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Il problema elastico per un continuo solido tridimensionale: esempio

di applicazione.
Appunti del corso: Metodi di Calcolo delle Strutture - A.A. 2022/23

Francesco Foti

Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale,


P.zza L. da Vinci 32, 20133 Milano, Italy

September 19, 2022

1
1 Formulazione del problema e scrittura delle equazioni governanti
In queste note si intende valutare lo stato tenso-deformativo di un continuo tridimensionale in materiale elastico-
lineare omogeneo e isotropo, sotto l’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni. L’esempio considerato, tratto da
[1], è caratterizzato da una geometria e condizioni di carico sufficientemente semplici da rendere possibile, seppure
sotto opportune ipotesi semplificative, la ricerca di soluzioni in forma chiusa.
Si considera un cilindro di sezione circolare costante e lunghezza L, soggetto alla azione del solo peso proprio e
vincolato in modo tale che gli spostamenti della sua base inferiore risultino impediti (si veda la Fig. 1). Sulla base
superiore (x3 = L) e sulla superficie laterale (Γ), il cilindro è assunto scarico.

Figure 1: Cilindro vincolato alla base e soggetto alla azione del peso proprio.

Facendo riferimento alla notazione adottata durante le lezioni del corso, le equazioni che reggono il problema
elastico-lineare, pertanto, possono essere introdotte come segue:

• Equilibrio
Equazioni indefinite di equilibrio:

∂x1 σ1 + ∂x2 τ21 + ∂x3 τ31 = 0

∂x1 τ12 + ∂x2 σ2 + ∂x3 τ32 = 0 , in V (1)

∂x1 τ13 + ∂x2 τ23 + ∂x3 σ3 − ρg = 0

dove ρ è la densità del materiale, g l’accelerazione di gravità e sussiste l’identità: τij = τji ( ∀ i, j = 1, 2, 3 con
i 6= j) data la simmetria del tensore degli sforzi.

Equazioni di equilibrio sulla porzione di superficie esterna non vincolata:

τ31 = τ32 = σ3 = 0, su x3 = L (2)



σ1 n1 + τ21 n2 = 0

τ12 n1 + σ2 n2 = 0 , su Γ (3)

τ13 n1 + τ23 n2 = 0

dove con ni (i = 1, 2, 3) si indicano i coseni direttori nel sistema di riferimento cartesiano con assi {x1 , x2 , x3 }
del versore normale uscente dalla superficie laterale del cilindro.
• Congruenza
Equazioni di congruenza interna:

2

ε1 = ∂x1 s1


ε2 = ∂x2 s2




ε = ∂ s
3 x3 3
(4)


γ12 = ∂x2 s1 + ∂x1 s2
γ13 = ∂x3 s1 + ∂x1 s3





γ23 = ∂x3 s2 + ∂x2 s3

Condizioni di compatibilità con i vincoli esterni:

s1 = s2 = s3 = 0, su x3 = 0 (5)

• Legame costitutivo

ε=Cσ (6)

dove ε e σ sono i due vettori colonna contenenti le componenti indipendenti dei tensori, rispettivamente, di
T T
deformazione e sforzo, i.e.: ε = (ε1 , ε2 , ε3 , γ12 , γ13 , γ23 ) , σ = (σ1 , σ2 , σ3 , τ12 , τ13 , τ23 ) . C è la matrice di
cedevolezza del materiale, simmetrica, definita positiva, diagonale a blocchi e definita come:
 
Cε 0
C= (7)
0 Cγ
 
1 −ν −ν
1 
Cε = −ν 1 −ν  (8)
E
−ν −ν 1
 
1 0 0
2 (1 + ν) 
Cγ = 0 1 0  (9)
E
0 0 1

avendo indicato con E e ν, rispettivamente, il modulo di Young e il coefficiente di contrazione trasversale (o


di Poisson) del materiale.
Il problema definito dalle equazioni di equilibrio (1)-(3), congruenza (4) e (5) e dal legame costitutivo (6) è ben
posto: il teorema di Kirchhoff, infatti, assicura l’esistenza e l’unicità della sua soluzione. La ricerca di una soluzione
esatta e in forma chiusa di questo problema, tuttavia, è resa particolarmente complicata, se non impossibile, dalla
presenza del vincolo di natura cinematica sulla base x3 = 0.
La soluzione del problema risulterebbe significativamente agevolata se fosse nota la distribuzione degli sforzi
sulla faccia vincolata x3 = 0 del cilindro. Tali sforzi, tuttavia, corrispondono alla reazione del vincolo cinematico e
sono a rigore incogniti, nonostante sia nota la loro risultante Q = ρgAL, agente in direzione verticale e diretta dal
basso verso l’alto.
Assumendo tale osservazione come punto di partenza e sfruttando il principio di equivalenza elastica, nel prossimo
paragrafo si ricercherà una soluzione approssimata del problema assegnato, basata sull’idea di sostituire al vincolo
cinematico sulla faccia x3 = 0 una distribuzione di trazioni superficiali nota e con risultante pari a Q.

2 Soluzione approssimata basata sul principio di equivalenza elastica


Il principio di equivalenza elastica (anche noto come principio di Saint Venant) è stato formulato per la prima volata
da Barré de Saint Venant con riferimento alla analisi dello stato tenso-deformativo di solidi prismatici in materiale
elastico-lineare omogeneo e isotropo soggetti a carichi assegnati solo sulle basi (i.e. caratterizzati da forze di volume
nulle e superficie laterale scarica). In tale contesto, il principio di equivalenza elastica afferma che la soluzione
del problema elastico-lineare in piccoli spostamenti e deformazioni non dipende, ad una distanza sufficientemente

3
grande, dalla particolare distribuzione delle trazioni superficiali definite sulle basi del prisma, ma solo dalla loro
risultante (forza e momento risultante). Per solidi con sezione trasversale compatta, tale distanza può essere assunta
dell’ordine di grandezza di una dimensione caratteristica della sezione trasversale (ad es. il diametro per una sezione
circolare).
Il principio di equivalenza elastica è stato successivamente esteso da Boussinesq a problemi più generali e con-
sente di affermare che in presenza di forze di volume o di superficie applicate su una porzione limitata del solido
elastico-lineare, lo stato-tensodeformativo non dipende, ad una distanza sufficientemente grande, dalla particolare
distribuzione delle forze, ma solo dalla loro risultanti. Mentre tali risultanti, pertanto, hanno un effetto “globale”
sulla soluzione del problema elastico-lineare, l’effettiva distribuzione “locale” delle forze di volume o di superficie
influenza solo delle porzioni di volume di ampiezza limitata, che vengono anche definite zone di diffusione degli
sforzi.
Il principio di equivalenza elastica ha evidenti risvolti applicativi. Innanzi tutto, consente di applicare il modello
fisico-matematico del continuo elastico tridimensionale alla descrizione di problemi pratici, in cui risultano normal-
mente note solo le risultanti delle azioni esterne e non la loro effettiva distribuzione locale su una porzione di volume
o di superficie esterna. In secondo luogo, consente di ricercare soluzioni approssimate di problemi, altrimenti difficili
o impossibili da risolvere in forma chiusa, sostituendo alla distribuzione effettiva (ancorché talvolta incognita) delle
azioni esterne una distribuzione equivalente in termini di risultanti, ma che semplifichi l’analisi del problema. La
soluzione approssimata così ricavata sarà da ritenersi valida, ai fini applicativi, ovunque eccetto che nelle zone di
diffusione degli sforzi.
Esaurita questa premessa, si torni a considerare il problema assegnato e si immagini di costruire un problema
“ausiliario” rimuovendo il vincolo cinematico imposto agli spostamenti della base x3 = 0 e assumento ivi agente una
distribuzione di trazioni superficiali costante e di risultante pari a Q = ρgAL (si veda la Fig. 2).
Si introduce pertanto, in aggiunta alle (2) e (3), l’ulteriore condizione al contorno di natura statica:
(
τ31 = τ32 = 0
, su x3 = 0 (10)
σ3 = −ρgL
e si considera non più valida l’equazione di vincolo (5). Si noti che, avendo rimosso l’unico vincolo di natura
cinematica del problema, il solido è adesso libero e quindi soluzioni di spostamento cinematicamente ammissibili
saranno caratterizzate in generale dalla presenza di un moto rigido. Tale moto rigido, peraltro, può essere facilmente
identificato e trascurato senza alterare lo stato tenso-deformativo del solido ottenuto dalla soluzione del problema
elastico-lineare.

Figure 2: Problema ausiliario: cilindro privo di vincoli soggetto alla azione del peso proprio e di trazioni superficiali
note sulla base x3 = 0.

Integrando le equazioni indefinite di equilibrio (1) con le condizioni al contorno (2), (3) e (10) è immediato
ottenere una soluzione caratterizzata dalla sola componente di sforzo non identicamente nulla:

σ3 = −ρg (L − x3 ) (11)

4
Noti gli sforzi, le deformazioni sono immediatamente ricavabili applicando l’equazione del legame costitutivo
(Eq. (6)):

ε1 = νρg


 E (L − x3 )
ε = νρg (L − x )

2 E 3
ρg (12)


 ε 3 = − E (L − x 3)
γ12 = γ13 = γ23 = 0

Restano adesso da valutare gli spostamenti del solido. A tal fine, sostituendo le (12) nelle equazioni di congruenza
(4), si ottiene il seguente sistema di equazioni alle derivate parziali nelle tre funzioni incognite si (x1 , x2 , x3 ), con
i = 1, 2, 3:

∂x1 s1 = νρg


 E (L − x3 )
νρg

∂x2 s2 = E (L − x3 )



∂ s = − ρg (L − x )

x3 3 E 3
(13)
∂x2 s1 + ∂x1 s2 = 0


∂x3 s1 + ∂x1 s3 = 0





∂x3 s2 + ∂x2 s3 = 0

Integrando il sistema di equazioni (13) − si veda l’Appendice per i dettagli di calcolo, si ricavano (a meno di un
moto rigido, inessenziale) le componenti di spostamento di un generico punto del cilindro:

νρg
s1 = E (L − x3 ) x1


s2 = νρg
E (Lh − x3 ) x2 (14)
ρg 2 i
L2 − (L − x3 ) − ν x21 + x22

s3 = −

2E

In corrispondenza della base del cilindro, sostituendo x3 = 0 in (14), si ottengono le componenti di spostamento:

νρgL
 s1 |x3 =0 = E x1

s2 |x3 =0 = νρgL
E x2
(15)
s3 |x3 =0 = νρgL
 2 2

x + x

2E 1 2

Gli spostamenti alla base del cilindro, pertanto, risultano nulli nel solo caso particolare in cui il materiale sia
caratterizzato da coefficiente di contrazione trasversale nullo (i.e. ν = 0). Una rappresentazione della componente
di spostamento s3 dei punti sulla base del prisma, ottenuta assumendo ν = 0.3, è riportata in Fig. 3.
In conclusione, risulta immediato verificare come gli spostamenti ottenuti in soluzione del problema “approssi-
mato” di Fig. 2 non soddisfino, in generale, il vincolo cinematico alla base del cilindro definito nel problema originale
di Fig. 1. Ai fini pratici, tuttavia, il principio di equivalenza elastica consente di affermare che differenze significative
fra le soluzioni del problema “approssimato” e di quello originale saranno presenti solo in una regione prossima alla
base x3 = 0. Tale regione interesserà una regione di estensione approssimativamente pari al diametro della sezione
del cilindro. Ai fini pratici, pertanto, risulterà lecito adottare la soluzione del problema “approssimato” in luogo di
quella del problema originale fintanto che il cilindro sarà sufficientemente snello, i.e. Ld  11 .
1 Nel caso di cilindri “eccessivamente” snelli occorre però ricordare che l’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni non consente

di tenere conto degli effetti instabilizzanti del carico di compressione, che possono divenire non-trascurabili nella analisi di problemi
pratici.

5
s3 E
Figure 3: Spostamento non-dimensionale s̄3 = ρgL 2 dei punti della base x3 = 0 del cilindro, calcolati per ν = 0.3.

Gli assi del grafico sono definiti come le coordinate non-dimensionali: ξ1 = xL1 e ξ2 = xL2 .

Appendice
Si riportano di seguito i dettagli relativi alla integrazione del sistema di equazioni (13).
Gli integrali generali delle Eq. (13)-1, (13)-2 e (13)-3 possono esprimersi, rispettivamente, come:
νρg
s1 = (L − x3 ) x1 + f1 (x2 , x3 ) (16)
E
νρg
s2 = (L − x3 ) x2 + f2 (x1 , x3 ) (17)
E
e
ρg h 2 2
i
s3 = − L − (L − x3 ) + f3 (x1 , x2 ) (18)
2E
dove f1 (x2 , x3 ), f2 (x1 , x3 ) e f3 (x1 , x2 ) sono tre funzioni arbitrarie, che possono essere ricavate imponendo che le
soluzioni (16)-(18) soddisfino le rimanenti equazioni di congruenza, i.e. (13)-4, (13)-5 e (13)-6.
Integrando l’Eq. (13)-4 si ottiene:

∂x2 f1 (x2 , x3 ) + ∂x1 f2 (x1 , x3 ) = 0 (19)


Affinché l’Eq. (19) sia soddisfatta, f1 (x2 , x3 ), f2 (x1 , x3 ) devono assumere la seguente forma:

f1 (x2 , x3 ) = −g (x3 ) + a (20)


e

f2 (x1 , x3 ) = g (x3 ) + b (21)


dove g (x3 ) è una funzione arbitraria, mentre a e b sono due costanti di integrazione.
Le Eq. (13)-5 e (13)-6 possono essere riscritte come segue:

6
(
νρg dg
∂x1 f3 (x1 , x2 ) − E x1 − dx3 x2 = 0
νρg dg (22)
∂x2 f3 (x1 , x2 ) − E x2 − dx3 x1 = 0
Affinché ciascuna delle Eq. (22) sia individualmente soddisfatta, la derivata della funzione g deve essere costante,
i.e.:
dg
= c∗ (23)
dx3
dove c∗ è una costante arbitraria. Tenendo conto della Eq. (23), le Eq. (22) si riscrivono come:
(
∂x1 f3 (x1 , x2 ) − νρg ∗
E x1 − c x2 = 0
νρg (24)
∂x2 f3 (x1 , x2 ) − E x2 + c∗ x1 = 0
Integrando le Eq. (24), infine, si ottiene:
(
νρg 2
f3 (x1 , x2 ) = 2E x1 + c∗ x2 x1 + h1 (x2 ) = 0
νρg 2 (25)
f3 (x1 , x2 ) = 2E x2 − c∗ x1 x2 + h2 (x1 ) = 0
Il soddisfacimento simultaneo delle due Eq. (25) implica:
νρg 2 νρg 2
c∗ = 0, h1 (x2 ) = x + c, h2 (x1 ) = x +c (26)
2E 2 2E 1
dove c è una costante arbitraria.
In definitiva, dunque, le funzioni f1 , f2 e f3 risultano esprimibili, in funzione di tre costanti arbitrarie (a, b e c),
come:
νρg 2 νρg 2
f1 = a, f2 = b, f3 =
x + x +c (27)
2E 1 2E 2
Sostituendo le Eq. (27) in (16)-(18) si ottengono gli spostamenti:

νρg
s1 = E (L − x3 ) x1 + a


s2 = νρg
E (L h − x3 ) x2 + b (28)
ρg 2 i
L2 − (L − x3 ) − ν x21 + x22 + c

s3 = −

2E

Gli spostamenti in soluzione risultano pertanto definiti a meno di una, inessenziale, traslazione rigida avente
componenti (a, b, c) nel riferimento cartesiano {x1 , x2 , x3 }.

Riferimenti bibliografici
1. L. Corradi dell’Acqua, 1992. Meccanica delle strutture (vol. I). Il comportamento dei mezzi continui, McGraw-
Hill, Milano.

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