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SEMANTICA – CAPITOLO 5

La semantica è la branca della linguistica che si occupa del significato degli elementi all’interno di una frase.
La definizione di significato è un tema ancora dibattuto tra i linguisti di tutto il mondo. Fino ad ora abbiamo
ritenuto che il significato sia il modello astratto del valore che assegniamo all’informazione ricevuta. Esistono,
però, due modi fondamentali di concepire il significato:

• CONCEZIONE REFERENZIALE O CONCETTUALE ritiene che il significato sia un concetto, un’idea creata
dalla mente e legata ad un referente extralinguistico. Recenti studi linguistici, in effetti, concepiscono
il significato come una teoria della concettualizzazione, ragion per cui questa definizione risulta
preferibile alla seconda.
• CONCEZIONE OPERAZIONALE O CONTESTUALE ritiene che il significato sia la funzione dell’uso che si
fa dei segni, ossia ciò che accomuna i contesti in cui un segno viene utilizzato e ne permette l’uso
appropriato.

Tipi di significato

È importante stabilire quanti tipi di significati esistono:

TIPOLOGIA DI SIGNIFICATO DESCRIZIONE


Denotativo È il significato inteso in senso oggettivo, in quanto
identifica un referente extralinguistico, ossia
appartenente alla realtà esterna.

Esempio:
Ti ho portato un regalo! – In questo caso la parola
regalo indica “ciò che viene donato a una persona in
segno di affetto, di cortesia, di riconoscenza ecc.”
(da Dizionari.corriere.it) ragion per cui ha un
significato denotativo.
Connotativo È il significato inteso in senso soggettivo, in quanto
è legato alle sensazioni suscitate da un segno e alle
associazioni a cui esso dà luogo.

Esempio:
Ti ha fatto proprio un bel regalo! – In questo caso la
parola regalo indica che qualcuno ha commesso un
danno, uno scherzo o comunque un atto che
percepiamo come negativo. Allo stesso modo, la
parola gatto potrebbe significare per alcuni un
animale grazioso e per altri un animale pigro.
Linguistico È il significato che un segno ha in quanto elemento
di un sistema linguistico.
Sociale È il significato che un segno ha in relazione ai
rapporti tra i parlanti. Viene interpretato, quindi, in
base alla situazione comunicativa e alla conoscenza
condivisa dai parlanti.

Esempio:
Dire che una donna sia una “gatta morta” ha per noi
italiani il significato dispregiativo di “persona che
nasconde intenzioni malevole sotto un’apparenza
docile e ingenua.” Per un inglese, invece, il
sostantivo “dead cat” non avrebbe alcun significato
se non quello di un gatto senza vita. Allo stesso
modo “tu” e “lei” indicano rispettivamente
pronome di seconda e terza persona singolare, ma
all’interno della società assumono il significato di
“allocutivo di confidenza” e “allocutivo di rispetto”.
Lessicale Il significato lessicale è quello proprio dei termini
che rappresentano oggetti concreti o astratti, entità
o fatti esterni al sistema linguistico. Questi termini
vengono spesso definiti parole piene, in quanto
portatrici di significato denotativo.

Esempio:
Sappiamo che la parola “casa” è scomponibile in
morfemi come cas-a. In questo esempio, il morfema
“cas-“ ha un significato lessicale poiché rimanda ad
un referente linguistico.
Grammaticale Il significato grammaticale è quello proprio dei
termini che rappresentano concetti o rapporti
interni al sistema linguistico. Questi termini
vengono spesso definiti parole vuote, in quanto non
portatrici di significato denotativo.

Esempio:
Riprendendo l’esempio di “casa”, il morfema “-a“ ha
un significato grammaticale poiché rimanda ad un
genere femminile e ad un numero singolare. Allo
stesso modo, io reca il significato grammaticale di
“prima persona singolare” così come di indica
“relativo a”.

Un richiamo importante per comprendere la natura del significato è quello sulla definizione di senso. Il senso
è il significato contestuale, ossia la specificazione e concretizzazione che il contenuto di un termine assume
in un determinato contesto. Ad esempio, il termine famiglia ha il significato di “comunità formata da persone
legate fra loro da un rapporto di convivenza e di parentela” (da Treccani.it) ma, a seconda del contesto, può
assumere il senso di “famiglia arcobaleno”, “famiglia patriarcale” o “famiglia allargata”.

Giungiamo, quindi, alla distinzione tra:

• INTENSIONE: insieme delle proprietà che costituiscono il concetto designato da un termine.


• ESTENSIONE: insieme degli individui a cui il termine si può applicare.

Ad esempio l’intensione di cane è ‘mammifero domestico appartenente alla razza dei canidi’ mentre
l’estensione indica tutti i membri della classe cui è possibile riferirsi come terrier, bulldog, carlino ecc. Caso
diverso è per i nomi propri come Bergamo o Mario che hanno un referente unico, ossia designano una sola
entità e non una classe, per cui prevedono soltanto un’estensione e non un’intensione.
Il lessico

Anche la semantica prevede un’unità di base definita lessema. Esso corrisponde ad una parola considerata
dal punto di vista del suo significato. Vi è una distinzione importante da fare tra:

• Lessico = L’insieme dei lessemi di una lingua costituisce il lessico


• Lessicologia = La disciplina che si occupa dello studio dei vari aspetti del lessico
• Lessicografia = Lo studio dei metodi e della tecnica di composizione dei dizionari.

I termini vocabolario e dizionario vengono spesso confusi come sinonimi nel parlato. In realtà, il vocabolario
è la porzione di lessico posseduta da un singolo parlante o da un gruppo di parlati. Il dizionario è una porzione
di lessico che viene selezionata da esperti nel settore linguistico e raccolta all’interno di un repertorio cui
possiamo fare riferimento. Ecco come viene suddiviso il vocabolario personale di un individuo in base alla
quantità di lessico posseduto:

Le parole di una lingua naturalmente sono infinite, ma i repertori più vasti possono contare sino ad 1.000.000
di lemmi, termine tecnico con cui si indicano le entrate del dizionario. L’Oxford English Dictionary, ad
esempio, ne conta 550.000. Il GRADIT, invece, ossia il Grande dizionario italiano dell’uso curato da De Mauro,
conta circa 270.000 entrate. È chiaro che nessun dizionario potrà contenere tutto il lessico possibile di una
lingua, basti pensare al fatto che i soli nomi delle specie viventi si stimano tra 1.700.000 e 2.000.000.
L’obiettivo fondamentale rimane quello di comprendere il maggior numero di lessemi di più alta circolazione.
Rapporti tra lessemi

I lessemi risultano legati l'un l'altro nel sistema linguistico secondo più dimensioni:

• PER SIGNIFICATO E SIGNIFICANTE INSIEME (famiglie di parole, classi di derivati con stesso affisso)
• PER SOLO SIGNIFICANTE (polisemia, omonimia)
• PER SOLO SIGNIFICATO (sinonimia, iponimia, antonimia, inversione, complementarità, solidarietà
lessicale, campo semantico).

1 RAPPORTI BASATI INSIEME SUL SIGNIFICATO E SUL SIGNIFICANTE:

• famiglie semantica (vedi in insiemi lessicali)


• classi di derivati con lo stesso affisso: In italiano, ad esempio, il suffisso “-imento” lo troviamo in
parole come rifornimento, avvenimento, conseguimento, sfinimento, ottenimento ecc., così come il
suffisso -eria si trova in gelateria, pizzeria, panineria, sorbetteria (1983),

2 RAPPORTI BASATI SUL SOLO SIGNIFICANTE:

• POLISEMIA: si verifica quando più lessemi hanno lo stesso significante, ma si distinguono per
significati diversi imparentati tra loro o derivabili. (Es. galera indica sia una “nave a remi” e sia una
“prigione”; rete vuol dire sia “manufatto a maglie, di fibra o metallo” e sia “complesso di vie di
comunicazione” o ancora “insieme di computer collegati tra di loro”).
• OMONIMIA: si verifica quando più lessemi hanno lo stesso significante, ma diversi significati, non
imparentati o derivabili tra loro. (Es. la parola vite è uguale sia se si vuole intendere la “pianta
arbustiva rampicante” sia se si vuol indicare il plurale di vita come esistenza dell’uomo, ma i due
termini sono distanti tra loro.)
• ENANTIOSEMIA: si verifica quando significati diversi dello stesso termine sono tra di loro in un
rapporto di opposizione. (Es. la parola ospite indica sia “chi viene ospitato” sia la “persona che
ospita”).

Un caso particolare sono gli omografi, ossia dei lessemi diversi scritti in modo identico. (Es. ancora
/’ankora/ e ancora /an’kora/ oppure pesca / ‘peska/ ‘atto del pescare’ e /’pεska/ ‘frutto’)

3 RAPPORTI BASATI SUL SOLO SIGNIFICATO:

• SINONIMIA: si verifica quando lessemi diversi hanno lo stesso significato (Es.: tra/fra, devo/debbo,
viso/volto/faccia). La sinonimia totale si ha raramente mentre si registra sinonimia parziale quando i
due lessemi hanno connotazioni diverse (come succede in gatto/micio), oppure appartengono a
varietà diverse (come succede in rinite/raffreddore) e non sono interscambiabili in ogni contesto (Es.
si può dire una casa di pietra ma non una casa di roccia, così come si può dire viso/faccia tonda, ma
non *viso di bronzo). Ricordiamo che esistono anche i geosinonimi legati a varietà regionali diverse
(Es. pullman/ autobus)
• IPER-/IPONIMIA: si verifica quando il significato di un lessema è incluso in un significato più ampio e
generico (Es. sogliola è iponimo di pesce mentre pesce è iperonimo di sogliola. Allo stesso modo
libreria, cassettone, credenza sono iponimi mentre mobile è il loro iperonimo.
• MERONIMIA: si verifica quando un lessema costituisce una parte di un tutto (Es. il braccio designa
una parte del corpo così come testa o piede).
• SOLIDARIETÀ SEMANTICA: si ha quando un lessema ha un rapporto preferenziale con un altro, ossia
cooccorre preferenzialmente con esso (Es. la parola miagolare è associabile a gatto, paffuto con
bambino ecc.).
• ANTONIMIA: si ha tra lessemi con significato contrario, che designano i poli opposti di una scala
graduabile (Es. bello/brutto, alto/basso; buono/cattivo; giovane/vecchio).
• INVERSIONE: si ha tra lessemi che esprimono la stessa relazione semantica vista da due direzioni
opposte direzioni (Es. comprare/vendere; (essere) padre (di)/(essere) figlio (di); (essere) marito
(di)/(essere) moglie (di)).
• COMPLEMENTARITÀ: si ha quando un lessema è la negazione dell'altro e non possono essere inseriti
in una scala graduabile (Es. vivo/morto, maschio/femmina, parlare/tacere).
• CAMPO SEMANTICO: (vedi insiemi lessicali)

Gli insiemi lessicali

Gli insiemi lessicali sono gruppi di lessemi che costituiscono complessi organizzati, in cui ogni elemento è
unito agli altri da rapporti di significato. Tra gli insiemi lessicali si ricordano:

• CAMPO SEMANTICO: è l’insieme dei lessemi che godono dello stesso iperonimo (Es. rosso, verde,
giallo, bianco, nero ecc. sono iponimi dell’iperonimo colore).
• SFERA SEMANTICA: è l’insieme dei lessemi che hanno in comune il riferimento ad un certo ambito
(es. tutte le parole che concernono il mondo del calcio, della musica, dell’agricoltura ecc.)
• FAMIGLIA SEMANTICA: è l’insieme dei lessemi imparentati nel significato e nel significante (Es. In
italiano si ha bestia, bestiame, bestiale, bestiario, bestialità; oppure latte, latteria, allattare, lattosio,
allattamento, latteo, slattare, lattaio).
• GERARCHIA SEMANTICA: è l’insieme in cui ogni termine è posto in relazione gerarchica con altri (Es.
secondo, minuto, ora ecc. oppure narice, naso, viso, testa)

Alcuni lessemi sono in grado di assumere significati più o meno distanti da quello originale. I processi
fondamentali su cui si basano questi spostamenti di significato sono la metafora, ossia la somiglianza
concettuale di due elementi (Es. Gianni è un coniglio vuol dire che Gianni è una persona paurosa. Si prende
un tratto dell’intensione del secondo elemento e lo si trasferisce al primo), e la metonimia che consiste nel
sostituire un termine con un altro che si trova con il primo in una relazione di contiguità concettuale. Vi sono
anche metafore lessicalizzate, in quanto sono entrate a far parte del lessico di una lingua (Es. le gambe del
tavolo, i piedi del letto). La contiguità della metonimia può essere di vario tipo:

• Contenitore per il contenuto (Es. bere un bicchiere)


• Causa per effetto e viceversa (Es. Nelle orecchie mi percosse un dolore/ Le sudate carte)
• Strumento per chi lo usa (Es. Opera di una penna sapiente)
• Autore per l’opera (Es. Ho letto Manzoni)
• Colore come simbolo di un gruppo (Es. I neroazzurri scendono in campo)
• Astratto per il concreto e viceversa (Es. l’uomo sfuggito all’inseguimento/ Quell’uomo ha del fegato)
• Materia per oggetto (Es. i legni nemici sta ad indicare le navi nemiche)
Semantica componenziale e prototipica

Uno dei metodi più economici, nonostante le sue carenze, per analizzare il significato internamente è l’analisi
componenziale, così chiamata perché basata sull’idea che il significato possa essere analizzato
scomponendolo in unità più piccole detti componenti o tratti semantici comparandoli tra di loro e cogliendo
in che cosa differisce il loro significato. Questo procedimento è simile alla suddivisione dei fenomeni in tratti
distintivi. Esempio:

• La vibrante italiana /r/ è +sonora ma -sillabica in quanto non troviamo parole in cui il fonema /r/
abbia valore di sillaba.
• In serbo-croato la vibrante /r/ invece è +sonora e +sillabica poiché può costituire sillaba (si pensi alla
parola Krk).

Per quanto riguarda la semantica possiamo fare un esempio prendendo come modello i lessemi del campo
semantico ‘esseri umani’: uomo, donna, bambino e bambina e analizzarli secondo un fascio di componenti
semantici che costituiscono i tratti essenziali del loro significato.

/Umano/ /Adulto/ /Maschio/


Uomo + + +
Donna + + -
Bambino + - +
Bambina + - -

Appare chiaro che tutti hanno in comune il tratto di essere umano. Per vedere cosa distingue queste parole
nel significato bisogna confrontare i tratti del sesso e dell’età. Naturalmente, questo metodo è economico
perché ci permette di analizzare il significato di un elevato numero di lessemi con un numero relativamente
ristretto di tratti distintivi. A differenza, però, dei tratti sonoro e sillabico che risultano essere ben definiti,
non si può dire lo stesso del tratto adulto che dovrebbe a sua volta essere scomposto in tratti distintivi per
una miglior definizione. Questo costituisce uno dei problemi dell’analisi componenziale.

Problemi dell’analisi componenziale sono:

• Funziona bene solo su insiemi lessicali delimitati e con oggetti o azioni concrete
• Man mano che si estende la quantità sottoposta ad analisi le difficoltà diventano sempre maggiori
• Talvolta si riduce a una semplice parafrasi del termine sottoposto all’analisi.

Un metodo più efficace è quello fornito dalla semantica prototipica

Il concetto di prototipo è stato sviluppato nella teoria dei prototipi di Eleanor Rosch, la quale rientra nella
teoria della categorizzazione. Essa si occupa dei processi con cui si formano le categorie alla base dell’attività
cognitiva umana. Secondo la teoria dei prototipi:

• Alcune categorie hanno confini vaghi e imprecisi e alcuni loro membri sono caratterizzati da
un’appartenenza incerta alla categoria
• Le categorie sono internamente strutturate nel senso che vi sono membri centrali per la categoria e
membri periferici.

La nozione di prototipo in semantica è stata interpretata come un’idea mentale e astratta di un insieme di
proprietà attribuibili ad un elemento. Ad esempio il significato di uccello come di /un animale dotato di
piume, ali per volare e un becco/ diventa un “modello ideale, un prototipo, cui fare riferimento per
confrontare tutti i membri di una classe o categoria". Il prototipo rappresenta il punto focale di una categoria,
mentre gli altri membri della categoria (per es. ‘struzzo’ o ‘pinguino’) rappresentano la periferia. I tratti
centrali del prototipo sono posseduti da tutti i membri della classe, mentre gli altri non saranno più posseduti
dai membri più periferici. Questo esempio potrebbe essere così schematizzato:

struzzo,
pinguino

albatros

aquila

passero,
pappagallo,
piccione

Nel prototipo di “tazza”, invece, i tratti centrali sono /fatta per bere liquidi caldi/ e /di dimensioni abbastanza
piccole da poter essere portata alla bocca con una mano/, mentre /con un manico/ e /con un piattino/ non
sono tratti basilari.

La semantica prototipica ha anch’essa i suoi limiti e difetti:

• Non si riesce a spiegare bene ad esempio quale sia il prototipo di parole astratte
• Possono esserci fraintendimenti, ad esempio se vogliamo individuare il prototipo di “parola” e
inserisco tra i tratti la flessione, allora “cane” sarà +parola di “crisi” perché può avere flessione.

Elementi di pragmatica

Un altro aspetto importante del significato degli enunciati è quello pragmatico, che si occupa dell'uso
contestuale della lingua come azione reale e concreta. Non si occupa della lingua intesa come sistema di
segni; al contrario, osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata, individuandone la misura con cui
soddisfa esigenze e scopi comunicativi. Più nello specifico, la pragmatica si occupa di come il contesto
influisca sull'interpretazione dei significati. In questo caso, per "contesto" si intende "situazione", cioè
l'insieme dei fattori extralinguistici (sociali, ambientali e psicologici) che influenzano gli atti linguistici. Il
filosofo inglese John Austin affermò che la lingua è un vero e proprio modo di agire.

Gli enunciati prodotti durante una comunicazione, quindi, costituiscono degli atti linguistici. Un atto
linguistico corrisponde all’unità di base dell’analisi pragmatica e si struttura in tre livelli che intervengono
contemporaneamente:

• ATTO LOCUTIVO = Consiste nel formare una frase in una determinata lingua rispettando la struttura
fonetica, grammaticale, sintattica ecc. (Es. Ti amo: è una frase dichiarativa formata da SN + SV con
aggiunta del pronome clitico e pronunciata con intonazione discendente).
• ATTO ILLOCUTIVO = Consiste nell’intenzione per la quale viene prodotta una frase (Dire ‘ti amo’ ad
una persona può significare l’intenzione di dichiararsi ad una persona, un atto disperato o legato ad
una gioia estrema).
• ATTO PERLOCUTIVO = Consiste nell’effetto che si vuole provocare nel destinatario del messaggio.
(L’obiettivo di pronunciare ‘ti amo’ è quello di far comprendere all’altro i nostri sentimenti).

L’analisi pragmatica studia soprattutto gli atti illocutivi, poiché tramite essi si possono riconoscere atti
linguistici specifici come: l’affermazione, la richiesta, la promessa, la minaccia, il divieto, il desiderio, la
confessione ecc. I singoli atti possono essere ricondotti ad un certo numero di classi dette “direttivi” in
quanto hanno un’influenza immediata sul destinatario (es. ordinare, supplicare, consigliare ecc.) e
“commissivi” se è il locutore si espone in prima persona (es. promettere, garantire, rifiutare ecc.).

Esistono alcuni verbi detti performativi che esistono solo alla prima persona singolare del presente indicativo
e sono così definiti perché pronunciarli equivale a compiere l'azione che essi descrivono, ovvero per compiere
l'azione che essi descrivono bisogna pronunciarli. Tra questi troviamo: promettere, battezzare, condannare,
autorizzare, proibire ecc. (Esempio: "Giuro di aver detto la verità", "Prometto di venire al più presto", "Nego
ogni cosa"). È sufficiente cambiare soggetto ("Roberto giura di aver detto la verità", "Tu prometti”) per
constatare come perdano la loro funzione performativa e assumano quella descrittiva di un’azione. Altri verbi
che alla prima persona del presente indicativo assumono funzione performativa sono per esempio: dire,
ammettere, affermare, ecc. L'atto performativo, quindi non descrive un certo stato delle cose, non espone
un fatto, bensì permette al parlante di compiere una vera e propria azione.

Esistono anche atti illocutivi indiretti “in cui la forza illocutiva è espressa in modo traslato, cioè viene usata
una forma linguistica tipica di una certa forza illocutiva per esprimerne un’altra”. In questi contesti si
manifesta la cosiddetta “cortesia linguistica”, la formalità che viene utilizzata per non fare una richiesta a
qualcuno in maniera diretta (Es. “Fa un po' freddo qui” – per chiedere indirettamente che vengano accesi i
riscaldamenti).

Affinché un atto illocutivo sia tale occorre che ci siano determinate condizioni:

• Che il destinatario sia in grado di eseguire la richiesta


• Che ci siano tutte le componenti richieste dal verbo dell’atto (es. nella promessa, il promettente,
quello a cui si promette, la cosa promessa).

Un’altra nozione importante per la semantica pragmatica è quella del significato implicito, ossia non
esplicitato verbalmente ma fatto intendere da quanto viene detto. Esempio nella frase: Andiamo al cinema?
– Ho un po' di mal di testa… sembrerebbe che la seconda battuta non abbia alcun nesso con la prima, ma in
realtà questo è vero solo se ci si ferma al significato denotativo, poiché implicita che non si vuol andare al
cinema. La presupposizione è un tipo particolare di implicito definibile come la parte che rimane vera
negando il resto della frase. (Es.: “Gianni legge” = Gianni esiste e legge; “Gianni non legge” = Gianni non sta
leggendo ma esiste comunque). La presupposizione ha una funzione conversazionale: in generale, ogni volta
che diciamo qualcosa poniamo sempre delle presupposizioni. Nella normale conversazione il destinatario
accetta le presupposizioni dell’emittente secondo la regola della cooperazione, ma può anche rifiutarle,
rompendo tale regola, e di qui si arriva al litigio.

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