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LA CHITARRA IN EPOCA BAROCCA (1600-1750)

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A partire dal 1600, per più di un secolo e mezzo, la chitarra diventa
uno strumento estremamente popolare in Europa, vivendo ricche
esperienze e numerosi cambiamenti sia dal punto di vista
organologico, sia nella sua tecnica esecutiva. Anche la letteratura
musicale della chitarra cresce notevolmente, seppure le sue varie
accordature non sono sempre ben decifrabili.
Non è semplice arrivare ad una completa comprensione dello stile
musicale della chitarra in questo periodo e per poterlo fare, è
innanzitutto fondamentale conoscere il senso filosofico che anima
tutto il '600:
il Barocco è stato un movimento estetico, ideologico e culturale sorto
in Italia e propagatosi in tutta Europa nel mondo delle arti, della
letteratura, della musica e in numerosi altri ambiti. L'etimologia del
termine è riconducibile all'aggettivo francese "baroque", tratto dallo
spagnolo "barrueco" e dal portoghese "barroco", che significa
letteralmente "perla di forma irregolare". Il termine "barocco" indicava
dunque l'irregolarità, acquisendo successivamente il significato
generico di stravagante, bizzarro, esagerato, eccentrico. Sono
proprio questi infatti gli elementi che caratterizzano questo periodo,
epoca dell'estrosità, della fantasia, della sfarzosità e
dell'esagerazione che tende a sfociare nel bizzarro. Dopo il
Rinascimento che, con i suoi canoni classici di perfezione ed
equilibrio, aveva preferito una linea più razionale basata
sull'intelletto, l'arte barocca preferisce l'irregolarità e mira invece al
cuore, ponendo in risalto i sentimenti, le passioni, la teatralità, con lo
scopo di sedurre e conquistare il gusto degli spettatori, di stupirli e di
meravigliarli. Espressione tipica del barocco è la locuzione latina
horror vacui, ovvero "terrore del vuoto": in ambito artistico si tendeva
spesso infatti a riempire completamente l'intera superficie di un'opera
con dei particolari finemente dettagliati.
Anche la chitarra viene decorata accuratamente attraverso l'utilizzo
di legni preziosi e materiali pregiati come la madreperla e lavorando
artisticamente soprattutto la rosetta: lo strumento diventa, sin dai
primi anni del secolo, uno strumento alla moda: bella e slanciata
come una figura femminile, la chitarra compare spesso nei dipinti
come oggetto decorativo tra le mani di qualche fanciulla.

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Essa diventa dunque lo strumento di maggior successo, bello alla


vista e dolce all'udito, capace di risvegliare i cinque sensi e di
animare il pensiero musicale e la passione amorosa, "accarezzando
il cuore". Dietro lo strumento musicale si nasconde quindi il senso
profondamente morale e umano della vita che la musica risveglia, e
tutto ciò che non è mosso dal sentimento viene considerato blasfemo
ed eretico, negazione della vita stessa: proprio per questo motivo
nella seconda metà del '600 un matematico francese fu
pubblicamente condannato al rogo assieme allo scheletro
automatico da lui creato, capace di suonare la chitarra come una
persona vivente.
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In seguito al grandissimo successo esercitato dalla chitarra barocca,
il liuto (che ebbe grande popolarità durante il Rinascimento grazie al
suo timbro dolce e alla sua comoda leggerezza che lo rendevano
adatto sia per eseguire composizioni polifoniche, semplici o
complesse, sia per accompagnare il canto o la danza), perse la sua
fama.
La chitarra barocca presenta alcune sostanziali differenze rispetto
allo strumento moderno: anzitutto essa risultava decisamente più
piccola e versatile; era difatti possibile suonarla anche in piedi
(succedeva ad esempio durante le rappresentazioni teatrali, in modo
che il musicista potesse agire). Era formata da 5 corde raddoppiate
chiamate cori, i quali erano intonati secondo differenti tipi di
accordatura: il cantino era generalmente semplice, la seconda e la
terza corda erano raddoppiate all'unisono (solo talvolta la terza corda
era raddoppiata all'ottava superiore); ciò che contraddistingueva i
vari tipi di accordatura erano il quarto ed il quinto coro (ovvero
rispettivamente il Re ed il La). Le accordature più utilizzate erano 3:
nella prima tipologia, la più diffusa, le due corde del quarto e del
quinto coro erano accordate a distanza di un'ottava. È difficile però
definire quale dei due suoni fosse quello reale e quale quello di
rinforzo, stabilire cioè se la corda fosse raddoppiata all'ottava alta
oppure all'ottava bassa. Questo tipo di accordatura era utilizzata ad
esempio da Giovanni Paolo Foscarini.
Il secondo tipo di accordatura prevedeva il raddoppio all'unisono del
quarto e quinto coro, ma all'ottava superiore; questo modello era
utilizzato da Gaspar Sanz e da molti italiani (la troviamo per la prima
volta annotata da Marin Mersenne nel suo trattato Harmonie
universelle).

Seguendo invece l'ultimo modello, il quarto coro era intonato come


nella prima accordatura e il quinto coro come nella seconda: il quarto
coro era perciò formato da due corde accordate a distanza di
un'ottava, mentre il quinto era formato da due corde accordate
all'unisono all'ottava superiore; quest'ultima accordatura era
utilizzata prevalentemente dai francesi e da autori come Francesco
Corbetta e Robert De Visée.

Di conseguenza anche la tecnica utilizzata nella chitarra barocca è


differente: fino al compositore e chitarrista romantico Dioniso
Aguado, che fu un rivoluzionario per quanto riguarda la tecnica
chitarristica e la posizione adottata per suonare lo strumento, la
tecnica utilizzata per suonare la chitarra era prevalentemente quella
liutistica (il mignolo veniva poggiato sulla cassa armonica come
supporto e le corde venivano pizzicate principalmente dai polpastrelli
del pollice e dell'indice).
Molto diffuso era inoltre l'effetto campanelas: grazie al particolare
tipo di accordatura, i musicisti potevano eseguire gruppi di note in
scala come se fossero arpeggi: le linee melodiche venivano cioè
prodotte tra corde diverse, utilizzando le ottave alte presenti nel
quarto e nel quinto coro. Il mantenimento della durata dei suoni in
scala, che tale procedimento esecutivo consentiva, creava una
sonorità e degli effetti timbrici originalissimi, assolutamente
irriproducibili su una chitarra moderna a sei corde semplici. L'effetto
campanelas sviluppò enormemente le possibilità tecniche ed
esecutive della chitarra barocca, divenendo uno strumento del
chitarrista seicentesco per giungere a virtuosismi sorprendenti
(questo effetto è ad esempio utilizzato nelle famosissime Canarios di
Sanz).
I chitarristi moderni sono a conoscenza del repertorio musicale per
chitarra barocca grazie alla pratica della trascrizione, un'operazione
che consiste nella rielaborazione di una composizione musicale
scritta per un determinato strumento, riadattandola ad uno strumento
musicale differente (o anche allo stesso strumento per cui era stata
concepita, nel caso di una versione semplificata o una variazione
virtuosistica del medesimo brano). La trascrizione è sempre stata
una pratica diffusissima per la chitarra (molto spesso i brani
chitarristici non sono composizioni originali per chitarra ma
trascrizioni di opere liutistiche) ed il primo a farne uso fù il
compositore e chitarrista francese Napoléon Coste, che nella
seconda metà dell'800 iniziò a pubblicare alcuni brani di Robert De
Visée. Non è possibile però avere una percezione reale di come
questa musica veniva eseguita in passato, sia per la diversa
accordatura e tecnica dello strumento e sia perchè le trascrizioni
della musica barocca non sono altro che delle rielaborazioni
soggettive fatte dai compositori moderni sulla base degli scarsissimi
segni intavolati, in quanto la prassi esecutiva della musica barocca
era affidata in gran parte all'estemporaneità dell'esecutore.
Per tale ragione, per restare quanto più fedeli possibile alle volontà
musicali dei compositori del barocco, bisognerebbe leggere la loro
musica sulle intavolature originali.
Anche il sistema di scrittura musicale antico infatti, è diverso da
quello attuale: la notazione sul pentagramma nasce infatti tra la
seconda metà del '700 e l'inizio dell'800, a cavallo tra il Barocco e il
Classicismo, in un periodo di transizione caratterizzato da grandi
trasformazioni e cambiamenti. A partire dal 1500 e fino ad allora, il
sistema utilizzato per scrivere musica era l'intavolatura: una
rappresentazione grafica delle corde dello strumento sulle quali
venivano indicati attraverso numeri (intavolatura italiana e spagnola)
o lettere dell'alfabeto (intavolatura francese) i tasti da premere con le
dita della mano sinistra (0 oppure a = corda a vuoto, 1 oppure b =
primo tasto, ecc.) e, al di sopra di tali numeri o lettere, venivano
indicate le figure musicali per la scansione ritmica delle note. Questo
tipo di notazione musicale era molto semplice ed intuitivo, perciò
pratico ed ingegnoso, tuttavia presentava alcune lacune: il difetto
principale di tale notazione, che si può definire un primo rudimentale
tentativo di organizzare la musica polifonica in partitura, era
l'impossibilità di stabilire con esattezza la durata e la logica
concatenazione delle note.
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La grande novità dell'intavolatura barocca fu l'invenzione della
scrittura alfabetica di Gerolamo Montesardo: musicista e didatta
ecclesiastico, egli riuscì genialmente a trovare una scrittura facile per
riprodurre le sequenze accordiali con le quali si accompagnavano le
arie e le danze più note: invece di scrivere sull'intavolatura tutte le
note di un accordo, ogni lettera dell'alfabeto indicava un rispettivo
accordo di cui si doveva memorizzare la posizione digitale sulla
tastiera (A = Sol Maggiore, B = Do Maggiore, C = Re Maggiore..). Le
lettere venivano scritte sopra o sotto un'unico rigo, indicando se
l'accordo doveva essere arpeggiato verso l'alto o verso il basso;
inizialmente le lettere maiuscole valevano il doppio delle minuscole,
ma dopo breve tempo furono adottate solo le maiuscole, indicando
con tratti verticali al di sopra o al di sotto della linea la direzione
dell'arpeggio e introducendo le figure musicali e le stanghette di
divisione per la scansione ritmica degli accordi. Montesardo lasciò
comunque spazio, specificandolo, alla fantasia dei chitarristi più
esperti, capaci di eseguire abbellimenti e di improvvisare.

Venne inoltre introdotta, in seguito, una variante che consisteva


nell'aggiungere un numero esponenziale sopra le lettere
dell'alfabeto, per indicare su quale tasto e in che posizione suonare
quel determinato accordo: così l'accordo di Fa Maggiore con barré al
primo tasto indicato con G, diventava un accordo di La Maggiore in
quinta posizione scrivendo G5.

Col passare del tempo l'alfabeto della chitarra si andava arricchendo


di nuove simbologie chiamate "lettere tagliate", "lettere false",
"alfabeto straordinario"... , per l'esecuzione di accordi dissonanti nei
quali compariva una nota estranea all'accordo in funzione di ritardo o
appoggiatura. L'alfabeto veniva spesso utilizzato anche nelle
composizioni vocali ad una o più voci come le villanelle, di cui si
stampava solo il testo poetico da cantarsi probabilmente su arie già
note; gli accordi erano segnati in corrispondenza dei ritmi sillabici del
verso.
I Francesi continuarono a distinguersi perchè nonostante la
grandissima diffusione di questo sistema di scrittura, non utilizzarono
mai le lettere dell'alfabeto per indicare gli accordi, bensì erano soliti
scrivere tutte le note dell'accordo con accanto la figura musicale che,
rivolta verso l'alto o verso il basso, indicava la direzione
dell'arpeggio.
Grazie al sistema di notazione puramente alfabetico si sviluppò
enormemente l'editoria musicale: qualsiasi officina tipografica (non
necessariamente fornita di caratteri musicali) poteva stampare libri di
musica contenenti canzonette e musiche da ballo; si diffuse
largamente inoltre l'editoria tascabile, ovvero la stampa di libretti di
piccole dimensioni che i chitarristi potevano tenere sempre a portata
di mano per poter suonare in giro (anche a causa della crisi
economica del primo '600 che coinvolse l'editoria per l'elevato costo
della carta). Nessun altro repertorio strumentale contiene una tale
quantità e varietà di danze, perciò questi libri assumono una grande
importanza nello studio dell'evoluzione ritmica e armonica delle
musiche da ballo, consentendo di tracciare un profilo storico dalla
loro nascita fino al momento in cui esse vengono organizzate in
suite, disperdendo il loro significato originale: oltre alle follie (danze
popolari portoghesi dal carattere movimentato, allegro e chiassoso,
estremamente famose nel Barocco e utilizzate per la composizione
di temi con variazioni), alle ciaccone e alle passacaglie, compaiono
in questi libri anche bergamasche, gagliarde, spagnolette (come
quelle di Sanz), sarabande, tordiglioni, romanesche, passamezzi e
tante altre danze con nomi e idee stravaganti che ricalcano
l'esagerazione tipica del Barocco.
Non mancano però titoli più pretenziosi per sonate con intenti artistici
più elevati come sinfonie e toccate musicali, o suggerimenti
accordiali per accompagnare il canto di vecchi madrigali famosi
rimasti nel repertorio.
Col crescere del consumo musicale domestico, nasce la nuova
figura del maestro che insegnava agli allievi il suo metodo (crebbe
infatti sempre di più la diffusione di libri contenenti esercizi che
insegnavano in maniera pratica come suonare un determinato
strumento, chiamati appunto metodi, a differenza dei trattati che
trattano l'argomento solo in maniera teorica. Spesso alla fine di
questi libri era presente una sorta di "legenda", ovvero delle note
dell'autore che spiegava in che modo realizzare quella determinata
musica); anche in questo campo è molto importante la figura di
Gerolamo Montesardo, che nel 1606 pubblicò il suo libro-metodo
intitolato "Nuova inventione d'intavolatura per sonare li Balletti sopra
la Chitarra Spagnuola, senza Numeri e Note; Per mezzo della quale
da se stesso ogn'vno senza Maestro potrà imparare", nel quale
espone la sua originale invenzione e che dà il via alla pubblicazione
di una lunga serie di libri e manoscritti sulla chitarra, firmati oppure
anonimi, come "Intavolatura di chitarra spagnola, libro secondo" di
G.P. Foscarini, pubblicato nel 1629 (non esiste oggi alcuna copia del
suo primo libro). Durante il '600 la chitarra barocca viene infatti
definita chitarra spagnuola poichè in Spagna era avvenuta la sua
massima diffusione ed evoluzione: quando nel 1492 la Spagna
divenne cattolica, il Re decise di espellere tutti gli ebrei, arabi e
musulmani che avevano insediato e occupato la penisola iberica. Di
conseguenza il liuto, che è uno strumento di orgine araba (ūd,
legno), venne allontanato ed utilizzato sempre meno lasciando
spazio alla chitarra (e alla vihuela) che invece si diffuse
enormemente, diventando lo strumento popolare tipico del Paese.
Nonostante ciò, in realtà le forme d'arte prevalenti in Spagna nel '600
erano la pittura e la poesia, mentre la produzione musicale (e in
particolare quella chitarristica) era molto scarsa rispetto agli altri
Paesi (come l'Italia o la Francia): i grandi chitarristi spagnoli furono
infatti costretti a lasciare il proprio Paese per cercar fortuna altrove,
in ambienti più stimolanti e promettenti che offrivano loro molte più
possibilità artistiche e lavorative (in particolare Parigi e Vienna, che
durante l'800 divennero i centri culturali più importanti d'Europa).
Montesardo fu dunque una figura molto importante per l'epoca
Barocca, ma non sono pervenute sue composizioni musicali.

Un altro personaggio importantissimo di questo periodo è Giovanni


Paolo Foscarini: liutista e uomo di cultura, fu al servizio
dell'arciduca Alberto d'Asburgo fino alla sua morte, per poi tornare a
vivere in Italia, ad Ancona, dove fu conosciuto come Accademico
Caliginoso detto il Furioso, Musico, e Sonatore, di Liuto, e Tiorba,
della Venerabile Compagnia del Santissimo Sacramento"; egli fu
infatti membro dell'Accademia dei Caliginosi di Ancona ed utilizzò lo
pseudonimo Il Furioso per firmare le sue prime pubblicazioni. A
Foscarini viene attribuita l'invenzione della notazione mista (tipica
della chitarra barocca),così chiamata perchè consiste nell'unione di
accordi e note, utilizzando perciò sia la scrittura alfabetica che quella
numerale: gli accordi infatti continuarono ad essere indicati
alfabeticamente essendosene ormai consolidata la pratica, ma
questo tipo di intavolatura permetteva di segnare esattamente i
passaggi melodici e le singole note da suonare tra un accordo e
l'altro. La notazione mista fu utilizzata dai più grandi compositori del
'600 come Francesco Corbetta, Ludovico Roncalli, Domenico
Pellegrini, Giovanni Battista Granata...
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Dopo aver pubblicato i due libri precedentemente citati
sull'intavolatura della chitarra spagnola, Foscarini pubblicò Il primo,
secondo e terzo libro della chitarra spagnola tra il 1630 e il 1635,
comprendente le prime sonate pizzicate in intavolatura mista: da quel
momento si cominciò a distinguere le sonate ordinarie, eseguite solo
in arpeggio, da quelle "pizzicate come nel liuto", scritte con
l'intavolatura mista: tale notazione fu infatti considerata derivata
dall'antica notazione liutistica, ridotta a cinque linee per la chitarra a
cinque cori, ma andrebbe giudicata piuttosto come un
perfezionamento della notazione chitarristica. L'opera musicale di
Foscarini è riassunta nei Cinque libri pubblicati in un volume unico
nel 1640: le sue sonate pizzicate sono relativamente povere di
melodia, ma hanno in compenso un'armonia ricchissima con
frequente impiego di accordi di settima e la profonda consocenza e
pratica del liuto si riflettono anche nelle sue opere chitarristiche, dove
il contrappunto è però ridotto a semplici effetti. Foscarini realizza
inoltre modulazioni ai toni lontani, compone (oltre alle consuete
danze e in particolare le correnti e sarabande, riprese dal repertorio
francese) toccate, fantasie costruite su un solido contrappunto a tre
voci, pezzi per due chitarre, sinfonie concertate per chitarra e basso
continuo (aggiungendo in appendice le regole per realizzare
quest'ultimo, come facevano tutti i più grandi chitarristi a partire dagli
anni '30)..
Con Foscarini ha inizio dunque la produzione più artistica della
chitarra barocca, grazie all'introduzione di un repertorio più colto ed
elevato, ed acquista maggior prestigio la figura del chitarrista che è
spesso chiamato a partecipare attivamente alla vita musicale della
propria città. I chitarristi più rinomati (come Angelo Michele Bartolotti
e Francesco Corbetta) iniziarono a pubblicare opere che spesso
oltrepassavano i confini del proprio territorio e dell'Italia diventando
molto famose e conosciute all'estero: alcuni tra i più celebri
riuscirono a giungere molto acclamati alle corti reali di Francia ed
Inghilterra e a superare la problematica della crisi economica
editoriale che impediva la produzione di musica stampata attraverso
lunghi elogi e dediche ai personaggi nobili, che si facevano carico
delle spese di pubblicazione delle opere.
Dopo Foscarini, le prime opere della nuova letteratura barocca che
fanno uso della notazione mista vennero scritte da Carlo Calvi,
Giovanni Battista Granata e Francesco Corbetta (De gli scherzi
armonici... sopra la chitarra spagnuola, 1639) e vennero pubblicate a
Bologna presso un editore che consigliò loro di soddisfare tutte le
esigenze, scrivendo sia brani per chitarriglia (ovvero musiche da
ballo) con la notazione alfabetica per i dilettanti, che brani più
virtuosistici con la notazione mista. A Bologna troviamo però, a
differenza delle altre città italiane dove si stamparono quasi
esclusivamente opere per chitarriglia, una netta prevalenza di opere
per chitarra in intavolatura mista: la città può vantare infatti
un'autentica scuola chitarristica alla quale si deve un'eccezionale
attività creativa.
Il nome di Giovanni Battista Granata compare spesso in opere di
altri autori come Sanz e François Le Cocq (musicista al servizio della
cappella reale di Bruxelles), che testimoniano la sua fama anche
all'estero. Egli nacque a Torino e morì a Bologna, esercitando in vita
due professioni: musicista e barbiere chirurgico.
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Dopo la divulgazione del primo libro a Bologna, Granata ne pubblicò
altri due: opera II e III, stampati probabilmente a Venezia, Firenze o
Roma. La sua musica è caratterizzata da frequenti pause,
progressioni, passi veloci in biscrome, sincopi, cromatismi... Tutta la
tastiera (che arriva fino al dodicesimo tasto) è esplorata con grande
perizia e viene addirittura fatta ampliare fino al quattordicesimo tasto,
per aumentare la capacità espressiva dello strumento; viene
sviluppato inoltre il contrappunto e alcuni passaggi richiedono
necessariamente un raddoppio all'ottava acuta del terzo coro. Nel
secondo libro sono presenti alcune danze sparse, tra cui musiche di
derivazione francese che Granata conosceva grazie ad allievi e
conoscenti francesi, mentre nel terzo libro "Nuova scielta di capricci
armonici... opera terza" pubblicato nel 1651, la suite (una
successione di danze con un filo conduttore, alternate agogicamente
e tutte nella stessa tonalità e stessa forma bipartita con ritornelli)
assume il suo chiaro aspetto: preludio (o toccata), allemanda,
corrente e sarabanda. Le danze presentano il secondo ritornello più
lungo del primo, con maggiori episodi modulanti; accanto alle danze
usuali inoltre, Granata introduce il capriccio e la sinfonia: molto
interessante è la sinfonia à dui per chitarra e basso continuo, in cui
la chitarra svolge un notevole ruolo virtuosistico e armonico. Con
questa sinfonia inizia la ricerca di una musica strumentale d'insieme,
a cui Granata lavora molto rendendola unica nel repertorio barocco.

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L'autore fu accusato di plagio da Corbetta, che notò alcune
somiglianze con le sue sonate, ma non è credibile che Granata
abbia volutamente copiato il compositore. Infine egli scrisse anche
per chitarra attiorbata: un tipo di chitarra munita di sette corde di
bordone molto lunghe aggiunte al registro grave dello strumento,
poste fuori dal manico in sospeso e non tastate, che venivano
pizzicate a vuoto per aumentare la sonorità della chitarra e avere un
accompagnamento continuo. Esistono varianti simili anche di altri
strumenti come il liuto, ovvero la tiorba o l'arciliuto, dotato di un
manico più lungo e un secondo cavigliere al quale sono fissate le
corde di bordone.
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Nel 1659 Granata pubblicò un quarto libro: Soavi concenti di sonate
musicali per la chitarra spagnuola... opera quarta, nel quale è ancor
più presente l'influsso francese ed è evidente l'estrosità e creatività
dell'autore derivanti dalla scuola bolognese; il suo interesse per la
suite comincia invece a svanire. Dopo alcuni anni di pausa dedicati
alla sua professione di barbiere chirurgico e ad altre occupazioni
finanziarie e commerciali, Granata riprende la sua attività musicale
con un quinto libro intitolato Novi capricci armonici musicali... per la
chitarra spagnola... opera quinta e pubblicato nel 1674, dove
acquista molta importanza la musica da camera: l'opera si apre
infatti con alcune danze per chitarra, violino e viola da gamba, seguiti
da pezzi per chitarra sola. Scompare quasi del tutto l'interesse di
Granata verso la forma di suite.
I primi libri scritti interamente ed esclusivamente con l'utilizzo della
notazione mista furono pubblicati a Firenze: qui operarono Antonio
Carbonchi e Angelo Michele Bartolotti. Caratteristica interessante del
libro di Bartolotti è che quest'ultimo si apre con 24 passacaglie in
tutte le tonalità maggiori e minori, ognuna delle quali si conclude
sull'accordo con cui inizia quella seguente, creando così un'unica
opera la cui struttura verrà utilizzata come modello da altri autori
successivi. Inoltre, i brani che seguono le passacaglie sono per la
prima volta organizzati in forma di suite in quattro movimenti:
allemanda, corrente I, corrente II, sarabanda.
Nel 1692 Ludovico Roncalli pubblicò a Bergamo i Capricci armonici
sopra la chitarra spagnola, nei quali la suite assume molta più
importanza, diventando una forma solidissima e ben organizzata:
mentre fino ad allora essa era composta da non più di tre o quattro
brani, eventualmente preceduti da un preludio, con Roncalli la suite
si articola su un complesso di cinque o sette brani, seguendo la
forma tipica delle suite di Bach: il preludio è assunto come forma
obbligatoria; seguono poi le quattro danze più o meno usuali, ovvero
allemanda, corrente, sarabanda e giga e vengono introdotte due
nuove danze (dette galanterie) da inserire eventualmente prima della
giga: il minuetto e la gavotta. L'opera di Roncalli è costituita da nove
suite in varie tonalità con scrittura abbastanza complessa che
l'autore definisce "i primi aborti della sua debole cetra"; egli è infatti
un dilettante, un amatore (figura tipica settecentesca) della chitarra e
non un professionista. La musica di Roncalli si distacca dalle
precedenti per la sapiente coerenza stilistica, per un fraseggio
melodico ben costruito su periodi modulanti e per il chiaro senso
tonale: fino ad allora si scriveva ciò che veniva suonato
estemporaneamente, inserendo perciò gli accordi che più piacevano,
anche se risultavano un pò "estranei"; Roncalli invece comincia a
dare una chiara unità tonale ai suoi brani. Il valore di questa musica
spinse Oscar Chilesotti, un importante trascrittore di fine '800, a
raccogliere e trascrivere vari brani per liuto e chitarra antica
(importante intuizione perchè fino al '900 si usava suonare la musica
contemporanea e non quella del passato, in quanto quasi tutti i
musicisti erano anche compositori) e nel 1931 un compositore
italiano di nome Ottorino Respighi armonizzò per orchestra la
stupenda passacaglia finale dell'ultima suite di Roncalli.
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Anche l'editoria di Roma, Venezia e Milano fu redditizia; il libro più
importante pubblicato a Milano fu quello di Corbetta.
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Francesco Corbetta è sicuramente uno dei più noti e importanti
personaggi dell'epoca barocca, sia in Italia che all'estero: egli infatti
nacque a Pavia ma fu sempre un grande viaggiatore alla ricerca di
nuove esperienze ed un artista internazionale; andò in Spagna, a
Vienna, in Germania, nei Paesi Bassi, ma acquisì grande fama
soprattutto in Francia e in Inghilterra. Nella musica di Corbetta la
melodia non è più concepita come un riempitivo di passaggio tra un
accordo e l'altro, ma diventa l'elemento principale, sorretto da una
ricca armonia. Viene sviluppato molto il contrappunto e gli
abbellimenti, fino ad allora affidati al gusto personale dell'esecutore e
alla sua improvvisazione, assumono un valore molto più importante:
essi diventano funzionali al tipo di composizione e parte essenziale
per un corretto svolgimento melodico-armonico; per tale ragione, si
inizia a scrivere gli abbellimenti sulle intavolature. Sotto probabili
influssi francesi, la scrittura musicale di Corbetta si avvicina inoltre
allo stile brisé (spezzato), dove la polifonia armonica si arricchisce di
ritardi, appoggiature, note in scala con rapidi passaggi di biscrome,
ecc.
L'opera più importante di Francesco Corbetta è "La Guitarre Royalle"
(la chitarra reale), di cui scrive due copie: la prima, nel 1671,
dedicata al Re d'Inghilterra Carlo II e la seconda, nel 1674, dedicata
al Re di Francia Luigi XIV, detto anche Re Sole. Durante il '600
infatti, ci fu un grandissimo fiorire della chitarra barocca in questi due
Paesi e i chitarristi erano contesi tra la corte inglese e quella
francese: lo stesso Corbetta passò gran parte della sua vita tra
Londra e Parigi. Alla fine dei due libri l'autore inserì anche alcune
opere per due chitarre (che suonava probabilmente assieme al suo
allievo Robert De Visée) e alcuni interessanti brani per due o tre voci
con basso continuo e chitarra.
Anche la Francia è legata agli influssi spagnoleschi così detestati
dalla cultura ufficiale (in quanto abbastanza rivali politicamente): nei
balletti, genere di spettacolo preferito dai francesi, era consueta
l'entrée des espagnols, suonatori di chitarre vestiti con grotteschi
costumi di piume a vivaci colori. Arrivarono però ben presto gli
italiani della Commedia dell'arte, artisti dotati di originalissima
creatività che suonavano ancora il vecchio chitarrino napoletano a
quattro cori, la cui pratica risale alla tradizione orale di origine
rinascimentale. La Francia fu inoltre governata per un certo periodo
dal cardinale italiano Mazarino, che favorì gli artisti italiani e diffuse la
loro musica. Fu fondamentale per la diffusione della chitarra barocca
in Francia il contributo del Re Sole, che aveva una grande
propensione verso l'arte, la cultura e la musica: egli studiò liuto e
clavicembalo, ma il suo strumento prediletto era la chitarra (anche se
non si è certi se sapesse suonarla o meno). Grazie a questo suo
diletto chitarristico, i suonatori di chitarra riuscirono a prendere posto
nelle corti e presso i principi, che di conseguenza erano interessati
allo strumento. Al di fuori dell'attività cortigiana, a Parigi cominciò a
diffondersi inoltre il fenomeno del concerto privato.
Considerato il miglior chitarrista francese dell'epoca, Robert De
Visée fu un allievo di Corbetta, ma in netto contrasto con la
personalità e la musica del maestro: mentre Corbetta era uno spirito
vivace in continua ricerca di esperienze ed avventure in giro per il
mondo, fiero della sua indipendenza e dell'ammirazione nei suoi
confronti, De Visée era al contrario il tipico uomo di corte, nato e
morto a Parigi; poco altro si sa della sua vita. Il compositore suonò
nelle corti di Versailles ed alcune sue composizioni furono scritte con
lo scopo di allietare il sonno del Re Sole o le riunioni dei più alti
personaggi di corte. Pubblicò due libri dedicati alla chitarra, con
l'obbiettivo di "soddisfare preferibilmente l'orecchio di tutti". La sua
musica è molto equilibrata, caratterizzata da fraseggi abbastanza
brevi, semplicità lineare, compostezza formale e un'accurata
cesellatura delle forme (cura dettagliata). La melodia è molto
semplice e gradevole, l'armonia costantemente modulante è
abilmente arricchita da ritardi, appoggiature e dall'alternanza di modi
maggiori e minori, mentre il contrappunto è limitato. De Visée si
ispirò moltissimo al suo ideale modello Jean-Baptiste Lully, artista
italiano che trascorse gran parte della sua vita alla corte di Luigi XIV,
ottenendo la naturalizzazione francese.
Come è stato già detto in precedenza, la produzione chitarristica non
ebbe grande sviluppo in Spagna in epoca barocca, costringendo i
più importanti chitarristi ad andare altrove: mentre in Italia fu aggirata
la crisi editoriale con la stampa di piccoli libretti, la Spagna rimase
per quasi tutto il secolo ancorata alla sua tradizione essenzialmente
orale. Il maggior chitarrista spagnolo della sua epoca è Gaspar Sanz
(che dovette incidere le lastre del suo libro di propria mano): egli fu
un grande viaggiatore e passò molto tempo anche in Italia, in
particolare a Roma e Napoli. Pubblicò nel 1674 circa l'opera
Instruccion de musica sobre la guitarra española, composta da tre
libri: per i brani in notazione accordale, che comprendono danze
spagnole e italiane, Sanz utilizzò la notazione alfabetica italiana,
ritenendola la "migliore, più usata e conosciuta tra gli amatori"; per
tutte le altre composizioni egli utilizzò invece la notazione mista.

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Sanz si ispirò molto al compositore e clavicembalista napoletano
Domenico Scarlatti, inserendo nelle sue sonate molte dissonanze: ad
esempio in Canarios, una delle sue più importanti composizioni
contenute nell'opera citata, ispirata alle isole Canarie, sono presenti
molti cromatismi. Nel 1900 un compositore di nome Joaquìn Rodrigo
riprese alcune danze scritte da Sanz, componendo un concerto per
chitarra e orchestra diviso in 4 movimenti.
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Altro compositore spagnolo molto importante in questo periodo fu
Santiago De Murcia, di cui ci rimangono tre libri: uno stampato nel
1714 e intitolato Resumen de acompañar la parte con la guitarra,
che comprende trascrizioni di varie opere del periodo; il secondo
pubblicato nel 1732, intitolato Passacalles y obras de guitarra ed un
terzo chiamato Saldivar codex; De Murcia opera dunque nel '700
inoltrato. Con lui la musica assume connotazioni nuove: il senso
nazionalistico si stempera a favore di una maggior capacità ricettiva
delle influenze straniere. De Murcia fu accusato di plagio, ma
l'inclusione di opere di altri autori nelle sue antologie esclude questa
possibilità e fa pensare piuttosto ad un omaggio ai brani più famosi e
richiesti dagli amatori, che ricordavano e riconoscevano
maggiormente la musica del loro autore. Egli fu inoltre il primo in
assoluto ad introdurre le diteggiature della mano sinistra, in
"Passacalles y obras"; De Murcia si rivela un affascinante
compositore in cui trovano equilibrio le esperienze del passato e le
novità settecentesche.
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La repentina decadenza di questo strumento in Italia fu dovuta a


varie motivazioni: i più grandi compositori prestavano maggiore
attenzione all'emergente virtuosisimo violinistico che si andava man
mano espandendo; il predominio del clavicembalo non lasciava più
spazio alla chitarra nella realizzazione del basso continuo; la
notazione intavolata venne utilizzata sempre meno fino ad esser
praticata esclusivamente dai chitarristi; si stavano evolvendo inoltre
le tendenze estetico-musicali e non c'era più tanto interesse ed
attrazione verso le vecchie e dolci delizie chitarristiche, di cui
rimasero solo alcuni manoscritti per lo più anonimi e che vennero
riservate a piccoli ambienti di amatori.

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