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PALAZZO BALBI SENAREGA

ATTUALE SEDE DELLA SCUOLA IN SCIENZE UMANISTICHE - VIA BALBI 4

Quando nel 1972 Palazzo Balbi Senarega fu acqui- quanto proclamato fin dai suoi esordi come pubblico,
stato dall’Università degli Studi di Genova, la Facoltà diventa nel volgere di pochi anni un affare privato del-
di Lettere e Filosofia, fissando in questi spazi la propria la famiglia Balbi, che vedeva in questa operazione
sede, si trovò ad occupare uno dei palazzi dei Rolli più architettonica un’ulteriore possibilità di promozione
suggestivi ed eccezionali dove l’impaginato architetto- familiare, da cui ricavare indiscussi vantaggi economi-
nico di gusto già pienamente barocco si unisce a un ci. Palazzo Balbi Senarega, costruito accanto alla
incredibile apparato decorativo a fresco. dimora di Stefano Balbi, Domus Magna della famiglia,
Celebrato dalle guide storiche locali come dai visi- e di fronte al nuovo edificio di Gio Agostino Balbi,
tatori stranieri a partire da Pietro Paolo Rubens, che lo cugino di Giacomo e Pantaleo, insiste così su un’area
inserì ne Palazzi Moderni di Genova, o Joseph Furtten- che diventa espressione del potere e della magnificen-
bach, a Genova nel 1619, pure lui testimone del clima za della famiglia.
di attesa presente intorno al cantiere, ricordato con Precipua caratteristica architettonica di questo
continuità dai viaggiatori del Grand Tour tra Sette e palazzo è la presenza di due piani nobili sovrapposti e
Ottocento, come Stendhal, che non esitava a fare ore non adiacenti, dove i committenti avrebbero fissato la
e ore di anticamera pur di salire ai piani nobili per propria dimora, che avrebbe avuto in comune solo l’a-
vedere l’eccezionale quadreria che si dipanava all’in- trio e il cortile: Bartolomeo Bianco, per supplire alla
terno della dimora, tra pareti e volte affrescate, il mancanza di terreno edificabile, dovuta alla presenza
palazzo si pone come esempio altissimo della grande di lotti già occupati in strada Balbi, sceglie così di con-
stagione barocca genovese. ferire alla struttura una forte componente verticale.
Furono i fratelli Giacomo e Pantaleo Balbi nel Soluzione innovativa quindi quella individuata per i
1618 ad avviare la costruzione dell’edificio, affidando- fratelli Balbi, ripresa alla fine degli anni settanta del
la all’architetto camerale Bartolomeo Bianco, impe- Seicento da Pietro Antonio Corradi per la costruzione
gnato in quegli anni, a partire dal 1605, nel traccia- di Palazzo Rosso, voluto da Anton Giulio Brignole
mento dell’omonima via, che per volontà di Stefano Sale per i due figli, Ridolfo e Gian Francesco. L’im-
Balbi avrebbe offerto alla città di Genova un nuovo e pianto architettonico originario dell’edificio risulta
moderno accesso da ponente, collegando la zona del essere modificato già a partire dal 1645, quando Fran-
Vastato alla Porta di San Tommaso, fornendo un’alter- cesco Maria Balbi, figlio di Giacomo e nipote di Pan-
nativa al percorso che dal quartiere di Prè entrava in taleo, divenuto l’anno precedente unico proprietario
città attraverso la Porta dei Vacca e risolvendo così gli del palazzo, diede avvio a miglioramenti, accrescimen-
urgenti problemi di viabilità di un agglomerato urbano ti e abbellimenti che andarono ad ampliare la fabbri-
in piena espansione. L’intervento di Strada Balbi, per ca, facendosi al contempo promotore di uno straordi-

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nario ciclo decorativo. I lavori, durati circa una deci-
na d’anni, furono affidati, secondo le fonti, a un disce-
polo del Bianco, Pietro Antonio Corradi, che modifi-
cò il progetto senza snaturarlo, estendendo verso sud
la struttura dell’edificio e rimodulando gli spazi abita-
tivi del palazzo. È in questo momento che si situano la
realizzazione del giardino pensile, racchiuso da un
grande ninfeo sul fondo, l’ampliamento del costruito
con l’erezione di due avancorpi simmetrici su due
livelli e la trasformazione radicale degli ambienti del
secondo piano nobile, scelto da Francesco Maria
come sua residenza, la cui loggia fu tamponata e inglo-
bata nella struttura architettonica, trasformandosi
così in una galleria passante (fig. 1).
La semplicità del progetto del Bianco, spogliato
di ornamenti e artifici architettonici e caratterizzato
da una forma quadrata e conchiusa, ancora di matri-
ce alessiana, ma già ispirato a una nuova sensibilità
barocca, si sviluppa in una moderna scansione dei
volumi e nella nuova compenetrazione tra natura e
costruito. Se su strada Balbi la fabbrica si afferma
ancora come un cubo compatto dal forte senso volu-
metrico, con prospetto essenziale scandito in senso
orizzontale dalle linee marcapiani e in senso vertica-
le dalle finestre e dalla leggera rientranza del corpo
centrale, una volta superata la barriera di facciata, lo
spazio che si palesa appare svuotato da logge e colon-
nati (fig. 2). Tra atrio e cortile si assiste a una reale
continuità spaziale e i due ambienti, pur individuati
dalle volte a crociera e dalle colonne, tendono a fon-
dersi e a compenetrarsi l’uno con l’altro, conferendo
al piano terreno un senso di grande apertura. È il
contrasto luce e ombra a dare rilievo e profondità
agli spazi progettati dall’architetto, mentre il caratte-
re di forte teatralità e di prospettive altamente sce-
nografiche, che inizia nell’atrio e prosegue nel corti-
le e nello scalone, trova la massima espressione nel
giardino, delimitato a guisa di quinta architettonica
da un ninfeo. Questo luogo, che insiste su un’area
caratterizzata dal fitto tessuto medievale, rileva la
sensibilità di Francesco Maria, che sceglie di dotare
la propria dimora di un giardino concluso da un nin-
feo, animato da grandi figure realizzate in stucco. In
queste statue, opere di Giovanni Battista Barberini
eseguite tra il 1659 e il 1661, la critica ha riconosciu-
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to infatti al centro, tra Nettuno a sinistra e Caronte

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a destra, Plutone e Proserpina, raffigurati nel
momento in cui la dea abbandona il dio degli Inferi
per tornare in superficie dalla madre Demetra, dea
delle messi, e donare così alla terra una nuova stagio-
ne di ricchezza. I giochi d’acqua che in antico dove-
vano caratterizzare questo ambiente rendevano anco-
ra più scenografico il giardino inteso, quindi, come
luogo di rinascita e di nuova vita.
La lettura dell’edificio deve così prendere le mosse
dall’esterno verso l’interno, nella stretta successione
tra portale, atrio, scalone, cortile, giardino e ninfeo,
ambienti che individuano uno spazio fluido, modulato
dalla luce, che diviene il centro nevralgico dell’edifi-
cio, luogo di accesso ma anche e soprattutto luogo di
rappresentanza.
Lo scalone monumentale, collocato nell’angolo
destro dell’atrio, permette di accedere ai piani supe-
riori: percorrere oggi queste scale, illuminate da te di questi ambienti, da quelli più intimi dei salotti e
ampie finestre, aiuta a comprendere appieno l’archi- della galleria aperta sul giardino a quello di celebrazio-
tettura scenografica della dimora Balbi, tutta giocata ne trionfalistica e di esaltazione privata della sala cen-
tra spazi chiusi e spazi aperti, passando dalla loggia trale, i nuovi pittori di figura, in collaborazione e in
affacciata sul giardino del primo piano nobile agli cooperazione con i quadraturisti bolognesi, realizzano
appartamenti di Francesco Maria. Tra questi è la gal- una scenografica soluzione pittorica in cui i personag-
leria a divenire importante elemento di raccordo tra gi del mito si muovono entro architetture illusive in
interno ed esterno, parte del loggiato aereo del palaz- grado di ampliare le solide masse murarie.
zo ma allo stesso tempo luogo chiuso da cui accedere Protagonista iniziale della decorazione è Valerio
visivamente e dall’alto all’atmosfera intima e raccol- Castello, già attivo nel vicino cantiere di Gio Batta
ta del ninfeo e del giardino. Questo ambiente si qua- Balbi, che intorno al 1655 dà avvio all’intero ciclo,
lifica così come l’elemento più innovativo delle tra- partendo, stando al Soprani, dalla galleria, luogo del-
sformazioni architettoniche promosse e volute da l’antico e della celebrazione della famiglia, le cui armi
Francesco Maria Balbi: cuore della residenza, sospesa sono rette da putti alati sulla porte agli estremi del-
tra spazio interno e spazio esterno, la galleria diventa l’ambiente (fig. 3). Lo spazio sfondato e illusivo diven-
il punto di partenza, e forse non poteva essere diver- ta il teatro per la vicenda del mito con il carro di
samente, del ciclo decorativo commissionato dal Bal- Fetonte a levante e quello di Plutone a ponente, men-
bi a Valerio Castello in prima battuta, in stretta col- tre sulla volta trovano posto una cinquantina di figu-
laborazione e successione con Domenico Piola, a cui re, un concilio di dei, che narra la vicenda del rapi-
si affianca senza soluzione di continuità Gregorio De mento di Proserpina (figg. 4-5). Le figure, raggruppa-
Ferrari negli ultimi anni del secolo. Accanto a questi te tra loro, si dispongono per piani a scalare in profon-
tre artisti, protagonisti assoluti del rinnovato gusto dità, modulando il costruito della volta. (fig. 6).
barocco genovese, si aggiunge, negli anni settanta I salotti del primo piano nobile con la rappresen-
Giovanni Andrea Carlone, cui vanno ascritti due tazione di Leda e il cigno (figg. 7-8); Pace, Allegrezza
salotti nell’ala di ponente. e Abbondanza e Il ratto di Orizia, insieme al magnilo-
Alla metà del secolo, terminati i lavori architetto- quente salone centrale con Il carro del Tempo, sono
nici, Francesco Maria si fa infatti promotore di un una delle ultime prove del genio di Valerio Castello,
grandioso programma decorativo messo a punto per morto giovanissimo e all’apice della carriera nel
l’intero secondo piano nobile. Sulle pareti e sulle vol- 1659. In questi ambienti si esplicita fortissimo il rap-
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porto di collaborazione tra il Castello e il quadratu- re, forte sembra essere il tema dell’instabilità delle cose
rista Andrea Seghizzi, binomio che già nel palazzo di terrene e della precarietà della vita, da leggere quindi in
Gio Batta Balbi aveva dato esiti di grande qualità e rapporto con la drammatica pestilenza, che colpì Geno-
piacevolezza formale. va nel 1656 e la stessa famiglia Balbi, nella figura di Gio-
Senza dubbio è la volta del salone centrale con la vanni Battista, cugino di Francesco Maria morto nel
rappresentazione del Carro del Tempo (fig. 9), guidato 1657. Valerio Castello e Andrea Seghizzi, per l’ultima
dalle ore, che distrugge ogni cosa al suo passaggio, a for- volta fianco a fianco sui ponti, realizzano un impianto
nire la più alta espressione di grandiosa macchina sceno- dalle ardite e scorciate quadrature in cui le immagini
grafica in cui, insieme al motivo di celebrazione familia- allegoriche, unite tra loro da gesti e sguardi e individua-
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te da una felice e squillante gamma cromatica, riescono la nuova libertà compositiva, in accordo con i pittori
a creare un felice ritmo della narrazione (fig. 10). di quadro, riesce ad aprire alla grande stagione dell’af-
Le figure di Valerio interagiscono con gli elementi fresco genovese (fig. 11-12). Il rapporto tra interno e
di quadratura e di ornato in un gioco che sembra voler esterno, su cui la decorazione pittorica sembra appun-
travalicare i limiti dello spazio murario, in uno scam- to insistere, è amplificato e sottolineato dalle due fine-
bio sempre più serrato tra finzione e realtà. Il partico- stre d’angolo del salotto, che aprono sulla prospettiva
lare dei puttini che nella sala di Pace, Allegrezza e di Strada Balbi e sulle dimore della famiglia, fornendo
Abbondanza sono intenti a togliere e mettere le fine- ancora oggi al visitatore una seicentesca veduta dello
stre lunettate volge proprio in questa direzione, dove spazio urbano (fig. 13).
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Interrotto il cantiere e morto il principale prota-
gonista della decorazione, è Domenico Piola, già col-
laboratore del Castello, insieme al giovane allievo
Gregorio De Ferrari, a portare avanti con rinnovata
sensibilità il ciclo pittorico di Palazzo Balbi Senare-
ga. I salotti con Apollo e le muse (fig. 14-15) e Gio-
ve tra le Arti (fig. 16), che segnano il passaggio di
direzione del cantiere, sono frutto dell’intensa colla-
borazione con il quadraturista Paolo Brozzi ed esalta-
no il ruolo di mecenate e protettore delle arti di
Francesco Maria Balbi, identificato nel primo con la
figura di Apollo, mentre nel secondo, in corrispon-
denza della figura di Giove, è il segno zodiacale dei
pesci, presenti nell’arma di famiglia, a sottolineare la
volontà del committente. Nel salotto di Zefiro e Flo-
ra risulta già evidente la stretta collaborazione tra
Piola e il giovane Gregorio De Ferrari: se al primo è
riconducibile la composta figura della dea, è l’imma-
gine di Zefiro, fortemente scorciata, a rivelare il
nuovo gusto di Gregorio, che sembra sfondare anco-
ra di più la volta.
Intorno agli anni settanta del XVII secolo un altro
artista si trova impegnato nel cantiere di Palazzo Balbi
Senarega: si tratta di Giovanni Andrea Carlone, a cui
vanno ascritte le decorazioni di due salotti dell’ala di
ponente, in cui il pittore realizza La Gloria dei Balbi e
Virtù abbatte discordia (fig. 17). In rapporto di conti-
nuità fra loro, le iconografie delle due volte dipinte
sono forse da porre in relazione all’affermazione e al
nuovo ruolo politico assunto in quegli anni da France-
sco Maria Balbi. Entrambe le scene, definite da figure
volumetriche e ben tornite dal colore, poste all’inter-
no di cornici dipinte, risultano essere ancora legate a
un’impostazione a quadro riportato, dove l’artista non
ricerca uno sfondamento prospettico e i personaggi
sembrano muoversi in uno spazio altro, non interagen-
do con quello circostante. Impostazione diversa, quin-
di, quella proposta dal Carlone, rispetto all’attività di compare una figura dall’ardito sottinsù, affresca la Gal- la in collaborazione con lo stesso Gregorio intorno agli
Valerio Castello e dei giovani Piola e Gregorio De Fer- leria dei Trionfi d’amore (fig. 19-20)insieme all’alcova anni ottanta del Seicento: a questa seconda fase sono
rari, che risente ancora degli schemi precedenti e che (fig. 21) attigua e realizza la decorazione dell’ultimo forse da ricondurre le virtù e i busti a monocromo
evidenzia come le invenzioni proposte in questi stessi salotto di ponente con Verità svelata dal tempo. mentre, come detto, il quadro centrale con l’apoteosi
luoghi alcuni decenni prima non fossero ancora total- Nel primo ambiente il De Ferrari interviene con della figura di Ercole, che implicitamente celebra le
mente comprese. tutta probabilità su un tessuto decorativo già sviluppa- virtù del Balbi, si situa alla fine del secolo nell’ultimo
A concludere il ciclo pittorico dell’edificio, è di to dal binomio Castello Seghizzi alla fine del quinto cantiere pittorico aperto nella dimora.
nuovo Gregorio De Ferrari che interviene nella volta decennio del XVII secolo, per quanto concerne gli ele- Questo salotto risulta diverso dagli altri ambienti
del salotto con l’Apoteosi di Ercole (fig. 18), in cui menti di quadratura, e successivamente ripreso da Pio- della dimora per la presenza di un fregio dipinto ad olio
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su tela che corre lungo il perimetro della stanza imme- ce Durazzo, gli affreschi della galleria segnano inve-
diatamente sotto la volta affrescata: raffigurante una ce l’inizio di una nuova fase decorativa per il palaz-
Contesa tra Nereidi e Tritoni (fig. 22), l’opera, la cui zo, in cui emerge la libertà compositiva e l’apertura
paternità è ancora dibattuta tra Domenico Fiasella e spaziale promossa da Gregorio De Ferrari. Non più
Gian Battista Carlone, insieme a un possibile interven- necessarie le quadrature e gli artifici prospettici, ora
to del pittore fiammingo Jan Roos, si qualifica come una è tutta la volta della galleria a qualificarsi come spa-
delle prime committenze proposte da Francesco Maria zio aperto, dove è quasi percepibile l’impalpabilità
Balbi, databile intorno agli anni quaranta del Seicento. del cielo, mentre sono gli elementi della cornice
Realizzati intorno al 1693, probabilmente in rap- mistilinea che corre lungo il perimetro dell’ambien-
porto al matrimonio tra Francesco Maria II e Clari- te a reggere l’intera struttura spaziale, dando un
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andamento continuo e mobile all’intero impaginato tra pittura e scultura, tra Domenico Piola e Gregorio
decorativo. Le figure si addensano ai margini della De Ferrari da un lato e Filippo Parodi dall’altro.
cornice a raccontare in maniera consequenziale la Ideale proseguimento della galleria si configura uno
forza dell’amore a cui pure gli dei devono sottostare, degli ultimi ambienti affrescati in Palazzo Balbi
come recita il cartiglio posto all’estremità della gal- Senarega, l’alcova, che con continuità presenta altri
leria Omnia vicit amor. La tessitura compositiva del- miti di amore delineati da un segno pittorico assimi-
la superficie decorata si arricchisce dalla compresen- labile alla galleria, dove il giovane Lorenzo De Fer-
za di pittura e stucco, una compenetrazione tra rari, insieme al padre, mette in scena, in un cielo
materia tridimensionale e superficie dipinta che illuminato dalla luce dorata del sole, soggetti mito-
DIDA PER TUTTE  deriva dalle connessioni e dai rapporti intercorrenti logici connessi alla destinazione nuziale della stanza.
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Alla decorazione di questi spazi nell’ala di
levante corrisponde alla fine del Seicento la
decorazione dell’ultimo salotto a ponente
dove ancora Gregorio De Ferrari, forse in
rapporto e continuità con il soffitto dipinto
dal Castello anni prima con Borea che rapisce
Orizia (fig. 23), affronta il tema di Verità sve-
lata dal Tempo. Uno spazio illusorio, un cielo
aperto in cui i due protagonisti si librano leg-
geri, il Tempo alato raffigurato nell’atto di
accompagnare verso l’alto la giovane figura
di donna. Attraversare oggi le sale e gli
ambienti di Palazzo Balbi Senarega significa
così ripercorrere il più felice momento della
grande decorazione genovese, dalle prove di
Valerio Castello all’apice della sua carriera
alla scuola di Domenico Piola fino agli infi-
niti spazi raccontati da Gregorio De Ferrari,
quasi mezzo secolo di decorazione dove i pas-
saggi da un cantiere all’altro non sono mai
netti ma sottolineano la continuità del lin-
guaggio barocco genovese.

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NOTA BIBLIOGRAFICA Genova: la controversa paternità dell’opera architettonica tra L. Bagnara, M. Bruno, La quadreria della sala. Ipotesi per una
‘500 e ‘600, Genova 1982 ricostruzione, in Domenico Piola. Frammenti di un barocco
Se nel passato le fonti storico artistiche hanno dimostrato come Schleier 1998 e 2001]. Ancora dibattuta la paternità F. Caraceni Poleggi, voce Pietro Antonio Corradi, in Diziona- ricostruito. Restauri in onore di E. Gavazza, Genova 2003
essenzialmente un interesse nei confronti dell’architettura del fregio con tritoni e nereidi nella sala di Ercole [Orlando rio Biografico degli Italiani, Istituto Enciclopedico italiano, M. Botta, Un’allegoria della creatività artistica. Apollo e le
dell’edificio, a partire da Rubens (Rubens 1652) e da Fur- 2000, con bibliografia precedente]. Gli affreschi di Palazzo vol. 23 Roma 1983 Muse secondo l’Iconologia di Cesare Ripa, in Domenico Piola.
thenbach (Furthenbach 1627), come pure la critica recente Balbi Senarega sono stati in tempi recenti pure oggetto di M. Newcome Schleier, Giovanni Andrea Carlone, in «Para- Frammenti di un barocco ricostruito. Restauri in onore di E.
ha sottolineato (Labò 1970), gli studiosi locali del Sette- ricerche trasversali con particolare riferimento alla commit- gone», n. 409, 1984 Gavazza, Genova 2003
cento e dell’Ottocento sembrano essere stati maggiormente tenza e alle iconografie; tra questi si ricordano gli studi di P. Boccardo, L. Magnani, La committenza Balbi, in Il Palazzo G. Bozzo, Domenico Piola in palazzo Balbi Senarega. Vera pit-
attratti dalle ricche collezioni d’arte ospitate nelle sale del- Magnani sul salotto affrescato da Domenico Piola con Apol- dell’Università di Genova. Il Collegio dei Gesuiti nella strada dei tura e spazio virtuale, in Domenico Piola. Frammenti di un
la dimora dei Balbi, pur descrivendo gli affreschi e dibatten- lo tra le muse [Magnani 2003] e l’analisi effettuata da Stagno Balbi, Genova 1987 barocco ricostruito. Restauri in onore di E. Gavazza, Genova
do sulla loro paternità [Soprani 1674, Ratti 1766; Ratti sulla Vanitas e sulla precarietà della vita e della fama, in rap- L. Magnani, Il tempio di Venere, Genova 1987 2003
1780, Anonimo 1818, Alizeri 1846-47; Alizeri 1875]. porto al grande salone con il Carro del tempo, dipinto da E. Poleggi, La strada dei Signori Balbi, in Il Palazzo dell’Uni- L. Magnani, G. Rotondi Terminiello, La sala di Apollo e le
A partire dagli anni settanta del Novecento il palazzo è sta- Valerio Castello [Stagno 2012]. versità di Genova. Il Collegio dei Gesuiti nella strada dei Balbi, Muse nel palazzo Balbi Senarega, in Domenico Piola. Fram-
to al centro di una significativa attenzione degli studi, quan- Gli studi sul ciclo pittorico di Palazzo Balbi Senarega si inse- Genova 1987 menti di un barocco ricostruito. Restauri in onore di E. Gavaz-
do le ricerche di Ezia Gavazza sullo spazio dipinto e sulla riscono in un filone di ricerca molto più ampio, che ha evi- V. Belloni, Bartolomeo Bianco il più grande architetto del Sei- za, Genova 2003
grande decorazione del barocco genovese posero in giusto denziato il ruolo della famiglia Balbi nel Seicento, dall’ana- cento genovese, in La storia dei genovesi, Genova 1988 L. Magnani, Tra Muse, iconografia della pittura e un berretto
risalto il ciclo pittorico dell’edificio [Gavazza 1974; Gavaz- lisi specifica della committenza di Francesco Maria Balbi E. Gavazza, Lo spazio dipinto. Il grande affresco genovese nel rosso, in «Studi di Storia delle Arti» numero speciale in
za 1989]; queste pioneristiche ricerche furono con continui- [Boccardo, Magnani 1987] allo studio di Carolina Di Biase Seicento, Genova 1989 onore di Ezia Gavazza (Dipartimento di italianistica, roma-
tà riprese e aggiornate dalla critica fino agli anni più recen- [Di Biase 1993], che ha ricostruito le vicende di Strada Bal- E. Gavazza, F. Lamera, L. Magnani, La pittura in Liguria. Il nistica, arti e spettacolo – Università degli Studi di Geno-
ti, alla luce anche dei nuovi restauri condotti sugli affreschi bi, su cui fondamentali si rivelano pure gli studi di Poleggi secondo Seicento, Genova 1990 va), Genova 2003.
[Gavazza, Magnani, Lamera 1990; Genova 1992; Terminiel- [Poleggi 1987], in rapporto all’edificazione dei palazzi e del- Genova nell’età barocca, catalogo della mostra a cura di E. D. Sanguineti, Domenico Piola e i pittori della sua casa, Son-
lo 1999; Magnani 2000; Bagnara, Bruno 2003; Botta 2003; la loro decorazione, fino al ricco volume di Grendi [Grendi Gavazza, G. Rotondi Terminiello, (Genova), Bologna 1992 cino 2004
Bozzo 2003; Magnani, Terminiello 2003] . In particolare sui 1997]. L’architettura dell’edificio e il ruolo avuto da Barto- R. Dugoni, Giovanni Andrea Carlone, in Genova nell’età A. Spiriti, Giovanni Battista Barberini. Un grande scultore
singoli cantieri e sui diversi artisti fondamentale è stato l’ap- lomeo Bianco nella Genova seicentesca è invece stato barocca, catalogo della mostra a cura di E. Gavazza, G. Barocco, Cernobbio 2005
porto degli studiosi in occasione della mostra su Valerio affrontato a più riprese da Luciana Profumo Muller [Profu- Rotondi Terminiello, (Genova), Bologna 1992 L. Leoncini, Gli affreschi di Valerio Castello nelle committenze
Castello, tenutasi a Palazzo Reale nel 2008 [Leoncini 2008, mo Muller 1968; Di Raimondo, Profumo Muller 1982], da C. Di Biase, Strada Balbi a Genova: residenza aristocratica e Balbi, in Valerio Castello 1624-1659. Genio moderno, catalo-
Magnani 2008, Manzitti 2008 con bibliografia precedente]; Belloni [Belloni 1988] e da Rotondi Terminiello [Terminiel- città, Genova 1993 go della mostra a cura di M. Cataldi Gallo, L. Leoncini, C.
sugli altri pittori, tra i numerosi articoli e monografie si può lo 1968], mentre gli ampliamenti del palazzo realizzati da G. Bozzo, Palazzo Balbi Senarega: il ninfeo, in Relazione su Manzitti, D. Sanguineti, (Genova) Milano 2008.
citare lo studio di Sanguineti su Domenico Piola e la sua Pietro Antonio Corradi sono stati analizzati da Caraceni cento lavori. L’attività del cantiere della Soprintendenza per i L. Magnani, Il ciclo di Valerio Castello nel palazzo di Francesco
scuola [Sanguineti 2004, con bibliografia precedente], l’ana- Poleggi [Caraceni Poleggi 1983]. In particolare è stato il Beni ambientali e architettonici della Liguria 1982-1993, a cura Maria Balbi, in Valerio Castello 1624-1659. Genio moderno,
lisi, ancora non completa, della produzione di Giovanni ninfeo oggetto di studi specifici, dalle ricerche di più ampio di L. Pittarello, Genova 1995 catalogo della mostra a cura di M. Cataldi Gallo, L. Leonci-
Andrea Carlone [Biavati 1974; Newcome Schleier 1984; respiro condotte da Magnani [Magnani 1987] fino alle inte- E. Grendi, I Balbi. Una famiglia genovese tra Spagna e Impero, ni, C. Manzitti, D. Sanguineti, (Genova) Milano 2008.
Dugoni 1992; Magnani 2009; Vassallo 2009], mentre per ressanti relazioni di restauro [Bozzo 1995] e all’analisi della Torino 1997 C. Manzitti, La maniera così vaga e dilettevole di Valerio
quanto concerne Gregorio De Ferrari, oltre ai continui stu- figura di Giovanni Battista Barberini, autore delle sculture M. Newcome Schleier, Gregorio De Ferrari, Torino 1998 Castello, in Valerio Castello 1624-1659. Genio moderno, cata-
di specifici, degni di nota sono i volumi scritti da Mary che popolano il ninfeo [Spiriti 2005]. G. Rotondi Terminiello, Una struttura architettonica per una logo della mostra a cura di M. Cataldi Gallo, L. Leoncini,
Newcome-Schleier, con ricca bibliografia precedente [New- V. F. decorazione pittorica nel palazzo di Francesco Maria Balbi, in C. Manzitti, D. Sanguineti, (Genova) Milano 2008.
«Studi di Storia delle arti», Università degli Studi di Geno- Come un’onda premuta da un’onda. Memoria e Progetto a
va, Istituto di Storia dell’arte, n. 9 1999 Casa Paganini. Una guida, a cura di A. Camurri e L. Magna-
L. Magnani, Natura e artificio decorativo, in E. Gavazza, L. ni, Genova 2009
BIBLIOGRAFIA Magnani, Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel Set- S. Vassallo, I dipinti murali di Giovanni Andrea Carlone nella
tecento, Genova 2000 chiesa di Santa Maria delle Grazie La Nuova, Osservazioni sul-
J. Furttenbach, News Itinerarium Italiae, Ulm 1627 F. Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la A. Orlando, Il «fregio Balbi». Artefici, fonti iconografiche e com- le tecniche, in Come un’onda premuta da un’onda. Memoria e
P. P. Rubens, Palazzi Moderni di Genova, Anversa 1952 città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875 mittenza, in «Studi di Storia delle Arti», n. 9, 2000, pp. 128-135 Progetto a Casa Paganini. Una guida, a cura di A. Camurri e
R. Soprani, Le vite de’ Pittori, Scultori e Architetti genovesi e L. Profumo Muller, Bartolomeo Bianco e il barocco genovese, M. Newcome Schleier, Gregorio De Ferrari. Porto Maurizio L. Magnani, Genova 2009
de’ Forastieri che in Genova operarono con alcuni ritratti degli Roma 1968 1647 Genova 1727, Genova 2001 L. Stagno, Vanitas, Roma 2012
stessi, Genova 1674; ried. Riveduta, accresciuta e arricchita G. Rotondi Terminiello, voce Bartolomeo Bianco, in Dizio-
a cura di C. G. Ratti, Genova 1768-1769 nario Biografico degli Italiani, Istituto Enciclopedico italia-
C. G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in no, vol. 10 Roma 1968
Genova in Pittura, Scultura ed Architettura, Genova 1766, ed. M. Labò, I Palazzi di Genova di P. P. Rubens e altri scritti di
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