (o belle) pulchr-s(dalle belle)

11. NOMI MASCHILI Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Singolare scrib- (lo scrivano) scrib-ae (dello scrivano) scrib-ae (allo scrivano) scrib-m(lo scrivano) scrib- (o scrivano) Plurale scrib-ae (gli scrivani) scrib-rum (degli scrivani) scrib-s (agli scrivani) scrib-s(gli scrivani) scrib-ae (o scrivani)

Abl.

scrib- (dallo scrivano)

scrib-s (dagli scrivani)

12. Come si vede dai paradigmi, la -a del tema breve nel nominativo, accusativo e vocativo singolare; lunga nell'ablativo singolare, nel genitivo e accusativo plurale. I nomi della prima declinazione che escono in -a, sono per lo pi di genere femminile; quelli che denotano persone di sesso maschile, popoli o fiumi, sono di genere maschile; pochi altri sono di genere comune. 13. Elenco di nomi per esercizio.

NOMI FEMMINILI ala (l'ala) ancilla (l'ancella) qula (l'aquila) aura (l'aura) barba (la barba) ctna (la catena) clumba (la colomba) praeda (la preda) rna (la rana) rta (la ruota) schla (la scuola) fba (la fava) fma (la fama) glria (la gloria) inua (la porta) lna (la lana) luscnia (l'usignolo) poena (la pena) stella (la stella) umbra (l'ombra) >va (l'uva) virga (la verga) NOMI MASCHILI agrcla (l'agricoltore) advna (il forestiero) aurga (il cocchiere) hmcda (l'omicida) nauta (il nocchiero) perfga (il disertore) pirta (il pirata) pta (il poeta) scurra (il buffone) Numda (il Numido) Msa (la Mosa)

NOMI COMUNI convva (il commensale) incla (l'abitante) terrigna (figlio della terra)

14. anma divina (l'anima divina) ctna firma (la catena salda)

cna lauta (la cena lauta) rgna bna (la regina buona) tbla nigra (la tavola nera) nbla densa (la nebbia fitta) sperbia mla (la superbia cattiva) fortna dbia (la fortuna dubbia) pcunia rtunda (la moneta rotonda) villa ampia (la villa ampia) 15. Particolarit della prima declinazione. 1. Due nomi della prima declinazione, dea, la dea, filia, la figlia, hanno il dativo e l'ablativo plurale in -bus luogo di -is, e si distinguono cos dal dativo e ablativo plurale dei maschili deus e filius; per si dir filiis et filiabus, ai figliuoli e alle figliuole.-

La medesima desinenza prendono al dativo ed ablativo plurale i due aggettivi numerali duae, due, ed ambae, ambedue, che fanno duabus ed ambabus. Si trovano pure le forme equabus, astnabus, famulabus, mulabus, quando debbano essere contrapposte ai corrispondenti maschili. 2. Amphra, l'anfora, drachma, la dramma (moneta greca), fanno talvolta, nel genitivo plurale amphrm e drachmm in luogo di amphorarum e drachmarum.3. Il nome familia, la famiglia, esce nel genitivo singolare in -as (desinenza arcaica) quando unito a pater, mater, filius o filia, per esempio pater familias, il padre di famiglia; ma nel plurale patres familiarum. 4. Alcuni aggettivi femminili, come una, sola, ecc., non hanno nel genitivo -ae, ma -us, e nel dativo non -ae, ma -i. 5. Nei poeti dell'et arcaica si trova ancora un'antica forma di genitivo in - invece di -ae, come aul, pict, per aulae, pictae. Il dittongo ae derivato dall'antico dittongo ai. 6. Appartengono alla prima declinazione alcuni nomi di origin'e greca, i quali nel nominativo terminano in -, -s o -s. Essi nel plurale si declinano in tutto come i nomi latini in -a, ma nel singolare s declinano come segue: Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. Nom. Gen. epitme (il compendio) epitoms (del compendio) epitomae (al compendio) epitomn (il compendio) epitom (o compendio) epitom (dal compendio) Aens (Enea) Aenae (dEnea) Aenae (ad Enea) Aenm (Enea) Aen (o Enea) Aen (da Enea) anagnosts (il lettore) anagnostae (del lettore)

Dat. Acc. Voc. Abl.

anagnostae (al lettore) anagnostn (-m) (il lettore) anagnost (-) (o lettore) anagnost (-) (dal lettore)

15. Nel plurale si dir epitomae, epitomarum ecc.; anagnostae, anagnostarum ecc.

Nello stesso modo si declinano aloe, l'aloe; grammatice, la grammatica; boreas, la tramontana o il borea; tiaras, la tiara; pyrtes, la pietra focaia; sophistes, il sofista; Perses, il Persiano, Scythes, lo Scita.Molti di questi nomi pigliano per altro nel nominativo singolare anche la desinenza -a in luogo di - o -s, come grammatica (e grammatice), sophist (e sophistes); e allora si declinano del tutto come i nomi latini. 7. Per rispetto alla desinenza, sono femminili i nomi della prima declinazione che escono in -a ed in -e, maschili quelli che escono in -as ed in -es. 8. Alcuni sostantivi della prima declinazione si usano solo nel plurale: angustiae (strettezze) deliciae (delizia) divitiae (ricchezze) exequiae (esequie) habenae (redini) indutiae (tregua) insidiae (insidia) kalendae (il primo del mese) inferiae (funerali) inimicitiae (inimicizia) minae (minaccia) nugae (ciance) nuptiae (nozze) reliquiae (reliquie) scalae (scala) tenebrae (tenebre) Athenae (Atene) Thebae (Tebe) Syracusae (Siracusa) Vercellae (Vercelli)

Alcuni sostantivi hanno al plurale, oltre al proprio, un altro significato pi o meno diverso da quello del singolare: aqua (acqua) copia (abbondanza) fortuna (fortuna) aquae (le acque, i bagni) copiae (le milizie) fortunae (i beni di fortuna)

16. Seconda Declinazione. (Temi in O) La seconda declinazione comprende nomi maschili, femminili, neutri ed aggettivi. I nomi della seconda declinazione escono al nominativo singolare in -s, -r, (-r, -ur) o -m.Quelli che escono in -um sono tutti neutri, quelli in -er tutti maschili, quelli in -us maschili per la maggior parte. Gli aggettivi escono in -us, -er, -um. Le uscite -us, -um sono desinenze del nominativo e spariscono negli altri casi; nei sostantivi in -er (-ir, -ur) la e innanzi ad r si conserva nei casi obliqui in alcuni sostantivi e va perduta in altri. 16. NOMI MASCHILI Caso Singolare Plurale

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

riv-s (il ruscello) riv-(del ruscello) riv- (al ruscello) riv-m(il ruscello) riv- (o ruscello) riv-(dal ruscello)

riv- (i ruscelli) riv-rum (dei ruscelli) riv-s(ai ruscelli) riv-s (i ruscelli) riv-(o ruscelli) riv-s (dai ruscelli)

NOMI NEUTRI Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. tect-m (il tetto) tect-i (del tetto) tect- (al tetto) tect-m (il tetto) tect-m(o tetto) tect- (dal tetto) Singolare Plurale tect- (i tetti) tect-rum(dei tetti) tect-s (ai tetti) tect-(i tetti) tect- (o tetti) tect-s(dai tetti)

17. I nomi in -er (-ir, -ar) si declinano come quelli in -us. Tenere sempre presente che: 1. Al vocativo sono sempre simili al nominativo; 2. Negli altri casi perdono per lo pi la e davanti a r. Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. Caso Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. ger(il campo) agr-i (del campo) agr-o (al campo) agr-um (il campo) ager(o campo) agr-o (dal campo) Singolare pur (-us) (il fanciullo) pur-i (del fanciullo) puer-o(al fanciullo) puer-um (il fanciullo) puer (o fanciullo) puer-o (dal fanciullo) Singolare Plurale puer-i (i fanciulli) puer-orum (dei fanciulli) puer-is(ai fanciulli) puer-os (i fanciulli) puer-i (o fanciulli) puer-is (dai fanciulli) Plurale agr-i (i campi) agr-orum (dei campi) agr-s (ai campi) agr-os(i campi) agr-i (o campi) agr-is (dai campi)

17. 3. Vi un solo sostantivo che termina in ir: vir, l'uomo; in -ur termina un solo aggettivo: satur, (satra), satrum, sazio, satollo. Tutti e due si declinano come puer, vir, viri, ecc.; satur, satri, ecc.

4. Come vir si declinano anche i suoi composti triumvir, decemvir e il nome d'un popolo, Trevir.

18. Tutti gli aggettivi, che escono in -us; -a, -um ed -er, -a, -um, seguono nel maschile e nel neutro la seconda declinazione; quelli in -us si declinano come rivus, quelli in -er come puer o come ager, quelli in -um come tectum. SINGOLARE
masch. femm. neutro masch. femm. neutro

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

bnus
(buono)

bona
(buona)

bonum
(buono)

nger
(nero)

nigra
(nera)

nigrum
(nero)

boni bono bonum bone bono

bonae bonae bonam bona bona

boni bono bonum bonum bono PLURALE

nigri nigro nigrum niger nigro

nigrae nigrae nigram nigra nigra

nigri nigro nigrum nigrum nigro

masch.

femm.

neutro

masch.

femm.

neutro

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

boni bonorum bonis bonos boni bonis

bonae bonarum bonis bonas bonae bonis

bona bonorum bonis bona bona bonis

ngri nigrorum nigris nigros nigri nigris

nigrae nigrarum nigris nigras nigras nigris

nigra nigrorum nigris nigra nigra nigris

19. Fra i sostantivi e gli aggettivi in -er mantengono nel genitivo la e dinanzi alla r soltanto: 1. sei sostantivi: puer, il fanciullo; scer, il suocero; vesper, la sera; gner, il genero; adulter, l'adultero; liberi, i figli; 2. i sei aggettivi semplici: asper, aspro; mser, misero; tner, tenero; lcer, lacero; prosper, prospero; lber, libero; 3. i composti che escono in -fer e -ger, come frgfer, fruttifero; armger, armigero. Ma gli altri perdono la e, come aeger, egro; nger, nero; vfer, astuto; intger, integro; pger, pigro. Gibber, gobbo, ritiene anch'esso la e; genitivo gibbri. Dexter, destro, fa dextri e dextri; sinister, sinistro, soltanto sinistri. Si aggiungano Liber, Bacco; Mulciber, Vulcano che hanno pure la e nei casi obliqui. 20. Particolarit della seconda declinazione 1. Tutti i sostantivi e gli aggettivi in -us si declinano come rivus; ma si noti che:

a. I sostantivi in -ius e -ium formano spesso, tanto nell'et classica quanto nell'arcaica, il genitivo in -: per esempio: ingen, consil, Publ, App, Tit, Liv ecc. Gli aggettivi invece mantengono al genitivo le due i: proprii, impii.

b. Il vocativo singolare non presenta la desinenza e nei due nomi comuni flius, il figlio, e gnius, il genio e in tutti i nomi propri uscenti in -ius; quindi si dir fili, o figlio, in luogo di filie), geni, o genio; cos pure Tulli, o Tullio, Virgli, o Virgilio, Pompi, o Pompeo, Gai, o Gaio.Gli aggettivi invece mantengono la e, come Cynthie, o Cinzio (soprannome del dio Apollo, dal monte Cinto nellisola di Delos, dove nacque e fu allevato), pie, o pio. Darus fa solamente Dare. Talvolta in luogo del vocativo si usa il nominativo: tu, populus Albanus, invece di popule Albane. c. Meus, mio, fa al vocativo singolare mi, e deus, dio, fa deus: mi deus, o mio dio; ma il vocativo di meus al femminile sempre mea, al neutro sempre meum. d. Il nome deus al plurale nominativo fa dii o di (anche dei), genitivo deorum, dativo diis o dis (anche deis), accusativo deos, vocativo dii o di, ablativo diis o dis (anche deis). 2. I due numerali duo e ambo seguono la seconda declinazione solo al genitivo e all'accusativo; 3. Al genitivo plurale talvolta si usa anche la desinenza -um invece di -rum, per esempio: liberum e liberorum, dei figli; deum e deorum, degli dei.Analogamente si dice sempre triumvirum, invece di triumvirorum, dei triumviri; praefectus fabrum invece di praefectus fabrorum.Lo stesso si dice dei nomi di monete, di misure e di pesi, specialmente di nummus, sestertius, denarius, modius, iugerum e talentum, in unione con nomi o avverbi numerali.Si dir pertanto duo millia nummum invece di nummorum, due mila sesterzi; trium modium, di tre moggi.Cos pure duo millia amphrum, per amphorarum, due mila anfore; trium drachmum, per drachmarum, di tre dramme. Nei poeti si trova pure Argivum, Danaum, Pelasgum per Argivorum ecc. 4. I nomi propri greci, che al nominativo fanno -eus, escono al genitivo in -i, al dativo in -o, all'accusativo in -um, al vocativo in -eu e all'ablativo in -o;per esempio Orpheus (bisillabo), Orphi (trisillabo), Orpho, Orphum, Orpheu, Orpho. Invece di Orphum si dice anche Orpha. 5. In altri nomi greci della seconda declinazione si adopera talvolta la desinenza s invece di -us, ed -n invece di -um (al nominativo e all'accusativo), per esempio si usa arcts ed arctn invece di arctus ed arctum,20. l'Orsa (la costellazione), Delos e Delon invece di Delus e Delum, Delo (lisola). Ilios, -i, femminile, non ammette altra forma; ma nel neutro si dice Ilion e Ilium, genitivo -i, Ilio (la citt di Troia).

6. Nei titoli dei libri s'incontra spesso il genitivo plurale in -n invece di -orum per i nomi originati dal greco, come Georgicon libri invece di Georgicorum, i libri delle Georgiche. 21. Per rispetto alla desinenza, sono per, lo pi maschili i nomi in -us, -er ed -ir, e neutri tutti quelli che escono in -um. Fra i nomi in -us fanno eccezione i seguenti : alvus, il ventre; clus, la conocchia; hmus, la terra; vannus, il vaglio, i quali sono femminili; e virus, il veleno, vulgus, il volgo, pelagus, il mare, che sono neutri, e si usano soltanto al singolare.Fanno anche eccezione i nomi delle citt, delle isole e degli alberi della seconda declinazione i quali sono femminili. Sono parimenti femminili: arctus, l'Orsa (costellazione), atmus, l'atomo, methdus, il metodo, peridus, il periodo, dialectus, il dialetto, paragrphus, il paragrafo, diamtros, il diametro (anche maschile), perimetros, il perimetro ed alcuni altri d'origine greca, che mantengono il genere che hanno nella lingua originale. Alcuni sostantivi hanno solo il plurale:

fasti (i fasti) gemini (i gemelli) inferi (gli dei dellAverno) posteri (i posteri) superi (gli dei del cielo) arma (le armi) Alcuni sostantivi cambiano significato al plurale: auxilium (laiuto) castrum (il castello) hortus (lorto) rostrum (il becco) 22. Elenco di nomi per esercizio: agnus (l'agnello) vus (l'avo) cbus (il cibo) quus (il cavallo) hortus (il giardino) lpus (il lupo) mundus (il mondo) clus (l'occhio) ursus (l'orso) ventus (il vento) malus (il melo) pomus (l'albero da frutta) fraxnus (il frassino) ulmus (l'olmo)
clber (il serpente)

cibaria (i viveri) canabula (la culla) hiberna [agg, sott. castra] (accampamento invernale) praecordia (i precordi) spolia (le spoglie)

auxilia (le milizie ausiliarie) castra (laccampamento) horti (i giardini) rostra (la tribuna degli oratori)

lber (il libro) adulter (l'adultero) gner (il genero) vesper (la sera) aratrum (l'aratro) astrum (la costellazione) auxilium (l'aiuto) bnum (il bene) debtum (il debito) factum (il fatto) gaudium (il piacere) mendcium (la menzogna) vum (l'uovo) scamnum (lo scanno)

23. Elenco di aggettivi per esercizio:


maschile, femminile, neutro maschile, femminile, neutro

albus, alba, album (bianco) altus, alta, altum (alto) clrus, clara, clarum (chiaro) longus, longa, longum (lungo) multus, multa, multum (molto) prbus, proba, probum (valente onesto dabbene) stultus, stulta, stultum (stolto) vrus, vera, verum (vero) aeger, aegra, aegrum (infermo)

drus, dura, durum (duro) iustus, iusta, iustum (giusto) laetus, laeta, laetum (lieto) prosper, prospra, prosperum (prospero) tner, tenra, tenrum (tenero) frgfer, frugfera, frugifrum (fertile) meus, mea, meum (mio) tuus, tua, tuum (tuo) suus, sua, suum (suo)

nger, nigra, nigrum (nero) pger, pigra, pigrum (pigro) asper, aspra, asprum (aspro) lcer, lacra, lacrum (lacero) msr, misra, misrum (misero)

noster, nostra, nostrum (nostro) vester, vestra, vestrum (vostro) suus, sua, suum(loro)

24. Unione di sostantivi e aggettivi della prima e seconda declinazione. amcus benignus (l'amico benigno) dgtus parvus (il dito piccolo) per frus (il cignale feroce) snus piger (l'asino pigro) dlus miser (l'inganno infelice) damnum mdcum (il danno moderato) furtum impum (il furto empio) vnum rubrum (il vino rosso) praedium frugifrum (il podere fertile) verbum librum (la parola libera) mlus onusta (il melo carico) prus amoena (il pero gradevole) scriba doctus (lo scrivano dotto) nauta laetus (il nocchiero allegro) convva aeger (il commensale infermo) Scythes liber (lo Scita libero)

25. Altre particolarit della seconda declinazione. Nove aggettivi pronominali della seconda declinazione hanno il genitivo singolare di tutti o tre i generi in -us, anzich in -, e il dativo in -, anzich in -; nel plurale sono invece regolari. Questi aggettivi sono: ttus, -a, -um (tutto) slus, -a, -um (solo) nus, -a, -um (uno) ullus, -a, -um, (alcuno, qualche) nullus, -a, -um (nessuno) ter, utra, utrum (quale dei due) Ecco per esempio come si declina ttus, -a, -um: Nom. Gen. Dat. Acc. totus, tot, totum totus, totus, totus tot, tot, tot totum, totam, totum neuter, neutra, neutrum (n l'uno n l'altro) alter, altra, trum, (l'altro di due, il secondo) lius,
alia, aliud, (altro, con un'uscita particolare nel neutro)

Abl.

tot, tot, tot

Gli altri si declinano come totus; quindi si dice al genitivo solus, ecc. e al dativo sol, ecc. Si tenga per a mente che alter al gen. conserva la e, e fa alterus, dativo altri, ecc.; che uter e neuter perdono la e, e fanno utrus, neutrus, ecc., e infine che alius al genit. fa alus e non alius, e. al dativo ali. 25. Nota - La quantit del genitivo singolare alterus (con la i breve) s'incontra nei verbi dattilici, dove anche i genitivi lls, sts, ns, hanno la penultima sillaba breve e formano un dattilo; all'incontro, la quantit regolar ltrs, che forma un ditrocheo e come tale non poteva aver luogo nei versi dattilici, chiaramente provata da numerosi esempi di poeti lirici e drammatici.

Terza Declinazione. (Temi in consonante ed in -i) 26. 1. La terza declinazione comprende nomi maschili, femminili e neutri, nonch aggettivi che escono al nominativo o in vocale o in una delle consonanti n, l, r, s, x, eccetto lac, caput, sincput, occput. Il tema si trova togliendo dal genitivo la desinenza -is. 2. 1 nomi della terza declinazione si dividono in due classi: parisillabi che hanno lo stesso numero di sillabe sia al nominativo che al genitivo e imparisillabi che nel genitivo hanno una sillaba in pi che nel nominativo: nubes, genitivo nubis, parisillabo; dolor, genitivo doloris, imparisillabo. l. Maschili. - lmparisillabi SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. dlor (il dolore) dolr-s (del dolore) dolr- (al dolore) dolr-m (il dolore) dolor (o dolore) dolr- (dal dolore) PLURALE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. dolr-s (i dolori) dolr-m (dei dolori) dolr-bs (ai dolori) dolr-s (i dolori) dolr-s (o dolori) dolr-bs (dai dolori) mr-es (i costumi) mor-um (dei costumi) mor-bus (ai costumi) mor-es (i costumi) mor-es (o costumi) mor-bus (dai costumi) SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. anser (l'oca) ansr-is (dell'oca) ansr-i (all'oca) ansr-em (l'oca) anser (o oca) pter (il padre) patr-is (del padre) patr-i (al padre) patr-em (il padre) pater (o padre) ms (il costume) mr-s (del costume) mor- (al costume) mor-m (il costume) mos (o costume) mor- (dal costume)

Abl.

ansr-e (dall'oca)

patr-e (dal padre)

26. ll. Femminili. - Imparisillabi. SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. virts (la virt) virtt-is (della virt) virtt-i (alla virt) virtt-em (la virt) virtus (o virt) virtt-e (dalla virt) cupdts (il desiderio) cupiditt-is (del desiderio) cupiditt-i (al desiderio) cupiditt-em (il desiderio) cupiditas (o desiderio) cupiditt-e (dal desiderio)

PLURALE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. virtut-es (le virt) virtut-um (delle virt) virtut-bus (allo virt) virtut-es (le virt) virtut-es (o virt) virtut-bus (dalle virt) cupiditat-es (i desideri) cupiditat-um (dei desideri) cupiditat-bus (ai desideri) cupiditat-es (i desideri) cupiditat-es (o desideri) cupiditat-bus (dai desideri)

Parisillabi con genitivo plurale in -ium Fanno -ium al genitivo plurale tutti i parisillabi e quegli imparisillabi che, davanti alla desinenza dei casi, hanno due consonanti, nonch i vocaboli che hanno il neutro plurale in -ia (cio i neutri in -e, queli in -al e in -ar che hanno il genitivo in -alis, -aris con e lunga e tutti gli aggettivi di grado positivo e i participi). Imparisillabi con genitivo plurale in ium con due consonanti davanti alla desinenza del genitivo SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. pars (la parte) part-is (della parte) part-i (alla parte) part-em (la parte) pars (o parte) part-e (dalla parte) PLURALE part-es (le parti) part-ium (delle parti) part-ibus (alle parti) part-es (le parti) part-es (o parti) part-ibus (dalle parti)

Parisillabi e imparisillabi con ablativo singolare in -i, genitivo plurale in -ium e neutro plurale in -ia. SINGOLARE Nom. Gen. niml (l'animale) animl-is (dell'animale) mr (il mare) mar-is (del mare)

Dat. Acc. Voc. Abl. 26.

animl-i (all'animale) animal (l'animale) animal (o animale) animl- (dall'animale) SINGOLARE

mar-i (al mare) mar-e (il mare) mar-e (o mare) mar-i (dal mare)

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

animl-a (gli animali) animl-ium (degli animali) animl-bus (agli animali) animl-a (gli animali) animl-a (o animali) animl-bus (dagli animali)

mar- (i mari) mar-ium (dei mari) mar-bus (ai mari) mar-ia (i mari) mar-ia (o mari) mar-bus (dai mari)

27. Per declinare un nome della terza declinazione bisogna anzitutto conoscerne il genitivo singolare. Ecco le regole: 1. Nominativo in -a, genitivo in -tis, come poma, pomtis, il poema. I nomi di questa specie sono tutti derivati dal greco. 2. Nominativo in -e, genitivo in -is, come rete, retis, la rete, mare, maris. 3. Nominativo in -o e genitivo: a) -inis, come homo, homnis, l'uomo; turbo, turbnis, il turbine; Apollo, Apollnis, Apolline; e quasi tutti i nomi in -do e -go, come ordo, ordnis, l'ordine; imago, imagnis, l'immagine. Caro, la carne, invece fa carnis. b) -nis, come leo, lenis, il leone; ratio, ratinis, la ragione ecc.; e pochi altri in -do e in -go, come praedo, praednis, l'assassino; harpago, harpagnis, il rampone 4. Nominativo in -al, genitivo in -lis, come vectgal, vectiglis, la gabella. Cosi pure animal. Soltanto sal, il sale, fa slis. 5. Nominativo in -l, genitivo in -lis, come sl, slis, il sole; exsul, exslis, l'esule; vigil, viglis, il vigile, la guardia. Mel, il miele, fa mellis; fel, il fiele, fellis. 6. Nominativo in -en, genitivo in -inis, come carmen, carmnis, il carme; agmen, agmnis, la schiera. Ren, il rene, fa rnis. 7. Nominativo in -ar, genitivo in -aris, come exemplar, exemplris, il modello; calcar, calcris, lo sprone. Lar, il dio famigliare, fa lris; par, pari, dispar, dispar,fanno rispettivamente pris e dispris. Caesar fa Caesris. Iubar, lo splendore, iubris; nectar, il nettare, nectris. Far, il farro, farris; hepar, il fegato, heptis. 8. Nominativo in -er e genitivo: a) -ris, come agger, aggris, l'argine; carcer, carcris, il carcere; mulier, muliris, la, donna; uber, ubris, la mammella;inoltre tutti i nomi di piante della terza declinazione, che escono in -er, come acer, acris, l'acero, e i neutri citati al 34, 1, 4. Aggiungere ancora gli aggettivi celer, presto; degner, degenere; pauper, povero; uber, fecondo. 27. b) -ris, al cui gruppo appartengono i nomi in -ter e la maggior parte degli aggettivi della terza, come frater, fratris, il fratello; mater, matris, la madre; venter, ventris, il ventre; imber, imbris, la pioggia; i nomi dei mesi in -ber, come September; acer, acris, acre, acuto; alcer, alacris, pronto.

Si distinguono dagli altri later, latris, il mattone; ver, vris, la primavera; iter, itinris, il viaggio. 9. Nominativo in -or, genitivo in -ris, come amor, amris, l'amore; soror, sorris, la sorella; cretor, cretoris, il creatore; vitor, vitoris, il viandante; audtor, auditris, l'uditore; doctor, doctris, il dottore. Arbor, l'albero, fa arbris; castor, il castoro, castris; rhetor, il retore, rethris; Hector, Ettore, Hectris. Similmente ador, adris, la spella; aequor, aequris, il mare; marmor, marmris, il marmo.Aggiungere ancora memor, memris, memore; immmor, immemris, immemore. Cor, il cuore, fa cordis. 10. Nominativo in -ur, genitivo in -uris, come fulgur, fulgris, il lampo, augur, augris, l'augure.Quattro sostantivi hanno -ris: ebur, ebris, l'avorio; femur, femris, la coscia; iecur, iecris, il fegato; robur, robris, rovere, robustezza. Fur, il ladro, fa fris. 11. Nominativo in -as, genitivo in -tis, come aestas, aesttis, l'estate; aetas, aettis, l'et; brevtas, brevitatis, la brevit; civtas, civitatis, la citt; libertas, libertatis, la libert; paupertas, paupertatis, la povert; potestas, potestatis, il potere; vertas, veritatis, la verit; voluntas, voluntatis, la volont; nostras, nostratis, nostrano. Anas, l'anitra, fa antis; as, l'asse, assis; mas, il maschio, mris; vas, il mallevadore, vdis; vas, il vaso, vsis; gigas, il gigante, gigantis; lampas, la lampada, lampdis. Fas, lecito, e nefas, illecito, sono indeclinabili. 12. Nominativo in -es e il genitivo: a) -is (trenta nomi circa), come caedes, caedis, l'uccisione; clades, cladis, la sconfitta; fames, famis, la fame; moles, molis, la mole; sedes, sedis, la sede; vulpes, vulpis, la volpe. b) -tis (dieci nomi circa), come abies, abitis, l'abete; aries, aritis, l'ariete; paries, paritis, la parete; interpres, interprtis, interprete; seges, segtis, il seminato, il campo acconcio alla semina; teges, tegtis, la coperta; hebes, hebtis, l'ebete. c) -tis (venticinque nomi circa), come ales, altis, l'uccello; comes, comtis, il compagno; eques, equitis, il cavaliere; hospes, hospitis, l'ospite; miles, militis, il soldato ; pedes, peditis, il pedone; caeles, caelitis, celeste; dives, divitis, ricco. Obses, l'ostaggio, fa obsdis; reses, ozioso, resdis; pes, il piede, pdis; heres, l'erede, herdis; merces, la mercede, mercdis; quies, la quiete, quitis; locples, dovizioso, locupltis; aes, il bronzo, aeris; Ceres, Cerere, fa Cerris; nubes, pubere, pubris. 27. 13. Nominativo in -is, genitivo in -is (circa ottanta sostantivi e tutti gli aggetivi in -is), come amnis, il fiume; collis, il colle; ignis, il fuoco; orbis, il cerchio; piscis, il pesce; finis, la fine; mensis, il mese; apis, l'ape; avis, l'uccello; clavis, la chiave; febris, la febbre; navis, la nave; ovis, la pecora; turris, la torre; vallis la valle, ecc. Brevis, breve; dulcis, dolce; faclis, facile; fortis, forte; noblis, nobile; turpis, brutto, ecc.

Si distinguono dagli altri sostantivi i seguenti: a) Lapis, lapdis, la pietra; tyrannis, tyranndis, la tirannide. b) Cines, cinris, la cenere; pulvis, pulvris, la polvere; vomis, vomris, il vomere. c) Lis, ltis, la lite; sanguis, sanguinis, il sangue; glis, glris, il ghiro; vis, la forza, al plurale vires, virium, viribus (accusativo singolare vim, ablativo singolare vi). 14. Nominativo in -os, genitivo in -ris, come flos, flris, il fiore; ros, rris, la rugiada; os, ris, la bocca. Os, l'osso, fa ossis; bos, il bue, bvis; cos, la cote, ctis; dos, la dote, dtis; nepos, il nipote, neptis; sacerdos, il sacerdote, sacerdtis; custos, il custode, custdis. Compos, che ha in suo potere, che possiede, fa comptis; impos, che non ha in suo potere, che non possiede, imptis.Si aggiungano i nomi greci: hers, herois, Minos, Minis; Tros, Tris. 15. Nominativo in -us e genitivo:

a) -ris, come Venus, Venris, la dea Venere; vetus, vetris, vecchio; e diciotto nomi neutri, i quali sono, oltre ad acus, acris, la pula, rudus, ris, il rudere, poco usati, i seguenti: foedus, l'alleanza; opus, l'opera; funus, il funerale; pondus, il peso; genus,il genere; scelus, la scelleragine; glomus, il gomitolo; sidus, l'astro, la costellazione; latus, il lato; ulcus, l'ulcera; munus, l'uffizio, il dono; vellus, il vello, il tosone; olus, l'ortaggio; viscus, (plurale viscra), viscere; onus, il carico; vulnus, la ferita. b) -ris, come lepus, lepris, la lepre, e i seguenti quattordici nomi neutri: corpus, il corpo; nemus, il bosco; decus, il decoro; pectus, il petto; dedcus, la vergogna; pecus, il bestiame; facnus, l'azione, l'impresa; pignus, il pegno; fenus, l'usura; stercus, lo sterco; frigus, il freddo; tempus, il tempo; litus, il lido; tergus, il tergo. c) -tis (cinque nomi soltanto) come salus, saltis, la salute; servitus, servittis, la schiavit. d) -ris (sette nomi soltanto), come crus, crris, la gamba; ius, iris, il diritto; rus, rris, la campagna; mus, mris, il sorcio; tellus, tellris, la terra. Si distinguono dagli altri: palus, paldis, la palude; incus, incdis, l'incudine; grus, gris, la gru; sus, suis, il porco; fraus, fraudis, la frode; laus, laudis, la lode; pecus, pecdis; un capo di bestiame (attenzione che pecus, il bestiame, fa pecris). 27. 16. Nominativo in -bs, genitivo in -bis, come plebs, plebis, la plebe; urbs, urbis, la citt. Caelebs, celibe, fa caelbis.

17. Nominativo in -ns, genitivo in -ntis, come dens, dentis, il dente; fons, fontis, la fonte; frons, frontis, la fronte; mons, montis, il monte. Constans, constantis, costante; prudens, prudentis, prudente. Frons, la fronda, frondis; glans, la ghianda, glandis. 18. Nominativo in -ps, genitivo in -pis, come stirps, stirpis, la stirpe; auceps, aucpis, l'uccellatore; princeps, princpis, il primo, il principe; anceps, anciptis, dubbio; biceps, biciptis, bicipite; praeceps, praeciptis, precipitoso. 19. Nominativo in -rs, genitivo in -rtis, come ars, artis, l'arte; mors, mortis, la morte; sors, sortis, la sorte; iners, inertis, inerte. Concors, concorde, discors, discorde, misercors, misericordioso, fanno per rdis, quindi concordis, discordis, misericordis. 20. Nominativo in -ax, genitivo in -cis, come pax, pacis, la pace; audax, audcis, audace; rapax, rapcis, rapace; tenax, tencis, tenace; vorax, vorcis, vorace. Fax, la face, la fiaccola, fa fcis. 21. Nominativo in -ex, genitivo in -cis, come index, indcis, lindice; iudex, iudcis, il giudice; vertex, vertcis, il vertice. Duplex, duplcis, doppio; supplex, supplcis, supplichevole. Fanno eccezione: rex, rgis, il re; lex, lgis, la legge; grex, grgis, il gregge; nex, ncis, la morte; prex, prcis, la preghiera; senex, senis, il vecchio, supellex, supellectlis, la suppellettile; remex, remgis, il remigante. 22. Nominativo in -ix, genintivo in -cis, come cornix, corncis, la cornacchia; radix, radcis, la radice; nutrix, nutrcis, la nutrice; victrix, victrcis, vincitrice; felix, felcis, felice; pernix, perncis, veloce, snello. Notare: appendix, appendcis, l'appendice; calix, calcis, il calice; pix, pcis, la pece. Nix, la neve, invece fa nvis. 23. Nominativo in -ox, genitivo in -cis; solamente vox, vcis, la voce, e gli aggettivi atrox, atrcis, atroce; ferox, fercis, feroce; velox, velcis, veloce. Nox, la notte, fa noctis; praecox, precoce, fa praeccis. 24. Nominativo in -ux, genitivo in -cis, come crux, crcis, la croce; dux, dcis, il capitano; nux, ncis, la noce; trux, trcis, truce. Notare: lux, lcis, la luce; coniux, conigis, il o la consorte; frux, frgis, il frutto; faux, faucis, la gola. 25. Nominativo in -x preceduto da consonante, genitivo in -cis, come arx, artis, la rocca; falx,

falcis, la falce; lanx, lancis, il piatto. 26 Fanno parte a s: lac, lactis, il latte; caput, captis, il capo; hiems, himis, l'inverno. 28. Aggettivi Gli aggettivi in -us, -a, -um, e in -er, -a, -um seguono la prima e la seconda declinazione ( 10 e 18). Tutti gli altri si declinano secondo la terza, cio:

1. Tutti gli aggettivi di una sola terminazione ( 48), come audax, audcis, audace; praeceps, praecpitis, precipitoso; iners, inertis, inerte; dives, divtis, ricco; memor, memris, ricordevole; pr, pris, uguale; pauper, paupris, povero; vetus, vetris, vecchio.Tutti gli altri in -us seguono la seconda declinazione); inoltre tutti gli aggettivi o participi in -ns, come prudens, prudentis, prudente; constans, constantis, costante; amans, amantis, amante. 2. Tutti gli aggettivi di due terminazioni, come brevis, neutro breve, genitivo brevis, breve; facilis, facile, genitivo facilis, facile; suvis, suve, genitivo suvis, soave, ecc.;ed anche i comparativi, come brevior, neutro brevius, genitivo breviris, pi breve; facilior, neutro facilius, genitivo faciliris, pi facile; suavior, neutro suavius, genitivo suaviris, pi soave. 3. Degli aggettivi di tre terminazioni, tredici in tutto, e tutti quelli in -er, seguono la terza declinazione, come celer, celris, celere, genitivo celris, presto. Gli altri perdono la e davanti a r, come acer, acris, acre, genitivo acris, acuto. Tali sono: alcer, -cris, -cre, lesto; salber, -bris, -bre, salubre; celber, -bris, -bre, celebre; volcer, -cris, -cre, alato; pter, -tris, -tre, putrido; oltre a sei in -ster (cfr. 48, 1, 4).Aggiungere a questi, altri quattro aggettivi di una terminazione sola, che sono pber (anche pubes), genitivo pubris, pubere; pauper, genitivo pauperis, povero; degner, genitivo degenris, degenere; ber, genitivo ubris, fecondo. Tutti gli altri in -er seguono la seconda declinazione ( 19), e anche uno in -ster: sinister, sinistra, sinistrum. SINGOLARE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. 28. PLURALE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. audac-es (audaci) audac-ium audac-ibus audc-es audac-es audac-ibus audac-ia (audaci) audac-ium audac-ibus audac-ia audac-ia audc-ibus neutro audax (audace) audc-is audc-i audc-em audax audc-i, audc-e audax (audace) audc-is audc-i audax audax audc-i, audc-e neutro

SINGOLARE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. brvor (pi breve) breviris breviri brevirem brevior brevire, breviri PLURALE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. breviores(pi brevi) breviorum brevioribus breviores breviores brevioribus breviora (pi brevi) breviorum brevioribus breviora breviora brevioribus SINGOLARE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. cer [m.], acris [f.] (acre, acuto) acris acri acrem acer [m.], acris [f.] acri cre (acre, acuto) acris acri acre acre acri SINGOLARE maschile e femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. 28. PLURALE maschile e femminile neutro dulcis (dolce) dulcis dulci dulcem dulcis dulci dulce (dolce) dulcis dulci dulce dulce dulci neutro neutro neutro neutro <BRVIUS(pi breve) breviris breviri brevius brevius brevire, breviri

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

dulces (dolci) dulcium dulcibus dulces dulces dulcibus

dulcia (dolci) dulcium dulcibus dulcia dulcia dulcibus

29. Hanno l'accusativo in -im invece di -em al singolare: stis, la sete; vs, la forza; tussis, la tosse; rvis, la raucedine; bris, l'estremit anteriore della stanga dell'aratro; amussis, il regolo, ed alcuni nomi di citt e fiumi in -is, come Tibris, il Tevere; Neaplis, Napoli. Hanno pure d'ordinario l'accusativo in -im: febris, la febbre; pelvis, il catino; puppis, la poppa; turris, la torre; restis, la fune; secris, la scure. 30. 1 Hanno -i all'ablativo singolare invece di -e: a) Tutti i nomi che all'accusativo escono solamente in -im; come sitis, ablativo siti; vis, vi; tussis, tussi; Tiberis, Tiberi; b) Tutti i sostantivi neutri in -e, e quelli in -al e -ar che hanno il genitivo in -lis e -ris (con la a lunga), come ovle, l'ovile, ablativo ovili; vectgal, la gabella, vectigli; calcar, lo sprone, calcri. Per contro, nectar, il nettare, ablativo nectre; iubar, lo splendore, iubre; hepar, il fegato, hepte; far, il farro, farre. I nomi di citt, che escono in -e; ritengono la -e anche all'ablativo, come Caer, Praenest. I maschili in -al e -ar hanno sempre -e, come sal, sle; Caesar, Caesre; c) Tutti gli aggettivi al positivo e i participi usati come aggettivi, nonch i sostantivi in -er ed in -is, i quali in origine erano aggettivi di quella fatta; quindi facilis, ablativo facili; acer, ablativo acri; september (cio mensis september), il settembre, ablativo septembri; natalis (cio dies natalis), il giorno natalizio, ablativo natali; annalis (cio liber annalis), l'annale, ablativo annali; aequalis, il coetaneo, ablativo aequali; affinis, il congiunto, ablativo affini. Iuvnis il giovane, fa iuvene; aedtlis, l'edile, fa aedile; cos pure gli aggettivi usati come nomi propri: Metellus Celer, ablativo Metello Celere; luvenalis, ablativo Iuvenale. 2. Hanno l'ablativo in -i e in -e: a) Tutti i sostantivi, che nell'accusativo escono in -im e in -em; come puppi e puppe, turri e turre. Ma restis all'ablativo fa solamente reste; secris fa securi; anche navis fa per lo pi navi. 30. A fianco della normale desinenza si trova anche la desinenza -i nell'ablativo di molti nomi parisillabi in -is, come amnis, avis, civis, ignis.-

Cos si dice sempre aqua et igni interdicere, interdire a qualcuno l'acqua e il fuoco, cio confinarlo, cacciarlo in bando ( 229) ed anche ferro ignique, col ferro e col fuoco; mentre fuori di queste locuzioni si usa pi spesso igne. b) Gli aggettivi che non formano il neutro in -e e anche i participi del presente usati come aggettivi hanno, oltre alla desinenza normale -i: felici, prudenti, constanti, anche quella in -e, e questa terminazione , per alcuni di essi, la sola usata. I comparativi per altro formano l'ablativo quasi solamente in -e: maiore (raro maiori). Gli aggettivi d'una sola terminazione fanno per lo pi l'ablativo in -i; in particolare memor, par, concors, discors, atrox, audax, ingens, recens, praeceps, inops, teres, hebes; quindi memori, pari, concordi, ecc.

Si avverte per che: b1) I participi in -ns hanno all'ablativo solamente -e, quando si usano come veri participi, in particolare negli ablativi assoluti, come Romulo regnante; per contro hanno per lo pi -i, quando sono usati come aggettivi (ved. 1:8, n. 3). b2) I participi e gli aggettivi di una sola terminazione hanno per lo pi all'ablativo -e, quando sono usati come sostantivi indicanti delle persone ( 237, 4, 2); per es. Multum distat rudis a sapiente. Il sostantivo par, una coppia, un paio, fa all'ablativo pare e pari; l'aggettivo vetus, vecchio, fa per lo pi vetere. b3) Hanno solamente -e all'ablativo i seguenti aggettivi di una sola terminazione: caelebs, compos, impos, deses, reses, pauper, princeps, pubes e quelli in -es, genitivo -tis, come ales, dives, sospes, superstes ( 27, 16, 14, 12). 31. Il nominativo plurale esce in -ia: 1. Nei neutri che hanno il nominativo in -e e quelli in -al e -ar che fanno il genitivo in -lis e in -ris con la a lunga ( 30, I, 2); quindi: maria, i mari; animalia, gli animali; exemplaria, i modelli (ma far fa farra) ; 2. Tutti gli aggettivi e i participi nel grado positivo; quindi; facilia, brevia, dulcia, acria, salubria, celeria, felicia, prudentia, sapientia, amantia. Fa eccezione vetus che fa vetra. I comparativi, al contrario, escono tutti in -a, come maiora, acriora, breviora, plura, complura (raramente compluria). Nota - Parecchi aggettivi di una sola terminazione non hanno alcun nominativo e accusativo plurale di genere neutro; essi sono tutti quelli che hanno soltanto -e all'ablativo singolare (cfr. 30, 11, c) e i seguenti: cicur, memor, immmor, supplex, uber, particeps e vigil. 32. Il genitivo plurale esce per lo pi in -um, meno spesso in -ium. Hanno la terminazione in -ium:

1. Tutti i parisillabi ( 26, 3), come clades, la sconfitta, genitivo plurale cladium; e cos brevium, omnium, civium, carnium, imbrium.Fanno eccezione pter, il padre; accpter, lo sparviero; ivnis, il giovane, mter, la madre; cnis, il cane; vtes, il vate; frter, il fratello; pnis, il pane; snex, il vecchio, i quali tutti formano il genitivo plurale in -um.Anche apis e volucris hanno spesso il genitivo in -um. Sdes, la sede, fa per lo pi sedum; mensis, il mese, fa mensium e anche mensum. 2. Gli imparisillabi, che hanno due consonanti prima della desinenza dei casi, come ars, l'arte, genitivo artium; fons, la fonte, genitivo fontium; e cos ancora assium, noctium, ossium, urbium, amantium, inertium. Parentes, i genitori, fa parentum; rare volte parentium. 3. I seguenti dieci nomi monosillabici: faux, la gola, la fauce; mus, il sorcio; fraus, la frode; nix, la neve; glis, il ghiro; plus, pi; lis, la lite; vis, la forza; mas, il maschio; ius, il diritto e quindi hanno il genitivo plurale faucium, murium, fraudium, nivium, glirium, plurium, litium, virium, marium, iurium. Ops, opis, la potenza, fa opum. Pes, il piede, fa pedum e cos anche quadrpes, quadrupdum; ma compes, la catena, fa compedium. Molti fra i nomi monosillabici non hanno il genitivo plurale; tali sono aes, cos, rus, sal, sol, far, fel, mel. 4. Tutti quelli che hanno il neutro plurale in -ia ( 2.1); quindi marium, animalium, exemplarium, audacium, amantium; per soltanto Celerum (sostantivo Celeres), come tribunus Celerum; veterum, maiorum, e cos tutti i comparativi, eccettuati plurium e complurium. Gli aggettivi, che non hanno il nominativo plurale neutro ( 31, 2. Nota), formano il genitivo plurale soltanto in -um; quindi caelebs, genitivo plurale caelibum; dives, genitivo plurale divitum (ma dis, ditis, neutro plurale ditia, genitivo ditium) ecc. 5. I nomi di popoli in -is e -as, genitivo -tis e -tis, come Quiris, genitivo plurale Quiritium;

Arpnas, Arpinatium. Cos pure nostras, vestras e cuias fanno nostratium ecc.; anche optimates e penates fanno optimatium e penatium, raramente optimatum e penatum. 6. I nomi neutri di alcune feste, usati soltanto nel plurale, hanno, oltre al genitivo -ium, anche -iorum come per la seconda declinazione; come Saturnalia, i Saturnali, Saturnalium e Saturnaliorum. 33. 1. L'accusativo plurale dei maschili e femminili che hanno il genitivo plurale in ium, usciva anticamente in -s (-eis) in luogo di -s; quindi clads, omnis, tris, per clads, omnes, tres. 33. 2. Tenere presente le seguenti particolarit seguenti: bs, bvis, il bue, la vacca, regolare; se non che al genitivo plurale fa boum, invece di bvum, e al dativo plurale fa bbus o bbus, invece di bovibus.-

Sus, suis, il porco, fa per lo pi subus e sbus. Iuppiter, Giove, al genitivo fa lvis, al dativo lovi, all'accusativo lovem, al vocativo Iuppiter e all'ablativo love. 34. Regole del genere secondo la terminazione. 1. Sono di genere maschile i nomi che escono al nominativo in -o, -or, -os, -er; come pure quelli in -es, che crescono d'una sillaba al genitivo. Tuttavia fanno eccezione: a) In -o. - I nomi in -do, -go e -io, i quali sono tutti di genere femminile, eccetto ordo, -nis, l'ordine, cardo, -nis, il cardine, lgo, -nis, la zappa, harpgo, -nis, il graffio, margo, -nis, il margine,septentrio, -nis, il settentrione, vespertilio, -nis, il pipistrello, papilio, -nis, la farfalla, pugio, -nis, il pugnale, scipio, -nis, il bastone, i quali sono maschili - ( 27, 3). b) In -or. - Quattro nomi in -or sono di genere neutro, cio aequor, -ris, la pianura, il mare; dor, -ris, la spelta; marmor, -ris, il marmo; cr, cordis, il cuore. Il solo arbor, arbris, l'albero, femminile - ( 27, 9). c) In -os. - Tre nomi in -os sono di genere femminile, cio eos (indeclinabile), l'aurora, cos, ctis, la cote, e dos, dtis, la dote, Ma s, oris, la bocca, ed s, ossis, l'osso, sono d genere neutro. - ( 27, 14). d) In -er. - Sono neutri i seguenti nomi in er: vr, vris, la primavera; cadver, -ris, il cadavere; spinther, -ris, la maniglia; verber, -ris, la battitura;ter, itinris, il viaggio; cicer, -ris, il cece; papver, -ris, il papavero; ber, -ris, la mammella; piper, -ris, il pepe; tber, -ris, il tumore. Linter, lintris, la zattera, femminile - ( 27, 8). e) In -es. Un solo imparisillabo in -es neutro, cio aes, aeris, il bronzo; otto sono femminili: quies, -tis, la quiete; rquies, -tis, il riposo; inquies, -tis, l'inquietudine; merces, -dis, la mercede;merges, -tis, il covone; tges, -ris, la coperta; compes, -dis, la catena ( per pi usato il plurale compdes, compdum); sges, ris, il seminato ( 27, 12). 2. Sono di genere femminile i nomi in -as, -is, -a, -s e -x, come aetas, vis, laus, nix; cos pure quelli che terminano in -s preceduta da consonante e i parisillabi in -es. Fanno eccezione: a) In -as. - Il nome s, assis, l'asse, maschile. Anche vs, vdis, il mallevadore, ms, mris, il maschio, sono maschili. Similmente sono maschili i nomi greci in -as, genitivo -antis, come admas, -antis, il diamante. Vas, vsis, il vaso, di genere neutro ( 27, 11). 34. b) In -is. - Sono di genere maschile i seguenti vocaboli:

arnnis, -is (il fiume) anguis, -is (il serpente) annlis, -is (l'annale) axis, -is (l'asse) bris, -is (la stiva) callis, -is (il sentiero) cnalis, -is (il canale) fascis, -is (il fascio) fnis, -is (la fine) follis, -is (il mantice) fnis, -is (la fune) fustis, -is (il bastone) gls, glris (il ghiro) hostis, -is (il nemico) ignis, -is (il fuoco) lpis, -dis (la pietra) mensis, -is (il mese) natalis, -is (il giorno natalizio) orbis, -is (il cerchio) pnis, -is (il pane) piscis, -is (il pesce)

cassis, -is (il calappio, la rete) caulis, -is (lo stelo) cnis, -ris (la cenere) collis, -is (il colle) crnis, -is (il crine) ccmis, -eris (il cocomero) enss, -is (la spada) pollis, -nis (il friscello) postis, -is (lo stipite della porta) pulvis, -ris (la polvere) sanguis, -nis (il sangue) scrbis, -is (la fossa) sentis, -is (il pruno) lorquis, -is (la collana) torris, -is (il tizzone) unguis, -is (l'unghia) vectis, -is (la leva) vepris, -is (lo spino) vermis, -is (il verme) vmis, -ris (il vomere) ( 27, 13)

Canis, di genere comune, il cane e la cagna; cos pure tigris, il tigre e la tigre. I nomi greci tyrannis, -idis, la tirannide; pyrmis, -dis, la piramide; proboscis, -dis, la proboscide, sono femminili come in greco. Sentis, cassis e vepris, si usano prevalentemente al plurale. c) In -x. - Sono maschili i nomi che escono in -ex, come cdex, -cis, il codice; pollex, -cis, il pollice; grex, grgis, il gregge.Sono tuttavia femminili lex, lgis, la legge; nex, ncis, la morte violenta; supellex, supellectlis, la suppellettile; forfex, forfcis, le forbici, faex, faecis, la feccia, e prex, prcis, la preghiera. Fra i nomi in -ix e -yx sono maschili calix, -cis, il calice; fornix, -cis, la volta; phoenix, -cis, la fenice (uccello favoloso); bombyx, -cis, il filugello; varix, -cis, la varice;cos pure tradux, -cis, il tralcio; thorax, -cis, la corazza e i nomi composti con -unx, come quincunx, -uncis, cinque oncie, ossia cinque dodicesimi dell'asse; deunx, -uncis, undici oncie, ossia undici dodicesimi dell'asse. ( 27, 20-23). d) In -s. - Sono maschili i seguenti nomi in -s preceduta da consonante: fons, fontis (la fonte) pons, pontis (il ponte) mons, montis (il monte) occdens, -entis (l'occidente) rdens, -entis (la fune) torrens, -entis (il torrente) triens, trientis (quattro oncie) dens, dentis (il dente) tridens, -entis (il tridente) riens, -entis (l'oriente) dodrans, -antis (nove oncie) chlybs, -ybis (l'acciaio) hdrops, -pis (l'idropisia) ( 27, 17)

34. 3. Sono di genere neutro i nomi in -e, -l, -ar, -ur, -us, -men e -ma ( 27, 1, 2, 4-7, 10, 15).

Eccezioni: a) In -l e in -ur. - Sono maschili sl, slis, il sole; sl, slis, il sale; turtur, -ris, la tortora; vultur,

-ris, l'avvoltoio; fur, fris, il ladro;e cos pure i nomi in -en (non per quelli in -men), come pectn, -nis, il pettine; lin, -nis, la milza; rn, rnis, il rene; spln, splnis, la milza - ( 27, 4, 5, 6, 10). b) In -us. - Nove nomi, che terminano in -s con la u Lunga, sono femminili, cio: servits, -tis, la servit; snects, -tis, la vecchiaia; virts, -tis, la virt;sls, -tis, la salute; ivents, -tis, la giovent; incus, incds, l'incudine; subscus, subscdis, l'arpese; pals, paldis, la palude; tells, tellris, la terra. Sono altres femminili pcs, pecdis, e ,per lo pi ss, sis; grs, gris; mentre sono maschili trpus, tripdis, il treppiede; lpus, lepris, il lepre e ms, mris, il topo. ( 27, 15) c) Sono di genere neutro lc, lactis, il latte; cput, captis, il capo, e i suoi composti sincput, sinciptis, la met o la parte anteriore del capo, e occput, occiptis, la parte posteriore del capo, l'occipite. 35. Particolarit della Terza Declinazione. 1. Alcuni nomi proprii di persone, originati dal greco, che al nominativo singolare escono in -es, hanno anche un genitivo singolare in -i invece che in -is, per esempio: Achilles, genitivo Achillis e Achilli; cos pure Themistocli, Neocli, per Themistoclis, Neoclis. 2. I nomi greci in -ma al dativo e allablativo plurale escono pi spesso in -mtis, piuttosto che in -matibus; quindi poma, il poema, dativo e ablativo plurale pomatis, meglio che pomatibus, ecc. 3. I nomi greci parisillabi in -is, genitivo -is, hanno l'accusativo in -im (o -in) e l'ablativo in -i, come posis, la poesia, accusativo posim (di rado posin), ablativo posi; cos pure Apis, il toro Api, genitivo Apis, accusativo Apim, ablativo Api. 4. I nomi greci in -is e in -as, presso i poeti, invece del genitivo -dis ed -dis, hanno talvolta la forma greca -ds e -ds; come Aeneis, Aenids; Pallas, Pallds: Pan, il dio Pan, anche in prosa, non ha altro genitivo che Panos e altro accusativo che Pana; mentre panis, il pane, fa al genitivo panis e all'accusativo panem. 5. I nomi greci hanno talvolta all'accusativo singolare la desinenza greca -a oltre alla desinenza -em; come Agamemnna e Agamemnonem; cos pure Salamna, Pericla.35. Si dice poi sempre ara, l'aria, da ar, ed aethra, l'etere, da aether, e non arem, aethrem. Il nome Paris, genitivo Pardis, fa all'accusativo Pardem, Parda o (secondo il n' 3) Parim, Parin.

6. I nomi propri parisillabi in -es hanno l'accusativo in -em e in -en e il vocativo in -es e in -: Xerxes, accusativo Xerxem e Xerxn, vocativo Xerxes e Xerx; cosi pure accusativo Socratem e Socraten vocativo Socrates e Socrate. 7. I nomi propri d'origine greca in -is, -ys e -eus formano il vocativo perdendo la -s: Alexis, vocativo Alexi; Cotys, vocativo. Coty; Perseus, vocativo Perseu; cfr. 25, 4. 8. I nomi greci di maschi che escono in -as genitivo -antis, hanno il vocativo in , come gigas, gigantis, il gigante, vocativo gig; Atlas, Atlantis, Atlante vocativo Atl. 9. I nomi propri stranieri al nominativo e allaccusativo plurale pigliano talvolta le desinenze greche -s e -s (invece di -s), come nominativo Arcds, accusativo Arcads; cosi pure Macednas, Allobrgas. 10. I nomi femminili greci in - fanno al genitivo -s, come echo, l'eco, echs; Sappho, la poetessa Saffo, Sapphs. Al dativo, accusativo e ablativo di solito mantengono luscita in -; quindi echo, Sappho, sebbene si trovino anche le forme pienamente latinizzate, come Dido, genitivo Didonis, dativo Didoni, accusativo Didonem, ablativo Didone. 11. I nomi neutri greci melos, il canto, e cetos, mostro marino, sono indeclinabili al singolare; al nominativo e allaccusativo plurale fanno mele e cete. Anche Temp, la valle di Tempe in Tessaglia, un neutro plurale.

12. Nei titoli dei libri, i nomi greci conservano al genitivo plurale la desinenza greca -n, come Metamorphoseon libri, i libri delle Metamorfosi; cfr. 20, 6. 36. Elenco di nomi per esercizio. Latro, -onis (il ladrone) pvo, -onis (il pavone) pulmo, -onis (il polmone) clmor, -ris (il grido) error, -ris (l'errore) dor, -ris (l'odore) tmor, -ris (il timore) pecctor, -ris (il peccatore) condtor, -ris (il fondatore) audtor, -ris (l'uditore) pastor, -ris (il pastore) praeceptor, -ris (il precettore) victor, -ris (il vincitore) possessor, -ris (il possessore) uter, -tris (l'otre) gurges, -tis (il gorgo) satelles, -tis (il satellite) consuetdo, -nis (l'usanza) moltitdo, -nis (la moltitudine) hirdo, -nis (la sanguisuga) orgo, -nis (lorigine) actio, -nis (lazione) lectio, -nis (la lezione) muttio, -nis (il mutamento) ntio, -nis (la nozione) quaestio, -nis (la questione) rgio, -nis (la regione) aequtas, -atis (l'equit) calmtas, -atis (la disgrazia) frigus, -ris (il freddo) nemus, -ris (il bosco) stercus, -ris (lo sterco) acmen, -nis (l'acume) crmen, -nis (il misfatto) 37. Elenco di aggettivi per esercizio. Agrestis (campestre) civlis (civile) virlis (virile) fdels (fedele) smlis (simile) abstnens (temperante) dilgens (diligente) lenis (placido) ingens (grande) ptens (potente) vhmens (gagliardo) expers (privo) frox (feroce) trux (truce, crudele) digntas, -tis (la dignit) gravtas, -tis (la gravit) maiestas, -tis (la maest) socitas, -tis (la societ) vetustas, -tis (l'antichit) auris, is, (l'orecchio) corbis, -is (il cesto) messis, -is (la messe) pestis, -is (la peste) vtis, is (la vite) cornix, -cis (la cornacchia) nutrix, -cis (la nutrice) crux, crcs (la croce) nex, ncis (l'uccisione, la morte) fors [abl.] forte (il caso) lens, lentis (la lenticchia) serpens, -entis (il serpente) fmes, -is (la fame) vulpes, -is (la volpe) altre, -is (l'altare) conclve, -is (la camera) sedle, -is (il sedile) vectgal, -is (la gabella) lacnar, -is (il soffitto) sulfur, -is (lo zolfo) glomus, glmris (il gomitolo) opus, pris (l'opera) sidus, -ris (la costellazione) facnus, ris (il fatto) flmen, -nis (il fiume) grmen, -nis (l'erba) lmen, -nis (il lume) men, -nis (il presagio) specmen, -nis (il saggio)

38. miles lacer (il soldato vigoroso) avis celris (l'uccello veloce) iter salbre (il cammino salutare) labor difficilis (il lavoro difficile) aestas brevis (lestate breve) opus utile (l'opera utile) cochlear aureum (il cucchiaio d'oro) vectgal grave (la gabella gravosa) nomen clarum (il nome famoso) leo genersus (il leone generoso) certamen nobile (la gara nobile) arbor frugifra (l'albero fruttifero) pigns gratum (il pegno gradito) ventun vehmens (il vento gagliardo) schola illustris (la scuola illustre) mendacium pertinax (la menzogna pertinace)

Quarta Declinazione. (Temi in -u). 39. I nomi della quarta declinazione maschili e femminili escono al nominativo in -s, i neutri in -. SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. sens-s (il senso) sens-s (del senso) sens-i (al senso) sens-m (il senso) sens-s (o senso) sens- (dal senso) PLURALE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. sens-s (i sensi) sens-m (dei sensi) sens-bs (ai sensi) sens-s (i sensi) sens-s (o sensi) sens-bus (dai sensi) corn- (le corna) corn-m (delle corna) corn-bs (alle corna) corn- (le corna) corn- (o corna) corn- bus (dalle corna) corn- (il corno) corn-s (del corno) corn- (al corno) corn- (il corno) corn- (o corno) corn- (dal corno)

40. Tutti i bisillabi in -cus, quali sono cus, l'ago, arcus, l'arco, lcus, il lago, quercus, la quercia, spcus, la spelonca, ed anche pcu, il bestiame, artus, il membro, partus, il parto, trbus, la trib, escono nel dativo ed ablativo plurali in -bus, invece di -bus.

NOTA: Portus, sinus, veru, lo spiedo, hanno doppia uscita: portubus e portibus, sinubus e sinibus, verubus e veribus. 41. Il nome domus, la casa, segue in parte la seconda e in parte la quarta declinazione: SINGOLARE PLURALE

Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl.

doms (la casa) doms (della casa) domi (raramente dom) (alla casa) domum (la casa) doms (o casa) dom (raramente dom) (dalla casa)

doms (le case) domum e domrum (delle case) dombus (alle case) doms (doms) (le case) doms (o case) dombus (dalle case)

NOTA: Domi, che propriamente il caso locativo, significa in casa o a casa; domum, verso casa (moto verso luogo); domo, da casa. 42. Si notino le particolarit seguenti: 1. Tonitrus (maschile), il tuono, fa nel plurale tonitrua (neutro), tronitruum, tonitribus. 2. I nomi colus, cupressus, ficus, laurus e pinus seguono la seconda declinazione, ma prendono anche dalla quarta declinazione i casi in -us e -u; quindi genitivo singolare e nominativo plurale cols e coli; accusativo plurale cols e colos; ablativo singolare colu e colo. 3. La terminazione del dativo -ui si contrae talvolta in u: equittus, la cavalleria, dativo equitatui, talvolta equitatu. 4. Ricorre anche il genitivo singolare senati per senatus, in uso presso gli scrittori arcaici o arcaicizzanti. Alcuni nomi mancano del singolare; Idus, le Idi; Quinquatrus, la solennit dei Quinquatri. Di altri si hanno solo alcuni casi. Il nome impetus ha solo il nominativo singolare, l'accusativo singolare e l'accusativo plurale. Si usa solo l'ablativo singolare di iussu, natu, rogatu, e comunemente si trovano all'ablativo con un possessivo: arbitratu, ductu, hortatu, impulsu ecc. Iesus fa all'accusativo lesum, in tutti gli altri casi lesu. 43. Regole del genere secondo la terminazione. I nomi della quarta declinazione in -us sono maschili; quelli in -u sono neutri.

Sono per femminili i seguenti undici nomi in -us: cus, l'ago; nus, la vecchia; dmus, la casa; fcus, il fico; mnus, la mano; portcus, il portico; tribus, la trib; Idus, -uum, le Idi (la met del mese presso i romani); Quinquatrus, -truum (nome d'una festa Romana in onore di Minerva); penus, viveri, colus, conocchia 44. Elenco di nomi per esercizio. adventus (l'arrivo) aestus (il calore) auditus (l'udito) cantus (il canto) csus (il caso) currus (il carro) cursus (il corso) equittus (la cavalleria) exerctus (l'esercito) lusus (il lutto) principatus (il principato) quaestus (il guadagno) rdtus (il ritorno) fructus (il frutto) gustus (il gusto) imptus (l'impeto) luctus (il giuoco) magistratus (il magistrato) mtus (il timore) morsus (il morso) mtus (il moto) olfactus (l'odorato) orntus (l'ornamento) tactus (il tatto) transtus (il passaggio) uss (l'uso)

risus (il riso) saltus (il salto) sentus (il senato) snus (il seno) sntus (il suono) sprtus (lo spirito) fructus maturus (il frutto maturo) cursus celer (il corso veloce) arcus intentus (l'arco teso) lcus magnus (il lago grande) ornatus inslens (l'ornamento insolito)

versus (il verso) visus (la vista, il viso) vultus (il volto) glu (il gelo) gnu (il ginocchio)

cus aurea (lo spillo d'oro) cursus celer (il corso veloce) cantus dulcis (il canto soave) mnus pra (la mano pura)

Quinta Declinazione. (Temi in -e). 45. La quinta declinazione comprende i nomi che escono al nominativo in -es. SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. 45. PLURALE Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. rs (le cose) rrum (delle cose) rbus (alle cose) rs (le cose) rs (o cose) rbus (dalle cose) di-s (i giorni) di-rm (dei giorni) di-bs (ai giorni) di-s (i giorni) di-s (o giorni) di-bs (dai giorni) rs (la cosa) ri (della cosa) ri (alla cosa) rm (la cosa) rs (o cosa) r (dalla cosa) di-s (il giorno) di-i (del giorno) di-i (al giorno) di-m (il giorno) di-s (o giorno) di- (dal giorno)

NOTA 1. - Degli altri nomi della quinta declinazione alcuni mancano del plurale, altri hanno soltanto il nominativo, l'accusativo e il vocativo plurale come species, spes, acies, effigies, facies e series. NOTA 2. - La desinenza -i del genitivo e del dativo singolare si trova talvolta contratta in - o -, come pernicie o pernicii anzich perniciei. NOTA 3. - Alcuni nomi della quinta declinazione ammettono anche le desinenze della prima, come barbaries, - e barbaria, -ae, la barbarie; cos pure luxuries, -ei, e luxuria, -ae, lusso, lussuria; segnities, -ei e segnitia, -ae, l'infingardaggine. NOTA 4. - La -e della desinenza -ei lunga, quando preceduta da -i; breve, quando preceduta da una consonante; cfr. 292, 4. Nota 2.

46. Regole riguardanti il genere. Tutti i nomi della quinta declinazione, che escono in -es, sono di genere femminile, eccetto meridies, il mezzogiorno, che sempre maschile, e dies, il giorno, che nel plurale maschile, ma nel singolare si usa anche al femminile, specialmente quando indica il tempo in generale o un termine o tempo prefisso; per esempio: quod allatura est dies; praestituta die. Elenco di nomi per esercizio. acies, -i (l'acutezza, l'esercito schierato) effgies (il ritratto) mcies (la magrezza, la macilenza) perncies (la rovina) fcies (la faccia) glcies (il ghiaccio) planites magna (la pianura grande) effgies pulchra (il ritratto bello) Particolarit delle Declinazioni. 47. Quei nomi che non hanno declinazione o l'hanno incompiuta si chiamano difettivi. sries (la serie) spcies (la figura, la specie) sps, -i (la speranza) rbies (la rabbia) fdes, -i (la fede)

spes fallax (la speranza fallace) dies festus (il giorno festivo)

I. I nomi che non hanno alcuna declinazione, si chiamano indeclinabili. Sono indeclinabili: 1 I sostantivi: fas, il lecito; nefas, l'illecito; nihil, niente; instar, somiglianza; mane, il mattino; pondo, di peso. Corona aurea libram pondo, una corona d'oro d'una libbra di peso; corona-pondo ducentum (per ducentorum), una corona di 200 libbre; clarum mane, mattino chiaro; multo mane (ablativo), di buon mattino; mane, per tempo, di buonora; instar veris, come di primavera; unus Plato mihi est millium instar, Platone da solo mi val per mille. Sono oltre a ci indeclinabili alcuni nomi stranieri, come alpha, beta, gummi, epos, pascha, Bethleem, Abraham (che per fa anche Abrahamus, -i, -o, ecc.). 2 Gli aggettivi, frugi, dabbene, frugale; nequam, dappoco, tristo; quot, quanti; tot, tanti; aliquot, alquanti, e la maggior parte dei numerali cardinali ( 55). Homo frugi, uomo dabbene; frugi servum, uno schiavo dabbene, e cos diciamo homines nequam, hominum nequam, hominibus nequam. Altri sono usati solamente in unione con il verbo esse, come necesse est e opus est, necessario, fa mestieri; praesto sum, son pronto. II. I nomi che non hanno tutti i casi, si chiamano difettivi di casi: 1 I nomi che hanno un caso solo (monoptta), come dicis e nauci: dicis causa, per forma, cos per dire, nauci non esse, non valere un pugno di mosche. Derisui, despicatui con esse ( 208), essere oggetto di riso, di disprezzo. Venum, in vendita, e pessum, in rovina, alla malora, coi verbi ire e dare ( 110, 1, e 142, 3); infitias ire, negare.Natu, di et, per et, come natu maior, maggiore di et; noctu, di notte; sponte, spontaneamente; come mea sponte feci, l'ho fatto di mio arbitrio; tua sponte, di tua volont; iussu, per comando, come iussu populi, per comando del popolo; iussu meo, per mio ordine; cos pure iniussu, monitu, rogatu ( 221, 2, 1). 2 I nomi aventi due casi soltanto (diptta), come foras e foris, fuori ; fors, il caso, e forte, per caso. 3 1 nomi di tre casi (triptta), come nemo, neminis, neminem (nullius e nullo fanno le veci del genitivo e dell'ablativo); lues, luem, lue, la peste.

4 I nomi di quattro casi (tetraptta), come dicionis, -i, -em, -e (da dicio, dominazione, non usato nel nominativo). Alcuni sostantivi sono soltanto difettivi al singolare, come compede, fauce, prece, verbere; opis, opem, ope; vis, vim, vi (senza genitivo e dativo), i quali hanno il plurale al completo. 47. Di vicis, vicem, vice abbiamo nel plurale solamente vices, vicibus; non hanno il nominativo singolare, ma si declinano in tutti gli altri casi dapis e frugis (daps e frux mancano).-

Cos pure di parecchi altri nomi non sono usati alcuni casi particolari, come il genitivo plurale di lux, -s (-oris) e sol. Anche plerique, pleraeque, pleraque, la maggior parte, i pi, manca del genitivo e vi si supplisce con plurimorum, plurimarum. III. Alcuni difettivi non hanno plurale, ma solamente il singolare (singularia tantum), come letum, la morte, meridies, il mezzogiorno, supellex, la suppellettile, vesper, la sera, ver, la primavera, virus, il veleno, vulgus, il volgo.Mancano segnatamente del plurale parecchi nomi astratti, e altri che denotano materia, come iuventus, la giovent; sapientia, la sapienza; scientia, il sapere; aurum, l'oro; sablum, la sabbia; cicer, il cece; lac, il latte. Faba abstinere, astenersi dalle fave. Ai difettivi si contrappongono i ridondanti (substantiva abundantia), cio quei nomi che hanno pi generi e pi declinazioni, quali: IV. I nomi, che seguono in parte una declinazione ed in parte un'altra, chiamati etercliti (cfr. 32, 6. 41 e 42, 2). Cos vesper, la sera, della seconda, ma nell'ablativo si dice vespere o vesperi, nella sera; vas, il vaso, nel singolare della terza:vasis, vasi, vas, vase, ma nel plurale segue la seconda: vasa, vasorum, vasis. Requies ( 34, 5) fa nell'accusativo requitem e requiem, nell'ablativo requit e requi. V. I nomi, che assumono un altro genere nel plurale, detti etorogenei. Cos iocus, lo scherzo, nel plurale fa ioci (maschile) e ioca (neutro); locus, il luogo, nel plurale fa loc, luoghi o passi (di un libro), e loca, i luoghi; frenum, il freno, nel plurale freni e frena, il morso; Tartrus, -i (maschile), nel plurale Tartra, -rum (neutro), l'inferno. VI. - Parecchi nomi finalmente presentano diversit di forme nel nominativo singolare, e sono parte eterocliti, parte eterogenei: 1 Sono eterocliti soltanto (la prima forma della prosa, la seconda della poesia): colluvio, -onis e colluvies, -ei, colluvie, radunamento d'immondezze; elephantus, -i e elephas, -antis, l'elefante; iuventus, -utis e iuventa, -ae, la giovent; paupertas, -atis e pauperies, -ei, la povert; senectus, -utis e senecta, -ae, la vecchiezza. Cfr. 45, 3. 2 Sono eterogenei soltanto: baculum, -i, il bastone, pi raro baculus; clipeus, lo scudo, raro clipeum; cubitus e cubitum, il cubito; pilleus e pilleum, il cappello. 3 Sono eterocliti e eterogenei insieme: alimonia, -ae, femminile, e alimonium, -i, neutro, il nutrimento; pecus, -dis, femminile, un capo di bestiame (minuto), e pecu, neutro, pecua e pecubus ( 40) e anche pecus, -ris, neutro, il bestiame (collettivamente); conatus, -us, maschile e conatum, -i, neutro, il tentativo, lo sforzo; praetextus, -us, maschile e praetextum, -i, neutro, il pretesto. 47. Talvolta varia anche il significato, come eplum, -i, neutro, il banchetto festivo (religioso), epulae, -arum, femminile, il pasto, il desinare; balneum, -u, neutro, il bagno (un solo bagno), balneae, -arum, femminile, i bagni, lo stabilimento da bagni.

L'aggettivo - Gradi di comparazione degli Aggettivi. 48. Riassumendo ci che fu detto degli aggettivi al 28 e altrove, ricordiamo che essi si possono dividere in tre gruppi:

1 aggettivi a tre terminazioni; 2 aggettivi a due terminazioni; 3 aggettivi a una sola terminazione. I. Gli aggettivi a tre terminazioni hanno le seguenti uscite: 1 -us, -a, -um; come bnus, bona, bonum; amatus, amata, amatum; 2 -er, -a, -um; come rber, rubra, rubrum; asper, aspra, asperum. Gli aggettivi di questa seconda categoria perdono per lo pi la e davanti alla r nel femminile e nel neutro, eccettuati quelli che sono stati citati al 19. 3 Un solo aggettivo termina in -ur; satur, satra, satrum, sazio, satollo. 4 -er, -is, -e; come acer, acris, acre; celer, celris, celre ( 28). Questi aggettivi sono tredici in tutto, dei quali sei in -ster: campester, -stris, -stre (campestre) paluster, -stris, -stre (palustre) pedester, -stris, -stre (pedestre) equester, -stris, -stre (equestre) silvester, -stris, -stre (silvestre) terrester, -stris, -stre (terrestre)

Vedi gli altri al 28. A questi bisogna aggiungere i nomi dei mesi, September, October, November e December, che si adoperano anche come aggettivi a tre terminazioni e seguono la terza declinazione, Kalendis Octobribus, il 1 ottobre; pridie Idus Septembres, il 12 settembre. Alcuni fra questi aggettivi presentano talvolta nel maschile la desinenza -is, come equestris tumultus per equester tumultus, o anzich silvester d'ordinario, silvestris. II. Gli aggettivi a due terminazioni hanno le seguenti uscite: 1 -is (maschile e femminile), -e (neutro), come facilis, facilis, facile; suavis, suavis, suave; 2 -or (maschile e femminile), -us (neutro), come clarior, clarior, clarius; maior, maior, maius; ed in generale tutti i comparativi ( 50). Alcuni aggettivi hanno doppia forma, cio in -us, -a, -um, e in -is, -is, -e, come hilris, -is, -e, e hilrus, -a, -um, allegro; cos pure molti composti, come semiermis e semiermus, mezzo armato; exanimus e exanimis, esanime. Sono quindi sovrabbondanti e appartengono alla classe degli eterocliti (vedi 47, VI). 48. III. Gli aggettivi ad una sola terminazione hanno le seguenti uscite:

1 in -s preceduto da consonante (e da una t che si perduta), come constans, costante; prudens, prudente; iners, inerte; biceps, bicipite ( 27, 17-19), e tutti i participi in -ns. Declinazione dei participi in -ans ed -ens: SINGOLARE maschile, femminile, neutro Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. laudans laudantis laudanti laudantem laudans laudante PLURALE maschile, femminile laudantes laudantium laudantibus laudantes laudantes laudantibus neutro laudantia laudantium laudantibus laudantia laudantia laudantibus

NOTA. Il participio in -ans o -ens ha lablativo in -i quando usato come aggettivo: a viro sapienti; excellenti animo; ma dirai: regnante Romulo (participio); laudamur a sapiente (sostantivo).

2 In -x (cio -cs), come audax, audace; supplex, supplichevole; felix, felice; atrox, atroce; trux, truce, ( 27, 20-23). 3 In -es con una t o una d che si sono perdute, come sospes, sosptis, sano e salvo; teres, tertis, rotondo (bislungo e rotondo); deses, desdis, ozioso ( 27, 12). In -os : compos (impos), comptis ( 27, 14). 4 In -us solamente vetus (27, 15); tutti gli altri aggettivi in -us terminano con -us, -a, -um. 5 In -er, quattro solamente, cio degner (congener), pauper, puber (normalmente pubes) e uber ( 28, 3); in -or, uno solamente, cio memor (immmor, 27, 9) ; in -ar pure un solo, cio par (impar, dispar, 27, 7); in -ur sempre uno, che cicur, mansueto; in l uno solo, che vigil, vigilis, vigilante. NOTA 1. Si dice victor exercitus, l'esercito vittorioso; victrices litterae, le lettere che annunciano la vittoria; ed anche nel neutro victricia arma, le armi vittoriose. NOTA 2. - Oltre agli indeclinabili ( 47, 1, 2), vi sono anche altri aggettivi difettivi. Cos manca il nominativo singolare maschile di cetera, ceterum, di ludicra, ludicrum, di pleraque, plerumque. Di exspes si trova solamente il nominativo singolare; di pernox solamente il nominativo e ablativo singolare (pernocte).Ad altri manca il nominativo plurale del genere neutro ( 32, 4); altri non hanno che il plurale, come singuli, bini, e per lo pi anche pauci e plerique. 49. Comparazione degli aggettivi.

Gli aggettivi hanno tre gradi di comparazione: 1 Il grado positivo, come: buono, cattivo. 2 Il grado comparativo, come: migliore o pi buono, peggiore o pi cattivo. 3 Il grado superlativo che ha in latino una sola forma tanto per il superlativo assoluto quanto per il superlativo relativo, come: ottimo o il pi buono; pessimo o il pi cattivo. 50. REGOLA GENERALE. - Il grado comparativo si forma aggiungendo al tema dell'aggettivo la terminazione -or per il maschile e femminile, -us per il neutro; ed il superlativo, con laggiunta della terminazione -issmus, -issma, -issmum. Nella maggioranza dei casi, il tema dell'aggettivo si trova togliendo al genitivo la desinenza propria di questo caso. Cos da clarus, genitivo clar-i, si ha clar, e da questo si forma il comparativo clarior, clar-ius, il superlativo clar-issimus (-a, -um); da prudens, genitivo prudent-is, si ha il tema prudent, e da questo il comparativo prudent-ior, prudent-ius, ed il superlativo prudent-issimus (-a, -um). Positivo aptus (atto) dignus (degno) firmus (fermo) grvis (grave) noblis (nobile) audax (audace) frox (feroce) diligens (diligente) lcples (ricco) dives (ricco) dis (ricco) Comparativo aptior (pi atto) dignior (pi degno) firmior (pi fermo) gravior (pi grave) nobilior (pi nobile) audacior (pi audace) ferocior (pi feroce) diligentior (pi diligente) locupletior (pi ricco) divtior (pi ricco) ditior (pi ricco) Superlativo aptissimus (attissimo, il pi atto) dignissimus (degnissimo, il pi degno) firmissimus (fermissimo, il pi fermo) gravissimus (grvissimo, il pi grave) nobilissimus (nobilissimo, il pi nobile) audacissimus (audacissimo, il pi audace) ferocissimus (ferocissimo,il pi feroce) diligentissimus (diligentissimo, il pi
diligente)

locupletissimus (ricchissimo, il pi ricco) divitissimus (ricchissimo, il pi ricco)

ditissimus (ricchissimo, il pi ricco) 50. Declinazione dei comparativi. SINGOLARE maschile, femminile Nom. Gen. Dat. Acc. Voc. Abl. altior altiris altiri altirem altior altior altius altiris altiri altius altius altior neutro PLURALE maschile, femminile altires altirum altioribus altires altires altioribus neutro altiora altirum altioribus altiora altiora altioribus

51. Alla regola sopra indicata si devono applicare le seguenti eccezioni: 1 Gli aggettivi in -er hanno bens il comparativo regolare, ma formano il superlativo aggiungendo la terminazione -rimus alla forma invariata del nominativo, del positivo. Cos: crber (spesso) nger (nero) asper (ruvido) lber (libero) acer (acre, acuto) cler (veloce) crebrior nigrior asprior librior acrior celrior creberrmus nigerrimus asperrimus liberrimus acerrimus celerrimus

Similmente vetus fa nel superlativo veterrimus; nuper, poco fa (avverbio), nuperrime. Matrus, maturo, fa maturrimus e maturissimus. Di dexter si trova un comparativo dexterior, pi a destra, e similmente di sinister, sinisterior (conservando la e, quantunque questa vocale si perda nel genitivo dei due aggettivi nel grado positivo). 2 I seguenti sei aggettivi in -lis hanno anch'essi il comparativo regolare, ma formano il superlativo mutando la desinenza -lis in -illmus. simlis (simile) dissimlis (dissimile) faclis (facile) difficlis (difficile) humlis (umile) graclis (gracile) similior dissimilior facilior difficilior humilior gracilior simillmus dissimillimus facillmus difficillmus humillmus gracillmus

51. 3 Gli aggettivi composti in -dcus, -fcus o -vlus, formano il comparativo in -entior, il superlativo in entissimus.

maldcus (maldicente) magnfcus (magnifico) benvlus (benevolo)

maledicentior magnificentior benevolentior

maledicentissimus magnificentissimus benevolentissimus

Questi comparativi e superlativi si formano propriamente da maledcens, benevlens e da una forma supposta magnifcens (faciens). Sullo stesso tipo si formano i comparativi e i superlativi di beneficus, maleficus, honorificus, malevolus. Cos anche egnus, bisognoso, egentior, egentissimus (da egens); provdus, provvido, providentior, providentissimus (da providens); validus, forte, fa per lo pi valentior, valentissimus (da valens). 52. Pi notevole irregolarit nei seguenti: idonus (idoneo) dbus (dubbio) vcus (vuoto) bnus (buono) mlus (cattivo) magnus (grande) parvus (piccolo) multus (molto) magis idonus (pi idoneo) magis dbus (pi dubbio) magis vcus (pi vuoto) mlior (migliore) pior (peggiore) mior (maggiore) mnor (minore) pls (pi) maxime idonus (il pi idoneo) maxime dubius (il pi dubbio) maxime vacuus (il pi vuoto) optmus (ottimo, il pi buono) pessimus (pessimo, il pi cattivo) maximus (massimo, il pi grande) mnimus (minimo, il pi piccolo) plrimus (moltissimo)

Plus nel singolare sempre un sostantivo neutro (mai aggettivo) difettivo, usato soltanto nel nominativo, nell'accusativo e nel genitivo. Il plurale plures, plura, plurium, pluribus usato come sostantivo e come aggettivo. Plures ha sempre senso comparativo; complures vale molti, parecchi, non mai comparativo, e perci non seguito da quam. 2 Gradi formati da positivi indeclinabili: frgi (indeclinabile) (frugale, dabbene) nquam (indeclinabile) (dappoco, tristo) frugalior nquior frugalissimus nequissimus

52. 3 Aggettivi di luogo che hanno un doppio superlativo irregolare: extrus (esterno) infrus (basso) postrus (che vien dopo) sprus (che di sopra, alto) exterior (esteriore) inferior (inferiore) posterior (posteriore) superior (superiore, pi alto) extrmus, raramente extmus (estremo) infmus o infmus (infimo, il pi basso) postrmus, postmus (ultimo) suprmus e summus (supremo, il pi alto,
sommo)

4 Comparativi e superlativi, ai quali corrisponde - nel positivo non un aggettivo, ma una preposizione: citra (di qua) intra (dentro) prae (innanzi) ctrior (pi al di qua, citeriore) intrior (pi al di dentro) prior (pi innanzi, primo di due) ctmus (il pi al di qua) intmus (il pi al di dentro, intimo) prmus (primo)

prpe (vicino) ultra (di l)

prpior (pi vicino) ultrior (pi al di l, ulteriore)

proxmus (il pi vicino, prossimo) ultmus (il pi al di l, ultimo)

5 Comparativi e superlativi di positivi inusitati. positivo detrior (peggiore) cior (pi veloce) ptior (migliore) deterrimus (pessimo) ocissimus (velocissimo) potissimus (ottimo, principale) deter ocys potis

Anzich usare la terminazione del superlativo -mus, specialmente nel latino antico, si usa -mus, come aptissumus, optumus ecc.; cfr. 1, 6. 53. Gli aggettivi in -us preceduti da vocale formano perifrasticamente il comparativo preponendo al positivo l'avverbio magis, ed il superlativo, preponendovi maxime: Quelli per che finiscono in -quus sono del tutto regolari, come aequus, giusto, aequior, aequissimus, antquus, antico, antiquior, antiquissimus. Si trova pure di assiduus il comparativo assiduior e il superlativo assiduissimus. Negli scrittori posteriori all'et d'Augusto compare anche il superlativo piissimus di pius. NOTA 1. Alcuni aggettivi non hanno comparativo, bens il superlativo, come diversus, diverso, diversissimus; falsus, falso, falsissimus; inclitus, inclito, inclitissimus; meritus, meritevole, meritissimus; novus, nuovo, novissimus, l'ultimo; sacer, sacro, sacerrimus; vetus, vecchio, veterrimus. 53. NOTA 2. Del sostantivo senex, il vecchio, s'incontra il comparativo senior; cos pure di adolescens e iuvnis, il giovane, i comparativi adolescentior e iunior (per iuvenior), ma mancano i superlativi.

NOTA 3. Molti aggettivi non formano n comparativo n superlativo, in parte a causa del loro significato, come latinus, aureus, peregrinus, in parte per altre ragioni, come vivus, merus, claudus, praeditus, inops, magnanimus, modicus, sonorus, crinitus ecc.Anche per questi per i gradi vengono rimpiazzati aggiungendo al positivo magis e maxime; per esempio magis latinus, pi latino, maxime latinus, il pi latino. Allo stesso modo si dice magis diversus, magis falsus ecc. 54. 1. Il comparativo ha anche il significato del positivo rinforzato dall'avverbio troppo , il superlativo del positivo con l'avverbio molto, grandemente ; per esempio maior vale pi grande e troppo grande ; doctissimus vale il pi dotto ed anche molto dotto, dottissimo.In questo secondo senso si usa anche valde con il positivo; per esempio valde magnus, assai grande, grandissimo.Talvolta il comparativo ha anche il significato del positivo attenuato dall'avverbio alquanto, piuttosto nel qual caso vi si aggiunge spesso paulo, che per altro pu anche omettersi. Senectus est paulo morosior, la vecchiaia piuttosto fastidiosa. 2. La particella che posta dopo un comparativo, si volge in latino per quam ; per esempio praeceptor doctior est quam discipulus, il maestro pi dotto che lo scolaro o dello scolaro. 3. L'avverbio molto o assai dinanzi ad un comparativo si traduce in latino con multo, come multo melior, molto migliore. 4. L'italiano di gran lunga dinanzi ad un comparativo si traduce con multo; dinanzi ad un

superlativo, con longe, talvolta anche con multo; come multo minor, di gran lunga pi piccolo, molto minore; longe minimus (multo minimus), il pi piccolo di gran lunga. 5. Anche , pure , con un comparativo o un superlativo, si traducono spesso con vel, come vel maior, anche maggiore; vel maximus, anche grandissimo, anche il pi grande. 6. Al possibile o pi ...che sia possibile , ecc. con il positivo si traducono in latino con quam pi il superlativo, come quam maximus, grande al possibile, il pi grande che sia possibile. 55. I numerali in latino sono di quattro specie: 1. Numeri cardinali, rispondenti alla domanda: quanti?

2. Numeri ordinali, rispondenti alla domanda: quale nellordine? 3. Numeri distributivi, rispondenti alla domanda: quanti per ciascuno? 4. Avverbi numerali, rispondenti alla domanda: quante volte? NUMERALI CARDINALI (quanti? quot?) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 28 29 30 31 55. 40 XL quadrginta quadragesimus I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI XXII XXIII XXVIII XXIX XXX XXXI nus, una, unum (uno) duo, duae, duo (due) trs, tria (tre) quattuor (quatuor) (quattro) quinque (cinque) sex (sei) septem (sette) octo (otto ) nvm (nove) dcem (dieci) undcim (undici) dudcim (dodici) trdcim (tredici) quattuordcim (quattordici) quindcim (quindici) sdcim (sedici) septendcim (diciassette) duodeviginti (diciotto) undeviginti (diciannove) vginti (venti) viginti unus (-a, -um) oppure unus (-a, -um) et viginti viginti duo (-ae, -o) oppure duo (-ae, -o) et viginti viginti tres (tria) duodetriginta undetriginta trginta trginta unus (-a, -um) oppure unus (a, um) et triginta ecc. NUMERALI ORDINALI (quale? quotus?) prmus, -a, -um (primo) secundus, alter (secondo) tertius (terzo) quartus (quarto) quintus (quinto) sextus (sesto) septmus (settimo) octvus (ottavo) nnus (nono) dcmus (decimo) undcimus (undicesimo) duodcimus (dodicesimo) tertius decimus (tredicesimo) quartus decimus (quattordicesimo) quintus decimus (quindicesimo) sextus decimus (sedicesimo) septimus decimus (diciassettesimo) duodevicesmus (diciottesimo) undevicesmus (diciannovesimo) vicesmus (vigesmus) (ventesimo) unus et vicesimus oppure vicesimus primus alter et vicesimus oppure vicesimus alter tertius et vicesimus duodetricesmus undetricesimus tricesimus oppure trigesimus unus et tricesimus oppure tricesimus primus ecc.

50 60 70 80 90 98 99 100 101 102 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 2000 3000 100.000

L LX LXX LXXX XC XCVIII XCIX C CI CII CC CCC CCCC D


o

quinquginta sexaginta septuginta octginta nonginta octo et nonaginta oppure nonaginta octo novem et nonaginta oppure nonaginta novem centum centum et unus (-a,-um) oppure centum unus (-a, -um) centum et duo (ae, o) dcenti, -ae, -a trcenti, -ae, -a quadringenti, -ae, -a quingenti, -ae, -a sescenti, -ae, -a septingenti, -ae, -a octingenti, -ae, -a nongenti, -ae, -a mille duo millia (milia) tria millia ecc. centum millia

quinquagesimus sexagesimus septuagesimus octogesimus nonagesimus nonagesimus octavus nonagesimus nonus oppure undecentesimus centesimus centesimus primus centesimus secundus ducentesimus trecentesimus quadringentesimus quingentesimus sescentesimus septingentesimus octingentesimus nongentesimus millesimus bis millesimus ter millesimus centies millesimus

DC DCC DCCC DCCCC o CM Mo

MM MMM

NOTA 1. Si trova anche decem et sex per sedecim, cos pure decem et septem, decem et octo, decem et novem, ecc. NOTA 2. Per contare pi alto si dir ducenta millia ecc. ; un milione, decies centena millia; 1.100.000 undecies centena millia; 2.000.000 vicies centena millia, e cos di seguito. NOTA 3. La ripetizione della cifra romana indica la ripetizione del numero: III=3; XX=20. In un gruppo di segni diversi la I o la X precedenti un numero maggiore indicano sottrazioni, per esempio: IX=9, XL=40 e cos vale per la C, per esempio MCMXX=1920.Ogni che si aggiunge a destra di I (500) moltiplica il numero per dieci, per esempio: I (500 X 10) = 5000.Per moltiplicare per dieci il numero CI (mille) si aggiunge una a destra e una C a sinistra, quindi CCI=10.000, CCCI=100.000. 56. Tutti questi numerali sono aggettivi. Gli ordinali si declinano tutti, dei cardinali i tre primi soltanto e ducenti, trecenti ecc. fino a nongenti. Nom. Gen. Dat. nus (uno) unus (di uno) un (ad uno) na (una) unus (di una) un (ad una) num (uno) unus (di uno) un (ad uno)

Acc. Abl.

unum (uno) un (da uno)

unam (una) un (da una)

unm (uno) un (da uno)

Nom. Gen. Dat. Acc. Abl.

d durum dubus dus (du) dubus

duae durum dubus dus dubus

d (due) durum (duum) (di due) dubus (a due) du (due) dubus (da due)

Nello stesso modo si declina ambo, ambae, ambo (ambedue. 3. Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. trs (tre) trium (di tre) trbus (a tre) trs (tre) tribus (da tre) trs (tre) trium (di tre) trbus (a tre) trs (tre) tribus (da tre)

4. Ducenti, -ae, -a ecc. si declinano regolarmente, secondo la seconda e la prima declinazione. 57. 1. Mille usato per lo pi nel singolare come aggettivo indeclinabile: nominativo mille equtes, genitivo mille equtum; dativo mille equitibus ecc. Il plurale milia si declina regolarmente (come maria), sempre sostantivo e regge un genitivo,per esempio duo milia equtum (due mila cavalieri, due migliaia di cavalieri); duobus milibus equitum (a due mila cavalieri).Occorrendo con milia altri numeri, si dir nel modo seguente: duo milia equitum et trecenti, oppure duo milia trecenti equites ecc. NOTA. Per dire un buon numero, moltissimi, infiniti ecc. i Latini usavano spesso sescenti, per esempio: sescenti ceciderunt (ne cadde un gran numero).Ma quando si debba esprimere un numero ordinale oppure un avverbio numerale, si adopera millesimus e millies, non sescentesimus e sescenties (1). (1) Valgano i seguenti esempi: Ex libro Serapionis millesimam partem vix intelligo (intendo appena la millesima parte, cio una minima parte del libro di Serapione); plus millies audivi (l'ho udito pi di mille volte, cio infinite volte). 2. Le date si esprimono in latino con i numeri ordinali, aggiungendo le lettere a. C. n. (ante Christum natum) o p. C. n. (post Christum natum); mortuus est anno quarto decimo p. C. n. (mor il 44 d. C.) I Romani usavano ab Urbe condita (a. U. c.) (dalla fondazione di Roma). 57. Che ora ? si traduce: quota hora est? Alle tre, alle nove: hora tertia, hora nona.

3. Ventun uomini si dice in latino unus et viginti homines, oppure homines viginti et unus (ben di rado viginti unus homines o homo). 4. Come risulta dal 55, nei numeri composti inferiori al cento, le unit precedono la decina con et o la seguono senza et, mentre nei numeri superiori al cento, precede il pi grande e i pi piccoli seguono senza et.-

Se per c trasposizione del nome specificativo si usa et, per esempio: mille ducenti sexaginta anni e mille ducenti anni et sexaginta. 58. NUMERI DISTRIBUTIVI (a quanti per volta?: quotni) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 20 21 22 58. NUMERI DISTRIBUTIVI (a quanti per volta?: quotni) 30 40 50 60 70 80 90 100 101 200 300 400 500 600 700 800 tricni quadragni quinquagni sexagni septuagni octogni nonagni centni, -ae, -a centni singuli ducni, -ae, -a treceni quadringeni quingeni sesceni septingeni octingeni AVVERBI NUMERALI (quante volte?: quotiens?) trices quadragies quinquagies sexagies septuagies octogies nonagies centies semel et centies ducenties trecenties quadringenties quingenties sescenties septingenties octingenties singli, -ae, -a (ad uno ad uno, un per ciascuno) bni, -ae, -a (a due a due ecc.) terni, -ae, -a (a tre a tre ecc.) quterni quni sni septni octni novni dni undni duodeni terni deni quaterni deni vicni, -ae, -a viceni singuli viceni bini AVVERBI NUMERALI (quante volte?: quotiens?) smel (una volta uno) bs (due volte) tr (tre volte) quter quinqus oppure quinquiens) sexis septies octies nvies dcies undecies duodecies ter decies oppure tredecies quater decies vicies semel et vicies oppure vicies semel bis et vicies oppure vicies bis

900 1000 2000 3000 100.000

nongeni singula milia bina millia terna millia centena millia

nongenties millies (milies) bis millies ter millies centies millies

59. 1. La moltiplicazione si fa in latino cos: bis bina sunt quattuor (due per due, quattro); bis terna sunt sex (due per tre, sei); septies novena sunt sexaginta tria (sette per nove, sessantatr). 2. Caesar et Ariovistus denos comites adduxerunt (Cesare ed Ariovisto condussero ciascuno dieci compagni). Decem comites significherebbe dieci compagni tra tutti e due. 3. Si devono ancora usare i distributivi con i nomi che in latino hanno soltanto il plurale ( 15, 8), ai quali corrisponde in italiano un nome al singolare, come binae nuptiae, non duae (due matrimoni).In tal caso per si adopera uni (plurale di unus) invece di singuli, e trini invece di terni, quindi unae litterae (una lettera missiva), mentre singulae litterae vorrebbe dire ciascuna lettera dell'alfabeto; trinae aedes (tre case), tres aedes (tre tempii).Con il nome liberi per altro si adoperano i numeri cardinali: duo liberi (due figli), laddove bini liberi sarebbe due figli per ciascuno, terni liberi (tre figli per ciascuno). 4. Si dice spesso nel genitivo plurale binum, senum, denum invece di binorum ecc. (Vedi 25, 3). 5. La summa (sottintendendo linea) si scriveva dai Romani nella linea superiore e gli addendi si chiamavano numeri. 60. Ai numerali precedenti si aggiungono: 1 Gli aggettivi moltiplicativi, che rispondono alla domanda quotplex? (di quante forme o specie?), per esempio: simplex (semplice); duplex (duplice); triplex (triplice); quadrplex (quadruplice); multiplex (molteplice).

2 I proporzionali, che rispondono alla domanda quotuplus? (quante volte tanto?) come: simplum (una volta tanto), duplum (il doppio, cio due volte tanto); triplum (il triplo); quadrplum (il quadruplo). Le frazioni si esprimono con dimidia pars o dimidium per indicare la . Talora si adopera semis: quinque semisses panem (cinque mezzi pani). Quando il numeratore uno (1) non si esprime in latino: tertia pars (1/3), quinta pars (1/5). Si omette il denominatore se di un'unita maggiore del numeratore: duae partes, 2/3 e tres partes, 3/4. Negli altri casi si esprimono sia il numeratore sia il denominatore; il numeratore mediante i cardinali, il denominatore con gli ordinali (omettendo partes): duae quartae (sottointeso partes) (2/4); septem nonae, 7/9. 61. 1. Primnus, che della prima sezione (classe, legione), secundnus (della seconda), tertianus (della terza). Senarius (che composto di sei parti); sexagenarius (che ha sessanta anni di et). 2. Primum (primieramente, per la prima volta); secundo, non secundum (secondariamente, in secondo luogo); itrum (di nuovo, per la seconda volta); tertium (per la terza volta); quartum, quintum, sextum ecc.; ultimum, postremum (per l'ultima volta); hoc ultimum (quest'ultima volta, ora per l'ultima volta). Pi raramente primo, tertio ecc. (1). 3. Si noti ancora:

1 bimus (di due anni); trimus (di tre anni); quadrmus (di quattro anni); 2 i composti di annus: biennis (di due anni), triennis, quadriennis, quinquennis (meglio per quinquennalis), sexennis, septennis e decennis, ed i sostantivi corrispondenti biennium (biennio), triennium ecc.; 3 i composti di dies: biduum (due giorni), triduum, quatriduum. Cos anche i composti di mensis: bimestris (bimestre), trimestris, quadrimestris, quinquemestris, semestris. (1) Nelle enumerazioni si usa primum (primo se prevale l'idea del tempo) deinde, tum, denique o postremo. I pronomi 62. Pronomi personali SINGOLARE Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. g (io) me (di me) mh (a me, mi) m (me, mi) m (da me) t (tu) tu (di te) tb (a te, ti) t (te, ti) t (da te) su (di s) sb (a s, si) s (s, si) s (da s)

Nom. Gen. Dat. Acc. Abl.

ns (noi) nostr, nostrum (di noi) nbs (a noi, ne, ci) ns (noi, ne, ci) nbs (da noi)

vs (voi) vestr, vestrum (di voi) vbs (a voi, vi) vs (voi, vi) vobs (da voi)

su (di s, di loro) sbi (a s, a loro) s (s si, gli, le) s (da s, da loro)

Sui, sibi, se sono le forme riflessive del pronome di terza persona: per le forme non riflessive si usa is, , d. 63. 1. Quando va unita con questi pronomi la preposizione cum (con), reggente l'ablativo, questa va posposta al pronome, facendone una sola voce: mecum (con me), non cum me; tecum (con te); secum (con s); nobiscum (con noi); vobiscum (con voi). 2. Per dare maggior rilievo ai pronomi personali, si usa affiggere a tutte le loro forme, eccettuato tu e i genitivi plurali, la sillaba -met, quindi egomet, vosmet, sibimet (egomet ipse, vosmet ipsi, sibimet ipsi) ecc.Similmente alla voce tu si affigge talora la sillaba -te: tut. Negli altri casi si dice tuimet, tibimet, ecc. Cos pure si usa raddoppiare, per dargli maggior rilievo, il pronome se, dicendo sese in luogo di se (raro tete, meme). 3. Nei poeti si trova m per mihi (come nl per nhil). 4. I pronomi sui, sibi, se sono anche detti pronomi riflessivi, poich rappresentano il ritorno dell'azione al soggetto della proposizione. 64. Pronomi dimostrativi SING0LARE

maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. hc (questo, questi) his (di questo) huc (monosillabo) (a questo) hunc (questo) hc (da questo)

femminile haec (questa) his (di questa) huc (a questa) hanc (questa) hc (da questa)

neutro hoc (questo, questi) his (di questo) huc (monosillabo) (a questo) hc (questo) hc (da questo)

PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. h (questi) hrum (di questi) hs (a questi) hs (questi) hs (da questi) femminile hae (queste) hrum (di queste) hs (a queste) hs (queste) hs (da queste) neutro haec (questo) hrum (di questi) hs (a questi) haec (questi) hs (da questi)

NOTA. Alle forme di hic uscenti in -s si unisce talora l'enclitica -c: hosce, hasce, hisce, huiusce e, raramente, haece, horumce, ecc. Aggiungendovi la particella interrogativa -ne si forma hicne? questo forse? questi?). SINGOLARE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. ist (codesto, costui) istus (di codesto) ist (a codesto) istum (codesto) ist (da codesto) femminile ist (codesta, costei) istus (di codesta) ist (a codesta) istam (codesta) ist (da codesta) PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. 64. SINGOLARE maschile femminile neutro ist (codesti, costoro) istrum (di codesti) ists (a codesti) ists (codesti) ists (da codesti) femminile istae (codeste) istrum (di codeste) ists (a codeste) ists (codeste) ists (da coeste) neutro ist (codesti, costoro) istrum (di codesti) ists (a codesti) ist (codesti) ists (da codesti) neutro istd (codesto, costui) istus (di codesto) ist (a codesto) istud (codesto) ist (da codesto)

Nom. Gen. Dat. Acc. Abl.

ill (quegli, colui) illus ill illum ill

ill (quella) illus ill illam ill

illd (quello, quella cosa) illus ill illd ill

PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. ill (coloro) illrum ills illos ills femminile illae (quelle) illrum ills ills ills neutro ill (quelle cose) illrum ills ill ills

NOTA. Il dimostrativo hic accenna per lo pi a cosa o persona presente o prossima a chi parla, cio alla prima persona, iste alla seconda persona, cio a quella cui si rivolge il discorso, mentre ille a terza persona. Dall'unione di iste ed ille con -ce, accorciato in -c, nascono le forme poco usate istic, istaec, istoc o istuc, ed illic, illaec, illoc o illuc.Questi pronomi si declinano come hic, ma mancano del genitivo e del dativo, quindi: accusativo istunc, istanc, istoc o istuc; ablativo istoc, istac, istoc, al plurale soltanto, istaec e illaec. 65. SINGOLARE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. 65. PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. ips (essi) ipsrum (di essi) ipss (ad essi) femminile ipsae (esse) ipsrum (di esse) ipss (ad esse) neutro ips (essi) ipsrum (di essi) ipss (ad essi) ips (esso, stesso) ipsus (di esso) ips (ad esso) ipsum (esso) ips (da esso) femminile ips (essa, stessa) ipsus (di essa) ips (ad essa) ipsam (essa) ips (da essa) neutro ipsum (esso, stesso) ipsus (di esso) ips (ad esso) ipsum (esso) ips (da esso)

Acc. Abl.

ipss (essi) ipss (da essi)

ipss (esse) ipss (da esse)

ips (essi) ipss (da essi)

SINGOLARE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. s (egli, quegli, quello) is (di lui) (a lui, gli) eum (lui, il, lo) e (da lui) femminile (ella, quella) is (di lei) (a lei, le) eam (lei, la) e (da lei) PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. ii, ei (quelli) erum (di loro) is, es (a loro, loro) es (gli, li) is, es (da loro) femminile eae (quelle) erum (di loro) is, es (a loro, loro) es (le) is, es (da loro) SINGOLARE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. dem (il medesimo) eiusdem (del medesimo) edem (al medesimo) eundem (il medesimo) edem (dal medesimo) femminile edem (la medesima) eiusdem (della medesima) edem (alla medesima) eandem (la medesima) edem (dalla medesima) PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. idem, dem (i medesimi) eorundem (dei medesimi) iisdem, eisdem (ai medesimi) esdem (i medesimi) iisdem, eisdem (dai
medesimi)

neutro d (quello, ci) is (di lui) (a lui, gli) id (lui, il, lo) e (da ci)

neutro ea (quelli) erum (di loro) is, es (a loro, loro) e (gli, li) is, es (da loro)

neutro dem (il medesimo) eiusdem (del medesimo) edem (al medesimo) dem (il medesimo) edem (dal medesimo)

femminile eaedem (le medesime) earundem (delle medesime) iisdem, eisdem (alle
medesime) esdem (le medesime) iisdem, eisdem (dalle medesime)

neutro edem (i medesimi) eorundem (dei medesimi) iisdem, eisdem (ai medesimi) edem (i medesimi) iisdem, eisdem (dai
medesimi)

NOTA. Idem composto da is e della particella rafforzativa -dem. 66. III. Pronome relativo

SINGOLARE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. qu (che, il quale) cis (di cui, del quale) cui (monosillabo) (a cui, al
quale)

femminile quae (che, la quale) cis (di cui, della quale) cui (monosillabo) (a cui, alla
quale)

neutro qud (che, il quale) cis (di cui, del quale) cui (monosillabo) (a cui, al
quale)

quem (che, il quale) qu (da cui, dal quale)

quam (che, la quale) qu (da cui, dalla quale)

quod (che, il quale) qu (da cui, dal quale)

PLURALE maschile Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. qui (che, i quali) qurum (di cui, dei quali) qubus (a cui, ai quali) qus (che, i quali) qubus (da cui, dai quali) femminile quae (che, le quali) qurum (di cui, delle quali) qubus (a cui, alle quali) qus (che, le quali) qubus (da cui, dalle quali) neutro quae (che, i quali) qurum (di cui, dei quali) qubus (a cui, ai quali) quae (che, i quali) qubus (da cui, dai quali)

NOTA 1. Invece di cum quo (con il quale), si dice per lo pi quocum (cfr. 63, 1), quacum e quibuscum, mentre sono anche usate le forme cum quo, cum qua, cum quibus. NOTA 2. Esiste inoltre un antico ablativo singolare qui, adoperato come relativo e come interrogativo, per esempio: Aristides vix reliquit, qui efferretur, (Aristide lasci appena di che esser sepolto); qui fit? (come avviene?). Lo si trova anche in unione con cum: quicum, per quocum, specialmente is quicum nemo quicum. Un'antica forma di ablativo plurale qus per qubus. Quoius, quoi per cuius, cui sono le grafie dell'et classica. 67. Pronomi interrogativi 1. maschile: quis? (chi ? quale ?) qui? (quale?); femminile: quae? (quale?); neutro: quid? (che? che cosa?) quod? (quale?) Quis il pi delle volte sostantivo, quid sempre sostantivo, quod sempre aggettivo. Quis serve a domandare del nome, qui della qualit di una persona o di una cosa. Quis vir? (chi costui?) Qui vir? (che uomo egli?). Si declinano come il relativo, quindi: genitivo, cuius?; dativo, cui?; accusativo, quem? quam? quid? quod?; ablativo quo? qua? quo? (qui?). 2. Si dice anche: numquis? (chi? chi mai?); numqui? (quale mai?); numquae? (quale mai?); numquid? (che mai?); numquod? (quale mai?).67. Anche quisnam? (chi mai? chi?); quinam? (quale?); quaenam? (quale?); quidnam? (che?); quodnam? (quale?); ecquis? (chi?); ecquid? (che?).-

Si declinano come quis, restando invariate le particelle num, nam, ecc., quindi: genitivo numcuius, cuiusnam, eccuius; dativo numcui, cuinam, eccui ecc. 3. Uter, utra, utrum (chi dei due? quale dei due? quale delle cose?), genitivo utrus e dativo utr (

25). 68. Pronomi indefiniti Sono cosddetti quei pronomi che si riferiscono a cose o persone indeterminate e che possono avere valore di sostantivo o di aggettivo. SOSTANTIVO alquis (alcuno) alquid (alcuna) alqua (alcuna cosa) AGGETTIVO alqui, alqua, alquod

NOTA. Dopo le particelle si, nisi, ne, num, quo il detto pronome perde il prefisso -ali, perci si dir si quis, num quid, ecc. SOSTANTIVO
(qualcosa)

AGGETTIVO

quispiam (qualcuno) quaepiam (qualcuna) quispiam quispiam, quaepiam, quodpiam

Questo pronome per lo pi usato nelle frasi dubitative, per esempio: dixerit quisquiam (direbbe qualcuno). NOTA. Nei pronomi composti, mentre quis e qui conservano la loro declinazione, l'altra parte rimane invariata, per quidam fa all'accusativo quendam, quandam e al genitivo plurale quorundam. SOSTANTIVO quisquam (ulla) (qualcuno)quicquam (quidquam)
(qualcosa)

AGGETTIVO ullus, ulla, ullum

NOTA. Questo pronome non ha plurale e manca anche dell'ablativo singolare nelle quali forme sostituito da ullus, ulla, ullum. SOSTANTIVO quidam, quaedam (un certo) quiddam (una cosa) AGGETTIVO quidam, quaedam, quoddam

NOTA 1. L'aggettivo quidam si pospone al nome, per esempio: homo quidam, urbs quaedam. 68. NOTA 2. Aliquis, quispiam e quidam si usano di solito nelle proposizioni affermative, quisquam e ullus nelle negative. Dicet aliquis (dir qualcuno); quisquam hoc dicet? (ci sar chi dica questo?).-

Si dir anche: sine ulla spe (senza speranza di sorta), non aliqua, ma poi non sine aliqua spe, cio cum aliqua spe (non senza speranza). SOSTANTIVO AGGETTIVO

quisque (ciascuno) quaeque, quidque (ciascuna cosa) quisque, quaeque, quodque

NOTA. Quisque si adopera per lo pi nel singolare e come enclitico, cio non si trova mai in principio di frase, bens dopo un pronome relativo possessivo, un numero ordinale, un superlativo e dopo l'ut nel significato di secondoch, per esempio: quorum quisque; suos quisque diligit; quinto quoque anno; optimus quisque; ut quisque est doctissimus ita est nequissimus (quanto pi qualcuno dotto, tanto pi malvagio). SOSTANTIVO quisquis (chiunque) quicquid (qualunque cosa) AGGETTIVO quoquo (ablativo solamente)

Questo pronome manca degli altri casi. Si ha per il genitivo singolare solo in unione con modi (cuicuimdi). SOSTANTIVO quicumque (chiunque) quaecumque, quodcumque
(qualunque cosa)

AGGETTIVO quicumque, quaecumque, quodcumque

SOSTANTIVO
(ciascuna cosa)

AGGETTIVO

unusquisque (ognuno) unaquaeque, unumquicquid unusquisque, unaquaeque, unumquodque

Di questo pronome si declinano entrambe le parti unus e quisque: genitivo uniuscuiusque e dativo unicuique, ecc. A questi pronomi si devono aggiungere: uterque utervis uterlbet neuter alterter alius 68. alter altera alterum (l'uno dei due) utrque utrvis utralbet neutra alterutra alia utrumque (ciascuno dei due) >utrumvis (qualsivoglia dei due) utrumlbet (qualsivoglia dei due) neutrum (nessuno dei due) alterutrum (l'uno o l'altro dei due) aliud (un altro, un'altra persona)

L'uno l'altro in una enumerazione ristretta a due si traduce con alter ripetuto: altera manu fert lapidem, panem ostentat altera; noxii ambo alter in alterum causam confert. Invece di alter . . . alter, ricorre anche unus . . . alter. Uterque vale l'uno e l'altro (tutti due). Gli uni e gli altri si traduce con il plurale utrique, per esempio: uterque virtute regnum adeptus est. Utrique victoriam crudeliter exercebant (gli uni e gli altri). NOTA 1. Uterque e alter si possono corrispondere nella stessa proposizione, per esempio: utrique alteris freti (appoggiati gli uni agli altri). NOTA 2. A neuter corrisponde alter, per esempio: cum aequali cura linguam utramque tueri

coeperimus, neutra alteri officiet (quando avremo preso a studiare con ugual cura l'una e l'altra lingua nessuna delle due nuocer all'altra). Di alteruter si declina tanto alter quanto uter (genitivo alterus utrus), ma talvolta alter si lascia invariato (genitivo alterutrus). NOTA 3. Se le persone o cose di cui si parla non possono essere pi di due invece di alteruter si usa alter, per esempio: alter consulum; altero oculo carere. SOSTANTIVO Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. nm (nessuno, nessuna) nihil (nessuna
cosa)

AGGETTIVO nullus, nulla, nullum nullius nulli ecc.

nullius, nullius rei nemni e null, nulli rei nemnem, nihil null, nulla re

Con i nomi di persona nemo si usa come aggettivo, per esempio: nemo civis, nemo poeta. 69. Aggettivi pronominali 1. I pronomi possessivi Meus, mea, meum (mio, mia); tuus, tua, tuum (tuo, tua); suus, sua, suum (suo, sua); noster, nostra, nostrum (nostro, nostra); vester, vestra, vestrum (vostro, vostra); suus, sua, suum (loro). NOTA 1. Da noster e vester si formano i pronomi gentilizi: nostras (del nostro popolo o paese); vestras (del vostro popolo o paese); nostrtes, i nostri compaesani, compatrioti); nostratia verba (le parole proprie della nostra lingua). Dal genitivo cuius si forma nello stesso modo cuias, genitivo cuiatis (di quale paese?). 69. Un altro possessivo poco usato cuius, cuia, cuium (di chi?).

NOTA 2. Agli ablativi suo e sua si aggiunge talora per maggiore efficacia la sillaba -pte, come suopte pondere (per suo proprio peso); suapte manu (di sua propria mano). S'incontra anche, ma di rado, memet, sumet (neutro plurale). 2. I pronomi correlativi interrogativi e relativi qulis, -e (quale) quantus, -a, -um
(quanto, quanto grande)

dimostrativi tlis, -e (tale) tantus, -a, -um


(tanto, tanto grande)

indeterminati aliquantus, -a, -um


(alquanto, alquanto grande) lquot (indeclinabile) (quanti)

qut (indeclinabile)
(quanti)

tt (indeclinabile)
(tanti)

NOTA 1. Si trova inoltre qualiscumque (qualunque, di qualsiasi fatta); quantuscumque (comunque grande); quotcumque e quotquot (quanti, in qualunque numero); totdem (altrettanti); quotus e quotusquisque (in che numero, in qual proporzione). NOTA 2. I pronomi correlativi che servono all'interrogazione sono anche relativi. Vir talis, qualis Africanus (un uomo come l'Africano); exercitus tantus, quantus numquam antea fuit (un esercito cos grande come non fu mai altro); tot victoriae quot pugnae (tante le vittorie quante le battaglie), mai in questo caso n ut n quam.

Il verbo 70. Nella lingua latina i verbi sono di tre generi o voci: 1 L'attivo che esprime un'azione, come laudo (lodare); 2 Il passivo che denota passione, come laudor (essere lodato); 3 Il deponente che ha significato attivo e forma passiva, come hortor (esortare). NOTA. I generi del verbo si chiamano cos per analogia dei generi dei nomi: l'attivo corrisponde al maschile, il passivo al femminile, il depopente al neutro. II. I verbi attivi e deponenti sono: 1 Transitivi, come laudo e hortor: laudo discipulum (io lodo lo scolaro); hortor discipulum (io esorto lo scolaro). 2 Intransitivi o neutri, come dormio (dormire); orior (nascere; sorgere). I transitivi possono avere un passivo completo, ma non cos per gli intransitivi; 154, 4. Quanto ad alcuni verbi che si chiamano semideponenti (vedi 115); riguardo ai neutro-passivi, 144. Nota 1. 71. Nella coniugazione ossia la flessione del verbo si devono notare:

I modi e i nomi verbali, cio: 1 Indicativo, come laudat (egli o ella loda); 2 Congiuntivo, come laudet (che egli lodi); 3 Imperativo, come lauda (loda tu); 4 Infinito, come laudare (lodare); 5 Gerundio, come laudandi (di lodare); 6 Supino, come laudatu (a lodarsi); 7 Participio, come laudans (lodante, che loda). NOTA. L'indicativo, il congiuntivo e l'imperativo sono modi e contengono in s il predicato, cio affermano o negano qualcosa di relativo al soggetto (verbum finitum), mentre l'infinito, il gerundio, il supino e il participio non sono che nomi verbali, cio forme intermedie, ovvero facenti parte sia del nome sia del verbo (verbum infinitum). II. I tempi: 1 Presente, come laudo (io lodo); 2 Imperfetto, come laudbam (io lodavo); 3 Futuro, come laudbo (io loder); 4 Perfetto, come laudvi (io lodai, ho lodato ed ebbi lodato); 5 Pi che perfetto, come laudavram (io avevo lodato); 6 Futuro anteriore (futurum exactum), come laudavro (avr lodato). NOTA. L'imperfetto, il perfetto ed il pi che perfetto si chiamano comunemente anche tempi passati (tempora praeterita). III. Il numero che pu essere singolare o plurale. In ogni numero si distinguono tre persone: la prima o la persona che parla), la seconda o quella a cui si parla, e la terza o quella di cui si parla. Il verbo esse (essere) 72. INDICATIVO PRESENTE CONGIUNTIVO

Singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

sum (io sono) s (tu sei) est (egli, ella ) smus (noi siamo) estis (voi siete) sunt (essi, esse sono) INDICATIVO IMPERFETTO

sm (io sia) ss (tu sia) st (egli, ella sia) smus (noi siamo) stis (voi siate) sint (essi, esse siano) CONGIUNTIVO

Plurale

72.

Singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

ram (io ero) ers (tu eri) ert (egli, ella era) ermus (noi eravamo) ertis (voi eravate) erant (essi, esse erano)

essm (io fossi) esss (tu fossi, saresti) esset (egli, ella fosse, sarebbe) essmus (noi fossimo, saremmo) esstis (voi foste, sareste) essent (essi, esse fossero, sarebbero)

Plurale

INDICATIVO FUTURO Singolare 1. 2. 3. r (io sar) ers (tu sarai) ert (egli, ella sar)

CONGIUNTIVO

futrus (-a, -um) sim (sia per


essere)

futrus (-a, -um) sis (sia per


essere)

futrus (-a, -um) sit (sia per


essere)

Plurale

1. 2. 3.

ermus (noi saremo) ertis (voi sarete) erunt (essi, esse saranno)

futuri (-ae, -a) simus (siamo per


essere)

futuri (-ae, -a) sitis (siate per


essere)

futuri (-ae, -a) sint (siano per


essere)

INDICATIVO PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fu (fui, sono stato) fuist (fosti, sei stato) fut (fu, stato) fums (fummo, siamo stati) fuistis (foste, siete stati) furunt, fure (furono, sono

CONGIUNTIVO

furim (sia stato) furs (sia stato) furt (sia stato) furmus (siamo stati) furtis (siate stati) furnt (siano stati)

Plurale

stati)nbsp;

INDICATIVO PI CHE PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. furm (ero stato) furs (eri stato) furt (era stato) fuermus (eravamo stati) fuertis (eravate stati) furant (erano stati) INDICATIVO FUTURO ANTERIORE Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. furo (sar stato) furis (sarai stato) furit (sar stato) fuermus (saremo stati) fuertis (sarete stati) furint (saranno stati)

CONGIUNTIVO

fuissem (fossi, sarei stato) fuisses (fosti, saresti stato) fuisset (fosse, sarebbe stato) fuissmus (fossimo, saremmo stati) fuisstis (foste, sareste stati) fuissent (fossero, sarebbero stati)

Plurale

72.

Plurale

73. IMPERATIVO PRESENTE Singolare PLURALE 2. 3. 2. 3. s (sii) este (siate) INFINITO PRESENTE esse(essere) singolare plurale
essere)

FUTURO esto (sii o sarai) esto (sia o sar) estte (siate o sarete) sunto (siano o saranno)

FUTURO fore o futrum (-am, -um) esse (esser per fore futros (-as, -a) (esser per essere)

PASSATO fuisse (essere stato) PARTICIPIO PRESENTE ens (non usato) (che ) FUTURO futrus (-a, -um) (futuro, che sar)

Il verbo esse non ha n supino n gerundio. NOTA. Invece di essem, esses, esset, esseni, si trova anche forem, fores, foret, forent. Con un participio e un gerundio si deve sempre usare fore, mai futurum esse: laudatum fore, legendum fore. Le forme siem, sies, siet e sient per sim, sis ecc., sono arcaiche. 74. 1. Come esse si coniugano anche i suoi composti, cio :

de-sum (mancare); in-sum (essere in, essere dentro); inter-sum (essere presente, essere in mezzo); prae-sum (presiedere); sub-sum (essere sotto); super-sum (sopravvanzare, restare). Si notino i seguenti composti con ab, ad, ob e pro che mutano in alcune forme tale sillaba: ab-sum, perfetto a-fui, participio futuro a-futurus, infinito futuro a-fore, infinito presente ab-esse (essere lontano, assente); ad-sum, perfetto ad-fui (af-fui), infinito ad-esse (essere presente); ob-sum, perfetto ob-fui (of-fui), infinito ob-esse (ostare, essere d'impedimento); prosum, profui, prodesse (giovare, essere utile). Prosum, in tutte le forme del verbo esse, che incominciano con e, prende una d tra la preposizione pro ed il verbo ( 185, Nota a), quindi: pro-sum, prod-es, prod-est, pros-mus, prod-estis, pro-sunt, e cos prod-ram, prod-essem, prod-ro, prod-es, prodesse, ma poi troviamo pro-fui, pro-futurus ecc. Quanto a possum (vedere 138). 2. Se si eccettuano praesens (presente) ed absens (assente), tutti gli altri composti del verbo esse mancano nella lingua classica del participio presente. 3. I pronomi personali ego, tu, nos, vos, non si adoperano con i verbi, se non quando si voglia far spiccare distintamente le diverse persone, come: tu adfuisti, non ego (tu fosti presente, non io). NOTA. Tranne absum, che regge l'ablativo, i composti di esse vogliono il dativo, per esempio: prodesse alicui, interesse pugnae. Coniugazioni regolari 75. 1. Vi sono in latino quattro coniugazioni che si distinguono fra di loro per la desinenza dell'infinito. L'infinito della prima in -re, come: laudre (lodare); seconda in -re, come: monre (avvisare); terza in -re, come: legre (leggere); quarta in re, come: audre (udire).

2. Per coniugare un verbo bisogna conoscerne le forme fondamentali, cio il presente, il perfetto, il supino e l'infinito, perch da queste si derivano tutte le altre. Ecco le loro uscite: 75. presente 1 Coniugazione 2 Coniugazione 3 Coniugazione 4 Coniugazione -o, laudo -eo, moneo -o, lgo -io, audio perfetto -vi, laudvi -ui, monui -i, lgi -vi, audvi supino -tum, laudtum -tum, montum -tum, lectum -tum, audtum infinito -re, laudre -re, monre -re, legre -re, audre

NOTA. I verbi (semplici e composti) della prima coniugazione sono pi di 3500, quelli della seconda 570 circa, della terza intorno a 2500, della quarta quasi 400. 76. I. Vi sono quattro modi per formare il perfetto latino, cio: 1 per mezzo della caratteristica v o u (v dopo una vocale, u dopo una consonante), come: lauda-vi, dele-v-i, audi-v-i, dom-u-i, doc-u-i, col-u-i; 2 per mezzo della caratteristica s (con le conseguenti mutazioni della consonante che precede; vedere pi sotto Nota 2), come: man-s-i, ar-s-i (per ard-s-i), dixi (per dic-s-i), texi (per teg-s-i), mul-s-i (per mulc-s-i); 3 per allungamento della vocale del tema, come: adivi da adivo, vdi da video, lgi da lgo, vni da vnio; 4 per raddoppiamento, ossia per ripetizione della consonante iniziale insieme con la vocale seguente, come: t-tondi, da tondeo, c-curri da curro.Qualora questa vocale sia una a o un ae, si cambia in , come c-cdi da cado, c-cdi da caedo. Spondeo fa spo-pondi, disco di-dici, sto stti (quasi da sta-o, e cos ddi da da-o; 78, Nota 1, d).Nei composti manca il raddoppiamento, come per detondeo che fa al perfetto detondi, mentre si conserva soltanto in quelli di do, sto, sisto, posco e disco e talvolta anche in quelli di curro. II. La desinenza del supino originariamente -tum, che per altro si muta spesso in -sum. 1. Il supino nella prima coniugazione sempre in tum e, il pi delle volte, anche nelle altre coniugazioni. 2. Nella seconda e terza coniugazione il supino quasi sempre in -sum, quando il tema verbale esce in d, t o rg, come: arsum da ard-eo, missum da mitt-o, tersum da terg-eo, mersum da merg-o. Mutazioni del tema del presente nel perfetto e nel supino. NOTA 1. Con i perfetti in v o in u il tema verbale si mantiene generalmente inalterato, mentre la caratteristica della coniugazione ora rimane ed ora scompare, come am--vi, dom-ui. 76. NOTA 2. Nei perfetti in -si e nei supini in -sum e -tum hanno luogo le seguenti mutazioni di consonanti:

1 La labiale b dinanzi a s e a t si cambia in p, come: scribo, scripsi, scriptum, scribere. 2 Le gutturali incontrando una s formano una x, e dinanzi a t si cambiano in c, come: dico, dixi, dictum, dicere; tego, texi, tectum, tegre; coquo, coxi, coctum, coquere;similmente traho, traxi, tractum, trahere e veho, vexi, vectum, vehere. Lo stesso avviene della v in vivo, vixi, victum, vivere, e della u in struo, struxi, structum, struere e in fluo, fluxi, fluxum, fluere.La c e la g, per altro, preceduti da l o r cadono dinanzi a -si, -sum e -tum, come: fulcio, fulsi, fultum, fulcire; mergo, mersi, mersum, mergere. 3 Le dentali dinanzi a s cadono, come: claudo, clausi, clausum, claudere, e la vocale che precede

ne viene allungata. come: divdo, divisi, divsum, dividere.Talvolta si raddoppia la s, come: concutio, concussi, concussum, concutere. 4 Dopo una m dinanzi a -si e -tum si frappone per lo pi una p, come: sumo, sumpsi, sumptum, sumere (anche sumsi e sumtum). NOTA 3. I perfetti che si formano per allungament della vocale del tema e i supini che vi corrispondono perdono la n (m) interposta nel tema del presente, come: vinco, vci, victum, vincere; frango, frgi, fractum, frangere; fundo, fdi, fusum, fundere; relinquo, relqui, relictum, relinquere; rumpo, rpi, ruptum, rumpere. 77. Dalle quattro forme fondamentali si derivano tutte le altre nel modo che segue: I. Dal presente indicativo attivo si formano: 1 il presente congiuntivo attivo, cambiando -o in -em per la prima coniugazione, in -am per le altre, quindi: laudem, moneam, legam, audiam; 2 l'imperfetto indicativo attivo, cambiando le terminazioni delle quattro coniugazioni -o, -eo, -o ed -io in -bam per la prima, -bam per la seconda e terza, -ibam per la quarta, quindi: laudbam, monbam, legbam, audibam; 3 il futuro indicativo attivo, mutando la terminazione del presente per la prima coniugazione in -bo, per la seconda in -bo, per la terza in -am, per la quarta in am, quindi: laudbo, monbo, legam, audiam; 4 il participio presente attivo, cambiando la terminazione del presente per la prima coniugazione in -ans, per la seconda e terza in -ens, per la quarta in iens, quindi: laudans, monens, legens, audiens; 5 il participio futuro passivo (ed il gerundio), formando prima il participio presente attivo, e poi mutando la s di questo in dus, quindi: laudandus, monendus, legendus, audiendus. 77. II. Dal perfetto indicativo attivo si formano:

1 il perfetto congiuntivo attivo, cambiando la i in -rim: laudavrim, monurim, legrim, audivrim; 2 il pi che perfetto indicativo attivo, cambiando la i in -ram: laudavram, monuram, legram, audivram; 3 il pi che perfetto congiuntivo attivo, cambiando la i in -issem: laudavissem, monuissem, legissem, audivissem; 4 il futuro anteriore, cambiando la i in -ro: laudavro, monuro, legro, audivro; 5 l'infinito perfetto attivo, cambiando la i in -isse: laudavisse, monuisse, legisse, audivisse. III. Dal supino (I) in -tum si formano: 1 il participio futuro attivo, cambiando -um in -rus (-a, -um), quindi: laudatrus (-a, -um), monitrus, lectrus, auditrus. NOTA. I seguenti participi futuri attivi non sono formati dal vero supino, ma da un supposto supino regolare: iuvaturus, secaturus, sonaturus, luiturus, abnuiturus, pariturus, praestaturus, ruiturus, moriturus, nasciturus e oriturus. Da lavo si ha solo lavaturus e da fruor, fruiturus (vedere 108 e seguenti). 2 Il participio perfetto passivo, cambiando -um in -us (-a, -um) quindi: laudtus (-a, -um), monitus, lectus, audtus. 3 Il perfetto, il pi che perfetto e il futuro anteriore passivo, aggiungendo al participio perfetto passivo le forme corrispondenti del verbo ausiliare sum dell'indicativo e del congiuntivo, quindi: laudatus (-a, -um) sum, sim, eram, essem, ro ecc. 4 L'infinito futuro passivo, accoppiando il supino con iri (infinito passivo di ire, andare), quindi: laudatum iri, monitum iri, lectum iri, auditum iri. 5 Il supino in -tu. IV. Dall'infinito presente attivo si formano: 1 l'imperativo presente attivo, togliendo la sillaba finale re, quindi: laud, mon, leg, aud;

1) In realt non si tratta del supino, ma del participio passivo (neutro) che si identifica nella forma con il supino attivo. 2 l'imperfetto congiuntivo attivo, aggiungendovi una m, quindi: laudrem, monrem, legrem, audrem; 3 l'infinito presente passivo, cambiando nella prima, seconda e quarta coniugazione -re in -ri, e nella terza -re in -i: laudri, monri, legi, audri; 4 l'imperativo presente passivo che in tutte le coniugazioni mantiene al completo la forma dell'infinito attivo, quindi: laudre, monre, legre, audre. 77. V. A compimento di tutto questo si noti che da ciascuna forma attiva in -o ed in -m proviene la corrispondente passiva in -or ed in -r (eccettuati i tempi composti del passivo), come appare dal seguente specchietto:

laudo (laudor) laudem (lauder) laudabam (laudabar) laudabo (laudabor) laudans laudandus

laudavi laudaverim laudaveram laudavissem laudavero laudavisse

laudatum laudaturus laudatus laudatus sum (eram, ero) laudatum iri

laudare lauda laudarem (laudarer) laudari laudare

78. Le desinenze personali e dei numeri singolari e plurali sono: I. Nell'indicativo e congiuntivo attivo: 1 persona Singolare Plurale -o, -m, -i -()mus 2 persona -()s (sti) -()tis (stis) -(i)t -(u)nt (runt, re) 3 persona

II. Nell'indicativo e congiuntivo passivo: 1 persona Singolare Plurale III. Nellimperativo: ATTIVO 2 persona Singolare Plurale presente futuro presente futuro -, -, -, - -()to -()te -()tte 3 persona -()to -(u)nto PASSIVO 2 persona -()re -()tor -()mni 3 persona -(tor) (u)ntor -r -()mur 2 persona -()ris, -(e)re -()mni -()tur -(u)ntur 3 persona

NOTA 1. Nella coniugazione dei verbi bisogna distinguere: il tema o radicale del verbo, come lud in laudo, mon in moneo; b) la caratteristica o vocale distintiva della coniugazione che a per la prima, e per la seconda, i per la quarta, mentre nella terza manca; c) la vocale copulativa che serve a collegare la desinenza con il tema; essa per lo pi una , talvolta una e, dinanzi a -nt, una u. Nello specchietto di sopra si trova chiusa fra parentesi; 78. d) la desinenza. La desinenza e la vocale copulativa rimangono inalterate soltanto nella terza coniugazione, cos in leg--re, leg il tema, la vocale copulativa, -re la desinenza.-

Nella prima, seconda e quarta coniugazione la vocale copulativa e fonde insieme con la caratteristica della coniugazione, eccetto la u dopo la i. Quindi amre sta per ama-re, am per ama-o; ams per ama-s, amt per ama-it ecc., cos monmus per mone-mus, audmus per audimus, monent per mone-unt. In audiunt la vocale copulativa e la desinenza restano intiere, come in legunt; e) la caratteristica del tempo, che serve a distinguere i tempi tra di loro, cos si riconosce laudabam come imperfetto indicativo, da -ba, e laudavi, come perfetto, da v. Quindi in aud--v-i-t, aud il tema, la caratteristica della quarta coniugazione, v la caratteristica del perfetto, i la vocale copulativa, e t la desinenza della terza persona singolare. NOTA 2. Volendo riconoscere una forma del verbo si proceder cercando: 1 la persona; 2 il numero; 3 il tempo; 4 il modo; 5 il genere o la voce del verbo.In questo modo di laudaremini si dir che della 2 persona plurale, tempo imperfetto, modo congiuntivo, genere passivo. Modello delle quattro coniugazioni 79. I Coniugazione in - (infinito -re) INDICATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-o (io lodo) laud-s (tu lodi) laud-at (egli, ella loda) laud-mus (noi lodiamo) laud-tis (voi lodate) laud-ant (essi, esse lodano) INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-bam (io lodavo) laud-bas (tu lodavi) laud-bat (egli, ella lodava) laud-abmus (noi lodavamo) laud-abtis (voi lodavate) laud-bant (essi, esse lodavano)

plurale

plurale

79. INDICATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-bo (io loder) laud-bis (tu loderai) laud-bit (egli, ella loder) laud-bmus (noi loderemo) laud-btis (voi loderete) laud-bunt (essi, esse loderanno)

plurale

INDICATIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-vi (lodai, ho lodato) laud-(vi)sti (lodasti, hai lodato) laud-vit (lod, ha lodato) laud-vmus (lodammo, abbiamo lodato) laud-(vi)stis (lodaste, avete lodato) laud-(v)runt (lodarono, hanno lodato) INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-(ve)ram (avevo lodato) laud-(v)ras (avevi lodato) laud-(v)rat (aveva lodato) laud-(v)rmus (avevamo lodato) laud-(v)rtis (avevate lodato) laud-(v)rant (avevano lodato)

plurale

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-(v)ro (avr lodato) laud-(v)ris (avrai lodato) laud-(v)rit (avr lodato) laud-(v)rmus (avremo lodato) laud-(v)rtis (avrete lodato) laud-(v)rint (avranno lodato)

plurale

79. II Coniugazione in - (infinito -re) INDICATIVO PRESENTE ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

mon-o (avviso) mon-s (avvisi) mon-et (avvisa) mon-mus (avvisiamo) mon-tis (avvisate) mon-ent (avvisano)

plurale

INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-bam (avvisavo) mon-bas (avvisavi) mon-bat (avvisava) mon-ebmus (avvisavamo) mon-ebtis (avvisavate) mon-bant (avvisavano) INDICATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-bo (avviser) mon-bis (avviserai) mon-bit (avviser) mon-bmus (avviseremo) mon-btis (avviserete) mon-bunt (avviseranno) INDICATIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-i (avvisai, ho avvisato) mon-uisti (avvisasti, hai avvisato) mon-it (avvis, ha avvisato) mon-umus (avvisammo, abbiamo avvisato) mon-uistis (avvisaste, avete avvisato) mon-urunt (avvisarono, hanno avvisato)

plurale

plurale

plurale

79. INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. mon-uram (avevo avvisato) mon-uras (avevi avvisato) mon-urat (aveva avvisato)

plurale

1. 2. 3.

mon-urmus (avevamo avvisato) mon-urtis (avevate avvisato) mon-urant (avevano avvisato)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-uro (avr avvisato) mon-uris (avrai avvisato) mon-urit (avr avvisato) mon-urmus (avremo avvisato) mon-urtis (avrete avvisato) mon-urint (avranno avvisato)

plurale

III Coniugazione in consonante (infinito -re) INDICATIVO PRESENTE ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-o (io leggo) leg-s (tu leggi) leg-it (egli, ella legge) leg-mus (noi leggiamo) leg-tis (voi leggete) leg-unt (essi, esse leggono) cp-o (prendo) cap-s (prendi) cap-it (prende) cp-mus (prendiamo) cap-tis (prendete) cap-iunt (prendono) in -io

plurale

INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-bam (io leggevo) leg-bas (tu leggevi) leg-bat (egli, ella leggeva) leg-ebmus (noi leggevamo) leg-ebtis (voi leggevate) leg-bant (essi, elle leggevano) in -io cp-bam (prendevo) cap-bas (prendevi) cap-ibat (prendeva) cp-ibamus (prendevamo) cap-ibatis (prendevate) cap-ibant (prendevano)

plurale

79. INDICATIVO FUTURO ATTIVO

in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-am (io legger) leg-s (tu leggerai) leg-t (egli, ella legger) leg-mus (noi leggeremo) leg-tis (voi leggerete) leg-ent (essi, esse leggeranno)

in -io cap-am (prender) cap-is (prenderai) cap-it (prender) cp-imus (prenderemo) cap-itis (prenderete) cap-ient (prenderanno)

plurale

INDICATIVO PERFETTO ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-i (lessi, ho letto) lg-isti (leggesti, hai letto) lg-it (lesse, ha letto) lg-mus (leggemmo, abbiamo letto) lg-ist-is (leggeste, avete letto) lg-runt (lessero, hanno letto) in -io

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-ram (avevo letto) lg-ras (avevi letto) lg-rat (aveva letto) lg-ermus (avevamo letto) lg-ertis (avevate letto) lg-rant (avevano letto) in -io

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-ro (avr letto) lg-ris (avrai letto) lg-rit (avr letto) lg-ermus (avremo letto) lg-ertis (avrete letto) lg-erint (avranno letto) in -io

plurale

79. IV Coniugazione in - (infinito -re) INDICATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-o (odo) aud-s (odi) aud-it (ode) aud-mus (udiamo) aud-tis (udite) aud-unt (odono)

plurale

INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-ibam (udivo) aud-ibas (udivi) aud-ibat (udiva) aud-iebmus (udivamo) aud-iebtis (udivate) aud-ibant (udivano) INDICATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-am (udir) aud-s (udirai) aud-et (udir) aud-imus (udiremo) aud-itis (udirete) aud-ent (udiranno) INDICATIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-vi (udii, ho udito) aud-(vi)sti (udisti, hai udito) aud-vit (ud, ha udito) aud-vmus (udimmo, abbiamo udito) aud-(vi)stis (udiste, avete udito) aud-i(v)runt (udirono, hanno udito)

plurale

plurale

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. aud-i(v)ram (avevo udito)

2. 3. plurale 1. 2. 3.

aud-i(v)ras (avevi udito) aud-i(v)rat (aveva udito) aud-i(v)ermus (avevamo udito) aud-(v)ertis (avevate udito) aud-i(v)rant (avevano udito)

79. INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-i(v)ro (avr udito) aud-i(v)ris (avrai udito) aud-i(v)rit (avr udito) aud-i(v)ermus (avremo udito) aud-(v)ertis (avrete udito) aud-i(v)rint (avranno udito)

plurale

80. Modo congiuntivo, forma attiva CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-em (che io lodi) laud-s (che tu lodi) laud-et (che egli, ella lodi) laud-mus (che noi lodiamo) laud-tis (voi lodiate) laud-ent (che essi, esse lodino) CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-rem (lodassi, loderei) laud-res (lodassi, loderesti) laud-ret (lodasse, loderebbe) laud-armus (lodassimo, loderemmo) laud-artis (lodaste, lodereste) laud-rent (lodassero, loderebbero) CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. laud-(v)rim (abbia lodato) laud-(v)ris (abbia lodato) laud-(v)rit (abbia lodato)

plurale

plurale

plurale

1. 2. 3.

laud-(ve)rmus (abbiamo lodato) laud-(ve)rtis (abbiate lodato) laud-(ve)rint (abbiano lodato)

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-a(vi)ssem (avessi, avrei lodato) laud-a(vi)sses (avessi, avresti lodato) laud-a(vi)sset (avesse, avrebbe lodato) laud-a(vi)ssmus (avessimo, avremmo lodato) laud-a(vi)sstis (aveste, avreste lodato) laud-a(vi)ssent (avessero, avrebbero lodato) CONGIUNTIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-atrus (-a, -um) sim (sia per lodare) laud-atrus (-a, -um) sis (sia per lodare) laud-atrus (-a, -um) sit (sia per lodare) laud-atri (-ae, -a) simus (siamo per lodare) laud-atri (-ae, -a) sitis (siate per lodare) laud-atri (-ae, -a) sint (siano per lodare)

plurale

80.

plurale

II Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-am (che io avvisi) mon-as (che tu avvisi) mon-at (che egli avvisi) mon-emus (che noi avvisiamo) mon-etis (che voi avvisiate) mon-ant (che essi avvisino) CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-rem (avvisassi, avviserei) mon-res (avvisassi, avviseresti) mon-ret (avvisasse, avviserebbe) mon-ermus (avvisassimo, avviseremmo) mon-ertis (avvisaste, avvisereste) mon-rent (avvisassero, avviserebbero)

plurale

plurale

CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-urim (abbia avvisato) mon-uris (abbia avvisato) mon-urit (abbia avvisato) mon-uermus (abbiamo avvisato) mon-uertis (abbiate avvisato) mon-urint (abbiano avvisato)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-uissem (avessi, avrei avvisato) mon-uisses (avessi, avresti avvisato) mon-uisset (avesse, avrebbe avvisato) mon-uissmus (avessimo, avremmo avvisato) mon-uisstis (aveste, avreste avvisato) mon-uissent (avessero, avrebbero avvisato) CONGIUNTIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-itrus (-a, -um) sim (sia per avvisare) mon-itrus (-a, -um) sis (sia per avvisare) mon-itrus (-a, -um) sit (sia per avvisare) mon-itri (-ae, -a) simus (siamo per avvisare) mon-itri (-ae, -a) sitis (siate per avvisare) mon-itri (-ae, -a) sint (siano per avvisare)

plurale

80.

plurale

III Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-am (che io legga) leg-s (che tu legga) leg-at (che egli, ella legga) leg-mus (che noi leggiamo) leg-tis (che voi leggiate) leg-ant (che essi, esse leggano) in -io cap-am (che io prenda) cap-is (che tu prenda) cap-iat (che egli prenda) cap-imus (che noi prendiamo) cap-itis (che voi prendiate) cap-ant (che essi prendano)

plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-rem (leggessi, leggerei) leg-res (legessi, leggeresti) leg-ret (legesse, leggerebbe) leg-ermus (leggessimo, leggeremmo) leg-ertis (leggeste, leggereste) leg-rent (leggessero, leggerebbero) CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-rim (abbia letto) lg-ris (abbia letto) lg-rit (abbia letto) lg-ermus (abbiamo letto) lg-ertis (abbiate letto) leg-rint (abbiano letto)

plurale

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lg-issem (avessi, avrei letto) lg-isses (avessi, avresti letto) lg-isset (avesse, avrebbe letto) lg-issmus (avessimo, avremmo letto) lg-isstis (aveste, avreste letto) lg-issent (avessero, avrebbero letto) CONGIUNTIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-trus (-a, -um) sim (sia per leggere) lec-trus (-a, -um) sis (sia per leggere) lec-trus (-a, -um) sit (sia per leggere) lec-tri (-ae, -a) simus (siamo per leggere) lec-tri (-ae, -a) sitis (siate per leggere) lec-tri (-ae, -a) sint (siano per leggere)

plurale

80.

plurale

IV Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. aud-am (che io oda) aud-s (che tu oda) aud-at (che egli oda)

plurale

1. 2. 3.

aud-imus (che noi udiamo) aud-itis (che voi udiate) aud-ant (che essi odano) CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

aud-rem (udissi, udirei) aud-res (udissi, udiresti) aud-ret (udisse, udirebbe) aud-irmus (udissimo, udiremmo) aud-irtis (udiste, udireste) aud-rent (udissero, udirebbero) CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO

plurale

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

aud-(v)rim (abbia udito) aud-(v)ris (abbia udito) aud-(v)rit (abbia udito) aud-(v)ermus (abbiamo udito) aud-(v)ertis (abbiate udito) aud-i(v)rint (abbiano udito)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-i(vi)ssem (avessi, avrei udito) aud-i(vi)sses (avessi, avresti udito) aud-i(vi)sset (avesse, avrebbe udito) aud-i(vi)ssmus (avessimo, avremmo udito) aud-i(vi)sstis (aveste, avreste udito) aud-i(vi)ssent (avessero, avrebbero udito) CONGIUNTIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-itrus (-a, -um) sim (sia per udire) aud-itrus (-a, -um) sis (sia per udire) aud-itrus (-a, -um) sit (sia per udire) aud-itri (-ae, -a) simus (siamo per udire) aud-itri (-ae, -a) sitis (siate per udire) aud-itri (-ae, -a) sint (siano per udire)

plurale

80.

plurale

81. Modo Imperativo, forma attiva

I Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud- (loda) laud-te (lodate) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-to (loda, loderai) laud-to (lodi, loder) laud-atte (lodate, loderete) laud-anto (lodino, loderanno)

plurale

plurale

II Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon- (avvisa) mon-te (avvisate) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-to (avvisa, avviserai) mon-to (avvisi, avviser) mon-ette (avvisate, avviserete) mon-ento (avvisino, avviseranno)

plurale

81.

plurale

III Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

lg-e (leggi) leg-te (leggete) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO

plurale

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

leg-to (leggi, leggerai) leg-to (legga, legger) leg-tte (leggete, leggerete) leg-unto (leggano, leggeranno)

plurale

IV Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud- (odi) aud-te (udite) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-to (odi, udirai) aud-to (oda, udir) aud-tte (udite, udirete) aud-iunto (odano, udiranno)

plurale

plurale

82. Modo infinito, forma attiva I Coniugazione MODO INFINITO ATTIVO PRESENTE PASSATO laud-re (lodare) laud-(vi)sse (aver lodato)

FUTURO

Singolare Plurale

laud-trum (-am, -um) esse (essere per lodare, aver a


lodare)

laud-atros (-as, -a) esse

II Coniugazione MODO INFINITO ATTIVO PRESENTE PASSATO FUTURO Singolare Plurale mon-re (avvisare) mon-uisse (aver avvisato) mon-trum (-am, -um) esse (essere per avvisare, aver ad
avvisare)

mon-itros (-as, -a) esse

III Coniugazione MODO INFINITO ATTIVO PRESENTE PASSATO FUTURO Singolare Plurale leg-re (leggere) lg-isse (aver letto) lec-trum (-am, -um) esse (essere per leggere, aver a
leggere)

lec-tros (-as, -a) esse

IV Coniugazione MODO INFINITO ATTIVO PRESENTE PASSATO FUTURO Singolare Plurale aud-re (udire) aud-(vi)sse (aver udito) aud-itrum (-am, -um) esse (essere per udire, aver a udire) aud-ituros (-as,- a) esse

83. Modo participio, forma attiva I Coniugazione MODO PARTICIPIO ATTIVO PRESENTE FUTURO laud-ans, - antis (lodante, lodando, che loda, che lodava) laud-atrus (-a, -um) (che loder, che per lodare)

II Coniugazione MODO PARTICIPIO ATTIVO PRESENTE FUTURO III Coniugazione MODO PARTICIPIO ATTIVO in -o PRESENTE leg-ens, -entis
(leggente, leggendo, che legge, che leggeva)

mon-ens, -entis (avvisante, avvisando, che avvisa, che avvisava) mon-trus (-a, -um) (che avviser, che per avvisare)

in -io cap-iens, cap-ientis


(prendente, prendendo, che prende, che prendeva)

FUTURO IV Coniugazione

lec-trus (-a, -um) (che legger, che per leggere)

MODO PARTICIPIO ATTIVO PRESENTE FUTURO aud-iens, -ientis (udente, udendo, che ode, che udiva) aud-trus (-a, -um) (che udir, che per udire)

84. Modo gerundio, forma attiva I Coniugazione MODO GERUNDIO ATTIVO Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. 84. II Coniugazione MODO GERUNDIO ATTIVO Nom. Gen. Dat. mon-endi (di avvisare) mon-endo (ad avvisare) laud-andi (di lodare) laud-ando (a lodare) (ad) laud-andum (a, per lodare) laud-ando (lodando, dal, nel, con il lodare)

Acc. Abl.

(ad) mon-endum (a, per avvisare) mon-endo (avvisando, dall, nell, con lavvisare)

III Coniugazione MODO GERUNDIO ATTIVO in -o Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. leg-endi (di leggere) leg-endo (a leggere) (ad) leg-endum (a, per leggere) leg-endo (leggendo, dal, nel, con il leggere) in -io cap-iendi (di prendere) cap-iendo (a prendere) (ad) cap-iendum (a, per prendere) cap-iendo (prendendo, dall, nell, con il
prendere)

IV Coniugazione MODO GERUNDIO ATTIVO Nom. Gen. Dat. Acc. Abl. aud-iendi (di udire) aud-iendo (ad udire) (ad) aud-iendum (a, per udire) aud-iendo (udendo, dall, nell, con l udire)

85. Modo supino, forma attiva I Coniugazione MODO SUPINO ATTIVO laud-tum (a, per lodare) II Coniugazione MODO SUPINO ATTIVO mon-tum (a, per avvisare) 85. III Coniugazione MODO SUPINO ATTIVO mon-tu (ad avvisare) laud-tu (a lodare)

lec-tum (a, per leggere)

lec-tu (a leggere)

IV Coniugazione MODO SUPINO ATTIVO aud-tum (a, per udire) aud-tu (a udire)

86. Modo indicativo, forma passiva I Coniugazione INDICATIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-or (sono lodato) laud-ris (sei lodato) laud-tur ( lodato) laud-mur (siamo lodati) laud-amni (siete lodati) laud-antur (sono lodati) INDICATIVO IMPERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-bar (ero lodato) laud-abris (eri lodato) laud-abtur (era lodato) laud-abmur (eravamo lodati) laud-abamni (eravate lodati) laud-abantur (erano lodati) INDICATIVO FUTURO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-bor (sar lodato) laud-abris (sarai lodato) laud-abtur (sar lodato) laud-abmur (saremo lodati) laud-abmni (sarete lodati) laud-abuntur (saranno lodati) INDICATIVO PERFETTO PASSIVO singolare 1. laud-tus (-a, -um) sum (fui, sono stato lodato)

plurale

plurale

plurale

86.

2. 3. plurale 1. 2. 3.

laud-tus (-a, -um) es (fosti, sei stato lodato) laud-tus (-a, -um) est (fu, stato lodato) laud-ti (-ae, -a) sumus (fummo, siamo stati lodati) laud-ti (-ae, -a) estis (foste, siete stati lodati) laud-ti (-ae, -a) sunt (furono, sono stati lodati)

INDICATIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-tus (-a, -um) eram (ero stato lodato) laud-tus (-a, -um) eras (eri stato lodato) laud-tus (-a, -um) erat (era stato lodato) laud-ti (-ae, -a) eramus (eravamo stati lodati) laud-ti (-ae, -a) eratis (eravate stati lodati) laud-ti (-ae, -a) erant (erano stati lodati)

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-tus (-a, -um) ero (sar stato lodato) laud-tus (-a, -um) eris (sarai stato lodato) laud-tus (-a, -um) erit (sar stato lodato) laud-ti (-ae, -a) ermus (saremo stati lodati) laud-ti (-ae, -a) eritis (sarete stati lodati) laud-ti (-ae, -a) erunt (saranno stati lodati)

plurale

II Coniugazione INDICATIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-or (sono avvisato) mon-ris (sei avvisato) mon-tur ( avvisato) mon-mur (siamo avvisati) mon-emni (siete avvisati) mon-entur (sono avvisati)

plurale

86. INDICATIVO IMPERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. mon-bar (ero avvisato) mon-ebris (eri avvisato) mon-ebtur (era avvisato) mon-ebmur (eravamo avvisati)

plurale

2. 3.

mon-ebamni (eravate avvisati) mon-ebantur (erano avvisati) INDICATIVO FUTURO PASSIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

mon-bor (sar avvisato) mon-ebris (sarai avvisato) mon-ebtur (sar avvisato) mon-ebmur (saremo avvisati) mon-ebimni (sarete avvisati) mon-ebuntur (saranno avvisati) INDICATIVO PERFETTO PASSIVO

plurale

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

mon-tus (-a, -um) sum (fui, sono stato avvisato) mon-tus (-a, -um) es (fosti, sei stato avvisato) mon-tus (-a, -um) est (fu, stato avvisato) mon-ti (-ae, -a) sumus (fummo, siamo stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) estis (foste, siete stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) sunt (furono, sono stati avvisati)

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-tus (-a, -um) eram (ero stato avvisato) mon-tus (-a, -um) eras (eri stato avvisato) mon-tus (-a, -um) erat (era stato avvisato) mon-ti (-ae, -a) eramus (eravamo stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) eratis (eravate stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) erant (erano stati avvisati)

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-tus (-a, -um) ero (sar stato avvisato) mon-tus (-a, -um) eris (sarai stato avvisato) mon-tus (-a, -um) erit (sar stato avvisato) mon-ti (-ae, -a) ermus (saremo stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) eritis (sarete stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) erunt (saranno stati avvisati)

plurale

86. III Coniugazione INDICATIVO PRESENTE PASSIVO

in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-or (sono letto) leg-ris (sei letto) leg-tur ( letto) leg-mur (siamo letti) leg-imni (siete letti) leg-untur (sono letti)

in -io cap-ior (sono preso) cap-ris (sei preso) cap-tur ( preso) cap-mur (siamo presi) cap-imni (siete presi) cap-iuntur (sono presi)

plurale

INDICATIVO IMPERFETTO PASSIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-bar (ero letto) leg-ebris (eri letto) leg-ebtur (era letto) leg-ebmur (eravamo letti) leg-ebmni (eravate letti) leg-ebantur (erano letti) in -io cap-ibar (ero letto) cap-ibris (eri letto) cap-ibtur (era preso) cap-ibmur (eravamo presi) cap-ibamni (eravate presi) cap-ibantur (erano presi)

plurale

INDICATIVO FUTURO PASSIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-ar (sar letto) leg-ris (sarai letto) leg-tur (sar letto) leg-mur (saremo letti) leg-mni (sarete letti) leg-entur (saranno letti) in -io cap-iar (sar preso) cap-iris (sarai preso) cap-itur (sar preso) cap-imur (saremo presi) cap-iemini (sarete presi) cap-ientur (saranno presi)

plurale

INDICATIVO PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-tus (-a, -um) sum (fui, sono stato letto) lec-tus (-a, -um) es (fosti, sei stato letto) lec-tus (-a, -um) est (fu, stato letto) lec-ti (-ae, -a) sumus (fummo, siamo stati letti) lec-ti (-ae, -a) estis (foste, siete stati letti) lec-ti (-ae, -a) sunt (furono, sono stati letti)

plurale

86.

INDICATIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-tus (-a, -um) eram (ero stato letto) lec-tus (-a, -um) eras (eri stato letto) lec-tus (-a, -um) erat (era stato letto) lec-ti (-ae, -a) eramus (eravamo stati letti) lec-ti (-ae, -a) eratis (eravate stati letti) lec-ti (-ae, -a) erant (erano stati letti)

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-tus (-a, -um) ero (sar stato letto) lec-tus (-a, -um) eris (sarai stato letto) lec-tus (-a, -um) erit (sar stato letto) lec-ti (-ae, -a) erimus (saremo stati letti) lec-ti (-ae, -a) eritis (sarete stati letti) lec-ti (-ae, -a) erunt (saranno stati letti)

plurale

IV Coniugazione INDICATIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-or (sono udito) aud-ris (sei udito) aud-tur ( udito) aud-mur (siamo uditi) aud-imni (siete uditi) aud-iuntur (sono uditi) INDICATIVO IMPERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-ibar (ero udito) aud-iebris (eri udito) aud-iebtur (era udito) aud-iebmur (eravamo uditi) aud-iebamni (eravate uditi) aud-iebantur (erano uditi) INDICATIVO FUTURO PASSIVO singolare 1. 2. 3. aud-iar (sar udito) aud-iris (sarai udito) aud-itur (sar udito)

plurale

plurale

plurale

1. 2. 3.

aud-imur (saremo uditi) aud-iemni (sarete uditi) aud-ientur (saranno uditi) INDICATIVO PERFETTO PASSIVO

86. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-tus (-a, -um) sum (fui, sono stato udito) aud-tus (-a, -um) es (fosti, sei stato udito) aud-tus (-a, -um) est (fu, stato udito) aud-ti (-ae, -a) sumus (fummo, siamo stati uditi) aud-ti (-ae, -a) estis (foste, siete stati uditi) aud-ti (-ae, -a) sunt (furono, sono stati uditi)

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-tus (-a, -um) eram (ero stato udito) aud-tus (-a, -um) eras (eri stato udito) aud-tus (-a, -um) erat (era stato udito) aud-ti (-ae, -a) eramus (eravamo stati uditi) aud-ti (-ae, -a) eratis (eravate stati uditi) aud-ti (-ae, -a) erant (erano statiuditi)

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-tus (-a, -um) ero (sar stato udito) aud-tus (-a, -um) eris (sarai stato udito) aud-tus (-a, -um) erit (sar stato udito) aud-ti (-ae, -a) erimus (saremo stati uditi) aud-ti (-ae, -a) eritis (sarete stati uditi) aud-ti (-ae, -a) erunt (sarannostati uditi)

plurale

87. Modo congiuntivo, forma passiva I Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. laud-er (sia lodato) laud-ris (sia lodato) laud-tur (sia lodato) laud-mur (siamo lodati) laud-emni (siate lodati)

plurale

3.

laud-entur (siano lodati) CONGIUNTIVO IMPERFETTO PASSIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

laud-rer (fossi, sarei lodato) laud-arris (fossi, saresti lodato) laud-artur (fosse, sarebbe lodato) laud-armur (fossimo, saremmo lodati) laud-aremni (foste, sareste lodati) laud-arentur (fossero, sarebbero lodati) CONGIUNTIVO PERFETTO PASSIVO

plurale

87. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-tus (-a, -um) sim (sia stato lodato) laud-tus (-a, -um) sis (sia stato lodato) laud-tus (-a, -um) sit (sia stato lodato) laud-ti (-ae, -a) simus (siamo stati lodati) laud-ti (-ae, -a) sitis (siate stati lodati) laud-ti (-ae, -a) sint (siano stati lodati)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-tus (-a, -um) essem (fossi, sarei stato lodato) laud-tus (-a, -um) esses (fossi, saresti stato lodato) laud-tus (-a, -um) esset (fosse, sarebbe stato lodato) laud-ti (-ae, -a) essemus (fossimo, saremmo stati lodati) laud-ti (-ae, -a) essetis (foste, sareste stati lodati) laud-ti (-ae, -a) essent (fossero, sarebbero stati lodati)

plurale

II Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-ar (sia avvisato) mon-eris (sia avvisato) mon-etur (sia avvisato) mon-emur (siamo avvisati) mon-eamni (siate avvisati) mon-eantur (siano avvisati) CONGIUNTIVO IMPERFETTO PASSIVO

plurale

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

mon-rer (fossi, sarei avvisato) mon-erris (fossi, saresti avvisato) mon-ertur (fosse, sarebbe avvisato) mon-ermur (fossimo, saremmo avvisati) mon-ermni (foste, sareste avvisati) mon-erentur (fossero, sarebbero avvisati) CONGIUNTIVO PERFETTO PASSIVO

plurale

87. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-tus (-a, -um) sim (sia stato avvisato) mon-tus (-a, -um) sis (sia stato avvisato) mon-tus (-a, -um) sit (sia stato avvisato) mon-ti (-ae, -a) simus (siamo stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) sitis (siate stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) sint (siano stati avvisati)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-tus (-a, -um) essem (fossi, sarei stato avvisato) mon-tus (-a, -um) esses (fossi, saresti stato avvisato) mon-tus (-a, -um) esset (fosse, sarebbe stato avvisato) mon-ti (-ae, -a) essemus (fossimo, saremmo stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) essetis (foste, sareste stati avvisati) mon-ti (-ae, -a) essent (fossero, sarebbero stati avvisati)

plurale

III Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE PASSIVO in -o singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-ar (sia letto) leg-ris (sia letto) leg-tur (sia letto) leg-mur (siamo letti) leg-amni (siate letti) leg-antur (siano letti) in -io cap-iar (sia preso) cap-iaris (sia preso) cap-iatur (sia preso) cap-iamur (siamo presi) cap-iamini (siate presi) cap-iantur (siano presi)

plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. leg-rer (fossi, sarei letto) leg-erris (fossi, saresti letto)

3. plurale 1. 2. 3.

leg-ertur (fosse, sarebbe letto) leg-ermur (fossimo, saremmo letti) leg-remni (foste, sareste letti) leg-erentur (fossero, sarebbero letti) CONGIUNTIVO PERFETTO PASSIVO

87. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-tus (-a, -um) sim (sia stato letto) lec-tus (-a, -um) sis (sia stato letto) lec-tus (-a, -um) sit (sia stato letto) lec-ti (-ae, -a) simus (siamo stati letti) lec-ti (-ae, -a) sitis (siate stati letti) lec-ti (-ae, -a) sint (siano stati letti)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. lec-tus (-a, -um) essem (fossi, sarei stato letto) lec-tus (-a, -um) esses (fossi, saresti stato letto) lec-tus (-a, -um) esset (fosse, sarebbe stato letto) lec-ti (-ae, -a) essemus (fossimo, saremmo stati letti) lec-ti (-ae, -a) essetis (foste, sareste stati letti) lec-ti (-ae, -a) essent (fossero, sarebbero stati letti)

plurale

IV Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-ar (sia udito) audi-ris (sia udito) aud-itur (sia udito) aud-imur (siamo uditi) aud-iamni (siate uditi) aud-iantur (siano uditi) CONGIUNTIVO IMPERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-rer (fossi, sarei udito) aud-irris (fossi, saresti udito) aud-irtur (fosse, sarebbe udito) aud-irmur (fossimo, saremmo uditi) aud-irmni (foste, sareste uditi) aud-irentur (fossero, sarebbero uditi)

plurale

plurale

CONGIUNTIVO PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-tus (-a, -um) sim (sia stato udito) aud-tus (-a, -um) sis (sia stato udito) aud-tus (-a, -um) sit (sia stato udito) aud-ti (-ae, -a) simus (siamo stati uditi) aud-ti (-ae, -a) sitis (siate stati uditi) aud-ti (-ae, -a) sint (sianostati uditi)

plurale

87. CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO PASSIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. aud-tus (-a, -um) essem (fossi, sarei stato udito) aud-tus (-a, -um) esses (fossi, saresti stato udito) aud-tus (-a, -um) esset (fosse, sarebbe stato udito) aud-ti (-ae, -a) essemus (fossimo, saremmo stati uditi) aud-ti (-ae, -a) essetis (foste, sareste stati uditi) aud-ti (-ae, -a) essent (fossero, sarebbero stati uditi)

plurale

88. Modo imperativo, forma passiva I Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laud-re (sii lodato)

plurale

laud-amni (siate lodati) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

laud-tor (sii lodato, sarai lodato) laud-tor (sia lodato, sar lodato) laud-abimni (sareste lodati) laud-antor (siano lodati, saranno lodati)

plurale

II Coniugazione

IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-re (sii avvisato) mon-mni (siate avvisati) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. mon-tor (sii avvisato, sarai avvisato) mon-tor (sia avvisato, sar avvisato) mon-ebimni (sarete avvisati) mon-entor (siano avvisati, saranno avvisati)

plurale

88.

plurale

III Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. leg-re (sii letto)

plurale

leg-imni (siate letti) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

leg-tor (sii letto, sarai letto) leg-tor (sia letto, sar letto) leg-emni (sarete letti) leg-untor (siano letti, saranno letti)

plurale

IV Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. aud-ire (sii udito)

plurale

1. 2. 3.

aud-imni (siate uditi) IMPERATIVO FUTURO ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

aud-tor (sii udito, sarai udito) aud-tor (sia udito, sar udito) aud-iemni (sarete uditi) aud-iuntor (siano uditi, saranno uditi)

plurale

89. Modo infinito, forma passiva I Coniugazione MODO INFINITO PASSIVO PRESENTE PASSATO FUTURO Singolare Plurale laud-ri (esser lodato) laud-tum (-am, -um) esse (essere stato lodato) laud-tos (-as, -a) esse (essere stati lodati) laud-tum iri (essere per essere lodato)

II Coniugazione MODO INFINITO PASSIVO PRESENTE PASSATO FUTURO III Coniugazione MODO INFINITO PASSIVO PRESENTE PASSATO FUTURO Singolare Plurale leg-i (essere letto) lec-tum (-am, -um) esse (essere stato letto) lec-tos (-as, -a) esse (essere stati letti) lec-tum iri (essere per essere letto) Singolare Plurale mon-ri (essere avvisato) mon-tum (-am, -um) esse (essere stato avvisato) mon-tos (-as, -a) esse (essere stati avvisati) mon-tum iri (essere per essere avvisato)

IV Coniugazione MODO INFINITO PASSIVO PRESENTE PASSATO FUTURO 90. Modo participio, forma passiva I Coniugazione MODO PARTICIPIO PASSIVO PRESENTE FUTURO o participio di necessit laud-tus (-a, -um) (lodato) laud-andus (-a, -um)
(da lodarsi, che deve essere lodato)

aud-ri (essere udito) Singolare Plurale aud-tum (-am, -um) esse (essere stato udito) aud-tos (-as, -a) esse (essere stati uditi) aud-tum iri (essere per essere udito)

II Coniugazione MODO PARTICIPIO PASSIVO PRESENTE FUTURO o participio di necessit III Coniugazione MODO PARTICIPIO PASSIVO PRESENTE lec-tus (-a, -um) (letto) in -o FUTURO o participio di necessit IV Coniugazione MODO PARTICIPIO PASSIVO PRESENTE FUTURO o aud-tus (-a, -um) (udito) aud-iendus (-a, -um) leg-endus (-a, -um)
(da leggersi, che deve essere letto)

mon-tus (-a, -um) (avvisato) mon-endus (-a, -um)


(da avvisarsi, che deve essere avvisato)

in -io cap-iendus
(da prendersi)

participio di necessit

(da udirsi, che deve essere udito)

NOTA 1. Accanto alle forme passive in sum, eram ecc., si trovano pure quelle in fui, fueram ecc., per esempio: laudatus sum o fui, laudatus eram e fueram, e cos per il congiuntivo laudatus sim o fuerim ecc. da osservare che le forme passive in sum, eram ecc. indicano unazione passata ed uno stato presente, per esempio: ferro vincti sunt (sono stati incatenati), mentre le forme in fui, fueram indicano uno stato passato e il participio funge quasi da aggettivo: ferro vincti multos annos fuerunt (rimasero per molti anni incatenati). La differenza per altro non sempre osservata. 90. NOTA 2. Per quanto concerne la coniugazione di capio, hanno la i prima della desinenza, quei tempi che si formano dall'indicativo presente, presente congiuntivo (capiam), imperfetto indicativo (capibam), futuro indicativo (capiam), e i loro corrispondenti passivi, nonch il participio presente attivo (capiens), il participio futuro passivo (capiendus) e il gerundio (capiendi, adcapiendum, ecc.). La i scompare dinanzi ad altra i o breve. Gli altri tempi si coniugano come lego.

91. Lista di verbi per esercizio I Coniugazione aestmo (stimare) mo (amare) ro (arare) certo (lottare, gareggiare) clmo (gridare) creo (creare, eleggere) dco (dedicare) erro (errare) flagro (ardere) flo (soffiare) lnio (sbranare) latro (latrare) lgo (inviare, legare) mando (commettere) orno (adornare) pro (preparare) rgo (domandare, pregare) servo (conservare, salvare) sdo (sudare) opto (desiderare) migro (passare ad abitare altrove) narro (raccontare) ngo (negare) no (nuotare) nco (uccidere) accso (accusare) damno (condannare) dno (donare) mendo (correggere) formo (figurare, formare) fgo (mettere in fuga) honro (onorare) hmo (sotterrare) indco (indicare) iudco (giudicare) iro (giurare) labro (lavorare) lacrmo (lacrimare) lco (collocare, porre) pecco (peccare) plro (piangere) vro (divorare) porto (portare) pto (pensare, credere) vlo (volare) mclo (macchiare) mendco (mendicare) mlto (militare) ministro (servire) mnstro (mostrare)

purgo (nettare, purgare)

armo (armare) consdro (considerare) corno (incoronare) crcio (tormentare) vasto (devastare) sacro (consacrare) 91. aegrto (essere infermo) aequo (eguagliare) caeco (acciecare) celbro (celebrare) deblto (indebolire) declro (dichiarare) dbto (dubitare) dro (durare) exacerbo (amareggiare) festno (affrettarsi) firmo (rafforzare) foedo (sconciare) frequento (visitare spesso) gmno (raddoppiare) ignro (ignorare) lcro (squarciare) lbro (liberare) matro (maturare) ndo (scoprire, denudare) orbo (privare) prbo (esaminare, approvare)

cro (curare, avere cura) sno (guarire) sollicto (inquietare) supro (superare) vglo (vegliare)

specto (guardare) tento (tentare) tolro (sopportare) tracto (trattare, maneggiare) vexo (tormentare) nmno (nominare) numro (contare) nuntio (annunciare) ordno (ordinare) nro (caricare) ro (pregare) pugno (combattere) regno (regnare) salto (salutare) spro (sperare) tempro (moderare) vlo (coprire) vco (chiamare) vulgo (divulgare) vulnro (ferire)

appello (chiamare) canto (cantare) cogto (pensare) consulto (considerare, consultare) delecto (diletto) edco (educare) exercto (esercitare)

iacto (gettare, vantare) mto (cambiare) nato (nuotare) occpo (occupare) salto (danzare) sdo (calmare)

92. II Coniugazione corceo (costringere) exerceo (esercitare) hbeo (avere) dbeo (dovere) praebeo (dare, fornire)

cleo (aver caldo) creo (esser privo, mancare) dleo (dolersi) iceo (giacere) mreo (meritare) nceo (nuocere) 93. III Coniugazione mo, mi, emptum, mere (comperare) go, gi, actum, agre (condurre, spingere, fare) dco, dixi, dictum, dicre (dire) tgo, texi, tectum, tegre (coprire)

tceo (tacere) preo (ubbidire) placeo (piacere) terreo (atterrire) vleo (valere, essere sano)

94. IV Coniugazione condio (condire) custdio (custodire) lnio (mitigare) mnio (munire) nutrio (nutrire) plio (forbire) pnio (punire) scio (sapere) tinnio (tintinnare) dormio (dormire) srio (aver fame) impdio (impedire) irrtio (allacciare) finio (finire) vestio (vestire) mollio (rammollire) mgio (muggire) rdio (ammaestrare) servio (servire) vgio (vagire) grunnio (grugnire) hinnio (nitrire)

95. Verbi deponenti Il deponente ha forma passiva, ma significato attivo, eccettuato il participio in -ndus ( 99). Si coniuga in tutte le quattro coniugazioni sul modello del passivo; sennonch oltre alle voci passive forma ancora, secondo l'esempio dell'attivo, i participi in -us ed -urus, il supino e il gerundio (cfr. 104). Modo indicativo, forma deponente I Coniugazione INDICATIVO PRESENTE DEPONENTE hortor (esortare), come laudor

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

hort-or (io esorto) hort-ris (tu esorti) hort-tur (egli, ella esorta) hort-mur (noi esortiamo) hort-amni (voi esortate) hort-antur (essi, elle esortano) INDICATIVO IMPERFETTO DEPONENTE

plurale

95. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-bar (esortavo) hort-abris (esortavi) hort-abtur (esortava) hort-abmur (esortavamo) hort-abmni (esortavate) hort-abntur (esortavano)

plurale

INDICATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-bor (esorter) hort-abris (esorterai) hort-abtur (esorter) hort-abmur (esorteremo) hort-abimni (esorterete) hort-abuntur (esorteranno) INDICATIVO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 1. 1. hort-tus (-a, -um) sum (esortai, ho esortato) hort-ti (-ae, -a) sumus (esortammo, abbiamo esortato)

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 1. 1. hort-tus (-a, -um) eram (avevo esortato) hort-ti (-ae, -a) eramus (avevamo esortato)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE DEPONENTE singolare 1. hort-tus (-a, -um) ero (avr esortato)

plurale II Coniugazione

1.

hort-ti (-ae, -a) erimus (avremo esortato)

INDICATIVO PRESENTE DEPONENTE vereor (temere) come moneor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-or (temo) ver-ris (temi) ver-tur (teme) ver-mur (temiamo) ver-emni (temete) ver-entur (temono)

plurale

95. INDICATIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-bar (temevo) ver-ebris (temevi) ver-ebtur (temeva) ver-ebmur (temevamo) ver-ebmni (temevate) ver-ebantur (temevano)

plurale

INDICATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-bor (temer) ver-ebris (temerai) ver-ebtur (temer) ver-ebmur (temeremo) ver-ebimni (temerete) ver-ebuntur (temeranno) INDICATIVO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 1. 1. ver-tus (-a, -um) sum (temei, ho temuto) ver-ti (-ae, -a) sumus (tememmo, abbiamo temuto)

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare 1. ver-tus (-a, -um) eram (avevo temuto)

plurale

1.

ver-ti (-ae, -a) eramus (avevamo temuto)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE DEPONENTE singolare plurale III Coniugazione INDICATIVO PRESENTE DEPONENTE fungor (adempio), come legor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-or (adempio) fung-ris (adempi) fung-tur (adempie) fung-mur (adempiamo) fung-imni (adempite) fung-untur (adempiono) INDICATIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-bar (adempivo) fung-ebris (adempivi) fung-ebtur (adempiva) fung-abmur (adempivamo) fung-ebmni (adempivate) fung-ebantur (adempivano) 1. 1. ver-tus (-a, -um) ero (avr temuto) ver-ti (-ae, -a) erimus (avremo temuto)

plurale

95.

plurale

INDICATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-ar (adempir) fung-ris (adempirai) fung-tur (adempir) fung-mur (adempiremo) fung-emni (adempirete) fung-entur (adempiranno) INDICATIVO PERFETTO DEPONENTE singolare 1. funct-us (a-, -um) sum (adempii, ho adempiuto)

plurale

plurale

1.

func-ti (-ae, -a) sumus (adempiemmo, abbiamo adempiuto)

INDICATIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 1. 1. func-tus (a-, -um) eram (avevo adempito) func-ti (-ae, -a) eramus (avevamo adempito)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE DEPONENTE singolare plurale IV Coniugazione INDICATIVO PRESENTE DEPONENTE partior (divido) come audior singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-or (divido) part-ris (dividi) part-tur (divide) part-mur (dividiamo) part-imni (dividete) part-iuntur (dividono) INDICATIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-ibar (dividevo) part-iebris (dividevi) part-iebtur (divideva) part-iebmur (dividevamo) part-iebmni (dividevate) part-iebantur (dividevano) 1. 1. func-tus (a-, -um) ero (avr adempiuto) func-ti (-ae, -a) erimus (avremo adempiuto)

plurale

95.

plurale

INDICATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. part-iar (divider) part-iris (dividerai) part-itur (divider) part-imur (divideremo) part-iemni (dividerete)

plurale

3.

part-ientur (divideranno) INDICATIVO PERFETTO DEPONENTE

singolare plurale

1. 1.

part-tus (-a, -um) sum (divisi, ho diviso) part-ti (-ae, -a) sumus (dividemmo, abbiamo diviso)

INDICATIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 1. 1. part-tus (-a, -um) eram (avevo diviso) part-ti (-ae, -a) eramus (avevamo diviso)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE DEPONENTE singolare plurale 1. 1. part-tus (-a, -um) ero (avr diviso) part-ti (-ae, -a) erimus (avremo diviso)

96. Modo congiuntivo, forma deponente I Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE DEPONENTE hortor (esorto) come laudor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-er (che io esorti) hort-ris (che tu esorti) hort-tur (che egli esorti) hort-mur (che noi esortiamo) hort-emni (che voi esortiate) hort-entur (che essi esortino)

plurale

96. CONGIUNTIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-rer (esortassi, esorterei) hort-arris (esortassi, esorteresti) hortartur (esortasse, esorterebbe) hort-armur (esortassimo, esorteremmo) hort-aremni (esortastei, esortereste) hort-arentur (esortassero, esorterebbero)

plurale

CONGIUNTIVO PERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-tus (-a, -um) sim (abbia esortato) hort-tus (-a, -um) sis (abbia esortato) hort-tus (-a, -um) sit (abbia esortato) hort-ti (-ae, -a) simus (abbiamo esortato) hort-ti (-ae, -a) sitis (abbiate esortato) hort-ti (-ae, -a) sint (abbiano esortato)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-tus (-a, -um) essem (avessi, avrei esortato) hort-tus (-a, -um) esses (avessi, avresti esortato) hort-tus (-a, -um) esset (avesse, avrebbe esortato) hort-ti (-ae, -a) essemus (avessimo, avremmo esortato) hort-ti (-ae, -a) essetis (aveste, avreste esortato) hort-ti (-ae, -a) essent (avessero, avrebbero esortato)

plurale

II Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE DEPONENTE vereor (temo), come moneor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-ar (che io tema) ver-eris (che tu tema) ver-etur (che egli tema) vr-emur (che noi temiamo) vr-eamni (che voi temiate) vr-eantur (che essi temano)

plurale

96. CONGIUNTIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-rer (temessi, temerei) vr-erris (temessi, temeresti) vr-ertur (temesse, temerebbe) vr-ermur (temessimo, temeremmo) vr-eremni (temestei, temereste) vr-erentur (temessero, temerebbero)

plurale

CONGIUNTIVO PERFETTO DEPONENTE singolare 1. ver-tus (-a, -um) sim (abbia temuto) ver-tus (-a, -um) sis (abbia temuto) ver-tus (-a, -um) sit (abbia temuto) ver-ti (-ae, -a) simus (abbiamo temuto) ver-ti (-ae, -a) sitis (abbiate temuto) ver-ti (-ae, -a) sint (abbiano temuto)

plurale

1.

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare 1. ver-tus (-a, -um) essem (avessi, avrei temuto) ver-tus (-a, -um) esses (avessi, avresti temuto) ver-tus (-a, -um) esset (avesse, avrebbe temuto) ver-ti (-ae, -a) essemus (avessimo, avremmo temuto) ver-ti (-ae, -a) essetis (aveste, avreste temuto) ver-ti (-ae, -a) essent (avessero, avrebbero temuto)

plurale

1.

III Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE DEPONENTE fungor (adempisco), come legor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-ar (adempia) fung-ris (adempia) fung-tur (adempia) fung-mur (adempiamo) fung-amni (adempiate) fung-antur (adempiano)

plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-rer (adempissi, adempirei) fung-erris (adempissi, adempiresti) fung-ertur (adempisse, adempirebbe) fung-ermur (adempissimo, adempirenno) fung-eremni (adempiste, adempireste) fung-erentur (adempissero, adempirebbero) CONGIUNTIVO PERFETTO DEPONENTE singolare 1. func-tus (-a, -um) sim (abbia adempiuto) func-tus (-a, -um) sis (abbia adempiuto) func-tus (-a, -um) sit (abbia adempiuto) func-ti (-ae, -a) simus (abbiamo adempiuto)

plurale

96.

plurale

1.

func-ti (-ae, -a) sitis (abbiate adempiuto) func-ti (-ae, -a) sint (abbiano adempiuto)

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare 1. func-tus (-a, -um) essem (avessi, avrei adempiuto) func-tus (-a, -um) esses (avessi, avresti adempiuto) func-tus (-a, -um) esset (avesse, avrebbe adempiuto) func-ti (-ae, -a) essemus (avessimo, avremmo adempiuto) func-ti (-ae, -a) essetis (aveste, avreste adempiuto) func-ti (-ae, -a) essent (avessero, avrebbero adempiuto)

plurale

1.

IV Coniugazione CONGIUNTIVO PRESENTE DEPONENTE partior (divido) come audior singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-ir (divida) part-iris (divida) part-itur (divida) part-imur (dividiamo) part-iamni (dividiate) part-iantur (dividano)

plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-rer (dividessi, dividerei) part-irris (dividessi, divideresti) part-irtur (dividesse, dividerebbe) part-irmur (dividessimo, divideremmo) part-irmini (divideste, dividereste) part-irentur (dividessero, dividerebbero) CONGIUNTIVO PERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. part-tus (-a, -um) sim (abbia diviso) part-tus (-a, -um) sis (abbia diviso) part-tus (-a, -um) sit (abbia diviso)

plurale

96.

plurale

1. 2. 3.

part-iti (-ae, -a) simus (abbiamo diviso) part-iti (-ae, -a) sitis (abbiate diviso) part-iti (-ae, -a) sint (abbiano diviso)

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-tus (-a, -um) essem (avessi, avrei diviso) part-tus (-a, -um) esses (avessi, avresti diviso) part-tus (-a, -um) esset (avesse, avrebbe diviso) part-iti (-ae, -a) essemus (avessimo, avremmo diviso) part-iti (-ae, -a) essetis (aveste, avreste diviso) part-iti (-ae, -a) essent (avessero, avrebbero diviso)

plurale

97. Modo imperativo, forma deponente I Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE hortor (esortor) come laudor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-re (esorta)

plurale

hort-amni (esortate)

IMPERATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. hort-tor (esorta, esorterai) hort-tor (esorti, esorter) hort-abimni (esorterete) hort-antor (esortino, esorteranno)

plurale

97. II Coniugazione

IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE vereor (temo) come moneor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-re (temi)

plurale

ver-emni (temete)

IMPERATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. ver-tor (temi, temerai) ver-tor (tema, temer) ver-ebimni (temerete) ver-entor (temano, temeranno)

plurale

III Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE fungor (adempisco) come legor singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-re (adempi)

plurale

fung-imni (adempite)

IMPERATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. fung-tor (adempi, adempirai) fung-tor (adempia, adempir) fung-emni (adempirete) fung-untor (adempiano, adempiranno)

plurale

97. IV Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE partior (divido) come audior singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-re (dividi)

plurale

part-imni (dividete)

IMPERATIVO FUTURO DEPONENTE singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. part-tor (dividi, dividerai) part-tor (divida, divider) part-iemni (dividerete) part-iuntur (dividano, divideranno)

plurale

98. Modo infinito, forma deponente I Coniugazione INFINITO PRESENTE DEPONENTE hortor (esortor) come laudor hort-ri (esortare) INFINITO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale hort-tum (-am, -um) esse (aver esortato) hortatos (-as, -a) esse INFINITO FUTURO DEPONENTE singolare plurale hort-atrum (-am, -um) esse (essere per esortare, avere da esortare) hortaturos (-as, -a) esse)

98. II Coniugazione IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE vereor (temo) come moneor ver-ri (temere)

INFINITO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale ver-tum (-am, -um) esse (aver temuto) veritos (-as, -a) esse INFINITO FUTURO DEPONENTE singolare plurale III Coniugazione ver-turum (-am, -um) esse (essere per temere, aver da temere) verituros (-as, -a) esse

IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE fungor (adempisco) come legor fung-i (adempiere) INFINITO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale func-tum (-am, -um) esse (aver adempiuto) functos (-as, -a) esse INFINITO FUTURO DEPONENTE singolare plurale IV Coniugazione func-trum (-am, -um) esse (essere per adempiere, avere da adempiere) functuros (-as, -a) esse

IMPERATIVO PRESENTE DEPONENTE partior(divido)come audior part-ri (dividere) INFINITO PERFETTO DEPONENTE singolare plurale 98. INFINITO FUTURO DEPONENTE singolare plurale part-itrum (-am, -um) esse (essere per dividere, aver da dividere) partituros (-as, -a) esse part-tum (-am, -um) esse (aver diviso) partitos (-as, -a) esse

99. Modo participio, forma deponente I Coniugazione PARTICIPIO PRESENTE DEPONENTE hortor (esortor) come laudor hort-ans (esortante, esortando, che esorta, che esortava)

PARTICIPIO PERFETTO DEPONENTE hort-tus (-a, -um) (avendo esortato, che ha esortato) PARTICIPIO FUTURO DEPONENTE hort-atrus (-a, -um) (che per esortare, che esorter) II Coniugazione PARTICIPIO PRESENTE DEPONENTE vereor (temo) come moneor ver-ens (temente, temendo, che teme, che temeva) PARTICIPIO PERFETTO DEPONENTE

ver-tus (-a, -um) (avendo temuto, che ha temuto) PARTICIPIO FUTURO DEPONENTE ver-itrus (-a, -um) (che per temere, che temer) III Coniugazione

PARTICIPIO PRESENTE DEPONENTE fungor (adempisco) come legor fung-ens (adempiente, adempiendo, che adempie, che adempiva) PARTICIPIO PERFETTO DEPONENTE func-tus (-a, -um) (avendo adempiuto, che ha adempito) 99. PARTICIPIO FUTURO DEPONENTE func-trus (-a, -um) (che per adempiere, che adempier) IV Coniugazione PARTICIPIO PRESENTE DEPONENTE partior(divido)come audior part-iens (dividente, dividendo, che divide, che divideva)

PARTICIPIO PERFETTO DEPONENTE part-tus (-a, -um) (avendo diviso, che ha diviso) PARTICIPIO FUTURO DEPONENTE part-itrus (-a, -um) (che per dividere, che divider)

100. Modo gerundio, forma deponente I Coniugazione GERUNDIO DEPONENTE

hortor (esortor) come laudor Gen. Dat. Acc. Abl. II Coniugazione GERUNDIO DEPONENTE vereor (temo) come moneor Gen. Dat. Acc. Abl. III Coniugazione GERUNDIO DEPONENTE fungor (adempisco) come legor Gen. Dat. Acc. Abl. 100. IV Coniugazione GERUNDIO DEPONENTE partior(divido)come audior Gen. Dat. Acc. Abl. part-iendi (di dividere) part-iendo (a dividere) (ad) part-iendum (a, per dividere) part-iendo (nel, con il dividere, dividendo) fung-endi (di adempiere) fung-endo (ad adempiere) (ad) fung-endum (a, per adempiere) fung-endo (nel, con ladempiere, adempiendo) ver-endi (di temere) ver-endo (a temere) (ad) ver-endum (a, per temere) ver-endo (nel, con il temere, temendo) hort-andi (di esortare) hort-ando (ad esortare) (ad) hort-andum (a, per esortare) hort-ando (nel, con lesortare, esortando)

101. Modo supino, forma deponente I Coniugazione SUPINO DEPONENTE hortor (esortor) come laudor hort-tum (a, per esortare) hort-tu (ad esortare)

II Coniugazione SUPINO DEPONENTE vereor (temo) come moneor ver-tum (a, per esortare) III Coniugazione SUPINO DEPONENTE fungor (adempisco) come legor func-tum (a, per adempiere) IV Coniugazione SUPINO DEPONENTE partior(divido)come audior part-tum (a, per dividere) part-tu (a dividere) func-tu (ad adempiere) ver-tu (a temere)

102. Modo gerundivo, forma deponente I Coniugazione GERUNDIVO DEPONENTE hortor (esortor) come laudor hort-andus (-a, -um) (da esortarsi, che deve aver esortato) 102. II Coniugazione GERUNDIVO DEPONENTE vereor (temo) come moneor ver-endus (-a, -um) (da temersi, che deve essere temuto)

III Coniugazione GERUNDIVO DEPONENTE fungor (adempisco) come legor

fung-endus (-a, -um) (da adempiersi, che deve essere adempito) IV Coniugazione GERUNDIVO DEPONENTE partior(divido)come audior part-endus (-a, -um) (da dividersi, che deve essere diviso)

103. Lista di verbi per esercizio I Coniugazione adlor (adulare) aemlor (emulare) arbtror (giudicare) calumnior (calunniare) comtor (accompagnare) cnor (sforzarsi) conslor (consolare) conspcor (guardare, mirare) contemplor (contemplare) cunctor (indugiare) frustror (ingannare, deludere) fror (rubare) glorior (gloriarsi) gratlor (congratularsi) II Coniugazione pollceor (promettere) 103. III Coniugazione fruor, fruitus sum (godere) nascor, ntus sum (nascere) lquor, loctus sum (parlare) tueor (proteggere) ( 134) imtor (imitare) interprtor (interpretare) icor (scherzare) laetor (rallegrarsi) lamentor (lamentare) lucror (guadagnare) luctor (lottare) mdcor (medicare) mdtor (meditare) a mnor (minacciare) mror (ammirare) msror (compatire) mror (indugiare, dimorare) opnor (reputare, credere) plor (vagare) piscor (pescare) pplor (saccheggiare) praedor (mettere in bottino) prcor (prego) recordor (ricordarsi) rixor (contendere, contrastare) suspcor (sospettare) testor (testificare) ttor (proteggere) vgor (vagare) venror (venerare) vnor (cacciare) versor (aggirarsi, trattenersi)

IV Coniugazione blandior (accarezzo) mlior (intraprendo) ptior (impadronirsi) sortior (sortire)

104. Il deponente originariamente un vero passivo, come chiaramente appare da alcuni verbi, per esempio nascor (nascere); talvolta ancora in uso il transitivo attivo corrispondente, come veho (condurre, trasportare con carro o su nave) e vehor (essere trasportato su carro o in nave); pasco (pascolare) (transitivo, proprio del pastore) e pascor (pascolare) (intransitivo, proprio delle bestie) (cfr. 135, 3 e 6).L'uno e l'altro verbo, cos il passivo come il deponente, esprimono spesse volte in comune l'azione riflessa, come il verbo medio dei Greci. Quindi avviene che parecchi deponenti si traducano in italiano per mezzo di verbi riflessivi, come nitor (sforzarsi); vescor (cibarsi); proficiscor (mettersi in cammino, partire) (participio presente nitens, vescens, proficiscens).Lo stesso avviene per non pochi passivi, come delector (dilettarsi), me delecto; accingor (accingersi); faltor (ingannarsi, errare); moveor (commuoversi); inclnor (piegarsi); mutor (cambiarsi); recreor (confortarsi, consolarsi), ma nel participio presente si dir me recreans, me delectans ecc. (cfr. 268, 5 e 269, 5). Nota: Dagli antichi grammatici furono detti deponenti quasi avessero deposta la forma originaria attiva. Particolarit delle quattro Coniugazioni 105. I. l verbi della terza coniugazione che in molte delle loro forme ammettono una breve dinanzi alla terminazione e vengono quindi coniugati come capio (vedi sopra 79) sono quindici oltre ai loro composti. La per altro, come abbiamo visto, scompare sempre davanti ad unaltra i o ad una breve. Tali verbi sono: cpio ( 120, 2), cpio ( 118, 47), fcio ( 120, 3), fdio ( 120, 15), fgio ( 120, 6), icio ( 120, 4), lcio ( 119, 16), prio ( 121, 2), rpio ( 118, 6), qutio ( 119, 54), spcio ( 119, 17), spio ( 118, 53), grdior ( 135, 9), ptior ( 135, 13), mrior ( 135, 5), orior (in parte) ( 136, 11). 105. 2. I deponenti in -ior della 3 coniugazione seguono il passivo capior, quindi morior, morris, moritur; moriar, moriaris; moriar, morieris; moriebar, moriens, moriendi, moriendum.

106. Doppie forme di coniugazione 1. Nei perfetti in -avi della prima coniugazione e nei tempi che ne sono derivati, -avi incontrandosi con s e -ave con r, si contraggono spesso in lungo: laudsti, laudssem, laudrunt, laudrim, laudram, laudro, per laudavisti ecc. 2. Nei perfetti in -ivi e nei tempi da essi derivati si pu sempre tralasciare il v, quindi: audiisti, audiisse, audiissem, ed anche audirunt, audirim, audiram, audiro. Davanti a s si contrae allora ii in i: audisti, audisse, audissem. Si dice per assai pi spesso audivi, audivit, audivimus che non audii, audiit, audiimus. 3. Queste sincopi s'incontrano anche nei perfetti in -vi ed -vi della seconda e della terza coniugazione come: quievrunt o quirunt (riposarono); consuvram e consuram (ero solito); noveram e nram (io sapevo, conoscevo); consuevissem e consuessem; novisti e nosti; movisti e pi raramente mosti (tu movesti o hai mosso). 4. La terza persona plurale del perfetto indicativo attivo pu uscire in -re invece di -runt: laudavre anzich laudavrunt e cos pure monure, legre, audivre, ma in queste forme accorciate non si pu pi tralasciare la v e perci non si dir audiere per audivere. 5. La seconda persona singolare del passivo cambia spesso la desinenza -ris in re: laudre per lauderis,monebre per monebris, legre per legris, audiebre per audiebris,ma non cos

frequentemente nel presente indicativo, dove si dir meglio laudris che laudre ecc.. 6. Nei participi futuri passivi della terza e quarta coniugazione si usa talora la desinenza -undus per -endus. Si dice sempre eundus e oriundus, e tanto potiundus che potiendus (da potri).Si notino le formule giuridiche: iure dicundo per dicendo; repetundarum (sottinteso pecuniarum) o de repetundis, sottinteso pecuniis (di concussione), anzich repetendarum, repetendis. 7. In quattro verbi della terza coniugazione, dcre, dcre, fcre e ferre, si ha l'apocope della e finale nella seconda persona dell'imperativo attivo, quindi: dc (di', per dice); dc (conduca); fc (fa); fr (porta). Lo stesso avviene dei composti benedic, calefac, educ, refer, eccettuati quei composti di facio, che mutano questo verbo in ficio, i quali formano l'imperativo regolarmente: confice, perfice ( 144, 3). 106. 8. S'incontrano pure in certi verbi alcune forme in disuso, cio:

a) la desinenza -im nel congiuntivo, come: duim, duint per dem, dent; edim per edam (cfr. 141); b) -ier nell'infinito passivo, come: laudarier, viderier, dicier, mollirier ed inoltre labier, nitier; c) -ibam per -iebam nell'imperfetto, e -ibo per -iam nel futuro della quarta coniugazione, come: audibam per audiebam, audibo per audiam (cfr. 142); d) -asso ed -esso nel futuro passato per -avero ed -uero, come: levasso per levavero, prohibesso per prohibuero; e) finalmente le forme sincopate del perfetto, come dixti per dixisti; cos anche faxim per fecerim, ausim (io oserei), ecc. 107. Coniugazione perifrastica 1. Dicesi coniugazione perifrastica, cio coniugazione per circonlocuzione, quella che si fa mediante l'unione del verbo sum con un participio e, in particolare, con il participio del futuro attivo e passivo.Parecchie di queste forme sono gi comprese nelle coniugazioni ordinarie per supplire alle forme mancanti, quindi si considerano proprie della coniugazione perifrastica quelle sole forme in cui entra il participio dei due futuri. 2. I participi del futuro conservano in questa coniugazione la loro propria significazione, quindi laudaturus sum (sono per lodare, sto per lodare) e laudaturus eram (ero per lodare ecc.). Nel passivo: laudandus sum (sono da lodare, cio devo esser lodato) e laudandus eram (dovevo essere lodato ecc.). 3. Ecco un esempio di questa coniugazione: Attivo INDICATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus (-a, -um) sum (sono per lodare) laudaturus (-a, -um) es (sei per lodare) laudaturus (-a, -um) est ( per lodare) laudaturi (-ae, -a) sumus (siamo per lodare) laudaturi (-ae, -a) estis (siete per lodare) laudaturi (-ae, -a) sunt (sono per lodare) INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. laudaturus eram (ero per lodare) laudaturus eras (eri per lodare)

plurale

3. plurale 1. 2. 3.

laudaturus erat (era per lodare) laudaturi ermus (eravamo per lodare) laudaturi ertis (eravate per lodare) laudaturi erant (erano per lodare) INDICATIVO FUTURO ATTIVO

107. singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus ero (sar per lodare) laudaturus ris (sarai per lodare) laudaturus rit (sar per lodare) laudaturi ermus (saremo per lodare) laudaturi ertis (sarete per lodare) laudaturi erunt (saranno per lodare)

plurale

INDICATIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus fui (fui per lodare) laudaturus fuisti (fosti per lodare) laudaturus fuit (fu per lodare) laudaturi fumus (fummo per lodare) laudaturi fuistis (foste per lodare) laudaturi furunt (furono per lodare)

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus fueram (ero stato per lodare) laudaturus furas (eri stato per lodare) laudaturus furat (era stato per lodare) laudaturi fuermus (eravamo stati per lodare) laudaturi fuertis (eravate stati per lodare) laudaturi furant (erano stati per lodare)

plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus fuero (raro) (sar stato per lodare) furis (sarai stato per lodare) furit (sar stato per lodare) laudaturi furimus (saremo stati per lodare) laudaturi furitis (sarete stati per lodare) laudaturi furint (saranno stati per lodare)

plurale

CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus (-a, -um) sim (sia per lodare) laudaturus (-a, -um) sis (sia per lodare) laudaturus (-a, -um) sit (sia per lodare) laudaturi (-ae, -a) simus (siamo per lodare) laudaturi (-ae, -a) sitis (siate per lodare) laudaturi (-ae, -a)sint (siano per lodare) CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus essem (fossi, sarei per lodare) laudaturus esses (fossi, saresti per lodare) laudaturus esset (fosse, sarebbe per lodare) laudaturi essemus (fossimo, saremmo per lodare) laudaturi essetis (foste, sareste per lodare) laudaturi essent (fossero, sarebbero per lodare)

plurale

107.

plurale

CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus fuerim (sia stato per lodare) laudaturus furis (sia stato per lodare) laudaturus furit (sia stato per lodare) laudaturi fuermus (siamo stati per lodare) laudaturi fuertis (siate stati per lodare) laudaturi furint (siano stati per lodare)

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudaturus fuissem (fossi stato, sarei stato per lodare) laudaturus fuisses (fossi stato, saresti stato per lodare) laudaturus fuisset (fosse stato, sarebbe stato per lodare) laudaturi fuissemus (fossimo stati, saremmo stati per lodare) laudaturi fuissetis (foste stati, sareste stati per lodare) laudaturi fuissent (fossero stati, sarebbero stati per lodare) INFINITO ATTIVO presente perfetto Passivo laudaturum (-am, -um) esse (essere per lodare) laudaturum (-am, -um) fuisse (esser stato per lodare)

plurale

INDICATIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus sum (sono da lodare) laudandus es (sei da lodare) laudandus est ( da lodare) laudandi sumus (siamo da lodare) laudandi estis (siete da lodare) laudandi sunt (sono da lodare)

plurale

107. INDICATIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus eram (ero da lodare) laudandus eras (eri da lodare) laudandus erat (era da lodare) laudandi ermus (eravamo da lodare) laudandi ertis (eravate da lodare) laudandi erant (erano da lodare)

plurale

INDICATIVO FUTURO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus ero (sar da lodare) laudandus ris (sarai da lodare) laudandus rit (sar da lodare) laudandi ermus (saremo da lodare) laudandi ertis (sarete da lodare) laudandi erunt (saranno da lodare) INDICATIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus fui (fui da lodare) laudandus fuisti (fosti da lodare) laudandus fuit (fu da lodare) laudandi fumus (fummo da lodare) laudandi fuistis (foste da lodare) laudandi furunt (furono da lodare)

plurale

plurale

INDICATIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. laudandus fueram (ero stato da lodare) laudandus furas (eri stato da lodare) laudandus furat (era stato da lodare)

plurale

1. 2. 3.

laudandi fuermus (eravamo stati da lodare) laudandi fuertis (eravate stati da lodare) laudandi furant (erano stati da lodare)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus fuero (sar stato da lodare) laudandus furis (sarai stato da lodare) laudandus furit (sar stato da lodare) laudandi furimus (saremo stati da lodare) laudandi furitis (sarete stati da lodare) laudandi furint (saranno stati da lodare) CONGIUNTIVO PRESENTE ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus sim (sia da lodare) laudandus sis (sia da lodare) laudandus sit (sia da lodare) laudandi smus (siamo da lodare) laudandi stis (siate da lodare) laudandi sint (siano da lodare)

plurale

107.

plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus essem (fossi, sarei da lodare) laudandus esses (fossi, saresti da lodare) laudandus esset (fosse, sarebbe da lodare) laudandi essemus (fossimo, saremmo da lodare) laudandi essetis (foste, sareste da lodare) laudandi essent (fossero, sarebbero da lodare) CONGIUNTIVO PERFETTO ATTIVO singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. laudandus fuerim (sia stato da lodare) laudandus furis (sia stato da lodare) laudandus furit (sia stato da lodare) laudandi fuermus (siamo stati da lodare) laudandi fuertis (siate stati da lodare) laudandi furint (siano stati da lodare)

plurale

plurale

CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO ATTIVO

singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

laudandus fuissem (fossi, sarei stato da lodare) laudandus fuisses (fossi, saresti stato da lodare) laudandus fuisset (fosse, sarebbe stato da lodare) laudandi fuissemus (fossimo, saremmo stati da lodare) laudandi fuissetis (foste, sareste stati da lodare) laudandi fuissent (fossero, sarebbero stati da lodare) INFINITO ATTIVO

plurale

presente perfetto

laudandum (-am, -um) esse (essere da lodare) laudandum (-am, -um) fuisse (esser stato da lodare)

NOTA 1. Laudandum est (bisogna lodare, si deve lodare). Lo stesso avviene con i deponenti: hortandum est (si deve esortare). Virtus colenda est (si deve praticare la virt); maiores natu verendi sunt (si devono rispettare i vecchi);107. mihi laudandum est (io devo lodare); tibi laudandum est (tu devi lodare); ei laudandum est (egli deve lodare) e cos di seguito con nobis, vobis, patri, e con qualunque altro nome di agente. Virtus nobis colenda est (noi dobbiamo praticare la virt) (cfr. 209).

NOTA 2. Il participio in -ndus nella coniugazione perifrastica esprime il concetto del dovere, non quello del potere. Cos hoc non ferendum est vorr dire ci non da tollerarsi, non si deve tollerare; al contrario questo dolore non sopportabile (non si pu sopportare), si dir in latino hic dolor ferri non potest. Perfetti e Supini Irregolari della prima Coniugazione 108. I. Perfetti in -ui, supini in tum, 6: 1. crpo, crepui, creptum, crepre (far strepitare); Cos pure: discrpo (discordare, differire);incrpo(garrisco, rimbrotto). 2. cbo, cubui, cubtum, cubre (giacere); accbo (giacere presso); incbo (giacere sopra) (cfr. 118, 20). 3. dmo, domui, domtum, domre (domare); edmo, perdmo (domare interamente). 4. sno, sonui, sontum, sonre (suonare, risuonare) ( 77, Nota); consno (concordare), resono, resonavi. 5. tno, tonui, tontum, tonre (tuonare); attno (stordire). 6. vto, vetui, vettum, vetre (vietare). II. Perfetti in -ui, supini di varia forma, 4: 7. frco, fricui, frictum (per frictum) e frictum, fricre (fregare); infrco (fregare); perfrco, (strofinare). 8. sco, secui, sectum (per sectum), secre (tagliare) ( 77, Nota) desco (tagliare via); insco (tagliare dentro). 9. enco, enecui, enectum, enecare (uccidere); neco (uccidere) fa sempre -vi, -atum e talvolta anche enco. 10. mco, micui, senza supino, micre (balenare, lampeggiare), emco, emicui, emictum (risplendere). Del tutto regolare dimco, -vi, -tum, -re (combattere). III. Perfetto in -avi e -ui, supino in -tum e -tum, 1:

II. Plico, plicvi, plictum, e plicui, plictum, plicare (piegare); applco (applico); explco (spiegare); complco (complicare); implco (involgere). Gli altri verbi in plico fanno solamente -avi, -atum, come multiplico, duplico, supplico. 109. Perfetti con allungamento della vocale del tema;

Supini in -tum, 2: 1. ivo, ivi, itum, iuvre (aiutare) ( 77, Nota); adivo, adivi, aditum, adiuvre (aiutare). 2. lvo, lvi, lavtum, lautum o ltum,lavre (anticamente lavre della terza), (lavare, lavarsi, bagnarsi) ( 77, Nota). I composti appartengono alla terza coniugazione (cfr. 118, 28). 110. Perfetti con raddoppiamento; Supini in -tum, 2: 1. do, ddi, dtum, dre (dare); circumdo (circondare); satisdo (dare sicurezza); pessumdo (mandare in rovina); venundo (mettere in vendita, vendere). La a del tema in dre e nei suoi composti della prima coniugazione rimane breve, eccettuato ds (dai) e d (d tu). Gli altri composti di do, che son tutti bisillabi, seguono la terza e fanno ddi, dtum cfr. 121, 17). 2. sto, stti, sttum, stre (stare). I composti di tre sillabe fanno al perfetto -stti, quelli di due sillabe stti, e il supino non usato fuorch in presto. Tuttavia alcuni hanno il participio futuro attivo, come: constturus, instaturus, obstaturus, mentre praesto fa solamente praestaturus ( 77, III. Nota). antesto (antisto), antestti, antestre (superare, essere superiore); circumsto, circumstti, circumstre (stare intorno); praesto, praestti, praesttum, praestare (fare, mostrare; essere di pi); consto, constti, constre (essere composto, constare); insto (stare sopra, incalzare) obsto (impedire, essere d'ostacolo); persto (persistere) resto (avanzare, restare). disto (essere lontano) e exsto (apparire, essere eminente) sono senza perfetto. NOTA. Sono regolari iuro (giuro); ceno (coeno) (pranzare); poto (bere). Si noti che i loro participi perfetti passivi sono anche adoperati in senso attivo, come: iuratus (che ha giurato); cenatus (che ha pranzato). Anzich potatus si dice potus (che ha bevuto) ( 114, 5). Perfetti e Supini irregolari della seconda Coniugazione 111. Perfetti con la caratteristica v, 5: I. Supini in -tum, 4 : 1. dleo, delvi, deltum, delre (cancellare, distruggere); 2. fleo, flvi, fltum, flre (piangere) (defleo, deploro); 3. neo, nvi, ntum, nre (filare); 111. 4. pleo, plvi, pltum, plre (riempire) (disusato) e da questo si formano: compleo (compiere); impleo (riempire); expleo (riempire); suppleo (supplire).

II. Supino in -tum, 1: 5. ableo, abolvi, aboltum, abolre (abolire) ( 129, 2).

112. Perfetti con la caratteristica s, 20: I. Supini in -tum, 3: 1. indulgeo, indulsi, indultum, indulgre (condiscendere); 2. torqueo, torsi, tortum, torqure (torcere); contorqueo (contorcere), extorqueo (estorcere). 3. augeo, auxi (per augsi), auctum, augre (aumentare, accrescere) II. Supini in -sum, 9: 4. ardeo, arsi, arsum, ardre (ardere); 5. haereo, haesi, haesum, haerre (stare attaccato, appeso); adhaereo (aderire); cohaereo (stare attaccato insieme); 6. ibeo, iussi, iussum, iubre (comandare, ordinare); 7. mneo, mansi, mansum, manre (rimanere); permneo (perseverare); remaneo (rimanere, restare); 8. mulceo, mulsi, mulsum, mulcre (accarezzare); 9. mulgeo, mulsi, mulsum, mulgre (mungere) ( 76, Nota 2); 10. rdeo, rsi, rsum, ridre (ridere); irrideo (deridere); subrideo sorrido; 11. sudeo, susi, susum, suadre (consigliare); dissudeo (dissuadere); persuadeo (persuadere); 12. tergeo, tersi, tersum, tergre (tergere, asciugare) (anche tergo, 119, 57); abstergeo (astergere); detergeo (detergere). III. Senza supino, 8: 13. algeo, alsi, algre (essere freddo); 14. fulgeo, fulsi, fulgre (risplendere); 15. turgeo, tursi, turgre (esser gonfio, turgido); 16. urgeo, ursi, urgre (spingere, sforzare; urtare); 17. frgeo, frixi, frigre (aver freddo) 18. lceo, luxi, lucre (rilucere) (elceo risplendere) 19. lgeo, luxi, lugre (piangere; essere in lutto) 20. conveo, conixi e convi, conivre (chiudere gli occhi). 113. Perfetti con allungamento della vocale del tema: I. Supini in -tum, 5: 1. cveo, cvi, cautum, cavre (guardarsi); 113. 2. fveo, fvi, fautum, favre (favorirsi); 3. fveo, fvi, ftum, fovre (scaldare, curare, fomentare).

4. mveo, mvi, mtum, movre (muovere); admveo (muoversi presso); commveo (commuovere, eccitare); 5. vveo, vvi, vtum, vovre (far voto); devveo (esecrare, consacrare); cieo, cvi, ctum, cire (eccitare) ( 127, 1). II. Supini in -sum, 2: 6. sdeo, sdi, sessum, sedre (sedersi); assdeo, assdi, assessum, assidre (sedere presso); obsideo (assediare); possideo (possedere); circumsdeo (sedere intorno; assediare circondare);

supersdeo (soprassedere, intralciare). 7. vdeo, vdi, vsum, vidre (vedere); invdeo (invidiare) provideo (prevedere, provvedere). III. Senza supino, 1: 8. pveo, pvi, pavre (paventare, temere). 114. Perfetti con raddoppiamento; supini in -sum, 6: Il raddoppiamento non ha luogo nei composti, 4: 1. mordeo, mmordi, morsum, mordre (mordere); 2. pendeo, ppendi (pensum), pendre (pendere); dependeo (senza perfetto e supino) (dipendere); impendeo (senza perfetto e supino) (pendere sopra, sovrastare); 3. spondeo, sppondi, sponsum, spondre (promettere); respondeo, respondi, responsum, respondre (rispondere); 4. tondeo, ttondi, tonsum, tondre (tosare); attondeo (tosare un poco, radere, tagliare); II. Il raddoppiamento non ha luogo nei semplici, 2: 5. prandeo, prandi, pransum, prandre (fare colazione); Il participio perfetto passivo pransus ha anche valore attivo ( 110, 2, Nota). 6. strdeo, strdi (senza supino), stridre (strido). 115. Perfetti con forma passiva, 3: 1. audeo, ausussum, audre (osare) (ausim, 106, 8); 2. gaudeo, gavsussum, gaudre (rallegrarsi, godere); 3. sleo, soltussum, solre (essere solito). Questi tre verbi, insieme con fido ( 122, 20), avendo in parte forma passiva con significazione attiva, si chiamano anche semideponenti. 116. Perfetti regolari in -ui con supini accorciati (omissione della i, ecc.), 5: 1. dceo, docui, doctum, docre (ammaestrare);

dedoco (far disimparare); edoceo (insegnare perfettamente); 2. misceo, miscui, mixtum e mistum, miscre (mescolare); admisceo (mescolare insieme); permisceo (rimescolare); 3. tneo, tenui, tentum, tenre (tenere); abstneo, abstinui, abstentum (astenersi); obtineo (ottenere); pertineo (giungere, appartenere); attineo, attengo (appartenere); retineo (trattenere, ritenere); contineo (contenere) (1); sustineo (sostenere); 4. torreo, torrui, tostum, torrre (abbrustolire); 5. censeo, censui, censum, censre (stimare, giudicare); recenseo (passare in rassegna) (supino: recensum e recenstum); succenseo (essere corrucciato, adirarsi) 117. 1. Perfetti regolari, senza supino:

arceo (respingere, tenere lontano) corceo, ui, tum (frenare) exerceo, ui, tum (esercitare) geo (aver bisogno) emneo (spiccare, sovrastare) flreo (fiorire) horreo (esser irto, inorridire) abhorreo (abborrire) lteo (esser nascosto)

nteo (risplendere) pteo (essere aperto, manifesto) sleo (tacere) sorbeo (sorbire) splendeo (splendere) stdeo (studiare, attendere) tmeo (temere) vgeo (essere in vigore) vreo (verdeggiare)

I composti di teneo mutano la in nei temi del presente e del perfetto. 2. Senza perfetto n supino: aveo (agognare) calveo (esser calvo) cneo (biancheggiare) immneo (sovrastare, minacciare) langueo (languire) moereo (rattristarsi, esser dolente) polleo (esser potente) squaleo (esser squallido)

3. Doppio perfetto, senza supino: ferveo, fervi e ferbui, fervre (bollire) liqueo, liqui e licui, liqure (esser liquido o chiaro). Perfetti e supini della terza Coniugazione 118. Perfetti con la caratteristica u o v, 59:

I. Supini in -tum, 8: 1. alo, alui, altum (anche altum),alre (alimentare); 2. clo, colui, cultum, colre (coltivare, onorare); exclo (migliorare coltivando); inclo (abitare). 3. conslo, consului, consultum, consulre (chiedere consiglio, consultare; provvedere, con il dativo). 4. depso, depsui, depstum, depsre (impastare). 5. occlo, occului, occultum, occulre (nascondere). 6. rpio, rapui, raptum, rapre (rapire, rubare); abrpio, abripui, abreptum, abripre (rapire, portare via per forza); arripio (afferrare); diripio (strappare, lacerare; saccheggiare); corripio, (afferrare insieme); eripio (rapire). 7. sro, serui, sertum, serre (intrecciare) ( 118, 56); consro (intrecciare insieme); dissro (discorrere); desro (abbandonare); insro (inserire). 8. texo, texui, textum, texre (tessere); contexo (tessere insieme);

retexo (ritessere, disfare il tessuto). II. Supini in -tum, 7: 9. elcio, elicui, elictum, elicre (far venir fuori); (composto da lacio; cfr. 119, 16). 10. frmo, fremui, fremtum, fremre (fremere). 11. gmo, gemui, gemtum, gemre (gemere). 12. mlo, molui, moltum, molre (macinare). 13. pinso, pinsui, pinstum (anche pinsi, pinsum e pistum),pinsre (pestare, macinare). 14. strpo, strepui, streptum, strepre (far strepito). 15. vmo, vomui, vomtum, vomre (vomitare). III. Senza supino, 4: 16. compesco, compescui, compescre (frenare, raffrenare, domare). 17. sterto, stertui, stertre (russare). 18. trmo, tremui, tremre (tremare, tremolare). 118. 19. vlo, volui, velle (volere) ( 141); mlo, mlui, malle (volere piuttosto) ( 141); nlo, nlui, nolle (non volere) ( 141).

Appartengono a questa classe anche i composti di cno (cfr. 121, 1). IV. Perfetti con mutazione del tema del presente. Supini in -tum, 3: 20. accumbo, accubui, accubtum, accumbre (mettersi a giacere presso); incumbo (appoggiarsi, attendere); occumbo (soccombere, morire) ( 108, 2). 21. gigno, gnui, gentum, gignre (generare, produrre). 22. pno, psui, pstum, pnre (porre, mettere); antepno (anteporre); expno (esporre); compno (comporre); oppno (opporre); dispno (disporre); prpno (proporre). V. Supini in -tum, 14: 23. aco, aci (per acuvi), actum, acure (aguzzare). 24. arguo, argui, argtum, argure (riprendere, accusare); coarguo (convincere) (senza supino); redarguo (confutare) (senza supino). 25. exuo, exui, extum, exure (spogliare). 26. imbuo, imbui, imbtum, imbure (imbibire, intingere). 27. induo, indui, indtum, indure (vestire). 28. luo, lui, ltum, lure (espiare, pagare) (lavare, 109, 2 e 77, Nota); abluo (astergere lavando); eluo (astergere, cancellare lavando); diluo (diluire); polluo (macchiare). 29. mnuo, minui, mintum, minure (diminuire). 30. nuo, nui, ntum, nure (far cenno) ( 77, Nota). abnuo (far cenno di no; ricusare); adnuo (annuire, far cenno di s). 31. spuo, spui, sptum, spure (sputare).

32. sttuo, statui, stattum, stature (stabilire); constituo, constitui, constitutum, constiture (costituire; conchiudere); instituo (istituire); destituo (destituire); restituo (ristabilire). 118. 33. suo, sui, stum, sure (cucire). 34. trbuo, tribui, tributum, tribure (dividere, compartire); contribuo (contribuisco); distribuo (distribuire).

35. solvo, solvi (per solvui), soltum, solvre (sciogliere); absolvo (assolvere); dissolvo (disciogliere). 36. volvo, volvi, voltum, volvre (girare, rotolare); convolvo (volgere insieme); involvo (involgere). VI. Senza supino, 5: 37. batuo, batui, bature (combattere, battere). 38. congruo, congrui, congrure (convenire). 39. mtuo, metui, meture (temere). 40. pluit, pluit (e arcaico plvit),plure (piovere). 41. sternuo, sternui, sternure (sternutire). VII. Supino in -tum (penultima breve), 1: 42. ruo, rui, rtum, rure (rovinare) ( 77, Nota); Notare la differenza tra obltus e obltus (oblviscor). (transitivi, con supino): diruo (distruggere); obruo (coprire, sotterrare); eruo (scavare); subruo (scavare sotto); (intransitivi, senza supino): corruo (rovinare insieme) irruo (piombare sopra). VIII. Perfetti in -vi, supini in -tum, 9: 43. arcesso, arcessvi, arcesstum, arcessre (far venire). 44. capesso, capessvi, capesstum, capessre (intraprendere). 45. facesso, facessvi, facesstum, facessre (fare, eseguire). 46. lacesso, lacessvi, lacesstum, lacessre (provocare). 47. cpio, cupvi, cuptum, cupre (desiderare, bramare). 48. pto, petvi, pettum, petre (domandare, assalire); appto (bramare); repto (ripetere, ridomandare). 49. quaero (quaeso, 152), quaesvi, quaestum, quaerre (cercare); acquro, acquisvi, acquistum, acquirre (acquistare); inquro (ricercare, indagare); requro (ricercare). 50. rdo, rudvi, rudtum, rudre (ragliare). 118. 51. tro, trvi (per tervi, sincope), trtum, terre (fregare; tritare);

contro (stritolare); detro (logorare, sminuire).

IX. Perfetti in -ivi, senza supino, 2: 52. incesso, incessvi e incessi, incessre (assalire, invadere). 53. sapio (sapii e sapui),sapre (aver sapore; avere senno). X. Perfetti in -vi, che perdono una consonante al presente; Supini in -tum, 6: 54. lno, lvi e lvi, ltum, linre (ungere); oblno (spargere) (1). 55. sno, svi, stum, sinre (lasciare, permettere); desno, desvi o desii, destum, desinere (cessare); (anzich desiit, con un infinito passivo si usa solamente desitumest, 146, Nota). 56. sro, svi, stum, serre (seminare, piantare) ( 118, 7); insro, insvi, instum, inserre (innestare); obsro (seminare; spargere). 57. cerno (crvi, crtum), cernre (vedere, distinguere); decerno (decidere); discerno (discernere). 58. sperno, sprvi, sprtum, spernre (disprezzare). consterno (coprire); prosterno (abbattere, prostrare). 59. sterno, strvi, strtum, sternre (stendere per terra, coprire spargendo); XI. Per le forme incoative in -sco, vedere 129. 119. Perfetti con la caratteristica -s, 68: I Supini in -tum, 41: a) dal presente in -po, 5: 1. carpo, carpsi, carptum, carpre (cogliere, carpire); concerpo, cerpsi, cerptum, cerpere (sbranare, fare a pezzi); decerpo (spiccare, cogliere); discerpo (lacerare, stracciare). 2. rpo, repsi, reptum, repre (strisciare); arrpo (avvicinarsi strisciando); obrpo (sopraggiungere strisciando). 3. serpo, serpsi, serptum, serpre (serpeggiare). 4. scalpo, scalpsi, scalptum, scalpre (raschiare, grattare). 5. sculpo, sculpsi, sculptum, sculpre (scolpire). b) dal presente in -bo, 3: 6. glbo, glupsi (per glubsi),gluptum, glubre (scorticare, sgusciare). 119. 7. nbo, nupsi, nuptum, nubre (sposare un uomo, viro).

8. scrbo, scripsi, scriptum, scribre (scrivere); adscrbo (ascrivere); inscrbo (iscrivere); descrbo (descrivere); praescrbo (prescrivere); discrbo (spartire);

proscrbo (proscrivere). c) dal presente in -mo (-mno), 4 (5): 9. cmo, compsi, comptum ( 76, Nota 2, n 4),comre (acconciare). 10. dmo, dempsi, demptum, demre (togliere via). 11. prmo, prompsi, promptum, promre (trarre o mettere fuori). 12. smo, sumpsi, sumptum, sumre (prendere); absmo (consumare); consmo (consumare, spendere). 13. contemno, contempsi, contemptum, contemnre (disprezzare). d) dal presente in -co (-cio, -quo), 2 (5): 14. dco, dixi (per dicsi),dictum, dicre (dire); edco (ordinare); praedco (predicare). 15. dco, duxi, ductum, ducre (condurre); addco (addure); obdco (coprire); edco (condurre fuori); subdco (sottrarre). 16. lcio, laxi, lactum, lacre (allettare) (arcaico). I composti hanno lcio, lexi, lectum, licre, come: allcio (allettare); pellicio (adescare); illicio (lusingare; allettare) (elicio ha -ui, -itum, 118, 9). 17. spcio, spexi, spectum, specre (guardare); adspcio, adspexi, adspectum, adspicre (guardare, contemplare); conspicio (scorgere, guardare); prospicio (guardare innanzi); despicio (disprezzare); respicio (guardare indietro); perspicio (guardare dentro); suspicio (guardare in su). 119. 18. cquo, coxi, coctum, coqure (cuocere); concquo (smaltire); decquo (stracuocere).

e) dal presente in -go, 14: 19. cingo, cinxi, cinctum, cingre (cingere, circondare). 20. flgo, flixi, flictum, fligre (battere); afflgo (abbattere); conflgo (combattere); inflgo (infliggere); proflgo (sconfiggere) (-vi, -tum, come laudo). 21. frgo, frixi, frictum, frigre (friggere). 22. iungo, iunxi, iunctum, iungre (unire); adiungo (aggiungere); disiungo (disgiungere); coniungo (congiungere); subiungo (soggiungere).

23. lingo, linxi, linctum, lingre (leccare). 24. mungo (emungo), munxi, munctum, mungre (nettarsi il naso). 25. plango, planxi, planctum, plangre (percuotere, piangere). 26. rgo, rexi, rectum, regre (reggere, guidare); arrgo, arrexi, arrectum, arrigre (rizzare); corrgo (correggere); ergo (erigere); dirgo (dirigere); porrgo (porgere, stendere); pergo (per perrgo),perrexi, perrectum, pergere (proseguire); surgo (per surrgo), surrexi, surrectum, surgre (alzarsi, sorgere). 27. dilgo, dilexi, dilectum, diligre (amare); intellgo (intellgo), (intendere); neglgo (trascurare). Questi tre verbi sono composti di lego (cfr. 120, 7). 28. stinguo, stinxi, stinctum, stingure (spegnere, distinguere); distinguo (distinguere); extinguo (estinguere). 29. sgo, suxi, suctum, sugre (succhiare). 30. tgo, texi, tectum, tegre (coprire); contgo (coprire); obtgo (coprire); detgo (scoprire); protgo (proteggere). 31. tingo, tinxi, tinctum, tingre (tingere, colorire). 119. 32. ungo, unxi, unctum, ungre (ungere). E cos fanno anche i composti di pungo ( 121, 6).

f) dal presente in -ho, 2 : 33. trho, traxi, tractum, trahre (trarre); contrho (contrarre); distrho (distrarre). 34. vho, vexi, vectum, vehre (trasportare su carro o in nave); advho (trasportare verso); transvho (trasportare oltre). vehor esser trasportato o viaggiare su carro o in nave (cfr. 104); invhor portare sopra; inveire). g) dal presente -ngo, con perdita della n nel supino, 3: 35. fingo, finxi, fictum, fingere (formare; fingere). 36. pingo, pinxi, pictum, pingre (dipingere). 37. stringo, strinxi, strictum, stringre (stringere); astringo (astringere); obstringo (obbligare); destringo (staccare; sguainare); perstringo (stringere forte; riprendere). h) dal presente in -uo (-vo), 2: 38. struo, struxi, structum, strure (ammassare, fabbricare); construo (costruire); extruo (innalzare fabbricando); destruo (distruggere);

instruo (istruire, fornire). 39. vvo, vixi, victum, vivre (vivere). i) dal presente in -ro, 2:40. gro, gessi, gestum, gerre (portare; fare); congro (ammassare); digro (ordinare). 41. ro, ussi, ustum, urre (bruciare) (transitivo); combro (incendiare); inro (marchiare a fuoco). II. Supini in sum, 27: a) dal presente in -do, 10: 42. claudo, clausi, clausum, claudre (chiudere); concldo, conclsi, conclsum (chiudere, conchiudere); incldo (racchiudere); recldo (aprire). 43. dvdo, divsi, divsum, dividre (dividere). 119. 44. laedo, laesi, laesum, laedre (offendere); alldo, allsi, allsum, allidre (sbattere contro); colldo (sbattere insieme); eldo (fracassare; schiacciare).

45. ldo, lsi, lsum, ludre (giocare); alldo (alludere); illdo (illudere; dileggiare). 46. plaudo, plausi, plausum, plaudre (battere le mani); applaudo (applaudire); expldo (scacciare via con riprovazione). 47. rdo, rsi, rsum, radre (radere). 48. rdo, rsi, rsum, rodre (rodere, rosicchiare); arrdo (rosicchiare via); corrdo (corrodere). 49. trdo, trsi, trsum, trudre (spingere, cacciare); abstrdo (nascondere); intrdo (intrudere, introdurre a forza). 50. vdo, (vsi, vsum),vadre (andare, camminare); evdo (sfuggire, diventare); invdo (invadere). 51. cdo, cessi, cessum, cedre (cedere); accdo (avvicinarsi); praecdo (precedere); antecdo (andare innanzi); procdo (procedere); concdo (concedere); recdo (ritirarsi). b) dal presente in -to e (-tio), 3: 52. mto, messui, messum, metre (mietere); demto (mietere, tagliare via). 53. mitto, misi, missum, mittre (mandare); admitto (ammettere); omitto (omettere, lasciare);

amitto (perdere); permitto (permettere); committo (affidare); promitto (promettere); intermitto (intermettere; tralasciare); remitto (rimandare). 119. 54. qutio, quassi, quassum, quatre (scuotere); conctio, concussi, concussum, concutre (scuotere); exctio (scuotere; frugare); percutio (percuotere).

c) dal presente in -rgo, 3: 55. mergo, mersi, mersum, mergre (tuffare) ( 76, Nota 2); demergo (affondare); submergo (sommergere). 56. spargo, sparsi, sparsum, spargre (spargere); aspergo, aspersi, aspersum, aspergre (aspergere); conspergo (cospergere); dispergo (spargo qua e l). 57. tergo, tersi, tersum, tergre (tergere). (i composti seguono la seconda; 112, 12). d) con le desinenze -xi e -xum, 5: 58. fgo, fixi, fixum, figre (inserire); affgo (affiggere); transfigo (trafiggere). 59. fluo, fluxi, fluxum, flure (scorrere); confluo (confluire); praeterfluo (scorrere davanti, oltre). 60. flecto, flexi, flexum, flectre (piegare); deflecto (deviare); reflecto (ripiegare). 61. pecto, pexi, pexum, pectre (pettinare). 62. necto, nexi e nexui, nexum, nectre (congiungere, legare). I composti nel perfetto hanno sempre -ui, come: annecto, annexui, annexum, annectre (annettere); conecto, conexui, conexum, conectre (connettere). e) di particolare formazione, 2: 63. prmo, pressi, pressum, premre (premere, calcare); comprmo, compressi, compressum, comprimere (comprimere); exprmo (esprimere); opprmo (opprimere). 64. vello, vulsi (meglio velli, 122, 13),vulsum, vellre (svellere). f) difettivi senza supino o senza perfetto, 4: 65. ango, anxi, angre (affliggere, crucciare). 66. ningo (ningit, nevica),ninxi, ningre (nevicare). 67. frendo, supino frsum o fressum, frendre (digrignare i denti, triturare). 68. plecto, supino plexum, plectre (intrecciare) (cfr. 135, 12). 120. Perfetti con allungamento della vocale del tema, 16:

I. Supini in -tum, 12: a) con cambiamento di - in -, 4: 1. ago, gi, actum, gre (condurre, fare); 1. ago, gi, actum, gre (condurre, fare); circumgo (condurre intorno); pergo (compiere, condurre a termine); abgo, abgi, abactum, abigre (condurre via); adgo (cacciare, spingere verso); redgo (ridurre); exgo (compiere, esigere); subgo (sottomettere); cgo (cogo),cogi, coactum, cogre (raccogliere; costringere); dgo, dgi, senza supino, degre (vitam) (condurre). 2. cpio, cpi, captum, capre (prendere, pigliare); accpio, accpi, acceptum, accipre (accettare, ricevere); decipio (ingannare); percipio (raccogliere; ricevere; comprendere); incipio (incominciare); praecipio (prescrivere, comandare). 3. fcio, fci, factum, facre (fare); patefcio (manifestare); satisfcio (soddisfare); afficio, affci, affectum, afficre (commuovere, fare impressione); conficio (finire); interficio (uccidere); deficio (abbandonare; mancare); proficio (profittare); efficio (fare, effettuare); reficio (rifare, ristorare) (cfr. 144, 2). 4. icio, ici, iactum, iacre (gettare); abiicio, abici, abiectum, abiicre (gettar via); adiicio (aggiungere); subiicio (assoggettare); deiicio (gettare gi); traiicio (trasportare, tragittare). b) mantenendo la vocale del presente, 3: 5. emo, mi, emptum, mre (comprerare) (originariamente prendere); admo, admi, ademptum, adimre (togliere via); dirmo (disgiungere); intermo (uccidere, togliere di mezzo). 120. 6. fgio, fgi, fugtum, fugre (fuggire); aufugio (fuggire); confugio (rifugiarsi); effugio (sfuggire, scansare); profugio (fuggire lontano, ricorrere).

7. lgo, lgi, lectum, legre (leggere);

perlgo (leggere interamente); rlego (rileggere); collgo, collgi, collectum, colligre (raccogliere, radunare); delgo (scegliere); elgo (trascegliere, eleggere). (Tre composti di lego hanno il perfetto in -exi; 119, 27). c) con perdita della n (m) del presente, 5: 8. frango, frgi, fractum, frangre (rompere); defringo, defrgi, defractum, defringre (rompere); infringo (infrangere); refringo (rifrangere, abbattere). 9. linquo, lqui, lictum, linqure (lasciare); relinquo (abbandonare, lasciare). 10. pango, pgi, pactum, pangre (piantare, conficcare) (cfr. 121, 4); compingo, -gi, -actum, compingre (conficcare, introdurre). 11. vinco, vci, victum, vincre (vincere); convinco (convincere); devinco (vincere interamente). 12. rumpo, rpi, ruptum, rumpre (rompere, spezzare); corrumpo (guastare); erumpo (prorompere). II Supini in -sum, 3: 13. fundo, fdi, fsum, fundre (versare, spargere); confundo (confondere); profundo (profondere). 14. do, di, sum, edre (mangiare) ( 139). 15. fdio, fdi, fossum, fodre (scavare); confdio (trafiggere); effdio (tirare fuori). Senza supino: 16. Scbo, scbi, scabre (grattare). 121. Perfetti con raddoppiamento, 20: I Supini in -tum, 6: 1. cno, ccni, cantum, canre (cantare); concno (concordare) concinui (senza supino). 121. 2. prio, ppri, partum, parre (partorire; produrre) ( 77, Nota). 3. tendo, ttendi, tentum (tensum),tendre (tendere); (i composti non hanno raddoppiamento): attendo, attendi, attentum, attendre (attendere); contendo (adoperarsi; aspirare); intendo (intendere; fissare); ostendo (mostrare). 4. pango, ppgi, pactum, pangre (stabilire, fermare con un patto) (cfr. 120, 10 e 135, 23). 5. tango, ttgi, tactum, tangre (toccare); (i composti non hanno raddoppiamento): attingo, attgi, attactum, attingre (toccare, raggiungere). contingit, contgit e obtingit, obtgit (accadere). 6. pungo, ppgi, punctum, pungre (pungere). I composti hanno nel perfetto solamente punxi: compungo, compunxi, compunctum, compungre (punzecchiare);

interpungo, interpunxi, interpunctum, interpungre (pungere in mezzo). II. Supini in -sum, 10: 7. cdo, ccdi, csum, cadre (cadere); (composti senza raddoppiamento): occdo, occdi, occsum, occidre (andare sotto; tramontare; morire). incdo (cadere sopra); recdo (ricadere); accidt (accade, accaduto). 8. caedo, ccdi, caesum, caedre (tagliare; uccidere; battere); (composti senza raddoppiamento, supino -sum): abscdo, abscdi, abscsum, abscidre (tagliare via, troncare); concdo (tagliare insieme); incdo (incidere, tagliare). occdo (uccidere): praecdo (troncare). 9. cello, cecli, culsum, cellre (scoccare, scagliare). percello, percli, perculsum, percellre (colpire, abbattere); antecello e praecello (superare) e excello (eccellere, segnalarsi), senza perfetto n supino. 10. curro, ccurri, cursum, currre (correre); (composti per lo pi senza raddoppiamento): concurro (concorrere); occurro (incontrare); discurro (correre in diverse parti); succurro (soccorrere). 121. 11. fallo, ffelli, falsum, fallre (ingannare); refello, refelli, senza supino, refellre (confutare).

12. pello, ppli, pulsum, pellre (scacciare); (composti senza raddoppiamento): compello, compli, compulsum, compellre (sforzare, spingere); expello (scacciare); repello (respingere, ributtare). 13. pendo, ppendi, pensum, pendre (pesare; stimare, apprezzare); (composti senza raddoppiamento): expendo, expendi, expensum, expendre (spendere; esaminare); impendo (spendere; impiegare); rependo (compensare; pagare); perpendo (esaminare, ponderare); suspendo (sospendere). 14. parco, pperci, parsum, parcre (perdonare; risparmiare). 15. tundo, ttdi, tsum (tunsum), tundre (pestare, ammaccare); (composti senza raddoppiamento): contundo, contdi, contsum, contundre (pestare insieme); obtundo (rendere ottuso; stordire); retundo (spuntare, smussare). 16. fendo, fefendi, fensum, fendre (battere) (usato solamente nei composti, perfetto senza raddoppiamento): defendo, defendi, defensum, defendere (difendere); offendo, offendi, offensum, offendere (offendere;imbattersi).

Perfetti con raddoppiamento dell'ultima sillaba; Supini in -tum, 2; 17. crdo, crddi, credtum, credre (credere; affidare). E cos vanno tutti i composti bisillabi di dare (110, 1): abdo (nascondere); prdo (tradire); addo (aggiungere); reddo (restituire, rendere); condo (fabbricare; fondere); trado (consegnare) perdo (rovinare, guastare); vendo (vendere). 18. sisto, stti (per sistti), sttum, sistre (fermare, porre); (i composti fanno nel perfetto stti, nel supino sttum) desisto (desistere); persisto (persistere, perseverare); exsisto (venir fuori, sorgere); resisto (resistere). Circumsisto (metteresi attorno) fa nel perfetto circumstti, da circumsto, e manca del supino. 121. IV. Perfetti con raddoppiamento, senza supino, 2: 19. disco, ddci, discre (imparare);(composti con raddoppiamento):addisco, addidci, addiscere (apprendere);dedisco (disimparare);edisco (imparare) a memoria.

20. posco, pposci, poscre (domandare, chiedere); (composti con raddoppiamento): deposco, depoposci, deposcre (richiedere); exposco (chiedere con insistenza); reposco (ridomandere). 122. Perfetti senza caratteristica determinata, 20: I. Supini in -tum, 4: 1. bbo, bbi, ptum, bibere (bere). Al posto del supino bibitum e delle forme da esso derivate, si trova solamente potum, potus e poturus; ebbo (bere tutto); imbbo (imbevere). 2. co, ci, ictum, icre (colpire) (icere foedus, fare alleanza). 3. lambo, lamb, lambtum, lambre (leccare). 4. fro, tli (antic. tetuli), ltum, ferre (portare) ( 140). II. Supini in -sum, 12: 5. findo, fdi, fissum, findre (fendere); diffindo, diffdi, diffissum, diffindre (spaccare). 6. scindo, scdi, scissum, scindre (stracciare; squarciare); abscindo, abscdi, abscissum, abscindre (tagliare via); conscindo (stracciare); rescindo (squarciare). 7. accendo, accendi, accensum, accendre (accendere); incendo (accendere); succendo (bruciare). 8. cdo, cdi, csum, cudre (battere; coniare). 9. mando, mandi, mansum, mandre (masticare). 10. pando, pandi, passum (pansum), pandre (distendere, spiegare). 11. prhendo, prhendi, prehensum, prehendre (prendere, afferrare); comprehendo (comprendo) (comprendere; prendere);

deprehendo (deprendo) (cogliere); reprehendo (riprendere). 12. scando, scandi, scansum, scandre (salire); ascendo, ascendi, ascensum, ascendre (ascendere); conscendo (salire); transcendo (sormontare, salire oltre). 122. 13. vello, velli, vulsum, vellre (svellere) ( 119, 64); divello (divellere, strappare); evello (strappare via). 14. verro, verri, versum, verrre (spazzare).

15. verto, verti, versum, vertre (volgere, voltare); averto (volgere indietro); everto (distruggere, abbattere); converto (voltare, rivolgere); reverto (rivoltare; ritornare) ( 135, 15). 16. sdo, sedi (sdi), sessum, sidre (sedersi) ( 113, 6); consdo (mettersi a sedere); subsdo (fermarsi). III. Senza supino, 3: 17. strdo, strdi, stridre (stridere) ( 114, 6). 18. vso, vsi, visre (visitare) ( 113, 7). 19. psallo, psalli, psallre (suonare la cetra). IV. Perfetto con forma passiva, 1: fdo, fsus sum, fidre (fidarsi) (cfr. 115); confdo (confidare); diffdo (diffidare). NOTA. Mancano del perfetto e del supino ambgo, ambigre (dubitare); clango (suonare); furo (smaniare; essere furioso, esser pazzo); glisco (dilatarsi occultamente; crescere); hisco (aprirsi); vergo (essere rivolto verso; guardare verso un luogo). Perfetti e supini irregolari della quarta coniugazione. 123. Perfetti in -ui, supini in -tum, 4: 1. aprio, aperui, apertum, aperre (aprire). 2. prio, operui, opertum, operre (coprire). 3. slio, salui (salii), saltum, salre (saltare); assilio, assilui (assilii), assultum, assilre (saltare su); desilio (saltare gi); transilio (saltare oltre). 4. srio, sarui (o sarvi),sartum, sarre (smuovere il terreno). 124. Perfetti con la caratteristica s, 9: I. Supini in -tum, 8: 1. farcio, farsi, fartum, farcre (rimpinzare) ( 76, Nota 2); refercio, refersi, refertum, refercre (rimpinzare). 2. fulcio, fulsi, fultum, fulcre (puntellare). 124. 3. sarcio, sarsi, sartum, sarcre (rattoppare, rammendare).

4. haurio, hausi, haustum, haurre (attingere). 5. saepio, saepsi, saeptum, saepre (assiepare). 6. sancio, sanxi, sanctum e sanctum, sancre (sancire, stabilire). 7. vincio, vinxi, vinctum, vincre (legare). 8. amicio, (amixi), amictum, amicre (coprire, vestire). II. Supino in -sum, 1: 9. sentio, sensi, sensum, sentre (sentire, pensare); consentio (consentire); dissentio (dissentire). 125. Perfetto con allungamento della vocale del tema; Supino in -tum, 1: venio, vni, ventum, venre (venire); advenio (arrivare); invenio (trovare); evenio (avvenire); subvenio (sovvenire). 126. Perfetti che perdono il raddoppiamento; Supini in -tum, 2: 1. comprio (pario 121, 2),compri, compertum, comperre (venire a conoscenza; conoscere). 2. reprio, repri, repertum, reperre (ritrovare; scoprire). 127. Perfetti regolari con supini irregolari, 4: 1. cio, cvi, ctum, cre (eccitare) (per lo pi cieo, cire 113, 5); concio (concitare; radunare) (participio conctus e conctus). 2. eo, vi, tum, re (andare) (irregolare, 142). 3. queo, quvi, qutum, qure (potere) ( 143). 4. sepelio, sepelvi, sepultum, sepelre (seppellire). 128. Alcuni non hanno perfetto n supino: 1. ferio, ferre (ferire; colpire) (foedus ferire, far alleanza). 2. superbio, superbre (rendere superbo; essere superbo). 3. partrio (stare per partorire; sentire le doglie) e cos tutti i desiderativi in -rio ( 183, 2). Perfetti e supini dei verbi incoativi. 129. I verbi incoativi, cio quelli che esprimono l'inizio di un'azione o di uno stato ( 183, 3), terminano in sco, ma tale sillaba scompare nel perfetto e nel supino.

Incoativi verbali di primitivi non usati, 10: 1. adlesco, adolvi, adultum, adolescre (crescere, diventare adulto). 2. abolesco, abolvi (aboltum), abolescre (sparire) ( 111, 5). 3. exsolesco, exsolvi, exsoltum, exsolescre (invecchiare; cadere in disuso). 4. obsolesco, obsolvi, obsoltum, obsolescre (invecchiare; cadere in disuso). 5. cresco, crvi, crtum, crescre (crescere); decresco (decrescere, scemare); incresco (aumentare).

6. nosco, nvi, ntum, noscre (venire a conoscenza) ( 146); ignosco (perdonare); agnosco, agnvi, agntum, agnoscre (riconoscere); cognosco, cognvi, cogntum, cognoscre (venire a conoscenza). 7. quiesco, quivi, quitum, quiescre (riposare). 8. (suesco, suvi), sutum (suescre) (abituarsi); assuesco (abituarsi a qualcuno); consuesco (abituarsi). 9. pasco, pvi, pastum, pascre (pascolare); pascor (pascolo) (intransitivo, 104); depasco (consumare pascolando). 10. conquinisco, conquexi (senza supino) (chinarsi, abbassarsi). 130. Incoativi verbali con perfetto (e supino) dei loro primitivi ancora in uso, 14: 1. inveterasco, invetervi, invetertum, inveterascre (inveterre) (invecchiare); invetertus (inveterato). 2. convalesco, convlui, convaltum, convalescre (valre) (prendere forza; risanare). 3. exardesco, exarsi, exarsum, exardescre (ardre) (accendersi). 4. coalesco, colui, coaltum, coalescre (alre) (crescere insieme; unirsi strettamente). 5. concupisco, concupvi, concuptum, concupiscre(cupre) (desiderare, bramare; vagheggiare). 6. revivisco, revixi, revictum, reviviscre(vivre) (rivivere, ravvivarsi). 7. obdormisco, obdormvi, obdormtum, obdormiscre (dormre) (addormentarsi). 130. 8. scisco, scvi, sctum, sciscre (scire) (determinare); conscisco (attirare) (per esempio: mihi mortem, mi do la morte); descisco (ribellarsi); rescisco (venire a sapere; risapere).

(Senza supino): 9. resco, arui, arescre(arr) (inaridirsi, seccarsi); exaresco (inaridirsi). 10. indolesco, indolui, indolescre (dolre) (sentire dolore). 11. ptesco, putui, putescre (ptre) (puzzare; imputridire). 12. rbesco, rubui, rubescre (rubre) (rosseggiare); erubesco (arrossire). 13. ingemisco, ingemui, ingemiscre (gemre) (gemere). 14. respisco, resipvi o resipui, resipiscre (sapre) (rinsavire). Similmente: calesco (calre) (diventare caldo); conticesco (tacre) (ammutolire); extimesco (timre) (temere molto); exhorresco (horrre) (inorridire); obstupesco (stupre) (stupirsi); contremisco (tremre) (tremare) ecc. 131. Incoativi denominativi, derivati da aggettivi. Perfetti in -ui, senza supino: I. crbresco, crebrui, crebrescre (crber) (essere frequente); increbresco e percrebresco (crescere di suono, di voce). 2. evnesco, evanui, evanescre (vnus) (svanire). 3. inntesco, innotui, innotescre (ntus) (diventare noto). 4. matresco, maturui, maturescre (matrus) (diventare maturo). 5. obdresco, obdurui, obdurescre (drus) (indurire). 6. obmtesco, obmutui, obmutescre (mtus) (ammutolire).

7. recrdesco, recrudui, recrudescre (crdus) (inasprire). Altri incoativi nominali non hanno n perfetto n supino, come: ditesco (arricchirsi); puerasco (bamboleggiare), ecc. 132. I seguenti cinque verbi, hanno comune il perfetto e il supino: 1. cerno (vedere) e cresco (crescere) ( 118, 57 e 129, 5). 2. cubo (ghiacciare) e cumbo (adagiarsi) ( 108, 2 e 118, 20). 3. mulceo (accarezzare) e mulgeo (mungere) ( 112, 8 e 9). 4. pendeo (pendere) e pendo (pesare) ( 114, 2 e 121, 13). 5. sedeo (sedere) e sido (sedersi) ( 113, 6 e 122, 16). II. I quattro seguenti hanno comune il perfetto: 1. frigeo (avere freddo) e frigo (friggere) ( 112, 17 e 119, 21). 2. fulgeo (risplendere) e fulcio (sostenere) ( 112, 14 e 124, 2). 3. luceo (rilucere) e lugeo (piangere) ( 112, 18 e 19). 132. 4. paveo (paventare) e pasco (pascolare) ( 113, 8 e 129, 9).

III. Gli otto seguenti hanno comune il supino: 1. frico (sfregare) e frigo (friggere) ( 108, 7 e 119, 21). 2. maneo (rimanere) e mando (masticare) ( 112, 7 e 122, 9). 3. pando (aprire) e patior (patire) ( 122, 10 e 135, 13). 4. pango (conficcare) e paciscor (patteggiare) ( 120, 10 e 135, 23). 5. succenseo (adirarsi) e succendo (accendere) ( 116, 5 e 122, 7). 6. teneo (tenere) e tendo (tendere) ( 116, 3 e 121, 3). 7. verro (spazzare) e verto (volgere) ( 122, 14 e 15). 8. vivo (vivere) e vinco (vincere) ( 119, 39 e 120, 11). IV. I dodici seguenti hanno comune il presente, ma seguono diversa coniugazione: 1. aggero (1) (ammucchiare); aggero (3) (apportare); 2. appello (1) (nominare); appello (3) (approdare); 3. compello (1) (chiamare); compello (3) (spingere); 4. collgo (1) (legare insieme); collgo (3) (raccogliere); 5. consterno (1) (spaventare); consterno (3) (cospargere); 6. effro (1) (inselvatichire); effro (3) (portar fuori); 7. fundo (1) (fondare); fundo (3) (spargere; versare); 8. mando (1) (rimettere, affidare); mando (3) (mastico); 9. obsro (1) (serrare); obsro (3) (seminare, piantare); 10. pando (1) (incurvare, piegare); pando (3) (aprire, spiegare); 11. resro (1) (aprire, disserrare); resro (3) (riseminare); 12. volo (1) (volare); volo (3) (irregolare) (volere). V. Gli otto seguenti hanno comune il presente, ma seguono diversa coniugazione e differiscono nella quantit: 1. clo (1) (colare); clo (3) (coltivare; onorare); 2. dco (1) (consacrare); dco (3) (dire); 3. indco (1) (indicare); indco (3) (intimare); 4. praedco (1) (lodare; bandire); praedco (3) (predire); 5. edco (1) (educare, allevare); edco (3) (portare fuori) 6. lgo (1) (inviare; lasciare per testamento) lgo (3) (leggere); 7. allgo (1) (inviare ad uno); allgo (3) (eleggere); 8. relgo (1) (relegare; mettere al bando); relgo (3) (rileggere).

Perfetti e supini dei deponenti 133. 1. Dal perfetto dei deponenti si riconosce facilmente il loro supino come, per esempio, dal perfetto horttus sum facile riconoscere il supino horttum. 2. I deponenti della prima coniugazione formano i perfetti e i supini regolarmente, senza eccezione alcuna (sono 170 circa; vedere esempi al 102). 134. La seconda coniugazione ha 8 deponenti, 5 con perfetto regolare, 2 con perfetto irregolare, 1 senza perfetto:

1. lceor, lictus sum, licri (offrire il prezzo nell'incanto); polliceor (promettere). 2. mreor, mertus sum, merri (meritare) (anche mereo, 92, 2). 3. misereor, misertus sum, miserri (avere compassione) ( 154, 2). 4. tueor, tutus sum, turi (difendere); contueor (mirare); intueor (guardare, osservare). 5. vreor, vertus sum, verri (temere); revereor (temere; rispettare). 6. fteor, fassus sum, fatri (confessare); confiteor, confessus sum, confitri (confessare); profiteor (professare). 7. reor, rtus sum, rri (credere; pensare). 8. mdeor, senza perfetto, medri (medicare; guarire) (al perfetto si supplisce con quello di sano 1 coniugazione, sanavi). 135. La terza coniugazione ha 29 deponenti: 1. fruor, frutus (fructus) sum, frui (godere) ( 77, Nota); perfruor (godere, fruire). 2. fungor, functus sum, fungi (eseguire, adempiere); defungor (adempiere); perfungor (adempiere). 3. vhor, vectus sum, vehi (andare su carro o in nave) (intransitivo) ( 119, 34); invhor (inveire). 4. lquor, loctus sum, loqui (parlare); allquor (parlare ad una persona); colloquor (discorrere con una persona). 5. morior, mortuus sum, mori (morire) ( 77, Nota); demorior (morire); emorior (morire del tutto). 6. pascor, pastus sum, pasci (pascolare) (intransitivo 129, 9). 7. quror, questus sum, queri (lagnarsi, lamentarsi); conquror (lagnarsi, lamentarsi). 8. squor, secutus sum, sequi (seguire, seguitare); assquor (ottenere); exsquor (eseguire); consquor (conseguire, ottenere); persquor (perseguitare). 135. 9. grdior (gressus sum), gradi (camminare); aggredior, aggressus sum, aggrdi (assalire);

congredior (combattere; scontrarsi; azzuffarsi); ingredior (entrare).

10. lbor, lapsus sum, lbi (scorrere; sdrucciolare, cadere); collbor (cadere in rovina); elbor (sfuggire). 11. ntor, nsus o nixus sum, niti (appoggiarsi; sforzarsi); adntor (sforzarsi); entor (sforzarsi); rentor (resistere). 12. plector, plexus sum, plecti (piegarsi) (cfr. 119, 68); amplector (abbracciare); complector (cingere, abbracciare); 13. ptior, passus sum, pati (soffrire, patire); perptior, perpessus sum, perpti (soffrire; tollerare). 14. tor, sus sum, ti (usare, servirsi); abtor (abusare). 15. vertor, versus sum, verti (volgersi) (intransitivo, 122, 15); devertor (torcere il cammino; prendere alloggio); revertor (ritornare) (perfetto anche con forma attiva reverti). Si aggiungono i seguenti verbi di forma incoativa: 16. apiscor, aptus sum, apisci (raggiungere); adpiscor, adeptus sum, adipisci (conseguire, ottenere). 17. expergiscor, experrectus sum, expergisci (svegliarsi). 18. rascor, (irtus sum), irasci (adirarsi). comminiscor, commentus sum, comminisci (immaginare); reminiscor, senza perfetto, reminisci (ricordarsi). 19. meniscor, mentus sum, menisci (pensare); 20. nanciscor, nactus sum, nancisci (trovare). 21. nascor, ntus sum, nasci (nascere) ( 77, Nota); innascor (nascere dentro); renascor (rinascere). 22. oblviscor, obltus sum, oblivisci (dimenticare). 23. pciscor, pactus sum, pacisci (patteggiare) ( 121, 4). 24. prficiscor, profectus sum, proficisci (partire). 25. ulciscor, ultus sum, ulcisci (vendicare). 26. defetiscor, defessus sum, defetisci (stancarsi). Senza perfetto: 27. vescor, vesci (cibarsi, mangiare). 28. lquor, liqui (scorrere; liquefarsi). 29. ringor, ringi (digrignare i denti; ringhiare). 136. La quarta coniugazione ha 14 deponenti, 8 dei quali hanno il perfetto regolare, e 6 irregolare: 1. blandior, blandtus sum, blandri (accarezzare).

2. largior, largtus sum, largri (elargire). 3. mentior, menttus sum, mentri (mentire); ementior (fingere, simulare). 4. mlior, moltus sum, molri (macchinare; intraprendere);

amolior (rimuovere); demolior (demolire). 5. partior, parttus sum, partiri (dividere). 6. ptior, pottus sum, potri (impadronirsi). 7. pnior, puntus sum, punri (vendicare), propriamente passivo di: punio, punvi, puntum, punre (punire, castigare). 8. sortior, sorttus sum, sortri (sorteggiare; sortire). 9. exprior, expertus sum, experri (sperimentare, provare). 10. opprior, oppertus (e oppertus) sum, opperri (aspettare). 11. rior, ortus sum, orri (nascere, sorgere) ( 77, Nota) (participio futuro passivo solamente oriundus, essere originario). Nel presente indicativo e nell'imperativo orior segue la terza coniugazione, quindi: orris, ortur, ormur; orre, ortor, ormini; nell'imperfetto congiuntivo segue per lo pi la quarta, facendo: orrer, ma anche orrer. adorior (assalire, assaltare) nel presente segue regolarmente la quarta: adorris, adortur. exorior (alzarsi; sorgere) segue orior, e fa quindi exorris, exortur. 12. assentior, assensus sum (anche assensi), assentri (acconsentire). 13. mtior, mensus sum, metri (misurare); dimetior (misurare); emetior (misurare interamente). 14. ordior, orsus sum, ordri (incominciare; ordire); exordior (esordire). Verbi anomali o irregolari 137. Oltre al verbo ausiliare sum ( 72) vi sono altri dieci verbi che nella loro flessione si allontanano dalle quattro coniugazioni regolari. Questi sono: possum, edo, fero, volo, nolo, malo, eo, queo, nequeo e fio. 138. Possum (io posso). La forma originaria di questo verbo potsum (da potis, potente, capace, e sum, sono; quindi possum, sono potente, sono capace) e si coniuga come sum. 138. Si avverte per altro: che la sillaba pot innanzi ad una s si muta sempre in pos, quindi possum anzich potsum;

che potessem e potesse si contraggono in possem e posse; che nei tempi composti da fui, fueram ecc., si tralascia la f, come potui anzich pot-fui, potueram anzich pot-fueram ecc. INDICATIVO PRESENTE Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pos-sum (posso) p-ts (puoi) p-test (pu) pos-smus (possiamo) pt-estis (potete) pos-sunt (possono) pos-sim (possa) pos-sis (possa) pos-sit (possa) pos-smus (possiamo) pos-stis (possiate) pos-sint (possano) CONGIUNTIVO

Plurale

INDICATIVO IMPERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pt-ram (potevo) pot-ras (potevi) pot-rat (poteva) pot-ermus (potevamo) pot-ertis (potevate) pot-rant (potevano)

CONGIUNTIVO

pos-sem (potessi, potrei) pos-ss (potessi, potresti) pos-set (potesse, potrebbe) pos-smus (potessimo, potremmo) pos-stis (poteste, potreste) pos-sent (potessero, potrebbero)

Plurale

INDICATIVO FUTURO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pt-ro (io sar) pot-ris (tu sarai) pot-rit (egli, ella sar) pot-ermus (noi saremo) pot-ertis (voi sarete) pot-runt (essi, esse saranno) INDICATIVO PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pt-ui (potei, ho potuto) pot-uisti (potesti, hai potuto) pot-uit (pot, ha potuto) pt-urim (abbia potuto) pot-uris (abbia potuto) pot-urit (abbia potuto) CONGIUNTIVO

Plurale

138.

Plurale

pot-umus (potemmo, abbiamo potuto) pot-uermus (abbiamo potuto) pot-uertis (abbiate potuto) pot-uistis (poteste, avete potuto) pot-urint (abbiano potuto) pot-urunt (poterono, hanno potuto)

INDICATIVO PI CHE PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pt-uram (avevo potuto) pot-uras (avevi potuto) pot-urat (aveva potuto) pot-uermus (avevamo potuto) pot-uertis (avevate potuto) pot-urant (avevano potuto)

CONGIUNTIVO

pt-uissem (avessi, avrei potuto) pot-uisses (avessi, avresti potuto) pot-uisset (avesse, avrebbe potuto) pot-uissmus (avessimo, avremmo
potuto)

Plurale

pot-uisstis (aveste, avreste potuto)

pot-uissent (avessimo, avrebbero


potuto)

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. pt-uro (sar stato) pot-uris (sarai stato) pot-urit (sar stato) pot-urimus (saremo stati) pot-uritis (sarete stati) pot-urint (saranno stati) INFINITO PRESENTE PERFETTO

Plurale

pos-se (potere)

pot-uisse (aver potuto)

L'infinito futuro manca, ma sostituito dall'infinito presente posse. Il participio manca, poich pt-ens un vero aggettivo e significa potente; cos pure mancano del tutto l'imperativo, il gerundio ecc. NOTA. Negli autori antichi si trova potis es per potes; potis sunt per possunt, e anche semplicemente pote per potest; cos anche nel congiuntivo possiem per possim (cfr. 74, Nota). 139. Edo, di, sum, dre (mangiare) segue regolarmente la terza coniugazione; sennonch in alcune voci ha una seconda forma del tutto eguale alla forma corrispondente del verbo sum.-

Le forme che ha comuni con il verbo sum, sono tutte quelle che cominciano con es, ma questa sillaba si pronuncia sempre lunga: PRESENTE INDICATIVO ATTIVO singolare plurale do edmus edis, edit, s, st dtis, dunt, stis IMPERATIVO PRESENTE FUTURO de, dte, s, ste dto, dto, dtte dre, sse (allo stesso modo si trova nel passivo IMPERFETTO CONGIUNTIVO ATTIVO drem, deres, deret, ssem, sses, sset dermus, dertis, drent, ssmus, sstis, ssent INFINITO

sto, sto, stte dunto

stur, esstur, per editur, ederetur)

Tutte le altre forme sono regolari. Nello stesso modo si coniugano i composti, come: comdo (mangiare; consumare), infinito comedre e comsse; imperfetto congiuntivo comedrem e comssem, ecc.Il supino fa comsum e comestum. La coniugazione del passivo del tutto regolare. Nel latino classico le forme preferite sono es, est, esse, ecc. NOTA. Congiuntivo antico: edim, edis, edit (cfr. 106, 8). 140. Fro, tli, ltum, ferre, (portare) segue regolarmente la terza coniugazione, sennonch depone la vocale copulativa davanti alla s e alla t, e la copulativa breve fra due r ed alla fine della seconda persona singolare dell'imperativo presente. Infinito passivo ferri (dall'antico ferri, per feri). ATTIVO PRESENTE INDICATIVO Singolare Plurale fro, fers, fert fermus, fertis, ferunt ATTIVO IMPERFETTO CONGIUNTIVO Singolare Plurale 140. ATTIVO IMPERATIVO PRESENTE FUTURO singolare plurale fer ferte ferto, ferto fertote, ferunto ferre fermini fertor, fertor feruntor PASSIVO ferrem, ferres, ferret ferremus, ferrtis, ferrent ferrer, ferrris, ferrtur ferrmur, ferrmni, ferrentur fror, ferris, fertur frimur, ferimni, feruntur PASSIVO PASSIVO

ATTIVO INFINITO PRESENTE ferre

PASSIVO

ferri

Tutte le altre voci sono regolari, come: (imperfetto) ferbam, ferbas ecc., (presente congiuntivo) feram, feras ecc., (passivo) ferar, ferris ecc., (futuro) feram, feres ecc., (passivo) ferar, ferris ecc.Le forme derivate dal perfetto tli e dal supino ltum sono anch'esse regolari, quindi: tulrim, tulram, tulro, tulissem, latus sum ecc. Nello stesso modo si coniugano i composti: CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. voluissem voluisses voluisset voluissmus voluisstis voluissent noluissem noluisses noluisset noluissmus noluisstis noluissent maluissem maluisses maluisset maluissmus maluisstis maluissent

Plurale

antefro (portare innanzi; preferire); profro (proferire); circumfro (portare intorno); rfero (perfetto rettuli) (riportare, riferisco); defro (trasportare; rivelare); ferire); perfro (sopportare); transfro (trasportare, trasferire); praefro (preferire). I seguenti presentano unalterazione nella prima sillaba: 1. affro, attli, alltum, afferre (apportare). 2. aufro, abstli, abltum, auferre (portare via). 3. confro, contli, colltum, conferre (conferire). 4. diffro, distli, diltum, differre (differire). 5. effro, extli, eltum, efferre (portare fuori). 6. infro, intli, illtum, inferre (portare dentro). 7. offro, obtli, obltum, offerre (offrire). 8. suffro, sustli, subltum, sufferre (sopportare, soffrire). 140. Nello stesso modo si coniuga al perfetto e al supino anche tollo, sustli, subltum, tollre (togliere; sollevare). Attollo (sollevare) ed extollo (levare in alto; esaltare) mancano del perfetto e del supino. NOTA. Sovente nei composti di fero non avviene l'assimilazione della consonante della preposizione con liniziale del verbo, quindi si trova adfero per affero; obfero per offero ecc. 141. Vlo, volui, velle (volere); nlo, nolui, nolle (non volere) (contratto di ne per non e volo); mlo, malui, malle (volere piuttosto, preferire) (da mavolo, cio mage o magis volo).

INDICATIVO PRESENTE Singolare 1. 2. 3. vlo (voglio) vs (vuoi) vult (vuole) nlo (non voglio) non vis non vult mlo (voglio piuttosto) mvis mvult

Plurale

1. 2. 3.

volmus (vogliamo) vultis (volete) volunt (vogliono)

nolmus non vultis nolunt

malmus mavultis malunt

INDICATIVO IMPERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. vlbam vlbas vlbat vlebmus vlebtis vlbant nlbam nlbas nlbat nlebmus nlebtis nlbant INDICATIVO FUTURO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. vlam vles vlet vlmus vltis vlent nlam nles nlet nlmus nltis nlent INDICATIVO PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. volui voluisti voluit volumus voluistis volurunt nolui noluisti noluit nolumus noluistis nolurunt malui maluisti maluit malumus maluistis malurunt mlam mles mlet mlmus mltis mlent mlbam mlbas mlbat mlebmus mlebtis mlbant

Plurale

Plurale

Plurale

141. INDICATIVO PI CHE PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. voluram voluras volurat voluermus voluertis volurant noluram noluras nolurat noluermus noluertis nolurant maluram maluras malurat maluermus maluertis malurant

Plurale

INDICATIVO FUTURO ANTERIORE

Singolare

1. 2. 3. 1. 2. 3.

voluro voluris volurit voluermus voluertis volurint

noluro noluris nolurit noluermus noluertis nolurint

maluro maluris malurit maluermus maluertis malurint

Plurale

CONGIUNTIVO PRESENTE Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. vlim (voglia) velis (voglia) velit (voglia) velmus (vogliamo) veltis (vogliate) velint (vogliano) nlim (non voglia) nolis nolit nolmus noltis nolint mlim (voglia piuttosto) malis malit malmus maltis malint

Plurale

CONGIUNTIVO IMPERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. vellem velles vellet vellmus velltis vellent nollem nolles nollet nollmus nolltis nollent CONGIUNTIVO PERFETTO Singolare 1. 2. 3. 1. 2. 3. volurim voluris volurit voluermus voluertis volurint nolurim noluris nolurit noluermus noluertis nolurint malurim maluris malurit maluermus maluertis malurint mallem malles mallet mallemus malletis mallent

Plurale

Plurale

141. IMPERATIVO PRESENTE Singolare Plurale 2. 2. noli (non volere) nolte (non vogliate)

IMPERATIVO FUTURO

Singolare Plurale

2. 3. 2. 3.

nolto (non volere o non vorrai) nolto (non voglia o non vorr)

noltte (non vogliate o non vorrete) nolunto (non vogliano o non vorranno) INFINITO PRESENTE

velle (volere)

nolle (non volere) INFINITO PERFETTO

malle (voler piuttosto)

voluisse (aver voluto)

noluisse (non aver voluto) PARTICIPIO PRESENTE

maluisse (aver voluto piuttosto)

vlens (che vuole)

nlens (che non vuole) GERUNDIO

volendi (di volere)

nolendi (di non volere)

NOTA 1. Anzich si vis si pu talvolta usare sis, mentre per si vultis, bench raro, si usa sultis, e per visne (vuoi tu?) vin'. NOTA 2. Anzich vult e vultis si dice anche volt e voltis. NOTA 3. L'imperativo noli e nolite regge un infinito con il quale esprime l'imperativo negativo: noli oblivisci, nolite hoc facere. I participi volens e nolens sono poco usati, salvo all'ablativo, per esempio: diis volentibus, me nolente (meglio me invito). Sono anche inusitate le prime forme del futuro malam e nolam. 142. 1. Eo, vi, tum, re (andare) segue la quarta coniugazione, ma incorre nelle irregolarit seguenti: 1 dinanzi ad a, o, u, invece della i della quarta prende una e, per esempio: eo, non io; 2 Nell'imperfetto fa bam, non ibam; nel futuro bo, non iam, ( 106, 8); 3 Nei participi invece di -ent e -end si ha -unt e und, quindi: 142. INDICATIVO PRESENTE singolare o (io vado) s it mus tis eunt

plurale

INDICATIVO IMPERFETTO singolare bam ibas ibat ibmus ibtis ibant

plurale

INDICATIVO FUTURO singolare ibo ibis ibit ibmus ibtis ibunt INDICATIVO PERFETTO singolare ii o ivi iisti o ivisti iit o ivit imus o ivmus istis o ivistis irunt o ivrunt INDICATIVO PI CHE PERFETTO singolare iram o ivram iras o ivras irat o ivrat iermus o ivermus iertis o ivertis irant o ivrant INDICATIVO FUTURO ANTERIORE singolare iro o ivro iris o ivris irit o ivrit

plurale

plurale

plurale

142.

plurale

iermus o ivermus iertis o ivertis irint o ivrint

CONGIUNTIVO PRESENTE singolare eam (che io vada) eas eat eamus eatis eant CONGIUNTIVO IMPERFETTO singolare rem ires iret rmus irtis irent CONGIUNTIVO PERFETTO singolare irim o ivrim iris o ivris irit o ivrit iermus o ivermus iertis o ivertis irint o ivrint CONGIUNTIVO PI CHE PERFETTO singolare iissem o ivissem iisses o ivisses iisset o ivisset iissmus o ivissmus iisstis o ivisstis iissent o ivissent IMPERATIVO PRESENTE

plurale

plurale

plurale

plurale

singolare plurale 142.

2. i, ei 2. te IMPERATIVO FUTURO

singolare plurale

2. to 3. to 2. itte 3. eunto INFINITO PRESENTE PERFETTO iisse o ivisse FUTURO iturum, -am, -um esse ituros, -as, -a esse

ire

PARTICIPIO PRESENTE iens, euntis iturus, -a, -um FUTURO

GERUNDIO eundi eundo ad eundum eundo itum

SUPINO

2. Il perfetto con tutti i suoi derivati regolare, e dunque la v va perduta quasi sempre in tutte le forme, e quindi ii davanti e s si contrae in : ii, isti, iit, ieram, issem, iero, raro ivi, ivisti, ivit, ecc.Anche le forme passive si formano regolarmente dalle attive loro corrispondenti, come itur (si va), etur (si vada), ibtur, itum est, eundum est (si deve andare, ecc.).Queste forme naturalmente appartengono tutte alla terza persona singolare, perch eo verbo intransitivo. I composti transitivi hanno per un passivo compiuto, vale a dire che si possono volgere al passivo: adeo, transeo, praetereo, ineo. 3. Nello stesso modo si coniugano i composti di eo, ma nel perfetto e nelle forme da esso derivate lasciano tutti cadere la v, come: redeo, perfetto redi (non redvi) (ritornare); abo (partire, allontanarsi); prodeo (avanzarsi); adeo (andare a, verso) (passivo intero); obeo (andare intorno; eseguire; morire) subeo (porsi al di sotto); pereo (perire); vneo (andare in vendita, essere in vendita) ( 47, II, 1);

praetereo (trapassare) (passivo intero). 4. Ambio, ambvi, ambtum, ambre (andare intorno; ambire) del tutto regolare e segue audio. 143. Quali composti dell'avverbio qui (in qual modo) e del verbo eo sono da considerarsi i due verbi: queo, quvi, qutum, qure (potere), e nequo, nequvi, nequtum, nequre (non potere)e si coniugano come eo, quindi si ha:

PRESENTE INDICATIVO Singolare queo quis quit nequeo nequs nequit Plurale qumus qutis queunt nequmus nequtis nequeunt

IMPERFETTO INDICATIVO Singolare qubam qubas qubat nqubam nqubas nqubat Plurale quibmus quibtis qubant nquibmus nquibtis nqubant

FUTURO INDICATIVO Singolare qubo qubis qubit nqubo nqubis nqubit Plurale quibmus quibtis qubunt nquibmus nquibtis nqubunt

PERFETTO INDICATIVO Singolare quii o quivi quiisti o quivisti quiit o quivit nequii o nequivi nequiisti o nequivisti nequiit o nequivit Plurale quimus o quivmus quistis o quivistis quirunt o quivrunt nequimus o nequivmus nquistis o nequivistis nequirunt o nequivrunt

PI CHE PERFETTO INDICATIVO Singolare quiram o quivram quiras o quivras quirat o quivrat nequiram o nequivram nequiras o nequivras nequirat o nequivrat Plurale quiermus o quivermus quiertis o quivertis quirant o quivrant nequiermus o nequivermus nequiertis o nequivertis nequirant o nequivrant

FUTURO ANTERIORE INDICATIVO

Singolare quiro o quivro quiris o quivris quirit o quivrit

nequiro o nequivro nequiris o nequivris nequirit o nequivrit

Plurale

quiermus o quivermus quiertis o quivertis quirint o quivrint

nequiermus o nequivermus nequiertis o nequivertis nequirint o nequivrint

143. PRESENTE CONGIUNTIVO Singolare quam quas quat nquam nquas nquat Plurale quemus quetis quant nquemus nquetis nquant

IMPERFETTO CONGIUNTIVO Singolare qurem qures quret nqurem nqures nquret Plurale quirmus quirtis qurent nquirmus nquirtis nqurent

PERFETTO CONGIUNTIVO Singolare quirim o quivrim quiris o quivris quirit o quivrit nequirim o nequivrim nequiris o nequivris nequirit o nequivrit Plurale quiermus o quivermus quiertis o quivertis quirint o quivrint nequiermus o nequivermus nequiertis o nequivertis nequirint o nequivrint

PI CHE PERFETTO CONGIUNTIVO Singolare quiissem o quivissem quiisses o quivisses quiisset o quivisset nequiissem o nequivissem nequiisses o nequivisses nequiisset o nequivisset nequiissmus o Plurale quiissmus o quivissmus quiisstis o quivisstis quiissent o quivissent nequivissmus nequiisstis o nequivisstis nequiissent o nequivissent

INFINITO Presente quire nquire Perfetto quiisse o quivisse nequiisse o nequivisse

Mancano l'imperativo presente e futuro, il participio presente, il participio futuro e il gerundio. Il pi grande uso che si faccia di quire nelle frasi negative con il non e il tempo pi adoperato il

presente queo, queam. NOTA. Nel passivo si trova nequtur e quitur, nequtum est e quita est, ma soltanto in unione con un infinito passivo ( 146. Nota), per esempio: formu in tenebris nosci non quita est (non si pot conoscere la figura nell'oscurit). 144. 1. Fio, factus sum, firi (diventare) segue regolarmente la quarta coniugazione, sennonch nell'imperfetto del congiuntivo e nel presente dell'infinito abbrevia la i e vi aggiunge una e. Si ha quindi: 144. INDICATIVO PRESENTE Singolare fo fs ft fmus ftis funt

Plurale

INDICATIVO IMPERFETTO Singolare Plurale fibam, -as, -at fibmus, -tis, -ant INDICATIVO FUTURO Singolare Plurale fiam, fies, fiet fimus, fitis, fient CONGIUNTIVO PRESENTE Singolare Plurale fam, fas, fat fimus, fitis, fant CONGIUNTIVO IMPERFETTO Singolare Plurale frem, fres, fret frmus, frtis, frent IMPERATIVO PRESENTE Singolare fi (diventa)

Plurale

fite (diventate) INFINITO

Presente Perfetto Futuro

fri (diventare) factum (-am, -um) esse fore o futurum (-am,-um) esse (factumiri soltanto passivo di facio).

Dal perfetto factus sum (essere diventato) si formano regolarmente tutti gli altri tempi che dipendono da esso: factus sim, factus eram, factus essem ecc. Al futuro del congiuntivo, che manca al verbo fio, si supplisce con futurus sim. Anzich il futuro imperativo disusato fito, fitote, fiunto si dice fiat, fiatis, fiant, o anche esto, estote, sunto. 144. 2. Fio anche il passivo del verbo facio (fare), quindi fio (io sono fatto) (non mai facior).

3. Tra i composti del verbo facio, quelli che incominciano con una preposizione o con la sillaba re, hanno fcio e nel passivo ficor e si coniugano regolarmente. Quindi: interficio (uccidere); passivo interficior, interficris, interficitur, ecc. (essere ucciso). 4. Tutti gli altri composti di facio hanno nell'attivo facio e nel passivo fio, cos: arfacio (diseccare), areo (essere secco), al passivo: arfio, arfis, arefit, ecc.; lbfacio (smuovere, scrollare), al passivo: labefio, labfis, labfit (essere smosso; crollare); cos pure labefibam, labefierem, labefiam, labefieri (cfr. 120, 3). 5. Di facio sono usati nel passivo solamente i participi factus (fatto), e faciendus (da farsi), cos come arefaciendus (da disseccarsi), interficiendus (da uccidersi). NOTA 1. Fio, veneo ( 142, 3) (esser venduto), e vapulo (-avi, -atum, -are) (essere battuto), sono i soli verbi che abbiano forma attiva e significato passivo; e si chiamano anche neutri passivi. NOTA 2. Composti difettivi di fio, ma rari, sono: defit (mancare, venir meno); infit (cominciare), e alcune forme di confieri. Verbi difettivi 145. Alcuni verbi mancano della maggior parte delle forme o di quelle pi importanti, perci si chiamano verbi difettivi. Questi sono: 1 i quattro perfetti: coepi, mmni, nvi, di; 2 io; 3 inquam; 4 fri; 5 le forme imperative: ge, pge, ve, salve, vle 6 cdo; 7 quaeso; 8 forem. 146. Coepi (io cominciai e ho cominciato), mmni (ricordarsi), nvi (sapere), di (odiare) sono perfetti, per i quali non c alcun presente avente stesso significato. Coepi mantiene il suo significato di perfetto. Dovendosi tradurre il verbo incominciare al presente, imperfetto o futuro, si ricorre al verbo incipio, incepi, inceptum, incipre, per esempio: incipio scribre, incipit lectio.

Tutti e quattro si coniugano regolarmente secondo il seguente specchietto: I. Coepi (io cominciai e ho cominciato). 146. PERFETTO INDICATIVO singolare plurale coepi, coepisti, coepit coepmus, coepistis, coeperunt PERFETTO CONGIUNTIVO coeprim, coeperis, coeperit coepermus, coepertis, coeprint

PI CHE PERFETTO INDICATIVO singolare coeperam, -as, -at, ecc. FUTURO ANTERIORE INDICATIVO singolare coepero, -is, -it, ecc.

PI CHE PERFETTO CONGIUNTIVO coepissem, -es, -et, ecc.

PARTICIPIO PERFETTO PASSIVO coeptus, -a, -um (cominciato)

INFINITO coepisse (aver cominciato)

PARTICIPIO FUTURO ATTIVO coeptrus, -a, -um (che per cominciare)

Memini, odi, novi sono perfetti per la forma, ma presenti per il significato; il pi che perfetto corrisponde all'imperfetto, il futuro anteriore al futuro semplice, l'infinito perfetto all'infinito presente.Come facilmente si pu avvertire, memini vale per io ho serbato nella mia memoria, dunque mi ricordo; odi significa ho preso in odio, dunque io odio; novi significa io ho conosciuto, dunque so. 2. Mmni (ricordarsi): PERFETTO INDICATIVO singolare mmni, meministi,meminit, ecc. PERFETTO CONGIUNTIVO meminrim, -ris, -rit, ecc. PI CHE PERFETTO CONGIUNTIVO meminissem, -es, -et, ecc. (mi ricordassi
o ricorderei, ecc.)

PI CHE PERFETTO INDICATIVO singolare memineram, -as, -at, ecc. (mi ricordavo)

FUTURO ANTERIORE INDICATIVO

PARTICIPIO PERFETTO PASSIVO

singolare plurale 146.

meminro, -is, -it, ecc. (mi sar ricordato) memento (ricordati) mementte (ricordatevi)

INFINITO meminisse (ricordarsi)

3. Nvi (conoscere, sapere): PERFETTO INDICATIVO singolare plurale nvi, novisti o nosti, novit novmus, novistis (nostis), noverunt (norunt) PERFETTO CONGIUNTIVO novrim (norim), -is, -it noverimus, noveritis, noverint

PI CHE PERFETTO INDICATIVO singolare noveram o noram, -as, -at (conoscevo,


sapevo, ecc.)

PI CHE PERFETTO CONGIUNTIVO novissem o nossem, -es, -et, (conoscessi,


sapessi o conoscerei, saprei, ecc.)

FUTURO ANTERIORE INDICATIVO singolare 4. Odi (odiare): PERFETTO INDICATIVO singolare di, odisti, odit, ecc. (io odio) novero, -is, -it ecc.

INFINITO novisse o nosse (conoscere, sapere)

PERFETTO CONGIUNTIVO odrim, oderis, oderit, ecc. (io odi) PI CHE PERFETTO CONGIUNTIVO odissem, -es, -et ecc. (odiassi o odierei)

PI CHE PERFETTO INDICATIVO singolare odram, -as, -at, ecc. (odiavo) FUTURO ANTERIORE INDICATIVO

INFINITO

singolare

odro, -is, -it, ecc.

odisse (odiare)

Il participio perfetto passivo osus, usato per lo pi nei composti exsus e persus, ha spesso significato attivo: che odia.Nelle forme del perfetto odiare si traduce odium habere, suscipere in aliquem, odio aliquem persequi, prosequi e nel passivo: odio esse alicui, ecc. 146. NOTA. Con un infinito di forma e significato passivi, i migliori scrittori non usano dire coepi, ma solamente coeptus sum. Nos de re publica consuli coepti sumus (noi cominciammo a essere consultati circa le cose dello Stato).-

Armis disceptari coeptum est (si cominci a contendere con le armi). Ma quando l'infinito abbia senso intransitivo o riflessivo, allora si adopera coepi, come : iudicia fieri coeperunt (cominciarono a farsi i giudizi); augeri coepit (cominci a crescere); moveri coepit (cominci a muoversi).Si usa nella stessa maniera destus sum al posto di desii ( 118, 55), come: orationes legi desitae sunt (cessarono di leggersi i discorsi); disputari desitum est (si cess di disputare). Cfr. 143, Nota. 147. Aio (dire, affermare) si usa nelle voci seguenti: PRESENTE INDICATIVO Singolare Plurale io, is, it , , iunt IMPERFETTO INDICATIVO Singolare Plurale iebam, -as, -at iebmus, -tis, -ant IMPERATIVO Singolare ai (antiquato) PRESENTE CONGIUNTIVO , ias, iat , , iant PERFETTO INDICATIVO , , it , , PARTICIPIO PRESENTE iens (che dice, che afferma)

Mancano le altre forme. Si cita anche un perfetto aisti, aistis, ma non se ne trovano esempi. Invece di aisne si preferisce nel discorso familiare ain? (credi? dici davvero?). Questo verbo aio in opposizione a negare (dire di no). Il participio si trova una sola volta in Cicerone (aientibus). 148. Del verbo inquam (dire) si trovano le forme seguenti: PRESENTE INDICATIVO Singolare Plurale inquam, inquis, inquit inqumus, inqutis, inquiunt FUTURO INDICATIVO PERFETTO INDICATIVO IMPERFETTO INDICATIVO , , inquibat

Singolare

, inquies, inquiet

, inquisti, inquit

IMPERATIVO PRESENTE inque (di' tu)

IMPERATIVO FUTURO inquto (dica o dir)

148. NOTA. Inquam si usa soltanto interposto come parentesi nella proposizione, quando si riferisce il nostro o l'altrui discorso direttamente, come: est vero, inquam, notum signum ( per certo, un seguito conosciuto).-

Nel caso di un discorso indiretto si usa adoperare il verbo aio: Themistocles universos esse pares aiebat (Temistocle diceva che tutti insieme potevano essere pari). Inquam si adopera nel discorso anche con valore di perfetto. Con inquit il soggetto sta per lo pi dopo, per esempio: inquit Caesar. 149. Fri (parlare, dire) ha le seguenti forme: PRESENTE INDICATIVO , , ftur (fmur, famni, fantur) FUTURO INDICATIVO fabor, (fabris), fabtur IMPERATIVO fre(parla) PARTICIPIO PRESENTE fans fari IMPERFETTO INDICATIVO (fbar) (frer) IMPERFETTO CONGIUNTIVO

PERFETTO e PI CHE PERFETTO (intieri) ftus sum, sim, eram, essem INFINITO ftu PARTICIPIO PERFETTO ftus (che ha detto, avendo detto) PARTICIPIO FUTURO PASSIVO SUPINO

fandus, -a, -um (da dirsi) nefandus, -a, -um(da non dirsi, nefando) GERUNDIO Genitivo: fandi; Ablativo: fando (fando audivi, lo so per averlo sentito dire) Questo verbo di uso quasi unicamente poetico. Il participio futuro fandus ha valore di aggettivo e significa ci che permesso dire o fare.

Usati frequentemente tanto nella prosa che nella poesia sono i composti: praefari, affari, effari, interfari. 150. 1. Age (ors), plurale agte. 2. Apge (= abge, caccia via, via); apge istum hominem (cacciami via costui!); apge te o semplicemente apge! (levati via di qui, vattene!). Non usato in altre forme. 3. Ave e salve (sii il benvenuto, ti saluto); vle (sta bene, addio). 150. IMPERATIVO PRESENTE ave (ti saluto) avte (vi saluto) salve(ti saluto) salvte (vi saluto) vle (sta bene, addio) valte (state bene, addio)

INDICATIVO FUTURO salvbis (ti saluto) INFINITO avre (essere salutato) salvre (essere salutato) valre (star bene) valbis (sta bene, addio)

NOTA. Questi tre infiniti si usano solamente con iubeo, come per esempio: valere te iubeo (ti dico addio, ti saluto). Per il significato noteremo che ave, avte (che originariamente significa essere benedetto) formula di saluto: buon giorno.Salve, salvte, quasi in disuso nella prosa classica, ma frequente nell'et arcaica, il saluto che si d quando si entra o si accoglie qualcuno in casa. Vale, valete saluto di congedo. 151. Cdo (dammi; dimmi); cdo aquam manibus (dammi acqua alle mani). Cdo dextram (qua la mano!). Cdo, quid faciam (dimmi, che ho da fare). Si dice altres nel plurale cette (per cedte) (ditemi, datemi!). 152. Quaeso (pregare; domandare); quaesmus (preghiamo, domandiamo); le altre voci mancano (cfr. quaero, 118, 49). Quid, quaeso, faciam? (Di grazia, che devo fare?). 153. Frem (io fossi o sarei); fores (saresti); foret (sarebbe); forent (sarebbero), e fore, equivalente a futurum (-am, -um, -os, -as, -a) esse (essere per essere) sono le sole voci che s'incontrino di questo verbo (cfr. 73, D). Verbi impersonali 154. Sono detti verbi impersonali quelli in cui l'azione non si rapporta ad alcuna persona o soggetto determinato. Tali verbi si usano perci solamente nella terza persona singolare dell'indicativo, del congiuntivo e dell'infinito, mai nell'imperativo, rare volte nel participio. A questa classe appartengono: 1. I verbi indicanti i fenomeni dell'atmosfera: fulgrat (lampeggia) ningit (nevica)

fulmnat (fulmina) pluit (piove) glat (gela) rrat (cade la rugiada) 154. grandnat (grandina) tnat (tuona). lpdat (piove pietre) illcescit (perfetto illuxit) (fa giorno) vesperascit (advesperascit, perfetto vesperavit) (si fa sera) Si trova per anche luppiter tonat, fulminat, pluit.

2. I seguenti verbi della seconda coniugazione: pget (me), (mi) (rincresce) dcet (me), (mi) (conviene) pdet (me), (mi) (vergogno) dedcet (me), (mi) (disdice) paentet (me), (mi) (pento) portet (fa mestieri) taedet (me) (sento noia) lbet o lubet (mihi), (mi) (piace) msret (me) (ho compassione) lcet (mihi), (mi) ( permesso). NOTA 1. L'imperativo, del quale mancano questi verbi, si supplisce con il congiuntivo, per esempio: pudeat te (vergognati); liceat mihi (mi sia permesso).Si trovano usati i participi: dcens (conveniente); libens (volenteroso): lcens (licenzioso, sfrenato); paenitens (pentito); pdens (vergognoso); e ancora paenitendus e pudendus. Mihi paenitendum est (devo pentirmi) (non me). NOTA 2. Miseret e taedet, nel perfetto, hanno solamente misertum est e pertaesum est.Gli altri verbi formano tutti il loro perfetto regolarmente; sennonch con piguit, puduit, libuit, licuit s'incontrano anche le forme pigtum est, pudtum est, libtum est, lictum est. NOTA 3. Si dice anche hoc licet o libet; non omnia licent. Con decet i poeti usano come soggetto anche un sostantivo, i prosatori soltanto il neutro d'un pronome o d'un aggettivo (vedere 196, 2). 3. I seguenti verbi, i quali diventano impersonali, mutando di significato, sono personali nel significato ordinario: accdit (saggiunge) praestat ( meglio) accdit (accade, avviene) intrest (importa) contingit (accade, avviene) refert (rileva, importa) evnit (accade, avviene) appret (appare) condcit (conferisce, giova) lquet ( chiaro) expdit (torna a conto) ptet ( evidente) ivat (giova, fa piacere) fallit (me) (non so, ignoro) constat (si sa, palese) fgit (me) (non so, ignoro) restat (rimane) praterit (me) (non so, ignoro). suprest (sopravanza) 4. I verbi, specialmente gli intransitivi (i quali non formano altrimenti il passivo, 70, II, 2), nella terza persona singolare del passivo, come: currtur (si corre) conandum est (si deve tentare) concursum est (si venuto alle mani) eundum est (bisogna andare) 154. vivtur (si vive) mihi eundum est (devo andare) tur (si va) vobis eundum est (dovete andare) dormtur (si dorme) omnibus eundum est (tutti devono dormitur (si dormir) andare ecc.).

Gli avverbi. 155. Gli avverbi (ad-verbia) si uniscono ai verbi ed agli aggettivi per determinarne e specificarne il

significato. Gli avverbi si dividono in avverbi di tempo, avverbi di luogo, e avverbi di modo e di qualit. 156. Gli avverbi di tempo rispondono alle domande: Quando? (In che tempo?), Quamdiu? (Per quanto tempo?), Quotiens? (Quante volte?): olim (una volta) antea (prima) quondam (una volta) postea (di poi, dopo) aliquando (una volta) smul (insieme) unquam (mai) adhc (ancora) nunquam (non mai) nondum (non ancora) iam (gi) prdie (il giorno prima) interdum (talvolta) nudiustertius (l'altro ieri) saepe (spesso) propdiem (fra pochi giorni) semper (sempre) hri (ieri) pridem (da tanto tempo) crs (domani) ddum (da qualche tempo) tum (di poi) mox (veloce) tunc (allora) brvi (in breve) nunc (ora) tandem (finalmente) qutannis (ogni anno) dmum (finalmente) intio (da principio) deinde (di poi) princpio (da principio) dnique (finalmente) rpente (ad un tratto) diu (lungo tempo) sbto (ad un tratto) noctu (di notte) rcns (di recente) interdiu (di giorno) mdo (poco fa) vesperi (di sera) lias (altre volte) mane (nel mattino) multoante (molto prima) nper (poco fa) paulopost (poco dopo) hdie (oggi) paulisper (per poco tempo) ctdie (ogni giorno) tantisper (per tanto tempo) postrdie (il giorno dopo) dnuo (di nuovo) protnus (immediatamente) plrumque (il pi delle volte) 156. extemplo (subito) ttiens (tante volte) illco (subito) aliqutiens (tante volte) sttim (veloce) identdem (di tratto in tratto) intrea (frattanto) rursus (rursum) (di nuovo).

157. Avverbi di luogo Gli avverbi di luogo rispondono alle domande: Ubi? (Dove?) (stato in luogo); Unde? (Donde?); Quo? (Dove?) (moto verso un luogo); Qua? (Per dove? Per quale via?). Ubi? bi (ivi, qui) hic (qui, qua) illc (l, in quel luogo) istc (in codesto luogo) Unde? inde (da quel luogo, di l) hinc (da qui, di qua) illinc (quindi, di l) istinc (da codesto luogo) Quo? e (l) hc (qua) illc (in quel luogo) istc (in codesto luogo)

ibdem (nello stesso luogo) lbi (altrove) ubicunque (dovunque) alcbi (in qualche luogo) usquam (in alcun luogo) nusquam (in nessun luogo) bvs (in qualsivoglia luogo) ubque (in ogni dove) fris (fuori) prcul (lontano) prpe (vicino) commnus (vicino a) mnus (da lontano) prgre (fuori del paese)

inddem (dallo stesso luogo) aliunde (da un altro luogo) undecumque (ovunque sia) alicunde (da qualche luogo) undqu (da ogni parte) utrinque (dall'una e dall'altra parte)

edem (allo stesso luogo) li (altrove) qucumque (dovunque) lquo (in qualche luogo) ququam (in alcun luogo) quvis (in qualsivoglia luogo) fras (fuori) obviam (verso) intro (dentro) porro (innanzi, pi oltre) rtro (indietro)

Qua? (Per dove?); e (da questa parte); ququam (per qualche via); neququam (per nessun modo); rect (direttamente); dextr (a destra); sinistr (a sinistra); un (per la stessa parte, insieme); qutnus (in quanto, sin dove); hactnus (fin qui).Quorsum? (verso dove?); horsum (verso qua); aliorsum (verso un'altra parte); prorsum (all'innanzi); introrsum (al di dentro); deorsum (all'ingi); retrorsum (all'indietro); dextrorsum (verso destra); rursum (da capo); sursum (all'ins). 158. Avverbi di modo e di qualit 1. Gli avverbi di modo e di qualit (del motivo, della ragione) rispondono alle domande: Qui?, Qumdo?, Quemadmdum? (Come? In qual modo?);Cr? Quare? (Perch? Per quale ragione?). 158. it (cos) sc (cos) t (come) vlt (come) qusi (quasi, come se) frustra (invano) nequidquam (inutilmente) ideo (perci) idcirco (perci) ultro (da s) sponte (spontaneamente) quam (quanto) tam (tanto) deo (tanto, cos) valde (molto) quantpre (quanto) tantpre (tanto) magnpere (grandemente) admdum (molto) nmis (troppo) paene (quasi) fre (quasi) ferme (quasi) prpe (quasi) mdo (solo, solamente) slum (solo, solamente) tantum (solo, solamente) tantummdo (solo, solamente) stis (abbastanza) forte (per caso) fortasse (forse) forsitan (forse) praecipue (principalmente)

2. Gli avverbi di modo e di qualit si formano per la maggior parte dagli aggettivi e da altre parti del

discorso. a) Dagli aggettivi e dai participi della seconda declinazione si formano tali avverbi, mutando in - la desinenza -i del genitivo: Aggettivi longus (lungo) pulcher (bello) doctus (dotto) prbus (buono) asper (aspro) orntus (ornato) long pulchr doct prb aspr ornat Avverbi

Da bnus (buono) peraltro si ha bn (bene); da mlus (cattivo), ml (male). Da durus (duro), dur e durter; da firmus (saldo) firm e firmter; ma lius (altro) forma soltanto alter; violentus (violento) soltanto violenter. b) Dagli aggettivi e dai participi della terza declinazione si formano gli avverbi in -ter, mutando la desinenza -is del genitivo in -ter, e la desinenza -ntis in -nter: 158. Aggettivi tlis (utile) pr (uguale) frox (feroce) lgans (elegante) spiens (saggio) cer (acuto) cler (rapido) simplex (semplice) mans (amante) prdens (prudente) utilter prter ferocter eleganter sapienter crter celrter simplcter amanter prudenter Avverbi

Da faclis (facile) peraltro si ha l'avverbio facle; da recens (recente) recens; da difficlis (difficile) difficulter, o al suo posto, non facile; da audax (audace) audacter. Si noti ancora nquter, da nequam (misero, dappoco); obter (di passaggio, alla sfuggita) (da obire). c) Di molti aggettivi della seconda declinazione si usa come avverbio l'ablativo, di altri l'accusativo singolare di genere neutro e tali sono: cert (certamente) cto (presto) crbro (frequentemente) contnuo (veloce) falso (a torto, falsamente) fortuto (per caso) improvso (improvvisamente) mnifesto (manifestamente) perptuo (continuamente) rro (raramente) sdlo (diligentemente) srio (seriamente) sro (tardi) sbto (subitamente) tto (sicuramente) ctrum (del resto)

mrto (con ragione) mtuo (reciprocamente) necessario (necessariamente) necopinato (inopinatamente) optato (secondo il desiderio) postrmum e postrmo (ultimamente) ultmum e ultmo (per l'ultima volta)

multum (molto) paulum (poco) nmium (troppo) prum (poco) potissimum (principalmente) ultmum e ultmo (per l'ultima volta)

159. Altre specie di avverbi sono: 1. In -tus, come caeltus (dal cielo); fundtus (dal fondo, dalle fondamenta); radictus (dalle radici); antiqutus (da antico); divintus (da Dio, per divina ispirazione); pentus (ben addentro); intus (dentro). 2. In im; in parte verbali, derivati dai supini, come certtim (a gara); in parte denominativi, derivati da sostantivi, come catervtim (a squadre, in frotta). Tra i derivati dai supini si notino: contemptim (con disprezzo); nomintim (per nome); praesertim (specialmente); sttim (immediatamente); caesim (di taglio); passim (qua e l); sensim (a poco a poco). 159. Tra i derivati da sostantivi (soltanto -tim): catervatim (a frotte); centuriatim (a centurie); gradtim (per gradi, gradatamente); paultim (a poco a poco); privatim (privatamente).-

Forme particolari sono furtim (furtivamente); virtim (a testa, per uomo); tribtim (per trib); vicissim (vicendevolmente). Anzich partim (in parte, parte) si dice anche partem (l'uno e l'altro), propriamente l'accusativo singolare di pars. 160. 1. Fra gli avverbi hanno il grado comparativo ed il superlativo soltanto quelli che derivano da aggettivi, che formano anch'essi il comparativo e il superlativo. 2. Il comparativo degli avverbi sempre identico al neutro singolare dell'aggettivo comparativo; il superlativo si forma cambiando la sillaba finale dell'aggettivo superlativo -us in , quindi: doct (dottamente) doctius, doctissimrect (rettamente) rectius, rectissimamanter (amorevolmente) amantius, amantissimcerto (certamente) certius, certissimcrbro (frequentemente) crebrius, creberrimbn (bene) mlius, optimml (male) pius, pessimprp (presso) propius, proxim. Degli avverbi in -o, come cito, certo, crebro, ecc. ( 158, 2, c), solamente meritissimo e tutissimo conservano anche nel superlativo la finale o, mentre gli altri escono tutti in -. 3. Tra gli altri avverbi: a) hanno il comparativo ed il superlativo i seguenti:diu (lungo tempo) diutius diutissimimpne (impunemente) impunius impunissimsaepe (spesso) saepius saepissim b) non hanno il positivo:deterius (peggio) deterrimeminus (meno) minimeocius (pi presto) ocissime-

potius (piuttosto) potissimumprius (prima) primum o primo (dapprima). c) non hanno il comparativo: merito (meritamente) meritissimonuper (or ora) nuperrime d) non ha il superlativo:satis (abbastanza) satius (meglio). 160. NOTA. Stius (secius) (meno) si unisce con non, neque, nihilo, eo, quo, come minus; nihilo setius, neque eo setius (nulla di meno); magnopere (grandemente, molto) fa nel comparativo e superlativo, magis e maxime, e nel superlativo anche maximopre o maximo opere.

Preposizioni 161. Le preposizioni sono in origine avverbi che, messi in relazione con un nome o un pronome, reggono un determinato caso. Preposizioni che reggono l'accusativo: ad (a, sino a, presso) cis, citra (di qua) adversus (contro, verso, davanti) contra (contro) ante (avanti, innanzi) erga (verso, inverso) apud (presso, vicino) extra (fuori, eccetto) circa, circum (circa, intorno) infra (sotto) inter (tra, fra) praeter (oltre, davanti, eccetto) intra (dentro, fra) prope (presso, vicino) iuxta (a fianco, presso) propter (per, a causa, vicino) ob (per, a causa, davanti) secundum (secondo, dopo) penes (presso, in potere di) supra (sopra, oltre) per (per, per mezzo, durante) trans (di l) pone (dietro, dopo) versus (verso, inverso) post (dopo, dietro) ultra (oltre) Nelle parole composte ob significa anche verso, contro; per significa assai, del tutto (cfr. 186). 162. Preposizioni che reggono l'ablativo. , b, abs (da) (a solo davanti a consonanti; ab davanti a vocali e h, talvolta anche davanti a consonanti, abs quasi solo davanti a te) de (da, di, per, sopra, intorno)

, ex (da, di, fuori di) (e, solo davanti a consonanti, ex davanti a consonanti e a vocali) absque (senza) clam (di nascosto, all'insaputa) coram (in presenza, davanti) cum (con) prae (a causa, avanti, in paragone di) pro (davanti, in favore, al posto di) sine (senza) tenus (fino a).

163. Preposizioni che talora reggono laccusativo e talora l'ablativo: 1. In (in, a) regge l'accusativo, quando indica movimento verso un luogo; regge invece l'ablativo, quando indica stato in luogo. 2. Super (sopra), trattandosi di luogo, regge quasi sempre l'accusativo, di moto o no; quando equivale a de (intorno, circa), regge l'ablativo, ma in questo senso poco usato. 3. Sub (sotto) regge come in l'accusativo quando denota movimento verso un luogo, e l'ablativo quando denota stato in luogo. 4. Subter (sotto) si congiunge nella prosa con l'accusativo, in poesia anche con l'ablativo; ma molto meno usato di sub (o infra). Versus ordinariamente si pospone e con i nomi ordinari di luogo si unisce alla preposizione ad o in, per esempio: ad Oceanum versus, in ltaliam versus. Solo con i nomi di citt si omette la preposizione: Romam versus (verso Roma). 164. Preposizioni che reggono l'accusativo: 1. Ad si adopera per indicare: 1 il luogo, come ad urbem (alla citt, presso la citt, sino alla citt); ad Rhenum (al Reno, presso il Reno). Con aedem (tempio) espresso o sottinteso ad sta al posto di in. Ad aedem Bellonae (ad Bellonae) (nel tempio di Bellona); 2 il tempo: ad vesprum (verso sera); ad senectutem (sino alla vecchiaia); ad diem (per il giorno); 3 un numero approssimativo: ad ducentos (intorno a duecento). Ad unum omnes perierunt (tutti fino allultimo morirono); 164. 4 il fine: ad omnia paratus (pronto a tutto); ad expugnandam Graeciam (per conquistare la Grecia); 5 conformit, paragone, appartenenza: ad similitudinem (a somiglianza): ad nutum (a un cenno); nihil ad hanc rem (non si tratta di ci); quid istud ad me? (che importa ci a me?).

2. Adversus, contra, erga. Adversus (locale) (di fronte): adversus montes (davanti ai monti). Adversus (traslato) si prende in buona e in mala parte: pietas est iustitia adversus deos (la piet giustizia verso gli di). Quinctius dictator adversus Gallos missus est (Quinzio dittatore fu mandato contro i Galli). Nel senso favorevole adversus di raro uso. Erga (in buona parte); pietas erga Deos; erga parentes. 3. Ob frequentemente usato in quam ob causam (per la qual causa, per quale ragione); ob eam rem (perci, pertanto). Ob oculos versri (stare dinanzi agli occhi). In significato locale ob nella prosa classica occorre solo in questa frase. 4. Penes reges summa potestas est (il supremo potere nelle mani del re). Apud regem (presso o

vicino al re) (in senso locale). 5. Per flumen (per mezzo del fiume), per orbem terrarum (sulla terra); per noctem (durante la notte); si per valetudinem licet (se la salute lo permette); per legatos (per via d'ambasciatori); per deos iurare (giurare per gli Dei, in nome degli Dei) (cfr oltre ci 220, 1 e 224, 3, 1). Per indica spesso la causa, per esempio: per iram aliquid facere, e il mezzo, per esempio: per virtutem non per dolum dimicamus. 6. Praeter castra copias duxit (fece passare l'esercito dinnanzi o lungo gli accampamenti); nemo praeter patrem (nessuno fuorch il padre): praeter ceteros iustus (giusto sopra tutti gli altri); praeter consuetudinem (contro l'usanza); praeter modum (oltre misura). 7. Cis (con l'idea del punto di confine) meno usato di citra si adopera solo anteposto ai nomi di luogo. Cis Padum (di qua del Po). Citra ha pure il valore di sine, per esempio: plus usus sine doctrina valet quam citra (senza) usum doctrina. Trans opposto a cis come ultra a citra, significa dall'altra parte, al di l (con l'idea del punto di confine), per esempio: trans Padum (di l del Po). Ultra (senza l'idea del punto di confine) significa al di l, oltre. Si usa ancora in senso figurato, per esempio: ultra fidem (oltre ogni credere). 8. Apud (presso) si usa tanto nel senso figurato che nel senso proprio, per esempio: apud Platonem legitur. Apud praetorem dicere. 9. Post e pone. Il primo si dice del luogo, del tempo e delle cose, il secondo non si riferisce che al luogo, per esempio: pone aedem Castoris (dietro al tempio di Castore). 164. 10. Secundum (deriva da sequi) significa lungo, per esempio: secundum flumen. Riferito al tempo subito dopo, per esempio: secundum comitia (subito dopo i comizi). Esprime ancora l'ordine delle cose, per esempio: secundum te nihil est mihi amicius solitudine (dopo di te nulla mi pi caro della solitudine). Secundum significa ancora in conformit, per esempio: secundum naturam.

Preposizioni che reggono l'ablativo: 1. A ed ab si usano parlando di luogo o di tempo, e con i verbi passivi, come: ab urbe venit (venne dalla citt); a muro; a primis temporibus; ab initio; a deoamamur (cfr. 198, 2; 220, 3). 2. Ex ha significato locale, di origine, di materia e partitivo, per esempio: ex propinquo, ex longinquo (da vicino, da lontano); ex adverso, e regione (di fronte, in faccia); statim e coena, e somno (nell'uscire da pranzo, da dormire); ex inopinato (all'improvviso); ex tempore dicere (improvvisare); ex equo pugnare (combattere a cavallo); e paupere dives (divenuto ricco da povero): ex auro, ex argento (d'oro, d'argento): unus e plebe (uno del popolo). De si usa per indicare rapporti di luogo, come de caelo (gi dal cielo); de muro (dal muro) (come a); spesso anche per intorno, sopra: de officiis (dei doveri); de contemnenda morte (del disprezzo della morte). Nota ancora: qua de causa (per la qual causa); de industria (con arte). 3. Prae se agere (cacciare innanzi a s) lo stesso che ante se agere; ma trattandosi di tempo si dice sempre ante non mai prae; prae se ferre (mostrare, far mostra): prae lacrimis (a causa delle lacrime); omnes prae se contemnit (tutti disprezza in confronto a s). 4. Pro patria mori (morire per la patria); pro consulibus (al posto dei consoli); pro castris (davanti agli accampamenti); pro viribus (secondo le forze). 5. Clam vobis (a vostra insaputa). 6. Sine l'opposto di cum; absque non appartiene alla lingua classica; senza di me, senza di te ecc. si tradurr: si ego non essem, nisi tu esses. Si trova per: absque invidia; absque dubio. 7. Tenus si pospone, per esempio: Alpibus tenus (sino alle Alpi). Si trova anche in senso figurato, per esempio: nomine tenus (solo di nome). Si trova anche con il genitivo specialmente plurale, per esempio: aurium tenus, crurum tenus. Preposizioni che reggono l'accusativo e l'ablativo:

1. In patriam redire (far ritorno in patria); in patria esse (essere in patria); in diem vivere (vivere alla giornata): bis in die (due volte al giorno); in posterum (per l'avvenire); in tres annos (per tre anni); amor, odium, merita in patriam (l'amore, l'odio, i meriti verso la patria); hostilem in modum (in modo ostile, da nemico); magna in eo erat modestia (in lui era o egli aveva grande modestia); in oculis omnium (sugli occhi di tutti); in his (tra questi). 164. 2. Sub potestatem redigere (ridurre in suo potere, sottomettere); nihil novi sub luna est (non vi niente di nuovo sotto la luna, al mondo); sub lucem (sul far del d); sub divo (a cielo scoperto). 3. Super aspidem assidere (porsi a sedere sopra un serpente); super Sunium navigare (navigare oltre il Sunio); novus luctus super veterem (una disgrazia sull'altra).

Le preposizioni si premettono generalmente ai loro casi. Alcune tuttavia si pospongono, e sono: 1 cum, in unione con certi pronomi: mecum, tecum, secum, nobiscum, vobiscum, quicum, e spesso anche quocum, quacum, quibuscum; 2 le voci caus, grati (e l'antiquato e raro erg), che propriamente sono nomi e non preposizioni, come animi causa (per diporto, per diletto); venandi gratia (per cacciare); huius victoriae ergo (per causa, in segno di questa vittoria). Con causa e gratia, al posto del genitivo di un pronome personale, si usa solamente il possessivo; me causa (per riguardo mio, per causa mia) (cfr. 221, 2, 1); Versus (vedere 163); Tenus (vedere 164). Avverbi usati come preposizioni: Alcuni avverbi sono usati come preposizioni, per esempio: circiter meridiem (anche eadem circiter hora) clam filio e clam filium; palam populo, procul dubio, prope urbem (anche prope ab urbe propius, proxime ab urbe). Usque alla domanda quo prende l'accusativo con ad per esempio: usque ad forum. Davanti ai nomi di citt ad si tralascia: usque Romam. Alla domanda unde? prende l'ablativo con ab o ex, per esempio: usque ab heroicis temporibus (fino dai tempi eroici). Congiunzioni 165. Le congiunzioni secondo il diverso rapporto grammaticale delle proposizioni che servono a collegare, si dividono in due specie principali e cio in coordinative e subordinative. Le coordinative sono quelle che uniscono proposizioni coordinate, cio proposizioni indipendenti l'una dall'altra, quali sono le proposizioni principali con altre proposizioni principali, le proposizioni accessorie con altre egualmente accessorie. Le subordinative sono quelle che uniscono proposizioni subordinate, vale a dire proposizioni accessorie con proposizioni principali. Congiunzioni coordinative. Si suddividono in: a) congiunzioni copulative semplici; b) congiunzioni copulative correlative; c) congiunzioni disgiuntive; 165. d) congiunzioni avversative; e) congiunzioni conclusive; f) congiunzioni causali. a) Congiunzioni copulative semplici: t, qu, atque, ac, etiam, quoque (affermative): neque, nec, et non, ac non (negative).

1. Et, atque si premettono ad ogni lettera. Ac si usa solo dinnanzi a consonante. Et riprende talvolta il concetto gi espresso per dargli maggior forza, per esempio: vivis et vivis non ad deponendam sed ad confirmandam audaciam. Que enclitica, cio si attacca alle parole antecedenti. Nota le frasi: terra marique; ferro ignique; domi militiaeque, se suaque ecc. Nec non, neque non, non si adopera al posto di et, cio per congiungere due termini della stessa proposizione, bens per unire due proposizioni, per cui non si dir per esempio: legi carmina Homeri nec non Virgilii, ma et Virgilii. 2. Etiam si pone prima o dopo la parola a cui si riferisce; quoque le si pospone sempre, quindi: etiam pater (anche il padre); pater quoque (anche il padre). Et si usa invece di etiam davanti ai pronomi, per esempio: et ego, et ille. Anche in principio di proposizione non si traduce etiam, ma atque etiam. b) Congiunzioni copulative correlative: et... et, cum... tum; tum... tum; tam... quam; qua... qua; non solum (modo)... sed (rerum) etiam (et), neque... neque; nec... nec. 1. Et... et, congiunge due o pi voci, richiamando sopra ciascuna l'attenzione, per esempio: et monere et moneri proprium est verae amicitiae. 2. Cum... tum significa come... cos, per esempio: pax cum iucunda tum salutaris est. A tum, per aggiungere forza si aggiungono: maxime, imprimis, praecipue, per esempio: cum omnium rerum simulatio est vitiosa, tum amicitiae repugnat maxime. 3. Tum... tum significa ora... ora (anche modo... modo vale ora... ora), per esempio: loquebantur tum graece tum latine (parlavano ora in greco ora in latino). 4. Tam... quam significa tanto... quanto; se si paragonano due qualit diverse del medesimo soggetto si preferisce aeque... et (ac), per esempio: aeque prudens ac fortis erat (era tanto prudente quanto valoroso). 5. Qua... qua significa dove... dove, or qua... or l, e si usano raramente. 6. Non solum, non modo, non tantum, al primo membro e sed etiam, verum etiam al secondo, significano non solamente..., ma ancora, per esempio: non modo paranda sapientia sed fruenda etiam est. Se le due proposizioni sono negative si usa nella prima parte non modo non, nella seconda sed ne... quidem, per esempio: ego non modo tibi non irascor, sed ne reprehendo quidem. Quando le due proposizioni negative hanno un solo predicato, si pu omettere nella prima il secondo non, per esempio: assentatio non modo amico sed ne libero quidem digna est. 165. 7. nec... nec; neque... neque, esprimono negativamente la corrispondenza di due o pi proposizioni e anche di due o pi voci, per esempio: virtus nec eripi,nec surripi potest unquam neque incendio amittitur, nec tempestatum nec temporum pertubatione mutatur (vedere 175, n. 4 per la doppia negazione).

Nellenumerazione di tre o pi voci si usa: 1 l'asindeto (omettendo ogni congiunzione, per esempio: divitiae, honor, gloria, fortuitasunt); 2 il polisindeto (premettendo ad ogni vocabolo che si aggiunge ad un altro la congiunzione et, per esempio: aqua et terra et caelum); 3 si pu annettere all'ultima parola l'enclitica que (aqua, terra, caelumque). Que (e cos anche v e n) non si usa attaccarle alle preposizioni, perci si dir in eoque (non inque eo); de totaque re; ab omnibusque (cos pure ex eave re, ad eamne rem). Etiam dice pi di quoque ed qualche volta accrescitiva e significa anzi. Nequ unisce una proposizione negativa; quando la negazione espressa per e non si riferisce a una parola sola, non si dice in latino neque, ma et non, at non e, nelle contrapposizioni pi forti, semplicemente non. Hoc longum est et non necessarium. A gravibus philosophis medicina petenda est, non ab his voluptariis. Si dice neque quisquam, neque quidquam, neque ullus, ecc. nella stessa maniera di neque, ma et

nemo, et nihil, et nullus, quando si vuol negare con maggior forza. A collegare un periodo o una proposizione con un periodo o una proposizione antecedente, si dice per lo pi in latino neque enim, neque vero, neque tamen, dove in italiano si dice ma non, tuttavia non senza la congiunzione e. Si corrispondono anche neque... et, (non... e) come: homo nec meo iudicio stultus et suo valde prudens (uomo secondo il mio parere, non stolto, e, secondo il suo, molto avveduto). Al contrario si usa et... nec dove si tralascia la prima congiunzione, come: via et certa nec longa (una strada sicura e non lunga). Rare e per lo pi poetiche sono le correlazioni et... que, que... et, que... que. 166. c) Congiunzioni disgiuntive: aut, vel, ve, sive (seu). Aut serve a coordinare tra di loro idee che si escludono, per esempio: hic vincendum aut moriendum est. Vel accenna una distinzione di non grande rilievo, per esempio: Alexander oraculi sortem vel elusit vel implevit. Homo est mas aut femina (distinzione di natura). Homo vel mas vel femina sit iustus (distinzione di scelta). Nota che vel ha spesso il significato di persino, per esempio: musicorum aures vel minima sentiunt. 166. Ve ha lo stesso significato di vel, ma enclitico, per esempio: quae cerni tangive possunt. Seu o sive allorch non ripetuta, significa piuttosto o sia, per esempio: Fabius Labeo seu quis alius arbiter a senatu datus est. Sive... sive e seu ... seu significano sia che ... sia che, per esempio: sive quid mecum cogito, sive quid aut scribo aut lego e servono ancora a distinguere due nomi, lasciando indeciso come il concetto si debba determinare, per esempio: sive caso, sive consilio deorum. Plus minusve (pi o meno); anche semplicemente plus minus.

167. d) Congiunzioni avversative. Si adoperano nelle proposizioni avversative e sono: sd, vrum (ma, che) servono a correggere o rafforzare; vero (ma, che) afferma con forza; autem (ma, poi) che continua il discorso; at (ma, ma tuttavia) che esprime per lo pi unobiezione; tmen (tuttavia, pur tuttavia); atqui (ma, ora); cetrum (del resto); attmen, verumtmen, sedtmen (ma pure, pur tuttavia); at vero (ma pure); enimvro (in vero); verum enimvero (ma in vero). Sed, verum e at si pongono in principio della frase; vero ed autem dopo una o pi parole. Vero e autem enunciano un pensiero diverso, in lieve antitesi con il precedente e servono anche al passaggio da una parte all'altra del discorso. Si usa spesso sed enim, at enim in maniera ellittica, sicch per avere il senso intero conviene sottintendere qualche altra cosa, per esempio: at enim viriclarissimi dissentiunt (ma veramente, c ancora un altro punto nella questione, poich) (i pi illustri personaggi sono di altro parere). 168. e) Congiunzioni conclusive. Sono coordinative e si adoperano nelle proposizioni conclusive: gtur (dunque); tque (per tanto); erg (dunque); deo, idcirco (perci, per); proptrea (pertanto, perci); proinde (laddove). Igitur si pospone per lo pi a un'altra parola, come: omnes igitur adsunt; al contrario si dice itaque o ergo omnes adsunt. Proinde si usa soltanto nelle proposizioni con l'imperativo o con il congiuntivo. Non si confonda itque (pertanto), con it+que (e cos). Si notino ancora le seguenti locuzioni composte: ob eam rem, ob eam causam, hanc ob rem, hanc ob causam, ea de re, ea de causa (per questa ragione); quocirca, quapropter, quam ob rem, quam ob causam (per la qual cosa, e perci). 169. f) Congiunzioni causali. Si adoperano nelle proposizioni causali e possono essere coordinative: nam, namque, nim, tnim (poich), quippe (essendo che), o subordinative: qua, quod (perch);

cum (poich, giacch) ( 256 e seguenti); quniam (poich); quando,quandoqudem (poich, giacch). 169. Nam, namque e etenim hanno maggior forza e si collocano al principio della frase, mentre enim ha meno forza e si pospone sempre a un altro vocabolo. Esempio: nam ipse dixit, ma ipse enim dixit. Quando e quandoquidem servono ad allegare una ragione che si suppone conosciuta. Riguardo a enimvero e at enim, vedere 167 e nota.

170. Congiunzioni subordinative Si suddividono in: a) congiunzioni comparative; b) congiunzioni condizionali o ipotetiche; c) congiunzioni concessive; d) congiunzioni finali; e) congiunzioni temporali. a) Congiunzioni comparative. Si adoperano nelle proposizioni comparative e sono: t o ti (come); sict (siccome); vtt (siccome, per esempio); prout (secondo che); quam (che, come, quanto); tamquam, quasi, ut si, ac si (come, come se, quasi, quasi che). Ut con i suoi correlativi ita e sic (158, 1) si pone accanto al verbo, al quale si riferisce, per esempio: ut dixi (come dissi); ita dixi o sic dixi (cos ho detto). Quam con il suo correlativo tam si colloca vicino all'aggettivo, per esempio: quam bonus est Deus! (quanto buono Iddio!); tam bonus est ( tanto buono). Le locuzioni tanto grande e quanto grande si rendono in latino per tantus, quantus; tanti, quanti per tot, quot; tante volte, quante volte per totiens, quotiens. Si dice per anche: tam magnus quam; tam multi quam; tam saepe quam. L'italiano che e i suoi equivalenti, dopo idem, par, similis, per lo pi anche dopo atque, iuxta, perinde, alius e contra, si traducono in latino con atque, ac, per esempio: peccasti eodem modo atque ego (tu hai commesso lo stesso fallo che [ho commesso] io); aliter atque tu (in maniera diversa da te). 171. b) Congiunzioni condizionali o ipotetiche. Si adoperano nelle proposizioni condizionali o ipotetiche. Queste sono: si (se); sin (se al contrario, se poi); si non, nsi, ni, si minus (se non, se no); siqudem (se pure); quod si (che se); dummdo (purch) ( 173). Dopo una parola negativa, nisi vale anche per eccetto che, salvo che come nemo nisi improbissimus (nessun uomo salvo che sia il pi grande disonesto) Sin si attacca ad una proposizione condizionale precedente, si verum dicis, laudaberis; sin mentiris, punieris e si dice anche sin autem raramente si autem. Al posto di nisi, si dovr dire si non, quando la negazione si rapporta a una parola sola, non a tutta la frase, come si non omnes, tamen aliquot. Con si minus (se no) non necessario ripetere il verbo: si dabis, accipiam; si minus, abibo. Circa il modo del verbo da usarsi con le congiunzioni ipotetiche, vedere 248, 3, c. 172. e) Congiunzioni concessive. Si adoperano nelle proposizioni concessive. Queste sono: etsi, etiamsi; tametsi, quamquam (bench, sebbene, quantunque); quamvs (ancorch, tutto che) ( 254, 5); lcet (ancorch); ut (posto che, dato che); cum (poich, quantunque) ( 256). Quidem (in vero, per verit, bens, pure), pu anche essere considerata come congiunzione concessiva; essa coordinativa e si pone sempre dopo un'altra parola, come: multi quidem dicunt (molti in vero dicono). Anche quamquam e etsi si adoperano talvolta come particelle coordinative e si accostano allora alle congiunzioni avversative e stanno sempre senza apodosi, come: quamquam quid loquor? Tu ut unquam te corrigas? Circa il modo del verbo, cfr. 254, 5, Nota. 173. f) Congiunzioni finali. Si adoperano nelle proposizioni finali. Questo sono: ut, uti, (acciocch, affinch) ( 249); ne (che non, affinch non) ( 250); nve (ed affinch non); quo (affinch, perch) ( 251); qumnus (che non, affinch non) ( 253); mdo, dum e dummdo (purch, solamente che)

( 254, 3). 174. e) Congiunzioni temporali. Si adoperano nelle proposizioni temporali. Queste sono: cum (allorch, quando); t, bi (come, dopo che, allorquando) ( 245, 2); cum primum, ut primum, ubi primum e simul atque o simulac (subito che, come prima, appena che); quando (quando); postquam, posteaquam (dopo che, in seguito); antquam e priusquam (avanti che prima che); dum (mentre, mentre che, finch); dnec, quoad (finch).

175. Particelle negative Le particelle negative, usate nelle proposizioni negative, sono: nn (non, no); haud (non); nque (e non); n (non); nve (e non); ne...qudem (neppure); mnme, neutquam, neququam (non certo, in nessun modo); prum (poco), mnus (meno), vix (appena). Fra ne e quidem si mette sempre la parola che si vuol maggiormente segnalare: ne unus quidem (neppure uno). Non (haud) e nque (et non) servono a negare, mentre n e neve a vietare e sconsigliare, perci queste due ultime si usano solo con l'imperativo e con congiuntivo. Haud nega con minor forza ed anche meno frequente di non, e lo si adopera perlopi in alcuni speciali costrutti, come: haud ita facilis (non cos facile, ecc.). Si noti in modo particolare haud scio an (non so se) che non altro che un modo di affermare con discrezione (cfr. 176. Nota 3, d). 175. Noi diciamo in italiano: non c' rimedio e non c'era anima viva, per cui non equivale all'aggettivo nessuno. In questo caso si tradurr in latino con nullus, per esempio: non ci fu in lui grande virt, nulla magna virtus (cio nessuna grande virt), ma non fu grande virt la sua, non magna virtus (cio non grande virt, piccola virt).

Nella stessa maniera che al posto di et nemo, et nullus si dice neque quisquam, neque ullus, cos anche per ut nemo, ut nullus, ut nihil, ut nunquam ecc., si dir ne quis (rado quisquam), ne ullus, ne quid, ne unquam ecc. e in tal caso si deve usare ne per ut non ( 250, 2). In latino, due negazioni in una medesima proposizione si annullano a vicenda ed equivalgono ad una affermazione, per esempio: non potui non mirari (non ho potuto non meravigliarmi, cio ho dovuto meravigliarmi). Nel qual caso, il posto che occupa la negazione spesso ragione d'una grande differenza nel significato, per esempio: nonnemo (alcuno, taluno) nemo... non (ognuno) nonnullus (pi usato al plurale nonnulli) (alcuno) nullus... non (ogni) nonnihil (alquanto) nihil... non (tutto) nonnunquam (talvolta) nunquam...non (sempre). Similmente nusquam...non (in ogni dove, dappertutto); alicbi (in qualche luogo), e nec... non per e. Per la negazione che segue deve sempre essere posta immediatamente prima del verbo. Nemo in hac re tibi non studuit (ognuno tenne per te in questa faccenda) (non: nemo non in hac re ecc.). Nella stessa maniera si adopera non... nisi (solamente). Non loquimur nisi de te. Vera amicitia nisi in bonis esse non potest. Per le due negative non si annullano quando una negazione generale seguita da nec... nec o da ne... quidem: nihil est Attico mihi nec carius nec iucundius. Nusquam hoc, ne apud barbaros quidem, auditum est. L'italiano n... anche si traduce in latino per ne... quidem (non per neque etiam), come: superbia ne regem quidem decet (non conviene neanche al re). Qui sua neglegit, is ne aliena quidem tuebitur. Non modo si traduce spesso per non dir (in latino si trova anche talvolta non dico, non dicam); il

seguente sed ha allora il senso di ma pure, ma solamente. Qua in re non modo ceteris specimen aliquod dedisti,sed tute tui periculum fecisti? Quando precede ne... quidem, allora non modo prende anche il senso di non che, non solamente non, molto meno (come nedum, 254, 4). Apollinis operta (i responsi oscuri, gli oracoli equivoci), numquam ne mediocri quidem cuiquam, non modo prudenti, probata sunt. 175. La locuzione non magis quam (non plus quam) ha senso affermativo e si traduce in italiano con egualmente che o altra frase affermativa, quando le due parti della proposizione sono affermative; all'inverso ha senso negativo e si vuol rendere con una locuzione negativa, se le due parti sono espresse in forma negativa. Esempio: domus erat nondomino magis ornamento quamcivitati (egualmente alla citt che al padrone; tanto alla citt quanto al padrone). Non nascitur ex malo bonum, non magis quam ficus ex olea (nello stesso modo che il fico non nasce dall'ulivo). Anche la frase non minus quam (non meno che) si pu spesso tradurre in italiano con altrettanto... quanto. Patria hominibus non minus cara esse debet quam liberi (non meno cara dei figli o altrettanto cara quanto i figli). Si avverte per altro che quando si usa non magis quam, il pensiero di maggior rilievo deve sempre venir dopo quam. Quando invece si adopera non minus quam, deve collocarsi dopo non minus, quindi per l'esempio ultimo si potr, senza notevole diversit di significato formulare nel seguente modo: liberi hominibus non magis cari esse debent quam patria.

176. Particelle interrogative Le particelle interrogative (cfr. 263) che si usano nelle proposizioni interrogative sono: num, n, nonne, nelle interrogazioni semplici; utrum...an, ne...an, ...an o n, nelle interrogazioni doppie. Si adopera num quando si attende una risposta negativa, nonne quando si attende una risposta affermativa, ne accenna tanto ad una risposta affermativa quanto ad una negativa. Questa particella si attacca alla parola pi rilevante della proposizione ( 165, Nota 2). 1. Num vides? (Vedi forse?), risposta non video (no). Nonne vides? (Non vedi?), risposta ita, etiam, (si); sane (certamente); omnino (perfettamente); certe (certamente). Videsne (Vides?) (Vedi tu?), risposta video (vedo) oppure non video (non vedo). Utrum domi fuisti an in schola? (sei stato a casa o a scuola?) Interrgo te,num videas oppure videasne (ti domando se vedi). Interrogo te, nonne videas (ti domando se non vedi). Interrogo te, utrum domi fueris an in schola (ti domando se sei stato a casa o a scuola). 2. Se linterrogazione disgiuntiva, cio se la proposizione interrogativa composta da due o pi membri, il primo introdotto dall'utrum, o dal ne, ovvero sta anche senza particella interrogativa, gli altri saranno introdotti dall'an. Se la frase interrogativa comprende solamente due membri, allora il primo pu anche essere espresso senza particella interrogativa, il secondo con ne enclitica. 176. Utrum haec sillaba brevis an longa est?Brevisne, an longa est?Brevis, an longa est? Quaero ex te, haec sillaba brevis longane sit.

Quando nel secondo membro s'incontra o no, questo si volge nell'interrogazione diretta per annon, nell'indiretta per necne. Utrum domi fuisti annon? (Interrogo te, utrum domi fueris, necne) (vedere nota 2). Le anzidette particelle interrogative altro non sono che voci formali che servono cio a contrassegnare la proposizione interrogativa e che in s non assumono che il significato di forse, se e se non. Al contrario le vere parole interrogative fanno cadere la domanda sopra un determinato oggetto; tali sono quis (chi?), ubi (dove?), quando (quando?), cur (perch?) (Cfr. 67;

156 e seguenti). Bisogna altres distinguere l'interrogazione diretta dall'indiretta. Vedere 263. Riguardo alla particella interrogativa an, bisogna ancora avvertire quanto segue: a) Nell'interrogazione disgiuntiva ossia doppia, la particella an pu usarsi solamente nel secondo membro e nei seguenti, e corrisponde all'italiano o. b) Nellinterrogazione diretta semplice, an si pone perlopi in principio della frase, dove anche in italiano si comincia per o, cio in presenza di elementi contrapposti. Oratorem irasci minime decet. An tibi irasci tum videmur (o ti par egli che ecc.), cum acrius et vehementius dicimus? Si dice ancora per maggior efficacia an vero, specialmente poi an vero dubitamus? (o dubitiamo noi? o possiamo noi dubitare?). c) Quando non c' contrapposizione, la particella an si pone spesso in principio dell'interrogazione diretta con senso affermativo, ed equivale pressoch a nonne. Quidnam beneficio provocati facere debemus?An imitari agros fertiles, qui multo plus efferunt quam acceperunt? (o non dobbiamo forse imitare ecc.?). Quando autem ista vis (oraculi) evanuit?An postquam homines minus creduli esse coeperunt ? d) Nell'interrogazione indiretta semplice si usa an, solamente per esprimere il dubbio e l'incertezza, come dubito an, nescio an, incertum est an e simili. Queste espressioni in tal caso pendono piuttosto dall'affermazione che dalla negazione, e an equivale quasi a se non: si per se virtus sine fortuna ponderanda sit, dubito an hunc primum omnium ponam (non so se non ecc.). Contigit tibi quod haud scio an nemini. Moriendum certe est, et id incertum, an eo ipso die. Io sono in dubbio se quando esprime vera incertezza, si traduce sempre in latino per dubito num, non con dubito an. 177. Anche le interiezioni sono particelle indeclinabili. Esse valgono: 1 a significare la gioia: io, euoe, euax (viva!); 2 il dolore: heu, eheu, pro (proh), vae (au, hei, ohe) (ahi! ahim! guai! ecc.); 3 la meraviglia: o, en, ecce, hem, ehem!, hui! (ho! to'! ve', ecco); 4 l'avversione: phui!apage! ( 150) (oib! via! ecc.); 5 a chiamare; heus, eho, ehodum! (ol!); 6 a lodare, far coraggio, ecc.: eia, euge (su, bene, da bravo, ecc.). 177. Ad affermare si usano: ne (nae) (veramente): anche hercle, mehercle (hercle, mehercle, mehercles), me Dius Fidius, mecastor, edepol, per deum, pro deumfidem ecc. (per Ercole, per Castore, per Dio ecc.).

Teoria della formazione delle parole 178. PRELIMINARI. L'elemento pi semplice di una parola si chiama radice. Essa raramente di per s una parola intera, come sol (il sole). Per lo pi la radice si trasforma per diventare una parola che si chiamer a sua volta radicale, cos rego radicale formato dalla radice reg.Le parole che hanno per fondamento la medesima radice, si chiamano congeneri o affini, come rego, rex, regnum, regimen,erigere ecc., tutte provenienti dalla radice reg. La parola dalla quale, come da pi prossima origine, traggono origine altre parole, si chiama tema, ossia forma fondamentale; cos facio (radice fac) tema di facilis, e questo stesso vocabolo tema di facilitas. La formazione di nuovi vocaboli avviene per mezzo della derivazione e della composizione. Le parole radicali si chiamano comunemente primitive e le parole che da queste si formano, derivate. Oltre ci i vocaboli, che constano di un solo elemento, si chiamano semplici, quelli che contengono due o pi elementi, composti; cos pure i vocaboli che derivano da un verbo, si dicono verbali, quelli che derivano da un nome, denominativi. 1. Formazione delle parole per derivazione. I sostantivi verbali sono formati: a) dal tema verbale mediante le desinenze che seguono: 1 -or, a denotare uno stato o un modo di essere, come amor (l'amore); timor (il timore); dolor (il

dolore); decor (il decoro, genitivo decris) (ma decus, l'ornamento, genitivo decris). Altra desinenza meno frequente con lo stesso significato -us, come decus, -ris (l'ornamento); frigus, -ris (il freddo); genus, -ris (il genere; gigno). 2 -ium, come gaudium (la gioia); odium (l'odio). 3 -go, come origo (l'origine) (orior); vertgo (la vertigine) (go in vorgo, la voragine, da vorre); imgo (l'immagine da imitri); virago (la viragine, donna d'animo virile), con virgo, da virre; propgo, propagnis (la propaggine, da propagare). 4 -do, come libido (la libidine) (libet); cupdo (la cupidigia). 5 -men e -mentum, per denotare un mezzo, come medicmen e medicamentum (il rimedio); tegmen (tegmen) e tegimentum (la coperta); nmen (da nosco) (il nome); flumen (il fiume); lumen (per lucmen) (il lume); agmen (la schiera, l'esercito); alimentum (l'alimento); ornamentum (l'ornamento); monumentum (il ricordo, il monumento). 178. 6 -blum e -clum, per denotare un mezzo o uno strumento, come vocablum (la parola) (mezzo di chiamare, nominare, votare); pablum (il pascolo) (pa-sco); venabulum (lo spiedo da caccia); ferclum (la barella); gubernaclum (il timone); curriclum (la carriera); iaclum (il dardo); vinclum (il legame). Quando nella sillaba radicale c gi una l, si pone -crum invece di clum, quindi fulcrum (il puntello), per fulclum, e cos sepulcrum, simulacrum; si ha per latiblum e latbra (il nascondiglio). 7 -trum, per denotare un attrezzo, uno strumento, come aratrum (l'aratro); claustrum (per claudtrum) (il chiostro); rostrum (rodre) (il becco).

b) dal tema del supino, mutando -tum o -sum nelle desinenze che seguono: 1 -tor o -sor, a significare persona in atto o qualit di operante, come amtor (l'amatore); doctor (l'insegnante); cursor (il corridore); audtor (l'uditore). Parecchi di questi hanno anche un femminile in -trix, come victor (il vincitore), victrix (la vincitrice); tonsor (il barbiere), femminile tonstrix; expulsor (lespulsore), expultrix. Non c alcun sostantivo di questa specie in -xor. Vitor (il viandante) da via; iantor (il portinaio) da ianua; fundtor (il fromboliere) da funda; vintor (il vignaiolo) da vinea, sono denominativi; forse anche gladiator (il gladiatore) da gladius. La persona operante viene anche accennata talvolta con la desinenza -a, affissa al tema del verbo: come scriba (scrivano) (cio luomo il cui ufficio di scrivere); scriptor (lo scrittore, colui che scriva o ha scritto); cos pure incla (abitante); advna (il forestiero); conviva (il commensale). 2 -tio, -sio (-xio), ad indicare un'azione in atto di compiersi come actio (l'azione); oppugnatio (l'assedio); defensio (la difesa); motio (il movimento); flexio (la flessione, la piegatura). Opinio (l'opinione); oblivio (la dimenticanza) ed altri si formano senz'altro dal tema verbale. Obsidio (l'assedio); obsessio (l'atto di assediare, l'investimento di una fortezza). 3 -tus o -sus (-xus), genitivo -s, a denotare un'azione nella sua attuale esistenza, come motus (il moto); adventus (l'arrivo); audtus (l'udito); visus (la vista); flexus (la piega; il giro). 4 -tura o -sura (-xura), come pictra (la pittura); mercatura (il traffico); censura (la censura); praetura (la pretura); quaestura (la questura); flexura (la piegatura). 5 -tla, come tutela (la difesa); corruptela (la corruzione). Non c alcun nome in -sela e -xela. Spesso per si affigge la desinenza -la al tema verbale senz'altro, come querela (lamento); candela (la candela). 179. I sostantivi denominativi sono formati parte da altri sostantivi, parte da aggettivi. I primi in particolare hanno le seguenti desinenze: 179. 1. -a, per la formazione di nomi femminili dai maschili in -us e in -er della seconda declinazione, come asina (l'asina); dea (la dea); magistra (la maestra); capra (la capra) (caper, il

becco). 2. -lus, -la, -lum, per la formazione di sostantivi diminutivi, cio:

a) -lus, -a, -um, nei nomi primitivi che appartengono alla prima e alla seconda declinazione e in alcuni che appartengono alla terza, lunla (la lunetta); virgula (la verghetta); hortulus (l'orticello); puerulus (il fanciulletto); oppidlum (la piccola citt). Vocula (la vocina); regulus (il principino); adulescentulus (il giovinetto). b) -lus, -a, -um, invece di -lus, se il tema del nome esce in una vocale: glorila (la gloriuzza); fililus (il figlioletto); malleolus (il martelletto); ingenilum (l'ingegnuzzo). c) -clus, -a, -um, solamente nei primitivi della terza, quarta e quinta declinazione: flosculus (il fioretto); matercla (la piccola madre); corclum (il cuoricino); homunculus (l'omiciattolo); oratiuncula (il discorsetto); igniculus (il fuocherello); vulpecula (la volpicella); denticulus (il denticello); particula (la particella); ossiculum (l'ossicino); articulus (il membro; il nodo, la giuntura); corniculum (il cornetto); diecula (il breve giorno). d) -ellus, -a, -um, in alcuni primitivi della prima e seconda declinazione: ocellus (l'occhietto); agellus (il campicello); asellus (l'asinello); tabella (la tavoletta); sacellum (il tempietto); corolla (la coroncina). e) -illus, -a, -um, solo in pochi nomi: lapillus (la pietruzza); anguilla (l'anguilla) (anguis, il serpente); sigillum (la figurina, il suggello) (signum). Talvolta si fanno diminutivi di diminutivi, come da cista (la cesta) si fa cistula (la cestella); cistella (la cesterella); cistellula (la piccola cesterella). Il diminutivo conserva il genere del suo primitivo, eccettuato calculus (la pietruzza, il ciottolo), da calx; ranunculus (il ranocchio), da rana (raro ranula). 3. -ium, affisso ai nomi di persona, per significare una condizione o una riunione di persone, come sacerdotium (il sacerdozio); servitium (la schiavit). Auditorium (l'udienza e la sala d'udienza) (cfr. 182, 6, Nota). 4. -tus, genitivo -us, per denotare un ufficio o una dignit, come consulatus (il consolato); tribunatus (il tribunato); decemviratus (il decemvirato). 5. -rium, per denotare il luogo dove si conservano o ripongono alcune cose, come columbarium (la colombaia); plantarium (il vivaio); granarium (il granaio) (granum, il grano). 6. -tum, affisso ai nomi di piante, per significare il luogo dove queste son poste in gran numero; come querctum (il querceto); vintum (il vigneto). 7. -le, affisso ai nomi d'animali, per denotare la stalla, come ovile (l'ovile), e cos equle, caprle, buble (per bovle) ecc. (sedile, la sedia; cubile, il letto). 179. 8. -na, affisso per lo pi a nomi di persone, per denotare un'arte o un'industria, e il luogo dove si esercita: medicna (la medicina); sutrna (l'officina del calzolaio) (sutor, il calzolaio). In gallna (la gallina), da gallus (il gallo), e regna (la regina), da rex (il re); la desinenza -ina serve solo a indicare il genere femminile. 9. -go, come aerugo (la ruggine del rame); ferrugo (la ruggine del ferro); lanugo (lana) (la lanuggine).

10. I nomi di discendenza, cio i patronimici, con i quali si viene a indicare il figlio, la figlia o in generale il discendente di una persona, si formano dal nome del padre o del progenitore mediante le seguenti desinenze: a) -des: Priamdes (il figlio o discendente di Priamo; il Priamide). b) -des, dai nomi in -eus e -cles: Atrdes (l'Atride, figlio di Atreo); Heracldes (l'Eraclide, il discendente d'Ercole). c) -des e -ides: Aenedes (il figlio di Enea); Lartides (il figlio di Laerte).

d) -is, genitivo -idis, femminile: Danis, Danadis (la figlia di Danao, la Danaide); Neris (la figlia di Nereo, la Nereide). 180. I sostantivi derivati da aggettivi sono tutti nomi astratti denotanti una qualit e si formano mediante le seguenti desinenze: 1. -tas, per lo pi -tas, come bontas (la bont); suavitas (la soavit); atrocitas (l'atrocit). Dagli aggettivi in -ius si fa -itas, come anxitas (l'ansiet); pitas (la piet); da quelli in -stus si fa -stas, come vetustas (l'antichit), da vetustus (antico). Libertas (la libert); paupertas (la povert); difficultas (la difficolt); simultas (la rivalit); facultas (la facolt) (al contrario facilitas, la facilit, la piacevolezza). 2. -tdo, come altitdo (l'altezza); fortitdo (la fortezza); consuetdo (l'usanza). Al posto della desinenza -tudo si usa qualche rara volta -do, come dulcdo (la dolcezza). 3. -ia, come audacia (l'audacia); concordia (la concordia); prudentia (la prudenza); elegantia (l'eleganza). 4. -itia, come avaritia (l'avarizia); pigritia (la pigrizia). 5. -monia, come castimonia (la castit). Parsimonia (la parsimonia), querimonia (il lamento) sono sostantivi verbali. 181. Gli aggettivi verbali hanno in particolare le seguenti desinenze: 1. -bundus e -cundus, che hanno senso d'un participio presente rinforzato, come errabundus (errabondo, ramingo, errante) (da errans); moribundus (moribondo); iracundus (iracondo) (irascor); facundus (facondo), da fri; verecundus (verecondo), da vereor; icundus (giocondo), per ivicundus, da ivo. 181. 2. -dus, che si forma dai verbi della seconda coniugazione ed ha il significato d'un participio presente, eccetto che denota qualit durevole, come timdus (timido) (timens, che teme); avdus (avido); placdus (piacevole); lucdus (chiaro). Pochi sono quelli che escono in -dis, come virdis (verde) (virens, verdeggiante).

3. -lis e -blis, che denotano possibilit (passiva): amablis (amabile); faclis (fattibile, facile); utlis (utile, vantaggioso); mbilis (per mvibilis) (mobile). Pochi hanno senso attivo, come terriblis (spaventoso); fertlis (fertile). 4. -ax, per significare una forte ed anche eccessiva propensione, come audax (audace) (audre); mordax (mordace); furax (furace, dedito al furto); fallax (fallace). 5. -lus, come biblus (che ama il bere); sedlus (accurato, diligente). 6. -us, come assiduus (assiduo, perseverante). 182. Gli aggettivi denominativi sono formati quasi tutti da sostantivi; pochi soltanto anche da avverbi di tempo o da aggettivi. Essi hanno in particolare le seguenti desinenze: 1. -us, a indicare la materia di cui composta una cosa: aureus (d'oro); ferreus (di ferro); argenteus (d'argento). Per denotare le differenti specie di legno si usa la desinenza -neus o -nus, come quernus o quernus, di quercia. Si trova anche la desinenza -nus, come cedrnus (di cedro); fagnus (di faggio); adamantnus (diamantino, adamantino); crystallnus (cristallino). 2. -acus e -icus, come chartaceus (di carta); latericius, (di mattoni). 3. -cus: bellicus (guerresco); domesticus (domestico); Afrcus (Africano); Perscus (Persiano); Socratcus (Socratico). Pudcus, da pudet (pudico). 4. -lis e, qualora nella parola si trovasse una l, -ris: mortlis (mortale); reglis (regale); militris (militare); consulris (consolare); vulgris (volgare); populris (popolare). 5. -lis, come virilis (virile); hostlis (ostile). 6. -us, come imperatorius (del comandante); sororius (della sorella); patrius (paterno); regius

(reale); Corinthius (Corinzio); Lacedaemonius (Spartano). Appartengono a questa specie anche i sostantivi praetorium (il pretorio, la tenda o il padiglione del capo dell'esercito); auditorium (la sala d'udienza, l'udienza). 7. -nus, che s'affigge a nomi di esseri animati, principalmente di animali, come: ansernus (dell'oca); vitulnus (del vitello) (carovitulna, carne di vitello); bublus (bovino); suillus (porcino); ovillus (pecorino). Divnus (divino); feminnus (femminile). Matutnus (mattutino); vespertnus (vespertino); pristnus (precedente); crastnus (del domani). Si affigge anche a nomi di luogo, come Latnus (latino); Tarentnus (tarantino); lugurthnus (di Giugurta). 182. 8. -nus, che s'affigge a nomi di luogo, come montnus (montano); urbnus (cittadino); Romnus (Romano); Troinus (Troiano); Thebnus (Tebano); Ciceroninus (Ciceroniano); Sullnus (Sillano); cotidinus (quotidiano); meridinus (meridiano).

9. -rius, che denota specialmente la professione, come coriarius (il cuoiaio) (corium, cuoio); statuarius (lo scultore) (sottinteso homo); ars statuaria (la statuaria, la scultura). Gregarius, anche gregalis (del gregge, gregario); auxiliarius o auxiliaris (ausiliare). 10. -vus: tempestvus (fatto a tempo, tempestivo); aestvus (estivo); captvus (prigioniero); castra statva (alloggiamenti stabili). 11. -ernus: paternus (paterno); maternus (materno); fraternus (fraterno). Indicanti il tempo: hibernus (d'inverno); aeternus (eterno); diurnus (di giorno), da dies; nocturnus (di notte); diuturnus (durevole); (cfr. n 21). 12. -itmus (-itmus): legitmus (legittimo); finitmus (vicino); maritimus (marittimo) (legitmus ecc.). 13. -ester: campester (campestre); pedester (pedestre); paluster (palustre); caelestis (celeste); agrestis (agreste). 14. -ensis, che s'affigge a nomi di luogo; forensis (forense) (forum); Atheniensis (Ateniese); Karthaginiensis (Cartaginese); Cannensis (di Canne). 15. -sus, per denotare abbondanza o pienezza: animosus (coraggioso, pieno di coraggio); saxosus (sassoso); periculsus (pericoloso); bellicsus (bellicoso). 16. -ulentus, a denotare abbondanza o pienezza: opulentus (potente, ricco), (opes, potenza, ricchezza); pulverulentus (polveroso); sonnulentus (sonnolento); -olentus in violentus (violento); sanguinolentus (sanguinoso); vinolentus (vinoso). 17. -tus, a indicare di che sia fornito qualcosa: barbtus (che ha la barba, barbuto); calcetus (calzato) (calceus, calzare); auritus (orecchiuto, che ha grandi orecchie); e cos sempre da nomi in -is, come crintus (capelluto); pelltus (vestito di pelle); corntus (cornuto). 18. -stus, per mostrare con che vada congiunta o di che sia fornita una cosa: molestus (noioso); venustus (aggraziato); honestus (onesto); scelestus (scellerato); onustus (carico); robustus (robusto). 19. Negli aggettivi formati da nomi propri, oltre alle desinenze gi indicate ai numeri 3, 6, 7, 8 e 14, occorrono ancora le seguenti: -us, come Pythagorus (Pitagoreo); -s, come Arpnas (arpinate, di Arpino) (patria di Cicerone); cos pure nostras, genitivo -atis (nostrana); vestras (del vostro paese); cuias (di qual paese); -aeus, come Smyrnaeus (di Smirne). 20. Di aggettivi formati da aggettivi esistono solo pochi diminutivi con le ordinarie desinenze ( 179, 2), come parvlus (piccoletto); aurelus (d'oro fine, tutto d'oro); tenellus (tutto tenero); maiusculus (alquanto grande). Da bonus (bene) si fa bellus (vezzoso) e, con doppia diminuzione, belllus; da paucus si fa paucli; singolare solamente paulus, e quindi di nuovo paullus. 182. 21. Aggettivi derivati da avverbi sono: crastnus (del domani), da cras; diutinus, da diu; sempiternus (eterno), da semper; hesternus (di ieri), da heri; hodiernus (odierno), da hodie.

183. I verbi che derivano da altri verbi (verbi verbali), si dividono in quattro classi, cio in frequentativi, desiderativi, incoativi e diminutivi. 1. I verbi frequentativi significano la ripetizione o la frequenza dell'azione espressa dai verbi primitivi; talvolta servono semplicemente a darle maggior forza, nel qual caso si chiamano intensivi. Essi appartengono tutti alla prima coniugazione e si formano: a) da verbi della prima coniugazione, cambiando l'-tum del supino in -to, come: clamo, clamatum, clamto (andare gridando, gridare forte); rogo, rogatum, rogto (chiedere con insistenza); volo, volatum, volto (svolazzare); b) da verbi della seconda e della terza coniugazione, cambiando la desinenza -um del supino in -o, come: habeo, habtum, habto (abitare;avere abitualmente, tenere); cano, cantum, canto (cantare; cantare ad alta voce); volvo, voltum, volto (voltare, rivoltare; girare a fatica); pello, pulsum, pulso (picchiare; battere forte); c) da verbi della quarta coniugazione, due soltanto: salto (danzare), da salire (saltare) e dormto (dormicchiare, sonnecchiare), da dormire (dormire); d) da dico (dire) si fa dicto (detto), e da questo il doppio frequentativo dictito; cos pure da cano si fa canto e cantito; da curro, curso e cursito. Di parecchi altri verbi usato solo il doppio frequentativo, come actito, haesito, lectito, scriptito, ventito (non acto, ecc.); e) pochi frequentativi si formano aggiungendo -to al tema del presente: agito, fluito, noscito, quaerito; f) frequentativi deponenti sono: amplexor, pollicitor, sector, tutor, sciscitor. 2. I verbi desiderativi esprimono un desiderio e si formano dal supino cambiando -um in -rio, come esrio (avere fame), da edo, esum; partrio (sentire le doglie del parto; aver voglia di partorire), da pario, partum. Questi verbi seguono la quarta coniugazione, ma non hanno n perfetto n supino. 3. I verbi incoativi denotano linizio di quello stato che espresso dal verbo primitivo (cfr. 129); essi finiscono in -asco, se derivano da verbi della prima coniugazione, in -esco, se da verbi della seconda, in -isco, se da verbi della terza e della quarta. 4. I verbi diminutivi denotano l'azione dandole qualit di piccola ed insignificante; essi terminano in illo, come conscribillo, conscribillare (scrivacchiare, scarabocchiare). 184. I. I verbi denominativi, cio derivati da nomi, terminano all'infinito in -re, -re ed -re (solo pochi incoativi seguono la terza; 131). Quelli in -re ed -re sono perlopi transitivi, quelli in -re invece intransitivi.

liberre (liberare) florre (fiorire) (flos) vulnerre (ferire, piagare) lucre (rilucere) (lux) donre (donare, regalare) frondre (esser fronzuto) (frons) mollre (rammollire, raddolcire) mitescre (diventar mite, mansueto) (mitis) finre (finire) ignescre (accendersi, diventar di fuoco) (ignis) vestre (vestire) albre (biancheggiare) (albus, bianco) canre (esser canuto) (canus). 2. Da parecchi sostantivi e da alcuni aggettivi si formano vari deponenti della prima, per esempio: aemlor (gareggiare) (lo stesso che sono emulo, aemlus); furor (rubare) (sono un ladro, fur); dominor (signoreggiare) (dominus); laetor (rallegrarsi) (laetus) (cfr. 102).

Riguardo la derivazione degli avverbi vedi il 158. 185. II. Formazione delle parole per composizione. 1. Nei composti latini l'ultima parola sempre la parola fondamentale, cio quella che esprime l'idea principale; la parola prima non che specificativa, cio indica solamente una propriet o una modificazione di quella, come: agricla (l'agricoltore) (agrum colens). 2. Della parola significativa solo il tema rimane intatto, e questo si collega mediante la vocale copulativa - (di rado - o -) con la parola fondamentale, se questa comincia da consonante come arm--ger (armigero); (quadr--pes, quadrupede; sacr--sanctus, sacrosanto); senza vocale alcuna, se la parola fondamentale comincia da vocale, come magn-animus. 3. Se la parola specificata una preposizione, l'ultima consonante di questa viene per lo pi assimilata (cio fatta simile o assonante alla consonante che segue); impono per in-pono, attrho per ad-traho; aufro per ab-fro; efficio per ex-ficio). 4. Oltre alle preposizioni propriamente dette, se ne incontrano altre usate solamente nelle parole composte. Queste preposizioni sono dette inseparabili; tali sono amb (intorno); com, con o co (da cum) (con, insieme); dis o d, che accenna disgiungimento o dispersione; r (red) (di nuovo, indietro); se (separatamente, in disparte). Si aggiunga in, che si unisce agli aggettivi con significato negativo. 185. 5. Anche la parola fondamentale soffre talora nei composti qualche alterazione, come per-ficio (compiere) da facio; inermis (disarmato) da arma; accso (accuso), da causa; suffco (soffoco), da fauces; illdo (rompere), da laedo; insulsus (scipito), da salsus.

Circa l'assimilazione delle preposizioni, quando entrano in composizione, si noti in particolare: a) Tutte le preposizioni rimangono inalterate davanti a vocale e alla h; solamente la m si perde talvolta in com e circum, quindi, mentre da una parte si dice comdo, comtor, dall'altra abbiamo coo, coopto, cos pure circumeo e circueo, circumtus e circuitus. Si noti peraltro, che dinnanzi a vocali si pone sempre ab, non a o abs, ed ex, non e; a pro si aggiunge una d, come prodesse, prodeo, eccetto prout, proinde e provus; b) ad resta invariata davanti alla i (j), v ed m; negli altri casi si fa abitualmente l'assimilazione: adiicio, adveho, admiror, accedo, affero, acquiro, ecc. Al posto di adnosco, originariamente adgnosco, si dice sempre agnosco; al posto di adspicio, adscendo e adsto, anche aspicio, ascendo e asto. Ad nei composti equivale a, verso, presso; c) ob resta invariata, solamente dinnanzi a c, f e p si fa l'assimilazione; cos abbiamo oblno, ma poi occido, offero, oppono (obs in obsolesco e ostendo per obstendo). Nei composti vale contro, verso; d) per resta invariata, eccetto in pellicio e pellucidus. Nei composti serve ordinariamente a rinforzare l'idea principale; e) trans resta invariata, se non che si dice meglio trado, traduco e traiicio, che transdo ecc. Negli altri composti si usa meglio trans, come transmitto, raro tramitto, e sempre transpono ecc. Nei composti vale oltre, sopra, al di l. f) a, ab, abs che davanti alla m e alla v fa sempre a, come amitto, avello, mentre davanti alla c e alla t sempre abs, come abscondo, abstineo; negli altri casi fa sempre ab, come abduco, abiicio, ecc. Si noti peraltro aufero e aufugio; afui meglio che abfui, e cos afuturus, afore; davanti alla p solamente as da abs, come asporto (portar via). Nei composti ha valore di da, via; g) e, ex; davanti alle vocali e alle consonanti c, p, q, s, t sempre ex; davanti alla f passa per assimilazione in ef; negli altri casi e, come excedo, expono, exquiro, exsto, extraho; effero (extuli, elatum); ebibo, do, emitto. Nei composti ha valore di fuori, via; qualche volta serve solamente a rinforzare l'idea principale;

h) in resta per lo pi invariata (incido, induco, ecc.) e si assimila alla l e alla r: illido, irrumpo; innanzi alla b, alla m e alla p si cambia in m: imbibo, immitto, impono. Al posto di innosco, originariamente ingnosco, si dice sempre ignosco. Nei composti ha valore di in, verso, sopra; talvolta ha senso negativo irritus, impurus; 185. i) sub resta invariata, eccetto che davanti alla c, alla f e alla p, in cui viene assimilata, cos come davanti alla g, alla m, alla r: subdo, subluo, ecc.: succurro, sufficio, suppono; suggero, summoveo, surripio. Si trova talvolta sus, risultante da subs, in suscipio, sustineo, ecc. (su-spiro per sus-spiro; suspicor). Nei composti ha valore di sotto, di soppiatto, dal basso in alto, e serve anche a rimpicciolire l'idea principale; l) com sempre davanti alla b, alla m e alla p, mentre davanti alle vocali e a gn e n fa sempre co, come coalesco, cohaereo, cognosco, cnecto, conexio, conexus, cnitor, cniveo, cnubium; com solamente in comedo, comes, comitium, comitor; davanti alla l e alla r si assimila con queste consonanti: colligo, corrodo; per il resto fa sempre con: concilium, condo ecc.; m) dis, invariata davanti alla c, alla p, alla q, alla t e alla s seguite da vocale: discedo, disputo, disquiro, distinguo, dissolvo; davanti alla f si assimila con questa consonante: differo (distuli, dilatum); per il resto fa sempre d: dduco, druo, disto ecc. (drimo da dis ed emo); n) r, invariata: removeo, reduco; davanti alle vocali fa sempre red, come redarguo, redeo ecc.; si aggiunga reddo. Rfert, da rfero (riportare); ma rfert, da res e fero (importare); o) s, invariata: sduco; solamente sditio (da s e re); sobrius (sobrio, digiuno), per se-ebrius; socors (di poco cuore, di poco senno); solvo (sciogliere) per se-luo.

186. I. Composti avverbiali sono detti quelli, nei quali la parola specificativa fa, rispetto alla fondamentale, l'ufficio di un avverbio. Tali sono: inter-rex (interr) cis-alpnus (cisalpino, al di qua delle Alpi) con-discipulus (condiscepolo) cog-nomen (cognome) con-vco (convocare) dis-par (dispari) co-o (convenire, adunarsi) dis-similis (dissimile) com-do (mangiare) in-dignus (indegno) amb-io (girare, andare intorno) in-eptus (inetto) (aptus) am-plector (abbracciare) per-brvis (molto breve) dis-curro (correre qua e l) prae-clrus (illustre) di-scindo (squarciare) male-dcus (maledico) d-rumpo (rompere, distaccare) brevi-lquus (breve nel parlare) (per breviter loquens) d-mitto (licenziare) r-pello (ribattere; respingere) sub-molestus (alquanto molesto) r-vertor (ritornare; rigirare) rd-eo (ritornare, tornare indietro) op-pno (opporre) r-pugno (ribattere) oc-cdo (uccidere) (caedo) se-dco (sedurre, condurre in disparte) oc-cdo (cadere gi) (cdo) (tramontare) 186. s-iungo (separare) per-dco (condurre attraverso) de-dco (condurre via) per-doceo (istruire bene) de-spro (disperare) trans-iicio, tr-iicio (trasportare da una sponda allaltra) pr-fugio (rifugiarsi) prd-eo (uscire fuori) tr-do (consegnare) sub-iicio (sottomettere) -mitto (perdere) sus-cipio (assumere) ab-do (nascondere) suc-cdo (succedo) abs-tineo (astenersi) (teneo) ad-mror (ammirare) ex-pno (esporre) ar-rdeo (arridere) -bbo (bere tutto) al-lquor (tenere un discorso)

in-fundo (infondere) circum-do (circondare) im-pono (imporre) circum-eo (andare in giro) ir-rumpo (irrompere) ob-rpo (insinuarsi) il-lbor (sdrucciolare dentro, cadere dentro) oc-curro (correre incontro)

187. II. I composti sintattici sono quelli nei quali la parola specificativa si riguarda come un caso dipendente dalla parola fondamentale: armger (armigero) (arma gerens) artfex (artefice) (artem faciens) partceps (partecipe) (partem capiens) tubcen (trombetta) (tub canens) tibcen (flautista) (per tibiicen, tibi canens) agricla (agricoltore) (agrum colens) fratricdium (fratricidio) (fratris caedes) ignivmus (ignivomo) (ignem vomens) honorfcus (onorifico) (honorem faciens) animadverto (osservare) (animum adverto) aedfco (edificare, fabbricare) (aedes facio) gratifcor (compiacere) (gratum facio) belligro (guerreggiare) (bellum gero). A questa specie appartengono anche i cosiddetti composti impropri, cio quelli che risultano dallunione di forme grammaticali compiute, in modo da esprimere una sola nozione, come respublica (lo stato, la repubblica), invece di cui si pu anche dire disgiuntamente respublica; cos pure iusiurandum (il giuramento); tresviri (i triumviri). In questi nomi si declinano tutte e due le parole, come: reipublicae, iurisiurandi, triumvirum. Sono ugualmente composti impropri senatsconsultum (il decreto del senato); populsctum (il decreto del popolo). Si dice per resque publica, senatusque consultum. 187. NOTA. Si trovano verbi composti da verbi (mediante la vocale copulativa ) soltanto dove facio sia la parola fondamentale come: arfacio (far seccare, asciugare), da arre (esser secco) e facio (cfr. 144, 4). Nei composti con preposizioni, facio si muta sempre in ficio ( 120, 3); al contrario, nei composti con nomi diventa fico o ficor, come magnifico, aedifico, gratificor, testificor.

188. III. I composti possessivi, che denotano il possesso: magnanmus (magnanimo) (magnum animum habens) quadrpes (quadrupede) (quattuor pedes habens) caprpes (dal piede caprino) (caprae pedes habens) affnis (affine) (che ha il confine comune) concors (concorde) (che ha il cuore unito) discors (discorde) triceps (tricipite) (tria capta habens). Tutti i composti di questa categoria, nei quali entra una delle preposizioni a, de, ex, in e se, hanno senso negativo: mens (pazzo, folle) mentem non habens, sine mente

dmens (demente) mentem non habens, sine mente dclor (scolorito) (colorem non habens, sine colore) expers (privo) (partem non habens, sine parte) exspes (senza speranza, disperato) informis (informe, brutto) infmis (infame) inermis (inerme) iners (inerte, senza arte, pigro) securus (sicuro, senza pensieri) (sine curis). SINTASSI 189. Della Proposizione Concordanza delle parti della Proposizione I. 1. detta proposizione l'espressione di un pensiero per mezzo di parole. Ogni proposizione composta di due parti essenziali che sono il soggetto e il predicato. Soggetto (dal latino subiectum, da subiicere) ci che sottoposto al nostro discorso, cio quella cosa o persona della quale si sta parlando; predicato (praedicatum, da praedicare, enunciare) ci che si dice del soggetto. 2. Tanto il soggetto quanto il predicato possono essere determinati e ampliati per mezzo di proposizioni dipendenti o accessorie. 189. Tuus amor mihi gratus est = quod me amas, mihi gratum est. Agnoscimus diligentiam vestram = agnoscimus vos diligentes esse. Bonum regem omnes amant = regem, qui bonus est, omnes amant. Legati missi sunt ad res repetendas = ut res repeterent.

Queste proposizioni dipendenti prendono diverso nome secondo la loro diversa funzione, cio secondo le varie parti della proposizione o del discorso da esse rappresentate, e sono quindi dette proposizioni soggettive, oggettive (l'una e l'altra insieme anche proposizioni sostantive), attributive e avverbiali. 3. Ogni proposizione che stia da s detta proposizione principale. Le proposizioni che contengono una proposizione principale ed una proposizione accessoria sono dette proposizioni composte, mentre le proposizioni principali non sono accompagnate da alcuna proposizione accessoria, sono dette proposizioni semplici.Le proposizioni accessorie che dipendono da una proposizione principale sono dette proposizioni accessorie di primo grado, le proposizioni accessorie che dipendono da un'altra accessoria di primo grado, accessorie di secondo grado ecc. Le proposizioni accessorie di secondo, terzo e quarto grado rendono per lo pi impacciato e pesante il discorso. 4. Tutte le proposizioni principali sono tra loro coordinate; le accessorie sono subordinate alla principale, ma coordinate tra loro, se sono accessorie dello stesso grado. 5. Le proposizioni accessorie sono: a) proposizioni congiunzionali ( 165 segg.); b) proposizioni interrogative indirette ( 176, 263); c) proposizioni relative ( 257 segg.). 6. Una proposizione o un aggregato di proposizioni, che dia un senso compiuto, detto periodo. 7. Secondo il posto che le proposizioni occupano nel periodo, quella che precede si chiama protasi, cio proposizione anteriore, quella che segue apodosi, cio proposizione posteriore, e quella di mezzo, proposizione intermedia.

8. Due o pi proposizioni, che abbiano comune uno o pi incisi, possono raccogliersi insieme, esprimendo una volta sola quell'inciso che loro comune, e sono dette proposizioni contratte. Unius viri prudentia Graecia liberata estEuropaeque succubuit Asia. Eadem utilitatis, quae honestatis, est regula. II. 1. Il soggetto d'una proposizione pu essere un sostantivo o altra parola, o pi parole adoperate come sostantivo. Il soggetto, quando un nome o un pronome, posto al nominativo. 2. Il predicato pu essere un verbo o un nome congiunto con un verbo come copula. 3. In ogni proposizione il predicato deve concordare il pi possibile con il soggetto. 189. a) il verbo, come predicato, concorda sempre nella persona e nel numero con il soggetto. b) L'aggettivo e il participio, come predicato, concordano sempre nel numero, nel caso e nel genere con il soggetto. c) Il sostantivo, come predicato, concorda sempre nel caso e, quando possibile, anche nel numero e nel genere con il soggetto. Experientia docet. Varietas delectat. Virtus manet, divitiae pereunt. Aves volant, pisces natant. Tu doces, nos discimus. Animus hominis est immortalis, corpus est mortale. Flos est caducus. Divitiae sunt incertae. Usus est optimus magister. Vita rustica parsimoniae magistra est. Leo est rex animalium. Aquila est regina avium. Indus est omnium fluminum maximus. Probus invidet nemini. Multi semper volant, nunquam faciunt. Duo cum faciunt idem, non est idem. Errare humanum est. Nemo nascitur doctus. Nemo fit casu bonus. Roma a Romulo condita est. Thebae ab Alexandro dirutae sunt. Africa estnutrixleonum. Athenae omnium artium inventrices fuerunt.

1. Se li soggetto un pronome personale comunemente si tralascia, potendosi agevolmente riconoscere dal verbo, come: homines sumus, errare possumus. Ma volendo far spiccare il detto pronome, e il che avviene soprattutto nelle antitesi, conviene esprimerlo. Ego credo, tu dubitas. 2. Se il nome che appartiene al predicato uno dei sostantivi detti mobili, cio di quelli che hanno una desinenza per il maschile e un'altra per il femminile ( 4, 5), deve sempre concordare con il soggetto: flos est nuntius veris (il fiore messaggero della primavera). Ciconia est nuntia veris (la cicogna messaggera della primavera). Quando, peraltro, il soggetto sia di genere neutro, il nome del predicato rimane maschile, come: tempus est optimus magister. In altri casi riesce spesso impossibile la concordanza: Roma erat lumen orbis terrarum. Captivi militum praeda fuerunt. Athenae clarissima urbs Graeciae fuerunt (o fuit). Il neutro d'un aggettivo, adoperato come sostantivo, funge anche da nome del predicato senza quindi concordare in genere con il soggetto: turpitudo peius est quam dolor (un male peggiore). Mors omnium rerum extremum est (Cfr. 237, 4). 3. Il verbo est, sunt si omette qualche volta, in particolare nel parlare animato e conciso, nelle sentenze, nei proverbi ecc. Quot capita tot sententiae (sottinteso sunt); suus cuique mos (sottinteso est). Con i participi e con gli aggettivi manca talvolta anche l'infinito esse, meno frequentemente erat, sit ecc. 4. Talvolta la parola dipendente si costruisce a norma non gi della parola reggente, ma dell'idea in essa contenuta; tale costruzione detta constructio adsensum. Ora, per quel che riguarda il predicato, sono da considerare a questo proposito tre casi: 189. a) Con un nome collettivo nel singolare, il predicato pu anche mettersi in plurale. Multitudo hominum concurrerunt (o concurrit). Pars perexigua, duce amisso, Romam inermes delati sunt (o inermis delata est). b) Con millia e capita, spesso si pone il predicato al maschile. Sex millia hostium caesi sunt.Capita coniurationis securi percussi sunt.

c) Con partim partim, nel significato di alii alii o alia alia, il predicato si pone nel genere del nome, a cui mentalmente si riferisce. Partim e nobis timidi sunt, partim a re publica aversi. Bonorum partim necessaria sunt, partim non necessaria.

5. Con il verbo esse, nel senso di stare, esistere, trovarsi e simili, possono anche essere usati, invece d'un sostantivo o d'un aggettivo, avverbi di specificazione come: Hostes prope sunt. Patria est, ubicunque bene est (dove si sta bene). Sic est vita hominum. Ita sum. Deus semper fuit et semper erit. 6. Talvolta il verbo concorda con il nome, che appartiene al predicato, invece di concordare con il soggetto, specialmente se si trova pi vicino a quello che a questo. Non omnis error stultitia dicenda est. 7. Si dice anche nos per ego, noster per meus (mai vos per tu); gli storici usano spesso, specialmente quando parlano di milizie, miles, Romanus, Volscus ecc. per milites, Romani, Volsci. 190. 1. Se in una medesima proposizione vi sono due o pi soggetti, il predicato si mette nel numero plurale. Se i soggetti sono di persona diversa, il predicato deve accordarsi con la prima e, in difetto di questa, con la seconda. Romulus et Remus Romam condiderunt. Si tu et mater tua valetis, bene est; ego et pater tuus valemus. 2. Se i vari soggetti della proposizione sono tutti del medesimo genere e indicano esseri animati, il nome del predicato si conforma ad essi nel genere; se i soggetti differiscono nel genere e sono sempre animati, il nome del predicato sar maschile e di numero plurale. Veneno absumpti sunt Hannibal et Philopoemen. luno et Minerva Troianis inimicae erant. Pater mihi et mater mortui sunt. 3. Se i soggetti sono nomi di cose inanimate e dello stesso genere, il nome del predicato si porr talvolta in questo medesimo genere, talaltra nel neutro plurale; se sono di genere diverso, si usa mettere il predicato al neutro plurale (cfr. si veda la nota 2). Grammatice quondam et musice iunctae fuerunt. Honores et victoriae fortuita sunt (cose fortuite). Stultitia et temeritas et iniustitia et intemperantia fugienda sunt. 1. Se i due soggetti sono considerati come una cosa sola, il predicato si pone nel numero singolare. Religio et fides anteponatur amicitiae. Senatus populusque Romanus decrevit. 190. 2. Spesso il predicato si accorda solamente con il soggetto pi vicino, mentre si tende a sottintendere l'altro. Homerus fuit et Hesiodus ante Romam conditam. Brachia modo atque humeri liberi ab aqua erant. Visae nocturno tempore faces ardorque caeli.

3. Si pu dire : ipse dux cum aliquot principibus capitur, o anche capiuntur, secondo il 189, II Nota, 4. 191. 1. L'aggettivo, sia come attributo sia come predicato, si accorda in genere, numero e caso con il sostantivo a cui si riferisce. Mala societas deprvat bonos mores. Bella civiliasunt nefaria. Hominis utilitati agri omnes et maria parent (oppure et omnia maria). 2. La stessa regola vale per i pronomi, i participi e i numerali, quando sono congiunti con un sostantivo. Hi viri doctissimi sunt. Acti labores iucundi sunt. Coniunctae vires plus valent. Duas aures habemus et unum os. 3. Se il pronome non va congiunto con un sostantivo, dovr concordare nel genere e nel numero con

il sostantivo a cui si riferisce, ma il suo caso dipender dall'ufficio che ha nella proposizione. Dolores, quos deus dat, utiles sunt; huic credamus, hunc veneremur. Agricola serit arbores, quarum fructus ipse nunquam adspiciet. Socrates succubuit odio malorum, in quod sine sua culpa inciderat. 1. Se il pronome si riferisce a pi sostantivi, valgono le regole esposte al 190. Fortunam nemo ab inconstantia et temeritate seiunget, quae digna certe non sunt deo. 2. Il pronome dimostrativo, quando non si riferisce a un determinato vocabolo, ma ad un intero concetto, concorda in latino con il nome del predicato; per esempio: questa ben violenza, ista quidem vis est (anche in italiano si dice questa ben violenza). Similmente: Isti sunt fructus neglegentiae. Haec fuga est, non profectio. Hic murus aheneusesto. Nil conscire sibi, nulla pallescere culpa! 3. Se il pronome va ancora congiunto con un nome del predicato, si accorda d'ordinario con questo nome, se si tratta di un'osservazione accessoria o di un'apposizione; al contrario s'accorda con il nome antecedente, se si vuole determinare e specificare tale nome. Epicurus (hoc enim vestrum lumen est) istud negat. Thebae, quod Boeotiae caput est, in magno motu erant. Animal hoc plenum rationis, quem vocamus hominem (raramente quod vocamus hominem). Est genus quoddam hominum, quod Helotae vocatur. Circa il costrutto ego qui vidi (io che ho veduto) e simili, cfr. 238, 4. 4. Anche un sostantivo pu aggiungersi a un altro sostantivo per determinarlo o qualificarlo, e concordare con esso nel caso, come Antiocha urbs (la citt d'Antiochia); Tarquinius rex (il re Tarquinio). Se il sostantivo cos aggiunto fa le veci di una proposizione abbreviata viene detto apposizione. 191. Esistono due diversi tipi di apposizione: a) relativa, se ha funzione d'una proposizione relativa, come: Alexander, rex Macednum, Babylone mortuus est, anzich qui rex Macednum erat; b) avverbiale, se fa le veci di una proposizione avverbiale e il che avviene in particolare, quando s'accenna l'et d'un uomo, la carica o l'ufficio di cui investito, come: Cato senex litteras graecas didicit, anzich cum senex esset, quando era gi vecchio, nella sua vecchiaia.

5. Il sostantivo d'apposizione si mette nello stesso caso del sostantivo a cui si riferisce e, quando sia possibile, anche nello stesso numero o nello stesso genere, secondo il 189, II. Nota 2. Marcus Tullius Cicero, clarissimus orator Romanorum, ab Antonio occisus est. Pythagoras, vir sapientissimus, maxime commendabat frugalitatem, genitricem virtutum. Alexander adulescens Philippo patri successit. Appium Claudium senem omnes verebantur. Athenae, urbs clarissima Graeciae. Tempus, optimus magister. Memoria, omnium rerum thesaurus. 1. Il predicato in realt si accorda sempre con il vero soggetto della proposizione. Tullia, deliciae nostrae, munusculum tuum flagitat. Solo con i nomi di citt il predicato si conforma spesse volte al sostantivo dell'apposizione, come: Corili, oppidum Volscorum, captum est. 2. Anche nell'apposizione e con i pronomi ha luogo talvolta la costruzione secondo il senso, accennata al 189, II. Nota 4. Concursus populi, mirantium, quid rei esset (come se precedesse hominum). Veiens bellum ortum est, quibus Sabini arnia coniunxerant (come se fosse Veientium anzich Veiens). Si trova spesso ex eo numero, qui sunt (per eorum). Amicitia est ex eo genere, quae prosunt. Circa l'apposizione con un relativo cfr. 238, 5. 3. L'apposizione ad un pronome possessivo si costruisce con il genitivo. Nomen meum absentis tibi honori fuit. Similmente si dice, per rinforzare l'idea del possesso, meum ipsius, tuum unius ( 210, 3). 4. Quando l'apposizione meramente comparativa, si fa precedere da ut o tamquam il sostantivo dell'apposizione. Aegyptii canem et felem ut deos colunt. Cicero haec cecinit ut vates.

6. Non pochi aggettivi e pronomi si usano in italiano al singolare, mentre il latino preferisce la forma del neutro plurale; per esempio: omnia (ogni cosa, tutto), haec (questo). Si user in questo caso il plurale, quando si accenni a pi d'una cosa, il singolare se ad una sola. Omnia praeclara rara (sunt) (tutto ci, che eccellente, raro) (cio omnes res praeclarae). Omnia, quae videmus, a deo creata sunt. Nostra etiam vestra sunt. Multa a multis hominibus narrantur, quae vera non sunt. Ma si dir: Epaminondas pro patria mortuus est: hoc ei decorum fuit. 191. 7. I Latini dicono: hostes terga verterunt, non tergum. Cos pure Cn. e P. Scipiones, Gneo e Publio Scipione; Catones, Catoni, cio uomini come Catone.

Uso del Nominativo 192. Il soggetto della proposizione si mette al nominativo. 2. Verbi con due nominativi. Non solo il nome del soggetto, ma anche quello del predicato viene posto al nominativo con alcuni verbi, i quali perci si costruiscono con due nominativi. Tali verbi sono: a) Sum (essere); fio,evdo, exsisto (divenire); nascor (nasco); maneo (rimanere); morior (morire); videor (sembrare); appareo (apparire) ecc. Nemo fit casu bonus. Nemo nascitur doctus. Puerorum amicitiae stabiles non manent. Sol maior appret, quam luna. b) I passivi appellativi, come nominor, vocor, appellor, dicor. Apud Lacedaemonios ii, qui amplissimum magistratum gerunt, nominantur senes. Cicero pater patriae appellatus est. lustitia erga deos, religio dicitur, erga parentes pietas. c) Molti altri passivi della stessa natura dei precedenti, in quanto servono ad unire il soggetto con l'aggettivo o con il sostantivo del predicato, senza il quale la proposizione rimarrebbe incompiuta. Questi verbi sono: putor, habeor, iudicor, existimor (esser tenuto, giudicato, stimato); creor, eligor (esser creato, eletto); dicor, nominor (essere nominato); fio, efficior (esser fatto); declaror (esser dichiarato); renuntior (essere proclamato). Multi putantur docti, qui non sunt. Post Romulum Numa Pompilius rex creatus est. Hannibal a militibus dux est factus. Cicero ab universo populo consul declaratus erat. Consul omnibus centuriis Sulla renuntiatus est. 3. Gli anzidetti verbi si costruiscono con due nominativi, anche quando sono posti all'infinito e retti da uno dei cos detti verbi servili, cio possum, volo, cupio, debeo, audeo, scio, disco, coepi, pergo, desino ecc. (Cfr. 266, 3). Beatus esse sine virtute nemo potest. Cato esse, quam videri bonus malebat. Omnes improbi miseri putari debent. Oracula evanuerunt, postquam homines minus creduli esse coeperunt. 4. II verbo videor si deve costruire personalmente, con l'infinito e con il nome del predicato al nominativo, per esempio: sembra che io sia ammalato, videor aegrotus esse; sembra che tu sia ammalato, videris aegrotus esse; sembra che egli sia ammalato, videtur aegrotus esse; sembra che noi siamo ammalati, videmur aegroti esse; sembra che voi siate ammalati; videmini aegroti esse; sembra che siano ammalati, videntur aegroti esse ( 273), e cos di seguito: sembrava che tu fossi ammalato, videbaris aegrotus esse ecc. 192. 5. Anche i verbi dicor, peohibeor, putor, traditur, fertur, feruntur (si dice che io, si narra, si racconta, si crede che io ecc.) si costruiscono personalmente nello stesso modo del verbo videor. Allo stesso modo iubeor, vetor, prohibeor ecc. hanno la costruzione personale (si veda 273). Non fecisti quod facere iussus es. Vos vetamini haec dicere. Tu verus patriae diceris esse pater. Aristdes omnium iustissimus traditur fuisse (sidice che Aristide sia stato ecc.). Xanthippe, uxor Socratis, morosa fuisse fertur. Veteres Germani fortissimi fuisse

feruntur (dicuntur, perhibentur, putantur). 6. La particella si in unione con un verbo si esprime in latino: a)con il verbo passivo, come: rex laudatur (si loda il re, cio lodato il re); b) con la terza persona plurale dell'attivo o del deponente, come: regem laudant (siloda il re, cio lodano il re). Alla stessa maniera le locuzioni italiane si dice, si narra, si crede, si chiama si rendono spesso in latino per dicunt, tradunt, ferunt, putant, vocant. Vulgo admirabantur Pompeium (Pompeo era ammirato da tutti); c) con la prima persona plurale dell'attivo o del deponente, quando chi parla comprende nel discorso anche se stesso, come: facile credimus, quod optamus (si crede facilmente ci che si desidera). Admiramur, quae non intellegimus (siammira quello che non s'intende); d) Si notino pure i seguenti costrutti: cavendum est (conviene guardarsi); virtutem auro non emes (la virt non si pu comprare con l'oro); dicas (diresti, si direbbe); putares (avresti creduto, si sarebbe creduto) (si veda 248, 3, a; cfr. 267, 2 e 268, 3). 7. Cambiamento del passivo in attivo. Dagli esempi allegati al numero 6, b, c si vede come il verbo passivo italiano possa essere sostituito in latino da una forma attiva. Ora questo cambiamento sempre necessario quando al verbo passivo italiano corrisponde in latino un verbo deponente che non pu naturalmente farsi passivo. Quindi la proposizione la colpa sempre seguita dal pentimento, si dovr mutare in quest'altra: il pentimento segue sempre la colpa, poenitentia semper culpam sequitur. Analogamente la frase la virt lodata e ammirata da tutti, si tradurr: laudant miranturque omnes virtutem. Uso dell'Accusativo 193. Accusativo di oggetto. Tutti i verbi transitivi vogliono all'accusativo il nome esprimente l'oggetto immediato dell'azione. In generale sono transitivi in latino quegli stessi verbi che sono transitivi in italiano. Deus mundum creavit. Artificem commendat opus. Boni cives bonum regem amant. Scipio vicit Hannibalem. Virtus nullam mercedem postulat. 193. Queste proposizioni possono anche esprimersi con il verbo passivo senza alterarne il senso: mundus a deo creatus est. Bonus rex, amatur a bonis civibus (cfr. 220, 3).

Le forme partitive italiane dei libri, del pane ecc., non ricorrono in latino, dove si usa il semplice accusativo, per esempio: panem eme (compera del pane); bonos libros lege (leggi dei buoni libri). 194. Sono transitivi in latino e reggono perci l'accusativo alcuni verbi, ai quali corrisponde talvolta in italiano un verbo con il dativo. Cos ivo (giovare, pi propriamente aiutare), defcio (venir meno; abbandonare), effgio (scampare; sfuggire). luvo si costruisce anche nel passivo: ivor (esser aiutato), iuvaris, iuvatur ecc. Audaces fortuna iuvat. Bonos nunquam honestus sermo deficiet. Mortem effugere nemo potest. 1. 0bsquor (assecondare, obbedire) vuole il dativo. I verbi adlor (adulare), aemlor (emulare) reggono l'accusativo, talvolta anche il dativo, ma blandior (accarezzare; lusingare) si costruisce sempre con il dativo; aequare, nel senso di eguagliare, si costruisce con l'accusativo e con il dativo, come urbem solo aequare; ma aequiparare pi raramente usato, con senso di uguagliare, pareggiare, si costruisce con il solo accusativo. 2. Si dice in latino: deficere animo (scoraggiarsi, perdere coraggio): deficere a re publica (ribellarsi); deficere ad hostem (passare dalla parte del nemico). Similmente: effugere ex manibus (fuggire dalle mani); effugere manus (sfuggire, scansare le mani); fugere aliquem (fuggire qualcuno); fugere ab aliqua re (rifuggire da qualcosa). 3. Molti verbi intransitivi possono anche reggere l'accusativo del nome della medesima radice

accoppiato con un aggettivo, come: miseram vitam vivere; eosdem cursus currere. Cos pure si dice servitutem servire (essere schiavo), con maggior efficacia che non avrebbe il semplice servire. 4. Alcuni verbi, e specialmente quelli che esprimono un sentimento sgradevole, reggono talora l'accusativo, bench siano intransitivi come per esempio: casum amici dolere (dolersi della sventura dell'amico); horrere mortem (aver orrore della morte). Allo stesso modo si dice: sitire sanguinem (aver sete di sangue); crocum olere (odorare di croco); malitiam olere (lasciar trasparire la malizia); ridere aliquem (ridere di qualcuno). Si dice ugualmente desperare aliquid, de aliqua re e alicui rei (disperare per qualcosa). 5. Anche con altri verbi intransitivi e con locuzioni equivalenti a verbi intransitivi, si pone spesso all'accusativo un pronome di genere neutro, laddove un sostantivo dovrebbe esser messo in un altro caso o essere accompagnato da una preposizione. Istud magnopere laetor, per ista re. Hoc tibi auctor sum, per huius consilii (cfr. 198, 4). 195. Molti verbi intransitivi, che denotano moto, divengono transitivi entrando in composizione con preposizioni e reggono l'accusativo. Ci avviene di regola nei composti con le preposizioni circum, per, praeter e trans, come: circumfluo (scorrere intorno); percurro (percorrere); praetereo (oltrepassare); transeo (passare). Spartam Eurotas amnis circumfluit. Cupiditates omnium mentes pervagantur. Sententiae saepe acutae non acutorum hominum sensus praetervlant. Peccare est tamquam transire lineas.

I transitivi composti con trans (transduco, traicio, transmitto, transporto), si costruiscono con doppio accusativo, uno dell'oggetto e l'altro del luogo oltre il quale viene trasportato l'oggetto, per esempio: Agesilaus copias Hlellespontum traiecit. Hannibal copias Iberum transduxit. Per si ripete la preposizione quando citato il luogo in cui si trasporta l'oggetto, per esempio: Caesar exercitum trans Rhenum in Germania transduxit. 1. Anche supergrdi, supervadere reggono l'accusativo. Si noti ancora: adire aliquem (rivolgersi a qualcuno, andar da qualcuno, pregarlo o interrogarlo); aggrdi aliquem (assalire qualcuno); convenire aliquem (andar a trovare qualcuno); inire societatem (far lega, societ); inire magistratum (entrare in carica); inire consilium (formare un disegno); adire hereditatem (entrare in possesso di un'eredit); obire negotium (eseguire un'incombenza); obire diem oppure diem supremum (morire); transire (excedere) modum (passar la misura), ma si dir invece excedere ex urbe oppure excedere urbe (partirsi dalla citt) subire periculum (correre un pericolo, mettersi a rischio). 2. Si dice anteire, antecedere, praecederealicui e aliquem (passare innanzi a qualcuno, superarlo); excellere celeris (dativo) e inter ceteros (contraddistinguersi tra gli altri); cos pure praestare alicui, raramente praestare aliquem (esser superiore a qualcuno). 3. Oltre ai verbi che denotano il moto, diventano transitivi entrando in composizione anche i verbi seguenti: alloqui (parlare a qualcuno); allatrare (latrare contro qualcuno); obsidere (assediare); oppugnare (combattere, assaltare); expugnare (espugnare, prender d'assalto). 196. 1. I verbi impersonali, i quali esprimono un sentimento sgradevole ( 154, 2), come: piget (rincrescersi), pudet (vergognarsi), poenitet (pentirsi), taedet (annoiarsi) e miseret (aver compassione), vogliono allaccusativo il nome della persona, che prova il rincrescimento, la vergogna, il pentimento ecc., e al genitivo il nome della persona o della cosa, che sono l'oggetto di questi sentimenti. Se tale oggetto espresso da un verbo, questo si mette all'infinito. Con questi verbi non si adopera il riflessivo, ma invece di se, si pone eum, eam, istum, istam, hunc, hanc: pigere eum (non se) facti coepit. Si dir per Caesar ait se poenituisse (perch riferito al soggetto della proposizione principale). In unione ai verbi servili, vedere 238 bis.

196. Piget me stultitiae meae. Pudeat te tuae neglegentiae. Nunquam primi consilii deum poenituii. Taedet me vitae. Eorum nos magis miseret, qui misericordiam nostram non requirunt, quam qui illam efflagitant. Non me poenitet vixisse.

Anzich al genitivo, il neutro d'un pronome si pone, all'accusativo. Sapiens nihil facit, quod eum poenitere possit (cfr. 194, 5). 2. I verbi decet (conviene) e dedcet (disdice) vogliono il nome della persona all'accusativo (cfr. 154, Nota 3). Adulescentem decet verecundum esse. Oratorem dedecet irasci. Parvum parva decent. Candida pax homines, trux decet ira feras. 3. Anche i verbi fallit, fugit, praeterit nel senso di essere ignoto, uscir di mente, sfuggire si costruiscono con il nome della persona all'accusativo; similmente si dice iuvat, delectat me (mi piace, mi fa piacere). 197. Doppio accusativo. Molti verbi transitivi si costruiscono con due accusativi, uno che esprime l'oggetto e l'altro che esprime il predicato. Tali sono: 1. I verbi che significano chiamare, fare, eleggere, creare, come: vocare (appellare, dicere, nominare) aliquem patrem (chiamare padre qualcuno); facere (anche efficere o reddere) aliquem beatum o regem (fare felice qualcuno, farlo re); creare (eligere) aliquem ducem (eleggere capitano qualcuno); renunciare aliquem consulem (proclamare qualcuno console). 2. I verbi che significano avere, dare, mostrare, riconoscere ecc., come: habere (sumere, dare, cognoscere) aliquem amicum (avere prendere, dare, conoscere, qualcuno per amico, aver in lui un amico); praestare (praebere, ostendere) se fortem (comportarsi da uomo forte, mostrarsi forte). 3. I verbi che significano reputare, giudicare, dichiarare, come: putare (ducere, existimare, iudicare) aliquem divitem (reputare qualcuno ricco), declarare aliquem hostem (dichiarare nemico qualcuno). Il passivo di questi verbi si costruisce con due nominativi ( 192) e le particelle italiane a, per che talora si usano con questi verbi, non si traducono in latino. Romulus urbem ex nomine suo Romam vocavit. Sola religio vitam beatam facit (efficit, reddit). Post Romulum populus Numam Pompilium regem creavit. Ciceronem universus populus consulem declaravit. Natura homini praescripsit ut nihil pulchrius quam hominem putaret. Praesta te eum, qui mihi a teneris, ut Graeci dicunt, unguiculis es cognitus. 1. Qui si vuol anche far notare la frase facere aliquem certiorem (informare, far consapevole qualcuno), che si costruisce con l genitivo della cosa oppure con de, per esempio: patrem consilii mei certiorem feci, e anche de consilio meo. Reddere usato qualche volta all'attivo per facere, efficere; nel passivo non si usa in questo senso reddi, che significherebbe propriamente esser restituito, e lo si sostituisce con fieri, effici. Si trova pure: habere aliquem pro hoste, (in) hostium numero o inter hostes (avere qualcuno per nemico); cos anche pro nihilo putare (non fare alcun conto) (raramente nihil putare). 197. 2. Gerere se (portarsi, comportarsi), affine di significato a praestare se (mostrarsi), non si accoppia con un aggettivo, ma soltanto con un avverbio. Turpiter se gessit, quomodo se gessit, ma invece: qualem se praestitit.

198. Doppio accusativo d'oggetto. 1. I verbi doceo e edoceo (insegno) vogliono all'accusativo cos il nome di persona come quello di cosa. In senso di informare vogliono il nome della cosa con de tanto nell'attivo, quanto nel passivo. Philosophia nos multas res docuit. Ciceronem Minerva, omnes artes edocuit. Caesar Boios de

adventu suo docuit. Anzich doceor aliquid (sono ammaestrato in una cosa), si ricorre al verbo disco o instituor, disco aliquid, instituor aliqua re. Del passivo di doceo, edoceo si usa quasi soltanto il participio con l'ablativo, per esempio: doctus litteris graecis. Se doceo regge un verbo, questo va all'infinito, per esempio: doceo te latine loqui. 2. Celo (nascondere) regge anche due accusativi, l'uno della cosa e l'altro della persona; si dice per anche celare aliquem de aliqua re. Nel passivo si usa sempre celor de aliqua re. Non te celavi hunc sermonem. Maximis de rebus a nobis celaris. Id celatus sum (con il pronome neutro all'accusativo). 3. I verbi posco (reposco) e flagito (chiedo, domando) vogliono il nome della cosa domandata all'accusativo. Se al nome della cosa va anche unito quello della persona a cui si fa la domanda, questo si pu mettere anche all'accusativo o all'ablativo con ab, quindi: poscere o flagitare aliquem aliquid o aliquid ab aliquo (domandare una cosa a qualcuno o domandare a qualcuno di una cosa). I passivi poscor, flagitor reggono il nome della persona in ablativo con ab, mentre quello della cosa si esprime con il nominativo. Nulla salus bello, pacem te poscimus omnes. Caesar Aeduos frumentum flagitabat. Nihil a te posco. Quid artes a te flagitent, tu videbis. Id ex omnibus partibus ab eo flagitabatur. I verbi postulare, petere (domandare, chiedere), quaerere (interrogare, chiedere) non hanno mai all'accusativo il nome della persona a cui si rivolge la domanda o l'interrogazione. Le sole costruzioni usate sono le seguenti: postulare aliquid ab aliquo; petere aliquid ab aliquo; quaerere ex (ab) aliquo (domandare a qualcuno, cio interrogarlo). Amicus ab amico nihil postulabit, nisi quod honestum est. Athenienses a Lacedaemoniis auxilium petierunt. Quaesivi ex patre, quid facerem. Con i verbi orare e rogare (pregare) si esprime perlopi un nome solo, cio quello della persona che si prega o quello della cosa per cui si fa la preghiera, e il nome espresso si pone all'accusativo. Non mancano per esempi, in cui si trovano insieme usati i due accusativi. Iugurtha Metellum per legatos pacem oravit. Deos vitam roga et salutem. Quando espresso all'accusativo il nome della persona, l'oggetto della preghiera viene per lo pi significato mediante una proposizione con le particelle ut o ne ( 250; 275). Spesso si tace il nome della persona, come: legatos ad Caesarem miserunt, qui rogarent auxilium (a domandare aiuto). 198. 4. Molti verbi transitivi, in particolare quelli che significano interrogare o esortare, reggono due accusativi, uno di persona, l'altro di cosa che per lo pi si esprime con un pronome di genere neutro. Cos hoc te interrogo o rogo (questo ti domando, desidero saper questo da te); illud te oro o rogo (di quello ti prego); istud te hortor o cogo (a questo ti esorto, ti costringo); id unum te moneo o admoneo (questo solo avviso o consiglio ti d). Hoc te primum rogo, ne animum demittas. Pusionem quendam Socrates apud Platonem interrogat quaedam geometrica. Cos al passivo: saepe non audimus ea, quae a natura monemur.

Del resto si dice interrogare aliquem de aliqua re. Nel linguaggio ufficiale si trova per usato interrogaresententias (domandare i pareri); rogatus o interrogatus sententiam (domandato del suo parere, del suo voto). Nel linguaggio comune domandare a qualcuno il suo parere (fuori dal Senato, di una assemblea) si dice interrogare aliquem quid sentiat. 199. Accusativo di estensione. Il nome che denota un'estensione di tempo o di spazio, si pone all'accusativo. Riguardo al tempo, si mette all'accusativo il termine che esprime per quanto tempo duri ordinariamente, sia durato o sia per durare unazione; riguardo allo spazio si mette all'accusativo il nome che esprime la lunghezza, la larghezza, l'altezza o profondit, e quello che denota la distanza di un luogo da un altro (vedere 199 bis). Duodequadraginta annos tyrannus Syracusanorum fuit Dionysius, cum quinque et viginti annos

natus (in et di) dominatum occupavisset. A recta conscientia transversum unguem non oportet discedere (neppur di un dito). Milites aggerem, latum pedes trecentos, altum pedes octoginta, exstruxerunt. Perpetuae fossae, quinos pedes altae (profonde), ducebantur. 1. Anzich quinque annos (per cinque anni, per la durata di cinque anni), si dice anche per quinque annos. Quinque horis vuol dire in cinque ore. 2. Un fanciullo di nove anni si dice in latino puer novem annorum o novem annos natus; annum agens nonum (che nel nono anno di et); plus novem annos natus (che ha pi di nove anni) (cfr. 226, 1; 227, 2). 3. Si noti ancora: aequum spatium ed aequo spatio abesse. Ariovistus millibus (o millia) passuum sex a Caesaris castris consedit. A millibus passuum duobus (a due miglia di distanza), senza indicazione del luogo. 4. Per indicare la grandezza e la grossezza d'un oggetto, non si adoperano gli aggettivi magnus e crassus, ma l'ablativo di qualit dei sostantivi magnitudo e crassitudo. Clavi ferrei, digiti pollicis crassitudine (chiodi di ferro grossi un pollice, della grandezza d'un pollice). 199. Complementi di tempo 1. Quando? Il tempo in cui si fa o si fatta una cosa si esprime all'ablativo senza preposizione, per esempio: hoc factum est anno superiore, ea tempestate, hoc tempore. Certi nomi che esprimono genericamente l'idea di tempo come pax, bellum, iuventus, senectus si mettono all'ablativo con in, se non sono determinati da aggettivo, per esempio: in iuventute, in bello. Si dir invece: prima iuventute, Senensi proelio ecc., (vedere 234). 2. Quanto prima? Quanto dopo? Per indicare quanto tempo prima o dopo avviene una cosa, si adopera l'ablativo seguito da ante o post e pi raramente si usa l'accusativo preceduto da ante o post. Ante e post possono anche stare fra il numerale e il sostantivo. Il numero pu essere tanto cardinale quanto ordinale, per esempio: quattuor annis ante; quarto anno ante; ante quattuor annos; ante quartum annum; quattuor ante annis, pi raramente quarto ante anno, quattuor ante annos. Prima che e dopo che si traducono ante quam, post quam separati o congiunti, per esempio: hoc factum est tribus post annis quam Aristides mortuus erat, oppure tribus annis postquam. Ante e post, se posposti, possono reggere un altro accusativo, per esempio: annis fere quingentis decem post Romam conditam. Si dir: paulo ante, paulo post, multo ante, multo post (vedere 234). Pridie e postridie vogliono il genitivo con dies, per esempio: pridie eius diei. Con altro nome reggono per lo pi l'accusativo, per esempio: pridie Kalendas.

3. In quanto tempo? Il tempo entro cui avviene un'azione si esprime con l'ablativo senza preposizione o con l'accusativo retto da intra, per esempio: id feci decem annis (impiegai dieci anni a fare ci). Intra paucos dies (nel termine di pochi giorni). 4. Per quanto tempo? Si esprime con l'accusativo con o senza per, per esempio: Romulus septem et triginta annos regnavit (vedere 199). 5. Da quando? Per rispondere alla domanda da quanto tempo dura un'azione, si usa l'accusativo, e se espresso il numerale si cambia in ordinale aumentandolo di una unit, per esempio: Saguntum oppidum octavum iam annua in hostium potestate erat (gi da sette anni). Per indicare il tempo che fu, che trascorso al momento in cui si parla, per esempio due, tre anni fa, si adopera ante e l'accusativo: ante duos annos, oppure abhinc duos annos (vedere 234). 6. Ogni quanto tempo? Si risponde con l'ablativo, adoperando gli ordinali con quisque e elevando a quello immediatamente superiore il numero espresso in italiano, per esempio: quinto quoque anno (ogni quattro anni). 7. Per quando? Si esprime con in o ad e l'accusativo, per esempio: eum ad coenam in posterum diem invitavit.

8. Fra quanto tempo? Si risponde con ad e post con l'accusativo, per esempio: ad annum (fra un anno), ad decem annos, post decem annos. 200. Complementi di luogo OSSERVAZIONE GENERALE: I nomi d grandi regioni, come i nomi comuni, vogliono la preposizione, mentre con i nomi propri di citt e di isole piccole si omette, eccetto nel moto attraverso luogo e nella designazione di vicinanza.

1. Stato in luogo (ubi ?): a) Con i nomi comuni e di grandi regioni si esprime con l'ablativo preceduto dalla preposizione in, e cos si indica anche il moto nel luogo, per esempio: esse in Italia, ambulare in foro. Con il sostantivo locus unito ad aggettivo o a pronome, e con l'aggettivo totus si usa di regola il semplice ablativo senza preposizione, per esempio: omnibus locis virtus coli potest. b) Con i nomi di citt e di isole piccole, si usa il genitivo, se singolari della I e II declinazione se plurali o della III declinazione si usa l'ablativo, per esempio: Romae (in Roma), Tusculi (a Tuscolo), Athenis (in Atene), Babylone (in Babilonia). Per significare la vicinanza ad un luogo, si usano le preposizioni apud o ad, per esempio: ad Romam pugnatum est (si combatte vicino Roma). c) Habitare Cypri significa abitare in Cipro citt, mentre habitare in Cypro significa abitare nell'isola di Cipro; si dir hoc libro quando si accenna a tutto il libro, mentre in hoc libro, quando si tratta solo di una parte di esso. 2. Moto da luogo (unde?): a) Se il nome comune o di grande regione, si esprime all'ablativo con le preposizioni de, ex, a o ab, per esempio: ex Sicilia in Africam navigavi; de foro discessimus. b) I nomi di citt e di isole piccole si costruiscono con l'ablativo senza preposizione, come per esempio: Dionysius Platonem Athenis arcessivit. Si dice per Caesar a Roma discessit (cio dai dintorni di Roma). 3. Moto a luogo (quo?): a)Il nome comune o di grande regione si pone all'accusativo con in se si entra nel luogo, con ad, se vi si avvicina soltanto, per esempio: proba vita via est in caelum; Q. Ligarius in Africam profectus est. b) i nomi di citt e di isole piccole si mettono in accusativo senza preposizione, per esempio: Romam contendit. Lycurgus Cretam profectus est. Ad Romam contendit (verso Roma). 4. Moto attraverso luogo (qua?): a) Si usa l'ablativo semplice con i nomi via, porta, ponte, citt, per esempio: Catilina Aurelia via profectus est. b) Si usa per e l'accusativo se si tratta di una regione, di una catena di monti, per esempio: Catilina per montes iter facere coepit. Raramente con i nomi di citt si usa per e l'accusativo, per esempio: per Carthaginem transire. 200. c) Se i nomi propri di citt sono accompagnati dagli appellativi urbs o oppidum, senza alcun aggettivo, questi si mettono davanti al nome della citt e ricevono la preposizione in o ex, come in oppidum. Gades (nella citt di Cadice); in urbem Romam; in oppido Cittio; ex urbe Alexandra. In unione con totus si omette la preposizione: tot Rom (in tutta Roma); cos pure tota domo (in tutta la casa) (cfr. 233, 1). d) Quando urbs e oppidum, accompagnati da un aggettivo, seguono come apposizione un nome di citt, ricevono per lo pi anche la preposizione in o ex. Ma con i verbi di stato in luogo si pongono sempre all'ablativo, con o senza preposizione, anche quando il nome proprio della citt si trova al genitivo. Demaratus se contulit Tarquinios,in urbem Etruriae florentissimam. Tusculo, ex clarissimo municipio. Archias natus Antiochiae, celebri quondam urbe, in celebri urbe (ma non mai urbis).

201. Con i verbi indicanti il moto verso un luogo o da un luogo, o lo stato in luogo, i nomi domus e rus si costruiscono come i nomi propri di citt, per esempio: domum o rus ire (andare a casa, in campagna); domu o rure discedere (partire di casa o dalla campagna); domi o ruri esse (essere in casa o in campagna). Domus mantiene la stessa costruzione anche quando accompagnato da un aggettivo possessivo o da un genitivo di possesso: domi, meae (in casa mia), e cos domi tuae, suae, nostrae, vestrae, alienae. Domi Caesaris (in casa di Cesare) anche pi usato che in domo Caesaris; si trova anche domi eius (in casa sua). Quando a domus va unito un altro attributo, allora domus rientra nella regola generale e riceve la preposizione in o ex: in illa domo,in domum celebrem, ex amplissima domo. Quando l'azione si riferisce a pi persone, domus si mette al plurale e si dir quindi domos (verso casa, a casa) e domibus (da casa). 2. Ad analogia di domi si ha il genitivo humi (in terra, a terra), e il genitivo belli e militiae, quando ricorrono in unione con domi, come domi bellique (in pace e in guerra); domi militiaeque (in citt e in campo). Cicero senex multum ruri vivebat. Domum redibo; libentissime sum domi meae. Nos humi strati haec suspicere non possumus. Caesaris virtus domi militiaeque cognita est. 202. 1. Nelle esclamazioni si mette all'accusativo il nome della persona o della cosa, che eccita in noi il sentimento che viene espresso. Tale accusativo si trova accompagnato dalle interiezioni heu oppure o e anche senza interiezioni. Me miserum! Heu me miserum! 0 hominem fortunatum! 0 fallacem hominum spem fragilemque fortuxam!. 202. Quando si rivolge il discorso a qualcuno, cio nella seconda persona, si adopera il vocativo anzich l'accusativo. Con le interiezioni vae ed heu si usa il dativo: vae victis (guai ai vinti); hei mihi misero (o me infelice). Con ecce ed en si adopera d'ordinario il nominativo e talvolta l'accusativo; en vobis iuvenis o iuvenem! (eccovi il giovane!). 2. Si usa in parecchie locuzioni con libera costruzione il neutro di un pronome nell'accusativo anzich in altri casi, come: homo id aetatis (un uomo di tale et), anzich ea aetate. Hoc unum laetor (di questo solo mi rallegro anzich hac una re. Quid tibi auctor sim (che ti potrei io consigliare), laddove fuori del pronome neutro si usa soltanto il genitivo, come: pacis tibi auctor sum (ti consiglio la pace) (cfr. 194. Nota 5; 198, 3). 3. Circa l'accusativo retto da preposizioni, si vedano 161 e 163; circa l'accusativo cosiddetto greco, 226, Nota 3.

Uso del Dativo 203. Dativo di vantaggio (dativus commodi). 1. Si usa il dativo con molti aggettivi e verbi, che in italiano sono accompagnati dalla preposizione a. Tali sono gli aggettivi, che denotano necessit, utilit, opportunit, attitudine, convenienza, gradimento, somiglianza, prossimit, parentela, facilit ecc., e i loro contrari: necessarius (necesse, opus), utilis, gratus, iucundus, aptus, commodus, idoneus, fidus, aequus, aequalis, amicus, similis, propinquus, finitimus, facilis, notus, par, molestus, acerbus, consentaneus ecc., e i verbi che significano giovare, piacere, obbedire, confidare, comandare, perdonare, servire, favorire ecc.: prosum, placeo, obtempero, oboedio, fido, impero, indulgeo, ignosco, ministro, faveo ecc. Si dice

dicto audiens sum imperatori (con due dativi) (obbedisco al generale, agli ordini del generale). Anche alcuni avverbi si costruiscono allo stesso modo, come convenienter naturae vivere. Apes parent reginae suae. Is qui imperat aliis, serviat ipse nulli cupiditati. Patriae deesse aliis turpe, Camillo etiam nefas est. Mors similis est somno. Quod tibi utile est, mihi iucundum erit. Vir bonus est, qui prodest quibus potest, nocet nemini. 2. Si usa anche il dativo per accennare in vantaggio o a uso di chi e di che si agisce. Non scholae, sed vitae discimus. Non nobis solis nati sumus, sed etiam patriae et civibus nostris. Charondas el Zaleucus civitatibus suis leges scripserunt. 203. Alcuni degli aggettivi succitati si costruiscono anche con il genitivo. Similis e dissimilis hanno quasi sempre il genitivo quando indicano somiglianze perfette. Amicus, inimicus e familiaris sono spesso usati nel positivo e nel superlativo (non nel comparativo) a modo di sostantivi e prendono allora con s il genitivo o un pronome possessivo, per esempio: familiarissimus Ciceronis. Hiero Romanorum amicus fuit. Utilis, aptus, idoneus si costruiscono per lo pi con il nome della cosa all'accusativo retto dalla preposizione ad, come: ad nullam rem utilis, aptus ecc. Propior e proximus si trovano usati con il dativo e con l'accusativo, qualche rara volta anche con l'ablativo retto dalla preposizione a: propior urbi e urbem, raramente ab urbe. Gli avverbi propius e proxime reggono per lo pi l'accusativo, per esempio: Cicero proxime Pompeium sedebat.

Esiste anche un dativo detto etico, usato specialmente con i pronomi personali mihi, tibi, per accennare la parte che uno prende in un'azione e talvolta l'indignazione. Hic tu mihi pacis commoda commemoras (qui tu mi vai ricordando i benefici della pace). Si dice communicare aliquid cum aliquo (non alicui) (comunicare una cosa a qualcuno o con qualcuno, cio farlo partecipe). Dux victoriae gloriam cum legionibus communicavit. Consilia nostra communicamus cum amicis. Anche i verbi iubeo e veto non si costruiscono con il dativo, ma vogliono l'accusativo con l'infinito (vedere il 104). La preposizione per quando significa in favore, a difesa oppure in vece, in cambio, si volge in latino con la preposizione pro (cfr. 164, 10). La preposizione per quando significa in favore, a difesa oppure in vece, in cambio, si volge in latino con la preposizione pro (cfr. 164, 10). 204. Reggono il dativo non pochi verbi, ai quali corrisponde per lo pi in italiano un verbo transitivo, che perci regge un complemento diretto. Tali sono: adversor (avversare, essere d'ostacolo) invideo (invidiare) obtrecto (contrastare) insidior (insidiare) gratificor (compiacere) blandior (accarezzare) faveo (favorire) convicior (ingiuriare) studeo (studiare) maledico (maledire) ignosco (perdonare) minor (minacciare) 204. parco (perdonare, risparmiare) auxilior (aiutare) opitulor (venire in aiuto) servio (servire) succurro (soccorrere)

famlor (servire) patrocinor (difendere) satisfacio (soddisfare) medeor (rimediare; medicare) supplico (supplicare) suadeo (consigliare) nubo (sposare viro, un uomo) persuadeo (persuadere) vaco (attendere); proprioamente essere libero) obedio (obbedisco) (per una cosa, alicui rei; da obsquor (assecondare) una cosa, aliqua re). Benedico regge il dativo di persona e significa dir bene di qualcuno, invece maledico alicui indica dire male; nel senso di maledire si user exsecror aliquem. Medici medentur morbis, philosophia medetur animis. Tibi persuade, virtutem esse summum bonum. Venus nupsit Vulcano. Philosophiae semper vaco. Omnes homine natur libertati student. Frustra maledices fortunae. Tempori parce. Caesari pro te libentissime supplicabo. Obtrectare alteri nihil utilitatis habet. Vir probus invidet nemini.

Quelli fra i suddetti verbi, che si possono fare passivi, serbano intatto il loro dativo, ma la costruzione sar impersonale, cio per la sola terza persona singolare del passivo. Mihi persuadetur (mi si fa credere); mihi persuasum est (sono persuaso). Vi si pu aggiungere altres la persona dell'agente nell'ablativo con a, come: tuae laudi invidetur a multis (la tua lode invidiata da molti). Si dice anche invidere alicui laudem (invidiare la lode di qualcuno, negargli la lode dovuta) (vedere 238 bis). Parecchi verbi mutano significazione se reggono il dativo oppure un altro caso, che per lo pi l'accusativo: metuo o timeo te (ho timore di te); tibi (provo timore per te); caveo te o a te (mi guardo da te); tibi (provvedo alla tua sicurezza); consulo te (chiedo consiglio a te); tibi (provvedo a te); suadeo tibi (ti consiglio) cupio te (ho desiderio di te); tibi (ti voglio, ti desidero bene); prospicio o provideo periculum (vedo, prevedo il pericolo); 204. tibi (provvedo a te); prospicio o provideo frumentum (provvedo di frumento); tempero o moderor aliquid (ordino, governo qualche cosa); tempero mihi (irae meae) (mi modero, freno la mia collera); tempero a lacrimis (trattengo o freno le lacrime); probare (approvare); probare alicui aliquid (convincere di una cosa qualcuno); hoc mihi probatur (ci mi piace).

205. Dativo con i composti. La maggior parte dei verbi, nella composizione dei quali entrano le preposizioni ad, ante, cum (con), in, inter, ob, post, prae, sub e super, reggono il dativo anzich ripetere la preposizione davanti al caso dipendente. Natura sensibus adiunxit rationem. Virtutes animi bonis corporis anteponuntur. Hannibal Romanis magnum terrorem iniecit. Consiliis interdum obstat fortuna. Hannibal Alexandro Magno non postponendus est. Animus praepositus est corpori. Succumbere doloribus miserum est. Parva magnis saepe rectissime conferuntur. Nasus quasi murus oculis interiectus est. Sunt quaedam sidera, quae infixa coelo non moventur et suis sedibus inhaerent. Neque deesse neque superesse rei publicae volo.

Non di rado per, e specialmente con i verbi composti dalle preposizioni ad, cum e in, si ripete la preposizione Macedones ad imperium Graeciae adiunxerunt Asiam. Romani non conferendi sunt cum Graecis. In philosophia magna inest vis virtutis (con il verbo inesse questo l'uso pi costante). Interesse alicui rei vuol dire esser presente a una cosa; interest inter, c differenza fra. Adsum in senatu (assisto a una seduta del senato); adsum amicis (assisto gli amici). Talvolta al posto della medesima preposizione si adopera una preposizione affine, come incumbere ad aliquid e in aliquid (darsi, attendere a qualcosa). Similmente si dice obversari ante oculos; obiicere contra impetum hostium (la preposizione ob non si ripete). 206. I verbi circumdo (mettere attorno, circondare); dono (donare, regalare); induo (indossare, vestire); adspergo (spargere; spruzzare, aspergere) ; macto (sacrificare, immolare, onorare con sacrifici); exuo (levare di dosso, spogliare) godono di una doppia costruzione, potendo reggere un dativo di persona o di cosa considerata come persona e un accusativo di cosa, oppure un accusativo di persona e un ablativo di cosa, per esempio: donare alicui pecuniam (dare denaro a qualcuno); aliquem pecuni (regalare a qualcuno del denaro). Nel passivo si dir: tu libro donaris (o tibi liber donatur), induor aliqua re ecc. 206. Semirmis, Babylonem condidit murumque urbi circumdedit. Deus animum corpore circumdedit. Ciceroni populus Romanus immortalitatem donavit. Atticus Athenienses omnes frumento donavit. Hostium legiones Telluri ac diis manibus mactabo. Barbari deos puerorum extis mactare solebant. Sapientia vanitatem exuit mentibus. Caesar hostes armis exuit.

Allo stesso modo si dice intercludere alicui commeatum e aliquem commeatu, oppure a commeatu (impedire le vettovaglie a qualcuno); impertire alicui aliquid e aliquem aliqua re (far parte qualcuno di qualcosa; donargliela). 207. Dativo possessivo. Il verbo esse con un dativo di persona significa avere, possedere. Mihi sunt libri = habeo libros. Homini cum Deo similitudo est.lam Troicis temporibus erat honos eloquentiae. Nulla est voluptati cum honestate coniunctio. Volendo esprimere un rapporto o un'attinenza reciproca di persone, si usa sempre il verbo esse al posto di habere; v. g. est mihi cum aliquo amicitia (non habeoamicitiam). Sunt mihi inimicitiae cum malis. Tecum mihi res est. Omnia mihi cum amicis communia sunt. Patri est, vuol dire il padre ha; patris est (appartiene, spetta al padre). Trattandosi di qualit dell'animo, al posto del dativo si usa l'ablativo con la preposizione in: esse oppure inesse in aliquo. In patre est summa comitas (e anche pater est summa comitate, 225). Si dice: mihi est nomen Paulus o Paulo (mi chiamo Paolo, ho nome Paolo); raramente Pauli. Quando a nomen va congiunto un verbo transitivo, come dare o facere, si pone naturalmente l'accusativo: parentes ei nomen dederunt Paulum (si pu usare anche Paulo). Nel passivo si dir: inditum ei est nomen Paulus o Paulo. 208. Doppio dativo. Alcuni verbi si costruiscono con due dativi, uno di cosa per significare quale scopo ha un'azione, l'altro di persona (davitus commodi). Tale costruzione ha luogo 1. Con sum e fio, nel senso di essere di, essere in, tornare a; ridondare in; stare a; v. g. hoc mihi commodo est (questo torna a mio vantaggio); alicui contemptui esse (essere disprezzati da qualcuno). 2. Con tribuo, verto, do, duco, habeo nel senso di attribuire, imputare, ascrivere, come: alicui aliquid dedecori tribuere, vertere, dare, ducere, habere (attribuire, imputare in disonore a

qualcuno); alicui auxilio venire o proficisci (venire o muovere in aiuto a qualcuno); alicui aliquid dono dare o mittere (dare o mandare in dono qualcosa a qualcuno). 208. Crudelitas omnibus hominibus odio est, probitas et clementia amori. Tua salus mihi curae est. Nolito tibi laudi ducere, quod aliis vitio vertisti. Hortensius nunquam bello civili interfuit; hoc illi tribuebatur ignaviae. Virtus sola nemini dono datur. Mille Plataeenses Atheniensibus auxilio venerunt (missi sunt). Caesar duas legiones castris praesidio reliquit.

Si usa ancora talvolta il solo dativo di cosa: usui esse (essere di utilit, essere utile); admirationi esse (essere ammirato); habere aliquem ludibrio (prendersi gioco di qualcuno); habere aliquid religioni (farsi scrupolo di qualcosa); diem dicere colloquio (fissare un giorno per un incontro); receptui canere (suonare a raccolta). Rare volte il nome che denota il fine o lo scopo di un'azione viene espresso mediante un accusativo di predicato; v. g. Iovi coronam donum mittunt (mandano una corona in dono a Giove). Ma con i nomi di persona i verbi dare, mittere, habere e simili, devono costruirsi con l'accusativo amicum meum tibi comitem dabo (ti dar l'amico mio per compagno) (cfr. 197). 209. Con alcuni verbi passivi il nome della persona che fa l'azione si mette al dativo anzich in ablativo con ab. Honesta bonis viris, non occulta quaeruntur. Tale costruzione si deve sempre usare con il participio futuro passivo: mihi faciendum est (da me si deve fare), non a me. Si dir per: a me tibi respondendum est (da me ti si deve dare una risposta), e ci per evitare l'ambiguit. Uso del Genitivo 210. Genitivo soggettivo e oggettivo. Quando un nome serve di specificazione a un altro nome e vi si unisce mediante la particella di, si mette al genitivo. Qui per conviene distinguere due sorte di genitivi: 1. Genitivo soggettivo, che denota il soggetto, che ha o fa qualcosa; come amor patris (l'amor del padre) (pater amat); studium adulescentis (lo studio del giovane) (adulescens studet). La specie pi usata di genitivo soggettivo il genitivo possessivo, quello cio che denota il possessore (o l'autore), come domus Caesaris (la casa di Cesare); pericula belli (i pericoli della guerra); scripta Ciceronis (gli scritti di Cicerone); pars Epiri (una parte dell'Epiro). 2. Genitivo oggettivo che denota l'oggetto su cui cade l'azione espressa dal nome principale, come amor patriae (l'amor della patria) (patriam amat civis); studium veritatis (l'amore della verit) (veritati studet vir bonus). Cos pure si dice: timor hostium (il timore che si ha dei nemici); cupiditas gloriae (la brama di gloria); odium hominum (l'odio che si nutre contro gli uomini); fiducia virium (la fiducia nella forza). 210. Molesta est cura rerum alienarum. lucunda est memoria praeteritorum malorum. Memoriam vestri semper retinebo. Habenda est ratio non sua (anzich sui; cfr. Nota 3) solum, sed etiam aliorum.

Come in italiano, cos in latino si sostituisce alle volte al genitivo-oggettivo una preposizione, quando l'oggetto una persona o considerato come persona; v. g. tuus erga patriam o in patriam amor (il tuo amore verso la patria); odium adversus homines (l'odio contro gli uomini); ma non si potr dire: amor in litteras. Si dice nomen regis (il nome del re, genitivo possessivo, e anche il nome, il titolo di re, come genitivo esplicativo); nomen carendi (mancare, essere privo); opus Academicorum (l'opera delle

Accademiche) (di Cicerone); flos rosae (il fiore della rosa); familia Scipionum (la famiglia degli Scipioni); dove il genitivo esprime l'idea speciale, il nominativo l'idea generale. I possessivi meus, tuus, suus, noster, vester fanno per lo pi le veci del genitivo soggettivo, come amor meus erga te (ego amo); all'incontro i genitivi dei pronomi personali mei, tui, sui, nostri, vestri, sono sempre oggettivi, come amor mei (l'amore verso di me); misericordia vestri (la compassione verso di voi). Tuttavia iniuria tua pu voler dire il torto che tu fai, e il torto che tu ricevi. Si dice altres per maggior efficacia: tua ipsius soror; vestra omnium salus; mea unius (solius) opera. (Costruzione secondo il senso, 191, 5, Nota 3). Quando si istituisce un paragone, il pronome dimostrativo, che abbia dopo di s un genitivo, ordinariamente non si esprime, per esempio: le leggi degli Spartani sono pi severe che quelle degli Ateniesi, leges Spartiatarum duriores sunt quam Atheniensium, oppure, quam leges Atheniensium; non quam eae Atheniensium. Talvolta si accorcia la frase: quae tam excellens virtus in ullis fuit, ut sit cum maioribus nostris comparanda? anzich dire cum virtute maiorum nostrorum (con quella dei nostri maggiori) (comparatio compendiaria). Talvolta si sottintende il nome che regge il genitivo (ellissi), come: habitabat rex ad Iovis Statoris (cio aedem o templum); Ptolemaeus Lagi (cio filius); Terentia Ciceronis (cio uxor). 211. Genitivo di qualit. Un sostantivo con un aggettivo posti nel caso genitivo e retti da un altro nome servono a esprimere una qualit o una propriet. Il genitivo di qualit o si unisce come attributo immediatamente ad un nome (genitivo attributivo) o si aggiunge come predicato al verbo esse (genitivo predicativo). Tarquinius fratrem habuit Aruntem, mitis ingenii iuvenem. Athenienses belli duos duces deligunt, Periclem, spectatae virtutis virum, et Sophoclem, scriptorem tragoediarum. Titus tantae fuit liberalitatis, ut nihil cuiquam negaret. 211. Le qualit del corpo e le qualit dell'animo temporanee si esprimono in ablativo, per esempio: Agesilaus statura fuit humili. Este animo forti et erecto.

Dirai: homo magni ingenii (un uomo d'ingegno) (e anche vir summo ingenio, ablativo di qualit 225), ma non homo ingenii senza l'aggettivo; similmente eiusmodi res (siffatta cosa); puer novem annorum; fossa quindecim pedum; res magni laboris. Si dice per meglio tridui via che non via trium dierum. 212. Genitivo partitivo e genitivo di quantit. Frequentissimo l'uso del genitivo per indicare il tutto, di cui fa parte una data cosa, o di che si compone una determinata quantit; di qui nascono due sorte di genitivi, cio il genitivo partitivo e il genitivo di quantit. 1. Si usa il genitivo partitivo con i numerali, con i pronomi, con i comparativi e superlativi, dove in italiano si adoperano le preposizioni di, fra ecc. Nemo discipulorum (nessuno degli scolari); multi discipulorum (molti degli scolari o fra gli scolari); quis vestrum? (chi di voi?); maior fratrum (il maggiore dei [due] fratelli); optimus omnium (il migliore di tutti o fra tutti). Questo genitivo s'adopera spesso dopo quis, aliquis, quidam, quisquam, uter, alter, neuter, uterque, alterter, aliquot, solus, nullus, nonnulli, multi, pauci, nemo, hic, ille ecc. Multae istarum arborum mea manu satae sunt. Hem! nos homunculi indignamur, si quis nostrum interiit. Excellentissimi Persarum reges Cyrus et Darius fuerunt, quorum prior apud Massagtas in proelio cecidit. Socrates omnium sapientissimus oraculo Apollinis iudicatus est. Si avverte che dire hic discipulus e hic discipulorum sono due cose diverse, cos come per multi milites e multi militum. Con uterque il nome sostantivo si mette allo stesso caso, come: uterque frater, uterque consul, mentre il pronome si mette al genitivo, come eorum uterque, quorum

utrique, utrumque nostrum. Si dice Indus estomnium fluminum maximus (non maximum) quando il soggetto prima, mentre al contrario: velocissimum omnium animalium est delphinus, se precede il superlativo con il genitivo partitivo. Invece del genitivo si sa anche l'ablativo con la preposizione e o ex, talvolta anche laccusativo con inter. Unus si costruisce con ex o de, quando non succedono alter, tertius ecc., per esempio: unus ex tribus, unus de multis; nel caso contrario prende dopo di s il genitivo, come quorum unus, alter ecc., come per esempio: tria sunt Graecorum genera, quorum uni sunt Athenienses, Aeles alteri, Dores tertii nominantur. I numerali rifiutano il genitivo del pronome, quando si vuole indicare non una parte, ma una totalit, per esempio: Niobe omnibus liberis quos (non quorum) duodecim habuit, orbata est. Vos, praesertim cum tam pauci sitis, volui esse quam coniunctissimos (non vestrum pauci). Trecenti iuravimus (non trecenti nostrum). Si noti qui la persona del verbo. 212. Il genitivo partitivo dipende talvolta anche da avverbi di grado superlativo. Omnium virtutum maxime laudamus iustitiam.

2. Si usa il genitivo di quantit con i sostantivi, con gli aggettivi e pronomi neutri e con gli avverbi usati a modo di sostantivi. Multitudo hominum (una moltitudine d'uomini); modius tritici (un moggio di grano); quinque pondo auri (cinque libbre d'oro). Multum pecuniae (molto denaro); satis eloquentiae, sapientiae parum (assai eloquenza, poco sapere); aliquid temporis (alquanto tempo); nihil prudentiae (nessuna prudenza). Si usa tale genitivo dopo: acervus, copia, cohors, grex, manus, multitudo, numerus, pars, pondus, talentum, turma, vis; multum, plus, plurimum, paulum, minus, minimum, tantum, quantum, nimium; hoc, illud, istud, id, idem, quod, quid, aliquid, quidquid, quidquam; nihil, satis, parum, nimis, abunde. I neutri adoperati sostantivamente reggono il genitivo solamente quando sono al nominativo e all'accusativo, quindi si dice multum auri, ma bisogner poi dire cum multo auro, non auri. Multi modii salis simul edendi sunt, ut amicitiae munus expletum sit. Mundus animorum consentientium multitudine completus est. Potest quidquam absurdius esse, quam quo minus viae restat, tanto plus viatici quaerere? lustitia nihil expetit praemii, nihil pretii. Nemo nostrum ignorat, quid consilii ceperis. Hanno pressappoco lo stesso valore quid consilii e quod consilium, nihil praemii e nullum praemium; multum pecuniae e magna pecunia. Nella stessa maniera s'adopera il genitivo singolare neutro degli aggettivi della seconda declinazione, per esempio: tantum mali (tanto male); aliquid novi (qualcosa di nuovo); nihil pulchri (niente di bello). Se per l'aggettivo della terza declinazione, si mette al nominativo, come aliquid dulce (qualcosa di dolce); nihil memorabile (niente di memorabile); nihil melius (nulla di meglio); nihil eminens (nulla di eminente). Si dir unitamente aliquid novi ac memorabilis perch precede un aggettivo della seconda declinazione, ma aliquid memorabile ac novum, perch prende l'aggettivo della terza. Anche gli avverbi di luogo si usano in questo modo con il genitivo: ubi terrarum, ubi gentium (in quale parte del mondo); eo oppure huc arrogantiae (a tal segno di arroganza). 213. Genitivo oggettivo con gli aggettivi. Gli aggettivi che denotano desiderio, scienza, perizia, partecipazione, memoria, possesso, abbondanza, ricchezza, o i loro contrari, si costruiscono con il genitivo, come avidus pecuniae (avido di denaro); rei militaris peritus (esperto nelle cose militari); beneficii memor (ricordevole del beneficio); rationis particeps (fornito di ragione); mentis compos (che nel suo buon senno); gaudii plenus (pieno di gioia).

213. Simili a questi sono gli aggettivi: cupidus (bramoso); studiosus (studioso, curante); conscius (consapevole); ignarus (ignorante); imperitus (imperito); rudis (rozzo); immmor (dimentico); fecundus, ferax, fertilis (fecondo, fertile); sterilis (sterile); expers (privo); impos (che non padrone); pauper, inops (povero); inanis (vuota) ecc. Multi contentionis sunt cupidiores, quam veritatis. Pythagoras sapientiae studiosos appellavit philosophos. Sapiens homo ac multarum rerum peritus ad res iudicandas requiritur. Nihil, quod animi rationisque expers est, generare ex se potest animantem compotemque rationis. Humana omnia piena sunt errorum. Omnes immemorem beneficii oderunt. Papirii aetas ferax virtutum fuit. Refertus (pieno) si usa perlopi con l'ablativo: vita undique referta bonis. Questo caso si d pure talvolta agli altri aggettivi, che denotano abbondanza o difetto (cfr. 229).

I poeti e anche i prosatori posteriori al buon secolo usano ancora liberamente un genitivo dopo altri aggettivi per analogia del greco, come anxius animi; integer vitae scelerisque purus; dubius viae; insuetus laboris ecc. Anche nella buona prosa si dice pendre animi (esser sospeso, essere in dubbio); nel plurale per altro solamente pendre animis. 214. Genitivo oggettivo con i participi. Reggono altres il genitivo i participi presenti di alcuni verbi transitivi, quando si usano per indicare uno stato o una qualit permanente, anzich un'azione, per esempio: amans gloriae (amante della gloria). Romani semper appetentes gloriae fuerunt. Epaminondas adeo fuit veritatis diligens, ut ne ioco quidem mentiretur. Patiens frigoris si dice di chi sofferente del freddo, che cio pu sopportarlo; patiens frigus colui che, in un dato momento, sente o patisce il freddo. 215. 1. Genitivo possessivo predicativo con i verbi suon e fio. I verbi sum e fio con il genitivo significano essere o divenire propriet di qualcuno, esser dovere o ufficio, esser segno. Divitias sine divitum esse; tu virtutem praefer divitiis (lascia che siano dei ricchi). Omnia, quae mulieris fuerunt, viri fiunt dotis nomine. Cuiusvis hominis est errare, nullius nisi insipientis in errore perseverare. Sapientis iudicis est, semper quid lex et religio cogat cogitare. Ut res adversas, sic secundas immoderate ferre levitatis est. 2. Anzich usare il genitivo dei pronomi personali (mei, tui ecc.), si usa il neutro dei possessivi corrispondenti, come meum est (tocca a me, spetta a me ecc.). Si cuiusquam, certe tuum est, nihil praeter virtutem in bonis ducere. Nostrum est ferre modice populi voluntates. 215. Allo stesso modo si dice, omettendo esse: sapientis iudicis videtur (sembra cosa da savio giudice); meum videtur (putatur, manet) (sembra, si crede ecc.) (debito mio; compito mio).

Anche facere si costruisce come fieri, con il genitivo possessivo. Totam Galliam suae potestatis fecit (rec in suo potere tutta la Gallia). Dicendo hoc dicere arrogantis est ( da arrogante), si caratterizza una classe di persone; dicendo invece hoc dicere stultum est ( stoltezza) si caratterizza un'azione. 216. Genitivo oggettivo con i verbi di ricordare. I verbi di ricordare o dimenticare vogliono perlopi nel genitivo il nome della persona o della cosa. Tali sono i verbi admoneo, commoneo e commonefacio aliquem (avvertire qualcuno, ricordare, ricondurre alla memoria qualcuno); memini e reminiscor (rammentarsi); recordor (ricordarsi); obliviscor (dimenticarsi); anche venit mihi in mentem alicuius (mi viene in mente, mi ricordo di qualcuno). Alcuni di questi verbi reggono alle

volte anche l'accusativo o l'ablativo con de. Res adversae admonent religionum. Grammaticos officii sui commonemus. Nemo est in Sicilia, quin tui sceleris ex illa oratione commonefiat. Animus meminit praeteritorum, praesentia cernit, futura praevdet. Proprium est stultitiae, aliorum vitia cernere, oblivisci suorum. Homo improbus ipse certe aliquando agnoscet et cum dolore recordabitur flagitiorum suorum. Venit mihi Platonis in mentem. - Recordor memoriam pueritiae ultimam. Libenter beneficia memini, obliviscor iniurias. Con admoneo si adopera spesso il pronome o aggettivo pronominale neutro all'accusativo, come hoc te admoneo; multa me admonuit (non huius-multorum) ( 202, 2). Similmente si dice hoc te moneo o moneo te de hac re, non huius rei. Con obliviscor il nome di persona si mette sempre al genitivo, con recordor sempre all'ablativo con de; laddove il nome di cosa si costruisce perlopi all'accusativo. Memini patrem, vuol dire mi ricordo ancora di mio padre; memini patris (mi viene in mente mio padre, penso ora a mio padre, oppure faccio menzione di mio padre. Circa il genitivo oggettivo con i verbi piget, pudet ecc. cfr. 196. 217. Genitivo del delitto o della pena. Con i verbi accusare, convincere, assolvere, condannare il nome del delitto e talvolta anche quello della pena si pone di regola al genitivo (oggettivo). I principali tra questi verbi sono: accusare, incusare, arguere, insimulare (accusare); arcessere, postulare, reum facere (citare, chiamare in giudizio); coarguere, convincere (convincere); damnare, condemnare (condannare); absolvere, liberare (assolvere). Capitis reus (reo di morte, accusato di delitto capitale). Capitis aliquem accusare (accusare qualcuno di delitto capitale). 217. Milltiades proditionis accusatus et quamquam capitis absolutus, tamen pecunia multatus est. Socrates a iudicibus capitis damnatus est. Cicero Verrem avaritiae coarguit. Coelius iudex absolvit iniuriarium eum, qui Lucilium potam in scena nominatim laeserat.

Il nome della pena con il verbo damnare si mette al genitivo, per esempio: damnare capitis (condannare a morte), ma anche damnare capite. Con lo stesso verbo damnare son pure usati i genitivi quanti (a quanto) e dupli (al doppio), ma se la pena consiste in una determinata somma di denaro, si adopera l'ablativo, come decem millibus aeris damnatus est ( 303, 2). Quando si debbano indicare altre sorte di pena, il verbo condannare si rende in latino con multare e si costruisce con l'ablativo, come pecunia multare (multare in denaro a una somma indeterminata); exilio (alla pena dell'esilio); morte (a morte). Il nome crimen si pone con il verbo accusare all'ablativo, come accusabo te eodem crimine (non criminis). Si pu dire egualmente bene: accusare aliquem repetundarum e de repetundis (accusare qualcuno di estorsione) e cos pure parricidii e de parricidio, ma solamente accusare de vi. Cicerone scrisse: accusare inter sicarios (accusare di assassinio). Si dice anche: condemnare aliquem ad bestias (alle fiere); in metalla (alle miniere). Nel linguaggio estragiudiziale il verbo accusare e simili hanno spesso il senso di riprendere, biasimare, come accusare (incusare) neglegentiam alicuius (biasimare la negligenza di qualcuno). 218. Genitivo di stima. Con i verbi di stimare, valere tutti gli aggettivi di quantit, che denotano il prezzo o il valore, si mettono al genitivo, quindi: magni duco, facio, puto, aestimo, pendo (stimo grandemente); pluris sum (valgo di pi); maximi fio, habeor (sono stimato, valgo moltissimo). Si usano nello stesso modo i genitivi permagni, plurimi, parvi, minoris, minimi, tanti, quanti. Multi non usato e al posto suo si dice magni, cos pure non si dice maioris, ma pluris e nihili ricorre anch'esso di rado. La persona presso la quale si gode la stima si pone al dativo o accusativo con apud.

Voluptatem virtus minimi facit. Agere considerate pluris est, quam cogitare prudenter. Sapientis viri est, opes atque divitias et quae sunt generis eiusdem parvi ducere. Auctoritas regis magni habetur. Meae litterae magni vobis (apud vos) erant. Genitivo di prezzo. Con i verbi di comprare, vendere, costare, dare o prendere in affitto e simili, si usano al genitivo i quattro aggettivi tanti, quanti, pluris e minoris; gli altri aggettivi e tutti i sostantivi si mettono all'ablativo ( 222). Perci si dir: tanti hunc hortum emi (ho comperato questo giardino per tanto, l'ho pagato tanto) e similmente per quanti, pluris, minoris. Ma si dir solamente parvo eum emi, e cos magno, plurimo, minimo, vili, nihilo, duobus talentis eum emi. 218. Sono da annoverarsi fra questi verbi i seguenti: emere (comprare); vendere (vendere); venire (esser venduto); redimere (riscattare); constare (costare); conducere ( prendere in affitto; prendere a fare); locare (dare in affitto); licere (esser messo allasta). Vendo meum frumentum non pluris, quam ceteri, fortasse etiam minoris. Homo cupidus hortulos tanti emit, quanti venditor voluit. Hortos istos emamus vel magno, si parvo non possumus. Te redimas captum quam queas minimo; si nequeas paululo, at quanti queas.

Si dice ancora: hunc hominem flocci (nauci, pili, assis) non facio (non lo stimo un frullo, un fico, una mano di noccioli ecc.). Tanti est (vale la spesa). 219. 1. Il verbo impersonale interest (importa), si costruisce con il genitivo della persona; come patris interest (importa al padre), ma se, invece del nome di persona, usato un pronome personale, questo si traduce con l'ablativo singolare femminile del corrispondente pronome possessivo; quindi anzich mei interest (importa a me), si dir me interest, e cos tu, su, nostr, vestr interest. 2. Questi ablativi (pi di rado il genitivo) sono anche usati con il verbo rfert (importa), per esempio: nostr refert (importa a noi). Natura corvis et cornicibus, quorum id nihil interest, vitam diuturnam, hominibus, quorum maxime interfuit, exiguam vitam dedit Caesar dicere solebat, non tam sua, quam rei publicae interesse, ut valeret. Vestra nihil refert, victum esse Antonium. Tua quod nihil refert, percontari desinas. Il soggetto dei verbi interest e refert non d'ordinario un sostantivo, ma una proposizione e questa con l'infinito cio un accusativo con l'infinito ( 270), oppure con ut o anche con un'interrogazione indiretta. Interest omnium recte facere. In omnibus novis coniunctionibus multum interest, qualis primus aditus sit (il primo passo). Le espressioni generiche che, ci che, quello che (importa) si rendono in latino con quod, id, illud. La misura dell'importanza che si attribuisce a una cosa, si esprime a) con gli avverbi magnopere, valde, vehementer, magis, maxime, parum, minus, minime; b) con gli accusativi multum (non multum, poco), plus, plurimum, tantum, quantum, nihil, aliquid, quid? c) con i genitivi: magni, pluris, tanti, quanti, parvi (poco). La cosa per la quale si dice che un'altra cosa importa o non importa, viene espressa con ad. Maxime ad salutem omnium interest, ut omnes legibus oboediant. Si usa per talvolta al suo posto anche il genitivo: plurimum interest salutis communis (per la comune salvezza). Interest si usa talvolta, mentre rfert si usa molto spesso senza alcun nome di persona. Quid refert? (che importa?) Uso dell'Ablativo 220. L'ablativo in latino serve ad esprimere un gran numero di relazioni, che nella lingua italiana vengono comunemente -significate per mezzo delle preposizioni con, da, per, in, di .

1. Ablativo di strumento o del mezzo. Qualsivoglia nome indicante lo strumento, con il quale si compie un'azione o il mezzo con cui si ottiene un effetto si pone allablativo senza proposizione, per esempio: oculis cernimus (vediamo con gli occhi). Sol luce sua cuncta illustrat. Dente lupus, cornu taurus petit. Benevolentiam civium blanditiis et assentando colligere turpe est. Se lo strumento o il mezzo sono rappresentati da un nome di persona, questo nome si deve porre all'accusativo con la preposizione per, come: per legatos eum certiorem facit; per me (oppure mea opera) factum est. Per accennare accompagnamento di persona o di cosa si usa l'ablativo con la preposizione cum: cum patre profectus sum; cum rege locutus sum; cum magno damno abiit; cum gladio, cum magna pecunia venit (ma invece: hunc agrum magna pecunia emi). Bisogna distinguere il complemento di mezzo da quello di compagnia, per esempio: Caesar paucis militibus oppidum cepit (prese la citt per mezzo di pochi soldati). Caesar cum equitibus in castra pervenit (in compagnia della cavalleria). Con agmine e comitatu si pu tralasciare il cum: Pompeius paucorum equitum comitatu in castra pervenit. Ablativi di mezzo sono: equo, curru, navi vehor (andare a cavallo, in cocchio, su nave); navibus o classe proficiscor (mettersi in mare con le navi, con la flotta); pila ludo (giocare a palla). Sono anche ablativi di mezzo: tenere se castris (nell'accampamento); recipere aliquem tecto (accogliere qualcuno sotto il suo tetto) e simili. In senso figurato per altro si dice solamente: recipere aliquem in amicitiam. 2. Ablativo di causa efficiente. Con i verbi passivi e con gli intransitivi il nome, che denota la causa efficiente, si mette all'ablativo senza preposizione. Boni nullo emolumento impelluntur in fraudem, improbi saepe parvo. Trahimur omnes studio laudis et optimus quisque maxime gloria ducitur. Corpora iuvenum firmantur labore. Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur. 3. Ablativo dell'agente. Con i verbi passivi il nome, indicante la persona operante, si mette all'ablativo con la preposizione a o ab. Roma a Romulo, Alexandra ab Alexandro condita est. Alexander ab Apelle potissimum pingi et a Lysippo fingi volebat. 220. Con i participi natus, ortus, genitus, il nome del padre o della madre si esprimono con il semplice ablativo e alle volte anche con l'ablativo preceduto dalla preposizione ex, specialmente con i pronomi. Quod ex nobis natos appellamus liberos, idcirco Cerere nati appellati sunt Liber et Libera. Si dir per altro: oriundus oppure ortus a claris maioribus (discendenza pi remota). Similmente si dice natur (naturalmente, di o per natura, dove si voglia indicare la ragione); a natura (dalla natura, quando questa viene considerata come persona). Nella seguente frase: per quos et a quibus homines occisi sunt? la preposizione a con l'ablativo indica l'origine ossia gli autori del fatto, la preposizione per con l'accusativo gli agenti ossia gli esecutori dell'azione. Si adopera l'ablativo con ex quando gignor, nascor, orior sono usati in senso figurato, per esempio: metus ex culpa nascitur. La sorgente dei fiumi si esprime con il verbo orior e l'ablativo con e o ex: Padus ex Alpibus oritur.

221. Ablativo di causa. 1. Il nome che significa la causa, in cui si svolge un'azione, un avvenimento o uno stato qualunque dell'animo o del corpo, si mette all'ablativo senza preposizione. I pi frequenti ablativi di causa sono quelli, che denotano una disposizione dell'animo, come dolore, ir, studio, odio, metu, timore, cupiditate, avariti, spe, misericordi, benevolenti, amore, taedio, molliti, che in italiano ordinariamente si esprimono con la preposizione per. Multi metu mortis vim tormentorum pertulerunt. Nimio gaudio paene desipiebam. Multi officia

deserunt mollitia animi. Nolito putare, me oblivione tui rarius ad te scribere. Regale civitatis genus non tam regni, quam regis vitiis repudiatum est. 2. Conforme all'esposto principio, si costruiscono molto spesso con l'ablativo i verbi e gli aggettivi, che significano un affetto o una condizione morale dell'uomo. Tali sono i verbi dolere, maerere, laborare, gaudere, laetari, delectari, exsultare, gloriari, triumphare; gli aggettivi laetus, anxius, contentus. A questi si aggiungano i verbi niti, fdere, confdere e diffdere, che reggono l'ablativo del nome di cosa (fdo e confdo anche il dativo), e l'aggettivo fretus (appoggiato, che confida). Omnes boni interitu suorum maerent. Diversis duobus vitiis, avaritia et luxuria, civitas Romana laborabat. Delicto dolere, correctione gaudere oportet. Nulla re tam laetari solco, quam meorum officiorum conscientia. Contentum suis rebus esse maximae sunt certissimaeque divitiae. Haec ad te scripsi fretus conscientia benevolentiae tuae. Quis poterit aut corporis firmitate aut fortunae stabilitate confidere? I nomi indicanti un sentimento dell'animo, quando sono adoperati come ablativi di causa, ricevono d'ordinario per rinforzo un participio, per esempio: odio permotus; amore ductus; cupiditate impulsus; ira incensus o inflammatus; ardens odio; flagrans cupiditate; timore permotus; mentre si dice semplicemente odio, per odio, timore, per timore. Talvolta vi si aggiunge una preposizione, come prae timore (per timore). 221. Me caus (a causa mia); me ipsius caus (per causa, di me stesso) ( 238, 9); tu, su, nostr, vestr caus. Ea de causa e ob eam causam, perci: amicorum causa o amicorum gratia, posponendo al genitivo i nomi causa e gratia (per riguardo degli amici, 164 Nota 1, n. 4). Con gli altri nomi si usa l'ablativo: consilio Themistoclis (per consiglio di Temistocle); iussu consulis (per ordine del console); iniussu populi (senza comando del popolo); mandatu meo (per mio incarico); e cos monitu, admonitu, permissu ecc.

Alcuni dei verbi anzidetti possono anche costruirsi con le preposizioni, come laetari aliqua re e in aliqua re; dolere aliqua re e de o exaliqua re. Si dice sempre: laborare ex capite (aver mal di capo) e similmente: laborare ex dentibus; ex intestinis; ex pedibus. Gloriari regge anche la preposizione de o in: gloriari de e in aliqua re. Si dice quasi sempre se iactare in aliqua re (vantarsi di qualcosa) e talvolta anche iactare aliquam rem (vantare qualcosa). Acquiescere (accontentarsi) si costruisce quasi sempre con in: acquiescere in aliqua re. 222. Ablativo di prezzo. I sostantivi denotanti il prezzo o il valore di checchessia, quando si riferiscono a verbi come stimare, costare, valere, comprare, vendere ecc., si mettono all'ablativo. Otium non gemmis neque purpura venale (est) neque auro. Viginti talentis unam orationem Isocrates vendidit. Darus mille talentis percussorem Alexandri emere voluit. Si dice: quanti habitas? (quanto paghi di pigione?); parvo (poco); duobus millibus nummum (duemila sesterzi). 223. Gli aggettivi dignus (degno) e indignus (indegno) si costruiscono ordinariamente con l'ablativo. Riguardo al costrutto dignus qui, vedere il 258. Excellentium civium virtus imitatione, non invidia digna est. Nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate et clementia. In summa difficultate nulla vox audita est populi Romani maiestate indigna. Anche il verbo dignor (considerare degno; esser stimato degno) regge l'ablativo. Res dissimiles saepe consimili laude dignantur. 224. Ablativo di modo. Il nome che indica il modo con cui si a una cosa si mette all'ablativo: 1 senza preposizione, quando esprime l'idea del modo in genere, come hocmodo, hac ratione (in questa maniera); graeco more (alla greca; i costumi dei Greci); pecudum ritu (a guisa delle bestie);

nostra consuetudine (secondo la nostra usanza); hac lege (a questo patto); certis conditionibus (sotto alcune determinate condizioni); 224. 2 con la preposizione cum, quando il modo specificato, senza accompagnamento d'aggettivo, per esempio: cum diligentia (con diligenza), che equivale a diligenter (diligentemente); cum fide (con fedelt); cum voluptate (con piacere); cum ignominia (con ignominia).

Si usa anche nello stesso senso la preposizione per con l'accusativo, come per dedecus (con disonore); per iocum (per scherzo); per iniuriam (a torto); per litteras (per lettera); per occasionem (per occasione); per insidias (insidiosamente); 3 con o senza la preposizione cum, quando il nome del modo accompagnato da un aggettivo, per esempio: magna cum diligentia e magn diligenti (con grande diligenza); incredibili cum celeritate e incredibili celeritate (con incredibile prestezza). Quid aliud est, gigantum modo pugnare cum diis, nisi naturae repugnare?Beate vivere et honeste id est cum virtute vivere. Is cultus deorum est optimus, ut eos semper pura mente veneremur. Albucium cum multa venustate risit Lucilius. Fra questi ablativi sono molto usati i seguenti: iure (a buon diritto); iniuri (a torto); ratione et via (ragionatamente, metodicamente); voluntate (sponte) (spontaneamente); silentio (in silenzio, silenziosamente); ordine (con ordine, ordinatamente). I nomi che denotano un sentimento si uniscono anche ad un attributo senza cum: aequo animo (di buon animo, rassegnatamente); hoc consilio, ea mente (con tale intendimento). Per vim (in modo violento); vi (a viva forza, con forza); per ludum (per scherzo); per speciem (sotto l'apparenza); specie (in apparenza). A indicare labbigliamento si pu indifferentemente esprimere o tacere la preposizione cum. Sedebat cum tunica pulla; sedebat pulcherrimovestitu. Parlandosi di parti del corpo si omette cum: nudo capite incessit. Cum ferro (con la spada in mano); ferro (con la spada) (ablativo di strumento); ferro ignique (con ferro e con fuoco). 225. Ablativo di qualit. - L'ablativo serve anche a denotare le qualit delle cose e delle persone. A tal effetto per si richiede che il nome posto all'ablativo sia accompagnato da un aggettivo; si usa poi questo ablativo sia come attributo, sia come predicato. Agesilaus statura fuit humili et corpore exiguo. Cato in omnibus rebus singulari fuit prudentia et industria. Aristoteles, vir summo ingenio, prudentiam cum eloquentia coniunxit. Al posto dell'ablativo si pu anche usare il genitivo di qualit ( 211). Quando il sostantivo non accompagnato da un aggettivo ma da un numerale, si adopera sempre il genitivo: classis trecentarum navium. 225. Parlando invece di una parte del corpo, si adopera l'ablativo: Britanni capillo sunt promisso (i Britanni hanno lunga capigliatura).

226. Ablativo di limitazione. - L'ablativo senza preposizione serve anche a restringere il senso di un'enunciazione, dicendo entro quali limiti e in qual rapporto debba essere intesa l'enunciazione stessa. Multi utilitate officium dirigunt magis quam humanitate. Sunt quidam homines non re, sed nomine. Magnos homines virtute metimur, non fortuna. Socrates omnium eruditorum testimonio philosophorum omnium fuit facile princeps. Mea quidem sententia paci semper consulendum est. Allo stesso modo si dice maior natu (il maggiore d'et); maximus natu, minor natu, minimus natu; ma parlando di personaggi illustri, che ebbero lo stesso nome e vissero in tempi diversi, si omette

natu, per esempio: Cyrus maior, Scipio maior. Claudus altero pede (zoppo d'un piede). Mea sententia, meo iudicio (a mio avviso); ex mea sententia (conforme al mio desiderio); numero quinque (cinque di numero); genere (di nascimento); natione Gallus (di nazione Gallo). I poeti usano ancora un accusativo di limitazione alla maniera dei Greci, per esempio: longam vestem indutus per longa veste; os humerosque deo similis per ore humerisque; feminae Germanorum nudae erant brachia et lacertos. Questo accusativo si chiama comunemente accasativo greco. 227. Ablativo di paragone. 1. Il nome che serve di secondo termine al paragone, pu mettersi all'ablativo invece di quam con il nominativo o con l'accusativo, per esempio: filius patre maior est, anzich filius maior est quam pater. Patria mihi vita mea multo est carior. Nihil est amabilius virtute. Vilius argentum est auro, virtutibus aurum. Lacrima nihil citius arescere dicunt. Recte auguraris, nihil abesse a me longius crudelitate. Quem auctorem locupletiorem Platone laudare possumus? 2. Si usa pi comunemente l'ablativo che non la particella quam: a) nelle espressioni assolute, per esempio: hoc est luce clarius; b) dopo le negazioni: hoc nihil vidimus indignius; c) nelle interrogazioni: quis me fortior? d) nelle costruzioni dell'accusativo con l'infinito: constat terram luna esse maiorem. Ricorre sempre l'ablativo quando il secondo termine di paragone o formato dal relativo qui, quae, quod. Quo nihil indignius. 3. Due aggettivi o avverbi paragonati fra loro si pongono entrambi in latino al comparativo, per esempio: pestilentia minacior fuit quam periculosior ovvero magis minax quam periculosa. 227. 4. Degno di osservazione il modo latino che corrisponde a troppo per... che si traduce con maior quam ut o quam qui (quae, cuius) e il congiuntivo, per esempio: Isocrates maiore mihi ingenio videtur esse quam ut cum orationibus Lysiae comparetur. Si usa anche maior quam pro, per esempio: equites pulverem maiorem quam pro numero excitabant.

L'ablativo di paragone non usato, quando pu dar luogo ad ambiguit. Cos volendo esprimere questo concetto: Germani graviores hostes non sustinuerunt quam Romanos, non si pu al posto di quam Romanos mettere l'ablativo Romanis, che verrebbe piuttosto a far le veci di quam Romani. Con minus, plus, amplius (anche longius) in unione con sostantivi o aggettivi esprimenti il numero e la misura, spesso si tralascia quam conservando lo stesso caso che sarebbe richiesto dalla frase, quando non ci fossero quei comparativi. Plus pars dimidia ex quinquaginta millibus hominum caesa est (di rado quam pars o parte). Milites Romani plus dimidiati mensis cibaria ferebant. Minus due millia hominum ex tanto exercitu effugerunt. Il comparativo si unisce elegantemente agli ablativi opinione, spe, exspectatione e simili. Caesar opinione celerius advenit (pi presto che non si credeva); dove opinione sta per quam opinio erat (est, fuit). Nella stessa maniera si dice spesso spe citius o serius; solito magis; plus aequo ecc. Multi plus aequo in amicitiam congerunt. 228. Ablativo di misura. Si usa medesimamente l'ablativo per indicare di quanto una cosa o un'azione superi un'altra cosa o azione, per esempio: multo melior (assai migliore). Tale ablativo, detto di misura, si adopera specialmente con i comparativi, con i superlativi e con i verbi che indicano il pi o il meno, come malle, antecellere, praestare, superare, postponere ecc., per esempio: multo meo iudicio stare malo, quam reliquorum omnium (amo assai meglio seguire il mio

giudizio che quello di tutti gli altri). Hibernia dimidio minor quam Britannia. Diogenes disputare solebat, quanto regem Persarum vit fortunque superaret. Ego tanto pessimus omnium poeta, quanto tu optimus patronus. Si presti attenzione agli ablativi seguenti: quo... eo (quanto... tanto); quanto... tanto (quanto... tanto, oppure di quanto... di tanto), per esempio: quo quisque est doctior, eo est nequior (quanto pi un uomo dotto, tanto pi malvagio), dove si potrebbe dire altres doctissimus quisque nequissimus e anche ut quisque est doctissimus, ita est nequissimus. Con i sopraccitati verbi, eccettuato malo, si usano anche le forme avverbiali, longe, multum, tantum; rare volte ci avviene con i comparativi, mentre con i superlativi si usa per lo pi longe. 229. Ablativo d'abbondanza o di difetto. 1. I verbi che denotano abbondanza o difetto, vogliono all'ablativo il nome della cosa di cui qualcuno fornito o privo. Tali sono i verbi: abundare, redundare, affluere (abbondare); carere (mancare, esser privo); vacare (esser libero); egere, indigere (difettare, aver bisogno); implere, complere, refercire (riempiere, rimpinzare); privare, orbare (privare); spoliare, nudare (spogliare, svestire). Germania Galliaque abundant rivis et fluminibus. Monitio acerbitate carere debet. Quid afferre consilii potest, qui ipse eget consilio? Gravius est spoliari fortunis, quam non augeri dignitate. Deus bonis omnibus explevit mundum, mali nihil admiscuit.

Appartiene a questo caso la frase: afficere aliquem aliqua re; poen eos affecit (li pun); magno me dolore affecisti (m'hai recato gran dolore). Indigere nel senso di aver bisogno si costruisce con il genitivo, per esempio: consilii tui indigeo. Interdicere (interdire, vietare, si costruisce) con lablativo di cosa e il dativo di persona, come: Ciceroni aqua et igni interdictum est (fu vietato a Cicerone l'uso dell'acqua o del fuoco, cio fu mandato in esilio). Di rado si usa interdicere alicui aliquid. Nota ancora: lapidibus (lacte, sanguine) pluit (piove pietre, latte, sangue). 2. Anche i pi degli aggettivi d'abbondanza o di difetto reggono l'ablativo: praeditus (fornito); onustus (carico); inanis (vuoto); orbus (privo). Virtute qui praediti sunt, soli sunt beati. Omnia castella facile expugnari possunt, in quae potest asellus auro onustus ascendere. Orbus iis rebus omnibus sum, quibus natura me assuefecit. Con alcuni aggettivi di tale sorta si usa anche il genitivo ( 213) oppure l'ablativo con ab ( 232, 2). 230. Ablativo con opus est. - La locuzione impersonale opus est (fa al caso, occorre) si costruisce con il nome della cosa all'ablativo; consilio opus est (c' bisogno di riflessione). Vi si pu aggiungere al dativo il nome della persona che necessita di qualche cosa: mihi opus est libris (ho bisogno di libri). Opus est pu per altro costruirsi anche in forma personale, ed allora il nome della cosa si pone come soggetto al nominativo, come: mihi opus sunt libri (mi occorrono dei libri) (opus, indeclinabile 47, 1, 2). Questa costruzione personale ha per luogo preferibilmente nelle proposizioni affermative e quando ci che occorre espresso con il neutro di un aggettivo o di un pronome. Multis non duce tantum opus est, sed adiutore et coactore. Dux nobis et auctor opus est (e anche duce, auctore). Ma se la proposizione negativa, la costruzione non pu essere altro che impersonale. Nihil opus est duce. Quid opus est exemplo? Si dice quantum opus est, multa opus sunt (neutro di aggettivi), non quanto, multis opus est, anche nelle proposizioni negative e interrogative. 230. Se la cosa espressa per mezzo d'un verbo, si usa: a) l'infinito o l'accusativo con l'infinito ( 270, 1); b) l'ablativo del participio perfetto passivo: quod parato opus est, para; c) il supino in -u ( 291).

231. I cinque deponenti fror, fungor, potior, utor e vescor vogliono il loro oggetto all'ablativo, come: frui otio (goder l'ozio); fungi munere (adempiere ad un compito, un dovere); potiri imperio (impadronirsi del comando); uti ratione (far uso della ragione); vesci carne (cibarsi di carne, mangiar carne). Lo stesso si dice dei composti perfruor, defungor, abutor ecc. Commoda, quibus utimur, lucemque, qua fruimur, spiritumque, quem ducimus, a deo nobis dari videmus. Nemo parum diu vixit, qui virtutis functus est munere. Imperator urbe potitus est. Numdae plerumque lacte et ferina carne vescebantur. Nel senso di impadronirsi del supremo potere si dice solamente potiri rerum, mai rebus. Si notino ancora i seguenti modi: facili me utetur patre (trover in me un padre indulgente); utor eo doctore (lo ho per maestro). 232. Ablativo d'allontanamento. 1. I verbi che denotano allontanamento, come arcere (tener lontano), expellere (scacciare, desistere, cessare), deterrere (distogliere), excedere (partire), liberare (liberare), abstinere o abstinere se (astenersi) ecc., vogliono il nome della cosa o della persona, da cui un'altra cosa o persona si allontana, nel caso ablativo. Quest'ablativo, se il nome di cosa, viene preceduto dalla preposizione a o ex, o pu stare senza preposizione; se invece il nome di persona, sempre accompagnato dalla preposizione a o ab. Apud Germanos quemcunque mortalium arcere tecto nefas habetur. Tarquinius Superbus urbe expulsus est. Homines ab iniuria natura, non poena arcere debet. Hannibal ex Italia decedere coactus est. Themistocles Graeciam servitute liberavit. Pos mortem animus a corpore liberatus erit. Abdicare se dictatura (deporre la dittatura); aliquem tribu movere (scacciare qualcuno dalla trib). Prohibere hostem a rapinis oppure rapinis (impedire le ruberie al nemico); al contrario prohibere rem publicam a periculo oppure periculo (guardare, salvare lo stato da un pericolo). Similmente si dice defendere ab iniuria (difendere da un'ingiustizia), mai con l'ablativo solo; defendere iniuriam (allontanare, respingere un'ingiustizia), mai in questo senso con l'ablativo. I verbi composti di se e dis reggono quasi sempre l'ablativo con a o ab. Tali sono i seguenti: secerno, sepro, seiungo, separo (disgiungo); disto, differo (essere diverso, differire); discerno, distinguo (discernere, distinguere); per lo pi anche alino (rimuovere); abhorreo (aborrire), per esempio: a scelere (dallagire disonestamente). Anzich dissentire ab aliquo (non esser d'accordo con qualcuno), si dice, quasi nello stesso senso, anche dissentire cum aliquo. 232. 2. Gli aggettivi alienus (alieno), purus (puro, scevro), immunis (esente), liber (libero), vacuus (vacuo, esente), racchiudendo in s la nozione di allontanamento, reggono anchessi l'ablativo, sia con la preposizione a sia senza preposizione, per esempio: curis vacuus (che senza affanni); ab exercitationibus vacuum tempus (tempo libero da esercizi); tutus a periculo (sicuro dal pericolo, fuori di pericolo). Animus per somnum curis vacuus est. Artibus variis ita eram deditus, ut ab exercitationibus nullus tamen dies vacuus esset. Nihil a me commissum est, quod alienum esset nostra amicitia. Avaritia aliena est a bono viro.

233. Ablativo di luogo. 1. Per accennare il luogo, ove si trova una cosa, si adopera ordinariamente l'ablativo con la preposizione in. Ma il nome locus si mette all'ablativo senza preposizione, e cos pure ogni altro sostantivo, cui si trovi unito l'aggettivo totus (cfr. 200). Omnibus locis virtus coli potest. Tyriorum coloniae paene toto orbe terrarum diffusae sunt. Hoc loco (in questo luogo); opportuno loco (in un luogo opportuno); suo loco e anche

semplicemente loco (raramente in loco) (al suo posto); parentis loco o parentis numero esse alicui (fare a qualcuno da padre; esser considerato padre da qualcuno); toto mari (in tutto il mare); tota Italia (in tutta Italia) ecc. Terra marique (anche et mari et terra) (in terra e in mare); in mari (sul mare); in terra (in terra); dextr (a destra); sinistr (a sinistra). Dicendo hoc libro disputatur de officis si accenna a tutto il contenuto del libro, mentre laddove si dice in hoc libro s'accenna a una parte soltanto, ad un luogo di esso. 2. Per indicare la via e la direzione nella quale si fa un movimento, si adopera l'ablativo senza preposizione. Demonstrabo iter; Aurelia via profectus est. Lapis cadens recta linea deorsum fertur. Qua? (da quale parte? per quale via?); hac, e (da questa, da quella parte); rect (per la diritta via, dirittamente). Port Collin e anche per portam Collinam (per la porta Collina, una delle porte di Roma). Dextra parte (dalla parte destra, considerata come linea); in dextra parte (nella parte destra, considerata come un punto). 234. Ablativo di tempo. 1. I nomi che indicano il tempo in cui accade qualche cosa si mettono all'ablativo senza preposizione, per esempio: hoc tempore (in questo tempo); hieme (nellinverno); nocte o noctu (di notte); occasu solis (al tramonto del sole); luce (di giorno) (Cfr. 199 bis). Roma condita est anno septingentesimo quinquagesimo tertio ante Christum natum. Virtus nullo tempore relinquenda est. Qua notte Alexander natus est, eadem templum Dianae Ephesiae deflagravit. 234. Hoc tempore (in questo tempo); in hoc tempore (in questa condizione di cose; in questo frangente). Extrema pueritia (sul fine della fanciullezza), ma se il nome che indica la vita o let dell'uomo non accompagnato da aggettivi, vi si aggiunge la preposizione e si dir quindi in pueritia, in vita. Initio, principio (raramente in) (in principio, dapprima); ab initio (a principio, da principio, sin da principio). Luculli adventu (all'arrivo di Lucullo); comitiis (nel tempo dei comizi; cos pure ludis (nel tempo dei giochi); contionibus (nel tempo delle adunanze).

Si usa anche l'ablativo senza preposizione per indicare lo spazio di tempo nel quale si compie un'azione. Agamemnon cum universa Graecia vix decem annis unam urbem cepit (in dieci anni, cio nel giro di dieci anni). Si potrebbe anche dire in questo caso intra decem annos. Con un avverbio numerale s'aggiunge in, come bis in die (due volte al giorno); ter in anno (tre volte all'anno). 2. Anche per indicare quanto tempo prima o dopo sia succeduta un'azione, si adopera l'ablativo senza preposizione posponendo o interponendo alla frase gli avverbi ante o post, per esempio: tribus annis ante o post, oppure tribus ante o post annis (tre anni prima o dopo); paulo ante (poco prima); multo post (molto tempo dopo). Themistocles fecit idem, quod viginti annis ante fecerat Coriolanus. Corpus Alexandri paucis post annis Alexandriam translatum est. Numa Pompilius permultis annis ante fuit, quam Pythagoras. Con ante e post adoperati come avverbi l'ablativo non propriamente ablativo di tempo, ma ablativo di misura (cfr. 228). Se ad ante e post segue quam, questa pu affiggersi a quelli e formare con essi una sola parola: Panaetius triginta annis vixit, postquam libros de officiis edidit. Quando il nome di tempo posto all'ablativo si pu anche omettere post: hoc factum est tertio anno quam Aristides mortuus erat; nel qual caso pu anche mettersi al posto di quam il pronome relativo: mors Roscii quadriduo, quo is occisus est, Chrysogono nuntiatur. Tre anni fa (contando dal momento in cui si parla) si traduce in latino con ante tres annos, oppure abhinc tres annos, anche abhinc tribus annis, di rado ante hos tres annos. 235. 1. Per quel che riguarda l'uso dell'ablativo con le preposizioni, vedere 162 e 163. 2. I verbi ponere, collocare e altri di analogo significato, bench racchiudano l'idea di movimento e direzione verso un luogo, si costruiscono come i verbi di stato in luogo.

Tali verbi sono: a) ponre, collocare, locare (porre, mettere, collocare); b) stature, constiture (stabilire); c) consistre (fermarsi); considre (sedersi); 235. d) defgre (piantare); demergre (immergere); imprimre (imprimere, stampare); incdre (incidere, intagliare); incldre (racchiudere); inscrbre (iscrivere); insculpere (scolpire dentro o sopra); e) numerare (annoverare, riporre) e nello stesso senso anche putare, habere, dcre. Plato animi principatum, id est rationem, in capite sicut in arce posuit. Herculem hominum fama, beneficiorum memor, in consilio aeorum collocavit. Platoni in cunis dormienti apes in labellis consederunt. Catilina necesse putabat sicam in consulis corpore defigere. Veritas in profundo demersa est. Natura deorum notionem in omnium animis impressit. Phidias sui similem speciem inclusit in clipeo Minervae, cum inscribere nomen non liceret. Num voluptas numerari (putari, haberi, duci) potest in bonis?

I composti di ponere prendono egualmente in con l'ablativo; solo imponere ha in con l'accusativo. Caesar milites in naves imposuit. Similmente si dice: eo milites imposuit. 3. Advenire, congregare, nuntiare e altri verbi di analogo significato si costruiscono come i verbi di moto verso un luogo. Si dicesi perci: advenire in Graeciam (arrivare in Grecia) e similmente quo congregati sunt milites? eo, huc, Romam congregrati sunt. Si aggiungano: a) adventare (giungere, arrivare); appellre (approdare); b) convenire (adunarsi); congregare, cogre (radunare, raccogliere); c) nuntiare (annunziare). Apollinem ex Hyperboreis Delplios advenisse ferunt. Persae mille navium classem ad Delum appulerunt (approdarono a Delo con una flotta) ecc.; si dice naves appellere e navibus appellere, ed anche solo appellere. Mei capitis servandi causaRomam Italia tota convenit. Ratio ipsa dispersos homines unum in locum congregavit. Caesar copias unum in locum cogit. Necem Roscii Ameriam nuntiat Glaucia quidam, et nuntiat domum non filii, sed inimici. Romam nuntiatum est fugisse Antonium. Si dice anche: in silvas se abdiderunt (si nascosero nelle selve); ma con il participio perfetto passivo si dir: abditus in silvis (nascosto nelle selve). Usi particolari degli aggettivi e dei pronomi 236. Spesso in latino l'aggettivo in apposizione equivale in italiano ad un avverbio o a un modo avverbiale. Di tale gruppo sono specialmente: 1. Molti aggettivi participiali, per esempio: sciens calumniatus est (lo calunni scientemente, deliberatamente). Cos anche absens (in assenza); praesens (in presenza, in persona, personalmente); ignorans, insciens, (ignarus, nescius) (senza saperlo, sprovvedutamente); occultus (occultamente); mortuus (dopo morte); vivus (in vita); tacitus (tacitamente). 236. Hortensium vivum amavi, Crassum non odi mortuum. Natura ipsa de immortalitate animorum tacita iudicat.

2. I comparativi e superlativi degli aggettivi di luogo, come superior stabat lupus (pi su stava il lupo). Cos pure inferior, prior, propior, extremus, infimus, primus, princeps. Si aggiungano gli aggettivi: medius, unus, solus, totus (omnis, universus), frequens, creber, assiduus, rarus. Caesar constituerat, prior proelio non lacessere. Philosophiae nos nunc totos tradimus. Roscius

assiduus ruri vixit. 3. Gli aggettivi e i participi che accennano a uno stato o una disposizione dell'animo, come laetus, libens, sobrius, invitus, trepidus ecc. Socrates venenum laetus et libens hausit. Soli hoc contingit sapienti, nihil ut faciat invitus, nihil coactus. L'aggettivo denota in questi casi lo stato del soggetto e ha funzione di apposizione avverbiale (cfr. 191, 4), ma quando si voglia indicare il modo in cui si compie l'azione espressa dal predicato, si usa l'avverbio. Cfr. sciens calumniatus est e scienter calumniatus est. 4. Gli aggettivi derivati da nomi propri, come Hercules Xenophonteus (l'Ercole di cui parla Senofonte): pugna Leuctrica, Marathonia, Cannensis (la battaglia di Leuttra, cio avvenuta a Leuttra; di Maratona, di Canne); Cimon Atheniensis (Cimone d'Atene, cio nato in Atene). Cos pure epistula mea (la mia lettera, una mia lettera, cio lettera scritta da me). Quando la specificazione appartenga al predicato, allora al posto dell'aggettivo si usa il sostantivo preceduto da una preposizione: Lacedaemonii a Thebanis pugna ad Leuctra victi sunt (furono vinti in battaglia presso Leuttra). 237. Sono ancora degni di nota i seguenti usi degli aggettivi: 1. In rari casi l'aggettivo qualificativo, quando si riferisce ad un nome proprio posto immediatamenteal seguito, accompagnato da un nome comune, per esempio: Pompeius, vir clarissimus (l'illustre Pompeo) e non clarus Pompeius; cos pure Socrates, homo sapientissimus (il sapientissimo Socrate); Corinthus, urbs opulentissima (la ricchissima citt di Corinto). Si dir per Corinthus sola, universa Graecia, omnis Gallia, cuncta Italia, tota Asia, noster ille Ennius, Cicero meus e cos con tutti gli aggettivi pronominali e i pronomi. Anche laddove l'aggettivo usato come soprannome: Pompeius Magnus, Sulla Felix, Scipio Maior. 237. 2. Le parole italiane primo, prima, dapprima, ultimo, ultimamente, da ultimo, solo, solamente, medesimo, medesimamente e simili, si traducono in latino con un avverbio, ma pi spesso con un aggettivo ( 236, 2). Il caso dell'aggettivo sar conforme a quello del termine corrispondente espresso o sottinteso. Hoc tu mihi primum dixisti (cos tu mi dicesti da prima) e sottinteso, per esempio: postea negasti (poi m'hai detto il contrario); hoc tu mihi primus dixisti (tu mi dicesti questo per primo) e sottinteso: postea frater tuus (poi me l'ha detto tuo fratello); hoc tu mihi primo dixisti (tu lo dicesti prima a me) e sottinteso per esempio: postea fratri tuo (poi lo dicesti a tuo fratello). Sibi ipse omnia licere putat (egli crede che tutto gli sia lecito) e sottinteso ceteri non putant (non cos credono gli altri); sibi ipsi omnia licere putat (crede che ogni cosa debba essergli lecita) e sottinteso ceteris non putat (non agli altri). Homo non sibi se soli natum meminerit, sed patriae, sed amicis. Non egeo medicina; me ipse consolor.

3. Si usano spesso in latino aggettivi esprimenti il luogo e il tempo, massimamente nel grado superlativo, dove in italiano si usa in genere un sostantivo di eguale significato, per esempio: in summo monte (sulla sommit del monte); in media urbe (nel mezzo della citt); prima nocte (sul far della notte); prima luce (allo spuntare del giorno); primo die (nel primo giorno); extremo anno (sul finire dellanno); novissimum agmen (la retroguardia). 4. Come in italiano, cos in latino gli aggettivi si adoperano talvolta come sostantivi, per esempio: bonum (il bene); malum (il male); verum (il vero). Aequalis (il coetaneo); adversarius (l'avversario); socius (l'alleato). Gli aggettivi neutri cos adoperati sono quasi tutti della seconda declinazione, specialmente al genitivo, per esempio: nihil boni (nulla di buono); natura iusti et acqui mater est (212, 2, 2.). Quelli della terza non sono quasi adoperati in altri casi che nel nominativo e nell'accusativo, come: turpe (il brutto, il disonesto), i plurali bona, mala, turpia (i beni, i mali o le cose buone, cattive, turpi).

Verum o vera dicere (dire il vero, la verit) e non veritatem dicere. Per indicare persone, la maggior parte degli aggettivi si usano sostantivamente solo al plurale; nel singolare sono accompagnati da un sostantivo, come vir o homo, perci si dir docti, anche homines docti (i dotti), ma soltanto homo o vir doctus (un dotto); doctissimi oppure homines doctissimi (i pi dotti uomini); homo vere doctus (un vero dotto). E cos boni, mali, probi, improbi, prudentes, divites, pauperes; mei, tui, nostri, Stoici, Graeci ecc. Conviene per eccettuare alcuni aggettivi che sono divenuti con l'uso veri sostantivi come: amicus, affinis, aemulus, cognatus, familiaris, necessarius, peregrinus, propinquus, vicinus Ve ne sono ancora alcuni altri che si adoperano sostantivamente anche nel singolare, principalmente nelle contrapposizioni come: plurimum interest inter doctum et rudem (c gran differenza fra un dotto e un ignorante). 237. Nessuno quando si adopera come sostantivo, si rende in latino con nemo, non con nullus; qualcuno con quisquam, non con ullus; quindi nemo doctus (nessun dotto); nemo Romanus (nessun Romano); si quisquam sapiens hoc dixisset (se qualche savio avesse detto ci). Cos anche nemo homo. Mortales per homines si usa quasi solamente in unione con omnes o multi.

238. Usi speciali di alcuni pronomi: 1. Is, ea, id. Questo pronome nelle seguenti locuzioni et is, et is quidem, atque is, isque (nec is) non solo richiama l'idea gi enunciata, ma ne fa presentire un'altra, che aggiunge forza alla prima. Homo memoriam habet, et eam infinitam, rerum omnium. Uno atque eo facili proelio hostes caesi sunt. Annum iam audis Cratippum idque Athenis. Si dice haec locutus est (disse le seguenti cose), mai se quentia. Platonis illud o illud Platonicum (quel detto, quella sentenza di Platone). 2. Qui, quae, quod. a) Il pronome relativo qui, quae, quod si adopera dopo idem nello stesso senso di atque (cfr. 170, 2). Servi iisdem moribus esse solent, quibus dominus (che il padrone). b) Serve a rendere in latino l'italiano cosiddetto nel costrutto qui vocatur, vocabatur, dicebatur oppure quem vocant, vocabant, dicebant. Vestra, quae dicitur, vita mors est (la vostra, che si dice vita, cio la vostra cosiddetta vita una morte). Cos al posto di supra dictus per suddetto, sopra riferito si dice quem supra dixi, quem supra commemoravi e similmente quem paulo post commemorabo (da ricordarsi fra poco). c) Non molto si discosta dal precedente, il significato che assume nelle seguenti frasi: spero te, quae tua prudentia et temperantia est, iam valere (spero, considerate la tua prudenza e sobriet, che tu sia ormai tornato in salute). Si pu esprimere lo stesso concetto con l'ablativo di qualit: qua es prudentia et temperantia (prudente e temperante come sei). Nihil te, qua prudentia es, fugiet (di nessuna cosa sarai alloscuro, considerata la tua avvedutezza). E si potrebbe anche dire pro tua prudentia, oppure ut es prudens. 3. Spesso davanti al relativo si sottintende il pronome dimostrativo o glielo si pospone. Num vir bonus emet denario, quod sit mille denarium (= id quod, quello che)? Male se res habet, cum, quod virtute effici debet, id tentatur pecunia. Quam quisque novit artem, in hac se exerceat. Qua nocte Alexander natus est, eadem templum Dianae Ephesiae deflagravit. 238. 4. Allorch il pronome relativo ha funzione di soggetto e ha rapporto con un pronome di prima persona, il verbo della proposizione relativa si porr anch'esso nella prima persona; se ha rapporto con un pronome di seconda persona, anche il verbo si porr nella seconda persona ( 191, 3. Nota 3). Non sum is consul, qui nefas esse arbitrer Gracchos laudare. Vos, qui adfuistis, totam rem narrare poteritis.

5. Se il relativo aggiunto ad un sostantivo di apposizione, questo sar contenuto in latino nella proposizione relativa, per esempio: Cato, qui vir auctoritate omnes superabat (Catone, uomo, che ogni altro superava di autorit). Nihil cognovi ingratius; in quo vitio nihil non inest mali. Oppius curat negotia Rufi, quo equite Romano ego familiarissime utor. 6. Talvolta il relativo rappresenta un pronome dimostrativo o personale preceduto da una congiunzione, come et, nam, enim, sed, autem ecc. Perobscura est quaestio de natura deorum; quae ad agnitionem animi pulcherrima est (= sed ea). Illa Stoicorum de se opinio firma in Rutilio et stabilis inventa est. Qui cum innocentissimus in iudicium vocatus esset, oratorem adhibere noluit (= nam is). Spesso si adopera in questa maniera con una congiunzione: qui cum, qui ut, qui postquam e simili, ma quando serve a collegare come pronome relativo una proposizione con un'altra, non ammette mai dopo di s autem, enim o vero. Alcuni avverbi di luogo, specialmente ubi e unde, possono anche usarsi invece del pronome relativo preceduto da una preposizione, quando si riferiscono a persone indeterminate. Catone extincto nemo erit, unde discam (= a quo). Nemo fuit, ubi ius nostrum obtineremus (= apud quem). 7. Sui, sibi, se. Suus, sua, suum. a) Il pronome riflessivo sui, sibi, se viene adoperato in tutte le proposizioni senza eccezione, allorch il pronome della terza persona si riferisce al soggetto della medesima proposizione. Caesar se ad suos recepit. Homo placabilis facile ignoscit iniurias sibi illatas (che gli vengono fatte). In italiano si usa gli, le, lui, lo, la, se il pronome non retto dal verbo principale, ma da un'altra parte della proposizione. Alexander praefectum equitatus incautius in se ruentem (che gli si avventava contro) hasta transfixit. b) Il possessivo suus si usa il pi delle volte anche quando il pronome non si riferisce al soggetto, ma ad un altro nome, purch questo sia nella medesima proposizione. Puer columbam cepit in nido suo (nel suo nido), meglio che in nido eius. Si deve per sempre usare suus, quando si vuol far spiccare l'idea di suo, quando cio suo vale suo proprio, come pure quando seguito da quisque; oltre ci si dice sempre al plurale sui per significare i propri congiunti. 238. Caesarem etiam sua natura mitiorem facit. Hannibalem sui cives e civitate eiecerunt. Desinant insidiari domi suae consuli. Scipio Syracusanis suas res restituit. Suis flammis delete Fidenas. Sua quemque fraus et suus terror maxime vexat, suum quemque scelus agitat amentiaque afficit. Sui cuique mores fingunt fortunam. Suum cuique tribue. Conserva tuis suos.

Quando non si debba dar rilievo al pronome, si usa anche il dimostrativo: deum agnoscis ex operibus eius. Alle volte si adopera altres eius per evitare ambiguit: accipiter columbam cepit in nido eius, perch suo si riferirebbe piuttosto ad accipiter che a columbam. Huic Caesar pro eius virtute atque in se benevolentia maiorum locum restituerat. c) Si usa il riflessivo nelle proposizioni dipendenti, sia infinitive sia congiuntive, quando il pronome ha stretto rapporto con il soggetto della proposizione principale. Tali sono le proposizioni dipendenti che contengono un pensiero proprio del soggetto della proposizione principale, non unenunciazione dello scrittore, quindi l'accusativo con l'infinito per le proposizioni finali, rette dalle congiunzioni ut, ne, quo, quominus, quin, per le proposizioni relative, che esprimono il pensiero di un'altra persona (non quello dello scrittore, 261), e le proposizioni interrogative indirette. Altra cosa sono le proposizioni dipendenti, che denotano una semplice conseguenza (consequenziali), e quelle che hanno il verbo nel modo indicativo (indicatitive). Sentit animus, se sua vi, non aliena moveri. Ariovistus respondit, quod sibi (gli) Caesar

denuntiaret, se (elio egli) Aeduorum iniurias non neglecturum: neminem secum (con lui) sine sua (sua) pernicie contendisse. Romani a Prusia petebant, ne inimicissimum suum (loro) secum ( con lui oppure seco ) haberet sibique (loro) dederet. 1. Anche quando il pronome si riferisce ad un nome che non propriamente soggetto della proposizione principale, ma ne adempie virtualmente la funzione, si adopera in latino il riflessivo. Faustulo spes fuerat (cio Faustulus speraverat) regiam stirpem apud se educari. 2. Nelle proposizioni del congiuntivo che denotano una conseguenza, si adopera, secondo la regola sopraccitata, il dimostrativo eius, ei, eum ecc., non il riflessivo sui, sibi, se. Epaminondas erat disertus, ut (tanto che) nemo Thebanus ei par esset eloquentia ( 275, 2). 3. Vicendevolmente riferito a terze persone si traduce per lo pi in latino per inter se. Veri amici non solum colent inter se ac diligent, sed etiam verebuntur. Alter alterum colit (l'uno onora l'altro); alius alium colit (chi onora uno, chi un altro). Civis civem trucidabat (i cittadini uccidevano i cittadini o un cittadino uccideva l'altro); miles militi obstrepebat (un soldato dava sulla voce all'altro). 238. 8. L'italiano suo, loro, si rende in latino per suus, solamente quando si riferisce ad un nome della medesima proposizione oppure al oggetto della proposizione principale. Quando invece si riferisce ad un nome appartenente a un'altra proposizione (coordinata), si adoperano invece di suus i genitivi eius, eorum, earum. Multi cives interfecti eorumque (i loro) bona publicata sunt. Omitto Isocratem discipulosque eius (suoi). Quoquo se verterint Stoici, iaceat necesse est omnis eorum (loro) sollertia.

9. I possessivi meus, tuus, suus, noster, vester non si esprimono in latino, quando il senso permette di lasciarli senza che ne nasca ambiguit; a parte questo caso non si possono omettere. Patrem amisi (cio patrem meum) ; fratrem tibi reddidi (cio tuum); parentes carissimos habet (cio suos). Si dir al contrario: patrem meum occidisti; fratrem tuum amamus ecc. Per rinforzare l'idea di attinenza, si dice anche meum ipsius (tuum ipsius, suum ipsius, nostrum ipsorum, ipsarum) patrem (il mio proprio padre). Si presti attenzione alle locuzioni seguenti: suo loco (a luogo opportuno); Cicero omnes honores suo anno cepit (non appena raggiunta l'et prescritta dalla legge); meo iure (di pieno diritto), e cos tuo iure, nostro iure (mai pleno iure). 239. Verbi servili I verbi cosiddetti servili: possum, queo, nequeo, volo, nolo, malo, cupio, studeo, curo, maturo, meditor, debeo, cogor, soleo, coepi, incipio, desino, pergo e quelli di analogo significato vanno soggetti a costruzioni speciali che si riducono alle regole seguenti: a) reggono l'infinito con il predicato al nominativo, quando il soggetto dell'infinito il medesimo del verbo principale, per esempio: Cato esse quam videri bonus malebat. I verbi di volont cupio, volo, studeo ecc. possono anche costruirsi in questo caso con l'accusativo e l'infinito purch si esprima il pronome rappresentante il soggetto principale, per esempio: cupio me esse clementem (= cupio esse clemens). Se il soggetto del verbo dipendente diverso dal soggetto del verbo reggente, si usa sempre l'accusativo con l'infinito, per esempio: volo te esse bonum. Con i verbi di volont specialmente dopo velim, malim, vellem, nollem, si trova anche il congiuntivo senza ut. Tu velim in rebus adversis animo forti sis. b) I verbi servili attivi non si possono fare passivi, ma, quando occorra, si fa passivo il verbo che segue, per esempio: ludus animo debet aliquando dari (si deve dare = deve essere dato). I due perfetti coepi e desii, quando siano seguiti da un infinito di forma passiva, sono elegantemente

usati passivi, per esempio: urbs coepta est oppugnari. Se il soggetto non espresso, il participio si pone al neutro. Agi de pace coeptum desitum est. 239. Con i verbi di volont la proposizione italiana al passivo si cambia in attiva, per esempio: non si vuole amare la virt, diventa non vogliamo amare ovvero non vogliono amare la virt, nolumus o nolunt amare virtutem. c) Quando i verbi servili reggono un impersonale sia attivo (piget, pudet ecc.), sia passivo (mihi, tibi persuadetur, invidetur ecc.), si costruiscono essi stessi impersonalmente, per esempio: vos solet poenitere. Divitibus invideri solet. Mihi nunquam persuaderi potuit. Mihi videtur te poenitere neglegentiae tuae.

Uso dei tempi 240. 1. L'uso e il valore dei tempi in generale lo stesso in latino che in italiano. Tempi principali o assoluti sono il presente, il perfetto ed il futuro; tempi secondari o relativi sono l'imperfetto, il pi che perfetto ed il futuro anteriore (futurum exactum). I tre ultimi sono chiamati secondari o relativi, perch sono sempre in relazione con il tempo di un'altra azione. 2. Il presente esprime ci che ha luogo nell'atto stesso della parola, oppure ci che suole avvenire o avviene in ogni tempo, e per conseguenza anche nell'istante in cui si parla. Lego hunc librum; gaudio afficior, dum lego. Cotidie aliquid scribo. Tempestas nocet frugibus. Deus mundum conservat. Il presente serve ancora ad esprimere talvolta fatti passati, cio: a) come presente storico ( 242); b) con la congiunzione dum ( 245); c) nella citazione di un luogo d'uno scrittore, come in italiano, per esempio: Cicero dicit, patriam esse omnium nostrum parentem. Si usa il perfetto per esprimere un'azione passata sia in relazione con il tempo presente, sia senza relazione di sorta con un altro tempo. Quindi si distinguono: 1. Il perfetto propriamente detto (perfetto logico), che indica un'azione passata in relazione all'effetto che dura tuttavia. A questo tempo corrisponde in italiano il passato prossimo. Mundus a Deo creatus est. Virtutem ne de facie quidem nosti (hai imparato a conoscere, cio conosci). Disertissime Romuli nepotum, quot sunt, quotque fuere, M. Tulli! Fuimus Troes, fuit Ilium et ingens gloria Teucrorum. 2. Il perfetto narrativo (perfetto storico), che indica un'azione passata senza relazione di sorta con il tempo di un'altra. Esso corrisponde al nostro passato remoto. 240. Miltiades brevi tempore barbarorum copiis disiectis loca castellis donea communivit; multitudinem, quam secum duxerat, in agris collocavit crebrisque excursionibus locupletavit. Regulus in senatum venit, mandata exposuit; sententiam ne diceret recusavit, reddi captivos negavit esse utile.

Si ha una forma rinforzata di perfetto nel costrutto statutum habeo, per statui, e simili ( 278, 5). 241. L'imperfetto s'adopera per esprimere un' azione: contemporanea ad un'altra gi passata. Quindi si usa: 1. Per significare con la forma stessa del tempo un'azione che dura in un tempo gi passato. Regulus Karthaginem rediit. Neque vero tum iguorabat, se ad exquisita supplicia proficisci; sed iusiurandum servandum putabat. Mos erat patrius Academiae adversari omnibus in disputando. Dicendo: sempermos fuit Academiae adversari omnibus disputando, si accenna bens un fatto che

durato anch'esso in un tempo gi passato, ma tale significato non prodotto dal tempo fuit, ma dall'avverbio semper. 2. Per indicare un'azione che spesso si ripetuta nel passato, un'usanza, una consuetudine, un'istituzione. Ut Romae consules, sic Karthagine quotannis bini reges creabantur. Hortensius nullum patiebatur esse diem, quin aut in foro diceret aut meditaretur extra forum. 3. Per indicare in una narrazione le circostanze accessorie di un fatto, nelle descrizioni e nei disegni che vi si intrecciano. Il fatto principale si esprime allora con il perfetto. Caesar Alesiam circumvallare instituit. Ipsum erat oppidum in colle summo, cuius radices duo duabus ex partibus flumina subluebant; ante id oppidum planities patebat; reliquis ex partibus colles oppidum cingebant. Nota ancora la funzione del perfetto e dell'imperfetto nei due periodi seguenti: aequi se in oppida receperunt murisque se tenebant. Conticuere omnes intentique ora tenebant. Imperfectum conatus. Talvolta l'imperfetto denota l'azione soltanto incominciata e non ancor compiuta. Num dubitas id me imperante facere, quod iam tua sponte faciebas? (stavi per fare). 242. Per dar maggior forza alla narrazione s'usa spesso: 1. Il presente indicativo (presente storico) al posto del perfetto storico o dell'imperfetto, come del resto avviene pure in italiano. Caesar ea, quae sunt usui ad armandas naves, apportari iubet. Ipse in Illyricum proficiscitur, civitatibus milites imperat certumque in locum convenire iubet. 242. 2. Il presente infinito (infinito storico) invece dell'imperfetto descrittivo. Nondum fuga certa, nondum victoria erat; tegi magis Romanus, quam pugnare; Volscus inferre signa, urgere aciem, plus caedis hostium videre, quam fugae.

243. Il pi che perfetto si adopera per indicare un'azione che era gi passata quando un'altra, passata anch'essa, ebbe luogo, come in italiano. Pausanias eodem loco sepultus est, quo vitam posuerat. Nelle proposizioni dipendenti si usa spesso in italiano l'imperfetto o il passato remoto dove il latino mette il pi che perfetto. Verres, cum rosam viderat, tum ver incipere arbitrabatur (Verre quando vedeva spuntare una rosa, credeva che allora cominciasse la primavera). Caesar cum in Galliam venisset, magna difficultate afficiebatur (essendo venuto, cio come venne). I verbi che accennano interrogazione si costruiscono per spesso anche in latino con l'imperfetto. Socrates cum interrogaretur, cuiatem se esse diceret, Mundanum inquit. Nello stile epistolare il latino adopera spesso il perfetto invece del presente, ed il pi che perfetto al posto del perfetto. Quest'uso proviene dall'esprimere ciascuna azione con quel tempo che converrebbe al momento in cui la lettera viene letta. Nihil habebam, quod scriberem; neque enim novi quidquam audieram, et ad tuas omnes epistolas rescripseram pridie (non ho niente a dirti, perch non ho inteso niente di nuovo ed ho risposto ieri a tutte le tue lettere). Scripsi ad te ante lucem, ma si dir poi: si vales, bene est; ego valeo. Maximi et semper et feci et facio. 244. 1. Il futuro accenna semplicemente a un'azione che deve avvenire come per esempio: omnes moriemur (tutti moriremo); cras Romam proficiscar (domani partir per Roma). 2. Il futuro anteriore significa un'azione futura che deve esser compiuta prima di un'altra anch'essa futura, per esempio: cum Romam venero, statim ad te scribam (come sar giunto a Roma, ti scriver al pi presto).

3. L'italiano usa in alcuni casi il presente al posto dell'uno e dell'altro futuro e il futuro semplice al posto del futuro anteriore, dicendo per esempio: domani parto per Roma. Quando giunger a casa, subito ti scriver. Il latino non ammette tali scambi, ma esprime quelle relazioni di tempo con le forme loro proprie: cras Romam proficiscar. Cum domum advenero, statim ad te scribam. Naturam si sequemur ducem, nunquam aberrabimus. De Karthagine vereri non ante desinam, quam illam excisam esse cognovero. Qui Antonium vicerit, is bellum confecerit. Il futuro fa talvolta anche le veci dell'imperativo. Si quid novi acciderit, facies, ut sciam (cfr. 265, N. 1). 245. Alcune congiunzioni influiscono manifestamente in latino con l'uso dei tempi:

1. La congiunzione dum (mentre, mentre che) vuole per lo pi il presente, anche dove in italiano si adopera l'imperfetto. Quando significa fintantoch, si costruisce anche con l'imperfetto. Dum haec in colloquio geruntur, Caesari nuntiatum est, equites Ariovisti propius accedere. Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur. Catilina timendus erat tamdiu, dum urbis moenibus continebatur. 2. Le congiunzioni che accennano il compiersi immediato di un'azione dopo un'altra e che si costruiscono per lo pi in italiano con il trapassato perfetto, vogliono in latino il perfetto dell'indicativo. Tali sono: simulac o simulatque, ut, ut primum, ubi, ubi primum, cum, cum primum ecc. (non appena che, come prima); posteaquam o postquam (dopo che); simulatque hostes vidit, in eos impetum fecit (appena ebbe veduto il nemico, corse ad assaltarlo). Simulac Verri occasio visa est, consulem deseruit. Postquam Xerxes in Graeciam descendit, Aristides in patriam restitutus est. Pompeius ut equitatum suum pulsum vidit, acie excessit. Ubi de Caesaris adventu Helvetii certiores facti sunt, legatos ad eum miserunt. Invece del perfetto storico, si usa talvolta anche il presente storico. Quae ubi Romam nuntiantur, senatus extemplo dictatorem dici iussit. Quando le proposizioni temporali accennate si riferiscono al tempo presente, in italiano si usa il presente, in latino il perfetto. Simulatque increpuit suspicio tumultus, artes illico nostrae conticescunt. Cum fortuna reflavit, affligimur. Lo stesso ha luogo con is qui e nei composti di cunque. Quocunque adspexisti, tuae tibi occurrunt iniuriae, quae te respirare non sinunt (dovunque tu guardi). Le congiunzioni simul ac, postquam ecc. sono seguite da un futuro passato, quando il pensiero si riferisce all'avvenire ( 244, 3). Me sapientia, simulatque ad eam confugero, in libertatem vindicabit. Postquam ha dopo di s il pi che perfetto quando significa dal tempo che, cio quando esprime un intervallo di tempo e non l'immediato succedere fra un'azione e un'altra. Hannibal, anno tertio, postquam domo profugerat, cum quinque navibus Africani accessit. 246. Correlazione dei tempi. Nelle proposizioni dipendenti di modo congiuntivo ( 238, 7, c), anche il tempo del verbo, che sta al congiuntivo, dipende dal tempo della proposizione principale. A questo proposito si vogliono osservare le seguenti regole: 246. PROPOSIZIONE PRINCIPALE 1. dato un tempo presente PROPOSIZIONE DIPENDENTE si avr

o un futuro semplice o un futuro anteriore

un presente, se lazione contemporanea a quella del verbo principale agas veniat un imperfetto, se lazione contemporanea a quella del verbo principale ageres

un perfetto, se antecedente

un futuro, se susseguente

audio quidnon dubito quin 2. dato un tempo storico

egeris venerit

acturus sisventurus sit

un pi che perfetto se antecedente

audiebam quidaudiviaudiveram

egisset acturus esset

1. Modo di rendere in latino i gerundi italiani. Il gerundio italiano si pu rendere, secondo i casi, in vario modo in latino: a) se indica mezzo o modo, si traduce con il gerundio ablativo senza preposizione; b) se assume valore temporale, pu tradursi con dum, cum, postquam e l'indicativo; c) se ha funzione di proposizione causale o concessiva, si esprime con cum e il congiuntivo, secondo le regole della consecutio temporum; d) se corrisponde alla protasi di un periodo ipotetico (cfr. 248 bis), pu risolversi nella protasi stessa; e) in tutti i casi, quando lo permetta la natura del verbo, pu essere reso con un participio presente o perfetto concordante con il soggetto della proposizione reggente o nell'ablativo assoluto, purch si avverino le condizioni necessarie per l'uso dell'ablativo assoluto stesso (cfr. 253). 2. Le proposizioni consecutive con ut, ut non, qui, quin hanno per lo pi il verbo a quel medesimo tempo che l'avrebbero, se queste proposizioni fossero indipendenti; per, secondo la regola generale, dopo un tempo passato nella proposizione principale si usa l'imperfetto del congiuntivo per indicare contemporaneit di azione specialmente dopo accidit, factum est, ut ecc. Socratis responso iudices sic exarserunt ut capitis hominem innocentissimum condemnarent (condannarono). Accidit ut Athenienses Chersonesum colonos vellent mittere. 246. 3. Il presente o il perfetto del congiuntivo non si usa dopo un perfetto logico, se non quando il perfetto abbia valore di presente. Saepe mecum cogitavi (= dubito), bonine an mali plus attulerit hominibus eloquentia. Del resto dopo un perfetto logico le proposizioni finali, interrogative e relative si esprimono per lo pi con l'imperfetto o con il pi che perfetto del congiuntivo, per esempio: hoc dixi, ut scires (di rado ut scias). Spesso al contrario si trova il presente o il perfetto del congiuntivo nelle proposizioni consecutive, che sono largamente dipendenti.

4. Dopo un presente storico si pu usare egualmente l'imperfetto o il pi che perfetto, il presente o il perfetto del congiuntivo: Helvetii legatos ad Caesarem mittunt, qui dicerent, sibi esse in animo, iter per provinviam facere; rogare, ut id sibi facere liceat. 5. Quando una proposizione secondaria dipende da un infinito, da un supino, gerundio, participio, aggettivo o sostantivo, bisogna considerare quale sia il tempo che viene rappresentato per mezzo di queste voci (cio l'infinito, il supino ecc.), quindi a seconda del tempo, determinare il tempo

dipendente della proposizione secondaria. Cato mirari se aiebat, quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset (cio mirabatur). Miserunt Delphos consultum, quidnam facerent de rebus suis (cio consuluerunt). Diogenes interroganti cuidam, qua ratione inimicum optime ulcisci posset. Si te ipsum, inquit, honestum virum praestiteris (cuidam, qui interrogavit). Constitit rex, incertus, quantum esset hostium. Exsplicavi sententiam meam, et eo quidem consilio, tuum iudicium ut cognoscerem. 6. Un concetto ipotetico, il quale abbia gi nella proposizione principale l'imperfetto del congiuntivo, mantiene sempre questo tempo anche se divenga dipendente da un presente o da un futuro. Honestum tale est, ut, vel si ignorarent id homines, sua tamen pulchritudine esset laudabile. Omnia sic erunt illustria, ut ad ea probanda totam Siciliam testem adhibere possem (che potrei ecc.). Il pi che perfetto italiano del congiuntivo si traduce in questo caso per mezzo di una circonlocuzione con il participio in -urus. Cum haec reprehendis, ostendis, qualis tu, si ita forte accidisset, fueris illo tempore consul futurus (nel discorso diretto si direbbe: qualis tu consul fuisti futurus?). Apparuit, quantam excitatura molem vera fuisset clades, cum vanus rumor tantas procellas excivisset. (Vedere 248 bis). 7. Al congiuntivo del futuro si sostituiscono spesso altre forme, cio: a) Il presente ovvero il perfetto del congiuntivo invece dei due futuri, quando sia gi chiaro, per mezzo d'un altro futuro, che l'azione si riferisce ad un tempo a venire. Affirmo tibi, hoc si mihi contingat (ovvero contigerit), magnopere me gavisurum. (S'intende, che se il tempo della proposizione principale fosse un imperfetto, in questo caso al posto del presente o del perfetto si porrebbe l'imperfetto o il pi che perfetto, quindi: affirmabam tibi, hoc si mihi contingeret -- contigisset - magnopere me gavisurum). Affirmo tibi, naturam si sequaris ducem, nunquam te aberraturum (non secuturus sis). Vas factus est alter, ut, si alter non revertisset, moriendum esset ipsi. 247. Circonlocuzione per il futuro dell'infinito e del congiuntivo. 1. La circonlocuzione fore o futurum esse ut si adopera: a) al posto dell'infinito futuro passivo; b) per circoscrivere il futuro anteriore attivo; c) con i verbi che mancano di supino.

L'infinito futuro passivo formato dal supino in -um e dall'infinito presente passivo iri (amatum iri) non molto usato. I tempi del congiuntivo dipendente da fore o futurum esse ut sono il presente e l'imperfetto per il futuro semplice, il perfetto e il pi che perfetto per il futuro anteriore, a seconda che la proposizione reggente abbia un presente o un futuro, oppure un tempo passato. a) credo che la citt sar presa (futuro semplice), credo fore ut oppidum capiatur; credevo che la citt verrebbe presa (o sarebbe stata presa), credebam fore ut oppidum caperetur. b) credo che i nemici domani saranno vinti da Cesare credo fore ut cras a Caesare hostes victi sint. Credevo che i nemici domani sarebbero stati vinti da Cesare credebam fore ut cras a Caesare hostes victi essent. Con i verbi al passivo e con i deponenti, il futuro anteriore formato dal participio perfetto con fore: spero brevi a te epistulam scriptam fore. Credo nos satis adeptos fore. 2. Con una circonlocuzione si supplisceo anche alla forma del congiuntivo futuro, quando la proposizione principale non indichi gi essa che la dipendente appartiene al tempo futuro (vedere 246, nota 6): a) al posto del futuro semplice attivo si usa il presente o l'imperfetto della coniugazione perifrastica e, se il verbo manca di supino, le circoscrizioni impersonali futurum sit ut e futurum esset ut, rispettivamente con il presente o l'imperfetto attivo del congiuntivo; b) al posto del futuro semplice passivo si adoperano le stesse circoscrizioni impersonali rispettivamente con il presente o l'imperfetto passivo del congiuntivo;

c) al posto del futuro anteriore attivo e passivo, si usano ancora le stesse circoscrizioni, rispettivamente con il perfetto attivo e passivo e con il pi che perfetto attivo e passivo del congiuntivo. Non dubito quin librum emendaturus sis (non dubito che tu correggerai il libro); non dubitabam quin librum emendaturus esses (non dubitavo che tu avresti corretto il libro); non dubito quin futurum sit ut te poeniteat (non dubito che tu ti pentirai); non dubitabam quin futurum esset ut te poeniteret (non dubitavo che tu ti pentiresti); non dubito quin futurum sit ut a patre lauderis (non dubito che tu sarai lodato dal padre); non dubitabam quin futurum esset ut a patre laudareris (non dubitavo che tu saresti lodato dal padre); non dubito quin futurum sit ut hunc librum brevi emendaveris (non dubito che tu tra breve avrai corretto questo libro); 247. non dubitabam quin futurum esset ut hunc librum brevi emendavisses (non dubitavo che avresti fra breve corretto questo libro); non dubito quin futurum sit ut liber brevi sit emendatus (non dubito che tra breve questo libro sar corretto); non dubitabam quin futurum esset ut hic liber a te brevi esset emendatus (non dubitavo che tra breve questo libro sarebbe stato da te corretto).

Occorre distinguere bene il futuro semplice dal futuro esatto o anteriore. Il primo indica semplicemente che un'azione si svolger nell'avvenire, per esempio, pater veniet (il padre verr); il secondo indica un'azione che si immagina compiuta nel futuro, per esempio: cras vesperi epistulam scripsero (quando sar domani sera io avr scritto la lettera). Al posto della circoscrizione regolare futurum sit, futurum esset con il congiuntivo del perfetto e del pi che perfetto passivo, si preferisce una forma pi breve con la quale si esprime il vero congiuntivo del futuro anteriore. Non dubito quin confecta iam res futura sit. Non dubitabam quin confecta iam res futura esset. Uso dell'indicativo 248. I. L'indicativo il modo dell'asserire, dell'asseverare sia affermando sia negando, come in italiano. 1. Si usa quindi, come in italiano, per esprimere semplicemente ed assolutamente l'azione o lo stato significato dal verbo. Virtus manet, divitiae pereunt. Veni, vidi, vici. Veniet hora mortis. 2. L'indicativo si adopera anche nelle proposizioni condizionali, che si presentano in forma asseverativa, cio senz'alcuna espressione d'incertezza ( 248, 3, c). Si deus est, sempiternus est. 3. Si usa pure l'indicativo nelle proposizioni interrogative dirette che richiedono una risposta decisiva sia in senso affermativo sia in senso negativo. Suntne miseri, qui mali sunt?(risposta: sunt). Infelix est Fabricius, quod rus suum fodit?(risposta: non est). II. Contrariamente all'uso italiano, si adopera in latino l'indicativo al posto del congiuntivo nei seguenti casi: 1. Le locuzioni italiane potrei, sarebbe bene, sarebbe utile, sarebbe meglio, sarebbe difficile e simili si rendono in latino con il presente indicativo, quando non siano dipendenti da una proposizione condizionale. Possum persequi multa oblectamenta rerum rusticarum; sed ea ipsa, quae dixi, sentio fuisse longiora. Animadvertendum est diligentius, quae natura rerum sit (bisognerebbe considerare pi attentamente). Longum est (lungo sarebbe o sarebbe troppo lungo); difficile est (sarebbe cosa difficile o troppo difficile). 248. 2. Le locuzioni italiane avrei potuto, dovuto, sarebbe stato bene, meglio, si sarebbe dovuto si rendono in latino con l'imperfetto o con il perfetto e talvolta anche con il pi che perfetto dell'indicativo. La differenza di significato tra questi tempi sarebbe questa: hoc facere debebas =

avresti dovuto farlo (e dovresti farlo ancora); hoc facere debuisti = avresti dovuto farlo (il farlo ora tardi); hoc facere debueras = avresti dovuto farlo allora (ma ora non pi possibile). Contumeliis onerasti eum, quem patris loco colere debebas. Perlurbationes animorum poteram morbos appellare; sed non conveniet ad omnia. Aut non suscipi bellum oportuit aut geri pro dignitate populi Romani et perfici quam primum oportet. Plato philosophos ne ad rem publicam quidem accessuros putat, nisi coactos; aequius autem erat, id voluntate fieri.

Nella stessa maniera si dice: arbitrabar (penserei o avrei pensato); nunquam putavi (non avrei mai creduto). Ingenii magni est non committere, ut aliquando dicendum sit: non putaram. Si usa ancora al posto del congiuntivo italiano il participio in -urus con l'indicativo eram e fui, anche quando vi unita una proposizione condizionale. Aratores agros relicturi erant, nisi Metellus litteras misisset (avrebbero abbandonati). Hos viros testes citaturus fui, si tribuni me triumphare prohiberent. 3. Con paene e prope (quasi, pressoch) si usa in latino il perfetto indicativo, dove spesso in italiano si trova il condizionale o la circonlocuzione poco manc che. Brutum non minus amo quam tu: paene dixi, quam te (direi quasi o stavo quasi per dire). Prope oblitus sum, quod maxime fuit scribendum (poco manc che dimenticassi). 4. Tutte le voci relative formate per mezzo di un raddoppiamento, come quisquis, quotquot, quamquam, o composte di cunque, come quicunque, quantuscunque, quocunque, utcunque, ubicunque ecc. si costruiscono in latino con l'indicativo. Quidquid in me est excultarum virium, tibi debetur. Virtutem qui adeptus erit, ubicunque erit gentium, a nobis diligetur. Quoscunque de te queri audivi, quacunque ratione potui placavi. 5. Le proposizioni condizionali formate con le congiunzioni disgiuntive sive... sive, (sia che... sia che) si esprimono per lo pi in latino con l'indicativo. Mala et impia consuetudo est contra deos disputandi, sive ex animo id fit, sive simulate. Veniet tempus mortis et quidem celeriter, et sive retractabis, sive properabis; volat enim aetas. Sia che nel senso di sia perch si dice in latino sive quod (quia). Uso del congiuntivo 249. Il congiuntivo il modo che esprime desiderio, concessione o supposizione, possibilit, incertezza, perci la cosa espressa con il congiuntivo non si asserisce con certezza, ma solo si desidera, si suppone, si giudica possibile o si tiene per incerta. Congiuntivo nelle proposizioni principali.

1. Si usa il congiuntivo: a) per esprimere un desiderio (congiuntivo ottativo), come: sis felix (sii felice; possa tu esser felice). Valeant cives mei; sint incolumes, sint florentes, sint beati; stet haec urbs praeclara mihique patria carissima! Curio causam Transpadanorum aequam esse dicebat; semper autem addebat: Vincat utilitas rei publicae! Potius diceret (avrebbe pittosto dovuto dire, meglio avrebbe detto), non esse aequam, quia non utilis esset rei publicae. Quod dubitas, ne feceris. b) per esortare (congiuntivo esortativo), come: oremus (preghiamo!) Come particella negativa sia con il congiuntivo ottativo sia con l'esortativo s'adopera ne invece di non. lmitemur maiores nostros; meminerimus etiam adversus infimos iustitiam esse servandam. Ne credamus vanis opinionibus. Quando il pensiero si voglia pi chiaramente esprimere in forma desiderativa, si aggiunge al congiuntivo la particella utinam ( 254, 1), dove per esortare si adopera sempre il congiuntivo solo.

Si noti la formula seguente: sollicitat, ita vivam, me tua valetudo (possa io essere cos sicuro di vivere com' vero che). Ita vivam, ut maximos sumptus facio (io spendo, in nome di Dio, alla grande). 2. Il congiuntivo indica anche concessione o supposizione (congiuntivo concessivo). Spesso a questo congiuntivo s'aggiunge ut, mentre la particella negativa che gli propria ne (cfr. 249, 3 e 250, 1). Naturam expellas furca, tamen usque recurret. Fuerint cupidi, fuerint irati, fuerint pertinaces; sceleris vero crimine, furoris, parricidii liceat. Cn. Pompeio mortuo, liceat multis aliis carere. 3. Il congiuntivo serve anche ad accennare possibilit e incertezza. a) Si usa il congiuntivo per esprimere in una maniera pi modesta un giudizio, come semplice pensiero e non altro (congiuntivo potenziale). La particella negativa propria di tale congiuntivo non. In latino ricorre talvolta in questo caso il perfetto anzich il presente italiano e si usa sempre l'imperfetto al posto del pi che perfetto italiano. 249. Roges me, qualem deorum naiuram esse dicam; nihil fortasse respondeam. Forsitan quaeratis, qui iste terror sit et quae tanta formido. Omnibus fere in rebus, quid non sit, citius, quam quid sit, dixerim. Crederes (avresti creduto), cos pure putares, diceres. Isti mirandum in modum (canes venaticos diceres) ita odorabantur omnia et pervestigabant.

b) Si usa anche il congiuntivo nelle interrogazioni dubitative (congiuntivo dubitativo). La particella negativa propria di tale congiuntivo non. Questo congiuntivo esprime realmente il dubbio nel prendere un partito, ed affine al congiuntivo esortativo, per esempio: quo fugiam? (dove dovr io fuggire?) o denota una semplice possibilit, e allora non si distingue dal congiuntivo potenziale. Quo me vertam? quid faciam? quod auxilium implorem? Quem vocet divum (= deorum) populus auxilio? Quis dubitet, quin in virtute divitiae sint? Ego tibi irascerer, mi frater? ego tibi possem irasci? ego te videre noluerim? Putaresne (avresti tu creduto) unquam accidere posse, ut mihi verba deessent? Anche con questo congiuntivo s'adopera l'imperfetto per il pi che perfetto, come con il congiuntivo potenziale (vedi sopra a). c) Anche nelle proposizioni condizionali, che esprimono cosa incerta e meramente supposta, si adopera il congiuntivo (congiuntivo ipotetico o condizionale). La particella negativa propria di tale congiuntivo non. Proposizioni condizionali 1. Periodi ipotetici indipendenti. a) Periodo ipotetico della realt. - Nei periodi ipotetici formati da due proposizioni, una detta protasi (esprimente la condizione) e una detta apodosi (principale esprimente la conseguenza), se la condizione proposta come cosa reale e la conseguenza come certa, il verbo sia in italiano sia in latino andr all'indicativo. Hoc si dicis, erras (se dici questo, erri); hoc si dixisti, erravisti (se dicesti questo errasti); hoc si dices, errabis (se dirai questo errerai). b) Periodo ipotetico potenziale. Nei periodi ipotetici in cui la condizione si pone solo come possibile, in italiano adopera nella protasi il congiuntivo e nell'apodosi il condizionale, in latino si adopera tanto nella protasi come nell'apodosi il congiuntivo presente o perfetto. Hoc si dicas, erres (se dicessi questo, posto il caso che tu dicessi questo, erreresti); hoc si dixeris, erraveris (se avessi detto questo, avresti errato). Si constitueris (se avessi stabilito, e cos potrebbe essere) te cuipiarn advocatum in rem praesentemesse venturum acque interim graviter aegrotare filius coeperit, non sit contra officium, non facere quod dixeris.

249. c) Periodo ipotetico irreale. Nei periodi ipotetici in cui si concepisce come impossibile la condizione e quindi anche la conseguenza, si adopera in latino il congiuntivo imperfetto o pi che perfetto, tanto nella protasi quanto nell'apodosi. Hoc si diceres errares (se dicessi questo [ma non lo dici] tu erreresti). Si Roscius inimicitias cavere potuisset (ma non lo pot), viveret.

Nel periodo ipotetico della prima forma, quando il soggetto della protasi non una persona determinata si sostituisce talora il congiuntivo all'indicativo della protasi stessa, per esempio: memoria minuitur, nisi eam exerceas. Se l'apodosi dei periodi ipotetici della terza forma espressa con i verbi potere e dovere o da una coniugazione perifrastica attiva o passiva o da un verbo accompagnato da paene, ricorre con l'indicativo: contumeliis onerasti eum, quem patrie loco amare debebas si ulla in te pietas esset. Si P. Sestius occisus esset, fuistisne ad arma ituri? 2. Periodi ipotetici dipendenti. Se l'apodosi di un periodo ipotetico della terza forma viene a cadere nell'accusativo con l'infinito, al posto dell'imperfetto congiuntivo attivo si mette il participio futuro con esse; al posto del congiuntivo del pi che perfetto attivo, il participio futuro con fuisse. Hoc si diceres, errares.Existimo, si hoc diceres, te erraturum esse. Hocsi dixisses, errasses. Existimo te, si hoc dixisses, erraturum fuisse. Se il verbo non ha supino o passivo, si sostituisce all'imperfetto congiuntivo futurum esse (non fore) ut con l'imperfetto congiuntivo: al pi che perfetto futurum fuisse ut con l'imperfetto congiuntivo. Hoc si faceres, te poeniteret. Existimo futurum esse ut, si hoc faceres, te poeniteret. Hoc si fecisses, te poenituisset. Existimo, si hoc fecisses, futurum fuisse ut te poeniteret. Se l'apodosi di un periodo ipotetico della terza forma dipende da una congiunzione che regga gi essa il congiuntivo (ut, quin) o prende forma di proposizione interrogativa dipendente, non cambia mai i suoi tempi se sono il congiuntivo imperfetto o il pi che perfetto, quando il verbo manchi di supino. Hoc si diceres, errares. Non dubito quin, si hoc diceres, errares. Hoc si fecisses, te poenituisset. Non dubito (dubitavi) quin si hoc fecisses, te poenituisset. Negli altri casi il pi che perfetto passa nel perfetto congiuntivo perifrastico, cio nel participio futuro con fuerim e nelle interrogative dipendenti anche nel participio futuro con fuissem, se il verbo reggente di tempo passato. Hoc si dixisses, errasses. Non dubito (dubitavi) quin, si hoc dixisses, erraturus fueris. 249. Quid fecisses, si meo loco fuisses? Nescio quid facturus fueris, si meo loco fuisses (verbo principale al presente). Nesciebam quid facturus fueris (o facturus fuisses), si meo loco fuisses (verbo principale di tempo passato).

Nel passivo si mantiene per lo pi inalterato il pi che perfetto dal congiuntivo: hoc si fecisses, reprehensus esses. Non dubito (dubitavi) quin si hoc fecisses, reprehensus esses. I periodi ipotetici dipendenti della 1a e 2a forma si fondono in un tipo solo. Si hoc dicis, erras (1a). Si hoc dicas, erres (2a). Si hoc dixisti, erravisti (1a). Si hoc dixeris, erraveris (2a). Non dubito quin, si hoc dicas, erres (1a 2a). Non dubito quin, si hoc dixeris, erraveris (1a 2a). Non dubitavi quin, si hoc diceres, errares (1a 2a). Non dubitavi quin, si hoc dixisses, erravisses (1a 2a). 250. II. Congiuntivo retto da congiunzioni. Reggono il congiuntivo le congiunzioni ut, ne, nedum,

quo, non quo, non quod, quin,quominus, utinam, o si, quasi, ac si, tamquam, velut, dummodo, dum; modo, quamvis, licet. O si e utinam non sono propriamente congiunzioni, ma solo particelle desiderative; esse non hanno luogo che nelle proposizioni principali. Ut regge il congiuntivo: 1 quando serve ad indicare il fine per cui si fa una cosa, e corrisponde all'italiano affinch con il congiuntivo o con per con l'infinito. Spesso per fare spiccare il fine si aggiunge alla proposizione principale eo, idcirco, ideo, ea mente, eo animo, eo consilio ecc. 2 quando accenna un effetto o una conseguenza, e corrisponde all'italiano che, sicch, tanto che (cfr. 275, 2). 3 quando significa supposizione o concessione ( 248, 2), e vale anche se, quantunque (cfr. 248, 2). Esse oportet ut vivas, non vivere ut edas. Tanta vis probitatis est ut eam etiam in hoste diligamus. Ut desint vires, tamen est laudanda voluntas. 1. Ne pu indicare scopo e allora vale affinch non; che non o supposizione, e allora vale supposto che non; poniamo che non; ( 248, 2) e si costruisce in entrambi i casi con il congiuntivo. Nemo prudens punit, quia peccatum est, sed ne peccetur. Ne sit summum malum dolor, malum certe est. Al posto di ne si usa alle volte ut ne, in particolare quando la congiunzione seguita da quis, quid. lustitiae primum munus est, ut ne cui quis noceat. 2. L'italiano che non si traduce in latino con ut non: a) quando indica una conseguenza; 250. b) quando non si riferisce ad una sola parola della proposizione. Quis est tam miser, ut non dei munifcentiam senserit ? Tunc Catilinam exire patire, ut abs te non emissus ex urbe, sed immissus in urbem esse videatur?

Volendo unire due proposizioni negative finali, si premette alla seconda la particella negativa neve (neve = et ne, dove neque = et non). Hoc te rogo, ne demittas animum, neve te obrui magnitudine negotii sinas. 3. I verbi che indicano timore reggono ora ut ora ne. Si usa ut quando si teme non avvenga ci che si bramerebbe avvenisse; si adopra ne quando temiamo che avvenga ci che vorremmo non avvenisse. Al posto di ut si pone anche ne non. Si conformano a questa regola i verbi timeo, metuo, vereor (temere) e i nomi metus, timor (il timore). Anche periculum est (c pericolo), caveo (guardarsi), terreo o deterreo (distogliere, dissuadere) si costruiscono in latino con il ne. Timebam, ne evenirent ea, quae acciderunt. Omnes labores te excipere video; timeo, ut sustineas. Animi conscienti improbi semper sunt in metu, ne aliquando poena afficiantur. Adulatores, si quem laudant, vereri se dicunt, ut illius facta verbis consequi possint. Con i verbi di temere, al posto di ut si deve usare ne non: a) quando precede non vereor, non timeo ecc.; b) quando il non si riferisce a una sola parola della proposizione: non vereor, ne tua virtus opinioni hominum non respondeat. Veremur, ne forte non aliorum utititatibus, sed propriae laudi servisse videamur. Vereor dicere (non posso dire, non oso dire); non vereor dicere (non dubito di dire); quasi lo stesso che non dubito dicere ( 252, II). In italiano diciamo spesso temo che egli stia per venire; temeva che egli non stesse per venire, mentre i Latini usano sempre in questi casi le congiunzioni ut o ne con il presente o con l'imperfetto, non con il futuro. Timeo ne veniat (non venturus sit); tirebam ut veniret (non venturus esset).

251. Quo, come congiunzione (= ut eo), regge il congiuntivo: 1 quando significa affinch con ci, affinch cos e in particolare davanti un comparativo; 2 quando si trova congiunto a non: non quo (non perch); non quo non (non gi che non). Al posto di non quo si dice anche non quod e invece di non quo non si dice anche non quod non, ovvero, se precede una negazione, non quin. In funeribus a Solone sublata est celebritas virorum ac mulierum, quo lamentatio minueretur. Legem brevem esse oportet, quo facilius ab imperitis teneatur. Non soleo temere (disputare) contra Stoicos; non quo illis admodum assentiar; sed pudore impedior. De consilio meo ad te, non quo celandus esses, nihil scripsi; sed quia communicatio consilii quasi quaedam admonitio videtur esse officii. Non tam ut prosim causis elaborare soleo, quam ut ne quid obsim; non quin enitendum sit in utroque, sed tamen multo est turpius oratori, nocuisse causa, quam non profuisse. 251. Si dice anche non eo quo e non idcirco quod (non gi che).

252. 1. Quin si usa solamente dopo le proposizioni principali negative e regge allora il congiuntivo. Questa particella si adopera: a) per qui non oppure quod non (che non); b) per ut non (che non, senza che, senza). Est fere nemo, quin acutius atque acrius vizia in dicente, quam recta videat. Nihil est, quin male narrando possit depravari. Quis est (= nemo est), quin cernat, quanta vis sic in sensibus? Hortensius nullum patiebatur esse diem, qui aut in foro diceret aut meditaretur extra forum. Nunquam tam male est Siculis, quin aliquid facete et commode dicant. Nunquam accedo, quin abs te abeam doctior. Al posto di quin si pu anche usare qua non, quod non oppure ut non. Con il femminile, invece di quin, si usa quasi sempre quae non. Nulla tam detestabilis pestis est, quae non homini ab homine nascatur. 2. Dopo le locuzioni: non dubito; non dubium est; non multum abest; non (vix, aegre) abstineo; praetermittere non possum o facere non possum, e altre simili, si adopera il quin con il congiuntivo. Anche qui il quin ha per sempre il significato di che non. Homines etiam cum taciti quid optant, non dubitant, quin dii illud exaudiant. Dubitandum non est, quin nunquam possit utilitas cum honestate contendere. Prorsus nihil abest, quin sim miserrimus. Tacere non possum, quin cotidie litteras ad te mittant. Non possumus recusare, quin alii a nobis dissentiant. Quando non dubito significa io non ho difficolt, non esito, non temo, si costruisce con l'infinito, per esempio: non dubito sapientem solum dicere beatum (non esito a chiamar beato il solo sapiente). Similmente si dice dubito hoc facere (dubito, cio non so risolvermi a far questo). lo dubito se si volge per dubito num; dubito se... o, utrum... an; si dice anche dubito an, ma la locuzione ha sempre senso affermativo, laddove dubito num quasi sempre negativa (cfr. 176, Nota 3, d). 253. Quominus, che equivale a ut eo minus, regge il congiuntivo e si usa dopo i verbi, che indicano impedimento e difficolt, quali sono impedio, prohibeo, officio, obsto, obsisto, deterreo, recuso e altri simili. Aetas non impedit, quominus agri colendi studia teneamus usque ad ultimum tempus senectutis. Isocrati quominus haberetur summus orator, non offecit, quod infirmitate vocis, ne in publico diceret, impediebatur. Quid obstat deus beatus sit?

Mihi non est religio quominus aliquid faciam (non ho scrupolo di fare una cosa). Per me stat quominus, per me fit quominus (dipende da me che una cosa non sia, non si faccia). 253. Al posto di quominus si usa anche ne con il congiuntivo, ma in questo caso si tralascia l'accusativo dell'oggetto. Pudor impedit (non me impedit) ne plura dicam. Interdico si costruisce sempre con il ne. Recuso e alcuni dei verbi sopraccitati in forma negativa si costruiscono anche con il quin. Non possumus, quin alii a nobis dissentiant recusare. Prohibeo e prohibeor si costruiscono regolarmente con l'infinito.

254. 1. Utinam (Dio voglia! Dio volesse!) esprime un desiderio e regge: a) il presente o il perfetto del congiuntivo, se l'adempimento del desiderio si considera come possibile; b) l'imperfetto o il pi che perfetto, se la cosa si crede impossibile. Simile a utinam o si (o se) che si usa puro nelle locuzioni desiderative. Utinam modo conata efficere possim! Utinam illud ne vere scriberem! Utinam ego natus non essem! 0 mihi praereritos referat si luppiter annos! 2. Quasi, ac si, tamquam, velut, velut si (quasi, quasi che, come se) reggono il congiuntivo. Quanto al tempo, esso regolato dalla proposizione principale ( 246). Stultissimum est, in luctu capillum sibi evellere, quasi calvitio moeror levetur. Sequni absentis Ariovisti crudelitatem, velut si coram adesset, horrebant. 3. Dummodo ed anche solamente dum o modo (purch, con questo che, si veramente che) si costruiscono con il congiuntivo. Con le negazioni si dice dummodo ne, dum ne, modo ne (purch non). Nonnulli recta omnia et honesta neglegunt, dummodo potentiam consequantur. Manent ingenia senibus, modo permaneat studium et industria. Sit summa in iure dicundo severitas, dummodo ea ne varietur gratia, sed conservetur aequabilis. Mediocritas (in puniendo) placet Peripateticis, et recte placet; modo ne laudarent iracundiam. 4. Nedum (nonch) regge pure il congiuntivo. In cambio di nedum usasi anche semplicemente ne. Vix in ipsis tectis frigus vitatur, nedum in mari et in via sit facile abesse ab iniuria temporis. 5. Quamvis, quantumvis, quamlibet e licet (bench, sebbene, quantunque) reggono il congiuntivo. Licet si adopera soltanto con il presente o con il perfetto. Quod turpe est, id quamvis occultetur, tamen honestum fieri nullo modo potest. Licet ipsa vitium sit ambitio, frequenter tamen causa virtutum est. Quamquam (sebbene) si costruisce con l'indicativo ( 247, 4). Etsi e etiamsi seguono la costruzione di si ( 248 bis). Talvolta quamquam e etsi si usano in senso di bench, senza alcun rapporto con una apodosi, cio con una seconda parte del periodo o della frase ( 172, 1). 255. 1. Dum, donec e quoad, quando significano mentre, mentre che, per il tempo che reggono l'indicativo; quando invece vogliono dire finch, sino a tanto che reggono il congiuntivo, se la proposizione indica uno scopo od un'intenzione, e l'indicativo, se esprime un fatto. Cto, quoad vixit, virtutum laude crevit. Iratis aut subtrahendi sunt ii, in quos impetum conantur facere, dum se ipsi colligant; aut rogandi orandique sunt, ut, si quam habent ulciscendi vim, differant in tempus aliud, dum defervescat ira. Ea vero continebis, quoad ipse te videam. Epaminondas ferrum usque eo in corpore retinuit, quoad renuntiatum est, vicisse Boeotios.

Nelle narrazioni parecchi scrittori usano anche donec nel senso di per il tempo che con l'imperfetto congiuntivo. 2. Antequam e priusquam (primach, innanzi che) reggono l'imperfetto ed il pi che perfetto

solamente nel congiuntivo, il perfetto soltanto nell'indicativo, il presente cos nell'indicativo come nel congiuntivo. Si usa sempre il congiuntivo del presente nella seconda persona singolare quando non persona determinata come avviene nei proverbi. (1) Quamquam e etsi si usano in questo senso come particelle di transizione oratoria, quando chi parla si fa egli stesso un'obbiezione, come Cic. Cat. 1, 9: quamquam quid loquor? - Cic. ad Att. 9. 10. 2. Do, do poenas temeritatis meae. Etsi quae fuit illa temeritas? Inoltre con antequam e priusquam invece del futuro si usa il presente dell'indicativo o del congiuntivo; il futuro anteriore si adopera, quando nella principale c un futuro. Aristides interfuit pugnae navali apud Salamina, quae facta est, priusquam poena exilii liberaretur. Saepe magna indoles virtutis, priusquam rei publicae prodesse potuisset, extincta fuit. Civitas Atheniensium antequam delectata est hac laude dicendi, multa iam memorabilia effecerat. Priusquam incipias, consulto, et ubi consulueris, mature facto opus est. Antequam de re publica dicam, exponam breviter consilium profectionis meae. De Carthagine non antea vereri desinam quam illam excisam esse cognovero. 256. I. Cum (quum grafia erronea) regge il congiuntivo in quattro casi: 1. Cum (causale) regge il congiuntivo nel significato di perch, poich e serve per addurre le ragioni d'una cosa. Cum sint in nobis consilium, ratio, prudentia, necesse est, deos haec ipsa habere maiora. Cum Athenas sis profectus, inanem redire turpissimum est. 2. Cum (concessivo) regge il congiuntivo nel senso di come che, sebbene e serve ad ammettere che una cosa sia in questo o in quel modo. Hoc ipso tempore, cum omnia gymnasia philosophi teneant, tamen eorum auditores discum audire quam philosophum malunt. Phocion fuit perpetuo pauper, cum divitissimus esse posset. 256. 3. Cum (avversativo) regge il congiuntivo nel significato di laddove, dove per l'opposto e vale a contrapporre una cosa all'altra. Homines cum multis rebus infirmiores sint, hac re maxime bestiis praestant, quod loqui possunt. Nostrorum equitum erat quinque millia numerus, cum hostes non amplius octingentos equites haberent.

4. Cum (narrativo) regge l'imperfetto ed il pi che perfetto del congiuntivo nel senso di come, quando, poich e serve alla connessione dei fatti che si raccontano. L'italiano usa in questi casi il gerundio presente o passato. Epaminondas cum vicisset Lacedaemonios apud Mantineam atque ipse gravi vulnere exanimari se videret, quaesivit, salvusne esset clipeus. II. Cum (quum) regge l'indicativo in quattro casi: 1. Cum (temporale) regge l'indicativo nel significato di quando, allorquando per esprimere il tempo in cui un fatto accaduto; spesso lo precede tum, eo die, eo tempore. Regulus tum, cum vigilando necabatur, erat in meliore causa, quam si domi periurus consularis remansisset. Ligarius eo tempure paruit, cum parere senatui necesse erat. Cum Caesar in Galliam venit, alterius factionis principes erant Aedui, alterius Sequani. 2. Cum (iterativo) regge l'indicativo nel senso di se, ogniqualvolta, appena che e si usa d'ordinario per esprimere un fatto che si ripete. In questo caso si usa il perfetto invece del presente, il pi che perfetto invece dell'imperfetto. Cum ad villam veni (ogni volta che vengo) hoc ipsum nihil agere me delectat. Verres cum rosam viderat, tara ver incipere arbitrabatur. 3. Cum (aggiuntivo) regge l'indicativo nel senso di quando, quand'ecco e si usa in una proposizione susseguente ad un'altra per collegare con un fatto o con uno stato descritto antecedentemente qualche cosa dimprevisto, d'inaspettato.

In questo senso cum si costruisce con il perfetto, se viene usato per raccontare, e con l'imperfetto, se serve a descrivere. La proposizione antecedente suole avere l'imperfetto o il pi che perfetto con vix, aegre, iam, nondum; la proposizione susseguente all'incontro suole essere messa in maggior rilievo, aggiungendo a cum un avverbio, come interea, repente, subito. Al posto di tum si pu anche dire et tum. Evolarat iam e conspectu fece fugiens quadriremis, cum etiamtum ceterae naves uno in loco moliebantur. Hannibal iam scalis subitat muros Locrorum, cum repente patefacta porta Romani erumpunt (presente storico in cambio del perfetto). 4. Cum (dichiarativo) regge l'indicativo del presente e del perfetto nel significato di in quanto, in quanto che, per questo che = eo quod. L'imperfetto, per altro ed il pi che perfetto retti da cum in questo significato si pongono al congiuntivo. 256. De te, Catilina, cani quiescunt, probant; cum patiuntar, decernunt; cum tacent, clamant. Praeclare facis, cum Luculli memoriam tenes. Catulus cepit magnum suae virtutis fructum; cum omnes una prope voce in ipso vos spem habituros esse dixistis.

Si usa per altro in alcuni dei casi sopraccennati anche il congiuntivo, specialmente dell'imperfetto e del pi che perfetto. Cum in ius duci debitorem vidissent, undique convolabant (cum = ogni volta che). Nelle proposizioni che servono a congiungere due concetti per mezzo di cumtum (comecos), cum pu costruirsi tanto con l'indicativo che con il congiuntivo. Cum omnium rerum simulatio vitiosa est, tum maxime amicitiae repugnat. Cum maximas commoditates amicitia contineat, tam illa praestat omnibus, quod debilitari animos non patitur ( 165, 2). 257. III. Congiuntivo nelle proposizioni relative. 1. Le proposizioni relative reggono il congiuntivo, quando esprimono una conseguenza o un effetto, un'intenzione o uno scopo. Perci in esse il relativo qui, quae, quod si pu sempre risolvere per ut con un pronome personale o dimostrativo, per esempio: qui, per ut ego, ut tu, ut is; cuius, per ut mei, ut tui, ut eius; cui, per ut mihi, uttibi ecc.; ugualmente ubi per ut ibi; unde per ut inde ecc. Innocentia est affectio talis animi, quae noceat nemini. Nulla gens tam fera, nemo omnium tam immanis est, cuius mentem non imbuerit deorum opinio. Non sumus ii, quibus nihil verum esse videatur, sed ii, qui omnibus veris falsa quaedam adiuncta esse dicamus. Multi eripiunt aliis, quod aliis largiantur. Homini natura rationem dedit, qua regerentur animi impetus. Verba reperta sunt, non quae impedirent, sed quae indicarent voluntatem. Non sum is consul, qui nefas esse arbitrer (prima persona) Gracchos laudare. 258. 2. L'infinito italiano preceduto dalle particelle di o a e retto dagli aggettivi dignus, indignus, idoneus, aptus, si rende in latino con il congiuntivo e con il pronome qui, quae, quod ( 223; 288). Qui modeste paret, videtur dignus esse, qui aliquando imperet. Academici mentem volebant rerum esse iudicem: solam censebant idoneam, cui crederetur. Nulla mihi videbatur aptior persona, quae de senectute loqueretur,.quam Catonis. 259. 3. La proposizione relativa vuole il verbo al congiuntivo, quando esprime una ragione, un motivo, ed il pronome qui viene adoperato nel senso di cum ego, cum tu ecc. O fortunate adolescens, qui (= cum tu) virtutis tuae Homerum praeconem inveneris! 0 magna vis veritatis, quae contra hominum calliditatem facile se per se ipsam defendat! 260. 4. La proposizione relativa vuole ancora il verbo al congiuntivo, quando il pronome relativo si riferisce ad una voce omessa o ad una voce negativa o interrogativa; in particolare nelle frasi

generiche est qui, sunt qui (c' chi; ci sono quelli che), inveniuntur o reperiuntur qui; nemo est qui; non est o nihil est quod; quis est qui? quid est quod? ecc.

La proposizione relativa in questo caso nulla pi che una specificazione del soggetto espresso in forma generica e si potrebbe risolvere con talis qui o eiusmodi qui. Sunt, qui una animum et corpus occidere censeant. Qui se ultro morti offerant, facilius reperiuntur, quam qui dolorem patienter ferant. Nemo est orator, qui se Demosthenis similem esse nolit. Nullum est animal praeter hominem, quod habeat notitiam aliquamdei. Quis est, qui non oderit protervam adolescentiam? Quae latebra est, in quam non intret metus mortis? Quotusquisque est, qui optimi cuiusque hominis auctoritatem maqni putet? Non est, quod te pudeat sapienti assentiri. Quid est, cur virtus ipsa per se non efficiat beatos? Nihil habeo, quod accusem senectutem (non ho alcun, motivo, alcuna ragione di). Se con sunt si trova un sostantivo o un pronome di quantit indeterminata, si usa anche l'indicativo. Multi sunt qui dicunt, oppure dicant. Dopo frasi negative, la proposizione relativa in italiano ha spesso il pi che perfetto congiuntivo, laddove nel latino sempre richiesto l'imperfetto. Polycrati nihil acciderat, quod nollet (che non avesse voluto). Nemo inventus est tam impudens, qui istud postularet. Si noti quod sciam e anche quantum scio (per quel ch'io sappia); quod meminerim (per quel che me ne ricordo); philosophi, quos quidem noverim (quelli almeno che ho potuto conoscere). 261. 5. La proposizione relativa dipendente esige ancora il congiuntivo, quando per mezzo di essa lo scrittore enuncia non il suo, ma l'altrui pensiero. Pi specialmente frequente in questo caso quod col con il congiuntivo. Recte Socrates exsecrari eum solebat, qui primus utilitatem a iure seiunxisset. Aristides nonne ob eam causam expulsus est patria, quod praeter modum iustus esset? Socrates accusatus est, quod corrumperet iuventutem et novas superstitiones induceret. Bene maiores nostri accubitionem epularem amicorum, quia vitae coniunctionem haberet, convivium nominarunt. Similmente si dice: Hic cum Hannibalis permissu exisset de castris, rediit paulo post, quod se oblitum nescio quid diceret, al posto di quod oblitus esset, e cos molto spesso con i verbi dicere, putare, arbitrari e simili. 262. 6. Le proposizioni relative secondarie si costruiscono tutte con il congiuntivo, quando sono parte integrante d'un concetto espresso con l'infinito o con un altro congiuntivo. 262. Grave est homini pudenti petere aliquid magnum ab eo, de quo se bene meritum putet. Socrates dicere solebat, omnes in eo, quod scirent, satis esso eloquentes. Tanta in Hortensio memoria erat, ut, quae secum commentatus esset, ea sine scripto iisdem verbis redderet, quibus cogitavisset.

Nella stessa maniera s'adopera il congiuntivo non solo nelle proposizioni relative, ma anche nelle proposizioni secondarie, specialmente nel discorso indiretto (oratio obliqua) (cfr. 277, 3). Quando la proposizione relativa non fa parte integrante della proposizione infinitiva o congiuntiva, ma si pu anche tralasciare senza mutarne il senso, in tal caso si adopera l'indicativo. Caesar Helvetios in fines suos, unde erant profecti, reverti iussit. Laddove poi Cesare soggiunge: per exploratores certior factus est, ex ea parte vici, quam Gallis concesserat, omnes noctu discessisse (egli considera come dette dagli esploratori le sole parole) ex ea parte vici omnes noctu discesserunt, altrimenti avrebbe dovuto scrivere quam

Gallis concessisset. Si usa in particolare l'indicativo, quando la proposizione relativa non ha altro valore che di una circonlocuzione, cio esprime con pi parole ci che non si vuole o non si pu dire con un termine solo, per esempio: ii qui audiunt, per auditores; ii qui praesunt, i supremi magistrati; ea quae exportantur, le esportazioni; ea quae scimus (le nostre cognizioni). 263. IV. Congiuntivo nelle interrogazioni indirette. Le proposizioni interrogative possono essere dirette o indirette. Quid agis? unde venis? (dirette). Nescio quid agas. Aveo scire unde venias (indirette). Il modo delle dirette l'indicativo (salvo il congiuntivo dubitativo), quello delle indirette il congiuntivo. Le une e le altre possono ancora essere doppie, per esempio: sei buono o cattivo? Non so se sei buono o cattivo. 1. Interrogative dirette parziali. Sono quelle proposizioni in cui l'interrogazione non comprende l'intera proposizione ma o il soggetto, o l'oggetto, o un complemento. Cominciano con le voci quis, qualis, quantus, ubi, quo, cur, ecc., per esempio: quid dicunt? Cur negas? ecc. 2. Interrogative dirette totali. Sono quelle in cui linterrogazione si riferisce all'intero contenuto della proposizione (per esempio: credi che io abbia fatto questo? Sei stato a Roma?) e vengono espresse con le particelle ne, nonne, num. Ne enclitica si affigge alla prima parola della proposizione, e attende risposta tanto affermativa che negativa. Putasne me hoc ferisse? Idemne est pertinacia et perseverantia? Num presuppone risposta negativa, per esempio: num negare audes (no). Nonne presuppone risposta affermativa. Nonne vides? (s) Nonne beatus Socrates tibi videtur? 263. Al posto di num quis ecc. si pu anche usare ecquis, ecquid, ecqui, ecquae o ecqua, ecquod. Nonne viene talora sostituito da ne nelle frasi videsne, videtisne ecc.

3. Interrogative dirette doppie. Si rendono con utrum... an, ne... an (utrum e ne si possono anche omettere). Utrum beatus est sapiens an miser? Pluresne dii sunt an unus? Honestum id an turpe est? Se nel secondo membro si trova o no, questo si traduce per annon nella domanda diretta e necne nellindiretta per esempio: utrum hoc dixisti annon? Si risponde all'interrogazione in modo affermativo con ita, ita est, sane, sane quidem o ripetendo quella parola cui si riferisce la domanda. Abiit pater. Solus? Solus. Si risponde in modo negativo ripetendo il verbo con non oppure con le voci: non ita, minime, minime vero. 4. Interrogazioni indirette. Appartengono alle interrogazioni indirette le proposizioni subordinate formate con avverbi o pronomi o con la particella se, non ipotetica preceduti dai verbi sapere, intendere, dire, dichiarare, mostrare, pensare, chiedere ecc. Quid agis? (diretta); Nescio quid agas (indiretta). Videsne? (diretta); Interrogo te num videas (indiretta). Si noti che -ne e num nellinterrogazione indiretta vengono usati promiscuamente, mentre nonne si adopera nel significato di se non, quando si attende risposta affermativa: Quaesitum est ex Socrate Archelaum nonne beatum putaret. Nelle interrogative doppie indirette il primo membro ha utrum o ne enclitica oppure senza particella, mentre gli altri membri cominciano con an, che pu essere sostituito da -ne, qualora nel primo membro si taccia la particella. quaeritur utrum id verum sit an falsum verumne id sit an falsum verum id sit an falsum

verum id falsumne sit Le interrogazioni, che hanno il verbo allindicativo, possono essere talvolta apparentemente indirette, ma in realt devono considerarsi come dirette. Dic quaeso: Num te illa terrent, triceps Cerberus, Cocyti fremitus, travectio Acherontis? Vera interrogazione indiretta sarebbe: dic quaeso, num te illa terreant ecc. Vide! Quam conversa rea est! Le locuzioni nescio quis, nescio quomodo, stanno talvolta in forma di parentesi, senza dar luogo ad un'interrogazione e in questo caso non hanno alcuna influenza sul modo del verbo. 263. Minime assentior iis, qui istam nescio quam indolentiam magnopere laudant (io non sono affatto dell'opinione di coloro che lodano grandemente questa non so quale insensibilit). Sed nescio quomodo inhaeret in mentibus quasi saeculorum quoddam augurium futurorum. Similmente mirum quantum e nimium quantum stanno spesso per un semplice avverbio (plurimum assai, mirabilmente), ed allora si costruiscono con l'indicativo. Id mirum quantum profuit ad concordiam civitatis. Sales in dicendo nimium quantum valent. Potrebbesi anche dire in altra forma: id mirum est quantum profuerit ad concordiam.

Non si confondano le proposizioni interrogative indirette con le proposizioni relative. Le prime non differiscono che per la forma dalle interrogazioni dirette, dove le proposizioni relative possono sempre ricevere il complemento del pronome dimostrativo aggiunto al relativo. Elige utrum tibi commodum sit (eleggi quale delle due cose maggiormente ti faccia comodo); al contrario: utrumn tibi commodum est, elige, cio id elige (eleggi delle due cose quella che maggiormente ti fa comodo). Nella prima frase si suppone che chi deve fare la scelta non sappia ancora quale sia la cosa che maggiormente gli faccia comodo, ma non cos nella seconda frase. Dic, quid sentias (di' che cosa ne pensi): dic quod sentis (di' quello che pensi); nel plurale dic quae sentias o quae sentis. Nihil est (in Q. Maximo) admirabilius, quam quomodo mortem filii tulit; cio quam is modus, quo tulit. Talvolta di due interrogazioni se ne fa una sola. Considera, quis quem fraudasse dicatur (pensa a chi abbia fatto l'inganno e a chi). Quaerere debetis, uter utri insidias fecerit (voi dovete esaminare quale dei due abbia teso insidie all'altro). Per l'uso di an vedere 176, Nota 3. Uso dell'Imperativo 264. 1. L'imperativo s'adopera a significare comando (preghiera, esortazione, consiglio). 2. Se l'azione che si comanda deve compiersi subito, si usa l'imperativo presente; se deve compiersi soltanto in un tempo successivo, sia compreso nel presente nell'avvenire, s'adopera l'imperativo futuro. Si quid in te peccavi, ignosce. Vale! Vive felix! Ignoscito saepe alteri, nunquam tibi. Cras petito, dabitur; nunc abi. Cum valetudinis tuae rationem habueris, habeto etiam navigationis. Consules summum ius habento; nemini parento; illis salus populi suprema lex esto. Si dice sempre scito, scitote (sappi, sappiate), non mai sci, scite, e cos pure memento, mementote. 264. A temperare l'espressione dell'imperativo, s'aggiungono spesso le parole quaeso, quaesumus (ti prego, ti preghiamo, di grazia); sis, sultis (se vuoi, se volete; se ti piace, se vi piace) ( 141, Nota); sodes, si audies (di grazia); dum (suvvia). Refer animum, sis, ad veritatem. Agedum o agitedum (su, suvvia). Iteradum (ripeti).

Nel linguaggio animato limperativo fa talvolta le veci di una proposizione condizionale. Iracundus non semper iratus est: lacesse, iam videbis furentem, cio sed si eum lacessiveris. Anche in italiano: provocalo, e lo vedrai presto andare su tutte le furie (quell' e italiano non si potrebbe rendere in latino per et). 265. Un divieto o un comando proibitivo si esprime nel linguaggio del legislatore e del poeta per mezzo dell'imperativo e del ne, non del non; nella prosa ordinaria per mezzo di noli (non volere) con l'infinito. Hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito. Tu ne cede malis, sed contra audentior ito. Nolite putare, homines consceleratos terreri Furiarum taedis ardentibus. Noli oblivisci, te Ciceronem esse. Nolite id velle, quod fieri non potest. Invece di noli con l'infinito, si pu anche usare cave (guardati) con il congiuntivo, o ne con il congiuntivo, oppure non con il futuro. Cave festines (non affrettarti) (cfr. 275, 2, Nota 1); ne feceris, raramente ne facies (non fare); non facies (non farai). Poeticamente anche fuge per noli: fuge quaerere (non cercare). Altre circonlocuzioni dell'imperativo sono le seguenti: fac animo forti sis (sii di forte animo); fac ut valeas (sta sano); fac ne quid omittus (non tralasciar nulla); cura ut valeas (sta bene). Uso dell'Infinito 266. L'infinito s'adopera come soggetto e come oggetto in latino non meno che in italiano. Irasci (soggetto) non decet (non conviene adirarsi). Peccare (oggetto) nolo (non voglio peccare). Bene sentire recteque facere satis est ad bene beateque vivendum. Invidere non cadit in sapientem. Docto et erudito homini vivere est cogitare. Vincere scis, Hannibal; victoria uti nescis. Spartae pueri rapere discunt. Magistri te latine loqui docuerunt. Beatus esse sine virtute nemo potest.Cato esse, quam videri, bonus malebat. Cives Romani omnia perpeti parati erant. Se all'infinito s'aggiunge un proprio soggetto, questo va sempre allaccusativo: Deum esse (che c' un Dio); Caesarem venire (che Cesare viene). 266. Anche il nome del predicato, che andasse unito a tal soggetto, si pone in accusativo, se linfinito esso stesso soggetto della proposizione: Deum esse sapientissimum facile intellegitur. Ma se l'infinito oggetto, allora il nome del predicato si mette al nominativo, se ha rapporto con un nominativo, e all'accusativo, se ha rapporto a un accusativo. Quindi si dir: Caesar Romae primus esse voluit, perch primus si riferisce a Caesar, ma Caesar se Romae primum esse voluit, perch primum si riferisce a se (Cfr. 192, 3).

L'infinito, come oggetto, si costruisce con il nome del predicato al nominativo, se l'uno e l'altro membro della frase si riferiscono allo stesso soggetto, con i verbi volo, nolo, malo, cupio, scio, disco, statuo, secerno, ed anche con audeo, studeo, incipio, pergo, desisto, consuesco e altri (Cfr. 269 e 238 bis). Nella prosa classica s'incontra un solo aggettivo, che si costruisca con linfinito, ed l'aggettivo paratus; parecchi invece se ne trovano presso i poeti, alla maniera dei Greci, come cedere nescius, cantare peritus, avidus committere pugnam ecc. 267. Accusativo con linfinito. 1. L'infinito con il suo soggetto all'accusativo ha luogo nella maggior parte dei casi, dove in italiano si usa il che con il modo finito (ed anche il di con l'infinito). Con il verbo esse e con tutti gli altri verbi che reggono un doppio nominativo, anche il nome del predicato si mette all'accusativo (cfr. 192). Quindi: Deum esse, certum est ( certo che ci sia un Dio); Deum esse bonum scimus omnes (tutti sappiamo che Dio buono). Putavi, te hoc dicere,

dixisse, dicturum esse, dicturum fuisse (ho creduto che tu dica, abbia detto, sia per dire, saresti stato per dire o avresti detto). 2. Parecchi verbi cambiano significato se usati con l'infinito oppure con l'ut e il congiuntivo. Cos: facio ut con il congiuntivo significa mi adopero, procuro; facio con l'infinito significa supporre, immaginarsi, figurarsi. Per esempio: fac animos (poni che) non remanere post mortem. Xenophon Socratem disputantem facit (Senofonte introduce Socrate a disputare). Efficio ut, ne (procuro, cerco di fare); efficio ut, ut non (faccio si che una cosa non sia); efficio con l'accusativo e l'infinito significa dimostrare, provare. Plato efficit animos hominum esse immortales (Platone dimostra che l'anima dell'uomo immortale). Persuadeo ut, ne (persuado, induco a fare una cosa). Pater persuasit mihi ut hoc facerem (mi indusse a fare ci); persuadeo con l'infinito e accusativo significa far credere, indurre a credere. Pater persuasit mihi hoc esse verum. Moneo, admoneo ut (esorto a fare una cosa); moneo con l'infinito (avviso che una cosa o non ). Concedo ut (permetto, concedo che una cosa sia o si faccia); concedo con l'accusativo e l'infinito (ammetto che una cosa o non ). 267. Dico, scribo si costruiscono con l'ut, ne e il congiuntivo quando accennano un ordine, una preghiera. Scripsit mihi licere sibi venire (mi scrisse che gli era permesso di venire); ut liceret sibi venire, che gli fosse permesso di venire. Dubito con l'infinito significa esitare, essere incerto, per esempio: milites transire flumen non dubitaverunt. Dubito num significa dubito se. Non dubito quin significa essere certo (vedere 252, Nota). Timeo, metuo, vereor, con l'infinito prendono il significato di non ardire. Vereor te laudare praesentem. Con ut o ne esprimono timore, apprensione (vedere 230, 3).

La proposizione espressa per mezzo dell'accusativo con l'infinito si pu considerare come un solo concetto, il quale funge ora da soggetto (nominativo) ora da oggetto (accusativo), talvolta, ma raramente, di un altro caso. Cos nel primo dei due esempi sopra allegati, Deum esse soggetto, mentre nel secondo, Deum esse bonum oggetto. Quando il soggetto non determinato, ma una persona generica, si tace in latino l'accusativo del soggetto. Contentum esse suis rebus, maximae sunt certissimaeque divitiae (esser contento, cio essere gli uomini contenti). Hesiodus eadem mensura reddere iubet, qua acceperis, aut etiam maiore, si possis (vuole che si renda ecc.) 268. L'accusativo con l'infinito fa da oggetto con i verbi o con le frasi che accennano sentire o dire e serve a significare che una cosa o si compie. Tali verbi sono per lo pi: video, audio, sentio, animadverto, opinor, puto, credo, iudico, censeo, suspicor, perspicio, comperio, intellego, scio, nescio, ignoro, memini, recordor, obliviscor, disco, accipio, spero, despero, concludo, dico, narro, trado, prodo, nego, fateor, scribo, doceo, nuntio, affirmo, declaro, ostendo, demonstro, perhibeo, promitto, polliceor, minor, simulo, dissimulo e , finalmente, la locuzione aliquem certiorem facio, ed i sostantivi opinio, spes, nuntius, ed altri di simile significato, che siano congiunti con un verbo, come habere, excitare, capere, afferre ecc., o senza verbo alcuno. Quando i detti verbi sono adoperati in forma passiva, l'accusativo con l'infinito diventa naturalmente soggetto della proposizione. Humana omnia caduca esse facile intellegitur. Lapidum conflictu acque tritu elici ignem videmus. Ego ne utilem quidem arbitror esse nobis futurarum rerum scientiam. Tantum quisque laudat, quantum se posse sperat imitari. Piatonem ferunt (= dicunt) primum de animorum aeternitate sensisse idem, quod Pythagoram (sottinteso sensisse ferunt). Concede, nihil esse honum, nisi quod honestum sit: concedendum est, in virtute sola positam esse beatam vitam. Aristoteles docet, Orpheum potam nunquam fuisse ( 198, 4).

268. Censeo (penso, credo) regge sempre laccusativo con l'infinito. Aristoteles omnia moveri censet (Aristotele crede che tutto si muova). Ma nel senso di proporre, decretare regge il verbo attivo con ut e il congiuntivo, il passivo all'accusativo con l'infinito del participio in -ndus: senatus censuit, ut Caesar Aeduos defenderet (il Senato decret, che Cesare difendesse gli Edui). Ceterum censeo, Karthaginem esse delendam (del resto io propongo che Cartagine si distrugga). Similmente anche altri fra i sopraccitati verbi reggono solamente ut: philosophia nos docuit, ut nosmet ipsos nosceremus (la filosofia c'ingegn a conoscere noi stessi). I verbi statuo, constituo, deterno (nel senso di stabilire, risolvere) si costruiscono per lo pi con l'infinito se hanno comune il soggetto con quello dipendente, per esempio: constitui ad te venire. Se il soggetto diverso si costruiscono con ut o ne, per esempio: senatus constituit (decrevit) ut consul videret ne quid res publica detrimenti caperet.

Con i verbi sperare, giurare, promettere, minacciare si adopera l'accusativo con l'infinito futuro, dove in italiano viene usato per lo pi l'infinito del presente (cfr. 244, 3). I pi frequenti tra i verbi di questa categoria sono spero, iuro, polliceor, promitto, spondeo, voveo, minor, minitor. Spero me mox rediturum esse (spero di ritornar presto) e cos pure spero te mox rediturum. Pollicetur (iurat) se hoc facturum esse (promette, giura di fare ci); milites minantur se esse abituros (i soldati minacciano di andarsene). Quanto al riflessivo se, vedere 238, 7. Allorch spero significa semplicemente credo, pu anche reggere il presente o il perfetto. Te mihi et esse amicum spero et semper fuisse. Per tradurre in latino questa frase di Pitagora si narra che egli venisse (venne), si dir: Pythagoram dicunt (o tradunt, ferunt) venisse, mai de Pythagora dicunt, eum venisse. Similmente Achille che, per quel che si credeva, era figlio di una Dea, far Achilles, quem putabant esse Deae filium. Cicero, quem scimus patrem patriae nominatum esse (Cicerone che, com' noto, fu chiamato padre della patria). La stessa costruzione ha luogo, quando non propriamente il pronome relativo, ma un altro termine della proposizione relativa a fare da accusativo del soggetto. Brutus, cuius patrem esse Caesarem dicebant. Athenienses, quibus eo tempore bellum a Persis illatum esse constat. Germani, cum quibus sibi dimicandum fuisse Caesar dicit. Errare te verisimile est (tu sei probabilmente in errore). Patrem spero mox rediturum esse (il padre torner, come io spero, presto). Ciceronem constat eo tempore consulem fuisse (Cicerone era, com' noto, console in quel tempo). Quo cruciatu censemus Dionysium illum angi solitum? (qual tormento deve essere stato ecc.?) E cos pure con puto e videor. I pronomi italiani egli, ella, lui, lei, lo, la, gli, le, suo, sua ecc., si traducono in latino per sui, sibi, se e suus, quando si rapportano al soggetto della proposizione principale. Ariovistus dicebat, neminen sine sua pernicie secum contendisse. 268. Le locuzioni riflessive italiane mi trovo costretto, mi sento commosso, non so indurmi e altre di questa specie, si volgono spesso in latino con il semplice passivo del verbo, per esempio: cogor (mi trovo costretto). Non adducor, ut hoc faciam (non so indurmi a far questo). Cos pure impellor, excitor ecc. (cfr. 104 e 269, Nota 5).

269. L'accusativo con l'infinito sta come oggetto con i verbi che significano volere, permettere o il contrario. Tali verbi sono: volo, nolo, malo, cupio, studio, iubeo, veto, prohibeo, cogo, sino, patior. Con opto, postulo, peto, permitto, concedo ecc. sta meglio ut (cfr. 275, 1). Ego me Phidiam esse mallem, quam vel optimum fabrum lignarium, Mos est hominum, ut nolint eundem pluribus rebus excellere. Aristoteles versum in oratione vetat esse, numerum iubet. Hortensius nullum patiebatur esse diem, quin aut in foro diceret, aut medilaretur extra forum. Germani vinum ad se importari omnino non sinunt.

Quando ambedue le proposizioni hanno un solo e medesimo soggetto, con i verbi di volere e non volere si usa ancora pi frequentemente l'infinito solo (cfr. 266, N. 3). Con prohibeo si usa anche quominus ( 253). Iubeo te audire (ti comando, ti dico di ascoltare); iubeo te audiri (comando che ti si ascolti, che tu sia ascoltato). Cos pure: vetuit eum venire (gli proib di venire); vetuit eum ligari (proib che lo si legasse). Iubeo con un infinito passivo corrisponde sovente all'italiano fare con un infinito attivo: eum occidi iussit (lo fece uccidere, cio comand che fosse ucciso), anche semplicemente eum occidit. Archipiratam securi percussit (fece tagliare la testa al capo dei pirati) (cfr. 281, 3). Si dice anche impero tibi, ut hoc facies, ma nel passivo allincontrario impero, hoc fieri; imperavit, eum interfici, raramente ut interficeretur. Con i verbi volo, nolo, malo, si usa anche il congiuntivo solo. Malo te sapiens hostis metuat, quam stulti cives laudent. Con i verbi riflessivi si tralascia spesso il verbo fare e si adopera invece il solo passivo, per esempio: tondeor (mi faccio radere), tonderi me patior (mi lascio radere). Similmente fallor (mi lascio ingannare); abripior (mi lascio trascinare) (cfr. 268, 5). Cos pure me ipse consolor (so consolarmi da me stesso). 270. L'accusativo con l'infinito si usa come soggetto in tre casi: a) con molti verbi impersonali: appret, elcet, constat, fugit me, oportet (opus est, necesse est), decet, dedcet, licet, placet, convnit, iuvat, condcit, expdit, interest, rfert (piget, pudet, poenitet, taedet). Leges ad salutem civium inventas esse constat. Narrationem oportet tres habere res, ut brevis, ut aperta, ut probabilis sit. A deo necesse est mundum regi. Omnibus bonis expedit salvam esse rem publicam. Ut equos ad cursum, aves ad volatum, sic homines apparet natos esse ad cogitandum. 270. b) con aggettivi neutri e il verbo est: apertum est, manifestum est, perspicuum est, verum est, verisimile est, par est, aequum est, rectum (pulchrum, iustum, honestum, grave, facile, difficile, iniquum, molestum ecc.) est. Aliud est iracundum esse, aliud iratum. Scipio nihil diffcilius esse dicebat, quam amicitiam usque ad extremum vitae diem permanere.

e) con sostantivi in unione con il verbo est: tempus est, facinus est, scelus est, magna laus est, opinio est, spes est ecc. Facinus est vinciri civem Romanum. Tempus est, nos de illa perpetua iam, non de hac exigua vita. cogitare. Con necesse est, oportet e licet, al posto dell'accusativo con l'infinito s'usa anche il semplice congiuntivo. Necesse est hoc facias oppure te hoc facere. Quando licet accompagnato da un dativo di persona, anche il nome del predicato, che accompagna l'infinito, si pone in dativo. Licuit esse otioso Themistocli. Mihi neglegenti esse non licet. Dopo interest e refert, al posto dell' infinito si pu anche adoperare ut con il congiuntivo. Magni mea interest, ut te videam. 271. L'accusativo con l'infinito s'adopera come oggetto remoto con i verbi che significano un'affezione dell'animo. Tali verbi sono: gaudeo, laetor, glorior, miror, admiror, doleo, angor, sollicitor, indignor, queror, aegre, (moleste, graviter) fero. Al posto dell'accusativo con l'infinito si pu usare anche quod (cfr. 276). Gaudeo, id te mihi suadere, quod ego mea sponte feceram. Minime miramur, te tuis praeclaris operibus laetari. Virtutes noli vereri ne querantur, se esse relictas.

272. L'accusativo con l'infinito s'adopera talvolta come esclamazione, per significare meraviglia o dolore, o come interrogazione per accennare indignazione (talvolta con l'affisso ne). Me non esse cum bonis! (ch'io non stia con i buoni!). Ita comparatam esse hominum naturam, aliena ut melius videant et diiudicent, quam sua! Tene hoc dicere, tali prudentia praeditum! Si usa in questo senso anche ut con il congiuntivo. Tu ut unquam te corrigas! (correggerti tu!). Con linfinito si sottintende qualcosa, come credibileest; con ut, un postulandum est, o altra cosa simile. 273. Nominativo con l'infinito. 1. I passivi videor, dicor, putor, iubeor, sinor, vetor, perhibeor, arguor, anche traditur, fertur e feruntur sono sempre nella buona prosa adoperati personalmente e costruiti con il nominativo e l'infinito ( 492; 4 e 5). Quindi: hoc fecisse dicor (si dice ch'io abbia fatto questo), non dicitur, me hoc fecisse. Hoc facere iussus sum (mi stato comandato di far questo). Tu hoc dixisse perhiberis (si vuole che tu abbia detto questo). 273. 2. Simile costruzione personale prendono spesso i passivi nuntior, existimor, iudicor; talvolta anche negor, memoror, scribor, cognoscor, perspicior, intellegor, audior, demonstror, ostendor, reperior, anche se per questi ultimi sia pi usata la costruzione impersonale con l'accusativo e l'infinito. Non ita generati a natura sumus, ut ad ludum et iocum facti esse videamur. Romulus Amulium regem interemisse fertur. Luna solis lumine collustrari putatur. Lycurgi temporibus Homerus fuisse traditur. Tyndaridae fratres non modo adiutores in proeliis, sed etiam nuntii victoriae fuisse perhibentur. Non fecisti, quod facere iussus es. Acta agere vetamur vetere proverbio.

La costruzione impersonale dei verbi citati sotto il n 1 con l'accusativo e l'infinito una rara eccezione. Dicitur eo tempore matrem Pausaniae vixisse. Per cessa di essere eccezione e si conforma anzi alla regola, quando cos il verbo principale, come linfinito sono formati per mezzo d'un participio. Quindi si dir Athenae conditae esse putantur, e non Athenae conditae esse putataeo putandae sunt, ma Athenas conditas esse putatum o putandum est. Quando dopo una proposizione costruita personalmente con videtur, dicitur ecc. si continua la costruzione infinitiva in pi proposizioni seguenti, d'obbligo usare l'accusativo con l'infinito. Ad Themistoclem quidam doctus homo accessisse dicitur eique artem memoriae pollicitus esse se traditurum. Cum ille quaesisset, quidnam illa ars efficere posset, dixisse illum doctorem, ut omnia meminisset. Et ei Themistoclem respondisse, gratius sibi illum esse facturum, si se oblivisci; quae vellet, quam si meminisse docuisset (in italiano: quel maestro gli dicesse Temistocle gli rispondesse). Consiliis, ut videmur, bonis utimur (per quel che ci pare), mentre in latino sar sempre usata la costruzione personale. 274. I vari tempi dell'infinito si usano in latino nella stessa maniera che in italiano. Si noti per altro: 1. Che al tempo espresso nella proposizione principale si fa corrispondere il presente, il perfetto o il futuro dell'infinito, a seconda del fatto che l'azione significata sia contemporanea a quella espressa nella proposizione principale, o gi passata o futura. Dicunt (dicent, dixerint), eum venire o venisse o venturum esse (ch'egli viene o venuto o verr). Dicebant (dixerunt, dixerant) eum venire o venisse o venturum esse (che egli veniva o era venuto o verrebbe). Cos pure: dicunt o dicebant, eum venturum fuisse (che sarebbe venuto). 2. Con memini si usa per lo pi il presente dell'infinito trattandosi d'azione passata, alla quale si fu presenti. Memini Catonem mecum et cum Scipione disserere (mi ricordo che Catone discorreva). Metellum memini puer bonis esse viribus extremo tempore aetatis (che era). Questo infinito dunque rappresenta un tempo imperfetto (disserebat; erat). 3. Invece di hoc fieri volo (voglio che si faccia questo), si dice con maggior energia hoc factum (esse) volo.

274. 4. Con i verbi che mancano del supino, e quindi anche dell'infinito futuro attivo e passivo, si usano le circonlocuzioni futurum esse (o fore) (vedere 246 bis). Video, te velle in coelum migrare, et spero, fore, ut contingat id nobis. Plerique existimabant, futurum esse, ut oppidum amit. teretur.

Gli infiniti posse, velle, nolle e malle si adoperano benissimo come infiniti futuri, senza le suddette circonlocuzioni. Spero me hoc perficere posse. 275. Quando si debba usare in latino, al posto della proposizione italiana con che, l'accusativo con l'infinito, e quando l'ut o il quod, non cos facile da riconoscere; a questo proposito vengono illustrate alcune regole intorno all'uso dell'ut o del quod. La congiunzione che si rende con ut in due casi specialmente (cfr. 249): 1. Quando accenna intenzione o fine, e il che avviene con i verbi e nelle locuzioni che significano consigliare, fare, pregare, ammonire, indurre, procurare, sforzarsi, conseguire e simili: suadeo, praecipio, mando, facio, efficio, perficio, oro, rogo, precor, postulo, opto, permitto, concedo, moneo, hortor, commovevo, nitor, contendo, peto, curo, operam do, id ago, impetro, assequor, adipiscor ecc. Idcirco amicitiae comparantur, ut commune commodum mutuis officiis gubernetur. Temperantia sedat appetitiones et effcit, ut hae e rectae rationi pareant. Impetrabis a Caesare, ut tibi abesse liceat et esse otioso. Natura fert, ut eis faveamus, qui eadem pericula, quibus nos perfuncti sumus, ingrediantur. Magnopere te hortor, ut orationes meas studiose legas. Omne animal se ipsum diligit et id agit, ut se conservet. Phathon optavit, ut in currum patris tolleretur. Qui stadium currit, eniti debet et contendere, ut vincat. 2. Quando accenna conseguenza, o viene dopo a sic, ita, eiusmodi, adeo, tam, tantopere, tantus, talis ed is (nel senso di talis). Esprimono conseguenza le locuzioni fit, accidit, contingit, evnit (avviene, accade), come restat, relinquitur, reliquum est, superest, sequitur, proximum est, extrmum est, prope est, longe abest e ancora lex est, mos o moris est, consuetudo est, hac lega, hac condicione. Talis est ordo actionum adhibendus, ut omnia in vita sint apta inter se et convenientia. Fieri potest, ut recte quis sentiat et id, quod sentit, polite eloqui non possit. Pterisque accidit, ut praesidio litterarum diligentiam in perdiscendo remittant. Temporibus persaepe evenit, ut utilitas cum honestate certet. Restat, ut doceam, omnia, quae sunt in hoc mundo, hominum causa facta esse. Reliquum est, ut certemus officiis inter nos. Vetus est lex illa iustae veraeque amicitiae, ut idem amici semper velint. 275. L'ut (ne) si omette talvolta, in particolare nelle proposizioni pi brevi. Cave ignoscas (non perdonare); fac animo forti sis oppure ut sis;sine te exorem (cfr. 265, N. 2; 269; 270).

Si noti la locuzione: tantum abest ut ut. Per esempio: tantum abest ut nostra miremur, ut nobis non satisfaciat ipse Demosthenes (siamo tanto lontani dall'ammirare le cose nostre, che non ci accontenta neppure lo stesso Demostene). Philosophia tantum abest ut digne laudetur, ut a multis etiam vituperetur (la filosofia non che sia degnamente lodata, anzi da molti vituperata). 276. Quod si adopera per l'italiano che, specialmente in quattro casi: 1 dopo il verbo est con un nome con valore di questo che, il fatto che. In fabrica mundi nihil maius est, quam quod ira cohaeret, ut nihil cogitari possit aptius. Magnum beneficium est naturae quod necesse est mori; 2 allinizio di una proposizione nel significato di quanto; a quello che; che se. Quod nos in Italiam salvos venisse gaudes, perpetuo gaudeas velim. Quod me Agamemnonem

aemulari putas, falleris; 3 quando il che italiano si riferisce ad un dimostrativo precedente, e serve a spiegarne e determinarne il significato: Hoc uno praestamus vel maxime feris, quod exprimere dicendo sensa possumus. Qui benigniores sunt, quam res patitur, eo peccant, quod iniuriosi sunt in proximos; 4 quando il che accenna una a una ragione, un motivo, e in particolare dopo i verbi che esprimono un'affezione dell'animo o la sua manifestazione ( 271). Si usa in particolare quod dopo i verbi che servono ad esprimere la manifestazione delle affezioni dell'animo, e quindi dopo accuso, reprehendo, vitupero, gratias ago, gratulor, laudo, damno, ma anche dopo indignor e misereor. Cato mirari se aiebat, quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset. Quod spiratis, quod vocem mittitis, quod formas hominum habetis, indignantur. Praeclare in epislula quadam Alexandrum filium Philippus accusat, quod largitione benevolentiam Macedonum consectetur. Magna diis imrnortalibus habenda est gratia, quod hanc pestem effugimus. Gratulor tibi, quod te provincia decedentem summa laus prosecuta est. Con i verbi esprimenti le affezioni dell'animo si usa anche l'accusativo con l'infinito (cfr. 271). Nisi quod (sennonch); praeterquamquod (eccetto che). Si dice: accedit quod (s'aggiunge che, senza che) ed anche accedit ut. Proposizioni comparative. Le particelle relativo ut, uti, sicut, sicuti, quemadmodum, tamquam, quomodo, seguite o precedute da ita, sic, item, formano le proposizioni compatarative. 276. Il modo delle proposizioni comparative l'indicativo; quando la proposizione cade nel discorso indiretto, si usa il congiuntivo. Ut magistratibus leges, ita populo praesunt magistratus (come ai magistrati comandano le leggi, cos al popolo i magistrati). Ut pulchrum est gloriam quaerere, ita malis artibus ad eam niti indecorum. Ut senza il correlativo ita ha significato dichiarativo o limitativo. Litteras, ut erant obsignatae, proferri iussimus (sigillata com'era). Multae in Catone, ut in homine Romano (per un cittadino Romano), litterae erant. Ut con l'indicativo vale il modo di dire italiano, per esempio, cos. Il latino non adopera mai, in questo caso, sic, ita, n exempli causa, che si trova solo accompagnato da un proprio verbo: affero, pono, nomino.

Nei paragoni di uguaglianza o di disuguaglianza espressi con similis, dissimilis, par, alius, similiter, aeque, aliter, secus ecc. si usano le congiunzioni ac, atque. Alia dicis, ac sentis. Omnia contra ac dixisti evenerunt. Dopo un termine negativo o interrogativo di senso negativo, come nemo, nullus, quis est? ecc. si usa nisi. Quid est pietas (nihil aliud est pietas), nisi voluntas grata in parentes? Non parlo d'altro, non penso ad altro si traducono nihil aliud loquor, nihil aliud cogito nisi de. Imperator nihil aliud nisi de hoste ac de laude cogitat. Al posto di aliusac, aliterac si adopera anche alias ripetuto, per esempio: aliud dicis, aliud sentis. Quasi, tamquam, tamquam si, velut si, quasi ecc. servono a paragonare un fatto immaginario con un fatto reale. Il verbo con queste locuzioni si mette, al congiuntivo generalmente secondo le regole della consecutio temporum. Quid ego his testibus utor quasi res dubia sit? Angimur tanquam Hortensio acerbitatis aliquid acciderit. Tamquam de regno dimicaretur, ita concurrerunt. 277. Discorso indiretto. Discorso indiretto (oratio obliqua) detto quello che esprime un concetto in forma dipendente da un altro concetto. Tu venisti discorso diretto (oratio recta), mentre dico te venisse discorso indiretto. Il pi delle volte per altro s'intende per discorso indiretto, quello con il quale si riferiscono in forma narrativa i pensieri o le parole altrui.

Per questo tipo di discorso indiretto, bisogna tener presente quanto segue: 1 Tutte le proposizioni principali del discorso diretto, che contengono una narrazione o unaffermazione, sono espresse nel discorso indiretto con l'accusativo e l'infinito. In italiano si tace spesso in questo caso la congiunzione che e il verbo si mette senz'altro all'indicativo o al congiuntivo. 2 Le proposizioni principali del discorso diretto che contengono un comando, un desiderio o un'interrogazione, nel discorso indiretto hanno il verbo al congiuntivo, e questo all'imperfetto o al pi che perfetto. 277. 3 Tutte le proposizioni secondarie hanno anchesse nel discorso indiretto il verbo al congiuntivo imperfetto o pi che perfetto.

4 I pronomi, che nel discorso diretto sono di prima persona, nell'indiretto si esprimono con il riflessivo (sui, sibi, se, suus, raramente ipse) (cfr. 238, 7, c). Il pronome di seconda persona del discorso diretto, si muta nel discorso indiretto con ille, talvolta con is, mentre per la terza persona il pronome usato per lo pi is e talvolta ille. In consilio Aeduorum Dumnrix dixerat, sibi a Caesare regnum civitatis deferri (discorso diretto: mihi defertur). Consules scripta ad Caesarem mandataremittunt, quorum haec erat summa: Caesar in Galliam reverteretur, Arimno excederet, exercitus dimitteret (discorso diretto: revertere, excede, dimitte). Ei legationi Ariovistus respondit: Si quid ipsi (al posto di sibi) a Caesare opus esset, sese ad eum venturum fuisse; si quid ille se vellet, illum ad se venire oportere. Praeterea se neque sine exercitu in eas partes Galliae venire audere, quas Caesar possideret, neque exercitum sine magno commeatu in unum locum contrahere posse; sibi autem mirum vidri, quid in sua Gallia, quam bello vicisset, aut Caesari aut omnino populo Romano negotii esset. Si usa talvolta la forma interrogativa invece della negativa. Per esempio: quid est levius aut turpius? invece di nihil est levius aut turpius. Ci occorrendo nel discorso indiretto, si conserver tuttavia l'accusativo con l'infinito: tribuni militum nihil temere agendum existimabant; quid enim esse levius aut turpius, quam auctore hoste de summis rebus capere consilium?, che come dire: nihil enim esse levius... Anche le proposizioni relative si esprimono nel discorso indiretto con l'accusativo e linfinito, quando qui vale et is, unde vale et inde ecc. Res defertur, esse civem Romanum, qui se Syracusis in lautumiis fuisse quereretur; quem iam ingredientem navem retractum esse et asservatum, invece di et eum iam ingredientem. Quando il discorso indiretto dipende da un presente storico si pu, invece dell'imperfetto congiuntivo, adoperare il presente congiuntivo (cfr. 246). Nel corso di un lungo discorso indiretto si usa anche in via eccezionale, dopo un perfetto storico il presente del congiuntivo. Uso dei Participi 278. 1. I participi hanno la forma di aggettivi, ma reggono gli stessi casi che i verbi da cui provengono. 2. Alcuni participi perfetti di forma passiva hanno, insieme con la passiva, anche la significazione attiva e tali sono: cenatus (mangiato a cena e colui che ha cenato); iuratus (giurato e colui che ha giurato); potus (bevuto e colui che ha bevuto); pransus (mangiato a colazione e colui che ha fatto colazione). 278. Parecchi verbi, per la maggior parte intransitivi, hanno un participio perfetto di forma passiva, che diventato un vero aggettivo, ma di significazione attiva. Tali sono: consideratus (considerato, riflessivo); profusus (profuso, prodigo); falsus (ingannatore, bugiardo). Da verbi intransitivi: adultus (adulto); concretus (concreto, condensato; propriamente cresciuto insieme); coniuratus (congiurato); consuetus (consueto, avvezzo); deflagratus (acceso); nupta (sposa); obsoletus

(disusato); praeteritus (passato). Adultus sum (sono adulto); adolevi (crebbi negli anni o sono cresciuto).

3. Molti participi perfetti di verbi deponenti, oltre alla significazione attiva, ne hanno pure una passiva. Tali sono in particolare: comitatus, complexus, confessus, dimensus, ementitus, expertus, interpretatus, meditatus, pactus, partitus, populatus, testatus. 4. Alcuni participi perfetti di verbi deponenti e semideponenti sono usati nel significato di un participio presente. Cos sempre ratus e solitus, mai rens, raramente solens; spesso anche fisus, diffisus, veritus, e talvolta ausus, gavisus ecc. Caesar veritus, ne hostes effugerent, duas legiones in armis excubare iubet, Cesare, temendo che i nemici noni gli sfuggissero, fa vegliare in armi due legioni. 5. Il participio perfetto passivo di alcuni verbi unito con habeo, mihi est, teneo, equivale ad un perfetto attivo, ma con significazione rinforzata. Siculi meam fidem spectatam iam habent et diu cognitam. Statutum iam habeo, quid mihi agendum putem. Senatum inclasum in curia habuerunt (cio lo tennero chiuso). Mihi Siculorum causa suscepta est. Si dice pure: mihi persuasum est oppure persuasum habeo, quest'ultimo sempre senza mihi (io sono persuaso). 279. 1. I participi sono molto pi frequentemente usati in latino che in italiano, poich si adoperano spesso invece di proposizioni relative ed altre proposizioni secondarie. 2. Ci sono due maniere di costruzione participiale, cio: a) l'attributiva, quando il participio si riferisce come attributo o come apposizione ad un termine della proposizione principale; b) l'assoluta, quando la proposizione participiale non si riferisce ad alcun termine della proposizione principale, ed perci indipendente dalla proposizione principale ( 283). 3. La costruzione participiale attributiva si fa nel seguente modo: si tralascia il relativo o la congiunzione rispettiva, si cambia il tempo di modo finito nel participio corrispondente, e questo si accorda in genere, numero e caso con il nome a cui si riferisce. 280. Participio relativo. 1. Il participio pu far le veci di proposizione relativa, rappresenta cio il relativo qui, quae, quod con un tempo di modo finito. Est enim lex nihil aliud, visirecta et a numine deorum tracta ratio, imperans honesta, prohibens contraria (cio, quae imperat, prohibet). Misericordia est aegritudo ex miseria alterius, iniuria laborantis. Pater filio vitam dedit perituram. Sunt divitiae certae, perpetuo mansurae. Pisistratus Homeri libros, confusos antea, sic disposuisse dicitur, ut nunc habemus.

2. Quando l'antecedente del relativo un pronome dimostrativo, questo non si esprime nella costruzione participiale (cfr. 281, 4, Nota 1). Verum dicentibus facile credam, cio iis qui dicunt e mai iis verum dicentibus. Male parta male dilabuntur. Imperaturus omnibus eligi debet ex omnibus. 281. Participio congiunzionale. Il participio pu far le veci di una proposizione secondaria avverbiale. In tal caso i vari participi si possono per lo pi risolvere in italiano mediante congiunzioni. 1. Il participio presente che esprime un rapporto temporale, si pu risolvere con mentre, mentre che, quando. Ego recreavi afflictos animos bonorum, unumquemque confirmans, excitans, cio dum confirmo, excito. M'. Curio, ad focum sedenti, magnum auri pondus Samnites cum attulissent, repudiati sunt, cio dum sedet. 2. Il participio perfetto, che esprime un rapporto temporale, si pu risolvere con dopo che, poich,

quando. Dionysius tyrannus, Syracusis expulsus, Corinthi pueros docebat, cio postquam expulsus est. Pleraeque scribuntur orationes, habitae iam, non ut habeantur, cio postquam habitae sunt. Hostes, hanc adepti victoriam, in perpetuum se fore victores confidebant, cio cum adepti essent. 3. Il participio che esprime un rapporto finale (solo nel futuro attivo o passivo), si pu risolvere con affinch, acciocch, perch. Ad prima signa veris Hannibal in Etruriam ducit, eam quoque gentem aut vi aut voluntate adiuncturus, cio ut adiungat). Alexander Hephaestionem in regionem Bactrianam misit, commeatus paraturum, cio ut oppure qui pararet). Demus nos philosophiae excolendos patiamurque sanari, cio ut excolamur. Antignus Eumnem mortuum propinquis eius sepeliendum tradidit. Hi ossa eius in Cappadociam ad matrem deportanda curarunt, cio ut sepeliretur, ut deportarentur. L'uso del participio futuro passivo a questa maniera assi frequente con i verbi dare, tradere, mandare, mittere, relinquere, proponere, accipere, conducere, locare, specialmente poi con curare che corrisponde allora in italiano al verbo fare con un infinito. Fabricius perfugam reducendum curavit ad Pyrrhum (Fabrizio fece ricondurre il disertore a Pirro). 281. 4. Talvolta i participi, di qualunque tempo siano, si possono risolvere con se (participio condizionale), perch (participio causale) o quantunque (participio concessivo). Non potestis, voluptate omnia dirigentes, aut tueri, aut retinere virtutem, cio si dirigitis. Quis potest, mortem metuens, esse non miser, cio si metuit?Ne mente quidem recte uti possumus, cibo vinoque completi, cio cum completi sumus. Dionysius tyrannus cultros metuens tonsorios, candente carbone sibi adurebat capillum, cio quia metuebat. Risus interdum ita repente erumpit, ut eum cupientes tenere nequeamus, cio quamvis cupiamus. Herculem Germani, ituri in proelium, canunt, cio cum ituri sunt.

Quando il participio fa le veci di una congiunzione, pu stare benissimo nella proposizione un dimostrativo. Quid posset iis esse laetum, exitus suos cogitantibus, cio si cogitarent? (cfr. 280, 2). L'infinito italiano dopo i verbi vedere, udire ed altri di analogo significato, si rende in latino in tre maniere differenti: 1 vidi eum currere, propriamente ho veduto che egli correva; 2 vidi eum cum curreret, propriamente l'ho visto quando o mentre correva; 3 vidi eum currentem (l'ho visto che correva, l'ho visto correre). Cos pure : 1 audivi eum dicere (ho udito ch'egli diceva); 2 audivi eum, cum diceret (l'ho udito quando o mentre diceva); 3 audivi eum dicentem (l'ho udito che diceva, l'ho udito dire). 282. Il participio latino esprime ancora varie altre relazioni, alle quali corrispondono in italiano diverse maniere di dire. Si notino le seguenti: 1. Participio copulativo. Il participio si risolve con il verbo da cui deriva e la congiunzione e. Grues, cum loca calidiora petentes mare transmittunt, trianguli efficiunt formam, cio petunt et trasmittunt. Sunt siderea, quae infixa caelo non moventur, cio quae infixa sunt et non moventur. Manlius Torquatus Gallum in conspectu duorum exercituum caesum torque spoliavit, cio cecidit (occidit) et spoliavit. 2. Participio negativo. Il participio congiuntivo con una negazione si risolve frequentemente per le particelle senza, senza che. Epicurus non erubescens omnes voluptates nominatim persequitur (senza arrossire). Nihil feci iratus, nihil impotenti animo, nihil non diu consideratum et multo ante meditatum (che non l'avessi, cio senza che l'avessi prima lungamente meditato). Senza e senza che si traducono altres con ut non. Multi malunt existimari boni viri, ut non sint, quam esse, ut non putentur (molti preferiscono essere considerati uomini perbene senza esserlo; propriamente, quantunque non siano, che esserlo senza esser ritenuti tali). Quando precede un'altra negazione, invece di ut non si pu anche usare quin (cfr. 252).

3. Participio sostantivo. Il participio si risolve talvolta in italiano con un sostantivo verbale o con un infinito adoperato in forma di sostantivo. 282. Lacedaemoniis nulla res tanto erat damno, quam disciplina Lycurgi, cui per septingentos annos assueverant, sublata (che l'abolizione della costituzione). Poena violatae religionis iustam recusationem non habet (della violazione delle cose sacre). Homerus fuit et Hesidus ante Romam conditam (prima della fondazione di Roma). Ab oppugnanda Neapoli Hannibalem absterruere conspecta moenia (dall'assedio di Napoli la vista delle mura).

Similmente oppure con un gerundio, si traduce spesso il participio, quando serve a specificare il predicato. Omne malum nascens facile opprimitur, inveteratum fit plerumque robustius (nel suo nascerequando invecchiato). Qui erant cum Aristotele, Peripatetici sunt dicti, quia disputabant inambulantes in Lyceo (passeggiando). Cos pure: valet apud nos clarorum hominum et bene de re publica meritorum memoria, etiam mortuorum (anche dopo la loro morte; cfr. 236, 1). Molte delle proposizioni participiali indicate nel 281 possono egualmente risolversi con sostantivi verbali accompagnati da preposizioni. 283. Ablativi assoluti o ablativi di conseguenza 1. L'ablativo assoluto corrisponde ad una proposizione incidente, poich tutte le parti che lo formano sono indipendenti quanto a concordanza dalla proposizione reggente, quantunque debbano avere con essa immediata relazione di tempo. Non si potr dire, per esempio: omnibus doctis consentientibus, Graeci caeteras nationes artibus superaverunt, ma omnes docti consentiunt. Graecos... superasse perch tra i termini dell'ablativo assoluto e quelli della proposizione principale non corre relazione di tempo. L'ablativo assoluto non pu usarsi quando qualcuno dei suoi elementi si trova come soggetto o complemento nella proposizione principale, per esempio il nemico presa la citt la pose a sacco, non si pu tradurre: hostis capta urbe eam diripuit, perch il participio capta si riferisce al pronome eam. Si dir quindi: hostis captam urbem diripuit. Non mancano per esempi contrari, per esempio: me vivo non sinam. Nemo erit qui credat te invito, provinciam tibi esse decretam. La costruzione dell'ablativo assoluto si fa omettendo le congiunzioni quando, mentre, dopo che ecc., e ponendo il soggetto della proposizione secondaria, insieme al suo predicato, all'ablativo. Il verbo del predicato si muta in questo caso nel participio corrispondente; il verbo sostantivo che fa da copula tra il soggetto e il predicato si omette. Tarquinio regnante, Pythagoras in Italiam venit, lo stesso che cum Tarquinius regnaret (mentre regnava Tarquinio, oppure durante o sotto il regno di Tarquinio). Mortuo Traiano, Hadrianus imperator factus est, cio postquam Traianus mortuus est (morto Traiano, o dopo la morte di Traiano). 283. Maximas virtutes iacre omnes necesse est, voluptate dominante, cio cum, oppure si voluptas dominatur. Reluctante natura, irritus labor est, cio si natura reluctatur. Artes innumerabiles repertae sunt (docente natura). Pietate adversus deos sublata, fides etiam et societas generis humani et una excellentissima virtus, iustitia, tollitur, cio cum oppure si pietas sublata est. Regibus exterminatis, libertas in re publica constituta est, cio postquam reges exterminati sunt. Causa morbi inventa, medici curationem esse inventam putant. Perditis rebus omnibus, tamen ipsa virtus se sustentare potest, cio etiamsi res omnes perditae sunt.

Le congiunzioni quamquam ed etsi si mantengono talvolta con un ablativo assoluto: Augustus Neapolim traiecit, quamquam morbo variante. Il participio perfetto passivo si volge spesso in italiano con una forma attiva, quando con esso si deve sottintendere ab eo oppure ab se. Antonius, repudiata sorore Octaviani, Cleopatram uxorem

duxit (Antonio, poich ebbe ripudiata la sorella di Ottaviano spos Cleopatra). Si noti per, che in questo caso ab eo ed a se non si debbono mai esprimere. Xerxes, rex Persarum, terror ante gentium, bello in Graecia infeliciter gesto, etiam suis contemptui esse coepit. Natura dedit usuram vitae tamquam pecuniae, nulla praestituta die (senza fissare alcun termine, 282, 2). Talvolta il soggetto dell'ablativo assoluto rappresentato da un'intera proposizione. Alexander, audito Darium movisse ab Ecbatanis, fugientem insequi pergit (poich ebbe udito). I pi frequenti di questi ablativi assoluti participiali sono audito, cognito, comperto, nuntiato, edicto, explorato, intellecto, pacto, permisso. Auspicato (presi gli auspici); inauspicato (senza prendere gli auspici); summoto (fattosi largo). 284. Nella costruzione dell'ablativo assoluto si possono anche adoperare, invece del participio, sostantivi ed aggettivi, e cio: 1 Sostantivi verbali, che accennano la persona operante, come dux, comes, auctor, adiutor ecc. Quindi natur duce lo stesso che cum natura dux est (quando guida la natura, oppure, dietro la guida della natura); patre comite (in compagnia del padre); Deo adiutore (con l'aiuto di Dio); auctore Caesare (per consiglio di Cesare). 2 Sostantivi, che denotano una persona secondo la sua et, la dignit, la posizione occupata, come puer, iuvenis, senex, rex, consul, praetor, dictator ecc. Cos me puero lo stesso che cum ego puer essem (nella mia fanciullezza); te adulescente (nella tua giovinezza); Cicerone consule equivale a cum Cicero consul esset (sotto il consolato di Cicerone); Romulo rege (sotto il regno di Romolo). 3 Aggettivi, come Deo propitio, locuzione identica a si Deus propitius est (con il favore di Dio); invit Minerv (a dispetto di Minerva, cio contro l'inclinazione); caelo sereno (a cielo sereno); patre ignaro (ad insaputa del padre). 284. Quod affirmate et quasi deo teste promiseris, id tenendum est. Sapientia praeceptrice in tranquillitate vivi potest. Caninio consule scito neminem prandisse: nihil eo consule mali factum est. Eius orationis epilgus tanto in honore, pueris nobis, erat, ut eum etiam edisceremus. Romani Hannibale vivo nunquam se sine insidiis futuros arbitrabantur. Sereno quoque caelo aliquando tonat. Nonne simil timis formis saepe dispares mores sunt et moribus simillimis figura dissimilis est, cio nonostante la pi grande somiglianza della figura, del carattere?

Il Gerundio 285. 1. Il gerundio propriamente il neutro del participio futuro, passivo nei quattro casi obliqui, cio nel genitivo, dativo, accusativo e ablativo. Esso ha per sempre significato attivo, e regge il caso del suo verbo. 2. Se il verbo regge l'accusativo, il gerundio si converte per lo pi nel participio futuro passivo, facendolo accordare nel genere, nel numero e nel caso con il nome dell'oggetto, e ponendo questo nel caso stesso, in cui avrebbe dovuto porsi il gerundio. Cos, invece di consilium condendi urbem (il disegno di fondare una citt), si dir pi elegantemente consilium condendae urbis; invece di tempus accommodatum demetendo fructus (il tempo giusto a cogliere i frutti), meglio si dir tempus accommodatum demetendis fructibus. Questa sostituzione indispensabile, quando il gerundio preceduto da una preposizione che regge l'accusativo, per cui non si dir ad levandum fortunam, ma ad levandam fortunam. Si usano nella stessa maniera anche i participi in dus, -da, -dum degli intransitivi utor, fruor, fungor, potior, vescor, per esempio: ad perfruendas voluptates al posto di ad perfruendum voluptatibus. Ma nel nominativo si usano solo impersonalmente; utendum est viribus (bisogna far uso delle forze), non utendae sunt vires. Similmente: suo cuique consilio utendum est. Mentre si dir: omnia bona utenda ei ac possidenda tradidit.

Il gerundio non si trasforma talvolta nel participio futuro passivo, e ci avviene regolarmente, quando ha per oggetto un pronome neutro nel caso accusativo, per esempio: studium illud videndi, e non studium illius videndi, perch, dicendo in questa ultima maniera, la relazione del genere sarebbe ambigua. Cos pure si dir: cupiditas plura cognoscendi, e non plurium cognoscendorum. Tuttavia s'incontra alle volte anche senza questa ragione la detta costruzione, ma soltanto allorch il gerundio sta nel genitivo o nel dativo o nell'ablativo senza preposizione. 286. Il genitivo del gerundio pu servire di complemento a tutti quei sostantivi ed aggettivi che, nelle stesse condizioni, reggono un altro genitivo qualsiasi (cfr. 210, 2 e 213). Quindi, come si dice ars orationis, si potr anche dire ars dicendi; cupidus regnandi, come cupidus regni. 286. I sostantivi che pi comunemente si costruiscono con il genitivo del gerundio, sono: ars, causa, consilium, consuetudo, cupiditas, difficultas, facultas, genus, libido, modus, occasio, potestas, ratio, scientia, spes, studium, tempus, vis, voluntas. Frequentissimo l'ablativo caus con il gerundio in -di per denotare l'intenzione o lo scopo (italiano per, a fine di ecc.), come regnandi caus (per regnare, per amore di regno); venandi caus (anche grati) (per cacciare, per la caccia). Gli aggettivi di questa specie sono stati raccolti al 213. Ut quisque optime dicit, ita maxime dicendi dificultatem pertimescit. Male fecisti, quod cum spe vincendi simul abiecisti certandi cupiditatem. Nihil Xenophonti tam regale videtur, quam studium agri colendi. Vestis frigoris depellendi causa reperta est. Pythagoreorum more exercendae memoriae gratia quid quoque die dixerim, audierim, egerim, commemoro vesperi. Epaminondas studiosus erat audiendi. Multae res oratorem ab imperito dicendi ignaroque distinguunt. Multi propter gloriae cupiditatem cupidi sunt bellorum gerendorum.

Nella frase: suo costume opporsi a tutti linfinito non complemento del sostantivo, ma soggetto della proposizione, quindi si tradurr: Eius mos est omnibus adversari (ut adversetur). Ma se allincontrario si dice: brutto il costume di opporsi a tutti, l'infinito essendo allora una specificazione del sostantivo, si render in latino con il gerundio: turpis est mos omnibus adversandi. Lo stesso avviene con le locuzioni tempus est, consuetudo est; consilium est. Il gerundio in -di rimane invariato con i pronomi personali, anche quando si riferiscono a pi persone. Si dice adunque me, te, se, nos, vos conservandi causa, ovvero mei, tui, sui, nostri, vestri conservandi causa, dove il gerundio non potrebbe mai essere posto al femminile o al plurale. Perci si dir: Regina sui conservandi causa urbe in reliquit (non conservandae). Principes sui conservandi causa profugerunt. Nostri conservandi causa urbe excessimus. Il gerundio in -di si costruisce talvolta con il genitivo plurale. Agitur, utrum Antonio facultas detur agrorum suis latronibus condonandi, al posto di agros condonandi o agrarum condonandorum. Talvolta il genitivo del gerundio si costruisce con o senza il verbo esse, per indicare a che serve o a che avvezza una cosa. Naves deiiciendi operis (navi da abbattere i ripari). Haec prodendi imperii Romani, tradendae Hannibali victoriae sunt. 287. Il dativo del gerundio serve di complemento: 1 agli aggettivi che reggono il medesimo caso, quali sono: utilis, idoneus, aptus, habilis, bonus, accomodatus, par, e i loro contrari. Aqua nitrosa utilis est bibendo (o anche meglio ad bibendum). Ver tamquam adolescentiam significat ostenditque fructus futuros; reliqua tempora demetendis fructibus et percipiendis accommodata sunt; 287. 2 ai verbi e ai costrutti praeesse, operam dare, laborem impertire, diem dicere, locum capere, satis esse, o anche al verho esse solo, quando usato nel senso di essere atto, servire.

Tanto con gli aggettivi che con i verbi sopraccennati, ma specialmente con i primi, si usa meglio al

posto del dativo, l'accusativo del gerundio con ad ( 288, 1), o una proposizione finale con ut o qui ( 258). Tune, Eruci, praeesse agro colendo flagitium putas? Neque rnihi licet neque est integrum, ut meum laborem hominum periculis subievandis non impertiam; 3 ai nomi di istituzioni, di cariche o dignit per denotarne la posizione, per esempio: triumvir coloniae deducendae (triumviro incaricato di guidare una colonia). Decemviros legibus scribendis creavimus. Valerius consul comitia collegae subrogando habuit. Si dice pure: solvendo non est (non solvente, cio non pu pagare ci che deve); scribendo adfuit (fu presente alla scrittura). 288. L'accusativo del gerundio si usa soltanto in unione con preposizioni: 1 molto frequentemente con ad per indicare un qualche fine; 2 talvolta con in (in, a); raramente con ob (a causa, per); inter (durante, fra); pi raramente ancora con ante (prima); circa (circa, intorno). Ut ad cursum equus, ad arandum bos, ad indagandum canis, sic homo ad duas res ad intellegendum et ad agendum natus est. Breve tempus aetatis satis longum est ad bene beateque vivendum. Natura animum ornavit sensibus, ad res percipiendas idoneis. Ipsa utilitatis magnitudo homines impellere debet ad suscipiendum discendi iuris laborem. Boum terga non sunt ad onus ferendum figurata. Dubitatibitis, quin tantum boni in rem publicam conservandam conferatis? Mores puerorum se inter ludendum simplicius delgunt. Si usa spesso l'accusativo del gerundio con ad dopo gli aggettivi: idoneus, aptus, accommodatus, utilis, docilis, habilis, bonus. Similmente si dice res facilis o difficilis ad intellegendum; verba ad audiendum iucunda. I poeti, al posto di ad con il gerundio, usano anche l'infinito. Proteus pecus egit altos visere montes, anzich ad visendos montes oppure ut viseret montes. 289. L'ablativo del gerundio si adopera: 1 come ablativo di strumento o di maniera; 2 con le preposizioni ab, de, ex e in. 289. Hominis mens discendo alitur et cogitando. Omnis loquendi elegantia augetur legendis oratoribus et potis. Homines ad deos nulla re propius accedunt, quam salutem Ihominibus dando (oppure salute danda, 288, 2). Aristotelem non deterruit a scribendo Platonis magnitudo. Multa de bene beateque vivendo a Platone disputata sunt. Ex providendo appellata est prudentia. In voluptate spernenda virtus vel maxime cernitur. Multa sunt dicta ab antiquis de contemnendis rebus humanis.

Uso del Supino 290. 1. Il supino in -um ha significazione attiva e regge il proprio verbo; il supino in -u ha significazione passiva e non regge caso di sorta. 2. Il supino in -um, essendo un accusativo, si unisce con i verbi di moto, come ire, venire, proficisci, mittere ed altri somiglianti, per indicare il termine o il fine del movimento, dove in italiano si usa comunemente l'infinito con la preposizione a o per. Cos cubitum ire (andare a coricarsi, andare a letto); exploratum o speculatum mittere (mandare a spiare, a esplorare). Legati ab Roma venerunt, questum iniurias et ex foedere res repetitum. Fabius Pictor Delphos

missus est, sciscitatum, quibus precibus deos placare possent. Si notino le frasi seguenti: cur te is perditum? (perch vuoi tu rovinarti?). Nuptum dare (concedere in sposa). Il supino si pu supplire in varie maniere. Cos: legati Delphos missi sunt consultum Apollinem (si mandarono legati a Delfo per consultare l'oracolo d'Apollo), invece di consultum Apollinem si potrebbe dire egualmente: a) ut oppure qui consulerent Apollinem; b) ad consulendum Apollinem; c) Apollinem consulendi causa o Apollinis consulendi causa ; d) Apollinem consulturi (raro). 291. Il supino in -u serve di compimento per pochi aggettivi e ai tre sostantivi indeclinabili fas, nefas e opus. Res facilis cognitu (cosa facile da conoscersi). Gli aggettivi che si costruiscono pi frequentemente con il supino in -u, sono: facilis, difficilis, honestus, incredibilis, iucundus, memorabilis, optimus, proclivis e talvolta anche dignus, indignus, mirabilis, utilis. I supini in -u pi usati sono dictu, factu, auditu, cognitu, aditu, visu, e pi rari inventu, intellectu ed altri. Quod optimum factu videbitur, facies. Humanus animus cum alio nullo, nisi cum ipso deo, si hoc fas est dictu, comparari potest. Quid est tam iucundum cognitu atque auditu, quam sapientibus sententiis gravibusque verbis ornata oratio? Si dice res facilis est dictu o ad dicendum oppure hanc rem facile est dicere.

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