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STUART HALL: CODIFICA E DECODIFICA

IL CENTRE FOR CONTEMPORARY CULTURAL STUDIES

I cultural studies nascono negli anni ‘50 nell’università di Birmingham e prendono attivamente forma
presso il CCCS nel 1964. La CULTURA è a centro dei loro interessi scientifici. Stuart hall entra nella
scuola di Birmingham nel 1966 e diviene direttore al posto di Hoggart nel 1969 per 10 anni.

STUART HALL

È stato un sociologo ed accademico britannico, figura di spicco della scuola di cultural studies.

Dal 1968 al 1979 ha diretto il centre for contemporary cultural studies presso l’uni di birmingham,
che ha aperto la strada ad una varietà di approcci critici per l’interpretazione della società e della
cultura.

Dal 1979 in poi ha insegnato sociologia presso la Open University.

PRINCIPALI OPERE

Ha prodotto numerosi scritti e curato vari volumi, tradotti in molte lingue, insieme a discorsi politici e
interventi radiofonici e televisivi. (Resistance Trough Ritual, POliticing the Crisi)

LE CARATTERISTICHE COSTITUTIVE

La cultura come pratica, la cultura siamo noi, nozione più ampia di cultura, cultura popolare,
decanonizzazione della cultura e la cultura come conflitto

CODIFICA E DECODIFICA

Nel 1980 Hall scrive ‘ending/decoding in Television Discourse, sostenendo che il processo di
comunicazione deve essere esaminato come un TUTTO, una relazione tra il momento della
costruzione del programma (CODIFICA) e il momento della percezione del pubblico (DECODIFICA).

Il processo delle comunicazioni di massa è come un circuito chiuso (loop), il quale è stato criticato
soprattutto per la sua linearità (emittente-messaggio-destinatario). In realtà è un’articolazione di
momenti fra loro collegati, ma ben distinti: produzione, circolazione, distribuzione e riproduzione.
Ciò porta a pensare al processo come una struttura agonistica complessa che si basa
sull’articolazione di pratiche interconnesse, ognuna delle quali mantiene le proprie qualità: identità,
modalità, forma e condizioni di esistenza.

L’oggetto di queste pratiche sono i significati e i messaggi, i quali sono organizzati attraverso
l’operazione di codifica all’interno di un discorso. Proprio attraverso il discorso avviene la
circolazione del prodotto e la sua distribuzione fra i diversi tipi di pubblico. Una volta realizzato, per
far sì che il circuito sia completo ed efficace, il discorso deve essere tradotto, ossia nuovamente
trasformato in pratiche sociali. Se il significato non viene articolato, non ci può essere nessun
consumo, quindi non ha nessun effetto.

IL PROCESSO COMUNICATIVO TELEVISIVO

Viene articolato nella richiesta alle strutture istituzionali televisive di produrre un programma e nella
costruzione del messaggio da parte della produzione. Il pubblico è sia la fonte che il ricettore del
messaggio televisivo e i momenti di produzione e ricezione del messaggio non sono identici, ma in
relazione.
Le strutture televisive per produrre messaggi sotto forma di discorso dotato di senso, devono
codificare il messaggio con le regole discorsive del linguaggio. Successivamente, il messaggio
percepito come discorsivo, viene decodificato ed è proprio in questo momento che si ha l’effetto, la
persuasione e l’influenza. Per poter essere efficaci, i messaggi televisivi devono essere significativi e
decodificati come tali: devono avere un effetto, intrattenere, convincere ed istruire.

In questo caso, si hanno 2 momenti in cui il messaggio 1. Viene prodotto attraverso un codice
(codifica) 2. viene trasportato nella pratica sociale ed acquisisce un’efficacia politica

IL RAPPORTO TRA CODIFICA E DECODIFICA NON è NATURALE

Non esiste una corrispondenza necessaria tra codifica e decodifica, ma un’articolazione continua.
Una codifica può cercare di garantire e stabilire in parte le condizioni della decodifica, ma
quest’ultima avrà sempre le proprie condizioni di funzionamento.

CORRISPONDENZA TRA ENCODING E DECODING

Se non ci fossero stati tali limiti, chiunque potrebbe interpretare in qualsiasi modo qualunque
messaggio. Ciò comporterebbe il venire meno della comunicazione stessa, cioè di ogni scambio
comunicativo tra emittente e destinatario. Nondimeno, occorre ricordare che questa corrispondenza
tra encoding e decoding non è naturale, ma costruita socialmente

IL FRAINTENDIMENTO PER HALL

Il fraintendimento va tolto dal suo senso comune e considerato nel contesto di una comunicazione
sistematicamente distorta. Il fraintendimento è una componente essenziale di ogni scambio
comunicativo.

Distinguiamo due tipi di decodifiche:

1. le decodifiche “aberranti”, nel caso in cui lo spettatore opera un fraintendimento così come inteso
nel senso comune, e legge ciò che vuole in un messaggio (es: Toma per Roma)

2. le decodifiche “non aberranti”, in cui il pubblico non fraintende nel senso comune del termine,
cioè capisce Roma per Roma, ma interpreta vari significati.

Hall non è interessato all’analisi delle decodifiche aberranti ma si occupa soltanto delle decodifiche
non aberranti, cioè quando il decodificatore capisce correttamente il messaggio, ma lo interpreta
attribuendovi significati vari.

Nel caso delle decodifiche non aberranti Hall distingue tre posizioni ipotetiche di decodifica in un
discorso televisivo:

1. posizione dominante/egemonica (con la sua variante professionale)  lo spettatore aderisce al


punto di vista del produttore e decodifica il messaggio usando il codice dominante dell’istituzione.7

La lettura quindi coincide con le aspettative dei produttori. Il codice professionale opera all’interno di
un codice dominante e lo riproduce, ad esempio un professionista dei media codifica un messaggio
già dotato di senso dominante e lo riproduce attraverso questioni apparentemente neutrali come la
qualità dell’immagine, la presentazione delle notizie, l’organizzazione dei dibattiti, il tempo dedicato
a ciascun interlocutore ecc.

2. posizione negoziata lo spettatore comprende il codice utilizzato dall’emittente ma, al tempo


stesso, adatta tale posizione alla propria situazione concreta, lo interpreta in maniera parzialmente
autonoma. In questa posizione la decodifica riconosce la legittimità delle definizioni dominanti, ma si
riserva anche il diritto di contraddire.

3. posizione oppositiva uno spettatore può comprendere la lettura preferita costruita e proposta
dall’emittente, ma decodifica il messaggio in modo del tutto opposto : ridefinisce cioè “il messaggio
all’interno di una qualche cornice di riferimento alternativa”. Il messaggio quindi è decodificato in
senso completamente opposto e lo spettatore rifiuta intenzionalmente la lettura egemonica del
testo e mette in discussione il codice dominante.

ETNOGRAFIA DELL’AUDIENCE

Analisi del consumo dei media come pratica sociale “situata”, cioè effettuata all’interno di specifici
contesti, che produce specifici significati. Studio all’interno dell’ambiente naturale di fruizione.
Ricorso privilegiato a metodologie qualitative di analisi: osservazione partecipante del contesto di
fruizione mediale dello spettatore attraverso vari tipi di ricerche e interviste.

IL CONTRIBUTO DI HALL ALL’ANALISI DELLE IMMAGINI

Quando Hall ha tematizzato i momenti della codifica e delle decodifica nel processo comunicativo, si
riferiva al messaggio televisivo. In realtà, attraverso la sua ricerca, egli scopre delle convenzioni che
sono valide anche nella comunicazione interpersonale. Nella sua ricerca sul messaggio televisivo Hall
coglie l’occasione per esplorare il particolare rapporto che le immagini hanno con la realtà
rappresentata e il motivo per cui noi siamo così inclini a scambiare l’immagine per realtà.

SEGNO TELEVISIVO

Il messaggio televisivo è costituito dalla combinazione del discorso visivo e di quello uditivo
(immagini, parole).

Inoltre, esso è un “segno iconico” e in quanto tale ha anche alcune delle proprietà della cosa
rappresentata.

Il discorso visivo traduce un mondo a tre dimensioni in un piano bidimensionato, ma possiede un


livello inferiore di arbitrarietà del segno linguistico.

Un’immagine appare più come la realtà, e quindi è più facile confondere un’immagine con la realtà.

Per questo rapporto meno convenzionale e più diretto con la realtà, l’immagine ha una maggiore
probabilità di trasmettere con successo il contenuto ideologico rispetto a un testo scritto.

IL SEGNO ICONICO

Il segno iconico, cioè quello basato sull’immagine “mucca”, non ha il rapporto di convenzionalità con
la realtà rappresentata (l’essere vivente “mucca”), in quanto esso possiede alcune delle
caratteristiche di ciò che denota (ha due orecchie, un muso, il pelo, quattro zampe ecc.)

Alcuni segni visuali sembrano essere universali, dimostrando il riconoscimento apparentemente


“naturale” tra codifica e decodifica. Ciò ci porta a pensare che il segno visivo “Mucca” sia realmente
– e non che rappresenti soltanto- l’animale, perché ha due orecchie, un muso, il pelo, quattro zampe
ecc.

DENOTAZIONE/CONNOTAZIONE

La denotazione del segno riguarda di solito il significato letterale, mentre la connotazione riguarda
invece significati associativi meno cristallizzati. Distinzione analitica non empirica.
IL LIVELLO DELLA CONNOTAZIONE DEL SEGNO VISIVO: UN ESEMPIO DI ROLAND BARTHES

Nel discorso pubblicitario qualunque segno visivo connota una qualità, una situazione, un valore

Ad esempio il “golf” indica un indumento caldo, ma sul livello connotativo può indicare “inverno” o
“giorno freddo”, oppure nel codice specializzato della moda “uno stile informale di abbigliamento”.

LIVELLO DI CONNOTAZIONE DEI SIGNIFICATI= frammenti dell’ideologia.

In definitiva, questi codici sono i mezzi attraverso cui varie ideologie esprimono significati e che
collegano i segni con le “mappe di significato” (varietà di pratiche e usi sociali, potere e interesse).

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