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Fig.1. Roma, Palatino – Foto aerea con la terrazza della Vigna Barberini
evidenziata in giallo (Immagine TerraItaly™ -© Blom CGR).
L
a zona denominata Vigna Barberini corrisponde nella metà sud della Vigna si svolsero gli interventi
all’ampia area pianeggiante nell’angolo nord- più sistematici che, nel quadro di una collaborazione
orientale del Palatino (160x140 m), che fu pos- fra la Soprintendenza archeologica e l’École française
sedimento dell’illustre famiglia romana da cui de Rome, permisero di ricostruire diversi episodi della
prende il nome e all’inizio del XX secolo venne ceduta storia del sito1. Tra il 2009 e il 2010 sono state effettua-
¹Archeologa, neferla@hotmail.it
²Archeologa, marta.fedeli@hotmail.it
³ Direttrice di ricerca, Aix-Marseille Université,CNRS, francoise.villedieu@gmail.com
1. Gli scavi furono effettuati sotto la responsabilità scientifi ca di Maria Antonietta Tomei e furono realizzati da quattro équipes dirette rispettivamente da
Jean-Paul Morel, Yvon Thébert, in collaborazione con Henri Broise, Françoise Villedieu con Marie-Brigitte Carre e Philippe Pergola, mentre Pierre Gros e
Dinu Theodorescu studiarono l’architettura e curarono i rilievi topografi ci.Pubblicata in De Franceschini- Veneziano 2011, p. 101 fi g. 77.
Fig.2. Ricostruzione dell’orografia originaria del terreno, resa invisibile dalla colmata per la terrazza artificiale costruita
a partire dagli anni 70 del I d.C. La cornice bianca restituisce l’ingombro della terrazza, mentre il cerchio rosso indica la
costruzione neroniana, che doveva sorgere a 32,10 m s.l.m. (J. Schodet, © ÉFR 2010).
Inquadramento topografico generale3 ziano (81-96) che occupò e modificò per intero il Pa-
Tralasciando gli scarsi dati relativi ai primi tempi latino (Fig. 4). Il palazzo quindi si elevò da allora in
della città, le prime cospicue testimonianze di occupa- alto e al di sopra degli spazi frequentati dai comuni
zione della Vigna Barberini appartengono ad una ricca mortali, avvicinandosi ai cieli e agli dei in un’ottica e
domus degli anni 30 del I sec. a.C. che rimase in uso
con un’architettura che in questo senso rispecchiava il
fino agli anni 60 del I sec. d.C., forse di proprietà di un
carattere dispotico dell’imperatore Domiziano, para-
agiato personaggio della cerchia di Augusto.
gonato infatti a Giove dai poeti del suo tempo.
In età neroniana, più a nord della domus augustea
La parte della reggia flavia sulla Vigna Barberini
e presso quelle che allora erano le pendici del colle Pa-
si articolava attorno a un giardino centrale, ornato di
latino, venne eretta l’imponente struttura rinvenuta
statue e fontane di cui restano scarse tracce, e si svilup-
negli scavi 2009-2010, che ha risollevato la questione
della presenza in questa zona di parte della residenza pava come un corpo di fabbrica rettilineo sui lati nord,
di Nerone, la Domus Aurea, di cui si tratterà successi- ovest ed est, mentre a sud era caratterizzato da una
vamente. facciata ad emiciclo, simile a quella che chiudeva il pa-
Con l’epoca flavia lo spazio fu occupato da un po- lazzo dal lato opposto, suggerendo quindi una coeren-
tentissimo terrazzamento che ricoprì tutti i resti delle za della concezione originaria della residenza imperiale.
epoche precedenti: ai margini, imponenti sostruzioni Nel corso di tutto il II sec. la reggia subì restauri e
contennero il terrapieno che sollevò la quota del pia- opere di consolidamento e alla fine dello stesso secolo
no di calpestio e modificò completamente la morfolo- un incendio, probabilmente quello che nel 191 devastò
2. L’intervento del 2009 iniziò sotto la direzione della Dott.ssa Maria Antonietta Tomei, allora responsabile per la SSBAR dell’area archeologica del Palatino
e Foro Romano, che propose di svolgere un saggio per controllare lo stato di conservazione delle sostruzioni del terrazzamento artificiale. In seguito alla
scoperta effettuata, la Soprintendenza decise di proseguire la ricerca e ottenne un nuovo finanziamento dal “Commissariato Delegato per gli interventi
urgenti nelle Aree Archeologiche di Roma e Ostia”, che permise un’ulteriore campagna di scavo nel 2010.
3. Villedieu 2007.
6 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.3. Ricostruzione delle sostruzioni del corpo settentrionale del palazzo flavio nell’area della Vigna Barberini
(J. Schodet © ÉFR 2010).
Fig.4. Modello tridimensionale del palazzo flavio. A sinistra il corpo eretto sopra la terrazza della Vigna Barberini con l’arco
di Domiziano all’esterno (N. André © ÉFR 2001).
Tra la fine del IV e la prima metà del V secolo, il al momento della realizzazione della terrazza proprio
santuario fu demolito per recuperare i materiali da co- per consolidare e arginare le alte terre di riporto che la
struzione e tutti gli elementi della decorazione. inglobarono e riempirono. Il corpo messo in luce fornì
Dal VI secolo e per tutto il Medioevo l’area ven- quindi una spiegazione all’apparente anomalia: le so-
ne utilizzata come giardino e contemporaneamente struzioni erano meno spesse, ridotte praticamente ad un
come cimitero, in un primo tempo per gli abitanti del rivestimento in facciata, nella parte in cui strutture ante-
palazzo, in seguito per quelli del quartiere che si svi- riori potevano contribuire a contenere il terrazzamento.
luppò in questa parte del Palatino attorno all’attuale Inoltre, l’ampia estensione di questa fascia meno spes-
chiesa di San Sebastiano. sa lasciava ipotizzare la presenza, nei pressi, di ulteriori
L’area, proprietà della famiglia dei Capranica e costruzioni inglobate nel terrapieno, anch’esse sfruttate
solo in seguito dei Barberini, fu sfruttata a scopi pre- per il medesimo scopo di contenimento e stabilità.
valentemente agricoli sino all’inizio del XX secolo e di Il corpo di fabbrica finora messo in luce si presen-
nuovo nel corso dei due conflitti mondiali. ta come una struttura cilindrica in opera laterizia,
di 16 m di diametro, costituita da un muro anulare spes-
L’edificio portato in luce e la Domus so 2,06 m. Al centro si erge un pilone di pianta circolare
Aurea di 3,90 m di diametro4 (Figg. 6 e 7).
L’occasione che portò alla scoperta della struttura L’edificio doveva verosimilmente svilupparsi come
neroniana fu la necessità di svolgere nella zona nord una torre su circa 12 m di altezza ed è costituito inter-
della terrazza artificiale un saggio esplorativo, in quan- namente da due ordini di otto archi a tutto sesto che
to gli studi mostravano che le sostruzioni flavie erano congiungono il pilone centrale con il muro anulare e
molto massicce in alcuni settori, ma poco sviluppate sul definiscono la struttura in due piani, solo uno dei qua-
lato nord-est, dove invece ci si sarebbero aspettati so- li, di 6 m di altezza, è stato finora scavato (Fig. 8). Si è
stegni più cospicui per contenere il potente e alto ter- potuto infatti verificare che il pilone prosegue al di sot-
rapieno, talvolta superiore a 15 metri corrispondenti a to dell’innesto del secondo ordine di archi; pertanto si
quattro piani (cfr. Fig. 3). è ipotizzato che il piano non ancora indagato sia della
Al di sotto dei livelli pavimentali della fase flavia medesima altezza di quello noto. Quindi il pavimento
venne infatti individuata un’alta costruzione anteriore, del pianterreno doveva trovarsi circa 6 m sotto il solaio
quindi precedente ai primi anni del 70 d.C., conservata del primo livello, alla quota di calpestio anteriore alla
4. I dati raccolti sono già stati esposti in varie occasioni nel corso delle indagini. Si vedano: Villedieu 2010, pp. 1089-1114; Tomei 2011, pp. 25-36; Villedieu 2011a,
pp. 280-285; Villedieu 2011b, pp. 37-52; Villedieu 2012, pp. 170-178.
8 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.6. Planimetria delle strutture messe in luce nella Vigna Fig.7. Il pilone centrale e gli archi a tutto sesto che lo col-
Barberini sul Palatino durante gli scavi 2009–2010. La linea legano al muro anulare. Sono visibili gli archi alla sommità
tratteggiata indica i limiti dello scavo (M. S. Bianchi 2010). della struttura e gli altri, ubicati 6 m al di sotto, al livello
del primo piano (foto SSBAR-ÉFR).
creazione della terrazza flavia, dunque sul pendio del immaginare che questa costruzione, oggi inglobata
Palatino, poco sopra il livello della valle del Colosseo, oc- nel riempimento della grande terrazza artificiale fla-
cupata dal lago artificiale della Domus Aurea (cfr. Fig. 2). via e quindi sotterranea, si ergesse in origine su un pia-
Per la maggior parte dei visitatori risulta difficile no situato a circa 15 m al di sotto del livello di calpestio
attuale.
Le restituzioni pro-
poste presentano un
certo margine di ap-
prossimazione in quan-
to le dimensioni com-
plessive dell’edificio
sono state calcolate
considerando la porzio-
ne finora nota e messa
in luce, corrispondente
solo al secondo piano
della struttura. Tutta-
via, sulla base di tali
dimensioni, si è potuta
calcolare in modo pre-
liminare la conversione
delle misure in piedi ro-
mani. In questo senso si
è notata la ripetizione
Fig.8. Sezione prospettica ricostruttiva dell’edificio neroniano rinvenuto nell’area della Vigna
Barberini. È visibile il piano di campagna contemporaneo, ricoperto alla fine del I secolo dalle
terre impiegate per creare la terrazza. Le sostruzioni sono visibili a destra (J. Schodet, © Cen-
tre Camille Jullian 2011).
5. 1 piede=29,6 cm ca. In alcuni casi però la conversione non ha fornito dei multipli “perfetti” del piede romano: ad esempio, lo spessore del muro anulare
(206 cm) corrisponde a 6,95 piedi (quindi non 7). Per ulteriori approfondimenti cfr. Villedieu 2011b, pp. 39-40.
6. Segala & Sciortino 1999, pp. 33-34.
7. Svet. Nero, 31; Tac. Ann., XV, 38-43.
8. Villedieu 2011b, p. 45, n. 98.
9. Termine utilizzato per descrivere edifici di pianta circolare, generalmente templi, chioschi da giardino, monumenti funerari.
10 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
tutto anomali.
Osservata la forma cilindrica e le caratteristiche
del tutto eccezionali della realizzazione, è possibile
però avanzare un’ipotesi di identificazione con la
coenatio rotunda citata da Svetonio, che descrive la
sala da pranzo del palazzo di Nerone precisando che
“girava giorno e notte su se stessa imitando il movi-
mento del mondo”: praecipua cenationum rotunda,
quae perpetuo diebus ac noctibus vice mundi circu-
mageretur10.
Da tempo il passo in questione ha suscitato un
dibattito tra gli storici e gli archeologi e sono state
avanzate diverse ipotesi sulla localizzazione di questa
sala rotante.
Una di queste la identifica con i resti di una po-
tente struttura a pianta circolare (35,20 m di diame-
tro) di cui rimane la fondazione sotto la Domus Flavia
sul Palatino; di questa struttura però è stata proposta
anche una datazione all’età di Vespasiano e non ci
sono ulteriori elementi per la sua identificazione con
la coenatio11.
In un’altra interpretazione la sala girevole doveva
elevarsi, in epoca neroniana, in un’area compresa tra Fig.9. Cavità praticate sulla sommità della costruzione: in
il vestibolo della Domus Aurea (localizzato nel sito due casi si tratta presumibilmente degli alloggiamenti per
le sfere, la rotazione delle quali era facilitata da un lubrifi-
del successivo tempio di Venere e Roma, cfr. Fig. 1) cante a base di argilla (foto SSBAR-ÉFR, 2010).
e il laghetto artificiale della stessa (localizzato nella
zona dove sorge il Colosseo)12. Tuttavia i dati raccolti Le pareti interne dell’edificio infatti non presen-
in questo settore nel corso degli scavi alle pendici del tano alcun rivestimento. Ciò indica che si trattava di
Palatino non offrono attualmente elementi che pos- ambienti di servizio e che conseguentemente il piano
sano corrispondere a questa sistemazione13. nobile, interamente smantellato in età flavia, doveva
L’identificazione della coenatio con l’aula ottago- trovarsi al di sopra. Tuttavia la sommità del pilone e
na del noto padiglione della Domus Aurea sul col- degli archi, su cui avrebbe dovuto poggiare questo
le Oppio si è basata sulla proposta che fosse solo il piano scomparso, è completamente priva delle tracce
soffitto a ruotare: una volta costituita di materiale di eventuali murature, ma si presenta semplicemente
leggero e sovrapposta dall’interno alla cupola in mu- ricoperta da una malta durissima e liscia sulla quale
ratura avrebbe girato per mezzo di un meccanismo poteva essere collocato unicamente un tavolato di le-
idraulico14, giustificato dal fatto che il movimento gno. Sulla stessa malta compaiono però altre tracce
doveva essere continuo, “giorno e notte” secondo significative: un foro circolare esattamente al centro
Svetonio, e quindi difficilmente azionato da schiavi, dell’edificio e una serie di cavità emisferiche attestate
come accadeva invece nei mulini15. sul pilone e su due archi, con una posizione su essi
Al contrario, l’edificio messo in luce sulla Vigna apparentemente identica, rivestite internamente e in
Barberini presenta degli elementi che suggeriscono alcuni casi del tutto riempite da un materiale argillo-
la presenza di un’intera stanza rotante, oggi scom- so finissimo (Fig. 9).
parsa, ma collocata in origine al di sopra della strut-
tura rinvenuta che ne avrebbe costituito solo la base.
12 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.11. Area esterna a sud. A destra, pianta e ricostruzione assonometrica con evidenziato in verde il dettaglio della zona
raffigurata nella foto. A sinistra, foto del settore in questione. In rosa: il locale esterno; in giallo: “settore tecnico-appen-
dice” collegato al muro anulare; in grigio: fondazioni successive (fine I - fine II d.C.) che hanno tagliato e ridotto l’area;
1: porta di comunicazione tra il corpo cilindrico e il locale esterno; 2: posizione della finestra (non visibile nella foto);
3: apertura nel pavimento del locale di servizio; 4: il troncone di muro demolito del settore tecnico; 5: posizione del manu-
fatto in metallo a forma di U rovesciata inserito all’interno del muro; 6: posizione delle impronte ad angolo retto e dei fori
disposti in verticale (foto SSBAR-ÉFR, 2010).
Come si è detto, è impossibile restituire la forma strano che essa fu oggetto di una vigorosa opera di
e la superficie originarie del locale17, così come è dif- demolizione al momento in cui l’intero edificio venne
ficile al momento stabilire se esso fosse fornito di una messo fuori uso per la creazione della terrazza flavia,
qualche copertura o si presentasse come una sorta di al contrario di quanto avvenne per il corpo cilindrico
terrazza a cielo aperto. Sul pavimento esso è provvisto principale che invece, come si è detto, fu lasciato intat-
di un’apertura, destinata forse a dar luce a un altro to. Il settore tecnico fu dunque violentemente demo-
ambiente situato al pianterreno, e sul lato est è deli- lito nella sua parte alta, come dimostrano le macerie
mitato da un breve tratto di muratura superstite, dan- in grossi blocchi, ma in seguito l’operazione di sman-
neggiata nella sua parte alta. tellamento avvenne con grande cura. Infatti la presen-
Questa è legata e perpendicolare al muro anulare za, sia di macerie fini sia di minuti e ravvicinati segni
e fa parte dell’altro settore esterno citato: un’ “appen- lasciati dalla punta dei picconi sul troncone di muro
dice” che doveva avere un’unica destinazione d’uso, superstite, suggerisce l’attento distacco/asporto di un
come una sorta di “settore tecnico” del corpo cilindri- qualcosa che doveva essere ritenuto abbastanza “pre-
co principale, di cui infatti presenta lo stesso tipo di zioso” da richiedere un simile delicato intervento18.
caratteristiche e materiali, risultando quindi parte di L’ipotesi che questo settore fosse predisposto per
esso (E in Fig. 10). l’alloggiamento di qualche oggetto “prezioso” è an-
I danneggiati resti di questa “appendice” dimo- cora più credibile se si prendono in considerazione
18. Per informazioni più approfondite sulle macerie rinvenute e sulle considerazioni ad esse collegate si veda Villedieu 2011b, pp. 45-46.
19. Roman Imperial Coinage I2, Nero, 109-111; 184-187; 399-402.
20. Tac. Ann. XV, 42, 1.
21. Profumo 1905, pp. 673-693. Sull’argomento, cfr. anche Arciprete 1992, pp. 281-283. L’identifi cazione dell’edifi cio con il Macellum Magnum è
discussa da Rainbird & Sear 1971 e da Perassi 2002.
14 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
dello scavo è ridotta e dunque non si è in grado di
stabilire la tipologia di eventuali edifici annessi al
corpo cilindrico. Tuttavia le macerie rinvenute nel
riempimento e lo spessore delle sostruzioni hanno
indotto a ritenere che qui vi fosse un altro articola-
to padiglione della Domus Aurea, composto da più
corpi di fabbrica.
Anche se l’identificazione con la coenatio rotun-
da rimane dubbia e necessita il proseguimento degli
scavi e delle indagini, al momento risulta comunque
arduo immaginare quale altro tipo di marchingegno
potrebbe essere restituito sopra questo potentis-
simo ma anche singolare basamento. È innegabile
infatti che al momento l’interpretazione della coe-
natio riesca in qualche modo a giustificare e spiega-
re le altrimenti oscure tracce rimaste, quali le cavità
emisferiche, gli elementi metallici nelle murature e
l’intero “settore tecnico”.
Qualunque tipo di struttura debba comunque
ipotizzarsi su questa corposa “torre”, essa doveva
offrire da ogni angolazione la vista di uno scenario
unico, che copriva dall’alto il cuore della Roma impe-
riale e quindi dava la possibilità a chiunque l’avesse
raggiunta di dominare con lo sguardo il Palatino, la
valle del Foro e il Campidoglio, la Velia, l’Esquilino,
il Celio, e naturalmente tutta la Domus Aurea, pano-
rama privilegiato e degno di un grande imperatore.
Panella C, 2011. La Domus Aurea nella Villedieu F, 2011a. Chronique des activités
Valle del Colosseo e sulle pendici della de l’É.F.R. Rome: le Palatin (Vigna Barberi-
Velia e del Palatino, in MA Tomei, R Rea ni), Mélanges École Franç Rome. Antiquité
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la salle à manger tournante du palais de
Prückner H, Storz S, 1974. Beobachtungen Néron. Rev Archéologique 1: 170-178.
im Oktogon der Domus Aurea. Mitteil
Deutsch Arch Inst Rom 81: 323-339.
16 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA